Profumo d'agrumi

di Ninphadora_Clover83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non esisteva al mondo un posto più bello della reggia reale di Cefalù. Affacciata sul mare e sulla città a nord e a sud si poteva intravedere il meraviglioso e vastissimo giardino reale e gli ulivi che si stendevano per i campi al di fuori delle proprietà reali in campi ordinati e curati.
Il giardino reale era enorme, ricco di statue, fontale, graziose aiuole in cui i fiori, pigramente coccolati dal sole, crescevano rigogliosi.
In una di quelle aiuole, sotto un maestoso salice piangente, erano sdraiati due ragazzi, due adolescenti vestiti con eleganti abiti.
Lui indossava una camicia estiva rossa con disegni floreali in oro e un paio di calzoni degli stessi colori. Lei, aveva un lungo abito dorato, molto semplice, che metteva in risalto la sua carnagione chiara e i capelli biondi come l'oro.
La principessa Costanza d'Altavilla e il conte Ruggero d'Aiello si stavano riposando dalle fatiche della corte, crogiolandosi beatamente nel calore della terra siciliana. 
Il giovane conte, si mise seduto sul prato, facendo leva con i gomiti e prese ad osservare i lineamenti e l'aspetto della bella principessa normanna, di cui lui era segretamente innamorato da quando erano bambini. Un lieve sorriso aleggiava sul suo volto lievemente barbuto.
Il viso di Costanza, di solito intelligente e guardingo, in quel momento era sereno e rilassato. I capelli biondi, marchio degli Altavilla, erano acconciati in grossi boccoloni che le ricadevano sulla schiena e sulle spalle magre, coperte dal tessuto dorato del vestito, lungo fino ai delicati piedi scalzi. 
Sul naso e sulle guance graziose spuntavano alcune lentiggini che le davano un'aria ribelle e sbarazzina, le sue labbra lievemente schiuse rivelavano i denti bianchissimi e perfetti. Le braccia erano elegantemente allineate al corpo magro della fanciulla e le mani erano poggiate sul ventre in una posa elegante ma naturale. 
Quel dolce profumo che aleggiava intorno a Ruggero, dolce e piacevolmente asprigno, era il profumo degli agrumi di Sicilia che sembrava provenire proprio dall’eterea fanciulla. Quel profumo che sapeva di casa, di lei…
Lo riportava indietro nel tempo, a quando nei loro giochi di bambini Ruggero nascondeva tra le pieghe del vestito di Costanza le lucertole e lei, con la sua voce forte e terribilmente acuta, gli strillava contro le peggior disgrazie mentre lui se la rideva. Si mettevano, dopo i loro giochi, sotto il medesimo salice e lei, accoccolata sul petto del giovane, leggeva ad alta voce le ballate e le storie di eroi valorosi, facendoli sognare entrambi.
Costanza, sentendosi osservata, si destò dal suo sonnellino e aprì un occhio, azzurro come il cielo estivo.
“Come mai mi stai fissando, Ruggero?”, disse lei in un tono scherzosamente lamentoso.
“La vostra meravigliosa bellezza è ineguagliabile, mia principessa.”, rispose lui solennemente accennando ad una riverenza.
Ridendo sua altezza si sedette sul prato e guardò il giovane conte con divertita stizza.
“Sei sempre il solito… Ho la nausea di farmi chiamare ‘vostra maestà’, ‘mia principessa’, ‘altezza’… e tu mi prendi in giro! Sei proprio cattivo…”, rise lei e lo spinse da una spalla facendolo tornare sdraiato.
Ruggero rise di gusto, poi ritornò serio e riprese a guardare Costanza, sorridendo imbambolato.
“Rieccolo… si può sapere cosa ti prende? Ho qualcosa che non va?”
“No, al contrario…”, balbettò lui arrossendo un poco. “Sei bellissima”, concluse con semplicità.
Costanza sorrise, mostrando i denti perfetti. Un sorriso di pura felicità e gratitudine.
Ovviamente nei suoi sogni di fanciulla e principessa, soprattutto di adolescente, aveva sempre sognato qualcuno che la portasse via dai fardelli della corte, dalle responsabilità che la attanagliavano come ultima Altavilla e erede al trono. Nei suoi sogni era sempre Ruggero a portarla via. Non negava di esserne un po' innamorata.
Costanza arrossì un po’ e con pudica modestia abbassò lo sguardo.
Ruggero si avvicinò a lei e le cinse la vita con un braccio. Con l’altra mano le fece una carezza sul viso perfetto e, trasportato dall’amore, la baciò con delicatezza.
Costanza, un po’ incredula e con il cuore a mille, ricambiò il dolcissimo bacio.
Tra i due giovani vi era perfetta armonia, un incanto e una perfezione quasi magica. Non potevano immaginare che a breve Costanza sarebbe stata promessa in sposa al peggior nemico della Sicilia, ad un Hohenstaufen di Svevia. Non potevano immaginare la sofferenza che li avrebbe attanagliati da lì a qualche mese per la lontananza che dovevano patire.
Non potevano immaginare. E non lo fecero.
Si bearono del momento, amandosi uno nelle braccia dell’altra e sognando di vincere.
Angolino dell'autrice: inizialmente questa era una one shot, ma mi è venuta un'ispirazione divina e ho in mente altri capitoli... sono in fermento! Per cortesia, lasciatemi una recensione piccola piccola e sarò molto felice :) vvb :*

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Da quel casto e puro bacio tra i due giovani reali passarono ben sedici anni. Sedici anni in cui Costanza e Ruggero furono lontani.
Costanza era l’ultima figlia di Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia, e della sua terza moglie Beatrice di Rethel. Il regno, dunque, avrebbe dovuto ereditarlo proprio Costanza, ma ella, spaventata dalla grossa responsabilità che avrebbe dovuto prendersi prese il velo e diventò suor Maria Veronica. Durante gli anni in cui la principessa fu suora di clausura, Ruggero II morì e salì al trono il nipote di Costanza, re Guglielmo.
Fu proprio re Guglielmo che mandò a chiamare la principessa dal convento e la fece tornare a corte, per poterle assegnare un compito molto importante: sposare Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa e unire la famiglia Altavilla con gli Hohenstaufen formando un vastissimo impero. Costanza sarebbe diventata imperatrice.
“Non posso accettarlo, padre! Lei, la mia Costanza, il mio fiore estivo… andare in sposa ad un tiranno, un barbaro folle! Non posso proprio, padre, perdonatemi, ma non verrò alla cerimonia.”
Ruggero era furente. Era negli appartamenti della reggia insieme al padre, Matteo d’Aiello che aveva appena comunicato al figlio che sarebbero dovuti essere presenti alla cerimonia di partenza della futura imperatrice. Ruggero era in piedi, le mani chiuse a pugno sul tavolo, le lacrime gli bruciavano gli occhi e si tuffavano nella barba rossiccia.
“Ruggero ti prego, so quanto ti costerebbe questo sacrificio… io ti comprendo… ma come ben sai, l’invito del re non può essere declinato.”, disse Matteo cercando di calmare il figlio che era scosso da singhiozzi di dolore. Conosceva bene tutto l’amore che il giovane conte provava nei confronti della futura imperatrice, ma la gerarchia reale era inflessibile e Costanza era già promessa.
“Pensaci, figlio mio… per favore”. E dopo avergli dato una lieve pacca sulla spalla uscì dalla stanza.
 
La sala grande del trono non era mai stata così splendente in tutta la sua storia. Grandi stendardi rossi erano appesi ovunque, facendo risaltare l’oro e il bianco delle pareti e dei dipinti, illuminati dal sole. Il trono era al fondo della sala, dorato come tutto il resto e, sopra lo schienale, vi era il simbolo blu e rosso degli Altavilla.
Ruggero cercò con lo sguardo la futura imperatrice, ma non gli fu difficile trovarla…
Costanza splendeva più della sala, più del sole, più di ogni stella. Il suo abito rosso fuoco e dorato sul corpetto la faceva scintillare di una bellezza quasi divina. I suoi trentadue anni non avevano sfigurato il suo viso da fanciulla e, nonostante l’età, rimaneva vispo, curioso e intelligente. La principessa stava conversando con re Guglielmo, suo cugino e intorno a loro vi erano numerosi maestri.
Ruggero si avvicinò e si finse interessato alla conversazione. Nel vederlo, gli occhi di Costanza scintillarono come un raggio di sole su quelle due enormi iridi blu mare.
“Perdonatemi, miei signori”, si congedò la nobile e, dopo aver fatto un cenno a Ruggero si incamminò verso una camera vuota adiacente alla sala. Ruggero la segui e, dopo essere entrato chiuse lentamente la porta alle sue spalle.
Costanza era seduta su una sedia di legno molto spoglia, davanti alla finestra che si affacciava sul mare.
“Sembra che oggi il mare voglia dirmi addio. La Sicilia vuole dirmi addio degnamente. E’ un tempo meraviglioso…”
Ruggero era incantato. Non sapeva come rispondere. Gli occhi della bella principessa erano colmi di tristezza, dolore e lacrime. Lui era lì, doveva consolare la sua donna, la sua amica…
“Vedrai che tornerai in Sicilia e riabbraccerai tutti noi… Sei la nostra regina e noi consideriamo tale solo te come Altavilla e nessun altro, nemmeno se il tuo stesso marito Hohenstaufen è l’imperatore. La tua terra, la tua gente ti ama”, disse Ruggero con forte convinzione.
Costanza lo guardò con uno sguardo disperato e triste. Ruggero provò a farla sorridere: accennò ad una riverenza e sorridendo alla principessa disse in tono dolce: “Mia signora imperatrice…”
La regina sorrise e si alzò andando incontro al conte.
“Sinceramente non mi aspettavo la tua presenza alla cerimonia di addio, ma speravo molto di vederti... sono così angosciata al pensiero del mio futuro sposo, della Germania così lontana e fredda, di non saperti più al mio fianco…”, singhiozzò Costanza coprendosi il viso con le mani.
Ruggero, delicatamente, le prese le mani e la guardò dritta nei suoi bellissimi occhi color del Mediterraneo. La baciò dolcemente, come in quel pomeriggio estivo di quando erano ragazzi. La barba rossa di Ruggero solleticava il viso di lei ma entrambi si sentirono volare via, via da ogni preoccupazione e responsabilità.
“Io sono qui ad aspettarti, amore mio.” Nell’udire le ultime parole Costanza guardò Ruggero con felicità e incredulità. “Ti proteggerò sempre, ti manderò la Sicilia attraverso piccoli doni e ti scriverò tutte le volte che mi sarà possibile. Tu sii forte e coraggiosa, come quella bimba che strillava e si opponeva alle mie bricconate…”. Entrambi risero e Costanza appoggiò la testa sulla spalla dell’amico. Sospirando, chiuse gli occhi, beandosi del profumo familiare che emanava Ruggero. Di uomo, di casa, di amore.
Loro si allontanarono, si separarono per anni. Ma le loro anime rimasero abbracciate da quel giorno e niente poté sciogliere il loro abbraccio.
 
 
 
Angolino dell’autrice: spero di cuore che il secondo capitolo vi sia piaciuto! Se volete farmi felice felice mandatemi tante belle recensioncine, che a me piacciono tanto tanto!
Un bacio <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il principe Enrico VI di Hohenstaufen era su un balcone della cattedrale di Milano e, con aria rassegnata, guardava la città in fermento sotto di lui, in attesa della sua futura sposa.
Gli occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, scrutavano attentamente la plebe divisa in due per creare un passaggio alla principessa Costanza. I capelli biondi, quasi color alabastro, erano ben pettinati sotto una piccola e leggera corona d’oro che gli cingeva la testa. Era completamente sbarbato e la sua bocca sottile era serrata per l’attesa. I suoi abiti bianchi e argentati gli davano un’aria austera e fredda, distaccata.
Enrico era preoccupato. Aveva solo ventidue anni e alla notizia che avrebbe dovuto sposare una donna di dieci anni più grande si era infuriato contro tutta la reggia, perfino contro l’imperatore Federico, suo padre! E in quel momento, con le mani serrate in una morsa alla balconata di marmo aspettava l’arrivo di una donna vecchia, brutta e flaccida. Lui ci aveva pensato a lungo: in fondo doveva soltanto riempire quel ventre con il suo seme in modo che gli desse un erede è avrebbe potuto liberarsi di lei in pochi anni, se non mesi.
Una donna bellissima in abito regale stava passando nel passaggio lasciato dal popolo, salutando tutti e sorridendo radiosa e con calore. Era una ragazza giovane dai boccoli d’oro e i lineamenti dolci che indossava un abito da sposa regale e una corona dorata sopra al velo adagiato sui suoi riccioli belli.
‘Fortunato il ragazzo…’, pensò Enrico con astio e invidia. Quella era una donna vera!
Un servo spuntò da dietro una colonna di marmo portando un messaggio per Enrico.
“Vostra altezza, vostro padre l’imperatore mi ha chiesto di dirvi di prepararvi per le vostre regali nozze. La vostra sposa, l’imperatrice Costanza della casa Altavilla è appena giunta qui.”
 
Enrico era molto nervoso. Se davvero quella figura angelica che stava ammirato pochi minuti prima era la sua sposa, allora era impossibile che la regina Costanza avesse trentadue anni…
Era sull’altare che aspettava la sposa. Enrico pareva un ragazzino rispetto all’imponenza di suo padre, il re Federico Barbarossa, che torreggiava su di lui vestendo il colore rosso in rispetto alla regina.
Costanza aveva appena varcato il portone della cattedrale e si guardò intorno, con aria spaesata. Faceva quasi molta tenerezza…
Enrico raggiunse la sua futura sposa sotto l’aspetto attonito di tutti. Le parlò in latino in modo che lei potesse capire, con voce dolce e rassicurante:
“Mia regina, vogliate prendere il mio braccio. Sono Enrico d’Hohenstaufen, il vostro futuro sposo… Lasciate che sia io a guidarvi all’altare.”
Costanza lo guardò e sorrise. ‘Che sorriso triste, come sembra spaesata… come può pensare mio padre che questa donna possa essere un nemico?’, pensò Enrico mentre Costanza gli prendeva tristemente il braccio.
Con passo lento si diressero verso all’altare.
Tutte le fanciulle nobili presenti alla cerimonia guardavano la futura imperatrice con invidia. Invece Costanza si sentì triste e abbandonata; in un giorno che doveva essere così festoso e felice per lei, Costanza non faceva altro che pensare a Ruggero. Il suo Ruggero…
‘Mi starà pensando? Cosa starà facendo? Oh, sventurata me, sventurati noi, sventurato il nostro amore! Come può Dio non avere pietà?’, pensò la donna fra le lacrime, mentre andava incontro al suo destino.
 
Costanza era tornata nelle sue stanze del palazzo di Milano dopo le nozze e il banchetto nuziale. Le sue ancelle le avevano già sistemato tutti i suoi effetti personali. Ma la prima cosa che la regina notò entrando nella stanza fu un cesto di arance mature sul letto a baldacchino accanto alla finestra e, sopra al cesto una pergamena ripiegata.
La donna prese tra le mani un’arancia tonda e invitante, la sbucciò e la assaggiò. Aveva il sapore della Sicilia, dei frutteti reali della reggia di Cefalù! Costanza si immerse nei ricordi e nella nostalgia, poi notò il biglietto. Lo aprì e lesse il messaggio. La scrittura era disordinata ma comprensibile. Le lacrime spuntarono dagli occhi blu della regina.
‘Spes ultima dea, amors mei.
Ruggiero.’
 
 
 
 
Angolino dell’autrice:
Ave, populus!! Sono sempre più presa e ispirata da questa storia, spero di riuscire a fare sempre meglio! Cercherò di pubblicare il prossimo capitolo il prima possibile, anche se la scuola e il resto mi soffocano… ;)
Se avete consigli da darmi o altro, ditemi pure tutto! Sarei contenta di ascoltare ogni cosa J
Un baciooo

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Spes ultima dea, amors mei.
Ruggero.”
Oramai nella testa dell’imperatrice di Svevia, Costanza d’Altavilla, quelle poche parole erano marchiate a fuoco. Ma non solo lei conosceva il ciò che era scritto su quel frammento di pergamena.
 
Enrico passeggiava nervosamente nelle sue stanze, avanti e indietro come una ronda. Quelle parole erano conficcate nel suo cranio, in ogni parte della sua mente e le sentiva urlate fino a fargli venire il mal di testa.
Chi era quel Ruggero? Chi era quel pazzo che osava corteggiare la regina?
Il giovane imperatore era a conoscenza del fatto che Costanza fosse amata in ogni parte del suo regno: dalle donne più povere alle grandi duchesse, dai servi e gli schiavi ai principi dei piccoli territori sul Po. Quel Ruggero poteva essere solo un nobile. I nobili potevano conoscere il latino e sapevano scrivere. non poteva più sopportare quel supplizio, doveva sapere assolutamente la verità.
Una servetta stava camminando velocemente lungo il corridoio marmoreo. Enrico la fermò.
“Serva, vieni qui.”, disse con voce gelida il giovane re. La servetta, impaurita da quel tono, si avvicinò e si inchinò timidamente.
“Comandatemi, vostra altezza…”
“tra cinque minuti la regina Costanza deve essere nelle mie stanze. Non vorrei essere nei tuoi stracci se ciò non dovesse accadere.”
La servetta rabbrividì di terrore e corse via, verso le stanze della regina.
Avrebbe scoperto la verità.
 
Costanza era sdraiata sul letto a baldacchino che leggeva un libro sulla matematica, pensando agli arabi che, nella sua reggia di Cefalù, le avevano insegnato per anni ogni mistero che i numeri nascondevano.
Il suo vestito, rosso e molto semplice, ricadeva pigramente sui lati del letto senza modificare troppo le increspature delle coperte.
“Mia regina, vostra altezza!”, annaspò la servetta mandata da Enrico entrando improvvisamente nella stanza della donna.
“Mia signora, vostro marito, il re, vuole parlarvi, tra cinque minuti!”, disse la giovane poverella tra un sospiro e l’altro.
Costanza sospirò e si alzò dal letto. Soccorse con grazia la serva affaticata facendole bere un po’ del suo infuso agli agrumi per tranquillizzarla e, dopo aver indossato la corona, si incamminò verso le stanze di suo marito.
 
“Mia signora”, disse Enrico vedendo entrare la sposa. “Ti aspettavo, per fortuna sei venuta subito.”
“Mio dolce sposo, spero che nessuna preoccupazione grevi sulle tue spalle. Mi sembrate molto stanco.”
“Ti ho chiamato per esporti un dubbio, mia sposa e vorrei la massima sincerità.”
Costanza sapeva che Enrico aveva scoperto il messaggio di Ruggero, ma nonostante il rischio così alto doveva mentire. Doveva.
“Ho trovato nelle tue stanze questo biglietto. Conosci il mittente?”
Menti, si ricordò Costanza.
“Mio signore, non ho mai conosciuto in vita mia un uomo con codesto nome”, rispose la donna con convinzione.
“Non mi avete portato subito a conoscenza, però, del fatto che tu abbia ricevuto questo biglietto.”
Costanza concentrò il suo punto di forza nella sua eloquenza e le venne in mente una bugia perfetta.
“Inizialmente non pensavo che qualcuno mia avesse mai mandato un biglietto, pensavo fosse di una delle mie ancelle che ha lasciato  il suo innamorato a corte in Sicilia. Lui conosce il latino, è un amministratore. Non mi sono mai posta il dubbio sul fatto che potesse essere per me.”
Perfetto.
Enrico guardò la donna con i suoi occhi acuminati come spilli. La regina portava uno sguardo forte, lo sguardo di un vero Altavilla, che lo disarmò della sua sicurezza per un istante.
“Mia regina perdonami, sono stato sciocco. Vi prego di non serbarmi rancore.”
“no, mio signore, non lo farei mai.”
Costanza si sentì in colpa, ma doveva a tutti i costi difendere Ruggero dalla furia barbara del suo regale sposo.
 
‘Ruggero sei salvo ma dobbiamo fare attenzione. Abbiamo corso un rischio troppo grave, non possiamo continuare con i messaggi, ma scriviamoci solo per lettera. Almeno finchè sono sicura che le nostre lettere arrivino sigillate’, lesse Ruggero nell’ultima lettera inviatogli dalla sua amata.
Come poteva fare? Come poteva resistere?
Spes ultima dea, si ripetè in un sospiro al vento.  

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“Mio carissimo Ruggero…”
Così sarebbe dovuta iniziare la lettera che Costanza stava scrivendo per il suo amore lontano, ma dopo aver guardato qualche secondo le poche parole scritte con inchiostro nero sulla pergamena liscia e pulita, accartocciò il foglio e lo scagliò lontano, quasi con rabbia.
La regina era sdraiata sul letto, nel suo vestito color del cielo e piangeva. Erano ormai passati altri tre anni e, nonostante tutti gli sforzi possibili, la regina Costanza d’Altavilla che univa la Svevia con la Sicilia, non riusciva a dare un erede al suo vastissimo impero.
Enrico e Costanza provavano e riprovavano, ogni sera, con regolarità, ma niente. I medici di corte pensavano che la causa fosse la cagionevole condizione di salute della sovrana, che mangiava sempre meno e diventava sempre più pallida e sottile. Le avevano prescritto una dieta ricca e piena. “sarà colpa del tempo, maestà”, “Potrebbe essere colpa del clima rigido”; “Magari, altezza, non gradisce il cibo della reggia…”
I consigli dei medici si ammucchiavano uno dopo l’altro, continuando ad accanirsi contro Costanza.
“Mio amore, so quanta pena stai provando -scriveva Ruggero in una lettera- ma devi farti forza e dare un erede a tuo marito. La Sicilia, ora più che mai, ha bisogno di una mano Altavilla a governarla. Il povero Tancredi è solo e inesperto, non potrò consigliargli a lungo. Non voglio angosciarti con queste parole e nemmeno offenderti o metterti fretta, mio fiore d’arancio. Sono sicuro che potrai concepire il tuo bambino, basta solo contare sul tuo enorme desiderio… mi fa male scrivere queste parole, ma è la cosa giusta da dire…”
Quel frammento di lettera Costanza lo teneva sempre nel ciondolo di ossidiana che portava al collo. Forse poteva pensare di… Ruggero avrebbe potuto, l’avrebbe fatto per lei… ma sarebbe stato troppo rischioso. Quel folle pensiero se ne andò in pochi istanti, così come era venuto.
Anche Enrico era sempre più nervoso e spaventato. La sua reputazione di imperatore stava vacillando…
Sposato con una donna sterile, più vecchia di lui, con l’impero che stava per finire in una lotta tra Svevia e Sicilia, da poco alleate…
“Mia signora…”
Enrico era appena entrato nella stanza di Costanza. La donna, spaventatissima, si asciugò in fretta le lacrime e si alzò per accogliere il sovrano.
“Mio signore, non ti aspettavo…”, le parole le uscirono fuori in un tedesco fluente che aveva imparato negli ultimi anni.
Enrico osservò la donna. In quei cinque anni di matrimonio lui si era innamorato follemente di quella regina così distante, forte e pia. Quell’innocenza, quella castità che preservava nonostante fosse sposata, quel senso di devozione alla sua terra… era una donna meravigliosa.
“Non spaventarti, tranquilla… volevo solo sapere come stai…”
“Sto… bene... grazie, mio sposo.”
Costanza non aveva mai visto gli occhi di Enrico così… dolci. Quelle sfumature color del ghiaccio che caratterizzavano le sue iridi, erano quasi più scure, come il cielo limpido. Si era preoccupato per lei. non per la sua sterilità, non per il suo distacco ola sua freddezza. Si era preoccupato per lei soltanto, per la sua salute…
Si sentì in colpa.
In cinque anni non aveva fatto altro che piangere Ruggero e ripudiare quell’uomo di cui aveva così tanto timore… ma di cosa in fondo?
Enrico era lì, di fronte a lei. quello sguardo disarmante sul volto. In quel momento capì che aveva cercato la felicità lontano nonostante l’avesse davanti. Il peso della consapevolezza si stese su di lei trascinandola in fondo, in basso, verso l’inferno.
Non riusciva a concepire perché ripudiava il seme di quell’uomo. Quell’uomo che sembrava tanto potente quando in realtà era solo troppo piccolo per il suo ruolo. Ed era innamorato. Innamorato di una donna che lo aveva sempre rifiutato.
Costanza gettò le braccia a Enrico e scoppiò in lacrime.
Fecero l’amore senza cercare un figlio, ma cercando amore, fiducia e un nuovo inizio insieme.
 
“Mia regina voi avete… siete…”
Costanza si accarezzò il ventre rigonfio e sorrise al medico che la stava visitando.
“Lo so”.
 
 
 
Spazio autrice:
prima che mi tiriate i pomodori per la fanfic non preoccupatevi, ci sono ancora molti cambiamenti, colpi di scena, bugie etc etc… non faccio spoiler…
vi amooooo <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Gualtieri di Paleria era la persona più viscida che poteva esistere sulla faccia della terra. Costanza conosceva quell’essere e cercava di tenerlo più lontano possibile da lei sin da quando era in Sicilia.
Gualtieri fu consigliere del re Guglielmo II, amato nipote di Costanza ed era stato proprio lui a convincere il sovrano a concedere la donna in pasto agli Hohenstaufen. Era un frate, mandato da papa Innocenzo III alla corte siciliana, ma partì alla volta della Svevia con l’imperatrice e divenne consigliere di Enrico VI.
Enrico stava parlando proprio con Gualtieri, nelle sue stanze, dell’inaspettata gravidanza della regina.
“Avete visto altezza? E’ bastata una piccola frase per far cadere quella donna ai vostri piedi! Avete recitato benissimo, alla perfezione, vostra grazia! E ora abbiamo in pugno non solo la tenera pecorella fra i lupi, ma anche la Sicilia… tutto per merito vostro, maestà…”. Gualtieri continuava ad adulare il suo sovrano con viscide parole di venerazione, ma Enrico scacciò quelle parole con un gesto della mano, come fossero state una mosca fastidiosa. Negli occhi del re non vi era più quella luce rassicurante, ma un vuoto asettico.
“E’ anche merito vostro, consigliere. Mi avete guidato bene e poi, dopo che la puttana normanna avrà partorito me la leverò dal collo e sarò libero. Mio padre non potrà dirmi nulla e tra qualche mese distruggerò la Sicilia e l’antica famiglia degli Altavilla morirà con essa!”
Enrico pronunciò quelle parole con forza e enfasi. Il suo piano stava funzionando.
 
Costanza non era mai stata felice come in quei giorni… immaginava già le fattezze del suo principino e il nome che avrebbe voluto dargli.
“Sapete, il Signore mi ha fatto il grande dono di darmi un figlio e un erede al regno e io sono sicura che sarà un meraviglioso maschietto…”, diceva solare mentre parlava con le altre dame di corte. Le altre donne guardavano la sovrana con invidia e compassione… una donna di quarant’anni non avrebbe mai avuto la forza di portare a termine una gravidanza con una condizione di salute così cagionevole.
Gualtieri, intanto, si era congedato dalle stanze dell’imperatore, dirigendosi verso quelle della regina.
Bussò piano alla porta di legno lavorato ed entrò nella stanza luminosa.
“Mia splendida regina, siete davvero meravigliosa oggi…”, disse l’uomo con la sua voce untuosa.
Costanza guardò Gualtieri con disprezzo; come osava solo avvicinarsi a lei e a suo figlio.
“Gualtieri, è stato il re mio sposo a mandarvi qui?”, disse Costanza con voce gelida.
“Suvvia mia regina, non siate così fredda e ostile nei miei confronti… in fondo credo di essere l’unico alleato che avete dalla vostra amata terra…”
“Che cosa intendete dire?”
Costanza era preoccupata. Come mai aveva detto quel ‘credo’ in un modo così pronunciato? Il frate la guardava con aria di sfida, come se sapesse qualcosa su di lei. qualcosa di importante.
“Sono venuto qui per sapere solo come mai avete interrotto la corrispondenza con il vostro amatissimo pargolo dei d’Aiello, il figlio di Matteo… come si chiamava?”
Costanza impallidì di paura.
“Ruggero…”, sussurrò con rabbia la donna.
“Ah, sì! Giusto! Ruggero… in onore di vostro padre… ma state tranquilla, vostra altezza. Non ho intenzione alcuna di andare a fare la spia ad Enrico. Il nostro buon re è concentrato su altri… piani bellici, non so se mi spiego…”, concluse Gualtieri con voce balsamica, liscia e letale.
“siete bella quanto stolta, mia regina. Come ogni donna siciliana voi mettete avanti la famiglia, l’amore… valori inutili quando hai il potere. Vostro marito lo dimostra bene, siete un bel pezzetto di carne per i suoi gusti…”, ridacchiò il frate lisciandosi la barba.
“Non è possibile”, disse Costanza con un peso sul cuore, “Enrico mi ama, mi ha donato un figlio! Voi osate mentire alla vostra regina! Io…”
“Cosa volete fare? Condannarmi? Condannereste voi stessa, vostra grazia… se siete viva in questo momento è solo perché ho consigliato io al re di tenervi in vita per non inimicarsi la Sicilia. Che orribile tragedia, la donna che con coraggio mette al mondo l’erede del sacro Romano Impero e poi… muore di stenti, di parto… Avete l’opportunità di vivere fino alla nascita di vostro figlio. Se mi condannate vostro marito avrà una nuova preda per le sue battute di caccia… come avete detto che si chiama? Rodolfo… Roberto…”
‘Ruggero’, pensò la regina.
La sua terra era in pericolo. La sua gente era in pericolo. Ruggero era in pericolo. Lei stessa era in pericolo.
Doveva trovare un piano di fuga, una strategia, ma in quel contesto inimicarsi Gualtiero voleva dire condannare un regno.
“La vostra vita è appesa a un filo. La vita del vostro regno è con la vostra e vi assicuro che Enrico VI d’Hohenstaufen non ha nessuna pietà.”
Gualtieri di Paleria fece un inchino davanti alla regina e si congedò.
Costanza d’istinto si strinse il pancione con le braccia e si mise a singhiozzare sul letto, distrutta.
Intanto il frate, sereno come una pasqua, passeggiava tranquillo verso la chiesa, pensando alla cena che avrebbe gustato quella sera insieme alla vittoria.
 
 
 
Angolino dell’autrice:
Gualtieri di Paleria è un personaggio che ho odiato a morte e che inizialmente ho confuso con Guglielmo De Mill, reale consigliere di Guglielmo II. Ho voluto lasciarlo così però perché volevo sottolineare la sua sede di comando e potere. Come al solito vi ringrazio di aver letto la mia storia e ci rivediamo con un altro capitolo…
Baci stellari <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


"Mia regina siete sicura di stare bene? Siete molto pallida, non mangiate da giorni... Se posso alleviare le vostre pene potete confidarvi con me...", disse dama Michela, una dama di compagnia della regina che era venuta dalla Sicilia per trovare marito. Fin ora aveva molti spasimanti ma non una corrispondenza con qualche uomo.  

Dama Michela era parecchio preoccupata per Costanza. La regina era al sesto mese, ormai, ma la gioia per la venuta del piccolo erede si era dissipata in breve tempo ed era stata sostituita da preoccupazioni, ansie e tristezze infinite. Non faceva altro che pensare a Gualtieri di Paleria e alle parole a proposito di suo marito. In effetti, Enrico andava molto di rado a trovarla e più che altro si informava dai medici della salute del bambino e mai di Costanza.  

"Vostra altezza...", ripeté dama Michela parecchio intristita. 

"Perdonatemi, dama Michela. Sto bene, è solo la stanchezza della gravidanza a rendermi così spossata... vi chiedo scusa se non riesco ad essere un buona compagnia, ma in questo periodo sono anche in mezzo ad alcuni affari di Sicilia e sono un po' stanca.", si giustificò Costanza con qualche bugia per far stare tranquilla l'amica.  

"Oh... spero che non ci sia nulla di grave, altezza... vi prego, mangiate qualcosa!" 

Costanza sbocconcellò alla fine un dolcetto molto rustico e iniziò a parlare con la dama di un possibile pretendente, in modo che dama Michela potesse parlare e lei viaggiare con i suoi pensieri.  

 

Il giardino reale di Svevia era molto vasto e molto bello, ma era molto spoglio e grigio rispetto ai giardini reali di Cefalù. Il giardino della corte tedesca aveva molte betulle e cespugli bassi, rocce coperte di muschi e numerose fontane grigie. Il cielo non era dei migliori e Costanza passeggiava tra marmo e natura con un pesante scialle addosso per evitare di ammalarsi. 

Pensò alle betulle e alla loro forza, che al vento si piegano e poi si tirano su, proprio come lei.  

Sul letto di morte, re Ruggero II disse a Costanza, ancora bambina: "Sii una betulla, bambina mia. Tirati su più forte di prima, come un guerriero. Ma sii cauta, educata e buona." 

La regina arrivò a una biforcazione del sentiero e prese il sentiero a destra. Non era mai stata in quella parte del giardino. Crescevano rigogliosi fiori nordici, come la stella alpina e altre meraviglie di colori dal viola all'azzurro. Andò avanti facendosi carezzare dal vento finché non si fermò. I suoi occhi blu si riempirono di lacrime e un singhiozzo leggero echeggiò nel giardino.  

Una betulla si stava beando del venticello fresco pomeridiano, facendo ondeggiare le sue foglie sottili. 

Costanza pensò subito a quel pomeriggio estivo in Sicilia, nella sua fanciullezza con Ruggero. A quel bacio sussurrato all'albero e all'amore giovanile mai morto.  

La regina si tolse le scarpette e iniziò a camminare a piedi nudi sull'erba fredda, verso l'albero. Si sedette sotto le sue fronde accarezzandosi il ventre.  

Ruggero.  

Il pensiero dell'uomo che l'aveva sempre amata, che aveva rinunciato al matrimonio per lei, le faceva male.  

Costanza aveva amato, anche se per poco, un altro uomo. Forse per disperazione, tristezza, nostalgia, rassegnazione. Ma l'aveva amato mentre lui aveva rifiutato ogni donna che non fosse lei.  

La consapevolezza bruciava come acido e lei ne soffriva.  

Si strinse alo scialle e pianse. Liberamente. Pianse per ogni ingiustizia, per Ruggero, per il suo ruolo. E quella notte sognò l'oblio.  

 

 

 

Angolino dell'autrice: 

Vi chiedo davvero scusa se ci ho messo molto per scrivere ma ho avuto tanti di quegli impegni che... lasciamo perdere... ma sono tornata!! Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia. Per oggi ho deciso di fare solo una descrizione della situazione psicologica di Costanza ma fra poco avrete un capitolo molto dinamico...  

Un bacio :* 

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