Pandora's Box

di Nata dalla Tempesta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Pandora ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Preparativi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Reesembool ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Sulla tomba del padre ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Pandora ***


“Mamma…dove sta andando papà?” Chiese la bambina, mentre si aggrappava con una manina alla vestaglia della madre.

“Non è nulla tesoro, torna a dormire.” Le rispose gentile la donna, carezzandole i capelli.

“Papà, tornerai presto a casa?” Domandò ancora la piccola, rivolgendosi stavolta all’uomo che stava in piedi davanti la porta.

Lui ebbe un attimo di esitazione, un lieve tentennamento, ma tanto bastò perché la bambina lo raggiungesse e allungasse le braccia verso il padre in una silenziosa richiesta d’affetto. Quegli occhi grandi, le manine paffute che cercavano disperatamente di raggiungerlo, la struggente innocenza del suo sguardo…era troppo, più di quanto un uomo come lui potesse sopportare.
Tuttavia non riuscì a trattenersi, e affondò le dita in quella massa spettinata di capelli morbidi. Sapeva che, con ogni probabilità, non avrebbe più rivisto la sua dolce bambina né l’amorevole compagna che gli aveva offerto fiducia e conforto proprio quando pensava di non poterne più trovare.
Ma aveva un compito, una missione da portare avanti. E lo avrebbe fatto nonostante il dolore, nonostante le difficoltà, nonostante tutto.
Fu proprio il pensiero del costante peso che portava sulle spalle a costringerlo a rimettere la bambina tra le braccia di sua madre. Un ultimo sguardo alla sua casa, alla sua famiglia, e poi l’uomo si lasciò dietro ogni cosa.

“Mamma…perché piangi?”


***

“…disidratata…”

“…avrà viaggiato a lungo, poverina…”

“Presto…portate delle bende…”

Tre o quattro voci si alternavano intorno a lei, ma non riusciva a distinguere bene le parole. Era così stanca, gli occhi erano pesanti, e il desiderio di lasciarsi andare e dormire era troppo forte. “Acqua”, pensò. “Datemi da bere, ve ne prego!”. Ma le labbra erano sigillate, nessun suono uscì dalla sua bocca.
Sentendosi sconfitta, decise che la cosa migliore da fare fosse cadere di nuovo nella rassicurante oscurità del nulla.

Quando riprese conoscenza, la prima cosa che avvertì fu il materasso sul quale era distesa. Mosse piano le dita delle mani, tastando le lenzuola grezze che ricoprivano il suo corpo. Poi fu il turno delle dita dei piedi e, una volta appurato che anche quelle funzionassero a dovere, aprì poco a poco gli occhi. Si ritrovò a fissare un soffitto bianco, poi fu sopraffatta dall’odore di disinfettante e medicinali. Provò a tirarsi a sedere, ma una voce maschile pacata e leggermente roca la fermò.

“Con calma, figliola. Ecco, lascia che ti aiuti…” l’uomo che aveva parlato si avvicinò a lei, sistemandole i cuscini dietro la schiena in modo che potesse stare comoda. Quando mise a fuoco la sua immagine, vide accanto a sé un uomo anziano dal viso orribilmente sfigurato, ma dal sorriso estremamente gentile. “Io sono il dottor Tim Marcoh.” Si presentò con calma, mettendo le mani nelle tasche del camice bianco. “Ti trovi all’interno dell’ospedale civile di Central City.”

“Central…City…” mormorò lei, la voce roca a causa della gola secca.

“Si, esatto.” Rispose il dottor Marcoh, porgendole un bicchiere d’acqua. “Ti hanno trovata svenuta alle porte della città, e anche in pessime condizioni se mi permetti di essere onesto con te.”

La ragazza accettò il bicchiere e prese qualche sorso, sentendosi già molto meglio. “Mi avete salvato la vita…vi sono molto riconoscente.” Disse poi, sorridendo gentile.

“Abbiamo solo fatto il nostro dovere di buoni cittadini.” Rispose allegro il dottore. “Ah, prima che me ne dimentichi…verranno degli esponenti dell’esercito a trovarti.”

“Cosa può mai volere l’esercito da me?” Domandò la ragazza, leggermente confusa.

“Non è nulla di grave, sta tranquilla. Si tratta solo di una formalità, niente di più.” Disse il dottor Marcoh, dandole una lieve pacca sulla spalla.

L’uomo aprì la bocca come per dire altro, ma fu interrotto da qualcuno che bussava alla porta della stanza. “Tenente Hawkeye, è permesso?” Chiese una voce di donna.

“Certo, avanti Tenente!” rispose il dottore.

Qualche secondo dopo, fece la sua comparsa nella piccola stanza d’ospedale una donna bionda in tenuta militare. “Oh, vedo la che nostra paziente è sveglia.” Disse, avvicinandosi al lettino. “Io sono il Tenente Riza Hawkeye, molto piacere.” Si presentò.

“Il piacere è mio, Tenente. Il mio nome è Pandora.” Rispose la ragazza, sorridendo alla donna.

“Dottor Marcoh, potrei parlare da sola con la signorina?” Chiese il Tenente.

“Ma certo.” Annuì l’uomo. “Con permesso, vado a fare il giro degli altri pazienti.” Rivolse un sorriso gentile alle due donne e uscì dalla stanza, richiudendo piano la porta dietro di sé.

“Dunque, Pandora…” Iniziò Hawkeye, sedendosi su una delle sedie di legno accanto al letto. “Prima di tutto, sai dove ti trovi?”

“Si, il dottor Marcoh mi ha spiegato che siamo a Central City, all’ospedale civile.” Rispose la ragazza.

“Esatto.” Sorrise il Tenente. “Sono stata mandata qui dal Comandante Supremo in persona, Roy Mustang. Sai chi è?”

“L’alchimista di fuoco…” Annuì Pandora. “Tutti conoscono il suo nome, l’eco dell’eroe di Ishval è arrivato lontano.”

“Sappi che non vogliamo farti del male. Il paese è ancora in via di ricostruzione, e noi dell’esercito vogliamo solo assicurarci che tutti coloro che entrano nelle nostre città siano al sicuro.”

“Quindi…volete assicurarvi che io non sia una terrorista o altro, giusto?”

“In poche parole, si.” Confermò il Tenente, non potendo fare a meno di notare tra sé e sé che quella ragazza di certo non era un’ingenua. “Mi permetti di farti alcune domande?”

“Naturalmente, proceda pure.”

“Dunque, Pandora, da dove vieni?”

“Sono originaria di Xing, vengo da lì.” Rispose lei.

“Come sei arrivata ad Amestris?”

“Ho attraversato il deserto, è l’unica via per arrivare in questo paese.”

“Eri con qualcuno durante il viaggio?”

“No, sono stata da sola per tutto il tempo. Mi sono fermata ogni tanto in compagnia di qualche gruppo di viandanti lungo il tragitto, ma per lo più ho viaggiato per conto mio.”

“Ho conosciuto un’altra persona che ha affrontato il tuo stesso viaggio, qualche anno fa…” disse il Tenente, aggrottando le sopracciglia. “È straordinario che tu abbia attraversato il deserto da sola.”

“Ho avuto la fortuna di incontrare persone gentili che mi hanno dato una mano, non ce l’avrei mai fatta senza di loro.” Rispose Pandora, sorridendo.

“Un’ultima domanda, se permetti. Cosa ti ha spinta ad andare così lontano dal tuo paese d’origine, Pandora?”

“Io…” la ragazza abbassò lo sguardo. “Sono venuta a cercare una persona molto importante. Ho saputo che l’ultima volta è stata vista in questo paese, per questo sono qui.”

“Capisco.” Annuì il Tenente. “Mi sono permessa di cercare dei documenti fra i tuoi effetti personali, e non ho trovato nulla. Qualcuno aveva proposto di rimandarti subito a casa visto che sei in pratica una clandestina, ma il Comandante Supremo non era dello stesso avviso. Ha detto che prima di agire avrebbe voluto conoscere le tue intenzioni.” Sorrise la donna.

“Il capo del vostro governo sembra proprio un brav’uomo.” Disse gentile Pandora, sorridendo di rimando al Tenente.

“Quando il dottor Marcoh ti dimetterà, il Comandante Supremo di sicuro vorrà incontrarti per stabilire il da farsi. Ti va bene?”

“Naturalmente.” Rispose la ragazza. Non che avesse comunque un’alternativa, ma era abbastanza saggia da assecondare il volere dell’esercito.

“Benissimo. Adesso ti lascio, sicuramente vorrai riposare un altro po’.” Hawkeye si alzò e rimise a posto la sedia. “Ti verrò a prendere personalmente quando verrai dimessa, Pandora. Abbi solo un po’ di pazienza.”

“A rivederci, Tenente. Grazie per la vostra ospitalità.” Rispose dolcemente Pandora.

Il Tenente Hawkeye la salutò un’ultima volta ed uscì con calma dalla stanza. Una volta fuori, dopo essersi richiusa la porta alle spalle, non poté fare altro che poggiare una mano al muro e sospirare. Sapeva benissimo che non era un caso che il Comandante Supremo avesse permesso a quella ragazza di restare, almeno per il momento. E non era certa che fosse del tutto per via del suo buon cuore, fu costretta ad ammettere a se stessa. Sin dal primo momento in cui era stata una sua sottoposta, Riza Hawkeye sapeva che Mustang non era uno sprovveduto, ma un uomo furbo e astuto. Di sicuro c’era un motivo, era soltanto una questione di tempo e il Comandante Supremo avrebbe palesato quello che gli ronzava in testa.
Con quel pensiero ben impresso nella mente, Riza uscì dall’ospedale e si diresse verso l’auto che usava quando era in servizio. Percorse senza pensarci la strada che l’avrebbe portata al Quartier Generale, e lasciò l’automobile insieme alle altre in un parcheggio coperto. Facendosi strada attraverso i corridoi e fra tutti gli altri uomini e donne al servizio dell’esercito, arrivò davanti la massiccia porta di legno che separava il corridoio dall’ufficio dell’uomo più importante del paese.
Prese un piccolo respiro e bussò un paio di volte. “Comandante Supremo, qui è il Tenente Hawkeye. Sono venuta a fare rapporto.”

“Avanti.” Rispose Roy Mustang dall’interno.

Quando Riza entrò, trovò il suo superiore seduto alla scrivania, intento a firmare una pila di documenti. “Signore, porto notizie della ragazza straniera.” Disse, mettendosi sull’attenti.

Mustang poggiò la penna sulla base liscia della sua scrivania e, dopo essersi leggermente stiracchiato, si poggiò allo schienale della poltrona. “Dimmi tutto, Tenente. Con chi abbiamo a che fare?” Chiese, senza nascondere un accenno della curiosità che lo animava da qualche giorno.

“Dice di provenire da Xing, Signore. Ha detto di chiamarsi Pandora e di aver attraversato il deserto da sola fino ad Amestris.”

“Ma guarda…” sorrise Mustang. “Un’altra ragazzina di Xing, eh? Non pensavo potesse capitare di nuovo da quando Ling Yao è diventato imperatore di quella nazione. Tu cosa ne pensi, Tenente?”

“Se posso dire la mia, Signore, non si direbbe affatto che la straniera in questione sia nativa di Xing. I tratti del suo viso, il colore dei suoi capelli…non corrispondono ai tratti somatici della gente di quel paese. Solo il suo accento conferma la sua provenienza, o comunque fa pensare che sia cresciuta lì.”

“Interessante, molto interessante.” Il Comandante Supremo incrociò le braccia al petto, ponderando. “Quindi secondo te sta mentendo?”

“Non ne sono sicura, Signore. Probabilmente è vero che viene da Xing, forse è stata adottata o simili.” Rispose sinceramente il Tenente.

“Bene. Sai che tengo in grande considerazione la tua opinione, Tenente.” Sorrise Mustang. “Sei libera di andare, adesso. E ricorda di avvisarmi immediatamente non appena il dottor Marcoh la dimetterà.”

“Si, Signore.” Riza gli rivolse il saluto militare prima di lasciarlo da solo nel suo studio. Adesso, i suoi sospetti stavano tramutandosi in certezze. Era evidente che qualcosa smuoveva la curiosità del Comandante Supremo, solo non aveva la minima idea di cosa potesse essere.

***

Dopo un ricovero di due giorni, il dottor Marcoh permise a Pandora di firmare il modulo di dimissioni. Le tolse i bendaggi che aveva attorno alla testa, e le infermiere le restituirono i suoi effetti personali. Pandora notò che i suoi abiti erano stati lavati, e la premura di quel gesto la fece sinceramente commuovere. Gli esseri umani erano capaci di grande gentilezza e generosità, pensò mentre si rivestiva con tutta calma. Indossò con cura una maglia nera a maniche lunghe e con il colletto alto, un paio di pantaloni neri aderenti e stivali di pelle che le coprivano interamente i polpacci. Lisciò le pieghe della maglietta con grande soddisfazione, sentendosi a più agio con quegli abiti semplici che con qualsiasi altra cosa al mondo. Dopo aver recuperato dallo schienale di una sedia la sua giacca di pelle color granata lunga fino alle ginocchia, attese che il dottore la accompagnasse fino all’uscita.

“Sono contento che tu ti sia ripresa così in fretta, Pandora.” Le disse Marcoh mentre le faceva strada attraverso i corridoi dell’ospedale. “Ho conosciuto ben poche persone capaci di guarire così rapidamente, sai? Tuttavia, se dovessi avere ancora qualche problema vieni subito da me.”

“Non so come ringraziarla per tutto ciò che ha fatto per me, dottore.” Rispose lei, sinceramente grata.

“Mi ripagherai rimanendo in buona salute, figliola!” Ridacchiò l’uomo, fermandosi poco oltre l’ingresso. “Vediamo…ah, ecco il Tenente! Puntuale come un orologio!” Esclamò, indicando con un cenno del capo il veicolo militare parcheggiato a qualche metro di distanza.

“A rivederci, dottore. E grazie ancora per la sua gentilezza.” Pandora gli strinse una mano e, dopo essersi sistemata la sua sacca di tela sulla spalla, si diresse verso l’auto.

“Buongiorno, Pandora.” La salutò il Tenente Hawkeye, che attendeva paziente fuori dalla vettura. “Vedo che sei in perfetta forma, mi fa molto piacere.” Aggiunse, mentre le apriva lo sportello posteriore per farla salire.

“Anche per me è un piacere rivederla, Tenente.” Salutò di rimando la ragazza, accomodandosi all’interno dell’automobile. “Si, per fortuna guarisco abbastanza in fretta. E poi credo che fossi più disidratata e stanca, che effettivamente ferita.”

“Quello che conta è che tu adesso stia bene.” Rispose Riza, entrando in macchina a sua volta e accedendo il motore. “Come ti avevo già accennato un paio di giorni fa, il Comandante Supremo vuole conoscerti.”

“Non vedo l’ora di incontrarlo. Vorrei ringraziare personalmente la persona che mi ha permesso di rimanere a Central City per ricevere delle cure.”

Il Tenente annuì, lanciando un rapido sguardo allo specchietto retrovisore che rifletteva l’immagine della ragazza. C’era qualcosa in lei, che a Riza ricordava alcuni vecchi amici che non vedeva da qualche tempo. Scosse la testa, dandosi della stupida. Probabilmente era solo un po’ di nostalgia che le faceva vedere quello che lei voleva vedere, tutto qui, ma il pensiero continuò a frullarle in testa per tutto il tragitto fino al Quartier Generale.
Dal canto suo, anche Pandora era pensierosa. Non era mai stata così lontana da casa sua, per di più in un luogo dove non conosceva proprio nessuno. Però la fortuna era stata dalla sua parte, il destino le aveva fatto conoscere il dottor Marcoh e il Tenente Hawkeye, e presto avrebbe incontrato anche il famoso Roy Mustang. Voleva avere fiducia in lui, si. Voleva sperare che almeno lui la aiutasse a trovare quello che stava cercando. Persa nei suoi pensieri, non si accorse di essere giunta a destinazione finché il Tenente non le aprì lo sportello per farla scendere.

“Eccoci, siamo arrivati.” Le disse, facendole cenno di seguirla. “Il Comandante Supremo arriverà tra poco, mi ha chiesto di accompagnarti nel suo ufficio comunque e di farti attendere lì.”

Pandora annuì, seguendo il Tenente all’interno dell’enorme struttura. Si fecero strada per i corridoi sotto lo sguardo curioso degli altri militari, che mormoravano tra di loro e indicavano la ragazza con fare curioso. Quando arrivarono nello studio di Mustang, il Tenente la fece accomodare.

“Siediti pure, fa come fossi a casa tua.” Le disse prima di uscire e chiudere la porta. Di sicuro sarebbe rimasta a guardia dell’ufficio fino all’arrivo del suo superiore.

***

Roy Mustang scese dalla sua automobile con più entusiasmo del solito. Quel giorno si era svegliato particolarmente di buon umore, e non vedeva l’ora di scoprire se ciò che aveva sentito qualche giorno prima fosse vero. L’uomo che aveva trovato la ragazza e l’aveva portata in ospedale, aveva scritto nel suo rapporto qualcosa di estremamente singolare. Era quello che aveva acceso la curiosità del Comandante Supremo, qualcosa che per qualche momento lo aveva distratto dal suo obiettivo di riforma di Amestris.
Congedò le sue guardie del corpo e prese una scala secondaria per arrivare al suo ufficio indisturbato. Come previsto, a guardia della porta c’era una delle persone di cui si fidava di più al mondo, il Tenente Hawkeye.

“Signore, ben arrivato.” Lo salutò Riza, scattando sull’attenti.

“La ragazza è già arrivata?” Chiese lui, ricambiando il saluto.

“Si, Signore. Si trova nel suo ufficio, come da lei richiesto.”

“Benissimo. Adesso riposo, Tenente. Ti farò chiamare se sarà necessario.” Roy le sorrise ed entrò nel suo studio, chiudendo per bene la porta.

Quando si voltò verso la sua scrivania, dovette battere un paio di volte le palpebre. Seduto su una delle poltroncine, sembrava esserci niente di meno che l’alchimista d’acciaio in persona.

“Acciaio, non sapevo fossi già tornato dal tuo ultimo viaggio!” Lo salutò Mustang, andandogli vicino per dargli una pacca sulla spalla. “Devi scusarmi, ma adesso devo ricevere una pers…” Si bloccò immediatamente quando la persona seduta sulla poltroncina si voltò verso di lui.

Si era sbagliato, non era affatto l’alchimista d’acciaio Edward Elric. Eppure ci avrebbe giurato, ci avrebbe scommesso la carriera! L’inconfondibile colore dorato dei capelli raccolti in una coda di cavallo, quel genere di giacca lunga e sui toni del granata…ma non era lui.

“Oh, lei deve essere il Comandante Supremo.” Disse subito Pandora, alzandosi in piedi e sorridendo.

“Io…si.” Annuì Mustang, ancora sotto shock. “Roy Mustang, Comandante Supremo di questo paese.” Si presentò, senza riuscire a distogliere lo sguardo dai grandi occhi dorati della ragazza che gli stava di fronte. Tutto ciò che Riza gli aveva detto era vero, la misteriosa straniera non somigliava affatto ad una nativa di Xing. E anche lui, come l’uomo che aveva trovato la ragazza, si era sbagliato…l’aveva scambiata per Edward Elric.

“È un vero onore conoscerla, Signore.” Disse lei educatamente. “L’eco delle sue gesta è arrivato fino al mio paese, non immagina quanto sia lieta di incontrarla.”

“Accomodati, ti prego.” Mustang girò intorno alla scrivania per sedersi a sua volta sulla poltrona, ancora incredulo. “Così tu saresti…Pandora, giusto? La ragazza di Xing.”

“Si, è così.” Annuì lei, mettendosi a sedere.

“Non prenderla come un’offesa, Pandora, ma ho già conosciuto delle persone di Xing e tu…beh, sei un po’ diversa.” Azzardò il Comandate Supremo, senza girarci troppo attorno.

“Si, è vero. Vede, Signore, mio padre veniva dal continente Occidentale. Ho preso più da lui che da mia madre, che invece era una vera e propria nativa di Xing.” Spiegò la ragazza, trovando legittime le osservazioni di Mustang.

“Capisco. Mi dispiace per prima, ti avevo scambiata per…beh, per un’altra persona.” Roy scosse leggermente la testa prima di proseguire. “Il Tenente Hawkeye mi ha detto che sei venuta ad Amestris perché stavi cercando qualcuno, non è così?”

“È così, infatti. Sono venuta fin qui per cercare mio padre.” Rispose lei.

“Tuo padre?”

“Si. È andato via di casa quando ero molto piccola, e da allora non l’ho più rivisto. Ho sentito dire da dei miei conterranei che era stato visto qui, qualche anno fa. Per questo ho lasciato Xing, attraversato il deserto e sono arrivata ad Amestris. Purtroppo il viaggio è stato molto duro, e ho perso i sensi proprio alle porte di Central City.” Sorrise, lievemente imbarazzata. “Spero che lei possa aiutarmi a ritrovarlo, Signore.”

“Beh…ad una bella signorina di certo non si può negare un favore come questo.” Sorrise di rimando Mustang, anche se qualcosa dentro di sé non lo faceva stare tranquillo. “Dimmi, come si chiama tuo padre?”
Pandora prese un profondo respiro. Non aveva più pronunciato il suo nome da quando era andato via e l’aveva lasciata da sola con sua madre, e quelle parole anche dopo tanto tempo avevano ancora il potere di farle male. Per un attimo ebbe davanti agli occhi l’ultimo ricordo di suo padre, fermo sulla porta mentre lei cercava disperatamente di attirare la sua attenzione per un semplice abbraccio. Scosse la testa, ricacciando indietro le lacrime di tristezza che minacciavano di farsi strada.

Dopo qualche momento di esitazione, finalmente Pandora parlò. “Hohenheim. Mio padre si chiama Van Hohenheim.”





Ciao a tutti! Per chi non mi conoscesse, io sono Nata dalla Tempesta. Da qualche anno non pubblico una ff su EFP, e dopo aver guardato FullMetal Alchemist per la quarta volta mi sono sentita ispirata. Così è nata "Pandora's Box", una storia nata quasi da un sogno che spero apprezzerete.
Se vi fa piacere, a me lo farà sicuramente, fatemi sapere cosa ne pensate di questo primo capitolo, se vi è piaciuto oppure no, le vostre aspettative. Per chi scrive sono indicazioni molto importanti, il parere dei lettori è fondamentale!
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriositi, e spero che rimarrete con me fino alla fine del viaggio.
A rivederci al prossimo capitolo!
Baci, NdT.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Preparativi ***


Roy Mustang rimase di sasso nel sentire il nome di Van Hohenheim. Per quanto ne sapeva lui, quell’uomo non aveva avuto altre relazioni dopo la morte della moglie, Trisha Elric. E di sicuro non poteva trattarsi di una relazione precedente, poiché quella ragazza sembrava di qualche anno più giovane rispetto ai fratelli Elric.

“Perdonami, forse ho sentito male…tuo padre è Van Hohnheim?” chiese l’alchimista di fuoco, intrecciando le mani sulla scrivania.

“Si, esatto.” Annuì Pandora. “Lo conosce? O quantomeno sa chi potrebbe averlo conosciuto in questo paese?”

Mustang rimase in silenzio per qualche momento, ponderando sulla risposta. “Si, l’ho conosciuto. A dire il vero è stato uno dei protagonisti della storia di questo paese, qualche anno fa ci ha aiutati a vincere la guerra contro il più grande nemico di Amestris.” Disse alla fine.

“Oh, la storia degli homunculus e della pietra filosofale…è corretto?”

“Corretto, si. Immagino che l’eco di questa guerra sia arrivato lontano. Può darsi anche che il vostro Imperatore ne abbia parlato e si sia sparsa la voce, dato che anche lui ha contribuito a difendere il nostro paese.”

“Entrambe le cose.” Rispose la ragazza, studiando l’uomo che aveva di fronte. Non era molto alto, ma sicuramente era ben messo. Aveva corti capelli neri tirati indietro, occhi scuri e penetranti, e portava i baffi. In generale, ammise a se stessa, era un uomo molto affascinante.

“Tornando al discorso principale…” Mustang interruppe il silenzio che si era creato nella stanza. “Come ti ho detto, quando ero ancora un semplice Colonnello ho avuto il piacere di collaborare con lui per la difesa del paese. Forse può sembrare una domanda indelicata, ma…cosa sai di tuo padre?”

“Non molto, ad essere sincera. È andato via di casa quando avevo circa quattro anni, e da allora non l’ho più rivisto.”

“E sei rimasta con tua madre, immagino.”

“Si, sono rimasta con lei fino alla fine dei suoi giorni.” Sospirò Pandora, senza celare un velo di tristezza. “A dire il vero, lei mi ha detto che Hohenheim è tornato a casa soltanto una volta. Io non lo ricordo perché ero gravemente malata, non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto…” Si passò una mano sul collo, persa nei ricordi. “Mia madre mi ha raccontato che è ritornato al nostro villaggio per aiutarmi a guarire, ma è andato via prima che potessi riprendere conoscenza.”

“Capisco.” Disse semplicemente il Comandante Supremo, continuando a rimuginare sulla storia di Pandora. Le fattezze di lei erano incredibilmente simili a quelle dei fratelli Elric, tuttavia qualcosa per lui non tornava.

“Quindi…mi aiuterà a ritrovare mio padre?” Chiese Pandora ancora una volta, tormentando con le dita la manica destra della sua giacca.

Nel vedere la ragazza così impaziente e piena di aspettative, e soprattutto sapendo che aveva fatto un lungo viaggio solo per trovare Hohenheim, quasi si sentì in pena per lei. Come avrebbe trovato il coraggio di dirle che il padre era morto poco dopo la battaglia contro gli homunculus? Ricordava quanto era stato male dopo la morte di Hughes, il suo più caro amico, e non osava immaginare come si sarebbe sentita lei dopo aver saputo che la persona che aveva tanto cercato non era più nel mondo dei vivi.
Con calma si alzò dalla sua poltrona e si mise al fianco di Pandora, porgendole una mano.

“Hai già pranzato?” Le chiese, nel tentativo di prendere tempo e pensare a come darle la notizia.

“A dire la verità…no.” Sorrise lei, leggermente imbarazzata.

“Allora vieni con me, sarai mia gradita ospite.” Mustang le sorrise gentile e, quando Pandora mise una mano nella sua, la scortò galantemente fuori dall’ufficio.

***

Quando Riza sentì la porta dietro di lei che si apriva, rimase di stucco nel vedere il suo superiore che teneva per mano la straniera. Sapeva che Mustang era un dongiovanni, ma non pensava si sarebbe spinto a quel punto anche con una ragazzina che non dimostrava più di diciassette anni!

“Tenente, io e la signorina Pandora saremo fuori per pranzo.” Le disse Mustang, guardandola dritto negli occhi. “Per il momento sei congedata. Ah, a proposito…hai più avuto notizie da Resembool?”

“No, Signore.” Rispose lei, attenta.

“Chissà come sta la signora Pinako Rockbell ora che ha quei nipotini a cui badare, eh?” Sorrise il Comandante Supremo. “Dovresti scriverle una lettera, magari andremo a trovarla uno di questi giorni.” E senza dire altro, Mustang andò via con Pandora.

Scrivere una lettera a Pinako Rockbell…Riza si rese subito conto che quell’apparente gesto di cortesia stava per trasformarsi in qualcosa di più. Non riusciva ancora a unire i tasselli che il suo superiore le stava fornendo, ciò stava significare che avrebbe dovuto impegnarsi più del solito per trovare la giusta chiave di lettura.
Si impose la calma e, mentre si dirigeva verso la mensa, iniziò a pensare a quanto stava succedendo. Una sconosciuta proveniente da Xing era arrivata ad Amestris per cercare una persona. Sicuramente si trattava di qualcuno di molto importante, forse un parente. Il Comandante Supremo in persona la stava tenendo d’occhio, e questo poteva significare solo due cose: la ragazza era estremamente interessante o potenzialmente pericolosa. E poi restava un ultimo interrogativo: perché mai avrebbe dovuto avvertire l’anziana Rockbell di una visita dell’esercito, anche se apparentemente informale? Era improbabile che la ragazza avesse bisogno di automail, il dottor Marcoh non aveva scritto nulla del genere nella sua cartella medica. Che fosse invischiata in qualche affare con gli Elric o con qualcuno molto vicino a loro? E se fosse stato quello il caso, perché non rivolgersi direttamente a quei due?
Mentre prendeva il vassoio con il suo pranzo e lo portava ad un tavolo in disparte, si rese conto che c’erano ancora troppe domande senza risposta.

***

Seduta al tavolo di quel ristorante, Pandora sentiva gli occhi degli altri clienti puntati su di sé. Non che non vi fosse abituata, ma pensava che nessuno avrebbe fatto caso al suo aspetto nel continente Occidentale. A Xing era sempre stata ritenuta diversa, perché nessuno degli altri bambini aveva occhi o capelli come i suoi. Era anche vero che nessuno aveva un padre come il suo, unico nel suo genere sotto molti punti di vista.


“Oh, io…si, Signore, stavo solo pensando.” Rispose subito Pandora.

“Ti prego, chiamami semplicemente Roy. Finirò per sentirmi davvero vecchio se continuano a chiamarmi con titoli tanto altisonanti!” Ridacchiò, compiacendosi tuttavia del fatto che Pandora lo rispettasse in quanto capo del governo.

“Se questo è il caso, allora lo farò…Roy.” Disse piano lei, rivolgendogli un caldo sorriso.

Anche se non lo diede a vedere, quel sorriso fece battere un po’ più velocemente il cuore del Comandante Supremo. Se quella era davvero una parente degli Elric, di sicuro non aveva il carattere scontroso tipico di Edward. Aveva lo stesso modo di fare pacato e gentile di Alphonse, e allo stesso tempo gli sembrava che fosse misteriosa e un po’ evasiva proprio come Hohenheim.

Il suo flusso di pensieri fu interrotto dal un cameriere che si avvicinava per prendere le ordinazioni. “Cosa gradiscono i signori?” Chiese, uscendo dal taschino della giacca un piccolo blocco per le ordinazioni e una penna. “Posso consigliare i piatti del giorno?”

“Certamente, ci affidiamo allo chef.” Rispose allegro Mustang.

“Il Comandante Supremo gradisce del vino rosso?” Domandò ancora il cameriere, segnando tutto.

“Per me si…” Poi guardò Pandora. “Tu cosa preferiresti?”

“Dell’acqua, grazie.” Rispose lei, quasi timidamente. Nel suo villaggio non c’erano posti così eleganti, e comunque lei non vi era mai stata.

Il cameriere finì di scrivere tutto e, dopo aver fatto assaggiare il vino a Mustang, portò al tavolo l’intera bottiglia.

“Grazie per avermi invitata.” Disse dopo un po’ Pandora. “Non era necessario che lei si disturbasse così tanto per me, Roy.”

“Ma figurati, è un piacere! Grazie a te per aver accettato l’invito, è sempre un onore stare seduto ad un tavolo con del buon vino e una bella donna.” Replicò lui, sorridente.

Una bella donna…Pandora sorrise, grata del fatto che Mustang fosse la prima persona che la trattava davvero come un’adulta. Per il resto del mondo era soltanto una ragazzina, ma lui le parlava e si comportava con lei come con un suo pari. Si rese conto di essere arrossita quando sentì un lieve calore sulle guance, che cercò di mandare via bevendo qualche sorso d’acqua.

“Senti, Pandora…pensavo di portarti a fare un viaggio.” Disse Mustang, sorseggiando il vino.

“Un viaggio? E dove?” Chiese la ragazza, incuriosita.

“Vorrei portarti a Resembool, un paesino a est di qui. Vorrei che tu incontrassi una persona che ha conosciuto tuo padre diverso tempo fa.”

“Oh! Si, volentieri!” Rispose lei, raggiante. Finalmente riusciva a vedere uno spiraglio, forse adesso sarebbe riuscita a trovare suo padre.

“Voglio essere franco con te. Non sapevo che Hohenheim avesse una figlia e, nonostante io voglia crederti con tutto me stesso, ho bisogno di qualcuno che possa capire se tu sia davvero chi dici di essere.”

“Oh…” annuì Pandora, sentendo l’entusiasmo che scemava piano piano. “Lo trovo ragionevole.”

“Non fraintendermi, io voglio davvero aiutarti. Se hai attraversato il deserto da sola e sei arrivata fino a qui, sicuramente è molto importante per te. Per questo ho bisogno di qualche certezza in più, così potrò aiutarti al meglio delle mie possibilità.” Si premurò di rassicurarla Mustang, sorridendole.

“Dunque non resta che partire.” Pandora sospirò leggermente, mettendosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita dalla coda.

Il pranzo si svolse serenamente, Roy e Pandora parlarono del più e del meno. Lei gli raccontò del villaggio da cui proveniva, della festa per la proclamazione del nuovo imperatore, e Mustang la ascoltò con attenzione. Per qualche motivo non riusciva a distogliere lo sguardo da quei grandi occhi dorati, incorniciati da ciglia lunghe e folte molto femminili. La sua voce era pacata e gentile, mai stridula o fastidiosa, uno di quei suoni che un uomo avrebbe potuto ascoltare per ore senza mai stancarsi.
Alla fine del pasto, Roy pagò il conto e scortò Pandora fuori dal ristorante, tenendola a braccetto.

“Immagino che tu abbia bisogno di una sistemazione, giusto?” Le chiese mentre la accompagnava in auto.

“Si, effettivamente fino a questo momento non mi ero posta il problema.” Ammise, un po’ imbarazzata. “In banca potrei scambiare la valuta di Xing con quella di Amestris…” Fece qualche conto mentalmente, rendendosi conto di non avere poi molti soldi. “Si, mi inventerò qualcosa.”

“Permettimi di aiutarti anche in questo caso. Non sopporterei di non sapere dove passi la notte, non sarebbe cavalleresco da parte mia lasciare che tu ti arrangi da sola in una città che non conosci.” Si offrì nuovamente il Comandante Supremo. “Conosco una signora che sarebbe felice di ospitarti per qualche tempo, da lei sarai al sicuro. Ti andrebbe di andarci?”

Davanti a quell’offerta così gentile e generosa, Pandora si commosse ancora una volta. Nonostante le guerre, gli intrighi e i tradimenti, gli esseri umani erano straordinari. La loro forza era nella fiducia che nutrivano l’uno per l’altro, la loro unione e la determinazione con cui credevano nei loro ideali erano le armi più potenti al mondo.

“Sono davvero fortunata ad aver incontrato un uomo come lei, Roy.”

***

La casa della signora Glacier era calda e accogliente, questa fu la prima impressione che ebbe Pandora.
La signora, le aveva spiegato Mustang durante il tragitto, era la vedova di un suo carissimo amico, Maes Hughes, assassinato dal nemico agli albori della guerra contro gli homunculus.
La donna aveva un’unica figlia, Elicya, che aveva subito preso in simpatia Pandora e le aveva mostrato tutti i suoi giocattoli con sincero entusiasmo. Poi Glacier le aveva fatto vedere la camera degli ospiti in cui avrebbe potuto sistemarsi, e anche lei era stata molto gentile.

“Fa come fossi a casa tua, Pandora.” Le disse, mentre poggiava sul letto degli asciugamani puliti per lei. “È passato molto tempo dall’ultima volta che abbiamo avuto ospiti qui in casa, e da quando mio marito ci ha lasciati…beh, mi fa molto piacere avere compagnia.”

“Il Comandante Supremo mi ha raccontato cosa è successo…mi dispiace tanto per la sua perdita, signora.” Rispose la ragazza, sinceramente costernata.

“Ormai sono passati tanti anni. E poi sono sicura che, ovunque si trovi, mio marito sia contento che il suo migliore amico sia arrivato tanto in alto e che tutto ad Amestris sia tornato come era prima.” Le sorrise Glacier, carezzandole dolcemente un braccio. “Adesso però non pensiamo a cose tristi. Ti piace la torta di mele?”

“In verità non credo di averne mai mangiata una, signora…” Disse Pandora, grattandosi il mento.

“Allora dobbiamo rimediare subito! Vieni, ti insegno a prepararla e stasera la mangeremo tutti insieme.”

Dal salotto, Roy Mustang ascoltava la discussione con un sorriso appena accennato sulle labbra. Ogni volta che poteva andava a far visita alla famiglia di Hughes, si assicurava che moglie e figlia stessero bene e che avessero tutto ciò di cui avevano bisogno. Il suo migliore amico gli mancava da morire, ma se aveva scalato la gerarchia dell’esercito ed era diventato Comandante Supremo lo doveva anche a lui. Aveva mantenuto la promessa, e ora si sarebbe assicurato di prendersi cura di quelli che stavano sotto di lui, e che questi si prendessero cura di quanti stavano sotto di loro, e così via.
Dopo che Pandora ebbe sistemato le poche cose che aveva in un cassetto, andò a salutare il Comandante Supremo prima che tornasse ai suoi doveri.

“Ti troverai bene qui, te lo garantisco.” Le disse Roy, rimettendosi il cappello.

“La signora sembra molto gentile, e credo di stare molto simpatica anche alla piccola Elicya. Grazie infinite per avermi permesso di restare.”

“Non devi ringraziarmi, davvero. Piuttosto, tieniti pronta. Penso che ci metteremo in viaggio entro un paio di giorni verso Risembool.”

“Non vedo l’ora di partire e di conoscere quella persona di cui mi parlava. Grazie ancora, Roy.” Pandora sorrise, riconoscente.

Mustang rimase immobile per qualche momento. Quel sorriso così spontaneo e dolce lo aveva spiazzato, gli aveva tolto tutte le parole di bocca. Così decise semplicemente di non dire niente, ma fece un breve inchino e uscì dalla casa di Hughes.

***

“Nonna Pinako! Nonna Pinako! Ci aiuti a stringere questa vite?”

“Si, bambini, la nonna arriva subito!” Rispose l’anziana signora, lasciando sul tavolo la busta che aveva ricevuto quel pomeriggio. Con pazienza si sedette accanto a Trisha e Harold, le piccole pesti di casa Elric.

I loro genitori, Edward e Winry, erano partiti qualche settimana prima per l’ennesimo viaggio a scopo scientifico. Edward aveva convinto il fratello Alphonse a dirigersi a Creta, alla ricerca di libri e pergamene che li aiutassero nei loro studi, e Winry era andata con loro per tenere d’occhio la gamba meccanica del marito.
Così i bambini erano rimasti a casa con la “nonna” Pinako, che badava loro con amore e insegnava ai piccoli i principi della meccanica e dell’ingegneria.

“Ecco, questo è il cacciavite giusto per questo tipo di vite. Si gira così…ed è fatta, adesso dovrebbe resistere per un bel pezzo!” Disse infine ai due nipotini, consegnando nelle loro mani il trenino meccanico che avevano costruito insieme.

“Grazie nonna! Vieni Trisha, andiamo a giocare in giardino!” rise allegro Harold, il maggiore della nuova generazione di Elric, seguito a ruota dalla sorellina.

Pinako scosse la testa, pensando che quei bambini erano tali e quali ai loro genitori. Intelligenti, curiosi, creativi e con una gran voglia di imparare ogni giorno cose nuove. Sperava solo che non si mettessero nei guai, ma che seguissero i loro sogni con coraggio e dedizione.
Mentre pensava all’avvenire dei suoi nipoti, fece vagare pigramente lo sguardo per la cucina fino alla busta che ora stava davanti a lei. La prese tra le mani e la aprì, andando a leggere subito a fine pagina chi fosse il mittente, e rimase a bocca aperta nello scoprire che la firma era quella di Riza Hawkeye, il Tenente che un tempo aveva fatto parte della squadra di Mustang quando era ancora un semplice Colonnello.

“Signora Pinako Rockbell,
le scrivo per informarla che, se ha ricevuto questa lettera nella data scritta sul fronte della busta, entro un paio di giorni riceverà una visita di alcuni membri del nostro esercito.
Posso dirle soltanto che i nostri uomini verranno da lei in maniera del tutto informale, per ulteriori dettagli la prego di avere un po’ di pazienza. Sono certa che nei giorni a venire il Comandante Supremo le fornirà più dettagli in merito.
Porga i miei saluti e quelli del Comandante Supremo a tutta la sua famiglia.
Tenente Riza Hawkeye”


L’anziana signora dovette rileggere quelle righe almeno due volte, e tuttavia non riuscì a capire quale potesse essere il motivo per cui dei militari dovessero venire fino a Resembool.
Che fosse per Edward e Alphonse? Impossibile, quel Roy Mustang sapeva che i fratelli non erano più ad Amestris da qualche settimana. Che si trattasse invece dei bambini, Trisha e Harold? Anche quell’opzione era improbabile, non vi era motivo per cui l’esercito potesse interessarsi a dei bambini così piccoli. Certo, loro padre era diventato alchimista di Stato ad un’età in cui, in una situazione normale, si dovrebbe solo pensare a giocare e divertirsi. Ma no, non era quello il caso dei piccoli Elric.
Pinako sospirò, aggiungendo del tabacco alla sua vecchia pipa. La accese con un fiammifero e aspirò qualche boccata, espirando piccole nuvolette di fumo.

“Roy Mustang…che hai in mente stavolta?”




***********************************

Ciao a tutti! Se siete arrivati fino a qui, significa che avete letto anche il secondo capitolo di "Pandora's Box". Si tratta di un capitolo di transizione, serve ad inserire per bene tutti i personaggi al loro posto e amalgamarli all'ambientazione. La storia che c'è dietro è molto articolata, per cui cercherò di dare ogni spiegazione in merito.
Ringrazio summer_moon per aver recensito, e ringrazio quanti hanno letto il primo e il secondo capitolo. Spero di ricevere altre recensioni, per capire se la direzione verso cui mi sto muovendo è interessante o se devo aggiungere un pò di "pepe".
Come al solito, se avete domande chiedete pure, non abbiate timore di lasciare un commento e dirmi cosa pensate!
Ci vediamo al prossimo capitolo <3
Un bacio,
Nata dalla Tempesta.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Reesembool ***


“Sorellona! Tornerai ancora a trovarmi, vero?” Chiese la piccola Elicya, aggrappandosi alla giacca di Pandora.

“Certo, piccolina.” Rispose la ragazza, facendole una carezza sul capo. “E faremo ancora tanti dolci e vestiti per le tue bellissime bambole, te lo prometto.” Le sorrise e, per suggellare quella promessa, sia Pandora che Elicya intrecciarono i mignoli.

Quella mattina era arrivata una lettera dal Quartier Generale indirizzata a Pandora, nella quale il Comandante Supremo le comunicava che avrebbe avuto un paio d’ore per prepararsi. Due dei suoi uomini l’avrebbero accompagnata a Reesembool, e poi l’avrebbero riportata a Central City una volta finito tutto.
Così, con il cuore gonfio per l’emozione, Pandora aveva sistemato nella sua sacca di tela i suoi averi, che consistevano in un vecchio libro rilegato in pelle, un ritratto in miniatura dei suoi genitori grande come una tazzina da caffè, un borsello con i suoi risparmi, una sciarpa e una spilla dorata con delle incisioni.
Inoltre, la sinora Glacier era stata tanto gentile da prepararle un cestino con dentro alcuni dei suoi deliziosi manicaretti, assicurandosi che bastassero per lei e per i due militari che l’avrebbero accompagnata.

“Sei sicura che non ti serva altro? Sono ancora in tempo per cucinare qualcosa, basta che tu me lo dica.” Le aveva detto Glacier.

“Non serve che si disturbi ulteriormente, signora. La sua gentilezza e la sua ospitalità sono state un dono immenso, non la ringrazierò mai abbastanza.” Rispose Pandora, sperando con tutto il cuore che il futuro riservasse ogni bene possibile a quella meravigliosa donna e alla sua bellissima figlia.

Mentre erano intente a salutarsi, i loro discorsi furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta. Glacier si lisciò le pieghe dell’abito e andò ad aprire, lasciando entrare nell’androne il Tenente Hawkeye e, dietro di lei, un omone grande e grosso dai folti baffi bondi.
I due rivolsero un saluto militare alla signora e un sorriso gentile a Elicya prima di rivolgersi a Pandora.

“Buongiorno, Pandora.” La salutò il Tenente. “Vorrei presentarti il Maggiore Armstrong, verrà con noi a Reesembool. Maggiore, lei è Pandora, la ragazza di Xing.”

“Lieta di conoscerla, Magg…” Pandora fece per dare la mano all’omone, ma fu travolta dal suo possente abbraccio.

“Una ragazza tutta sola che ha attraversato il deserto per ritrovare suo padre!” Disse emozionato il Maggiore, stringendo forte Pandora. “Questo non può essere che vero amore!”

“Ma…Maggiore…” Balbettò Pandora, stranita e insieme divertita da quella reazione così emotiva. “Scusi, ma…quasi non respiro!”

“Oh si, perdonami…mi sono fato trascinare dal pathos di questa missione!” Si scusò Armstrong, lasciando andare la ragazza. “Volevo renderti partecipe di questo abbraccio speciale che si tramanda nella mia famiglia da generazioni!”

“Maggiore, la prego…” Riza diede un colpetto di tosse, riportando tutti sull’attenti. “Dunque, sei pronta per andare?”

“Si, non vedo l’ora.” Rispose seria Pandora mentre stringeva un pugno all’altezza del petto, gesto che a Riza ricordò il modo di fare deciso e determinato di Edward Elric.

Il giorno precedente, Roy Mustang aveva convocato lei e il Maggiore Armstrong nel suo ufficio per affidare loro la responsabilità di quel viaggio a Reesembool. Li aveva messi al corrente dell’identità del padre della ragazza, incaricandoli di portarla da Pinako Rockbell affinchè potesse stabilire se si trattasse davvero della figlia di Van Hohenheim. I fratelli Elric erano in viaggio e, dato che Hohenheim era morto da qualche anno, l’anziana Rockbell era l’unica in grado di capire se Pandora stesse dicendo la verità.
Sia Riza che Alex erano rimasti di sasso quando il Comandante Supremo aveva rivelato quell’informazione ma, dal canto suo, il Tenente riteneva che la faccenda potesse essere plausibile. Quella di abbandonare la propria famiglia sembrava un’abitudine per Hohenheim, senza contare che i tratti della ragazza erano in tutto e per tutto compatibili con quelli degli Elric. Stessi capelli e occhi dorati, stessa determinazione nello sguardo…perfino il modo di vestire lasciava poco spazio ai dubbi. Riza trovava affascinante come, pur non avendo mai incontrato Edward né Alphonse, Pandora avesse così tanto in comune con loro. Forse era qualcosa che scorreva nel loro sangue, pensò.

“Vieni, abbiamo un treno da prendere.” Disse poi il Tenente, ridestandosi dai suoi pensieri.

Scortata dal Tenente davanti e dal Maggiore dietro, Pandora rivolse un ultimo sguardo a Glacier ed Elicya. Venne condotta presso un veicolo dell’esercito parcheggiato poco distante, e i due militari la fecero accomodare sul sedile posteriore.

“Prima di arrivare in stazione dobbiamo andare in un posto.” Disse il Tenente mentre metteva in moto, conducendo il veicolo attraverso le strade di Central City.

La ragazza fece distrattamente cenno di si con la testa, impegnata com’era ad osservare la vita che si svolgeva al di fuori del finestrino dell’automobile. Uomini, donne e bambini, centinaia di esseri umani le cui vite si intrecciavano senza sosta nel grande flusso del tempo. Il tempo…un concetto che Pandora conosceva fin troppo bene. Lo sentiva scorrere sulla pelle come leggera pioggia estiva che si asciugava in fretta, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.
Chissà se anche suo padre percepiva lo scorrere del tempo in quel modo, si domandò. Chissà come aveva fatto pace con i demoni che divoravano entrambi dall’interno, chissà quanto aveva lottato per mantenere la mente lucida e vigile nonostante tutto.
Sospirò, abbassando lo sguardo sulle proprie mani. Quelle stesse mani che nel giro di un attimo potevano creare e distruggere, scomporre e ricomporre a piacimento. Ma a quale prezzo? Pandora percepì un brivido lungo la schiena al pensiero di ciò che era necessario per effettuare anche la più piccola delle trasmutazioni.
Non ebbe il tempo di pensare oltre, perché il Tenente fermò l’auto in un vicolo e la fece scendere. La ragazza corrugò la fronte quando si rese conto che erano di fronte ad un bar, ma ebbe l’accortezza di non dire nulla. Il Maggiore Armstrong le tenne aperta la porta per farla entrare per prima e, con somma sorpresa e dopo essersi abituata alla luce fioca del locale, Pandora si accorse che c’era il Comandante Supremo seduto ad uno tavoli.

“Comandante Supremo!” Esclamò, sorridendo senza rendersene davvero conto. “Cosa ci fa qui?”

“Ti aspettavo, naturalmente.” Rispose lui, facendole cenno di sedersi. “E mi pare di averti già detto che desidero essere chiamato semplicemente Roy.”

Pandora gli rivolse un sorriso di scuse e andò a sedersi, notando poi che Roy non indossava la divisa militare ma degli abiti civili. “Perdoni la domanda, Roy…” Disse, accomodandosi sulla sedia di legno. “Come mai ci troviamo qui?”

“La ragione è piuttosto semplice. Quello che andremo a fare a Reesembool non ha niente a che fare con i piani dell’esercito, quindi non vi è motivo di rendere tutto formale. Anche il Tenente Hawkeye e il Maggiore Armstrong sono andati a cambiarsi, ho consigliato loro di lasciare da parte gli abiti militari.”

“Quindi siamo in incognito.” Annuì, poggiando sul tavolo le mani giunte. “Se posso permettermi, come mai ci stava aspettando qui?”

“È il luogo del nostro appuntamento prima di andare alla stazione, ovviamente.” Rispose Mustang, sorridendo sornione.

“Questo significa che verrà anche lei?” Chiese cauta, sentendo un lieve nodo allo stomaco.

“Esattamente. Dopotutto, ho deciso di prendermi personalmente la responsabilità di aiutarti, no?”

Pandora balbettò un “si” insolitamente timido. Non riusciva a spiegarsi il perché di quell’improvviso nervosismo, né del calore che dal petto si irradiava in tutto il corpo. Poteva sentire su di sé lo sguardo di Mustang, indagatore, caldo, curioso. Ma lei non aveva il coraggio di ricambiare quello sguardo, aveva l’impressione che il battito del suo cuore sarebbe accelerato in maniera imbarazzane se solo avesse incrociato i suoi occhi neri.
Per fortuna quel momento fu interrotto dal Tenente e dal Maggiore che erano tornati in sala.

“Signore, siamo pronti.” Annunciò Riza, lisciandosi una piega che si era formata sulla sua gonna.

Roy Mustang annuì e si alzò, porgendo la mano a Pandora che, seppur con un lieve imbarazzo, la accettò e si lasciò condurre fuori dal bar. Questa volta non presero il veicolo dell’esercito, ma un’automobile scura e piuttosto anonima. Sempre col Tenente al volante, in breve giunsero alla stazione e lasciarono la macchina presso un conoscente del Comandante Supremo.
Il treno per Reesembool era quasi pieno, ma il gruppo riuscì comunque a trovare uno scompartimento vuoto. Pochi minuti dopo essersi accomodati, un fischio lungo e acuto annunciò che i vagoni stavano per muoversi.
Pandora era oltremodo emozionata, dopo tanto tempo finalmente sarebbe riuscita a trovare delle risposte alle sue domande. Così, poggiando la fronte contro il vetro del finestrino, lasciò che il rumore delle rotaie la cullasse e facesse da sottofondo alle sue emozioni.

***

Pinako Rockbell era intenta ad mettere del tabacco nella sua pipa quando i suoi due nipotini le vennero incontro correndo.

“Nonna! Nonna!” Gridò Harold, seguito a ruota dalla sorellina. “Abbiamo…abbiamo visto…” provò a dire nonostante il fiatone.

“Oh caro, prendi fiato!” Rispose la donna, carezzandogli il capo. “Cosa avete visto?”

“Un signore grande così!” Rispose Trisha, allargando le braccia. “Era grande, grandissimo! E aveva un ciuffo buffissimo in testa!” Aggiunse, ridacchiando.

“Si, era con altre persone! Stanno salendo su per la collina, sai? Dai, vieni a vedere!” Disse il bambino, entusiasta.

“Un uomo grande con un ciuffo in testa?” Chiese Pinako, dirigendosi con calma fuori dalla porta. Si alzò un pò sulle punte per vedere meglio, e scorse in lontananza l’inconfondibile sagoma del Maggiore Armstrong.

Alla fine erano arrivati, pensò la donna. Tutto quel mistero che circondava la lettera che aveva ricevuto un paio di giorni prima le aveva causato il mal di testa, proprio non capiva cosa potesse volere l’esercito da lei e dalla sua famiglia. Poco importava a quel punto, a breve avrebbe scoperto ogni cosa.

“Bambini, perché non andate a giocare dai vicini? Credo che la signora Helen abbia fatto una bella torta, si sente il profumo da qui.” Disse ai nipoti, cercando di allontanarli con una scusa. Non vi era alcun motivo per loro di venire a contatto con i militari alla loro giovane età.

Senza pensarci due volte, Harold e Trisha annuirono e si presero per mano, correndo verso la casa dei vicini che si trovava dalla parte opposta della collina. Pinako li guardò allontanarsi per un momento, poi rivolse lo sguardo verso il sentiero che portava alla sua casa. Rimase a guardare mentre le figure dei militari si facevano sempre più distinte e riconoscibili, fumando distrattamente la sua pipa. In testa al gruppo c’era il Maggiore Armstrong, dietro di lui c’erano Riza Hawkeye e Roy Mustang. E poi, al fianco del Comandante Supremo, una ragazza bionda mai vista prima, ma che aveva un’aria familiare.

“Buongiorno signora!” La salutò allegramente Alex Armstrong una volta che furono vicini.

“Buongiorno a lei, Maggiore.” Rispose Pinako, tirando una boccata di fumo dalla pipa. “Buongiorno anche a lei Tenente, e a lei, Comandante Supremo.”

“Signora Rockbell, è sempre un piacere tornare a Reesembool.” Disse Mustang, sorridendo alla donna. “Come stanno i suoi nipoti? Non mi sembra di vederli in giro.”

“Stanno bene, sono andati a giocare dai vicini. Sono bambini allegri e vivaci, tali e quali ai loro genitori.”

“Sono lieto che stiano bene. A proposito, vorrei presentarle una persona.” Roy fece cenno a Pandora di avanzare. “Signora Rockbell, lei è Pandora, viene da Xing. Pandora, lei è Pinako Rockbell, il miglior ingegnere di automail della zona.” Fece le presentazioni, osservando le reazioni della donna anziana.

“Lieta di conoscerla, signora.” Disse Pandora, facendo qualche passo avanti per porgere una mano alla donna.

“Molto…molto piacere.” Rispose Pinako, sgranando gli occhi. Se non avesse saputo che era impossibile, avrebbe scommesso tutto quello che aveva sulla somiglianza di quella ragazza con i figli di Trisha e Hohenheim.

“Possiamo accomodarci?” Chiese Roy. “Siamo venuti qui per parlare con lei, abbiamo delle domande.”

“Si, certo…venite, preparo il caffè per tutti.” Annuì Pinako, accompagnandoli in sala da pranzo e dicendo loro di sedersi. “Dunque…cosa posso fare per il Comandante Supremo e il suo seguito?” Domandò, curiosa più che mai.

“Il Comandante Supremo mi ha detto che lei potrebbe aiutarmi.” Intervenne Pandora, che quasi non riusciva più a contenere la marea di emozioni che aveva dentro.

“Beh, se posso ti aiuterò volentieri. Di cosa hai bisogno? Di un automail, forse?”

“Oh no, non si tratta di niente del genere.” Rispose Pandora, sorridendo. “Vede signora, io sono originaria di Xing e un po’ di tempo fa ho deciso di attraversare il deserto per giungere in questo paese alla ricerca di mio padre.”

“Beh…” La donna prese una boccata di fumo dalla pipa. “Come si chiama tuo padre? Era di queste parti?”

“Non era di Xing, questo al mio villaggio lo sapevano tutti. Il suo nome è Van Hohenheim…mi hanno detto che lei lo ha conosciuto, è così?”

“Van…Hohenheim?” Dalla sorpresa, Pinako quasi lasciò cadere la pipa per terra. “Quel Van Hohenheim?” Chiese, guardando Pandora, Mustang e poi di nuovo Pandora.

“Non so se ci siano state altre persone con il suo nome…” Iniziò a frugare nella sua borsa finchè non trovò il ritratto dei suoi genitori. “Ecco, questo sulla tela è lui. E la donna è mia madre.” Disse, allungando il dipinto alla donna.

Pinako prese quel quadretto con le mani che le tremavano. Non vi era alcun dubbio, accanto alla donna dai tratti orientali era stato ritratto proprio lui, Van Hohenheim. E l’aspetto della ragazza non mentiva, non c’era nessun altro oltre i fratelli Elric ad avere quei colore di occhi e di capelli, senza contare che la somiglianza con Edward era schiacciante.
Solo non riusciva a capire. Quella ragazza non aveva di sicuro più di diciassette anni, e possibile che quell’idiota di Hohenheim avesse avuto un’altra relazione dopo aver lasciato Trisha e i suoi figli? Il solo pensiero rischiava di mandarla in bestia, persino da un uomo come lui non si sarebbe mai aspettata una cosa simile.

“Se questo ritratto è autentico, allora conosco l’uomo che stai cercando.” Disse alla fine Pinako, restituendo la piccola tela alla legittima proprietaria.

“Si, le giuro che è autentico! Me lo ha dato mia madre prima di morire, mi ha raccontato che lo hanno fatto commissionare il giorno del loro matrimonio.” Rispose Pandora, seria come non mai.

“Dunque è vero?” Domandò Mustang, avvicinandosi di più al tavolo. “Secondo lei è possibile?”

“Non mi dica che lei non ci ha pensato, Comandante Supremo. Basta guardarla per capirlo.” Rispose secca Pinako. “Voleva solo la conferma, non è così?”

“Esatto, siamo venuti apposta per questa ragione.” Confermò Mustang.

“Se sei figlia di Hohenheim, allora saprai cos’è l’alchimia, no?” Chiese Pinako alla ragazza.

“Si, conosco questa scienza.” Annuì lei, abbassando lo sguardo. “Non mi è stato chiesto prima, dunque non ne ho parlato.”

“Sei un’alchimista?” Chiese Mustang, sempre più interessato.

“…si.” Rispose Pandora dopo qualche attimo di silenzio. “Ho studiato sui libri che ha lasciato mio padre, il resto l’ho imparato da sola.”

Pinako Rockbell dovette appoggiarsi al tavolo, confusa. “Sei…sei proprio la figlia di Hohenheim. Non vi è alcun dubbio.” Sollevò lo sguardo su di lei, quasi sofferente. “Tuo padre ha mai parlato di una donna di nome Trisha?”

“Non che io ricordi.” Rispose Pandora. “Era una parente?”

“Era..” Pinako fece una pausa, guardando Mustang. “Trisha era il nome di sua moglie.” Disse alla fine.

Per Pandora fu come ricevere un pugno nello stomaco. Suo padre con un’altra donna? Sposato? Le girò la testa, e dovette tenersi al tavolo.
Certo, non era una stupida. Qualche volta aveva pensato all’eventualità che suo padre avrebbe potuto di nuovo prendere moglie, ma sentirselo dire…le fece mancare la terra sotto i piedi.

“Si è risposato?” Chiese con voce flebile, tenendo lo sguardo fisso sul tavolino.

“Ha sposato Trisha più di vent’anni fa, non ha mai accennato a matrimoni precedenti.” Rispose Pinako, confusa. “Tu non devi avere più di diciassette anni, è corretto?”

Pandora non rispose alla domanda. E come avrebbe potuto? Come avrebbe fatto a spiegare in che situazione si trovava?

“Pandora…” La voce rassicurante del Comandante Supremo la riportò alla realtà. “Prendi un bel respiro, guardami.” Le prese il mento tra le dita e le fece alzare lo sguardo su di sé. “Respira piano, calmati. È fondamentale che tu sia lucida.”

La ragazza deglutì un paio di volte, annuendo lentamente. “Si…scusatemi.” Mormorò quando il suo respiro si fu stabilizzato. “Però…non posso rispondere a questa domanda. Sono davvero mortificata, ma non posso rispondere.”

“Cosa vuol dire che non puoi rispondere?” Chiese Mustang, sedendosi accanto a lei.

“Significa che è un discorso delicato, non so se posso affrontarlo con chiunque.”

“Oh, per l’amor del cielo!” Sbottò Pinako, sbattendo la pipa sul tavolo. “Non ho dubbi che lei sia la figlia di Hohenheim, il suo aspetto da solo serve a fugare ogni perplessità! Che altro c’è da sapere?”

“Ci sono alcune cose che non tornano.” Intervenne il Tenente Hawkeye. “Pandora è rimasta evidentemente sconvolta dal fatto che suo padre si sia risposato, quindi è da presumere che lei sia nata da un matrimonio precedente a quello con Trisha Elric. È esatto?” Chiese direttamente alla ragazza.

“Si, è corretto.” Pandora fece cenno di si con la testa, pensando ad un modo per spiegare quegli interrogativi altrimenti impossibili.

“Eppure la tua età tradisce questo dato, sembrerebbe quasi che tu sia stata concepita durante un secondo matrimonio. Come spieghi questo?” Domandò ancora, più insistente.

“Io…è una lunga storia.” Sospirò lei, passandosi una mano sugli occhi.

“Abbiamo tutto il tempo.” La rassicurò Mustang. “Parla pure liberamente.”

“D’accordo.” Cedette alla fine Pandora, congiungendo le mani. “Ma sappiate che la storia che sto per raccontarvi è surreale, e soprattutto è vera.”

Mustang fece cenno di si con la testa e, una volta che anche l’anziana Pinako si mise a sedere, Pandora iniziò il suo incredibile racconto.

“Forse avete sentito parlare della più famosa leggenda del mio paese. Centinaia e centinaia di anni fa, arrivò a Xing quello che oggi viene chiamato “L’uomo Dorato”, colui che introdusse la scienza dell’alchimia. Era uno straniero, coloro che lo incontrarono per primi dissero di averlo trovato che vagava nel deserto. Era disidratato ed esausto, e delirava di re e trasmutazioni. All’epoca nessuno sapeva di cosa stesse parlando, quindi pensarono che fossero deliri dettati dalla stanchezza e dal caldo.
Quando l’uomo dorato si riprese, fece un dono agli abitanti di Xing in modo da sdebitarsi per l’ospitalità ricevuta, ed è così che è nata l’alchimia nel nostro paese. L’uomo però non andò via, per qualche ragione decise di restare e provare a vivere in pace. Incontrò una donna, Lan Xian, e poco tempo dopo decisero di sposarsi. Ebbero una figlia, unica fra tutti gli abitanti del piccolo villaggio dove risiedevano l’uomo e sua moglie. Somigliava in tutto e per tutto allo straniero dorato, e perciò era tenuta in grande considerazione.”

“Aspetta un momento…” Mustang la interruppe, affascinato e confuso allo stesso tempo. “Cosa significa tutto questo?”

“Il nome dell’uomo dorato era Van Hohenheim, e Lan Xian era mia madre.” Confessò Pandora, che per la prima volta stava raccontando la sua storia esattamente così com’era.

“Sapevamo che Hohenheim fosse…particolare.” Annuì il Comandante Supremo, che disperatamente cercava di mettere insieme i pezzi. “Ma se ciò che dici è vero, tu dovresti avere centinaia di anni…dovresti essere morta da un pezzo.”

“Si, è vero. E sarei sicuramente morta se mio padre non avesse compiuto un gesto folle e disperato.” La ragazza fece una piccola pausa prima di proseguire. “Quando avevo circa quattro anni, vidi Hohenheim andare via dalla nostra casa. Mia madre mi disse che doveva andare in viaggio per lavoro, e che non sapeva quando sarebbe tornato. Diversi anni dopo capii da sola che non lo avrei più rivisto, e così smisi di aspettarlo. Tuttavia, a sedici anni fui colta da un male che i medici dichiararono incurabile. Poco alla volta i miei organi interni stavano collassando, e mi dissero che sarei morta entro breve tempo. Ma mia madre non si arrese, decise di andare alla ricerca di Hohenheim perché, secondo lei, avrebbe potuto curarmi con la sua scienza. Prese le sue cose e partì, non so quanto tempo impiegò. Ero spesso sedata e dormivo quasi tutto il giorno a causa delle medicine.”

“E poi cosa successe?” La incalzò Mustang, preso da quella storia così avvincente e sconcertante.

“Poi mi svegliai, ed ero guarita. Improvvisamente il mio corpo era sano e forte, ma smisi molto presto di cantare vittoria. Pochi secondo dopo il mio risveglio iniziai a sentire come un vortice dentro di me, un turbinio di grida orribili e disperate, voci che chiedevano aiuto e pietà, che invocavano senza sosta.” Pandora si prese la testa fra le mani, ancora agonizzante per il ricordo di quei giorni terribili.

Tutti nella stanza tacevano, ognuno nel tentativo di metabolizzare ogni singola parola che era uscita dalle labbra della ragazza.

“Penso di sapere di cosa tu stia parlando.” Fu Mustang a rompere il silenzio. Sentiva di essere l’unico fra tutti i presenti che potesse comprendere, il più vicino alla soluzione. “Ma ti prego, va avanti.”

“D’accordo…” La ragazza si sistemò meglio sulla sedia, riprendendo il racconto. “Il fatto che fossi guarita non aveva più importanza, perché dentro di me era in corso una guerra. Dopo diversi giorni di agonia riuscii a distinguere una voce più forte e chiara, sentivo che mi chiamava e decisi di concentrarmi su di essa. Era un uomo, mi disse di essere stato uno scienziato, e che tutte quelle voci che sentivo non erano altro che le anime appartenute agli abitanti di Xerxes.
Mi raccontò che anni addietro era stato condotto un esperimento usando il sangue di alcuni schiavi, e proprio dal sangue di uno di questi furono un grado di creare un essere senziente che viveva in un’ampolla. L’essere diceva di conoscere il segreto dell’immortalità, cosa che catturò subito l’attenzione del re. Per ottenerla bisognava disegnare un enorme cerchio alchemico attorno al perimetro dell’intero paese, e soprattutto era necessario sacrificare centinaia, migliaia di persone. Ma la creatura nell’ampolla ingannò il re e i suoi seguaci, e si posizionò al centro del cerchio alchemico insieme allo schiavo con il quale condivideva il sangue. Quella notte tutti coloro che si trovavano all’interno del paese morirono, ad eccezione dei due che si trovavano al centro. Fu così che venne creata la prima pietra filosofale, sacrificando le vite di tutti gli abitanti di Xerxes.
Lo scienziato mi disse inoltre che la creatura divise la pietra filosofale in due parti, una la tenne per sé e una la fuse con il corpo dello schiavo, rendendolo così immortale. E dato che aveva il suo sangue, con il potere della pietra fu in grado di creare un corpo tale e quale a quello dello schiavo.
Dopo quella terribile notte, le strade dei due si separarono e l’uomo sopravvissuto si mise a vagare nel deserto. E più camminava più cercava di placare la tempesta che aveva dentro di sé, fino a quando non riuscì a distinguere tutte le anime e comunicare con ognuna di loro.
Quell’uomo, quello schiavo…in seguito divenne noto come l’uomo dorato di Xing. Si tratta di mio padre, Van Hohenheim, una pietra filosofale vivente.”

Un silenzio cupo piombò sulla stanza, facendo sprofondare i presenti nella più pura incredulità.
Ai tempi del Giorno della Promessa, Roy Mustang conosceva qualche tassello di quella storia, ma mai avrebbe creduto possibile che il padre dei fratelli Elric potesse essere l’uomo dorato di Xing, una delle figure storiche più importanti mai esistite. E adesso un altro ramo della sua progenie era lì al suo fianco, aveva raccontato tutto senza riserve e lo guardava con un misto di timore e sollievo.

“Dunque…questo cosa fa di te?” Chiese Roy quando riuscì a trovare le parole.

“Si può dire che io sia esattamente come mio padre.” Rispose Pandora sottovoce. “Per salvarmi ha inserito dentro di me parte della sua pietra, e questa si è perfettamente fusa con il mio corpo. Sono un tutt’uno con essa.”

“Oh, bambina…” Pinako Rockbell si asciugò una lacrima che era sfuggita al suo ferreo controllo. “Sei stata da sola per tutto questo tempo, nessuno di noi aveva idea della tua esistenza.” Scese dalla sedia e andò accanto alla ragazza, prendendole una mano. “Anche se tra di noi non c’è un effettivo legame di sangue, sappi che puoi considerare la mia umile casa come fosse anche casa tua.”

Pandora si irrigidì per un attimo a quelle parole, soppesandone il peso e la portata. Quella donna che fino a poche ore prima non sapeva nulla di lei, adesso le stava offrendo quello che lei bramava di più…una casa, forse il calore di una vera famiglia. Senza pensarci due volte si mise in ginocchio e abbracciò la donna, lasciandosi andare per la prima volta dopo tanto tempo.

“Grazie…” sussurrò, mentre lacrime calde le solcavano il viso.

Pinako le carezzò dolcemente la schiena, sentendosi davvero in pena per lei. Non riusciva nemmeno a immaginare quanto fosse stata dura vivere centinaia di anni senza nessuno che badasse a lei, vedere invecchiare e morire tutti quelli che le stavano intorno senza poter fare altro che continuare ad andare avanti. Pandora e Hohenheim avevano lo stesso sguardo, si rese conto. Lo sguardo di chi ha vissuto troppo ed è semplicemente stanco, ma allo stesso tempo di chi non si arrende e prova ad affrontare un altro giorno, e poi un altro ancora.
Roy Mustang guardava la scena con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, pensieroso. Quella ragazza, la pietra filosofale…anche per un alchimista come lui era difficile accettarlo, nonostante avesse già visto con i suoi occhi qualcosa di simile. Solo che pensava che Hohenheim fosse un caso raro, che dopo di lui non gli sarebbe mai più capitato di trovarsi a che fare con niente del genere. Di sicuro non se la sarebbe fatta sfuggire, il valore della sua vita era diventato inestimabile nel momento in cui aveva rivelato la sua vera natura. E lui era deciso più che mai a proteggerla.

“Pandora, rialzati.” Le disse, porgendole gentilmente una mano. “Arrivati a questo punto non ci sono più dubbi sulla tua identità. Mi dispiace essermi negato così a lungo.”

“Posso capirla, Roy…” La ragazza sorrise mentre si rialzava, poi però un pensiero improvviso fece scemare quel sorriso. “Cosa ha intenzione di fare con me adesso? La pietra filosofale è ciò che ogni alchimista brama di più al mondo, ed io sono proprio qui davanti a lei. Perdoni la mia schiettezza, ma devo chiederle se sono al sicuro con lei e con i suoi uomini adesso che sapete tutto di me.”

“Sulla mia carica di Comandante Supremo e sul mio orgoglio di uomo, ti giuro che nessuno di coloro che sono al mio comando ti torcerà mai un capello.” Rispose serio Mustang, guardandola negli occhi.

Lei si rilassò e annuì. Sin dal principio aveva scelto di fidarsi del Comandante Supremo, e adesso che le aveva dato la sua parola non aveva più alcun dubbio.

“Perdonate l’interruzione.” Si intromise Pinako, schiarendo la voce. “Ma credo che ci siano delle cose che Pandora ha diritto di sapere. Cose che riguardano suo padre e la sua famiglia.”

“Di cosa parla?” Chiese Pandora, voltandosi verso la donna.

“La signora Rockbell ha ragione.” Annuì Mustang, sentendo un nodo allo stomaco. Anche per lui era giunto il momento di dire la verità, e sapeva già che a lei non sarebbe piaciuta. “Siediti, per favore. Dobbiamo parlare.”

***********************

Ciao a tutti! Se state leggendo questa nota, significa che siete arrivati alla fine del terzo capitolo :) Grazie ^^
Fin qui abbiamo introdotto un pò i personaggi, come si muovono dopo tanti anni dal Giorno della Promessa, e iniziamo a capire qualcosa in più sul passato di Pandora. Vi assicuro che le sorprese non sono finite, e che tutte le descrizione e le introduzioni sono necessarie per lo sviluppo vero e proprio della trama che non tarderà ad arrivare!
Come sempre ringrazio chi legge e chi lascia un commento, e invito i lettori vecchi e nuovi a farmi sapere cosa ne pensano :)
Un bacio, al prossimo capitolo!
NdT.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Sulla tomba del padre ***


Quella mattina il sole era alto nel cielo, e illuminava ogni cosa a Reesembool. Tutto, ad eccezione del cuore di Pandora. Su di lei era calata un’ombra oscura, una cappa di disperazione e delusione, una tristezza che le attanagliava l’anima.
Per tutti quegli anni aveva atteso con pazienza, aveva pianificato e sognato il momento in cui avrebbe rivisto suo padre, aveva immaginato di abbracciarlo e sentire ancora una volta il suo profumo.
Ma tutto quello che adesso aveva davanti era una lapide appena intiepidita dai raggi del sole che mai avrebbe potuto ricambiare i suoi abbracci, né avrebbe potuto sussurrarle parole di conforto.
La sera prima, dopo aver raccontato tutta la sua storia, Roy Mustang si era seduto accanto a lei e le aveva rivelato la verità su suo padre.

“Mi dispiace, Pandora…Hohenheim è morto da anni, ormai.” Le aveva detto il Comandante Supremo, senza riuscire a guardarla negli occhi. “Si è spento proprio qui a Reesembool subito dopo la battaglia contro gli homunculus. È stata la signora Rockbell a trovare il suo cadavere inginocchiato davanti la tomba della moglie.”

Ora, in piedi davanti le lapidi di Trisha Elric e Van Hohenheim, Pandora non sapeva più per cosa stesse piangendo.
Era arrabbiata con Mustang per non averle detto subito la verità.
Era delusa per quel viaggio andato a vuoto.
Era in collera con Hohenheim perché si era fatto una nuova famiglia e aveva abbandonato quella “vecchia”.
Ma più di ogni altra cosa, si sentiva davvero sola per la prima volta da quando era nata. Fino a quel momento aveva vissuto con la speranza di poter riunire la sua famiglia, almeno in parte. Invece adesso non aveva più nulla tra le mani, l’unica cosa che le restava era quella pietra filosofale maledetta, ingrata eredità dell’uomo dorato.

“Signora, può lasciarci soli per qualche momento?” Sussurrò Roy a Pinako Rockbell, che si allontanò tenendo la pipa tra le dita.

Mustang si avvicinò a Pandora di qualche passo, mettendosi appena dietro di lei. Da quando le aveva rivelato che il padre era morto, lei non gli aveva più rivolto la parola. Era comprensibile, le aveva tenuta nascosta un’informazione così importante, l’unica ragione per la quale era giunta ad Amestris. Eppure per qualche ragione quel silenzio gli faceva male. Era abituato ad avere a che fare con Edward Elric che gli urlava contro tutto quello che pensava senza filtri né censure, e non sapeva come comportarsi in quella situazione.

“Stai bene?” Azzardò dopo qualche attimo di silenzio.

Pandora si voltò lentamente verso di lui, piantandogli addosso i suoi occhi dorati e umidi di lacrime non ancora asciugate dal sole. “Come crede che stia?” Disse in un sussurro, stringendo i pugni lungo i fianchi.

“Io…non lo so.” Sospirò l’uomo, passandosi una mano sul viso. Non riusciva a sopportare quello sguardo, vi leggeva dentro tutta la rabbia e la delusione che Pandora covava nel cuore. “Mi dispiace di averti tenuto nascosto quello che cercavi.”

“Lei si dispiace…” Annuì la ragazza, tirando leggermente su col naso. “Comunque non ha più importanza adesso. Mio padre ha scelto la famiglia da cui voleva tornare, è evidente. E adesso che è morto non ho più motivo di restare qui, né tantomeno ho motivo di continuare a vivere…”

Quelle parole così amare colpirono Roy come un pugno nello stomaco. Eppure la capiva, conosceva il gusto di una vita senza uno scopo; la sensazione di vuoto e il desiderio di abbandonare il mondo dei vivi erano cose fin troppo familiari per lui. Si era sentito in quel modo dopo la guerra di Ishbar, aveva odiato con tutto se stesso la sua alchimia e la distruzione che con essa aveva portato a quella povera gente.
Ma lui aveva avuto la fortuna di avere accanto qualcuno che lo aiutasse a risollevarsi dal baratro in cui stava lentamente sprofondando, ed era solo grazie all’amicizia dei suoi colleghi che aveva ritrovato la forza per vivere e cambiare il paese. E per quella stessa ragione, decise che non avrebbe lasciato Pandora al suo destino.

“Non dire queste cose.” Le rispose con fermezza, poggiandole una mano sulla spalla. “Ammetto davanti a te la mia colpa, e credimi se ti dico che sono davvero dispiaciuto che tu abbia viaggiato fin qui senza poi trovare quello che ti aspettavi. Ma non posso assolutamente lasciare che tu perda la voglia di continuare a vivere.”

“Perché?” Chiese Pandora, senza cercare di liberarsi dal tocco dell’uomo.

“Perché non è tutto perduto.” Le sorrise gentile, carezzandole una guancia col dorso della mano. “Se quello che ti serve per andare avanti è uno scopo, allora sarò io a trovartene uno. Se ti serve una persona che ti sproni e ti rassicuri, allora lascia che sia io quella persona.”

Pandora abbassò lo sguardo, sentendo le lacrime che si facevano di nuovo strada tra le palpebre. Se dentro di lei non ci fossero state tutte quelle anime, si sarebbe sicuramente sentita vuota in quel momento. La speranza che l’aveva accompagnata per tutta la sua vita era scomparsa, aveva lasciato posto solo ad una lacerante oscurità.

“Roy…me lo dica, perché fa tutto questo per me?” Domandò, la voce ridotta ad un flebile sussurro. “Cosa ci guadagna lei nel tenermi al suo fianco?”

“È uno scambio equivalente, Pandora. Io ti impedirò di lasciarti andare e compiere gesti avventati, proverò a restituirti un pizzico di speranza e uno scopo. In cambio tu rimarrai al mio fianco e lavorerai con me.”

“Cosa mi sta proponendo? Parli chiaro, Comandante Supremo, non sono un’ingenua.” Pandora rialzò lo sguardò su di lui.

“Torna a Central City con me, presentati all’esame per diventare Alchimista di Stato e superalo.” Disse Mustang, cercando una scusa plausibile per il suo infantile ed egoista desiderio di non lasciarla andare. “Nella mia squadra personale c’è posto per un altro alchimista, e vorrei che fossi tu.”

“Io? Diventare Alchimista di Stato?” La ragazza strabuzzò gli occhi. Non si sarebbe mai aspettata di ricevere una proposta simile! “Ma…dentro di me c’è la pietra filosofale! Non sarebbe come se barassi?”

“Puoi scegliere di non usarla, giusto? Ti basterà realizzare le trasmutazioni con dei normali cerchi alchemici, so che è possibile farlo. Ad ogni modo, non devi darmi subito una risposta.” Le sorrise. “Possiamo trattenerci a Reesembool ancora per un po’ se ti va, sono sicuro che alla signora Rockbell farebbe piacere stare un po’ con te.”

***

“Signore! Mi scusi, lei è il signor Elric?”

La voce della donna che stava alla reception riportò Edward alla realtà. Si era appisolato mentre leggeva una pergamena che aveva preso in prestito dalla biblioteca, e quando la donna lo chiamò si stiracchiò lentamente. Ripose la sua lettura nella custodia di pelle e si alzò dalla sedia, avvicinandosi al bancone della reception dell’hotel in cui alloggiava con Winry e Al.

“Si, sono io.” Rispose, grattandosi la nuca. “Cosa c’è?”

“Una chiamata per lei, signore. Il telefono è in fondo alla stanza.” Disse la donna, indicandogli l’apparecchio.

Edward ringraziò e si diresse dove gli era stato detto, portandosi poi la cornetta all’orecchio.

“Pronto?” Chiese, poggiandosi alla parete.

“Ciao Ed, sono io.”

“Zia Pinako! Come stai? I bambini stanno bene?” Domandò subito, preoccupato.

“Non preoccuparti, Trisha e Harold stanno bene. Adesso sono fuori in giardino a giocare.” Rispose la donna, e Edward la sentì prendere una boccata di fumo dalla pipa.

“Allora, perché mi hai chiamato? È successo qualcosa?”

“A dire il vero si.” Sospirò l’anziana Rockbell. “Tu e Alphonse dovete tornare a casa, immediatamente. Non posso raccontarvi tutto per telefono, è una storia davvero lunga e complicata…ma ho bisogno di voi a casa, di tutti voi.”

“Zia, siamo nel bel mezzo di una ricerca! Sai quanto sia importan…”

“Riguarda tuo padre.” Lo interruppe Pinako, secca. “Sai che non vi disturberei se non fosse davvero necessario. Quindi adesso fate i bagagli e tornate immediatamente a Reesembool.”

“E va bene.” Sospirò lui, riagganciando dopo aver salutato.

Hohenheim, quel vecchio bastardo di suo padre…anche da morto trovava sempre un modo per dare fastidio! Tornò al tavolo con una miriade di pensieri per la testa, sedendosi mentre Winry e Al ritornavano con delle tazze piene di caffè fumante.

“Ehi fratellone, va tutto bene?” Domandò Al, preoccupandosi nel vedere il fratello accigliato in quel modo.

“Non lo so.” Rispose lui, accettando la tazza che gli porgeva la moglie. “Ha chiamato zia Pinako poco fa, ci ha chiesto di tornare a casa.”

“Perché? È successo qualcosa ai bambini?” Chiese Winry, agitandosi un po’.

“No, tranquilla. Loro stanno bene.” Sorrise alla compagna e poi guardò Alphonse. “Ha detto che riguarda nostro padre.”

“Cosa?” Al quasi rovesciò il caffè sul tavolo. “Papà? Ma sei sicuro?”

“Così mi ha detto la zia. Non so cosa stia succedendo, ma se c’è di mezzo quel bastardo sicuramente non è nulla di buono.” Disse Edward tra i denti, corrucciato.

Ed non riusciva a dimenticare tutto il dolore che Hohenheim aveva causato a sua madre. Anni prima aveva trovato la forza di perdonarlo, almeno in parte, eppure nessuno avrebbe potuto estirpare dalla sua mente il pensiero che la madre si fosse ammalata a causa sua.
Però se la zia Pinako lo aveva chiamato per dirgli di tornare, di certo si trattava di qualcosa di molto importante. Gli dispiaceva lasciare in sospeso la ricerca, ma il pensiero di rivedere i suoi figli rendeva tutto migliore.

“Andiamo a fare i bagagli, poi corriamo in stazione.” Disse poi, guardando il fratello. “Torniamo a casa.”

***

“Come crede che reagiranno i fratelli Elric?” Chiese Roy Mustang, seduto al tavolo della cucina di Pinako Rockbell.

“A dire il vero non ne ho proprio idea.” Rispose la signora, versando il caffè per entrambi. “Ma conosco i miei nipoti, e so che è meglio che lo sappiano subito. Lei invece non ha ancora detto niente alla ragazza?”

“No. Si è chiusa in camera e si rifiuta di mangiare, è ancora sconvolta.” Mustang sospirò, portandosi la tazza alle labbra per bere qualche sorso di caffè. “Sono sicuro che mi detesterà ancora di più per averle nascosto l’esistenza dei suoi fratelli.”

“Mi permetta di dissentire, Comandante Supremo.” Pinako sorrise, sistemandosi gli occhiali sul naso. “Pandora mi sembra molto più simile a Hohenheim rispetto i suoi fratelli. E se c’è una cosa che so per certo, è che quell’uomo non ha mai provato odio nella sua vita. Per questa ragione credo che lei non abbia nulla di cui preoccuparsi, mio caro Mustang.”

“Cosa mi consiglia di fare, dunque?” Chiese il militare, attento.

“Parli con lei, sia sincero. Quella ragazza crede di essere sola al mondo, ha bisogno di qualcuno che le dica che non è così. E penso che al di là della sua apparenza da uomo di potere, lei sia la persona più adatta per stare al fianco di Pandora in questo momento difficile.”

Mustang sorrise, pulendosi le labbra con un fazzoletto. “Lo farò. Grazie per il consiglio, signora…lei è davvero una donna speciale.”

“Forza, non stia qui a ringraziarmi troppo e vada!” Lo esortò Pinako, contenta di essere stata d’aiuto.

Roy lasciò la tazza vuota sul tavolo e prese congedo, dirigendosi verso la rampa di scale che portava al piano superiore dell’abitazione. La stanza dove Pinako ospitava la ragazza era la stessa che un tempo era stata della nipote Winry.
Fermo davanti la porta, attese qualche istante prima di bussare. Cosa le avrebbe detto, e come? E lei come avrebbe reagito? Sarebbe stata felice, triste, arrabbiata? Ma soprattutto, lo avrebbe odiato? Il pensiero di quell’eventualità minacciava di farlo stare male. Aveva affrontato molti nemici nel corso della sua vita, aveva sopportato e superato innumerevoli avversità, e alla fine era arrivato al vertice. Eppure al pensiero di quegli occhi dorati annebbiati dal dolore e dal turbamento si sentiva mancare la terra sotto i piedi.
Fece per bussare, ma appena poggiò una mano sulla porta si rese conto che era aperta.

“Pandora? Posso?” Domandò, entrando piano.

Nessuno gli rispose, e Roy iniziò a temere il peggio. Senza pensarci due volte si richiuse la porta alle spalle, osservando ogni angolo della stanza. Di lei non vi era nessuna traccia, la finestra era chiusa, ma la sua sacca di tela era ancora sul letto. Spostando lo sguardo su una parete, si accorse che la porta che conduceva al bagno era socchiusa e che da li proveniva il rumore di acqua che gocciolava.
Il Comandante Supremo iniziò a sudare freddo, pensando agli scenari più terribili. Ripensò alla discussione che aveva avuto con Pandora sulla tomba di Hohenheim, a quando lei aveva detto di non avere più un motivo per vivere. E senza pensarci si precipitò alla porta e la aprì.

“Pandora!” Esclamò, agitato, facendo vagare lo sguardo per il bagno.

I suoi vestiti erano piegati in un angolo, e lei era rannicchiata nella vasca piena di acqua calda. Lo guardava dritto in faccia, e non sembrava turbata dalla sua presenza.

“Comandante Supremo…il galateo impone di bussare prima di entrare.” Gli disse piano, senza particolare emozione.

“Io…ehm…” Roy distolse subito lo sguardo, sentendosi stupido. “Mi dispiace, non…ecco, ero solo preoccupato per te.”

“Avevo bisogno di stare un po’ per conto mio.” Rispose lei, uscendo dalla vasca mentre Mustang non guardava. Indossò un accappatoio che le aveva prestato la signora Rockbell e raggiunse l’uomo. “Grazie…per tutto.” Disse poi, poggiandogli delicatamente una mano sul braccio.

Roy avvertì un brivido lungo la schiena. Nessuno lo toccava con così tanta dolcezza da tanto tempo, e il calore della sua mano era inaspettatamente piacevole. “Sei sotto la mia responsabilità da quando hai messo piede in questo paese, è mio dovere prendermi cura di te.”

“Per centinaia di anni ho badato a me stessa, ero l’unica persona su cui potessi contare davvero…non potevo rivelare la verità a nessuno, temevo che mi avrebbero usata per condurre esperimenti o chissà che altro.” Finalmente Pandora sentiva di potersi liberare del fardello di segretezza che portava sulle spalle, diventato quasi insostenibile.

“Ti giuro che nessuno ti toccherà neanche con un dito.” Disse Mustang, trovando il coraggio di voltarsi per guardarla. “E sappi che non sei sola come credi, puoi fidarti di me.”

“Oh, Roy…” La ragazza sorrise, grata per quelle parole. “Io mi fido di lei.”

Roy quasi rimase senza fiato. Pandora era davvero bella, pensò, con quegli occhi grandi che sembravano leggergli l’anima. I capelli bagnati le arrivavano fino ai fianchi, e le aderivano al corpo come umide onde dorate. La sua pelle era chiara, senza alcuna imperfezione, non portava alcun segno della sua vera età. E Roy non riuscì a non sfiorare quella pelle, voleva sentire ancora una volta il calore e la morbidezza delle sue guance, gli fu impossibile resistere a quella tentazione.
Dal canto suo, Pandora lo lasciò fare. Non era nuova ai contatti con gli uomini, eppure nessuno l’aveva mai toccata in quel modo. Mustang era gentile, garbato, e il suo tocco rifletteva queste sue qualità. La sfiorava con fare curioso e lento, come se temesse di romperla o di intaccarla in qualche modo.

“Non sono così fragile come pensa, Roy.” Gli gisse quasi in un sussurro, poggiando una mano su quella di lui.

“Non penso che tu lo sia.” Rispose Mustang, mettendole dietro l’orecchio una ciocca di capelli bagnati. “Credo che tu sia molto più di ciò che lasci trasparire in superficie, più di quanto hai mostrato fino ad ora.”

“Sembra quasi che lei voglia studiarmi…” Pandora sorrise, arrossendo leggermente.

“Studiarti? No.” L’uomo scosse piano la testa, carezzando lo zigomo della ragazza con il pollice. “Voglio scoprirti.”

“E…come intende procedere?” Domandò Pandora, poggiando le mani sul petto di Roy. Poteva sentire il battito accelerato del suo cuore, il sangue che gli scorreva impetuoso nelle vene, e lo sforzo che stava facendo per mantenere il controllo.

“Non lo so ancora.” Mormorò Mustang, abbassandosi quel tanto che bastava perché i loro nasi si sfiorassero. Erano talmente vicini che a Roy sembrò di poter sentire sulla lingua il sapore del respiro di lei, dolce e invitante.

Pandora fece scivolare lentamente le mani dal petto di Roy al collo, poi più su per fare si che le sue dita incontrassero i capelli neri dell’uomo e vi si insinuassero. Erano carezze timide, fatte per studiarsi e tastare il terreno.

“Non dovrei farlo.” Sussurrò l’uomo, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalle labbra di lei.

“Allora si fermi.” Rispose Pandora, senza desiderarlo affatto. “Esca da qui, si allontani, eviti di ripresentarsi in contesti così intimi.”

Roy sorrise, pensando che in realtà gli sarebbe piaciuto un contesto molto più intimo di quello. “Se è quello che vuoi, andrò a fare una lunga passeggiata fuori da qui.”

Lei si mordicchiò il labbro inferiore, senza spostarsi. “Resti.” Disse poi, annullando per prima la distanza che li separava e poggiando le labbra su quelle di Mustang. La sua bocca aveva un vago sapore di caffè, le sue labbra erano leggermente ruvide, ma nel complesso trovò che fosse una sensazione estremamente piacevole.

Roy per un momento rimase spiazzato. Era abituato ad essere quello che teneva in pugno ogni situazione, e la presa di posizione di Pandora lo lasciò piacevolmente sorpreso.
Dopo lo “shock” iniziale, prese la ragazza tra le braccia e la strinse a sé. Le sue labbra erano soffici e delicate, quasi avevano il gusto del nettare. Adesso non poteva più negare l’attrazione e il desiderio che lo avevano spinto verso di lei sin dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati. All’inizio aveva cercato di convincersi che fosse solo per l’aura di mistero che la circondava, ma ora capiva che c’era molto di più.
Le mordicchiò dolcemente il labbro inferiore, guardandola poi con occhi carichi di desiderio. A che serviva negare, quando aveva l’impressione che lei avrebbe comunque capito cosa gli passava per la testa? “Non avevo mai baciato un militare.” Disse Pandora, tentando di smorzare la tensione che si era creata nella stanza.

“Io non avevo mai baciato una pietra filosofale. Direi che questa è una giornata ricca di sorprese.” Rispose lui, passandole le dita tra i capelli. “Non ho mai baciato nessuna che fosse anche lontanamente come te.”

Lei sorrise, beandosi di quel complimento nel suo cuore. Non era del tutto convinta che quel bacio né l’attrazione che provava per il bel Comandante Supremo fossero legittimi, ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Non che desiderasse farlo, ammise a se stessa.
Non ebbe il tempo di formulare altri pensieri perché le labbra di Mustang si poggiarono ancora una volta sulle sue, stavolta più impetuose ed esigenti. Le loro lingue si intrecciavano e danzavano ad un ritmo febbrile, frenetico, così come i loro cuori che battevano all’unisono.
Pandora si sentì sollevare dalla braccia forti di Roy, che la sosteneva contro di sé. Gli avvolse le gambe attorno ai fianchi mentre lui la poneva tra sé ed il muro, senza interrompere il bacio nemmeno un istante. Al diavolo l’esercito, Amestris, l’alchimia…tutto quello che gli importava era avere quella meravigliosa creatura tra le braccia. Voleva baciare e scoprire ogni centimetro della sua pelle, osservare tutte le curve del suo corpo e sentirla contorcersi sotto di sé.
Pandora era saldamente aggrappata alle spalle di Mustang, persa in quel bacio così passionale. Si sentiva calda, leggera, adrenalinica, neanche la pietra filosofale avrebbe mai potuto farla sentire in quel modo. Erano emozioni così umane e genuine, semplici nella loro meravigliosa complessità, e si sentiva viva più che mai. Con l’immaginazione poteva già pregustare il sapore della pelle di Roy, la sensazione dei loro corpi che si toccavano davvero senza la barriera degli abiti. E quel pensiero così persistente la fece arrossire, ma non le impedì di spostare una mano dalla spalla di Mustang per poter slacciare la cintura che teneva insieme il suo accappatoio.
Quel gesto così audace fece quasi impazzire Roy, che diede un pugno al muro per evitare di compiere gesti troppo avventati.

“Va tutto bene?” Gli chiese Pandora, lievemente ansimante a causa del bacio e dell’eccitazione.

“Anche troppo.” Rispose lui, allontanando la mano dalla parete. “Sei tu…mi fai perdere il senno, mi fai sentire come fossi un ragazzino.”

“Beh…” Lei ridacchiò a quella confessione. “Lei è un ragazzino in confronto alla mia vera età, Roy.”

Anche lui si lasciò andare ad una risatina divertita. “È vero…” mormorò, abbassando la testa per mordicchiarle le labbra. “Ma credimi, per certe cose ho smesso di essere un ragazzino diverso tempo fa.” Disse, la voce rauca per il desiderio che aveva di lei.

“Non…non stento a crederlo…” Ansimò Pandora, inarcandosi verso di lui.

Roy stava per baciarla ancora, ma furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta. L’uomo sbuffò, scuotendo piano la testa. “Potrei ignorare questa interruzione e andare avanti…”

“Signore, va tutto bene?” Chiese il Tenente Hawkeye da fuori, con tono indecifrabile.

“No, mi sa che non posso ignorarla.” Sospirò il Comandante Supremo, aiutando Pandora a rimettere i piedi per terra.

“Forse è meglio che vada, i suoi sottoposti hanno bisogno di lei.” Disse la ragazza, richiudendo l’accappatoio con la cintura.

“Sicura?” Chiese l’uomo, che non aveva nessuna voglia di allontanarsi da quella stanza.

“Certo, sicurissima.” Annuì lei, sorridendo gentile. “In ogni caso sarei scesa a breve al piano di sotto, non mangio niente da ieri sera e ho un certo languorino. Ci vediamo tra poco.”

“Come desideri.” Mustang le carezzò una guancia e, a malincuore, uscì dal bagno. Oltrepassò a grandi passi il letto dove per un momento aveva progettato di finire insieme a Pandora, e aprì la porta della camera. “Dimmi, Tenente. Cosa succede?” Chiese alla sua sottoposta.

“Non avevamo notizie di lei da stamattina, Signore. Io e il Maggiore Armstrong eravamo in pensiero. Pandora sta bene?” Domandò Riza, evitando di chiedersi cosa stesse facendo il suo superiore lì dentro.

“È ancora scossa, ma si riprenderà. Vieni Tenente, lasciamola sola per un momento e aspettiamola in cucina.” La esortò, uscendo completamente in corridoio e accompagnando la donna al piano inferiore.

“Dica la verità, non ha ancora detto a Pandora dei fratelli Elric, non è vero?” Chiese Riza una volta che furono ai piedi della rampa di scale.

“Infatti. Diciamo che la situazione non era favorevole a quel genere di discorso. Ma lo farò al più presto, non temere.” Rispose, cercando di essere rassicurante e credibile. “Anzi, glielo dirò non appena ci raggiungerà.”

“Dirmi cosa?” Chiese Pandora alle loro spalle.

“Ehm…” Mustang si voltò lentamente, sentendosi come un bambino scoperto a combinare una marachella. Per un momento rimase senza parole nel vederla indossare abiti diversi da solito. Invece dei pantaloni di pelle e della lunga giacca rossa portava un abito bianco fresco e leggero, adatto al bel tempo di Reesembool. Il taglio enfatizzava la vita stretta, mettendo in risalto il seno e i fianchi rimasti ancora un po’ acerbi ma, tuttavia, piacevoli alla vista. Aveva lasciato i capelli sciolti, cosa che a Roy piacque parecchio.

“Vedi Pandora, forse tu pensi di essere sola al mondo dato che purtroppo tuo padre è venuto a mancare.” Intervenne Riza, cercando di usare un tono quanto più dolce e pacato possibile. “Ma non è così, non è vero Comandante Supremo?”

“Cos…ah, si.” Annuì Mustang, ritornando in sé. “Sai già che Hohenheim ha avuto una seconda moglie, Trisha.”

“Si, è quello che ha detto ieri la signora Rockbell.” Annuì la ragazza, non capendo esattamente dove volesse arrivare Roy.

“Devi sapere che da questo matrimonio sono nati due figli.” Disse Mustang senza mezzi termini. Era dell’idea che certe cose andassero dette e basta, senza sovrastrutture. “Sono i tuoi fratelli minori, Edward e Alphonse Elric. La signora Rockbell li ha chiamati questa mattina, arriveranno qui entro qualche giorno.”

“Oh…oh!” Pandora sgranò gli occhi, mentre cercava di mettere a posto anche quel nuovo tassello.

“Puoi ancora avere un pezzo della tua famiglia, se vuoi.” Aggiunse Roy, gentile. “Tu e gli Elric siete legati di sangue, e credimi se ti dico che avete in comunque molto più di quanto tu possa pensare. Capirai quando li vedrai.”

“Io…non so cosa dire…” Ammise la ragazza, poggiandosi alla ringhiera.

“Dì semplicemente si.” Mustang sorrise, incoraggiante. “Non sei sola al mondo, Pandora. Hai ancora una famiglia da recuperare, e sono sicuro che anche loro saranno felici di conoscerti.”

“Sto provando più emozioni in questi pochi giorni che nell’arco di una vita intera.” Sospirò lei, passandosi le mani sulle braccia. “Ma…si. Voglio conoscerli.”

***

Era notte fonda quando Edward si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un incubo, ne era sicuro, ma non ricordava affatto cosa avesse sognato. La sua fronte era imperlata di sudore così come la schiena, e il cuore gli batteva all’impazzata. Guardò Winry che dormiva placidamente nella cuccetta di fronte alla sua, e si rilassò nel constatare che era al sicuro.

“Fratellone…” Bisbigliò Alphonse, affacciandosi dal lettino sopra quello di Edward. “Sei sveglio?”

“Si…” Rispose Ed, passandosi una mano sul viso. “Ho avuto un incubo.”

“Anche io, per questo mi sono svegliato.” Disse Al, scendendo dal letto senza fare rumore. “Ho una strana sensazione, proprio qui…” Si toccò il centro del petto con un dito. “Come se stesse per succedere qualcosa.”

“Provo anch’io la stessa sensazione.” Edward annuì, guardando fuori dal finestrino del loro scompartimento. “Ormai dovremmo aver passato i confini di Amestris da un po’…entro un paio di giorni saremo di nuovo a casa.”

“Però…non mi sento tranquillo, fratellone.” Alphonse sospirò, sedendosi accanto al fratello maggiore. Percepiva dentro di sé una strana inquietudine, una scia di tensione lasciata probabilmente dall’incubo che aveva avuto poco prima. “Tu ricordi cosa hai sognato?”

“No, e tu?”

“Ho ricordi confusi…ma credo di aver visto il portale della Verità. Anzi, ne sono proprio sicuro.” Annuì Al, convinto.

“Forse pensare a casa ti ha riportato alla mente vecchi ricordi.” Ipotizzò Edward, cercando di tranquillizzare il fratello. “Dai, adesso torniamo a dormire. Il viaggio è ancora lungo.“

Alphonse annuì e ritornò sul suo letto, non ancora del tutto sereno. Non era una cosa da tutti i giorni sognare il portale, specie per lui che lo aveva visto davvero molto tempo prima. Però si fidava ciecamente di suo fratello, e decise di credere che fosse solo suggestione. Così, sdraiato su un fianco, si rimise a dormire.

***

Pandora aprì gli occhi di scatto, senza capire subito dove si trovasse. Aveva ancora impressa nella mente l’immagine che le era apparsa in sogno, un’enorme porta coperta di simboli che stava come sospesa in uno spazio bianco apparentemente infinito. Era stata una visione fugace, e poi si era sentita come risucchiata via dal suo sogno.
Confusa e agitata, non credeva di potersi riaddormentare tanto facilmente. Così decise di alzarsi e provare a fare una passeggiata per calmarsi. Indossò la sua giacca rossa sopra la camicia da notte che la signora Rockbell le aveva prestato, infilò gli stivali neri e scese di sotto cercando di fare meno rumore possibile. Muovendosi in punta di piedi oltrepassò il Maggiore Armstrong che dormiva beatamente sul divano, anche se questo era troppo piccolo per contenere l’enorme stazza dell’uomo, e aprì la porta per uscire dalla casa.
Era una bellissima notte di luna piena, il cielo era perfettamente stellato e per nulla intaccato dalle nuvole. Era quello il bello di vivere lontani dai grandi centri abitati, non c’erano molte luci artificiali che rischiavano di rovinare il meraviglioso spettacolo che la natura offriva.
Pandora si strinse nella giacca e si sedette sui gradini della veranda di casa Rockbell, pensierosa. Non le capitava di avere degli incubi da molto tempo, da quel giorno di tanti anni fa in cui aveva percepito uno scompenso nell’equilibrio che tanto faticosamente aveva costruito nel corso del tempo. Era durato solo per un istante, un’improvvisa sensazione di vuoto che aveva cercato immediatamente di compensare e “aggiustare”.
Emise un lieve sospiro, raccogliendo i capelli su una spalla. Non li aveva più tagliati da quando aveva deciso di mettersi in viaggio, pensò.

“Che ci fai sveglia a quest’ora?” Chiese la voce di Mustang alle sue spalle.

Pandora lasciò andare la ciocca di capelli che teneva tra le dita e si voltò verso di lui. Il militare indossava dei semplici pantaloni neri e una camicia bianca leggermente aperta, e i suoi capelli erano leggermente spettinati.

“Sono uscita a prendere una boccata d’aria. Ho fatto un brutto sogno, avevo bisogno di riprendermi un po’.” Rispose, sorridendogli.

“Posso?” Chiese Roy, indicando lo spazio vuoto sul gradino accanto a lei.

“Certo, si sieda pure.” Risposa la ragazza, sistemandosi in modo da fargli posto. “Invece lei perché è sveglio nel bel mezzo della notte?”

“Stavo rileggendo dei documenti che mi sono portato dietro da Central City, e ho sentito qualcuno che sgattaiolava fuori.” Rispose lui, accomodandosi. “Così sono uscito a vedere, ed eri tu.”

Pandora annuì e rimase in silenzio, non sapendo bene cosa dire. Dopo quello che era successo durante il pomeriggio, stargli accanto aveva un significato completamente diverso. Si chiese se fosse soltanto lei a sentirsi così, o se anche Mustang provasse la stessa dolce inquietudine.

“Hai pensato a quello che ti ho detto?” Chiese Roy, interrompendo il silenzio. “Riguardo l’esame per diventare Alchimista di Stato, intendo.”

“Non so ancora se voglio farlo.” Rispose lei, guardandosi la punta degli stivali. “Ho sempre cercato di usare l’alchimia il meno possibile, soprattutto da quando ho la pietra…” Si toccò il petto, sospirando. “L’alchimia non è la soluzione a tutti i problemi, e richiede sempre un prezzo. Se diventassi un alchimista sotto il suo comando, dovrei sempre obbedirle anche se mi chiedesse di andare in guerra.”

“Si, anche quella è un’eventualità.” Ammise il Comandante Supremo a malincuore.

“Io non voglio causare morte e sofferenza. Conosco il peso di un’anima, mi creda, porto sulle spalle il fardello di molti innocenti caduti per il capriccio di un singolo uomo.” Si strinse le ginocchia al petto, lo sguardo perso nella notte.

“Ora come ora una guerra è improbabile. In questi anni ho lavorato duramente per mantenere la pace, e se mai dovrò scendere in battaglia so per certo che non sarò stato io a cominciare.” Disse convinto Roy.

“Mi dia un altro po’ di tempo per pensarci, per favore…adesso ho troppe cose per la testa, e non saprei darle una risposta.”

“D’accordo.” Annuì l’uomo, spostando lo sguardo su Pandora. “Se si tratta di te, sono disposto a concederti il tempo di cui hai bisogno.”

“Non vorrei che i suoi sottoposti pensassero che lei mi riservi un trattamento speciale.” Pandora ridacchiò, ricambiando lo sguardo di Mustang.

“Non è comunque affar loro il modo in cui io scelgo di trattare con te.” Rispose il militare, spostando una mano su quella della ragazza. “È una questione tra noi due soltanto.”

Pandora annuì, sorridente. Era bello, pensò, essere trattati in quel modo, con gentilezza e dolcezza. Le attenzioni di Mustang avevano il potere di farle provare emozioni da tempo sopite, e per il momento non voleva rinunciarvi. Così si sporse leggermente, fino a che le sue labbra non incontrarono quelle del Comandante Supremo.
A differenza di qualche ora prima, quel bacio fu tenero, quasi timido. Mustang le carezzò i capelli con la mano libera, mentre si perdeva nel profumo di lei. Quel tocco delicato fece dimenticare a Pandora l’incubo, la strana porta, la sensazione di irrequietezza. C’erano soltanto loro due, accarezzati dai pallidi raggi della luna mentre a loro volta si accarezzavano.

“Adesso dovresti tornare a letto.” Sussurrò Roy dopo l’ennesimo bacio. “E dovresti andarci subito, prima che io perda il controllo…”

“Sarebbe inappropriato.” Convenne Pandora, carezzandogli il viso. “Buonanotte Roy, cerchi di non restare sveglio tutta la notte.” La ragazza sorrise e, dopo avergli baciato la punta del naso, si rialzò dal gradino e rientrò in casa.

Mustang la guardò finché gli fu possibile, poi prese un bel respiro. Anche quella notte gli sarebbe toccata una lunga doccia fredda.


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Ciao a tutti! Per iniziare vi auguro un buon 2017 ricco di serenità e all'insegna della realizzazione dei vostri sogni :) Spero che abbiate passato delle buone feste!
Voglio inaugurare il nuovo anno con un nuovo capitolo, forse più lungo dei precedenti. A questo punto della storia, il nodo della trama sta per sciogliersi e chissà cosa accadrà quando la famiglia sarà di nuovo riunita!
Spero che questo nuovo aggiornamento vi sia piaciuto, e vi invito a lasciare una recensione, se volete, per farmi sapere il vostro parere. Ringrazio tutti coloro che hanno letto e quelli che hanno speso qualche minuto per recensire la storia. Grazie a tutti voi! ^^
Certa che continuerete con me questo viaggio, vi lascio fino al prossimo capitolo.
Un bacio,
NdT.

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