Miracolo a Kuraigana

di Eirynij
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un piagnisteo interrotto ***
Capitolo 2: *** Un arrivo, una mancata partenza e diverse impressioni inattese ***
Capitolo 3: *** L'importanza della cioccolata ***
Capitolo 4: *** Il maestro del maestro ***
Capitolo 5: *** Intervista col fantasma ***
Capitolo 6: *** Una bella giornata ***
Capitolo 7: *** A mezzanotte in biblioteca ***



Capitolo 1
*** Un piagnisteo interrotto ***


Un piagnisteo interrotto
 
Perona, 75 bpm
 
‹‹So di aver detto che se avessi potuto fare un viaggio mi sarebbe piaciuto visitare una terra in rovina, avvolta dalla malignità, cantando una canozne maledetta per passare il tempo… ma è semplicemente assurdo che non ci siano dei servitori! E non posso nemmeno fare colazione su un soffice letto con un bagel e una bella cioccolata calda! E non c’è nemmeno un peluche a farmi compagnia! Ma dove sono finita?››.
In un attimo sono stata trasportata in questa landa sconosciuta. Il cielo è un po’ più viola del normale, il sole è un po’ più freddo ma nell’aria c’è un buon profumo di pioggia e muschio. All’inizio mi sono chiesta se fosse questo il paradiso, sono stata pervasa dalla dolce consapevolezza di avere un’isola intera da esplorare e governare ma in poco tempo questa sicurezza ha lasciato il posto all’amarezza. La solitudine si è fatta largo inesorabilmente, no, non erano le comodità a mancarmi ma la compagnia, a quale pro avere valli e colline dove poter giocare se non c’era nessuno con cui farlo?
‹‹Voglio tornare a Thriller Bark…›› piagnucolai. Avevo già cantato più volte tutte le melodie maledette che conoscevo, esplorato più volte ogni anfratto dell’isola e del lugubre castello e avevo addirittura trascinato una sdraio sul giardino posteriore dell’immensa struttura, spezzandomi un’unghia. La mancanza di servitori è un fatto deplorevole! Io, la principessa fantasma costretta a lavorare come una schiava!
Proprio mentre ero assorta nelle mie riflessioni e nell’auto-compatimento trasalii a un improvviso tonfo. Mi voltai e vidi un gran polverone alzarsi dalla foresta. Incuriosita decisi di andare a controllare, un bel salto e presi il volo. Pochi minuti dopo vidi gli alberi abbattuti, terra e polvere si depositavano al suolo coprendo tutto come un bruno manto. Tra i resti di tronchi e rami spezzati si apriva un cratere dalla forma irregolare e al centro una sagoma indistinta. Un uomo.
‹‹Ah! Allora anche qualcun altro è arrivato fin qui volando!››.
Osservai meglio, l’abbigliamento spartano era stappato e incrostato di sangue, ogni lembo di pelle scoperto era un reticolo di lucide cicatrici e ferite sanguinanti. Mi avvicinai per osservare il volto esangue. Pupille in spasmodico movimento sotto le palpebre socchiuse e capelli arruffati di un verde brillante. Sgranai gli occhi incredula: ‹‹Ma questo è uno della ciurma di cappello di paglia! Zoro Roronoa, mi pare che si chiamasse così!››. Fui scossa da una sadica allegria vedendo le sue condizioni: ‹‹Orso te le ha suonate, eh? Sembra proprio che tu sia in fin di vita… ben ti sta! Horo horo horo››. Allungai l’orecchio per sentire la sua risposta stizzita ma nemmeno un rantolo uscì dalle labbra screpolate e contratte in un indecifrabile sforzo. Il buonumore mi abbandonò presto. Mi voltai per andarmene ma non riuscii a muovere un passo. Per quanto fosse un nemico non potevo lasciarlo lì a morire. Cercai di sollevarlo ma era troppo pesante così un po’ trascinandolo per un braccio e un po’ per una gamba lo portai al castello. Presi uno straccio e gli lavai il sangue dalle ferite che poi fasciai con delle garze trovate nell’infermeria del castello. Per essere una residenza disabitata, il castello era incredibilmente fornito di tutto ciò di cui può necessitare una persona.
Infine distesi quell’uomo ormai del tutto somigliante a una mummia su un letto e mi sedetti su una sedia al suo fianco contemplandolo. Fuori era buio ma un nuovo sentimento si accese in me mentre vegliavo quello strano uomo caduto dal cielo, era… speranza? E mentre riflettevo su tutti gli avvenimenti della giornata scivolai nel sonno.
 
***
 
Zoro, 40 bpm
 
Sentii un lieve tepore sul viso. Cercai di muovermi ma nemmeno un muscolo rispondeva alla mia volontà, anzi, qualsiasi movimento mi era impedito. Piano, con fatica, aprii gli occhi. Bianco ovunque, decretai che ero morto, indiscutibilmente defunto senza essere diventato il migliore spadaccino del mondo. Cercai le nuvole, gli angeli e tutto ciò che ci si può aspettare di trovare nell’aldilà ma non li vidi e non vidi nemmeno le fiamme dell’inferno. Misi a fuoco l’ambiente circostante, fu allora che scorsi il profilo del mio corpo e con una certa sorpresa notai che ero fasciato.
‹‹Sono vivo… ma dove sono?›› mormorai. Un ricordo mi investì: Orso Bartholomew che mi chiedeva dove sarei voluto andare se avessi voluto fare un viaggio e prima ancora di poter pronunciare la risposta fui scaraventato in cielo, fu allora che svenni. Una furia cieca pervase ogni fibra, ogni muscolo. Ero arrabbiato con Orso che mi aveva allontanato dalla mia ciurma e dal mio obbiettivo e, soprattutto, ero furioso con me stesso per la mia debolezza e inettitudine. Voltai la testa di scatto. Fu allora che vidi un’esile ragazza addormentata su una sedia al mio fianco con la testa che ciondolava. Dopo un attimo riconobbi quella strana figura e urlai per lo stupore. Lei scattò in piedi scaraventando a terra la sedia e urlando a sua volta.
‹‹Che caspita ci fai, tu, qui?›› le chiesi.
‹‹E tu, allora?! Perché ti metti a urlare all’improvviso?!›› esclamò lei sulla difensiva.
La mia mano corse alla cintura in cerca delle katana ma afferrò solo l’aria e la domanda mi sorse spontanea: ‹‹Dove sono le mie spade?››.
‹‹E speri che te lo dica?!›› sbraitò lei facendo qualche passo indietro. Fu così che inciampò nella sedia riversa sul pavimento e rovinò al suolo con un urlo, in un turbinio di riccioli rosa.



Angolo autrice: Ciao, grazie di aver letto il primo capitolo di "Miracolo a Kuraigana"! Spero vi sia piaciuto, la partenza è lenta, ma volevo riprendere dal loro incontro sull'isola, prossimamente si movimenteranno un po' le acque! è la mia prima FF quindi siate comprensivi per piacere e, soprattutto recensite!!! Grazieeee!!

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Capitolo 2
*** Un arrivo, una mancata partenza e diverse impressioni inattese ***


Un arrivo, una mancata partenza e diverse impressioni inattese
 
Perona, 77 bpm
 
Sentivo il freddo del pavimento sotto la mia schiena e i suoi occhi puntati su di me. Mi affrettai a sistemarmi, rialzandomi e lisciando nervosamente la gonna. Sapevo che sulla sua testa pendeva una notevole taglia ma non sapevo realmente quanto potesse essere pericoloso. Gli avevo sottratto le spade e le avevo nascoste sotto il letto della stanza che avevo ribattezzato come camera mia, ma anche senza quegli arnesi rimaneva minaccioso.
‹‹Beh, che hai da guardare, tu?›› sbraitai.
‹‹Dove sono le mie spade?›› ripeté.
‹‹Non ti dirò dove le ho messe, dimenticati di loro›› ribattei e mi voltai pronta per andarmene.
‹‹Hai paura di me?›› domandò. Probabilmente sogghignava e mi irritai al solo pensiero che si stesse burlando alle mie spalle quindi inclinai la testa e lo guardai con la coda dell’occhio. Era serio, nessun ghigno sfigurava il suo volto. ‹‹Sono prudente›› risposi ‹‹e tanto non ti servono, probabilmente così mal ridotto non saresti nemmeno in grado di reggerle in mano!››. Saltellai fino alla porta, la aprii e mi voltai indietro perché non potevo dargliela vinta: ‹‹E figurati se io, la nobile Perona, ho paura di uno come te!››. Gli mostrai la lingua e velocemente uscii dalla stanza avviandomi per il tetro corridoio decisa a dimenticarmi di quella sgradita presenza, ma feci solo pochi passi prima che una voce rauca mi raggiungesse: ‹‹Ragazzina! Ragazzina! Torna qui subito!››. Sicuramente era quello spadaccino testa d’alga che rivoleva le sue spade ma nemmeno con le suppliche mi avrebbe convinto a restituirle, inoltre i modi sgradevoli e il tono prepotente non mi incentivavamo affatto a prestargli ascolto, così proseguii facendo finta di non sentire. Ma un nuovo suono, un tonfo, raggiunse le mie orecchie. Indispettita per tutto questo frastuono tornai sui miei passi, pronta ad ammonire il pirata di smettere di schiamazzare.
Lo trovai riverso al suolo con la faccia incollata al pavimento e un braccio schiacciato sotto il corpo massiccio. Risi: ‹‹Horo, horo, horo, visto? Non ti reggi nemmeno in piedi!››. E ancora una volta il suo silenzio, invece di soddisfarmi, fece nascere in me una certa compassione, così lo aiutai a rimettersi seduto sul letto. Lo sforzo del movimento lo faceva ansimare e aspettai che il suo respiro tornasse regolare prima di chiedergli cosa voleva.
‹‹Dove sono?›› una domanda per una domanda.
‹‹In un castello su un’isola della rotta maggiore, abitata da me e me soltanto, soddisfatto? Quindi sei pregato di non disturbarmi più di quanto tu non abbia già fatto››.
‹‹Non ti ho chiesto io di aiutarmi›› protestò.
Che scortesia! E pensare che avrebbe dovuto solo ringraziarmi e baciare la terra su cui camminavo perché senza di me sarebbe morto sicuramente e per sdebitarsi sarebbe dovuto diventare il mio schiavo. Ovviamente glielo feci notare ma non reagì, in effetti sembrava non ascoltarmi proprio. Così ripetei il discorso da capo ma ancora nulla, aveva lo sguardo fisso sul pavimento. Gli schioccai le dita davanti agli occhi chiedendo se mi aveva sentita ma non feci in tempo a finire la domanda che mi afferrò il polso: ‹‹Ho sete, dov’è la cucina?››.
‹‹Al piano di sotto›› risposi meccanicamente e lui fece per alzarsi ma le gambe non ressero e ricadde sul letto trascinandomi con lui. Tock. Le nostre teste cozzarono e lo spadaccino lasciò libero il mio polso portandosi entrambe la mani sulla fronte. Anche io mi tastai con le dita il punto dolorante proprio sopra l’occhio sinistro: ‹‹Se mi cresce un bernoccolo ti uccido!›› e, con lo sguardo più minaccioso che ero in grado di produrre, lo fissai dritto negli occhi. Fu proprio in quel momento che mi accorsi di quanto eravamo vicini. Troppo vicini. Gli diedi una spinta, poi, in fretta e furia, mi alzai e mi avviai verso la cucina. Tornai nella stanza dopo qualche minuto. Lo spadaccino testa d’alga si era coricato nuovamente. Gli porsi un bicchiere d’acqua fresca ma lui invece di bere rimase ad osservarlo stupito e ribadì: ‹‹Ho sete!››.
‹‹E io ti ho portato l’acqua infatti!›› risposi senza capire.
‹‹Arrugginisco! Ho bisogno di alcol! Rum, Wiskey, quello che vuoi… Basta che mi porti da bere!›› grugnì.
‹‹Se hai sete bevi l’acqua e poi nelle tue condizioni non dovresti tracannare liquori!››. Quindi pensai: nota per me, nascondere anche l’alcol. Avrei fatto di tutto per rendergli sgradevole la permanenza al castello.
‹‹Le mie condizioni? Da quando ti interessano le mie condizioni?›› ma appena finì la frase un tremendo attacco di tosse lo piegò in due e io colsi l’occasione per fuggire a gambe levate appoggiando il bicchiere con l’acqua sul comodino. Ero estenuata. Mai, mai in vita mia ho dovuto confrontarmi con qualcuno, i servitori servivano e i nemici, attraversati dai miei negative-horo, si prostravano al suolo scusandosi per la loro inettitudine (eccetto il nasone compagno dello spadaccino, ma quell’esperienza eccezionale avevo deciso che non faceva testo e che non meritava nemmeno di essere ricordata). Ma questo Roronoa Zoro aveva la bocca per parlare, controbattere e io ero impotente, non ubbidiva ai miei ordini e attaccarlo coi negative-horo vedendolo moribondo era troppo vile anche per me. La ritirata era l’unica via di salvezza.
 
***
 
Zoro, 51 bpm
 
Quando smisi di tossire scivolai nel sonno. Non so per quanti giorni alternai il riposo alla dormiveglia, però quando avevo sete c’era sempre dell’acqua in un bicchiere sul comodino e spesso trovavo pane e carne fredda in un piatto vicino al bicchiere. Ritenevo improbabile che fosse la ragazzina a portarmi acqua e cibo, più esattamente ritenevo improbabile che lei fosse in grado di svitare un tappo o accendere un fornello, ma, siccome aveva specificato che solo lei abitava il castello, non mi veniva in mente un organismo vivente più plausibile.
Pian piano riacquistavo le forze, le ferite si rimarginavano e il vuoto al mio fianco diventava sempre più insopportabile: il mio bisogno primario era riavere le mie katana. Mi alzai e andai in cerca della ragazzina chiamandola a gran voce. Camminai per non so quanto tempo finché, raggiunto il fondo dell’ennesimo corridoio, vidi una porta che non era polverosa come le altre e quando l’aprii non cigolava nemmeno quanto le altre. All’interno tutto era pulito e in ordine e un pungente profumo di cioccolata impregnava l’aria. Doveva essere la stanza della principessa da strapazzo, pertanto mi misi a cercare le mie spade. Le avevo appena trovate quando mi sentii strattonare, battei il ginocchio, caddi, venni schiacciato da qualcosa ma tenni stretto il mio tesoro tra le mani, non le avrei mai più lasciate andare. Misi a fuoco la cosa che mi stava addosso, era la ragazzina: ‹‹Che fai? Perché mi stai addosso?›› chiesi.
‹‹Come ti sei permesso di entrare in camera mia?›› urlava lei dimenandosi, battendo i pugni sul mio petto e scalciando per aria.
‹‹Cercavo le mie spade e le ho trovate›› risposi, non ero arrabbiato, stupito forse, sicuramente scocciato dagli inutili schiamazzi. ‹‹E adesso, se mi vuoi scusare›› e la scaraventai a terra senza troppe cerimonie mentre mi alzavo ‹‹ per me è ora di scoprire cosa c’è su quest’isola e poi andarmene››. Di nuovo in piedi, con le spade al mio fianco mi sentivo invincibile e mi avventurai fuori. L’unico inconveniente in questo idilliaco quadretto era la presenza di quel fastidioso esserino rosa che volteggiava poco sopra la mia testa: non l’avrei mai ammesso ma io e il senso dell’orientamento eravamo agli antipodi e, per riuscire ad uscire dal castello, dovetti farmi guidare dalla ragazzina. Il fatto che mi seguisse era molto sgradevole, addirittura molesto e, soprattutto, imbarazzante perché sentivo ancora il peso del suo corpo sul mio. Mi strofinai le mani sul petto per scacciare quella sensazione che proprio non voleva andarsene. Sentivo pizzicare la pelle sotto le bende ma non era a causa delle croste sulle ferite quasi rimarginate. La guardai di sottecchi, poi mi guardai e respirai profondamente ma, oltre all’odore umido della foresta che stavamo attraversando, percepii il profumo della cioccolata e un intenso fetore. La principessa non si lava ridacchiai tra me e me ma solo allora mi accorsi che il lezzo non veniva da lei, ero io. La vergogna mi assalì e sperai che la ragazzina non se ne accorgesse, non era per paura che mi prendesse in giro, è che non volevo che mi giudicasse male. Puzzare mi feriva nell’orgoglio, ma non nell’orgoglio di spadaccino, l’unico orgoglio che avessi avuto fino a quel momento, mi feriva nell’orgoglio dell’uomo.
Le mie elucubrazioni sulla relazione col mio cattivo odore furono interrotte da un urlo proveniente dagli alberi. ‹‹Cos’è?›› domandai guardandomi attorno freneticamente, ma la domanda era superflua, eravamo circondati da un gruppo di scimmioni schiamazzanti armati fino ai denti. Il primo si avventò su di me.
 
***
 
Perona, 80 bpm
 
‹‹Attento!›› urlai quando il primo scimmione gli si scagliò addosso. Io mi alzai in quota e sotto i miei piedi si scatenò uno scontro cruento. Altro sangue iniziò presto a sgorgare dalla pelle dello spadaccino e squarci si aprivano nelle bende e nella carne. Per ogni scimmione che veniva sconfitto, due prendevano il suo posto. Sembravano non finire più. I miei negative-horo non hanno alcun effetto sugli animali e non potevo  fare nulla. Inutile per l’ennesima volta. Lo spadaccino era alle strette ma fu allora che gli scimmioni fuggirono sparendo tra lo scuro dei rami, una figura si avvicinava nella nebbia della sera che stava scendendo.
‹‹Drakul Mihawk!›› esclamai. Il pirata appoggiandosi alle spade cercò di rialzarsi.
‹‹Tranquillo Roronoa Zoro, non sono qui per combattere›› disse Mihawk.
‹‹Cosa fai qui, allora?›› lo spadaccino era visibilmente teso.
‹‹Un tempo questa era casa mia, ma io potrei farti la stessa domanda››.
‹‹Orso Bartholomew mi ha spedito qui››.
‹‹Capisco, ecco perché Cappello di Paglia è arrivato a Marineford con quell’altro gruppo›› affermò Occhi-gialli e raccontò degli avvenimenti dei giorni precedenti e di come morì Ace Pugno di fuoco e anche Moria era dichiarato morto sebbene non vi fossero prove. Non mi restava nessuno da cui tornare. Ero sola al mondo.
Il giorno dopo arrivò il giornale. Lo spadaccino dopo lo scontro con gli scimmioni chiamati Umandrilli non era in grado di muovere nemmeno un muscolo così gli ressi il giornale davanti agli occhi. Ci stava mettendo troppo tempo a leggere e sentivo che le braccia mi andavano in cancrena, tanto che mi venne anche il dubbio che fosse analfabeta.
‹‹Sicuramente c’è un messaggio, qualcosa mi sfugge!›› continuava a mormorare.
‹‹Non mi interessa, muoviti e basta›› dissi. Aspettai ancora qualche secondo e ripiegai il giornale. Lo fissai mentre rifletteva con lo sguardo perso nel vuoto e le sopracciglia aggrottate. Non era brutto, i lineamenti erano decisi ma non sgraziati, il corpo che avevo già medicato più volte era definito e forte. Chissà come sarebbe stato essere abbracciata da quelle braccia muscolose? Mi sorpresi di questo pensiero e me ne vergognai arrossendo violentemente. Svelta me ne andai sperando che lo spadaccino non avesse visto la porpora sulle mie guancie, ma probabilmente era troppo preso dai suoi pensieri per accorgersene.
 
***
 
Zoro, 54 bpm
 
Ecco l’illuminazione! Il “2D” cancellato con affianco il “2Y” indicavano che l’incontro era posticipato a tra due anni invece che tra due giorni. Avevo tempo due anni per diventare più forte, per essere all’altezza, per essere in grado di proteggere i miei compagni. Stavo per dire alla ragazzina che sarei rimasto, sicuro che ne sarebbe stata contenta, ma vidi solo il suo profilo allontanarsi. Era rimasta per tanto tempo su quest’isola da sola che un po’ di compagnia non le sarebbe dispiaciuta e io avevo tempo, riflettei. Un secondo e negai il mio pensiero: il mio tempo doveva essere solo dedicato all’allenamento, non ne avevo da offrire a una sciocca principessa incapace, irritante e infantile. Anche se, forse, potevo utilizzare un minuto per ringraziarla per tutte le volte che mi aveva fasciato le ferite. Mi guardai le mani bendate e ripensai alla ragazzina che, con le sue dita agili, si destreggiava con disinfettante e garze, avvolgendo le mie membra con delicatezza e attenzione. Ripensai al suo sguardo assorto, gli occhi scuri che inghiottivano il mondo, avidi di luce, al naso delicato in perfetta armonia con le labbra rosse, ai capelli lunghi che, sfiorandomi per caso, alleviavano il dolore con carezze fugaci e leggere. In quei momenti non era poi così incapace ed infantile. Mi ero distratto un attimo e non potevo più considerarla un nemico.



Angolo autrice: Il velo dell'indifferenza si sta strappando e le prime emozioni contrastanti iniziano a nascere negli animi dei nostri protagonisti. Grazie di avere letto il secondo capitolo, attendendo le vostre opinioni, un bacio!
 

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Capitolo 3
*** L'importanza della cioccolata ***


L’importanza della cioccolata
 
Perona, 82 bpm
 
‹‹Il cacao per la cioccolata è quasi finito›› mi lamentai con Mihawk che, sprofondato in una poltrona della sala, sorseggiava annoiato del vino rosso senza prestarmi minimamente ascolto. ‹‹Io non posso vivere senza cioccolata, devi assolutamente…›› stavo dicendo quando all’improvviso lo spadaccino, zoppicante e coperto di sangue, irruppe nella stanza e si prostrò a terra, la fronte attaccato al pavimento.
‹‹Ti prego! Insegnami la via della spada!››.
‹‹Roronoa Zoro, mi deludi, sono tuo nemico e chiedi a me di insegnarti la via della spada? Vattene, qui non c’è posto per un uomo così vergognoso e mi pento di averti sopravvalutato›› disse Mihawk imperturbabile.
‹‹Voglio diventare più forte, devo diventare più forte›› riprese lo spadaccino.
‹‹Non ho niente da insegnare a uno come te, che non riesce a sconfiggere gli Umandrilli e torna qui a implorare…››.
‹‹Ho già sconfitto gli scimmioni›› disse Roronoa e un fremito di stupore percorse il viso di Occhi-gialli ‹‹l’unico ancora da battere qui sei solo tu ma non mi illudo di esserne in grado!››.
‹‹Non capisco, mi consideri un tuo nemico e mi chiedi di diventare il tuo maestro, perché?››.
Roronoa alzò la testa: ‹‹Per sconfiggerti››.
Mihawk scoppiò in una risata grottesca. ‹‹Vuoi che alleni l’uomo che poi prenderà la mia testa?›› sussurrò Mihawk ‹‹Questo non rende le tue azioni meno vergognose ma vedo che hai trovato un motivo che supera le tue ambizioni, solo per questo ti insegnerò la via della spada… Ma non  illuderti, non ho mai insegnato niente a nessuno e non mi tratterò, probabilmente non ne sono neanche in grado. Incominceremo quando sarai guarito››.
Lo spadaccino si alzò in piedi sorridendo, come se un enorme peso fosse stato tolto dalle sue spalle ma nei suoi occhi ardeva il fuoco del desiderio.
‹‹Ragazza-fantasma›› disse Mihawk ‹‹curalo!››.
‹‹Come osi darmi ordini? Uffa, tutti pretendono qualcosa da me, sono stufa!›› mi sentivo così frustrata, tutti avevano un obbiettivo, tutti tranne me. Forse, l’unico modo per sentirmi meno inutile era quello di assolvere i compiti a me affidati: ‹‹Seguimi, dai›› e feci un cenno con la testa allo spadaccino. Lo precedetti fino allo stanzino dove c’era l’armadio dei medicamenti. Con cura tolsi i brandelli di garze rimaste, lavai le ferite e le disinfettai prima di fasciarle con bendaggi puliti.
‹‹Dovrai riposarti per un po’›› dichiarai mentre riponevo unguenti e bende.
‹‹Tra quanto pensi che sarò guarito?›› chiese il pirata.
‹‹Almeno due settimane direi. Gli scimmioni li avrai anche sconfitti ma ti hanno conciato abbastanza male››.
‹‹Ragazzina, stai scherzando? Intendo iniziare l’addestramento dopodomani!››.
‹‹Perona, non ragazzina, io mi chiamo Perona, brutto spadaccino testa d’alga›› ribattei stizzita.
‹‹Zoro, non spadaccino testa d’alga›› protestò lui.
Lo guardai allibita. Zoro ripetei nella mente. Stavo cercando le parole per controbattere ma parlò ancora lui: ‹‹Credo che questa sia la nostra presentazione ufficiale, ci è voluto un po’!››. Si mise a ridere sonoramente. Anche io sorrisi.
 
***
 
Zoro, 60 bpm
 
‹‹Grazie per avermi medicato sempre ultimamente!›› dissi mentre Perona stava per uscire dalla porta.
Fece un cenno col capo: ‹‹Vedi di non abituartici troppo, non ho tutto questo tempo da perdere appresso a te!›› .
La ragazzina quando non faceva i capricci non era cos’ male. Mi diressi verso la mia stanza.
Mihawk non si vide per l’intera settimana successiva e io consumai i pasti in camera da solo mangiando le prime cose che trovavo in dispensa. Ebbi tempo per pensare ai miei compagni chiedendomi dove fossero finiti e se stessero bene, dedicai intere ore a lucidare le spade, feci qualche leggero esercizio fisico e, soprattutto, dormii. Dopo dieci giorni ero completamente ristabilito e andai a cercare Occhi di Falco per iniziare gli allenamenti. Uscimmo all’esterno del castello, sguainai le spade. Per prima cosa Mihawk mi fece combattere contro il capo degli Umandrilli che aveva imparato l’arte del combattimento osservando il mio maestro.
 
***
 
Perona, 85 bpm
 
Clangore di spade proveniva dal giardino della dimora, mi affacciai alla finestra e osservai Zoro che si batteva ferocemente contro uno scimmione gigantesco. Restai ad osservarli per un po’, poi tornai a sedermi sul letto canticchiando. Il passatempo dei miei ultimi giorni era proiettare il mio spirito al di fuori del corpo ed esplorare l’isola con questa forma intangibile. Passeggiavo ore intere nella foresta cercando tane di conigli e sbirciando nei nidi degli uccelli. Un girono arrivai fino a un’altura su cui stava una grande croce, tutt’intorno vi erano elmi, spade, scudi, armi, ossa: i resti delle numerose battaglie combattute dagli abitanti del regno di Shikkearu.
Gironzolai in forma di fantasma fino a sera. Quando ripresi coscienza gli allenamenti con le spade erano ancora in corso. Ormai era scesa la notte e la luna rossa di Kuraigana spendeva diabolica nel cielo. Andai in bagno e mi feci la più lunga doccia calda della storia riempiendo la stanza di denso vapore. Mi avvolsi il corpo in una morbidissima salvietta rosa.
Si spalancò la porta ed entrò lo spadaccino.
Urlai a squarciagola e gli tirai appresso il primo oggetto che mi era capitato in mano che colpì la porta mentre l’invasore svelto la richiudeva. Nel movimento improvviso l’asciugamano era scivolato a terra. Lo raccolsi e finii di asciugarmi cercando di controllare il cuore impazzito.
 
***
 
Zoro, 90 bpm
 
Mi appoggia alla porta con la schiena. Sentivo le orecchie bollenti e il cuore sembrava voler uscire dal petto. Non sapevo che la ragazzina fosse in bagno… Ragazzina forse non era il termine più adatto per definirla, iniziavo a rendermene conto solo ora: le gambe lunghe non erano da ragazzina, le labbra rosse non erano da ragazzina, i capelli lunghi ancora bagnati che nascondevano il seno pallido che avevo intravisto mentre le cadeva la salvietta… No, in lei non c’era proprio niente della ragazzina, era una donna, una giovane donna attraente ed io iniziavo ad essere attratto da lei.
Mi riscossi sentendo la maniglia della porta muoversi e feci qualche passo indietro osservando Perona, stavolta vestita, che se ne andava in silenzio e senza degnarmi di uno sguardo. Mi aspettavo urla e capricci e trovavo inquietante quel comportamento così sostenuto.
Entrai in bagno, una doccia, meglio se fredda, mi avrebbe sicuramente fatto bene. Tutto era avvolto dal caldo vapore tanto che mancava quasi l’aria ma, sullo specchio appannato, ben visibili, erano state tracciate con un dito due parole: “stupido Zoro”. Mi misi a ridere, ora sì che riconoscevo la mia ragazzina. Corsi in corridoio ma di Perona non c’era più traccia.
 
***

Perona, 93 bpm
 
Era notte fonda ma ancora non riuscivo a prendere sonno, non avevo nemmeno mangiato a cena per evitare di incontrare lo spadaccino e il mio stomaco gorgogliava protestando, così decisi di avventurarmi fino in cucina per preparami una cioccolata. Non avevo bisogno della candela per vedere la strada, la rossa luna piena illuminava il mio cammino filtrando dalle alte finestre del castello.
Sorseggiai con calma la deliziosa bevanda, nulla faceva meglio della cioccolata calda, era la cura ideale dal raffreddore all’inquietudine dell’anima. Finito il mio rituale di piacere ripresi la strada che portava a camera mia.
Molte porte si aprono in questo castello: porte su stanze sconosciute, porte su stanze ricche di tesori, porte su stanze ricolme di vecchi cimeli, porte su stanze dimenticate, ma in quella notte dal cielo terso e dal gelido morso, io ero attratta inesorabilmente solo da una porta e, involontariamente, le mie gambe mi portarono lì. Indugiai davanti alla maniglia, ascoltai, ma nessun rumore proveniva dall’interno della stanza quindi mi affacciai sull’uscio. Volevo solo vedere Zoro mentre dormiva e, magari, fargli un qualche dispetto per vendicarmi dell’incursione nel bagno ma lo spadaccino era sveglio e stava facendo delle flessioni. Mi diedi alla fuga lanciandomi su per le scale verso la mia camera sperando che non mi avesse vista, invece fui inseguita ed acciuffata, mi afferrò la camicia da notte in velluto rosso che si strappò e ci sbilanciammo ruzzolando giù per i gradini.
 
***
 
Zoro, 93 bpm
 
Battei la schiena ma non riuscii ad impedire che anche Perona finesse a terra battendo l’esile corpo. Un'altra persona che, nel momento del bisogno, non ero riuscito a proteggere e il suo nome si incideva nella mia lista mentale appena sotto la voce “Rufy quando ha perso suo fratello”. Avrei scommesso che il girono dopo la pelle bianca della ragazzina avrebbe avuto diversi lividi e avrei scommesso che per la caduta si sarebbe messa a piangere, invece iniziò ad urlare: ‹‹Stupido testa d’alga, ho sbagliato stanza, va bene? Cosa vuoi da me? Guarda che disastro! Mi hai rotto il pigiama!››.
Freneticamente, accucciata sul pavimento, cercava invano di fare un nodo alla spallina strappata per coprire il reggiseno nero di pizzo. Mi rialzai e le porsi la mano per aiutarla a rimettersi in piedi ma lei, orgogliosa e fiera, la scostò con violenza e si rialzò continuando ad armeggiare con i lembi stappati. Rabbrividì, il corridoio era freddo.
Mi tolsi la maglia, del resto era colpa mia se stava prendendo freddo. Gliela porsi, sperando che non fosse sudata e che non puzzasse. Con stizza me la strappò di mano e se la infilò. Le stava decisamente larga ed era una buffa visione.
‹‹Ho sbagliato stanza, era buio e ho sbagliato!›› si giustificò ancora. Io però non le avevo chiesto nessuna spiegazione.
‹‹Scusa per il pigiama!›› feci ammenda.
‹‹Colpa tua! È tutta colpa tua!›› urlò ancora e stava per schiaffeggiarmi ma le fermai la mano.
‹‹Ma cosa vuoi da me ragazzina isterica?›› dissi ‹‹Ti comporti da pazza! Prima entri in camera mia, poi scappi via senza dire una parola! Non è normale!››.
‹‹Ti ho detto che ero andata a farmi una cioccolata in cucina e poi ho sbagliato stanza perché c’era buio!››.
Ancora con questa nenia, non sapevo più cosa dire. A Sanji non sarebbero mancate le parole, Sanji sarebbe stato galante, Sanji l’avrebbe trattata come una principessa, Sanji avrebbe saputo cosa fare. Sanji mi mancava e in questi momenti avrei voluto essere un po’ come lui.
Guardai il pavimento cercando la risposta nel tappeto, poi guardai il soffitto ed infine scrutai il volto di Perona… Era sangue quello che aveva all’angolo della bocca? Mi avvicinai per vedere meglio.
‹‹Cosa fai?›› chiese lei incerta.
Ormai eravamo uno di fronte all’altra e vedevo chiaramente la macchia che non era sangue, era cioccolata.
‹‹Sei sporca›› sussurrai.
‹‹Dove?››.
‹‹Proprio qui››.
Forse era colpa del plenilunio, probabilmente era colpa della cioccolata invitante, sicuramente era colpa di Perona che stava immobile a fissarmi coi suoi incerti occhi scuri. Fu così che mi chinai e leccai via lo sporco vicino alle sue labbra. L’aroma della cioccolata conquistò la mia lingua ed ero curioso di scoprire se anche le labbra della giovane donna avessero lo stesso sapore. Stavo per indagare quando una voce mi fermò.
‹‹Cos’è tutto questo trambusto?››. Dal pianerottolo sulle scale Mihawk ci osservava accigliato, nel buio la sua espressione non si vedeva. Non sapevo da quanto fosse lì.
‹‹La ragazzina ha paura del buio!›› dissi e mi avviai verso la mia camera ancora pervaso dall’incantevole magia della cioccolata. Quella sera avevo scoperto due cose che non avrei mai rivelato a nessuno. La prima è che, tutto sommato, iniziavo almeno un po’ a capire Sanji e la sua inesorabile attrazione per quella creatura chiamata donna. La seconda è che il gusto intenso della cioccolata era il mio sapore preferito: preferivo la cioccolata anche ai liquori. La cioccolata da quella fredda notte di luna piena era diventata straordinariamente importante per me.



Angolo dell'autrice: spero che questo capitolo vi sia piaciuto, Zoro inizia a subire il fascino della nostra bella principessa fantasma! Aspetto le vostre impressioni, vi raccomando di recensire!! Un bacio!!
Eirynij

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Capitolo 4
*** Il maestro del maestro ***


Premessa: mi scuso per la mia indecisione, avevo pubblicato un paio di capitoli che non mi soddisfacevano, questo è il quarto capitolo ufficiale (che riprende dal quasi-bacio-cioccolatoso tra i nostri protagonisti) che non intendo più cambiare. Scusatemi ancora per il disagio.


Il maestro del maestro
 
Perona, 66 bpm
 
Rotolai e mi rigirai nel letto per un tempo infinito ancora sbalordita per l’assurdo gesto dello spadaccino. Aveva leccato della cioccolata dal… non riuscivo nemmeno a trovare le parole per descrivere quello che aveva fatto. Vagabondai per il castello senza una meta e infine mi ritrovai accucciata sulla poltrona scarlatta di Mihawk nella sala da pranzo, avvolta dalla pesante coperta che avevo trascinato con me sfilandola dal letto per proteggermi dal freddo notturno, aspettando l’alba.
Solo la luce rossa della particolare luna di Kuraigana filtrava dalla fessura tra le scure tende accostate, inquietante come una lama di sangue conficcata nel pavimento.
Non sono mai stata coraggiosa ma, a differenza della maggior parte delle persone, trovavo rassicurante ogni cosa lugubre e malinconica, così in quella greve atmosfera riuscii ad addormentarmi seppellita dalle tenebre.
 
***
 
Zoro, 58 bpm
 
Sebbene da qualche parte sulla Terra fosse già sorto il Sole, la nebbia sull’isola era così fitta che nemmeno un raggio luminoso osava attraversarla. Ero andato a cercare il mio maestro per incominciare gli allenamenti giornalieri sicuro di trovarlo nell’enorme sala da pranzo intento a leggere il giornale, invece sprofondata nella sua grossa poltrona c’era la ragazzina profondamente addormentata. Mi avvicinai silenziosamente, era strano vederla così quieta ed ero davvero indeciso se svegliarla con un qualche tipo di scherzo o lasciarla indisturbata nella sua pace silente.
‹‹Nella via della spada non c’è posto per l’indecisione››. Mi voltai di scatto e vidi Mihawk appoggiato allo stipite della porta della sala che mi fissava con i suoi penetranti occhi gialli.
Annuii e scossi leggermente la spalla di Perona: ‹‹Pigrona, svegliati che è già mattina!››.
Lei mormorò qualcosa nell’incomprensibile lingua del sonno, poi, con fatica, socchiuse gli occhi e sbadigliò.
‹‹Ma è ancora presto… ancora cinque minuti, Kumacy››. Infilò la testa sotto la coperta per ripararsi dal resto del mondo già attivo. All’improvviso riemerse di scatto con gli occhi sgranati e lo sguardo impazzito che altalenava dalla mia faccia alla figura di Mihawk ancora in fondo alla stanza.
‹‹Cosa ci fate qui?›› chiese allarmata.
‹‹Colazione ora, e tu?››.
Si guardò intorno, quindi stiracchiandosi e fregandosi gli occhi rispose: ‹‹Anche io, ovviamente, vi stavo aspettando!››.
Orgogliosa e altezzosa com’era, mai avrebbe ammesso di essere nel luogo sbagliato al momento sbagliato.
‹‹Andare a preparare la colazione è l’unico modo per farti perdonare per aver usufruito della mia poltrona›› le disse Mihawk.
‹‹La tua è una pretesa assurda!›› protestò la ragazzina ma si alzò e ubbidì. Mi stupivo sempre di quanto potere avesse il mio maestro su di lei e mi chiesi se Perona avesse davvero così tanta paura di essere sfrattata da assecondare alacremente qualsiasi cosa le venisse ordinato dal grande spadaccino.
Presi una sedia e mi sedetti vicino a Mihawk: ‹‹Cosa prevede il nostro allenamento odierno?››.
‹‹Miglioramenti da parte tua, spero››. Si appoggiò allo schienale, gli occhi che guardavano qualcosa di assente, e riprese: ‹‹Molti anni fa, quando ero molto giovane e il regno di Shikkearu era ancora popolato da grandi guerrieri, approdai su quest’isola e trovai un maestro di spada disposto a prendermi come allievo. Quando gli chiedevo cosa prevedeva il mio allenamento, lui mi rispondeva sempre “Miglioramenti, Drakul, tuoi miglioramenti, spero”››. Ridacchiò tra sé e sé. Fui molto stupito da quella rivelazione, il mio maestro probabilmente era l’uomo più misterioso dei sette mari e non parlava mai di qualcosa che lo riguardasse.
‹‹Come si chiamava il tuo maestro?›› osai chiedere.
‹‹Yasu dei Sei Sentieri, lo chiamavano››.
‹‹Dei Sei Sentieri?›› domandai, incuriosito dall’insolito nome.
‹‹Si, era la sua tecnica più potente, anche se io non la imparai…›› rimase pensieroso per qualche istante, quindi aggiunse: ‹‹Anche Yasu usava tre spade come te, forse, avrebbe potuto insegnartela››.
Il maestro del mio maestro usava tre spade come me e il mio maestro parlava a me come il suo maestro parlava a lui, pensai che il destino fosse molto strano certe volte.
Tornò Perona con un vassoio colmo di biscotti, pane, prosciutto affumicato, latte e frutta che posò bruscamente sul tavolo: ‹‹La colazione è servita››.
Tornai a guardare il mio maestro: ‹‹Che ne è stato di Yasu dei Sei Sentieri?››.
‹‹Morto, anni or sono››.
‹‹Mi piacerebbe poter parlare coi morti…›› dichiarai.
Alle mie parole Mihawk girò di scatto la testa e fissò su Perona gli occhi gialli che brillavano di una luce malsana.
‹‹Parlare coi morti›› ripeté ‹‹per una volta, Roronoa Zoro, hai avuto una buona idea››.
 
***
 
Perona, 70 bpm
 
‹‹Perché mi guardi così?››. Lo strano modo in cui mi scrutava quell’uomo non mi piaceva affatto. Anche Zoro si voltò a guardarmi.
‹‹Qual è la tua padronanza del frutto Horo Horo?››.
‹‹Ottima direi››.
‹‹Quindi sei in grado di parlare coi fantasmi?››.
‹‹Evocare fantasmi, vorrai dire››. Parlare coi fantasmi, che sciocchezza, nessuno poteva parlare coi fantasmi.
Vidi che Mihawk iniziava a spazientirsi: ‹‹So per certo che il tuo frutto permette di parlare coi fantasmi››. Mi chiesi come facesse ad avere questa informazione: nel migliore dei casi l’aveva letto sul libro che classificava i frutti del diavolo edito da uno scienziato della marina, nel peggiore pensai che avesse ucciso l’uomo che l’aveva mangiato prima di me.
‹‹Per piacere, se ne sei in grado, fallo, io devo parlare con Yasu dei Sei Sentieri›› supplicò Zoro. Ecco, adesso anche lo spadaccino insisteva.
‹‹Non posso farlo…›› cercai di giustificarmi. Ero certa che parlare coi morti non fosse buona idea.
Dopo un lungo battibecco che alternò le loro insistenze ai miei rifiuti, Zoro si alzò e mi prese le mani. Mi sovrastava di almeno due spanne ma con lo sguardo cercò i miei occhi: ‹‹Perona, provaci, ti prego, devo diventare più forte e necessito di parlare con quel fantasma››.
Ero spaventata e, soprattutto, scettica nei confronti della possibilità di parlare coi fantasmi ma davanti a una richiesta così sincera, ardente nei suoi occhi verdi puntati nei miei, l’ennesimo “no” che stavo per dire si strozzò in gola. Lo spadaccino aveva già dimostrato una volta, chiedendo a Mihawk di allenarlo, di poter superare il suo colossale orgoglio per amore dei suoi compagni ed anche in questo frangente la lealtà per la sua ciurma superava qualsiasi altro suo sentimento. Rimasi tremendamente affascinata da tanta fedeltà e, in me, nacque un sentimento di ammirazione che si dipanò fino al cuore accendendo la speranza di ottenere, un giorno, la dedizione di Zoro.
Annuii.
 
***
 
Zoro, 75 bpm
 
Partimmo subito dopo la colazione. Il mio maestro ci aveva consigliato di andare alla croce sul promontorio che svettava sull’intera isola, lui non sarebbe venuto.
‹‹Per di qua›› dissi alla mia compagna di viaggio sul limitare della foresta.
‹‹Assolutamente no, è dall’altra parte! Possibile che tu ti perda sempre?››.
‹‹Non è vero!››.
‹‹E invece sì!››.
‹‹Allora è contagioso, non eri tu ieri notte che aveva sbagliato stanza?›› la stuzzicai.
La ragazzina s’addentrò tra gli alberi dopo avermi lanciato un’occhiataccia. Camminammo in silenzio per molto tempo mentre fantasticavo sull’incontro con Yasu.
‹‹Ecco, si vede la croce, manca poco!››.
‹‹Finalmente! Così potrò parlare con il maestro di Mihawk!›› esclamai entusiasta.
‹‹Che io non sia capace di metterti in contatto con lui non ti è passato nemmeno per l’anticamera del cervello?›› disse Perona cinica.
‹No!›› risposi sicuro.
 
***
 
Perona, 78 bpm
 
Ero lusingata che riponesse in me tanta fiducia e spaventata perché temevo di deluderlo. Quando arrivammo davanti la croce ci girai attorno per cercare un indizio ma le incisioni erano solo rune incomprensibili e sbiadite dal tempo.
‹‹Guarda qui!›› mi chiamò lo spadaccino.
Mi accovacciai al suo fianco e lui si voltò per guardarmi, il mio cuore mancò un colpo, eravamo così vicini e fui investita dai ricordi della sera prima, ancora mi chiedevo la ragione di un gesto così intimo.
‹‹C’è scritto il suo nome!›› continuò Zoro.
Lessi tra i fitti fili dell’erba troppo alta: “Qui giace Yasushi da Kuraigana, noto al mondo come Yasu dei Sei Sentieri”. Avevamo trovato la sua lapide, ora dovevo solo trovare la chiave per collegarmi al regno degli spiriti.
‹‹Non so come fare…›› mormorai.
‹‹Prova con una formula magica!››.
‹‹Non sono una strega!›› protestai.
‹‹A me sembra proprio di sì›› scoppiò a ridere lo spadaccino testa d’alga.
Stava calando la sera e il cielo si tingeva di rosso cupo mentre il sole baciava l’orizzonte e la luna vermiglia, dalla parte opposta, si palesava inquietante e minacciosa. Uno stormo di corvi gracchiava sulle nostre teste migrando nel vespro e gettando ombre lunghe sul terreno.
‹‹Secondo me, la tua idea di recitare una formula magica è inutile e sciocca›› ammonii ‹‹ma dato che non  abbiamo alcuna idea alternativa proverò lo stesso…››.
Zoro sorrise: ‹‹Si deve pur incominciare da qualche parte!››.
Respirai profondamente e cercai di concentrarmi: ‹‹Yasu dei Sei Sentieri, se mi senti, palesati a noi. Yasu dei Sei Sentieri, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Yasu dei Sentieri, io ti invoco, svegliati dal tuo sonno eterno e vieni qui››. Appoggiai la mano sulla grande croce di pietre. Un brivido mi percorse facendomi venire la pelle d’oca, poi fu il buio.




Angolo dell'autrice: spero che la svolta presa dalla storia possa essere di vostro gradimento, un pizzico di avventura era quello che mancava finora, credo. Grazie per aver letto fin qui e attendo le vostre graditissime recensioni!! Un bacio!
Eirynij

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Capitolo 5
*** Intervista col fantasma ***


Intervista col fantasma
 
Zoro, 87 bpm
 
‹‹Tutto bene, Perona?›› chiesi preoccupato. Da quando aveva appoggiato la mano alla gigantesca croce di pietra non si era più mossa e un silenzio innaturale era sceso intorno a noi.
‹‹Non può sentirti›› rispose una voce grottesca dalla provenienza ignota. ‹‹Non può sentirti›› fece eco un’altra voce e, nel giro di qualche istante, un coro bizzarro e angosciante iniziò a ripetere senza sosta queste tre parole.
Sotto il palmo della ragazza era comparsa una strana luminescenza da cui, pian piano, iniziarono a emergere dei globi lucenti che, come bolle di sapone, fluttuavano intorno al monumento.
Sfoderai le spade pronto ad attaccare, pensando, nel contempo, a come avrei potuto interrompere il contatto tra la ragazzina e la croce: il metodo più rapido mi sembrava fosse staccarle il braccio ma esitai, sapendo che non mi avrebbe ringraziato. Infine decisi che avere salva la vita era più utile che avere entrambe le braccia su un corpo morto, così spiccai un balzo verso Perona pronto a tranciarle di netto l’arto ma una delle sfere luminose si frappose tra me e lei respingendo il mio attacco.
Fui scaraventato al suolo mentre davanti a me si ergeva un guerriero senza testa avvolto da una fredda luce azzurrognola che teneva una katana nella mano destra e il capo, pelato e staccato dal collo, nella sinistra; alla cintola erano appese altre due spade. Vestiva con un’armatura da samurai completamente nera e, vividi, nell’immagine sbiadita dalla morte, gli occhi verdi scintillavano selvaggi.
‹‹Chi sei?›› ringhiai.
‹‹Quando ero vivo mi chiamavano Yasu dei Sei Sentieri, ora che sono morto sono solo un’anima che vaga nel limbo, con troppi conti in sospeso per il paradiso e insufficienti per andare all’inferno››.
‹‹Yasu…›› stentavo a crederci, alla fine la ragazzina ce l’aveva fatta pensai ammirato. ‹‹Yasu, io sono Zoro Roronoa›› ripresi ‹‹e sono qui per chiederti di insegnarmi la tua tecnica››.
‹‹Ora che sono morto custodire segretamente l’arte della spada non mi è di alcuna utilità, ma perché dovrei insegnarla a te?››.
Parlare con uno che teneva la testa in mano invece che sul collo mi toglieva la concentrazione ma riuscii comunque a formulare una risposta: ‹‹Sono… Sono l’allievo di Mihawk, mi ha detto che eri il suo maestro››.
‹‹Ti ha detto anche come sono morto?›› rispose il fantasma accigliato.
‹‹No…››.
‹‹Dopo averlo addestrato mi uccise in duello senza pietà, mi tagliò la testa, come puoi vedere. Ora dimmi, Zoro Roronoa, perché dovrei insegnarti la mia tecnica?››.
Mi inginocchiai: ‹‹Insegnami, ti prego, ora sono ancora debole ma devo diventare più forte e, quando sarò il migliore spadaccino del mondo, prenderò la testa di Mihawk››.
Gli occhi magnetici erano fissi su di me e sembrava che frugassero nel il mio animo alla ricerca della verità.
‹‹E sia! In posizione›› ordinò il samurai.
Seguendo il mio personale rituale slegai la bandana dal braccio e me la legai sulla testa coprendo i capelli, quindi rinsaldai la presa sulle due spade che avevo tra le mani e sistemai la terza in bocca stringendo forte l’elsa tra i denti. Lanciai un ultimo sguardo a Perona che sembrava di pietra come la croce, i capelli rosa raccolti in due codini sbarazzini le ricadevano immobili sulle spalle nella staticità dell’aria. Dal mio cuore si alzò, in muta preghiera, la speranza che la mia ragazzina pestifera e preferita stesse bene. Feci un respiro profondo per ritrovare la concentrazione, piegai le ginocchia e fissai Yasu negli occhi: ero pronto. Ci allenammo ininterrottamente per tutta la notte e il dì successivo, il sole stava tornando a calare quando riuscii finalmente a eseguire la tecnica dei Sei Sentieri. Levai le spade contro il cielo in segno di vittoria, avevo fatto un altro passo verso il mio obiettivo.
‹‹Devo farti i miei complimenti, Zoro Roronoa, perché apprendi velocemente e fai i miei complimenti alla tua compagna, è la sua forza che tiene aperto il passaggio al mondo dei vivi e permette a me di mostrarmi›› sorrise Yasu. Guardai Perona con la mano ancora appoggiata alla croce, ero in debito con lei più di quanto avessi immaginato.
‹‹Ora, il mio compito è finito›› dichiarò solennemente Yasu.
‹‹Come posso ringraziarti?›› chiesi.
‹‹Il rancore mi lega a questa terra ma so che mia moglie e i miei due figli sono morti da tempo, raggiungi il tuo scopo, sconfiggi Drakul Mihawk e lasciami andare dai miei cari. Sei la mia speranza per il futuro››.
‹‹Lo farò, grazie›› mi inchinai rispettosamente mentre il corpo del grande spadaccino si dissolveva nel giorno morente.
Quando del fantasma non ci fu più traccia e si spense ogni bagliore il corpo di Perona crollò e io mi precipitai ad acciuffarla al volo. Era pallida e gelata, la chiamai più volte ma non rispose. La presi in braccio e, correndo, cominciai a ridiscendere verso valle per raggiungere al più presto il castello. Vagai per ore nella foresta sempre più buia e umida, fino a quando non iniziò a piovere. Mi ero completamente perso e temevo che la pioggia aggravasse le condizioni della ragazzina ma la fortuna mi assistette ancora una volta facendomi trovare un riparo in una roccia scavata dal tempo.
‹‹Perona…›› la chiamai scuotendola leggermente.
 
***
 
Perona, 37 bpm
 
Quando ripresi conoscenza ero molto confusa, mi sentivo tutta un dolore e, soprattutto, avevo freddo. Il mio ultimo ricordo era la buffa cerimonia che avevo officiato vicino alla croce.
‹‹Perona…›› mi chiamava lo spadaccino.
‹‹Ehi…›› socchiusi gli occhi, la sua faccia era sopra la mia ‹‹se non ti conoscessi bene, direi che sei preoccupato per me››.
‹‹Se hai tutto questo humour immagino che tu stia meglio›› sentenziò sarcastico.
‹‹Ce l’ho fatta? Sei riuscito a intervistare il tuo fantasma?›› chiesi speranzosa.
‹‹Si, sei stata brava›› ridacchiò Zoro arruffandomi i capelli.
Mi lisciai la frangetta e mi accostai di più allo spadaccino anelando al calore del suo corpo. ‹‹Ho tanto freddo…›› sussurrai involontariamente mentre richiudevo gli occhi.
Sentii le mani di Zoro che mi afferravano i fianchi e mi spostavano di peso sulle sue gambe incrociate, gli appoggiai la testa sul petto e mi addormentai ascoltando il lento battito del suo cuore mentre le sue solide braccia mi avvolgevano.
 
***
 
Zoro, 60 bpm
 
Perona stava bene, aveva solo freddo e sonno e potevo rimediare a entrambi i suoi bisogni. Stringendomi addosso quello scricciolo di ragazza e pensando a lei con gratitudine e affetto scivolai nel sonno. In una strana notte di luna piena ero stato attratto dalla cupa bellezza di Perona e dalla sensualità del cioccolato, invece, in quella notte di pioggia fui attratto dal suo riposo soddisfatto dopo la tenacia dimostrata durante il giorno e la stima nei suoi confronti nacque in me per la prima volta.



Angolo dell'autrice: Vi ringrazio per aver letto fino a qui, spero sempre che vi piaccia la mia storia e attendo le vostre recensioni. Talvota temo di presentare uno Zoro un po' OOC anche se ho sempre pensato a lui come un personaggio premuroso. Mi auguro che questa mia interpretazione del carattere del nostro amato spadaccino-testa-d'alga non vi dispiaccia. A presto!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 6
*** Una bella giornata ***


Una bella giornta
 
Perona, 69 bpm
 
Impiegai una settimana intera per riprendermi dallo sforzo atavico che avevo sostenuto per mettere in contatto lo spadaccino e Yasu e, mai come in quei giorni, mi mancarono i miei servitori. Quando ero a Thriller Bark non sentirmi bene era una festa: un corteo di schiavi mi portava fiumi di cioccolata, dolcetti buonissimi e innumerevoli bei regalini, tanto che fingevo di sentirmi male almeno una volta al mese. Ma in questa lugubre magione, nessuno era disposto a essere schiavizzato e il mio malessere veniva volutamente ignorato. Solamente il settimo giorno ricevetti una visita: era quello spadaccino testa d’alga che si presentava a mani vuote, fui tentata di cacciarlo per questo ma la prolungata solitudine mi aveva rabbonito così mi limitai ad escogitare un diversivo che mi avrebbe rallegrato il morale.
‹‹Sei in debito con me…›› gli feci notare.
‹‹Pago sempre i miei debiti›› mi rispose Zoro.
La conversazione stava proprio prendendo il verso che desideravo, quindi proseguii: ‹‹Ah si? E come intendi ripagarmi?››.
‹‹Cosa vorresti?›› chiese cautamente.
‹‹Potresti farmi da servitore…›› suggerii.
‹‹Non se ne parla››.
‹‹Dai, in fondo è merito mio se hai parlato col tuo fantasma ed è sempre merito mio se siamo tornati al castello, infatti tu ci avevi fatto perdere nel bosco!›› piagnucolai.
‹‹Solo per oggi›› cedette.
Ero incredibilmente soddisfatta del suo consenso, bastava solo che si agghindasse a dovere per rendermi ancora più contenta.
‹‹Chiudi gli occhi›› gli ordinai e lui, dopo avermi scoccato uno sguardo dubbioso, obbedì.
Saltai giù dal letto e, sulle gambe malferme, raggiunsi l’armadio: mi cambiai al volo e presi le bende che mi ero portata dall’infermeria per precauzione. Iniziai a fasciare lo spadaccino intimandogli di non sbirciare. Passò poco tempo e il mio capolavoro fu completo anche se gli mancava ancora qualcosa… estrassi dal mio armadio un grosso cappello blu e lo misi sulla cima della mia creazione: perfetto!
‹‹Apri!››.
Quando Zoro aprì gli occhi e si guardò allo specchio prima impallidì e poi diventò paonazzo dalla rabbia. ‹‹Sei il mio Kumacy›› gli dissi gettandogli le braccia al collo.
L’avevo completamente avvolto dalle garze fino a dargli le sembianze di un orso e il copricapo turchino lo rendeva perfettamente somigliante al mio orsetto-servitore.
‹‹Pazza! Cosa mi hai fatto?›› si mise a strillare.
‹‹Sei bellissimo›› gli dissi.
‹‹Io non ho tempo da perdere con te così›› disse sgusciando via dal mio abbraccio ‹‹quindi me ne vado››.
‹‹La porta è dall’altra parte››.
‹‹Addio!›› salutò Zoro imboccando l’uscita e tentando di divincolarsi dalla fasciatura. Lo rincorsi per il corridoio e per le scale.
‹‹Torna qui!›› ripetevo nell’inseguimento. Lo raggiunsi solo mentre stava uscendo nel giardino del castello: per essere fasciato come una mummia si muoveva anche troppo velocemente.
‹‹Hai promesso!›› gli ricordai.
 
***
 
Zoro, 62 bpm
 
Quando avevo acconsentito a farle da servitore per una giornata non immaginavo che sarei diventato un orsacchiotto fatto di bende e mi domandavo come fosse possibile tanta insanità mentale in una ragazza sola, ma era dalla parte della ragione: io avevo promesso.
‹‹Ora che mi hai conciato così cosa dovrei fare?›› le chiesi.
‹‹Giocare con me!›› esclamò lei entusiasta.
‹‹Cioè?››.
‹‹Hai presente quell’attività che si fa…››.
‹‹Lo so cosa vuol dire giocare! Non sono ignorante!›› protestai, quindi, timoroso di conoscere la risposta, chiesi: ‹‹A cosa vorresti giocare?››.
Iniziò a trascinarmi ed incitarmi urlando “vieni” e “seguimi”.
Mi riportò in camera sua dove esordì: ‹‹Giocheremo a prendere il tè››. Probabilmente impallidii, sicuramente mi sentii la morte addosso e, per un attimo, vidi la ragazzina assumere le forme di un diavolo assetato del mio dolore.
‹‹Ci siederemo al tavolino con Miss Lily, Mr. Pandoso e Madama Rosalinda›› iniziò a spiegare indicando prima il kotatsu e poi tre orrendi peluche di pezza di fattura artigianale e raffiguranti rispettivamente un cavallo giallo, una sottospecie di panda e quello che doveva essere un gatto rosa ma che, in realtà, sembrava un maiale. Avrei scommesso senza indugio tutte e tre le mie preziosissime spade che l’artefice di quei mostri di stoffa era Perona.
‹‹Io e te berremo la cioccolata mentre le tazze dei nostri ospiti saranno vuote, ma non farglielo notare o potrebbero offendersi…›› continuava a blaterale la ragazzina dando ancora di più prova della sua pazzia: voleva che io giocassi a prendere il tè, bevendo cioccolata, in compagnia di pupazzi inanimati facendo finta che fossero veri e dotati di sentimenti… Assolutamente no!
‹‹Non lo farò mai›› la interruppi.
Mi guardò sbalordita sgranando gli occhi scuri ma sul mio viso lesse così tanta determinazione che non insistette e incrociando le braccia chiese: ‹‹Cosa vorresti fare quindi?››.
‹‹Acchiapparello›› risposi sicuro mentre iniziavo a sciogliermi le bende di dosso, liberando prima una gamba e poi un braccio. Era il compromesso ideale tra il giocare con lei e il continuare, contemporaneamente, il mio allenamento con un po’ di sana attività fisica.
‹‹Come si gioca?››.
Lasciai scivolare al suolo l’ultima garza, finalmente libero.
‹‹Io inizio a correre… e tu devi prendermi!›› esclamai dando una spintarella a Perona e facendola barcollare indietro mentre me la davo a gambe.
 
***
 
Perona, 72 bpm
 
Non potevo crederci: me l’aveva fatta. Mi ripresi subito e iniziai a galoppargli dietro a ruota. Su e giù per le scale, lungo i corridoi, corsi a perdifiato fino a quando lo spadaccino non si ritrovò in un vicolo cieco. Mi lanciai su di lui urlando “preso” e lo feci indietreggiare sotto la mia spinta fino a farlo sbattere contro la porta in fondo al corridoio che cedette facendoci precipitare al suolo e svelando una stanza ricca di chincaglierie. L’atterraggio fu morbido sul petto dello spadaccino ma il mio viso finì così vicino al suo che i nostri nasi si sfiorarono e i nostri occhi si incontrarono. Che verde brillante! Arrossii violentemente e distolsi lo sguardo andando a ispezionare la camera.
‹‹Diamo un’occhiata!›› proposi alzandomi mentre le mie mani correvano istintivamente alla gonnellina rossa che aveva preso il volo lasciando intravedere abbondanti fette di pelle e le mutande di pizzo nero.
Non avevo mai visto tanto ciarpame riunito in un unico posto e iniziai ad aprire cassetti e spostare vecchi tomi impolverati.
‹‹Guarda qui›› mi interruppe Zoro indicandomi l’interno di una piccola scatola di ferro: vi era una rosa dai petali che sembravano di fiamma viva. Allungai la mano per toccarla ma la ritrassi subito.
‹‹Scotta!›› urlai portandomi il dito indice alla labbra.
Lo spadaccino inspirò profondamente e soffiò sul fiore ma il fuoco non si spense. Sorrisi pensando che un simile oggetto sarebbe stato benissimo in camera mia e afferrai la scatola dichiarando che da quel momento la rosa era mia e avrebbe abbellito la mia camera.
‹‹La scatola era sigillata, forse è il caso di richiuderla e lasciarla lì››.
‹‹La rosa è mia e non si discute!›› ribadii. Quindi gli intimai di aspettarmi lì mentre portavo il ritrovamento nella mia stanza perché sarei tornata e avremmo continuato l’esplorazione delle cianfrusaglie.
 
***
 
Zoro, 79 bpm
 
Frugammo per ore ma non ci furono altri ritrovamenti degni di nota. La ragazzina così intenta nella ricerca mi costrinse a saltare il pranzo, quindi quando finalmente calò la sera la mia pancia brontolava e gorgogliava come un pentola di fagioli. Mi caricai sulle spalle una Perona riluttante ad abbandonare quella che lei chiamava la “camera delle meraviglie” e, seguendo le sue indicazioni, riuscii a raggiungere la cucina quindi dopo averla depositata su una sedia iniziai a frugare nella dispensa estraendo tante cibarie e diverse bottiglie di liquore. Mentre mangiavo e bevevo a sazietà la ragazzina mi disse porgendomi il suo bicchiere: ‹‹Fammi assaggiare!››.
La guardai perplesso prima di versarle un dito della mia divina bevanda. Trangugiò d’un fiato facendo una smorfia poi iniziò a versarsene da sola.
‹‹Vacci piano›› l’ammonii ma nel giro di qualche bicchiere i fumi dell’alcool le avevano già annebbiato il cervello e impastato la lingua. Iniziò a raccontare con frasi sconnesse delle sue avventure di quando era alle dipendenze di Moria e ridere sguaiatamente. L’euforia lasciò il posto alla sonnolenza proprio mentre stavo finendo il decimo piatto di zuppa fredda così decisi che per lei era ora di andare a nanna. Feci scivolare la mia spalla sotto il suo braccio e condussi una Perona barcollante fino a camera sua dove la sdraiai con delicatezza sul letto pensando che domani avrebbe avuto sicuramente un bel mal di testa.
‹‹Zoro…›› sussurrò mentre le sfilavo gli stivali rossi e aggiunse qualcosa che non riuscii a sentire, così mi accostai al suo viso chiedendole di ripetere.
Perona si puntellò sui gomiti avvicinandosi ancora di più con un sorriso ebete stampato sul volto e, improvvisamente, le sue labbra premettero sulle mie in un bacio casto ma pieno di calore.
‹‹Grazie per la giornata… era moltissimo che non mi divertivo così!›› ridacchiò prima di crollare sul materasso e chiudere gli occhi.
 




Angolo dell'autrice: Ho scritto il capitolo tutto in un colpo, quindi vi prego di segnalarmi eventuali errori così che io possa correggerli. Spero che vi sia piaciuto il mio operato, era da un po' che volevo concedere ai nostri protagonisti una giornata leggera e ammetto di essermi molto divertita immaginando il Kumacy-Zoro scappare a destra e a manca dalla pazzia di Perona. Se voleste lasciare un commento anche piccolo piccolo lo gradirei più di una pietra preziosa. Aspettando di sentire le vostre "voci" vi ringrazio per avere letto fin qui e, un particolare ringraziamento, va alle gentilissime persone che hanno appuntato la mia storia tra le ricordate, le seguite o, addirittura, tra le preferite!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 7
*** A mezzanotte in biblioteca ***


A mezzanotte in biblioteca
 
Zoro, 87 bpm
 
Rimasi qualche minuto a fissare Perona ancora meravigliato per il suo gesto improvviso, quindi la coprii col lenzuolo e me ne andai scoccando un’ultima, intensa occhiata alla rosa scarlatta che ardeva minacciosa e sinistra sulla cassapanca vicino la finestra.
Sovrappensiero mi avviai verso il bagno, una doccia fredda mi avrebbe riportato coi piedi per terra e mi avrebbe convinto che il bacio era solo frutto dei fumi dell’alcol e non di un reale sentimento nei miei confronti. Eppure più cercavo di convincermi e più le sue parole “grazie per la giornata” mi risuonavano nella mente e mi facevano credere… No, non credere, sperare!
Maledissi la vastità del castello e il mio scarso, per non dire assente, senso dell’orientamento quando aprii la porta e, con mio enorme disappunto, davanti a me comparvero scaffali e scaffali di libri invece del bagno. Feci per andarmene, non amavo i libri e trovavo le biblioteche luoghi inutili e austeri, è l’azione il pane per i miei denti. Tuttavia una forza sconosciuta mi indusse ad entrare ed aggirami, come un fantasma, tra i toni polverosi finché non ne urtai uno che cadde aprendosi. Mentre mi chinavo per raccoglierlo e rimetterlo al suo posto lessi ad alta voce un paio di righe: ‹‹Le vittime perseguitano i loro assassini, io credo. Io so di fantasmi che hanno errato sulla terra. Sta sempre con me… prendi qualunque forma… rendimi pazzo! Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non ti posso trovare!1››.
‹‹Ti dedichi alla lettura ora?›› una voce alle mie spalle mi fece voltare di scatto. Era Mihawk che, col suo solito sorriso beffardo, mi scrutava con un’aria maliziosa dipinta negli occhi ferini.
‹‹Mi è caduto›› risposi sulla difensiva.
‹‹Ah… una lettura d’amore per di più›› continuò lui indicando il libro, come se non avessi nemmeno parlato.
Ricambiai lo sguardo con astio cercando le parole per ribattere.
‹‹E dimmi, di chi sei innamorato? Avevi una bella intesa con quel ragazzo biondo della tua ciurma…›› ridacchiò lui.
‹‹Io non amo nessun ragazzo›› ribattei.
Il sorriso del mio maestro si tese ancora di più: ‹‹Nessun ragazzo? Allora è una ragazza… Una tua compagna, forse? A quanto ricordo non erano per nulla male... vorrà dire che consolerò io la ragazzina-fantasma quando te ne tornerai da loro!››.
‹‹Non toccare Perona!›› urlai sfoderando le spade.
Mihawk si mise a ridere sguaiatamente e solo allora mi resi conto di essere caduto nella sua trappola: la mia reazione gelosa era più eloquente di una confessione esplicita. La sua risata morì di colpo indicandomi, allarmato, la finestra della biblioteca che si apriva sul retro del castello mostrando i giardini ricchi di fiori appassiti ed arbusti rinsecchiti e le guglie dell’ala ovest del castello, la zona dove vi era la camera della ragazzina. Riconobbi la finestra della stanza di Perona e mi gelò il sangue nelle vene vedendo che era avvolta dalle fiamme.
Corsi a perdifiato.
 
***
 
Perona, 92 bpm
 
Mi ero svegliata a causa di un brutto sogno ma, aperti gli occhi, mi avvolgeva un inferno di fiamme. Tossendo convulsamente per il fumo soffocante strisciai fuori dalla stanza e, quando arrivarono, Zoro e Mihawk mi trovarono immobile mentre fissavo i miei averi divorati dal fuoco. La rosa che avevo preso nel pomeriggio era il cuore pulsante dell’incendio.
Secchi colmi d’acqua mi passavano accanto, tra le mani dei due spadaccini: quando tornò il buio in camera mia tutto era fradicio e annerito. Scoppiai a piangere.
‹‹Due idioti!›› urlò occhi-gialli. ‹‹Ho visto la rosa! Non vi è venuto in mente che se una cosa è chiusa dentro una scatola è perché deve stare lì?››.
‹‹Era solo un fiore…›› ribatté Zoro.
‹‹Era una Rosa Incendiaria! Le usano spesso i sicari per uccidere la gente facendo passare l’omicidio per un incidente! Ragazzina-fantasma, sei stata maledettamente fortunata ad esserti svegliata in tempo!››.
‹‹E tu perché ce l’avevi nel castello?›› singhiozzai.
‹‹Precauzione! Tengo tutto quello che potrebbe essermi utile. Quindi›› disse scoccando un’occhiata eloquente sia a me che allo spadaccino ‹‹vedete di non combinare altri guai e, vi prego, astenetevi dal frugare in giro››.
Annuimmo come due bambini sgridati dal papà.
‹‹E ora andate a dormire, è tardi›› ordinò Mihawk ritirandosi.
Rimasti soli guardai le punte strinate dei miei capelli, la camicia da notte bruciacchiata e la camera inutilizzabile: ‹‹Cosa faccio ora?››.
‹‹Posso darti asilo, se vuoi›› propose Zoro ‹‹ma sappi che non dormirò sul pavimento! Domani devo allenarmi!››.
‹‹Faccio una doccia e arrivo!›› esclamai entusiasta. Ero contenta di non stare da sola quella notte, avevo bisogno di compagnia per scacciare la tristezza che mi stava attanagliando ed ero contenta che Zoro, ancora una volta, si era rivelato gentile con me.
Puzzavo di pollo bruciato, i miei capelli puzzavano di pollo bruciato, anche la camicia da notte puzzava di pollo bruciato quindi la gettai nel cestino del bagno prima di farmi una doccia (con molto bagnoschiuma e shampoo) non pensando che, una volta rinfrescata, mi sarebbe servita ancora. Avvolta dalla salvietta più grande che avevo trovato, andai in camera di Zoro chiedendo un indumento per coprirmi e ricevendo una maglietta verde dritta in faccia. Mi accoccolai a letto avvolgendomi nelle lenzuola e, dopo qualche minuto, anche lo spadaccino si sdraiò e spense la luce. Insieme al buio calò anche l’imbarazzo. Mi rigirai diverse volte nel letto.
‹‹Stai un po’ ferma!›› si lamentò Zoro.
‹‹Senza un pupazzo non riesco a dormire›› mi scusai pensando a Kumacy con rimpianto e mi venne un’idea: ‹‹Posso abbracciare il tuo braccio?››.
‹‹Cosa?››.
‹‹Farò finta che sia il mio orsacchiotto e starò ferma! Promesso!››.
‹‹Sei proprio una ragazzina… E va bene›› si arrese.
 
***
 
Zoro, 96 bpm
 
Perona mi stringeva forte il braccio ed io ne ero felice. La stima nata dopo l’episodio con Yasu, l’allegria che lei mi trasmetteva, la confusione dopo il bacio, la rabbia sorda che avevo provato immaginandola tra le braccia del mio maestro... Forse era amore? Ripensai anche alle parole del libro “rendimi pazzo ma non lasciarmi in questo abisso”. Era vero. Ora che era così vicina a me con il corpo caldo premuto contro il mio e la bocca a un soffio di distanza non volevo più separarmene.
‹‹La prima regola di uno spadaccino è affrontare i nemici brandendo le spade›› iniziai ‹‹mentre la seconda è non abbassare mai la guardia››.
Stavo sparando fesserie. Così non andava bene.
‹‹Oggi ho letto un libro che parlava di…›› tentai di nuovo.
Le parole morirono in gola.
Con uno sforzo raccolsi tutto il coraggio che avevo.
‹‹Credo che tu mi piaccia›› dissi d’un fiato e poi ridacchiai nervoso aspettando una risposta maligna da parte sua. In quel caso le avrei detto che era uno scherzo e che ci era cascata, ma la risposta tardava ad arrivare. In me la speranza si rianimò e mi voltai cercando sul suo volto una reciprocità o almeno l’accettazione dei miei sentimenti ma aveva gli occhi chiusi: dormiva.
 
***
 
Perona, 96 bpm
 
Le parole di Zoro fluivano dalle orecchie al cuore mentre lottavo contro l’istinto di aprire le palpebre temendo che fosse solo un sogno, un desiderio che sarebbe andato in frantumi a contatto con la realtà.
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: rieccoci qui! E così Perona è sveglia eh… ma il seguito nel prossimo capitolo, che spero di pubblicare a breve! Ringrazio tutti voi che avete letto fin qui e attendo le vostre impressioni. Sono stata molto indecisa se fare o meno dichiarare Zoro, alla fine ho optato per il sì, lo vedo troppo uomo “risoluto e schietto / con la sfera emotiva di un bradipo” per tenersi dentro simili emozioni! Spero non vi risulti troppo OOC!!
Stavo dimenticando… la nota 1 è un riferimento a “Cime tempestose” di Emily Bronte, uno dei miei libri preferiti!
Grazie ancora a tutti voi che leggete e un grazie ancora più grande a chi utilizza un po’ del suo tempo prezioso per recensire!
Un bacio,
Eirynij

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