Nasconditi nella nebbia

di Grazi_a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il fatto che quella notte piovesse a dirotto senza fermarsi nemmeno un istante, non aveva spaventato minimamente Marco. Conosceva quella strada. La faceva ogni giorno per andare a lavoro. Non c'erano mai stati lampioni, nemmeno case da cui potesse provenire un fascio di luce. La clinica dove lavorava era proprio in fondo. Si poteva vedere la finestra del piano più alto già a metà tragitto, ma quella notte no. La nebbia nascondeva ogni cosa, perfino gli alberi ai lati della strada. 
Faceva molto freddo. Mentre guidava, staccava per qualche secondo le mani dal manubrio per riscaldarle, poi le riportava immediatamente sul volante. 
Lungo il tragitto ascoltava la radio e ogni tanto veniva travolto da un'onda di luce proveniente dai fari delle macchine di fronte. 
Non c'era molto traffico, per questo la strada era quasi sempre buia. Le uniche ombre che riusciva ad intravedere sulla strada erano quelle degli alberi, dieci a destra e dieci a sinistra. Ma quella notte aveva avuto come l'impressione che a destra ci fosse un'ombra di troppo. Inizialmente aveva considerato l'ipotesi che si trattasse di un sacco abbandonato lì da qualcuno. Ma poi vide che quell'ombra perdeva sempre più l'aspetto di un sacco. Quando arrivò a due metri di distanza riuscì a capire cosa se ne stava lì immobile, in quella notte fredda e buia.
La sua mente gli diceva che poteva trattarsi di una ragazzina. Probabilmente si era persa. Ma quando i fari della macchina di Marco furono puntati su quel corpo, capì che si trattava di una donna su una trentina di anni. 
Se ne stava lì, seduta. Le braccia circondavano le gambe strette al busto e si dondolava lentamente andando prima in avanti, poi indietro. Lo sguardo poi, era fisso nel vuoto. Addosso non aveva quasi niente, solo una camicia da uomo molto lunga, abbottonata fino al quarto bottone, partendo da sotto. 
Fu di nuovo la sua mente a suggerirgli di scendere dall'auto e di avvicinarsi, ma non lo fece prima di averla spenta, ingenuamente. 
Si sfrego` le mani, controllo` dallo specchietto che nessuna macchina arrivasse e scese. 
Si avvicinò cauto alla donna e rimase senza parole nel vedere il suo aspetto. Era molto magra. I capelli neri scendevano dritti lungo le guance e il corpo era tutto un fremito.
Evitando qualsiasi movimento che potesse spaventarla, si avvicinò. La torcia del telefono non faceva molta luce, ma gli bastò per capire in che condizione si trovasse quella donna. Non appena Marco si ritrovò a mezzo metro di distanza dal suo corpo, quella si girò di scatto e rimase a fissarlo con gli occhi quasi fuori dalle orbite. 
Nella sua testa Marco cercava di ripetere calmo, devo stare calmo, ma fu quasi impossibile quando la donna iniziò ad agitarsi. 
In un attimo afferrò le braccia di Marco stringendole sempre di più e Marco si sorprese nel vedere quanta forza ci fosse in quelle piccole e fragili braccia. Sentiva quasi le dita entrare nella pelle, così la spinse e indietreggio` di tre passi. Quella rimase a fissarlo accennando un sorriso che sarebbe sfociato in una risata isterica da un momento all'altro. Marco recuperò il telefono e si precipitò verso l'auto. Rimpianse il fatto di averla spenta quando la donna si diresse verso di lui, illuminata sempre di più dai fari. Si accorse che era scalza, ma per lei non sembrava un problema. Camminava a passo svelto, incurante del freddo e delle pietre che rimanevano sotto le piante dei piedi passo dopo passo. 
Marco riuscì a deviare il corpo della donna proprio mentre lei stava per saltare sul parabrezza, poi sgommo`. 
Iniziò a tirare un sospiro di sollievo, come se per tutto il tempo lo avesse trattenuto involontariamente e si diresse verso la clinica ancora scosso, con il cuore che recuperava il battito regolare un po` alla volta. 
Diede un ultimo sguardo alla strada che si lasciava alle spalle e vide che la donna era ancora lì, in piedi al centro della strada. Ora lo stava salutando, con la testa inclinata da un lato. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il suo pensiero era rivolto continuamente a quella donna. Aveva la sensazione che le fosse accaduto qualcosa di brutto. Quella strada era sempre stata lo scenario di incidenti e di scontri tra camion e il pensiero che fosse là fuori tutta sola lo faceva rabbrividire. 
-Ciao Marco- 
Si voltò di scatto, ancora scosso. C'era qualcosa in lui che il suo collega non riuscì a decifrare immediatamente.
-Ciao Lucas- 
Marco si schiari` la gola.
Con la sua ventiquattrore sottobraccio, dalla quale era inseparabile, entrò in ufficio mettendosi il camice e iniziò il turno. 
-Hai perso la lingua?- chiese Lucas. 
Marco aveva ancora lo stomaco sottosopra per l'agitazione, ma non voleva dire nulla a nessuno. Nemmeno lui era certo di quanto fosse successo qualche minuto prima.  
Possibile che quella donna avesse un aspetto così trasandato? Eppure era così giovane. 

Per tutto il turno rimase in silenzio. I colleghi chiesero più volte collaborazione da parte sua. Ma Marco li liquidava con risposte corte e brevi, come se dire qualche parola in più fosse uno sforzo. 
Riusciva solo a pensare a quella donna, tanto da considerare l'opzione di rimuoverla dalla mente in qualsiasi modo. Così aveva provato a leggere un vecchio giornale, ad ascoltare una canzone a caso. Ma era come se i suoi pensieri facessero rumore.
-Hai la testa tra le nuvole, amico.- disse Lucas con la voce piena di sincera preoccupazione. In effetti Marco era da tutt'altra parte. Il suo cercapersone suonò almeno tre volte, prima che Lucas lo riportasse alla realtà. Solo allora Marco si concentrò su quel suono e, con un salto, si mise in piedi. 
L'uomo si chiamava John Gregson. Non parlò per tutto il tempo, nemmeno quando Marco provò a scuoterlo leggermente. 
-Sappiamo perché è ricoverato?- chiese. 
-Vagava in stato confusionale in un parco- spiegò l'infermiera.
Sfogliando la scheda dei dati personali, Marco capì che Gregson era vedovo. A dire il vero avrebbe potuto intuirlo anche dagli abiti che indossava. Era poco curato e non emanava di certo un buon odore. 
-Somministrategli della melatonina.-
L'infermiera ubbidi`. 

Il turno era ormai terminato. Marco entrò in auto e, con un sospiro prolungato, appoggiò la testa allo schienale. Prese le chiavi dalla tasca del cappotto e mise in moto. Era quasi certo che una bella dormita lo avrebbe ringiovanito di almeno un giorno. Eppure non aveva lavorato molto. 
Arrivato al suo appartamento, aprì la porta silenziosamente per poi farla sbattere alle sue spalle.
Che sforzo inutile pensò ad alta voce. Lasciò la sua ventiquattrore sulla sedia all'ingresso e si diresse in cucina per prepararsi una tazza di tè caldo. Rimase immobile alla finestra ad osservare quel poco che si riusciva a scorgere con la luce della luna che, lentamente, si spegneva per dare spazio al sole. 
Erano le sei del mattino. 
Tutto sommato quello che era successo non era poi così difficile da dimenticare e Marco pensò che la cosa più giusta da fare era andare a dormire, o almeno provarci. 
Posò la tazza vuota sul ripiano vicino al letto. Si tolse le ciabatte e solo in quel momento si rese conto che l'anta dell'armadio era socchiusa. Per quanto fosse un maniaco dell'ordine e della precisione, era troppo stanco anche solo per fare due passi. Quando, però, sentì una sorta di schiocco, la sua mente gli suggerì di accertarsi che non ci fosse nessun animale. Ad un passo dall'armadio, sentì quasi un sospiro. Poco dopo comparve davanti a lui una donna.
La sua mente ripeteva non è possibile, non è possibile.
Ma quella figura non era un'allucinazione dovuta alla stanchezza. Era la stessa donna che si era lasciato alle spalle la notte prima. 
Lentamente perse la posizione rannicchiata che aveva chi sa da quanto tempo e uscì dell'armadio. 
Marco voleva afferare qualcosa da usare come arma, nel caso in cui quella avesse voluto aggredirlo di nuovo, ma si accorse subito che era più calma rispetto alla notte precedente. 
-Nessuno può farmi niente qui dentro. Lui non mi troverà mai.-
Al suono di quelle parole, a Marco gli si gelo` anche l'ultima vena. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Otto del mattino.
Marco si svegliò dando un leggero ma decisivo colpo alla sveglia. Si concesse qualche minuto nel letto, per rielaborare i fatti. 
La porta era chiusa. Le finestre erano serrate e nemmeno la sua ex fidanzata aveva più la copia delle chiavi. Tirando le somme, nessuno sarebbe potuto entrare in casa. 
Ma quella donna! 
Dio, era così reale per Marco che ora la vedeva ovunque. Dopo aver detto quella frase, era scappata dalla finestra del bagno. 

Marco passò i seguenti due giorni a casa. Non doveva lavorare, perciò si rilasso` e Iniziò a leggere un libro che gli era stato regalato, ma era rimasto per troppo tempo sullo scaffale. 
Il suono del microonde non lo aveva mai spaventato prima d'ora. Probabilmente era troppo concentrato sulle pagine del libro. 
Si alzò lentamente e si diresse in cucina. Le ciabatte riproducevano il tipico suono di un oggetto che viene strisciato sul pavimento. 
Afferrò la tazza calda con la mano destra e continuò a leggere alcune righe anche mentre camminava, quel libro lo aveva decisamente rapito. 
Ogni tanto, però, si sentiva quasi costretto a distogliere lo sguardo dalle pagine bianche per dare una sbirciatina alle sue spalle. Sentiva gli occhi di qualcun altro puntati su di lui. A dire il vero Marco aveva avuto questa sensazione già dal giorno prima. 
Quando si girò per la terza volta non si aspettava di ritrovarsi faccia a faccia con lei. 

Era lì. Era di nuovo lì. 
La tazza calda cadde dalle mani di Marco e la cioccolata schizzo' ovunque. 
Rise amaramente.
Più che una risata, la donna mostrò i suoi denti marci a lungo mentre passeggiava tranquillamente verso Marco. 
-Non devi avere paura di me!-
Si avvicinò sempre di più. 
-Me lo ha detto lui. Nessuno deve temere un'ombra. Dopotutto ognuno vive costantemente con la propria. Ci si fa l'abitudine, no?- aggiunse concludendo con una risata. 
Marco voleva girarsi e iniziare a correre ma, se avesse dato le spalle alla donna, probabilmente quella lo avrebbe afferrato di colpo. 
Per questo si limitò ad autoconvincersi -Non sei reale.-
A quel punto lei iniziò ad agitarsi. Strinse i pugni dietro la schiena mentre avanzava verso Marco e continuava a dire frasi senza senso.
-Sai che tanto tempo fa lui mi picchio`! E indovina perché?- chiese mentre camminava -Era stanco di vedermi ovunque, di sentire sempre la mia voce- disse. Sul suo volto il sorriso faceva da contrasto con le lacrime. 
Marco voleva sapere a chi si riferisse ogni volta che nominava quel 'lui', ma sapeva che non era il momento adatto per occuparsi di ciò. 
Tentò di chiudere gli occhi e riaprirli qualche secondo dopo, ma si rese conto che non era affatto un sogno.
-Per questo mi disse di giocare a nascondino. Mi avrebbe cercato una volta arrivato a cento!- spiegò la donna. 
-Ma non è più venuto. Così sono uscita dal nascondiglio e, mentre stavo per salvarmi, una macchina mi ha investito e l'ultima cosa che mi ha detto è stata "Resterai nascosta a lungo ora"- disse mentre piangeva e rideva allo stesso tempo. 
Marco stento`a crederci. Era tutto così reale, ma quella donna non poteva essere lì veramente.
Era una situazione assurda. 
Insomma, ne aveva sentite di storie sui fantasmi, ma mai si sarebbe immaginato di vivere una sulla sua pelle. 
Poco dopo la donna scomparve.

Il giorno successivo era di nuovo lei.
-Vuoi giocare con me?- 
E Marco capì che quello era solo l'inizio. 

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