Guardie
Il
sole le sfiorò il viso disturbando il sonno e svegliandola. Bianca aprì gli
occhi e li richiuse in fretta, una fitta di dolore che le attraversava la testa
con violenza. Aspettò che passasse e, lentamente, riprovò.
Si
trovava in una piccola stanza spoglia a parte la branda su cui si trovava lei.
Era al castello, questo lo seppe subito e dopo un poco comprese di essere in
una delle stanza adibite ai malati. Ma lei non era malata. Tentò di alzarsi e
una seconda fitta alla testa la bloccò portando, assieme al dolore, anche delle
vividi immagini. Il viso cinereo di Ileana e il sapore del suo sangue ebbero il
potere di farla piegare in due dalla nausea. Non vomitò, ma riuscì a
controllarsi solo dopo diversi conati. Cosa aveva fatto?
“Respira,
mia piccola luna.” La voce pacata del coboldo riuscì a calmare il suo cuore.
“Cornel, cosa ho fatto?” L’essere sospirò e, con una calma
che non gli si addiceva, si sedette sul pavimento della stanza.
“Non
è questa la domanda giusta: cosa sei? Questo è quello che dovresti chiederti.”
Bianca chiuse gli occhi combattendo con le immagini che vedeva nella sua testa,
cercando disperatamente di dare un senso a ciò che nel profondo sapeva di aver
fatto.
“Cosa
sono?” Chiese infine riaprendo gli occhi e trovando il coboldo fermo a
osservarla.
“Sei
figlia di tua madre e di tuo padre.”
“Questo
non mi aiuta…” Mormorò lei, incapace di arrabbiarsi per la laconicità del
protettore del castello.
“Tua
madre era Ariana, ma tuo padre… lui è il Signore delle Tenebre, l’antico
vampiro che domina le terre del profondo Nord.”
“No.”
Mormorò lei mentre una voce suadente e fredda gli solleticava la memoria.
“Sì,
vide tua madre una notte e la desiderò. Nulla si può rifiutare al Signore delle
Ombre e malgrado tua madre avesse una forte volontà non riuscì a sottrarsi. La
possedette e al mattino la lasciò tornare al suo gruppo di Guardie, ma una vita
già germogliava il lei: tu.”
“Perché
non l’ho mai saputo?”
“Nascesti
di giorno e questo ti salvò, perché eri sola con i tuoi genitori quando cadde
la notte e la parte che era di tuo padre prese il sopravvento in te,
trasformandoti in un essere assettato di sangue. Il tuo padre adottivo
conosceva la verità e tua madre era una donna forte e caparbia, chiamò in aiuto
me: lo spirito protettore del castello. Mi invocò e mi supplicò di aiutarla.”
Dalle mani lasciò cadere i frammenti che avevano composto la pergamena. “Creai
l’incantesimo, legandoti al mondo dei vivi e dandoti la vita che i tuoi
genitori desideravano, nascondendoti al contempo al tuo potente padre.”
“Ma
la pergamena è stata spezzata…”
“La
pergamena è stata distrutta e con essa l’incantesimo. La tua seconda natura è
uscita allo scoperto; nascosta per anni desiderava solo nutrirsi e così ha
fatto.”
“Ileana.”
Mormorò Bianca abbassando il volto, ricordando la paura della donna, l’orrore
che aveva letto in lei. “Ora crede che io sia un mostro, non vorrà mai più…” Si
interruppe colpita da un pensiero: “Io sono un mostro.”
“Cos’è
un mostro? Solo ciò che non capiamo. Solo tu puoi definire te stessa.”
“Cosa
devo fare?” Chiese in una supplica Bianca, la voce rotta, gli occhi che si
riempivano di lacrime.
“Non
posso mostrarti la via da seguire, decidi chi vuoi essere e vivi una vita
piena, non più a metà, né ombra né luce.” Il coboldo si avvicinò sfiorandole il
braccio che portava ancora il piccolo bracciale intrecciato, poi sparì mentre
la porta si apriva.
La
ragazza ricacciò indietro le lacrime cercando di prepararsi a ciò che sarebbe
giunto.
“Bianca…
sono contento di vedere che stai meglio.” Il comandante della Guardie era un
uomo grande e dall’aria decisa, che raramente aveva visto da vicino e con cui,
lei, mai aveva parlato.
“Mio
signore, mi dispiace molto per quello che è successo… io…” L’uomo alzò la mano
fermandola.
“Abbiamo
discusso a lungo, tutta la notte in realtà. La tua… natura… ci era
sconosciuta.” Bianca sentì il cuore stringersi. “La Guardia è composta da umani
e malgrado il fatto che tua madre l’ha servita con onore, è chiaro che…” Si
interruppe, sospirò e guardò verso la finestra.
“Signore,
non mandatemi via. Il castello è la mia casa.” Il comandante tornò a guardarla.
“La
Guardia esiste per proteggere. Al suo interno non c’è posto per una minaccia.
Tu, Bianca, sei una minaccia.” Lo disse senza cattiveria, ma con una dolcezza
che Bianca non avrebbe mai sospettato in un uomo tanto possente e autoritario.
“Lo capisci questo?” Chiese e lei sentì gli occhi bruciare perché per quanto
avesse sempre saputo di non far davvero parte delle Guardie, esserne gettata
fuori ora le provocava un dolore atroce.
“Io…
lo capisco.”
“Bene.”
Si alzò repentinamente, come se si sentisse sollevato nel aver compiuto il suo
dovere.
“Come
sta Ileana?” Il comandante la fissò a lungo, Bianca sentiva la sua ombra
agitarsi: era indeciso tra verità e menzogna.
“Ha
la febbre alta.”
“Starà
bene?”
“Lo
speriamo tutti.” Questa volta la sua risposta fu un secco saluto, le fece un
ultimo cenno della testa e si voltò. Quando la porta si aprì, Bianca notò le
due Guardie in posizione davanti a essa. Era sorvegliata, come un prigioniero
pericoloso.
“Quando?”
Chiese ancora e di nuovo l’uomo si volse a guardarla.
“Al
tramonto.” Bianca sentì il nodo attorno al collo stringersi. “Non possiamo
attendere di più.” Il comandante se ne andò e la porta si richiuse.
Ritrovandosi
sola scivolò fuori dal letto e raggiunse la finestra, le fitte di dolore
stavano scemando e lei poté reggersi in piedi. Aprì le imposte che erano appena
accostate, e osservò il cortile del castello. Con struggente dolore accarezzò
le ombre, quasi schiacciate del mezzogiorno, cercando di imprimersi nella mente
quel posto che sapeva non avrebbe rivisto mai più.
Alla
fine ce l’avevano fatta: l’avevano allontanata. Con rabbia scacciò le lacrime
dal suo volto e tornò nel letto. Non avrebbero visto la sua debolezza, non
meritavano le sue lacrime.
“Bianca
dy Nimic, il tuo sacrificio
per le Guardie non sarà dimenticato.” L’intero corpo era schierato nel cortile
interno del castello, tutti in armatura, gli elmi calcati in testa, le naginate lucenti tese verso il cielo. Il comandante se ne
stava ritto e impettito, in uniforme. Sembravano tutti ad un funerale e in
realtà era esattamente quello che facevano, perché si nasceva Guardia e si
moriva Guardia; e lei era morta per loro, solo così poteva andarsene. Bianca
rimase di spalle alle porte del castello, aperte per lei, in attesa dell’ultimo
raggio di sole.
Malgrado
la sua volontà che tentava di trattenerlo, il sole scese, lento ma inesorabile,
sprofondando tra i monti della valle, sparendo alla vista e portando con sé i
suoi luminosi raggi.
L’astro
era tramontato, la salma poteva andare a riposare. Solo che era lei la salma e
quella notte non avrebbe riposato. Fece un passo e si voltò, dando la schiena a
quegli uomini e a quelle donne che non l’avevano mai veramente voluta tra di
loro. Un secondo passo e fu alla porta.
“Fermati.”
Il bisbiglio la sorprese. Cornel era una piccola
figura nascosta tra le ultime ombre del sole e le prime delle torce che i
servitori stavano accendendo.
“Non
posso: sono stata cacciata.”
“Se
lasci il castello, lasci la mia protezione.” Le ricordò. Bianca poteva sentire
gli occhi di tutte le Guardie puntate sulla sua schiena, intenti a chiedersi
perché non compisse l’ultimo passo. “Lui
sta venendo per te.” Sibilò il coboldo agitando le braccia.
“Devo
andare.” Dietro di lei si udì un rumore, forse il comandante veniva a darle una
spinta. Avrebbero creduto che era troppo debole persino per andarsene
dignitosamente. Alzò un piede e su di lei calarono le tenebre.
“Figlia.”
La voce questa volta non risuonava nella sua mente, no, era forte e vera eppure
altrettanto inconsistente.
L’uomo
davanti a lei era imponente. Avvolto in un lungo mantello nero sembrava
confondersi nella notte che avanzava. Era ombra, comprese Bianca, pura ombra,
il suo corpo era falso, così come era stata falsa la sua di ombra. Un corpo
vuoto: morto. Istintivamente fece un passo indietro, sentendo le ombre del
castello assieparsi attorno a lei protettive.
“Guardie!”
Urlò il comandante, doveva aver scorto la minaccia perché nel suo tono
risuonava la paura.
Sul
viso del Signore delle Tenebre comparve un sorriso divertito e Bianca poté
scorgere il luccichio bianco delle sue zanne.
“Figlia,
vieni da me.” Bianca sentiva la voce dell’essere accarezzarla e fece un secondo
passo indietro. “Perché mi temi? Io posso darti tutto ciò che desideri.” Il
vampiro fece un passo verso di lai aprendo le braccia, il suo corpo era
ammantato da una lucente armatura e una spada spuntava dal suo fianco, minacciosa
eppure non quanto i suoi occhi neri e freddi, su di un viso pallido come la
luna. Bianca sentì quegli occhi scavare dentro di lei, alla ricerca di ciò che
in lei era più profondo.
“Insieme.”
Quella parola risuonò nel silenzio del tramonto. Le Guardie sembravano aver
smesso di respirare e Bianca ebbe l’impressione che tutto fosse immobile alle
sue spalle.
“Insieme?”
Non riuscì ad impedirsi di chiedere. L’essere davanti a lei sorrise.
“Io
e te, insieme, possiamo essere parte di qualcosa. Sono solo da centinaia di
anni.” La malinconia colorò la sua voce, colpendo Bianca con un senso di
comprensione che non aveva mai provato prima. “Insieme possiamo appartenerci.
Io ti donerò tutti ciò che desideri, perché tu mi donerai tutto ciò che
desidero: una figlia. La fine della solitudine.”
Bianca
percepì un brivido, il sole era ormai un ricordo e dentro di lei vi era
qualcosa di oscuro che premeva per uscire. Il vampiro piegò la testa, il
sorriso onnipresente sulle sue labbra sembrò crescere.
“Sei
forte, controlli la tua ombra.”
“Non
voglio quella parte di me.” Disse allora lei e il vampiro scosse la testa, un
sospiro sfuggì dalle sue labbra.
“Non
rifiutare la parte migliore di te, accoglila, impara a domarla e potrai essere
tutto e fare tutto. Guarda.” Il vampiro alzò il braccio e nel suo pugno apparve
una naginata, nera e splendidamente intarsiata,
sembrava fatte di onice. “È tua, è fatta d’ombra eppure può uccidere tanto
velocemente come una d’acciaio e legno.”
Bianca
fece un passo avanti attirata da quell’arma meravigliosa che dentro di lei
aveva sempre voluto. Ma il vampiro non aveva finito: “E lei, lei è già tua,
l’hai morsa, ti basterà chiamare la sua ombra perché obbedisca a ogni tuo più
piccolo desiderio.” I suoi occhi si fissarono in un punto alle spalle di Bianca
che si voltò. Ileana stava avanzando nello spiazzo, il volto bianco e gli occhi
tesi, ma il passo fermo di chi ha visto un mostro e ha deciso di affrontarlo di
nuovo.
“Fermo!”
Ordinò il vampiro quando Gheorghe fece un passo verso
la donna nel tentativo di intercettarla. Il giovane soldato si bloccò, come
ancorato al terreno, incapace di disobbedire.
“Questa
Guardia, ti ha umiliato, dandoti un Nome nell’antica lingua indegno del tuo
potere.” Il vampiro fece un passo avanti e si sbloccò. I suoi occhi fissarono
con rabbia la porta aperta che lui non poteva varcare. “Fammi entrare.” Sibilò
all’aria. Bianca vide Cornel rabbrividire nell’angolo
in cui era nascosto, ma il coboldo non cedette. “Invitami a entrare.” Chiese
allora fissando Bianca. “Possiamo nutrirci di loro, insieme.”
Bianca
si voltò a guardare le Guardie, erano pallide e tese, ma sembravano pronte a
lottare, le voleva morte?
“Io…”
“Figlia,
ti hanno sempre odiata, definita un mostro, disprezzata e ora ti hanno bandita
trattandoti come un morto. Non devi loro niente. Fammi entrare.” Il vampiro
aveva una voce suadente, armoniosa eppure il castello lo temeva e lei amava il
castello. Con pochi passi uscì dalla porta trovandosi davanti al vampiro che
sorpreso, la fissò.
“Verrò
con te, ma loro… lasciali in vita, padre.” L’essere rimase in silenzio per un
lungo istante poi annuì.
“Bianca!”
La voce di Gheorghe spezzò il silenzio e la ragazza
si voltò sorpresa. “Bianca, quell’essere è un demone!” La giovane fissò il
giovane guerriero senza parole, incapace di comprendere il perché quell’uomo
sembrava volerla proteggere.
“Taci,
sciocco, mia figlia è stata generosa con voi, ma io potrei decidere di non
esserlo.” La minaccia sembrò far rabbrividire tutti nel cortile, ma Gheorghe non si mosse fissandola con intensità. Vi erano
sentimenti discordanti sul suo volto, ma la sua ombra era netta e forte come
sempre. Lei poteva leggervi colpa e un senso del giusto e dell’onore che
lottavano contro la paura. Gheorghe voleva riscattare
la sua anima per l’azione che li aveva portati tutti lì, a quel momento.
“Va
bene così, Gheorghe, non c’era posto per me tra di
voi.”
“Sì
che c’era.” Questa volta era stata Ileana a parlare.
“Ora
basta!” Il vampiro si voltò fissando le Guardie. “Invitatemi a entrare!” La sua voce risuonò nella mente di tutti,
molte Guardie si tapparono le orecchie gemendo dal dolore, ma la voce di
un’anima più debole delle altre pronunciò le parole che il Signore delle
Tenebre desiderava: “Entra.”
Fu
come l’abbattersi di un muro, il vampiro si protese in avanti avvolto dalle
ombre penetrando nel castello come una nube nera. Le sue dita si allungarono
per afferrare Gheorghe, ma il comandante si parò
davanti al figlio, la naginata tesa il un affondo che
penetrò l’ombra senza trovare la carne. Una risata crudele si riversò sulle
pietre del castello.
“Sciocco!”
Le mani del vampiro artigliarono il collo dell’uomo sollevandolo da terra con
estrema facilità. “Sarai il primo a morire.” Disse l’essere, affondando i denti
nella carne del collo indifeso del comandante della Guardia.
“No!”
Quando Bianca arrivò alla porta il cadavere dell’uomo cadde a terra, la ferita
al collo spiccava rossastra nel contrasto del volto bianco e ormai privo di
vita.
“Nutriti
con me.” Ordinò l’uomo. “Libera l’ombra e sarai tutto ciò che vuoi, potrai fare
tutto ciò che vuoi!”
“Imbecille.”
La voce bassa e sofferente di Ileana risuonò nel cortile mentre le Guardie
inchiodate ai loro posti dal potere del vampiro assistevano impotenti alla
scena e fissavano con orrore il corpo del comandante.
Era
la seconda volta che l’essere pronunciava quelle parole, ma questa volta la
replica di Ileana riportò alla mente di Bianca le frasi che si erano rivolte al
cimitero.
“Come
osi?” Le ombre del vampiro si avvolsero attorno alla ragazza che fu sollevata
in alto.
“Padre!”
Questa volta il vampiro si voltò a fissarla e un sorriso apparve sulle sue
labbra.
“Giusto:
lei è tua.” Lasciò la donna cadere a terra, ma davanti agli occhi increduli di
Bianca, Ileana si rialzò, fissandola con occhi vacui.
“Cosa
le hai fatto?”
“Ti
mostro come controllarla.” Affermò il vampiro facendola volteggiare tra le
ombre come un pupazzo vuoto, fino a quando non le si inchinò davanti. “Tendi il
polso, permettile di nutrirsi di te e sarà tua schiava per sempre.”
“Non
voglio…”
“Se
non lo fai tu, lo farò io.” La minaccia scivolò sulla pelle di Bianca come una
lama e finalmente lei si liberò della seduzione che l’essere aveva posto su di
lei, per la prima volta non guardò più la maschera che indossava, ma guardò
l’ombra e lo vide per davvero. Era
vuota fame, famelico e crudele desiderio: tenebra e non l’ombra che lei amava.
“Fallo!” Sibilò l’uomo tirando qualcosa dentro di lei, svegliando l’ombra che
l’incantesimo del coboldo aveva rinchiuso per così tanto tempo.
Bianca
sentì la propria testa scattare all’indietro mentre i suoi capelli diventavano
bianchi come la luna e i suoi occhi neri come onice.
“Nutriti,
figlia mia e poi lascia che lei si nutra di te.” La voce del vampiro era di
nuovo suadente. Bianca sorrise, mentre i suoi occhi si fissavano su Ileana.
Prese la testa piegata della ragazza e la ruotò permettendo ai loro occhi di
incontrarsi, ma non lesse paura, non lesse neppure il vuoto del controllo del
vampiro, no, lesse infinita dolcezza.
“Va
tutto bene.” Mormorò la donna e Bianca affondò con rabbia i denti nel suo
collo. Bevve con forza, ma senza piacere, provando dolore per quel gesto, senza
capirne il motivo.
“Basta,
o la ucciderai.” La voce del vampiro era divertita. “Ora tocca a lei, porgile
il braccio.” Bianca staccò i denti dal collo dalla giovane e Ileana crollò a
terra, incapace di reggersi sulle sue gambe.
“Bianca
dy Nimic. Sorgi come
Guardia, vivi come Guardia e muori come Guardia.” La voce di Gheorghe era un mormorio. La Guardia era accanto al corpo
del padre, ma ora alzò gli occhi su di lei. “Non dimenticare mai: nasciamo per
proteggere, moriamo per proteggere, siamo un solo corpo: siamo Guardie. Tu sei
una Guardia.”
Bianca
rabbrividì, sentiva quelle parole scivolare nel suo inconscio e risvegliare la
parte di lei che aveva sempre desiderato essere parte di quel nobile corpo,
parte di qualcosa da amare, qualcosa da proteggere e che l’avrebbe sempre
protetta.
“Finisci
con questa donna e poi ci occuperemo di loro.” Il vampiro la avvolse con le sue
ombre, forte, suadente, eppure era solo un imbecille. Abbassò lo sguardo sul
corpo riverso di Ileana e le accarezzo il volto, era così bella, anche adesso,
priva di forze, pallida e indifesa.
“Non
sei un mostro fino a quando non decidi tu di esserlo.” Questa volta era Cornel a parlare, con un gesto di stizza il vampiro scagliò
lontano il coboldo che sparì nella notte.
Bianca
passò le mani tra i capelli d’oro di Ileana, cercando di ricordare il suo
sorriso: era così luminoso.
“Perché
sei uscita dal castello? Perché sei venuta fino a qui?” Chiese allora, si ferì
le labbra nel parlare, ma la presa della sua ombra su di lei non si rafforzò
nel sentire il gusto del sangue, non questa volta.
“Ho
sentito che avevi bisogno di me.” Mormorò la giovane un debole sorriso che
appariva sulle sue labbra.
“Non
mi temi?”
“Sì,
come si teme il fuoco: la cui bellezza affascina e la cui ombra mette in
guardia.” Bianca sentì il cuore stringersi nel riconoscere le sue stesse
parole. “Può bruciarci, ucciderci, eppure ne abbiamo bisogno, perché senza di
lui non possiamo vivere. Se devi prendere la mia volontà e rendermi schiava,
fallo, non potrei sopportare di vederti diventare solo il vuoto tra le stelle.”
Una singola lacrima scivolò lungo il volto di Ileana e Bianca sentì il suo
corpo cambiare tornando a essere quello debole, umano e privo di ombra a cui
era abituata.
“No.”
Disse e alzò gli occhi fissandoli sul vampiro.
“Allora
morirai. Assieme a tutti gli altri.” L’ombra la colpì con forza scaraventandola
indietro, tra le Guardie. Bianca colpì il duro selciato con un gemito, finendo
tra le gambe dei soldati. Per un istante credette che si sarebbero scostati da
lei con disgusto, ma poi si rese conto che si stavano chiudendo formano il
cerchio di protezione che gli aveva visto fare tante volte in addestramento, la
voce di Gheorghe forte e limpida nella notte.
“Guardie
in formazione!”
“Sciocchi!”
Urlò il vampiro avventandosi sui primi con rabbia. Bianca si tirò in piedi
mentre la notte si riempiva dei gemiti dei suoi compagni. Perché sì, per quanto
l’avessero sempre allontanata e odiata ora erano lì per lei, pronti a morire,
perché lei era una Guardia. Cercò di uscire dal cerchio, ma una mano decisa la
spinse indietro, al sicuro.
Cosa
poteva fare? Non voleva che morissero tutti per lei.
“Ora
sei tra due mondi, mia piccola luna, scegli: abbraccia il tuo potere e sfida
tuo padre o respingilo e trova un’altra soluzione.” Il coboldo si era
materializzato accanto a lei.
“Non
puoi fermarlo?”
“Lo
avrei fermato per sempre se non fosse stato invitato a entrare, sono vincolato
da quella legge magica tanto quanto il vampiro.”
“Cosa
posso fare io? Non voglio ritornare ad essere il mostro che si è nutrito con
gioia di Ileana.”
“Allora
trova un altro modo.”
Bianca
vide Gheorghe gettato di lato e Ileana recuperare la naginata dell’uomo per farsi avanti. Il vampiro rideva
mentre alzava la grande spada, divertito dal combattimento tanto quanto dal
pasto che presto avrebbe fatto. Non aveva più tempo.
“È
solo ombra.” Mormorò Cornel un attimo prima di
scomparire nel selciato.
Lui
era ombra che controllava le ombre e lei era sua figlia, forse… Un grido di dolore la fece trasalire, Ileana si
teneva il braccio, la naginata era caduta lontano e
la sua camicia bianca si stava colorando di vermiglio. Il vampiro si tese su di
lei, la spada già rossa pronta a bere altro sangue.
“Fermo!” L’intera piazza si immobilizzò,
mentre lei tendeva le mani con orrore. Bianca sbatté le palpebre, stupefatta.
Con passo incerto oltrepassò le Guardie tese nello scontro e in esso bloccate,
fino a raggiungere suo padre, che la seguì con lo sguardo, sul volto aveva il
ghigno divertito con il quale intendeva uccidere Ileana.
“Non
puoi tenermi così a lungo.” Sibilò l’uomo il cui viso iniziava a scongelarsi. “Io sono il Signore delle Ombre!” L’urlò
penetrò nella testa di Bianca che strinse i denti mentre il vampiro si liberava
sciogliendo l’incanto. Le Guardie incespicarono liberandosi a loro volta,
incredule. “Il tuo potere è forte.” Mormorò l’essere e poi si avventò su di
lei, piantandole i denti nel collo. Bianca si dibatté invano e quando lui la
lasciò andare cadde a terra accanto a Ileana che si stringeva il braccio
ferito.
Il
vampiro si leccò le labbra con un sorriso.
“Potere.”
Mormorò. La sorpresa che aveva bloccato i soldati si sciolse e molte naginate furono spinte verso il vampiro nella speranza di
trovarlo distratto. “Fermi.” Mormorò
con grazia l’essere e sorrise di nuovo. “Potere, sì, ne hai molto. Potrei
decidere di tenerti in vita e nutrirmi di te per sempre.” Il suo sorriso
divenne crudele e Bianca rabbrividì mentre il vampiro si voltava e Ileana si
tendeva per mettersi tra lei e il demone. “Sì. Ora però sono stufo, credo di
essermi divertito abbastanza per una notte sola.” Guardava le Guardie e Bianca
capì che quello era il suo momento, il momento che aveva atteso tutta la vita,
avrebbe impugnato una naginata e avrebbe difeso i
suoi compagni e il castello.
Con
un gesto fluido raccolse da terra l’arma, ma non quella in ferro e legno troppo
pesante e troppo terrena per l’essere che doveva sconfiggere, no, prese l’ombra
dell’arma di Ileana e con gesto fluido la conficcò nel corpo fatto d’ombra di
suo padre.
Il
vampiro gridò voltandosi verso Bianca, il volto deformato dal dolore e dalla
rabbia.
“Come
osi?!”
“Io
non ti appartengo, sono una Guardia e appartengo a questo posto.”
“Tu
sei ombra come me, sei un mostro come me!” Il vampiro si dibatteva, ma lei lo
teneva inchiodato a terra.
“Tu
sei un mostro, io ho deciso di essere solo me stessa, in bilico tra ombre e
luce, capace di vedere la bellezza in entrambe e di vivere in entrambe.”
“Sciocca!”
Urlò rabbioso il vampiro cercando di afferrarla con gli artigli protesi. Solo
allora Bianca vide il corpo sul quale il vampiro aveva tessuto le sue ombre, il
corpo bianco e vuoto ora era lì, davanti a lei.
“Un
paletto di legno!” Cornel comparve nell’ombra che il
vampiro stava cercando di addensare nel tentativo di colpirli.
“Figlia!
Non permettere che mi uccidano!” La voce del vampiro era pietosa ora e Bianca
esitò, bastò un istante e il vampiro poté liberarsi dalla sua morsa d’ombra.
“Sciocca e debole! Avresti dovuto uccidermi quando potevi.” La sollevò
avvolgendole le mani attorno al collo, mani di carne, mani che erano state vive
un tempo. “Sarai anche una Guardia, ma nessuno verrà a salvarti, morirai davanti
ai loro occhi patetica creatura.”
Bianca
chiuse gli occhi, malgrado si agitasse la presa del vampiro era ferrea e
mortale. Il dolore era atroce. Sentiva la fine vicina eppure era in pace,
sarebbe morta come una Guardia, avrebbe potuto essere sepolta assieme ai suoi
genitori, degna di essere ricordata per aver tentato di difendere il castello;
e, soprattutto, sarebbe morta sapendo di essere stata amata.
I
suoi occhi si fissarono sulla macchia indistinta che sapeva essere Ileana: la
donna si stava muovendo. Per un istante il suo cervello in manca di ossigeno
faticò a comprendere l’importanza di quel movimento poi ricordò che non si era
fermata all’ordine del padre, non era rimasta bloccata come tutte le altre
Guardie. Con un sussulto comprese che quel dettaglio era di fondamentale
importanza, non solo per lei, ma anche per suo padre. Il vampiro strinse le
dita infastidito nel veder sorgere sul suo volto un sorriso soffocato poi un
sussulto scosse le braccia che la reggevano e Bianca cadde a terra. Respirò con
un rantolo mentre gli occhi tornavano a vedere con chiarezza. Accanto a lei,
steso al suolo, c’era l’essere che aveva chiamato padre e dal suo petto
fuoriusciva l’asta di legno di una naginata. A
stringerla, con i denti stretti dal dolore, ma gli occhi determinati vi era
Ileana.
“Non
è possibile, tu eri sotto il mio controllo.” Mormorò il vampiro mentre si
spegneva. La donna indicò il morso che lei le aveva procurato.
“Si
può essere sotto il controllo di un solo demone alla volta e, io, sono sua.” La
sua voce era fievole, ma nei suoi occhi brillava l’orgoglio per quella fiera
lotta in cui Bianca aveva vinto contro le tenebre e contro se stessa.
Il
vampiro tentò di rialzarsi, ma il suo corpo si trasformò in polvere e le ombre
caddero attorno a lui sfilacciandosi e sparendo nella notte. Era finita.
Le
Guardie tornarono a muoversi, molte rimasero a terra e Bianca osservò tra tutti
il corpo del comandante, poco distante Gheorghe si
avvicinò zoppicando, aveva un grosso livido sul volto e il braccio che stringeva
al petto era storto in maniera innaturale, sul suo volto vi era una smorfia di
dolore, ma l’uomo la ricacciò indietro non appena vide il padre sollevato da
due Guardie.
“Mi
dispiace.” Mormorò Bianca.
“No.
Dispiace a me. Tutto questo è colpa mia e porterò la colpa finché vivrò.”
“Gheorghe io…”
“Permettimi
di eseguire di nuovo la cerimonia del Nome.” Sul suo volto vi era una profonda
serietà, assomigliava di più al padre adesso e meno al ragazzo arrabbiato e aggressivo
che aveva strappato la pergamena dell’incantesimo solo il giorno prima. Bianca
annuì senza capire cosa volesse fare.
“Guardie,
schierate.” Ordinò e i soldati si sistemarono di nuovo in ranghi, molti erano
appoggiati alle loro lame a causa delle ferite, ma nessuno si tirò indietro. Gheorghe si voltò verso di lei, il volto serio.
“Sorgi
come Guardia, vivi come Guardia e muori come Guardia. Bianca dy Nimic Frică.”
Pronunciò. Nell’udire quelle parole Ileana sorrise e Bianca sentì il cuore
fremere d’orgoglio.
Ogni
Guardia che poteva ancora farlo alzò l’arma al cielo e ripeté in coro il suo
Nome: ora lei era Bianca Senza Paura. Ora lei era una Guardia.