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di strayheart00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** -1- ***
Capitolo 3: *** -2- ***
Capitolo 4: *** -3- ***
Capitolo 5: *** -4- ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Don't let me go
I need a savior to heal my pain
When i become my worst the enemy

[My Demons-Starset]


Cinque anni prima

L'orologio in cucina segnava l' 01.20 precise e mia madre ancora non era a casa. Inizialmente non mi ero preoccupata più di tanto del suo ritardo, ma adesso, a notte fonda, l'ansia mi attanagliava lo stomaco. Quando la sua coinquilina mi aveva chiamata per dirmi che di mia madre, Marisa, non aveva più notizie da quella mattina, avevo chiesto a mio zio di accompagnarmi da lei ma lui aveva fatto finta di non sentirmi. Così avevo aspettato che lui andasse in ospedale per il turno di notte per correre fuori di casa. Avevo chiesto ad Angel di coprirmi con zia perché non avevo la minima idea a che ora sarei potuta rientrare. Lei in un primo momento non ne voleva sapere nulla, ma dopo aver visto la mia ansia e gli occhi lucidi aveva accettato. Ero riuscita per un pelo a prendere l'ultimo pullman della giornata che si dirigeva fuori dal centro, dritto nel cuore della periferia. In quel momento non stavo facendo altro che muovermi in giro per quelle quattro mura come un anima in pena. Carla, la donna sulla trentina che viveva con mia madre, era andata a lavoro. Non sapevo esattamente cosa facesse ma non mi importava, almeno fin quando avrebbe controllato la mamma al posto mio. Mi alzai dalla sedia e andai a controllare dallo spioncino sperando di intravedere la figura minuta e fragile della donna che mi aveva messo al mondo. Proprio mentre mi stavo allontanando, delusa nel osservare le scale ancora una volta vuote, riuscì finalmente a vederla. Un uomo che non avevo mai visto prima la portava di peso sulle spalle come fosse stata un sacco di patate. Bussò alla porta e io sussultai dallo spavento ma la apri senza indugiare, troppo preoccupata per le condizioni in cui versava mia madre. L'uomo la scaricò con un gesto brusco sul pavimento del salone e così mi permise ti ho osservare il volto della donna. La scena che mi si parò di fronte fu una delle più brutte della mia vita e difficilmente potrò mai dimenticarla. Quasi urlai dallo spavento quando vidi il suo volto deturpato, gonfio e pieno di lividi e le varie ferite che aveva sul corpo, alcune più profondi e gravi di altre. Mi scagliai subito contro quell'uomo perché convinta fosse colpa sua, ma lui prevedendo le mie intenzioni mi blocco prima di parlare.
«Lavora nel mio locale e quando è arrivata questa sera era già così». Adesso che lo guardavo negli occhi potevo vedere il dispiacere diffondersi nelle sue iridi marroni. «Conosci qualcuno che avrebbe potuto ridurla così?».
Lui chiuse la porta con un calcio, non mi ero resa conto che fosse ancora aperta.
«Senti piccola tua madre ha problemi con molta gente, quindi sicuramente più di qualcuno avrebbe potuto ridurla così».
Sapevo che aveva ragione, mia madre era famosa per i guai in qui si cacciava. Proprio un suo sbaglio ci aveva portato a vivere separate, sgretolando la nostra già instabile famiglia.
«Tu hai visto qualcosa?».
Inizialmente non rispose dato che continua a guardare il viso distrutto di mia madre, ma infine mi guardo negli occhi fin troppo serio.
«Ti posso solo dire di portarla urgentemente in ospedale e soprattutto di portala via da questa città prima che sia troppo tardi».
Non mi diede nemmeno il tempo di cogliere il pieno significato delle sue parole che subito uscì dalla porta. Fu la prima e ultima volta che lo vidi ma non dimenticherò mai il suo volto. Presi con le mani tremanti il telefono e composi velocemente il 118. Quando mi risposero parlai in maniera veloce e concisa senza permettere alle lacrime di scorrere sulle mie guance. Non potevo piangere, dovevo essere forte per entrambe. Solamente quando avevi risolto tutte quella faccenda mi sarei permessa di crollare.

~~~~

Quando mio zio mi aveva vista ferma nel pronto soccorso mentre mia madre veniva trasportata d'urgenza in sala operatoria non aveva detto una parola, nessuno rimprovero, sapeva che avrei fatto di tutto per aiutarla e forse proprio questa sua consapevolezza aveva reso più semplice la decisione che avrebbe preso da lì a poche ore. Mi raggiunse in pochi passi per poi stringermi tra le braccia.
«Va tutto bene bambina mia, vedrai che lei starà meglio».
Speravo che fisicamente si sarebbe ripresa, ma quello che mi preoccupava era ben altro e lui lo sapeva.
«Si farà uccidere se continua così».
Lui mi lasciò andare per sedersi su una di quelle scomode sedie di plastica arancioni.
«Lo so».
Sospirai pesantemente e presi posto accanto a lui.
«Dobbiamo fare qualcosa. Devi aiutarmi zio».
La voce mi uscì rauca.
«Lo farò Andrea, te lo prometto» .
Volevo fidarmi di lui, ne avevo davvero bisogno.

~~~~

L'orologio della sala d'aspetto tichettò le 5.00, erano passate tre ore da quando i medici avevano trasportato in sala operatoria la mamma. Ogni mezz'ora zio andava a chiedere degli aggiornamenti sulla situazione ma nessuno voleva dirci niente e io mi sentivo come in un cazzo di vicolo cieco. Verso le quattro mi aveva chiamato mio padre. Mi aveva spiegato che sarebbe arrivato con il primo volo e che nel frattempo nessuno doveva prendere decisioni su eventuali complicanze. Forse era un discorso un po' troppo pesante da fare ad una ragazzina se ci ripenso, ma in quel momento volevo solo che il mio papà tornasse a casa. Erano corse in ospedale anche mia zia insieme ad Angel per assicurarsi che stessimo tutti bene. Si erano sedute accanto a me ed eravamo rimaste in religioso silenzio fino all'arrivo dello zio. Con una faccia più grigia che rosa, mio zio si dirigeva a piccoli passi verso di noi. La sua espressione era indecifrabile, quasi come un enigma nazista. Quando fu dinanzi a me, puntò i suoi occhi azzurri, gli stessi della mamma, sulla mia figura.
«Credo che tu debba richiamare tuo padre e dirgli di essere qui nel giro di un'ora».
Se prima il mio stomaco era bloccato dall'ansia e dalla preoccupazione, dopo le sue parole anche un senso di vomito si propagò nel mio ormai stanco corpo.
«Perché dovrei farlo? E ti prego di non mentire. Non addolcirmi la pillola, so perfettamente da sola quant è grave la situazione».
Ormai la mia mente era pronta al peggio, mentre il mio cuore si spaccava in mille pezzi sempre a mano a mano più piccoli.
«Ha due ferite da lama, una sul fianco che ha perforato i polmoni, tre costole rotte e un'overdose in corso».
La voce dello zio era un misto di dolore e rabbia. Dolore verso sua sorella che rischiava sempre di più la morte ogni giorno che passava e rabbia perché non era riuscito ad aiutarla e proteggerla da se stessa. «Quante probabilità di sopravvivenza?».
La mia invece era piatta, calma in maniera innaturale. Non mi sembrava possibile che mia madre stesse lottando contro la morte per l'ennesima volta, l'avevo visto succedere molte volte quando eravamo solo io e lei. Come quando si tagliò le vene in cucina mentre mi stava preparando la cena. Anche in quell'occasione, come in tutte le altre, pur essendo solamente una bambina ero riuscita a chiamare i soccorsi ed evitare che morisse. Quella volta però la paura che la vita potesse davvero abbandonare il suo corpo mi attanagliava la gola impedendomi di respirare.
«Sei intelligente Rea, non hai bisogno che io risponda alla tua domanda».
Zio mi mostrò tutto il suo dolore nel pronunciare quella frase. Vedevo come la sofferenza lo stesse lacerando da dentro perché era la stessa cosa che stava accadendo a me. Quando qualcuno che ami rischia di morire il dolore che provi non ha eguali. Parte dal cuore e scorre nelle vene, infettando il sangue e ogni organo del corpo. Il cervello rifiuta di concepire gli eventi come reali e ti sembra tutto solamente un brutto sogno dal quale speri di risvegliarti.
«A volte vorrei non esserlo e credere ancora alle favole».
Non riuscivo a liberarmi del tono innaturale che continuavo ad utilizzare, convinta parlare in quel modo mi facesse sembrare meno fragile. Era solo una futile speranza la mia, dato che una qualunque persona che mi avesse osservato avrebbe visto un volto devastato e stanco. «Nemmeno da piccola ci credevi alle favole».
Le labbra dello zio si aprirono in un piccolo sorriso nel ricordare quei momenti ormai tanto lontani dove tutto era più facile.
«Quanto vorrei che non fosse vero». Non potevo negare che sin da piccola avevo una visione molto più matura rispetto a quella dei miei coetanei, forse è una cosa che succede quando tua madre è un alcolista con manie di suicidio.
«Non dire così Rea. Neanche se avessi avuto un'altra vita potevi essere una bambina di quelle vanitose e stupide». Zio mi conosceva meglio di chiunque altro al mondo, lui era l'unico che sapeva davvero come ci si sentisse a voler bene alla mamma e al contrario di tutti non mi giudicava per il semplice fatto di non volerla abbandonare a se stessa.
«Mi scoccia dire che hai ragione zietto».
Dire quella frase aveva fatto scemare un po' quella tensione che respiravo nell'aria dal momento in qui avevo messo piede in quella maledetta casa. Dopo nessuno dei due parlò per un po' di tempo, ognuno troppo perso nei propri pensieri e sensi di colpa. Quasi senza rendermene conto iniziai a ritornare con la memoria a quei ricordi che tenevo custoditi sotto chiave. L'unico modo che la mamma aveva per sopravvivere era la competenza dei dottori che la stavano operando. Quella constatazione mi rendeva estremamente nervosa, tanto da rischiare un collasso nervoso, mentre nella testa mi vorticavano milioni di ipotesi su quello che poteva accadere. Nonostante tutto però, recuperando un po' di lucidità dai meandri più nascosti del cervello umano, continuai a sperare nella scienza e nei chirurghi per quelle che credo furono ore. Vedevo la gente camminare e gli infermieri e dottori correre. Alcuni avevano un volto segnato dalla sofferenza, altri invece sprizzavano gioia da tutti i pori, quelle erano le persone che mi facevano alzare gli occhi al cielo e sbuffare. Guardai per l'ennesima volta quella notte l'orologio sulla parete e mi accorsi che era trascorsa un'altra ora. Sentivo il bisogno di alzarmi da quella sedia altrimenti avrei definitivamente perso la testa. Così mi incamminai in quel tetro ospedale con una destinazione ben precisa nella mente.

~~~~

Ci misi un po' di tempo per trovare quello che stavo cercando, dato che era a diversi piani dal quello in cui mi trovavo io. Quando mi ritrovai davanti alla cappella non sapevo se entrare o no visto che non mettevo piede in una chiesa dal giorno del mio battesimo. Le cappelle degli ospedali di solito sono piene di gente che prega un dio di dubbia esistenza ma quella notte era vuota. Una fioca luce illuminava la sala rendendola ancora più tetra di quanto già non apparisse. Presi posto in una delle tante panche di legno che costeggiavano la navata centrale. Il senso di vuoto che mi stava schiacciando sembrò affievolirsi nel momento in cui iniziai a pregare. I muri degli ospedali ascoltano più preghiere che i muri delle chiese perché la disperazione ti porta a cercare un qualcosa di più grande di te o delle capacità di un chirurgo. Il dolore ti costringe ad affidarti ad un essere mistico, superiore, inesistente. «Dio... Io non so se esisti ma facciamo finta che ne sia convinta per stanotte eh? Tu non sei mai stato dalla mia parte o da quella della mamma. Siamo state sempre io e lei contro il mondo... Quindi ti prego, ti prego! Fa che la mamma stia bene e non muoia... Io ho bisogno di lei.... È la mia mammina!». Le lacrime ormai scorrevano senza sosta sul mio viso senza che io potessi far nulla per impedirlo.
«Dio! Ti prego! Non posso perderla! Anche se è la peggior madre del mondo io le voglio bene e sono sicura che anche lei me ne vuole... Quindi fa che sopravviva. Giuro che mi prenderò cura di lei e non la lascerò mai sola, ma ti prego!».
A quel punto scoppiai a piangere, il mio corpo, scosso dai singhiozzi, tremava in maniera incontrollata.
Non so quante volte sussurai il nome di Dio seguito da quello della mamma.  Non so per quanto tempo piansi come non avevo mai fatto. So solamente che
ad un certo punto percepì una mano sulla schiena ed un corpo caldo che entrava in contatto con il mio. un'infermiera, dal camicie bianco e i  capelli rossi, mi stava abbracciando. Aveva un viso che infondeva amore e due occhi verde mare che mi sorridevano. Non scappai dinanzi a quello dimostrazione d'affetto da parte di una sconosciuta e così mi lasciai cullare dalle sue braccia, nella mia mente credevo di potermi fidare di quella persona. Pian piano mi allontanai mentre il mio corpo riprendeva il controllo su quelle emozioni che mi avevano così sconvolta. L'infermiera mi sorrise calorosamente e, prendendo le mie mani tra le sue, le strinse forte prima di darmi la notizia che avrebbe, di lì a poco, portato cambiamenti drastici nella mia vita.
«Sta bene. Tua madre sta bene».














Angolo autrice
Ecco il prologo di questa mia nuova storia, spero che vi piaccia! Purtroppo aggiornerò con molta lentezza a causa della scuola. Quindi vi chiedo già scusa per tutti i ritardi che farò!
Al prossimo capitolo...

 

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Capitolo 2
*** -1- ***



Watch you take the fall
Laughing all the way to the hospital
[Break your little heart - All time low]


Il sole è alto nel cielo, gli uccelli volano felici e spensierati mentre io, come una fottuta sfigata, sono in classe e ho davanti a me una stupida versione di greco. Invece di concentrarmi sul compito la mia menta non fa altro che mostrarmi, in una continua sequenza snervante, il quinto momento più brutto della mia vita, vissuto appena due ore fa.
I primi quattro riguardano mia madre e la cosa non dovrebbe sorprendere. Quando cresci con una donna molto particolare come lei ti ritrovi nel tuo bagaglio personale molti ricordi orribili non richiesti. Allontano il pensiero di mia madre dalla mia mente e cerco di concentrarmi su quelle stramaledette righe di Isocrate, sperando, quasi per magia, che si traducano da sole.
Nel frattempo il tempo passa e io non ho assolutamente voglia di concentrarmi sul serio, non la terza settimana di scuola almeno. Per poter fare una versione che abbia un po' di senso, anche solo vagamente, devo essere nel pieno delle mie facoltà mentali e in questo momento non credo di saper distinguere la epsilon dall'eta, giusto per farmi capire come i miei neuroni siano ancora in vancaza. Riporto l'attenzione sul foglio cercando di concentrarmi davvero ma un rumore alle mie spalle mi distrae per l'ennesima volta.
«Rea... Reaaaa» la sua voce, bassa e insopportabile, mi arriva dritta nei timpani facendomi perdere quella poca pazienza che ho ancor prima di rispondergli.
«Che cazzo vuoi stronzo?» potevo anche essere un po' più gentile, ma perché doversi sforzare come una persona insopportabile come Giulio? Tutta fatica sprecata il provare ad essere civile con una bestia.
«Mi potresti passare i primi quattro righi?» sta davvero provando ad usare la voce da cucciolo con me? Dev'essere messo proprio male, che cosa stupenda!
«Col cazzo Mastrolia» piuttosto che passare anche una sola parola a lui mi butto dalla finestra.
«Quello ti piacerebbe averlo da me stai sicura» ed ecco lì l'ennesima insinuazione della giornata sulla sua attività sessuale.
«Nei tuoi sogni forse coglione» ma perché non sta zitto? Figuriamoci se penso ad andare a letto con lui!
«Sono dei porno quelli che mi faccio su di te non dei sogni» e inizia a ridere da solo come un cretino, QI -1. «Mastrolia! Smettila di infastidire Andrea!» Per fortuna l'urlo isterico della D'Ascoli pone fine alla nostra conversazione o giuro che mi sarei pugnalata al cuore con la matita. Ritorno allora alla versione, più sconfitta che mai, cercando di dare un senso a quelle parole.

****
Due ore prima.
Quella giornata era iniziata nel peggiore dei modi. La sveglia non era suonata e quindi avevo dovuto trasformarmi in flash per diminuire il più possibile il mio ritardo. Mi ero alzata dal letto con uno scatto che non mi aveva risparmiato un bel po' di fitte alla testa, per poi fiondarmi in bagno alla velocità della luce, rispetto al passo da bradipo che avevo tutte le mattine. Dopo la doccia più veloce di tutta la mia vita, durata ben tre minuti, avevo afferrato le prime- di tante- cose decenti trovate nella mia amata cabina armadio. Vestita, pettinata e truccata, avevo corso fino alla fermata dell'autobus per poi rendermi conto che quel maledetto era già passato! Iniziarono allora le bestemmie rivolte tutte a quel coglione di autista che, proprio quella mattina, aveva avuto il coraggio di arrivare con cinque minuti di anticipo nei suoi soliti venti minuti di ritardo. Mi ero trovata costretta a chiamare mio zio che, stranamente, ancora non era uscito per andare a lavoro e così ero riuscita a trovare un passaggio. Appena entrata in macchina lui non aveva perso tempo a prendermi per il culo, visto che quella era già la quarta mattina che perdevo l'autobus. Presi ad ignorarlo mentre rideva da solo al posto di giuda. Guardai l'orologio al mio polso e notai allarmata che mancavano solo cinque minuti prima che chiudessero i cancelli. Presa dall'ansia mandai un messaggio a Marti : "Dolcezza stamattina farò un po' tardi, tu di al prof di non segnarmi assente." La mia cara amica mi rispose con una di quelle stupide faccine che mi fece storcere il naso. Odiavo le faccine perché non mi faceva mai capire le parole che si nascondevano dietro. Chiuso Whatsapp aprì Twitter e mentre scrivevo, mi resi conto che ci eravamo fermati. Guardai fuori dal finestrino e per poco non mi scappò di bocca una parola davvero poco signorile, non potevo credere che fossi così sfortunata. C'era talmente tanto traffico da muoversi di un mm una volta ogni dieci minuti! Sospirai sconsolata prima di prendere le cuffie dallo zaino per ascoltare un po' di musica. Avevo bisogno di rilassarmi perché ero sicura che quella giornata sarebbe stata di merda, davvero molto di merda. Le note di Rape Me dei Nirvana mi tirarono un po' su di morale e cercai di dimenticare il casino che era da sempre la mia vita.

****

Alla fine non riuscì ad arrivare prima delle 8:40 così dovetti fare una stupida second'ora. Ingannai il tempo andando nel bar sotto scuola a fare colazione, stavo morendo di fame. Presi un cornetto alla crema e un cappuccino e mi sedetti ad uno dei tanti tavoli che si affacciavano sulla strada. Decisa a non sprecare il tempo a fissare il vuoto, presi il libro di filosofia e iniziai a ripetere. Odiavo quella stupida materia con tutta me stessa, certo la studiavo e andavo anche bene, ma non sopportavo tutte le stronzate che dicevano quegli uomini che nella loro vita non avevano avuto niente di meglio da fare che scrivere stronzate su stronzate. Ripassai per l'interrogazione che dovevo sostenere quel giorno e poi, soddisfatta di me stessa, mi alzai dal tavolo per andare in segreteria, avevo un permesso da fare e un'ammonizione da prendere.

****

Entrai in classe durante il cambio dell'ora e per fortuna la Morgese non era ancora arrivata. Mi accomodai al mio posto, il penultimo accanto alla finestra, e salutai Marti.
«Hey baby» lei alzò la testa dal banco, era chiaro come il sole che si fosse appena svegliata.
«Alla fine sei riuscita ad arrivare sana e salva. Avevo paura che ti avessero rapita» ridacchiai per la sua preoccupazione.
«Non essere ridicola! Ti avrei già fatto chiamare per il riscatto» scoppiammo a ridere entrambe per quello stupido discorso da lunedì mattina.
Marti era da sempre la mia migliore amica, avevamo condiviso tutto dall'inizio della nostra vita, tranne l'ovulo. Non potevo immaginare la mia vita senza lei ed ero certa che anche lei non poteva immaginarsi senza me. La nostra quiete venne interrotta dall'arrivo di Giuda o meglio della Morgese. La nostra professoressa di latino e italiano era la persona più falsa del mondo, con una mano ti accarezzava la guancia e con l'altra ti pugnalava alle spalle. Io la adoravo alla follia. Riusciva a prendere per il culo tutti in modo gran lunga superiore rispetto a come facevo io. «Buongiorno ragazzi! Bella giornata non vi pare? Mi sento in vena di azioni buone oggi».
Marti accanto a me borbottò scocciata, come tutta la classe si stava aspettando il peggio.
«Grimaldi second'ora oggi eh? Spero ne sia almeno valsa la pena» le sorrisi da brava finta lecchina, un'altra cosa di cui tutti erano a conoscenza, era l'odio della Morgese nei miei confronti. «Assolutamente prof» lei fece un ghigno cattivo.
«Stai attenta mi raccomando» se fossi rimasta incinta lei avrebbe festeggiato. «Come sempre».
Non mi rispose ma riprese a scrivere al computer, l'unica nota positiva del registro elettronico era il tempo che i professori ci perdevano vicino. Terminato il classico appello la Morgese si alzò e prese a girovagare per la classe.
«stamattina quando mi sono svegliata con un dubbio e Vorrei che voi ragazzi mi aiutaste ad eliminarlo- Si fermò un paio di secondi e in quell'attesa venti persone stavano rischiando di avere un' infarto- Non preoccupatevi, non è nulla di che! Vorrei sapere chi ha intenzione di candidarsi, in questa classe, alla carica di rappresentante d'istituto». Avevo un brutto presentimento, molto molto brutto.
«I primini mi hanno dato due nomi, al quanto curiosi vi dirò, Abate e Mastrolia».
Mentre lanciava quella bomba mi guardava negli occhi con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro
Non potevo crederci, doveva per forza essere un sogno quello! La mia mascella era crollata fino al pavimento e non riuscivo a rimetterla al suo posto. Contai fino a dieci per assicurarmi di non aver capito male, ma non poteva essere. Da quando la Morgese aveva smesso di parlare tutti, e intendo proprio tutti, i miei compagni avevano iniziato a fissare me e Giulio, aspettando sicuramente la mia reazione alla notizia. A quel punto se avessi ucciso quella grandissima zoccola e il re degli stronzi chi mi avrebbe mai condannata? Se davvero io e lui ci saremmo dovuti scontrare sarebbe stata la fine.
Eravamo come cane e gatto, forse anche peggio. Non potevo farcela senza finire in carcere per omicidio, era matematicamente impossibile sopravvivere a una cosa del genere. Sospirai affranta sbattendo la testa contro il banco, cosa poteva succedere di peggio? Solo l'annuncio della chiusura di Luis Vuitton mi avrebbe portato una maggiore angoscia.
La Morgese nel frattempo si avvicinò al mio banco.
«qualche problema?».
rialzai la testa dal mio nascondiglio e, guardandola dritto negli occhi, le dissi «Posso andare in bagno?».
lei per poco non mi scoppiò a ridere in faccia, ma mi diede il permesso anche se non erano ancora le nove e mezza. Mi alzai facendo sbattere la mia sedia contro il banco dell'imbecille e uscì dalla classe nervosa come poche volte mi era capitato. In corridoio allungai il collo in cerca del bidello. Quando non lo vidi da nessuno parte fui costretta a scendere le scale fino ad arrivare al ripostiglio delle scope. lì, sdraiato su una poltrona verde, il più simpatico e scansa fatiche di tutti i bidelli, dormiva come un ghiro. Mi avvicinai di soppiatto e quando fui abbastanza vicina urlai «Bu!».
Il pover'uomo saltò e per poco non mi morì davanti «Ma che cazz vai facenn? Tè m'bacciut?».
Risi della sua espressione, un misto tra l'incazzato e l'addormentato.
«Devi farmi un favore» gli dissi.
Paolo mi guardò scettico «Che tipo di favore?».
Alzai gli occhi al cielo prima di iniziare a raccontargli tutta la storia altrimenti non mi avrebbe mai aiutata. Infatti il mio caro amico, alla fine del mio monologo, balzò dalla poltrona e quasi mi trascinò via dallo stanzino. Fece le scale due a due mentre io annaspavo ad ogni gradino, avevo per colpa sua perso un polmone al piano terra. Quando finalmente arrivammo davanti la porta della mia classe, Paolo non stava più nella pelle e bussò senza chiedermi nemmeno chi avessi in classe.
«Buongiorno professore, mi scusi per il disturbo ma Mastrolia è ricercato in segreteria».
Essendo lontana dalla porta non potevo vedere la faccia dell'imbecille ma il permesso che gli concedeva la Morgese arrivò perfettamente alle mie orecchie. Quando Giulio fu fuori dalla classe non gli diedi nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo che subito gli urlai contro.
«Idiota che non sei altro! Dimmi come ti può essere venuto anche solo in mente di candidarti a rappresentante. lo sai bene che quella carica è mia». Giulio mi guardò con sufficenza prima di scoppiare a ridere. La sua risata mi fece incazzare ancora di più.
«Ma tu sei completamente pazzo!». Lui finalmente si calmò e si avvicinò fino ad arrivare a pochi centimetri dal mio volto.
«Non ho la minima idea di chi abbia messo in giro questa voce, ma io non voglio candidarmi- il sorriso che gli spuntò a quel punto sul volto era davvero inquietante- o forse devo dire che non avevo intenzione. Tutto questo tuo teatrino mi ha fatto cambiare idea, sai?».
Ero stata io? Io avevo fatto cambiare idea a Giulio? Non aveva senso! «Giulio non scherzare, per me le elezioni sono una cosa importante». Per un secondo vidi passare un po' di dispiacere in quegli occhi verdi ma fu subito offuscato dalla cattiveria.
«Mi dispiace Rea, ma mi candiderò che tu lo voglia o meno».
Si allontanò da me per entrare in classe, ma proprio mentre stava per aprire la porta si girò di nuovo.
«Su non fare quella faccia, sono sicuro che sarà divertente! E che vinca il migliore».
Detto ciò aprì la porta e se la richiuse. Mi aveva appena lanciato un guanto di sfida e io non potevo non accettarlo. Se voleva la guerra l'avrebbe avuta, ma a soccombere sarebbe stato lui.

****
Marti, con una gomitata nel fianco, mi fa ritornare con la mente alla realtà. Guardo l'ora sul mio casio nuovo di zecca e per poco non mi viene un infarto: manca mezz'ora e io ho tradotto solo quattro righi! Come se avessi il diavolo in corpo afferro il vocabolario e concreto tutte le mie energie sulla versione. Traduco una frase dopo l'altra senza nemmeno cercare alcune parole e controllare se la struttura della frase sia esatta o no. Non ho abbastanza tempo per ricordare tutte le regole, insieme alle loro centinaia e migliaia di eccezioni. Quando suona la campanella riesco a stento a ricopiare l'ultimo rigo in bella che, la D'Ascoli, passando davanti al mio banco, mi strappa di mano il compito con un sorrisino sadico sul volto. Lei è fatta così, non appena terminano le due ore, senza farsi tanti scrupoli, ritira tutte le versioni. Mi prendo la testa tra le mani e cerco di dare un ordine ai miei pensieri. Mi scoppia il cervello e così inizio a massaggiarmi le tempie. La sedia alla mia destra, dove fino a pochi istanti fa c'era Martina, viene occupata dall'ultima persona che volevo vedere.
«Sembri uno straccio» sta cercando di essere divertente, lo si capisce dal tono di voce fin troppo tranquillo. «Grazie, sempre gentilissimo nei miei confronti» io non ho la minima intenzione di mostrarmi non irritata dal suo comportamento di poco prima, quindi non intendo fingere. «Calmati Rea, ti farai scoppiare un embolo di sto passo» nel parlarmi allunga le braccia verso l'alto e fa scrocchiare il collo. Mi giro verso di lui proprio nel momento in cui la sua stupida maglietta si alza e, ovviamente, i miei occhi non possono non essere attratti dalla vista di tutti quei muscoli. Ora mi tocca essere onesta e quindi ammettere che Giulio Mastrolia è davvero un figo della madonna. Con quei due smeraldi al posto degli occhi, i capelli neri e perennemente scompigliati, il fisico da chi il giorno non sta di certo a casa ad ingozzarsi di merendine e la sottile striscia di barba ispida sul volto, ha fatto capitolare ai suoi piedi l'intera popolazione femminile di quel liceo per poi portarsene a letto la metà. Per sua sfortuna, però, Dio non gli aveva dato la cosa più importante: un cervello.
«Ti piace quello che vedi eh?»
Le sue labbra si aprirono in un sorrisetto, quello che gli avevo visto fare tante volte con le sue "bamboline".
«Ho visto di meglio, ma molto di meglio» nel dire ciò gli lancio l'ennesima occhiata, sperando che muoia fulminato.
«Io dirti che sei una bomba sexy, però prima dovrei dare un occhiata sai...»
Lentamente si avvicina, fino a quando il suo braccio sfiora le mie spalle.
«Ma certo Giulio- mi avvicino a lui  più tanto da notare le diverse sfumature dei suo occhi, che vanno dal verde al blu - l'anno di mai e il mese di poi» e detto questo mi alzo lasciandolo solo. Lo sento mandarmi a quel paese quando sono già nel corridoio: che soddisfazione fargli perdere quello stato di calma apparente. Sul mio volto un sorriso preme per uscire e mi ritrovo a ridere da sola nel bel mezzo delle scale. Ho quasi la tentazione di tornare indietro e chiedere grazie a Giulio perché arrabbiandosi mi ha fatto trovare il buon umore. Ma il giorno in cui io sarò gentile nei confronti di quel ragazzo ci sarà la fine della mondo e, a discapito di quello che si legge su tutti i siti internet e che si vede nella maggior parte dei film, quel momento è ancora molto lontano.

 

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Capitolo 3
*** -2- ***
















I'm feeling supersonic

Give me gin and tonic 
You can have it all but how much do you want it?

[Supersonic - Oasis]

Devo studiare. Mi ripeto questa frase da circa un'ora ma non riesco comunque a concludere nulla. Prendo i libri e con un gesto deciso li butto sul pavimento. Se dovrò fare la parafrasi anche di un solo altro rigo del Purgatorio la mia testa esploderà.

«Ma cosa avevo in testa quando ho scelto il liceo classico? Scimmiette danzanti? Manco fossi Homer!» se inizio a parlare da sola vuol dire che sto impazzendo sul serio.

Mi alzo dalla sedia e faccio due passi fino ad uscire fuori sul balcone. Sotto di me le macchine scorrono veloci e le persone corrono di quà e di là, io invece con tutta la calma di questo mondo, recupero il pacchetto di sigarette che tengo nascosto dietro una mattonella rotta. Mi accendo l'ennesima sigaretta della giornata e mentre il fumo mi riempie i polmoni, portandomi quel senso di calma e pace che tanto mi serviva, penso alla strategia da dover mettere in atto per fermare Giulio. La sua candidatura per me rappresenta un grande problema, potrebbe sul serio riuscire a battermi. Sono sicura che tutte quelle ragazze arrapate voterebbero per lui. La mia unica soluzione è fargli cambiare idea, ma come? Quel dannato ragazzo oltre ad essere una testa di cazzo sa essere anche stronzo come la sottoscritta e potrebbe farmi il culo. Non so come fare, di certo non posso farlo candidare! Ci deve pure essere una fottuta soluzione! Forse posso ricattarlo... Devo ancora avere sul telefono qualche sua foto mentre limona nei bagni della scuola. Ma servirebbe davvero? Conoscendolo se ne fregherebbe altamente e magari sputtanandolo in quel modo gli farei ottenere ancora più notorietà. Di questo passo sarà davvero lui a vincere...

«Cuginetta adorata» l'urlo di mia cugina mi fa prendere un infarto, l'ennesimo della giornata.

«Che vuoi Angel?» oggi non è la giornata giusta per farmi arrabbiare.

Vedo la testa bionda di mia cugina affacciarsi sul mio balcone. appena nota la sigaretta tra le mie mani alza gli occhi al cielo dato che detesta il fatto che io fumi.

«Come mai sei più mestruata del solito oggi?» adesso me la ritrovo davanti, con le braccia incrociate e il sopracciglio sollevato.
«Angel perchè sei in posizione pettegola caga-cazzi ?» si forse posso essere più gentile con mia cugina ma oggi non è giornata per starmi intorno.
«Rea dimmi cosa ti è successo, lo sai che con il mio spirito da crocerossina mi preoccupo per ogni minima cosa» perchè deve sempre essere cosi dolce questa ragazza?
«Giulio si candida come rappresentante d'Istituto» è meglio essere chiari e precisi quando si racconta qualcosa ad Angel, lei è in grado di farsi i peggiori film mentali altrimenti.

«Ma dai! Non ti facevo così simpatica! Adesso però muoviti a dirmi la verità»  Non ci crede, la stronza non ci crede, chi mai potrebbe crederci?

«Giuro che è così. Oggi la Morelli è entrata in classe dicendo di voler sapere chi, della nostra classe, si sarebbe candidato per poi fare due nomi. Uno era il mio, l'altro dell'idiota» sbuffo prima di fare un altro tiro.
«cosa hai fatto a quel punto?» Angel si allontana da me guardandomi male, dato che tutto il fumo le è finito in faccia.

«Ho chiesto di uscire. Sono andata a chiamare il bidello a cui ho chiesto di chiamare Giulio in classe» altro tiro, altro sbuffo, altro Vaffanculo mentale all'idiota.

«Cugina non farti cacciare tutte le parole di bocca. Muoviti a raccontare» la stronza, si anche lei lo è, mi sorride cattiva sapendo bene quanto la mia voglia di continuare sia pari a zero.

«Vaffanculo. Comunque  quando Giulio è uscito gli ho chiesto se fosse impazzito e se avesse davvero intenzione di candidarsi. Lui mi ha detto che inizialmente non ne aveva intenzione, ma il mio "teatrino" gli aveva fatto cambiare idea. Sei contenta adesso?» posso aspettarmi una qualsiasi reazione adesso che le ho raccontato la verità.

«Tu non puoi immaginare quanto! Devo subito chiamare le ragazze e avvisarle! Ti do mezz'ora per prepararti. Qui ci vuole una riunione di emergenza» e saltellando se ne torna da dove è venuta, non lasciandomi altra alternativa che quella di sottopormi alla Santa Inquisizione.

Chi dice che la famiglia è il luogo in cui non si è mai criticati, evidentemente non ha mai avuto il grande onore di conoscere mia cugina.

Convinta di aver un disperato bisogno di distrazioni dal problema "come vincere contro il re degli stronzi" , ritorno nella mia stanza ed entro nella cabina armadio. Inizio così la lunga ricerca che mi vede intenda a svuotare mezzo armadio. Riesco a trovare un jeans strappato e una maglietta dei Nirvana, come look pomeridiano può andare. O forse dovrei vestirmi Total black? Proprio per testimoniare il mio lutto? Potrei decidere di utilizzare questo outfit per domani mattina a scuola, tutti mi dicono che in nero incuto più timore. Mi preparo in fretta, evitando anche di aggiustamenti il trucco perché sinceramente non ne ho voglia. Così in dieci minuti, rispetto alla mezz'ora che mi era stata gentilmente concessa, sono già pronta per la stanza delle torture. Esco dalla camera per spalancare la porta di quella di Angel, ma quando non la vedo da nessuna parte inizio a preoccuparmi. Che sia andata a preparare la stanza dove mi obbligheranno a parlare? Vado così nel salotto dove la trovo già pronta, intenta solo a mettersi il piumino. La stronza non è mai stata così veloce, si vede che ha proprio voglia di vedermi soffrire.

«Hai fatto? Bene metti qualcosa addosso e usciamo, siamo già in ritardo» mi guarda con un sorriso da schiaffi.

«Esco così, non va bene?» ho una maglietta a maniche corte ed è solo fine settembre.

«Ma stai scherzando spero! Ti verrà la febbre e poi come farai campagna elettorale ammalata?» mi fa addirittura l' occhiolino prima di scoppiare a ridere.

«Dammi il giubbotto di pelle invece di pensare alle stronzate» mi lancia il mio caro giubbotto per poi uscire di casa, lasciandomi lì a maledermi. Mando così per la cinquantesima volta a fanculo Giulio perché tutto questo è solo colpa sua,ma me la pagherà lo stronzo, costi quel che costi.

~~~~

 

Le mie ragazze hanno bisogno di una presentazione prima di entrare in scena. Oltre ad Angel e Martina, ci sono anche Eli e Ale. Elisa, capelli neri e occhi cioccolata, è la persona più calma e gentile del mondo, infatti non riesce ad odiare nessuno (nemmeno le zanzare). Alessandra, rossa e con gli occhi verdi, è la perenne innamorata, ogni ragazzo che vede le provoca uno svenimento. Insieme formiamo il gruppo delle "terribili" o almeno così ci chiamano i nostri genitori, dato che ne abbiamo combinate di tutte i colori.

Ci siamo date appuntamento per le cinque al solito bar. Appena ci vedono arrivare Ale e Eli saltano sulle sedie e subito mi bombardarono di domande, mentre Marti se la ride. Io, regina delle stronze, con una calma che non mi appartiene, mi siedo e scelgo cosa ordinare prima di degnarmi di rispondere. Decidiamo per il classico aperitivo così chiamo il cameriere che in fretta e furia prende i nostri ordini e si dilegua.

«Allora che volete sapere?» la mia voce non può essere più scocciata.

«Tutto, ma soprattutto com'è potuto succedere?» è Ale, ovviamente, a rispondere.

«Credimi non lo so, può andare come risposta?» sto usando il mio umorismo come ultima salvezza.

«Queen please, puoi dire la verità direttamente? Così evitiamo inutili torture?» Martina subito interviene, ancora un po' arrabbiata come me per non avergli raccontato i dettagli.

«E va bene! Ma se osate fare anche il minimo commento mi alzo e me ne vado» parlerò sì, ma di certo non mi faccio prendere per il culo anche da loro.

«Ci proveremo tesoro, ma non ti promettiamo niente» Eli mi sorride in maniera così dolce da farmi passare il nervoso, quanto la odio.

«La giornata è già iniziata male...» Inizio a raccontare l'Intera vicenda, arresa di fronte all'inevitabile presa per il culo che dovrò subire. Ad ogni mia parola vedo le mie amiche sempre più sconvolte perché non è mai capito che mi facessi mettere i piedi in testa da qualcuno. Termino è sinceramente sono pronta a sentirmi di tutto e di più.

Ale scoppia a ridere subito seguita da tutte le altre, Eli addirittura si asciuga le lacrime, Marti si tiene lo stomaco e mia cugina, stranamente, mi guarda dispiaciuta. Un po' di solidarietà femminile finalmente!

«No posso crederci! Questa è la cosa più bella e divertente di sempre!» Eli mi deride, nonostante sia la ragazza più buona al mondo anche lei non può fare a meno di prendermi per il culo.

«È assurdo! Ti sei fatta trattare una merda da quel cretino!» Ale al contrario, dopo aver recuperato il senno, fa prevalere il cervello e si finge arrabbiata, almeno lei!

«Oh ma dai Ale! Non dare ragione alla queen!» entro dieci minuti avrò la testa di Martina su un vassoio d'argento.

«Non potete trattarmi così, voi dovreste essere dalla mia parte ragazze. Ci tengo davvero a vincere queste cazzo di elezioni e quello stronzo di merda vuole mettermi i bastoni tra le ruote per il semplice gusto di vedermi infelice! Giulio ama vedermi infelice» non riesco a collegare la bocca al cervello così tutti i miei dubbi fuoriescono senza che io sia in grado di fermarli. non faccio in tempo a finire il mio sfogo che ricevo una chiamata di Carmine. Preoccupata rispondo con il sesto senso che mi annuncia già una catastrofe.

"Queen devo darti una brutta notizia" il ragazzo va dritto al sodo, come sempre.

"Dimmi tutto"

"Sono in tipografia con Giulio, indovina a fare cosa?"

"Stai dicendo una puttanata perchè non è possibile!"

"Mai stato più serio, però posso assicurarti che in questa foto sei venuta davvero male"

"Quale foto? Di che stai parlando?"

"Sorry honey but non posso più parlare, bye bye" e chiude la chiamata.

Lancio il telefono sul tavolo con tanta di quella forza che mi sorprende il non vederlo rompersi in mille pezzi. «Cosa cazzo starà facendo quel maledetto?! Io lo uccido con le mie stesse mani.»

«Rea cosa è successo?» Angel subito si dimostra ansiosa e preoccupata nei miei confronti, peccato che questo mi fa venire voglia di buttarla sotto una macchina.

«Quello stronzo, quel figlio di puttana è andato in tipografia a stampare una foto dove sembra io sia venuta male per Dio solo sa farci cosa!» forse lo urlo perchè tutte le persone davanti al bar si girano nella mia direzione, che se ne vadano a quel paese anche loro.

«Dimmi che stai scherzando...» Vedo Ale chiudere gli occhi e sospirare, chiaro segno di quanto sia arrabbiata.

«Non puoi permettergli di fare una cosa del genere... Ci deve pur essere una soluzione» Angel cerca di essere democratica come sempre ma in fondo anche lei sa che questa volta è impossibile esserlo.

«Una guerra. Questa campagna elettorale sarà una guerra» lo dico piano, realizzando solo adesso cosa comporta scontrarsi con Giulio.

«Calmati Rea, non può andare così male» Marti mi sorride cercando di farmi calmare.

«Tesoro sta tranquilla... Adesso ci inventiamo qualcosa così quello scemo farà la più grande brutta figura della sua vita» Elisa mi sorride mentre si sporge nella mia direzione per accarezzarmi il braccio.

«Dobbiamo solo inventarci qualcosa, ma non sarà così difficile! Infondo è sempre un uomo» ed ecco il ritorno del cervello di mia cugina! quando mi sei mancato amore, non andartene mai più.

«Cosa proponi di fare?» Spero per lei che abbia già un piano.

Il cameriere porta i nostri ordini per poi allontanarsi alla velocità della luce, magari ha sentito i nostri discorsi ed è terrorizzato dalla mia sete di vendetta.

«Tu lo conosci meglio di tutti Rea, sei l'unica che può sfidarlo al suo stesso gioco» Marti prende il bicchiere e lo passa anche a me.

È vero. "Conosci il tuo nemico" è sempre stato il mio motto da quando ho incontrato per la prima volta Giulio. Siamo simili, per non dire uguali, su tanti, forse troppi, lati dei nostri caratteri e questo ci porta a saper prevedere le mosse dell'uno e dell'altro.

«Ci ho pensato non voglio nasconderlo, ma non riesco a trovare una soluzione» devo essere sincera, solo così possono aiutarmi.

«Vuoi davvero iniziare una nuova battaglia con lui? Ne sei sicura?» Marti prova a farmi ragionare come sempre, ma questa volta proprio non posso.

«Non ho altra soluzione! Io devo vincere.» mentre lo dico le mie amiche mi guardano come se fossi pazza, ma loro non possono capire quando queste elezioni siano importanti per me. Mi brucia dirlo ma l'unica persona che ha davvero realizzato quanto la vittoria conti per me è Giulio, ecco perché vuole sfidarmi.

«Puoi fare anche tu dei manifesti contro di lui, lo colpisci con la stessa arma» Angel ci prova a darmi una buona idea ma proprio non ci riesce.

«Su di lui potresti rendere pubblica solo la sua vita da puttaniere incallito ma dato che lo sanno anche i muri è inutile» cerco di far capire alla mia cuginetta quanto la sua idea faccia cagare senza però offenderla, per quando è permalosa sarebbe la fine del mondo.

«Spargi la voce che si è fidanzato» Eli intenda a sorseggiare il suo Aperol espone a noi comuni mortali questa perla. Tutte ci giriamo nella sua direzione per osservarla incantate, questa ragazza è un genio!

«Potrebbe funzionare! In questo modo gli farei perdere la faccia e la reputazione» l'idea mi esalta così tanto che non prendo in considerazione nemmeno i pro e i contro.

«Per prima cosa dovresti trovare una ragazza e in secondo luogo nessuno ci crederebbe mai» Marti ovviamente fa la guasta feste.

«E se ti fingesse proprio Andrea la sua ragazza?» questa volta è Ale a farmi quasi cadere dalla sedia.

«Ma sei pazza? Che figura ci farei?» preferisco bruciare tra le fiamme dell'inferno piuttosto.

«In realtà è geniale. Domani mattina per prima cosa vedi lui cosa fa con quei manifesti, quando poi è ricreazione bloccalo da qualche parte, fatti vedere in atteggiamenti compromettenti e il gioco è fatto» Angel mi guarda sorridente mentre espone il piano dell'anno che, dannazione, è perfetto.

«Io potrei farvi una foto e mandarla alla pagina Ask della scuola. La notizia si spargerebbe nel giro di cinque minuti» Marti si mostra felice dell'idea adesso che ci sono io in mezzo, maledetta migliore amica.

«Hai trovato il tuo piano ragazza! Adesso dobbiamo solo festeggiare» Eli alza il bicchiere pronta per brindare ma io la fermo.

«Non abbiamo risolto un bel niente perché questo piano fa schifo!» devo ribellarmi con tutte le mie forze affinchè queste streghe non mi convincano.

«Rea ragionaci per un secondo e non escludere l'idea a priori. Giulio è seguito sempre da folle di ragazze adoranti che sicuramente voteranno per lui, mentre i ragazzi lo ritengono un eroe perché cambia ragazza come loro cambiano mutande e quindi voteranno per lui» Marti espone la sua teoria che mi porta a riflettere sul serio su questo piano.

«Se invece si viene a sapere che lui è fidanzato addio vittoria. Le ragazze non lo voterebbero più per Giulio e nemmeno i ragazzi e così sarei io a vincere. È un piano brillante questo, devo ammetterlo,ma...» più ci penso e, per quanto mi appaia un piano folle e suicida, è l'unico che può davvero funzionare.

«Non pensarci! Adesso brindiamo a te mia adorata cugina e alla tua vittoria!» Angel alza il bicchiere e tutte noi la seguiamo, ma mentre le altre festeggiano io mi ritrovo con un peso sullo stomaco ed una brutta sensazione al cuore. Perché sono convita che finirà male? Speriamo solo che mi sbagli.

 

 

 

Angolo Autrice

Finalmente, dopo non so quanto tempo, pubblico il secondo capitolo di questa nuova storia! Cercherò di non farvi aspettare troppo per il prossimo. Come sempre vi chiedo già scusa se aggiornerò tra tanto tempo. Un bacio e al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 4
*** -3- ***






Fate una cosa bella ma bella davvero

La prossima volta che dite una stronzata
Ammazzatevi da soli

[Mi sono rotto il cazzo - Lo Stato Sociale]



Respira. Inspira. Respira. Inspira.

Posso farcela. Non devo svenire. Non devo uccidere nessuno. Non devo saltare alla gola del cretino. Testa in alto, petto in fuori, un ultimo respiro e varco i cancelli della scuola. Un solo passo e tutti mi fissano, neanche fossi un fenomeno da circo. Da lontano vedo Marti correre nella mia direzione, nemmeno avesse il diavolo alle calcagna. Il brutto presentimento che mi accompagna da ieri pomeriggio si fa più insistente. Cosa diavolo ha combinato quel figlio di puttana? Marti ormai è davanti a me con il fiatone, si ferma a respirare poggiando le mani sulle ginocchia (è davvero fuori allenamento, le dico da una vita di venire a Pilates con me per essere più in forma).

 

«Mi dispiace così tanto!» Il suo sguardo è davvero dispiaciuto, il che mi preoccupa non poco.

«Ti dispiace? Per quale assurdo motivo Martina?» la mia voce esce tagliente come un coltello affilato.

«Per... quello... Giulio» quella della mia amica invece è così bassa da rendere incomprensibile quello che dice.

«Ascolta tesoro la mia giornata è iniziata già male quindi evita di farmi girare ancora di più le palle. Dimmi adesso, ad alta voce, cosa cazzo è successo» la mia coscienza mi rimprovera dicendomi che sembro una stronza senza cuore, ma non si può essere più gentili con questa ansia che attanaglia l'anima.

«Giulio sta attaccando una tua foto in ogni angolo della scuola» Martina fa fatica a guardarmi negli occhi, troppo preoccupata per la mia reazione da pazza.

«voglio entrare subito» dichiaro incamminandomi verso l'ingresso con una migliore amica al mio fianco sconvolta.

« non credo che se una buona idea! Forse è meglio se ti racconto che tipo di fotografia sia» Martina sta provando in tutti i modi a farmi tornare indietro, ma sa bene che non ci riuscirà mai.

« sono troppo curiosa per aspettare e poi abbiamo un piano da mettere in azione» detto ciò finalmente entro.

Mi pento il secondo dopo di questa mia scelta perché tutte le persone presenti nel corridoio centrale si sono girate verso di me. Ridono e mi indicano quasi fossi un fenomeno da circo, così presa dalla rabbia mi avvicino alla bacheca degli annunci e vedo ciò che mai e poi mai avrei voluto fosse pubblico. Davanti a me una foto dell'anno scorso mi fa quasi venire le lacrime agli occhi. Quelli che si stanno baciando sono Cristian e la sua migliore amica mentre lui stava ancora con me. Il tradimento mi brucia ancora e trovarmi davanti la testimonianza dell'accaduto non fa che farmi stare peggio. Sotto c'è una scritta a caratteri cubitali: "la più bella del nostro liceo tradita, che divertente la vita eh?".
Sento una mano toccarmi la spalla,  così mi volto e trovo Martina a fissarmi come se fossi un cucciolo bastonato. Questo mi fa riprendere dal mio stato di shock e mi dà la carica necessaria per iniziare il piano. Con una grinta, che per circa tre secondi avevo perso, mi allontano da quella cazzo di bacheca e con Martina alle calcagna mi dirigo in classe pronta a scatenare l'inferno. Salgo velocemente le scale maledicendo la preside per aver buttato la mia classe all'ultimo piano accanto ai laboratori.

« Rea forse dovresti fermarti a pensare almeno per due secondi a quello che farai quando te lo troverai davanti» la mia amica tenta di farmi riflettere, come sempre. Martina è famosa per i suoi discorsi preparati a tavolino, che si dia il caso facciano davvero schifo.

« sai che al contrario tuo non mi piace prepararmi, preferisco l'improvvisazione» un ghigno si forma sul mio volto al solo pensiero di ciò che farò.

« ma devi avere qualche idea! non puoi entrare lì e fare una scenata. Gli dareistì esattamente ciò che vuole» lo dice annaspando tra un gradino e l'altro.

« credimi tesoro sto benissimo cosa farò solo che è molto più divertente non dirtelo» finalmente faccio l'ultimo scalino e mi ritrovo al mio odiato piano.

« qualche volta sai essere una vera stronza» Marti è evidentemente offesa dal fatto che non voglio condividere con lei la mia idea.

«Non fare la permalosa!» le dico nell'esatto momento in cui vedo Giulio appoggiato alla porta dell'aula.

« hey queen! piaciuta la foto?» il cretino si accorge fin troppo presto di me e mi fa subito una battuta su quello che la sua mente diabolica ha pensato.

Vuol farmi innervosire è chiaro. Forse c'è anche riuscito per pochi secondi, peccato che io ormai sia insensibile a molte emozioni e questo mi permette di essere davvero stronza.

« non so come tu abbia fatto a trovare quella foto ma sono contenta che tu l'abbia fatto» glielo dico con la mia miglior faccia di bronzo.

« che cazzo vuol dire che sei contenta? Quella è una foto con il tuo fidanzato che ti tradisce! Non dovresti che ne so... strapparti i capelli e piangere come farebbe una qualsiasi ragazza?!» a perdere le staffe questa volta e lui, infastidito dal mio comportamento menefreghista.

«e perché dovrei scusa? Ci siamo lasciati molto tempo fa e per me non è mai stata una storia importante» continuare a mentire non mi fa di certo stare meglio ma almeno fa star peggio Giulio.

« ho mosso mari e monti per trovare quella foto, non dovresti essere almeno un po' infastidita?» si avvicina a me tanto da permettermi di sentire il suo profumo. È acqua di Gio, devo ammettere che lo adoro.

« ti ripeto che non lo sono e che hai sbagliato a pensare che lo sarei stata,  perché per me quella storia non ha avuto alcun significato» mi avvicino anch'io a lui per permettere a Martii di scattarci una foto.

« non ci credo che non è stata niente  te. sembravi così coinvolta» Giulio mi afferra una mano, stringendola forte, e per qualche strano motivo questo mi fa aumentare i battiti del cuore.

« sai che sono brava a fingere» il mio volto ormai è vicinissimo al suo. Se lui facesse anche il minimo movimento nella mia direzione il bacio sarebbe inevitabile. Mi ritrovo a pensare: ti prego Dio fa che Marti abbia scattato.

« certo che lo so e proprio per questo non ti credo, perché ti conosco meglio di quanto tu creda» si distanzia un po' da me e questo mi permette di riprendere a respirare, non mi ero nemmeno accorta di stare trattenendo il fiato.

« adesso dovresti lasciarmi, non abbiamo più niente da dieci. hai preso un abbaglio, arrenditi» detto ciò mi allontano di scatto dando un po' di sollievo al mio cuore che sembra impazzito.

« io non prendo abbagli, non mi sbaglio Mai. Troverò il modo di far crollare la tua armatura e dimostrare al mondo come sei fatta davvero. E quando questo succederà la mia vittoria sarà ancora più gustosa» si volta in direzione della porta.

« Giulio non hai ancora capito che a vincere sarò io? Non hai alcuna possibilità contro di me, ritirati adesso prima di perdere la dignità e la reputazione» gli dico prima di spingerlo di lato ed entrare.

Questa battaglia l'ho sicuramente vinta io. Che soddisfazione.

~~~~

La professoressa Grimaldi sta spiegando qualcosa su Virgilio da una buona mezz'ora. Una metà della classe sta dormendo mentre l'altra usa il telefono. Solo i due idioti dietro di me stanno parlando da quando la lezione è incominciata. Non riesco a sentire un cazzo però è la cosa mi rode. Sono sicura che stanno parlando di me, non sono scema. Voglio capire la prossima mossa del mio nemico ma mi è impossibile se non alzano un po' quella voce. Per distrarmi dallo spionaggio inizio a dare fastidio a Marti. Con la matita le dò dei colpetti sul braccio con l'intenzione di farle smettere di ignorarmi. È dalla prima ora che non mi dà retta perché offesa. Devo ricordarmi di non dire mai più ad una permalosa di essere permalosa. Continuo con quella matita è quando arrivo al ventiseiesima colpo finalmente la mia amica mi parla.

«Che vuoi?» non si volta ma continua a guardare la cattedra, credo sia l'unica ad ascoltare davvero la Grimaldi.

«Mi dispiace Marti, non volevo dire che sei permalosa» provo con la voce da cucciolo, per esperienza so che a quella non resiste.

«Non ci provare! so che lo pensi e so di esserlo. Non sono arrabbiata con te per quello» questa volta si gira a guardarmi, nei suoi occhi lampi di puro divertimento.

«Allora per quale motivo? Sono due ore che non mi parli» forse alzo un po' troppo la voce perché Gilda, a due banchi a distanza del nostro, si gira incuriosita. Quando vede me e Marti litigare si sporge ancora di più verso di noi. Che pettegola.

«Abbassa la voce. Adesso smettila di darmi fastidio» questo è quello che dice Marti prima di prendere il libro di latino ed iniziare a scrivere qualcosa.
Si allontana nascondendo ciò che sta facendo con il braccio. Che odio.
Solo quando smette mi passa il libro, permettendomi di leggere.

Quando suona la campanella manderò la foto alla pagina Ask.

Le ridò il libro che ormai è diventato il nostro bigliettino.

Perché hai aspettato fino alla terza ora?

Appena legge il suo solito sorriso da superiore fa capolino sul viso. Inizia a scrivere per poi farmi leggere.

Ho aspettato la conferma di cui avevo bisogno

Conferma? Di che conferma può mai aver bisogno?

Cioè?

Marti continua a sorride mentre mi risponde.

Gilda è una delle amministratrici della pagina.

La mia mascella rischia di crollare al suo. Quella cazzo di pettegola! Che razza di verme sputtana così la gente nascondendosi dietro lo schermo di un computer? Evito di dire tutto questo a Marti perché non avrebbe alcun senso discutere.

Non ci credo! Ma questo che ti cambia?

Voglio che mi spieghi quello che ha in testa.

Tutto.

Ok. È arrivato il momento di parlare.

«Ti puoi spiegare meglio?» prendo la gomma dal borsellino e cancello quelle frasi per evitare che qualcuno le legga.

«No, mi diverte vederti sclerare» nel dirlo le scappa anche una risata. Che stronza.

«Sai che ti odio?» o almeno ci provo ogni tanto, ma non c'è bisogno che lei lo sappia.

«Tu mi ami troppo» ormai Marti mi sta proprio prendendo per il Culo alla grande.

Le faccio il dito medio senza più risponderle, che se ne vada al diavolo!

~~~~
Mancano ancora dieci minuti al suono della campanella. Cosa faccio ancora per un quarto d'ora? Marti è persa nel suo mondo, sta scrivendo per la milionesima volta delle frasi sul banco. Sono sempre le stesse, le bidelle puntualmente le cancellano e lei ogni volta le riscrive. Questa storia va avanti da quattro anni, non credo che finirà mai prima della maturità. Non so più cosa guardare o con cosa giocare o a chi fare fastidio. Le ore della Grimaldi uccidono la mia già instabile sanità mentale. Sbuffo per l'ennesima volta prendendo la testa tra le mani. Che disperazione! Sono costretta a riprendermi quando sento dei colpetti alla schiena. Mi giro è trovo Giulio, tutto sorridente, con in mano delle palline di carta che ovviamente prima stava lanciando a me.

«Cazzo c'è?» avrei potuto essere più delicata o più femminile, articolare una frase degna di un intelletto superiore come il mio, ma sarebbe stato tutto inutile. Troppe energie cerebrali sprecate per parlare con una scimmia.

«Io mi annoiavo perché il mio compagno di banco è fuori da mezz'ora, tu ti annoiavi perché la tua non ti dà retta, così ho pensato di parlare un po'. Non ti va?» mi sorridere ancora, come se questo potrebbe rendermi più morbida nei suoi confronti. Per un solo istante nella mia mente si forma un pensiero sbagliato: è davvero bello quanto sorride. Mi riprendo velocemente per poter rispondergli come si deve. Anche il cervello adesso mi gioca britti scherzi.

«Di cosa vorresti parlare? Della prossima idea che hai per farmi perdere? O del fatto che non ne funzionerà nemmeno una?» lo dico con la mia solita aria da saputella, alzando anche il sopracciglio in una espressione provata mille volte allo specchio.

«Puoi lasciare fuori l'argomento "elezioni"? Volevo chiederti... si insomma... scssa» Abbassa la voce così tanto che non riesco a capire quello che dice. Prima Marti, adesso lui, ma è un vizio di classe?

«Puoi ripetere? Non ho capito bene» mi giro dietro così da averlo faccia a faccia.

«Ti ho chiesto scusa» questa volta lo dice più ad alta voce facendomi capire benissimo.

Scoppio a ridere come una pazza, tanto che tutta la classe inizia a fissarmi. Peccato che non riesca a fermarmi. Persino la Grimaldi si accorge di quello che sta succedendo, evento assolutamente raro.

«Abate vuole condividere con la classe il motivo di tanta ilarità?» il suo sguardo da strega è fisso su di me.

«Professoressa non è niente. Continui pure con la sua lezione» cerco di ritrovare il mio autocontrollo, ma cazzo se è difficile.

«Come vi stavo dicendo, prima che la signorina interrompesse la spiegazione, per colpa di Aristeo Orfeo perde la sua sposa Euridice. Ma gli dei...» lei riprende il discorso e la mia mente la silenzia.
Mi rivolgo di nuovo a Giulio cercando di tenere bloccata la risata.

«Per caso sei impazzito? Hai battuto la testa? Stai male?» la mia preoccupazione è vera in quanto non è per niente dal mio nemico comportarsi così.

«Smettila di scherzare. Ho sbagliato ok? Voglio che la nostra sia una gara leale, senza doppi giochi» quando lo dice sembra sincero, ma non gli credo.

«Perché dovresti volere una cosa del genere? Non è da te» cerco di abbassare la voce, non voglio rischiare che la strega mi rimproveri ancora.

«Tu non sai assolutamente cosa è da me o no. Non mi conosci» lo dice in un modo così duro da farmi sentire piccola piccola.

«Tu dici di conoscere me, ma io non posso dire lo stesso di te?» mi sporgo, non so bene il perché, verso di lui sempre di più.

«Tu sei la classica ragazzina viziata che vuole avere tutti ai suoi piedi. Una di quelle che crede che con i soldi si possa avere il diritto di fare quello che cazzo le pare» mentre lo dice mi guarda fisso negli occhi e io per poco non scoppio a piangere per la seconda volta nel giro di tre ore.

«Giulio tu non sai niente. E per quanto riguarda la tua offerta di pace puoi ficcartela su per il buco del culo» la voce mi esce tagliente come lame di rasoio.

«Non volevo offenderti, ma è la verità» cerca di giustificare le cattiverie che mi ha detto ma non funziona con me, dovrebbe saperlo.

Sto per rispondere, mandandolo a fanculo come ogni volta, ma vengo interrotta dal suo della campanella. Questa è musica per le mie orecchie perché vuol dire: vendetta.

Mi giro verso Marti che, con il telefono alla mano, aspetta il mio ok. Mi guarda in attesta e, quando le sorrido, lei preme invio.

È ora di iniziare la vera guerra.

~~~~

È ricreazione. Sono tutti nel giardino della scuola quando io e Marti facciamo il nostro ingresso. Gli studenti si voltano a guardarmi incuriositi, confabulando tra di loro su una certa foto. La voce si è sparsa a macchia di petrolio in meno di due minuti, l'unico a non aver ancora visto quella foto sembra essere proprio Giulio quindi mi sembra giusto essere io la prima a fargliela vedere. Mentre ci dirigiamo allo storico posto sul muretto, lo individuo fra la massa. È come se il mio corpo percepisse la sua presenza ancor prima di vederlo. Mi avvicino a lui con la mia amica che sembra non accorgersi di nulla. Si certo, come no... Era già tutto organizzato. Quando lo raggiungo Giulio è solo stranamente e per un momento sembra non fare nemmeno caso a me.

«Piaciuta la sorpresa?» lo guardo accorgendomi solo ora di quanto sia bono in jeans e camicia. Cristo devo riprendermi.

«Non puoi capire quanto. È sempre stato il mio sogno poter dire di venire a letto con te» alza la testa per poter fissare il suo sguardo nel mio. Gli occhi che, non lo dirò mai e poi mai ad anima viva, io adoro sono verde scuro. Brutto segno, è davvero incazzato.

«Sei arrabbiato, si vede. Ammetti di essere stato sconfitto da me, ritirati e torniamo a comportarci come prima» gli dico quello che voglio per far smentire la notizia, senza dire esattamente che questo è un vero ricatto.

«È come ci comportavamo prima di questa storia? Non è cambiato niente. Io continuo a guardare te di nascosto e tu fai lo stesso con me, non provare a negarlo» si avvicina per poi passare un braccio attorno ai miei fianchi e stringermi a lui.

OH GESÙ ADESSO MUOIO. Non riesco a respirare e il cuore batte così veloce che sembra voglia uscire fuori dal petto per andare a correre una maratona. La sua vicinanza stordisce i miei neuroni, nel mio cervello risuona il vuoto dannazione. Devo recuperare il controllo,non posso essere in balia delle emozioni. Così con un gesto deciso mi stacco dalla sua presa per poter ritornare a respirare e, cosa più importante, a pensare.

«Non negherò niente. Perché dovrei? Non mi interessa quello che pensi tu. Voglio solamente che tu ti ritiri da queste elezioni» dicendo queste parole metto altra distanza tra me e lui, non mi fa bene averlo vicino.

«La risposta è no. Contenta? Puoi mettere su tutti i piani che vuoi ma io non mi ritirerò mai» afferma deciso, così tanto che sembra serio per la prima volta in vita sua.

«Cosa vuoi? Dimmi cosa vuoi per toglierti dalle palle. Lo so che stai facendo questa cosa per arrivare ad uno scopo preciso» per poco non lo urlo, troppo nervosa anche solo per accorgermene.

«Un bacio, da te e non sulla guancia» prova di nuovo ad avvicinarsi e io non riesco a respingerlo,troppo sconvolta dalla sua proposta.

«Perché dovresti volere un bacio sulla fronte?» cerco di salvarmi in calcio d'angolo, pregando tutti gli dei di riuscire nell'impresa.

«Va bene Rea. Allora te lo dico ora è non lo farò mai più: voglio un bacio vero, una limonata,come devo spiegartelo? Tu dammi questo e io mi ritiro» senza giri di parole mi spiega il suo di ricatto, lo stronzo.

«Preferisco perdere che baciare te» mentre lo dico una voce dentro di me nostra il suo dissenso, ma la metto subito a tacere. Non scenderò a patti con il diavolo.

«Perfetto, che vinca il migliore allora» e ne va là lasciandomi sola.

Ho come il dubbio che questa battaglia l'abbia vinta lui. Vaffanculo.

 

 

Angolo autrice

Ed ecco il nuovo capitolo di Empty Heart. Sono molto affezionata a questi personaggi, specialmente a quello di Andrea e Giulio, perchè sono basati su una storia che sto vivendo da inizio anno e che mi ha dato lo spunto per iniziare a scrivere questa nuova mezza schifezza. Grazie e al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 5
*** -4- ***





Tonight my heart's on the loose
Talk myself out of feeling
Talk my way out of control
Talk myself out of falling in love
Falling in love with you

[Oh love - Green Day]


Due settimana dopo

A scuola sono stati giorni infernali. Tutti non hanno fatto altro che parlare della foto mia e di Giulio. Si è addirittura sparsa la voce che io fossi incinta, sconvolgente. Con il nemico non ci sono più stati momenti di pace. In classe lui mi evita ed io faccio altrettanto, ma quando siamo nei corridoi iniziano i problemi. L'intero istituto è stato tappezzato, da cima a fondo, con poster, cartelloni, foto e che più ne ha più ne metta, sia miei che di Giulio. Ormai la campagna elettorale è entrata nel vivo. Dio, quanto mi rende felice questa cosa. Nessuno riesce a capire chi sia in vantaggio, il giorno prima io e il giorno dopo lui. È un continuo testa a testa, davvero sfiancante. Per questo motivo ho il cervello in pappa mentre sto fumando in pace la mia sigaretta di metà pomeriggio. Guardo il cielo azzurro sopra la mia tanto amata e odiata città. Vorrei essere come uno di quegli stupidi uccelli e volare in giro per il mondo libera. Senza nessun pensiero, senza nessuna responsabilità, senza nessun ricordo che la notte mi impedisce di dormire. Che depressione. Che fottutissima depressione. Non so bene cosa mi renda così triste, cioè forse ho un idea ma non voglio che sia vera. Ogni giorno, nonostante le urla e le pugnalate alle spalle, io ho guardato Giulio in maniera diversa dal solito. Ho sempre ammesso che fosse bello, ma non era mai capitato che pensassi come può essere baciarlo. Quando tutti mi chiedevano cosa pensassi di Giulio la mia risposta era automatica: "è un coglione". Resta ancora un Coglione, ma non riesco ad essere immune al suo fascino come al solito. Questo non è proprio un buon segno. In classe di tanto in tanto mi giro quanto basta per guardarlo, ma mentre io mi volto appena lui se ne accorge, Giulio al contrario mio non lo fa mai anzi mi fa l' occhiolino. Sembra che non aspetti altro che incrociare il mio sguardo ogni volta. Non riesco davvero a capire il motivo di questa situazione così strana. È possibile che la sua proposta mi abbia scombussolato fino a questo punto? Non ha senso. Da parte mia non c'è mai stato interesse nei suoi confronti. La reputazione di Giulio lo precede da sempre e io ho troppo rispetto per me stessa. Forse è questo il motivo del mio scarso interesse nei suoi confronti nel corso degli altri anni. Ma allora perché adesso, molto volentieri, mi farei baciare da lui? Ho bisogno di bere. Non mi basta il fumo per allontanare i pensieri. L'alcool è l'unica soluzione. Così prima che possa anche solo cambiare idea butto la cicca dal balcone e vado in cucina. Apro il frigorifero alla ricerca della mia amata Heineken perché ne ho davvero bisogno. Ne prendo una e la stappo contro la penisola di marmo. Ritorno in camera mia gettandomi sul letto, facendo molta attenzione però a non rovesciato la birra. E mentre a piccoli sorsi butto giù quel liquido biondo non riesco a smettere di pensare a Giulio e le sue labbra. Vaffanculo.


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La mattina dopo

Il grande giorno è arrivato: oggi saranno pubblicati i primi sondaggi! Sono euforica alla sola idea di vedere la faccia di Giulio quando verrà reso di pubblico dominio il mio vantaggio, perchè ovviamente e senza il minimo dubbio, sono io quella in testa. Non dovrei essere così sicura di me, ma è impossibile che io, Andre Abate, possa perdere mentre quel coglione di Giulio Mastrolia vincere. Quindi per me stamattina il mondo è un posto migliore, insomma non fa più tanto schifo come al solito. Con la testa fra le nuvole mi ritrovo a percorrere da sola i corridoi della scuola. Ho il telefono tra le mani e ricarico la homepage della scuola ogni due secondi nell'attesa della pubblicazione. Sono quasi arrivata davanti la porta della mia classe quando mi tirano per un braccio e mi ritrovo a correre verso i laboratori. Appena mi accorgo di chi sia il soggetto che mi ha "rapita" mi blocco.

«Razza di coglione! Ma che ti è saltato in testa?» gli tiro un pugno sul braccio con tutta la forza che ho, relativamente poca, infatti non si smuove di un millimetro (questi sono dettagli).

«Puoi per una volta sola nella vita non fare la zitella acida? I miei timpani te ne sarebbero grati» Giulio mi guarda annoiato come se il suo comportamento da stalker di poco prima fosse del tutto normale.

«Se tu ti comportassi da persona normale e non da pazzo maniaco forse potrei fare questo sforzo» gli sorrido per prenderlo per il culo, voglio vedere se riesco a fargli perdere la pazienza in soli due minuti rispetto ai tre che mi servono di solito.

«Non voglio litigare, quindi smettila subito» incrocia le braccia al petto appoggiandosi al muro dietro di lui.

«Beh io si! Mi hai appena rapita, potrei denunciarti» non riesco a smettere di fare la stronza. Stare da soli, in un corridoio deserto, non fa bene ai miei neuroni quindi il panico si è impossessato del mio cervello.

«La smetti? Voglio parlarti di una cosa importante» Giulio ancora insiste, il che è davvero strano. In altre circostanze mi avrebbe già mandato a fanculo.

«Va bene, ci provo» adesso sono curiosa, quello che deve dirmi sarà sicuramente una stronzata epica.

«Grazie, gentilissima. Non capisco perché ti chiamino "regina dei ghiacci"» nel dirlo virgoletta con le mani il mio soprannome, che stronzo.

«Ho appena deciso di fare la simpatica per tre minuti, non farmene già pentire» e per rafforzare il concetto gli tiro un pugno sul braccio, di nuovo.

«Ti rendi conto vero che mi fai solo il solletico?» inizia a sorridere e, oh Signore, quanto è bono. Devo riprendermi.

«Vaffanculo» questa non è una delle mie risposte migliori me ne rendo conto, ma il mio cervello non riesce ad elaborare di meglio.

«Evito di risponderti perché, come ti ho già detto, non voglio litigare» si allontana dal muro per avvicinarsi a me.

«Cosa vuoi allora?» è troppo vicino, così tanto che il mio sguardo non può fare a meno di cadere sulle sue labbra.

«Parlarti riguardo i sondaggi...» non gli do il tempo di concludere la frase.

«Sono in vantaggio io! Lo sapevo! Vincerò!» devo trattenermi per non iniziare a saltellare come una bambina.

«In realtà siamo pari» nello sganciare la bomba i suoi occhi fissano i miei e così, vaffanculo, capisco che sta dicendo la verità.

«Pari? Non può essere. Non possiamo essere pari. Non ha senso» il mio entusiasmo di poco fa si è congelato di fronte all'amara verità.

«Ti dico che è così, controlla tu stessa se non mi credi» dalla tasca di dietro caccia un foglio stracciato.

Allungo la mano per prenderlo, stando attenta a non toccarlo. Inizio a leggere è più vado avanti più rischio che la mascella si scaraventi al suolo. C'è scritto nero su bianco che siamo al 50 e 50. Adesso svengo.

«Come hai fatto ad averlo?» piego il foglio e glielo riconsegno.

«Non è importante il come, ma cosa c'è scritto» lui riprende i risultati mettendoli di nuovo in tasca.

«Perché hai voluto che lo sapessi prima della pubblicazione sul sito?» deve avere un piano in mente, una forma di ricatto partorita dalla sua mente diabolica.

«Perché se cambi idea su quella mia proposta potrei evitare che questi spiacevoli risultati vengano pubblicati» si fa ancora più vicino, così tanto da non farmi sentire altro che il suo profumo. Questo ragazzo ha un problema con il concetto di spazio personale.

«Mi stai davvero ricattando per un bacio?» sono davvero sconvolta, ma lui è un vero stupido se pensa che io possa cedere.

«Sto facendo un favore ad entrambi» il modo in cui lo dice sembra anche convincente, peccato che io non mi fidi nemmeno un po' di lui.

«Un favore? Tu questo lo chiami un favore?» si sta rivelando sempre più difficile trattenere le urla isteriche e le minacce di morte.

«Quando tutti sapranno che siamo pari cosa pensi che succederà? Tu non verrai più considerata come una regina e, con molta probabilità, sarai battuta da me. Ti ritroveresti in un colpo solo con la reputazione macchiata e la dignità distrutta» durante il suo monologo i suoi occhi non lasciano i miei nemmeno per mezzo secondo. Sono io la prima a distogliere lo sguardo.

«Voglio pensarci» questa è l'unica cosa che posso fare.

«Hai tempo fino alla campanella dell'ultima ora» si allontana da me incamminandosi verso la nostra aula e lasciandomi da sola.

Questa proprio non ci voleva, dannazione.

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Quando la campanella che scandisce la fine delle cinque ore suona il cuore precipita nello stomaco. I miei compagni di classe si accalcano tutti nel corridoio, ansiosi di uscire. Marti, in piedi accanto al banco, sta indossando la giacca di pelle.

«Hai intenzione di restare qui oggi?» mi guarda incuriosita mentre mette lo zaino sulle spalle.

«Devo passare in segreteria per i sondaggi» mi sono preparata questa scusa da ben tre ore, spero sia credibile.

«È strano che non siano ancora usciti in effetti» so cosa sta cercando di fare, ma oggi non funziona.

«Proprio per questo voglio andare a lamentarmi» ecco, questa azione è molto più nel mio stile.

«Tu invece Giulio?» la mia migliore amica sposta il suo sguardo da me al ragazzo dietro le mie spalle.

«Vado anch'io in segreteria. Di certo voglio esserci quando Rea scoprirà che sono io quello in vantaggio» Giulio le sorride tranquillo, come se fosse cosa da tutti i giorni il fatto che io e lui restiamo da soli di nostra volontà.

Marti infatti osserva entrambi ancora qualche secondo prima di scuotere la testa.

«Allora io vado altrimenti mia madre inizia a stressarmi. Evitate di uccidervi» mi lascia un bacio sulla guancia prima di scomparire anche lei dalla classe.

Nella stanza vuota adesso siamo solo noi due. Mi alzo e inizio a prepararmi lo zaino. Guardo Giulio con la coda dell'occhio. Sta osservando il flusso di ragazzi dalla finestra e sembra essere su un altro pianeta. Non posso non approfittare di questa situazione. Senza che lui se ne accorga inizio a creare una bella pallina di carta che, una volta pronta, gli lancio addosso. La pallina gli colpisce il naso e lui si gira di scatto nella mia direzione. Centrato in pieno! Altro che università io mi arruolo ....

«Questo non è un buon modo di iniziare un accordo pacifico» si spiega per raccogliere la pallina e la rilancia su di me.

«Ehy! Perché l'hai fatto?» caccio un piccolo urlo, forse un pochino stridulo.

«Sei tu che hai cominciato» non solo la frase è da bimbo di quattro anni che litiga con la sua compagna d'asilo, il Coglione fa pure la linguaccia. Avere quasi diciotto anni è non sentirli.

«Smettila di fare il bambino» devo reprimere la voglia di ucciderlo.

«Tu smettila di scappare» Giulio si alza e viene verso di me.

«Io non sto scappando da niente» ribatto mentre faccio un passo indietro per mettere un po' di distanza tra di noi.

«Ah no? Sono curioso di sapere la tua decisione» lui, non contento della mia retromarcia, si avvicina prendendomi il polso.

«Non mi stai dando molta scelta» cerco di recuperare più tempo possibile per farmi venire in mente un piano.

«Non sei il console Quinto Fabio Massimo, Rea» ha capito il mio gioco, il ragazzo non è stupido

«Cunctator? Davvero?» forse Giulio si sbaglia, magari sono la reincarnazione vivente del temporeggiatore.

«Non abbiamo tutto il giorno, ad un certo punto la scuola chiude» un altro passo nella mia direzione, vuole che muoia?

Mi ritrovo, davanti alla sua insistenza, costretta a ponderare le mie opzioni. Ho due possibilità:

A) Fare la più grande figura di Merda della mia vita, perdendo la credibilità e rischiando di essere battuto da lui;

B)Baciarlo.

Giulio si aspetta che scelga la prima opzioni e sinceramente anch'io, ma quando alzo gli occhi e vedo la sua faccia già vittoriosa il cervello mi va in stand-by. Nell'aula deserta della scuola faccio quello che mi ero ripromessa di non fare mai e poi mai. Compio gli ultimi centimetri che mi separano da Giulio Mastrolia e, chiudendo gli occhi, avvicino il mio volto al suo fino a far scontrare le nostre labbra. Lo sento trattenere il respiro, sconvolto da questo mio gesto. Il cuore batte forte nella gabbia toracica è sembra sia pronto a correre una maratona. Devo allontanarmi. Sto per farlo quando lui, superato lo shock iniziale, prende il mio viso tra le mani. Fa scontrare le nostre labbra ancora una, due, quattro volte con una dolcezza che non mi sarei mai aspettata. Ha le labbra morbide e piene, un piacere essere baciata da una bocca cosi. Passa la sua lingua sul mio labbro inferiore spingendomi ad aprire la bocca e io, che ormai ho perso il senno, glielo permetto. La sua lingua incontra la mia e sono fuochi d'artificio. 
Mi tira più a sé mentre io gli passo le mani tra i capelli. Non riusciamo a staccarci, ansimiamo entrambi tra un bacio e l'altro. Ho perso il controllo del mio colpo e lui del suo, questo mi sembra chiaro. Finalmente sto assecondando quella parte di cervello che desiderava questo da settimane, con grande approvazione dei miei ormoni. Questo infatti si sono scatenati in un vero e proprio party, ansiosi di vederlo senza maglietta. 
Giulio inizia ad accarezzarmi i fianchi per scendere sempre più giù verso il mio sedere. L'istante dopo mi ritrovo seduta sul banco con lui tra le mie gambe. Non ho la minima idea di quanto sia successo, ma mi va bene così. Avvicino ancora di più Giulio, per quando ormai sia possibile visto che non c'è nemmeno mezzo centimetri di aria tra di noi. Le mie mani finiscono prima sulla sua schiena e poi sotto la sua maglia. Quando arrivo con le mie carezze a toccare le sue spalle entrambi sussultiamo, io perché i miei ormoni stanno facendo le capriole, Giulio invece caccia un verso e proprio gemito sofferente. Le sue labbra lasciano la mia bocca per concentrarsi sul mio collo, che sotto i suoi baci diventa una zona erogena. Nel frattempo anche le sue mani iniziano a sollevare la mia maglietta per sfilarmela. Sono così partita per la tangente che non ho la minima intenzione di fermarlo. Lo faremo su questo dannato banco se non ci stacchiamo, ma non ho proprio la forza necessaria per un simile sacrificio. Ormai manca poco è la mia maglia sarà sul pavimento, quando succede l'impensabile.

«Cosa cazzo sta succedendo qui?» l'urlo della Morelli ci fa allontanare di botto, spegnendo tutti gli spiriti bollenti di pochi secondi fa. Ci guarda sconvolta mentre cerchiamo di renderci presentabili. Un solo pensiero si fa largo nella mia mente: siamo nei casini.

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Pov. Giulio

Ho appena baciato Andrea Abate. 
Io ho appena baciato Andrea Abate! 
Cazzo! Prendete la vodka, stasera ho intenzione di festeggiare fino all'alba. Il miracolo che nessuno riteneva possibile è invece avvenuto. Non pensavo sapesse baciare così bene. Ero convinto che sarebbe stato un qualcosa di insignificante, non un bacio che mi facesse partire per la tangente così. La Morelli ci sta fissando come se non credesse a suoi occhi, può star certa che nemmeno io mi immaginavo una scena porno come quella di poco prima. Se non sarebbe arrivata sono sicuro che in questo momento Rea sarebbe stata nuda, decisamente uno spettacolo che voglio vedere.

«Allora? Volete spiegare o devo mandarvi direttamente in presidenza?» la prof continua ad urlare, io sto cercando di trattenere la risata e Rea guarda con un certo interesse le mattonelle grigie.

«Prof non stavamo facendo niente di male» cerco di buttarla sul ridere come al mio solito, funziona quasi sempre.

«Non mi sembra proprio Mastrolia» la strega porta le mani sui fianchi, è in modalità battaglia.

«Professoresse ci perdoni, non sappiamo come sia potuto succedere» Rea, da brava pacifista con tutti tranne che con me, cerca di calmare la pazza.

«Questa è una scuola! Certi comportamenti qui sono vietati!» lancia un altro urlo che mi perfora entrambi i timpani.

«Siamo davvero mortficati» Rea abbassa di nuovo la testa, ma che cazzo le succede?

«Mio Dio prof! Non abbiamo ucciso qualcuno. Ci stavamo solo baciando dopo la fine delle lezioni» questa situazione è ridicola.

«È ti sembra niente? Abbiamo due concezioni diverse di "niente"» la Morelli non vuole cedere, che palla al piede.

«Cosa vuole? Mandare in presidenza uno dei migliori studenti o me? Sono sicuro che mio padre sarà felice di ricevere una sua chiamata» ricorrere a questi mezzi ricatti non mi piace, essere costretto a nominare mio padre per salvarmi il culo è una cosa che odio.

«Per questa volta farò finta di non aver visto niente, ma che non capiti più» ci rivolge un'ultima occhiata prima di andarsene.

Mi giro verso Rea che tiene i suoi occhi fissi su di me.

«Grazie» nel dire questa parola la ragazza al mio fianco diventa tutta rossa.

«Quando vuoi» le faccio l' occhiolino per metterla ancora più in imbarazzo, sono uno stronzo.

Mi fissa ancora senza dire niente e io faccio la stessa cosa. I suoi occhi sono più azzurri del solito, le labbra ancora un po' gonfie per i baci di prima e ha un sorriso che non le vedo molto spesso. Rea è sempre stupenda, ma quando sorride mi lascia senza parole e con il cervello in pappa.

«Forse è meglio che vada» si piega per raccogliere da terra lo zaino che nella foga del momento dev'essere caduto per terra.

«Ci vediamo domani» io non mi muovo di un millimetro da dove sono invece, non ho alcuna fretta.

«A domani» Rea mi sorride un ultima volta prima di uscire.

Da bravo maiale quale sono fisso il suo culo fin quando non sparisce dalla mia vista. In che razza di casino mi sono andato a mettere baciando l'unica ragazza che per me è sempre stata intoccabile? Il problema più grave è che io bacerei altre mille volte Rea, ma non posso. 
 

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