Ombre

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mondo delle ombre ***
Capitolo 2: *** La pergamena ***
Capitolo 3: *** Guardie ***
Capitolo 4: *** Certezze ***



Capitolo 1
*** Il mondo delle ombre ***


Il mondo delle ombre

 

L’ombra si muoveva veloce, elegante, potente. A destra, poi a sinistra, per un attimo sembrava voler fuggire via, ma poi tornava di corsa ai piedi della sua padrona. Bianca era ferma in mezzo allo spiazzo del castello e osservava le pietre sulle quali il sole tardo del pomeriggio allungava le ombre. Era attenta a rimanere in disparte, a non farsi notare, ma lo scontro al centro del piazzale aveva assorbito tutta la sua concentrazione. Il rumore delle due naginata che si scontravano arrivava sommesso alle sue orecchie così come le indicazioni urlate dal maestro d’armi o gli ansimi dei due contendenti. Il mondo delle ombre, che era l’unico ad esercitare un certo fascino su di lei, era silenzioso eppure era a quello che lei tendeva le orecchie, pronta a percepirne il più tenue bisbiglio.

Due ombre profondamente diverse si stavano scontrando, la prima era esile ed elegante, ma dai bordi netti, pieni di sicurezza e convinzione, la seconda era grande e pesante, ancorata al terreno dall’arroganza e dalla potenza. Le naginate che i due contendenti stringevano erano uguali e le loro ombre erano taglienti e dure quanto quelle di acciaio e legno.

L’ombra del guerriero, Bianca, la conosceva da tempo, era cresciuta temendola, facendo attenzione che non cadesse su di lei, consapevole che attirarne lo sguardo avrebbe comportato guai, la seconda invece era nuova. La ragazza che la portava era giunta da uno dei castelli del Nord, inviata dai genitori affinché terminasse il suo addestramento ed entrasse ufficialmente nel corpo delle Guardie.

“Attenta!” L’urlo penetrò nella sua mente, quando ormai era troppo tardi. Il pesante corpo del guerriero le cadde rovinosamente addosso schiacciandola a terra. L’aria le uscì con violenza dai polmoni mentre impattava contro il suolo di dure lastre di pietra del castello.

“Maledizione! Cosa ci fai in mezzo ai piedi?!” Gheorghe non era un uomo paziente e malgrado avesse la sua stessa età l’aveva sempre sovrastata di almeno venti centimetri e l’aveva scelta come vittima dei suoi motteggi e della sua ira, fin dalla più tenera età. Il giovane si alzò in piedi, era il figlio del comandante delle Guardie e presto sarebbe stato nominato capitano di un manipolo, malgrado avesse solo vent’anni. La sua ombra, allungata dagli ultimi raggi del sole si accanì su di lei trattenendola al suolo mentre il padrone la osservava con rabbia dall’alto.

Gheorghe, saresti stato battuto lo stesso, non è certo colpa di questa ragazza.” La nuova venuta si avvicinò, sfilò l’elmo e le tese la mano guantata, un sorriso tra il divertito e il curioso sulle labbra. “Non siamo state presentate, eppure sono arrivata da una settimana e credevo di aver conosciuto tutti gli appartenenti alla Guardia.”

Bianca osservò le sue dita tese, l’ombra di Gheorghe cadeva ancora su di lei, ma sembrava che quella della giovane la spingesse via, insinuandosi tra lei e il giovane.

“Non ti lasciare ingannare dall’uniforme, non è una Guardia e non lo sarà mai, non regge una naginata.” Il tono provocatorio e derisorio di Gheorghe la ferì come la feriva ogni volta. La sua incapacità di battersi con una naginata le aveva precluso l’entrata nelle Guardie malgrado lei ne facesse parte di diritto. Era in una situazione di limbo, non poteva essere cacciata, essendo stati i suoi genitori Guardie ed essendo morti nel proteggere il Duca in un imboscata, ma non poteva neppure entravi a pieno titolo: assumere un Nome e difendere il suo signore e i suoi compagni.

Ignorando la mano della giovane ancora tesa si alzò in piedi, sfilandosi dalla tirannia dell’ombra di Gheorghe.

“Io sono Ileana dy Solea.” Disse la giovane ignorando le parole del guerriero.

“Bianca.” Mormorò allora lei, conscia della vergogna di non poter aggiungere un Nome nell’antica lingua malgrado la sua età.

“Bianca l’Inetta.” Aggiunse Gheorghe con un sogghigno per poi piegarsi e recuperare da terra un oggetto. Bianca impietrì quando comprese che quella tra le mani del giovane era la sua pergamena. “Che non si separa mai da questa pergamena…” L’uomo agitò il foglio attentamente piegato davanti ai suoi occhi.

“Dammela.” La voce le uscì esile e supplicante e la fece arrossire di vergogna.

“Andiamo, Gheorghe, non fare il bambino.” Ileana afferrò la pergamena e gliela tese. L’uomo fece una smorfia poi si voltò e se ne andò. “Non ci badare, gli brucia essere stato sonoramente battuto dalla nuova arrivata.” Ileane gli fece l’occhiolino e lei, suo malgrado, sorrise stringendo al petto la pergamena. “C’è qualcosa di strano in te…” Bianca rabbrividì a quelle parole e notò lo sguardo della giovane scendere verso il suolo, come se il suo inconscio le suggerisse esattamente dove guardare per trovare il problema: la sua ombra appariva piccola, sfuocata e informe, ben diversa da quella netta e piena di vita di Ileana.

“Non…” Balbettò e la giovane rialzò gli occhi sorridendo.

“La tua pelle e candida come la neve dei ghiacciai vicino a casa mia, ma qua tutti sono abbronzati dal sole.” Sfilò un guanto e mostrò la mano ambrata. “A me è bastato il viaggio verso queste vostre terre soleggiate!”

“Oh…”

“I tuoi capelli poi, sono i più corvini che io abbia mai visto: sei bellissima. Le dame del Nord ucciderebbero per assomigliarti.”

La donna rise nel vederla arrossire e lei non seppe cosa risponderle, era, forse, la prima volta che qualcuno le faceva un complimento o più semplicemente che qualcuno le parlasse senza l’intenzione di canzonarla.

“Mi hanno sempre detto che il sole non mi ama…” Ileana scoppiò a ridere, poi con un gesto aggraziato alzò l’arma puntando la lama verso il sole.

“Sarebbe sciocco da parte sua.” Sorrise ancora, ma Bianca era distratta, l’ombra della donna e quella della naginata si erano fuse nel gesto che la donna aveva compiuto. Una cosa che non aveva mai visto succedere, lei percepiva sempre dettagliatamente le diverse ombre, anche quando erano sovrapposte.

“Ileana, vieni o devo aspettarti fino a domani mattina?” Nella voce di Gheorghe vi era un netto tono di fastidio. Bianca gettò un’occhiata al giovane guerriero leggendo le sfumature nella sua ombra, un solo sguardo e comprese che era geloso.

“Vado a dargli un’altra lezione… ci vediamo per cena?” La donna non aspettò una risposta, ma con un sorriso si voltò e tornò al centro dello spiazzo. Bianca capiva perché il suo Nome fosse Solea, quando la ragazza sorrideva sembrava illuminare il giorno.

 

***

 

“L’hai quasi persa!” Il sibilo arrabbiato la fece voltare sorpresa.

“Odio quando arrivi di soppiatto.” Disse al coboldo che prese forma fuoriuscendo dal muro del castello accanto al quale era appoggiata, nascosta nelle ombre sempre più lunghe della notte. Il castello era sempre stato un luogo accogliente per lei, le sue ombre erano pronte a nasconderla e a proteggerla. Cornel, il coboldo che ne era padrone e servo era l’unico amico che avesse, malgrado passasse il suo tempo a rimproverarla.

“Quella pergamena mi è costata ogni goccia di magia che ancora avevo! Sarebbe opportuno che tu non la perdessi!” Bianca sfilò dalla tasca dell’uniforme rossa della Guardie l’oggetto della furia del coboldo, all’interno vi era il segreto della sua ombra finta.

“Ha a che vedere con il fatto che sono così pallida?” La domanda sembrò lasciare il coboldo senza parole. “Come posso essere nata senza ombra e senza colore?”

“Hai i capelli nerissimi, più neri dell’ombra più scura, non ti basta come colore?” Rispose infine il coboldo voltandosi mentre si metteva a raccogliere alcuni steli d’erba cresciuti tra le lastre del castello.

Cornel…” Si interruppe, aveva posto decine di domande al coboldo: perché sono nata senza ombra? Perché posso leggere le ombre? Perché sono diversa? Perché nessuno mi ama? Eppure lui non aveva mai risposto, preferiva guardarla male e sparire. “Come ti sembra la nuova arrivata?” Cambiò discorso, non voleva che se ne andasse.

“Ileana dy Solea.” Mormorò l’essere voltandosi verso di lei, le mani che intrecciavano i fili d’erba.

“Sì, lei.”

Mmm...” Mormorò lui aggrottando la fronte. Bianca sospirò, era raro che le rispondesse qualcosa di preciso. “Stai lontana da lei.” La frase uscì dalle labbra del coboldo, colpendola. Non si era aspettata una simile presa di posizione.

“Perché?” Sbottò, sorpresa.

“Perché? Perché chiedi se poi non accetti le mie parole? Bambini, bambini che giocano con il fuoco. Credono di sapere tutto, di saper fare tutto, ma sono solo degli idioti, idioti, sì. Rimani nascosta, rimani al sicuro nel castello e non perdere la pergamena, questo è tutto quello che devi sapere.” Cantilenò lanciandole un lungo sguardo ammonitore. Era un ometto alto appena mezzo metro, dal viso rugoso e dalla pelle dal colore delle pietre del castello. Due occhi verdi che raramente si fissavano e le mani sempre occupate in qualche attività. Nessuno al castello lo aveva mai visto, almeno per quello che ne sapeva Bianca, ma a lei si mostrava fin da quando la sua memoria ricordava.

È stata gentile con me, oggi.”

“Gentile? Gentile…” Mormorò il coboldo scuotendo la testa. “Gheorghe, la vuole, non è bene che lei sia gentile con te. Non bene. Stalle lontana.” Con quelle parole scivolò tra le ombre e scomparì. Bianca sospirò alzando gli occhi verso il cortile, osservando le ombre baluginati create dalle torce.

“Sei qui.” Sobbalzò per la seconda volta quella sera. “Non sei venuta a cena.” Ileana aveva una mela in mano e ora le diede un morso.

“Come hai fatto a vedermi?” Sbottò sorpresa Bianca, nessuno la vedeva tra le ombre, per essere l’unico essere umano a non possederne una, riusciva a mescolarsi a meraviglia tra di esse, come se vi appartenesse.

“Sono uscita a guardare le stelle e ti ho vista qua, sola a fissare le torce…” Ileana si strinse nelle spalle.

“Guardavo le ombre, non le torce.” La corresse lei e Ileana piegò la testa incuriosita.

Sarebbe come dire che si guarda il cielo per fissare lo spazio tra le stelle e non le stelle.”

“Perché?” A quella domanda seria, Ileana che aveva parlato con ironia, corrugò la fronte.

“Perché le ombre sono solo ombre… un riflesso vuoto di ciò che invece è vero e vivo.”

“Non è vero.” Bianca temette che la donna si offendesse per quella risposta netta che le era sfuggita dalle labbra.

“Spiegami.” Disse invece la giovane, un brillio tra l’interessato e il divertito negli occhi.

“Guarda l’ombra delle torri, appare schiacciata a terra dalla luce delle stelle e della luna, ma anche ora che è così fievole, l’assalitore più coraggioso rabbrividirebbe nel sentirla scivolare su di sé, perché ne percepirebbe la forza e coglierebbe in essa la maestosità della difesa che deve affrontare.”

“Interessante…” Ileana osservava il cortile e le sue ombre con occhi nuovi e Bianca si sorprese nel provare un senso di felicità: era la prima volta che qualcuno la ascoltava.

“Il fuoco: caccia le ombre, ma allo stesso tempo le crea, veloce e mutevole, nessuno ne rimarrebbe ammaliato se smettesse di osservare le fiamme e guardasse invece alla sua pericolosità. Le armi: perfette e affilate, sono solo metallo e ferro, ma nelle mani giuste sono letali.” Mentre parlava indicò prima le fiamme delle torce e poi la naginata che Ilena aveva appoggiato al muro accanto a sé. “Prendila e osserva come la sua ombra cambia.” La ragazza obbedì e l’ombra si allungò diventando un tutt’uno con la sua ombra, improvvisamente letale. “Lo vedi?” Chiese Bianca, affascinata, come la prima volta, da quella visione unica.

“Io… credo di sì…” Ileana la fissava ora, i suoi occhi erano tesi nell’osservare l’ombra tenue che lei lasciava sul muro del castello. “La tua ombra invece? Cosa mi dici di lei?” Bianca scosse la testa accennando qualche passo verso il castello, come a voler scappare, la mano che correva a posarsi sulla pergamena che conteneva l’incantesimo.

“La mia ombra non ha nulla di speciale.”

“Eppure appartiene ad una persona speciale…” Ileana le si avvicinò, la naginata ruotò nel suo pugno mentre lei piegava il braccio nascondendo l’arma dietro alla schiena, un gesto che richiedeva addestramento, abilità e coraggio, eppure la donna sembrava farlo per gioco. Bianca fece un passo indietro ritrovandosi a toccare il muro con la schiena. “Chi sei Bianca? Perché sei così diversa da tutti gli altri?” Le mormorò. Aveva appoggiato la mano al muro e ora le sorrideva. I loro corpi erano troppo vicini, ma non era solo quello, l’ombra della giovane la avvolgeva in un abbraccio curioso eppure incompleto, come se cercasse una comunione che la sua ombra finta non sapeva dare.

“Io non sono nessuno.” Mormorò e Ileana sbatté le palpebre come se fosse sorpresa lei stessa dai suoi gesti. La sua ombra si ritrasse insoddisfatta e così la donna. Prima che dicesse qualcos’altro Bianca fuggì via, confondendosi in fretta tra le ombre più fitte del castello.

Il cuore le batteva rapido nel petto, non aveva mai provato nulla del genere, era spaventata e allo stesso tempo elettrizzata. Corse fino alla sua stanza e vi si chiuse dentro, un ampio sorriso che lottava per uscire sulle sue labbra. Ileana dy Solea: quel nome riempiva la sua mente.

Si sedette sul letto e notò sul cuscino un braccialetto d’erba intrecciata, riconosceva l’opera di Cornel. Lo infilò, lasciandosi cadere sulle coperte: era forse giunto il giorno in cui qualcuno l’avrebbe amata?

Nemmeno per un istante ricordò il consiglio del coboldo.

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Capitolo 2
*** La pergamena ***


La pergamena

 

Non amava l’alba, il sole mattutino era sempre riuscito a metterle inquietudine, come se nascondesse un potenziale pericolo. Quella mattina però si alzò presto e raggiunse la sala mensa, luogo in cui non si recava quasi mai, consapevole che non vi era bene accetta. Infatti, non appena vi mise piede, su di lei caddero numerose occhiate ostili. Le Guardie, persino quelle ancora troppo giovani per essere assegnate ad una squadra, non la volevano in mezzo a loro, la chiamavano strana, quando erano gentili, mostro quando erano cattivi. Era sempre stato così quando era piccola e ora, malgrado il loro odio fosse celato meglio, nessuno si sarebbe sognato di volerla a tavola.

Eppure era lì, questo perché sperava di incrociare Ileana.

“Cosa ci fai qui? Credevo che mangiassi assieme agli sguatteri, in cucina.” Gheorghe le si parò davanti, grande e imponente anche senza la corazza da battaglia.

“Ciao, Bianca.” Ileana le fece un cenno con la mano e lei passò accanto all’uomo per raggiungerla. Sentiva sulle labbra un sorriso che cercò di contenere. Aveva temuto che la ragazza avesse deciso che era troppo strana per il modo in cui era fuggita la sera prima, ma ora era lì e le sorrideva. “Dormito bene?” Le chiese mentre si sedeva con uno sbadiglio ad un tavolo indicandole il posto di fronte al suo.

“Sì.” Rispose, anche se aveva passato la notte in agitata tensione. “E tu?”

“Fa troppo caldo, da noi la notte la temperatura scende sotto zero e bisogna nascondersi sotto tonnellate di coperte.” Le sorrise, aveva spalmato del burro su una fetta di pane e ora chiese: “Marmellata o miele?”

“Miele.” Rispose sorpresa e perplessa Bianca.

“Avrei dovuto immaginarlo.” Disse la giovane sorridendo mentre spalmava il miele e poi le tendeva la tartina.

“Per me?”

“Per chi se no? Sei uno scricciolo, devi mangiare se vuoi imparare a reggere una naginata.” Bianca fissò la donna che stava preparando una seconda tartina, ignara del suo sguardo.

“No.”

“Come?” La giovane alzò lo sguardo e lei arrossì di rabbia.

“Non ci riesco e non voglio provarci ancora. L’umiliazione di decine di prove fallite mi è bastata.” Davanti al viso sorpreso di Ilena si alzò dal tavolo e se ne andò.

Uscì dal castello ancora furiosa, avrebbe dovuto immaginarlo, Ileana come tutti gli altri voleva solo umiliarla.

Un gruppo di servitori stava uscendo dal castello e lei li seguì, uno di loro la urtò e non si scusò. Con un'altra guardia si sarebbe scusato, chinando la testa in segno di rispetto, ma non con lei. Lei era solo Bianca l’Inetta, colei che nessuno amava.

Lanciò uno sguardo verso il villaggio che si stendeva ai piedi del castello, solo due volte aveva abbandonato l’ombra del castello per andarci, non lo avrebbe più fatto, i popolani non trattenevano il disprezzo per una Guardia che non sapeva lottare, ma che occupava un letto al castello al posto dei loro figli. Prese lo stretto sentiero che correva ai piedi delle alte mura e raggiunse il cimitero dei Signori del castello. Attorno ai grandi mausolei dei Duchi vi erano le lapidi delle Guardie morte per proteggerli. Senza esitazione raggiunse quelle dei suoi genitori e vi si sedette accanto.

Era stata una sciocca, Cornel le aveva detto di stare lontana da Ileana e lei non lo aveva ascoltato. Un’ombra scura cadde su di lei che si voltò stupita.

“Ti muovi veloce per essere uno scricciolo.” Ileana alzò la mano nel vedere il suo volto imporporarsi di rabbia. “Aspetta, non volevo offenderti prima e non voglio offenderti neppure adesso. A casa mia è un complimento preparare il cibo per un compagno o una compagna… volevo solo…” Fu il suo turno arrossire. “Corteggiarti, ecco.” Bianca sbatté le palpebre, mentre il rossore sulle sue guance non fu più dovuto alla rabbia. Ileana sorrise, stringendosi nelle spalle. “Non so come funzioni qui e di certo ammetto che la mia battuta sulla naginata era fuori luogo. Non mi importa se impari o no a reggerne una, non tutti siamo adatti a fare i soldati.” Bianca abbassò lo sguardo.

“Vorrei che tutti la pensassero come te, sto coprendo di vergogna i miei genitori.” Indicò le lapidi e Ileana sbatté le palpebre sorpresa.

“Ariana dy Proteya è tua madre?”

“Sì…” La ragazza si illuminò.

“Io ho conosciuto tua madre!” Esclamò allora entusiasta. “Dovevo avere tre anni, tu probabilmente eri appena nata.” Passò con affetto la mano sulla lapide gli occhi persi nel passato. “Ricordo che stavo cercando di spostare una naginata appoggiata ad un muro da una Guardia distratta. L’arma, ovviamente troppo pesante, a causa delle mie spinte era scivolata a terra e io nel tentare di trattenerla ero caduta con lei. Piangevo perché mi ero sbucciata un ginocchio. Dovevo essere ridicola.” Sorrise, quasi vergognosa per quella debolezza. “Lei mi ha sollevato, ha guardato il mio ginocchio e ha detto che ero fortunata, non avrebbe dovuto tagliarlo via.” Bianca sgranò gli occhi e Ileana rise di gusto. “Credo di aver fatto la stessa faccia anche io, ma ho smesso di piangere e allora, tua madre, mi ha messo a terra e mi ha detto di riprovarci.” La risata che aveva echeggiato nel cimitero si trasformò in un sorriso che increspava appena le sue labbra. “E ci ho riprovato, con lo stesso risultato fino a quando non ce l’ho fatta.”

Bianca abbassò la testa, ma Ileana le si avvicinò e con la mano le sollevò il mento fino a quando i loro occhi non si incontrarono. Con un brivido si rese conto di essere completamente nascosta al sole, avvolta nell’alta ombra della donna.

“Non l’ho detto per abbatterti, tutto il contrario: se tua madre fosse ancora qui non ti lascerebbe cedere, prova e un giorno ce la farai.”

“Perché dovrei provare? Non cambierà nulla, anche se un giorno il mio corpo mi permettesse di impugnare degnamente una naginata non sarò mai veramente parte della Guardia. Non mi vogliono qui, nessuno mi vuole.” I loro occhi erano allacciati, Bianca non sapeva come mai le era sfuggita quell’ammissione. Eppure quell’avvolgente ombra sembrava spingerla ad aprirsi, a fidarsi. La ragazza scosse la testa delicatamente, la mano le scivolò lungo il viso accarezzandone la pelle bianchissima, raccolse tra le dita i suoi capelli, neri come la più profonda delle ombre, e Bianca rabbrividì. Ileana si piegò dolcemente su di lei e le depose un delicato bacio sulle labbra. Fu un leggero sfiorarsi, una promessa per il futuro.

“Non devi ascoltare Gheorghe e gli altri, sono solo degli idioti, credono di sapere tutto e di poter fare tutto, ma non è vero. Tu sei speciale, guardi il mondo con occhi differenti e mi piaci per questo, non lasciarti abbattere, un giorno potrai fare tutto quello che desideri.” Le parole mormorate a pochi centimetri dalle sue labbra le scivolarono sulla pelle scaldandole il cuore.

Un brivido però interruppe il momento, un’ombra scura e fredda, piena di rabbia era calata su di loro. Ileana sembrò percepire qualcosa perché si scostò da lei e si voltò, come se avesse avuto l’impressione di avere degli occhi fissati addosso. Bianca invece non aveva dubbi, i suo sguardo si alzò verso le imponenti mura del castello e vi scorse una figura. Una Guardia: Gheorghe.

Il sole superò una nuvola e brillò su di loro, Ileana voltò lo sguardo dimenticando la sua perplessità e sorrise.

“Devo andare, altrimenti faccio tardi all’addestramento.” Con la mano le sfiorò il viso, il sorriso che si addolciva ancora. “Ci vediamo dopo.” Lasciò che i capelli neri le scivolassero tra le dita poi si voltò e corse via. Bianca sentiva il cuore battere veloce, ma percepì anche un brivido, come se l’ombra del castello tentasse di avvisarla di un pericolo. Cornel era stato chiaro, per una volta: stai lontana da Ileana, aveva detto. Gheorghe la vuole. Bianca si morse il labbro e poi sorrise perché Ileana aveva scelto lei.

 

***

 

Rimase un lungo momento accanto alle lapidi dei suoi genitori, se chiudeva gli occhi le sembrava che la loro ombra la sfiorasse portandole calma, poi rientrò nel castello. Per la prima volta il maestoso edificio non la accolse con gioia, sembrava pervaso da una strana tensione, come se volesse avvisarla di un imminente pericolo. Scacciandosi quella sensazione di dosso raggiunse la biblioteca e si immersa nella lettura. Non era un’attività consona alla sua uniforme, ma aveva smesso da tempo di dedicarsi alle corvées delle Guardie ancora in addestramento per dedicarsi alle cose che preferiva, come leggere o ascoltare di nascosto i musici dei Signori del castello.

“Cosa ti avevo detto?” Il coboldo spuntò dagli scafali con aria più tesa del solito.

“Pergamena al sicuro.” Disse lei battendosi la mano sul petto, conscia che Cornel non si riferiva affatto all’incantesimo.

“Parlo della ragazza! Stai creando dei gorghi che ti porteranno al disastro!”

“Ileana non è come gli altri, lei è… speciale e mi piace, non mi farà del male.”

“Sciocca bambina!” Esclamò arrabbiato il coboldo. “Sciocca, sciocca, sciocca!”

“Ho capito!” Lo fermò lei, il coboldo che si era messo a saltellare avanti e indietro si bloccò e la fissò con occhi torvi.

“Sciocca. Smetti subito o non potrò più proteggerti.”

“No.”

“Cosa?”

“Ho detto: no. Non smetterò, Ileana mi piace e io piaccio a lei. È la prima persona che mi guarda e mi vede, mi vede davvero e quello che vede le piace! Non permetterò che un vecchio coboldo mi impedisca di stare con lei.”

“Vecchio coboldo? Vecchio sì: vecchissimo e saggio; sì. Tu invece giochi con il fuoco, farfalla. Ti brucerai, ascolta il vecchio coboldo.” L’essere si tirò la barba con forza, quasi con disperazione poi sparì tra i libri.

“Maledizione!”

“Con chi stai parlando?” Ileana apparve tra gli scafali, un pacchetto tra le mani.

“Nessuno…”

“Anche io parlo da sola a volte e, quando cavalco, parlo al mio cavallo.” Sulle labbra le apparve un sorriso divertito. Con un gesto deciso spostò il libro dal tavolo e appoggiò il fagotto aprendolo e mostrandone il contenuto, soddisfatta. “Non sei venuta a pranzo e ho dovuto portare il pranzo da te. Mi hanno detto che passi del tempo qui, quindi… eccomi.” Sorrise e le si sedette affianco. Bianca pensò alla tensione del castello, alle parole del coboldo e poi guardò gli occhi di Ileana, con un sorriso accantonò tutto e pensò solo alla gioia che le dava passare del tempo con la giovane Guardia.

 

***

 

Coricata sul letto pensò che quella era stata la più bella giornata della sua vita e non era finita. Arrossì nel pensare allo sguardo con cui Ileana le aveva chiesto di vedersi quella notte, da sole, nella biblioteca.

Tese le orecchie sperando di cogliere solo il silenzio, ma vi erano ancora delle Guardie che si aggiravano nei corridoi dei dormitori ridendo e scherzando, un tempo essere esclusa da quel caldo cameratismo l’aveva fatta soffrire, ma ormai si era abituata e il dolore che le procurava era soffocato e distante. Quel giorno poi, l’unica cosa che voleva era che smettessero in fretta.

Passarono i minuti e Bianca si alzò, decidendo che non poteva presentarsi con l’uniforme delle guardie, scelse un vestito verde che era appartenuto a sua madre, fu sul punto di sfilare il bracciale di erba fatto dal coboldo, poi in un ripensamento lo tenne, infine si affacciò alla porta ascoltando. Il corridoio sembrava vuoto. Attese ancora alcuni minuti poi uscì.

Il cuore le batteva veloce, mentre attraversava le stanze del castello diretta verso la biblioteca e Ileana.

“Bianca.” La voce del coboldo la fece sussultare.

“Non importa cosa dirai, ci vado lo stesso.”

“La pergamena!” Il coboldo sputò la parola sibilando. “Hai dimenticato la pergamena!” Bianca sgranò gli occhi rendendosi conto dell’errore, nello svestirsi, tesa per l’appuntamento, aveva dimenticato di spostare di tasca l’incantesimo.

“È al sicuro…” Azzardò, non voleva tornare indietro, Ileana poteva già essere lì ad aspettarla. Il coboldo iniziò a saltellare agitato.

“Non capisci? Se venisse distrutta tu… tu…”

“Cosa?” Chiese lei, arrabbiata.

“Due mondi che collidono, ombra, luce… saresti presa tra due fuochi e lui saprebbe.”

“Non capisco un accidente di quello che dici, mi dispiace Cornel, ma ti assicuro che nessuno la toccherà, non è permesso entrare nelle stanze altrui e nessuno vorrà entrare nella mia…” Si bloccò perché il coboldo sembrava essere raddoppiato di dimensioni o forse era solo la sua ombra che si era increspata attorno a lui addensandosi e crescendo.

“Ora! La stanno prendendo ora!” L’urgenza della sua voce la fece voltare e correre, mentre l’ombra del coboldo sembrava spingerla e pressarla.

Attraversò i corridoi appena percorsi con il cuore che batteva veloce, l’ansia che aumentava a ogni passo, non aveva idea di quello che avrebbe trovato. Svoltò l’ultimo angolo e si bloccò, la porta della sua stanza era aperta, all’interno una luce si spostava veloce e numerosi voci ridacchiavano e mormoravano tra di loro. Bianca rimase immobile, chiedendosi cosa dovesse fare, voleva fermarli, ma al contempo ne temeva la reazione, non si era mai davvero opposta a qualcuno, se avessero semplicemente deciso di ignorarla o peggio, se ciò li avesse spinti oltre i soliti motteggi e le normali occhiatacce?

“Fermali! Se la pergamena viene distrutta cadrai nell’incertezza delle due nature!” Bianca fissò interdetta il coboldo, ancora una volta parlava per enigmi, eppure la sua voce era febbrile e la tensione evidente in tutto il suo corpo. Fece un passo avanti e si affacciò alla porta. Un gruppo di Guardie stava rovistando tra le sue cose, tra tutti spiccava l’alta figura di Gheorghe.

“Cosa state…” Si bloccò quando si voltarono, redendosi conto di aver fatto un errore. I loro occhi erano lucidi, i loro aliti puzzavano di birra anche a quella distanza, ma Bianca notò solo le loro ombre nere e liquide come pozze di pece. Quella di Gheorghe si proiettava su tutte: aggressiva, violenta e rabbiosa.

“Eccoti, finalmente! Abbiamo deciso che oggi era il giorno giusto: oggi ti assegneremo il Nome, ogni Guardia ne deve avere uno, giusto?” La sua voce era sferzante e i ghigni dei suoi compagni facevano da contrappunto. Bianca fece un passo indietro, gli occhi sgranati. “Cosa c’è? Non sei contenta? Sarai una di noi finalmente.” Ridacchiò, ma in lui non vi era nessuna gioia. Bianca si voltò per fuggire, ma due braccia robuste la afferrarono bloccandola e spingendola contro il muro. “Dove vai?” Chiese Gheorghe, sogghignate.

“Ti prego, lasciami andare…”

“Ti prego, ti prego…” Ripeté lui, facendo ridere tutti. “Non vogliamo farti del male, vogliamo solo farti un favore. Allora, come possiamo chiamarti? Bianca l’Impavida?” Chiese tra i sogghigni degli altri. “Bianca la Forte? Bianca la Possente? Bianca la…” Si fermò pensieroso, le sue braccia la trattenevano con forza e la sua ombra sembrava soffocarla cercando di entrarle nella gola. Il suo respiro era mozzato non solo dalla paura, ma anche dalla pesantezza di quell’ombra. “Ci sono! Questo ti piacerà: Bianca Niente!” Ci fu un coro di evviva. “Nell’antica lingua verrebbe…” L’uomo si soffermò a pensare poi sogghignò, sapeva che pronunciando quel nome vi avrebbe legato il suo destino. La cerimonia del nome era qualcosa di speciale, qualcosa che rendeva una Guardia parte del gruppo, per sempre. A pronunciare il nome era un genitore, un tutore o un amico, a volte il comandante, ma Gheorghe si stava prendendo quel diritto togliendole quel poco di dignità che le rimaneva.

“Per favore, no!” Supplicò, ma vide negli occhi della Guardia che quelle parole aumentavano solo il suo godimento.

“Bianca dy Nimic! Sorgi come Guardia, vivi come Guardia e muori come Guardia!” Rise mentre le Guardie ripetevano il suo nome forgiandolo nella memoria del corpo e legandolo a lei per sempre.

Gheorghe dy Puternic! Cosa stai facendo?” Ileana entrò nel corridoio con aria furiosa, l’uomo lasciò andare Bianca che si accasciò a terra, sentiva le lacrime bruciarle gli occhi mentre quel nulla, Nimic, le entrava nella pelle.

“Nulla di importante, solo una piccola cerimonia del Nome.” Osservò i suoi compagni e allargò le braccia. “Cerimonia privata, come noterai.”

“Sei…” Ileana era rossa in volto, sembrava trattenere a stento la rabbia eppure Bianca vedeva la sua ombra tendersi verso di lei, in un tentativo di protezione. Si alzò, non voleva apparire debole e sciocca anche davanti alla ragazza.

“Non importa. Ormai è fatta. Bianca dy Nimic sia.”

Nimic?” Ileana sembrò sputare il nome in faccia a Gheorghe che ridacchiò.

“Non ti piace?”

“La pagherai, farò rapporto al comandante!”

“A mio padre?” Chiese lui ironico e alcune risatine sfuggirono al gruppo di pecore che si era portato dietro, ad un solo furente sguardo di Ileana si zittirono.

“Sì, a tuo padre. Dirò che sei entrato nella stanza di una Guardia non invitato e che, senza nessun diritto, le hai imposto il Nome. Vedremo se riderai ancora.” L’uomo strinse i denti, rendendosi conto solo in quel momento della fermezza di Ileana.

“Non oserai tanto.”

“Certo che oserò.” I due si fronteggiavano viso a viso, Bianca poteva vedere con facilità le due ombre tentare di sovrastarsi.

“Non ce ne sarà bisogno. Ileana, vorrei che non lo facessi.” Gli occhi della donna si voltarono fissandosi su di lei. Vi era delusione in quei bei occhi verdi. Delusione nel vedere una debolezza di carattere là dove aveva perdonato una debolezze del fisico.

“Ecco: ascolta l’inetta.” Disse allora Gheorghe poi fece un passo indietro e con un gesto ai suoi amici se ne andò. Bianca abbassò la testa, non riusciva a sostenere lo sguardo di Ileana e non riusciva a osservarne l’ombra che si agitava attorno ai suoi piedi come mossa dal vento o da emozioni contrastanti.

“Oh… dimenticavo…” Gheorghe si voltò e lei alzò gli occhi per guardarlo, tra le mani teneva la sua pergamena, l’aveva aperta e ora mostrò i segni arcano tracciati su di essa. “Non credo che ti servirà ancora, giusto? Ora sei nelle Guardie, niente sciocchezze da bambini per noi.”  Con deliberata lentezza la strappò in due.

“No!” Bianca fece un passo verso di lui alzando il braccio, ma il suo corpo si bloccò irrigidendosi. Gheorghe strappò la pergamena in quattro pezzi poi otto e dodici, infine la lasciò cadere a terra in piccoli coriandoli.

“Bianca…” Sentì mormorare, ma il suo corpo non rispondeva più, tutti suoi muscoli si tesero per poi rilassarsi all’improvviso. Dita leggere le sfiorarono la spalla e lei si voltò, non si era mai sentita così forte, così piena di… fame. Guardò Ileana fare un passo indietro nel vedere il suo volto e sorrise, nel farlo si ferì le labbra. Alzò le dita sfiorandosi la bocca e osservando la piccola goccia di sangue che le macchiava. Passò la lingua sui denti sentendoli aguzzi, poi sulle labbra assaporando il gusto ferroso del suo sangue. Passandosi una mano tra i capelli diventati bianchi notò per la prima volta un dettaglio, sul muro c’era la sua ombra. Bella, nitida, forte. Sorrise sentendosi completa per la prima volta in vita sua.

Ileana fece un secondo passo indietro, Bianca poteva sentire il cuore della donna batterle con forza nel petto: paura. Ispirò con il naso, conscia che non era un vero odore quello che sentiva e che la inebriava, ma volendo averne di più.

“Ileana, vieni da me…” Mormorò piano e quando vide gli occhi della donna sgranarsi e il suo corpo tendersi per fuggire afferrò la sua ombra. O meglio, inchiodò l’ombra della donna con la sua. Si morse un labbro nel vedere la ragazza tentare inutilmente di liberarsi, tanta forza, tanta agilità, tanto coraggio, erano niente davanti a lei, al suo potere. Si avvicinò lentamente, poi alzò la mano sfiorando con le dita il viso della giovane.

“Bianca!” Chiamò lei, come a volerla scuotere, ma la Bianca che aveva conosciuto non c’era più. Con deliberata lentezza avvicinò le labbra al suo collo che baciò.

“Hai un sapore inebriante…” Mormorò e poi morse. Ileana si agitò sotto di lei gemendo, ma non riuscì a liberarsi mentre lei assaggiava per la prima volta il sangue pieno di paura di una vittima.

Completamente persa il quel piacere che le inebriava i sensi, non notò Gheorghe arrivarle alle spalle. Un colpo violento la portò nel buio.

 

“Chi sei?”

“Non lo so…”

“Figlia?” Il tono proveniva da lontano eppure era estremamente vicino, sembrava sussurrarle all’orecchio.

“No.” Protestò, ma percepì il sorriso dell’essere, come una carezza che la sfiorava appena.

“Verrò da te…”

 

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Capitolo 3
*** Guardie ***


Guardie

 

Il sole le sfiorò il viso disturbando il sonno e svegliandola. Bianca aprì gli occhi e li richiuse in fretta, una fitta di dolore che le attraversava la testa con violenza. Aspettò che passasse e, lentamente, riprovò.

Si trovava in una piccola stanza spoglia a parte la branda su cui si trovava lei. Era al castello, questo lo seppe subito e dopo un poco comprese di essere in una delle stanza adibite ai malati. Ma lei non era malata. Tentò di alzarsi e una seconda fitta alla testa la bloccò portando, assieme al dolore, anche delle vividi immagini. Il viso cinereo di Ileana e il sapore del suo sangue ebbero il potere di farla piegare in due dalla nausea. Non vomitò, ma riuscì a controllarsi solo dopo diversi conati. Cosa aveva fatto?

“Respira, mia piccola luna.” La voce pacata del coboldo riuscì a calmare il suo cuore.

Cornel, cosa ho fatto?” L’essere sospirò e, con una calma che non gli si addiceva, si sedette sul pavimento della stanza.

“Non è questa la domanda giusta: cosa sei? Questo è quello che dovresti chiederti.” Bianca chiuse gli occhi combattendo con le immagini che vedeva nella sua testa, cercando disperatamente di dare un senso a ciò che nel profondo sapeva di aver fatto.

“Cosa sono?” Chiese infine riaprendo gli occhi e trovando il coboldo fermo a osservarla.

“Sei figlia di tua madre e di tuo padre.”

“Questo non mi aiuta…” Mormorò lei, incapace di arrabbiarsi per la laconicità del protettore del castello.

“Tua madre era Ariana, ma tuo padre… lui è il Signore delle Tenebre, l’antico vampiro che domina le terre del profondo Nord.”

“No.” Mormorò lei mentre una voce suadente e fredda gli solleticava la memoria.

“Sì, vide tua madre una notte e la desiderò. Nulla si può rifiutare al Signore delle Ombre e malgrado tua madre avesse una forte volontà non riuscì a sottrarsi. La possedette e al mattino la lasciò tornare al suo gruppo di Guardie, ma una vita già germogliava il lei: tu.”

“Perché non l’ho mai saputo?”

“Nascesti di giorno e questo ti salvò, perché eri sola con i tuoi genitori quando cadde la notte e la parte che era di tuo padre prese il sopravvento in te, trasformandoti in un essere assettato di sangue. Il tuo padre adottivo conosceva la verità e tua madre era una donna forte e caparbia, chiamò in aiuto me: lo spirito protettore del castello. Mi invocò e mi supplicò di aiutarla.” Dalle mani lasciò cadere i frammenti che avevano composto la pergamena. “Creai l’incantesimo, legandoti al mondo dei vivi e dandoti la vita che i tuoi genitori desideravano, nascondendoti al contempo al tuo potente padre.”

“Ma la pergamena è stata spezzata…”

“La pergamena è stata distrutta e con essa l’incantesimo. La tua seconda natura è uscita allo scoperto; nascosta per anni desiderava solo nutrirsi e così ha fatto.”

“Ileana.” Mormorò Bianca abbassando il volto, ricordando la paura della donna, l’orrore che aveva letto in lei. “Ora crede che io sia un mostro, non vorrà mai più…” Si interruppe colpita da un pensiero: “Io sono un mostro.”

“Cos’è un mostro? Solo ciò che non capiamo. Solo tu puoi definire te stessa.”

“Cosa devo fare?” Chiese in una supplica Bianca, la voce rotta, gli occhi che si riempivano di lacrime.

“Non posso mostrarti la via da seguire, decidi chi vuoi essere e vivi una vita piena, non più a metà, né ombra né luce.” Il coboldo si avvicinò sfiorandole il braccio che portava ancora il piccolo bracciale intrecciato, poi sparì mentre la porta si apriva.

La ragazza ricacciò indietro le lacrime cercando di prepararsi a ciò che sarebbe giunto.

“Bianca… sono contento di vedere che stai meglio.” Il comandante della Guardie era un uomo grande e dall’aria decisa, che raramente aveva visto da vicino e con cui, lei, mai aveva parlato.

“Mio signore, mi dispiace molto per quello che è successo… io…” L’uomo alzò la mano fermandola.

“Abbiamo discusso a lungo, tutta la notte in realtà. La tua… natura… ci era sconosciuta.” Bianca sentì il cuore stringersi. “La Guardia è composta da umani e malgrado il fatto che tua madre l’ha servita con onore, è chiaro che…” Si interruppe, sospirò e guardò verso la finestra.

“Signore, non mandatemi via. Il castello è la mia casa.” Il comandante tornò a guardarla.

“La Guardia esiste per proteggere. Al suo interno non c’è posto per una minaccia. Tu, Bianca, sei una minaccia.” Lo disse senza cattiveria, ma con una dolcezza che Bianca non avrebbe mai sospettato in un uomo tanto possente e autoritario. “Lo capisci questo?” Chiese e lei sentì gli occhi bruciare perché per quanto avesse sempre saputo di non far davvero parte delle Guardie, esserne gettata fuori ora le provocava un dolore atroce.

“Io… lo capisco.”

“Bene.” Si alzò repentinamente, come se si sentisse sollevato nel aver compiuto il suo dovere.

“Come sta Ileana?” Il comandante la fissò a lungo, Bianca sentiva la sua ombra agitarsi: era indeciso tra verità e menzogna.

“Ha la febbre alta.”

“Starà bene?”

“Lo speriamo tutti.” Questa volta la sua risposta fu un secco saluto, le fece un ultimo cenno della testa e si voltò. Quando la porta si aprì, Bianca notò le due Guardie in posizione davanti a essa. Era sorvegliata, come un prigioniero pericoloso.

“Quando?” Chiese ancora e di nuovo l’uomo si volse a guardarla.

“Al tramonto.” Bianca sentì il nodo attorno al collo stringersi. “Non possiamo attendere di più.” Il comandante se ne andò e la porta si richiuse.

Ritrovandosi sola scivolò fuori dal letto e raggiunse la finestra, le fitte di dolore stavano scemando e lei poté reggersi in piedi. Aprì le imposte che erano appena accostate, e osservò il cortile del castello. Con struggente dolore accarezzò le ombre, quasi schiacciate del mezzogiorno, cercando di imprimersi nella mente quel posto che sapeva non avrebbe rivisto mai più.

Alla fine ce l’avevano fatta: l’avevano allontanata. Con rabbia scacciò le lacrime dal suo volto e tornò nel letto. Non avrebbero visto la sua debolezza, non meritavano le sue lacrime.

 

“Bianca dy Nimic, il tuo sacrificio per le Guardie non sarà dimenticato.” L’intero corpo era schierato nel cortile interno del castello, tutti in armatura, gli elmi calcati in testa, le naginate lucenti tese verso il cielo. Il comandante se ne stava ritto e impettito, in uniforme. Sembravano tutti ad un funerale e in realtà era esattamente quello che facevano, perché si nasceva Guardia e si moriva Guardia; e lei era morta per loro, solo così poteva andarsene. Bianca rimase di spalle alle porte del castello, aperte per lei, in attesa dell’ultimo raggio di sole.

Malgrado la sua volontà che tentava di trattenerlo, il sole scese, lento ma inesorabile, sprofondando tra i monti della valle, sparendo alla vista e portando con sé i suoi luminosi raggi.

L’astro era tramontato, la salma poteva andare a riposare. Solo che era lei la salma e quella notte non avrebbe riposato. Fece un passo e si voltò, dando la schiena a quegli uomini e a quelle donne che non l’avevano mai veramente voluta tra di loro. Un secondo passo e fu alla porta.

“Fermati.” Il bisbiglio la sorprese. Cornel era una piccola figura nascosta tra le ultime ombre del sole e le prime delle torce che i servitori stavano accendendo.

“Non posso: sono stata cacciata.”

“Se lasci il castello, lasci la mia protezione.” Le ricordò. Bianca poteva sentire gli occhi di tutte le Guardie puntate sulla sua schiena, intenti a chiedersi perché non compisse l’ultimo passo. “Lui sta venendo per te.” Sibilò il coboldo agitando le braccia.

“Devo andare.” Dietro di lei si udì un rumore, forse il comandante veniva a darle una spinta. Avrebbero creduto che era troppo debole persino per andarsene dignitosamente. Alzò un piede e su di lei calarono le tenebre.

“Figlia.” La voce questa volta non risuonava nella sua mente, no, era forte e vera eppure altrettanto inconsistente.

L’uomo davanti a lei era imponente. Avvolto in un lungo mantello nero sembrava confondersi nella notte che avanzava. Era ombra, comprese Bianca, pura ombra, il suo corpo era falso, così come era stata falsa la sua di ombra. Un corpo vuoto: morto. Istintivamente fece un passo indietro, sentendo le ombre del castello assieparsi attorno a lei protettive.

“Guardie!” Urlò il comandante, doveva aver scorto la minaccia perché nel suo tono risuonava la paura.

Sul viso del Signore delle Tenebre comparve un sorriso divertito e Bianca poté scorgere il luccichio bianco delle sue zanne.

“Figlia, vieni da me.” Bianca sentiva la voce dell’essere accarezzarla e fece un secondo passo indietro. “Perché mi temi? Io posso darti tutto ciò che desideri.” Il vampiro fece un passo verso di lai aprendo le braccia, il suo corpo era ammantato da una lucente armatura e una spada spuntava dal suo fianco, minacciosa eppure non quanto i suoi occhi neri e freddi, su di un viso pallido come la luna. Bianca sentì quegli occhi scavare dentro di lei, alla ricerca di ciò che in lei era più profondo.

“Insieme.” Quella parola risuonò nel silenzio del tramonto. Le Guardie sembravano aver smesso di respirare e Bianca ebbe l’impressione che tutto fosse immobile alle sue spalle.

“Insieme?” Non riuscì ad impedirsi di chiedere. L’essere davanti a lei sorrise.

“Io e te, insieme, possiamo essere parte di qualcosa. Sono solo da centinaia di anni.” La malinconia colorò la sua voce, colpendo Bianca con un senso di comprensione che non aveva mai provato prima. “Insieme possiamo appartenerci. Io ti donerò tutti ciò che desideri, perché tu mi donerai tutto ciò che desidero: una figlia. La fine della solitudine.”

Bianca percepì un brivido, il sole era ormai un ricordo e dentro di lei vi era qualcosa di oscuro che premeva per uscire. Il vampiro piegò la testa, il sorriso onnipresente sulle sue labbra sembrò crescere.

“Sei forte, controlli la tua ombra.”

“Non voglio quella parte di me.” Disse allora lei e il vampiro scosse la testa, un sospiro sfuggì dalle sue labbra.

“Non rifiutare la parte migliore di te, accoglila, impara a domarla e potrai essere tutto e fare tutto. Guarda.” Il vampiro alzò il braccio e nel suo pugno apparve una naginata, nera e splendidamente intarsiata, sembrava fatte di onice. “È tua, è fatta d’ombra eppure può uccidere tanto velocemente come una d’acciaio e legno.”

Bianca fece un passo avanti attirata da quell’arma meravigliosa che dentro di lei aveva sempre voluto. Ma il vampiro non aveva finito: “E lei, lei è già tua, l’hai morsa, ti basterà chiamare la sua ombra perché obbedisca a ogni tuo più piccolo desiderio.” I suoi occhi si fissarono in un punto alle spalle di Bianca che si voltò. Ileana stava avanzando nello spiazzo, il volto bianco e gli occhi tesi, ma il passo fermo di chi ha visto un mostro e ha deciso di affrontarlo di nuovo.

“Fermo!” Ordinò il vampiro quando Gheorghe fece un passo verso la donna nel tentativo di intercettarla. Il giovane soldato si bloccò, come ancorato al terreno, incapace di disobbedire.

“Questa Guardia, ti ha umiliato, dandoti un Nome nell’antica lingua indegno del tuo potere.” Il vampiro fece un passo avanti e si sbloccò. I suoi occhi fissarono con rabbia la porta aperta che lui non poteva varcare. “Fammi entrare.” Sibilò all’aria. Bianca vide Cornel rabbrividire nell’angolo in cui era nascosto, ma il coboldo non cedette. “Invitami a entrare.” Chiese allora fissando Bianca. “Possiamo nutrirci di loro, insieme.”

Bianca si voltò a guardare le Guardie, erano pallide e tese, ma sembravano pronte a lottare, le voleva morte?

“Io…”

“Figlia, ti hanno sempre odiata, definita un mostro, disprezzata e ora ti hanno bandita trattandoti come un morto. Non devi loro niente. Fammi entrare.” Il vampiro aveva una voce suadente, armoniosa eppure il castello lo temeva e lei amava il castello. Con pochi passi uscì dalla porta trovandosi davanti al vampiro che sorpreso, la fissò.

“Verrò con te, ma loro… lasciali in vita, padre.” L’essere rimase in silenzio per un lungo istante poi annuì.

“Bianca!” La voce di Gheorghe spezzò il silenzio e la ragazza si voltò sorpresa. “Bianca, quell’essere è un demone!” La giovane fissò il giovane guerriero senza parole, incapace di comprendere il perché quell’uomo sembrava volerla proteggere.

“Taci, sciocco, mia figlia è stata generosa con voi, ma io potrei decidere di non esserlo.” La minaccia sembrò far rabbrividire tutti nel cortile, ma Gheorghe non si mosse fissandola con intensità. Vi erano sentimenti discordanti sul suo volto, ma la sua ombra era netta e forte come sempre. Lei poteva leggervi colpa e un senso del giusto e dell’onore che lottavano contro la paura. Gheorghe voleva riscattare la sua anima per l’azione che li aveva portati tutti lì, a quel momento.

“Va bene così, Gheorghe, non c’era posto per me tra di voi.”

“Sì che c’era.” Questa volta era stata Ileana a parlare.

“Ora basta!” Il vampiro si voltò fissando le Guardie. “Invitatemi a entrare!” La sua voce risuonò nella mente di tutti, molte Guardie si tapparono le orecchie gemendo dal dolore, ma la voce di un’anima più debole delle altre pronunciò le parole che il Signore delle Tenebre desiderava: “Entra.”

Fu come l’abbattersi di un muro, il vampiro si protese in avanti avvolto dalle ombre penetrando nel castello come una nube nera. Le sue dita si allungarono per afferrare Gheorghe, ma il comandante si parò davanti al figlio, la naginata tesa il un affondo che penetrò l’ombra senza trovare la carne. Una risata crudele si riversò sulle pietre del castello.

“Sciocco!” Le mani del vampiro artigliarono il collo dell’uomo sollevandolo da terra con estrema facilità. “Sarai il primo a morire.” Disse l’essere, affondando i denti nella carne del collo indifeso del comandante della Guardia.

“No!” Quando Bianca arrivò alla porta il cadavere dell’uomo cadde a terra, la ferita al collo spiccava rossastra nel contrasto del volto bianco e ormai privo di vita.

“Nutriti con me.” Ordinò l’uomo. “Libera l’ombra e sarai tutto ciò che vuoi, potrai fare tutto ciò che vuoi!”

“Imbecille.” La voce bassa e sofferente di Ileana risuonò nel cortile mentre le Guardie inchiodate ai loro posti dal potere del vampiro assistevano impotenti alla scena e fissavano con orrore il corpo del comandante.

Era la seconda volta che l’essere pronunciava quelle parole, ma questa volta la replica di Ileana riportò alla mente di Bianca le frasi che si erano rivolte al cimitero.

“Come osi?” Le ombre del vampiro si avvolsero attorno alla ragazza che fu sollevata in alto.

“Padre!” Questa volta il vampiro si voltò a fissarla e un sorriso apparve sulle sue labbra.

“Giusto: lei è tua.” Lasciò la donna cadere a terra, ma davanti agli occhi increduli di Bianca, Ileana si rialzò, fissandola con occhi vacui.

“Cosa le hai fatto?”

“Ti mostro come controllarla.” Affermò il vampiro facendola volteggiare tra le ombre come un pupazzo vuoto, fino a quando non le si inchinò davanti. “Tendi il polso, permettile di nutrirsi di te e sarà tua schiava per sempre.”

“Non voglio…”

“Se non lo fai tu, lo farò io.” La minaccia scivolò sulla pelle di Bianca come una lama e finalmente lei si liberò della seduzione che l’essere aveva posto su di lei, per la prima volta non guardò più la maschera che indossava, ma guardò l’ombra e lo vide per davvero. Era vuota fame, famelico e crudele desiderio: tenebra e non l’ombra che lei amava. “Fallo!” Sibilò l’uomo tirando qualcosa dentro di lei, svegliando l’ombra che l’incantesimo del coboldo aveva rinchiuso per così tanto tempo.

Bianca sentì la propria testa scattare all’indietro mentre i suoi capelli diventavano bianchi come la luna e i suoi occhi neri come onice.

“Nutriti, figlia mia e poi lascia che lei si nutra di te.” La voce del vampiro era di nuovo suadente. Bianca sorrise, mentre i suoi occhi si fissavano su Ileana. Prese la testa piegata della ragazza e la ruotò permettendo ai loro occhi di incontrarsi, ma non lesse paura, non lesse neppure il vuoto del controllo del vampiro, no, lesse infinita dolcezza.

“Va tutto bene.” Mormorò la donna e Bianca affondò con rabbia i denti nel suo collo. Bevve con forza, ma senza piacere, provando dolore per quel gesto, senza capirne il motivo.

“Basta, o la ucciderai.” La voce del vampiro era divertita. “Ora tocca a lei, porgile il braccio.” Bianca staccò i denti dal collo dalla giovane e Ileana crollò a terra, incapace di reggersi sulle sue gambe.

“Bianca dy Nimic. Sorgi come Guardia, vivi come Guardia e muori come Guardia.” La voce di Gheorghe era un mormorio. La Guardia era accanto al corpo del padre, ma ora alzò gli occhi su di lei. “Non dimenticare mai: nasciamo per proteggere, moriamo per proteggere, siamo un solo corpo: siamo Guardie. Tu sei una Guardia.”

Bianca rabbrividì, sentiva quelle parole scivolare nel suo inconscio e risvegliare la parte di lei che aveva sempre desiderato essere parte di quel nobile corpo, parte di qualcosa da amare, qualcosa da proteggere e che l’avrebbe sempre protetta.

“Finisci con questa donna e poi ci occuperemo di loro.” Il vampiro la avvolse con le sue ombre, forte, suadente, eppure era solo un imbecille. Abbassò lo sguardo sul corpo riverso di Ileana e le accarezzo il volto, era così bella, anche adesso, priva di forze, pallida e indifesa.

“Non sei un mostro fino a quando non decidi tu di esserlo.” Questa volta era Cornel a parlare, con un gesto di stizza il vampiro scagliò lontano il coboldo che sparì nella notte.

Bianca passò le mani tra i capelli d’oro di Ileana, cercando di ricordare il suo sorriso: era così luminoso.

“Perché sei uscita dal castello? Perché sei venuta fino a qui?” Chiese allora, si ferì le labbra nel parlare, ma la presa della sua ombra su di lei non si rafforzò nel sentire il gusto del sangue, non questa volta.

“Ho sentito che avevi bisogno di me.” Mormorò la giovane un debole sorriso che appariva sulle sue labbra.

“Non mi temi?”

“Sì, come si teme il fuoco: la cui bellezza affascina e la cui ombra mette in guardia.” Bianca sentì il cuore stringersi nel riconoscere le sue stesse parole. “Può bruciarci, ucciderci, eppure ne abbiamo bisogno, perché senza di lui non possiamo vivere. Se devi prendere la mia volontà e rendermi schiava, fallo, non potrei sopportare di vederti diventare solo il vuoto tra le stelle.” Una singola lacrima scivolò lungo il volto di Ileana e Bianca sentì il suo corpo cambiare tornando a essere quello debole, umano e privo di ombra a cui era abituata.

“No.” Disse e alzò gli occhi fissandoli sul vampiro.

“Allora morirai. Assieme a tutti gli altri.” L’ombra la colpì con forza scaraventandola indietro, tra le Guardie. Bianca colpì il duro selciato con un gemito, finendo tra le gambe dei soldati. Per un istante credette che si sarebbero scostati da lei con disgusto, ma poi si rese conto che si stavano chiudendo formano il cerchio di protezione che gli aveva visto fare tante volte in addestramento, la voce di Gheorghe forte e limpida nella notte.

“Guardie in formazione!”

“Sciocchi!” Urlò il vampiro avventandosi sui primi con rabbia. Bianca si tirò in piedi mentre la notte si riempiva dei gemiti dei suoi compagni. Perché sì, per quanto l’avessero sempre allontanata e odiata ora erano lì per lei, pronti a morire, perché lei era una Guardia. Cercò di uscire dal cerchio, ma una mano decisa la spinse indietro, al sicuro.

Cosa poteva fare? Non voleva che morissero tutti per lei.

“Ora sei tra due mondi, mia piccola luna, scegli: abbraccia il tuo potere e sfida tuo padre o respingilo e trova un’altra soluzione.” Il coboldo si era materializzato accanto a lei.

“Non puoi fermarlo?”

“Lo avrei fermato per sempre se non fosse stato invitato a entrare, sono vincolato da quella legge magica tanto quanto il vampiro.”

“Cosa posso fare io? Non voglio ritornare ad essere il mostro che si è nutrito con gioia di Ileana.”

“Allora trova un altro modo.”

Bianca vide Gheorghe gettato di lato e Ileana recuperare la naginata dell’uomo per farsi avanti. Il vampiro rideva mentre alzava la grande spada, divertito dal combattimento tanto quanto dal pasto che presto avrebbe fatto. Non aveva più tempo.

“È solo ombra.” Mormorò Cornel un attimo prima di scomparire nel selciato.

Lui era ombra che controllava le ombre e lei era sua figlia, forse… Un  grido di dolore la fece trasalire, Ileana si teneva il braccio, la naginata era caduta lontano e la sua camicia bianca si stava colorando di vermiglio. Il vampiro si tese su di lei, la spada già rossa pronta a bere altro sangue.

Fermo!” L’intera piazza si immobilizzò, mentre lei tendeva le mani con orrore. Bianca sbatté le palpebre, stupefatta. Con passo incerto oltrepassò le Guardie tese nello scontro e in esso bloccate, fino a raggiungere suo padre, che la seguì con lo sguardo, sul volto aveva il ghigno divertito con il quale intendeva uccidere Ileana.

“Non puoi tenermi così a lungo.” Sibilò l’uomo il cui viso iniziava a scongelarsi. “Io sono il Signore delle Ombre!” L’urlò penetrò nella testa di Bianca che strinse i denti mentre il vampiro si liberava sciogliendo l’incanto. Le Guardie incespicarono liberandosi a loro volta, incredule. “Il tuo potere è forte.” Mormorò l’essere e poi si avventò su di lei, piantandole i denti nel collo. Bianca si dibatté invano e quando lui la lasciò andare cadde a terra accanto a Ileana che si stringeva il braccio ferito.

Il vampiro si leccò le labbra con un sorriso.

“Potere.” Mormorò. La sorpresa che aveva bloccato i soldati si sciolse e molte naginate furono spinte verso il vampiro nella speranza di trovarlo distratto. “Fermi.” Mormorò con grazia l’essere e sorrise di nuovo. “Potere, sì, ne hai molto. Potrei decidere di tenerti in vita e nutrirmi di te per sempre.” Il suo sorriso divenne crudele e Bianca rabbrividì mentre il vampiro si voltava e Ileana si tendeva per mettersi tra lei e il demone. “Sì. Ora però sono stufo, credo di essermi divertito abbastanza per una notte sola.” Guardava le Guardie e Bianca capì che quello era il suo momento, il momento che aveva atteso tutta la vita, avrebbe impugnato una naginata e avrebbe difeso i suoi compagni e il castello.

Con un gesto fluido raccolse da terra l’arma, ma non quella in ferro e legno troppo pesante e troppo terrena per l’essere che doveva sconfiggere, no, prese l’ombra dell’arma di Ileana e con gesto fluido la conficcò nel corpo fatto d’ombra di suo padre.

Il vampiro gridò voltandosi verso Bianca, il volto deformato dal dolore e dalla rabbia.

“Come osi?!”

“Io non ti appartengo, sono una Guardia e appartengo a questo posto.”

“Tu sei ombra come me, sei un mostro come me!” Il vampiro si dibatteva, ma lei lo teneva inchiodato a terra.

“Tu sei un mostro, io ho deciso di essere solo me stessa, in bilico tra ombre e luce, capace di vedere la bellezza in entrambe e di vivere in entrambe.”

“Sciocca!” Urlò rabbioso il vampiro cercando di afferrarla con gli artigli protesi. Solo allora Bianca vide il corpo sul quale il vampiro aveva tessuto le sue ombre, il corpo bianco e vuoto ora era lì, davanti a lei.

“Un paletto di legno!” Cornel comparve nell’ombra che il vampiro stava cercando di addensare nel tentativo di colpirli.

“Figlia! Non permettere che mi uccidano!” La voce del vampiro era pietosa ora e Bianca esitò, bastò un istante e il vampiro poté liberarsi dalla sua morsa d’ombra. “Sciocca e debole! Avresti dovuto uccidermi quando potevi.” La sollevò avvolgendole le mani attorno al collo, mani di carne, mani che erano state vive un tempo. “Sarai anche una Guardia, ma nessuno verrà a salvarti, morirai davanti ai loro occhi patetica creatura.”

Bianca chiuse gli occhi, malgrado si agitasse la presa del vampiro era ferrea e mortale. Il dolore era atroce. Sentiva la fine vicina eppure era in pace, sarebbe morta come una Guardia, avrebbe potuto essere sepolta assieme ai suoi genitori, degna di essere ricordata per aver tentato di difendere il castello; e, soprattutto, sarebbe morta sapendo di essere stata amata.

I suoi occhi si fissarono sulla macchia indistinta che sapeva essere Ileana: la donna si stava muovendo. Per un istante il suo cervello in manca di ossigeno faticò a comprendere l’importanza di quel movimento poi ricordò che non si era fermata all’ordine del padre, non era rimasta bloccata come tutte le altre Guardie. Con un sussulto comprese che quel dettaglio era di fondamentale importanza, non solo per lei, ma anche per suo padre. Il vampiro strinse le dita infastidito nel veder sorgere sul suo volto un sorriso soffocato poi un sussulto scosse le braccia che la reggevano e Bianca cadde a terra. Respirò con un rantolo mentre gli occhi tornavano a vedere con chiarezza. Accanto a lei, steso al suolo, c’era l’essere che aveva chiamato padre e dal suo petto fuoriusciva l’asta di legno di una naginata. A stringerla, con i denti stretti dal dolore, ma gli occhi determinati vi era Ileana.

“Non è possibile, tu eri sotto il mio controllo.” Mormorò il vampiro mentre si spegneva. La donna indicò il morso che lei le aveva procurato.

“Si può essere sotto il controllo di un solo demone alla volta e, io, sono sua.” La sua voce era fievole, ma nei suoi occhi brillava l’orgoglio per quella fiera lotta in cui Bianca aveva vinto contro le tenebre e contro se stessa.

Il vampiro tentò di rialzarsi, ma il suo corpo si trasformò in polvere e le ombre caddero attorno a lui sfilacciandosi e sparendo nella notte. Era finita.

Le Guardie tornarono a muoversi, molte rimasero a terra e Bianca osservò tra tutti il corpo del comandante, poco distante Gheorghe si avvicinò zoppicando, aveva un grosso livido sul volto e il braccio che stringeva al petto era storto in maniera innaturale, sul suo volto vi era una smorfia di dolore, ma l’uomo la ricacciò indietro non appena vide il padre sollevato da due Guardie.

“Mi dispiace.” Mormorò Bianca.

“No. Dispiace a me. Tutto questo è colpa mia e porterò la colpa finché vivrò.”

Gheorghe io…”

“Permettimi di eseguire di nuovo la cerimonia del Nome.” Sul suo volto vi era una profonda serietà, assomigliava di più al padre adesso e meno al ragazzo arrabbiato e aggressivo che aveva strappato la pergamena dell’incantesimo solo il giorno prima. Bianca annuì senza capire cosa volesse fare.

“Guardie, schierate.” Ordinò e i soldati si sistemarono di nuovo in ranghi, molti erano appoggiati alle loro lame a causa delle ferite, ma nessuno si tirò indietro. Gheorghe si voltò verso di lei, il volto serio.

“Sorgi come Guardia, vivi come Guardia e muori come Guardia. Bianca dy Nimic Frică.” Pronunciò. Nell’udire quelle parole Ileana sorrise e Bianca sentì il cuore fremere d’orgoglio.

Ogni Guardia che poteva ancora farlo alzò l’arma al cielo e ripeté in coro il suo Nome: ora lei era Bianca Senza Paura. Ora lei era una Guardia.

 

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Capitolo 4
*** Certezze ***


Certezze

 

“Ho chiesto al nuovo comandante di averti nella mia squadra.” Gheorghe le si era seduto accanto alla mensa e con uno sguardo aveva allontanato tutti gli altri, persino Ileana si era alzata per lasciarli soli.

“Grazie, sergente.” La promozione del giovane era sulla bocca di tutti, il suo nobile e coraggioso comportamento contro il demone non era rimasto inosservato.

“Non mi ringraziare, non ti piacerà.” Il suo tono era severo e Bianca annuì. Sapeva di essere ancora una pessima Guardia, almeno secondo i canoni classici, però il fatto che avrebbe potuto fermare da sola un’orda di invasori aveva il suo peso e controbilanciava la sua debolezza fisica. Rimasero in silenzio, tanto a lungo che Bianca si chiese se Gheorghe avesse altro da dirle, poi però l’uomo la sorprese parlando ancora. “Ero furioso quella sera.” Bianca si voltò a guardarlo, l’ombra dell’uomo appariva piccola e dimessa: era in imbarazzo. “Avevo chiesto il permesso a Ileana di poterla corteggiare. Lei mi ha rifiutato.” Bianca distolse lo sguardo a sua volta in imbarazzo. Le cose tra lei e Ileana si erano evolute dopo la notte dello scontro con il vampiro, suo padre, e malgrado non fosse ancora di dominio pubblico era difficile che Gheorghe non si fosse accorto che Ileana non dormiva più nella camerata. “Poi vi ho visto, nel cimitero. Tu, ai miei occhi così insignificante, eri riuscita ad attirare il suo sguardo mentre io, no. Volevo punirti e… mi sono comportato come un idiota.” Erano delle scuse. Bianca tornò a guardarlo si era aspettata molte cose da lui, ma non delle scuse. “Tutta la vita non sono stato altro che uno sbruffone, credo di aver sempre detestato la tua diversità, il fatto di non riuscire a incasellarti. L’altra notte, mentre il castello era in pericolo ho capito che non importava quanto poco ti sopportassi, tu eri una Guardia e dovevo proteggerti, perché era la cosa giusta da fare, perché altrimenti non avrei più potuto guardarmi nello specchio.” Alzò lo sguardo fissandola a sua volta.

“Il passato non ha più importanza, Gheorghe, sei stato al mio fianco quando ne ho avuto davvero bisogno.” L’uomo annuì alle sue parole, poi si alzò, ma prima di andarsene volle aggiungere qualcosa.

“Ti chiedo perdono per tutti gli anni di vessazione. Non succederà più, se sarò duro lo sarò perché te lo meriti, se ti punirò sarà perché è la cosa giusta da fare e non sarai trattata diversamente dagli altri membri della mia squadra. Bianca dy Nimic Frică non credo che saremo mai degli amici, ma possiamo essere compagni.” Bianca sorrise e lui annuì di nuovo, seccamente, ricordando il padre, poi se ne andò.

Ileana appoggiata alla porta incrociò i suoi occhi e sorrise, sembrava essere misteriosamente a conoscenza delle sue sensazioni, come se il morso, ormai guarito, le avesse legate più profondamente di quello che immaginassero.

C’erano tante cose che ancora non sapeva di se stessa e dei suoi poteri. Si alzò e raggiunse la donna uscendo con lei nel cortile del castello, dove le ombre lunghe del pomeriggio la accolsero riconoscendola come parte di loro.

“Hai vissuto in bilico tra due mondi ed entrambi ti rifiutavano, ma ora che li hai abbracciati, ambedue, non so cosa puoi essere capace di fare.” Cornel le aveva sorriso nel dirle quelle parole che in parte la spaventavano. Cos’era lei: umana, demone, qualcosa a metà?

“Va tutto bene?” Le chiese la ragazza, inclinando la testa e osservandola.

“Riflettevo su ciò che sono.”

“Un’ombra che cammina sotto il sole.” Ileana sorrise, poi lanciò uno sguardo nel cortile in cui camminavano e, nel vederlo deserto, si piegò su di lei, catturandole le labbra in un bacio. “Sei libera Bianca, libera di disegnare il tuo destino, libera di essere chi vuoi essere.” Le aveva già mormorato parole simile, mentre stesa accanto a lei nel letto la accarezzava i capelli diventati bianchi, cercando di aiutarla a dominare la potente ombra che nelle ore più buie premeva per dissetarsi. “Non sarà facile, ma io sarò sempre accanto a te.” Bianca annuì e sentì le preoccupazioni placarsi.

Ileana, come sempre sensibile al suo cambiamento d’umore annuì soddisfatta, poi raccolse con un gesto la sua Naginata. Nel pugno di Bianca comparve l’arma d’ombra e la ragazza sorrise: era una Guardia dopo tutto e non sarebbe mai stata sola, quella certezza le bastava.

 

 

Note: Piccolo epilogo che non ha partecipato al contest, ma che ho voluto aggiungere, per tentare di colmare la lacuna sull’atteggiamento di Gheorghe e perché strapelot, che è sempre gentilissima nel leggere e commentare le mie storie, mi ha chiesto un piccolo sforzo in più. So che questa storia rimane comunque aperta, ma spero che questo piccolo epilogo vi soddisfi.

Ciao ciao

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