Books and lovers

di Lamy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un libro, un film, e un incontro. ***
Capitolo 2: *** Fa quasi male, fa quasi amore. ***
Capitolo 3: *** Libri e amanti. ***



Capitolo 1
*** Un libro, un film, e un incontro. ***


PARTE PRIMA: Un libro, un film, e un incontro.
 
«Gli incontri avvengono sempre nei momenti in cui la mente è molto libera o molto affollata: nel primo caso avvengono per donare alla nostra anima qualcosa di nuovo, nel secondo per liberare la nostra vita da qualcosa di sbagliato.»
(Osho)

 
Un anno e mezzo prima:
Quando piove e luce il sole, tutte le vecchie vanno in amore. Era questo il proverbio che sua nonna le ripeteva da quando era bambina, eppure lei a queste dicerie non ci aveva mai creduto. Quella mattina il grigiore londinese era appena illuminato da un bagliore di sole che faceva fatica a scaldare l'aria, e lei sperava che non piovesse proprio il giorno in cui si recava in ufficio a piedi. Ritirare l'auto dal meccanico, ricordò a se stessa. Venere Anderson era una donna realizzata sul fronte lavorativo e si considerava fortunata per questo. Il suo sogno più grande era diventato realtà: diventare scrittrice e redattrice. Aveva da poco pubblicato il suo primo libro, qualcosa a cui lavorava già ai tempi dell'università, dal titolo "Essere diversi fa bene alla salute". Era una sorta di manuale che descriveva i numerosi e differenti modi di essere 'diversi', dai più semplici ai più complessi. Trattava di handicap, di malattie mentali, dell'omosessualità, dei trans, degli adolescenti emarginati, delle donne maltrattate. Insomma, una sfilata di personaggi considerati contraddittori e additati dalla società. Venere stessa si riconosceva in uno dei suoi protagonisti, ma questo nessuno lo sapeva. Controllò l'orologio, quindi accelerò il passo perché era in ritardo. L'enorme palazzo in cui era ubicata la redazione presso cui lavorava si stagliava come una gigantesca nave arenata in balìa un cielo plumbeo. Harold, l'elegante portinaio, le aprì la porta con un inchino. Venere gli sorrise e si mosse svelta verso l'ascensore nella speranza di evitare Paul, il contabile del terzo piano che le faceva la corte da due anni. Ma quella non sembrava essere la sua giornata: la valigetta di Paul bloccò le porte dell'ascensore e la sua faccia irritante fece capolino.
"Buongiorno, signorina Anderson. Come sta?"
Venere sospirò e tentò di esprimersi con tutta la gentilezza di cui era capace.
"Paul, smettila. Mi fai la corte da due anni e mi dai ancora del 'lei'? Io non ho tempo per una relazione, e questo lo sai. Non voglio un uomo nella mia vita e non ne ho bisogno, quindi sii solo mio amico. Grazie."
Il 'ding' segnalava che Venere era giunta al suo piano. Salutò Paul e imboccò il corridoio del suo ufficio. Anche sua madre e suo padre insistevano che avesse un fidanzato ma Venere era una donna forte e indipendente, e non aveva ancora trovato l'uomo per cui valesse la pena piangere, litigare, fare follie. Certo, c'era stato Brandon anni prima, però si era rivelato un fallimento. Quando raggiunse la sede della redazione, trovò tutti i suoi colleghi intenti a guardare verso il suo ufficio con stupore. Si diede un’occhiata attorno e tutto le sembrò come al solito. Il capo era assente, dunque non c’era motivo del perché si stessero comportando in quel modo. Poi un presentimento le attraversò la mente: qualcuno non aveva gradito il suo libro ed era lì per lamentarsene, forse qualche pezzo grosso della società editoriale o qualche lettore polemico. Sarah, la segretaria dell’ufficio, le corse incontro con un’espressione a metà tra l’eccitazione e il terrore.
“Che diamine sta succedendo nel mio studio, più che altro somiglia ad un ripostiglio per quanto è piccolo, pero cr…”
“Venere, sta zitta. Devi toglierti la giacca e renderti presentabile in due minuti. Ti stanno aspettando.”
Sarah le tolse la giacca dalle spalle e le strappò la borsa dalle mani, poi la spinse verso la calca di gente che fissava la vetrata. Scorse tre figure, una donna e due uomini.
“Proprio oggi dovevi indossare questa orribile camicetta?” le disse con disprezzo Colin, l’esperto di eventi, sempre impeccabile nell’abbigliamento e nell’acconciatura. Venere si liberò dalla presa ferrea di Sarah per specchiarsi in una delle numerose superfici riflettenti: i capelli erano ben pettinati, i pantaloni neri e la camicetta in seta a tre quarti color bordeaux non erano sgualciti, la matita e il mascara reggevano ancora.
“Mi spiegate che cosa sta succedendo? E chi è che vuole vedermi?” sbraitò Venere in preda ad una crisi di nervi. Ora tutti stavano guardando lei. La stanza era immersa nel silenzio totale, eccetto il rumore prodotto da Sarah mentre cercava il paio di décolleté nere che Venere teneva in ufficio per le grandi occasioni. Si infilò distrattamente le scarpe.
“Hollywood ti reclama.” Sussurrò Kat, una stagista. La donna misteriosa si voltò per osservare la curiosa scenetta e sorrise a Venere. Era incredibilmente somigliante ad Alicia Vikander.
“Vai.”
Con un spintone e qualche raccomandazione, Venere entrò nella sua stanza nella totale confusione.
“Buongiorno. Perdonate il ritardo e la scenetta comica di poco fa.”
“Si figuri, comprendiamo bene la situazione.” le sorrise gentile la donna, che si rivelò davvero Alicia Vikander, l’attrice. L’uomo accanto a lei alzò gli occhi verso la redattrice e un sorriso timido gli si dipinse sulle labbra. Era Eddie Redmayne. A Venere venne il latte alle ginocchia e si sedette pesantemente alla sua poltrona di pelle nera.
“E’ forse uno scherzo?” domandò Venere con una smorfia scettica. Aveva notato che Eddie teneva tra le mani il suo libro. Il terzo uomo, Tom Hooper, un famoso regista, ridacchiò e scosse la testa.
“Miss Anderson, siamo qui per il suo libro. E’ un capolavoro, uno degli scritti migliori degli ultimi dieci anni. Lo dimostra anche la fama e i numeri che ha conseguito. Ha vinto numerosi premi ed è stato tradotto in otto lingue. E’ un’opera d’arte!” l’emozione con cui Hooper si era rivolto spaventò Venere, che non era abituata a tutti quei complimenti. Alicia se ne accorse e sollevò gli occhi al cielo.
“Tom adora il suo libro, lo ha letto e riletto. Anche alla mia destra è seduto un suo grande fan.”
Venere vide l’imbarazzo negli occhi di Eddie, mentre le sue dita erano strette attorno alla copertina morbida del libro che le aveva assicurato il successo. Era più confusa di prima.
“Signori, non credo siate qui per discutere del mio libro. Cosa vi porta nell’ufficio di una redattrice?”
Hooper frugò nella propria valigetta, in precedenza abbandonata a terra, e ne tirò fuori diversi fogli rilegati. Li depose sulla scrivania.
“Miss Anderson, questa è la sceneggiatura del nostro film.” annunciò Alicia, ed era ben visibile l’orgoglio nei suoi occhi. Venere rimase interdetta.
“Io cosa c’entro con il vostro film? Scrivo libri, mi limito a questo.”
“Non si limita a scrivere libri. Lei crea mondi e dimensioni cariche di emozioni e di diversità, e noi abbiamo bisogno delle sue qualità.” era la prima volta che Eddie le rivolgeva la parola.
“Volete che scriva un libro sul film? Di solito è il contrario.” Disse Venere, gli occhi fissi sui fogli, la penna tra le mani.
“Vogliamo che lei sia il capo-sceneggiatore. La sceneggiatura è già stata scritta, ma abbiamo bisogno che un esperto controlli ed eventualmente corregga. Riteniamo che lei sia adatta al ruolo per via del tema trattato nel film.”
Venere non si aspettava che qualcuno, tre pezzi grossi del cinema, le chiedessero di fare da sceneggiatrice, non a lei che non aveva mai fatto quel tipo di esperienza.
“I-io non so se riesco. Non ho mai scritto né tantomeno corretto uno sceneggiato. Non ne sono all’altezza.”
La speranza del regista e dei due attori calò in un battito di ciglia, e lei ne era la responsabile.
“Miss Anderson, legga lo script e la documentazione allegata. Stasera la chiamo e mi darà una risposta. Tra quindici giorni iniziano le riprese, dunque non abbiamo tempo da perdere.” Hooper la stava pregando, il viso contratto e l’urgenza nella voce. Venere sospirò.
“Stasera le darò una risposta, promesso.”
Hooper si alzò, seguito da Alicia e Eddie. Il regista le strinse la mano e si congedò con un cenno del capo;
“Spero che accetterà il lavoro, sarebbe bello lavorare insieme.” le mormorò Alicia, quindi lasciò la stanza. Venere guardò Eddie.
“Anche lei vuole supplicarmi implicitamente e farmi sentire in colpa per la mia inadeguatezza?”
“Cosa? No, assolutamente no. Voglio che lei mi autografi il libro, se posso chiederlo.”
Venere arrossì e si schiarì la voce. Aveva fatto proprio una figuraccia. Raccolse la penna dalla sua scrivania e si avvicinò all’uomo. Eddie aprì la prima pagina del libro e glielo porse. Lei ebbe qualche attimo di esitazione.
“A chi lo dedico? Mister Redmayne? Oppure Edward?”
Eddie sorrise, gli si formarono delle piccole rughe attorno agli occhi che per sfortunata Venere trovò adorabili, e poi scosse la testa.
“Solo Eddie.”
Venere si accinse a scrivere, sperando che la sua mano non tremasse e che la calligrafia fosse decente.
“Ecco fatto!” consegnò il libro all’attore, che sbirciò la dedica. In corsivo elegante campeggiava la scritta: A Eddie, la cui diversità ha fatto bene alla salute. Con affetto, Venere Anderson xxx.
“La ringrazio, Miss Anderson. Spero in un altro incontro, magari sul set.”
Venere allungò la mano per stringere quella dell’attore, ma lui vi posò un bacio sul dorso. Il baciamano, un classico!
 
 
 
Alla fine Venere aveva accettato l’offerta di Hooper, anche grazie all’incoraggiamento della sua famiglia e alla pressione del direttore della redazione. Da Londra aveva raggiunto Copenaghen, dopo svariate ore di volo, e un’auto lussuosa la stava accompagnando sul set. Aveva studiato lo script, aveva fatto le correzioni, aveva raccolto una propria mole di notizie riguardo alla storia di fondo e al protagonista. Ebbe il tempo di fare una doccia e di indossare qualcosa più elegante di una tuta, dopodiché raggiunse il cast e il gruppo di sceneggiatori al tavolo di lettura. Quando aprì la porta, tutti stavano guardando lei, chi con ammirazione, chi con fastidio. Hooper le indicò una sedia, quindi si sedette. Di fronte a lei era seduto Eddie, che non smetteva di sorriderle incoraggiante.
“Ha apportato modifiche allo script?” le chiese con un tono infastidito Karl, uno degli sceneggiatori. Venere mandò giù un sorso d’acqua per sciogliere il nodo alla gola che le impediva di parlare. Aprì il suo diario, essendo solita scrivere a mano anziché al computer, e si infilò gli occhiali.
“Beh, alcune scene erano sbagliate completamente.”
Numerosi mormorii fecero eco nella stanza, e lei si sentì in forte imbarazzo.
“Sono certo che le sue correzioni siano giuste.” Eddie le fece l’occhiolino. Venere prese coraggio e continuò.
“Da alcune scene sembra che Einar si vergogni della sua diversità, ma non è così. Lui crede nel suo ideale e non se vergogna, anzi ne va fiero. L’unico ostacolo che lo trattiene è l’amore intenso che Gerda prova per lui. Ho corretto tutte le scene in cui il desiderio di Einar di voler essere donna sembri un peccato rendendolo un manifesto per cui andare fiero.”
“Lei ha idea del tema del film? A me non sembra!” sbraitò Helen, che si era occupata del personaggio di Einar. Venere puntò i gomiti sul tavolo, sorrise di sbieco e guardò la donna.
“Nel mio libro racconto la storia di Stella, un trans, e per farlo ho vissuto una settimana a casa sua. So cosa significhi perché l’ho visto, l’ho respirato. I miei vicini sono una coppia franco-africana e hanno adottato un bambino russo. Ho fatto visita a dei malati mentali, come la società suole chiamarli, per un anno. Non ho inventato storie, ho raccontato la verità, la tragica verità di molte persone. Il mondo è bello perché è vario, o almeno così dicono, perciò mi sembra giusto che Einar non debba vergognarsi del suo desiderio, piuttosto il film deve sottolineare quanto sia normale essere diversi.”
Tutti i presenti erano rimasti in silenzio, forse per rispetto alle sue parole o per indifferenza, eccetto Hooper che sorrideva soddisfatto.
“Sono assolutamente d’accordo con Miss Anderson!” esclamò Alicia, seduta all’altro capo del tavolo. Venere le rivolse uno sguardo di gratitudine.
“Questo è lo script corretto, adesso decidete voi come proseguire.” disse Venere con tono pacato richiudendo la sua agenda.
“Io direi che possiamo cominciare a lavorare domattina. Spero che lei voglia restare con noi durante le riprese, potrebbe darci una mano!” questa fu la proposta di Eddie, della quale il regista e Alicia furono entusiasti.
“V-va bene. Resto.”
Quando la riunione ebbe fine, Venere si prese qualche istante per riordinare gli appunti che aveva annotato durante la lettura. Anche Eddie fu l’ultimo a uscire.
“Sono contento che abbia scelto di restare.”
Venere alzò lo sguardo su di lui e per un attimo fu rapita dal colore intenso dei suoi occhi, poi tossì e annuì.
“Anche a me fa piacere.”
 
 
Otto mesi prima:
Il lavoro sul set era frenetico. Avevano poco tempo per girare e le giornate sembravano essere troppo corte. Alla fine Venere non si era limitata a correggere la sceneggiatura, aveva preso parte alla produzione. Sedeva accanto al regista durante le riprese, aiutava Alicia ed Eddie ad entrare nel personaggio, li aiutava con l’esatta pronuncia e intonazione delle battute. Quella mattina a Copenaghen diluviava, perciò Hooper aveva deciso di montare i pezzi già pronti e sperare che il giorno dopo fosse bel tempo. Venere raggiunse il set alle nove perché comunque l’intera troupe si riuniva per provare abiti, dialoghi, luci.
Eddie e Alicia erano seduti a terra e provavano qualche battuta.
“Ciao, Venere!” fece Alicia, sorridendo di traverso al suo collega.
“Buongiorno. State provando la scena della festa?”
“Sì, ma Eddie non si lascia truccare da me.” l’attrice si finse offesa, si mise in piedi e abbandonò il suo copione tra le mani di Venere.
“Ali, tu non sei capace a usare una penna, come potrei lasciarmi truccare da te?” le disse Eddie nascondendo una risata.
“Sono esausta di provare. Vado a prendere un caffè. Venere, pensaci tu!”
Venere tentò di replicare, ma Alicia era già sparita. Si sentiva terribilmente in soggezione quando restava sola con Eddie. Era il suo modo di fare, la sua eleganza e la sua timidezza che stridevano con i modi distaccati e rigidi di lei.
“Siediti, per favore. Non andare nel panico. Io dico la battuta e tu ti accerti che sia giusta.”
Venere prese posto di fronte a lui, inforcò gli occhiali e si mise sull’attenti.
“Ho capito alcune cose di te in questo mese.” Esordì Eddie, ma Venere scosse la testa con le sopracciglia aggrottate.
“Questa battuta manca. L’hai appena aggiunta tu?”
“Venere, sto parlando di te.”
La ragazza lo guardò con espressione confusa,  persa in quei lineamenti scolpiti e i quegli occhi profondi. Lui più volte aveva provato ad avvicinarsi ed a interagire, ma lei lo aveva tenuto a debita distanza. Sapeva che si sarebbe scottata se si fosse avvicinata al fuoco, ed Eddie era una fiamma che ardeva viva. Entrambi avevano notato una certa freddezza di cui non riuscivano a liberarsi. Lui era un uomo meraviglioso: dava l’idea di un gentiluomo settecentesco, le teneva sempre la porta aperta, le offriva il fazzoletto quando ne aveva bisogno, dosava le parole da rivolgerle; poi era bello, inutile nasconderlo, e lo era in un modo diverso dal solito, in un modo strabiliante, così alieno, così unico, così magico. Venere aveva provato a nascondere quei battiti accelerati che facevano capolino quando lui le era accanto o le parlava.
“E cosa avresti capito di me?” quelle parole furono cavate a forza, l’ansia le attanagliava lo stomaco. Eddie sorrise.
“Ti piace il caffè dolce, ho notato che versi almeno quattro zollette di zucchero. Indossi gli occhiali solo quando leggi, forse perché non ti piaci particolarmente come appari. Hai una propensione per i vestiti di colore nero e bordeaux, raramente ti ho vista in abiti chiari. Cambi smalto ogni settimana. Porti gli anelli solo al dito medio della mano sinistra e l’orologio al polso destro. Ti piacciono gli orecchini e i bracciali. Leggi molti libri, soprattutto fantasy e gialli. Ti leghi sempre i capelli. Hai le labbra screpolate e non le curi. Ho anche intravisto un tatuaggio sulla schiena, se non erro. Mangi le pellicine delle dita quando sei nervosa; non ami stare al centro dell’attenzione. Infine, hai una storia triste alle spalle che cerchi di nascondere, ma lo vedo dai tuoi occhi malinconici.”
Venere era rimasta immobile. Aveva deglutito ripetutamente, sentiva il fiato corto, e le pizzicavano gli occhi. Nessuno l’aveva mai studiata nei minimi dettagli, si sera sempre sforzata di essere illeggibile, indecifrabile, aveva costruito attorno a sé spessi muri invalicabili che nessuno aveva avuto il coraggio di superare, ma Eddie li aveva frantumati mattone dopo mattone. Abbassò lo sguardo per non farsi vedere sconvolta.
“Non ho paura di camminare su questo mondo da sola. Così recita il tatuaggio sulla schiena.” Fu tutto quello che riuscì a dire.
“Sto cercando di fare il possibile per conoscerti meglio.” La sicurezza con cui parlò Eddie spiazzò ancora di più Venere, terrorizzata che qualcuno facesse breccia nel suo cuore.
“Non farlo. Non conoscermi. Non ti piacerebbe quello che troveresti.”
Il ragazzo le depositò un bacio sulla guancia e la guardò dritto negli occhi senza paura.
“Credo di aver trovato già tanta meraviglia.”
 
 
 
 
La chiacchierata avvenuta una settimana prima non era stata più ripresa. Eddie e Venere, nonostante ora fosse palese che li legasse qualcosa di diverso rispetto al lavoro, si comportavano come sempre. Ma quella sera le cose cambiarono. Terminate le riprese, Hooper invitò tutti a bere qualcosa al bar.
“Vieni anche tu?” le domandò Alicia, mentre indossava la giacca e prendeva la borsa.
“No, sono stanca. Mi scoppia anche la testa. Prendo un’aspirina e filo a letto.” Si scusò Venere, quindi accompagnò l’amica nella hall dell’hotel in cui albergavano tutti da un mese e mezzo.
“Riprenditi. Domattina abbiamo la sveglia alle sei. Sappi che Eddie resta qui, perciò se hai bisogno puoi chiedere a lui.”
Alicia la salutò e uscì insieme agli altri. Venere ordinò dell’acqua al bar e risalì in camera sua. Sapere che in quel corridoio ci fossero solo lei ed Eddie le metteva una certa pressione. Mentre si massaggiava le tempie e cercava di calmare il dolore alla testa, ricevette un messaggio:
-Ho bisogno di una mano, puoi venire in camera mia? (E. Redmayne)
Ipotizzando che fosse una scusa, si alzò di malavoglia e attraversò il corridoio fino alla suite 105. Bussò e attese. La porta si aprì con uno scatto e una voce la invitò ad entrare. Nella stanza regnava il disordine. La valigia era ribaltata sul pavimento, i vestiti erano impilati sul divano, cartoni di pizza e lattine erano sparse qua e là sul tavolo
“Eddie, stai bene? Di cosa hai bisogno?”
“Buonasera!”
Eddie era chino sulla scrivania ed era alla ricerca di qualcosa; svariati libri erano buttati a casaccio a terra, sugli scaffali e sul letto.
“Che stai facendo? Perché mi hai chiamato?”
Dopo qualche minuto, il ragazzo sollevò un libro e sorrise vittorioso. Si voltò verso di lei e le mostrò la copertina: Addio alle armi di Ernest Hemingway. Venere era impassibile.
“Vuoi che ti racconti una storia prima di andare a dormire?” chiese con sarcasmo mettendo le mani sui fianchi.
“No, grazie, ho già preso la mia tisana rilassante. Vorrei discutere con te di un interesse che abbiamo in comune: i libri. Io di certo non sono uno scrittore, ma sono un lettore accanito, e tu scrivi e leggi.” L’innocenza con cui le aveva rivolto quell’invito mandò in tilt la volontà di Venere di stare lontana da lui, ma dovette cedere. Afferrò il libro e andò a sedersi sul divano. Lui la raggiunse.
“Non ho mai conosciuto qualcuno che avesse letto questo libro. E’ semplicemente straordinario.” Ammise lei, mentre la sua mente si perdeva di nuovo tra le pagine ingiallite di quella vecchia edizione.
“Hemingway era un genio. Hai letto Il rosso e il nero di Stendhal? Io l’ho divorato in una settimana.”
Venere gli lanciò un’occhiata meravigliata e allibita al tempo stesso. Un uomo che avesse la passione per la lettura come Eddie e che leggesse libri di un certo spessore la stupirono in positivo. Sorrise automaticamente.
“Certo che l’ho letto! Una delle storie d’amore più tragiche della letteratura.”
“Sono d’accordo. Quanti libri all’anno legge mediamente uno scrittore?” Eddie ora si era messo comodo, aveva allungato il braccio destro sullo schienale del divano e aveva steso le gambe sul tavolino. Venere ruotò il busto verso di lui e incrociò le gambe. Tirò sul naso gli occhiali e riprese a parlare.
“Ho sempre letto molti libri, circa duecento all’anno dai tempi delle medie, ma da quando ho cominciato a scrivere leggo almeno il triplo. In redazione sono obbligata a leggere e a correggere i manoscritti che gli autori mi spediscono, e inoltre leggo altri libri per conto mio.  Nella mia libreria ho più di quattromila libri di vario genere. Ho un quaderno su cui appunto tutti i libri che leggo, l’autore, la data di inizio e di fine, e le mie considerazioni. E’ un lavoro impegnativo, ma mi piace così. E tu?”
Eddie era totalmente rapito dalle parole di Venere, dal modo in cui le brillavano gli occhi quando parlava delle proprie passioni, dalla maschera di indifferenza che si crepava in pochi istanti, e dal modo in cui si spostava indietro i capelli, in cui si aggiustava gli occhiali, e ancora era ammaliato dal modo in cui si mordeva il labbro quando era pensierosa e poi ridacchiava nervosamente. Più volte si era ritrovato a notte fonda, solo nel letto di un hotel, ad immaginare il sapore che potessero avere le labbra di Venere, il calore del suo corpo, un suo abbraccio. Si passò una mano sulla fronte per risvegliarsi.
“Io vorrei leggere di più, ma il lavoro mi ruba tempo prezioso. Ho un discreto numero di libri a casa, ma la maggior parte li scarico sul PC e li leggo quando ho una pausa dal set. Adesso sto leggendo Il Quinto Vangelo di Caldwell… e capisco da come mi guardi che tu lo hai già finito di leggere.”
Venere scoppiò a ridere dinanzi all’espressione strabiliata di Eddie. Anche lui rise.
“L’ho finito in due giorni. E’ fantastico!”
“Parlando di libri, vorrei sapere la storia di Essere diversi fa bene alla salute.
Venere sapeva che prima o poi le avrebbe fatto quella richiesta, ma la colpì il suo piccato interesse.
“Sei un ficcanaso, Redmayne. Un vero ficcanaso!” rise lei, per nascondere il rossore sulle gote. Lui continuò a guardarla con incanto, in attesa di un bel racconto, mentre la curiosità prendeva piede. Venere si fece seria.
“Dopo essermi laureata in Lettere Classiche, ho subito cercato lavoro, ma nessuno aveva intenzione di assumermi. Un giorno mi arriva una strana lettera che si scusa del ritardo e mi avvisa del termine di scadenza: successivamente scopro che mia madre mi ha iscritta ad un concorso letterario di nascosto per farmi una sorpresa. In soli quindici giorni ho scritto cento pagine, le ho corrette e le ho spedite. Senza farla lunga, sono arrivata prima e ho vinto un corso di formazione per diventare redattore. Quando ho firmato il contratto presso l’ufficio dove oggi lavoro, ho cominciato a scrivere quel libro. Non pensavo che potesse raggiungere tutta quella fama.”
“Come mai hai scelto il tema della diversità? Ti sei mai sentita diversa?”
“Sì. Mi sento diversa ancora oggi. Sarò diversa per sempre. Ho dato voce a chi non può parlare per paura di essere giudicato. Nulla di più, un po’ di giustizia e un pizzico di critica. Ci vogliono tutti perfetti, tutti fissati entro certi schemi, ma dobbiamo tenere duro e perseverare nella nostra diversità.”
Eddie istintivamente le accarezzò il polso provocandole una serie di brividi e sorrise. Venere, dal canto suo, era stanca di resistere e si abbandonò a quelle attenzioni.
“Anche io mi sento diverso. Ho interpretato personaggi particolari e diversi, ma così pieni di vita. Hai ragione a dire che essere fuori dal comune fa bene alla salute. Grazie, Miss Anderson.”
Adesso erano vicini, pochi centimetri a separarli, e continuavano imperterriti nel loro gioco di sguardi. Lui faceva scorrere gli occhi sulle sue labbra e voleva baciarla, però non lo avrebbe fatto per non spaventarla. Venere ammirava il viso particolare di lui, quelle numerose lentiggini che acuivano la sua bellezza, quelle labbra perennemente piegate in un sorriso talvolta impacciato talvolta impertinente.
“Ti va di leggermi un libro? Il suono della tua voce mi piace.” Quella richiesta arrivò diretta e inaspettata, come una doccia fredda. Venere annuì con incertezza. Eddie le passò il libro che stava leggendo in quei giorni e le indicò un capitolo preciso: era la raccolta di poesie di Federico Garcia Lorca, il brano si intitolava Canto d’Autunno.
Prima che Venere prendesse a leggere, Eddie poggiò la testa sulle sua ginocchia e lei cominciò ad accarezzargli i capelli.
 
 
La mattina successiva il risveglio fu strano per entrambi. Eddie aveva aperto per primo gli occhi non muovendosi per non svegliare Venere, che dormiva serenamente. Erano rannicchiati sul divano, la ragazza aveva la schiena contro il suo petto, e lui le stringeva la vita. Venti minuti dopo anche lei si svegliò.
“Buongiorno, Miss Anderson.” Le sussurrò Eddie dolcemente all’orecchio, al che lei non si irrigidì, come ci si aspettava, anzi fece di tutto pur di nascondere un sorriso allegro.
“Buongiorno. Grazie per avermi fatto dormire qui, ma è bene che io torni in camera mia.”
Non appena Venere cercò di alzarsi, Eddie la tirò di nuovo sul divano. Le portò una mano sulla guancia e si avvicinò a lei. Lei abbassò lo sguardo, sembrava afflitta.
“Eddie, tra poco finiranno le riprese…”
“Non deve finire anche tra di noi, non per forza.”
 
 
Quattro mesi prima:
Le riprese erano terminate e il film era completo. Per festeggiare, il cast e lo staff si erano riuniti in un ristorante di classe nel centro di Copenaghen. Alicia aveva tanto insistito perché Venere posticipasse la partenza e partecipasse alla cena. Quando Venere raggiunse il ristorante, era un fascio di nervi, sia per l’abito che indossava sia per la stupida idea che aveva avuto nel fare un regalo ad Eddie.
“Ecco qui la nostra salvatrice!” strillò quasi isterico Hooper, mentre la stritolava in un abbraccio.
“Tom, hai un’ossessione per questa donna.” Lo canzonò una Alicia bellissima nel suo abito color smeraldo. Il produttore sollevò il calice di champagne e indicò prima Venere e poi Hooper.
“Un brindisi per ringraziare le due persone che hanno reso possibile questo film.”
Tutti quanti parteciparono al brindisi, e Venere mandò giù l’alcol in un colpo solo.
“Miss Anderson, vorrei chiarire alcuni dettagli con lei.” Disse il produttore, così insieme si sedettero al bancone.
Dall’altra parte del salone, seduto da solo, c’era Eddie. Era rimasto ammaliato quando Venere aveva fatto la sua entrata. Indossava un meraviglioso vestito di pizzo nero, lungo sopra al ginocchio, e si era passata un filo di matita e di rossetto rosso che rendeva le sue labbra carnose ancora più invitanti. Si rese conto che la stoffa del vestito le stringeva i fianchi e lasciava intravedere tutte le forme, persino quelle da far battere il cuore e il sangue nelle vene.
“Sembri uno stalker. Sei inquietante!” la voce di Alicia alle sue spalle lo fece sorridere.
“Che vuoi, Al? Perché mi infastidisci?”
La loro amicizia era così, si punzecchiavano, bisticciavano, ma in fondo si volevano un gran bene e si sostenevano l’un l’atro.
“Va’ da lei e parlale, anche perché credo che il produttore ci stia provando.”
“E cosa le dico? Farei solo la figura dell’imbecille.” Ammise mestamente Eddie, quindi bevve un sorso di champagne. Alicia lo affiancò e gli mise una mano sulla spalla.
“Ma tu sei un imbecille. Un adorabile imbecille, ed è per questo che Venere ha un debole per te. Fatti coraggio!”
Le parole di Alicia lo assillarono tutta la sera, soprattutto durante la cena quando, tutti seduti al tavolo, i suoi occhi cercavano quelli di Venere. Si sorrisero un paio di volte, prima che lei distogliesse lo sguardo. Per quanto fosse sfuggente, Venere era così sicura e questo inibiva ogni tentativo del timido ed impacciato Eddie. A cena conclusa e a saluti fatti, la serata era volta al termine. Alicia e Venere si erano ripromesse di restare in contatto e di vedersi ogni tanto. Al tavolo erano rimasti solo lei ed Eddie, come accadeva quando erano sul set o dopo una riunione.
“Vuoi che ti accompagni in aeroporto?” le chiese gentilmente Eddie, mentre si infilava la giacca.
“No, grazie. Sto aspettando l’autista.”
“Oh… certo.”
Venere tirò fuori dalla borsa un pacchetto ornato da una carta regalo lucida di colore blu con un fiocco rosso e lo passò ad Eddie, che lo accettò confuso.
“E’ un regalo per te. Nulla di che, solo un pensierino. Spero ti piaccia.” Anche il quel frangente, Venere era rimasta salda e risoluta. L’attore scartò il pacco come un bambino a Natale, un sorriso stampato in faccia e le mani tremanti. All’interno vi era un libro: Impressionismo. I pittori e le opere. di Bernard Denvir, una edizione del 1991.
“So che sei laureato in Storia dell’Arte, e anche io amo l’arte, perciò ho pensato che questo libro potesse esserti utile.”
Ora Venere era nervosa davanti all’espressione indecifrabile di Eddie. Non appena lui sorrise raggiante, il cuore della ragazza si alleggerì.
“E’ un regalo fantastico, Venere. Lo leggerò in aereo. Grazie, e non solo per il libro, ma per tutto.”
Inaspettatamente Eddie l’abbracciò, stringendola a sé con dolcezza. Venere posò la guancia sul suo petto e sospirò. Si sarebbero mancati a vicenda.
“Venere, io …”
Prima che lui potesse dire altro, lei portò un dito sulle sue labbra per fermarlo. Lo guardò in quei suoi occhi chiari e meravigliosi, perdendosi ancora una volta, forse l’ultima.
“Non dire altro, ti prego.”
 
 
 
Alle due di mattina Eddie non riusciva ancora a prendere sonno, triste e afflitto dalla partenza di Venere. Il suo volo era partito da un’ora circa e aveva ancora parecchio tempo prima di atterrare a casa. Decise di prendere il libro e di leggerlo. Aprì la prima pagina e sgranò gli occhi, c’era quella che sembrava una dedica: Jean Borges scrisse che ogni persona che passa nella nostra vita è unica; sempre lascia un po’ di sé e si porta via un po’ di noi. Ci sarà sempre chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai nessuno che non avrà lasciato nulla. E adesso io ti scrivo che tu, Eddie, porti con te una parte del mio cuore. La tua scrittrice diversa, Venere Anderson.
“Amico, la tua ragazza è uno sballo!” esclamò una voce rozza al suo fianco, un ragazzo americano che gli avrebbe fatto compagnia fino a casa. Eddie, ancora scosso ed emozionato, annuì.
“Sì, la mia ragazza è uno sballo.”
 
 
 
 
Salve a tutti! :)
Quello che vi presento è una sorta di esperimento, è composta da tre capitoli in cui ho cercato, nel mio piccolo e nei limiti, di raccontarvi una storia d’amore e di crescita.
Spero possiate apprezzare. Fatemi sapere cosa ne pensate.
NB: ci tengo a sottolineare che i tempi dei film e alcuni eventi non seguono un ordine cronologico.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
Ps. Consiglio a tutti gli amanti della lettura di leggere i libri menzionati (sono davvero eccezionali!)

 

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Capitolo 2
*** Fa quasi male, fa quasi amore. ***


PARTE SECONDA: Fa quasi male, fa quasi amore.
 
« L’amore? Non so. Se include tutto, anche le contraddizioni e i superamenti di sé stessi, le aberrazioni e l’indicibile, allora sì, vada per l’amore. Altrimenti, no. »
(Frida Khalo)
 
 
Quattro mesi dopo:
Anche quella mattina Venere era in ritardo. La sera precedente era rimasta sveglia fino a tardi per correggere un manoscritto, il che le aveva costato un gran fatica, e si era addormentata intorno all’una. Fortunatamente quella mattina di primavera era mite, l’aria era dolce e fare quattro passi a piedi non le dava fastidio. Tornare in ufficio dopo aver lavorato su un set cinematografico era stato strano e destabilizzante. La routine all’inizio le sembrava qualcosa di troppo assurdo e monotono da riprendere, ma col passare del tempo si era abituata di nuovo. Alicia aveva mantenuto la promessa: prima delle vacanze di Pasqua, si erano incontrate e avevano trascorso il fine settimana in un centro benessere. Ma Alicia non era l’unica con cui era rimasta in contatto, aveva intrattenuto uno scambio di mail e messaggi con Eddie per i primi tempi, poi erano passati alle chiamate e a Skype. Trascorrevano serate intere a parlare attraverso uno schermo, a spedirsi libri, ma non avevano avuto occasione di vedersi. Alla fine Venere si era convinta ed ogni giorno diventava sempre più consapevole: era innamorata di Eddie. L’argomento non era mai stato accennato, perciò farsi illusioni che anche lui ricambiasse era inutile e controproducente. Arrivata in ufficio, Sarah l’accolse con un’espressione disgustata.
“Buongiorno, Sarah. Va tutto bene?”
“Il nuovo pupillo del direttore vuole prendere il tuo posto, l’ho appena origliato. Tu non puoi andartene!”
Venere cinse le spalle della segretaria con braccio e la condusse verso la macchinetta del caffè. Sarah era una donnina di cinquanta anni dalla minuta corporatura, portava i capelli in uno chignon ordinato, indossava sempre un cardigan, e lavorava in quello studio da anni per mantenere i suoi figli all’università.
“Adesso bevi un bel caffè, mentre io vado a sedermi alla mia sedia. Se e quando quello stronzo del direttore vorrà licenziarmi, io sarò pronta a dirgliene quattro. Andrà tutto bene, vedrai.”
“Cerco Venere Anderson.” Disse una voce dal corridoio, e Venere si accinse ad incontrare l’esordiente scrittore. Mike Peterson era uno squattrinato e scansafatiche, ma aveva uno stile limpido e scorrevole.
“Mike, andiamo nella mia stanza.”
Quando si chiusero la porta alle spalle, Venere offrì una tazza di caffè al ragazzo. Si sedette e accese il computer.
“Hai letto libro? Che te ne pare?”
“Mike, il libro è colmo di errori che ho dovuto correggere. Non so proprio come tu lo abbia scritto. Però, e lo dico con stupore, il contenuto è buono e può fare presa sul pubblico. Di solito le storie d’amore risultano scialbe e sdolcinate a livelli diabetici, ma tu hai fatto un buon lavoro. Mi piace il fatto che la relazione tra Samantha e Philip finisca in modo tragico, che entrambi prendano strade diverse, perché sottolinea quanto si amino.”
Mike esultò, quasi gli cadde la tazza a terra, e fece un inchino. Venere sospirò.
“Aspetta a gioire. La grammatica non è il massimo e le parole si ripetono troppo spesso, perciò vorrei che ci lavorassimo insieme per correggere questi errori prima di pubblicarlo. Ci vorranno almeno altri sei mesi di lavoro.”
“Accetto. Non voglio che il libro venga stampato con le tue modifiche, perché io l’ho scritto ed io voglio correggerlo.”
Venere sorrise compiaciuta, era sempre una vittoria convincere qualcuno a farcela da solo. Tirò il busto verso lo schienale della poltrona e controllò quali impegni avesse per la settimana prossima. Tra le pagine spuntava un foglietto, un post-it, giallo su cui era scarabocchiato qualcosa: era il numero di Eddie, glielo aveva scritto di fretta il primo giorno di set. Venere lo richiuse e lo mise in borsa, dal momento che divulgare il numero telefonico di un attore era scorretto.
“La settimana prossima sono libera di giovedì e venerdì. In questi giorni cerca di rivedere da solo gli errori, poi li ricontrolliamo insieme. Ci vediamo giovedì alle 10.00!”
“Ho sentito dire che Fox vuole farti fuori.” Disse Mike senza peli sulla lingua. Adesso che la voce sembrava essere girata, anche Venere temeva che fosse vero.
“Cos’altro hai sentito dire?”
“Pare che il direttore abbia promesso il tuo posto ad Helen Marshall, la figlia del Giudice. Entro fine mese ti faranno fuori, secondo me.” Mike fece spallucce e rubò una penna dalla scrivania di Venere per poi metterla in tasca.
“Ti prometto che riuscirò a pubblicare il libro prima che mi licenzino. Tu pensa ad un titolo decente e agli errori, del resto me ne occupo io.”
Venere fece un cenno per invitare gentilmente Mike ad andarsene, e lui senza dire altro la lasciò da sola. Qualche minuto dopo entrò Sarah con un vassoio di cioccolatini.
“Ne vuoi uno? Il cioccolato ti metterà di buon umore.” Tentò la vecchia segretaria con fare bonario, ma ormai Venere si era rabbuiata e il cioccolato non poteva aiutarla.
“Sembra proprio vero che Fox voglia buttarmi fuori. Credevo che aver lavorato per un film aiutasse la mia situazione, invece non è così. Sono abituata a pubblicare i miei libri con la nostra casa editrice, adesso ci vorranno mesi perché qualcun altro accetti di aiutarmi.”
“Sei troppo brava e tutti vorranno averti, ne sono certa. E poi, è tutto da vedere. Forse ti assegnerà qualche nuovo incarico. Sei preziosa per lui e a Fox interessa fare soldi. Adesso sorridi e prendi un cioccolatino!” la positività di Sarah fece sciogliere la rabbia di Venere e la fece sorridere. All’improvviso il suo cellulare prese a squillare. Tastò la tasca della borsa e lesse il nome sullo schermo: Eddie. Aprì la chiamata in un secondo.
“Ciao!” disse quasi senza fiato, come se avesse corso a lungo e adesso le mancasse l’aria.
“Ciao a te! Dove sei?”
Sentire la voce di Eddie, così allegra e rilassata, la fece calmare a sua volta.
“Sono in ufficio. Tu? In quale grande città stai girovagando?”
Sarah le fece l’occhiolino e le lasciò la privacy giusta, posando un cioccolatino sulla scrivania. Lui ridacchio, e in sottofondo si udì il rumore insistente di un clacson.
“Sono tornato a Londra ieri sera. Ho dormito dai miei genitori e in giornata conto di tornare a casa mia.”
A quelle parole gli angoli della bocca di Venere si indurirono, socchiuse gli occhi e trattenne un sospiro. Ci rimase male del fatto che lui fosse tornato e non l’avesse avvisata, però cercò di non farlo notare.
“Bene, sono contenta per te. Oggi a Londra è una bella giornata, perciò goditi il sole e la città. Devo sbrigare alcune cose. Ci sentiamo.”
“Perché dovrei godere del sole quando ad un metro da me c’è una bellissima donna con indosso un vestito bordeaux ?”
Venere si accigliò, con lo sguardo seguì il proprio corpo ed era lei che indossava un vestito di quel colore. I suoi occhi vagarono fuori dalla sua porta: Eddie era in piedi accanto all’entrata, chiuse la chiamata e la salutò con la mano. Venere gli corse incontro e si bloccò a pochi centimetri da lui. Stava con le braccia spalancate e nella mano destra teneva un mazzo di rose arancioni, le sue preferite, e al centro spiccava una sola rosa bianca. Si era ricordato di quanto la ragazza amasse i fiori. Senza pensarci troppo, Venere si gettò nel suo abbraccio e gli circondò il collo con le braccia.
“Sei qui.” Mormorò contro la camicia di Eddie, e si avvicinarono di più.
“Sono qui.” Rispose lui, poi le diede un bacio sui capelli e lasciò che il braccio le accarezzasse la vita. Dopo mesi e mesi passati a scriversi e a vedersi attraverso uno stupidissimo cellulare, essere a poca distanza era qualcosa di straordinario. Quando si staccarono, entrambi si sorrisero.
“Prendi la giacca, ti porto in un posto!” esclamò Eddie, al che Venere saettò a raccattare la giacca di pelle e la borsa. Nel frattempo Sarah aveva sistemato le rose in un vaso e le aveva sistemate sulla scrivania della ragazza.
“Grazie, Sarah. Se qualcuno mi cerca può chiamarmi al cellulare. A dopo!”
“Divertitevi, ragazzi!”
 
 
“Dove mi porti?”
Stavano camminando da un’ora e si dirigevano verso il centro, avevano parlato di tutto, eccetto della meta. Eddie le sventolò due biglietti davanti al naso e gliene diede uno.
“Ti porto a vedere la mostra d’arte di Van Gogh. E’ il tuo pittore preferito, dico bene?” il sorriso ampio del ragazzo e l’invito alla mostra fecero esplodere Venere di gioia, ma immediatamente si scurì in volto.
“Dici bene. Grazie, non me lo aspettavo.”
“Se ci metti un po’ di entusiasmo non muori!” scherzò Eddie, ma dovette tornare serio quando la ragazza si fermò mantenendo lo sguardo sui sandali che calzava.
“Sono contenta, dico davvero.”
“Venere, che succede? Non ci vediamo da mesi e sembra che tu non sia particolarmente felice della mia presenza. Cosa c’è che non va? Per favore, guardami.”
Eddie tentò di prenderle la mano, ma lei scosse la testa e si scansò di poco.
“Sono felice che tu sia qui, te lo giuro. Ma non va bene questa mia felicità, le rose, la mostra d’arte, la tua sorpresa. Non va bene.” la voce di Venere era incerta, sebbene lei fingesse risolutezza. Eddie capiva che lei fosse spaventata dall’idea che qualcuno potesse tenere a lei per paura di soffrire, ma lui non poteva starle lontano.
“Va tutto alla grande, invece. Io che ti regalo le rose, tu che sei felice di vedermi, noi che andiamo alla mostra. E va anche alla grande il fatto che tu me lo abbia detto. Però devi provarci, Venere. Non puoi chiuderti nei libri e restarne intrappolata, devi venirne fuori e devi osare. Ti prometto che non ti succederà nulla. Ho bisogno solo che tu mi lasci provare.”
Venere avvertì la mano di lui sulla guancia, poi sulle spalle, fino a chiuderla in un abbraccio.
“Okay, andiamo a vedere la mostra. Se è brutta ti picchio a sangue!”
 
 
“Grazie per la mostra, è stata un capolavoro. Ammetto anche di essermi emozionata.” Venere si morse il labbro per nascondere un sorriso, ma non ci riuscì e ridacchiò. Eddie, con le mani in tasca e gli occhi puntati su di lei, fece spallucce.
“Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto. Per caso ti è successo qualcosa?” la domanda era chiaramente riferita alla confessione di poche prima, quando Venere aveva avuto paura ad esporsi troppo con lui.
“Eddie…”
“Non ti preoccupare. Volevo solo che tu ti rendessi conto che non ho intenzione di ferirti, almeno non intenzionalmente.”
“Adesso ne sono sicura.”
“Quindi se ti invitassi fuori questa sera? Accetteresti?”
Venere fu colta di sorpresa. Respirò a fatica e si sentì smarrita per un attimo, poi ricordò la promessa che non le sarebbe stato fatto del male. Malgrado lei fosse molto scettica, cedette.
“Accetto.”
“Fantastico. Ti passo a prendere io?”
“Non essere così banale, ti prego. Ci vediamo davanti al British Museum alle 21.00!”
Ancora prima che Eddie potesse confermare, Venera era rientrata in ufficio e aveva chiuso la porta della sua stanza. Il ragazzo sorrise tra sé e sé, quella donna era davvero la persona più assurda e meno scontata che avesse mai conosciuto.
 
 
“Pronto?”
“Ehm, sono Venere Anderson. E’ questo il numero di Alicia?”
Dopo essere tornata a casa e aver metabolizzato che avrebbe avuto un appuntamento con Eddie, Venere era andata nel panico perché non aveva nulla da indossare, così aveva deciso di ricorrere ai ripari e chiamare Alicia. Ora, però, aveva risposto una voce maschile.
“Sì, è il numero di Alicia. Io sono Michael. Adesso arriva. E’ stato un piacere, Venere!”
Venere spalancò la bocca e cominciò a saltellare per tutta la stanza, non poteva credere di aver parlato con lui.
“Ven, sei ancora lì?”
“Ho appena parlato con Michael Fassbender, renditi conto. Sto per avere un infarto!” strillò la ragazza in preda ad un attacco da fan girl. Alicia rise.
“Ricorda perché mi hai chiamato e smettila di fare la ragazzina isterica.”
“Eddie mi ha invitata fuori questa sera.”
“Lo so.”
“Lo sai? Certo che lo sai, voi due siete vecchie di paese che si dicono tutto.” Borbottò Venere, mentre controllava l’armadio.
“So anche che non hai nulla da indossare.” La prese in giro Alicia.
“Sì! Non so se indossare qualcosa di sobrio ed elegante o qualcosa di sexy. Aiutami!”
“Io metterei qualcosa per risaltare il seno se fossi in te, anche se io lo dico perché porto una seconda scarsa.” Capitava spesso che Alicia si perdesse in riflessioni fuori luogo e del tutto private, e Venere non la seguiva più.
“Troverò qualcosa di sexy ed elegante al tempo stesso.”
“Prova quel vestito che abbiamo comprato insieme qualche tempo fa. Farai un figurone!”
 
 
 
Alle 21.10 Eddie temeva che Venere avesse deciso di non andare all’appuntamento e cominciava a sentirsi nervoso. Si specchiò al finestrino di una macchina per sistemarsi la camicia. Controllò di nuovo l’orologio. Stava perdendo la speranza quando un rumore di tacchi attirò la sua attenzione. Si voltò e deglutì: con incedere elegante e svelto, Venere lo raggiunse in pochi minuti. Per l’occasione aveva optato per una gonna a vita alta bianca che le cadeva pochi centimetri sopra al ginocchio, un top nero stretto con le spalline, ed infine aveva deciso di calzare un paio di sandali col tacco rigorosamente neri. Il viso era truccato solo da un’ombra di matita sotto gli occhi e un filo di mascara.
“Hai finito di esaminarmi oppure devo fare un giro su me stessa per farti ammirare meglio come sono vestita?” il forte sarcasmo destò Eddie dai suoi pensieri, e scosse la testa con un sorriso.
“E’ solo che sei…”
“Se stai per dire ‘bellissima’ me ne torno a casa. Pretendo di essere stupita e non annoiata da effimere banalità.”
“Dato che non mi ritengo banale, ho una sorpresa per te. Nulla di convenzionale, non sarà il solito appuntamento, e sono sicuro che apprezzerai.”
Eddie le offrì il braccio ma, e un po’ c’era da aspettarselo, Venere lo superò cominciando a camminare lasciandolo lì come un fesso.
“Redmayne, hai intenzione di restare tutta la sera immobile come una statua?! Sbrigati.”
 
 
Venere non si aspettava nulla di tutto quello che stava per accadere. Eddie l’aveva costretta a camminare per più di quaranta minuti per tutta Londra, e temeva che i piedi potessero sanguinarle a causa dei tacchi. Adesso la stava guidando in una via buia e alquanto tetra, molto stile film horror.
“Hai intenzione di uccidermi e abbandonare il mio cadavere qui?”
Eddie le lanciò uno sguardo divertito, dopodiché le indicò una porta e la chiave che teneva in mano.
“Abbia pazienza, Anderson. Non è stato facile convincere il direttore di questo posto.”
Quando la porta si aprì, si mostrò davanti a loro una scalinata in ferro di oltre trenta scalini.
“Prima le signore!” esclamò il ragazzo, quindi si fece da parte per farla passare. Venere gli puntò un dito contro e lo fissò in cagnesco.
“Spero per te che sia un posto bellissimo.”
“Lo è. Adesso sali.”
Malgrado ci vollero quindici minuti per fare trenta scalini con le caviglie doloranti, alla fine la vista fu qualcosa di sorprendete: si trovavano nella prima fascia di palchetti del London Coliseum, un vecchio teatro londinese. Da lì si vedevano le poltrone, il palco, il sipario rosso, il grande lampadario di cristalli che aleggiava al centro dell’enorme sala. Eddie l’abbracciò da dietro e poggiò le labbra sul suo orecchio.
“Stupita?”
Venere a quel punto non sapeva se essere più stupita dello spettacolo dinnanzi ai suoi occhi oppure delle mani calde di lui sulle spalle.
“E’ davvero stupendo.” Venere pronunciò quelle parole con un filo di voce, ancora stordita da quella bellezza e dalla vicinanza dell’attore.
“Qualche anno fa mi sono esibito qui, è stato uno dei momenti migliori della mia vita.”
“Immagino sia stata una grande emozione esibirsi in un posto magico come questo. E so anche hai vinto un premio per quello spettacolo.”
“Ah non volevo tirarmela troppo, ecco perché non ne ho fatto parola!” Eddie sollevò gli occhi al cielo e sorrise, anche Venere stava sorridendo.
“Non fare il finto modesto. Sei un attore eccezionale.”
“Lo dici solo perché sono l’unico attore che conosci di persona.” Replicò lui con un ghigno. Venere gli tirò un pugno giocoso sul braccio e si finse offesa.
“Lo dico perché è vero, cretino.”
“Seguimi. Ti faccio vedere una cosa.”
Venere si lasciò trascinare nei meandri del teatro, tra scalinate ripide, corridoi lunghi e stretti, tra scatoloni e tendaggi accatastati qua e là. Dopo svariati giri, appena dietro una tenda usurata, si nascondeva il cuore dello spettacolo: la sala costumi. Lunghi appendiabiti erano sistemati in lungo e in largo, colmi di vestiti di ogni genere, teste di legno indossavano parrucche, numerose scatole di scarpe giacevano a terra. Venere si guardò attorno accecata da quella vivacità.
“E’ meraviglioso.”
Eddie, che si era seduto sul divanetto al centro della stanza, sorrise ampiamente nel vedere la ragazza così contenta. Ormai la patina di ghiaccio e indifferenza era sparita. Mentre lei curiosava tra gli abiti, Eddie si soffermò sul suo corpo, sul modo in cui i fianchi un po’ larghi ondeggiavano ad ogni passo, al tatuaggio che si intravedeva lungo la spina dorsale, sul modo in cui la stoffa del top si tendeva sul petto quando respirava. Sua madre gli aveva insegnato a non fare pensieri spudorati su una donna e lui aveva cercato sempre di obbedire, ma Venere lo stravolgeva come nessun’altra, lo conduceva ad immagini che il costume della pudicizia non ammetteva. Quel suo essere così sensuale senza il minimo sforzo gli faceva sentire il cuore in gola.
“Guarda cosa ho trovato!” Venere sbucò da una giacca da pirata con un boa fucsia attorno al collo. Eddie scoppiò a ridere.
“Proprio un boa fucsia dovevi prendere?”
“Ho sempre desiderato provarne uno, perciò non obiettare.” Ridacchiò la ragazza, poi si specchiò e storse le labbra. Trascurato il boa in un baule, ritornò da lui. Eddie tese le mani verso di lei con un sorriso timido a increspargli le labbra.
“Vieni.”
Questa volta senza alcuna remora, Venere gli afferrò una mano e si fece guidare, fino a che si sedette sulle sue gambe. Le loro dita si intrecciarono e continuarono a guardarsi nella penombra della stanza, in silenzio, fuori dal mondo. La ragazza avvertì la mano di lui risalire dal ginocchio lentamente al fianco, mentre lei gli portava le mani sul petto. Lo sguardo di Eddie era concentrato sulle sue labbra, tanto carnose e peccaminose in quel momento. Venere gli carezzò la guancia accorgendosi di un piccolo taglio che solcava la pelle.
“Mi sono fatto la barba di fretta e mi sono tagliato.” Si giustificò l’attore a bassa voce, un po’ imbarazzato, per non spezzare quel momento. Con un colpo di scena, Venere gli baciò quella ferita sullo zigomo. Eddie rimase senza fiato, continuava a tenere gli occhi su di lei, pietrificato dal quel gesto.
“La prossima volta sta più attento.” Sussurrò Venere a pochi centimetri dal suo viso. Lui, deglutendo a fatica, annuì. La tensione era palpabile. La ragazza gli passò l’indice sul naso in una carezza intima. Adesso o mai più, si disse Eddie. La baciò. Lei ricambiò immediata e si sistemò a cavalcioni sul bacino di lui. La sensazione delle ginocchia di Venere contro i fianchi fu così piacevole per Eddie che si lasciò scappare un sorriso soddisfatto. Il bacio prese sempre più passione, diventò travolgente, urgente. Urgente era anche il bisogno di toccarsi. Quando le mani di Eddie furono attorno alla sua vita in una morsa, Venere abbandonò ogni proposito di allontanare i sentimenti. Continuarono a baciarsi per minuti interminabili, senza pause, avvinghiandosi sempre di più. Ad interromperli furono le risate di un gruppo di ragazzi che camminava sotto alla finestra.
“Mi raserò male anche la prossima volta se il risultato è questo.” disse Eddie, le dita strette attorno alla gonna di lei, un’espressione innocente sul viso. Venere rise.
“Il risultato è questo anche se non ti farai male. Ti ho sgualcito la camicia, perdonami.”
Eddie si rese conto che lei gli stava ancora seduta a cavalcioni, ad un passo dalle sue labbra, e con uno strano luccichio negli occhi.
“Oh no, non ti preoccupare. Si sistema.”
La ragazza sbuffò esausta, si portò i capelli indietro e sorrise.
“Possibile che non capisci niente? Intendevo dire che mi piacerebbe toglierti la camicia.”
Le guance dell’attore si tinsero di rosa, e si grattò il mento nell’ansia totale.
“Sono così impacciato!” si maledisse lui, quindi abbassò lo sguardo. Venere, che si divertiva a giocare, si abbassò sulle sue labbra e gli stampò un bacio.
“E questo ragazzo così impacciato vorrebbe venire a casa mia adesso?”
 
 
 
L’appartamento di Venere era davvero accogliente, Eddie doveva ammetterlo. Era arredato in modo semplice, i colori principali erano il bianco e il verde pastello, e la libreria era mastodontica. Nell’attesa che lei tornasse, lui si era messo a sbirciare qualche libro.
“Eccomi. Trovato qualcosa di interessante?”
Venere era scalza e si era legata i capelli in uno chignon abbastanza ordinato. Le spalle erano in mostra e lo era anche qualche lettera del tatuaggio sulla schiena. Si sedette sul divano rilassandosi completamente. Eddie prese posto accanto a lei.
“Hai una libreria fantastica. Complimenti!”
“Ti ringrazio. Sono fiera dei miei libri.”
Uno strano silenzio calò tra i due, dalle finestre filtrava la luce lunare e rischiarava la stanza, così anche il lume illuminava i loro corpi. Venere si accorse dell’espressione persa di Eddie, immerso in chissà quale pensiero, e gli sventolò una mano davanti agli occhi.
“Scusami, stavo solo pensando.”
“A cosa?”
Eddie portò gli occhi su di lei, il ghigno timido sulle labbra del ragazzo e le guance arrossate la insospettirono.
“Pensavo che mi piacerebbe vedere il tatuaggio che hai attorno all’ombelico.”
Tempo fa Venere in una mail gli aveva scritto che aveva un tatuaggio attorno all’ombelico che una sua amica le aveva regalato a diciannove anni, ma non si aspettava una tale richiesta. Se lui voleva giocare, anche lei lo avrebbe fatto. Si avviò su per le scale che risalivano in camera da letto e gli fece cenno di seguirla. Una volta nella stanza, a luce accesa, Venere gli diede le spalle e si fermò davanti al letto.
“Per vedere il tatuaggio devi aiutarmi a slacciare il top.”
Eddie, ormai imprigionato in quella sfida di seduzione, si spostò dietro alla ragazza e cominciò a sfilare i lacci che chiudevano il pezzo di stoffa. Venere si abbandonò contro il suo petto e gli permise di privarla dell’indumento senza vergogna, senza pensarci mille volte, perché questa volta non era spaventata da ciò che provava. Quando il top cadde a terra e lei si voltò, Eddie stava tremando, forse per l’agitazione o per l’emozione.
“Volevi vedere questo?” il dito di Venere puntò delle macchie scure sull’addome. Grazie alla luce, Eddie vide che quattro piccoli tatuaggi le contornavano l’ombelico: sopra il sole, sotto la luna e ai lati due stelle.
“S-sì.”
Gli occhi dell’attore dal tatuaggio si mossero verso l’alto, verso il reggiseno nero di pizzo, poi verso le labbra.  Le lentiggini avvamparono sulle guance, dettaglio che fece ridacchiare Venere poiché lo trovava tanto dolce. Eddie la baciò lentamente, senza la fretta di prima, volendosi godere quel momento. In pochi istanti si ritrovarono sul letto a baciarsi, ad abbracciarsi, a viversi. Venere iniziò a sbottonargli la camicia, però dovette fermarsi quando notò del disagio da parte sua. Eddie la guardò aggrottando le sopracciglia.
“Eddie, va tutto bene? Non vuoi?”
“Cosa? No, io voglio, e anche tanto! Sono solo nervoso.”
Venere si stupì che un uomo potesse essere nervoso in una situazione del genere, e questo non faceva altro che alimentare i suoi sentimenti per lui. Decise di metterlo a suo agio: lo fece sedere sul letto e lei, come in teatro, si sedette a cavalcioni.
“Rilassati.”
Lui, ancora teso e al massimo della timidezza, cercò di rilassarsi quanto più poté, ma l’approccio di Venere lo fece agitare di nuovo. Gli baciò le labbra con un ardore unico, mentre gli sbottonava la camicia e gliela sfilava, facendolo andare in tilt. Eddie proruppe in un gemito quando avvertì le dita fredde della ragazza sul petto che gli facevano perdere la ragione. La spinse contro di sé e azzardarono un gioco di lingue. Venere si staccò con il fiato corto e un sorriso, poi fece sdraiare il ragazzo e gli fece l’occhiolino. Eddie non capiva cosa sarebbe successo ma, quando le labbra di Venere scesero lungo tutto il suo petto in una scia di baci caldi e umidi, chiuse istintivamente gli occhi beandosi di quelle attenzioni. Gemette anche quando le mani della ragazza gli tolsero la cintura.
“Va meglio adesso?” gli mormorò Venere sulla bocca, quel cipiglio divertito e malizioso stampato sul volto.
“Venere.” quel nome fu pronunciato in preda al piacere, col respiro accelerato, con la voglia di ripetere tutto da capo.
“Sì?”
“Baciami, ti prego.”
Venere esaudì la preghiera di Eddie baciandolo con una passione infuocata, che li bruciava, li consumava fino all’ultimo. L’uno ansimava sulle labbra dell’altro, le mani frenetiche, i baci famelici che lasciavano il segno. Adesso che l’attore si era sciolto, aveva fatto scivolare il corpo della ragazza sotto il proprio. Si liberò della gonna in poche mosse. Le baciò il collo avidamente, come se fosse l’unica cosa a tenerlo ancora in vita, a farlo respirare. Anche i suoi jeans furono lanciati sul pavimento. Eddie le sfiorò i tatuaggi attorno all’ombelico con la punta delle dita, poi si abbassò a lambire quei disegni scuri con le labbra. Venere fece scorrere le mani tra i capelli di lui, con il respiro mozzato, gli occhi chiusi. La flemma con cui Eddie le stava dedicando quelle attenzioni la stava facendo impazzire, l’accarezzava con delicatezza, la baciava con attenzione e amore perché lei non si ritenesse soltanto un oggetto.
“Preferisci la luce accesa o spenta?” gli chiese Venere in un sussurro, sorridendogli premurosamente, sposandogli una ciocca di capelli dal viso. Eddie abbassò lo sguardo, l’ombra di imbarazzo che di solito lo seguiva, e si morse il labbro.
“Accesa. Voglio guardarti.”
Trascorsero l’intera notte a baciarsi, a cercarsi, a sfogare i sentimenti che a lungo avevano taciuto.
 
 
La prima cosa che Eddie fece, quando si svegliò, fu controllare l’orologio. Segnava le 7.00, quindi puntellò i gomiti sul materasso e si mise a sedere. Mise a fuoco la stanza: i vestiti e le scarpe erano sparsi sul pavimento, il suo cellulare era poggiato sul comò e le coperte erano disfatte. La nottata appena passata gli tornò alla mente. Si voltò per cercare Venere, ma lei non era lì. Si passò le mani tra i capelli nervosamente.
“Stai cercando questi?” la voce allegra di Venere gli fece spalancare gli occhi, e notò che la ragazza teneva tra le mani i suoi boxer. Lui annuì, Venere gli lanciò la biancheria e si rese almeno presentabile. Lei indossava gli slip e una camicia da notte corta in seta bianca.
“Come va?” Eddie si diede da solo dello stupido per quella domanda altrettanto stupida. Venere salì sul letto accanto a lui e rise. Ripensò al modo unico in cui avevano fatto l’amore, alla gentilezza con cui lui l’aveva tratta, le vennero i brividi al pensiero di come i suoi occhi chiari si fossero dilatati e adombrati dal piacere, al pensiero dei suoi capelli spettinati e sudati. Più di tutto, era rimasta folgorata soprattutto dal quel ‘ti amo’ che le aveva bisbigliato all’orecchio con voce roca e spezzata, ma a cui lei non aveva risposto.
“Mi stai davvero facendo questa domanda?” Venere sollevò le sopracciglia in senso di disprezzo.
“Forse è meglio che io me ne vada.” disse Eddie, così cercò i suoi jeans e la camicia.
“Perché te ne stai andando? Resta almeno per un caffè. Io vado a lavoro tra un’ora.”
“Perché dovrei restare, Venere? Stanotte ho fatto la figura dello stupido confessandoti che ti amo. Magari per te è stato solo divertimento, ma per me no. Anzi, a dirla tutta, non so come farò a riprendermi dopo tutto questo.”
“Aspetta un attimo, tu credi che per me sia stato semplice sesso?”
Venere era incredula, lui non aveva assolutamente capito. Il fatto che non gli avesse risposto non significava che non ricambiasse il sentimento.
“Non dirmi che non è così.”
“Eddie, guardami. Per favore.”
Eddie smise di cercare e si girò a guardarla, sembrava così triste adesso e lei si sentì terribilmente in colpa.
“Non devi spiegarmi.”
“Devo spiegarti. Non è stato solo sesso, credimi, quello lo fanno tutti. Stanotte non ho risposto perché sono codarda, ho avuto paura di rovinare un momento bello con la mia insicurezza, ma posso assicurarti che ero solo spaventata. Sono innamorata di te, Eddie. Te lo posso giurare.”
“Ripetilo.” Mormorò Eddie sulla sua bocca stringendole i fianchi. Venere sorrise raggiante.
“Ti amo.”
“Adesso baciami.”
Venere si issò sulle punte, gli circondò il collo, e poggiò le labbra su quelle di lui in un bacio dolce.
“Io vado a farmi una doccia e tu, Redmayne, vieni con me.”
Eddie rise e annuì, poi la prese in braccio e si chiusero in bagno. Quello che accadde tra quelle mura fu l’inizio di qualcosa di nuovo, di inaspettato, di diverso.
 
 
 
“Sono appena uscita dall’ufficio con una notizia per la quale vale festeggiare. Dove sei?” (Venere)
“Sono a casa. Ti aspetto ;)” (Redmayne)
Nonostante piovesse a dirotto e il traffico londinese avesse intasato le strade, Venere arrivò a casa di Eddie in venti minuti. Era completamente zuppa d’acqua, i capelli le si appiccicavano sul viso, e il mascara si era sbavato di poco.
“Ciao!”.
“Ciao a te. Seguimi, hai bisogno di qualcosa di asciutto!” esclamò con un sorriso quando aprì la porta, poi si fece da parte per farla accomodare
La sua camera da letto era enorme, mobili moderni e dalla forma semplice, tutto in bianco, eccetto l’azzurrino che decorava le pareti.
“E’ esattamente come me l’ero immaginata, la tua camera.” Disse Venere, ora fissando le foto sul comò, ora guardando lui.
“Diciamo che il letto a baldacchino stile impero romano non è il mio tipo!”
Eddie stava chiaramente alludendo alla notte precedente, e la ragazza arrossì appena senza che lui lo notasse.
“Ho potuto constatare che quel letto a baldacchino stile impero romano non ti è dispiaciuto così tanto.” Venere sorrise trionfante, mentre si toglieva il cardigan. Eddie le consegnò un asciugamano e un paio di maglie.
“Non ho mica detto che mia sia dispiaciuto, anzi ho più che apprezzato. Prova una di queste maglie e trova quella che ti va meglio, ad occhio non sono bravo con le taglie.”
Venere si chiuse in bagno, si tolse i vestiti e le scarpe, e cominciò ad asciugarsi, a frizionare i capelli. Si sciacquò il viso per eliminare ogni traccia di trucco e indossò la maglia di Eddie, quella che le era sembrata più adatta. Era a maniche corte, verde, e le arrivava sino al ginocchio. Prima di scendere, si pettinò i capelli e si legò l’elastico al polso. Tornata di sotto, vide che sul tavolino del soggiorno c’erano due calici ed una bottiglia di vino bianco. Eddie, che in cucina stava sistemando le ultime stoviglie, rimase incantato alla sua vista: era così naturale, così vera, così bella. E il fatto che indossasse la sua maglia gli provocò una felicità genuina. A grandi falcate raggiunse il divano e si sedette, invitandola a fare lo stesso. Venere prese posto ad una manciata di centimetri.
“Allora, qual era la grande notizia?”
“Ieri mattina credevo che il direttore volesse licenziarmi, invece alla riunione di oggi pomeriggio mi ha nominata suo successore. Tra un anno avrò la sua poltrona!”
“Venere, sono così felice per te!”
Senza neanche pensarci, si abbracciarono forte.
“Questo è solo grazie a te, ad Alicia e Hooper. Voi mi avete dato una grande occasione.”
“Non solo. Fox sa quanto tu sia eccezionale.”
“Lo pensi davvero?”
Venere gli aveva sussurrato quella domanda ad un palmo dal suo viso, i nasi che si sfioravano, i battiti del cuore accelerati. Eddie annuì, poi si sporse e le sfiorò le labbra.
“Lo penso davvero.”
“Stavo pensando a cosa siamo noi adesso.” Continuò Venere, non scostandosi, anzi gli stava accarezzando la mano. Eddie sentiva la felicità riversarsi in tutto il corpo.
“Io ti voglio accanto, Venere, a qualsiasi costo.”
“Io ti  voglio mio, Redmayne. Soltanto mio.”
“Solo tuo.”
Finalmente le loro labbra si incontrarono in un bacio intenso, emozionante, che sanciva le parole che si erano appena mormorati. Eddie fece stendere Venere sul divano, pizzicandole i fianchi, mentre lei lo spingeva contro di sé in un sensuale groviglio di corpi.
“Lo sai che stai rischiando grosso a stare con me?” l’avvertimento di Venere arrivò spontaneo, carico di innocenza e speranza.
“Ho bisogno di passione, coinvolgimento, avventura, perciò sono certo di voler rischiare. Sei pericolosa per un cuore fragile come il mio, ma puoi spezzarmi tutte le volte che vuoi, io tornerò sempre da te.”
Nessuno le aveva mai fatto una confessione così forte, così dolorosa e amorevole, e sentì la coltre di polvere attorno al cuore svanire dinnanzi a quella creatura meravigliosa che la stava guardando con immensa venerazione.
“Non ti spezzerò il cuore, te lo prometto. Ti darò l’amore che non ho mai dato a nessuno, neanche a me stessa.”
Eddie inevitabilmente sorrise, con l’anima in pace, e tutta una nuova avventura da vivere.
“Sarai la mia maledizione, Venere.”
“Puoi ben dirlo.”
 
 
“Ti sei fatta male quando ti hanno tatuata?”
Venere, che alla fine aveva deciso di restare a casa di Eddie per via della pioggia che imperversava, era sdraiata sul divano con la testa sulle gambe su di lui.
“I tatuaggi sulla pancia non mi hanno fatto male perché Ryan, il tatuatore, è uno dei migliori. Quello sulla schiena è stato molto doloroso, e la macchinetta mi ha lasciato anche una piccola cicatrice. Sono stata  al pronto soccorso per accertarmi che non fosse nulla di grave.”
“E cosa ti hanno detto i medici?”
“Solo che l’ago si era incastrato nella pelle provocando una ferita.”
Eddie le accarezzò i capelli ancora umidi, mentre dall’alto la guardava, e sperava davvero che quel momento non finisse mai.
“Posso vedere la cicatrice?”
“Sì.”
Venere si tolse la maglia, si portò i capelli su una spalla, e mostrò la schiena. Ad un esame attento, Eddie scorse un segno bianco che spiccava tra le intricate linee nere che le coloravano la spina dorsale e il gancio del reggiseno.
“Ti dà fastidio?”
“Solo quando piove mi pizzica di tanto in tanto.”
Eddie, che aveva conosciuto ogni parte del corpo di Venere la notte prima, non resistette all’idea di non conoscere anche quel minuscolo segno. Poggiò le labbra sulla nuca di Venere, le baciò il collo, poi le spalle, ed infine scese sino alla cicatrice. Lei liberò un sospiro profondo, rapita dal modo in cui lui si era posto anche davanti ad una imperfezione. Eddie con la punta dell’indice percorse la colonna vertebrale con una dedizione impressionante, come se si trattasse di una crepa da riempire e aggiustare con i baci e con le mani, con tanto amore e con impegno.
“Hai freddo?” le chiese prima di depositarle un ultimo bacio sulla spalla.
“Sì, ma non ti dare disturbo. Sei stato fin troppo gentile.”
“Vieni come, mi è venuta una idea.”
“Sarebbe?”
Venere indossò di nuovo la maglia, quindi lo seguì di sopra.
“Tra i tanti comfort di essere attore c’è la possibilità di avere una vasca idromassaggio. Io e te, miss Anderson, adesso ci regaliamo un bagno caldo.”
“Accetto volentieri, mister Redmayne!”
 
 
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco a voi il secondo capitolo. Ho cercato di scandire i tempi nel miglior modo possibile così da non creare confusione.
Spero che vi piaccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 3
*** Libri e amanti. ***


PARTE TERZA: Libri e amanti.
 
Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo che
il mio cuore mi salga alle labbra.
Ecco perché  parlo stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
(Federico Garcia Lorca)

 
 
Tre anni dopo
“Chi ha tempo non aspetti tempo!”
La finestra fu aperta e l’aria fresca investì il corpo caldo di Venere.
“Sta zitta, mamma …” biascicò a fatica, la voce impastata dal sonno, il viso sepolto tra le coperte.
“Sono le cinque del mattino, siamo in ritardo sulla tabella di marcia.” Replicò la signora Anderson con entusiasmo eccessivo. Venere tastò l’altra parte del letto restando delusa che fosse vuota, poiché tutte le mattine si svegliava con Eddie accanto. Si tirò a fatica fuori dal suo rifugio, mise a fuoco sua madre e grugnì.
“Mamma, datti una calmata. Mi sta scoppiando la testa.”
“Prendi un’aspirina, cara.”
Venere guardò sua madre con sguardo torvo, spalancando le braccia per l’iperattività di quella donna, dopodiché si recò in cucina. Come sempre, un libro giaceva sul tavolino con la copertina rivolta verso l’altro ed una matita a fare da segnalibro. Era un’abitudine che Eddie aveva acquisito negli ultimi anni, leggeva fino a sera tardi e il giorno riprendeva la lettura.
“Dove diavolo è il caffè?”
Sua madre scese la scalinata a chiocciola con una cesta di confetti e bomboniere.
“Niente caffè oggi, sono una bella camomilla. Oggi ti sposi!” esultò la donnina con un sorriso a trentadue denti. A Venere faceva male la testa, si sentiva stanca, ed era sul punto di vomitare. Si portò una mano allo stomaco per evitare di rimettere la cena della sera prima. Quello era davvero troppo per lei. Afferrò il cellulare e digitò un messaggio: Tra venti minuti al nostro posto. Il destinatario era Eddie. Aveva bisogno di parlare con lui. Andò in bagno per una doccia, si vestì in fretta e uscì di casa senza che sua madre se ne accorgesse.
 
Da casa sua al parco impiegò solo dieci minuti, così ebbe anche il tempo per un caffè. Si sedette alla panchina che era solita condividere con un libro e attese. La sensazione di nausea non faceva che aumentare e il caffè non la stava aiutando, anche il mal di testa non le dava tregua.
“Buongiorno, splendore!” quella voce, calda e rilassata come sempre, la fece sobbalzare. Eddie le stampò un bacio sulla guancia e si sedette. Venere si sforzò di sorridere.
“Buongiorno.”
“Come mai mi volevi vedere? Ci sono problemi con l’abito?” la gentilezza con cui le parlava le stava corrodendo l’anima, facendole venire le palpitazioni. Fece di no con la testa perché era incapace di proferire parola.
“Venere, che sta succedendo? Hai una pessima cera.”
Prima che Eddie potesse toccarle la guancia, si alzò di scatto e prese a camminare nervosamente avanti ed indietro. Sentiva le lacrime lottare per venire fuori, ma lei cercava di resistere.
“Eddie, io non ce la faccio.”
“Sai che puoi dirmi tutto. Cosa ti preoccupa?”
La purezza di quell’uomo era sconfinata e sconvolgente, si fidava sempre in modo totalizzante. Venere avvertì la vergogna montarle dentro.
“Non ce la faccio a sposarti. Tutto questo è troppo grande per me.”
L’espressione afflitta di Eddie fu il colpo più duro da incassare. Poi ridacchiò istericamente e scosse la testa.
“Stai certamente scherzando. Adesso andiamo a prepararci.”
“Non scherzo. Sono seria. Non sono pronta a fare questo passo, non ora, ho paura. Non ho chiuso occhio stanotte per l’ansia, mi sento male fisicamente, e non riesco a pensarla in modo positivo. Non vedo un esito felice. Cerca di capirmi.” le lacrime ormai stavano sgorgando come rugiada sui petali di rosa e non volevano fermarsi. Gli occhi di Eddie si fecero scuri dalla rabbia.
“Cosa dovrei capire? In questi tre anni non ho fatto altro che capirti. Ho assecondato ogni tua paura, ti ho protetto dal dolore, ti sono rimasto accanto anche quando tutti gli altri se ne sarebbero andati. Ho sopportato il tuo carattere difficile e i tuoi modi di fare bruschi, il tuo cinismo, le tue ansie, la tua paranoia per il pessimismo. Mi sono fatto in quattro per farti vedere come l’amore possa essere bello, ma continui ad essere cieca. Non lo capisci che ti amo alla follia?” la furia con cui si era sfogato adesso gli si stava rivoltando contro. Sentiva il cuore battere veloce, si sentiva un pazzo in quel momento. Aveva gli occhi lucidi e l’anima a pezzi per una donna che forse non lo amava.
“E’ sbagliato amare una stronza che ha la fobia dei sentimenti.” Disse Venere tra i singhiozzi, la voce strozzata e le guance bagnate. Eddie la strinse in un abbraccio.
“Va tutto bene, tesoro. Non devi avere paura.”
Venere non lo stava lasciando, anzi gli stava tacitamente gridando di restare, di amarla più di prima, di recuperare i cocci che si era trascinata negli anni per colpa di sventure e dolori. L’insicurezza di fallire e perdere Eddie l’aveva mandata fuori di testa, le stava facendo commettere un grosso errore.
“Mi dispiace così tanto. Non dovevo farti questo, non il giorno del nostro matrimonio.”
Eddie si scostò di poco, le asciugò le lacrime e le sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. I suoi occhioni neri erano sfumati di rosso, gonfi e ancora lucidi.
“Mi stai dicendo che è ancora il giorno del nostro matrimonio?”
“S-sì, se tu lo vuoi.”
“Più di ogni altra cosa al mondo.”
 
Sei ore dopo Eddie si trovava in fondo alla navata della chiesa in compagnia di suo padre e di Alicia.
“Se continui a toccarti la cravatta mi verrà un esaurimento nervoso!” sbottò Alicia con un sono sbuffo; per l’occasione aveva comperato un costosissimo abito di Valentino e le stava benissimo.
“Scusa, sono davvero teso. Temo davvero che questa volta non si presenti.”
Eddie aveva raccontato all’amica cosa era accaduto quella mattina, del crollo di Venere e della successiva decisione di sposarsi senza alcun dubbio.
“Ma come? Credevo che una confessione d’amore disperata alle cinque del mattino avesse messo le cose a posto.” fece Alicia con un’alzata di spalle noncurante. Il padre di Eddie rise di gusto. Solo Eddie sembrava sbigottito.
“Fai sul serio, Al? A questo giro ho davvero rischiato di perderla.”
“Ma è andato tutto bene alla fine, ragazzo mio.” Suo padre gli diede una pacca sulla schiena e raggiunse la panca a un metro dall’altare.
Quando il pianista intonò la marcia nuziale, Alicia corse a sedersi, mentre Eddie si sistemò meglio la giacca e si voltò verso l’entrata. Tutti gli invitati erano in piedi. Poi apparve Venere, simile alla dea di cui portava il nome. Era bella da togliere il fiato: il vestito bianco fasciava alla perfezione il suo corpo, abbracciando le sue forme, e gli intarsi in pizzo le donavano la giusta eleganza.  Le ultime note accompagnarono Venere all’altare, che affiancò il ragazzo e guardò il prete. Eddie notò che aveva deciso di tenere i capelli sciolti in morbide onde, inoltre al collo brillava la collana a forma di margherita che le aveva regalato per il compleanno.
“La smetti di fissarmi in quel modo inquietante? Sta attento a non sbavare sul vestito.” Lo rimproverò Venere con un sorriso divertito sulle labbra coperte dal rossetto rosso, benché poco consono per un matrimonio. Il prete tossì per richiamare la loro attenzione.
“Possiamo cominciare?”
“Sì. Procediamo.”
 
 
Cinque mesi dopo
Quel Natale fu davvero speciale per casa Anderson-Redmayne. Venere stava finendo di addobbare con le luci la libreria, così come aveva già fatto in la cucina e nel suo studio. Aveva decorato ogni angolo di appartamento, eccetto l’albero, quello lo avrebbe fatto insieme a suo marito. Era strano chiamarlo in quel modo, ma dopo tre anni di relazione e cinque mesi di matrimonio non poteva definirlo altro. Aveva un regalo speciale per lui, qualcosa che non avrebbe mai immaginato. Non si vedevano da quattro giorni perché Eddie era stato convocato a Toronto per un provino e la sua mancanza si era fatta sentire, anche se Venere non lo avrebbe mai ammesso apertamente.  Per fortuna tra di loro non era cambiato nulla: Eddie restava il ragazzo timido, impacciati ed estroverso nel confessare i suoi sentimenti e Venere era la solita finta menefreghista, chiusa in se stessa e restia alle smancerie.
“Sono tornato!” gridò una voce dall’ingresso, e Venere corse da lui sinceramente stupita.
“Che ci fai qui? Saresti dovuto tornare domani.”
“Lo so, ma ho fatto di tutto pur di rientrare prima. Non potevo lasciarti da sola alla Vigilia di Natale. Non sei contenta?” le chiese suo marito, sfilandosi il cappotto e la sciarpa per poi raggiungerla in soggiorno.
“Certo che sono contenta, è solo che non me lo aspettavo.”
“Non è che nel nostro letto si nasconde il tuo amante?” la canzonò Eddie afferrandola per la vita e avvicinandola a sé. Venere rise.
“Ti posso assicurare che il nostro letto aspetta solo te.”
“Ah, sì?” mormorò il ragazzo sulle sue labbra sorridendo sornione. Venere annuì, poi lo baciò con calma, assaporando quel momento unico che le era mancato in quei giorni. Eddie fece scorrere le dita sotto la maglia di sua moglie accarezzando alla cieca i tatuaggi attorno all’ombelico, disegni permanenti che conosceva a memoria e che più volte aveva sfiorato con le labbra. A Venere vennero i brividi, cosa che capitava ogni qualvolta si avvicinassero. Sospirò pesantemente quando avvertì le dita fredde di Eddie contornare la scritta che le percorreva la spina dorsale. Prima che potessero andare oltre, lei si staccò.
“Come é andato il provino? Scommetto che hai fatto la figura dell'incapace!"
"A discapito di cosa tu possa pensare di me, e non é molto incoraggiante che mia moglie mi dia dell'incapace, sappi che è andato bene."
Venere non fu abile a nascondere un sorriso. Si spostarono sul divano per raccontarsi cosa fosse successo in quei giorni.
"Allora? Avanti, parla!"
"Signora Anderson, lei ha davanti ai suoi occhi Newt  Scamander." annunciò Eddie con un sorriso, e lei fu orgogliosa di suo marito.
"Evidentemente hai fatto così schifo che ti hanno preso per pietà."
"Non sia mai che tu sia gentile!" replicò lui sbuffando, e allora Venere gli diede un bacio sulla guancia per eliminare l'espressione di sconforto che aveva impressa sul viso.
"Quello cos'è?" tutto ad un tratto gli occhi di Eddie si concentrarono su una bustina colorata accanto allo scatolone delle decorazioni natalizie. Venere saettò in piedi e gli impedì di muoversi
"N-non pensarci."
"É il mio regalo di Natale, vero?"
Prima o poi lo scoprirà, si disse Venere. Sentì lo stomaco contorcersi, le tremavano le gambe e sarebbe voluta scomparire. Ma la verità doveva essere svelata.
"Sì. É il tuo regalo." ammise alla fine cercando di mantenere la calma. Eddie tornò all'ingresso, dove aveva lasciato la valigia, e in mano manteneva una scatola quadrata coperta da una carta a fantasia floreale.
"Dovremmo aprirli domani, ma ormai ci siamo, quindi questo é per te."
Venere prese il pacco e lo scartò, odiava le sorprese e odiava che fosse lui a fargliele. Rimossa tutta la carta, si ritrovò tra le mani un piccolo cofanetto. Lo aprì con delicatezza: una ricevuta attestava che Eddie aveva prenotato un tatuaggio e lo aveva anche pagato.
"Mi hai regalato una seduta dal tatuatore?"
"Tempo fa mi hai detto che desideravi una scritta sul collo e prima di partire ho fatto la prenotazione." confessò Eddie, le gote tinte di rosso, le mani in tasca per l'imbarazzo.
"Ho già in mente il tatuaggio. Grazie, grazie, grazie!"
Venere lo abbracciò baciandolo a stampo con un sorrisone che non voleva spegnersi.
"Sono contento che ti piaccia. Adesso tocca a me scartare il regalo!"
Lei si allontanò per consegnargli il pacchetto, e proprio in quel momento i dubbi le attanagliarono la testa e l'insicurezza, che tornavano spesso a galla, cresceva. Con le mani tremule e il respiro accelerato, gli lasciò afferrare il regalo. Eddie, sorridendo come un bambino davanti alle caramelle, strappò la carta senza pensarci. Era un libro dalla semplice copertina blu, tra le cui pagine era incastrata quella che sembrava una lettera. Era meravigliato che Venere gli avesse scritto qualcosa.
"Posso leggerla?"
Lei annuì ed Eddie giurò di averla vista stranamente emozionata. Dischiuse la lettera e ne estrasse un foglio, erano gli esami del sangue: l'esito dichiarava la paziente in stato interessante. Non appena controllò il titolo del libro in prima pagina, Guida per papà novelli, seppe di essere l'uomo più felice del mondo.
"S-significa quello che penso?"
"Sì. Sono incinta. Stiamo per diventare genitori." mormorò Venere con discrezione, come se temesse che a dirlo a qualcuno diventasse più reale.
"Venere Anderson, ringrazio di averti sposato!"
 
 
 
"Va tutto bene, tesoro?"
"Giuro che se tua zia mi propone un altro nome orrrendo come Reginald o Philip me ne torno a casa!"
Quella sera la madre di Eddie aveva invitato quasi tutti i parenti per festeggiare il proprio compleanno, e zia Cassie stava dando i suoi consigli da mamma e da nonna. Venere a metà serata era sgattaiolata in giardino per riprendere fiato da tutte quelle attenzioni. Per fortuna era estate e si stava bene all'aperto immersi nella solitudine, fino a quando Eddie non la raggiunse perché preoccupato che non stesse bene.
"In effetti, mancano tre mesi e non abbiamo ancora deciso il nome per il nostro campione."
"Troverò un bellissimo nome per mio figlio che non ricordi un ubriacone di paese. Per non parlare di tua nonna, che non fa altro che fissare con occhi sprezzanti il tatuaggio sul collo, e tua cugina Madison, che mi ha consigliato di iscrivermi in palestra. Tu credi che io sia grassa? Non rispondere. Ovvio che sono grassa, sono incinta!"
Eddie rise di cuore alla crisi che Venere stava attraversando durante la gravidanza, tra spuntini a ogni ora e problemi di peso. Lei gli diede uno schiaffo sul braccio.
"Sei un cretino, sappilo."
"Sì, ne sono consapevole. Comunque, non fare caso a mia nonna, lei non é così moderna da concepire un tatuaggio; e Madison pesa quaranta chili, anche un foglio é più in carne di lei. Poi la vuoi sapere una cosa? Io ti trovo bellissima."
"Banale. Sei davvero banale." disse Venere, anche se finì per sorridere.
"Poco fa mi hanno detto che tra due giorni mi vogliono sul set. Starò via una settimana. Mi dispiace lasciarti proprio adesso."
Venere poggio la testa sulla sua spalla e gli strinse la mano, osservando come le fedi splendevano alla luce della luna.
"Non ti devi preoccupare, é il tuo lavoro. Vada a combinare guai con la magia, Mister Scamander!
 
 
Un anno dopo:
Tornare a scrivere dopo lunghi periodi di pausa, durante i quali seguitava il successo del libro precedente, era un momento di liberazione, di pura felicità, e questo Venere lo sapeva. Dopo la nascita di Nikandros, suo figlio, aveva avuto il desidero di pubblicare un nuovo libro e si era messa d’impegno per scriverlo. Anche quel pomeriggio era china sul suo quaderno, dove trascorreva ore intere a riempire le pagine, e si sforzava di trovare la metafora giusta. Ogni tanto sollevava gli occhi su suo figlio per controllare che dormisse, gli accarezzava la guancia paffuta e tornava ad immergersi nei suoi pensieri. Si era arenata su una frase quando la porta di casa si aprì. Un rumore di passi fin troppo familiare annunciò il ritorno di suo marito, eppure lei non si deconcentrò.
“Quella è la tipica espressione che fai quando stai creando un capolavoro!” esclamò Eddie, poi le diede un bacio sulla guancia. Venere, esausta, abbandonò la penna sul tavolo e si massaggiò gli occhi.
“Non creo capolavori, mi limito ad esistere.” Replicò lei, citando Bukowski.
“Giusto, la modestia prima di tutto.”
Eddie sorrise nel vedere il faccino rilassato di suo figlio, la bocca semiaperta, il respiro sottile, le ciglia scure come quelle della mamma. Era impressionante come Nikandros somigliasse a Venere, gli stessi occhi neri, la carnagione nivea, la sua curiosità. Frattanto Venere si era versata un goccio di Martini, che aveva aperto poco prima, e lo stava sorseggiando distrattamente.
“Non si tratta di modestia, si tratta di essere tutti una massa di falliti che tentiamo di farcela.” Il tono cupo e lo sguardo spento stavano mandando evidenti segnali di crisi.
“Venere, che succede?”
“Come? Mi sorprende che tua madre non ti abbia detto nulla. Di solito ti chiama per piangere sulla tua spalla.”
Eddie era davvero confuso, ma il fatto che una situazione unisse sua madre e sua moglie lo preoccupava.
“Cosa avrebbe dovuto dirmi mia madre? Non ti seguo.”
Venere non azzardò a guardarlo per evitare di scoppiare a piangere, e lei odiava mostrarsi debole, così fissò il bordo del bicchiere.
“Stamattina mi ha chiamata perché il tuo telefono non prendeva, così le ho spiegato che eri fuori per lavoro da due giorni, che saresti tornato soltanto stasera, e le ho suggerito di provare a chiamarti domani. Lei mi ha chiesto se avessi bisogno di una mano con il bambino insistendo sul fatto che potrei essere troppo distratta dal lavoro e non preoccuparmi di Nikandros. Ero talmente infuriata da dirle che non avevo bisogno di aiuto, che sono capace di badare a mio figlio, che il mio lavoro consiste solo nello scrivere parole e non squartare esseri umani. Per fartela breve, mi ha dato della pazza per la metafora usata e mi ha gridato contro che non sono in grado di fare la mamma. Ho chiuso la chiamata dandole della stronza manipolatrice.”
Quel racconto colpì Eddie come una doccia fredda: più volte aveva discusso con sua madre di Venere. La signora Redmayne non voleva che suo figlio, così dolce e gentile, sposasse una donna alquanto cinica e introversa come Venere; lei desiderava che suo figlio sposasse Juliette, l’amica d’infanzia con cui era cresciuto. Solo suo padre aveva appoggiato la sua decisione.
“Hai dato della stronza a mia madre e sei ancora viva? E’ una vittoria!”cercò di scherzarci su, ma Venere era davvero a pezzi.
“Tutti credono che io sia una pessima madre ed una pessima moglie, perché mi ritengono una donna ambiziosa votata solo al lavoro, ma non è così. So di essere un disastro come persona, ma nessuno deve mettere in dubbio il mio amore e la mia adorazione per mio marito e mio figlio, nessuno può capire quanto io ami la mia famiglia. Sono stramba, ma non per questo non sono capace di crescere mio figlio. Tutto quello che faccio è scrivere e leggere, nulla di più. Ed io sarei disposta a rinunciare a tutto per voi.”
Eddie si avvicinò a lei per abbracciarla, per farle capire con un solo gesto quanto tenesse a lei, quanto l’opinione degli altri fosse inutile.
“Tesoro, lascia perdere. Sono solo invidiosi, e tu lo sai meglio di me. Mia madre per me voleva una persona diversa da te, ma io ho disubbidito. Ho preferito essere quasi lasciato il giorno del matrimonio, ho preferito sopportare i tuoi complessi in gravidanza. Preferisco bisticciare tutti i giorni con te e poi fare pace con una battuta che andare d’accordo con un’altra. Mi aggrego alla teoria del «lei e nessun’altra» di Van Gogh: ho occhi e cuore solo per te.”
“Menzionare il mio pittore preferito ti fa onore.” Mormorò Venere contro la sua spalla, gli occhi bagnati da qualche lacrima e un sorriso sulle labbra. Eddie rise.
“Sapevo che avrebbe fatto il suo effetto.”
“Eddie.”
“Mmm.”
“Ti amo.”
“Anche io, Venere. Ti amo anche io.”
 
 
 
Due anni dopo.
“Papà!”
Eddie riconobbe quella vocina gioiosa e, voltandosi, vide Nikandros muovere freneticamente le braccia per salutarlo. Venere teneva in braccio il piccolo e faceva del suo meglio per non perdere l’equilibrio. Quando lo mise a terra, il bambino corse tra le braccia del padre.
“Ciao, scricciolo!” gli disse Eddie, quindi gli spettinò i capelli e gli baciò la fronte.
“Sembri un tredicenne troppo alto.” Commentò Venere osservando gli abiti di scena che lui indossava. Erano sul set di ‘Animali fantastici e dove trovarli’, e lei aveva pensato di fargli una sorpresa. Era lì per la presentazione del libro di una scrittrice esordiente con cui aveva lavorato i mesi precedenti. Nikandros, in braccio al papà, poggiò la testa sulla spalla di Eddie accoccolandosi.
“Grazie, tesoro, sei sempre così gentile e delicata!”
"Sto scherzando. Sei un gran figo come sempre!"
Eddie arrossì a quel complimento non essendo abituato a reputarsi un 'figo', per via del suo carattere timido.
"Ecco la mia donna preferita!" Esclamò Dan mettendo un braccio sulle spalle di Venere.
"Puoi ben dirlo, amico. Vi ho portato dei biscotti che abbiamo fatto io e Nik ieri pomeriggio."
"Sì, sono buonissimi!" Asserì Nikandros con un sorrisino che mostrò i dentini. Era un bambino vivace, rispettoso, per fortuna poco capriccioso, e a tre anni era l'orgoglio dei suoi genitori.
Mentre Eddie giocava con Nik mostrandogli la bacchetta, Venere tirò Dan in disparte.
"Dan, puoi mantenere Nik per una decina di minuti? Devo dare una notizia a Eddie."
L'amico la guardò preoccupato, ma poi ridacchiò sfregandosi le mani.
"Ho capito tutto. Tengo io la bestiola!"
Venere aveva meditato tutto il weekend, durante l'assenza su Eddie, per trovare un modo per annunciargli il lieto evento, eppure nessun momento e nessun discorso sembrava appropriato. Si avvicinò ai due uomini della sua vita che stavano ridendo, cosa che la faceva sempre emozionare, e afferrò la manina di suo figlio.
"Amore, vai a prendere un gelato con Dan. Io e papà torniamo subito."
Nikandros annuì e si diresse verso il bar del set insieme a Dan. L'espressione di Eddie non era turbata o tesa come ci si poteva aspettare.
"Eddie, devo dirti una cosa."
"Questa volta senza libro?" Le chiese Eddie, uno strano sorriso aleggiava sul suo viso, e gli brillavano gli occhi. Venere inarcò le sopracciglia.
"Di che stai parlando? Che libro?"
"Ho capito tutto, Venere. So cosa stai per dirmi."
"Non é possibile..."
"So che aspetti un bambino. Cioè, noi aspettiamo un bambino!"
Venere non se lo aspettava quel colpo di scena. Aveva cercato in tutti i modi di non farsi prendere dal'insicurezza e dalla paura di non essere capace a mantenere una famiglia. Ma in quel momento la felicità, la fiducia e l'amore di Eddie dipinta in quei meravigliosi occhi verdi le stava facendo sciogliere il cuore, e con esso tutte le incertezze e le stupide fissazioni. Lui l'abbracciò e le accarezzò la schiena.
"Come hai fatto a saperlo? Ho fatto il test e gli esami quando sei partito."
"Non vuoi davvero saperlo."
Venere si staccò da lui, incrociò le braccia al petto e lo fissò torvo. Eddie alzò le mani come a volersi difendere.
"Due settimane fa ho sentito Alicia per telefono e mi ha detto che avevi un ritardo, così mi é bastato sommarlo all'ultima che siamo stati insieme e i tempi coincidevano."
"Io un giorno uccido Alicia!" Sussurrò Venere, poi tornò a concentrarsi su di lui. Doveva ammettere che conciato in quel modo, il cappotto blu, il gilet, il papillon, i capelli più lunghi del solito e spettinati, quella mimica tenera e sbandata propria di Newt, tutto questo lo rendeva estremamente magnifico.
"Adesso ti lasci avvicinare o devo fare una richiesta scritta?"
Senza indugiare oltre, Venere si rifugiò tra le braccia di Eddie, il luogo più sicuro che conoscesse.
"Questa volta é una femminuccia, me lo sento." Mormorò contro il suo petto, stringendo tra le dita il colletto della camicia.
"Io non credo di reggerla un'altra come te!"
"Non sei simpatico, Redmayne. E stasera pretendo una doppia razione di coccole in albergo. Anzi, la pretendo per i prossimi nove mesi."
"Tutto quello che desideri, tesoro mio."
 
 
Sei mesi dopo:
“Mammina, sei tanto bella.” Esordì Nikandros, cullato dall’abbraccio caldo della sua mamma.
“Grazie, topolino. Anche tu sei tanto bello.”
Il piccolo si accucciò contro il suo collo e ridacchiò, quel suono cristallino che faceva sciogliere anche l’apparente cuore di pietra di Venere. Quella domenica pomeriggio avevano deciso di guardare insieme i cartoni, allora Nik aveva accettato la proposta entusiasta. Eddie ammirava la sua famiglia dallo stipite della porta, catturato da quel momento di dolcezza. Venere era al settimo mese di gravidanza ed erano stati mesi difficili per la sua salute. Era stata costretta a letto per un mese, poi aveva avuto forti capogiri che l’avevano confinata in ospedale per una settimana, e lui aveva fatto i salti mortali per stare con lei. Scoprire che la loro secondogenita sarebbe stata una femminuccia aveva cancellato in un battito di ciglia quei tempi così terribili.
“Papà, prendimi!”
Nikandros saltò dal letto e suo padre lo afferrò in un gioco che li vedeva unici protagonisti, mentre la mamma sorrideva vedendoli. Venere era sdraiata su un fianco, dal momento che il medico le aveva vietato la posizione supina per via dei dolori alla schiena, e il taglio corto di capelli esibiva il nuovo tatuaggio sul collo: 家, ossia il simbolo con cui in cinese si dice ‘famiglia’.
Lo aveva fatto in onore della sua famiglia, quindi per suo marito e per i suoi figli.
“Eddie, per favore, mi puoi aiutare?” la voce di Venere è incrinata, molto probabilmente le doleva la schiena quando si muoveva. Eddie lasciò Nik sul letto, poi aiutò sua moglie a mettersi seduta sistemandole i cuscini.
“Come va adesso?” chiese accarezzandole la guancia, sembrava sempre così stanca e giù di morale e lui sapeva di poter fare nulla.
“Meglio, grazie. Non abbiamo ancor scelto un nome per la nostra bambina. Cosa proponi, Redmayne?”
Eddie, che voleva cancellare quell’afflizione dagli occhi di lei, trafficò nel suo comodino alla ricerca di qualcosa che la facesse stare meglio.
“Con un pizzico di magia troveremo in nome giusto!” disse facendo armeggiando con la bacchetta di Newt Scamander. Nikandros e Venere si ritrovarono a ridere per quell’assurdità fino ad avere le lacrime agli occhi.
“Sei un vero cretino!”
“Papino, ma cosa combini mai?!” esclamò la voce divertita di suo figlio.
“Siete solo invidiosi della mia bellissima e molto magica bacchetta!”
Venere avvertì un rumore, come se qualcosa volesse richiamare la sua attenzione, e si rese conto che la piccola stava scalciando. Ordinò ai due uomini di casa di fare silenzio.
“La piccola sta scalciando!”
L’emozione impressa nello sguardo di Eddie e la bocca semiaperta in un atto di sorpresa di Nik erano la cosa più dolce che Venere avesse mai visto.
“Sta uscendo?” domandò Nik, gli occhietti spalancati e le mani sulla pancia della mamma.
“Non ancora, topolino. Ci sta facendo sapere che anche lei pensa che papà sia un po’ matto!” scherzò Venere scompigliando i capelli scuri del bambino. Eddie si sdraiò accanto a loro e poggiò lentamente la mano, un attimo dopo la mano di Venere stringeva la sua. Un colpetto fece balzare il cuore di tutti, un po’ felici e un po’ frastornati.
“Irem. La bambina si chiamerà Irem.”
 
Due anni dopo.
Una delle cose che Venere odiava del suo nuovo ruolo di capo erano le riunioni, il sabato pomeriggio, d'estate. Se ne stava seduta con fare assente mentre gli altri discutevano di libri e autori, e lei fingeva di prendere qualche appunto, oppure si limitava a scarabocchiare sul tavolo. Lo schermo del suo cellulare si illuminò salvandola dalla noia. Era un messaggio e in allegato c'era una foto di Nikandros e Irem, sotto una didascalia diceva Sarebbe più divertente se tu fossi qui. Il cuore di Venere si strinse davanti ai faccini dolci dei suoi figli e alle parole di suo marito. Eddie aveva portato i bambini fuori città, in una villetta di mare, e lì avrebbero passato il weekend. Picchiettando la penna con espressione meditabonda, non s’accorse che tutti la stavano fissando.
"Venere, hai capito? Vogliamo pubblicare il terzo libro di Mike." le disse Sandra, una giovane avvenente che si occupava delle copertine.
"Io direi di tornare tutti a casa. É stata una settimana faticosa e abbiamo bisogno di una pausa. Ci vediamo lunedì!"
"Ma con le riunioni del sabato ci prepariamo alla settimana!" replicò con stizza Peter, il leccapiedi di Fox.
"Stasera manderò una mail a ciascuno di voi con il compito che gli spetta. Buon weekend a tutti!"
Venere gettò telefono e agenda in borsa, inforcò gli occhiali da sole e lasciò l’ufficio. La sua famiglia veniva prima di tutto, anche del lavoro.
Dopo una sfiancante ora di viaggio, imboccò il vialetto che conduceva alla casa con vista sul mare. Parcheggiò la macchina davanti al cancello.
“Io esco!” quella vocina allegra apparteneva a Nik, Venere ne era sicura. Stavano giocando a nascondino. Vide la piccola Irem nascondersi in veranda, dietro ad un vaso alto, nel suo vestitino azzurro e con i capelli color miele che le svolazzavano sul viso. A pochi passi da lei, Nikandros era alla ricerca di sua sorella e del papà con fare circospetto.
“Ho trovato il deficiente.” Sussurrò Venere quando notò Eddie all’ombra di un muretto. Gli arrivò alle spalle e lui sobbalzò, ma non emise un suono per non essere scoperto.
“Tesoro, che ci fai qui? Non avevi una riunione?” il sorriso di Eddie le fece capire quanto avesse fatto bene a tornare da loro.
“Sarebbe stato più divertente se ci fossi stata anche io, quindi sono tornata.”
“Beh, come puoi ben vedere, noi siamo impegnati in un’attività di importante rilevanza.”
Venere rise e scosse la testa, quell’uomo era più bambino dei suoi figli.
“Lo vedo. Nik ha trov…”
Le parole di Venere morirono sulle labbra di Eddie che, non potendo più resistere, l’aveva baciata. Lei lo spinse contro il muretto e approfondì il bacio. Non vedersi per due settimane era stato terribile per due come loro abituati a perdersi in momenti intimi come quello.
"Mammina!" esclamò Nikandros, estasiato alla vista della sua mamma. Venere si staccò da Eddie per abbracciare il piccolo.
"Trobadoooo!" strillò Irem aggrappandosi alla gamba di Eddie, che la prese in braccio e le stampò un bacio sulla guancia. Venere le accarezzò una guancia paffuta e rosea. Nonostante avesse solo due anni, era già un tipetto che sapeva il fatto suo.
Notò quanto la bambina somigliasse a suo marito: aveva ereditato gli occhi verdi e i capelli castano chiaro tendente al rosso.
"Che ne dite di preparare la cena tutti assieme?" propose con un sorriso, ricevendo un'occhiata di intesa da parte di Eddie. I bambini esultarono e scapparono in casa di corsa, pronti ad imbrattarsi le mani. Lui le circondò le spalle con il braccio e raggiunsero la cucina.
Dopo cena, mentre Nik e Irem guardavano i cartoni con Eddie, Venere si dedicò alle stoviglie. Era a dir poco imbarazzante la concentrazione con cui suo marito guardava 'Sam il pompiere' e commentava le puntate. Si concentrò sulla risata squillante di Nikandros, un bambino così dolce, e sulla parlantina scanzonata di Irem, altra qualità che aveva preso da suo padre. Poi i suoi occhi caddero istintivamente su Eddie: era sdraiato sul divano, in mezzo ai bambini, e un lembo della maglia era sollevata sullo stomaco esponendo la pelle candida e tonica dell'addome. Ancora non capiva per quale assurdo motivo meritasse un uomo fantastico come lui, sempre presente, comprensivo, gentile, tanto amorevole e passionale al tempo stesso. Anche Eddie, sebbene lei non se si accorgesse, la scrutava. Molti suoi parenti e amici lo invidiavano per aver avuto la fortuna di aver sposato una donna intelligente, sofisticata, dalla personalità forte, e dalla bellezza sconvolgente. Spesso aveva sentito i suoi cugini, sposati e non, fare apprezzamenti sulle forme armoniose di Venere, e lui, malgrado un pizzico di gelosia, sapeva di avere il solo monopolio su quel corpo.
"Topolini, vi avevo promesso un'ora extra di cartoni, quindi é ora di andare a nanna. Stasera la favola ve la racconta papà!" disse Venere prendendo per mano i bambini per accompagnarli di sopra. Eddie le regalò uno sguardo colmo di gratitudine, perché mai aveva avuto la possibilità di condividere un momento del genere con i suoi figli a causa del lavoro.
Erano le undici e mezza quando Venere spedì l'ultima mail. Si strofinò gli occhi stanchi, e per fortuna era struccata, per poi chiudere il PC e bere un altro goccio di vino dal calice.
"Tesoro, stai ancora lavorando?" la voce di Eddie la fece sussultare, allora si voltò verso di lui e le dispiacque vederlo così stanco.
"Ho appena finito. Scusami. Torna a dormire."
Al contrario, lui si sedette sul divano accanto a lei e le tolse di mano il bicchiere per prendere un sorso.
"Calice di vino rosso in piena notte? Eccitante." mormorò, poi scoppiò a ridere.
"Sei un caso perso, Redmayne!" disse Venere, anche se sorrideva in cuor suo.
"Mi sei mancata davvero tanto. Una delle sofferenze peggiori é dormire da soli in un letto freddo quando si é abituati a dividerlo con qualcuno." adesso la voce di Eddie sembrava triste, si era fatto scuro in viso e fissava il liquido vermiglio sul tavolino.
"Sei qui, pensa a goderti questo momento. Mi dispiace di non essere venuta a letto prima, ma era necessario che io mandassi quelle mail. Ora, mi ha tutta per te." gli sussurrò in modo seducente e provocatorio.
"Ah, sì? Nulla suona più soave." disse Eddie facendola stendere sotto di sé. Lei gli mise le mani sulle spalle e gli diede un bacio sulla guancia.
"Io e te sul divano, quel bicchiere di vino rosso, il buio che ci avvolge. La trama perfetta per un libro!" esclamò Venere, poi rise a bassa voce per non spezzare quell'atmosfera. Da troppo tempo non stavano così vicini, pelle contro pelle, cuore contro cuore.
"Finiresti per scrivere un libro osceno, credimi."
"Quanto sei cretino da uno a te stesso?"
Entrambi scoppiarono a ridere.
"É atroce stare lontano da te. É tremendo non poterti abbracciare, o baciare, non poterti ammirare mentre scrivi o ti diverti con i bambini. Io sono pazzo di te. Ti rendi conto di quello che mi hai fatto, Venere?" le sussurrò all'orecchio Eddie, la voce roca e attraversata da un non so che di estremamente sexy. Rare erano le volte in cui si esprimeva con tale veemenza, poiché era solito pronunciarsi in modo dolce e romantico. E proprio perché Venere adorava sempre spingersi oltre, volle azzardare un gioco pericoloso.
"Dimostramelo."
Eddie sorrise, e una sfumatura di malizia gli balenò negli occhi. Le sollevò il vestito e le accarezzò i fianchi con dolorosa lentezza, quasi volesse torturarla dolcemente. Convinta che fosse sul punto di baciarla, Venere trasalì quando Eddie si curvò a baciarle la parte interna delle cosce. Sentire le labbra di lui su un punto tanto delicato la costrinsero a chiudere gli occhi. Stringeva la stoffa del divano per tenersi salda, perché quelle attenzioni la stavano facendo tremare. Era rincuorante sapere che i rapporti tra di loro, nonostante i cinque anni di matrimonio, due figli e due lavori impegnativi, non erano cambiati. La passione negli anni era solo aumentata. Spesso alcune coppie tendono a cadere nella monotonia, invece loro trovavano sempre modi nuovi per mantenere vivace il matrimonio. Senza dubbio, la maggior parte delle volte, dopo essere stati distanti per lunghi periodi, occupavano parecchio tempo facendo l'amore; come era capitato mesi prima nell'ufficio di Venere, oppure quando accadde nella vecchia cameretta di Eddie a casa dei suoi genitori, o ancora quando la passione si consumò sul divano del teatro, quel divano dove si era scambiati il primo bacio. Venere dovette mordersi le labbra per trattenere un gemito, altrimenti avrebbe svegliato i bambini. Eddie sorrise soddisfatto, in quanto riuscire ad appagare una donna come sua moglie era un compito non facile, però lui era sempre in grado.
"Vuoi che mi fermi?"
"Tu non hai idea di quello che ti farei in questo momento, Redmayne." come ci si poteva aspettare, Venere voleva avere il controllo della situazione. Era bella anche in quel momento, frastornata dalle carezze e dai baci, con gli occhi liquidi, e le labbra arrossate. Eddie la bramava tutti i costi. Quando il ginocchio di Venere gli sfiorò intenzionalmente l'inguine, lui proruppe in un sospiro ansante.
"Io non ti resisto più."
"Lasciati andare." mormorò Venere, poi lo baciò. Eddie fu travolto dalle labbra di sua moglie e abbandonò ogni proposito di opporre resistenza. Un rumore di legno calpestato li fece fermare: Nikandros stava scendendo le scale illuminandosi la strada con una pila che gli avevano dato i genitori.
"Mammina? Sei tu?"
Venere si abbassò il vestito e andò da lui, preoccupata e ancora accaldata.
"Sono io, Nik. Va tutto bene?"
Gli occhi del bambino, così grandi e scuri, sembravano due diamanti neri alla fioca luce della pila.
"Ho sete e ti sono venuto a chiamare, ma tu non c'eri nel letto e neanche papà."
Eddie gli riempì una bottiglietta d'acqua in modo da bastargli per il resto della nottata. Gliela porse con un sorriso.
"Ecco l'acqua, ometto. Ti accompagno in camera, dai."
Nikandros, dopo aver ricevuto un bacio sulla fronte dalla mamma, afferrò la mano del papà e insieme risalirono le scale. Una decina di minuti dopo Eddie tornò in salotto.
"Tranquilla, non ha visto niente. Dorme come un sasso, ho aspettato per esserne certo."
Venere tirò un sospiro di sollievo. Di certo non voleva che suo figlio li cogliesse in tali circostanze.
"Irem dorme? Sei sicuro?"
"Sì, dorme anche lei. Venere, tesoro, stai calma. Non é successo niente, almeno non ancora."
Lei alzò gli occhi al cielo ridendo, poi fece cenno a Eddie di sedersi sul divano. Lui ubbidì. Come era solita fare, si sedette sul suo bacino.
"Direi di riprendere da dove abbiamo interrotto. Questa volta io sto sopra, non voglio obiezioni." il tono perentorio di Venere non ammetteva repliche.
Erano circa le due e mezza del mattino quando Venere si versò le ultime gocce di vino. Eddie giaceva accanto a lei, fissando il soffitto con aria stanca. Il suo petto combaciava con la schiena di lei, così poteva avere un'ampia visuale del tatuaggio sulla colonna vertebrale e di quello sul collo. Le baciò affettuosamente la spalla. Venere sorrise e si girò verso di lui.
"Sei pensieroso."
"Stavo pensando a te. Porti il nome della dea della bellezza e dell'amore. Non può essere una coincidenza!"
"Porto il nome della dea che sottometteva gli uomini con l'arte della seduzione." ribatté lei con una smorfia maliziosa dipinta sul volto.
"Credi che io sia un sottomesso?"
Quella domanda posta con tale serietà la fece ridere.
"Poco fa ero io a comandare i giochi, caro mio."
"Quindi per te sono un ossequioso?"
Eddie era chiaramente infastidito dallo scherzo di Venere. Si mise seduto e le riservò uno sguardo glaciale.
"Eddie, sto scherzando. Non c'è motivo di prendersela così tanto. Qual é il problema? Tua madre ti ha insegnato che durante il sesso una donna non può essere quella dominante?" adesso anche Venere si era irritata da quel comportamento infondato. Indossò velocemente l'intimo, raccattò il vestito e le scarpe.
"Non é mai stato solo sesso tra di noi, e lo sai. Detesto quella parola. E non si tratta nemmeno di mia madre."
"Allora di che si tratta? Era un semplice scherzo, una stupida battuta. Tua madre e tua zia non fanno altro che ripetere che ti ho sposato perché ti ritengo un debole e posso piegarti al mio volere. Non penso che tu sia un debole né un sottomesso. Ho una personalità forte, lo ammetto, ma non ti tratto come una bambola di pezza."
Lei proprio non capiva le parole di Eddie. Un attimo prima si stavano amando e quello dopo stavano discutendo per una banalità.
"Tesoro, mi dispiace. Sono un coglione. Scusa."
"Mi ferisce che tu possa pensare questo di me. Solo perché sei timido, impacciato e tanto dolce non vuol dire che io ti comandi. Non mi scuserò per il mio carattere preminente."
Eddie raccolse i boxer da terra e si rivestì, mentre Venere buttava la bottiglia di vino vuota.
"Possiamo parlarne? Venere, per favore."
"Avresti dovuto sposare Juliette, almeno lei é la tipica donna incapace e debole che si limita ad esaudire meccanicamente le richieste. Dal momento che la tua virilità é messa in discussione, con lei avresti la possibilità di stare sempre sopra!" la cattiveria e la rabbia fecero calare un silenzio tenebroso nella stanza. Lei stava a braccia incrociate contro il lavandino, gli occhi velati di lacrime e le labbra tremanti.
"Non é facile stare al passo con una donna come te, indipendente e intransigente, e spesso ho il timore di non essere al tuo livello."
"In pratica io non ti faccio sentire un uomo."
"Non capisci. Ho paura io di non farti sentire donna, di non farti sentire amata e desiderata perché ho un carattere meno deciso del tuo. Ecco cosa intendevo dire, e sono consapevole di essermi espresso male prima."
Eddie le si avvicinò, le mise le mani sui fianchi e la strinse a sé. Aveva davvero sbagliato.
"Sono più fragile di quanto tutti possano pensare. Cerco di fare del mio meglio per apparire forte, eppure molte volte fallisco. Tu mi fai sentire amata e desiderata come mai nessuno nella mia vita. Non puoi davvero pensare che io ti sottometta, é chiaro? Lunedì parti di nuovo e non mi va di litigare. Stasera volevo solo farti rilassare, di certo non avevo intenzione di far prevaricare il mio carattere."
"É chiaro. Scusami. Ogni tanto noi maschietti ci arrabbiamo senza motivo. Mi perdoni?"
I loro corpi erano attaccati; la fronte di Venere poggiata sul suo petto.
"Voi maschietti siete la razza debole, si sa!" Venere sorrise e alzò gli occhi su di lui. Eddie annuì, poi l'abbracciò stretta. Non potevano litigare prima della sua partenza e dopo essere stati lontani.
"Mi piace quando stai sopra." disse Eddie mentre le baciava il collo. Venere sospirò divertita.
"Sei davvero un coglione, Redmayne."
 
 
Un anno dopo: OGGI.
"Come va lì dentro? Il vestito si chiude?"
Venere, dopo svariati tentativi e imprecazioni, riesce a tirare su la lampo e a chiudere il vestito. Esce dal camerino con un sorriso trionfante.
"Mi entra!"
"Ti sta benissimo." si complimenta Helen, la sarta che la sta aiutando. Sì, perché lei ed Eddie sono stati invitati da Jimmy Fallon per una doppia intervista. Infatti, due mesi fa Venere ha pubblicato il suo secondo romanzo Un libro contro la solitudine, che in poco tempo ha raggiunto la prima posizione in tutte le classifiche aggiudicandosi in soli trenta giorni il titolo di libro più venduto; mentre Eddie é ospite per la recente uscita di 'Animali Fantastici e Dove Trovarli' al cinema. Venere é davvero nervosa perché é la sua prima intervista, ma anche perché odia che le si chieda dei suoi libri, che considera profondamente personali. Helen le ha proposto di indossare un semplice abito nero, lungo, con uno spacco sulla gamba sinistra, senza spalline, abbinando un paio di décolleté rosse di vernice. Le viene applicato un'abbondante strato di mascara, la matita viene stesa grazie ad un pennello, e le labbra sono coperte da un rossetto rigorosamente rosso. I capelli, invece, sono stati lasciati lisci sulle spalle.
"Tra dieci minuti andiamo in onda!" grida qualcuno fuori dalla porta. Helen sistema gli ultimi dettagli.
"Adesso sei pronta. Andiamo."
Quando escono dalla dressing room, anche Eddie in quel momento si sta dirigendo dietro le quinte. Venere si prende qualche istante per osservarlo mentre si stringe la cravatta, un gesto che compie quando é teso.
"Eddie!" esclama per richiamarlo, e lui sposta lo sguardo dal ragazzo dello staff a lei passando dal divertimento allo stupore. Quell'abito nero le cade a pennello, mette in evidenza l'incipit del tatuaggio sulla schiena, quello sul collo, e il rossetto non fa altro che rendere le sue labbra più invitanti del solito. Cammina verso di lei con un sorriso da ebete, troppo contento di poter condividere un momento del genere con sua moglie.
"Sto per dire che sei meravigliosa, ma mi riterresti banale, perciò sto zitto."
"Me lo hai praticamente detto, idiota." Venere scuote la testa e ride.
"Lo so, era quello il mio intento."
"Siamo pronti. Mancano i microfoni." li avverte il tecnico del suono e li guida dietro le quinte. Un altro assistente aiuta Eddie a fissare il microfono, mentre Helen aggiusta i capelli di Venere un'ultima volte, poi si congeda con un veloce saluto. Prima che il ragazzo aiuti anche Venere, Eddie gli fa cenno di spostarsi.
"Faccio io, non ti preoccupare. Grazie."
L'assistente annuisce, un po' spaventato e un po' imbarazzato, e si dilegua nella sala comando.
"Sei così geloso da non permettere a quel ragazzo di fissarmi il microfono. Adorabile e patetico al tempo stesso." dice Venere con un'espressione divertita e la voce allegra.
"Ti prego, tesoro, uno come quello non vede l'ora di mettere le mani su di te." replica Eddie, che nel frattempo ha incastrato il microfono sulla parte posteriore del vestito, precisamente sulla schiena. Le regala un bacio sulla spalla.
"Suvvia, signor Redmayne, solo lei ha il permesso di toccarmi."
"Lo so, amore mio. Lo so." una smorfia maliziosa gli illumina gli occhi, e Venere si sente davvero felice al suo fianco.
"Ti darei un bacio ma voglio evitare di lasciarti il segno del rossetto." esordisce lei dopo svariati istanti di silenzio, dopodiché gli porta le braccia attorno al collo e lo avvicina a sé. Eddie risponde stringendole i fianchi.
"Mi potrai dare tutti i baci che vuoi stasera."
Venere ridacchia prefigurandosi la nottata che li attende, a viversi tra quelle lenzuola che sanno di loro, su quel letto che li ha uniti più e più volte. Il regista compare dal nulla, obbligandoli ad allontanarsi, e indica loro la porta che dovranno attraversare.
"Inizio della trasmissione tra tre, due...uno!"
Urla, applausi chiassosi, e schiamazzi di ogni genere riempiono lo studio non appena Jimmy annuncia gli ospiti di questa sera. Contrariamente al normale, Eddie e Venere entrano senza tenersi per mano. Allorquando prendono posto sul divano, Venere avverte il braccio di suo marito attorno alle spalle e allunga una mano sul suo ginocchio.
"Ragazzi, lo confesso, siete la coppia più bella che io abbia mai invitato!" inizia Jimmy con un sorriso, giusto per sciogliere il ghiaccio.
"Forse perché siamo la prima coppia che inviti!" ribatte Venere facendogli l'occhiolino, al che il pubblico va in visibilio.
"Oh, la signora Anderson ha la lingua affilata! Cara, lasciati fare i complimenti perché sei davvero uno schianto. Eddie, sei fortunato ad avere questo gioiello!"
"Ne sono consapevole, Jimmy. Sono davvero fortunato."
“Entrambi siete due volti noti negli ultimi tempi, chi per un libro e chi per un film. E’ strano? Come vivete tutta questa visibilità?” chiede il presentatore, le braccia incrociate, gli occhi puntati sul gobbo che elenca le domande da porre.
“Credo che viviamo la visibilità in modo diverso perché lavoriamo in campi diversi. Io sono costantemente sottoposto a controllo, mentre Venere è più al riparo essendo una scrittrice.” Risponde Eddie, rafforzando la presa sulla spalla di sua moglie.
“E questa fama quanto vi tiene impegnati?”
Questa volta Jimmy guarda Venere perché risponda, e lei lo accontenta.
“Tutti e due viaggiamo molto, spesso in città differenti, e ognuno ha i propri impegni relativi al lavoro, ma ultimamente siamo impegnati più del solito, questo è vero.”
“Avete due figli, giusto? Come ve la cavate?”
A quella domanda sullo schermo compare la copertina di un tabloid inglese che ha fotografato Eddie e Venere insieme ai figli durante un pomeriggio al parco giochi. Il pubblico fischia e applaude. Eddie, sapendo quanto Venere detesti le domande troppo private, prende la parola.
“Sì, abbiamo due figli. Ovviamente è davvero dura stare tanto tempo lontano dalla famiglia, soprattutto quando si hanno figli così piccoli, perciò a volte la distanza è pesante. Comunque, cerchiamo di goderci ogni momento con loro quando siamo a casa. Purtroppo per girare il film sono stato fuori di casa per un mese senza vederli ed è stato uno dei momenti più difficili della mia carriera.”
Venere automaticamente gli lancia un’occhiata dolce e allaccia le dita alle sue, sa bene quanto lui abbia sofferto quando era sul set distante dalla famiglia.
“Per una scrittrice è più facile passare del tempo con i figli?” l’attenzione di Jimmy è di nuovo su Venere, essendo lei la vera novità.
“Quando mi sposto per presentare il libro o per il firma-copie li porto sempre con me, ho più tempo libero di Eddie e di solito gli incontri durano poco. Cerchiamo di far capire ai nostri figli che, nonostante la grande mole di lavoro, loro sono sempre al primo posto.”
“E’ una bella cosa, davvero. Ti va raccontarci del tuo secondo romanzo?”
Un libro contro la solitudine racconta di una ragazza solitaria che incontra un giovane artista di strada in biblioteca perché entrambi sono alla ricerca di un libro che li salvi da una vita grigia che inghiottisce le cose belle. E’ la storia di un’amicizia che si consolida attraverso le pagine e le parole dei libri. L’idea è nata da una vicenda vera, ho avuto modo di incontrare nella vita reale questa coppia. Ho voluto far capire alla gente che leggere è l’unico modo per non sfumare, per ricordare e conservare la bellezza, è anche un modo per fare conoscenze. La lettura unisce due anime molto più di quanto facciano i sentimenti.” Gli occhi commossi e la voce tremula di Venere tradisce la sua maschera da dura e si sgretola nella verità, perché quel libro racconta la storia di come lei ed Eddie si sono innamorati, grazie ad un libro. Jimmy le sorride riconoscente spronando l’auditorio a battere le mani. Eddie la guarda con ammirazione e orgoglio, conscio di quanto questo romanzo sia importante per lei.
“Eddie, tu hai letto il libro? Che ne pensi?”
“Io sono un fan di Venere dal suo primo libro, Essere diversi fa bene alla salute. Poi ho avuto modo di conoscerla di persona sul set di The Danish Girl, ed è grazie a lei che ho cominciato a leggere di più. La sua libreria conta oggigiorno più di cinquemila libri, pensate un po’. Questo romanzo ha un tono nuovo, più malinconico e maturo, mira all’essenza dell’animo più di prima. E’ mia moglie, sono orgoglioso di lei, altro non posso dire!” Eddie fa spallucce e ridacchia, seguito subito da tutti i presenti. Jimmy indica sullo schermo alle sue spalle il manifesto di ‘Animali Fantastici e Dove Trovarli’.
“Quanto è stato strano interpretare il ruolo di un mago?”
“Non quanto interpretare una donna, credimi! A parte gli scherzi, il ruolo di Newt Scamander è stata una rivelazione, mi ha permesso di divertirmi, di scoprire il mondo magico, e ho avuto la fortuna di lavorare con un cast magnifico. Quindi, anziché essere stato strano, questo ruolo è stato una ventata d’aria fresca rispetto ai film che ho fatto fino ad ora.”
“Tu dici di esserti divertito. Venere, tu che ne pensi?”
Prima di parlare, Venere sorride ad Eddie e si fa più vicina a lui.
“Per me non è stato affatto divertente. Si è portato la bacchetta a casa, credo l’abbia rubata, e ce l’ha sempre dietro in qualsiasi situazione. Mi ha chiamato la sera prima del suo rientro per chiedermi se mi andasse bene che portasse anche la valigia, a quel punto ho dovuto accettare e adesso abbiamo anche la valigia di Newt nell’armadio. E siccome Eddie non si fa mancare mai nulla, ha regalato ai nostri figli due peluche a forma di Snaso. Puoi ben comprendere quanto questo ruolo lo abbia stregato letteralmente!”
Jimmy scoppia a ridere, mentre Eddie scuote la testa con un sorriso imbarazzato.
“In mia difesa, dico che quei gingilli sono fantastici!”
“Non lo mettiamo in dubbio. Adesso voglio mettere un po’ di carne sul fuoco mostrandovi questa foto!”
Gli occhi di tutti sono puntati sullo schermo gigante quando appare una nitida immagine che ritrae Eddie e Venere, la sera in cui si era tenuta la premier di Animali Fantastici, in atteggiamenti particolarmente intimi: infatti, si stanno scambiando un bacio che sembra molto appassionato, lei gli circonda il collo con le braccia, e lui tiene le mani posate sul fondoschiena di lei. Ancora una volta lo studio delira, urlando, ridendo, mormorando ‘oh’ stupiti.
“Cosa dovremmo dire esattamente a riguardo?” Venere non riesce a nascondere una risatina.
“Dopo anni di matrimonio e due figli, noto che la passione non vi manca!” strilla qualcuno dal pubblico, allora Eddie deve trovare una via d’uscita.
“Beh, è impossibile non essere passionale con una moglie come la mia!”
Jimmy, ancora a crogiolarsi dalle risate, si alza e invita i suoi ospiti a fare lo stesso.
“Ringrazio Eddie e Venere per essere stati con noi e averci fatti sognare con la loro storia!”
“Sono Eddie Redmayne, e se cercate animali fantastici … beh, io so dove potete trovarli!”
“Ed io sono Venere Anderson, se cercate un libro contro la solitudine sono ben disposta a darvi consigli!”
 
 
 
 
“I bambini sono crollati. Nik era stanchissimo, invece Irem ha fatto fatica a prendere sonno.”
Venere si scioglie i capelli, si spalma della crema sulle mani, e sale sul letto. Mettere a letto i bambini raccontando loro una storia è uno dei momenti che preferisce durante la giornata. Eddie, che se ne sta sotto le coperte, ripone nel cassetto il libro che sta leggendo ultimamente, In cerca di Atlantide di Andy McDermott.
“Amabel e Julian, i protagonisti del tuo romanzo, siamo io e te. Leggendolo bene e riflettendoci, ho capito che hai raccontato la nostra storia, hai solo cambiato le vicende. Ma perché restano amici e non si mettono assieme?”
“Credevo che non lo avresti mai capito, ed io non avevo intenzione di svelarti il mistero. Sì, è la nostra storia. Restano amici perché questo è solo il primo volume. Voglio scrivere una trilogia su Amabel e Julian, il loro rapporto non si cristallizza, anzi cresce giorno dopo giorno. Come noi.”
“La frase finale del romanzo recita: abbandonarsi ad una solitudine che possa essere condivisa è un grande privilegio. Amabel e Julian hanno imparato a sentirsi soli assieme. Che cosa intendi? Che ti senti sola?” il fastidio nel tono di Eddie è palese, così Venere si accoccola sul suo petto.
“Intendo che ho imparato a dividere con te la parte solitaria di me tanto da non sentirmi più sola. Siamo assieme, io e te. Tutto qui.”
Prima che Eddie possa rispondere, Venere si sporge per sfiorargli le labbra in un tocco profondo, fiducioso, che sa di amore e speranza.
“Non sarai mai sola, Venere.”
“Lo so. Grazie a te.”
Un bacio sigilla quella promessa di restare insieme, di combattere contro la solitudine e le insicurezze, di amarsi ogni giorno di più.
 
 
 
Salve a tutti! :)
Questo è l’ultimo capitolo (purtroppo!)
Spero che la mia storia vi sia piaciuta e che vi abbia fatto sorridere almeno un po’.
Grazie per aver letto. Grazie di cuore a tutti.
Alla prossima.
Un bacio.
La vostra Lamy_
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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