Weight

di Isidora Anadiomene
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** #1. ***
Capitolo 3: *** #2. ***
Capitolo 4: *** #3. ***
Capitolo 5: *** #4. ***
Capitolo 6: *** #5. ***
Capitolo 7: *** #6. ***
Capitolo 8: *** #7. ***
Capitolo 9: *** #8. ***
Capitolo 10: *** #9. ***
Capitolo 11: *** #10. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Weight.}





Prologo.

Da che ricordava, Ichigo non aveva mai visto Ryou con una ragazza. O meglio, non aveva mai visto Ryou, di venerdì sera, dentro un locale, da solo con una ragazza.
Tutte le volte che lo aveva incontrato di sera, lo aveva sempre visto in gruppo. Lui l’aveva salutata, l’aveva presentata ai suoi amici e avevano scambiato qualche chiacchiera e qualche provocazione.
Di ragazze travolte dalla passione amorosa per lui, ne aveva viste a bizzeffe: ragazze che si presentavano puntualmente al Caffè, ragazze che chiedevano di lui a Keiichiro e ragazze che si fermavano a guardarlo o a salutarlo con aria adorante. Non che la sua fama non lo precedesse, intendiamoci. Ryou era un Don Giovanni senza intenzione.
Ma mai- e sottolineò mai- Ichigo aveva visto Ryou uscire per un appuntamento.
Diede di gomito a Minto che borbottò infastidita.
“Guarda lì, c’è Ryou-kun!” le bisbigliò all’orecchio. Minto assottigliò lo sguardo e si voltò sorridendo verso di lei.
“Quella ragazza è Yukiko Kojima, è nella stessa facoltà di Heiji!”
La contentezza di Minto derivava da una sola cosa: l’aver appena scovato un nuovo pettegolezzo. Ciò non la stupì, ma ciò che le creò una perplessità non del tutto irrilevante fu la sensazione di vuoto al centro del petto e una dilagante delusione che si espanse velocemente per tutto lo stomaco.
Ma non c’era da preoccuparsi, no? Quella sensazione derivava senza dubbio dal fatto che Ryou non le aveva detto di essersi fidanzato! Tutto qui.
La serata passò in maniera tranquilla, Ichigo si premurò di convincere Minto e i loro amici a fermarsi a bere qualcosa al locale e di cercare di guardare Ryou e Yukiko, senza farsi scoprire.
“Vado un momento in bagno” disse a Minto, improvvisamente.
“Vuoi che ti accompagni?”. Scosse la testa e si incamminò.
“Ehi Ichigo! Che ci fai qui?”.
La voce roca di Ryou fu come una secchiata di acqua gelida. Si voltò lentamente e deglutì a vuoto. “Ryou-kun… sono con Minto e gli altri, stiamo bevendo qualcosa. Tu, invece?”
Era rossa in volto, ne era sicura, perché quando c’era Ryou l’imbarazzo era inevitabile.
“Io sono con un’amica” disse con voce calma e indicò un punto dietro le sue spalle. Yukiko era seduta ad un tavolino e rigirava la cannuccia nel cocktail distrattamente.
“Un’amica?” si ritrovò a chiedere con una falsa nota maliziosa.
Ichigo sapeva fingere molto bene, nonostante i suoi occhi parlassero da soli. Era brava soprattutto nel fingere contentezza, ridere nonostante la tristezza e dissimulare il suo interesse. Fingere che non le importasse niente, alle volte, le ritornava utile. Utile per poco, ma pur sempre utile.
“In verità, non è propriamente un’amica” Ryou sembrava quasi imbarazzato e Ichigo si sentì delusa come mai in vita sua. Delusa, perché Ryou si stava fidanzando, o no?
“È la tua fidanzata?” gli chiese, ma, questa volta, il tono fu quasi distaccato e si sentì le gambe molli.
“No, o almeno non ancora. Ti… andrebbe di conoscerla? È un’amica di Heiji, me l’ha presentata lui”. Annuì, sforzandosi di sorridere.
Si diressero al tavolino dove sedeva Yukiko. Il cuore le batteva forte e un vortice di pensieri contrastanti le offuscava la mente. Voleva scappare, ma anche rimanere lì.
“Yukiko, lei è Ichigo. Lavora anche lei al Caffè ed la migliore amica di Minto, la fidanzata di Heiji. Ichigo, lei è Yukiko”
Yukiko si alzò in piedi, era poco più alta di lei e la sua figura era esile e longilinea, i capelli neri e lisci le ricadevano morbidi sulle spalle e gli occhi verdi brillavano di una strana luce.
“È un piacere conoscerti, Ichigo, Ryou mi ha parlato di tutte voi, ma su di te so davvero poco” la voce di Yukiko era chiara e pacata e il sorriso ampio e spontaneo.
Ryou non aveva parlato di lei… aveva parlato di tutte, tranne che di lei.
Ichigo rispose senza pensare: “Non c’è molto da dire su di me, combino solo guai al Caffè!”
Yukiko e Ryou scoppiarono a ridere e si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“Ichigo combina non pochi disastri, è da tenere sempre sotto controllo” disse Ryou, l’eco della risata ancora nel tono della voce.
Ichigo vide Minto e Heiji venir loro incontro e smise di ascoltare la conversazione. Era come se non esistesse più nulla, se non quella delusione immotivata.
Le sembrava di voler piangere, ma era tutto così confuso.
 
Tornata a casa, si mise davanti lo specchio e si alzò la camicetta. La pancia iniziava a diminuire e le gambe le sembravano più magre, ma non era abbastanza. Vomitare il pranzo e non cenare funzionava. Andò in bagno e si spogliò. Salì sulla bilancia, chiudendo gli occhi e sperando che quei 51 kg di due settimane fa non ci fossero magicamente più. Li aprì di scatto, la bilancia segnava 48 kg.
3 kg in due settimane. Ne mancavano sei e ce l’avrebbe fatta.














Anadiomene.
Il disturbo alimentare di Ichigo è agli albori e non deriva assolutamente da Ryou. Lui è, per così dire, la goccia che fa traboccare il vaso, perché, nella mia storia, Ichigo è sull'orlo del precipizio da molto tempo. Lei non è consapevole di ciò in cui sta cadendo.
Questo tema mi è molto "caro" e desideravo scriverne da un po' di tempo. Spero che non urti la sensibilità di nessuno. Tutto ciò è scritto per far capire che, nonostante tutto, le difficoltà possono essere superate e che la luce esiste. Spesso per trovare la luce, si ha bisogno di passare per le tenebre.
Fatemi sapere cosa ne pensate, un forte bacio.

 

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Capitolo 2
*** #1. ***


♦Weight.}


 
Due settimane dopo
 
Ichigo si guardò allo specchio e si passò stancamente una mano sul volto. Le profonde occhiaie e il colorito pallido la dicevano lunga su quanto poco riuscisse a dormire.
Non valeva niente lo stato d’animo che sentiva, non importava come stesse o cosa facesse. Era come se non esistesse più nulla, se non quella profonda insoddisfazione verso se stessa, il suo modo d’essere e il suo corpo. Salì sulla bilancia. Trattenne il fiato ad occhi chiusi e quando li riaprì vide quel 46 lampeggiare sul display. 2 kg in due settimane, poteva definirsi sulla tabella di marcia.
Uscì dal bagno e trovò sua madre ad attenderla.
“Ichigo, non fai colazione? C’è una fetta di crostata alle fragole che ti ho lasciato sul tavolo”
“Prenderò lo yogurt, mamma, non ho fame” si limitò a rispondere.
Una volta entrata in cucina, un’indicibile nausea la colse. La fetta di crostata giaceva sul tavolo e Ichigo si sentiva dilaniata tra il desiderio di mangiarla con violenza e quello di vomitare. Prese di corsa la borsa e uscì di casa, salutando frettolosamente.
 
La lezione di Archeologia e storia dell’Arte Romana sembrava non finire più. Ichigo prendeva appunti velocemente, cercando di concentrarsi il più possibile.
Le quindici scattarono e il professore dichiarò la fine delle lezione. Si ritrovò a fuggire fuori senza neanche accorgersene. Prese un grande respiro, nel petto sentiva un vuoto che pesava.
“Ichigo-chan, ti senti bene?” le chiese Yasuko, una sua compagna di università.
“Si, Yasuko-chan, sto bene” rispose sorridendo e ostentando una sicurezza che non le apparteneva.
“Ichigo-chan, io non ti vedo molto bene. Sei sempre così pallida e inquieta e sei dimagrita un po’. Sei sicura di stare bene?” proseguì Yasuko con una nota di preoccupazione nella voce.
“Ma certo, Yasuko-chan! Non sono dimagrita, sarà una tua impressione, con tutto quello che mangio la vedo dura! Adesso devo scappare, devo andare al Caffè. Ci vediamo domani!”
Non seppe nemmeno lei perché inziò a correre, la costante voglia di non essere in nessun posto continuava a perseguitarla. C’era un’angoscia che le albergava nel cuore che da qualche tempo la perseguitava. Si sentiva costantemente in ansia e così sola.
I contorni di se stessa sembravano diradarsi sempre di più, sentiva che il colore della sua anima si stesse sbiadendo. Ma era lei a volerlo. Era lei a desiderare insistentemente di scomparire.
L’unico rimedio a quella morsa era il dimagrire. La leggerezza del suo corpo poteva darle nuova vita. Doveva spogliarsi dei suoi stessi abiti, gli abiti di Ichigo. Ichigo… che non le stava più bene, che odiava, che avrebbe voluto veder volare via.
Arrivò al Caffè e entrò dal retro. In cucina, Yukiko era seduta al tavolo e mangiava un pezzo di torta.
Yukiko mangiava tranquillamente, lei non pensava di essere orribile davanti un pezzo di torta e non odiava tutto ciò che si potesse ingerire di dolce.
“Ichigo, sei in ritardo, come al solito. Va a cambiarti” tuonò Ryou alle sue spalle.
“Ho fatto tardi perché… perché ho mangiato fuori. Ciao Yukiko-chan” disse piano.
“Ciao Ichigo, come stai?” Yukiko sorrideva sempre ed era sempre così gentile.
“Sto benissimo, tu come stai?”. Le girava la testa e l’occhio le cadde sui biscotti al cioccolato poggiati sul tavolo. Non poteva e non doveva.
“Ichigo, va a cambiarti. Il locale è pieno”. Ryou le si parò davanti a braccia conserte. Da quando aveva reso ufficiali le cose con Yukiko, le rivolgeva sempre un tono spazientito e stizzito, accompagnato da un atteggiamento insofferente.
Ichigo lo guardò con astio, senza trovare le parole giuste da dire, poi si rivolse a Yukiko: “Ci vediamo dopo, Yukiko-chan, sempre se Ryou abbia la pietà di farmi prendere una pausa”
 
Durante il pomeriggio, Ichigo vide Yukiko e Ryou dirigersi verso la camera del biondo. Continuava a chiedersi cosa la spingesse a provare astio nei confronti di Ryou. Non erano affari suoi se lui aveva deciso di fidanzarsi e neppure il fatto che Yukiko fosse così maledettamente bella e così… magra.
Ichigo non era mai stata una patita della forma fisica. Nel suo metro e sessanta, era sempre stata nel peso giusto o forse con qualche chiletto in più che, secondo sua madre, non faceva che bene. Non aveva mai considerato il suo corpo attraente, le gambe le erano sempre parse un po’ grandi e quella poca pancia sempre un po’ scomoda. Tutte le volte che il pensiero di essere grassa l’aveva sfiorata, aveva sempre provveduto a scacciarlo via. Si era abituata, con il tempo, a mangiare con il senso di colpa, al desiderio di voler mangiare qualunque cosa pur di riempire quel vuoto che si portava dentro da un po’. Quel vuoto non era quello tipico di tutti gli essere umani, era un vuoto… diverso. Era una fame d’amore che derivava dall’odio che Ichigo provava nei confronti di se stessa.
Ma, da qualche tempo, quella vocina che le sussurrava quanto sgraziata fosse si era fatta più forte e più insistente e le aveva distrutto ogni barriera per potersi difendere.
Tutte le volte che le capitava una foto di qualche modella palesemente denutrita, Ichigo non vedeva alcuna bellezza. Le ossa in una ragazza non le erano mai piaciute, era una grande sostenitrice delle forme e della bellezza reale. Eppure la pesantezza la perseguitava, solo lei era così pesante da meritare di scomparire. Non poteva meritare quell’atto d’amore verso se stessi che era… mangiare.
Un forte bussare alla porta dello spogliatoio la fece sobbalzare. “Ichigo, sei sola?” era Ryou.
“Si, le altre sono andate via, se devi uscire con Yukiko, va pure. Provvedo io alla chiusura!”
Pregò che Ryou se ne andasse, che non fosse costretta a vederli di nuovo insieme.
“Yukiko è andata via, esci quando sei pronta. Devo parlarti”
Ichigo entrò in agitazione, le sembrò di non avere aria. Non voleva parlargli, non voleva sentirlo. Cercò di calmarsi e uscì, provò a pensare ad una scusa per fuggire.
“Ho sentito Minto dire a Keiichiro che non mangi abbastanza”. Perché Ryou sembrava sempre arrabbiato con lei?
“Minto esagera sempre, sto cercando semplicemente di non mangiare tutti quei dolci che mangiavo prima. Non era un modo sano di mangiare” rispose lapidaria.
Accennò a muoversi verso la porta, ma Ryou le prese il polso.
“Ichigo, quei jeans non ti stavano larghi prima. Sei dimagrita”
“Ti dico di no invece! Non sono affari che ti riguardano, hai capito? Lasciami andare, Ryou, devo tornare a casa”. Aveva alzato la voce e adesso Ryou la guardava risentito e incredulo.
“Hai ragione, non sono cose che mi riguardano. Ci vediamo domani, buona serata, Ichigo”







° Anadiomene.
Nel prossimo capitolo, ci saranno altre spiegazioni al comportamento di Ichigo. Fatemi sapere cosa ne pensate, un bacio.

 

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Capitolo 3
*** #2. ***


¤Weight.}​


Tre giorni dopo
 
Ichigo evitò accuratamente di presentarsi al Caffè. Anche se, nonostante il tono rude, Ryou si era semplicemente preoccupato per lei.
A chiunque provasse ad entrare così direttamente nella sua sfera emotiva, Ichigo rispondeva con una chiusura istantanea che mal si conciliava con il carattere solare e frizzante che si ritrovava.
Fu Minto a chiamarla per chiederle cosa fosse accaduto, ma non ci fu bisogno di spiegazioni.
“Hai per caso litigato con Ryou? Ichigo, perché non me l’hai detto? Negli ultimi tempi non mi dici più niente!” al telefono, la voce squillante di Minto la fece riscuotere dal suo torpore.
Era vero: non le stava dicendo più nulla e non era giusto. Minto non c’entrava niente con il suo malumore e nemmeno con il suo… problema. Ormai tanto valeva ammettere, almeno a se stessa, che il suo comportamento non era normale. Vomitare il pranzo non era normale, mangiare poco non era normale e non lo era nemmeno pesarsi di continuo.
“Scusa, Minto, hai ragione. È che… non so neanche io cosa mi sta succedendo. Appena troverò le parole giuste, te lo dirò”
Il silenzio che seguì dall’altra parte fu denso di significato. Minto, nonostante fossero così diverse e così propense a battibeccare, era l’unica dalla quale Ichigo si sentisse compresa.
“Ichi… va bene. Però non metterci troppo a trovare queste parole, io… voglio aiutarti. So che non vuoi parlarne, quindi andiamo avanti. Hai litigato con quell’idiota si o no?”
Minto… cosa avrebbe fatto senza di lei?
“Abbiamo avuto una piccola discussione, ma nulla di rilevante. Oggi verrò al Caffè e farò il doppio turno per farmi perdonare! Ti voglio bene, Micchan”
“Ti voglio bene anche io, Ichi, non fare tardi”
 
Arrivata al Caffè, Ichigo si ritrovò a sperare che Ryou non ci fosse o che almeno non fosse con Yukiko. Non si era chiesta perché non sostenesse quella situazione. Lei non provava niente per Ryou. Non c’era nessun sentimento, se non l’affetto per un amico, che avesse ragion d’essere nei confronti di Ryou.
“Che gioia vederti, Ichigo! Siamo lieti di sapere che hai deciso di degnarci della tua graziosa presenza” lo sguardo di Ryou glaciale e penetrante non lasciò ombra di dubbio sulla sua rabbia.
“Senti, Ryou, ho avvertito Kei-kun della mia assenza. Se, per piacere, ti degnassi di illuminarmi sulle ragioni che ti spingono a non sopportarmi, gradirei che lo facessi al più presto. Sono stanca dei tuoi toni taglienti” sputò tutto d’un fiato Ichigo, incrociando le braccia al petto a mo’ di difesa.
Ryou sembrò essere stato punto sul vivo ed esitò. Ichigo sentì di avere in pugno la situazione, almeno per una volta. Ma fu troppo presto per cantare vittoria.
“Perché sei distante da tutti? Da… me?”
“Non sono distante da nessuno, Ryou. Oltretutto, non penso che tu abbia bisogno di me, soprattutto adesso” Ichigo si pentì di quelle parole subito dopo averle pronunciate.
Ryou si avvicinò e, a pochi centimetri da lei, sussurrò freddo: “Hai ragione, non ho bisogno di te e nemmeno tu hai bisogno di me”
 
Ryou ed Ichigo non erano mai stati amici. Si erano scambiati confidenze profonde e avevano condiviso le loro paure, ma non erano mai stati amici.
Nonostante sapesse di poter contare su di lui, Ichigo non lo aveva mai ritenuto un amico. Non si può essere così attratti da un amico, non si può desiderare di baciarlo, di tenergli la mano o di… farci l’amore. Quante volte aveva sognato di essere accarezzata da lui? Quante volte aveva desiderato che lui la trovasse bella solo per poter convincere se stessa di non essere poi così tanto orribile? Eppure Ichigo seppelliva tutto questo sempre in un angolo della sua mente e ricopriva di bugie quel sentimento, provando a dimenticarlo nel suo cuore.
Ichigo glielo avrebbe detto volentieri che forse il suo non era un sentimento d’amicizia, ma quale senso avrebbe avuto? Ryou non provava nulla per lei e non aveva di lei nessuna considerazione, se non la certezza che tutto ciò che le avrebbe detto sarebbe sempre restato tra di loro.
Tra Ryou ed Ichigo c’era sempre stato un fitto telaio di parole non dette. Ryou non aveva fatto domande quando, ritrovando il giorno del suo compleanno un cofanetto minuziosamente incartato, aveva letto sul biglietto una firma che recava una semplice I. E nemmeno Ichigo aveva osato chiedere alcunché quando, alla festa che le avevano organizzato, lui l’aveva invitata a ballare.
Quante volte aveva ignorato quella vocina nella sua testa che le ripeteva quanto Ryou fosse bello, quanto si sentisse sola senza di lui e quanto lo cercasse per battibeccare? Aveva mentito a se stessa tante di quelle volte che ormai aveva smesso di tenerne il conto. Aveva adottato ogni volta una strategia diversa: quando le batteva forte il cuore per i suoi abbracci, lo attribuiva al calore del suo corpo che la faceva sentire meno sola; quando le mancava il respiro per la sua assenza, lo attribuiva al fatto che non ci fosse nessuno in grado di farla ridere a tal punto; quando le si mozzava il respiro per la sua bellezza distratta, si convinceva di aver avuto un pensiero fugace e occasionale, data l’oggettiva bellezza del ragazzo.
Ichigo sapeva trovare spiegazioni per ogni cosa, ma non ci credeva nemmeno lei… e neanche Minto.
“Capisco che tu non voglia parlarmi di cosa ti succede, ma potresti almeno dirmi perché tu e Ryou non vi parlate?
“Il suo atteggiamento nei miei confronti mi irrita” sentenziò Ichigo, continuando a pulire un tavolo.
Minto scosse la testa e si batté una mano sulla fronte. “Nemmeno tu mi sembri molto propensa verso di lui. Ichigo, dimmi la verità”
Ichigo si voltò verso di lei e le bastò guardarla negli occhi per far cedere tutte le sue difese… o quasi. “Si, ci sono rimasta male. Non so perché e non voglio saperlo”
Il sopracciglio inarcato di Minto fu abbastanza eloquente ed Ichigo si ritrovò a sospirare, lasciandosi cadere sulla sedia.
“Va bene, lo so, ma ammetterlo ad alta voce sarebbe ancora peggio quindi… accontentati di una presa visione” disse, passandosi una mano tra i capelli. L’occhio le cadde sulle gambe e notò quanto fossero meno grandi rispetto a prima, ma sempre… pesanti.
“Per adesso mi accontento. Oh, guarda un po’. Io vado, tesoro, buona fortuna”
Ichigo la guardò spaesata e, intuendo cosa fosse accaduto, si voltò con lentezza. Stava leggermente sudando freddo. Ryou le faceva sempre quell’effetto e lei odiava non avere il controllo su ciò che le accadeva.
“Invece di chiacchierare, sbrigati a pulire i tavoli. Non abbiamo tutta la notte”
Ichigo si alzò di scatto, decisa più che mai a non dargliela vinta.
“Rivolgiti un’altra volta a me con questo tono e…” cominciò rossa in volto.
“Altrimenti?” continuò provocatorio Ryou. Quell’espressione indisponente irritava Ichigo più di ogni altra cosa, gli avrebbe volontieri… E, beh, lo fece sul serio. Gli aveva tirato uno schiaffo.
Ryou la prese per un polso e la spinse contro il muro. Nei suoi occhi, Ichigo leggeva un misto di emozioni che non riusciva a decifrare. Le batteva forte il cuore e aveva il respiro affannato. Le parole le uscirono di bocca senza che potesse impedirlo. “Ti odio”
Ryou si inumidì le labbra, come se avesse incassato un duro colpo.
“Io non ti odio, Ichigo. Non ne ho motivo” sussurrò. Non vi era nessuna traccia di rabbia nei suoi occhi, adesso.
Quando si voltò per andarsene, Ichigo si rese conto di aver voluto pronunciare un altro tipo di parole. Un lampo di lucidità la colse. Non amava Ryou… no, non lo amava. Era un altro degli scherzi della sua mente che si divertiva a metterla in crisi. Tutto qui, si, tutto qui.








Anadiomene.

Spero che questo capitolo vi piaccia, ho molti dubbi. Fatemi sapere cosa ne pensate :)

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Capitolo 4
*** #3. ***


Weight.






Cinque giorni dopo
 
Ichigo non si era mai sentita così meschina come in quel momento. Era da qualche tempo che Ryou era diventato uno dei suoi bersagli preferiti per scaricare la rabbia. Tutte le volte che il nervosismo la coglieva e Ryou si trovava nei paraggi, trovava pretesti per litigare. Si stava dimostrando infantile.
Mentre si dirigeva al Caffè, dove aveva inventato le scuse più disparate per non farsi nuovamente vedere, elencò mentalmente quello che ormai era diventato un gesto ordinario: tenere il conto di tutti i cibi assunti. L’elencò fu brevissimo. Ichigo non aveva fatto colazione e per pranzo aveva mangiato due polpette di riso che aveva tentato anche di vomitare, ma, data la scarsa quantità, non era stato possibile.
Si era pesata la mattina appena sveglia e i suoi ormai quarantaquattro kili le erano come sempre sembrati troppi. Eppure non lo erano, non era giusto pesare così poco. Qualcosa, però, le diceva che non era abbastanza.
Entrò dal retro e sperò nuovamente di non incontrare Ryou. Fu fortunata, perché Ryou aveva delle commissioni per il Caffè da sbrigare.
In cucina, a parlare con Kei, però, c’era Yukiko.
“Ichigo, ti va una fetta di torta? È quella al cioccolato bianco che ti piace tanto”
Un tempo, Ichigo avrebbe detto di si, avrebbe sorriso e gustato quella torta con piacere, felice che Kei l’avesse preparata appositamente per lei.
“Kei-kun, ho la nausea” confessò, le faceva male la gola per lo sforzo di vomitare e le veniva da piangere.
Yukiko le rivolse uno sguardo inquisitorio. “Non ti piacciono i dolci?”
Ichigo non seppe cosa rispondere, non lo sapeva nemmeno lei se ormai le piacesse mangiare oppure no. Probabilmente se avesse pensato alla torta in sé ne avrebbe decantato il sapore, ma, se pensava di doverla mangiare, il disgusto la assaliva.
Fu Kei a salvarla dall’imbarazzo del suo mutismo. “Ichigo è una buon gustaia! È solo che deve aver mangiato troppo a pranzo, no? Yukiko-san, perché non l’assaggi tu? Ho cambiato leggermente la ricetta e vorrei avere un parere”
Non era vero, perché Kei non modificava mai le sue ricette più datate e la torta al cioccolato bianco era una di quelle. Ichigo si rese conto che ormai il suo problema, del quale non voleva ammettere il nome, stesse iniziando a diventare visibile.
Nello spogliatoio, mentre si sfilava la maglia, Minto non seppe bisbigliare come suo solito.
“Ichigo! Kami-sama, come sei magra! Non stai mangiando nulla? Quanto pesi?”
“Minto, non urlare! Certo che sto mangiando, che domande mi fai? Peso 48 kg, sto bene!”
Minto la fulminò con lo sguardo. “Ichigo, Purin pesa 47 kg, non prendermi in giro. Pesi molto meno, dimmi la verità”
“44 kg, va bene? Ho perso un po’ di peso, ma sto bene. Ho solo lo stomaco un poco chiuso negli ultimi tempi. Non c’è nulla di cui tu debba preoccuparti, Micchan”
“Ichigo, potrebbe essere che tu…”
“No! Non pronunciare quella parola, non lo è!” …anoressia.
La voce timida di Retasu che le invitava a sbrigarsi mise fine alla discussione.
“Ichigo, dobbiamo parlarne assolutamente” concluse Minto uscendo dallo spogliatoio.
 
Nel corso della giornata, Ichigo fu colta dal terrore dell’ammissione di avere un problema, quel problema, quel problema che aveva quel nome.
Dei disturbi alimentari, da lei classificati in passato come un modo errato di perdere peso e nulla più, Ichigo non aveva mai avuto esperienza diretta.
Non si era mai spiegata come si potesse smettere di mangiare, di mangiare poco o di mangiare e vomitare subito dopo. Il gesto di avvicinare le dita alla bocca e di fare pressione sulla lingua l’aveva sempre spaventata. Non aveva idea che dietro quell’atteggiamento si nascondesse ben altro che il disprezzo verso il proprio peso corporeo.
Ichigo non si era mai reputata una persona particolarmente brillante. A scuola, si era sempre impegnata e i suoi risultati erano sempre stati nella media o nella mediocrità, dipendeva dai punti di vista. Conscia del suo odio per la matematica, Ichigo aveva sempre preferito l’arte e il disegno.
Le piaceva leggere poesie di autori occidentali ed europei, ma ne amava soprattutto la pittura. Innamorata di Modì, il famoso Amedeo Modigliani, e di Henri Toulous Loutrec, Ichigo aveva scelto la facoltà di Restaurazione ad indirizzo pittorico. Il suo sogno era quello di conservare l’arte per tramandarla a coloro che sarebbero venuti.
La prerogativa di Ichigo, oltre al mentire a se stessa, era il prendersi cura. Ichigo si prendeva cura di tutte le persone attorno a lei, chiamando, ascoltando, facendo ridere e cercando di preparare dolcetti che potessero rincuorare. Per lei, il cibo era uno degli atti dell’amare, attraverso la preparazione del piatto passava l’amore. Ma Ichigo non vedeva più amore nel cibo, soprattutto quando era lei stessa a cucinarlo. Non lo meritava.
Alla fine del suo turno, finiti di pulire i tavoli, Ichigo fece per entrare in cucina, ma le voci di Minto, Kei, Zakuro e... Ryou la fecero desistere.
“Ichigo pesa 44 kg, lo ha detto a Minto. Ha perso 8 kg in un mese e mezzo, prima pesava 52 kg. Ne parlammo una volta” la voce di Zakuro tradiva una nota di preoccupazione.
“Significa che non sta mangiando” pigolò Minto. Dalla porta socchiusa, Ichigo poteva vedere Minto e Kei di spalle e Zakuro e Ryou in viso.
“Dobbiamo starle vicino, dobbiamo aiutarla e fare qualcosa. Dobbiamo parlarle” disse Kei.
“Ci ho già provato, Kei-kun, cosa credi? Mi sembra evidente che… è evidente che sia…” Minto balbettava e Ichigo la vedeva chiaramente trasalire.
Ryou, appoggiato al tavolo con i pugni serrati, prese finalmente la parola.
“È evidente che Ichigo sia diventata anoressica. Non abbiate paura di una stupida parola, per piacere. Il modo in cui aveva iniziato a dire di dover evitare i dolci era già sospetto. Ad Ichigo è sempre piaciuto mangiare. Ci sono altre ragioni, oltre il peso, dietro il suo atteggiamento”
“Ryou, perché non le parli? Ichigo si è sempre aperta con te” propose Zakuro. Il suo finto tono distaccato faceva a pugni con la sua espressione angosciata.
“Io e Ichigo abbiamo discusso, non ci parliamo. Non accetterà mai di parlare con me e soprattutto… niente, lasciate stare. Ichigo ha bisogno di voi, non di me”
Ryou si avviò verso l’uscita del retro della cucina. “Dove vai?” gli chiese Kei.
“A prendere Yukiko a casa” rispose freddamente. Yukiko, ah, giusto… Yukiko.
 
Ichigo andò via, mandando un messaggio a Minto con scritto che era dovuta tornare a casa di fretta. Di tutto ciò che aveva udito, riusciva a pensare solo alle parole pronunciate da Ryou. Non poté fare a meno di chiedersi se Ryou avesse mai sospettato qualcosa dei suoi sentimenti, se si fosse reso conto del modo in cui lo guardava, lo cercava e gli parlava. D’altronde, le aveva sempre detto di essere un libro aperto per lui, no? Si chiese se la infastidisse di più il fatto che Ryou sapesse del suo problema o dei suoi sentimenti. Amare non era vergognoso, nonostante non si fosse corrisposti. Vomitare o non mangiare era più che vergognoso.
Una sera- alla festa di compleanno di Heiji, il ragazzo di Minto- Ichigo lo aveva cercato insistentemente, forse un po’ per l’alcool. Gli era ronzata intorno tutta la sera e lui non aveva accennato minimamente a scrollarsela di dosso. Tra di loro, di abbracci ce n’erano stati davvero pochi. Ryou non era come Kei-kun che riservava carezze e abbracci appena scorgeva un po’ di tristezza. L’unica ad abbracciare Ryou era Purin che, in realtà, si limitava a saltargli al collo solo per il gusto di infastidirlo. Ma, quella sera, Ichigo non si era staccata un attimo dal suo corpo e Ryou aveva provveduto a stringerla di più tutte le volte che lei sembrava volersi allontanare. Tornata a casa, non aveva potuto fare a meno di sorridere e di schernirsi un po’, conscia che tutta quell’intraprendenza – e quella sincerità verso se stessa- derivasse solo dall’alcool.   
Si erano visti due giorni dopo e nessuno dei due aveva provato a dire qualcosa, si erano scambiati un sorriso e non avevano battibeccato per i due giorni a venire. Minto aveva dato segno di voler dire la sua, ma, Ichigo, ben sapendo quanto l’amica sapesse sempre cosa dire, aveva subito troncato sul nascere ogni parola. Quella era stata una delle tante sere nelle quali Ichigo, preda dell’alcool, aveva ammesso a se stessa quanto Ryou fosse bello, quanto i capelli biondi gli ricadessero morbidi sulla fronte, quanto gli occhi, in apparenza così gelidi, fossero pieni di dolcezza. Quanta sofferenza si nascondeva in quelle iridi cerulee? Quanto, il dolore di un’infanzia in solitudine? Eppure Ichigo aveva toccato quella sofferenza, lo aveva ascoltato mentre parlava dei suoi genitori, delle sue esperienze… aveva sentito un po’ suo quel dolore, mentre il desiderio di alleggerirgli il peso la dilaniava.
Una volta, bloccati da un temporale, erano rimasti al Caffè fino a mezzanotte e Ichigo non aveva potuto resistere alla tentazione di fare quelle sue domande un po’ scomode, alle quali Ryou rispondeva sempre e che lo facevano tanto ridere.
Gli aveva chiesto come fosse stata la sua prima volta. Ryou era stato vago, ma Ichigo aveva ben capito quanta amarezza ci fosse dietro a quelle parole, l’amarezza di non aver mai effettivamente fatto l’amore. Ryou si era definito un “verginello a metà”, un vergine di sentimento. Quell’espressione le era rimasta attaccata addosso, come una seconda pelle, a lei che non aveva mai toccato il corpo di un altro essere umano a quel modo e che aveva amato Masaya solo per modo di dire, senza avere il coraggio di farsi accarezzare o guardare. Però da Ryou si sarebbe fatta guardare, anche se con ribrezzo verso se stessa, si sarebbe concessa carezze da quelle mani così grandi e calde, si sarebbe fatta baciare da quelle labbra morbide e sottili.
Si addormentò formulando questo pensiero e, al mattino, rimase delusa di non averlo accanto a sé. Ma d’altronde, quando mai era accaduto.

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Capitolo 5
*** #4. ***


Weight.}

#4.




Due giorni dopo
 
“Ryou-kun, mi dispiace. Non volevo dirti quelle cose… io non ti odio. È che… è un periodo un po’ particolare per me. Non volevo scaricare su di te, scusami”
Ichigo non seppe da dove provenissero quelle parole. Con Ryou diventava estremamente orgogliosa, invece, questa volta, aveva ceduto e, stranamente, non l’aveva considerata una sconfitta personale.
Ryou, che era seduto al tavolo della cucina, si alzò in piedi e la fissò con uno sguardo indecifrabile, non che Ichigo riuscisse mai a cogliere quali parole si nascondessero dietro quell’azzurro così penetrante.
“Una parte di te è arrabbiata con me, però” si limitò a dire, guardandola così intensamente da metterla in soggezione. Ichigo si sentiva sempre in quel modo davanti a lui.
“Io… no, non sono arrabbiata con te, ma con me stessa” disse flebile e se ne stupì.
“Perché?”. Adesso Ryou si era avvicinato e le aveva sfiorato con due dita il braccio, percorrendolo fino alle dita della mano.
“Non lo so. O meglio, lo so, ma non me la sento di dirlo ad alta voce”
Una voce nella sua testa si complimentò per la sua falsità.
“Nel caso… volessi parlare con qualcuno, io ci sono sempre per te, Ichigo”
Non seppe nemmeno lei cosa la spinse a farlo, ma si buttò tra le sue braccia e Ryou, dopo un attimo di esitazione, la strinse più forte. Inebriata dal suo profumo, Ichigo desiderò baciarlo. Ryou si calò su di lei e premette le labbra contro la sua guancia per un attimo che parve infinito e strofinò il naso sul suo collo. Le sue labbra erano sottili, ma piene e morbide.
Ichigo si accoccolò maggiormente a lui, sperando che quel momento non finisse più. C’erano solo loro due, non esisteva altro.
Presa da un bagliore di lucidità, si staccò piano e gli strinse la mano, fugace.
Si chiese perché tra di loro sembrasse sempre tutto sbagliato e giusto insieme. C’era Yukiko adesso ed era l’unica cosa che importava.
“Vuoi che ti accompagni a casa?” le chiese Ryou, prendendole una ciocca di capelli tra le dita.
“Vado a piedi, ho bisogno di prendere un po’ d’aria. Non ti preoccupare” disse piano.
Ryou annuì. Avrebbe tanto voluto rimanere tutta la sera con lui, ma non poteva.
“Esci stasera?” gli chiese.
“No, vado a casa di Yukiko”
Ed eccola lì, quella dilagante delusione al centro del petto. Quanto aveva sperato che non lo dicesse? Ma era riuscita, anche se per un brevissimo istante, ad ingannare il suo cuore.
“Buona serata, Ryou-kun. Salutami Yukiko-chan”
 
Il giorno dopo
 
Ichigo si sentiva frustrata, voleva vomitare tutta la sua delusione, ma nello stomaco non aveva niente da rigettare. Si gettò sul letto, affondando la testa nel cuscino. Stava vivendo un incubo: era completamente ossessionata da tutto ciò che si potesse ingerire e dal contare le calorie del cibo. I suoi genitori, Gintaro e Sakura, iniziavano a preoccuparsi. Gli otto kili persi si vedevano e l’ansia di sua madre saliva sempre di più e si faceva pressante. Le rassicurazioni su quanto stesse bene erano state vane, suo padre le aveva detto che l’angoscia le si leggeva negli occhi. Si asciugò le poche lacrime che le scendevano sulle gote, ormai non riusciva nemmeno più a piangere. Quella sera ci sarebbe stata una festa al Caffè organizzata da Minto e lei non aveva idea di cosa mettere. Le andava tutto largo, gonne, vestiti, jeans… tutto. Eppure continuava a vedersi enorme.
Preda della disperazione- mancavano solo tre ore alla festa- chiamò Minto per trovare qualcosa da mettere.
“Micchan, ti prego devi aiutarmi senza farmi ramanzine! Non so cosa mettere stasera, mi sta tutto largo” pigolò con tono strascicato.
Minto sospirò all’altro capo del telefono. “Mi preparo e vengo tra un’ora, non entrare in panico, Ichi”
Quando Minto arrivò, Ichigo era quasi sull’orlo delle lacrime, che la coglievano sempre nei momenti meno opportuni. Si trattenne e corse ad abbracciarla. Gli abbracci di Minto erano così familiari e la rincuoravano sempre.
“Allora, Ichi, ti ho portato questo. È un vestito che mi va stretto, dovrebbe starti”
Una volta indossatolo, Ichigo si accorse che, nonostante fosse di piccola taglia, le stava ugualmente largo, anche se in maniera poco evidente.
Minto, già pronta, la aiutò a truccarsi e ad acconciarsi i capelli in morbide onde che le addolcivano quel viso ormai divenuto così piccolo.
Giunte alla festa, Minto si precipitò alla ricerca di Heiji, mentre Ichigo dovette sopportare domande sul perché fosse così magra da gran parte degli invitati. Negò sorridendo e fingendo noncuranza, mentre cercava di dileguarsi.  
La sua cena consistette in un pezzo di onigiri che aveva avuto la tentazione di sputare. Bevve tutto d’un sorso un bicchiere di vino bianco per cercare di svagarsi e di sentirsi meno inadatta con quel vestitino nero ricamato.
Non poteva fare a meno di cercare Ryou con lo sguardo e qualcosa la spingeva a fissarlo mentre si baciava con Yukiko, per farsi del male. Non riusciva a distogliere lo sguardo, era come se dovesse realizzare con violenza la realtà e schiantarvisi contro.
Trangugiò un altro bicchiere di vino. Girovagava per la sala, chiacchierando di là e di qua, non doveva fermarsi, non doveva voltarsi verso il divanetto sul quale Ryou e Yukiko si stavano baciando con passione. Quanto avrebbe voluto che Ryou la baciasse in quel modo.
Non resistette e si voltò verso di loro, ma il divanetto era occupato da Hiroe e Kyouta.
Sentì qualcuno picchiettarle una spalla e si voltò agitata. Ryou la fissava con un sopracciglio inarcato. “Hai bevuto due bicchieri di vino, ti ho visto, e non hai mangiato”
Ichigo fu colta dall’ironia di cui era preda quando meno serviva. “Un boccone di onigiri vale come cena! Ho mangiato, Ryou-kun!” si ritrovò a dire, ridendo. Era già ubriaca e non se ne era nemmeno resa conto. Ryou scosse la testa e la tirò per un braccio, portandola in cucina, lontano dal caos e dalla musica alta.
“No, non vale come cena! E sei anche un po’ alticcia. Perché diamine hai bevuto?” ringhiò.
“Ryou-kun, non sei la mia balia! Ho bevuto poco, sto bene!”. Un giramento di testa la costrinse a sedersi. Ryou la guardò preoccupato.
“Dimmi che oggi hai mangiato qualcosa, per piacere” disse abbassandosi sulle ginocchia per essere alla sua altezza.
Ichigo lo guardò colpevole. “Ho mangiato un poco di riso a pranzo e non ho fatto colazione. Non riesco a mangiare, Ryou-kun, non so come fare”
“Perché non ci riesci, Ichigo? Hai sempre lo stomaco chiuso?” le aveva stretto una mano.
“È che… non voglio” sussurrò. Non voleva dire niente, ma il vino si faceva sentire.
“Ryou-kun, tu mi vuoi bene? Perché io…” si bloccò giusto in tempo, era lucida, doveva provare ad esserlo, almeno.
“Certo che ti voglio bene, Ichigo, lo sai. Perché non vuoi mangiare? È per la storia della dieta? Ichigo, sei diventata troppo magra, non devi più perdere peso”
“No, Ryou-kun, 44 kg per me sono troppi, ma solo per me” continuò e gli poggiò le mani sulle spalle, mentre il desiderio di baciarlo occupava la sua mente.
“Devi mangiare, se continui così scomparirai” il tono di Ryou si faceva via via più supplichevole.
“Ma io voglio scomparire, Ryou-kun” trillò, scuotendo il capo… la leggerezza di chi sta confessando il peso che lo schiaccia.
“Se tu scompari, io divento molto triste, lo sai questo? Non posso stare senza di te”
Ichigo rimase stupita, non poteva averlo detto, aveva sicuramente sentito male.
“Co-come hai detto? Vai da Yukiko, Ryou-kun, ti starà aspettando! Lasciami qui, tra poco smetterà di girarmi la testa e verrò di là. Ti prego, vai da lei”
Quello che aveva appena detto andava contro ogni suo desiderio, lo avrebbe voluto lì con lei per tutta la sera. Voleva solo essere tra le sue braccia… solo lì.
In quel momento, entrò Yukiko. “Ryou, ti stavo cercando” disse, accorgendosi dopo della presenza di Ichigo.
Ryou si alzò in piedi e fissò Ichigo esitando. “Ichigo ha bevuto, la stavo aiutando”
“Sto benissimo! Ho avuto soltanto un piccolo giramento di testa”
Si precipitò fuori dalla cucina, non voleva vederli insieme… era troppo.
Zakuro, Retasu e Purin la guardarono preoccupate. “Ichigo-chan, perché stai piangendo?” le chiese Purin.
Zakuro le circondò le spalle con un braccio. “Vieni, Ichigo, andiamo di sopra. Purin, Retasu, dite a Minto che rimango io con Ichigo”
Ichigo si accoccolò al petto di Zakuro, mentre salivano le scale e si dirigevano in camera di Keiichiro. Non si era nemmeno accorta di aver iniziato a singhiozzare.
Una volta sedute sul letto, Zakuro sospirò e inizio a parlare con dolcezza.
“Ichigo-chan, ci siamo resi conto tutti che non stai bene. Vogliamo starti vicino, perché non ce lo permetti e ci menti? Io so che dietro tutto questo ci sono tante ragioni che ti provocano tutta questa sofferenza e credo di averne individuata almeno una”
“Quale?” pigolò Ichigo, cercando di darsi un contegno. Odiava piangere davanti agli altri, nonostante ci fosse solo Zakuro che cercava sempre di capirla.
“Ryou. È vero?” disse. L’aveva stretta ancora di più e le accarezzava piano le punte dei capelli.
Ichigo annuì. “Io… sono innamorata di lui” singhiozzò.
“Lo so. Io e Minto lo abbiamo sempre saputo e noi pensiamo anche che lui…”
La porta si aprì piano e Ryou entrò, chiudendosela alle spalle. Ichigo si premurò di non guardarlo e di asciugarsi alla ben meglio le lacrime.
“Posso fare qualcosa? Non dirmi di andare via, per favore”
“Non te lo avrei mai detto, Ryou. Va a prenderle qualcosa di asciutto da mangiare, ne ha bisogno. Non protestare, Ichigo, è per il tuo bene”
Quando Ryou tornò, Ichigo si sforzò di mangiare l’onigiri che le aveva portato. Voleva piangere, non ce la faceva nemmeno a masticare, ma doveva farlo. Che figura avrebbe fatto? I bambini non vogliono mangiare, non le ragazze di quasi vent’anni.
“Non dovete preoccuparvi per me, sto mangiando. Sto bene” cercò di dire con convinzione. Zakuro sospirò. Non ebbe nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo verso Ryou.
“Minto è di sotto a tentare di organizzare al meglio la situazione, ma, se vuoi, possiamo chiamarla. Sa che sei qui ed è molto preoccupata” disse la voce pacata di Zakuro.
“Vi ringrazio con tutto il cuore, ma vi state preoccupando davvero troppo. Mi gira solo la testa” biascicò Ichigo.
“Vogliamo solo accertarci che tu stia bene, sei debole, la testa continuerà a girarti. Finisci di mangiare l’onigiri. Io scendo a vedere se Minto ha bisogno di una mano”
Ichigo la guardò supplichevole, non voleva rimanere di nuovo sola con Ryou.
Appena Zakuro uscì, Ryou, che era rimasto tutto il tempo in piedi davanti a loro, si sedette sul letto accanto a lei. Le baciò una guancia e subito si allontanò.
“E questo per cos’era?” gli chiese stupita e forse leggermente infastidita dal solito imbarazzo che provava.
“Se scompari, non potrò più infastidirti. Non puoi privarmi di questo piacere. Per me è un onore poter essere la causa delle tue sfuriate” rise Ryou, con quella sua risata roca, ma limpida.
Ichigo lo spintonò. “Quanto sei stupido, Ryou-kun! Lo vedi che sto bene? Mi sono ripresa, mi gira solo ancora un po’ la testa”. Sperò che non se ne andasse.
Yukiko entrò nella stanza in quel momento con Minto e Heiji.
“Ryou, perché non scendi giù con me? Rimangono Minto e Heiji con Ichigo”.
Ryou si voltò a guardarla, sembrava combattuto, ma si alzò. Quando uscirono, Minto non si risparmiò dal dire la sua.
“Hei-chan, kami-sama, quanto è antipatica Yukiko!”
Heiji scoppiò a ridere e si cimentò nell’imitazione della ragazza. Era un grande imitatore e sapeva sempre come far ridere Ichigo.
“E tu potevi evitare di bere senza mangiare, Ichi!”
Fu divertente vedere Heiji e Minto discutere su quanto lui imitasse alla perfezione la sua ragazza. Ichigo rise di gusto e si sentì un po’ più leggera.
 
Tornata a casa, decise di ignorare il pensiero di Ryou, come d’altronde faceva sempre.
Si spogliò e si guardò allo specchio, non poté fare a meno di pensare che avesse un aspetto migliore con quei 44 kg, ma perderne altri due non avrebbe fatto che… bene.









Anadiomene.
Cosa ne pensate dello sviluppo della storia? Spero che il capitolo vi piaccia, è stato duro scriverlo ed ho molti dubbi!
Un grande bacio e grazie a tutti coloro che seguono la storia, sono davvero contenta! :) <3

 

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Capitolo 6
*** #5. ***


 
Weight.






Tre giorni dopo
 
Non ce la faceva a studiare, stava rileggendo lo stesso paragrafo da più di mezz’ora. Si sforzò e, dopo dieci pagine, decise di prendersi una pausa.
Ichigo si sentiva attanagliata da un grande senso di colpa, quello di aver mostrato un po’ della sua debolezza. Fortunatamente, non si era lasciata sfuggire nulla che fosse altamente compromettente davanti a Ryou. Gli aveva detto che desiderava scomparire, ma lui poteva benissimo aver pensato che fosse solo l’alcool ad aver ingigantito un semplice pensiero negativo.
Ma non era riuscita  ad imporsi controllo davanti a Zakuro, con lei era davvero impossibile. Sembrava conoscere gli animi di chiunque, sarebbe stato un crimine mentirle.
Quel giorno, al Caffè, avrebbe avuto il doppio turno. Le sue preghiere furono esaudite, Yukiko non c’era.
Nello spogliatoio, prima di uscire, fu fermata da Zakuro.
“Ichigo, credo che tu ti sia resa conto dell’atteggiamento ostile nei tuoi confronti da parte di Yukiko. Sta attenta, quella ragazza non mi piace”
“Zakuro-chan, Yukiko non ha di che preoccuparsi. Non vedo la ragione di tale comportamento” disse, un po’ perplessa.
“Invece si, anzi dovrebbe preoccuparsi molto di più”
Zakuro uscì dallo spogliatoio, lasciando Ichigo completamente basita. Sarebbe stato inutile chiedere delle spiegazioni, perché quando Zakuro dava responsi enigmatici, si rifiutava di rispondere.
 
La giornata fu molto stancante ed Ichigo si sforzò di mangiare davanti a tutti, ma finì a stento il riso e un po’ di verdura. Il giorno prima, aveva avuto un’abbuffata. Un’abbuffata per modo di dire, perché Ichigo reputava un’esagerazione concedersi una modesta cena che chiunque avrebbe definito misera. Avrebbe voluto vomitare, ma non voleva insospettire sua madre che stava iniziando a tenerla un po’ troppo sotto controllo.
“Ichigo, oggi tocca a te pulire i tavoli e il pavimento della sala, non dimenticartene” il tono neutro di Ryou non la lasciò indifferente. Non voleva badarvi, mentre nella mente le rimbombava quel “non posso stare senza di te”, ma era chiaro che lo avesse detto per rincuorarla. Le voleva bene, tutto qui.
“Si, Ryou-kun, non preoccuparti. Domani rimarrò tutto il giorno per recuperare le ore che ho perso, per te va bene?”
“Si, ma domani sera avrei bisogno di una mano per l’inventario degli ordini, mi aiuteresti? Keiichiro è molto stanco”
“Certo, mi fa piacere esservi d’aiuto. Penso che Kei-kun abbia invitato Zakuro-chan a cena, domani sera, ma è solo una mia intuizione” ridacchiò. Interessarsi alle storie d’amore altrui era il suo hobby preferito.
Ryou scoppiò a ridere. “L’ho pensato anche io, ma sarebbe meglio fare finta di nulla” disse, dandole un buffetto sul naso.
Quando lo vide allontanarsi, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. La vicinanza di Ryou l’agitava eccessivamente.
 
Mentre Ichigo puliva i tavoli, arrivò Yukiko che le riservò un’occhiata particolarmente astiosa. Trasalì.
“Sai dov’è Ryou? Strano che non siate insieme” il finto sorriso affabile che le rivolse la intimorì ancora di più.
“È sul retro” si limitò a rispondere.
Probabilmente, Yukiko non aveva tutti i torti a riservarle quell’atteggiamento. Aveva tenuto occupato Ryou per gran parte della serata e rovinato la festa ai suoi amici e, di conseguenza, anche a lei.
“Yukiko-chan, mi dispiace per l’altra sera. Ho rovinato la serata anche a te e non era mia intenzione”
“Non preoccuparti, Ichigo, ma gradirei che evitassi di stare sempre appiccicata a Ryou” le rispose tagliente.
“Non mi permetto di stargli appiccicata, Yukiko-chan, non ne ho motivo” disse accigliata. L’aveva presa per una persona frivola?
“Me lo auguro”
Ryou arrivò in quel momento e Ichigo ebbe come l’impressione che avesse ascoltato tutto. Se ne vergognò profondamente. Forse anche lui pensava che fosse appiccicosa.
“Ichigo, se hai finito, puoi andare”
Ichigo si avviò verso lo spogliatoio senza dire una parola e, quando uscì, non si preoccupò di cercarli e avvisarli di star andando via.
Tornata a casa, valutò se parlare dell’accaduto con Minto. Aveva bisogno di sfogarsi e così le telefonò.
“Micchan, puoi parlare un momento? Devo raccontarti una cosa”
“Sto andando da Heiji, ma ho tempo. Dimmi tutto, Ichi” trillò Minto.
“Stavo pulendo i tavoli al Caffè ed è arrivata Yukiko. Mi ha detto che sono appiccicosa nei confronti di Ryou e che gradirebbe se la smettessi. Ma, Micchan, a me non sembra assolutamente di esserlo! Ryou mi ha chiesto se domani sera posso aiutarlo nell’inventario, penso sia il caso di chiedere a Purin se può sostituirmi” disse tutto d’un fiato.
“Scordatelo, Ichigo. Ryou ti ha chiesto un favore e tu lo aiuterai, non stai facendo nulla di male e Yukiko non deve permettersi di controllare la vita di Ryou. Giusto per la cronaca, è lui a ronzarti sempre intorno”
 
Quando riagganciarono, Ichigo si buttò sul letto. Una parte di lei sentiva il desiderio di piangere, l’altra cercava di imporsi controllo. Come sempre accadeva, il controllo prevalse sulle emozioni, ma non sui pensieri.
Era da qualche tempo che un pensiero le danzava nella testa, ma non aveva mai avuto la pazienza e il coraggio di fermarlo. Indisturbato, quel pensiero continuava a volteggiare, urtando anche le pareti del cuore e provocando un certo peso. Quanto le stava bene quella situazione sospesa con il sentimento che provava per Ryou? In fondo, Ichigo non prendeva mai posizione nei suoi sentimenti. Aveva mai provato a mettersi in gioco con lui? Essergli amica non equivaleva a prendere una decisione. L’insicurezza la ostacolava nelle decisioni più importanti, impantanandola nel dubbio e nell’esitazione. Quante volte si era giustificata, usando come scusante una fantomatica confusione? Un abbraccio, un semplice bacio sulla guancia, sembravano costarle più di ogni altra cosa. Mentre si convinceva di essere riuscita a celare agli occhi di tutti e di Ryou ciò che provava, una parte di lei le ripeteva che forse – e solo forse- Ryou poteva aver intuito qualcosa.
Controllare che stesse bene, fargli trovare sempre il caffè caldo e l’ombrello durante i giorni di pioggia, riportagli in camera i libri sistematicamente lasciati in giro, convincere Kei a preparare almeno una volta ogni dieci giorni la sua torta preferita, sperare di averlo sempre accanto, uscire con il desiderio di incontrarlo, provare quella dilagante delusione di fronte la sua assenza e quella gelosia nei confronti di tutte quelle ragazze e di Yukiko… non poteva essere amore? O forse era solo il suo costante desiderio di prendersi cura delle persone attorno a sé? Non poté fare a meno di sentirsi falsa, una persona dai sentimenti così poco chiari.
 
I propositi di Ichigo di evitare Ryou andarono presto in fumo, perché tutte le ragazze erano impegnate. Ichigo, che per quanto fuggisse da Ryou voleva mantenere una certa dignità, si rassegnò, nella vana speranza che lui non le parlasse e che la serata si concludesse il prima possibile.
Quando rimasero soli, si premurò di rimanere in silenzio e di posizionare i pacchi di zucchero e farina nel basso della credenza. Erano in totale venti, lo annotò sul taccuino che Ryou le aveva dato. Gli lanciò un’occhiata veloce, Ryou stava contando i pacchi di sale che erano disposti sul tavolo. Ichigo aveva la tachicardia, mentre una parte di lei avrebbe voluto che il tempo si fermasse per stare di più con lui.
“Comunque ho sentito ciò che ti ha detto Yukiko ieri sera. Mi scuso da parte sua, è solo molto gelosa” disse di punto in bianco Ryou, non alzando nemmeno lo sguardo dal foglio, sul quale continuava a scrivere. Fu presa da un’irritazione non indifferente, perché, mentre lei dava importanza a tutto ciò che riguardava loro due indirettamente e non, lui non dava il minimo segno di interesse. La faceva sentire sciocca e, a dirla tutta, anche infantile. Una tredicenne alle prese con una cotta insignificante e basata sul nulla.
“Siete fidanzati, è anche giusto che lo sia” si lasciò sfuggire con una punta di acidità.
“Non lo siamo” rispose indifferente Ryou, continuando a guardare il foglio.
Ichigo rimase spiazzata. Come era possibile? Ormai Yukiko era sempre al Caffè e sembrava aver preso confidenza con tutti… tranne che con lei.
“Com’è possibile che voi non sia-“ cominciò incerta, prima di venire bloccata da Ryou che si era avvicinato e la guardava intensamente.
“Non frequentiamo altre persone, ma questo non fa di noi una coppia, anche se gli altri non ci fanno caso. Preferisco ribadire, però” disse, continuando a scrutarla.
Ichigo fece un passo indietro e si sentì presa in contro piede nuovamente, quando lui proseguì.
“Non siamo come eravate tu e Aoyama”
Sarebbe stato impossibile non notare il tono provocatorio e sarcastico di Ryou e Ichigo non poté fare a meno di pensare che sapesse sempre dove colpire.
“Perché, come eravamo io e Masaya?” chiese indispettita.
“Eravate insopportabili, non negarlo, sempre lì insieme. Immagino solo quanto foste noiosi!”
La risata di scherno che ne seguì la fece trasalire. Si chiese cosa gli fosse preso, ma decise che, questa volta, non l’avrebbero zittita delle sciocche battute ironiche. Doveva imparare a difendersi, soprattutto dal sentimento che provava per lui che la stava trafiggendo.
“Io e Masaya siamo stati bene insieme ed anche se adesso ci siamo lasciati, siamo rimasti buon amici. Non mi sono mai an-“
“Andiamo, Ichigo, puoi mentire a te stessa, ma non a me. Le cose tra voi sono andate bene i primi tempi solo perché eri troppo innamorata per accorgertene, ma una parte di te si è sempre annoiata. Hai il coraggio di dire che non è così? Ce n’eravamo accorti tutti” disse impietoso.
Ichigo boccheggiò più volte. Ryou aveva ragione: Masaya non l’aveva mai travolta realmente. A travolgerla, più che altro, era stato il desiderio di innamorarsi e l’idea che aveva di lui.
“Ammettilo” continuò, avvicinandosi di un passo.
Ichigo scattò sulla difensiva, arretrando e incrociando le braccia al petto. “Che ti importa?”
“Scommetto che fosse noioso anche fare l’amore con lui, non è vero?” le chiese, ridendo.
Si passò una mano tra i capelli. “Dai, Ichigo, sto scherzando. Volevo solo sapessi che mentirmi è davvero inutile. Ti conosco molto più di quanto credi”
“Non è stato noioso, perché non è mai successo” sussurrò, calando il capo e indietreggiando fino a poggiarsi al muro. Non seppe, perché lo avesse detto.
Ryou le alzò il mento con due dita, a separarli vi era meno di qualche centimetro.
“Perché?” le chiese, sentendosi improvvisamente sciocco e frivolo.
Aveva scherzato troppo con la sola intenzione di provocarla e non di ferirla. Anche se, una parte di lui, aveva inizialmente provato gusto nel vederla in difficoltà.
Ichigo lo sfiniva, lo annientava solo guardandolo e nemmeno lo sapeva. Nemmeno si accorgeva di quanto l’avesse desiderata e di quanto, adesso, cercasse di dimenticarla.
“Non volevo che mi toccasse… avevo paura e non sentivo tutto quel desiderio che, invece, si dovrebbe provare”
Ichigo non aveva mai avuto dubbi in proposito: il vero desiderio, quello d’amore e quello del corpo, era il desiderio che lei provava nei confronti di Ryou. Mai ci sarebbe stato desiderio più grande.
“Non hai mai provato desiderio per qualcuno?” le chiese, permettendosi di intrecciarle le dita di una mano con le sue.
Ichigo non si spiegò nemmeno da dove arrivasse quella risposta. “Sì”
Ryou sussurrò, prima di lasciare andare le sue dita. “Anche io… troppe volte”










Anadiomene.
Perdonate il mio increscioso ritardo, ma ho molti dubbi su questa storia. Spero di riuscire a portarla a termine nel migliore dei modi.
Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Un grande bacio! 

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Capitolo 7
*** #6. ***


Weight.}



#6.

Nei giorni seguenti, Ichigo non poté fare a meno di pensare alle parole di Ryou. Si era sforzata di ripeterle nella mente più e più volte per cercare di capirne il significato, perché, ne era certa, quelle parole erano state dette per una ragione. Ryou non era un tipo dalle parole buttate al vento. In questo, lui e Zakuro si somigliavano molto: entrambi riflettevano molto prima di parlare e ciò che dicevano, anche una semplice battuta, non era stato detto per caso.
Ichigo ammirava questa capacità, lei, la maggior parte delle volte, parlava senza ascoltarsi e finiva sempre per incastrarsi da sola. Alle volte, però, non la sopportava, perché l’idea che ogni parole fosse ponderata le suscitava una certa ansia, mista alla paura di essere smascherata in ogni suo atteggiamento.
Mentre Zakuro, però, non era impulsiva, Ryou si lasciava andare, in rari casi, all’istinto e non mancava di sorprendere. Soprattutto, non mancava di sorprendere lei – un'altra delle qualità di Ryou che Ichigo amava e odiava al tempo stesso, come un po’ Ryou in generale. Lo amava e lo odiava. Amava?
Quel giorno, arrivata al Caffè, dopo gli estenuanti corsi, Ichigo decise di potersi concedere il pranzo che Keiichiro avrebbe preparato loro. Non aveva mangiato né la mattina né la sera precedente e pensò che, in fin dei conti, non ci fosse nulla di male a nutrirsi.
Si convinse di non starsi concedendo un lusso, ma una normale attività che faceva bene a tutti, a prescindere dal merito.
Da qualche giorno, si era accorta, nonostante non riuscisse a controllare i suoi pensieri e le sue abitudini, di dover imparare ad essere meno vittima di se stessa, non tanto per lei, quanto per le persone che le erano intorno che iniziavano a preoccuparsi.
L’ultima cosa che voleva era l’attenzione focalizzata esclusivamente su di lei. Meno era guardata, più si sentiva serena.
Con non poco sforzo, mangiò il riso e le verdure e, inspiegabilmente, nonostante avesse deciso di non cenare, si era sentita fiera di se stessa.
44 kg le sembravano pur sempre troppi, ma era giusto mantenere quel peso per la sua salute e per non sentirsi sempre stanca.
Poco convinta dei suoi stessi pensieri e attanagliata dall’angoscia, decise ugualmente di pensare in positivo.
“Sono contento che tu abbia mangiato” le disse una voce, mentre stava lavando i piatti del pranzo. Era lui… ed erano soli nella cucina.
Ichigo posò le ultime scodelle da riso, si asciugò le mani con lo straccio accanto al lavello e si voltò. Ryou era accanto al tavolo, appoggiato su di esso con una mano, e la guardava in attesa.
“Grazie, però…” cominciò, non sapendo esattamente cosa dire.
Ryou scosse il capo. “Sì, lo so, non ne parleremo. Volevo solo che lo sapessi”
Fece per andarsene, ma Ichigo fu colta dal desiderio di rimanere con lui.
“Ho un corso di Fisica, in questo semestre, sto studiando e mi sto concentrando sugli esercizi, ma non ho idea se siano svolti bene o meno. Se non ti annoia, potresti… correggermeli? Se non ti va, non preoccuparti, non mi offendo! So che può essere scoc-“
“No – disse, brusco – te li correggo volentieri. Se li hai con te, posso farlo anche dopo la chiusura”
Ichigo arrossì e una contentezza improvvisa la colse. Ebbe quasi il desiderio di abbracciarlo – quasi?
Ryou si dimostrava molto gentile, alle volte.
La contentezza svanì in un istante, quando Ryou proseguì la frase.
“Dobbiamo fare in fretta, però, devo andare a casa di Yukiko”
Ichigo si sentì delusa. Aveva ingenuamente creduto che, nonostante il tono brusco, Ryou avesse piacere ad aiutarla e aveva anche ingenuamente sperato che non sarebbe uscito con Yukiko per quella sera. In realtà, le stava facendo solo una semplice cortesia da amici.
“Va bene, ma…”
Ryou la interruppe nuovamente. “Anzi, Ichigo, lasciami il quaderno, finirei per fare tardi. Se hai sbagliato qualcosa, ti spiego l’errore domani”
Ichigo annuì e si sentì così piccola in confronto a lui. Ryou non voleva passare del tempo con lei, questa era la conferma. Era, quindi, lo stesso Ryou che le aveva detto di non poter stare senza di lei, o no? Il suo tono sembrava duro, come se non gli importasse. Ichigo aveva difficoltà a comprendere i suoi gesti e le sue parole e si sentiva sempre così sciocca.
Quando ritornò in cucina a portargli il quaderno, Ryou le rivolse un sorriso ironico.
“Hai quasi vent’anni e utilizzi ancora i quaderni con le fragole?”
Ichigo arse d’imbarazzo, ma non si perse d’animo. “Senti, Ryou-kun, limitati a correggermi questi stupidi esercizi. Se sono errati, scrivimi accanto il procedimento esatto e basta” disse, irritata. Lei non aveva bisogno di Ryou, non le importava niente di lui.
Ryou parve trasalire a quella risposta. “Perché devi essere sempre così permalosa?”
Le tolse il quaderno dalle mani e la guardò con aria di sufficienza. “Mettiti a lavoro” le disse freddamente, prima di andare via.
 
Quando la festa di compleanno di Haruka, un’amica di Heiji, arrivò, Ichigo cercò di non badare all’ansia per il vestito un po’ largo, per il cibo che ci sarebbe stato e ai rimproveri di Minto.
L’unica cosa che riuscì a pensare fu che Ryou, appoggiato al bancone del bar, in mano un bicchiere di vino, parlava con Atsushi e… Yukiko non c’era. Yukiko non era con lui. Si sentì meschina, ma la gioia che la colse fu tale da farle stringere la mano di Minto che, avendo capito, le sorrise.
Non si parlarono, ma Ryou la fissò intensamente diverse volte. Ichigo bevve quel poco di vino che le bastò per farle sentire la testa leggera e farle aleggiare un sorriso obliquo sulle labbra. Si sentiva quasi più libera, ma perfettamente lucida. Non doveva perdere il controllo di nulla, quella sera, nemmeno cedere alla tentazione di ricambiare il suo sguardo.
“Sei bella, questa sera, Ichigo” disse una voce alle sue spalle, sovrastando la musica leggera che si era sparsa nell’aria in quell’istante.
Ichigo si voltò, dimentica del diverbio del giorno precedente che nascondeva, come sempre, qualcosa. “Solo questa sera?” scherzò, sorridendo radiosa.
Nella voce, nessuna traccia di malizia. Tutta la spontaneità di Ichigo si trovava davanti a lui.
“No, sei sempre bella” disse.
Ichigo, inizialmente, non capì. Rifletté un attimo, prima di rispondere e, quando afferrò il senso di quelle parole, sbarrò gli occhi, stupefatta. Si inimudì le labbra e fece per parlare.
Ryou parve accorgersi in quel momento di ciò che aveva detto e la guardò, spaesato.
“Grazie, Ryou-kun, ma quello bello sei tu” rise Ichigo per dissimulare l’imbarazzo.
Ryou distolse lo sguardo e si passò una mano dietro la nuca. “Io… vado fuori” disse, incamminandosi fuori il locale.
L’aria fredda lo colse in pieno petto e inspirò profondamente. Una parte di lui aveva sperato che Ichigo lo seguisse, mentre l’altra aveva pregato, affinché non accadesse.
Ichigo non lo seguì e Ryou si sentì quasi rassicurato da quella delusione familiare. Ichigo non lo seguiva mai e, quando lo faceva, scappava subito dopo. Aveva paura di lui, lo sapeva.
In un angolo del suo cuore, Ryou custodiva un pensiero che cacciava via, quando si presentava di tanto in tanto: forse – forse – anche lei provava quel sentimento, ma non lo aveva razionalizzato.
Quel pensiero non era fonte di speranza, non rappresentava nulla, se non la consapevolezza che Ichigo, frenata dalla paura, non avrebbe mai realizzato quel sentimento che sarebbe rimasto sospeso per sempre, un fantasma ad aleggiare tra di loro. La paura di Ichigo contro la consapevolezza - la rassegnazione - di Ryou.
C’erano dei giorni, durante i quali a Ryou sembrava quasi di odiarla. In quei giorni, avrebbe voluto urlarle in faccia tutta la sua frustrazione e la sua rabbia, avrebbe voluto piangere. Ryou non piangeva mai, non perché reputasse il pianto disdicevole, semplicemente… non ci riusciva. C’era stata una notte, però, nella quale aveva riportato alla mente i ricordi dei suoi genitori, i sentimenti per Ichigo, la solitudine che aveva dovuto sopportare nel suo passato e… aveva pianto. Aveva versato tutte le lacrime che i suoi occhi avevano potuto liberare, aveva bagnato il cuscino e aveva sentito il sapore delle lacrime sulle labbra. Non c’era stato rimedio migliore per il suo cuore straripante che gli implorava da tempo di dargli sollievo, almeno per un’ora. Quando si calmò, rimase steso sul letto a fissare il soffitto e, per un attimo, gli sembrò che le ragioni del suo pianto fossero vane e frutto della sua mente, ma il peso della realtà ritornò a schiacciarlo prepotentemente.
Nei tanti momenti, nei quali Ryou si fermava a riflettere con razionalità, aveva valutato accuratamente l’idea di confessare i suoi sentimenti ad Ichigo con la consapevolezza di una risposta indecifrabile e l’intenzione di liberarsi dal peso che lo opprimeva.
In quel momento, però, confessare ad Ichigo ciò che provava avrebbe significato comportarsi da egoista. Ichigo doveva dare spazio a se stessa e a ciò che la stava facendo vivere in maniera così torbida e angosciante, non poteva prendersi quello spazio di cui lei necessitava.
Arrabbiarsi con lei, scaricarle addosso la sua frustrazione e la sua sofferenza avrebbe significato crearle un altro ingente carico di preoccupazioni, perché, a prescindere da ciò che provava lei stessa, Ichigo non avrebbe potuto fare a meno di farsene un problema.
Ichigo era così: si preoccupava per tutto, soffriva per gli altri e avrebbe dato qualunque cosa per vedere le persone attorno a lei serene. Ma perché non riusciva a capire che era proprio quello che stava facendo adesso a far soffrire chi le stava vicino?
Vederla senza più quel sorriso ad aleggiarle sulle belle labbra lo feriva.
Lui e Yukiko non potevano continuare a mentirsi. Erano stati consapevoli, fin dall’inizio, di stare insieme soltanto per dimenticare. Yukiko era fuggita da Ren che aveva baciato Haruka soltanto per gioco e lui non poteva permettersi che anche lei facesse il suo errore, che anche lei mentisse e si distruggesse con le sue stesse mani. E… Yukiko aveva capito.
Era una bella persona, Yukiko. Si erano affezionati ed era stata anche gelosa di lui, conscia che fosse un gioco, ma che non dovesse essere condiviso. Quando si erano conosciuti, Ryou aveva trovato di fronte a sé una persona comprensiva e audace, tanto sicura all’apparenza, quanto sensibile. Avrebbe potuto innamorarsi di lei e lei avrebbe potuto innamorarsi di lui, ma non era accaduto. Ryou se l’era domandato spesso, soprattutto dopo il primo bacio e dopo la prima volta. Qualche brivido e… nulla più. Perché? Yukiko non era Ichigo, non aveva occhi cioccolato profondi e limpidi, capelli di un rosso che gli infiammava il cuore.
Keiichiro gli aveva fatto presente più volte che al cuore non si comanda, ma lui aveva trovato quella frase banale e scontata, quasi un mucchio di parole gettate a caso. Eppure si erano rivelate vere. Nonostante questo, il pensiero di Ichigo, nei momenti di sconforto, lo angosciava.
 
Ichigo e Ryou avevano tante cose in comune, nonostante si trovassero sempre agli antipodi: entrambi reputavano i sentimenti pesi opprimenti, poiché entrambi trovavano difficoltà nell’espressione di quest’ultimi. Ma mentre Ryou era in grado di andare oltre i suoi ostacoli del cuore, Ichigo rimaneva incatenata dalla paura di superarli.
Ryou se ne convinceva sempre di più: la paura era una sicurezza, perché la paura non fa perdere il controllo e non fa trasparire alcunché.
Spinto dal desiderio di starle accanto, Ryou non poté fare a meno di seguirla, stava salendo le scale con in mano dei panni. Le fu vicino e la solita serenità lo pervase.
“Cosa stai facendo?” le chiese in un sussurro, dandosi mentalmente dello sciocco per quel tono talmente lieve.
“Perché stai sussurrando, Ryou-kun? Sto portando queste tovaglie nella stanza, Kei-kun mi ha chiesto di posarle” gli rispose Ichigo, arrossendo improvvisamente.
“Ti aiuto” disse e le prese dalle mani due tovaglie, lasciandole soltanto una.
Entrarono nella stanza e, posatele nel grande armadio bianco, si fissarono… sembravano sempre in attesa di qualcosa.
“Come mai Yukiko-chan non era alla festa di Haruka-chan?” gli chiese Ichigo, spiazzandolo.
Quel momento doveva pur arrivare. Deglutì, non sapendo cosa dire.
“Io e Yukiko abbiamo deciso di non… frequentarci più. Andiamo meglio come amici”
Si stupì di come fosse stato semplice spiegarsi senza dire la completa verità.
Un turbine di emozione colse entrambi e si guardano, persi.
Ichigo sentì gli occhi inumidirsi leggermente… sollievo, euforia, angoscia, desiderio. Era tutto dentro di lei e premeva per uscire. Non poteva piangere davanti Ryou, no, no, no.
Ryou sentì dentro di sé tutto ciò che Ichigo sentì e, mai come allora, avvertì un legame tra di loro. Perché non riusciva a distogliere lo sguardo da lei? Perché tutto sembrava girare e allontanarsi da loro? Perché…
Ichigo gli prese le mani, la smania di sentirlo a contatto con lei.
“Mi dispiace… immagino tu ti senta deluso” gli disse piano, mentre si avvinava di più.
“In verità, no, non lo sono. Ne ero già consapevole” sussurrò Ryou.
Le strinse le mani e si avvicinò tanto da percepire il calore e il profumo della sua pelle in maniera forte e chiara. Era completamente inebriato, ma avvertì di avere ancora un briciolo di lucidità e tentò di aggrapparsi ad esso per non perdersi.
Ichigo sembrò riflettere e quello che disse sembrò costarle molta fatica. Gli lasciò le mani a malincuore… non poteva.
“Avrei voluto essere delusa, Ryou-kun, quando io e Masaya-kun ci siamo lasciati. Lo avrei voluto davvero, ma il mio realismo non me lo ha permesso. Detesto il realismo. Alle volte, ti preserva dalle delusioni, altre… ti fa sentire solo vuoto e sterile”  disse con voce ferma e amara, abbassando lo sguardo e posandolo sulle mano che aveva stretto in grembo.
Ryou non sopportò di vedere quelle mani lontane dalle sue e gliene intrecciò una, sperando che lei non si ritraesse.
“Ichigo… essere realisti non vuol dire smettere di avere speranza o fiducia. Dì la verità, tu… sei completamente sfiduciata”
Ichigo non resistette più e si gettò tra le sue braccia, scoppiando in lacrime. Ryou, al suono di quei singhiozzi, sentì improvvisamente un duro colpo all’altezza del cuore.
“Io… mi sento così… inutile, Ryou”
Sussultò… Ichigo, per la prima volta, lo aveva chiamato realmente per nome senza il tono arrabbiato delle loro discussioni e quel gesto sancì un’intimità sconosciuta tra loro. Si sentì parte dell’interiorità che Ichigo ora gli stava mostrando.
“Dimmi perché” le disse all’orecchio, accarezzandole i capelli e posandole un bacio sul capo.
“Per tante cose che… non ho la forza di dire. Io… non so essere sincera” continuò, singhiozzando.
Ichigo si sentiva inutile, senza sapere quanto valore avesse per lui. Non era stato in grado di dimostrarle nulla e si vergognò di se stesso.
“Devi affrontare questa situazione, Ichigo, per il tuo bene. Ti stai facendo del male e io non riesco più a sopportare di vederti così”
Le prese il volto tra le mani e, con i pollici, le asciugò le lacrime.
“Non so… non so nemmeno guardare dentro di me, Ryou. Sono disonesta e meschina e…”
Ryou scosse il capo. “Hai bisogno degli strumenti per guardarti dentro e riuscirai a vedere ciò che non vedi”
“Pensi che io abbia bisogno di un-“
“Sì e non è niente di orribile, può essere solo un bene, un grande bene”
Il modo in cui continuò a guardarlo gli fece inumidire gli occhi. Per niente spaventato dal mondo interiore di Ichigo e dalla sua sofferenza, Ryou non ebbe più paura di dire a se stesso di amarla.







Anadiomene
Spero vi piaccia questo capitolo che segna una grande svolta per tutta la storia. Fatemi sapere cosa ne pensate, un bacio :)

 

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Capitolo 8
*** #7. ***


 
Weight.«






#7.
Ichigo si passò una mano sul volto in un gesto stanco e si sedette al tavolo, guardando le spalle di sua madre, intenta a preparare la cena.
“Mamma… hai mai pensato che fosse troppo tardi per fare qualcosa?” le chiese.
Le spalle di Sakura si irrigidirono e si voltò di scatto. Forse Ichigo avrebbe parlato per quella volta.
“Sì e… non è stato così. Non era troppo tardi”
Ichigo annuì impercettibilmente. “Come hai fatto a capire che era troppo tardi?”
Sakura non era una persona dalle molte parole. Aveva riservato ad Ichigo sempre poche parole, ma sempre tanti gesti. Aveva maledetto il suo carattere tante volte, soprattutto adesso che Ichigo aveva bisogno della sua vicinanza.
Sakura, in passato, era scappata troppo spesso e dopo era sempre tornata. Era scappata dal confronto con suo padre e, quando aveva deciso di fare qualche passo verso di lui, non lo aveva trovato più. Era stato il suo più grande rimpianto e non aveva mai avuto la forza di raccontarlo ad Ichigo.
Non riusciva a spiegarsi, a raccontarsi e aveva trasmesso quella difficoltà, con le dovute differenze. Non si era mai messa in gioco con sua figlia e si era chiesta cosa Ichigo potesse pensare di una madre scherzosa, ma sempre altera.
“Una volta è stato troppo tardi, un’altra non lo è stato” disse, posandole davanti la scodella di riso.
Ichigo guardò il riso con una smorfia disgustata e diffidente, ma prese ugualmente le bacchette in mano. Non valeva la pena lasciarlo lì, dopotutto.
“Quando…” cominciò, ma Sakura la interruppe.
“Avevo vent’anni, quando è morto tuo nonno, Ichigo. È morto dopo un mese di malattia e io non sapevo cosa fare, cosa dire. Avevo passato tutta la mia vita a scontrarmi con lui, a dirgli di odiarlo, perché non mi sentivo mai compresa. Gli sono stata vicino, ma… non gli ho detto nulla di quello che avrei voluto dirgli. Ci ho pensato tante volte, dopo la sua morte, a cosa avrei potuto dirgli. Io… non gli ho mai permesso di conoscermi”
Sentì le lacrime premerle negli occhi, ma si impose controllo. Doveva raccontare ad Ichigo ciò che aveva imparato dalla morte di suo padre, non del dolore che l’aveva perseguitata.
“Avrei voluto fargli capire che la mia scelta universitaria non era sbagliata e che non era un capriccio, che… avrei voluto dirgli che lo amavo e che non l’ho mai odiato. Mi sono sempre messa in competizione con lui, perché… per me era il migliore”
“E poi? Cosa hai fatto?” le chiese Ichigo, stupita da tante emozioni.
“Me ne sono fatta una colpa. Mi sono sentita colpevole e meschina per tanti anni, Ichigo. Ho cercato amore e conforto nelle persone sbagliate e mi sono buttata in tante cose che non hanno fatto altro che farmi del male. Ma poi ho deciso di guardarmi dentro e di affrontare una volta per tutte quel malessere e ho capito che lui mi aveva sempre amato e che, in fondo, sapeva quanto io lo amassi. Non averglielo detto rimarrà sempre un grande dolore per me. Avrei voluto che potesse vedere come, dopo tutte quelle tenebre, io abbia visto la luce”
Il tono di Sakura era calmo e dimesso, quasi impercettibile, e gli occhi erano lucidi.
Ichigo l’abbracciò. “Raccontami di quando non è stato troppo tardi, mamma”
“Sei tu il frutto del mio ‘non è stato troppo tardi’”
 
“A lungo andare, i sentimenti sembrano marcirti dentro” disse Ryou, rompendo il silenzio della cucina.
Keiichiro si voltò stupito e perplesso. “Ryou… ma cosa dici?”
“Quello che ho detto, Kei” sospirò, abbandonandosi stancamente sul tavolo.
Kei si appoggiò al ripiano della cucina e lo guardò dubbioso. “Cos’hai?”
“Sono stanco, Kei. Mi sembra di impazzire” disse, passandosi una mano tra i capelli.
“Ryou… se almeno cercassi di farmi capire, forse potrei aiutarti. Quando pensavi di dirmi che hai lasciato Yukiko? Non fare quella faccia, l’ho capito da solo. Sai, non vederla da giorni gironzolare qui dentro, mi ha fatto fare un paio di calcoli”
Il tono vagamente esasperato di Keiichiro lo fece sorridere. Kei era sempre così apprensivo e premuroso nei suoi riguardi. Non si sentiva mai in grado di fare lo stesso con lui.
“Andiamo, Kei, come se non lo sapessi già da tempo che sarebbe successo a breve. Oppure vogliamo parlare del fatto che avessi già capito il perché la stessi frequentando? È proprio necessario parlare del perché ci sia sempre Ichigo? C’è solo lei, ovunque, per me c’è solo lei. Sai già quanto mi dia sui nervi dire queste cose”
Keiichiro sorrise. “Sono fiero di te! Hai appena detto ad alta voce ciò che provi. Sono onorato che tu lo abbia fatto in mia presenza”
La sottile ironia di Keiichiro non gli sfuggì e si trattenne a stento dallo sbuffare. Lo guardò in cagnesco e borbottò: “Sto per uscire, ci vediamo dopo. Non farò tardi, ma non credere che non sappia che hai invitato Zakuro a cena, vi ho sentiti”
Keiichiro boccheggiò, di solito era lui a smascherare Ryou e non il contrario.
Ryou non gli diede modo di rispondere e si dileguò.
Gli venne istintivamente da ridere: Ryou lo anticipava sempre.
 
“Shirogane, che ci fai da queste parti? Unisciti a noi!” lo squittio di Minto giunse chiaro alle orecchie di Ichigo che pregò di aver capito male.
“Minto, non mi vedi da due giorni e già ti manco?” disse Ryou, ridendo.
La sua risata le provocò una piacevole sensazione di calore che si irradiò per tutto il corpo, ma che fu subito sostituita da un imbarazzo e un’ansia non indifferenti.
“Ryou-kun, sei solo?” gli chiese, quando lui si fu avvicinato.
Non lo aveva nemmeno salutato, che sciocca.
“In realtà… dovevo vedermi con Atsushi, ma penso che lo avvertirò di raggiungermi qui” disse pacatamente.
Il locale era stato chiuso per quel venerdì e quel sabato, Keiichiro aveva avuto un ingente carico di torte da preparare e ne avevano approfittato per un momento di pausa. E loro, ovviamente, non si erano visti dal giovedì.
Ichigo se ne vergognò quasi, un messaggio di ringraziamento avrebbe potuto inviarlo, ma la sua cordardia aveva nuovamente prevalso.
“Perché non rimanete con noi? Sapevo che Heiji doveva ugualmente vedersi con Atsushi e..” farfugliò, il volto in fiamme.
Ryou rise e le toccò con una mano la nuca, beandosi del contatto con i suoi morbidi capelli.
“Se vuoi che rimanga con te, non devi fare questi giri di parole”
Ichigo gli mollò un leggero pugno sullo stomaco, stando ben attenta a non compiere movimenti troppi bruschi, per evitare che lui scostasse la mano… ma lui lo fece comunque.
“Sto scherzando. Rimango volentieri” il tono scherzoso divenne più flebile e si guardarono negli occhi per un istante.
L’arrivo di Atsushi li riportò alla realtà e, per metà della serata, non vi furono più occasioni di parlare. Ichigo fu ben attenta a sottrarsi al suo sguardo e a distrarsi, parlando con Minto e Haruka, mentre Ryou le lanciò varie occhiate fugaci.
Quando Retasu e le sue due amiche dell’università li raggiunsero, Atsushi propose di andare a bere qualcosa e si avviarono tutti insieme verso il locale da poco aperto.
“Hanno detto che qui fanno cocktail spettacolari!” trillò eccitata Minto ad Heiji e Ryou.
Ichigo aveva mangiato un po’ di carne e un po’ di verdure e si sentì tranquilla nell’avvicinarsi al bancone. Avrebbe potuto permettersi qualcosa da bere senza esagerare.
Prese in mano il bicchiere di vetro gelido di Vodka al melone e si beò del brivido di freddo che le provocò. Tiro su’ dalla cannuccia un poco del liquido chiaro, ma una mano sulla spalla la sorprese e si ritrovò a tossicchiare.
Gli occhi cerulei e penetranti di Ryou entrarono nel suo campo visivo e avvampò nuovamente.
“Mi stavi facendo affogare!” gli disse, guardandolo lievemente irritata.
“Se non hai cenato, scordati di poterlo finire”
Ryou le tolse dalle mani il bicchiere e ne bevve un lungo sorso. Lo poggiò sul bancone e la spinse delicatamente verso l’uscita. Ichigo si voltò a guardare gli altri, rimasti a bere, che non si erano accorti di loro.
“Ryou-kun, ho mangiato questa sera” sospirò, incrociando le braccia al petto, non appena furono usciti. “Non è una bugia, Minto ha cenato da me” aggiunse, quando vide il sopracciglio biondo di Ryou saettare verso l’alto.
“Tu non bevi? Oltre la parte del mio cocktail, intendo” disse, acquistando un po’ più di sicurezza.
Ryou sorrise e scosse la testa. “Non mi va. Andiamo a farci un giro, ho già avvisato Heiji. Se non beviamo, non ha senso rimanere lì. Li ritroviamo quando finiscono”
Ichigo si chiese, perché Ryou si fosse prodigato a fornire tutte quelle giustificazioni, cosa che solitamente era lei a fare. Il più delle volte, Ryou non tendeva mai a spiegare i suoi gesti.
Si incamminarono e Ichigo si sentì colta dal familiare desiderio di abbracciarlo e baciarlo, ma la sua razionalità vinse anche questa volta.
“Non voglio intavolare una discussione e non ne parleremo, non adesso almeno, ma ho il numero di cui hai bisogno”
Le mostrò un bigliettino da visita e glielo mise nella tasca del pesante cardigan di lana che aveva indossato come cappotto.
“È la madre di un amico di Heiji. Nessuno sa che io lo abbia, oltre Keiichiro. È stato un caso scoprire che Heiji la conoscesse, ma, non preoccuparti, lui non lo sa. Ho chiesto in giro: è molto brava e ti troverai bene. Mi hai capito bene, Ichigo: ho detto ‘troverai’ e non ‘troveresti’, perché mi prendo la libertà di costringerti ad andare”
Ichigo lo guardò e, di fronte quella risolutezza, le sue difese cedettero un poco.
 “Ryou… come lo hai avuto?”
Lo aveva chiamato di nuovo per nome… il tono flebile e dolce, con il quale lo aveva pronunciato lo fece rabbrividire.
“Ci sono andato anche io, fino a qualche mese fa. Avevo bisogno di guardarmi dentro e affrontare tante cose che avevo trascurato per cercare di dimenticare. Sai… i miei genitori… razionalizzare e metabolizzare il mio lutto. Non è stato facile scoprire nuove cose di me e affrontare certi argomenti, ma mi è servito. Non smetto mai di riflettere e di leggere dentro me stesso, perché ho acquisito gli strumenti per farlo. È tutta una questione di… pratica” spiegò con decisione.
Ichigo annuì piano. Di fronte, si era palesato uno dei motivi per cui si era innamorata di Ryou: la sua decisione, quella forza interiore che aveva e che lo spingeva a non aver paura delle sue debolezze. Ryou era un ragazzo di ventidue anni, ma era anche un… uomo.
“La chiamo domani, Ryou… grazie”
Ryou scorse i ragazzi usciti dal locale e le lanciò uno sguardo quasi dispiaciuto.
“Ryou, sei molto importante per me, grazie di esserti preoccupato” gli sussurrò, avviandosi verso la combriccola.
Ryou la trattenne per un polso. “Mi manca la tua vitalità e voglio esserci mentre piano piano la ritroverai”
 
Ichigo salutò Minto ed Heiji, scendendo dalla macchina. Mentre si avviava verso la porta di casa sentì dei passi dietro di lei. Minto era lì e la guardava con aria incerta.
“Non posso aspettare di tornare a casa e Heiji mi sta aspettando, fa presto. Cosa ti ha detto Shirogane?”
Ichigo inarcò un sopracciglio. “Sei sempre la solita… mi ha dato il numero della psicologa, la chiamerò domani”
Gli occhi di Minto divennero lucidi e le gettò le braccia al collo.
“Oh, Ichi, non puoi capire quanto mi rendi felice! Solo lui poteva riuscire a far ragionare un gattino tonto come te!”
Ichigo ricambiò l’abbraccio con calore e le scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
“Che intendi dire?”
“Mi renderai ancora più felice quando ammetterai ciò che provi esplicitamente!”
Ichigo si scostò e incrociò le braccia al petto, mentre scuoteva la testa, rassegnata.
“Ciò che provo per Ryou non sta in poche parole e non saprei nemmeno quali usare, o almeno non adesso. Contenta? Ora vai, Heiji stava morendo di sonno! E, domani mattina, chiedi scusa a tua madre per come ti sei comportata! Casa mia è anche tua, ma non puoi scappare tutte le volte che litigate”
Minto le fece la linguaccia. “Ci vediamo domani pomeriggio al Caffè, abbiamo lo stesso turno. E sì, sono più contenta e… sì, le chiederò scusa, va bene?”
Quando la vide correre via verso la macchina, Ichigo si lasciò andare a qualche lacrima di gioia. Non era sola. Nonostante tutto, non era sola. Poteva farcela… doveva.
 
 
Ichigo aveva conosciuto Reiko all’Università l’anno prima e le era da subito stata simpatica. Non era diventate amiche intime, ma si erano scambiate qualche confidenza e avevano spesso studiato insieme.
Quel giorno, al termine della lezione, quando Yasuko andò via, Ichigo rimase sola a rimettere nella borsa il suo quaderno di Fisica, domandandosi, per quale assurdo motivo Restaurazione dovesse essere una facoltà ricca di esami scientifici.
Sentì una mano picchiettarle sulla spalla e si voltò, trovandosi Reiko davanti con una faccia alquanto imbarazzata e dubbiosa.
“Reiko-chan, che hai?” le venne da chiederle senza indugio.
“Ichigo-chan… vorrei chiederti una cosa da qualche tempo, ma mi vergogno molto” pigolò Reiko, torturandosi le mani.
Ichigo la fissò perplessa e le fece segno di seguirla fuori dall’aula.
“Non farti alcun problema, Reiko-chan, dimmi pure. È una cosa lunga? Te lo chiedo, perché ho il turno pomeridiano al Caffè e…”
Reiko la interruppe subito: “Era proprio di questo che volevo parlarti. Ho sentito dire che il Caffè sta cercando una nuova cameriera che sostituisca due giorni a settimana la tua amica Zakuro, la modella e… Io sono disponibile”
Ichigo si illuminò. Era proprio quello che stavano cercando: il Caffè era sempre pieno e Zakuro, a causa del lavoro, non poteva essere sempre presente, e Minto, tra università e danza, faticava a venire in orario.
“Reiko, considerati assunta, perché il mio datore di lavoro, Ryou Shirogane… sai, quel ragazzo biondo che fa già da assistente, è disperato. Sappi, però, che la paga non è molto alta, lavorando solo due giorni per metà giornata”
“Ichigo-chan, non mi interessano tanto i soldi, quanto Shirogane-kun, ma sarò una persona seria, promesso! È bellissimo, non è vero? È famoso qui in università per i suoi successi e lo avevo già notato da un po’… Ma è ancora con Yukiko Kojima?”
Ichigo si sentì gelare sul posto e una strana angoscia la oppresse.
“No, non si frequentano più. Si, è vero, Ryou-kun è bellissimo” disse, atona.
“Ichigo-chan, non piace anche a te, vero?” chiese allarmata Reiko.
“Oh, no, Reiko-chan, cosa vai a pensare! Oggi parlerò con lui e ti dirò quando dovrai presentarti. Ora, però, devo scappare. A domani!”
Non le diede modo di rispondere che corse via.
Ryou era troppo bello per non potere avere tutte quelle ammiratrici e, nonostante l’aria fredda e scostante, aveva un gran cuore. Era impossibile non innamorarsi di lui… Altre ragazze avrebbero saputo amarlo meglio di lei. Amarlo? Ignorò questo pensiero.
Arrivata al Caffè, si precipitò nello spogliatoio, mentre sentiva prossime le lacrime. Si strofinò più volte gli occhi e tentò di calmarsi.
Non appena si fu cambiata, salutò le altre e si diresse in camera di Ryou, sperando di trovarlo.
Bussò piano e un mugugno distratto la indusse ad entrare.
“Ryou-kun, posso disturbarti?”
Ryou non si era nemmeno girato, ma, al suono della sua voce, si voltò di scatto.
“Ah, Ichigo, sei tu. Sto rivedendo delle cose di studio, ma stavo per finire. Dimmi”
La sua voce era calda e profonda. Ryou la rassicurava e angosciava al tempo stesso.
“Ho trovato la cameriera che stavamo cercando. È una mia compagna di università, è una brava ragazza ed è molto simpatica. Si chiama Reiko Yamanaka. Se vuoi, le puoi far fare un periodo di prova. È anche carina… Hai i capelli castani corti e gli occhi sul grigio, ma sono davvero belli! Non avevo mai visto degli occhi cos-“
La risata di Ryou la fece interrompere bruscamente e si zittì, arrossendo.
“Ichigo, non mi interessa che sia carina. Se ti è saltato in mente che, dopo Yukiko, io abbia bisogno di qualcuno per distrarmi, hai sbagliato in pieno” le disse ironicamente.
Ichigo avvampò maggiormente. “No, no, Ryou-kun, mi hai frainteso! L’ho detto tanto per dire!”
Si diede della stupida. In realtà, lo aveva detto di proposito. Ryou diceva così al momento, ma, conoscendola, avrebbe potuto infatuarsi – o peggio, innamorarsi! – di lei.
“Ti credo” rise, poi si fece improvvisamente serio “hai chiamato la psicologa?”
“Sì, vado venerdì pomeriggio alle cinque” disse, piano.
“Mi chiedevo se… se ti va, potresti dirmi com’è andata, dopo”
Ryou sembrava imbarazzato, nonostante stesse mollemente seduto sulla sedia.
“Non devi dirmi ciò che vi dite, solo se ti trovi bene o meno” continuò.
Ichigo annuì con un sorriso timido e cercò di sfidare la sorte per una volta. Si avvicinò a lui che scattò in piedi. Avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, ma sarebbe stato davvero troppo. Gli circondò la vita con le braccia e appoggiò la testa al suo petto.
Ryou, dopo un attimo di stupore, la strinse forte a sé e inspirò il suo buon profumo. Nelle poche volte che aveva abbracciato Ichigo, si era sentito sempre in estasi, ma, questa volta, fu colto dal desiderio di piangere. Ichigo metteva a nudo la sua anima, lo disarmava e si era intrufolata nel suo cuore senza permesso, o forse lo aveva chiesto, ma lui non aveva fatto niente per impedirglielo.
Le alzò il mento con due dita e la sorprese a sorridere… uno di quei sorrisi tipici di lei, ma che non vedeva da così tanto tempo.
“Mi mancava il tuo sorriso” sussurrò e si calò su di lei, arrestandosi di colpo. Sarebbe bastato solo un cenno del capo a far congiungere le loro labbra. Il sorriso di Ichigo era svanito, sul suo volto, aleggiava un’aria quasi spaventata, ma Ryou poté leggere nelle sue iridi qualcosa di simile al desiderio. Forse, si stava illudendo, ma, perché Ichigo non lo scostava?
Appoggiò la sua fronte alla sua, in attesa. Voleva che Ichigo lo scostasse, lo spintonasse quasi via, lo rifiutasse. Qualcosa di così bello non poteva essere suo.
Ichigo spostò le braccia intorno al suo collo e, nell’attimo in cui compì quel gesto, Ryou ebbe paura che stesse accadendo ciò che aveva appena fintamente desiderato.
Si guardarono ancora per qualche istante e una secchiata di acqua gelida sembrò colpirlo. Ichigo aveva bisogno di spazio per se stessa, non poteva destabilizzarla in quel modo. Doveva starle accanto come un amico, non come un innamorato rifiutato.
Scostò il capo e le lasciò un delicato bacio sulla guancia, al quale Ichigo rabbrividì.
Perché quelle labbra non avevano baciato la sua bocca?
Si allontanò anche lei e gli sorrise, cercando di sembrare il più disinvolta possibile.
“Nemmeno tu sorridi spesso, Ryou-kun. Sei ancora più bello, quando lo fai”
Ryou le rivolse un sorriso che le contrasse ancora di più i muscoli dello stomaco, ma che poi si tramutò nel sorriso ironico che le rivolgeva, quando stava per indirizzarle una frecciatina delle sue.
“Ah, e così pensi che io sia bello?”
“Tanto lo sai che sei oggettivamente bello, quindi smettila! È un dato di fatto che tu sia bello e questo spiega la smisurata presenza di donne in questo locale! È tutta colpa tua, se dobbiamo lavorare come delle schiave. Detesto la tua bellezza, Shirogane, sappilo” disse Ichigo, indignata, incrociando con fare teatrale le braccia al petto e mettendo su’ il broncio giocosamente arrabbiato che gli rivolgeva sempre.
“Non è che mi interessi più di tanto fare conquiste in questo modo, ma ammetto che la cosa mi lusinga. Ad ogni modo… sei bella, Ichigo, sempre e con qualunque peso”
Si soffermò con aria sofferente sul suo corpo, adesso così magro. Ichigo era sempre bella, ma quelle leggere curve che aveva la rendevano ancor più bella e lui l’avrebbe desiderata sempre.
Avrebbe baciato ogni lembo di pelle di quel corpo, ogni parte del suo viso e si sarebbe beato del suo profumo inebriante. Con Ichigo avrebbe fatto l’amore migliaia di volte e sarebbe stata la prima volta d’amore anche per lui.
Ichigo balbettò qualcosa di indecifrabile. “Non sono bella e se tu mi vedi bella… beh, lo so che lo dici solo per farmi piacere!”
“Non è vero. Mi dispiace che tu non mi creda” disse, superandola e dirigendosi verso la porta. Uscì senza una parola e Ichigo si odiò ancora di più. Era sempre così bella la sua compagnia, ma purtroppo… era la bontà di Ryou a dirle quelle cose e non il suo cuore. Non l’avrebbe amata mai e non l’avrebbe desiderata mai… era solo troppo gentile.












Anadiomene.
Siamo in un capitolo di svolta. Ichigo andrà finalmente dalla psicologa, ma quale sarà il ruolo di Reiko?
Spero che il capitolo via sia piaciuto, un grande bacio!

~

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Capitolo 9
*** #8. ***


Weight








#8.


La presenza di Reiko mise in crisi gli equilibri del Caffè in maniera abbastanza vistosa: Ichigo era spesso nervosa, facile alle lacrime e con lo stomaco ancor più chiuso del solito; Minto non si risparmiava dal guardare la nuova arrivata in cagnesco, nonostante si dimostrasse affabile davanti a lei; Zakuro l’aveva trovata leggermente irritante, nonostante avesse avuto il piacere di scambiarci due parole; Retasu temeva scioccamente di essere sostituita, poiché Reiko si era dimostrata un’abile cameriera, al contrario di lei che rompeva un piatto o un bicchiere al giorno; Purin, sempre favorevole a nuove amicizie, fu l’unica ad accettarla senza problemi.
Reiko era precisa e gentile con i clienti, non si lamentava, a differenza di Ichigo, degli incarichi che le venivano assegnati e appena poteva cercava di farsi notare da Ryou.
Ichigo faticava a sopportare il sorriso che la sua compagna rivolgeva al biondo, ma, allo stesso tempo, si rendeva conto di non poter di certo controllare i sentimenti degli altri.
Dal canto suo, Ryou sembrava trovarla simpatica, ma non si perdeva in atteggiamenti ambigui con lei e ciò non faceva che innervosire maggiormente Ichigo, che si perdeva costantemente nella paura che lui stesse nascondendo una leggera infatuazione.
Sbuffò, mentre ritornava in cucina a prendere l’ordine del tavolo 5, stanca delle sue elucubrazioni mentali e delle sue sciocche paure profondamente infantili.
 
Alla fine della giornata, Keiichiro chiese ad Ichigo di avvisare Ryou della sua imminente uscita e di ricordargli di provvedere ai rifornimenti di zucchero e caramello.
Ichigo sospettò di una mossa strategica in stile Akasaka, ma non disse nulla.
Quando salì in camera di Ryou, lo trovò intento a sistemare dei vestiti posti sul letto.
Lo trovava estremamente delizioso quando si impegnava in lavori domestici. Se la cavava anche bene in cucina, pensò. Si rammaricò del fatto che la voglia di assaggiare qualcosa di suo non fosse accompagnata da gioia.
“Ryou-kun, Kei-kun, mi ha detto di dirti che sta uscendo e che c’è bisogno di zucchero e caramello” gli disse.
Era quasi annoiata dal suo desiderio di passare del tempo con lui, perché avrebbe potuto indurla a cercare scuse per farlo rimanere con lui.
“Provvederò. Comunque, volevo dirti che… mi sono accorto che la tua amica ci sta provando con me e anche in maniera molto evidente. Lo sapevi che era interessata a me, quando l’abbiamo assunta?” il tono di Ryou era piatto.
Posò le maglie che aveva piegato nell’armadio e si parò davanti a lei a braccia conserte e sopracciglio inarcato. “Allora?”
Ichigo balbettò e si torturò le mani. “Sì, me lo aveva detto”
Ryou la guardò, assottigliando lo sguardo in un’espressione che suonava vagamente astiosa.
Ichigo non gli diede modo di controbattere: “Ryou-kun, erano settimane che ne cercavamo una! Che potevo dirle? Non arrabbiarti… puoi sempre ignorarla…”
“Mi ha chiesto di uscire” borbottò.
Ichigo lo guardò sconvolta. Non era possibile.
“Capisco. E tu cosa le hai risposto?”
“Che le avrei fatto sapere, perché non sapevo se fossi stato libero per quella sera”
Il tono di Ryou continuava ad essere neutrale. Odiava la sua fermezza.
“Si è fatto tardi, devo tornare a casa a studiare. Ci vediamo domani, Ryou-kun”
“A domani, Ichigo” le disse, guardandola con quei suoi occhi penetranti.
 
Due giorni dopo
Alla fine dell’ultima lezione della giornata, Ichigo fu fermata da Reiko.
“Ichigo-chan, oggi vai al Caffè?”
“No, ho il turno domani mattina. Tu mi sembra debba venire dopodomani nel pomeriggio, perché domani pomeriggio Zakuro c’è” disse in maniera noncurante.
Reiko si torturò le mani e Ichigo decise di toglierla dall’imbarazzo per concludere in fretta quella conversazione. Voleva tornare a casa per riposarsi e non pensare a nulla.
“Reiko-chan, devi dirmi qualcosa? Non farti problemi!”
“Ichigo-chan… ho chiesto a Shirogane-kun di uscire e inizialmente mi ha detto che mi avrebbe fatto sapere e poi…”
Ichigo la guardò perplessa, Reiko sembrava delusa.
“Mi ha detto che non può uscire con me, perché è innamorato di un’altra ragazza. Tu sai chi sia? Shirogane-kun mi piace davvero e non ho intenzione di arrendermi” disse con decisione, cambiando repentinamente atteggiamento.
Ichigo balbettò per lo stupore. Avrebbe voluto essere lei la ragazza della quale aveva parlato Ryou. Scosse il capo.
“No, non lo so, Reiko-chan. Io e Ryou-kun siamo amici, ma non fino al punto di farci questo tipo di confidenze”
 
Quando arrivò al Caffè, il giorno dopo, raccontò l’accaduto a Minto.
“Beh, potevi dirmelo tra una settimana! Cosa aspettavi?!”
“Per telefono non sarei stata precisa! Sono preoccupata, Micchan” sussurrò, spaventata dal fatto che qualcuno potesse udirle.
Minto le rivolse un’occhiata dubbiosa. “Tra te e Ryou, non so chi sia più tonto” borbottò.
“Ah? Che hai detto?” le chiese Ichigo che non aveva sentito bene le sue parole.
“No, no, nulla. Piuttosto muoviamoci prima che Ryou ci decapiti per il ritardo”
A dimostrazione delle previsioni di Minto, Ryou rifilò un’occhiataccia ad entrambe, alla quale la mora si premurò di rispondere con una linguaccia. Ichigo, notevolmente intimidita per la situazione, non lo guardò neppure, chinando il capo.
“Ichigo, puoi venire un momento?” le chiese inaspettatamente.
Ichigo gelò sul posto e lo seguì in camera sua. Voleva sprofondare.
“Com’è andata?”
“Bene. Abbiamo parlato un po’ in generale, venerdì prossimo parleremo della mia famiglia. Ha detto che devo tenere un diario, perché ho bisogno di buttare giù i sentimenti e le emozioni in modo da… non vomitare più”
Ryou annuì, sentendosi improvvisamente più sereno. “Ne sono contento”
Ichigo gli saltò al collo, mentre il suo profumo le obnubilava i sensi. Quanto desiderava che Ryou fosse suo per poterlo abbracciare in qualunque momento?
Ryou le strinse la vita. Quanto desiderava dirle ciò che provava?
Ichigo si staccò piano, colta dalla paura che lui potesse essere infastidito da tutti quegli abbracci così frequenti.
Le sembrò che lui le sorridesse quasi con amarezza dopo essersi staccata, ma non disse nulla.
“È tardi, le ragazze hanno bisogno di te” le disse improvvisamente inespressivo.
Ichigo annuì e scese al piano di sotto, sentiva il cuore in gola.
 
Nei giorni seguenti, Reiko dimostrò di non aver dato peso alle parole di Ryou e Minto ed Ichigo non poterono fare a meno di chiedersi da dove provenisse tale caparbietà. Come di consueto, Minto non aveva mancato di farle notare la sua mancanza di coraggio e quanto fosse sciocca ad avere paura. Ichigo non le prestò molto ascolto, ormai abituata a quei discorsi e soprattutto ormai convinta che le idee della sua migliore amica fossero distorte dal desiderio di vederla felice.
“Reiko è molto insistente, hai notato?” la voce calma di Keiichiro la colse di sorpresa e si ritrovò a guardarlo con stupore, mentre le si avvicinava e asciugava i piatti che lei stava lavando.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?” proseguì il moro, accentuando il sorriso sardonico.
Ichigo si premurò di scuotere la testa, ma, se non andava errato, Keiichiro stava per dirle qualcosa che l’avrebbe mandata in crisi.
“Ryou-kun le piace davvero, è comprensibile” sussurrò, scrollando le spalle in quello che doveva sembrare un gesto noncurante.
“Ryou le ha detto di essere interessato ad un’altra ragazza, però” continuò Keiichiro, mettendo i piatti nella credenza.
“Se n’è lamentato anche con te? Non pensi stia esagerando? Insomma, prima o poi lo capirà. Non gli sta togliendo l’aria, Kei-kun! Perché la fa tanto lunga?” sbottò.
“La fa tanto lunga, perché è lei ad esagerare. Ieri sera, lo ha seguito con le sue amiche in un locale” spiegò pazientemente Keiichiro.
“Ah… beh, questo non potevo saperlo. Mi dispiace, Kei-kun, ma io non posso dirle che Ryou è infastidito dalle sue attenzioni. Non ho voce in capitolo e non siamo nemmeno tanto amiche”
Keiichiro rise sommessamente. “Ah, mia dolce Ichigo...”
La frase del moro venne bruscamente interrotta dall’arrivo in cucina di Purin che avvertì dell’ennesimo piatto rotto da Retasu.
 
 
All’università, Ichigo notò quanto Reiko fosse diventata schiva nei suoi confronti e decise di parlarle.
“Reiko-chan, c’è qualcosa che non va?” le chiese di punto in bianco, avvicinandosi a lei, mentre uscivano dall’edificio.
“Ichigo-chan, devo dirti una cosa. Mi sento incredibilmente stupida, perché mi sono comportata come una sciocca nei confronti di Shirogane-kun… lui mi piace davvero tanto, ma questo non mi giustifica”
Ichigo si inumidì le labbra e optò per quella che le sembrava la cosa migliore da fare.
“Reiko-chan, se Ryou-kun ti ha detto di essere innamorato di un’altra ragazza, non puoi continuare a soffrire così. Forse, non è il ragazzo giusto per te… o forse, lo è, ma non è ancora il vostro tempo. Perché non provi prima ad essere sua amica? Così potrai conoscerlo meglio e sapere se davvero ti piace” disse pacatamente, sperando di essere stata delicata.
“Ichigo-chan… io penso che Shirogane-kun sia innamorato di te”
Ichigo la guardò esterrefatta, prima di iniziare a scuotere ripetutamente il capo.
“No, no, no. Ma cosa dici, Reiko-chan? Ryou-kun e io siamo amici da quattro anni e..”
“Si vede da come ti guarda e forse anche tu lo sei di lui, ma hai preferito non dirmelo. Dimmi la verità, Ichigo-chan. Ad essere in errore sono io, non tu”
“Sì, sono innamorata di lui, ma lui non lo è di me, Reiko-chan, posso assicurartelo. Mi dispiace di non avertelo detto, ma mi era sembrato davvero inutile”
Reiko annuì e la salutò, dicendole che si sarebbero viste l’indomani al Caffè.
L’ipotesi che Ryou potesse realmente ricambiare il suo sentimento l’aveva sfiorata poche volte e solo per qualche secondo, il tempo di darsi della sciocca e ritornare a mentire.
Ryou poteva mai amare quella che lei considerava un mostro? C’era davvero qualcosa che valesse la pena amare in lei? Fu spinta dal desiderio di parlare con lui. Avrebbe avuto senso?
Quando chiamò Minto, raccontandole dell’accaduto, ricevette come risposta un “Cosa ti avevo detto?” che le suonò vagamente supponente. Minto le aveva ripetuto più e più volte che Ryou non aveva mai avuto nei suoi riguardi un atteggiamento amicale, ma lei non le aveva mai creduto. Da un lato, la sua insicurezza, dall’altro, la paura di deludere e intrappolare Ryou con il suo amore. Amarlo poteva fargli del male? Se l’era chiesto scioccamente così spesso.
 
Quella sera, quando rincasò, Ryou non poté fare a meno di chiedersi cosa ci facesse Ichigo, alle undici di sera, seduta ad uno dei tavoli con un’espressione ansiosa e dubbiosa in volto.
“Ichigo, cosa ci fai qui? È successo qualcosa?” le chiese, stupefatto.
Ichigo scosse il capo, alzandosi in piedi e torturandosi le mani.
“Io… scusami, Ryou-kun, è che… non so perché sono venuta qui, a dire il vero” pigolò, incerta.
Ryou tentò di sfidare la sorte. “Volevi dirmi qualcosa?”
Ichigo sgranò gli occhi, sentendosi scoperta. “Io… posso rimanere un po’ con te, Ryou-kun? Se domani devi alzarti presto, non fa niente! Non voglio infastidirti” balbettò.
Ryou sorrise e le arruffò i capelli. “Domani avevo in mente di riposarmi, quindi non preoccuparti. Piuttosto che ne dici di un the? L’altro giorno, ho comprato un infuso molto buono”
Ichigo annuì e lo seguì in cucina senza proferire parola. Era una situazione nuova, quella. E strana. Strana e nuova. Si chiese per quale ragione la agitasse e la tranquillizzasse al tempo stesso.
“Come mai sei così silenziosa? Si sta quasi bene senza il tuo continuo parlare…” disse malizioso, Ryou, guardandola di sottecchi, con la speranza di scatenare una delle solite reazioni fintamente nervose e giocose di Ichigo.
Il suo intento andò a buon fine, perché Ichigo gonfiò le guance, indispettita, e gli rifilò uno spintone ben poco delicato.
“Ah, sei sempre così dolce con me, Momomiya” sospirò, passandole la tazza di the fumante e ridacchiando.
“Io sono sempre dolce con te, Shirogane! Non hai di che lamentarti!” trillò, sentendosi un po’ più sicura nello scherzo.
Lo scherzo con Ryou era un porto sicuro per non cadere nella paura del rapporto con lui. Quell’approccio giocoso la rassicurava.
“Ryou-kun” disse improvvisamente seria, attirando lo sguardo di lui che si fece perplesso. “Grazie di non… di avermi fatto rimanere. Stavo tornando a casa, ma i miei genitori sono fuori città e torneranno stanotte e… io non volevo stare sola” disse a bassa voce, abbassando lo sguardo sul the e godendo del contatto caldo con la tazza bollente.
“Ichigo, puoi venire tutte le volte che vuoi, quando non vuoi stare da sola. Troveresti me o Kei e sai che ci fa piacere averti qui”
Ichigo si adombrò. Ryou non aveva colto ciò che lei avrebbe voluto dire ed era comprensibile, lei non riusciva mai a spiegarsi. Per lui, non faceva differenza che lei desiderasse stargli accanto.
Lo osservò girare il cucchiaino nel the e poi riprendere a guardarla.
“Ryou-kun… ho vissuto nell’idealità di Masaya e di tutte le mie convinzioni e adesso stanno crollando tutte. Mi sento più… leggera, perché sto cercando di liberarmi, anche se con tanta difficoltà, dai miei schemi mentali, ma ho tanta paura”
“Di cosa hai paura?”
“Quanto sono pesante, Ryou-kun! Sto diventando davvero noiosa!” disse, cercando di dissimulare il tormento che la sconvolgeva.
“Questi continui paragoni tra il tuo peso e la tua personalità sono sbagliati, Ichigo. Non è da persone pesanti parlare della propria interiorità. È chiaro che non bisogna esagerare, ma tu devi parlare. Se ti fa sentire meglio, anche io ho il mio brutto carattere, no?”
“Oh e che brutto carattere! Devi fare sempre l’antipatico e il misterioso” rise Ichigo.
“Dimentichi che sono anche leggermente permaloso e molto dispotico” disse Ryou, fingendosi serio, ma scoppiando subito dopo a ridere.
Ichigo lo guardò di sottecchi, arrossendo un poco. “Ti ricordi quando i primi tempi battibeccavamo sempre?”
“Lo facciamo tutt’ora, Ichigo” le rispose, ridendo ancora più forte.
“Guarda che la situazione è cambiata! Eravamo insostenibili e tu eri davvero insopportabile. Non hai idea di quante volte ho ardentemente desiderato di darti un pugno!”
“Siamo anche indubbiamente cresciuti, ma il battibecco non mancherà mai” sussurrò, improvvisamente Ryou, scoccandole con l’indice un colpetto leggero sulla fronte.
Ichigo lo scansò via, mettendo su una finta espressione infastidita che si tramutò subito in un ampio sorriso. Si sentiva così serena lì con Ryou. Era come se il resto del mondo non esistesse e, con esso, tutte le sue ansie e le sue paranoie. Ryou era in grado di spazzare via i suoi pensieri negativi. Si sentiva la vecchia Ichigo spensierata di un tempo.
Quando si salutarono, ci fu un momento di imbarazzo che Ichigo provò a scacciare dandogli una carezza sul braccio e allontanandosi bruscamente. Ryou mosse un passo verso di lei, ma lei si allontanò di corsa balbettando un “a domani”.










Anadiomene.
Salve! Spero che il capitolo vi piaccia. E' un po' una transizione... in attesa di qualcosa che verrà dopo :)
Grazie a tutti coloro che seguono questa storia, è una grande gioia per me! Un bacione!

 

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Capitolo 10
*** #9. ***


Weight.♦



Due mesi dopo
 
Ryou portò alla bocca la tazza di tè con cautela, beandosi del calore emanato dal liquido troppo caldo. Il contatto del tè con le labbra lo portò a stringerle, mentre distoglieva lo sguardo dal libro che stava leggendo. Poggiò la tazza sul tavolo, indeciso se continuare la lettura o meno, l’Aleph di Borges lo attraeva parecchio, ma sentiva il bisogno di prendersi una pausa. Chiuse il libro e riprese in mano la tazza, soffiando sul tè. Una calma insolita lo avvolgeva e sentiva su di sé un tepore rincuorante.
Ricordò con un sorriso malinconico a quanto sua madre piacesse il tè e di quanto lui lo detestasse senza saperne il motivo. Quel sapore particolare lo disgustava, ma vedere la mamma prenderlo nei momenti più disparati della giornata lo rasserenava. Non sapeva che, anni dopo, avrebbe imparato a farselo piacere, giusto così… per associare qualcosa di concreto ad un ricordo.
Ryou faceva fatica a separare i ricordi dal dolore. Trovava fastidiosa questa sua incapacità, perciò aveva adottato delle strategie: ogni ricordo doveva avere una sua rappresentazione nella realtà. Bere il tè era la mamma, i grafici delle funzioni algoritmiche erano papà insieme all’odore del bagnato nelle umide giornate di pioggia, le mani sporche di farina e il modo che aveva di portare l’orologio erano Kei. Cercava di averne uno per ogni persona, preso sempre dalla paura di dimenticare.
Fu in quel preciso istante che una domanda gli balenò nella testa. Ichigo cos’era? Che cosa concreta era? In effetti, era tante cose, Ichigo. Era così tante cose che faceva paura persino elencarle. Avrebbe dovuto farlo? Sì, avrebbe dovuto.
Si voltò verso gli spogliatoi, probabilmente Ichigo era andata già via. Da quando era arrivata Reiko, c’erano stati numerosi cambiamenti nei turni e Ryou non riusciva mai a ricordarli. Era strano: lui che aveva sempre avuto una buona memoria si perdeva in sciocchezze.
La porta dello spogliatoio si aprì e ne uscì un’Ichigo sorridente.
“Ryou-kun, ho comprato un bellissimo libro, l’altro giorno. Appena lo finirò, ti informerò. Penso che potrebbe piacerti!”
Ryou rise piano, era bello il modo in cui Ichigo esprimeva i suoi pensieri. Senza preavviso, Ichigo lasciava libera la sua interiorità.
“Perché stai ridendo?” gli chiese, perplessa.
“No, nulla. Mi ha fatto ridere il modo in cui lo hai detto. Piuttosto oggi esci con Atsushi?”
Il tono di voce sembrò incrinarsi. Atsushi da un mese a quella parte aveva iniziato a chiedere ad Ichigo di uscire e lei… aveva accettato. Da quello che aveva potuto capire, erano usciti quattro volte.
Una parte di lui si odiava. Perché non aveva detto a nessuno – Keiichiro aveva intuito da solo – dei suoi sentimenti? A quest’ora, Atsushi e Ichigo non uscirebbero insieme.
“No. Usciamo domani, ma siamo solo amici” rispose Ichigo con tranquillità.
Ed eccolo che giunse: il Ryou desideroso soltanto di difendersi da Ichigo e dalla sofferenza.
“Oh, beh, sicura che sia così? Mi sembrate abbastanza affiatati” la nota di sarcasmo non sfuggì.
Ichigo si irrigidì e la sua controparte per l’atteggiamento di Ryou sbucò fuori.
“Non è divertente, Ryou, per niente. Questo sarcasmo a cosa è dovuto di grazia?”
“Niente sarcasmo. Mi permettevo di dire la verità”
Ryou si alzò ed Ichigo si sforzò di rimanere immobile. La sua altezza la sovrastava e la inquietava.
“Affiatati o meno, non sono affari che ti interessano” si inacidì, incrociando le braccia al petto e assumendo un’espressione contrita.
“Non ho mai detto che mi interessasse infatti”
Ichigo lo guardò truce. Ad un occhio più attento di quello di Ryou, quella malcelata aria ferita sarebbe stata palese.
Il giorno dopo
 
“Ryou! Lo hai fatto di proposito, dì la verità!” tuonò Kei, arrivandogli alle spalle.
“A fare cosa? Kei, non posso fare tardi, devo andare in facoltà” rispose svogliatamente. Il sopracciglio che inarcò fece irritare maggiormente Keiichiro che desiderò ardentemente apostrofarlo in maniera poco gentile.
“Hai cambiato il turno di Ichigo per non farla uscire con Atsushi nel pomeriggio. È inutile mentire, ti ho smascherato!”
“Non sapevo dovessero uscire” disse con un’alzata di spalle.
“Balle. Ichigo mi ha detto che lo sapevi e, per non farti scoprire, ho dovuto dire a Zakuro di non venire per reggerti il gioco! Quanti anni hai? Dodici?” continuò impietoso.
Doveva ammettere ciò che aveva fatto. Stavolta lo avrebbe fatto cedere.
Ryou iniziò a dare i primi segni di cedimento, quando salì sulla moto senza guardarlo.
“Ryou, rispondi. Non ti faccio andare via, finché non confessi, evidentemente non ti è chiaro”
Lo tirò piano per un braccio e Ryou scese dalla moto, si appoggiò ad essa e gli riservò una delle sue occhiate torve e vagamente inquietanti che non lo scomposero minimamente.
No, stavolta, proprio no. Era diventata una questione di principio, doveva farlo cedere.
“Sì, va bene? L’ho fatto di proposito! Grazie di avermi coperto. Ora mi fai andare via? Sono in ritardo!”
Rimontò sulla moto e non gli diede modo di rispondere. Accese il motore, farfugliando un “ci vediamo stasera”.
Keiichiro sorrise trionfante. Prese il telefono e chiamò Zakuro. Divertirsi alle spalle di Ryou era alquanto emozionante. Per questa volta, aveva battuto il genio.
 
“Ti comporti da pazzo, Ryou” proruppe Zakuro, sedendosi davanti a lui.
Ryou la guardò, assumendo un’espressione vagamente scettica. “Ah?”
“Sì, ti comporti da pazzo. Che succede?” continuò Zakuro, schioccandogli le dita davanti al viso. Ryou decise di mantenere una certa compostezza solo per non cedere due volte, nel corso di una sola giornata, alla voce della sua coscienza.
“Sto leggendo un trattato per l’Università. Da quando è follia?” disse, ridendo, con un sopracciglio inarcato.
Zakuro sorrise vittoriosa e risultò quasi inquietante. “Kei mi ha detto cosa stai combinando”
Ryou strinse le labbra, quello era un complotto, una congiura contro la sua sanità mentale. Una vocina nella sua testa gli ricordò che per il bene della sua mente avrebbe dovuto ammettere a se stesso la verità.
“Kei dovrebbe imparare a farsi gli affari suoi. E tu non sei da meno”
“Dovresti ringraziarci. Ti abbiamo evitato una figuraccia. Sto iniziando a dubitare della tua intelligenza emotiva, sai?” ridacchiò sommessamente, innervosendolo ancora di più.
“Dubitane pure. Ora… che ne dici di tornare a casa? Possibilmente portati Kei. Così mi lasciate un po’ in pace e posso continuare a leggere? È un lavoro importante, non posso perdere tempo” ribetté perentorio.
In teoria – sì, solo in teoria – Zakuro avrebbe dovuto lasciarlo respirare. Ma in pratica…
Si alzò e si avvicinò al suo orecchio. “Se non vuoi che racconti questa storia a Purin che sai bene ti perseguiterà, ti conviene smetterla con tutti questi giochetti, chiaro?”
Stava iniziando a dubitare anche lui della sua intelligenza e, di certo, non solo emotiva.
 
.
Ichigo era tante cose, troppe cose. Era l’odore dei biscotti al cioccolato che piano piano stava riiniziando a mangiare, anche se con difficoltà. Era il suo profumo delicato che lasciava una scia leggera appena gli passava accanto, il modo di portare il vassoio con le ordinazioni dei clienti, come faceva fatica a contare il resto da dare, il suo odio per la fisica che lui amava, l’informarlo sui libri appena letti che, la maggior parte delle volte, piacevano anche a lui. Era i libri di Banana Yoshimoto e Murakami Haruki, quella passione per l’Islanda nata grazie a quel gruppo che, negli ultimi tempi, ascoltava spesso.
Ichigo era un universo nel quale si sarebbe perso volentieri, se non avesse avuto paura.
Era la voglia di vederla, ma anche di desiderare di far sparire i suoi sentimenti per lei. Era il modo in cui si lamentava per i turni che le erano affibbiati, la sua passione per l’arte.
Ma era anche il modo in cui lo stava guardando, infastidita per ciò che era accaduto due giorni prima.
La vide arrivargli vicino a passo spedito. “Io e Atsushi siamo solo amici” disse con aria severa.
Optò per la freddezza, come da copione. “Va bene, Ichigo, sono contento che tu abbia trovato un nuovo amico” le disse, riservandole un sorrisetto sarcastico.
Ichigo lo stava odiando. Non riuscì a trattenersi.
“Se non ti interessa, perché ti comporti in questo modo? Sai a cosa mi riferisco. Sei scontroso e antipatico, a stento mi rivolgi la parola! Cosa c’è che non va?”
Ryou si alzò in piedi. “Mi interessa solo che tu non illuda Atsushi, ti è chiaro?”
Ichigo gli diede una leggera spinta sul braccio della quale si vergognò subito dopo.
“Atsushi lo sa, glielo ho detto!” disse, alzando di poco la voce.
“Ichigo, sei veramente una sciocca. Tu piaci ad Atsushi. Come hai fatto a non accorgertene?” rispose acidamente. No, questa volta no. Non avrebbe messo da parte la sua emotività, stava scoppiando. Ichigo lo faceva esplodere di rabbia, passione, desiderio… lo estenuava.
“Non lo avevo capito… mi dispiace” balbettò, presa in contropiede.
“Ah, non lo sapevi? Un ragazzo ti chiede spesso di uscire e tu non pensi a niente? Un ragazzo, tra parentesi, con il quale non hai nessun rapporto in particolare? Diamine, Ichigo, sai come funzionano i rapporti tra le persone o no?”
Stava esagerando e lo sapeva, ma non riusciva a smettere.
Le prese il volto tra le mani senza indugio e premette con veemenza le labbra sulle sue. Smise di pensare, perché esisteva solo lei. Prima che Ichigo potesse anche solamente muoversi si allontanò da lei.
Ichigo lo guardò spaesata, non riusciva a muoversi. Gli occhi puntati in quelli cerulei di Ryou. Avrebbe voluto baciarlo di nuovo, baciarlo sul serio.
“Io… non so, perché l’ho fatto. Ho… sbagliato”
“Lo puoi fare di nuovo… se vuoi” sussurrò Ichigo, abbassando lo sguardo.
“Domani dobbiamo dimenticare” disse piano. Cosa cercava Ichigo? La paura vinse anche quella volta.
“Sì”
Le si avvicinò nuovamente e, mentre lei dischiudeva piano le labbra, si sentì saturo e vuoto al tempo stesso. All’inizio fu delicato, ma la passione era troppo forte e temette di cedere.
Le sfiorò il fianco e il maglioncino di Ichigo si alzò di poco. Le dita toccarono la pelle calda e morbida, poteva sentirne la consistenza. Lentamente, il corpo di Ichigo stava ritornare quello di un tempo… quel corpo che, in qualunque modo, avrebbe desiderato sempre.
Ichigo si aggrappò al suo collo e gli accarezzò la nuca. Non pensò a nulla, se non a quelle labbra tanto desiderate.
Ryou le lasciò una scia di baci bollenti sulla guancia e poi per tutto il collo. Di colpo si arrestò.
Ichigo si allontanò di riflesso. Prese la borsa, senza proferire parola. Arrivò alla porta e senza voltarsi, disse: “A domani, Ryou”
Ryou distolse lo sguardo per non vederla varcare la porta, ma il rumore della sua chiusura lo fece vacillare. Si sedette. Che cosa aveva fatto?

 

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Capitolo 11
*** #10. ***


Weight.}




 
Non appena le labbra di Ryou si erano separate dalle sue, Ichigo aveva sperato che tutto quello che aveva sentito, quel fuoco dentro, fosse una proiezione della sua mente o del suo cuore. Aveva sperato che fosse tutto falso, perché ormai si sentiva allo stremo e non vedeva alcun rimedio.
Ryou, nello stesso momento, appena alzatosi, aveva sperato che non fosse accaduto.
 
Le luci del locale, rosse e verdi, erano accecanti. Ichigo aveva un leggero mal di testa, Minto le disse qualcosa che non riuscì a capire. Si voltò per salutare Haruka e, quando si rigirò, Minto non c’era più. Sbuffò, chissà quando sarebbe riuscita a ritrovarla.
Si destreggiò tra la folla. Non le andava di ballare, ma non poteva nemmeno rimanere impalata come una schiocca. Farsi un giro per il locale sembrava la cosa migliore.
Un ragazzo le pestò un piede e, perdendo l’equilibrio, si ritrovò addossata ad un corpo con un odore familiare. Alzò lo sguardo, trovando Ryou che la fissava con un’espressione indecifrabile.
Tre settimane senza parlarsi, fingendo che non fosse accaduto nulla e che tutto ciò che avevano costruito in quattro anni di amicizia fosse svanito. Solo l’amarezza della perdita per un errore.
La gioia di averlo così vicino dopo tanto tempo e il conseguente annebbiamento la presero in contropiede e si sentì incapace di controllarsi. Gli posò un delicato bacio sul mento.
Ryou la prese per un polso e si fece strada tra le persone per uscire fuori.
L’aria gelida li colse ed Ichigo rabbrividì. Si voltò a guardarla, in attesa.
“Sei ubriaca?”
“No, mi gira solo un po’ la testa.”
Ryou sospirò. “Sei bella.”
Ichigo sbarrò gli occhi. “Sei ubriaco?”
Ryou si lasciò scappare una risata e si avvicinò. “Lucidissimo.”
Gli prese la mano con cautela. Sperò che lui non la scansasse.
Nello stesso istante, uscirono dal locale anche Yuzuyu e Shin, due amici di Heiji.
Si staccarono immediatamente e nessuno sembrò notarlo.
“Ryou, è ora di portare a casa Atsushi, ha bevuto troppo. Certo che è sempre il solito.” Rise .
Shin le era stato sempre molto simpatico. Divertente, facile alla risata, di buona compagnia e quasi sempre di buon umore, ma vederlo arrabbiato una sola volta ad Ichigo era bastato per capire quanto non riuscisse a contenere l’ira. Ichigo era certa che fosse innamorato di Yuzuyu, lei sembrava non accorgersene. Si chiese perché le cose andassero così un po’ per tutti.
“Ehi, Ichigo, tu non vai a soccorrere il povero Atsushi?”
Shin le lanciò un occhiolino e Ichigo arrossì.
“Shin, sei sempre il solito idiota! Fatti gli affari tuoi!”
Yuzuyu gli rifilò una gomitata poco gentile.
Ryou entrò nel locale senza nemmeno guardarla e Ichigo rimase a fissare la porta per qualche secondo.
“Yuzuyu-chan, non ti preoccupare, non ha detto nulla! – rise- comunque siamo usciti a stento quattro volte! Per me, Atsushi-kun è solo un amico.”
La porta del locale si aprì di nuovo e ne uscirono Atsushi portato per le braccia da Heiji e Ryou.
“Ichigo… come sei carina stasera!” bofonchiò Atsushi, guardandola. Era completamente ubriaco.
Ichigo non disse niente, guardò Ryou che aveva qualcosa di indefinibile nello sguardo.
“Portiamolo a casa, Heiji, prima che vomiti qui davanti.” Disse freddamente.
Ichigo notò solo in quel momento Minto, ferma dietro Heiji. Si guardarono e sentì una fitta all’altezza dello stomaco.
Forse… Ryou provava davvero qualcosa per lei.
 
 
 
 
Da dieci giorni, Ichigo non si sentiva più se stessa. Non era più lei. Sentiva un fuoco dirompente e impaziente che doveva uscire. Si sentiva in dovere di fare qualcosa. Dopo la festa, non aveva avuto nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia.
Era passato più di un mese da quel bacio e non voleva dimenticare il sapore delle labbra di Ryou. Quante volte sognava quelle labbra? Quelle mani calde che le avevano accarezzato lentamente i fianchi? Quel profumo così dolce, ma anche così pregnante.
Al Caffè, si sorprese dell’atteggiamento di Ryou. La evitava da un mese e, di punto in bianco, quel giorno, continuava a fissarla. Era agitato, si passava di continuo le mani nei capelli e bazzicava tra la cucina e la sala.
A fine giornata, era rimasta, come al solito, da sola, a pulire i tavoli. Alle volte, si sentiva l’unica senza impegni incombenti. Non aveva mai la fretta di andarsene.
Il bussare alla porta dello spogliatoio la distolse da quel pensiero.
“Ichigo, puoi uscire?”
Era Ryou. Fu presa dal panico. Si guardò nello specchio dell’armadietto. Il timore le si leggeva negli occhi. Prese coraggio e borsa e uscì.
“Dimmi.”
Si ritrovò le labbra di Ryou sulle sue. Le mani calde le accarezzavano le guance, con i fianchi la spinse vicino ad un tavolo. Ichigo si lasciò andare e gli arpionò il maglione con forza, poi aprì le mani e gli accarezzò il torace, salì fino alle clavicole e si fece strada con le mani per gettargliele al collo.
Ryou le morse piano il labbro inferiore, la prese per i fianchi e la issò sul tavolo. Scostò le labbra dalle sue e le posò una scia umida di baci dal mento al collo.
Le leccò il collo con maestria e Ichigo si lasciò sfuggire un piccolo gemito.
Mai aveva provato un’euforia così forte. Mai Masaya l’aveva baciata in quel modo, mai l’aveva toccata così.
Desiderò sfilargli il maglione per poter sentire la sua pelle calda. Senza accorgersene, la sua mano era già ad assaggiare il calore del suo ventre piatto.
Sorpreso da quell’audacia, Ryou trattenne un mugolio sulla spalla che le aveva scoperto.
Recuperò la lucidità per un istante e si scostò senza desiderarlo minimamente.
La guardò negli occhi, leggendo il suo stesso desiderio e poggiò piano le labbra sulle sue, per poi staccarsi.
Sentirono una macchina parcheggiare nel viale e si allontanarono bruscamente. Ichigo si sentì quasi male per quel distacco improvviso.
Keiichiro entrò e li guardò spaesato. “Oh, siete qui.” Si limitò a dire.
Ichigo colse la palla al balzo. Prese la borsa e il cappotto, lasciato nello spogliatoio, e fece qualche passo verso Keiichiro. “Io vado a casa. Ci vediamo domani. Buona serata!”
La porta si chiuse e Keiichiro si decise, dopo qualche secondo, a rompere quel silenzio.
“Ryou… cosa è successo?”
“Ci siamo baciati. Il bacio più bello della mia vita, Kei.” Disse, fissando la porta e lasciandosi cadere sulla sedia.
Keiichiro non si trattenne più e scoppiò a ridere. “Vi siete detti qualcosa prima? Mi dispiace di avervi interrotto… Ryou, senti, dovete parlare. Ichigo non penso abbia capito, un bacio si può fraintedere. Ryou, ma mi stai ascoltando?”
 
 
 
Ryou scomparve per due giorni. Usciva la mattina presto e rincasava tardi, non rispondeva al telefono. La sera del secondo giorno, ritornando a casa, verso mezzanotte, prese distrattamente il cellulare, più per noia che per controllare effettivamente chi lo avesse cercato. Aveva inconsciamente sperato in una chiamata di lei.
Quando la vide, il giorno dopo, a fine giornata, pulire di consueto la cucina, non poté resistere al desiderio di rimanere a fissarla. Si appoggiò allo stipite della porta. Ammirò le gambe snelle che stavano diventando più piene, i fianchi, i capelli di quel rosso così intenso. Desiderò toglierle la divisa per poter posare baci leggeri lungo la sua schiena e poter così arrivare al collo che aveva quel sapore inebriante.
Ichigo si voltò per poggiare lo straccio appena utilizzato e sobbalzò nel vederlo. D’istinto, lo posò sul tavolo e si lisciò il grembiule, un gesto alquanto insensato. Ryou se ne stava immobile, le braccia incrociate, il peso su una sola gamba e lo sguardo penetrante, denso di sottintesi. Pensò quasi che, dopo quei due episodi, lui potesse quasi appartenerle. Aveva saggiato quelle labbra, toccato quella pelle e poteva vantarsi con se stessa di averlo avuto per qualche istante. Si sentì trionfante per quella vittoria: non c’era più da immaginarli quei baci, quelle mani, perché li aveva sperimentati. Ma le bastava? Ormai si sentiva troppo smaniosa e vogliosa di lui, voleva le loro pelli a contatto. In quel momento, esistevano solo Ryou e il desiderio di lui. La frustrazione del desiderio la investì, perché così vicino, ma anche così lontano per poterlo realizzare.
“Io… ho finito qui.” Disse piano.
Lui la guardava intensamente. Sicuramente era il desiderio che fosse vero a farle vedere il tormento negli occhi così profondi di lui.
 “Ci vediamo domani.” Le rispose con tono incolore.
“Sì.”
Quando gli passò accanto, Ryou non la fermò e, quando uscì dallo spogliatoio, non lo trovò. Con le lacrime agli occhi, il tratto per tornare a casa le sembrò infinito.
Ichigo aveva iniziato ad avere paura di Ryou – all’inizio, poteva scambiarla per imbarazzo – quando, per la prima volta, fantasticò su come sarebbe stato baciarlo. Era affascinata dalla sua bellezza, aveva solo sedici anni quando lo aveva conosciuto. Quattro anni dopo, quelle fantasticherie non avevano fatto altro che aumentare e diventare più dettagliate. Ogni volta che si trovava libera da altri pensieri, la sua mente aggiungeva un particolare in più alla sua fantasia. E, ora che finalmente si erano realizzate, Ichigo capì di non essere così abile, come aveva sempre creduto, ad immaginare.
Un tempo, se le avessero chiesto cosa valesse di più tra un diletto reale e uno immaginato, avrebbe risposto quello immaginato, perché delusa. In quel momento, invece, contava solo il reale. Quello era vivere, quella era vita. Vivere non era baciare Ryou, era abbandonarsi ai suoi sentimenti, anche se non ad alta voce, e a se stessa. Si stava liberando dell’ombra di paura che l’aveva attanagliata.
Era in ansia, atterrita da ciò che probabilmente Ryou avrebbe potuto non provare per lei, ma questo non toglieva nulla alla gioia della sua libertà, la libertà che era sempre più vicina.
Avrebbe voluto chiamarlo per dirgli che finalmente quella libertà la vedeva e come, ma lui era troppo protagonista di quella storia per poterlo sapere.
Ichigo si guardò allo specchio e, per la prima volta, non badò alle gambe, alla pancia, alle braccia. Badò ai suoi occhi e vi lesse solo codardia. Era una vigliacca e lo aveva sempre saputo. Un continuo piangersi addosso abbracciava tutta la sua esistenza. Stanca, si mise a letto. Nonostante tutto, domani era tempo di continuare a fare colazione.
 
 
Ichigo asciugò l’ultima teglia e la ripose nel mobile della cucina dove Keiichiro teneva le altre. Minto e Retasu avevano accompagnato Zakuro ad Osaka per lavoro. Nel sorteggio, Ichigo aveva avuto la fortuna di non uscire e si era vista costretta ad accettare di rimanere al Caffè. In quel momento, Purin non c’era, era tornata a casa prima. Ichigo aveva passato una giornata infernale, le sue gambe chiedevano pietà e la testa sembrava scoppiarle. Nonostante fosse stanca, si sentiva fintamente serena, solo per aver avuto una giornata senza pensare a Ryou.
Mentre controllava che tutto fosse in ordine e poter finalmente tornare a casa, la porta della cucina si aprì e, come da copione, Ichigo capì chi fosse. Si voltò e se lo ritrovò davanti. Lui avanzò, imperturbabile come sempre.
“Ti amo.”
Ichigo si guardò scioccamente attorno, poi sgranò gli occhi e iniziò a tremare leggermente.
“Come hai detto?” balbettò, incerta.
“Ho detto che ti amo, Ichigo.” Ripeté Ryou, la voce di poco tremante.
“Anche io ti amo, Ryou.”
Per quanto possano amare le acque, Ichigo capì che ce l’avrebbe fatta. A liberarla non furono le parole di Ryou, ma quelle di se stessa. L’aver deciso di esprimere il suo amore per Ryou l’aveva liberata.
Mentre lo baciava, Ichigo pensò che ne fosse valsa la pena. Non le restava che ringraziare sua madre, suo padre, Minto e tutte le persone che l’avevano aiutata.
Nei mesi a seguire, Ichigo avrebbe scoperto che era veramente se stessa quando amava e che il dolore l’aveva aiutata ad amarsi.
Anni dopo, in una casa che li ospitava entrambi, Ichigo si sarebbe raccontata a sua figlia Umiyo senza paura.












Angolo di Anadiomene:

Ringrazio tutti coloro che hanno seguito e aggiunto tra i preferiti la mia storia. Non ho raccontato questa storia come avrei voluto, soprattutto il tema principale, ma è stato davvero difficile per me parlare di una cosa che mi ha fatto soffrire e afflitto per due anni. Ne ho voluto parlare, ma ho avuto paura di rivivere ciò che avevo passato.
Tante volte ho desiderato cancellarla, ma ho pensato sarebbe stato un po' una sorta di vigliaccheria.
Vi lascio con la speranza di scrivere al più presto una nuova storia, un'originale, Madama Ispirazione permettendo, impegnandomi al massimo e smettendo di avere sempre timore.
Non smetterò di scrivere di Ryou ed Ichigo, la cui storia d'amore ho sempre immaginato e sperato che accadesse. Le storie su di loro mi hanno riempito il cuore di gioia, ricordo la tristezza di bambina che mi colse tanti anni fa, quando Ichigo, nell'anime, scelse Masaya.
Auguro a tutti voi un nuovo anno, pieno di gioie e di scrittura, di lettura e di sogni.




Anadiomene.

 

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