It's definitely not me.

di Zapt
(/viewuser.php?uid=842561)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio nome ***
Capitolo 2: *** Bardo? ***
Capitolo 3: *** Lingua unificata?!? ***
Capitolo 4: *** Scrittura ed economia ***
Capitolo 5: *** Finalmente cibo! ***
Capitolo 6: *** Maths. ***
Capitolo 7: *** Fiducia ***
Capitolo 8: *** Introspezione. ***
Capitolo 9: *** Il biglietto ***
Capitolo 10: *** Prestito ***
Capitolo 11: *** Cavalcature? ***
Capitolo 12: *** Frecce eteree ***
Capitolo 13: *** La fuga ***
Capitolo 14: *** Battaglia ***
Capitolo 15: *** Me? Anzi, lui? ***



Capitolo 1
*** Il mio nome ***


Due occhi chiari mi guardavano attraverso le lenti di un paio d'occhiali posati sul naso.
Un'anziana dagli abiti fuori tempo e dall'espressione stupita mi stava fissando.
I lunghi capelli grigi raccolti in una treccia che arrivava quasi a strisciare il terreno, la pelle rugosa e imperfetta.
Qualcosa risuonava a basso volume nella mia testa, ero troppo stordito per identificare cosa fosse.
Pareva la colonna sonora di un videogioco, ma non mi ero addormentato con le cuffiette.
Stringevo le coperte altrettanto stupito, fissando il soffitto legnoso e scosceso completamente differente da quello di casa mia.
Anche la morbidezza del materasso era diversa e ad ogni mio minimo movimento produceva scricchiolii.
La sera prima indossavo un pigiama blu piuttosto comodo e leggero, in quel momento sentivo il torace nudo e le mie gambe coperte da un tessuto simile a tela.
Abbassai lo sguardo sul mio busto che pareva diverso, un po' più atletico e poco più voluminoso, non per la ciccia ma probabilmente per qualche muscolo.
Presi a fissare la nonnetta che non avevo mai visto in vita mia.

« Oh giovanotto, ti sei svegliato finalmente! »

Disse lei, sorridendo.
I suoi denti erano parecchio rovinati, sembrava che non fosse mai andata dal dentista.
Feci un commento simile nella mia testa, dando per scontato che esistessero i dentisti ovunque io fossi finito.
Non parlai, e dopo qualche secondo lei continuò:

« Ti ho trovato svenuto nella foresta mentre raccoglievo funghi, allora ho pensato di portarti qui finchè non ti saresti ripreso. »

"Ah.. figo.. questa storia mi sembra di averla già letta in qualche gioco fantasy. Era abbastanza simile.. poi alla fine si scopre che lei aveva tipo perso un nipote e quindi essendo che il protagonista le ricordava lui lei lo aveva aiutato."

Lei riprese a parlare con la sua voce piuttosto rauca e rovinata.
Non sembrava troppo anziana in realtà, avrà avuto una settantina d'anni, come mia nonna.
E parlava tanto, ma tanto, come mia nonna.

« Puoi chiamarmi nonna se vuoi.. »

Era leggermente curva, pareva avere problemi di schiena.
Infatti si sedette poco dopo su una sedia, una sedia particolarmente vecchio stile.

"E' tutto vecchio stile qua.. un'amante del vintage? Ma.. anche per quanto riguarda i vestiti?"

C'era uno specchio a muro dall'elegante e raffinata cornice in legno.
Era legno piuttosto scuro, intagliato nei minimi particolari.
Ci misi un po' a constatare che il corpo in cui ero in quel momento non era il mio.
Certo, era di un ragazzo, ma non riconoscevo quasi nulla dei miei tratti.
I capelli rossi, mossi e piuttosto lunghi, gli occhi chiari, il viso pulito come se mi fossi appena rasato.
Una carnagione pallida, tanto pallida, più di quanto non lo fosse già nel mio vero corpo.
I tratti più da adulto, circa da ventenne.

"Cosa cazzo..."

Pensai, parecchio confuso.
Non che mi dispiacesse, ben inteso, ero piuttosto figo.
Mi preoccupava piuttosto che mi fossi di colpo svegliato in un posto che non conoscevo con gli occhi di un'altra persona.
Non stavo parlando non perchè non avessi cose da chiedere, ma perchè avevo paura di avere una voce diversa.
Sapevo per certo che la mia voce sarebbe suonata strana a me in primis quindi per non parlare in modo strano mi presi i miei cinque minuti per calmarmi e per realizzare la situazione.
Poco dopo presi a parlare, anche un po' per curiosità.

« E-Ehm.. la ringrazio per tutto.. »

Mantenni un tono piuttosto formale, non volevo sembrare sgarbato nonostante lei mi avesse concesso confidenza chiedendomi di chiamarla nonna.
Per fortuna la voce non aveva subito troppi cambiamenti; era chiaramente diversa ma perlomeno era piacevole.
Di sicuro ci avrei dovuto fare l'abitudine, un timbro diverso ma sempre piuttosto profondo.
Sospirai per vedere quanto fiato avevo in quel corpo, era solo una scusa per nascondere il fatto che fossi spaventato e avevo bisogno di calmarmi respirando a fondo.

« Posso sapere.. dove siamo..? »

Chiesi poi, sempre cauto.
Non avevo la più pallida idea di dove fossi stato catapultato.
L'arredamento era molto diverso da quello dei miei tempi, l'ipotesi di un'amante del vintage era oramai scartata considerando le circostante.
Mi sarei aspettato di tutto oramai, ero arrivato a sentire una colonna sonora nella mia testa.
Era abbastanza piacevole, certo, ma non ne intuivo il senso nè tantomeno la provenienza.
Mi sentivo come in un gioco di ruolo ambientato nel passato e in un mondo fantasy.
In realtà non avevo ancora visto nulla di fantasy, ma è bello pensare che le cose se pensate con intenzione possano avverarsi.
Decisi di evitare di pensare ai miei amici ed ai miei genitori, non avrebbe fatto altro che mettermi angoscia e non potevo permettermi di deprimermi in un momento simile.
L'anziana signora si alzò e prese dal tavolo una carta geografica.
Curva come suo solito la poggiò sul letto, non costringendomi ad alzarmi ma bensì mettendola sulle mie gambe distese.
La cartografia era molto simile a quella del mondo reale, ma questo solamente in fattore di simbologia.
Le terre rappresentate erano difatti molto differenti; venivano anche raffigurate delle isole volanti.
Sul momento mi venne da ridere, ma mi trattenni per non sembrare maleducato davanti alla signora che si era scomodata a mostrarmi un planisfero.
Indicò su un punto della mappa, un punto davvero minuscolo che recitava "Regno di Aerandir".
Pareva avere sbocchi sul mare ed essere piuttosto importante nonostante la sua minuscola estensione territoriale.
C'erano poi distinzioni più evidenti e delle aree, come fossero degli enormi stati.
Dominio degli elfi, dominio degli gnomi, dominio dei mezzi gatti, dominio dei nani, dominio dei goblin, dominio degli orchi, dominio dei dragoviani, dominio delle fate.
Le unità di misura non erano quelle del mondo reale; feci molta fatica a farmi un'idea della vastità dei continenti.
Non venivano citati gli umani.
Cosa ci facevo io, umano, in un mondo simile? E soprattutto, perchè anche la nonnetta aveva sembianze palesemente umane?
La vista in quel corpo mi piaceva molto di più; non aveva decimi in meno e mi sembrava di aver addosso degli occhiali ancora più potenti di quanto non fossero quelli che dovrei portare nella vita reale.
Eravamo nel dominio degli elfi, quindi sarebbe stato plausibile trovarsi davanti una nonnetta elfa.
Le orecchie erano probabilmente la parte del corpo che più trascuravo mentre cercavo di descrivere una persona nella mia testa; inizialmente infatti non notai le due orecchie a punta della mia soccorritrice.
Peraltro non erano molto evidenti come si vedono nei film, forse anche perchè erano coperte dai capelli.

«  Ah.. capisco.. mi scusi, non sono di queste parti. »

Strano, non si era articolata in uno spiegone sulle leggende locali di eroi e bla bla bla, tutta quella roba da romanzi fantasy.
Forse non parlava quanto mia nonna, era solamente impaziente di presentarsi.
Dopo che ebbe riposto la carta e si fu dinuovo seduta, riprese ancora una volta a fissarmi.
Riuscii a intuire che quando mi fissava poco dopo mi avrebbe chiesto qualcosa.

« Ragazzo.. qual è il tuo nome? »

"He..hehe.. e ora che dico? Beh, non credo di avere documenti o stronzate burocratiche addosso, quindi posso anche farmi chiamare come mi pare."

Mi sentivo come un padrone che doveva scegliere un nome al proprio cane.
Di fatto non mi apparteneva quel corpo, quindi stavo effettivamente scegliendo per qualcun altro.
Faceva parecchio strano poter scegliere il proprio nome nella vita reale, sembrava l'inizio di Dark Souls 2 dove ti viene chiesto dalle anziane signore se riuscivi a ricordarti il tuo nome.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Bardo? ***



<< Phi.. >>

La mia voce echeggiò insicura nella mansarda, con tono quasi interrogativo, come se nemmeno io fossi sicuro di quel che stavo dicendo.
Ero abituato ad essere chiamato con molti nomi online, tanto da non preoccuparmi nemmeno più di con che appellativo le persone si rivolgessero a me.
Ho sempre preferito avere un nome corto e facile da chiamare, così da non dovermi annoiare con persone formali che tendevano a chiamarmi con il mio nome completo.
Decisi di puntare quindi all'efficienza in un'eventuale battaglia epica contro draghi, mostri e blabla quella roba da fantasy.
Era tutto piuttosto semplificato in quel mondo da quel poco che avevo visto; riuscivo a parlare con loro nonostante probabilmente non sapessero nemmeno lontanamente cosa fosse l'Italia, tantomeno l'Europa.
Avevo tanto da scoprire, era solamente il primo tassello di un enorme puzzle che mi sarei creato alla fine di quel viaggio.
Ammesso che ci sarebbe stata una fine in alternativa alla morte.
La cosa mi fece deglutire e sentire a disagio, non avevo messo in conto quanto facile fosse morire nei mondi fantasy.
Avevo letto un sacco di storie di questo genere, nelle battaglie muoiono sempre un sacco di soldati e accadono carneficine fra popoli.
Imposi a me stesso di non ingaggiare combattimenti inutili, non sapevo ancora quanto fosse forte quel corpo anche se sarei stato capace di difendermi grazie alle nozioni di arti marziali che porto dalla vita reale.
Forse era incorretto chiamare "Vita reale" il mondo da cui venivo, in fondo era anche quello dove ero intrappolato un mondo reale e in piena regola, solamente non volevo rendermene conto.
Avevo fatto la scelta migliore dicendo solamente il mio nome privo di titoli? Forse avrei destato meno sospetti mettendo due parole a cazzo in francese vicino a quest'ultimo così da non sembrare lo straniero ignorante che ero.

« Figlio di..? »

Chiese lei, intenzionata a scoprire di più su di me.
Forse il nome insolito la aveva incuriosita.
Ero davvero incerto sul da farsi.

"Fossi in un film mi sarei già lamentato con la regia.. mi hanno dato una scheda personaggio incompleta, non so nemmeno come si chiama! Potevano almeno darmi un foglietto con scritto le cose importanti!"

Trattenni a stento le risate.
Ero tentato di dire qualcosa come "Figghiu de Calogero sugnu", ma poi sarei stato preso per pazzo.

"Meglio dire che non mi ricordo.. mal che vada pensarà che abbia sbattuto la testa"

Feci finta di esser preoccupato e mi rimisi giù con la schiena nel letto, portandomi le mani sul volto sperando di sembrare disperato.

« Il nome.. di mio padre.. come si chiama.. mio padre.. »

Mi misi a farfugliare come solo io sapevo fare.
Nell'altro mondo molto spesso ironizzavano sul mio modo di parlare; borbottavo sempre, spesso non lasciando capire cosa volessi intendere.
Stranamente la mia testa non funzionava a dovere ed i riflessi erano abbastanza lenti, molto diversi da quelli che ho di solito.
Inoltre si alternavano sensazioni di freddo e di caldo, qualcosa di simile a quando si ha la febbre.
Forse avevo davvero la febbre, se ha detto che mi aveva trovato nella foresta probabilmente sarò rimasto fuori durante la pioggia.
Sarà, più che sarò, non devo considerare questo come il mio corpo.
Tremai leggermente per freddo nonostante fossi imbozzolato fra le coperte.
Lei si alzò nuovamente, venendomi vicino e mettendomi il dorso della mano sulla fronte.
Cambiò discorso probabilmente comprendendo che non riuscivo a ricordare il nome di mio padre.
Era strano, di solito recito parecchio male.

« Cosa ci facevi nudo nella foresta..? Gli dèi non hanno apprezzato il tuo comportamento e ti hanno punito con questa malattia! »

Mi rimproverò, come se fossi io la causa di questo.
Non mi diede fastidio sentire che ero nudo nella foresta, non era il mio corpo quindi non mi importava molto.
Mi scappò da ridere una terza volta sentendo che la febbre fosse opera degli dèi.
Nonna, scusami, ma siete un po' indietro sulla medicina.

"Ora che ci penso.. quanto sono indietro con la tecnologia? E con la scienza? E con la musica?"

Ebbi come un'illuminazione facendo quel ragionamento.
La musica; forse alcuni strumenti non erano ancora stati inventati, forse la musica stessa era ancora ad uno stato embrionale.
Sarei potuto essere il bardo che ho sempre sognato di essere.
Non ci sarebbe voluto molto per costruire una chitarra improvvisata, potevo rivolgermi ad un artigiano disegnandogli la forma della chitarra e spiegandogli più o meno come era fatta.
Per quello però mi servivano soldi, essendo stato trovato letteralmente nudo nella foresta sono sicuro di non avere il becco di un quatrino.
Non sentendo alcuna risposta perchè ero rapito dai miei pensieri fantasiosi, continuò come per aggravare le sue accuse:

« Per giunta in una notte di luna piena! Lo sai che rischi si corrono, no? Sei giovane ma abbastanza maturo per conoscere il mondo! »

Nonna, scusami, non conosco questo mondo.
Cercavo di cogliere informazioni da quelle domande; arrivai all'ipotesi che nell'oscurità di una notte di luna piena si celavano creature pericolose, o qualcosa di simile.
Pensai ai licantropi, trovandoli perfettamente adatti ad un contesto fantasy.
Magari qualche roba tipo "Se vieni morso da un licantropo contrai la licantropia" o stronzate simili.
Le definii inizialmente come stronzate, poi mi resi conto di quanto attuali fossero in quell'epoca.
Qualora fosse realmente esistita la licantropia, in quella realtà l'avrei dovuta prendere sul serio e non più come una storia di fantasia.
Dopotutto, avevo davanti a me un'elfa, nulla era impossibile.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Lingua unificata?!? ***


La scusa di aver perduto la memoria era una buona giustificazione a buona parte dellamia insicurezza nel rispondere.
Probabilmente lei non si sarebbe fatta troppe domande sul come l'avessi persa, considerando che nemmeno io ne ero a conoscenza.

«  Vedi.. nonna.. ho perso la memoria. »

Risposi, chiamandola come lei mi aveva concesso.
Mi rincuorava avere qualcuno da chiamare nonna, anche se non era altro che una sconosciuta.
Non mi sentivo minimamente a casa in quel posto, per quanto avessi sognato da tempo di entrare in un mondo simile.
Non riconoscevo nulla della mia realtà; sarebbe stato di sicuro difficile abituarmi e ci sarebbe voluto molto tempo.
Era strano a dirsi, ma avrei avuto bisogno di qualche amico, non tanto per la solitudine quanto perchè in un mondo simile la cosa più conveniente è fare gruppo.
Nonna stava pulendosi le lenti degli occhiali che portava, non parve shocckata dalla mia affermazione.

« Posso prendermi cura di te finchè non ti sarà tornata la memoria.. non preoccuparti. »

Ah, okay, meglio del previsto.
Forse era davvero come quelle signore anziane che hanno perso i nipoti in guerra e colmavano la loro mancanza trattando come tali persone bisognose.
O forse era solo una mia supposizione e qualche nipote si sarebbe fatto vivo da lì a poco.
Nelle storie era sempre così, le nonnette avevano sempre il nipotino carino e coccoloso imbranato come pochi.
Sorrisi in ogni caso, girandomi sul lato in modo da stare disteso più comodamente.
Sarei voluto uscire per vedere la città degli elfi, ma in quel momento non ero fisicamente idoneo a muovermi dal letto.
Per giunta non sarei potuto uscire a torace scoperto, anche se il fisico atletico del corpo che ospitavo me l'avrebbe reso passabile.
L'anziana signora si alzò dalla sedia, avviandosi verso le scale che conducevano al piano di sotto.

« Se hai bisogno di qualcosa chiamami, mia nipote probabilmente vorrà conoscerti quando saprà che sei sveglio. »

Ecco, appunto, ha dei nipoti.
Annuii sempre sorridendo in maniera un po' stanca, non lo facevo apposta, ero deboluccio in quel momento.
Poi realizzai meglio cosa stava accadendo.
Forse avrei potuto vedere una giovane elfa in carne ed ossa.
Anzi, era quasi sicuro, ma la curiosità mi avrebbe impedito di riposare, quindi preferii illudermi che sarei potuto crepare da un momento all'altro per quella "punizione divina".


[...]


Dei passi lacerarono il silenzio tombale che si era creato nella stanza dove riposavo.
Le scalinate erano di sicuro in qualche materiale simile al legno; il suono riconduceva a quello.
Aprii gli occhi per non sembrare dormiente e aspettai per vedere chi stava salendo le scale.
Poco dopo vidi pararsi davanti a me una figura femminile piuttosto bassa, dalle forme non molto prosperose e dai capelli lunghi e neri.
Erano raccolti in parte in una treccia, non parevano troppo curati.
Aveva le orecchie da elfa,  ma non aveva nient'altro che ricordasse quella razza.
Le sue iridi erano cremisi, assolutamente diverse da quelle chiare della nonna.
La pelle pallida, come se a malapena venisse sfiorata dai raggi del sole.
Aveva addosso una veste nera con molti ricami dello stesso colore degli occhi, nonostante avesse un aspetto un po' cupo nel complesso era una vista ugualmente piacevole.
Anche se non aveva un abito scollato, era facile notare che portava qualcosa al collo, probabilmente una collana.
Per non fare la figura del completo rammollito, mi alzai con il torace e la salutai con un cenno del capo ed un sorriso.
In effetti non sapevo se si usasse salutare con un cenno del capo, ma lo feci istintivamente.
Dal suo viso aveva più o meno l'età del corpo con cui stavo vivendo, mi venne naturale prendere confidenza.
Parve irritata da qualcosa, non capii se dal cenno con il capo o dal sorriso.

« Mettiti qualcosa addosso, sbruffone! »

Mi parve di vedere per un attimo qualcosa di etereo arrivarmi addosso.
Mi lanciò letteralmente addosso un panno che c'era su un tavolo vicino alla finestra, presumo fosse usato per lucidare quest'ultima.
Non ci azzeccai per nulla, era irritata dal fatto che fossi a torso nudo.
Era così tanto sconvolgente? Mi ricordavo di battaglie piene di uomini senza maglia in ambito fantasy.
Forse non era il modo migliore per iniziare il primo dialogo con una persona.

"Di solito nei giochi la prima persona che incontri ti segue per tutto il viaggio, essendo che la nonnetta fisicamente non potrebbe seguirmi per mezzo mondo credo sia lei la 
spalla"


Ragionai successivamente.
Era troppo difficile non pensare a quel mondo come un gioco, un qualcosa dove era tutto programmato e scontato.
In ogni caso, dovevo rimediare alla situazione velocemente e, vedendo che la confidenza non le mancava, feci una classica uscita delle mie.

  « Come pretendevi che potessi prevedere l'arrivo di una donzella ? Per giunta nessuno mi ha dato altri vestiti, preferisco farmi vedere senza maglia che steso nel letto come un debole. »

Dovevo entrare nella parte del figo dopotutto, sennò non mi sarei mai sentito a mio agio in un mondo simile.
Da quel che avevo letto l'onore era importante, tanto importante, quindi dovevo anche io abituarmi a pensare in quei termini.
A sentire quella risposta lei rise, il suo viso da aggressivo divenne molto più sereno e amichevole.
Forse si aspettava che fossi un idiota, addormentarsi nudi nel mezzo della foresta non è da tutti.
Io non riuscivo ancora a credere che lei fosse la nipote di quella signora, non si assomigliavano nemmeno lontanamente.
Ma non erano importanti i legami di sangue in quel momento; avevo ben altro che mi 
ronzava nella testa.
Sapevo per qualche motivo parlare con gli elfi, ma sarei stato capace di scrivere la loro 
lingua?
Forse era solo un enorme incantesimo ad area che rendeva possibile la comunicazione, illudendomi che quella fosse la loro vera lingua.

 « Nonna mi ha detto che ti chiami Phi.. non avevo mai sentito un nome simile. Io sono Elysiel, di solito dormo qua.Esattamente in quel letto che stai occupando come se nulla 
fosse. »


Nome facilissimo, intuitivo e semplice da ricordare, come tutti i nomi degli elfi.
Temevo di doverglielo chiedere una seconda volta, quindi me lo ripetei in testa più volte in modo da non dover fare figuracce in futuro.
Lei si era appoggiata alla balaustra in legno che sporgeva dalla scala e giocherellava con un orecchino.
Mi fissava con uno sguardo piuttosto seccato, come se fossi di troppo in quel posto.
In effetti lo ero, ma non avevo scelto io di reincarnarmi in un altro mondo venendo trovato da una nonnetta.

« Toglierei volentieri il disturbo se solo avessi qualche spicciolo. Vorresti mandarmi per strada con questa febbre? »

A quanto pare potevo rispondere a tono senza offendere nessuno.
Quella ragazza aveva un bel caratterino, qualcuno che avrei volentieri avuto al mio fianco.
Ricambiai lo sguardo seccato, anche se ero quasi sicuro che nessuno dei due fosse davvero infuriato con l'altro.
Vidi con la coda dell'occhio una figura astratta che saliva le scale e spariva subito dopo.
Solo la mia immaginazione, non c'era altra spiegazione, la febbre mi stava facendo un brutto effetto.


« Non so cosa tu intenda con questa "Febbre", ma non è affar mio se hai perso tutti i sol.. »


Dei passi echeggiarono al piano di sotto, passi su quella scala che oramai ero quasi sicuro fosse di legno.
Lei stava alzando i toni con quell'ultima frase, ma si interruppe appena sentì quei rumori sordi.
Nonna stava salendo, probabilmente voleva farsi vedere educata e cortese davanti a lei.
La giovane elfa tossì due volte per spezzare il silenzio che si era creato.
La nonna salì le scale lentamente e curva come suo solito, ridacchiando e appoggiandosi ad un tavolo con il fiatone per aver fatto le scale.
Non ero mai uscito da quella stanza, non avevo idea di quanti gradini ci fossero di sotto, forse erano parecchi.

« Vedo che andate d'accordo.. era da un po' che non sentivo la mia nipotina parlare con tanta energia. »

Eh sì, d'accordo è un parolone.
Ma non importava più di tanto, avevo regalato involontariamente un sorriso alla persona che mi aveva soccorso e quindi sentivo dentro di me di aver saldato una minima parte del debito che avevo nei suoi confronti.
Elysiel nonostante sembrasse seccata era apparsa divertita dalla situazione di prima, tuttavia tornò cupa come quando era entrata in quella stanza per la prima volta.
Scorsi qualcosa scendere le scale, forse stavo davvero delirando.

« Vado di sotto, nonna ricordati dell'alambicco questa volta. »

Disse evitando sia il mio sguardo che quello di sua nonna, poi scese rapidamente e con passi piuttosto nervosi.
Figo, avevano un alambicco, forse stavano distillando qualche fluido.
Tutto sommato non erano così indietro con la tecnologia, o forse non era un alambicco come lo intendevamo noi.
Forse era solamente un errore di traduzione di quel probabile sistema di unificazione linguistica in un determinato territorio.
O forse ero solamente io che stavo andando troppo oltre con la fantasia.





Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Scrittura ed economia ***


Ero talmente perso nei miei pensieri che non notai il continuo cambio di atteggiamento della ragazza.
Avevo di meglio da pensare in quei momenti.
Sul viso di nonna c'era ancora un sorriso, era davvero così raro vedere sua nipote discutere con qualcuno?
Non potevo permettermi di perdere troppo tempo in quelle faccende, infatti cambiai subito discorso passando ad un registro più serio.

« Potrei sembrare pazzo ma.. come scriveresti "Casa"? »

Mi guardò in maniera strana per un attimo.
In effetti sentire un ventenne chiedere come si scrivesse una parola di uso così comune e così facile poteva sembrare strano ed io ne ero consapevole.
Sapeva però che avevo perso la memoria, quindi in ogni caso non si sarebbe fatta troppe domande.

« Guarda.. così »

Passò il dito sul tavolo, privo di qualsivoglia colorante o pittura.
Mi alzai dal letto per vedere la parola scritta sul tavolo.
Faceva davvero strano camminare su quelle gambe, portavano un peso non troppo diverso ma davano comunque una sensazione diversa.
Su quest'ultimo fu scritta la parola casa in elfico, apparendo totalmente illeggibile.
La scriveva con naturalezza, era chiaro che per lei fosse normale collegare quei simboli alla parola casa.
Evitai di farmi domande su come fosse riuscita a generare una scritta verde che emanava luce propria.
Era di sicuro qualche potere degli elfi.
Il perchè dovessi muovere un personaggio privo di potere magico mi sfuggì, credo fosse semplice sfortuna.
Però ero un figo, il che compensava l'esser senza ulteriori vantaggi.
Non fui troppo sorpreso nello scoprire che effettivamente stavo parlando elfico nonostante in realtà stessi pensando ed emettendo suoni nella mia lingua madre, l'italiano.
Sarà una di quelle meccaniche da giochi fatti male, dove personaggi di etnie totalmente differenti interagiscono fra di loro senza doversi fare problemi con la lingua.

« Temi di esserti dimenticato come si legge e scrive? »

Disse lei in tono scherzoso, aggiustandosi gli occhiali.
Era un enorme problema, e con enorme intendo davvero enorme.
Per quanto noi tutti diamo per scontato l'esser capaci di leggere e scrivere in quanto fondamentale nella vita di tutti i giorni, in quel caso non sarei stato in grado di leggere nemmeno un'insegna di un negozio.
In qualche maniera me la sarei cavata, ad esempio trovando una persona disposta a leggere ed a scrivere al posto mio nei casi di necessità.
Esclusi la possibilità di imparare la lingua locale; non sapevo quanto tempo sarei stato in quel mondo e non avrei di sicuro avuto il tempo di imparare una nuova lingua.
Per giunta, probabilmente erano finiti i giorni di vita da liceale, l'istruzione in mondi simili era riservata solo a poche persone, la maggior parte del popolo si occupava di mansioni umili per il bene della collettività, molte di queste non richiedevano altro che conoscenza artigianale tramandata da padre in figlio.
Insomma, dovevo sbrigarmi a guarire da quella febbre.
Iniziavo ad avere dubbi sul fatto che effettivamente fosse febbre; Elysiel non aveva idea di cosa fosse quando l'avevo nominata.
Wow, mi ero davvero ricordato quel nome.
O aveva un nome differente oppure c'era stato qualche errore nella traduzione in elfico.
Smisi di riflettere perchè mi dispiaceva lasciare nonna sulle spine .

« Proprio così.. sarà un problema.  »

Mentii, non avevo mai imparato a leggere un alfabeto così strano.
Pensai che ogni razza avesse la propria lingua ma che per qualche strano motivo fossi in grado di parlarci indistintamente.
Sarebbe stato molto comodo per il commercio, ma piuttosto inutile considerando quanto i contratti scritti siano fondamentali in accordi commerciali.
Lei parve davvero preoccupata in quel momento.
Probabilmente leggere e scrivere veniva dato per scontato anche in un mondo simile.
Forse lo insegnavano i genitori o c'erano delle scuole gratuite nei villaggi per insegnare ai bambini a leggere ed a scrivere.
Con buone probabilità quando le dissi di aver perso la memoria aveva pensato ad una perdita parziale, cioè solo di alcune informazioni. In quel momento avevo dimostrato di non sapere davvero nulla di quel mondo.
Stavo iniziando a valutare di rivelare la verità, avevo un po' paura della reazione che avrebbe potuto avere.
Non si sa mai come possa reagire gente con convizionzioni assurde che riguardano anche il divino 

« Ragazzo mio.. come pensi di andare là fuori senza nemmeno saper leggere un cartello dei prezzi di un negozio?  »

Ah, la valuta locale, vero.
Me ne stavo quasi dimenticando.
Sì, la situazione era piuttosto grave, non era così bello come pensavo essere catapultati in un mondo completamente nuovo.
Le civiltà si sono evolute in modo molto differente, sviluppando a loro volta usi e consuetudini diversi.
Per fortuna leggendo spesso storie fantasy non ero completamente spaesato.
Mi sedetti sul letto, mi girava ancora un po' la testa.


« In qualche maniera farò.. potresti per favore dirmi che tipi di monete ci sono? »

Domandò, cercando di reperire rapidamente informazioni.
L'anziana signora si preoccupava ad ogni mia domanda sempre di più.
Stava davvero iniziando a credere che l'unica cosa che mi ricordassi era il mio nome.
Sospirò, sedendosi sulla solita sedia vicino alla balaustra in legno.

«  Monete d'oro, monete d'argento e monete di rame. Cento monete di rame fanno una moneta d'argento, cento monete d'argento fanno una moneta d'oro.  »

Ah, classico, lineare, pensavo peggio.
Credo di aver giocato a qualche videogioco con valute simili.
Mi sarei abituato in poco tempo.

« Capisco. Dove vengono esposti i prezzi della merce e il suo andamento di mercato? »

Chiesi andando ancora più nello specifico.
Ero un aspirante ragioniere nella vita reale, l'economia era uno dei miei campi preferiti.
Lei però si tirò su gli occhiali con un gesto dell'indice, ridacchiando a bassa voce.

« Giovanotto, stai andando troppo nello specifico. Dovresti rivolgerti ai commercianti locali per avere informazioni così settoriali. »

Fossimo stati in un gioco mi sarebbe apparsa la quest "Trova informazioni sulla borsa locale", ma essendo che quella non era che una realtà alternativa non apparve nulla di simile.
Nella mia testa però me lo immaginai e sorrisi, era divertente pensare a tutto quello come una grande messa in scena.
Ero debole e bla bla, lo sapevo benissimo, ma sentivo la necessità di impugnare una spada.
Non avevo intenzione di combattere, ma dovevo vedere quanto quel corpo fosse abituato a certi movimenti delle spalle necessari per caricare un fendente.
Mi alzai dal letto una seconda volta, sgranchendomi le spalle con movimenti lenti e circolari.
Ero ancora senza maglia, nonostante non facesse freddo avrei preferito mettermi qualcosa addosso.

« Potrei avere.. una maglia qualsiasi? E anche qualcosa da mangiare, prometto di ripagare tutti i debiti quando ne avrò la possibilità.  »

Odiavo indebitarmi.
Era come un enorme orologio mentale che ticchettava ogni secondo, ricordandomi che avevo ancora qualcosa da concludere, avevo dei soldi non miei in tasca e dei vestiti non ancora pagati addosso.
In quel caso non avrei potuto fare altrimenti, per investire bisogna sempre avere un patrimonio di partenza da impiegare.
Un brivido mi percorse la schiena, ricordandomi che avrei fatto meglio a stare a letto.
Ignorai quel messaggio del corpo, nonna si era già alzata e poggiando una mano sul mio braccio mi disse:

« Una nonna non farebbe mai indebitare suo nipote con lei.. niente debiti in famiglia. »

Era molto più bassa di me, in effetti la media dell'altezza da quel poco che avevo visto era piuttosto bassa in famiglia.
Ad occhio e croce in quel corpo ero alto più di un metro e ottanta , parendo quasi un gigante in confronto a loro.
Avrebbe probabilmente voluto mettermi la mano sulla spalla, ma con la schiena curva non poteva fare sforzi.
Sorrisi a quella risposta. Mi trattava davvero come un familiare.
Mi sentivo un po' in colpa, mi sembrava di approfittare della gentilezza di quella donna fantastica.
Con la coda dell'occhio vidi qualcosa scendere le scale.
Forse erano degli spiriti che vivevano in quella casa, non mi sarei stupito più di nulla.
Poco dopo anche nonna scese le scale, tornando poco dopo con una maglia di tela che sembrava fatta su misura per me.
Forse aveva preso le misure quando stavo dormendo, oppure per caso aveva una maglia.

« Grazie mille! »

Esclamai, indossandola.
Confermai la scioltezza delle spalle di quel corpo, era sicuramente abituato a fare esercizio fisico.
Anche le braccia erano più possenti rispetto alle mie, dovevo farci l'abitudine.
Non ero abituato a tessuto così ruvido a diretto contatto con la pelle.
Per i pantaloni ci avevo già fatto l'abitudine, non restava che farcela anche con la maglia.
Nell'altra mano aveva portato un asciugamano, non avevo idea di dove mi sarei potuto lavare in un'epoca simile.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Finalmente cibo! ***


Non mi aspettavo una sorgente termale, ma non mi aspettavo nemmeno dell'acqua gelida proveniente da qualche sorgente montana.
A quanto pare dell'acqua sgorgava naturalmente da una roccia che affiorava nella stanza dalla funzione simile al nostro bagno, per loro era probabilmente la cosa più normale del mondo ma a me parve parecchio strano.
L'acqua calda doveva esserci, solo che per scaldarla ci voleva del fuoco ed essendo la casa letteralmente accostata ad un enorme albero preferivano evitare di mandare tutto a fuoco, fu quello il ragionamento che mi venne più naturale.
In ogni caso di sicuro quella doccia fredda non mi aiutò per nulla a guarire, fu però un pretesto per dare un'occhiata alla casa.
La cosa più particolare è che da una stanza all'altra ci sono scale, tante scale, quasi mai si vedono due stanze alla stessa altezza.
Posso capire che nessuno qua abbia una laurea in architettura, però si sono impegnati parecchio per fare qualcosa di così scomodo.
Altro che barriere architettoniche! Se uno si rompe una gamba per un mese si sposta in funivia?
In ogni caso, era tutto molto ben curato e sulle tinte del legno, c'erano piante ovunque e l'atmosfera era più che piacevole.
Nonna mi aspettava nella sala da pranzo, gli avevo effettivamente chiesto anche qualcosa da mangiare dato che la fame iniziava a farsi sentire.
Mentre scendevo le scale intravidi in una stanza la nipote.
Avrei giurato di aver visto intere montagne di libri sulla scrivania dove era curva a scrivere.
Era la prima volta che invidiavo qualcuno così tanto; faceva male rendersi conto che in quel mondo non sarei più stato in grado di leggere o scrivere autonomamente.
Non è semplice riuscire ad apprezzare queste cose quando si è nell'altro mondo.
Davo per scontato anche l'aver una doccia calda, in poche ore avevo già nostalgia del vecchio mondo nonostante avessi sempre sognato di vivere in un mondo fantasy.
Finalmente, dopo diversi giri a vuoto, arrivai alla sala da pranzo, venendo accolto da nonna che era in piedi a prepararmi da mangiare.
Non c'erano i fornelli, ma quello me l'aspettavo.
Per cuocere si usava una strana fiamma azzurra su cui era appesa una pentola.
Di solito collegavo il fuoco azzurro al fuoco fatuo, ma applicandolo ad un contesto più reale mi sembrava la fiamma simile a quella prodotta dall'accensione del gas.
Considerando le tecnologie di quel mondo, forse era più probabile fosse davvero del fuoco fatuo.
Fuoco fatuo o combustibile dalla precisa composizione chimica che sia, mi tornò alla mente la mia vera nonna.
Anche se lei aveva già mangiato preparava sempre il pranzo quando tornavo da scuola.
Non importa se eravamo in un mondo diverso, le nonne rimanevano fantastiche.
Di norma avrei chiesto qualcosa sull'acqua calda, ma non volli fare il guastafeste quindi mi limitai a sedere al posto apparecchiato.
Dall'odore stava cucinando qualcosa di simile a del minestrone.
Non avevo la minima idea se le verdure fossero state le stesse dell'altro mondo.

« Grazie di tutto davvero.. »

La ringraziai fissando le posate sul tavolo.
Erano molto simili alle nostre, o almeno, il cucchiaio lo era.
Lei ridacchiò, mentre metteva nel piatto il contenuto del recipiente scaldato sul fuoco.

« E di che? Lo faccio volentieri! »

Rispose come avrebbe risposto anche mia nonna.
Era una pietanza verdastra, dal profumo che ricordava una passata di verdure.
Mi andava proprio qualcosa di caldo dopo quella doccia fredda, la febbre per fortuna sembrava essermi scesa.
Poggiò il piatto davanti a me.

« Hai voglia di portarlo a mia nipote..? In questi giorni la schiena mi sta facendo dannare, vorrei evitare di fare nuovamente le scale. »

Avrei dovuto portarlo a Elysiel?
Non era un problema fare qualche scalino in più, piuttosto non capivo perchè dovesse far fare le scale a sua nonna al posto di venire a prenderselo da sola.
Potevo resistere per qualche minuto; non stavo morendo di fame ed era il minimo che potessi fare per ricambiare tutta la gentilezza che mi aveva offerto gratuitamente.
Non avevo idea di che ore fossero e soprattutto non avevo idea di come fosse strutturato il sistema di calcolo temporale.
Prima o poi avrei scoperto tutto, semplicemente non dovevo essere troppo curioso.

« Certo, vado e torno. »

Afferrai il piatto con due mani, era piuttosto profondo ed adatto a contenere un passato di verdura.
Nonna mise dentro un cucchiaio, effettivamente sarebbe stato scomodo mangiarlo senza posate.
Non era nemmeno troppo pieno, una porzione piuttosto ridotta rispetto a quanto ne mangiavo di solito.
Questo però mi rincuorò, almeno non rischiavo di versarlo per le scale.
Feci mente locale per ricordarmi dove fosse la stanza della ragazza e ci tornai senza sbagliare strada.
Ero sicuro perchè mi ricordavo di una pianta infestante che avvolgeva il corrimano della scala all'altezza di quel piano.
La porta era chiusa, forse prima l'aveva semplicemente dimenticata aperta.
Bussai, anche se non ero certo che fosse di consuetudine in quel mondo.
Dopo qualche secondo sentii dei passi e lei aprì la porta con un gesto secco che mi fece sobbalzare.
Già quando mi aveva tirato quel panno in camera intuii che non fosse l'emblema della femminilità, ma in quel momento ne ebbi la conferma.
Aveva un libro nella mano destra e pareva più interessata a quest'ultimo che a me, dato che il suo sguardo non si spostò da esso finchè non mi schiarii la voce per attirare la 
sua attenzione.

« Tua nonna ti ha preparato questo, mangi qua? »

Sorrisi nel tentativo di non venire mangiato vivo dal suo sguardo severo.
Nonostante mi arrivasse all'altezza delle spalle riusciva comunque ad inquietarmi.

« Sennò non starei aspettando a stomaco vuoto come un'idiota da mezz'ora, certo che mangio qua!  »

Lo stesso tono di prima, un misto fra ironia e nervosismo.
Prese il piatto dalle mie mani e lo poggiò sulla scrivania, poi tornò alla porta, fissandomicome se aspettasse che me ne andassi.
Non dico di essere amichevoli.. però almeno potrebbe tentare di apparire un po' più educata, non le ho fatto assolutamente nulla.
Avevo ancora cose da chiedere e non volevo disturbare nonna che aveva già fatto molto per me, piuttosto volevo scoprire di più su quella ragazza.
Era davvero così importante quello che stava leggendo, così importante da non poter nemmeno scendere a mangiare con un suo parente?
Prima o poi avrei scoperto il motivo, ficcanasare mi riesce sempre molto bene.

« Ti dispiace se quando ho finito di mangiare vengo qua? Non ho molto da fare e devo ancora capire tante cose.  »

L'espressione scocciata che era dipinta sul volto della nipote parve addolcirsi almeno un po'.
Distolse lo sguardo, andando ad afferrare la porta con una mano, come se stesse per sbattermela in faccia.
Era una bella porta per giunta, in legno scuro tutto decorato con motivi floreali dorati.
Nulla sembrava lasciato a sè in quella casa, perfino le maniglie delle porte erano curate.

« Tsk, fai come vuoi, basta che ti levi di torno ora. »

L'avevo interrotta quando era nel mezzo della sua lettura.
Non potevo farci molto però, era stata sua nonna a dirmi di portarle quella pietanza.

« Certo, certo..  »

Mi affrettai a scendere giù, doveva essere una cosa veloce.
Sentii la porta chiudersi con un tonfo alle mie spalle.
Beh, almeno non mi aveva chiuso la porta in faccia.


[...]


Mangiai rapidamente la mia porzione che era molto più abbondante di quella che avevo portato ad Elysiel, probabilmente nonna pensava che fossi affamato.
La mangiai volentieri, anche nell'altro mondo mangiavo spesso verdure.
Non riconoscevo i singoli sapori in quanto tutto era amalgamato, però potevo dire con certezza che non c'era nulla di strano al suo interno.
Andai nella stanza con la sorgente d'acqua e mi sciacquai le mani e la bocca, era frustrante non avere nulla di simile ad uno spazzolino ma ci avrei fatto l'abitudine da lì a poco.
Mi diressi verso la camera della ragazza, o almeno quello che sembrava il suo posto prediletto per leggere.
Bussai due volte, aspettando una risposta.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Maths. ***


Una voce interruppe il silenzio.

« Entra pure. »

Disse lei dall'altra parte, invitandomi ad entrare.
Varcai la soglia della porta dopo averla aperta e davanti a me si parò lo stesso scenario di prima, in quel momento però ebbi modo di coglierne i dettagli.
Le pareti in legno grezzo, l'odore tipico della segatura e la luce rarefatta per via della tenda che copriva la finestra.
Adoravo quell'atmosfera, era davvero ispirante per leggersi qualche libro.
A proposito di libri, la scrivania che prima stava cedendo sotto il peso di un'enorme pila di libri era stata sgomberata; quest'ultimi erano stati posti in file più basse a terra.
Elysiel sedeva vicino alla scrivania, accanto ad un tavolino basso che richiamava i colori legnosi della stanza.
Non aveva alcun libro in mano, forse aveva capito che sarebbe stato meglio evitare di iniziare nuove letture poiché in poco tempo avrei bussato.
L'ambiente era piuttosto spoglio, vi erano solo tanti ma tanti libri posti su degli scaffali, oltre a quello non c'era nulla di davvero interessante.

« Strano, mi stavi davvero aspettando?   »

Punzecchiai imitando la sua solita vena ironica e fastidiosa.
Forse era quello il modo convenzionale per parlarle.
Lei ridacchiò, alzando gli occhi al cielo per un attimo.

« Stavo preparandomi psicologicamente a ricevere domande stupide da un idiota. »

La stessa espressione che aveva avuto quando le avevo risposto maluccio in camera era tornata.
Sì, forse quello era davvero il modo più efficace per parlare con lei senza che si innervosisse davvero.

« L'idiota ha probabilmente una preparazione accademica migliore della tua, vuoi forse sfidarmi ?  »

Ero sicuro di quel che stavo dicendo.
Avevo testato le capacità cognitive di quel corpo, erano pari e forse addirittura superiori di quelle del mio corpo reale.
Lo trovai comprensibile; il corpo che stavo occupando aveva un cervello completamente sviluppato, era un po' deludente che non riuscisse a superare di molto il cervello di un ragazzino.
Forse era solamente questione di tempo; non era abituato ad eseguire calcoli di un certo livello.
Bastava ed avanzava per fare il figo in quel mondo con le mie conoscenze, di sicuro la matematica era parecchi anni indietro.

« Ah! Migliore della mia? Dimostramelo! »

Disse, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a me fino a fissarmi negli occhi, forse nel tentativo di intimidirmi.
Fosse stata trenta centimetri più alta ci sarebbe riuscita.
Dovevo solo farci l'abitudine, non potevo dialogare normalmente con quella ragazza.
Probabilmente anche lei stava un po' al gioco, non credo continuasse ad odiarmi.
Era divertente però, adoravo la competizione.

« Mostrami la cosa più difficile che sai fare in matematica.  »

Subito non parve capire, probabilmente in elfico c'era ambiguità fra il termine matematica e qualche altra parola.
Prese un foglio, iniziando a scrivere con nervosismo.
Stava scrivendo una lunghissima serie di operazioni semplici, come moltiplicazioni, divisioni e addizioni senza mettere alcuna parentesi.
Si fermò, iniziando a risolverla.
Riuscii a riconoscere i numeri in quanto erano come quelli arabi, solamente scritti in maniera leggermente diversa.
Ad esempio il 3 aveva un ricciolo inutile sopra, niente di troppo sconvolgente.
Mi sembrava di aver azzeccato il livello culturale medio di quel mondo, soprattutto in ambito scientifico.
La magia aveva reso inutile lo sviluppo delle scienze, molto più limitate in confronto.
Il mio livello di istruzione si fermava alla licenza media conseguita con il massimo dei voti.
Ero felice di essermi impegnato così tanto per studiare il possibile sul mio mondo, così da poterlo portare con me anche quando sono infinitamente lontano da esso.
Se non fossi stato così diligente avrei dimenticato un sacco di concetti scientifici che sarebbero andati perduti per sempre in questo mondo, dato che in questa realtà l'unico libro dove sono scritti è la mia memoria.
Mi sentivo un ambasciatore, volevo portare parte della mia cultura in quel mondo.
Lo ammetto, ho sempre odiato la geografia, ma ora mi pento di non essere stato curioso in quella materia.
Ogni capitale, ogni mare e ogni fiume che mi dimentico è come un pezzo di mondo che sparisce e cade nell'oblio, completamente irrecuperabile.
Avrei tanto voluto scrivere tutto quello che sapevo, tutta la grammatica della lingua italiana, funzionamento di macchinari, composizione chimica degli elementi principali e molto altro.
Faceva male, tanto male.
Avevo paura di dimenticare, avevo paura di non ricordare più le facce di chi mi ha dato tanto amore nell'altro mondo.
Più ci pensavo più diventava spaventoso, il mio mondo esisteva solo nei miei ricordi, in quella realtà non era che un ricordo non cancellato appartenente ad un qualche paradosso spaziotemporale.
Mentre stavo facendo tutti questi ragionamenti lei pareva piuttosto nei casini.
Fissava il foglio con un sorrisetto imbarazzato, forse voleva dimostrarmi la sua bravura ma si era sopravvalutata da sola.
Mi scappò una risata e lei mi guardò come per rimproverarmi, poi abbassò lo sguardo ridacchiando e grattandosi il capo confusa dall'espressione che lei stessa aveva scritto.
Arrossì di poco accorgendosi di aver fatto una figuraccia.
Guardai quella serie di numeri separati solamente da segni.
Finchè erano numeri piccoli e naturali potevo tranquillamente risolverla a mente.
Seguii l'ordine probabilmente casuale che lei stessa aveva scritto e, sorprendendomi del taccuino mentale di cui era munito quel corpo, dissi dopo meno di 10 secondi:

« Fa 15, non era difficile dai, diventa un casino quando vedi più lettere che numeri. »

Lei mi guardò con aria interrogativa, distogliendo subito dopo lo sguardo, forse ancora a disagio per la figuraccia.
Non era mia intenzione sminuirla o che, quello non era che il mio modo di sondare il terreno per capire quanto potessi venir considerato un genio della matematica da quella gente, ammesso che a qualcuno importasse ancora dei numeri.
La matematica era da sempre stato un modo per razionalizzare ogni fenomeno, rendendolo prevedibile, riproducibile e controllabile.
Tutto era regolato da calcoli, nulla escluso.
In un mondo simile dove la magia regnava sovrana era inutile una disciplina simile, credo venisse sviluppata decentemente solo in ambito pratico-economico.
Su una cosa ero sicuro però, niente casini burocratici, fatture e partite doppie per un bel po'.
In ogni caso, mi stavo di nuovo perdendo in ragionamenti come mio solito, 
Credo che lei fosse confusa dal mio contestualizzare le lettere nella matematica.

« Immagina le lettere come delle scatoline.. te devi fare dei calcoli semplificandole tra di loro, senza sapere cosa contengono..  »

[...]


Eh già, quando attacco a parlare di matematica è impossibile farmi smettere.
Andammo avanti mezz'ora o più a parlare di algebra, tentai di spiegarle al meglio cosa si intendesse per monomio e polinomio.
Equazioni e roba varia sarebbe stata roba davvero troppo complicata per lei che non riusciva nemmeno a trasformare una frazione in un numero decimale e viceversa.
Si rese conto di quanto avanti io fossi, e mi fece una domanda più che legittima.

« Ti ricordi a malapena il tuo nome e sei un genio della matematica. Siamo sicuri che tu abbia davvero perso la memoria? »

Scusami cara, vengo da un universo parallelo dove voi esistete solo tra le pagine di un libro.
No, non avrei potuto di certo rispondere in quel modo, anche se avrei voluto.
Peraltro l'esser chiamato genio della matematica mi faceva riflettere su quanto l'abilità di una persona sia sempre relativa ad un metro di paragone; nel vero mondo non ero molto sopra la media, invece lì venivo considerato un pioniere dell'algebra.

« Qua sono un genio, nella realtà in cui esisto davvero non sono che un mediocre "secchione". »

Mi dimenticai per l'ennesima volta del "traduttore".
Di sicuro secchione non era una parola traducibile letteralmente.

« Un secchio.. grosso? Cosa stai dicendo? E cosa sono questi discorsi su una realtà alternativa ?  »

Infatti lei non capii e dovetti spiegargli rapidamente il significato di secchione.
Avevo capito che gli alterati non esistevano nella lingua elfica.
Più che interessata stava iniziando ad avere paura.
Era plausibile, una persona che non si ricorda nulla ti straccia nonostante i tuoi costanti studi della matematica, dicendo di esistere in un'altra realtà e per giunta dicendo di tanto in tanto cose strane.
Lei era la persona che più mi era vicina in quel mondo come amica, mi sarei potuto fidare anche di nonna, certo, ma non sapevo quanto ne valesse la pena di rivelarle la realtà.

« Di che razza ti sembro? »

Domandai, una domanda retorica per farle capire che non appartenevo a nessuna delle razze di quel mondo.
Forse ero simile agli elfi, ma non avevo le tipiche orecchie a punta, tanto meno i classici capelli biondi.
Lei mi squadrò più volte, apparendo sempre più inquieta.
Iniziava ad indietreggiare, come se mi vedesse come un diavolo.
Arrivò a poggiare le mani all'indietro contro la scrivania, appoggiandosi ad essa e non potendo arretrare più di così.

« Mi credi se ti dico che non appartengo a questa realtà? »

La vidi per un attimo con lo sguardo perso nel vuoto, indecisa su cosa rispondere.
L'atmosfera si fece pesante, avevo paura di cosa potesse accadere.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Fiducia ***


Stava probabilmente riflettendo su quanto potesse essere veritiera la mia affermazione.
Dopo aver riflettuto per qualche secondo, annuì senza proferir parola.
Anche avesse scosso la testa, avrei potuto descriverle minuziosamente una centrale nucleare, in modo da farle capire che effettivamente conoscevo tecnologia molto più avanzata della loro e non c'era altra spiegazione se non una realtà parallela.
Sorrise subito dopo, facendo qualche passo verso di me.
Nonostante sorridesse aveva le lacrime agli occhi, come se qualche secondo fa fosse sull'orlo di piangere.

« .. sei un idiota, mi hai spiazzato con le tue spiegazioni. Mi hai sminuito all'inverosimile, dimostrandomi quanto lo star tutto il giorno sui libri sia inutile se tanto 
c'è qualcuno che riesce a fare quello che fai te molto più velocemente e di punto in bianco. »


Non era esattamente mia intenzione smontare le sue aspettative su di sè.
Semplicemente volevo scambiare un po' di cultura, in modo tale da permetterle di fare certi calcoli più rapidamente.
Ma in fondo mi stava sorridendo, non pareva così tanto arrabbiata.
In tutto questo dei brividi mi percorrevano periodicamente la colonna vertebrale, ma non lo davo a vedere.
Quella febbriciattola era parecchio fastidiosa.

« ..Phi..  ti credo, non c'è altra ragione logica per cui tu possa fare calcoli che non vengono citati nemmeno nelle più aggiornate delle raccolte matematiche. »

Raccolte matematiche, mi suonava nuovo quel termine.
Forse era stato un errore di traduzione dall'elfico all'italiano, in ogni caso ne capii il concetto.
Calò un silenzio imbarazzante, mi grattai il capo un po' in imbarazzo.
Non era molto da figo, ma mi venne naturale farlo.

« In ogni caso.. evita di dirlo a nonna, non vorrei che si preoccupasse per nulla. Non ho amici qua, ed essendo che mi sembri affidabile, nonostante tu sia 

particolarmente.. ehm.. come dire.. suscettibile? Ho deciso di rivelarti la situazione. »

Probabilmente lei era il classico topo da biblioteca.
Non sapevo il perchè, non mi sembrava molto ambiziosa come persona.
Non riusciva a riconoscere i propri limiti, ciò la escludeva da una categoria di persone abbastanza mature da sapere dove fermarsi.
La sete di conoscenza era spesso associata a figure mature, sagge e pacate, quello non era il caso.
Si imbronciò quando si sentì definire suscettibile.
Quella ragazza era davvero un mistero, era impossibile prevedere una sua reazione.
Il suo carattere sembrava deciso da un algoritmo randomico, totalmente imprevedibile.

« Tsk.. sparisci ora, ho capito che sei un cestellone, non c'è alcun bisogno di continuare a vantarsi! »

La sua voce era più cattiva ora, come se provasse una profonda invidia.
Cestellone? Ah, forse voleva dire secchione.
Le cose sono due, o ha una memoria così corta da sbagliare un termine ripetuto qualche minuto prima, o sono presenti ambiguità linguistiche fra secchio e 
cestello.
Era più probabile la seconda, ma non potei trattenermi dal ridere.

« Va bene, va bene, tolgo il disturbo. Ci vediamo a cena, vedi di venire.  »

Davvero era un'incognita il motivo di questo perenne eremitaggio nello studio.
Prima o poi lo sarei venuto a sapere, ne ero certo.
Feci un cenno di saluto con la mano, il classico saluto con due dita.
Come al solito lo feci spontaneamente, non sapendo cosa potesse voler dire in quel mondo.
Avrei anche dovuto smettere di gesticolare mentre spiegavo, spesso la distraevo involontariamente e probabilmente molti gesti non significavano nulla visti da lei.
Uscii dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
Prima di uscire ebbi l'occasione di sentire qualcosa come "Hmpf, contaci.".
Se nell'altro mondo avevo un computer con cui svagarmi, lì non avevo idea di come avessi potuto occupare il tempo.
Volevo iniziare a "flippare", termine usato nei giochi di ruolo che significava guadagnare facendo compravendite efficaci.
Ero particolarmente abituato a quel tipo di lavoro e, non essendoci fatture nè dichiarazioni, avrei potuto svolgerlo senza problemi anche in quel mondo.
Serviva esperienza, serviva parlantina e nervi saldi.
Bisognava essere tirchi, tanto tirchi, tentando di guadagnare sempre il più possibile da ogni flip per potersene permettere di più rischiosi e più redditizi.
Ero sicuro delle mie capacità da mercante, avrei probabilmente chiesto in prestito dei soldi a nonna e li avrei resi con interessi.
Sarei stato disposto anche a spiegarle cosa si intendeva per interessi, qualora non fosse consuetudine di questo mondo aumentare il debito proporzionalmente al tempo passato.
Prima però mi sarei voluto riposare un po' in camera, quindi salii nuovamente le scale tornando nella mansarda dove mi ero svegliato quella mattina stessa.
Mi ero già mosso troppo considerando che avevo una brutta febbriciattola.
Trovai una tazza tiepida sul tavolino vicino al letto e vicino a quest'ultima un foglio con delle scritte in elfico.
Essendo che ero stato con Elysiel fino ad ora, esclusi la possibilità che fosse stata lei a lasciare quel foglietto.
Grazie nonna, apprezzo lo sforzo, ma .. ahah, non so leggere.
Forse se n'era dimenticata.
Mi scocciava tornare sotto e bussare per chiedere di leggermi cosa c'era scritto, avrei cercato nonna per farlo leggere da lei in persona.
Preferii bere quel liquido contenuto nel recipiente, di sicuro non mi avrebbe fatto male.
L'odore non era sgradevole, non si poteva dire lo stesso del gusto.
Non ho idea di cosa fosse, ma era schifoso quanto una medicina.
Ammesso che fungesse da medicinale, era piuttosto azzeccata la cosa.
Sentii qualcosa ardere dentro di me per qualche secondo, come se si fosse incendiata nel mio stomaco dopo essere stata bevuta.
La vista mi si annebbiò per qualche secondo, facendomi perdere l'equilibrio.
Dopo dieci secondi di nauseanti effetti collaterali, potevo dirmi di sentirmi meglio.
Avevo appena capito cosa si provasse ad assumere una pozione per ricostituirsi.
Il senso di rintronamento della febbre mi era passato, come per magia.
Non come per magia, era magia, dovevo solamente accettarlo.
Andai nella parte più spoglia della stanza, mettendomi in guardia marziale.
Nonostante fosse molto simile di altezza al mio vero corpo, non sapevo quanto fosse sciolto sulle ginocchia per permettermi di abbassare le anche.
In un mondo simile dove i combattimenti non erano messe in scene dovevo riuscire a compensare la mia altezza con la mia tecnica, in modo da non essere scoperto in battaglia.
Provai un paio di attacchi, le spalle erano dieci volte più sciolte ed abituate dell'altro corpo, si poteva dire lo stesso delle ginocchia.
Probabilmente anche la forza era nettamente superiore, avrei voluto provare a sollevarmi da una sbarra ma per quello avrei dovuto aspettare di uscire fuori dove 
non rischiavo di sfondare qualcosa.
Avrei dovuto testare anche la flessibilità della colonna vertebrale, per capire quanto fosse il mio margine di errore in una caduta.
La mia intenzione era di vivere una vita pacifica, non mi piaceva sporcarmi le mani.
C'era da dire però che era fondamentale sapersi difendere, i commercianti venivano spesso attaccati dai bandini nelle storie che avevo letto.
Nulla di impossibile, era solo questione di tempo prima che ci facessi l'abitudine.
Mi sarei procurato un pugnale il prima possibile, così da non essere troppo paranoico mentre gironzolavo al villaggio.
Già ero paranoico nell'altro mondo, in una realtà simile poi..
Stavo perdendomi nuovamente in ragionamenti infiniti, era un mio vizio ed era difficile per me evitare di pensare in situazioni simili.
Forse avrei dovuto semplicemente vivere quella realtà senza farmi troppi problemi.
"Per me è arabo", avevo pensato di dirle per farle intendere che non riuscivo a capirci nulla.
Tuttavia di sicuro non sapeva cos'era l'arabo, sarebbe stato inutile fare un paragone simile.
Lo stavo facendo dinuovo, stavo ancora una volta premeditando troppo.
Facendo così evitavo spesso di fare figuracce.
Scesi le scale con la nota di nonna in mano, facendo caso al fatto che fosse scritto in una scrittura molto elegante seppur incomprensibile per me.
Era probabilmente un tratto di una penna ad inchiostro; in alcuni punti risultava più largo e in altri si restringeva, come se l'inchiostro danzasse su quel foglio di carta.
Avevo sempre invidiato le persone capaci di scrivere con una grafia piacevole, ora stavo invidiando le persone che sapevano scrivere.
Girai per tutta la casa, controllando ogni stanza al di fuori di quella dove stava chiusa Elysiel, non c'era traccia di nonna.
L'unico mio modo per capire quel messaggio era rivolgermi alla nipote, che probabilmente era tornata a leggere.
Bussai alla porta due volte, affrettandomi a parlare per non dovermi sorbire la sua ira funesta.
Sapevo che si sarebbe arrabbiata per le due visite consecutive, ma morivo dalla voglia di sapere cosa si celasse dietro a quegli eleganti tratti di inchiostro.

« Scusami, nonna mi ha lasciato una nota e non riesco a capire mezza parola. Potresti leggermela? »

Non sentii una risposta immediata, piuttosto il tonfo di passi che si avvicinavano sempre di più alla porta.
Lei aprì nuovamente quella porta con la faccia imbronciata.
Non era troppo entusiasta delle visite, ne ero consapevole.
Avevo un sorriso un po' imbarazzato, non avrei mai creduto di dovermi davvero ridurre a fare affidamento su qualcun altro per leggere.

« Dammi qua. »

Ordinò scocciata, prendendo il foglio dalle mie mani che non avevano una presa abbastanza salda.
Abbassò gli occhi su quest'ultimo, iniziando a leggere.
Erano parecchie righe, parevano venire lette da sinistra verso destra a giudicare dal movimento dei suoi occhi.
Ad un certo punto della lettura parve perdere di poco la stretta salda e nervosa che aveva sulla nota, mentre la sua espressione da scocciata si faceva più 

impassibile.
Me la diede indietro, non capii il perchè di quel cambio repentino di comportamento.

« Nonna è uscita, torna per ora di cena. Bevi quell'infuso, ti farà bene. E' tutto. »

Anche la sua voce era diversa, molto meno ferma di prima.
Non so quanto la lunghezza delle righe influenzasse il contenuto in quella lingua, ma ero piuttosto sicuro di poter affermare che ci fosse altro.
Se stava mentendo, non era molto convincente.
Evitava il mio sguardo, cosa che non faceva se non nei momenti in cui era più scossa.
Di solito aveva sempre un atteggiamento di sfida nei miei confronti.
In ogni caso, avrei fatto leggere la nota da nonna stessa per assicurarmi che quello che mi aveva detto lei fosse effettivamente tutto ciò che si poteva ricavare da 
quella lettura, il che mi sembrava parecchio strano.
Anche il fatto che avesse rimarcato il fatto che fosse tutto era un indizio che riconduceva al falso, era troppo palese per fidarmi così ciecamente.

« Siamo sicuri che sia proprio tutto? Non sono idiota, qualcosa non quadra. Evita di farmela leggere correttamente da nonna. »

Lei sussultò sentendo le mie parole.
Non ero sicuro delle mie affermazioni, ma di sicuro esporle avrebbe aiutato a capire se era la verità o meno.
Come previsto premeditò la sua risposta esitando, dandomi la conferma che quei sospetti erano più che fondati.

« Fattela leggere da lei in persona. Ora lasciami sola. »

Era meno acceso quello sguardo, come se qualcosa in quella lettera l'avesse toccata particolarmente.
Non era qualcosa di positivo, una reazione simile andava giustificata da un contenuto che in qualche maniera la riguardava.
Odiavo le cose che non riuscivo a comprendere ed odiavo non essere indipendente in cose così semplici.
Non volevo uscire da solo perchè riconoscevo che il mio senso dell'orientamento era davvero pessimo e non volevo di certo perdermi in un mondo privo di cellulari e mezzi di comunicazione.
Forse avevano degli specchi o dei cristalli, ma nulla di nemmeno lontanamente comodo come un cellulare.

« Va bene.. grazie. »

Ringraziai ugualmente, nonostante mi stesse nascondendo qualcosa.
Aveva comunque accettato di leggere quel testo, probabilmente voleva nascondermi qualcosa che non voleva che sapessi.
Lo sarei comunque venuto a sapere quella sera stessa, anche se non ero più tanto sicuro di volerlo sapere.



Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Introspezione. ***


Premessa:

Sarà un capitolo introspettivo e statico, dove più che aggiungere qualcosa alla storia si descrivono minuziosamente analogie e differenze dei due mondi, dando un'idea dei progetti futuri del protagonista.
Colgo l'occasione per ringraziare chi mi ha seguito fino a questo punto, pregandovi di prestare attenzione alle informazioni che vengono narrate in questa sequenza, in quanto si riveleranno importanti nonostante abbiano l'aspetto di un tronchetto natalizio da quanto sono compatte.




Erano passate un paio d'ore da quando ero tornato in stanza.
La musica nella testa mi aveva abbandonato già da un po'.
Avrei voluto continuare a sentirla, mi mancavano quei violini così armoniosi e le percussioni così incalzanti.
C'erano ancora tante, troppe cose che proprio non riuscivo a capire di quel mondo, ma dopotutto ero appena arrivato lì.
Mi mancava avere le mie chitarre sotto mano.
Probabilmente  in quel mondo c'era qualche cordofono, tuttavia mi sarei dovuto basare più sulla frequenza che sul nome delle corde.
I nomi delle note dell'altro mondo erano presi da Ut queant laxis, un inno liturgico che non avrebbe senso di esistere in questo mondo.
Ironicamente, Ut venne cambiato in Do in quanto suonava male.
Il sistema tonale stesso poteva essere scombussolato, avendo abituato l'orecchio delle persone a suoni dissonanti fino a renderli accettabili.
Avevo sempre ammirato il funzionamento perfetto del Sistema Solare, studiandone le leggi che lo regolavano.
Da quello che avevo visto, anche quel mondo aveva una stella da cui traeva luce necessaria per permettere la vita.
La luce che emanava era uguale a quella del nostro Sole agli occhi di un osservatore inesperto, in realtà differiva di poco per quanto riguardava il colore.
Riuscii a dedurre ciò da come quest'ultima irradiava la mia stanza, la cui tenda era scostata dalla finestra.
Era probabilmente una stella più vecchia che si trovava in uno stadio più avanzato di evoluzione; aveva una quantità maggiore di elio al suo interno.
La temperatura era mediamente più alta di quella terrestre, almeno così mi sembrò in quella zona.
Il cielo era azzurro, ciò significava che il pianeta dove mi trovavo era quasi sicuramente circondato da un'atmosfera.
Anche quest'ultima differiva leggermente, i toni erano sempre sull'azzurro ma parevano più intensi, come quelli del cielo di un cartone.
Ero curioso di vedere il tramonto e l'alba, per vedere se in quei casi avessi potuto scovare altre analogie e differenze.
Sembrava in tutto e per tutto il pianeta azzurro su cui abitavo prima, semplicemente era abitato da creature fantastiche.
Era tutto così strano, impossibile da descrivere con un occhio razionale.
La magia era l'opposto della scienza: inspiegabile e spesso imprevedibile.
Mi affascinava l'idea di un Sistema Solare gemello, ma non credevo fosse l'ipotesi più probabile.
Tutti quei ragionamenti mi intrattenevano ma non mi portavano ad una soluzione concreta.
Dovevo farmene una ragione; dovevo smettere di essere razionale.
Vedevo di tanto in tanto fantasmini, sentivo musiche nella mia testa, avevo davanti degli elfi.
Non potevo fare altro che abbandonare la mia visione concreta del mondo.
Nei giorni che mi attendevano avrei di sicuro visto altre cose strane ed inspiegabili e sarei dinuovo caduto nel pensarci fino allo sfinimento, tentando di dargli una spiegazione oggettiva e sperimentabile.
Era successo tutto velocemente, troppo velocemente per farmene rendere conto.
Avevo salutato i miei amici online, erano le quattro di notte, un venerdì.
Nell'altro mondo eravamo in pieno inverno, mi infilai tra le coperte e mi addormentai per poi svegliarmi in un altro letto.
Non ero triste di aver perso tutto nell'altro mondo, confidavo nel fatto che un giorno sarei potuto tornare indietro.
Era una speranza, una misera speranza, ma mi sarei aggrappato a quest'ultima disperatamente pur di non darmi per vinto.
In quel mondo potevo diventare qualcuno, qualcuno che avrebbe segnato per sempre quella realtà.
Non avevo solo una marcia in più, ero avvantaggiato su tanti punti di vista.
Probabilmente in quella realtà non erano ancora state emanate leggi che vietavano il monopolio commerciale, in quanto poche persone avevano inteso il potere di una manovra simile.
Avrei aspettato, arricchendomi il più possibile fino a potermi permettere di comprare tutte le merci su un determinato mercato per poi rivenderle ad un prezzo a mia discrezione quando l'offerta sarà rasente al suolo e la richiesta sovrabbondante.
Potevo offrire lavoro a chi mendicava, creando l'embrione di un'azienda moderna, organizzandoli in modo tale da avere una catena di montaggio efficiente ed a prezzo molto ridotto.
Sarei riuscito facilmente a spiazzare la concorrenza; i costi di una mano d'opera semi-sfruttata erano di gran lunga inferiori a quelli artigianali, loro non sarebbero più riusciti a tenere il passo e sarebbero stati costretti a cambiare artigianato, dandomi il monopolio di una determinata produzione.
L'unica cosa che poteva risultare difficile era avviare la prima attività commerciale; sarebbe stata una giocata d'azzardo dove la posta in gioco era molto bassa e non si aveva molto da guadagnare.
Nulla era impossibile, dovevo agire in una maniera che sarebbe risultata immorale nell'altro mondo, mettendomi a fare speculazioni finanziarie da pazzoide.
Se solo ci fosse stato un modo per prevedere il futuro..
Forse qualcuno in quel mondo aveva un potere simile, e se così fosse stato lo avrei dovuto avere al mio fianco a tutti i costi.
Le possibilità per fare soldi in un mondo simile erano infinite.
Un'agenzia trasporti con delle cavalcature addomesticate e dei guidatori, un sistema di portali a pagamento, solo due delle tante idee che mi erano venute in mente pensando a come potessi arricchirmi con metodi alternativi.
Avrei potuto anche offrire conoscenze avanzate al re in cambio di un titolo ad honorem che mi avrebbe aperto la strada verso il mondo del commercio.
Oltre al mondo del commercio, sarei potuto entrare nelle grazie della famiglia reale, non escludendo la possibilità di sposarmi con una nobile così da diventare io stesso parte della famiglia reale.
Dopotutto potevo dire di avere una condizione molto favorevole; ero in un corpo che sembrava strappato ad un modello con un bagaglio culturale del futuro che avrei potuto vendere pezzo per pezzo in cambio di ricchezze.
Come già pensato in passato, mi sarei dovuto abituare al concetto di onore e di rispetto verso i ceti sociali più alti.
Per quanto io di mio sia una persona molto cauta nel linguaggio che non vuole mai passare per irrispettoso o sgarbato, avrei dovuto imparare le consuetudini locali per rivolgersi a persone nobili.
Non sapevo quanto avrei potuto mettere a disagio chi avevo intorno e non avevo un modo concreto per impararlo.
Di norma mi sarei messo a cercare informazioni online, ma non era possibile in un mondo simile.
Anche i libri erano fuori discussione, non avevo modo di interpretare ciò che vi era scritto e causava dentro di me un certo malessere.
Decisi di aspettare nonna per chiederle di più sui modi formali, in modo da evitare situazioni sgradevoli in futuro.
Pensai inoltre che fosse meglio non domandarle il vero significato di quella nota, se Elysiel mi stava nascondendo qualcosa quasi sicuramente era per favorirmi, non per farmi un dispetto.
Avevo visto il sorriso di quell'anziana signora nel vedere sua nipote parlare con qualcuno, cosa che sarebbe dovuta essere più che normale per una ragazza qualsiasi, già da lì intuii il fatto che fosse parecchio sola.
Ora che aveva trovato qualcuno con cui discutere dubito mi avrebbe trattato male per davvero, anzi, conoscendo quel tipo di persona avrebbe cercato in tutti i modi, pur senza darlo a vedere, di non mettermi i bastoni fra le ruote.
Più che di un'amica mi stavo creando una pedina, affezionarmi a qualcuno non credo fosse permesso, contando che tutto quello sarebbe potuto sparire da un momento all'altro.
Inoltre non potevo permettermi di avere punti deboli in un mondo simile, qualora qualcuno avesse avuto qualcosa contro di me avrebbe saputo che colpendo le amicizie avrebbe potuto tranquillamente mettermi fuori gara.
Non volevo questo, ero molto più ambizioso di quanto non fossi nell'altro mondo.
Le possibilità di fare strada c'erano ed erano più concrete di quanto non mi sembrassero.
Una figura eterea che saliva le scale mi riportò alla realtà dei fatti.
Di solito quando vedevo quei fantasmini era perchè qualcuno stava per salire le scale.
Erano sagome sfocate, sbiadite e appena accennate, i cui tratti erano indistinguibili.
Credo fosse una sorta di sistema d'allarme riuscito male.
Non mi tranquillizzava affato però; nonna era uscita ed era troppo presto perchè potesse tornare a casa, Elysiel non si sarebbe mai scomodata a salire fino in "camera mia".
Chi era il terzo che abitava in quella casa? Era solamente una mia paranoia e forse quei fantasmini non volevano dire nulla?
Dei passi echeggiarono, passi che provenivano sicuramente dalle scale data la loro vicinanza.
Era sicuro, c'era qualcuno che stava arrivando.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il biglietto ***


Paranoico com'ero, se avessi avuto un coltello sotto mano mi sarei nascosto in un punto cieco delle scale, in modo tale da poter bloccare da dietro chiunque si stesse avvicinando.
I passi si avvicinavano, ero seduto alla sedia vicina al tavolo attaccato alla finestra e alla libreria.
C'erano davvero tanti libri in quella casa per giunta, una beffa non voluta nei miei confronti.
In effetti era andato tutto fin troppo bene fino ad ora, niente cose catastrofiche nè plot-twist classici dei libri fantasy.
Era meglio per me, sicuramente, ma era sospetto.
Istanti di ansia da parte mia, non sapevo come mi sarei potuto difendere nel peggiore dei casi.
Non c'era nulla di tagliente da quelle parti, nemmeno un coltello da cucina.

« ... »

Maledii la mia indole paranoica.
Chi stava salendo le scale non era altro Elysiel con un libro in mano.
La sagoma eterea teneva qualcosa in mano ora che ci penso, ma non era abbastanza definito da farmi capire che fosse un libro.
Perchè era venuta a farmi visita?
Aveva davvero lasciato quella sua stanza una seconda volta dopo la prima volta che ci incontrammo quella giornata?
Era completamente fuori dai miei schemi mentali.
Dovevo smetterla di pensare troppo, finivo con il prevedere cose false.

« E-Ehm.. scusami per averti ingannato sul biglietto, ma preferivo parlartene di persona.. »

Sembrava di star sognando in quello che di persé sembrava già un sogno.
Voleva parlare con qualcuno, si era scusata al posto di urlarmi contro ed era pure venuta qua di sua spontanea volontà.
Woah, era vero quando dicevano di non giudicare un libro dalla sua copertina.
Stavo iniziando a trovare improbabile l'ipotesi che lei potesse tornare sui suoi passi leggendomi la lettera.
Era ovvio, avevo pensato anche a quella possibilità.
L'avevo quasi subito scartata però, non sarebbe stato da lei.

« Non preoccuparti, avresti potuto dirmelo semplicemente così eh. »

Dissi in confidenza, non capendo perchè lei avesse aspettato un paio d'ore prima di ricredermi.
Comunque morivo dalla curiosità, sapere i cavoli altrui in modo tale da potermi fare un quadro più completo della persona e poterne prevedere con più accuratezza le mosse successive era una delle cose che adoravo fare.
Lei prese posto al tavolo sedendosi all'altra sedia accostata al muro.
Posò il libro, era un tomo di quelli che di solito usano i caster nei giochi di ruolo.
Enorme, dalle pagine ingiallite e con segni che sembravano rune su tutta la copertina.

« Quello che c'era scritto era di non propormi di uscire da qui, di non farmi vedere coltelli di nessun tipo e soprattutto di non far leggere questa nota a me.. »

Ops.
Scusa nonna, non è colpa mia se ti dimentichi le cose importanti.
Che lei fosse una ragazza un po' particolare lo avevo capito.
Considerando le conoscenze di quel mondo era parecchio avanti, aveva un carattere a dir poco singolare e non aveva nulla in comune con gli altri elfi.
Poi suvvia, nelle storie fantasy i personaggi a cui si dedicano più tempo sono sempre quelli più strani che finiscono con l'esser dalla parte del protagonista, in questa realtà non poteva essere altrimenti.
Non volli speculare ulteriormente su quell'affermazione, preferivo chiedere a lei piuttosto che al mio senso logico.
Lei evitava il mio sguardo ed era visibilmente nervosa, si notava anche da come arricciasse una ciocca di capelli tra le dita.
Alleggerii la situazione, a me bastava scoprire le cose, prima o dopo non era che un fattore di comodità.
Metti mai che per l'agitazione ometta qualche particolare importante e io perda un tassello importante della questione, mai me lo sarei potuto permettere.

« Ah ecco perchè non ci sono coltelli da cucina.. cercavo qualcosa con cui allenarmi prima. Perchè comunque? Puoi dirmi tutto, sono vittima di un anacronismo spaziotemporale, quindi penso di essere abbastanza strano da comprendere la tua situazione, qualsiasi essa sia.  »

Lei parve stupita da quell'affermazione, ma poi scoppiò in una risata.
Forse si era resa conto di quanto fosse paradossale quel dialogo.
Inoltre aveva notato che non mi ero minimamente inquietato nel sentire il vero contenuto della nota.
Dai, su, vuota il sacco che sono curioso.
Magari era figlia di qualche nobile che era stato esiliato e lei viveva in segreto là anche se possedeva un patrimonio enorme..
Dovevo trattenere la bava al pensiero di tutti quei soldi.
Speravo che almeno valesse la pena di portarsela dietro in un eventuale viaggio, tipo quelli che fanno i protagonisti delle storie fantasy.

« I miei.. occhi.. portano sfortuna. Dicono tutti così, nessuno mi vuole vedere al villaggio. E' un presagio di morte vedere un elfo dai capelli neri e gli occhi rossi, questo è quello che credono. Si sono sbarazzati dei miei genitori.. nonna mi ha accolta l'anno scorso. Da quando mi ha vista tentare il suicidio con un coltello da cucina non ha più voluto darmi nulla di tagliente in mano. »

Cazzo che sfiga, non lei, io.
Cioè, anche lei, ma soprattutto io.
Mi aspettavo che fosse qualche principessa di qualche regno lontano che segretamente si rifugiava qua per scampare ad un matrimonio o cose così.
Ritenta, sarai più fortunato, mi dissi da solo.

« Ah.. mi dispiace.. ho capito perchè volevi dirmelo di persona.  »

Feci finta di essere dispiaciuto da quel racconto.
Non potevo permettermi di dispiacermi per qualcun altro, almeno lei non aveva perso il suo mondo.
Per giunta, non mi sarei di sicuro dispiaciuto per qualcuno conosciuto quella mattina stessa.
Avevo un'idea, sapevo cosa voleva e sapevo come potevo avvicinarmi a lei in modo da avere sempre un alleato su cui contare.

« Vuoi tornare al villaggio? »

Chiesi con determinazione nel mio tono.
L'analizi minuziosa di ogni cosa, anche negli aspetti sociologici, mi rendeva facile capire come accontentare qualcuno.
Lei alzò lo sguardo, fissandomi con quei suoi occhi rossi.
Al di là del detto popolare, erano davvero stupendi.
Potevo ammirarli anche da quella distanza grazie alla vista perfetta di quel corpo che, a differenza di quello mio reale, mi permetteva di mettere a fuoco cose anche piuttosto distanti e piccole.
La sua espressione da sconfortata e abbattuta divenne molto più determinata, come il suo sguardo che stava sfidando il mio.
Avevo fatto centro, è come quando fai la scelta giusta in un gioco e riesci a completare una route.

« Certo che lo voglio. »

Rispose lei con fermezza. Degli occhi così determinati e fermi non li avevo mai visti.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Prestito ***


Mi sarebbe bastato accontentarla per poi riuscire a convincerla a prestarmi dei soldi, ammesso che ne avesse.
Vestiva di abiti piuttosto raffinati, non mi pareva una stracciona.
Considerando solo il nostro aspetto e il nostro vestiario sarei potuto tranquillamente essere un suo servo considerato quel completo di tela che faceva invidia ai barboni.
Nonna tornava per ora di cena, avevamo tempo di fare un giro veloce.
Per quanto riguardava l'aspetto di Elysiel avrei optato per una cappa nera molto abbondante, così da coprirla e renderla irriconoscibile.
Non avevo idea di dove avrei potuto procurarmi una cappa simile.
Ero davvero poco presentabile vestito così, proprio non mi sentivo a mio agio.
Di sicuro ci sarebbe voluto troppo tempo per farmi confezionare qualcosa di decente e ci sarebbero volute diverse monete d'argento di cui ero sprovvisto.
Avremmo dovuto agire in fretta, nonna sarebbe potuta tornare in un qualsiasi momento. 
Mi ero fatto una vaga idea sul da farsi, non ero quasi mai sprovvisto di un piano.

<< Hai per caso una cappa per coprirti? >>

Domandai ad Elysiel che stava fremendo dalla voglia di uscire da quel posto ora che glielo avevo proposto.

<< Sì, è di qualche tempo fa ma dovrebbe andar bene. Guarda se ti viene in mente qualcosa da metterti addosso.

Si alzò e camminò verso l'armadio posto fra il tavolo a muro e la libreria.
Effettivamente quella era la sua camera, era normale che quello fosse il suo guardaroba.
Ella aprì il guardaroba e io ci diedi un occhio; un bel po' di vestiti eleganti erano appesi.
Era un vestiario adatto ad un borghese o ad uno della bassa nobiltà, vestiti non troppo sfarzosi ma pur sempre formali e ben confezionati.
Erano tutti troppo femminili, non mi sarei mai potuto mettere addosso qualcosa di simile.
Pazenza, erano pratici i miei vestiti di quel momento.
Leggeri, non aderenti, abbastanza freschi considerate le temperature.
Mi venne un dubbio che mi dovetti subito togliere dalla testa.

<< In questo mondo c'è la magia, no? Non puoi cambiare di aspetto momentaneamente, o almeno solo il colore degli occhi? >>

Ridacchiò, una risata sprezzante, come a schernire la mia affermazione.
Forse avevo detto una banalità a cui aveva già pensato.

<< Fosse così semplice.. c'è un incantesimo chiamato Vera Visione, è talmente banale che è insegnato come seconda cosa agli apprendisti maghi. Se venissi rilevata per caso da un incantesimo simile darei molto più nell'occhio. >>

Mi stava piacendo quella ragazza.
Aveva involontariamente approssimato il rischio di venire scoperti con ambo le idee e aveva giustamente constatato che l'utilizzo di un sortilegio simile non sarebbe servito.
Avrei voluto chiederle molte cose, ma il tempo stringeva e non sapevamo quando e se avremmo avuto ancora una possibilità simile.
Elysiel si mise la cappa nera con un elegante ed ampio gesto, abbottonandola all'altezza del collo. 
Più la guardavo e più mi rendevo conto di quanto fossero abitudinalmente raffinati i suoi gesti.
Purtroppo non si poteva dire lo steso del suo linguaggio, forse era così scortese perchè mi vedeva come un suo coetaneo e potenziale rivale.
Prima o poi le avrei dovuto rivelare la mia vera età, non mi piaceva ingannare le persone con quell'aspetto, non quelle a me più vicine almeno.
Forse sarei arrivato a dire anche il mio vero nome.
Era chiaro che "Phi", l'appellativo riferito al numero d'oro e alla lettera greca, non poteva essere un nome di persona.
Probabilmente in quel mondo i nomi erano talmente strambi che una stranezza simile nemmeno veniva considerata più di tanto.

<< Uff, è tutto così difficile in questo mondo. Quanti soldi hai dietro? Ho un'idea. >>

Forse fui un po' troppo diretto con quella domanda.
O forse mi stavo facendo troppi probemi con una persona che non se n'era mai fatti nei miei confronti.
Lei alzò gli occhi con fare pensieroso, rispondendo dopo qualche secondo di calcoli:

<< Dovrei arrivare a due monete d'oro con i miei risparmi.. ma non so se posso fidarmi di te. >>

Parve seria nell'affermare la sua scetticità nei miei confronti.
Non sapevo quanto costasse il pane, dovevo avere un metro di paragone con l'euro.
Presumo qualche moneta di rame.

<< Io ti accompagno fuori e tu mi presti una moneta d'oro. >>

Rigirai la situazione con una sola frase, facendole rendere conto che ero io che stavo facendo un favore a lei e non il contrario, di conseguenza facendola sentire in debito verso di me.
Per me fare favori era una compravendita di prestazioni, sicuramente un'arma a doppio taglio ma che se utilizzata nella giusta maniera poteva agevolare molto.
Avrei potuto trasformare quella situazione in un ricatto, ma non era da me.

<< Tsk, credi che non possa andarci da sola? Non ho bisogno di scendere a compromessi. >>

Bella mossa, davvero.
Peccato che fosse poco astuta sotto i miei occhi.
Non sarei un mercante così abile se non avessi sempre una carta nella manica.

<< E allora perchè non ci sei mai andata fino ad ora? Nonna di sicuro qualche volta usciva, ma te non ti osavi a mettere il naso fuori dalla porta di questa casa. Hai forse paura? >>

La vidi irrigidirsi e spostare lo sguardo, capendo di aver toccato un tasto dolente.
Lo sapevo, non avevo parlato sperando di azzeccarci.
Era solamente un ragionamento logico, se lei avesse potuto uscire per conto suo lo avrebbe di sicuro fatto e non sarebbe così determinata ad uscire adesso.
Quella ragazza era un libro aperto per me, o almeno fino ad ora lo era stato.
Lasciava trasparire troppo le sue emozioni, non avrebbe mai potuto mercanteggiare efficacemente.

<< E va bene.. prendi una delle due monete d'oro da quel cassetto, sappi che è un prestito.. >>

La sua voce era molto più bassa e meno agguerrita.
Questi suoi continui sbalzi di umore erano strani ma la rendevano una persona interessante.
Ridacchiai sotto i baffi che non avevo in quel mondo, andando a prendere la moneta d'oro dal cassetto che mi aveva indicato.

<<  Non te ne pentirai, parola mia. >>

Ero sicuro sul da farsi, avrei guadagnato almeno il doppio quel giorno stesso.
O almeno quello era l'obiettivo che mi prefissavo, in modo da dare il massimo.
Elysiel si coprì il capo con il cappuccio che le veniva ancora piuttosto grande nonostante a detta sua quella cappa fosse di qualche anno fa.
Tutti i preparativi erano stati completati, ero pronto a vedere quel mondo.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Cavalcature? ***


Varcammo la soglia della porta di quella casa.
Un odore di erba tagliata mi avvolse, impossibile da non percepire.
Quello che vidi era indescrivibile per me, umano in un mondo fantastico.
Un intero villaggio con case costruite attorno a fusti di enormi alberi secolari.
Si articolavano attorno ad essi come se danzassero, coprendo in parte le colline che circondavano quella valle.
Colline verdi, vive e primaverili.
Il sole filtrava tra le foglie illuminando parti della strada di ghiaia che collegava le case che distavano non troppo fra di loro.
Vidi elfi, tanti elfi.
Camminavano su e giù per le scale esterne che collegavano una stanza all'altra portando oggetti, una sagoma nera dietro ad una finestra verdognola batteva visibilmente qualcosa con un martello.
Uno sconfinato lago si presentava alla mia sinistra; costeggiava tutto il villaggio e a quanto pare rappresentava un elemento importante per quella civiltà.
Delle barche erano ormeggiate al molo del villaggio, credo venisse praticata qualche sorta di pesca.

<< Wow.. >>

Non riuscii a dire di più, faceva davvero effetto vedere tutto questo davanti ai propri occhi.
Per giunta, vedendo tutto con un livello di dettaglio altissimo, cosa per me di solito impossibile data la mia difficoltà a mettere a fuoco oggetti e cose lontane.

<< Mai visto un villaggio simile? E' piccolo e brutto, non merita un wow. >>

Per me quello era fantastico.
C'erano davvero villaggi migliori di quello?
Dovevo vederli, dovevo viaggiare in quel mondo finchè potevo.

<< Da dove vengo io le case sono squadrate, dai colori freddi e con tetti piatti e monotoni. Posso permettermi di essere stupito, non credi? >>

Non mi stava già più ascoltando, aveva la testa completamente altrove.
Nonostante lo avesse definito piccolo e brutto, a quanto pare gli mancava davvero tanto vedere quel posto di persona e non dalla finestra.
Ma non eravamo lì per perdere tempo, o almeno io no.

<< Dai dai, c'è un'asta locale? Devo fare un po' di giochi circensi.. >>

Nell'altro mondo dicevo spesso "Giochi circensi" per non specificare cosa volevo fare ma lasciando intendere che fosse qualcosa di incasinato e che richiedeva pratica.
Inizialmente Elysiel parve confusa, poi roteò gli occhi probabilmente decidendo di non farsi domande.
Indicò una strada, dirigendosi a passo veloce verso la sua destinazione.

<< L'asta è nella capitale, non dista molto da qua, possiamo prendere un grifone. Abbiamo circa tre ore, il viaggio durerà circa venti minuti all'andata e venti al ritorno, è abbastanza? >>

Un grifone?
Un attimo.. sarei davvero dovuto volare su un grifone, tenendomi solo a delle maniglie senza altre misure di sicurezza?
Sospirai per calmarmi, non mi piaceva essere in posti alti ma potevo resistere evitando di guardare di sotto.
Qualcosa mi diceva che in quel mondo ci avrei dovuto fare l'abitudine a viaggiare in grifone.
In ogni caso il tempo abbondava ma tutto dipendeva anche dalla mia fortuna.
Non sempre si fanno flip buoni, ci sono giornate ottime e giornate pessime, l'importante è sperare che tutto vada per il meglio e che non si abbiano perdite troppo consistenti.
Un bravo mercante riesce a minimizzare il margine di errore, riuscendo sempre in un modo o nell'altro a trarre profitto.

<< Bastano e avanzano, devo solo sperare che la mia prima giocata d'azzardo in questo mondo sia fortunata. >>

Aveva un passo sostenuto ma riuscivo a starle dietro senza problemi, avevo comunque l'ampia falcata del mio vero corpo, forse anche maggiore.
Quando menzionai la fortuna e il gioco d'azzardo non diedi peso al fatto che lo stessi facendo con soldi altrui.
Per me era normale, nei giochi mi prendevo spesso cura dei patrimoni altrui tassandone una piccola parte in ogni scambio in modo tale da potermi ripagare il tempo usato.
Dopo cinque minuti di camminata mista a corsa, arrivammo in qualcosa che sembrava una scuderia.
Non ci eravamo spostati di molto eppure il paesaggio era già cambiato.
Quello più che un villaggio elfico sembrava un classico villaggio medievale, completamente fuori dalla foresta ma comunque adiacente al grande lago.
Dei grifoni, o meglio degli ippogrifi, vivevano la loro vita legati come dei cavalli.
Avevano una sella addosso, non sembrava molto sicura in ogni caso.

<< E' la prima volta che viaggi su un grifone? >>

Chiese Elysiel che, dopo aver offerto delle monete di rame al proprietario di quel posto, 
stava slegando un grifone dal palo di legno.
Mi fece segno con il capo di salire su quest'ultimo ed io, in maniera un po' impacciata considerando che non ero nemmeno mai andato a cavallo, presi posto su quella sella.

<< Vedendo come ci sei salito su presumo di sì.. tieniti agganciato a quei cosi ed attento a non cadere! >>

Quell'attento a non cadere non era per nulla carino da parte sua.
Dava per scontato che fossi così idiota da cadere di mia spontanea volontà da un rapace mutante che sfrecciava nel cielo.
Salì subito dopo anche lei su un grifone e, salutando il proprietario chinando per un attimo il capo, sussurrò qualcosa all'orecchio della sua cavalcatura facendola alzare in volo.

<< Sanno già la strada, basta che gli dici dove vuoi andare! Sussurragli Mahkrat e vedi che andrà da solo. >>

Urlò prima di sfrecciare in aria con una risata divertita.
Nonostante fosse un po' di tempo che non usciva era pur sempre di quel mondo, era normale che sapesse tutte queste cose.
Provai a fare come lei mi aveva detto, avvicinandomi all'orecchio della cavalcatura e dicendogli il nome della capitale.
Quelli che Elysiel definì "cosi" erano due maniglie fissate alla sedia che probabilmente servivano a non farsi disarcionare.
Niente imbragature, niente cinture, niente di niente.
Io a volte mi lamentavo della troppa sicurezza dell'altro mondo, ma qua posso solo rimpiangerla.
Vabbè, non credo siano morte tante persone per via di un mezzo di trasporto simile, sennò lo avrebbero già abolito.
Credo.
Spero.
Il grifone parve pensarci qualche secondo, poi si alzò in aria facendomi sobbalzare.
Totalmente senza preavviso e in maniera brusca, a differenza di quel volo grazioso che caratterizzava la cavalcatura di Elysiel.
Sarebbe stato un viaggio movimentato, me lo sentivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Frecce eteree ***




Credevo di morire.
Ero steso sull'erba fresca fuori dalla scuderia, penso fosse il viaggio peggiore che avessi mai fatto.
Mi lamentavo dei pullman pieni ma non avevo mai provato a volare su un grifone spericolato che si divertiva a farmi venire infarti perdendo e guadagnando quota e velocità.
Elysiel ridacchiava da brava stronza, non aiutando per nulla.
Avevo provato a chiudere gli occhi durante il viaggio, purtroppo non aveva aiutato molto.
Mi fissava da in piedi, coprendosi la bocca con la mano mentre sghignazzava.

<< Eh.. ridi, ridi.. voglio vedere te a viaggiare su sto coso per la prima volta! >>

Però, come un retrogusto in un cibo, era anche saltata fuori una parte divertente di quel viaggio.
Era in qualche modo divertente viaggiare ad alta velocità con il vento che ti accarezza i capelli.
Peccato che, essendo più lunghi di quanto dovrebbero essere, mi andavano negli occhi.
Sì, okay, forse non era stato così divertente, ho rischiato di ammalarmi una seconda volta.
In ogni caso ero miracolosamente vivo, l'importante era quello.
Mi alzai inspirando ed espirando molto profondamente per riprendermi.
Lo facevo spesso, era un gesto che alleviava la tensione aiutando a pensare in maniera più lucida.
Appena mi fui ripreso riuscii a definire la capitale.
Per la seconda volta in quella giornata non ebbi parole.
Eravamo in una seconda scuderia fuori dalle mura che proteggevano quell'insediamento.
Mura possenti di roccia, con arcieri dalle orecchie a punta su di esse per difesa della città.
Non si poteva vedere molto dell'interno, non era ciò che celavano le mura che era spettacolare.
Un castello enorme si poteva vedere oltre le mura; era davvero fantastico.
Per quanto stereotipato fosse era molto apprezzabile visto dal vivo in quella maniera.

<< Benvenuto alla capitale! Dai, muoviamoci, è già tanto che ci siamo concessi due minuti di riposo. >>

Pareva davvero entusiasta di essere arrivata nella capitale.
Una domanda mi venne spontanea, non c'erano controlli all'entrata delle mura?
Se così fosse stato, le avrebbero di sicuro fatto togliere il cappuccio.

<< Scusami ma.. non ci sono controlli all'entrata? Rischi di farti scoprire. >>

Una risata a bassa voce fu la risposta.
Non si stava dirigendo dove convergeva la strada al punto di fuga, anzi, stava andando in diagonale verso le mura.

<< Chi ha mai parlato di entrare dal cancello? >>

Si avvicinò ad un muro, poggiando la mano su quest'ultimo.
Da lontano non pareva molto alto, ma ora che ci ero sotto potevo dire che superava tranquillamente i sette-otto metri.
Elysiel chiuse gli occhi, mormorando delle parole in una lingua che non fu tradotta all'italiano.
Un cerchio nero si descrisse a terra, da quest'ultimo uscivano delle particelle viola scuro.
Un portale a forma ovale si aprì sul muro; mettendo in comunicazione quel lato del muro con quello interno.
Dall'altra parte era un vicolo cieco, probabilmente non era la prima volta che lei passava da lì.
Quella era magia comunque, figo.
Non ero ben sicuro di che tipo di magia si trattasse, ma era comunque figo, molto figo.

<< Sembra magia oscura.. nei giochi di solito è così. >>

Dissi ingenuamente, mentre traversavo il portale dopo di lei.
Quest'ultimo si assorbì alle mie spalle, non lasciando alcuna traccia del nostro passaggio.

<< Non so di che giochi tu stia parlando ma sì, è magia oscura.. io ed i miei genitori eravamo gli unici elfi a saperla usare. >>

Si spiegano molte cose.
La leggenda aveva un senso dopo tutto.
La magia oscura era sempre vista come qualcosa di potente ma estremamente negativo.
Forse in quel mondo non era così, lei non mi sembrava una cattiva persona.
Presumo che gli altri elfi avessero abilità inerenti alla natura, o almeno, di solito funzionava così.
La ragazza prese a farmi strada tra i vicoli della città medievale, sembrava di essere in un gioco di ruolo.
Tutte le strade erano un mercato praticamente, c'erano bancarelle ovunque e solo pochi negozi propriamente detti.
Probabilmente era una zona particolarmente soleggiata che permetteva di tenere fuori la merce senza doverla di continuo mettere al riparo e perciò i mercanti predilivano una bancarella.
Sulla sinistra parevano esserci principalmente venditori di tessuti e vestiti, insieme a bigiotteria.
Al contrario, la schiera di bancarelle a destra sembrava essere dedicata a quelli che in un gioco di ruolo sarebbero stati chiamati "consumabili".
Verdurieri, pescivendoli, alchimisti che vendevano le loro pozioni a caro prezzo.
Non sentii alcun artista di strada suonare, in compenso lo strusciare delle ruote sulla pavimentazione a ciottoli si alzava sopra le urla dei banditori.
Ricordava tanto l'immagine tipica del medioevo; persone dai vestiti poco sfarzosi e umili, probabilmente la classe di prevalenza in quella società era quella dei contadini.
Dopo circa dieci minuti di cammino mi portò davanti ad un enorme tabellone con un banditore che annunciava le varie vendite e acquisti.
C'era una folla enorme intorno al piano rialzato dove sedeva quello che sembrava un embrione della borsa, dove erano riportati in monete di rame i prezzi di alcune merci.
Non sapevo dire di preciso che merci fossero; non capivo cosa ci fosse scritto.
Okay, era il momento di far vedere chi ero, mettendo in pratica ciò che ho fatto per anni su dei giochi.

[...]

Ci misi un po' a fare affari decenti.
Non era immediato capire l'andamento del mercato, ciò che fosse conveniente o meno da comprare e se sarebbe aumentato o calato il suo prezzo.
In circa un'ora riuscii nonostante tutto a tirare su cinquanta monete d'argento in più di quanto non avessi prima.
Di sicuro non era male, avevo ottenuto ricavi pari al 150% dell'investimento, era quindi molto buono.
Capii il valore delle monete d'oro, potevano essere paragonate a circa 500 euro.
Come sospettavo non era troppo difficile fare soldi in quel mondo quando si era pratici nell'economia e soprattutto nella compravendita.
I contadini che vendevano direttamente non erano esperti ed era molto facile trattare il prezzo fino a renderlo ridicolmente basso, successivamente riuscivo a rivenderlo ad almeno il doppio ad acquirenti poco furbi che al posto di comprarlo dai contadini facevano richieste alla bacheca.
Elysiel mi aveva seguito con lo sguardo per tutto il tempo, facendomi da supporto morale e tentando, a quanto pareva, di imparare qualcosa del mestiere.

<< 50 monete d'argento.. posso comprarci dei vestiti, vero? >>

Rimase davvero stupita da quanto riuscii a racimolare e con quanta facilità riuscii ad adattarmi a quel mercato.
Si limitò ad annuire senza parlare, come se non avesse parole.
Lei si era già ripresa la sua moneta d'oro che era servita solamente come investimento iniziale.
Ora avrei speso più o meno la metà di quelle monete d'argento per comprarmi dei vestiti accettabili e un'arma bianca tascabile, il resto lo avrei tenuto per futuri investimenti.
I grifoni si potevano pagare in monete di rame, mi pare di aver sentito costassero poco più di 30 monete.
Il costo della vita era basso, era sbagliato paragonare l'euro a quella valuta.
Si poteva probabilmente mangiare per un mese con una sola moneta d'argento.
Adoravo quel mondo, era tutto così semplice nell'ambito dell'economia.
Certo, nulla era regolamentato ed era facile cadere in truffe, bisognava avere un'ottima intuizione per evitare di farsi ingannare.
Stavamo dirigendoci verso un sarto quando improvvisamente sentii delle note echeggire nell'aria.
Note prodotte da un cordofono, note abbastanza simili a quelle di una chitarra nonostante fossimo in quel mondo.
Mi affascinarono, nonostante era da meno di un giorno che non sentivo il suono di una chitarra mi mancava terribilmente.
Cercai con lo sguardo l'artista di strada che stava suonando e lo trovai; era appoggiato al muro con uno strano strumento in mano che suonava in maniera un po' abbozzata e priva di tecnica precisa.
I suoi vestiti erano lacerati e fatti di tela, lo coprivano a malapena ma non era un problema dato il clima mite di quella regione.
La lunga barba scura che sfiorava la cassa armonica dello strumento; le sue mani piene di rughe e segnate da delle cicatrici.
Suonava a sguardo basso, non lasciando intravedere molto del suo volto.

<< Aaah, mi ricorda la musica del mio mondo, secondo te se gli lascio un argento me lo fa suonare per qualche minuto? >>

Lei mi guardò con faccia perplessa.
Forse un argento era davvero tanto per la gente normale.
Non sapevo quanto fosse lo stipendio medio, ma presumo fosse intorno ad una moneta d'oro.

<< Eri un musicista? >>

Chiese lei invece.
Non si riferiva a quanto volessi dargli, piuttosto la fatto che volessi suonare uno strumento.
In passato lo studio di uno strumento era collegato ad un ceto sociale elevato e di prestigio, forse in quel mondo suonare uno strumento era simbolo di nobili origini o di famiglia aristocratica.
Mi fissava da sotto il cappuccio con un'espressione curiosa che la faceva sembrare parecchio buffa.

<< No, no.. certo, mi sarebbe anche piaciuto diventarlo, ma suonicchiavo per divertimento. Nell'altro mondo sono molto più giovane di te, ho 14 anni. >>

Era un buon momento per dirgli la mia vera età.
Lei battè le ciglia un paio di volte più perplessa di prima.

<< Sei spaventoso. >>

Disse poi, riferendosi forse al mio livello culturale che era anni luce avanti rispetto a quel mondo.
Ridacchiai, grattandomi la testa per il complimento che mi aveva velatamente fatto.
Vidi due forme eteree dirigersi da due lati differenti verso Elysiel.
Nonostante facessi spesso fatica a distinguere la forma di queste figure, in quel momento notai con esattezza che si trattava di due frecce.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La fuga ***


I fantasmini apparivano cinque secondi prima che qualcuno salisse le scale, in quel caso molto probabilmente erano apparsi cinque secondi prima che qualcuno scoccasse quelle freccie.
Contai nella mia testa, poi quando mancarono due secondi mi lanciai su di lei, buttandola a terra senza poter vedere la sua espressione totalmente confusa.
Prima che lei potesse contestare su di noi sfrecciarono due frecce che, mancando il bersaglio, sfiorarono per un pelo degli innocenti che erano fra la folla.
Mi tolsi subito da lei per non impedirle di alzarsi, le porsi una mano per aiutarla mentre mi guardavo intorno allertato.

<< Scusami, dovevo toglierti dalla traiettoria velocemente. >>

Lei era piuttosto terrorizzata, fosse stata da sola sarebbe probabilmente morta con due frecce mirate all'altezza del torace.
Era il momento per testare la resistenza in corsa di quel corpo.
Non ci pensò due volte ad afferrare la mia mano per alzarsi, probabilmente si era fatta male nella caduta.
Iniziai a correre sempre tenendola per mano, quasi trascinandola.
Non correva veloce quanto me, ogni tanto sembrava inciampare.
Alle nostre spalle stava accadendo il delirio.
I chocobo che trainavano i carri si erano spaventati allo scoccare delle frecce; causando un incidente fra due mercanti che avevano iniziato ad insultarsi minacciandosi a vicenda dicendo di conoscere nobili.
Comprendevo che per una ragazza vedersi un metro e ottanta di uomo piombargli addosso non fosse il massimo, ma non avevo altra scelta.
La gente ci guardava male ma non mi importava, dovevo trovare un posto dove ci fossero massimo due entrate.
Un vicolo cieco avrebbe fatto al caso nostro, ma non conoscevo la città e non avevo alcuna mappa su cui basarmi.
Non era una situazione molto favorevole in realtà, non sapevo perchè l'avessero voluta attaccare nonostante fosse coperta da una cappa.
Dopo circa cinque minuti di corsa riuscii a infilarmi in un vicolo cieco, lasciando la mano con cui avevo trascinato Elysiel che correva sempre peggio.
Vi era solo una porta dalle giunture talmente usurate che probabilmente non si sarebbe aperta neanche per scherzo.
Se per la città vi era un odore piacevole derivante dagli alimenti venduti alle bancarelle e dagli incensi, non si poteva dire lo stesso di quel vicolo.
Del cibo andato a male era buttato ai margini di quest'ultimo, probabilmente come scarto di qualche lavorazione o ricetta.
In ogni caso, quel corpo aveva una resistenza favolosa, non sentivo minimamente la fatica nonostante avessi corso per un po'.
La cosa peggiore è che non avevo nessun'arma al di fuori delle mie mani, se fossimo stati attaccati da gente armata sarebbe stato un grosso problema.
La ragazza fissò il suolo per qualche secondo, poi si sedette con la schiena contro un muro del vicolo portandosi la mano al petto e respirando affannosamente con la faccia sconvolta.
Vivevo quell'esperienza come un gioco, non importava quanto provassi a prenderla seriamente.
Avevo trovato quella situazione divertente e coinvolgente, mi volevo prendere a pugni in faccia per i miei stessi pensieri.
Sentivo il cuore in gola nonostante non provassi alcun senso di stanchezza.
Mi passai la mano fra i capelli sentendoli fradici di sudore.

<< Dobbiamo andarcene. >>

Avevamo ancora un po' di tempo a disposizione, ma era diventato troppo pericoloso.
Era vero che riuscivo a prevedere eventuali attacchi, ma qualora ci fosse stato uno scontro frontale sarei stato impotente.
L'elfa annuiva, senza però proferir parola.
Nonostante avesse annuito, non sembrava volersi alzare e continuava a fissare un punto qualsiasi nell'aria.

<< Dai, forza! Non puoi fare un altro di quei portali fighi che portano da una parte all'altra? >>

Suvvia, come l'aveva fatto prima poteva farlo adesso.
Non c'era tipo un cooldown, o qualcosa di simile, vero?
Come non detto, scosse la testa in segno di disapprovazione.
Non avevo la minima idea di come uscire da lì senza quei portali.
Saremmo dovuti passare una seconda volta per tutte le vie più trafficate, esponendoci al pericolo.
Con un rampino avrei potuto scalare facilmente le mura e neutralizzare gli arcieri prevedendo le traiettorie delle loro frecce, peccato che non avessi alcun rampino.
Quell'idea era molto rischiosa ma la pensai come qualcosa di fattibile e naturale.
Stavo iniziando a farmi paura da solo, avevo messo in conto di buttare giù da delle mura delle persone.
Per giunta, ora che Elysiel doveva rendersi davvero utile era rimasta terrorizzata da quelle due frecce che l'avrebbero dovuta uccidere.
Sì, effettivamente era una buona ragione per rimanere traumatizzati, ma il tempismo faceva proprio schifo.

<< Alzati, su! Ti lascio qua eh. >>

Provai a spronarla minacciando scherzosamente di lasciarla indietro.
Di tutta risposta si allacciò con le braccia le gambe rannicchiate poggiando il mento sulle ginocchia e fissando il vuoto.
Quanto era fottuto quel mondo?
Come poteva una persona simile avere la chiave d'accesso alla magia nera?
Fossi stato più stronzo ora che era lei quella in balia della paura le avrei rinfacciato quello che aveva detto a me appena sceso dal grifone, 
Mi rassegnai all'idea di muoverci in quell'esatto momento, sedendomi anch'io con la schiena contro il muro.
Era una situazione di stallo, odiavo quei momenti.
E odiavo anche essere accompagnato da qualcuno, quella era la perfetta spiegazione del perchè preferisco fare le cose per conto mio.
Tuttavia era mia la proposta di andare fuori e quindi quello era tutto mia responsabilità.
Non potevo far altro che tentare di convincerla ad alzarsi.

<< Sei ancora viva.. non è il momento per fermarsi. Dai, usciamo da qui e poi riposiamoci un po'. >>

Elysiel alzò lo sguardo su di me, guardandomi nel profondo con quei due rubini sanguinolenti.
Parve piuttosto allettata da quella proposta.
Fece un profondo sospiro, poi si alzò tenendosi al muro, come se facesse fatica pure a stare sulle sue gambe.

<< Stava andando tutto così bene.. figli di puttana.. >>

Il suo terrore si era tramutato in rabbia.
Vedevo fiamme assetate di vendetta ardere nei suoi occhi.
Scrutava il fondo del vicolo con sguardo fermo e infuriato.
Un cerchio nero, simile a quello tracciato prima di eseguire l'incantesimo che apriva il portale, si rese visibile intorno ai suoi piedi.
Qualsiasi cosa fatta in preda alla rabbia non portava mai nulla di buono, l'avevo imparato e ne avevo avuto la conferma più volte.
Le afferrai un braccio scuotendola di poco e, come immaginavo, il cerchio svanì.
Quegli incantesimi erano simili a malocchi, richiedevano concentrazione ed un periodo di canalizzazione.
Quasi inutili in battaglia, implicavano una copertura durante il tempo di casting.

<< Calma.. qualsiasi cosa tu stessi canalizzando non prometteva nulla di buono. Andiamo, usciremo dall'entrata principale, non ci sono controlli all'uscita giusto? >>

Continuava a sospirare, tentando di calmarsi.
Quella ragazza era pericolosa.
Tanto pericolosa.
Non c'era altra spiegazione, hanno tentato di uccidere i suoi famigliari e lei stessa.
Era davvero così temibile quel tipo di magia? Prima o poi l'avrei scoperto.
Una volta che si fu calmata a sufficienza, riprese la sua solita espressione furba.

<< No.. non ci sono controlli all'uscita. E non avrei mai pensato di esser salvata da una persona conosciuta il giorno stesso. >>

Nemmeno un grazie.
Quasi quasi mi pentivo di aver rischiato di prendermi io stesso le frecce pur di salvarla.
In quel momento però non stavo ragionando, è stato istintivo.
Manie di protagonismo? Forse. Ma ero riuscito nel mio intento di salvarle la vita.
Buone notizie, in ogni caso.
Potevamo uscire passando quasi inosservati.
Dico quasi perchè da quel momento mi sembrava imprudente escludere un possibile secondo attacco.

<< Mai dire mai nella vita. Andiamo, seguo te, non ho idea di quale sia la strada. >>

Iniziammo a camminare per le vie della città, entrambi all'erta e attenti ai minimi rumori, sperando di avere qualche attimo di tranquillità.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Battaglia ***


Nulla sembrava più sicuro; quelle case medievali che prima avevano suscitato in me un certo senso di familiarità ora mi sembravano opprimenti.
Chi aveva scoccato quelle frecce era ancora lì, magari ancora in cerca di noi.
Forse erano banditi, forse le stesse guardie di quella capitale.
Elysiel più che agitata sembrava essersi innervosita.
In pochi minuti avevo provato emozioni fortissime, non avvertendo nemmeno lontanamente il pericolo che avevo scampato per un pelo.
Mentre stavamo camminando, due persone si pararono di colpo davanti a noi.
Eravamo in una delle strade che costeggiavano le mura; quelle meno soggette a viavai di carri e persone.
Portavano delle uniformi: una lunga giacca bianca dai bordi rossi, una fascia rossa che copriva parte della loro fronte su cui troneggiava uno strano simbolo tatuato, dei pantaloni della stessa fantasia della giacca e due scarpe un po' rovinate che probabilmente appena erano state fabbricate erano bianche.
Sui visi giovani e spavaldi vi erano dipinti due sorrisi inquietanti.
Al loro fianco erano agganciati due stocchi, potevo riconoscerli dall'elsa circolare.
Due stocchi raffinati, con rifiniture dorate e le punte acuminate puntate verso il basso.
Nessun fantasmino, non erano in procinto di sferrarmi un attacco.
L'elfa strinse i denti sotto la cappa, mentre le mani serrate in pugni tremavano dalla rabbia.
Probabilmente avrebbe voluto scagliarsi su uno di loro e rompergli la faccia.

<< La vostra corsa finisce qui, vi abbiamo visti entrare non ufficialmente nel territorio della capitale. >>

Uno dei due parlò
Un timbo di voce giovane completamente coerente con il suo viso, non avrà avuto più di 17 anni.
Che fossero reclute di qualche team d'elite per la difesa della capitale?
Dopo aver parlato, estrassero i loro stocchi con un gesto elegante, senza mettersi in guardia e rimanendo con i piedi pari.
Stavano per ingaggiare una battaglia, ma non vidi ancora nessun fantasmino.
Mi avvicinai di poco alla mia compagna, sussurrandole:

<< Tienimene occupato uno.. non importa come. Prendo l'altro, mi faccio venire in mente qualcosa >>

Lo stocco era una di quelle armi che giocava anche sul contrattacco a sorpresa.
Dovevo rimanere calmo, quello era solo un gioco, niente di più.
Lei annuì con fare serio, era tornata fredda e calma.
Non potevo permettermi di andare nel panico in una situazione simile, non potevo proprio.
Sarebbe stato disastroso perdere il mio modo razionale di ragionare ed agire.
Elysiel si mosse di lato per attirare l'attenzione della guardia di destra che iniziò a sferrarle degli attacchi quando capì che aveva intenzione di opporre non poca resistenza.
La guardia di sinistra, nel vedermi disarmato, caricò su di me con un affondo.
Vidi poco prima quel colpo, contando nella mia mente e riuscendo ad assecondarlo come se fosse un attacco frontale di una katana.
Passai alle spalle di quel ragazzo, afferrando quest'ultime e tirandolo giù prima che potesse riprendere l'equilibrio perso erroneamente durante l'attacco.
Misi il ginocchio ad ostacolo, facendolo piombare su di esso e facendolo tossire saliva dalla botta.
Prima che potesse reagire, quando era ancora stordito dalla ginocchiata in piena schiena, gli misi le mani ai lati della testa, ruotandola con un colpo secco più di quanto permettesse il collo umano.
Smise di divincolarsi dalla mia presa, cadendo a terra privo di vita.
Avrei fatto più tardi i conti con la coscienza, in quel momento era tutto un gioco e io non avevo davvero ammazzato una persona.
Non potevo lasciarlo in vita e stordirlo semplicemente; avrebbe raccontato tutto qualora si fosse svegliato in un posto sicuro.

<< Mors tua vita mea >>

Mormorai, usando una lingua diversa dall'italiano per far sì che non venisse tradotta automaticamente in elfico.
Più che per farmi figo era per autoconvincermi che era stato necessario, nonostante lo avessi fatto innumerevoli volte a personaggi non in carne ed ossa.
Mi chinai afferrando lo stocco che portava in mano fino a poco prima, mentre con un occhio tenevo d'occhio la situazione degli altri due.
Elysiel era schiena al muro con uno stocco puntato contro, il suo scopo era stato dividere i due e ci era riuscita alla grande.
Non mi restava che toglierla da quella situazione.
L'altro probabilmente era talmente preso dalla foga della battaglia che non si era accorto di essere rimasto da solo.
Mentre parlava con lei, probabilmente tentando di intimidirla, passai alle sue spalle con passo furtivo.
Lo trafissi da dietro con un colpo secco di stocco, puntando in alto a sinistra del suo torace in modo tale da prendere o un polmone o il cuore stesso.
La sua espressione cambiò di colpo, da furba e saccente ad una smorfia disperata.
Non riusciva a parlare, emetteva suoni rauchi mentre il sangue sgorgava dalla sua bocca.
Avessi avuto una spada fra le mie mani lo avrei tagliato a metà in modo da far finire prima quella sofferenza, più di così non potevo fare.
Tolsi lo stocco lasciandolo cadere all'indietro privo di vita, con ancora gli occhi aperti.
Era stato tutto molto silenzioso, non ci fu nessun urlo da parte di nessuno e quindi non attirammo l'attenzione di persone in vie vicine.
Nessuno stava traversando quel posto in quanto non vi era traccia di botteghe o negozi; solamente entrate secondarie di quest'ultimi.
L'elfa mi guardava spaventata, come se l'immagine di me assassino la traumatizzasse.
Mi ero mosso con confidenza, troppo con confidenza considerando che ero nient'altro che uno studente.
Praticavo arti marziali, sì, ma come agire in situazioni simili l'avevo imparato dai videogiochi.
Videogiocare non rende assassini di certo, a differenza di quanto insinuano molto spesso i media, tuttavia rende possibile agire in situazioni critiche.
Il sangue si insediava fra i ciottoli di pietra, sporcando la pavimentazione della strada in poco tempo.
Presi l'altro stocco, porgendolo ad Elysiel che lo afferrò imboscandolo nella cappa.
Era quasi sicuramente disarmata, quindi era un bene che avessimo trovato due armi.
Nascosi i cadaveri in delle casse poste vicino ad un'entrata secondaria di un qualche negozio.
Ci fosse stato un inventario come nei giochi avrei derubato di tutto quelle persone, ma essendo che non vi era traccia di tasche immense alla Animal Crossing e zaini che potevano contenere intere cavalcature come capitava negli MMORPG dovetti lasciare tutto addosso ai defunti.
Riprendemmo a camminare verso l'uscita, l'elfa camminava più lontano da me rispetto a prima, come se avesse timore di venire aggredita.
Non pareva essere in vena di rivolgermi parola.
L'avevo tirata fuori da quel guaio e la ricompensa era stata ancora una volta più simile ad una punizione.
Era la seconda volta che non ringraziava nemmeno.
Suvvia, almeno nei giochi quando salvi l'NPC ti lascia qualcosa di ricompensa!
----------------------------------------------------------------------------------

Yee, primo angolo autore dopo ben 13 capitoli.
Vi ringrazio se avete seguito la storia fino a questo punto.
Apprezzo tantissimo le recensioni, positive o negative che siano, basta che contengano critiche costruttive.
Questa era la prima vera battaglia, il modo in cui descrivo scene violente è giustificato dal rating arancione che ho messo sin dall'inizio proprio per non urtare la sensibilità di nessuno.
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e spero di essere riuscito a rendere in maniera degna le scene frenetiche.

Alla prossima!

-Zapt


 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Me? Anzi, lui? ***


Quello che seguì non fu nulla di interessante.
Nessuno tentò nuovamente di ostacolarci la strada ed a quanto pare quei bambocci non avevano compagni pronti ad aiutarli.
Come previsto da Elysiel, ci fecero uscire senza richiedere controlli, anzi, non degnandoci nemmeno di uno sguardo.
L'atmosfera era ugualmente parecchio tesa, anche quando fui costretto a salire nuovamente su quel grifone.
Per fortuna mi andò di lusso rispetto alla prima volta: il grifone che mi portò indietro, sebbene avesse un aspetto pressocchè uguale a quello del suo "collega", era molto più capace nel volare senza far sentire male il passeggero.
Tornammo al villaggio con un ampio anticipo non rischiando di venire scoperti da nonna.
Tra l'altro, esisteva un sistema di pensioni in un mondo simile oppure gli anziani dovevano procurarsi da vivere da soli fino all'ultimo?
Forse la società era troppo arretrata per un concetto così moderno.
In ogni caso, ero tornato a casa sano e salvo con uno stocco nuovo.
Insanguinato, ma nuovo.
L'elfa non pareva essere in vena di parlare, continuava a rimanere sulle sue e una volta tornati nell'abitazione si dileguò chiudendosi nella sua stanza.
Dovetti andare a pulire lo stocco nel bagno, utilizzando l'acqua corrente che scendeva dalla roccia che per qualche motivo era affiorata in quella stanza.
Colsi l'occasione per godermi ancora una volta la sensazione dell'acqua gelida per lavarmi, essendo che avevo sudato parecchio e in quel mondo non parevano esserci deodoranti.
Tornai in camera mia, nascondendo l'arma sotto il letto.
Era un nascondiglio banale, talmente banale che nessuno avrebbe mai controllato lì sotto.
Sedetti sul letto, passandomi le mani sul viso mentre mi vedevo le facce delle due persone che avevo ucciso.
In quel momento non avevo scelta, sarebbe stato un casino se avessi indugiato.
Era inutile illudermi, quello non era un gioco e quello che avevo fatto non sarebbe stato condiviso da nessuno nell'altro mondo.
Avrei dovuto evitare in tutti i modi di compiere un'altra volta un atto simile oppure avrei iniziato a considerarlo normale.
Tuttavia era un altro mondo, potevo essere chi volevo, anche un assassino.
Un fantasmino mi riportò alla realtà, stroncando le mie riflessioni.
Apparve direttamente al centro della stanza, senza passare per le scale.
Voleva forse dire che qualcuno sarebbe apparso da un momento all'altro davanti a me?
Il teletrasporto non mi avrebbe stupito più di tanto; prima avevo traversato un portale che mi aveva permesso di attraversare un muro.
Come immaginavo, qualche secondo dopo apparve uno squarcio nello spazio che si allargò di poco, quanto bastava per far uscire una persona.
Lo squarcio era luminoso, tanto luminoso da non farmi vedere inizialmente nulla della figura.
Passarono pochi istanti e iniziai a scorgere chi avevo davanti.
Era un ragazzo piuttosto alto, dagli occhi chiari e i capelli rossi.
Fermi tutti, un attimo, quel ragazzo era identico al corpo con cui stavo vivendo in quel momento.
Indossava abiti eleganti di colore scuro, non sapevo definire in modo preciso i capi che indossava in quanto non li avevo mai visti nell'altro mondo.
Portava una tuba dello stesso colore del vestito ed una gemma rossa al collo che era quasi nascosta da tutti i vari decori dell'abito.
Poi un mantello, un mantello figo da morire che all'interno era rivestito di un tessuto porpora.
Devo dire che faceva la sua sporca figura quel corpo in quell'outfit.
Mi fissava senza dire nulla, spostando ogni tanto lo sguardo su qualche oggetto nella stanza.
Sembrava convinto che io non lo vedessi, nonostante stessi palesemente guardando nella sua direzione.
Mi schiarii la voce per attirare la sua attenzione ma nulla, non aveva intenzione di girarsi.
Che fosse solo un'allucinazione provocata da qualcosa?

<< E-Ehm.. signor sosia, potrebbe degnarmi di qualche parola dopo esser apparso dal nulla? >>

Lui mi guardò con espressione sorpresa.
Ci avevo azzeccato nel dire che fosse convinto di star passando inosservato.

<< Ah, mi vedi, figo. Yo, saluti dal futuro. >>

Lui ridacchiava.
Da come parlava era sicuramente il me del futuro.
Nessuno di quell'epoca avrebbe usato "Yo" come saluto e avrebbe definito figo che io potessi vedere un fantasma del futuro.
Tutto era tanto, troppo confuso in quel momento.

<< Stavo facendo dei giochi circensi con un coso per modificare lo spazio/tempo sperando di poter tornare nell'altro mondo.. poi qualcosa ha fatto boom e wow sono nel passato. Temo che duri poco però, Arwen ha detto che spreca un sacco di energia. Comunque beh, ritenta fratello, sarai più fortunato. >>

Ero perplesso, tanto perplesso.
Parlava, cioè.. parlavo con così tanta naturalezza e scioltezza nonostante fosse tornato nel passato.
Che avesse avuto già eventi simili? 
Poi chi era "Arwen" di cui aveva parlato? Qualcuno che conoscerò?
Colsi al volo quell'opportunità facendomi coinvolgere dalla situazione.

<< Qualcosa che devo sapere per il futuro? Spoilera pure, così mi evito casini. >>

Lui, cioè, io del futuro, ci pensò su un attimo.
Poi parlò, contando sulle dita le varie cose mentre con lo sguardo fissava un punto a caso nella stanza.

<< Nonna è l'arcimago di corte, i mezzi draghi ed i draghi per qualche motivo ti venerano, poi..uhm.. la parola d'ordine de "L'ippogrifo spelacchiato" è "Sasso" che a quanto pare ha un significato più profondo in elfico e al piano terra c'è un passaggio segr.. >>

Lo squarcio, come lo aveva portato in quel tempo, se lo riprese, impedendogli di finire la frase.
Avevo altro su cui lavorare in quel momento; dovevo subito appuntarmi della parola d'ordine, se ha ritenuto necessario comunicarmela ci sarà un motivo.
Inoltre avevo giustificato l'aria raffinata e curata di quella casa, immaginando che un arcimago di corte non fosse esattamente povero.
Ed infine il fatto del passaggio segreto, su cui avrei indagato da lì a poco.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3613447