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di Seira Hikari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1: Ospedale psichiatrico ***
Capitolo 3: *** 2: Storia d'amore ***
Capitolo 4: *** 3. Vera amicizia?- parte 1 ***
Capitolo 5: *** 4: Vera amicizia? mini parte esplicativa ***
Capitolo 6: *** 5: Come ogni anno... ***
Capitolo 7: *** 6: Come ogni anno... -parte 2 ***
Capitolo 8: *** 7: Come ogni anno... -parte 3 ***
Capitolo 9: *** 8: Incontro con la bambina ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
X/X/X
C'era una volta una principessa di un lontano regno sulla cima di una grande montagna.
Viveva pacificamente,circondata dalla ricchezza e dalla felicità.
Ma un giorno scoppiò una grande guerra...
Tutti gli abitanti erano scomparsi davanti ai suoi occhi...
Il regno era distrutto.
Rimanevano soltanto il sangue e le urla di terrore nei suoi ricordi.
Nessuno era lì con lei.
Non aveva fatto niente di male.
Eppure a volte il destino è crudele...



----------------------
Ehilà!
Questo è il riquadro dell'autrice(!)
volevo solo annunciarvi che questa storia sarà molto lenta con i tempi di pubblicazione,
sono molto impegnata con la scuola e con tutto, però rispetto alle altre,questa è quella che ho preso più seriamente.
Dovete sapere che è tratta da un sogno che ho fatto circa due anni fa!
Beh,certo, ho collegato ed inventato delle parti extra,altrimenti non avrebbe avuto senso ^^
Ora pubblico subito il primo capitolo,voglio tante opinioni ^-^
 

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Capitolo 2
*** 1: Ospedale psichiatrico ***


Capitolo 1: ospedale psichiatrico
12/07/1X65
Era una mattina di luglio, il sole splendeva e l'ombra che si creava sotto gli alberi era molto scura e fresca rispetto alla giornata.
Taylor era appena uscita di casa e stava passeggiando.
I raggi di sole le illuminavano i capelli biondi e lisci e un lieve venticello estivo glieli scompigliava, allontanò la frangetta dal viso con una fascia azzurra.
Camminava in un viale stretto,circondato da alberi da entrambe le parti.
Faceva caldo e perciò si era vestita leggera, una gonna bianca a vita alta lunga quasi fino al ginocchio e una camicetta azzurra infilata dentro alla gonna.
Proseguiva lungo il viale, perchè quando non sapeva che fare adorava esplorare nuove vie e scoprire nuovi ripostigli.
Alla fine del viale si trovava un cancello argentato un po' arrugginito chiuso da un grande lucchetto, e dopo vi era un edificio grigio dall'aspetto di una reggia, con grandi vetrate e alcuni balconi molto in alto, il tutto circondato da un enorme giardino incolto, l'erba era alta quasi come lei.
Era un edificio abbandonato.
L'idea di entrare non le dispiaceva affatto.
Si mise alla ricerca di un eventuale buco o passaggio segreto in mezzo a tutta quell'erba che aveva definito "viva"  per colpa del vento che, pur leggero, sbatteva da tutte le parti quei filamenti  dando l'impressione che avessero preso vita così, senza una spiegazione valida. 
Quando ormai stava quasi per perdere il senso dell'orientamento in mezzo a tutto quel verde, trovò un varco nella rete che circondava l'edificio, era abbastanza piccolo, ma era sufficiente affinché Taylor potesse passare.
Appoggiò la pancia a terra e pian pianino iniziò a strisciarvi dentro, rise al solo pensiero di sembrare un qualche animale selvatico, ma comunque non le importava; era entrata.
Non vedeva granchè, c'era solo tanta, tanta erba.
Raccolse un bastone e inizió a farsi strada in quel giardino che, chiamarlo enorme, immenso, stupendo eccetera non erano aggettivi sufficienti per descriverlo, nonostante fosse comunque molto trasandato. 
Camminava e pestava l'erba imprimendoci bene il piede in modo da farla stare giù il più possibile per il ritorno, non voleva ricercare il varco in mezzo a tutta quell'erba.
Doveva fare veloce, era stanca e aveva un solo obiettivo: l'ingresso, infatti ogni tanto saltellava qua e là per cercare di capire dove stesse andando.
Quando finalmente arrivò all'ingresso, la porta, come aveva già immaginato, era aperta perchè, secondo lei, solitamente la gente che utilizza un lucchetto così grande da una parte, ne lascia scoperta un'altra.
Senza pensarci due volte mise la sua bianca mano su quella maniglia di ferro decorata minuziosamente e tentó di aprirla, cigolò un po' ma alla fine riuscì ad entrare. 
L'odore di chiuso era molto forte e quasi nauseante, la polvere era ovunque ma Taylor cercò di resistere, la sua curiosità superava ogni limite.
Dopo aver osservato per un po', quasi immobile, la stanza dove era entrata e il posto in generale , vide una porta subito sulla destrae tentò di aprirla, ma niente, era bloccata.
Ora era intenzionata a trovare un'altra porta che la conducesse nello stesso posto, voleva, anzi, doveva ASSOLUTAMENTE andare oltre quella porta.
Salì le scale frettolosamente, guardò a sinistra e si ritrovò davanti a quella che sembrava una portineria, guardò davanti sempre a destra e notò un portone rosso, vi entrò.
Sembrava un asilo nido in tutto e per tutto, c'erano anche delle vecchie foto appese di bimbi piccoli con un pannolino di stoffa ed una spilla.
Uscì capendo che in quella stanza non c'era nulla di interessante, ed il nulla di interessante per Taylor significava : non ha a che fare con la stanza di prima.
Non sapendo che fare girò a destra, si poteva o salire delle altre scale,oppure rimanere su quel piano.
Decise prima di visitare il piano dove si trovava e dopo di salire,le cose con ordine.
Vagò per una mezz'ora abbondante in giro per stanze varie.
In quel piano non trovò nulla di interessante,nessuna "stanza segreta" o "ripostiglio di tesori" si, nonostante i suoi 15 anni pensava ancora a queste cose infantili o forse era solo curiosa.Ormai però aveva capito che questo edificio era una scuola infatti vi aveva trovato quello che doveva essere l'ufficio del preside, la segreteria, l'asilo e l'atrio per la pausa.
Ora che aveva esplorato il piano terra poteva scegliere se salire o scendere.
"Le cose con ordine" pensò, decise di salire dato che voleva farlo anche prima,anche perchè adorando leggere sapeva che le sorprese erano quasi sempre in soffitta ed i passaggi segreti in cantina ma a lei delle sorprese non gliene importava molto,lei voleva sapere dove portava quella misteriosa porta bloccata.
Salì le scale appoggiandosi a quella ringhiera di legno polverosa, si sentiva solo il rumore di lei che camminava, un rumore un po' inquietante ma da un certo senso rassicurante.
Salite le scale arrivò in un grande atrio, a destra un corridoio che si dissolveva nell'oscurità, mentre di fronte a lei sempre un corridoio che però, terminava con delle scale le quali salivano.
Decise di proseguire dritto e di ispezionare le stanze del corridoio.
"A quanto pare è anche una scuola elementare, ma è strano, sarà pure vecchia e chiusa ma non ne avevo mai sentito parlare"pensò mentre usciva da un'aula.Proseguì.
Salì quelle scale che non erano più rivestite da una moquette bensì erano fatte di marmo grigio, il rumore dei suoi passi, quindi era decisamente più forte e si poteva sentire benissimo l'eco da ogni parte in quell'immensa scuola.
Ispezionò come al solito le aule ma nulla,trovò dei bagni e svoltando a destra entrò in una stanza piena di animali imbalsamati.
"Sono inquietanti, via via di qui non mi piacciono" pensò questo ed uscì con passo spedito scendendo veloce le scale e ritornando all'atrio quasi correndo.
"Allora... O scendo oppure proseguo in quel corridoio scuro... Le cose con ordine"
Si diresse verso il corridoio e ispezionò le aule ma niente di interessante.
"Questa dovrebbe essere un'infermeria."
"Oh!Un'aula di musica!"
Taylor adorava la musica e ogni giorno seguiva due ore di pianoforte e non fu sorpresa nel trovarne uno proprio nell'aula di musica. Iniziò a suonare e suonò per un bel po' di tempo.
Felice di aver suonato uscì dalla stanza e proseguì scendendo dei gradini. Trovò un'aula per le proiezioni ma non gliene importò molto.
"Ma aspetta un attimo... Se vado di qui non scendo giù?Perfetto!Mi risparmio la strada inutile!"scese la prima rampa di scale e poi la seconda.
Presa dall'eccitazione inciampò in uno scalino un po' storto, ma per fortuna non cadde.
Finalmente era in cantina.
Trovò la palestra e la mensa ma lei voleva trovare "quella" porta, non era ancora soddisfatta di ciò allora proseguì verso una porta.
La aprì e con sorpresa notò che si trattava di un'altra mensa ma con tavoli più bassi, allora intuì che si trattava della mensa per i bambini dell'asilo.
Volse lo sguardo a sinistra e notò...
"Una porta Che sia... Che sia quella che sto cercando da tanto!?"
Si precipitò subito sulla porta.
L'aprì e nello stesso momento in cui toccò la maniglia il cielo si oscurò e si fece notte, non c'erano nè stelle nè luna niente, il cielo era soltanto blu, ma di un blu talmente scuro che non sembrava neanche la notte, non sembrava per niente notte ma sicuramente non era giorno.
Taylor si spaventò per questo e indietreggiò un momento dalla porta.
Non riuscendo a spiegare a sè stessa il perchè e spinta dalla paura e dall'eccitazione che si era creata in lei entrò velocemente dentro quella porta e rimase sommersa dal buio.
Camminò, i suoi passi... Ogni volta che toccavano terra provocavano una luce rosa che si rifletteva a specchio ovunque intorno a lei. Sembrava di camminare su un lago, un lago nero. Lei era la luce della luna che rifletteva sul lago, i suoi passi creavano luce, lei creava luce, in quello strano posto la porta era anche scomparsa, si era dileguata nell'oscurità.
Il ticchettio dei suoi piedi sull'acqua era evidente, ma non era acqua, era tutto solido, era materia nera.
Probabilmente stava vagando nel vuoto.
Presa dal panico iniziò a correre da ogni parte per cercare un' uscita ma l'uscita non c'era, non aveva scampo sarebbe rimasta intrappolata se non avesse fatto qualcosa, o se qualcuno non avesse fatto qualcosa...
Improvvisamente comparvero delle scritte sopra di lei, risplendevano di rosa anch'esse e creavano una lieve luce che placò l'animo spaventato di Taylor.
Le scritte dicevano
"Non ci si può ribellare al destino" 
"Continuerà ancora"
"Finchè qualcuno non ci riuscirà"
"Devi solo proseguire"
Non capiva cosa significasse tutto ciò, era spaventata e rimase ferma a osservare le scritte sparire pian piano.
Lo spazio iniziò a modificarsi, la materia nera stava scorrendo come fosse un fiume oscuro, la trascinava via.
Taylor proseguiva con lo scorrere dell'oscurità, trascinata da quella soffocante materia.
UNKNOW.
Un cartello aveva questa scritta, non capiva più nulla.
Trascinata da tutta quella materia rinunciò a sfuggirne e ben presto iniziò a vedere una luce, come se una porta si fosse aperta alla fine dell'oscurità.
Man mano che si avvicinava poteva notare particolari sempre nuovi provenire da quella luce, e quando ormai era vicina iniziò a nuotarvi dentro, per raggiungere l'uscita il prima possibile.
SPRING.
Un altro cartello aveva proprio questa scritta.
Come si poteva notare, Taylor era capitata in una foresta piena di fiori di ogni colore, tutto sembrava uguale al mondo reale ma qualcosa le faceva intuire che non era così.
Un po' stordita cercò di sedersi un attimo su un tronco,per recuperare le energie che aveva perso dimenandosi in quella oscura materia.
Si addormentò, ma non sognò niente.
Appena sveglia notò un nuovo cartello che questa volta si biforcava in due, dando la possibilità di scegliere la direzione da seguire.
Questa via, l'altra via.
Il cartello riportava queste scritte che,anche se potevano essere considerate uno scherzo di cattivo gusto, per Taylor erano un qualcosa non da decidere così su due piedi.
Decise di andare in ordine logico,prima avrebbe percorso "Questa via" e poi "L'altra via".
Camminò per circa un'ora e man mano che proseguiva si potevano notare piccole costruzioni distrutte, come se poco tempo prima ci fosse stato un villaggio ma poi a seguito di qualcosa fu abbandonato o distrutto.
Passò un'altra mezz'ora nella quale per la maggior parte del tempo osservava il paesaggio circostante, cercando somiglianze con il suo "mondo reale".
Una cosa la infastidì parecchio: non c'erano animali, come se quel posto fosse stato dimenticato da tutti, ma completamente da tutti.
Continuò a camminare a lungo, vide in lontananza che alla fine della via c'era quel che sembrava la rovina di un castello.
Si chiese se avrebbe potuto trovare un riparo dove dormire per poi, il giorno dopo, cercare l'uscita a questa grande follia,come la chiamava lei.
Avvicinandosi le sue aspettative cambiarono, era talmente distrutto che era impossibile ripararsi anche solo da poco, in più non sembrava stabile e sarebbe potuto crollare da un momento all'altro, ma Taylor decise comunque di andare a controllare,magari avrebbe trovato qualche mappa o qualcosa di utile come vestiti, posate e armi per cacciare, improvvisamente si ricordò del fatto che non ci siano animali e scartò subito l'idea della caccia.
Era ormai all'ingresso, le due ante di legno del grande portone erano a terra,ormai semidistrutte e altamente fragili per la decomposizione, le rifiniture in ferro erano arrugginite,probabilmente a causa della pioggia, pensò, nonostante ciò per lei era comunque bello e affascinante.
L'ingresso non sembrava sicuro, ma notò vari buchi nelle mura, probabilmente inferti da dei cannoni, erano molto grandi, dovevano davvero voler distruggere questo posto,e a quanto pare c'erano riusciti.
Con cautela si intrufolò in una di queste aperture, la prima cosa che notò fu senz'altro l'odore di vecchio e tutta la polvere che la portava in continuazione a starnutire.
Osservò il pavimento, era formato da mattoncini di un colore blu-verde, probabilmente di marmo, forse era l'unica cosa che non si era totalmente distrutta.
Si alzò in piedi e la gonna ormai non era più bianca.
Setacciò di continuo il salone,ma le uniche cose che trovò furono delle candele che, beh erano utili, ma la fame si stava iniziando a far sentire, non poteva di certo mangiarsi una candela, così, ora la meta era trovare la cucina ed impossessarsi di tutti gli utensili ma anche del cibo se ce n'era.
Seguì quel lungo corridoio ormai senza tetto, fino a quando iniziarono a sbucarvi a lato delle stanze, decise di perquisire tutto e di appropriarsi degli oggetti che le sarebbero potuti tornare utili.
La prima porta sembrava una miniatura del portone,ma stranamente era ancora in piedi, bussò per sentire la resistenza del legno e provò ad aprirla, ma, dato che la serratura si era arrugginita la porta non si aprì e Taylor dovette tirare un bel calcio prima di riuscire a entrarvi.
Sembrava essere la camera di alcuni servi a giudicare dalla dimensione e da com'era decorata, trovò un sacco e delle lenzuola insieme a un cuscino ammuffito, che però non prese perchè sarebbe stato inutile utilizzarlo così com'era.
Uscì dalla stanza e sfondò anche l'altra porta, aveva un po' paura di ritrovarsi di fronte ad un fantasma o ad un cadavere ma, d'altronde l'istinto di sopravvivenza le diceva di farlo.
Questa stanza, invece, sembrava essere un ripostiglio, trovò solo delle scope di legno, che a lei non servivano, quindi si diresse velocemente verso all'altra porta e si accorse che praticamente tutte erano decorate e rifinite come il grande portone all'ingresso.
Sfondò anche questa porta e per sopravvivere iniziò a correre: il castello stava crollando.
Corse velocemente lungo quello stretto corridoio incurante di tutto ciò che la circondava, raggiunse l'ingresso e dimenticandosi che l'ingresso fosse instabile lo attraversò, un sasso dalle dimensioni di un piccolo libro la colpì in testa e svenne.
Si svegliò di colpo,era dentro ad un'abitazione su un letto, sempre meglio di quel castello, pensò.
Ma una cosa non le era chiara, come ci era finita lì?
Lei era svenuta e non sarebbe stata capace di muoversi da sola, c'era solo una spiegazione: qualcuno doveva averla portata qui,il che significava che non era sola.
La sua adorata fascia, nella corsa era volata via,perciò i suoi capelli erano davvero scompigliati, sulla testa aveva un fazzoletto bagnato con dell'acqua fredda, quel qualcuno non sembrava essere malintenzionato.
Si alzò lentamente tenendosi la mano sul fazzoletto, quella camera era molto carina, interamente fatta in legno e mattoni, come le classiche case di montagna dopotutto.
Uscì dalla stanza e dopo aver proseguito un po' trovò il salotto, su una sedia a dondolo era seduta una ragazzina di undici anni, o almeno Taylor pensava avesse undici anni.
Aveva dei capelli castani abbastanza corti, appena fino alle spalle, in testa aveva un grande fiocco colorato, era molto pallida ed i suoi occhi erano castani tendenti al giallo.
Indossava un vestito gotico pieno arancione di pizzi e merletti, sembrava essere molto ricca.
Si avvicinò alla bambina.
«Ciao, sei tu che mi hai portato qui?» chiese Taylor sorridendo dolcemente ed abbassandosi fino ad arrivare alla sua altezza.
La ragazzina si limitò ad annuire timidamente.
«E dimmi, come ti chiami?» chiese sempre sorridendo.
«....Chanel»non sembrava fidarsi tanto.
«Quanti anni hai?»>
«......» la bambina non rispose
«Capisco, non vuoi dirmelo eh?Pazienza ma i tuoi genitori dove sono?Sono usciti?»
«Si ma non torneranno» la ragazzina si comportava in modo abbastanza freddo e timido.
«E perchè?»
Di nuovo silenzio.
«Ho capito, avrei un'altra domanda e poi la smetto»
«.....»
«Che posto è questo?»
«Un posto sconosciuto»»rispose freddamente.
«In che senso sconosciuto?»
«Mi avevi detto che la finivi con le domande»
«Ma io lo voglio sapere»
«....»
«Devo andare via di qui e tornare a casa»
«....»
«Rispondimi DOVE DIAMINE SONO CAPITATA?!»,esclamò Taylor alzandosi di colpo.
«.....»
«Grazie per avermi salvato ma ora ho intenzione di andarmene».
La bambina continuò a fissarla mentre andava via ed usciva dalla porta.
Uscendo dalla porta si ritrovò davanti a quello che non si sarebbe mai aspettata: il poso dov'era entrata.
Euforica iniziò a correre verso quel posto, la bambina l'osservava silenziosamente dalla finestra.
Appena entrò di nuovo in quella scura materia notò qualcosa di diverso.
"SHOCK"diceva un cartello.
Fece appena in tempo a leggerlo che una forte scossa colpì ripetutamente il suo corpo, Taylor urlava e urlava.
La bambina continuava ad osservarla dalla finestra, senza espressioni, l'osservava e basta.
Dopo altre scosse ripetutive Taylor cadde in un grande buco e svenne.
Si svegliò.
Era a casa!
Felicissima corse dai suoi genitori giù in cucina.
Qualcosa la fece rabbrividire.
Appena li chiamò notò che le loro facce erano uguali a quelle della bambina.
Iniziò a pensare che non fosse possibile, indietreggiò.
«Taylor, stai bene?»
«Stai LONTANA DA ME MOSTRO!»
«Taylor...?»
«Whaaaaaaaa VIA DA MEEEE».
Iniziò a spaccare alcuni vasi cercando inutilmente di farli stare lontano.
Qualcuno la colpì alle spalle: sua sorella Sophie.
Anche lei aveva la faccia di Chanel, era tutto un incubo, svenne di nuovo.
E così Taylor venne portata in un ospedale psichiatrico, le erano stati trovati sintomi gravi di schizofrenia e il suo corpo era instabile per via di shock elettrici che nessuno sapeva come la ragazza si fosse procurata.
Fine.
Ma continua.

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Capitolo 3
*** 2: Storia d'amore ***


07/07/1X75

Era una mattina di luglio,il sole splendeva e l'ombra che si creava sotto gli alberi era molto scura e fresca rispetto alla giornata.
Alyssa era appena uscita di casa e stava passeggiando.
Il giorno prima,insieme a delle sue amiche si era messa d'accordo per visitare uno strano posto, le voci narravano che una ragazza dieci anni prima fosse entrata lì dentro e divenne pazza.
Era una sorta di gara di coraggio nata per una scommessa, tutto ciò perchè le tre ragazze erano innamorate della stessa persona e quest'ultimo le aveva sfidate ad entrare, quella che ci sarebbe rimasta più tempo avrebbe vinto.
Era una cosa seria, si erano portate uno zaino con delle provviste.
Alyssa camminava nel viale, c'era un po' di venticello, ma data la lunghezza dei suoi capelli poco importava, essa infatti aveva i capelli appena appena sulle spalle di un color nocciola quasi grigio veramente particolare, ma la cosa che più affascinava tutti era il colore dei suoi occhi, non si erano praticamente ma visti degli occhi viola come i suoi, così grandi e vivaci, sprizzavano curiosità da ogni punto li si guardava.
Arrivata al punto di ritrovo(il cancello) aspettò l'arrivo degli altri e poi si addentrò in quella strana villa. Lei e le sue amiche erano pronte, chi spaventata chi no.
I ragazzi stavano già facendo scommesse su chi potesse vincere mentre Blake, il ragazzo di cui Alyssa era innamorata, bellissimo e gentile, tentava di farli stare in silenzio.
"Sarà facile vincere", pensò la ragazza dagli occhi viola convinta delle sue capacità.
"Cioè, guardale, non si reggono in piedi dalla paura", aggiunse al suo pensiero.
Era il momento delle estrazioni, ebbene si, la sorte avrebbe deciso chi fosse entrata per prima, chi per seconda e chi per ultima.
Blake teneva in mano tre bastoncini, uno era corto, l'alto un po' più lungo e l'ultimo normale, chi avrebbe pescato quello più corto sarebbe entrata per prima, quello medio equivaleva al secondo posto e quello lungo all'ultimo.
Belle, quella che un tempo era la migliore amica di Alyssa, pescò per prima e per sua sfortuna aveva pescato il bastoncino corto.
«Qui ne vedremo delle belle!», esclamò uno dei ragazzi a conoscenza della paura di Belle, infatti quest' ultima, odiava le case abbandonate o i posti vecchi e trasandati, era sempre stata fin da piccola una maniaca dell'ordine e della pulizia e non accettava di sporcarsi o andare in posti sporchi.
Belle guardò il ragazzo come se volesse strozzarlo da un momento all'altro, tanto che il tipo "spiritoso" deglutì dalla paura, sapeva quanto Belle poteva essere cattiva dato che in passato era stato fidanzato con lei, segretamente la amava ancora.
"Belle sarà pure bella,alta e attraente, ma è troppo odiosa, a lui non potrebbe mai piacere una tipa come lei", pensò Alyssa tentando di incoraggiarsi.
Infatti, l'ex migliore amica di Alyssa era davvero bellissima, era alta magra con delle belle curve, ed i lineamenti del viso erano molto dolci e raffinati.
Aveva i capelli biondo cenere, erano mossi, inoltre aveva una frangetta sempre impeccabile,ma anche nel suo caso la sua particolarità erano gli occhi, infatti la ragazza aveva stupendi occhi grigi.
Ma tornando all'estrazione, la seconda a pescare fu proprio lei, non aveva paura, lei non aveva mai paura, dopo essersi trovata faccia a faccia con la morte da piccola, imparò a non spaventarsi dalle cose futili.
L'ultima ragazza ormai sapeva già la sua sorte, Erin, infatti, sarebbe stata l'ultima.
«Ehm,Alyssa...I-io ti vorrei chiedere se possiamo scambiarci bastoncin-...», Erin, la classica ragazza timida, fu interrotta da uno di quei maleducati ragazzi.
«E no caruccia, mi spiace, dovrai soffrire», detto questo lui ed i suoi compagni iniziarono a ridere, tranne Blake.
«Siete capaci di stare zitti ogni tanto?», disse Blake stufo.
Rimasero in silenzio finchè uno prese a dire qualcosa sottovoce, Blake sembrava fregarsene.
«Beh?Quando si inizia?», sbuffò Belle
«Per me anche ora», rispose Alyssa
«O-ok...», Erin era un po' in ansia,non era mai stata una di quelle ultra coraggiose.
«Allora io entro» disse Belle guardando malamente tutto il gruppo.
«Buona fortuna,spero che tu rimanga dentro per un bel po', così non dovrò sopportarti ancora» , aggiunse Tom.
Questa era stata davvero una brutta pugnalata per Belle.
Le urla dei ragazzi in sottofondo la deridevano , ed essendo una ragazza molto orgogliosa non voleva farsi vedere titubante nella sfida che aveva accettato, ma infondo, lo sapeva anche lei che le piaceva Blake solo perchè voleva dimenticarsi Tom, il ragazzo alto dai capelli corti e castani che poco prima l'aveva presa in giro.
«Ah ok», si limitò a rispondere lei, con una faccia quasi indifferente.
L'espressione del ragazzo cambiò radicalmente, era quasi preoccupato, anzi, lo era, ma lo stava nascondendo. Lui sapeva che se le avesse detto quella frase lei ci avrebbe sofferto,  ma sapeva anche che avrebbe fatto esattamente il contrario da ciò detto da lui, in realtà non voleva che vincesse. Non voleva.
Belle entrò senza fare una piega.
"Incredibile" pensò "Non ho mai visto ambiente più trasandato di questo, dopo la camera di Tom, ovviamente" aggiunse muovendo con un piede una lamina di ferro impolverata appoggiata al terreno.
"Che schifo, ma davvero ho accettato questa scommessa?E tutto per colpa sua, sì, per colpa di Tom." pensò alla scena capitata una settimana prima e strinse i pugni, calde lacrime iniziarono a scenderle dai suoi occhi.
"Ah, ma tanto ora lui è innamorato di un'altra, quindi perchè dovrebbe interessarmi?",  iniziò ad incamminarsi lungo il corridoio, i ricordi le riaffioravano lentamente nella testa,  tutti quei bei momenti passati insieme, molte incomprensioni, frasi interrotte, frasi che avrebbe voluto sentirsi dire interrotte, il suo bizzarro modo di fare.
Tutto ciò la feriva, ma rendeva Tom una persona diversa dalle altre, e a lei alla fine piaceva, anche se il vero motivo per cui si sono lasciati...Beh, questa storia non ci riguarda.
Camminò asciugandosi le lacrime ed iniziò ad esplorare quel nuovo territorio che per molto tempo sarebbe dovuto diventare la sua casa. Ed i suoi genitori? Ovvio, la risposta è stata "campeggio scolastico", alla fine erano compagni di classe, quindi non cambiava molto.
Trovò un tavolino ancora intatto in quello che sembrava essere un grande atrio, decise di sedersi un attimo e di fare una piantina con le stanze che aveva visitato.
Aveva visitato soltanto il piano terra ed era già passata un'ora.
"Wow, fantastico, voglio già andarmene adesso,figuriamoci passare qui la notte", ma nonostante ciò si caricò di nuovo lo zaino preparato precedentemente da lei stessa e iniziò a salire le scale.
Con poca voglia iniziò a cercare un qualcosa che avrebbe potuto farle da letto, e mentre lo cercava iniziò a salire le scale.
Erano abbastanza scricchiolanti, ma tutto ciò non importava, voleva dimostrare a Tom che lei non dipendeva da lui, non le importava se avrebbe dovuto fidanzarsi con qualcun altro.
Nel frattempo fuori erano tutti abbastanza eccitati e ansiosi,le ragazze avevano un po' ansia, ma cercavano di non darlo a vedere.
Tom fissava la casa, chissà cosa stava pensando.
Belle era ormai arrivata ad ispezionare anche il piano superiore, ma non riuscì a trovare ciò che cercava, anche perchè la paura dello sporco, le impediva di toccare troppo, decise allora di salire ancora su una scala fatta di marmo.
Mentre camminava in quel corridoio l'eco dei suoi passi proseguiva veloce come i battiti del suo cuore, non capiva se era paura od eccitazione, si rendeva soltanto conto che avrebbe voluto già uscire da lì.
«Ehi,Tom!Che stai fissando?Per caso sei preoccupato per la tua ragazza?», disse un suo amico con aria arrogante.
La reazione di Tom,diciamo che non fu proprio delle migliori. Eh già, quel poveretto aveva appena ricevuto un bel pugno nello stomaco.
Nessuno si azzardò a dire nulla, mentre questo continuava a fissare la casa.
Nel frattempo passò una settimana e Belle non si era fatta ancora vedere, i ragazzi iniziarono a pensare che fosse stata un po' una cazzata non dare un limite di tempo.
"Chissà che stanno facendo gli altri..." pensò mentre camminava 
"Pf, Tom starà sicuramente dicendo agli altri cose del tipo -ahhh,guarda un po', non è ancora uscita eh?- non mi importa. Non mi importa, devo smettere di pensarci..."
"Accidenti ,ho mangiato troppo, le provviste mi basteranno massimo per oggi...Beh significa che sarà il momento di uscire domani. Ma io non voglio." si fermò.
"Giusto, io non voglio uscire."
"Perchè dovrei farlo?Fuori di qui ho solo problemi"
"Qua da sola potrei morire tranquilla"
"Tanto a  nessuno importa"
Iniziò a pensare seriamente al suicidio, tanto i ragazzi non sarebbero entrati se lei non fosse uscita, però, siccome non aveva ancora visitato una parte dell'edificio decise di esaminarla e di decidere poi su di ciò.
Scese abbastanza in fretta le scale trascinando con sè lo zaino ormai vuoto, ma non si accorse che quest'ultimo si incastrò e rimase appeso ad una finestra.
Tom stava ormai sonnecchiando, quando si accorse che sulla facciata principale era cambiato qualcosa, ma non capiva cosa. Cercò di osservare meglio.
«Un momento. Ragazzi. Ma quello appeso alla finestra non è lo zaino di Belle?!», esclamò uno dei ragazzi.
Tom rimase senza parole.
«Ma se lo zaino è vuoto significa che non ha più cibo, giusto?E quindi dovrà uscire» ,aggiunse Alyssa.
A Tom si illuminò il volto, sembrava essere "rinato".
Belle stava ancora esplorando quel piano, le sembrava ancora ieri da quando era entrata in quel posto.
Intanto si fece sera, i ragazzi iniziarono a domandarsi il perchè la ragazza non fosse ancora uscita.
«Sentite, non sarà il caso di andare a controllare stia bene?»,propose Alyssa guardando Tom.
"Dopo ciò che ho passato con lei non me la sento di abbandonarla... Anche se per molti motivi noi non ci siamo più sentite non significa che non debba più volere bene a Belle", pensò Alyssa.
«Ok dai, forse è meglio così», Blake approvò.
«Posso andarci io?», chiese la ragazza dagli occhi violacei.
«Certo»,rispose Blake.
«Cioè, forse è meglio mandare una ragazza per evitare che succedano cose sgradevoli»,disse Blake sottolineando la parola sgradevoli mentre guardava storto gli altri ragazzi.
«Ok, allora io vado a dopo!» esclamò la ragazza entrando in quell'edificio buio.
"Fortuna che ho dei fiammiferi", pensò.
Esplorò il piano superiore ed il piano terra chiamando in continuazione Belle, non ottenne mai risposta.
Decise dunque di scendere.
Nel frattempo la ragazza dai capelli mossi aveva appena trovato una stanza che probabilmente avrebbe dovuto essere una mensa e si fermò ad osservarla, trovò molti utensili...
Tra cui dei coltelli.
"Ironia della sorte, eh? E così davvero la farò finita qui? Non ci avrei mai scommesso",  pensò la ragazza dagli occhi color cenere prendendo un coltello in mano.
Era quasi convinta che in quel posto fosse successo qualcosa di molto particolare.
Trovò una porta sul muro.
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Alyssa correva veloce, aveva paura che fosse successo qualcosa alla sua amica, scese in fretta e furia le scale ed arrivò ad un corridoio con tre stanze da mensa.
«BELLE!»,urlò la ragazza.
Belle sentì la sua voce, non voleva vederla, non rispose.
Alyssa guardò nelle prime due stanze ed infine nella terza, Belle, messa ormai alle strette aprì la porticina sul muro mentre Alyssa le correva incontro, stava urlando, ma non la sentiva.
Quella porta aveva qualcosa di strano, pensò poco prima di essere catapultata insieme ad Alyssa all'interno di un enorme spazio buio e nero.
«Belle!Allora stai bene!»
«...Non dovevi venire...»
Alyssa iniziò a capire che quella stanza era parecchio strana.
Sul pavimento vi era una strana poltiglia nera che calpestata faceva una luce rosacea, il posto sembrava essere enorme e non avere muri.
Come poteva essere reale?
Le ragazze erano preoccupate.
Comparvero delle scritte sospese a mezz'aria.
"Solo una."
Iniziò a partire un timer, seguito da una serie di avvertimenti abbastanza preoccupanti.
«A te qualcuno sta aspettando», disse sorridendo la ragazza.
 Belle non capiva.
«Cosa stai dicendo?!Tu devi venire con me!», urlò l'altra.
«Avevo già sentito questa storia. Per favore, Belle, vai.Se entro otto minuti non te ne andrai, probabilmente entrambe faremo una brutta fine»
«Alyssa, cosa cazzo stai dicendo?!Non siamo in un libro!»
«Belle,Tom è preoccupato per te»
«Cosa...?»
«E' così, perciò, per favore vai, io me la caverò»
Mancavano pochi minuti.
--Allora? Chi vuole morire?--
Questa era la scritta riportata sulla parete.
Alyssa fece un passo avanti.
Pensò a tutti i bei momenti trascorsi con la sua migliore amica, sorrise, pensò a Blake.
«Ehi, senti Belle...»
Aveva deciso, dopotutto la sua vita era stata stupendamente felice, non sarebbe stato male finire tutto ora.
Un rumore forte.
Un grande muro si era creato dietro ad Alyssa che, girata di spalle attendeva una risposta dall'amica.
«Dimmi...»
«Non mi odi, vero?» , disse Alyssa girandosi ad osservare l'amica attraverso quel muro rosastro accennando un sorriso.
«Ma che domande! Non ti ho mai odiata...» , rispose l'altra osservandola quasi arrabbiata.
«Bene...» , rise «Mi fa piacere saperlo» , aggiuse sorridendo.
«Dì a Blake che mi è sempre piaciuto» , Alyssa continuava a sorridere trattenendo tutte quelle lacrime che avrebbe voluto lasciar cadere.
"Lei ha qualcuno che la aspetta. Io no, non ho nemmeno una famiglia, dovrei davvero essere così egoista da lasciarla morire? No." continuò a pensare la ragazza dai capelli castani.
I suoi genitori erano morti quando lei aveva quattro anni a seguito di un violento terremoto, lei si era salvata per miracolo.
--[...]Quando i tuoi incubi possono diventare realtà...--
Belle piangeva.
«Per favore, non piangere per me, io sono felice» tentò di consolarla l'amica mentre anche lei piangeva.
«Mi dipiace Alyssa, mi dispiace che dopo un inutile litigio non ci siamo più parlate, mi dispiace di essere cambiata, di essere diventata così, mi dispiace tanto!» urlò Belle piangendo.
--Tempo scaduto.--
La porta si spalancò, Belle viene risucchiata fuori dalla stanza.
Alyssa si asciugò le lacrime guardando l'uscita, la porta si chiuse.
Era la fine.
Si accorse di qualcosa che stava per cadere dall'alto, bizzarro, proprio come l'incidente del suo passato, solo che quella volta non c'era Belle a salvarla.
Sorrise.
E quello fu il suo ultimo sorriso prima di essere sepolta dalle macerie.
L'aura rosacea di quella stanza si spense, era finito tutto un'altra volta.
Sotto le macerie si intravedeva una macchia rossa.
Belle cadde per terra piangendo, urlando, chiamava l'amica, chiamava Tom, voleva vederli entrambi ,voleva abbracciarli,dirgli che voleva stare per sempre con loro.
Fuori dalla casa i ragazzi sentirono le sue urla, corsero veloci dentro a cercare la compagna.
Qualcuno aprì la portà della mensa.
Il ragazzo , si, era davanti a lei e la stava guardando.
Fece qualche passò dopo di che iniziò a correre e la abbracciò,Belle iniziò a piangere, lo abbracciava forte, il ragazzo era sorpreso ma ricambiò quell'abbraccio.
Quando gli altri entrarono nella stanza una forte luce rosa li stordì, dimenticarono tutti l' esistenza di Alyssa.
«Tom...Tu- tu sei uno stupido!», disse lei singhiozzando.
«Eh lo so », disse lui stringendola e accarezzandole i capelli, ridendo.
«Tu non hai idea di quanto-!» Belle venne interrotta da Tom.
«Shh , non importa più nulla ora. Siamo stati stupidi, lo so, però non sarebbe male rincominciare tutto da capo ,insieme», disse sorridendo.
Belle acconsentì muovendo la testa, mentre piangeva di felicità.
Anche gli altri sembravano contenti.
Ed Alyssa?
Beh in realtà questa è un'altra storia.

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Capitolo 4
*** 3. Vera amicizia?- parte 1 ***



07/07/1X85

Era una mattina di luglio,il sole splendeva e l'ombra che si creava sotto gli alberi era molto scura e fresca rispetto alla giornata.

Marion era appena uscita di casa e stava passeggiando con il suo fidato diario in mano.

Adorava leggere e scrivere, inventava storie e descriveva dettagliatamente le sue giornate, aveva già finito molti diari prima di questo e per l'occasione aveva comprato il più bello del negozio.

I raggi di sole le illuminavano i capelli castani e ondulati e un lieve venticello estivo le scompigliava la frangia portandogliela vicino gli occhi.

Camminava in un viale stretto,circondato da alberi da entrambe le parti, con uno sguardo diverso dal solito, era felice.

Aveva conosciuto una ragazza giorni fa, si erano date appuntamento vicino ad una piazza che lei non aveva mai sentito nominare nonostante conoscesse molto bene la città.

Proseguiva lungo il viale, seguendo le indicazioni della sua amica, era una tipa stramba, ma caratterialmente l'aveva colpita: era l'unica nella sua scuola che le rivolgeva la parola, gli altri la ignoravano, come se lei non esistesse.

Inizialmente ci soffriva, non lo accettava, non capiva il perchè, ma col tempo si sa, prima o poi ci si abitua, ma per il momento non ci pensava, aveva trovato un'amica!

La ragazza in questione si chiamava Rina, era di origine russa. Alta e magra, era una ragazza molto vivace e immatura e spericolata, socializzava con chiunque. I suoi capelli erano lisci come spaghetti e le arrivavano fino al sedere, anche il colore era il medesimo.

Alla fine del viale che stava percorrendo si trovò davanti un cancello argentato un po' arruginito chiuso da un grande lucchetto,e dopo vi era un edificio grigio dall'aspetto di una reggia,con grandi vetrate e alcuni balconi molto in alto, ed il tutto circondato da un enorme giardino incolto,l'erba era alta quasi come lei.

Era un edificio abbandonato. Lo riconobbe era L'EDIFICIO ABBANDONATO. Improvvisamente si ricordò delle varie leggende su quel luogo e iniziò a pensare perchè Rina l'avesse fatta arrivare fino a quel posto.

Iniziò a camminare con aria sospetta cercando di vedere se l'amica era presente, ma non trovò nulla, tranne un biglietto appeso su una vecchia insegna arruginita.

--Mariooooon! Ti ho fatto uno scherzetto eheh! Che ne dici di fare una caccia al tesoro? Il tesoro sono io, se mi trovi ti farò conoscere tuuutti i miei amici, tranquilla gliene ho già parlato e sono d'accordo. Però se tu decidessi di non venire purtroppo io non potrei più parlarti...Beh ma sono sicura che verrai a cercarmi!-- Rina.

Marion lesse quel biglietto incredula ed arrabbiata. Piuttosto che entrare in quel posto si sarebbe rasata a zero i capelli, però non poteva rinunciare all'idea di avere molti amici, di non essere sola.

Prese il biglietto e lo strappò gettandolo a terra e pestandolo.

«Dannazione a te!», bisbigliò prima di sfondare il cancello ormai quasi distrutto.

L'erba era stata tagliata.

"Allora qualcuno fa manutenzione in questo posto ogni tanto...", pensò correndo all'ingresso.

Vide la porta e di fretta la aprì, la chiuse frettolosamente.

"Aspetta. Prima l'erba NON era tagliata", si fermò di colpo.

"COSA CAZZO STA SUCCEDENDO?!", pensò Marion girandosi di scatto con gli occhi sbarrati.

Cercò di aprire la porta, non si apriva.

Panico.

Prese il suo diario ed iniziò a scrivere freneticamente e dettagliatamente quello che le era successo nei minuti precedenti.

Iniziò a muovere la maniglia sempre più velocemente, ma notando che era tutto inutile si cercò di tranquillizzare pensando che comunque non era sola, e che probabilmente era tutto dovuto alla sua soggezione.

Vide un altro biglietto appeso alla porta:

--Ti va di giocare ehehe?-- Rina.

«RINA. SPIEGAMI COSA STAI FACENDO», urlò la ragazza alzandosi in punta di piedi per poi ricadere pesantemente sui talloni.

Non ottenne risposta.

Sempre più in collera e allo stesso tempo inquietata iniziò a cercare qua e là la sua "amica", alla fine non era più tanto convinta.

Girando a destra arrivò in una sala abbastanza grande, le girava la testa.

Era spaventata e stanca, scaricava la sua ansia su quel libretto bianco che in poco tempo si riempiva di parole e parole, ma nonostante la situazione, la sua capacità descrittiva e narrativa era impressionante, come la sua calligrafia dopotutto.

Scriveva e scriveva, anche camminando, ciò che raccontava era esattamente la verità, non aggiungeva dettagli inutili e fantasiosi.

Era appena passata in un corridoio pieno di armadietti per probabilmente dei bambini dell'asilo, e proseguì scendendo alcuni gradini e girando a sinistra dove si trovava una rampa di scale.

Si fermò un attimo.

Sentì una risata, la riconobbe.

ERA RINA.

"Da dove proviene?!", pensò agitata voltandosi all'improvviso da tutte le parti.

Proveniva da sotto!

Scese velocemente le scale, ma la stanchezza e la velocità presero il sopravvento, Marion scivolò e svenne picchiando la testa.

..."Dove sono?" si ritrovò in una stanza completamente bianca... Delle voci stavano parlando, no, urlando, piangevano, si lamentavano, sulle pareti della stanza, sul soffitto e sul pavimento comparvero dei filmati, Marion vide una ragazza dalla camicia azzurra e dai lunghi capelli biondi prendere una potente scarica elettrica ed impazzire; vide un'altra ragazza schiacciata da delle macerie; vide tantissimi altri ragazzi e ragazze. Urlò.

Riprese conoscienza, ora ricordava: era svenuta.

Si trovava per terra alla fine delle scale, le sanguinava la testa ed il dolore era molto forte, ma nonostante cìò si alzò barcollando. Doveva trovare Rina e fargliela pagare.

Camminò lungo quel corridoio buio e polveroso, notò parecchie porte ai lati, ma non volle entrarci, nel frattempo appuntava tutto.

Alla fine del corridoio c'era una porta semi-trasparente, ci entrò.

"Che sia... Una piccola mensa?", pensò d'istinto.

Si girò verso le finestre per cercare una via d'uscita ed ispezionò la stanza, ma nulla.

«Marioon!Eheheh allora sei viva», esclamò Rina.

Marion si girò di scatto, giurava di non averla vista.

«Tu... TU COME HAI POTUTO FARMI QUESTO», Marion le corse in contro sollevandola per il colletto della camicia e guardandola con occhi disumani.

Rina la guardava con quel suo solito sorrisetto irritante.

«Ohi ohi Marion, non ti sembra il caso di darti una calmata?Non ti facevo così violenta», rispose ridacchiando.

Marion la mollò di scatto facendola cadere per terra come un sacco di patate.

«Oh, grazie, ora va meglio», disse Rina rialzandosi e scrollandosi i pantaloni.

«Voglio delle spiegazioni.»

«E cosa ti dovrei spiegare?E' stata Moira a farmelo fare si, si, proprio Moira!»

«E CHI CAVOLO E' MOIRA?! UNA DELLE TUE TANTE AMICHE?!»

«Noo, lei è più speciale! Non si può disubbidire a Moira, qualunque cosa chieda!»

«Pensavo avessi una personalità più ribelle, che delusione, alla fine sei proprio come tutte le altre, fai senza indugio tutto ciò che ti dicono di fare, quindi anche conquistare la mia fiducia era uno dei piani, giusto? Che schifo. CHE SCHIFO. MI FAI SCHIFO. VERGOGNATI», venne interrota da Rina.

«Mh?Beh, non so cosa tu abbia capito ma in talcaso ti stai sbagliando»

«...»

«Coomunque, vedi questa porta?», disse indicando una porticina alla sinistra.

Marion la osservò. Rina riprese a parlare.

«Questa è la tua tanto attesa uscita! Se vuoi uscire sei libera di farlo», le disse sorridendo dolcemente.

Dentro Marion ora era tutto più calmo, come aveva fatto a dubitare della sua migliore amica!

«Scusa Rina... Per il modo in cui ti ho trattato, ecco...», borbottò sottovoce guardando il basso.

«Non preoccuparti! Ora usciamo daaai!», disse spingendo la ragazza avanti dentro la porta.

Marion la aprì e vi entrò subito a causa della spinta di Rina.

"Cosa?Non è l'uscita questa."

«Rina?»

Rina era girata di spalle con le mani dietro la schiena e saltellava.

Marion si avvicinò per uscire.

"Cosa...?Perchè non posso uscire?"1985

«Rina?!»

La bionda si girò.

Non aveva mai visto un sorriso così agghiacciante sul suo volto.

Marion indietreggiò.

«Tutto ok Marion?Ti vedo straanaa!»

Marion spaventata da quello sguardo indietreggiò sempre di più.

Aveva gli occhi fissi e spalancati, sorrideva troppo, TROPPO.

Marion si accorse che stava camminando su una gelatina nera che risplendeva di rosa.

"Cosa?Cosa?Cosa?", pensò Marion spaventata, era impallidita.

«Mi hai ingannato, questa non è l'uscita!» urlò tremante.

«Oh? Ti pare che io non rispetti gli ordini di Moira? AHAHAHAHAH NAAAH»

Marion si zittì. Tremava. La fissava shockata.

«Vedi di rimanere insieme alla ragazza per una stagione! Sai, alle altre persone che non l'hanno fatto non sono successe proprio belle cose eheh...EHEHEH...EHEHEHEHEH», iniziò a ridere istericamente.

«Tu... Chi sei...!», prima di poter aggiungere altro la strana gelatina nerastra si iniziò a "sciogliere", venne portata via da quella strana sostanza. Urlava. Svenne.

Si riprese.

"Dove sono...?"

Un cartello mostrava la scritta: SUMMER.

--continua--

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Capitolo 5
*** 4: Vera amicizia? mini parte esplicativa ***


Caro lettore, volevo informarti che la vicenda di Marion non è stata poi così importante, non vale la pena di raccontare tutti gli altri dettagli, e poi non credi anche tu che sia più divertente scoprire le cose con calma? risatina.
Marion però non è stata l'ultima, ma la terza persona di una lunghissima lista, una lista che ormai era stata cancellata e distrutta. 
In che senso ti chiedi? Beh ci puoi arrivare.
[un attimo di silenzio.]
In ogni caso, mi ha particolarmente colpito questa ragazza, così diversa dalle altre...
...così simile a me.
So che cambierà  m o l t o.
Oh, il tempo a disposizione è finito caro lettore, beh ti invito a continuare la lettura perchè la parte interessante viene proprio adesso.

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Capitolo 6
*** 5: Come ogni anno... ***


01/07/2X14
Era una mattina di luglio, il sole splendeva e l'ombra che si creava sotto gli alberi era molto scura e fresca rispetto alla giornata.
Charlotte era appena uscita di casa e si stava recando al summer camp.
I raggi di sole le illuminavano i capelli scuri quasi neri, facendo risaltare i suoi riflessi rossi e i suoi occhi marroni leggermente verdi.
Camminava in un viale stretto,circondato da alberi da entrambe le parti.
Faceva caldo e perciò si era vestita leggera, un paio di pantaloncini bianchi,maglietta a maniche corte gialla con una scritta elegante in rosa e delle all star lilla.
Proseguiva lungo il viale.
Il vento le mosse i suoi lunghi capelli ricci facendoli diventare improvvisamente ribelli e vagabondi lungo il suo viso dalla carnagione chiara, anche il suo ciuffo a lato si era ribellato.
Cadde anche qualche foglia.
Mancava ormai poco a destinazione, alla fine del viale si trovava un cancello argentato, dall'apparente aspetto antico e dopo vi era un edificio grigio, anche questo dall'aspetto di una reggia, con grandi vetrate e alcuni balconi molto in alto, ed il tutto circondato da un enorme giardino.
Non era propriamente un centro estivo, era la vecchia scuola dove andava da piccola, un istituto privato gestito dalle suore,nonostante questo a Charlotte piaceva andarci,trovava molte sue amiche e si divertiva ad aiutare le insegnanti a gestire i bimbi.
Aprì quel vecchio cancello, il quale cigolò molto rumorosamente.
Si ritrovò nel giardino anteriore, qui i bambini non possono giocare, le suore dicevano sia a causa del freddo che provoca l'ombra delle piante.
Girò intorno all'edificio, all'ombra dei pini e delle piante di questa scuola, osservò le maestre tirare fuori delle tempere dall'armadio, oggi era previsto un grande disegno sul muro della sala da pranzo all'esterno.
Sorrise e proseguì. L'ombra ed il freddo stavano per finire, si stava avvicinando all'area soleggiata del giardino posteriore.
Sentiva gli schiamazzi e le risatine dei bambini che giocavano e sembravano divertirsi molto, ecco che l'ombra finì.
Faceva davvero caldo in quella giornata.
Si mise alla ricerca delle sue amiche ma con suo dispiacere scoprì che non erano ancora arrivate.
Si sedette all'ombra in una panchina vicino all'area che poi sarebbe stata dipinta,osservava alcuni bambinetti giocare nella pozza della sabbia e fare gare tipo "la montagna più alta" oppure "la fossa più profonda", mentre altri salivano sullo scivolo, oppure si nascondevano dentro alcune siepi.
Volse lo sguardo da un'altra parte e sul tubo dello scivolo/castello centrale vide altri bambini e bambine che facevano la conta per vedere chi doveva contare a nascondino.
Pensò ai vecchi tempi e si sentiva nostalgica ma felice.
Ora aveva tredici anni ed erano passati ben quattro anni da quando aveva finito le elementari in questa scuola.
Notò una sagoma in fondo all'ingresso secondario, aveva lunghi capelli castani e lisci,era piena di lentiggini e aveva occhi color nocciola, alta più o meno come lei ma forse un po' meno magra. La riconobbe, era Fay.
Si alzò e la salutò dimenando le braccia a più non posso.
«Charlotte!», urlò la ragazza castana correndo verso di lei
E come al solito Charlotte scappò via per evitare di essere abbracciata, ma Fay,molto più veloce ed agile di lei,riuscì lo stesso nell'intento.
«Whaa! Fay smettila mi strozzi!», urlò la riccia soffocando una risatina
Fay la mollò ridedo.
«Allora,come va? E' da tanto che non ci vediamo», disse Fay con sguardo complice.
«Bene, tu? Sono successe tante cose...», rispose Charlotte.
«Vorrà dire che me le racconterai tutte!»,
Fay sembrava molto divertita, forse l'unica a disagio era Charlotte.
Sentiva qualcosa di strano. 
Una suora,vedendole con le mani in mano, si avvicinò e le incaricò di seguirla, le solite "missioni segrete" quanto erano divertenti! La facevano sentire come un vero agente segreto. Era da tanto che non faceva qualcosa di nostalgico e di abbastanza infantile ma soprattutto divertente.
Ormai si era convinta che per lei la vita sarebbe stata solo una delusione, senza più divertimento.
Solo piena di tristezza.
Mentre seguivano la suora a Charlotte è sembrato di essere osservata.
Scendevano giù per quelle scale di pietra che portavano all'ingresso sotterraneo della mensa interna, i raggi del sole erano più deboli e faceva più fresco.
La suora aprì la porta con abbastanza fatica.
"Oh giusto, allora se l'aprivo così non c'erano problemi" pensò Charlotte riguardo a quella volta che era rimasta chiusa dentro con un'inquietudine pazzesca.
Inquietudine, non paura.
Lei non ha praticamente mai paura, lei è inquietata. Lei è una ragazza bizzarra, oltretutto essendo un' artista non ci può fare nulla, vorrebbe essere invisibile alle persone ma spicca lo stesso e non solo per i suoi disegni, un po' per tutto quello che fa.
Un po' per l'essere goffa e imbranata, un po' per essere davvero critica e pignola con sè stessa, un po' per non avere autostima e ridere alle pessime battute che gli altri fanno di lei, un po' perchè ride alle disgrazie che le capitano, un po' per essere sempre gentile e prestare ogni cosa, un po' perchè tutti pensano che lei sia prevedibile mentre quella volta nessuno si aspettava che si arrabbiasse così tanto.
A lei questo infastidisce. 
Avrebbe sempre desiderato essere una ragazza banale, uguale alle altre, identica, una fotocopia di quelle ragazze sempre alla moda che ridono, sono simpatiche e ammirate.
Invece lei non è classificata nella lista delle ragazze popolari ed i ragazzi non la guardano nemmeno.
Solo pochi le parlano.
E tra quei pochi ci sono le sue "amiche" e lui.
Entrarono nel corridoio stranamente buio di quell'edificio bizzarro e seguirono la suora dall'abito grigio e dal velo nero su dalle scale.
Svoltarono a destra e salirono ancora, ora si trovavano al piano terra dove si trovavano le classi dell'asilo. 
Salirono ancora delle rampe di scale e arrivarono vicino alla sala computer. C'erano altre scale di sopra, ma praticamente nulla ormai era un mistero,quelle scale portavano alla soffitta.
Suor Marta le fece cenno di entrare e seguirla dentro la sala proiettore.
Vi entrarono e come al solito nulla era cambiato.Il mobile di legno dove vi sono appoggiati dei trofei, sempre alla sinistra di chi entra attaccato al muro; le sedie munite di tavolino tutte rosse e ordinate; le persiane delle finestre chiuse per avere una buona visione; il proiettore e la tela dove veniva proiettato tutto come al solito erano giù; la cattedra vicino alla tela; la porta a sinistra della cattedra semiaperta dalla quale si intravedeva uno spiraglio di luce.
Seguirono la suora dietro a quella porta.
C'erano molti scatoloni di ogni dimensione e peso.
«Questi dovete portarli nella sala dopo a quella degli animali imbalsamati, quella con il portone da spingere,capito?» ci domandò la suora
«Certo!», risponderono all'unisono Fay e Charlotte prendendo uno scatolone.
Ovviamente,Fay, che era molto più forte, portò scatoloni enormi e pesanti con una facilità incredibile.
La suora se ne andò.
«Wha, uffa perchè non ci ha dato cose più leggere? Dopo tutto siamo ragazze!», sbuffò.
«Charlotte, non ti lamentare ti sarebbe potuto capitare di peggio... Non so, uno scatolone pieno di SIRINGHE»
«IHHH! Non dirmelo neanche!!», Charlotte mollò accidentalmente lo scatolone per terra.
Si sentì un forte tonfo metallico.
«Oddio, oddio!»
«Non mi dire che l'hai rotto...»
«Non lo so... Ma non voglio vedere, se fossero davvero delle punture?», questo era l'unico terrore di Charlotte.
«E va bene, non voglio vederti impazzire improvvisamente», disse Fay prendendo lo scatolone da terra.
«Grazie...», disse Charlotte sbuffando di sollievo.
Portarono due scatoloni alla volta, d'altronde erano davvero pensanti.
Giunti agli ultimi due c'era uno strano silenzio.
«Mmm, Fay»
«Si?»
«Non senti qualcosa di strano?»
Avevano appena salito le scale, varcato una porta ed ora si trovavano nel corridoio delle aule di musica, dell'infermieria e della salagiochi. Come al solito le porte delle stanze erano aperte in quello stretto corridoio, così le era anche più difficile camminare senza sbattere da nessuna parte.
«Beh,tipo?»
«Non so»
«Va bene proseguiamo, portiamo gli scatoloni e ne parliamo», disse facendole l'occhiolino.
"Fay è sempre stata una delle mie compagne nelle avventure paranormali, credo capirebbe ciò che intendo dire".
Proseguirono per quel corridoio poco illuminato, man mano chiudendo le porte che cigolavano, è sempre stato inquietante quel cigolio, sembrava un urlo molto ma molto acuto. A Fay aveva sempre fatto venire i brividi.
La porta della biblioteca era chiusa, anche questo normale. Dalla sala giochi, proveniva molta luce, questo perchè possiede vetrate molto ampie.
Continuarono a procedere.
Oltrepassarono i bagni e giunsero alla sala principale dove a sinistra si trovavano le scale per scendere mentre a destra le classi, e se proseguivi trovavi altre scale che ti portavano al doposcuola o ai club di arte, musica ed educazione ambientale.
Salendo le scale e proseguendo diritto trovavi altri bagni, girando a destra invece,arrivavi alla tanto attesa stanza degli animali imbalsamati.
C'erano volpi, aquile, donnole, faine, gabbiani, serpenti, uova e molto altro.
«Questa stanza rimane sempre uguale nel tempo», disse Charlotte con un pizzico di malinconia.
«Hai ragione, fa sempre paura!»
risero.
Osservarono per un momento le teche con gli animali e poi spinsero insieme la porta riuscendo ad aprirla.
Erano entrati in uno dei tanti ripostigli di quella scuola, era pieno di scatole contenenti di tutto e di più, dai costumi per le recite, alle maschere,alla carta colorata, ai colori per arte, di tutto.
Appoggiarono gli ultimi scatoloni.
«Finalmente!», esclamò Fay buttandosi sull'unica sedia presente nella stanza.
«Allora, di cosa volevi parlarmi?», aggiunse
«Ma no ,nulla di che... Hai presente l'upupa?»
«Sì ma, di preciso?Spiegati meglio»
«Ricordi quella leggenda? Sul fatto che portasse sfortuna, intendo»
Si riferiva al fatto successo anni fa, quando era ancora in quella scuola, ogni anno un upupa veniva nel giardino della scuola, d'estate. Periodicamente quando compariva succedevano cose strane. Una volta un bambino è quasi stato ucciso da un ramo enorme di un pino che si era improvvisamente spezzato...
«Si,ora ricordo», Fay uscì dalla stanza e guardò dalla finestra della stanza degli animali,dove potevi vedere benissimo il cortile.
I bambini che fino a poco erano fuori a giocare erano radunati in un punto del giardino, QUEL punto dove ogni anno si riunivano a osservare l'animale.
«E quest'anno non è ancora arrivato», le fece notare Charlotte
«Che sia...?»
Annuì.
«Allora? Cosa stiamo facendo qui?», aggiunse
«Andiamo a vedere!», urlò Fay piena di energia
«Ma forse prima non dovremmo...?», le domandò.
«Finire qui? Nah!», Charlotte afferrò l'amica per un braccio e insieme ripercorsero tutto il tragitto dell'andata fino ad arrivare in cortile.
C'era sempre una strana atmosfera.
Erano quasi arrivate quando Charlotte si bloccò improvvisamente.
«Charlotte, che c'è?»
«Oggi non dovevano venire anche Sabrina e Nick?»
«Oh è vero! Beh allora muoviamoci, saranno sicuramente arrivati!»
Le due si affrettarono per le scale.
Dopo aver ripercorso la stessa strada di prima a ritroso si ritrovarono nel cortile e si diressero verso il punto dove si era radunata tutta quella gente.
«Permesso, permesso!», disse Charlotte mentre tentava di intrufolarsi educatamente per poter vedere qualcosa. Fay, al contrario, spintonava la gente qua e là, e infatti arrivò prima di Charlotte.
Che cosa era successo?
---- Continua.

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Capitolo 7
*** 6: Come ogni anno... -parte 2 ***


«Ma questo...E' terribile» sussurrò Charlotte mentre si portava una mano alla bocca.
«Ma cosa...»,  anche Fay era molto scossa,  dopotutto stavano assistendo ad uno spettacolo raccapricciante.
Un bambino infilzato da un ramo di pino,  e l'upupa di fianco a zampettare tranquillamente incurante di ciò che era successo.
Dopo un po' arrivarono pure delle suore,  erano tutti shockati per quello successo,  chiamarono l'ambulanza,  mentre le più religiose lanciavano sassi all'uccello "porta sfortuna",  non sapevano che tutto questo era solo l'inizio di una catastrofe ancora più grande,  che avrebbe provocato la semi-distruzione del mondo,  ma per mano di chi?
Charlotte e Fay continuarono a fissare la scena per alcuni minuti finchè Charlotte non si allontanò di corsa.
«Charlotte?! Dove vai?» chiese urlando l'amica cercando di seguirla in mezzo a tutta quella confusione.
Charlotte non sembrava ascoltarla,  corse e corse fino ad entrare nell'edificio,  percorse tutta la scuola alla ricerca di qualcosa,  ma cosa? Forse neanche lei lo sapeva,  stava cercando di riordinare i pensieri,  lei SAPEVA di essere a conoscenza di qualcosa di importante,  solo che non se lo ricordava.
Improvvisamente mentre correva nell'atrio al secondo piano,  vide una figura salire le scale e si fermò di colpo facendosi raggiungere da Fay.
«S...Sabrina,  se arrivata!» esclamò Charlotte dopo averla fissata un po' in silenzio.
La ragazza dai lunghi capelli biondi e con una frangetta ribelle la osservò con penetranti occhi gialli e poi iniziò a comportarsi come al solito,  in modo molto infantile.
«Ehhh??Che sta succedendo giù? Ho visto un beeel po' di confusione!» esclamò canticchiando.
«Un cadavere» rispose seria Charlotte.
«Ohohoh,  questo è un giallo che devo risolver-» venne interrotta da Charlotte.
«Sii seria per una volta!» urlò brutalmente guardandola.
Fay osservava le due senza provare ad intromettersi.
«Mhh,  se è questo che vuooi...» la bionda si zittì.
Charlotte continuò a guardarla in cagnesco per alcuni minuti,  poi si allontanò dalle due ma prima di andarsene disse a Fay di portarla dagli altri,  perchè in teoria non sarebbero dovute essere lì.
Fay obbedì.
Charlotte stava già...Cambiando? 
Continuò a camminare avanti e indietro per il corridoio lì vicino quando sentì una lieve melodia.
"Pianoforte",  pensò mentre si dirigeva quasi ipnotizzata verso l'aula di musica,  sentiva di iniziare a capire qualcosa di quello che non riusciva a ricordare.
Era socchiusa,  entrò chiudendo gli occhi,  dopotutto non le interessava chi stesse suonando,  bensì la melodia in sè.
Nella sua mente si disegnò una figura non molto chiara,  due donne,  che apparentemente sembravano essere in posti diversi che davano entrambe la caccia a un upupa. La donna a sinistra aveva lunghi capelli lisci e neri,  mentre quella a destra era albina e i suoi capelli erano lunghi e leggermente ricci alla fine,  entrambe tentavano di uccidere l'animale,  ma l'albina,  quando era quasi riuscita nell'impresa si bloccò di colpo e lo prese in braccio portandolo via. L'altra donna invece,  riducendo l'upupa senza forse,  lo abbandonò al suo destino e se ne andò via.
Quando la melodia malinconica cessò,  Charlotte aprì gli occhi.
«Oh!Ciao Charlotte»
Charlotte si voltò verso il pianoforte e vide una persona per lei importante,  di colpo si imbarazzò.
«O-oh...Ciao Nick!» disse distogliendo lo sguardo dal ragazzo. Aveva capelli biondi più sul castano ovviamente corti,  e due occhi verdi fantastici,  secondo Charlotte. Non era una grande bellezza ma tra le ragazze riscuoteva un successo notevole per la sua simpatia.
«Ti piace la melodia che ho suonato?» chiese lui guardandola in modo tale da imbarazzarla ancora di più.
«SI'» rispose istintivamente quest'ultima.
«Eheheh» rise. «L'avevo capito da come eri entrata nell'aula,  eri così assorta che non me la sono sentito di smettere e salutarti»,  aggiunse.
"Ah è così?" pensò la ragazza sorridendo.
«Una domanda»
«Dimmi»
«Come si chiama...La canzone?»
Il ragazzo esitò un attimo a rispondere,  mettendosi la mano sul mento cercando di pensare.
«Non lo so,  l'avevo sentita da qualche parte quand'ero piccolo» disse sospirando nostalgicamente «Poi non mi ricordo nè dove nè come...Anni fa trovai un vecchio spartito,  e guarda a caso,  la canzone era proprio quella!»,  concluse.
«Questa faccenda ha un nonsochè di strano»,  aggiunse Charlotte.
«L'ho sempre pensato anche io,  ma ci dev'essere senz'altro una spiegazione»
«Beh certo»,  disse Charlotte mentre diminuiva progressivamente il tono di voce.
Iniziò a pensare che forse ci doveva essere qualcosa di paranormale dietro,  ma forse,  come aveva detto lui scetticamente,  ci potrà essere senz'altro una spiegazione "normale".
«Quando suonavi...»
«Hm?»
«Ho provato una strana sensazione»
«Sono bravo ehhh?» disse lui mettendosi le mani sui fianchi e autocompiacendosi.
«Non è questo»,  rispose Charlotte ridendo «Cioè,  non fraintendermi,  sei bravo,  ma ho provato come una nostalgia ascoltandola e...»
"e ho avuto una visione" avrebbe voluto dire,  ma poi si ricordò del suo scetticismo e tacque. Dopo tutto non voleva mica sfigurare davanti a LUI passando per una bugiarda o fuori di testa.
«E?»,  domandò il ragazzo notando una certa esitazione.
«Niente,  niente»
«Hmm,  okay»,  rispose lui girandosi e prendendo lo spartito dal leggio. Doveva essere davvero molto vecchio,  medioevale,  pensò Charlotte.
«Hai saputo cos'è successo?»,  domandò Charlotte per spezzare l'atmosfera tesa che si era venuta a creare.
«Riguardo al perchè la polizia è qui dici?No,  non ne ho idea»,  guardò Charlotte curioso.
«E' morto un bambino»,  rispose secca. Pensò all'upupa ma si trattenne ancora una volta.
Nick la guardò con uno sguardo molto serio,  come se le leggesse la mente.
«Sai come è successo?»
«No,  so solo che un ramo di pino l'ha ucciso perforandolo. Posso solo supporre che il bimbo stesse recuperando la palla quando il ramo si staccò improvvisamente e...»,  a Charlotte venne in mente di aver visto una palla dietro un cespuglio lì vicino,  ma era così scossa da non averla notata subito,  quindi siccome giocavano spesso a pallone in quella zona,  la sua teoria era molto probabile.
«Venne ucciso»
«Già»
«Ma non era successa una cosa simile anni fa?»
«Sì,  ma il bambino non venne ferito e si trasferì per il trauma»
Alcuni minuti di silenzio seguirono questo interessante dialogo,  i due ogni tanto si guardavano mentre si dirigevano alla finestra stando ad osservare tutta la confusione venutasi a creare dopo quella disgrazia.
"Upupa",  continuò a ripetersi Charlotte.
«MA...»,  Charlotte sobbalzò.
"Che stupidaa!Come ho fatto a non notarlo prima!",  pensò mettendosi una mano in faccia,  Nick la guardava perplesso.
«Non preoccuparti,  ho solo ricordato una cosa»,  disse lei ridendo e rassicurandolo,  si guardarono negli occhi,  ma per Charlotte quel contatto visivo era troppo,  perciò distolse quasi subito lo sguardo spostandolo per terra e poi a sinistra, verso la finestra osservando fuori. 
"Beh, non che c'entri così tanto ma... Come mai in quella visione ho visto UN UPUPA?", pensò.
"Non può essere una coincidenza", il suo pensiero venne interrotto da Nick.
«Ma è vero che...»
Charlotte scese dalle nuvole improvvisamente, anzi, dall'espressione ridicola e spaventata che aveva, sembrava che fosse, più che scesa dolcemente, caduta o scaraventata giù dal suo mondo immaginario pieno di upupa e cose paranormali... e di Nick.
«A-H, e-h, sì dimmi pure», disse mentre si raddrizzava tutta rigida e cercava di concentrarsi su ciò che il ragazzo le avrebbe chiesto da lì a poco.
«Era stato avvistato un upupa anche anni fa?»
«Oh beh, ogni anno», rispose lei aspettandosi chissà quale cosa di importante. Forse pensava di essere stata scoperta? Lui non sapeva che lei ne era innamorata, vero?
«Ah, strano, e dimmi...»
Charlotte si raddrizzò ulteriormente curiosa e preoccupata allo stesso tempo, il suo viso era un libro aperto per chiunque. Le si leggeva chiaramente in faccia: "No, non dirmelo" "Sì, chiedimelo", un po' incoerente come pensiero.
Il ragazzo notando la sua strana espressione stava quasi per scoppiare a ridere, anche se non era abbastanza sensibile da capire davvero cosa frullasse in testa a quella ragazza.
«C'era sempre un upupa il giorno dell'incidente di qualche anno fa?»
Tutta la tensione di Charlotte scomparve, la ragazza che pochi secondi prima era raddrizzata al massimo delle sue capacità, quasi come se qualcuno l'avesse legata con un filo teso dall'alto, si mollò di colpo, e con un'espressione mista tra sollievo e disperazione annuì.
Si riprese emotivamente notando Nick sempre più stranito. Pensò anche che a quel punto poteva dirla, la leggenda dell'upupa.
«Beh comunque non è la prima volta che succede...»
«Cosa?», domandò il ragazzo.
«Che quando compare l'upupa succedano cose strane...», disse lei un po' sottovoce guardandosi le mani.
«Spiegati meglio», rispose fissandola negli occhi.
«Beh ecco... Certe volte sparivano oggetti, oppure c'era brutto tempo... O quella volta che avevamo addobbato tutto per tifare quella squadra di calcio e che, nonostante sembrasse nettamente in vantaggio alla fine perse...», rispose sempre evitando di guardarlo in faccia.
«Ah beh, però possono essere coincidenze non lo metto in dubbi--»
«Mmh»
Un momento di silenzio.
Charlotte era indecisa se continuare e far valere le sue opinioni o se concentrarsi sul lato logico, molto più probabile di una maledizione.
Alla fine si fece coraggio.
«So che queste cose non sono così importanti, ma quello degli oggetti scomparsi, non ti sembra un po' strano?», disse lei guardandolo negli occhi.
Dopotutto, quello del paranormale era il suo mondo, non era la prima cosa strana che le era successa, anzi, sembrava proprio che tutte le cose inspiegabili accadessero soltanto a lei.
Dopo qualche secondo di riflessione il ragazzo la fissò e le disse:
«Beh, non hai mai dimenticato dove avessi messo un oggetto?»
«Sì ma questo si è ripetuto più volte, e per giunta sparivano cose di una certa dimensione come per esempio scatoloni di cibo, registratori e telefoni fissi», disse lei impassibile e sicura. 
Nick non aveva mai visto così tanta sicurezza in Charlotte e perciò decise di continuare a metterle i bastoni tra le ruote per vedere fin dove si sarebbe spinta.
Charlotte vide che Nick accennava un sorrisetto, ma non capì le sue intenzioni.
«Ladri?»
«Ogni anno allo stesso giorno?»
«Beh, potrebbe essere una coincidenza»
«Dai, è da 10 anni se non di più che continua questa cosa»
«Qualcuno che porta con sè un upupa è un ladro!», esclamò Nick scherzando e facendo ridere Charlotte.
«Certo, mi sembra la spiegazione più ovvia», rispose lei mentre rideva.
«Comunque sì, hai ragione è strano»
Charlotte si sentì incredibilmente realizzata quando ad un certo punto i due udirono il rintocco delle campane, doveva essere mezzogiorno. Si guardarono sorpresi e quasi spaventati.
«SIAMO IN RITARDO PER IL PRANZO», urlarono i due mentre si precipitavano giù dalle scale proprio lì vicino alla fine del corridoio.

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Capitolo 8
*** 7: Come ogni anno... -parte 3 ***


Corsero e saltarono giù dai gradini come non l'avevano mai fatto prima, Charlotte ne mancò uno e si aggrappò appena in tempo a una ringhiera sospirando di sollievo.
«Tutto ok?», le domandò Nick ridendo imbarazzato.
Charlotte annuì mentre rideva, capiva di aver appena fatto una figura che poteva benissimo evitare.
Finite le rampe di scale percorsero il corridoio fino a una porticina che portava al cortile vicino ai portici.
Misero entrambi un piede fuori notando una strana tranquillità e l'odore dell'aria era davvero inconfondibile: fuori pioveva, non troppo forte ma neanche troppo poco, quell'aria fresca ti liberava completamente il naso e ti ricaricava le energie.
Fuori, sotto ai portici, ci sarebbero dovute essere delle panche dove tutti noi avremmo mangiato insieme, peccato che, delle persone non c'era traccia. L'unico rumore dall'esterno era il ticchettio delle gocce di pioggia sulle foglie degli alberi.
La polizia probabilmente se n'era andata da un pezzo, fatto stava che si potevano notare numerosi cartelli e recinzioni che circondavano l'area dello sfortunato incidente avvenuto circa due ore prima.
«Ehi ma... Gli altri?», fece notare Charlotte guardandosi intorno.
«Che abbiano mangiato senza di noi?», chiese lui perplesso.
«Naaah, dubito, saranno giù nella mensa interna»
«Hai ragione!», esclamò il ragazzo battendole una mano sulla spalla.
Charlotte sorrise, e appena Nick si girò iniziò ad arrossire. Sapeva di essere parecchio noiosa, ma era perchè non sapeva come reagire. Non riusciva ad essere spontanea con lui, avrebbe paura che fossero successe le stesse cose degli anni precedenti, non voleva rischiare. Si tirò uno schiaffo in faccia, quasi per cercare di scacciare il pensiero e seguì il ragazzo giù da quelle scale buie.
"Sono una stupida. Un caso perso. Perchè devo sempre reagire così? Anzi, perchè devo sempre nascondermi? Non è quello che voglio ma allo stesso tempo sono più felice così. Basta non ce la faccio più."
Continuò a seguirlo stringendo i pugni. 
Quando mancavano solo pochi gradini Charlotte inciampò in uno e fece un volo pazzesco finendo dritta dritta addosso a Nick, si ritrovarono stesi a terra a fissare il soffitto.
Erano doloranti entrambi ma Charlotte stava ridendo mentre preoccupata blaterava frasi per scusarsi con il ragazzo. Alla fine nessuno si era fatto seriamente male e perciò si ritrovarono a ridere e a parlare del suo essere così goffa.
Nick gli pose una mano per aiutarla a rialzarsi e lei la accettò felice. Quando ripresero a camminare Charlotte era davanti e sorrideva pensando che le cose successe prima non importavano più.
Si sentivano sempre più voci, ormai era ovvio che tutti fossero lì.
Il corridoio era buio, ma da delle finestrelle in alto si intravedevano degli spiragli di luce che rendevano l'atmosfera meno macabra.
Le pareti erano abbastanza strette e le piastrelle sul pavimento erano formate da  materiali diversi, sulla parete sinistra c'erano parecchie porte dietro le quali si trovavano le varie mense. Sulla parete destra invece c'erano solo due porte, che conducevano alla palestra dei bambini più piccoli.
Entrarono nell'ultima porta a sinistra.
Era pieno di persone, si era la stanza giusta.
In un tavolino all'angolo più nascosto della sala c'erano sedute Fay e Sabrina che stavano già mangiando, c'erano due posti liberi.
Dopo aver fatto dei cenni alle due ragazze, Charlotte e Nick si avvicinarono al tavolo e si accomodarono vicino a loro.
«Charlotte! Dov'eri finita? Con Nick poi...», Fay fissò la ragazza iniziando a ridere maliziosamente, Charlotte si arrabbiò e arrossì.
«Ma da nessuna parte! Stavo girando per la scuola e poi ho incontrato Nick», disse guardandolo mentre Sabrina e Fay ridevano.
Nick rideva un po' imbarazzato.
Dopo poco le suore iniziarono a servire i primi anche a Charlotte e Nick, mentre mangiavano nel loro tavolino isolato, come al solito, parlavano delle cose più strane oppure di quello che avevano fatto i giorni prima. Tra qualche battuta e altro Charlotte provò una strana sensazione, come se sapesse che quella giornata fosse già stata pianificata da qualcun altro, ma non poteva capirlo totalmente, nè tanto meno saperlo.
Quella giornata le era sembrata strana dal primo momento, eppure sentiva che c'era qualcosa d'altro, qualcuno stava tramando contro di lei? Chissà, non poteva saperlo. Sentiva solo uno strano presentimento, le sembrava anche che le cose fatte in quella giornata, per quanto le ricordasse nella sua routine fossero state modificate.
Sabrina interruppe i suoi pensieri iniziando a parlare di quanto successo qualche ora prima.
«Ragazzi secondo voi non è fantastico??Abbiamo un caso su cui indagare!», esclamò la bionda fissando Charlotte quasi per provocarla.
Charlotte la ignorò e fissò altrove mentre Fay e Nick discutevano riguardo a ciò avvenuto, sì, Sabrina era fissata con certe cose, ma scherzare sulla morte di qualcuno non era una cosa sopportabile per la ragazza riccia.
Continuò a rimanere fuori dal discorso finchè...
«Oh è finita l'acqua», notò Fay versando l'ultima gocciolina nel suo bicchiere.
«Sabrina puoi andare a prenderla?», domandò Nick.
«Eh non posso, mi fa malissimo una gamba, Charlotte!! Perchè non ci vai tu?»
Charlotte sobbalzò, c'era qualcosa di strano, rimase zitta un attimo fissando stranita tutta la stanza, Sabrina e i suoi amici. Dopo un po', titubante, si alzò.
«Vado, torno subito», disse allontanandosi dagli altri. Provava due sensazioni contrastanti: andare perchè doveva farlo, oppure non andare perchè sarebbe successo qualcosa di inaspettato. Era molto curiosa e decise di andarci. Camminò attraverso la stanza e uscì.
Arrivò completamente infondo al corridoio dove a sinistra si trovava una scaletta che portava ai bagni, decise di procedere dritto verso la mensa dei bambini più piccoli dove si trovava anche la porta che portava alla palestra grande, e nel corridoio che conduceva a quella stanza ci sarebbe dovuta essere qualche bottiglia.
Aprì la porta di legno che cigolò un po' ritrovandosi completamente dentro la mensa, girò a destra dove si trovava una porticina larga neanche un metro. Appoggiò la mano sopra la porta e si bloccò, decise di aspettare ad aprirla.
Notò una cosa molto strana, appena aveva toccato la maniglia il cielo era iniziato a diventare più scuro come se fossa giunta improvvisamente notte.
Si staccò dalla maniglia ma non cambiò nulla, iniziò a credere di avere le allucinazioni.
Un po' impaurita e non capendo ciò che stava succedendo si diresse alla porta, ma per qualche ragione non si voleva aprire. Iniziò a preoccuparsi.
«Ehi?! Chi mi ha chiuso dentro?!», urlò mentre continuava a bussare alla porta, nessuno sembrava sentire e fuori c'era uno strano silenzio come se davvero non ci fosse anima viva, cosa che invece era impossibile, fino a pochi minuti prima la mensa era piena di persone.
Charlotte si allontanò dalla porta frustrata e decise di uscire dalla finestra, quella stanza aveva poco dislivello tra pavimento interno ed esterno, scansò un po' di sedie e si diresse verso la finestra più vicina.
Tentò di aprirla un po' di volte, sempre mettendoci più forza, ma pareva tutto inutile, la finestra non si voleva aprire, non si arrendeva.
Provò con tutte le altre finestre, ma ottenne lo stesso risultato.
Si fermò un attimo a pensare, non aveva ancora aperto la porta del corridoio, ma per qualche strano motivo non se la sentiva, aveva uno strano presentimento, no, non era paura, sentiva come se dopo averla aperta sarebbe cambiato qualcosa irrimediabilmente.
E il suo destino finalmente si sarebbe compiuto.
Decise ugualmente di aprire la porta.
Prima di metterci un piede dentro guardò all'interno della stanza, sembrava il solito corridoio in cui passava sempre, così entrò.
Ma nello stesso momento che fu interamente nella stanza la porta si chiuse di scatto, la stanza si oscurò completamente. Charlotte si spaventò e si aggrappò a una parete, ma dopo poco si accorse che la parete non c'era, era sparita. Quel posto adesso non era un corridoio, era un immenso padiglione oscuro. Ogni volta che i suoi piedi toccavano terra generavano una luce rosa che si rifletteva a specchio ovunque intorno a lei. Sembrava di camminare su un lago, un lago nero. I suoi passi creavano luce, lei creava luce, in quello strano posto la porta era anche scomparsa, si era dileguata nell'oscurità.
Il ticchettio dei suoi piedi su quella superficie bagnata, che non era acqua, pareva piuttosto benzina, era accentuato dall'eco.
"Dove...Sono finita?", subito dopo essersi fatta questa domanda comparve un conto alla rovescia appena davanti a lei. Non capendo ciò che stava succedendo rimase immobile, paralizzata.
I secondi passavano, il conto alla rovescia era quasi giunto al termine. Ad ogni secondo Charlotte vedeva un' immagine sfocata, delle strane visioni.
10 Un upupa.
9 La donna bianca.
8 La donna nera.
7 Una ragazza bionda vestita di azzurro.
6 Due amiche.
5 Una ragazza con gli occhiali.
4 Un ragazzo vivace.
3 Una ragazza coi capelli rossi.
2 Una bambina vestita con abiti vittoriani.
1 Dei cadaveri.
...e zero.
-------------
Nel frattempo nella sala da pranzo Sabrina, Fay e Nick stavano conversando riguardo alla scuola e i compiti delle  vacanze.
«Quanto ci mette Charlotte con la bottiglia, ho sete!», disse Fay.
«Sarà andata a prenderla in cucina!», disse Sabrina.
«Forse hai ragione»
Nick nel frattempo osservava quelle due senza dire parola.
Sabrina si alzò.
«Dove vai?? Cerchi Charlotte?», domandò sempre Fay.
«No, vado in bagnoo!», rispose mentre usciva dalla stanza osservata dai due.
Arrivò completamente infondo al corridoio dove a sinistra si trovava una scaletta che portava ai bagni, li guardò un attimo, controllò di essere da sola e decise di procedere dritto verso la mensa dei bambini più piccoli.
Aprì la porta e mentre girava la maniglia una strana luce bianca usciva dalla serratura, si affrettò ad entrare nella stanza e richiuse la porta dietro di sè.
Una ragazza albina  girata di profilo era seduta a gambe incrociate su un tavolino. Aveva all'incirca 17 anni, si poteva pensare. Indossava una maglietta corta bianca a righe nere e dei pantaloncini di jeans con delle francesine nere.  
Sabrina guardò per alcuni secondi la ragazza.
«Cosa ci fai qui??», domandò la bionda.
La ragazza albina si girò con sguardo freddo e la fissò negli occhi. Era bellissima, era davvero molto pallida e aveva le lentiggini ma la prima cosa a colpire uno spettatore era senz'altro l'eterocromia, un occhio era marrone, quasi dorato e l'altro era azzurro, ma sembrava freddo, come se in realtà da quell'occhio non ci vedesse.
«Perchè mi hai disubbidito?», domandò l'albina senza distogliere lo sguardo.
«Quella ragazza mi stava ostacolando!!», esclamò la bionda  stringendo i pugni.
La ragazza albina la guardò indifferente e poi fissò la porticina.
«Non hai fatto così male»
«Le cose si faranno presto interessanti...», disse ridacchiando e prima che Sabrina se ne potesse accorgere la ragazza era già sparita.

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Capitolo 9
*** 8: Incontro con la bambina ***


Sabrina fissò per un po' la porticina ridendo, aveva un' espressione tutt'altro che umana. Dopo alcuni minuti aprì la porta del corridoio e tornò nella mensa. Gli altri nel frattempo avevano quasi finito di mangiare.
«Sabrina tutto ok??», domandò Fay, effettivamente ci aveva messo un po' in "bagno".
«Sì, c'era solo coda!», rispose ridendo.
Nick la guardava come al solito ma non diceva nulla finchè non si decise a parlare.
«Ma... Charlotte?»
Fay lo guardò come se si fosse dimenticata dell'esistenza della ragazza. Sabrina guardando l'amica di Charlotte aveva uno sguardo luccicante, come se quella sua dimenticanza l'avesse resa felice.
«Ahh!Vero! Charlotte dove si sarà cacciata?»
Tutta la felicità negli occhi di Sabrina sfumò via, ma cercò di non fare trasparire quello che pensava.
«Andiamo a cercarla, come minimo si sarà persa da qualche parte o sarà inciampata», disse Nick ridendo e immaginando la ragazza riccia incastrata in un buco da qualche parte.
«Ma no Nick! Lei conosce questa scuola meglio di chiunque altro!Tornerà presto, perchè non andiamo invece in cortile?» 
«Hai ragione Sabry!»
Nick fissò le due perplesso, non vedendo alternativa le seguì.
Sabrina continuava a stargli attaccata tutto il tempo mentre Fay faceva battutine di dubbio gusto sui due. Nick sembrava scocciato, certo, Sabrina non era bruttissima ma non si poteva dire neanche che fosse bella, trovava più carina Charlotte.
*flashback*
Nick e altri compagni di classe sono in gruppo a parlare, Charlotte è compagna di banco con Richard, uno dei migliori amici di Nick che stava parlando con il gruppo.
«Che voto dai a Charlotte, Richard?»
«Chi, questa qua?»
Charlotte si volta verso il gruppetto con espressione interrogativa.
«No no, nulla», disse Nick alla ragazza sorridendo mentre lei si rigirava.
«Hmm, 8 dai»
«Solo??», esclamò Nick allibito.
«E tu Nick?»
«9!»
*fine flashback*
Nick non sapeva se Charlotte avesse sentito o meno, anzi non se l'era mai domandato.
«Nick?»
«Nick??»
Si accorse di essere chiamato da Sabrina e smise di pensare ai fatti propri.
«Si?»
«Andiamo nel salone bianco?? Devo dirti una cosa», lo fissò per un po'.
«Hhm sì va bene»
Fay li osservava allontanarsi.
 -------------
Quando riprese i sensi Charlotte si accorse di essere quasi completamente sommersa dalla neve. Era in una foresta, nel bel mezzo di una bufera con abiti estivi. Non poteva andare meglio.
Si alzò di botto e iniziò a congelare e tremare, era ancora sporca di quel liquido nerastro che l'aveva trasportata in quel posto, non sapeva per quale motivo ma "quella cosa" l'aveva riscaldata almeno un po'.
"Dove... Dove sono finita?!", pensò mentre con una mano sulla fronte tentava di vedere qualcosa tra quella fittissima neve. Girò su se stessa nel tentativo di orientarsi, ma era tutto inutile, l'unica cosa che aveva capito era di essere in una foresta, in montagna, durante una bufera.
Iniziò a camminare da qualche parte, non sapeva neanche lei dove stava andando, ma piuttosto che rimanere lì e congelare preferiva almeno provarci, che fosse morta ugualmente non le importava.
Il liquido che la proteggeva dal freddo iniziava pian piano a congelarsi e a impedirle i movimenti, così, non avendo altra alternativa, inziò a levarselo pian piano. Ogni pezzo che si solidificava lo toglieva, continuava a camminare e il freddo aumentava, la bufera era forte come prima. 
L'ultimo pezzo.
Levò l'ultimo pezzo con mano tremante e dopo qualche minuto il freddo era diventato impossibile da sopportare.
Cadde a terra e svenne.
Si ritrovò in una stanza bianca infinita, un po' come il corridoio dove ci sarebbe dovuta essere l'acqua, e all'improvviso sentì qualcosa.
«Charlotte.»
«Charlotte?»
«Charlotte!»
Voci diverse la chiamavano, sulle pareti di quella stanza erano proiettate scene, persone che morivano, upupa, e tante altre cose che Charlotte non riuscì a capire.
«Charlotte tu non saresti dovuta essere qui», le disse una voce soave.
«Qui dove? In che posto sono capitata? Perchè c'è la neve se è estate? Sono forse morta congelata in questo momento? Sono forse impazzita?»
Le parve che la voce stesse sorridendo dolcemente come una mamma che culla sua figlio, ma poi capì che era soltanto una sensazione perchè le voci non potevano sorridere.
La voce delicata e femminile iniziò a parlarle ancora.
«Non sei impazzita e neanche morta per ora, questo mondo non è come quello da cui vieni tu, lo scorrere del tempo qui è diverso»
Charlotte rimase zitta mentre si girava intorno cercando di capire da dove provenisse la voce, nel frattempo le immagini erano scomparse.
«E perchè sono finita qui?»
«Una persona tramava contro di te, mia cara Charlotte ora non puoi più tirarti indietro»
«Da cosa?», domandò ma la voce sembrava non ascoltarla.
«Lei stava cercando di impedire che tu arrivassi qui, ma stupidamente una certa persona che voleva sbarazzarsi di te non le ha obbedito»
«Chi sarebbe questa "lei" e la persona che non le ha obbedito? Chi sono rispondi ti prego!»
«Moira», disse facendo una pausa.
«Moira e sua figlia»
«Non le conosco, cosa vogliono da me?! Perchè mi hanno mandato qui?!»
«Voleva sbarazzarti di te, non so per quale motivo ma voleva liberarsi di te»
«Ma che ho fatto di male...Voglio tornarmene a casa...», Charlotte si inginocchiò triste e stanca, sempre più confusa.
«Devi trascorrer una stagione intera qui se non vuoi morire oppure...»
«Oppure?»
«Devi spezzare la maledizione»
«Che maledizione..?»
«Una bambina fredda come il ghiaccio, fredda e inespressiva per tutto ciò che le è capitato, deve sciogliersi e riuscire a tagliare i ponti col suo passato per venire liberata... Ora cara Charlotte, il tempo a mia disposizione è quasi finito, svegliati, alzati e cammina dritto davanti a te per 40 passi, troverai un rifugio dove riscaldarti»
«No, aspetta! Ho ancora una domanda!»
«Fai veloce, Charlotte»
«Perchè Moira non voleva mandarmi qui?»
Un attimo di silenzio. La voce sembrava esitare molto.
«Perchè tu eri la prescelta» ripose
«Charlotte, buona fortuna»
La voce iniziava pian piano a scomparire mentre le voci diverse che prima la chiamavano urlavano.
«Vai Charlotte!»
«Aiutaci!»
«Ce la puoi fare!»
«Siamo tutti nelle tue mani!»
Charlotte si guardava intorno spaesata mentre quelle voci aumentavano e non riusciva più a sopportarle, si mise le mani alle orecchie e urlò.
Aprì gli occhi.
Era di nuovo coperta dalla neve, non sentiva più freddo, e quello non era un buon segno. Riusciva a muovere le gambe a malapena, ma si alzò ugualmente. Barcollava. 
"40 passi... Solo 40 passi", pensò mentre camminava cercando di andare dritta. Non vedeva ancora niente in quella bufera, era tutto bianco. Non sapeva perchè ma voleva fidarsi di quella voce. 
Riuscì a percorrere i passi necessari per arrivare davanti a un rifugio, la foresta era più fitta, era piena di lividi nelle gambe per il freddo e per le cadute fatte in mezzo alla neve e ai rami degli alberi. Era una casetta di legno e mattoni di pietra distrutta nella parte destra, per raggiungerla doveva attraversare due alberi e scendere da una piccola discesa, che ovviamente non vide.
Urlò scivolando. Atterrò di faccia in mezzo alla neve giungendo quasi esattamente davanti alla casa. Rimase per terra un po' per il dolore, un po' perchè stava ridendo tra se e se di quanto fosse imbranata e idiota. Si rialzò con fatica per il freddo. Con la mano sinistra spostò la neve che aveva in faccia e con la destra aprì la porta.
Entrò in fretta in quella sala, la prima cosa che notò fu il camino acceso e il caldo di quella stanza. L'unica fonte di luce in quel salotto era il camino che illuminava tutta la casa di una luce arancione, calda e piacevole. Corse velocemente vicino al caminetto e rimase lì a scaldarsi per alcuni minuti ascoltando lo scoppiettio del fuoco.
Charlotte era così sveglia che non si accorse che di fianco a lei, a destra, una bambina aveva continuato tutto il tempo a dondolarsi su una sedia a dondolo e quando se ne accorse urlò per lo spavento e si capottò all'indietro.
«C-chi sei tu!», disse istintivamente prima di realizzare che forse era la bambina la più indicata a chiederlo, e si corresse.
«Cioè, so che sono una completa estranea, e forse tu ti stai domandando perchè diamine sono qui, ma non lo so neanche io, questo è il problema! Stavo congelando per la bufera e quando ho visto questo rifugio ci sono entrata senza neanche pensarci! Chiedo scusa per l'intrusione»
La bambina la fissava continuando a dondolarsi, Charlotte si aspettava una risposa.
«Quindi posso rimanere qui...?»
Di nuovo nessuna risposta.
Charlotte si alzò.
«Lo interpreto come un sì, ok?!», disse girando per il corridoio stretto e lungo.
Esplorò le varie stanze e nel frattempo si fece sera. Ripensò a ciò che era successo quand'era svenuta e si sentì sempre più confusa.
Il corridoio era lungo circa cinque metri ed era abbastanza stretto, le pareti erano bianche, ma di un bianco ormai scolorito, in alcuni punti si poteva persino intravedere la pietra tanto erano rovinate.
Le stanze di alternavano a destra e a sinistra. Charlotte trovò la cucina, una stanzetta carina piena di ampie finestre sovrastate da archi di marmo, non c'era nulla di particolare, pensò, aveva un tavolo con una splendida tovaglia e dei mobili con probabilmente tutti gli utensili necessari per cucinare. 
Trovò anche vari sgabuzzini e una camera da letto, vista la innumerevole presenza di pizzi e merletti pensò che fosse della bambina e uscì senza curiosare più di tanto, lei l'avrebbe anche fatto se solo fosse stata più in sè. Era ancora traumatizzata per quello che le era accaduto.
"Prescelta io, seh", pensò.
"Possa essere lei la bambina...?"
"Credo proprio di sì"
"Devo farla sciogliere no? Devo parlarci"
"Però non mi risponde", pensò riferendosi a quando era vicino al camino.
Si accorse di avere dimenticato una stanza alla fine del corridoio, e si girò in direzione della porta ma si bloccò.
"Non posso arrendermi. Da cosa sto scappando? Da un sogno? Pazza o meno devo comunque uscire da qui, e poi se tutte quelle persone sono morte..."
Charlotte si incamminò verso il salotto. Come immaginava la bambina era ancora lì a dondolarsi e appena si accorse della sua presenza la fissò.
«Bene!», esclamò Charlotte.
«Presentiamoci», aggiunse sorridente.
La bambina la fissò e smise di dondolarsi.
«Io sono Charlotte, ho 12 anni e sono un'imbranata buona a nulla, nel tempo libero però mi piace disegnare!», disse avvicinandosi alla bambina e inginocchiandosi arrivando alla sua altezza, più o meno.
La bambina rimase a fissarla. I suoi capelli erano lunghi fino alle spalle, lisci e castani. Aveva un ingombrante fiocco arancione in testa. I suoi abiti parevano antichi ed eleganti, pieni di pizzi e merletti. I suoi occhi parevano gialli, Charlotte non sapeva se era per la luce del camino o altro.
«Come ti chiami? Non essere timida, non ti mangio mica!»
«...Cha...»
«Cha?»
«...Chanel»
«Oh! Guarda che coincidenza! I nostri nomi hanno le prime tre lettere uguali! Non credi sia un segno del destino??»
La bambina non fece alcuna reazione.
"Ahah...Ci ho provato"
Un orologio a cucù, sbucato da chissà dove aveva iniziato a suonare, erano le otto di sera, ora di cena.
Charlotte si alzò.
«Dai, vado a cucinare qualcosa, cosa ti piace mangiare?»
La bambina non rispose.
«Ehh! Capisco, vorrà dire che farò le omelette!»
Charlotte si diresse in cucina e trovò gli ingredienti necessari anche se sembrava tutto così... Antico, per esempio i frigoriferi, i fornelli ecc. non c'erano, oppure erano buchi nella pietra dove mettere fuoco e poi posizionare sopra delle padelle. 
"Che sia... In un altro tempo?", pensò cucinando.
Distrattamente si bruciò un dito, ma nonostante ciò riuscì a finire in pochi minuti la cena, prese dei piatti e delle posate e li portò in salotto da Chanel. Precedentemente mentre esplorava le stanze aveva trovato anche la sala da pranzo ma aveva come l'impressione che la bambina non si sarebbe mossa dalla sua sedia a dondolo.
«Ecco qua!», esclamò soddisfatta.
Chanel prese il piatto e con le posate iniziò a mangiare.
«No, no aspetta un attimo ti scotterai!»
Troppo tardi, Chanel aveva già mangiato un boccone, e poco dopo Charlotte la vide sempre inespressiva con la lingua ustionata fuori dalla bocca.
Per Charlotte la scena era troppo divertente e iniziò a ridere, corse in cucina a portarle un bicchiere d'acqua. Chanel lo bevve in un attimo e poi riprese a mangiare.
Charlotte la guardava sorridendo, e poi divorò anche lei il pasto. Quando entrambe finirono di mangiare la bambina riprese a dondolarsi e Charlotte prese i piatti e le posate e iniziò a lavarli.
Non aveva mai fatto le faccende domestiche, ma dato che dei suoi genitori non c'era traccia e che lei non le rispondeva, decise di riordinare tutto ugualmente. Osservò fuori dalla finestra della cucina e vide che la bufera si era placata e stava per finire.
"Uff, che ci faccio qui, sul serio..."
"Un brutto sogno, immagino"
"Appena finisco di lavare i piatti corro a dormire e scommetto che domani mattina mi risveglierò nel mio letto, o magari sotto il mio letto, sì, sotto il mio letto, forse spiegherebbe il perchè di questo strano sogno."
Appena finì di lavare i piatti si diresse alla ricerca della camera da letto, finora aveva trovato solo la camera della bambina e anche se lei sembrasse vivere solo su quella sedia a dondolo, non se la sentiva di rubarle degli spazi.
Rimaneva soltanto una porta da aprire: quella alla fine del corridoio. 
Quella stanza, sì, anche prima avrebbe voluto andarci ma qualcosa l'aveva fermata? Non si sapeva.
Charlotte aprì la stanza. Era una piccola camera da letto grande circa tre o quattro metri, aveva un tavolo di legno posto al lato destro della stanza, contro il muro in direzione dell'uscita, il letto era sempre nel lato destro della stanza ed era contro la parete opposta a quella del tavolo. 
Nell'altra parte della stanza c'era una enorme libreria. Charlotte si avvicinò e passò notando molti libri vecchi e polverosi, non la entusiasmava parecchio leggere, ma pensò che forse avrebbe potuto darci un'occhiata nel tempo libero.
Infine, poco dopo la libreria c'era un armadio. Decise di aprirlo per vedere se poteva trovare dei vestiti più pesanti dei suoi. Trovò qualche abito lungo da donna, uno in particolare la colpì molto. Era bianco e nero, la gonna era strappata e la parte superiore era bianca a pieghe, decorata da fili neri incrociati, terminavano alla fine del busto.
Sembrava più vecchio rispetto a tutti gli altri vestiti lì dentro.
"Piuttosto medioevale anzichè vittoriano", pensò.
Lo rimise dentro e ne scelse uno un po' più pesante, lo scelse arancione come quello di Chanel, pensava che magari così le avrebbe parlato di più. Era lungo fino alle caviglie e molto semplice, aveva le spalle fuori e le maniche molto larghe, anche nel busto era molto morbido, tranne in vita dove uno spago nero annodato in un fiocco che stringeva l'abito. 
La gonna era ampia e aveva qualche balza decorata di pizzo nero. Lo provò, giusto per curiosità, e a sua sorpresa notò che era più o meno della sua taglia, forse però le stava un po' troppo lungo.
Si spogliò e indossò una vestaglia che aveva trovato, si sdraiò sul letto coprendosi con le coperte, erano così calde e soffici che si addormentò in pochi minuti.

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