Something Bad - The Gray Garden

di Light_Girl
(/viewuser.php?uid=854023)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fear ***
Capitolo 2: *** Close Encounter ***
Capitolo 3: *** Problem? ***
Capitolo 4: *** Weird Doll ***
Capitolo 5: *** Clustrophobic ***



Capitolo 1
*** Fear ***


-Fear

 

«Ally, io esco. Mi raccomando, non aprire a nessuno e stai tranquilla! Se vuoi uscire, le chiavi sono sul tavolo!» la voce della madre la riscosse dai suoi pensieri.

La ragazza rispose con un semplice “d’accordo”, prima di udire la porta chiudersi e il lucchetto fare “clack”. Quel suono la fece tremare, seppur lievemente. Sentì all’improvviso quella sensazione spaventosa, come se le pareti la volessero intrappolare e schiacciare, come se non ci fosse una via d’uscita. Allison si impose di rimanere calma; tuttavia, dopo poco si alzò in piedi di scatto, si avvicinò alla finestra e si sporse. Cercò di riempire i polmoni con più aria possibile, inspirando ed espirando. Pensò a qualcosa di bello, si concentrò sul suo respiro che, a poco a poco, si stava regolarizzando. Solo così facendo riuscì a tranquillizzarsi.

Claustrofobia, timore ossessivo di trovarsi in ambienti chiusi.

Be’, non era una vera e propria claustrofobia. Aveva solo paura di rimanere chiusa dentro, come quella volta.

Ally sospirò e si appoggiò con la schiena contro il muro vicino alla finestra. Fissò per un istante la porta, poi distolse lo sguardo. Avrebbe voluto uscire, ma era fuori discussione. Sarebbe stato come perdere una battaglia contro se stessa, contro la sua stessa paura. Scosse la testa e socchiuse gli occhi, cercando di non pensarci. Il cellulare squillò. Ally si avvicinò: -Chiamata in corso da Hillery...

Con un sorriso si portò il cellulare all’orecchio.

«Ehi, Hillerina! Fa rima con ballerina.»

Sentì l’altra scoppiare a ridere.

«Ally! Non chiamarmi “Hillerina”!» esclamò. «Comunque, ti volevo chiedere se, per caso, ti va di venire a casa mia. Oppure usciamo, dove ti pare. Che dici? Eh?»

Allison fece finta di pensarci.

«Mh. Proposta alquanto interessante... Ci sto!»

Hillery esultò.

«Passo a prenderti io con mia madre, okay? Ti va se andiamo al parco a mangiare, ehm, un gelato?» chiese, entusiasta.

«Sicuro. Magari mangiare un gelato con questo freddo è un po' “poco normale”, però okay. Tanto noi non siamo di certo normali!» scherzò Ally.

«A che ora? Verso le 5?»

«Sì, okay. Allora ci vediamo dopo. See you later, baby!» esclamò Hillery.

«Bye-bye!»

-Chiamata terminata.

Si lasciò sfuggire una risatina. Si conoscevano da un sacco di tempo e Hillery era la sua migliore amica insieme a Samantha. Era sempre felice di passare del tempo con loro e si volevano un gran bene, erano come sorelle. Si affacciò alla finestra e lasciò che un dolce vento le scompigliasse i lunghi capelli castani. Si sentiva meglio ora; era molto più tranquilla. Nonostante fossero in pieno inverno - a Natale non mancava poi così tanto - quel giorno c'era il sole.

Si poggiò sul davanzale e osservò. Sentiva il caldo odore del pane che proveniva dal panificio vicino a casa sua e in lontananza la vocina stridula di una signora che strillava con il figlio. Osservò le foglie secche degli alberi toccare dolcemente il terreno e le macchine sfrecciare sull’asfalto, spazzandole via. Sospirò, formando una piccola nuvoletta bianca che si dissolse quasi subito. Poi lanciò una rapida occhiata all'orologio.

“Le 4 e un quarto - pensò - ho ancora un po' di tempo per rilassarmi.”

Ally si girò per un attimo verso la porta, poi si buttò sul divano e accese la televisione; così, per distrarsi. Al telegiornale si parlava di misteriosi ed efferati omicidi, che stavano diventando sempre più frequenti. Le persone intervistate dicevano di sentirsi osservate e seguite ovunque. Alla notizia di un possibile - probabile - serial killer, inutile dire che tra la gente si scatenò il panico.

Allison spense la televisione, un po' spaventata per quello che aveva sentito. Per tutto il resto del tempo si limitò a leggere un libro ascoltando un po' di musica. Alle 5 meno dieci si alzò e fece qualche passo verso la finestra ancora aperta. Il sole di un’oretta prima era scomparso, lasciando spazio a un cielo scuro e a una fitta nebbia. Sbuffò.

“Odio l’inverno" pensò, stringendo le spalle.

Stava per chiudere la finestra, ma sentì il cellulare vibrare nella tasca, segno che Hillery era probabilmente arrivata e la stava aspettando fuori al cancello. «Dai, sbrigati! Ally!» sentì urlare. «È venuta anche Samantha!»

«Arrivo subito!» esclamò di rimando, chiudendo la finestra. Raccolse il giubbotto, il cappello e la sciarpa, e velocemente raggiunse le due ragazze. Una era bionda e aveva i capelli lunghi fino a metà schiena. Aveva uno sguardo furbetto e due occhi verde smeraldo, che venivano risaltati da una maglia dello stesso colore. Saltellava e ballava, entusiasta.

«Hillery, calma! Stiamo solo uscendo» ridacchiò l’altra, Samantha. Era la più alta tra loro - Allison era la più bassa -, aveva capelli castano chiaro con qualche sfumatura di tonalità ancora più chiara. Aveva due occhi color nocciola, espressivi e vivaci.

«Appunto! Non usciamo insieme da un pezzo!» gesticolò la bionda.

«E allora? Che aspettate? Forza, correre!» urlò Ally, afferrando le braccia delle amiche e trascinandosele dietro.

«Vi imploro, aspettateci! Signorina Allison Gray, non siamo veloci quanto voi!» scherzò Samantha.

«Questo lo so già, Sam!» urlò Allison.

“La più bassa, ma la più veloce” pensò ridacchiando.

Quando si fermò erano già arrivate al parco. Si incamminarono verso la gelateria, ma Ally si congelò sul posto. Diede un’occhiata in giro, un po' spaventata. Sentiva una sensazione strana. Sentiva come se qualcuno la stesse osservando. Si convinse che il telegiornale doveva averla condizionata troppo, magari era perché in quel parco non ci veniva quasi più nessuno e quindi aveva l’impressione che qualcuno la stesse spiando. Sì, doveva essere così.

«Ally…?» fece Samantha, fermandosi.

«Mh? Tutto apposto, Sam. Avevo visto un piccione che sembrava uno scarafaggio, lo sai come sono fatta. Andiamo?» chiese Ally, cercando in qualche modo di sdrammatizzare.

Hillery scoppiò a ridere per il piccione e ricominciò a camminare a braccetto con le altre due.

 

✧~✧~✧

 

Hillery fece due giravolte su se stessa.

«Grazie per questa serata, mi sono divertita tantissimo!»

«E di che? Sei tu che hai avuto l’idea, Ery» disse Allison.

«Dovremmo uscire più spesso insieme» fece Sam.

Ally sbadigliò. «Che ore sono, Sam?»

Samantha si tirò su la manica della giacca, mostrando un orologio da polso digitale.

«Sono le 9 e un quarto.»

Allison schizzò in aria e si sbatté una mano sulla fronte. «Caspita, è tardissimo! Devo correre a casa.»

«Uh, okay. Ehm... vuoi che ti accompagni?» chiese la castana.

«No, no, grazie. È davvero tardi e mia mamma sarà arrabbiata con me...» si girò e cominciò a correre verso casa. «Grazie per la serata, davvero, ci vediamo lunedì!» esclamò, salutandole con la mano.

«Ciao Ally!» urlò Hillery.

Poi si voltò e corse il più velocemente possibile. Era davvero in ritardo. Era stata così felice di uscire con le amiche che si era completamente dimenticata di avvisare la madre. Si sarebbe imbestialita, questo è poco ma sicuro. Dopo vari minuti di corsa incessante arrivò alla meta sana e salva. Salì i gradini all’ingresso e varcò la soglia. Una volta entrata Allison si concesse di prendere fiato, finalmente. Accese la luce nel salotto e si guardò intorno. La coperta sul divano era trascinata in terra, il telecomando sul tavolino, il bicchiere con l'acqua sul mobile, il libro ancora aperto sul divano. Tutto come l’aveva lasciato.

«Mamma! Sei qui?»

Nessuna risposta.

Che la mamma non fosse ancora tornata? Impossibile. Non faceva mai così tardi e poi l’avrebbe avvisata di sicuro.

Insomma la situazione si era capovolta. Prima era lei in ritardo, ora sua madre.

Ally controllò il cellulare per vedere se ci fossero chiamate o messaggi da parte sua. Nulla, assolutamente nulla. Be’, magari era davvero in ritardo. Però Ally aveva un brutto presentimento, non seppe spiegarsi neanche lei il perché. Sentiva solo che c'era qualcosa che non andava.

La prima cosa che le venne in mente di fare per contattarla fu proprio mandarle un messaggio:

 

-Da: Allison

“Mamma, dove sei? Perché non sei ancora tornata? Non è da te non avvisarmi, mi stai facendo preoccupare.”

A: My Mommy ♡

 

Mise il cellulare in tasca e aspettò per venti minuti una risposta che non arrivò. Percepì un brivido lungo la schiena. Si mise a girare intorno al tavolo, cercando di non agitarsi. Alla fine accese la televisione, c'era troppo silenzio per i suoi gusti. Uno di quei silenzi a dir poco agghiaccianti. Telegiornale. Cambiò subito canale, spaventarsi con la notizia del killer era inutile in quel momento e avrebbe solo contribuito ad alimentare la sua paura. Sentì una lieve vibrazione del cellulare. Lo tirò fuori subito, sperando e credendo con tutta se stessa che fosse la madre. Invece era solo Samantha che le chiedeva se la madre si fosse arrabbiata con lei.

 

-Da: Allison

“Sam, dovresti aiutarmi. Può sembrare stupido, ma mia mamma non è ancora tornata e… ho un brutto presentimento, sono spaventata. Ti prego, vieni a casa mia.”

A: Sammy Castagna ♥

 

Confermò e aspettò una risposta con impazienza. Il cellulare vibrò. Era Sam che rispondeva con un “arrivo subito, non ti preoccupare”.

Si sentì soffocare in quella stanza, le mancava il fiato. Cominciò a respirare pesantemente e si appoggiò al muro. Ogni minimo scricchiolio dei mobili la faceva sobbalzare. All’improvviso si staccò dal muro e decise di uscire a prendere una boccata d’aria. Chiuse la porta dietro di sé e scappò fuori, aspettando Sam. Quando vide la sua sagoma avvicinarsi le corse incontro e l’abbracciò.

«Ally, cosa è successo?» domandò l’amica, visibilmente preoccupata.

«Sam, non mi risponde! In più ho un brutto...» interruppe la frase a metà e fece tre passi indietro.

Delle immagini confuse si mescolavano tra loro, risate, frasi sconnesse e una distinta in particolare, che le causò un forte mal di testa.

“Piccola mia… ti ho trovata.”

Il tono di voce le sembrava quasi dolce e un po' malinconico, ma era troppo impegnata a urlare cercando di fermare quel mal di testa terribile, in qualche modo. La nausea la assalì, mentre la voce dell'amica che cercava di aiutarla le sembrava così distante da riuscire a malapena a sentirla. Dopodiché capì ben poco di quello che stava succedendo: riuscì a distinguere delle urla e altre voci che non riconobbe, un suono metallico e il buio più totale.


°*°*°

 

{Angolino dell'Autrice:}

Ma shalve genteh.

Io sono nuova qui, eh già. ^^ Mi chiamo Light_Girl, ma chiamatemi solo Light perchè suona più dolcioso. 

Okay. Questa sarà una storia un po'... strana. Ho tantissime idee e spero di aggiornare spesso. Domani di sicuro ci sarà il secondo capitolo, poi si vedrà. Mi farebbe tantissimo piacere se qualcuno di voi - sì, sì, proprio tu che stai leggendo - decidesse di lasciarmi una recensioncina! Magari anche qualche consiglio per migliorarmi, ne sarei davvero felice.

Okay (x2), questo è l'inizio di una luuunga storia. Respira profondamente. Prepara i waffles e affila i coltelli; fidati, ti serviranno.

Okay (x3), mo' mi ritiro. 

CI SI VEDE GENTE PANDACORNOSAH.

 

Light_Girl

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Close Encounter ***


-Close Encounter

 

Nero, solo nero. E in mezzo a quel nero dei lievi mormorii. Allison aprì lentamente gli occhi grigio chiaro, riacquisendo pian piano conoscenza. Inizialmente era tutto sfocato, poi riuscì a mettere a fuoco ciò che era intorno a lei. Si mise a sedere. Quattro o cinque figure erano in piedi davanti al divano, su cui Ally era sdraiata e priva di sensi solo qualche attimo prima.

Una bambina dai lunghi capelli castani e occhi verdi la stava osservando attentamente e con aria curiosa. Del sangue fuoriusciva da una ferita sul suo viso e cadeva sulla sua camicia da notte logora e sporca. Stringeva un orsacchiotto tra le braccia. Poco distante da lei un ragazzo se ne stava appoggiato a un muro con le braccia conserte. I capelli color miele erano un po' spettinati e visibili, nonostante il cappuccio blu che indossava fosse tirato fin sopra la testa. Indossava due occhialoni arancioni che non permettevano a Ally di confermare di che colore fossero i suoi occhi; la bocca era coperta da una maschera. Due asce, da cui colava un orrendo liquido rosso, pendevano dalla cintura a cui erano legate. Nel notificare la presenza delle armi, Ally si sentì aggredire dal panico, ma decise di non reagire in alcun modo e mantenere la calma - o almeno provarci - perché sarebbe stato solo peggio, molto peggio. Continuò a osservare, solo osservare. In silenzio, poiché non sapeva cosa dire o come comportarsi in quella circostanza, in una situazione del genere. Perché di situazioni come quella non ne aveva mai viste. Girò lentamente la testa verso la sua sinistra e quello che vide la fece quasi strillare. Un uomo, vestito con uno smoking nero ed elegante, molto alto. Era pallido, o addirittura completamente bianco, e del tutto privo di tratti facciali. Aveva la testa rivolta verso di lei ed era leggermente curvato nella sua direzione. Sembrava che la stesse osservando, se non fosse stato per il fatto che non aveva occhi.

Allison, con un balzo, si ritrovò con la schiena premuta sul bracciolo, appena sul bordo del divano, e portò istintivamente le mani davanti a sé, come a cercare di parare qualsiasi cosa avesse potuto farle del male. La sua reazione, totalmente giustificabile e comprensibile, fece avvicinare ancora di più lo strano essere in smoking. Il mal di testa tornò, molto più forte del precedente, e una strana voce metallica risuonò dolorosamente nella sua testa.

"Piccola mia, mi riconosci? Ti ricordi chi sono, tesoro?"

La ragazza si portò le mani alla testa e si lamentò a bassa voce. Una volta finito quello strazio, cercò di rispondere.

«C... Che cosa dovrei ricordare? Perché mi avete portata qui? E dov'è qui?» domandò, cercando una risposta negli sguardi di tutti i presenti. Notò la presenza di altri due ragazzi. Uno era un po' basso ed era vestito di verde, con un cappellino del medesimo colore. Gli occhi erano neri, mentre le iridi rosse. Da essi gocciolava uno strano liquido scuro e denso. Sembrava quasi che stesse piangendo. Anche se l'espressione tranquilla tradiva quella osservazione. L'altro ragazzo contribuì solamente ad alimentare il suo stato d'ansia e paura spropositato. Indossava una felpa che una volta doveva essere stata bianca, imbrattata di rosso scarlatto, con una tasca centrale da cui sporgeva appena qualcosa, qualcosa che la ragazza non riuscì a vedere. Aveva capelli neri che arrivavano fino alle spalle; era pallidissimo e gli occhi erano di colore molto chiaro, da sembrare quasi di ghiaccio. Osservò poi la sua bocca, che si allargava in un enorme sorriso inciso sulle guance. Ally perse un battito. Tuttavia, nessuno accennò a voler rispondere. Tutti si limitarono a fissare lei e la creatura in smoking, aspettandosi forse qualcosa.

«Dove sono Samantha e... mia madre?» tentò ancora, con voce flebile. Spostò lo sguardo sulla creatura alla sua sinistra, come se la domanda fosse rivolta a lui. Dopo un silenzio che le parve interminabile, quando sembrava che lui stesse per dirle qualcosa, sentì una voce alle sue spalle.

«Saranno già sottoterra, probabilmente.»

Quella frase, seguita da una risatina sottile e inquietante, la fece voltare. Era stato il ragazzo dagli occhi di ghiaccio a parlare. Non fece in tempo a chiedere spiegazioni, nonostante dentro di sé sapesse già la vera realtà. La risata si trasformò presto in un urlo di dolore e il ragazzo si portò le mani alla testa, curvandosi in avanti.

«Basta, ho capito, smettila!» urlò. «Non dirlo, finiscila!»

Allison non capiva nulla al contrario. L'essere in smoking aveva la testa girata verso di lui e una mano tesa in avanti.

«Sta' zitto, dannazione...» si lamentò ancora il moro.

«Per favore, smettila. Qualunque cosa tu stia facendo» intervenne Ally, non sapendo con certezza nemmeno lei perché fosse preoccupata.

Silenzio. L'essere si girò verso di lei e quella voce metallica le parlò ancora, questa volta senza mal di testa.

"Tesoro, hai ragione a essere confusa. Ti sarà spiegato tutto con calma, te lo prometto, ma non oggi. Ti basta sapere i nostri nomi per il momento."

  Ally rimase in silenzio, immobile.

"La piccolina si chiama Sally, sono sicuro che andrete d'accordo insieme; lui è Ben, mentre il ragazzo in fondo è Jeff. E per finire Toby."

Allison prestò attenzione a memorizzare tutti i nomi e associarli al rispettivo proprietario. Sally era la bambina dagli occhi verdi, Ben il ragazzo un po' basso dai capelli biondi, Jeff il ragazzo dagli occhi di ghiaccio e la felpa tinta di rosso, Toby il ragazzo con gli occhialoni e le asce.

"Qualunque cosa accada, non avere paura. Loro non ti faranno mai del male. Ti chiedo di fidarti di me, di noi. Per favore, puoi farlo?"

Dopo vari istanti di silenzio che sembravano durare ore, la ragazza aprì lievemente la bocca e, contro ogni preavviso, pronunciò quella sillaba, quelle due lettere.

«Sì.»

Tutti i presenti si scambiarono degli sguardi tra di loro, confusi, sorpresi, sconcertati, interdetti.

«Io mi fiderò di voi tutti solo se voi sarete sinceri con me. Solo se mi garantite che tutte le persone a cui voglio bene non sono e non verranno coinvolte in questa… faccenda» continuò.

Si susseguirono altri attimi di silenzio, durante i quali Allison non seppe cosa pensare.

“Ti prometto che le persone a cui sei affezionata non sono e non verranno per alcun motivo coinvolte.”

«Sarete sinceri con me? Questa è la verità?»

«Non ti fidi di noi se ci fai tutte queste domande» fece il ragazzo dai capelli color miele, Toby.

«Perché dovrei fidarmi subito di persone che non conosco?» domandò a sua volta Ally.

«Questo non lo so. Dimmelo tu, visto che hai accettato.»

Allison rimase in silenzio per un po'. In effetti qual era il cavolo di motivo che l’aveva spinta ad accettare?

  «Forse il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è fidarsi.»

«Hai un modo curioso di pensare» commentò Jeff, dopo un po'.

«Come... Come posso chiamarti?» chiese la ragazza rivolta all’essere in smoking.

“Mi sono stati dati numerosi nomi. Slenderman è il più recente.”

 

 

°*°*°

 

{Angolino dell'Autrice}

Buonsalve di nuovo, genteh. 

Eccomi con il secondo capitolo! Dai, sono stata puntuale. U_U

E... sì, "Incontro Ravvicinato" è proprio un titolo azzeccato devo dire. Yesh.

Comunque, ho una domanda per voi: dovrei usare il grassetto per i discorsi diretti di Slenderman? O è meglio che non usi nulla? Non posso usare il corsivo perchè ci sarebbe confusione tra Slender e i pensieri di Allison. Appunto, Slenderman non parla a voce, ma parla "nella testa" dei personaggi. Quindi... consigliatemi voi cosa fare, please. T^T

Ehm... Io penso di andare ora.

Se volete - vi prego T^T - lasciatemi una recensioncina, in questo modo fate sentire apprezzata un'autrice piccolina

...

Okay, dopo questa posso andare a buttarmi dalla finestra tanto sono a piano terra.

Passo e chiudo gentah.


Light_Girl

 

 

 


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Problem? ***


-Problem?

«E tu come ti chiami?» chiese Ben, che se n’era stato in silenzio fino a quel momento. Aveva una voce... “doppia”. Una era acuta e il tono di voce era amichevole, l’altra era bassa, fredda e metallica, a tratti inquietante.

«Allison.»

«Ally per gli amici» aggiunse poi, un po' impacciata. Poi si chiese perché diamine lo avesse detto. Non erano amici. Lei non sapeva nulla, non sapeva dove fosse - o meglio, dove loro l'avevano portata -, non sapeva se Sam e sua mamma stessero bene per davvero. Loro glielo avevano detto. Anzi, Slenderman lo aveva detto. Ma non aveva la certezza che quella fosse davvero la verità. E non sapeva cosa fosse successo e perché si trovasse lì e perché Slenderman continuasse a chiamarla “piccola mia", "tesoro”.

«Posso chiamarti “Ally”?» chiese Sally, timidamente.

«Sì.»

Sally stava per aggiungere qualcos'altro, quando Slenderman si alzò in piedi di scatto; si guardò intorno, come se fosse in allerta per qualcosa. Ora che Allison poteva osservarlo meglio, notò che era molto più alto rispetto a quando era seduto. Notò anche dei tentacoli neri che uscivano dalla sua schiena, i quali ondeggiavano in tutte le direzioni e sembravano confondersi con lo smoking dello stesso colore.

“Devo andare.”

Poi si voltò verso Jeff, Toby e Ben. Li osservò per qualche secondo e parlò loro telepaticamente, escludendo però Allison e Sally, in modo tale che loro non potessero sentire.

“I patti vanno rispettati.”

Nei loro sguardi si leggeva rancore, odio, paura, la gioia per una promessa, la rabbia per un ricatto. Allison si era accorta di qualcosa, ma decise comunque di non dire nulla. Quando si girò verso Slenderman, notò che era scomparso nel nulla.

Una domanda, anche se stupida, le sorse spontanea: «Che si fa adesso?».

«Non saprei, cosa vorresti fare? Una passeggiata in campagna forse? Siamo chiusi dentro» le fece notare Jeff.

Ally sgranò gli occhi. Chiusi dentro. Quelle parole rimbombavano nella sua testa e giravano in tondo, una sensazione di paura si fece strada dentro di lei. Si guardò intorno: era circondata dai muri; non vedeva porte o finestre, cosa che le causò il panico più totale. La respirazione si fece più difficile, si portò le mani alla bocca per reprimere un conato di vomito. Chiusi dentro.

«Ally, stai bene?» esclamò Sally, correndo verso la ragazza. «Che succede?»

Ally non rispose.

«Ehi, che problema c'è?» chiese Toby.

«C-Claustro… Claustrofo... bia… » ansimò Allison.

Si scambiarono degli sguardi, non sapendo bene cosa fare in quella situazione.

Jeff si appoggiò al muro e rivolse lo sguardo altrove, come se la cosa non gli importasse affatto.

«Fatemi uscire da qui... Fatemi uscire, fatemi uscire!» urlò Allison, rannicchiandosi su se stessa. Il battito accelerato, il respiro affannoso. Ben le si avvicinò un po' titubante. Ally si sentì avvolgere da un abbraccio un po' incerto.

«Aspetta, potrebbe sentirsi intrappolata, è peggio» intervenne Toby.

Ben non lo stette a sentire. Cominciò anzi a cercare di tranquillizzare Ally.

«Allison, ascolta. Pensa ad uno spazio aperto, un posto piacevole. Pensaci, concentrati.»

La ragazza lo fece. Pensò a uno spazio aperto. Si concentrò. Vedeva l’immagine di un giardino, un giardino enorme. La visuale si allontanava, era come se qualcuno la stesse trascinando via. Sentiva il vento gelido sulle sue guance. Si allontanò sempre di più, più velocemente. Fino a quando un cancello nero con le sbarre la chiuse fuori. Si materializzò un lucchetto.

«Allison? Ci sei?» la chiamò Ben.

Ally sbatté le palpebre un paio di volte. Cosa aveva appena visto?

«S-Sì, grazie. E scusa per...» farfugliò.

«Scusa cosa?» fece Ben, con un sorriso.

Quel sorriso le fece dimenticare per un attimo dove si trovava e tutte le sue preoccupazioni, le sue incertezze. Ma, di nuovo, quella voce metallica rimbombò nella sua testa e in quella degli altri, facendoli lamentare dal dolore.

“Scappate, siete in pericolo. Lei è in pericolo.”

E in quel momento, Ally ebbe l’impressione che quel lei fosse rivolto a se stessa.

«Che sta succedendo?» chiese, alzandosi.

Tutti si girarono verso la ragazza, come se si fossero dimenticati di lei per un istante.

«Noi non possiamo dirtelo, Ally...» mormorò la bambina dagli occhi verdi.

La ragazza chinò la testa di lato. «Perché? Avevate detto che sareste stati sinceri e io...»

«E tu vorresti dirmi che davvero ti fidi di noi? Mi stai prendendo in giro?» esclamò Jeff, ridendo in modo incontrollabile.

«Sai cosa ci posso fare con questo?» mostrò ciò che si nascondeva nella tasca centrale della felpa: un coltello. Un coltello ben affilato, la lama lucente e tagliente. Il ragazzo cominciò ad avvicinarsi pericolosamente a Allison, che rimase congelata sul posto, immobile.

«Posso ucciderti in un solo istante e disegnare un sorriso sul tuo bel visino. Proprio come il mio, guarda» disse, allargando il finto sorriso fino alle estremità del viso. «Comunque non sarà mai perfetto quanto il mio» aggiunse, sogghignando.

Ally non reagì, si limitò a osservarlo con attenzione con i suoi occhi grigi.

"Quel 'sorriso' è autoinflitto?" pensò.

«Jeff...» mormorò Sally, cercando di fermarlo.

Il ragazzo, per tutta risposta, puntò l'arma contro Ally, che rimaneva sempre e comunque ferma, nonostante potesse scappare.

«Ma che diamine stai facendo, folle?! I patti non sono questi!» urlò Toby, improvvisamente allarmato. La sua testa scattò di lato, come imposto da un tic nervoso.

«Adesso basta, la stai spaventando» intervenne Ben, che invece sembrava più preoccupato per Allison.

Proprio in quel momento la ragazza parlò.

«Non sono spaventata. Tu non farai nulla, non mi ucciderai» affermò.

«E tu come puoi averne la garanzia? Sai chi sono?» fece Jeff.

«Lo ha detto Slenderman. Da quanto ho capito, voi siete vincolati in una specie di patto con lui, che riguarda anche me. Se mi accadesse qualcosa, credo ci saranno delle conseguenze» spiegò la ragazza, stupendosi della tranquillità con cui lo aveva detto. Aprì lievemente la bocca, come se stesse per aggiungere qualcos'altro, ma venne interrotta. Dei suoni secchi, freddi e ripetitivi provenivano dall'esterno. Proiettili, senza alcun dubbio.

«Andiamocene» disse il ragazzo dai capelli mielati, afferrando una delle due asce. «Ben» lo chiamò, voltandosi nella sua direzione. Il ragazzo annuì, facendo qualche passo verso il muro rovinato e sporco. Si concentrò e socchiuse gli occhi, lo sguardo rivolto al muro davanti a sé. Esso, secondo dopo secondo, sembrava perdere consistenza; un insieme di numeri e codici indecifrabili stava prendendo il suo posto, facendolo scomparire inevitabilmente. Si creò una specie di buco, un passaggio per l'esterno. Finalmente Ben si voltò, con aria soddisfatta.

«Fatto.»

Allison sgranò gli occhi, stupefatta. Non sapeva come diamine ci fosse riuscito, ma realizzò che quello non era il momento adatto per fare domande di quel tipo.

«Seguici e non azzardarti a scappare» ordinò Toby.

"Altrimenti che fai? Mi tranci in due parti con quelle accette da boscaiolo?" pensò Allison, con lieve sarcasmo.

Cominciarono a correre insieme in quello che pareva essere un bosco. Pieno di alberi, era sera e sembrava che a perdersi bastasse poco. Stette attenta a non perdere di vista nessuno di loro. Nonostante molte volte si fosse vantata della sua velocità, doveva riconoscere che faceva quasi fatica a seguirli. Sembravano più veloci di lei. Perché qualcosa le diceva che era la cosa giusta da fare? Perché stava seguendo delle persone che non conosceva? Perché sentiva il bisogno di seguirli nonostante quella fosse la scelta meno ragionevole? Cosa c'entrava lei e da chi stavano scappando? Queste furono domande che Allison non poté fare a meno di porsi, non trovando la risposta per nessuna di esse.

 

°*°*°

 

{Angolino dell'Autrice}

Salve gentaaah. :3

Okay (ricominciamo con gli "okay" ripetuti centinaia di volte. E no, non è colpa della canzone di Stash dei The Kolors). Beehh (non è il verso di una capra ubriaca), ecco il terzo chappy. Sono troppo emozionata. Questa è la prima storia in assoluto che scrivo in terza persona (3 confirmed) e sulle Creepypasta. In più, mi sto impegnando molto per fare in modo che quello che ho in mente di scrivere esca fuori in modo lento e ordinato e non come un branco di capre uscite dal recinto per la prima volta nella vita (???), altrimenti non capireste nulla.

Ho una voglia pazzesca di arrivare subito al punto importante della situazione e... sto sfornando capitoli su capitoli. Non pubblico tutti i giorni perchè ho paura di esaurire i capitoli "già pronti", ma aggiorno con frequenza, dai. Lo so, devo continuare con le altre storie, ma per il momento voglio concentrarmi solo su questa e un'altra che riguarda un altro fandom. Spero che questa fic vi piaccia!

Ehm... con questo credo di aver finito. Se volete lasciatemi una recensioncina, che fate felice un--

Vinny: Non ricominciare, Light. Vieni a scrivere e prepara lo zaino, che domani si ritorna... A SCUOLA. >:D

NOOO, NON LO DIRE! 

Okay, io mi ritiro nel recinto (?). 

SHAU. :3

 

Light_Girl

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Weird Doll ***


 

-Weird Doll

«Circondate la struttura!» sentì urlare.

“Polizia?” si chiese.

Perché la polizia li stava inseguendo? Avrebbe voluto domandare, nessuno le aveva spiegato nulla, ma avrebbe solo sprecato fiato.

Si chiese ancora se seguirli fosse stata la scelta giusta, inevitabilmente. Si disse che era una deficiente, perché stava sbagliando tutto. Probabilmente erano ricercati per aver fatto qualcosa. Pensò alla notizia del telegiornale. Qualcosa le diceva che erano coinvolti, il buon senso glielo diceva. Mise a tacere quella voce. C'era come un filo che li legava, sentiva che doveva e voleva sapere cosa nascondevano e cosa c'entrava lei in quella faccenda. Era curiosa. E si sentiva coinvolta anche lei.

Era già da venti minuti buoni che stavano correndo incessantemente e non sapeva dove diamine fossero diretti. Le voci ormai non si potevano più udire e il cielo si era fatto ancora più buio e nuvoloso, come se fosse in procinto di piovere. Non sapeva nemmeno che giorno fosse e quanto tempo era passato da quando aveva visto Sam l’ultima volta. Non poté fare a meno di domandarsi se stesse bene e cosa stesse facendo senza di lei. «Sally... Dove stiamo andando?» provò a domandare, con il fiatone.

«In un posto sicuro, Ally.»

I ragazzi davanti a loro due si fermarono. Ally si concesse di riprendere fiato per qualche attimo. Poi fece qualche passo avanti, fino ad arrivare davanti a un cancello, vicino agli altri. Dietro al cancello si nascondeva una villa enorme, grigiastra e dai muri rovinati. Era avvolta da alberi e piante che si arrampicavano su di essa. Sembrava parecchio vecchia e alcune crepe sui muri lo confermavano.

«Questo sarebbe il posto sicuro?» chiese Allison.

Non ricevette risposta. Il cancello si aprì cigolando rumorosamente.

Venne sorpassata dagli altri.

«Entra e chiudi il cancello» fece Toby, senza aggiungere altro.

Allison rimase qualche istante immobile e osservò le figure davanti a sé allontanarsi.

«Muoviti!» la chiamò ancora il ragazzo, senza voltarsi verso di lei e senza smettere camminare. Il tono di voce sembrava quasi neutro.

Ally pensò di tornare indietro, ma ormai era tardi per ripensarci e voleva andare fino in fondo a quella faccenda. Fece un passo avanti e chiuse il cancello dietro di sé. Poi andò a passo spedito fino all’ingresso, dove Sally la stava ancora aspettando, mentre gli altri erano già entrati.

«Benvenuta nella nostra dimora!» esclamò la bambina, facendole segno di entrare. La ragazza accennò a un sorriso.

L’interno era spoglio e rovinato; i pochi mobili sembravano parecchio antichi e c'era un forte odore di muffa. Ally notò che una parete era quasi crollata ed erano stati messi dei mobili per sostenerla alla bell’e meglio. Quella casa cadeva a pezzi. Toby sbucò da una stanza lì vicino e Jeff si sdraiò sul divano con aria svogliata e un pacchetto di patatine tra le mani. Ben si sedette a terra e si appoggiò al muro, un braccio davanti agli occhi e la bocca semiaperta. Sally rimase vicino a Allison, che stava ancora osservando i comportamenti dei ragazzi. Non parlavano tra di loro. Si ignoravano a vicenda, sembrava che ognuno di loro fosse infastidito dalla presenza dell’altro. Rimasero nella stessa stanza. L’unico suono che si poteva sentire era Jeff che sgranocchiava. Ally si sentiva a disagio in quella situazione. Voleva dire qualcosa, ma non sapeva cosa.

«Ehm… Slenderman dov'è adesso?» provò a chiedere.

Toby buttò un occhio su di lei, tuttavia non rispose alla domanda. Allison sospirò.

Sally fece un salto davanti a lei, agitando il braccio come se volesse dire qualcosa. «Papà è ancora là fuori, nel bosco. Si sta occupando di quelle cattive persone» spiegò. «Ma non ti preoccupare! Tornerà presto e ci salverà, come sempre.»

Ally chinò la testa di lato. “Papà?”

Sally era la figlia di Slenderman? Le persone cattive… intendeva la polizia, probabilmente. La ragazza ebbe l’impressione che Sally, con la sua innocenza, non stesse realmente capendo quello che stava succedendo. Si stava limitando a distinguere il suo “papà” e la polizia con gli aggettivi “buono” e “cattivo”. Ma forse non sapeva dare a quelle espressioni un vero e proprio significato. Mentre stava riflettendo, si sentì tirare la maglia. Indossava ancora i vestiti della serata precedente: i pantaloni neri e la maglia bianca e calda. Stivali, anch’essi neri, e un bracciale che le era stato regalato da sua mamma al compimento dei suoi tredici anni. Riusciva ancora a sentire Hillery esclamare con tono scherzoso “sei una teenager adesso”, mentre saltellava da una parte all'altra, come al solito. Era accaduto solo quattro anni fa, ma quel ricordo le sembrava distante. La voce di Sally la riportò nuovamente alla realtà.

«Ally, vuoi giocare un po' con me?» chiese la piccola, speranzosa.

«Ehm… okay, sì. A cosa vuoi giocare, piccola?» fece Ally, abbassandosi un po' per raggiungere l'altezza di Sally, che stava sulle punte dei piedi.

«Io di solito gioco a Nascondino con papà, ma il bosco è pericoloso ora… Quindi potremmo bere del tè e mangiare dei biscotti con Emi e Ellie» propose, sorridendo.

Ally annuì. Doveva aspettare il ritorno di Slenderman e non vedeva cos’altro potesse fare.

 

✧~✧~✧

 

Sally le fece strada, avvisandola più volte di stare attenta a dove metteva i piedi. La portò in una stanza: era piuttosto rovinata anche quella, le pareti in origine dovevano essere state rosa. Quel rosa si era scolorito con il tempo e il colore rimaneva solo in alcuni punti, il resto era bianco. C'erano due finestre, una di esse aperta, e un lettino accostato al muro. Per terra erano sparsi diversi giocattoli, tra cui due bambole dai capelli castani.

«Ti piace? Papà l’aveva colorata di rosa per me, ma poi si è tolto» disse la bambina.

«Sì, è davvero carina, Sally.»

La bambina fece un balzo nella stanza e raggiunse le due bambole prendendole con cura.

«Questa è Ellie» indicò la castana dagli occhi marroni. «E questa è Emi» indicò l’altra dagli occhi verdi.

Allison notò subito una curiosa somiglianza tra lei e la bambola Ellie, cosa che la fece sorridere.

«Guarda Ally! Ellie ti somiglia tantissimo! “Ally” ed “Ellie” si pronunciano anche allo stesso modo!»

«Anche Emi è molto simile a te» osservò Allison.

Sally sembrò rendersi conto solo ora di quella strana coincidenza.

«È fantastico! Ally, ti voglio affidare Emi. Infondo lei è molto simile a me, come hai detto tu. E io terrò Ellie. In questo modo, ognuna di noi starà sempre assieme all’altra!»

Detto ciò le porse la bambola. La ragazza notò una scritta incisa sul vestitino del pupazzo. Una “E” al contrario, simile a un tre, “M”, “I” e una specie di segno che somigliava a una croce. Scrollò le spalle e si sedette sul letto con Sally.

 

~•°•°•~

 

Allison sbadigliò. Era stesa sotto le coperte con lo sguardo rivolto al soffitto. Ripensava a ciò che era successo in quelle poche ore, poco dopo aver incontrato quegli strani tipi. Ripensò a Slenderman. Lui non poteva essere umano. Senza tratti facciali, completamente bianco con quello smoking nero, i tentacoli che uscivano dalla schiena. Poteva parlare telepaticamente. Niente naso, niente orecchie, niente bocca, niente occhi. La vicinanza con lui provocava forte mal di testa e nausea. Era altissimo, almeno due volte più alto di Allison. Chiunque avrebbe urlato alla sua vista e lo avrebbe definito “mostro”, chiamando la polizia o scappando il più lontano possibile. Però. C'era qualcosa che le diceva che Slenderman non le avrebbe fatto nulla di male, come una voce interiore che le diceva che era al sicuro, anche se lei non riusciva davvero a sentirla.

Si girò su un fianco e osservò ancora la strana bambola, Emi. Passò un dito sull’incisione e socchiuse gli occhi.

«Buonanotte» mormorò, come se potesse essere rivolto a qualcuno in particolare, se non fosse stato che in quella stanza era sola.

 

 

Oppure no?

 

 

Quando si svegliò era già mattina. La luce filtrava attraverso delle fessure nel legno che era stato usato per sbarrare le finestre. Loro dicevano che così era più sicuro.

Allison si stiracchió e si alzò dal letto. Aveva dormito con i vestiti, ma sinceramente non le importava. Si mise gli stivali e uscì dalla stanza, sia per cercare di capire che ore fossero sia per vedere Slenderman. Provò ad attirare l’attenzione di qualcuno.

«Ehi. Io sono sveglia» esclamò.

Si fermò al centro di quella che sembrava essere un sala da pranzo. Senza tavoli o sedie però. Si girò per tornare indietro, ma si ritrovó faccia a faccia con Ben che sorrideva amichevolmente. Somigliava a un elfo adesso che ci faceva caso. Inutile dire che Ally scattò indietro per la sorpresa.

«’Giorno Allison!»

Poi sembrò rendersi conto di essere stato troppo precipitoso e si allontanò di qualche passo.

«Oh, ehm, ciao Ben» salutò Ally agitando la mano.

Ben la osservò per qualche attimo. «Cerchi qualcuno?»

«Slenderman.»

Il ragazzo si incupì, ma cercò di non darlo a vedere. «L’Operatore non è ancora tornato» disse.

Ally annuì. «Dove sono gli altri?»

«Sono nelle loro stanze, ma è meglio che non li disturbi. Sanno essere molto scontrosi, sai?» disse, sorridendo nuovamente. Non poteva dirglielo. Non ora, non così. Doveva semplicemente aspettare l’Operatore, non poteva agire senza il suo consenso.

«Devo andare, scusami. Se hai fame c'è un muffin sul tavolino, di là» e indicò la stanza vicina.

Una volta varcata la porta il sorriso scomparve e il ragazzo si teletrasportò al piano superiore, materializzandosi davanti alla porta della stanza di Toby, per la precisione. Bussò due volte.

«Notizie dell’Operatore?» chiese, avvicinandosi alla porta.

«Sta tornando» rispose Toby, dall’altra parte.

«Come… stai?» fece Ben, dopo qualche minuto di silenzio.

«Ti interessa davvero saperlo? Smettila. Piuttosto, stai attento alla ragazza o l’Operatore si arrabbierà con te.»

Ben annuì, nonostante l'altro non potesse vederlo. Fece qualche passo in direzione di una finestra, una delle poche visibili che non erano state coperte. Si accorse che stava piovendo. Pioggia. Acqua. Freddo. Affogare. Morte. Disperazione. Tortura. Sofferenza.

Sul suo viso si disegnò un sorriso sinistro, mentre lacrime di sangue continuavano a rigare le sue guance. Cominciò a piovere più forte, l’acqua aumentò. Stava annegando le sue vittime nel loro stesso sangue e stava annegando se stesso in quel mare di rosso scarlatto che metteva in risalto e faceva brillare le sue iridi di una luce inquietante. Il cielo era nuovamente scuro, il vento gelido fischiava e faceva sbattere gli oggetti con violenza. Ben aprì la finestra, lasciando che il sangue che colava dai suoi occhi si confondesse con le gocce di pioggia. Salì sul bordo e fece un passo avanti, lasciandosi cadere nel vuoto e avvolgere dal vento e dall’acqua - come quella volta. Socchiuse gli occhi e si smaterializzò in un insieme di codici e numeri poco prima di toccare il suolo.

 

°*°*°

 

 

{Angolino dell'Autrice}

Buonasera gentah!

Ecco a voi il quarto capitolo. La cucitura della bambola vorrà dire qualcosa? Slendy è davvero il padre di Sally? Che caspiolo c'entra la polizia? Cosa vuol dire quel "oppure no?" S'accettano scommesse. U_U

Ehm... come vi sembra il chappy? Vorrei anche sapere cosa ne pensate della parte finale di Ben, quindi... cosa ne pensate? Ve l'ho detto, è la prima volta che scrivo su questi personaggi e vorrei sapere se rispecchiano abbastanza quello che dovrebbe essere il loro carattere. In questo capitolo il mio elfetto preferito (???) si è comportato in modo abbastanza carino e coccoloso... non posso dire lo stesso dei prossimi cap-- NO, SPOILER! Ehm... Io non vi ho detto niente, okay? Okay.

Se volete lasciatemi una recensioncina, mi incoraggiate ad andare avanti! ^^

E poi, se trovate errori, ditemelo, provvederò subito a sistemare!

Il quinto capitolo arriva presto e ci saranno due nuove comparse. U_U (Chi saranno?)

Jeff: Hai finito di cercare di attirare l'attenzione dei lettori? Non ci riesci, fattene una ragione.

Ma tu stai zitto, che hai ben altri problemi a cui pensare, tra cui i piccioni. (LOL?)

Jeff: NON SONO UN PICCIONE, SMETTILA DI DROGARTI!

Senti da che pulpito!

Io mi rinchiudo di nuovo in camera mia.

Passo e chiudo.


Light_Girl

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Clustrophobic ***


-Claustrophobic

 

 

Allison era seduta su una piccola sedia di legno vicino a una piccola finestra. Osservava le gocce di pioggia gareggiare sul vetro e il cielo cupo e grigio, grigio come i suoi occhi. Non sapeva nemmeno cosa stava aspettando, perché stava aspettando.

Esatto, Ally. Perchè stai aspettando? Da quanto tempo?

Sospirò. Stava per alzarsi, ma qualcosa la bloccò. Mal di testa. Sentiva come un suono di interferenze, un ronzio, abbastanza forte, che la fece lamentare sottovoce. Ally aveva il presentimento che lo Slenderman c'entrasse qualcosa con questo. Infatti bastò poco per permettere a Ally di riconoscere una figura familiare venirle incontro nella penombra. Lui, senza ombra di dubbio. Dietro di lui comparvero altre figure. Una doveva essere Toby, la ragazza ne era certa. Le restanti non poteva vederle bene, si trovavano in un punto troppo oscuro della stanza. Allison li osservò spostando lo sguardo da Toby e gli altri due all'Uomo Alto, spiazzata e intimorita.

Circondata, Ally...

Poi gonfiò il petto facendosi coraggio.

«Io… vorrei chiedervi una cosa perché sono sicura che sia mio diritto saperla.»

Poi si alzò, fronteggiando le figure e venendo sovrastata dall’altezza dello Slenderman. «Perché sono qui?» domandò cercando di mostrarsi sicura.

L'essere in smoking non si scompose.

"Questo lo saprai quando sarà il momento giusto, mia cara. Te l’ho già detto.”

Sul viso della ragazza si dipinse un’espressione di stupore e disappunto misti a un pizzico di ansia e paura.

«Cosa?! E quando caspita sarebbe il momento giusto? Mi avete portata via da casa mia, guidata in un bosco enorme del quale non sapevo nemmeno l’esistenza inseguiti dalla polizia e rinchiusa in questa sottospecie di villa abbandonata che cade a pezzi ma che voi definite un posto sicuro. Ho accettato di fidarmi di voi, vi ho seguiti fin qui. Questo perché sono coinvolta in qualcosa che non conosco, qualcosa che mi riguarda. Vi sto semplicemente chiedendo di spiegarmi di cosa si tratta, è mio diritto» disse tutto d'un fiato.

Quali diritti?

"Qui non esistono quelli che tu chiami diritti, ma solo gli ordini, mia cara Allison. Ed essi sono imposti dalla creatura che hai davanti."

  Si sentì improvvisamente spaventata. Sentiva che lui la stava fissando, quella situazione e quella creatura le incutevano terrore. Quei tentacoli non le erano mai sembrati così spaventosi, neri come le tenebre, si confondevano con lo smoking e l’oscurità dietro di sé. Le sue braccia esageratamente lunghe terminavano con grandi artigli affilati; la continua sensazione che quell’essere la stesse osservando nonostante la mancanza degli occhi era angosciante. Quella creatura doveva essere frutto della sua immaginazione. Stava diventando pazza, vedeva cose che non esistevano. Era scientificamente impossibile che esistessero cose come… quello. Ciò che aveva davanti, a pochi centimetri di distanza, era irreale. Doveva esserlo.

Sei passata alla fase di negazione?

"Posso percepire il tuo terrore. Non nasconderlo. Posso penetrare nella tua mente, distruggere tutte le barriere che crei attorno ad essa. Sei sicura che ciò che vedi sia irreale come lo hai appena definito?"

La nausea la assalì senza alcun preavviso facendola accasciare sul pavimento. Tossì violentemente e vomitò, non riuscendo a fermarsi in tempo. Nessuno intervenne, Allison rimase distesa sul pavimento in uno stato confusionale e un mal di testa infernale, disorientata e spaventata. La creatura si chinò su di lei e cominciò ad accarezzare la sua testa con le mani artigliate, con movimenti che sarebbero dovuti essere dolci e lenti, ma che raschiavano il pavimento per l’eccessiva lunghezza producendo un suono disturbante che riecheggiava nella sala. Toby, nel frattempo, aveva abbassato la testa, fissando con odio l’Operatore. Masky e Hoody erano rimasti in disparte, nella penombra.

«Dopo questo… sarà tutto finito, vero?» la voce di Brian era bassa e fredda; tremava leggermente, lasciando trapelare un senso di incertezza.

“Probabilmente.”

Toby assottigliò lo sguardo, cupo. Tim scosse la testa, fremeva di rabbia davanti all'indifferenza di quel mostro. Indifferenza di fronte alle loro vite. E il forte rumore della pioggia che batteva contro i vetri, coprendo ogni altro suono, furono l'ultima cosa che Ally sentì prima di perdere definitivamente i sensi.

 

 

 

 

Bianco. Tutto bianco, completamente. E in mezzo a quel bianco, la figura di una ragazza. I capelli erano castano scuro e lunghi, gli occhi color nocciola. Allison le si avvicinò con cautela, ma a passo svelto. Una volta raggiunta si accorse che la stava guardando con un sorriso sulle labbra.

«Ciao… Ally» la salutò. L’altra chinò il capo di lato.

«Chi sei tu? Ci conosciamo?»

La ragazza accennò a una risatina. «In un certo senso, io sono parte di te e tu di me. Però chiamami Clockwork

Rimase in silenzio per qualche attimo. «Questo non...»

«Capirai tutto tra non molto. In fondo, manca poco tempo

L’immagine di Clockwork cambiò radicalmente in pochi attimi: si crearono delle cuciture ai lati della bocca - che si curvò in un inquietante sorriso -, l’occhio sinistro iniziò a sanguinare; il bulbo oculare venne staccato e sostituito da un orologio che entrava perfettamente nello spazio vuoto. L’occhio destro era diventato verde e brillava di una luce malsana. In pochi secondi tutto cominciò a dissolversi in un uragano di immagini confuse e il ticchettio insistente di un orologio.



«Tic toooc, tic toooc, tic toooc... Eheh...»

 

 

 

 

 

 


Una risata, bassa e appena accennata. Era tutto ciò che rimaneva di quella famiglia. Tutto ciò che rimaneva dopo urla e schizzi di sangue. Tutto ciò che rimaneva dopo aver aperto il rubinetto e aver lasciato scorrere l'acqua, dopo aver soffocato con violenza le vittime. Ben fece qualche passo verso la stanza dove era situato il computer. Lo fissò per qualche attimo, ignorando il cadavere di un bambino steso in terra in una pozza di sangue, il quale era schizzato anche sulle pareti bianche, mettendolo ancora più in evidenza. Sullo schermo del computer si aprì un nuovo documento di scrittura su Word. Il ragazzo continuò a guardare verso lo schermo con un'espressione quasi neutra, ma con il sorriso sempre presente sul volto. Mentre, però, piangeva.

 

Perchè è l'unica cosa che sai fare.

 

Sul foglio bianco apparve una scritta: "Siete andati incontro a un destino terribile, non è vero? Come il mio..."

Le lampadine si spensero, lasciando solo la debole luce dello schermo a illuminare quel macabro spettacolo.

 

 

—*-*_*-*_*-*—

 

 

Ally si alzò di scatto, guardandosi intorno con circospezione. Si trovava in una stanza piccola e buia. Le pareti erano rovinate, come le altre, del resto. Esse sembravano quasi bruciate in diversi punti dove assumevano una colorazione nerastra. Non seppe spiegarsi nemmeno lei il motivo, ma si sentì in trappola all'improvviso nel solo notare una porta chiusa nella stanza in cui si trovava. Voleva uscire e subito. La sua claustrofobia le stava dando fin troppi problemi, lo sapeva. Non notò la presenza della bambola, Emi, appoggiata a uno scaffale, troppo occupata a cercare di raggiungere l'uscita, di aprire la porta. La trovò chiusa a chiave. Il suono della maniglia che veniva abbassata ripetutamente e il rumore nauseante del lucchetto che non le permetteva di uscire le trapanavano le orecchie.

La porta non si apriva. Di conseguenza, lei non poteva uscire. Questi furono gli unici pensieri sensati che riuscì ad articolare, mentre i suoi occhi saettavano da una parte all'altra della stanza, in cerca di una qualunque uscita.

Panico, Ally?

«E-Ehi, fa-fatemi uscire da qua! Per favore, fatemi uscire!» Provò a battere i pugni contro la porta, qualsiasi cosa per farsi sentire. «Slenderman! Fammi uscire, dannazione!!»

Nessuna risposta. Nessuna risposta. Sperava con tutta se stessa in quel momento di poter risentire la voce metallica della creatura rimbombare nella sua testa, ma non accadde nulla. Insomma, davvero era caduta così in basso? Aveva più paura di uno spazio chiuso rispetto allo Slenderman e tutti gli altri? Aveva più paura di uno spazio chiuso che del liquido rosso gocciolante dalle accette di Toby e del sorriso agghiacciante di Jeff?

«Ehi» la "salutò" qualcuno.

Allison non si voltò nemmeno, rimase immobile a tremare come una foglia vicino alla porta, quasi fosse gelosa dell'uscita. Lo sconosciuto chinò la testa di lato nell'oscurità, osservando attentamente Ally. «Claustrofobia?» constatò.

«Fammi uscire» disse solo la ragazza, che era vicina ad avere un altro attacco di panico.

«Non posso. Lui mi ha detto di controllarti.»

«FATEMI USCIRE, DANNAZIONE!» urlò la ragazza, schiacciandosi contro la porta, cominciando a graffiarla con le unghie.

«Ehi, non vorrai costringermi a cucirti quella bocca, vero?» Una risatina appena accennata accompagnò quella frase. «Sto scherzando. Lui mi ucciderebbe seduta stante se lo facessi. Sarebbe magnifico se mi uccidesse davvero, non credi?»

Poi fece qualche passo avanti, permettendo a Allison di vederlo. Indossava una maschera bianca, una bocca e degli occhi neri disegnati su di essa, con tanto di sopracciglia.

«Ti conviene calmarti. Oppure gli altri penseranno che ti sto facendo del male. Vuoi farmi fare questa brutta figura?»

Ally stava ascoltando solo una parte di ciò che stava dicendo quel ragazzo con la maschera. Il suo unico pensiero era uscire. Non poteva fare altro che tremare e stringersi nelle spalle, vittima della sua paura.

«Perché mi avete chiusa qui dentro?» riuscì ad articolare.

«Non lo so. Lui dice, io eseguo. Devo eseguire...» l'ultima frase, appena sussurrata, Ally non riuscì a sentirla.

«Voglio uscire, ho paura...» mormorò, osservando le pareti e premendo la schiena contro la superficie della porta. Avrebbe voluto solo pensarlo, ma quella frase era uscita fuori dalla sua bocca senza nemmeno che lei se ne rendesse conto.

«È necessario, dice l'Operatore. Dove c'è paura e terrore, l'Operatore domina, dice. L'Operatore controlla. L'Operatore...» il tono di voce sembrava quasi assente, come se non fosse a conoscienza di ciò che stava dicendo. Ally sentì bussare alle sue spalle e trasalì.

«Tim, falla uscire. L'Operatore dice che non ha funzionato.»

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3611053