Fade to Black || La schiava del Principe

di JH_Halen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




« Per non lottare ci saranno sempre moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza, ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà. »
Cit. Fidel Castro

Avete presente il mondo che conoscete?
Dopo la catastrofica III Guerra Mondiale, caratterizzata da bombe atomiche e attacchi missilistici che sterminarono più della metà della popolazione -e per questo ribattezzata con "Guerra dei Morti" -iniziata il 24 Aprile 2020 e finita l'anno stesso, il mondo non conobbe più la parola "Vita": rimasero solo 2 miliardi di persone, sparse nelle terre ancora pulite, ossia il Sud-Africa, l'Argentina del Sud, l'isola di Madagascar e la parte occidentale dell'Australia; in poche parole quelle che erano state risparmiate, per casi fortunati, dai bombardamenti.

Il resto del mondo era diventato il cimitero di miliardi di vite e la casa di strane creature, mutate in maniere orribili a causa dei gas rilasciati dalle bombe atomiche.

Dopo questa guerra ce ne fu una seguente, la IV Guerra Mondiale, iniziata nel 1 Febbraio 2025 e finita nel 2026, causata dai Ribelli, capitanati dai Generali James Greystone, Oliver Wexor e Marcus Gallagher, per sconfiggere la dittatura di Edmund Sonenclair.

Il nomignolo di Edmund era "Capo di Buona Speranza" poiché, oltre al fatto di essere nato in Sud Africa da un padre Francese e una madre Sudafricana, fu grazie a lui che il popolo rimanente riuscì a risollevarsi da terra e tentare di ricominciare da capo.
Edmund sapeva parlare in pubblico ed era una figura di riferimento per tutti coloro sopraffatti dalla guerra.
Riuscite a immaginare due guerre consecutive senza la possibilità di riprendersi? 
La III Guerra Mondiale era stata combattuta a furia di bombe atomiche, la IV invece fu la dimostrazione della stupidità umana, perché non bastarono la prima, la seconda e la terza. Perché non aggiungerci una quarta, vero?

Il risultato della IV Guerra Mondiale fu spaventoso e lo è tuttora: Edmund vinse scovando il nascondiglio in cui i tre generali nascosero le bombe rimanenti dalla guerra precedente e i Ribelli furono costretti ad indietreggiare, lasciando sulla loro strada oltre 40milioni di morti, nell'isola di Madagascar, dove oggi risiediamo.

Ora chiunque sia stato un Ribelle durante la IV Guerra Mondiale è costretto a diventare merce di scambio tra i nobili di Sonenclair, così come i loro discendenti, ossia schiavi.

Così per il resto dei giorni. Lunga vita al regno di Sonenclair. Lunga vita alla pace. Lunga vita alla rinascita dell'uomo!

Forse fu un bene combattere anche quest'ultima guerra: il mondo poteva ricominciare e guarirsi da solo, resettare tutto e cercare di insegnare nuovamente alla popolazione rimanente che il mondo doveva essere trattato con costante cura e rispetto, non con odio e trasformazioni chimiche volte a favorire l'ozio.

Certo, era risaputo che sarebbero passati milioni di anni prima che il pianeta potesse rifiorire.

Edmund Sonenclair, però, era anche un uomo intelligente e pensò anche a questo.
Era logico: soltanto una persona con un pò di materia grigia nel cervello saprebbe manipolare a proprio piacimento altri milioni di cervelli spaventati.

E cosa fece quel genio? Riunì tutti gli scienziati e i meccanici di tutti gli ambiti sopravvissuti alle guerre e li convinse, con la promessa di ricompensarli con onore e fama, a creare nell'arco di pochi anni una piattaforma sull'oceano, un'isola "artificiale", su cui oggi sorge il Regno di Sonenclair: è situata nell'Oceano Indiano, ribattezzato anche questo con "Oceano di Sonenclair". 

Era TUTTO di Sonenclair. 
E' tutto di Sonenclair.
C'è soltanto UNA cosa che non è di sua proprietà.
Esiste un'organizzazione sconosciuta da tutti, tranne dai suoi membri, nata dopo l'ultima guerra, che si chiama "G.W.G.O.", acronimo di Greystone, Wexor, Gallagher Organisation, e si nasconde sottoterra, proprio in mezzo all'isola di Madagascar.

Siccome gli Schiavi Senzanome di Sonenclair sono considerati oggetti del Regno, poco più di inutili giocattoli, l'organizzazione allena molti giovani, di età compresa tra i 10 e 25 anni, a diventare "infiltrati", per aiutare l'isola degli Schiavi a rafforzarsi, crescere e, sopratutto, sopravvivere.
Ci sono più di 10.000 schiavi, infiltrati nel Regno di Sonenclair, di cui solamente 5 infiltrati nel castello. 
Non ci battiamo per vendetta, seguiamo gli ideali per cui è nata l'organizzazione:


1. Aiutare il popolo sconfitto, a costo della vita e della morte;
2. Non mostrarsi a livello dei Nobili, esseri inferiori di umiltà e cuore;
3. Mai e poi mai dare inizio a nuove guerre, sia contro i Nobili, sia con noi stessi.

Vi starete chiedendo chi sono. Come minimo.
Io mi chiamo Everly Greystone, ho 17 anni, sono nata durante la notte del 25 dicembre del 2057 e sono la discendente del figlio del Generale James Greystone.
Per tutti gli schiavi io sono una semplice domestica, mentre per tutti i membri della G.W.G.O., e mia sorella, io sono un'infiltrata. Chiamatemi pure spia, se vi aggrada di più.
Ed ecco come sono cresciuta: in mezzo alle menzogne, come una macchina da guerra, un robot senza pietà, una persona senza cuore.

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Capitolo 2
*** 1. ***




Mi stendo sul letto della mia stanza, una minuscola cabina completamente grigia con il letto contro il muro e la scrivania con pile di libri su cui solitamente studio dall'altra parte, e guardo il soffitto: giusto qualche giorno fa, mio padre, il Generale Armànd Greystone, figlio di James Greystone, mi ha svelato che, tra tutti gli infiltrati, mi è stato assegnato una missione di rilevante importanza.
Il principe Maximillian Adam di Sonenclair ha finalmente accettato di avere una schiava ed è, sicuramente, un'occasione d'oro per l'organizzazione. 
Sono stata scelta come infiltrata n.14762 e il mio addestramento si è intensificato da allora. 
La selezione dell'infiltrato è sempre una decisione molto sofferta: qualunque ragazzo o ragazza si sentirebbe male al pensiero di dover abbandonare l'isola degli schiavi, nonostante gli anni di intenso addestramento. Io, invece non sento nulla del genere.
Il mio compito è semplice: svolgere con onore la mia missione.
La mia missione? Uccidere il principe senza essere sospettata, quindi per cominciare devo assicurarmi la fiducia della famiglia reale, e con questo essere nominata "Primis Slavus", ossia lo schiavo con dei privilegi.
Essere un Primis è ritenuto un onore per ogni schiavo di Sonenclair: possono avere una famiglia nel regno, continuando comunque a servire i nobili, ed essere degni di fiducia. In più potevano ambire alla lotteria "Elite Slavus": avviene ogni capodanno, ed è riservata ai Primis Slavus. Consiste nell'estrarre un numero tra i "Primis" e chi viene estratto diventa un Elite, con la possibilità di diventare un Nobile e ottenere un lavoro, ma se viene estratto un foglio bianco, si deve aspettare l'anno successivo.
Questa divisione in classi sociali non serve a molto: puoi essere un Primis Slavus, o un' Elite Slavus, addirittura diventare un Nobile, ma per sempre sarai macchiato per il semplice fatto di essere stato uno schiavo.
Il Regno di Sonenclair ha un centro di smistamento.
Gli scienziati e gli ingegneri, gli stessi ad aver collaborato per la costruzione dell'isola di Sonenclair, avevano ideato un macchinario in grado di scoprire il talento di ogni persona: c'erano tutti i lavori inimmaginabili e possibili, dai lavori più umili come aiuto cuoco, giardiniere, barbiere ecc., a quelli più prestigiosi come attori, cantautori, scrittori e registi e chi più ne ha più ne metta. 
Anche l'organizzazione ne ha costruito uno, all'insaputa del Regno di Sonenclair: quando mi misero in testa il casco per leggermi dentro, avevo 14 anni e venni identificata come "Infiltrata". Da quel giorno ho passato la maggior parte del mio tempo a studiare schemi tattici e ad allenarmi in palestra e in combattimento. 
Venni addestrata anche per sopportare ogni crisi e ora sono anch'io un frutto delle loro strategie: una macchina da guerra, un'infiltrata. Sento bussare alla mia porta e in pochi secondi mi metto a sedere, prima di alzarmi e stare sull'attenti. Non appena la porta automatica si apre, vedo la mia gemella Evelyn, con in mano un piccolo pacco. A 14 anni lei era stata smistata come sarta. Di certo la sua postazione non le permette di esprimere tutta la sua creatività, ma non può che sottostare agli ordini della società, governata teoricamente dai Trafficanti di Sonenclair, un gruppo di Nobili con il lavoro preciso di mandare avanti l'isola e il traffico degli Schiavi. 
Evelyn si avvicina e m'abbraccia con forza, e io non posso fare altro che ricambiare.
Sta piangendo e capisco perfettamente il perché: da quando eravamo nate, ossia 17 anni fa, non ci eravamo mai allontanate per più di qualche ora. 
Porto la mia mano robotica sulla sua schiena, e ogni volta che lo faccio le procuro dei brividi strani lungo tutta la spina dorsale. 
A causa dei gas liberati nell'aria dopo i vari bombardamenti, le mutazioni genetiche pre e post parto erano aumentate notevolmente: io ero nata con una mano non sviluppata interamente mentre Evelyn era scampata da ogni sfortuna. 
Io ero nata anche con un' abilità: riuscire a creare il fuoco dal nulla. Il mio corpo riesce a produrre una quantità di calore e di gas dalle ghiandole sudoripare del palmo delle mie mani che, associati ad un veloce sfregamento per creare una scintilla, soprattutto ora che ho una mano bionica, da vita ad un fuoco che non mi brucia esteriormente, ma mi consuma le energie. 
"Ti ho portato una cosa" mi dice all'improvviso, e apre il pacco. 
Contiene due guanti senza dita in pelle, cuciti finemente tanto da sembrare solo un unico pezzo di materiale. 
Sorrido gentilmente e li prendo entrambi per mettermeli. Con ogni probabilità non mi daranno il permesso di portarmeli nel regno di Sonenclair, nessuno schiavo deve portare effetti personali.
"Non mi permetteranno di portarli" dico impassibile mentre li provo. Sono perfetti, sono anche molto belli. Vedo la chioma rosa di mia sorella scuotersi e quando Evelyn tira fuori un permesso da parte della famiglia Reale, stento a crederci.

"Il Re di Sonenclair, Gregorio II di Sonenclair, discendente di Edmund Sonenclair, padre dell'umanità sopravvissuta, Capo di Buona Speranza, dichiara di concedere allo schiavo di poter introdurre nel regno di Sonenclair degli effetti personali, solo rispettante il regolamento:
-Tutti gli effetti personali insieme non devono superare i 5 kg;
-L'oggetto Non deve essere pericoloso per i Nobili di Sonenclair;
-L'oggetto Non deve essere dannoso per gli edifici del Regno di Sonenclair;
-L'oggetto Non può rappresentare nessun simbolo della Ribellione.
Se anche solo un effetto personale verrà considerato pericoloso o non rispettante le regole stabilite, lo schiavo verrà rispedito indietro e gli schiavi subiranno una terribile punizione.

Re Gregorio II"

"Cosa porterai con te? Questi guanti ti servono per controllare il tuo fuoco. Grazie a papà ho avuto la possibilità di entrare nel magazzino dell'organizzazione e prepararti questi. Saranno molto..." Evelyn continua a illustrare i suoi guanti ininterrottamente prima di vedere la mia mano alzarsi per chiedere la parola. Solo allora si zittisce e mi guarda, concedendomi di parlare.
"Porterò i guanti Evelyn, ok? Non c'è bisogno che me li vendi in questo modo" le dico, con il volto duro.
Evelyn abbassa lo sguardo, in qualche modo imbarazzata dalle mie parole.
"È solo che..." riprende a parlare "ai tuoi occhi nessuno è riuscito a farsi compiacere. Non hai mai lasciato nessuno avvicinarsi a te, nemmeno me, mentre io vedo le altre sorelle avere un legame così forte e affiatato. Ti voglio così tanto bene e sono sempre stata dalla tua parte ma per una volta... potresti mostrarmi che ci tieni a me? Non so quando potrò rivederti".
Le sue parole mi feriscono, ma io non lo lascio intravedere. 
Non posso nemmeno farle capire che non ci tengo.
Con la mano robotica passo la mano tra i suoi capelli ondulati e cerco di proferire qualcosa.
"Quando tutto questo finirà, quando io porterò a termine la mia missione, vivrai come una principessa, o come una regina, e sarai per sempre felice. Farò di tutto per mantenere questa promessa."
"E tu, Everly?"
Mi guarda negli occhi e quello sguardo mi consuma peggio del mio fuoco. 
Abbasso il viso e mi allontano, dirigendomi verso mio padre che in quel momento era comparso sullo stipite della porta insieme a delle guardie per portarmi via. 
Non ci riesco, non posso prometterle che sarò felice anch'io insieme a lei. 
Mi sento così vuota e così devo rimanere per portare alla vittoria i Ribelli. 
Nessuna emozione, solo morte e gloria.
"Sei pronta, infiltrata?" mi chiede mio padre, camminando di fianco a me. Con la coda dell'occhio lo guardo e vedo che sta tenendo il mento alto e cammina con la postura degna dei generali più temuti dell'organizzazione. 
Passiamo davanti alla sala dei combattimenti e vedo uno dei miei compagni, Dymitri, massacrare una guardia del Regno di Sonenclair catturata, sotto l'attenta sorveglianza del Generale Olaf Wexor, figlio del Generale Oliver Wexor. Dymitri era il mio sostituto in caso mi fossi ritirata: era forte, muscoloso, bello, carismatico, attraente grazie ai suoi profondi occhi verdi e alla sua folta e lunga chioma che teneva perennemente in una cosa bassa.
Ma oltre ad essere "Mr. Bello" era anche "Mr. Letale". 
"Signorsì Generale Greystone" rispondo, riportando gli occhi davanti me. 
Non penso che mio padre mi dirà altro se non un augurio. Non è di sua abitudine dimostrare affetto. Forse ho preso da lui.
"Porta onore all'Organizzazione. Contiamo su di te" dice, freddo. Non appena metto piede nel treno che mi avrebbe portato al Regno di Sonenclair, mi giro e lo guardo. Il suo viso, nonostante la malformazione dell'angolo sinistro della bocca, è ancora severo. Pure i suoi occhi sono duri, e io annuisco semplicemente. Non che mi aspettassi qualcosa di più, ma almeno un "Buona fortuna, Soldato" sarebbe stato gradito.
Non c'era stata nessuna festa per me, non l'avevo voluta, volevo solo che mi guardasse come un padre guarda una figlia.
La cabina del treno non ha finestre, quindi non posso vedere nulla al di fuori di essa; sul soffitto pende una lampada al neon e io posso ben constatare che nell'angusto spazio c'è soltanto una bottiglia d'acqua e tanta sporcizia. Fortunatamente indosso una veste scura, richiesta dal protocollo per la transizione degli schiavi nel Regno. 
Il treno comincia a muoversi e dopo qualche ora inizio a sentire i vari sballottamenti della mia cabina sbattermi contro le pareti. Chiunque stia manovrando questo treno ha falsificato il suo lavoro. 
Fin quando non aprono la porta, ripasso a mente il mio piano per diventare una Primis: l'organizzazione aveva scelto me per sedurre il principe, e io non so nemmeno cosa significhi stare a contatto con un uomo senza spaccargli la faccia o spezzargli le gambe durante un combattimento.
Quando finalmente sento il treno fermarsi e vedo la porta aprirsi così mi rimetto in piedi e cammino fuori. 
Mi ritrovo in una stanza completamente bianca, che quasi splende di luce propria. Un signore, vestito di un'armatura, o meglio dire un ciclope visto il solo occhio destro che possiede, mi guarda e mi chiede di alzare le mani. Gli mostro i guanti, sfilandoli dalle mie mani e me li tocca per assicurarsi che non ci siano armi nascoste. Poi mi chiede di allargare le braccia e io obbedisco, formando una T con il corpo. 
Quando finisce noto che dietro di lui sono presenti altre guardie, questa volta vestite con i colori del regno di Sonenclair, il porpora e l'argento, che mi fissano.
Il ciclope mi guarda e senza farsi notare, mi allunga nuovamente i guanti e con la bocca mima la parola "Infiltrata".
Ecco il primo infiltrato, come me, nel Regno di Sonenclair. 
Era così ovvio posizionare uno di noi all'entrata. 
"Può passare. Portatela dalla famiglia Reale" grida poi alle guardie e mi lascia andare. 
Le guardie si mettono ai miei lati e mi scortano ad una piccola piattaforma su cui saliamo. Mi fanno inginocchiare ai loro piedi e non capisco. La piattaforma si alza e percorre tutto un lungo corridoio fino a giungere ad una porta, con una velocità assurda che mi costringe ad aggrapparmi alle loro caviglie. Solo lì capisco che la stanza precedente era solo a metà del canale che mi avrebbe portata al Regno e che mi avevano fatto inginocchiare perché loro erano abituati a tenersi in piedi, anche grazie a degli stivali pesanti che dovevano esser capaci di tenersi alla piattaforma come ad un potente magnete.
Quando raggiungiamo il Regno non ho più il fiato. L'aria si era avventata su di me con così tanta forza da non permettermi il respiro, e non ero riuscita nemmeno a guardarmi attorno per avere delle informazioni sul canale.
Guardo in alto e tossisco, notando il bassorilievo dello stemma della famiglia reale, un'aquila avvolta dalle fiamme che possente tiene il becco puntato verso l'alto, appeso al portone attraverso il quale sarei stata condotta direttamente all'interno del castello.
Nel momento in cui varco la soglia del portone, una signora vestita di un abito lungo, attillato, bianco, ed elegante, dai corti capelli verdi e gli occhi neri, mi fa cenno di seguirla dopo avermi guardata dal basso verso l'alto. 
Una guardia si mette al mio fianco e io inizio a camminare verso la donna. 
"Come ti chiami, schiava?" mi chiede, prima di aprire la porta di una stanza. Quei corridoi scuri e illuminati solo da un lungo tubo di neon bianco fissato al soffitto erano i sotterranei.
"Sono una schiava senza nome" rispondo, con voce impassibile, portando le mie mani dietro di me. La donna si gira verso di me, prima di sporgersi di lato e ordinare alla guardia di chiudere la porta non appena entro insieme a lei.
La stanza è piccola, molto illuminata, arredata con mobili tutti di bianchi, così come le pareti e il computer. Io sono un puntino nero.
"Come ti chiamavano nell'isola degli Schiavi?" insiste lei, sedendosi su una sedia vicino. Poi scosta i capelli all'indietro mostrandomi con chiarezza l'acronimo dell'organizzazione tatuato sul suo collo, mascherato da dei fiori.
"E tu?" Le domando io. "Come ti chiamavano?"
La vedo sorridere e battere le mani. Sapeva chi ero, voleva solo accertarsi che fossi veramente io. 
"Mi chiamavano Xhyreis" risponde. "Ora rivelami il tuo nome".
Alzo il mento verso l'alto e la guardo con sguardo fiero. Devo mostrarle che sono in grado di recitare "Elizabeth," inizio "Elizabeth Wexor" 
Annuisce compiaciuta e inizia a digitare sul computer. 
"È stato tuo padre, il Generale Greystone, a darti la falsa identità?" 
Sentire nominare mio padre mi smuove e mi riporta alla memoria che lui per me era e sarebbe rimasto solo il Generale Armànd Greystone.
"Si" sospiro e mi avvicino a lei per vedere lo schermo. È un sito su cui sta registrando la mia entrata. Doveva essere per il governo.
"Ha fatto bene a scegliere il nome della figlia del Generale Wexor," continua a dire" pure sapendo... che la figlia di Wexor è morta in grembo a sua madre"
"Ma questo il Re non lo sa" replico io. Non può davvero farmi saltare la copertura. Era un'infiltrata quanto lo fossi io.
"E sarà bene che non lo scopra" mi ricorda prima di stampare un foglio e consegnarmelo.
"È il permesso di vivere nel Regno, e il tuo certificato di Sanità Mentale" mi dice, guardandomi con occhi attenti. "È soprattutto il primo passo per diventare una Primis"

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Capitolo 3
*** 2. ***


Non appena vengo scortata nella sala del trono, la prima cosa che posso notare è il soffitto altissimo dove pendono milioni di lampadari argentei, brillanti, prima di essere costretta ad inginocchiarmi sul tappeto rosso alla fine della lunga scalinata che porta ai troni del Re, della Regina e del Principe. Sento che le guardie mi prendono le mani e le legano dietro di me con una corda ruvida che mi ferisce i polsi. Potrei liberarmene in pochi secondi, ma devo mostrarmi sottomessa per poter essere libera di fare ciò che devo poi, una volta finite tutte le 'formalità'. "Abbassa lo sguardo per terra, schiava!" mi ordina una delle guardie, spingendo la mia testa in avanti, e io obbedisco. Non devo perdere il controllo, ma sento già le mie mani... bruciare. Inspiro ed espiro lentamente, trattenendo magnificamente il mio fuoco. Non mi sorprendo più di me. "Siamo al cospetto di sua altezza reale Re Gregorian II, discendente del Capo di Buona Speranza, e la sua sposa, Regina Maria Rebecka" li presenta un ufficiale prima di portarsi al lato di una porta automatica che si apre pochi secondi dopo. Li sento camminare fino a sedersi al trono e mi chiedo tra me e me 'Dov'è il principe?'. Passano pochi attimi prima che io senta l'ordine del Re di presentarmi. A quel punto mi alzo e mostro il mio viso. Il re è di aspetto molto vecchio, ma non ha nessuna malformazione. Sul capo porta una corona con tante vette che puntano verso l'alto mentre veste con abiti sontuosi. Gli allunga molto il viso, quella corona. La regina invece è la personificazione della perfezione: è di molti, fin troppi, anni più giovane d'aspetto del Re. Ha dei lunghi capelli biondi raccolti in una treccia laterale, la pelle ambrata e gli occhi scuri. Il suo corpo è vestito di un abito voluminoso e dorato, mentre sul capo porta una ghirlanda di rose d'oro. "Mi chiamavano Elizabeth Wexor, discendente del Generale Oliver Wexor" pronuncio, tenendo il mento basso, poi continuo con il 'discorso di sottomissione'. "Vi prego di donarmi un nome degno della vostra presenza" Il re scoppia a ridere e batte le mani. Si sta prendendo gioco del popolo caduto, ma è quello che vuole l'organizzazione. "Eccellente!" grida. "Stupefacente! Gli schiavi che mandano la prole di uno dei Generali Caduti! Non esiste modo migliore per chiedere benevolenza!" esclama, tra le risate sommesse sue e delle guardie, e i ghigni imbarazzati della Regina. "Fate entrare il principe!" ordina il Re, alzando la mano di scatto. Volto il viso in direzione della porta e vedo comparire un uomo alto, vestito con l'uniforme delle guardie, solo molto più bella ed elaborata. È moro, con la perfezione ereditata dalla madre e la postura regale dal padre. Una vittima perfetta. "Principe Maximilian Adam di Sonenclair". Il Re mi guarda con occhi divertiti e con tono ancor più beffardo, prima di continuare con: "Il tuo padrone". Abbasso il viso ancor di più, mostrando la mia alta sottomissione. "Per l'amor di Dio, una bambina!" esclama il principe. Riporto gli occhi su di lui e leggo il disgusto stampato sul suo viso. Bambina? Posso spaccargli la mascella, spezzargli tutte le ossa del corpo e lui... mi chiama bambina? Ingoio l'acidità delle parole che vorrei riversargli addosso e rimango zitta. "Beh, non parla?" continua il principe, e io rimango zitta. Non posso far saltare la mia copertura per il mio orgoglio. Sarebbe da stupidi. "Mostrami le mani, bambina" mi ordina e io alzo lo sguardo verso la guardia che mi libera. Non appena sento i polsi slegati, porto le mani davanti a me e tendo le braccia. Alzo gli occhi verso Maximilian e noto che sta scendendo gli scalini. Dopo qualche secondo si ferma a un metro da me. "È una mano artificiale quella, bambina?" mi domanda e io annuisco. Vorrei tirargli uno schiaffo, ma preferisco risparmiarmi la ghigliottina. Si avvicina ancora di un passo e porta un ginocchio per terra. Io lo guardo e lui sorride, perfido. "Portatela nella mia stanza." Si rivolge alle guardie con freddezza, tenendo gli occhi fissi su di me. Per quanto non voglia ammetterlo, il principe è davvero perfetto. Abbasso gli occhi mentre si alza, e sento le guardie prendermi per rimettermi sui miei piedi e trascinarmi con loro. Dopo essere usciti dalla Sala del Trono, mi ritrovo con i miei "chauffeur" lungo i corridoi del palazzo. I muri sono tutti bianchi, con quadri dell'epoca pre-terza guerra mondiale appesi alle pareti. Ogni pochi metri ci sono delle porte automatiche che conducono alle varie stanze del castello. Saliamo delle scale a chiocciola che non finiscono più, e quando finiscono, riprendiamo a salire ancora delle altre scalinate. Giunti alla fine delle scale entriamo in un'ascensore e io ho la possibilità di vedere lo Skyline del Regno di Sonenclair: è vastissimo, più vasto di quanto potessi mai immaginare e al confine riesco a vedere la cupola che protegge il regno dai gas tossici. Nel momento in cui l'ascensore finisce di salire, capisco che siamo nel punto più alto del castello, la Torre Magna. Una guardia apre l'unica porta presente e mi getta dentro, chiudendomi nella stanza. Cado per terra, e cerco di rialzarmi subito ma sento un rumore nell'oscurità che mi costringe a rimanere ferma. Avverto il pericolo, mi sta guardando con occhi maliziosi. Il mio cuore sta per esplodere, così cerco di calmarmi e rallentare i battiti. "Ehi, bambina..." sento la voce del principe muoversi velocemente nel buio. Poi vedo una candela diffondere una flebile luce dietro di me. Mi volto lentamente e noto che un letto a baldacchino, con tende legate e coperte ordinate, nere, è illuminato. Un secondo dopo sento un fruscio e, quando riporto lo sguardo davanti a me, vedo i raggi della luna filtrare nei vetri di una grande finestra. "Si mostri, la supplico..." sussurro, respirando lentamente. Grazie alle poche luci posso constatare che la stanza è enorme: qui dentro può viverci una famiglia intera. Mi alzo in piedi e vago per la stanza, evitando le parti buie. "Non hai paura?" mi chiede la voce del principe e io scuoto la testa, avvicinandomi all'unica parete illuminata dalla luce della luna, dove vedo appesa una sua fotografia ingrandita. Si mostra regale, possente, nella sua uniforme. "Dovresti." Lentamente noto la figura di un'ombra nera sovrastare la mia, poi vedo due ali, con apertura di almeno 4 metri, coprire interamente l'unica fonte di luce. Mi giro lentamente verso il principe e sono sbalordita, sia dal suo profilo che dai suoi occhi, gialli e brillanti. Nella sala del trono, dove diamine nascondeva tutto ciò? Indietreggio contro il muro e, non appena sbatto contro esso, vedo la figura di Maximilian avvicinarsi a me con pochi passi. Istintivamente faccio due passi in avanti, sfrego le mani e accendo il fuoco, liberando il mio potere che avevo trattenuto a lungo e mi scaglio contro di lui per attaccarlo. Non appena però Maximilian vede le mie fiamme bruciare tre le dite delle mani, con un colpo secco di ali le spegne e l'aria è così forte che mi sbatte contro il muro. Tossisco per l'urto e mi rialzo in piedi velocemente, ma lui è più agile di me e mi solleva per il collo. Il panico si impossessa di me come non lo faceva da tempo e sfrego le mie mani sul suo braccio, ustionandolo. Devo proteggermi, non servirò a nulla da morta. Mi lascia andare, emettendo un gemito di dolore, e si tira indietro. Tenendosi il polso con l'altra mano, mi guarda e semplicemente mi ordina: "Inginocchiati." Capisco che la battaglia è finita, quindi mi inginocchio e abbasso lo sguardo. Lui si avvicina, mi alza il viso e scruta nei miei occhi in cerca di qualcosa, ma io rimango impassibile; ho già combinato un disastro. Non dovevo mostrargli la mia abilità... Ora potrebbe usarla contro gli altri e, soprattutto, su di me. "Sei molto potente, vedo..." insinua la sua mano tra i miei capelli scuri e li pettina con le dita. "Ma pur sempre una bambina che non è ancora capace di controllarsi. Quanti anni hanno visto i tuoi occhi?" Mi mordo la lingua con forza quando mi dice che sono senza controllo e rispondo con un: "17" "Come non detto: Bimba." dice, prendendosi gioco di me prima di diventare serio. "Ecco le regole. Starai sempre al mio fianco: che io sia a letto con un'altra o in palestra ad allenarmi. Dormirai nel mio letto e da nessun'altra parte. Mi soddisferai, se necessario, ma dubito che avrò bisogno di questo da un corpo come il tuo. Obbedirai ad ogni mio ordine e soltanto a me. Guardami negli occhi ancora una volta perché da adesso in poi ti è vietato anche solo alzare lo sguardo su di me. Un'ultima cosa: devi rivolgerti a me con "Padrone". È tutto chiaro, bimba?" Ingoio l'acido che hanno provocato le sue dannate regole e abbasso gli occhi sul pavimento prima di chiuderli e mormorare. "Si, padrone."

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