Tutto il mondo va a fuoco

di Eirynij
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Appello ***
Capitolo 3: *** Deidre e Reira ***
Capitolo 4: *** Scorre come pioggia e sugo ***
Capitolo 5: *** Sabody ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
A Marineford regnava il caos.
Rufy aveva raggiunto Ace liberandolo grazie al sangue versato da Odr Junior e da molti altri compagni, ma la fuga venne bruscamente interrotta.
‹‹Liberano Ace e si ritirano immediatamente… che branco di codardi questi pirati di Barbabianca ma, dopotutto, Barbabianca non è che un perdente della generazione passata›› furono queste le aspre parole dell’ammiraglio Akainu che pietrificarono il ragazzo di fuoco impedendogli di muovere anche solo un altro passo.
‹‹Ritira subito quello che hai detto!›› minacciò Ace voltandosi sebbene gli altri pirati lo pregassero di continuare la scappare. Nessuno doveva permettersi di insultare suo padre e nemmeno le urla accorate del fratello potevano smuoverlo.
‹‹Roger, il tuo vero padre, ha impedito a Barbabianca di diventare il re dei pirati. Lui l’ha reso l’eterno perdente, non è così?›› rincarò la dose il marine cercando apertamente lo scontro.
Era una trappola e lo sapevano tutti, anche Pugno di Fuoco lo sapeva ma l’onore dell’uomo che l’aveva salvato era più importante di qualsiasi cosa, anche della sua stessa vita e se pagare il suo debito avrebbe richiesto anche il suo ultimo respiro, ebbene, era disposto morire.
‹‹Barbabianca è il nome di questa epoca!›› urlò il ragazzo sprigionando tutto il suo potere e lanciandosi all’attacco. Ma l’infame ammiraglio non cercò di colpire direttamente il moro sapendo che l’impresa avrebbe richiesto ben più delle forze che possedeva, il suo obiettivo era il punto debole di Pugno di Fuoco: il fratello, così, contando sul fatto che il ragazzo l’avrebbe protetto, attaccò Rufy Cappello di Paglia.
In principio, tutti gli occhi erano puntati su Ace inginocchiato al patibolo con i capelli scuri che ricadevano sugli occhi bassi ma, allo scoppio della battaglia, l’attenzione dei membri della ciurma di Barbabianca si era spostata dal loro compagno ai nemici che si trovavano ad affrontare. Solo due occhi verdi come la speranza rimasero fissati sul ragazzo di fuoco e, sebbene il clangore della battaglia impedisse alle sue orecchie di sentire la conversazione con il Cane Rosso, riuscì comunque ad intuire le intenzioni di Akainu, così, quando lo vide scagliarsi su Rufy e vide Ace gettarsi per fare da scudo al fratellino, fu veloce nell’inginocchiarsi ed appoggiare entrambi i palmi delle mani al suolo.
Pugno di Fuoco percepì sopraggiungere la morte come un tetro bagliore rosso alle sue spalle e, mentre sentiva il calore incendiargli la pelle, ricordò il sorriso dei suoi compagni, gli parve di ricevere nelle costole una gomitata di Marco, di sentire il padre che tanto amava chiamarlo “Figlio”, gli parve di stare per abbracciare suo fratello e gli parve di vedere la sua tomba di pietra con scolpito il triste ma veritiero epitaffio “La vita non fu generosa con lui così egli mosse guerra alla vita, e vi rimase ucciso”1.
Era pronto ad abbracciare il suo destino ma, all’ultimo, il destino gli voltò le spalle e la morte non lo prese, solo una bruciatura sulla sua spalla era la prova tangibile di quanto doveva accadere: un blocco di pietra miracolosamente uscito dal terreno si era frapposto fra lui e Akainu deviando il colpo dell’ammiraglio.
I suoi compagni spararono invano al Cane Rosso che era pronto, con un nuovo attacco, a rimediare al suo primo fallimento ma l’intervento provvidenziale di Jimbe bloccò  il pugno di magma diretto al ragazzo. Marco la Fenice si precipitò ad afferrare Ace e Rufy e trascinarli lontano. I pirati di Barbabianca si imbarcavano alla rinfusa sulle navi più vicine, mescolando le ciurme e prendendo il largo col cuore colmo di angoscia e cordoglio. La ritirata fu precipitosa e devastante, molti validi uomini e donne morirono a Marineford quel giorno, di entrambe le fazioni. Barbabianca rimase, coraggiosamente, a coprire le spalle dei suoi figli in fuga morendo per mano dell’unico essere umano sulla faccia della terra che non avrebbe mai più chiamato figlio: Marshall D. Teach.
Tuttavia morì allegro perché la sua morte non fu inutile: Ace era salvo. Prima di spirare si augurò che ognuno dei suoi pargoli, dal più giovane al più anziano, trovasse l’amore e provasse la gioia di diventare genitore. Lui fu padre di una banda di adorabili scapestrati e poté morire senza rimpianti avendo realizzato il sogno della sua vita: la famiglia.
 
 
 
 

Angolo dell’autrice: Vi ringrazio di cuore per aver letto fino a qui. Spero che il prologo della mia storia vi sia piaciuto e, soprattutto, spero di avere descritto in modo decoroso la morte di Barbabianca, l’uomo in grado di far sentire un po’ tutti, anche noi lettori, figli suoi. Ma la storia va avanti e, come vedete, molti dei suoi pargoli, tra cui Ace e Marco la Fenice, sono a piede libero nel mondo. Seguiremo così le loro avventure e vedremo se l’ultimo desiderio del loro padre li guiderà verso un nuovo e ricco futuro.
La nota 1 indica che le parole che Ace immagina come epitaffio non sono farina del mio sacco (purtroppo) ma sono una citazione da me modificata della poesia “Cassius Hueffer” contenuta nel romanzo “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters. Quando lessi il romanzo trovai che queste parole si sposavano perfettamente al nostro Ace, voi che ne pensate?
Vi ringrazio ancora una volta e vi raccomando di recensire, la forza di un’autrice sta nei complimenti e nelle critiche dei suoi lettori.
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 2
*** Appello ***


Appello
 
 
Ehi Deidre, ti ricordi quel giorno di grande sconforto?
Essendo io una persona che crede fermamente nel destino,
mi stupisco sempre di come la nostra avventura sia iniziata così,
un po’ in sordina.
 
 
In preda alla disperazione tirò un pugno contro le pareti della sua cabina.
Sono Marco la Fenice, comandante della prima flotta di Barbabianca e non posso mostrarmi debole.
Trattenendo a stento le lacrime si voltò per guardare Ace che piangeva come un bambino e Cappello di paglia al suo fianco che, con sguardo cupo, cercava di consolarlo. La perdita di Barbabianca era stato un duro colpo per tutti.
‹‹Ace smettila di frignare›› ordinò la Fenice.
‹‹Ma nostro padre…››.
‹‹Lo so benissimo. Proprio per questo devi smetterla e venirmi ad aiutare, dobbiamo riorganizzarci››.
‹‹Mostrerò la mia vendetta…›› iniziò a urlare il ragazzo di fuoco.
‹‹In questo momento basterebbe che mostrassi la tua collaborazione›› lo interruppe Marco prendendo penna e taccuino dalla sua scrivania e avviandosi verso il ponte della nave.
‹‹È solo colpa mia…›› continuava a ripetere imperterrito Pugno di Fuoco.
‹‹Il vecchio è sicuramente contento che tu stai bene›› disse Rufy cercando di sorridere mentre scrutava con preoccupazione la spalla ferita del fratello. Erano entrambi consapevoli di essere vivi per miracolo.
Chissà come avrà fatto una lastra di pietra a frapporsi tra noi e l’ammiraglio rimuginava Cappello di Paglia senza trovare una spiegazione.
 
***

Nel frattempo Marco era riuscito con fatica a ottenere l’attenzione degli uomini sul ponte della nave, la sua autorità sembrava vinta dal cordoglio e dai lamenti funebri.
‹‹Silenzio›› intimò ancora una volta ‹‹ora faremo l’appello. Ognuno di voi, con ordine, mi fornirà nome, flotta di appartenenza, imbarcazione su cui eravate stanziati e mansione››. La Fenice iniziò a interrogare i pirati uno alla volta, appuntandosi scrupolosamente tutte le informazioni sul suo blocco degli appunti mentre, cercando di associare i nomi alle facce, assegnava le nuove mansioni.
Arrivò a due ragazze accucciate contro il parapetto che confabulavano sussurrando tra di loro.
‹‹Nome?›› chiese chinandosi alla loro altezza.
‹‹R-Reira›› rispose per prima balbettando e abbassando subito lo sguardo la ragazza dai capelli rossi e gli occhi arancioni.
‹‹Io sono Deidre›› disse l’altra scrutando il ragazzo con occhi verdi gonfi dal pianto e ciocche di capelli bianchi che le ricadevano disordinatamente sul volto.
‹‹Reira… e Deidre…›› ripeté Marco mentre scriveva ‹‹su che imbarcazione eravate e qual era la vostra mansione?››.
‹‹Entrambe sulla Moby Dick, lei era un’infermiera di nostro padre mentre io… io facevo la lavapiatti in cucina›› disse Deidre con la voce venata di vergogna.
‹‹Reira tu occupati dei feriti, non ci sono dottori quindi… beh fai quello che puoi›› ordinò la Fenice ‹‹mentre tu, Deidre, va in cucina e occupati della cena dato che su questa bagnarola sei la persona più simile a un cuoco che esista. Mangeremo alle otto in punto, quindi hai circa due ore››.
Le due ragazze annuirono e si avviarono.
‹‹Reira›› la richiamò Marco ‹‹inizia dal ferito che è nella mia cabina. La porta in fondo, di fronte alle scale››.
 
***

‹‹Tu sai che io sono allergica agli uomini!›› ribatté Reira con un’espressione di disgusto. Ebbene sì, Deidre lo sapeva bene, lei e Reira erano compagne di stanza da una decina d’anni, precisamente da quando lei si era imbarcata sulla Moby Dick, ed erano cresciute insieme diventando prima migliori amiche e poi legandosi come sorelle con un patto di sangue.
‹‹Suvvia con Barbabianca non avevi nessun problema!›› la stuzzicò comunque Deidre.
‹‹I vecchi non mi danno fastidio ma sulle venti persone di questa nave almeno i due terzi avranno meno di trent’anni!›› protestò disgustata Reira.
‹‹Allora spera che nella cabina del nostro nuovo capitano ci sia un vecchio›› suggerì ironicamente Deidre prima che le loro strade si dividessero.
‹‹Quando ho finito ti raggiungo in cucina›› promise l’altra.
 
***

Nell’attimo in cui Reira aprì la porta le sue speranze svanirono perché non uno ma ben due ragazzi mori la stavano fissando. Li riconobbe subito: molte volte aveva visto la taglia  di Rufy Cappello di Paglia in mano a Barbabianca e altrettante volte Deidre le aveva indicato Portuguese D. Ace come il “più bel pezzo di manzo sulla faccia della terra” ma, per lei, gli uomini erano solo pelosi e puzzolenti esseri parlanti.
Fissò lo sguardo al suolo.
‹‹Cosa sei venuta a fare qui?›› abbaiò il ragazzo di fuoco.
‹‹Sono… sono l’infermiera›› rispose Reira con un sussulto.
‹‹Non servi››.
‹‹Ma il capitano…››.
‹‹Ace fatti guardare la spalla›› intervenne Rufy.
‹‹Non è nulla di grave›› grugnì l’altro.
Marco rientrò nella cabina depositando tutte le informazioni raccolte in ordine sulla scrivania quindi si accasciò sfinito su una sedia fissando lo sguardo sulla ragazza. Per Reira quella stanza si stava facendo decisamente troppo affollata e gli occhi indagatori di Marco le bruciavano la pelle.
‹‹Fatti guardare la spalla e poi ti autorizzo ad andare in cucina a mangiare qualcosa›› disse la Fenice strofinandosi la faccia in un moto di stanchezza.
‹‹Non ho fame›› mentì il moro mentre la sua pancia gorgogliava grottescamente.
‹‹Smettila di fare i capricci›› sibilò furibondo Marco alzandosi in piedi di scatto e piantando gli occhi gelidi in quelli caldi di Ace. La sfida silenziosa si concluse con la sconfitta di Pugno di Fuoco che mestamente si sedette sul bordo del letto.
Reira si avvicinò per esaminare la ferita: era un’ustione importante ma non avrebbe compromesso l’utilizzo dell’arto e, con un po’ di cure, sarebbe guarita nel giro di qualche settimana.
‹‹È grave?›› chiese Cappello di Paglia.
La ragazza scosse la testa: ‹‹Mi serve dell’acqua››.
Marco estrasse una borraccia dal cassetto della sua scrivania e la lanciò a Reira che indietreggiò inciampando nei piedi di Ace e cadendogli rovinosamente in braccio mentre la fiala le precipitava in testa.
‹‹Che dolore›› esclamò Reira portandosi le mani alla nuca.
Che figuraccia… almeno non sono finita per terra pensò la ragazza. Per terra… e quell'idea l’allarmò inducendola a voltare lo sguardo: un soffio separava il suo viso da quello di Pugno di Fuoco e l’imbarazzo le fece tremare le vene. ‹‹Ma che fai?›› urlò lei agitandosi tanto che Ace la lasciò capitolare al suolo.
In un moto d’orgoglio, Reira, con il fondoschiena che baciava il freddo pavimento, alzò la testa fissando i suoi occhi arancioni pieni di rimprovero e minaccia in quelli scuri del ragazzo, quindi, fulminea, si tirò in piedi, raccolse la bottiglietta di metallo, la lanciò contro Pugno di Fuoco e se ne andò sbattendo la porta.
I tre uomini rimasero interdetti a fissare il vuoto che aveva lasciato la ragazza abbandonando la stanza.
‹‹Donne›› sussurrò Marco tornando a sedersi.
 
 
Ehi Reira, anche io credo fermamente nel destino,
e credo che sia stato proprio il fato a guidare i nostri passi
fino alla nave di Ace e Marco in quel giorno di sconforto.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Grazie a tutti per aver letto fino a qui e un grazie speciale va a chi ha dato una chance alla mia storia inserendola tra le seguite. Ogni commento positivo o negativo che sia è ben accetto.
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 3
*** Deidre e Reira ***


Deidre e Reira
 
 
Ehi Marco, se fosse possibile annullare la nostra vita finora
e ricominciare tutto da capo,
tu da quale momento inizieresti a cancellare i tuoi errori?
Io avrei voluto dare più ascolto a tutti voi
e non sopravvalutare le mie capacità come faccio di solito,
così Barbabianca sarebbe ancora vivo.

 
 
 
Reira stramazzò su una sedia in cucina: ‹‹Voglio cambiare nave››.
Deidre le fece un cenno con la testa invitandola a proseguire mentre mescolava il riso in una pentola di notevoli dimensioni.
La rossa fece un riassunto sconsolato della serie di figuracce inanellate durante il pomeriggio prestando cure prima ad Ace Pugno di Fuoco e poi agli altri membri dell’equipaggio.
‹‹Prima o poi dovrai guarire dalla tua allergia agli uomini›› la rimproverò l’altra ‹‹e, per piacere, avvisa il capitano che la cena è pronta››.
‹‹Andare io dalla testa ad ananas col rischio di incontrare quello zoticone di un fiammifero? Scordatelo››.
‹‹Un giorno o l’altro ti piacerà qualcuno Reira e allora dovrai morderti la lingua›› la rimbeccò Deidre avviandosi alla ricerca della Fenice.
 
***
 
I piatti fumavano rilasciando un leggero aroma di zafferano che inebriava i nasi dei pirati mentre un silenzio pesante e luttuoso soffocava i respiri: la perdita di Barbabianca, troppo recente, strozzava ogni parola allegra e ogni canzone baldanzosa nelle gole riarse a cui nemmeno il vino dava sollievo.
Gli sguardi di sottecchi di molti presenti sfrecciavano da Ace a Cappello di Paglia , ospite sulla nave, mentre i cervelli lavoravano a pieno ritmo cercando di immaginare la fuga dei due fratelli placcati da un ammiraglio.
‹‹Come siete riusciti a fuggire da Marineford, Pugno di Fuoco?›› chiese il più coraggioso, o forse il più curioso, dei presenti.
Il moro alzò lo sguardo inquadrando con aria cupa la fonte della voce: ‹‹Non lo so…››.
‹‹Dal nulla è comparso un muro›› si intromise Rufy.
‹‹Più che un muro era un blocco di terreno›› mimò con le mani Ace.
‹‹Sì, è spuntato dalla terra come un fungo!›› asserì il fratello più giovane.
Mormorii e occhiate perplesse correvano nella sala mentre Reira si sporgeva per chiedere spiegazioni alla sua amica.
‹‹Dopo›› rispose seccamente Deidre.
Finito di mangiare La Fenice diede la serata libera ai marinai consigliando loro di andare a riposare.
‹‹Non vi è una sezione della nave dedicata alle femmine, dato che di subordinate donne non ne ho mai avute, finora. Pertanto voi ragazze›› ordinò Marco indicandole con l’indice ‹‹dormirete nella mia camera che ha anche un bagno personale e così non sarete costrette a lavarvi nel bagno comune della ciurma››.
‹‹E tu dormirai con noi, capitano?›› chiese scandalizzata la rossa.
‹‹Ovviamente no, io dividerò una camera con Ace e Rufy›› la fulminò il biondo.
Gli ordini erano chiari e i pirati seguirono il suggerimento recandosi alle brande mentre Deidre iniziava a raccogliere le stoviglie aiutata dall’amica. Anche Marco vagava accatastando bicchieri.
‹‹Non c’è bisogno capitano›› lo rincorse la bianca cercando di strappargli la pila dalle mani.
‹‹Voi ragazze avete bisogno di riposo››.
‹‹Anche tu, capitano›› protestò Deidre appoggiandogli una mano sul braccio per bloccarlo.
‹‹È una mia responsabilità lavorare di più della mia ciurma›› abbozzò un sorriso ‹‹e chiamatemi Marco, non c’è bisogno di formalismi››.
‹‹Tutti insieme faremo più alla svelta›› concluse la ragazza riprendendo a pulire.
 
***
 
‹‹Spiega!›› intimò Reira all’amica.
Le ragazze erano immerse nella vasca ricolma di schiuma del bagno della cabina del capitano. Lavarsi insieme era un’abitudine nata quando erano bambine e mai abbandonata: era il loro momento privato per raccontarsi gli avvenimenti della giornata e spettegolare su ogni bipede presente sulla faccia della terra. Entrambe erano convinte che, se una di loro due fosse nata uomo, avrebbero vissuto la più bella storia d’amore mia scritta né raccontata.
‹‹Sono stata io›› proferì in un sospiro Deidre.
‹‹Quello l’avevo capito›› ribatté l’altra ‹‹nessuno a parte te potrebbe far emergere blocchi di terreno dal suolo››.
‹‹Già, è l’abilità che ho ricevuto dal Frutto del Diavolo Ground Ground››.
‹‹È un potere bellissimo›› esclamò Reira.
‹‹Se vuoi fare il giardiniere… su una barca avere il controllo del terreno non è per niente utile, anzi è quasi dannoso dato che non posso nemmeno più farmi il bagno nel mare›› si lamentò la bianca.
‹‹Ero presente quando hai mangiato quella specie di mandarino!››.
‹‹Era un Paramisha… è passato tanto tempo da allora›› Deidre soffiò sulle sue mani facendo volare un nugolo di bolle.
‹‹Avevamo quindici anni! Non sono passati così tanti anni! Tu portavi i capelli corti ed eri piatta come una sogliola così che tutti ti confondevano per un ragazzo››.
‹‹Già, anche Ace mi aveva scambiato per un maschio…››.
‹‹Beh, ora di certo non può farlo più! Guarda che tette che ti ritrovi!! Sarà almeno una quarta!›› urlò la rossa agitando le mani grondanti d’acqua per schizzare l’amica.
‹‹Figurati se si accorge di me!››.
‹‹Non mi hai mai raccontato di come ti sei innamorata di Pugno di Fuoco…›› ma l’invito di Reira cadde nel vuoto. Era il loro unico segreto.
 
***
 
‹‹Sono una disgrazia›› proferì Marco.
‹‹Due pollastre mica male›› lo rimbeccò Ace.
‹‹Donne uguale distrazione e la ciurma non può essere distratta. È un momento critico, dobbiamo riunire tutta la flotta e andare a caccia di Teach›› la posizione di Marco era inoppugnabile.
‹‹Che differenza fa se sono maschi o femmine?›› si intromise Rufy.
‹‹Oh, avere ragazze a bordo è un’ottima cosa fratellino, quando sarai grande capirai!›› rispose il ragazzo di fuoco circondando le spalle del fratello ‹‹Uno dei vantaggi è dormire appoggiati ad un bel paio di morbide…››.
‹‹Piantala di fare il pervertito! Te lo dico ora: Reira e Deidre sono off-limits per tutti, te compreso››.
Pugno di Fuoco emise un basso fischio prolungato ‹‹La cosa è seria, sai anche i loro nomi››.
‹‹Sono il capitano, è mio dovere››.
‹‹E chi delle due avresti puntato? Direi che quella coi capelli rossi è proprio un bocconcino peccato che sia una pazza isterica! L’hai vista oggi pomeriggio? Si è messa a urlare e strepitare improvvisamente e senza motivo! Magari la bianchina è più accomodante, ha pure due…›› cincischiava il moro.
‹‹Basta!›› lo interruppe la Fenice.
‹‹Oh, non provare a farmi smettere! Abbiamo una notte intera per parlare delle donne così magari Rufy impara qualcosa! E sarebbe ora che tu ti sciogliessi un po’!›› lo rimbeccò Ace.
‹‹Fino a qualche ora fa piangevi disperato e ora hai dimenticato la morte di nostro padre?›› il tono di Marco era più duro di quanto non avrebbe voluto.
‹‹No, brutto scemo… certe volte sei proprio uno stronzo sai? Erano almeno cinque minuti che non ci pensavo›› il moro si rabbuiò mentre occhi gli pizzicavano.
La Fenice si pentì subito delle sue parole e cercò di rallegrare l’atmosfera: ‹‹Il bianco è il mio colore preferito››.
Pugno di Fuoco si sforzò di tornare allegro ricacciando indietro le lacrime e deglutendo nuove parole di angoscia: ‹‹Sentito Rufy?! Abbiamo un responso! E a quando le nozze, piccione-testa-d’ananas?››.
Le chiacchiere serali furono però interrotte dal bussare insistente della porta.
‹‹Avanti››.
Entrò un pirata dai lunghi capelli marroni raccolti in una coda bassa, già da un paio d’anni al servizio della Fenice.
‹‹Che succede Asano?›› chiese il capitano.
‹‹Marco, c’è un imbarcazione che ci sta inseguendo››.
 
 
Sai Ace, anche se si potesse cambiare il passato
 io inizierei dalle ore dopo Marineford
perché venire a salvarti è l’unica cosa che ho fatto
che non voglio cancellare.
E poi, senza quel giorno, noi non avremmo
mai conosciuto Deidre e Reira, no?
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Lo so, è tanto tempo che non aggiorno ma spero mi scuserete, mi giustifico scaricando tutta la colpa sull’università che prosciuga il mio tempo. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e attendo le vostre impressioni, ogni recensione è molto più che gradita.
Devo confessare che l’idea del dialogo tra i protagonisti a inizio e fine narrazione non è del tutto farina del mio sacco ma ho preso spunto da NANA (se non avete mai visto questo anime, guardatelo perché è superbo!).
Infine vi ringrazio per avere letto fin qui e, un grazie particolare, va a: aleprincy, Animegirl7, FantasyAnimeManga96, jess chan, Luna d’Inverno, Portuguese D Rouge, sarazanin, the Night Angel per aver dato una chance alla mia storia inserendola tra le seguite, Rika_Anne per averla appuntata tra le ricordate, Luce Oscura che l’ha inserita tra le preferite, come anche Romantic D Master che mi ha addirittura lasciato una recensione.
Grazie, grazie, grazie. La vostra presenza mi è di enorme sostegno e, se volete, fatevi sentire lasciando le vostre impressioni!
Un bacio enorme,
Eirynij

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Capitolo 4
*** Scorre come pioggia e sugo ***


Scorre come pioggia e sugo
 
 
Sai Reira, siamo totalmente abbandonati su questa terra,
e per quanto stiamo vicini non possiamo mai diventare una cosa sola,
possiamo solo camminare mano nella mano.
 
 
‹‹Un sottomarino giallo›› disse il primo attendente della Fenice.
L’alba sorgeva a oriente irradiando il mondo di rosa mentre nuvoloni neri carichi di pioggia sfregiavano il cielo. L’equipaggio era radunato sul ponte della nave attendendo che l’imbarcazione che li stava seguendo dal giorno prima li affiancasse.
Accolsero un’insolita delegazione: un orso, un uomo-pesce e un ragazzo alto dai capelli neri come i tatuaggi stampati sulla sua pelle. Marco li salutò cortesemente partendo da Jimbe, una sua vecchia conoscenza, e presentandosi a Trafalgar Law, capitano del sommergibile, e al suo vice Bepo. ‹‹Prego, da questa parte, qui potremo parlare liberamente›› li condusse in una stanza appartata generalmente utilizzata per i consigli di guerra.
Al tavolo circolare stavano seduti, oltre alla Fenice e agli ospiti, Ace e il fratello Rufy. Il destino di quest’ultimo era il tema principale della riunione.
‹‹Così consigliate di attraccare a Sabody›› soppesò Marco scrutando i presenti.
‹‹Abbiamo un messaggio da parte di Rayleigh›› cominciò Jimbe ‹‹si offre di addestrare Cappello di Paglia per i prossimi due anni prima che lui prosegua nel Nuovo Mondo e propone un piano per avvisare la sua ciurma››.
Pugno di Fuoco iniziò ad agitarsi sulla sedia: ‹‹Posso addestrare io il mio fratellino››.
‹‹La sua ciurma andrebbe avvisata comunque›› si intromise Bepo.
‹‹Non è possibile che tu addestri Rufy, hai dei doveri nei confronti della tua famiglia, sei anche mio fratello e io non posso permettere che tu te ne vada dalla ciurma di Barbabianca›› lo redarguì Marco.
‹‹Può rimanere con noi››.
‹‹Ha il suo destino da percorrere, e tu lo sai bene›› la Fenice era irremovibile.
‹‹Vado dal nonnetto›› esclamò Cappello di Paglia alzando i pugni al cielo e ribaltandosi dalla sedia.
‹‹Allora è deciso›› si alzò dalla sedia Trafalgar Law ‹‹se desiderate lo accompagneremo noi a Sabody››.
‹‹No, anche noi ci dirigeremo là›› decise Marco stendendo una mappa davanti ai presenti ‹‹dalla nostra posizione attuale sono tre giorni di navigazione››.
 
***
 
La seduta era tolta, Rufy rimase a conversare con Jimbe e fare la conoscenza del Chirurgo della Morte, mentre la Fenice si avviò verso la cucina: la maggior parte mattinata era trascorsa in riunione e lui doveva ancora impartire gli ordini per il pranzo.
Si stupì entrando nella stanza e trovando la ragazza coi capelli bianchi già all’opera. Sorrise rendendosi conto che non era solo e non tutti gli oneri pesavano sulle sue spalle perché i membri della sua ciurma lo sostenevano.
‹‹Cosa prevede il menù di oggi, chef?››.
Deidre si voltò sorpresa: ‹‹Chef? Non è esagerato?››.
La Fenice immerse l’indice nella pentola del sugo che stava sobbollendo piano e se lo portò alla bocca: ‹‹Direi di no, cucini benissimo!››.
Deidre arrossì a quell’elogio inatteso voltandosi e tornando a pelare le carote, ma anche Marco si irrigidì dato che non era sua abitudine fornire complimenti. Calò un silenzio imbarazzante interrotto però dalla comparsa di Ace.
‹‹Sabody?›› sbraitò il ragazzo di fuoco.
‹‹Dobbiamo attraccare per fare rifornimento e raccogliere informazioni sul resto della ciurma dispera›› spiegò Marco.
‹‹Stiamo andando ad incontrare Rayleigh›› ribatté rabbioso Pugno di Fuoco.
‹‹È un bene che sia lui ad allenare Rufy, è forte e, soprattutto, ha esperienza! Glielo affideremo con tutte le raccomandazioni del caso, quindi non preoccuparti per tuo fratello›› lo rassicurò Marco.
Invece di essere rinfrancato Ace fu pervaso da una furia cieca e ricominciò ad urlare: pezzi di frasi incomprensibili si miscelavano al fuoco sprigionato lentamente dalla pelle del ragazzo.
‹‹Rayleigh? Tu sai lui chi è! Tu sai io chi sono!›› furono le ultime parole pronunciate dal moro prima di scagliarsi contro la Fenice. Marco liberò le ali che invasero lo spazio circostante, piegò le ginocchia pronto a sostenere l’impatto. In un turbinio di fiamme, sedie ribaltate e pentole scaraventate al suolo i due comandanti si scontrarono, si colpirono e si ferirono, fino a quando non furono soddisfatti. Ansimando e lanciando un ultimo sguardo risentito Ace lasciò la stanza. Corse a perdifiato lungo il corridoio mentre le lacrime premevano per uscire, nella foga travolse qualcuno facendolo capitolare al suolo.
‹‹Guarda dove vai!›› Reira inginocchiata a terra cercava di rassettarsi raccogliendo le ciocche rosse dietro le orecchie. Guardò il ragazzo di fuoco che non si era ancora mosso, la faccia che baciava il pavimento.
‹‹Ehi›› lo scosse appena ma lui ripresa la sua folle corse verso il ponte della nave.
 
***
 
In cucina regnava il caos. Il sugo scorreva lento sul pavimento tracciando disegni vermigli. Deidre, che si era riparata sotto il tavolo durante lo scontro tra la Fenice e Pugno di Fuoco, ora contemplava delusa il suo lavoro perduto, nelle mani reggeva uno straccio pronta per cominciare a pulire ma era bloccata e le lacrime calde bagnavano il pavimento.
‹‹Dovrai ricominciare da capo…›› furono le uniche parole che Marco riuscì a pronunciare prima che la ragazza, in uno scatto d’ira, gli lanciasse addosso lo  straccio.
‹‹Vi azzuffate come bambini e poi tu pretendi che sia io a porre rimedio ai vostri disastri? Eh no, caro! Adesso ti arrangi e non mi interessa se sei il capitano! Potresti essere anche un ammiraglio o un drago celeste! Non me frega niente, ora ti arrangi!›› esclamò e se ne andò.
‹‹Io odio lo spreco alimentare›› continuava a brontolare Deidre mordendosi le unghie per la frustrazione. Si fermò al centro del corridoio in un via vai di uomini che si affaccendavano sottocoperta, il ritmo dei lavori era scandito dal rumore della pioggia che aveva preso a cadere, inesorabile, da qualche ora tormentando i  legni del ponte della nave. Battendo a terra facendo schioccare i bassi tacchi degli stivali contro il pavimento si portò le mani ai fianchi decisamente insoddisfatta, lo sguardo corse dal soffitto ai piedi soffermandosi sulle gambe coperte dal grembiule grembiule. La bianca sbuffò e fece dietrofront decisa a riportarlo in cucina.
Maledizione, come sono distratta.
Si bloccò sulla parta della stanza alla vista del suo comandante chino sullo strofinaccio: le pietanze rovesciate gli lordavano i pantaloni mentre mestamente combatteva contro le macchie di sporco che imbrattavano le superfici.
Sembra così giovane pensò Deidre e ha un’aria così umile… Una punta di rimorso le attanagliò l’anima inondandola di vergogna per la scenata appena fatta. Del resto è stato Ace ad attaccar briga.
Ace.
Si voltò in dubbio se andare a cercare il ragazzo di fuoco, l’aveva visto particolarmente turbato e voleva stargli vicino, proprio come lui l’aveva soccorsa in passato. Erano ricordi appartenenti a molto tempo fa, precedenti alla sua entrata nella ciurma di Barbabianca, prima che lei prendesse il mare, risalivano a quando erano bambini, sentimenti incisi nel cuore che Deidre aveva memorizzato e coltivato con cura.
Tornò a posare lo sguardo sul capitano, combattuta. Infine si decise, si avvicinò al giovane e gli tolse delicatamente lo straccio dalle mani. Anche se fosse andata da Pugno di Fuoco non avrebbe saputo che cosa dire.
 
***
 
Rivoli d’acqua si espandevano sul legno laccato. Reira vedeva bene il ragazzo accucciato sul ponte, le gocce di pioggia che evaporavano al contatto della sua pelle bollente creavano una sottile nebbia intorno a lui. Si avvicinò cauta.
‹‹Questo diluvio è arrivato all’improvviso›› esordì la ragazza.
‹‹Già…››.
Anche le lacrime che sgorgavano dagli occhi del ragazzo scomparivano in fretta. La rossa gli si sedette accanto in silenzio.
‹‹Sono il figlio di Gold D. Roger ma non voglio esserlo, potendo l’avrei ammazzato io con le mie mani, mentre Barbabianca, l’uomo che chiamavo padre, è morto a causa mia, non lo trovi un brutto scherzo del destino? Per peggiorare la situazione adesso ci stiamo dirigendo a Sabody: bisogna incontrare Rayleigh, il braccio destro del mio vero genitore…›› sibilò Ace.
‹‹Non è colpa tua se è morto nostro padre, nessuno lo pensa, io non lo penso… è che certe volte succedono cose brutte indipendentemente dalla nostra volontà, ma non per questo bisogna colpevolizzarsi!›› rispose Reira.
‹‹Mi piacerebbe solo scomparire››. Il moro iniziò a raccontare la sua storia straziata da una processione di morti, un’incontrollabile fiume di parole sgorgava dalle sue labbra lasciandogli la gola riarsa. La ragazza stette al fianco del giovane per ore, non  capiva i suoi discorsi, ascoltava soltanto il suono della sua voce, un ritmo scandito dallo scrosciare della pioggia, ma non si sentì affatto più vicina a lui, anzi lo trovò quanto mai lontano.
La lontananza percettiva, tuttavia, è spesso la culla di curiosità recondite che, stimolate dalle circostanze, esplodono irruenti come fuochi d’artificio nella notte, fu così che in Reira nacque il desiderio di conoscere Ace più a fondo, capire i suoi sentimenti e salvarlo dalla solitudine.
La storia era terminata ma nessuno dei due si muoveva e l’acquazzone li inzuppava con irruenza.
‹‹Sei una ragazza davvero gentile per avermi ascoltato, spero di non averti eccessivamente annoiato››.
‹‹Sono un’infermiera, è compito mio curare le ferite… anche quelle che non si vedono›› era una scusa stupida, ma non sapeva nemmeno lei perché fosse rimasta a sostenerlo.
‹‹Ti prego, non raccontare a nessuno quello che ti ho detto›› Pugno di Fuoco si strofinò il viso.
Reira annuì.
‹‹Torniamo dentro›› disse Ace alzandosi.
Appena chiusa la porta alle loro spalle la rossa si avviò verso la camera per cambiarsi gli abiti fradici ma non fece nemmeno un passo che si ritrovò circondata da due braccia forti, rimase paralizzata per la sorpresa. Il battito del suo cuore accelerò di colpo mentre le guance si imporporavano.
Perché Ace mi sta abbracciando?
Il ragazzo lentamente le accarezzò la testa e i capelli facendo scorrere le ciocche sottili tra le dita, infine si staccò sorridendo compiaciuto.
‹‹Ma che fai?›› inveì la ragazza stringendosi, in un gesto di protezione, i vestiti al petto: erano asciutti. Col calore sprigionato dal suo corpo, Ace aveva funzionato come una stufa vivente.
‹‹Se si ammala l’infermiera siamo spacciati! Quindi dovresti stare più attenta, scema!›› l’ammonì Pugno di Fuoco, mostrandole la lingua e andandosene via.
 
 
Sai Deidre, sto stringendo saldamente la tua mano,
e non intendo lasciarla,
quindi perdonami se cerco di afferrarne anche un’altra.
 


 
Angolo dell’autrice: vi ringrazio di aver letto fin qui, questo capitolo forse è un po’ troppo lungo, quindi spero di non avervi annoiato! Mi auguro di sentire le vostre opinioni, quindi recensite, recensite, recensite!!! Grazie!!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 5
*** Sabody ***


Sabody
 
Sai Marco, credo che fosse una predizione,
nata dai meandri del mio cuore,
perché quando da bambino
mi chiedevano cosa volessi fare
io rispondevo sempre: il pirata.
 
 
‹‹Terra›› un urlo squarciò il buio della stanza svegliando le ragazze di soprassalto. L’uomo scomparve richiudendo la porta alle sue spalle reimmergendo le ragazze in un silenzio innaturale.
‹‹Siamo arrivati a Sabody?›› sbadigliò Deidre.
Sabody: l’incubo di Ace pensò la rossa stiracchiandosi. Le parole pronunciate da Pugno di Fuoco sotto la pioggia riaffioravano nella sua mente come un’eco proveniente da un pozzo profondissimo. Poi l’aveva abbracciata ricordò arrossendo e ringraziò tutte le divinità reali o immaginare per essere in una stanza nera dove non era altro che un’ombra informe e l’amica non avrebbe potuto vedere le sue guance imporporate. Non si erano più incontrati da allora, o meglio, Reira l’aveva evitato come la peste percependo un peso sullo stomaco, un misto tra l’imbarazzo e il senso di colpa, infatti non aveva ancora trovato il coraggio per raccontare l’accaduto a Deidre consapevole dei suoi sentimenti per il ragazzo, anche se ignara riguardo la loro origine.
‹‹Co-come vi siete conosciuti?›› tentò.
‹‹Cosa?›› mormorò l’altra alzandosi dal letto e dirigendosi al bagno ‹‹questo lavandino è piccolo… dici che gli uomini si lavano poco?››. Del resto, in mancanza di una zona femminile su quella nave, avevano preso possesso della camera del comandante e la bianca se l’era immaginata molto più comoda e spaziosa.
‹‹Criticona come sempre›› ghignò Reira mascherando un sorriso divertito.
‹‹E tu pigra, sbrigati ad alzarti›› la rimproverò afferrando lo spazzolino ‹‹a proposito cosa stavi dicendo?››.
‹‹Non badarci››.
 
***
 
Era ancora notte fonda e voleva riposare dignitosamente prima di sbarcare a Sabody quando un rumore assordante lo riscosse dal suo sogno, allungò la mano con gli occhi ancora chiusi tastando il vuoto della stanza microscopica in cui si era rifugiato dopo aver lasciato la sua camera alle due ragazze imbarcate sulla sua nave in seguito all’affondamento della Moby Dick. Raggiunse l’oggetto dei suoi desideri appoggiato ai piedi del letto: ‹‹Mochi mochi››.
Dall’altro capo del telefono una voce roca e graffiante soffiò: ‹‹Qui è Silvers Rayleigh››.
Dopo le poche parole scambiate, il primo comandante della ciurma di Edward Newgate riattaccò il lumacofono che gli era stato prestato Law (e con il quale aveva tentato tutto il giorno precedente di mettersi in contatto con gli altri capitani dispersi, in particolare con Jaws) sperando che la Marina non avesse intercettato la chiamata e fece rintracciare dal suo vice il Chirurgo della Morte, Jimbe l’uomo pesce e i nipoti di Garp per una riunione urgente.
‹‹L’incontro avverrà davanti alla tomba di Barbabianca›› definì la Fenice con un sospiro profondo. La riunione si protraeva da ore tra proteste, dissensi e proposte assurde derivanti dalla bocca di Cappello di Paglia mentre fuori dall’oblò il cielo iniziava a tingersi di rosa.
‹‹Concordo con questo piano›› annuì il Chirurgo della Morte ‹‹allora noi ci ritiriamo ora, prima ancora di essere troppo vicini alla costa››.
‹‹Aye, l’isola brulica di marines›› Bepo, che aveva seguito il suo condottiero come un’ombra anche all’incontro segreto, scrollò la sua testa pelosa come se volesse allontanare il pensiero.
‹‹Proprio per questo serve il vostro appoggio›› Ace intervenne senza tener conto di tutto ciò che era stato detto e ribadito nelle ore precedenti.
‹‹No›› proferì Marco spazientito battendo con violenza il palmo della mano sul tavolo ‹‹siamo già abbastanza, però ho un favore da chiederti Law››.
Con un dito tatuato Trafalgar gli fece cenno di continuare.
‹‹Devi portare un paio di uomini sul Grove opposto rispetto al nostro, dobbiamo fare rifornimento››.
 
***
 
‹‹Andrai tu, sei la cuoca dopotutto›› le ordinò mentre si allacciava gli stivali pronto per scendere a terra ‹‹scegli un uomo per accompagnarti››.
‹‹Porterò Reira con me›› dichiarò ‹‹anche in infermeria servono nuove bende e robaccia medica››.
Robaccia medica? Che modo di esprimersi da teppista…
‹‹Non è meglio se ti fai accompagnare da uno più capace?››.
‹‹Va bene così›› sbuffò Deidre. In mare forse aveva bisogno di aiuto ma la terra era il suo elemento e il frutto Ground Ground le offriva tutta la protezione necessaria.
Uscì dalla sala compilando mentalmente un elenco, trovò l’amica sulla strada verso il ponte e le spiegò la situazione mentre si avviavano al sottomarino pronte per imbarcarsi con l’aiuto del grosso orso nella casacca arancione.
Rimasero nella sala di comando per tutto il tempo in compagnia di Bepo e di un paio di tirapiedi che continuavano a sorridere, invece del proprietario del “limone ad immersione”, come definiva Deidre l’imbarcazione nella quale si trovavano, nemmeno l’ombra.
‹‹Hanno una paralisi facciale?›› sussurrò la bianca sporgendosi all’orecchio di Reira stemperando così la tensione della ragazza in imbarazzo per essere circondata da uomini giovani. La sua allergia ai ragazzi si accentuava in ambienti stretti come quello facendole sudare le mani, impastare la lingua e costringendola a piantare gli occhi sul pavimento.
‹‹Shachi, offri da bere alle ragazze›› propose il tizio col cappello da pinguino.
‹‹Vai a prendere tu qualcosa›› lo indirizzò con la mano ‹‹io mi sto beando della bellezza di queste signorine, non è che volete cambiare ciurma?››.
Lo sguardo ammiccante fece rabbrividire la rossa ma, prima che i ragazzi potessero continuare con le loro mediocri avance, il sottomarino riemerse dalle acque.
Deidre e Reira erano state velocemente scaricate sulla spiaggia tra i rammarichi di Shachi e Penguin e davanti a loro campeggiava la scritta “Grove 17” sul gigantesco tronco della mangrovia. Non avevano taglie importanti sulla testa, giusto un centinaio di berry attribuibili al loro tatuaggio della ciurma piuttosto che alle loro azioni, quindi potevano girare indisturbate per i negozi e spendere tutti i soldi affidati loro dal capitano per rifornire armadi e dispense.
 
***
 
‹‹Pronti›› si sistemò meglio gli occhiali sul naso.
‹‹Andiamo›› si lanciarono tra la folla fermandosi esattamente davanti la tomba imponente di Edward Newgate fatta costruire in marmo bianco come il latte da Shanks. Rimasero fermi, ognuno contemplando i ricordi di persone perdute. Insieme all’uomo che chiamava “padre” nella mente di Ace si susseguivano le immagini del fratello Sabo, della madre mai conosciuta, del nonno adottivo che forse non avrebbe più rivisto.
Appoggiò la mano sulla spalla del fratello stando attento a non coprirgli la scritta nera fatta da Rayleigh che conteneva il messaggio per i suoi nakama dispersi: “3D” cancellato con sotto in evidenza “2Y”. Quel contatto gli dava conforto in un qualche modo, la pelle calda trasmetteva una sicurezza destinata a perdersi presto e mentre la sua famiglia, come l’aveva conosciuta fino a quel momento, gli si sgretolava irreparabilmente davanti agli occhi, il suo pensiero corse a un altro corpo altrettanto caldo ma più gracile e coi capelli decisamente più lunghi e rossi.
Che scemo che sono, non è questo il momento di pensare alle ragazze ridacchiò tra sé e sé anche se tu papà avresti approvato, vero? Una bella donna per una bella famiglia, me lo ripetevi spesso rimproverandomi delle mie avventure.
Attesero il tempo necessario affinché il molo si riempisse di giornalisti pronti a fare foto e scrivere articoli, tutto secondo i piani, l’unico inconveniente era che la loro presenza aveva attirato anche la Marina.
Merda, siamo circondati sbuffò la Fenice roteando gli occhi. Tutti marinai di bassa lega come previsto, si sarebbero sbarazzati di loro alla svelta anche se il suo sesto senso era stranamente inquieto, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nell’aria. Un lampo.
Marco fece appena in tempo a tirare verso di sé Pugno di Fuoco prima che una spada di luce si conficcasse nel terreno, esattamente nel punto in cui stava prima la testa del moro.
‹‹Rayleigh›› urlò, ma il vecchietto coi suoi sandali in legno e la camicia hawaiana aveva già afferrato Rufy ed era sparito tra i vicoli affollati e le case allungate ed incrostate dalla salsedine mentre l’uomo pesce copriva loro la fuga.
Il ragazzo in fiamme iniziò a rilasciare il fuoco caricando il suo famoso pugno e anche Marco liberò le ali da fenice.
‹‹Fuga, fratello?›› chiese Ace.
‹‹Direi di sì, un ammiraglio è una scocciatura esagerata in questo momento›› asserì l’altro.
Borsalino li guardava perplesso, apparentemente indeciso se inseguire il gruppo appena fuggito o scontrarsi coi presenti. ‹‹Oh beh, gli altri non ci sono più›› concluse alzando le spalle.
‹‹E arrivederci anche da noi›› gli rispose Marco facendo un inchino e iniziando a correre seguito a ruota dal moro dopo aver lanciato una fiammata.
Prestamente l’ammiraglio si lanciò al loro seguito con uno stuolo di uomini armati fino ai denti, tutti uguali con i loro berretti bianchi sparsi per la cittadina come zucchero a velo su una torta.
L’inseguimento si perpetrò per molti Grove creando scompiglio tra commercianti e visitatori. I ragazzi di fuoco dovettero saltare una lunga colonna di schiavi che intralciò i nemici concedendo loro qualche attimo di vantaggio. Voltato l’ennesimo angolo si fermarono per riprendere fiato.
‹‹Capitano›› esordì Deidre stupita di vederli da quella parte dell’isola, le mani piene dei fili che catturavano le bolle porta-borse tipiche di Sabody. Reira era al suo fianco, le mani altrettanto impegnate: con tutte quelle provviste avrebbero potuto navigare tranquillamente per un po’.
‹‹Eccoli! Ammiraglio guardi là›› una voce acuta risuonò per la via.
‹‹Merda!›› esclamò Ace.
‹‹Via di qui›› ordinò la Fenice strappano gli spaghi dei palloncini alle ragazze e spingendo la più vicina verso il lato opposto rispetto al punto in cui si stavano ammassando i marines.
La fuga precipitosa riprese tra l’affanno e gli ansiti che presto spezzarono il respiro alle giovani donne non allenate a sforzi prolungati. Avevano quasi raggiunto l’insenatura in cui era stato fissato il rande vu con il resto della ciurma per riprendere il mare quando un proiettile colpì di striscio la gamba della rossa rompendo il legaccio che le teneva lo stivaletto saldamente attaccato al piede. Il dolore improvviso la distrasse mentre la scarpa che si stava sfilando colpì un sasso. Reira incespicò e cadde, gli altri la superarono lanciati nella corsa com’erano per frenare precipitosamente qualche metro più avanti.
Nuovi spari mentre le sue mani correvano alla ferita sanguinante, incapace di decidere se sarebbe stata in grado di rimettersi in piedi.
Un altro lampo. Borsalino era lanciato a spada tratta contro di lei.
‹‹No›› urlò Pugno di Fuoco scagliandosi sull’ammiraglio ma era troppo lontano.
Deidre si chinò rapidamente le punte dei capelli bianchi sfiorarono il suolo umido coperto di muschio della stradina laterale che in cui si erano immessi. Poggiò i palmi tesi.
‹‹Muro››.
E il frutto Ground Ground fece il suo dovere evocando uno scudo dalla terra e schermando così l’amica dall’assalto.
 
Sai Ace, io certe volte mi dico che,
un giorno, lascerò il mare, mi prenderò un fazzoletto di terra
e coltiverò pomodori, i migliori pomodori della regione,
però, quando odo il rumore della risacca
o sento tra i capelli il vento freddo della tempesta
il mio cuore si riempie di desiderio.
Sono proprio un pirata.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: lo so, sono imperdonabile! Mesi senza nessun aggiornamento ma spero di essermi fatta perdonare mettendo nuova carne al fuoco: Deidre ha utilizzato i suoi poteri proprio davanti ai ragazzi di fuoco, come la prenderanno? Ace farà il collegamento con Marineford? Tutto questo e molto altro al prossimo episodio!
Spero vorrete lasciarmi le vostre apprezzatissime opinioni, belle o brutte che siano sarei curiosa di sapere cosa passa nella vostra testa! Vi ringrazio di aver letto fin qui e un grazie speciale a chi ha messo questa storia tra le seguite\ricordate\ preferite!
Un bacio,
Eirynij

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