Dedicato a te

di serafina A
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** capitolo quinto ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


DEDICATO A TE
Uriel era circondata da medici, mentre rimaneva distesa sul lettino, con le gambe per aria a spingere le sue due gemelle, tanto attese.
I medici continuavano a incoraggiarla, durante le spinte.
Le contrazioni di Uriel erano fortissime, e nessuno le aveva mai detto che facesse così male.
Furono gli unici istanti in cui maledisse Isaia, il padre delle bambine, che l’aveva l’asciata sotto il portico di casa, in una giornata di pioggia, dopo che gli aveva confessato delle gemelle.
E ora Uriel era li, in quella situazione difficile, a sperare che le gemelle non prendessero la stessa testardaggine del loro padre, che in quei giorni stava esplorando la convivenza con quella ragazza dai capelli rossi.
Uriel non la conosceva, ma l’aveva vista spesso, andando a casa di Isaia per chiedergli aiuto, dopo che i suoi genitori l’avevano spinta fuori di casa, vergognandosi della situazione, pensando che il problema fosse Uriel che non aveva usato contracettivi.
I genitori di Uriel erano molto severi, e se lo aspettava che reagissero così.
Loro erano ancora nel parere di avere figli dopo il matrimonio.
Uriel aveva trovato un bel lavoretto che l’avrebbe aiutata con i soldi per un piccolo appartamento, e per il necessario delle piccole.
" Sei bravissima. Continua a spingere." Le diceva l’ostetrica, stringendole la mano mentre un dottore era chino fra le sue gambe, concentrato a fare uscire la prima gemella:
"... darai alla luce due splendide gemelle." Aggiunse in fine.
La prima gemella era nata, e ora piangeva.
Il dottore aveva disteso il piccolo fagotto urlante sul petto di Uriel, ritornando poi al suo posto.
"… un ultimo sforzo Uriel, e la seconda gemella nascerà." intervenne il dottore sollevando il volto per un istante.
 Per darsi forza Uriel, pensò a tutte le persone che gli avevano detto che non c’è l’avrebbe fatta.
Con tanta fatica però, era riuscita a costruirsi una piccola vita, e ora il prossimo desiderio era essere un’ottima madre, per le gemelle, senza il loro padre e l’aiuto dei nonni.
La seconda gemella nacque.
La intravide solo di sfuggita, era ancora sporca, ma era splendida come il sole.
 
La piccola piangeva, e pure Uriel per la felicità.
Finalmente dopo nove lunghi mesi di attesa le poteva vedere.
" faremo tutti i controlli, nel frattempo cerca di riposare.” L’aveva rassicurata l’ostetrica, prendendo il piccolo fagotto tra le sue braccia.
Le erano stati messi dei punti, e Uriel venne riportata nella sua stanza per riposare.
Così fece. Sì rilassò. Il dolore provato durante il parto, era ormai solo un ricordo.
Aveva tanta voglia di vedere le sue gemelle, se si assomigliavano tra di loro.
Rimase a letto, in attesa fin quando entrò la ginecologa.
" le gemelle dove sono?" chiese subito Uriel, non vedendo le due culle.
La donna le sorrise, avvicinandosi al letto, accarezzando la fronte di Uriel:
" sono state affidate al padre. Lei a firmato il documento non si ricorda? “ Uriel si congelò, con il cuore che le martellava nel petto.
" io non ho firmato nessun documento di affidamento" Uriel tremava per la tensione, sicuramente cera stato un errore:
" devi riposare. “ la donna le aveva sistemato le lenzuola:
"io ricordo bene quello che faccio!" urlò Uriel in preda dal panico.
 
"Mamma perché stai urlando?" Uriel aprì gli occhi di scatto, umidi dalle lacrime.
La donna era sparita e al suo posto c’era sua figlia, con la camicia da notte con la stampa del suo cartone animato preferito.
Era stato solo un incubo, che capitava quasi tutte le notti.
Il sorriso della figlia, l’aveva riportata alla realtà:
"Mamma stai bene?" Ester  si sdraiò nel lettone "si  era solo un brutto sogno." Le aveva rassicurato, accogliendola sotto le coperte:
" li fai spesso." Fece notare la bambina:
"lo so." Uriel osservò la sveglia digitale, sul comodino:
"ti sei svegliata prima di me."
"urlavi. Mi hai svegliato."
“ mi dispiace. “ le baciò la piccola e calda fronte, sollevata di avere sua figlia fra le braccia.

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Capitolo 2
*** capitolo secondo ***


Uriel aveva lasciato sua figlia Ester, alle maestre della scuola. Ed era andata al lavoro alla caffetteria. I clienti della caffetteria, erano il soliti della zona, e Uriel li conosceva tutti. Tranne la giovane ragazza seduta nel tavolino davanti al balcone, e la osservava infastidendola. La ragazza oltre aver ordinato un caffè latte e due brioche vuote, aveva un volto famigliare per Uriel, che ricordava in lei la sua ex migliore amica Gianna. Uriel l’aveva abbandonata, per iniziare una vita di nuove persone. Nonostante Gianna conosceva il brutto periodo che Uriel stava passando, l’aveva sempre aiutata come poteva, al tal punto che andò a minacciare Isaia, quasi mettendosi nei guai. Prima che la situazione si potesse sistemare, Uriel era stata lasciata in strada. Gianna era l’unica che sapesse dove lavorasse Uriel, e quella ragazza seduta da sola al tavolino della caffetteria, le assomigliava molto. In fine Gianna non era mai venuta in quella caffetteria, Uriel pensava che l’amica ormai se ne fosse dimenticata di quel posto di lavoro. Alla fine della giornata Uriel dimenticò della ragazza, e si godette la serata giocando con la figlia, permettendogli di andare a letto all’ora che desiderava. L’indomani la ragazza si era ripresentata alla caffetteria, in compagnia di un bel ragazzo alto, dai capelli scuri e occhi chiari. Si erano seduti nel solito tavolino a fissare Uriel, e per rimanere più del solito avevano riordinato. Il ragazzo aveva afferrato la tazzina, svelando un tatuaggio sul polso, che Uriel riconobbe in un istante. Isaia aveva lo stesso disegno sul suo polso. Uriel si congelò sul posto. Non poteva essere lui, e se fosse lui non l’avrebbe riconosciuta per i molti cambiamenti che Uriel aveva fatto con il tempo. Si convinse che fosse un'altra persona con lo stesso disegno che per puro caso aveva al polso. Anche se troppe cose coincidevano con la sua vecchia vita.

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Capitolo 3
*** capitolo terzo ***


Uriel era uscita dalla caffetteria, e stava andando a prendere Ester a scuola. Assorta nei suoi pensieri, della giornata, alle sue spalle una voce maschile le disse: << ti senti in pericolo? >> e quando si voltò per osservare chi fosse non vide nessuno, Uriel proseguì lungo il marciapiede, attraversò la strada, e per la seconda volta udì la stessa voce alle sue spalle: << non devi avere paura. >> voltandosi Uriel non vide nessuno, e pensò che la stanchezza la stava giocando un brutto scherzo. Accelerò il passo, proseguendo per la sua strada. Qualcosa alle sue spalle l’afferrò, mettendole la mano davanti alla bocca: << non devi sentirti minacciata. Non voglio farti del male. >> ridisse la voce. Uriel si spaventò talmente tanto, che svenne. Due volte si era voltata per Vedere chi fosse, e non aveva visto nessuno, e ora qualcosa l’aveva afferrata in un abbraccio da dietro, facendole perdere i sensi. Uriel si svegliò dopo un paio di ore. Con il cuore in gola, non si ricordava se fosse andata a prendere Ester a scuola. Si trovò distesa su un divano, in una stanza sconosciuta che pareva una sala. Si mise seduta, cercando di ricordare qualcosa. I suoi occhi vagavano per la stanza, trovando gli occhi chiari del ragazzo incontrato alla caffetteria insieme alla ragazza che assomigliava a Gianna. << ti ricordi di me? >> disse il ragazzo, rimanendo seduto sulla poltrona, con aria tranquilla. Tutto coincideva… << is-isaia… >> balbettò confusa, sperando che tutto quello fosse un sogno. Il ragazzo fece un cenno con il volto: << non avere paura. Non voglio farti del male. Volevo…>> il ragazzo si fermò, il suo sguardo per un istante cadde sul tavolino di vetro che li divideva, e poi lì sollevò fissando gli occhi di Uriel: <<… volevo solo vederti. >> Uriel scattò in piedi. Credendo ancora che fosse un sogno. Il ragazzo si affrettò a fermarla afferrarla per un braccio: << ti prego non andare. >> l’implorò. Uriel, fece cadere lo sguardo sulla sua mano, osservando il tatuaggio. Bastò quel tocco per capire che non stava sognando. Le salì il panico, le lacrime le scendevano dagli occhi. Era tutto vero. Aveva davanti a lei Isaia, il padre di Ester, in persona. Era perfetto, come lo ricordava, bellissimo, con occhi intensi. Isaia le sorrise: << mi dai la possibilità di iniziare tutto da capo? >> << non avrei mai immaginato di poterti incontrare. >> parlò Uriel, con timore. << non potrei dimenticare i tuoi occhi Uriel. Li riconoscerei a distanza. >> rimasero in silenzio, ad osservarsi, tra di loro c’era ancora tensione. Uriel non riusciva a parlargli, che cosa avrebbe dovuto dirgli? << volevo solo dirti, che non mi sono comportato da vero uomo con te lasciandoti sola. Quando sono venuto a sapere che i tuoi genitori ti avevano lasciata fuori casa, era troppo tardi per venirti a cercare. Mi di spiace. Scusa. >> Uriel osservò per la prima volta gli occhi di Isaia umidirsi. Qualcosa mostrava che non era più Isaia di una volta, ma era cambiato. << ti stai scusando? >> << si... >> << ora posso tornare a casa mia? >> << no. Voglio passare un po’ di tempo con te. >> << che intendi? >> << devi rimanere con me. >> per Uriel suonava come una dichiarazione, Isaia non era mai stato così profondo con le parole. Non era quello che le interessava, si allontanò controllando tutte le porte e le finestre per uscire da lì, scoprendo che erano chiuse. << calmati. >> le aveva detto Isaia: << non posso rimanere qui! >> << in vece sì. Impareremo ad andare d’accordo. Dammi un solo motivo per non farti stare qui. >> Isaia sapeva della bambina, ma non sapeva che era sopravvissuta, e Uriel non aveva minima intenzione di dirglielo, altrimenti avrebbe scoperto le difficoltà finanziarie, e gli avrebbero tolto Ester. << fammi subito uscire da qui! >> urlò Uriel: << vedo che i tuo attacchi di panico, sono peggiorati in tutto questo tempo. >> disse calmo avvicinandosi. Uriel si lasciò cadere a terra dalla disperazione, e dal panico al pensiero che la figlia si trovasse da sola. Isaia si avvicinò lentamente, si mise in ginocchio davanti a lei, le prese il volto fra le mani, e la costrinse a guardarlo negli occhi: << era da un sacco di tempo che lo volevo fare. >> la baciò. Il tocco caldo delle sue labbra immobilizzò Uriel. Il suo sapore la conquistò, si lasciò trasportare dalla sua fragranza maschile. Per un paio di secondi Uriel non fu in grado di pensare. Il baciò proseguì, in un bacio intimo, le mani di Isaia la accarezzavano dolcemente. Era da molto che Uriel sognava un contatto così intimo con Isaia, l’uomo che per un breve tempo aveva amato alla follia, ed era bastato poco per finire ad odiarlo. Non aveva dimenticato quello che gli aveva fatto passare. Uriel si staccò dalla sua bocca allontanandosi.

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Capitolo 4
*** capitolo quarto ***


Isaia stava preparando la cena. Aveva ordinato a Uriel di stare seduta. In silenzio osservava Isaia muoversi nella piccola cucina attrezzata. Provava per lui ancora qualcosa. Non si sarebbe mai aspettato un bacio da lui. Ancora ci pensava… il bacio era stato così meraviglioso che aveva perso la testa. Uriel non aveva più tentato di andare via da quella casa. Osservò le maniglie delle finestre sbarrate, senza speranza. Sperava che Ester stesse bene la fuori. Le mancava da morire le risate della piccola mentre giocava nel salotto, i suoi sorrisi che le davano forza di affrontare al meglio la giornata. La sua voce delicata che le augurava una buona notte. Uriel a tavola mangiò poco. << così lavori in una caffetteria? >> aveva iniziato a parlare Isaia. << sì. >> mormorò con volto basso: << Gianna mi ha confessato che lavori da molto lì. >> Uriel annui. Lui la osservò un istante, abbandonando la forchetta sul bordo del piatto, prima di cambiare discorso: << ti fai spesso la tinta? Quello non è il tuo colore naturare di capelli, mi ci devo ancora ad abituare a quel colore, ma devo dire che non ti sta male. >> << volevo cambiare aspetto. >> Uriel si toccò i capelli spettinati: << per diventare più donna o nasconderti dalle persone che ti cercano? >> Uriel sollevò il volto: << nessuno mi ha mai cercata. >> << se leggessi i giornali forse sapresti che tua madre ti sta cercando. >> Uriel cercò di ricordare il volto della donna, ma aveva eliminato tutti quei ricordi del suo passato. << ho confessato alla polizia quello che ti ho fatto, e hanno riferito ha tua madre l’accaduto, che si è subito pentita di averti lasciata sola. >> aveva proseguito Isaia. << perché parli di mia madre? >> << tuo padre e morto di infarto appena e venuto a sapere quello che ti è accaduto. >> Uriel abbassò nuovamente lo sguardo. Non riusciva a provare tristezza per la morte del padre. Ma non si sarebbe mai aspettata che qualcuno la stesse cercando, dopo che era trascorso cosi tanto tempo. << qualcuno sa che sono qui? >> chiese Uriel: << solo Gianna. Volevo passare del tempo con te per rimediare prima che la polizia ti trovasse. >> << perché vuoi passare del tempo con me? >> le aveva domandato Uriel: << perché ti voglio stare vicino, e una cosa che mi sento in dovere di fare. >> << non sei costretto. >> << lo so. Ma volevo darti tutto l’affetto che in passato aspettavi da me. >> Uriel finì il suo pasto in silenzio, senza aggiungere altro alla conversazione. Avevano finito di mangiare, e Isaia iniziò a ritirare la tavola: << sono stanca. >> << puoi dormire in quella cameretta. >> Isaia indicò una stanza difronte alla cucina, Uriel si affrettò di raggiungere. Uriel si lasciò cadere sul letto. Si sentiva depressa, aveva avuto troppe notizie che l’avevano scossa, e trovarsi distante da Ester non migliorava il suo umore. Uriel liberò le lacrime, pensando se fosse il caso di confessare a Isaia che sua figlia era viva.

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Capitolo 5
*** capitolo quinto ***


<< se io ti porto da lei, mi prometti che rimarrai con me? >> aveva chiesto Isaia, sorpreso alla notizia che Uriel le aveva confidato riguardo sua figlia: << perché vuoi prenderti questo impegno? >> le aveva risposto Uriel: << perché ho perso troppo tempo a divertirmi, e ora che prenda le mie responsabilità. Voglio essere un padre migliore per mia figlia, e un ottimo fidanzato per te Uriel. >> aveva mormorato: << non so se Ester si trova dove penso io. >> si rattristì Uriel: << starà bene vedrai. Andiamo a prenderla. >>. Pochi minuti dopo, Uriel e Isaia erano seduti in auto in viaggio. << non mi hai ancora promesso se rimarrai con me. >> disse Isaia, concentrato nella guida: << che cosa accadrà se accetterò? >> chiese preoccupata Uriel: << che ti amerò. >> gli occhi chiari di Isaia la guardarono per un secondo. << un tempo hai cercato di amarmi ma non ha funzionato. >> << questa volta sarà diverso. Ci metterò più impegno. >> la rassicurò. Tutti meritavano una seconda possibilità, Uriel sperava che accettare, non significasse avere un’altra delusione. << ok. Resterò con te. >> Uriel era davanti al cancello della sua casa. Ester sapeva ritornare a casa da scuola da sola, era già successo che dovesse tornare da sola. Ma le chiavi di casa che aveva nella borsetta? Isaia le passò le chiavi di casa che custodiva lui: << erano nella tua borsa. >>. Uriel prese le chiavi e aprì il cancello dell’entrata. L’appartamento era al buio, tutto era rimasto come Uriel aveva lasciato: << Esty? >> la chiamò con il diminutivo: << Esty sono io. >> la chiamò Uriel. La bambina saltò fuori dal dietro al divano: << mamma! Sei arrivata. Ho avuto tantissima paura. Non lasciarmi più sola. >> la bambina esplose in lacrime mentre le correva contro abbracciando Uriel: << non lo farò più, te lo prometto. >> << mi dispiace Ester, e stata colpa mia. >> li interruppe Isaia. La bambina osservò il ragazzo al suo fianco: << chi sei? >> la bambina si asciugò le lacrime con il dorso della mano: << mi chiamo Isaia. Sono tuo padre. >> le confidò, ginocchia dosi davanti alla bambina, guardandola: << mi hai lasciata sola. Tu non sai quanto hai fatto soffrire la mamma. >> << lo so. Ti prometto che d’ora in poi la renderò felice, e non solo lei… >> Isaia abbracciò la figlia, e le sussurrò nell’ orecchio: << mi farò perdonare in qualsiasi modo. >>.

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