La rinascita della Fenice - Parte 1

di Yugi95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I – L’inizio di un nuovo anno ***
Capitolo 3: *** Capitolo II – Arcadia ***
Capitolo 4: *** Capitolo III – La nascita della Dimensione Magica (Parte 1) ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV – La nascita della Dimensione Magica (Parte 2) ***
Capitolo 6: *** Capitolo V – Partenza ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI – Un nuovo mondo ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII – Il negozio di libri ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - Il Bosco dei Cento Petali ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX – Le due Terre ***
Capitolo 11: *** Capitolo X – Ritorno a casa ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI – Benvenuti ad Alfea ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII – Alla ricerca di una soluzione ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII – Il “Cerchio dell’Incantatore” ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV – Il pianeta Domino ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV – La proposta ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI - La voce dell’Oscurità ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII - La Camera delle Simulazioni ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII - Lo scontro ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX – Il sogno di una vita ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX – Magix ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI – Luna piena ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXII – Il mangia-anime ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIII – Il comandante ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXIV – I tre presidi ***
Capitolo 26: *** Capitolo XXV – Bloomix… più che mai ***
Capitolo 27: *** Capitolo XXVI – La Sala del Flusso Interrotto ***
Capitolo 28: *** Capitolo XXVII – Il mondo del Legendarium ***
Capitolo 29: *** Capitolo XXVIII – Acheron ***
Capitolo 30: *** Capitolo XXIX – Il contrattacco del nemico ***
Capitolo 31: *** Capitolo XXX – Il demone e il ragazzo ***
Capitolo 32: *** Capitolo XXXI – Gli Stregoni del Cerchio Nero ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 

Era una calda mattina d’inizio aprile e la vita scorreva tranquilla nel “Bosco dei cento petali”. La primavera aveva ormai raggiunto il suo massimo splendore, la fitta vegetazione del bosco non era mai stata così rigogliosa: prati, piante e alberi erano un tripudio di colori e profumi delicati. Il cielo terso era solcato da rondini vivaci e passerotti inesperti, mentre l’aria fresca e pulita riempiva i polmoni degli animali della selva. Tutto era quiete, tutto era armonia, tutto era serenità, ma il tutto, si sa, non dura in eterno.
«Ragazzi forza tenete il passo. Ecco siamo arrivati mettetevi tutti intorno a me» disse il ranger del parco, mentre le professoresse aiutavano i loro ragazzi ad eseguire i suoi ordini.
Il gruppo si dispose intorno ad un’enorme pietra rotonda ricoperta da strane scritte ed incastonata nel terreno, mentre la guida della scolaresca vi ci si posizionava sopra in modo tale che tutti lo guardassero.
 «Brendon non azzardare ad allontanarti! Vieni subito qui» urlò una delle professoresse ad un paffuto ragazzino di undici anni dai capelli neri come la pece.
«Mi dispiace professoressa, mi era sembrato di sentire una voce che mi chiamasse» si scusò Brendon.
«Non accampare scuse, muoviti e mettiti vicino a me così ti tengo d’occhio» gli ordinò la donna.
Il ranger prese la parola: «Allora ragazzi, chi sa dirmi l’origine del nome di questo bosco?».
Dalla folla si alzò timidamente la mano di una ragazza dai lunghi capelli castani, abbelliti dalla presenza di un fermaglio a forma di farfalla. L’uomo, allora, le fece un cenno d’approvazione, permettendole di spiegare:
 «Si chiama “Bosco dei cento petali” perché la leggenda narra che tantissimo tempo fa un prode cavaliere, in partenza per una battaglia, regalò ad una bellissima principessa, sua amata, una rosa magica avente cento petali. Il cavaliere spiegò alla fanciulla che, una volta caduti tutti i petali, sarebbe tornato da lei. Purtroppo gli anni passarono, ma la rosa non perse nessuno dei suoi petali, quindi la principessa, capito che il suo amore non sarebbe mai più tornato, si lasciò morire per il dolore».
 «Bravissima mia cara!» esclamò, contento, il ranger aggiungendo goffamente: «Scusami come hai detto di chiamarti?».
«Mi chiamo Elizabeth» rispose arrossendo la studentessa.
 «Bravissima Elizabeth!» ripeté la guida, poi, rivolgendosi nuovamente ai ragazzi, domandò loro: «Adesso, invece, chi sa dirmi come si chiama il posto in cui ci troviamo?».
Questa volta a prendere la parola fu un alto ragazzino dai capelli biondi:
 «Questa è la “Trappola del Demone”. Si narra che la pietra non sia altro che un sigillo, che serve ad imprigionare una potente creatura demoniaca».
A quelle parole tutti i ragazzi, professoresse incluse, fecero un passo indietro terrorizzati. Il ranger scoppiò a ridere e, cercando di tranquillizzare i presenti, disse:
 «Siete davvero preparati ragazzi, poche persone conoscono la storia di questo posto. Scommetto, però, che nessuno di voi sa il nome del demone, o sbaglio?».
Poiché rimasero tutti in silenzio, la guida, abbozzando un sorriso compiaciuto, continuò:
 «Decifrando le scritte sulla pietra gli archeologi hanno scoperto il nome di questo fantomatico essere: Belial. Secondo le leggende fu uno dei più potenti demoni mai esistiti, alcune lo identificano come il signore delle legioni dell’oscurità».
Ci fu un momento di stupore generale poi, un ragazzino accanto al ranger chiese:
 «È possibile che possa liberarsi? Cioè c’è pericolo?».
 Tutti scoppiarono in una grossa risata liberatoria, al termine della quale la guida del parco spiegò alla scolaresca:
 «Ragazzi la pietra è ovviamente una mera scultura artistica, non c’è alcun indizio che possa far pensare che sia una storia vera. Tuttavia se proprio ci tenete a saperlo per poter liberare un demone, qualora esistano, le storie narrano che si debba fare un patto di sangue con esso. In pratica dovreste offrire il vostro corpo alla creatura, la quale ne prenderà possesso. Adesso, però, andiamo c’è altro da visitare in questo bosco».
Detto ciò il ranger si mise davanti ai ragazzi e gli fece strada lungo il sentiero, che si inoltrava nel bosco. Brendon chiudeva il gruppo insieme ad Elizabeth e al ragazzino biondo.
 «Ragazzi mi spiegate come facevate a sapere tutte queste cose? Io neanche sapevo dell’esistenza di questo bosco» chiese, meravigliato, il ragazzino dai capelli neri.
«Basta leggere un qualsiasi libro di miti e leggende antiche» rispose, secca, Elizabeth.
 «Capisco!» sibilò l’altro in preda all’imbarazzo, poi, volendo cambiare discorso, disse: «Comunque piacere: io sono Brendon. Voi come vi chiamate?».
«Io sono Max, piacere» replicò il biondo, poi aggiunse: «Lei si chiama Elizabeth, lo ha detto prima dopo aver raccontato la storia».
«Scusate ragazzi ma con i nomi sono una frana» si giustificò Brendon.
Alla ragazza, però, non importava, non vedeva l’ora di ricongiungersi alle sue amiche e di lasciare perdere quei due sconosciuti. Annoiata dalla situazione si mise a camminare più veloce, ma, dopo essersi passata stizzita una mano tra i capelli, si arrestò di colpo.
«Dov’è? Dov’è il mio fermaglio?» esclamò, preoccupata, la ragazza, poi si rivolse furiosa a Brendon e Max: «Lo avete preso voi? Confessate!».
I due ragazzi giurarono di non aver preso niente.
 «Allora deve essermi caduto alla pietra» pensò ad alta voce Elizabeth e superati i due corse in direzione opposta al gruppo tornando indietro.
«Ma dove va? Dobbiamo seguirla e riportarla indietro» intervenne, risoluto, Brendon.
 Max annuì ed insieme le corsero dietro, dimenticandosi di avvertire gli altri. Intanto Elizabeth aveva già ritrovato il fermaglio ai piedi della pietra e, una volta preso da terra, se lo rimise trai capelli. I ragazzi arrivarono alla radura poco dopo e, estremamente preoccupati per la loro nuova amica, le chiesero all’unisono:
«Si può sapere perché sei tornata indietro? Sei impazzita?».
«Lo avevo perso» rispose Elizabeth indicando il fermaglio, aggiungendo: «È un oggetto molto importante per me, non potevo lasciarlo qui. Comunque vi ringrazio per la premura di essermi corsi dietro, spero che abbiate avvisato le prof o il ranger».
I due si guardarono inebetiti. Elizabeth, allora, avendo capito che entrambi se ne fossero dimenticati, starnazzò:
«Non posso crederci, siete due pusillanimi! Mi spiegate come facciamo a ritrovare la strada adesso?».
«Non preoccuparti ragazzina, ci pensiamo noi a te adesso!»
Ai tre gli si gelò il sangue, quando capirono chi avesse pronunciato quelle parole. Dal folto della vegetazione si fecero strada tre ragazzi di circa sedici-diciassette anni, che si avvicinarono minacciosamente al gruppetto di amici.
 «Cosa volete?» chiese Brendon, tremando come una foglia.
 «Vogliamo divertirci un po’ con la vostra amica, quindi fatevi da parte altrimenti dovrete assistere allo spettacolo in una pozza di sangue» rispose uno dei tre.
Elizabeth era pietrificata dal terrore, sembrava non respirasse neanche.
 «Noi non c’è ne andiamo! È meglio che non vi avviciniate altrimenti ci mettiamo a gridare» urlò Max, cercando di farsi coraggio.
 «Come volete: ragazzi date una lezione a questi due prodi cavalieri» ordinò il leader del trio.
Max e Brendon non ebbero il tempo di fare nulla, il primo fu buttato a terra e riempito a calci fino a svenire, al secondo andò peggio. Brendon fu scaraventato con una tale violenza sulla pietra che gli si ruppero due costole. Il ragazzino urlò di dolore, ma i suoi assalitori, non curandosi minimamente della cosa, lo pestarono a sangue. Uno dei due, infine, con un calcio gli ruppe il naso e lo lasciò agonizzante sulla pietra, che nel frattempo s’impregnava di rosso vivo. Elizabeth era rimasta sola ed impotente, non riusciva neanche ad urlare per lo spavento mentre quei tre balordi le si avvicinavano. Brendon osservava la scena in lacrime. Non poteva aiutare la ragazza ed era angosciato dal pensiero di ciò che i tre avrebbero potuto fare alla sua amica. Ad un tratto però si ricordò della pietra, della leggenda, di Belial; il ragazzo, sperando con tutto sé stesso che quelle frottole avessero un minimo fondo di verità, bisbigliò senza forze:
 «Ti prego aiutami a fermarli, aiutami a salvarla. Ti offro il mio sangue, il mio corpo, la mia anima».
Subito dopo, raccogliendo le sue ultime energie, urlò: «Ti prego Belial aiutami!».
Non successe nulla. I ragazzi si girarono verso Brendon e uno di loro esclamò: «È completamente impazzito».
 I tre risero e ripresero lentamente a circondare Elizabeth, volevano che la ragazza scappasse, pensando che rendesse la cosa ancora più divertente. Elizabeth, però, non si mosse, era come se la ragazza avesse accettato quell’atroce destino.
 Brendon la vide e, chiudendo gli occhi colmi di lacrime, sussurrò un’ultima volta:
«Ti prego».
 D’un tratto si sentì un rumore sordo, i tre aggressori si fermarono di nuovo infastiditi. Questa volta anche Elizabeth si girò e il suo stupore fu grande. La pietra si era crepata e dalle sue spaccature iniziò ad uscire un liquido nero e viscoso, che avvolse Brendon. Non appena la sostanza ricoprì tutto il suo corpo, il ragazzo prese fuoco. Le sue urla di dolore erano agghiaccianti. Il cielo sopra la radura si fece cupo, gli uccelli scappavano dai loro nidi e in lontananza gli animali ringhiavano feroci. Anche Max si svegliò in preda al panico e, quando realizzo cosa stesse accadendo, rimase sbigottito. Brendon fu alzato a mezz’aria, mentre un vortice di fiamme nere gli si avvolgeva tutt’intorno. I tre aggressori erano terrorizzati, lo stesso valeva per Elizabeth che, accortasi di Max, si era andata ad accovacciare vicino a quest’ultimo. D’un tratto le fiamme si estinsero, Brendon smise di urlare e il suo corpo toccò nuovamente terra. Il ragazzo aveva la testa china e le braccia poste lungo i fianchi, sembrava star bene: non vi erano segni di bruciature, anzi tutte le ferite, causate dal pestaggio, erano scompare. Anche il suo aspetto fisico era cambiato: era diventato un po’ più alto ed era dimagrito.
«Cosa sarà successo» chiese agli amici uno dei tre ragazzi.
«Non lo so. Avviciniamoci con prudenza» rispose un altro.
 I tre si avvicinarono con cautela a Brendon per poi arrestarsi dopo pochi passi. Il ragazzo aveva alzato gli occhi da terra, il suo era uno sguardo lucido ma privo di espressione. Un sorriso maligno si disegnò sul suo volto, mentre un’aura nera lo avvolgeva da capo a piedi.
 «Libero, finalmente libero» furono le prime parole di Brendon: «Voglio sangue. Voglio il loro sangue».
I tre adolescenti indietreggiarono ma ormai era troppo tardi: il ragazzo avrebbe avuto la sua vendetta. Brendon balzò in avanti urlando e si avventò su uno dei tre. Lo stese a terra e, ridendo follemente, iniziò a colpirlo sul torace più e più volte finché non si senti il rumore dello sterno, che andava in mille pezzi, seguito dai rantoli del ragazzo che moriva per collasso dei polmoni. Gli altri due cercarono di scappare invano. Il primo fu afferrato per un braccio da Brendon, il quale, dopo aver preso anche l’altro arto, lo costrinse in ginocchio e, tirando entrambe le braccia facendosi forza con il piede a martello sulla schiena della vittima, le staccò di netto. Il terzo, infine, si trovò il demone dinanzi che, abbozzando un sorrisetto da maniaco, gli trapassò con la mano il torace e gli strappò il cuore per poi dargli un morso. Erano irriconoscibili, Brendon li aveva maciullati. Elizabeth e Max si abbracciavano tremanti, non potevano credere a quello a cui avevano assistito. Il demone si girò verso di loro minaccioso ma non fece in tempo a fare nulla che collassò al suolo.
Poco dopo il ranger e il resto della scolaresca trovarono i ragazzi e lo scempio causato da Brendon. Elizabeth e Max spiegarono che, tornati indietro per cercare il fermaglio della ragazza, avevano assistito, nascosti nel folto della vegetazione, all’aggressione dei tre adolescenti da parte di un gruppo di orsi e che Brendon fosse svenuto per lo shock. Le ferite di Max, invece, furono giustificate con una semplice caduta. Sebbene la storiella fosse poco credibile, le professoresse, il ranger e la polizia rimasero troppo scioccati da quel macabro spettacolo per poter credere a qualche cosa di diverso. I corpi degli aggressori furono portati via, mentre Brendon, ancora incosciente, fu accompagnato insieme agli altri due in ospedale. Sull’ambulanza Elizabeth e Max si tenevano per mano e guardavano il corpo privo di sensi di Brendon.
«Cosa facciamo Max?» chiese, preoccupata, la ragazza.
 Max aspettò un po’ ed infine le disse «Lui ci ha salvato, avrà anche commesso una follia, ma ci ha salvato senza neanche conoscerci. Adesso tocca a noi gli staremo vicino sono sicuro che non ci farà mai del male».
Terminato di parlare strinse Elizabeth in un abbraccio e con la mano libera prese quella di Brendon.
 
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Note dell’autore: Salve a tutti! Mi presento sono Yugi95 e questa è la prima storia, che pubblico in assoluto. Fin da piccolo ho sempre adorato immaginare ed inventare situazioni, che mi permettessero in qualche modo di vivere le avventure delle mie favole o libri preferiti. Crescendo mi sono reso conto che l’immaginazione non mi bastava più, sentivo il bisogno di dar vita a queste mie fantasie. Di conseguenza iniziai a scrivere storie brevi, completamente inventate, o rapidissime fanfiction sulle tematiche più disparate. Tempo fa venni a conoscenza di questo sito ed iniziai ad interessarmi alle storie, che vi trovavo, apprezzando la bravura e il coraggio di chi si metteva in gioco scrivendo le proprie storie. Ho deciso di ambientare la mia prima fanfiction nell’universo delle Winx per due motivi. Innanzitutto le fanfiction delle Winx sono state le prime storie, che ho letto su EFP, adorando profondamente le saghe e i modi di scrivere dei diversi autori. Quest’ultimi hanno rappresentato per me una grande fonte d’ispirazione, non soltanto per le tematiche, che ho deciso di affrontare nella storia ma anche per la caratterizzazione dei personaggi vecchi e nuovi. In secondo luogo ho deciso di scegliere le Winx come comprimari della fanfiction perché da bambino adoravo guardare in compagnia di mia sorella questo cartone animato. Spero tanto che la mia piccola storia possa piacervi e di non avervi infastidito troppo con queste note ;D. Un saluto generale e arrivederci al prossimo capitolo :D :D :D.
               
   Yugi95 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo I – L’inizio di un nuovo anno ***


Capitolo I - L'inizio di un nuovo anno
 

L’ispettrice Griselda camminava a passo svelto lungo il corridoio, che dagli alloggi dello staff portava all’ufficio del preside. Si arrestò dinanzi la stanza e con fare impaziente bussò alla porta. Dall’interno una voce dolce, ma allo stesso tempo sicura, disse:
 «Avanti».
Griselda entrò nell’ufficio e chiuse dietro di sé la porta. Faragonda era seduta alla sua scrivania con la testa china, tra le mani stringeva una pergamena dorata.
 «Le ragazze sono arrivate, è il caso che la preside della scuola vada ad accoglierle» esordì, perentoria, l’ispettrice.
La direttrice, persa nei suoi pensieri, sembrò non ascoltare minimamente le parole di Griselda e continuò ad ammirare la pergamena. L’ispettrice, allora, si avvicinò alla scrivania e con fare amichevole chiese alla preside:
«Faragonda cara, ci sono problemi?».
 La donna uscì dalla trance e con il sorriso sulle labbra le rispose:
 «Niente di preoccupante Griselda, stavo pensando al discorso d’inizio anno».
 «Capisco, ma preside le ragazze aspettano» la incalzò Griselda.
Faragonda fece un cenno di assenso con la testa, poi, dopo aver riposto la pergamena in uno dei cassetti della scrivania, si alzò dalla sedia e si diresse con Griselda nel cortile della scuola. Ragazze di tutte le età affollavano il luogo, la confusione era totale: voci festanti si sovrapponevano tra loro dando vita ad una cacofonia insopportabile per le povere orecchie di Griselda. Le studentesse, che tornavano a frequentare la scuola, dopo aver trascorso le vacanze estive, si abbracciavano tra loro scambiandosi i soliti convenevoli di rito. Altre ragazze, che quel giorno avrebbero cominciato il loro primo anno, si tenevano in disparte, la maggior parte avvinghiata alle braccia dei genitori, guardandosi intorno spaesate. Nel cortile era presente anche tutto il corpo docenti, intento a salutare le vecchie allieve e le nuove arrivate. Griselda cercò invano di calmare tutta quella confusione.
 «Mi dispiace preside, ma oggi sono tutti particolarmente eccitati, professori compresi» si scusò Griselda, lanciando allo stesso tempo un’occhiataccia al professor Wizgiz che si era messo a sparare fuochi d’artificio dalle mani.
Faragonda le sorrise e con tono pacato esclamò:
 «Tranquilla Griselda è giusto far festa. Comunque sappiamo bene che il peggio deve ancora arrivare».
In fin dei conti la direttrice non aveva tutti i torti e di questo Griselda ne era consapevole. L’ispettrice sapeva benissimo che le cose di lì a breve sarebbero peggiorate. Come volevasi dimostrare, neanche cinque minuti dopo la conclusione del dialogo tra le due donne, la situazione degenerò. Le voci delle studentesse si trasformarono in urla degne dei migliori concerti, gridolini d’eccitazione erano lanciati in tutte le direzioni, si assistette anche a numerosi svenimenti. Tutto ciò stava a significare una cosa sola: le Winx erano arrivate ad Alfea, Wizgiz e i suoi fuochi avevano perso tutto il loro fascino. Le ragazze, accompagnate dagli specialisti, entrarono dal cancello principale acclamate dalla folla; erano tutte visibilmente imbarazzate… tutte tranne Stella. La principessa di Solaria si sentiva a suo agio in quella bolgia di persone, da lei considerate “i suoi ammiratori”. La ragazza stava per far apparire una penna, in modo tale da poter firmare tutti gli autografi che le avessero chiesto, quando Aisha, prendendola per un orecchio, la spinse via dalla calca tra le risate delle amiche e lo stupore della folla.
«Mi fai male Aisha, smettila subito!» gracchiò Stella.
 «Ti lascio andare, ma prometti di farla finita con questa storia della diva» rispose la Fata dei Fluidi, lasciando la presa.
«Non è colpa mia se sono bella, popolare e tutti mi adorano» gridò la Fata del Sole, per poi correre tra le braccia del suo amato Brandon, Aisha scosse il capo piena di sconforto.
 «Non ti abbattere Aisha. Lo sai Stella è fatta così, ma in fondo, davvero in fondo, le cose che dice non le pensa veramente» la rincuorò Flora, ricevendo in cambio un sorriso sincero da parte dell’amica.
 «Ragazze sbrighiamoci! La direttrice Faragonda sta per tenere il suo discorso» esclamò, euforica, Tecna.
Le Winx, seguite dai loro fidanzati, si avvicinarono al grande palco, sul quale la preside era appena salita. Tutti i presenti si ammutolirono Stella inclusa e attesero con trepidazione le parole della direttrice. Faragonda si avvicinò al microfono ed iniziò a parlare:
 «Una felice giornata a tutti voi e benvenuti ad Alfea. Un nuovo anno sta per cominciare, un anno di nuove scoperte, un anno di nuove amicizie, un anno di insicurezze e, poiché non mancano mai, un anno di problemi. Vedete in un anno possono capitare davvero tante cose: dalle più belle alle più brutte, ma l’importante è sapere che...».
Per un istante i dolci occhi di Faragonda si posarono su Bloom, intenta ad ascoltarla in prima fila, la quale ricambiò con uno sguardo indagatore. La direttrice si fermò per pochi secondi, che alle persone in ascolto sembrarono ore interminabili.
 «Forse non si sente bene? Mi sta facendo preoccupare» bisbigliò Flora ad Helia, stringendosi alla sua vita.
Faragonda si schiarì la gola e riprese:
 «…l’importante è sapere che non si è mai soli; nello sconforto, nella solitudine, nella rabbia non siamo mai soli e niente e nessuno potrà mai convincervi del contrario. Abbiate sempre speranza, abbiate sempre fede nelle persone al vostro fianco, anche quando commettono degli errori, anche quando sembra che vi abbiano voltato le spalle. Abbiate fede nel prossimo e nelle sue capacità di poter rendere per voi il mondo un posto migliore. Grazie a tutti».
Faragonda smise di parlare e, senza neanche aspettare che gli applausi terminassero, si allontanò dal parco rientrando nella scuola.
«Chissà perché ha preso quella pausa durante il discorso? Di solito è un fiume in piena» domandò Musa ai suoi amici.
 «Evidentemente si era dimenticata quello che doveva dire» tagliò corto Stella, «Alla sua età può capitare» aggiunse subito dopo. Gli altri la guardarono con seria disapprovazione.
 «Stella non sono cose che si dicono, non è un comportamento da principessa» la rimproverò Flora.
«Ragazzi c’è qualche cosa non mi convince, dobbiamo parlare con Faragonda» propose Bloom.
 «Va bene, va bene parleremo con la direttrice» disse rassegnata la principessa di Solaria, la quale, però, tornata immediatamente nel pieno delle forze, esclamò: «Adesso godiamoci la festa».
 Gli altri risero di gusto e si diressero sulla pista da ballo allestista per l’occasione.
«Bloom aspetta un attimo, devo parlarti» Sky fermò la ragazza, tirandola dolcemente a sé per un braccio.
 «Dimmi pure Sky» cinguettò la principessa di Domino.
«Non qui Bloom. Allontaniamoci da tutta questa confusione» propose lo Specialista.
I due si diressero sotto uno dei due portici della scuola e si sedettero su una panchina.
 «Allora Sky cosa volevi dirmi?» chiese, ansiosa, la ragazza.
 Il principe di Eraklyon le prese le mani e con la voce piena d’emozione cercò di parlarle:
 «Bloom è complicato. Vediamo da dove posso iniziare? Allora, credo che tu sappia che questo e il mio ultimo anno alla scuola di Fonterossa».
 Bloom annuì con un po’ d’invidia, chissà quando li avrebbe terminati lei gli studi. Il ragazzo continuò:
 «Di conseguenza, una volta terminato il mio percorso da Specialista, come da accordo con mio padre, diventerò Re di Eraklyon».
 «Sky non capisco dove sia il problema, questo già lo sapevamo e io non ho il benché minimo problema ad essere la fidanzata di un re» lo rassicurò, sorridendo, Bloom.
 «Lo so, infatti non è di questo che volevo parlarti. Mio padre prima di me e mio nonno prima di lui, quando furono incoronati, avevano una persona speciale al loro fianco ed io vorrei te» spiegò Sky.
 La ragazza dai capelli rossi lo guardò perplessa e con fare scherzoso gli disse:
 «Scusami Sky sono la tua ragazza, è normale che sarò presente all’incoronazione. Spiegami chi pensavi venisse? Diaspro forse?».
Il principe, invece, divenne serio in volto e corrugò la fronte:
 «Perdonami Bloom, forse non mi sono spiegato bene. Io non voglio che tu mi accompagni come mia fidanzata all’incoronazione, io vorrei che tu mi accompagnassi…beh…ecco».
 Bloom lo guardò incuriosita, non riusciva a capire cosa volesse dire Sky. Il ragazzo, ormai rassegnato, riprese a parlare:
 «Ho capito è meglio essere diretti, anche se mi sarebbe piaciuto essere più romantico di così».
 Sky si alzò dalla panchina e si mise in ginocchio davanti a Bloom, la quale rimase a bocca aperta per lo stupore.
 «Bloom, principessa di Domino, luce del mio cuore, vorresti farmi dono della tua mano e diventare mia moglie?» chiese, emozionato, il giovane principe.
Bloom, nell’immediato, non proferì parola, poi, saltandogli al collo e baciandolo, urlò:
 «Sì, sì, sì! Un miliardo di volte sì».
I due si strinsero in un tenero abbraccio e, in un secondo momento, si rimisero in piedi.
 «Non sapevo proprio come dirtelo. Pensavo che avresti voluto prenderti più tempo per pensarci o che avresti addirittura rifiutato» le bisbigliò Sky.
 «Amore mio, stiamo insieme da otto anni ormai, io non vedevo l’ora che tu me lo chiedessi. Fare la fidanzata a vita non fa per me» puntualizzò Bloom.
 A quelle parole il principe di Eraklyon scoppiò a ridere e lo stesso fece la sua futura sposa.
 «Bene a questo punto io direi di tornare dagli altri alla festa. Si staranno sicuramente chiedendo dove siamo finiti» propose Sky.
La ragazza annuì e insieme si apprestarono ad uscire dal portico.
 «Bloom, Bloom! Finalmente ti ho trovata, è mezz’ora che ti cerco».
I due si voltarono di scatto. Daphne si era appoggiata alla panchina, sulla quale erano stati seduti fino a poco tempo prima, e rispirava affannosamente.
«Daphne ma cosa hai combinato? Sei sfinita! Non avrai mica sfidato Aisha ad una gara d’atletica?» le chiese la sorella, senza riuscire a trattenere un risolino.
 «Spiritosa… la colpa è dell’ispettrice Griselda. Mi ha chiesto di cercarti in modo tale che potessi consegnarti questo messaggio da parte della direttrice» spiegò Daphne, porgendole un piccolo bigliettino ripiegato.
 «Che strana coincidenza, io e le ragazze avevamo intenzione di raggiungerla più tardi. Comunque non ti è stato detto che cosa voglia da me?» domandò, curiosa, Bloom.
 «Niente di niente, anche Griselda non sapeva il perché della convocazione. Mi ha anche avvisato di non aprire il bigliettino, poiché solo tu devi leggerne il contenuto» rispose Daphne.
 Sky si portò la mano al mento e mugugnò pensieroso:
 «Chissà il perché di tutto questo mistero».
 «Adesso lo scopriremo» esclamò Bloom aprendo il bigliettino e leggendone ad alta voce il contenuto.

 
Bloom appena puoi raggiungimi nel mio ufficio, dobbiamo parlare di una questione importante.
Mi raccomando vieni da sola!
                                                                                                       Faragonda
 

«Non dice nient’altro?» chiese Daphne.
 «Nulla più» replicò la sorella.
«È molto strano. È innegabile che la direttrice sia circondata da un alone di perpetuo mistero, ma qui si esagera» esclamò Sky.
 Bloom richiuse il bigliettino e lo ripose nel taschino del maglioncino, poi riprese a parlare:
 «Ragazzi non so che dirvi. Facciamo così: io raggiungo Faragonda nel suo ufficio, mentre voi tornate alla festa e avvisate gli altri della cosa. Mi raccomando però non creiamo allarmismi».
 Daphne e Sky annuirono ed insieme tornarono dai loro amici, intenti a divertirsi sulla pista da ballo. Bloom, invece, si strinse nelle spalle e con fare deciso si diresse all’ingresso dell’edificio. Senza farsi notare da nessuno, entrò nel grande salone della scuola e si apprestò a saliere l’imponente scalinata che portava al primo piano. Era a metà della salita quando sentì una voce a lei familiare. Nex, il ragazzo di Aisha, era entrato nel salone da uno dei due corridoi laterali e stava parlando a bassa voce con qualcuno al cellulare. La ragazza, pur sapendo che origliare le conversazioni altrui è sbagliato e che avrebbe dovuto far sapere al ragazzo della sua presenza, decise istantaneamente di accovacciarsi e di nascondersi dietro al corrimano della scalinata in modo tale da non essere vista.
«Ho capito! Non ci sono problemi, so bene cosa devo fare. Adesso devo andare, avrai presto mie notizie» bisbigliò Nex al cellulare, per poi chiudere subito dopo la chiamata.
Il paladino ripose il telefono nella tasca dei pantaloni, poi, dopo essersi accertato che non ci fosse nessuno intorno, uscì dal salone passando per l’ingresso principale. Bloom non capì molto della conversazione anche perché era stata davvero breve, quindi si rialzò e senza più pensarci continuò a salire al primo piano. Percorse il corridoio che portava all’ufficio della preside e, una volta arrivata, si arrestò dinanzi la porta. La ragazza non ebbe neanche il tempo di bussare che l’anta si aprì magicamente da sola. La direttrice era in piedi, intenta ad osservare il vasto bosco che circondava Alfea dalla grande vetrata del suo ufficio; sulla scrivania della preside era poggiato il rotolo di pergamena dorato.
«Ti stavo aspettando mia cara» esordì Faragonda.
 Bloom entrò nella stanza e le chiese: «Come mai voleva vedermi direttrice Faragonda?».
 La donna non parlò, continuava a fissare la selva dalle lastre di vetro. Bloom, allora, la incalzò:
 «Faragonda che cosa sta succedendo? Non mi tenga sule spine, la prego».
 La direttrice sospirò lievemente, poi senza voltarsi riprese a parlare:
 «Bloom vedi quella pergamena sulla scrivania?».
 La ragazza si stava innervosendo, sperava che la preside potesse spiegarle il motivo di quella strana convocazione, invece si limitava a parlare a spezzoni.
«Non l’avevo notata quando sono entrata. Comunque si, la vedo è sulla sua scrivania» rispose Bloom perplessa.
 «Sai dirmi che cos’è?» chiese la direttrice voltandosi verso Bloom, la quale rimase alquanto sorpresa nel vedere la donna negli occhi. Il suo volto era lo specchio di emozioni contrastanti, la Principessa di Domino poteva percepire serietà, paura, felicità ed ansia.
 «No direttrice Faragonda, non so cosa sia» le rispose un ormai esasperata Bloom.
 Faragonda abbozzò un sorriso e le spiegò la vera natura di quella pergamena:
 «Quella, mia cara Bloom, è una convocazione per te».
«Una convocazione per me? Da parte di chi sarei stata convocata?» domandò incuriosita la Fata della Fiamma del Drago.
Faragonda si fece scura in volto:
 «Da Arcadia».
 
***************************************************************************************
 
Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti. Che cosa si può dire su questo primo capitolo? Come avrete notato il tono della narrazione cerca di essere spensierato a tratti diverte, la differenza con il prologo, soprattutto con la seconda parte, è evidente. Tuttavia nella contentezza generale si fa strada un’ombra di preoccupazione, dovuta allo strano atteggiamento di Faragonda. Di conseguenza si crea una sorta di mistero all’interno della storia, che ne costituisce in definitiva il cuore. Alla fine del capitolo la verità viene alla luce, ma essa è una verità incompleta, fuorviante. Questo perché, benché un mistero sia stato risolto, un altro ancora più grande si fa strada nella vita dei protagonisti. Spero che questa piccola analisi in calce al capitolo non vi abbia annoiato troppo, anche perché ho pensato di continuare ad inserirle nei capitoli successi. Qualora non fossero di vostro gradimento fatemelo sapere senza farvi troppi problemi. Ah, un’ultima cosa e poi vi saluto; è più che altro una precisazione che mi sento in dovere di fare. Tranquilli non è spoiler! La precisazione è la seguente: il personaggio “Brendon”, presente nel prologo, è diverso da “Brandon” il fidanzato di Stella. So che questo può creare confusione, ma ho preso tale decisione per due motivi. Primo: Poiché sono particolarmente affezionato al nome “Brendon”, non me la sono sentita di escluderlo dalla storia. Secondo: Questa quasi omonimia è funzionale alla trama generale della storia, non fatemi dire altro. Questo è tutto, a presto :D :D :D.
                                                                                                                                                                                 
Yugi95

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Capitolo 3
*** Capitolo II – Arcadia ***


Capitolo II – Arcadia
 
Bloom non riusciva a credere alle parole di Faragonda. Arcadia, la Fata Guardiana del Regno Dorato, la prima fata in assoluto ad aver solcato i cieli della Dimensione Magica, richiedeva la sua presenza.
«Direttrice io… io non capisco. Perché mai Arcadia vorrebbe vedermi?» balbettò Bloom.
 La Preside di Alfea si sedette alla sua scrivania invitando la ragazza a fare lo stesso e, prendendo un profondo respiro, rispose:
 «Bloom cara, insieme alla pergamena è stata recapitata una lettera per me. In questa mi veniva chiesto di avvisarti che Arcadia voleva incontrarti e di consegnarti il rotolo».
 Bloom non riusciva a capire cosa potesse mai volere Arcadia da lei.
«La lettera non dice nient’altro? Ad esempio il motivo di questa convocazione?» continuò la rossa.
A quelle parole il volto della direttrice assunse un’espressione preoccupata.
 «La lettera non aggiungeva molto, vi era scritto solo che Arcadia doveva discutere con te di una certa questione. Nient’altro» aggiunse la preside, stringendosi nelle spalle.
«Capisco. Questo vuole dire che scoprirò la verità soltanto parlando con Arcadia, oppure aprendo la pergamena di convocazione» disse Bloom apprestandosi a rimuovere il sigillo, che teneva chiuso il rotolo di pergamena.
Nella frazione di un secondo nella mente della direttrice balenò un’altra informazione contenuta nella lettera forse la più importante.
 «Aspetta Bloom! Non aprire la pergamena» urlò la donna, spaventando la ragazza - «Aspetta… mi sono ricordata una cosa importante scritta nella lettera. La pergamena deve essere aperta esclusivamente da te tra un mese esatto a partire da oggi».
La giovane fata la guardò sconcertata, per un attimo fu assalita da mille pensieri su che cosa sarebbe potuto mai accadere se non avesse seguito alla lettera le istruzioni di Arcadia.
«Ok… aprirò la pergamena tra un mese» la rassicurò Bloom - «Direttrice, però c’è un problema: per vedere Arcadia dovrò raggiungere la Torre Rossa. Di conseguenza dovremo organizzare una sorta di spedizione per raggiungere i confini del nostro universo, giusto? Sarà abbastanza complicato».
«Non preoccuparti Bloom. Penseremo a quest’eventualità a tempo debito» le rispose Faragonda con un sorriso.
A quel punto la ragazza riconsegnò la pergamena alla direttrice, chiedendole di conservargliela fino al giorno stabilito. Faragonda acconsentì. Le due si salutarono e Bloom si apprestò a lasciare la stanza. Sull’uscio della porta, però, la giovane fata fu nuovamente fermata dalla voce della preside.
«Bloom perdonami, sai com’è l’età. Sulla lettera mi si chiedeva di avvertirti di non dire a nessuno di questa convocazione. Quindi, mi raccomando, la cosa deve rimanere tra noi. Hai capito?».
Bloom, seppur contrariata, fece segno di sì col capo ed uscì dall’ufficio, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando nuovamente da sola la direttrice, che riprese a vagare nei suoi mille pensieri. In particolare, da quando aveva ricevuto la lettera e il rotolo di pergamena un pensiero su tutti la tormentava: anzi la terrorizzava.
 Quel mese passò in fretta per Bloom. Tra le lezioni a scuola, gli impegni generici del Winx Club e l’invio delle partecipazioni per il suo prossimo matrimonio con Sky, dei cui preparativi si fece prepotentemente carico Stella, la ragazza non riuscì quasi mai a pensare alla convocazione da parte di Arcadia. Finché una sera…
 «Ragazze scusatemi, ma devo assentarmi un attimo: la direttrice Faragonda mi sta aspettando nel suo ufficio» disse Bloom alle sue amiche.
 «Non puoi andartene Bloom! Questa sera ho organizzato una sfilata di abiti da sposa solo per te. Dobbiamo ancora sceglie il vestito!» la rimproverò Stella.
 «Stella è da quando ti ho detto che mi sarei sposata che organizzi sfilate, il matrimonio si terrà quest’estate. Il tempo non manca!» l’apostrofò la rossa e, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza in direzione dell’ufficio della preside.
«Non ti preoccupare Stella, se vuoi li provo io i vestiti» la rassicurò dolcemente Flora, mentre le altre scoppiarono a ridere.
Bloom entrò nella stanza. Faragonda era seduta sulla sua poltrona, mentre la pergamena era sulla scrivania.
«Buonasera direttrice» esordì Bloom avvicinandosi alla donna.
«Buonasera Bloom, ti stavo aspettando. La pergamena è lì sulla scrivania» le rispose dolcemente la direttrice.
La ragazza andò dove le era stato indicato e con mani tremolanti ruppe il sigillo di lacca. La pergamena era completamente bianca, Bloom la teneva tra le mani senza riuscire a capacitarsene. All’improvviso nel foglio si aprì uno squarcio di luce, che divenne via via sempre più grande e luminoso. La ragazza si spaventò, voleva buttare per terra la pergamena ma non ci riusciva. Faragonda, invece, era rimasta seduta sulla sua poltrona con lo sguardo perso nel vuoto. La luce dello squarcio divenne così insostenibile che la rossa fu costretta a chiudere gli occhi. Bloom non riusciva a muoversi, si sentì sollevare da terra per poi roteare su sé stessa per un tempo indeterminato… infine tutto cessò.
 «Benvenuta Bloom, Custode della Fiamma del Drago. È un piacere per me poter fare finalmente la tua conoscenza» esordì una voce profonda, ma allo stesso tempo dolce… quasi melodiosa.
La ragazza aveva ancora gli occhi chiusi a causa dell’intenso bagliore prodotto dalla pergamena e, benché si sforzasse, non riusciva a capire da dove provenisse il suono di quelle parole.
«Avanti non aver paura! Apri gli occhi Bloom» la incalzò la voce.
Bloom piano piano riaprì le palpebre, si stropicciò gli occhi con le mani e lentamente con qualche iniziale difficoltà mise a fuoco il luogo in cui si trovava. La Fata della Fiamma del Drago rimase letteralmente senza parole, nelle sue numerose avventure ne aveva viste di cose pazzesche, ma questa le batteva tutte. Si trovava su un’immensa piattaforma dorata sospesa nello spazio, illuminato dalla presenza di stelle, che, proiettando la loro luce nel cielo, creavano magnifiche aurore luminose. La piattaforma, a sua volta, era abbellita da un numero infinito di colonne, anch’esse tutte d’oro massiccio che si proiettavano verso l’alto. Al di sotto di essa si trovavano banchi enormi di candide nuvole. Era uno spettacolo mozzafiato, neanche la più fervida immaginazione avrebbe potuto produrre una tale bellezza, pensò Bloom. D’un tratto la voce sconosciuta riprese a parlare.
«Vedo che sei rimasta alquanto colpita dal Regno Dorato. Anche le tue amiche provarono le stesse forti emozioni quando vennero a chiedermi le Stelle d’Acqua».
La ragazza, solo in quel momento, si rese conto che dinanzi a lei, posti su un imponente ballatoio di marmo, vi erano quattro esseri magici: un centauro alato, una sirena dai lunghi capelli verdi, uno spirito volante e, infine, una fata dalla pelle azzurra seduta su un trono maestoso, accanto al quale si trovava un piedistallo su cui era poggiata una piccola scatola nera con intarsi dorati.
«Tu…tu sei Arcadia. Mentre voi altri siete i membri del Consiglio degli Anziani» balbettò Bloom.
 I quattro non risposero, ma si limitarono ad osservare con occhi indagatori la ragazza. In seguito Arcadia prese la parola:
 «Custode della Fiamma del Drago sai perché sei stata convocata?».
«Non so nulla di preciso, ma la direttrice Faragonda mi ha detto che avremmo parlato di una questione importante» rispose, insicura, la rossa.
Arcadia chiuse gli occhi e rimase in silenzio per alcuni minuti, mentre i restanti membri del Consiglio continuavano a scrutare la ragazza. Bloom, non capendo il perché di quell’atteggiamento, decise di chiedere spiegazioni. Tuttavia non appena la fata cercò di aprire la bocca dal pavimento sotto i suoi piedi spuntò una comoda poltroncina di velluto bianco, che si innalzò fino a trovarsi faccia a faccia con il ballatoio. Arcadia riaprì gli occhi e rivolgendosi ai restanti membri del Consiglio disse:
 «Ho scrutato nel cuore di questa giovane fata, ritengo che sia all’altezza di conoscere la verità. Se qualche membro di quest’Assemblea non approva la mia decisione, parli adesso».
 Nessuno dei presenti proferì parola, Bloom intanto si ritrovava sprofondata nella poltrona, incapace di comprendere ciò a cui stava assistendo.
«Bene!» continuò Arcadia - «Possiamo cominciare».
La Prima Fata si risiedette sul trono, avendo Bloom di fronte, e, muovendo lievemente la mano, fece apparire dal nulla una mappa astronomica.
 «Sai dirmi Bloom, cos’è questa?» chiese Arcadia.
«È una mappa della Dimensione Magica. Si vedono bene i diversi pianeti che compongo il nostro universo, come ad esempio Domino, Eraklyon e la Terra» rispose timidamente Bloom.
 «Sai anche dirmi cosa sono queste?» disse Arcadia indicando quattro diverse zone sulla mappa stellare.
Bloom riprese a parlare:
 «Quelle sono le sub-dimensioni del nostro universo. Possiamo vedere il Regno Dorato, sede del Consiglio degli Anziani, l’Oceano Infinito, il luogo in cui si trovano dei Tre Pilasti, il Realix, accessibile soltanto attraverso il Codex, e l’ultima è Obsidian, la fonte della magia negativa…».
 «Sarebbe più corretto dire quello che resta di Obsidian, dal momento che tu e tua sorella Daphne avete completamente distrutto quella dimensione» la interruppe il centauro alato con tono di rimprovero.
Quelle parole offesero profondamente Bloom. Non poteva credere di essere stata accusata di aver distrutto un luogo che neanche avrebbe meritato di esistere. La giovane fata strinse i pugni e con tono di sfida si rivolse al centauro.
«Era anche ora che qualcuno provvedesse alla sua distruzione! In quel luogo di negatività erano stati intrappolati i miei genitori, il mio popolo, il mio mondo: era mio dovere salvarli».
 Il centauro distolse lo sguardo dalla ragazza e lo posò su Arcadia come se cercasse la sua approvazione per poter continuare a parlare. La Fata Guardiana acconsentì ed il centauro si rivolse nuovamente a Bloom.
 «Ciò che avete fatto quel giorno ha causato danni irreparabili alla nostra dimensione. Te ne rendi conto?».
 La Fata della Fiamma del Drago sbuffò:
 «Ok, ok, liberando il mio mondo dalla prigionia di Obsidian, liberammo per sbaglio anche le Streghe Antenate, che attaccarono l’Albero della Bene e del Male insieme alle Trix e fecero sparire la magia positiva. Ciò non cambia che io e le mie amiche riuscimmo a sconfiggerle definitivamente, risolvendo la situazione. Ormai sono trascorsi quattro anni non potete darmi la colpa solo adesso!».
 Il centauro riprese a parlare «Streghe Antenate, Trix non sono loro il problema della Dimensione Magica. La scomparsa di Obsidian è la vera minaccia!».
 «Continuo a non capire e comunque credo stiate esagerando» sbottò Bloom.
 «Sei tu che stai sminuendo la situazione ragazzina! Tu e i tuoi amici vi siete divertiti per tutti questi anni ad impersonare i paladini della giustizia. All’inizio la cosa poteva essere tollerata, ma tue e quelle sfrontate delle altre Winx avete superato limiti che a nessuno è concesso valicare» urlò il centauro alato visibilmente arrabbiato.
 L’espressione di Bloom cambiò all’istante, il suo volto si tinse di rosso e la sua espressione assunse i tratti tipici dell’ira furente ed irrefrenabile:
 «Senta, membro dell’Antico Consiglio o meno lei non ha il diritto di rivolgersi a me e ai miei amici in questo modo. Io sono venuta qui nel Regno Dorato perché credevo che una nuova e sostanziale minaccia fosse alle porte. Non intendo restare qui ad essere insultata per aver compiuto delle cose che hanno reso la Dimensione Magica un posto più sicuro, un posto migliore. Siete voi che dovreste vergognarvi: nonostante siate gli esseri magici più potenti di tutti, non avete mai mosso un dito in questi anni. Se non fosse stato per le Winx il mondo, come lo conosciamo oggi, sarebbe finito da un pezzo» urlò con maggiore forza la ragazza, mentre i suoi grandi occhi blu si riempivano di venature rossastre.
Quelle parole scatenarono l’ira degli altri due membri del Consiglio, che fino ad allora erano rimasti in silenzio ad ascoltare. I tre chiedevano ad Arcadia l’immediata esilio di Bloom dal Regno Dorato e l’inflizione di una pena severa per la sua sfrontatezza. La Fata Guardiana, a dispetto degli altri, rimase tranquilla e non perse mai quell’espressione di serena magnificenza che la contraddistingueva. Arcadia si alzò dal trono e con un rapido gesto della mano zittì gli altri membri del Consiglio, poi si rivolse a Bloom con tono pacato:
 «Bloom, tu hai ragione! In tutti questi anni noi membri del Consiglio degli Anziani non abbiamo mai preso parte attiva alla difesa della Dimensione Magica. Al contrario siamo sempre rimasti in disparte… ad osservare».
La giovane fata rimase colpita da quelle parole: Arcadia le stava dando ragione.
«In questi anni abbiamo combattuto senza sosta contro chiunque minasse la sicurezza del nostro universo, abbiamo anche perso delle persone a noi care lungo il cammino» spiegò Bloom, mentre calde lacrime le rigavano il viso - «Non abbiamo mai chiesto nulla in cambio. Ciò che abbiamo fatto lo sentivamo come un dovere morale nei confronti del mondo magico. Non è giusto che adesso ci venga rinfacciato tutto il nostro operato, soprattutto la nostra più grande vittoria. Con la distruzione di Obsidian abbiamo eliminato la più grande fonte di problemi per la Dimensione Magica».
 Arcadia la ascoltò senza interrompere, poi dolcemente le spiegò:
«Ragazza mia, se il Consiglio non è mai intervenuto è perché non può farlo. Le leggi, che regolano la Dimensione Magica, glielo impediscono».
Bloom la ascoltava in silenzio, asciugandosi le lacrime con i polsini del maglioncino, che aveva indosso.
«Poco fa hai detto che pensavi di essere stata convocata perché una nuova minaccia fosse sorta all’orizzonte. Ebbene è così, ma tutto è scaturito, per quanto possa sembrare ingiusto, dalla distruzione di Obsidian» sentenziò con autorità la Fata Guardiana.
Bloom sentì come se delle spade le trafiggessero il petto: la salvezza di Domino aveva comportato l’avvento di una nuova minaccia per la Dimensione Magica. La ragazza non riusciva a capacitarsi, forse il centauro alato aveva ragione, lei e le altre Winx avevano peccato di arroganza. Evidentemente il voler proteggere a tutti i costi un universo, che, fino ad allora, era riuscito a sopravvivere senza la loro presenza, aveva comportato l’alterazione o addirittura la rottura di una qualche sua componente. In fin dei conti loro non avevano alcuna autorità per decidere il destino della Dimensione Magica. Nonostante ciò la Principessa di Domino non si diede per vinta, se lei e le sue amiche avevano arrecato un danno… si sarebbe potuto anche spegnere il Primo Sole di Solaria, a quel danno tutte insieme vi avrebbero posto rimedio. Bloom si alzò dalla poltroncina di velluto, mentre i membri del Consiglio la guardavano imperscrutabili, e con espressione seria e determinata si rivolse alla Fata Guardiana del Regno Dorato:
«Chi sarebbe questo nuovo nemico e che cosa ha a che fare con la distruzione di Obsidian?».
Arcadia guardò nel profondo degli occhi la giovane fata «Il suo nome è… Ksendras».
 
***************************************************************************************
 
Note dell’autore: Ciao a tutti! Non mi sembra vero di essere già arrivato al terzo capitolo. Finalmente ci si stacca dal classico mondo delle Winx e, sebbene luoghi e personaggi siano ancora quelli originali, si inizia ad intravedere qualche cosa di nuovo. Una su tutte la sfuriata di Bloom nei confronti del rispettabilissimo Consiglio degli Anziani, che, ricordo, aveva fatto eclissare la luminosa esuberanza di Stella senza troppi complimenti. Allo stesso modo anche il Consiglio assume una connotazione più umana, perdendo quell’aura di sacralità ascetica che lo contraddistingueva nella serie e conseguentemente piegandosi alla forza delle emozioni. Tuttavia il maggior cambiamento lo so si apprezza nel personaggio di Arcadia, che assume un ruolo di predominanza nei confronti degli altri membri del consiglio al quale impone le proprie decisioni. In conclusione il capitolo ci introduce in una nuova dimensione emotiva, al cui interno i semplici concetti di buono e cattivo, amicizia e inimicizia, giusto e sbagliato, perdono la loro valenza assoluta e si mescolano. A presto con il prosieguo della storia 😃 😃 😃.

P.S. Un grazie particolare a Vlad123 e MartiAntares per il loro suggerimento di rendere il testo meno compatto e più fruibile alla lettura. Ve ne sono davvero grato!

Yugi95

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Capitolo 4
*** Capitolo III – La nascita della Dimensione Magica (Parte 1) ***


Capitolo III – La nascita della Dimensione Magica
(Parte 1)

 
Non appena Arcadia pronunciò quel nome le stelle, che brillavano nel cielo del Regno Dorato, si spensero per qualche istante. Tutto fu buio, poi gli astri tornarono pian piano ad illuminare il firmamento. Anche gli altri membri del Consiglio degli Anziani assunsero un’espressione preoccupata nel sentire il nome di quell’essere. Al contrario Bloom rimase impassibile e decisa a scoprire la verità.
«Ksendras? Non ho mai sentito il nome di questa persona, chi sarebbe?» chiese la giovane fata, rimettendosi seduta.
«Ksendras non è una persona, è piuttosto un’entità. Non hai mai sentito parlare di lui perché per la Dimensione Magica non esiste» rispose, asciutta, Arcadia.
«Com’è possibile che l’universo magico sia all’oscuro di quest’entità? Deve pur esserci una traccia di Ksendras da qualche parte, ad esempio nella Biblioteca di Alessandria, oppure in un qualche libro ad Alfea. È assurdo che nessuno essere magico conosca un qualche cosa di tanto pericoloso» ribatté, ostinatamente, Bloom.
La Fata Guardiana non le rispose e si limitò a far sparire la mappa della Dimensione Magica, presente tra lei e la ragazza. In seguito si risiedette sul trono marmoreo e si rivolse nuovamente alla rossa:
«Bloom, dimmi: tu cosa conosci della Dimensione Magica? Mi spiego meglio, conosci le origini del nostro universo magico?» chiese Arcadia ancora una volta.
«L’universo magico nacque miliardi di anni fa, grazie all’azione creatrice del Grande Drago, di cui io custodisco la Fiamma. Alla base dell’universo vi sono i tre pilastri magici: quello della luce, del controllo e dell’equilibrio» rispose la Principessa di Domino.
«Adesso Bloom sai dirmi da dove deriva la magia, che alberga nel nostro universo?» continuò a chiederle Arcadia.
«Tutte le forme di magia, quella positiva e quella negativa, derivano dall’Albero del Bene e del Male. La linfa dell’Albero infonde energia ai due differenti tipi di magia, senza quest’energia esse scomparirebbero per sempre.» rispose, infastidita, la giovane fata.
Alla ragazza sembrava che Arcadia stesse girando intorno al vero problema, riempiendole la testa di ovvietà.
«Bloom un’ultima domanda. Cosa da all’Albero del Bene e del Male l’energia per sostenere la magia?» chiese, maliziosamente, Arcadia.
Bloom sgranò gli occhi, quella domanda non aveva minimamente senso. L’Albero era la vera fonte della magia, nient’altro. La ragazza guardò stranita la Prima Fata della Dimensione Magica, la quale ricambiò il suo sguardo con un sorriso.
«Non sai rispondere a questa domanda. Non è forse così?» replicò Arcadia.
La Principessa di Domino abbassò lo sguardo rassegnata.
«Vedi Bloom tu non sai rispondermi perché ti è stato insegnato, oppure raccontato che l’Albero trae energia esclusivamente da sé stesso. Allo stesso modo ti è stato spiegato che l’origine della Dimensione Magica è dipesa dall’azione del Grande Drago. Durante le tue numerose avventure tu e le tue amiche avete imparato tutto ciò che c’è da sapere sul nostro universo: il suo passato, grazie alle Pietre dei Ricordi, il suo presente e forse avreste potuto conoscerne anche il futuro. Tuttavia non avete mai sentito parlare di Ksendras, non vi è mai stata raccontata la vera natura dell’Albero de Bene e del Male e non vi è mai stato spiegato il significato profondo della magia» spiegò pacatamente la donna.
Bloom sentì il mondo cascarle addosso, pensava di essersi lasciata alle spalle i segreti del suo passato ed invece questi tornavano più prepotenti che mai.
«Arcadia spiegami il perché di tutto questo mistero. Perché nessuno mi ha mai voluto parlare di queste cose? Perché non conosco, come del resto ogni singolo abitante del nostro universo, un’entità così malvagia da far tremare le stelle nel cielo? Perché la vera natura della magia sfugge alla mia comprensione? Ti prego, spiegamelo!» chiese, insistentemente, la rossa.
«Perché così fu deciso» replicò Arcadia.
La rabbia e la frustrazione di Bloom esplosero, la ragazza, ormai era stanca di tutta quella conversazione, voleva solo risolvere quel problema, che lei stessa aveva causato, per poter tornare a casa dalla sua famiglia, dalle sue amiche, dal suo Sky.
«Da chi fu deciso Arcadia? Perché non mi rispondi apertamente? Sono esasperata dalle tue parole! Mi hai trascinato qui con la forza, mi avete insultato e accusato di aver commesso chissà quale danno irreparabile. Sono stata disposta a credervi, a prendermi la colpa di un qualche cosa che non volete spiegarmi. Perché è questa l’unica verità: voi state prendendo tempo. Speravate che io combattessi per voi contro questo Ksendras senza fare troppe domande» urlò Bloom in preda ad una crisi di panico.
«Ti sbagli ragazza. La verità è che ci vergogniamo moltissimo di questa faccenda. Per questo per noi è difficile parlarne. Un atroce verità si nasconde nel passato della Dimensione Magica. Una verità grondante sangue» disse lo spirito volante.
Subito dopo quest’ultimo planò in direzione della Principessa di Domino ed eseguì tre giri intorno ad essa. Non appena lo spirito ebbe compiuto l’ultimo giro, la ragazza si tranquillizzò, l’ira e lo sconforto, che le attanagliavano l’animo, sparirono. Il suo viso rosso, a causa dell’esagerato afflusso di sangue, riprese il suo colore naturale e gli occhi gonfi e colmi di lacrime, tornarono di un bell’azzurro vivace.
«Va meglio?» chiese dolcemente lo spirito.
«Si, grazie mille! Mi scuso per il mio comportamento» rispose Bloom - «Che cos’è successo di così terribile? Perché vi vergognate di parlare di questa storia?».
«Adesso vedrai» le rispose, misticamente, la Fata Guardiana del Regno Dorato.
Dal suo trono di marmo, agitando le dita della mano destra, Arcadia fece comparire nuovamente la mappa raffigurante la Dimensione Magica. Questa volta, però, la mappa era grande il doppio. Nuovi pianeti solcavano la volta celeste, pianeti che Bloom non aveva mai visto o sentito nominare. I pianeti a lei conosciuti, inoltre, occupavano posizioni diverse e possedevano caratteristiche che in realtà non avevano mai avuto. Ad esempio Andros e la Terra si trovavano al centro della mappa uno di fronte l’altro, invece di trovarsi il primo a confine con la Dimensione Omega ed il secondo all’estremo confine dell’universo conosciuto. Sulla mappa, infine, erano assenti tutte le sub-dimensioni conosciute e il pianeta di Magix, normalmente situato al centro della Dimensione Magica.
«Cos’è questa?» chiese, meravigliata, la giovane fata.
«Questa è il principio della Dimensione Magica, la sua vera natura, la sua vera anima. Questa è Cassiopea» rispose la sirena dai lunghi capelli verdi.
Bloom era estasiata, la Dimensione Magica non era mai stata così bella. Le stelle nel cielo brillavano intensamente, alcune erano gialle, altre erano rosse, alcune erano blu. Quest’ultime erano le più belle di tutte, ardevano di fiamme blu scuro tendenti al nero ma, allo stesso tempo, emettevano una luce bianchissima. La ragazza non aveva mai visto quel tipo di stelle la sera e si stava domandando come poteva essere stato possibile tutto ciò. I pianeti di Cassiopea non solo si muovevano lungo le loro orbite, ma con straordinaria grazia e bellezza si spostavano periodicamente da una parte all’altra della mappa stellare. In particolare due di essi sembravano proseguire in perfetta sincronia, era come se il loro movimento lungo la volta celeste rappresentasse una sorta di danza. Bloom restò a fissarli meravigliata per diversi minuti. Solo dopo si rese conto dell’identità di quei due pianeti.
«Ma…ma quelli…quelli sono…»  balbettò Bloom.
«Sono Domino e la Terra» rispose Arcadia, abbozzando un sorriso.
Bloom stentava a crederci, Domino e la Terra erano stati da sempre due dei pianeti più distanti tra loro. Nella Dimensione Magica un tale sincronia sarebbe stata impossibile. La Fata Guardiana fece sparire per l’ultima volta la mappa di Cassiopea, poi riprese a parlare con Bloom.
«Bloom adesso ascoltami. Ti racconterò una storia da troppo tempo dimenticata. Ti prego di non interrompermi, risponderò a tutte le tue domande solo alla fine.  Devi prestarmi la massima attenzione, mi raccomando» disse Arcadia.
«Sono pronta» rispose Bloom con decisione.
A quel punto la Fata Guardiana del Regno Dorato iniziò a raccontare la vera origine della Dimensione Magica, ovvero di Cassiopea.
«Prima ancora che il nostro universo nascesse, tutto era avvolto dall’oscurità. Non vi era forma di vita alcuna, non esistevano né stelle né pianeti. Le uniche cose che si potevano apprezzare erano il buio della notte e il freddo delle tenebre. Poi dal nulla, senza alcun motivo apparente, comparvero due forme di energia tra loro opposte, ma allo stesso tempo legate. Queste due forme di energia sono oggi chiamate: magia positiva e magia negativa. Tali accezioni sono molto spesso fuorvianti, perché ci induco a credere che alla magia positiva corrisponda il bene mentre a quella negativa corrisponda il male. Nulla di tutto ciò è più sbagliato: bene e male sono concetti che esulano la vera natura di queste energie. Bloom è necessario che tu capisca bene questo concetto, altrimenti non sarai in grado di affrontare ciò che ti aspetta. Con il passare dei tempi queste due forme di energia “decisero” di creare la vita in quella dimensione d’oscurità. Per far ciò le due energie assunsero forma corporea: quella che identifichiamo come magia positiva assunse la forma di un drago rosso con sfumature dorate, la cui fiamma custodisci tu, Bloom; quella che identifichiamo come magia negativa, invece, assunse la forma di fenice dal corpo blu scuro quasi nero e dalle ali argentee. Drago e Fenice, seppur legati nella sostanza, erano espressione delle due diverse forme d’energia. In particolare il Drago incarnava un’energia creatrice, al contrario la Fenice incarnava un’energia distruttrice. Creazione e distruzione sono alla base dell’esistenza, l’una non può esistere senza l’altra. Le due entità collaborarono insieme per creare la vita nell’universo…per creare Cassiopea. Terminata la creazione dell’universo magico, le entità scelsero due diversi pianeti su cui riposare per sempre. Il drago scelse Domino, mentre la Fenice scelse la Terra. Questo è il motivo per cui i due pianeti seguono orbite tra loro così armoniose».
«Arcadia, so che non dovrei interromperti, ma io credo di aver incontrato questa Fenice. Sinceramente non ho un bel ricordo di quell’avventura» la interruppe sarcasticamente Bloom.
«La Fenice d’Ombra, ossia Lord Darkar, non è altro che una copia corrotta della Fenice. La sua origine è simile a quella di Valtor. Anche se credo ch, la nostra Fata Guardiana ne avrebbe parlato nel suo racconto» disse il centauro alato.
Dopo che Bloom si fu scusata per quell’interruzione, Arcadia riprese da dove era stata interrotta.
«Cassiopea viveva in armonia, la magia positiva e quella negativa, incarnate rispettivamente dal Drago e dalla Fenice, rappresentavano la vera linfa vitale di quel mondo e ne costituivano il fondamento. Tuttavia l’oscurità, che prima regnava incontrastata nell’universo, non era affatto felice di aver perso i propri possedimenti. Così, come Drago e Fenice avevano fatto prima di lei, anche l’oscurità si diede una forma corporea: Ksendras! I poteri di Ksendras erano illimitati come quelli delle due entità, l’unica differenza consisteva nella natura di questi poteri. Ksendras non era in grado né di creare né di distruggere, non rappresentava né armonia né tantomeno caos. Ksendras era oscurità allo stato puro e l’oscurità corrompe i cuori delle persone. Questa era la vera forza di Ksendras: contaminare le persone, corromperle sfruttando le loro paure e le loro debolezze. Pochi anni dopo la comparsa di Ksendras la mitica “Età dell’Oro” di Cassiopea giunse al termine. Guerre, carestie ed epidemie sconvolsero la vita degli abitanti di tutti i mondi conosciuti da Domino alla Terra, da Solaria ad Eraklyon. Il Drago e la Fenice decisero di schierarsi in pima linea per la difesa di Cassiopea, ma, non potendo combattere direttamente a causa del loro immenso potere, decisero di donare di volta in volta la loro forza agli esseri umani. Fu così che nacquero i custodi delle due Fiamme: quella del Drago, ereditata dai regnanti di Domino, e quella della Fenice, ereditata a caso da un abitante di Cassiopea ma mai da un terrestre. I diversi custodi combatterono strenuamente nel corso dei secoli finché non accadde il peggio».
Arcadia si interruppe, la commozione nella sua voce era grande e anche gli altri membri del Consiglio assunsero ugualmente un’espressione di dolorosa tristezza. Bloom, invece, era pietrificata, non avrebbe mai potuto immaginare la portata di quelle rivelazioni. La donna, dopo alcuni secondi, cominciò nuovamente a parlare.
«Una grande pestilenza colpì tutti i pianeti di Cassiopea, nessuno fu risparmiato. Le persone morivano tra atroci sofferenze, deformate nel corpo e nell’animo. I custodi delle due Fiamme di allora, stanchi di combattere una guerra che non sarebbe mai finita e di continuare a veder morire così tante persone innocenti, presero una drastica decisione. Dal momento che Ksendras non poteva essere distrutto, poiché era al tempo stesso parte e costituente fondamentale dell’universo di Cassiopea, i due, di comune accordo con un ristretto gruppo di persone che li avrebbero aiutati nell’impresa, decisero di imprigionarlo. Ben presto però i custodi si resero conto che non esisteva alcuna magia in grado di sigillare l’oscurità per sempre, questo perché essendo Ksendras un costituente dell’universo nessun luogo di Cassiopea poteva contenerlo. È come se si volesse sigillare ermeticamente l’acqua, contenuta in un bicchiere, all’interno di un quantitativo d’acqua più grande: la cosa è impossibile. Disperati cercarono l’aiuto delle entità, del cui potere erano affidatari: il Drago e la Fenice. I due riuscirono a mettersi in contatto con le creature grazie al legame che le univa a loro. Drago e Fenice spiegarono che l’unico modo per confinare Ksendras consisteva nel creare un luogo al di fuori del tempo e dello spazio, all’interno del quale non fosse mai esistito nulla neanche l’oscurità stessa. In questo modo Ksendras non sarebbe potuto più uscire da quel “contenitore”. Tuttavia questa strategia non era applicabile perché per creare un mondo completamente nuovo, cosa non accaduta con Cassiopea, la quale nacque dall’oscurità dell’universo, era necessario che le due energie, quella del Drago e quella della Fenice, lavorassero indipendentemente l’una dall’altra. Ciò non era possibile poiché, come ho detto prima, il Drago non può creare se non c’è distruzione e la Fenice non può distruggere se non c’è creazione».
«Arcadia come fecero i due custodi a sigillare Ksendras?» la interruppe una seconda volta Bloom - «Stai descrivendo una situazione senza via d’uscita».
La Fata Guardina si alzò dal trono marmoreo e si diresse nel silenzio generale al piccolo piedistallo, dov’era poggiata la scatolina nera con intarsi dorati. La donna la prese tra le mani e la mostrò alla Fata della Fiamma del Drago.
«Usarono questa, fu allo stesso tempo la loro salvezza e la loro dannazione» disse Arcadia con la voce rotta dal pianto.
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti! Finalmente ci addentriamo nella storia vera e propria. Dopo la sfuriata nei confronti del Consiglio degli Anziani, Bloom apprende finalmente la verità su ciò che Arcadia, insieme agli altri membri del Consiglio, ha da sempre nascosto a tutti gli abitanti della Dimensione Magica. Nel capitolo assistiamo ad un racconto surreale che rimette in discussione l’origine stessa dell’universo, affidando un ruolo chiave ad una nuova entità oltre il Grande Drago: la Fenice. Di conseguenza si assiste ad una rivalutazione della magia negativa, il cui nome la ha da sempre identificata con le forze del male. Si scopre, invece, che la magia è negativa perché è opposta all’altro tipo di magia: quella positiva. Si introduce, inoltre, il concetto di energia vista come forza creatrice ma allo stesso tempo distruttrice. Infine si approfondiscono le origini di Ksendras, il quale rappresentava in un certo senso la natura stessa dell’universo prima che le due energie potessero creare Cassiopea. Il resto della storia si conoscerà nella seconda parte del racconto di Arcadia contenuto nel prossimo capitolo. Un’ultimissima considerazione proprio sul personaggio della Fata Guardia del Regno Dorato. Per la prima volta Bloom la vede perdere quell’aurea di sacralità: Arcadia diventa più umana mostrando le proprie emozioni, proprio come avevano fatto gli altri membri del Consiglio nel precedente capitolo. Un saluto, vi aspetto per i prossimi capitoli 😃 😃 😃.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV – La nascita della Dimensione Magica (Parte 2) ***


Capitolo IV – La nascita della Dimensione Magica
(Parte 2)

 
Bloom osservò con curiosità quella piccola scatola dall’aria innocua, per quanto si sforzasse non riusciva ad immaginare cosa potesse contenere.
«Arcadia cosa contiene quella scatolina?» chiese la Principessa di Domino.
Ad Arcadia tremavano le mani, mentre riponeva nuovamente la scatola sul piedistallo. Subito dopo si risiedette sul trono.
«Quando le tue amiche giunsero in questo posto fu detto loro che conteneva il primo incantesimo mai lanciato nella Dimensione Magica. Sebbene, come avrai del resto capito, prima di questa magia molte altre ne furono scagliate a Cassiopea, non è del tutto scorretto riferirsi ad esso con tale appellativo» spiegò la Fata Guardiana.
Bloom non riusciva a distogliere lo sguardo dalla scatola, la sua mente vagava lontano in cerca di risposte. Le rivelazioni di Arcadia l’aveva profondamente turbata, anche perché non aveva ancora compreso appieno il legame tra Cassiopea e la Dimensione Magica. La donna dalla pelle azzurra, intuendo lo smarrimento della Principessa, si affrettò a rassicurarla:
«Non crucciarti Bloom, ancora pochi minuti e tutto ti sarà chiarito. L’importante è che questa volta tu non m’interrompa» disse Arcadia con un leggero sorriso, mentre i suoi occhi erano ancora rossi per le lacrime che aveva versato.
«Ti prego, continua» esclamò Bloom.
La Fata Guardiana riprese a raccontare l’ultima parte di quella storia sensazionale:
«I Custodi, vista l’impossibilità di attuare il loro piano, decisero di abbandonare l’idea d’imprigionare l’oscurità e si prepararono a riprendere la loro eterna lotta con Ksendras. Ciò, però, non avvenne. Poco tempo dopo aver parlato con le entità creatrici, infatti, i due ricevettero la visita di un mago. Questi era un ex-allievo ed amico del custode della Fiamma della Fenice, il quale propose loro la soluzione che stavano aspettando. Il mago disse ai due che aveva elaborato, dopo anni di studi, un incantesimo che creava, sfruttando l’energia del Drago e della Fenice, nuove dimensioni. Queste, però, erano piccole, insufficienti per contenere Ksendras e la sua oscurità. L’ex-allievo spiegò che per creare un mondo grande a sufficienza per Ksendras era necessario sfruttare il pieno potere del Drago e della Fenice. Era cioè necessario piegare il volere delle due entità al volere dei custodi, in modo tale da utilizzare a proprio piacimento il potere dell’una o dell’altra. Quest’ultimi erano scettici, d’altronde non avrebbero mai voluto tradire la fiducia del Drago e della Fenice. Purtroppo in quel periodo la situazione andava peggiorando sempre più e, come se non bastasse, gli essere magici iniziarono ad essere perseguitati su alcuni pianeti, perché ritenuti responsabili delle catastrofi causate da Ksendras. I Custodi, alla fine, decisero di agire per il bene di tutti gli abitanti di Cassiopea; chiamarono il mago e gli chiesero di mettere in atto l’incanto, garantendogli il pieno potere del Drago e della Fenice. Il mago, allora, iniziò la sua opera: avrebbe “disegnato” la mappa di una nuova Cassiopea, creando una sorta di mini-mondo all’interno del quale avrebbe sigillato Ksendras. Entrambi, però, non avevano capito le vere intenzioni del mago, il quale, consapevole più di loro due che l’energia del Drago e della Fenice non può creare niente dal nulla, decise di unire la magia delle due entità con quella oscura di Ksendras: il risultato fu devastante. Il mago creò dal nulla cosmico una nuova dimensione nei pressi del pianeta Andros, perché, essendo il secondo pianeta posto al centro di Cassiopea, era il più adatto ad ospitare questo luogo. In seguito i due affrontarono Ksendras in quello che sarebbe stato lo scontro decisivo. I due, con estrema fatica, riuscirono a sigillare Ksendras nella nuova dimensione. Tuttavia non appena l’oscurità di Ksendras fu a stretto contatto con l’ibrido energetico, creato dal mago, un’onda d’urto magica investì tutta Cassiopea. Terremoti scossero pianeti come Solaria e Domino, Andros fu sommerso dalle acque, le foreste di Limphea appassirono: l’universo magico era al collasso. I Custodi, stremati per lo scontro, in particolar modo il custode della Fiamma della Fenice ad un passo dalla morte, si trovavano ancora sul campo di battaglia e non avevano idea di come fermare quell’apocalisse. In loro aiuto accorsero il Drago e la Fenice che, sebbene fossero adirati con i loro Custodi, non potevano permettere che persone innocenti perdessero la vita. Le due entità spiegarono ai due che l’unione tra l’oscurità di Ksendras e le due forme di magia positiva e negativa aveva destabilizzato l’equilibrio tra l’energia del Drago e quella della Fenice. Di conseguenza in alcune zone di Cassiopea l’energia del Drago prevaleva su quella della Fenice, mentre in altre accadeva l’opposto. L’unico modo per salvare Cassiopea, secondo le entità, consisteva nel dividere le due energie per sempre. I Custodi perciò avrebbero dovuto scindere Cassiopea in due, separando le zone a magia positiva dalle zone a magia negativa. Entrambi eseguirono gli ordini del Drago e della Fenice e con un potentissimo incantesimo, che permetteva loro di muovere a piacimento stelle e pianeti, separarono i diversi mondi di Cassiopea. Tuttavia la disgregazione dell’universo non si arrestava, questo perché la divisione non era completa. Le due energie avevano bisogno di essere bilanciate per poter esistere, ma le due metà di Cassiopea presentavano l’una la sola energia del Drago e l’altra la sola energia della Fenice. Ai Custodi, allora, fu ordinato di scambiarsi una piccolissima parte delle proprie fiamme. In questo modo la dimensione della Fiamma del Drago sarebbe stata bilanciata dalla quella piccola parte della Fiamma della Fenice e lo stesso sarebbe avvenuto nella dimensione della Fiamma della Fenice. I due eseguirono i comandi delle entità. La divisione era stata compiuta: Drago e Fenice volarono per l’ultima volta insieme lungo tutta la volta celeste dicendosi addio per sempre, e così fecero i custodi, i quali non si sarebbero mai più rivisti».
Arcadia smise di raccontare la storia della distruzione di Cassiopea e della conseguente nascita della Dimensione Magica. Il silenzio scese sui presenti, nessuno osava aprire bocca. Evidentemente il dolore e la rabbia per quella scellerata decisione di sigillare Ksendras erano troppo forti. Bloom era l’unica che aveva ancora la voglia di parlare poiché la storia di Arcadia non le aveva spiegato il perché la distruzione di Obsidian rappresentasse una minaccia. Questa e tante altre domande attanagliavano il cuore di Bloom, ma la ragazza non aveva il coraggio di proferire parola, non in quel momento.
«Bloom adesso puoi farmi tutte le domande che vuoi» disse all’improvviso la Fata Guardiana.
La Principessa di Domino non se lo fece ripetere due volte, fu come un fiume in piena:
«Come mai su nessun libro, testo, spartito musicale o pietra incisa in una grotta si parla di questa storia?».
«Perché le due entità decisero di cancellare la memoria di Cassiopea e del suo passato dalla mente di tutti i suoi abitanti. La Dimensione Magica fu dotata di un passato che non era mai esistito. Solo i due Custodi, i membri del Consiglio degli Anziani e le Tre Fate Eteree hanno mantenuto il ricordo di questi avvenimenti. Tutti insieme decidemmo che, se il volere del Drago e della Fenice era stato quello di far dimenticare Cassiopea, in nessun modo questo ricordo sarebbe tornato alla luce» rispose Arcadia.
«Il mago, che inventò l’incantesimo dimensionale, è scomparso?».
«Le sue tracce furono perse dopo la creazione della dimensione-prigione per Ksendras. Riteniamo sia morto».
«La dimensione in questione è l’attuale Dimensione Omega?».
«Si!» rispose secca la Fata Guardiana.
Bloom sgranò gli occhi, ripensò a quando Tecna rimase imprigionata nella Dimensione… se Ksendras l’avesse trovata! Un brivido le corse lungo tutta la schiena. La ragazza aveva un’ultima domanda per Arcadia, la più importante di tutte:
«Un’ultima cosa. Tutta questa storia che legame ha con la distruzione di Obsidian e soprattutto con me?».
«Quando Cassiopea fu divisa in due, dalla metà contenente la Fiamma del Drago nacque la Dimensione Magica. All’inizio la dimensione era instabile, perché la piccola parte della Fiamma della Fenice non riusciva a controbilanciare il potere della magia positiva. Il nostro nuovo universo non sarebbe collassato come Cassiopea, ma, se non si fosse intervenuto subito, un qualche cosa di ancor più terribile sarebbe accaduto: streghe, stregoni e tutti gli altri utilizzatori di magia negativa avrebbero perso i loro poteri. Al contrario le fate, i maghi e gli utilizzatori della magia positiva non sarebbero stati in grado di controllare i loro. La Dimensione Magica così com’era nata stava per morire! Il destino volle che la Custode della Fiamma del Drago, colei che aveva sigillato Ksendras, avesse un’idea per risolvere il problema. Decise di dividere la piccola parte della Fiamma della Fenice in quattro scintille e di collocarle in altrettante nuove sub-dimensioni, create sfruttando il potere della Fiamma del Drago e l’incantesimo del mago. Queste nuovi mondi furono chiamati: Oceano Infinito, dove il potere della scintilla fu relegato nei tre pilastri, Realix, Obsidian, che, essendo troppo vicina alla Dimensione Omega, rimase contaminata dall’oscurità di Ksendras, generando esseri come Lord Darkar, nato dalla fusione dell’energia della Fenice con l’oscurità, e Regno Dorato. In questo modo il potere della Fenice era stato posto ai quattro angoli della Dimensione Magica, amplificandone il raggio d’azione, ma ciò non bastava ad equilibrare i due tipi di magia. Su Limphea, per questo motivo, furono coltivati particolari germogli d’albero, chiamati “Alberi dell’Equilibrio”. Questi alberi avevano la capacità di bilanciare due fonti di magia tra loro diverse. Fu così che nacque l’Albero del Bene e del Male: una sorta di catalizzatore naturale per l’energia del Drago e l’energia della Fenice, che ha il compito di mantenere l’equilibrio tra la magia positiva e la magia negativa. Come ultima precauzione, inoltre, le tre fate eteree, su consiglio del Grande Drago, crearono le Stelle d’Acqua, gli unici oggetti magici in grado di contrastare la sua Fiamma. Al centro della Dimensione Magica, infine, fu posto il pianeta di Magix, il quale avrebbe rappresentato il nuovo caposaldo del nostro universo. Tutto fu compiuto in segreto, subito dopo la divisione di Cassiopea. Gli abitanti della nuova dimensione, in questo modo, avrebbero creduto che quell’universo si sarebbe retto, come aveva fatto dalla sua presunta creazione, su determinate leggi, perpetue ed inviolabili» rispose Arcadia.
La Custode della Fiamma del Drago era nuovamente pronta ad inveire contro la fata azzurra, rea di averle dato ancora una volta risposte approssimative. Questa volta, però, la ragazza mantenne la calma e, facendo proprio lo stile analitico e la logica della sua amica Tecna, ripensò alla storia che le aveva raccontato Arcadia in cerca di una spiegazione. Improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, nella sua mente si manifestò la risposta tanto agognata. In quel momento le fu finalmente chiaro il significato di tutte le parole della Fata Guardiana.
«Distruggendo Obsidian è stata distrutta anche la scintilla della Fenice, giusto?» chiese con impazienza Bloom.
«Esatto e non solo quella scintilla, ma anche altre due di esse. Quando distruggesti il Codex, creato dalla Custode della Fiamma del Drago, non solo la chiave d’accesso al Realix fu persa, ma anche la dimensione stessa compresa la scintilla. L’attivazione del Trono dell’Imperatore, invece, destabilizzò i tre pilastri comportando la distruzione della terza scintilla della Fenice. Fortunatamente gli effetti di questi disastri non sono stati percepiti perché l’Albero del Bene e del Male subì quattro anni fa un potenziamento di magia negativa da parte delle Trix» rispose serio il centauro alato.
«Adesso, però, quell’energia si sta esaurendo e l’Albero sta perdendo il suo potere catalitico. Qualora anche la quarta ed ultima scintilla dovesse andare perduta, la Dimensione Magica non avrebbe più la possibilità di bilanciare la Fiamma del Drago. Questa volta, però, non essendoci più presenza alcuna della Fenice in questa dimensione, la Fiamma del Drago sarebbe l’unica fonte di energia della Dimensione Magica. Di conseguenza la Fiamma, non essendo più bilanciata e non potendo per sua natura esistere da sola, scomparirebbe per sempre. A quel punto la Dimensione Omega perderebbe parte del suo potere imprigionante e Ksendras sarebbe nuovamente libero» precisò la sirena dai capelli verdi.
Mai prima di allora Bloom si sentì così piccola ed insignificante. Sul suo viso non vi era traccia d’espressione, ma il suo stomaco era in subbuglio: avrebbe voluto vomitare per il disgusto, che la sua stessa presenza le causava. Otto anni…per otto lunghi anni lei e le sue amiche avevano giocato a fare Dio. Si erano accollate responsabilità che non erano le loro, avevano preso decisioni che non spettava a loro prendere e avevano corso rischi inutili, mettendo in pericolo se stesse e i loro cari. Il Winx Club era il loro orgoglio, l’orgoglio della Dimensione Magica. Quanto si erano sbagliate, quanta arroganza e superbia avevano mosso i loro cuori e le loro menti. Per otto anni avevano creduto di portare il bene nell’universo magico…tutto ciò che avevano causato, invece, era nient’altro che distruzione e morte.
«Perché…perché non ci avete fermato? In tutti questi anni avreste potuto avvisarci dei danni che stavamo causando. Quando le Winx vennero qui a chiedervi le Stelle d’Acqua perché non le avete messe al corrente della situazione. Perché avete preferito starvene in disparte ad osservare la morte della Dimensione Magica?» chiese insistentemente la ragazza.
«Come ti ha detto prima Arcadia, a noi del Consiglio degli Anziani non è consentito intervenire nelle vicende umane. Per di più, avendo promesso di non rivelare a nessuno la storia di Cassiopea, non avremmo mai potuto avvisare le tue amiche del pericolo» rispose lo spirito volante.
«Adesso, però, la situazione è diversa. Negli ultimi anni la magia negativa si è indebolita drasticamente e l’ultima scintilla della Fenice non è in grado di fornirle energia a sufficienza. Abbiamo cercato in tutti i modi di ravvivare la fiamma con fonti di magia analoghe a quella della Fenice, magie che condividessero con essa alcune caratteristiche. Purtroppo né la magia animale né l’energia negativa degli Stregoni del Cerchio Nero sono state in grado di ridare vigore alla scintilla» spiegò decisa la sirena.
La Principessa di Domino percepiva la rabbia e la frustrazione di quelle parole, dettate dalla consapevolezza che, se quella scintilla si fosse spenta, la vita, come la si conosceva, sarebbe finita per sempre.
«Arcadia deve esserci un modo. È vero io e le mie amiche abbiamo commesso degli errori imperdonabili, ma non possiamo permettere che la Dimensione Magica smetta per sempre di esistere. Dimmi cosa vuoi che faccia! Se mi hai convocata qui è perché hai trovato una soluzione» disse Bloom, i suoi grandi occhi azzurri brillavano di una luce intensa.
La Fata Guardiana era ancora seduta sul suo trono marmoreo. Da quando aveva finito di raccontare la vera origine dell’universo, era rimasta in silenzio con la testa china e le mani sul ventre. La sua mente era invasa da una miriade di pensieri, preoccupazioni, speranze. Gli altri membri del Consiglio la osservavano in attesa di una risposta e lo stesso faceva Bloom, torturandosi le dita delle mani in preda all’ansia. All’improvviso Arcadia rialzò la testa e tra le sue mani fece apparire una fioca fiammella blu, che ardeva a fatica, proiettando verso l’alto sfumature nere. I tre membri del Consiglio trasalirono, mentre Bloom rimase immobile a fissare quella minuscola scintilla di fuoco. La ragazza era stranamente attratta dalla fiammella, si sentiva ribollire il sangue in corpo e la testa iniziava a farsi leggera, come se ogni pensiero presente al suo interno stesse svanendo.
«Bloom, io non posso darti la soluzione a questo problema, perché essa sfugge anche alla mia comprensione. Tuttavia posso offrirti una speranza! Quella che stringo tra le mani è l’ultima scintilla della Fiamma della Fenice. L’ultima impronta tangibile della sua energia. Quando creammo la Dimensione Magica scoprimmo che, unendo le due Fiamme, potevano essere aperti dei portali inter-dimensionali, che permettevano di viaggiare tra i due universi. Questa scoperta ci portò a credere che le due dimensioni, che un tempo formavano Cassiopea, potessero essere messe nuovamente in comunicazione. Purtroppo ci sbagliavamo! I portali erano instabili e dopo pochi minuti si richiudevano, tale “difetto” non permetteva la creazione di passaggi magici permanenti tra le due dimensioni. Perciò l’idea di fondere le due Fiamme fu abbandonata» spiegò Arcadia.
Appena finì di parlare, la Fata Guardiana del Regno Dorato fece apparire dal nulla un anello bianco con una piccola pietra, anch’essa bianca, incastonata. La donna prese una minuscola parte della scintilla e la fuse con il gioiello, la cui pietra assunse lo stesso colore della Fiamma. Una volta fatto ciò, Arcadia fece levitare l’anello e, con un gesto della mano, lo fece muovere in direzione di Bloom.
«Bloom la nostra unica possibilità di salvezza è rappresentata dal ritrovamento dell’attuale Custode della Fiamma della Fenice, al quale si deve chiedere di donare una piccola parte del suo potere. Ormai sono passati secoli da quando Cassiopea fu divisa, di conseguenza non abbiamo alcuna informazione utile su chi possa essere il custode. Lui o lei potrebbe trovarsi nella dimensione dove si ritirò la Fenice o, anche se è altamente improbabile, nella nostra. Il Custode potrebbe non essere consapevole dei propri poteri, quindi si molto cauta. L’anello ti permetterà di viaggiare tra i due universi. So di chiederti una cosa impossibile ma è la nostra unica possibilità» disse la Prima Fata.
Bloom prese l’anello che le galleggiava davanti alla faccia e se lo mise al dito. Non appena il gioiello fu a contatto con la sua pelle, la ragazza provò un senso di benessere e spensieratezza. L’energia, fluita dall’oggetto al suo corpo, era entrata in contatto con quella della Fiamma del Drago, dando vita ad un’armoniosa convergenza magica. La ragazza non avrebbe mai immaginato che dalla magia negativa potesse scaturire un qualcosa di così bello e prezioso.
«Arcadia come riconoscerò il Custode» chiese Bloom.
«I Custodi delle due Fiamme sono uniti da un legame inscindibile che travalica il tempo e lo spazio. Quando incontrerai l’altro Custode, le vostre anime entreranno in contatto e ad entrambi sarà chiara la storia dell’altro».
La Fata della Fiamma del Drago rimase perplessa, anzi non aveva proprio capito cosa intendesse Arcadia con “ad entrambi sarà chiara la storia dell’altro”. La rossa, però, non volle insistere, desiderava solo tornare ad Alfea e mettersi a dormire. Quindi si limitò ad annuire e a domandare alla donna un’ultima cosa, per lei…la più importante.
«Arcadia, non posso affrontare questa ricerca da sola. Concedimi la possibilità d’intraprendere, per l’ultima volta, quest’avventura con i miei amici. In passato ti hanno già dimostrato la loro bontà d’animo e il loro spirito di sacrificio. Abbiamo sbagliato ad agire in maniera noncurante delle regole, ma, se a me è data la possibilità di rimediare, è giusto che anche a loro sia concesso ciò» chiese Bloom.
«E sia! I tuoi amici verranno con te, ma nessun’altra persona della Dimensione Magica deve essere messo al corrente di questa missione» sentenziò la Fata Guardia, la quale, dopo essersi alzata dal trono, puntò lo sguardo nel cielo stellato e, alzando le braccia, disse: «Buona fortuna Bloom, Custode della Fiamma del Drago!».
Una grande luce si diramò dalle spalle di Arcadia e avvolse tutti i presenti. Bloom fu costretta a chiudere, nuovamente, gli occhi. Il suo corpo si sollevò dalla poltroncina e, come era precedentemente arrivato nel Regno Dorato, così tornò indietro ad Alfea.
«Bloom, Bloom! Svegliati…svegliati! Avanti ragazza mia non farmi preoccupare. Svegliati ti prego!» urlò Faragonda, cercando di rianimare la ragazza stesa sul pavimento dell’ufficio priva di sensi.
La Principessa di Domino riaprì lentamente gli occhi, aveva un gran mal di testa. La pergamena, che l’aveva portata nel Regno Dorato, era intanto scomparsa.
«Cos’è…successo? Perché sono per terra» chiese stordita la ragazza.
«Non appena hai aperto la pergamena sei svenuta. Sono dieci minuti che cerco di rianimarti» spiegò la direttrice, non riuscendo a trattenere lacrime di gioia.
«Io…io ho incontrato Arcadia» disse Bloom.
«Avevo immaginato, che avrebbe trovato il modo di farti arrivare nel Regno Dorato, ma non pensavo arrivasse a tanto» disse Faragonda preoccupata, per poi chiederle curiosa: «Dimmi, cosa voleva da te la Fata Guardiana?».
Bloom si rialzò dal pavimento e, ricordandosi della promessa fatta ad arcadia, liquidò con una scusa la domanda della preside.
«Niente di speciale, voleva farmi gli auguri per il mio prossimo matrimo con Sky» rispose sorridendo la rossa, mentre si avviava verso la porta della stanza.
«Strano! Scusami Bloom, ma la pergamena di convocazione mi è stata recapitata prima che Sky ti chiedesse di sposarlo. Arcadia come poteva saperlo in anticipo?» chiese Faragonda sospettosa.
«Preside lo ha detto anche lei la volta scorsa: Arcadia è sempre un passo avanti!» cinguettò allegra Bloom, uscendo dall’ufficio.
 
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Note dell’autore: Ciao a tutti! Questo capitolo è un po’ più lungo degli altri, ma non mi andava di spezzare ulteriormente il racconto della nascita della Dimensione Magica. Spero non sia un problema, nel qual caso fatemelo sapere e cercherò di essere meno prolisso nei prossimi capitoli ;). Finalmente la vera natura della Dimensione Magica viene a galla: l’universo magico, che abbiamo sempre conosciuto ed apprezzato (qualcuno potrebbe anche dire detestato: glielo concediamo), non è altro che una costruzione artificiosa, messa in atto dal Consiglio degli Anziani e dalle Tre Fate Eteree. Tutto ciò si rende necessario per rimediare allo sbaglio commesso dai due Custodi, le cui azioni avevano compromesso la vita all’interno di Cassiopea. Di conseguenza apprendiamo che tutti i luoghi, più antichi e inaccessibili della Dimensione Magica, sono nulla più che contenitori di una fonte di energia che alimenta la magia negativa. Tale energia, però, è minacciata dalla condotta tenuta dalle Winx nel corso dei loro otto anni “d’attività”. Bloom si rende finalmente conto, che le azioni delle Winx hanno portato il loro universo sull’orlo di un baratro. L’unica speranza, prospettata da Arcadia, risiede nella ricerca del Custode della Fiamma della Fenice, l’unico essere che può ridare energia alla scintilla contenuta nel Regno Dorato. Con questo capitolo si chiude la parte introduttiva della storia e, augurandomi che non sia stata troppo noiosa, vi do appuntamento ai prossimi capitoli 😃 😃 😃.
Yugi95

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Capitolo 6
*** Capitolo V – Partenza ***


Capitolo V – Partenza
 
Bloom percorse lentamente il corridoio che portava agli alloggi delle studentesse. La testa le faceva male e le gambe la reggevano a fatica. La discussione, avuta con i membri del Consiglio degli Anziani, l’aveva letteralmente distrutta, sia sul piano fisico che su quello psicologico. Era dispiaciuta di non aver potuto raccontare tutta la verità a Faragonda: quanto avrebbe voluto. La direttrice era stata da sempre un punto di riferimento fisso per la ragazza: la sua roccia a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà, il suo cuscino sul quale poter versare lacrime di gioia e tristezza. Tutte le insicurezze, le ansie e le paure della Principessa di Domino avevano il loro sfogo naturale nella persona di Faragonda, lei c’era sempre…anzi c’era sempre stata, ma non questa volta. Questa volta Bloom e le altre Winx avrebbero dovuto combattere da sole, contare l’una su l’altra e niente più. Quell’ultima crociata, che si apprestavano a combattere, le avrebbe isolate dai loro amici, dai loro cari, dalla Dimensione Magica. Immersa ne suoi pensieri Bloom non si rese conto di essere arrivata alla sua stanza e proseguì oltre. Soltanto dopo aver sbattuto la testa contro il muro al limite del corridoio, si accorse della svista.
«Accidenti! Che botta» mugugnò la ragazza per non farsi sentire.
Tornò indietro e raggiunse finalmente la sua stanza. Non appena aprì la porta, la poveretta fu colpita da quello che doveva essere un corpetto tempestato di diamanti.
«Aisha sei impazzita per caso? Quei diamanti costano quasi quanto questa scuola, se si sono rotti giuro che ti ammazzo!» strillò Stella.
«Stella sei la solita ignorante! I diamanti non possono rompersi, questo perché sono gli oggetti più duri in natura» sbottò Aisha, mentre cercava un reggiseno per coprire le proprie nudità.
«La mia faccia conferma» sibilò Bloom toccandosi il viso dolorante.
«Sei tornata! Ti prego fa qualcosa: queste due isteriche mi stanno dando sui nervi. È da quando te ne sei andata che litigano» disse Musa con in testa un paraorecchie, che aveva evidentemente fallito nell’attutire i decibel delle urla delle due principesse.
La Fata della Fiamma del Drago si guardò attorno: la stanza era un disastro. Lacerati abiti da sposa erano sparsi su tutto il pavimento, scarpe e stivali erano finiti fuori dalla finestra giù nel cortile di Alfea, lunghi strascichi erano “delicatamente” adagiati sugli stipiti delle finestre. Le ragazze, si rese presto conto Bloom, non erano meno devastate di quella stanza. Tecna si dondolava avanti ed indietro sul letto di Flora in preda ad una crisi di panico. Stella, infatti, nell’intento di lanciare un paralume ad Aisha, rea di aver denigrato uno degli abiti da sposa da lei confezionati, aveva colpito il modem della Fata della Tecnologia rompendolo; di conseguenza la ragazza era rimasta senza connessione alla Rete Magica. Musa, invece, stava seduta sul divanetto del salottino in comune ad aggiustare una chitarra classica, la cui cassa armonica era stata bucata a causa del tacco a spillo di una scarpa. Aisha aveva cercato di conficcarlo in testa a Stella, la quale l’aveva accusata di sfilare con l’atteggiamento di uno scaricatore di porto. La Principessa di Solaria, però, si era scansata all’ultimo secondo e ciò aveva comportato la “foratura” della chitarra. Flora, infine, si era chiusa in bagno a piangere perché Stella, non ammettendo di aver sbagliato a prendere le misure del suo bacino, l’aveva ingiustamente accusata di essere ingrassata.
«Sono stata via per quindici minuti! Si può sapere che vi passa per la testa a voi due? Adesso io vado a dormire e non voglio essere minimamente disturbata. Se domani, al mio risveglio, non trovo le altre camere ed il salottino perfettamente in ordine, vi scaglio contro il Drago, la sua Fiamma e tutte le nove ninfe sue custodi, Daphne compresa!» urlò Bloom ad Aisha e Stella.
Le due principesse si stavano vicendevolmente tirando i capelli, ma, non appena ascoltarono le fondate minacce della rossa, si staccarono ed iniziarono a mettere tutto in ordine. Bloom, invece, si diresse nella sua stanza sbattendo la porta. Una volta rimasta sola, nel buio della sua camera, la ragazza, poggiandosi con la schiena all’anta ormai chiusa, sorrise di cuore: mai nella sua avita avrebbe potuto avere amiche migliori.
Il giorno seguente cinque Winx erano sedute ad uno dei lunghi tavoli del refettorio di Alfea. Bloom non si trovava con loro, era così stanca che quella mattina non aveva sentito la sveglia e le altre ragazze, memori della partaccia della sera precedente, avevano preferito non svegliarla.
«Mi passi un vasetto di marmellata?» chiese Stella ad Aisha, dato che la Principessa di Andros le si era seduta malauguratamente accanto.
«Ecco, tieni» rispose la Fata dei Fluidi, porgendole il primo recipiente di marmellata che le capitò a tiro
«Ma questa è marmellata alle albicocche! Io voglio quella alle fragole. Ti spiace Aisha?» chiese nuovamente la Principessa di Solaria.
«Ma perché non lo hai detto subito, invece di tenerti sul generico?» sbottò Aisha passandole con una certa noncuranza il barattolo specifico.
«Ehm…Aisha…» riprese Stella.
«Che c’è?» esclamò, esasperata, la ragazza.
«Ho cambiato idea, mi passeresti la crema al cioccolato?» cinguettò, allegra, Stella.
Aisha era sul punto di scoppiare. Una vena le pulsava prepotentemente sulla fronte, mentre la palpebra dell’occhio destro non la smetteva di tremare.
«Stai scherzando? Alzati e prenditela da sola, non sono la tua dama di compagnia» puntualizzò, adirata, la ragazza.
«È naturale che tu non sia la mia dama di compagnia. Sei troppo maleducata per gli standard di corte» le rispose con tutta serenità la Principessa di Solaria.
La Fata dei Fluidi non si riuscì più a trattenersi. Si alzò di scatto dalla sedia e si voltò minacciosamente verso l’amica.
«Io…io sarei maleducata! Ti ho passato un intero reparto di conserve e tu non mi ha neanche detto “grazie”!» le urlò Aisha.
«Una principessa non dice mai “grazie”! Semmai sono le altre che la ringraziano per aver concesso loro il privilegio di poterla servire» puntualizzò Stella con superiorità.
«Io ti ammazzo!» gridò Aisha scagliandosi contro la Principessa di Solaria, la quale era pronta a difendersi con le unghie e con i denti.
Musa e Tecna cercarono d’intervenire per separarle e sedare la rissa, dato che stava degenerando nel coinvolgimento di altre studentesse e qualche professoressa. Le due, però, non demordevano e, emulando il combattimento della sera prima, iniziarono a lanciarsi piatti, tazze e, noncuranti dello spreco, pezzi di cibo.  Daphne, intenta a sorseggiare un succo di frutta, fu colpita per errore dietro la testa da Stella con quella che doveva essere una ciambella al cioccolato.
«Ragazze, vi prego! Non siete più delle bambine, cerchiamo di risolvere la faccenda civilmente» esclamò Tecna, mentre tentava di fermare Aisha tirandola invano per la camicetta bianca.
«Tecna ha ragione! Datevi una calmata, altrimenti vi colpisco con un’onda sonica. E vi avverto… non sarà piacevole.» minacciò Musa, già pronta a trasformarsi.
L’unica rimasta in disparte era Flora, la quale stava beatamente sorseggiando una tazza di thè verde. Sulla sua testa volava ogni genere di stoviglia e cibaria, ma la ragazza non si mosse neanche di un millimetro. Terminata la sua bevanda e asciugatasi delicatamente le labbra con fazzoletto di carta, la fata di Limphea si alzò. Si avvicinò a pochi metri dalla rissa, che ormai contava i due terzi delle studentesse ed un terzo del corpo insegnati, e, stendendo placidamente il proprio braccio destro in avanti, esclamò:
«Liane danzanti».
All’improvviso dalle ampie finestre del refettorio di Alfea entrarono delle lunghe “corde” fatte di foglie intrecciate che si raggrupparono intorno al corpo della Fata della Natura, la quale, mentre le accarezzava sorridente, comandò loro:
«Prendetele».
Ciascuna liana, a quell’ordine, puntò ogni singola persona coinvolta nella mischia e, con velocità sorprendete, si andò ad avvolgere alle caviglie di tutte le “combattenti”; poi, con uno strattone, le sollevò da terra mettendole a testa in giù. Nessuno sfuggì all’attacco di Flora, neanche Stella, la quale correva terrorizzata per tutto il refettorio inseguita da Daphne con un coltello in mano. Sedata la contesa la Fata della Natura si rivolse all’ispettrice Griselda, nascostasi per tutto il tempo dietro ad un tavolo rovesciato.
«Griselda, adesso può punirle per essersi comportate male. Mi raccomando non sia troppo severa» disse, allegramente, Flora.
In quel preciso momento entrò Bloom. La ragazza aveva ancora l’aria stanca, nonostante avesse dormito più di dodici ore. Ci mise un po’ a capire cosa fosse successo nel refettorio e come mai buona parte delle studentesse, comprese quattro delle sue migliori amiche e Daphne, si trovassero appese come salami.
«Che hanno combinato questa volta?» chiese, rassegnata, la Principessa di Domino.
«Niente di grave solo un piccolo battibecco degenerato in rissa» le rispose Flora.
«Capisco. Flora, per favore, metti per terra le ragazze e mia sorella. Ho urgente bisogno di parlarvi» disse Bloom all’amica, la quale, guardandola con curiosità, fece come le era stato richiesto.
«Flora, non azzardarti mai più a fare una cosa del genere! Sono pur sempre una tua insegnante» la rimproverò Daphne.
«Mi dispiace, ma era necessario. Stavi per accoltellare Stella» le rispose, tranquilla, la fata di Limphea.
«Se l’è cercata! Ieri sono stata dal parrucchiere, quattro ore di lavoro buttate al vento. Tutto per colpa di una ciambella!» sbottò la sorella di Bloom.
«Non era un così gran taglio Daphne. Fidati, io me ne intendo» disse Stella sarcastica, per poi, subito dopo essersi accorta che la ragazza aveva ancora il coltello in mano, nascondersi dietro Tecna.
«Ragazze, adesso basta! Seguitemi devo dirvi una cosa importante» tagliò corto Bloom.
«Dicci!» esclamò Musa.
«Non qui. Andiamo in camera nostra» concluse la rossa, mentre usciva dal refettorio.
Le altre sei la seguirono senza obiettare. Percorsero il tragitto in silenzio. Nonostante Stella avesse cercato più e più volte di sapere qualche cosa, non c’era stato verso di far parlare l’amica. Bloom aprì la porta della camera, permettendo alle altre di entrare, poi, assicurandosi che non ci fosse nessun’altro sul pianerottolo, chiuse le ante. Le ragazze si sedettero per terra in cerchio sul pavimento del salottino comune.  A quel punto la rossa prese dalla tasca dei pantaloni il suo palmare e si mise in contatto olografico con Sky.
«Perfetto, vedo che ci siete tutti» esclamò Bloom.
«Come da te richiesto, mia principessa» rispose Sky romanticamente, circondato dagli altri specialisti, Nex e Thoren.
«Bloom si può sapere il perché di tutto questo mistero? Come mai hai chiamato anche i ragazzi?» chiese la sorella.
«Vi ho chiesto di essere presenti perché ho delle cose import…»
«Brandon! Ciccino mio come stai? Sono 35.7 ore che non ci vediamo, mi manchi» la interruppe Stella bruscamente.
«Stella!!!» gridarono in coro tutti.
«Scusate, scusate…prego Bloom continua» replicò la Principessa di Solaria.
«Dicevo… ho delle cose importanti da dirti. Vi prego di non interrompermi» riprese, seria, la rossa.
Le ragazze e i ragazzi annuirono. La custode della Fiamma del Drago, allora, raccontò per filo e per segno tutto ciò che le aveva detto Arcadia. Rivelò la vera origine della Dimensione Magica, la storia dei due Custodi e il possibile ritorno di Ksendras. Non appena Bloom ebbe terminato di parlare, il silenzio calò nella stanza. Le restanti Winx, Daphne, gli Specialisti e i due Paladini erano del tutto scioccati, per un attimo credettero che la rossa avesse battuto fortemente la testa e che tutta quella faccenda fosse manifestazione visiva di un’emorragia cerebrale.
«Bloom, tesoro sei sicura di quello che dici?» le chiese dolcemente la sorella.
«Credimi Daphne, mai stata così sicura.» rispose la ragazza.
«Non ci credo…non ci posso credere. Che casino che abbiamo combinato» esclamò Musa.
«Non è colpa nostra! Se quelle mummie del Consiglio ci avessero avvertito, saremmo state più attente» sbottò Stella in preda ad una crisi di nervi.
«Calmati amore» intervenne Brandon.
«Quindi, ricapitolando, tutta la realtà in cu abbiamo sempre creduto di vivere, non è nient’altro che una bugia» disse Sky.
«Non proprio una bugia, ma una mezza verità» precisò Bloom.
«Bah io ho solo capito una cosa: devo buttare la mia laurea in Storia della Magia» sbuffò Daphne.
«Storia! Ecco il tassello mancante» gridò Aisha, in preda ad una rivelazione mistica, le altre la guardarono stranite.
«Che cosa vuoi dire Aisha?» le chiese Flora.
«Riflettete, l’anno scorso abbiamo usato le Pietre dei Ricordi. Abbiamo viaggiato nel passato della Dimensione Magica, arrivando anche nella sua preistoria. Da quello che ho capito, Bloom correggimi se sbaglio, questa fantomatica divisione è stata fatta diversi secoli fa, ma non milioni di anni fa! Quindi dal momento che siamo tornate nella preistoria o nel tardo medioevo o ancora nel passato di Zenith, perché non abbiamo percepito la presenza dell’energia della Fenice o più semplicemente non abbiamo apprezzato la distribuzione stellare dei pianeti della dimensione chiamata Cassiopea. Tutto, tranne ovviamente il periodo storico, ci sembrava in perfetto accordo con le leggi della Dimensione Magica. Per di più, quando il nucleo tecno-magico di Zenith ha smesso di funzionare, abbiamo avuto ripercussioni sul presente della Dimensione Magica» spiegò la Fata dei Fluidi con l’orgoglio di chi ha svelato chissà quale imbroglio.
«Effettivamente il ragionamento di Aisha non fa una piega. Cosa puoi dirci Bloom» esclamò Timmy, rimettendosi a posto gli occhiali con la punta dell’indice
«Non so che dirvi. Arcadia non è scesa così nello specifico» rispose, smarrita, Bloom.
«Posso spiegarvelo io!» esordì Tecna, dopo essere stata in silenzio per tutto il tempo persa nei suo pensieri.
«Cos’hai capito Tecna?» chiese Sky.
«È una semplice questione di cronologia degli eventi. Per capirci, affermiamo che l’anno, in cui Cassiopea fu divisa in due, è l’anno 0. Tutti gli anni che vengono dopo questo li indicheremo con +1, +2, etc., mentre tutti quelli che vengono prima li indicheremo con -1,-2, etc. Dobbiamo tener conto di un altro dato molto importante. Come ha spiegato Bloom, quando nacque la Dimensione Magica quest’ultima fu dotata di un passato fittizio. Questo passato, che chiameremo passato B, è diverso dal passato di Cassiopea, che chiameremo passato A…»
«Tecna, ti prego arriva al dunque!» la interruppe Stella.
«Concedetemi due minuti» disse la Fata della Tecnologia, per poi continuare la spiegazione:
«Il passato A di Cassiopea esiste fino al momento della divisione, quindi fino all’anno che abbiamo chiamato 0. Dall’anno 0 in poi il passato A s’interrompe e viene dimenticato, perché incompatibile con la nuova origine, che viene attribuita alla Dimensione Magica, e lo sostituisce il passato B. Questo è un blocco temporale particolare, perché è costituito da un periodo, antecedente all’anno 0, fittizio o, se volete, “artificiale” e da un periodo, successivo all’anno 0, reale. Lo definisco reale perché dall’anno 0 in poi, avendo avuto origine la Dimensione Magica, tutti gli eventi che sono accaduti, sono avvenuti realmente. Per fare un esempio: il litigio tra Stella e Aisha, di questa mattina, è successo realmente, nessuna Fata Eterea ci ha innestato un falso ricordo. Al contrario tutti gli eventi, accaduti nel blocco temporale del passato B antecedente all’anno 0, non sono mai esistiti realmente»
Gli altri la guardavano con aria trasognata, si erano persi nella labirintica dimostrazione della loro amica, solo Timmy sembrava aver capito. La Fata della Tecnologia rendendosi conto di aver parlato per tutto il tempo da sola, cercò di metterla sul piano pratico con la speranza che questa volta l’avrebbero seguita nel ragionamento.
«Quando usammo le Pietre dei Ricordi per la prima volta, la direttrice si raccomandò di non causare troppi cambiamenti nel passato perché avrebbero potuto influire sul futuro. Preoccupata per le possibili ripercussioni sul nostro presente, inventai uno strumento che mi permettesse di tenere sotto controllo il continuum temporale. Ogni qual volta veniva alterato il futuro, a causa di un cambiamento nel passato, lo strumento me lo segnalava. Noi siamo tornate nel passato diverse volte, ma il continuum risultava modificato solo in tre occasioni: il salvataggio dello scavatala di Faragonda, l’attacco al nucleo di Zenith e la nascita della Farfalla Dorata. Eventi che si vanno a collocare dopo l’anno 0. Nello specifico la tecno-magia, che alimenta il nucleo del mio pianeta, è nata non più di due secoli fa, oppure se volete, rifacendoci alle premesse di prima, nell’anno +500 dalla divisione di Cassiopea. Negli altri casi, quando abbiamo visitato la preistoria di Magix, il medioevo italiano e combattuto con il lemure gigante, nonostante avessimo commesso azioni che normalmente avrebbero avuto delle conseguenze, il continuum è rimasto perfettamente intatto. All’inizio non diedi peso a queste incongruenze, pensai che fossimo state brave a non cambiare il corso degli eventi. Col senno di poi ho capito che mi sbagliavo: il continuum non è stato modificato semplicemente perché quegli eventi non hanno mai avuto luogo. Facevano parte del blocco temporale antecedente all’anno 0 e quindi la loro modificazione non comportava alcun rischio» spiegò la fata dai capelli viola.
«Ragazze io non ci ho capito nulla, ma mi fido! Quando si parte alla ricerca del Custode della Fiamma della Fenice?» chiese Stella, mentre dava delle pacche sulla spalla di Tecna.
«Questa sera stessa e mi raccomando: segretezza assoluta» disse Bloom.
«Bloom sei sicura di non voler avvisare almeno la preside?» chiese sua sorella.
«Sicurissima! È un guaio che noi abbiamo causato e a noi tocca porvi rimedio» rispose, secca, la rossa.
«Noi siamo pronti!» esclamò Sky, parlando a nome di tutti i ragazzi.
«Bene ci vediamo a mezzanotte, al limitare del bosco di Selva Fosca» decise Bloom.
I ragazzi acconsentirono ed interruppero la chiamata. A quel punto le ragazze iniziarono a prepararsi per la loro ricerca. In particolare Stella, come al solito, si sarebbe occupata del look delle Winx, Tecna e Flora avrebbero preparato la necessaria attrezzatura tecnologica e, infine, Musa e Aisha, nel poco tempo a disposizione, sarebbero andate in biblioteca alla ricerca di un qualche cosa che potesse essere utile alla missione. La Principessa di Domino, intanto, era uscita a prendere un po’ d’aria fuori al balcone della sua stanza, Daphne la raggiunse poco dopo.
«Sorella mia! C’è qualche cosa che ti preoccupa?» chiese Daphne dolcemente.
«Tutto! Non ho idea né di dove stiamo andando né di cosa o chi stiamo cercando. Ho solo una certezza: questa sarà la nostra ultima missione» sentenziò la rossa, per poi rientrare nel salottino comune.
Sua sorella, invece, rimase lì dov’era ad ammirare le stelle, pensando cosa avrebbe riservato loro il futuro. Ben presto si fece l’orario stabilito e le ragazze si diressero senza farsi notare al limitare del bosco, dove avrebbero incontrato i ragazzi. Stella, per quell’occasione, aveva optato per un look casual che non dava troppo nell’occhio. Così schioccando semplicemente le dita, fece apparire i nuovi vestiti indosso alle sue amiche. Musa e Aisha, invece, comunicarono che in biblioteca non avevano trovato nulla di utile, anche se la cosa non sorprese Bloom. Puntuali come la primavera su Limphea, i ragazzi raggiunsero le sette Winx all’orario stabilito. Bloom e le altre salirono a bordo dell’Owl di Fonterossa, che ripartì subito dopo.
«Dove siamo diretti ragazze?» chiese Helia.
«Allontaniamoci il più che possiamo da Magix, la nostra destinazione, per il momento, è lo spazio aperto» rispose la Principessa di Domino.
«E… poi?» aggiunse Timmy.
«Poi useremo questo, sperando che funzioni» concluse Bloom, mostrando a tutti l’anello donatole da Arcadia
Per tutto il tempo, la ragazza lo aveva portato al collo, come se fosse stato una collana, nascondendolo al disotto della maglietta. Sky aiutò la futura moglie a sganciare il gancetto che teneva chiusa la catenina, al quale era legato l’anello. Subito dopo la Principessa di Domino infilò l’anello al dito. La rossa provò nuovamente la stessa sensazione di benessere percepita la volta precedente.
«Quello è l’anello contenente la Fiamma della Fenice?» chiese Flora con meraviglia.
«Si!» rispose, lapidaria, Bloom.
«Come pensi di usarlo? Arcadia te lo ha spiegato?» chiese Aisha a sua volta.
«Ha detto che fondendo il potere delle due Fiamme si sarebbe aperto un portale verso l’altra metà di Cassiopea» replicò Bloom.
Il gruppo guardava con interesse quel piccolo anello e la sua pietra blu scuro. Qualsiasi cosa fosse stato in grado di generare quel gioiello, sarebbe stata sicuramente pazzesca. Dopo pochi minuti l’Owl di Fonterossa raggiunse lo spazio aperto.
«Ci siamo! Adesso tocca a te e all’anello» disse Helia, rivolgendosi alla Custode della Fiamma del Drago.
La rossa abbozzò un sorrisetto e, chiudendo gli occhi, lasciò che la propria Fiamma si fondesse con quella della Fenice. L’anello iniziò ad emanare un’aura bluastra, mentre la ragazza ne emanava una rossa con sfumature dorate. Le due energie entrarono in contatto, mischiandosi tra loro. A quel punto la nube, generata dall’anello e da Bloom, si espanse e raggiunse lo spazio esterno. I presenti a bordo dell’Owl rimasero a bocca aperta, mai nella loro vita avevano visto una cosa del genere. La nube, infine, iniziò ad addensarsi formando una sorta di cerchio luminoso, dal quale fuoriuscivano lampi e saette.
«Il portale è aperto» sentenziò la rossa.
«Brandon vieni qui, abbracciami! Sto morendo di paura» gracchiò Stella.
«Il computer di bordo non riesce a riconoscerlo come portale, anzi non lo riconosce e basta» esclamò Timmy preoccupato.
«Attraversiamolo, non abbiamo molto tempo!» replicò Tecna.
Timmy ed Helia eseguirono l’ordine della Fata della Tecnologia. La navetta entrò completamente nel portale, mentre Daphne, dal vetro posteriore, ammirava la celeste bellezza del pianeta di Magix che si lasciavano alle spalle.
 
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Note dell’autore: Ciao a tutti! Lo so, lo so… non ho mantenuto la promessa di scrivere un capitolo meno lungo del precedente. Purtroppo mi sono fatto un po’ prendere la mano dalla rissa nel refettorio e dalla spiegazione di Tecna XD. Spero potrete perdonarmi. Per quanto riguarda il capitolo, tralasciando il momento di “spensieratezza” iniziale, è incentrato sulla rivelazione di Arcadia, precedentemente fatta a Bloom, che la rossa comunica ai suoi amici. Lo sgomento e l’incredulità, una volta appresa la notizia, sono grandi. Tant’è vero che Aisha cerca di obbiettare alle parole di Bloom, ricorrendo ad una tesi basata sull’uso delle Pietre dei Ricordi. Purtroppo per lei, però, Tecna riesce a smontare quella teoria decretando la veridicità delle parole della Fata Guardiana del Regno Dorato. A quel punto le Winx e i ragazzi sono costretti a partire alla ricerca del Custode della Fiamma della Fenice. Il capitolo si chiude con il passaggio dell’Owl attraverso il portale e l’inquadratura sul personaggio di Daphne, che con malinconia osserva Magix prima di abbandonare la Dimensione Magica. Spero che questo capitolo (e più in generale la storia) vi sia piaciuto. Saluti e a presto.

Yugi95

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Capitolo 7
*** Capitolo VI – Un nuovo mondo ***


Capitolo VI – Un nuovo mondo
 
L’Owl di Fonterossa faceva davvero molta fatica ad attraversare la singolarità, aperta da Bloom con l’aiuto dell’anello. La pressione all’esterno dello scafo era insostenibile, il vetro anteriore della navetta si era addirittura crepato. Fulmini e vampate di fuoco colpivano in continuazione la navetta causando ingenti danni. L’attraversamento del portale, andando alla massima velocità consentita, durò circa tre minuti; poi, alla fine di quel magico “tunnel”, s’intravide una luce chiara, quasi impercettibile. L’Owl vi ci si diresse contro e, nella frazione di un secondo, si ritrovò fuori dal varco dimensionale. I ragazzi non fecero neanche in tempo a rendersi conto di essere usciti dal portale e di trovarsi nuovamente nello spazio aperto, che i motori della navetta si spensero. L’Owl, rimasta senza energia, iniziò a precipitare su un pianeta sconosciuto, attratta dalla sua forza di gravità.
«Timmy! Che cosa sta succedendo?» urlò Musa, cercando di aggrapparsi ad una delle poltroncine della navetta.
«Non lo so! Mentre attraversavamo il portale sembrava tutto a posto. Adesso, invece, siamo rimasti senza energia» esclamò il ragazzo.
L’Owl stava acquistando sempre più velocità, la parte anteriore della navetta, inoltre, a causa dell’attrito con l’atmosfera del pianeta, stava prendendo fuoco. Se non si fosse intervenuto immediatamente, l’Owl sarebbe esplosa.
«Timmy le navette di Fonterossa sfruttano la tecno-magia per funzionare, giusto?» chiese rapidamente la sua fidanzata.
«Si è corretto! Ma anche se sei la massima esperta di tecno-magia esistente, non penso tu possa fare qualche cosa. È come se la magia, che alimenta la navetta, sia scomparsa nel nulla» replicò, preoccupato, lo Specialista.
«Io non farò proprio niente Timmy, farai tutto tu!» disse la fata di Zenith - «Inverti la polarità del flusso di magia».
«Tecna sai bene che la navetta non funziona a polarità invertita» intervenne, secco, Helia.
«Voi fatelo e basta!» incalzò la ragazza dai capelli viola.
I due Specialisti eseguirono quell’ordine il più rapidamente che poterono: la navetta era ormai in rotta di collisione con la crosta del pianeta. S’iniziavano ad intravedere, infatti, oceani, fiumi, montagne, pianure e, con alquanto stupore da parte del gruppo, città illuminate.
«Tecna cos’hai in mente?» chiese Aisha preoccupata.
«Se la mia teoria è corretta, avremo la conferma definitiva che l’anello ha funzionato e che tutto quello, che Arcadia ha raccontato a Bloom, corrisponde a realtà» rispose, euforica, la ragazza.
«Qualsiasi cosa tu voglia verificare, fallo in fretta Tecna! Altrimenti ci schianteremo su quella specie di campanile» starnazzò Stella in preda al panico.
Mai come questa volta la Principessa di Solaria aveva tutto il diritto di urlare. L’Owl, in meno di cinque minuti, si sarebbe andata a schiantare contro un’alta torre dotata di orologio, posta accanto ad un’imponente palazzo, il cui riflesso si specchiava in un fiume dalle acque scure. Tutto intorno alle sponde del fiume si articolava una vasta e moderna città.
«Timmy!!! Ti vuoi muovere» urlò, più forte che poteva, Tecna.
«Ho invertito il flusso! Speriamo funzioni. Riavvio dei motori tra 3,2,1…».
Non appena il countdown giunse al termine, si sentì un forte scoppio provenire dal retro dell’Owl. Aveva funzionato: i motori erano ripartiti. Helia, riottenuto il pieno controllo della navetta, eseguì una rapida manovra evitando all’ultimo momento la torre. Tutti tirarono un sospiro di sollievo… tutti tranne Daphne, la poverina non aveva retto allo stress ed era svenuta tra le braccia di Thoren, il quale cercava di farla riprendere.
«Come sapevi che avrebbe funzionato?» chiese Timmy alla fidanzata.
«Ho pensato che se adesso ci troviamo nella dimensione della Fiamma della Fenice, generatrice di magia negativa. La navetta, che normalmente sfrutta un flusso di magia positiva, non avrebbe funzionato. Di conseguenza, se avessimo usato come fonte di energia la magia negativa, l’Owl sarebbe ripartita. Per questo ti ho chiesto d’invertire la polarità» spiegò Tecna.
«Tu sei un genio!» esclamò Timmy, correndo a baciare la ragazza.
Helia, intanto, manovrava la navetta di Fonterossa cercando di prestare la massima attenzione. Timmy, per precauzione, aveva deciso di tenere le luci esterne della navetta spente, quindi una parziale visibilità era assicurata soltanto dalle luci provenienti dalla città sottostante. Ragazze e ragazzi scrutavano l’esterno della navetta dai finestrini. Erano affascinati da ciò che si mostrava loro: la città sottostante era un tripudio di luci e suoni. Dall’alto del cielo si poteva osservare la pulsante vitalità di quell’agglomerato urbano.
«Una ruota panoramica! È grandissima! Mi ci porti tesoruccio, mi ci porti?» cinguettò Stella, mentre indicava una gigantesca ruota panoramica bianca illuminata a festa e posta sulla riva del fiume.
«Stella… non mi sembra il momento adatto, ma ti prometto che, non appena avremo compiuto la missione, ti accompagnerò e farai tutti i giri che vuoi» rispose Brandon dolcemente.
«Quindi ci siamo riusciti! Ci troviamo nell’altra metà di Cassiopea, giusto?» chiese Musa.
«A quanto pare: si» esclamò Aisha.
«Da dove cominciamo le nostre ricerche?» intervenne Flora.
«Dunque io direi di attivare lo scanner magico! In questo modo, poiché il Custode della Fiamma della Fenice è un concentrato di magia negativa, riveleremo subito la sua traccia magica» propose la Fata della Tecnologia.
«Allora facciamolo subito!» rispose Brandon.
Lo specialista si accomodò ad una terza postazione di comando e, con fare esperto, impostò i parametri dello scanner. Purtroppo il risultato non fu quello sperato, i valori, evidenziati dallo strumento, erano completamente fuori scala. Secondo lo scanner in quell’universo la traccia di magia negativa era pressoché inesistente.
«Non capisco. Avremmo dovuto essere circondati da enormi quantità di magia negativa, invece la sua traccia è ai minimi livelli. A questo punto è un miracolo che la navetta riesca a volare» constatò Tecna incredula.
«Tecna cosa sono quei puntini rossi?» chiese Musa alla compagna di stanza, indicando sul monitor della postazione sette puntini tra loro vicini.
«Quei puntini indicano l’unica traccia di magia positiva presente in quest’universo. Sono sette perché la sola fonte di magia positiva siamo proprio noi sette Winx» rispose la ragazza dai capelli viola.
«Io ne conto otto! Guardate questo si trova un po’ più distante, per questo non lo abbiamo visto» precisò Flora, indicando un piccolo puntino posto sulla mappa del radar.
«Secondo il computer, si trova a poco meno di 700 km dalla nostra posizione in direzione nord-ovest» esclamò Brandon.
«Bloom, che facciamo?» chiese Aisha, seduta vicino a Nex.
«È l’unico indizio che abbiamo. Non ci resta che raggiungere quella fonte di magia positiva e capire cosa sia» rispose la Principessa di Domino con decisione.
«Volando a velocità sostenuta, per non far sovraccaricare i motori, impiegheremo un’ora» precisò Timmy, mentre impostava la rotta da seguire.
«Perfetto! Che cosa stiamo aspettando? Parti pure Timmy: è ora di risolvere questa faccenda» esclamò Musa con risolutezza.
L’Owl iniziò a prendere velocità e, in una decina di secondi, si era già lasciato alle spalle le luci della città. La navetta continuava a procedere con le luci spente, solo alcune all’interno dell’abitacolo erano accese. I ragazzi erano visibilmente stanchi, la decisione di partire a mezzanotte non era stata una grande idea. Tuttavia quello era l’unico modo per evitare di dare troppo nell’occhio e non far scoprire la loro piccola messinscena. Le ragazze, infatti, con la complicità di Daphne, avevano comunicato all’ispettrice Griselda, la mattina stessa della rissa, che per un paio di giorni non avrebbero seguito le lezioni a causa di un misterioso morbo infettivo, contratto durante la loro ultima visita su Domino. La stessa sorella di Bloom, inoltre, aveva avvertito la preside che non avrebbe tenuto lezioni fino al giorno in cui le ragazze non si sarebbero rimesse, in modo tale da poterle assistere nella convalescenza. I ragazzi, al contrario, avevano preso la prima navetta disponibile ed erano partiti senza dire nulla. Evidentemente, aveva pensato Tecna, non erano stati in grado trovare una scusa decente, oppure non avevano avuto neanche il tempo di pensarci. Una cosa sola era certa alla fata di Zenith: l’ira di Saladin, una volta tornati, li avrebbe investiti in pieno.
«Bloom puoi seguirmi nell’hangar. Dobbiamo parlare» sussurrò Sky alla sua fidanzata, affinché non svegliasse la sorella seduta al suo fianco.
«Ok, certo!» rispose la rossa, alzandosi senza far rumore.
I due ragazzi si diressero nell’hangar in silenzio. Sky, stranamente, camminava davanti alla fidanzata e non al suo fianco come era solito fare. Bloom se ne era resa conto, ma non aveva il coraggio di chiedergli se ci fossero problemi. Una volta raggiunta la stiva, la rossa si decise a parlare con il futuro marito.
«C’è qualche cosa che non va, Sky? È da quando siamo partiti che non apri bocca. Qualcosa ti turba?» chiese Bloom timidamente.
«Qualcosa mi turba?! Sei tu che mi turbi, Bloom. È il tuo atteggiamento il vero problema!» esclamò, irritato, Sky.
«Non capisco, cos’ho fatto?» chiese la ragazza, cercando di calmare il fidanzato.
«Davanti agli altri ho fatto finta di niente, perché non volevo creare ulteriori preoccupazioni al gruppo. Adesso, però, non riesco più a trattenermi Bloom. Non abbiamo mai affrontato un problema in questo modo. Senza sapere dove stessimo andando, senza sapere chi stessimo cercando e, cosa più importante, senza avere nessuno a coprirci le spalle. Tu lo sai, io darei la mia vita per te… i tuoi amici darebbero la vita per te. Questa volta, però, è diverso: non riesco a trovare un senso a tutta questa follia. Non siamo neanche arrivati in questo posto che già stavamo per morire tutti. E se fosse successo?! Ci hai pensato almeno per qualche istante? Se fossimo tutti morti? Se tra un paio di giorni Griselda e Faragonda fossero entrate nella vostra stanza e non vi avessero trovate? Come pensi avrebbero preso la notizia i tuoi genitori? Le loro adorate figlie scomparse nel nulla! Stiamo correndo pericoli dai quali nessuno può salvarci, Bloom. Lo capisci questo? Noi abbiamo delle responsabilità: verso i nostri amici, le nostre famiglie, i nostri popoli. Dobbiamo crescere, non siamo più ragazzini in cerca di avventure, è importante che tu lo capisca, altrimenti non so se sarai in grado di assumerti l’impegno più grande di tutti: il nostro matrimonio» gridò Sky, la sua collera nei confronti di Bloom era evidente, quasi palpabile.
La ragazza rimase in silenzio, aveva ascoltato le parole di Sky con stoica rigidità. La sua testa era china, i capelli vermigli le ricadevano sul viso coprendole gli occhi. Aveva le braccia attaccate lungo il corpo, le mani, leggermente tremanti, erano chiuse a pugno. Non aveva pianto, aveva voluto trattenersi dal farlo pensando di sembrare meno patetica. Tuttavia lo sconforto e la rabbia, causati dalle accuse del fidanzato, l’avevano portata a mordersi ossessivamente il labbro, causando un leggero sanguinamento. Sky guardava la sua futura moglie con aria severa, mentre Bloom non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, sapeva che se l’avesse fatto, avrebbe dovuto affrontare le proprie responsabilità. Quegli attimi sembravano essersi cristallizzati nel tempo, finché la Principessa di Domino, facendosi coraggio, pronunciò poche parole con voce tremante:
«Sky, mi… mi dispiace»
Subito dopo Bloom si lasciò cadere sulle ginocchia e, portandosi le mani al viso, scoppiò a piangere. Sky la guardava rattristato. Sperava che la ragazza capisse i propri errori per evitare di commetterne di peggiori in futuro, ma non avrebbe mai voluto che soffrisse in quel modo a causa sua. Il futuro Re di Eraklyon si avvicinò alla rossa e, mettendosi in ginocchio in modo tale da poterla guardare negli occhi, prese il suo volto tra le mani.
«Perdonami Bloom, sono stato uno stupido» disse Sky asciugandole le lacrime.
«Ti prego Sky, non farlo più» singhiozzò la ragazza
Il biondo le sorrise dolcemente, poi, tirandola a sé, l’abbracciò.
I due si strinsero teneramente per diverso tempo, fino a quando dagli altoparlanti dell’hangar non sentirono la voce di Helia, che avvisava il gruppo il raggiungimento della destinazione. A quel punto, seppur a malincuore, Sky si staccò dalla ragazza e si alzò in piedi. Bloom fece lo stesso, cercando come poteva di pulirsi il mascara che le colava dagli occhi.
«Dobbiamo andare» esclamò il biondo, mentre raggiungeva il portello che dalla stiva si apriva nella cabina di pilotaggio.
«D’accordo!» rispose la rossa.
I ragazzi raggiunsero gli altri componenti del gruppo, intenti a scrutare la zona dai finestrini dell’Owl. Dalla navetta era possibile distinguere una nuova città, diversa dalla precedente: era più piccola, meno illuminata e frenetica. L’agglomerato urbano era distribuito, anche questa volta, sulle due sponde di un largo fiume, collegate da diversi ponti, il più grande dei quali era caratterizzato da un’unica imponente arcata illuminata. L’Owl, dopo essere stata resa invisibile grazie ad un scudo deflettore, iniziò lentamente ad abbassarsi di quota per poi atterrare in una delle tante aree verdi della città.
«Siamo arrivati» esclamò, contento, Timmy.
«Adesso non ci resta che dirigerci verso la fonte di magia positiva» disse Tecna.
«Mettiamoci in cammino! Cosa stiamo aspettando?» aggiunse, un po’ troppo euforicamente, Nex, mentre si avviava verso il portellone d’uscita.
Stella, però, gli sbarrò la strada.
«Dove pensi di andare?» starnazzò la Principessa di Solaria.
«Fuori, perché?» chiese Nex stupito.
«Conciato in quel modo?» aggiunse Stella.
La ragazza, in fin dei conti, aveva ragione, gli Specialisti e i due Paladini erano ancora vestiti con la loro vistosa uniforme di battaglia.
«Qual è il problema?» intervenne Brandon in soccorso all’amico.
«Il problema è che siamo in incognito! Voi zucconi, invece, siete vestiti con cappa e spada, a questo punto mi chiedo dove abbiate lasciato il cavallo» li rimproverò Stella.
«In effetti… non ha tutti i torti» intervenne Thoren imbarazzato.
«Fortuna che ci sono io a salvare la situazione» tagliò corto Stella.
La ragazza, con uno schiocco di dita, fece apparire vestiti “più normali” indosso ai ragazzi.
«Ehi! Un momento» esclamò Musa con stupore.
«Cosa c’è Musa?» chiese, preoccupata, Flora.
«Come fa Stella ad usare la magia? Cioè questo non dovrebbe essere un mondo di sola magia negativa?» chiese la Fata della Musica.
«È ovvio!» rispose, prima di tutti, Timmy, per poi aggiungere:
 «Due anni fa Bloom condivise con ognuna di voi una scintilla della Fiamma del Drago, quindi, poiché la Fiamma è la sola generatrice di magia positiva, è normale che non abbiate problemi ad usare i vostri poteri».
«Capisco» disse Musa, contenta nel sapere di poter usare ancora la magia.
«Io, invece, ancora non capisco una cosa: è un dubbio che mi porto dietro da un bel po’. Perché quando l’Albero del Bene e del Male, che adesso sappiamo essere un semplice amplificatore d’energia, perse la capacità di lasciar fluire la magia positiva, anche Bloom, che custodisce la Fiamma del Drago, non era in grado di usare i suoi poteri?» chiese Flora.
«A questo posso risponderti io» esordì Tecna, che, dopo aver attirato su di sé l’attenzione di tutti, continuò a parlare:
«Quando l’Albero del Bene e del Male perse il proprio potere, noi sei avevamo sviluppato il potere Believix. Questa trasformazione, come voi ben sapete, basa la sua forza sulla capacità della fata, che la possiede, di far credere gli altri nel potere della magia. Tuttavia quando perdemmo i poteri, svenendo per aver percepito la sofferenza dell’Albero, ci sentimmo così abbattute e demoralizzate che smettemmo di credere anche noi stesse nella magia. Di conseguenza non avendo più fiducia in sé stessa, pur avendo il potere di farlo, Bloom non era in grado di avviare la trasformazione ed usare i suoi incantesimi, anche quelli più semplici»
Il gruppo guardò con stupore la Fata della Tecnologia, chiedendosi come fosse possibile che, in così poco tempo, la loro amica fosse riuscita ad impostare un ragionamento così complesso.
«Per me la spiegazione è più che sufficiente» esclamò Aisha, mentre apriva il portellone che dava sull’esterno dell’Owl.
«Facciamo in fretta, prima troviamo questo custode e prima c’è ne andiamo da qui» disse Sky.
«Un momento, dobbiamo svegliare la bella addormentata» sospirò Bloom indicando la sorella.
Per tutto il tempo del volo, l’atterraggio e la discussione sulla possibilità di usare la magia positiva, Daphne era rimasta a dormire distesa su una delle poltroncine biposto della navetta.
«Sorellona svegliati…» le sussurrò in un orecchio.
«Mamma… ancora cinque minuti» mugugnò Daphne nel sonno.
«Vecchia megera svegliati subito, altrimenti ti taglio quel cespuglio che chiami capelli» urlò Stella.
«Come hai osato chiamarmi?! Se ti prendo, giuro che ti faccio inghiottire lo scettro di Solaria» gracchiò Daphne, mentre rincorreva a fatica, poiché ancora mezza addormentata, la Fata del Sole fuori dall’Owl.
«Beh, almeno l’ha svegliata» concluse, divertita, la Principessa di Domino.
I ragazzi si raggrupparono intorno ad uno dei pochi lampioncini accesi, presenti all’interno della piccola area verde. Timmy aveva impostato il computer di bordo dell’Owl in modo tale da continuarla a renderla invisibile, nonostante non fosse in volo. Tecna, invece, aveva scaricato le coordinate della fonte di magia positiva sul proprio palmare.
«In che direzione dobbiamo proseguire?» chiese Aisha alla Fata della Tecnologia.
«Secondo il computer, la fonte si trova a circa dieci chilometri da qui. Dobbiamo dirigerci fuori città» rispose la ragazza.
«Dieci chilometri?! Scusatemi ma non potevamo fermarci più vicino?» chiese Stella, la quale si sentiva stanca ancor prima di percorrere tutta quella distanza.
«L’Owl era in sovraccarico. I veicoli di Fonterossa non dovrebbero sfruttare, come alimentazione, la magia negativa. Il loro motore ne risente. Per di più i livelli di magia negativa, che ci circonda, sono stranamente bassi. Era pericoloso continuare a volare in queste condizioni» spiegò Helia.
«Preferivo cadere da mille metri d’altezza, piuttosto che farmi venire i calli ai piedi» sbottò la Principessa di Solaria, mentre si avviava verso l’uscita del parchetto, tirandosi dietro quel poveretto di Brandon.
«Forza! Muoviamoci anche noi» esclamò Bloom.
Era ormai notte fonda. Il cielo era scuro, ricoperto da un’innumerevole quantità d’innaturali nuvoloni grigi. Le stelle erano pressoché assenti e le poche visibili emettevano una debole luce ad intermittenza. L’unico oggetto, facilmente visibile, era un piccolo satellite naturale, la cui superfice era ricoperta da un’innumerevole quantità di macchie. La città era avvolta da un silenzio innaturale, gli unici rumori apprezzabili provenivano di tanto in tanto da qualche cespuglio o dalle aiuole, presenti nei vari parchetti cittadini. Le strade erano completamente deserte, illuminate dalla presenza di sporadici lampioni grigi, alti all’incirca cinque metri. Le finestre delle case erano chiuse, quasi sigillate, mentre dai comignoli si alzavano lunghe colonne di fumo. In lontananza, infine, si intravedevano alti palazzi, alcuni sembravano antichi, mentre la maggior parte doveva essere di recente costruzione. Le Winx e i ragazzi camminavano per la città, seguendo il percorso tracciato da Tecna con il suo palmare. Erano tutti visibilmente preoccupati, tesi come delle corde di violino, pronti a scattare al primo avviso di minaccia. I ragazzi, in particolare, cercavano di fare da scudo alle loro compagne, pur sapendo che, qualora si fosse presentata una vera minaccia, sarebbero state proprio quest’ultime, come del resto accadeva sempre, a proteggere loro. L’unico che non sembrava essere a disagio era Nex, il quale, con passo sicuro, guidava il gruppo. Tuttavia nessuno sembrò farci caso, dopo la partenza di Riven avvenuta due anni prima, il ragazzo di Aisha era diventato la nuova testa calda del gruppo.
«Siamo arrivati?» chiese Stella speranzosa.
«Mancano ancora cinque chilometri» le rispose Tecna.
«Che cosa?! Lasciatemi qui, mi prenderete al ritorno» esclamò la Principessa di Solaria, accasciandosi al suolo.
«Va bene, va bene. Facciamo una piccola pausa di cinque minuti» propose Bloom.
Gli altri acconsentirono e si sedettero sul bordo di un marciapiede alla luce di un lampione. La pausa, seppur breve, fu di grande aiuto e in un certo modo riuscì a sciogliere la tensione, che albergava sul gruppo.
«Bene è ora di riprendere il cammino» esclamò Sky alzandosi.
«Sono d’accordo!» aggiunse Daphne, mentre si avvicina minacciosa a Stella al fine di rimetterla in piedi.
«Ehi! Dov’è Flora?» chiese, allarmato, Helia.
«Un momento fa era seduta accanto a me» rispose Musa, mentre cercava con lo sguardo l’amica.
«Eccola lì! È davanti la vetrina di quel negozio» esclamò Thoren, indicando un piccolo negozio, la cui vetrina era piena di televisori accesi.
Il gruppo corse dalla fata di Limphea, chiamandola a gran voce. La ragazza, però, non rispose.
«Flora sei impazzita? Perché ti sei allontanata senza dirci niente?» la rimproverò Helia
Flora continuava a non rispondere, sembrava una statua. Aveva lo sguardo puntato su uno dei televisori, dai suo occhi scendevano lentamente calde lacrime.
«Flora perché piangi?» chiese, dolcemente, Musa.
La ragazza, a quel punto, levò un braccio ed indicò il televisore. Ciò che stava andando in onda in quel momento, doveva essere una sorta di notiziario. In particolare il servizio riguardava una lontana zona di guerra, in cui si stava combattendo un aspro conflitto. Il presunto telegiornale mostrava alcuni spezzoni di registrazioni fatte sul posto: erano stati ripresi edifici diroccati e strade distrutte, piene di gigantesche buche. Le persone scappavano, molte di loro erano insanguinate, alcune di esse correvano tra la folla portando in braccio bambini terrorizzati, altre si accasciavano al suolo e morivano per le ferite. I ragazzi non riuscivano a respirare, erano tutti lì immobili davanti alla vetrina. Molti di loro avevano il volto contorto in una smorfia di dolore, altri, invece, avevano assunto un’espressione fatua: la loro bocca era semi-aperta e lo sguardo perso nel vuoto.
«Ma… dove… dove siamo capitati?» chiese Stella, in lacrime.
«Nel vostro peggiore incubo!».
 
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Note dell’autore: Un saluto a tutti! In questo capitolo viene finalmente introdotta la nuova dimensione, che in passato, insieme all’attuale Dimensione Magica, costituiva Cassiopea. Le Winx e i ragazzi, non appena arrivano nel nuovo universo, si trovano subito in difficoltà, ma, grazie alla genialità di Tecna, riescono a risolvere la situazione. Subito dopo assistiamo al confronto/scontro tra Sky e Bloom, nel quale il ragazzo accusa la futura moglie di aver sottovalutato la missione e di non importarsi delle proprie responsabilità di figlia e sovrana. Bloom non riesce a controbattere a queste accuse, forse in cuor suo sa che Sky ha ragione, e, in preda allo sconforto, scoppia a piangere. Il Principe di Eraklyon, vedendo la rossa in quelle condizioni, torna sui propri passi e i due si riappacificano. Nella terza parte della storia si assiste all’arrivo dei ragazzi in una nuova città, nei pressi della quale si trova un’inspiegabile fonte di magia positiva. Il capitolo si conclude con il gruppo che, mentre sta assistendo sconcertato alla visione di un notiziario, riportante video ed immagini da un lontano fronte di guerra, subisce una velata minaccia da una voce misteriosa.  Un ultimo appunto e poi ho concluso XD. Il personaggio di Tecna, come avrete notato, è il mio strumento prediletto per chiarire dubbi e/o lacune, laddove non sia stato necessario ;), sulla trama e sulle diverse implicazioni, che le mie personali aggiunte hanno sull’universo delle Winx. Quindi qualora non vi fossero chiari dei passaggi o determinati aspetti della storia, fatemelo sapere e la Fata della Tecnologia sarà sempre pronta a darvi una risposta ahahahahahahahahah. Vi aspetto per i prossimi capitoli.
 
Yugi95

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Capitolo 8
*** Capitolo VII – Il negozio di libri ***


Capitolo VII – Il negozio di libri

 
I ragazzi si voltarono di scatto al fine di capire chi avesse pronunciato quelle parole così minacciose. Non videro nessuno, il viale alle loro spalle era completamente deserto ed immerso nel buio. Ad un tratto però nell’oscurità s’intravidero un paio di occhi rossi, contornati da sclere gialle. Successivamente una strana figura longilinea mosse i primi passi verso le Winx e i loro fidanzati. Era un uomo alto, aveva un fisico asciutto, ma allo stesso tempo abbastanza muscoloso. Le mani erano grandi, mentre le dita erano lunghe e affusolate. Lo strano figuro portava lunghi capelli argentei legati in una coda di cavallo, la quale gli ricadeva su una spalla. La sua pelle, infine, era bianchissima, quasi perlacea e rifletteva con facilità la luce dei pochi lampioni accesi.
«Chi o cosa sei tu?» chiese Sky con un tono di voce aggressivo.
Lo sconosciuto, dopo essersi sbottonato un pesante cappotto di velluto nero che gli arrivava fino alle caviglie, mostrando in questo modo una camicia di seta rossa, si schiarì la voce e si presentò.
«Mi chiamo Marcus, lieto di fare la vostra conoscenza» disse l’uomo con voce stranamente gentile.
«Cosa vuoi Marcus?» chiese, battagliera, Aisha.
«Fare la vostra conoscenza» rispose Marcus tranquillo.
«Oh… ma che carino. Piacere io sono Stella, la Principessa di…».
«E cosa ti spingerebbe ad essere così socievole» la interruppe Musa sarcastica.
«Io e miei fratelli volevamo conoscervi, parlarvi e divertirci un po’ con voi. Sapete a noi piace tanto giocare con il cibo prima di mangiarlo» esclamò Marcus abbozzando un sorriso terrificante.
Non appena l’uomo finì di parlare, accanto a lui comparvero una trentina di persone. Erano sia uomini che donne, tutti accomunati dal medesimo aspetto longilineo, dalla pelle chiarissima e da quegli spaventosi occhi rossi. Le Winx si strinsero a semicerchio pronte a difendersi. I ragazzi fecero lo stesso, ma, quando cercarono di attivare le loro potenti armi magiche, si resero conto che non funzionavano.
«Ragazzi state dietro di noi! Le vostre armi non funzionano in questo modo» disse Tecna, poi rivolgendosi al gruppo di estranei chiese sprezzante:
«Siete vampiri, non è vero?»
Marcus fu sorpreso da quella domanda, come del resto gli amici della Fata della Tecnologia.
«Mi congratulo con te ragazza. Non mi era mai capitato che una preda riconoscesse la mia vera natura. Sapevo che foste delle persone speciali, ma non fino a questo punto» rispose il vampiro, facendo un inchino di riverenza.
«Cosa intendi per “persone speciali”» chiese, ad un tratto, Flora.
Dal gruppo di vampiri si fece strada una donna dai lunghi capelli viola scuro, vestita con un abito nero avente balze merlettate e lunghe maniche di tulle. Il vampiro si posizionò dietro Marcus e, dopo avergli sensualmente baciato il collo, si rivolse alla Fata della Natura.
«Abbiamo percepito la vostra presenza a chilometri di distanza. Il vostro odore è unico, era la prima volta in secoli d’attività che percepivamo una fragranza così intensa e particolare. La rossa, poi, è davvero speciale: la sua energia vitale è un qualche cosa di straordinario. Spero che Marcus mi faccia assaggiare un pezzettino, dopo che si sarà saziato» spiegò la donna, bagnandosi le labbra con la punta della lingua.
«Vedremo, vedremo. L’importante è che ti comporti bene Imogen» rispose il leader dei vampiri, accarezzando la chioma della donna.
Dal gruppo, intanto, si levavano voci compiaciute e impazienti. Il banchetto era ormai prossimo.
«Sarà un vero piacere veder sgorgare il loro sangue».
«Non vedo l’ora di affondare i denti nel collo della bionda con lo scialle».
«Il ragazzo con gli occhiali mi fa una tenerezza. Sarà divertente vederlo supplicare».
Le Winx, invece, facendo da scudo ai loro fidanzati, erano pronte a trasformarsi. Tuttavia erano consapevoli che, a causa del gran numero di nemici e dell’assenza di una fonte stabile di magia positiva, che normalmente garantiva loro pieni poteri, lo scontro si sarebbe presto trasformato in una ritirata strategica.
«Dobbiamo distrarli e, appena sarà possibile, scapperemo il più lontano da qui. Mi raccomando prima di andare ognuna di voi porti con sé un ragazzo» sussurrò Bloom, per poi chiedere alle amiche:
«Siete pronte?».
«Certo!» risposero in coro le altre sei.
I vampiri, guidati da Marcus, erano prossimi all’offensiva. Le dita delle loro mani si stavano allungando ulteriormente, assumendo la forma di pericolosi artigli acuminati, il rosso dei loro occhi s’intensificò e diverse venature violacee comparvero nelle sclere gialle. I loro canini, infine, iniziarono a sporgere da entrambe le labbra.
«Vi prosciugheremo» esordì Marcus minaccioso.
I due gruppi erano uno di fronte all’altro, separati soltanto da un piccolo pezzo di strada. Tutt’intorno era silenzio e desolazione.
«Trasformiamoci! Ades…».
All’improvviso si sentì una sorta di tonfo. La Principessa di Domino s’interruppe stupita e così fecero le sue amiche. Soltanto Daphne, non accortasi di niente e di nessuno, completò la trasformazione in Fata Bloomix e si lanciò all’attacco. Tuttavia non fece neanche in tempo, dopo essersi alzata in volo, a percorre i primi metri, che li separavano dai vampiri, che una mano sconosciuta l’afferrò per il braccio e con straordinaria violenza la spinse all’indietro facendole perde i sensi. I vampiri erano terrorizzati, l’espressione di sicurezza e non curanza della vita altrui, che dal primo momento li aveva caratterizzati, era scomparsa dai loro volti. Le Winx e i loro ragazzi, al contrario, erano stupiti da ciò che si manifestava loro. Tra le due fazioni era comparsa dal nulla una nuova figura. Era un ragazzo sulla ventina, non più grande di Bloom e delle sue amiche. Benché avesse una corporatura meno muscolosa rispetto a quella di Marcus o Sky, il suo portamento sembrava suggerire una grande forza e resistenza. Lo sconosciuto aveva capelli neri di media lunghezza, i cui ciuffi, ricadendo sulla fronte, ricoprivano parzialmente l’occhio sinistro. Gli occhi, anch’essi neri come i capelli, erano completamente inespressivi, come se fossero fatti di vetro. Il ragazzo, infine, indossava una giacca di pelle nera, che si fermava all’altezza del bacino. Al di sotto di essa portava una sottile maglietta grigia, abbellita dalla presenza di un disegno astratto, raffigurante un triangolo con all’interno un cerchio, che a sua volta conteneva una line retta. Le gambe, invece, erano ricoperte da un paio di jeans strappati in alcuni punti di colore nero.
«Marcus! Mio caro amico. Non ti avevo forse detto di tenerti lontano da questa zona?» esordì il nuovo arrivato con voce fredda e noncurante.
«Hai ragione, ma… ma vedi questi ragazzi li abbiamo visti poco fa fuori dal centro. Li abbiamo seguiti per un po’ e non ci siamo resi conto di essere arrivati fin qui. Non ci saremmo mai permessi di disturbarti» rispose il vampiro, tremando come una foglia.
«Oh, questo lo so bene. Tuttavia questi ragazzi adesso si trovano nel mio territorio, quindi sono sotto la mia protezione» spiegò, pacatamente, il ragazzo dai capelli neri.
«Perdonami se insisto, ma come ti ho già detto abbiamo iniziato la caccia lontano da questa zona. Non è colpa mia se abbiamo sconfinato. Ti prometto che non accadrà più, però ti prego: concedici di banchettare con queste persone» chiese il vampiro con reverenza, anche se nel suo tono di voce la paura era tangibile.
Lo sconosciuto non rispose a quella richiesta. Si mise le mani nelle tasche della giacca e con passo calmo ma deciso si avvicinò a Marcus, il quale, non nascondendo il terrore che stava provando in quel momento, indietreggiò.
«Marcus, adesso tu e i tuoi fratelli andate via da questo posto e non ci tornate più. Ti prego, non farmi essere cattivo» disse il ragazzo poggiando una mano sulla spalla del vampiro.
«D’accordo come vuoi tu. Non ci faremo più vedere» rispose, rassegnato, Marcus, mentre si apprestava ad allontanarsi con il suo gruppo.
Il nuovo arrivato aspettò che i vampiri scomparissero nell’oscurità della notte, poi si rivolse ai ragazzi provenienti dalla Dimensione Magica, che avevano assistito in silenzio alla strana discussione tra lui e Marcus.
«Se non volete morire questa notte, fareste meglio a seguirmi. Ah, svegliate quell’incapace della vostra amica: palle al piede non ne voglio» disse il ragazzo dai capelli neri, indicando quella poveretta di Daphne ancora svenuta per il colpo ricevuto poco prima.
Le Winx e i ragazzi si guardarono tra di loro, poi, presa coscienza dei possibili pericoli, seguirono lo sconosciuto attraverso le stradine della periferia. Thoren, poiché tutti i tentativi di far riprendere la futura regina di Domino erano falliti, portava la moglie in braccio sussurrandole parole di conforto. Il ragazzo procedeva spedito davanti al gruppo di amici, quest’ultimi, mantenendo una certa “distanza di sicurezza” poiché diffidenti, gli stavano dietro cercando di non perderlo mai di vista. Dopo all’incirca cinque minuti di cammino, la Principessa di Solaria, aggrappata al braccio di Brandon come un bradipo abbraccia il proprio albero, non sopportando più quella situazione di silenziosa tensione, cercò di rompere il ghiaccio nel solo modo che le era da sempre stato proprio: lamentandosi.
«Uffa! Sono stanca, ho fame, ho sete e devo andare in bagno. Si può sapere dove stiamo andando?» sbottò Stella sperando che il ragazzo misterioso le rispondesse.
Questi, però, non la degnò minimamente di uno sguardo e, senza proferire parola, continuò a camminare.
«Ehi! Dico a te, maleducato che non sei altro. Il fatto che tu ci abbia aiutato non giustifica il tuo atteggiamento indifferente. Ricordati: io sono una principessa e una principessa non deve mai essere ignorata» gracchiò la bionda.
Anche questa volta, il ragazzo dai capelli neri non sembrò per nulla interessato alle parole della ragazza, la quale andò su tutte le furie.
«Io… io ti amm…».
«…iro molto per quello che hai fatto» proseguì Musa, interrompendo l’amica e impedendole di dire sciocchezze.
«Musa ha ragione. Ti ringrazio a nome di tutti per il tuo aiuto. Se non fossi intervenuto, non so come sarebbe potuta finire» aggiunse Bloom con dolcezza.
Il ragazzo si fermò e, dopo essersi lentamente girato verso il gruppo, abbozzò un leggero sorriso su quel suo volto inespressivo. Poi, alzando un braccio, indicò ai ragazzi la vecchia saracinesca di un piccolo negozio, che si trovava dal lato opposto della strada.
«Siamo arrivati, dobbiamo solo attraversare».
«Perfetto, facci strada» aggiunse la Principessa di Domino.
La strana comitiva attraversò la strada e si fermò davanti al negozietto. Lo sconosciuto, a quel punto, tirò fuori dalla tasca della giacca un mazzo di chiavi e, senza far rumore per non svegliare il vicinato, aprì la saracinesca. Le Winx e i loro fidanzati entrarono all’interno del piccolo locale, mentre il loro accompagnatore, dopo aver riabbassato la serranda di metallo, accese le luci. I ragazzi di Alfea rimasero colpiti da ciò che si mostrò ai loro occhi: alla loro destra si trovavano librerie alte fino al soffitto stracolme di libri. A sinistra, invece, era posta una grande scrivania in legno a forma di “L”, la cui lunghezza era quasi pari a quella del negozietto e sulla quale erano poggiati un computer ed un grande mappamondo illuminato.  La parte più lunga di quel particolare tavolo, inoltre, serviva a dividere la zona riservata ai clienti dalla zona adibita al personale, in modo tale da poter far muovere i primi in totale libertà tra i diversi scaffali. Sulla parte più corta, invece, posta davanti all’ultima libreria, che si trovava sulla parete opposta a quella dell’ingresso, era poggiato un vecchio registratore di cassa.
«Beh è carino qui. Piccolo ma accogliete» disse Flora con gentilezza.
«Seguitemi!»
Fu la secca risposta del ragazzo, mentre si avvicinava alla parte più corta della scrivania. Tutti gli altri gli si avvicinarono, tutti… tranne Sky, il quale si posizionò dietro la sua fidanzata e, dopo aver appoggiato il mento sulla sua spalla, le sussurrò all’orecchio:
«C’è da fidarsi?»
«Ha salvato tutti noi. Io mi fido» gli disse la rossa, per poi, muovendo leggermente la spalla, farlo indietreggiare.
Lo sconosciuto, intanto, faceva cenno al gruppo di oltrepassare la scrivania e di entrare nella zona riservata al personale. In quella parte del locale, più precisamente dietro l’ultima libreria, si trovava una scala in ferro battuto che portava ad una sorta di magazzino. Il gruppo, sempre guidato dal ragazzo dai capelli neri, scese la lunga scala e si ritrovò in uno stanzone enorme tutto illuminato. Nel seminterrato si trovavano un grande divano con penisola e un televisore. Poco più distante, inoltre, vi erano diverse scrivanie e un paio di computer. L’ambiente, poiché si trovava diversi metri sotto terra, era soppalcato. Sul questo erano poste altre librerie piene di antichissimi libri ed oggetti misteriosi dall’aspetto sinistro. Il ragazzo si tolse la giacca di pelle e, senza dare alcun tipo di spiegazione, si andò a sedere sul divano. Le Winx e i loro fidanzati, una volta lasciati soli, si guardarono intorno ed iniziarono a curiosare. Thoren e Timmy si diressero al divano: il primo per adagiarvi Daphne, che si trovava ancora nel “mondo dei sogni”, il secondo per ammirare da vicino il televisore. D’un tratto dall’alto del soppalco si sentì una voce femminile:
«Brendon finalmente sei tornato! Sono le quattro del mattino, mi hai fatto preoccupare».
Da dietro le librerie fece capolino una giovane ragazza dai lunghi capelli castani, tenuti insieme da un fermaglio a forma di farfalla. Era vestita con un maglioncino leggero di colere rosa, che lasciava scoperta la spalla destra, e leggings neri attillati al di sopra dei quali si trovava una gonna pieghettata anch’essa di colore nero, che si fermava a metà coscia. La giovane si poggiò al ballatoio e guardò con aria stupita la parte bassa del magazzino.
«Brendon chi sono i tuoi nuovi amici?» chiese divertita.
Nessuno dei presenti ebbe il tempo di rispondere che la Principessa di Solaria iniziò ad inveire contro la ragazza.
«Senti carina, è già la seconda volta che chiami il mio ciccino per nome. Chi sei e cosa vuoi dal mio zuccherino?» gridò Stella tanto da far svegliare Daphne.
La futura regina di Domino, presa ancora dall’euforia della battaglia con i vampiri, colpì con un calcio le parti basse dell’amato marito che le stava di fronte. Il grido di dolore fu straziante.
«Perdonami amore. Pensavo fossi un vampiro. Scusami» disse Daphne gettandosi sul corpo agonizzante di Thoren.
«Daphne credo che per i prossimi cinque anni non sarò in grado di farti diventare mamma» rispose, a fatica, il marito.
La ragazza con il fermaglio, infuriatasi per le parole di Stella, era intanto scesa dal soppalco ed era pronta ad affrontarla a quattr’occhi.
«Mi chiamo Elizabeth. Adesso dimmi chi sei e cosa vuoi da Brendon!».
«Io sono Stella, Principessa di Solaria. Brandon è il mio ragazzo» rispose l’altra indispettita.
«Tu saresti la ragazza di Brendon? Con questi capelli palesemente tinti? Evidentemente il poveretto ha perso qualche diottria» disse Elizabeth con tono sarcastico.
«Capelli tinti?! Come osi affermare che i miei bellissimi capelli siano tinti. Tu piuttosto, hai un look che andava di moda tre secoli fa» urlò la Principessa di Solaria con tutta la voce che aveva in corpo.
Le altre Winx assistevano alla scena non sapendo se intervenire per sedare un più che probabile rissa sul nascere, oppure se mettersi comode ed assistere allo spettacolo. I ragazzi, invece, erano tutti al capezzale del povero Thoren, soltanto Brandon cercava inutilmente di calmare la fidanzata. Il ragazzo misterioso, infine, era ancora seduto sul divano a leggere. Le urla stavano diventando sempre più acute, le due ragazze ormai si stavano offendendo su tutto e l’argomento “Brandon” aveva perso tutta la sua importanza.
«Se non ti rimangi subito ciò che hai detto, ti faccio mangiare quel fermaglio che ti ritrovi sui capelli» starnazzò Stella.
«Tu provaci e io ti spezzo le braccia» replicò Elizabeth.
«Si può sapere che cosa sta succedendo qui?».
La voce proveniva anche questa volta dal soppalco, ma ad affacciarsi fu un alto ragazzo dai capelli biondi. Indossava un maglione a giro maniche blu scuro, al di sotto del quale si trovava una camicia bianca e un pantalone di panno grigio. Sul naso, infine, aveva adagiato un leggero paio di occhiali.
«Elizabeth saresti così gentile da spiegarmi il motivo di tutto questo casino» chiese il ragazzo, mentre scendeva dal ballatoio.
«La colpa è sua. Dice di essere la fidanzata di Brendon, ma a me non piace. È troppo brutta per i miei gusti» rispose Elizabeth indicando Stella.
«Sarai bella tu! E comunque non fare la santarellina, lo so che vuoi provarci con il mio ciccino adorato. Da quanto tempo va avanti questa storia?» esclamò Stella prendendo per un orecchio il povero Brandon.
Lo Specialista non ci stava capendo nulla, non conosceva Elizabeth e non aveva mai tradito la sua adorata fidanzata.
«Io provarci con Brendon? Ma sei scema? Lo conosco da tredici anni ormai, è come un fratello per me e poi sono già fidanzata» replicò Elizabeth.
«Si, si dicono tutte così. Io le conosco bene le gatte morte come te, ma non l’avrai vinta tanto facilmente. Questo bel faccino appartiene solo a me» starnazzò la Principessa di Solaria, mentre, tenendolo stretto per i capelli, indicava il suo fidanzato.
«E questo chi sarebbe?» chiese Elizabeth meravigliata.
«Colpo di scena! La storia si fa sempre più interessante» esclamò, all’improvviso, Aisha intenta a dividere un cesto di popcorn con Musa.
«Ma come chi sarebbe? Lui è Brandon, il mio ragazzo» rispose, stupita, Stella.
«Brendon?! No aspetta Brendon è seduto lì sul divano» disse, confusa, Elizabeth.
«Ragazze, penso che ci troviamo di fronte ad un caso di omonimia» intervenne, divertito, il nuovo arrivato.
«Omoni… cosa?» chiese la Principessa di Solaria con lo sguardo da ebete.
«Omonimia, significa che hanno lo stesso nome. Ma quanto puoi essere ignorante, Stella?» esclamò la Fata dei Fluidi.
«Ci scusiamo noi per lei» aggiunse Flora.
«Non vi preoccupate, sono cose che capitano. Comunque anch’io mi scuso per la scenata di Elizabeth» le rassicurò il ragazzo.
Stella ed Elizabeth si guardarono dritte negli occhi, entrambe avevano assunto un’aria trasognata quasi meditabonda. Le due, infatti, stavano ripensando ai motivi che le avevano portate a litigare e, dopo aver realizzato la stupidità della cosa, scoppiarono a ridere.
«Scusami se ti ho dato della “gatta morta”» disse, tra le risate, la Principessa di Solaria.
«Figurati, tu, invece, perdonami per averti accusata di tingerti capelli» replicò Elizabeth mettendo il braccio sulla spalla di Stella.
«A quanto par, tutto si è risolto per il meglio» concluse, divertito, il ragazzo biondo - «Comunque io sono Max».
«Piacere!» dissero in coro le altre Winx.
Subito dopo, le ragazze e i ragazzi compreso Thoren, nonostante facesse davvero molta fatica a reggersi in piedi, si presentarono uno per uno ai loro nuovi amici.
«Sarà difficile ricordare tutti questi nomi» esclamò Max.
«Esagerato! Ti lamenti sempre» lo rimproverò Elizabeth facendo scaturire una risata generale.
«Non essere così cattiva con lui, in fondo ha ragione: siamo in tanti» disse Daphne divertita, mentre il marito le si appoggiava addosso.
«Quando ci vuole, ci vuole. Max è un bravo fidanzato, ma ogni tanto va messo in riga» replicò Elizabeth.
«Hai proprio ragione: con i ragazzi ci vuole il pugno di ferro» aggiunse Stella facendole l’occhiolino.
«Ok, ok… non lo faccio più. Comunque potreste spiegarmi come avete conosciuto Brendon e perché vi abbia portato qui?» chiese Max con curiosità.
«Beh… ecco… noi ci trovavamo davanti a questo negozio che…» balbettò Bloom non sapendo come spiegare ai due ragazzi dell’attacco dei vampiri: li avrebbero sicuramente presi per matti.
«Marcus li stava infastidendo, quindi sono dovuto intervenire» esclamò, all’improvviso, Brendon dal divano.
«Quel pezzo di stoccafisso! Mi ha sempre dato sui nervi: fare il prepotente con i più deboli. Povere ragazze, chissà che spavento» disse Elizabeth.
«Tranquilla tutte e sette le ragazze sono fate, anche abbastanza forti. Senza di me sarebbero comunque state prosciugate, ma almeno sarebbero morte con un minimo di dignità» le rispose il ragazzo con noncuranza, per poi immergersi nuovamente nella lettura.
«Caspita! Quindi esistono anche le fate, ce lo saremmo dovuti aspettare» esordì, euforico, Max.
Le Winx e i loro fidanzati erano estremamente perplessi. Di solito, secondo la loro esperienza, per le persone non magiche l’esistenza delle fate, delle streghe e, più in generale, l’esistenza stessa della magia era da sempre una verità di difficile comprensione e accettazione. I due ragazzi, però, erano stranamente tranquilli, anzi sembrava che conoscessero fin troppo bene le dinamiche del mondo magico.
«Non vi meraviglia la cosa?» chiese, incredula, Tecna.
«Ragazza, se sapessi tutto quello che abbiamo visto ed affrontato in questi anni, saresti tu a meravigliarti» le rispose Elizabeth con serenità.
«Da dove venite?» chiese Max.
«È difficile da spiegare con precisione. Diciamo che non siamo di questo mondo» rispose Aisha con qualche difficoltà.
«Siamo venuti qui perché siamo alla ricerca di una persona» aggiunse Timmy.
«Che persona?» replicò Elizabeth.
«Il problema è che non lo sappiamo, l’unico indizio che abbiamo è questo puntino situato a pochi chilometri fuori città» aggiunse Tecna mostrando il palmare ai due.
«Quel posto lo conosciamo bene: è il Bosco dei Cento Petali!» spiegò, seria, Elizabeth.
«Se volete vi ci possiamo accompagnare noi, ma non ora. La sera è pericoloso uscire per strada, se non sai come muoverti» aggiunse il ragazzo biondo con tono serio.
«Siete gentilissimi, accettiamo con piacere il vostro aiuto» rispose Bloom a nome di tutti.
«Bene, adesso però a nanna. Sono quasi le cinque del mattino, non voglio alzarmi con le occhiaie domani» esclamò Elizabeth.
«A chi lo dici!» sospirò Stella.
«Staremo un po’ stretti, ma un posto uscirà per tutti» aggiunse Max.
Le Winx e gli specialisti diedero una mano ai due ragazzi a preparare una decina di brandine, sistemate in un ripostiglio, per poter passare la notte in comodità. Brendon, invece, poco dopo aver finito di leggere, si diresse ad un’altra scala in ferro, diversa da quella che avevano usato per raggiungere il seminterrato, e, senza dire niente a nessuno, la salì. Soltanto Bloom, dopo essersi distesa accanto a Sky sulla brandina, si accorse della “fuga” del ragazzo. Tuttavia la rossa era troppo stanca per immaginare dove portasse quella scala o cosa facesse Brendon, di conseguenza non diede troppa importanza a ciò che aveva visto e si mise a dormire.
«Bene penso di avervi sistemato tutti» disse Max a Tecna con voce bassa per non svegliare i ragazzi.
«Grazie siete stati davvero gentili. Senza di voi non so come avremmo fatto» rispose, gentilmente, la Fata della Tecnologia.
«Figurati Tecna!» replicò il ragazzo, mentre si apprestava a raggiungere la fidanzata, già addormentatasi, sulla brandina.
«Ah! Max una curiosità. Come si chiama la città… beh la città in cui ci troviamo» chiese l’altra.
«Si chiama Glasgow!» rispose il ragazzo voltandosi verso di lei.
«Un’ultima cosa, poi non ti scoccio più promesso» aggiunse la fata con imbarazzo.
«Chiedi pure, non ti preoccupare» rispose, divertito, Max.
«Il pianeta sul quale ci troviamo: qual è il suo nome?» chiese, un’ultima volta, Tecna.
«Terra… si chiama Terra» fu la secca risposta del ragazzo biondo.
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti!! Abbiamo dovuto un po’ pazientare, ma finalmente i personaggi del prologo si sono incontrati con gli storici protagonisti del Winx Club. Lo so, vi ho fatto un po’ penare, purtroppo il mio stile di scrittura è molto lento e non tende ad andare subito al punto. Spero possiate perdonarmi per questo XD. Tornando al capitolo, oltre alla presenza dei personaggi del prologo, assistiamo al ritorno dei figli della notte: i vampiri. La loro presenza mi aveva fortemente colpito in quei due episodi della sesta stagione, anche se il loro vero potenziale non era stato ampiamente sfruttato. Dopotutto le Winx sono un cartone per bambini ;). I vampiri, nonostante non sia data loro la possibilità di combattere, sembrano mettere in difficoltà le Winx, almeno sul piano psicologico. Le ragazze, infatti, optano subito per una ritirata strategica, a causa della superiorità numerica dei nemici e della mancanza di magia positiva nell’universo della Fenice. In loro soccorso interviene un ragazzo misterioso, che poi si rivelerà essere il Brendon del prologo, che, dopo aver messo in fuga i vampiri senza neanche muovere un dito, scorta il gruppo di ragazzi a “casa” sua: un piccolo negozio di libri. Qui le ragazze e gli specialisti fanno la conoscenza degli altri due personaggi del prologo: Max ed Elizabeth, i quali, per nulla sorpresi dalla vera natura delle Winx, si offrono di aiutarli nella loro ricerca. Tutto sembra pronto, le ragazze hanno adesso un vero e proprio obiettivo sul quale puntare. Tuttavia, nell’ultimo dialogo, le poche certezze che le Winx avevano conquistato, decadono. L’omonimia dei due pianeti, quello di Brendon, Max ed Elizabeth presente nella dimensione della Fenice, e quello di Roxy presente nella Dimensione Magica, sarà un caso? Un’ altra cosetta e ho concluso. Concentrate la vostra attenzione sui tre personaggi nuovi, le loro abitudini, le loro passioni e fatemi sapere se notate qualche cosa di familiare XD. Vi aspetto per i prossimi capitoli.

Yugi95

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII - Il Bosco dei Cento Petali ***


Capitolo VIII - Il Bosco dei Cento Petali
 
Tecna non riuscì a chiudere occhio. Mai… mai si sarebbe aspettata una cosa del genere. Nonostante il pianeta, sul quale erano atterrati o meglio quasi precipitati, avesse molte caratteristiche in comune con i diversi mondi della Dimensione Magica, sia dal punto di vista geologico che da quello antropologico, la fata di Zenith non riusciva a credere alle parole di Max: la logica non lo consentiva. La Terra era un pianeta della Dimensione Magica, lei e le sue amiche ci erano state più e più volte; Roxy, Morgana e tutte le altre fate di Tir Nan Og vivevano su quel pianeta, luoghi come la Foresta Amazzonica e Gardenia erano situati sulla sua superficie. Allora com’era possibile che, in un altro universo del tutto separato da quello di Magix, esistesse un pianeta con le stesse proprietà strutturali, le stesse specie biologiche e, cosa più assurda, lo stesso nome: le probabilità erano minime. Questo e altri mille pensieri strapazzavano le povere meningi della fata, finché, resasi conto che tutte le congetture possibili non l’avrebbero portata ad alcuna soluzione certa, non si decise ad indagare più a fondo sulla faccenda. Tuttavia chiedere ai suoi nuovi amici era impossibile. Max ed Elizabeth dormivano beatamente abbracciati sulla loro brandina, mentre Brendon era scomparso nel nulla. Guardandosi intorno alla ricerca di una possibile soluzione gli occhi di Tecna si posarono su un o dei computer, situati sotto il ballatoio del soppalco. La ragazza, senza fare rumore per non svegliare Timmy, si diresse alla postazione informatica ed accese l’apparecchio. Subito dopo aver avviato il computer, Tecna vi collegò il suo palmare tecno-magico in modo tale da poter cercare le risposte tanto agognate. Con sua grande sorpresa le informazioni, ricavate dalla rete, o più correttamente come le persone di quel mondo erano solita chiamarla “rete Internet”, confermavano in pieno le affermazioni di Max. Non solo il pianeta, sul quale si trovavano, si chiamava Terra; ma, grazie alle immagini catturate da un potentissimo telescopio, denominato Hubble, le cui caratteristiche tecniche avevano affascinato Tecna, la stessa organizzazione della crosta terrestre e degli oceani, salvo piccolissime differenze, era perfettamente identica a quella della Terra presente nella Dimensione Magica. Alcuni luoghi, inoltre, presenti sul pianeta di Roxy, si ritrovavano anche sul pianeta di Max come ad esempio la Foresta Amazzonica, l’Italia e il Polo Nord. Tuttavia, sebbene le somiglianze tra i due corpi celesti fossero numerose, le differenze lo erano ancora di più. Sul pianeta di Max ed Elizabeth non vi era traccia di molte città presenti sulla Terra della Dimensione Magica come Gardenia. La Terra della Dimensione Magica, allo stesso modo, mancava di alcune città o d’intere nazioni esistenti sulla Terra della dimensione della Fenice. Glasgow, ad esempio, non esisteva sul pianeta di Roxy.  Non solo città ma anche arte, cultura, storia e tanti altri aspetti della vita quotidiana differenziavano quei due pianeti così simili. Tecna, a quel punto, spense il PC e tornò alla brandina più sconcertata di prima. Aveva avuto tutte le informazioni che desiderava, adesso non restava che dirlo in qualche modo ai suoi amici.
«Sveglia! Ti vuoi svegliare pelandrona» urlò Aisha nelle orecchie di Stella.
«Sono sveglia, sono sveglia. Aisha i tuoi modi da carrettiere non si smentiscono mai» replicò la ragazza con la voce impastata dal sonno.
«Si è fatto mezzogiorno, è ora di muoversi. Dobbiamo raggiungere il Bosco dei Cento Petali!» disse, autoritariamente, Bloom.
«Ok, ok. Almeno fatemi fare colazione» piagnucolò la Principessa di Solaria.
«Ecco a te» rispose, gentilmente, Elizabeth, porgendole un piattino contenente una fetta di torta e un bicchiere di latte.
La fata ringraziò la nuova amica e, in meno di un minuto, divorò il suo pasto.
«Piaciuta?» chiese Max.
«Era buonissima! Che tipo di torta è?» chiese Stella pulendosi il labbro.
«Si chiama “torta al whisky”. È un dolce tipico della nostra zona» rispose Elizabeth.
«Cos’è il whisky?» aggiunse, incuriosita, Musa.
«Il whisky è una bevanda alcolica, ottenuta dalla distillazione di diversi cereali fermentati» spiegò Max.
«Deve essere una bevanda eccezionale! Almeno quanto questa torta, se ne può avere un altro po’» esclamò Stella.
«Sono contenta che ti sia piaciuta così tanto. Tuttavia, poiché anche Daphne l’ha trovata buonissima, l’ha finita tutta prima che ti svegliassi» concluse Elizabeth con rammarico.
«Quell’ingorda. Spero ne metta tutta cellulite» mugugnò la bionda.
Terminata la colazione e i preparativi per la piccola “escursione”, il gruppo si diresse al piano superiore dove si trovava il negozio. A quel punto Max, aiutato da Helia, aprì la saracinesca e insieme ai ragazzi raggiunse un garage lì vicino. Le ragazze, intanto, uscite poco dopo dal negozio, rimasero sorprese dal modo in cui la città si mostrava loro alla luce del giorno. Il cielo era terso, solo poche nuvole “galleggiavano” spensierate sulle loro teste, l’aria era fresca e un leggero venticello accarezza piacevolmente i volti delle Winx. Le strade pullulavano di vita, persone di ogni età, sesso ed etnia affollavano i marciapiedi e i negozi limitrofi. Veicoli di vario tipo si muovevano freneticamente per la città e in lontananza si sentivano i ripetuti rintocchi di campane.
«Non averi mai immaginato che questa città potesse essere così bella al mattino» esordì Flora.
«Oh… Glasgow ha tanto da offrire. Questa città sarebbe ancor più bella, se non fosse per alcuni problemi» sospirò Elizabeth, mentre il suo volto assumeva un’espressione triste.
«Ti riferisci a Marcus e ai suoi amici» chiese Aisha.
«Magari fosse solo Marcus il problema. C’è di peggio, credetemi» rispose la ragazza.
«Elizabeth ma “Glasgow” è il nome della città, giusto?» continuò Flora.
«Esatto! Il suo nome è molto antico, significa: “piccola valle verde”» spiegò Elizabeth.
Tecna, a quelle parole, iniziò ad allarmarsi. La ragazza dai capelli viola sapeva bene che le sue amiche sarebbero ben presto passate dal chiedere il nome della città al chiedere il nome del pianeta: il passo era davvero breve. Non voleva che le altre Winx scoprissero in quel modo e in quel momento che il mondo, sul quale si trovavano, era una sorta di Terra-bis. Sarebbe stata lei a dirglielo appena avrebbe trovato il coraggio. Fortunatamente per lei, le amiche non ebbero il tempo di fare altre domande: Max e i ragazzi, a bordo di un vecchio e malandato furgoncino, si erano appena fermati davanti al negozio. Timmy aprì la porta posteriore del mezzo e invitò tutti gli altri a salire.
«Io dovrei salire su quel rottame?» esclamò Stella con superiorità.
«Se te la vuoi fare a piedi, avviati pure» le rispose Aisha.
«E rottame sia…» disse, rassegnata, la ragazza, mentre si apprestava a salire sul furgoncino.
«Ragazzi mi dispiace se state un po’ stretti, ma questo è l’unico mezzo a disposizione» disse Max ridacchiando.
«Non ti preoccupare. Parti pure» esclamò Musa sorridendogli.
«Un attimo! Dobbiamo aspettare Brendon» esclamò Bloom, sporgendosi dal finestrino per scorgere l’arrivo del ragazzo.
La Principessa di Domino era l’unica ad essersi accorta dell’assenza di Brendon. Le altre Winx e i loro ragazzi, infatti, sembravano completamente essersi dimenticati, vuoi per la sua scontrosità o vuoi per la sua poca “appariscenza”, del ragazzo dai capelli neri. Di conseguenza, non appena gli amici della rossa sentirono quel nome, non realizzarono istantaneamente di chi si stesse parlando.
«Brendon non verrà con noi» rispose Max con tono di voce serio.
«Come mai?» lo incalzò Bloom.
«Beh… diciamo che Brendon non ha un bel ricordo di quel bosco» tagliò corto Elizabeth abbozzando un sorriso spento.
La Principessa di Domino non volle insistere oltre, se Brendon non voleva accompagnare lei e gli altri un motivo doveva pur esserci. La rossa si sedette nuovamente accanto a Sky e alzò il finestrino del furgoncino; mentre Max, affiancato da Timmy in qualità di navigatore, metteva in moto il veicolo e si apprestava a raggiungere il Bosco dei Cento Petali. Dall’alto di un antico palazzo, intanto, due figure dalla pelle chiarissima, nascoste all’ombra dei comignoli, guardavano compiaciute la scena. Dopo all’incirca quindici minuti di viaggio, il vecchio furgoncino giunse all’imponente ingresso del parco, costituito da un cancello di ferro verde, incastonato tra due grossi tronchi di quercia lavorati, affianco al quale si trovava un gabbiotto di legno. Max fermò il veicolo nell’ampio parcheggio antistante il parco e, dopo aver spento il motore, diede a tutti i suoi nuovi amici il permesso di scendere. Le Winx, i loro fidanzati e i due ragazzi si radunarono davanti il cancello di ferro, aspettando che il ranger del parco consentisse loro di entrare.
«Finalmente! Non ce la facevo più, ho la schiena a pezzi» si lamentò Stella stiracchiandosi.
«Stella sei sempre la solita brontolona. Dopo tutto è stato un bel viaggetto» la rimproverò Flora.
«Ragazze, qualcuna di voi ha visto Daphne?» chiese Thoren preoccupato, mentre si guardava in torno in cerca della moglie.
«Eccola è lì! Si trova ancora vicino al furgone» disse Aisha indicando in direzione del parcheggio.
«Daphne! Vuoi muoverti!!!» le urlò la sorella con impazienza.
«Arrivo tesoro» fu la risposta un po’ troppo divertita di Daphne.
La futura Regina di Domino si mosse in direzione dei suoi amici, facendo di tanto in tanto quasi stesse ballando tre piroette e due balzi. Le Winx, i ragazzi e Thoren la guardavano meravigliati chiedendosi cosa le fosse capitato. Elizabeth e Max, invece, ridacchiavano tra di loro, evidentemente avevano già capito la possibile causa di quello strano comportamento.
«Ma è impazzita?» esclamò Musa.
«Non penso! Non può essere diventata più sciroccata di quello che era prima» rispose Stella guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Brandon, che le stava accanto.
Daphne raggiunse il gruppo e, non appena le fu possibile, si buttò addosso al marito mettendogli le braccia a collo.
«Ciao amore! Ti sono mancata?» disse la ragazza con foce strana, mista tra la risata e il pianto.
«Daphne, tesoro cosa ti prende?» replicò il marito preoccupato.
«Io… io sto benissimo» rispose Daphne staccandosi da Thoren per poi barcollare all’indietro.
«Sei sicura?» aggiunse Bloom, avvicinandosi e toccandole la fronte per vedere se la sorella avesse la febbre.
La futura Regina di Domino, a quel punto, afferrò la rossa per le braccia e la guardò fissa negli occhi.
«Bloom spiegami una cosa: se papà è castano e mamma è rossa come te, io come faccio ad essere bionda?» chiese la ragazza con tono serio, mentre la sorella la guardava meravigliata.
«Sta delirando!» esclamò Tecna.
«Bloom non pensi che Thoren starebbe molto meglio con la barba. Cioè papà ha la barba e papà… è un figo assurdo. Certo spero che non faccia la pancia come suo zio, il papà di Sky, altrimenti diventa Babbo Natale» aggiunse Daphne per poi scoppiare a ridere a crepapelle.
«Dobbiamo fare qualche cosa! La poverina sta troppo male» gridò la Principessa di Domino.
«Dalle tre o quattro ore, poi le passerà» disse Elizabeth, non riuscendo a trattenere le risate, poi aggiunse:
«È solo un po’ alticcia»
«Alticcia?! Che significa?» chiese Stella.
«Beh quando assumi una quantità troppo elevata di Whisky, o di qualsiasi altro alcolico, come ha fatto lei finendosi tre quarti di torta, le conseguenze sono queste» spiegò Max.
«Quindi non c’è da preoccuparsi?» chiese, ansioso, Thoren.
«No tranquillo. L’importante è che la teniamo d’occhio e che tu le tenga la testa, non appena avrà i conati» esclamò Elizabeth, mentre Max parlava con il ranger, appena arrivato, per chiedergli il permesso di visitare il parco.
Il giovane Paladino non se lo fece ripetere due volte, prese la moglie sotto il braccio e raggiunse gli altri che si stavano apprestando ad entrare nel bosco.
«Thoren ma io ti piaccio?» chiese la moglie singhiozzando.
«Certo che mi piaci. Ti ho sposata» rispose, dolcemente, il marito.
«Ah mi hai sposata? E quando? C’erano mamma e papà? Spero che Stella non sia venuta, mi sta proprio antipatica» continuò la futura Regina di Domino.
«Quasi due anni fa. C’erano tutti, anche Stella» replicò Thoren divertito.
«Tutta colpa di Bloom! Ma dico io: non poteva portare le Trix? Almeno erano più simpatiche» concluse Daphne causando le grasse risate del paladino.
Il gruppo si avventurò nel bosco cercando di prestare la massima attenzione: qualunque cosa o persona si sarebbe potuta rivelare un valido indizio. I ragazzi, guidati da Elizabeth e Max, percorsero numerosi sentieri, superarono il letto di un fiume e attraversarono un paio di lussureggianti radure. In una di queste Musa rimase colpita dalla presenza di una grande pietra circolare, incastonata nel terreno e attraversata per tutta la sua lunghezza da una vistosa crepa. I due ragazzi di Glasgow, però, quando la ragazza cercò di chiedere informazioni a riguardo, non le risposero e, facendo finta di niente, continuarono a condurre il gruppo. Tecna camminava guardando costantemente il palmare, la fonte di magia positiva doveva essere vicina, anzi vicinissima. L’unica, che sembrava essersi dimenticata del tutto della missione, oltre a Daphne ormai delirante, era Flora. La fata di Limphea si trovava nel suo elemento naturale, il Bosco dei Cento Petali, infatti, le ricordava moltissimo le rigogliose selve del suo pianeta natale. Alberi, piante e cespugli non avevano più segreti per la Fata della Natura, eppure, in quel luogo, la ragazza si sentiva come una bambina alla scoperta del mondo. Flora saltava da un albero ad un altro, scrutava ogni singola foglia, odorava tutti i fiori che le capitavano a tiro. Helia la guardava incuriosito, la sua fidanzata non si era mai comportata in quel modo.
«Flora sono contento che il bosco sia di tuo gradimento» esclamò lo Specialista.
«Oh, Helia! È bellissimo, non avevo mai provato nulla di simile» rispose la Fata della Natura abbracciandolo.
«Sarebbe bellissimo se riuscissimo a trovare la fonte della magia positiva, senza perdere tempo» esordì, stizzito, Sky.
«Sky! Chiedi subito scusa» lo rimproverò la fidanzata.
«Hai ragione. Scusami Flora, è che stiamo girando da ore e non abbiamo ancora trovato nulla» disse il Principe di Eraklyon con tono rassegnato.
«Figurati, Sky. La colpa è anche mia, mi sono distratta più e più volte. Questo bosco mi affascina: ha un’energia vitale che non avevo mai percepito nemmeno su Limphea» rispose, trasognante, Flora.
Max ed Elizabeth guardavano la Fata della Natura con curiosità, non riuscivano a capire se la ragazza pensasse davvero le cose che diceva, oppure se, come Daphne, avesse anche lei esagerato con il whisky. Stella comprendendo il loro smarrimento, spiegò loro, con i suoi soliti modi, il vero potere della ragazza:
«Non preoccupatevi! Quando vede una foresta, un albero, una pianta o semplicemente un filo d’erba, non capisce più nulla ed inizia a volare in un mondo tutto suo. Dopotutto lei è la Fata dei Fiori».
«Ah! Quindi è un Hippy!» esclamò Elizabeth.
«Un Hi… Hip… che cosa?» balbettò Stella non riuscendo a capire a cosa alludesse la ragazza dai capelli castani.
«Beh, gli Hippy, detti anche “figli dei fiori” sono…» cominciò a parlare Max, per poi essere bruscamente interrotto da Tecna, la quale ripresasi da una delle sue solite “trance deduttive” esclamò:
«Flora, in che senso questo bosco ha “un’energia vitale fuori dal comune”?».
«Come posso spiegarmi? Quando entro in contatto con la natura, creo una sorta di rapporto empatico con essa. Più è rigogliosa la natura che mi circonda, più forte è questo legame. Tuttavia questo rapporto dipende esclusivamente dai miei poteri: senza di essi la natura non riuscirebbe a “parlarmi”. Questo perché, sebbene alberi e piante comunichino tra loro, non hanno la capacità di farlo anche con gli altri esseri viventi. Purtroppo, poiché animali, persone e piante appartengono a specie diverse, il legame, che si cerca di creare, è debolissimo, quasi inesistente. In qualità di Fata della Natura riesco ad amplificare il legame empatico, in modo tale da poter comunicare con essa. Questo bosco, al contrario, non ha bisogno dei miei poteri per poter “esprimere sé stesso”; ogni suo albero, ogni suo fiore, ogni suo germoglio è in grado di raccontare la propria storia, la propria vita. Basta saper ascoltare e lasciarsi trasportare dall’essenza vitale, presente in questo luogo» spiegò la Fata della Natura, mentre i suoi occhi brillavano per la gioia.
«Penso di aver capito» concluse, lapidaria, la Fata della Tecnologia.
«Che cosa hai capito?» chiesero gli altri in coro.
«Riflettete: abbiamo cercato la fonte di magia positiva in lungo e in largo senza alcun risultato. Eppure lo scanner ci dice che si trova in questo bosco» disse Tecna cercando di coinvolgere gli amici nel ragionamento.
«Ho capito!» esclamò, all’improvviso, Stella.
Tutti gli altri si voltarono verso di lei, meravigliati dalla possibilità che la Principessa di Solaria potesse aver realmente compreso qualche cosa.
«Cos’hai capito?» le chiese Aisha non riuscendo a trattenere un risolino.
«È semplice: il bosco stesso è la vera fonte di magia positiva, per questo non troviamo nient’altro» spiegò la bionda con fare saccente.
I ragazzi, eccetto la fata di Zenith, forse perché ancora frastornata dal ragionamento dell’amica, scoppiarono a ridere. Stella li guardò con aria truce e, sentendosi profondamente offesa, voltò loro le spalle ed incrociò le braccia, mugugnando i peggiori malefici.
«È la cosa più stup…» stava per dire la Fata dei Fluidi, dopo essersi ripresa da quell’isteria collettiva, quando Tecna la interruppe:
«…efacente, davvero stupefacente! Stella ha capito in pieno, non mi sarei mai aspettata una cosa del genere».
Gli altri, a quelle parole, sgranarono gli occhi, non potevano credere che la Principessa di Solaria avesse capito un ragionamento di tale portata e complessità.
«Quindi, il Bosco dei Cento Petali è il “contenitore” di quella piccola parte della Fiamma del Drago, che i due custodi si cambiarono?» chiese, sbalordita, Bloom.
«Esatto!» rispose Tecna.
Le Winx si guardarono tra di loro e con i ragazzi, speranzose di trovare al più presto un possibile legame tra ciò che stavano scoprendo e il racconto di Arcadia. Elizabeth e Max, al contrario, stentavano a capire di che cosa parlassero i loro nuovi amici e, non volendo essere estromessi da quella che si prospettava essere un’avventura unica ed emozionante, chiesero all’unisono:
«Ragazzi, si può sapere di cosa state discutendo?».
Bloom si girò verso di loro, poi, voltandosi nuovamente indietro, guardò supplichevolmente le altre Winx, gli Specialisti e i due paladini, aspettando da loro una sorta di approvazione. Questi, eccetto Daphne, intenta a parlare con un albero, e Sky non ancora pienamente convinto se fidarsi o meno, acconsentirono, affinché venisse raccontata tutta la verità ai loro nuovi amici. La Principessa di Domino, dopo averli ringraziati con un ampio e luminoso sorriso, si rivolse a Max e ad Elizabeth per spiegare il motivo e soprattutto l’oggetto della loro ricerca.
«Esiste un’altra dimensione, oltre quella in cui ci troviamo?» chiese Elizabeth, non riuscendo pienamente a realizzare le parole della Custode della Fiamma del Drago.
«Si, so che può sembrare…» cercò di minimizzare la rossa, ma Max la interruppe:
«Com’è possibile che queste due dimensioni, la nostra e la vostra per intenderci, fossero un tempo unite e formassero un unico universo chiamato Cassiopea?».
«Ve lo abbiamo detto! Sono state separate in seguito all’imprigionamento di Ksendras» sbottò Stella, infastidita dal fatto di dover ripetere le stesse cose.
«Ok, ok… ci è tutto chiaro. Dovete, però, ammettere che è difficile credere a questa storia» replicò la fidanzata di Max.
«Tuttavia non avete avuto problemi ad accettare che noi fossimo fate» esclamò Musa.
«Musa, credimi, i vostri poteri magici e ciò che noi due grazie a quel “disgraziato” del nostro amico abbiamo visto in tredici anni, è nulla in confronto alla portata di queste rivelazioni» disse Max, cercando di farsi forza sulle gambe per non svenire, a causa dei dubbi, delle ansie e delle preoccupazioni che quella verità comportava.
«Avete pienamente ragione! Anche noi siamo rimaste estremamente turbate, quando lo abbiamo saputo. Tuttavia era necessario dirvelo, dopotutto per tutto ciò che state facendo ve lo dovevamo» tagliò corto Bloom.
Tutti tacquero, soltanto Daphne, ancora in preda ai postumi dell’alcool continuava a conversare amabilmente con una quercia, lamentandosi del fatto che il marito non avesse la barba. Sky, invece, ancora contrariato dall’eccessiva fiducia, che la sua fidanzata nutriva nei confronti di quei due sconosciuti, si era isolato dal gruppo, andandosi a sedere sotto l’ombra di un pino. Dopo circa cinque minuti di totale silenzio, durante i quali i cervelli dei ragazzi si erano impegnati a cercare una possibile soluzione, Brandon prese coraggiosamente la parola:
«Che cosa facciamo?».
«Non ne ho la minima idea» rispose Tecna rassegnata.
«Max non è che potresti darci qualche altra informazione sul bosco? Forse riusciamo a ricavare qualche cosa di utile» chiese Musa.
«Mi dispiace ragazzi! Tutto quello che c’era da sapere sul Bosco dei Cento Petali ve lo ho detto nel furgoncino, durante il viaggio. Oltre la leggenda della principessa e del suo amato, che partì in guerra, non vi è altro da sapere» replicò il biondo, mentre si lasciava cadere a terra.
Gli altri, a quel punto, seguirono il suo stesso esempio. Erano ormai sfiniti da tutta quella situazione.
«Flora non potresti chiedere alle piante del bosco, se sanno qualche cosa?» esclamò Aisha con tono speranzoso.
«Ci ho già provato prima, ma neanche le piante sapevano nulla: né dell’energia del Drago, che alberga in loro, né tantomeno di Cassiopea» rispose, amareggiata, la Fata della Natura.
«Dannazione! Siamo in un vicolo cieco» urlò, all’improvviso, il Principe di Eraklyon, sbattendo il pugno sul manto erboso.
«Sky, ti prego calmati» gli sussurrò la fidanzata raggiungendolo e cercando di tranquillizzarlo.
Ad un tratto, Elizabeth, alzando la testa, precedentemente poggiata sulla spalla del fidanzato, seduto acconto a lei, prese la parola e sorprese tutti i presenti:
«C’è una cosa che non abbiamo fatto»
«Che cosa?» chiese Timmy, mentre gli altri la guardavano perplessi.
Sul volto della ragazza si disegnò un meraviglioso sorriso di soddisfazione, non appena realizzò la fattibilità della sua idea. Elizabeth, a quel punto, si alzò di scatto e, tirandosi dietro il resto del gruppo, s’incamminò lungo uno dei sentieri.
«Si può sapere cosa le prende?» chiese Aisha a Max.
«Non ne ho la più pallida idea» fu la risposta secca del ragazzo.
«Sei il solito pusillanime» esclamò Elizabeth - «Dovete sapere che questo bosco non è sempre stato un parco nazionale. Lo è diventato, infatti, solo da una trentina d’anni».
«Quest’informazione come potrebbe esserci d’aiuto?» replicò Nex, mentre cercava, come del resto i suoi amici, di tenere il passo con la ragazza dai capelli castani.
«Quando il bosco non era ancora un parco protetto, le persone vivevano al suo interno. Con il progredire dello sviluppo di Glasgow, però, tutti gli abitanti della selva decisero di trasferirsi in città e abbandonarono progressivamente questo luogo. Quando se ne furono andati tutti, il bosco fu dichiarato parco nazionale. Tuttavia una sola persona, che, avendo da sempre vissuto nel Bosco dei Cento Petali, non ne voleva sapere di andarsene, chiese alle autorità il permesso di poter rimanere…» spiegò la ragazza, per poi essere bruscamente interrotta dal fidanzato:
«Camille!!!».
«Esatto, baccalà che non sei altro! Camille vive in questo luogo da più di settant’anni, sicuramente non saprà niente né di Cassiopea né della Fiamma del Drago o della Fiamma della Fenice, ma potrebbe conoscere miti e leggende sul bosco a noi sconosciuti» continuò Elizabeth.
«Miti e leggende che potrebbero avere un fondo di realtà. Sei un genio Elizabeth» disse Tecna euforica.
Il gruppo, guidato dalla ragazza con il fermaglio a forma di farfalla, giunse in una nuova radura più ampia delle precedenti. Al centro dello spiazzo di trovava un piccolo laghetto, la cui parte centrale era occupata da un’antica colonna incisa, mentre poco più distante vi era un piccolo cottage in legno. Al di fuori della struttura, più precisamente sul portico esterno, un’anziana signora, dall’aspetto dolce e vestita con una lunga vestaglia di seta lilla, si dondolava su una sedia di vimini. La donna sembrava avere all’incirca un’ottantina d’anni, i suoi bianchi capelli erano raccolti un bellissimo ed elegante chignon, mentre i suoi occhi verde marino brillavano di una luce intensa. La sua pelle olivastra, un po’ più chiara di quella d’Aisha, infine, le conferiva un fascino stranamente esotico. I due ragazzi, seguiti dalle Winx e i loro fidanzati, corsero verso il cottage.
«Camille! Camille!» urlarono in coro Max ed Elizabeth.
«Benvenuti miei cari. Vi stavo aspettando» rispose, pacatamente, la donna.
«Ci stavi aspettando?» replicò la ragazza dai capelli castani con tono meravigliato.
«Certo! Aspettavo voi due e i vostri nuovi amici. Non vedevo l’ora di conoscerli meglio» continuò Camille.
«Scusi signora, perché ci stava aspettando e, soprattutto, come faceva a sapere del nostro arrivo» le chiese Bloom timidamente.
«Vedi mia cara, quando nel Bosco dei Cento Petali arrivano: sette fate, cinque delle quali provenienti da Solaria, Andros, Zenith, Melody e Limphea, mentre le altre due direttamente da Domino; non credi sia mio diritto essere un po’ sovreccitata. Aggiungici il fatto, che ho dinanzi a me l’attuale Custode della Fiamma del Drago: la mia pressione è salita alle stelle» rispose, divertita, l’anziana.
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti! Allora da cosa possiamo cominciare? Beh io dire di soffermarci innanzitutto sulla disperata ricerca di Tecna, finalizzata a scoprire per quale motivo esistano due Terre. Le scoperte, fatte dalla Fata della Tecnologia, seppur stupefacenti, si rivelano infruttuose. Questo perché non consento alla ragazza d’impostare un ragionamento valido, volto alla risoluzione del problema. Di conseguenza Tecna decide di tenere per sé quest’informazione e di non rivelare, per il momento, nulla agli amici. Successivamente il gruppo parte per il Bosco dei Cento Petali, alla ricerca dell’ottava fonte di magia positiva. Nel parco il gruppo, dopo ore di ricerche infruttuose, capisce, grazie a Tecna e stranamente Stella, che la fonte di quest’energia, altri non è che il Bosco dei Cento Petali stesso. A quel punto però i ragazzi vanno in crisi: speravano che, a custodire l’ultima fonte di magia positiva, fosse una persona e non un agglomerato di piante. Nessuno riesce a trovare una soluzione e la situazione rimane in stallo, finché Elizabeth non ha la brillante idea di parlare con l’unica persona, che conosce davvero a fondo il Bosco: l’anziana Camille. Il gruppo, guidato dalla ragazza con il fermaglio a forma di farfalla, raggiunge la radura, dove si trova il cottage della donna. Qui però accade un fatto alquanto strano: Camille non solo stava aspettando tutti loro, ma conosce la vera natura delle Winx e i loro pianeti d’origine. Un paio di cose e poi concludo. Innanzitutto, qualora avessi commesso l’errore sulla non conoscenza delle bevande alcoliche da parte delle Winx, vi prego di scusarmi, ma avendo visto sette stagioni non ricordo tutto a memoria XD. In secondo luogo, invece, alcuni di voi nelle recensioni hanno ipotizzato, che le due metà di Cassiopea fossero una sorta di “dimensioni specchio”, a causa della presenza delle due Terre, tra loro simili. A queste persone io ho già risposto “vagamente” ;), ma, qualora anche gli altri avessero avuto la stessa idea, vi riporto la risposta, che ho dato loro. Il ragionamento della “dimensione specchio” non è di per sé sbagliato, ma deve essere pensato in piccolo e in maniera più complessa, cioè non in senso casuale ma in senso deterministico. So, che può sembrare una risposta insoddisfacente, ma vi assicuro che non è così :D. Un saluto a tutti e arrivederci con il prossimo capitolo.

Yugi95

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Capitolo 10
*** Capitolo IX – Le due Terre ***


Capitolo IX – Le due Terre

Le Winx rimasero a bocca aperta, lo stupore e l’incredulità si erano dipinte sui loro volti. I ragazzi, allo stesso modo, si lanciarono occhiate indagatorie, volte a capire se almeno uno di loro avesse la benché minima idea di quello che stava accadendo. Elizabeth e Max, tenendosi per mano, stavano immobili e, spostando continuamente lo sguardo dal gruppo di Alfea all’anziana, aspettavano che qualcuno riprendesse a parlare in modo tale da poter avere qualche spiegazione. Camille, infine, continuava a dondolarsi pigramente sulla sua sedia, i suoi occhi erano puntati su Bloom, mentre sul suo viso si era stampato un sorrisetto di compiacimento. D’un tratto qualche cosa, posta alle spalle del gruppo, ruppe il silenzio, per la precisione fu un rumore di rametti calpestati e suole di scarpe come se qualcuno avesse iniziato a correre. Tutti si girarono di scatto per poter capire chi o cosa fosse la causa di quel rumore. L’imbarazzo e la vergogna, che provò Bloom in quel momento, furono indescrivibili: Daphne era appena passata dalla fase di delirio a quella dei conati. Di conseguenza la futura Regina di Domino si era allontanata dagli altri ed era corsa dietro ad un albero a “smaltire” tutto l’alcol che aveva in corpo. Thoren, una volta capito cosa stava accadendo, le corse dietro e da bravo marito qual era, come gli aveva suggerito Elizabeth, iniziò a mantenerle la fronte.
«Che cosa le prende?» chiese, divertita, Camille.
«Troppa torta al Whisky» fu la secca risposta di Stella.
«Capisco» replicò la donna - «Bene, dal momento che abbiamo rotto il ghiaccio: comincio io a raccontare la mia storia o mi raccontate prima la vostra?».
«Da ciò che hai detto prima, sembra superfluo raccontarti la nostra storia» rispose Musa con tono sarcastico.
«AH… non fateci caso: percepire l’essenza magica delle persone, compresa la sua provenienza, è una mia vecchia specialità» replicò Camille con una certa superficialità.
«Anche tu sei una fata?» esclamò Flora.
«Si, mia cara, o meglio lo ero molti anni fa. Il tempo delle fate e più in generale delle creature magiche in questo mondo si è ormai concluso» rispose, amareggiata, la donna.
«Camille, perché non ci hai mai detto nulla?» chiese, all’improvviso, Elizabeth.
La ragazza si sentiva tradita, aveva conosciuto Camille quando era ancora una bambina e da quel momento l’anziana era stata per lei una sorta di nonna acquisita. Le aveva sempre parlato di tutto, l’aveva resa partecipe dei suoi momenti di felicità e le aveva confidato le proprie paure più profonde. Camille fu la prima a sapere del suo fidanzamento con Max e fu la prima a conoscerlo. Elizabeth, sebbene i suoi due amici non lo avessero mai saputo, le aveva perfino raccontato dell’aggressione subita tredici anni prima nel bosco. Tuttavia, al fine di non essere presa per pazza e di non mettere in pericolo la donna, non le aveva mai detto tutta la verità. Di conseguenza l’anziana non aveva mai conosciuto Brendon, né era mai stata messa al corrente di ciò che, grazie al valido aiuto dei suoi due amici, il ragazzo facesse nella vita.
«Tesoro, non ti ho mai detto nulla per non affibbiarti ulteriori preoccupazioni. Ti prego di perdonarmi, ma lo ho fatto per il tuo bene» replicò Camille con dolcezza, per poi rivolgersi direttamente a Bloom.
«Tu sei la Custode della Fiamma del Drago, non è vero?».
«…Si… mi chiamo Bloom» rispose, timidamente, la rossa.
«Bene Bloom, se siete venute in questo posto devono esserci sicuramente dei problemi nell’altra metà di Cassiopea. Dico bene?» disse la donna con tono serio.
La Principessa di Domino rimase pietrificata. Camille non solo conosceva i pianeti che formavano la Dimensione Magica e le loro essenze magiche; ma era al corrente della storia di Cassiopea, una storia che nessuno, eccetto pochi “eletti”, avrebbe dovuto conoscere.
«Come fai a sapere di Cassiopea? Chi sei realmente?» balbettò la rossa.
«Io… Io sono una semplice anziana, che ha speso la propria vita a mantenere una solenne promessa» rispose, serena, la donna.
«Che tipo di promessa?» esclamò Aisha.
«La custodia e la salvaguardia di questo posto» replicò Camille.
«Il bosco… il bosco contiene quella piccola parte di Fiamma del Drago, che fu scambiata all’atto della divisione di Cassiopea. È corretto?» esordì, all’improvviso, Tecna.
«Corretto! Il Bosco dei Cento Petali custodisce l’unica fonte d’energia in grado di bilanciare quella della Fenice, la quale costituisce a sua volta il fulcro stesso di questa metà di Cassiopea» replicò Camille smettendo di dondolarsi.
«Eppure stando ai livelli registrati dai nostri scanner, l’energia della Fiamma della Fenice è pressoché inesistente in questa dimensione. Com’è possibile?» chiese Timmy mostrando all’anziana il proprio palmare, sul quale erano riportati tutti i dati raccolti.
Camille sorrise, tuttavia il suo era un sorriso amaro, quasi triste. La donna, a quel punto, si alzò dalla propria sedia ed invitò il gruppo ad entrare nel cottage. I ragazzi, eccetto Thoren e sua moglie ancora alle prese con i conati della ragazza, accettarono la gentilezza dell’anziana. Il gruppo si accomodò nel piccolo ma accogliente salottino del cottage. Camille si sedette sulla sua poltrona di lino rossa, mentre le ragazze presero posto su un divano a tre posti, coperto da una leggera trapunta bordeaux, dietro al quale stavano in piedi i loro fidanzati. Dopo che tutti si furono sistemati, la padrona di casa riprese a parlare rivolgendosi alle Winx:
«Prima di raccontarvi la mia storia e il motivo per cui la magia negativa è quasi inesistente in questa dimensione; desidero sapere la ragione della vostra venuta in questo mondo e da chi avete appreso dell’esistenza di Cassiopea».
Bloom incrociò lo sguardo con le sue amiche in cerca di una sorta d’approvazione, proprio come aveva fatto poco prima nel bosco. Le ragazze, seppur titubanti, acconsentirono e lo stesso fecero i ragazzi. Sky, al contrario, ripetendo una scena già vista, distolse lo sguardo dalla sua futura moglie e, senza dire nulla, si andò a sistemare in un angolino del soggiorno lontano dal resto del gruppo. Il Principe di Eraklyon era furioso sia con Bloom che con i suoi amici, non riusciva a comprendere come potessero riporre una così tanta ed incondizionata fiducia nei confronti di tutti quegli sconosciuti in una situazione così anomala e soprattutto pericolosa. La Principessa di Domino, raccolto il beneplacito dei suo amici, si rivolse a Camille e raccontò lei tutto ciò che Arcadia le aveva detto: la nascita di Cassiopea, la storia dei due custodi, Ksendras, la divisione della piccola parte della Fiamma della Fenice e il danno causato dalle azioni delle Winx. Per un istante il volto dell’anziana sembrò assumere un’espressione di compiacimento, come se tutti i problemi che Bloom e le sue amiche avevano causato alla Dimensione Magica, le facessero provare piacere e divertimento. Tuttavia nessuno dei presenti ci fece caso e in religioso silenzio tutti aspettarono che la donna si pronunciasse su quanto aveva appena sentito.
«Quindi è stata Arcadia a raccontarvi tutta la storia» esclamò Camille con tono di superficialità.
«Si, proprio lei. Per caso la conosci?» replicò Bloom.
«Un tempo… prima della divisone di Cassiopea» rispose, amareggiata, Camille.
«Aspetta, prima della divisione? Vuol dire che hai quasi…» esordì, stupita, Tecna, cercando di calcolare quanti anni avesse l’anziana.
«…quasi 698 anni» concluse, divertita, la donna.
I presenti rimasero a bocca aperta, Camille era certamente una donna sulla “via del tramonto”, ma che avesse addirittura poco meno di 700 anni sembrava un po’ esagerato.
«Se li porta bene!» sussurrò Stella per poi ridacchiare con Elizabeth.
«Come hai fatto a vivere per così tanto tempo?» chiese Musa.
«Fu per merito di mio fratello: il Custode della Fiamma della Fenice ai tempi in cui Cassiopea fu divisa» rispose Camille.
«Tu… tu sei la sorella del Custode» balbettò Flora.
«Ero la sorella del Custode. Mio fratello morì tanto tempo fa» replicò l’anziana, mentre una lacrima le scendeva sulla guancia.
«Scusami Camille, ma credo proprio che tu ci debba qualche spiegazione» esclamò, dolcemente, Elizabeth, mentre le si sedeva accanto sul bracciolo della poltrona per stringerle la mano.
«Hai ragione mia cara, allora da dove posso iniziare…» disse Camille per poi essere interrotta da Max.
«Parlaci del perché diventasti custode del Bosco dei Cento Petali e di come tutto questo si ricolleghi con la divisione di Cassiopea».
A quel punto la donna serrò la stretta sulla mano di Elizabeth e, dopo aver preso un bel respiro, iniziò a raccontare la sua storia:
«Quando Cassiopea fu divisa in due, come voi bene sapete, i Custodi, su consiglio del Drago e della Fenice, si scambiarono una piccola parte delle loro Fiamme in modo tale da bilanciare le due energie primordiali in entrambi gli universi appena creati. I custodi, a quel punto, confinarono quelle piccole parti delle due Fiamme in appositi “contenitori”. Mio fratello scelse questo bosco, mentre la Custode della Fiamma del Drago, da ciò che mi avete detto, decise di dividere ulteriormente quella piccola porzione di Fiamma della Fenice e di relegarla in quattro sub-dimensioni. Tuttavia, poiché i Custodi non erano in grado di controllare appieno il potere di una Fiamma opposta alla loro, decisero di nominare dei “supervisori”: i più potenti utilizzatori di magia positiva e di magia negativa esistenti a quei tempi. I primi avrebbero vegliato sulla parte della Fiamma del Drago presente nella dimensione della Fiamma della Fenice; mentre i secondi avrebbero controllato la parte della Fiamma della Fenice presente in quella che voi chiamate Dimensione Magica».
«Quando fu deciso tutto questo?» chiese, all’improvviso, Helia, interrompendo la donna.
«Dal momento che subito dopo l’imprigionamento di Ksendras Cassiopea iniziò a collassare, tutte le decisioni furono prese nel giro di poche ore» rispose Camille.
«Tu eri presente quando Ksendras fu imprigionato?» aggiunse Flora.
L’anziana, a quella domanda, assunse un’espressione fiera, ma allo stesso tempo velata da una profonda tristezza. I presenti erano ansiosi di conoscere il continuo di quel racconto, così senza farselo ripetere due volte, Camille riprese a parlare.
«Io, quel maledetto giorno di tanti anni fa, insieme ad altri nostri alleati, combattei al fianco dei due Custodi. Assistetti personalmente alla sconfitta di Ksendras e subito dopo alla devastazione che le nostre azioni avevano causato. Mio fratello, prossimo alla morte, mi chiese in lacrime di compiere un ultimo sacrificio, il più estremo e doloroso per il bene delle due dimensioni in cui era stata appena divisa Cassiopea. Essendo la fata più abile e potente del nostro universo seconda forse soltanto alla Custode della Fiamma del Drago, mi fu affidato il compito di vegliare sulla parte della Fiamma del Drago, che mio fratello aveva infuso in questo bosco. Quel giorno, oltre a dover dire addio al mio adorato fratellino, fui costretta ad abbandonare per sempre i miei amici, la mia famiglia, Andros… il mio pianeta natale: la vita, la mia vita così come l’avevo conosciuta ed amata cessò di esistere».
Il volto di Camille era contorto in una smorfia di dolore, dagli occhi sgorgavano copiose lacrime che le rigavano il viso. Elizabeth, visibilmente commossa, l’abbracciava forte, mentre tutti gli altri rimasero in silenzio ed immobili come statue. All’improvviso Aisha, dopo essersi alzata dal divano e aver preso dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto di seta ricamato, si avvicinò alla donna e, mettendosi in ginocchio davanti alla poltrona, glielo porse con gentilezza. Camille la ringraziò e, dopo essersi asciugata il volto e gli occhi, continuò:
«Allo stesso modo doveva essere scelta una persona abile nell’uso della magia negativa, che controllasse la parte della Fiamma della Fenice presente nell’altra dimensione. Tuttavia i Custodi non ebbero difficoltà a scegliere un supervisore, anzi ne trovarono addirittura tre. Erano tre streghe, tra loro sorelle, molto potenti, provenienti da Whisperia. Le streghe si offrirono volontarie, a patto che a tutte loro fosse concessa la possibilità si sorvegliare la parte di Fiamma…»
«Come si chiamavano le tre streghe?!» la interruppe Bloom con tono preoccupato.
«Aspetta… se non ricordo male… i loro nomi erano: Belladonna, Tharma e Liliss» rispose, con un po’ di titubanza, Camille.
«Non posso crederci! Le Tre Streghe Antenate avevano il compito di proteggere e custodire la parte della Fiamma della Fenice presente nella Dimensione Magica» esclamò, incredula, Musa.
«Le conoscete anche voi?» replicò Camille.
«Si e nel corso degli anni non hanno fatto altro che causare problemi» sbottò Stella.
«Bloom, Arcadia non ti aveva detto nulla a riguardo?» chiese Brandon.
«Niente di niente. Non sapevo neanche che esistessero dei “supervisori”» fu la sconsolata risposta della rossa.
«Tipico di Arcadia… tenersi per sé le cose più “divertenti”. Se volete vi spiego io come va a finire. Basta che non m’interrompiate più» esclamò, divertita, Camille.
«Ti prego, continua» disse Flora.
La donna, ancora con un bellissimo sorriso stampato sul volto, riprese a parlare:
«I Custodi accettarono di buon grado la proposta delle tre streghe. A quel punto sia io che loro beneficiammo di un dono, elargitoci dalle due entità stesse: l’immortalità. Ciò era necessario, affinché la nostra supervisione durasse in eterno. Il tempo ormai era agli sgoccioli, Cassiopea stava collassando. I Custodi, una volta assicurato tutto il necessario affinché le due nuove dimensioni potessero continuare a vivere in autonomia, separarono definitivamente Cassiopea a livello del pianeta Andros, ponendo come barriera tra i due universi la dimensione dov’era stato sigillato Ksendras»
«Che cosa?! La Dimensione Omega è una barriera che separa la Dimensione Magica da questo universo?» starnazzò Stella in preda al panico.
«Ne deduco che Arcadia non vi aveva detto neanche questo» esclamò Camille ridendo di gusto.
«Camille, ci sono altre cose che dobbiamo sapere?» chiese, demoralizzata, Bloom.
«Non lo so! Vediamo… ah ecco… se vi dico “Isola di Tir Nan Og”; voi cosa mi rispondete?» disse l’anziana con tono malizioso.
Tecna, a quelle parole, si ridestò dai suoi mille pensieri. La ragazza, avendo capito bene a cosa alludesse Camille e sperando di avere finalmente le tanto agognate risposte, decise di non intervenire.
«È l’isola delle fate terrestri: posto carino, ideale per una vacanza. Si trova sulla Terra, uno dei pianeti più remoti della Dimensione Magica» rispose Stella.
Elizabeth e Max si girarono di scatto verso la Principessa di Solaria ed in coro esclamarono:
«Come l’”isola delle fate terrestri”?!».
«Ci avrei scommesso! Ragazze ditemi la verità: non sapete il nome del pianeta sul quale ci troviamo. Vero?» replicò Camille sempre più euforica e divertita.
«Noi… non lo sappiamo. Non abbiamo ancora avuto modo di chiederlo ad Elizabeth e Max…» cercò di giustificarsi Musa provando un po’ di vergogna, ma Tecna la interruppe.
«Si chiama Terra. Anche questo pianeta si chiama Terra ed è molto simile a quello presente nella nostra dimensione».
I presenti, eccetto Camille, guardarono con stupore la fata della tecnologia, non riuscendo a capire come fosse possibile che esistessero due Terre e che Tecna fosse a conoscenza di questa cosa.
«Molto brava! Si vede che provieni da Zenith: tutte le migliori menti nascono su quel pianeta. Tuttavia sono convinta che tu non conosca il motivo dell’esistenza di entrambi i pianeti» disse Camille.
«Ci ho provato in tutti i modi, ma non sono riuscita a capirci niente. L’unica ipotesi che mi è venuta in mente, anche se poco plausibile, è quella della “dimensione specchio”» rispose Tecna con rassegnazione, era la prima volta che non riusciva a trovare una soluzione valida e certa ad un problema.
«No mia cara, sei completamente fuori strada. Cassiopea non fu sdoppiata ma divisa; per intenderci in questo universo non esisto copie similari di Domino, Andros o Solaria» replicò la donna con dolcezza.
«Allora perché esistono due Terre?» chiese, impaziente, Max.
Camille, a quel punto, si rivolse alle Winx:
«Voi mi avete detto che la Custode del Drago dovette dividere la piccola parte della Fiamma della Fenice, poiché insufficiente, in quattro scintille ed amplificarne il potere, in modo tale da garantire agli utilizzatori di magia negativa abbastanza energia. Dico bene?».
«Esatto» risposero in coro le ragazze.
L’anziana riprese a spiegare:
«Mio fratello intuì questa problematica ancor prima che Cassiopea fosse divisa del tutto. Tuttavia, essendo prossimo alla morte e consapevole di non poter risolvere in prima persona la situazione, decise di compiere una piccola follia. Sebbene la Custode della Fiamma del Drago fosse del tutto contraria, poiché tale azione avrebbe potuto minare la stabilità stessa della dimensione della Fiamma del Drago, mio fratello, non curandosi minimamente degli avvertimenti e delle minacce della sua controparte, con le ultime energie scagliò l’incantesimo più potente che si fosse mai visto. Sdoppiò in due la Terra: una copia rimase nella dimensione della Fiamma della Fenice ed un’altra fu spostata nella vostra Dimensione Magica. Il Custode della Fiamma della Fenice non voleva che per i suoi errori pagassero anche degli innocenti. Se non avesse agito in questo modo, le fate terrestri sarebbero rimaste senza poteri. Gli utilizzatori di magia positiva, al di fuori di questo bosco, non hanno alcuna energia e non possono usare i propri incantesimi».
«Cavolo, non sapevo esistessero magie così potenti» esclamò Aisha.
«Ciò però non spiega il perché la magia negativa sia praticamente inesistente in questa dimensione» puntualizzò Helia.
«La risposta è semplice mio caro ragazzo: per compiere l’incantesimo mio fratello non sacrificò solo sé stesso ma anche l’entità stessa. Consumò fino all’ultima scintilla della Fiamma di cui era custode; in questo modo, poiché custode ed entità sono uniti da un legame “bidirezionale”, la Fenice rimase senza forze e scomparve da questo universo, o meglio la sua presenza si ridusse al punto tale da non garantire sufficiente energia» puntualizzò Camille.
«Quindi la dimensione, in cui ci troviamo, è priva di qualsiasi energia magica» chiese Nex stupendo i suoi compagni, poiché era rimasto fino ad allora in silenzio.
«Si è così. Sono rimaste solo poche e deboli tracce di magia negativa sparse per l’universo, mentre la magia positiva è tutta concentrata in questo bosco. Tuttavia il problema più grave non è l’assenza della Fenice da questa dimensione» replicò l’anziana.
«Che cosa vuoi dire?» la incalzò Max.
La donna si fece scura in volto e, stringendo più che poteva i braccioli della poltrona, riprese a parlare:
«Mio fratello morì subito dopo aver sdoppiato la Terra. Nel momento in cui quella che voi chiamate Dimensione Omega si stava erigendo a barriera tra i due universi, la Custode della Fiamma del Drago compì un atto di tradimento nei confronti della sua controparte».
Camille s’interruppe, la sua rabbia e il suo disprezzo nei confronti della Custode
erano ai massimi livelli. Fu necessario l’intervento di Elizabeth e di Aisha, che le stavano accanto, per calmare la donna e, considerata la sua età, evitare il peggio. Una volta rasserenatasi, l’anziana fata riprese da dove si era interrotta.
«I due si erano precedentemente accordati di dividersi i “prigionieri di guerra”. Ksendras aveva infatti un esercito composto da demoni, vampiri, lupi mannari, orchi, troll e ogni genere di creatura oscura. La Custode però, approfittando della scomparsa di mio fratello, decise di trasportare tutti questi mostri nella dimensione della Fiamma della Fenice, in modo tale da non avere preoccupazioni nella vostra Dimensione Magica. Io, purtroppo, ero già stata spedita in questo luogo e non potei far nulla per evitare quell’ingiustizia. Nessuno dei nostri amici, se così si possono chiamare, intervenne e di conseguenza avendo perso il proprio Custode, questa dimensione fu condannata a vivere nella disperazione e nella solitudine»
La donna s’ interruppe nuovamente, questa volta però rimase tranquilla, mentre Aisha e Elizabeth le si stringevano dolcemente ai fianchi.
«Mi… mi dispiace Camille. Non ne sapevamo nulla» balbettò Bloom sentendosi in colpa.
«Non ti preoccupare Bloom. Ormai è acqua passata. Adesso pensiamo piuttosto ad un modo per poter salvare la Dimensione Magica» replicò l’anziana con un sorriso.
La rossa rimase colpita dall’atteggiamento della donna. Nonostante fosse stata “condannata” ad un esilio di solitudine e sofferenza in una dimensione dominata dall’oscurità, nonostante i suoi amici l’avessero tradita ed abbandonata a se stessa, Camille era pronta ad aiutare quelle stesse persone al fine di garantire la salvezza di intere popolazioni. Al fine di evitare il ritorno di Ksendras.
«È tutto inutile! Come faremo a trovare l’attuale Custode della Fenice, se nell’unico luogo dov’era possibile cercarlo quasi sicuramente non esiste?» piagnucolò Stella ripensando a tutta la fatica inutile, che lei e le sue amiche avevano compiuto.
«Non disperarti Principessa di Solaria! La Fenice perse tutte le proprie forze, ma in settecento anni sono sicura che le abbia quasi del tutto recuperate» disse Camille con tono rassicurante.
«Quindi c’è una possibilità di trovare il Custode?» esclamò, euforica, Bloom.
«Piccola… ma pur sempre una possibilità. Tuttavia, qualora esistesse un Custode, lui o lei non sarebbe per nulla consapevole dei propri poteri. La Fenice, infatti, essendo stata quiescente per tanti anni, non dovrebbe essere in grado “d’interloquire” con il proprio Custode. Di conseguenza deve essere quest’ultimo a prendere coscienza dei propri poteri e, una volta fatto ciò, a mettersi in contatto con l’entità. Solo in questo modo il Custode potrà avere pieno accesso a tutte le abilità della Fenice» spiegò l’anziana.
«Camille non è che potresti aiutarci a trovare questo fantomatico Custode? Ha per caso una traccia magica particolare? È un abitante della Terra? Se s’illumina al buio?» chiese, ripetutamente, Elizabeth sperando che la donna avesse qualche informazione utile per la loro ricerca.
«Mi dispiace Elizabeth! La Fenice incarna il caos dell’universo, quindi non esiste alcun criterio fisso per poterne rintracciare il custode. L’unica cosa, che avrebbe potuto aiutarvi, è scomparsa ormai da anni» rispose, amareggiata, Camille.
«Cos’è che avrebbe potuto aiutarci?» replicò Tecna.
«Il primo Custode della Fenice forgiò con la sua stessa fiamma un medaglione d’argento. Quest’oggetto veniva tramandato da custode a custode e, poiché era nato dalle fiamme della Fenice, soltanto loro potevano indossarlo. Il medaglione, inoltre, aveva la capacità di riconoscere anche a centinaia di chilometri di distanza il proprio proprietario e di “raggiungerlo” in automatico» spiegò la donna.
«Dove possiamo trovare questo medaglione?» esclamò Aisha rimettendosi seduta.
«Purtroppo non lo so. Mio fratello regalò il medaglione ad un suo ex-allievo, come segno di riconoscenza per avergli fornito il modo d’imprigionare Ksendras. Se solo avesse saputo, quanto fosse malvagio quello stregone» rispose Camille mordendosi il labbro per la rabbia.
«Camille… anche Arcadia mi ha parlato di quest’uomo, ma non mi ha detto nulla di concreto neanche il suo nome. Io sono sicura che tu sei in grado di darci maggiori informazioni su quest’individuo» la supplicò Bloom.
«Non capisco a cosa possano servirti queste “maggiori informazioni”. Quel vigliacco, una volta creata la dimensione-prigione per Ksendras e ottenuto il medaglione, sparì per sempre dalla circolazione» rispose, ancora piena di collera, la donna.
«Almeno il suo nome» insistette la Principessa di Domino.
Camille, seppur convinta dell’inutilità di quella richiesta, accontentò la rossa e le rispose con voce sicura:
«Il suo nome era… Acheron».
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Note dell’autore: Ben trovati a tutti!!! Lo so, lo so, molti di voi staranno pensando: «ma come, ha da poco reintrodotto Brendon, il personaggio sul quale dovrebbe puntare maggiormente, per poi non farlo comparire per ben due capitoli di seguito?? Ma è impazzito?!». Forse giusto un po’ ahahahahahahahahah. Comunque non dovete preoccuparvi Brendon tornerà presto e rimarrà in “scena” per un bel po’ di capitoli ;). Tornando invece al nono capitolo possiamo subito notare che si tratta nuovamente di un capitolo più che altro esplicativo. Camille, infatti, racconta alle Winx il vero motivo della sua presenza nel Bosco dei Cento Petali e, diversamente da quella di Arcadia, fornisce una nuova e più complessa descrizione della nascita non soltanto della Dimensione Magica, ma anche della dimensione Della Fiamma della Fenice. L’odio che Camille prova nei confronti della Custode della Fiamma del Drago ai tempi della divisione di Cassiopea è quasi tangibile. La Custode, infatti, non solo era contraria alla decisione del fratello di sdoppiare le Terre, ma aveva approfittato della morte di quest’ultimo per poter “scaricare” tutti i mali ancora presenti dopo l’imprigionamento di Ksendras sulla dimensione della Fiamma della Fenice. L’atteggiamento nei confronti di Arcadia è invece più pacato e beffardo; la donna, infatti, si diverte a sottolineare tutte le mancanze della Fata Guardiana del Regno Dorato. Le Winx, d’altro canto, durante il prosieguo del racconto, si sentono sempre più demoralizzate e sfiduciate soprattutto nei confronti di Arcadia; ma grazie alla gentilezza e alla dolcezza di Camille si riprendono e riescono a trovare qualcuno in cui riporre di nuovo tutta la loro fiducia. Il capitolo, infine, si conclude con una nuova rivelazione ed un nuovo “ponte”, concedetemi il termine, rappresentato da Acheron, che lega il passato con il futuro, o se volete la trama di questa storia con la trama del cartone XD. Un’ultima cosa e poi vi saluto; è più che altro un consiglio quello che voglio darvi. Prestate attenzione a tutti i particolari, anche quelli più insignificanti. Ciò vi sarà utile per avere sempre chiaro e ben definito nella vostra mente una sorta di filo conduttore, che vi guiderà attraverso la storia. Adesso ho proprio finito XD, vi aspetto per i prossimi capitoli.

Yugi95

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Capitolo 11
*** Capitolo X – Ritorno a casa ***


Capitolo X – Ritorno a casa

 
Un brivido corse lungo la schiena di Bloom, mentre il resto del gruppo, eccetto Max ed Elizabeth, assumeva una aria meravigliata e allo stesso tempo preoccupata. La rossa, in preda all’angoscia, si mise, come aveva fatto la Principessa di Andros poco prima, in ginocchio davanti a Camille e, prendendole le mani, le chiese:
«Camille ne sei certa? Lo stregone si chiamava Acheron?».
«Si, non potrò mai dimenticare il suo nome» rispose, sicura, l’anziana.
«Qual è il problema, Bloom?» esclamò Elizabeth ancora seduta sul bracciolo della poltrona.
«Beh… …ecco… …noi…» balbettò la rossa cercando di spiegare alla donna e ai due ragazzi le vicende, accadute due anni prima.
«Noi abbiamo imprigionato Acheron in un cofanetto, chiamato Scrigno dell’Infinito; lo Scrigno, poi, è stato dato a Praseidimio, un nano immune alla magia, in cambio di una chiave; con questa chiave abbiamo sigillato definitivamente un libro magico, chiamato Legendarium, all’interno del quale si trova Praseidimio» spiegò Stella tutto d’un fiato, svenendo per lo sforzo.
Max ed Elizabeth si guardarono perplessi, non avendo capito una sola parola di ciò che aveva detto la Principessa di Solaria. Camille, invece, era rimasta in silenzio a riflettere, beatamente seduta sulla sua poltrona.
«Fatemi capire, lo stregone, che dobbiamo cercare, si trova in uno scrigno, a sua volta affidato ad un nano, che a sua volta ancora è sigillato in un libro magico che non può più essere riaperto?» chiese Max, cercando di far quadrare le informazioni.
«Esatto!» esclamò Musa senza nascondere una risatina.
«Quindi c’è riuscito…» disse, all’improvviso, Camille, attirando l’attenzione dei presenti su di sé - «… è riuscito a creare una sub-dimensione così piccola da essere contenuta in un libro, ma, allo stesso tempo, così grande da poter ospitare un essere vivente. Quel farabutto, avrà sicuramente sfruttato il potere delle due Fiamme per compiere la sua impresa».
«Quel libro non ospita un solo essere vivente, ma schiere di creature magiche estremamente pericolose» aggiunse Tecna.
La donna si strinse nelle spalle e, dopo essersi schiarita la voce, riprese a parlare rivolgendosi alla Principessa di Domino.
«Bloom, se volete avere una qualche speranza di trovare l’attuale Custode della Fiamma della Fenice, dovrete entrare in quel libro e recuperare il medaglione. È l’unico modo».
«D’accordo, ce la metteremo tutta» replicò, anche se non troppo convinta, la rossa.
«Noi continueremo a darvi una mano» esordì Max.
«Siete sicuri? Il Legendarium si trova nella Dimensione Magica, dovreste allontanarvi dal vostro universo. La missione, inoltre, si sta complicando di volta in volta: Acheron è pericoloso!» li avvertì Flora.
«Stai tranquilla Flora! Non verremo solo noi due, ci porteremo dietro anche Brendon: quell’antipaticone è una sicurezza» cinguettò Elizabeth facendole l’occhiolino.
I ragazzi, a quel punto, poiché si era fatta ormai sera, decisero di salutare Camille e di ritornare a Glasgow. L’indomani stesso, tutti insieme sarebbero ripartiti alla volta della Dimensione Magica. La padrona di casa, dopo avere salutato affettuosamente ciascun membro della compagnia, li accompagnò all’uscita e si risedette sulla comoda sedia a dondolo in vimini. Nonostante fosse calata la notte, l’aria continuava ad essere fresca, mentre un tiepido vento spirava tra le foglie. Bloom, intanto, andò a svegliare Daphne e Thoren, i quali, una volta che i conati della ragazza erano finalmente terminati, si erano abbandonati ad un pesante sonno ristoratore. Il gruppo, ormai al completo, s’incamminò sempre verso l’ingresso del parco. Ad un certo punto, quando i ragazzi si trovavano ormai ad una cinquantina di metri dal suo cottage, Camille smise di dondolarsi e, alzandosi in piedi, urlò nella loro direzione:
«Ragazzi un’ultima cosa, forse la più importante: fate molta attenzione al demone dalle quattro code!».
Purtroppo per la donna, soltanto Sky, poiché era ancora arrabbiato con i suoi amici chiudeva in solitaria il gruppo, riuscì a sentire l’avvertimento. Il Principe di Eraklyon, nonostante ne avesse volentieri fatto a meno, si voltò verso la donna e, sorridendo, le fece cenno di aver capito il messaggio. Subito dopo, quando vide che Camille aveva, nuovamente, preso posto sulla sua sedia, il ragazzo raggiuse la sua fidanzata.
All’esterno del Bosco dei Cento Petali, intanto, due figure longilinee, un uomo ed una donna, erano nascoste tra i rami di uno degli imponenti faggi, che abbellivano le aiuole del parcheggio a quell’ora completamente deserto. D’un tratto i due, entrambi dalla pelle bianchissima, furono raggiunti da un terzo uomo che, come uno scoiattolo, balzava trai rami senza farsi notare.
«Novità, Steven?» esordì la donna con tono autoritario.
«Mia signora, il gruppo ha appena lasciato la radura e si sta dirigendo verso l’uscita» rispose il nuovo arrivato mettendosi riverentemente in ginocchio.
«Hai sentito Marcus? Tra pochi minuti potremmo gustarci un delizioso banchetto» disse la donna dai lunghi capelli viola rivolgendosi all’uomo al suo fianco.
«Sta calma Imogene! Dovremo essere rapidi e silenziosi, non possiamo permetterci di fallire anche questa volta» la rimproverò l’uomo con i capelli argentei, raccolti in una lunga coda di cavallo.
«D’accordo. Tu, però, devi rilassarti, amore mio. Questa volta nessuno verrà a disturbarci» lo rassicurò Imogene baciandolo lentamente su una guancia.
«Non ne puoi essere sicura, lui è dappertutto! Per di più ci sono anche i suoi amici, se accadesse loro qualche cosa…» il vampiro s’interruppe, non osava immaginare cosa avrebbe potuto fargli Brendon se Max e Elizabeth si fossero fatti anche solo qualche graffio.
«Stai tranquillo, i nostri fratelli sono stati avvisati: possono divertirsi con il resto del gruppo, ma non devono toccare quei due. Sanno bene cosa devo fare» replicò la donna continuando a baciarlo, sensualmente, sul volto.
«Lo spero! Nonostante abbia portato più del doppio dei fratelli, non potremmo nulla contro Brendon» le sussurrò Marcus nell’orecchio, mentre un centinaio di occhi rossi, contornati da sclere gialle, facevano capolino tra i rami degli alberi.
«Sento che si stanno avvicinando! Ci siamo quasi» esclamò Imogene leccandosi le labbra e iniziano a far sporgere i canini.
Marcus fece lo stesso e anche gli altri vampiri si prepararono per il pasto. Tutti erano pronti per l’assalto alle Winx, quando…
«Marcus, mi spieghi che problema hai?».
Il vampiro rabbrividì, la voce, che aveva appena sentito, gli era da tempo familiare. Marcus ed Imogene, quasi sperando che la presenza alle loro spalle svanisse, si voltarono lentamente. Purtroppo, ad attendere i loro sguardi terrorizzati c’era Brendon. Il ragazzo dai capelli neri si trovava ad un paio di rami di distanza da quello dov’era appostata la coppia. Lo stesso ramo occupato poco prima da Steven, il cui corpo, tenuto per il collo, penzolava ormai inerme dalla mano destra di Brendon. Il ragazzo scrutava divertito i volti dei due vampiri, contorti in una smorfia di orrore e disprezzo.
«Che cosa… che cosa hai fatto a Steven?» piagnucolò Imogene nascondendosi dietro Marcus.
«Niente, ho solo messo fine alle sue sofferenze» ridacchiò Brendon.
«Dacci immediatamente il suo corpo» urlò Marcus con uno tono di voce a metà tra l’arrabbiato e il terrorizzato.
«Io non ho ancora finito con lui» replicò, malignamente, il ragazzo.
A quel punto dalla mando destra di Brendon scaturirono fiamme nere che, in meno di un secondo, avvolsero il corpo di Steven carbonizzandolo.
«Adesso ho finito» concluse, serio, il ragazzo, per poi lasciar cadere il corpo ancora in fiamme del vampiro, che a contatto con l’asfalto del parcheggio andò in mille pezzi, come se fosse fatto di vetro.
Quel gesto fece imbestialire Marcus, i suoi occhi diventarono incandescenti, mentre le sclere si riempirono, come era già accaduto nello scontro con le Winx, di venature violacee. Le unghie delle sue mani, infine, si trasformarono in artigli, mentre la bocca gli si aprì spaventosamente, mostrando i canini. Gli altri vampiri fecero lo stesso, erano tutti pronti ad attaccare. Brendon, al contrario, rimase immobile sul ramo, aspettando l’offensiva con una calma glaciale.
«Nessuno ti dà il diritto di uccidere i miei fratelli. Solo io posso disporre a mio piacimento della loro vita. Adesso la pagherai» gli urlò Marcus con una voce agghiacciante.
«Facciamola finita» tagliò corto il ragazzo.
A quelle parole tutti i vampiri, Marcus in testa, gli si avventarono contro. Brendon schivò con estrema facilità ciascuno dei loro attacchi, dimostrando un controllo del proprio corpo senza precedenti. Il ragazzo saltava da un ramo all’altro, senza compiere il minimo sforzo, per dispendere e confondere il gruppo di vampiri. Tuttavia, appena ne aveva la possibilità, sferrava potenti colpi ai suoi avversari eliminandoli. Adottando questa strategia, Brendon riuscì a togliere di mezzo la maggior parte dei vampiri guidati da Marcus; i pochi rimasti, non curandosi degli ordini del loro capo, scapparono via lasciando da soli Imogene e il suo amante nell’ampio e deserto piazzale del parcheggio.
«I tuoi compagni ti hanno abbandonato» esclamò, divertito, Brendon andandosi a posizionare di fronte alla coppia.
«Tu… tu hai sterminato la mia famiglia» gli urlò il vampiro pieno di collera.
«Famiglia…no ti sbagli Marcus. Le famiglie sono composte da persone, esseri umani. Voi… voi siete solo spazzatura. Sai cosa faccio con la spazzatura?»  disse, con tranquillità, il ragazzo.
Marcus non rispose, la rabbia e la paura, che provava in quel momento, gli annebbiavano la mente. Imogene, al contrario, aveva le lacrime agli occhi, poiché era ben consapevole della fine che li attendeva.
«…Io la spazzatura la brucio!» concluse Brendon per poi schioccare le dita della mano.
Non appena il ragazzo dai capelli neri compì quel gesto, i corpi dei vampiri, precedentemente eliminati, furono avvolti, come era accaduto a Steven, da alte fiamme nere che li ridussero in finissima polvere. Marcus, alla vista di quello scempio, impazzì del tutto e, urlando come un ossesso, si lanciò all’attacco. Brendon non si mosse di un millimetro, voleva che il vampiro gli fosse abbastanza vicino per poterlo togliere definitivamente di mezzo. Marcus era ormai a pochi centimetri dal suo bersaglio, alzò minacciosamente il braccio destro e aprendo la mano ad artiglio, affinché le sue dita acuminate potessero infliggere il maggior danno possibile, colpì Brendon. Il ragazzo, però, muovendosi in maniera rapida e coordinata, parò facilmente il colpo con l’avambraccio sinistro e, abbozzando un sorriso inquietante, dopo aver chiuso la mano destra a pugno, colpì con estrema potenza l’addome del vampiro. Le urla di dolore di Marcus furono strazianti, Brendon gli aveva sfondato la parte bassa della cavità toracica e le prime vertebre lombari trapassando il suo corpo da parte a parte. Imogene, nonostante il suo amato fosse condannato, non urlò né per il dolore né per la paura, e, lasciandosi cadere sulle gambe, continuò a piangere più forte. I due avversari erano uno di fronte l’altro, separati soltanto dalla lunghezza del braccio del ragazzo. Marcus non riusciva a reggersi in piedi, ma l’arto di Brendon lo costringeva a mantenere la posizione. Il ragazzo dai capelli neri, senza accennare la benché minima emozione, lo guardava fisso negli occhi aspettando che le sue pupille si “spegnessero” definitivamente.
«Ti… ti prego… finiscimi» sussurrò Marcus con difficoltà.
«Perché dovrei aver pietà di te? Quante persone innocenti hai strappato alla vita nel corso degli anni. Tu invochi la morte, ma la verità è che non la meriti. Esseri come te non hanno diritto alla morte, esseri come te dovrebbero soffrire per l’eternità» gli rispose Brendon con un tono stranamente calmo e distaccato.
«Brendon… tu non sei diverso da me, non sei diverso da noi. Cerchi di nascondere la verità, la tua vera natura giocando a fare il supereroe. Se è redenzione quella che cerchi, sappi che non la troverai mai. Tu sei un mostro, un abominio e tale rimarrai» disse, ridacchiando, il vampiro non importandosi delle ovvie conseguenze.
Non appena Marcus finì di parlare, i neri occhi vitrei del ragazzo iniziarono a colorarsi di un lieve rosso che andava man mano aumentando. Tuttavia la cosa durò per un paio d’istanti, poi le iridi tornarono del loro colore naturale. A quel punto, nella mano libera di Brendon, quella sinistra, comparve una sfera di fuoco nero.
«Marcus se è la morte che vuoi… la morte avrai» concluse il ragazzo per poi colpire l’avversario con la sfera.
Il corpo di Marcus fu ridotto in cenere che, subito dopo, fu trasportata lentamente via dal vento. Brendon, a quel punto, si girò verso Imogene, che, ormai convinta della propria fine, era rimasta a terra a piagnucolare. Il ragazzo le si avvicinò e con tono pacato le disse:
«Imogene, sparisci dalla mia vista! Vattene da Glasgow, vattene dalla Scozia e non tornare mai più».
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e, dopo essersi rimessa in piedi, corse via sparendo nell’oscurità della notte. Il ragazzo rimase da solo nell’ampio parcheggio, i corpi dei vampiri, ormai nient’altro che polvere, ricoprivano alcuni punti dello spiazzale compreso il vecchio furgoncino di Max. In lontananza s’iniziavano a sentire le voci delle Winx e del resto del gruppo. Non appena Brendon si rese conto che i suoi amici stavano ormai raggiungendo il parcheggio, balzò nuovamente sul ramo di un albero e, nascondendosi tra le foglie, si assicurò che il gruppo si allontanasse incolume da quella zona.
«Non ce la faccio più! Ho i piedi a pezzi» si lamentò Stella a pochi metri dal furgoncino.
«Io che dovrei dire, in quel bosco stavo rimettendo anche l’anima!» esclamò Daphne con un filo di voce.
«Ben ti sta, ingorda che non sei altro» le rinfacciò la sorella.
«Forza salite tutti. Quindici minuti e siamo a casa» disse, divertito, Max, mentre apriva le porte del veicolo.
«Max devi portare a lavare questa carretta. Guarda qui è piena di polvere» lo rimproverò la fidanzata mostrandogli il dito, diventato grigio, dopo averlo passato sulla carrozzeria del furgoncino.
Le Winx, i ragazzi e i loro due nuovi amici presero posto nel veicolo e, dopo che Max lo mise in modo, “l’allegra comitiva” si allontanò rapidamente dal Bosco dei Cento Petali per far ritorno a Glasgow. Brendon nello stesso momento, una volta accertatosi che il furgoncino fosse partito, con un leggero sorriso di gratitudine stampato su quel suo volto inespressivo scomparve nella notte.
«Siamo tornati!!! Brendon ci sei?» gridò Elizabeth, mentre il gruppo scendeva la scala di ferro che conduceva al seminterrato del negozio.
Il ragazzo dai capelli neri era, come suoi solito, seduto sul grande divano bianco, intento a leggere un fumetto.
«Potresti anche rispondere. Antipatico che non sei altro!» continuò la ragazza avvicinandosi al divano.
«Scusa, hai detto qualcosa?» rispose, distrattamente, Brendon, girandosi verso l’amica per poi voltarsi nuovamente e rimettersi a leggere.
Elizabeth, sentendo quelle parole, lo mandò a quel paese e, arrabbiata più che mai, scomparve tra le librerie del soppalco portandosi dietro Stella. Max, seguito da tutti gli altri, si andò a posizionare davanti al divano, in modo tale che Brendon non potesse fare a meno di notare la loro presenza.
«Si…» bisbigliò il ragazzo dai capelli neri alzando leggermente la testa dal fumetto.
«Dobbiamo parlarti…» accennò, timidamente, l’amico.
«Qualsiasi cosa sia, fate in fretta: ho da fare» disse Brendon con tono acido.
«Saremo rapidissimi» replicò Flora, facendo un gran sorriso, per poi aggiungere subdolamente «Bloom spiega al nostro amico tutta la faccenda».
«Perché io?!» biascicò Bloom.
«Perché se siamo qui è tutta colpa tua. Quindi leader dei miei stivali, parla!» le rispose la fata della natura con un tono così autoritario e minaccioso che la rossa rimase profondamente colpita.
«Allora…» esordì, spazientito, Brendon.
La Principessa di Domino, a quel punto, nonostante il ragazzo dai capelli neri la turbasse non poco, si sedette accanto a lui per poter raccontare un’ennesima volta il motivo di quel loro viaggio. Tuttavia, non appena la ragazza prese posto, tutti i suoi amici si defilarono, compreso il suo fidanzato, lasciandola da sola con Brendon.
«Ehi, ma dove andate tutti quanti?!» urlò la rossa voltandosi indietro.
«Vado a prendere le pizze per la cena» si giustificò Max, mentre s’infilava il cappotto.
«Noi lo accompagniamo. Potrebbe aver bisogno di una mano» aggiunsero, rapidamente, gli altri ragazzi già arrampicatisi sulla scala di ferro.
«Noi Winx, invece, raggiungiamo Elizabeth e Stella. Di sicuro si staranno prendendo a capelli per decidere chi sia il Brandon più carino» gridarono, divertite, le ragazze dall’alto del soppalco.
«Siete un branco di codardi!» concluse Bloom girandosi nuovamente verso il televisore.
«Io starei aspettando…» esclamò, serio, Brendon.
«Hai ragione… scusami. Allora da dove possiamo cominciare? Beh io direi dall’inizio» rispose la rossa.
Brendon fu messo al corrente di ogni cosa: Cassiopea, Ksendras, Acheron e via dicendo. La ragazza, infine, gli comunicò la decisione dei suoi due amici di seguire il gruppo nella Dimensione Magica per poter dare una mano nelle ricerche del Custode della Fenice.
«Quando dovreste partire?» chiese il ragazzo.
«Domani, all’alba» fu la secca risposta di Bloom.
«D’accordo. Ci vediamo domani mattina allora» concluse, senza aggiungere altro, Brendon, mentre si alzava dal divano.
«Caspita, non pensavo fosse così facile convincerti» cinguetto, contenta, la rossa.
«Vedi, a me non interessa nulla di Ksendras o della Dimensione Magica, né tanto meno m’importa di voi. Se vi seguo è per assicurarmi che quei due imbranati non si caccino nei guai» replicò il ragazzo con tono serio, per poi andarsi ad arrampicare sulla stessa scala di fero, che aveva percorso la sera precedente, lasciando un’esterrefatta Bloom da sola.
Una decina di minuti dopo, Max e i fidanzati delle Winx tornarono con le pizze, che sistemarono sulle scrivanie presenti nel seminterrato. La cena fu abbastanza veloce, i ragazzi, dovendo partire la mattina presto e avendo parecchie energie da recuperare, avevano deciso di andare a dormire il prima possibile, in modo tale da essere carichi per il giorno dopo. Subito dopo cena, quindi, furono nuovamente preparate le brandine e tutti quanti andarono a dormire. La Principessa di Domino, però, nonostante fosse distrutta, non riusciva a prendere sonno: la notizia di dover riaffrontare Acheron l’aveva sconvolta. Lo stregone era davvero molto pericoloso, lei lo sapeva fin troppo bene. Al danno, poi, si aggiungeva anche la beffa, la ragazza non solo doveva confrontarsi nuovamente con uno dei suoi nemici, sicuramente accecato dalla vendetta, ma doveva anche trovare un modo per tirarlo fuori dallo Scrigno dell’infinito, all’interno del quale lei stessa, con estrema fatica l’aveva imprigionato. La situazione era tragicomica. Non riuscendo a dormire, la rossa decise di alzarsi e di fare quattro passi nel seminterrato, al fine di placare le proprie ansie. Camminando per la stanza, si ritrovò senza volerlo davanti alla scala usata da Brendon per le sue fughe solitarie. La scala di ferro rossa era agganciata alla parete e, senza alcun motivo logico, sembrava interrompersi bruscamente al soffitto. La ragazza, presa dalla curiosità, decise di arrampicarsi su di essa. I primi metri, percorsi da Bloom, la portarono al livello del soffitto del seminterrato, la scala però non finiva lì. Dal soffitto, sebbene né lei né i suoi amici l’avessero notato, spuntava l’ingresso di un cunicolo, largo all’incirca due metri per due, chiuso da una botola di legno. Bloom, senza pensarci due volte, aprì la botola e, poiché al suo interno non si riusciva a vedere niente, fece comparire tra le sue mani una piccola sfera di fuoco per far luce. Ad una delle pareti del cunicolo, completamente spoglie, era incastrata una seconda scala di ferro che si proiettava quasi non avesse fine verso l’alto. La Principessa di Domino, sempre più curiosa e decisa a scoprire la verità, si aggrappò all’altra scala e la percorse per tutta la sua lunghezza. La salita durò all’incirca tre minuti, determinati dal fatto che la rossa compì una “scalata” di venti metri. Bloom, poiché le era difficile salire con una mano sola, mentre l’altra era impegnata a tenere la piccola fiamma, che illuminava il cunicolo, aveva deciso più o meno a metà strada di far sparire la sua unica fonte di luce e di proseguire al buio. Di conseguenza la rossa si accorse di essere arrivata al “capolinea” soltanto quando batté la testa contro un’altra botola fatta di metallo.
«Dannazione! Fortuna che ho la testa dura, o almeno così dicono» brontolò la rossa, mentre si massaggiava il capo.
A quel punto la Principessa di Domino spinse verso l’alto la porticina di metallo e, con sua grande sorpresa, si ritrovò all’aria aperta; percorrendo la scala, infatti, era arrivata sul tetto del palazzo. Poco più in là, seduto sul parapetto del tetto, si trovava Brendon. Bloom, una volta resasi conto della presenza del ragazzo, si riabbassò nel cunicolo e, lasciando aperta la botola giusto quel tanto, che le serviva per vedere, si mise a spiarlo. Brendon dava le spalle al cunicolo e tra le mani stringeva una vecchia fotografia bruciacchiata. La rossa, dalla sua posizione, non riuscì a distinguere bene chi o che cosa fosse impresso sulla pellicola. Tuttavia, spinta dalla curiosità, si sporse un po’ dal cunicolo e con grande difficoltà distinse sulla fotografia tre figure umane: una posta al centro più piccola e due poste ai lati più grandi. Bloom rimase ad osservare Brendon per circa mezz’ora, poi, dopo aver capito che il ragazzo non si sarebbe mosso di lì e avrebbe trascorso tutta la notte a scrutare il cielo stellato, decise di ridiscendere nel seminterrato e di tornare a dormire. Il mattino seguente i ragazzi, dopo essersi svegliati e aver sistemato le brandine, si diressero con Max ed Elizabeth, poiché Brendon non si era ancora fatto vivo, al piccolo parchetto cittadino in cui avevano nascosto l’Owl. Il ragazzo biondo rimase particolarmente colpito dalla navetta di Fonterossa e, non appena fu salito a bordo, chiese a Timmy ed Helia se avesse potuto affiancarli nella navigazione, in modo tale da poter imparare a pilotare il mezzo. Il gruppo era pronto a partire, l’unico che mancava ancora all’appello era il ragazzo dai capelli neri.
«Bloom, tu lo hai avvisato della partenza?» esordì la fata della natura con tono minaccioso.
«Certamente! Mi ha assicurato di esserci» protestò la rossa.
«Max potresti chiamarlo al cellulare» esclamò, scocciata, Elizabeth.
«Beth sai bene che non lo porta mai con sé» replicò il fidanzato.
«Non possiamo aspettarlo in eterno! Noi glielo avevamo detto, pazienza» disse, arrabbiato, Sky - «Timmy accendi i motori: ce ne andiamo».
«Calmati, biondino!» esclamò, all’improvviso, una voce fredda e distaccata proveniente dall’hangar.
I ragazzi si girarono di colpo e rimasero alquanto sorpresi, poiché si trovarono dinanzi proprio colui che ancora mancava all’appello.
«Come… come sei entrato? Avevo chiuso io stesso il portellone» balbettò, incredulo, Brandon seduto accanto a Stella.
«Diciamo che non siete un granché a nascondere le cose. È da ieri notte che vi aspetto nella navetta» replicò, divertito, Brendon, mentre si andava a sistemare al fianco di Daphne e Thoren.
«Bene, a quanto pare ci siamo tutti. Si torna a casa!» cinguettò, euforica, Aisha.
«Un attimo…» esclamò, all’improvviso, Elizabeth.
«Che altro c’è?! Ti scappa, forse, la pipì?» replicò, stizzito, il Principe di Eraklyon guadagnandosi una gomitata nello stomaco da parte della fidanzata.
«Max, ci siamo dimenticati di avvisare Richard per il negozio» spiegò la ragazza non curandosi minimamente delle parole di Sky.
«Ci ho già pensato io» disse Brendon guadagnandosi uno sguardo di meraviglia dei suoi due amici.
«Bene, allora possiamo andare» esclamò Flora piena di gioia.
Timmy accese i motori dell’Owl e in meno di cinque minuti portò la navetta in spazio aperto. A quel punto, Bloom si rimise l’anello, donatole da Arcadia, al dito e, con grande stupore da parte di Max ed Elizabeth, riaprì il portale che collegava le due metà di Cassiopea. Helia, quindi, fece in modo che la navetta di Fonterossa l’attraversasse.
«Timmy, Helia non vi dimenticate d’invertire la polarità del flusso di magia, una volta che saremo fuori dal tunnel dimensionale» ricordò Tecna ai due Specialisti.
«Esatto! Non vorrei che anche questa volta precipitassimo su chissà quale pianeta» puntualizzò, acida, Musa.
La traversata del portale durò mediamente lo stesso tempo che la navetta aveva impiegato per il primo viaggio. Questa volta, però, tutto filò liscio e, attraversata la singolarità dimensionale, l’Owl, grazie al suggerimento della Fata della Tecnologia, non ebbe problemi a raggiugere la superficie di Magix. Helia e Timmy atterrarono nello stesso posto, dal quale erano decollati due giorni prima: il bosco di Selva Fosca. I ragazzi delle Winx, una volta che le loro rispettive compagne e i tre nuovi amici furono scesi dal veicolo, si congedarono e, dopo essersi raccomandati di sentirsi al più presto al fine di decidere in che modo il “problema Acheron” andasse risolto, ripartirono alla volta di Fonterossa, dove li attendeva una certa quanto terribile punizione da parte di Saladin. Le Winx, eccetto Bloom che chiudeva il gruppo insieme a Brendon, guidarono Elizabeth e Max estremamente colpiti dalla natura e dagli animali che li circondava, alla volta di Alfea. Ad un certo punto il ragazzo dai capelli neri, mettendo le mani nelle tasche della sua giacca di pelle, si avvicinò alla Principessa di Domino e le sussurrò nell’orecchio in modo tale che soltanto lei potesse sentirlo.
«Ehi, rossa lo sai?»
«Cosa?» chiese, incuriosita, Bloom.
«Spiare le persone è cattiva educazione» concluse, divertito, Brendon, per poi raggiungere i suoi amici più avanti, lasciando la rossa interdetta e, benché lo avesse negato fino alla morte, alquanto colpita.
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti!!! Non so se ve ne siete accorti, durante la lettura, ma questo capitolo è leggermente diverso dagli altri. Questa volta non ho incentrato il capitolo su un unico evento o un unico gruppo di personaggi, ma ho preferito creare una sequenza di episodi tra loro cronologicamente collegati. Tale stratagemma rende la storia un po’ più rapida e scorrevole, ma, devo confessarlo mi è costata tanta fatica ahahahahahahahahah. Di conseguenza aspettatevi un capitolo del genere ogni dieci XD. La struttura della storia può essere divisa in quattro parti: la parte finale dell’incontro con Camille, lo scontro tra Brendon e i vampiri, la scena tra Bloom e Brendon, il ritorno nella Dimensione Magica. Sulla prima parte non mi vorrei soffermare più di tanto, anche perché il colloquio tra Camille e le Winx è già stato ampiamente analizzato nel Capitolo IX. Tuttavia v’invito a ricordarvi, per i capitoli futuri, dell’avvertimento di Camille sentito solo da Sky. La seconda e terza parte costituiscono il vero cuore della storia, perché ci permettono di conoscere un po’ meglio Brendon, sia dal punto di vista delle sue capacità (che non finiscono certo qui XD) sia dal punto di vista psicologico. Il ragazzo dai capelli neri, inoltre, ha attirato la curiosità di Bloom; la ragazza, infatti, è incuriosita dal modo di fare di Brendon ed è pronta a tutto pur di scoprire qualche cosa in più su questo suo strano nuovo amico. La quarta parte, infine, descrive il ritorno ad Alfea delle Winx e introduce i nuovi personaggi della storia nello scenario classico del cartone animato. Adesso vi saluto e vi ringrazio per il vostro impegno a seguire la storia.
Yugi95

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Capitolo 12
*** Capitolo XI – Benvenuti ad Alfea ***


Capitolo XI – Benvenuti ad Alfea
 
Elizabeth e Max, intenti a seguire le sei Winx, si guardarono intorno stupiti. Non avevano mai visto, al di fuori del Bosco dei Cento Petali, una vegetazione così rigogliosa come quella di Selva Fosca. La ragazza con il fermaglio a forma di farfalla cercava di seguire con lo sguardo tutti gli animali che le capitavano a tiro. Alcuni le erano noti, altri, invece, non li aveva mai visti. Max respirava a pieni polmoni l’aria frizzantina del luogo, resa ancora più piacevole da tutte quelle fragranze floreali; il ragazzo in cuor suo sapeva che mai a Glasgow avrebbe potuto provare sensazioni del genere. Brendon, al contrario, non sembrava particolarmente colpito dal posto e, con un’andatura lenta e svogliata, seguiva in silenzio le ragazze.
«Dove siamo diretti?» esordì Elizabeth rivolgendosi a Stella, che le stava accanto.
«Stiamo raggiungendo Alfea» le rispose la Principessa di Solaria.
«Cos’è Alfea?» esclamò Max, mentre scattava alcune fotografie con il suo cellulare.
«Alfea è… è una scuola per fate» spiegò Musa.
«Capisco, quindi siete professoresse! Beate voi, mi piacerebbe tanto insegnare» disse Elizabeth con tono rassegnato.
«Beh… …ecco… noi siamo ancora studentesse. Solo Daphne insegna» precisò, leggermente imbarazzata, Tecna.
A quelle parole la fidanzata di Max scoppiò a ridere, pensando che le sue nuove amiche la stessero prendendo in giro. Tuttavia, accortasi della ferocia impressa sui volti delle Winx e dell’occhiataccia di disapprovazione del suo fidanzato, cercò con fatica di contenersi e di rimediare al danno.
«Perdonatemi ragazze, ma sembrate un po’ troppo cresciute per andare ancora a scuola» si scusò, goffamente, Elizabeth.
«Guarda che io, Flora e Musa abbiamo solo ventitré anni. Bloom e Tecna li compiono a dicembre. Le uniche due vecchie sono Daphne e Stella» precisò, stizzita, Aisha indicando le due bionde.
«Come ti permetti Aisha! Io ho soltanto ventiquattro anni e aggiungo: portati in maniera divina» replicò Stella con tono di superiorità.
«Ehm… …ragazze… anch’io, Max e Brendon abbiamo ventiquattro anni. Tuttavia noi la scuola l’abbiamo finita» esclamò, divertita, Elizabeth.
«Evidentemente avete concluso un percorso formativo scadente. Noi, qui ad Alfea facciamo cose di un certo livello!» starnazzò la Fata dei Fluidi.
Max, a quel punto, dovette trattenere la fidanzata prima che, insieme a Stella, ancora offesa per la faccenda dell’età, saltasse al collo della Principessa di Andros.
«Scusala Aisha, ma quando le offendono la carriera scolastica va su tutte le furie» spiegò il ragazzo, mentre manteneva per le braccia Elizabeth e la Principessa di Solaria.
«Perché cos’ha studiato?» chiese, incuriosita, Flora.
La ragazza, divincolatasi dalla presa di Max, rispose con fare orgoglioso.
«Ho una laurea in “Archeologia e Storia dell’arte”, conseguita con pieni voti all’Università di Glasgow».
«Anche tu sei laureato?» aggiunse Musa.
«Si, in una materia chiamata “Ingegneria Aerospaziale”. Anche Brendon si è laureato, addirittura, un anno in anticipo» rispose, divertito, il ragazzo.
«In cosa sei laureato, omonicoso del mio fidanzato?» cinguettò Stella al ragazzo dai capelli neri, che per tutto il tempo era rimasto in disparte.
«Non sono affari che ti riguardano» fu la secca risposta di Brendon.
La Principessa di Solaria rimase pietrificata per alcuni istanti, poi, presa dalla collera, inveì ripetutamente contro il ragazzo. Brendon, però, non curandosi minimante delle urla della ragazza, continuò a proseguire dritto, pur non sapendo dove stesse andando.
«Brendon, aspetta!» urlò, all’improvviso, Bloom, dalle retrovie del gruppo per poi rincorrerlo.
Le altre Winx, Max ed Elizabeth guardarono la scena con stupore, chiedendosi cosa potesse mai volere la rossa dal ragazzo.
«Forse ci teneva a sapere in cosa si fosse laureato» sbottò Aisha, causando una risata generale.
La Principessa di Domino corse più veloce che poté e, dopo parecchi metri, raggiuse Brendon quando, dalla loro posizione, il cancello principale di Alfea distava all’incirca trecento metri. Il ragazzo, non appena vide l’imponente struttura della scuola, si fermò e per quasi un minuto rimase a guardarla imbambolato, come ne fosse stato ipnotizzato.
«Bella, vero?» esclamò Bloom con tono affannato.
«Fa schifo! Non esiste colore più brutto del rosa e la struttura sembra venuta fuori da un progetto di Marinetti» replicò il ragazzo - «Tralasciando questo scempio architettonico. Perché mi sei corsa dietro?».
La rossa, leggermente divertita dalle osservazioni di Brendon, dopo essersi appoggiata ad un albero per riprendere fiato, gli rispose.
«Beh… volevo chiederti scusa per ieri sera. Non era mia intenzione spiarti è solo che…»
«Non fa niente, rossa» la interruppe il ragazzo dai capelli neri senza neanche voltarsi.
«D’accordo, comunque il mio nome è Bloom» continuò la ragazza, andando a posizionarsi accanto a lui.
«Lo so» esclamò Brendon.
«Scusa, allora perché non mi chiami con il mio nome?» replicò l’altra abbozzando un sorriso.
«Non do tutta questa confidenza agli estranei» disse Brendon con tono beffardo.
«Estranea… io?! Semmai sei tu l’estraneo. E dire che ti ho anche chiesto di…» cercò di controbattere la Principessa di Domino.
«Tuttavia… tralasciando alcuni difetti, sei quantomeno tollerabile rispetto alle tue amiche. Quindi, tra non molto, penso che inizierò a chiamarti per nome» aggiunse, interrompendola nuovamente, Brendon, mentre, posando delicatamente la mano sinistra sulla testa della ragazza, le spettinava i capelli.
 Questa volta, Bloom non ebbe il tempo di aggiungere nulla, subito dopo, infatti, si sentirono le voci delle ragazze. In particolare Elizabeth e Stella, ormai migliori amiche, si stavano lamentando per la lunga scarpinata e il troppo caldo, nonostante fosse fine ottobre. Il gruppo, alla fine, raggiunse i due che, in autonomia, avevano già iniziato ad avvicinarsi al cancello.
«Questa è Alfea» disse Tecna con orgoglio, indicando la scuola ai suoi nuovi amici.
«È bellissima!» rispose, estasiata, Elizabeth.
«Niente male davvero» aggiunse Max.
«Cosa ne pensi Brendon?» esclamò Flora avvicinandosi al ragazzo.
«A lui non piace!» sbuffò Bloom.
«Ah… che vuoi farci i gusti sono gusti» concluse, amareggiata, la Fata della Natura.
Il gruppo era ormai giunto al cancello principale della scuola. A quel punto, Stella, schioccando le dita, fece comparire dal nulla i bagagli dei tre ragazzi, poi, rivolgendosi ad Elizabeth, esclamò.
«Ricapitoliamo un’ultima volta il piano».
«Io e Brendon ci presentiamo alla preside e a quest’Ispettrice Griselda, dicendo che siamo i cugini terrestri di Bloom, venuti a trovarla perché informati del fatto che stesse poco bene. Subito dopo, presento Max come mio fidanzato, il quale ha insistito per accompagnarci. Voi, invece, sgattaiolerete nella vostra camera e, quando l’Ispettrice ci accompagnerà nel vostro dormitorio, vi farete trovare lì» spiegò la ragazza con sicurezza e decisione.
«Perfetto! Noi ritorniamo nella nostra stanza, vi aspettiamo tra una decina di minuti» tagliò corto Tecna.
Le sette Winx, una volta riepilogato il da farsi, si affrettarono a raggiungere uno dei tanti passaggi segreti che consentivano, dall’esterno, l’accesso alla scuola. I restanti tre membri del gruppo, invece, con tanto di valige al seguito, spalancarono il cancello d’ingresso ed entrarono ad Alfea. Il cortile, essendo ancora mattina presto, era completamente deserto, immerso in un silenzio quasi surreale. Elizabeth e Max si guardavano intorno, ammirando la grandezza del luogo. Brendon, al contrario, già stancatosi della situazione, si era andato a sedere su una delle panchine in marmo, poste nei pressi del pozzo. Il ragazzo, poco dopo, fu raggiunto da un piccolo gruppo di uccellini dal petto bianco e ali azzurre. Uno di questi, con fare ardito e sicuro, si posò sulla panchina accanto Brendon. Questi, accennando un leggero sorriso, porse gentilmente il dito della mano destra all’animaletto, il quale, dopo un paio di ripensamenti, vi si appollaiò sopra. Il ragazzo, a quel punto, lo prese tra le mani e, delicatamente, iniziò ad accarezzarne il piumaggio. D’un tratto, però, una voce femminile ruppe quell’atmosfera di armoniosa contemplazione.
«Scusate, sareste così gentili da dirmi chi siete» esordì, severa, l’Ispettrice Griselda.
«Buon… buongiorno, lei… lei è…» balbettò Elizabeth, intimidita dall’atteggiamento e dal portamento di Griselda.
«Chi sono io, lo so benissimo. Gradirei sapere i vostri nomi al più presto, signorina» l’incalzò la donna con tono ancora più arcigno.
«Ecco, noi… noi…» incespicò Max con la lingua non riuscendo a trovare le parole poiché terrorizzato.
«Allora!!!» gridò Griselda.
La donna aveva ormai perso la pazienza e, sebbene avesse preferito non farlo, era pronta a mettere alla “porta” quei tre sconosciuti. A quel punto, però, Brendon, lasciato libero l’uccellino che teneva tra le mani e alzatosi dalla panchina, raggiunse i due amici in difficoltà e, con fare sicuro ed educato, si rivolse alla donna.
«Buongiorno, lei deve essere l’Ispettrice Griselda. Dico bene?».
«Dice bene. Resta, però, il fatto che io non sappia ancora chi siate voi» replicò, acida, Griselda.
«Mi chiamo Brendon, questa ragazza è mia sorella Elizabeth, mentre lui è il suo fidanzato Max. Mi scuso a nome loro, se le hanno fatto perdere tempo» rispose, asciutto, il ragazzo dai capelli neri.
«Ancora cinque minuti e li avrei sbattuti fuori da Alfea. Ad ogni modo, cosa vi porta in questa scuola?» continuò la donna assumendo un atteggiamento più rilassato.
«Io e mia sorella siamo venuti a trovare nostra cugina Bloom. Abbiamo saputo dai nostri zii che in questi giorni è stata poco bene, quindi abbiamo pensato di farle visita. Era da tanto che nostra cugina ci chiedeva di venirla a trovare qui, ad Alfea» spiegò Brendon senza la minima esitazione e incertezza.
«Strano, non sapevo che Oritel e Marion avessero dei nipoti» replicò Griselda guardando con sospetto il ragazzo.
«Mi perdoni, credo di essermi espresso male. Noi siamo i cugini acquisititi, nipoti di Mike e Vanessa» precisò Brendon.
A quel punto l’Ispettrice, senza aggiungere nient’altro, fece cenno ai ragazzi di seguirla. I tre, dopo essersi rivolti un fugace sguardo di complicità, affiancarono Griselda. La donna, con passo svelto e silenzioso, li condusse all’interno della scuola, nel salone principale. Max ed Elizabeth, mentre camminavano, continuarono a guardarsi intorno, rimanendo colpiti dalla bellezza di Alfea. Brendon, invece, era intento a non perdere di vista Griselda e, per questo motivo, non le staccava un attimo gli occhi di dosso. L’Ispettrice li guidò attraverso il corridoio del primo piano, che dalla scalinata principale si prolungava ad ambo i lati dell’edifico, finché tutti e quattro giunsero davanti l’ufficio della Preside. Griselda bussò con gentilezza alla porta della stanza, aspettando in silenzio una risposta che non tardò ad arrivare.
«Avanti» disse Faragonda.
I quattro entrarono uno dopo l’altro nell’ufficio della direttrice, andandosi a posizionare davanti alla scrivania di quest’ultima. L’Ispettrice, poi, fece un passo avanti ed iniziò a parlare.
«Preside, questi ragazzi dicono di essere venuti ad Alfea per incontrare la Principessa di Dominio».
«Lo so! Sono i cugini terrestri di Bloom» rispose, dolcemente, la Direttrice alzandosi dalla sua sedia.
«Era già al corrente di questa visita?» chiese, stupita, Griselda, mentre si riposizionava gli occhiali sul naso.
«Si, anche se non dà molto. Daphne è passata qualche minuto fa a dirmelo» spiegò Faragonda, per poi rivolgersi con gentilezza ai tre ragazzi «Benvenuti ad Alfea, io sono la direttrice Faragonda. Piacere di conoscervi».
«Il piacere è tutto nostro! Io sono Elizabeth, mentre loro sono Brendon e Max» cinguettò la ragazza dai capelli castani.
«Quanto tempo pensate di trattenervi?» aggiunse la Direttrice.
«Non lo sappiamo! Bloom ci ha sempre pregato di raggiungerla nella sua scuola, dicendoci che non ci sarebbero stati problemi» rispose Max a fatica, purtroppo non era ben preparato a quella domanda.
«A giudicare dalle valige, penso si tratterranno per un bel po’» ipotizzò Griselda con sarcasmo.
«Evidentemente Bloom sentiva tanto la vostra mancanza. Comunque non ci sono problemi, potete restare tutto il tempo che volete: ad Alfea c’è tanto spazio» disse Faragonda, per poi dare istruzioni ben precise all’Ispettrice.
«Elizabeth starà in camera con le altre Winx. Brendon e Max, invece, alloggeranno nella camera affianco a quella di Palladium. Adesso, però, desidero che accompagni i ragazzi da Bloom, saranno ansiosi di rivedersi».
«Sarà fatto Faragonda!» esclamò la donna con tono riverente.
«Ragazzi lasciate pure qui i vostri bagagli, dirò a Knut, il nostro tuttofare, di venirli a prendere e di portarli nelle vostre stanze» aggiunse, sorridendo, la direttrice.
«Grazie mille, Preside Faragonda» disse Max con sincera gratitudine.
«Chiamatemi pure: Faragonda. Dopotutto non sono la vostra preside» replicò, divertita, la donna.
«Mi scusi, presi… eh, cioè no… Faragonda» bisbigliò, all’improvviso, Elizabeth con imbarazzo.
«Dimmi cara» l’incoraggiò l’altra avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla.
«Vorrei sapere… vorrei sapere se posso seguire qualche corso di studi, insieme alle Winx» esclamò, tutto d’un fiato, la ragazza.
L’Ispettrice Griselda, Max e Faragonda rimasero spiazzati da quella richiesta. A nessun essere senza poteri magici era mai stata concessa la possibilità di studiare ad Alfea. Brendon, al contrario, non si sorprese più di tanto: conosceva fin troppo bene i sogni e le aspirazioni dell’amica. La Direttrice, a quel punto, prendendo la mano di Elizabeth, le parlò in maniera dolce e rassicurante:
«Tesoro, in questa scuola non è consentito agli “esseri non magici” di seguire le lezioni. Qualche anno fa, se proprio dobbiamo essere sinceri, non era neanche consentito l’ingresso ai terrestri. Sono consuetudini vecchie di secoli».
Il volto della ragazza dai capelli castani si fece scuro e, sebbene lei non avesse voluto darlo a vedere, si contorse in una smorfia dispiacere. Max, allo stesso modo, si rattristò: non voleva che le aspettative, riposte dalla sua ragazza in quel luogo magico e in quelle persone meravigliose, fossero disattese in quel modo facendola soffrire. Griselda, benché fosse un amante delle regole e delle tradizioni, rimase profondamente turbata. Tuttavia la Preside, accarezzando dolcemente il viso di Elizabeth, dopo aver sfoggiato uno dei suoi migliori sorrisi, continuò a parlare:
«Tuttavia le consuetudini sono fatte per essere violate, quindi non ci sono problemi: fammi sapere quali corsi vuoi seguire e io lo comunicherò ai rispettivi insegnanti».
«È sicura? Se ci sono delle regole, non mi permetterei mai d’infrangerle» replicò Elizabeth.
«Ragazza mia, io sono la Preside! Sono io a fare le regole» tagliò corto Faragonda facendole l’occhiolino.
«D’accordo, entro questa sera le farò sapere i corsi che desidero seguire. Anche perché, al momento, non ne conosco neanche uno… anzi no, un corso lo conosco. Vorrei seguire quello di Daphne» disse la ragazza con tono euforico e impaziente.
«”Storia della magia” è un ottimo inizio per chi manca delle nozioni di base» si complimentò Griselda.
«Allora è deciso, però, adesso dovete raggiungere Bloom e le altre Winx. Vi staranno sicuramente aspettando» esclamò la Preside.
I ragazzi annuirono e, sempre seguendo l’Ispettrice Griselda, si apprestarono a lasciare l’ufficio. Tuttavia, non appena i tre voltarono le spalle alla scrivania, la Direttrice richiamò, nuovamente, la loro attenzione in special modo quella della ragazza dai capelli castani.
«Elizabeth, il tuo fermaglio…» disse Faragonda con voce leggermente emozionata.
«Ah… è vero, ha la forma di una farfalla. Come una fata» esclamò, divertita, la ragazza togliendosi il fermaglio dai capelli e porgendolo alla donna, per poi aggiungere:
«Era questo, che voleva dirmi?».
«Si… è davvero molto bello» concluse la donna abbozzando un sorriso, mentre le restituiva l’oggetto.
I ragazzi e Griselda, una volta salutata Faragonda, si diressero rapidamente all’ala della scuola, dedicata ai dormitori per le studentesse. Elizabeth era eccitata, non vedeva l’ora di dire alle atre, in particolare a Stella, che avrebbe seguito insieme a loro le lezioni. La ragazza, inoltre, da quando era arrivata nella Dimensione Magica, provava una strana sensazione di benessere, si sentiva leggera, priva di preoccupazioni. Allo stesso tempo, percepiva un qualche cosa all’interno del proprio animo; un cambiamento che nemmeno lei sapeva spiegarsi. Max e Brendon, al contrario, non gioivano all’idea di dover trascorrere tutto quel tempo ad Alfea: il primo, essendo timido e impacciato, si sentiva fortemente a disagio in una scuola esclusivamente femminile; il secondo semplicemente detestava qualsiasi cosa che prevedesse interazioni sociali. L’Ispettrice si fermò dinanzi una grande porta azzurra a doppia anta e, con fare autorevole, bussò una sola volta. Dopo pochi istanti una delle due ante si aprì e Daphne fece capolino impedendo, tuttavia, l’ingresso nella stanza.
«Professoressa Daphne, buongiorno» sentenziò, gelida, la donna.
«Buongiorno anche a lei» replicò la ragazza.
«I cugini di Bloom, sono arrivati» esclamò Griselda indicando i ragazzi.
«Perfetto, grazie per la disponibilità Ispettrice Griselda. Adesso me ne occupo io, arrivederci» concluse Daphne, tirandosi dentro i ragazzi e chiudendo la porta in faccia all’ispettrice, la quale, alquanto sorpresa dall’irruenza della ragazza, si allontanò rapidamente dal corridoio.
«Era ora, che fine avevate fatto?» esordì Musa, seduta sul divanetto del salottino.
«Faragonda e Griselda non ci lasciavano più andare» rispose, divertito, Max.
«Ragazze la vostra camera è bellissima» cinguettò Elizabeth, intenta a saltellare da una parte all’altra della stanza.
«E non hai ancora visto il mio armadio» esclamò Stella.
«Che aspetti, mostramelo» replicò la ragazza dai capelli castani.
La Principessa di Solaria non aspettava altro, prese sotto braccio l’amica e la trascinò nella sua camera personale.
«Sbaglio o quelle due, più che amiche, sembrano sorelle» disse Flora con tono scherzoso.
«Ci mancava soltanto un’altra Stella» gracchiò Aisha causando le risate dei presenti.
«Da una parte sono contento, Elizabeth ha sempre desiderato una sorella essendo figlia unica» esclamò Max, mentre si alzava gli occhiali per asciugarsi le lacrime dagli occhi causate dalle troppe risate.
«Anche Stella è figlia unica, possiamo dire che si completano a vicenda» precisò Tecna con un sorriso.
«Ragazze, credo proprio che Elizabeth diventerà l’ottava Winx» concluse Musa, alzandosi dal divanetto e andandosi a sistemare accanto a Flora.
«Un’altra Winx da comandare a bacchetta?! Bloom ne sarà entusiasta» esordì, nuovamente, la Fata della Natura generando un’altra risata generale.
«A proposito di Bloom, dov’è finita?» chiese Max, non vedendo la Custode della Fiamma del Drago.
«Mia sorella è nella sua camera. Ha detto che aveva bisogno di una doccia e di qualche momento per pensare» rispose Daphne, indicando la porta che dava nella stanza di Bloom.
Dalla camera di Stella, nello stesso momento, uscirono Elizabeth e la Principessa di Solaria. La ragazza con il fermaglio a forma di farfalla sfoggiava un leggero maglioncino bianco tutto ricamato, una gonna, che terminava all’altezza delle ginocchia, color pesca e, per completare il quadro, un paio di scarpe bianche tacco 12. Il tutto era stato ideato e confezionato dalle due inseparabili amiche nel giro di cinque minuti.
«Non ho mai avuto una modella così perfetta» cinguettò Stella dando una pacca sulla spalla di Elizabeth.
«Troppo buona, sei tu la vera artista» replicò, in maniera sdolcinata, la ragazza.
«E pensare che la prima volta che si sono viste si stavano quasi ammazzando a vicenda» sussurrò Musa nell’orecchio di Aisha.
 Max, d’un tratto, iniziò a guardarsi intorno non tanto per ammirare la stanza, come aveva fatto, poco prima, la sua fidanzata, ma piuttosto per cercare un’altra persona che mancava all’appello.
«Ragazze dov’è finito Brendon?» esclamò il biondo con voce tremante.
«Boh… sarà andato a curiosare in giro, oppure a fare colazione. Pensandoci bene anch’io ho un certo languorino» rispose la Principessa di Solaria con fare distratto.
«Sarà meglio cercarlo… alla svelta» intervenne, preoccupata, Elizabeth.
«Ragazzi state calmi! Brendon è adulto, sicuramente saprà badare a sé stesso» cercò di rassicurarli Flora.
«Il problema è che Brendon non è molto portato per gli ambienti affollati» balbettò il ragazzo biodo.
«Non capisco. Cosa vuoi dire?» lo incalzò Daphne.
«Diciamo che il nostro amico si trova a disagio, quando troppe persone gli girano intorno. Non sia mai gli diano a parlare e lui non voglia essere infastidito, potrebbe andare in escandescenza» spiegò la ragazza dai capelli castani.
«Quanto in scandescenza?» starnazzò Aisha con un tono di voce misto tra il preoccupato ed il battagliero.
«Quanto ci tenete al tetto della scuola?» chiese, sarcastico, Max.
«Ah…quel tipo si escandescenza…» disse Stella in maniera così svampita, che sembrava essere caduta dalle nuvole.
«Sarà meglio trovarlo, dividendoci faremo prima: io, Daphne e Flora setacceremo tutto il primo piano; Elizabeth e Stella controlleranno il pian terreno e il cortile; Max e Musa daranno un’occhiata nelle torri. Sono appena le sette e mezzo, ci ritroviamo tra mezz’ora nel refettorio della scuola» sentenziò Tecna con autorevolezza.
I presenti annuirono all’unisono e come saette si fiondarono alla porta della stanza, al fine di raggiugere le destinazioni loro assegnate. La ricerca, tuttavia, si sarebbe ben presto rivelata vana: Brendon, in tutto quel tempo, non si era mosso dalla camera delle Winx. Il ragazzo, infatti, poco dopo essere entrato nella camera delle Winx si era defilato ed era andato a distendersi, senza sapere a chi appartenesse, sul letto della Principessa di Domino. Di conseguenza, mentre le sei Winx e i suoi due amici erano intenti a cercarlo per tutta Alfea, il ragazzo dai capelli neri, con le mani poste dietro la testa, contemplava nel più assoluto silenzio il soffitto della camera di Bloom. D’un tratto, Brendon sentì sulla gamba la presenza di un qualche cosa: un qualche cosa che si muoveva; alzando lentamente la testa, il ragazzo rimase leggermente sorpreso nel vedere un piccolo coniglio dal pelo grigio con sfumature bluastre. L’animaletto, intento a rosicchiare una carota, non si accorse di essere osservato. Così, senza fare il minimo rumore, Brendon lo afferrò e, impedendogli di mordere, lo portò all’altezza del proprio viso. Il ragazzo dai capelli neri, a quel punto, si mise seduto sul letto con le gambe accavallate e, una volta tranquillizzato il piccolo coniglio, iniziò ad accarezzarlo dolcemente sulla schiena. In quel momento dal bagno della stanza, mentre “l’intruso” era intento a coccolare quella piccola palla di pelo, uscì Bloom. La ragazza, ancora gocciolante, avendo da poco fatto la doccia e pensando di trovarsi da sola nella stanza, aveva indosso soltanto un leggero asciugamano bianco che le copriva il seno e l’inguine. Brendon, poiché continuava ad avere la testa china sul coniglio, non si accorse minimamente della presenza della rossa, la quale, non appena si girò verso il letto sul quale aveva lasciato i vestiti da indossare, lanciò urla di rabbia, vergogna e smarrimento.
«Che cosa ci fai nella mia camera?!».
Il ragazzo, abbandonato dal piccolo animale, poiché spaventato dalle urla della propria padrona, non ebbe né il tempo di reagire né il tempo di giustificarsi, che si ritrovò ad essere il bersaglio di scarpe, spazzole, asciugacapelli e persino cassetti della scrivania.
«Esci immediatamente» continuò ad urlagli Bloom, che con la mano sinistra si teneva l’asciugamano, mentre con l’altra gli lanciava pesanti oggetti appreso.
«Non è colpa mia se sei una svergognata. Non ti hanno mai detto che dal bagno si esce vestiti?» replicò il ragazzo, intento a schivare le cose, che l’altra gli tirava appresso.
«Io… io sarei una svergognata?! Tu sei un maniaco sess…» Bloom non fece in tempo a concludere la frase che, a causa di una pozzanghera dovuta al continuo gocciolare dell’acqua dal suo corpo, scivolò e cadde a terra battendo la testa contro il comodino.
La rossa svenne per la botta subita. A quel punto, Brendon, sebbene l’idea di lasciarla lì per terra lo stuzzicasse non poco, decise, spinto anche dall’atteggiamento del piccolo coniglietto grigio, che, preoccupato per la sua padrona, era andato a leccarle il viso con la speranza di farla riprendere, di sistemarla delicatamente sul letto e di assicurarsi che stesse bene. Dopo pochi minuti, Bloom si riprese e, con voce frastornata, chiese spiegazioni al ragazzo che le stava seduto accanto.
«Cos’è successo?».
«Sei caduta e hai battuto la testa. Dopo di che sei svenuta» rispose Brendon - «devo ammettere che hai proprio la testa dura».
«Perché sei rimasto? Dopotutto ti ho trattato male» sbottò la rossa mettendo il broncio.
«Perché volevo assicurarmi che non ti fosse successo niente di grave» spiegò il ragazzo con tono pacato.
Subito dopo la ragazza si ritrovò una lucina, che Brendon aveva preso poco prima da una delle sue tasche, puntata negli occhi. Infastidita dalla luce, cercò di spostare il braccio del suo nuovo amico, ma quest’ultimo glielo impedì.
«Che cosa stai facendo?» esclamò Bloom.
«Avanti segui la luce con gli occhi» replicò il ragazzo dai capelli neri.
«Perché mai dovrei fare una cosa tanto stupida» protestò la Principessa di Domino.
«Tu fallo e basta!» tagliò corto Brendon con un tono di voce inquietante.
Bloom, a quel punto, fu costretta a fare come le diceva Brendon. Di conseguenza, seguì con gli occhi quella fastidiosa lucina.
«Perfetto» esclamò il ragazzo, rimettendosi la torcia in tasca; poi, dopo aver posizionato gl’indici di ambo le mani davanti la facci di Bloom, si rivolse nuovamente alla rossa
«Adesso stringi con entrambe le mani le dita che hai di fronte».
La ragazza, seppur contrariata, eseguì anche quest’ordine cercando di stringere il più forte che poté, in modo tale da far male al ragazzo per ripicca.
«Perfetto, un’ultima cosa se ti pizzico qui ti fa male?» chiese Brendon pizzicandole una gamba.
«Certo che fa male, ma sei scemo?» urlò la rossa in preda ad una crisi di nervi.
Il ragazzo dai capelli neri, resosi conto che Bloom era in ottima salute, si alzò dal letto e portandosi dietro il coniglio della rossa si apprestò ad uscire dalla stanza. Tuttavia la Principessa di Domino attirò, nuovamente, la tua attenzione.
«Si può sapere che cos’erano tutte quelle stupidate che mi hai fatto fare?».
«Dovevo capire se avessi una commozione cerebrale» spiegò, dopo essersi voltato verso il letto, il ragazzo.
«Commo…che?!» balbettò la rossa non riuscendo a comprendere.
«Lasciamo perde, l’importante è che tu stia bene» replicò, rassegnato, Brendon, per poi girarsi nuovamente verso la porta ed aprirla.
«Grazie… qualsiasi cosa tu abbia fatto» sbuffò Bloom, mentre si rialzava dal letto.
«Ho fatto un giuramento, non potevo lasciarti là per terra. Adesso muoviti a vestirti, ti aspetto qui fuori» concluse il ragazzo con tono sereno, chiudendosi la porta alle spalle.
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti!!! Allora il capitolo di oggi, come avrete certamente notato, è un classico capitolo di “riempimento”. Alla fin fine, per intenderci, non succede granché XD. Tuttavia ho deciso di caricarlo per due semplici motivi. Innanzitutto serve ad allentare la “tensione” della storia: i capitoli non possono essere tutti votati all’azione e/o alla narrazione, a volte è necessario “far quadrare bene le cose”, in modo tale da conferire alla storia una parvenza di realtà. In secondo luogo, con questo capitolo s’iniziano a vedere le prime interazioni tra i tre personaggi “nuovi” e il mondo delle Winx. Non so voi, ma immaginarmi un tipo come Brendon nell’atmosfera zuccherosa di Magix fa un po’ strano :D. D’altro canto, anche le scintillanti e spensierate Winx hanno dovuto fare i conti con la dura realtà del nostro mondo. Diciamo che la storia tenta di creare una spaccatura, soprattutto ideologica, tra i due universi, mettendo a confronto le differenze dell’uno e dell’altro. Comunque non c’è da preoccuparsi, come ho già detto nelle risposte alle recensioni, la dimensione della Fiamma della Fenice avrà ancora molta importanza nella storia ;). Altre due cose e poi ho concluso. Primo: gli “ordini”, che Brendon impartisce a Bloom, al fine di capire se vi fosse la presenza di traumi, sono “puramente inventati”. Cioè sono il ricordo di tutte quelle indicazioni che il grande Derek Shepherd impartiva a propri pazienti in Grey’s Anatomy. Di conseguenza, non essendo né un neurologo né un medico, prendeteli, come si è solito dire, con le “pinzette” :D :D :D, anzi considerateli per quello che sono: pura finzione letteraria XD.  Spero che tra voi lettori non ci siano medici o studenti di medicina, altrimenti sai che magra figura. Secondo: prestate attenzione al dialogo tra Faragonda ed Elizabeth: è importantissimo ai fini della storia ;). Dopo avervi messo la pulce nell’orecchio, vi saluto e vi do appuntamento per i prossimi capitoli ;). 
Yugi95

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Capitolo 13
*** Capitolo XII – Alla ricerca di una soluzione ***


Capitolo XII – Alla ricerca di una soluzione
 
Dal piccolo “incidente”, avvenuto tra Bloom e Brendon il giorno in cui quest’ultimo e i suoi amici erano arrivati nella Dimensione Magica, erano trascorse ormai un paio di settimane. In quel lasso di tempo le Winx, oltre ad intrecciare un forte legame di amicizia con i ragazzi, Brendon escluso, avevano speso quasi tutte le loro energie alla ricerca di un modo per tirare fuori dal Legendarium, senza aprirlo, lo stregone Acheron. Tuttavia, nonostante l’aiuto di Elizabeth e Max, tutte le ricerche, le supposizioni e le idee si erano rivelate inutili. A niente erano valsi i pomeriggi, di quei primi giorni di novembre, spesi a spulciare libri antichi e vecchie pergamene, presenti nelle biblioteche di Alfea e di Solaria. Come se non bastasse, le ragazze dovevano fare i conti con la più grande delle difficoltà: la frequenza delle lezioni. Le Winx, eccetto Daphne, non potendo più, come avevano fatto in passato, giustificare una loro eventuale assenza con la necessità di sventare una qualche minaccia, erano costrette tutte le mattine a seguire i corsi della scuola. Di conseguenza, gl’impegni scolastici, aggiunti allo stress psicologico causato dal “problema Acheron”, avevano gravemente minato la stabilità emotiva e mentale del gruppo di amiche. In quelle due settimane, infatti, Elizabeth, ormai compagna di stanza delle Winx, assistette a scene del tutto assurde: Bloom, sentendosi in qualità di leader del gruppo tutto il peso di quella situazione esclusivamente sulle proprie spalle, cercava di dare il 300% in ogni cosa che faceva. Tuttavia, a causa dello stress e della stanchezza, molte delle sue iniziative e/o azioni si rivelavano dei veri e propri fallimenti, causandole numerose crisi di pianto. Stella, al contrario, rasentava la più totale indifferenza, sia nei confronti della propria educazione scolastica, sia nei confronti del problema. Tale atteggiamento aveva portato più volte la Principessa di Solaria a scontrarsi, verbalmente e fisicamente, con la Principessa di Andros, la quale, non avendo più il tempo materiale di allenarsi, sfogava la propria rabbia e la propria frustrazione sulla faccia di Stella. Elizabeth e le altre furono costrette, in diverse occasioni, ad intervenire prima che le due ragazze si eliminassero a vicenda. Musa, presa dallo sconforto e dalla solitudine, non avendo nessuno oltre le proprie amiche con il quale confidarsi, dato che Riven era ormai via da due anni, era diventata più acida e menefreghista del solito. La Fata della Musica, infatti, era intrattabile e, non curandosi minimamente dell’effetto delle proprie parole, affrontava persone e/o situazioni con estrema superficialità e cinismo. Flora, turbata e dispiaciuta dai comportamenti delle altre Winx, era caduta in depressione e, chiusa nella sua camera, trascorreva interi pomeriggi, quasi in uno stato di trance, a fissare il muro di fronte al proprio letto. Lo stato d’animo della ragazza, inoltre, si rifletteva, a causa del rapporto empatico tra lei e la natura circostante, sulla rigogliosa vegetazione di Alfea che, sotto gli occhi sgomenti ed increduli di docenti e studentesse, appassiva inesorabilmente. Tecna, infine, sembrava essere diventata un fantasma. La Fata della Tecnologia non c’era mai: dopo le lezioni, infatti, salutava le amiche e, una volta svolti i compiti assegnati dai professori, nella più totale solitudine scompariva tra le innumerevoli librerie della biblioteca di Alfea alla ricerca di un possibile stratagemma che risolvesse il “problema Acheron” definitivamente. L’unica che non mostrava segni di squilibrio, era Elizabeth. La ragazza adorava la sua “nuova vita”; il nuovo impegno scolastico, che si era prefissata di portare a termine, non le pesava minimamente e, come una bambina delle elementari, si svegliava ogni giorno con il sorriso stampato sul volto, pronta a cimentarsi con le lezioni della giornata. La ragazza aveva deciso in accordo con la Preside e gl’insegnanti, di partecipare a tutti i corsi seguiti dalle Winx, in modo tale da poter avere quel minimo di preparazione che le poteva essere utile per aiutare le ragazze nelle loro ricerche. Il tempo, in quelle due settimane, sembrava essersi fermato; niente e nessuno era in grado di spezzare quella monotona e dannosa routine, finché una sera.
«Io non ce la faccio più!» urlò Aisha, colpendo più forte che poteva il muro del salottino comune.
«Calmati Aisha, altrimenti rimarrà il segno… sulla parete» esclamò, divertita, Elizabeth.
«Aisha ha ragione! Sono settimane che non riusciamo a cavare un ragno da un buco» intervenne Musa, sedendosi per terra con le gambe incrociate.
«Dobbiamo cercare di mantenere la calma. Prima o poi riusciremo a trovare una soluzione» cercò di calmarle Bloom, sebbene fosse la prima a non credere alle proprie parole.
«Io sono stanca…» gracchiò Stella stropicciandosi gli occhi.
«Tu… tu sei stanca? Tu non hai proprio il diritto di parlare, visto che non fai nulla dalla mattina alla sera» l’aggredì la Fata dei Fluidi con prepotenza.
«Io sto ancora aspettando il tuo saggio sulla “rivoluzione tecno-magica”. Tutte le altre Winx, compresa Elizabeth, me lo hanno consegnato!» aggiunse Daphne incrociando le braccia.
«Beh… …ecco… sono stata impegnata» balbettò la Principessa di Solaria sedendosi su un divanetto del salottino.
«A fare cosa? A pettinarti i capelli?!» la incalzò Musa con tono sarcastico.
«No… a consolare il mio ciccino adorato. Il poveretto sta attraversando un brutto momento» rispose, decisa, la ragazza fingendo di piangere.
Sebbene le altre ragazze avessero capito che Stella stesse mentendo spudoratamente, non poterono obbiettare nulla, perché, se c’era qualcuno che in quel momento se la stesse passando peggio di loro, quelli erano proprio gli Specialisti. Il preside di Fonterossa, insieme a Codatorta, aspettò per ben due giorni il ritorno di Sky e dei suoi amici nell’hangar della scuola, in modo tale da cogliere quest’ultimi sul fatto e scatenare tutta la sua rabbia repressa. I ragazzi, infatti, non appena scesero dall’Owl, trovarono ad attenderli i due insegnanti. A nulla valsero le giustificazioni e le richieste di pietà, mosse dai fidanzati delle Winx; nemmeno Helia, facendo leva sullo speciale rapporto che lo legava al nonno, riuscì a dissuadere un irremovibile Saladin. Gli Specialisti, ad eccezione di Nex e Thoren poiché non appartenenti alla scuola di Fonterossa, per ben due mesi avrebbero dovuto “scontare” la terribile e singolare punizione, inflitta loro dal Preside: pulire, fino a farla risplendere, l’intera flotta di Fonterossa, hangar incluso, utilizzando esclusivamente uno spazzolino da denti a testa. I ragazzi non sarebbero potuti uscire né avrebbero potuto ricevere visite, fino a quando tutte le navette della scuola non avessero brillato come i due Soli di Solaria. Tuttavia Max, grazie all’intercessione di Faragonda presso Saladin, riuscì ad ottenere la possibilità di andare a trovare di tanto in tanto i suoi nuovi amici, affinché potesse dar loro una mano con la lucidatura delle navette e allietare le loro serate solitarie con la visione di alcuni film portatosi da casa. Nex, al contrario, da buon amico qual era, scomparve letteralmente dalla circolazione, approfittando di quella situazione per poter trascorrere del tempo da solo con Aisha e sbrigare alcune faccende, a suo dire, della massima importanza lasciate in sospeso.
«Povero Sky… e pensare che in questi giorni avremmo dovuto scegliere la torta di nozze» bisbigliò la Principessa di Domino facendosi prendere dallo sconforto.
«Non ti preoccupare, vedrai: tutto andrà per il meglio» la consolò Elizabeth abbracciandola dolcemente.
«Ragazze sarà meglio andare a letto. Domani ci attende un’altra giornata impegnativa» concluse, asciutta, Flora alzandosi da terra e dirigendosi verso la sua stanza.
Le altre annuirono e pian piano si diressero verso i loro letti, mentre Daphne si avvicinò alla porta della stanza. Tuttavia la futura Regina di Domino non fece neanche in tempo ad abbassare la maniglia, che l’anta le fu sbattuta in faccia facendola cadere all’indietro. Le Winx soccorsero la povera ragazza, che, a causa della botta, aveva un grosso bubbone sulla fronte.
«Chi è l’animale che mi ha fatto questo?!» gridò Daphne digrignando i denti per la rabbia.
Le ragazze si girarono verso l’uscio della porta e, con grande sorpresa, videro la loro amica Tecna. La Fata della Tecnologia, appoggiata allo stipite dell’ingresso, ansimava per la fatica, come se avesse fatto una lunga corsa, e tra le mani stringeva un fogliò di carta ripiegato.
«Tecna! Sei per caso impazzita?!» la rimproverò Bloom.
«C’è l’ho…» cercò di parlare la ragazza dai capelli viola non avendo più fiato in corpo.
«Cos’è che hai?» le chiese Aisha.
«Non ti senti bene, per caso?» bisbigliò Flora preoccupandosi per la salute dell’amica.
«C’è l’ho… ho la soluzione al nostro problema!» esclamò Tecna, mostrando con orgoglio il pezzo di carta che stringeva tra le mani.
I volti delle ragazze s’illuminarono di gioia e, non curanti di un’ancora dolorante Daphne, si lanciarono ad abbracciare la Fata della Tecnologia. Subito dopo, una volta che la futura Regina di Domino si fu ripresa dal colpo, il gruppo di amiche si sedette in cerchio e, in silenzio, ascoltò le parole di Tecna.
«Come vi dicevo, sono riuscita a trovare il modo di strappare il medaglione, appartenuto al Custode della Fiamma della Fenice, al nostro “amico” Acheron. Ci sono arrivata questa mattina subito dopo le lezioni, per questo motivo sono corsa subito in biblioteca a verificare la mia ipotesi».
«Cos’hai capito?» la interruppe Bloom incuriosita.
L’altra, sfoggiando un grande sorriso di compiacimento, riprese la spiegazione.
«Ho capito che il nostro approccio nei confronti del problema era sbagliato. Mi spiego meglio: in tutto questo tempo abbiamo cercato un modo per portare Acheron fuori dal Legendarium, senza che quest’ultimo venisse nuovamente aperto. Tuttavia la cosa è impossibile, perché lo stregone non si trova nel libro, ma nello Scrigno dell’Infinito che costituisce un mondo a sé, inaccessibile a meno che la scatola non venga aperta da qualcuno. Di conseguenza non sarà Acheron ad uscire dal Legendarium, ma saremo noi ad entrarvi e ad affrontare lo stregone all’interno del libro».
«Questo è impossibile, a meno che non riapriamo il Legendarium. Cosa che non possiamo fare, dal momento che la chiave, custodita da Eldora, può esclusivamente chiuderlo» puntualizzò, acida, Musa.
«Non è necessario riaprire il libro» la corresse Tecna facendo l’occhiolino.
«Hai un piano, non è vero?» intervenne Elizabeth non nascondendo una certa eccitazione e curiosità.
La ragazza dei capelli viola, a quel punto, dispiegò il pezzo di carta e lo mostrò alle altre con orgoglio.
«Che cos’è?» chiese Stella, strizzando gli occhi per mettere a fuoco le scritte sul foglio.
«Su questo foglio ci sono due incantesimi. Il primo è un “incantesimo di richiamo”, lo stesso utilizzato da Brafilius per richiamare le Trix» disse Tecna.
«C’è un problema! Brafilius non richiamò le Trix, ma i loro animali fatati. Le streghe uscirono dal Legendarium grazie al bonding con i loro animali. Altrimenti nessuno avrebbe potuto liberarle» spiegò Daphne, meravigliandosi del difetto di forma che il ragionamento di Tecna presentava.
La Fata della Tecnologia si strinse nelle spalle e, sorridendo leggermente, chiese alle amiche di non interromperla ulteriormente nell’esposizione del suo piano. Le altre Winx, seppur titubanti, l’invitarono a proseguire quella sua stramba teoria.
«Sono consapevole che le Trix si liberarono grazie al legame con i loro animali fatati. Proprio il bonding, infatti, ci consentirà l’accesso al Legendarium. Due anni fa Selina sfruttò una piccola scintilla della Fiamma del Drago per liberare lo stregone dal Legendarium. Acheron, in parole semplici, divenne, credo a sua insaputa, il contenitore di una piccolissima parte del potere di Bloom. Poiché l’energia della Fiamma è tale da consentirle di sopravvivere e di auto rinnovarsi per un tempo indefinito, anche se suddivisa in piccolissime parti, il nostro avversario presenta ancora una traccia, seppur infinitesima, del potere del Drago Dorato. Tale traccia magica lo lega indissolubilmente a Bloom e, dal momento in cui ognuna di noi custodisce una piccola parte della Fiamma del Drago, a tutte le Winx. Di conseguenza, come ho già detto prima, grazie a questo particolare bonding, entreremo nel Legendarium».
Le ragazze stentarono a credere alle loro orecchie: Tecna ci era riuscita anche questa volta, anche questa volta aveva salvato la situazione. Tutte le ansie, le paure e le incertezze, accumulate in quelle terribili settimane, svanirono all’istante. Le Winx si sentirono leggere e spensierate, finalmente avevano un piano per poter recuperare il medaglione, un piano per salvare la Dimensione Magica. Ad un certo punto, però, Daphne si ricordò del secondo incantesimo, segnato sul foglio di carta, e, presa dalla curiosità, esclamò:
«Tecna a cosa serve il secondo incantesimo?».
La Fata della Tecnologia sorrise e, ripiegando il foglio di carta, riprese a parlare:
«Speravo che qualcuno me lo chiedesse. Allora gl’incantesimi di richiamo in generale, come di certo ricorderete, funzionano in modo tale che l’artefice dell’incanto si ritrovi all’istante davanti a sé l’oggetto o la persona richiamate. L’incantesimo, pronunciato da Brafilius, non fa eccezione; quindi, nel nostro caso, la magia può funzionare, per intenderci, esclusivamente “dall’interno verso l’esterno”. Tuttavia, dato che lo Scrigno dell’Infinito impedisce alle cose, contenute al suo interno, di essere richiamate con la magia, Acheron non potrebbe mai uscire, in questo modo, dal Legendarium».
«Scusa Tecna, ma mi spieghi, stando così le cose, a cosa possa mai servire l’incantesimo di richiamo?» sbottò Aisha leggermente stizzita e delusa.
La ragazza dai capelli viola, non curandosi minimamente dell’interruzione della fata dei fluidi, continuò a spiegare:
«È a questo punto che entra in azione il secondo incantesimo».
«In che modo può esserci d’aiuto» chiese Elizabeth, divorata dall’ansia.
«Ricordate, quando ben cinque anni fa, pensaste che fossi morta nell’intento di sigillare il portale per la Dimensione Omega su Andros?» chiese, maliziosamente, Tecna.
«E chi se lo dimentica!» esclamò Musa.
«E ricordate cosa faceste subito dopo?» le incalzò la ragazza dai capelli viola.
«Beh… …noi… cercammo vendetta. Attaccammo le Trix e Valtor» rispose Stella mostrando un po’ di vergogna.
«Esatto!» disse Tecna, per poi rivolgersi direttamente alla Principessa di Domino.
«Bloom come fosti fermata da Valtor. Ti viene in mente..., per caso?».
«Se non sbaglio… trasformò le mie fiamme in…» balbettò la rossa, cercando di ricordarsi della battaglia con lo stregone.
«In ghiaccio, Bloom. Trasformò le tue fiamme in ghiaccio e per farlo sfruttò un incantesimo antico e potente. Un incantesimo proveniente da Oppositus» spiegò la Fata della Tecnologia.
«Stai dicendo che il secondo incantesimo, scritto sul foglio, è lo stesso usato da Valtor?» replicò Flora.
La ragazza dai capelli viola fece sì con la testa e riprese a spiegare l’ultima parte del suo piano.
«Sfruttando l’incantesimo di Oppositus, invertiremo la direzione dell’incantesimo di richiamo. Riusciremo ad entrare nel Legendarium senza aprirlo. Una volta entrate nel libro, apriremo la scatola e affronteremo insieme Acheron. Se tutto andrà secondo i piani, dopo averlo sconfitto, recupereremo il medaglione e riconfineremo lo stregone nello Scrigno dell’Infinito. Tuttavia, per poter uscire dal Legendarium, è necessario che una di noi resti fuori dal libro per eseguire, nuovamente, l’incantesimo di richiamo».
Tecna, non appena ebbe finito di parlare, fu sommersa dagli applausi, dalle urla di gioia e dagli abbracci delle sue amiche. Finalmente avevano una soluzione, un piano concreto per recuperare il medaglione del Custode, senza dover riaprire il Legendarium, senza dover correre il rischio di liberare Acheron nel mondo reale.
«Dobbiamo festeggiare!» cinguettò Stella in preda all’euforia.
«Per una volta sono d’accordo con lei» aggiunse, divertita, Aisha.
«Un momento! Purtroppo ci sono due piccoli problemi» intervenne, nuovamente, la Fata della Tecnologia con voce greve.
«Lo sapevo: mai una gioia» sbuffò Musa.
«Il Legendarium è un oggetto magico dagl’inestimabili poteri. Nemmeno Eldora ed Acheron, rispettivamente sua custode e suo creatore, riuscirono a comprenderne le piene potenzialità. Ciò che voglio farvi capire è che il libro non si lascia “controllare” tanto facilmente. Di conseguenza, quando cercheremo di forzare l’ingresso attraverso l’incantesimo di richiamo, incontreremo una particolare difficoltà» spiegò la ragazza dai capelli viola.
«Che genere di difficoltà?» chiese, preoccupata, Elizabeth.
«Per entrare nel Legendarium, senza l’ausilio delle Bacchette Mythix, saremmo costrette ad infrangere la barriera dimensionale che separa il nostro mondo da quello del libro» continuò Tecna.
«Potremmo andare a riprendercele con una scusa» cinguettò Stella con tono superficiale.
«Si facciamo come dici tu! Andiamo dalla Regina Nebula e le diciamo: “Scusa Nebula non è che potresti prestarci le Bacchette Mythix per un servizio fotografico?”. Stella, tu hai il cervello annacquato!»  le urlò Aisha alzandosi in piedi per la rabbia.
«Almeno io un’idea l’ho avuta. Tu, invece, sai solo lamentarti» replicò Stella con tono furioso.
«Calmatevi ragazze» le rimproverò Tecna - «Anche se avessimo avuto le bacchette, non saremmo potute entrare lo stesso dal momento che il libro è sigillato».
«Un momento, Brafilius, sebbene non ne fosse consapevole, riuscì ad accedere al “contenuto” del Legendarium, usando un semplice incantesimo di richiamo» puntualizzò Flora.
«Quando Brafilius richiamò a sé le Trix, disponeva di una quantità enorme di energia magica: il Potere Ultimo del Animali Fatati. Di conseguenza per lui fu facile superare la barriera tra il mondo del Legendarium ed il nostro» replicò la Fata della Tecnologia.
«Potremmo usare la Fiamma del Drago: la sua potenza non ha limiti» intervenne, decisa, Bloom.
Tuttavia l’amica, dopo aver scosso il capo in segno di disapprovazione, le spiegò perché il su piano non fosse attuabile.
«Brafilius era un semplice mezzo attraverso il quale scorreva il Potere Ultimo. Tu, in quanto Custode della Fiamma, rappresenti l’entità stessa, quindi, qualora sfruttassi tutto il tuo potere, il tuo fisico ne risentirebbe, anche fino alla morte».
«Cosa dobbiamo fare Tecna, perché stai prendendo tutto questo tempo» esclamò Musa con voce dolce e rassicurante.
La Fata della Tecnologia, a quelle parole, si alzò da terra e si diresse alla grande finestra della stanza. Poi, dopo aver osservato il cortile di Alfea a quell’ora deserto, si rivolse di nuovo alle altre Winx:
«Se vogliamo infrangere la barriera dimensionale, dobbiamo creare una convergenza d’amplificazione magica».
«Tecna, sai bene che non possiamo farlo. Questa particolare convergenza necessita di quattro fate: una esegue l’incantesimo di richiamo, un’altra l’Oppositus, poiché nelle convergenze la stessa persona non può fare più di una magia, e le ultime due amplificano l’energia necessaria per abbattere il muro dimensionale. Tuttavia, così facendo, soltanto tre di noi andranno ad affrontare Acheron. È un rischio che non possiamo correre» sentenziò Daphne.
«Infatti è un rischio che non vi chiedo di correre. Acheron non si farà mai mettere nel sacco come la prima volta; quindi l’unico modo per sconfiggerlo consiste nell’essere numericamente superiori a lui» replicò la ragazza dai capelli viola.
«Tecna dove vuoi arrivare?» le chiese la Principessa di Domino, nonostante avesse ben capito le intenzioni dell’amica.
«Dobbiamo chiedere aiuto. Una di noi lancerà l’incantesimo di richiamo, poiché soltanto coloro che possiedono almeno una parte della Fiamma del Drago, sono in grado di percepirla anche a chilometri di distanza. Le altre tre fate, necessarie per la convergenza, eseguiranno gli altri incanti» rispose la Fata della Tecnologia con tono serio.
«Avevi già pensato a qualcuno?» esclamò Aisha.
«Le uniche in grado di darci una mano sono Selina e Roxy. Ormai hanno entrambe raggiunto il livello Enchantix: sono fate complete» replicò la ragazza rimettendosi seduta.
«Bloom cosa ne pensi?» chiese Daphne, rivolgendosi alla sorella.
«Arcadia si è raccomandata di non dire niente a nessuno, ma, dal momento che lei non è stata del tutto sincera con noi, non vedo il perché noi dovremmo esserlo con lei. Adesso dobbiamo trovare solo l’ultima fata per chiudere la convergenza» rispose, decisa, la rossa.
«Ci penseremo domani! Si è fatto tardi e tutte noi dovremo svegliarci presto» intervenne Daphne, alzandosi da terra per poi avvicinarsi alla porta della stanza.
«Daphne ha ragione, domani, dopo le lezioni avviseremo Roxy e Selina» concluse Aisha.
A quel punto la futura Regina di Domino salutò le atre Winx e, con passo svelto, si diresse alla sua camera. Le ragazze, dopo essersi augurate la buona notte, rientrarono tutte, eccetto Bloom, la quale aveva deciso di fare una passeggiata rilassante nel cortile della scuola prima di andare a dormire, nelle loro stanze personali. Elizabeth e Stella, poiché visibilmente stanche, in meno di un minuto si misero il pigiama e s’infilarono sotto le coperte. Tuttavia la Principessa di Solaria, avendo notato una velata espressione di tristezza impressa sul volto della ragazza, decise di chiedere alla compagna di stanza cosa la turbasse.
«Cosa c’è?».
«In che senso?» rispose la ragazza dai capelli castani rigirandosi nel letto.
«Hai capito bene! Da quando ci siamo salutate con le altre, non hai più detto una parola» l’incalzò Stella.
«Niente sono solo stanca» cercò di tagliare a corto Elizabeth facendo finta di addormentarsi.
«Tu non me la dai a bere. Ti conosco troppo bene, avanti dimmi cosa ti turba» continuò la Principessa di Solaria invitandola a sedersi sul proprio letto.
Elizabeth, ormai messa all’angolo, si alzò e si diresse al letto di fronte, dove raccontò finalmente la verità alla compagna di stanza.
«Cosa devo dirti… sono solo delusa».
«È colpa mia, per caso?! Ho fatto qualche cosa che ti ha offesa? So che a volte posso semb…» cercò di giustificarsi, ma la ragazza dai capelli castani la interruppe.
«Non è colpa tua Stella. Non potrei desiderare amica migliore. Sono delusa da me stessa».
«Perché dovresti essere delusa di te stessa? In tutta la mia vita non ho mai conosciuto una ragazza più intraprendete ed energica di te. Sei sempre pronta a dare il massimo in ogni cosa, che fai» la rincuorò Stella con dolcezza.
«Peccato ci siano cose, che non possa fare» esclamò Elizabeth, stringendo i pugni.
«Cosa intendi dire?» chiese, meravigliata, l’amica.
«Sai è buffo… tutte le volte che conosco nuove persone, quest’ultime sembrano sempre essere troppo per me» replicò la ragazza non riuscendo sopprimere una risatina isterica.
«Continuo a non capire» sospirò la Principessa di Solaria.
«Ti ho mai raccontato in che modo ho conosciuto Brendon e Max» chiese, all’improvviso, Elizabeth.
«Non credo» rispose Stella.
«Accadde tredici anni fa… nel Bosco dei Cento Petali. All’inizio pensai fossero due ritardati, poi, dopo che entrambi si schierarono a mia difesa per evitare che venissi violentata… beh non li ho mai più lasciati. Nell’arco di tutti questi anni, ho cercato di supportarli e sostenerli, facendo da collante al gruppo. Tuttavia, ben presto mi resi conto che non ero io a “badare” a loro, ma, al contrario, erano loro a vegliare su di me. Mi hanno protetta da numerosi pericoli, incoraggiata in tutto ciò che facevo, voluto bene come una sorella. Tuttavia ho sempre avuto il timore che, da un momento all’altro, avessero potuto decidere di abbandonarmi…» spiegò Elizabeth, per poi interrompersi a causa della commozione provata in quel momento.
«Perché pensi questo? Max e Brendon ti adorano, non lo farebbero mai. Noi Winx non lo faremmo mai» cercò di consolarla Stella, massaggiandole teneramente un braccio.
La ragazza dai capelli castani, a quel punto, non resistette più e, scoppiando a piangere, urlò all’amica:
«Perché sono inutile, ecco perché. Sono sempre stata inutile, il mio aiuto non è mai servito a nessuno: né a Max e Brendon, né a voi Winx. Quando prima parlavate, una vocina nella mia testa mi spingeva a chiedermi cosa ci facessi io in mezzo a voi. Alle Winx non serve la mia presenza; voi cercate di salvare un’intera dimensione, milioni di vite. Io il massimo che posso fare è studiare tre materie contemporaneamente. Non sono una fata, non ho poteri magici, eppure cerco di sentirmi importante per gli altri… per una gusta causa… una giusta causa più grande di me. Io alla fin fine non sono nulla di speciale».
La Principessa di Solaria, colpita da quelle dure parole, trasse a sé la ragazza e, abbracciandola forte, iniziò a parlarle dolcemente:
«Tu non sei inutile. È vero non puoi fare incantesimi, ma questo non ti rende meno importante di me o delle altre Winx. Certo, come direbbe Tecna: “la logica ci porterebbe a credere che: contro Acheron non saresti di nessun aiuto, anzi, la tua presenza potrebbe mettere in pericolo tutte quante noi”. Tuttavia tu hai ampiamente dimostrato, andando contro ogni regola, logica e principio, che un essere non magico è in grado di studiare ad Alfea, ottenendo risultati migliori di chiunque altro. Elizabeth non è la nostra natura, la nostra ascendenza o il nostro passato a dirci cosa possiamo e non possiamo essere nella vita, siamo noi a decidere, attraverso l’impegno, la costanza e la determinazione, cosa fare del nostro futuro. Nessuno… nessuno può scegliere al posto nostro, ricordalo bene perché è questo ciò che ci rende speciali».
Calò il silenzio, rotto ogni tanto dal leggero singhiozzare di Elizabeth. Stella rimase accanto alla sua amica per tutta la notte. In quella stanza, qualche cosa era cambiato nella Principessa di Solaria: un vuoto, presente nel suo animo, era stato colmato e questo la riempiva di gioia. Quella sera la ragazza dai biondi capelli fece a sé stessa una solenne promessa: Elizabeth non avrebbe mai più sofferto; finché lei avesse respirato, Elizabeth sarebbe stata al sicuro; finché fosse esistita Stella, Principessa di Solaria, Elizabeth avrebbe avuto una sorella sulla quale poter contare.
Bloom, intanto, aveva ormai raggiunto il cortile di Alfea. La ragazza, nel più totale silenzio e oscurità rischiarata in alcuni punti dalle fioche luci dei lampioncini, si sedette su una delle panchine, posizionate vicino al pozzo. La Principessa di Domino, a quel punto, essendosi sentita un po’ trascurata dal suo fidanzato, benché conoscesse fin troppo bene il motivo di quella mancanza, prese il suo palmare e lo chiamò.
«Pronto?» disse Sky con voce stanca.
«Sky… sono Bloom. Tutto bene?» domandò la ragazza leggermente emozionata.
«Ciao amore! Tutto bene… anche se sono molto stanco: Saladin ci sta uccidendo» rispose il ragazzo.
«Mi dispiace. Se posso dare una mano…» esclamò la rossa con sincerità.
«Non ti preoccupare! Max ci sta dando un grande aiuto e, poi, Saladin non lo permetterebbe mai» replicò il Principe di Eraklyon - «In questi giorni sarei stato io a chiamarti, sai volevo… volevo scusarmi per come mi sono comportato nella Dimensione della Fiamma della Fenice».
«Oh… Sky è acqua passata» lo rincuorò la fidanzata.
«Sono stato davvero uno stupido, ho agito male nei tuoi confronti e in quelli dei nostri amici. Ho giudicato troppo presto Max, Elizabeth e, anche se ho ancora qualche dubbio, Brendon: sono persone in gamba e degne di fiducia» esclamò Sky.
«Sbagliando s’impara» cinguettò, divertita, la Principessa di Domino.
«Parlando d’altro, ci sono novità?» chiese, speranzoso, il ragazzo.
«Ah… quasi dimenticavo… Tecna ha trovato il modo per recuperare il medaglione» esclamò l’altra non riuscendo a contenere la gioia.
«Davvero?! Quella ragazza non finirà mai di stupirmi. Cosa dobbiamo fare?» disse il Principe di Eraklyon in preda alla contentezza.
«Non ora. Si è fatto tardi, domani io ho le lezioni e tu le navette da lucidare. Ti racconterò tutto a tempo debito» replicò la rossa.
«Va bene tesoro, come vuoi tu. Allora io vado… buonanotte» bisbigliò, teneramente, Sky.
«Sogni d’oro, amore» concluse Bloom riagganciando.
La Principessa di Domino, soddisfatta della conversazione, si alzò dalla panchina e si diresse verso l’ingresso della scuola.  D’un tratto, mentre camminava al disotto dell’ala dell’edificio dedicata agl’insegnanti, scorse Brendon. Il ragazzo dai capelli neri era affacciato al balcone della sua camera e, come suo solito, contemplava nel più assoluto immobilismo le stelle. Anche questa volta stringeva tra le mani la vecchia fotografia bruciacchiata. Bloom, sebbene si fosse ripromessa di non farlo più, rimase a fissare il ragazzo per diversi minuti, finché questi non si girò di scatto verso di lei.
«Il lupo perde il pelo, ma non il vizio» esordì, seccato, Brendon.
«Chi ti dice che stavo guardando te. Ammiravo le stelle!» replicò Bloom sulla difensiva.
«Rossa sappiamo tutti e due che non è così» esclamò, sarcastico, il ragazzo - «Ti serve qual cosa?».
«Da te? Proprio niente» sbottò la Principessa di Domino.
«Va bene, allora perché non te ne vai?» disse Brendon con un tono fintamente gentile.
«Lo farò, quando ne avrò voglia» rispose, irritata, Bloom.
«D’accordo, allora io vado. Notte, notte» tagliò corto l’amico entrando nella propria camera.
«Quando fai così… sei insopportabile» gli urlò la ragazza facendogli la linguaccia.
Una volta in camera, Brendon andò a sedersi alla scrivania e, presa una penna dal cassetto, sul retro della fotografia, dove ormai sbiadite dal tempo erano presenti altre scritte, segnò la seguente frase:
“25/10/2016 – Bloom”
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti!!! Questo capitolo, rispetto al precedente, è stato un tantino più emozionante. Certamente non è un capitolo adrenalinico, come può esserlo uno incentrato sui combattimenti, né è un capitolo puramente esplicativo e/o descrittivo. Tuttavia, poiché la narrazione non è finalizzata esclusivamente a sé stessa, questo piccolo pezzo di storia ha la sua importanza. Allora le Winx, ormai distrutte sia fisicamente che psicologicamente da due settimane, trascorse a mettersi in pari con le lezioni e alla ricerca di una possibile soluzione al “problema Acheron”, riescono finalmente a trovare un po’ di pace e stabilità grazie alla loro amica Tecna. La Fata della Tecnologia, infatti, riesce a trovare un modo per entrare nel Legendarium, senza che quest’ultimo venga aperto, e per recuperare in questo modo il medaglione del Custode della Fiamma della Fenice. Il piano, però, può essere attuato se e soltanto se altre tre fate, o esseri magici, aiutino le Winx a completare la “convergenza d’amplificazione magica” (scusate per il nome, ma non mi è venuto niente di meglio XD). Di conseguenza Tecna propone alle amiche di chiedere, per cominciare, l’aiuto di Selina e Roxy. Personalmente sono molto affezionato a questi due personaggi, in particolar modo a Selina, quindi li ho voluti introdurre nella storia. Le due, infatti, non faranno una semplice comparsa, ma avranno un ruolo di primo piano nel prosieguo della narrazione. Ho preferito “nobilitarle” con la forma Enchantix, per due motivi: il primo consiste nel conferire alle due ragazze una trasformazione nota a tutti: diciamoci la verità la trasformazione della Fata degli Animali, altro non è che un ibrido tra lo Charmix e il Believix; mentre, per quanto riguarda Selina, mi piaceva l’idea di vederla nei panni di una fata completa, come studentessa di Alfea. All’inizio ero un po’ indeciso, perché non mi era pienamente chiaro se la ragazza fosse più fata o più strega, ma, vedendo che anche altri autori su EFP avevano preso questa particolare decisione, mi sono convinto, quindi un ringraziamento è d’obbligo. Il secondo motivo, invece, beh… devo essere un po’ più vago qui… dico solo questo: l’Enchantix è un trampolino di lancio ;). Il capitolo, infine, si conclude con il dialogo tra Elizabeth e Stella e con quello tra Bloom, Sky-Brendon. Tralasciando il secondo, che sarà approfondito più avanti nella storia, vi invito a soffermarvi sul rapporto di amicizia-sorellanza creatosi tra le due ragazze: per la storia è importantissimo :D. Detto questo vi saluto e vi do appuntamento per i prossimi capitoli.
Yugi95

P.S. dal momento che, entro su EFP esclusivamente per caricare i capitoli e recensire le storie che seguo; non mi sono mai reso conto della sezione “Guarda chi segue le tue storie”. Di conseguenza non sapevo che alcuni di voi avessero aggiunto la storia tra le “preferite” e le “ricordate”. Spero possiate perdonarmi e, sebbene sia sicuro di essere in ritardo bestiale, ringrazio sinceramente: Anto62, Ida90, MartiAntares, Nemo e Rafiki 86, faymorgana, per aver aggiunto questa piccola storia.

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII – Il “Cerchio dell’Incantatore” ***


Capitolo XIII – Il “Cerchio dell’Incantatore”
 
La sveglia suonò presto quella mattina, forse fin troppo, pensò Stella alzandosi dal letto. La Principessa di Solaria, una volta in piedi, si stiracchiò la schiena facendo un po’ di stretching: dormire in due in un letto singolo non era stata una grande idea. Tuttavia, nonostante il fastidio alle ossa, Stella era felice e, qualora fosse potuta tornare indietro, non avrebbe mai fatto una scelta diversa. La ragazza dai capelli biondi come il sole si diresse in bagno e nel giro di una ventina di minuti, suo record personale, fu pronta per affrontare un’altra giornata ad Alfea. A quel punto si svegliò anche Elizabeth, che, salutando allegramente la compagna di stanza, corse a prepararsi per non fare tardi a lezione. Verso le sette e trenta le Winx s’incontrarono nel salottino comune e, come da tradizione, scesero tutte insieme a fare colazione. Durante il tragitto la Fata della Musica, ancora un po’ assonnata, riprese il discorso interrotto la sera precedente.
«Quando glielo diciamo?».
«Cosa?!» replicò Bloom non riuscendo a capire.
«Alfea chiama Bloom: a Selina e a Roxy» la incalzò Musa.
«Ah… non lo so, non ci avevo pensato» rispose, dubbiosa, la rossa.
«Io proporrei di trovare prima la terza ed ultima fata, necessaria per la convergenza. In questo modo informeremo tutte le persone una sola volta» esclamò Elizabeth con tono risoluto.
«Elizabeth ha ragione! Meno parliamo di questa cosa e meglio è» concluse Tecna.
Le altre Winx, fidandosi dei consigli delle loro amiche, acconsentirono senza aggiungere altro. Il gruppo, poco dopo, giunse nel refettorio, dove già si trovava la maggior parte del personale e delle studentesse. Le ragazze decisero di prendere posto ad uno dei tavoli in fondo alla sala, al quale si erano già accomodati Daphne e Max. Mentre camminava insieme alle amiche, Flora scorse con la coda dell’occhio Roxy e Selina. Le due erano sedute vicine e, come due ottime amiche, chiacchieravano amabilmente tra di loro. Vedendo quella scena, la Fata della Natura in cuor suo ebbe la conferma che la sua amica Tecna non avrebbe potuto compiere scelta migliore, nel decidere di affidare a quelle due fate un compito così importante. Le Winx, una volta raggiunto il tavolo, si accomodarono accanto ai loro amici.
«Buongiorno» esordì, sorridendo, Max.
«Mi spieghi come fai ad essere così pieno di energie. Eppure ieri hai trascorso tutta la giornata a lucidare le navette di Fonterossa» sbuffò Aisha invidiando il ragazzo.
«Sono ancora troppo eccitato! Ieri Timmy mi ha fatto guidare una delle navette… una cosa pazzesca» esclamò l’altro non riuscendo a contenere l’euforia.
«Contento tu…» replicò, rassegnata, la Fata dei Fluidi.
«Ragazze vi vedo troppo addormentate questa mattina. Svegliatevi, oggi ci aspetta una giornata impegnativa» intervenne Daphne.
«Non dirmi che abbiamo una verifica?!» esclamò, terrorizzata, Stella.
«Nessuna verifica» la tranquillizzò la futura Regina di Domino, per poi aggiungere con fare misterioso: «la lezione di questa mattina sarà un po’ particolare».
«Che intendi per “particolare”» domandò, incuriosita, la sorella.
«È un segreto! Sappiate solo questo: svolgeremo la lezione all’aperto, nel cortile di Alfea, e vi prenderanno parte tutte le ragazze della scuola» rispose, divertita, Daphne.
«Bah… sarà la solita esercitazione di magia» sbottò Musa incrociando le braccia.
«Non proprio» replicò Max facendole l’occhiolino.
«Tu che ne sai?» chiese Elizabeth con tono meravigliato.
«Diciamo che ho dato una mano…» disse il ragazzo sistemandosi, come era solito fare quando autocompiaceva le proprie azioni, gli occhiali sulla punta del naso.
«Adesso dobbiamo andare: ci sono le ultime cose da mettere a punto» concluse la futura Regina di Domino, prendendo il compare sotto braccio e portandolo via con sé.
«Io certe volte…. mia sorella non la capisco proprio» bisbigliò Bloom.
«È un vizio di famiglia, tesoro» replicò, maliziosamente, Tecna lasciando la rossa e i presenti, non particolarmente abituati alle battute dell’amica, a bocca aperta.
Una volta terminata la colazione, le ragazze si diressero, come aveva detto loro Daphne, nel cortile di Alfea. La sorella di Bloom, il fidanzato di Elizabeth e gli altri docenti, preside compresa, aspettavano nei pressi del pozzo l’arrivo delle studentesse. In particolare i due organizzatori erano seduti ad una piccola scrivania, posizionata davanti ad un grande telo colorato, tenuto su da alcuni paletti di metallo, e con fare certosino controllavano una serie di dati al computer. Le ragazze, incuriosite da tutta quella “scenografia”, decisero di posizionarsi in prima fila affiancandosi, senza volerlo, a Roxy e Selina.
«Ciao ragazze!» esordì la Fata degli Animali.
«Ciao Roxy» risposero, in coro, le Winx.
«È da un po’ che non ci si vede» aggiunse Selina.
«Siamo state molto impegnate in questo periodo» replicò Flora cercando di tenersi sul vago.
«Anche noi, Palladium ci sta letteralmente distruggendo» sbuffò Roxy.
«Ehi… …un momento… chi è la vostra nuova amica?» esclamò, all’improvviso, Selina, mentre indicava Elizabeth.
«Lei è Elizabeth, la “cugina terrestre” di Bloom» rispose Stella.
«Piacere, ragazze. Ho sentito parlare molto di voi» aggiunse la ragazza dai capelli castani con voce dolce.
«Il piacere è tutto nostro» cinguettò Roxy.
Selina non rispose, ma rimase in disparte ad osservare Elizabeth. La ragazza conosceva la Principessa di Domino da tanto tempo e, sebbene la rossa non lo ricordasse, sapeva benissimo che quest’ultima non avesse cugini sulla Terra. Di conseguenza capì subito che le sue amiche non stessero dicendo la verità. Tuttavia preferì non sollevare la questione. Dopo gli aventi, accaduti due anni prima, aveva deciso di fidarsi ciecamente di Bloom; quindi si convinse che sarebbe stata stesso la sua amica a dirle la verità, una volta giunto il momento opportuno. Nel frattempo tutte le studentesse di Alfea, dal primo all’ultimo anno di studi, si erano radunate nel cortile: la lezione collettiva di Daphne sarebbe iniziata a breve. La futura Regina di Domino, infatti, poco dopo, alzandosi dalla sedia e voltandosi verso la “platea” di ragazze, iniziò a spiegare il motivo di quella grande “assemblea”.
«Ragazze, professori, direttrice Faragonda… benvenuti. Mi fa piacere che abbiate risposto in maniera così numerosa al mio invito. Come i professori vi avranno già spiegato, questa non sarà una semplice lezione, infatti, grazie all’intercessione della preside, sarete in grado di assistere ad uno degli spettacoli più affascinanti e misteriosi che la Dimensione Magica abbia mai visto. Ma… andiamo con ordine! Innanzitutto permettetemi di ringraziare, oltre la direttrice, il qui presente Max, la cui conoscenza di modelli matematici complessi e di apparecchiature tecnologiche avanzate è risultata indispensabile. Quindi vi prego… un grande applauso!».
Studentesse e professori applaudirono con gioia ed ammirazione il fidanzato di Elizabeth, il quale, colpito da tutto quell’affetto, non nascose un certo imbarazzo.
«Chissà chi è quel ragazzo?» si domandò Selina.
«Max è il fidanzato di Elizabeth» rispose Musa.
«Caspita! Il tuo ragazzo deve essere uno in gamba» esclamò Roxy facendole l’occhiolino.
«Si… lui è davvero straordinario» rispose, timidamente, Elizabeth abbozzando un sorriso poco convinto.
Stella, percependo il disagio dell’amica, la strinse forte a sé. Daphne, una volta terminato l’applauso, riprese il proprio discorso:
«Allora, non molto tempo fa ho avuto il privilegio di conoscere una fata che, senza il minimo sforzo, riusciva a percepire l’essenza magica delle persone. Rimasta profondamente colpita, poiché non è una cosa da tutti, mi sono documentata e ho scoperto l’esistenza di un particolare “oggetto magico”, capace di fare la stessa cosa. L’origine di questo strumento è antica e misteriosa, nessuno sa chi lo abbia inventato o scoperto».
«Io una mezza idea c’è l’ho» sussurrò, divertita, Tecna nell’orecchio di Flora.
«L’unica cosa che posso dirvi è la sua provenienza: Andros. Come vi spiegavo prima, grazie all’interessamento della preside, sono riuscita a convincere le autorità del pianeta, affinché l’oggetto fosse dato in prestito alla nostra scuola. Quindi senza ulteriore indugio, vi presento il “Cerchio dell’Incantatore”» concluse la bionda.
A quel punto Daphne, schioccando semplicemente le dita, fece volare via il telo mostrando a tutti la reliquia. Dalla platea si alzò un “oh” di stupore. Studentesse e professori, infatti, rimasero profondamente colpiti dalla forma di quell’oggetto magico. Il “Cerchio dell’Incantatore” era costituito da un massiccio basamento di pietra, sulla cui superfice erano incise antiche rune dall’aspetto incomprensibile. Al di sopra del basamento si trovavano quattro pilasti, attraversati per tutta la loro lunghezza da vistose crepe. Ciascuna delle quattro strutture longilinee presentava alla propria base sottili creste di roccia, che si prolungavano verso il centro della struttura, andando a formare una sorta di piedistallo, sul quale era poggiata una liscia sfera di pietra bianca.
«Aisha, tu sei di Andros, anzi sei la Principessa di Andros. Sapevi niente?» domandò Musa all’amica.
«È la prima volta che la vedo» balbettò la Fata dei Fluidi, senza staccare gli occhi dal cerchio di pietra.
La futura Regina di Domino, dopo aver aspettato qualche minuto, che la meraviglia e lo smarrimento generale scemassero, spiegò il funzionamento della struttura.
«Lo scopo del “Cerchio dell’Incantatore” è semplice: capire quale sia l’essenza che permea un determinato essere magico.  Come voi ben sapete tutta la magia, positiva e negativa, è in stretto rapporto con il mondo che ci circonda.  Di conseguenza l’essenza magica di ciascuno di noi è legata, se volete supportata, da un determinato elemento naturale. I pilasti rappresentano proprio i quattro elementi: fuoco, terra, aria e acqua. Queste strutture sono degli indicatori, quando un essere magico posiziona le proprie mani sulla sfera bianca, posta al centro del cerchio, e lascia fluire la propria energia, il pilastro corrispondente a quell’energia s’illumina».
«Professoressa Daphne, mi scusi avrei una domanda» esclamò, all’improvviso, una ragazza del primo anno.
«Dimmi pure» la incoraggiò Daphne con gentilezza.
«Non tutte le essenze magiche sono basate sui quattro elementi. Ad esempio la luce» disse la studentessa.
Daphne sorrise compiaciuta, evidentemente stava aspettando quella domanda e sperava che qualcuno l’avrebbe posta. La futura Regina di Domino, dopo essersi schiarita la voce, riprese a parlare.
«Capisco i tuoi dubbi, ma in realtà tutte le essenze magiche derivano dai quattro elementi e dalla loro reciproca interconnessione. Mi spiego meglio… tu hai portato l’esempio della luce giusto? Allora io invito a salire sul basamento la più luminosa delle studentesse di Alfea: Stella».
La Principessa di Solaria, sebbene amasse essere al centro dell’attenzione, rimase interdetta da quella richiesta. Nonostante cercasse di nasconderlo, il “Cerchio dell’Incantatore” le metteva molta soggezione. Elizabeth, capita la paura dell’amica, la prese per mano e l’accompagnò davanti al basamento. Una volta davanti il cerchio, notando la leggera confusione, impressa sul volto dei presenti, al fine di sciogliere la tensione, esclamò:
«Scusatela, ma la ragazza è un po’ timida».
Tutta la platea scoppiò a ridere, così Stella, sentendosi meno a disagio, si decise a salire sulla struttura e a posizionare le mani sulla sfera bianca. La Principessa di Solaria, a quel punto, chiuse gli occhi e lasciò fluire la propria energia magica. Dopo alcuni istanti la sfera s’illuminò di un’intensa luce gialla e dal piccolo basamento, che la reggeva, si diramarono lungo le creste di pietra due fasci d’energia. Questi si diressero rapidamente alle basi di due dei quattro pilasti e, non appena li raggiunsero, le spaccature presenti sulla loro superfice s’illuminarono una dopo l’altra ad alternanza: la prima risplendeva di luce rossa, l’altra di luce azzurra molto chiara quasi bianca.  Il tutto durò una trentina di secondi, poi, una volta che la ragazza, ridestatasi dalla trance, tolse le mani dalla sfera, i pilastri smisero di brillare. A quel punto Daphne riprese a parlare.
«Avete visto? La luce altro non è che la combinazione di fuoco e aria. Allo stesso modo il suono nasce dall’interazione di aria e terra; il controllo della natura dalla combinazione di terra e acqua e così via. Gli elementi possono combinarsi come vogliono e quanto voglio: ad esempio la combinazione tra luce, aria e acqua da l’elettricità. I fasci d’energia, diramatisi dalla sfera ai pilastri, inoltre, emanavano una luce chiara. Ciò indica che l’essere magico sfrutta la magia positiva: un mago o una fata, per intenderci. Qualora i fasci avessero emanato una luce scura, la magia sarebbe stata negativa».
Le studentesse e i docenti, ammaliati da quella dimostrazione, applaudirono gioiosamente la professoressa e, spintonandosi tra di loro, fecero a gara per poter provare il “Cerchio dell’Incantatore”. Tuttavia Daphne negò loro la possibilità spiegando che l’uso prolungato della reliquia avrebbe potuto danneggiarla. Per questo motivo si era resa necessaria la presenza di Max, il quale, tramite il computer e altre apparecchiature sofisticate, monitorava l’integrità della struttura. I presenti, quindi, seppur a malincuore, dovettero rassegnarsi e accontentarsi di quell’unica occasione. D’un tratto, però, una voce posta alle spalle di Daphne si levò più in alto delle altre: era la voce di Elizabeth.
«Daphne cosa succede, se a posizionare le mani sulla sfera è un essere non magico?».
«Beh… non lo so. In passato il cerchio era usato da maghi, fate e altre creature magiche» balbettò la ragazza, essendo impreparata a quella domanda.
«Se vuoi posso provare io» esclamò la ragazza dai capelli castani.
«Non saprei… non vorrei che accadesse qualche cosa alla reliquia» replicò, indecisa, Daphne.
«Cosa ti costa?! Non avendo alcun poter magico… non può succedere nulla di grave» la incalzò Stella.
«Stella ha ragione, falla provare» aggiunsero in coro le altre Winx, Roxy e Selina.
«Se la preside è d’accordo…» bisbigliò la futura Regina di Domino voltandosi verso Faragonda.
La preside non rispose nell’immediato, ma si limitò a posare lo sguardo su Elizabeth. La donna fissò la ragazza dai capelli castani per una decina di secondi, poi, schiudendo le labbra in un sorriso, esclamò:
«Per me non ci sono problemi».
Daphne, allora, invitò Elizabeth a salire sul basamento e a posizionare le mani sulla sfera. La ragazza eseguì quei comandi, poi, imitando l’atteggiamento di Stella, chiuse gli occhi e si concentrò. Tutta la platea, preside in testa, rimase con il fiato sospeso ad osservare la scena. Stella, che, in quel momento, si trovava accanto a Max, strinse la mano del ragazzo in preda ad una strana agitazione. Non accadde nulla e, per una ventina di secondi, tutto rimase così com’era. Daphne, avendo capito che nessun’energia magica si sarebbe sprigionata dalla ragazza, si stava apprestando a chiederle di scendere dalla reliquia, quando… una pesante scossa fece tremare il basamento. Dal piccolo piedistallo centrale, sul quale era poggiata la sfera, si diramarono quattro fasci d’energia, così luminosi da risultare quasi bianchi. Questi, con velocità straordinaria, raggiunsero le quattro strutture longilinee. I pilastri, a differenza di quanto era avvenuto con Stella, s’illuminarono contemporaneamente e in maniera fissa: uno risplendeva di luce rossa, un altro di luce verde, il terzo di luce blu scuro e l’ultimo di luce azzurra. L’intensità del bagliore, emanato dalle spaccature, andava sempre più aumentando e, allo stesso tempo, le vibrazioni, prodotte dall’esagerato afflusso d’energia, si ripercuotevano non solo sul “Cerchio dell’Incantatore”, ma su tutta la scuola. Elizabeth era caduta in una profonda trance e, come se non bastasse, aveva totalmente perso il controllo della magia che stava generando. Di conseguenza, attraverso i pilastri, iniziò ad imperversare la furia dei quattro elementi: potenti raffiche di vento sferzavano l’aria; lingue di fuoco iniziavano a sollevarsi verso l’alto; la terra, nel raggio di un chilometro, tremava sotto i piedi delle persone; violenti flussi d’acqua spazzavano via tutto ciò che incontravano.  Le studentesse, spaventate dalla situazione, cercarono disperatamente riparo da tutto quel putiferio. Le Winx, subito dopo essersi trasformate, i professori e la preside cercarono in tutti i modi di mettere al riparo le ragazze. Max, invece, essendo preoccupato per la sua ragazza, era rimasto vicino al basamento di pietra insieme a Stella. I due dalla loro posizione tentavano di far ragionare la ragazza dai capelli castani.
«Elizabeth svegliati, ti prego svegliati» le urlò il fidanzato.
«Brutta megera che non sei altro! Mi stai spettinando i capelli con tutto questo vento. Non appena scendi da lì, giuro che ti ammazzo» starnazzò la Principessa di Solaria sperando che l’amica si riprendesse a furia di offese e minacce.
«È tutto inutile! Dobbiamo fermarla, altrimenti scatenerà il fini mondo» intervenne Daphne, mentre svolazzava sulla testa dei due ragazzi.
«Cosa proponi di fare?» le chiese Max con tono preoccupato.
«Niente di grave, adesso la prendo alle spalle e la tramortisco. In questo modo non sarà più in grado di alimentare i pilastri» spiegò la futura Regina di Domino con risolutezza.
Gli altri due annuirono con un cenno del capo. Daphne era decisa: avrebbe aggirato il “Cerchio dell’incantatore”, così spiegò le sue grandi ali e si preparò a muoversi. Tuttavia, in quello stesso istante, tutto ebbe fine: le scosse s’interruppero; le fiamme si estinsero; la furia del vento si placò; l’acqua si prosciugò al sole. I presenti, allora, si voltarono verso Elizabeth giusto in tempo per vedere, senza avere alcuna possibilità d’intervenire, che la ragazza si stava accasciando al suo. Ciò, però, non accadde; il suo corpo, infatti, fu sorretto da due mani che spuntarono all’improvviso alle sue spalle. La figura di Elizabeth, a quel punto, cedette il posto a quella di Brendon, che, tra lo stupore generale, prese la ragazza tra le braccia e la portò giù dalla reliquia. Il ragazzo dai capelli neri aveva avuto la stessa idea di Daphne, soltanto che, a differenza di quest’ultima, era stato più veloce ad agire. Brendon consegnò Elizabeth alle cure di Max e Stella, poi senza dire niente si allontanò dal cortile per rientrare nella scuola. Le Winx, ancora perplesse e colpite dall’operato del loro amico, tornarono normali e con aria preoccupata si precipitarono da Max e Stella. Nel frattempo il “Cerchio dell’Incantatore”, gravemente danneggiato dall’incontrollabile potere di Elizabeth, si sbriciolò sotto gli occhi esterrefatti di Daphne.
«Come sta?» chiese Stella ad Ofelia, mentre, insieme alle altre Winx, Roxy, Selina e Max, aspettava nella piccola stanzetta adiacente all’infermeria di Alfea.
 «Adesso sta dormendo. La poverina ha subito un brutto shock, quando è stata pervasa da tutta quell’energia» rispose l’infermiera della scuola.
«Com’è potuto succedere? Da dov’è venuta fuori la… la magia?» esclamò Max in preda alla rabbia e alla preoccupazione per la sua fidanzata.
«Giovanotto calmati, nell’infermeria ci sono già abbastanza studentesse che hanno avuto un esaurimento nervoso, a causa di tutto quel pandemonio» replicò, severa, Ofelia - «Per non parlare della professoressa Daphne… povera ragazza».
La futura Regina di Domino non aveva retto allo shock, causatole dalla distruzione del “Cerchio dell’Incantatore”. La sorella di Bloom, di conseguenza, giaceva in stato catatonico su un letto dell’infermeria con lo sguardo perso nel vuoto vegliata da Thoren; il quale, dopo essere stato chiamato dalla cognata, era subito corso ad Alfea per assicurarsi che la moglie stesse bene.
«Mi scusi… ha ragione. Tuttavia, senza che si offenda, posso sapere se il mio amico ha visto Elizabeth?» domandò il ragazzo con un filo di voce.
«Se stai parlando di quell’antipatico con i capelli neri, stai tranquillo. Non mi ha fatto accostare alla ragazza fino a quando non è uscito dall’infermeria» sbottò l’infermiera causando le risate delle Winx.
«Le chiedo scusa al posto suo» esclamò, mortificato, Max.
«Tranquillo… in teoria dovrei anche ringraziarlo, ha fatto lui tutto il “lavoro”. Quel ragazzo, sebbene non mi sia simpatico, sa il fatto suo. Adesso, però, devo andare… altre pazienti mi aspettano» concluse la donna facendo l’occhiolino.
Le Winx, rimaste ormai sole, ad eccezione di Stella che, insieme a Max, aveva deciso di restare accanto ad Elizabeth finché non si fosse risvegliata, uscirono dalla stanzetta e si diressero al Music Cafè. Una volta giunte al bar della scuola, stranamente deserto per quell’ora, presero posto ad uno dei tavoli. Per alcuni minuti le ragazze rimasero in silenzio, nessuna di loro aveva il coraggio e la forza di commentare quanto fosse successo. Ad un tratto, però, dall’ingresso della sala si sentì una voce familiare.
«Vi ho trovato finalmente! È questo il modo di trattare un’amica…» esordì Daphne.
«Daphne cosa ci fai qui? Non eri nel letto dell’infermeria?» esclamò la sorella, girandosi verso l’ingresso del Music Cafè.
La futura Regina di Domino, dopo essersi seduta al tavolo, riprese a parlare con tono mistico:
«Mentre ero… …ecco… un vegetale, la mia mente vagava tra mille pensieri. Fantasticava sulle possibili conseguenze che la distruzione del “Cerchio dell’Incantatore” avrebbe causato. Io, inerme, assistevo a tutti i possibili scenari futuri: il licenziamento; la richiesta da parte dei sovrani di Andros della mia testa; la mia conseguente fuga e cattura; il processo e la mia disperata richiesta di far valere l’immunità diplomatica; il ripudio da parte della mia famiglia; la condanna e la seguente prigionia nelle segrete del palazzo reale di Andros».
Le altre guardavano Daphne in maniera sconcertata, la ragazza stava nuovamente delirando e, questa volta, senza l’aver assunto alcun alcolico. La bionda, però, non notando minimamente l’espressione d’incredulità, impressa sul volto delle amiche, continuò a parlare:
«Poi, all’improvviso ho avuto la rivelazione… soltanto una cosa, o meglio, una persona poteva salvarmi dal mio triste destino».
A quel punto la ragazza si gettò ai piedi di Aisha e, con le lacrime agli occhi, la implorò:
«Ti prego Aisha, parla con papà. Non voglio andare in prigione, sono troppo giovane per ammuffire in un’umida cella. Thoren ne soffrirebbe fino alla morte e tu non vuoi la morte di un amico, vero? Farò tutto quello che volete: farò da babysitter alle Selkie, sorveglierò notte e giorno il Portale Omega, drenerò l’acqua dal castello, quando ci sarà l’alta marea. Tutto, ma non la prigione».
Daphne era una fontana. La Principessa di Andros cercò di staccarsela di dosso, ma senza risultato. Di conseguenza dovettero intervenire Bloom, Selina e Musa per porre fine a quella scena pietosa.
«Datti una calmata. Nessuno ti manderà in prigione» la rimproverò la sorella costringendola a sedersi.
«Sicura, sicura?» piagnucolò la sorella tirando su con il naso.
«Si!» replicò, scocciata, la rossa.
«D’accordo» esclamò la futura Regina di Domino, mentre si asciugava gli occhi con un fazzolettino, datole da Roxy.
«Daphne, adesso che ti sei calmata, vuoi spiegarci cos’è successo questa mattina?» chiese Tecna con tono curioso.
«Mi sembra ovvio… Elizabeth dispone di poteri magici fatati, anche molto potenti» rispose, secca, la ragazza.
«Che genere di poteri?» esclamò Flora avvicinandosi al tavolo.
«Beh… tutti i poteri possibili» replicò Daphne abbozzando un sorriso nervoso.
Le ragazze si guardarono tra loro, sperando che almeno una di loro avesse capito. D’un tratto Tecna riprese la parola.
«Non ci ho capito nulla. Puoi essere più precisa?».
Le altre rimasero sbalordite, non era mai capitato che la loro amica reagisse in quel modo ad una spiegazione. Daphne, allora, dopo essersi completamente ripresa dalla crisi precedente, spiegò l’origine dei poteri di Elizabeth.
«Come ho detto questa mattina, la magia delle persone lega la propria forza ai quattro elementi e alle loro combinazioni. Stella, infatti, ha fatto illuminare due pilastri quello del fuoco e dell’aria. Tuttavia, non so se ci avete fatto caso, le spaccature davano luce ad intermittenza. Ciò è dovuto al fatto che la nostra amica può controllare il risultato della fusione tra i due elementi, non essi stessi. Elizabeth, al contrario, ha sprigionato un’energia che è stata in grado di “accendere” tutti e quattro i pilastri contemporaneamente».
«Stai dicendo che Elizabeth è in grado di controllare tutti e quattro gli elementi?» la interruppe Musa con tono sorpreso.
«Controllare… non solo. Elizabeth è in grado di creare, controllare, fondere qualsiasi elemento naturale in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento» replicò la futura Regina di Domino.
«Un po’ come fai tu, quando usi la “Magia degli Elementi”» aggiunse Aisha cercando un termine di paragone.
«Il mio elemento di riferimento è il fuoco. La “Magia degli Elementi” mi consente esclusivamente di sfruttare la natura che mi circonda. Il potere di Elizabeth, al contrario, non ha limiti» concluse la bionda.
«Caspita Bloom, sapevi che tua cugina fosse così forte?» chiese, meravigliata, Roxy rivolgendosi alla Principessa di Domino.
«Ecco… …io…» balbettò la rossa non trovando le parole per risponderle, finché Selina non la interruppe.
«No non lo sapeva, perché Elizabeth non è sua cugina. Dico bene?».
Roxy rimase colpita dall’affermazione dell’amica, mentre le Winx chinarono il capo in segno di vergogna, chiedendosi come avesse fatto la ragazza a scoprirlo. Tuttavia Selina non era arrabbiata con le altre e, con voce dolce e rassicurante, si rivolse a tutte loro:
«Ragazze non c’è problema, l’ho capito questa mattina: Bloom, quando viveva a Gardenia, non aveva alcun cugino. Avrei aspettato che foste voi a dirmelo, ma, dal modo in cui sono cambiate le cose, ho preferito anticiparmi».
«Roxy, Selina… scusateci» replicò, sinceramente dispiaciuta, Bloom.
«Allora è vero?! Elizabeth non è tua cugina?» domandò Roxy in preda allo smarrimento.
«No, a dirla tutta non è neanche una terrestre… cioè una terrestre di questo universo» le rispose la rossa.
Roxy e Selina non capirono il significato di quelle parole, così le Winx, consapevoli dell’impossibilità per le due ragazze di afferrare la risposta della loro amica, si affrettarono a raccontare loro tutta la verità.
«No… no… vi prego non Acheron» piagnucolò Selina in preda al terrore.
«Mi dispiace Seli, ma è l’unico modo» la consolò Flora stingendola a sé.
«Quindi una volta recuperato il medaglione, troveremo il Custode della Fiamma della Fenice, che ridarà vigore alle scintille presenti nella Dimensione Magica» puntualizzò Roxy.
«Esatto! Se tutto andrà bene, salveremo il nostro universo» sentenziò Tecna.
«Quando pensate di agire?» domandò la Fata degli Animali.
«Dobbiamo aspettare che i ragazzi finiscano di scontare la punizione a Fonterossa. Credo che per inizio dicembre…» rispose Bloom, per essere poi interrotta bruscamente da Selina.
«Non è possibile! Eldora, fino alla fine di dicembre, sarà in viaggio per tutta la Dimensione Magica e, per sicurezza, porterà il Legendarium sempre con sé. Per poter lanciare l’incantesimo di richiamo, senza correre alcun rischio, il libro non deve essere in movimento»,
«Dannazione! Dovremo aspettare due mesi» sbuffò Aisha, sbattendo il pugno sul tavolino.
«Guardiamo il lato positivo: avremo il tempo di mettere appunto una strategia e di trovare la terza persona per la convergenza» esclamò Daphne, cercando di calmare l’amica.
«A tal proposito, Io avrei un suggerimento» esordì, seria, Tecna.
«Dici, siamo tutt’orecchi» risposero in coro le altre.
La Fata della Tecnologia, a quel punto, dopo essersi alzata in piedi, spiegò la sua idea.
«Nella Dimensione della Fiamma della Fenice, non essendoci la Fiamma del Drago a sostenere la magia positiva, Elizabeth non mostrava alcun potere magico. Nemmeno nel Bosco dei Cento Petali, unica fonte di magia positiva di quell’universo, riusciva a sprigionare il suo potenziale, molto probabilmente perché non sapeva di cosa fosse capace. Nella Dimensione Magica, però, Elizabeth è nel pieno delle proprie forze e capacità. Se, come dice Daphne, il suo è un potere senza limiti, sono sicura che sarà in grado di assisterci nella convergenza».
«Tecna non puoi saperlo. Elizabeth non è mai stata una fata, non sappiamo di cosa sia capace» esclamò Musa.
«Abbiamo due mesi: addestriamola! Chi meglio di noi sa cosa vuol dire essere una fata» replicò la Fata della Tecnologia all’amica.
Le altre Winx si scrutarono tra loro, quella decisione non poteva essere presa tanto alla leggera. Calò il silenzio tra i presenti. Ciascuna delle ragazze, in cuor suo, cercava di trovare una possibile risposta a quel dilemma. Qualora, infatti, la fidanzata di Max fosse riuscita a trasformarsi in fata Charmix, i suoi poteri sarebbero comunque risultati insufficienti. Ad un tratto, però, Selina, facendosi coraggio, espresse il proprio punto di vista.
«Secondo me dobbiamo provarci».
«Come fai ad essere così sicura?» le domandò Flora.
«Nessuna di voi era pienamente convinta della mia rinuncia alle tenebre. Eppure vi siete fidate! Dobbiamo avere fede in quella ragazza, sono sicura che ci stupirà» rispose la ragazza dai capelli verdi.
«Selina ha ragione» esclamò Roxy con tono deciso.
«Sono d’accordo» aggiunse Daphne.
«Penso non ci sia altro da fare. Insegneremo ad Elizabeth ad essere... ...beh… ad essere una Winx!» concluse, leggermente euforica, Bloom, mentre tutte le altre sorridevano compiaciute.
Nell’infermeria, intanto, Stella, seduta su una sedia di plastica, vegliava la ragazza dai lunghi capelli castani ancora addormentata. Alla Principessa di Solaria, a differenza di Max, perché maschio, era stato concesso di poter restare accanto al letto di Elizabeth per tutta la notte. Tuttavia, con il passare delle ore, Stella, sopraffatta dalla stanchezza, dopo essersi accertata per un’ultima volta delle buone condizioni di salute dell’amica, si appisolò. La stanza era immersa nell’oscurità della sera, l’unico flebile fascio di luce, proveniva dalla lampada, posta nell’ufficio di Ofelia. D’un tratto si sentì un leggero rumore di tacchi. Tra i letti dell’infermeria si fece strada un’esile figura femminile, la quale, cercando di non svegliare nessuna delle due, andò a posizionarsi davanti il letto di Elizabeth. La donna, attraverso i suoi sottili occhiali argentei, osservò per diversi minuti la ragazza beatamente addormentata. Poi, spostandosi lateralmente al letto e avvicinandosi alla testa di Elizabeth, le sussurrò dolcemente nell’orecchio.
«D’ora in poi, non avrai più nulla da temere. Adesso ci sono io al tuo fianco, piccola mia».
Subito dopo la sconosciuta diede un bacio sulla tempia della ragazza e, con passo felpato, si allontanò rapidamente dall’infermeria.
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti! Cosa non è successo in questo capitolo XD. Andiamo con ordine. Innanzitutto, grazie al “Cerchio dell’Incantatore”, scopriamo (anche se alcuni di voi già lo sospettavano) che Elizabeth è dotata di poteri magici. La ragazza, infatti, in accordo con la spiegazione di Daphne, è dotata di un’immensa quantità di energia, che trae la propria forza dai quattro elementi. A questo punto sono d’obbligo due premesse. Primo: sono pienamente consapevole che luce, suono ed elettricità non nascano dalla combinazione di terra, fuoco, acqua e aria: non sono rimasto ai tempi di Eraclito XD. Nella storia, però, ho deciso d’inerire questa teoria pseudoscientifica per rendere i poteri di Elizabeth e quelli delle altre Winx, eccetto Bloom, più simili tra loro. Secondo: la figura di Elizabeth, a questo punto, ricorda molto i personaggi della serie Avatar, scegliete voi se la ragazza è più Aang o Korra ahahahahahha. Non nascondo, sarebbe disonesto farlo, che l’idea viene proprio da quella serie ;). Subito dopo la manifestazione dei poteri di Elizabeth, vediamo il confronto tra le Winx, meno Stella, Selina e Roxy. Le due fate Enchantix vengono informate su tutto ciò che è necessario sapere per poter affrontare Acheron. Vi invito a soffermarvi sulla reazione di Selina, quando scopre di dover fronteggiare nuovamente lo stregone, avrà ripercussioni sulla storia. Nell’ultima parte del capitolo, infine, vediamo questa strana figura che promette di prendersi cura di Elizabeth. Chi sarà mai? Si accettano scommesse XD. Penso di avervi detto tutto, quindi vi lascio e vi do appuntamento con i prossimi capitoli :D.
Yugi95

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV – Il pianeta Domino ***


Capitolo XIV – Il pianeta Domino
 
Nei giorni che seguirono la manifestazione dei poteri di Elizabeth, avvenuta nel cortile di Alfea, tutto sembrò risolversi per il meglio. Sebbene la sicurezza del “Cerchio dell’Incantatore” fosse sotto la responsabilità di Daphne, le conseguenze della distruzione di quest’ultimo non furono gravi come la ragazza aveva prospettato. I Sovrani di Andros, infatti, oltre a richiedere le pubbliche scuse della Principessa Ereditaria di Domino, espressero un unico desiderio al fine pacificare la situazione: la possibilità di trascorrere cinque estati consecutive nella più lussuosa ed imponente residenza estiva appartenente alla Corona di Domino. I genitori di Daphne all’inizio rifiutarono una così assurda pretesa, ma, assillati dalle suppliche della ragazza arrivata a perseguire lo sciopero della fame pur di convincere i genitori, cedettero e acconsentirono al “prestito”. Tuttavia Re Oritel, vistasi negata per cinque lunghi anni la possibilità di rilassarsi nella sua amata piscina con idromassaggio magico, non rivolse la parola alla figlia per una settimana. Le ragazze di Alfea, invece, nel giro di un paio di giorni si ripresero tutte dallo spavento, causato dalla furia degli elementi, e, sebbene ne avessero fatto volentieri a meno, uscirono dall’infermeria per riprendere la loro vita da studentesse. Elizabeth, infine, pochi giorni dopo essere stata dimessa da Ofelia con l’approvazione non richiesta di Brendon, poté iniziare la sua nuova vita da studentessa di Alfea a tutti gli effetti. I professori, su consiglio della preside Faragonda, non si limitarono più a spiegarle incantesimi, pozioni e metodologie magiche, ma cercarono di aiutarla in tutti i modi a comprendere i suoi enormi poteri e di spiegarle il vero significato dell’essere una “fata”. Le Winx, inoltre, avendo poco meno di due mesi a disposizione, misero sotto torchio Elizabeth insegnandole tutto ciò che sapevano. All’inizio la ragazza dai capelli castani ebbe non poche difficoltà, memorabile fu la volta in cui, tentando di controllare degli oggetti con la sola forza del pensiero, rovesciò una teiera e il suo bollente contenuto sulla testa della povera Griselda. Elizabeth, però, non si arrese e grazie all’incoraggiamento di Max, che le stette sempre accanto, delle Winx, dei professori e della preside, riuscì a raggiungere importanti risultati in brevissimo tempo. Dopo una settimana di allenamento imparò a controllare i propri poteri e ad eseguire le magie di base, come la telecinesi, la levitazione e la trasfigurazione degli oggetti. Nel giro di quindici giorni, invece, con sua grande gioia e sorpresa, fu in grado di avviare la trasformazione in fata. A quel punto Selina, Bloom e Stella le insegnarono in che modo potesse sfruttare i propri poteri per attaccare e, soprattutto, difendersi. Una volta giunto il mese di dicembre, Elizabeth padroneggiava al meglio tutti i suoi incantesimi e la trasformazione stessa, riuscendo a compiere, insieme alle altre nove Winx, convergenze magiche di notevole difficoltà.
«Avanti Elizabeth, ancora una volta» le ordinò Stella, trasformata in fata Bloomix, andandosi a posizionare davanti la ragazza.
«D’accordo!» replicò Elizabeth.
La giovane fata fece un piccolo salto sul posto e, nel giro di una manciata di secondi, si trasformò. Nella sua forma di fata Charmix Elizabeth indossava: un corto toppino viola, abbellito da una pieghettatura finale e da alcuni cordoncini dorati, retto da sottilissime spalline azzurre; una minigonna a balze, colorate in maniera alternata di viola e d’azzurro, che nella parte superiore presentava una piccola fascia dorata; scarpe viola, aventi nella parte posteriore un tacco alto e largo, mentre nella parte superiore un piccolo fiocco. All’altezza dei polsi, inoltre, erano presenti due polsini viola, decorati con piccole perle dorate; invece al collo della ragazza si trovava un leggerissimo foulard azzurrino. Sulla schiena, infine, aveva posto un piccolo paio di ali azzurre dai riflessi violacei, mentre tra i capelli, questa volta però in posizione frontale, vi era l’immancabile fermaglio a forma di farfalla.
«Colpiscimi con tutta la forza che possiedi» esclamò la Principessa di Solaria.
«Sei sicura? Non vorrei farti del male» replicò l’amica.
«Tranquilla io mi proteggerò con uno scudo di luce. Se riuscirai a romperlo, come premio, ti farò indossare uno dei miei vestiti» disse Stella creando dal nulla una barriera luminosa circolare all’altezza dell’avambraccio, dietro la quale si nascose.
Elizabeth, allora, si alzò in volo e, una volta raggiunto il vetrato soffitto della serra di Alfea, iniziò a colpire l’amica con blocchi di terra e getti d’acqua. Tuttavia, nonostante il numero degli attacchi, lo scudo di luce di Stella non subì il minimo danno. Le altre Winx, intanto, assistevano allo scontro in posizione defilata. Intuendo che quella strategia non avrebbe funzionato, la ragazza dai capelli castani, tra lo stupore generale, cessò di attaccare la compagna di stanza. Subito dopo mise le mani giunte e chiuse gli occhi, entrando in uno stato di trance. Stella, incuriosita dall’atteggiamento di Elizabeth, fece capolino da dietro lo scudo. In quello stesso istante, però, l’avversaria riaprì gli occhi e allontanando tra loro le due mani, tenendo però sempre i palmi uno di fronte l’altro, fece comparire dinanzi a sé un cerchio di fuoco. La Principessa di Solaria, non riuscendo a capire le intenzioni dell’amica, restò a fissarla imbambolata; quest’ultima, allora, abbozzando un sorrisetto malizioso, mosse rapidamente le mani in modo tale da mostrare i palmi al cerchio e gridò:
«Vortice di fiamme».
Stella ebbe appena il tempo di nascondersi nuovamente dietro lo scudo che dal cerchio di fuoco scaturì una gigantesca fiammata, la quale, assumendo la forma di spirale, investì in pieno la ragazza. Non appena lo scudo solare andò in mille pezzi e la povera Principessa fu sbalzata all’indietro, le fiamme si estinsero.
«Stella tutto bene? Ti sei fatta male?» domandò, preoccupata, Elizabeth, una volta toccata terra e tornata normale.
«Tranquilla, sto benissimo» rispose la ragazza con un sorriso.
«Sei una forza Elizabeth» esclamò Selina battendo il cinque con la ragazza.
«Stellina, ti sei fatta male? Vuoi un massaggino, per caso?» la canzonò Aisha, mentre l’aiutava a rimettersi in piedi.
«Come se tu avessi saputo fare di meglio. Ricordi, quando Elizabeth ti ha schiaffeggiato con dei semplici soffi d’aria?» le rinfacciò la Principessa di Solaria causando una risatina generale.
«Ma… che c’entra?! Non stavo combattendo… …ecco… …non stavo combattendo seriamente» balbettò la Fata dei Fluidi non riuscendo a nascondere l’imbarazzo».
«Penso che per oggi posta bastare» esclamò Tecna appuntando alcuni dati sul suo palmare.
«Ti “quoto” pienamente: sono esausta» bisbigliò la ragazza dai capelli castani con un filo di voce.
«Riprenderemo gli allenamenti lunedì. Adesso che sei pienamente in grado di controllare i tuoi poteri, ti eserciterai con Daphne, Roxy e Selina. In questo modo sarete in grado di eseguire una “convergenza d’amplificazione magica” perfetta» spiegò la Fata della Tecnologia con fare risoluto.
«Noi cosa faremo nel frattempo?» domandò Musa all’amica.
«Fino alla fine del mese di dicembre ci alleneremo nella “Camera delle Simulazioni”» fu la pronta risposta di Tecna.
«Ehi… aspetta un momento. Palladium prova più affetto per quella macchina che per noi studentesse, come pensi di poterla minimamente toccare senza chiedere il suo permesso?» obbiettò Flora incrociando le braccia.
La Fata della Tecnologia arrossì in volto e, con l’atteggiamento di un bambino, che è stato appena scoperto con il “dito nella marmellata”, bisbigliò:
«Beh… …io… …io, l’altro giorno, gli ho sabotato la console di controllo».
«Tu cosa?» starnazzò Bloom.
«Niente di grave, Max mi ha aiutata a creare un “problema”, che solo io e lui siamo in grado di risolvere. Stamattina, infatti, Palladium mi ha supplicato di dare un’occhiata al simulatore» spiegò Tecna.
«E tu cosa gli hai detto?» la incalzò Daphne con sguardo di disapprovazione.
«Ho fatto finta di esaminare la console e gli ho preventivato un mese di lavoro per poterla riparare. Il professore, a quel punto, mi ha dato carta bianca e mi ha assicurato che non sarebbe venuto a disturbarmi, mentre sarei stata nella “Camera delle Simulazioni” per eseguire i lavori» rispose la ragazza dai capelli viola sempre più imbarazzata e pentita.
«Sei un genio Tecna!» esclamarono Elizabeth e Selina in coro.
«Si, un genio… un genio del male. Ingannare un povero insegnante, vergognati» la rimproverò Daphne.
«Sei sempre la solita esagerata» replicò Stella dandole una spinta.
«Stella ha ragione, non essere così melodrammatica» sbottò Musa con fare scocciato.
La futura Regina di Domino non fu in grado di replicare. Dopo la scenata al Music Cafè, aveva ormai perso quel briciolo di dignità e autorevolezza che in passato aveva sfruttato per farsi ascoltare dalle ragazze. Di conseguenza la professoressa chinò e il capo in segno di sconfitta, mentre le altre Winx acclamavano il piano della loro amica Tecna.
«Allora è deciso, seguiremo le istruzioni di Tecna. Abbiamo un mese di tempo: sfruttiamolo bene» tagliò corto Bloom con voce euforica; poi, abbozzando un sorriso malizioso, si rivolse alle amiche:
«Spero che per sabato non abbiate impegni!».
«Vuoto totale. Vuoi andare a fare shopping per caso?» cinguettò, speranzosa, Stella.
«Non ci posso credere! Ve ne siete dimenticate» esclamò la rossa con tono offeso.
«Che cosa?» sbuffò Aisha.
«Sabato è il suo compleanno. La nostra piccola Bloom compie ventitré anni» esclamò, distrattamente, Selina dal fondo della serra, mentre era intenta ad ammirare le piante carnivore.
Sentendo quelle parole, il volto della Principessa di Domino s’illuminò di gioia e correndo verso l’amica dai capelli verdi, l’abbracciò forte. Le altre Winx si guardarono inebetite tra loro, chiedendosi come avessero potuto dimenticarsi una cosa tanto importante.  
«Grazie Selina! Almeno una delle mie presunte amiche se lo ricorda» cinguettò Bloom riempiendo di baci il viso della ragazza.
«Chi si può dimenticare le tue noiosissime feste a Gardenia. L’unica invitata ero io» replicò, sarcasticamente, Selina scrollandosi di dosso la rossa.
«Bloom perdonaci, per favore» esclamò Stella, avvicinandosi insieme alla altre Winx alle due ragazze.
«Stella ha ragione! Con tutto quello che è successo in questi due mesi, la cosa ci è sfuggita» si giustificò Flora con fare pentito.
A quel punto, Bloom si staccò da Selina e, incrociando le braccia, si rivolse alle Winx con tono imbronciato:
«Dopodomani si terrà al castello una grande festa per il mio compleanno. Vi ho chiesto, ironicamente, se aveste degli impegni, perché siete tutte invitate».
«Che bello una festa. Ho giusto un nuovo vestito…» cinguettò, euforica, Stella, ma Elizabeth la interruppe.
«Perfetto! Abbiamo la stessa taglia, penso mi andrà alla perfezione».
«Cosa?!» replicò la Principessa di Solaria con tono di sfida.
«Lo hai detto tu stessa poco fa: “Se riuscirai a romperlo, come premio, ti farò indossare uno dei miei vestiti”» puntualizzò la ragazza dai capelli castani.
«Aspetta un attimo, io non ho detto che ti avrei prestato quel vestito» starnazzò Stella guardando di sbieco la compagna di stanza.
«Mi dispiace, avresti dovuto specificarlo» replicò Elizabeth con tono pacato.
«Elizabeth ha ragione. Caccia il vestito!» intervenne Aisha con fare minaccioso.
«Mai!» esclamò, determinata, Stella.
«Vorrà dire che ce lo prenderemo con la forza» esordì Musa alzando il pugno verso la Principessa di Solaria.
«Dovrete prima passare sul mio cadavere» sentenziò Stella.
«Sarà un piacere» concluse la Fata dei Fluidi scrocchiando le dita.
La Principessa di Solaria, spaventata dall’atteggiamento delle ragazze, corse via in direzione della propria stanza. Elizabeth, Musa e Aisha la inseguirono, volendo far valere a tutti i costi le “proprie ragioni”. Roxy, inoltre, preoccupata per l’incolumità della ragazza, si fiondò anche lei all’inseguimento sperando di non arrivare troppo tardi. Le altre Winx, rimaste nella serra, scoppiarono a ridere immaginandosi ciò che di lì a poco sarebbe potuto accadere nella camera di Stella.
«Beh… a questo punto io e Flora andiamo ad avvisare i ragazzi» esordì Tecna cercando di trattenere le risate.
«Ehi, aspettate un attimo! Se non sbaglio gli Specialisti sono ancora in punizione, come faranno ad essere presenti al compleanno?» domandò Daphne.
«Daphne ha ragione! Dovremo partecipare alla festa senza di loro» sbuffò la Fata della Natura in preda alla delusione.
«Vi sbagliate, i ragazzi ci saranno» intervenne Bloom sfoggiando un grande sorriso.
«Scapperanno anche questa volta? Penso che Saladin potrebbe ucciderli» esclamò Selina con tono divertito.
La Principessa di Domino, autocompiacendosi del proprio operato, spiegò alle ragazze la situazione:
«Una settimana fa ho chiesto a papà di convincere Saladin a lasciar uscire i ragazzi per almeno una sera. Il preside di Fonterossa, seppur restio alla cosa, non ha saputo resistere alla richiesta di uno dei suoi vecchi allievi. Tuttavia Saladin si è raccomandato che i ragazzi non facessero più tardi delle due, altrimenti avrebbe preso provvedimenti».
«Che genere di provvedimenti?» la interruppe la sorella.
«Se tarderanno anche solo di trenta secondi, papà sarà costretto a scontare il resto della punizione insieme a loro» rispose la rossa non riuscendo a trattenere le risate.
«Non ci credo! Re Oritel si è prestato a questa cosa?» intervenne, stupita, Selina.
«Beh… dopo la casa al mare, non aveva più nulla da perdere» esclamò Bloom.
«Al ritorno, dirò a Timmy di lanciare la navetta alla massima velocità» disse Tecna, mentre insieme a Flora si apprestava ad uscire dalla serra.
«Io vado ad avvisare Thoren e, poiché non si sa mai, a comprare uno spazzolino nuovo per papà» concluse Daphne prendendo sotto braccio una svogliata Selina e portandosela via con sé.
Bloom, rimasta sola, si trattenne ancora un po’ di tempo nella serra. La ragazza, sedutasi su una panchina di legno, ammirò il “paesaggio” che la circondava. Dalle vaste aiuole piante di ogni tipo si alzavano fiere e rigogliose verso l’alto. Lo sguardo della Principessa di Domino, d’un tratto, si posò su un piccolo gruppo di fiorellini, aventi la corolla gialla e i petali azzurrini con sfumature bianche. La rossa, stranamente attratta da quei fiori, li rimase a fissare per diversi minuti, finché una voce a lei familiare la ridestò dalla trance.
«”Non ti scordar di me”».
«Cosa?!» balbettò Bloom rivolgendosi ad un ragazzo dai capelli neri.
«È il nome dei fiori che stai fissando da tre ore come un ebete» replicò Brendon.
«Da quando in qua ti dai alla fioricoltura?» domandò, sarcastica, la rossa.
«Chiedi a Flora, vedrai che ho ragione» rispose il ragazzo, poi, lasciando libero un piccolo coniglietto grigio, aggiunse: «Kiko voleva stare un po’ con te, così ho deciso di portartelo».
«Come facevi a sapere che mi trovavo qui» domandò la ragazza, mentre accoglieva tra le mani la piccola palla di pelo, che le era appena corsa incontro.
«Ho incontrato Elizabeth, Musa e Aisha e glielo ho chiesto. Tuttavia non capisco il perché stessero cercando di buttare a terra la porta della camera di Stella» rispose Brendon leggermente divertito.
«Lascia perdere è una lunga storia» sbuffò Bloom, intenta ad accarezzare Kiko.
«D’accordo, allora io vado…» concluse il ragazzo avvicinandosi all’uscita della serra.
«Aspetta Brendon… sabato darò una festa per il mio compleanno. Ecco… …mi… …mi farebbe piacere, se ci fossi anche tu» disse la ragazza incespicando più volte con le parole.
«Va bene rossa, ci sarò» rispose Brendon.
«Ovviamente non ti preoccupare per il regalo» scherzò la ragazza cercando di sciogliere un po’ di quella tensione, che puntualmente provava nel parlare all’amico.
«Tranquilla, non ti avrei comunque regalato nulla» tagliò corto il ragazzo, uscendo dalla serra.
Bloom, rimasta pietrificata dalla crudele sincerità di Brendon, portò Kiko all’altezza degli occhi e, pur sapendo che l’animaletto non avrebbe capito nulla, gli disse:
«Come fa a piacerti tanto quel tipo? Io certe volte lo strozzerei con le mie mani».
Sabato mattina le Winx, incluse Roxy, Selina e Daphne, nonostante non ci fossero lezioni, si alzarono molto presto e s’incontrarono nel salottino comune. Le ragazze, una volta fatti gli auguri alla principessa di Domino, si diressero rapidamente nel refettorio di Alfea, dove consumarono una fugace colazione. Subito dopo tornarono di corsa nella loro camera e una alla volta, aspettando, chi più chi meno, il proprio turno in maniera educata e composta, entrarono nella stanza di Stella. La Principessa di Solaria trascorse tutta la mattinata e buona parte del pomeriggio a preparare le proprie amiche per la festa. Le ragazze furono pronte per le diciotto e insieme a Max, Brendon e Faragonda si diressero nel cortile di Alfea, dove i loro fidanzati sarebbero atterrati con la navetta. Dopo circa dieci minuti l’Owl di Fonterossa, sulla quale si trovavano gli Specialisti, Nex e Thoren, giunse nel grande spiazzo della scuola. I ragazzi, una volta usciti dall’hangar, non vedendo le loro ragazze da più di un mese, corsero ad abbracciarle. Quest’ultime, allo stesso modo, li riempirono di baci e affettuose carezze. Max, Elizabeth, Roxy e la preside furono sinceramente contenti che i loro amici, dopo tanto tempo, potessero nuovamente stare insieme. Brendon e Selina, al contrario, non sopportando tutta quella felicità, salirono immediatamente sulla navetta prendendo posto nell’abitacolo. Trascorsi altri dieci minuti di “romantiche moine”, le Winx e i ragazzi si decisero ad entrare nell’Owl e a partire alla volta di Domino. Tuttavia, mentre si stava apprestando ad attraversare il portellone d’ingresso, Elizabeth si accorse che la direttrice Faragonda non li stava seguendo.
«Preside, lei non viene con noi?» domandò la ragazza dai capelli castani, raggiungendo la donna.
«No, mia cara. Ho aspettato l’arrivo dei ragazzi per potervi salutare» rispose, dolcemente, Faragonda.
«Che peccato» replicò, dispiaciuta, la giovane fata.
«Sarà per la prossima volta, tesoro» concluse la preside con un sorriso per poi abbracciare teneramente Elizabeth.
La ragazza dai capelli castani, allora, tornò alla navetta ed entrò nell’abitacolo.
«Devi piacerle» esordì Stella dandole una pacca sulla spalla.
«Perché pensi questo?» replicò, curiosa, Elizabeth.
«Noi non siamo mai state salutate in quel modo» intervenne Aisha con tono divertito.
L’Owl, pilotata da Timmy, Helia e, per sua grande gioia, Max, prese rapidamente quota e nel giro di cinque minuti si ritrovò in orbita. A quel punto Brandon stabilì la rotta sul computer di bordo.
«Impiegheremo circa mezz’ora per raggiungere Domino» esclamò il fidanzato di Stella.
«D’accordo! Questo vuol dire che per poter essere di ritorno a Fonterossa in orario, dovremo partire per l’una e mezza» precisò Sky.
«Già, in questo modo eviteremo che Re Oritel debba pulire le navette insieme a noi» intervenne Helia dalla sua postazione.
«Peccato! Due mani in più avrebbero fatto comodo» commentò Timmy causando le risate dei presenti.
Intanto Selina, stranamente vestita con un candido abito bianco, avente il corpetto decorato con intarsi dorati, scrutava con discrezione la persona seduta accanto a sé. Tuttavia, quest’ultima, si accorse immediatamente di essere osservata e, con tono secco, si rivolse alla ragazza:
«Che hai da guardare?».
«Niente… …è solo…» balbettò la fata dai capelli verdi, essendo stata colta alla sprovvista.
«Solo… cosa?» insistette, severo, Brendon.
«Beh… …ecco… …non ti avevo mai visto così… così elegante» rispose, imbarazzata, Selina.
In fin dei conti la ragazza non aveva tutti i torti. Brendon, abbandonati la giacca di pelle e i jeans strappati, indossava: un elegante pantalone nero di raso, tenuto su da una bellissima cintura di cuoio con fibbia d’acciaio; una camicia di cotone bianca, al di sopra della quale si trovava un leggero gilet abbottonato, anch’esso di colore nero e, per concludere una giacca di raso nera sbottonata.
«Beh… mi sembra ovvio, dopotutto è il compleanno di una principessa» replicò il ragazzo aggiustandosi il colletto.
«Hai ragione… Bloom è pur sempre una principessa» concluse la ragazza, abbozzando un timido sorriso per nascondere lo sconforto.
La navetta, nel tempo stabilito, raggiunse il pianeta Domino. Timmy fece atterrare l’Owl su una delle due piattaforme circolari, presenti sul Palazzo Reale. Ad accogliere i ragazzi c’erano Re Oritel e la Regina Marion, i quali erano ansiosi di rivedere entrambe le figlie. Una volta che tutti i passeggeri furono scesi dall’abitacolo, Daphne e Bloom salutarono i propri genitori con affetto. Subito dopo, la rossa presentò, ancora una volta, Brendon, Elizabeth e Max come i propri “cugini terrestri”.
«È un piacere fare la vostra conoscenza» esclamarono in coro i tre ragazzi, facendo un piccolo inchino.
«Il piacere è tutto nostro» risposero i Regnanti di Domino, per poi aggiungere con voce dolce e rassicurante: «Non siate così formali, dopotutto siete di famiglia».
A quel punto il gruppo, seguendo i due Sovrani, si diresse verso il salone principale del castello, dove ad attendere la festeggiata c’erano tutti gli altri invitati. Durante il tragitto Bloom, staccandosi dal braccio di Sky, si avvicinò a Brendon e, maliziosamente, gli chiese:
«Cosa te ne pare del castello?».
«È peggio della scuola. Possibile che usiate solo il rosa in questa dimensione?» rispose il ragazzo.
«Non avevo dubbi» esclamò la ragazza ridendo di gusto.
«Rossa, parlando di cose serie, hai invitato anche i tuoi genitori adottivi?» domandò, ad un tratto, Brendon.
«Certamente…» stava per rispondere Bloom, quando s’interruppe in preda al panico «Oh… cavolo!».
«Ci sei arrivata finalmente. Stavo iniziando a pensare che ci fosse segatura nella tua testa» esclamò il ragazzo dai capelli neri.
«Cosa facciamo? Se mamma e papà parlano con gli altri mamma e papà è la fine» starnazzò la rossa cercando di trovare una soluzione.
«Di semplicemente a Mike e Vanessa che noi siamo i tuoi cugini di Domino» sentenziò Brendon con fare tranquillo e disinteressato.
«Che genio da quattro soldi… e se poi si parlano?» replicò Bloom.
«Non è problema mio!» concluse il ragazzo.
Detto ciò, Brendon avanzò il passo e raggiunse la testa del gruppo, lasciando da sola la ragazza. Una volta nel salone Winx e Specialisti si diedero alla pazza gioia. Stella, Aisha, Flora, Tecna e Elizabeth si lanciarono, con i rispettivi compagni, in balli scatenati. Bloom e Sky, invece, furono sommersi per tutta la serata, dagli auguri di buon compleanno e dalle felicitazioni per il matrimonio. Musa, non avendo nessuno con cui danzare, decise di allietare la festa improvvisando un mini-concerto per la festeggiata. Roxy, anch’essa senza cavaliere, si divertì a giocare con le Pixies e gli animali del castello. Daphne, infine, poiché per quasi due settimane aveva portato avanti un insulso sciopero della fame, si fiondò sul buffet facendo vergognare a morte il marito. Brendon, poco dopo l’inizio dei festeggiamenti, nonostante la Principessa di Domino fosse contraria, si presentò ai genitori adottivi della ragazza.
«Bloom non ci ha mai parlato di cugini su Domino» esclamò, sorpreso, Mike, ricevendo un’occhiataccia da parte della moglie.
«La verità è che ci ha conosciuto da poco. Nostro padre, anni fa, si trasferì su Solaria» replicò, tranquillo, il ragazzo mostrando grande capacità di recitazione.
«Capisco. Comunque è un piacere averti conosciuto Brendon» aggiunse, sorridendo, Vanessa.
D’un tratto il ragazzo notò che Re Oritel si stava avvicinando ai genitori adottivi della figlia. Di conseguenza, onde evitare il crearsi di una situazione spinosa, Brendon, con una scusa, si congedò da Mike e Vanessa, dirigendosi al tavolo del buffet.
«Mike, Vanessa dov’è finito Brendon? Volevo colloquiare un po’ con lui» esordì Re Oritel con tono affettuoso.
«Si è diretto al buffet, ha detto di dover parlare un attimo con la sorella» spiegò Mike.
«Oh… Oritel è davvero un caro ragazzo» sospirò Vanessa, abbracciando il marito.
«Avete ragione! Bloom non poteva desiderare cugino migliore» concluse il Re facendo l’occhiolino ai due.
«Oritel con il tuo permesso, io e mia moglie andremmo a fare “due salti” sulla pista da ballo» esclamò Mike.
«Prendo Marion e vi raggiungo» replicò, divertito, Oritel.
Entrambe le coppie, allora, raggiunsero le ragazze sulla pista e, vuoi la frenesia del ballo vuoi la successiva stanchezza, l’argomento “cugino di Bloom” non fu più toccato per tutta la serata. Brendon, intanto, dopo essersi avvicinato al tavolo del buffet e aver preso da bere per due, si diresse alla vetrata centrale che dal salone dava sul grande terrazzo del castello.
«Fa un po’ freddo, non trovi?» esclamò Brendon, rivolgendosi ad una ragazza dai lunghi capelli verdi, intenta ad osservare il cielo.
«Mi ci sono abituata» replicò Selina girandosi verso l’amico.
«Nessuno con cui ballare?» domandò, sarcastico, il ragazzo porgendole uno dei due bicchieri.
«Diciamo che i ragazzi hanno un po’ paura di me» rispose la fata, dopo aver sorseggiato la bevanda.
«Per quello che hai combinato due anni fa?» chiese, a quel punto, Brendon mettendosi accanto a lei.
«A quanto pare sai già tutto» esclamò Selina, non nascondendo un leggero imbarazzo.
«Elizabeth e Stella mi hanno detto alcune cose» disse l’altro.
«Se sai, come mai non ti faccio paura?» domandò, divertita, la fata dai capelli verdi.
Brendon, all’improvviso, si staccò dal parapetto del terrazzo e, mettendosi dinanzi a Selina, la guardò dritta negli occhi facendola arrossire. Dopo alcuni interminabili secondi, il ragazzo dai capelli neri riprese a parlare:
«So bene cosa sia la paura e tu, mia cara, non hai fatto nulla di spaventoso».
«Che… che cosa vuoi dire?» balbettò Selina con tono preoccupato.
«La gente commette cose ben peggiori…» replicò Brendon.
«…Tu le hai commesse?» incespicò la ragazza con la bocca respirando affannosamente.
«Un tempo…» rispose il ragazzo, poggiando le mani al parapetto in modo tale da bloccare Selina con le sue braccia.
«Cos’hai fatto di tanto grave?» fu la domanda della ragazza, divorata dal dubbio.
«Un giorno forse… forse te lo dirò» concluse Brendon togliendo le braccia dal parapetto e allontanandosi da Selina.
D’un tratto Roxy e Musa, non accorgendosi minimamente della presenza del ragazzo, fecero capolino alla vetrata e, correndo verso la fata dai capelli verdi, cinguettarono in coro:
«Selina sbrigati, dobbiamo fare un numero musicale con le Pixie e ci serve una terza persona».
«No vi prego, sapete che non le sopporto» supplicò la ragazza.
«Avanti muoviti!» insistettero le due, poi, prendendola per le braccia, la trascinarono nel salone.
Brendon, rimasto da solo, si poggiò con la schiena al parapetto e, dopo aver finito la propria bevanda, tirò fuori da uno dei taschini del gilet la fotografia bruciacchiata e una piccola matita. Il ragazzo, come aveva fatto quella sera di novembre, in cui aveva avuto la discussione con Bloom, scrisse sul retro della foto la seguente frase:
10/12/2016 – Selina

Una volta terminato di scrivere, Brendon ripiegò la fotografia e, insieme alla matita, la ripose nel taschino. Il ragazzo, a quel punto, si staccò dal bordo del terrazzo e si apprestò a rientrare nel salone. Tuttavia, a pochi metri dalla vetrata, si fermò e, girandosi di scatto verso il parapetto, fissò l’oscurità della sera. Le sue pupille iniziarono a colorarsi di rosso, mentre le mani tremarono compulsivamente. Brendon si avvicinò nuovamente al bordo del terrazzo e, con un balzo, vi salì sopra. Rimase a guardare per alcuni minuti il giardino reale, respirando affannosamente, poi, dopo aver chiuso gli occhi ormai diventatati incandescenti, si lasciò cadere nel vuoto.
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti! Nella prima parte del capitolo apprendiamo che Elizabeth, in circa un mese di tempo, è riuscita a padroneggiare al meglio i propri poteri e a completare la trasformazione in fata Charmix. A questo punto urge un appunto: so bene che lo “stadio Charmix” non è la trasformazione base di una fata. Le Winx, infatti, lo raggiungono nella seconda serie. La trasformazione, inoltre, prevede la comparsa di una spilla sul vestito e di una borsetta a tracollo o sul fianco. Nella storia, però, ho deciso di “cassare” questa trasformazione e di mantenerne soltanto il nome, che ho dato alla forma base. Tuttavia è opportuno ricordare che negli special delle prime due stagioni di Winx Club, fatti dalla Nickelodeon nel 2010, le ragazze si trasformano nel “livello base” sulle note della canzone “Incredibile Charmix”, facendo credere che sia questo il nome della trasformazione. Detto questo, passiamo alla parte centrale del capitolo: il compleanno di Bloom. La data scelta, il 10 di dicembre, non è a caso. Secondo la trama ufficiale, infatti, Bloom è proprio nata quel giorno XD. La Principessa di Domino, quindi, invita tutti suoi amici al proprio compleanno. La terza parte del capitolo è incentrata sull’arrivo delle Winx e dei loro ragazzi su Domino. A questo punto sono necessarie due precisazioni. Primo: cercate di tenere a mente la “bugia del cugino”, detta a Oritel, Marion, Mike e Vanessa: comporterà importanti conseguenze ad un certo punto della storia. Secondo: il dialogo tra Brendon e Selina è fondamentale per comprendere appieno la “psicologia” del loro rapporto di amicizia, che durante il prosieguo continuerà ad evolversi. La conclusione del capitolo, infine, è rappresentata dallo strano comportamento di Brendon, dal salto nel vuoto e… e non posso dire altro, lo scoprirete nel prossimo capitolo :D. Un’ultima cosa e ho concluso. Poiché un’immagine vale più di mille parole, vi allego il link per la mia cartella di Google Drive, all’interno della quale troverete le foto dei personaggi della storia. Ad esempio, al momento, sono presenti gli outfit delle Winx e lo Charmix di Elizabeth. I primi sono stati realizzati con “Winx club. Create your OC by fantazyme”, mentre il secondo con il gioco “Winx Club Maker”, presente sul sito Dressupwho.com. Adesso vi saluto e vi do appuntamento con i prossimi capitoli :D :D :D.
Yugi95

P.S. un grazie di cuore a MartiAntares, che, con tanta pazienza, mi ha spiegato come realizzare gli outfit delle Winx.

Link Google Drive: https://drive.google.com/open?id=0B3u8B3LCcNM0UElwUVNOWFIyeWs

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Capitolo 16
*** Capitolo XV – La proposta ***


Capitolo XV – La proposta
 
Per una manciata di secondi Brendon si lasciò cadere nel vuoto, poi, una volta riaperti gli occhi tornati alla loro colorazione naturale, smise di precipitare e iniziò a fluttuare nell’aria. Il ragazzo volò rapidamente in direzione del giardino reale. Giunto nei pressi del cancello d’ingresso, scese a terra e proseguì a piedi. Le guardie, adibite a sorvegliare il giardino, si trovavano in una pozza di sangue: qualcuno le aveva sgozzate. Brendon fissò i cadaveri dei due uomini, poi, dopo aver chiuso loro gli occhi, si diresse verso il centro del parco. Il ragazzo dai capelli neri camminava spedito e, senza perder tempo, giunse ben presto alla fontana centrale. Sul basso bordo della struttura in pietra, appoggiato ad uno dei cigni marmorei e parzialmente nascosto dall’oscurità della sera, c’era un uomo. Brendon osservò da lontano lo sconosciuto e questi, sorridendo, ricambiò lo sguardo.
«Ti stavo aspettando»
«Eccomi qui» esclamò Brendon con tono pacato.
Lo strano figuro, allora, si alzò dal bordo della fontana e si andò a posizionare all’altezza di una delle scalette in pietra, che permettevano a chi veniva dal palazzo di raggiungere la vasca d’acqua. L’uomo, rischiarato dalla luce della luna, si mostrò in tutta la sua possenza. Era più alto e muscoloso di Brendon, il volto scavato era caratterizzato da un naso adunco e un mento abbastanza pronunciato.
«Era da tanto che volevo conoscerti» aggiunse lo sconosciuto.
«Ma guarda un po’, io avrei preferito non incontrarti mai» replicò, ironicamente, il ragazzo.
«Ah… quest’atteggiamento come dimenticarlo? C’è proprio tanto di lui in te» esclamò l’uomo abbozzando un sorrisetto da maniaco.
«Chi diamine sei? Cosa vuoi da me?» domandò Brendon con tono serio.
«Io… io sono qui per aiutarti».
«Aiutarmi?! A fare cosa dovresti aiutarmi?» disse il ragazzo dai capelli neri.
«Suvvia sappiamo entrambi cosa vuoi, cosa desideri…. la tua più grande bramosia» continuò l’uomo con voce profonda.
«Mi stai facendo davvero arrabbiare. Dimmi immediatamente il tuo nome» gli intimò il ragazzo, mentre i suoi occhi inespressivi ricominciavano a colorarsi di rosso.
Lo sconosciuto rise in modo maniacale, poi, dopo aver estratto un antico amuleto dorato dalla tasca della sua lunga giacca di pelle, riprese a parlare alzando leggermente il tono della voce:
«Il mio nome non ha importanza. Dopotutto non è un semplice nome a definirci, dico bene? Sono le nostre azioni, le ambizioni e le speranze a descrivere ciò che veramente siamo. Nulla più, ricordalo. In fin dei conti tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Quanti anni sono trascorsi? Dodici… no tredici… tredici anni hai trascorso a scoprire chi o che cosa fossi. Tredici anni alla ricerca di una tua personale verità, combattendo contro tutto e tutti. Ogni volta ti sforzavi di fare la cosa giusta, eppure ai tuoi occhi non era mai abbastanza. Avevi quasi perso le speranze, ti eri rassegnato ad accettare il tuo destino, il tuo vero io. Poi, però, sono arrivate loro… le Winx. A quel punto tutto è cambiato, non è vero? Ti sei lanciato in una nuova avventura, sperando che quelle ragazzine glitterate ti portassero pace e redenzione. Quanto ti sei sbagliato… le Winx non sono quello che credi. Io le ho conosciute, come ho conosciuto il tuo io interiore, la tua parte più profonda e nascosta… Belial».
Quel nome colpì Brendon come un pugno allo stomaco. Il ragazzo iniziò a tremare e, non riuscendo a mantenere il controllo del proprio corpo, ricadde all’indietro. L’uomo, intanto, dall’alto della scaletta lo fissava divertito. Brendon era a terra in preda a forti tremori, si contorceva cercando di sopportare il dolore. I suoi occhi erano sempre più rossi, mentre dal suo corpo iniziava a fuoriuscire una strana aura nera. Il ragazzo soffocò un urlo di rabbia, e, facendosi forza sui gomiti e sulle ginocchia, tentò di mettersi quantomeno a gattoni. Lo sconosciuto, a quel punto, scese le scale e, posizionandosi acconto a Brendon, riprese la parola:
«Guardati, il suo solo nome ti fa tremare come una foglia e perdere il controllo del tuo stesso corpo. Sei patetico, la tua stessa esistenza è patetica».
«Sta… sta zitto!» balbettò Brendon a denti stretti.
«Davvero non capisco come tu faccia a vivere in questo modo» continuò a sbeffeggiarlo l’uomo.
«Taci! Devi tacere» gridò il ragazzo cercando di mantenere il controllo.
«Tuttavia io posso aiutarti. Posso far sì che tutto questo abbia una fine» esclamò, serio, lo sconosciuto.
Brendon, non appena sentì quelle parole, smise di tremare e di provare dolore. Pian piano iniziò a riprendere il controllo di sé, ma, essendo ancora troppo debole, non riuscì ad alzarsi in piedi. Ciò, però, non gl’impedì di continuare a parlare.
«Che cosa vuoi dire?».
«Diciamo che conosco la persona giusta per il tuo problema» continuò l’uomo.
«Stai mentendo. Non esiste fata, mago, o altra creatura magica che possa aiutarmi. Ci ho già provato» replicò Brendon percependo un’immensa frustrazione.
«Chi ti dice che sia una creatura magica?» esclamò, maliziosamente, lo strano figuro.
«Non starai parlando di…» bisbigliò il ragazzo, rimasto ormai senza fiato in gola.
«Ksendras».
Brendon, pervaso dalla rabbia e dall’angoscia, cercò con tutte le proprie forze di rialzarsi, ma lo sconosciuto, poggiandogli un piede sulla schiena, lo costrinse a terra. Il ragazzo, allora, impossibilitato a fare qualsiasi altra cosa, riprese a parlare:
«Come fai a conoscere Ksendras?».
«Oh… è una lunga storia. Una storia vecchia di millenni» replicò l’uomo.
«Parla, non vado di fretta» esclamò Brendon ridacchiando trai denti.
Lo sconosciuto, allora, continuando a premere con la pianta del piede sulla schiena del ragazzo, si schiarì la voce e, allargando le braccia verso il cielo, iniziò a parlare in maniera mistificatrice.
«Quando, miliardi di anni fa, il Drago e la Fenice portarono la vita nell’universo, l’oscurità si vide sottratto il proprio domino. Stelle, pianeti e satelliti iniziarono a risplendere lungo tutta la volta celeste, poi, con il passare dei millenni nacquero le prime forme di vita senzienti. Di conseguenza, andando avanti negli anni, si costituirono le primordiali civiltà, la maggior parte delle quali sopravvive ancora ai giorni nostri. Domino, Solaria, Eraklyon, Terra e gli altri principali pianeti di quello che fu l’universo di Cassiopea, furono i primi mondi ad essere creati e con essi le loro essenze magiche. La pace e l’armonia regnavano incontrastate, la parola “guerra”, a quei tempi, non esisteva e tutti gli abitanti di Cassiopea vivevano felici sui loro mondi di appartenenza. L’Oscurità, allora, spinta dalla sete di potere e dalla vendetta, decise di opporsi all’operato delle due Entità creatrici. Imitando ciò che avevano compiuto ai primordi dell’esistenza il Drago e la Fenice, l’Oscurità conferì a sé stessa una forma corporea: in quel momento si plasmò in Ksendras. Tuttavia consapevole dell’estremo potere delle due Entità, per poter portare a termine il proprio piano di riconquista, Ksendras decise di costituirsi un proprio “esercito”. Sfruttando le debolezze e le paure delle persone, il Signore dell’Oscurità corruppe i cuori di miglia di esseri magici: streghe, maghi, fate, troll, orchi… chiunque presentasse una scarsa forza di volontà, cadeva in suo potere. Benché le fila dell’oscurità crescevano di giorno in giorno, Ksendras sapeva bene che un essere umano, per quanto corrotto e devoto alla causa, poteva sempre trovare la forza di redimersi grazie agli amici e all’amore. Per questo motivo, dando forma a minuscole parti d’oscurità, Ksendras creò i propri luogotenenti: creature prive di sentimenti, incapaci di provare amore, pietà, amicizia, esseri assoggettati alla volontà del proprio creatore e allo stesso tempo parte di esso».
«Ma che bel quadretto familiare» lo interruppe, sarcastico, Brendon.
L’uomo, infastidito dall’interruzione, colpì la schiena del ragazzo con la pianta del piede, poi, dopo aver riso di gusto per il dolore causatogli, riprese il racconto:
«Dalle tenebre, come ti dicevo, nacquero: vampiri, licantropi, spettri, mostri e… demoni. A quest’ultimi fu affidato il compito di vigilare sull’operato di tutti gli altri e d’intervenire, qualora fosse stato strettamente necessario. Noi demoni eravamo i più fedeli servitori del nostro Padrone, eravamo pronti a sacrificare la nostra stessa esistenza per la sua causa. Il nostro creatore, d’altro canto, a differenza di tutti gli atri suoi sottoposti, ci rispettava e teneva in grande considerazione. In particolare Ksendras prediligeva uno di noi, il più potente e spietato demone mai esistito, comandate assoluto dell’esercito dell’oscurità: Belial».
Il corpo di Brendon iniziò nuovamente ad essere percorso da forti tremori, come se fosse attraversato da scariche elettriche. Le sclere degli occhi, le cui pupille erano diventate rosso fuoco, iniziarono a colorarsi di nero, mentre numerose venature vermiglie comparivano sulla loro superfice. Il ragazzo, cercando di controllarsi, stringeva forte il terriccio del giardino reale con la mano desta; con quella sinistra chiusa a pugno, invece, si batteva il petto. Il demone, che si trovava al suo fianco, divertito da quello spettacolo, accovacciandosi sulle gambe, si portò all’altezza del volto di Brendon, contorto in una smorfia di grande dolore, e, con voce profonda, gli sussurrò nell’orecchio:
«Fa male tenerlo dentro, non è vero?».
«Sparisci, va via!» biascicò il ragazzo.
«Non posso, sono qui per riportarlo a casa» replicò l’uomo.
«Se pensi che mi unisca all’esercito di Ksendras… ti sbagli di grosso» esclamò Brendon, cercando di rimettersi a gattoni.
«Oh… ma io non voglio te. A me interessa solo Belial» disse lo sconosciuto, rialzandosi in piedi per non farsi vedere in volto.
«Beh… come ti dicevo prima, non esiste modo per separarci. Quindi se io resto qui, rimane anche Belial» ridacchiò il ragazzo dai capelli neri.
L’uomo, a quel punto, lanciò per terra l’amuleto e, incamminandosi verso l’uscita del giardino, disse:
«Il potere di Ksendras non conosce limiti. Lui può separarti da Belial… può restituirti una vita normale. Dopotutto è questo ciò che hai sempre voluto: vivere in pace e serenità come tutti gli altri. Belial è parte di Ksendras, noi siamo suoi “figli” e quando nostro “padre” ci richiama a sé… niente e nessuno può impedirglielo. Su quell’oggetto sono incise alcune rune magiche, interpretabili esclusivamente da noi demoni. Quando ti sarai deciso, lascia che la tua energia entri in contatto con l’amuleto, in questo modo, sarai immediatamente trasportato dal nostro Signore e Padrone».
Brendon prese tra le mani l’oggetto e, facendosi forza prima sulle braccia e poi sulle gambe, si rimise in piedi. Subito dopo, voltandosi verso il demone, esclamò:
«Perché fai questo?».
«Ksendra ha bisogno di Belial, tu hai bisogno di qualcuno che te ne liberi. In questo modo, entrambi avrete ciò che desiderate» rispose, secco, lo sconosciuto, continuando a guardare il Palazzo Reale.
«Per poter fare ciò che dici, Ksendras dovrebbe essere prima liberato e le Winx non lo permetteranno mai. Io non lo permetterò a costo della mia stessa vita» replicò Brendon, lanciando con disprezzo l’amuleto dorato ai piedi dell’uomo.
Questi, con fare impassibile, raccolse l’oggetto e, dopo esserselo rimesso nel taschino del suo gilet viola, riprese a parlare con il ragazzo:
«Quelle fatine non potranno fermare la tempesta che sta per abbattersi sulla Dimensione Magica. Ksendras non ha bisogno di liberarsi per compiere la sua vendetta. Finché noi esistiamo, lui esiste… finché in quest’universo ci sarà un alito di vita, Ksendras avrà un motivo in più per continuare a vivere. Il nostro Padrone non si fermerà fino a quando ogni fata, strega, uomo, donna e bambino non sarà spazzato via dall’esistenza stessa. Nessuno potrà opporsi alla sua furia… tu, le Winx, la “Compagnia della Luce”, chiunque altro oserà mettersi in mezzo, soccomberete dinanzi il suo potere. Questa volta la distruzione sarà totale».
«Tu sottovaluti la determinazione e la forza di quelle ragazze» esclamò Brendon, incrociando le braccia e abbozzando un sorrisetto di sfida.
«Un tempo si… le ho sottovalutate, ma non accadrà di nuovo. Prima ero solo, adesso non più… adesso ho Ksendras» concluse l’uomo, poi, sollevandosi in aria, scomparve nel buio della notte.
Brendon rimase per alcuni minuti ad osservare il cielo, temendo un possibile attacco a sorpresa dello sconosciuto. Poiché ciò non avvenne, il ragazzo, alzatosi a sua volta in volo, si diresse al grande terrazzo del Palazzo Reale. Una volta raggiunto il castello, con qualche difficoltà causata dal suo fisico ancora debilitato, atterrò sul parapetto del balcone. A quel punto, dopo essersi pulito la giacca e i pantaloni dal terriccio del giardino, rientrò nel salone principale. Non appena varcò la vetrata, Brendon si ritrovò immerso nella gioiosa atmosfera festosa che, quasi un’ora prima, si era lasciato alle spalle. Gli invitati, noncuranti di ciò che fosse accaduto nel giardino, continuavano a divertirsi sulla pista da ballo o, soprattutto Daphne e le Pixie, a saziare i propri appetiti al tavolo del buffet. In particolare il ragazzo rimase colpito da ciò che stava accadendo sul piccolo palcoscenico, allestito dal lato opposto della sala. Musa e Roxy, non si sa come, erano riuscite a convincere Re Oritel e Mike a cantare in onore della loro adorata figlioletta. I due, stonati come campane e incapaci a seguire qualsiasi genere di ritmo, storpiarono tutte le canzoni che la Fata della Musica mise alla console. Brendon, all’improvviso, fu colpito da un forte schiaffo dietro la nuca. Il ragazzo, nonostante fosse ancora intontito, si girò di scatto. Alle sue spalle, però, non trovò demoni o altre creature oscure, ma, Selina, che, sprizzando rabbia da tutti i pori, con le braccia incrociate batteva nervosamente la punta del piede destro sul pavimento.
«Si può sapere che problemi hai?» esclamò Brendon massaggiandosi la testa.
«Bel tipo sei! Mi ha lasciata da sola a cantare con Musa, Roxy e le… le Pixie» mugugnò la ragazza dai capelli verdi.
«Non è colpa mia, se frequenti dei pazzi» replicò il ragazzo.
«Vorrei proprio vederla la gente che frequenti tu» starnazzò Selina, poi, prendendo un lembo della giacca dell’amico, aggiunse con tono malizioso:
«Abbiamo fatto una gita notturna al giardino reale, non è vero?».
«Ma cosa vai farneticando. Questa è la polvere dell’intonaco del parapetto» rispose Brendon sulla difensiva, mentre, dopo aver strattonato la giacca dalla mano della ragazza, strofinava ripetutamente la stoffa per pulirla.
«Polvere che odora di terra bagnata? Pensi sia una sprovveduta, per caso?» insistette la fata dai capelli verdi.
«Senti ma non hai altro da fare?» sbottò il ragazzo dai capelli neri sentendosi, come mai prima di allora, messo alle strette.
Selina, divertita dal comportamento di Brendon, lo prese sotto braccio e, portandolo con sé verso il palco, riprese quel suo “piccolo interrogatorio”.
«Allora, dì la verità: quante donzelle hai portato nei giardinetti?».
«Sei impazzita?» replicò, confuso ed imbarazzato, il ragazzo.
«Avanti, non essere timido. Sarò muta come una tomba» continuò la ragazza sempre più curiosa.
«Spiegami cosa dovrei farci con una o più ragazze in un giardino» sbottò Brendon.
«Oh… fai anche l’imbranato adesso! Come se non l’avessi capito che ci stavi provando con me» cinguettò l’amica.
Brendon si fermò all’istante e, essendo ancora sotto il braccio di Selina, costrinse anche quest’ultima a non procedere oltre. Poi, con fare inebetito, esclamò:
«Cosa?!».
«Prima sul terrazzo, quando hai detto tutte quelle stupidaggini per farti figo. Fortuna che non ci sono cascata e comunque, per quanto tu possa essere carino, non sei il mio tipo» gli spiegò la fata dai capelli verdi, ricominciando a tirarselo verso il fondo del salone.
«Tu… tu pensavi che ci stessi… che ci stessi provando?» balbetto Brendon, non riuscendo a concepire in base a che cosa Selina avesse potuto anche solo sospettare un interesse amoroso da parte sua.
«Non fare quella faccia. Ti ho solo detto che non sei il mio tipo, mica che sei più brutto di Knut» esclamò la ragazza cercando di consolarlo.
«Selina ti stai…» disse il ragazzo, ma la fata lo interruppe.
«Ci sono tante ragazze ad Alfea. Ad esempio Musa è single da due anni, oppure Roxy, tuttavia non so se ami più gli uomini o gli animali».
«Selina mi fai parlare?» sbottò, esasperato, Brendon.
«D’accordo, sentiamo l’ennesima scusa» replicò Selina con fare distratto.
«Io non sono interessato a nessuna di voi, credimi» esclamò il ragazzo.
«Perché dovrei credere alle tue parole. Dopotutto noi Winx siamo le ragazze più desiderate della Dimensione Magica» disse, divertita, la ragazza cercando d’imitare la voce e l’atteggiamento di Stella.
«Per due semplici motivi: primo non ci provo con le ragazze fidanzate; secondo non sono fatto per legarmi sentimentalmente a qualcuno. Quindi, ti prego, non tornare più sull’argomento e, se puoi, non parlarne con nessuno» fu la secca risposta di Brendon.
Il ragazzo, a quel punto, assunse lo stesso atteggiamento serio e distaccato che, qualche ora prima, aveva messo così tanta soggezione e paura a Selina. La fata dai capelli verdi, di conseguenza, comprese la volontà di Brendon e, non volendo perdere l’amicizia dell’unica persona che quella sera, seppur in un modo strano e del tutto fuori dal comune, si era dimostrata gentile con lei, si limitò a sorridergli in segno di approvazione. I due ragazzi, nel frattempo, giunsero ai piedi del piccolo palcoscenico, sul quale i padri di Bloom continuavano ancora a massacrare brani musicali. Selina, su consiglio dell’amico, decise di gettarsi nella mischia della pista da ballo, al fine di potersi svagare un po’. Tuttavia la ragazza non compì neanche i primi passi verso le altre Winx, che una guardia del palazzo, entrata dall’immensa porta d’accesso al salone, corse verso il palco chiamando a gran voce il Re e la Regina. Oritel, sentendo il proprio nome, fece fermare all’istante la musica e si rivolse con tono autorevole al soldato.
«Dunstan, cosa succede?».
«Maestà, ci sono problemi al giardino reale» esclamò il capitano delle guardie, dopo aver preso un bel respiro, a causa del fiatone.
«Cos’è successo? Dove sono Eric e Seymour? Toccava a loro sorvegliare il giardino» intervenne Marion, avvicinandosi al marito.
«Sono… sono morti, li abbiamo ritrovati con la gola tagliata all’ingresso del parco» biascicò Dunstan con le lacrime agli occhi.
Le parole del capitano scatenarono il panico tra gli invitati. Nobili e dignitari di Domino, spaventati dalla situazione, cercarono di correre verso l’uscita spintonandosi tra loro. Le guardie del palazzo, invece, impreparate per una tale evenienza, tentarono di calmare e, a volte con poca mancanza di tatto, di trattenere le persone nel salone, affinché non vi fossero altre uccisioni. Gli Specialisti e i due Paladini, con fare eroico, avevano già sfoderato le loro armi da battaglia. Le Winx, eccetto Selina, in preda all’ansia si erano affrettate a trasformarsi e, pronte a qualsiasi evenienza, iniziarono a svolazzare per il salone. Le Pixie, infine, immobilizzarono Chatta che, convita di poter trovare l’assassino da sola, stava per abbandonare la sala alla ricerca d’indizi. Le urla e le voci dei presenti si accavallarono tra di loro, generando una confusione senza precedenti. Oritel, colpito da tutta quell’agitazione e dalla manca di organizzazione dei suoi uomini, prendendo nuovamente il microfono del Karaoke, urlò con voce possente.
«Silenzio!».
Tutti si ammutolirono e, girandosi verso il palcoscenico, aspettarono che il Re desse istruzioni sul da farsi. Oritel, infatti, una volta ottenuta l’attenzione della sala, con fare risoluto, spiegò la strategia da seguire.
«Vi prego di mantenere la calma! Le guardie reali, guidate da Dunstan e dalla Regina Marion, controlleranno il castello al fine di poterne garantire la sicurezza. Le Winx, coadiuvate dalle Pixie, scorteranno alle loro navette tutti gli invitati, dai quali mi aspetto collaborazione e nervi saldi. Io, gli Specialisti e i Paladini ci recheremo al giardino reale alla ricerca dei responsabili di un atto così vile e terribile. Mi spiace dover interrompere, in questo modo, una così bella festa, ma la vostra sicurezza e quella dei miei uomini viene prima di tutto. Adesso andate e… buona fortuna a tutti».
Non appena il Re ebbe finito di parlare, le guardie reali, al seguito di Dunstan e Marion, si affrettarono a raggiungere l’imponente scalinata, che dal salone d’ingresso del castello portava ai vari piani dell’edificio. Le Winx e le Pixie seguirono dall’alto l’ordinata fila degli invitati, indicando loro la destinazione da raggiungere. Oritel, infine, dopo essersi fatto portare la sua Spada, si diresse al giardino seguito dagli Specialisti.
«Sky, mi raccomando, fa attenzione» gridò Bloom al suo amato con tono preoccupato.
«Sta tranquilla Bloom, sarò cauto e poi ci sono i ragazzi qui con me» le rispose il Principe di Eraklyon con un sorriso.
«Selina sbrigati, dobbiamo raggiungere le altre» esclamò la fata della Fiamma del Drago all’amica, allontanandosi dal salone.
La fata dai capelli verdi, sebbene avesse avuto la prontezza di trasformarsi, era rimasta immobile al proprio posto, bloccata da una miriade di pensieri che le tormentavano l’animo. Nella testa della ragazza, infatti, si faceva prepotentemente strada un’angosciante preoccupazione. Preoccupazione causata da un’immagine che, sebbene fioca e scolorita, le si mostrava davanti agli occhi: la macchia di terreno bagnato sulla giacca di Brendon. Selina cercò disperatamente l’amico per tutto il salone, ormai deserto. Tuttavia di Brendon non vi era neanche l’ombra, così la ragazza, rassegnata e delusa, si diresse, a piedi benché trasformata in fata Enchantix, nello stesso corridoio imboccato da Bloom. Ad un tratto, però, percepì una presenza alle proprie spalle che, impedendole di girarsi, le mise una mano sulla bocca e, con forza la spinse in uno stretto e buio passaggio laterale, alla fine del quale si trovava una scala a chiocciola. Selina, avendo un braccio bloccato dietro la schiena, non riuscì a liberarsi dalla presa e, di conseguenza, fu costretta ad arrampicarsi sull’angusta scala. La salita durò un paio di minuti, al termine dei quali la ragazza e il suo “assalitore” si ritrovarono all’aria aperta sul terrazzino della torre est. A quel punto la fata dai capelli verdi fu liberata e con sua grande sorpresa, grazie alla luce della luna, fu in grado di vedere il volto della persona che l’aveva portata in quel posto.
«Tu hai dei problemi! Ti sembra la maniera di trattare le persone?» urlò Selina a squarcia gola.
«Mi dispiace, ma era l’unico modo» rispose, pacatamente, Brendon.
«L’unico modo per eliminare un testimone scomodo?» replicò la ragazza mettendosi sulla difensiva.
«Se ti riferisci a ciò che è successo nei giardini… io non c’entro nulla» esclamò il ragazzo, mentre si appoggiava alla parete della torre.
«Non negare l’evidenza! Avevi la giacca sporca di terra e, non appena il capitano delle guardie ha avvisato Oritel, te la sei svignata. Tutte le prove sono contro di te!» gridò Selina, mentre le lacrime iniziavano a rigarle il pallido viso.
«Sapevo che avresti pensato una cosa del genere. Per questo ti ho portata qui, volevo…» cercò di rassicurarla Brendon con voce tranquilla.
Tuttavia la fata dai capelli verdi, pervasa dalla rabbia e dalla delusione per l’essersi fidata della persona sbagliata, fece comparire tra le sue mani una sfera di energia verde e, aprendo le ali, senza pensarci due volte si lanciò all’attacco. Il ragazzo, però, senza muoversi alzò il braccio e con la sola mano sinistra parò il colpo, assorbendo l’energia della sfera. Selina, non appena capì il fallimento del proprio attacco, fece un balzo indietro e, assumendo un’espressione stupita, esclamò:
«Come diamine hai fatto?».
«Beh… diciamo che possiedo particolari abilità» rispose, divertito, Brendon - «Adesso però tranquillizzati, non voglio farti del male. Come ti dicevo, prima che m’interrompessi, ti ho portata qui per spiegarti cos’è accaduto nel giardino».
«Perché proprio a me?» replicò la ragazza con tono gelido.
«Perché, oltre Bloom, sei l’unica di cui mi fido ciecamente» esclamò Brendon.
La giovane fata, colpita da quella risposta, sebbene non fosse ancora del tutto convinta della buona fede dell’amico, si decise ad ascoltare la sua versione dei fatti. Brendon, allora, le raccontò di come avesse percepito una strana presenza, la cui energia proveniva dal giardino reale; del ritrovamento dei corpi, ormai senza vita, delle due guardie; il colloquio avuto con l’uomo sconosciuto, autoproclamatosi “figlio/servitore” di Ksendras. Selina rimase in silenzio fino alla fine, poi, dopo che il ragazzo ebbe concluso la descrizione dei fatti avvenuti poco prima, cercò di dare un senso a tutte quelle parole.
«Com’è possibile che esistano, al di fuori di noi, altre persone a conoscenza della minaccia di Ksendras?».
«Non lo so! Elizabeth e le altre, tempo fa, mi dissero che una certa Camille le aveva avvisate dell’esistenza di un fantomatico esercito alle “dipendenze” dell’oscurità» le rispose Brendon scrollando le spalle.
«Si, anch’io sapevo questa cosa, ma tutti i servitori di Ksendras, sempre secondo Camille, dovrebbero essere stati confinati nella Dimensione della Fiamma della Fenice, la tua per intenderci» puntualizzò Selina, mentre iniziava a camminare avanti e in dietro, meditando su una possibile risposta alla domanda.
«Ti posso assicurare che, da come parlava, il tizio appartenesse alla Dimensione Magica. Per di più sosteneva di aver già affrontato le Winx» replicò l’amico.
«Beh… allora se descrivi quest’uomo alle ragazze, loro sapranno sicuramente riconoscerlo» esclamò la ragazza dai capelli verdi.
«Impossibile! Il furbone non si è mai fatto vedere in volto e non ha mai detto il proprio nome» sbottò Brendon.
«Dobbiamo dirglielo lo stesso, la situazione si sta facendo sempre più complicata e… pericolosa» concluse Selina con fare deciso.
Il ragazzo dai capelli neri, però, scosse la testa in segno di disapprovazione. Se le Winx avessero saputo di quell’incontro, il suo più grande segreto sarebbe venuto alla luce. Brendon sapeva bene che le conseguenze di tale verità sarebbero state disastrose. Elizabeth e Max, dopo tanti anni di solitudine, causati dalla sua presenza, avevano finalmente trovato amici sinceri e leali, con i quali condividere le gioie e i dispiaceri della vita. Lui stesso, sebbene non volesse ammetterlo, si era affezionato alle Winx, agli Specialisti e a tutti i loro amici. Era finalmente riuscito a trovare il proprio posto nel mondo, una nobile causa da difendere. Non avrebbe mai permesso che quel mostro, presente all’interno del suo corpo, gli portasse via tutto ciò per cui aveva combattuto… tutto ciò che amava. Tuttavia, nonostante il parere contrario del l’amico, Selina non era intenzionata a cambiare la propria idea. La fata dai capelli verdi temeva che, agendo in quel modo, avrebbero tradito la fiducia dei loro amici, fiducia che la ragazza con non poche difficoltà era riuscita a guadagnare. Brendon, poiché aveva capito che Selina sarebbe stata irremovibile, si convinse che l’unico modo per poter mettere fine a quella discussione e avere l’appoggio dell’amica, consistesse nel raccontarle tutta la verità. Il ragazzo dai capelli neri, allora, riprese la parola.
«Selina dimmi un po’: Elizabeth e Max cosa ti hanno detto di me?».
«In che senso?» replicò, stupita, la ragazza non riuscendo a capire il senso di quella domanda.
«Non saprei, tipo che lavoro faccio, il mio percorso di studi, come ho conosciuto le Winx» spiegò l’amico.
La giovane fata, a quel punto, prese un profondo respiro e, andandosi a posizionare di fianco all’amico, rispose:
«So che sei laureato in Medicina e che hai da poco iniziato a lavorare presso l’ospedale della tua città. Le Winx mi hanno raccontato che le hai salvate da un gruppo di vampiri, non appena giunsero nel tuo universo. Elizabeth, infine, a me e alle altre ha spiegato che sei una sorta di “cacciatore di mostri”, il cui scopo è difendere le persone dalle aggressioni di quest’ultimi».
«Capisco» esclamò Brendon.
«Io invece no! Mi vuoi spiegare cosa centri tutto questo con l’uomo del giardino?» sbottò Selina.
«Abbi un attimo di pazienza. Prima c’è un’altra cosa che non ti ho ancora detto sull’incontro nel parco» replicò il ragazzo, portando le mani dietro la schiena e alzando gli occhi al cielo.
«Cosa?!» domandò la giovante fata con tono preoccupato.
«L’uomo voleva… voleva che lo seguissi. Mi ha fatto una proposta che ovviamente ho rifiutato» le spiegò Brendon.
«Che genere di proposta e perché voleva che tu lo seguissi?» domandò la giovane fata, andando in paranoia.
«Mi ha detto che Ksendras voleva riavere con sé uno sei suoi alleati: un demone di nome Belial» rispose l’amico, mentre le mani iniziarono a tremargli nuovamente.
«Tu lo conosci? Forse hai affrontato quest’essere durante la tua attività di cacciatore» esclamò Selina, cercando di mettere una mano sulla spalla del ragazzo.
Brendon, però, si scostò e, temendo di perdere il controllo, a causa di ciò che stava per dire, si allontanò dall’amica di un paio di metri. Poi dalla sua nuova posizione riprese a parlare.
«Selina io… io non ho affrontato questo demone durante la mia attività, anzi, in realtà, non esiste alcun “cacciatore di mostri”. Mi è stato chiesto di unirmi alla causa di Ksendras, perché sono… sono io Belial».
Il ragazzo percepì nuovamente la stessa sensazione di malessere, che l’aveva tormentato per tutto il colloquio con l’uomo del giardino. Di conseguenza, cercando di contenere il proprio dolore, si accasciò a terra, piegandosi sulle ginocchia. Selina, sebbene fosse rimasta sconvolta da una tale rivelazione, corse dall’amico e, chinandosi su di lui, gli chiese con voce preoccupata:
«Brendon che ti succede? Ti senti male?».
«Non ti preoccupare… è normale. Selina mi devi promettere una cosa…» biascicò il ragazzo, soffrendo come non mai.
«Dimmi» esclamò l’amica cercando di rimetterlo in piedi.
«Non parlarne mai con nessuno. Ti dirò tutto, ma per favore non dirlo agli altri» la pregò Brendon con un filo di voce.
La fata dai capelli verdi, sebbene si fosse ripromessa che non avrebbe mai mentito alle sue amiche, in special modo a Bloom, chinò il capo e con voce tremante rispose:
«D’accordo! Te lo prometto».
A quel punto, seppur a fatica, Brendon sorrise alla ragazza, poi, aiutato da quest’ultima, si diresse in volo alla piattaforma, sulla quale si trovava l’Owl. I due, mentre aspettavano il ritorno dei loro amici, si parlarono a lungo e Selina, alternando fasi di rabbia, tristezza, commozione e gioia, fu messa al corrente di tutta la storia personale dell’amico. Finché, dopo circa mezz’ora, le Winx e i loro fidanzati, distrutti per la fatica e amareggiati per non aver scoperto nulla di utile sull’omicidio delle due guardie, tornarono alla navetta.
«Ecco dov’eravate finiti. Sfaticati che non siete altro!» sbraitò Stella, mentre Roxy ed Elizabeth cercavano di calmarla.
«Selina, a causa dello spavento, non si è sentita bene. Le ho tenuto compagnia, aspettando che si riprendesse» replicò prontamente Brendon, ammiccando alla ragazza dai capelli verdi.
Il gruppo, a quel punto, salì sull’Owl e, in meno di un minuto, ripartì alla volta di Alfea, lasciandosi il Palazzo Reale di Domino alle spalle.
 
************************************************************************************
 
Note dell’autore: Buondì a tutti! Questa volta, a causa della lunghezza del capitolo, giuro sarò rapidissimo. All’inizio scopriamo che Brendon, percepita una strana presenza, si dirige al giardino reale, dove trova ad attenderlo un uomo. Questi, non mostrandosi mai in volto, gli dice che non solo è un seguace/figlio di Ksendras, ma che Belial era il suo demone più potente e fidato. Di conseguenza offre a Brendon l’opportunità di separarsi dal demone, a patto che quest’ultimo ritorni al suo “creatore”. Subito dopo, Selina e Brendon hanno un rapido e alquanto imbarazzante scambio di battute, che sottolinea, da parte di entrambi i ragazzi, la volontà di creare un forte e fidato legame di amicizia. In seguito assistiamo al putiferio scatenato dalla scoperta dei due cadaveri e la sua immediata risoluzione da parte di un autorevole Oritel. L’ultima parte del capitolo, infine, è tutta dedicata ad un secondo dialogo tra Brendon e Selina, attraverso il quale, per la prima volta dopo tredici anni, il ragazzo dai capelli neri racconta tutta la sua storia. Un’ultima cosa e poi concludo. Il legame tra Brendon e Selina, come ho già sottolineato la volta scorsa, è molto importante per il prosieguo della storia. Senza fare spoiler esagerati, posso dirvi due cose: il rapporto tra i due salverà le Winx da una grave minaccia; l’amicizia di Selina per Brendon spingerà altre persone a riconsiderare le proprie convinzioni. Mi fermo qui, scusate se vi ho tediato ancora una volta e grazie per il vostro impegno nel seguire la storia. Vi aspetto per i prossimi capitoli.

Yugi95

P.S. nella cartella di Drive è stata aggiunta la trasformazione Enchantix di Selina, fatta da me con “Winx club. Create your OC by fantazyme”. Purtroppo non avendo trovato nessuna fan art su Selina, ho dovuto inventarmi tutto da solo: spero vi piaccia XD.

P.P.S. poiché, a causa degli impegni universitari, mi risulta difficile pubblicare tre capitoli a settimana, sono costretto, per il momento, a ridurre a solo due uscite. Di conseguenza dal prossimo capitolo, le pubblicazioni saranno di martedì e venerdì. Tuttavia, avendo più tempo tra un capitolo e l’altro, sto preparando una piccola “chicca”, che debutterà insieme alla prossima uscita ;).

Link Google Drive: https://drive.google.com/open?id=0B3u8B3LCcNM0UElwUVNOWFIyeWs

 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI - La voce dell’Oscurità ***


Capitolo XVI - La voce dell’Oscurità
 
In un luogo imprecisato della Dimensione Magica, un uomo, vestito con una lunga giacca di pelle viola, camminava lungo un profondo e stretto canyon. Uno spesso strato di neve ricopriva il terreno, mentre le pareti della gola erano costituite da lastroni di ghiaccio. Dal suolo, inoltre, si alzavano verso l’alto imponenti stalagmiti, composte da roccia e ghiaccio, all’interno delle quali esseri non meglio precisati, sembravano essere imprigionati. Dal soffitto di quella, che sembrava essere un’immensa grotta, invece, pendevano stalattiti appuntite. Non vi era alcuna fonte di luce, tutto era avvolto dalle tenebre e dal silenzio, rotto, di tanto in tanto, da qualche goccia d’acqua, che cadeva da alcune sporgenze rocciose. Tuttavia l’incedere deciso e svelto dello sconosciuto suggeriva che, conoscesse fin troppo bene il posto, in cui si trovava. Nonostante la bassissima temperatura, inoltre, lo strano figuro non sembrava essere minimamente provato dal freddo pungente del luogo. L’uomo, dopo circa cinque minuti di cammino, si ritrovò in un vicolo cieco. Dinanzi a lui, infatti, si stagliava un’imponente parete di ghiaccio, oltre la quale non si poteva procedere. Lo sconosciuto, però, per nulla meravigliato dalla presenza di quello “sbarramento” naturale, si avvicinò lentamente alla parete e, dopo aver sfilato un guanto di pelle nera, appoggiò la sua mano destra su di essa. Subito dopo si sentì un debole scricchiolio, che, nel giro di una manciata di secondi, si trasformò in un possente boato. La barriera di ghiaccio si alzò verso l’alto, lasciando un ampio margine di spazio allo sconosciuto, in modo tale da concedergli di passare. Questi, abbozzando un sorrisetto compiaciuto, dopo aver rimesso il guanto, si apprestò ad attraversare la barriera. Tuttavia, non appena mosse i primi passi, una voce metallica richiamò la sua attenzione.
«Fratello, aspetta!».
Sulla testa dell’uomo svolazzò uno strano e grosso uccello color pece, il cui piumaggio sembrava essere costituito da un fine lenzuolo, lacerato alle estremità. L’esile corpo dell’animale, inoltre, era sormontato da un lungo collo, costituito da una serie di spigolosi anelli concentrici, al termine del quale si trovava una piccola testa, caratterizzata dalla presenza di due taglienti occhi rossi e di un becco adunco.
«Dobbiamo muoverci, ci sta aspettando» replicò l’uomo con la giacca di pelle.
L’uccello, allora, si mosse rapidamente verso il basso e si affiancò allo sconosciuto. Tuttavia, non appena toccò terra, l’animale mutò aspetto: da rapace si trasformò in un umanoide dalla corporatura scheletrica, coperta da una spessa armatura di colore rosso scuro. La testa di questi, inoltre, era sormontata da un elmetto, che lasciava esclusivamente scoperta la parte bassa del volto e, comprendo interamente gli occhi, due pupille incandescenti. Dalla schiena, infine, ancorati ad alcuni spuntoni, presenti sulla parte posteriore della corazza, pendevano fino al suolo brandelli di tessuto.
«Così va meglio» esclamò l’umanoide, massaggiandosi il collo scheletrico.
Entrambi, con passo svelto, imboccarono il nuovo sentiero, creatosi dal sollevamento della parete di ghiaccio, la quale, una volta avvenuto il passaggio dei due, con un tonfo sordo, si richiuse alle loro spalle. L’uomo con la giacca di pelle e lo sconosciuto con l’armatura camminarono fianco a fianco, per un centinaio di metri, immersi nella più totale oscurità, finché giunsero al bordo di un profondo precipizio. A quel punto uno dei due batté le mani. Istantaneamente una decina di fiaccole, presenti sulle ripide pareti di quel pozzo senza fondo, si accesero e, benché le loro fiamme fossero fioche, illuminarono quella, che sembrava essere una sorta di camera rituale. Strane e antiche rune magiche, infatti, erano incise su tre diversi ordini di “sporgenze murarie”, che, simili ad una cornice di stucco, percorrevano, lungo le pareti, tutta la circonferenza di quel luogo. Alle estremità destra e sinistra del bordo del precipizio erano posti due altari in pietra, costituiti da un massiccio basamento al di sopra del quale si trovavano quattro colonnine marmoree, che reggevano un piccolo tetto triangolare. Nello spazio presente, tra le colonne di entrambi gli altari, passava una spessa e robusta catena d’oro, che si andava ad ancorare nelle pareti laterali, delimitanti il baratro. La catena, inoltre, presentava due sigilli d’argento, posti tra le quattro colonnine di ciascun altare e protetti dai tetti di quest’ultimi. Sul muro opposto, infine, troneggiava un imponente bassorilievo di bronzo, raffigurante nove figure femminili, poste in cerchio attorno ad un’altra donna, aventi un braccio alzato. Il personaggio al centro, al contrario, aveva le braccia, formanti un angolo di quasi trenta gradi con il proprio corpo, rivolte verso il basso, in modo tale da mostrare i palmi delle mani. Al di fuori della “composizione”, posto perfettamente al di sotto della persona al centro, era raffigurato un uomo, che stringeva tra le mani una spada. Al di sopra del cerchio, infine, era rappresentata una grande sfera, dalla cui superfice si diramavano una serie di raggi. I due, fermatisi a circa un metro dalla catena d’oro, si inginocchiarono su una gamba e, con voce profonda, esclamarono all’unisono:
«Eccoci!».
Si sentì un sibilo, provenire dalla profondità del dirupo, poi dalle tenebre affiorarono due giganteschi occhi gialli, che, assottigliandosi sempre più, fissarono entrambi gli uomini. Questi, abbassando il capo, rimasero in silenzio ad aspettare, che qualche cosa in particolare accadesse. Poco dopo, infatti, una voce roca ma allo stesso tempo possente, echeggiò per tutta la camera.
«Benvenuti, figli miei».
«È un onore essere alla tua presenza, Ksendras» dissero i due in coro, rialzando leggermente la testa.
«Valtor com’è andato il tuo colloquio?» domandò Ksendras.
«Non bene, mio Signore. Brendon si è rifiutato» rispose l’uomo con la giacca di pelle viola.
«Me lo aspettavo…» replicò, secco, il Padrone delle Tenebre.
«La prossima volta, lo costringerò con la forza» esclamò, furioso, Valtor, stringendo la mano a pugno.
«Pazienza figlio mio, pazienza. Molto presto sarà lui a venire da me» esclamò Ksendras, con fare sicuro.
«Cosa glielo fa pensare, Padrone?» intervenne, all’improvviso, l’umanoide con l’armatura.
«La volubilità della natura umana, mio caro Lord Darkar» fu la risposta del padre di tutti i demoni.
«Mio Signore…» balbettò Valtor
«Si?» lo incalzò Ksendras.
«Mio Signore, mi perdoni se glielo chiedo, ma è proprio necessario l’intervento di quel ragazzo?» biascicò il demone, temendo una possibile reazione del suo interlocutore.
Ksendras, volgendo i propri occhi su Valtor, con voce carica di rabbia, urlò.
«Il ragazzo è tutto! Non possiamo fare nulla senza la sua presenza».
«Capisco» sibilò l’uomo dai lunghi capelli biondo platino, chinando nuovamente il capo.
Calò il silenzio, finché la Fenice d’Ombra, con voce tremula, si rivolse, una seconda volta, al suo creatore.
«Padrone, per quanto riguarda Belial?».
«Una cosa per volta, Darkar!» sentenziò Ksendras con voce stizzita, poi, continuando a rivolgersi al demone, aggiunse: «Innanzitutto, hai fatto ciò, che ti avevo chiesto?».
Lord Darkar, a quel punto, si mise in piedi e, con andatura decisa, si avvicinò al baratro, facendo attenzione a non toccare la catena dorata. Il demone, poi, dopo aver fatto comparire tra le sue mani una piccola scatola di legno decorata, spiegò il suo operato.
«Ho eseguito gli ordini alla perfezione. Grazie alla fusione tra la mia “scintilla oscura” della Fiamma della Fenice con quella della Fiamma del Drago di Valtor, sono riuscito, come lei stesso mi aveva saggiamente consigliato, ad aprire un passaggio verso l’altra metà di Cassiopea. Una volta giunto sulla Terra di quella dimensione, mi sono recato dai nostri vecchi “alleati” e li ho convinti a combattere, ancora una volta, dalla nostra parte. Subito dopo, seguendo nuovamente le sue direttive, ho recuperato l’oggetto».
«Bene… molto bene, Lord Darkar» esclamò, compiaciuto, il Signore dell’Oscurità.
Dall’abisso, allora, si alzò, verso il cofanetto di legno, un sottile filamento nero, composto da un materiale sconosciuto. Questi, giunto all’altezza della scatola, tenuta tra le mani di Lord Darkar, la inglobò in una sorta di capsula semitrasparente. All’interno di quella bolla “ectoplasmatica” si scatenarono piccolissimi fulmini, che con forza colpirono il contenitore di legno. Le scariche durarono all’incirca un minuto, poi, la capsula si dissolse e il filamento nero ripose, nuovamente, la scatola nelle mani scheletriche del demone. Darkar, a quel punto, stringendo l’oggetto alla corazza, chinò leggermente il capo in segno di riverenza e, camminando all’indietro senza voltare le spalle al dirupo, tornò al suo posto, accanto a Valtor. Il filamento nero, invece, si afflosciò di colpo e, come un corpo morto, ricadde nell’abisso. Ksendras, poi, riprese a parlare.
«Darkar, figlio mio, assicurati che, la scatola sia consegnata al nostro “amico”. Quando lo incontrerai, mi raccomando, comunicagli anche le ultime novità. In questo modo sarà pronto ad ogni evenienza».
«D’accordo… padre» rispose il demone con voce decisa.
«Valtor…» esclamò, all’improvviso, Ksendras, volgendo i suoi occhi giganteschi in direzione dell’uomo dai capelli biondo platino.
«Mio signore?!» replicò il demone, rialzando la testa.
«Ho un compito per te. Ascoltami bene» disse il Padrone delle Tenebre.
«Mi… ...mi… dica» balbettò Valtor, mentre si rialzava in piedi.
Questa volta dal precipizio si alzarono quattro filamenti neri, più spessi di quello precedente, che, muovendosi in direzioni opposte, andarono a posizionarsi davanti le fiaccole, che illuminavano la camera. Questi si avvicinarono sempre più alle fioche fiammelle, fino a quado non le toccarono con la loro estremità appuntita. A quel punto a quattro delle dieci fiaccole fu sottratta una scintilla di luce, che si andò a legare a ciascun filamento. Le scintille, allora, attaccate alle punte delle quattro strutture filiformi, iniziarono a muoversi nell’aria, disegnando, grazie alla loro scia luminosa, un oggetto a forma di parallelepipedo irregolare, molto simile ad un portagioie.
«Lo riconosci?» esclamò Ksendras, subito dopo che i filamenti cessarono di muoversi.
«Quello… quello è lo “Scrigno di Agador”» balbettò, incredulo, l’uomo.
«Valtor devi recuperare quella reliquia. Ho bisogno che tu mi porti lo “Scrigno di Agador” e, soprattutto, il suo contenuto “l’Occhio delle Antenate”» spiegò il Signore dell’Oscurità.
«A cosa le serve l’Occhio?» domandò Valtor con curiosità.
Ksendras, non appena svanì la rappresentazione dello Scrigno, spiegò al fidato alleato il motivo di quella richiesta così strana.
«Figli miei, da quando vi ho riavuto con me, siete sempre stati messi al corrente di tutto: i miei pensieri, le mie preoccupazioni, i miei insegnamenti… non hanno più segreti per voi. Tuttavia, nonostante il rispetto e la fiducia, che nutro nei vostri confronti, c’è ancora una cosa, che dovete sapere. Alcuni anni dopo il mio imprigionamento, le Streghe Antenate, alle quali, era stata affidata la cura e la salvaguardia di quella piccola parte della Fiamma della Fenice, presente nella Dimensione Magica, iniziarono a cospirare contro il loro stesso universo. Le tre, accecate dalla sete di potere e di conoscenza, cercarono un modo, che garantisse loro la possibilità di conquistare tutti i mondi conosciuti. Tuttavia, poiché compresero che da sole non sarebbero mai riuscite a portare a termine il loro piano, decisero di chiedere il mio aiuto. Ricordo bene il giorno in cui, 660 anni fa, si presentarono in questa camere rituale. Le tre sorelle, nonostante fossero le streghe più potenti del loro tempo, rimasero terrorizzate, quando mi manifestai loro. Alla fine, però, accertata la mia impossibilità di fargli del male, presero coraggio e, con atteggiamento irrispettoso e meschino, pretesero la cessione di parte dei miei poteri. Ovviamente mi rifiutai e, sebbene non potessi ferirle in alcun modo, le maledissi, condannandole a sopportare, sul loro stesso corpo, la deformità delle loro anime corrotte. Tuttavia, sarebbe inutile negarlo, il mio fu un gesto imprudente e alquanto sciocco. Le Streghe Antenate, infatti, molto note per il loro atteggiamento vendicativo, prima di andarsene per sempre da questo posto, mi condannarono ad un ulteriore prigionia. Apposero, nella parte centrale della catena dorata, un terzo sigillo, oltre a quello del Drago e della Fenice, che può essere spezzato esclusivamente attraverso il loro potentissimo amuleto: l’Occhio delle Antenate».
«Maledette!» esclamò Darkar pieno di rabbia, dando un pungo nella parete.
«Quelle tre approfittatrici, mi spiace solo di non potergliela far pagare con le mie stesse mani» aggiunse Valtor, colpendo con il pugno destro il palmo della mano sinistra.
«Calmatevi! Le Antenate non ci sono più, dobbiamo pensare al presente, adesso!» intervenne Ksendras con voce greve.
«Perdonaci, padre. Come ben sai, le tre sorelle hanno approfittato anche di noi» biascicò Darkar, avvicinandosi al precipizio.
«Ci hanno usati, come dei semplici strumenti magici, poi, quando non gli siamo più serviti, ci hanno buttato via» aggiunse, pieno di risentimento, l’uomo con la giacca viola, mentre si avvicinava all’altro.
Ksendras non replicò subito, ma, limitandosi a chiudere i suoi grandi occhi gialli, rimase in silenzio per diverso tempo. Dopo aver meditato a lungo, il Signore dell’Oscurità riprese la parola.
«So che avete sofferto molto, dopo la mia scomparsa. Vi hanno braccato come animali, dato la caccia fino all’ultimo pianeta della Dimensione Magica. Troppo orgogliosi per chiedere l’aiuto di qualcuno, troppo deboli per poter combattere, vi deste alla macchia. In disparte assistesse al rapido cambiamento di una realtà, che già vi aveva dimenticati. No… ci aveva dimenticati! Quella dannata Custode e i suoi amici fecero in modo, che tutti quanti noi fossimo cancellati dall’esistenza: i nostri sforzi, i nostri ideali, la nostra potenza. Continuarono a cercarvi in gran segreto: voi nascosti nelle grotte sotterranee, loro adagiati negli ozi dell’eterea sub-dimensione del Regno Dorato. Voi cadevate sempre più in basso, mentre loro si ergevano a strenui difensori di quell’abominio, che chiamano Dimensione Magica. Due esseri, che per quel nuovo universo non dovevano neanche esistere, contro l’inarrivabile e l’infallibile “Consiglio degli Anziani”. Quante bugie… quante falsità furono raccontate. Alla fine, dopo anni di estenua e coraggiosa ribellione, foste ritrovati ed affrontati. I membri del Consiglio vi massacrarono, non ebbero alcuna pietà. Nei tempi antichi gli spietati eravamo noi, adesso, invece, qualcun altro ci contende il primato. La paura che, con la vostra cattura e prigionia, le verità celate venissero alla luce, li aveva corrotti… li aveva resi schiavi della fama e del potere. Perdeste il vostro corpo demoniaco e, non potendo tornare dal vostro creatore, foste costretti a vagare, senza una meta… senza una propria coscienza, sotto forma di minuscole ed insignificanti particelle d’oscurità».
Ksendras fece una breve pausa, per aggiungere una sorta di “suspense” al proprio racconto. Valtor e Darkar, allo stesso modo, rimasero in silenzio. Nonostante conoscessero bene la storia della loro vita, rimasero pietrificati dalle parole del loro Creatore. La rabbia e la frustrazione s’impressero sui loro volti, mentre entrambi i corpi furono percorsi da un leggero tremore. Il Signore dell’Oscurità, dopo una decina di secondi, ricominciò a parlare.
«Per secoli continuaste a muovervi, a vostra stessa insaputa, da un mondo all’altro. Finché, non più di ventiquattro anni fa, capitaste nella sub-dimensione di Obsidian. In quel luogo, contenente una delle quattro scintille della Fiamma della Fenice, vi si erano rifugiate le Streghe Antenate, perché orribilmente mutate nell’aspetto e nella forza, a causa mia. Le tre rimasero colpite dalla vostra presenza, d’altronde eravate le ultime particelle viventi dell’immensa e potente Oscurità, la quale, in questo mondo, non sarebbe dovuta più esistere. Le Streghe, però, avendo combattuto al fianco dei Custodi, riconobbero, sebbene fosse quasi del tutto affievolita, la vostra energia e decisero di sfruttarla a loro piacimento. Dopo secoli, avevano finalmente ottenuto ciò, che bramavano di più: il mio potere… il potere di Ksendras. Le Antenate, a quel punto, imitando l’esempio del creatore di questa mia prigione, decisero di fondere i due poteri ancestrali con il mio. Poiché il suo totale impiego avrebbe comportato la distruzione della sub-dimensione e, conseguentemente, l’allerta del Consiglio degli Anziani, le tre sacrificarono soltanto una piccolissima parte, della scintilla della Fiamma della Fenice, presente ad Obsidian, per unirla con uno di voi: in questo modo rinascesti tu… Lord Darkar. In seguito, le Streghe, utilizzarono il potere, donato loro dal Drago per essere immortali, e fusero una piccolissima parte della sua Fiamma con l’ultimo rimasto di voi due: tu… Valtor, figlio mio. Le Streghe Antenate, una volta compiuta la loro opera, vi cancellarono tutti i vostri ricordi, vi privarono del vostro passato e, muovendovi come delle pedine su una scacchiera, vi lanciarono alla conquista della Dimensione Magica. Tuttavia, non essendo consci delle vostre reali capacità, entrambi falliste per ben due volte».
Ksendras terminò quella sua “ricapitolazione” e, in silenzio, attese che i suoi subordinati dicessero qualche cosa. Valtor e Darkar, però, non aprirono bocca e, in segno di umiliazione, si limitarono a chinare il capo. Il Signore dell’Oscurità, allora, avendo capito che nessuno dei due avrebbe risposto a quella sua provocazione, fece loro una domanda.
«Figli miei, secondo voi perché vi ho ripetuto questa storia?».
Valtor, non riuscendo più a trattenere l’ira, che provava nei suoi stessi confronti, dandosi un pugno sul petto, urlò forte.
«Perché siamo due incompetenti! È questo l’unico motivo».
«Valtor ha ragione… ti abbiamo sempre deluso. Non meritiamo neanche di definirci tuoi figli» aggiunse Darkar, con un tono di voce misto tra la rabbia e la delusione.
«Vi sbagliate!» replicò, secco, Ksendras.
«Come?!» esclamarono in coro i due, non riuscendo a trattenere lo stupore.
«Tutti questi eventi suggerisco un’unica grande verità: per quanto le persone cerchino di ostacolarci, il destino ci favorisce sempre» spiegò il loro Creatore.
I due demoni non capirono appieno le parole di Ksendras ma, essendo contenti di non averlo deluso, non diedero importanza alla cosa. Valtor, poi, desideroso di mettersi subito al servizio del proprio Padrone, domandò:
«Dove trovo lo Scrigno?».
«Lo Scrigno di Agador e l’Occhio delle Antenate si trovano entrambi ad Alfea» rispose Ksendras.
«Padre, ho un dubbio» esclamò, pensieroso, il demone dai lunghi capelli color platino.
«Dimmi» disse il suo Creatore.
«Ho già rubato quell’oggetto in passato. Tuttavia entrare ad Alfea non è semplice come al Museo di Magix. Cercando di prendere lo Scrigno, inoltre, rischierei di essere visto» spiegò Valtor.
«Non devi preoccuparti di questo, perché non sarai tu a rubare lo Scrigno» replicò Ksendras.
«Non capisco» esclamò, confuso, l’uomo, cercando una risposta nello sguardo di Darkar.
Il demone con l’armatura rossa, però, scrollando le spalle, gli rispose di non aver compreso nemmeno lui la risposta del loro Padrone. D’un tratto il terreno ghiacciato tremò sotto i loro piedi. I due demoni, a causa delle scosse, furono sbalzati all’indietro, e, soltanto ricorrendo ai loro oscuri poteri, riuscirono a non subire danni. Dal pavimento della camera rituale, dinanzi agli occhi sbigottiti di Valtor e Darkar, spuntarono tre grandi lastre di ghiaccio.
«Avvicinatevi figli miei. Non abbiate paura» sibilò Ksendras, con voce stranamente roca.
«Padre cosa sono?» domandò Lord Darkar, mentre osservava quegli stranissimi spuntoni.
«Quelle… sono celle di contenimento!» esclamò Valtor, avvicinandosi alla lastra centrale.
«Esatto Valtor» disse il Signore dell’Oscurità con voce compiaciuta, per poi aggiungere: «Anche tu sei stato, per un certo periodo, rinchiuso in una di queste. Non è vero?».
«Si! Quando la Compagnia della Luce mi sconfisse, fui imprigionato nella Dimensione Omega per diciassette anni» puntualizzò, rammaricato, il demone.
«Ksendras, chi sono questi tre ragazzi?» chiese Darkar, dopo essersi avvicinato agli spuntoni di ghiaccio.
«Perché non lo chiedi direttamente a loro?» replicò il Padrone delle Tenebre.
Per l’ennesima volta, dal precipizio si sollevarono tre filamenti color pece, che, oltrepassata la spessa catena dorata, si portarono dinanzi i tre blocchi di ghiaccio. A quel punto, le loro estremità appuntite colpirono con forza le lastre, che avevano davanti. Il ghiaccio, che avrebbe dovuto imprigionare per secoli qualsiasi cosa si celasse al suo interno, si frantumò, liberando i tre ragazzi.
«Dove… dove siamo?» balbettò un giovane dai capelli rossi.
«Non lo so! Ahia… che mal di testa» sbottò un altro dai capelli biondi, coperti con un capello
«Le Winx?! Che fine hanno fatto… stavamo combattendo contro di loro» esclamò, confuso, il terzo giovane, avente la pelle di colore.
«Potete stare tranquilli, quelle mocciose non si trovano qui» disse Darkar con voce divertita.
I tre, poiché ancora confusi, a causa della lunga prigionia, non si erano minimamente accorti di non essere soli. Di conseguenza si girarono di scatto, rimanendo stupiti dalla presenza dei due demoni.
«Chi siete voi due?» esordì, minaccioso, il ragazzo dai capelli rossi, mettendosi sulla difensiva.
Valtor e Darkar non risposero, ma, limitandosi ad alzare le loro braccia, indicarono al trio il profondo abisso, nel quale si trovava Ksendras. I ragazzi, allora, seppur diffidenti, si voltarono nuovamente e, facendo attenzione ai possibili movimenti di quei due sconosciuti, si avvicinarono alla catena dorata. I tre, una volta raggiunto il bordo del precipizio, non riuscirono a nascondere un’espressione di paura e sgomento, che s’impresse sui loro volti. I giganteschi occhi gialli di Ksendras li osservarono per diversi secondi, poi, con fare accomodante, il Signore dell’Oscurità prese la parola.
«Siate i benvenuti, nella mia alquanto umile dimora».
«Cosa… …cosa… sei» balbettò, terrorizzato, il ragazzo biondo.
«Il mio nome è Ksendras» replicò l’Oscurità.
«Perché ci troviamo qui?» chiese quello con i capelli rossi, con voce tremante.
«Non ricordate proprio nulla?» esclamò, divertito, Ksendras.
«Ecco… non saprei. Stavamo combattendo contro le Winx: era la nostra convergenza magica contro la loro…» biascicò il ragazzo di colore, per poi essere interrotto da quello con i capelli biodi.
«I nostri incantesimi si stavano scontrando a mezz’aria, ci fu un forte bagliore di luce, poi… poi più nulla».
«Siamo stati sconfitti non è vero?» domandò, furioso, quello che sembrava essere il leader del gruppo.
«Si!» fu la secca risposta di Ksendras.
«Dannazione!» urlò il ragazzo dai capelli biondi, strapazzando tra le mani il cappello, che aveva sulla testa.
«Calmati Gantlos!» esclamò quello di colore, poi, rivolgendosi al Padrone delle Tenebre, chiese «Cosa ci è successo?».
«Dopo la vostra sconfitta, foste imprigionati nei ghiacci della Dimensione Omega» spiegò Ksendras.
«Sei stato tu a liberarci?» domandò il ragazzo dai capelli rossi.
«Si, sono stato io» rispose, compiaciuta del proprio operato, l’Oscurità.
«A cosa dobbiamo tutta questa gentilezza?» replicò Gantlos con sarcasmo.
«Adesso, lo saprete!» sentenziò Ksendras, con fare lapidario.
Non appena furono pronunciate quelle parole, i tre filamenti d’oscurità, rimasti per tutto quel tempo accanto ai frammenti delle lastre di ghiaccio, si mossero rapidamente verso i ragazzi. Questi, senza accorgersi di nulla e, quindi, impossibilitati a difendersi in alcun modo, furono trafitti all’altezza del cuore. I tre, dopo aver accusato il colpo, già fortemente debilitati dalla lunga prigionia, caddero sulle loro ginocchia. Valtor e Lord Darkar, in disparte, osservavano divertiti la scienza. D’un tratto le strutture filamentose, sempre ancorate al petto dei ragazzi, furono attraversate da micidiali scariche elettriche, che, con potenza inaudita, li colpirono. Le urla di dolore furono strazianti, i corpi di Gantlos e dei suoi amici iniziarono a contorcersi, in preda agli spasmi causati dalla corrente. Ksendras, insieme ai suoi due “figli”, invece, rideva follemente. I fulmini durarono una trentina di secondi, poi, una volta che le scariche ebbero fine, i filamenti si ritirarono, tornando nell’abisso, e i ragazzi, ancora in ginocchio, rimasero fermi con la testa abbassata e le braccia afflosciate lungo il corpo. Il Signore dell’oscurità, allora, prese nuovamente la parola e si rivolse autorevolmente ai tre.
«Ogron, Gantlos, Anagan, potenti Stregoni del Cerchi Nero, alzatevi!».
Gli stregoni, a quel punto, senza mostrare fatica, si rimisero in piedi. I loro corpi non presentavano la benché minima traccia di ferite o segni, lasciati dalla pesante scarica elettrica. Al contrario i tre sembravano essere tornati nel pieno delle loro forze: tutti i disagi e i problemi, causati dal loro lungo periodo d’inattività, erano del tutto scomparsi. Ciascuno di loro, riabilitato nel fisico e nella mente, aveva impresso sul volto un sorriso maligno… un sorriso di vendetta. Ksendras, stringendo lo sguardo sui suoi nuovi alleati, disse:
«Io Ksendras, Signore dell’Oscurità, vi restituisco pieni poteri e conoscenze. Vi accolgo tra le mie fila di guerrieri, con la speranza che, ciascuno di voi possa perorare, con impegno e devozione, la nostra causa. Tutto ciò, che vi chiedo, è la completa sottomissione all’Oscurità e al suo volere».
«Potente Ksendras, ti ringrazio per averci restituito e potenziato i nostri poteri. Hai tutta la nostra lealtà» disse Ogron, parlando a nome del gruppo.
«Valtor, Darkar… avvicinatevi» ordinò il Signore dell’oscurità, rivolgendosi ai suoi figli.
«Eccoci» esclamarono i due, mentre si affiancavano agli stregoni.
«Ho bisogno della collaborazione di tutti voi» esclamò, secco, Ksendras.
«Siamo qui per servirti» risposero in coro i cinque.
Il Padrone delle Tenebre, allora, spiegò ai suoi sottoposti l’ultima parte del suo piano.
«Ogron, Gantlos… voi affiancherete Valtor nel recupero dello Scrigno di Agador. Poiché avete la capacità di mutare le vostre sembianze, entrerete ad Alfea senza troppe difficoltà e ruberete la reliquia. Valtor, invece, vi aspetterà all’esterno dell’edificio, nella foresta, che circonda la scuola. Una volta che avrete recuperato lo Scrigno e l’Occhio, tornerete immediatamente qui».
«Sarà fatto» esclamarono i tre, facendo un piccolo inchino.
Ksendras, poi, si rivolse a Lord Darkar.
«Darkar, dopo aver consegnato ciò, che è contenuto nella scatola di legno, recati nuovamente nella Dimensione della Fiamma della Fenice. Raduna quanti più nostri alleati riesci a contattare e portali qui».
«D’accordo, mio Signore. Tuttavia posso chiederle il motivo di tale convocazione? In fin dei conti non siamo ancora pronti…» rispose il demone con l’armatura.
«Dobbiamo iniziare a “muovere le acque”» replicò il suo Creatore, con fare misterioso.
Il Signore dell’Oscurità, infine, posò i propri grandi occhi gialli sul suo ultimo servitore, rimasto ancora senza un incarico: Anagan. Ksendras, a quel punto, gli disse.
«Anagan ho bisogno della tua straordinaria velocità».
«I miei poteri sono al tuo servizio. Cosa devo fare?» esclamò lo stregone.
«Devi recarti nel sottosuolo di Magix» replicò Ksendras.
«A quale scopo?» domandò il ragazzo.
«Ci sono due “palle di pelo”, che devi recuperare per me. Sta attento alla femmina… morde!» spiegò il Creatore dei demoni, con tono ironico.
«Come tu desideri» sibilò il ragazzo.
Dopo aver assegnato a ciascuno dei suoi subordinati un compito ben preciso, Ksendras levò i suoi grandi occhi gialli verso il soffitto della camera rituale e riprese la parola.
«Ben presto questa mia prigionia avrà fine. A quel punto nessuno potrà più fermarci… l’Oscurità tornerà a regnare incontrastata per l’universo».
«Avremo la nostra vendetta, contro chi ci ha umiliato e relegato a vivere come dei reietti» intervenne Lord Darkar.
«La Dimensione Magica sarà soltanto un vago ricordo, instaureremo un nuovo regno… un regno di tenebre» aggiunse Valtor, muovendo i suoi lunghi capelli.
«Le Winx, il Consiglio degli Anziani, la Compagnia della Luce soccomberanno… soccomberanno tutti al nostro potere, alla nostra furia» esclamarono in coro i tre stregoni.
«Figli miei, ben presto vostro fratello sarà qui… anche Belial avrà la propria vendetta» sentenziò Ksendras.
«Belial… forse lui è quello, che ha pagato il prezzo più alto» biascicò Darkar.
«Lord Darkar, se il nostro piano andrà a buon fine, saremo di nuovo tutti insieme» replicò il Signore dell’Oscurità.
«Questa volta non falliremo» aggiunse Valtor, con voce sicura.
«Esatto!» gridarono gli Stregoni del Cerchio Nero.
Ksendras, subito dopo aver accolto l’entusiasmo dei propri uomini, chiuse i suoi occhi e, con voce debolissima, quasi impercettibile, pronunciò le sue ultime parole.
«Come ben sapete il mio tempo, qui con voi, è limitato. Tuttavia, prima di congedarmi, voglio lasciarvi un ultimo monito. Qualsiasi cosa facciate, qualsiasi cosa pensiate, deve sempre esservi chiara una cosa… il cuore del ragazzo deve essere corrotto. Il nostro piano non può avere seguito, se la persona, di cui abbiamo più bisogno, resterà salda ai propri principi. Non manca molto, in fondo è già sulla buona strada. Il ragazzo, al momento, è sul bordo di un precipizio tocca a noi dargli una leggera spinta».
I presenti, ascoltate con grande attenzione le parole del loro padrone, fecero un piccolo inchino e, in coro, esclamarono.
«Il fallimento del ragazzo sarà il nostro successo».
Non appena i cinque dissero quelle parole, la terra sotto i loro piedi tremò e le fiaccole, appese alle pareti della camera rituale, si spensero. Tutto fu buio… tutto fu oscurità.
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti. Come avrete sicuramente notato, questo capitolo è leggermente diverso dai precedenti. Parafrasando il suo stesso titolo, possiamo tranquillamente affermare che, in questa storia, si è voluta dar voce all’altra faccia della medaglia: i cattivi. Inizialmente il dialogo tra Ksendras, Valtor e Darkar (gli Stregoni del Cerchio Nero non sarebbero dovuti ancora comparire) doveva essere limitato alle prime tre pagine di Word, poi si sarebbe dovuto interrompere. Tuttavia, mentre scrivevo, mi sono reso conto che non potevo “limitare” il rapporto tra Ksendras e i suoi “figli” a 700-800 parole. Di conseguenza ho preferito dedicare a questi personaggi, aggiungendo anche Ogron, Gantlos e Anagan, maggiore spazio ed attenzione. In questo modo ho potuto approfondire la storia, antecedente alla serie, di Valtor e Lord Darkar, mettendo in evidenza: il loro rapporto con Ksendras e la sua successiva prigionia; il modo in cui hanno ottenuto parte dei poteri ancestrali; la loro relazione con le Antenate. Allo stesso tempo ho portato alla luce il legame esistente tra le tre Streghe Antenate e Ksendras, in modo tale da conferire una sorta di filo logico-cronologico alla storia. In seguito ho introdotto gli Stregoni del Cerchio Nero, sui quali più in là cercherò di chiarire, almeno per quanto riguarda la mia storia XD, in quale periodo, o arco temporale, si collochino i loro attacchi alle fate terrestri, dal momento che nella serie tutto è molto confuso. Detto questo veniamo al vero scopo di questo “capitolo dei cattivi”. Ksendras vuole tornare libero e per farlo decide di attuare un piano, che prevede diversi “ingredienti”. Ad ognuno dei personaggi, presenti nel capitolo, viene affidato un compito ben preciso… una missione da portare a termine. Tuttavia, per il momento, non ci è dato sapere in che modo, oltre l’utilizzo dell’Occhio delle Antenate, il Signore dell’Oscurità riuscirà a liberarsi. L’unica cosa certa, che, oltre i personaggi della storia, ciascuno di noi deve tenere a mente, è il monito finale di Ksendras: “il cuore del ragazzo deve essere corrotto”. Quest’affermazione è fondamentale, forse la più importante di tutte, per capire fino in fondo la storia.  Un’ultima cosa e poi concludo. Più che altro è informazione tecnica quella, che devo darvi. Purtroppo il presente capitolo, che sarebbe dovuto uscire venerdì 11, è uscito oggi, lunedì 14. So bene di avervi promesso due uscite a settimana: una il martedì e una il venerdì. A causa dell’Università, però, devo ulteriormente ridurre le uscite ad una volta alla settima: il lunedì. Tuttavia, non appena finiranno i corsi (inizio dicembre :D), le uscite torneranno regolari ;). Detto questo, dopo avervi assillato per l’ennesima volta, vi saluto e vi do appuntamento con il prossimo capitolo
Yugi95

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Capitolo 18
*** Capitolo XVII - La Camera delle Simulazioni ***


Capitolo XVII - La Camera delle Simulazioni
 
Una volta tornate ad Alfea, le Winx ripresero i loro allenamenti. Le ragazze, infatti, ad esclusione del 16 di dicembre, giorno in cui si recarono su Zenith per festeggiare il compleanno di Tecna, dedicarono tutto il loro tempo e le loro energie ad esercitarsi, in vista del futuro scontro con Acheron. Daphne, Roxy, Selina e Elizabeth, oltre a controllare che nessuno disturbasse le loro amiche, provarono, nell’anfiteatro della scuola, luogo in cui si trovava anche la Camera delle Simulazioni, più e più volte la convergenza d’amplificazione magica, ottenendo in breve tempo ottimi risultati. La futura Regina di Domino, grazie al potere Bloomix e al suo essere una delle nove “Ninfe di Magix”, era in grado di percepire anche la più piccola particella di Fiamma del Drago a migliaia di chilometri di distanza. Di conseguenza l’incantesimo di richiamo, necessario per permettere alle altre Winx di entrare nel Legendarium, sarebbe stato, per lei, una passeggiata. Roxy e Selina, dopo aver trascorso un anno insieme ad Alfea, avevano sviluppato un legame di amicizia e fiducia molto forte. Questo, unito al fatto che, entrambe avevano raggiunto l’Enchantix, gli permetteva di creare una perfetta e armoniosa fusione delle loro essenze magiche, in modo tale da garantire un’amplificazione dell’energia senza precedenti. Elizabeth, infine, nonostante la sua forma Charmix la rendesse la fata più debole della convergenza, sfruttando l’enorme potenziale dei propri poteri, riuscì, fin dal primo momento, a tenere il passo delle altre, portando a compimento l’incantesimo di Oppositus tutte le volte. Bloom e le altre cinque Winx, invece, trascorrendo quasi otto ore al giorno nella Camera delle Simulazioni, affinarono le loro capacità tattiche, magiche, di volo e, ottenendo quasi sempre scarsi risultati, di combattimento corpo a corpo. Ciascuna, avendo ormai da tempo capito che, la posta in gioco era alta, diede in ogni occasione il meglio di sé, impegnandosi, come non mai, per quella, che si prospettava essere una delle loro imprese più ardue.
«Dardi di clorofilla» urlò Flora, aprendo le mani in direzione di Aisha e scagliandole contro centinai di verdi petali, taglienti come rasoi.
«Mega muro morphix» replicò Aisha, mentre creava dinanzi a sé uno scudo di morphix, che la protesse dall’attacco dell’amica.
«Ottimo lavoro, Aisha!» cinguettò Bloom, volando in direzione delle due.
«Caspita Flora, da quando in qua i tuoi “dardi” sono così micidiali?» domandò la fata dei fluidi, asciugandosi il sudore, che le colava dalla fronte.
«Merito dell’allenamento. Tutti i miei attacchi si sono potenziati» spiegò, divertita, la fata della natura.
«Ragazze siete entrambe eccezionali!» si complimentò la Principessa di Domino.
«Grazie tesoro, ma adesso sarà meglio raggiungere le altre» esclamò Flora con tono leggermente preoccupato.
«Perché?» chiese, curiosa, Bloom.
«Tecna e Musa volevano provare una nuova convergenza su Stella. Spero che non le abbiano fatto troppo male» spiegò la ragazza, mentre iniziava ad allontanarsi.
«Hai ragione… quando Tecna “sperimenta”, c’è sempre da preoccuparsi» replicò, sarcastica, la rossa.
«Aspettatemi» urlò Aisha, aggiungendo con fare divertito «La Principessina usata come un sacco da Boxe?! Non potrei mai perdermelo».
Tecna e Musa, intanto, trovandosi una accanto all’altra, erano pronte per eseguire la loro nuova convergenza. Stella, invece, posta di fronte alle sue amiche ad una distanza di circa venti metri, tremava per la paura e, in preda all’agitazione, piagnucolò:
«Ragazze siete sicure che non ci si da preoccuparsi?».
«Stella ti ho ripetuto un miliardo di volte di star tranquilla. Ho eseguito i calcoli al computer: non corri alcun rischio» le spiegò Tecna.
«Ma non potremmo usare un manichino?» continuò la Principessa di Solaria, mentre i suoi occhi ambrati diventavano sempre più lucidi.
«È necessario che, la persona, colpita dalla convergenza, sia vera!» sbuffò, infastidita, la fata della tecnologia.
«E comunque, tra te e un manichino non è che, ci sia molta differenza» aggiunse Musa con tono acido e canzonatorio.
La fata del sole splendente cercò di replicare, ma ormai era troppo tardi: le due avevano già scagliato i loro incantesimi.
«Stanza digitale!» urlò Tecna.
«Eco infinita» gridò, contemporaneamente, la fata della musica.
Stella, a quel punto, si ritrovò imprigionata in una piccola stanza cubica di colore verde, sulle cui pareti rimbalzava, in maniera rapida e continua, l’attacco sonico di Musa. Le vibrazioni acustiche, saltando da una parte all’altra, si amplificarono, generando all’interno del cubo un rumore assordante e concentrato. La povera Principessa di Solaria, non riuscendo a sopportare l’intensità del suono, svenne dopo neanche un minuto.
«Evviva!» esultarono in coro le due Winx, dandosi il cinque.
In quello stesso istante arrivarono Aisha, Bloom e Flora, che, planando in direzione delle ragazze, richiamarono la loro attenzione.
«Tecna, Musa, tutto bene?».
«Alla grande! La convergenza ha funzionato alla perfezione» esclamò la fata della tecnologia con un luminoso sorriso.
«Si è fatta male Stella?» chiese, preoccupata, Flora.
«Niente di grave. È svenuta a causa del rumore» spiegò Musa, non riuscendo a trattenere una risatina.
«Adesso la sveglio io» sentenziò Aisha e, con fare minaccioso, si avvicinò alla Principessa di Solaria.
«Non esagerare, come fai di tuo solito» le disse la Principessa di Domino.
La fata dei fluidi, però, non diede retta alle parole dell’amica, e, una volta raggiunto il corpo privo di sensi di Stella, vi si posizionò di lato. Subito dopo, agitando le mani verso l’alto, la ragazza fece comparire, sospesa a mezz’aria, una bolla d’acqua grande come una macchina. A quel punto Aisha mosse rapidamente le braccia verso il basso, inondando la Principessa di Solaria, la quale, risvegliandosi di colpo, lanciò un urlo di disperazione.
«Da dove arriva tutta quest’acqua?!».
«Le ragazze mi avevano detto che ti sentivi leggermente accaldata… così ho pensato di rinfrescarti un po’ le idee» rispose la Principessa di Andros, per poi ridere a crepapelle.
«Aisha… giuro che …» biascicò Stella in preda alla rabbia, mentre strizzava con le mani i suoi lunghi capelli biondi.
«Che… cosa? Andrai a piangere da Brandolino?» la canzonò Aisha, mentre raggiungeva le altre quattro Winx.
«Il suo nome è Brandon! Brutta scrofa» starnazzò la Principessa di Solaria, lanciando una sfera luminosa contro la schiena di Aisha.
La fata dei fluidi, non riuscendo ad evitare l’attacco, fu colpita in pieno. La ragazza, a causa del colpo, si ritrovò per terra vicino ai piedi delle amiche, le quali, avendo assistito a tutta la scena, ridevano senza alcun ritegno.
«Sei una codarda… non si colpisce alle spalle» urlò Aisha, dopo essersi rialzata da terra.
«Non hai proprio il diritto di parlare. Mi hai colpita, mentre ero svenuta. Noi principesse dobbiamo essere trattate con rispetto e gentilezza da persone, che hanno un minimo di garbo» replicò, puntigliosa, Stella, incrociando le braccia e voltandole la faccia.
«E chi ti aspettavi? Il principe azzurro?» sbottò la fata dei fluidi.
«Anche un troll di montagna sarebbe stato più delicato di te» le rinfacciò la bionda, con sarcasmo.
La Principessa di Andros, non riuscendo a sopportare quell’ennesima provocazione, si scagliò contro Stella, preparandosi a sferrarle un pugno con tutta la forza, che aveva in corpo. La Principessa di Solaria, allo stesso modo, si mosse in direzione dell’amica, alzando minacciosamente il braccio destro e chiudendo la mano a pugno. Le due fate, volando l’una contro l’altra, portarono le loro braccia all’indietro, in modo tale da caricare il colpo; poi, quando furono vicinissime, urlando come due pazze, scagliarono l’attacco.
«Adesso basta! Smettetela di comportarvi come due bambine» esclamò, secca, Flora.
La fata, tra lo stupore generale, si era posizionata tra le due “combattenti” e, con una facilità disarmante, aveva bloccato, con le proprie mani, ambedue i colpi.
«Ma come caspita hai fatto?» balbettò, incredula, Aisha, cercando di liberare il pugno dalla mano dell’amica.
«Semplice pratica» replicò Flora, aprendo le proprie labbra in un grande sorriso.
«D’accordo, ma adesso mi lasceresti la mano? Mi stai facendo male» sbuffò Stella, mentre soffriva visibilmente a causa della stretta della ragazza.
«La gallina spennacchiata ha ragione. Perché continui a stringere?» sbottò la fata dei fluidi, ansimando per il dolore.
«Continuo fino a quando non fate pace!» replicò, divertita, la fata di Limphea, aumentando la pressione sulle mani delle amiche.
Stella e Aisha, spinte dall’orgoglio, si rifiutarono di scendere a compromessi. Pochi minuti dopo, però, poiché la morsa di Flora diventava sempre più insostenibile, furono costrette a chiedersi scusa.
«Stella perdonami per averti fatto fare un bagno fuori programma» biascicò la fata dei fluidi, stringendo i denti per sopportare il dolore.
«Aisha scusami se ti ho colpita alle spalle» replicò la fata del sole splendete, abbozzando un sorriso.
«Visto? Non era poi così difficile» cinguettò Flora, lasciando le mani delle amiche.
Le due, non appena furono libere, toccarono terra e, facendo comparire dal nulla un impacco di ghiaccio, se lo divisero “amorevolmente”. Le altre Winx, dopo aver smaltito la meraviglia, dovuta all’improvviso intervento della loro mite e dolce amica, si affrettarono a raggiungere Aisha, Flora e Stella.
«Bene direi che abbiamo finito per oggi. Dico bene?» esordì Bloom.
«Si! Sono le otto di sera: è ora di uscire» replicò Tecna.
La fata della tecnologia, allora, dopo aver preso il controller remoto della Camera delle Simulazioni, premette il pulsante di spegnimento. In una frazione di secondo il lussureggiante paesaggio, all’interno del quale si erano esercitate, svanì. Le ragazze si trovarono su di una passerella larga all’incirca tre metri, posizionata al centro di una stanza sferica priva di pavimento. Tecna, a quel punto, pigiò un secondo pulsante, che permise l’apertura del portello di accesso alla Camera delle Simulazioni.
«Si va a mangiare!» esclamò, euforica, Stella, mentre correva verso l’uscita.
Aisha e Musa, temendo che la bionda avesse potuto finire tutte le pietanze, che si erano portate, le corsero dietro. Flora e le altre due, scuotendo il capo in segno di rassegnazione, uscirono anche loro dal macchinario.
«Ben tornate ragazze» cinguettò Roxy, alzandosi da terra.
La ragazza dai capelli rosa si stiracchiò la schiena, poi, spiegando le sue grandi ali verdi e rosa, volò in direzione della fata della natura, la quale le rispose con un caloroso abbraccio. Daphne, Elizabeth e Selina, al contrario, rimasero sedute per terra: erano esauste.
«Daphne… ormai hai una certa età. Dovresti riposare più spesso» la canzonò Bloom, mentre l’aiutava a rimettersi in piedi.
«Ma quale certa età?! Io ho solo ventisei anni!» protestò la futura Regina di Domino.
«Beh… se contiamo gli anni da “fantasmino”, la tua reale età si dovrebbe aggirare intorno ai quarantacinque anni» intervenne, puntigliosa, Tecna.
«Caspita Daphne, dicono la verità?» domandò Elizabeth con tono sorpreso, rialzandosi da terra, grazie all’aiuto di Musa.
«S… s…» biascicò la bionda, nascondendo il volto per l’imbarazzo.
«Non ho capito. Potresti ripetere più forte?» esclamò Stella con fare divertito.
«Si, va bene?! Tecna ha ragione io e Bloom abbiamo più di vent’anni di differenza» urlò la futura Regina di Domino, mentre le lacrime iniziavano a rigarle il viso.
«Thoren lo sa?» chiese Selina con malizia, poiché già conosceva la risposta.
«No! E nessuno deve dirglielo, altrimenti penserà di essere sposato con una vecchia ciabatta» sentenziò, furiosa, Daphne.
Le altre scoppiarono a ridere e, cercando di consolare la loro povera amica, le consentirono di prendere la fetta più grande della torta, preparata precedentemente da Flora. Terminata la merenda le ragazze si diressero lentamente ai loro dormitori per godersi una più che meritata dormita. Arrivate al pianerottolo, che separava il dormitorio delle studentesse da quello degli insegnanti, Daphne, visibilmente risollevata, si congedò dal gruppo e si diresse alla sua camera, posta di fronte a quella di Barbatea. Poco dopo anche Selina e Roxy salutarono le amiche e, appoggiandosi l’una all’altra, si trascinarono al loro alloggio.  Boom e le restanti Winx, a quel punto, imboccarono il piccolo corridoio, che portava alla loro camera. Tuttavia le ragazze non riuscirono neanche ad arrivare alla porta, che, una voce terribilmente familiare, richiamò la loro attenzione, costringendole a girarsi.
«Signorine potrei avere la vostra attenzione» esordì, secca, Griselda.
«Certo ispettrice, dica pure» replicò Flora, parlando a nome di tutte le altre.
«La preside desidera parlare con una di voi… in privato» esclamò la donna, incrociando le braccia.
«Va bene ragazze ci vediamo dopo. Dormite anche per me» sbuffò la Principessa di Domino, mentre si apprestava a raggiungere l’ispettrice.
Griselda, però, facendo finta di tossire, per richiamare l’attenzione delle sue studentesse, la interruppe.
«Veramente Faragonda vorrebbe incontrare la signorina Elizabeth».
Bloom, sentendo quelle parole, si arrestò di colpo e, non riuscendo a nascondere l’imbarazzo, tornò sui propri passi senza proferir parola. Le altre, ad eccezione della ragazza dai capelli castani, sebbene fossero rimaste inizialmente colpite dall’affermazione della donna, non poterono fare a meno di ridacchiare tra di loro.
«Che palo…» bisbigliò Musa nelle orecchie di Tecna e Flora, causando un’ulteriore risata isterica delle due.
«L’egocentrismo personificato» biascicò Aisha, cercando inutilmente di non farsi sentire dalla rossa.
Elizabeth, ancora frastornata da quella strana richiesta, rimase in silenzio ad aspettare che, Griselda le rivolgesse la parola. Stella, però, intuito il disagio dell’amica la prese per mano e, sorridendole dolcemente, esclamò:
«Andiamo Elizabeth! Ti accompagno io».
«D’accordo…» balbettò la ragazza, incamminandosi insieme alla Principessa di Solaria.
Le restanti Winx, invece, dopo aver salutato l’ispettrice Griselda, la quale si stava già apprestando a lasciare il corridoio, e aver rivolto uno sguardo di “finta” comprensione a Bloom, entrarono nella loro camera. La rossa, rimasta da sola, si voltò di scatto verso l’uscio della stanza e, piena di collera, urlò:
«Non sono un’egocentrica!».
Le ragazze, però, si erano già defilate; di conseguenza Bloom, rendendosi conto che, il suo sfogo non era servito a nulla, chiuse la porta della stanza alle sue spalle e, in preda ad uno sconforto infantile, si diresse nella sua camera. Elizabeth e Stella, intanto, avevano ormai raggiunto l’ufficio della preside.
«Secondo te, perché ha chiesto di vedermi?» domandò, leggermente intimorita, la ragazza dai capelli castani.
«Bah non ne ho idea» sbottò la bionda, per poi aggiungere con sarcasmo «Di solito ci chiama per metterci al corrente dell’ennesima minaccia, oppure per conferire una medaglia a Bloom».
«Non penso, che riceverò una medaglia» replicò Elizabeth tra le risate.
«Chi può dirlo» esclamò Stella, dandole una pacca sulla spalla.
«Sicura di volermi aspettare?» domandò la ragazza castana, mentre bussava alla porta dell’ufficio.
«Tranquilla, non ci sono problemi. Nel frattempo leggerò gli ultimi aggiornamenti sulla moda di Magix» cinguettò la Principessa di Solaria, sedendosi sulla confortevole panchina, posta di fronte la stanza.
Nello stesso momento, si sentì la risposta della preside.
«Avanti».
«Beh… io, allora, vado. A dopo» biascicò Elizabeth, spalancando l’anta dell’ufficio.
«A più tardi, tesoro» concluse Stella, con aria divertita.
Faragonda era seduta alla sua scrivania, intenta a leggere alcuni documenti. Tuttavia, non appena si rese conto che, a bussare fosse stata la ragazza con il fermaglio a forma di farfalla, ripose tutto in uno dei cassetti e, sfoggiando un luminoso sorriso, esclamò:
«Benvenuta Elizabeth».
«Buonasera, direttrice Faragonda» replicò, leggermente rasserenata, Elizabeth, chiudendosi la porta alle spalle.
«Accomodati pure» continuò la donna, indicando la sedia, posta dall’altro lato della scrivania.
«Grazie mille» rispose la ragazza con un sorriso, mentre si sedeva, dove la preside le aveva indicato.
Subito dopo che Elizabeth ebbe preso posto, Faragonda si alzò e, portandosi davanti la scrivania, si appoggiò sul bordo di quest’ultima, in modo tale da poter essere più vicina alla ragazza. Fatto ciò, la direttrice riprese a parlare.
«Allora, che mi dici di bello?».
«In che senso?» balbettò Elizabeth, rimasta spiazzata dalla domanda.
«Mia cara, tu, più di tutti, hai qualche cosa da raccontare» disse la donna, con tono malizioso.
Nello stesso istante, in cui la preside terminò quella frase, un’atroce preoccupazione balenò nella mente della ragazza. Elizabeth non rispose e, chiedendosi come, Faragonda avesse potuto scoprire tutta la verità, iniziò ad immaginare, sempre più terrorizzata, quali sarebbero state le conseguenze delle loro bugie. La preside, invece, continuava a fissarla, aspettando una risposta. La ragazza dai capelli castani, però, non sapendo cosa fare o cosa dire, si limitò, ingenuamente, a rispondere alla domanda della donna con un'altra.
«Sarebbe?».
«Elizabeth sono convinta che, tu ti stia affaticando troppo. Sembri un vegetale» esclamò, divertita, la direttrice, per poi aggiungere dolcemente «Cercherò di essere più chiara. Ti piace la tua nuova vita da fata?».
Il volto di Elizabeth, diventato, a causa del nervosismo, rosso come un pomodoro, si rasserenò. Il rossore pian piano si ridusse, le pulsanti vene della fronte tornarono alla loro pressione naturale e le labbra, che, fino ad allora, erano rimaste serrate, si dischiusero in uno splendido sorriso. La ragazza, quindi, una volta ripreso coraggio, rispose:
«Immensamente».
«Lieta di sentirlo. Sai… ero un po’ in pensiero per te» replicò la preside, abbassando leggermente gli occhi.
«Come mai?» domandò Elizabeth con curiosità.
Faragonda tacque, e, avvicinandosi ulteriormente alla sedia, sulla quale si era accomodata la ragazza, si accovacciò davanti quest’ultima. A quel punto la direttrice, prendendo le mani della giovane fata, le confidò le proprie preoccupazioni.
 «Elizabeth, tu… tu hai un immenso potere. Tuttavia, quando la nostra energia è così grande, se non siamo in grado di gestirla correttamente, possiamo perdere il controllo di noi stessi e delle nostre azioni».
«Preside non ha nulla da preoccuparsi» la interruppe, sicura di sé, la ragazza dai capelli castani, aggiungendo «Grazie all’aiuto dei professori e delle altre Winx, sono ormai in grado di gestire alla perfezione la mia energia: i miei poteri non hanno più segreti per me. Non vi è più il rischio che, la magia prenda il sopravvento sulla mia volontà».
«Ragazza mia, non è tua la magia a spaventarmi: le tue emozioni sono la vera minaccia» ribatté Faragonda, con tono pacato.
«Le mie emozioni… una minaccia?» domandò, confusa, Elizabeth.
«Elizabeth ti sei mai chiesta perché, i tuoi poteri, quando utilizzasti il “Cerchio dell’Incantatore”, impazzirono?» esclamò, all’improvviso, la direttrice.
«Beh… Daphne ci disse che, la causa di quel putiferio fu la mia incapacità di saper dosare correttamente l’energia» rispose la giovane fata, cercando di ricordarsi le esatte parole della sorella di Bloom.
La donna, a quel punto, si rimise in piedi e, camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza, le spiegò la verità sull’accaduto.
«Non è del tutto corretto. Indubbiamente, come ti ha suggerito Daphne, il non aver mai padroneggiato la magia ha influito molto quel giorno. Ciò, però, non è sufficiente a giustificare quello, che è successo nel cortile della scuola. Quando una persona, per la prima volta in assoluto, manifesta i propri poteri magici, quest’ultimi non sono ancora pienamente sviluppati e, a causa della loro instabilità, non riescono a prolungare i loro effetti nel tempo. Questo “principio” vale per tutti… per ciascun essere magico, sia esso una fata, una strega o un mago. Ad esempio, anche Bloom, nonostante sia la Custode della Fiamma del Drago, la cui energia è il costituente stesso del nostro universo, non fu in grado di controllare, per più di una manciata di secondi, i propri poteri, quando quest’ultimi comparirono».
«Non capisco… a me sembra essere accaduto esattamente l’opposto» la interruppe Elizabeth, la quale, subito dopo, domandò: «Perché la mia magia ha avuto degli effetti così devastanti?».
 Faragonda, continuando a muoversi per l’ufficio, riprese a parlare.
«Ti sei mai chiesta il motivo per cui, Stella sia così felice durante le giornate di sole? Oppure il perché Musa si rilassi e rassereni, quando ascolta della buona musica? Devi sapere che, le fate, come anche tutti gli altri esseri magici, possono essere influenzate nell’animo dalle loro stesse essenze magiche. Di conseguenza, più forte è il legame con il proprio “elemento”, maggiore sarà la capacità di quest’ultimo di poter modificare il nostro stato d’animo. Tuttavia, sebbene sia raro e presupponga un’energia fuori dal comune, può capitare che, siano le nostre emozioni ad avere notevoli effetti, a volte devastanti, sulla natura, che ci circonda, e sui suoi stessi costituenti. Elizabeth… i tuoi poteri… i tuoi enormi poteri ti consento ciò. Tu sei in grado di alterare le leggi della natura e, benché inconsciamente, d’influenzarne l’operato».
La ragazza dai capelli castani, sgranando gli occhi per lo stupore, che quelle affermazioni le avevano causato, esclamò.
«Non può essere vero. Si… la mia magia è grande, ma arrivare a modificare queste cose… mi sembra assurdo e…»
«*Rispondimi sinceramente. Dal giorno in cui si sono manifestati i tuoi poteri, quando sei triste, sembra sempre che piova. Non è così?» la interruppe la donna, posizionandosi, nuovamente, di fronte a lei.
«*Non ha senso. Tanta gente è triste, quando piove» replicò, confusa, Elizabeth.
«*Piove… perché tu sei triste, bambina» concluse la preside, con voce dolce.
La ragazza con il fermaglio a forma di farfalla non riuscì a replicare e, mordendosi compulsivamente il labbro inferiore, rimase in silenzio. La direttrice, allora, capendo i dubbi di Elizabeth, al fine di farle comprendere la veridicità delle sue affermazioni, le chiese:
«Come ti sentivi quel giorno, prima di salire sul Cerchio?»
«Bene, credo…» balbettò la ragazza, non capendo appieno la domanda.
«Sicura?» la incalzò la donna.
Elizabeth abbassò la testa e, stringendo, con le mani, i braccioli della sedia, piena di collera e delusione, esclamò:
«Forse… …no… no! Non stavo per niente bene. Ero frustata e arrabbiata con me stessa, perché… perché non ero capace di usare la magia. Mi sentivo inutile!».
«Quindi…» mormorò la direttrice, mentre, dopo essersi avvicinata ad Elizabeth, le accarezzava la testa per di tranquillizzarla.
«…Fu colpa del mio stato d’animo! Furono le mie emozioni a scatenare tutta quella potenza» biascicò, in lacrime, la ragazza dai capelli castani, appoggiando il volto sul petto della donna.
«Purtroppo, per quanto possano essere affascinanti e indispensabili, le nostre emozioni rappresentano, da sempre, il punto debole dell’umanità» sentenziò, dolcemente, la preside, stringendo a sé la sua studentessa.
Calò il silenzio, interrotto ogni tanto dai singhiozzi di Elizabeth, la quale, dopo diversi minuti, trovato il coraggio di riprendere a parlare, si rivolse a Faragonda, con voce tremante.
«Cosa devo fare? Non voglio che, i miei poteri facciano del male a qualcuno».
«Tesoro mio, dipende tutto da te e dalle scelte, che farai in futuro» replicò la donna.
«La prego… mi aiuti. Non so se sarò in grado di rinunciare alle mie emozioni» esclamò la ragazza, staccandosi dalla direttrice.
«Non ti ho chiesto questo» esclamò Faragonda, abbozzando un sorriso.
«Io credevo…» biascicò Elizabeth, asciugandosi gli occhi con i polsi della camicetta.
«Non permetterei mai che, una mia allieva diventi un automa» la interruppe la preside, con tono divertito.
«Quindi dovrei…» bisbigliò la giovane fata, sperando in una risposta chiara e definitiva.
«Devi imparare a controllare le tue emozioni» spiegò, secca, la direttrice.
«In questo modo, la mia magia sarà sempre sotto controllo?» domandò, speranzosa, Elizabeth.
Faragonda, a quel punto, dopo essersi accomodata sulla sedia, posta dietro la scrivania, le rispose:
«Esatto! Soltanto quando riuscirai ad avere la piena padronanza dei tuoi sentimenti, potrai mantenere in equilibrio i tuoi poteri. Tuttavia ricordati sempre che, il nostro stato d’animo è volubile e precario. Ci saranno momenti in cui, nonostante avrai sviluppato una notevole forma di controllo, le emozioni, a causa degli eventi, cercheranno di sopraffare la tua coscienza. Ciò non deve assolutamente accadere. Elizabeth, tu diventi giorno dopo giorno sempre più forte ed abile, allo stesso modo, però, si rafforza anche il tuo legame con gli elementi di quest’universo. Di conseguenza, qualora dovessi perdere nuovamente il controllo, le conseguenze saranno ben più gravi, rispetto a quelle, a cui noi tutti abbiamo assistito. Ti prego, per il bene dei tuoi amici e, soprattutto, per il tuo, promettimi che, cercherai di mantenere sempre un animo puro, libero da rabbia, paura e angoscia».
«Lo prometto! Nessuno soffrirà a causa mia» esclamò, decisa, la ragazza, mentre un luminoso sorriso le si stampava sul volto, ancora arrosato a causa della precedente crisi di pianto.
«Io ho fiducia in te. Sono certa che, non mi deluderai» disse la preside, poi, dopo aver controllato un piccolo orologio sulla scrivania, aggiunse «Si è fatto tardi, domani dovrai sicuramente svegliarti presto. Non ti trattengo oltre».
«Ha ragione… è tardissimo» starnazzò Elizabeth, mentre raggiungeva, velocemente, la porta dell’ufficio, dopo essersi alzata dalla sedia.
La giovane fata, però, non appena aprì l’anta, sentì nuovamente la voce di Faragonda, che richiamava la sua attenzione.
«Elizabeth…»
«Si?» chiese la ragazza dai capelli castani, girandosi verso la scrivania.
«Sogni d’oro» esclamò la donna con tenerezza.
«Buonanotte, anche a lei» concluse Elizabeth, uscendo dalla stanza.
Stella, non avendo retto alla stanchezza, si era addormentata e, sdraiatasi in maniera scomposta sulla panchina, russava fragorosamente. Alla ragazza con il fermaglio a forma di farfalla le occorsero diversi minuti e un paio di schiaffi, per riuscire a svegliare la compagna di stanza. Le due, poi, ritornarono rapidamente al loro dormitorio. Una volta giunte davanti la grande porta blu della stanza, Elizabeth e la Principessa di Solaria, cercando di non far il minimo rumore, per non svegliare le altre Winx, attraversarono il piccolo salotto comune e si diressero nella loro camera. Entrambe, subito dopo essersi cambiate per la notte, si spaparanzarono sui loro letti e, senza dirsi nulla, si misero sotto le coperte, con l’intento di addormentarsi nel più breve tempo possibile. Tuttavia Stella, poiché era troppo curiosa di sapere che cosa, Faragonda avesse detto alla sua amica, parlando a bassa voce, le domandò.
«Che voleva la preside?».
«Niente di che. Mi ha chiesto, se stessi apprezzando la mia nuova vita da fata» minimizzò la ragazza dai capelli castani, non volendo che, il controllo dei suoi poteri diventasse un problema per tutto il gruppo.
«Cosa le hai risposto?» chiese la bionda, con tono ingenuo.
«Secondo te?» replicò Elizabeth, con sarcasmo.
«Certo è strano…» esclamò, all’improvviso, la Principessa di Solaria.
«Cosa?» sbuffò l’altra, girandosi verso il letto dell’amica.
«Faragonda, per quanto possa essere dolce e gentile, con nessuna studentessa, si è mai mostrata, così… …ecco… così “materna”» osservò Stella, mettendosi seduta sul letto.
«Bah… forse sapeva che, ne avevo bisogno» sbottò Elizabeth, distogliendo lo sguardo.
«In che senso? Per caso ti mancano tua madre e tuo padre?» domandò, curiosa, la bionda, preoccupandosi, allo stesso tempo, per sua compagna di stanza.
«Stella, io… io non ho mai conosciuto i miei genitori» bisbigliò la ragazza con i capelli castani.
«Cosa?! Perché non me lo hai mai detto?» starnazzò la Principessa di Solaria, con fare leggermente offeso.
Elizabeth, dopo essersi messa anche lei seduta, si strinse nelle spalle e, rimanendo stranamente tranquilla, le disse.
«Oh… andiamo, già ero abbastanza patetica all’inizio. Raccontarvi anche questa cosa, mi avrebbe reso una sfigata, compatita da tutti».
«Non potevi saperlo! Avresti dovuto dirci una cosa così importante» la rimproverò Stella, poi, assumendo un atteggiamento più pacato, aggiunse «Quindi sei stata adottata?».
La ragazza con il fermaglio a forma di farfalla, dopo averle chiesto scusa, per non averle detto subito la verità, sorridendo timidamente, le rispose:
«Non proprio. Poco tempo dopo la mia nascita, fui abbandonata davanti il portale della Chiesa di San Mungo, la Cattedrale di Glasgow. Di conseguenza fui presa in cura dal presbitero Wallace Bowie e da sua moglie Kirsten. Entrambi mi hanno cresciuta con amore e affetto, ma, quando fui abbastanza grande, per rispetto nei miei confronti, mi dissero di non essere i miei genitori naturali».
«Hai mai provato a cercarli?» aggiunse Stella, sempre più presa dal racconto.
«Si, anche con l’aiuto dei Bowie. Tuttavia le ricerche diedero sempre esito negativo, così, una volta raggiunta la maggiore età, decisi di fermarmi» spiegò Elizabeth, con voce pacata.
«Da allora non hai più provato?» insistette la bionda.
«No! Dopotutto se mi hanno abbandonato, è evidente che non volevano avere niente a che fare con me» concluse, amareggiata, la ragazza, rimettendosi distesa e girandosi dall’altra parte, verso il muro.
Stella, a quel punto, non sapendo se l’amica volesse essere consolata o meno, tacque e, dopo essersi alzata dal proprio letto, si avvicinò a quello dell’amica. Osservò la compagna di stanza per una manciata di secondi, poi, senza chiederle nulla, s’infilò sotto le coperte insieme a lei. Elizabeth non protestò né ringraziò la bionda per il gesto, ma, girandosi verso di lei, si limitò a stringerla forte. La Principessa di Solaria, ricambiò l’abbraccio e, chiudendo gli occhi, si addormentò, mentre i vetri della finestra, posta lateralmente al letto, iniziavano a bagnarsi, a causa della pioggia.
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti. Poiché il capitolo precedente era fondamentalmente esplicativo, questa volta ho cercato di seguire una via di mezzo. In questo modo ho conferito pari importanza ad una fase “action” e una fase puramente discorsiva. La prima parte, infatti, mostra le Winx alle prese con il loro allenamento nella Camera delle Simulazioni. All’interno della quale assistiamo al breve, ma intenso, scontro tra Stella e Aisha, interrotto, al momento giusto, da Flora. A tal proposito, però, vorrei fare un piccolo appunto. Tralasciando l’atteggiamento della fata della natura, che si distacca di molto da quello classico della serie, so che possa sembrare alquanto strano, vedere le Winx, concedetemi l’espressione XD, “venire alle mani”. La serie originale ci ha da sempre abituati ad un’impostazione più “soft” dei combattimenti, basati esclusivamente, a parte rarissime volte, sugli incantesimi, lasciando l’aspetto “fisico” dello scontro agli Specialisti. Tuttavia la cosa, vuoi per la scarsa considerazione, che ho da sempre nutrito nei confronti di alcuni dei ragazzi del Winx Club, vuoi per il mio “background di cartoni animati”, costituito principalmente da DragonBall, Naruto e via dicendo, non mi ha mai pienamente soddisfatto. Di conseguenza, andando avanti con la storia e con il progressivo aumentare delle scene di combattimento, cercherò di creare un equilibrio tra il combattimento corpo a corpo e il combattimento magico. Diciamoci la verità, Goku, quando combatte, non scaglia soltanto “onde energetiche” ahahahaahahahahah. La seconda parte del capitolo è, invece, più discorsiva ed esplicativa. Attraverso la spiegazione di Faragonda, infatti, apprendiamo che, nonostante la straordinaria potenza della sua magia, Elizabeth a un importante punto debole: sé stessa. Per la ragazza, a questo punto, diventa necessario imparare a controllare le proprie emozioni, prima che, quest’ultime controllino lei e i suoi poteri. Ho deciso di inserire questo fondamentale “dettaglio” nella trama per due motivi principali. 1) Attenzione spoiler! L’instabilità emotiva di Elizabeth sarà determinante più avanti nella storia. 2) Sinceramente non apprezzo personaggi onnipotenti e onniscienti, che non mostrino la benché minima debolezza :D :D :D. Il capitolo, infine, si conclude con una strana rivelazione: Elizabeth è stata adottata. Su questo non voglio dilungarmi più di tanto, sappiate solo che, come tanti altri piccoli dettagli, va a costituire il “fulcro” di tutta la storia. Altre due cose e poi vi saluto. Le frasi precedute dal simbolo *, anche se leggermente modificate, sono state prese, anzi meglio dire copiate ;), dal film Men in Black II. Spero che, il piccolo “omaggio” vi sia piaciuto. Nella mia cartella di Google Drive ho aggiunto le foto delle trasformazioni di Daphne (forma Bloomix) e Roxy (forma Enchantix). Non le ho caricate subito, perché stavo aspettando che l’autrice delle immagini, Fantazyme (la trovate su DeviantArt), mi concedesse la possibilità di usarle come personaggi della storia. Quindi la Daphne e la Roxy, che vedrete nelle fanart, sono a pieno titolo la Daphne e la Roxy della fanfiction :) :) :). Detto questo vi saluto e vi ringrazio per l’attenzione.
Yugi95

Link Google Drive: https://drive.google.com/open?id=0B3u8B3LCcNM0UElwUVNOWFIyeWs

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Capitolo 19
*** Capitolo XVIII - Lo scontro ***


Capitolo XVIII - Lo scontro
 
Le stelle, quella sera, brillavano intensamente. I loro fasci luminosi, diramandosi in tutte le direzioni, conferivano allo scuro cielo di Magix una mistica aura di sacralità. Tra gli alti alberi di Selva Fosca spirava un freddo vento, che passando attraverso le foglie, produceva un leggero sibilo. Degli animali, che erano soliti popolare il bosco, non vi era traccia. Il clima rigido di quei mesi, infatti, li aveva spinti a trovare un rifugio caldo e accogliente, dove trascorrere l’inverno. Alfea, per questo motivo, era circondata da un paesaggio surreale… immobile, come se il tempo si fosse fermato ad un preciso istante. La scuola, immersa in un silenzio rasserenante, sembrava essere deserta. Le luci, infatti, ad eccezione di quella presente nell’ufficio della preside, erano tutte spente, determinando l’impossibilità di distinguere le forme e i colori dell’edificio. Il cortile, al contrario, era rischiarato dalla fioca luce di piccole lucerne, appese a dei fili. Una di queste, posizionata nei pressi del pozzo, illuminava il pallido volto di un giovane ragazzo dai capelli neri. Questi, seduto su una delle panchine marmoree, lì presenti, era intento ad accarezzare dolcemente un piccolo coniglietto dal pelo grigio, addormentato fra le sue mani. Sulla sua gamba, invece, era poggiata la testa di una piccola fatina dai capelli viola, la quale, coperta da una giacca di pelle nera, dormiva beata, abbracciando una chiave azzurra. Il ragazzo, apprezzando la tranquillità e la tenerezza di quel momento, di tanto in tanto, alzava gli occhi al cielo in direzione dei dormitori delle studentesse, fissando tutte le volte, anche per diversi minuti, una finestra in particolare.
«Bloom… …Bloom… Bloom…» ripeté, per tre volte, una voce femminile.
«Ancora cinque minuti» biascicò la rossa.
«Bloom…  Bloom, svegliati» continuò la donna.
«Sono stanca… tornate tra un anno» replicò la Principessa di Domino.
«Custode della Fiamma del Drago… apri gli occhi» tuonò, perentoria, la voce.
Quell’appellativo, così particolare e specifico, fece svegliare di colpo la Principessa di Domino. Questa, dopo aver spalancato le palpebre dei suoi grandi occhi azzurri, con sua grande sorpresa, si rese conto di non trovarsi più nella sua stanza ad Alfea. Il suo corpo, infatti, galleggiava, come una trasparente bolla di sapone, in un buio e vasto cielo, “rischiarato”, sporadicamente, dalla presenza di soffici nuvole dorate. Bloom, spaesata dalla stravaganza del luogo, cercò di muoversi, al fine di trovare un appoggio “più solido” per i suoi piedi. Tuttavia i tentativi risultarono inutili: la ragazza non si mosse neanche di un millimetro. La rossa, a quel punto, poiché stava iniziando seriamente a preoccuparsi, sperando di richiamare l’attenzione della voce misteriosa, urlò:
«C’è nessuno?! Dove mi trovo? Vi prego, qualcuno mi risponda».
All’improvviso, a pochi metri dalla rossa, una debole luce azzurrina fece la sua comparsa e iniziò a richiamare a sé un cospicuo numero di minuscole particelle dorate. Questa, diventando, istante dopo istante, sempre più grande, assorbì tutta l’energia luminosa, presente in quel luogo, trasformandosi in una sorta di enorme stella azzurra. La fonte di luce, però, non mantenne a lungo quella forma, infatti, poco dopo, implose fragorosamente, sprigionando un’enorme quantità di energia. La Principessa di Domino, a quel punto, facendosi scudo con le braccia e sollevando le gambe all’altezza dell’addome, cercò di proteggersi. Il tutto durò una manciata di secondi, poi la quiete e il silenzio tornarono a regnare in quel luogo così strano. Bloom, nonostante fosse stata colpita in pieno dall’esplosione, non sembrava essere ferita e il suo aspetto era perfettamente in ordine. Tuttavia, poiché ciò, che era appena accaduto, l’aveva terrorizzata, la ragazza continuava a coprirsi il volto con le braccia. La voce femminile, allora, al fine di richiamare la sua attenzione, esordì con tono severo.
«Custode della Fiamma del Drago… guardami!».
La rossa, colpita dalla voce tagliente della donna misteriosa, scostò lentamente le mani dal viso e riaprì gli occhi. La Principessa di Domino, non appena mise a fuoco la figura, che le si trovava di fronte con voce carica di sorpresa, esclamò:
«Arcadia!».
La Fata Guardiana del Regno Dorato si stagliava dinanzi la ragazza in tutta la sua celeste bellezza. Il suo corpo etereo, inoltre, emanava una candida luce bianca, la quale illuminava quel “paesaggio”, così mistico e irreale. La Prima Fata della Dimensione Magica si avvicinò, lentamente, alla Principessa di Domino, la quale, seppur colpita da tutta quella “scenografia”, mantenne un’aria distaccata e sospettosa. Arcadia, una volta che si trovò a poca distanza da Bloom, spalancò le sue sottili labbra e riprese a parlare.
«Bloom è un po’, che non ci vediamo».
«Forse, troppo poco» replicò, acida, la ragazza.
«Modera il tuo linguaggio, signorina!» l’apostrofò la donna con voce fredda.
«Perché dovrei? Dopotutto, chi sei tu per dire a me come comportarmi?» sbottò Bloom.
La Fata Guardiana del Regno Dorato, non riuscendo a capire il motivo di tutto quell’astio, preferì sorvolare sull’atteggiamento della ragazza e, cercando di mostrarsi più dolce e comprensiva, sussurrò:
«Hai ragione, perdonami».
La Principessa di Domino, leggermente colpita dalla tranquillità e dall’umiltà delle parole di Arcadia, rimase, per alcuni istanti, in silenzio, poi, iniziando a tormentarsi alcune ciocche dei capelli, come era solita fare nei momenti di nervosismo, biascicò:
«Lasciamo perdere».
«L’importante è chiarirsi» concluse, divertita, la Prima Fata.
«Se lo dici tu» replicò Bloom, per poi domandare con fare inquisitorio «Arcadia, dove mi hai portato? Per caso sto sognando?».
«Diciamo di sì» rispose la donna.
«Quindi, mentre dormivo, sei entrata nella mia testa?! Non avresti dovuto farlo, è una mancanza di rispetto verso la mia privacy» sentenziò la rossa, iniziando ad alterarsi.
La Fata Guardiana del Regno Dorato, cercando di mantenere la calma, nonostante la Principessa di Domino stesse mettendo a dura prova la sua pazienza con fare alquanto vago ed elusivo, rispose:
 «Tranquilla, non ho “frugato” tra i tuoi pensieri. Questo, inoltre, non è un sogno, nel vero senso della parola».
«Non capisco… sto dormendo oppure no?» sbuffò la ragazza, non riuscendo a capacitarsi della situazione.
Arcadia, a quel punto, volendo mettere fine a quella discussione, ai suoi occhi inutile, spiegò alla Custode della Fiamma del Drago, la vera natura del luogo, nel quale entrambe si trovavano.
«Questo, mia cara, è un “piano astrale”, una sorta di collegamento diretto tra la tua e la mia mente. Soltanto io e te possiamo accedere a questo posto… nessun altro. Il piano astrale mi dà la possibilità di mettermi in contatto con te in qualsiasi momento».
«La cosa non mi è ancora del tutto chiara, ma, non potendo fare altrimenti, sono costretta a crederti» esclamò, piena di collera, Bloom.
«Sempre meglio di niente» replicò, leggermente divertita, la fata.
«Adesso, però, spiegami: per quale motivo hai deciso di vedermi?» domandò la rossa, sebbene conoscesse già la risposta.
«Ecco, volevo… volevo sapere come stessero procedendo le ricerche» balbettò Arcadia, mentre una sorta di luccichio comparve, per non più di un secondo, nei suoi occhi dorati.
«Procedono…» rispose, secca, la ragazza.
«Siete stati nell’altra dimensione?» chiese la Prima Fata con voce esitante.
«Si… ci siamo stati» replicò Bloom con fare flemmatico.
La Fata Guardiana del Regno Dorato, non riuscendo più a sopportare la superficialità e la noncuranza della Custode della Fiamma del Drago, alzando il tono di voce, le pose, sperando che, questa volta, le risposte fossero soddisfacenti, una serie di domande specifiche.
«Cos’avete scoperto? Avete trovato qualche indizio utile? Sapete chi è il custode? Ti prego Bloom, rispondimi… non farmi stare in pena».
«Non sono affari, che ti riguardano!» tagliò corto la Principessa di Domino, voltandole la faccia e incrociando le braccia.
Arcadia, profondamente offesa dal tono e dalle parole della rossa, divenne scura in volto e, assottigliando i suoi occhi ambrati, esplose in un impeto di rabbia.
«Adesso basta! Mi hai davvero stancata con questo atteggiamento indisponente. È raro che accada, ma questa volta devo proprio ammetterlo: ho sbagliato ad affidarti una missione così delicata. Avrei dovuto dar retto al Consiglio degli Anziani e, come da loro suggerimento, risolvere personalmente la faccenda. Tuttavia, avevo deciso diversamente, perché nutrivo grande rispetto e ammirazione nei tuoi confronti, Custode della Fiamma del Drago. Speravo che la tua caparbietà e bontà d’animo riuscissero a “guidarti” e a darti la forza, necessaria per portare a termine il compito, affidatoti. Non dovevo fidarmi di te… di un’insulsa e viziata ragazzina».
Una vena, presente sulla fronte di Bloom, pulsava prepotentemente, mentre il candore della pelle del suo volto aveva lascito spazio a un diffuso rossore. I suoi grandi occhi blu, inoltre, si erano riempiti di venature vermiglie. La ragazza avrebbe tanto voluto inveire contro la sua interlocutrice, dando, in questo modo, sfogo alla rabbia e al risentimento, che, da ben due mesi, le opprimevano l’animo. Tuttavia, sebbene fosse visibilmente offesa dalle affermazioni della Prima Fata, cercò di mantenere un certo distacco e, ostentando una finta superiorità emotiva, con sarcasmo, replicò alla donna.
«Fiducia… hai anche il coraggio di parlare di fiducia?! Tu e il tuo “comitato di quartiere” non avete il diritto di farmi la morale. Rischiando la mia stessa vita e quella dei miei più cari amici, ho intrapreso la ricerca, da voi affidatami. In cuor mio sapevo che, per quanto assurda fosse quest’avventura, stavo facendo la cosa giusta, stavo rimediando a tutti gli errori del passato. Sebbene i tentativi siano stati numerosi, nessuno è riuscito a farmi cambiare idea, nessuno mi ha fatto dubitare delle tue parole. Quando ci siamo lasciati alle spalle la Dimensione Magica, al fine di arrivare nell’universo della Fiamma della Fenice, io, le altre Winx e i nostri ragazzi abbiamo compiuto un enorme “salto nel vuoto”, lasciando decidere al caso la nostra sorte. Sai perché non avevamo paura? Perché non abbiamo esitato a lanciare a tutta velocità la navetta di Fonterossa all’interno di un portale? Ci fidavamo ciecamente di te, Arcadia… della tua storia, dei tuoi avvertimenti… del tuo buon cuore. Noi… no, io… io non avrei mai dovuto riporre la mia fiducia in te, accettando, senza il minimo riserbo, tutto ciò, che mi hai detto. Sky aveva ragione… sono stata una patetica sciocca».
«Io e il Consiglio non abbiamo nulla da rimproverarci» sentenziò la Fata Guardiana del Regno Dorato, non riuscendo, però, a nascondere lo stupore, che le affermazioni della rossa le avevano causato.
La Principessa di Domino rise istericamente, suscitando ulteriore disprezzo nell’espressione di Arcadia, la quale strinse, nervosamente, entrambe le mani a pugno. Dopo diversi minuti, una volta che ebbe ripreso il controllo di sé, la giovane fata riprese la parola.
«Certo, come no… voi siete semplicemente perfetti. Tu, il Consiglio degli Anziani, la Custode della Fiamma del Drago, che ebbe la brillante idea di sigillare Ksendras».
«Non ti permetto d’insultarci! A nessuno è consentito» urlò la donna con voce carica d’odio.
«Capita! Sarà meglio avvisarla, allora» replicò Bloom, abbozzando un sorriso.
«Di cosa stai parlando? A chi ti stai riferendo?» domandò, ripetutamente, la Prima Fata, la quale aveva ormai perso tutta la sua aura di sacralità e compostezza.
La Custode della Fiamma del Drago, compiaciuta nel vedere Arcadia così inviperita, sorrise maliziosamente, poi, dopo aver assunto un’espressione seria, rispose:
«Alla mia amica, Camille».
La donna, non appena sentì quel nome, strabuzzò gli occhi; le sue mani, nonostante fossero ancora serrate, iniziarono a tremare, mentre il suo volto divenne più pallido del normale. La Prima Fata, muovendo le sue grandi ali, indietreggiò leggermente, poi, rendendosi conto della gravità di quell’affermazione, balbettò:
«Come… come fai a…  a conoscere quel nome?».
«Merito tuo! Sei stata tu a mandarci nell’altra metà di Cassiopea…» esclamò, compiaciuta, la Principessa di Domino.
«Per cercare l’attuale Custode della Fiamma della Fenice! Non per socializzare» la interruppe, digrignando i denti, Arcadia.
 «Se non fosse stato per lei, adesso io e le altre Winx staremmo ancora girando a vuoto nell’altra dimensione» puntualizzò la rossa.
«Io ti avevo dato un compito, delle indicazioni… una “strada” da seguire!» gridò la Fata Guardiana del Regno Dorato.
Bloom, non riuscendo più a mantenere, a causa di tutta quella situazione e, in special modo, delle ultime parole della donna, l’atteggiamento distaccato, che, fin dall’inizio, l’aveva contraddistinta, inveì contro quest’ultima.
«Arcadia, tu non hai fatto niente! Non sei stata di alcun aiuto, ai fini della ricerca. Ti sei limitata a raccontarmi una “favoletta della buona notte” e, poi, facendo leva sul mio senso di colpa, hai fatto in modo che acconsentissi alla tua richiesta di aiuto. Camille, al contrario, ci ha fornito informazioni utili, ci ha suggerito dove cercare e, cosa più importante, ci ha dato la speranza».
«Quella donna è solo… solo una pazza» esclamò, acida, la Prima Fata.
«Beh… una pazza si è rivelata molto più utile di te. Una pazza ha avuto il coraggio di assumersi le proprie responsabilità» disse la rossa con sarcasmo.
«Che cosa vorresti insinuare?» domandò la donna con fare sprezzante.
La Principessa di Domino trattenne, per alcuni istanti, il respiro e chiuse gli occhi, al fine di fare ordine tra i suoi mille pensieri. Non appena ebbe trovato le parole giuste, per poter affrontare la discussione, non esitò a rispondere.
«Adesso conosco... …la verità…  la terribile verità, che, fin dall’inizio, hai cercato di nascondermi. Tu, la Custode della Fiamma del Drago, il Consiglio degli Anziani e le Tre Fate Eteree… voi tutti non solo avete causato la distruzione di Cassiopea, ma avete permesso che, una delle sue metà morisse nel silenzio e nell’indifferenza generale. Avete abbandonato i mondi della Dimensione della Fenice al loro tragico destino. Sapevate benissimo che il Custode della Fiamma della Fenice, a causa delle sue gravi ferite, non sarebbe riuscito a sopravvivere il tempo, necessario per permettergli di stabilizzare quell’universo. Vi siete limitati a guardare dall’altra parte, avete ignorato l’appello e la disperazione dei vostri amici. Camille, quando ci ha raccontato della morte del fratello minore e del tradimento, ordito dalla Custode della Fiamma del Drago ai danni della Dimensione della Fenice, aveva le lacrime agli occhi. Non puoi nemmeno immaginare quanto mi sia sentita infima e meschina, in quel momento. Il solo pensiero di condividere lo stesso potere di quella donna, mi causava ribrezzo. Tu, spinta dalla paura, che tali rivelazioni avessero potuto farmi cambiare idea, hai preferito nascondermi questa ed altre importantissime informazioni. Ad esempio, non mi hai parlato del medaglione, appartenuto al Custode della Fiamma della Fenice, e dei suoi mistici poteri, perché sapevi benissimo che ciò avrebbe comportato il dovermi rivelare il coinvolgimento di Acheron. Agendo in questo modo, però, non solo ti sei alienata la mia fiducia e il mio rispetto, ma hai anche messo in pericolo il buon esito della ricerca del nuovo Custode e, conseguentemente, hai messo in pericolo l’esistenza stessa della Dimensione Magica. Non sei degna dell’appellativo di “Fata Guardiana”, non sei degna di sovrintendere alla sicurezza del nostro universo, non…».
«Basta!» la interruppe, bruscamente, Arcadia, lanciando un urlo, che riecheggiò per tutto il piano astrale.
La fata azzurra ansimava, come se avesse compiuto un enorme sforzo. I suoi occhi dorati erano colmi di lacrime, mentre le sue labbra, sebbene non potessero sanguinare, mostravano l’evidente segno dei denti. Bloom rimase ad osservarla per diversi minuti e, aspettandosi il “peggio”, si mise sulla difensiva, tenendosi pronta a schivare o contraccambiare un probabile attacco. Fortunatamente nulla di tutto ciò accadde. La donna, infatti, dopo essersi calmata, cercando di riacquistare il contegno, precedentemente perduto, si asciugò gli angoli degli occhi con le mani e, assumendo, nuovamente, quel suo consueto atteggiamento di “venerabile” superiorità, riprese a parlare.
«Ho omesso alcuni “dettagli” della storia, perché non li ritenevo utili ai fini del compito, che ti avevo affidato. Per quanto riguarda il medaglione, appartenuto al Custode della Fenice, non potevo essere certa che il suo attuale proprietario fosse ancora Acheron. Se ti avessi detto, fin dal primo momento, ciò, ti saresti concentrata esclusivamente sul trovare un modo, per far uscire lo stregone dal Legendarium. D’altronde, cercando di recuperare il medaglione, avremmo corso il rischio di liberare nuovamente Acheron. Non potevo porre rimedio ad un problema, causandone un altro. In merito alle altre accuse, mosse a mio carico… non sono tenuta a risponderti. Camille, suo fratello… gli atri erano consapevoli dei sacrifici e delle difficoltà, che l’imprigionamento di Ksendras avrebbe comportato».
«Gli altri?! Arcadia, quante altre persone hanno sofferto, a causa di questa scelta?» esclamò la rossa, con aria preoccupata.
La Fata Guardiana del Regno Dorato si girò, dando le spalle alla ragazza, e, dopo aver poggiato entrambe le mani sul proprio petto, rispose.
«Ormai non ha più importanza. Per quanto tu possa indignarti, urlare e avventarti contro di me, ciò, che è stato fatto, non può essere cancellato. Cassiopea è il passato, adesso dobbiamo pensare a questo universo. L’ultima scintilla della Fiamma della Fenice si è ormai quasi del tutto esaurita. Il tempo è agli sgoccioli: presto l’equilibrio della nostra dimensione andrà in mille pezzi… presto Ksendras sarà libero. Se ritieni opportuno seguire i suggerimenti di Camille, fa pure… né io né il Consiglio ti ostacoleremo. Tuttavia sappi che, qualora Acheron non avesse con sé il medaglione, determinando una considerevole perdita di tempo, oppure riuscisse a scappare dal Legendarium, causando ulteriori danni ai diversi pianeti, tu e le Winx sarete ritenute le dirette responsabili della catastrofe, dovuta alla scomparsa della Fiamma della Fenice».
«Arcadia io e le ragazze non falliremo, ma sia chiaro: quando tutto sarà risolto, tu e il Consiglio degli Anziani risponderete in prima persona a tutta la Dimensione Magica delle vostre azioni… passate, presenti e future» replicò, determinata, Bloom, mentre, dopo averla portata a poca distanza dal proprio viso, chiudeva, minacciosamente, la mano destra a pugno.
«Vedremo…» concluse la Prima Fata, con aria mistificatrice.
Nello stesso istante, in cui furono pronunciate quelle parole, il corpo etereo della donna emise un fortissimo e accecante bagliore, che, cogliendo la Principessa di Domino alla sprovvista, la costrinse a chiudere gli occhi. Tutto divenne nero, poi, dopo una manciata di secondi, quando la rossa riaprì le palpebre, si ritrovò nel suo letto ad Alfea. La mattina seguente, come erano ormai solite fare da più di un mese, le Winx, dopo aver consumato una veloce e frugale colazione, al fine di non appesantirsi, s’incontrarono nell’auditorium della scuola, per riprendere i loro allenamenti. Quella volta, però, oltre alle ragazze, erano presenti anche Max, il quale, insieme a Tecna, doveva controllare alcuni calcoli matematici, inerenti alla convergenza d’amplificazione magica, Brendon, anche se non era la prima volta, e, per la gioia di Selina, le Pixie. La Principessa di Domino, intanto, con fare autoritario e prepotente, dava direttive alle altre ragazze in merito ad un nuovo e intenso allenamento, che, a suo dire, lei stessa aveva pensato. Le altre Winx, profondamente colpite dall’atteggiamento di Bloom, stentavano a credere alle parole della loro amica. La sessione di allenamento, ideata dalla rossa, infatti, era estenuante e, nel giro di poche ore, le avrebbe stremate. Agli occhi delle cinque fate, le quali non riuscirono a darsi un’altra spiegazione convincente, la Custode della Fiamma del Drago sembra essere del tutto impazzita. Ad avvalorare quella tesi, inoltre, vi era anche lo strano modo, in cui la Fata Guardina di Domino si era comportata quella mattina. La rossa, infatti, non si era presenta a colazione e, senza dire niente a nessuno, si era diretta all’auditorium, per potersi allenare da sola nella Camera delle Simulazioni. Quando le altre Winx l’avevano, infine, raggiunta, le aveva pesantemente rimproverate, accusandole di essere delle perditempo e di non impegnarsi a fondo. Daphne, inoltre, cercando di calmarla, si era rimediata un’ulteriore strigliata da parte della sorella, la quale l’aveva accusata di metterla in ridicolo. La leader delle Winx, infine, rompendo una promessa fatta tempo prima a Stella, aveva vietato alle altre la possibilità di recarsi, quello stesso pomeriggio, a Magix, per poter trascorrere una serata di svago. In realtà Bloom, a discapito di ciò, che pensavano le amiche, non era uscita di senno. Il suo atteggiamento era solo una diretta conseguenza della lunga e travagliata conversazione, avuta la sera prima con Arcadia. La ragazza, infatti, profondamente turbata da quel dialogo e da tutto ciò, che ne era derivato, si era fermamente decisa a chiudere quella storia una volta per tutte, a discapito del suo stesso benessere fisico e interiore… a discapito dello suo stesso rapporto di amicizia, che, da anni ormai, la legava alle altre Winx.
«Ehi rossa, hai un minuto?» esordì Brendon, mentre Selina, incuriosita, gli si poneva accanto.
«Sbrigati, non abbiamo tempo da perdere» replicò, acida, la Principessa di Domino.
«Ci siamo svegliati storti questa mattina?» esclamò, sarcastico, il ragazzo.
«Vuoi arrivare al punto?» lo incalzò la rossa, dopo aver ordinato alle altre di entrare nella camera.
«È da un po’ che vi osservo… siete brave, ma non abbastanza» rispose l’amico con voce fredda.
«Per questo vorrei andare ad allenarmi» gracchiò Bloom.
Il ragazzo dai capelli neri, allora, mettendosi le maini in tasca e assumendo un atteggiamento di pacata noncuranza, le spiegò il suo punto di vista.
«Combattere tra di voi non vi renderà più forti. Ormai ciascuna Winx è un “libro aperto” per tutte le altre. Di conseguenza gli attacchi sono prevedibili e ognuna di voi sa, da principio, quale mossa userà l’altra. Poiché avete paura di farvi male a vicenda, inoltre, la forza, che adoperate, è sempre insufficiente. Questo v’impedisce di comprendere quale sia il vostro vero potenziale e, non meno importante, non vi permette di capire quali siano i vostri limiti di sopportazione del dolore. Dammi la possibilità di venire con voi, sarò io il vostro avversario. In questo modo, tu e le altre dovrete impegnarvi per battermi. Non abbiate paura di farmi male, come ben, sai sono un “osso duro”».
«Brendon non ha tutti i torti, forse dovremmo…» intervenne Tecna, facendo capolino al portellone della macchina.
Bloom, però, la zittì con un gesto della mano e, dopo aver voltato le spalle al ragazzo ed essere entrata nel macchinario con voce distaccata, disse:
«Non abbiamo bisogno del tuo aiuto».
Brendon, però, poiché era fermamente convinto della veridicità delle sue parole, corse in direzione dell’ingresso della Camera delle Simulazioni e, nonostante il portellone stesse per chiudersi, riuscì, all’ultimo secondo ad entrare nel macchinario. Selina, invece, rimasta affianco all’amico per tutta la durata della sua conversazione, poco prima che il ragazzo raggiungesse Bloom e le altre, si fece promettere da questi che, per il bene suo e degli altri, non avrebbe utilizzato i suoi poteri, ma che si sarebbe limitato al solo scontro fisico. Fatto ciò, la fata dai capelli verdi si diresse insieme a Max, preoccupato quanto lei, ad osservare la situazione all’interno della camera dalla postazione di controllo del Professor Palladium. Pochi secondi dopo l’attivazione del macchinario, le Winx e, con grande sorpresa da parte loro, Brendon si ritrovarono in una spaziosa radura di una lussureggiante foresta.
«Brendon cosa ci fai qui?» domandò, stupita, Musa, indicando l’amico.
«Ti avevo detto di starne fuori!» ringhiò la rossa, la cui aggressività spaventò e preoccupò le altre.
«Ormai sono qui… quindi preparatevi: oggi, sarò io il vostro avversario!» replicò Brendon, togliendosi la giacca e lasciandola cadere per terra.
«Se proprio ci tieni a farti male, ti accontenterò» sibilò la Principessa d Domino, per poi aggiungere, rivolgendosi alle altre, «Andiamo ragazze, attacchiamo!».
Le sei Winx si alzarono in volo e si disposero a cerchio intorno a Brendon, il quale, per nulla impressionato da quella “formazione d’attacco”, rimase immobile ad aspettare la mossa delle avversarie. All’improvviso, su indicazione di Bloom, Musa e Tecna si avventarono sul ragazzo, lanciando i loro attacchi più potenti.
«Raggio bioritmico» urlò la fata della tecnologia.
«Eco infinita» aggiunse la fata della musica.
I due raggi energetici corsero, per un breve tratto, paralleli, poi, a causa della vicinanza, si fusero in un unico potentissimo attacco, che, sferzando l’aria circostante, si diresse velocemente contro Brendon. Quest’ultimo, tra lo stupore generale, chiuse gli occhi e, limitandosi a spostarsi di lato, evitò il colpo, che si andò ad infrangere contro gli alberi, posti alle sue spalle. Musa e Tecna, non riuscendo a credere a ciò, che avevano appena visto, decisero di tentare un secondo attacco, sfruttando, questa volta, un approccio più “fisico”. Le due fate, allora, posizionandosi l’una alla destra e l’altra alla sinistra di Brendon, mantenendo da quest’ultimo una distanza di circa quindici metri, esclamarono contemporaneamente:
«Barriera decibel!».
«Cubo organico!».
A quel punto sull’avambraccio di Musa comparve uno scudo ovale di colore viola, mentre su quello di Tecna un’altra barriera verde trasparente a forma di prisma regolare. Entrambe, proteggendosi con i loro incantesimi, si lanciarono a tutta velocità contro Brendon, in modo tale da schiacciarlo tra i due scudi. Il ragazzo, però, non appena le due fate furono abbastanza vicine, compì un salto di quasi tre metri verso l’alto, facendo sì che la fata della tecnologia si scontrasse violentemente con quella della musica. Musa e Tecna, accasciatesi al suolo, a causa della micidiale botta, non riuscendo a mantenere attiva la trasformazione, tornarono normali e, pochi secondi dopo, sotto lo sguardo compiaciuto di Brendon, svennero. La Fata della Fiamma del Drago, sebbene fosse rimasta sbalordita dalla facilità e dalla destrezza, con le quali il suo amico aveva messo fuori combattimento due delle fate più potenti della Dimensione Magica, era furiosa e, inveendo contro le altre compagne, ordinò loro di attaccare, con ogni mezzo a disposizione. Flora e Aisha, sebbene non condividessero la furia della rossa, volendo mettere alla prova se stesse e la loro capacità, si prepararono al contrattacco. Dopo essere planate a terra, infatti, le due fate si presero per mano e, una volta che entrambe ebbero alzato l’altro braccio, aprendo il palmo della mano in direzione di Brendon, gridarono:
«Pioggia di primavera!».
«Nube morphix!».
Una gigantesca spirale di petali multicolore, avvolta da una densa e fitta nebbia rosa, si mosse, minacciosamente verso il ragazzo. Quest’ultimo, a causa dell’estrema rapidità e portata della convergenza, non ebbe né il tempo né la possibilità di evitarla. Di conseguenza, dopo aver piantato bene i piedi al suolo, incrociò le braccia all’altezza del viso e si preparò ad accusare il colpo. Tuttavia, non appena fu “investito” dal vortice, quest’ultimo svanì nel nulla. L’incantesimo era soltanto un diversivo, escogitato dalle due ragazze. La pioggia di petali e la nebbia di morphix, infatti, avevano il solo scopo di celare Aisha e Flora, le quali, approfittando della distrazione dell’avversario, volando una di fianco all’altra e chiudendo una delle loro mani a pugno, erano entrambe pronte a colpirlo con tutta la forza, che avevano in corpo. Brendon, però, sebbene fosse rimasto piacevolmente colpito dall’inventiva e dalle capacità delle sue amiche, non si fece trovare impreparato. In una frazione di secondo, infatti, avendo intuito in quale parte del corpo le due avrebbero scagliato i loro attacchi, mosse rapidamente le mani e, nonostante l’impatto lo avesse fatto arretrare di alcuni metri, lasciando sul terreno evidenti tracce di quel trascinamento forzato, riuscì a difendersi, bloccando i pugni delle ragazze. La fata della natura e quella dei fluidi, però, non si diedero per vinte e, sebbene le loro mani fossero ancora strette nella morsa di quelle di Brendon, alzando contemporaneamente le loro gambe sinistre, cercarono di “affondare” una ginocchiata nel suo ventre. Il ragazzo, allora, dopo aver lasciato la presa sugli arti delle avversarie, bloccò, nuovamente, il loro attacco. Questa volta, però, le due non ebbero il tempo di escogitare nuove mosse. Brendon, sfruttando le ginocchia di Flora e Aisha, come appoggio, si fece forza sulle mani e, dandosi una piccola spinta verso l’alto, piroettò all’indietro. Tuttavia, mentre si trovava a mezz’aria, non appena le sue gambe furono all’altezza del petto di entrambe, spingendole in avanti, le colpì con la pianta dei piedi. Le due fate, a causa della potenza del colpo, furono sbalzate per aria e, quando toccarono terra, non ebbero più la forza di rialzarsi. A quel punto Bloom, in preda ad una profonda crisi di nervi, sebbene fosse consapevole dei rischi, decise di attaccare personalmente il ragazzo dai capelli neri, con il suo attacco più potente. Di conseguenza, lasciando da sola un’impaurita ed impotente Stella, si sollevò ancora più in alto nel cielo e, portandosi sopra la testa di Brendon, dopo aver allargato le braccia, urlò:
«Tempesta di fiamme!».
Non appena la rossa pronunciò quelle parole, un muro di fiamme rosse dalle sfumature dorate l’avvolse completamente. Subito dopo, davanti alla giovane fata comparve una gigantesca palla di fuoco incandescente. Brendon, visibilmente preoccupato per i danni, che quell’attacco avrebbe potuto causare, dal momento che le altre Winx, ad eccezione di Stella, non erano in grado di evitarlo, si tenne pronto ad intervenire. L’attesa non fu lunga, infatti, poco prima di scagliare la palla di fuoco al suolo, Bloom chiuse per una manciata d’istanti gli occhi, al fine di concentrarsi. Il ragazzo, approfittando di quella distrazione, dopo essersi assicurato che le altre ragazze non lo stessero guardando, volò verso la rossa e, serrando la mano destra a pugno, una volta avvicinatosi a sufficienza, la colpì violentemente alla bocca dello stomaco, facendola svenire. Il gigantesco globo infuocato, così come la parete di fiamme, svanì all’istante. Brendon, poi, dopo aver preso tra le sue braccia il corpo, privo di sensi, dell’amica, in modo tale da evitarle di schiantarsi al suolo, scese lentamente verso terra.
«Dove… dove mi trovo» biascicò Bloom, con la bocca impastata.
«Sei in infermeria. Brendon e le altre ti hanno portato qui questa mattina» la rassicurò, dolcemente, Daphne, mentre le altre Winx, le Pixie, Max e Brendon la guardavano con aria turbata.
«Questa mattina? Che ore sono?» domandò, preoccupata, la rossa.
«Sono… sono le cinque del pomeriggio» le rispose Stella con voce triste.
La Principessa di Domino, dopo aver sgarbatamente rifiutato l’aiuto della sorella, si alzò dal letto e, avvicinandosi minacciosamente al ragazzo dai capelli neri, esclamò:
«Per colpa tua e della tua scellerata idea, abbiamo perso un’intera giornata!».
«Non fare così, dopotutto, anche se breve, è stato un allenamento molto utile» intervenne Flora, mettendo il braccio intorno alla vita dell’amica e cercando di placarne la rabbia.
Allo stesso modo i presenti, ad eccezione di Selina, la quale era rimasta in disparte, si strinsero attorno alla ragazza, al fine di tranquillizzarla e farla ragionare. Bloom, però, non volle sentire ragione e, non curandosi minimamente delle conseguenze delle proprie parole, riprese ad inveire contro l’amico.
«Tu non hai la minima idea di quanto sia prezioso il nostro tempo. Non possiamo permetterci di sprecarlo con questi giochetti inutili. La Dimensione Magica è, ormai, sull’orlo della distruzione… dobbiamo sbrigarci a diventare più forti, al fine di sconfiggere Acheron e recuperare il medaglione. Questo non è un gioco né, tanto meno, un’insulsa “caccia al mostro”. Gli abitanti del nostro universo rischiano la vita… le nostre famiglie rischiano la vita. Questo, però, a te non importa e sai perché? La tua famiglia è al sicuro nell’altra metà di Cassiopea, non corre il pericolo di scomparire per sempre. Ti sei divertito ad umiliarci e a farci perdere ore preziose, tanto nessuno, a cui sei legato, sebbene dubito ci sia qualcuno, che ti voglia davvero bene, potrebbe essere cancellato dall’esistenza da un momento all’altro. Brendon, la verità è che sei solo un egoista».
 Brendon rimase in silenzio e, con espressione impassibile, si limitò ad ascoltare lo sfogo dell’amica. Quando quest’ultima ebbe finito, tra il silenzio generale, il ragazzo dai capelli neri, senza replicare o difendersi, lasciò l’infermeria. Le altre ragazze e Max, fortemente demoralizzati da quella scena, allo stesso modo, si apprestarono a lasciare la piccola stanzetta. La Principessa di Domino, però, richiamando la loro attenzione, comandò loro:
«Non pensiate che per oggi abbiamo finito. Adesso torneremo nella Camera delle Simulazioni e riprenderemo gli allenamenti, mentre Daphne…».
All’improvviso un rumore secco echeggiò per tutta l’infermeria. Subito dopo, la guancia sinistra di Bloom divenne rossa. Selina, invece, ancora con la mano aperta, aveva assunto un’espressione severa, mentre i suoi occhi nocciola si erano assottigliati così tanto da sembrare due fessure. La fata dai capelli verdi, tra lo stupore dei presenti, dopo aver schiaffeggiato l’amica, con voce carica di risentimento, disse:
«Bloom sei… sei solo una bambina viziata. Per tutta la mattina io e le altre abbiamo cercato di tollerarti, abbiamo pensato che doveva esserci un motivo, che ti spingesse a comportarti in questo modo così spregevole. Ci hai comandate a bacchetta, ci hai fatto sentire delle nullità e, per poco, non hai messo in serio pericolo la vita di Aisha, Flora, Musa e Tecna. Nonostante ciò, però, sebbene non lo meritassi, sono sicura che le altre ragazze ti abbiano già perdonato, come, del resto, ho fatto anch’io. Tuttavia, non posso tollerare ciò, che hai detto a Brendon. Tu non te ne rendi conto, ma hai compiuto una meschinità senza precedenti. Devi assolutamente rimediare a queste offese, prima che non sia più possibile… prima che l’amicizia tra te e Brendon sia irreversibilmente compromessa. Quindi… muovi quel tuo bel sederino e corri da quel ragazzo. Io e le altre, invece, come avevamo precedentemente deciso, andremo a Magix a divertirci e a cercare di dimenticare tutta questa storia. Quando torneremo, tu, una volta che ti sarai chiarita con Brendon, andrai da ciascuna Winx, Pixie comprese, e chiederai loro scusa».
Non appena la ragazza ebbe finito di parlare, voltò le spalle alla Principessa di Domino e, seguita da tutti gli altri, si allontanò dalla stanza. Bloom, ancora intontita per lo schiaffo e le dure parole dell’amica, mantenendo lo sguardo perso nel vuoto, si lasciò cadere su una sedia, posta accanto a lei. La rossa, poi, dopo essersi resasi finalmente conto della gravità delle sue azioni, coprendosi il volto con le mani, scoppiò a piangere. Passarono diversi minuti, finché la ragazza, una volta che ebbe finito di singhiozzare, si rimise in piedi e, decisa più che mai a chiedere scusa al suo amico, con passo svelto, si diresse agli alloggi degli insegnanti. Giunta alla camera dei due ragazzi, Bloom, tirando un profondo respiro, bussò alla porta e, senza aspettare che dall’interno arrivasse una risposta la spalancò. Brendon, seduto sul proprio letto, con la testa china, era intento ad osservare quella sua vecchia fotografia bruciacchiata. La fata della Fiamma del Drago, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, si avvicinò e, con la voce rotta dal pianto, balbettò.
«Brendon…».
«Avevi ragione… i miei genitori non corrono alcun rischio» bisbigliò il ragazzo dai capelli neri, senza staccare lo sguardo dalla foto.
«Mi… mi dispiace…» continuò la rossa, tirando su con il naso, ma Brendon la interruppe.
«Loro sono al sicuro in un luogo… dove nulla più può accadergli».
«Non… non saranno…» sibilò la ragazza, afferrando il tragico significato di quelle parole.
«Morti?! Si… da diverso tempo ormai» esclamò Brendon con voce tremante.
«…Come?» azzardò a chiedere Bloom, sedendosi accanto a lui e prendendogli la mano.
Il ragazzo dai capelli neri, a quel punto, alzò lo sguardo e, mostrando alla sua amica il volto, contorto in una smorfia di dolore e rigato da un spaventoso liquido nero, piagnucolò:
«Io… sono stato io… ad ucciderli».
 
*********************************************************************************
 
Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti ;D. Eccoci con un nuovo capitolo, incentrato su più argomenti =). Nella prima parte Bloom, dopo diversi mesi, rincontra Arcadia, la quale, preoccupata per le sorti della Dimensione Magica, vuole sapere dalla ragazza a che punto siano le ricerche del Custode della Fiamma della Fenice. La Principessa di Domino, però, da quando ebbe, insieme alle altre Winx, quel lungo dialogo con Camille nella Dimensione della Fenice, ha cambiato totalmente opinione sulla Fata Guardiana del Regno Dorato. Di conseguenza mostra, nei confronti della donna, un atteggiamento irrispettoso, canzonatorio e sfiduciato. Arcadia, allo stesso modo, sebbene all’inizio cerchi di contenersi, non appena scopre il motivo di tale comportamento, perde tutta la sua compostezza e “sacralità”, inveendo contro la Principessa di Domino. Il colloquio, tra le due, si chiude con un doppio monito: Arcadia, qualora il recupero del medaglione fosse fallito, avrebbe ritenuto le Winx responsabili della distruzione della Dimensione Magica; Bloom, invece, assicura alla Prima Fata che, una volta chiusa la faccenda Ksendras, si sarebbe battuta per far luce sugli eventi, che portarono alla distruzione di Cassiopea. La seconda parte del capitolo è più action. Brendon, infatti, si propone di dar una mano alle ragazze con il loro allenamento. La fata della Fiamma del Drago, però, profondamente turbata da ciò, che era successo la sera prima, è restia ad accettare la sua offerta. Tuttavia il ragazzo riesce ad entrare nella Camera delle Simulazioni e a sfidare tutte le Winx, ad eccezione di Stella. La sessione di allenamento si conclude con l’attacco micidiale di Bloom, la quale, sentendosi arrabbiata, frustrata e demoralizzata, non esita a colpire Brendon, mettendo, allo stesso tempo, in pericolo anche le sue amiche. L’ultima parte… beh l’approfondiremo la prossima volta XD. Detto questo, vi saluto e vi do appuntamento con il prossimo capitolo :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX – Il sogno di una vita ***


Capitolo XIX – Il sogno di una vita
 
Bloom rimase in silenzio con la bocca spalancata. Sebbene cercasse di muovere le proprie labbra, non riuscì ad articolare alcun suono. I suoi occhi, che fino a quel momento avevano continuato a “produrre lacrime”, quasi non avessero più la necessità di essere idratati dal movimento delle palpebre, restarono spalancati… puntati sul volto di Brendon. Le mani della rossa strinsero quella del ragazzo e, accarezzandone dolcemente il dorso, cercarono di apprezzarne il calore. Tuttavia, nonostante il clima all’interno della stanza fosse particolarmente tiepido, la mano di Brendon era gelida e insensibile al tatto, come fosse fatta di porcellana. La Principessa di Domino, in quel momento, osservando per la prima volta il suo amico così da vicino, si rese conto di quanto fosse “innaturale” il suo aspetto. La pelle, infatti, era pallida e rigida, come se non fosse costituita da materiale organico, mentre le labbra erano secche e scure. Gli occhi inespressivi, dai quali continuava a fluire uno strano liquido nero, invece, erano privi di quella “luce”, che accomuna tutti gli esseri viventi. Il naso e la bocca, infine, per quanto potesse essere impossibile, sembravano non incamerare né tanto meno “cacciare fuori” aria. La rossa, estremamente sconcertata da tutta quella serie di peculiarità, iniziò ad essere tormentata da un’orrenda quanto inspiegabile preoccupazione. Di conseguenza, nonostante la logica le suggerisse tutt’altro, si decise a compire un gesto che le avrebbe permesso di fugare i propri dubbi. Bloom, senza proferire parola, lasciò la presa sulla mano dell’amico e, sporgendosi in avanti, poggiò il proprio orecchio sinistro sul petto di Brendon. Questi, sebbene fosse rimasto colpito dall’azione della ragazza, non si scompose più di tanto e, dopo essersi asciugato il viso, abbozzando un timido sorriso, esclamò:
«Quello… non batte da un pezzo ormai».
La rossa, assumendo un’espressione terrorizzata, si ritrasse di colpo e, dopo essersi messa in piedi, indietreggiò lentamente verso la porta della stanza. Brendon, invece, conscio della paura e del turbamento che la sua particolare condizione causava agli altri, rimase fermo al proprio posto ad osservare le mosse dell’amica. Bloom, non appena sentì la presenza dell’anta di legno, portando le braccia dietro la schiena, iniziò a cercare la maniglia. Tuttavia il ragazzo, sentendo uno strano quanto inspiegabile bisogno di compagnia da parte dell’amica, le disse:
«Ti prego… non andare via».
La Principessa di Domino riuscì in quello stesso istante ad afferrare la dorata maniglia della porta e, abbassandola di colpo, gridò con voce tramante:
«Non ho alcuna intenzione di trattenermi con un essere come te, con… con un mostro!».
«Rossa … sono… sono sempre io, Brendon» replicò il ragazzo, indicandosi il volto con un dito.
«È proprio questo il punto: io non so nulla di te… di Brendon!» sentenziò, rabbiosa, Bloom.
«Lascia che ti spieghi allora, permettimi di farti conoscere il vero me» sbottò Brendon, mettendosi in piedi.
«No, non voglio» piagnucolò la rossa, abbassando la testa.
«Perché?» chiese Brendon, dopo essersi avvicinato all’amica.
Bloom, a quel punto, rialzando gli occhi colmi di lacrime, bisbigliò:
«Perché ciò che potresti dirmi mi spaventa a morte. Io non voglio che un mio amico m’incuta paura».
«Gli altri non ne hanno avuta» replicò, asciutto, il ragazzo, guardando la giovane fata negli occhi.
«Gli… altri?» balbettò, stupita, la Principessa di Domino.
«Elizabeth, Max e… Selina» spiegò Brendon con tranquillità.
La ragazza, ascoltando quei nomi e in particolare l’ultimo, si sentì smarrita e, sebbene non ne avesse avuto il diritto, tradita. Questo perché, benché potesse anche comprendere “l’omertoso silenzio” di Elizabeth e Max, i quali conoscevano Brendon da molto più tempo di lei e delle altre Winx, non riusciva ad accettare che Selina le avesse mentito. Da quando si erano riappacificate, entrambe avevano deciso di basare il loro rapporto di amicizia sulla fiducia e il rispetto reciproco. Di conseguenza il sapere che la fata dai capelli verdi l’avesse tenuta all’oscuro di una faccenda così importante, la fece infervorare al tal punto che, sbattendo i pugni contro la porta, gridò all’amico:
«Selina sa?! Sa della morte dei tuoi genitori?».
«Selina è a conoscenza di tutto» rispose il ragazzo dai capelli neri con tono pacato.
«Perché… perché non mi ha detto nulla?» piagnucolò la rossa, tirando su con il naso.
«Guarda che Selina avrebbe voluto, sono stato io a chiederle di non farlo» le disse Brendon.
«Come mai?» mormorò Bloom, rialzando il capo e asciugandosi gli angoli degli occhi con i polsini della maglietta.
«Avrei preferito parlarti personalmente e al momento opportuno» spiegò l’altro con un leggero imbarazzo, poi aggiunse: «Mi dispiace di averti spaventato o fatto arrabbiare… non era mia intenzione, scusami Bloom».
«È… è la prima volta, che mi chiami con il mio vero nome» sibilò la ragazza con fare stupito.
«Beh… dovevo prima capire una cosa» esclamò il ragazzo.
«Cosa?» chiese, curiosa, la rossa.
«Se ad un così bel nome, corrispondesse un altrettanto bella persona» spiegò Brendon, abbozzando un timido sorriso.
La Principessa di Domino, colpita dalla bontà e dalla sincerità di quelle parole, dopo aver richiuso la porta della camera, si posizionò a pochi centimetri di distanza dall’amico e, allargando entrambe le braccia, lo strinse a sé. Brendon si sentì preso alla sprovvista e, non sapendo cosa fare, rimase immobile a fissare il vuoto oltre la rossa chioma della ragazza. I due rimasero uniti l’un l’altro per una trentina di secondi, poi Bloom, avvicinando la propria bocca all’orecchio del ragazzo, bisbigliò dolcemente:
«Scusami anche tu… per tutto ciò, che ti ho detto».
«Tranquilla è acqua passata» rispose l’amico, poggiandole una mano dietro la schiena.
A quel punto la giovane fata, spostando leggermente la testa, incrociò lo sguardo di Brendon e, sebbene i vitrei occhi del ragazzo le incutessero una certa agitazione, rimase a fissarli. Lo stesso fece Brendon, specchiandosi nei grandi e luminosi occhi azzurri di Bloom. Trascorsero altri secondi, che ai ragazzi sembrarono essere un’eternità, poi, poiché entrambi si resero conto che quel loro abbraccio stesse durando stranamente troppo, si separarono con imbarazzo.
«Bene… …cioè… penso si tutto a posto, no?» balbettò la Principessa di Domino.
«Si… …ehm… si, si tutto risolto» biascicò l’altro, massaggiandosi la nuca.
«Adesso perché non mi racconti tutta questa storia?» domandò la rossa, andandosi a sedere sul letto.
«D’accordo, ma ti avverto non sarà piacevole» rispose Brendon, raggiungendola.
«Immagino…» replicò la ragazza con voce cupa.
«Da dove vuoi che cominci?» chiese l’amico.
«Non saprei… vediamo... Brendon è il tuo vero nome?» esclamò, seria, la ragazza.
«Che razza di domanda è?» sbuffò Brendon, alzando lo sguardo.
«Ormai mi aspetto di tutto!» replicò la rossa, incrociando le braccia.
«Puoi stare serena, mi chiamo veramente Brendon» tagliò corto il ragazzo dai capelli neri.
«Perfetto! Almeno una cosa l’abbiamo assodata» cinguettò, leggermente divertita, Bloom.
«Se proprio lo ritenevi necessario» disse l’amico pieno di sconforto.
La Principessa di Domino, a quelle parole, rise di gusto, poi, dopo essersi calmata, riassunse un’espressione seria e con voce bassa riprese a parlare.
«Adesso sono pronta. Dimmi tutto… dall’inizio».
Brendon, allora, stringendosi nelle spalle, cominciò a raccontare la sua storia.
«I miei genitori si chiamavano Thomas e Martha Williams, entrambi erano originari di una città chiamata Cardiff. Mio padre era libraio, mentre mia madre era fioraia. I due si conobbero all’incirca ventisei anni fa per puro caso. Papà, che a quel tempo era innamorato di un’altra ragazza, voleva comprare per quest’ultima un mazzo di fiori, al fine di conquistarne l’affetto. Il poveretto, dopo aver girato mezza città a vuoto, s’imbatté in un piccolo negozio di fiori della periferia. Non essendo un esperto, chiese consiglio alla giovane commessa del locale, che, sebbene non avesse la minima voglia di sprecare tempo appresso a lui, con una santa pazienza gli diede una mano nella scelta. I due persero quasi tre ore per cercare il giusto regalo e, nel frattempo, dialogando amabilmente tra di loro, impararono a conoscersi. Quando, poi, fu il momento di andare via, mio padre, comprato un bouquet di fiorellini aventi la corolla gialla e i petali azzurrini con sfumature bianche, lasciò a malincuore il negozio e la sua nuova amica. Tuttavia, passata una notte insonne a meditare su ciò, che gli era accaduto, e sulle emozioni provate in quel momento, decise di ripresentarsi al locale. Così, il mattino seguente, armato di una buona dose di coraggio e follia, papà tornò dalla cassiera del negozio e, regalandole il mazzo di fiori, preso il giorno precedente, le chiese un appuntamento. La ragazza, o meglio mia madre, dapprima titubante, accettò la sua richiesta e, dopo un paio di mesi, si fidanzò ufficialmente con lui. Trascorsero un anno insieme, poi, quando papà riuscì ad aprire la sua prima libreria e mammà ereditò l’attività di fioraia dai genitori, si sposarono».
«È una storia bellissima. Quanto mi piacerebbe vivere una “favola” così romantica» lo interruppe la giovane fata, sospirando.
«Tu stai per sposare un principe… cos’altro vuoi di più?» replicò, sarcastico, il ragazzo.
«Non è la stessa cosa…» sbuffò Bloom con aria offesa.
«Continuo a non capire» disse Brendon.
«Sei un maschio… non potrai mai capire» concluse, sorridendo, la rossa.
Il ragazzo dai capelli neri, spiazzato da quella risposta, decise di non approfondire la faccenda e, riprendendo da dove si era interrotto, continuò il proprio racconto.
«Dopo dieci mesi di matrimonio, nacqui io. I miei genitori erano al settimo cielo, nonostante avessero due diverse attività commerciali da mandare avanti, cercavano sempre di trascorrere quanto più tempo possibile insieme a me. Quando, invece, erano via per lavoro, passavo le giornate con i miei nonni materni. In particolare adoravo visitare insieme a loro i luoghi storici della città come il Castello di Cardiff e la Cattedrale di Llandaff. Divenuto un po’ più grande, iniziai a frequentare la scuola e, conseguentemente, conobbi tante nuove persone con le quali strinsi amicizia. Tutto sembrava andare per il verso giusto, la nostra vita, sebbene semplice e ordinaria, era felice. Purtroppo le cose belle non durano a lungo. Quando avevo poco più di cinque anni, mamma e papà decisero che fosse giunto il momento di avere un altro figlio. Non fraintendermi… l’idea di avere un fratello o una sorella, con cui condividere il mio tempo e l’affetto dei miei genitori, mi rese felicissimo. Tuttavia, nonostante i diversi tentativi e le mie numerose quanto ingenue insistenze, questo bambino non arrivò. Così i miei, speranzosi di poter trovare una soluzione al loro problema, si rivolsero ad un medico. Questi, dopo aver eseguito diverse analisi, diagnosticò a mia madre una sterilità secondaria cioè l'impossibilità di concepire un secondo figlio dopo aver già concepito e/o portato a termine una normale gravidanza*. Per entrambi fu un durissimo colpo anche perché i medici non furono in grado di spiegare la causa, che aveva portato a questa particolare condizione. Di quel periodo, sebbene nel corso degli anni queste e altre cose mi furono raccontate, ho un bruttissimo ricordo. Nonostante i miei genitori facessero finta di niente, mi resi ben presto conto che qualche cosa si fosse irrimediabilmente “rotta”. L’armonia e la serenità, che fino ad allora avevano scandito il nostro quotidiano, erano state compromesse. Papà, di punto in bianco, smise di descrivermi le gioie, le responsabilità e le difficoltà che l’avere un fratello/sorella comportassero e si tuffò a tempo pieno nel lavoro, mettendo da parte la propria famiglia. La mamma, al contrario, lasciò il negozio di fiori alle cure dei miei nonni e, chiudendosi da sola nella camera da letto, trascorreva le sue giornate a piangere e disperarsi. Quante volte mi sono fermato davanti la porta della stanza a sentire i suoi lamenti, avrei voluto tanto poterla consolare… abbracciare. Lei, però, teneva lontani tutto e tutti, imprigionando sé stessa nel proprio dolore. La nostra famiglia stava candendo a pezzi… i miei genitori si stavano punendo per una colpa, che non era loro… per un un’ingiustizia voluta dal destino».
Mentre Brendon proseguiva il proprio racconto, Bloom, seduta di fronte a lui, lo guardava con gli occhi lucidi e in religioso silenzio prestava attenzione ad ogni singola parola.
«La situazione rimase in stallo per ben due anni, finché un evento, sebbene tragico, non restituì la forza e la speranza a mio padre e mia madre. La morte di mia nonna, infatti, per quanto possa aver fatto soffrire me e mi nonno, spinse quest’ultimo ad affrontare i miei genitori e i loro problemi. Ricordando loro le responsabilità, che avevano nei miei confronti, e facendo leva sull’eventualità di alienarsi il mio affetto, qualora avessero continuato a comportarsi in quel modo, riuscì a farli ragionare. Il nonno, infatti, gli fece capire che, sebbene l’impossibilità di avere altri figli fosse terribile e angosciante, loro un bambino già lo avevano e che su questo bambino dovevano riversare amore e affetto… non dolore e solitudine. Il suo intervento fu provvidenziale, quasi miracoloso. Mamma e papà compresero i loro errori e, mettendo da parte la tristezza e le incomprensioni, decisero di dare un taglio netto passato… decisero di ricominciare a vivere. Così alcuni mesi dopo la morte di nonna ci trasferimmo a Glasgow, lasciando a malincuore mio nonno a Cardiff. Lì i miei aprirono una libreria, quella dove vi abbiamo ospitato, e un grande vivaio. Sebbene ebbi non poche difficoltà ad adattarmi ad una nuova città, anzi ad un nuovo stato, grazie al rinnovato appoggio di mio padre e mia madre, fui in grado di superare i miei problemi iniziali e d’integrami pienamente con quella nuova realtà. Finalmente la pace e la felicità erano tornate a regnare incontrastate sulla nostra famiglia. Tutti e tre avevamo un lungo e prosperoso cammino davanti. Nessuno avrebbe potuto impedirci di portarlo a termine, nessuno sarebbe stato in grado di dividerci… … nessuno… …».
Il ragazzo dai capelli neri s’interruppe e, stringendo i pugni delle mani, iniziò a contorcersi in preda ad uno strano dolore. La Principessa di Domino, resasi conto della grave situazione, in cui versava l’amico, esclamò preoccupata:
«Brendon cosa succede?! Ti stai sentendo male?».
L’altro non rispose e, lasciandosi cadere sul pavimento, continuò a mugugnare per la sofferenza. La rossa, mettendosi accanto a lui, cercò di aiutarlo, sfruttando i suoi poteri curativi. Questi, però, non ebbero alcun effetto, anzi sembrarono peggiorare la situazione. Gli occhi di Brendon, intanto, si stavano colorando di rosso, mentre le punte dei suoi capelli stavano sbiadendo. Bloom, terrorizzata da tutta quella situazione, rimase in ginocchio a pochi centimetri di distanza dal corpo tremante dell’amico, aspettando e sperando che quella situazione volgesse al termine. Il ragazzo, al fine di calmarsi, si colpì più volte il petto e la testa con la mano destra, fino a quando non riprese il controllo di sé. Brendon, a quel punto, mettendosi a carponi con fatica, mormorò:
«Bloom, scusami se ti ho fatto assistere a questo… a questo scempio».
«Cos’è successo?» domandò la rossa con voce tremante.
«Voleva… uscire, ma sono riuscito a controllarlo» sibilò Brendon.
«Chi voleva uscire, Brendon?! Non capisco» replicò, impaurita, la ragazza.
«Il “nessuno” che ha rovinato la vita a me e ai miei genitori» rispose l’altro, mettendosi in piedi.
La giovane fata, allo stesso modo, si rialzò e, dopo essersi assicurata che l’amico stesse bene, sedendosi nuovamente sul materasso, gli domandò dolcemente:
«Te la senti di continuare?».
«Si! Non preoccuparti, ormai ci sono abituato» rispose, sicuro di sé, il ragazzo.
«Io ancora non capisco…» biascicò la Principessa di Domino.
«Dammi altri dieci minuti e tutto ti sarà chiaro» la rassicurò Brendon.
«D’accordo… mi fido di te» esclamò la rossa, facendogli un sorriso.
Il ragazzo, allora, dopo aver preso una sedia posta accanto alla scrivania, la posizionò per sicurezza a debita distanza dal letto e, una volta sedutovisi sopra, riprese a parlare.
«Come ti stavo dicendo, per cinque lunghi anni tutto filò liscio. Il vivaio di mamma, essendo uno dei più grandi e più forniti della regione, attirava sempre un gran numero di curiosi visitatori; la libreria di papà, allo stesso modo, era piena di clienti, pronti a fare di tutto pur di mettere le mani su un libro antico. L’unica “macchia nera” di quel periodo fu rappresentata dalla scomparsa del nonno, il quale, però, in punto di morte, riferì ai miei genitori di essere contento di andarsene da questo mondo, sapendo che le cose nella nostra famiglia fossero tornate a posto. Tuttavia il destino si oppose nuovamente al nostro volere. Quando avevo undici anni, mi recai in gita scolastica al Bosco dei Cento Petali. Quel giorno non lo dimenticherò mai per due semplici motivi. Innanzitutto conobbi Max e Elizabeth, che da allora sono rimasti sempre al mio fianco. In secondo luogo… …beh… quel giorno semplicemente la mia vita cambiò».
«Cosa successe?» lo interruppe, curiosa, la giovane fata.
«Iniziò il mio peggiore incubo» sentenziò, cupo, Brendon.
«Spiegati meglio» balbettò la rossa, stringendo a sé un cuscino.
«Quando visitaste il bosco, notaste per caso pietra rotonda, incastonata nel terreno e ricoperta da rune dal significato misterioso?» domandò, all’improvviso, l’altro.
«Si… si, mi sembra che la prima ad accorgersene sia stata Musa» rispose la ragazza, portandosi la mano al mento.
«La struttura presentava delle vistose crepe sulla propria superficie, giusto?» continuò il ragazzo, abbassando il tono della voce.
«Esatto! La percorrevano per tutta la sua lunghezza» esclamò, convinta, Bloom, per poi chiedergli «Dove vuoi arrivare con tutte queste domande?».
«Quelle crepe tredici anni fa non c’erano» spiegò Brendon.
«E… quindi?» replicò la ragazza.
«Quindi qualcuno provocò quelle spaccature…» disse l’amico con tono malizioso.
«Non sarai stato tu?» starnazzò la Principessa di Domino.
«Si, invece…» sibilò, serio, Brendon.
«Perché avresti compiuto un atto del genere?» domandò, stupita, la rossa.
Il ragazzo, allora, dopo essersi stiracchiato la schiena, le raccontò della disavventura, che lui e i suoi due amici, vissero nel parco naturale di Glasgow e il motivo per cui la “Trappola del Demone” si fosse crepata.
«È strano sai? Io quella mattina neanche ci volevo andare in gita. Non so perché, ma avevo una strana sensazione. La testa mi ronzava, come se qualcuno stesse bisbigliando qualche cosa, mentre lo stomaco era sottosopra. Mi confidai con mia madre, dicendole che non mi sentivo tanto bene e che avrei preferito restare a casa. La mamma, però, assodato che non avessi la febbre, insistette affinché partecipassi a quella visita. Era felice che avessi l’opportunità di visitare il Bosco dei Cento Petali, che, a suo dire, era il più bello di tutta la Scozia. Quel giorno, inoltre, avrei festeggiato anche il mio compleanno e, di conseguenza, non potevo restare a casa perché i miei la dovevano abbellire per la festa, che si sarebbe tenuta la sera stessa. Così, sebbene non ne avessi avuto la minima voglia, salii sul pullman, che ci avrebbe accompagnato al parco. Lì, dopo un’ora di cammino tra alberi, cespugli e piccoli rivoli cristallini, giungemmo alla radura dove si trova la pietra. Il ranger, a quel punto, decise di saggiare le nostre conoscenze sul Bosco e sulle leggende ad esso collegate. Fu così che conobbi Max e Elizabeth, gli unici ad essere abbastanza preparati da poter rispondere. Quanto li ammirai… sapevano davvero tante cose, nonostante fossero dei semplici studenti di undici anni. Lasciando perdere i sentimentalismi, grazie alle loro risposte, venni a conoscenza del mito della “Trappola del Demone”. Secondo un’antica leggenda, infatti, la pietra è un potente sigillo, che serve ad imprigionare una creatura demoniaca. Oggi, però, sarebbe più opportuno parlare al passato, poiché la Trappola ha perso da tempo la sua “funzione”».
«Aspetta! Vuoi forse dirmi che… che il demone esisteva realmente» lo interruppe, preoccupata, Bloom.
«Se mi fai parlare… ci arrivo» replicò, seccato, il ragazzo.
«Ok, scusa. Non lo faccio più» bisbigliò la Principessa di Domino con tono mortificato.
Il ragazzo dai capelli neri, divertito da quell’atteggiamento, le sorrise e, riprendendo da dove era stato fermato, continuò a parlare.
«Bene, terminata la visita alla pietra, il vecchio ranger ci disse di seguirlo in un’altra radura. Così, messi in fila dalle nostre insegnanti, ci inoltrammo in un nuovo sentiero. Io, insieme a Max e Elizabeth, chiudevo il gruppo, di conseguenza approfittai della “nostra vicinanza” per poterli conoscere meglio. Max, fin da subito, si dimostrò cortese e amichevole; quella pazza di Elizabeth, al contrario, ci trattò come due appestati. Credimi c’è un motivo se lei e Stella vanno tanto d’accordo: sono accomunate dallo stesso pessimo carattere. A volte mi chiedo come Max riesca a sopportarla. Comunque questi non sono affari miei e non c’entrano con la storia. Tuttavia, per quanto mi dispiaccia ammetterlo, fu proprio la nostra amica la causa di tutto. All’improvviso, mentre camminavano, quell’isterica si accorse di aver perso quella sottospecie di farfalla, che porta sempre sulla testa. Tu sai benissimo quanto Elizabeth tenga al fermaglio, beh… da bambina non era diversa. Senza dire niente alle nostre insegnanti o al ranger, ritornò di corsa alla pietra, pensando di poter ritrovare l’oggetto. Io e Max eravamo preoccupati per lei e, girando le spalle agli altri, la raggiungemmo. Arrivati alla Trappola del Demone, ci ricongiungemmo con la nostra amica, la quale, nel frattempo, aveva ritrovato il suo fermaglio. Purtroppo la felicità di quel momento durò poco. Dal folto della vegetazione, infatti, comparvero tre ragazzi sui diciassette/diciotto anni dall’aria minacciosa. Questi avevano in mente solo una cosa: abusare di Elizabeth.»
«Ehi… un momento solo! Stella e Elizabeth hanno confidato a me e alle altre questa stessa storia diverso tempo fa» lo interruppe, nuovamente, la giovane fata.
«Hai il brutto vizio di non lasciar parlare le presone» sbuffò Brendon con tono severo.
«Non è vero! Sei tu che non arrivi al dunque» starnazzò Bloom.
«Fammi finire questa caspiterina di storia, poi fai tutte le considerazioni che vuoi» le urlò il ragazzo dai capelli neri alterandosi.
La rossa, sebbene rimase colpita dallo sfogo dell’amico, scoppiò a ridere pochi istanti dopo e, mangiandosi alcune parole, disse:
«Sei… sei troppo buffo quando ti arrabbi».
«Bloom… ti prego» sospirò Brendon con un filo di voce.
«Va bene, va bene… la smetto» disse la ragazza, cercando di riacquistare un certo contegno.
L’altro, una volta che la Principessa di Domino si fu calmata, proseguì il proprio racconto.
«Io e Max cercammo di difendere la nostra amica, ma, essendo poco più che bambini, subimmo una tremenda batosta. In particolare Max fu picchiato fino allo svenimento, mentre a me… capitò di peggio. Uno dei ragazzi mi scaraventò con violenza sulla pietra rompendomi due costole, poi, iniziò a prendermi a calci e pugni rompendomi il naso e lussandomi un braccio. Ero irriconoscibile, avevo lividi e sangue dappertutto. Sarei voluto svenire come Max, ma rimasi sveglio e vigile a causa del dolore. I frammenti ossei delle costole, premendo contro i polmoni, non mi consentivano una corretta respirazione: stavo soffocando nel mio stesso sangue. Elizabeth era davanti a me a pochi metri di distanza… era terrorizzata, aveva capito che nessuno sarebbe accorso in nostro aiuto. Quei disgraziati erano ormai pronti a “divertirsi” con lei, senza importarsi delle disastrose conseguenze che le loro azioni avrebbero causato. Stavo per assistere ad una scena disgustosa e allo stesso tempo orribile, quanto avrei voluto aiutare quella ragazza, conosciuta neanche mezz’ora prima. Quanto avrei voluto che i tre continuassero ad infierire su di me e lasciassero lei in pace. Ero impotente… Elizabeth avrebbe subito quella crudeltà senza che io avessi potuto fare nulla. La mia debolezza e codardia mi facevano ribrezzo. Ad un tratto, però, nella mia testa dolorante riecheggiarono le parole del ranger… parole che ricordo ancora oggi: per poter liberare un demone, qualora esistano, le storie narrano che si debba fare un patto di sangue con esso, dovete cioè offrire il vostro corpo alla creatura, la quale ne prenderà possesso”. Sarò franco… non credevo per nulla tutte quelle sciocchezze, sarebbe stato più probabile che un meteorite cadesse sulla testa dei ragazzi. Tuttavia, dal momento che mi trovavo sulla Trappola del Demone e che il mio sangue ricopriva ormai tutta la struttura, pensai di giocarmi quell’ultima carta. Così, inventandomi di sana pianta una sorta di mistico rituale, pregai il fantomatico demone sigillato nella pietra, affinché venisse in mio aiuto».
«Cos’è successo dopo?» domandò, preoccupata, Bloom, non importandosi di aver interrotto l’altro per l’ennesima volta.
«Nulla… non successe proprio niente» replicò Brendon con tono pacato.
«Quindi la storia del demone imprigionato era una semplice leggenda?» puntualizzò la Principessa di Domino.
«No!» rispose, secco, il ragazzo dai capelli neri.
«Non sto capendo…» biascicò, smarrita, la rossa.
Brendon, allora, facendosi cupo in volto, le rispose.
«All’inizio, nonostante avessi urlato il nome del demone con tutte le mie forze, alla pietra non accadde nulla. Gli aggressori, pensando che fossi impazzito, si misero a ridere sguaiatamente, poi, dopo avermi insultato e minacciato, ripresero a circondare Elizabeth. Ero sfinito… non avevo più neanche la forza di respirare. Di conseguenza mi lasciai definitivamente andare, chiusi gli occhi e abbassai la testa. In quell’istante, però, pronunciai con un filo di voce un ultimo appello al demone. Non so perché lo feci, forse speravo di fargli pietà oppure stavo semplicemente delirando. Dopotutto non mi costava nulla provarci un’ultima volta prima che… prima che morissi. All’improvviso avvertii una strana sensazione, era come se qualcuno avesse acceso un braciere nel mio petto. Provai un piacevole calore, paradossalmente iniziai a sentirmi anche meglio. Purtroppo questa sensazione di benessere durò soltanto pochi secondi, subito dopo, infatti, la pietra si crepò. Dalle spaccature, allora, fuoriuscì un liquido nero viscido e denso, che iniziò ad avvicinarsi al mio corpo. Penso di non aver mai provato così tanta paura in tutta la mia vita. Pur di aiutare una persona in pericolo, avevo commesso un’immane sciocchezza, della quale ben presto mi sarei amaramente pentito. Comunque, non appena il liquido toccò me e le mie ferite, fui avvolto da imponenti fiamme nere. Sebbene le fiamme non producessero calore, il dolore, che né segui, fu atroce. La testa mi scoppiava, sentivo le braccia e le gambe bruciare, nonostante non vedessi segni di scottature, il cuore batteva così forte che sembrava voler sfondare la gabbia toracica. Iniziai a sentire delle voci, prima erano flebili poi divennero sempre più acute e persistenti. Erano urla di paura… urla di morte. Chiusi gli occhi, non riuscivo più a sopportare tutta quella sofferenza».
Il ragazzo si fermò e, stringendo la spalliera della sedia con le mani, cercò di trovare la forza per proseguire. La giovane fata, percepita la difficoltà dell’altro, gli sorrise e, mettendosi in ginocchio davanti la sedia, gli disse:
«Sono qui… tranquillo».
«Quando li riaprii, mi ritrovai in un letto d’ospedale. Affianco a me c’erano Max e Elizabeth, i miei genitori e un uomo di circa quarant’anni dall’aspetto gentile. Si chiamava Richard Craig, era il medico che, dopo l’incidente avvenuto nel Bosco dei Cento Petali, aveva curato me e Max. Non ricordavo nulla di quello che fosse accaduto nel parco, così i presenti, sebbene all’inizio fossero un po’ riluttanti, mi raccontarono tutto. Il demone, preso possesso del mio corpo, aveva letteralmente maciullato i tre aggressori, compiendo uno scempio senza precedenti. Poi, dopo essersi minacciosamente rivolto contro i miei due amici, era svenuto, o meglio il mio corpo non aveva più retto a tutto quello stress. Così, una volta che fummo ritrovati dal ranger, dalla polizia e dalle nostre insegnanti, ai quali fu raccontata un poco credibile menzogna, fummo trasportati in ospedale. Richard, allora, spiegò, nonostante le bugie di Elizabeth e Max, di essersi reso subito conto che il mio stato di salute fosse alquanto strano. Ero vivo, ma, allo stesso tempo, il mio cuore non batteva, i polmoni non si dilatavano per incamerare aria, l’attività cerebrale era piatta. A quel punto i nostri amici, pregando quell’uomo di non farne parola con nessuno, gli rivelarono la verità. Richard, però, sebbene gli avesse creduto, spiegò loro che i miei genitori dovessero essere avvisati della cosa».
«Martha e Thomas sapevano del demone?» starnazzò Bloom, mentre il suo volto diventava sempre più pallido.
«Si, Richard e i ragazzi dissero loro tutto» rispose Brendon.
«Come reagirono alla cosa?» domandò la Principessa di Domino.
«Non lo so… non mi hanno mai voluto dire nulla» spiegò l’altro, alzando gli occhi verso il soffitto.
«Capisco» replicò la ragazza con voce triste.
Il ragazzo, a quel punto, riprese a descrivere cosa accadde il giorno in cui si unì a Belial.
 «Mentre gli altri parlavano, rimasi in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto. Non m’importava di sapere quelle cose, non m’importava di sapere cosa mi fosse successo, non m’importava… più di nessuno. Ero cambiato, mi sentivo morto dentro. Non riuscivo a provare niente: né il dolore né la stanchezza. Ben presto mi resi conto che non avevo più bisogno di mangiare, bere o dormire. Non riuscivo più a provare niente, ero un contenitore vuoto… anzi sono un contenitore vuoto. Per quanto i miei nuovi amici, mamma e papa, lo stesso Richard cercassero di starmi vicino e di farmi sentire meglio, non c’era verso di farmi “guarire”. Quel demone è parte di me e io sono una parte di lui. Siamo indissolubilmente legati e la prova di questa duplice unione arrivò molto presto».
Detto ciò, Brendon mostrò a Bloom la vecchia fotografia bruciacchiata, sul retro della quale era solito annotare delle cose. La rossa la prese tra le mani e, sebbene l’avesse notata tempo addietro, rimase scioccata nel realizzare cosa rappresentasse. Al centro della foto vi era un ragazzino pallido dai capelli neri, questi aveva un volto inespressivo e la bocca serrata. Ai lati, invece, vi erano un alto uomo dai capelli biondi e una donna dai lunghi capelli scuri. Entrambi poggiavano una delle loro mani sulle spalle del soggetto al centro e, guardando in avanti, sorridevano mestamente. Oltre alle tre figure, già intraviste la sera in cui conobbe Brendon, vi era un’imponente e oscura presenza posta alle spalle dei due adulti, che, avvolta nell’ombra delle tenebre, mostrava un sorriso inquietante.
«Questo… questo è…» balbettò la ragazza, girando la foto al contrario per lo spavento e notando per la prima volta le scritte dell’amico.
«Belial… il demone rinchiuso nella pietra. Il demone presente dentro di me» spiegò l’altro, stringendosi nelle spalle.
«Quando è stata scattata?» domandò la Principessa di Domino con ansia.
«Quello stesso giorno in ospedale» rispose, asciutto, il ragazzo.
«Perché?» aggiunse la rossa.
«I miei volevano che festeggiassi lo stesso il mio compleanno, ma quando videro la foto… …beh… non ne scattarono più» replicò Brendon.
«Stai dicendo che…» iniziò a dire la giovane fata, ma l’amico la interruppe.
«È l’ultimo ricordo tangibile di mia madre e mio padre».
«Brendon, cos’è successo ai tuoi genitori?» chiese, all’improvviso, Bloom, mentre si rialzava da terra e tornava a sedersi sul letto.
Non appena la rossa pose quella domanda, lo strano liquido nero tornò a fluire dagli occhi di Brendon. Questi, però, non ci fece caso e, mantenendo un certo contegno, disse:
«Tenere sotto controllo Belial è difficile… molto difficile. Tuttavia per diverso tempo non ebbi grandi problemi. Mamma e papà erano sempre al mio fianco, pronti ad intervenire nei momenti di crisi. La compagnia di Elizabeth e Max, inoltre, mi rasserenava, quando ero insieme a loro, nonostante le mie evidenti difficoltà di relazione, mi sentivo bene… mi sentivo “normale”. Richard, infine, veniva a farmi visita due giorni a settimana, al fine di monitorare il mio stato fisico e psicologico. La mia vita, per quanto potesse essere incasinata, procedeva senza intoppi, o almeno fu così fino a quel settembre di otto anni fa. Avevo sedici anni, quel giorno mi svegliai presto e con i miei genitori mi recai al vivaio. La mamma stava aspettando che le consegnassero dei nuovi semi, che avrebbe dovuto piantare in una delle serre. Mentre aspettavamo il corriere, mi misi in un angolo a sfogliare una vecchia storia a fumetti, che narrava le avventure di un papero antropomorfo originario, strano a credersi, della città di Glasgow. All’improvviso realizzai che l’oscura presenza di Belial stesse prepotentemente prendendo il sopravvento. Non so di preciso cosa accadde né il perché accadde, sta di fatto che il demone era furioso. Belial non era mai stato così potente, sembrava come se volesse sfogare tutta la sua rabbia. Cercai di controllarmi, ma fu tutto inutile… il demone prevalse. Quando ripresi conoscenza, mi ritrovai steso per terra sul pavimento del vivaio, anzi di ciò che ne restava. Le serre, i magazzini, il negozio era tutto distrutto… tutto era avvolto dalle fiamme. Rialzandomi mi resi conto di essere coperto di sangue… sangue che non mi apparteneva. Poco distanti, infatti, si trovavano i cadaveri dei miei genitori. I due erano morti, tenendosi mano nella mano. Avevano cercato di calmarmi… di far riemergere la parte migliore di me, ma purtroppo avevano fallito. Corsi da loro, cercai di rianimarli… cercai di parlargli. Erano freddi come il ghiaccio, i loro occhi erano ruotati all’insù, mentre la loro bocca era spalancata. Le ferite di papà erano molte di più rispetto a quelle della mamma. Evidentemente, una volta capito che non sarebbe riuscito a farmi ragionare, aveva cercato di difendere sua moglie con ogni mezzo. Belial gli aveva strappato via una gamba e distrutto la parte posteriore del cranio. Ad un certo punto, senza alcun motivo, presi mia madre tra le braccia e, accarezzandole dolcemente i lunghi capelli neri intrisi di sangue raggrumito, la strinsi forte a me per un tempo imprecisato. Avrei voluto piangere, avrei voluto urlare… avrei voluto uccidere me stesso per ciò che avevo fatto. Purtroppo il demone, che avevo dentro di me, lo impediva. Le fiamme, intanto, stavano consumando tutto ciò che incontravano sul loro cammino. Molto presto del vivaio dei miei genitori non sarebbe rimasto nulla. Così adagiai nuovamente il corpo della mamma accanto a quello di papà e, senza voltarmi indietro, mi allontanai da quel luogo di morte».
Calò il silenzio, Brendon rimase immobile sulla sedia ad osservare la ragazza, che aveva di fronte a sé. Bloom, sentendosi osservata, abbassò la testa per nascondere al suo amico i rivoli di lacrime, che stavano iniziando a rigarle il volto. Il ragazzo dai capelli neri, però, capì subito lo sconforto e la tristezza, che la sua storia aveva instillato nell’animo della Principessa di Domino. Così, alzandosi dalla sedia, si diresse al suo letto e, dopo essersi messo accanto alla ragazza, le sussurrò dolcemente:
«Bloom non devi vergognarti. Non sai quanto t’invidio… anch’io vorrei poter piangere… provare di nuovo emozioni umane».
«Non è giusto» singhiozzò la fata, girandosi verso l’amico.
«Lo so… ma questa è la vita che mi sono scelto» replicò Brendon.
«Perché… perché agisti così incautamente» gridò la rossa, iniziando a colpire con i pugni il petto dell’altro.
Il ragazzo, meravigliato dal comportamento della giovane fata, cercò inutilmente di tranquillizzarla. Bloom, infatti, non riusciva a smettere di piangere e singhiozzare. Brendon, allora, imitando un gesto che sua madre compiva, quando lui era triste, prese la mano destra dell’amica e, stringendola teneramente, se la portò al volto. La giovane fata, a quel punto, profondamente colpita da quell’azione, posò anche la mano sinistra sul viso del ragazzo e, spingendosi in avanti, lo abbracciò. Brendon, non aspettandosi una cosa del genere, perse l’equilibrio e cadde all’indietro, trascinando con sé l’amica e sbattendo la nuca contro la testata del letto. I due, senza volerlo, si ritrovarono distesi l’uno sull’altra. Il ragazzo di Glasgow conscio di quanto fosse sconveniente quella situazione, cercò di convincere la Principessa di Domino ad alzarsi:
«Bloom sei pesante, levati di dosso».
La rossa, però, non rispose e, continuando a tenere le braccia intorno al collo dell’amico, sospirò profondamente. Solo allora il ragazzo si rese conto che l’amica, a causa dello stress della stanchezza, si fosse addormentata. Brendon, a quel punto, facendo attenzione a non svegliarla, si divincolò dalla presa e sorridendo si alzò dal letto. Dopotutto era contento di sapere che qualcuno gli volesse bene, nonostante tutto il male e il dolore causati.
 
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti. Giuro: anche questa volta sarò rapidissimo. In fin dei conti c’è poco da dire su questo capitolo, dal momento che Brendon compie quasi un monologo. Tuttavia permettetemi un paio di precisazioni. Innanzitutto, per quanto possa sembrare lunga, la storia del ragazzo non è completa. Nei capitoli che seguiranno (non vi dico quali XD), infatti, saranno aggiunte altre informazioni, conosciute o meno :D. In secondo luogo prestate molta attenzione alla figura di Richard, nominato precedentemente nel “Capitolo X – Ritorno a casa”, il medico avrà un ruolo di primo piano nel prosieguo. Nella mia fanfiction infine l’anno scolastico ad Alfea, a prescindere di quale si tratti, inizia ai primi di settembre… a buon intenditore poche parole ;D. Piccola nota tecnica la frase, contrassegnata con il simbolo *, è stata presa da Wikipedia, non me ne vogliate se ci sono incongruenze XS. Concludo dicendovi che il titolo del capitolo, così come la storia del papero di Glasgow, sono un mio piccolo riferimento all’opera di Don Rosa: “The Life and Times of $crooge McDuck”. Adesso vi saluto e vi do appuntamento per i prossimi capitoli =) =) =).
Yugi95

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Capitolo 21
*** Capitolo XX – Magix ***


Capitolo XX – Magix
 
Le Winx, dopo aver lasciato Bloom nell’infermeria, si diressero alla loro camera. Durante il tragitto le ragazze non proferirono parola, preferendo non esprimere giudizi su ciò che fosse accaduto nella piccola stanzetta. Il gruppo era così abbattuto e demoralizzato che Max, nel momento in cui si congedò dalle amiche per raggiugere il proprio alloggio, fu salutato con freddezza e superficialità anche dalla stessa Elizabeth. Soltanto quando giunsero nel salottino comune, Selina, sentendosi in colpa per aver esasperato ulteriormente la situazione, si decise a rompere quell’opprimente silenzio. La ragazza dai capelli verdi, allora, si rivolese goffamente alle sue amiche.
«Ragazze… …ecco…  …mi dispiace. Quello che ho detto a Bloom. Forse… forse ho esagerato».
Subito dopo la giovane fata si lasciò cadere sul letto di Flora, sperando che le altre dicessero qualche cosa. Non le importava se l’avessero elogiata oppure rimproverata. Non voleva né parole di disprezzo né parole di conforto. Desiderava soltanto che almeno una delle ragazze le parlasse, la facesse partecipe dei pensieri e dello stato d’animo del gruppo. Selina aveva il terrore che quella sua presa di posizione, l’avesse allontanata dai suo affetti, dalle sue amiche, dalla sua nuova vita che con non poche difficoltà era riuscita a costruirsi. Le Winx, però, per quanto si sforzassero, non furono in grado di rispondere alcunché e, dopo essersi sedute o sul divanetto o sul grande tappeto rotondo, rimasero con le labbra serrate, non curandosi dei bisogni della giovane fata dai capelli verdi. Un silenzio glaciale tornò a regnare incontrastato nella stanza, interrotto di tanto in tanto dal leggero ticchettio, prodotto dall’urto delle gocce di pioggia sui vetri delle finestre. Per alcuni secondi le ragazze si scambiarono rapidi e tristi sguardi, sperando che qualcuna di esse si decidesse a prendere in mano la situazione. Nessuna di loro, però, aveva più la forza né tanto meno la voglia di aggiungere altro. Di conseguenza, dopo aver abbassato la testa, iniziarono a fissare il vuoto, limitandosi ad aspettare che arrivasse l’ora per andare a dormire, in modo tale da potersi lasciare alle spalle quella brutta giornata. Avrebbero tanto voluto poggiare la testa sul cuscino e dimenticare tutto ciò che era successo… tutto ciò che la loro migliore amica aveva detto e compiuto. Soltanto Roxy, beatamente distesa sul divanetto blu del salotto con la testa poggiata sulle gambe di Daphne, sembrava aver “metabolizzato” la faccenda. La fata degli animali, infatti, nonostante la sfuriata di Bloom nei confronti di Brendon l’avesse spaventata al punto tale da farla piangere, era riuscita a calmarsi e, una volta raggiunta la camera delle amiche, aveva ceduto alla stanchezza addormentandosi. Ad un tratto la futura Regina di Domino, intenta ad accarezzare distrattamente i rosei capelli di Roxy, posò casualmente il proprio sguardo sul volto della ragazza, rimanendone estremamente colpita. Il viso della fata degli animali aveva assunto un’espressione così spensierata e tranquilla, che “stonava” con l’atmosfera creatasi nella stanza. Quella “vista” così tenera e rasserenante divertì la ninfa, la quale, poco dopo, spinta da un’inspiegabile curiosità, alzò leggermente gli occhi in modo tale da scrutare le sue amiche. I volti delle altre Winx, però, a differenza di quello di Roxy, erano tesi e scuri quasi fossero imprigionati in una morsa di dolorosa tristezza. Selina, invece, sentendosi isolata e soprattutto colpevolizzata dalle altre ragazze, stringendo a sé le ginocchia, si dondolava avanti e indietro su letto cercando di trattenere le lacrime. Daphne, allora, dopo aver delicatamente scostato dal proprio ventre il capo di Roxy, si alzò e, senza che nessuno se ne accorgesse, poiché profondamente colpita dalla sofferenza dell’amica, andò a posizionarsi davanti a quest’ultima. A quel punto Selina non ebbe neanche il tempo di capire chi le stesse di fronte, che si ritrovò stretta in un tenero abbraccio. La futura Regina di Domino tirò a sé la ragazza e, dopo averla messa in piedi, la baciò ripetutamente sul viso. Le Winx, una volta che si furono rese conto di ciò che stava accadendo, assistettero stupite alla scena, cercando di capire il senso di tutto quell’affetto improvviso. La fata dai capelli verdi, al contrario, sebbene all’inizio fosse rimasta immobile, paralizzata dal gesto della bionda, cinse le proprie braccia intorno la vita di quest’ultima e, singhiozzando rumorosamente, pianse. Le altre ragazze, compresa Roxy svegliatasi a causa del pianto, allora, compresero finalmente il vero significato delle azioni di Daphne e, con le lacrime agli occhi, si mossero verso le due per abbracciarle. Il gruppo rimase unito per una manciata di secondi, poi, non appena si separarono tra loro, la sorella di Bloom si rivolse a Selina con voce rotta dal pianto.
«Scusami Selina… non avrei mai dovuto permettere che ti facessi carico di una mia responsabilità. Io avrei dovuto rimproverare Bloom, io avrei dovuto cercare di farla ragionare. Purtroppo non riesco mai a far valere la mia autorità, sono sempre troppo permissiva… soprattutto con mia sorella. Forse il mio voler essere gentile e disponibile ha irrimediabilmente minato il rispetto, che Bloom dovrebbe nutrire nei miei confronti. A volte penso di non essere all’altezza di questo ruolo, per troppo tempo sono stata soltanto “l’ombra” di una sorella maggiore… sorella di cui Bloom ha da sempre avuto un estremo bisogno. Ti prego ancora una volta di perdonarmi e ti giuro che nulla del genere accadrà più. D’ora in poi non commetterò più questi errori».
«Daphne tu non hai nulla da rimproverarti» intervenne, all’improvviso, Flora.
«Flora ha ragione! Bloom non potrebbe desiderare sorella migliore di te» aggiunse Stella.
«Ragazze… io… non so che dirvi» balbettò la bionda.
«Niente, non devi dire niente. Lascia solo che ti abbracci un’altra volta» esclamò Selina sorridendole.
La fata dai capelli verdi, a quel punto, strinse nuovamente la futura Regina di Domino, la quale, dopo essersi asciugata gli angoli degli occhi, ricambiò il gesto. Questa volta, però, le Winx non si “unirono” alle altre due, ma, con i volti carichi di gioia, applaudirono felicemente. Daphne e Selina, non appena sentirono lo sbattere delle mani, si girarono divertite verso le loro amiche e, tenendosi per mano, fecero una sorta di scherzoso inchino. A seguito di ciò, le ragazze non riuscirono a trattenere una risata distensiva, che durò per un paio di minuti, finché non si sentì qualcuno bussare alla porta. Tecna, poiché era la più vicina all’uscio, andò ad aprire ritrovandosi dinanzi a sé un sorridente e divertito Max. Elizabeth, a quel punto, gli chiese:
«Max, come mai sei passato? Non avevi detto di voler andare a dormire?».
«Avrei voluto… ma non mi è stato più possibile» rispose il ragazzo con voce allegra.
«Come mai?» domandò Musa con curiosità.
Max, allora, dopo aver chiuso la porta della stanza affinché le altre studentesse, presenti nel corridoio, non potessero sentire, spiegò alle Winx cosa fosse successo.
«Dopo avervi salutato, mi sono diretto rapidamente alla mia stanza. Non vedevo l’ora di mettermi a letto e dormire per almeno dodici ore. Purtroppo, quando sono arrivato sul pianerottolo, che permette l’ingresso all’ala degli alloggi degli insegnanti, ho visto Bloom camminare lungo il corridoio. Sarò sincero: non avevo alcuna voglia di beccarmi una “ramanzina”, come quella che era toccata a Brendon. Per di più la nostra amica sembrava così stralunata che ho avuto, non mi vergogno a dirlo, un po’ paura. Di conseguenza mi sono tenuto in disparte e ho osservato le sue mosse».
«Cosa ha combinato questa volta?» chiese, preoccupata, Daphne.
«Penso abbia seguito il consiglio di Selina» replicò il ragazzo, incrociando le braccia.
«Il mio… consiglio?!» balbettò la ragazza dai capelli verdi con aria perplessa.
«Si!» sentenziò Max sorridendole.
«Vuoi forse dire che… quella testona di Bloom ha messo da parte l’orgoglio e che si è andata a scusare con Brendon?» gracchiò, incredula, Aisha.
«Proprio così!» rispose il fidanzato di Elizabeth, per poi aggiungere «Ha letteralmente buttato la porta della camera per aria. Ho aspettato ben dieci minuti prima di allontanarmi: evidentemente quei due avranno molte cose da dirsi».
Quelle parole scatenarono un ulteriore risata collettiva, che terminò con un acuto grido di “gioiosa liberazione”. Le Winx, infatti, conoscendo bene i loro amici, avevano perso fin da subito la speranza di una rapida e non-dolorosa riappacificazione. Le ragazze notarono fin da subito quanto Bloom e Brendon fossero agli antipodi. I loro caratteri erano così diversi che fin troppe volte li avevano portati a litigare per le questioni più banali.  I due, di conseguenza, per quanto la rossa si sforzasse di creare una buona amicizia, sembravano agli occhi di tutti semplici conoscenti, che, dopo essersi scambiati rapide battute, tornavano ad ignorarsi. Era pur vero che, su stessa ammissione di Elizabeth e Max, far breccia nel cuore di Brendon non era affatto facile. Soltanto Selina, Flora, Tecna e, stranamente, le Pixie erano riuscite a stringere un solido legame con il ragazzo.  Ciononostante Bloom, a differenza delle altre sue amiche, che non erano rientrate nelle “grazie” di Brendon, non aveva mai perso la speranza di riuscirci. Purtroppo per lei, però, il ragazzo dai capelli neri alzava ogni volta un “muro” di superiorità e menefreghismo, contro il quale la testardaggine e l’eccessivo orgoglio della rossa andavano puntualmente a sbattere. Tuttavia quella volta, grazie a quanto aveva riportato Max, la situazione sembrava aver preso una diversa piega. Bloom e Brendon avrebbero finalmente avuto l’occasione di parlarsi, chiarirsi e, forse, conoscersi meglio. Le Winx non speravano che i due diventassero “amici per la pelle”, ma che almeno trovassero un punto in comune, sul quale basare un rapporto di reciproco rispetto e tolleranza.
«Speriamo che non “vengano alle mani”» ridacchiò Tecna.
«In quel caso non vorrei essere nei panni di Bloom» esclamò, secca, Musa.
«Musa ha ragione! Brendon è impressionante… questa mattina l’ha messa K.O. con un sol colpo» intervenne Stella, mentre mimava l’attacco del ragazzo con il proprio braccio.
«Dai… è stata solo fortuna… tutto qui» balbettò Elizabeth, cercando di trovare una scusa all’eccessiva forza dell’amico.
La Principessa di Solaria, però, non era del tutto convinta delle parole della ragazza con i capelli castani. Di conseguenza, intuendo che Elizabeth le stesse nascondendo qualche cosa, rincarò la dose e, con fare malizioso, sibilò alle presenti.
«Sarà… eppure ancora mi chiedo come abbia fatto Brendon a colpire Bloom. Dopotutto lei era a circa sette metri di altezza, nessuno può compiere un salto tanto grande. Anzi vi dirò di più, nonostante in quel momento mi fossi distratta, mi è sembrato di averlo visto… volare».
Elizabeth e Selina, non appena Stella pronunciò quell’ultima parola, trasalirono e, diventando pallide in volto, iniziarono a sudare freddo. Entrambe le ragazze, sebbene fossero in preda all’ansia, sforzarono, senza riuscirci, le proprie meningi alla ricerca di un possibile “escamotage”, che giustificasse le azioni di Brendon. Le altre Winx, invece, rimaste alquanto interdette e sorprese dall’affermazione della Principessa di Solaria, iniziarono a domandarsi tra di loro se fosse mai stata possibile una cosa del genere.
«Stella sei sicura di quello che dici?» domandò Flora, rivolgendosi alla ragazza.
«No… ma voi come ve lo spieghereste un salto di sette metri?!» replicò la bionda con sarcasmo, mentre tornava a sedersi sul divanetto del salotto.
«Non posso darle torto…» esclamò Tecna, per essere poi interrotta da Aisha.
«Ragazze secondo me stiamo esagerando! Brendon è forte… ma non fino a questo punto. Dopotutto rimane sempre un semplice essere umano».
«Concordo con Aisha. D’altronde se Brendon sapesse volare o avesse qualche altro strano potere… perché non dircelo?» aggiunse Musa, sedendosi accanto a Stella.
Le ragazze, a quel punto, continuarono a discutere per altri cinque minuti sotto gli occhi vigili di Elizabeth e Selina. Quest’ultime, infatti, rimasero in silenzio e, sperando che nessuna delle amiche facesse loro altre domande, continuarono a scambiarsi rapide occhiate indagatorie. Ad un tratto, però, una voce maschile si levò più in alto delle altre.
«Se volete ve lo spiego io cos’è successo nella Camera delle Simulazioni».
Tutte le presenti si voltarono di scatto verso Max, il quale, poggiato all’anta della porta, sorrideva compiaciuto per essere riuscito a richiamare la loro attenzione. Anche Selina ed Elizabeth, tremando come due foglie, rivolsero la loro attenzione all’amico. La ragazza con i capelli castani, in particolare, non poteva credere che il suo fidanzato stesse per rivelare il più grande segreto di Brendon. L’altra, invece, assunse un’espressione furente e, cercando di mantenere il controllo, con finta gentilezza disse:
«Max, caro amico mio, ma tu non dovevi andare a letto? Vedi che la mancanza di…».
«Aspetta Selina! Lascialo parlare, sono troppo curiosa di sapere cosa ha da dirci» la interruppe Roxy con voce euforica.
«Ma certo… pendiamo tutte dalle sue labbra» sbuffò Selina, digrignando i denti.
Max, estremamente divertito dall’atteggiamento della fata, dopo essersi risistemato gli occhiali sul naso, spiegò, a modo suo, cosa fosse realmente accaduto nel macchinario.
«Io e Selina abbiamo assistito allo scontro tra Brendon e Bloom dalla sala di controllo della Camera. Fin da subito mi sono reso conto che l’attacco della nostra rossa preferita avrebbe sicuramente messo in pericolo non soltanto la vita di Stella, Flora, Musa e Tecna, ma anche e soprattutto la sua. In quel momento l’unico in grado di fermarla era quel simpaticone dai capelli neri. Purtroppo, però, per quanto Brendon possa essere allenato, non è minimamente in grado di compiere un salto della portata di diversi metri. Di conseguenza esisteva un unico modo che gli consentisse di raggiungere Bloom e fermarla: disattivare la gravità all’interno del macchinario. Così dalla consolle di controllo, grazie alle importanti nozioni di base spiegatemi da Tecna, ho permesso al nostro amico di fermare sul nascere una potenziale catastrofe».
Tutte le Winx, ad eccezione di Elizabeth e Selina, le quali continuavano a tenere gli occhi puntati sul ragazzo dai capelli biodi, chiedendosi se fosse più fesso o intelligente, si voltarono verso Tecna, aspettando una sorta di conferma a ciò che era stato loro riferito. La fata della tecnologia, sentendosi osservata e soprattutto in imbarazzo per non essere giunta prima a quella conclusione, si grattò la nuca e, abbozzando un timido sorriso, disse:
«È possibile. Anzi credo sia la spiegazione più plausibile».
«Il genio del gruppo…» borbottò Musa con tono acido.
«Scusa, ma io che ne potevo sapere?!» replicò la fata della tecnologia, avvicinandosi minacciosamente all’amica.
«Sbaglio o alcuni giorni fa ti vantavi di conoscere la Camera delle Simulazioni meglio del suo stesso inventore?!» esclamò la fata della musica, mettendosi di fronte la ragazza dai capelli viola e guardandola dritta negli occhi.
«Ero svenuta… non ho neanche assistito alla scena!» le gridò Tecna allargando le braccia.
«Ehi, voi due finitela!» gli ordinò, perentoria, Flora, aggiungendo: «Bloom e Brendon hanno appena fatto la pace e voi vi mettete a litigare?».
«Scusaci Flora!» esclamarono all’unisono le due ragazze con la testa china, terrorizzate da possibili ritorsioni, che la fata della natura avrebbe potuto mettere in atto.
«Volo o non volo, non vedo l’ora di riaffrontarlo. Adesso è una questione personale» esordì, all’improvviso, Aisha, colpendo il palmo della mano sinistra con il pugno destro.
«Dovrai aspettare mia cara. In questo momento abbiamo altro da fare» cinguettò Stella, alzandosi dal divanetto.
«Che intenzioni hai?» le domandò Daphne con aria scocciata.
La Principessa di Solaria, allora, dopo aver preso sotto braccio Elizabeth, si avvicinò verso la propria camera e, sfoggiando un luminoso sorriso, disse:
«È ovvio: prepararmi per questa sera».
«Scusami Stella cosa vorresti fare questa sera? Un pigiama party?» le chiese la fata dei fluidi con fare canzonatorio.
«Sbaglio o avevamo deciso di andare a Magix» replicò la fata del sole, lanciando un’occhiataccia all’amica.
«Si… è vero, ma…. ma dopo quello che è successo…» intervenne Elizabeth, mentre si liberava dalla morsa dell’amica.
Stella, però, non si diede per vinta e, una volta spalancata la porta della sua stanza personale, riprese a parlare.
«Avanti non siate così guastafeste. Dopotutto lo avete detto anche voi: quei due stanno facendo la pace e, conoscendoli bene, sono sicura che ne avranno per tutta la notte. Avevamo programmato quest’uscita settimane fa: ne abbiamo bisogno. Troppo stress fa male alla salute e soprattutto alla mia bellezza. Anche Selina, quando ha rimproverato Bloom, ha detto che saremmo andate a Magix».
«La mia affermazione voleva essere soltanto una sorta di “via di fuga”, per poter mettere fine a quella conversazione» precisò la ragazza dai capelli verdi.
«Ma me lo avevate promesso» piagnucolò la Principessa di Solaria, mettendo il broncio.
Le Winx, a quel punto, s’impietosirono e di comune accordo acconsentirono alla proposta della loro amica. Così Selina, Daphne e Roxy uscirono dalla stanza per raggiungere i loro rispettivi alloggi e prepararsi per la serata. Allo stesso modo Aisha, Flora, Musa e Tecna, una volta che ebbero stabilito d’incontrarsi dopo circa un’ora alla fermata del bus, che le avrebbe portate in città, entrarono nel loro appartamento privato salutando Stella, Elizabeth e Max. Quest’ultimo, però, poiché nella sua camera si trovavano ancora Brendon e Bloom, i quali non potevano essere disturbati, si rivolse alla fidanzata e le chiese:
«Elizabeth, perdonami… ma io dove vado a prepararmi?».
«Non lo so… vedi se Palladium ti fa usare il suo bagno» rispose, sarcastica, la ragazza con il fermacapelli a forma di farfalla.
«Sei seria?!» replicò, seccato, l’altro.
«Mai stata più seria» cinguettò Elizabeth, mentre entrava nella stanza che divideva con Stella.
«Ma… ...ma…» balbettò Max con fare incredulo.
«Max faresti meglio a sbrigarti… altrimenti questa sera resti a casa» tagliò corto la Principessa di Solaria, chiudendosi la porta alle spalle.
Il ragazzo, rimasto solo nel salotto comune, continuò ad osservare per alcuni istanti l’ingresso della camera delle due con aria inebetita. In seguito, rassegnatosi all’idea, uscì dall’alloggio delle Winx e si diresse a passo svelto verso i dormitori dei professori, sperando che Palladium gli permettesse di cambiarsi. Stella, intanto, dopo aver raggiunto Elizabeth, assunse un’espressione seria e, rivolgendosi all’amica, le disse:
«Adesso siamo sole, puoi parlare».
La ragazza dai capelli castani, intenta a scegliere i vesti che avrebbe indossato quella sera, guardò con perplessità la bionda e, non riuscendo a capire a cosa alludesse, le chiese:
«Cosa dovrei dirti?».
A quel punto la Principessa di Solaria si fece scura in volto e, assottigliando minacciosamente gli occhi, le urlò con voce carica di rabbia e delusione.
«Pensi sia una stupida!».
«Stella… ...io… io…» balbettò Elizabeth, mentre iniziava a realizzare a cosa si stesse riferendo la ragazza.
«Secondo te non ho capito che tu, Selina e Max mi stiate nascondendo qualche cosa?!» la interruppe Stella, posizionandosi a pochi centimetri di distanza dal viso della sua amica.
«Max ha detto… ha detto la verità…» continuò a sostenere l’altra, sebbene dal suo tono di voce si capisse che fosse la prima a non credere in quello che affermava.
«Elizabeth non mentirmi!» esclamò la bionda con tono severo.
«Ma… …io… non…» biascicò la ragazza con il fermaglio a forma di farfalla.
«Ebbene…» sentenziò Stella, incrociando le braccia.
Elizabeth, allora, intimorita dall’atteggiamento della sua compagna di stanza, indietreggiò lentamente, cercando di sfuggire al suo sguardo indagatore. Tuttavia, vuoi la tensione del momento vuoi la stanchezza accumulata durante la giornata, la ragazza, poiché non si accorse del lembo di tappeto, presente vicino i suoi piedi, inciampò e, conseguentemente, cadde con il sedere a terra. La botta fu così forte che l’inevitabile urlo di dolore, emesso da Elizabeth, spaventò la stessa Principessa di Solaria. Quest’ultima, quasi si fosse dimenticata della discussione, che stava avendo con la ragazza, si precipitò a soccorrerla. Una volta che la bionda ebbe constatato che Elizabeth non avesse nulla di rotto, si distese sul tappeto accanto a lei e, portando le proprie braccia dietro la testa a mo’ di cuscino, con voce divertita disse:
«Vedi cosa succede a dire le bugie?».
«Hai ragione…» mugugnò, ancora dolorante, Elizabeth.
«Avanti dimmi tutto… lo sai: di me ti puoi fidare» la incoraggiò Stella.
«D’accordo, ma prima spiegami una cosa» replicò la ragazza con i capelli castani.
«Che vuoi sapere?» le domandò, incuriosita, la Principessa di Solaria.
«Come l’hai capito?» disse Elizabeth, mettendosi con non poche difficoltà sul fianco.
Stella sorrise e, dopo essersi schiarita la voce al fine di darsi un certo tono di superiorità intellettuale, le spiegò i motivi, che l’aveva portata a non credere alle parole di Max.
«Innanzitutto, non appena ho detto di aver visto Brendon volare, tu e Selina siete diventate pallide come mozzarelle. La nostra amica dai capelli verdi, inoltre, mi è sembrata un po’ troppo agitata durante il racconto del tuo fidanzato. Tuttavia ho avuto la conferma dei miei sospetti, quando Max ha raccontato la sua storiella. Devi sapere che tre anni fa io e le altre Winx usavamo la Camera delle Simulazioni per imparare a padroneggiare la nostra nuova trasformazione: il Sirenix. Beh… durante quegli allenamenti Aisha e Musa era solite farmi diversi scherzi a loro dire divertenti. Uno di questi consisteva nel disattivare la gravità all’interno del macchinario, quando mi trovavo al suo interno, in modo tale da farmi volare via in preda al panico. Di conseguenza conosco bene la sensazione, provocata dall’assenza di gravità… sensazione che non ho minimamente provato nel momento in cui Brendon ha attaccato Bloom. Qualora Max avesse detto la verità, infine, i corpi di Aisha, Flora, Musa e Tenca, poiché prive di sensi, si sarebbero dovuti sollevare autonomamente in aria, cosa che non è per niente successa».
«Caspita… non mi aspettavo un ragionamento del genere da parte tua» esclamò l’altra con fare divertito.
«Sottovalutate sempre le mie doti da genio» replicò, leggermente offesa, la bionda.
«Non prendertela! Stavo solo scherzando» la rassicurò Elizabeth con dolcezza.
«Adesso tocca a te parlare» bisbigliò la Principessa di Solaria, mettendosi anche lei sul fianco destro al fine di guardare negli occhi la sua compagna di stanza.
«Hai ragione…» mormorò la ragazza dai capelli castani con tristezza.
«Perché non vuoi dirmi la verità? È una questione tanto grave?» le domandò Stella, assumendo un’espressione preoccupata.
«Si… … cioè… forse no… sinceramente non saprei neanch’io come definirla» rispose la ragazza con imbarazzo.
La Principessa di Solaria, intuendo le difficoltà dell’amica, le accarezzò teneramente la guancia con il dorso della mano e, sperando d’incoraggiarla a proseguire, le disse:
«Non ha a che fare con te, giusto? State cercando di proteggere… Brendon. Perché?».
Elizabeth, a quel punto, prese la mano della bionda e la strinse tra le sue portandola al petto. In quello stesso momento la ragazza scoppiò a piangere e, tra un singhiozzo e l’altro, biascicò alcune parole.
«Perdonami Stella… avrei voluto tanto dirtelo. Non ti nasconderei mai nulla, ma questa volta era diverso. Non riguarda me… non riguarda Max. Brendon ci ha sempre chiesto di mantenere il segreto, sono tredici anni ormai. Ha sempre fatto tanto per noi, non avrei mai potuto deluderlo».
«Tranquilla, tranquilla Elizabeth» le sussurrò la Principessa di Solaria.
«Fai bene ad essere arrabbiata con me… me lo merito» piagnucolò la ragazza.
«Non sono arrabbiata Elizabeth» la rincuorò Stella, mentre, dopo averla tirata a sé, le accarezzava la testa.
«Dovresti…» mugugnò l’altra, ma la bionda la interruppe subito.
«Ero solo preoccupata per te. Tu sai che puoi contare su di me. Se questa “verità” è così scomoda e opprimente, lascia che ti aiuti a portarne il peso. Permettimi di condividere con te non soltanto la gioia e il divertimento, ma anche la tristezza e la paura. Ricordati io sono al tuo fianco… sempre».
Una volta che ebbe terminato di parlare, Stella strinse un’ultima volta Elizabeth, poi, dopo essersi rialzata da terra, si diresse verso il bagno. La ragazza dai capelli castani a sua volta si rimise in piedi e, pulendosi il mascara colatole sul viso, si rivolse nuovamente alla sua compagna di stanza.
«Dove vai?».
«È ovvio no? Mi preparo per questa sera, il tempo stringe» rispose la Principessa di Solaria, spogliandosi.
«Non t’interessa più… …beh…  …ecco… la storia?» balbettò, incredula, Elizabeth.
«Mia cara, io sono multitasking. Mi dirai tutto mentre mi faccio la doccia» replicò la bionda, facendole l’occhiolino.
L’altra scoppiò a ridere e, tornando al proprio armadio per prendere i vesti da mettere, iniziò finalmente a raccontarle la verità su Brendon senza tralasciare il benché minimo particolare.
«Sono sempre le solite!» sbuffò Aisha con impazienza.
«Sai bene come sono fatte: per prepararsi impiegano un’eternità» esclamò, divertita, Tecna.
«Faranno meglio a sbrigarsi, l’autobus sta per arrivare» replicò, seccata, Musa.
«Eccole stanno arrivando» disse, all’improvviso, Selina indicando verso il cancello della scuola, mentre l’autobus, diretto alla città di Magix, raggiunse la fermata.
 A quel punto le Winx furono costrette a salire sul veicolo e, una volta preso posto, urlarono in direzione delle loro amiche esortandole a fare presto. Elizabeth e Stella, non appena videro il bus e sentirono le voci delle altre, corsero più velocemente che poterono e, poco prima che le porte si chiudessero, riuscirono ad entrare.
«Per un pelo» sibilò la ragazza dai capelli castani con il fiatone.
«Una sedia… sto per svenire» starnazzò la Principessa di Solaria, lasciandosi cadere su uno dei sedili liberi dell’autobus.
«Vi sta bene, la prossima volta non perderete tutto questo tempo» le rimproverò Flora con tono severo.
«Lascia perdere Flora, l’importante è che ci siamo tutte» intervenne Roxy, invitando la fata della natura a sedersi accanto a lei.
«Un momento… siamo solo otto! Dov’è Daphne?» esclamò Elizabeth, mentre cercava la ragazza con lo sguardo.
«Ha detto che non le andava di uscire» le spiegò il fidanzato.
«Come mai?» gli chiese Stella, mentre si dava una sistemata ai capelli.
«Non saprei…» biascicò Max per essere poi interrotto da Tecna.
«Aveva dei compiti da correggere e alcune “scartoffie” da compilare».
«Che seccatura! Non potrei mai essere un’insegnante» sbuffò la bionda, prendendo il cellulare dalla borsetta.
«Stella tu hai il cervello di una gallina, nessuno ti vorrebbe come professoressa» esclamò Musa con tono acido e canzonatorio, causando le risate isteriche dei presenti.
«A chi scrivi?» domandò, subito dopo, Roxy alla Principessa di Solaria.
«Al mio trottolino amoroso. Mi manca tantissimo» piagnucolò Stella con la voce velata da una leggera tristezza.
«Sono ancora in punizione?» continuò la fata degli animali, sebbene conoscesse già la risposta.
«Purtroppo si… ne avranno fino a gennaio» intervenne Max, girandosi verso la ragazza dai capelli rosa.
«Nex invece?» chiese la fata della musica ad Aisha.
«Giusto lui non è in punizione. Che fine ha fatto?» puntualizzò Tecna.
«Bah… io l’ho avvisato, ma ha detto di essere impegnato» sbuffò la fata dei fluidi, mentre era intenta ad osservare distrattamente il paesaggio dal finestrino.
«Sbaglio o in quest’ultimo periodo il tuo fidanzato è sempre impegnato?» notò, maliziosamente, Stella, alzando la testa dallo schermo del cellulare.
«Cosa vorresti insinuare?!» sbraitò Aisha in preda all’ira.
«Niente… forse avrà soltanto trovato di meglio» replicò la bionda con cattiveria.
La Principessa di Andros non riuscì a tollerare il peso di quelle parole, così, scostando a malo modo Musa, che le era seduta accanto, si avventò su Stella. Quest’ultima, ormai abituata alle quotidiane risse con l’amica, si mise sulla difensiva e, invitando Elizabeth e Selina a togliersi di mezzo, bloccò i primi colpi dell’altra. La scazzottata, che ne seguì, causò non pochi problemi alle Winx e ai restanti passeggeri. Di conseguenza l’autista, un uomo con le fattezze da cabina armadio, dopo aver fermato l’autobus al margine della strada, fu costretto ad intervenire personalmente e, grazie all’aiuto di Flora e Roxy, riuscì ad immobilizzare le due.
«Un’altra scenata del genere e ve la faccio fare a piedi» ringhiò l’uomo alle Winx, mentre tornava al posto di guida.
«Che figura…» sibilò Musa, nascondendosi il volto tra le mani.
Per la restante parte del viaggio le Winx rimasero in assoluto silenzio e, cercando di nascondersi agli sguardi curiosi dei presenti, preferirono sprofondare il più possibile nei loro sediolini. Stella e Aisha, invece, legate e imbavagliate, continuarono a punzecchiarsi tra di loro, mentre alcuni passeggeri scattavano fotografie con i cellulari. Dopo circa una decina di minuti l’autobus raggiunse la fermata di Magix. A quel punto le ragazze, liberate le loro amiche, scesero dal veicolo e si diressero con entusiasmo verso la grande piazza centrale. Le Winx e in particolar modo Elizabeth, la quale visitava per la prima volta quel luogo, rimasero affascinate dalla bellezza e dalla vitalità della città. Magix era un trionfo di luci, suoni e colori. Le strade, nonostante fossero quasi le dieci di sera, pullulavano di persone provenienti da ogni angolo della Dimensione Magica. All’esterno dei negozi più rinomati e delle prestigiose boutique vi erano lunghe file di compratori o di semplici curiosi; bar e ristoranti, allo stesso modo, erano stracolmi di clienti, i quali erano disposti a tutto pur di ottenere un posto a sedere. Tutti gli edifici cittadini erano abbelliti a festa, in particolar modo il palazzo comunale, ex Tempio delle Nove Ninfe Di Magix, risplendeva di una luce abbagliante, conferitagli dalla moltitudine di luci e paramenti, che ne rivestivano la facciata. Tutto ciò permetteva ai passanti di “assaporare” un’atmosfera di festosa gioia, resa ancor più magica dalle maestose e svariate decorazioni natalizie.
«Che te ne pare?» domandò Selina, rivolgendosi ad Elizabeth.
«È bellissima!» sentenziò a ragazza, stringendosi al braccio del fidanzato.
«Quest’anno si sono superati: le luci di Natale sono stupende» osservò Musa, mentre scattava alcune fotografie con il cellulare.
«Chissà cosa avranno organizzato a Glasgow in occasione delle feste?» si domandò Max ad alta voce, portandosi la mano sinistra al mento.
«Anche da voi festeggiano il Natale?» gli chiese Stella con curiosità.
«Beh… si, su tutto il pianeta» rispose il ragazzo.
«Chi l’avrebbe mai detto» esclamò, meravigliata, Aisha.
«Secondo me è una cosa normale» disse Tecna con semplicità.
«Cosa te lo fa credere?» replicò, distrattamente, Selina, intenta ad osservare la vetrina di un negozio di giocattoli.
La fata della tecnologia, allora, assunse un’aria trasognante e, dopo aver rapidamente racimolato una manciata d’idee nella sua mente, disse:
«Beh… questa festa ha origini molto antiche, quindi, per quanto ne sappiamo, poteva essere celebrata già ai tempi di Cassiopea. Probabilmente, una volta che le due metà furono separate, si è conservata, nonostante il “lavaggio di cervello collettivo” quest’usanza in entrambe le dimensioni. Dopotutto, sebbene con significati diversi, a mio parere, non esistono universi, mondi e città che non festeggino il Natale: nessuno è così malvagio».
Le Winx, come era loro solita abitudine, avallarono il ragionamento di Tecna, poi, una volta che, con non poche difficoltà e litigi, ebbero deciso cosa fare, si apprestarono a dare inizio alla loro serata di relax. Così, nell’arco di due ore, le ragazze diedero sfogo a tutto lo stress e alla stanchezza, che avevano accumulato in quei due mesi di allenamento serrato. Visitarono, per grande gioia di Stella, tutti i luoghi storici della città: dal Museo al Tempio delle Nove Ninfe. Acquistarono ogni genere di vestito, tecnologia e suppellettile, che riuscirono a trovare nei numerosissimi negozi. Si concessero, infine, un’abbondante mezz’ora di balli e canti sfrenati nella discoteca più rinomata e, a dire di Selina, più “rumorosa” di tutta Magix, finché, passata la mezza notte, decisero che era ormai giunta l’ora di tornare ad Alfea. Di conseguenza, una volta uscito dal locale, il gruppo si diresse nuovamente alla fermata dell’autobus, posta nelle vicinanze dell’imponente albero di Natale. Nonostante fosse tarda notte, diversi passanti continuavano ad affollare bar e ristoranti rimasti aperti per l’occasione. Flora, allora, propose alle altre di consumare una cioccolata calda nell’attese dell’arrivo del bus. Le ragazze, a causa del freddo pungente, furono ben liete di riscaldarsi con quella dolce bevanda, così, dopo aver preso posto ad un tavolino, fecero la loro ordinazione. Tuttavia, non appena il cameriere portò loro le cioccolate, le Winx, senza accorgersene, furono colpite in pieno da una grande sfera di energia oscura, che le sbalzò per aria.
«Ma cosa diamine…» borbottò Selina, cercando di mettersi in piedi, ma s’interruppe subito dopo, a causa delle strazianti urla di dolore dell’amica.
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti. Innanzitutto vi chiedo scusa per la mia prolungata assenza. Vi giuro che questa mia piccola pausa non era programmata, altrimenti nelle note al capitolo XIX ve ne avrei parlato. Purtroppo, però, sono stato “fisiologicamente e mentalmente” costretto a prendermela, perché avevo il cervello in fumo ahahahahahaha. Sia chiaro nessuna “crisi dello scrittore”, sono lontano anni luce dall’essere definito tale ;D; ma, avendo scritto ininterrottamente dal quattro di ottobre, data in cui è iniziata la pubblicazione, ho dovuto fermarmi un attimo XD. Di conseguenza soltanto pochi di voi erano a conoscenza che lunedì 12/12/2016 il capitolo non sarebbe uscito. Vi prego ancora di perdonarmi e vi prometto che, qualora dovessi aver bisogno di altre pause, ve lo farò sapere per tempo. Veniamo finalmente alla pubblicazione di oggi. Sarò sincero il capitolo XX ha per me un significato particolare, non tanto per ciò che è scritto al suo interno, ma per la sua collocazione all’interno della storia. La Rinascita della Fenice, infatti, per come era stata inizialmente strutturata, sarebbe dovuta concludersi al suo ventesimo capitolo. Tuttavia, molti di voi mi capiranno, scrivendo vengono in mente sempre tante altre cose, si aggiungono dettagli, emozioni, paesaggi e persino altri personaggi. Sulle modifiche, apportate in corso d’opera, potrei scriverci un intero capitolo, quindi, come avrete sicuramente capito, il “brodo” della fanfict si è allungato parecchio XD. Anzi vi dirò di più: per vostra sfortuna ad oggi non siamo neanche a metà della storia =). Sul contenuto del capitolo, come vi ho già accennato, non ho molto da dire; più che altro questo pezzo di storia serve da collegamento tra il capitolo XIX, incentrato esclusivamente su Bloom e Brendon, e il capitolo XXI, nel quale (attenzione spoiler!!!) ne succederanno di tutti i colori ;D. Nonostante ciò, però, vi invito a soffermarvi sull’unica (anche se non proprio, un’altra è nascosta XD) importante parte di storia: il dialogo tra Stella e Elizabeth. La Principessa di Solaria, infatti, capisce che Max e la sua compagna di stanza nascondono qualche cosa, un segreto su Brendon. Di conseguenza, dopo un duro faccia a faccia con l’amica, la bionda riesce a scoprire finalmente la verità. In realtà questa è un’altra delle tante modifiche da me fatte a posteriori. Stella avrebbe saputo di Belial, ma non così… il come… beh lo vedrete più avanti ahahahahahaha. Un ultimo appunto, i riferimenti al Natale non erano inizialmente previsti… per motivi che mi sembra superfluo spigarvi. Tuttavia non potevo non inserire questa festa, a prescindere dal significato che ognuno di noi le attribuisce. Non vi scoccio oltre XD. Un grazie di cuore per il vostro impegno a seguire la storia e, ad alcuni di voi, per la vostra disponibilità a commentarla insieme a me. Saluti e a tutti un augurio di un felice Natale :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 22
*** Capitolo XXI – Luna piena ***


Capitolo XXI – Luna piena
 
 Roxy, allo stesso modo di Selina, rimase colpita da quella voce così acuta e disperata. Di conseguenza, girandosi su sé stessa, iniziò a cercare chi, tra le sue amiche, avesse urlato maniera così disumana. Tuttavia la ragazza non riuscì neanche a capire da quale direzione provenisse il grido, che una seconda sfera di energia oscura impattò al suolo a meno di un metro di distanza da lei. La seconda volta i danni e la portata del colpo furono molto più devastanti. La fata degli animali, infatti, si ritrovò per terra, distesa lungo il centro della grande strada, che attraversava la piazza di Magix. Roxy, a causa del colpo, perse i sensi per quasi mezz’ora, finché una voce flebile, quasi fosse un pensiero recondito proveniente dalle profondità della sua mente, pronunciò le seguenti parole:
«Roxy… Roxy, ti prego svegliati… svegliati e alzati. Roxy le tue amiche hanno bisogno di te, Cassiopea ha bisogno della tua forza… io ho bisogno che tu rimanga in vita. Principessa Ereditaria di  Tir Na Og alzati e combatti!».
La fata degli animali, a quel punto, riaprì di colpo gli occhi e, appoggiandosi alla carcassa deforme di quella che doveva essere una sedia in metallo, cercò di mettersi almeno in ginocchio. Tuttavia, nel momento in cui fece forza sulle proprie gambe, quest’ultime cedettero, facendola cadere nuovamente sul gelido manto stradale. La Principessa delle fate terrestri non si diede per vinta, così, dopo essersi tolta l’ingombrante cappotto, si poggiò nuovamente alla sedia e, dandosi una leggera spinta, si alzò da terra. Una volta in piedi, la ragazza dai capelli rosa si sforzò inutilmente di capire dove si trovasse e soprattutto cosa stesse accadendo intorno a sé. Era confusa e spaesata; non riusciva a far affidamento sui propri sensi: la vista e l’udito non le erano di alcun aiuto. Le orecchie, infatti, le fischiavano prepotentemente, quasi fossero due teiere sul fuoco. I rumori, per questo motivo, le risultavano ovattati e ridondanti. Gli occhi, allo stesso modo, a causa del bagliore dell’esplosione, non riuscivano a mettere a fuoco nemmeno gli oggetti più vicini. La testa, infine, le faceva così male che le causò nell’immediato non pochi problemi di equilibrio e concentrazione. Roxy, allora, si portò le mani alle tempie e, pensando di poter diminuire il dolore dovuto alle continue fitte, se le massaggiò delicatamente. Non appena sfiorò la parte laterale della propria testa, percepì una strana sensazione di umido. In seguito, spostando lentamente le dita, si accorse di un profondo ed innaturale “solco”, localizzato nella parte destra della fronte. La fata degli animali, quasi si trovasse in uno stato di trance, continuò senza volerlo a muovere le proprie mani verso il basso. Queste, allora, dalla fronte scesero verso la bocca, rigando il viso della ragazza di una strana sostanza appiccicaticcia. Una volta che ebbero raggiunto l’estremità del labbro superiore, le dita si lasciarono cadere nel vuoto. Tuttavia, nell’istante in cui entrambe le mani furono a pochi centimetri di distanza dal violaceo sguardo di Roxy, quest’ultima trasalì in preda al panico. Soltanto allora, infatti, la fata degli animali si rese conto di come la verde lana dei guanti si fosse colorata di rosso scuro. La ragazza osservò inorridita per diversi secondi i palmi delle proprie mani tremanti, finché, una volta realizzato che queste erano completamente ricoperte di sangue… il suo sangue, fuoriuscito dal grande taglio presente sulla fronte, lanciò un urlo di puro terrore. Il forte shock, causato da quella terribile scoperta, la riportò immediatamente alla realtà. La Principessa di Tir Na Og, infatti, ebbe nuovamente il pieno controllo del proprio corpo e della propria mente. A quel punto, dopo aver estratto dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto di seta ricamato, la ragazza dai capelli rosa si tamponò al meglio la ferita e allo stesso tempo riprese a guardarsi intorno per capire finalmente cosa fosse successo. Ciò che si mostrò ai suoi occhi la fece rabbrividire: la piazza principale di Magix era stata rasa al suolo. Gli edifici, che circondavano il luogo, erano stati ridotti ad un cumulo di macerie; molti di questi, inoltre, erano ricoperti da alte e inusuali fiamme nere. Il grande albero di natale, che poche ore prima aveva accolto l’arrivo delle Winx nella città, allo stesso modo, era avvolto da possenti lingue di fuoco. Queste, che sembravano essere dotate di una loro volontà, lo stavano lentamente divorando, quasi volessero gustarsi appieno un lauto banchetto. L’aria, a causa della polvere e del fumo, era stranamente calda e irrespirabile. Nelle strade, infine, si erano riversate orde di cittadini impauriti, che, non consapevoli dei rischi a cui andavano in contro, cercavano ad ogni costo di abbandonare la zona. Una fiumana infinita ed incontrollata, allora, si diresse verso le stradine secondarie, che collegavano la piazza ai diversi distretti della città. Purtroppo, però, a causa dei crolli, molti passaggi risultarono agli sventurati impraticabili. Gli abitanti di Magix, sentendosi in trappola e impossibilitati a fare altro, diedero libero sfogo ai loro istinti più riprovevoli e meschini. Molti, sperando di guadagnare al più presto quelle poche “vie di fuga” non ancora ostruite dai crolli, iniziarono a spintonarsi tra loro e, non curandosi minimamente delle conseguenze, non si fecero scrupoli nell’oltrepassare o calpestare i malcapitati, che avevano ceduto alla potenza dirompente della calca. Altri tentarono di scalare dall’esterno gli edifici più bassi, sfruttando come “base di appoggio” i cadaveri di coloro, che non erano sopravvissuti all’attacco. Roxy rimase immobile ad osservare quello spettacolo indecente, chiedendosi cosa potesse spingere un essere umano a comportarsi in un modo così egoistico e brutale. All’improvviso i suoi pensieri furono interrotti dal sopraggiungere di un fragoroso boato, prodotto da una potente esplosione verificatasi alle sue spalle. La fata degli animali, temendo il peggio, si voltò di scatto e si preparò a difendersi da eventuali attacchi. Tuttavia, non appena si fu girata, una voce familiare le rimbombò nella testa.
«Ragazze ho aperto un varco abbastanza grande, permetterà ai cittadini di allontanarsi dalla piazza. Dobbiamo avvisarli per evitare che tutto questo caos degeneri ulteriormente».
«Flora, Flora!» urlò Roxy, cercando di richiamare l’attenzione della fata della natura.
«Roxy! Grazie al cielo stai bene» esclamò, risollevata, Flora, planando verso terra.
 «Flora cos’è successo?» le domandò la fata degli animali.
«Non lo so» rispose la ragazza, per poi aggiungere con tono preoccupato «L’unica cosa certa è che siamo tutti in pericolo».
«Cosa vuoi che faccia?» continuò Roxy, assumendo un’aria risoluta.
«Trasformati e seguimi. Ci sono delle persone da proteggere» sentenziò Flora.
La fata degli animali non si fece ripetere quell’ordine due volte. Così, nonostante il suo corpo fosse ancora dolorante e non del tutto nel pieno delle forze, la ragazza dai capelli rosa avviò la trasformazione e nel giro di pochi secondi si mostrò all’amica nella sua forma Enchantix. Entrambe, sbattendo con forza le loro grandi ali, si librarono in aria e raggiunsero le altre Winx, intente a dirigere l’evacuazione degli abitanti dall’alto.
«Roxy che bello vederti sana e salva» gioì Selina, mentre le volava in contro per abbracciarla.
«Mi sei mancata Seli…» sibilò la fata degli animali, stringendosi all’amica.
Anche le altre fate, ad eccezione di Flora, fluttuarono verso la Principessa di Tir Na Og e con la voce carica di felicità le diedero il “benvenuto”. La fata dalla natura, stanca di tutta quella manfrina, assunse un’espressione seria e, con fare deciso, si rivolse alle Winx.
«Ok siamo tutte contente che Roxy stia bene, ma adesso finitela con questi salamelecchi. Non è il momento di distrarsi, dobbiamo ancora capire chi o cosa abbia attaccato la città. Quindi prepariamoci a qualsiasi evenienza».
«Flora ha ragione, muoviamoci!» replicò la fata dai capelli verdi, staccandosi da Roxy.
Quest’ultima, però, dopo essersi resa conto che una delle sue amiche mancasse all’appello, chiese preoccupata:
«Dov’è Aisha?!».
Le altre non risposero e, limitandosi a chinare la testa, rimasero nel più assoluto silenzio. La fata degli animali, temendo il peggio, con voce tremante insistette.
«Ragazze vi prego ditemi la verità. Dov’è Aisha?!».
«Aisha è con Max, nascosta tra le macerie del bar. Purtroppo la prima sfera di energia…» biascicò Musa per poi interrompersi a causa di una crisi di pianto.
«… l’ha colpita al fianco destro e su buona parte della gamba» continuò Stella, mentre cercava di consolare l’amica.
«Allora l’urlo che abbiamo sentito…» esclamò Roxy.
«Era il suo» concluse Selina scuotendo la testa.
«Come sta? Quanto è grave la situazione?» chiese la ragazza dai capelli rosa, nonostante fosse ben consapevole di ciò che le amiche le avrebbero detto.
«Molto…» sibilò Elizabeth non riuscendo ad aggiungere altro.
«Ma cosa diamine le è successo?!» gridò la fata degli animali, stanca di tutto quel tergiversare.
Tecna, allora, poiché era stata la prima delle ragazze ad aver compreso l’entità e la gravità del danno, che l’attacco aveva inferto alla fata dei fluidi, prese la mano di Roxy e le spiegò la situazione.
«Roxy… Aisha non è stata colpita da una semplice sfera di energia. Questa, infatti, nell’istante in cui ha centrato il corpo della nostra amica, ha “liberato” le stesse fiamme nere, che avvolgono buona parte degli edifici e l’albero di natale. Io e le altre, appena ci siamo rese conto della cosa, abbiamo cercato di spegnerle con acqua o di soffocarle con i nostri cappotti. Purtroppo, però, il fuoco non si è estinto, ma, al contrario, ha continuato ad aumentare, finché non ha avvolto Aisha da capo a piedi. Stava bruciando sotto i nostri occhi e noi non potevamo far nulla per aiutarla. All’improvviso, però, le fiamme hanno cessato di ardere e, come se venissero assorbite dal suo corpo, sono scomparse».
«Quindi adesso sta bene?» la interruppe l’altra.
La fata della tecnologia, nonostante si sforzasse di mantenere il controllo delle proprie emozioni, iniziò a piangere e, tirando su con il naso, le rispose:
«No… non sta bene. Subito dopo, infatti, Aisha ha iniziato a gemere dal dolore e a sudare, contorcendosi in preda a strani e preoccupanti spasi. La sua pelle, sebbene non mostrasse segni di bruciatura, poi, si è necrotizzata in alcuni punti, mentre in altri ha iniziato a sfaldarsi e a sanguinare. La nostra amica sta venendo letteralmente “consumata” dall’interno».
«Com’è possibile?» le chiese Roxy in preda al panico.
«Quelle fiamme erano… erano maledette» intervenne, seria, Stella.
«Deve esserci un modo per aiutarla» esclamò la fata degli animali, aggiungendo con voce carica di speranza «Usiamo la polvere di fata: non c’è maledizione che non possa spezzare».
«Non possiamo… Selina ci ha già provato…» sibilò Elizabeth per poi aggiungere «è una maledizione estremamente potente, nulla può bloccarne il decorso».
«Non vorrai dire che è…» singhiozzò la ragazza dai capelli rosa, portandosi le mani alla bocca.
«Condannata… Aisha è condannata» concluse Flora, abbassando la testa e stringendo i pugni per la rabbia.
Calò il silenzio, mentre le ragazze rimasero sospese a mezz’aria, cercando di metabolizzare l’imminente perdita della loro amica. Musa e Tecna, infatti, si cinsero ai fianchi di una Roxy in lacrime e, nonostante fossero psicologicamente distrutte, tentarono di consolarla. Stella, Selina e Elizabeth, invece, sebbene avessero tanto voluto piangere e urlare in preda alla disperazione, mantennero un minimo di autocontrollo e dall’alto continuarono a vigilare sulla fuga degli abitanti, senza interrompere la ricerca del responsabile di quell’attacco. Flora, infine, rimase in disparte e, sollevandosi più in alto delle altre, superò lo spesso strato di “nebbia”, formato dalla polvere delle macerie e dal fumo delle fiamme, e raggiunse finalmente il cielo stellato di Magix, nel quale si stagliava una candida luna piena. La fata della natura, a quel punto, chiuse i propri occhi, divenuti rossi e gonfi e sospirò profondamente, lasciando che l’aria fresca le accarezzasse delicatamente il volto. La mente della ragazza, allora, si concentrò sulla “figura” di Aisha, sul suo volto, sulla sua voce… sul suo modo di essere. In quegli istanti di tranquillità Flora rivisse piccoli frammenti, ricordi sbiaditi ormai dallo scorrere inesorabile del tempo della sua lunga amicizia con la Principessa di Andros. Insieme avevano condiviso gioie e dolori, felici periodi di serenità e tragici momenti di tristezza. La fata della natura era fermamente convinta che nessuna delle sue amiche l’avrebbe mai abbandonata… che nessuna delle sue amiche potesse “cadere” durante il cammino. Aisha, invece, si stava apprestando a lasciarle per sempre e nessuna delle Winx poteva impedirglielo, nemmeno lei… la sua migliore amica. Il viso della ragazza si rigò di lacrime, mentre la bocca si spalancò per permettere ad un acuto urlo di rabbia e di dolore di venire alla luce. Una volta che ebbe terminato di sfogarsi, Flora spalancò le palpebre e, spingendosi leggermente in avanti, scrutò l’orizzonte: fu allora che lo vide. Era un uomo o forse un ragazzo, avvolto in un lungo mantello nero sormontato da un grande cappuccio viola scuro. Lo sconosciuto scrutava indisturbato la piazza della città dal terrazzo di un alto edificio e ad intervalli regolari scagliava verso il basso micidiali sfere di energia. La fata della natura, avendo ormai compreso che quell’uomo fosse l’artefice di tutta quella distruzione, si lanciò a tutta velocità verso di lui. Questi, però, non appena si accorse della presenza della ragazza, si smaterializzò scomparendo nel nulla.
«Vigliacco!» gridò Flora con voce furente.
La ragazza, a quel punto, si guardò intorno per alcuni minuti, sperando di poter individuare la nuova posizione dell’avversario. Tuttavia ben presto si rese conto di dover desistere, perché le sue amiche avevano bisogno di lei. Dall’interno della nube di polvere e fumo, infatti, provenivano urla assordanti e rumori di esplosioni. Di conseguenza Flora, preoccupata per l’incolumità delle altre Winx e degli abitanti di Magix, si precipitò all’interno di quell’innaturale cortina fumogena.
«Tecna cos’altro è successo?!» esordì la fata di Limphea, mentre raggiungeva la fata della tecnologia.
Questa, intenta a proteggere sé stessa e un piccolo gruppo di persone, dal crollo di un edificio le disse:
«I cittadini erano stati quasi tutti messi in salvo, quando al centro della piazza è apparso all’improvviso un uomo incappucciato, che ha iniziato ad attaccarci. Credo sia…».
«Lo stesso che ci ha colpite la prima volta. Lo so!» la interruppe Flora con tranquillità.
«Dobbiamo fermarlo! Costituisce un pericolo per tutte quante noi» sentenziò Tecna, invitando i superstiti dell’attacco ad allontanarsi da quella zona.
«Innanzitutto ricongiungiamoci con le altre…» disse la ragazza di Linphea per essere poi interrotta da un paio di voci.
«Flora, Tecna muovetevi abbiamo un problema» urlarono all’unisono Musa e Selina volando verso le due, seguite subito dopo da Stella, Elizabeth e Roxy.
«Abbiamo capito… c’è un tizio che “spara” palle di fuoco» sbottò, stizzita, la ragazza dai capelli viola.
«Peggio!» esclamò l’ex-strega dei serpenti.
La fata della musica, invece, prendendo tra le mani la testa di Tecna e girandola con forza nella direzione, da cui lei e le amiche erano arrivate, sbottò:
«Guarda là genio da strapazzo».
«Oh… miseriaccia!» biascicò la fata della tecnologia sgranando gli occhi.
In quell’istante dalla coltre di fumo, resa ancora più fitta e opprimente dai nuovi crolli e dai continui incendi, fuoriuscì una minacciosa orda di lupi mannari. Le Winx, sebbene li avessero già affrontati in passato, rimasero alquanto sorprese e spaventate nel venderli di nuovo. Le ragazze, infatti, iniziarono a chiedersi come fosse possibile che i licantropi si trovassero lì a Magix. Questi, dopotutto, erano i “personaggi” di una semplice leggenda, custodita all’interno del Legendarium. Di conseguenza, poiché il libro era ormai sigillato e protetto da Eldora, non era assolutamente concepibile che quelle creature se ne andassero tranquillamente “a spasso”. Per di più le ragazze, ben presto, si accorsero che i lupi mannari, che avevano combattuto a Fearwood, erano sensibilmente diversi da quelli che si trovavano dinanzi. Questi, infatti, avevano una struttura fisica molto più imponente, caratterizzata dalla presenza di una massiccia muscolatura, e una serie di tratti peculiari, come il colore del pelo o degli occhi, che li differenziavano. I loro affilati artigli neri grondavano sangue, mentre le fauci, dalle quali pendevano rinsecchite interiora, erano spaventosamente spalancate. Alle spalle di quel piccolo esercito, infine, si trovava lo sconosciuto incappucciato, che, abbozzando un tetro sorriso, continuò a scagliare fiamme nere contro cose e persone.
«Non mi piace…» mugugnò, preoccupata, Flora.
«Flora cosa facciamo?» le chiese nuovamente Tecna, avendo ormai capito che l’unica a poter prendere una decisione in merito fosse la fata della natura.
Questa, allora, dopo aver riflettuto sul da farsi per alcuni secondi, esclamò con serietà e autorevolezza:
«Musa, Stella e Tecna, voi affronterete i lupi mannari, cercando di circoscrivere la loro presenza in questa zona. Selina e Roxy, voi, invece, continuerete ad occuparvi dell’evacuazione degli ultimi abitanti di Magix, presenti ancora nella piazza. Una volta che avrete finito vi unirete alle altre e insieme imprigionerete i licantropi non ancora sconfitti. Elizabeth, infine, tornerà al bar e proteggerà Max e Aisha da eventuali attacchi. Io…».
«Aspetta un momento! Io posso esservi utile» la interruppe la ragazza dai capelli castani, svolazzando verso Flora.
«Elizabeth, ti prego non è il momento di discussioni» biascicò la fata della natura.
«Conosco bene i licantropi. Brendon li ha già affrontati in passato, so come…» insistette Elizabeth, ma l’altra con fare minaccioso le urlò contro.
«Tu non sai un bel niente! Brendon ha affrontato queste creature non tu. Ci saresti solo d’intralciò!».
La ragazza, non appena sentì quelle parole, si ritrasse e, cercando di nascondere la tristezza e la delusione, che le si erano dipinte sul volto, abbassò la testa, rimanendo in silenzio. Tuttavia, subito dopo, sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla destra, così, rialzando lo sguardo, si accorse della presenza della ragazza di Linphea. Quest’ultima, seppur fisicamente ed emotivamente provata, le sorrideva e, una volta che ebbe trovato le parole giuste, le disse:
«Scusami Elizabeth, non volevo essere così dura. Ho sbagliato a dirti quelle cose: tu non sei affatto un peso per noi. Io, anzi noi siamo ben consapevoli della tua forza e della tua grande forza di volontà. Tuttavia, per questa volta, ti chiedo di “rimanere in panchina”. Le occasioni, per mostrare a tutte quante noi il tuo valore, non mancheranno, ma adesso non possiamo permetterci errori. Non posso rischiare di perdere anche te. Quindi, te lo chiedo con il cuore in mano, torna da Max e Aisha, proteggili e fa loro compagnia. Credo che la nostra amica, in questo momento, ne abbia particolare bisogno. Noi vi raggiungeremo presto, te lo prometto».
La fata degli elementi, fortemente colpita dalle dolci e sincere affermazioni dell’altra, ricambiò il sorriso e, dopo aver raccomandato alle Winx di prestare la massima attenzione, si allontanò velocemente in direzione del bar.
«Flora tu cosa farai?» esclamò, all’improvviso, Stella.
«Io… mi occuperò dell’uomo incappucciato» rispose la ragazza con serietà.
«Pensi di farcela da sola?» intervenne Roxy.
«Si!» sibilò la fata di Linphea, aggiungendo con finta sicurezza «Non preoccupatevi per me, me la caverò».
«D’accordo» balbettarono le altre non del tutto convinte delle rassicurazioni di Flora.
Subito dopo le Winx, in base alle direttive della momentanea leader del gruppo, si separarono e si affrettarono a mettere in pratica ciò, che la fata della natura aveva detto loro. Così Roxy e Selina, volando avanti e in dietro sulla piazza, cercarono con minuziosa precisione gli ultimi cittadini ancora intrappolati dalle macerie e li misero in salvo. Musa, Stella e Tecna, invece, si scagliarono con tutta la loro forza contro i licantropi, i quali, presi alla sprovvista, subirono nell’immediato numerose perdite. Flora, infine, approfittando della distrazione creata dalle sue amiche, oltrepassò lo sbarramento di lupi mannari, trovandosi faccia a faccia con l’artefice di tutta quella situazione.
«Chi sei?!» gli urlò la ragazza, mettendosi sulla difensiva.
L’uomo, però, non rispose e, rimanendo fermo ad osservarla, rise volgarmente. Flora, allora, innervosita da quell’atteggiamento così strafottente, creò una sfera di energia e gliela lanciò contro. Lo sconosciuto tornò immediatamente serio e, alzando entrambe le braccia, creò dinanzi a sé una nube nera che lo protesse.
«Dimmi il tuo nome!» insistette la fata della natura, continuando a scagliare sfere luminose contro l’avversario.
Questi, dopo aver evitato tutti i suoi colpi, corse rapidamente verso di lei e, alzando rapidamente la gamba destra, le sferrò un potente calcio. La ragazza non si fece cogliere impreparata, così, una volta che ebbe parato l’attacco con l’avambraccio sinistro, aprì il palmo della mano destra e, schiudendo le labbra in un sorrisetto compiaciuto, bisbigliò:
«Adesso… sei mio».
Pochi istanti dopo l’uomo fu scagliato all’indietro da un fascio di petali taglienti come rasoi e si ritrovò per terra con il lungo mantello lacerato in più punti. La fata della natura si avvicinò con cautela al nemico, mentre una fitta rete di rampicanti le si attorcigliava lungo il braccio destro, in modo tale da formare una sorta di lama appuntita. La ragazza, poi, dopo aver prontamente puntato la sua “arma” alla gola dell’avversario, gli intimò:
«Parla…».
Lo sconosciuto, allora, ancora dolorante per il colpo subito, sotto lo sguardo vigile della fata si mise in ginocchio, mantenendo la testa china per non farsi vedere in volto, e con una voce stranamente metallica e profonda le disse:
«Brava Flora, mai mi sarei aspettato da te un simile temperamento e soprattutto una simile forza. Dopotutto sei sempre stata considerata il membro più debole delle Winx. Credo che, alla luce di ciò che hai dimostrato questa notte, io e i miei compagni dovremo assolutamente rivalutare la considerazione, che abbiamo di te. Eppure mi chiedo: cosa ti ha spinto a cambiare?».
«Sono io a fare le domande non tu» replicò Flora con durezza, per poi aggiungere «Dimmi il tuo nome!».
L’uomo, però, non curandosi minimamente dell’ordine della ragazza, continuò con il suo surreale monologo.
«Di la verità: ci si sente bene, non è vero? Poter disporre a proprio piacimento della vita e della morte di un altro, ci fa sentire onnipotenti, ci spinge aldilà dei limiti della nostra natura umana. Flora che cosa stai aspettando? Finiscimi! Vendicherai Aisha in questo modo…».
«Io non sono un’assassina» sbraitò l’altra, aumentando la pressione della punta della lama sulla giugulare dell’avversario.
«Per il momento…» biascicò lo sconosciuto.
«Cosa vorresti dire» gli chiese la fata della natura con leggera preoccupazione.
L’altro scoppiò a ridere istericamente, poi, una volta calmatosi, le rispose:
«Presto, molto presto tu e le tue amiche sarete costrette a mettere in discussione la vostra amicizia, i vostri amori, le vostre stesse convinzioni. Senza accorgervene, un giorno vi sveglierete e, guardandovi allo specchio, stenterete a riconoscervi. L’oscurità, che alberga nei vostri cuori, prenderà il sopravvento; cadrete vittime della vostra stessa superbia. Per te, come dicevo prima, il “cambiamento” è già iniziato».
«Tu sei pazzo, stai delirando» esclamò la ragazza di Linphea.
«Tu sai che ho ragione» replicò l’uomo, aggiungendo con tono malizioso «Mentire a sé stessi e alle proprie amiche non è saggio».
«Che… …che…» balbettò Flora in preda all’ansia, ma fu interrotta dallo sconosciuto.
«Flora, io so… so tutto. È strano, sai? Mi aspettavo che almeno la tua amica Tecna se ne accorgesse; evidentemente è sempre stata sopravvalutata. Dopotutto soltanto uno sciocco non si renderebbe conto di quello che ti sta accadendo, del tuo inspiegabile e repentino “cambio di rotta”. La dolce e timida fata della natura di punto in bianco trasformata in un leader autorevole e sicuro di sé. Sono mesi che ti porti dentro questo peso, questo segreto… segreto che ti ha lentamente e irrimediabilmente spinto a cambiare, a diventare forte e indipendente. Hai chiuso il tuo cuore all’interno di uno scrigno, fatto di arroganza ed intraprendenza. Speri che in questo modo il dolore passi più in fretta? Speri di diventare emotivamente più forte e non soffrire come l’ultima volta? Se credi questo sei solo una povera sciocca, destinata a rimanere sola e, alla fine, a morire sola».
«Sta zitto! Devi solo tacere» gridò la fata della natura con rabbia, sferrandogli uno schiaffo.
«Povera e triste Flora, prima abbandonata dalla sua famiglia e adesso dalla sua migliore amica» la derise l’avversario, non curandosi delle possibili reazioni della ragazza.
«Non osare nominare la mia famiglia. Non ne hai il diritto!» urlò ancora più forte Flora, mentre lo colpiva al fianco con una ginocchiata.
«Perché? Dopo averli eliminati, mi ci sono affezionato» disse lo sconosciuto con atroce serenità e noncuranza.
La fata della natura, a quel punto, accecata dalla rabbia e dallo sconforto, con la spada di rovi trapassò la gola del nemico. Tuttavia, questi, sebbene l’intreccio di piante avesse attraversato da parte a parte il suo collo, non accusò minimamente il colpo. Al contrario, afferrando il braccio della ragazza, più confusa che mai, si diede la spinta per rimettersi in piedi e, dopo aver estratto la lama, con un rapidissimo movimento delle braccia costrinse un’impotente ed impreparata Flora a trafiggersi il ventre. La ragazza sputò sangue e, non riuscendo più a reggersi sulle proprie gambe, barcollò in avanti appoggiandosi allo sconosciuto. L’uomo, allora, avvicinò il proprio naso ai capelli della giovane fata e li odorò con avidità. Subito dopo portò la propria bocca all’altezza dell’orecchio dell’avversaria e le bisbigliò:
«Non crucciarti mia dolce Flora. Sapevamo entrambi che sarebbe finita così… sapevamo entrambi che saresti morta da sola. Alle tue amiche penserò la prossima volta, adesso è arrivato il momento di ritirarmi. Dopotutto posso ritenermi pienamente soddisfatto: eliminare due Winx in una volta sola non è cosa da tutti. Sarà un piacere vedere le altre disperarsi per la morte tua e di Aisha. Neanche immaginano che questa sarà la fine che faranno tutte quante loro… tutti gli abitanti della Dimensione Magica. La sofferenza, che causeremo loro, sarà tale che le tue compagne imploreranno la morte».
Detto ciò, l’uomo incappucciato spinse all’indietro il corpo ormai inerme di Flora, che stramazzò al suolo. Questi, poi, si avvicinò nuovamente alla ragazza di Linphea e, inginocchiandosi vicino al suo volto, le scostò delicatamente dalla fronte alcune ciocche di capelli. La fata della natura, impossibilitata a fare altro, osservò lo sconosciuto con disgusto e, cercando di sopportare il dolore lancinante, biascicò alcune parole:
«Perché? Perché hai fatto tutto questo?».
«Shhh… non sforzarti. Non ha importanza ormai» sibilò l’uomo, mettendole un dito sulla bocca e aggiungendo con voce fredda: «Limitati ad accettare la morte… è l’unica cosa che ti resta da fare».
Flora, a quel punto, si rassegnò al suo triste destino e chiuse gli occhi. Lo sconosciuto, quasi stesse aspettando l’effettiva dipartita della ragazza, si rialzò da terra e, scomparendo in una nube di denso fumo nero, disse:
«Peccato, era la più carina di tutte».
Elizabeth, intanto, aveva ormai raggiunto il bar, all’interno del quale si erano rifugiati Max e Aisha, da diversi minuti. La ragazza con il fermaglio a forma di farfalla, nascosta dietro una parete diroccata, vegliava insieme al fidanzato la fata dei fluidi. Questa, delicatamente adagiata su alcuni cappotti, tremava e si contorceva in preda a strani e continui spasmi, mentre la sua pelle continuava lentamente a marcire. Elizabeth, al fine di non far sentire Aisha sola, le prese la mano e, stringendosi a Max, gli bisbigliò:
«Mi ricorda la prima volta, che ci siamo conosciuti».
«Come?» replicò il ragazzo biondo, non riuscendo a capire a cosa si riferisse la sua ragazza.
«Sull’ambulanza… quando accompagnammo Brendon in ospedale» precisò lei.
«Ah… non ci avevo pensato» sibilò Max senza aggiungere altro.
I due si strinsero teneramente per quasi dieci minuti, sgombrando le loro menti da qualsiasi pensiero e/o idea riguardante la battaglia, che infuriava alle loro spalle. D’un tratto, però, alle urla di terrore, al frastuono dei crolli e allo sfrecciare di micidiali attacchi si aggiunse un altro rumore… più che altro una soave melodia, che, una volta entrata nella testa, pervadeva tutto l’animo. Elizabeth e Max, non appena percepirono quel suono così dolce e ipnotico, trasalirono e, raccogliendo da terra gli indumenti più pesanti, si coprirono alla svelata le orecchie. Subito dopo la ragazza dai capelli castani, assicuratasi che la sciarpa avvolta intorno alla sua testa reggesse, schioccò le dita delle mani facendo comparire numerosi e pratici tappi per le orecchie. La coppia, a quel punto, ne prese un paio a testa e li sostituì rapidamente ai loro paraorecchie improvvisati. Max, poi, ne infilò altri due nei padiglioni auricolari di Aisha, la quale aveva stranamente smesso di contorcersi. Tuttavia, non appena il ragazzo la ebbe isolata dai rumori del mondo esterno, la fata dei fluidi cominciò nuovamente a soffrire dal dolore. Elizabeth, subito dopo, fece cenno al suo fidanzato di guardarla negli occhi. Il biondo, non appena eseguì l’ordine della fidanzata, la voce di quest’ultima gli rimbombò nella testa.
[Max, Max… razza di pesce lesso, mi senti?].
[Ma cosa diavolo…] balbettò il ragazzo in preda al panico, ma fu interrotto da una sberla e dalle parole della ragazza.
[Adesso stammi bene a sentire pusillanime che non sei altro. Poiché con i tappi nelle orecchie ci sarebbe risultato difficile comunicare tra noi, ho stabilito un collegamento telepatico. Quindi stai calmo, non mi sembra il caso di agitare ulteriormente Aisha].
[Quando l’hai imparato?] le domandò Max pieno di stupore.
[Mesi fa. Me l’ha insegnato Stella, lei lo usava per copiare da Tecna durante i compiti] rispose la fata dai capelli castani.
[Capisco…] le comunicò il ragazzo, chiedendole subito dopo: [Elizabeth secondo te com’è possibile? Pensi che possano esistere anche in questa dimensione?].
Elizabeth, a quella domanda, incrociò le braccia e, dopo aver sbuffato, gli disse:
[Non lo so! Avrei preferito affrontare mille lupi mannari che quell’orrenda creatura. Comunque a prescindere da tutto dobbiamo avvertire le altre al più presto. Tieni porta loro i restanti tappi per le orecchie, ne avranno un bisogno disperato.].
[D’accordo!] replicò il biondo, raccogliendo tra le mani i piccoli tappi gialli.
Fatto ciò, il ragazzo si alzò da terra e si diresse oltre il muro semidistrutto del bar, Elizabeth, però, prima che si sparisse nella “fumo della battaglia”, gli corse in contro e gli diede un bacio sulle labbra.
[Mi raccomando: fa attenzione] sibilò la fata degli elementi.
[Tranquilla, non ti libererai tanto facilmente di me] concluse Max per poi allontanarsi e scomparire nella nebbia.
Elizabeth, allora, tornò a sedersi nuovamente accanto ad Aisha e, rovistando nel suo cappotto ormai ridotto a strofinaccio per il pavimento, cercò il cellulare. Una volta che lo ebbe trovato, attivò il registratore vocale al fine di monitorare i livelli acustici della zona. La ragazza con il fermaglio a forma di farfalla rimase diversi minuti ad osservare con apprensione lo schermo, finché, non appena lo “spettro sonoro” divenne piatto, tirò un sospiro di sollievo e si tolse i tappi dalle orecchie. Quella strana melodia aveva finalmente cessato di diffondersi nell’ambiente circostante. Tuttavia, come la giovane fata ben sapeva, questo non poteva provare con certezza che l’autore di quel suono fosse stato sconfitto. La ragazza, infatti, per quanto ammirasse la forza delle altre Winx, era convinta che, in quel lasso di tempo così ristretto, le sue amiche non avrebbero mai potuto battere un simile avversario. Elizabeth, persa in questi e altri mille pensieri, si affrettò a sfilare i tappi anche ad Aisha, la quale, sebben fosse enormemente dolorante, in preda alla curiosità trovò la forza di chiederle:
«Cos’è successo? Dov’è Max?».
La fata degli elementi, allora, accarezzandole dolcemente la fronte, le rispose con fare vago in modo tale da non preoccuparla.
«Niente… non è successo niente. Max sarà…».
Elizabeth, però, s’interruppe all’improvviso: un sinistro rumore, proveniente dall’interno della nebbia, aveva richiamato la sua attenzione. Di conseguenza la ragazza, dopo aver generato una palla di fuoco tra le mani, si apprestò a controllare con cautela il perimetro oltre le rovine del bar. La giovane fata, però, non ebbe neanche il tempo di raggiungere le macerie esterne che un terrificante ululato la fece indietreggiare. Subito dopo, sul muro diroccato dell’edificio, saltò uno spaventoso lupo mannaro dal pelo nero, che, alzando la sua enorme zampa destra, si avventò su Elizabeth. Quest’ultima, nonostante fosse stata colta alla sprovvista, ebbe la prontezza di scagliare la sfera di fiamme contro la bestia, che stramazzò al suolo. Purtroppo per lei l’attacco non sortì un grande effetto, anzi, non appena il licantropo si alzò da terrà, ringhiò in maniera ancora più feroce e minacciosa contro colei, che si era permessa di attaccarlo. Elizabeth, allora, impossibilitata a volare via a causa della presenza di Aisha, allargò le braccia e muovendole verso l’alto fece sollevare diverse zolle di terra, che con grande velocità andarono a scagliarsi contro il lupo. Questo, però, non si sforzò nemmeno di evitarli e, gonfiando prontamente il petto ricoperto di peli, lasciò che i colpi impattassero sul suo corpo, continuando ad incedere verso la ragazza. La fata degli elementi fece un balzo all’indietro e, accorgendosi di essere vicinanza ad Aisha, la quale nel frattempo aveva cercato inutilmente di alzarsi e combattere, escogitò un piano che le avrebbe messe in salvo tutte e due. Elizabeth, infatti, dopo aver creato un muro di fiamme, in modo tale da tenere il licantropo a debita distanza, si piegò sulle ginocchia e, poggiando le mani a terra, con non poca fatica fece sollevare verso l’alto il pezzo di pavimento, sul quale si trovavano lei e la fata dei fluidi. Tuttavia la colonna di terra non raggiunse neanche i tre metri di altezza che un secondo lupo mannaro distrusse il soffitto del locale, o almeno ciò che ne restava, e scaraventò giù Elizabeth e Aisha. La ragazza dai capelli castani si ritrovò nuovamente in mezzo alla grande strada centrale, che tagliava in due la piazza di Magix. La fata dei fluidi, invece era poco più avanti, stesa lungo il ciglio del marciapiede. La fata degli elementi, sebbene la nebbia di fumo e polvere ormai non permettesse più di scorgere nulla, che si trovava ad oltre un metro di distanza, la vide e, strisciando sui gomiti, la raggiunse per proteggerla. Non appena la ragazza toccò il braccio dell’amica, però, entrambi i licantropi tornarono all’attacco. Questi, infatti, dopo aver girato intorno alle loro “prede” per alcuni secondi, si posizionarono uno alla destra e un altro a sinistra e, lanciando un ultimo ululato alla luna, si scagliarono contro le due. Elizabeth, sebbene fosse stremata a causa dello sforzo precedente e delle ferite riportate, si mise in ginocchio e, allargando entrambe le braccia, creò due barriere protettive, una fatta di terra e l’altra fatta di acqua, sulle quali i lupi andarono ad impattare. Aisha, a quel punto, avendo capito che l’amica non avrebbe retto a lungo, richiamò la sua attenzione e con voce carica di emozione le disse:
«Elizabeth… io… io ormai sono spacciata. Tu, al contrario, puoi ancora salvarti. Non preoccuparti per me, ti prego vola via… vola lontano da questo inferno».
La ragazza, non si mosse di un millimetro e, continuando a mantenere attivi i due scudi, “martellati” dalle feroci zampate e dagli affilati artigli dei due licantropi, le rispose quasi gridando:
«No! Io non ti lascio da sola, hai capito?! Troppe volte sono scappata dinanzi ai problemi. Troppe volte ho lasciato che fossero gli altri a prendere le mie difese. Troppe volte non mi sono presa le mie responsabilità. Io continuerò a proteggerti, continuerò a vegliare su di te… io continuerò a combattere. Resteremo insieme… fino alla fine».
Una volta che ebbe terminato di parlare, la giovane fata si mise coraggiosamente in piedi e, urlando per lo sforzo, allargò le proprie braccia in modo tale da far leggermente indietreggiare le bestie. Queste, però, non si arresero e con ancora più ferocia si accanirono sulle barriere. La fata dei fluidi, impressionata dalla determinazione della ragazza, pianse di gioia e, sforzando i muscoli del viso, sorrise. In quello stesso istante una mistica aura viola con sfumature azzurrine avvolse da capo a piedi Elizabeth, la quale, non appena si accorse della cosa, rimase sbigottita. Il bagliore divenne sempre più intenso e grande, finché la giovane fata, sotto gli occhi increduli di Aisha, non esplose di pura luce.
 
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Note dell’autore: Buondì!!! Innanzitutto un buon Santo Stefano a tutti voi :D. Allora che dire… questo capitolo contiene tantissimi spunti di riflessione. Innanzitutto abbiamo un’incosciente Roxy, che viene spinta a risvegliarsi da una voce misteriosa. L’identità di questa persona si scoprirà più in là, tuttavia voglio darvi un piccolo indizio: non è un personaggio di mia invenzione ;D. Subito dopo apprendiamo che l’urlo straziante era stato “lanciato” da Aisha. La fata dei fluidi è stata maledetta e rischia seriamente di non sopravvivere :(. In questo capitolo, inoltre, tornano i licantropi, guidati da un misterioso uomo incappucciato. Questi lupi mannari, però, sono molto diversi da quelli di Fearwood, infatti le Winx avranno non pochi problemi a fronteggiarli. Nel frattempo Flora affronta da sola l’artefice dell’attacco a Magix. La battaglia, inoltre, nasconde un piccolo mistero. Alcuni di voi, infatti, mi fecero notare quanto fosse cambiato il carattere di Flora. A quel tempo risposi in maniera molto vaga e cercai di mantenere una sorta di alone di mistero. Beh… la verità è finalmente venuta a galla XD. Grazie alle parole dell’uomo scopriamo che il radicale mutamento della ragazza è dovuto ad un qualche cosa accaduto tempo addietro alla sua famiglia. Nel capitolo però, penso mi odierete per questo, non si entra troppo nel merito di questa faccenda. La risoluzione di quest’ennesimo enigma avverrà davvero a breve, ma sarà divisa in “due parti” ;D. L’ultima “scena” del capitolo, infine, è incentrata su Max, Elizabeth, i quali nascosti nel bar tengono compagnia ad una morente Aisha. Ad un tratto, però, la coppia riconosce un suono familiare, che la fa spaventare a morte. La “fonte” di questo suono verrà rivelata nel prossimo capitolo e costituirà un ulteriore pericolo per le Winx. Elizabeth, poi, è costretta a difendere sé stessa e Aisha da due lupi mannari. Le due, dopo un estenuante combattimento, sembrano spacciate, ma all’improvviso accade qualche cosa… ;D. Un ultimo appunto, sulla mia cartella di Google Drive ho aggiunto una foto presa da internet, che descrive meglio la “fisionomia” dei lupi mannari: spero vi piaccia XD. Con questo vi saluto e vi do appuntamento ai prossimi capitoli :D :D :D.
Yugi95

Link Google Drive: https://drive.google.com/open?id=0B3u8B3LCcNM0UElwUVNOWFIyeWs

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Capitolo 23
*** Capitolo XXII – Il mangia-anime ***


Capitolo XXII – Il mangia-anime
 
Il bagliore, emesso dalla ragazza dai capelli castani, era ormai diventato insostenibile. Aisha, sebbene avesse tanto voluto sapere cosa stesse accadendo alla sua amica, chiuse gli occhi. I lupi mannari, allo stesso modo, smisero di colpire le barriere, erette dalla fata degli elementi, e con le zampe si protessero il muso. Elizabeth, nonostante fosse a diretto contatto con quell’insostenibile luce, invece, non ne fu infastidita, ma, al contrario, percepì una piacevole sensazione di benessere. Le ferite, rimediate combattendo contro i licantropi, si stavano rimarginando, mentre tutta la stanchezza, accumulata in quelle ore tanto “movimentate”, era ormai scomparsa. Non si era mai sentita così bene, il suo corpo traboccava di potere. Questa rinnovata energia, però, non accennava a stabilizzarsi, ma, avendo superato già da tempo il suo limite standard, continuava ad aumentare. La ragazza, allora, sebbene all’inizio avesse cercato di contenersi temendo di non riuscire più a controllarsi, decise di lasciarsi andare e, lanciando un urlo liberatorio, diede sfogo a tutta la sua forza. A quel punto Elizabeth fu circondata da una vorticosa sfera violetta dalle sfumature bluastre, che, subito dopo, iniziò a produrre una serie di scariche elettriche. I lupi mannari, poiché si trovavano molto vicino alla giovane fata, furono colpiti da quest’ultime e, conseguentemente, scagliati lontano. La fata dei fluidi, invece, la cui attenzione era stata richiamata dal grido dell’amica e dal fragore dei fulmini, riaprì gli occhi giusto in tempo per assistere a quello straordinario spettacolo. La sfera energetica ruotò sempre più velocemente, finché, assumendo la forma di un compatto fascio di luce, si proiettò verso il cielo scomparendo. Non appena quella sorta di “involucro” si dischiuse, Elizabeth tornò a mostrarsi in tutta la sua rinnovata bellezza alla Principessa di Andros. Aisha, alla vista dell’amica, rimase esterrefatta e, cercando di alzare almeno il busto da terra, balbettò alcune parole:
«Elizabeth, tu… tu sei una… una fata… Enchantix».
La ragazza dai cappelli castani le sorrise e, sollevandosi lentamente da terra, si avvicinò con estrema grazia alla fata dei fluidi. Quest’ultima, approfittando di quei pochi secondi, osservò nuovamente Elizabeth focalizzandosi in particolar modo sul suo nuovo aspetto. A causa della trasformazione Enchantix, infatti, la fata degli elementi, come era avvenuto alle altre Winx prima di lei, aveva subito un radicale cambiamento di look. Innanzitutto i capelli, allungatisi di circa quindici centimetri, da lisci erano diventati mossi e vaporosi. Il toppino e la minigonna a balze avevano lasciato il posto ad un leggero vestitino viola, che si fermava alle ginocchia, abbellito da due glitterate balze laterali di colore blu notte, che si prolungavano fino alle spalle. Le mani erano avvolte dai scintillanti guanti azzurrini lunghi fino ai gomiti, mentre ai piedi calzava dei violacei sandali stilizzati. Sulla schiena, invece, si trovava una grande paio di ali blu scuro, formato da tre diversi “ordini”, due superiori e uno inferiore, e decorato da gemme circolari viola. Al collo, inoltre, era agganciata una sottile collana dorata, dalla quale pendeva un ciondolo a forma di diamante. La fronte, infine, era sormontata da una leggera coroncina avente due gemme incastonate, mentre il fermaglio a forma di farfalla era tornato alla sua posizione originale: dietro la nuca. Aisha, nonostante fosse ormai devastata dalla maledizione, ebbe la forza di ricambiare il sorriso e, non appena l’amica fu abbastanza vicina, con la voce carica di emozione esclamò:
«Sei bellissima».
«Grazie…» replicò Elizabeth con voce dolce.
«Come ti senti?» le domandò, piena di curiosità, la principessa di Andros.
«Bene… davvero bene. Mi sento nel pieno delle forze» rispose la fata degli elementi, per poi aggiungere con tono preoccupato: «Tu invece?».
«Manca poco ormai…» sibilò l’altra con fare rassegnato.
Elizabeth, sebbene avesse desiderato con tutto il cuore di poterla smentire, si limitò a fare un cenno di assenso con la testa. La fata dei fluidi, allora, le prese la mano e, dopo aver alzato il capo per poterla guardare negli occhi, le disse:
«Elizabeth, ti prego… raggiungi le altre. Avranno sicuramente bisogno del tuo aiuto. Non pensare a me, non ti preoccupare dei pericoli che potrei correre. Ormai la presenza o meno di un licantropo non fa più alcuna differenza per me. Io sono finita, ma le nostre amiche non devono subire la mia stessa sorte. Elizabeth vola da loro e tutte insieme fermate il responsabile di questo scempio. Dopotutto è il nostro compito proteggere gli altri… il dovere di una Winx».
«Aisha…» biascicò l’altra, ma a Principessa di Andros la interruppe:
«Per favore Elizabeth… va!».
A quel punto la fata degli elementi si rassegnò definitivamente al volere dell’amica. Così, dopo averla delicatamente baciata sulla fronte in segno d’addio, si alzò in volo e, come aveva precedentemente fatto la stessa Flora, oltrepassò la fitta cortina di fumo nero. Dall’alto di quelle nubi Elizabeth scrutò l’orizzonte alla ricerca delle altre Winx, di quest’ultime, però, non vi era alcuna traccia. Quella strana “nebbia” inoltre le impediva d’ispezionare la piazza sottostante, la quale rappresentava il vero e proprio “teatro di guerra”. La giovane fata, sperando di ottenere risultati migliori, si abbassò leggermente di quota portandosi al livello della nube di fumo. Tuttavia il risultato fu sempre lo stesso: vedere oltre di essa era impossibile. Elizabeth, allora, temendo il peggio, si tuffò nuovamente nella cortina e, volando alla cieca all’interno di essa, gridò più volte i nomi delle ragazze. A quella sorta di disperato appello non vi fu risposta, la piazza, o meglio ciò che ne rimaneva, era immersa in un angosciante silenzio, interrotto di tanto in tanto da urla e gemiti lontani. La fata degli elementi continuò a cercare le altre Winx, finché, poiché non riuscì a vederla per tempo, andò a scontrarsi contro una delle tante finestre, presenti sulla facciata dell’edificio più alto di Magix City. Nonostante l’urto fosse stato abbastanza forte, Elizabeth, a causa delle mille preoccupazioni che le attanagliavano l’animo, sembrò non accusare minimamente il colpo e, dopo essersi rigirata, si apprestò nuovamente a percorrere lo stesso tragitto. All’improvviso, però, la ragazza dai capelli castani si fermò di colpo e, attirata da una fioca luce dorata, guardò versò il basso. Sicura di aver finalmente ritrovato le proprie amiche, la fata degli elementi scese in picchiata e in pochi secondi raggiunse la base dell’edifico. Tuttavia, non appena toccò terra, le fu subito chiaro che nessuna delle altre Winx si trovasse in quel luogo. A pochi metri di distanza, infatti, vi era soltanto una strana figura incappucciata inginocchiata su quello che sembrava essere un corpo privo di vita. Lo sconosciuto aveva entrambe le mani protese verso il basso, dai cui palmi fuoriusciva la stessa energia dorata, che aveva richiamato l’attenzione della giovane fata. La ragazza dai capelli castani, credendo che quell’uomo fosse il responsabile dell’attacco alla piazza, mosse rapidamente dall’interno verso l’esterno a mo’ di schiaffo il braccio sinistro, generando una potente folata di vento, che colpì in pieno l’uomo. Quest’ultimo, non essendosi minimamente accorto dell’attacco, fu spinto all’indietro ritrovandosi con le gambe all’aria. Elizabeth, allora, gli volò minacciosamente incontro e, cercando di non cadere vittima di eventuali tranelli, gli urlò:
«Dove sono le mie amiche?!».
Lo sconosciuto, intimorito dalla presenza della fata, non ripose e, dopo essersi frettolosamente rialzato, batté tra loro i palmi delle sue mani. Non appena fece ciò, Elizabeth fu investita da un’accecante luce, che la costrinse a chiudere gli occhi e a proteggersi il viso con le braccia. L’uomo, approfittando della distrazione della ragazza, si dileguò nella nebbia senza lasciare traccia. Di conseguenza la fata degli elementi, una volta che fu nuovamente in grado di vedere, poté esclusivamente constatare la scomparsa del suo avversario. D’un tratto, però, la sua attenzione fu richiamata da rauche e flebili parole, provenienti dal punto in cui si trovava l’uomo incappucciato.
«Elizabeth… …aiutami…»
 Elizabeth, sebbene il tono fosse pesantemente alterato, riconobbe immediatamente quella voce. Così, non curandosi minimamente dell’eventualità che potesse trattarsi di un’ingegnosa trappala, si precipitò verso il luogo di provenienza di quel suono.
«Flora, eccomi sono qui» esclamò la ragazza dai capelli castani, non appena raggiunse l’amica.
La fata di Linphea era distesa su uno dei larghi gradini, che dalla piazza portavano all’ingresso del grattacielo, intenta a coprirsi con le mani una piccola ferita all’addome.
«È bello vederti» sibilò Flora con felicità.
«Anche per me» cinguettò Elizabeth, mentre le accarezzava teneramente il volto.
«Mi aiuteresti ad alzarmi» chiese, all’improvviso, la fata della natura.
«Con piacere» replicò la fata degli elementi.
Flora, grazie all’aiuto dell’amica, sebbene fosse ancora dolorante, si rimise in piedi e, dopo aver fatto comparire dei robusti rampicanti, ai quali diede la forma di una sedia, vi ci si accomodò. Elizabeth, invece, rimase ad osservarla in silenzio per alcuni istanti, poiché in ansia per le sue condizioni di salute. La fata della natura, resasi conto della cosa, si apprestò a rassicurare l’amica, ma, non appena alzò lo sguardo dalla propria ferita, rimase a bocca aperta. Soltanto in quel momento, infatti, Flora si rese conto di quanto fosse cambiato l’aspetto di Elizabeth; così, “mangiandosi” la maggior parte delle parole per lo stupore, le disse:
«Ma cosa diamine ti è successo?!».
«A cosa ti riferisci?» replicò l’altra dai capelli castani, iniziando a preoccuparsi.
«Come cosa?! Sei diventata una fata completa… una fata Enchantix» esclamò la ragazza di Linphea con voce carica di gioia.
«Ah… ti riferivi a questo. Scusami, ma devo ancora abituarmici» replicò, divertita, Elizabeth.
«Quand’è accaduto?» chiese Flora, facendo segno all’amica di avvicinarsi.
«Neanche mezz’ora fa. Fuori dal bar» spiegò la fata degli elementi, piroettando su sé stessa per farsi vedere meglio.
«Capisco…» concluse, secca, la fata della natura, aggiungendo con voce greve: «Aisha come sta?».
Elizabeth, a quel punto, assunse un’espressione contrita e, tormentandosi le dita delle mani per il nervosismo, le rispose:
«Flora, mi dispiace. Tu avevi detto di proteggere Aisha, ma lei, non appena mi sono trasformata in Enchantix, ha preferito che venissi qui a darvi una mano. Ho cercato di farla desistere, ma lo sai com’è fatta… non ha voluto sentire ragioni. Ti prego non odiarmi per averla lasciata da sola».
«Non potrei mai odiarti Elizabeth» esclamò Flora con dolcezza.
Detto ciò, la ragazza di Linphea tentò di alzarsi dalla sedia di viticci, ma la ferita al ventre glielo impedì. L’altra, allora, fece comparire tra le sue mani un lungo pezzo di stoffa rossa e con delicatezza glielo avvolse intorno al busto. Una volta che ebbe finito, al fine di sciogliere la tensione, esclamò con fare allegro:
«Da quando ho conosciuto Stella, mi porto sempre dietro della stoffa extra. In questo modo, qualora dovesse arrivarle un’improvvisa ispirazione per un nuovo vestito, abbiamo già le “materie prime” a disposizione. Una volta, non essendo ancora attrezzata, quella pazza prese la tovaglia da sopra un tavolino di un bar, per poter cucire un paio di guanti. Il proprietario era così arrabbiato che fummo costrette a lavare dozzine di piattini, tazze e cucchiai».
«Che vuoi farci… sono esperienze di vita» replicò la fata della natura con tono sarcastico.
Le due si misero a ridere per alcuni secondi, finché Flora tornò a lamentarsi per il dolere.
«Fa ancora molto male?» le domandò la fata degli elementi.
«Un pochino… ma poteva andare molto peggio, se non fosse stato per quel tizio» rispose l’altra, mentre si massaggiava il ventre.
«Aspetta… non starai parlando dell’uomo incappucciato, che ha attaccato Magix?!» chiese l’amica con perplessità.
«Ragazzo…» sibilò la ragazza di Linphea.
«Non capisco… vuoi essere più specifica» sbottò la giovane fata, incrociando le braccia.
Flora, essendo consapevole della confusione che le sue parole potessero creare, si affrettò a spiegare ad Elizabeth cosa fosse successo:
«Colui, che mi ha salvata da morte certa, era un ragazzo. Non sono riuscita a vederlo in volto, ma sentivo la sua voce. Era calda… rassicurante, mi ha dato la forza per non mollare… per continuare a combattere. Gli devo la vita, senza di lui non sarei riuscita a sopravvivere allo scontro con il vero responsabile dell’attacco. Lo avevo messo all’angolo, ma poi, come una dilettante, mi sono lasciata trasportare dalle mie emozioni… cadendone vittima».
«Caspita… allora non capita solo a me» mugugnò, involontariamente ad alta voce, Elizabeth.
«Cosa?» domandò la fata della natura, non riuscendo a capire il senso di quelle parole.
«Niente, nulla d’importante» si affrettò a rispondere l’altra e, al fine di cambiare discorso e di scoprire finalmente che cosa fosse capitato alle sue amiche, subito dopo aggiunse: «Piuttosto… dove sono le altre?».
«Non lo so. Credevo che stessero combattendo contro i lupi mannari» rispose Flora con incertezza.
«Temo non soltanto contro quelli» sbuffò la ragazza dai capelli castani.
«A chi ti riferisci?!» esclamò, preoccupata, la fata della natura.
La fata degli elementi, cercando di nascondere la paura che quelle sue stesse parole le avevano causato, spiegò all’amica il pericolo che tutte loro stavano correndo.
«Neanche un’ora fa io e Max, mentre stavamo vegliando Aisha, abbiamo sentito un suono ripetuto, che si diffondeva nell’aria. Entrambi abbiamo riconosciuto subito quelle vibrazioni acustiche. A produrle è uno dei più terrificanti e pericolosi mostri che Brendon abbia mai affrontato: il “mangia-anime”».
«Il mangia… cosa?!» la interruppe la ragazza di Linphea agitandosi e, conseguentemente, soffrendo per la ferita.
Elizabeth, dopo averle fatto segno di calmarsi, riprese la propria spiegazione:
«Il mangia-anime… una sorta di demone, che produce una flebile ed ipnotica melodia con lo scopo di attrarre le persone e assoggettarne la volontà. Quest’ultime, poi, una volta che si trovano al cospetto del mangia-anime, sono private della loro essenza vitale, di cui il mostro si nutre. Le vittime di questi esseri sono condannate ad un destino peggiore della morte… le loro funzioni biologiche restano intatte, ma, nonostante ciò, il loro corpo si riduce ad un semplice contenitore vuoto. Perdono per sempre… la loro anima».
«È terribile…» sibilò Flora, portandosi le mani alla bocca.
«Si… hai ragione» replicò l’altra, aggiungendo con fare deciso: «Per questo devo trovare le ragazze e Max».
«Max?! Cosa c’entra lui?» esclamò la fata della natura con voce seccata.
«Beh… …ecco… …io… l’ho mandato a cercare le Winx… da solo» balbettò, imbarazzata, Elizabeth, sapendo di aver compiuto una sciocchezza.
«Elizabeth, se ti eri stancata di Max, bastava che lo lasciassi… no che lo mandassi contro morte certa!» ruggì la ragazza di Linphea.
«Lo so, ho fatto una fesseria… ti prego aiutami a cercarli» biascicò la fata degli elementi più in ansia che mai.
Flora, a quel punto, dopo aver lanciato un’ultima occhiataccia di disapprovazione all’amica, abbassò la testa e chiuse le palpebre. Subito dopo portò le mani a breve distanza dal volto e le posizionò una di fronte l’altra ad “artiglio”, in modo tale da creare gabbia. Elizabeth, rimanendo in silenzio, osservò per alcuni secondi la ragazza, poi, poiché sembrava non stesse accadendo nulla, si apprestò a chiederle cosa stesse cercando di fare. Tuttavia, non appena la fata degli elementi spalancò le labbra, tra le mani di Flora comparve un piccolo fuocherello rosso dalle sfumature dorate.
«Ma quella è… è…» balbettò, emozionata, la ragazza dai capelli castani.
«… una parte della Fiamma del Drago di Bloom» spiegò la fata della natura, per poi aggiungere con fare sicuro «Essendo fortemente legata alla Fiamma stessa e a tutte le sue parti, sarà lei ad indicarci dove si trovano le Winx».
Elizabeth fu estremamente affascinata da tutto ciò, così mantenne lo sguardo fisso sulla flebile fiammella. Quest’ultima, dopo aver roteato e crepitato per un paio di volte, si stabilizzò e, assumendo la forma di una punta di freccia, indicò un punto lontano.
«Ci siamo… le nostre amiche si trovano in quella direzione» esclamò la ragazza di Linphea, mentre faceva sparire la sua parte di Fiamma.
«Perfetto! Adesso le raggiungo» esultò la fata degli elementi, stringendo la mano a pugno in segno di sfida.
«Aspetta… vengo con te» disse Flora, mentre tentava inutilmente di alzarsi.
«Non se ne parla proprio! Tu resti qui» la rimproverò Elizabeth, costringendola sulla sedia.
«Ma… ma potresti avere bisogno di aiuto» insistette la fata della natura, liberandosi dalla pressa dell’amica.
La ragazza dai capelli castani, però, non volle sentire ragioni. Di conseguenza, con l’intento di prendersi una piccola rivincita, le poggiò entrambe le mani sulle spalle e, parafrasando ciò che l’amica le aveva detto poco tempo prima, esclamò con fare divertito e malizioso:
«Flora… io sono ben consapevole del tuo potere e della tua grande forza di volontà. Tuttavia, per questa volta, ti chiedo di “rimanere in panchina”. Le occasioni, per mostrare il tuo valore, non mancheranno, ma adesso non posso permettermi errori».
«Era proprio necessario?» replicò, seccata e amareggiata, la ragazza di Linphea, avendo facilmente capito a cosa alludesse l’amica.
«Non mi hai lasciato scelta» sentenziò Elizabeth, scoppiando a ridere.
Flora, sebbene avesse voluto mantenere un atteggiamento serio, non riuscì più a trattenersi e, allo stesso modo, nonostante soffrisse ad ogni respiro, rise a crepapelle. Una volta che entrambe si furono calmate, la fata della natura, sospirando profondamente, esclamò:
«D’accordo, per questa volta mi farò da parte. Tuttavia se pensi che resterò qui seduta a “girarmi i pollici” ti sbagli di grosso. Raggiungerò Aisha e, sebbene avessi dovuto farlo prima, le terrò compagnia. Non lascerò la mia migliore amica da sola in un momento come questo, quindi non cercare di fermarmi».
«Non lo farò…» sibilò Elizabeth, profondamente colpita dalla determinazione della ragazza.
Subito dopo la fata degli elementi stese il proprio braccio sinistro davanti a sé e, muovendolo dal baso verso l’alto, fece sollevare una grossa zolla di terra rettangolare. Flora, incuriosita da quello strano gesto, le chiese:
«Cosa vuoi fare?».
«Adesso vedrai» rispose l’altra con fare ermetico.
Subito dopo la ragazza dai capelli castani generò tra le proprie mani un minuscolo vortice di vento. Quest’ultimo, non appena fu “rilasciato”, si diresse verso una sbigottita fata della natura e la sollevò dalla sedia di viticci. A quel punto, il vento magico adagiò delicatamente Flora sulla zolla di terra, che intanto fluttuava vicino alla sua creatrice.
«Mi spieghi adesso?!» starnazzò la ragazza di Linphea, cercando di mantenere l’equilibrio su quel blocco.
Elizabeth toccò tre volte il terriccio con l’indice destro, generando due diverse serie di appezzamenti di terra più piccoli del precedente. Questi, dopo aver assunto la forma di due cerchi ruotanti tra loro incrociati, si disposero intorno alla zolla, sulla quale si trovava la fata, in modo tale da creare una sorta di gabbia di protezione. La ragazza dai capelli castani, allora, si sollevò in volo e, con fare compiaciuto, spiegò il proprio piano.
«Dal momento che sei ferita, camminare ti sarebbe risultato alquanto difficile. Questa zolla ti porterà rapidamente da Aisha e a bordo di essa non correrai pericoli. Non appena avrò recuperato le altre Winx e Max, torneremo da voi due».
«Mi raccomando fa attenzione» le gridò Flora, mentre il “mezzo di trasporto”, sul quale si trovava, si allontanava guadagnando velocità.
«Tranquilla, devo mostrare il mio nuovo look a Stella. Non posso morire adesso» le rispose la fata degli elementi, ostentando una notevole sicurezza.
Le due, dopo essersi fatte le ultime raccomandazioni, si separarono. Elizabeth, sbattendo le sue grandi ali, volò velocemente nella direzione indicata dalla Fiamma del Drago, prestando la massima attenzione a tutto ciò che la circondava. Il fumo e la polvere, che fino ad allora avevano reso impossibile una visuale a lunga distanza e irrespirabile l’aria, stavano lentamente scomparendo. Tuttavia dalle nuvole della cortina da alcuni minuti avevano iniziato a scaturire possenti e pericolosi fulmini, che, impattando al suolo, creavano profonde e larghe buche. La piazza di Magix, però, nonostante il fragore delle scariche elettriche, era tornata tranquilla: i crolli, le esplosioni e i generici rumori della battaglia erano ormai cessati. Tutto era avvolto da un tetro e opprimente silenzio. La ragazza dai capelli castani, dopo aver volato per circa una cinquantina di metri, si trovò dinanzi all’imponente ingresso del municipio. Intuendo che le sue amiche si trovassero nell’edificio, la fata degli elementi toccò terra e, dopo aver inserito dei tappi nelle orecchie a scopo precauzionale, entrò al suo intero. La hall del municipio era completamente immersa nel buio, alla ragazza, infatti, risultava parecchio difficile riuscire a vedere oltre la punta del proprio naso. Di conseguenza creò una piccola sfera di fuoco nella mano sinistra e, illuminando l’ambiente circostante, si mosse con circospezione, cercando di non compiere movimenti troppo frettolosi e azzardati. Spostando di tanto in tanto il braccio la fata degli elementi si rese conto di quanto fosse devastato il palazzo cittadino. Alcune delle colonne, che avevano il compito di reggere il soffitto, erano state abbattute, mentre quasi tutte le finestre erano andate in mille pezzi. D’un tratto, mentre era intenta a percorre uno stretto corridoio laterale, che dalla hall portava ai diversi uffici, Elizabeth percepì una strana sensazione… come se i suoi piedi si stessero bagnando. Incuriosita da ciò, si piegò sulle ginocchia e con la piccola palla di fuoco illuminò il pavimento. Quest’ultimo era completamente ricoperto di sangue raggrumito ed interiora putrescenti. La ragazza con il fermaglio a forma di farfalla, non appena capì cosa avesse toccato, estremamente colpita da quello scempio, sibilò:
«Che… mostri… La pagheranno cara per tutto quello che hanno fatto!».
 Nonostante la raccapricciante e nauseante scena l’avesse leggermente interdetta, proseguì nel proprio cammino, determinata più che mai a ricongiungersi con le proprie amiche. Terminato d’ispezionare il piano terra dell’edificio, dove aveva trovato esclusivamente decine di cadaveri sventrati e lupi mannari ormai inoffensivi, salì la larga scalinata, che portava ai piani superiori. Non appena giunse al piano superiore, la ragazza, sebbene i suoni le arrivassero ovattati a causa dei tappi delle orecchie, sentì chiaramente il saettare di incantesimi, esplosioni e, cosa che la fece rabbrividire, urla femminili. La giovane fata, a quel punto, si diresse rapidamente verso la fonte di tutti quei rumori sinistri, giungendo ad una massiccia ed imponente porta in mogano. Elizabeth, volendo sfruttare l’effetto sorpresa, si acquatto dietro un’anta semidistrutta, colpita molto probabilmente da una delle tante sfere d’energia, e osservò il “campo di battaglia”. Oltre l’ingresso vi era una balaustra in ferro ormai deformata, che delimitava una sorta di piccolo soppalco in marmo. Ai lati di quest’ultimo si trovavano due scale di pietra, aventi all’incirca dieci gradini ciascuna, che portavano ad una grande stanza ovale dalle pareti bianche, abbellite da stucchi, dipinti e decorazioni in oro. Sulla parete opposta al soppalco e alla porta era “incastonata” una grande vetrata, che immetteva su un piccolo balconcino. Elizabeth, rimasta impressionata dalla bellezza, del luogo ipotizzò che si trattasse dell’ufficio del sindaco; tesi avvalorata inoltre dalla presenza di un gigantesco tappeto, al cui centro era ricamata l’effige di Magix City. Tuttavia la fata degli elementi non si dilungò ulteriormente in quei ragionamenti, tutta la sua attenzione, infatti, fu catturata da un’altra “immagine”: quella delle restanti Winx e di Max. Il suo cuore le si riempì di gioia, finalmente li aveva trovati… finalmente poteva dar loro un valido aiuto in quel difficile momento. Le ragazze e il suo fidanzato stavano fronteggiando una durissima battaglia, i cui esiti, se non si fosse intervenuto immediatamente, sarebbero stati tutt’altro che positivi. Selina e Roxy, infatti, stavano affrontando con non poche difficoltà due lupi mannari a testa. Tecna e Max, invece, erano intenti a trattenere con delle “funi energetiche”, create dalla fata della tecnologia, Musa e Stella. Entrambe, poiché non erano riuscite ad infilarsi i tappi per le orecchie in tempo, erano state ipnotizzate dalla melodia del mangia-anime e, conseguentemente, si stavano avvicinando pericolosamente ad esso. Questi si trovava al centro della stanza seduto su un lugubre e diroccato trono in pietra, coperto da alcuni rampicanti. Non appena Elizabeth riconobbe la sua tetra figura rabbrividì e, sebbene non ce ne fosse stato bisogno, si nascose il più possibile dietro la porta. Era paralizzata dalla paura, il mangia-anime era l’essere che più di tutti le aveva lasciato un segno indelebile nella sua memoria. La giovane fata, in particolare, era terrorizzata non tanto dai pericolosi poteri del mostro, ma dal suo raccapricciante aspetto fisico. Il mangia-anime, nonostante avesse fattezze umanoidi, era ben lontano dal poter essere definito tale. Generalmente sfiorava i due metri di altezza e mostrava membra massicce. La sua pelle grigio chiaro era così sottile e tesa che rendeva visibili la muscolatura e le ossa sottostanti. Le mani della creatura, sproporzionate rispetto agli avambracci, erano estremamente dinoccolate e artigliate. Solitamente questi demoni, come quello presente nell’ufficio, indossavano una lunga veste, i cui colori cambiavano di volta in volta, che copriva completamente gli arti inferiori. Il torace e l’addome, invece, erano scoperti. La testa, infine, era sormontata da un lacero cappuccio, che ricadeva anche sulle spalle, in modo tale da rendere imperscrutabile il volto della creatura. Quella scena fece riaffiorare una miriade di bruttissimi ricordi ad Elizabeth, tra i quali, forse il più amaro di tutti, vi era la morte di una delle sue compagne delle superiori, la cui anima fu risucchiata da uno di quei mostri. Purtroppo, quella volta, Brendon era arrivato troppo tardi e, sebbene avesse prontamente distrutto la creatura, poté esclusivamente constatare la morte della ragazza. La fata degli elementi rimase diversi minuti rannicchiata dietro l’anta con la testa tra le mani, cercando di calmarsi e di trovare un metodo per rendere inoffensivo il mangia-anime. Elizabeth, infatti, era ben consapevole che per battere tutti quegli avversari lei e le sue amiche avrebbero dovuto coordinarsi in qualche modo. Tuttavia ciò era reso difficile dall’uso dei tappi per le orecchie e dall’impossibilità di poter creare un legame telepatico tra tutte quelle persone. Di conseguenza l’unico modo per ribaltare la situazione consisteva nello spezzare l’influsso malefico della melodia prodotta dal mostro. La ragazza di capelli castani, dopo aver ragionato sul da farsi, si decise ad intervenire. In cuor suo sapeva che l’escamotage appena architettato avrebbe trattenuto la creatura soltanto per pochi minuti, ma sperava che in quel lasso di tempo lei e le sue altre amiche avrebbero potuto trovare una soluzione definitiva. Elizabeth, a quel punto, raccolse tutto il proprio coraggio e, compiendo un balzo, saltò sulla balaustra del soppalco in modo tale da sovrastare il campo di battaglia. Subito dopo, sotto gli occhi attoniti dei presenti, si lanciò contro il mangia-anime e, aprendo i palmi delle mani, urlò con rabbia:
«Camera a vuoto!».
Non appena la fata degli elementi lanciò l’incantesimo, un forte vento attraversò tutta la stanza, facendo tremare i quadri appesi alle pareti e le lastre della grande vetrata. La creatura, presa alla sprovvista, si trovò imprigionata in una bolla trasparente fatta di raffiche d’aria, la quale aveva il compito di creare attorno all’avversario il vuoto. Una volta che ebbe la certezza di aver rinchiuso il mostro, Elizabeth si sfilò i tappi dalle orecchie e, costatando in prima persona che il suo piano avesse funzionato, fece cenno a Max di fare altrettanto. Il biodo fece come gli era stato ordinato e, non sentendo più quel micidiale suono, correndo ad abbracciare la fidanzata, esclamò pieno di gioia:
«Elizabeth sei grande! La melodia ipnotica si è interrotta, mi spieghi come…».
Max s’interruppe all’improvviso e rimase a bocca aperta senza emettere alcun fiato. La fata degli elementi, preoccupata da quel suo modo di fare, si affrettò a chiedergli:
«Max, tutto bene? Ci sono problemi?».
«Cosa… ti è…» balbettò il biondo, ma fu interrotto dalle parole concitate di Tecna, che intanto si era avvicinata ai due.
«… successo?! Come hai fatto a diventare una fata Enchantix?!».
«Dopo, dopo… vi spiegherò tutto. Adesso abbiamo cose più importanti a cui pensare» rispose la ragazza dai capelli castani con voce seccata.
«D’accordo!» replicò, mortificata, la fata della tecnologia, per poi aggiungere «Solo una cosa…vorresti dirmi come diamine hai fatto a fermare il suono ipnotico?»
Elizabeth, allora, assunse un atteggiamento di superiorità e, iniziando a guardarsi le unghie delle dita della mano destra, con superficialità spiegò ai due il piano appena attuato.
«È semplice: il primo mezzo di propagazione del suono è l’aria… di conseguenza ho creato il vuoto. Niente aria… niente problemi. Mi meraviglio che due geni come voi non ci siano arrivati prima».
«Beh… …noi…  non ci abbiamo pensato. Abbiamo provato con la stanza digitale, ma non ha funzionato» dissero Tecna e Max in coro, arrossendo per l’imbarazzo.
«È ovvio: in quel cubo l’aria è libera di entrare e uscire» cinguettò la fata degli elementi, ma, dopo essersi fatta cupa in volto, aggiunse: «Tuttavia questa è solo una soluzione temporanea».
«Non puoi mantenere lo “stato di vuoto” per lungo tempo, vero?» le domandò la fata della tecnologia, mentre si avvicinava con il suo palmare alla sfera per esaminarla.
«Esatto! Molto presto l’ossigeno tornerà ad occupare quello spazio» spiegò Elizabeth, avvicinando tra loro le sue mani con l’intento di mantenere l’integrità della sua gabbia.
«Per di più il mangia-anime sta facendo di tutto per uscire» fece notare il ragazzo, indicando l’interno della sfera.
La creatura, infatti, continuando ad essere seduta sul suo trono, aveva alzato il braccio sinistro, dal quale fuoriuscivano a intervalli regolari sfere energetiche bluastre dirette contro la sfera. Intanto Roxy e Selina aveva abbattuto anche l’ultimo licantropo e, sfinite a causa della battaglia, si erano accasciate a terra, posizionandosi l’una accanto all’altra. Musa e Stella, invece, poiché l’influsso malevolo della creatura si era interrotto, erano svenute poco lontano da quest’ultima.
«Tecna cosa facciamo?!» chiese, allarmata, Elizabeth, sforzandosi di mantenere attiva la sua magia.
«Non lo so… Selina e Roxy sono stremate. Stella e Musa sono k.o. a causa della melodia. Purtroppo non ho idee al momento» rispose Tecna, mettendosi nervosamente a camminare avanti e indietro per la stanza.
«Ma certo… Musa!» esclamò, all’improvviso, Max, mentre si dirigeva rapidamente verso quest’ultima.
«Cosa hai intenzione di fare?» gli chiese la fata della tecnologia, raggiungendolo.
«Sfrutteremo il fenomeno dell’interferenza acustica!» sentenziò il biondo a denti stretti.
Alla fata della tecnologia, non appena furono dette quelle parole, brillarono gli occhi per la contentezza e, dopo aver abbracciato il ragazzo, gli diede una mano a svegliare Musa.
«Musa, Musa… apri gli occhi! Abbiamo bisogno del tuo aiuto».
«La testa, mi fa male. Ricordo solo una strana melodia, cos’è successo?» biascicò, intontita, la fata della musica.
«Te lo spieghiamo dopo. Adesso devi darci una mano» le disse Max, mentre l’aiutava a rimettersi in piedi.
«A proposito di quel suono: sapresti riprodurlo?» le chiese Tecna con ansia.
«Si… credo di sì» replicò la fata della musica sempre più confusa.
«Ragazzi io qui non reggo più! Mi volete dire che intenzioni avete?!» urlò loro un’esausta Elizabeth, ormai allo stremo delle forze.
Tecna non rispose e, alzandosi in volo, si andò a posizionare al di sopra della sfera d’aria, che imprigionava il mangia-anime. Max, invece, dopo aver trascinato via il corpo privo di sensi di Stella, si rivolse con fare risoluto alle altre due spiegando la strategia, che lui e la ragazza dai capelli viola avevano messo appunto senza neanche parlarsi.
«Ragazze abbiamo una possibilità di fermare definitivamente il mangia-anime. Dovete sapere che le onde sonore sono soggette ad un particolare fenomeno fisico: l’interferenza acustica. Questa si verifica ogni volta che due onde, che viaggiano nel medesimo mezzo con medesima frequenza e relazione di fase costante, si sovrappongono rinforzandosi o annullandosi. In particolare due onde sonore della stessa frequenza che siano in opposizione di fase si elidono a vicenda. Ad esempio due suoni emessi da due diversi diapason sommandosi danno come risultato il silenzio per un ascoltatore posto nelle vicinanze. Musa, tu devi ricreare la stessa frequenza sonora con fase opposta, una volta che l’avrai fatto, Tecna utilizzerà la sua “stanza digitale” sulle cui pareti farai rimbalzare la tua “eco infinita”. In questo modo la melodia ipnotica della creatura, poiché sfrutterà anch’essa il cubo per diffondersi nell’ambiente, verrà in contatto con l’incantesimo. Di conseguenza i due suoni, avendo la stessa frequenza ma fase opposta, si annulleranno permanentemente a vicenda. Elizabeth, tu, al contrario, dovrai far scomparire la “camera a vuoto” nello stesso istante, in cui Tecna e Musa scaglieranno i loro attacchi. So di chiederti un grande sforzo, ma è la nostra unica possibilità. Il piano non può funzionare se persiste il vuoto e, qualora dessimo al “mangia-anime” il tempo di propagare troppo a lungo la sua melodia, saremmo spacciati. Non possiamo fallire… dobbiamo spaccare il secondo».
Le tre ragazze si scambiarono dei rapidi sguardi d’intesa, poi si decisero ad agire. Musa, allo stesso modo di Tecna, si alzò in aria e si posizionò difronte a quest’ultima. Elizabeth, invece, fece un paio di passi avanti verso la sua gabbia d’aria e, sudando come non mai, cercò di mantenerne il controllo ancora per pochi secondi. Max insieme a Roxy e Selina, che lo avevano da poco raggiunto, rimase con il fiato sospeso ad osservare le amiche e il mangia-anime, il quale, avendo intuito un possibile pericolo, aveva intensificato i suoi attacchi. Per un paio d’istanti tutti rimasero in silenzio, immobili… quasi stessero posando per una fotografia, finché le due fate non urlarono con tutta la voce, che avevano in corpo.
«Stanza digitale!».
«Eco infinita!».
In quello stesso istante la fata degli elementi fece sparire la sfera, in modo tale da permette all’aria di rioccupare quello spazio. Vi fu un assordante boato e subito dopo si alzò un grosso polverone. I presenti rimasero impassibili e con ansia attesero che il pulviscolo si diradasse, al fine di capire se il loro piano avesse funzionato o meno. Non appena il centro del grande ufficio fu nuovamente visibile, tutti tirarono un sospiro di sollievo ed iniziarono ad esultare di gioia. La strategia dei due cervelloni aveva funzionato: il mangia-anime, intrappolato all’interno della stanza digitale, assisteva impotente all’annullarsi dei due suoni sulle pareti del cubo.
«Evviva! Lo abbiamo sconfitto!» gridarono le Winx, abbracciandosi tra di loro.
«Lo so… sono un genio» esclamò Max pieno d’orgoglio, mentre Elizabeth lo baciava più volte sul viso.
«Cosa mi sono persa?» chiese, confusa, Stella, mentre, dopo aver sbadigliato e essersi stiracchiata, si alzava da terra.
Tuttavia i festeggiamenti non durarono a lungo. I ragazzi, infatti, dopo aver ingabbiato i lupi mannari, notarono strane luci bianche, che si proiettavano sulla parete del soppalco e iniziarono a sentire rumori di passi sul piccolo balcone. Tecna e le altre, pensando che si trattasse di un’ennesima minaccia, si voltarono verso la vetrata dell’ufficio pronte nuovamente a combattere. La fata della tecnologia, però, non appena capì chi si trovava dinanzi, più perplessa che mai, balbettò:
«Voi?! Voi… cosa ci fate qui?».
 
*************************************************************************************
 
Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Lo so, lo so… sono pessimo, quando chiudo i capitoli in questo modo. Purtroppo, però, questa volta avevo parecchie cose da dire nelle note, quindi ho dovuto prendermi alcune righe in più. Un po’ di suspense poi non fa mai male XD. Allora ne sono successe di cose, vero? Innanzitutto Elizabeth riesce a salvare sé stessa e Aisha e, con effetti speciali degni dei migliori Super Sayan (non avrei mai potuto farle fare il balletto), sblocca la trasformazione Enchantix. Su questa cosa, come vi dissi già la volta scorsa, vi prego di non farmi domande… tutto sarà spiegato a tempo debito. Sappiate solo che nella mia storia le modalità per acquisire questo stadio sono le stesse descritte nella serie originale ;D. Per la gioia di tutta la sezione Winx di EFP, Flora non muore e, grazie all’intervento di un misterioso ragazzo, riesce a salvarsi. A questo punto vi chiedo: secondo voi di chi si tratta? Nei miei limiti cercherò di rispondervi :D. La fata della natura e quella degli elementi, poi, hanno un lungo dialogo nel quale affrontano diverse questioni importanti. Sono consapevole di non aver ancora risolto il mistero del cambiamento di Flora, ma a breve tutto vi sarà chiaro ;). Elizabeth, infine, raggiunge Max e le altre all’interno del municipio di Magix, dove tutti insieme affrontano il mangia-anime. Su questo essere potrei scrive fiumi di parole, di conseguenza cercherò di essere conciso. Innanzitutto mi scuso per la banalità del nome… purtroppo lo sapete non ho fantasia per queste cose XS. La genesi del mostro, almeno per quanto riguarda i suoi poteri e per come me lo ero grossolanamente immaginato, per quanto mi sia sforzato di ricordare e di cercare se esistessero cose molto simili nei fil, serie tv, manga, fumetti e altro (da me conosciuti ovviamente), posso dire, anche se non ci credo molto, che sia dipesa dalla mia fantasia. La sua dettagliata descrizione fisica, invece, è basata su una fan art trovata su internet, purtroppo non posso quotare il nome dell’autore perché non è presente. Di conseguenza, qualora qualcuno di voi sapesse da dove deriva l’idea del “mangia-anime”, oppure fosse a conoscenza dell’ideatore dell’immagine, che ho caricato sul drive, vi prego di farmelo sapere :D. Oltre a questa, sulla mia cartella personale sono state caricate le foto di Elizabeth in forma Enchantix e quella di Selina sempre in forma Enchantix (sono riuscito a migliorarla la prima lasciava proprio a desiderare), create con la seguente applicazione per cellulare: Avatar Maker: Fatine (e con questo ho perso tutta la mia dignità maschile XS). Sul drive, infine, troverete una piccola chicca… è un disegno di Elizabeth in forma Charmix fatto da un mio caro amico: spero vi piaccia :D. Un’ultima cosa e poi concludo, la spiegazione dell’interferenza acustica, sebbene la conoscessi, ho preferito copiarla dal sito: sapere.it; in modo tale da renderla il più precisa e semplice possibile. Ho finito… un grazie a tutti voi per il vostro impegno a seguire la storia e a Winxclub e Van_gogh che l’hanno aggiunta tra le preferite. Saluti e, dato il giorno, auguri di un felice e sereno 2017 :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIII – Il comandante ***


Capitolo XXIII – Il comandante
 
Non appena Tecna pose quella domanda, le Winx si trovarono circondate da una decina di uomini dall’aspetto imponente armati di lunghe e pericolose lance, le cui lame energetiche furono minacciosamente rivolte contro le ragazze. Ciascuno dei guerrieri aveva un’elevata statura e una poderosa muscolatura, che sembrava suggerire una grande forza fisica e un indomito temperamento. I lineamenti dei loro volti, inoltre, erano marcati e spigolosi, quasi sottolineassero una vita di sofferenze, privazioni e difficoltà. A rendere ancora più appariscente e autorevole la figura degli uomini, era la presenza di una divisa militare vagamente simile alle vecchie uniformi degli studenti di Fonterossa. Questa, infatti, era composta da un pesante casacca a giro maniche color lavagna, attraversata longitudinalmente da una serie di sottilissime righe nere, e da ampi pantaloni bianchi, sormontati da una spessa cintura con fibbia in acciaio e abbelliti sul davanti da un sottile drappo grigio. L’uniforme, inoltre, prevedeva la presenza di un lungo mantello blu scuro, “abbottonato” sulla parte destra della casacca con una grande spilla circolare, il cui colore cambiava da soldato a soldato. Sulle loro teste si trovava un piccolo elmetto blu, sormontato sul retro da uno strettissimo spuntone di metallo. Dall’estremità superiore di quest’ultimo fuoriuscivano i capelli, raccolti in lunghe e curate code di cavallo. Ai polsi, infine, vi erano dei pesanti e lucenti bracciali di metallo, il cui probabile scopo era quello di difendere gli avambracci dai colpi ravvicinati. Musa, Stella e Tecna, nonostante li avessero incontranti più volte nel corso degli anni, rimasero alquanto spaesate e leggermente intimorite nel trovarseli dinanzi. Elizabeth, Roxy, Max e Selina, al contrario, erano estremamente curiosi di sapere chi fossero quelle persone e perché li stessero tenendo “sotto tiro” con le loro armi. Di conseguenza, avendo capito che le sue amiche sapessero qualche cosa, l’ex-strega dei serpenti si rivolse alla fata della tecnologia e, con fare infastidito, le chiese:
«Tecna sapresti dirmi chi sono questi tizi e perché ci stanno minacciando con i loro “giocattoli”?! Per caso non conoscono l’…».
Musa, temendo il peggio, le mise una mano davanti la bocca per impedirle di continuare a parlare, mentre Stella, più agitata che mai, le diede un forte scappellotto dietro la testa.
«Siete impazzite voi due?!» gridò la ragazza dai capelli verdi, mentre di massaggiava la nuca per il dolore.
«Shhh… vuoi stare zitta!» la rimproverò la fata della musica, portandosi l’indice alla bocca.
«Se non la finisci con questo atteggiamento, finiremo tutte nei guai» aggiunse, preoccupata, la Principessa di Solaria.
«Non potevi dirmelo prima, invece di mollarmi…» protestò Selina, ma fu immediatamente interrotta da una possente voce.
«Fate silenzio!».
Le due trasalirono in preda allo spavento e, abbracciandosi tra di loro, rimasero con la bocca chiusa. A quel punto il semicerchio, composto da quei dieci soldati, si aprì in due metà perfettamente simmetriche, permettendo il passaggio del loro comandante. Le Winx e Max, non appena lo videro, rimasero a bocca aperta, incantati e allo stesso tempo intimoriti dall’aspetto estremamente autorevole e orgoglioso dell’uomo. Questi, infatti, nonostante non fosse giovane come gli altri, aveva il loro stesso portamento fiero e un fisico statuario, reso ancora più maestoso dalla presenza di una pesante armatura dorata e da un lungo mantello rosso. Il suo volto, incorniciato da una crespa barba e da folti capelli grigi, era austero e solcato da numerose rughe, prova tangibile dell’inesorabile scorrere del tempo. Una cicatrice, molto probabilmente una ferita di guerra, “correva” tra il naso e l’azzurro occhio sinistro dall’alto vero il basso. Le sue labbra sottili, infine, erano serrate in una “morsa” di cupo disprezzo. Gli altri soldati, una volta che l’uomo ebbe raggiunto il centro della stanza, s’inginocchiarono sulla gamba destra e, tenendo la testa china, portarono il braccio sinistro con la mano chiusa a pugno sul petto, mentre con la destra puntarono le loro lance verso l’alto. Le ragazze e Max, invece, non sapendo cosa fare e non conoscendo chi si trovassero dinanzi, abbassarono riverentemente la testa e aspettarono che qualcuno gli spiegasse cosa stesse succedendo. L’uomo con la barba, però, li ignorò e, continuando a camminare, si avvicinò alla “stanza digitale” di Tecna, all’interno della quale si trovava ancora il mangia-anime. Il gelido sguardo dello sconosciuto, allora, si posò sulla terribile creatura, la quale, per la prima volta, sembrò provare un qualche cosa che andava ben oltre il suo “istinto naturale”: la paura. Tuttavia la fata della tecnologia, poiché temeva che l’uomo potesse commettere qualche impudenza, si destò dal torpore, in cui lei e le sue amiche erano cadute, e, girandosi verso il luminoso cubo verde, gridò:
«La prego stia molto attento. Quell’ essere è pericolosissimo e per nessun motivo al mondo deve uscire dalla sua prigione. Le conseguenze di ciò sarebbero devastanti per tutti noi».
L’altro girò per pochi secondi la testa verso Tecna, poi, tornando a guardare il mostro, con voce greve le rispose:
«Lo so… so bene cosa i mangia-anime siano in grado di fare. Ti risucchiano via l’anima al fine di nutrirsene e sfruttano la loro melodia ipnotica per rendere inermi le prede. Per questo motivo io e i miei uomini avevamo portato una speciale gabbia energetica, che annulla quel suono micidiale. Pensavamo di dover combattere una dura battaglia e invece… voi ci avete preceduto. Avete sfruttato il trucco dell’interferenza acustica non è vero? Un tempo anche i miei predecessori adoperavano questo sistema. Per quanto mi secchi ammetterlo siete stati in gamba, avete saputo affrontare una situazione di gran lunga superiore alle vostre capacità e conoscenze. Avete intrappolato con successo una creatura potenzialmente letale per chiunque, rendendola un innocuo “animaletto da compagnia” Ciononostante non posso permettere che un essere del genere continui a portare il caos nella Dimensione Magica ed è mio specifico dovere assicurarmi che non accada più».
Non appena l’uomo finì di parlare, poggiò la mano sinistra sul cubo e fece scaturire da essa una serie di onde luminose, che investirono in pieno la creatura. Questa, sotto gli sguardi attoniti di Tecna e della altre, iniziò a contorcersi in preda a inspiegabili e atroci dolori. Lo sconosciuto, allora, con l’altra mano estrasse dal fodero, che portava alla vita, una spada e con la lama colpì la “stanza digitale” mandandola in mille pezzi. Le ragazze e Max, più scioccati che mai, si coprirono immediatamente le orecchi con le mani, ma questa volta il mangia-anime non produsse alcun suono. Il mostro, infatti, poiché bersagliato in continuazione da quelle strane onde prodotte dall’uomo con la barba, era sfinito e, conseguentemente, accasciatosi sul proprio trono, cercava disperatamente di aggrapparsi alla vita. Il comandante dei soldati, assicuratosi che la creatura non avrebbe potuto più nuocergli, interruppe quella sorta d’incantesimo di tortura e, afferrata la sua arma con entrambe le mani, le sferrò un rapido fendente tagliandola in due. Le metà del mangia-anime caddero per terra, una alla destra e l’altra alla sinistra del trono marmoreo, trasformandosi subito dopo in cumuli di sottilissima polvere. L’uomo rimase per alcuni istanti immobile, intento a fissare il “risultato” del suo attacco; poi, dopo aver riposto la sua spada, si girò nuovamente verso le Winx e con tono serio disse loro:
«Adesso la faccenda è definitivamente conclusa».
Le ragazze guardarono con aria inebetita quello sconosciuto, chiedendosi come fosse riuscito a sbarazzarsi di quella creatura così potente e spaventosa in meno di un minuto. Max, al contrario, estremamente colpito dalle sue doti magiche, gli andò in contro e, con fare quasi inquisitorio, gli chiese:
«Chi è lei? Come ha fatto a sconfiggere il mangia-anime così facilmente?».
«Ragazzo… a volte la conoscenza di determinate cose può essere pericolosa» sentenziò, minaccioso, il capo dei soldati.
«Correrò il rischio…» replicò il biondo con sicurezza e decisione.
A quel punto uno dei guerrieri presenti nell’ufficio, pensando che l’uomo barbuto potesse essere infastidito dall’impertinenza di Max, si apprestò ad intervenire per mettere fine a quella discussione. Questi, però, con un semplice gesto della mano gli intimò di fermarsi e, dopo aver sospirato, esclamò:
«E sia… dopotutto ve lo siete meritato. Il mio nome è Rowarir… Signore dei Templari di Roccaluce… Comandante della Fortezza della Luce».
«Lei… … … è quel Signore dei Templari?! Quello che sconfisse Lord Darkar?» balbettò, incredula, Musa.
«Vedo che la mia fama mi precede» rispose, divertito, Rowarir.
Elizabeth, poiché non conosceva affatto tutte quelle cose, tirò senza farsi notare un lembo del vestito di Stella, sperando che la compagna di stanza le avesse potuto dare delle risposte. La Principessa di Solaria, però, con un rapido gesto del capo le fece capire che quello non fosse il momento adatto per affrontare l’argomento. La bionda, infatti, temeva che, qualora i suoi due amici avessero chiesto maggiori informazioni sui Templari e i loro compiti, quest’ultimi si sarebbero potuti insospettire e conseguentemente scoprire le loro vere identità. In fin dei conti ciascun abitante della Dimensione Magica era a conoscenza dell’esistenza del Monastero di Roccaluce e dell’eroica storia del Signore dei Templari. Max, invece, quasi avesse letto nella mente di Stella, rimase impassibile e, cercando di “stare al gioco”, si rivolse ancora una volta a Rowarir:
«Signore… per me è un onore poterla incontrare. Mi scuso per il mio atteggiamento, non avevo intenzione di mancarle di rispetto».
Il Signore dei Templari, questa volta, non aggiunse nient’altro, ma si limitò ad osservare il ragazzo, come se stesse cercando di carpirne i segreti più oscuri e nascosti. Subito dopo scrutò tutte le altre Winx, rimuginando più volte sui mille pensieri, che in quel momento gli frullavano in testa. L’uomo, infine, incrociò il proprio sguardo con quello di Elizabeth, la quale, presa alla sprovvista, si nascose parzialmente dietro Stella. Rowarir, allora, oltrepassando uno sbigottito e preoccupato Max, si avvicinò alla ragazza dai capelli castani, la quale, sempre più intimorita, si strinse alla Principessa di Solaria. L’uomo, una volta che si trovò a breve distanza dalla giovane fata, incrociò le braccia e la guardò dritta negli occhi. Elizabeth, sebbene stesse tremando dalla paura, non riuscì a distogliere l’attenzione da Rowarir, ma, quasi ne fosse rimasta ipnotizzata, continuò ad ammirare i suoi sottili occhi blu. L’altro, allo stesso modo, si concentrò sul volto della ragazza, scrutandone ogni singolo lineamento, ogni singola fattezza… ogni singola imperfezione. Tra i due si creò una sorta di mistico e profondo legame, interrotto dopo una trentina di secondi, dalla voce di un templare, entrato nell’ufficio del sindaco dalla grande porta in mogano, che con riverenza si rivolse al suo superiore:
«Signore mi è stato comunicato che gli altri hanno appena finito di recuperare gli ultimi cadavere dalla piazza. I pochi superstiti dell’attacco, invece, sono stati già trasportati all’ospedale di Magix City…da ciò che abbiamo potuto appurare nessuno di essi è in pericolo di vita. Tutti i lupi mannari, infine, sono stati imprigionati nelle gabbie energetiche e stanno per essere trasferiti all’interno delle celle dell’Interceptor. Non abbiamo incontrato particolari difficoltà o focolai di resistenza: la missione è stata portata a termine con successo. La sua navetta la sta aspettando nello spiazzale antistante al municipio… è tempo di andare».
Il soldato, una volta che ebbe finito di comunicare il resoconto dell’intervento al suo superiore, come avevano precedentemente fatto i suoi compagni, s’inginocchiò davanti a quest’ultimo e con il capo chino attese i suoi ordini. Rowarir, allora, distolse lo sguardo da Elizabeth e, facendo segno ai suoi uomini di mettersi in piedi, a gran voce esclamò loro:
«Usciamo da questo posto!» poi rivolgendosi alle Winx aggiunse: «Voi verrete con noi… abbiamo molto di cui discutere».
Le ragazze, nonostante avessero di gran lunga preferito poter tornare ad Alfea, annuirono e, dopo aver annullato la trasformazione, seguirono il gruppo di templari. Max, allo stesso modo, prese sotto braccio una provata Elizabeth e, senza aprire bocca, guadagnò insieme agli altri l’uscita. Non appena si trovò all’esterno del municipio, il gruppo poté constatare con piacere che la cortina di fumo e polvere si fosse ormai del tutto dissolta, mentre le stelle e la luna erano tornate a brillare pacatamente in cielo. Con la scomparsa della nebbia la piazza di Magix City tornò a mostrarsi alle Winx, le quali furono finalmente in grado di quantificare l’entità dei danni causati dall’attacco. Lo scenario “post-bellico”, infatti, nonostante i corpi senza vita dei cittadini fossero stati portati via dai templari e le alte fiamme nere si fossero ormai estinte, continuava ad essere ugualmente agghiacciante. Tutti gli edifici a ridosso della piazza erano ormai ridotti ad un cumulo di macerie, il manto stradale, invece, un tempo liscio e pulito, era tappezzato da buche più o meno profonde e da grosse pozzanghere rosse. Tuttavia il dettaglio, che maggiormente conferiva al luogo quel suo aspetto così tetro… quasi funerario, era rappresentato dall’albero di Natale. Quest’ultimo, infatti, era stato ridotto ad un avvizzito e bruciacchiato scheletro ligneo, privo di bellezza, privo di naturalezza… privo di vita. Su di esso, però, per un atroce scherzo del destino, erano rimaste intatte e conseguentemente accese le lucine delle diverse serie luminose, che lo avvolgevano dal basso verso l’alto. Anche il grande puntale a forma di stella era rimasto al proprio posto e, come se niente fosse accaduto… come se il Natale per gli abitanti di Magix City continuasse ad avere un qualche significato di pace o serenità, continuava a brillare nell’alto del cielo. Le ragazze alla vista di tutto ciò non riuscirono a trattenere le lacrime; queste, però, poco dopo assunsero un altro significato… più profondo e personale… un significato d’indescrivibile gioia. A una cinquantina di metri dall’ingresso dell’edificio, infatti, si trovava una piccola navetta spaziale bianca, dotata di una notevole apertura alare e di un potente motore posto sul retro dello scafo. All’esterno del veicolo, riparato da un grande tendone azzurro vi era un piccolo gruppo di templari, che con fare esperto si affannava intorno ad una barella in metallo. Su questa era stata delicatamente adagiata una ragazza, la quale era però cosciente e di tanto in tanto si massaggiava una piccola medicazione all’addome. Stella e le altre, non appena videro la loro amica, corsero verso il tendone, al fine di accertarsi della sua condizione di salute. Flora, nel giro di pochi istanti, si ritrovò stretta nella morsa delle Winx, che, dopo aver letteralmente “buttato per l’aria” il personale medico, le si erano avvinghiate al corpo e non volevano lasciarla più andare. La fata della natura, nonostante le braccia delle altre le avessero più volte sfiorato il taglio al ventre causandole alcune fitte, fu ben lieta di essere “strapazzata” e piena di gioia piagnucolò:
«Ragazze è bello vedervi tutte sane e salve… mi siete mancate».
«Anche tu ci sei mancata fiorellino» replicarono in coro le Winx, mentre si asciugavano con le maniche dei maglioncini gli angoli degli occhi.
In quello stesso momento anche Max e Rowarir giunsero al piccolo e improvvisato “presidio sanitario”. Il biondo, seguendo l’esempio della fidanzata e delle amiche, si precipitò ad abbracciare Flora e a chiederle come si sentisse. Anche il Signore dei templari, sebbene con atteggiamento più calmo e distaccato, si avvicinò alla ragazza di Linphea e con voce stranamente premurosa le chiese:
«Come ti senti Flora? I miei ragazzi ti hanno trattato bene?».
Le altre Winx furono estremamente colpite da quelle parole così cordiali e dall’atteggiamento confidenziale dell’uomo e di conseguenza iniziarono a confabulare tra di loro, cercando di darsi una possibile spiegazione. Flora, al contrario, sebbene a primo acchito rimase alquanto sorpresa nel trovarsi dinanzi Rowarir, mantenne la calma e sorridendogli gli rispose:
«Molto meglio… grazie per avermelo chiesto Rowarir. Comunque i tuoi uomini sono stati eccezionali…  come sempre. Di loro che gli sarò eternamente grata».
«Saranno ben lieti di saperlo» replicò il Signore dei templari, poi rivolgendosi ad un membro della squadra medica esclamò: «Robert qual è la situazione?».
A quel punto un alto ragazzo dai lunghi capelli rossi, vestito con un camice bianco abbottonato sul retro, si tolse la mascherina e, avvicinandosi a Rowarir, disse:
«La ragazza di Linphea è stabile, si riprenderà del tutto nel giro di tre settimane. Dopo aver rimosso il pezzo di stoffa rossa, con la quale era stato fasciato il taglio, abbiamo disinfettato la ferita e messo una ventina di punti. All’inizio il danno sembrava essere molto più esteso, dal momento che sulla schiena della paziente erano state rinvenute numerose tracce di sangue. Ciò ci ha portato a pensare che l’arma, con la quale era stata colpita, l’avesse trafitta da parte a parte. Di conseguenza temevamo che fossero stati intaccati tessuti profondi. Con nostra grande sorpresa, invece, abbiamo scoperto che il tutto era circoscritto alla superfice dell’addome, mentre la parte posteriore non presentava alcuna anomalia. Riteniamo che qualcuno, dotato di poteri magici, sia intervenuto per guarirla. Tuttavia non riusciamo a capire il perché questa persona non abbia completato del tutto il “lavoro” e…».
«È colpa mia…» intervenne Elizabeth, alzando timidamente il braccio destro.
«Spiegati meglio!» le ordinò il Signore dei templari.
La fata degli elementi, allora, più dispiaciuta che mai descrisse ai presenti cosa fosse accaduto ai piedi dell’edificio più alto di Magix City.
«Mentre cercavo le altre ragazze volando alla cieca per la piazza, ho notato tra la nebbia una fioca luce dorata. Pensano che si trattasse di una di voi, mi sono precipitata a controllare… ed è lì che l’ho vista, la persona che ha salvato la vita di Flora. Purtroppo, poiché era vestito in maniera molto simile all’uomo che ha attaccato la città, ho pensato che si trattasse di quest’ultimo. Di conseguenza l’ho prima colpito con un incantesimo poi mi sono fiondata contro di lui. Il ragazzo, cioè … Flora mi ha detto che si trattava di un ragazzo… io non sono mai riuscita a vederlo in volto… quindi non so… Comunque dicevo: il ragazzo, dopo essersi rimesso in piedi, era così spaventato che ha preferito fuggire… così ha generato un’accecante baglio e si è dileguato nella nebbia… Mi dispiace quel poveretto ha salvato la nostra amica e io di tutta risposta l’ho aggredito… sono proprio una “testa quadra”».
«Flora me lo confermi?» chiese Rowarir alla fata della natura, senza distogliere il suo gelido sguardo da Elizabeth.
«Si… quel ragazzo mi ha aiutata, mentre l’uomo incappucciato è il vero responsabile… è stato lui a ridurmi in fin di vita» rispose la ragazza di Linphea.
«Capisco…» sibilò l’uomo, massaggiandosi la barba con fare pensieroso.
«Quel maledetto… se gli metto le mani addosso giuro che… giuro che…» sbraitò Selina con rabbia, ma il Signore dei templari, dopo averla zittita, la rimproverò:
«Giuri che… cosa?! Voi non potete giurare proprio niente. Adesso ci occupiamo noi della faccenda, quindi voi dovete starne fuori. Questa volta i nemici non sono un merluzzo affumicato, un cagnolino volante o un gruppo di streghe frustrate… questa volta la situazione è ben più grave. Avete seriamente rischiato di morire e una di voi ci è quasi riuscita!».
Non appena furono pronunciate quelle ultime parole le Winx trasalirono e, per quanto Flora potesse essere stata in pericolo, capendo subito a chi si stesse riferendo Rowarir, esclamarono all’unisono:
«Aisha!!».
Subito dopo le ragazze e Max circondarono il Signore dei templari e lo supplicarono animatamente di dargli notizie sulla loro amica. Rowarir, preso alla sprovvista, insieme ai membri della squadra medica cercò di calmare i presenti, ma le loro voci erano così acute e concitate che l’uomo non riuscì a far valere le proprie “ragioni”. Flora, al contrario, non si scompose per niente e, portando le mani dietro la nuca, rimase ad osservare quella scena così divertente per un paio di minuti. In seguito la fata della natura, al fine di richiamare l’attenzione delle altre, alzò il braccio destro verso l’alto e, dopo essersi schiarita la voce, esclamò:
«Colpo di vento!».
All’improvviso la tenda azzurra fu investita da una potente e fredda corrente d’aria, che, oltre a placare gli animi delle Winx, scombussolò loro i capelli. Le acconciature delle ragazze, infatti, diventarono “indecifrabili”, l’unica a non subire grossi “danni” fu quella di Selina, la quale sembrò addirittura più ordinata di prima.
«Sei impazzita per caso?!» gracchiò Stella, avvicinandosi minacciosamente a Flora.
«Stella io stavo…» cercò di giustificarsi l’altra, ma la Principessa di Solaria la interruppe:
«Adesso devo farmi un’altra messa in piega… sai quanto tempo ci vuole?! Lo sai?!».
«No Stella… non lo so quanto tempo ci vuole…» replicò, seccata, la ragazza di Linphea.
«Tre ore e quaranta minuti! Io dovrei restare immobile per tre ore e quaranta minuti dal parrucchiere!» tuonò Stella, mentre stringeva le mani intorno al collo di Flora con l’intento di strozzarla.
Le altre Winx, a quel punto, cercarono di separare le due ragazze, che avevano appena iniziato a schiaffeggiarsi a vicenda. Rowarir, Max e i membri della squadra medica, invece, non si mossero dal loro posto e, scuotendo il capo, si limitarono a contemplare quel battibecco. Battibecco che nel giro di pochi minuti si sarebbe trasformato in rissa, se qualcuno non fosse intervenuto a mettere fine a quell’inutile diatriba… cosa che successe pochi istanti dopo.
«Stella… gallina spennacchiata che non sei altro, a te non serve il parrucchiere ma un giardiniere per sistemare quel groviglio di rovi, che hai sulla testa».
Le ragazze, poiché riconobbero immediatamente la proprietaria di quella voce, si voltarono di scatto verso l’ingresso del tendone e lo stesso fecero gli atri presenti. Un giovane templare, leggermente imbarazzato, entrò nell’improvvisato ospedale da campo spingendo una particolare sedia bianca, la quale, sprovvista di ruote, si muoveva grazi a speciali placche tecno-magiche che le consentivano di levitare. Su di essa era seduta Aisha, che vestita soltanto con un leggero camice bianco, si massaggiava rapidamente le braccia per riscaldarsi. La fata dei fluidi, nonostante avesse trascorso una delle giornate più brutte della sua vita… rischiando addirittura la morte, era felice. Il suo volto, fino a qualche ora prima sfigurato da costanti e persistenti smorfie di dolore, era sereno, mentre il suo corpo, precedentemente deturpato dalla maledizione, era tornato alla sua bellezza naturale. Le Winx, a differenza di quanto avevano fatto con Flora, non corsero ad abbracciare la loro amica, ma, dopo aver aspettato in silenzio che la carrozzella arrivasse al centro del tendone, si “sciolsero” in un lungo applauso accompagnato da festose grida di gioia. La Principessa di Andros, colpita da tutta quell’accoglienza, si commosse e, tra un singhiozzo e l’atro, biascicò alcune parole:
«Ragazze… è bello vedervi. Mi siete mancate… davvero non saprei descrivervi quanto. L’eventualità di non poter essere più qui… di non poter più vivere con voi altre mille avventure… la certezza che, dopo la morte, non avrei avuto più nessuno accanto a me… … …ecco tutto questo mi terrorizzava... avevo paura di perdervi per sempre…».
Musa, allora, seguita subito dopo dalle altre ad eccezione di Flora, con le lacrime agli occhi si affrettò ad abbracciare Aisha e, cercando di non farle troppo male poiché ancora convalescente, la strinse a sé. Max, invece, si avvicinò a Rowarir, il quale osserva con indifferenza quella scena “strappalacrime”, e, non riuscendosi a spiegare in che modo i templari fossero riusciti a salvare la Principessa di Andros, gli chiese:
«Mi scusi Signore… come siete riusciti a spezzare la maledizione, che aveva colpito la nostra amica. Noi abbiamo provato di tutto, anche la polvere di fata, ma non abbiamo ottenuto nessun risultato. La prego di dirmelo… non sappiamo se un giorno avremo nuovamente a che fare con questa sorta di “magia oscura”, essere a conoscenza di un’eventuale “cura” potrebbe salvarci la vita».
L’uomo, però, non fece neanche in tempo a rispondere che la fata della natura s’intromise nel discorso e, richiamando anche l’attenzione delle altre Winx, disse loro:
«Non sono stati i Templari a guarire Aisha!».
«Confermo…» sentenziò Rowarir, mentre dava disposizione ai suoi uomini di accendere i motori della sua navetta.
«Ma… …allora… chi è stato? Chi può essere così potente da compiere questo… questo miracolo?» balbettò Roxy con incredulità.
«Non ne ho la minima idea» borbottò Flora, per poi aggiungere: «Quando ho raggiunto Aisha al bar, mi sono resa conto che i tessuti necrotizzati fossero del tutto guariti e i suoi continui spasmi si fossero attenuati».
«Aisha tu cosa puoi dirci a riguardo?» chiese, ansiosa, Musa alla fata dei fluidi.
«Nulla… subito dopo aver salutato Elizabeth, sono svenuta. Quando ho ripreso conoscenza ero già stata ritrovata dai cavalieri» replicò la Principessa di Andros, scrollando le spalle.
«State dicendo che Aisha è guarita, ma non sappiamo come?!» starnazzò Stella, agitandosi come una pazza.
«A quanto pare si» concluse Tecna con fare rassegnato.
Una volta che le Winx ebbero terminato la discussione, Aisha e Flora furono accompagnate dalla squadra medica all’interno della navetta di Rowarir, il quale con risolutezza si rivolse alle altre ragazze e a Max.
«È arrivato il momento di andarcene da questo posto. Salite anche voi sull’Eagle… vi accompagneremo ad Alfea. Sicuramente la preside si starà chiedendo che fine abbiano fatto le sue allieve… direi di non farla preoccupare oltre».
Gli altri, nonostante avessero tanto voluto chiedergli come facesse a sapere da quale scuola provenissero, acconsentirono e, dopo aver dato un’ultima occhiata a ciò che restava del centro di Magix City, entrarono nella navetta spaziale. Il Signore dei templari, poi, prima di prendere posto nella cabina di comando della sua astronave, diede le ultime direttive al piccolo gruppo di templari, che lo aveva seguito nell’ospedale da campo.
«Ragazzi, mentre io e i membri della squadra medica riportiamo le Winx ad Alfea, voi ritornate a bordo dell’Interceptor e dite a William, se non sbaglio è lui al comando dell’astronave, di far ritorno a Roccaluce. Non appena avrete raggiunto il Monastero, trasferite i licantropi nelle segrete. Infine ordinate ai capitani di ogni singola squadra di fare rapporto a Maximus… il Consiglio degli Anziani deve essere informato di quanto è successo questa notte. Tuttavia qualche cosa mi dice che Arcadia e i restanti membri già siano a conoscenza di questi e altri avvenimenti».
«Signorsì, signore!» esclamarono i templari, facendo un piccolo inchino.
A quel punto Rowarir insieme ad altri due ragazzi, che avevano il compito di assisterlo durante il volo, si mise ai comandi dell’Eagle e, lasciandosi alle spalle Magix City, si diresse ad Alfea. Data l’incredibile velocità alla quale poteva viaggiare la navetta personale del Signore dei templari, il gruppo impiegò soltanto dieci minuti per far ritorno alla scuola. Nonostante questo breve lasso di tempo, però, le Winx ebbero il tempo di sommergere di domande Flora, Aisha e Elizabeth. Alle prime due, infatti, furono nuovamente esortate a cercare di ricordare ulteriori dettagli sui loro misteriosi salvatori e sui modi con cui avessero agito. Entrambe, sebbene avessero sforzato al massimo la loro memoria, diedero risposte negative. Alla fata della natura, poi, le fu anche chiesto di spiegare per quale motivo lei e Rowarir sembravano conoscersi e, se fosse stato vero, in quale occasione si fossero incontrati per la prima volta. La ragazza, però, fu molto vaga sull’argomento e, sebbene ne rimase profondamente rattristata, appena poté cambiò discorso, evitando di raccontare agli amici una triste verità. Elizabeth, invece, fu invitata a spiegare come fosse riuscita ad ottenere l’Enchantix e cosa avesse provato durante la trasformazione. La fata degli elementi, allora, raccontò della battaglia contro i licantropi e del disperato salvataggio di Aisha. Le altre, lasciandosi prendere dalla nostalgia, ascoltarono con estrema attenzione e trasporto la storia dell’amica. In seguito, non avendo altro da fare, Roxy e Selina spiegarono come miniaturizzarsi alla loro amica, la quale, estremamente incuriosita da tale possibilità, imparò subito il “metodo”. Così Elizabeth, una volta rimpicciolitasi insieme alle altre due, iniziò a svolazzare divertita per la cabina dell’Eagle, “donando” un po’ di allegria e serenità a tutte le sue amiche. Soltanto Tecna mantenne un certo distacco emotivo dalla faccenda e, isolandosi dal resto del gruppo, rimuginò su quanto Elizabeth avesse detto loro. La logica le suggeriva che qualche cosa non tornava… c’era un dettaglio che stonava con tutto il resto. La fata della tecnologia rimase per la restante parte del viaggio immersa nei suoi pensieri, finché, quando ormai l’Eagle stava per atterrare nel cortile della scuola, non le si accese la tanto desiderata “lampadina”: aveva finalmente capito qual fosse il problema. Di conseguenza, alzandosi di scatto dal suo sedile, corse dalla ragazza con il fermaglio a forma di farfalla, la quale insieme a Stella si stava apprestando a scendere la scaletta d’ingresso, e con aria agitata esclamò:
«Elizabeth… quando ti sei trasformata in Enchantix per la prima volta, Max era presente?!».
«Mi sembra di no… …aspetta… no, sono sicura. Glia avevo già detto di raggiungervi: eravamo solo io e Aisha» replicò Elizabeth.
«Perché t’interessa saperlo? Cosa potrebbe mai cambiare la sua presenza o meno?» intervenne, confusa, Stella.
Tecna non rispose e, “dipingendosi” sul volto un’espressione fatua, scese dall’Eagle lasciandosi dietro le altre due, che non avendo minimamente capito cosa volesse la ragazza di Zenith, si guardarono perplesse. La fata della tecnologia a quel punto, camminando lungo il cortile di Alfea al fine di raggiungerne l’ingresso, si “tuffò” nuovamente nei propri pensieri, ignorando tutto ciò che la circondava. In particolare la fata della tecnologia si domandò come fosse stato possibile per l’amica sbloccare la trasformazione: le “condizioni di base”, necessarie per avviare il processo, erano del tutto assenti. Elizabeth, mettendo a rischio sé stessa, non aveva salvato la vita di Max… un abitante del suo stesso pianeta e nel caso specifico del suo stesso universo; ma quella di Aisha… la Principessa di Andros… una cittadina della Dimensione Magica. La ragazza dai capelli castani, inoltre, non rientrava neanche nei “casi limite”. La fidanzata di Max, infatti, non si era sacrificata per salvare un intero pianeta, come aveva fatto lei cinque anni prima chiudendo il Portale Omega. Tecna, infine, sapeva bene che esclusivamente la Custode della Fiamma del Drago potesse ottenere l’Enchantix con la sola forza di volontà. Tuttavia, nell’ipotetico caso in cui Elizabeth fosse riuscita ad arginare questa “regola”, il suo sarebbe stato un Enchantix incompleto e non le avrebbe permesso di miniaturizzarsi. La Winx, però, escluse anche questo caso, la fata degli elementi, infatti, neanche due minuti prima, si era rimpicciolita con successo davanti a tutte loro. La fata della tecnologia continuò a meditare su tutte queste cose, finché, una volta giunta ai gradini di accesso della scuola, non alzò lo sguardo da terra, realizzando soltanto in quel momento di essere finalmente a casa. Fuori il portone d’ingresso di Alfea ad attendere le Winx, si trovavano la preside Faragonda e un nutrito gruppo di persone, composto da Bloom, Brendon, gli Specialisti e Saladin. Stella e Tecna, non appena videro i loro fidanzati corsero ad abbracciarli e a rassicurarli sulle loro condizioni. Flora, invece, poiché si trovava ancora sulla sedia a levitazione, fu raggiunta da un preoccupatissimo Helia, che, vedendola sana e salva, la strinse forte a sé e la riempì di coccole. Aisha, impossibilitata anche lei sulla carrozzina, aspettò che Nex la raggiungesse; ben presto, però, la fata dei fluidi si rese conto che il paladino non fosse lì ad Alfea. Roxy e Musa, notando l’amarezza e la tristezza della ragazza, prendendo il posto del templare, che spingeva la sedia, si offrirono di accompagnarla nell’infermeria, all’interno della quale si erano diretti anche gli altri ragazzi. Selina, Max e Elizabeth, infine, raggiunsero Bloom, Sky, Brendon, Saladin e la direttrice, la quale, dopo averli teneramente abbracciati, disse:
«Ragazze siete tornate finalmente! Eravamo tutti estremamente preoccupati… Gli altri, poiché non rispondevate ai cellulari stavano venendo a cercarvi a Magix City. Abbiamo saputo che la citta è stata attaccata, in un primo momento era stata addirittura contattata Fonterossa, affinché mettesse in salvo i cittadini. Per questo motivo Saladin e gli Specialisti sono qui ad Alfea: erano venuti a chiedere il nostro aiuto. Vi lascio immaginare le loro facce quando hanno saputo che voi vi trovavate già sul posto… è stato davvero terribile. Tuttavia, poco dopo, il loro arrivo ci è stato inviato un messaggio di cessato allarme, che ci ha inoltre comunicato del vostro imminente ritorno. Noi ancora non sappiamo chi sia stato ad avvisarci né abbiamo capito bene cosa sia successo a Magix. Voi cosa potete dirci a riguardo?».
«Beh… …ecco… noi…» balbettò, timidamente, Selina, non riuscendo a trovare le parole per spiegare cosa fosse accaduto quella sera.
«Sono stato io…» tuonò una possente voce, proveniente dalle spalle dell’ex-strega dei serpenti.
A quel punto Rowarir salì la gradinata della scuola e, dopo aver osservato i numerosi presenti, indugiando in particolar modo su Brendon, si posizionò davanti la preside. Quest’ultima sembrò alquanto sorpresa di trovarsi quell’uomo dinanzi, la sua perplessità, però, durò soltanto alcuni istanti. Subito dopo, infatti, assumendo un atteggiamento di superiorità e fermezza, disse:
«Ragazzi… raggiungete gli altri in infermeria. Saladin vi accompagnerà e vi darà un mano ad assistere Flora e Aisha. Io arriverò a breve… adesso andate!»
«Ma preside…» cercò di replicare Elizabeth, ma la donna, alzando per la prima volta la voce con la ragazza, esclamò:
«Elizabeth, vi ho detto di entrare nella scuola!».
La fata degli elementi, sebbene non riuscisse a capire il repentino mutamento di Faragonda, non aggiunse altro e insieme agli altri si diresse nell’infermeria di Alfea.
«Faragonda non dovevi essere così dura con quella ragazza… dopotutto lei non sa» sibilò il Signore dei templari, ormai rimasto solo con la preside.
«Nessuno deve sapere» biascicò la donna, per poi aggiungere con tono arrabbiato: «Rowarir cosa vuoi?! Cosa ti porta qui ad Alfea?».
«Devo parlare con i tuoi ragazzi… soprattutto con la mora e il biondino con gli occhiali» rispose, secco, l’uomo.
«Sai bene che non te lo permetterò. Sono miei studenti… sono sotto la mia protezione» replicò Faragonda con tranquillità.
«Nascondono qualche cosa! Glielo si può leggere negli occhi!» ringhiò Rowarir, incrociando le braccia.
«Ho detto no! Per me la discussione finisce qui» sentenziò, acida, la direttrice, mentre dava le spalle al comandante dei templari.
Rowarir, allora, nonostante sul volto si fosse dipinta un’espressione di odio e di profondo disprezzo nei confronti della donna, arretrò di qualche passo e, facendo segno ai suoi di preparare la navetta, disse:
«D’accordo, ma sappi che quei ragazzi ti stanno mentendo. Al Monastero di Roccaluce ho un fascicolo su ogni singolo abitante della Dimensione Magica. I nostri archivi contengono informazioni su tutti i tuoi studenti… conosco ciascuno di loro. Quei due e, adesso che ci penso, anche quello strano con i capelli neri, invece, sembrano essere sbucati fuori dal nulla. Io non so perché tu li stia coprendo, ma questa notte sono andate perse molte vite ed è un mio dovere rendere giustizia a tutte quelle persone. Tu mi conosci meglio di chiunque altro… sai che arriverò fino in fondo a questa storia e, qualora dovessi scoprire un tuo coinvolgimento, non so se riuscirò a sorvolare come in passato. Di conseguenza… te lo chiederò solo una volta: è stato aperto un portale verso l’altra meta?».
Faragonda si strinse nelle spalle e, senza voltarsi, esclamò con la voce rotta dal pianto:
«Non prendertela con dei ragazzi innocenti, il cui unico sbaglio, se così vogliamo chiamarlo, è stato quello di voler aiutare delle mie studentesse in difficoltà. Tutto ciò che successo e che continuerà ad accadere è la diretta conseguenza delle scellerate decisioni, che i tuoi amichetti del Consiglio degli Anziani presero settecento anni fa. Noi possiamo soltanto cercare di porre rimedio a ciò che loro hanno causato. Rowarir… se cerchi delle risposte parla con i tuoi “padroni”. È stato il loro disperato bisogno di aiuto a mettere in pericolo i miei ragazzi… In passato hanno condannato Cassiopea e adesso stanno facendo lo stesso con la Dimensione Magica. Io… …no… noi abbiamo già perso troppo a causa loro e non ho alcuna intenzione di ripetere gli stessi errori. Se dovrò mettermi contro tutti loro… se dovrò mettermi contro di te, stai pur certo che non esiterò a farlo. Non rinuncerò alle mie ragazze… non rinuncerò a ciò che ho appena ritrovato».
«Faragonda… io… non voglio mettermi contro di te. È … è passato così tanto tempo… mi manchi…» balbettò il Signore dei templari, il cui volto per un istante sembrò perdere quell’austera espressione di compostezza e forza, per lasciare spazio alla dolcezza e al rimpianto.
«Ti prego Rowarir… va via» concluse la presiede in lacrime, portando il braccio sinistro verso l’esterno e facendogli segno di andarsene.
A quel punto l’uomo fece un piccolo cenno di assenso con la testa e, dopo aver raggiunto l’Eagle, ritornò alla postazione di comando. Faragonda, invece, mentre la navetta si sollevava in aria per andarsene, si asciugò con un fazzoletto di stoffa gli occhi e, dopo aver preso un bel respiro, entrò nella scuola chiudendosi il grande portone blu alle spalle.
 
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Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Veniamo subito al dunque: ve lo avevo accennato negli scorsi capitoli di questa fanfict, ne aveva parlato lo stesso Aenuashiba ne ”Il mondo oltre la finestra”, lo avevo promesso ad alcuni di voi… finalmente fanno la loro comparsa i fortissimi Templari di Roccaluce guidati dal loro comandate: Rowarir. Allora, ho preferito mantenere invariato l’aspetto di questi guerrieri e conseguentemente anche le loro divise. Per il Signore dei Templari, invece, nonostante sia stato fatto vedere anche se per solo mezzo secondo XS, ho preferito agire in maniera diversa… quindi da “vichingo” qual era ho cercato di renderlo leggermente più accattivante ;D. Di Rowarir, inoltre, apprezziamo fin da subito il carattere burbero e la sua eccezionale forza. L’uomo, infatti, oltre ad essere un potente guerriero, è dotato anche di grandi poteri magici. Alcuni di voi potrebbero storcere il naso sulla facilità con cui ha distrutto il mangia-anime. Dopotutto le Winx, ufficialmente le fate più potenti della Dimensione Magica, avevano dovuto sudare soltanto per imprigionarlo. A tal proposito vi chiedo di considerare due costanti: Innanzitutto la storia, per quanto possa cercare di renderla fedele, è pur sempre da considerare un “alternative universe”, di conseguenza i livelli di forza sono leggermente diversi: per intenderci le fatine non sono più il “centro dell’universo” :D. In secondo luogo… Rowarir è il Signore dei Templari, non esiste guerriero più forte di lui, ha anni di esperienza sulle spalle… è più che plausibile che riesca a compiere queste azioni fenomenali. Chiuso l’argomento Templari passiamo a quello Aisha. Se già nel capitolo precedente potevamo dire che Flora fosse del tutto fuori pericolo, della Principessa di Andros non sapevamo ancora nulla fino a quando non è lei stessa ad insultare Stella XD. Aisha riesce a liberarsi della maledizione, ma… non si sa come. Voglio essere sincero, all’inizio avevo pensato che a guarirla fossero Elizabeth, Roxy e Selina con la polvere di fata, aggiungendo che, grazie ad un suggerimento di Tecna, il quantitativo maggiore (3 persone invece di una) di polvere magica avesse un effetto maggiore. Era una fesseria pazzesca XS… scartata subito. Dopo avevo pensato che a guarirla potesse essere lo stesso Rowarir, ma mi è sembrata troppo banale come cosa. Ma allora chi ha soccorso la fata dei fluidi? Dovrete pazientare… tuttavia sono sicuro che lo stratagemma vi piacerà tantissimo… fidatevi ;D. Sul colloquio tra Rowarir e Faragonda non mi pronuncio… personalmente è la parte che preferisco. A molti potrà suonare strano… altri si domanderanno: “come caspiterina fa Faragonda a sapere tutte quelle cose?!”… le risposte arriveranno, vi chiedo solo di pazientare un pochino :D. Sul drive ho caricato l’immagine dell’Eagle, creata da AdamKop (lo trovate su DeviantArt), e due di Rowarir: la prima è una fanart presa da internet sulla quale ho basato il personaggio, mentre l’altra mostra il Signore dei Templari originale (quello della serie)… vedete voi quale preferite  XD. Ho finito… un grazie speciale a Tressa, che ha aggiunto la storia tra le preferite, e a tutti voi, recensori e semplici lettori, che con impegno seguite questa mia fanfiction. Un saluto generale… ci si sente al prossimo capitolo :D :D :D.
 Yugi95

Link Google Drive: https://drive.google.com/open?id=0B3u8B3LCcNM0UElwUVNOWFIyeWs

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Capitolo 25
*** Capitolo XXIV – I tre presidi ***


Capitolo XXIV – I tre presidi
 
Flora e Aisha trascorsero più di una settimana all’interno dell’infermeria di Alfea, dove furono sottoposte a numerose cure riabilitative e a diverse analisi, al fine di scongiurare possibili “danni nascosti”. Fortunatamente Ofelia e Brendon confermarono il quadro clinico, che i Templari avevano comunicato a Rowarir: le due ragazze erano ufficialmente fuori pericolo. Tuttavia entrambe, in special modo la Principessa di Andros, avrebbero dovuto “sopportare” almeno due mesi di convalescenza. Tale prescrizione, imposta da Ofelia e dalla stessa Faragonda, però, gli avrebbe impedito di poter prendere “parte attiva” alla missione per il recupero del medaglione del Custode della Fiamma della Fenice. Le ragazze, a causa di ciò, si sentirono profondamente in colpa e, quasi avessero compiuto un atto di tradimento, preferirono isolarsi dal resto del gruppo per alcuni giorni. Le altre Winx, allora, avendo intuito lo stato d’animo delle loro amiche, fecero di tutto per fargli capire che qualsiasi cosa fosse accaduta a Magix City quella notte non poteva e non doveva essere imputata ad una loro mancanza o disattenzione. Flora e Aisha, a quel punto, si lasciarono convincere e insieme alle altre, abbandonate le loro consuete sessioni di allenamento, impiegarono l’ultima parte di dicembre a cercare una possibile soluzione, che permettesse a tutte loro di affrontare Acheron senza dover perdere due elementi della squadra. Purtroppo, nonostante i pomeriggi trascorsi nella biblioteca, non furono in grado di trovare un incantesimo che “accorciasse” il periodo di riposo, al quale le due fate erano state costrette. Come se non bastasse, Tecna, l’unica persona veramente in grado di risolvere quello spinoso problema, era mentalmente e il più delle volte fisicamente assente. La ragazza dai capelli viola, infatti, dalla sera in cui era tornata da Magix City si era completamente eclissata. La stessa Musa, sua compagna di stanza, la vedeva soltanto al mattino, quando si svegliavano per andare a lezione, e la sera prima di andare a dormire. All’inizio le altre Winx pensarono che la fata della tecnologia, come aveva già fatto in passato, stesse svolgendo delle ricerche “private”, al fine di velocizzare la guarigione di Flora e Aisha. La supposizione, però, ben presto si rivelò del tutto errata. Daphne, infatti, avendo trovato alcuni appunti di Tecna nella biblioteca, si accorse che nessuno di questi contenesse idee utili allo scopo, ma soltanto alcune nozioni di base sulla “genealogia”. Stella, inoltre, riferì alle altre di aver consegnato alla fata della tecnologia l’antico libro, regalatole diversi anni prima da Faragonda, riguardante le numerose trasformazioni che gli esseri fatati possono sbloccare. Di conseguenza alle Winx fu chiaro che la ragazza di Zenith non si stesse minimamente interessando di trovare un modo per aiutare la fata dei fluidi e quella della natura. Tuttavia, nonostante la mancanza di idee utili e l’inspiegabile noncuranza di Tecna fossero causa di non pochi nervosismi per le Winx, il ritrovato supporto dei loro fidanzati le riempiva di felicità. Saladin, infatti, dopo uno strano colloquio con Faragonda avvenuto la sera dell’attacco a Magix, aveva deciso di condonare l’ultima settimana di punizione agli Specialisti, concedendo loro la possibilità di rivedere le ragazze. Di conseguenza Sky e gli altri avevano fatto fronte comune nel dare una mano nelle ricerche. Anche Nex, una volta che si fu chiarito con Aisha per il non essersi presentato la notte dell’incidente, e Thoren si fecero carico di quell’impresa.
«Io mi arrendo…» mugugnò Musa, lasciandosi cadere sul divanetto del salottino comune.
«Musa non possiamo lasciar perdere» esclamò Roxy, mentre svogliava le pagine di un libro.
«Ha ragione! Non potete affrontare Acheron soltanto in quattro» aggiunse, serio, Helia.
«Se è per questo… Bloom ci è riuscita da sola» sibilò la fata della musica con aria offesa.
«Io non l’ho neanche sfiorato Acheron. Mi sono limitata ad imprigionarlo e basta. La cosa era ben diversa» intervenne Bloom, alzandosi da terra.
«Sono d’accordo! Non sarà facile come l’ultima volta» esordì Sky, abbracciando da dietro la sua fidanzata e poggiandole il mento sulla spalla.
«Acheron sarà furioso, non possiamo sapere come reagirà» sbottò Aisha, mentre si sedeva accanto a Musa sul divanetto.
«Ok… ok, come non detto» sbuffò la ragazza di Melody, per poi aggiungere: «passatemi un libro, che nessuna di voi ha ancora letto».
A quel punto, tra le risate dei presenti, Selina scaraventò sull’amica un tomo di tremila pagine grande quanto un minibar.
«Quanto vorrei che Tecna fosse qui… avrebbe già risolto la situazione» sibilò la fata della musica, mentre cercava di aprire il libro appena passatole.
«Chissà cosa starà combinando» si domandò Brandon con aria sognatrice.
«Secondo me… a furia di fare calcoli le è partito qualche circuito» starnazzò Stella, intenta a pettinarsi i capelli piuttosto che a dare una mano alle altre.
«Stella! Non dire queste cattiverie» la rimproverarono in coro i presenti.
«Ma… ma è vero» si giustificò la Principessa, rivolgendosi subito dopo alla propria compagna di stanza: «Elizabeth digli che non sto mentendo. C’eri anche tu quando ci ha fatto quelle strane domande e… poi… poi se né andata senza dir nulla».
Le Winx e gli Specialisti guardarono la fata degli elementi, la quale, sentendosi in imbarazzo a causa di tutti quegli occhi puntati addosso e della natura di quella richiesta, chinò la testa e, guardandosi le ginocchia, balbettò:
«Effettivamente… si è comportata in maniera un po’ strana, ma non penso sia il caso di preoccuparsi».
«Cosa ne pensi Timmy? Tu puoi darci qualche informazione in più» gli chiese, curioso, Thoren.
Lo specialista con gli occhiali fu preso alla sprovvista da quella domanda e, massaggiandosi nervosamente la nuca, biascicò alcune parole senza senso.
«Beh… …ecco… io… scusatemi ragazzi, ma… devo andare in bagno».
Subito dopo Timmy si alzò dal letto della fidanzata e, senza aggiungere altro, corse fuori dall’appartamento delle Winx. Gli altri, estremamente stupiti dall’atteggiamento del ragazzo, si guardarono tra di loro finché Stella, prendendo nuovamente la parola, disse:
«Vedete… la matematica ha fuso il cervello di quei due. L’ho sempre detto che è deleteria per la salute».
A quella convinta affermazione seguì una lunga risata generale, interrotta, poco dopo, da una bussata di porta. Brandon si precipitò ad aprire e, pensando che si trattasse del fidanzato di Tecna, esclamò divertito:
«Che c’è? Per caso ti sei dimenticato la carta igienica?».
«Io non ho dimenticato proprio un bel niente, signorino Brandon. Piuttosto lei ha lasciato il cervello a Fonterossa?!» tuonò l’ispettrice Griselda livida di rabbia.
Il ragazzo, non sapendo cosa replicare, tornò ad accoccolarsi vicino alla Principessa di Solaria e, a causa della vergogna, nascose il volto dietro la lunga chioma di quest’ultima.
«Ispettrice a cosa dobbiamo il piacere» le domandò Bloom, cercando di trattenere le risate.
«Sono qui per comunicarvi che la preside desidera vedere tutti voi nell’anfiteatro della scuola…» rispose la donna, mentre si puliva le lenti degli occhiali con un lembo del vestito.
«Le ha anche detto il motivo?» intervenne Flora.
«No, ma mi ha assicurato che è urgente… quindi non fatela aspettare» concluse, seccata, Griselda.
Una volta che l’ispettrice fu uscita dalla stanza, le Winx e gli Specialisti, dopo aver sistemato i libri sparsi sul pavimento e aver lasciato un bigliettino per Timmy e Tecna, pieni di dubbi e incognite si diressero all’anfiteatro. Con loro sorpresa, però, al suo interno non trovarono Faragonda, ma le Pixie e Brendon, intenti a guardare un video sul computer portatile di quest’ultimo. I ragazzi, allora, si avvicinarono al loro amico e, mentre prendevano posto sugli “spalti” della grande sala, Elizabeth, su richiesta delle altre, gli domandò:
«Brendon cosa ci fai qui?».
Il ragazzo dai capelli neri distolse gli occhi dallo schermo e, girandosi verso la fidanzata di Max, le disse con aria scocciata:
«Niente… l’ispettrice Griselda mi ha chiesto di recarmi nell’auditorium perché la preside doveva parlarmi. Di conseguenza, poiché ero in compagnia delle Pixie, sono venuto qui insieme a loro, ma non abbiamo trovato nessuno».
«E il computer… a cosa ti serve?» intervenne, sospettoso, Nex.
«Ingannavamo l’attesa vedendo l’episodio della sconfitta di Majin Bu» replicò Brendon con tranquillità.
«Aspetta… è quello dove Goku fa…» esordì Helia in preda all’euforia, ma Flora, tirandolo per un orecchio, lo fece sedere accanto a sé e, piena di collera, sbottò:
«Da quando Max ti ha fatto vedere questo cartone…ti sei rincitrullito. Hai un’età ormai…cresci!».
«A proposito di rincitrulliti… si può sapere dove sei stato tutto il pomeriggio?!» starnazzò Stella al ragazzo dai capelli neri, mettendosi le mani sui fianchi.
«La principessina ha ragione… dov’eri mentre noi ci spaccavamo la schiena sui libri» aggiunse Aisha, assottigliando gli occhi.
«A fare una passeggiata con Knut» rispose Brendon con aria di superficialità.
«Oh… il signorino era a passeggio… spero tu non abbia preso troppo sole» lo canzonò Sky, prendendo posto ad una sedia di distanza.
«La cosa ti crea problemi… biondino?!» sibilò il ragazzo dai capelli neri, guardando di sbieco il Principe di Eraklyon.
«Chiamami ancora una volta biondino e giuro che…» ruggì Sky, alzandosi di scatto e chiudendo minacciosamente la mano a pugno.
«Fammi capire… mi stai minacciando?» mugugnò Brendon con freddezza, mentre a sua volta si metteva in piedi e si scrocchiava le dita.
«Smettetela di litigare… sembrate due bambini capricciosi» gridò, all’improvviso, Bloom.
«Ma… ma ha cominciato lui» balbettò il Principe di Eraklyon, indicando l’altro.
«Non m’interessa chi abbia cominciato… finitela!» tagliò corto la rossa, dando ad entrambi uno scappellotto dietro la testa.
«D’accordo» dissero i due, mettendosi nuovamente seduti.
A quel punto la Principessa di Domino, al fine di evitare nuovi “scontri”, si posizionò tra i due e, tirando un sospiro di sollievo, si mise a giocherellare con Lockette. Le Winx e i ragazzi aspettarono all’incirca una decina di minuti, durante i quali furono raggiunti da Tecna e Timmy. Entrambi, nonostante furono sommersi di domande alcune delle quali anche piuttosto inopportune, non proferirono parola e, tenendo la testa basta per l’imbarazzo, andarono a sedersi accanto a Max e Elizabeth. Finalmente, poco dopo le venti, la porta dell’auditorium si spalancò, permettendo l’ingresso di Faragonda. La donna, però, non era sola, ad accompagnarla vi erano Saladin e, cosa del tutto inaspettata, la preside di Torrenuvola: la Griffin. I presenti alla vista della donna rimasero alquanto sbalorditi e, chiacchierando tra loro, si domandarono il perché della sua presenza. La direttrice di Torrenuvola, avendo capito di essere l’oggetto di non poche discussioni, guardò in direzione delle Winx e, non appena queste ricambiarono lo sguardo, gli sorrise teneramente. I tre si accomodarono su delle poltroncine imbottite, nascoste dietro ad un piccolo tavolino, posto al centro della sala, sul quale era poggiata una graziosa scatoletta di legno. A quel punto Faragonda, senza dire una sola parola, batté tra loro le sue mani. Non appena il rumore iniziò a diffondersi nell’auditorium le porte e le finestre di quest’ultimo si chiusero ermeticamente, impedendo a chiunque di entrare o uscire. Allo stesso tempo le lunghe tende della sala si mossero rapidamente lungo i supporti, che le tenevano ancorate al soffitto, oscurando i vetri. Le Winx, gli Specialisti e le Pixie, a causa dell’improvviso buio, si sentirono enormemente spaesati; i presidi, invece, rimasero tranquilli e, non appena il mormorio di fondo lascio spazio al silenzio, Faragonda prese la parola:
«Ragazze, ragazzi… scusateci per l’improvvisa convocazione e per tutta questa “messa in scena”. Purtroppo la conversazione, che ci accingiamo ad avere, potrebbe essere oggetto d’interesse da parte di numerose “orecchie indiscrete”. Comunque… adesso non dobbiamo preoccuparci di questo, come avete notato sono state prese tutte le contromisure necessarie. Tuttavia prima d’iniziare voglio chiedere alle Pixie una cosa…».
«Dica pure signora preside» la interruppe Chatta con esuberanza.
«Mi promettete di mantenere segreto questo incontro?» domandò, dolcemente, la donna.
Lockette e le altre, ad eccezione di Piff che si era beatamente addormentata tra i capelli di Aisha, si misero sull’attenti e, disegnandosi una sorta di croce sul loro piccolo petto, esclamarono:
«Promettiamo!».
«Molto bene… possiamo cominciare» replicò Faragonda con aria divertita.
La preside Griffin, allora, prese la piccola scatola di legno e, maneggiandola con estrema cura, la passò alla sua collega di Alfea. Questa, sotto gli sguardi attenti dei presenti, l’aprì e con mani tremolanti estrasse dal suo interno un’eterea sfera di contenimento, all’interno della quale si trovava un rotolo di pergamena dorato. Bloom, non appena la riconobbe, trasalì e, in preda all’ansia, balbettò:
«Ma… ma… quella… quella è…».
«La convocazione di Arcadia» intervenne Saladin con voce greve.
«Io pensavo che fosse scomparsa… distrutta» biascicò la Principessa di Domino.
«E così sarebbe andata, se non fosse stato per il repentino intervento di Faragonda» aggiunse la Griffin, appoggiando il proprio mento sulle mani giunte.
«Perché… perché ha fatto una cosa del genere?!» le chiese la rossa, iniziando ad agitarsi.
«Dovevo capire cosa ti avesse chiesto la Fata Guardiana del Regno Dorato» sentenziò Faragonda.
Non appena udì quelle parole, Bloom impallidì e, cercando di mantenere la calma, disse:
«Le avevo spiegato il motivo. Arcadia voleva semplicemente congratularsi per l’imminente matrimonio».
«Bloom… onestamente potevi trovare una scusa migliore» la canzonò il Preside di Fonterossa, abbozzando un sorrisetto compiaciuto.
«Perché volevate tanto sapere cosa le avesse detto?» intervenne, all’improvviso, Tecna.
«Avevamo paura… una tremenda paura» sibilò la Griffin con aria preoccupata.
«Di cosa?» replicò Thoren.
«Che vi chiedesse di cercare il Custode della Fiamma della Fenice» esclamò Faragonda, mentre riponeva la pergamena nella scatola.
Calò il silenzio, le Winx, prese dal panico, iniziarono a scambiarsi rapide occhiate tra loro, al fine di decidere cosa controbattere… come difendersi. I ragazzi, allo stesso modo, andarono nel pallone e, dando prova di essere dei pessimi attori, finsero di non capire a cosa si stesse riferendo la donna. Solo Brendon non si scompose più di tanto e, continuando a vedere lo schermo del suo portatile, spiegò alle Pixie la situazione. I tre presidi, anch’essi rimasti leggermente turbati, attesero per diversi minuti che i loro studenti replicassero qualche cosa, finché Flora, avendo capito quanto fosse inutile continuare a mentire, parlò a nome di tutti:
«Quando avete saputo della storia dei due Custodi?!».
«Diversi anni fa… eravamo ancora giovani… eravamo ancora speranzosi» rispose Saladin con rimorso.
«Per lungo tempo abbiamo mantenuto il segreto… sperando di non doverlo mai rivelare» aggiunse la preside di Torrenuvola.
«L’intera Compagnia della Luce ne è a conoscenza?» domandò Brandon, mentre stringeva la mano di Stella.
«No!» rispose, secca, la direttrice di Alfea, aggiungendo: «Noi siamo gli unici membri a saperlo… Oritel, Marion e Hagen sono all’oscuro di tutto. Neanche il Consiglio degli Anziani sospetta qualche cosa in merito».
Bloom, a quel punto, desiderosa di capire cos’altro sapessero i tre, si alzò dal proprio posto e, rivolgendosi direttamente a Faragonda, disse:
«Preside… lei è a conoscenza dei due Custodi, ma… ...ecco…  del resto della storia cosa…».
«Parli della divisione di Cassiopea, oppure dell’imminente esaurimento dell’ultima scintilla della Fiamma della Fenice?» la interruppe la donna con tranquillità, mentre alle spalle della rossa si levò un coro di stupiti “ohhh”.
La Principessa di Domino non rispose, o meglio non sapeva cosa rispondere. Faragonda, Saladin e la Griffin sapevano… sapevano tutto: i due Custodi, la divisione di Cassiopea, il ruolo del consiglio degli Anziani… non vi era segreto che non conoscessero. Bloom si rimise a sedere, avrebbe tanto voluto chiedergli il perché di tutto quel silenzio, di tutta quella indifferenza. Avrebbe voluto, ma non ne aveva la forza… sebbene non avesse alcun diritto, si sentiva tradita… tradita da una delle persone più importanti della sua vita. Non era la prima volta che Faragonda le nascondeva determinate cose, tuttavia, in quello specifico caso… in quel momento, le parole della preside erano state come una doccia fredda. Perché non dirlo… se avevano quel sospetto… se sapevano che la missione fosse così pericolosa, perché hanno taciuto mettendoli in pericolo. La testa di Bloom stava per scoppiare, una miriade di pensieri, supposizioni e ragionamenti le affollavano il cervello. Le altre Winx e i ragazzi, allo stesso modo, si erano chiusi in loro stessi e, con la testa bassa, rimuginavano su quanto era stato appena rivelato. Tutti stavano cercando un motivo, che giustificasse quel comportamento; tutti si stavano domandando per quanto tempo ancora avrebbero dovuto combattere prima di arrivare alla verità definitiva; tutti stavano cercando una persona da colpevolizzare… tutti tranne uno. Il Principe di Eraklyon aveva già “tirato le somme”, non aveva più alcun dubbio. Di conseguenza, sbattendo il pugno sul tavolo, e, conseguentemente richiamando l’attenzione di tutti i presenti, livido di rabbia e disappunto, tuonò:
«Da quanto tempo… da quanto tempo sapete che ci è stata affidata questa missione?!».
«Dal giorno in cui mi è stata consegnata la pergamena» replicò, pacatamente, Faragonda.
«Non ci posso credere… avete aspettato quattro mesi per dircelo! Per quattro mesi avete giocato con la nostra vita» gridò Sky in preda all’esasperazione.
«Sky… so che abbiamo sbagliato, ma ti prego… calmati» esclamò la preside Griffin con voce quasi materna.
«Perché… perché questo silenzio?!» biascicò il biondo con gli occhi fuori dalle orbite, mentre Bloom e Nex cercavano di tranquillizzarlo.
«Noi avremmo tanto voluto dirvelo, se non lo abbiamo fatto è stato per…» intervenne, dispiaciuto, Saladin, ma una fredda voce, che fino ad allora non aveva proferito parola, lo interruppe:
«…per proteggerci, o meglio per proteggere noi tre. Dico bene?».
Le Winx e gli Specialisti si voltarono di scatto verso Brendon, il quale, dopo aver poggiato le gambe sul tavolo e aver portato entrambe le mani dietro la testa, scrutò divertito i volti dei presidi in attesa di una conferma. Saladin, allora, si portò la mano destra al mento e, massaggiandoselo con delicatezza, esclamò:
«Non ti facevo così perspicace Brendon… sei stato una vera e propria rivelazione, non c’è che dire. Comunque… si, hai ragione. Non vi abbiamo detto nulla per evitare che correste ulteriori rischi, avevamo paura che qualcuno ci spiasse. Questa è una verità scomoda a molti, quindi non può essere oggetto di discussioni quotidiane. Parlarne apertamente avrebbe esposto te, Elizabeth e Max alla “luce del sole”. Il Consiglio degli Anziani avrebbe potuto scoprirlo… avrebbe potuto sapere che in realtà provenite dall’altra metà di Cassiopea, dalla Dimensione della Fiamma della Fenice».
Il ragazzo dai capelli neri sorrise compiaciuto, era contento di aver indovinato. Elizabeth e Max, invece, dal momento che erano seduti vicini, si strinsero forte e, non curandosi dello smarrimento generale, balbettarono alcune parole:
«Come l’avete scoperto? Abbiamo fatto di tutto per nasconderlo».
«Miei cari… semplicemente…» si apprestò a rispondere la Griffin, ma Stella la interruppe e, rivolgendosi alla Principessa di Domino, starnazzò:
«…semplicemente Bloom non sa dire le bugie! Quando le chiedevo di “coprire” le mie innocenti uscite notturne, combinava solo casini. Una volta, per convincere Griselda che la mia presunta migliore amica non stesse mentendo, ho dovuto inscenare il funerale di mia nonna! Se quella poveretta sapesse una cosa del genere… addio vitalizio mensile».
«Non è colpa mia, la prossima volta vieni a lezione» replicò la rossa, girandosi minacciosamente verso l’amica.
«Combini sempre e solo guai… Brendon fa bene ad offenderti in continuazione» sbuffò la Principessa di Solaria, incrociando le braccia.
La preside di Torrenuvola, allora, stancatasi di tutti quei battibecchi, si schiarì la voce e, riprendendo il discorso da dove era stata irrispettosamente fermata, spiegò il vero motivo posto alla base di quella scoperta:
«Semplicemente gli abitanti delle due dimensione hanno tracce magiche dissimili. Per una strega o una fata esperti non è un problema, attraverso un complicato rituale, saperle distinguere. Tale condizione, per chi oltre Tecna e Timmy lo volesse sapere, è dettata dalla sostanziale differenza che intercorre tra la Fiamma del Drago e quella della Fenice. Le persone, anche gli esseri non magici, essendo esposte all’una o all’altra forma di energia, ne assorbono minuscole particelle magiche, che sono la causa di questo sottile “diversità”. Dico sottile perché basta soltanto un mese per “convertire” la propria traccia magica: Elizabeth, Brendon e Max, per intenderci, qualora fossero sottoposti in questo momento al rituale, risulterebbero a tutti gli effetti degli abitanti della Dimensione Magica».
«Quando avete effettuato questo rituale? Elizabeth e Max sono sempre stati con noi, mentre Brendon è inavvicinabile. Cioè come avete fatto?» gli chiese Daphne, allargando sconsolatamente le braccia.
«Chi ti ha detto che abbiamo sottoposto tutti e tre al rituale… a noi serviva solo uno di loro» rispose il preside di Fonterossa con fare enigmatico.
Elizabeth, a quel punto, avendo finalmente capito in che modo i tre fossero riusciti a scoprire il loro segreto, si staccò dall’abbraccio del fidanzato e, richiamando l’attenzione su di sé, disse:
«Io… sono stata io, non è vero? Mi avete sottoposta al rituale, quando mi trovavo in infermeria… quando ho distrutto il Cerchio dell’Incantatore. Soltanto allora avreste potuto farlo».
«Si… è stato in quel periodo» sentenziò, lapidaria, Faragonda, per poi aggiungere:
«Ragazzi vi chiedo scusa, ma quello era l’unico modo. Non potevamo chiedervelo direttamente. Come vi è già stato detto eravate in serio pericolo. Nel corso dei secoli chiunque sia passato da una metà all’altra di Cassiopea, è stato… è stato condannato a morte dal Consiglio degli Anziani. Consentire a chicchessia di raccontare dell’esistenza di un’altra dimensione, o peggio di Cassiopea, era ed è tutt’oggi considerato un crimine gravissimo da Arcadia. Non solo Elizabeth, Max e Brendon avrebbero corso questo rischio, ma tutti voi… niente e nessuno vi avrebbe potuto salvare dalla furia di quei… di quei mostri».
Le Winx e gli Specialisti furono alquanto turbati dal racconto della donna, non riuscivano proprio a capacitarsi di quanto gli era stato appena detto. Dopotutto il Consiglio degli Anziani era votato alla salvaguardia della Dimensione Magica, al suo interno vi dovevano essere gli esseri più nobili e altruisti di tutto l’universo conosciuto. Arcadia, sebbene non in prima persona, li aveva aiutati a sconfiggere Valtor… aveva dato loro le Stelle d’Acqua. Non poteva essere tutta una messa in scena… non potevano essere stati così ingenui dal farsi abbindolare dalle altosonanti parole degli Anziani. Bloom, in special modo, cercava con tutte le proprie forze di convincere sé stessa… non voleva credere alle parole di Faragonda… non voleva credere alle parole di Camille… non voleva… non voleva aver messo la vita dei suoi amici nelle mani di quei pazzi. La rossa si accasciò sul tavolo e, coprendosi la testa e il volto con le braccia, iniziò a piangere. Lockette, poiché le era stata fin a quel momento appollaiata sulla spalla, cercò di tranquillizzarla e di capire il motivo di quella crisi. Anche Sky, seduto alla sua sinistra, l’abbracciò al fine di rincuorarla. La rossa, però, se lo scrollò di dosso e, con il volto gonfio rigato dalle lacrime, sotto lo sguardo rattristato dei presenti, si allontanò dalla sala. La Griffin, infatti, avendo capito le intenzioni della ragazza, aveva momentaneamente disattivato l’incantesimo di protezione, che sigillava la porta dell’auditorium. Non appena la Principessa di Domino fu uscita, la preside di Torrenuvola “riattivò” l’incanto e, rivolgendosi alle Winx, esclamò con voce rassicurante:
«Cercate di capirla… Arcadia si era rivolta esplicitamente a lei: è devastata dal senso di colpa».
«Non possiamo certo darle torto» sbuffò, infastidita, Musa.
«Io ancora non riesco a crederci… tutto ciò è illogico: i buoni sono diventanti… i cattivi!» sbuffò Timmy, togliendosi gli occhiali e gettandoli con rabbia sul tavolino.
Saladin, allora, immensamente dispiaciuto da ciò che stavano provando i suoi ragazzi, si mise al centro dell’auditorium e, camminando avanti e in dietro per la sala, spiegò loro la “verità” sugli Anziani.
«Timmy e anche voi ragazzi… la “vita”, il più delle volte, ci mette difronte a scelte difficili o addirittura impossibili… sta a noi scegliere in che modo affrontarle. Siamo noi a dover decidere tra ciò che è giusto e ciò che è facile… una delle due cose esclude l’altra. Settecento anni fa, quando le due dimensioni furono divise per cause di forza maggiore, fu compiuta una scelta... si decise di cancellare, anzi no è più corretto dire: si decise di distruggere il passato, la memoria di Cassiopea fu spazzata via dalle menti degli abitanti della neonata Dimensione Magica. Tutto il dolore, la disperazione, la rabbia e il male che Ksendras e i suoi avevano causato furono dimenticati… nessuno avrebbe più sofferto, nessuno sarebbe più stato in pericolo, nessuno si sarebbe lamentato. Abbiamo raggiunto la pace, chiudendoci in una sfera di cristallo… abbiamo ottenuto la sicurezza, perdendo la nostra stessa libertà. Questa è stata la scelta più facile, ma adesso vi chiedo: è anche quella giusta? Io credo proprio di no e anche il Consiglio degli Anziani ne è consapevole. Sapete c’è un antico detto che dice: “il potere logora chi non ce l’ha”, io non sono del tutto d’accordo. Questo “aforisma” è… diciamo… incompleto, manca di una parte, forse la più importante. È vero che il potere logora chi non lo possiede, ma allo stesso tempo devasta chi ha paura di perderlo. Arcadia e i suoi consiglieri sono terrorizzati da quest’eventualità, sono disposti a tutto pur di mantenere inalterato lo “status quo”. Chiunque costituisca una minaccia al “dominio” assoluto e incontrastato del Consiglio, deve essere messo a tacere con la morte. Purtroppo, per quanto mi dispiaccia doverlo ammettere, questa è la cruda verità».
«Preside Saladin, a questo punto cosa dovremmo fare?» chiese Aisha.
«Dobbiamo continuare la ricerca? Anche alla luce di tutto ciò?» aggiunse, dubbiosa, Roxy.
«Roxy ha ragione!» esclamò Selina con decisione, aggiungendo subito dopo: «Aiutateci a prendere la giusta decisione».
Saladin e la Griffin si scambiarono un fugace sguardo indagatorio, poi si rivolsero a Faragonda. La preside di Alfea, allora, chiuse gli occhi e, incrociando le braccia, rimuginò sul da farsi. Dopo alcuni secondi, dato che i presenti stavano letteralmente “pendendo dalle sue labbra”, la donna, assumendo un’espressione seria e decisa, disse:
«Sebbene preferire finire in pasto a un drago, piuttosto che lasciarvi rischiare la vita per uno stupido capriccio di Arcadia, temo che non ci sia altra scelta. Dobbiamo trovare l’attuale Custode della Fiamma della Fenice. Il Consiglio non avrebbe mai rivelato a Bloom tutta questa storia, se non fosse stato strettamente necessario. Se anche l’ultima scintilla si sta lentamente esaurendo, siamo davvero in pericolo. Non possiamo permettere che Ksendras si liberi dalla sua prigione. Tuttavia dovremo agire con cautela: gli Anziani non devono minimamente sospettare che noi presidi siamo coinvolti in questa faccenda. Qualora lo scoprissero, tutti noi diventeremmo i criminali più ricercati della Dimensione Magica. Di conseguenza vi chiedo di essere prudenti e di non mettere inutilmente a rischio le vostre vite. Una volta che tutto sarà finito, potremmo lasciarci alle spalle questa brutta faccenda; una volta che tutto sarà finito… Elizabeth, Max e Brendon ritorneranno nella loro dimensione e non faranno più ritorno».
«Direttrice Faragonda non può fare una cosa del genere!» intervenne Stella, sbattendo entrambe le mani sul tavolo, per poi aggiungere: «Non può mandarli via come se niente fosse. Non è giusto…».
«Stella, anche a me dispiace, ma…» cercò di giustificarsi l’altra, ma la Principessa di Solaria con la voce rotta dal pianto la interruppe:
«Loro sono troppo importanti per noi, lei non può separarci. Nell’altra metà la Fiamma del Drago è insufficiente… Elizabeth smetterebbe di essere una fata. La priverebbe di una parte di sé, la priverebbe della propria natura. Non può essere così egoista da non rendersene conto. A me non interessa se quelle quattro mummie del Consiglio non sono d’accordo, loro sono miei amici e a costo di muovere tutto l’esercito di Solaria… giuro che li difenderò fino allo stremo… fino al mio ultimo respiro».
«Stella… ti prego…» biascicò, amareggiata, Faragonda, ma fu nuovamente fermata dalle parole concitate di Aisha.
«Sono d’accordo con Stella. Me ne infischio di Arcadia e delle sue leggi… Elizabeth mi ha salvato la vita e Max ci è sempre stato d’aiuto… non permetterò mai che vengano allontanati contro la loro volontà dalla Dimensione Magica. Se ci sarà da lottare… beh combatteremo con tutte le nostre forze».
«Ragazze cercate di capire: è pericoloso» intervenne la Griffin.
«Rischiate seriamente di essere giustiziati per alto tradimento» aggiunse, preoccupato, Saladin.
«Ma Stella e Aisha sono principesse… sono le future regnanti di due dei pianeti più potenti dell’universo magico. Arcadia non può…» sbottò Musa, cercando di minimizzare la cosa, ma Faragonda con voce greve la interruppe:
«Arcadia può tutto… anche rovesciare un regno se è necessario. Vi prego non sfidatela ragazze… forse dopo Ksendras non vi è essere più pericoloso di lei».
«Ma… ma…» balbettò Daphne, non riuscendo a credere che la stessa Compagnia della Luce si stesse sottomettendo al volere di quei “tiranni”.
«Ma… un bel niente!» esclamò, all’improvviso, Brendon, per poi aggiungere seccato: «Faragonda, Saladin e Griffin hanno pienamente ragione. Se la nostra presenza costituisce un pericolo per voi… è necessario che, quando tutto sarà risolto, si tolga il disturbo».
«Brendon non dire così, insieme possiamo farcela» esordì Helia con la sua tipica dolcezza.
«No… no, sono d’accordo con lui. È giusto… è giusto che finisca così» sibilò Elizabeth con un sorriso forzato.
«Liz, per favore… non posso perderti» piagnucolò Stella, che le stava seduta accanto.
La ragazza dai capelli castani, allora, strinse a sé la sua compagna di stanza e, tirando su con il naso, le sussurrò nell’orecchio:
«Non succederà: quando vuoi bene ad una persona, non importa cosa accada questa rimarrà sempre con te… rimarrà sempre nel tuo cuore. Ti voglio un casino di bene Stella».
Elizabeth, subito dopo, poiché Brandon era seduto accanto alla Principessa di Solaria, con una delle braccia lo “tirò” a sé, facendogli abbracciare la schiena dell’amica. Stella, allo stesso modo, afferrò per il colletto della camicia Max e, quasi strozzandolo, lo costrinse contro il fondoschiena dell’altra. I quattro rimasero stretti per un paio di minuti, mentre i presenti li osservavano leggermente commossi e dispiaciuti per quanto era stato deciso. Anche i presidi, forse per la prima volta in otto anni, avevano le lacrime agli occhi e i volti “deformati” da una profonda tristezza. Non avrebbero mai voluto che i ragazzi si separassero. Dopotutto Saladin si era affezionato a quel biondino con gli occhiali, il quale, nonostante non fosse costretto, si era impegnato ad aiutare gli altri Specialisti con la loro infinita punizione. La Griffin, invece, sebbene avesse imparato a conoscere quei tre da ciò che le riportavano i suoi due colleghi, era estremamente “attratta” da Brendon, dal suo atteggiamento… dalle sue potenzialità. Percepiva un qualche cosa all’interno del ragazzo… un qualche cosa di estremamente potente, ma che inspiegabilmente era nascosto… celato a tutti. Faragonda, infine, era la più dispiaciuta di tutti… Elizabeth significava tanto per lei, ma proprio per questo era decisa ad allontanarla dalla Dimensione Magica; si era ripromessa che mai l’avrebbe messa nuovamente in pericolo. L’avrebbe persa… per sempre, ma almeno avrebbe avuto la certezza che sarebbe stata al sicuro.
«Beh… penso che abbiamo finalmente trovato un accordo. Adesso occupiamoci di altro…» sentenziò, scocciato, Brendon non curandosi minimamente del “malessere” altrui.
«Possiamo tenerci Elizabeth e Max, mentre lui lo rimandiamo indietro a calci?!» sbuffò, acida, Musa.
In tutto l’auditorium echeggiarono grasse risate, le quali contribuirono notevolmente a rasserenare gli animi dei presenti. Tuttavia Saladin, non appena tornò il silenzio, con serietà si rivolse ai suoi ragazzi:
«Brendon non ha tutti i torti: abbiamo una missione da compiere. Dobbiamo trovare il Custode… ma al momento non abbiamo proprio idea da dove cominciare».
«Questo non è un problema!» esclamò Aisha con sicurezza.
«Intendete… intendete dire… che…» balbettò la preside Griffin con incredulità.
«…Sappiamo come trovarlo» rispose Roxy, facendole l’occhiolino.
Le Winx, a quel punto, raccontarono ai presidi dell’esistenza del medaglione della Fenice, il quale aveva il potere di localizzare il Custode. Gli dissero che molto probabilmente l’oggetto era nelle mani di Acheron e spiegarono il loro sofisticato piano per impossessarsene. I tre ascoltarono attentamente le parole dei loro studenti e, di tanto in tanto, espressero ammirazione per l’impegno, che avevano profuso. Selina, inoltre, comunicò a tutti che Eldora per il dieci di gennaio sarebbe tornata sulla Terra. Di conseguenza quello sarebbe stato il giorno adatto per mettere in atto l’incantesimo di richiamo. Saladin e la Griffin, una volta che i ragazzi ebbero finito di parlare, si consultarono rapidamente con Faragonda, la quale, dopo aver raggiunto una sorta di verdetto, si rivolse ai presenti:
«Molto bene! Agiremo in questo modo… tuttavia permettetemi di apportare delle piccole modifiche al vostro piano. Poiché è necessario che il Legendarium si trovi in un “punto fisso” e che non si muova, il 10 di questo mese inviterò Eldora a prendere un tè qui ad Alfea. Sono sicura che la Fata Madrina porterà con sé il libro, quindi non dovremo preoccuparci d’improvvisi “spostamenti”. In secondo luogo… non voglio che effettuiate la “convergenza d’amplificazione magica” nella Foresta di Selvafosca, come avevate precedentemente stabilito. Con il preside Saladin vi recherete a Torrenuvola e nei sotterranei della scuola eseguirete l’incantesimo. Sarò più tranquilla sapendo che con voi ci saranno Saladin e Griffin, pronti ad intervenire alla minima evenienza. Spero che per voi non ci siano problemi».
«No preside, anzi anche noi ci sentiamo più rassicurate dalla loro presenza» esclamò Flora con sincerità.
«Perfetto… se non ci sono altre domande io…» si apprestò a concludere la direttrice di Alfea, ma la sua collega con tono stranamente malizioso la interruppe:
«A dire la verità… io ho una domanda per le Winx. Chi vi ha raccontato del medaglione? È stata Arcadia?».
«No. Ci è stato detto da un’abitante dell’altra metà di Cassiopea: una donna di nome Camille… la sorella del Custode della Fenice che imprigionò Ksendras» rispose Tecna, mentre prendeva alcuni appunti sul suo palmare.
«Camille avete detto?» intervenne il preside di Fonterossa, ridacchiando tra sé.
«La conoscete per caso?» domandò Elizabeth con curiosità.
«Potete dircelo… tanto non ci meravigliamo più di nulla ormai» aggiunse Stella, intenta a fare i grattini al suo fidanzato.
Saladin e la Griffin guardarono con la coda dell’occhio la preside di Alfea e, sorridendo “sotto i baffi”, attesero che fosse la donna a replicare. Faragonda, però, non si scompose più di tanto e con aria di superficialità disse:
«Mai sentita. Non conosciamo l’identità del Custode, figuriamoci quella della sorella».
Gli altri due, allora, rimasti delusi dalla risposta, chinarono il capo rattristati e, senza aggiungere altro, si avviarono verso l’uscita dell’auditorium. Le Winx e gli Specialisti, allo stesso modo, si alzarono dagli spalti e lentamente scesero le loro gradinate. Tuttavia Daphne, quasi avesse avuto un’illuminazione divina, si bloccò di colpo. Tuttavia, nel far ciò, ostruì la visuale al marito, il quale, inciampando nei suoi piedi, rotolò per gli ultimi cinque gradini trovandosi alla fine con il sedere per terra.
«Daphne… perché mi vuoi male? Cosa ti ho fatto?» mugugnò Thoren con ironia, mentre Helia e Nex lo aiutavano a rialzarsi.
La futura Regina di Domino, però, non prestò alle parole del ragazzo e, rivolgendosi ai presidi, esclamò:
«Abbiamo un problema! All’inizio avevamo stabilito che io, Elizabeth, Selina e Roxy eseguissimo la convergenza d’amplificazione magica. Le altre, invece, sarebbero entrate nel Legendarium e avrebbero affrontato Acheron. In questo modo, anche se è un po’ scorretto, sarebbero state sei contro uno. Adesso, però, la cosa non è più possibile, perché Aisha e Flora non posso combattere. Di conseguenza abbiamo perso una consistente parte del vantaggio che avevamo. In questi giorni abbiamo cercato degli incantesimi che potessero velocizzare la guarigione, ma non abbiamo trovato nulla. Voi avete qualche idea? Conoscete qualche filtro o incantesimo che faccia al caso nostro?».
I tre presidi rifletterono per alcuni istanti, poi, scuotendo la testa, diedero parere negativo. La speranza, che si era riaccesa nell’animo di Daphne e degli altri, si spense del tutto. Acheron sarebbe stato affrontato soltanto da quattro di loro e forse con un po’ di fortuna sarebbe stato messo al tappeto. Le Winx e gli Specialisti, a quel punto, più demoralizzati che mai si diressero alla porta dell’auditorium, ma un leggero colpo di tosse richiamò la loro attenzione. Non appena fu chiaro ai presenti chi fosse l’artefice di quel “suono”, la loro meraviglia e la loro gioia furono incontenibili. Ancora una volta aveva salvato la situazione, ancora una volta… Tecna era riuscita a stupirli tutti. La fata della tecnologia, dopo essere salita sul tavolo posto al centro della sala, al fine di farsi vedere da tutti, piena di orgoglio disse:
«Io avrei la soluzione al nostro problema, ma per metterla in pratica mi serve… Bloom».
 
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Note dell’Autore: Ben ritrovati a tutti!!! Allora, come avrete sicuramente notato, questo più che un capitolo è un copione teatrale. ALT… fermi tutti! Precisiamo… non sto dicendo che è scritto così bene da sembrare una sceneggiatura, lungi da me ahahahahahaha. Più che altro la parte descrittiva cede il passo a quella dialogata. Personalmente preferisco di gran lunga la prima… adoro lunghi excursus su paesaggi, persone, oggetti, emozioni e altro. In questo caso, però, sono stato quasi costretto… non posso far sempre parlare i personaggi per monosillabi, a volte ho bisogno anche di lunghi dialoghi XD. La cosa è vagamente simile al capitolo 19, dove per tutto il tempo parlano Brendon e Bloom. Tuttavia in quel momento, come già vi dissi, assistiamo più a un monologo del ragazzo che a una vera e propria conversazione. Anyway… strano come capitolo, nevvero? Non solo Faragonda è a conoscenza del segreto di Cassiopea, ma anche Saladin e la Griffin. Prima che vi scervelliate per capire come sia possibile tutto ciò, vi dico che nel prossimo capitolo saprete tutta la verità; o meglio, la verità che sapranno anche le Winx e gli Specialisti. Alcuni di voi potrebbero dire: “ma non è la stessa cosa?”. Beh… diciamo che lo è in parte… Facciamo un esempio: fino al capitolo precedente, se non contiamo quanto detto da Aenuashiba né “Il mondo oltre la finestra”, la nostra visione di Arcadia e per estensione del Consiglio degli Anziani coincideva con quella di Bloom e degli altri. Persone non del tutto simpaticissime, ma votate comunque a un ideale di pace e bontà. Adesso, invece, Faragonda ci dice tutt’altro, addirittura li definisce “mostri”. Di conseguenza, semplificando un po’ la cosa, dovremmo forse affermare che i buoni siano diventati cattivi? La mia risposta è Ni. Questo è solo un altro punto di vista, al quale momentaneamente le Winx e, poiché la storia è incentrata su tutte loro, noi ci siamo allineati. Quindi non esiste la “verità”, ma abbiamo: la verità di Arcadia, la verità di Faragonda, la verità di Camille e così via. Alcune di esse coincidono parzialmente altre sono del tutto discordanti. Lo stesso narratore della storia, nonostante sia esterno e conseguentemente abbia il “controllo” assoluto della situazione, non si esprime, ma si limita a riportare semplici fatti, pensieri e/o emozioni. Il punto è: non abbiamo la visione generale della fanfict. Spero di essere stato chiaro su questa cosa… più in là, infatti, (attenzione spoiler :D) ci saranno dei veri e propri sconvolgimenti, che metteranno tutto in discussione ;D. Detto questo, perdonatemi il papiello, veniamo ad un altro punto fondamentale: la crisi isterica di Bloom. Sono il primo a dire che è stata spropositata… che volete farci sono gli ormoni XS. La ragazza, però, per una seconda volta (la prima è stata con Camille), si vede il terreno franarle sotto i piedi. Per una seconda volta le viene ripetuto di aver mal riposto la propria fiducia in Arcadia. Altre tre cosucce e poi vi saluto, prometto (croce sul cuore come le Pixie). Primo: tenete a mente la risposta di Faragonda e la reazione degli altri due presidi, quando le ragazze gli chiedono se conoscano o meno Camille. Secondo: Tecna non si smentisce mai e, nonostante stia conducendo una misteriosa e solitaria ricerca su un qualche cosa che scopriremo più là, spiazza tutti dicendo di aver trovato una soluzione al problema di Flora e Aisha. Adoro troppo la fata della tecnologia e in futuro avrà sempre più spazio ;D. Terzo: nel testo vi sono diversi riferimenti… la frase “decidere tra ciò che è giusto e ciò che è facile” è del grande Albus Silente (Harry Potter e il Principe Mezzosangue); la frase “il potere logora chi non ce l’ha” è di Giulio Andreotti (l’aforisma sempre antico rimane XS), mentre l’aggiunta l’ho pensato io… ma come dico sempre: sicuramente non è “tutta farina del mio sacco” :D; non vogliatemene per il riferimento a Majin Bu, ma mentre scrivevo il capitolo, stavo vedendo la maratona di Dragonball Super su Italia 1: mi sono lasciato trasportare ahahahahahaha. Adesso ho definitivamente concluso, scusatemi per la lunghezza delle note: sono eccessivamente prolisso ;D. Beh… detto questo, io vi saluto e… niente ci si sente per i prossimi capitoli :D :D :D.
Yugi95
 

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Capitolo 26
*** Capitolo XXV – Bloomix… più che mai ***


Capitolo XXV – Bloomix… più che mai
 
I presenti, ad eccezione di Timmy che sembrava essere a conoscenza delle intenzioni della fidanzata, guardarono con perplessità la fata della tecnologia, non riuscendo a capire a cosa le servisse Bloom. Di conseguenza, facendo un passo avanti, Daphne le chiese:
«Cosa vuoi da mia sorella?».
«A dopo le spiegazioni. Adesso è necessario trovarla» replicò Tecna, mentre scendeva dal tavolino.
«D’accordo» intervenne Sky, aggiungendo subito dopo: «Separiamoci e setacciamo la scuola… non può essere andata lontano».
«Quando l’avrete trovata, tornate nell’auditorium. Noi vi aspetteremo qui» esclamò Faragonda, parlando anche a nome di Saladin e Griffin.
Le Winx, gli Specialisti e le Pixie annuirono e, dividendosi in tre squadre da cinque, uscirono dalla sala alla ricerca della loro amica. Tuttavia Selina, fermatasi sull’uscio della porta insieme a Musa, si rivolse a Brendon, il quale era rimasto al suo posto, e con fare rassegnato gli chiese:
«Tu non vieni, giusto?».
«La tua perspicacia delle volte mi lascia sbalordito» rispose, seccato, l’atro.
«Selina lascia perdere… evidentemente è stanco per la passeggiata con Knut» intervenne Musa con tono acido.
La fata della musica, poi, dopo aver fatto la linguaccia a Brendon, si mise Selina “sotto braccio” e con lei raggiunse Tecna, Timmy e Roxy. Il ragazzo dai capelli neri, invece, una volta che tutti gli altri si furono allontanati, prese il proprio laptop e, salutati cordialmente i presidi, si diresse alla sua stanza. Quest’ultimi, rimasti ormai soli, si sedettero nuovamente sulle poltroncine e, facendo attenzione che nessuno li ascoltasse, parlarono tra di loro.
«Io proprio non ti capisco Faragonda: perché non gli hai detto la verità?» chiese la Griffin.
«Sono d’accordo con Minerva» intervenne, pacatamente, Saladin, per poi aggiungere: «Meritano di conoscere tutta la storia».
La preside di Alfea, senza distogliere lo sguardo dalla scatoletta di legno contenente la convocazione di Arcadia, prese un profondo respiro e con voce severa rispose:
«Vi ho già detto che non intendo ritornare sull’argomento! Quanto hanno saputo le Winx basta e avanza, il resto è… superfluo. Dopotutto non sono cose che gli riguardano…»
«Forse non alle altre, ma… Elizabeth deve sapere, ha tutto il diritto» la interruppe la direttrice di Torrenuvola, alzando seppur involontariamente la voce.
«Oh… andiamo, non ho la certezza che sia veramente lei. Non potrei mai dirglielo» replicò Faragonda con nervosismo.
«Non hai la certezza?! Tu non hai il coraggio di raccontarle la verità» tuonò l’altra, alzandosi dalla sedia e putandole minacciosamente il dito contro.
«Minerva… calmati. Questa è una decisione che spetta a lei… noi non possiamo immischiarci» esclamò, all’improvviso, Saladin, cercando di fermare sul nascere una più che probabile discussione.
«Se le dico queste cose è per il suo bene. Non voglio che continui a soffrire» mugugnò Minerva, mentre si avvicinava ad una delle grandi finestre dell’auditorium per aprirla e premere un po’ d’aria.
Faragonda, invece, rimase al proprio posto e, stringendo la mano che il preside di Fonterossa le aveva gentilmente offerto, con voce tremula sibilò:
«Ne sono consapevole amica mia. Tuttavia non posso… non posso farle correre ancora una volta un tale rischio. Devo proteggerla e, per quanto la cosa mi faccia soffrire, l’unico modo per farlo consiste nel “rispedirla” a casa. Soltanto nell’altra metà di Cassiopea sarà davvero al sicuro… soltanto lì sarà lontana dalle grinfie di Arcadia».
«Ho paura, Faragonda» replicò la Griffin, intenta ad osservare la Foresta di Selvafosca.
«Di cosa?» domandò l’altra con curiosità.
«Che il tuo cuore si spezzi proprio come l’ultima volta» sentenziò Minerva con voce greve.
Nel frattempo il gruppo composto da Sky, Aisha, Nex, Flora e Helia stava setacciando la Sala degli Incanti con la speranza di trovare al suo interno la fata della Fiamma del Drago.
«È qui?» chiese il Principe di Eraklyon con tono ansioso.
«No Sky… mi dispiace» rispose Aisha, facendo le “spallucce”.
«Forse… forse è uscita dalla scuola» propose Flora, prendendo il braccio di Helia.
«È probabile» esclamò, pensieroso, Nex, rivolgendosi subito dopo a Sky: «Hai idea di dove possa essere andata?».
Il biondo, portandosi la mano al mento, rifletté per alcuni istanti, poi, non appena gli fu chiara la risposta, disse con voce euforica:
«Come ho fatto a non pensarci prima! Nella Foresta di Selvafosca c’è un piccolo laghetto. Io e Bloom abbiamo trascorsi interi pomeriggi sulle sue sponde. Sarà sicuramente andata là a sfogarsi».
«Allora che cosa stiamo aspettando?! Raggiungiamola» tagliò corto il nipote di Saladin con un sorriso.
Gli altri annuirono e in men che non si dica si precipitarono fuori dalla Sala al fine di raggiungere la scalinata principale. Sulla “cima” di quest’ultima il gruppo incontrò Brendon, il quale con estrema nonchalance si stava dirigendo verso l’ala degli alloggi degli insegnanti. Flora e Aisha, insieme ai loro fidanzati, affinché non si scatenassero ulteriori litigi, ignorarono completamente il ragazzo dai capelli neri. Sky, nonostante avesse voluto affrontare nuovamente la questione, si sforzò di fare lo stesso. Tuttavia, passandogli avanti, non resistette alla tentazione di “lanciare” un’occhiataccia di disapprovazione e sfida all’amico. Brendon, però, non diede peso alla cosa e, senza voltarsi, continuò per la sua strada. Una volta che ebbe raggiunto la propria camera, aprì con circospezione la porta e, quasi in punta di piedi, entrò al suo interno. La stanza era stranamente buia, tutte le tende erano state tirate in modo tale da coprire le finestre. Anche la lucina sulla scrivania, lasciata precedentemente accesa, era stata spenta. Da un angolino, infine, proveniva uno strano rumore: una specie di lamento alternato da regolari singhiozzi. Il ragazzo, dopo aver poggiato il proprio laptop sul comodino, si avvicinò silenziosamente al lato sinistro del letto e, lasciandosi scivolare placidamente a terra, si posizionò dinanzi la fonte di quel piagnisteo.
«Dico io, con tutte le stanze di questa scuola… tu proprio nella mia dovevi venire a nasconderti?» esordì, stizzito, Brendon, incrociando le braccia.
La persona, che si trovava difronte a lui rannicchiata su sé stessa, alzò rapidamente la testa dalle proprie ginocchia, mostrando due grandi occhi azzurri colmi di lacrime. Subito dopo, cogliendo alla sprovvista il ragazzo, si “tuffò” in avanti e gli si “avvinghiò” al busto stringendolo forte. Brendon, sebbene non era la prima volta che capitasse, rimase pietrificato… immobile. Era combattuto: la sua testa gli diceva di sciogliere immediatamente quell’abbraccio, il suo cervello gli urlava che tutto ciò era sbagliato e inopportuno. Il suo corpo, però, non ne voleva sapere… non voleva muoversi. Brendon sapeva benissimo che non doveva essere lui a consolarla… non doveva essere lui a stringerla in quel modo. Eppure, nonostante fosse pienamente consapevole di tutto ciò, non riusciva a farne a meno… non riusciva a staccarsi da lei. I due rimasero “legati” per diversi minuti, finché l’intruso, staccandosi dal petto del ragazzo, non biascicò alcune parole:
«Scusa… ti ho sporcato la maglietta di mascara. Non ne faccio una giusta».
«Non ti preoccupare Bloom, la lavanderia di Alfea è eccezionale» replicò, divertito, l’altro, facendole un sorriso.
«Come sapevi che sarei venuta qui?» domandò, all’improvviso, la rossa.
«Non lo sapevo. Ero venuto a posare il PC e… e ti ho trovata» rispose Brendon, mentre le porgeva un fazzoletto di carta per asciugarsi le lacrime.
«Gli altri… gli altri mi stanno cercando? Sono preoccupati?» chiese la Principessa di Domino con voce titubante.
«Si! Sono tutti in ansia per te» sibilò l’amico con voce fintamente dolce.
«D… davvero?» balbettò Bloom, sentendosi leggermente lusingata.
«No!» replicò, acido, Brendon, per poi aggiungere: «Tecna ha detto di trovarti perché le servivi per non so che cosa».
«Sei veramente… veramente… spregevole» sbuffò la ragazza con fare offeso.
«Lo so. Per questo mi vuoi bene» sentenziò l’altro.
A quel punto entrambi scoppiarono a ridere, poi Bloom, facendosi forza sulle spalle di Brendon si rimise in piedi. Il ragazzo, allo stesso modo, dopo aver afferrato la mano dell’amica, si alzò da terra. La rossa, allora, muovendo distrattamente l’indice destro, fece riaprire le tende, permettendo alla luce della luna e delle stelle d’inondare la camera.
«Adesso va molto meglio» esclamò, soddisfatta, la Principessa di Domino.
«Faresti meglio a raggiungere le altre…» disse Brendon, gettandosi a peso morto sul letto.
«D’accordo, ma tu vieni con me» replicò la rossa, mentre, dopo aver afferrato la caviglia dell’amico, tirava con tutte le sue forze.
Brendon, però, si oppose e, abbracciando il materasso, fece di tutto per non farsi tirare giù. Bloom, nonostante ciò, non si arrese e, saltandogli addosso, iniziò torturarlo in tutti i modi possibili. Dopo una decina di minuti il solletico, le tirate di capelli e le frustate, eseguite dalla fata con la sua cinta della gonna sortirono l’effetto desiderato.
«Va bene, va bene… ti seguo. Adesso, però, fermati altrimenti ti faccio volare dalla finestra» mugugnò, esasperato, l’altro.
«È proprio vero che con le buone maniere si ottiene tutto» cinguettò la Principessa di Domino, alzandosi dal corpo martoriato del poveretto.
«Bloom… solo una cosa…» sibilò, all’improvviso, il ragazzo dai capelli neri, tirandola per un braccio.
«Si?» bisbigliò la rossa con aria stupita, voltandosi verso di lui.
Brendon, allora, si alzò da proprio letto e, assumendo un’espressione seria, disse:
«Non è colpa tua… non potevi sapere, nessuno poteva. Le menzogne di Arcadia non sono opera tua… non sono una tua responsabilità. Bloom, il tuo è un potere immenso, costituisce il fulcro di questo e del mio universo. Tu agli occhi degli altri rappresenti una sorta di “divinità”: una dea scesa in terra per reggere le sorti di questo mondo. Tutti si aspettano grandi cose da te. Tutti, anche se non se ne rendono conto, pretendono grandi cose da te. Giorno dopo giorno in questi ultimi anni ha combattuto contro chiunque minacciasse l’equilibrio dell’universo magico. Hai affrontato ogni genere di pericolo, hai rischiato la tua vita per salvare quella di ogni singolo abitante della Dimensione Magica. Nemico dopo nemico, vittoria dopo vittoria hai affermato sempre più il tuo ruolo di “guida”, hai creato un mito sul quale chiunque potesse fare affidamento. È questo il problema: tu non sei un mito, non sei un “essere supremo” al quale indirizziamo le nostre preghiere. Lo sfogo, che nemmeno un’ora fa hai avuto nell’auditorium, ne è la prova. Non sei stata in grado di reggere il peso di questo fardello, ti sei lasciata travolgere dal senso di colpa. Temi che i tuoi amici, a causa dei ripetuti insuccessi, possano perdere la fiducia, che nutrono nei tuoi confronti. Sei terrorizzata dall’eventualità di essere… sola. I tuoi genitori, Faragonda, le Winx e gli altri ragazzi non possono sapere come ci si sente… non sanno quanto sia difficile per te. Nessuno si è mai accorto di questa tua debolezza e fino ad oggi neanch’io».
«Brendon io… …io… …non…» balbettò la ragazza con difficoltà, ma l’altro la interruppe con un semplice gesto della mano e subito dopo riprese a parlare:
«So bene cosa voglia dire “portare il peso della responsabilità”. Per anni ho sostenuto questo macigno sulle mie spalle. Ero solo e ne Max ne Elizabeth, sebbene lo avessero tanto voluto, erano in grado di farsene carico insieme a me. Ho combattuto non so quante battaglie e altrettante ne ho perse. Mi sono recriminato alcune azioni, molte ho invece rimpianto di non averle compiute. Io desideravo soltanto avere qualcuno al mio fianco: un amico… un semplice confidente. Una persona che fosse in grado di comprendere la mia forza, i miei limiti… il mio dolore. Bloom, tu non sei sola, non devi farti carico di tutti i problemi della Dimensione Magica e di ogni suo singolo abitante. Le Winx saranno sempre pronte a sostenerti, sono sicuro che Sky sarebbe pronto a sacrificare sé stesso per te. Nessuno ti abbandonerà mai, nessuno ti farà soffrire e questa è una promessa».
La Principessa di Domino fu colpita da quelle parole; non si sarebbe mai aspettata che una persona menefreghista e scostante come Brendon potesse capire così a fondo i sentimenti di un altro. Dopotutto per comprendere lo stato d’animo di un essere umano bisogna innanzitutto conoscere il proprio, cosa che il ragazzo non avrebbe mai potuto fare. Da quando Bloom aveva scoperto i suoi numerosi poteri, infatti, uno in particolare non aveva più segreti per lei: l’empatia. Le emozioni, le ansie e le paure, provate da chiunque si trovasse nelle vicinanze della fata della Fiamma del Drago, rappresentavano una sorta di “libro aperto” per quest’ultima. Di conseguenza per lei era davvero molto facile capire cosa provassero gli altri. Tuttavia con Brendon questa sua particolare abilità non funzionava; per quanto di sforzasse la rossa non era mai riuscita a percepire nulla. Il suo amico sembrava un vero e proprio automa incapace di provare qualsivoglia emozione. Era come se al centro del suo petto si trovasse un piccolo buco nero, che con forza e non curanza risucchiava inesorabilmente tutta la “luce”. Bloom, non sapendo cosa replicare, si limitò ad annuire con un sorriso, poi, dopo aver preso la mano dell’amico, uscì dalla stanza trascinandoselo dietro. La rossa, ansiosa di sapere cosa potesse mai volere Tecna da lei, corse per tutta la scuola alla ricerca delle sue amiche. Brendon, allo stesso modo, la seguì e, senza sapersi spiegare il motivo, continuò a tenerle la mano. In fin dei conti la stessa Principessa di Domino non lasciò la presa: perché mai lui avrebbe dovuto farlo? I due, dopo circa dieci minuti di “giri a vuoto”, tornarono nell’auditorium, sperando che le Winx e i ragazzi, non avendo trovato nessuno, si fossero rincontrati nel punto di partenza. La supposizione si dimostrò esatta. Il gruppo di amici, si era da poco riunito all’interno della grande sala e, in preda alla rassegnazione e allo sconforto, stava comunicando ai presidi il fallimento delle “operazioni di ricerca”.
«Eccomi qui! Brendon mi ha detto che mi volevate» esordì Bloom con voce allegra, attirando su di sé l’attenzione dei presenti.
«Bloom! Dov’eri finita?» le chiese Roxy correndo ad abbracciarla.
«È una lunga storia, ma adesso sono qui» replicò l’altra, mentre le accarezzava i capelli.
«Perché anche lui è qui?! E soprattutto… perché vi tenete per mano?!» intervenne, serio, Sky, guardando in maniera truce la sua fidanzata.
Bloom e Brendon realizzarono solo allora di essere entrati nell’auditorium mano nella mano. Le Winx e gli Specialisti, ad eccezione di Roxy, si erano accorti fin da subito della cosa e, pieni d’imbarazzo, erano rimasti con le bocche spalancate. Il ragazzo dai capelli neri, allora, si liberò subito dalla stretta dell’amica e, tenendo la testa bassa, andò a sedersi vicino a Selina. Quest’ultima, non appena se lo ritrovò di fianco, gli posò senza farsi vedere una mano sul ginocchio destro e glielo strinse con affetto. La Principessa di Domino, invece, ripresasi dall’iniziale shock, si rivolse al Principe di Eraklyon e balbettò alcune parole:
«Ecco… ...io… …io l’ho incontrato mentre tornavo all’auditorium. Lui mi ha detto che mi stavate cercando, così abbiamo deciso di venire insieme. Da quello che ho capito Tecna hai bisogno del mio aiuto».
«Proprio così! Non è vero Sky?» intervenne la fata della tecnologia, sperando di poter fermare sul nascere una più che probabile scenata di gelosia.
«Si… proprio così…» mugugnò, amareggiato, il biondo, mentre voltava le spalle alla fidanzata per andare a sedersi.
«Avanti Tecna… non tenerci sulle spine» starnazzò, all’improvviso, Stella.
«Effettivamente anche noi vorremo sapere la tua idea» esclamò Saladin con voce pacata.
«Adesso sarete tutti accontentati!» replicò, divertita, la ragazza dai capelli viola
Subito dopo Tecna fece segno a Bloom di posizionarsi al centro dell’auditorium, in modo tale da trovarsi tra glia spalti e il tavolo dei presidi. La fata della Fiamma del Drago, senza chiedere il perché di quella strana richiesta, eseguì l’ordine dell’amica. A quel punto la fata della tecnologia si alzò dal proprio posto e, schiarendosi la voce, spiegò ai presenti il proprio piano:
«Come voi ben sapete, avevamo stabilito che sei di noi avrebbero affrontato Acheron all’interno del Legendarium. In questo modo avremmo avuto un vantaggio tattico non indifferente e conseguentemente non avremmo corso rischi inutili. Purtroppo, a causa dell’attacco a Magix City, Flora e Aisha sono al momento impossibilitate a combattere e non possono venire nel libro insieme a noi. Tuttavia senza di loro dovremmo essere solo in quattro ad affrontare Acheron: eventualità che voglio evitare a tutti i costi. Di conseguenza per risolvere il nostro problema ho pensato…».
«Ma certo! Sfrutterai i poteri curativi di Bloom per curare Aisha e Flora» la interruppe Musa, schioccando le dita.
«Non esattamente…» sibilò l’altra con un po’ di vergogna.
«Che cosa vuoi dire?» le chiese Elizabeth.
«Flora e Aisha hanno subito un trauma fortissimo, neanche i poteri curativi della Fiamma del Drago possono velocizzare la loro guarigione» rispose Tecna.
«Scusa, ma allora Bloom a che ti serve?» esclamò, stizzita, la fata della natura, incrociando le braccia.
La ragazza di Zenith, allora, posizionò le mani una affianco all’altra con i palmi rivolti verso l’alto e, facendo comparire tra di esse una piccola fiammella, disse con tono deciso:
«Per questa… ho bisogno della Fiamma del Drago non per curare Aisha e te, ma per permettere a Elizabeth, Roxy e Selina di entrare nel Legendarium».
«Vorresti dire che… che… devono diventare Fate Bloomix?!» balbettò, incredula, Musa.
«Esatto! È l’unico modo per mantenere inalterato il vantaggio su Acheron» precisò Tecna, mentre faceva scomparire la sua scintilla magica.
«Bloom, te la senti? Sai bene quali saranno le immediate conseguente» intervenne Faragonda con dolcezza.
«Io… penso… penso…» biascicò la rossa, ma una voce maschile la interruppe con prepotenza:
«No! No che non se la sente! Vi siete dimenticati cos’è successo l’ultima volta?! Stava quasi per morire. Io non permetterò che corra un tale rischio… non permetterò che la sua Fiamma venga fatta a brandelli per rimediare ai guai altrui. Flora e Aisha non possono combattere? Pazienza… affronteranno Acheron in quattro, fine della storia. Dopotutto Bloom l’ha sconfitto da sola la prima volta, non capisco perché debba essere così difficile adesso».
«Sky… ti prego cerca di ragionare» bisbigliò Thoren al cugino con tono flebile, avendo paura di attirare le sue ire.
«Tu non t’immischiare! Due anni fa il tuo “provvidenziale aiuto” causò solo guai» replicò il Principe di Eraklyon con rabbia.
«Sky adesso basta!» tuonò Daphne, per poi aggiungere: «non hai il diritto di rivolgerti in questo modo a mio marito».
«Io, invece, penso che ce l’abbia» sbuffò, all’improvviso, Nex, alzandosi dal proprio posto e allargando le braccia.
«Shhh… non t’immischiare tu» lo rimproverò la fidanzata, mentre cercava di farlo tornare seduto.
Il paladino, però, non ne volle sapere e, liberatosi dalla morsa della Principessa di Andros, con fare apertamente ostile, quasi intimidatorio, si rivolse direttamente alla Principessa Ereditaria di Domino:
«Il mio amico ha tutto il diritto di rivolgersi in questo modo a suo cugino… ha tutto il diritto di difendere la propria fidanzata. Io sono d’accordo con lui: è inutile farle correre un simile pericolo. Sono già quattro contro uno, credo che la superiorità numerica sia più che soddisfacente. Se Tecna, Musa e Stella non se la sentono di affrontare Acheron a queste condizioni, evidentemente è perché sanno di non essere forti quanto Aisha e Flora».
«Ma come ti permetti, razza di… razza di…» gracchiò la Principessa di Solaria in preda all’isteria, ma Elizabeth, Brandon e Max riuscirono a bloccarla prima che dalla sua bocca uscissero parole poco consone per il suo rango.
Nel giro di un minuto si scatenò il caos, voci e suoni incomprensibili si accavallarono tra di loro dando luogo ad un insopportabile battibecco. Sky, Daphne, Musa e Selina litigavano amabilmente tra di loro, mentre Thoren Flora ed Helia, sebbene con scarsissimi risultati, cercavano di mettere pace. Nex e Stella, invece, si stavano letteralmente “scannando” a suon di offese e pesanti ingiurie, non curandosi minimamente dei continui richiami alla calma mossi da Elizabeth, Max, Brandon e Roxy. Aisha, al contrario, profondamente delusa dal comportamento del proprio ragazzo, si era accasciata sul tavolo dinanzi a sé, nascondendo la testa tra le braccia per la vergogna. Tecna, Tommy, le Pixie e i presidi, infine, assisterono con disappunto e amarezza a tutta quella deprecabile scena, chiedendosi per quanto tempo ancora sarebbe andata avanti. In tutto questo, Bloom continuava a trovarsi al centro della sala e, con aria smarrita, si rigirava più volte su sé stessa concentrando la propria attenzione sulle diverse discussioni. Da un lato era contenta che Sky avesse preso le sue difese, nonostante vi fosse stata quella piccola incomprensione iniziale. Il suo fidanzato, sebbene avesse agito in maniera autoritaria e spregevole, si era opposto con determinazione al piano di Tecna e lei non se la sentiva di dargli torto. Dividere la Fiamma in parti più piccole per poi dispensarle a destra e a manca non era affatto facile. Bisognava mantenere una grande concentrazione e si doveva essere attenti a “creare” scintille uguali tra di loro, altrimenti il potere sarebbe risultato sbilanciato. Come se non bastasse l’atto stesso di frammentare la Fiamma del Drago richiedeva una quantità enorme di energia e lasciava il proprietario di quest’ultima privo di forze per giorni. La sensazione, che si provava subito dopo, inoltre era orribile: era come se una parte di sé fosse andata persa per sempre. Bloom detestava provare quel particolare “effetto collaterale”, il quale le ricordava fin troppo l’incantesimo che le Trix usarono per rubarle tutto il suo potere. Il Principe di Eraklyon, subito dopo la festa di Daphne per la nomina a Principessa Ereditaria di Domino, capì in autonomia quanto fosse pericoloso per la sua amata sfruttare questa particolare capacità. Per questo motivo si fece promettere dalla rossa che mai e poi mai avrebbe compiuto un’impudenza del genere. Bloom, però, nonostante avesse giurato, poco dopo essere tornata dalla missione “top secret” svolta quell’estate sulla Terra, aveva nuovamente ceduto parte del suo potere a sua sorella, scatenando la collera di Sky. I due, a causa di ciò, litigarono per giorni e giorni, arrivando quasi a lasciarsi. Soltanto l’intervento dei loro rispettivi genitori riuscì ad evitare il peggio. Bloom non se la sentiva di tradire per una seconda volta la fiducia del proprio fidanzato… non se la sentiva di soffrire. Di conseguenza si mosse verso Tecna con l’intenzione di comunicarle che non avrebbe diviso la Fiamma per permettere alle altre di entrare nel Legendarium. Dopotutto lo stesso Brendon, poco tempo prima, le aveva detto che una sola persona non era obbligata a farsi carico di tutte le responsabilità. Le aveva spiegato che essere la più potente di tutti non comportava necessariamente sacrificare la propria esistenza per il bene degli altri. Non vi era alcuna “legge scritta” che le imponesse tutto questo. Eppure nell’animo della ragazza, man mano che procedeva verso la postazione della fata della tecnologia, cresceva sempre più una sorta di “massa informe”. Era come un macigno, che con il passare dei secondi diventava sempre più pesante. La giovane fata sapeva bene che la cosa giusta da fare consisteva nel dire “no” alla sua amica… la cosa giusta da fare consisteva nel salvaguardare la sua salute… la cosa giusta da fare consisteva nel… …. …preservare il suo rapporto con Sky. Non voleva e non poteva infrangere ancora la promessa fatta al suo fidanzato. La Principessa di Domino per la prima volta dopo tanto tempo aveva deciso di mettere il proprio benessere davanti a quello degli altri. La cosa la faceva terribilmente soffrire, ma, allo stesso modo, la rendeva libera o almeno così credeva. Tuttavia, una volta che si trovò dinanzi all’amica, incrociò lo sguardo spento di Brendon, seduto nella fila di dietro. Questi, non appena si accorse di essere osservato dalla rossa, ricambiò l’occhiata e, abbozzando un triste sorriso su quel suo pallido volto, alzò il pollice della mano destra in segno di vittoria. In quel preciso istante la Principessa di Domino comprese il profondo significato delle parole pronunciate dall’amico. In quel gesto all’apparenza inutile e scontato, Bloom trovò le risposte ai suoi dubbi e alle sue paure. La rossa, quasi avesse raggiunto una sorta di catarsi, capì finalmente che essere il Custode della Fiamma del Drago significava innanzitutto custodire quanto di più caro e prezioso esistesse al mondo: la vita degli altri. In fin dei conti la Fiamma non aveva bisogno di nessuno che si occupasse della sua salvaguardia. La Fiamma rappresentava l’Entità stessa e l’Entità non necessitava di alcun tipo di “guardiano”. Il Grande Drago Dorato, come del resto la Fenice, non aveva affidato il proprio potere agli esseri umani affinché lo proteggessero: era il suo potere a proteggere loro… era la sua forza a vegliare sul creato e a preservarne l’integrità. Di conseguenza chiunque avesse avuto il potere della Fiamma avrebbe preso parte a questa “missione”. La Principessa di Domino intuì che le sue amiche, poiché possedevano una parte del suo potere, erano come lei Custodi del Grande Drago: era questo ciò che intendeva Brendon. Lei non era sola, non era mai stata sola perché le altre Winx, fin da quando l’avevano conosciuta, avevano condiviso con lei l’onere e l’onore di difendere la Dimensione Magica. A quel punto Bloom capì che doveva fidarsi di Tecna; capì che, se la Fiamma poteva essere divisa, era perché il Drago stesso voleva che il suo potere non fosse detenuto da una sola persona; capì che essere Custode della Fiamma del Drago significava condividere il peso della responsabilità con i propri amici. La rossa, allora, tirò delicatamente la verde manica della felpa indossata dalla fata della tecnologia e, una volta richiamata la sua attenzione, bisbigliò:
«Facciamolo mi fido di te, Tecna».
Alla ragazza dai capelli viola brillarono gli occhi, poi, dopo aver portato il suo palmare vicino alle labbra, disse:
«Fate silenzio!».
Dall’apparecchio digitale la voce della ragazza fuoriuscì come un possente a fragoroso richiamo all’ordine, che nel giro di un secondo si diffuse per tutto l’auditorium. Tutte le altre voci, le grida e i brusii di sottofondo cessarono immediatamente, mentre i presenti, spaventati da quel suono improvviso, con le mani si coprirono le orecchie. Non appena l’eco delle parole di Tecna cessò, quest’ultima, assumendo un’espressione soddisfatta e divertita, si rivolse alla Principessa di Domino e con gentilezza esclamò:
«Adesso puoi dirlo anche a loro tesoro».
«Dirci cosa?» domandò la Griffin, sebbene avesse già parzialmente compreso le intenzioni dell’allieva di Faragonda.
«È ovvio no?! Vi dirà che non ha la minima intenzione di dividere la Fiamma» intervenne, sicuro di sé, Sky.
«Bloom qualsiasi cosa tu decida, io… sarò dalla tua parte» sibilò Selina con voce dolce e rassicurante.
«Anche noi! Non ti abbandoneremo, stanne certa» gridarono in coro le altre Winx.
La rossa, allora, senza dire niente, si mosse verso destra e raggiunse lo spalto dove era seduto il suo fidanzato. Una volta che i due si trovarono uno difronte all’altro, Bloom prese la mano del Principe di Eraklyon e, guardandolo nel profondo degli occhi, gli disse:
«Sky, io… non posso…».
«Bloom non potevi rendermi…» si apprestò a replicare il biondo, ma la fidanzata posandogli l’indice sulle labbra lo interruppe e, tirando un profondo sospiro, riprese a parlare.
«…non posso tirarmi indietro. Le ragazze hanno bisogno di me e io ho bisogno di loro. Acheron è un avversario pericoloso. Più saremo ad affrontarlo e meglio sarà. Ti prego di non arrabbiati, so di averti fatto una promessa e so che per una seconda volta ti deluderò infrangendola. Io non posso vivere senza di te, ma allo stesso tempo mi sentirei persa senza le mie migliori amiche. Non potrei mai perdonarmi se accadesse loro qualche cosa. Sono sicura che non correrò alcun rischio. Dopotutto la Fiamma del Drago mi ha sempre protetto… tu mi hai sempre protetto. Questa volta, però, ti chiedo di non pensare solo a me, ma anche a tutte le altre».
Bloom aveva ormai le lacrime agli occhi e con tenerezza massaggiava il dorso della mano di Sky. Sul volto di quest’ultimo, però, si dipinse un’espressione di profondo disgusto e amarezza. L’altra, avendo compreso il disappunto del fidanzato, cercò di accarezzargli la guancia, ma il Principe di Eraklyon, lasciando la mano della rossa, si ritrasse quasi come se colei che avesse dinanzi fosse il più terribile e orrendo dei mostri. La ragazza, allora, sebbene fosse profondamente dispiaciuta, non insistette e, portandosi nuovamente al centro dell’auditorium, si rivolse ancora una volta a Tecna.
«Tecna… fammi capire bene. Aisha e Flora eseguiranno la convergenza di amplificazione magica insieme a Daphne, mentre due tra Elizabeth, Roxy e Selina verranno con noi all’interno del Legendarium, giusto?».
«Esatto!» replicò, decisa, la fata della tecnologia.
«D’accordo! Quindi devo compiere una scelta: una di loro deve rimanere fuori. Ma chi… chi dovrei escludere?» bisbigliò la rossa tra sé e sé con insicurezza.
«Bloom io non voglio venire. Non me la sento di trovarmi faccia a faccia con Acheron» esordì, all’improvviso, l’ex-strega dei serpenti, la quale aveva ben capito su quale spinosa materia si stesse scervellando la sua amica.
«Sei sicura Selina?» le chiese Elizabeth, per poi aggiungere: «Tu hai molta più esperienza di me, io potrei combinare qualche casino».
«Sicurissima e non preoccuparti: sono certa che andrai alla grande» le rispose Selina, facendole l’occhiolino.
«Quindi saranno Roxy e Elizabeth. Saranno loro a diventare Fate Bloomix» sibilò Flora con la voce velata di eccitazione.
«Non esattamente» disse Timmy, mentre mostrava alla propria fidanzata dei numeri presenti sullo schermo del suo palmare.
«Cosa intendi con “non esattamente”» gli domandò, confusa, Aisha.
Tecna, a quel punto, creò una proiezione olografica di un complicato schema di calcoli algebrici e, con il suo solito atteggiamento da “scienziato pazzo”, spiegò ai presenti il significato dell’affermazione fatta dal suo fidanzato.
«Dal momento che Elizabeth e Roxy entreranno nel libro, come ha già sottolineato Bloom, Flora e Aisha gli subentreranno nella convergenza. Tuttavia, qualora lasciassimo le cose come stanno, l’incantesimo non funzionerebbe. Il Bloomix, per sua stessa natura, conferisce alle fate un potere smisurato e ineguagliabile. Dopotutto anche noi abbiamo preferito rinunciare al Butterflix e al Dreamix al fine di riacquistare questa trasformazione. La stessa Daphne, inoltre, ha chiesto alla sorella di concederle questo potere, preferendolo al Sirenix. Tuttavia il problema è…».
«Tecna ti prego… arriva al punto» la interruppe Stella con uno sbadiglio.
La fata della tecnologia, dopo averle lanciato un’occhiataccia insieme a tutti i presenti nell’auditorium, continuò il proprio discorso.
«Come vi stavo dicendo… il problema è che Selina, nella sua forma Enchantix, non riuscirà mai a controbilanciare l’energia prodotta da tre Fate Bloomix. Nella peggiore delle ipotesi il sovraccarico potrebbe esserle… fatale. Di conseguenza anche lei deve acquisire questo stadio, anche lei deve sbloccare il Bloomix».
«Bloom pensi di farcela? Sei in grado di creare tre nuove scintille?» le domandò il preside Saladin.
«Due anni fa ne ho preso cinque parti di Fiamma, tre non saranno un problema» replicò la rossa con fermezza.
«Procediamo subito allora» esclamò la Griffin, facendo segno alle ragazze di prepararsi.
Elizabeth, Roxy e Selina, sebbene fossero leggermente intimorite da tutto quella situazione, fecero come aveva ordinato la preside di Torrenuvola e si disposero a semicerchio intorno alla Principessa di Domino. Quest’ultima, invece, chiuse i propri occhi per concentrarsi meglio e, aprendo le mani a mo’ di coppa, lasciò fluire la propria energia. Poco dopo tra le dita della ragazza comparvero tre piccole scintille colorate, che crepitavano animatamente. A quel punto Bloom alzò lo sguardo verso le sue amiche e, muovendo le mani in avanti, fece fluttuare le fiammelle verso di loro. Ciascuna delle tre, piena di stupore e ammirazione, aprì la propria mano destra accogliendo la piccola parte di fiamma. Le scintille, non appena si posarono sui palmi delle fate, assunsero l’aspetto di gemme; in particolare: Elizabeth ricevette una pietra blu scuro, Selina una nera e Roxy una verde. Le ragazze, allora, serrarono il pugno e assorbirono il potere della Fiamma del Drago fondendolo con la loro essenza magica. Tuttavia non appena fecero ciò, sotto lo sguardo incredulo dei presenti, furono avvolte da una calda e accecante luce dorata. Quando il bagliore cessò Elizabeth, Roxy e Selina, senza riuscire a capirne il motivo, si ritrovarono trasformate in fate Bloomix. In particolare la fata degli animali indossava dei lunghi leggings rosa, che terminavano direttamente sui piedi formando delle scarpe, e un grazioso vestitino rosa bordato in oro, sulla cui sommità si trovavano delle spalline verdi dalle quali pendeva, sia a sinistra che a destra, un trasparente velo verdognolo. I capelli le si erano allungati fino al fondoschiena e sul davanti erano stretti a formare delle lunghe treccine, che le ricadevano sulle spalle. Ai polsi portava dei robusti bracciali rosa aventi delle lunghe e profonde venature dorate. La fronte era sormontata da una stilizzata coroncina dorata, al cui centro era incastonata la gemma fonte del potere Bloomix. Dietro la schiena si trovava un grande paio di ali rosa dai riflessi verdi e violacei, impreziosite da numerose pietre colorate. Selina, invece, aveva dei lunghi leggings verde scuro, che come quelli di Roxy erano un tutt’uno con le scarpe, e un corto vestito, anch’esso di colore verde, avente delle maniche trasparenti, che si fermavano all’altezza dei gomiti, e un sottilissimo velo nero posto dietro le spalle. I capelli erano arrivati alle caviglie ed erano raccolti a mo’ di strascico. Sulla testa della ragazza vi era un’altra coroncina di colore verde scuro, abbellita dalla presenza di un fiore stilizzato la cui corolla era costituita dalla gemma Bloomix. Ai polsi vi erano dei sottilissimi bracciali, uno di colore verde più corto e uno nero più lungo. Le ali erano di uno stranissimo nero traslucido, quasi trasparente, caratterizzate dalla presenza di scintillanti scaglie di ossidiana verdi. Elizabeth, infine, portava un paio di leggings viola scuro, che terminavano con delle alte scarpe dello stesso colore, e un vestitino blu scuro con riflessi violacei, la cui parte inferiore era pagliettata, mentre quella superiore era sormontata da delle spalline blu elettrico, dalle quali pendeva un velo lilla e si “diramavano” lungo le braccia delle maniche trasparenti. I capelli, raccolti in una vaporosa coda di cavallo, erano arrivati fino ai piedi e con la loro frangia nascondevano la coroncina contenente la gemma. Il fermaglio a forma di farfalla, invece, si trovava vicino ad un piccolo chignon posto sulla sommità della nuca. Al polso destro vi era uno stilizzato bracciale nero con due pietre blu, che a mo’ di spirale si attorcigliava lungo il braccio fino al gomito. Le ali erano di un blu molto intenso e su tutta la loro superfice erano tempestate di minuscoli diamanti, che brillavano riflettendo la luce.
«Ma cosa diamine è successo?!» gracchiò Selina, mentre girando su sé stessa ammirava il suo nuovo aspetto.
«Questo non l’avevo calcolato» mugugnò Tecna, analizzando nuovamente i dati sul proprio palmare.
«Sbaglio o mi sono persa un passaggio?» intervenne, ironica, Musa.
«Non preoccupatevi ragazze… è normale» esclamò, all’improvviso, Faragonda.
«Preside può essere più precisa?» le chiese Chatta, sbalordita quanto tutti gli altri.
La donna, allora, si avvicinò alle tre nuove Fate Bloomix e sorridendogli spiegò ai presenti cosa fosse accaduto.
«Come voi ben sapete il potere Bloomix è una trasformazione speciale accessibile ad ogni fata che possiede almeno parte della Fiamma del Drago, dopo aver compiuto un gesto buono e coraggioso. Di conseguenza le vostre espressioni inebetite sono più che giustificate: nessuna di loro tre ha compiuto un nobile atto, capace di far “scattare” la trasformazione, dico bene?».
«Esatto!» sibilò Daphne, per poi aggiunge: «Io per sbloccare il potere Bloomix, dopo aver ricevuto la parte di Fiamma, ho dovuto salvare Thoren da una mandria di nani imbestialiti».
«Amore… cosa avevamo detto riguardo a quella faccenda?» bisbigliò il cugino di Sky con imbarazzo.
«Ah… già… hai ragione, perdonami» si scusò la Principessa Ereditaria di Domino, “stampando” un caloroso bacia sulla guancia del marito.
«Nani a parte, Daphne ha ragione. Cos’è successo?» gracchiò, curiosa, Aisha.
La preside di Alfea, sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso, dopo aver invitato le ragazze ad annullare la trasformazione al fine di non farle affaticare, continuò il proprio discorso:
«Elizabeth, Roxy e Selina solo all’apparenza non hanno compiuto il sacrificio. Voi altre Winx avete deciso di sfruttare il Bloomix, perché i vostri poteri erano stati risucchiati dal Legendarium. Quindi, come Daphne, vi siete “rivolte” a questa trasformazione per una mera questione di utilità e sfruttamento personale. Loro tre, invece, non sentiva il bisogno di possedere questo potere, non l’hanno richiesto come avete fatto voi. Le vostre amiche sono state “costrette” ad acquisire questo stato, si sono, concedetemi il termine, sacrificate per la causa: sottrare il medaglio ad Acheron. Il gesto buono e coraggioso, richiesto per diventare Fata Bloomix, è stato questo… è stato accettare la missione… è stato accettare il rischio di entrare nel Legendarium e combattere».
«Caspita non me lo sarei mai immaginato» biascicò Timmy con aria sognatrice.
«La magia, in special modo quella antica, è tutt’oggi avvolta dal mistero. Non sempre possiamo spiegarla con formule matematiche» disse Saladin al suo studente, dandogli una pacca sulla spalla.
«Bene… a quanto pare tutto si è risolto» sentenziò la Griffin, aggiungendo subito dopo: «Sarà meglio che vada, non mi va di assentarmi dalla mia scuola per tutto questo tempo».
«Sono d’accordo con te Griffin» replicò Saladin, poi con fare deciso si rivolse agli Specialisti e ai due Paladini: «Ragazzi salutate le vostre fidanzate, dobbiamo tornare a Fonterossa. Codatorta è un bravo insegnante, ma in quanto preside… stendiamo un velo pietoso».
I ragazzi, seppur a malincuore, fecero quanto gli era stato ordinato e, una volta raggiunto il cortile di Alfea, salutarono amorevolmente le Winx. Solo Sky, ancora tremendamente arrabbiato con Bloom per quanto aveva fatto, non degnò nessuno del proprio saluto e salì direttamente sulla navetta. Non appena questa lasciò lo “spazio aereo” della scuola le ragazze e le Pixie, dopo aver dato la buona notte a Faragonda, corsero nella loro camera per organizzare una piccola festa in onore di Elizabeth, Roxy e Selina. Soltanto la Principessa di Domino non seguì le proprie amiche e, tenendo gli occhi puntati verso il cielo stellato e le braccia incrociate, rifletté su quanto era successo tra lei e Sky.
«Vedrai gli passerà, dagli un po’ di tempo» sibilò una voce maschile alle spalle della rossa.
«Non ne sono tanto sicura Brendon… questa volta l’ho fatta grossa» replicò, amareggiata, l’altra.
«Sky ti ama e non permetterà mai che una fesseria del genere vi divida» disse il ragazzo dai capelli neri, affiancandosi alla sua amica.
Bloom, a quel punto, si girò verso Brendon e, tenendo i suoi luminosi occhioni blu puntanti su quelli inespressivi di quest’ultimo, balbettò alcune parole:
«Lo so che mi ama, ma… forse sono io a non…».
La Principessa di Domino, però, non fece in tempo a finire la frase che, a causa della divisione della Fiamma del Drago, svenne per la stanchezza. Brendon, allora, prima che la fata si ritrovasse per terra, la prese tra le sue braccia. Subito dopo, mentre la riportava all’interno della scuola, tenendola stretta a sé le sussurrò nell’orecchio con voce dolce:
«Non fa niente… me lo dirai la prossima volta».
 
***************************************************************************************
 
Note dell’autore: Buonsalve a tutti. I presidi delle tre scuole, non appena le Winx e i ragazzi lasciano l’auditorium, hanno una strana e misteriosa conversazione. In particolare Faragonda viene accusata dalla Griffin, che ho chiamato Minerva come la McGranitt XD, di mentire su determinate cose alle sue studentesse e di nascondere un qualche cosa ad Elizabeth. Già vi dico che al momento è presto per sapere di cosa si tratti, ma, se volete, si accettano supposizioni :D. Subito dopo Bloom e Brendon hanno l’ennesimo dialogo in solitaria, grazie al quale il ragazzo consola l’amica per quanto è successo con Arcadia. Le parole di Brendon ed in seguito i pensieri di Bloom, diciamo che racchiudono la mia personale visione del Custode della Fiamma del Drago. Spero di non aver troppo esagerato con questa cosa, ma purtroppo è fondamentale a livello di trama ;D. Infine apprendiamo che il piano di Tecna consisteva nel far “sviluppare” la trasformazione Bloomix anche ad Elizabeth, Roxy e Selina. Diciamo che dal titolo un po’ si capiva ahahahahahaha. Comunque vi chiedo di perdonarmi, qualora non vi sia piaciuta o vi sia sembrata banale la spiegazione su Faragonda sul come le tre fate abbiano compiuto il loro atto di generosità. In realtà avevo pensato e scritto anche tre diverse scene, nelle quali le ragazze avrebbero compiuto questo sacrificio. Tuttavia avrei allungato troppo e inutilmente il “brodo”, così ho preferito ricorrere a questo stratagemma. La scena finale non la commento… lascio a voi le conclusioni :D. Sulla cartella del drive ho inserito le foto di Elizabeth, Selina e Roxy in versione Bloomix. La prima è una fan art di Fantazyme (la trovate su DeviantArt), alla quale, come sapete, chiesi il permesso per poter usare le sue creazioni come dei veri e propri personaggi XD. Le altre due sono state create con l’applicazione Avatar Maker: Fatine. Per Elizabeth e Selina, però, vi chiedo giusto un piccolo sforzo della vostra immaginazione: le mantelline, tipiche del Bloomix, non erano presenti come vestito, quindi ci sono nella descrizione ma non nella foto :D. Se in futuro le inseriranno, poiché fanno gli aggiornamenti, modificherò le immagini ;D. Beh… adesso ho concluso, grazie per l’attenzione. Un saluto generale ai recensori e ai lettori silenziosi :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 27
*** Capitolo XXVI – La Sala del Flusso Interrotto ***


Capitolo XXVI – La Sala del Flusso Interrotto
 
 
In quei pochi giorni, che le separavano dalla fatidica data del dieci di gennaio, le Winx non rimasero di certo con le “mani in mano”. Le ragazze, infatti, sebbene non avessero molto tempo a disposizione, ripresero le loro sessioni di allenamento all’interno della Camera delle Simulazioni. Elizabeth e Roxy si abituarono presto ai loro nuovi poteri e, grazie all’aiuto di Tecna, Musa e Stella, raggiunsero lo stesso livello di potenza di quest’ultime. Selina e le altre, invece, si concentrarono sulla convergenza d’amplificazione magica. In particolare l’ex-strega dei serpenti, dal momento che tra Flora e Aisha vi era un grande affinità, avrebbe eseguito l’incantesimo di Oppositus. La ragazza, sebbene avesse inizialmente avuto non poche difficoltà, a causa della complessità della magia, riuscì, dopo circa una settimana d’intenso allenamento, a padroneggiarla al meglio delle sue possibilità. Bloom, al contrario delle altre, poiché il dividere la Fiamma del Drago l’aveva fortemente debilitata, trascorse contro la propria volontà la stragrande maggioranza del tempo in infermeria. Le Winx, desiderose di alleviare la sua solitudine, le fecero più volte visita nel corso di quei giorni. Anche Sky, non appena seppe delle precarie condizioni di salute della propria fidanzata, mise da parte il suo orgoglio e corse ad Alfea per riabbracciarla. I due, nonostante provassero ancora un po’ di rabbia e delusione, decisero di accantonare le divergenze e di lasciarsi quel brutto avvenimento alle spalle. Il Principe di Eraklyon, però, non poté dedicare tutte le proprie energie esclusivamente a Bloom. Saladin, infatti, volendo essere pronto ad ogni evenienza, organizzò delle sessioni d’allenamento extra per i cinque Specialisti e i due Paladini. In questo modo i ragazzi, qualora fosse stato necessario, sarebbero stati pronti ad affrontare Acheron. Lo stesso Max, desideroso di potersi rendere utile in qualche modo, si sottopose a queste esercitazioni. La Griffin, seguendo le direttive di Tecna e Daphne, allestì con meticolosa cura e precisione il luogo, all’interno del quale sarebbe stato eseguito l’incantesimo di richiamo. La donna, al fine di organizzare tutto in pochi giorni, chiese l’aiuto delle Pixie e di Brendon, il quale, lasciando i suoi amici a bocca aperta, accettò di buon grado l’incarico. Faragonda, infine, si mise in contatto con Eldora e, come aveva stabilito con le sue studentesse, la invitò a prendere un tè ad Alfea. La fata madrina, sebbene fosse rimasta alquanto sorpresa dalla chiamata della direttrice, acconsentì e promise alla donna che si sarebbero viste la mattina del dieci di gennaio.
«Eccola! È arrivata» esclamò, euforica, Musa, guardando dalla finestra della propria camera il cortile della scuola.
«Sarebbe lei? È Eldora?» domandò Elizabeth con perplessità, affacciandosi al balcone.
«Si, proprio lei» rispose, divertita, Tecna.
«Non l’avrei mai detto…» biascicò la ragazza dai capelli castani, causando una risata generale.
In fin dei conti ad Elizabeth non si poteva darle torto: Eldora non l’aveva colpita in maniera del tutto positiva. Le sembrava che la donna fosse uscita da una specie di libro di favole per bambini. Agli occhi della fata degli elementi, il suo modo di vestire e il suo atteggiamento svampito la facevano apparire più come un’anziana e dolce nonnina, piuttosto che la potente fata custode della Biblioteca di Alessandria.
«Ragazze è il momento» esordì, decisa, Flora, mentre si metteva in spalla un piccolo zainetto.
«Adiamo a riprenderci questo medaglione» esclamò Aisha, stringendo la mano a pugno.
«Siete con me?» disse Bloom, stendendo il suo braccio destro in avanti.
Le altre, allora, si disposero a cerchio e misero le loro mani sopra quella della rossa.
«Come sempre» replicò Stella a nome di tutte, facendo l’occhiolino.
«Pronte Winx?» chiese la rossa, alzando il tono della voce.
«Si!» gridarono le altre con gioia, mentre alzavano le braccia in alto.
Subito dopo le nove fate si diressero rapidamente verso l’ingresso, al fine di raggiungere il limitare della foresta di Selvafosca, dove le attendevano il preside Saladin e i ragazzi. Tuttavia, poco prima di raggiungere l’ampio salone d’ingresso, Selina, che chiudeva il gruppo, si fermò di colpo. Roxy, accortasi della cosa rallentò a sua volta e le chiese preoccupata:
«Seli, ci sono problemi?».
«Si… cioè… no, tranquilla» balbettò la ragazza, per poi aggiungere con voce dolce: «Corri dalle altre, io vi raggiungo subito».
«Ok, a dopo» sibilò la fata degli animali, mentre dava le spalle all’amica e ricominciava a camminare.
Selina, invece, imboccò un altro corridoio e si diresse verso l’ufficio della preside Faragonda a passo svelto. Ben presto, però, la camminata veloce della ragazza si trasformò in una vera e propria corsa. L’ex-strega dei serpenti risalì la grande scalinata principale a tre gradini alla volta e, non appena si ritrovò nell’ala dedicata agli uffici dei professori, sul suo volto, stremato per la fatica, si accese un luminoso sorriso. Eldora era lì, saltellava con curiosità quasi infantile da una porta all’altra, facendo svolazzare nell’aria la sua lunga veste rosa. La fata madrina stava cercando la stanza della direttrice ma, non ricordando quale fosse, si ostinava a leggere ogni singola targhetta informativa, al fine di trovare quella giusta. Selina la osservava divertita, i suoi occhi scintillavano per la contentezza: erano mesi che non vedeva la donna, erano mesi che non le diceva quanto le volesse bene. D’un tratto la ragazza, staccandosi dalla parete sulla quale si era poggiata, andò in contro alla sua insegnante e con voce allegra le disse:
«Eldora, Eldora… mi sei mancata».
«Oh, Selina… piccola mia. Vieni, fatti abbracciare» cinguettò Eldora, stringendo a sé la sua allieva.
«È bello rivederti» esclamò la giovane fata, per poi aggiungere: «Com’è andato il viaggio? Hai visto posti interessanti? Ti sei divertita?».
L’anziana scoppiò a ridere, non si sarebbe mai aspettata tutte quelle domande da Selina. Tuttavia, dopo essersi calmata, le rispose:
«Bene, anzi benissimo. Sono stata in tanti posti nuovi e ho avuto modo di conoscere persone fantastiche. Tu, piuttosto, come ti trovi ad Alfea? Hai fatto nuove amicizie?».
«Mi sono subito ambientata. Sono stati tutti gentili con me… davvero» replico l’altra con poca convinzione, poi, al fine di cambiare discorso, le propose:
«Se vuoi… se vuoi ti accompagno io da Faragonda. Il suo ufficio è dietro l’angolo».
«Con immenso piacere» replicò Eldora con dolcezza.
L’ex-strega dei serpenti, allora, dopo aver preso la borsa a quadri che la donna si portava dietro, le fece strada. Durante il breve tragitto le due parlarono del più e del meno, senza toccare nessun argomento specifico. In fin dei conti a Selina bastava che la sua fata madrina stesse accanto a lei… bastava sapere che niente le avrebbe mai divise per una seconda volta. Dopo i danni, che aveva causato alla Dimensione Magica, lei e Bloom furono le uniche a supportarla. In particolare Eldora la difese dinanzi alla Grande Assemblea di Magix e fece di tutto per evitare che la sua allieva finisse nelle segrete di Roccaluce. Selina sapeva bene che le doveva tutto: anche il suo Enchantix. La ragazza, infatti, l’ottenne salvando proprio la sua insegnante da un pirata della strada, che, viaggiando ad altissima velocità, la stava per investire. Fu poco dopo quell’esperienza che Eldora si convinse ad iscriverla ad Alfea. Desiderava che alla giovane fata fosse garantita la migliore istruzione possibile. Selina, d’altro canto, era contenta di rivedere Bloom e di potersi mettere alla prova con altre studentesse. Purtroppo, però, le cose non andarono come aveva sperato. Le allieve di Alfea, a causa dei suoi trascorsi, la evitavano e, senza pensare alle conseguenze, mettevano in giro brutte voci sul suo conto. A peggiorare le cose, la sua amica d’infanzia, poiché era quasi sempre impegnata con le missioni o con i suoi doveri da Principessa, non c’era quasi mai. L’ex-strega dei serpenti, nei suoi primi mesi alla scuola per fate, si sentì terribilmente sola ed emarginata, più volte pensò di abbandonare… di gettare la spugna. L’unico motivo per cui non lo fece fu il non voler dare un enorme dispiacere ad Eldora, che si era tanto prodigata per lei, e l’aver conosciuto Roxy. La fata degli animali, infatti, si era mostrata fin da subito amichevole e disponibile verso la ragazza dai capelli verdi. Grazie alla sua amicizia, Selina riuscì a sopportare quel “marchio dell’infamia”, che le sue stesse azioni le avevano cucito addosso.
«Eccoci arrivati!» cinguettò la giovane fata.
«Mille grazie, tesoro mio» replicò Eldora con voce melodiosa, per poi chiederle: «Entri con me?».
«Mi dispiace, ma non posso. Devo uscire con Roxy e le altre… sai andiamo in gita a Magix» rispose Selina, inventando una scusa.
«Ah… che bello! Sono contenta che tu sia riuscita a trovarti tante amiche. Mi raccomando divertiti» concluse, divertita, la donna.
La ragazza le sorrise; poi, dopo aver ricevuto un tenero bacio sulla fronte, si allontanò dal corridoio e, sapendo di aver fatto tremendamente tardi, corse verso l’esterno dell’edificio.
Eldora, al contrario, bussò alla porta della stanza e, non appena ricevette il permesso di accomodarsi, la spalancò entrando nell’ufficio di Faragonda. La preside della scuola, come suo solito, era seduta dietro la grande scrivania in legno. Su quest’ultima vi erano due tazze di porcellana bianche, decorate con stilizzati disegni azzurri e poggiate su dei piattini dello stesso colore, una porta zucchero e una teiera in metallo. Affianco a quest’ultima si trovava un vassoio in legno, all’interno del quale erano adagiati una trentina di biscotti.
«Eldora, benvenuta» esordì Faragonda, facendo segno di accomodarsi.
«Grazie! Ne è passato di tempo» replicò la fata madrina con un sorriso, mentre si sedeva difronte alla sua amica.
«Meglio tardi che mai» sibilò, divertita, l’altra, per poi aggiungere: «Tutto bene? Cosa mi racconti di bello?».
«Bene, bene. Anche se… …ecco… … ci… …ci sarebbe…» balbettò Eldora in preda all’ansia, stropicciando con le mani il suo grande cappello rosa.
«Problemi?» chiese la preside, facendosi scura in volto e assumendo un atteggiamento serio.
La fata madrina, allora, prese un bel respiro e, versandosi un po’ di tè verde, iniziò a spiegare il motivo di quel suo strano atteggiamento.
«Faragonda, ti prego questa è una cosa che deve rimanere tra noi. Le Winx non lo devono sapere e in special modo Selina. La poverina è ancora oppressa dal senso di colpa e una cosa del genere non farebbe altro che peggiorare la situazione. Dovresti proprio vederla: ha fatto di tutto per non farmi stare in apprensione… per rassicurarmi. In realtà so bene quanto siano stati difficili i suoi primi mesi ad Alfea. Se adesso è riuscita ad inserirsi in questo nuovo contesto, non posso che ringraziare te e Roxy. Tuttavia è ancora troppo fragile emotivamente per apprendere una notizia di questo calibro… una tremenda notizia».
«Eldora, mi stai preoccupando. Cos’è successo?» la interruppe la direttrice con voce greve.
«L’hanno presa… hanno rubato la chiave del Legendarium» biascicò Eldora, abbassando la testa per la vergogna.
«Com’è potuto accadere?!» gridò Faragonda con rabbia, alzandosi di scatto dalla propria sedia e sbattendo un pugno sul tavolo.
«Non… … … non lo so. Ero di ritorno da Andros e…» rispose l’altra con le lacrime agli occhi, ma la preside la interruppe una seconda volta e disse:
«Il Legendarium è al sicuro? Lo tieni sempre con te?».
«Si! Il libro è nella borsa» replicò, sicura, Eldora, poi, prendendo la mano di Faragonda, mugugnò: «Mi dispiace, non avrei dovuto permetterlo».
«Non preoccuparti. Scusa se prima ho alzato la voce» esclamò la donna, mettendosi nuovamente seduta.
La fata madrina, preoccupata per la troppa agitazione di Faragonda, le passò una tazza di tè, sperando che l’infuso riuscisse a calmarla. Una volta fatto ciò, massaggiandosi delicatamente il mento, pensò ad alta voce:
«Eppure c’è una cosa che non capisco: perché hanno preso la chiave e non il libro? Dopotutto tra i due l’oggetto magico più potente è il Legendarium».
«Forse non ne hanno avuto il tempo?» ipotizzò la direttrice di Alfea, mentre sorseggiava la sua bevanda.
«Impossibile, li tengo sempre vicini. Inoltre la chiave è ormai inutile» replicò Eldora con voce pacata.
«Perché dici così?» le chiese, stupita, Faragonda.
«È semplice: la chiave può chiudere il libro, ma non aprirlo» puntualizzò la fata madrina, mentre inzuppava un biscotto nel suo tè.
La preside di Alfea, sentendo quelle parole, si sentì sollevata. Non solo il Legendarium non era stato rubato insieme alla chiave, ma quest’ultima era ormai un oggetto privo di valore. Le sue ragazze si sarebbero potute concentrare esclusivamente sulla missione affidata loro da Arcadia e non avrebbero dovuto girare mezza Dimensione Magica alla ricerca del libro. Ovviamente nella mente di Faragonda si accavallavano una miriade di ipotesi e supposizioni, volte a capire chi e per quale motivo avesse mai voluto la chiave del Legendarium. Ben presto, però, la direttrice smise di pensare a questa faccenda e, riassumendo la sua solita compostezza velata da uno strano imbarazzo, si rivolse nuovamente alla sua ospite:
«Eldora, parlando d’altro… come vanno le tue sedute mensili? Sei andata da lei?».
«Io… …io…» balbettò Eldora, facendosi rossa in volto.
«Non ci sei andata» concluse, amareggiata, Faragonda.
«Sono stata molto impegnata in questo periodo. Dopotutto lo sai anche tu» cercò di giustificarsi la fata madrina.
«Quante volte? Quante volte le hai saltate?» le chiese la donna con aria rassegnata.
«Sono… sono sei mesi che non mi vedo con lei» confessò l’altra piena di vergogna.
«Sei mesi?! Accidenti Eldora sai bene quanto sia importante che tu recuperi i tuoi ricordi» gracchiò, agitata, la preside, facendo cadere la propria tazza per terra e conseguentemente mandandola in mille pezzi.
La fata madrina, sentendosi profondamente in colpa per l’accaduto, cercò di alzare i cocci di porcella dal pavimento. Tuttavia Faragonda con un semplice gesto della mano ricompose la tazza da tè e la fece tornare al proprio posto. Eldora, allora, si strinse nelle spalle e, sospirando, le disse:
«Hai ragione… ho sbagliato. Non avrei dovuto saltare tutte quelle sedute. Mi ha ripetuto tantissime volte quanto sia necessario che recuperi la mia memoria. Il problema… il problema è che vorrei crederci anch’io. Io non ricordo nulla, non so né chi so né da dove vengo. La mia vita inizia lì… in quella grotta sulla Terra, non riesco ad andare più indietro. Credimi se ti dico che ci ho provato, mi sono sforzata con tutta me stessa senza ottenere nulla. Sono due anni che, dietro consiglio tuo, mi sottopongo inutilmente a queste sessioni di legilimanzia. Ormai sono così abituata a non avere un passato che… me ne sono fatta una ragione: sono felice. Dopotutto è il presente quello che conte e il mio presente è Selina».
«Eldora ti ho già spiegato che…» cercò di rincuorarla la preside, ma l’altra, avendo capito a cosa alludesse, la interruppe con voce scocciata:
«…che non è una questione che riguarda solo me. Devo ricordare perché… perché se non lo faccio siamo tutti in pericolo. Io ancora non capisco il nesso tra la nostra salvezza e i miei ricordi perduti».
«Soltanto recuperandoli potremo avere questa risposta» sentenziò Faragonda con fare mistico.
«Forse… forse dovrei chiamarla e fissare un appuntamento» biascicò Eldora, desiderosa di rimediare alle sue mancanze.
«Penso che ne sarebbe particolarmente felice» replicò, serena, la preside.
«Lo spero proprio, non vorrei averla fatta arrabbiare» esclamò la fata madrina, abbozzando un sorriso malizioso sul suo pallido volto.
Faragonda, non appena sentì quelle parole, rise di cuore, poi, dopo essersi calmata, le disse:
«Credimi: ho combinato di peggio, ma non ci sono riuscita. Nessuno è capace di far arrabbiare Sybilla».
Nel frattempo Daphne ancora mezza svestita si agitava nella sua camera, correndo dal bagno all’armadio e viceversa. La Principessa Ereditaria di Domino quella mattina non aveva sentito la sveglia e di conseguenza si era alzata dal letto molto più tardi del previsto. Il suo cellulare, come se non bastasse, squillava in continuazione: sua sorella, suo marito e il preside Saladin la stava tempestando di chiamate, messaggi e e-mail. La bionda, però, temendo di perdere tempo prezioso nel rispondere, li ignorò e, imprecando a più riprese, riuscì a prepararsi nel tempo record di quattro minuti e quarantasette secondi. Tuttavia, dopo essersi avvicinata alla porta della stanza, guardando per puro caso sulla sua scrivania, notò qualche cosa di strano. Tra i numerosi compiti da correggere, accatastati l’uno su l’altro in un piccolo angolino, e i tomi di storia della magia, vi era un oggetto… un libro dall’aspetto stranamente familiare, ma che non avrebbe dovuto trovarsi lì. Daphne si avvicinò al tavolo con passo incerto, poi, prendendo tra le mani l’antico volume, lo fissò per alcuni istanti con la bocca spalancata. La copertina rilegata in pelle color magenta e la grande mezza luna bianca e azzurra impressa su di essa, non le lasciarono alcun dubbio: si trattava del Libro Sirenix. La ragazza lo rigirò più e più volte tra le mani e, dopo aver preso coraggio, lo sfogliò. Le pagine, nonostante il passare dei secoli, erano rimaste candide e le parole non avevano perso la loro colorazione originale. Arrivata alla fine del libro, però, Daphne, nonostante conoscesse ormai a memoria il suo contenuto, si accorse della presenza di un nuovo capitolo… un capitolo che neanche lei aveva mai letto. La Principessa, a quel punto, poggiò per terra la sua borsa e, sedendosi sulla sedia, cercò di capire per sommi capi di cosa si trattasse. Tuttavia, non appena si decise a leggere, il suo cellullare squillò per l’ennesima volta. Daphne sobbalzò per lo spavento e, ricordatasi della sua missione, ripose il Libro Sirenix nella sua borda. Subito dopo prese le ultime cose necessarie per la convergenza e come un fulmine si diresse dai suoi amici. Arrivata nel cortile di Alfea incrociò Selina e, avendo capito che anche quest’ultima fosse in ritardo, le si affiancò. Le due, senza dirsi nulla per tutto il tragitto, corsero a perdifiato e, buttando per l’aria studenti e professori, giunsero stremate al limitare della Foresta di Selvafosca.
«Era ora! Cosa stavate combinando?» esordì, seccato, Saladin, mentre si avvicinava alle ultime arrivate.
Daphne e Selina, non avendo più fiato in corpo, non risposero e, appoggiandosi l’una sull’altra, cercarono di recuperare le loro energie.
«Lasci perdere preside» intervenne, divertito, Sky, poi, preso il comando della missione, disse: «È il momento di raggiungere Torrenuvola. Se tutto andrà come abbiamo previsto, entro questa sera sapremo l’identità del Custode della Fiamma della Fenice. Mi raccomando fate tutti attenzione e speriamo che la fortuna ci assista».
«Tecnicamente la fortuna…» cercò di controbattere Tecna, ma Stella la interruppe sbuffando:
«Tecna… non incominciare».
Tutti, compresa la fata della tecnologia, scoppiarono a ridere e nei loro cuori furono grati alla Principessa di Solaria per aver disteso, anche se di poco, quel clima così teso. Gli specialisti, i due paladini e Max, a quel punto, salirono sulle loro windriders rosse e con estrema galanteria fecero accomodare le rispettive fidanzate sui sedili posteriori. Musa, invece, poiché diverso tempo prima Riven le aveva insegnato a guidare la sua moto, fece coppia con Roxy; mentre Selina, per sua grande gioia, portò dietro Saladin.
«Spero tu sappia farla funzionare» esclamò, leggermente preoccupato, il preside di Fonterossa alla ragazza dai capelli verdi.
«Si… certo… le altre mi… mi hanno spiegato tutto» mentì l’ex-strega dei serpenti, la quale non era mai salita su una windrider.
«Benissimo. Partiamo allora, gli altri già sono si sono avviati» le ordinò Saladin, puntando il suo scettro in avanti quasi fosse una sorta di lancia da giostra medioevale.
Sellina, nonostante non sapesse nemmeno da dove iniziare, premette il bottone d’accensione e disabilitò il freno magnetico. Tuttavia, non appena fece ciò, la moto scattò in avanti e, priva di controllo, iniziò a guadagnare sempre più velocità. L’ex-strega dei serpenti, avendo perso il controllo del mezzo, andò nel panico, mentre il Preside Saladin si coprì gli occhi con le mani per lo spavento. La windrider di Selina raggiunse e superò quelle degli altri specialisti, i quali nell’immediato non riuscirono a capire cosa stesse accadendo.
«Ma… ma… era Selina quella?» balbettò Timmy ai suoi amici.
«Ho paura di sì» esclamò Bloom con ansia.
«Dobbiamo fermarla, prima che si schianti» intervenne, sicuro di sé, Brandon.
«Ti seguo!» sentenziò Helia, mentre Flora su sua richiesta si apprestava a prendere i comandi della moto.
I due si affiancarono alla windrider impazzita e, ordinando alla loro amica e al preside di mantenere la calma, si apprestarono a risolvere la situazione. In particolare Brandon tenne ferma la moto con le sue mani, mentre Stella da dietro, con non poche difficoltà, continuava a pilotare la loro windrider. Helia, invece, mettendosi a cavallo tra i due veicoli, prese Selina tra le braccia e l’adagiò sul sedile posteriore della moto guidata dalla sua fidanzata. Il ragazzo, subito dopo, si mise al posto dell’ex-strega dei serpenti e, invitando il suo compagno di squadra a lasciare il manubrio, riprese il controllo del mezzo. Le tre windriders, a quel punto, si fermarono e aspettarono che il resto del gruppo si ricongiungesse con loro. Quando tutte e dieci le moto tornarono in formazione, i ragazzi ripresero il loro viaggio verso Torrenuvola. Helia, preoccupato per la salute del nonno, gli chiese più volte come si sentisse. Saladin, però, non prestò minimamente attenzione alle parole del nipote e per tutto il tragitto si lamentò di Selina e della poca affidabilità delle windriders, causando le risate dei suoi allievi. Dopo circa quindici minuti, il gruppo giunse finalmente alla scuola per streghe. Ad attenderli all’ingresso vi erano le Pixies, Brendon e la preside Griffin, la quale aveva concesso un inaspettato giorno di riposo alle sue allieve a scopo precauzionale. Di conseguenza Torrenuvola era completamente deserta e le Winx avrebbero potuto agire indisturbate. La Griffin guidò Saladin e i ragazzi all’interno dei tetri sotterranei della scuola. Le giovani fate e i loro fidanzati seguirono silenziosamente i due presidi, preferendo rimanere concentrati sul da farsi. Ognuno di essi, infatti, era estremamente turbato dalla missione e soprattutto dai possibili risvolti negativi, che quest’ultima avrebbe potuto prendere. Bloom, che insieme a Sky chiudeva il gruppo, osservava con apprensione tutte le sue amiche, sperando che nessuna di loro corresse chissà quali pericoli. In particolare la Principessa di Domino era preoccupata per Roxy e Elizabeth: alle due era stata affidata una grande responsabilità e la rossa temeva che, a causa della loro poca esperienza, potessero combinare qualche guaio. Il Principe di Eraklyon, vedendo la sua dolce meta così angosciata, le prese la mano e le sussurrò nell’orecchio parole dolci. Dopo alcuni minuti di cammino il gruppo giunse davanti ad un’imponente portone alto quasi sei metri. La preside di Torrenuvola, allora, toccò le due ante con entrambe le mani e, mugugnando alcune parole dal significato incomprensibile, le fece spalancare. Ciò che si mostrò alle Winx e agli Specialisti li lasciò senza fiato. L’imponente struttura lignea si era aperta su una lugubre camera rituale. A pochi metri dalla porta di accesso infatti si trovava una sorta di altare, sul quale era poggiata una grande clessidra di cristallo, incorniciata in una scintillante montatura argentea. All’interno dell’oggetto, nella sua parte inferiore, vi era una finissima sabbia nera dai riflessi violacei. Ai quattro angoli della struttura erano stati posizionate strane ciotole di terracotta contenenti dei tizzoni ardenti, che ogni tanto sprigionavano piccole fiammelle nere. L’artare, così come la porta, era posto al di sotto di una grande tettoia in legno scuro, sorretta da una decina di colonne nere. La caratteristica più affascinante di quel luogo, però, era rappresentata da ciò che si trovava oltre la copertura: il nulla più assoluto. La stanza, infatti, sembrava non avere confini spaziali che ne delimitassero la struttura. Subito dopo il basamento marmoreo della tettoia vi era esclusivamente uno spazio vuoto, che si perdeva all’infinito. La Griffin e Saladin, per nulla meravigliati, invitarono i ragazzi ad entrare nella camera, poi, una volta fatto ciò, il portone si chiuse alle loro spalle. I presenti, allora, si trovarono immediatamente al buio e, presi da una strana agitazione, iniziarono a parlare tra di loro ad alta voce. Il chiacchiericcio divenne ben presto abbastanza fastidioso, così la direttrice di Torrenuvola, desiderosa di riportare l’ordine, battendo tra loro le proprie mani, accese una serie di fiaccole ancorate alla parete. Non appena vi fu nuovamente luce le ragazze e i ragazzi si calmarono e in attesa d’istruzioni sul da farsi si radunarono intorno ai due presidi. La Griffin, a quel punto, prese la parola e rivolgendosi ai presenti esclamò:
«Il luogo, all’interno del quale ci troviamo, è molto particolare. Potremmo tranquillamente definirlo come un mondo a sé stante. Anzi sarebbe più corretto dire che si tratta di una dimensione interna al nostro universo, ma completamente indipendente da esso. In questo posto le leggi della fisica, della magia e perfino del tempo sono abbastanza diverse da quelle che siamo soliti conoscere. Miei Cari, benvenuti nella… “Sala del flusso interrotto”».
«Frutto interrotto?!» starnazzò, perplessa, stella, interrompendo sgarbatamente la donna.
«Flusso, non frutto razza di baccalà» la rimproverò Aisha, dandole uno scappellotto.
«Non è possibile… non pensavo fosse ancora operativa» mugugnò ad alta voce Tecna.
«In teoria è così, ma…» cercò d’intervenire Saladin, ma fu interrotto dalla voce isterica Daphne:
«Questa camera non dovrebbe essere qui. Non dovrebbe neanche esistere! Preside Griffin potremmo cacciarci in guai molto molto seri, se qualcuno scoprisse questo posto… sarebbe la fine».
«Daphne, calmati per favore» cercò di rassicurarla Thoren, massaggiandole delicatamente la schiena.
«Preside Saladin è vero?» chiese ad un tratto Sky con espressione seria.
L’anziano mago, allora, si poggiò sul bordo dell’altare in pietra e, accarezzando la sommità del suo bastone magico, spigò ai suoi ragazzi la storia di quel luogo così mistico e affascinante.
«Nel lontano 1330 un potente stregone di nome Medad, originario del pianeta di Zaltora, sfruttando le sue grandi conoscenze sullo scorrere del tempo, costruì la clessidra posta alle mie spalle: la Clessidra Frangiflusso. Il flusso in questione altri non è che quello temporale. Quest’oggetto è in grado di spezzare il “continuum del tempo” e di creare delle vere e proprie “bolle”, all’interno delle quali gli eventi che hanno luogo sono indipendenti dal mondo esterno».
«Non ci ho capito niente» commentò, senza alcun ritegno, la Principessa di Solaria, poi rivolgendosi a Tecna, esclamò:
«Tesoro mio… traduci per cortesia».
La fata della tecnologia, allora, dopo aver intuito dalle espressioni fatue del resto dei suoi amici, ad eccezione di Timmy, Max e Daphne, che la spiegazione di Saladin non fosse per nulla chiara, sbuffò e, mettendosi al fianco del preside di Fonterossa, disse:
«Come voi ben sapete il tempo scorre in linea retta: non vi è possibilità che torni su sé stesso o che devi dal suo “percorso naturale”. Le Pietre dei Ricordi ci consentono di viaggiare nel passato, ma non riavvolgono il corso degli eventi. Di conseguenza il passare dei secondi, dei minuti e delle ore viene chiamato flusso temporale. Adesso la clessidra, argomento che avreste dovuto studiare al quinto anno ma… lasciamo perdere, ha la capacità di infrangere lo scorrere del tempo, cioè di dividerlo in due. Quando il continuum viene separato, tra le due metà si crea una cosiddetta “bolla di stasi”, all’interno della quale il tempo continua apparentemente il suo corso normale. Ciò, però, non è così perché quanto avviene nella bolla è al di fuori del flusso stesso. In poche parole la Clessidra Frangiflusso ferma il tempo, lo mette in pausa e ne consente il regolare prosieguo esclusivamente all’interno della singolarità di stasi. Vi faccio un esempio pratico, che tutti riuscirete a comprendere. Ipotizziamo che Stella…
«Ehi! Perché sempre io?!» starnazzò la bionda con fare offeso.
«Stella!» la rimproverarono in coro gli altri.
«Uff.… va bene, va bene. Fate come vi pare» sbuffò la Principessa di Solaria, allontanandosi dal resto del gruppo.
Tecna scosse il capo rassegnata, poi riprese la sua spiegazione:
«Come vi stavo dicendo: ipotizziamo che Stella debba consegnare la sua relazione sul medioevo zenithiano a Daphne. Tuttavia, a causa del suo carattere pigro e svogliato, non ha ancora scritto nulla di decente e mancano soltanto dieci minuti alla fine della lezione. La nostra amica, qualora fosse in possesso della clessidra, al fine di evitare uno zero in storia della magia, potrebbe ricorrere al suo potere e, creando una bolla di stasi, in teoria dilaterebbe all’infinito il suo tempo a disposizione. Trasformerebbe quei dieci minuti in dieci ore, anzi conoscendola bene io direi in dieci anni, e nessuno se ne accorgerebbe. Nel flusso originario, infatti, il tempo si arresterebbe del tutto, dandole la possibilità di rimediare alle sue mancanze».
«Fammi capire bene: quella cosa ferma davvero il tempo?» intervenne Musa, indicando con non curanza la clessidra.
«Esatto!» replicò, leggermente eccitata, Tecna, mentre analizzava con il suo palmare lo strumento magico.
«Ma… ma è fantastico! Avete idea di quanti problemi si potrebbero risolvere…» esclamò, euforico, Helia, ma la Principessa Ereditaria di Domino con voce greve lo interruppe:
«…o causare. La Clessidra Frangiflusso è pericolosissima!».
«Dici sul serio?» le chiese Roxy con una punta di paura.
Daphne si avvicinò all’altare e, guardando con timore e apprensione la clessidra, si rivolse alle sue amiche:
«Subito dopo che Medad costruì la Clessidra Frangiflusso, si rese conto che il potere da essa generato era alquanto instabile e pericoloso. Chiunque avrebbe potuto arrestare il corso del tempo e, agendo in maniera indisturbata, interferire con il normale equilibrio del nostro universo. Di conseguenza nel 1335 Medad, insieme a suo fratello minore Breaker, fuse la clessidra con un generatore di portali dimensionali: l’altare in pietra sul quale è posto l’oggetto magico. In questo modo nacque la Stanza del Flusso Interrotto, la quale ha lo scopo di limitare e circoscrivere il potere della clessidra. Non appena si aziona la Clessidra Frangiflusso all’interno di questa stanza, infatti, la porta presente alle nostre spalle scompare, impedendo a chiunque di uscire dalla sala. Il blocco temporale, inoltre, si riduce esclusivamente ad un’ora, trascorsa la quale il continuum riprende il suo corso e la clessidra non può essere azionata per almeno un giorno. Di conseguenza, non solo si evita che le persone arrechino danni ai vari mondi conosciuti, ma soprattutto si preserva il flusso temporale. Quest’ultimo, se restasse troppo a lungo in pausa, rischierebbe di subire delle delezioni: la bolla di stasi si staccherebbe dal continuum e costituirebbe un “anello di partizione” slegato in maniera permanete dal normale scorrere del tempo. Tuttavia nel 1354, su pressione del Consiglio degli Anziani, la Grande Assemblea di Magix ordinò la distruzione della Stanza del Flusso Interrotto e la messa a bando di tutti gli oggetti capaci di controllare il tempo».
«Un momento se la sala dovrebbe essere stata distrutta, com’è possibile che si trovi a Torrenuvola?» le chiese Nex con perplessità.
«È quello che vorrei sapere anch’io, preside Griffin» replicò, accigliata, Daphne, girandosi verso la donna.
«Ragazze, vi prometto che vi spiegherò tutto, ma adesso…» cercò di rispondere la preside di Torrenuvola, ma fu interrotta dal Principe di Eraklyon, che in maniera apertamente ostile esclamò:
«Io pretendo di sapere la verità ora!».
«Sky… per favore abbiamo cose più importanti a cui pensare» lo ammonì Saladin.
Il leader degli Specialisti, però, non volle sentire ragioni e, avvicinandosi minacciosamente alla Griffin, le disse:
«Crede forse che la Grande Assemblea di Magix sia una barzelletta? Per caso si ritiene al di sopra delle leggi che regolano la Dimensione Magica? L’essere preside di quest’insulsa catapecchia non le dà il diritto di agire come meglio crede. Mio padre, quello di Stella, i genitori di Bloom e gli altri regnanti decidono cosa sia meglio per noi, non lei… non Faragonda. Se questa sala doveva essere distrutta, ma ciò non è accaduto, allora è mio dovere, come futuro Re di Eraklyon, capire il motivo di tale insubordinazione. Io sono stanco, stanco di tutti questi segreti… di tutte queste bugie. Lei, Faragonda e Arcadia non fate altro che mettere in discussione l’autorità dei sovrani della Dimensione Magica. Ad ognuno di noi è assegnato un posto all’interno della società e si presuppone che lei, come gli altri, agisca nei limiti delle sue funzioni. Io…».
«Amico, adesso basta» intervenne, deciso, Brandon, poggiandogli una mano sulla spalla.
Il fidanzato di Stella, esasperato da quell’inutile sproloquio, aveva deciso di porre un freno a quella situazione. Sky, resosi conto di aver esagerato, si voltò verso i suoi compagni, anch’essi notevolmente scossi per l’accaduto, e, dando le spalle alla Griffin, sibilò senza perdere la sua regale compostezza:
«Come ha detto il preside Saladin, abbiamo una missione da portare a termine. La faccenda, però, non finisce certo qui. Una volta che avremo trovato il Custode e che tutta questa dannata storia sarà conclusa, lei, Faragonda, il Consiglio degli Anziani risponderete direttamente all’Assemblea. È arrivato il momento che il potere torni nelle mani di chi ha il diritto di esercitarlo».
La preside di Torrenuvola non rispose, ma si limitò ad annuire con la testa, mentre i suoi occhi ambrati s’inumidirono. Daphne, profondamente dispiaciuta per aver contribuito alla nascita di quella discussione, si avvicinò alla donna e, dopo aver ricevuto una sorta di “permesso”, le cinse un braccio intorno alla schiena stringendola a sé. Intanto Saladin, nonostante fosse ancora un po’ turbato dalla “sfuriata” del suo allievo, stava spiegando al resto del gruppo le modalità della missione. I tre presidi, infatti, aveva deciso che la convergenza d’amplificazione magica sarebbe avvenuta all’interno della Sala del Flusso Interrotto, in modo tale da evitare possibili pericoli per il “mondo esterno”. Di conseguenza il preside di Fonterossa raccomandò alle Winx, in special modo a quelle che sarebbero entrate nel Legendarium, di portare a termine il recupero entro la fine dell’ora prevista dalla Sala. Fatto ciò, una volta che la Griffin e la Principessa Ereditaria di Domino si riunirono agli altri, si procedette come stabilito. Aisha, Daphne, Flora e Selina, dopo essersi trasformate, si sedettero alternatamente una di fronte all’altra, in modo da formare una sorta di croce greca. Bloom, Musa, Elizabeth, Roxy, Stella e Tecna, invece, iniziarono a raggrupparsi oltre il basamento di marmo: nell’infinito spazio vuoto e buio. Tuttavia, poco pria che raggiungesse le sue amiche, la rossa fu presa in disparte da Brendon, il quale la portò con sé lontano da occhi indiscreti, senza accorgersi che il fidanzato della ragazza li stesse osservando indispettito. La Principessa, meravigliata dal modo di fare del ragazzo, non appena ne ebbe la possibilità, gli disse con fare divertito:
«Non mi sembra il momento per una “scappatella”. Inoltre ti ricordo che sono fidanzata, quasi sposata».
«Perché pensate sempre che sia un disperato in cerca di una storia?» sbuffò, stizzito, l’altro.
«Chi altri lo pensa sono curiosa di…» fece per chiedergli la ragazza, ma Brendon, facendole segno di tacere, la interruppe:
«Ascoltami, non abbiamo molto tempo. Le Pixies mi hanno detto che lo Scrigno dell’infinito, all’interno del quale si trova Acheron, è custodito da una specie di nano da giardino molto dispettoso e soprattutto immune alla magia. È vero?».
«Si, si chiama Praseidinio. Comunque non ti preoccupare troveremo…» cercò di replicare Bloom, ma Brendon, non appena ebbe avuto la sua conferma, estrasse dalla tasca della sua giacca una fiala di vetro contenente uno spaventoso liquido nero e, consegnandolo in mano alla sua amica, la interruppe una seconda volta:
«Bloom… una sola goccia, non due, non tre… una soltanto. Una volta che l’avrà bevuta, vi darà tutto ciò che volete. Te lo ripeto: solo una goccia, altrimenti… beh… altrimenti non voglio neanche pensarci».
«Brendon, cos’è?» gli domandò, estremamente preoccupata, la rossa, mentre cercava di osservare il contenuto della fiala.
«Non è importante. Tu preoccupati solo di farglielo bere» rispose il ragazzo con aria seccata.
«Sicuro che funzionerà?» continuò a chiedergli la giovane fata.
«Questa è la seconda volta che… che… non ti preoccupare andrà bene» biascicò l’altro per poi allontanarsi.
A quel punto Bloom decise di fidarsi del suo amico e, riposta la fila nella tasca della sua gonna, raggiunse le altre Winx. La Griffin, Saladin, i ragazzi e le Pixies si avvicinarono all’altare sul quale era posta la Clessidra Frangiflusso. Daphne, allora, dopo essersi scambiata un ultimo sguardo d’intesa con le altre tre fate impegnate nella convergenza, stese le mani in avanti e, concentrandosi sulla parte di Fiamma del Drago di Acheron, formulò l’incantesimo di richiamo. Selina, posta difronte alla bionda, asprì nello stesso istante i palmi e sibilò l’Oppositus. Flora e Aisha, invece, assunsero la “posizione del loto” e, chiamata a raccolta la loro energia e quella delle altre due fate, amplificarono la forza e la portata della convergenza. Di conseguenza tra le mani di Daphne e Selina si creò una sfera magica di colore bianco, che con il passare dei secondi diventava sempre più grande. La preside di Torrenuvola, avendo capito che l’incantesimo di richiamo era ormai pronto, fece cenno alle altre Winx di trasformarsi, poi con l’aiuto di Saladin girò la clessidra di cristallo sottosopra. Non appena la sabbia nera iniziò a scorrere si sentì un rumore sordo, molto simile a quello prodotto da un ingranaggio che s’incastra. Il grande portone in legno, invece, scomparve nel nulla, lasciando posto ad una parete vuota. La Principessa Ereditaria di Domino e l’ex-strega dei serpenti quasi all’unisono gridarono ai presenti:
«Ci siamo! Dateci voi il via».
«Noi siamo pronte» esclamò, sicura, Bloom, parlando a nome delle altre.
«Ragazze ricordate: avete un’ora» le ammonì Saladin.
«Una vota che sarà trascorsa, Daphne si aggancerà alle vostre essenze magiche e vi riporterà in dietro con o senza il medaglione» aggiunse la Griffin con decisione.
«Avremo il medaglione... è una promessa» la rassicurò Musa, facendole l’occhiolino.
In quello stesso momento Daphne e Selina scagliarono l’incantesimo di richiamo, facendo svanire le loro amiche in uno scintillante tripudio di polvere di stelle.
«Sono sicuro che andrà bene» sibilò il preside di Fonterossa alla sua collega.
«Lo spero con tutto il cuore» concluse l’altra con aria trasognata.
Gli Specialisti, i due paladini e Max, invece, raggiunsero le autrici della convergenza e, congratulandosi per l’ottimo lavoro, le aiutarono a rimettersi in piedi. Sky, invece, si avvicinò minaccioso a Brendon, in quale era intento a giocherellare con le Pixies, e con tono autoritario gli disse:
«Hai un momento? Vorrei parlarti».
Il ragazzo dai capelli neri, allora, chiese gentilmente a Lockette e alle altre di lasciarli un attimo da soli. Fatto ciò, riassumendo la sua solita espressione di noncuranza, si rivolse al Principe di Eraklyon:
«Cosa vuoi?».
«Le devi stare lontano, hai capito?! Lei è la mia ragazza» gl’intimò il biondo, prendendolo per il colletto della maglia.
«Senti se ti riferisci a prima, io…» cercò di giustificarsi Brendon, ma Sky, dopo averlo sbattuto per terra, lo interruppe:
«Non m’interessa. Non ti avvicinare mai più a Bloom».
L’altro non replicò nulla e, chinando più volte il capo, gli fece cenno di aver capito. Il Principe di Eraklyon, allora, sebbene non si sarebbe mai aspettato di averla vinta tanto facilmente, gli voltò le spalle e senza aggiungere altro tornò dai suoi amici, lasciando Brendon a terra con il suo sguardo vitreo perso nel vuoto.
 
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Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Come avrete sicuramente notato ho “declassato” il rating della storia: da rosso sono passato ad arancione. Sinceramente era da un po’ di tempo che riflettevo su questa cosa, anche perché nella fanfiction scene sessualmente esplicite o volgarità non si vedono neanche con il cannocchiale, ma avevo paura che la storia risultasse agli occhi dei lettori troppo violenta. Tuttavia, leggendo le altre storie del fandom e seguendo il consiglio di un’amica nonché autrice XD, mi sono finalmente deciso a effettuare questo cambiamento. Ciononostante, qualora qualcuno di voi fosse disturbato da questa mia scelta, vi prego di farmelo sapere. Senza dilungarmi troppo su questo argomento, veniamo al “succo” di questo estratto. Eldora, dopo essere arrivata ad Alfea e aver incontrato Selina, ha un lungo dialogo con la preside. Di questa discussione dobbiamo ricordarci due cose fondamentali: 1) Il furto della chiave del Legendarium… questo è importantissimo, altrimenti non capirete una “magagna” che mi sono inventato :D. 2) Le sessioni di legilimanzia di Eldora. Secondo voi (lo sono cattivo XD) cosa avrà mai da ricordare la fata madrina? Perché è stato tirato fuori dal nulla il personaggio di Sybilla e quale sarà il suo ruolo? Sono domande abbastanza complesse, ma di notevole impatto sulla storia :D. Nella seconda parte del capitolo Daphne trova un libro molto particolare: il Libro Sirenix. Questo è un altro mistero da svelare, le ragazze ormai hanno il Bloomix: a cosa gli servirà quel libro e perché ha un capitolo in più? Dopo il breve siparietto di Selina e Saladin (giuro avrei voluto dilungarmi, ma non ho potuto… mi divertiva troppo quella scena :D), i ragazzi giungono a Torrenuvola, dove la Griffin li porta nella Sala del Flusso Interrotto. Non mi dilungo su questa cosa, anche perché Tecna è stata più che esaustiva ;D. Sappiate solo che (almeno per l’aspetto “grafico”) mi sono ispirato alla Stanza dello Spirito e del Tempo di Dragonball e che Medad (rivedetevi l’episodio 3X13 e vi ho fatto un big spoilerone ;D), insieme a suo fratello Breaker, torneranno a farsi sentire nel prosieguo. Il come… beh… lo scoprirete leggendo ahahahahahaha. Le Winx, infine, attuano la convergenza e entrano nel Legendarium (era pure ora XS). Della parte finale… tenete a mente tutti e dico proprio tutti i dialoghi di Sky, sono fondamentali per capirne la psicologia. Ho concluso, scusatemi se anche questa volta vi ho annoiato XD. Come sempre, un ringraziamento ai recensori, ai lettori silenziosi e a MartiAntares (non fa niente se te li ho fatti anche in privato) che mi ha aggiunto tra gli autori preferiti. Un saluto generale :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 28
*** Capitolo XXVII – Il mondo del Legendarium ***


Capitolo XXVII – Il mondo del Legendarium
 

Brendon era ancora lì, seduto sul grigio pavimento della Sala del Flusso Interrotto con la schiena appoggiata al muro. Il suo sguardo era fisso su una delle colonne nere, che reggevano la tettoia in legno. Il ragazzo sembrava essere entrato in una sorta di profonda trance e, nonostante le Pixies cercassero di richiamare la sua attenzione, nulla riusciva a risvegliarlo dal suo torpore. Brendon era paralizzato, paralizzato dalla sua stessa incapacità di reazione. Per la prima volta dopo anni non era riuscito a tenere testa ad un suo “avversario”, cadendo vittima delle circostanze. In fin dei conti lui non aveva fatto nulla di male: voleva soltanto aiutare una sua amica… voleva permetterle di superare l’ostacolo rappresentato da Praseidimio. Nella sua testa non gli era mai balenata l’idea di poter provare un qualche interesse nei confronti della rossa. Dopotutto come avrebbe potuto lui… un essere privo di desideri, di emozioni, di sogni; un essere privo di umanità. Il ragazzo non sapeva neanche cosa significasse amare qualcuno, non ne era capace… Belial glielo impediva. Eppure, nonostante ciò, non era riuscito a replicare alle accuse del Principe di Eraklyon. In quel momento avrebbe voluto urlargli contro, schiantarlo contro una colonna, ucciderlo… avrebbe voluto ma non l’ha fatto. Un qualcosa dentro di lui l’aveva bloccato, gli aveva impedito di reagire. Forse Sky non aveva torto… forse lo Specialista era riuscito a capire ciò che a Brendon era sfuggito. Lui non provava nulla per Bloom o almeno questo era ciò che credeva.
«Ehi! Tutto bene?» sibilò una dolce voce femminile.
«Non farci caso Selina, sono dieci minuti che è imbambolato» esclamò Chatta, mentre con la sua manina picchiettava sulla testa del ragazzo.
«Perché?» domandò la giovane fata con curiosità, piegandosi sulle ginocchia.
«Non ne abbiamo la più pallida idea» intervenne, amareggiata, Amore.
Selina, allora, si mise difronte al suo amico e, dopo aver allontanato la Pixie di Flora con il proprio braccio, sferrò un potente “rovescio” sulla guancia di Brendon. Quest’ultimo si ridestò di colpo e, massaggiandosi il viso, esclamò:
«Sei impazzita?! Cosa diamine ti salta in mente?».
«Evviva si è ripreso!» gridarono in coro le Pixies con la voce gioiosa.
«Visto? Erano preoccupate per te» disse, tranquillamente, l’ex-strega dei serpenti.
«Ho capito, ma era proprio necessario darmi una sberla?!» gracchiò l’altro, alterandosi leggermente.
«Eri in catalessi… avevamo paura che ti fosse successo qualche cosa di brutto» mugugnò Lockette, dandogli subito dopo un bacio sulla guancia dolorante.
«Sei arrabbiato?» esordì, timidamente, Cherie, spiegazzando il lembo del proprio vestito per l’ansia.
«No, no non preoccupatevi» replicò Brendon con dolcezza, mentre le accarezzava la testa.
A quel punto le Pixies, contente che il loro amico stesse bene, si diressero all’altare, sul quale era posta la Clessidra Frangiflusso, al fine di esaminarla con cura. Selina, allora, sedendosi accanto al ragazzo dai capelli neri, gridò in direzione delle giovani fatine:
«Mi raccomando non combinate casini. Non vorrei ritrovarmi bloccata fuori dal flusso temporale per colpa vostra».
«Lasciale in pace. Non fanno nulla di male» esclamò, divertito, l’altro.
«Io proprio non capisco come tu faccia a sopportarle» sbuffò la giovane fata.
«È semplice, le considero per quello che sono: poco più che bambine» le spiegò, pacatamente, l’amico.
«Si… …ma… …lasciamo perdere» sibilò Selina con rassegnazione, per poi aggiungere: «Piuttosto, vuoi dirmi cos’è successo?».
«Niente…» rispose Brendon con fare ermetico e scostante.
«Dalla tua reazione non si direbbe. Allora me ne vuoi parlare?» insistette la ragazza, scuotendolo per un braccio.
«Selina, ti prego non insistere» replicò l’altro con un filo di voce.
L’ex strega dei serpenti, nonostante il ragazzo le avesse chiesto di chiudere lì la conversazione, non si diede per vinta e, appoggiando la sua verde chioma sulla spalla dell’amico, con voce dolce, ma allo stesso tempo velata da una profonda tristezza, gli disse:
«Ascoltami, io voglio essere tua amica. Non chiedermi il motivo, perché neanch’io riesco a spiegarmelo… so solo che devo starti vicino. Tuttavia il tuo atteggiamento scontroso rende la cosa molto più difficile. Guardati intorno: Max e Elizabeth sono pienamente riusciti ad inserirsi nel gruppo, anche Faragonda e Saladin li adorano. Ormai, come si dice, “fanno parte della famiglia”. Tu, al contrario, hai solo me, le Pixies e, chissà per quale arcano mistero, Bloom. Brendon se non fosse per noi… tu saresti solo, nessuno vuole avere a che fare con te… nessuno ci prova più. Hai terrorizzato a morte Roxy; Flora e Helia, nonostante la loro instancabile gentilezza, si sono visti negare la tua amicizia; le altre ragazze ti evitano mentre il resto degli specialisti ti guarda con sospetto. Perché ti ostini a comportarti in questo modo? Perché non permetti a nessuno di noi di creare un legame con te? Capisco che nelle tue… …ecco… nelle tue condizioni tutto diventi più difficile, ma ciò non ti giustifica dal trattare gli altri come “pezze da piedi”. Brendon tu hai bisogno di noi e noi di te… non puoi continuare a vivere nell’indifferenza, lasciando che le cose ti scivolino semplicemente addosso. Per quanto possa essere difficile, devi ricominciare a vivere: non puoi permettere a Belial di privarti della tua stessa identità. Io voglio… …voglio… …io voglio che tu sia felice».
«Felice? Selina ma mi hai visto? Pensavo avessi capito ormai» gracchiò Brendon con ironia.
«Lo so, lo so. Per te è ancora più complicato, ma con l’aiuto degli altri potresti…» cercò di replicare la ragazza, ma l’amico, alzando la voce, la interruppe:
«Io non voglio il vostro aiuto, non voglio l’aiuto di nessuno. Tutti quelli che si sono “gentilmente prodigati” per me hanno fatto una brutta fine. Io sono un pericolo per gli altri, Selina. Nessuno dovrebbe avere a che fare con me… neanche tu».
«Sei patetico!» sbuffò, all’improvviso, la giovane fata, incrociando le braccia.
«Scusa… cosa sarei… io?» sibilò il ragazzo, estremamente stupito dalla precedente affermazione.
Selina, allora, assunse un’espressione seria e, guardando dritto negli occhi il suo interlocutore, gli disse:
«Hai capito benissimo! Da quando ti ho conosciuto, non hai fatto altro che piangerti addosso. Cosa credevi che Belial ti avrebbe aiutato senza chiedere nulla in cambio? Pensavi forse che, una volta liberatolo dalla pietra, avrebbe cacciato quelle tre bestie con la ramazza e poi sarebbe andato a raccogliere margheritine? Tu hai compiuto una scelta che, per quanto possa essere stata coraggiosa e disinteressata, ha avuto delle conseguenze. Adesso non puoi trascorrere il resto della tua vita, anzi data la tua situazione il resto dell’eternità lamentandoti di ciò che sei. Devi lasciarti quell’esperienza alle spalle, devi andare avanti e non voltarti più indietro, devi… devi fare come ho fatto io».
«Selina… …io… …io…» balbettò Brendon, non riuscendo ad articolare alcun pensiero di senso compiuto
La ragazza, però, gli mise il palmo della mano destra davanti alla bocca e, riprendendo il suo discorso da dove si era interrotta, con un tono più pacato e rassicurante continuò:
«Noi due non siamo poi così diversi amico mio. Vedi, tu hai paura che la gente intorno a te soffra, a causa della presenza di Belial. Io, al contrario, fino a qualche mese fa ero terrorizzata dall’eventualità che fossero gli altri a farmi stare male. Non sopportavo i loro commenti, le osservazioni… gli sguardi inquisitori. Mi sentivo costantemente nell’occhio del ciclone: osservata e disprezzata da tutti. D’altronde come potergli dare torto? Neanche un anno prima ero stata l’artefice di una minaccia, che aveva messo a rischio l’intera Dimensione Magica. Sapevo di meritarmi tutto quello… sapevo di essere emarginata a causa del mio passato e delle mie azioni. Allo stesso tempo, però, anch’io facevo di tutto per isolarmi, evitavo qualsiasi tipo di contatto umano. Pensavo che, agendo in questo modo, avrei smesso di soffrire… avrei smesso di piangere. Quanto sono stata sciocca e immatura. Non è l’autoisolamento a salvarci dai nostri demoni… non è l’indifferenza o la rabbia. Sono le persone che ci voglio bene… le persone che amiamo ad aiutarci nelle nostre battaglie giornaliere. Brendon, la verità è che non si può fuggire dal proprio passato, perché quest’ultimo definisce ciò che siamo e soprattutto ciò che saremo. Tutto ciò che possiamo fare è accettarlo e permettere agli altri di condividerne il peso insieme a noi. A questo punto la scelta è tua: sei tu a decidere come vivere la tua vita non io, non Belial, ma… tu. Brendon, tu sei una persona forte, determinata, altruista, tu sei semplicemente… una persona meravigliosa. Non lasciare che il mostro dentro di te dica il contrario… non lasciargli vincere questa battaglia».
Non appena l’ex-strega dei serpenti ebbe finito di parlare, un imbarazzante silenzio “avvolse” i due ragazzi, che continuavano a fissarsi, quasi fossero ipnotizzati l’uno dall’altra. In sottofondo si percepiva un leggero brusio di voci, provenienti dal centro della tettoia dove era posto l’altare con la clessidra. Dopo alcuni minuti, che a Selina sembrarono essere un’eternità, Brendon, chinando la testa in modo tale da nascondere lo sguardo agli ambrati occhi della ragazza, sibilò:
«Sky… è stato Sky».
«Sky?! Cosa centra adesso Sky?» bofonchiò la fata con stupore.
«Per prima… …cioè… …io… …insomma se prima stavo… …stavo... …strano è per colpa del biondino» balbettò l’amico in preda all’imbarazzo, dettato dalla sua difficoltà nel riuscire a confidarsi con qualcuno.
«Cos’ha combinato quel simpaticone stavolta?»  sbuffò Selina, mentre si rimetteva seduta accanto al ragazzo.
«Mi ha ordinato di stare lontano da Bloom. Pensa… pensa che io sia interessato a lei» mugugnò Brendon a denti stretti.
«Stai scherzando, vero?» esclamò, stupita, Selina.
«Shhh… abbassa la voce isterica che non sei altro» replicò il ragazzo, portandosi l’indice alla bocca, per poi aggiungere: «Comunque sì. Mi ha quasi aggredito».
L’ex-strega dei serpenti, allora, capì di aver alzato un po’ troppo la voce. Di conseguenza, dopo essersi scusata con l’amico, si girò verso quest’ultimo e gli bisbigliò:
«Non posso crederci. Cioè… precisiamo: sapevo che fosse una persona abbastanza gelosa della propria fidanzata, ma non mi aspettavo arrivasse fino a tanto. Dopotutto lui e Bloom sono in procinto di sposarsi, lei lo ama più di ogni altra cosa al mondo. Un rapporto si basa sulla fiducia reciproca e mi sembra assurdo che Sky abbia ancora dei dubbi su quella della sua ragazza. Comunque spero tu sia riuscito a chiarirti».
«Ecco…» sibilò, contrariato, Brendon.
«Gli hai detto che non è vera questa storia? Gli hai giurato che mai e poi mai ci proveresti con Bloom?» lo incalzò Selina, iniziando a preoccuparsi per la troppa indecisione dell’amico.
«Io… … …io ci ho provato, ma… ma non ci sono riuscito» balbettò il ragazzo, chinando il capo per la vergogna.
«Come sarebbe a dire “non ci sono riuscito”?!» starnazzò l’ex-strega dei serpenti, dandogli uno scappellotto.
«Non lo so! Avrei voluto urlargli in faccia che si sbagliava, che Bloom è per me solo un’amica, ma… non ce l’ho fatta» replicò Brendon in preda all’imbarazzo e allo sconforto.
Selina rimase alquanto sorpresa dalla risposta del ragazzo e per alcuni minuti si limitò ad osservalo con aria stupita e sognatrice. Ad un tratto, però, poiché un atroce dubbio si era prepotentemente insinuato nella sua mente, prese il pallido volto dell’amico tra le mani e, scrutando con attenzione le spente pupille dei suoi occhi, gli chiese con voce dolce:
«Brendon, a te piace Bloom? Provi un qualche cosa nei suoi confronti?».
«No…» sentenziò l’altro.
«Sei sicuro?» insistette la giovane fata, accarezzandogli entrambe le guance.
«Si… o almeno lo spero…» concluse il ragazzo dai capelli neri con amarezza.
Selina, senza aggiungere nient’altro, lo trasse a sé e, stringendolo forte, si ripromise che, qualsiasi cosa sarebbe accaduta da quel momento in poi, lei avrebbe sempre vegliato su di lui. Brendon, allo stesso tempo, quasi avesse letto nei pensieri della sua amica, le bisbigliò timidamente:
«Grazie… di tutto».
Nel frattempo, superata l’impenetrabile barriera dimensionale che separava il Mondo del Legendarium dalla loro universo, le Winx, leggermente provate da quello strano viaggio, si ritrovarono a poche centinaia di metri dalla casa di Praseidimio.
«Sembrerebbe… sembrerebbe che sia andato tutto bene» balbettò, incredula, Tecna.
«Parla per te! Io ho lo stomaco sottosopra» starnazzò Stella, portandosi una mano alla bocca e l’altra al ventre.
«Caspita, questo è… è il Mondo del Legendarium?!» chiese, piena di stupore, Roxy, mentre si guardava intorno.
«Si! Ci troviamo proprio all’interno del libro» replicò Bloom con un sorriso.
«Tecna?! Mi spiegheresti una cosa?» domandò, all’improvviso, Musa, allargando le braccia.
«Chiedi pure» esclamò, meravigliata, la fata della tecnologia.
«Perché siamo ancora in forma Bloomix?!» replicò la fata della musica.
Tecna, Bloom e Stella, a quel punto, si guardarono tra di loro e, rendendosi finalmente conto di non aver subito alcun cambiamento, in preda al panico gridarono:
«Dov’è il Mythix?!».
«Il My… cosa?» esordì, confusa, Elizabeth, affiancandosi alle altre.
«Il Mythix… è una trasformazione che si ottiene quando si entra nel Legendarium» le spiegò Musa con voce asciutta.
«Quindi ci saremmo dovute trasformare ulteriormente, dico bene?» domandò la fata degli animali, assumendo un’aria pensierosa.
«In teoria sì, ma a quanto pare senza…» cercò di supporre Stella, ma Tecna, battendola sul tempo, la interruppe:
«…senza Bacchette Mythix non cambiamo aspetto. Dopotutto ce lo saremmo dovute aspettare: il nostro ingresso nel libro non è avvenuto in maniera “naturale”».
«Pensi che potremmo avere dei problemi?» le chiese la rossa con un po’ di agitazione.
«Non credo» rispose, sicura, Tecna, ma subito dopo, facendosi scura in volto, aggiunse: «Piuttosto a me preoccupa questo posto. C’è qualcosa di strano, non lo ricordavo così… così tetro».
Le altre Winx, spinte dall’osservazione della loro amica, iniziarono a guardarsi intorno, prestando la massima attenzione ad ogni singolo particolare del luogo. Soltanto allora Bloom, Stella e Musa si resero conto di quanto fosse cambiato il paesaggio della leggenda di Praseidimio. Il lussureggiante boschetto, impreziosito dai dolci e curati sentieri di bianchi ciottoli, aveva lasciato posto ad una lugubre e arida steppa. I rami dei verdi alberelli avevano ormai perso tutte le loro foglie, diventando secchi e fragili. I cristallini laghetti si erano completamente essiccati, trasformandosi in pericolosi e putridi pantani. Le colorate e profumate siepi, rifugio sicuro per piccoli animali e uccelli, avevano assunto l’aspetto di intricati e pungenti rovi. La stessa casa di Praseidimio, un tempo graziosa baita di montagna, sembrava essere diventata una catapecchia. L’intonaco, infatti, era quasi del tutto scomparso, mentre vistose crepe solcavano per tutta la loro lunghezza le grigie pareti. Il cielo, infine, era ricoperto da pesanti nuvole, che gli conferivano una colorazione verdognola, dalle quali si diramavano fragorosi fulmini. Le sei fate rimasero ad osservare con la bocca spalancata quello spaventoso scenario per diversi minuti, poi, decise più che mai a recuperare al più presto il medaglione del Custode della Fiamma della Fenice, si diressero verso la casa del nano Praseidimio. Una volta evitate tutte le trappole poste a protezione dell’abitazione, le Winx giunsero davanti la piccola porta in legno. A quel punto Bloom bussò un paio di volte e con leggera trepidazione attese che il padrone di cassa venisse ad aprire. Neanche un minuto dopo la porta, cigolando rumorosamente, si spalancò e sull’uscio comparve una strana figura alta non più di ottanta centimetri e con le orecchie a punta. Il nano, non appena riconobbe le Winx, dischiuse le proprie labbra sottili in un sorriso malizioso e, facendo un leggero inchino, esclamò con finta cordialità:
«Mie care ragazze, è un piacere rivedervi…».
«Noi ne avremmo volentieri fatto a meno» sbottò, acida, Stella.
«Così mi offende Principessa di Solaria. Le ho forse mancato di rispetto?» replicò Praseidimio con voce viscida.
«Adesso basta con tutte queste manfrine!» esordì Tecna con durezza.
«Esatto! Non abbiamo tempo da perdere» aggiunse Bloom, assottigliando lo sguardo.
Il nano, divertito dall’atteggiamento delle giovani fate, poggiò la propria schiena contro lo stipite della porta e, incrociando le braccia, chiese:
«Cosa può fare per voi principesse un essere umile come me?».
«Innanzitutto potresti dirci cos’è successo a questo posto» intervenne, gentilmente, Elizabeth.
Praseidimio, allora, assunse un’espressione mistica, quasi sognatrice e, allargando le sue piccole braccia, disse:
«Il Mondo del Legendarium non è autonomo, la sua esistenza ed integrità dipendono da forze estranee al suo volere… forze molto più antiche, molto più potenti. I sette soli ci garantivano la luce del giorno, mentre la solitaria luna la quiete della notte. Eravamo prigionieri, ma allo stesso tempo eravamo felici. Tuttavia la nostra serenità non durò a lungo, persone… fate e maghi, provenienti dal mondo esterno, ci privarono del calore dei nostri astri luminosi, portandoli via. Come se non bastasse abbandonarono nel Legendarium un essere malvagio: il carceriere era diventato anch’egli carcerato. S’impose su tutti noi e ci privò della luna, assoggettandola al suo volere. Per secoli i nostri soli, seppur lontani, hanno continuato ad elargire energia e vita a questa dimensione… per secoli abbiamo sperato che ritornassero. Con la chiusura del Legendarium e il confinamento della luna, però il nostro mondo è stato condannato e adesso marcisce sotto i nostri occhi».
Le ragazze si guardarono perplesse tra di loro, nessuna, neanche Tecna, aveva capito cosa intendesse il nano con quel suo discorso sconclusionato. Le Winx, sebbene si fossero sforzate, non riuscirono a dare alcun significato a quelle stranissime parole. Di conseguenza, consapevole di avere poco tempo a disposizione, la rossa si rivolse nuovamente a Praseidimio e con voce autorevole esclamò:
«Abbiamo bisogno dello Scrigno dell’Infinito. Devi darcelo»
«Perché dovrei separarmi da un oggetto così prezioso?» replicò il nano con sfacciataggine, voltandole la faccia.
«Ascolta: a noi ci serve solo per pochi minuti. Appena abbiamo finito te lo restituiamo» esordì Roxy con fare accondiscendente.
«Non se ne parla! Non cedo mai nulla se non ho in cambio qualche altra cosa» sentenziò, categorico, Praseidimio.
«D’accordo… cosa vuoi?» gli chiese, esasperata, la fata della tecnologia, portandosi la mano alla fronte.
Il nano, allora, si alzò sulle punte dei suoi piccoli piedi e, con un avido luccichio negli occhi, indicò Musa. Quest’ultima, rimasta per tutto il tempo nascosta dietro ad Elizabeth, poiché ancora ossessionata dal brutto ricordo che Praseidimio le aveva lasciato, afferrò per un braccio Stella e, abbassandosi sulle ginocchia, si fece scudo con le sue amiche. L’altro scoppiò a ridere e, accarezzandosi dolcemente la sua crespa barba, disse:
«Voglio lei, voglio la sua voce».
«Non se ne parla nemmeno!» gridò la fata della tecnologia, stringendo i pugni per la rabbia.
«Allora potete anche scordarvi lo scrigno e il suo contenuto» sibilò Praseidimio, facendo loro la linguaccia.
«Se non sei disposto a collaborare… agiremo con la forza» esclamò, piena di collera, Roxy, mentre tra le sue mani creava una sfera d’energia di colore rosa.
Il nano, però, non appena vide l’incantesimo della ragazza, rise volgarmente e, cercando di scandire bene le parole, la canzonò:
«Ehi fatina, i tuoi trucchetti da strapazzo non funzionano con me».
«Purtroppo ha ragione, la nostra magia non ha effetto» mugugnò Bloom, mettendo una mano sul braccio della fata degli animali.
Roxy, allora, annullò il suo incantesimo e, facendosi scura in volto, si rivolse alla Principessa di Domino:
«Cosa possiamo fare?».
In quello stesso istante la rossa si ricordò della fiala, che Brendon le aveva dato poco prima di entrare nel Legendarium. Di conseguenza la ragazza, portandosi in testa al gruppo, fece comparire tra i suoi palmi la piccola ampolla di vetro, contenente lo strano liquido nero, e un calice d’argento. Praseidimio, senza toglierle neanche per un secondo gli occhi di dosso, la osservò con sospetto e indifferenza. Allo stesso modo le altre Winx, più stupite che mai, si domandarono tra loro cosa avesse escogitato la loro amica. Bloom, dopo aver versato, come le aveva detto il ragazzo dai capelli neri, una sola goccia all’interno del bicchiere, lo porse al nano e, assumendo una finta espressione dispiaciuta, esclamò:
«Hai vinto Praseidimio. Io e le altre non saremmo mai volute scendere a patti con te, ma non ci lasci altra scelta. Quella, che ho appena versato nel bicchiere, è una goccia di un potentissimo infuso, estratto da un fiore molto raro coltivato su Domino. Chiunque beva anche solo un sorso di questa magica pozione ottiene poteri illimitati. Le ragazze non volevano che lo scambiassi con te, avevano paura che non ce ne fosse abbastanza anche per loro. Tuttavia io ho bisogno dello scrigno, quindi, anche a costo di litigare con le mie amiche, sono disposta a regalarti tutta la fiala».
«Cosa mi garantisce che non si tratti di una presa in giro?» replicò, sospettoso, il nano, mentre si torturava la sua barba con le dita.
«Ecco a te un assaggio… avrai un potere enorme fin da subito e potrai tenere la fiala» insistette la Principessa di Domino, porgendo nuovamente il calice al suo interlocutore.
A quel punto Praseidimio afferrò il bicchiere dalla mano della rossa e con minuziosità ne scrutò il contenuto. Poi, rivolgendosi con aria di superiorità alle Winx, disse:
«E così volevate tenere tutto questo potere per voi?!».
«Veramente noi non abbiamo la minima…» cercò di rispondere Tecna, ma Bloom le fece cenno di fare silenzio, mentre il nano continuava a parlare:
«Adesso sarò io ad avere questa “nuova forza” e non so se vi consegnerò lo scrigno».
Detto ciò Praseidimio si affrettò a bene il contenuto del calice, temendo che le fate potessero in qualche modo sottarglielo. Le Winx, però, più confuse che mai, fecero spallucce, chiedendosi chi fosse più matto tra il nano e la fata della Fiamma del Drago. Quest’ultima, invece, rimase ad osservare, quasi ne fosse rimasta incantata, la fiala contenente il resto del liquido. La ragazza era estremamente preoccupata da ciò che sarebbe potuto accadere e in cuor suo sperava che Brendon non le avesse fatto compiere una sciocchezza. Praseidinio, intanto, dopo avere bevuto quell’unica goccia, si stava leccando le labbra con la lingua. Tuttavia, non avendo notato nell’immediato alcun cambiamento significativo, con voce carica di rabbia si rivolse a Bloom:
«Mi hai ingannato! Questa è semplice acqua sporca!».
«Io… … … io…» balbettò la rossa in preda al panico.
«Non vi darò mai lo Scrigno dell’Infinito» gridò, furioso, il nano, aggiungendo subito dopo con tono autoritario: «Adesso andate…».
Praseidinio non fece neanche in tempo a finire la frase che stramazzò al suolo, iniziando a tremare e ad emettere strani rantoli. Ben presto, però, questi lamenti si trasformarono in strazianti urla di dolore, che sconvolsero le sei fate.
«Bloom cosa c’era in quella fila?!» le chiese, preoccupata, Musa.
«Non lo so! Me l’ha data Brendon, ha detto… ha detto che mi avrebbe aiutata con Praseidinio» rispose la rossa, allontanandosi dal nano.
«Aiutata in che modo?» intervenne, accigliata, Stella.
«Ammazzandolo forse?!» aggiunse Tecna, mentre cercava di analizzare il corpo di Praseidinio con i suoi poteri.
«Vi ripeto che non ne ho la più pallida idea» piagnucolò Bloom, per poi aggiungere: «Mi… mi ha dato questa fiala e mi ha detto di dargli una goccia».
«Fammi dare un’occhiata» intervenne Elizabeth, togliendo dalle mani della Principessa il piccolo contenitore di vetro.
Non appena la fata degli elementi osservò con più attenzione il contenuto dell’ampolla, rabbrividì e, facendosi pallida in volto, esclamò:
«Tecna, Stella allontanatevi immediatamente! Potrebbe essere pericoloso».
Le due, senza farselo ripetere, fecero un vero e proprio balzo all’indietro. Praseidimio, invece, continuava a lamentarsi per il dolore e, dopo aver portato le sue mani alla testa, iniziò a muoversi a scatti in preda a strani e violenti spasmi. Le ragazze, estremamente rammaricate per la sorte del nano, rimasero immobili al loro posto e, chinando lo sguardo, cercarono di sopprimere l’eco di quelle grida. Soltanto Bloom e Elizabeth continuarono a tenere gli occhi puntati su Praseidimio. La prima si sentiva in colpa per ciò che aveva fatto e non voleva che il nano, seppur lo meritasse, soffrisse fino a quel punto. La fata degli elementi, al contrario, non sembrava essere turbata più di tanto, anzi, alzando di tanto in tanto un sopracciglio, dava l’impressione di aspettare che accadesse qualche cosa… un qualche cosa di ancora più straziante. Pochi minuti dopo, infatti, nonostante continuasse ad urlare e a contorcersi, Praseidimio, rannicchiandosi su sé stesso, pronunciò alcune parole dal significato spaventoso:
«No! No! Vi prego… vi prego, fate smettere le voci. Fate tacere queste dannate voci!».
«Quali voci?! Non abbiamo detto nulla» esclamò, stupita, Musa.
Il nano, però, ignorando completamente l’affermazione della fata della musica, continuò quel suo macabro e preoccupante monologo:
«Esci… esci dalla mia testa! Io non voglio… non voglio uccidere tutte queste persone. Ti prego smettila… smettila con questo supplizio».
Elizabeth, allora, facendo segno alle sue amiche di stare indietro, si avvicinò a Praseidimio e, inginocchiandosi davanti a lui, gli chiese con voce dolce ma allo stesso tempo decisa:
«Chi è? Chi è che ti spinge a commettere queste atrocità?».
«Dice di chiamarsi B… Belial» piagnucolò il nano, contorcendosi ad ogni singola sillaba.
Non appena sentirono quel nome, a Bloom e Stella si gelò il sangue nelle vene. Tecna, Musa e Roxy, invece, poiché erano all’oscuro di tutto, si guardarono l’un l’altra alla ricerca di risposte. La fata degli elementi non sembrò affatto meravigliata e, accarezzando teneramente il corpo del nano, gli sussurrò:
«Io posso farlo smettere. Posso impedirgli di continuare a farti del male».
«Fallo, fallo! Ti prego aiutami, farò tutto ciò che vuoi» biascicò Praseidimio con le lacrime agli occhi, aggrappandosi disperatamente alla mantellina del vestito Bloomix della ragazza.
«Lo Scrigno dell’Infinito… dov’è?» gli domandò Elizabeth con un filo di voce.
«In casa, sopra la credenza» rispose il nano, ormai stremato.
La giovane fata, a quel punto, fece cenno alle sue amiche di recuperare l’oggetto. Di conseguenza Tecna e Roxy entrarono nell’abitazione e, dopo un paio di minuti di ricerca, uscirono dalla casa con un cofanetto di legno decorato. Praseidimio, una volta che le Winx ebbero la reliquia, tornò, più disperato che mai, a rivolgersi alla sua unica speranza di salvezza:
«Avete lo Scrigno, adesso aiutami… ti prego».
«D’accordo, ma dovrai renderti vulnerabile alla mia magia» replicò Elizabeth a denti stretti.
«E sia. Fa in fretta» concluse, un po’ contro voglia, il nano.
La fata degli elementi, allora, posò la sua mano destra sugli occhi di Praseidimio e, dopo aver pronunciato un breve incantesimo, lo fece addormentare. Subito dopo gli spasmi, le convulsioni e il dolore, di cui era vittima il nano, scomparvero senza lasciare alcuna traccia tangibile.
«Si può sapere cosa diamine è successo?!» starnazzò la fata della tecnologia, incrociando le braccia.
«Ecco… io… io penso che…» balbettò Bloom, non sapendo come giustificare l’accaduto.
«Era un “filtro di controllo mentale”» si affrettò a rispondere Elizabeth, facendo scomparire la fiala affinché nessun altro la esaminasse.
«Un che?!» sbottò, poco convinta, Musa.
La fata degli elementi, allora, dopo aver fatto comparire una calda coperta con la quale avvolse il nano, si avvicinò alle altre e gli disse:
«Un paio d’anni fa io, Brendon e Max eravamo in “missione” in una città chiamata Praga. Un nostro informatore, ci aveva avvisato di alcuni movimenti sospetti e fatti apparentemente inspiegabili. Molte persone erano misteriosamente scomparse per alcuni giorni, poi, riapparse magicamente dal nulla, avevano compiuto efferati omicidi. Indagando scoprimmo che l’artefice di tutto era un vecchio alchimista originario della città. Questi, infatti, a causa dei continui rifiuti da parte della comunità scientifica di riconoscere le sue scoperte, era impazzito e per vendicarsi aveva deciso di distillare questa “bevanda della morte”. Chiunque la beva è preso da un’irrefrenabile desiderio di sangue. Fortunatamente Brendon lo fermò a prima che riuscisse ad “infettare” tutta Praga».
«Capisco» sibilò Tecna, aggiungendo subito dopo con tono allarmato: «Tuttavia com’è possibile che una tale sostanza sia ancora in circolazione?».
«Sinceramente non lo so. Distruggemmo tutte le fiale, forse Brendon ne aveva conservata qualcuna per studiarla meglio» rispose, decisa, Elizabeth.
«Chissà chi era quel… Belial» esclamò, all’improvviso, Roxy.
«Chi scusa?!» le domandò la ragazza di Zenith, non riuscendo a capire a chi si riferisse la sua amica.
«Ah… non lo so! Praseidimio ha fatto il suo nome, dicendo che lo istigava ad uccidere» spiegò la fata degli animali, facendo spallucce.
«Forse è il nome dell’alchimista. Anche se mi sembra un po’ strano» ipotizzò Musa, rivolgendo un’occhiata indagatoria ad Elizabeth.
La fata degli elementi, allora, dopo aver incrociato gli sguardi preoccupati di Stella e Bloom, ridendo istericamente e massaggiandosi la nuca, cinguettò:
«Beh… da quella parti hanno tutti nomi particolari».
«Ragazze perché non apriamo questo scrigno?» intervenne la Principessa di Solaria, cercando di cambiare discorso.
«Sono d’accordo! Abbiamo appena quaranta minuti, non perdiamo altro tempo» aggiunse la rossa con decisione.
«Va bene, ma allontaniamoci dalla casa di Praseidimio» suggerì Tecna, facendo strada alle sue amiche.
A quel punto le Winx si diressero verso quella che un tempo era una spaziosa radura, al fine di poter controllare al meglio la situazione. Una volta che lo scrigno sarebbe stato aperto, infatti, Acheron sarebbe stato libero. Di conseguenza le ragazze dovevano posizionarsi in maniera tale da impedire allo stregone di causare danni o di fuggire. Mentre si apprestavano a raggiungere il luogo prescelto, la Principessa di domino, che insieme a Stella e Elizabeth chiudeva il gruppo, si avvicinò a quest’ultima e sotto voce le bisbigliò:
«Grazie! Hai salvato Praseidimio e… e me».
«Non ti preoccupare» replicò la ragazza dai capelli castani, per poi aggiungere: «Dalla tua precedente reazione… quando hai sentito quel nome per intenderci, deduco che il pusillanime ti abbia detto tutto».
«Beh… …ecco… …mi ha detto delle cose» sibilò Bloom piena d’imbarazzo.
«Strano che si sia confidato, non l’ha mai fatto prima» borbottò la fata degli elementi con aria pensierosa.
«In verità non l’ha detto solo a me, ma anche a Selina» aggiunse la rossa.
«Caspita! Allora, oltre Max, siamo in quattro a saperlo» esclamò, stupita, Elizabeth, cercando di non farsi sentire dalle altre.
«Quattro?!» starnazzò la Principessa di Domino, non trovandosi con i conti.
«Credi di essere l’unica alla quale raccontano le cose?» cinguettò, all’improvviso, Stella, aggiungendosi alla conversazione.
«Anche tu?! Ma quando… …chi… ...o lasciamo perdere, ho capito» mugugnò, esasperata, Bloom, avendo trovato da sola le risposte.
Le altre due risero di cuore e abbracciandosi le fecero la linguaccia. Subito dopo la Principessa di Solaria, dando una pacca sulla spalla ad Elizabeth, disse:
«Ti faccio i miei complimenti, ha inventato in meno di un minuto una scusa con i fiocchi».
«Ho imparato dalla migliore» replicò, divertita, la ragazza dai capelli castani.
«Una scusa?! Allora la storia dell’alchimista… era una farsa!» starnazzò la rossa, sentendosi presa in giro.
La fata degli elementi, allora, assumendo un’espressione seria, le spiegò la verità sul contenuto della fiala di vetro:
«Mi dispiace Bloom, ma non avevo scelta. Non è mai esistito nessun alchimista, mi sono inventata tutto… dovevo proteggere il suo segreto. Vedi, in quel liquido nero, non chiedermi come perché non lo so e Brendon non me l’ha mai voluto spiegare… è contenuta una minuscola pezzettino dell’essenza di Belial. Potremmo definirla una sorta di “assaggio” di ciò che significhi avere quel demone all’interno del proprio corpo. Praseidimio ha sperimentato una millesima parte del supplizio, al quale il nostro amico è costantemente sottoposto».
«Ma… ma… è terribile» sibilò Stella, portandosi le mani alla bocca.
«Penso non ci sia maledizione peggiore. Per questo non voglio che Brendon usi questa sua particolare “capacità”» replicò Elizabeth con tono severo.
«Io non lo sapevo, altrimenti non avrei mai…» piagnucolò Bloom, profondamente dispiaciuta delle sue azioni e di quelle del suo amico.
La fata degli elementi, però, le posò una mano sulla spalla e, schiudendo le proprie labbra in un luminoso sorriso, le disse:
«Non è colpa tua! Non potevi saperlo, dopotutto mister simpatia si è guardato bene dal dirtelo. Sapeva che, qualora avessi conosciuto tutta la verità, ti saresti rifiutata. Far patire una tale sofferenza ad un essere vivente è un crimine indescrivibile. Purtroppo Brendon, poiché si è abituato a questa sua condizione, non riesce a capirlo. È la seconda volta che usa questo stratagemma e, nonostante tutto, è andata molto meglio della prima».
«Perché cos’è successo?» le chiese la Principessa di Solaria con voce titubante.
Elizabeth, sebbene si fosse ripromessa di non parlare mai più di quell’argomento, non riuscì a non raccontare la verità alla sua migliore amica. Di conseguenza, dopo aver tirato un profondo respiro, si apprestò a parlare. Tuttavia la voce di Roxy richiamò prepotentemente la loro attenzione:
«Ragazze siamo arrivate. È il momento di aprire lo scrigno».
Stella, Bloom e Elizabeth, allora, si unirono alle altre Winx e, una volta posata la scatola di legno per terra, si disposero a cerchio intorno ad essa. A quel punto Tecna prese la parola e spiegò alle sue amiche in che modo avrebbero agito:
«Prima di far uscire Acheron dallo Scrigno dell’Infinito, dovremo creare una “rete di contenimento”. All’interno di questa gabbia i suoi poteri saranno annullati e lui non potrà muoversi neanche di un centimetro se non vorrà essere folgorato all’istante. Mi raccomando non lasciate mai la mano della vostra compagna e rimanete concentrate. Basta un minimo errore e la rete va in mille pezzi, consentendo la fuga del suo prigioniero. Ci siamo allenate per mesi… non possiamo fallire proprio adesso».
«Riprendiamoci il medaglione e rispediamo Acheron indietro a calci» esclamò Musa con decisione.
«Pronte?» chiese la fata della tecnologia, allargando le sue braccia.
«Puoi scommetterci!» esclamarono in coro le altre.
Le Winx si presero per mano e, concentrando la loro magia in unico punto, crearono intorno alla scatola un’intricata e luminosa gabbia energetica a forma di cilindro larga circa due metri e alta quasi dieci. Non appena la rete si fu stabilizzata Tecna, senza lasciare la mano di Musa, mosse l’indice destro facendo scattare il meccanismo di apertura dello Scrigno dell’Infinito. Il coperchio si aprì violentemente e dal contenitore di legno fuoriuscì un denso fumo grigio dalle sfumature rossastre. Subito dopo la cortina prese forma umana e davanti agli occhi sbalorditi delle Winx comparve Acheron.
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti!!! Dite la verità: pensavate che mostrassi subito le sei Winx all’interno del Legendarium, vero? Se è così mi dispiace di avervi deluso, ma non potevo lasciare Brendon in quello stato catatonico ahahahahahaha. Infatti grazie all’intervento delle Pixies e soprattutto ad un lungo colloquio con Selina, il ragazzo si riprende e confessa alla sua amica cos’è successo. Sarò sincero: era da un po’ che volevo dedicare un momento, abbastanza profondo e complesso, esclusivamente a questi due personaggi. Purtroppo, a causa del rapido susseguirsi degli eventi, non ne avevo ancora avuto l’occasione. Fortunatamente, facendo slittare di qualche pagina l’ingresso delle Winx nel libro, sono stato in grado di riprendere e approfondire un rapporto di amicizia a cui tengo molto :D. Selina e Brendon, a causa del loro passato, sono molto simili e l’istaurazione di un’amicizia, che permetta ad entrambi di poter fare affidamento l’uno sull’altro è una costante della storia. Detto questo veniamo al “succo” del discorso tra i due: la gelosia di Sky e il presunto “affetto” di Brendon nei confronti di Bloom. Allora… … …è difficile da spiegare e non se sono riuscito a farvelo capire bene attraverso la storia XS. Brendon al momento non è innamorato della rossa: è bene precisarlo XD. Tuttavia c’è qualcosa in lui che lo porta a dubitare di questa sua convinzione e gli impedisce di replicare alle accuse del Principe di Eraklyon. Sebbene questa fanfiction non appartenga al genere romantico, da questo momento in poi la storia si arricchirà anche di questo nuovo aspetto. Dopotutto non posso porre le basi di un qualche cosa che poi non andrei a sviluppare ;D. Ciononostante è ancora presto per scervellarci troppo su questo “triangolo amoroso”, diciamo che a tempo debito avremo tutte le risposte ahahahahahaha. Chiuso il capitolo Brendon, veniamo a quello Winx. Le ragazze, infatti, entrano nel Legendarium e si dirigono da Praseidimio. Questi, dopo aver pronunciato un discorso alquanto bizzarro (vi prego di non prendermi per pazzo), si rifiuta di dar loro lo scrigno senza ricevere nulla in cambio. Bloom, allora, gli dà con una scusa una goccia del liquido contenuto nella fiala, facendo star male il nano. Vi prego di tenere a mente la spiegazione di Elizabeth sulla vera natura del liquido nero… sarà importantissima tra un paio di capitoli. In secondo luogo, per quanto possa essere stato sconclusionato… vi chiedo di prestare attenzione al discorso sui sette soli e sulla luna solitaria. Per quanto abbia cercato di mantenermi sul vago, credo che alcuni di voi abbiano capito a cosa si stesse riferendo Praseidimio. L’ultima parte dell’estratto la commenteremo la prossima volta :D. Il capitolo 28 (attenzione spoiler XD) sarà dedicato esclusivamente ad Acheron e… e… al suo coinvolgimento nella separazione di Cassiopea ;D. Ho concluso... come sempre un ringraziamento ai recensori, ai lettori silenziosi  e un grazie in particolare a ShessomaruJunior, che ha aggiunto la storia alle seguite, e a Tressa che mi ha aggiunto agli autori preferiti. Un saluto generale e alla prossima :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 29
*** Capitolo XXVIII – Acheron ***


Capitolo XXVIII – Acheron
 
 
Lo stregone, non appena ebbe riacquistato il suo vero aspetto, si massaggiò, poiché indolenziti, i muscoli del collo e, allungandosi verso l’alto, si stiracchiò la schiena. Subito dopo Acheron aprì i suoi spaventosi occhi gialli e, con fare circospetto, si guardò intorno al fine di capire dove si trovasse. Le Winx, allo stesso tempo, indietreggiarono di alcuni passi e, senza distogliere mai lo sguardo dall’avversario, aspettarono con ansia una sua mossa. Quest’ultima non si fece attendere: lo stregone, infatti, non appena capì di essere imprigionato in una rete energetica, aprì i palmi delle proprie e mani e lanciò contro di essa una sfera di energia rossa. Tuttavia la gabbia non subì alcun danno e l’attacco fu rispedito al mittente, che lo evitò a fatica.
«È inutile Acheron! Non puoi spezzare il nostro incantesimo di contenimento» esordì, soddisfatta, Tecna, richiamando l’attenzione su di sé e sulle altre.
Poiché impegnato a capire cosa fosse successo e soprattutto in che modo fosse riuscito a liberarsi, soltanto allora Acheron si accorse di essere circondato dalle sei fate. Lo stregone, sebbene nell’immediato fu sorpreso di trovarsi nuovamente faccia a faccia con Bloom e le sue amiche, trasformò rapidamente il suo stupore in un’espressione di sfida e disprezzo. Le Winx, allo stesso modo, corrugarono la fronte e, concentrandosi il più che poterono, infusero maggiore energia alla gabbia. Acheron, accorgendosi di questo improvviso potenziamento, abbozzò un tetro sorriso sul suo volto, poi, rivolgendosi alla fata della tecnologia, disse:
«Devo proprio farvi paura».
«Non montarti troppo la testa! Semplicemente siamo delle ragazze molto prudenti» replicò Tecna, cercando di sminuire l’ego dell’avversario.
«Ho notato» sibilò, divertito, lo stregone, per poi aggiungere: «Siete così prudenti da affrontarmi in sei, non mi sembra molto corretto».
«Non credo tu sia nella posizione di poterci giudicare» intervenne Musa con tono acido.
Acheron, a quel punto, fece spallucce e, girando su sé stesso, scrutò con lo sguardo ogni singola avversaria. Tuttavia, non appena giunse ad Elizabeth e Roxy si fermò di colpo e, allargando le proprie braccia, scoppiò a ridere maniacalmente. Le due, non riuscendo a capire il motivo di tale atteggiamento, si apprestarono a chiederglielo, ma Bloom, fulminandole con lo sguardo, glielo impedì. La Principessa di Domino, infatti, temeva che le sue amiche, avendo poca esperienza nel campo del controllo magico, potessero distrarsi e compromettere la rete energetica. La rossa, però, una volta che ebbe tranquillizzato le due, si rivolse ad Acheron e, assottigliando lo sguardo, gli pose la stessa domanda, che avrebbero voluto fargli le altre:
«Cosa hai da ridere?! La tua non mi sembra una situazione molto divertente».
«Secondo me è per l’acconciatura di Roxy. Siamo onesti poteva essere migliore» cinguettò, all’improvviso, Stella, guadagnandosi un calcio nel sedere da parte della fata degli animali.
«Prendi ancora una volta in giro i miei capelli e io ti… ti…» starnazzò Roxy piena di collera, mentre con il proprio piede cercava di colpire le caviglie dell’amica.
«Ragazze smettetela!» tuonò Tecna con fare autoritario, poi rivolgendosi ad Acheron disse: «Allora?! Stiamo aspettando!».
Lo stregone, avendo capito che la conversazione sarebbe andata per le lunghe, si sedette per terra e, incrociando le braccia, esclamò con voce pacata:
«Le altre due sono in vacanza, per caso? Comunque rido perché mi sono appena reso conto di quanto l’essere umano sia impotente. Per quanto ciascuno di noi possa sforzarsi, impegnarsi e credere nelle proprie convinzioni… il risultato sarà sempre lo stesso: il destino non si batte. Forse se l’avessi capito secoli fa, non avrei commesso tutti quegli errori di cui oggi non vado particolarmente fiero.
Cosa posso farci? Ero giovane ed inesperto, non avevo ancora compreso alla perfezione le leggi che regolano il nostro universo… …non avevo… …non avevo ancora incontrato voi, Winx».
«Cosa c’entriamo noi?!» domandò, allarmata, la Principessa di Domino.
«È semplice voi siete la prova tangibile che passato e futuro sono indissolubilmente legati. Voi siete coloro che erano» rispose Acheron con fare mistificatorio.
Le Winx si guardarono tra loro perplesse e, non sapendo cosa replicare, si limitarono a rivolgere uno sguardo indagatorio al loro avversario. Questi, allora, con un sorrisetto beffardo stampato sul volto riprese ad osservare le ragazze, indugiando nuovamente sulla fata degli animali e soprattutto su quella degli elementi. Lo stregone, infatti, sembrava essere particolarmente attratto da Elizabeth e, nonostante cercasse di non darlo a vedere, la scrutò minuziosamente da capo a piedi. La ragazza, resasi conto ancora una volta di essere oggetto delle maniacali attenzioni dello stregone, ignorando il precedente avvertimento di Bloom, esclamò minacciosa:
«Se non la finisci di guardarmi con quest’atteggiamento da pesce lesso, giuro che ti do fuoco seduta stante».
«Elizabeth!» la riprese la Principessa di Domino.
«Devi mantenere il sangue freddo, altrimenti…» cercò di aggiungere Stella, ma la fredda voce di Acheron la interruppe:
«Le somigli in maniera impressionante. Lo stesso aspetto, lo stesso carattere impetuoso e… e lo stesso potere, tutto di te mi ricorda lei. Non so se essere più meravigliato o furioso. Dopotutto l’ho sempre odiata: fin dall’inizio mi ha messo i bastoni tra le ruote. Lei, prima degli altri, aveva capito quali fossero le mie reali intenzioni, lei… aveva capito chi fossi in realtà».
Le giovani fate, sebbene avessero tanto voluto capire a chi si stesse riferendo il loro avversario, mantennero la calma e, ignorando quelle parole, si concentrarono sul reale scopo della missione. Secondo i calcoli di Tecna, infatti, mancava appena mezz’ora allo scadere del tempo, che la Clessidra Frangiflusso aveva concesso loro. Di conseguenza, scambiandosi una rapida occhiata con la Custode della Fiamma del Drago, fece capire a quest’ultima che non c’era un attimo da perdere: dovevano chiedere ad Acheron il Medaglione. La rossa, allora, si schiarì la voce e, inspirando profondamente, si apprestò a parlare. Tuttavia in quello stesso istante un’altra voce, concitata e pervasa da un’incontrollabile rabbia, si levò dal gruppo. Era quella di Elizabeth, la quale, fortemente colpita dai vaneggiamenti dello stregone, non era riuscita a trattenersi dal chiedergli:
«A chi?! A chi ti stai riferendo?!».
«Adesso basta! Devi calmarti, altrimenti rischi di metterci in pericolo» la rimproverò Tecna con voce furiosa.
La fata degli elementi, però, non diede ascolto all’avvertimento dell’amica e, sporgendosi leggermente in avanti continuò ad inveire contro Acheron. Le altre Winx rimasero alquanto sorprese dallo strano comportamento di Elizabeth. Sebbene lo stregone avesse incuriosito anche loro con quel discorso, non riuscivano a comprendere da cosa fosse dettata tutta quell’ostinazione nello scoprire a chi si stesse riferendo il loro nemico. Stella, estremamente preoccupata per la sua migliore amica, spostava in continuazione il proprio sguardo da quest’ultima ad Acheron, chiedendosi cosa stesse accadendo. La Principessa di Solaria, come mai aveva fatto prima di allora, sforzò le proprie meningi alla ricerca di una possibile causa che giustificasse l’atteggiamento dell’amica. In fin dei conti soltanto pochi minuti prima lei, Bloom e la ragazza dai capelli castani stavano discutendo tranquillamente in merito al segreto di Brendon e niente poteva lasciar presagire un simile cambiamento. Di conseguenza Stella rimuginò più e più volte per diversi secondi finché, spalancando la propria bocca, non ebbe un’illuminazione. Elizabeth non era impazzita, non era vittima di una crisi isterica, causata dalla difficoltà e dalla pericolosità della missione. L’amica voleva soltanto sapere… voleva sapere la verità sul suo passato. La fata del Sole e della Luna, non appena si rese conto di ciò, si morse nervosamente le labbra, chiedendosi come avesse potuto dimenticare una cosa così importante. La sua compagna di stanza non aveva mai conosciuto i suoi genitori naturali, era stata abbandonata. Nonostante Elizabeth le avesse detto che non aveva più alcuna intenzione di cercarli, Stella in cuor suo sapeva bene che la ragazza, qualora avesse avuto un valido indizio o anche soltanto una misera ipotesi, sarebbe tornata immediatamente sui suoi passi. La Principessa di Solaria intuì che la fata degli elementi vedeva in Acheron una più che probabile soluzione al suo problema, per questo motivo si era tanto accanita. Tuttavia Stella, sebbene capisse la sofferenza di Elizabeth e il suo desiderio di avere risposte, era consapevole che quel suo comportamento avventato e sconsiderato avrebbe potuto mettere tutte loro in pericolo. Lo stregone costituiva una seria minaccia per il gruppo e anche il minimo errore o leggerezza sarebbero potuti essere fatali. La fata del Sole, allora, inspirò profondamente e, “caricando” tutte le proprie energie in un unico grido, si apprestò a richiamare l’attenzione di Elizabeth al fine di farla tacere. Tutto ciò, però, non fu necessario; pochi istanti dopo infatti fu lo stesso Acheron, stancatosi delle continue domande da parte della fata degli elementi e dei numerosi appelli alla calma delle altre Winx, ad ammutolirla con un semplice gesto della mano. Subito dopo l’uomo, ghignando perfidamente, disse:
«È inutile che continui a chiedermi queste cose fatina. La persona, alla quale mi sto riferendo, è scomparsa tanto tempo fa e con lei tutti gli altri. Ormai fanno parte del passato… un passato oscuro e lontano, che non potrà mai più tornare. Di conseguenza ritengo sia alquanto superfluo affrontare questo argomento. Ragion per cui… adesso chiedo io una cosa a voi: cosa volete da me? Perché siete tornate nel Legendarium e avete aperto lo Scrigno dell’Infinito liberandomi?».
A quel punto Elizabeth si costrinse a calmarsi e, indietreggiando di alcuni passi, si chiuse in un profondo silenzio, mentre i suoi occhi diventavano lucidi. Stella, poiché le stava accanto, le strinse forte la mano, facendole capire che lei era lì al suo fianco pronta a condividere il dolore che le attanagliava l’animo. Le restanti Winx, nonostante facessero di tutto per mantenersi fredde e distaccate, non riuscirono a trattenere un respiro di sollievo: Acheron al momento non sembrava avere intenzioni ostili. Le sei fate rimasero immobili e in silenzio per alcuni minuti ad aspettare che qualcuna di esse si decidesse a prendere la parola e chiedesse allo stregone del Medaglione. Tuttavia, poiché nessuna ebbe il coraggio di assumersi una tale responsabilità inclusa la Principessa di Domino, alla quale tremavano vistosamente le gambe, fu lo stesso Acheron con voce ostile e denigratoria ad incalzarle:
«Cosa state aspettando?! Non ditemi che avete paura di me».
 Tecna, allora, consapevole di non avere molto più tempo a disposizione, continuando a mantenere le mani delle compagne, si avvicinò alla rete energetica e, assumendo un atteggiamento di superiorità, esclamò:
«Hai ragione Acheron! Esiste un motivo ben preciso che ci ha indotto a liberarti. Vedi noi sappiamo che tu custodisci un oggetto molto antico… un oggetto che in teoria non dovrebbe appartenerti. Secoli fa con l’inganno riuscisti ad estorcerlo al suo legittimo proprietario. Te ne appropriasti in maniera indebita, non curandoti minimamente delle conseguenze. Bene, noi siamo qui per riprenderci questa reliquia. Di conseguenze hai due opzioni: o ci consegni l’oggetto senza opporre resistenza e noi ti richiudiamo nuovamente nello Scrigno; oppure ti rifiuti e ci affronti, noi ti sconfiggiamo, ci riprendiamo il “maltolto” e ti richiudiamo nello Scrigno. A te la scelta; sappi però che qualsiasi cosa tu decida di fare noi ce ne andremo dal Legendarium con l’oggetto… qualsiasi cosa tu decida di fare noi recupereremo il Medaglione appartenuto al Custode della Fiamma della Fenice».
Acheron, sebbene durante tutto quel discorso avesse continuato a mantenere un atteggiamento sprezzante, non riuscì a nascondere lo stupore non appena sentì quelle ultime parole. Bloom, allora, volendo approfittare della difficoltà dell’avversario, intervenne a sua volta nella discussione dicendo:
«Cosa hai deciso?! Vuoi darci il Medaglione o preferisci combattere?».
«Muoviti a rispondere, non abbiamo tutto il giorno» aggiunse Musa, assottigliando gli occhi.
Lo stregone, però, non sembrò lasciarsi intimorire dalle “frecciatine” delle ragazze e, allargando le proprie braccia, scoppiò nuovamente a ridere. La sua era però una risata forzata, quasi finta che sembrava nascondere una rabbia e un disprezzo senza precedenti. Le Winx, spaventate dall’atteggiamento del loro avversario, rinforzarono ulteriormente la gabbia di contenimento e in silenzio aspettarono che si calmasse. Acheron, però, non diede alcun segno di “cedimento” e, alzando gli occhi al cielo, continuò a ridere. Pian piano i suoi versi si trasformarono in vere e proprie urla, che sempre più acute iniziarono a levarsi verso il cielo verdognolo del Mondo del Legendarium. Roxy e Musa, spaventate dall’improvvisa follia dello stregone, erano in procinto di attaccarlo, ma un provvidenziale richiamo alla calma di Stella evitò alle due di commettere un’impudenza. La fredda voce dell’uomo permeò nell’ambiente circostante, amplificando la sua lugubre e spaventosa aura. Le Winx, sentendosi pericolosamente minacciate da quella situazione, sebbene fossero consapevoli dei rischi, decisero di affrontare direttamente lo stregone ponendo fine al suo delirio. Tuttavia, non appena le ragazze furono pronte a separarsi e ad attaccare, le grida cessarono. Acheron, allora, tornò a rivolgersi alle sei fate e, schiarendosi la voce, esclamò:
«Perdonate la mia reazione Winx, ma non mi sarei mai aspettato di sentire nuovamente quell’appellativo. “Custode della Fiamma della Fenice”, quanto tempo è passato, quante persone sono morte invano per annientarne la memoria. Dopotutto nessuno può “cancellare” in maniera definitiva il passato, neanche quando si dispone di uno dei due Poteri Ancestrali».
«Acheron i tuoi vaneggiamenti non c’interessano!» lo interruppe Musa con decisione.
«Il Medaglione, dov’è?!» aggiunse Stella.
«Non abbiate fretta» sibilò lo stregone, per poi aggiungere con voce melliflua: «Avete ragione! La reliquia è qui con me, ma prima di consegnarvela, voglio sapere una cosa».
«Sarebbe?!» replicò la fata della Fiamma del Drago.
«Chi vi ha raccontato del Medaglione?» chiese Acheron subdolamente, mentre i suoi sottili occhi gialli iniziavano a diventare incandescenti.
Le Winx, nonostante si aspettassero una richiesta del genere, non risposero nell’immediato. Le ragazze, infatti, si rivolsero prima delle rapidissime occhiate indagatorie, al fine di decidere se raccontare al nemico la verità o meno; poi, avendo capito che sarebbe stato inutile mentire su un argomento così delicato e controverso, si decisero a parlare. Di conseguenza Tecna, espirando profondamente, disse:
«Camille… è stata Camille».
«Immagino tu la conosca, dopotutto hai ingannato lei e suo fratello» intervenne Elizabeth con disprezzo.
A quell’affermazione Acheron sorrise in maniera beffarda e, facendo spallucce, replicò:
«Cosa posso farci: in fin dei conti sono un cattivo. Devo ammettere che prima mi sono sbagliato e anche di parecchio. Ero fermamente convito che tutta quella storia fosse definitivamente terminata così come i suoi protagonisti. Sarò sincero non pensavo che Camille fosse ancora viva… non dopo quello che è successo».
«Non dovresti sottovalutare la nostra amica e soprattutto…» cercò di replicare la fata degli elementi, ma fu interrotta dalla voce tremula di Roxy:
«Perché… cosa accadde?».
Le altre ragazze si volsero piene di collera verso la fata degli animali. Le Winx sapevano bene che quello non fosse il momento adatto per perdere tempo in discussioni inutili. D’altronde ai loro occhi Acheron sembrava fin troppo tranquillo: c’era il serio pericolo che stesse architettando qualche cosa. Lo stregone, però, non si scompose più di tanto, anzi sembrava essere contento che gli fosse stata posta quella domanda. Di conseguenza l’uomo, ghignando in modo malizioso, si rivolse alle Winx e disse:
«Dal momento che vi è stato detto del Medaglione del Custode della Fiamma della Fenice, suppongo che vi sia stata raccontata anche il resto della storia, o sbaglio?».
Le sei fate si limitarono ad annuire, senza mai distogliere lo sguardo dal nemico. Lo stregone, invece, avendo avuto la sua conferma, riprese a parlare:
«Sapete… e alquanto strano per me rinvangare il passato. Erano secoli che la mia mente non tornava a quei giorni…  non tornava a Cassiopea. Quanto era bella, la Dimensione Magica non è nulla in confronto ad essa. Cassiopea rappresentava la “culla della vita” dell’intero universo … il primordio di ogni cosa, di ogni magia. I segreti che celava agli occhi di coloro, che come me cercarono d’imbrigliare il potere dell’esistenza stessa, erano innumerevoli e estremamente affascinanti. Tuttavia quest’universo originario era costantemente minacciato. Cassiopea era in pericolo… un pericolo chiamato Ksendras. Il Signore dell’Oscurità nel corso dei millenni cercò in vano di assoggettare l’intero mondo magico al suo dominio. Schiere di fate, maghi e streghe si levarono a difesa di Cassiopea e guidati dai dai due Custodi, che incarnavano l’essenza del Drago e della Fenice, sacrificarono le loro vite per un bene superiore. Quando ero giovane, decisi di combattere al fianco di coloro che si erano impegnati a proteggere quel mondo che tanto amavo. Diedi tutto me stesso, tutte le mie energie… tutto il mio potere. Purtroppo ben presto mi resi conto che qualsiasi cosa si facesse, qualsiasi sacrificio venisse compiuto l’Oscurità non poteva essere sconfitta. Ksendras era un costituente fondamentale di Cassiopea… era una parte di quell’universo e come tale non esisteva modo per poterlo distruggere definitivamente. Di conseguenza, non appena fui consapevole di tutto ciò, iniziai a dubitare della missione e in seguito ad uno spiacevole avvenimento decisi di abbandonare i miei compagni».
«In pratica hai mollato!» lo interruppe, acida, Stella.
«Puoi ripetere?! Non ho capito bene» replicò lo stregone con tono minaccioso.
«Hai avuto paura e da buon codardo quale sei hai mollato tutto e tutti» intervenne Musa, cercando di fare la voce grossa.
A quel punto Acheron, sebbene avesse cercato di mantenere un certo distacco e un superiore disprezzo nei confronti delle giovani fate, esplose in un impeto di rabbia e ringhiando verso la fata della musica esclamò:
«Come osi?! Come osi darmi del codardo?! Tu, futile ragazzina non hai neanche la minima idea di cosa significhi affrontare quel genere di nemico… affrontare Ksendras. Fate e maghi più forti e abili di voi hanno perso la loro vita nel tentativo di contrastare il suo immenso potere. Il suo esercito era vastissimo e comprendeva ogni genere di creatura oscura: dai vampiri ai lupi mannari. Uomini, donne e perfino i bambini si lasciavano corrompere dal suo influsso malefico, andando ad ingrossare le sue schiere. Da un giorno all’altro padri e madri si ritrovavano a combattere con i loro stessi figli; i fratelli erano pronti a sacrificare le loro sorelle per Ksendras; le famiglie si sfasciavano e le più salde amicizie venivano meno. È vero, ho deciso di mollare… ma non l’ho fatto perché avevo paura. Mi ero stancato, non riuscivo più a sopportare le urla, il dolore e… e lo spargimento di sangue. Nell’ultimo periodo cercai di costringermi a non abbandonare, di continuare a combattere. Mi convinsi che in fondo non lo stavo facendo per me stesso, non lo stavo facendo per miei amici… non lo stavo facendo per Cassiopea. No, non più ormai. Io ero pronto a sacrificare la mia stessa vita soltanto per lei… per la mia amata Juliet. L’unica donna che avesse mai osato amarmi per ciò che sono. Dieci anni prima che Cassiopea fosse divisa, io e Juliet decidemmo di sposarci. Non ci importava di vivere in un mondo dominato dall’odio e dalle tenebre, ciò che contava per noi era l’affetto che provavamo l’uno nei confronti dell’altra».
A quel punto Acheron si interruppe e, sebbene quei suoi tremendi occhi gialli fossero imperscrutabili, le Winx non poterono fare a meno di notare un velo di tristezza sul suo volto. Le sei fate non si sarebbe mai immaginate che un essere privo di scrupoli e umanità come lui avrebbe mai potuto provare sentimenti quali l’affetto e l’amore. Di conseguenza le ragazze si scambiarono rapide occhiate perplesse finché Bloom, spinta da un’irrefrenabile curiosità, non balbettò con insicurezza:
«Poi… …cioè… …poi cos’è successo?».
«Sicura di volerlo sapere? Ciò che viene dopo non è piacevole» replicò, malizioso, Acheron.
«Perché non dovremmo?» gli chiese Tecna, abbozzando un sorrisetto di sfida.
«Esatto! Ormai conosciamo tutta la storia, anche i suoi lati oscuri» aggiunse Elizabeth.
«A questo punto siamo difficilmente impressionabili» concluse la Principessa di Solaria, facendogli la linguaccia.
«Oh… ma quello che sto per dirvi non deve spaventarvi» sibilò lo stregone, mentre tamburellava con le dita le proprie ginocchia.
«Ah no?! Strano le parole di prima sembravano suggerire tutt’altro» lo schernì Musa, cercando di nascondere l’ansia che provava in quel momento.
«Farfallina dovresti pensare prima di aprire la tua dolce boccuccia» esclamò l’uomo con fare minaccioso, per poi aggiungere: «Il mio racconto deve farvi riflettere».
«Riflettere?! E su cosa di grazia?» gracchiò Roxy.
«Sulle menzogne che vi sono state propinate» sentenziò Acheron con voce profonda.
Le Winx trasalirono e, non riuscendo a capire cosa spingesse l’uomo a dire quelle cose, iniziarono a discutere tra loro. Tecna, Stella e Elizabeth, infatti, temevano che i vaneggiamenti dello stregone fossero un astuto stratagemma volto a distrarle e a permettergli la fuga. Le altre, però, erano fin troppo sicure del piano escogitato dalla fata della tecnologia e, spinte da un’irrefrenabile curiosità, convinsero le amiche ad ascoltare il continuo della storia di Acheron. In particolare Bloom, la quale sentiva sulle proprie spalle il peso di quella missione così complicata e rischiosa, era decisa più che mai a scoprire tutta la verità sulla divisione di Cassiopea. In passato Arcadia già le aveva mentito e lei l’aveva scoperto nel modo peggiore possibile: attraverso i dolorosi ricordi di Camille. Di conseguenza la rossa non se la sentiva di ignorare il monito dello stregone, il quale, senza neanche essere a conoscenza di cosa lei e le sue amiche sapessero, era giunto a priori alla conclusione che tutte loro fossero state ingannate. Per questo motivo la Principessa di Domino fece segno alle altre di rimanere in silenzio e, rivolgendosi ad Acheron, disse:
«Cosa ti fa credere che ci siano state raccontate delle falsità?».
«È semplice: conosco fin troppo bene i miei vecchi alleati» replicò, compiaciuto, l’uomo.
«Quantifica questo “bene”!» gli ordinò Tecna, intromettendosi nella discussione.
«Ve l’ho detto: molto» sogghignò Acheron, al quale divertiva il vedere le sei fate pendere dalle sue labbra.
«Ci stai facendo perdere la pazienza» sbuffò la Principessa di Domino, assottigliando gli occhi.
«D’accordo… vi dirò tutto ciò che è stato omesso, tutto ciò che Arcadia ha preferito nascondervi» sibilò lo stregone.
«Come… …come… …come fai a sapere… … …a sapere che sia stata Arcadia» balbettò, incredula, la fata della tecnologia, le cui convinzioni in merito a quella faccenda erano appena venute meno.
Acheron si mise a ridere per alcuni secondi, poi incrociando le braccia esclamò:
«Pura e semplice logica, mia cara. Una materia che un abitante di Zenith come te dovrebbe conosce. Se siete venute a recuperare il Medaglione del Custode della Fiamma della Fenice, significa che avete l’impellente necessità di trovare l’attuale depositario di questo potere. Dopotutto la reliquia ha esclusivamente la capacità di rintracciare, ovunque si trovi, il suo legittimo proprietario: il Custode della Fenice. A questo punto, però, sorge spontanea una domanda: perché delle giovani e inesperte fate come voi sarebbero alla ricerca di un tale individuo? Alla ricerca di un potere che dovrebbe esulare non solo dalle loro conoscenze, ma da quelle di ogni singolo abitante della Dimensione Magica? Vedete Winx… io conosco la storia di Cassiopea, ricordo cosa fu deciso in seguito alla sua divisione. Tre delle quattro scintille della Fiamma della Fenice, l’unico lascito di quel potere ancestrale presente nel nostro universo… sono scomparse. Io lo so, l’ho percepito quando due anni fa, seppur per brevissimo tempo, riuscii a scappare dalla prigione del Legendarium. Voi sperate di trovare il Custode per fargli creare tre nuove scintille, al fine di prevenire la distruzione della Dimensione Magica e la liberazione di Ksendras. Tuttavia questa “caccia al tesoro” non può essere partita da voi; non eravate a conoscenza di questo segreto e, qualora non ve ne fosse stato il bisogno, avreste continuato a vivere nella più completa ignoranza. Qualcuno deve avervi spinto ad intraprendere questa avventura, qualcuno vi ha svelato la verità nascosta dietro l’origine della Dimensione Magica».
«Sarebbe potuto essere chiunque» lo interruppe Musa con tono acido.
«Musa ha ragione» intervenne, sicura, Roxy per poi aggiungere: «Non puoi aver semplicemente indovinato che sia stata Arcadia ad averci affidato questa missione».
«Ma io non ho “semplicemente indovinato”. Siete state voi a confermare le mie ipotesi» replicò Acheron pacatamente.
«Non provare a fare il furbo! Noi abbiamo parlato di Camille non della Fata Guardiana del Regno Dorato» lo ammonì Elizabeth con voce carica di rabbia.
«Esatto! Voi avete nominato Camille… una fata che si trova nell’altra metà di Cassiopea» disse, soddisfatto, l’uomo.
«Non capisco» mugugnò Bloom, mentre cercava di calmare le sue amiche.
Acheron scosse il capo e, mettendosi in ginocchio, riprese la propria spiegazione:
«Soltanto Arcadia e gli altri membri del Consiglio degli Anziani conosco il modo per passare tra i due universi. A nessuno, inoltre, è concesso di compiere un tale “viaggio”, le conseguenze per lei o lui sarebbero peggiori della morte stessa. Per questi motivi posso affermare con certezza che siano stati loro a chiedere il vostro aiuto, inviandovi nella dimensione della Fiamma della Fenice. Evidentemente speravano che voi trovaste l’attuale Custode senza l’uso del Medaglione: che sciocchi. Tuttavia non posso dargli torto: rivelarvi che fossi in possesso dell’oggetto li avrebbe esposti troppo».
«A cosa li avrebbe esposti?!» gli domandò, piena di curiosità, Tecna.
«Alla dura e triste verità: il loro atto di vile tradimento sarebbe stato scoperto» sibilò l’altro con fare ermetico.
«Ma di cosa diamine stai parlando?!» imprecò Bloom, alzando la voce.
«Se qualcuno ha tradito, quello sei tu» aggiunse Tecna con disprezzo.
«Temo di non capire» replicò, fintamente perplesso, lo stregone.
La Principessa di Domino, allora, stanca dei continui “giochetti” del suo avversario, inveì contro quest’ultimo:
«Acheron smettila di prenderci in giro. Arcadia e Camille ci hanno raccontato in che modo tu sia coinvolto in tutta questa faccenda. Sappiamo che fosti l’artefice dell’incantesimo che imprigionò Ksendras all’interno della Dimensione Omega. Ingannasti i Custodi assicurando loro che il tuo stratagemma avrebbe liberato per sempre Cassiopea dalla minaccia dell’Oscurità. Tuttavia i due, non appena eseguirono il tuo incantesimo, scatenarono la catastrofe che portò alla divisione dell’universo originario. Il tuo unico scopo era quello d’impossessarti del Medaglione, infatti, subito dopo averlo ottenuto, scappasti via senza lasciare traccia. Bramavi il potere di quell’oggetto perché eri consapevole che senza di esso non saresti mai riuscito a creare il tuo “mondo degli orrori”: il Legendarium. Sfruttando la magia del libro hai seminato il panico per la Dimensione Magica. Fortunatamente, però, a lungo andare non sei riuscito a controllare questo potere e ne sei diventato tu stesso vittima. È questa è stata la pena alla quale il destino ti ha condannato per i tuoi crimini».
Non appena Bloom ebbe terminato di parlare, un silenzio surreale calò su tutti loro. Le altre Winx, infatti, rimasero alquanto intimorite dall’atteggiamento della loro amica e, preferendo non aggiungere nulla alle sue dure parole, rimasero con le labbra serrate. Lo stesso Acheron non replicò alle ingiurie della rossa e, picchiettando nervosamente il braccio sinistro con le dita della mano destra, si limitò ad osservarla nel profondo degli occhi scrutandone i pensieri. Pochi minuti dopo, però, fu lui stesso a rompere quell’opprimente silenzio, infatti disse con fare stranamente divertito:
«Non avrei mai immaginato che foste tanto disinformate. Certo, non mi aspettavo che vi raccontassero tutta la verità, ma qui si esagera. Dunque, secondo Arcadia e Camille io avrei ingannato i Custodi consegnando un incantesimo “difettoso”, che avrebbe portato alla divisione di Cassiopea. Ne hanno avuta di fantasia! Tuttavia, sebbene possa capire il motivo che abbia spinto la Fata Guardiana del Regno Dorato a dirvi tutte queste menzogne, il sapere che l’abbia fatto anche la sorella del Custode mi lascia basito. Dopotutto lei più di tutti avrebbe dovuto battersi per avere giustizia. Evidentemente, dopo secoli di esilio, si sarà rassegnata all’impossibilità di cambiare le cose e…».
«Camille non si è rassegnata ad un bel niente!» lo interruppe, all’improvviso, Elizabeth, aggiungendo subito dopo con la voce carica d’odio e risentimento: «Lei non ci avrebbe mai mentito, non ci avrebbe mai dato delle informazioni false… sei tu quello che racconta menzogne!».
«Noto con piacere un grande affetto da parte tua» sibilò Acheron con malizia.
«Lei è tutto per me, è sempre stata al mio fianco. Non permetterò che tu ne infanga la reputazione!» replicò la ragazza a denti stretti.
«Elizabeth, adesso basta!» ringhiò la fata della tecnologia, temendo che le affermazioni dell’amica la esponessero troppo.
L’intervento, però, si rivelò del tutto inutile. Acheron, infatti, non appena la fata degli elementi ebbe finito di parlare, rise di gusto e, “stampandosi” un tetro sorriso sul volto, esclamò:
«Dunque, tu vieni dall’altra parte. Sei originaria della Dimensione della Fiamma della Fenice, non è vero? Caspita Winx siete proprio in un bel guaio. Arcadia non ne sarà affatto contenta quando lo verrà a sapere. Lei detesta coloro che attraversano la barriera che divide le due metà di Cassiopea».
«Stai pur certo che noi non le diremo nulla» cinguettò Stella, facendogli la linguaccia.
«Ne sono lieto. Dopotutto è così graziosa, la sua morte sarebbe un vero spreco» ghignò lo stregone, aggiungendo subito dopo: «Tornando a noi: volete che continui la mia storia o preferite rimanere ancorate ai vostri preconcetti?».
«E sia! Finisci pure il tuo insulso racconto, ma poi ci consegnerai il Medaglione senza opporre resistenza» mugugnò Bloom, parlando anche a nome delle altre.
Acheron, allora, si disegnò ironicamente sul petto una specie di croce e, riprendendo da dove si era precedentemente interrotto, riportò alle Winx la propria versione dei fatti:
«Come vi dicevo, dieci anni prima della divisione di Cassiopea io e Juliet eravamo in procinto di convolare a nozze. Purtroppo il matrimonio non è mai avvenuto. Il giorno stesso delle nozze, infatti, la mia amata fu attaccata da tre demoni di Ksendras. Quelle bestie la torturarono fino a farla morire, io non potei far niente per salvarla: non sapevo neanche fosse stata aggredita. Io… … …io ero lì, su Domino ad aspettarla… aspettavo la mia futura moglie che mi raggiungesse all’altare, cosa che non avvenne mai. Per ironia della sorte fu proprio Camille a comunicarmi la tragica notizia: lei e un’altra sua amica chiamata Euterpe si erano gentilmente offerte di accompagnarla sul pianeta, ma arrivarono troppo tardi. D’altronde Juliet non era una fata potente come loro: non ebbe alcuna possibilità. Ero distrutto, avevo perso l’unica persona nella mia vita così importante da essere pronto a sacrificare persino me stesso. Camille e gli altri cercarono di starmi vicino, di consolarmi… di alleviare le mie sofferenze. All’inizio ero felice di poter contare su di loro, ma ben presto mi resi conto che la loro amicizia non mi bastava più: avevo bisogno di altro. Dovevo scoprire come avessero fatto quegli esseri a scoprire dove si trovasse la mia amata Juliet. A quei tempi, infatti, chiunque combattesse contro il Signore dell’Oscurità preferiva mantenere segreta la propria vita privata e soltanto gli amici più stretti conoscevano determinati dettagli personali. Di conseguenza, ignorando gli accorati appelli del mio maestro, il Custode della Fiamma della Fenice, iniziai ad indagare al fine di scoprire chi fosse il reale responsabile della morte della mia adorata. Non ci misi molto tempo… ero abbastanza bravo a carpire informazioni dalla gente. Fu così che venni a sapere tutta la verità: a rivelare la posizione della nostra casa era stata… sua madre. È ironico non trovate?! La donna che le aveva donato la vita, gliel’ha strappata via. Aveva ceduto, l’Oscurità aveva contaminato il suo cuore e l’aveva spinta a tradire la sua stessa figlia. Mi supplicò di non farle del male, giurò più e più volte di essere pentita… non avrebbe mai voluto condannare Juliet a morte certa. Mi pregò di perdonarla come… …come… …come avevano fatto i miei amici. Il mio maestro, l’altra Custode, Camille e tutti gli altri sapevano… sapevano chi fossero i responsabili di quel crimine orrendo e non mi dissero nulla. Non l’ascoltai, il mio cuore era pervaso dall’odio e dal risentimento. Eliminai lei e il resto della sua sporca famiglia. Il mio “lavoro”, però, non era completo: dovevo occuparmi anche del resto… dei miei cari compagni. Ero furioso, in quel preciso momento desiderai la loro morte… la morte dell’umanità intera. Tuttavia, nonostante la mia mente e il mio animo fossero annebbiati dalla rabbia, in un brevissimo istante di lucidità mi resi conto di non avere alcuna speranza contro tutti loro: non ero abbastanza potente».
«Cosa facesti?!» lo interruppe, all’improvviso, Bloom con voce tremante.
«Sparii dalla circolazione: per dieci anni vagabondai senza meta per Cassiopea» replicò, asciutto, Acheron.
«Stavi progettando la tua vendetta, non è così?» gli chiese Tecna con fare sprezzante.
Lo stregone ridacchiò tra sé, poi, riprendendo la parola, esclamò pacatamente:
«Siete proprio delle sciocche ragazzine. Ancora mi chiedo come sia stato possibile che siate riuscite a raggiungere questi livelli di forza. Definire “vendetta” ciò che avevo escogitato nell’arco di tutto quel tempo è alquanto riduttivo. In quei dieci anni mi resi conto che il problema di Cassiopea, la reale minaccia agli equilibri del nostro universo non era rappresentata da Ksendras e dal suo esercito. No… eravamo noi, l’umanità era la sola responsabile del male, dell’odio e… e della morte. Erano gli esseri umani che si lasciavano corrompere dall’Oscurità, causando guerre, stragi, carestie e pestilenze. Noi non siamo fatti per vivere in questo universo, non ne siamo capaci. I nostri sentimenti, imperfezioni, desideri sono la prova che Cassiopea, la Dimensione Magica, la Dimensione della Fiamma della Fenice non potranno mai soddisfare appieno il nostro essere. *Questo mondo è pieno di cose che non vanno come noi vorremmo. Più a lungo vivi, più ti accorgi che la realtà è fatta solo da dolore, sofferenza e vuoto. Ascoltate, in questo mondo ovunque ci sia una luce c'è anche un'ombra. Finché il concetto di "vincente" esisterà ci sarà anche quello di "perdente". L'egoistico desiderio di mantenere la pace scatena le guerre. E nasce l'odio per proteggere l'amore*. Cassiopea, nonostante l’azione delle due entità creatrici, era e avrebbe continuato ad essere un dominio di Ksendras. Lui era l’unico e legittimo “abitante” di quell’universo: l’umanità e gli altri esseri viventi erano solo degli intrusi. Purtroppo i miei ex – alleati non riuscirono a comprendere questa fondamentale differenza, ostinandosi a combattere contro l’Oscurità e i suoi seguaci. Io, al contrario, pienamente consapevole che Cassiopea non sarebbe mai potuta essere la “nostra casa”, avevo speso tutte le mie conoscenze, le mie risorse e… il mio potere nella creazione di un luogo, che avrebbe permesso all’umanità di vivere in pace e armonia. Un nuovo mondo posto al di fuori del tempo e dello spazio, dove i concetti di sofferenza, malattia e morte non sarebbero mai esistiti… un mondo erroneamente chiamato dagli altri Legendarium».
«Aspetta un momento! Stai dicendo che avresti imprigionato il genere umano all’interno di quel libro?!» starnazzò la Principessa di Solaria in preda al panico.
«Esattamente!» sentenziò, lapidario, l’uomo.
«Ma… ...ma… …ma è una cosa assurda. Non potevi credere che avesse funzionato sul serio» disse Roxy.
Acheron, però, non sembrò badare più di tanto alle osservazioni delle due ragazze e, senza rispondergli nulla, continuò il proprio racconto:
«Il Legendarium avrebbe rappresentato la nostra “terra promessa”, un nuovo universo, completamente indipendente dal resto, all’interno del quale l’umanità avrebbe prosperato senza problemi. Tuttavia, benché avessi studiato in dettaglio ogni minimo particolare, il mio piano non poteva essere portato a termine. Il Legendarium mancava di un qualche cosa… un qualche cosa di fondamentale: la vita. Vedete, prima della nascita di Cassiopea il nulla regnava incontrastato, soltanto l’Oscurità era presente in quell’universo di desolazione. La vita, come noi oggi la conosciamo, venne in un secondo momento, grazie all’operato del Drago e della Fenice. Creazione e distruzione diedero il via a quel lento ma inesorabile processo che portò alla nascita di Cassiopea e di tutti gli esseri senzienti. Il libro delle leggende, al contrario, era privo di questa caratteristica e conseguentemente non avrebbe mai potuto continuare ad esistere in eterno. Per questo motivo, avendo saputo che i due Custodi avessero tentato inutilmente di imprigionare il loro nemico, ritornai dai miei compagni, assicurando loro di aver trovato il modo per liberare l’universo dalla minaccia di Ksendras. In realtà, come voi ben sapete, non esiste incantesimo, maledizione o oggetto magico che sia veramente in grado di sigillare il Signore dell’Oscurità. Tale impossibilità, però, non mi ostacolò: io non avevo la minima intenzione di liberare Cassiopea da Ksendras… il mio unico scopo era quello di ottenere il potere delle due entità. Tuttavia, sebbene alcuni membri del nostro gruppo avessero accolto la mia offerta d’aiuto, altri s’insospettirono e iniziarono a tenermi fastidiosamente d’occhio. Per di più il mio stesso maestro, consapevole quanto me che l’Oscurità non sarebbe mai potuta essere sigillata, si rifiutò di servirsi del mio incantesimo».
«Questo è impossibile! Arcadia e Camille ci hanno spiegato che furono i due Custodi ad imprigionare il Signore dell’Oscurità» lo interruppe, confusa, Bloom.
«È una bugia! Tutto ciò che vi hanno raccontato sono menzogne!» ringhiò Acheron, alzandosi di scatto da terra.
«Sei tu che ci stai propinando un mucchio di fesserie!» tuonò la fata della tecnologia, mentre riduceva le dimensioni della gabbia di contenimento.
Lo stregone, allora, si avvicinò minaccioso alla ragazza di Zenith e, allargando spaventosamente le braccia, disse:
«Il Custode della Fiamma della Fenice, sua sorella, Euterpe e quel buono a nulla di Agador avevano capito le mie vere intenzioni, non mi avrebbero mai permesso d’impossessarmi dei due poteri ancestrali. Ero in seria difficoltà, le loro riserve nei miei confronti avrebbero sicuramente compromesso tutto il mio progetto. Di conseguenza, facendo leva sulla sua più grande paura, strinsi un patto con la Custode della Fiamma del Drago: io le avrei fornito la soluzione al loro problema e lei, nonostante la sua controparte non fosse d’accordo, mi avrebbe garantito accesso alle due Fiamme. La regina di Domino e i suoi alleati tradirono i loro ideali, i loro più stretti amici… tradirono la causa di quella che era chiamata “La Compagnia della Luce”. Il Custode della Fiamma della Fenice non sigillò Ksendras insieme alla sua compagna, fummo io e quest’ultima a farlo. Il mio maestro fu letteralmente pugnalato alle spalle da quella che era più di un’amica… fu ingannato dall’amore della sua vita. Durante la battaglia decisiva, quella che decise il destino di Cassiopea, la Custode sottrasse il Medaglione e, insieme a parte del suo potere racchiuso all’interno delle Bacchette Mythix, me lo consegnò».
«Non… … …non è possibile, non può essere vero» biascicò Bloom con le lacrime agli occhi.
«Le Bacchette… le Bacchette Mythix non… … …non sono originarie del mondo del Legendarium?!» balbettò, incredula, Musa.
L’uomo le rivolse un lugubre sorriso, poi, sibilando con voce viscida, disse:
«Le Bacchette furono forgiate dalla prima Custode della Fiamma del Drago, in modo tale che racchiudessero parte del potere dell’entità. Certo non mi sarebbe dispiaciuto averle tutte, ma le sette che mi furono consegnate andarono più che bene. Fu grazie ad esse e al Medaglione che riuscii ad imbrigliare la “forza della vita” e a conferirla al Legendarium. Sfruttando il libro potei mettere in atto il mio progetto: donare all’umanità un nuovo luogo dove vivere. Purtroppo, cinque anni dopo la divisione di Cassiopea, alcuni vecchi amici decisero d’intromettersi nei miei piani. Avevano trovato dei nuovi alleati e un nuovo potere mai apparso prima di allora: il Sirenix. Combattei strenuamente contro di loro e, nonostante avessero subito numerose e pesanti perdite, alla fine riuscirono a sconfiggermi. Fui imprigionato nella mia stessa creazione e le Bacchette Mythix furono portate via. Per secoli ho atteso che qualcuno mi liberasse e, grazie a quella sprovveduta di Selina, due anni fa il mio desiderio divenne realtà. Realtà che, a causa vostra Winx, durò ben poco: non potevo prevedere che foste in possesso delle Bacchette e che, sebbene non sapeste sfruttarne appieno le capacità, poteste battermi. Adesso, però, tutto ciò non importa… adesso è tempo di riprendere quello che ho lasciato incompleto».
«È come penseresti di fare?! Sei nostro prigioniero, ricordi?» lo schernì Stella.
«In questo modo!» sentenziò, minaccioso, Acheron, mentre alzava con rapidità il braccio destro.
 
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Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Innanzitutto perdonatemi per la mancata pubblicazione di lunedì scorso XS. Lo so che vi promisi di avvisarvi, qualora avessi deciso di fare una pausa. Il problema è che non sempre riesco a prevedere in quale settimana sarò stanco XD. Comunque non vi ho lasciati proprio a “bocca asciutta”, anzi spero che l’idea della raccolta di one-shot vi sia piaciuta :D. Detto questo, veniamo al capitolo di oggi. Allora il passaggio è incentrato esclusivamente su Acheron e sul suo passato. Tuttavia ho preferito non scendere troppo nei particolari, temendo che la narrazione ne risultasse appesantita. Di conseguenza tutto ciò che abbiamo appreso sullo stregone risulta essere direttamente collegato con la divisione di Cassiopea. Ciononostante la storia di Acheron non è certo finita qui, in futuro scopriremo maggiori dettagli sul suo passato ;D. Poiché ci troviamo dinanzi una sorta di lungo monologo dello stregone, non mi dilungherò sulla trama in sé XS, ma mi limiterò a porre l’accento su determinate cose. In primo luogo prestate molta attenzione alla parte iniziale del discorso tra Acheron e le Winx. Il rapporto tra passato e presente è fondamentale, forse è l’aspetto più importante e controverso dell’intera serie XD. Tenete inoltre a mente la sfuriata di Elizabeth nei confronti dell’avversario. La fata degli elementi, infatti, è stata abbandonata dai propri genitori quando era neonata e quindi il suo desiderio di scoprire la verità sul suo passato è sempre vivo in lei ;D. In questo capitolo iniziamo ad intaccare quest’ennesimo mistero e piano piano ci avvicineremo (attenzione super spoiler :D) all’identità del padre e della madre della ragazza. Ricordate il discorso sulle verità relative?! Beh… anche questa volta ci viene data una diversa versione dei fatti che riguardano la divisione di Cassiopea. Secondo Acheron, infatti, Ksendras sarebbe stato imprigionato dalla Custode della Fiamma del Drago e da lui stesso. Di conseguenza questo racconto è in contrasto con quello di Arcadia e Camille XS. Al fine di non creare troppa confusione, sarò sincero con voi: questa è la versione della storia che più si avvicina alla realtà… tuttavia non è ancora del tutto completa ;D. Acheron, inoltre, smentisce la “credenza” che fosse rimasto intrappolato nel Legendarium per sbaglio. Lo stregone, infatti, spiega alle Winx di essere stato imprigionato da alcuni dei suoi vecchi amici dotati del potere Sirenix (sappiate che questa trasformazione non è stata messa a caso… lo so, come vi confermerà MartiAntares, sono perfido). Infine vi chiedo di prestare la massima attenzione al ruolo delle Bacchette Mythix e in particolare sul loro numero XD. La frase delimitata dal simbolo * è una citazione di Madara Uchiha (personaggio di Naruto). Ho concluso… come sempre un ringraziamento ai recensori, ai lettori silenziosi e… e niente: arrivederci al prossimo capitolo :D :D :D.

Yugi95

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Capitolo 30
*** Capitolo XXIX – Il contrattacco del nemico ***


Capitolo XXIX – Il contrattacco del nemico
 

Non appena Acheron sollevò il suo braccio, la terra subì un forte smottamento. Le Winx, spaventate dal gesto del loro nemico, indietreggiarono leggermente, ma, continuando a tenersi per mano, cercarono di mantenere stabile la rete energetica. In quello stesso momento però dai piedi dello stregone si diramò una profonda crepa, che con incredibile rapidità si diresse verso l’esterno della gabbia di contenimento. A quel punto con un rumore sordo alle spalle della fata della tecnologia sbucò un’inquietante mano d’ombra. Tecna, presa alla sprovvista, fu afferrata per la vita e scaraventata contro un albero.
«Tecna!!» urlò Musa, correndo verso l’amica.
Poiché le due ragazze avevano lasciato le mani delle loro compagne, la rete si dissolse nel nulla e Acheron fu libero di attaccare. Subito dopo, infatti, l’uomo si alzò in volo e, concentrando la propria magia, creò tra le sue mani una sfera di energia rossa, che fu poi scagliata verso il basso. Bloom, Stella, Elizabeth e Roxy scansarono l’attacco per un soffio volando via. Quest’ultimo, non appena impattò al suolo, esplose fragorosamente generando un accecante bagliore. Le Winx, a causa di ciò, si coprirono come poterono il viso. L’intensissima luce durò per alcuni secondi, poi pian piano scemò. Bloom, allora, riaprì i propri occhi e, guardando verso, rimase scioccata da ciò che le si mostrò dinanzi. Il colpo di Acheron aveva creato una spaventosa voragine larga venti metri e profonda dieci. La Principessa di Domino, senza indugiare troppo, planò verso il basso e si ricongiunse con le sue amiche.
«Come state ragazze?» esordì la rossa, poggiando una mano sulla spalla di Roxy.
«Noi bene, ma Tecna…» si apprestò a rispondere Musa, ma la ragazza di Zenith la interruppe:
«…Tecna è ok».
«Sei sicura?» le domandò, preoccupata, Stella.
«Certo! Mai stata meglio» replicò la fata della tecnologia con ironia, mentre si asciugava con il dorso della mano un rivolo di sangue dalla bocca.
«Dobbiamo assolutamente fare qualcosa» esclamò Elizabeth, indicando lo stregone, che fluttuava tranquillo tra le nuvole, quasi avesse perso interesse nell’attaccarle.
«Elizabeth ha ragione. Se aspettiamo troppo tempo c’è il rischio che trovi un modo per scappare» intervenne Roxy con aria preoccupata
«Anch’io sono d’accordo con loro. Va fermato… adesso!» aggiunse, decisa, Musa, mentre si apprestava a spiccare il volo.
Tuttavia Tecna, afferrandola per un braccio, la costrinse a terra; poi, rivolgendosi alle sue amiche, con fare risoluto disse:
«Abbiamo bisogno di un piano! Non possiamo lanciarci all’attacco e sperare che tutto vada per il meglio. Avete visto cos’è stato appena in grado di fare?! Con una singola sfera energetica ha creato più danni di una bomba ad impulsi magici di classe A. Io neanche nei miei sogni più fantasiosi riesco ad immaginarmi degli attacchi così potenti».
«Cosa ci proponi di fare allora?» le chiese Stella in preda allo sconforto.
«È un avversario troppo forte per noi: dovremo giocare d’astuzia» sentenziò la fata della tecnologia, abbozzando un sorriso.
«Intendi dire che… …che dovremmo…» balbettò Bloom.
«…dovremmo nuovamente imprigionarlo nello Scrigno dell’infinito» concluse, sicura di sé, la ragazza di Zenith.
«Vieni qui genietto, fatti abbracciare» cinguettò la Principessa di Solaria, stringendo a sé l’amica.
Tecna, però, non rispose a quella dimostrazione d’affetto e, cercando di divincolarsi dalla morsa della bionda, sbuffò:
«A dopo… a dopo i ringraziamenti. Adesso occupiamoci di Acheron, forza passatemi lo Scrigno».
In quel preciso istante i luminosi sorrisi presenti sui volti delle altre Winx scomparvero, lasciando posto ad un’espressione confusa e amareggiata. Nella mente della fata della tecnologia, allora, s’insinuò un tremendo sospetto e, spostando rapidamente lo sguardo verso il cratere creato da Acheron, con voce tremula balbettò:
«Ragazze, dove… … …dove avete messo lo Scrigno dell’infinito?!».
«Noi… …noi… …noi pensavamo ce l’avessi tu» rispose Roxy in preda al panico.
«Io?! Come potevo averlo io, se sono stata attaccata per prima?» gracchiò l’altra, allargando le braccia.
«Un momento, se lo Scrigno non l’abbiamo noi e non ce l’hai tu… cosa diamine è successo?!» starnazzò la Principessa di Solaria.
«Io… credo di saperlo» biascicò Bloom, indicando il cratere ancora fumante.
«Non posso crederci: l’abbiamo lasciato lì per terra» si disperò la fata degli animali, mentre si colpiva più volte la testa con il pugno.
A quel punto le altre Winx si rivolsero piene di speranza verso Tecna e le supplicarono di trovare una nuova soluzione al problema. Purtroppo, però, la fata della tecnologia, poiché era appena sfumata l’unica idea utile che le fosse venuta in mente, fece spallucce lasciando le sue amiche alquanto basite. Intanto Acheron continuava a volare tra le verdastre nubi del cielo del Legendarium, assaporando la libertà appena riacquistata. Tuttavia, non appena si rese conto della discussione in atto tra le Winx, scese di quota e, schioccando le proprie dita, richiamò l’attenzione di quest’ultime. Le sei fate, accortesi della sua presenza, si voltarono di scatto e, cercando di non mostrare al nemico la loro immensa paura, si prepararono a combattere. Lo stregone, allora, rise di gusto e, indicando il centro del proprio petto, con voce di sfida disse:
«Cosa state aspettando Winx?! Il Medaglione è proprio qui, incastonato in questa gemma di contenimento. Perché non venite a prenderlo? Dopotutto siete state voi a sostenere che, qualsiasi scelta avessi fatto, avreste recuperato il “maltolto” o sbaglio? Avanti venite qui… venite ad affrontarmi».
Una volta che ebbe finito di parlare, Acheron allargò le proprie braccia verso l’esterno e, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio, aprì i palmi delle mani. Da questi scaturì una fitta nebbia rossastra che si condensò rapidamente dando vita a due affilati dischi energetici rotanti. Lo stregone, allora, abbozzando un tetro sorrisetto sul suo volto scavato, li lanciò contro le proprie avversarie. Le Winx, nonostante stessero prestando la massima attenzione, furono colte di sorpresa da quell’improvvisa offensiva. Di conseguenza gli affilati dischi energetici, sferzando l’aria circostante, furono evitati per un soffio dalle ragazze e, toccando il suolo, crearono delle profonde spaccature.
«È spaventoso!» esclamò Stella, ansimando a causa dello sforzo.
«Dobbiamo assolutamente fare qualcosa, non possiamo lascarlo vincere» sentenziò Musa con decisione.
«Tecna quanto tempo abbiamo?» chiese, all’improvviso, la Principessa di Domino, fluttuando verso l’amica.
«Più o meno dieci minuti» rispose la fata della tecnologia, mentre controllava il timer del proprio palmare.
La rossa, allora, fece segno alle sue amiche di avvicinarsi. Quest’ultime, noncuranti delle continue provocazioni da parte di Acheron, si disposero intorno alla loro leader e, prestando la massima attenzione, ascoltarono i suoi ordini:
«Ragazze non sarei mai voluta arrivare a questo, ma… se vogliamo riprenderci quel Medaglione, dovremo combattere. È vero… Acheron è molto forte, ma siamo in superiorità numerica: abbiamo un importante vantaggio e non dobbiamo sprecarlo. Per di più il nostro amico mi sembra fin troppo sicuro di sé, altrimenti non ci lascerebbe mai “confabulare” in questo modo. Sono sicura che si lascerà cogliere facilmente di sorpresa, non si aspetterebbe mai un’offensiva da parte nostra. Dopotutto crede di essere in vantaggio… di condurre lui il gioco e noi faremo in modo che continui a pensarlo».
«Cosa hai escogitato?» la interruppe, ansiosa, Elizabeth.
«Adesso vedrai!» replicò Bloom maliziosamente.
A quel punto la rossa, senza aggiungere altro, si librò in aria andandosi a posizionare dinanzi ad Acheron. Le altre Winx, non avendo ancora capito cosa avesse in mente, la guardarono esterrefatte; lo stregone al contrario assunse immediatamente un atteggiamento serio e si preparò allo scontro. Bloom, mantenendo il contatto visivo sul suo avversario, esclamò ad alta voce:
«Ragazze allontanatevi immediatamente da qui! Io lo terrò occupato in modo tale che avrete il tempo di scappare dal Legendarium…».
«Tecna… ma è per caso impazzita?!» mugugnò a denti stretti Stella nell’orecchio dell’amica.
«Shhh! Fa silenzio, devo capire cos’ha in mente» la zittì l’altra, portandosi l’indice alla bocca.
«…Non preoccupatevi per me. Non appena l’avrò sconfitto, troverò un modo per uscire dal libro. Dopotutto sapete bene che l’ho già battuto e il modo in cui ci sono riuscita. Sarà un gioco da ragazzi farlo una seconda volta».
«Ma cosa diamine stai dicendo?!» le urlò Musa, portandosi le mani ai lati della bocca per amplificare il suono.
«Avevi detto di avere un piano, ma se…» intervenne Elizabeth, ma fu prontamente interrotta da Tecna, la quale, poggiandole una mano sulla spalla, le disse:
«Andiamo! Non perdiamo altro tempo».
«Ma… ...ma... ...» balbettò, incredula, la fata degli elementi.
Tuttavia, a causa del rigido e impassibile sguardo dell’amica, la ragazza si rassegnò al volere di Bloom. Di conseguenza insieme alle altre Winx, sbigottite almeno quanto lei, si alzò in volo e si allontanò silenziosamente. La Principessa di Domino, invece, seguì con lo sguardo le proprie amiche, che ben presto scomparvero nella nebbia della steppa; poi, rivolgendosi al suo avversario, con tono di sfida esclamò:
«Bene, adesso a noi due!».
«La tua amica aveva ragione: devi essere impazzita se pensi di riuscire a sconfiggermi da sola» la canzonò lo Stregone.
«Acheron la tua troppa sicurezza ti ha già causato dei guai in passato, ti consiglio di non sottovalutarmi» replicò, acida, Bloom, mentre creava tra le sue mani una palla di fuoco.
A quell’affermazione l’uomo non riuscì a trattenere una risata di disprezzo nei confronti della giovane fata. Subito dopo, alzando il proprio braccio destro, sibilò:
«Hai ragione… meglio non commettere lo stesso errore».
Non appena ebbe terminato la frase, Acheron volò di scatto verso Bloom e in una frazione di secondo l’afferrò per il collo. La rossa, presa alla sprovvista, interruppe il proprio incantesimo e con le mani cercò disperatamente di far mollare la presa al proprio avversario. La stretta dello stregone, però, non diminuì, anzi divenne sempre più insostenibile. La ragazza, non riuscendo più a respirare, smise di divincolarsi e lasciò cadere le proprie braccia nel vuoto. Tuttavia Acheron, volendo protrarre il più a lungo possibile le sofferenze della Principessa di Domino, allentò la pressione e, abbozzando un ghigno malefico, la scagliò con tutta la propria forza verso il basso. La rossa, poiché ancora parzialmente incosciente, non ebbe la prontezza di sbattere le sue ali e, precipitando come un peso morto, impattò violentemente al suolo.
«Bloom… a quanto pare ti sbagliavi: non sei in grado di affrontarmi da sola» la schernì l’uomo con cattiveria, atterrando a pochi metri di distanza dalla ragazza.
La Custode della Fiamma del Drago, nonostante avesse riportato numerosi lividi e tagli a causa della caduta, riuscì a mettersi in ginocchio e con la bocca impastata di sangue mugugnò:
«Non darti troppe arie, devo ancora riscaldarmi».
«Oh… ma a questo posso rimediare io» replicò Acheron maliziosamente.
A quel punto lo stregone prese un profondo respiro gonfiando i propri polmoni, poi dopo alcuni secondi soffiò in direzione della ragazza. Dalla sua bocca, però, non uscì aria ma un gruppo di pericolosissime fiamme di colore rosso scuro, che accerchiarono Bloom. Quest’ultima, infastidita dal calore prodotto da quel fuoco magico anche a lei impossibile da controllare, cercò di coprirsi il volto con le mani. Acheron, allora, approfittando della distrazione della sua avversaria, si avventò nuovamente contro la Principessa di Domino e, non appena si trovò a pochi centimetri di distanza dal suo corpo, la colpì in pieno volto con una ginocchiata. La rossa fu spinta pericolosamente all’indietro verso il cerchio di fiamme. Tuttavia, nonostante il colpo le avesse rotto il naso e il fuoco le avesse ustionato gli avambracci, Bloom non si diede per vinta e, piroettando all’indietro, si rimise in piedi. Subito dopo, senza neanche concedere al proprio avversario il tempo di capire cosa stesse accadendo, sprigionò dai palmi delle proprie mani un vortice di fiamme, che investì Acheron. Quest’ultimo, sebbene avesse cercato di scansarsi, fu avvolto dal Fuoco del Drago della ragazza e, gridando per il dolore causato dalle continue scottature, si dimenò in preda al panico.
«Eccoti servito!» sibilò, senza fiato, la Principessa di Domino, mentre osservava con fare impassibile le sofferenze dell’uomo.
Ben presto però le atroci urla dello stregone si trasformarono in grasse risate. Bloom, spaventata da quell’atteggiamento incomprensibile, indietreggiò di un paio di metri e attese la prossima mossa dell’avversario. Quest’ultima non si fece attendere: Acheron, infatti, schioccando semplicemente le dita, fece scaturire dal nulla un potente e gelido vento, che estinse le fiamme create da Bloom; poi, quasi non avesse per nulla risentito dell’attacco, si alzò in volo e, incrociando le braccia, disse:
«I miei complimenti Bloom, non pensavo riuscissi a rialzarti dopo quel colpo. Spero solo che il tuo bel visino non ne abbia risentito troppo».
«Io e la mia faccia stiamo bene» replicò, sarcastica, la rossa, aggiungendo subito dopo con tono di sfida: «Avanti cosa aspetti ad attaccarmi. Non dirmi che l’incantesimo di prima ti ha spaventato».
«Non scherzare con me, ragazzina» ringhiò Acheron minacciosamente.
«Non sono mai stata così seria» sibilò Bloom con un filo di voce, spiegando le sue grandi ali colorate.
La Custode della Fiamma del Drago volò rapidamente verso lo stregone e, ricoprendo di fiamme scarlatte le proprie mani, cominciò a prenderlo a pugni. Acheron, sebbene avesse avuto inizialmente qualche difficoltà, schivò tutti gli attacchi della ragazza, poi, non appena ebbe l’occasione di contrattaccare, le assestò un unico pugno alla bocca dello stomaca. Bloom ansimò per il dolore e, portandosi entrambe le mani, sul ventre si piegò in avanti.
«Bloom cara sembri stanca, perché non ti riposi un po’?» la canzonò l’uomo, dandole una poderosa gomitata sulla schiena.
La giovane fata cadde nuovamente al suolo, ma questa volta non fu in grado di rialzarsi. Acheron, allora, la raggiunse e, tirandola su per il corpetto la costrinse a stare in piedi. Bloom era esausta, avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi e lasciarsi andare… abbandonarsi alle tenebre. I continui strattoni da parte del nemico e il dolore causato dalle numerose ferite, però, non le davano pace. La ragazza, allora, non potendo fare altrimenti, alzò lo sguardo incrociando quello divertito dello stregone e, cercando di non venir meno nella voce, biascicò alcune parole di scherno:
«Da vicino sei ancora più brutto, mi chiedo come facesse ad amarti Juliet».
«Non azzardarti a pronunciare il suo nome! Non ne sei degna» le gridò, furioso, l’altro, dandole un pesante schiaffo.
«Abbiamo… abbiamo concetti diversi sulla dignità, amico mio» balbettò la rossa, abbozzando un sorriso sul suo volto tumefatto.
«Non posso darti torto, ma non credo tu sia nelle condizioni di poterne discutere adesso» replicò Acheron con voce pacata.
«Non sono una persona alla quale piace ragionare sulle cose come Tecna: io preferisco prenderle di petto» sibilò Bloom, sferrando subito dopo un potente pugno all’avversario.
Lo stregone, però, nonostante fosse stato colpito sulla guancia destra, rimase impassibile. La rossa, allora, cercò di assestargli un secondo “dritto” con l’altra mano, ma il suo tentativo fu vano. L’uomo, infatti, le bloccò il colpo e con un rapido movimento del polso rigirò il braccio della ragazza dietro la sua stessa schiena. Bloom, senza riuscire a capirne il modo, si ritrovò immobilizzata nella stretta morsa di Acheron: il quale con l’avambraccio sinistro le cingeva la gola, mentre con la mano destra le torceva pericolosamente un arto. Nonostante il dolore fosse lancinante, la Principessa di Domino cercò di non urlare e, stringendo i denti, continuò ad opporre resistenza. Lo stregone, però, era più che mai deciso a “piegare” fisicamente e psicologicamente la sua avversaria. Di conseguenza, serrando meglio la presa sul polso di Bloom, iniziò a spingere verso l’alto il braccio della ragazza portandolo all’altezza dell’attaccatura delle ali. Questa volta la rossa non riuscì a trattenere i propri strazianti lamenti, che si levarono acuti nel cielo. Acheron, estremamente soddisfatto del suo “operato”, rise per le sofferenze causate alla giovane fata; poi, avvicinando le proprie labbra all’orecchio di questa, con tono viscido bisbigliò:
«A quanto pare questa volta sono stato io ad avere la meglio. Sai, un po’ mi dispiace… credevo che mi sarei divertito di più. Avresti dovuto portare la tua Bacchetta Mythix, le possibilità di vittoria sarebbero state maggiori. Il potere di quegli oggetti non ha eguali e, nonostante tu e le tue amiche non ne conosciate appieno le capacità, vi sarebbero state molto utili. Tuttavia, nonostante ciò, non esistono scuse che possano giustificare la tua deludente performance. Dopotutto sei la Custode della Fiamma del Drago e non una semplice fata alle prime armi: sono proprio deluso. Chissà cosa avrebbe detto la tua predecessora: la mia vecchia amica con la quale imprigionai Ksendras. Credo che…».
«Che importanza ha?! Ormai lei non è più qui… è morta!» lo interruppe, sprezzate, Bloom, mentre cercava di divincolarsi dal suo “abbraccio” micidiale.
«Questa cosa ti è stata detta… o la pensi tu?» replicò lo stregone con fare malizioso.
«Ecco… …io… …io…» balbettò la Principessa di Domino, non sapendo cosa rispondere poiché nessuno né Arcadia né Camille le avevano mai fatto una simile confidenza.
«Come immaginavo!» sentenziò, soddisfatto, Acheron - «Effettivamente dal modo in cui ne parlavi prima avrei dovuto capirlo: tu e le tue amiche tendevate a “fare una distinzione”. Speravo sinceramente che almeno questa cosa vi fosse stata spiegata. Beh… mi dispiace per te, in fin dei conti quella storia ti riguardava in prima persona. Pazienza, d’altronde come si dice: occhio non vede, cuore non duole».
«Di cosa diamine stai parlando?! Spiegati!» ringhiò Bloom con ferocia, nonostante il dolore le stesse facendo perdere sempre più lucidità.
«Avresti dovuto chiederlo a coloro che ti hanno affidato questa missione suicida. Sono loro i responsabili di tutte le sofferenze della Dimensione Magica» esclamò l’altro.
«Se odi tanto queste persone, se pensi che ti sia stato fatto un torto perché… perché non le affronti?» gli chiese Bloom, cadendo sulle proprie ginocchia ormai esausta.
Acheron, allora, avendo capito che la sua avversaria avesse capitolato, la liberò dalla micidiale morsa e, osservandola con compassionevole disprezzo, le disse:
«Tu proprio non vuoi capire. Io non ho più alcun interesse nel vendicarmi dei miei ex-compagni, forse non l’ho mai neanche avuto. Cassiopea, la Dimensione Magica o quella della Fenice non sono mai rientrate nei miei piani: non ho mai voluto assoggettarle al mio volere. Il mio unico desiderio è quello di donare all’umanità un nuovo luogo dove vivere… una “terra promessa” priva di sofferenza e malvagità. Adesso che sono finalmente libero, sfrutterò il potere del Medaglione e della tua Fiamma del Drago per poter uscire dal Legendarium. In seguito recupererò tutte le Bacchette Mythix e grazie ad esse porterò a compimento la mia visione. Agli altri non resterà che accettare questo nuovo futuro e chiunque si opporrà… ne pagherà le conseguenze».
«Tu… … …tu sei pazzo!» sentenziò la rossa, mentre cercava inutilmente di sollevarsi da terra.
«Bloom, non sono certo in cerca della tua approvazione» replicò lo stregone con un ghigno.
Subito dopo l’uomo, piegandosi sulle ginocchia, afferrò la giovane fata per i suoi lunghi capelli rossi e, strattonandoli più volte, la costrinse a guardarlo dritto negli occhi. Il perlaceo viso di Bloom era ricoperto di sangue, terra e lividi, mentre meste lacrime le rigavano le guance. Acheron, immensamente divertito da quella situazione, cercò di pulire il volto dell’avversaria con il suo pollice, ma quest’ultima si ritrasse disgustata. Lo stregone, allora, aprì il palmo della propria mano e, concentrando tutte le sue energie, creò una piccola e compatta sfera grigia dai contorni rossi; poi con voce fintamente dolce e caritatevole si rivolse alla Principessa di Domino:
«Ora è tempo… di mettere fine alle tue sofferenze. Addio mia dolce e ingenua Bloom, spero solo che la vita che ti attende sia migliore di questa».
La giovane fata, ormai esausta a causa dello scontro, chiuse gli occhi e, cercando di trattenere i singhiozzi, svenne poco prima che l’attacco di Acheron la colpisse. Subito dopo si ritrovò in un luogo buio e desolato, privo di qualsiasi delimitazione spaziale. D’un tratto, però, una fioca luce comparve in quell’opprimente oscurità. Era una minuscola fiamma blu dalle sfumature nere, che faceva molta fatica a crepitare. Bloom la osservò con curiosità, percependo un’energia molto simile a quella della sua Fiamma del Drago ma allo stesso tempo diversa. D’un tratto la scintilla iniziò a modellarsi dandosi forma umana. In quei brevissimi istanti, inoltre, una marea di pensieri, sensazioni, ricordi e emozioni affollarono la mente della ragazza, la quale, quasi stesse assistendo alla proiezione di un film, li vide scorrere veloci davanti a sé. Non appena la piccola fiamma ebbe assunto il suo aspetto definitivo, però, tutto il resto scomparve. Dinanzi a lei, infatti, si manifestò un pallido ragazzo dai capelli neri, che la guardava tristemente negli occhi. A quel punto Bloom si chiese come mai proprio quella figura avesse così tanta importanza. Dopotutto conosceva le Winx da molto più tempo, aveva vissuto con loro fantastiche e indimenticabili avventure, che a suo parere avrebbero dovuto lasciare un segno indelebile. Tuttavia, nonostante ciò, l’unica cosa sulla quale riusciva a concentrarsi era la fisionomia di quel suo amico così strano e disadattato. La ragazza, allora, si sforzò con tutta sé stessa di “cancellare” ogni pensiero, ogni aspetto della sua vita… ogni emozione che lo riguardasse. Non voleva che in quegli ultimi momenti la sua mente e il suo animo fossero concentrati su quello che era poco più che un estraneo. Sapeva bene che prima di qualsiasi altra cosa venivano i suoi genitori, sua sorella, i suoi amici e soprattutto il suo amato Sky. Eppure l’immagine del ragazzo non ne voleva sapere di svanire nel nulla, lasciando spazio ad altre ben più importanti. Bloom, allora, rassegnatasi a quell’eventualità, cercò di avvicinarsi a quel riflesso al fine di capire il motivo della sua presenza. Poco dopo, però, quest’ultimo sembrò sfocarsi e allontanarsi sempre più. Non appena si rese conto della cosa, la Principessa di Domino iniziò a percepire una strana sensazione al petto, una sorta di vuoto… come se un qualcosa che prima fosse presente non ci fosse più. La rossa non riuscì a comprenderne il motivo, ma era più che mai decisa a non lasciarsi sfuggire quella specie di ricordo. Non voleva perderlo… sebbene fino a quel momento si fosse ostinata a pensare ad altro, capì di non poter fare a meno di lui.  Aveva paura: paura di non rivedere più quel suo amico tanto speciale… paura di non poterlo aiutare. Lui era lì a pochi metri di distanza… cercò di raggiungerlo ma invano: non riusciva ad avere la percezione del proprio corpo, non riusciva ad avvicinarsi. Allungò le braccia, o almeno credette di farlo, verso quel pallido volto velato da una profonda tristezza. Avrebbe tanto voluto poterlo toccare, stringere a sé. Non voleva morire… non voleva morire senza avergli parlato almeno un’ultima volta, senza avergli dimostrato quanto bene gli volesse. La Principessa di Domino sperò che quel suo amico venisse a salvarla, che la strappasse alle grinfie di Acheron e la portasse via… al sicuro. Cercò di richiamare la sua attenzione: urlò centinaia di volte il suo nome, ma la sua bocca non emise alcun suono. Intanto il volto del ragazzo dai capelli neri era ormai quasi del tutto scomparso e il buio era tornato a regnare incontrastato in quel luogo così surreale. Bloom, nonostante i precedenti tentativi fossero falliti, non si arrese e, aprendo di scatto i suoi grandi occhi blu, con le ultime energie gridò:
«Ti prego non andartene… Brendon!!!».
Questa volta la giovane fata percepì l’eco di quell’appello disperato rimbombare nella propria testa, seguito da un bagliore accecante e dall’acuto suono di una voce femminile:
«Raggio di pura luce!».
Acheron fu colpito in pieno petto dall’incantesimo di Stella e, non avendo alcun modo per difendersi, fu catapultato all’indietro. Tuttavia lo stregone non ebbe neanche il tempo di potersi rialzare da terra, che una seconda voce squarciò l’aria:
«Eco infinta!».
Questa volta l’incantesimo, proveniente dal basso, lo colpì dietro la schiena e conseguentemente lo sospinse verso l’alto. A quel punto Elizabeth sollevò contemporaneamente le proprie braccia facendo innalzare dal suolo due lingue di terra dandogli la forma di braccia giganti. Subito dopo la fata degli elementi giunse le mani in modo tale che quelle incantate facessero lo stesso, imprigionando Acheron in una stretta morsa. Tecna e Roxy, invece, volarono in direzione della Custode della Fiamma del Drago e l’aiutarono a riprendersi.
«Bloom, Bloom! Svegliati amica mia… svegliati!» esclamò la ragazza di Zenith, dandole dei colpetti sulla guancia.
«Tecna…» sibilò l’altra.
«Si?! Cosa c’è?» le chiese la fata della tecnologia, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime di gioia.
«La prossima… la prossima volta che mi viene un’idea, tu… dammi una botta in testa» rispose, sarcastica, l’altra, tossendo sangue.
«D’accordo» replicò Tecna con dolcezza, baciandola sulla fronte.
«Ohhh… Bloom mi hai fatto preoccupare tantissimo» singhiozzò Roxy, mentre l’abbracciava forte.
«Ahia, ahia, ahia!» gemette la rosa con un sorriso - «Anch’io sono contenta di rivederti, ma vacci piano».
«Ops… perdonami» disse la fata degli animali, asciugandosi gli angoli degli occhi.
In quello stesso momento arrivarono anche Musa, Elizabeth e Stella. Quest’ultima, visibilmente scossa e arrabbiata, si avvicinò minacciosamente a Bloom e, nonostante le condizioni della sua amica fossero già abbastanza gravi, le diede un sonoro schiaffo.
«Non azzardarti mai più!» tuonò la Principessa di Solaria - «Non azzardarti mai più a compiere una simile sciocchezza. Ma cosa diamine ti è saltato in mente?! Come potevi solo pensare di sfidare quel mostro da sola? Giuro che se ti azzardi una seconda volta a commettere una cosa del genere io… …io ti… …ti…».
Le urla di collera e rimprovero della ragazza si trasformarono dapprima in ripetuti singhiozzi e poi in un pianto liberatorio. La Custode della Fiamma del Drago, allora, facendosi aiutare da Tecna e Roxy si rimise in piedi e senza dire nulla abbracciò la sua amica. Quest’ultima ricambiò il gesto e bisbigliandole nell’orecchio le disse:
«Il tuo era proprio un piano del cavolo».
«Lo so! Fortuna che avete capito a cosa mi stessi riferendo» replicò, divertita, la Principessa di Domino.
«Beh… non è stato difficile» esclamò la fata della tecnologia, per poi aggiungere: «Dopo aver trascorso mesi ad allenarci in vista di questo momento, mi sembrava alquanto impossibile che di punto in bianco avessi deciso di vedertela da sola. Avevo intuito che doveva esserci sotto qualcosa e infatti… tutto mi è stato chiaro quando ti sei riferita al vostro precedente scontro. Non avevi alcun motivo di dire: “…e il modo in cui ci sono riuscita”, a meno che non volessi suggerirci di sconfiggere Acheron con…».
«…l’inganno! Sei stata davvero geniale, avventata ma geniale» la interruppe Musa, alzando due dita della mano in segno di vittoria.
«Ragazze, non vorrei sembrarvi la solita guastafeste, ma… non ce la faccio più!» mugugnò, sfinita, Elizabeth, mentre cercava di mantenere le due mani di terra ben strette attorno al corpo del loro nemico.
Quest’ultimo, infatti, nonostante la magia della fata degli elementi lo avesse completamente immobilizzato, non si era ancora arreso a quell’eventualità. Di conseguenza, facendo appello a tutte le sue energie, stava cercando di distruggere dall’interno quegli “arti” giganteschi. Le Winx, allora, consapevoli di avere i secondi contati, si alzarono in volo. Soltanto Bloom preferì rimanere a terra e aspettare che le sue amiche portassero a termine la missione. La Principessa di Domino, infatti, non era nelle condizioni di camminare né tanto meno di volare: gli attacchi di Acheron le avevano causato numerosi lividi e escoriazioni, diverse ustioni e la lussazione della spalla sinistra. Non appena le cinque fate si trovarono nuovamente faccia a faccia con il loro nemico, sorrisero soddisfatte; poi Tecna, prendendo la parola, esclamò:
«Acheron non vale la pena agitarsi: ormai è finita».
Subito dopo la ragazza di Zenith fece segno a Musa di recuperare il Medaglione del Custode della Fiamma della Fenice dal petto dello stregone. La fata della musica, allora, fluttuò verso l’uomo e, evitando di guardarlo in viso, si apprestò a rimuovere la gialla gemma ovale incastonata nella sua armatura. Tuttavia, non appena la ragazza toccò la superfice dell’oggetto, Acheron ghignò:
«Decido io quando scrivere la parola “fine” a questa storia”.
In quello stesso istante il corpo dello stregone si trasformò in un denso e spaventoso fumo grigio, che investì in pieno Musa. Quest’ultima, portandosi le mani alla gola, iniziò a respirare a fatica e, sentendosi sempre più debole, planò verso il basso. La cortina fumogena, però, continuò ad opprimerla permeando all’interno del naso e della bocca. Le altre Winx volarono verso di lei preoccupate e lo stesso fece Bloom. Tuttavia quando le ragazze la raggiunsero il fumo, che fino a pochi secondi prima rappresentava il loro avversario, era del tutto scomparso, mentre la fata della musica si era accasciata al suolo.
«Musa… come ti senti?! Musa!» gridò Roxy con voce sempre più preoccupata.
«Cos’è successo lì sopra? Dov’è Acheron?!» chiese la rossa a Tecna.
«Non lo so» sbuffò l’altra in preda al panico - «L’avevamo messo all’angolo, non poteva scappare. Non capisco cosa sia successo è diventato fumo, poi… …poi…».
«…poi ho preso il controllo del corpo della vostra amica» esclamò, all’improvviso, Musa, rialzandosi con un balzo.
Il suo tono di voce, però, era diverso, sembrava essere sovrapposto a quello di Acheron. Gli occhi della ragazza, inoltre, erano diventati di un colore giallo incandescente, mentre sul suo volto si era impresso un sorrisetto malvagio.
«Maledetto! Cos’hai fatto alla nostra amica?!» gli chiese Stella con rabbia, mentre si apprestava a colpirlo con il suo incantesimo più potente.
«Se fossi in te, ci penserei bene prima di attaccarmi» replicò, divertito, lo stregone, incrociando le braccia.
«Ha ragione! Potresti far del male a Musa e lui non ne risentirebbe» le spiegò Elizabeth, abbassando il braccio steso della sua amica.
«Dannazione!» imprecò la Principessa di Solaria, mordendosi il labbro.
«Tecna quanto tempo abbiamo?» le chiese, preoccupata, Roxy.
«È… è scaduto» sentenziò la fata della tecnologia con amarezza.
In quello stesso istante, infatti, il palmare della ragazza trillò per cinque volte di seguito; poi, così com’erano giunte all’interno del Legendarium, le sei fate, Acheron incluso, furono ritrasportate nel mondo reale. La convergenza magica, eseguita da Daphne, Flora, Aisha e Selina, aveva funzionato anche questa seconda volta. Le ragazze, infatti, si ritrovarono nuovamente nella Sala del Flusso Interrotto a pochi metri di distanza dalla tettoia, sotto la quale erano situate la Clessidra Frangiflusso e la porta di accesso. Gli Specialisti, i due presidi e le altre quattro fate, estremamente ansiosi di sapere come fosse andata la missione, corsero in direzione delle Winx. Tecna, però, sbarrò loro la strada e con tutta la voce che aveva in corpo urlò:
«Allontanatevi da qui: è pericoloso!».
Subito dopo dalla bocca e dal naso di Musa fuoriuscì del denso fumo grigio dai contorni rossastri, che in una manciata di secondi assunse l’aspetto di Acheron. Quest’ultimo, ridendo maniacalmente, allargò immediatamente le proprie braccia creando intorno a sé una rotante e luminosa sfera di scariche elettriche. Le ragazze e i loro fidanzati, ad eccezione di Brendon e delle Pixie che si trovavano ancora al di sotto della tettoia, furono colpiti in pieno dai potenti fulmini dello stregone. Anche Saladin e la Griffin, poiché presi alla sprovvista, rimasero gravemente feriti. Acheron, allora, dopo essersi guardato in torno con fare compiaciuto, si avviò verso il grande portone in legno della camera. Tuttavia, poco prima di raggiungere l’uscita, l’uomo fu colpito alla schiena da una sfera di energia color verde smeraldo.
«Tu non vai da nessuna parte!» ansimò una ragazza dai capelli verdi, reggendosi in piedi a fatica.
Lo stregone, estremamente arrabbiato, si girò di scatto, ma, una volta che ebbe realizzato chi si trovasse dinanzi a lui, esclamò divertito:
«Non mi aspettavo di trovarti qui… Selina. Noto con piacere che hai fatto progressi: quelle ali ti donano molto, sai?».
«Allontanati immediatamente dalla tettoia» gli ordinò l’ex-strega dei serpenti, mentre si apprestava a colpirlo una seconda volta.
«Mi dispiace ma non posso farlo: ho un lavoro da portare a termine» replicò Acheron con spavalderia.
«Allora non mi lascia latra scelta» sibilò, furiosa, Selina.
Dai palmi della ragazza si sprigionò una scarica elettrica, che si mosse rapidamente in direzione dello stregone. Quest’ultimo, però, senza neanche cercare di evitarla, aprì la propria mano e assorbì il colpo della sua avversaria.
«E questo lo definiresti un attacco… sei patetica» ghignò l’uomo, incrociando le braccia.
L’ex-strega dei serpenti, nonostante tremasse come una foglia, non si scoraggiò e, avvolgendo la mano destra con una corta lama energetica, si avventò contro Acheron. Questi, stancatosi dell’insistenza della sua vecchia alleata, sbuffò e, spostandosi velocemente di lato, evitò il suo affondo. In un secondo momento, approfittando dello stupore della ragazza, la colpì in pieno petto con un calcio e subito dopo le sferrò un pugno al fianco sinistro, incrinandole tre costole. Selina soffocò un urlo di dolore e cadde esamine a terra. Lo stregone, allora, rise di gusto e con tono di disprezzo le disse:
«Avresti fatto meglio a non sfidarmi, inutile farfallina. Non sei al mio livello, nessuno di voi lo è. Nonostante tu abbia ottenuto la “Potentia Draconis”, sei troppo debole e inesperta per poter rivaleggiare con me. Sai, non avrei mai immaginato che le Winx ti perdonassero e ti accogliessero nel loro gruppo. In fin dei conti due anni fa l’artefice di tutti quei danni fosti tu non io. Soltanto delle ingenue fatine come loro potrebbero credere in un tuo ravvedimento. Io, al contrario, ti conosco meglio di chiunque altro… forse anche meglio di te stessa. Sei sempre stata una sporca arrivista Selina: venderesti la tua stessa anima per una briciola di potere in più. Proprio per questo voglio offrirti un’ultima possibilità, dopotutto non posso fare tutto da solo. Quindi ti chiedo: vuoi tornare nuovamente dalla mia parte? Sei disposta a tradire le tue amiche e a completare ciò che hai lasciato in sospeso?».
«Mai! Preferisco morire piuttosto» biascicò la fata a denti stretti, cercando di farsi forza sulle braccia per alzarsi.
«E sia!» sentenziò, pacatamente, Acheron.
A quel punto l’uomo, cercando di concentrarsi il più che poté, alzò lentamente il braccio. L’ex-strega dei serpenti, allora, quasi fosse legata a dei fili invisibili, fu sollevata da terra e tenuta sospesa in aria a circa venti centimetri dal pavimento. Acheron le si avvicinò minaccioso e, borbottando alcune parole incomprensibili, avvicinò la propria mano destra al ventre della ragazza. D’un tratto, però, Brandon e Helia, poiché erano riusciti a riprendersi dal colpo subito, temendo per le sorti della loro amica, si avventarono su Acheron. Quest’ultimo, quasi fosse annoiato dalla continua resistenza di quei ragazzi, schioccò le dita facendo comparire dal nulla un pugno d’ombra, che li colpì in pieno. I due Specialisti ricaddero all’indietro e non ebbero più la forza di rialzarsi. Lo stregone si rivolse nuovamente a Selina e, sorridendole in modo maniacale, poggiò l’indice sul suo addome. Non appena fece ciò, il corpetto della sua armatura Bloomix iniziò a disgregarsi, lasciando scoperta la pelle sottostante. L’uomo, allora, mosse il proprio dito sul ventre della ragazza, disegnando quelle che sembravano delle lettere. L’ex-strega dei serpenti, man mano che Acheron continuava a “scrivere”, iniziò a sudare e a contorcersi in preda ad un inspiegabile sofferenza. Subito dopo sulla sua pancia comparve una “T” in stampatello dai contorni infuocati, poi una “R”, una “A” e le altre lettere che costituivano la parola “TRADITRICE”. Acheron, noncurante della sofferenza della sua vecchia alleata, continuò la sua opera divertendosi come non mai. Le urla di dolore di Selina diventarono sempre più acute e il loro eco si diffuse per tutta la Sala del Flusso Interrotto risvegliando le altre Winx, le quali ormai prive di forze non poterono fare altro che assistere impotenti a quello spettacolo straziante.
«Brendon devi fare qualcosa. La sta torturando!» piagnucolò Chatta, tirando su col naso.
«Ha ragione: aiuta Selina, al momento sei l’unico che possa farlo» dissero in coro le altre Pixies, terrorizzate da ciò che stava accadendo.
Il ragazzo, però, non replicò nulla e, barcollando all’indietro, si allontanò dalle sei fatine. C’era qualcosa che non andava, Brendon l’aveva percepito. Il suo stomaco era in subbuglio, mentre la sua testa gli scoppiava quasi stesse per aprirsi in due. Da quando era comparso Acheron Belial stava cercando di prendere disperatamente il controllo. Il ragazzo ricadde sulle ginocchia e, cingendosi con le proprie braccia, iniziò a dondolare avanti e indietro. Le Pixies, accortesi delle sue gravi condizione, fluttuarono verso di lui, poi Lockette con tono preoccupato gli chiese:
«Brendon cosa ti succede?! Ti senti male?».
L’altro continuò a non rispondere e, portandosi le mani alla testa, cercò di contenersi. Le urla disperate della sua amica, però, non faceva altro che farlo arrabbiare di più. Brendon avrebbe tanto voluto aiutarla, avrebbe voluto incenerire quel sadico stregone… ma non poteva, non era nelle condizioni di farlo. Per di più se avesse lasciato campo libero al demone, il suo segreto sarebbe stato scoperto e i suoi due compagni d’avventura ne avrebbero pagato le conseguenze. Tuttavia le richieste d’aiuto di Selina si fecero sempre più strazianti e acute: Acheron la stava marchiando come una bestia da macello. La voce di Belial era diventata insostenibile e ossessiva, il mostro voleva combattere e il ragazzo non se la sentiva più di trattenerlo. Erano trascorsi anni dall’ultima volta che aveva ceduto… dall’ultima volta che aveva permesso al suo demone di venire fuori. Brendon alzò lentamente la propria testa e si rivolse alle Pixies:
«Ragazze… per favore allontanatevi da me il più che potete».
«Brendon ma cosa dici?! Tu non stai bene» replicò Amore, mentre gli abbracciava il collo.
«Non preoccupatevi, tra un po’ starò meglio. Adesso però andate» concluse il ragazzo con un triste sorriso, separandosi dalla Pixie di Stella.
Le sei fatine, allora, seppur contro voglia, fecero come era stato loro detto. Brendon, rimasto ormai da solo, facendosi forza contro il muro della tettoia si rimise in piedi e ansimando come non mai disse:
«Hai vinto Belial è… è tutto tuo».
Subito dopo ci fu una fragorosa esplosione, che mandò in mille pezzi la tettoia di legno, seguita da un feroce urlo di rabbia.
 
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Note dell'autore: Ben ritrovati a tutti!!! Ammetto di aver abbondato con le scene di lotta e soprattutto con quelle “cruente” XS. Purtroppo, per quanto si dispiaciuto prima a me, non ho avuto altra scelta. Lo scontro con Acheron, infatti, mi serve come “banco di prova” per i futuri combattimenti della storia. Quest’ultimi, è meglio specificarlo fin da subito XD, saranno sempre più lunghi, grandi (nel senso coinvolgeranno molte più persone) e violenti. Come vi accennai tempo fa, avremo sempre più scene di duelli corpo a corpo, mentre la parte degli incantesimi farà da “contorno”… le sorprese però non mancheranno ;D. Tuttavia, poiché sono il primo a detestare la violenza ingiustificata, le parti più cruente degli scontri saranno davvero molto piccole e veloci. Ciononostante, qualora le scene presenti in questo capitolo vi abbiano disturbato, non fatevi problemi a farmelo sapere in modo tale da rendere le cose più “soft” :D. Sulla trama di questo aggiornamento ho davvero molto poco da dire, anche perché è costituito per la maggior parte da scontri XD. Di conseguenza mi limito a segnalarvi due particolari che potrebbero esservi sfuggiti ;D. Innanzitutto prestate molta attenzione alla seguente affermazione di Acheron: [tu e le tue amiche tendevate a “fare una distinzione”]. Non sto esagerando se vi dico che è importantissima :D. In secondo luogo analizzate a fondo tutto il passo dedicato a Bloom, mentre si trova in quella sorta di limbo tra la vita e la morte. I più attenti forse avranno già capito, ma a loro dico di non saltare subito a conclusioni affrettate: il capitolo 31 potrebbe mettervi in crisi e… a buon intenditore poche parole ahahahahahaha. Un ultimissimo appunto e poi ho finito, giuro XD. Come avrete certamente notato il capitolo de “Il Mondo oltre la finestra” non è uscito. Quindi volevo far sapere a chiunque di voi che leggesse anche lo spin-off che la storia è andata in pausa per motivi tecnici :D. I capitoli dello spin-off, infatti, devo procedere di pari passo con quelli della fanfiction principale e al momento le due storie sono un pelino sfalsate ahahahahahaha. Il tempo di rimetterle in pari e “Il mondo oltre la finestra” riprenderà ad uscire regolarmente ;D. Beh… penso non ci sia altro da dire. Come sempre un ringraziamento ai recensori, ai lettori silenziosi e uno in particolare a Winxclub che mi ha aggiunto agli autori preferiti XD. Arrivederci al prossimo capitolo :D :D :D.

Yugi95 

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Capitolo 31
*** Capitolo XXX – Il demone e il ragazzo ***


Capitolo XXX – Il demone e il ragazzo
 
La tettoia, che ricopriva il portone d’accesso alla Sala del Flusso Interrotto e la Clessidra Frangiflusso, fu letteralmente spazzata via. Al suo posto comparve un imponente flusso energetico nero di forma cilindrica, che si proiettava indefinitamente verso l’alto. Allo stesso tempo, senza alcun motivo apparente, si alzò un fortissimo vento, che con inaudita violenza sferzava l’aria all’interno della sala e spargeva in lontananza i detriti della struttura in legno. Acheron, la cui attenzione era stata prepotentemente richiamata dall’esplosione, lasciò cadere per terra una sfinita Selina e si girò verso l’ingresso della camera al fine di capire cosa fosse successo. Allo stesso modo Daphne, Tecna, Sky, Thoren, Nex e la Griffin, poiché erano stati tra i primi a riprendersi dall’improvviso attacco dello stregone, osservarono sbigottiti in direzione dell’altare in pietra.
«Cosa diamine è quella… quella cosa?!» gridò il Principe di Eraklyon al fine di coprire l’assordante rumore del vento.
«Non ne ho la più pallida idea» rispose, spaventato, Thoren, mentre abbracciava sua moglie.
«Preside Griffin forse Acheron ha danneggiato la Clessidra e…» esordì Daphne con voce isterica.
«Lo escludo: la Clessidra Frangiflusso è indistruttibile» la interruppe la donna, assottigliando gli occhi - «Quella non è magia: tutto ciò che riesco a percepire sono oscurità, rabbia, violenza e… odio, tanto odio».
«Cosa possiamo fare?» le domandò la fata della tecnologia in preda allo sconforto.
«Non lo so! Non ho mai visto nulla del genere» sentenziò la Griffin, mentre osservava con preoccupazione quell’insolito spettacolo.
D’un tratto, però, sei vocine stridule quasi all’unisono esclamarono:
«Ragazze, ragazze per fortuna state bene».
Daphne e Tecna corsero ad abbracciare le Pixies, che, impaurite da tutta quella situazione, si strinsero alle due.
«Da dove sbucate fuori voi?» sbottò Nex, incrociando le braccia.
«Eravamo al sicuro sotto la tettoia, ma…» rispose Caramel, per essere poi interrotta con prepotenza da Chatta:
«…ma poi ci è stato detto di allontanarci. Noi non volevamo andarcene. Nonostante avessimo una fifa blu, siamo comunque delle Pixies coraggiose. Lui, però, ha continuato ad insistere… ha detto che sarebbe stato meglio, ma a me francamente non sembra. Forse con un bacio di Lockette si sarebbe potuto riprendere, ma non sempre hanno funzionato. Come quella volta che Bloom diede di matto nella biblioteca di Alfea… fischia quanto tempo è passato! Vi ricordate? C’eravamo io, Lockette, Amore, Piff, Tune e Digit, quest’ultima mi sembra fosse ancora una ragaz…».
«Ehi, ehi, ehi… …frena… …non ci stai facendo capire nulla» disse, esasperato, Sky, mettendole una mano davanti alla bocca.
«Un momento: chi vi ha detto di allontanarvi?» intervenne, perentoria, la Preside Griffin.
«È stato…» cercò di risponderle Amore, ma una terrorizzata e sconvolta voce femminile l’anticipò:
«Brendon!».
I pochi “superstiti”, allora, si voltarono e con immensa sorpresa si trovarono dinanzi Elizabeth, che sorreggeva un’ormai esausta Bloom. Quest’ultima, non appena fu affidata alle cure della sorella e del fidanzato, scoppiò a piangere. La fata degli elementi, invece, si lasciò cadere sulle proprie ginocchia e in silenzio rimase ad ammirare quello spaventoso fascio d’energia oscura, mentre umide gocce le colavano lungo la guancia. Tecna cercò di richiamarla immediatamente alla realtà e, prendendola per le spalle, la scosse più e più volte. Anche Daphne, dopo aver inutilmente tentato di tranquillizzare Bloom, con voce carica d’ansia e rammarico chiese a sua sorella:
«Cosa c’entra Brendon con tutto questo?! Bloom ti prego rispondimi! Se si trova in pericolo noi possiamo aiutarlo, ma dobbiamo sapere la verità. Avanti parla… per favore… rispondimi…».
La Principessa di Domino, nonostante i disperati appelli, continuò a singhiozzare senza pronunciare parola. La ragazza dai capelli castani, invece, dopo le numerose insistenze da parte della fata della tecnologia e della Griffin, con un sorrisetto inebetito sibilò:
«Ormai è troppo tardi. Non saremmo mai dovuti arrivare a questo: si è lasciato andare e non credo che riuscirà a tornare in dietro. È la fine… la fine di tutto».
Quelle parole così inquietanti terrorizzarono a morte i presenti. Ciononostante Thoren e suo cugino, decisi più che mai a scoprire che cosa stesse realmente accadendo, si avvicinarono con cautela alla fonte di quello stranissimo fascio energetico. I due, però, non appena si ricordarono della presenza di Acheron, si arrestarono di colpo e, gettandosi istintivamente in un piccolo cratere creato da uno dei fulmini dello stregone, osservarono la scena da una certa distanza di sicurezza. Tuttavia il creatore del Legendarium, sebbene si fosse accorto immediatamente dei ragazzi, non sembrò curarsi molto di loro. Acheron, infatti, aveva concentrato tutte le sue attenzioni sullo spaventoso spettacolo, che si mostrava dinanzi ai suoi occhi. L’uomo sembrava essere estremamente impaurito da quella situazione e, quasi avesse voluto anticipare le mosse di un avversario apparentemente inesistente, lanciò una sfera energetica contro il basamento in marmo. Non appena l’attacco dello stregone colpì il “cilindro energetico” ebbe luogo un’imponente deflagrazione, seguita dall’innalzamento di un cospicuo polverone incandescente e pericolosi detriti. Sky e Thoren, dopo aver prontamente afferrato il corpo privo di coscienza di Selina, si rannicchiarono all’interno della buca; la Griffin, invece, creò dal nulla una barriera traspare che protesse lei, il suo collega, le Pixies, e gli altri ragazzi. Acheron, invece, rimase impassibile e, lasciandosi investire in pieno dalla cortina di fumo, attaccò di nuovo. Questa volta, però, il suo colpo fu come deviato andandosi a schiantare contro il pavimento della Sala. Subito dopo il flusso oscuro si assottigliò fino a scomparire nel nulla, mentre dal basamento in pietra, ormai semidistrutto, si fece strada un’esile figura maschile. Alla sua vista il creatore del Legendarium fece un balzò all’indietro, mentre Tecna, Daphne e Nex, così come Sky e Thoren, si guardarono tra loro sorpresi.
«Ma… … …ma quello è Brendon!» esclamò, entusiasta, Chatta, volando verso di lui.
«Tu non ti muovi di qui» mugugnò Elizabeth, afferrando la fatina e stringendola a sé.
«Lasciami, lasciami andare. Voglio salutare il mio amico» gracchiò la Pixie di Flora, cercando di divincolarsi dalla presa della ragazza.
«Adesso basta Chatta! Quel mostro non è più Brendon!» le urlò Bloom in lacrime.
La fata della tecnologia, sua sorella e la Preside di Torrenuvola si girarono di scatto verso la rossa, poi tornarono ad osservare il campo di battaglia, realizzando quanto le parole della ragazza fossero veritiere. Brendon, infatti, nonostante il suo fisico fosse rimasto inalterato, aveva subito dei profondi cambiamenti. Innanzitutto le sclere dei suoi occhi erano diventate nere come il buio della notte, mentre l’iride si era colorata di rosso sangue. Da quest’ultima, inoltre, si diramavano delle spaventose venature vermiglie. I suoi capelli, invece, erano completamente bianchi e avevano acquisito una strana lucentezza. Le unghie delle mani si erano scurite fino al punto da sembrare nere. L’esplosione, infine, aveva parzialmente distrutto i suoi vestiti, di conseguenza il ragazzo indossava una maglietta a mezze maniche nera lacerata in più punti e la parte superiore del proprio pantalone. Anche i piedi erano scoperti lasciando intravedere le stesse unghie color carbone delle dita. Sul suo pallido viso aveva posto un piccolo sorriso maniacale, che all’improvviso si trasformò in un’agghiacciante risata dalla quale trasparivano una malvagità e una rabbia inimmaginabili. Improvvisamente, senza alcun motivo apparente, Brendon si scagliò contro un impaurito Acheron e, dando prova di avere una velocità impressionante, gli sferrò un calcio in pieno volto. Lo stregone barcollò all’indietro, ma non perse del tutto l’equilibrio. Il ragazzo, allora, continuando a ridere come un ossesso, lo colpì con una rapida sequenza di pugni alla bocca dello stomaco. A quel punto l’uomo ricadde sulle proprie ginocchia ansimando per il dolore e per la mancanza d’ossigeno. Brendon, però, non ancora pienamente soddisfatto, prese tra le mani la testa di Acheron e, muovendola con tutta la sua forza verso il basso, la fece “cozzare” contro il proprio ginocchio, che si macchiò inevitabilmente del sangue del suo avversario. Lo stregone, sotto lo sguardo sbigottito dei presenti, stramazzò sul pavimento della Sala del Flusso Interrotto. Il ragazzo, invece, smise di colpo di ridere e, guardando con disprezzo il corpo dell’uomo, lo colpì con un poderoso calcio al fianco sinistro facendolo “volare via”. Acheron non si rialzò, il dolore e soprattutto la paura, che gli incuteva Brendon, non glielo permisero. Di conseguenza, dopo aver sputato una consiste dose di sangue, si rigirò su sé stesso mettendosi a pancia all’aria ad osservare lo sconfinato cielo della Sala del Flusso Interrotto. Belial, però, non aveva ancora finito di divertirsi; così camminò languidamente verso di lui, leccandosi più e più volte le sue violacee labbra con la punta della lingua. Intanto Sky e Thoren, senza mai perdere di vista i due combattenti, trasportarono Selina da Bloom, affinché quest’ultima sfruttasse i suoi poteri curativi. La Griffin e Tecna, invece, avendo ampiamente compreso la gravità della situazione, crearono una spessa barriera protettiva intorno a tutti loro. Da un paio di minuti inoltre le restanti Winx e gli Specialisti, ad eccezione di Roxy, Musa, Flora, Brandon e Saladin, ripresero conoscenza e, barcollando verso gli altri, chiesero loro spiegazioni. In particolare la Principessa di Solaria, assicuratasi che il suo amato fidanzato non stesse troppo male, si sedette accanto a Elizabeth e abbracciandola cercò di consolarla. Max, invece, non appena si rese conto della gravità della situazione, cercò di correre dal suo amico, ma fu prontamente fermato dallo sguardo supplichevole della propria fidanzata, che lo pregò di non compiere una simile impudenza. Il biondo, allora, chinò il capo in segno di rammarico e insieme a Timmy e le Pixies si prese cura dei feriti.
«Ma quello… quello è… è Brendon?!» incespicò Aisha, dopo aver raggiunto Tecna e Daphne.
«A quanto pare si» sentenziò la fata della tecnologia.
«Com’è potuto accadere?» chiese la Principessa di Andros, portandosi una mano alla bocca terrorizzata.
«Non ne abbiamo la più pallida idea… ma ti assicuro che presto lo scoprirò» replicò Tecna con rabbia, lanciando un’occhiataccia di disapprovazione ad Elizabeth.
«Adesso calmati!» la rimproverò la Preside di Torrenuvola con fare autorevole - «Non saltiamo a conclusioni affrettate. Sono certa che ci sarà una spiegazione più che plausibile: dobbiamo solo aspettare e avere fiducia».
«La Griffin ha ragione e sono…» cercò di aggiungere la Principessa Ereditaria di Domino, ma all’improvviso il sangue le si gelò nelle vene per lo spavento facendola interrompere.
 Acheron aveva appena urlato in maniera disumana, richiamando lo sconcerto dei presenti. Brendon con la propria pianta del piede stava esercitando una considerevole pressione sulla gabbia toracica dello stregone, impedendogli di respirare. L’uomo si dimenò in preda al panico e con le proprie mani cercò di sollevare la gamba del ragazzo. Quest’ultima, però, non si mosse neanche di un millimetro, mentre il suo “proprietario” continuava il proprio affondo con l’intenzione di frantumare lo sterno dell’avversario. Acheron, consapevole di non potere nulla contro un simile essere, non oppose più resistenza e con un filo di voce, quasi una sorta di lamento, mugugnò:
«Cosa stai aspettando?! Ponile fine… poni fine alla mia vita Belial».
Brendon, senza fermare quella sua tremenda tortura, guardò stupito ma allo stesso tempo compiaciuto la propria vittima. Quest’ultima avendo percepito la parziale perplessità del ragazzo aggiunse con un sorrisetto beffardo:
«Cosa credevi? Anche se sei intrappolato in questa forma… ti ho riconosciuto lo stesso. Non appena quello stolto ragazzino ti ha liberato, ho percepito subito la tua traccia energetica. Non è stato difficile: erano secoli che un demone non tornava a portare morte e distruzione in questo universo. Tutti i tuoi fratelli, se non ricordo male, sono stati sigillati tutti nella Dimensione della Fiamma della Fenice. Comunque sono rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare che anche tu ti sia ricordato di me. Eri così contento di rivedermi che sei corso a “salutarmi”».
Le labbra di Brendon si allargarono dapprima in uno spaventoso sorriso: poi increspandosi leggermente, quasi stessero tremando per l’eccitazione, si aprirono permettendogli di parlare:
«Acheron, Acheron… Acheron, quante volte ancora dovrò ricordarti che ti devi rivolgere a me con il “lei”. Sei sempre stato un impertinente, almeno i tuoi vecchi “compagni di giochi” conoscevano il significato della parola “rispetto”. Ciononostante, vista la tua situazione, voglio mostrarti clemenza e non insisterò oltre su questo aspetto. In fin dei conti, avendo trascorso gli ultimi quattordici anni legato a questo infimo moscerino, ho avuto modo di scoprire quanto siano cambiati gli usi e i costumi degli abitanti della Terra rispetto al passato. Di conseguenza sembrerei del tutto fuori luogo se qualcuno continuasse a rivolgersi a me con il mio onorifico. Tuttavia c’è una cosa che ancora non riesco a capire: come hai fatto a rammollirti così tanto?! Certo non eri paragonabile ai due Custodi, ma la tua forza andava ben oltre quella di ogni singola persona presente all’interno di questa sala. Mi hai proprio deluso».
«Desolato di aver disatteso le tue aspettative» ghignò l’altro, respirando affannosamente.
«Speravo di divertirmi ancora un po’ con te» sospirò Belial, facendo spallucce.
«Ci sono così tante persone in questa stanza, potrai sfogare con loro tutta la tua rabbia» disse lo stregone con malizia, guardando in direzione dei ragazzi. Questi, però, non riuscendo a sentire cosa si stessero dicendo i due, gli risposero con un’occhiata indagatrice.
«Oh… non preoccuparti, mi occuperò anche dei suoi amichetti» esclamò il demone accigliato - «Tuttavia avrei voluto fartela pagare per aver imprigionato Ksendras e condannato tutti i suoi figli, me compreso, all’esilio. Pazienza… mi accontenterò della sofferenza che ti ho causato secoli fa».
«Di cosa stai parlando?!» ringhiò, all’improvviso, Acheron, mentre un’atroce quanto dolorosa ipotesi s’insinuava nella sua mente.
«Penso tu abbia capito a cosa mi stia riferendo… o meglio a chi» replicò, divertito, Belial.
«Non può essere, non puoi essere stato tu… ...io... …io l’avrei saputo» balbettò lo stregone con incredulità.
Il demone, allora, quasi avesse voluto che il suo avversario tornasse a combattere, sollevò il proprio piede dal suo petto e, dopo aver fatto un balzo all’indietro, esclamò:
«Vedi Acheron, sull’assassinio della tua amata Juliet sono state raccontate molte falsità. I tuoi amici, infatti, su consiglio della cara e dolce Camille, preferirono non dirti che i tre demoni, gli assassini della tua promessa sposa, fossero riusciti a scoprire l’ubicazione della vostra casa grazie a sua madre. La fata degli elementi aveva paura che tutto il tuo odio, tutta la tua disperazione… tutta la tua ferocia si sarebbero potuti riversare su quella donna e sulla sua povera famiglia. Tuttavia questa non è stata l’unica bugia: c’è né un’altra ben peggiore e dalle conseguenze, oserei dire, alquanto bizzarre. Il Custode della Fiamma della Fenice sapeva che il silenzio degli altri non ti avrebbe fermato, sapeva che saresti andato alla ricerca dei responsabili. Di conseguenza fece tutto ciò che era in suo potere per “depistare” parzialmente il tuo lavoro. Pregò addirittura la madre di Juliet, qualora tu le avessi fatto delle domande, di mentirti sull’identità dei tre assassini… di mentirti sul mio coinvolgimento. Il tuo vecchio maestro ti amava, ti amava come un fratello e il solo pensiero che tu potessi vendicare la tua amata lo terrorizzava. Non voleva che mi affrontassi, non voleva che rischiassi la tua vita combattendo contro di me. Ha preferito prendersi la colpa di averti ingannato piuttosto che mandarti incontro a morte certa. È ironico non trovi? Lui avrebbe fatto di tutto per proteggerti e tu alla prima occasione l’hai tradito. Perfino io non mi sarei mai abbassato ad una simile meschinità. Sei proprio disgustoso, la tua stessa esistenza è un crimine contro natura ed è arrivato il momento di porvi rimedio».
Acheron rimase a fissare il vuoto sulla sua testa, quasi fosse entrato in un profondo stato di trance. Era immobile, sembrava che non respirasse nemmeno. Lo stregone ripensò più e più volte a tutto ciò che il suo avversario gli aveva appena rivelato. Le parole di Belial l’avevano colpito nel profondo, toccandogli ciò che, dopo secoli di vendetta, ira, odio e morte, era rimasto del proprio animo. Non riusciva ancora a crederci… non riusciva a credere che il suo maestro si fosse adoperato così tanto per lui. In seguito alla morte di Juliet l’aveva visto con occhi diversi, con gli occhi del disprezzo e della vendetta. Aveva perso tutta la fiducia, tutto il rispetto, tutto l’amore che per anni aveva nutrito nei confronti di quell’uomo che lo fece diventare uno dei più grandi maghi di Cassiopea. Lo aveva considerato dapprima il suo mentore, poi un ostacolo al compimento della sua visone. Si era alleato con la sua controparte… con la persona che più di ogni altra amava al mondo e insieme lo avevano pugnalato alle spalle. In quel momento lo stregone si ricordò di tutte fantastiche avventure, di tutte le confidenze, paure ed emozioni vissute con il suo maestro… vissute con il suo migliore amico. In quel preciso momento all’interno della Sala del Flusso Interrotto Acheron riacquistò quel briciolo di umanità, che gli permise di capire quanto avesse sbagliato… quanto avesse perso. Una solitaria lacrima gli scese lungo la scheletrica guancia, mentre le sue iridi riacquistarono una colorazione naturale perdendo quella spaventosa luminescenza gialla. Subito dopo, facendosi forza sulle proprie braccia, si alzò da terra e barcollando vistosamente si posizionò a testa bassa dinanzi a Belial. Quest’ultimo, estremamente contento che lo scontro non fosse ancora arrivato ad una conclusione, incrociò le braccia al petto e, alzando in segno di sfida un sopracciglio, attese che il suo avversario facesse la prima mossa. Anche le Winx e i loro fidanzati, profondamente colpiti dalla determinazione del creatore del Legendarium e dalla sua resistenza, osservarono con apprensione quello che credevano sarebbe diventato il combattimento più cruento e spettacolare al quale avessero mai assistito. Acheron, allora, alzò il capo con atteggiamento fiero e, abbozzando il suo solito sorrisetto di sfida, esclamò:
«Forse non la pensavamo allo stesso modo su molti argomenti, ma su una cosa il mio maestro aveva ragione: io ti affronterò Belial… ti combatterò con tutto me stesso. Tuttavia non lo farò per la vendetta, non lo farò per l’odio. Io renderò onore al mio amico… renderò onore a me stesso. A prescindere dal risultato, quest’oggi avrò la certezza che almeno una volta nella abbia fatto la scelta giusta».
Subito dopo Acheron si portò le braccia ai fianchi e, urlando con tutta la voce che aveva in corpo, sprigionò una specie di aura rossastra che lo avvolse da capo a piedi, mentre dai suoi piedi si diramarono delle profonde spaccature. Belial, ridendo come un ossesso, si avventò sul proprio avversario sferrandogli un rapido calcio. Lo stregone, però, fu più veloce e, dopo aver parato il colpo con l’avambraccio sinistro, gli afferrò la caviglia e con una violenza senza precedenti lo sbatté contro il pavimento della Sala del Flusso Interrotto. A quel punto Acheron spiccò il volo e, una volta che ebbe raggiunto una considerevole altezza, aprendo verso l’alto il palmo della propria mano destra creò una gigantesca sfera energetica rossa. Belial non ebbe neanche il tempo di rialzarsi che il creatore del Legendarium gli scagliò addosso il proprio incantesimo offensivo. L’esplosione che ne seguì fu di gran lunga peggiore rispetto a quella avvenuta all’interno del mondo delle leggende. Tecna e la Griffin, infatti, dovettero infondere ulteriore potenza alla loro “cupola difensiva” al fine di non essere spazzate via. Acheron, invece, rimase impassibile e, quasi avesse la certezza che tutto fosse ancora da decidere, si mise sulla difensiva temendo un più che probabile contrattacco. Lo stregone non dovette attendere a lungo. Belial, infatti, alcuni secondi dopo fuoriuscì dal fitto “muro” di polvere e fumo, causato dall’imponente esplosione. Il demone, come suo solito, sorrideva in maniera ossessiva, mentre il suo corpo, o meglio il corpo di Brendon, sembrava non aver minimamente risentito gli effetti di quel micidiale attacco. All’improvviso, però, il mostro scoppiò in una agghiacciante e isterica risata, durante la quale Belial urlo allo stregone delle deliranti quanto minacciose parole:
«Si! Si! È perfetto… è perfetto! Era proprio questo… era proprio questo ciò che volevo da te: la lotta, la resistenza… il naturale attaccamento alla vita. Sono pronto allo scontro Acheron: da questo momento si fa sul serio».
Subito dopo Belial allargò le proprie braccia verso l’esterno e si lasciò avvolgere da una spaventosa aura nera. Il retro della sua T-shirt, inoltre, si sollevò leggermente poiché sospinto da quattro protuberanze rossastre, che nel giro di alcuni secondi si trasformarono in delle vere e proprie code. Alla vista di quest’ultime le ragazze, Sky, Timmy e Thoren trasalirono, mentre Elizabeth e Max scossero il capo in segno di rassegnazione.
«Ma… … …ma cosa diamine gli sta succedendo?! Da dove sono spuntate fuori quelle cose?!» gracchiò Aisha in preda al panico, stringendosi al proprio fidanzato, il quale sembrava essere stranamente tranquillo.
«Non lo so, non lo so!» replicò, stizzita, Tecna - «Sono troppo lontana per poter analizzare Brendon».
«Sta semplicemente perdendo il controllo» mugugnò, all’improvviso, Max, mentre si avvicinava alle sue amiche.
«Che vorresti dire?» replicò Daphne con voce preoccupata.
«Adesso vedrete…» singhiozzò Bloom, lasciando tutti i suoi amici a bocca aperta.
Intanto Acheron, per nulla sorpreso dal nuovo “aspetto” del nemico, planò verso il basso e scagliò in direzione di Belial un fascio di fulmini. Il demone, però, li evitò all’ultimo secondo con un balzo e, sfruttando due code, cercò di colpire al fianco lo stregone. Acheron riuscì a parare l’attacco creando istintivamente uno scudo d’ombra che lo protesse. Belial, allora, si alzò in volo e, portando il proprio braccio destro più indietro che poté, colpì la barriera del suo avversario mandandola in frantumi. A quel punto lo stregone, approfittando della vicinanza del mostro, posizionò il palmo della propria mano sul volto stupito di quest’ultimo e, sorridendo in maniera compiaciuta, lo colpì con una micidiale sfera energetica. Belial fu sbalzato all’indietro, ma per una seconda volta, nonostante l’attacco fosse estremamente ravvicinato, non subì alcun danno. Tuttavia Acheron sembrò non essere minimamente preoccupato dalla spaventosa resistenza del demone, e assumendo la “posizione del loto”, si preparò ad eseguire uno dei suoi incantesimi più potenti. Lo stregone, infatti, sebbene temesse un eventuale attacco a sorpresa da parte del demone, chiuse gli occhi e, lasciando fluire la propria essenza magica all’esterno del corpo, creò quattro sfere colorate, che si disposero a semicerchio sulla sua testa. In particolare la rossa era formata da vivaci e crepitanti fiamme, quella blu era costituita da una piccola massa d’acqua, la terza rappresentava una zolla di terra verde e l’ultima era una sorta di tornado in miniatura azzurro.
«Non posso crederci quella… quella è… è…» balbettò la Griffin con incredulità, per essere poi interrotta da Daphne:
«Una “convergenza elementare”! È incredibile non avevo mai visto nessuno eseguirla».
«In cosa consiste quest’incantesimo?» le chiesero in coro, curiosi, Timmy e Tecna, i quali non avevano mai sentito parlare di questa particolare magia.
La Principessa Ereditaria di Domino, allora, distolse lo sguardo dal campo di battaglia e, prendendo un profondo respiro, disse:
«La convergenza elementare rappresenta una variante e allo stesso tempo un potenziamento della “magia degli elementi”. Come sapete quest’ultima consente al proprio utilizzatore di sfruttare la potenza di tutti e quattro elementi anche se non facciano parte della sua essenza magica. Ad esempio io, attraverso questa magia, controllo acqua, aria e terra, nonostante il mio “elemento base” sia il fuoco. Tuttavia non ho la possibilità di crearli dal nulla, proprio perché non fanno parte del mio essere. La convergenza elementare, al contrario, permette di superare quest’ostacolo. Essa, infatti, si basa sul principio che alla base di tutta la materia, sia essa vivente o meno, vi siano un unico e solo costituente: la Fiamma del Drago. Dopotutto, anche considerando la presenza della Fiamma della Fenice, è da essa che ha avuto origine tutto l’universo: è lei la “forza creatrice della vita”. Di conseguenza, imparando a controllare e a manipolare la Fiamma, si possono ricreare i quattro elementi e sfruttarli in battaglia. Purtroppo l’uso di questa magia è molto rischioso: trasformare l’energia del Drago Dorato in “natura” comporta l’inesorabile consumo della stessa. D’altronde nessuno essere magico, ad eccezione del Custode, possiede la Fiamma del Drago. Per questo motivo chiunque voglia accingersi ad eseguire questa magia deve “mettere in gioco” quella minuscola particella di tale potere, che ciascuno di noi possiede: la sua vita. Non c’è creazione più grande della vita stessa e, poiché la Fiamma è la sola che possa darle ragione d’essere, la nostra esistenza è direttamente collegata ad essa».
«Un momento, vorresti forse dire che Acheron sta…» biascicò Aisha sempre più preoccupata per colui che neanche quindici minuti prima aveva cercato di uccidere lei e le sue amiche.
«…sta mettendo in gioco la sua stessa vita» concluse la sorella di Bloom, chinando il capo, mentre tutti gli altri piombarono in un surreale silenzio.
Belial, intanto, era intento ad osservare Acheron e la sua “convergenza elementare”. Il demone dava quasi l’impressione di voler aspettare che il suo avversario completasse la sua magia. Il suo desiderio di sangue, quindi, era secondo a quello di combattere: Belial voleva annientare totalmente il proprio avversario, ma allo stesso tempo la sua brama di conquista, potere e forza lo spingevano a protrarre quella battaglia il più al lungo possibile. Di conseguenza si limitò a mettersi sulla difensiva e attese che fosse l’altro ad attaccare per primo. Non ci volle molto, alcuni secondi dopo infatti lo stregone aprì gli occhi e, assumendo un atteggiamento serio, schioccò le dita della mano destra. In quello stesso istante dalla sfera rossa si sprigionò una grossa “lingua di fuoco”, che con immane velocità si diresse contro il demone. Quest’ultimo, volando per la sala, evitò quel micidiale vortice di fiamme, che sembrava seguirlo ovunque andasse. Allo stesso tempo, però, Belial si avvicinò sempre più ad Acheron e, non appena ne ebbe l’occasione, tentò un affondo con una delle sue micidiali code. Il suo avversario non si fece cogliere alla sprovvista e, muovendo in avanti il braccio sinistro, frappose tra sé e il mostro la sfera verde. Questa, assumendo la forma di una spessa e pesante lastra di terreno, lo protesse dal colpo di Belial e allo stesso tempo rese inoffensiva una delle quattro protuberanze rosse. Il demone, infatti, appesantito da quel “pannello” naturale fu costretto a scendere a terra e a disfarsene. Acheron, però, approfittando di quel parziale handicap, affiancò al getto di fuoco quello d’acqua, proveniente dalla sfera blu. Belial, allora, non potendo evitare in nessun modo quella micidiale combinazione, puntò il proprio braccio destro verso l’alto e, aprendo il palmo della mano, fece scaturire da quest’ultimo un compatto flusso di fiamme nere. I due attacchi si scontrarono a mezz’aria dando vita ad uno spaventoso gioco di luci e suoni. Nessuno dei due aveva la benché minima intenzione di cedere: da una parte vi erano i due flussi elementali dello stregone, che intrecciandosi tra di loro generarono una potenza senza precedenti; dall’altro vi erano le fiamme maledette del demone, le stesse che avevano quasi ucciso Aisha. Quest’ultima, infatti, nonostante si trovasse abbastanza lontano dai due, le riconobbe all’istante e, ricordandosi di tutta la sofferenza che le avevano causato, non riuscì a trattenere le lacrime. Ad un tratto, però, la magia di Acheron sembrò perdere sempre più forza a discapito di quello del demone: la sua energia vitale, come profetizzato da Daphne, si stava rapidamente esaurendo. Di conseguenza se inizialmente il punto d’incontro dei due attacchi era esattamente nel mezzo, piano piano si spostò verso lo stregone. Belial, non appena capì che il suo avversario fosse in difficoltà, con due code distrusse la sfera azzurra e quella verde, lasciando l’altro senza difese. Subito dopo raddoppiò la potenza del proprio flusso di fiamme, che, non incontrando più una valida resistenza, investì in pieno Acheron ritorcendogli contro anche il suo stesso incantesimo. Vi fu una piccola esplosione, poi dalla nube di fumo e polvere cadde il corpo inerme dello stregone, che nel giro di pochi istanti si schiantò al suolo. Acheron lanciò un urlo straziante, quasi disumano… la sofferenza che stava provando era indescrivibile. Questa, però, non era stata causata dal fortissimo impatto con il pavimento della sala, ma dalle micidiali fiamme maledette con le quali era stato colpito. Sul suo viso e sulle sue braccia, infatti, erano già visibili i segni distintivi di quell’atroce male.
«Complimenti Acheron, davvero un’ottima trovata» esclamò, all’improvviso, Belial, mentre camminava verso il suo avversario.
L’uomo, ormai allo stremo delle forze, si limitò a digrignare i denti e cercò di alzare il proprio busto. Il demone, allora, ridendo sempre più maniacalmente, continuò a parlare avvicinandosi allo stregone:
«Scommetto che quel trucchetto te l’ha insegnato Camille, dico bene? Dopotutto se non sbaglio era lei che si divertiva a controllare ogni singolo elemento naturale, arrivando anche a fonderli tra loro. Purtroppo tu non sei lei, non possiedi la sua stessa essenza magica. Sfruttare quell’incantesimo ti è costato davvero molto caro mio viscido amico. È un vero peccato: mi stavo divertendo così tanto. Tuttavia anche se a malincuore, credo sia arrivato il momento di chiudere qui la partita. Tra non molto, infatti, anch’io avrò dei problemi causati dal legame che c’è tra me e il ragazzo. Non ne ho mai capito appieno il motivo, ma sembra che più continui a combattere e a sfruttare le mie capacità il mio comportamento subisca una… …come posso dire… …sorta d’involuzione. In pratica non riesco a rimanere lucido e sprigiono tutta la mia forza e ferocia. Sia chiaro: non mi dispiacerebbe riversare su di te la frustrazione e l’odio accumulati nel corso di sette secoli, ma correrei il rischio di riconsegnare al ragazzino il “comando”».
A quel punto il demone raggiunse Acheron e, guardandolo dritto nei suoi tristi e spenti occhi castani, lo colpì con la pianta del piede sul viso. Subito dopo Belial afferrò la caviglia sinistra dello stregone con una delle sue code e lo sollevò a mezz’aria mettendolo a testa in giù. Acheron era ormai a pezzi: il suo corpo, a causa del fuoco maledetto dell’avversario, era ricoperto da necrosi e piaghe purulente; respirava davvero a fatica e non riusciva a tenere gli occhi aperti. Belial, disgustato dalla debolezza dell’uomo, gli diede uno schiaffo, poi, dopo aver poggiato le sue quattro dita sul collo dello stregone, sibilò:
«Una volta che ti avrò sistemato, mi occuperò dei suoi amichetti. Sarà un vero piacere strappare le ali colorate di quelle fatine, proprio come ai bei vecchi tempi… proprio come feci con Juliet».
Non appena Belial pronunciò quel nome, un impeto di rabbia attraversò il corpo del suo avversario ridestandolo dal torpore. Acheron ripensò alla sua amata, ai giorni felice trascorsi insieme a lei e ai suoi amici di un tempo. Fino a quel momento non si era reso conto quanto gli mancassero… quanto gli mancassero i gesti, le voci, le passioni e persino i difetti di ciascuno di loro. Per anni aveva inseguito la vendetta, il potere e quella sua “utopia esistenziale”, dimenticandosi di tutti i momenti di gioia, tristezza, rabbia, paura e solidarietà che aveva condiviso con loro e con la sua Juliet. Capì quanto il suo comportamento nei confronti del suo maestro e tutti gli altri fosse stato meschino e irriconoscente. Loro lo avevano accolto quando era solo un ragazzino, gli avevano dato tutto e lui in cambio si era presa la cosa più importante: le loro vite. Lo stregone non voleva… non voleva commettere nuovamente gli stessi errori del passato. Quasi settecento anni prima aveva compiuto una scelta dettata dall’odio e dal risentimento, che aveva portato a delle disastrose conseguenze. Perciò in quel preciso istante, all’interno della Sala del Flusso Interrotto, dinanzi al nemico più forte e temibile che avesse mai affrontato, Acheron si ripromise che mai e poi mai avrebbe permesso a quel mostro di torcere anche solo un capello alle Winx. Lo stregone non comprese il motivo che lo spingesse a prendere una tale decisione. Dopotutto odiava ancora Bloom e le sue amiche, ma qualcosa dentro di lui lo invogliava a proteggerle… a proteggere l’ideale che esse rappresentavano. Il creatore del Legendarium, infatti, vide in quelle dieci sprovvedute il riflesso delle sue vecchie amiche e, consapevole di quanto il destino possa essere imprevedibile, si convinse che ben presto la storia si sarebbe ripetuta. Acheron sapeva bene che le Winx, a causa del loro precedente scontro, non avrebbero avuta alcuna possibilità contro Belial. Per questo motivo lo stregone, facendo appello alle sue ultime energie, si preparò al round finale. Allo stesso tempo, però, era certo che non sarebbe riuscito a sconfiggere il demone, anzi con molta probabilità avrebbe perso la sua stessa vita. Tuttavia quest’eventualità non lo preoccupò: doveva e voleva combattere perché quello era l’unico modo per far perdere il controllo a Belial… per far “tornare indietro” quel triste ragazzo dai capelli neri. Avrebbe lottato fino alla fine, fino all’ultimo alito di vita. Lo avrebbe fatto per Juliet, per il suo maestro, per Camille, per tutti i suoi ex- compagni… lo avrebbe fatto per dare a quelle ragazzine la possibilità di salvare Cassiopea. Acheron, allora, cogliendo di sorpresa Belial, allargò le sue braccia e, concentrando tutto il suo potere sulla porzione esterna di entrambi gli avambracci, creò due affilatissimi dischi d’ombra, che come delle seghe circolari iniziarono a ruotare ad altissima velocità. Subito dopo con uno di essi tranciò la coda che lo teneva a testa in giù liberandosi dalla stretta del demone. Quest’ultimo, non appena si rese conto dell’accaduto, urlò con ferocia non per il dolore del colpo ma per il gesto in sé. Il demone, infatti, era pronto a finire il suo avversario e non poteva tollerare un simile atto di “ribellione”. Di conseguenza Belial, dopo aver rigenerato la parte appena perduta, si lanciò all’attacco e tuonò:
«Come… come hai osato! Solo io posso disporre della tua vita non tu. Quindi quando decido che tu debba morire… tu muori!».
Lo stregone, nonostante il suo corpo bruciasse dal dolore, fu più veloce ed evitò l’affondo del mostro piroettando sulla sua testa. Belial, senza neanche girarsi, cercò d’infilzare Acheron con le sue micidiali protuberanze, ma l’altro si protesse grazie ai due dischi rotanti; poi, non appena ne ebbe l’occasione, lanciò uno di questi contro la schiena del demone causando un’esplosione che lo scaraventò a circa cinque metri di distanza.
«Sono io a scegliere in che modo andarmene da questo mondo e… voglio farlo combattendo!» esclamò l’uomo con decisione, aspettandosi una replica da parte del nemico.
Questa, però, non arrivò mai all’orecchio dello stregone, ma fu sostituita dalle spaventose e furiose urla del demone, che, ringhiando come una belva feroce, si alzò in volo. Acheron, consapevole di essere giunto ormai al limite, fece lo stesso e, dopo aver ricreato il disco d’ombra mancante, si scagliò contro Belial. I due si affrontarono in un durissimo corpo a corpo a circa ventri metri da terra senza risparmiare alcuna mossa, strategia e sotterfugio. Il demone, infatti, muoveva rapidamente le proprie code cercando di infilzare il suo avversario, oppure, appena ne aveva l’occasione, sferrava potenti pugni. Acheron, però, non si lasciò intimorire e, approfittando del potere difensivo e offensivo delle sue lame magiche, inferse numerosi e profondi tagli alla creatura. Intanto le Winx e gli Specialisti assistevano allo scontro con la bocca aperta, rimanendo affascinati dalla forza e dalla determinazione dei due contendenti. In particolare la Principessa di Domino, dopo aver parzialmente curato i suoi amici, si affiancò a sua sorella e con gli occhi colmi di lacrime si concentrò sullo scontro. Bloom, nonostante fosse stata torturata, umiliata e quasi assassinata dallo stregone, provò un’indescrivibile tristezza e pena per quest’ultimo. La rossa, infatti, aveva capito che per Acheron non ci fossero più speranze. La sua Fiamma del Drago aveva percepito il lento ma inesorabile consumarsi dell’essenza vitale dell’uomo: ormai mancavano solo pochi minuti. Non avrebbe mai immaginato che la missione di recupero avrebbe preso una tale piega; non avrebbe mai immaginato che Brendon potesse perdere il controllo di sé scatenando la furia distruttrice di Belial; non avrebbe mai immaginato che Acheron potesse comportarsi in quel modo così “eroico”. La ragazza, infatti, era fermamente convinta che alla prima occasione utile lo stregone sarebbe scappato via al fine d sfuggire alla follia omicida del mostro. Il creatore del Legendarium, al contrario, disattendendo le sue aspettative e quelle delle altre Winx, era rimasto lì… aveva deciso di combattere con tutto sé stesso. Per quanto si sforzasse d’immaginare la ragione che avesse indotto in Acheron un simile cambiamento, Bloom non riuscì a trovare una risposta plausibile. Di conseguenza la Custode della Fiamma del Drago si limitò ad assistere alla conclusione di quello scontro epocale e a constare che lo stregone dietro tutti i suoi deliri d’onnipotenza nascondeva un oscuro passato fatto di sofferenza, privazione e solitudine. La Principessa di Domino fu davvero sorpresa dalle rapide mosse di Acheron e non poté fare a meno di pensare che, qualora lo avesse voluto, l’avrebbe potuta sconfiggere in un battito di ciglia. I suoi movimenti, infatti, erano così rapidi e precisi che lei e gli altri ragazzi facevano davvero fatica a seguirli. Ad un tratto, però, sotto lo sguardo stupito della rossa accadde l’inimmaginabile. Belial, approfittando della stanchezza del nemico, fece una sorta di rotazione in avanti e, muovendo simultaneamente le sue quattro code dall’alto verso il basso, colpì lo stregone sulla testa. Quest’ultimo cercò di difendersi con i suoi dischi energetici incrociando le proprie braccia all’altezza del capo, ma la forza esercitata dal demone li mandò in frantumi. Acheron fu scaraventato con velocità verso il pavimento della Sala, tuttavia non toccò mai terra. Belial, infatti, scese in picchiata e, una volta raggiunto il suolo, si posizionò nel “punto di caduta” del creatore del Legendarium; il quale, non appena si ritrovò a circa un metro di altezza, fu afferrato dal mostro e la sua schiena prepotentemente cozzata contro il ginocchio di questi. L’urto fu così violento che Acheron non riuscì neanche ad urlare per il dolore: era finita. Belial, allora, afferrò le braccia dello stregone con due code e lo posizionò sospeso da terra davanti a sé. Acheron, poiché si sentì strattonare, riprese lentamente conoscenza e, non appena capì di essere spacciato, abbozzò a fatica un mesto sorriso. Lo sguardo maniacale di Belial ormai non lo spaventavano più, la sua stessa morte non lo preoccupava. Era pronto ad accettarla e a lasciarsi la sua vecchia vita alle spalle. Aveva deciso di combattere nonostante conoscesse i rischi, aveva deciso di dare alle Winx una speranza di vittoria, ma adesso toccava a loro riportare indietro il ragazzo. Sebbene fosse consapevole di aver commesso tanti errori durante la sua esistenza, Acheron non era mai stato così sicuro della propria scelta e con fierezza ed orgoglio ne accettò le conseguenze. Belial, spinto dalla una cieca follia omicida, “sguainò” la sua terza coda e ne puntò la pericolosa estremità all’altezza del cuore dello stregone. Quest’ultimo, senza perdere il suo solito sorrisetto beffardo, chiuse i propri occhi e sibilò:
«Sto arrivando amici miei, spero solo che possiate perdonarmi… soprattutto tu mia amata… mia amata Juliet».
Acheron aveva ancora il nome del suo grande amore sulle labbra, quando il demone lo trapassò da parte a parte. Il pavimento della Sala del Flusso Interrotto si ricoprì di sangue, che arrivò a lambire i piedi di Belial. Quest’ultimo, ridendo in maniera maniacale, lasciò cadere il suo avversario e non mostrando pietà o rispetto si accanì sul suo corpo privo di vita. Tecna, Aisha, Elizabeth e Daphne, non riuscendo a sopportare quello spettacolo indecente, nascosero la propria testa tra le braccia dei rispettivi compagni; Helia e la Griffin, invece, cercarono di tranquillizzare Stella e le Pixies profondamente scioccate dall’accaduto. Anche Sky si avvicinò alla sua fidanzata e le posò delicatamente una mano sulla spalla. Tuttavia Bloom non si voltò e, senza “rispondere” alla premura del ragazzo, continuò ad osservare lo scempio che stava compiendo Belial. La rossa, sebbene non tollerasse quella macabra vista, non riuscì a distogliere lo sguardo da colui che fino a poco tempo prima era uno dei suoi migliori amici. D’un tratto, però, la Principessa di Domino percepì una stretta al petto, come se una morsa le stesse opprimendo l’animo. La ragazza si portò istintivamente la mano destra al cuore, infastidita da quella strana sensazione che non le apparteneva, e iniziò a riflettere sulla possibile causa. Pochi istanti dopo, quasi avesse avuto una folgorazione, percepì che l’unica “responsabile” fosse la paura… un profondo e incontrollabile sentimento di paura. Bloom si guardò intorno al fine di capire chi tra i suoi amici fosse tormentato fino a quel punto. Tuttavia la rossa ben presto si rese conto che nessuna delle Winx o nessuno degli Specialisti versasse in un tale stato d’animo. La fonte si trovava più lontano nelle vicinanze del basamento in pietra: la fonte di tutta quella paura era Brendon. La Principessa di Domino spalancò la bocca per la sorpresa: per la prima volta da quando lo aveva conosciuto che riusciva a percepire le emozioni del ragazzo. Quella era la prova che, nonostante la presenza di Belial, il suo amico continuasse ad avere sentimenti, paure, speranze: quella era la prova incontrovertibile che Brendon avesse un’anima. All’improvviso la fata fece un passo in avanti e, senza dare alcuna spiegazione, si alzò in volo. Sky, estremamente colpito e impaurito da quel gesto, afferrò la caviglia della ragazza e con severità esclamò:
«Dove pensi di andare?! È pericoloso!».
«Io… …io… …io devo… ...devo aiutarlo» balbettò Bloom con un filo di voce.
La Principessa di Domino, allora, sbatté con forza le ali sfuggendo alla presa del proprio fidanzato e si diresse da Brendon. A nulla valsero le grida disperate del leader degli Specialisti, seguite immediatamente da quelle degli altri ragazzi, la ragazza aveva compiuto la sua scelta: anche a costo della vita avrebbe riportato il suo amico indietro. Bloom atterrò a circa tre metri di distanza da Belial e, dopo aver creato una sorta barriera che separò lei e il suo amico da tutto il resto, avanzando cautamente verso di lui biascicò:
«Ehi, Brendon riesci a sentirmi? Sono io, Bloom! Sono qui per aiutarti».
Il demone girò di scatto la propria testa verso la giovane fata inorridendola. Dai suoi occhi “trasudava” una spaventosa follia, mentre la sua bocca era completamente ricoperta di sangue… il sangue di Acheron. Belial si era divertito a addentare parte delle braccia e del torace dello stregone lacerando la carne. La Principessa di Domino, nonostante fosse raccapricciata da quella vista, non indietreggiò e, facendo appello a tutto il suo coraggio, tentò un primo approccio. Belial, però, le ringhiò contro e, camminando a gattoni, le si avvicinò con fare minaccioso. La rossa, allora, si arrestò di colpo e, senza capirne il motivo, si mise in ginocchio tendendo un braccio in avanti. Il demone, invece, agitando le sue pericolosissime code nell’aria, continuò a muoversi verso di lei finché non la raggiunse. A quel punto Belial aprì la sua mano insanguinata e si apprestò a colpire in pieno volto la Custode della Fiamma del Drago. Quest’ultima, sebbene non si spostò neanche di un millimetro, chiuse istintivamente gli occhi e aspettò di essere attaccata. Tuttavia ciò non avvenne: la mano del demone, infatti, si fermò a pochi millimetri dalla fronte della ragazza. Belial non era riuscito a ferire la sua nuova vittima perché qualcuno glielo aveva impedito… perché Brendon non glielo aveva permesso. Bloom, allora, spalancò le palpebre e non curandosi delle grida dei suoi amici che la pregavano di tornare indietro, poggiò delicatamente le sue dita sulla guancia dell’amico. Non appena le due parti si toccarono, la percezione della Principessa di Domino divenne ancora più forte: non vi era solo paura ma anche rabbia, delusione, speranza, risentimento, gioia, amore, caparbietà… voglia di riscatto. Brendon non era un contenitore vuoto come lei credeva, Belial aveva fatto riaffiorare tutto questo… tutta la sua umanità. Bloom sorridendogli teneramente gli disse:
«Brendon sono qui. Non ti lascio più, ma ti prego torna da me».
Il ragazzo fece scivolare la propria mano tremante lungo il viso della giovane fata, mentre dai suoi occhi neri iniziarono a colare lacrime cristalline; poi, quasi stesse compiendo uno sforzo disumano, mugugnò:
«Mi… …mi… …mi dispiace, non… … …non volevo far del male a nessuno».
«Lo so, so bene che non sei stato tu» piagnucolò la rossa, accarezzandogli dolcemente il volto.
«Per favore… perdonami» sentenziò a denti stretti Brendon, mentre i “segni distintivi” della presenza di Belial iniziavano lentamente a svanire nel nulla.
«Non c’è né bisogno, non c’è né mai stato bisogno» concluse la Custode della Fiamma del Drago, asciugando la guancia dell’amico con il pollice.
Brendon, continuando a piangere, chiuse gli occhi e lasciandosi cadere in avanti svenne tra le braccia della sua amica. Bloom lo strinse a sé e, posando il suo mento sulla testa del ragazzo, rimase in silenzio a contemplare il vuoto della Sala del Flusso Interrotto.
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti!!! Innanzitutto vi comunico che per questa e la prossima settimana la pubblicazione dello spin-off è sospesa sempre per il problema di far “quadrare” bene i suoi capitoli con quelli della fanfiction principale ;D. Detto questo veniamo al capitolo di oggi, sul quale, per vostra sfortuna, ho tantissime cose da dirvi XD. Chi, come me, alla passione per l’animazione occidentale affianca quella giapponese avrà già capito, anzi si starà sicuramente chiedendo se l’autore di questa storiella sia impazzito o meno XS. Sebbene sia un po’ sciroccato, la scelta che ho compiuto è stata altamente ponderata e valutata alla luce di una serie infinita di fattori. All’inizio avevo addirittura pensato di creare un crossover, ma non amando particolarmente questo genere ho preferito agire in maniera diversa. Adesso invece, coloro che non hanno mai visto un cartone animato giapponese si staranno chiedendo se mi sia ammattito ahahahahahahahahah. Di conseguenza veniamo al dunque: l’aspetto fisico di Brendon, inclusa la sua “trasformazione demoniaca”, è stato modellato (per non dire completamente copiato XD) su quello del protagonista del manga/anime Tokyo Ghoul Ken Kaneki. Adesso non penso sia il caso di raccontarvi tutta la storia di questo personaggio (vi invito a vedere almeno l’anime che è bellissimo… chiedete a MartiAntares :D), ma ci tengo a precisare che caratterialmente i due sono molto diversi. Al momento, mi rivolgo a coloro che hanno visto questa serie, quest’evidenza non è molto evidente, ma andando avanti si percepirà sempre più… fino a quando… beh fino a quando perderemo un pezzo di Kaneki e non fatemi aggiungere altro ahahahahahahahahah. Tokyo Ghoul, infatti, è una storia volta all’accettazione del “diverso” (vedendo l’anime capirete cosa sia questo “diverso”), mentre Brendon è in continua lotta con sé stesso. Mi dispiace di avervi detto questa cosa solo adesso e di non aver pubblicato, come ho fatto con Elizabeth, quasi subito un’immagine del personaggio. Purtroppo, se vi avessi mostrato Brendon/Kaneki dall’inizio, quelli che già conoscevano il personaggio si sarebbero rovinati la sorpresa XD. Anyway spero solo che la mia scelta vi sia piaciuta e che ai fan di Kaneki (MartiAntares in primis ;D) siano contenti della resa del personaggio. Sulla trama del capitolo in sé non ho molto da dire: lo scontro tra Acheron e Belial la fa da padrona lasciando poco spazio alla narrazione. Tuttavia prestate molta attenzione all’appellativo con il quale per ben due volte il demone si è rivolto a Camille. Sono sicuro che noterete un certo parallelismo con una giovane fata di vostra conoscenza :D. In secondo luogo tenete ben a mente questa frase: “Il creatore del Legendarium, infatti, vide in quelle dieci sprovvedute il riflesso delle sue vecchie amiche e, consapevole di quanto il destino possa essere imprevedibile, si convinse che ben presto la storia si sarebbe ripetuta” come al solito è importantissima ;D. Sul Drive, infine, ho caricato due immagini (quelle che mi piacevano di più… su internet c’è né sono un’infinità ahahahahahaha) di Brendon/Kaneki (una versione normale e una versione demoniaca) e una GIF fatta da me :D. Beh… ho concluso, un saluto generale e arrivederci al prossimo capitolo :D :D :D.

Yugi95

Link Google Drive: https://drive.google.com/open?id=0B3u8B3LCcNM0UElwUVNOWFIyeWs

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Capitolo 32
*** Capitolo XXXI – Gli Stregoni del Cerchio Nero ***


Capitolo XXXI – Gli Stregoni del Cerchio Nero
 

Bloom strinse a sé il suo amico e, sfiorando delicatamente con le labbra la sua fronte, lo riempì di affettuosi baci. Nel frattempo le altre Winx, gli Specialisti e la Griffin, approfittando della scomparsa della cupola di contenimento eretta dalla Custode della Fiamma del Drago, si diressero rapidamente verso quest’ultima. In particolare il suo fidanzato, facendo appello a tutte le proprie energie, corse più veloce che poté e, una volta che l’ebbe raggiunta, in preda alla collera tuonò:
«Cosa diamine ti è saltato in mente?! Avrebbe potuto ucciderti!».
La rossa, però, non degnò il Principe di Eraklyon neanche di uno sguardo e continuò a concentrarsi su Brendon. Sky allora, indispettito da quell’atteggiamento, si avvicinò alla propria fidanzata e, strattonandola leggermente per la spalla, esclamò:
«Mi hai sentito? Non ti permetto di ignorarmi e sappi che…».
«Fa silenzio!» lo interruppe Bloom con voce gelida.
Il leader degli Specialisti, spiazzato da quella risposta, indietreggiò di alcuni passi e, non sapendo cosa replicare, attese in silenzio che il resto del gruppo li raggiungesse.
«Bloom, Bloom! Stai bene?» gridò, preoccupata, Daphne, mentre correva in direzione della sorella seguita da tutti gli altri.
La rossa, dopo alcuni secondi di totale indifferenza, alzò la propria testa dal viso dell’amico e si limitò a risponderle con un sorriso forzato. In quello stesso istante le Winx e i loro fidanzati la raggiunsero e, disponendosi a semicerchio intorno alla Principessa di Domino, la osservarono con le labbra serrate. Nessuno di loro aveva il coraggio di dire nulla, nessuno aveva il coraggio di sindacare la scelta della Custode della Fiamma del Drago… nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a Brendon. Il ragazzo, infatti, nonostante fosse svenuto e del tutto inoffensivo, incuteva una notevole paura ai presenti. All’improvviso però, dopo aver preso un profondo respiro, Max lasciò la mano di Elizabeth e, inginocchiandosi alla destra di Bloom, le chiese con voce dolce:
«Come sta?».
«È solo svenuto, penso che si riprenderà presto» sibilò l’altra a denti stretti.
«Capisco» replicò, asciutto, il biondo - «Ascoltami… ti ha per caso fatto…».
«Stava per accadere, ma Brendon glielo ha impedito» lo interruppe la ragazza, avendo intuito cosa volesse chiederle Max.
Quest’ultimo, sebbene nell’immediato rimase alquanto sorpreso dall’affermazione della rossa, fu estremamente contento di sapere che Brendon non avesse causato altri danni. A quel punto si rimise in piedi e, porgendo la propria mano a Bloom, disse:
«Forza andiamo: dobbiamo uscire da questa stanza».
«Ma… …ma… …ma lui è ancora incosciente. Non… non possiamo lasciarlo qui» balbettò la Principessa di Domino, stringendo istintivamente l’amico.
«Non preoccuparti, non gli accadrà nulla di male. Io e i ragazzi ci prenderemo cura di lui, te lo prometto» la rassicurò l’altro sorridendole.
La rossa, allora, si lasciò convincere dalle parole del fidanzato di Elizabeth e afferrò il suo braccio al fine di rialzarsi. Nel frattempo gli altri assistettero passivamente alla scena, preferendo non intervenire o pronunciarsi sull’accaduto. Tuttavia, una volta che Bloom si fu allontanata dal corpo privo di sensi di Brendon, Tecna, agendo in maniere del tutto istintiva, la tirò improvvisamente a sé e, assumendo un atteggiamento severo, esclamò:
«Si può sapere cosa ti è saltato in mente?! Volevi farti ammazzare forse?».
«Tecna, avanti non mi sembra il caso…» bisbigliò Max timidamente, ma la fredda voce della fata dei fluidi lo interruppe:
«Io invece credo proprio di sì. Bloom e voi altri avete molte cose da spiegarci, non è vero Sky?».
Il Principe di Eraklyon, però, non prestò ascolto alle parole di Aisha e, senza dare alcuna spiegazione, si allontanò dal resto gruppo raggiungendo l’uscita della Sala. Le Winx e gli Specialisti rimasero alquanto spiazzati da quello strano atteggiamento e, al fine di capirne il motivo, iniziarono a confabulare tra di loro. Nel frattempo Max e Elizabeth si avvicinarono al loro vecchio amico e, inginocchiandosi accanto a lui, si assicurarono del suo stato di salute. I due, alla vista di Brendon, provarono una strana sensazione di déjà-vu e, ricordandosi del lontano giorno in cui si conobbero, non riuscirono a trattenere le lacrime. Allo stesso modo la Principessa di Domino, isolatasi dalle sue amiche, non prese parte a quell’improvvisa discussione e, camminando avanti e indietro per la Sala del Flusso Interrotto, non poté fare a meno di guardarsi intorno. I segni della battaglia tra Acheron e Belial erano ancora evidenti: il pavimento, infatti, era tappezzato da larghe e profonde buche; la tettoia della stanza era stata ridotta ad un ammasso di macerie fumanti e l’altare in pietra si era quasi spaccato in due. L’unico oggetto a non aver riportato danni, come aveva profetizzato la stessa Preside di Torrenuvola, era la Clessidra Frangiflusso. Questa, infatti, si stagliava in tutta la sua lucente maestosità al centro del basamento in pietra, mentre la sua sabbia nera si rifletteva sul vetro cristallino. La rossa ad un tratto sentì sei vocine stridule, che in lontananza si accavallavano tra di loro. Solo allora la ragazza si rese conto che le Pixies erano indaffarate a prendersi cura di Flora, Musa, Roxy, Selina, Brandon e Saladin, i quali, a causa dello scontro con il Creatore del Legendarium, non erano ancora riusciti a riprendersi. Tuttavia le cure delle fatine, per quanto potessero essere attente e amorevoli, si rivelarono del tutto inefficaci soprattutto per la fata della musica e l’ex-strega dei serpenti. Queste ultime, a differenza degli altri, avevano riportato dei seri danni e avevano bisogno di urgenti cure mediche, che le Pixies non erano in grado di fornirgli. A quel punto la Custode della Fiamma del Drago realizzò quanto fosse necessario che i suoi amici fossero trasferiti in una struttura, che sarebbe stata in grado di prendersi cura di loro. Di conseguenza tornando rapidamente sui suoi passi, si avvicinò alla Griffin e con voce sicura le disse:
«Preside Griffin dobbiamo dirigerci al più presto ad Alfea: Brendon e gli altri hanno bisogno di cure immediate».
La donna, sebbene non si aspettasse tutta quella risolutezza, non si scompose e, assumendo il “controllo” della situazione, fece segno ai ragazzi di tacere. Questi, nonostante avessero preferito continuare a discutere, si ammutolirono e attesero in silenzio gli ordini della direttrice. La donna, allora, si rivolse agli Specialisti e con voce sicura esclamò:
«Adesso smettetela di bisticciare come i bambini dell’asilo e ascoltatemi bene. La vostra amica ha pienamente ragione: dobbiamo assicurarci che i feriti non corrano alcun rischio. Faragonda non mi perdonerebbe mai se gli accadesse un qualche cosa d’irreparabile e lo stesso non lo farei io. Saladin e gli altri devono essere assolutamente trasferiti ad Alfea, Ofelia è l’unica in grado di aiutarli. Thoren, tu e i tuoi compagni di squadra scorterete tutti loro fuori dai sotterranei e li porterete nel salone d’ingresso della scuola. Io, invece, andrò nel mio ufficio e contatterò il professor Codatorta e gli chiederò d’inviarci una navetta di Fonterossa. In questo modo il “trasporto” sarà molto più facile. Intanto le ragazze, che ne avranno la forza, voleranno ad Alfea e avvertiranno la preside di quanto è accaduto. In questo modo l’infermeria sarà pronta ad accoglierci e non perderemo ulteriore tempo prezioso. Credo sia tutto, se ci sono domande ponetemele adesso…».
«Anche Brendon viene con noi?» le chiese, all’improvviso, Aisha con fare acido e provocatorio, indicando in maniera quasi disgustata il corpo del ragazzo.
Elizabeth, estremamente infastidita da quell’atteggiamento, si alzò di scatto e si avvicinò minacciosamente alla fata dei fluidi. Quest’ultima, avendo intuito l’ostilità dell’amica, non indietreggiò e assottigliando gli occhi si preparò allo “scontro”. Tuttavia, anticipando le mosse di entrambe, la Preside Griffin si frappose tra loro e con tono severo rispose alla Principessa di Andros:
«Non fare domande inutili Aisha: è ovvio che Brendon viene con noi».
«Ma… ma… lui ha… ha…» balbettò la fata dei fluidi, non riuscendo a capacitarsi della decisione della strega.
«Lui è un vostro compagno come tutti gli altri. Non merita un trattamento di “serie B”, mi sono spiegata?» la incalzò la direttrice di Torrenuvola, alzando leggermente la voce.
Aisha non rispose e, limitandosi a chinare il capo in segno di rassegnazione, fece un cenno di assenso, mentre la direttrice di Torrenuvola, accompagnata dalle Pixies, si dirigeva verso l’ingresso della camera al fine di raggiungere il suo ufficio e avvisare Fonterossa. Allo stesso modo Daphne, Elizabeth, Stella e Tecna si apprestarono ad aiutare i ragazzi nel trasporto dei feriti al di fuori dei sotterranei. Tuttavia la fata della tecnologia, mentre insieme al suo fidanzato stava risollevando da terra Saladin, a causa di un improvviso spavento si lasciò scivolare dalle mani il corpo del povero preside. Timmy, allora, ritrovatosi da solo a sostenere il “peso” dell’uomo, in preda al panico gracchiò:
«Tecna… d’accordo che Saladin non è un “gigante”, ma un tuo aiuto sarebbe gradito».
La ragazza, però, rimase in silenzio ad osservare un punto indefinito della sconfinata Sala del Flusso Interrotto. Lo Specialista, allora, preoccupato da quello strano atteggiamento, adagiò delicatamente il preside a terra e, dopo essersi avvicinato, le chiese con voce greve:
«Ci sono problemi, amore mio?».
«L… …lì… …non ci… non ci avevamo fatto caso» balbettò Tecna, tremando come una foglia e indicando con il suo braccio una precisa direzione.
Di conseguenza Timmy, posizionandosi al meglio i propri occhiali sugli occhi, guardò nel punto in cui gli era stato appena indicando rimanendo immensamente sconcertato. Ad una distanza di circa settecento metri dai due giaceva il corpo ormai privo di vita di Acheron. Lo stregone era immerso in una pozza di sangue parzialmente raggrumito; i suoi occhi, sebbene fossero tornati da tempo alla loro colorazione normale, erano vitrei, mentre la bocca era leggermente spalancata. Sul suo petto, infine, s’intravedeva l’orribile e mortale ferita, che gli aveva inferto una delle code di Belial. La fata della tecnologia e il giovane Specialista, a causa della preoccupazione per lo scellerato gesto compiuto da Bloom, si erano completamente dimenticati dell’atroce fine toccata al Creatore del Legendarium e lo stesso valeva per i loro amici. Quest’ultimi, infatti, avendo notato lo strano “immobilismo” dei due ragazzi, si chiesero cosa potesse averli indotti a comportarsi in quel modo così bizzarro. Tuttavia, non appena realizzarono che cosa o meglio chi avesse prepotentemente richiamato l’attenzione di Tecna e Timmy, rimasero pietrificati per lo spavento e il ribrezzo. Per quanto potessero essere stati preparati psicologicamente ed emotivamente a quella tragica evenienza, alle Winx e ai loro fidanzati il “concetto di morte” era del tutto estraneo. I ragazzi rimasero spiazzati da quell’avvenimento e soltanto allora iniziarono a rendersi conto quanto potesse essere fragile la vita degli uomini. Per anni, infatti, avevano difeso la Dimensione Magica combattendo contro chiunque ne avesse minacciato l’esistenza, senza prendere in considerazione una tale eventualità. Nessuno di loro si era mai preoccupato dei numerosi rischi, che quel ruolo così importante e indispensabile per tutti gli abitanti dell’universo magico comportava. Neanche la morte di Nabu, avvenuta quasi quattro anni prima, era riuscita ad aprirgli gli occhi. L’avevano sempre considerata un semplice inconveniente, una sorta “d’incidente di percorso” e niente di più. Dopotutto il vecchio fidanzato di Aisha aveva deciso di sacrificarsi per un bene superiore: la sua non era stata considerata la “fine” di un qualcosa, ma al contrario l’inizio della rinascita del Regno di Tir Nan Og e delle fate terrestri. Nabu aveva lasciato il mondo dei vivi con il sorriso sulle labbra tra le braccia della sua amata… il suo era sembrato quasi un arrivederci e non un addio. La morte di Acheron, invece, era stata molto più atroce e straziante. Non solo la violenza di Belial aveva spezzato il fisico dello stregone, ma quello stesso scontro ne aveva fortemente provato la psiche e l’animo. Per la prima volta le Winx e gli Specialisti, grazie alla determinazione e al coraggio del Creatore del Legendarium, avevano capito quanto fosse importante combattere per la propria vita… avevano capito quanto potessero essere crudeli i loro avversari. Per diversi minuti le sei fate e i cinque Specialisti da lontano fissarono con incredulità lo scempio compiuto da Belial e senza proferire parola si strinsero tra di loro cercando di farsi forza a vicenda. Tuttavia il surreale silenzio calato improvvisamente all’interno della Sala fu ben presto interrotto dal rumore di passi irregolari: alcuni erano rapidi e leggeri, altri invece sembravano essere molto più pesanti e rumorosi. I presenti si ridestarono quasi subito dal loro “torpore” e con leggera preoccupazione si voltarono per capire chi fosse entrato nella camera. Con loro grande sollievo videro l’esile figura della Preside Griffin affiancata dai due guardiani dei sotterranei. La donna, avendo percepito lo stato d’animo dei ragazzi, si avvicinò lentamente al gruppetto e, abbozzando un triste sorriso, posò la sua mano sulla spalla di una sconvolta Stella. Quest’ultima, cercando di trattenere le lacrime, singhiozzò alcune parole senza senso:
«Ci… ci scusi Preside Griffin. Noi… …ecco… …noi stavamo… stavamo…».
«Non preoccuparti Stella: non sono arrabbiata» la interruppe, dolcemente, la donna, asciugandole gli angoli degli occhi con il pollice - «Sebbene mi aspettassi di trovarvi già nel salone d’ingresso della scuola, comprendo il vostro stato d’animo. A dir la verità speravo che vi allontanaste dalla Sala del Flusso Interrotto senza prestare molta attenzione ad Acheron: sapevo che ne avreste sofferto. Per questo motivo avevo chiesto ai miei due guardiani dei sotterranei, Sangan e Berfomet di accompagnarmi, sarebbero stati loro ad occuparsi dello stregone e a recuperare il Medaglione».
«Quando vuole lei, mia signora» esclamò con riverenza una specie di lucertola antropomorfa con quattro braccia.
La donna, a quell’esortazione, assunse un’espressione seria e rivolgendosi alla Principessa di Domino, le chiese:
«Acheron vi ha per caso detto dove custodisse la reliquia appartenuta al Custode?».
«Si trova all’interno della gemma gialla incastonata nella sua armatura» rispose, sicura, Bloom.
«Sentito Berfomet? Recuperala!» ordinò la Griffin al guardiano.
Quest’ultimo si portò entrambe le braccia destre al petto e chinò leggermente la testa in segno di riverenza. Tuttavia, prima ancora che Berfomet potesse muoversi verso il corpo di Acheron, una sicura voce maschile lo “costrinse” a rimanere fermo:
«Ci penso io a recuperare il Medaglione».
«Nex…» bisbigliò, confusa, Aisha, mentre alzava la testa dal petto del proprio fidanzato.
«Credo sia la cosa più giusta da fare: abbiamo cominciato noi questa ricerca e noi dobbiamo portarla a termine» le spiegò il Paladino, staccandosi dall’amorevole stretta della ragazza.
«D’accordo!» sentenziò, all’improvviso, la Preside di Torrenuvola - «Va pure, ma fa attenzione. Non sappiamo se Acheron abbia protetto la gemma con un incantesimo».
«Non si preoccupi… non sono uno sprovveduto» replicò il ragazzo con un sorrisetto beffardo.
A quel punto il Paladino con passo deciso superò i suoi compagni, alquanto sopresi da quella strana presa di posizione, e si diresse nel punto in cui era avvenuto lo scontro tra Belial e Acheron.
«Sii cauto Nex!» gli urlarono Thoren e Helia all’unisono.
Il ragazzo non si voltò, ma, portando il braccio destro verso l’esterno, si limitò ad alzare il pollice in segno d’intesa. Dopo aver percorso quasi settecento metri Nex giunse a pochi centimetri di distanza dalla spaventosa pozza di sangue, all’interno della quale giaceva il corpo del Creatore del Legendarium. Senza esserne minimamente turbato mosse i primi passi in quel lago rosso cremisi, andandosi a posizionare all’altezza del fianco di Acheron; poi, non curandosi di sporcarsi l’uniforme, s’inginocchiò e con un’estrema freddezza mosse la sua mano destra sul petto dell’uomo.
«Perché ci sta mettendo tutto questo tempo?» chiese, preoccupata, Tecna, mentre insieme a tutti gli altri osservava da lontano il fidanzato di Aisha.
«Non lo so. Forse la gemma è incastrata» le rispose Stella con fare pensieroso.
«Oppure potrebbe essere rimasto vittima di una qualche maledizione» ipotizzò Timmy, ricevendo una gomitata dello stomaco dalla fata della tecnologia e uno scappellotto da quella del sole per la sua mancanza di tatto.
«Basta! Non ce la faccio più a starmene con le mani in mano: adesso lo raggiungo» esclamò, all’improvviso, la Principessa di Andros in preda all’ansia.
«Aspetta Aisha! Diamogli ancora un paio di minuti e…» cercò di tranquillizzarla Elizabeth, sbarrandole il cammino.
La fata dei fluidi, però, non volle sentire ragioni e, scostandola in malo modo, disse:
«Tu non immischiarti!».
«Potrebbe essere pericoloso… lascia che se ne occupi Nex. Non essere la solita avventata: non sei ancora nelle condizioni di poter sostenere un più che probabile tranello di Acheron» piagnucolò l’altra, tirando il polso dell’amica al fine di fermarla.
Aisha si girò velocemente e, liberandosi con facilità dalla sua presa, afferrò con la mano destra il collo del maglioncino di Elizabeth. Quest’ultima, spaventata e confusa dal gesto della Principessa di Andros, non fece nulla per difendersi e, non riuscendo a sopportare il suo sprezzante sguardo, chinò la testa. La fata dei fluidi, allora, tra lo stupore generale dei presenti, strattonò la ragazza dai capelli castani buttandola a terra, poi dandole nuovamente le spalle disse:
«Tu non ne hai il diritto… non hai il diritto di decidere al mio posto. Il mio fidanzato sta rischiando chissà che cosa e tu mi chiedi di farmi da parte?! Io non ho alcuna intenzione di lasciarlo da solo e non sarai certo tu a farmi cambiare idea. D’altronde sei l’ultima persona in questa stanza a potermi fare la “paternale”. Tu, Max e chissà quante altre delle mie presunte amiche avete mentito… avete nascosto la vera natura di Brendon mettendo conseguentemente in pericolo tutti noi. Se quel mostro non avesse attaccato Acheron, avremmo già scoperto l’identità del Custode della Fiamma della Fenice. Io mi fidavo di te… avevi rischiato tutta te stessa per salvarmi quella notte a Magix. Sai, pensavo di aver trovato una nuova amica, una nuova compagna con la quale condividere un pezzo della mia vita. Tuttavia scoprire che ha nascosto a me e alle altre Winx un tale “portatore di morte” mi ha ferito. Quasi tutte le notti mi sveglio in preda al panico: sento il mio corpo bruciare, andare a fuoco… i segni delle fiamme maledette possono anche esse scomparsi, ma il ricordo della sofferenza patita mi perseguiterà finché avrò la forza di respirare. Mi hai profondamente deluso Elizabeth e sappi che, nonostante tu mi abbia salvato la vita, io non ti devo proprio nulla. Di conseguenza da questo momento in poi… ti prego di non rivolgermi più la parola: ormai per me non esisti più».
La Principessa di Andros riprese a camminare e, ignorando gli appelli delle sue amiche, si apprestò a raggiungere il suo fidanzato. Elizabeth, invece, rimase a terra ad osservare il vuoto dinanzi a sé, mentre Max, Stella e Daphne si precipitarono a consolarla. Tuttavia le dolci e affettuose parole dei tre non scalfirono minimamente il “bozzolo” di apatica indifferenza, all’interno del quale si era chiusa la fata degli elementi. Le affermazioni di Aisha l’avevano colpita nel profondo dell’animo spingendola a credere che tutte quelle accuse fossero vere. Intanto la fata dei fluidi aveva quasi raggiunto Nex, quando quest’ultimo si alzò improvvisamente da terra dandole le spalle. La ragazza, allora, con voce tremula gli chiese:
«Tutto bene amore mio? Hai avuto problemi?».
Il Paladino, senza rispondere, si girò verso la sua fidanzata e, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi, le mostrò la gemma gialla contenente il medaglione. Aisha, non appena capì che il ragazzo aveva avuto successo, corse da lui e gli saltò al collo piena di gioia. L’altro, allo stesso modo, la strinse teneramente a sé e, dopo averle dato un bacio sulla fronte, bisbigliò:
«Scusa se ci ho messo tanto, ma questo affare non voleva proprio saperne di venire via».
«Fa nulla: l’importante è che tu stia bene» replicò la Principessa di Andros, accarezzandogli l’esile volto.
«Che ne dici di tornare dagli altri e di andarcene da questo posto?» le chiese Nex, prendendola per mano.
«Non potevi avere idea migliore» rispose, divertita, la ragazza.
I due si allontanarono dal luogo dello scontro e si diressero dai loro amici. Questi, avendo ormai capito che la “missione” del Paladino fosse pienamente riuscita, tirarono un respiro di sollievo. Tuttavia non vi fu alcuna esultanza: la battaglia con il Creatore del Legendarium e il successivo “gioco al massacro” di Belial li aveva così provati che nessuno di loro riuscì a trovare la forza né un motivo per festeggiare. Di conseguenza, non appena Nex e Aisha si ricongiunsero al gruppo, i ragazzi si limitarono a imbarazzati sorrisi di convenienza; poi Bloom si rivolse al fidanzato della Principessa di Andros e disse:
«Grazie per aver recuperato il Medaglione Nex. Adesso dallo a me».
Il Paladino, allora, tese il proprio braccio lasciando cadere la gemma tra le mani della rossa, poi, senza riuscire a nascondere una strana agitazione, esclamò:
«Cosa aspetti? Libera la reliquia e lascia che sia lei a portarci dal Custode».
«Nex ha ragione! È arrivato il momento di scoprire la verità» la incalzò Aisha, stringendo la mano a pugno.
La Principessa di Domino, sebbene avesse preferito rimandare ad un altro momento un’operazione così delicata, fu convinta dai due e, borbottando alcuni incantesimi, cercò di aprire la gemma. Tuttavia pochi istanti dopo la Preside Griffin le sussurrò:
«Bloom abbiamo tutto il tempo di questo mondo per liberare la reliquia: adesso perché non ci occupiamo di cose più importanti?».
La donna, allora, le indicò i corpi ancora privi coscienza di Brendon, Saladin, Flora, Musa, Selina, Roxy e Brandon, i quali, nonostante avessero già ricevuto le prime cure e fossero stati adagiati su delle barelle a levitazione portate da Berfomet e Sangan, versavano ancora in gravi condizioni. La fata della Fiamma del Drago, resasi conto della cosa, s’interruppe immediatamente e, consegnando la gemma gialla alla Griffin, biascicò:
«Mi scusi Preside… mi sono lasciata trasportare dalla curiosità».
«Tranquilla, dopotutto è normale. Terrò io l’oggetto finché non avremo portato al sicuro i feriti ad Alfea. Una volta che tutto si sarà sistemato, provvederemo a recuperare il Medaglione» replicò la donna, facendole l’occhiolino.
«Mia signora ci è stato appena comunicato dalla professoressa Zarathustra che la navetta di Fonterossa è in arrivo. Credo sia ora di andare» esordì, all’improvviso, Sangan, dopo essere stato contattato telepaticamente dalla docente.
«Perfetto! Usciamo da questo posto» concluse la donna con risolutezza.
A quel punto il gruppo si diresse all’ingresso della Sala del Flusso Interrotto e, superate le macerie della tettoia in legno, attraversò l’imponente portone d’accesso. I guardiani dei sotterranei, però, su ordine della Preside di Torrenuvola rimasero all’interno della camera e si occuparono di trasportare il corpo di Acheron nell’infermeria della scuola prima di dargli una degna sepoltura.
«Forza Berfomet dammi una mano, non posso farcela da solo» esclamò, stizzito, il grande ragno blu.
«Aspetta un momento, c’è un qualcosa che non mi convince» replicò la lucertola dalla squamosa pelle grigia, mentre con le sue dita percorreva il perimetro del foro circolare, all’interno del quale alloggiava la gemma contenente il Medaglione.
Sangan, allora, si posizionò affianco al suo compagno e, dopo aver esaminato con attenzione la corazza di Acheron, esclamò perplesso:
«Ohibò… abbiamo un problema».
«Già, dobbiamo parlarne al più presto con la Preside Griffin» sentenziò Berfomet, assottigliando lo sguardo.
Intanto le Winx, gli Specialisti e la Griffin, dopo essere arrivati nel salone d’ingresso della scuola, si affrettarono ad uscire all’esterno dell’edificio ricongiungendosi con le Pixies e un taciturno Sky. Bloom, nonostante avesse tanto voluto riabbracciare l’amore della sua vita e chiarire con lui quanto fosse accaduto all’interno della Sala del Flusso Interrotto, non se la sentiva ancora di affrontarlo e di scatenare con molta probabilità una violenta lite in un momento così delicato. Di conseguenza la rossa si limitò a fargli un cenno della mano per fargli capire che tutto fosse andato per il meglio. Tuttavia il Principe di Eraklyon le voltò lo sguardo ignorandola. Daphne, avendo assistito alla scena, si avvicinò alla sorella, dispiaciuta e rattristata dall’atteggiamento del ragazzo, e cercò di consolarla in qualche modo. Allo stesso modo Max si mise in disparte con Elizabeth e stringendola a sé le sussurrò dolci parole al fine di farle tornare il sorriso. La fata degli elementi, però, continuò a mantenere la testa bassa e a singhiozzare tra le braccia del suo fidanzato.
«Non ci resta che aspettare l’arrivo dell’Owl» esordì Timmy, appoggiandosi ad uno dei parapetti dell’edificio.
«Speriamo arrivi presto» mugugnò Stella sovrappensiero, mentre accarezzava i capelli del proprio fidanzato.
«Le navette di Fonterossa sono molto veloci: sarà qui tra un paio di minuti» la tranquillizzò Helia, lasciando la mano di Flora anche lei stesa sulla lettiga priva di sensi.
«Accidenti!» gracchiò, all’improvviso, Tecna, agitando il suo palmare per aria.
«Cos’è successo?! Ci sono problemi?» le chiese Aisha con preoccupazione.
Tecna non rispose e, facendo a tutti segno di tacere, toccò in un punto dello schermo del suo cellulare. Non appena cliccò sul vetro touch screen, dai lati della scocca in alluminio si staccarono due sottili asticelle che subito dopo eseguirono una rotazione di circa novanta gradi verso l’interno. Una volta che si trovarono una di fronte l’altra, tra loro si frappose un sottilissimo schermo magico sulla cui superfice comparvero delle immagini in movimento. Quest’ultime, dapprima sfocate e esageratamente ingrandite, con il passare dei secondi divennero sempre più nitide finché non mostrarono perfettamente il contenuto di quell’improvviso videomessaggio. Le Winx, gli Specialisti e la Griffin furono alquanto perplessi da ciò che si mostrò loro: il volto insanguinato e coperto di terra di una giovane ragazza dai capelli rossicci abbelliti dalla presenza di una codina blu scuro. Questa, dopo essersi accertata di aver stabilito una connessione stabile con il palmare di Tecna, esclamò con voce concitata e preoccupata:
«Ragazze era ora che rispondeste alla mia chiamata di soccorso! Sono più di venti minuti che sto cercando di contattarvi senza risultato. Si può sapere dove diamine siete?! Alt… fermate le bocche… non rispondetemi altrimenti perdiamo inutilmente altro tempo: ci sono cose più urgenti di cui dobbiamo parlare. Vi sto contattando dalla torre nord di Alfea, anzi sarebbe meglio dire da ciò che rimane della torre nord. La scuola è stata attaccata e, nonostante la preside e i professori ci stiano dando una mano, non credo resisteremo ancora a lungo. Abbiamo bisogno del vostro aiuto… adesso!».
«Mirta chi ha attaccato la scuola?!» le chiese, allarmata, Daphne.
«Sono stati…» cercò di rispondere la ragazza, ma una forte esplosione proveniente dalle sue spalle causò l’interruzione della videochiamata.
Per alcuni secondi i presenti guardarono come inebetiti lo schermo grigio del palmare della fata della tecnologia, non riuscendo ancora a credere alle terribili parole di Mirta. Tuttavia la Preside Griffin, consapevole della gravità della situazione, riprese immediatamente il controllo di sé e si rivolse risolutamente ai ragazzi:
«Helia… tu, Aisha, Bloom, Max e Timmy aspetterete l’arrivo dell’Owl e conseguentemente trasporterete i feriti nell’infermeria di Fonterossa. Non appena arriverete, avvisate il professor Codatorta e chiedetegli di mobilitare tutte le squadre di primo intervento in modo tale da poterle inviare ad Alfea. Allo stesso tempo, però, assicuratevi che attivi anche il “dispositivo di sicurezza interplanetario”, soltanto così potremo ricevere l’appoggio dei Templari di Roccaluce e…».
«Siamo sicuri di poterci fidare? Dopotutto lavorano per Arcadia e il Consiglio degli Anziani» la interruppe Thoren.
«Temo non abbiamo altra scelta. Sono fermamente convinta che questo attacco sia stato premeditato parecchio tempo fa» replicò la donna, scuotendo la testa.
«Sono d’accordo!» intervenne Tecna con sicurezza - «Le probabilità che l’attacco ad Alfea avvenisse lo stesso giorno in cui ci saremmo dovute assentare per recuperare il Medaglione del Custode sono bassissime. Chiunque abbia attaccato sapeva che la scuola sarebbe rimasta senza la nostra protezione: qualcuno deve averglielo detto».
«No aspetta un momento… stai forse dicendo che c’è una spia tra di noi?» le chiese Daphne con preoccupazione.
«Io una mezza idea su chi potesse essere ce l’avrei» sbuffò, maliziosa, Aisha, lanciando un’occhiataccia ad Elizabeth e Max.
I due, infastiditi e offesi da quell’ennesima accusa, si apprestarono a controbattere per potersi difendere, ma Helia e Timmy furono più rapidi di loro.
«Adesso smettila con queste fesserie! Max e Elizabeth non agirebbero mai alle nostre spalle» la rimproverò, aspramente, il fidanzato di Tecna.
«Elizabeth ti ha salvato la vita e conseguentemente, per quanto tu sia contrariata da questo, merita il tuo rispetto» aggiunse il nipote di Saladin, mostrandosi per la prima volta arrabbiato agli occhi della fata degli elementi.
«Fate come volete, ma non venite a lamentarvi da me quando ci troveremo nuovamente nei guai» tagliò corto, indispettita, la Principessa di Andros, voltando le spalle ai suoi amici.
Elizabeth fu immensamente grata ai due Specialisti e si sentì in un qualche modo risollevata. La sua più grande paura, infatti, era stata appena esorcizzata dal loro gesto: nonostante tutto quello che era successo, i suoi amici continuavano a fidarsi di lei; e questo non avrebbe potuto renderla più felice. Le altre Winx preferirono non intervenire, lasciando alla fata dei fluidi il tempo di sfogare l’arrabbiatura. Di conseguenza le ragazze tornarono a rivolgersi alla Preside Griffin e in particolare Daphne le domandò:
«Preside cosa vuole che facciamo io, Thoren, Sky, Nex, Tecna, Stella e Elizabeth?».
La donna, allora, agitò la sua mano destra nell’aria aprendo un portale dimensionale e, soddisfatta del proprio “operato”, esclamò con aria compiaciuta:
«Voi, poiché avete subito meno danni durante lo scontro con Acheron e quindi avete ancora abbastanza energie per combattere, verrete con me: cercheremo di aiutare Faragonda e le altre studentesse prima dell’arrivo dei rinforzi. Con questo incantesimo di teletrasporto impiegheremo soltanto pochi secondi a raggiungere il cancello d’ingresso di Alfea. Forza muoviamoci: la vostra scuola ha bisogno di noi».
Le ragazze, allora, senza farselo ripetere due volte, si trasformarono nella loro forma Bloomix e, insieme alla Direttrice di Torrenuvola, Sky e i due Paladini, attraversarono il portale. Come aveva affermato la Griffin, il gruppo di salvataggio giunse in meno di un secondo dinanzi al cortile d’ingresso della scuola per fate. Tuttavia, non appena Tecna e le altre realizzarono cosa fosse accaduto alla loro amata Alfea, non riuscirono a trattenere le lacrime e un urlo di rabbia. L’imponente edificio dai colori pastello era ormai stato ridotto ad un informe carcassa di detriti fumanti. Sia la torre sud che quella nord erano state abbattute, mentre le torrette posteriori erano completamente diroccate. L’ala sinistra dell’edificio, invece, era scomparsa lasciando posto ad un cumulo di calcestruzzo, vetri e intonaco. Il corpo centrale della scuola, infine, era stato letteralmente spezzato in due. Una lunga e vistosa crepa, infatti, lo percorreva dalle fondamenta fino alla vitrea cupola trasparente.
«Chiunque abbia fatto questo la pagherà cara» sentenziò, furiosa, Daphne.
«Lasciate che gli metta le mani addosso e… e…» ringhiò Stella, stringendo i pugni, ma la Griffin, alzando leggermente la voce, le rimproverò:
«Calmatevi ragazze! Con i proclami e le minacce non risolviamo nulla. Piuttosto pensiamo a raggiungere gli altri e vediamo di renderci utili in qualche modo».
Le giovani fate e i tre ragazzi annuirono, poi corsero rapidamente all’interno del cortile. Faragonda, Palladium, Avalon e Eldora, affiancati da un gruppetto di studentesse tra le quali per grande gioia delle Winx si trovava anche Mirta, erano schierati in prima linea, mentre gli altri insegnanti si stavano prendendo cura dei feriti.
«Preside Faragonda, Preside Faragonda… siamo qui!» gridarono in coro le Winx a perdifiato, correndo dalla donna.
«È un piacere rivedervi mie care» replicò la direttrice con gioia - «Tuttavia non posso fare a meno di notare che siete pochine. Dove sono tutti gli altri?».
«Ehi… anche Selina manca all’appello. Come mai?» aggiunse Eldora con un tono di voce velatamente preoccupato.
Le fate, prese alla sprovvista da quelle domande, non vollero rispondere temendo di scatenare ulteriore panico e confusione. Tuttavia, non avendo la lucidità e la freddezza necessarie per inventare una scusa o una spiegazione abbastanza credibile, rimasero in silenzio causando un forte sentimento di apprensione nell’animo delle due donne. Di conseguenza, al fine di “tamponare” momentaneamente quella spinosa situazione, la Griffin intervenne prendendo la parola:
«Vi spiegheremo tutto a tempo debito, l’importante è che sappiate che stanno bene. Adesso, però, diteci cos’è successo qui e chi ha avuto la brillante idea di attaccare Alfea».
Faragonda, visibilmente sollevata dalle rassicurazioni della sua vecchia amica, era in procinto di spiegarle chi fossero gli artefici dell’attacco, quando una tagliente e denigratoria voce maschile, stranamente familiare, fecce gelare il sangue ai presenti:
«Oh… ma a questo quesito possiamo rispondervi noi!».
Subito dopo due nubi nere dai contorni grigi, poste ad un centinaio di metri d’altezza, si condensarono assumendo aspetto umano. Le Winx, alla vista di quei due uomini, impallidirono; allo stesso modo Sky, barcollando all’indietro, balbettò:
«Quelli… quelli sono… sono…».
«Ogron e Gantlos, due dei quattro Stregoni del Cerchio Nero» concluse la Preside di Alfea, mettendosi sulla difensiva.
«È un piacere rivedervi Winx, anche se avrei preferito affrontare il gruppo al completo» le schernì Ogron, massaggiandosi il suo pizzetto rosso.
«Beh… anche noi dobbiamo accontentarci solo di te e Gantlos. Capisco l’assenza di Duman, ma Anagan? Per caso il poveretto è ancora surgelato?» esclamò Stella, cercando di non mostrarsi intimorita.
«Diciamo che aveva un impegno» intervenne lo stregone con il cappello, facendo spallucce.
«Tranquille lo rivedrete presto e tutti e tre insieme ci prenderemo la nostra rivincita» ghignò l’altro con voce cupa - «Non oggi però… per me e Gantlos è venuta l’orda di andarcene. Dopotutto abbiamo ottenuto quello che volevamo, anzi anche un ricordino in più».
A quel punto il ragazzo con i capelli rossi fece comparire tra le sue mani il Legendarium e lo mostrò con soddisfazione alle Winx. Quest’ultime, nonostante sapessero che il libro fosse sigillato e quindi inutilizzabile, guardarono con angoscia e preoccupazione la fata madrina, la quale, chinando il capo per la vergogna, sibilò:
«Mi dispiace ragazze… ho cercato di proteggerlo, ma ho fallito».
Gli stregoni, immensamente divertiti dalla reazione delle loro nemiche, scoppiarono a ridere e, riassumendo parzialmente l’aspetto di una rarefatta nebbia nera, si apprestarono a lasciare il campo di battaglia. Poco prima che accadesse ciò però, Nex, cogliendo tutti alla sprovvista, estrasse la sua alabarda e scagliò un fendente magico verso Ogron e Gantlos. Il micidiale colpo viaggiò rapidamente nell’aria; tuttavia a pochi centimetri dal bersaglio fu deviato da una sfera oscura, proveniente da un punto non meglio specificato della Foresta di Selvafosca, ritornando indietro.
«Elizabeth!!! Fa attenzione!» le urlò, invano, Tecna.
La ragazza dai capelli castani, persa nei suoi pensieri, si accorse troppo tardi di essere il nuovo “target” del colpo di Nex e conseguentemente non fu in grado di evitarlo. Elizabeth, sapendo di non avere scampo, chiuse gli occhi è aspettò che l’attacco la colpisse. Tuttavia ciò non avvenne, la fata degli elementi, infatti, pochi istanti dopo riaprì sana e salva le palpebre trovandosi dinanzi Faragonda. La Preside di Alfea si era frapposta tra lei e il fendente dell’alabarda lasciandosi colpire. La donna, poiché aveva assorbito in pieno petto tutta l’energia magica dell’attacco, barcollò all’indietro sfinita e cadde tra le braccia della ragazza. Quest’ultima cercò di sostenerla e con le lacrime agli occhi le chiese:
«Perché? Perché lo ha fatto?».
«Elizabeth mi… …mi… …mi dispiace» mugugnò Faragonda esamine per poi svenire.
La fata degli elementi, scuotendo leggermente il corpo della direttrice, piagnucolò:
«Preside? Riesce a sentirmi? La prego mi risponda…».
La donna, però, rimase con le labbra serrate e gli occhi chiusi. La ragazza dai capelli castani, allora, dopo averla stretta a sé pianse sul suo petto, mentre studenti e professori, visibilmente commossi, le accerchiarono silenziosamente.
«Oh… amica mia, alla fine ce l’hai fatta: sei riuscita a proteggerla» bisbigliò sottovoce la Griffin, scuotendo la testa.
Dopo essersi chiusa alle spalle la porta dell’infermeria di Fonterossa, Bloom s’incamminò lungo uno dei corridoi secondari, che portavano al cortile interno della scuola per Specialisti. La rossa, ricoperta da capo a piedi di bende, lungo il tragitto non poté fare a meno di ripensare a quanto fosse accaduto durante quel lungo giorno. Non si sarebbe mai aspettata che il recupero del Medaglione avrebbe comportato tutti quei sacrifici… tutte quelle perdite. Quella che le aveva affidato Arcadia era la missione più difficile e pericolosa che lei e le sue amiche avessero mai affrontato… missione che era soltanto all’inizio. La Principessa di Domino, infatti, sapeva che la reliquia li avrebbe condotti dall’attuale Custode della Fiamma della Fenice, ma non poteva avere alcuna certezza che lui o lei avrebbero acconsentito ad aiutare la Dimensione Magica oppure che ne fossero stati realmente capaci. Tormentata da questi e altri mille pensieri Bloom uscì all’aria aperta lasciandosi illuminare il suo volto tumefatto dalla pallida luce delle stelle. La fata della Fiamma del Drago raggiunse il centro del cortile dove ad attenderla c’erano Sky, Max, Daphne, Thoren, Tecna, Timmy, Nex, Aisha e la Griffin. Quest’ultima, non appena la vide, le sorrise dolcemente e le chiese:
«Sei sicura di volerlo fare proprio ora?».
«Si! Dobbiamo portare a termine questa missione… lo dobbiamo a tutti gli altri» replicò, decisa, la rossa, aprendo i palmi delle mani a mo’ di coppa.
«D’accordo, come vuoi tu» concluse la donna, consegnandole la gemma gialla appartenuta ad Acheron.
La Principessa di Domino, allora, la strinse tra le mani e pronunciò nuovamente una serie di formule volte a liberare il Medaglione da quella specie di contenitore. Ad un certo punto si sentì un “tac” e la pietra decorativa si aprì facendo uscire dal suo interno un oggetto circolare di fero al quale era legato un sottile laccetto di cuoio. I presenti osservarono con stupore l’antica reliquia fluttuare dinanzi a loro finché la Custode della Fiamma del Drago, sfiorandola con un dito, sibilò:
«Trova il tuo padrone».
Il Medaglione del Custode della Fiamma della Fenice, allora, si sollevò ancora più in alto, poi, muovendosi sempre più rapidamente, compì una serie di giri sopra le teste dei ragazzi. Bloom, Aisha e Tecna, avendo capito che l’oggetto era pronto a ricongiungersi al suo legittimo proprietario, si trasformarono in modo tale da poterlo seguire. All’improvviso, però, il Medaglio si arrestò e, scendendo in picchiata verso il basso, sotto lo sguardo esterrefatto di tutti loro, si cinse al collo del Principe di Eraklyon.
 
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Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Innanzitutto scusatemi per il titolo del capitolo, che non è propriamente il più adatto per gli argomenti trattati XS. Diciamo che ho voluto essere un po’ cattivello e sviare la vostra attenzione su altro XD. In questo modo, anche a seguito del discorso avuto tra Bloom e la Griffin, nessuno di voi avrebbe mai pensato che già a questo punto della storia il Medaglione avrebbe trovato il suo legittimo proprietario ahahahahahahahahah. Dite la verità non vi sareste mai aspettati una cosa del genere, nevvero? Dopotutto Arcadia, sebbene avesse previsto una minima possibilità del contrario, aveva assicurato alla nostra rossa preferita che il Custode della Fiamma della Fenice si trovasse nella Dimensione di Max, Brendon e Elizabeth. E invece no… il Custode non solo sembra appartenere alla Dimensione Magica, ma è anche una persona che conosciamo molto bene: Sky. Adesso non ci resta che vedere in che modo il Principe di Eraklyon riuscirà a sfruttare l’immenso potere della Fenice e se sarà in grado di salvare il suo stesso universo :D. Detto questo veniamo ad altri due punti fondamentali. Primo: tenete bene a mente il brevissimo dialogo in solitaria che Sangan e Berfomet (nomi presi da carte di Yu-Gi-Oh XD) hanno nella Sala del Flusso Interrotto, mentre cercano di trasportare il corpo di Acheron. Credetemi è importantissimo… soprattutto per quelli che mi odieranno dopo aver letto questo capitolo ;D. Secondo: la scelta di Faragonda di fare da scudo ad Elizabeth è stata dettata da un istinto che va ben oltre quello di sopravvivenza e la stessa Griffin ce lo fa capire. Adesso sta a voi, come dico sempre io… a buon intenditore poche parole ahahahahahaha. Infine vi chiedo di soffermarvi sull’atteggiamento non proprio amichevole della Principessa di Andros. In particolare mi auguro di non avervela fatta odiare troppo, dopotutto non ha tutti i torti… sapere che Brendon sia un demone come quello che le ha causato tutto quel dolore… l’ha davvero distrutta :(. Concludo dicendovi che per vostra immensa gioia questo è l’ultimo capitolo della fanfiction 😊. Ovviamente la storia non finisce qui, ma riprenderà da questo punto esatto nel seguito che inizierà il giorno 9 ottobre 2017. Allo stesso modo anche “Il Mondo oltre la finestra” e “I Racconti di Cassiopea” torneranno in autunno 😉. Purtroppo, a causa di millemila impegni, la pubblicazione dei capitoli si era fatta irregolare… quindi ho preferito dividere la storia in due parti per mettere un punto fermo alla situazione XD. Beh… penso di avervi detto tutto, spero di ritrovarvi ad ottobre e… e niente un saluto :D :D :D.

Yugi95

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