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« Ehi,
piccole! Dai, belle, che ho la pappa per voi! »
Tutte le
colombe bianche all’interno della gabbia iniziarono a sbattere le ali.
Kaito
sorrise: « Sembra che vi lasci digiune da mesi… cos’è
tutta questa agitazione? »
Come ogni
giorno, di ritorno da scuola, Kaito dava il becchime alle sue adorate colombe,
indispensabili compagne di tante giochi di prestigio. Le trattava con molto
rispetto e amore e loro lo ringraziavano aiutandolo in mille modi durante le
sue piccole esibizioni.
« No, sul
serio, non vi ho mai visto così agitate… cosa
succede? »
Kaito si
guardò intorno, alla ricerca del fattore di disturbo che stava facendo agitare
le sue colombe. Sul davanzale della finestra, in effetti, vide qualcosa
d’inusuale.
« Un
gufo? Ah, adesso capisco, abbiamo compagnia… »
Il
ragazzo si avvicinò divertito: « Ehi, bello, se cerchi becchime caschi male,
qui ne ho solo per le mie ragazze… »
Kaito
continuò a guardarlo incuriosito. Si era aspettato che il volatile scappasse
non appena avesse fatto un passo nella sua direzione, invece il gufo dalle
piume marroni e grigie aveva continuato a guardarlo fisso negli occhi, come se
lo stesse aspettando. Il ragazzo provò persino ad allungare una mano per
accarezzarlo, e sorprendentemente glielo lasciò fare.
« Ma guarda… siamo dei coccoloni, eh? E a quanto pare siamo
anche addestrati, visto che non hai la minima paura di me…
»
Fu allora
che la notò, appesa a una zampa.
« … così
addestrati da portare messaggi? Ehi, avevo sentito parlare dei piccioni
viaggiatori, ma i gufi mi mancavano! È per me? »
Provò a
prendere la busta, aspettandosi una beccata sulla mano. Il gufo non reagì.
« Devo
prenderlo come un sì? »
Con un
po’ di titubanza, Kaito staccò la busta dalla zampa.
« Bè, chi tace acconsente… »
Ormai
divorato dalla curiosità, il ragazzo aprì la busta senza nemmeno guardarne il
destinatario o il mittente.
« Uhm…“Gentile Kaito Kuroba”… ehi, gufetto, pare
proprio che tu abbia azzeccato l’indirizzo! Dunque, dicevamo…
“Gentile Kaito Kuroba,
con questa lettera la informiamo che lei ha diritto a un posto…
»
Convinto
di aver letto male, Kaito si strofinò gli occhi un paio di volte.
« … alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts” ? Ma cos’è, uno scherzo? Non ho mai sentito
di una scuola per prestigiatori con questo nome… »
Le colombe
alle sue spalle iniziarono a tubare ancora più forte di prima. Kaito fece loro
segno di tacere senza nemmeno alzare lo sguardo dal foglio.
« Un
attimo di silenzio, per favore! Sto cercando di capire…
»
Invece
che calmarsi, gli uccelli si agitarono ancora di più.
« Ma
insomma, cosa c’è? È entrato un altro gufo? »
«
Veramente credo di essere io la causa della loro agitazione…
»
Kaito si
voltò. Alle sue spalle c’era qualcosa di decisamente più grosso di un gufo,
ovvero un uomo alto, molto anziano, con un paio di occhiali posati sul naso
aquilino e una lunga barba bianchissima, che emanava una aura di rispetto e
magnificenza.
« E lei
come ha fatto a entrare? Chi è? »
« Tu devi
essere Kaito Kuroba, non è vero? Perdona la mia
intrusione, il mio nome è Albus Silente, e sono il
preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
»
Il
ragazzo abbassò velocemente lo sguardo sulla lettera. Era lo stesso nome
riportato nello strano invito.
L’uomo
continuò: « Mi scuso fin da ora se il mio giapponese non è molto fluente, l’ho
imparato tanti anni fa ma non ho più avuto occasione di metterlo in pratica e
credo che la pronuncia ne abbia sofferto… »
Kaito
rimase senza parole. Una parte di lui avrebbe voluto tempestarlo di domande su
chi fosse, come fosse entrato e cosa c’entrasse lui con questa scuola. Tuttavia
l’uomo gli trasmetteva una sensazione di serenità e tranquillità che non
riusciva a spiegare a parole. Non era lì per fargli del male, non sapeva
perché, ma ne era sicuro.
« Se… se preferisce parlare inglese, non c’è problema, lo
conosco benissimo… basta che mi spieghi qualcosa!
Piomba qui dal nulla con questo gufetto e questa
strana lettera e… »
Silente
sorrise: « Mi avevano detto che eri sveglio, e non mi avevano informato male.
Ti è bastato pochissimo per capire che sono inglese! »
Kaito
arrossì, senza saperne neppure lui il motivo. Quel vecchio lo metteva in
tremenda soggezione.
Silente
si pulì gli occhiali e continuò a parlare nella sua lingua madre: « Dunque,
stavamo dicendo… che sono il preside di Hogwarts e che, come hai potuto leggere, nella mia scuola
c’è un posto anche per te. »
« Perdoni
la mia sfacciataggine, ma non credo di aver bisogno di una scuola di
prestigiatori, ho imparato tutto quello che mi serve da mio padre. »
L’uomo
rise: « Prestidigitazione? Oh no, ragazzo, credo ci sia un equivoco! Qui
parliamo di magia, magia vera! »
Kaito
sospirò: « Ma per favore, la magia vera non esiste, e se lo lasci dire da
qualcuno che lavora nel settore! Bè, non esattamente,
in effetti una ragazza che conosco è una strega, ma lei è un caso a parte! »
« Ne sei
sicuro, Kaito? Potresti essere della stessa pasta e non saperlo neppure! »
« Io non
ho mai evocato il diavolo! »
L’uomo si
portò una mano al mento: « Uhm… a quanto pare la tua
amica dev’essere specializzata in Arti Oscure… ma quella non è certo l’unico tipo di magia
esistente! »
L’anziano
estrasse un bastoncino di legno e con un movimento elegante la puntò verso un
mobile della stanza, che si sollevò da terra. Kaito, per nulla impressionato,
iniziò a girare intorno all’armadio, guardandolo attentamente sopra, sotto e ai
lati.
« Uhm… fili non ce ne sono, però è anche vero che è un trucco
vecchiotto e superato… calamite non sembrano esserci… »
Silente
ridacchiò. Con un altro gesto, l’armadio si contrasse fino a diventare un micetto nero. Kaito sbarrò gli occhi, sorpreso.
« Cavolo,
questa mi mancava… »
Il
gattino gli saltò fra le braccia miagolando. Il ragazzo l’accarezzò.
« E il
mobile dov’è finito? »
Silente
sorrise: « Ce l’hai fra le braccia… anzi, ti
consiglio caldamente di posarlo a terra! »
Kaito
ebbe a malapena il tempo di lasciare il gattino che questo cambiò forma, fino a
tornare l’armadio di prima. Il ragazzo fissò il mobile ancora per un po’, poi,
con un po’ di titubanza, ne aprì le ante aspettandosi di trovare il gattino, ma
questo sembrava scomparso nel nulla. Non contento, entrò dentro il mobile,
cercando disperatamente un trucco, un’accortezza, una qualsiasi cosa che
potesse spiegargli il fenomeno. Non c’era nient’altro che i suoi soliti
oggetti.
Sempre
con la testa nell’armadio, Kaito commentò: « Se voleva stupirmi, le comunico
che c’è riuscito! Diamine, questo gioco non l’avevo visto neanche da mio padre,
e non riesco nemmeno a spiegarmelo, soprattutto visto che non ha potuto
prepararlo prima… è disposto a fare uno scambio di
trucchi? »
Silente
gli sorrise: « Non c’è trucco e non c’è inganno…
questa si chiama Trasfigurazione, ed è un tipo di magia che permette di
trasformare un oggetto in qualcos’altro. È una delle tante cose che insegniamo
a Hogwarts. »
Kaito
uscì dall’armadio, e lo richiuse: « Ok. Fingiamo per un attimo che io creda a
tutta questa storia della magia vera… perché proprio
io? »
« Perché
ce l’hai nel sangue, Kaito! Maghi non si diventa, si nasce! Ci sono persone che
provengono da antiche famiglie di maghi, che hanno la magia che gli scorre nel
sangue da generazioni e generazioni; altre che non hanno alcun potere magico, e
che noi chiamiamo Babbani, che nulla sanno di noi e
che nulla dovranno mai sapere. A volte ci sono unioni fra Maghi e Babbani, anche se non frequenti, e i loro figli possono
essere dell’una o dell’altra categoria; altre volte capita che la magia nasca
all’improvviso nel frutto d’amore fra due Babbani. »
Il
ragazzo sospirò: « Da questo discorsone deduco che secondo lei io apparterrei
all’ultima categoria… »
« Non è
importante come nasca la magia, Kaito, l’importante è che questa esiste e che
non può essere ignorata! Per questo esistono scuole come Hogwarts,
che insegnano alle giovane generazioni a controllare la propria magia, prima
che questa scateni fenomeni imprevedibili! È possibile che qualche volta sia
già successo… »
« Si
sbaglia, non ricordo nulla di simile! »
Silente
sorrise intenerito: « Da quanto tempo fai trucchi di prestigio? »
La
domanda spiazzò il ragazzo: « Bho… non saprei… mio padre ha iniziato a insegnarmeli quand’ero piccolissimo… »
Il
preside si avvicinò al ragazzo, fissandolo con i suoi occhi azzurri e
penetranti: « E tu sei sicuro, Kaito, sei pronto a giurarmi con assoluta certezza che fra mille
magie finte non ne sia mai sfuggita una
vera, per errore? Rispondimi sinceramente! »
Al
ragazzo si seccò improvvisamente la bocca. Per un attimo gli erano tornati alla
mente vecchi ricordi, di quando ancora poteva giocare con la sua mamma e il suo
papà, e di quando mille e mille volte suo padre stesso gli aveva detto che era
talmente bravo da sembrare un mago vero. Aveva pensato che fosse uno scherzo,
un gioco, ma quante volte gli era stata ripetuta nel tempo quella frase, anche
da prestigiatori professionisti, colpiti dalla sua abilità a una così giovane
età?
« La
prova è nella lettera che hai fra le mani… nessun Babbano ne ha mai ricevuta una, te l’assicuro! Anche se
sembra che tu comunque sia vittima di un disguido nella consegna…
»
Kaito
tirò un sospiro di sollievo: « Ah, mi sembrava un po’ strano! Quindi non sono
un mago! »
« No, no,
tu sei sicuramente un mago! No, l’errore riguarda l’età…
solitamente la busta arriva al compimento degli undici anni, e a quanto mi
risulta tu ne hai sedici… »
«
Infatti. »
« Ogni
paese ha una propria scuola di magia, ma pare che attualmente in quella
giapponese ci siano dei problemi… e dato che devo un
favore al preside Nabe mi sono offerto di occuparmi
della tua istruzione! »
Kaito
scosse la testa: « No, adesso basta, quando è troppo è troppo! Guardi, la
ringrazio per la gentile offerta, ma declino l’invito. E adesso, se vuole
scusarmi, dovrei dare da mangiare alle mie colombe! »
« Non
puoi rifiutare. Nel nostro mondo, come in quello magico, c’è l’obbligo
d’istruzione. »
« Non mi
interessano le regole di un mondo in cui non credo l’esistenza. »
« Oh, lo
so benissimo che sei un po’ allergico alle regole… ma
ti avverto fin d’ora che certi comportamenti come furti o scippi a Hogwarts non saranno tollerati, nemmeno se restituisci la
refurtiva subito dopo! E Akzaban, la prigione del
mondo magico, non è nemmeno paragonabile a quella babbana…
non pensare di fuggire con qualche tecnica alla Arsenio Lupin, anche se ne sei
considerato la versione giapponese! »
Kaito
impallidì: « Non… non credo di aver compreso bene… »
Silente
sospirò: « Hai capito benissimo, signor Kaito Kid.
Sono certo che hai i tuoi buoni motivi per comportarti così, e non sono qui per
discuterne ora… »
« … ma
immagino che se non le darò ascolto, lei andrà alla polizia a denunciarmi,
giusto? »
L’uomo lo
guardò con occhi severi: « Questo è ciò che credi tu. »
« Non so
come chiami lei questa cosa, nel mondo “babbano” la
chiamiamo ricatto! »
« Non
sono un ricattatore, ti ho solo detto quello che so. La scelta è tua. »
Kaito
sospirò: « E va bene, anche se non so spiegarle l’esatto motivo, lei mi ispira
fiducia e ho deciso di concederle una possibilità, una sola! Ha una possibilità
per convincermi dell’esistenza di questo mondo magico. Se ci riuscirà, io verrò
a Hogwarts senza fare storie, altrimenti amici come
prima, e se vorrà di tanto in tanto tornare qui a bersi un tè e a discutere di
trucchi magici non le chiuderò la porta in faccia. Affare fatto? »
Albus guardò
divertito la mano che il ragazzo stava porgendogli: « Affare fatto! Ecco qui! »
Kaito si
ritrovò in mano un biglietto aereo per l’Inghilterra.
« Appuntamento
fra due giorni all’aeroporto, dove un mio fidato collaboratore ti porterà a
comprare il materiale necessario per poter frequentare le lezioni. Credo che il
modo migliore per convincerti sia farti immergere direttamente nel mondo
magico, e DiagonAlley è il
posto migliore per farlo! »
Kaito
sorrise: « Bè, una gita pagata non si rifiuta mai! E
poi amo il rischio, dovrebbe saperlo! »
« Lo so. Hagrid ti aspetterà all’aeroporto. Non credo avrai problemi
a riconoscerlo, è un tipo che si fa notare abbastanza facilmente! E ti
consiglio di portarti dietro un po’ di yen da cambiare per le spese. »
« Dà già
per scontato che verrò alla sua scuola, vero? »
Silente
sorrise in modo quasi paterno: « Sì, Kaito, ne sono praticamente certo. »
Il
preside guardò l’orologio: « Oh, mi spiace, ma si è fatto tardi! Ci vediamo a Hogwarts il primo di settembre, ok? A presto, Kaito Kuroba! »
Il
ragazzo cercò di fermarlo o di aggiungere ancora qualcosa, ma l’uomo fece una
giravolta su se stesso e scomparve nel nulla. Kaito rimase fermo, incapace di
pensare nulla di veramente concreto e ragionevole. Poi lo sguardo cadde sul
biglietto aereo.
« Ma
guarda tu in che razza di situazione mi sono cacciato…
»
Poco
lontano da lì, Silente sorrise intenerito nel vedere le reazioni del ragazzo.
Era perfettamente normale e comprensibile che Kaito avesse fatto molta più
resistenza degli altri, dopotutto i normali studenti ricevevano la notizia a
undici anni, mentre lui ne aveva sedici, ed era già pienamente integrato nel
mondo babbano. Era una situazione più che anomala, ma
non aveva avuto altra scelta, visto il Voto Infrangibile che aveva stretto
tanto tempo prima.
« Da una
parte avrei voluto che questo momento non giungesse mai, Kaito Kuroba… ma non posso negare di essere contento di averti
rivisto! »
E, con un
altro giro su se stesso, si smaterializzò nuovamente.
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fan
fiction in questo fandom, e ho voluto cimentarmi con
questa piccola follia! Le idee non mi mancano, e i colpi di scena saranno
tantissimi, ve l’assicuro! La mia specialità è stupire il lettore, e spero di
riuscirci anche questa volta!
Che dire, spero che l’idea v’incuriosisca
e che abbiate voglia di farmi sapere cosa ne pensate! Vi aspetto al prossimo capitolo… Kaito e Hagrid in giro
per DiagonAlley!
Con un
po’ di titubanza, Kaito scese dall’aereo. Non era molto sicuro dell’avventura
in cui si stava imbarcando, e allo stesso tempo era eccitato dalla novità.
Abbassando
gli occhiali scuri, iniziò a guardarsi attorno. Silente gli aveva assicurato
che questo Hagrid sarebbe stato molto riconoscibile,
ma non aveva idea di cosa intendesse.
Il
ragazzo si voltò e solo l’irrinunciabile faccia da poker insegnatagli dal padre
gli impedì di gridare alla vista di un uomo enorme e peloso che lo chiamava a
squarciagola.
« Credo
di aver capito cosa intendesse il vecchio… »
Con un
po’ di titubanza, si avvicinò all’omone, che era talmente alto da sfiorare il
soffitto dell’aereoporto.
« Lei… è il signor Hagrid? »
Il volto
dell’uomo si aprì in un sorriso che sarebbe stato meraviglioso, se non fosse
stato inglobato in quella gigantesca barba nera: « Oh, Kaito, eccoti
finalmente! E non osare mai più chiamarmi signore, chiaro? Sono RubeusHagrid, custode delle
chiavi e dei luoghi di Hogwarts! »
Kaito lo
guardò perplesso: « Ma avete tutti dei titoli così lunghi? »
Di tutta
risposta Kaito ricevette una botta sulla schiena con la quale dovette dire
addio a un paio di costole a cui era particolarmente affezionato.
« Nonostante
il titolone, sono solo il guardiacaccia! E mi puoi chiamare tranquillamente Hagrid, come fanno tutti! Il professor Silente mi ha
parlato molto bene di te, mi ha detto che sei uno in gamba…
»
« Mi fa
piacere! »
« … e che
devo convincerti dell’esistenza della magia portandoti a DiagonAlley, altrimenti non verrai a Hogwarts!
È una grossa responsabilità, ma io sono l’uomo di fiducia del preside e non mi
tiro indietro! Avanti, allora, andiamo! »
Kaito si
voltò indietro: « Aspetta, devo prendere la valigia…
»
Hagrid sbatté
violentemente una mano su una borsa dall’aria familiare: « È tutto qui!
Rilassati, è tutto sotto controllo! »
Kaito
deglutì, preferendo non sapere in che condizioni fossero le sue cose dopo una
botta del genere, e si limitò a seguire docilmente il suo accompagnatore.
Kaito si
lasciò guidare da Hagrid per le vie di Londra,
chiedendosi come facessero a non attirare così tanto l’attenzione. Dopotutto
era felice del viaggio imprevisto, e il suo accompagnatore, per quanto
irruento, era sicuramente di buon cuore.
« Di qua,
Kaito, seguimi! »
Il
ragazzo si voltò, notando un localino talmente piccolo e malfamato che
sicuramente se Hagrid non glielo avesse indicato
avrebbe tranquillamente ignorato.
Incuriosito,
alzò lo sguardo all’insegna: « Il Paiolo Magico? Un nome adatto all’occasione,
senza alcun dubbio… ehi! »
Senza
farsi troppi complimenti,il guardiacaccia l’aveva afferrato e trascinato
all’interno. L’atmosfera del locale era effettivamente molto diversa dai negozi
che lo circondavano, e per un attimo Kaito si chiese se era finito in una locanda
medievale.
« Ehilà, Hagrid! Il solito? »
« No,
oggi no, Tom, sono in servizio per Hogwarts! »
Il
barista allungò un po’ il collo, notando il ragazzo: « Ehi, ma stai di nuovo
accompagnando Potter a fare spese come l’anno scorso? »
Kaito
chiese: « Chi? »
Hagrid rise,
mettendo un braccio intorno al collo del malcapitato prestigiatore: « Oh, no,
stavolta ho cambiato! Ti presento Kaito Kuroba, futuro studente di Hogwarts! »
Tom lo
fissò perplesso: « Non è un po’ grande per essere al primo anno? »
Kaito
stava per rispondere, ma il guardiacaccia lo interruppe all’istante: « Oh, è
solo un po’ più alto dei suoi compagni! Se non ti dispiace ora dovremmo andare!
A più tardi, Tom! »
« Ciao, Hagrid! »
Con
nonchalance il guardiacaccia spinse Kaito verso l’uscita secondaria del
negozio.
« Silente
si è raccomandato di non far sapere che hai sedici anni invece che undici… attireresti troppo l’attenzione, e tu non sai
ancora se verrai a Hogwarts o no, giusto? »
Kaito
annuì: « Nessun problema, ma… si può sapere che ci
facciamo qui? »
Di fronte
a loro, infatti, c’era solo un muro di mattoni.
Hagrid lo
guardò come se fosse la cosa più ovvia del mondo: « Questo è l’ingresso per DiagonAlley! »
Kaito mise
una mano sui mattoni, poco convinto. Non vedendo porte mimetizzate, si appoggiò
al muro con la schiena e fissò il suo accompagnatore con aria scettica e con le
braccia incrociate: « Questo? »
Hagrid prese da
una tasca della sua palandrana un curioso ombrellino rosa e batté sui mattoni
seguendo un ordine preciso: « Questo. »
Non
appena ebbe finito, i mattoni iniziarono a muoversi, e Kaito perse
l’equilibrio, cadendo all’indietro. Seduto per terra, si voltò indietro per
capire come un solido muro di mattoni avesse potuto cedere tanto
all’improvviso.
Solo che
il muro non c’era più. Al suo posto era comparsa una strada colorata e piena di
vita.
Hagrid lo
indicò con la mano, con un gesto e una frase che aveva già collaudato l’anno
precedente: « Benvenuto, Kaito, a DiagonAlley! »
Il
ragazzo si guardò intorno stupefatto. Se era tutta scena era sicuramente il
miglior allestimento teatrale che avesse mai visto, e ne aveva visti tanti!
Un sacco
di persone di ogni età si aggirava affaccendata per una strada selciata tutte
curve e talmente piena di negozi da ricordare a Kaito un outlet “babbano” in periodo di saldi. Le persone avevano vestiti
dalla foggia curiosa, con forte prevalenza di colori scuri e di lunghi mantelli
neri. Ridacchiò nel vedere anche qualcuno con dei cappelli a punta.
Hagrid gli
disse qualcosa mentre lo sollevava di peso dal terreno, ma Kaito era troppo
rapito dallo straordinario ambiente per farci caso. Si limitò a seguire il
guardiacaccia senza smettere un istante di guardarsi intorno per cogliere nuovi
particolari. I negozi erano i più strani e curiosi, sicuramente corrispondenti
alle esigenze delle streghe deipiù
classici stereotipi: calderoni, ingredienti assurdi per chissà quali intrugli,
persino scope su cui volare, a cui era dedicata un’intera vetrina su cui molti
ragazzini tenevano gli occhi incollati.
Hagrid guardò
il volto del ragazzo e rise: « Sei rimasto senza parole, eh? »
Per
quanto gli scocciasse ammetterlo, Kaito dovette dargli ragione. Se si trattava
di una candid camera era sicuramente la migliore mai
architettata!
Il
gigantesco guardiacaccia indicò un edificio: « Prima di fare qualsiasi cosa,
una capatina alla Gringott è d’obbligo! »
« Gringott? »
« La
banca dei maghi! Avete qualcosa di simile anche nel mondo babbano,
no? Dobbiamo cambiare i tuoi soldi per fare gli acquisti per la scuola! »
L’edificio
indicato da Hagrid era ancora più appariscente degli
altri: alto, imponente e bianco come la neve, di una tonalità che a Kaito non
poteva non piacere. Anche all’interno della banca c’era movimento, ma quello
che attirò di più l’attenzione del prestigiatore fu un esserino
con una divisa scarlatta e oro posto all’ingresso.
« Cos’è quel…coso? »
« Quale?
»
Kaito si
rese conto di essere stato un po’ generico e cercò le parole migliori per
definirlo: « Quella sorta di ET in divisa d’ordinanza sulla porta! »
Hagrid guardò
un po’ di storto il ragazzo e l’ingresso della Gringott,
cercando di capire cosa potesse aver impressionato Kaito, soprattutto perché
non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere un ET.
« Ah…aspetta… non dirmelo: ho
dimenticato di avvertirti dei folletti, vero? »
« Folletti??? »
« Sì,
sono le creature che si occupano dei soldi dei maghi. Sono degli ottimi
custodi, ti assicuro che la Gringott è uno dei posti
più sicuri al mondo. »
Kaito
annuì e passò davanti al folletto cercando di sfoggiare la sua faccia da poker.
Una volta entrati si ritrovarono davanti una seconda porta con una curiosa
scritta:
Straniero,
entra, ma tieni in gran conto
Quel che
ti aspetta se sarai ingordo
Perché
chi prende ma non guadagna
Pagherà
cara la magagna
Quindi se
cerchi nel sotterraneo
Un tesoro
che ti è estraneo
Ladro
avvisato mezzo salvato:
Più del
tesoro non va cercato.
Kaito
sorrise. Un avvertimento che sembrava scritto proprio per Kaito Kid! Ma potevano stare tranquilli, il ladro della luna piena
non era interessato ai tesori della Gringott, almeno
per il momento.
Hagrid lo
condusse per un immenso salone pieno di porte: « Di solito mi tocca scendere
nei sotterranei, ma visto che tu non hai un conto qui e dobbiamo solo cambiare,
pare che almeno per questa volta mi risparmierò un giro su quei dannati
carrelli! »
«
Carrelli? Interessante… mi piacerebbe proprio farci
un giro! »
« Se ci
tieni al tuo stomaco te lo sconsiglio! L’unica cosa interessante nei
sotterranei della Gringott sono i draghi di sorveglianza,
ma preferirei non incontrarli da vicino, sono addestrati per incenerire
chiunque si avvicini alle camere senza un folletto! »
« Draghi di sorveglianza? »
Hagrid lo
guardò come se fosse la cosa più naturale del mondo e Kaito sospirò: « Non ho dubbi
che ottengano migliori risultati intimidatori dei comuni rottweiler…»
Il
folletto allo sportello li squadrò dall’alto con aria di superiorità: « I
signori desiderano? »
Kaito non
sapeva bene cosa dire, ma ci pensò Hagrid a toglierlo
dall’imbarazzo: « Il signor Kuroba dovrebbe cambiare denaro babbano
con quello magico. »
Il
folletto annuì: « Da quale valuta? »
Kaito
presentò delle banconote. L’esserino le guardò con
aria interessata.
« Yen?
Non se ne vedono molti da queste parti… è fortunato,
signor Kuroba, gli yen hanno un cambio molto conveniente! »
Il
ragazzo si ritrovò fra le mani un mucchio di monetine di varie forme e
dimensioni.
« Ehm… ok, grazie… ma non potrei
avere qualche banconota? Non so se mi entrano tutte queste nel portafoglio… »
Il
folletto lo fulminò con lo sguardo e Hagrid,
ringraziando, prese sia i soldi che Kaito e li trascinò fuori dalla banca.
« Ehi, ma
che ho detto di male? »
« I
folletti sono molto suscettibili su questo punto…
dicono che le banconote sono solo una follia babbana!
Non concepiscono come la comune carta, ancora meno pregiata della pergamena,
possa avere lo stesso valore dei metalli preziosi… se
quel folletto fosse stato di cattivo umore avrebbe anche potuto portarti a
conoscere di persona il drago di cui parlavamo prima! »
Kaito
sospirò: « Saranno una follia babbana, ma le
banconote ti permettono di non portarti dietro duecento chili di metallo! Non
so dove metterle, mi bucheranno il borsellino e le tasche! »
Hagrid sorrise:
« Se il problema è solo quello, lo si risolve in fretta! »
Il
guardiacaccia entrò in un negozietto e ne uscì pochi minuti dopo: « Metti qui
tutti i tuoi soldi! »
Kaito si
vide mettere fra le mani un borsellino nero. Un po’ dubbioso, scaricò tutte le
monete dalle tasche e dal portafoglio.
« Ehi, ci
stanno tutte! E il borsellino è più leggero di quanto mi aspettassi…
»
Hagrid lo
guardò con orgoglio: « Monete magiche hanno bisogno di un borsellino magico!
Consideralo un regalo da parte mia, mi stai simpatico, ragazzo! »
Kaito
sorrise: « Bè… grazie mille, allora! Meglio del
gonnellino di Eta Beta! »
« Di nulla… ah, e ricordati: diciassette falci d’argento fanno
un galeone d’oro e ventinove zellini di bronzo fanno
un falci! Facile, no? »
Il
ragazzo guardò perplesso l’interno del borsellino: « Più o meno…
credo proprio che mi cucerò un biglietto sulla fodera
per ricordarmelo! Dunque, dove vuoi trascinarmi ora?»
« Abbiamo
una lista da seguire, ma tanto per cominciare ti porterò in un negozio molto speciale… dobbiamo comprare ciò che rende un mago davvero
degno di questo nome! »
« Un
cappello a punta? »
« No… meglio questo! »
Kaito
alzò lo sguardo. Si trovavano davanti a una bottega con un’insegna eloquente: “Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore
dal 382 a.C.”.
« Avanti
Cristo? Addirittura? »
Kaito si
fermò qualche secondo a guardare la vetrina. Fu inutile, l’interno era
completamente oscurato. Si chiese se la bacchetta fosse così importante per un
mago, poi si ricordò che anche quel vecchio pazzo ne aveva usata una per
trasformargli l’armadio in un gatto.
«
Coraggio, entra! Io ti aspetto qui! »
« Non… non vieni? »
Hagrid sorrise:
« Ho già salutato il vecchio Olivander l’anno scorso… e credo la scelta della bacchetta sia un’esperienza
importante nella vita di un mago. Per te, che non credi nella magia, forse è
meglio non essere accompagnato da un vecchio brontolone come me! Ti aspetterò
qua fuori, vai tranquillo! »
Kaito lo
guardò sorpreso. Mise una mano sulla maniglia e suo malgrado si ritrovò a
deglutire rumorosamente. Hagrid gli aveva messo
addosso un po’ d’ansia. Diede ancora un ultimo sguardo al suo accompagnatore e
il ragazzo si decise ad entrare.
Il locale
era più spoglio e buio di quanto Kaito si fosse aspettato. All’interno del
locale c’erano solo una sedia, un bancone e un’infinità di scatoline lunghe e
strette. Per un attimo il prestigiatore fu tentato di contarle, poi,
ricordandosi dell’incanto del borsellino che aveva in tasca, decise di lasciar
perdere.
« Salve!
»
Kaito si
guardò intorno. Non era riuscito a individuare la fonte del saluto.
« Sono
qui! »
Dai
meandri del negozio comparve un uomo anziano, dagli occhi di un grigio
straordinario, quasi d’argento, che sembravano brillare nel buio. Non avendolo
visto arrivare, Kaito si convinse ancora di più che il locale fosse truccato,
che si trattasse di magia vera o meno.
« Non ci
siamo mai incontrati, vero? Mi chiamo Olivander,
fabbrico bacchette magiche da una vita intera. »
Il
ragazzo strinse educatamente la mano: « P-piacere,
Kaito Kuroba! »
Olivander gli sorrise,
comprensivo: « Capisco… lei è spaventato da tutte
queste novità improvvise, vero? »
« Scusi?
»
« Oh, il
suo scombussolamento è più che comprensibile: uno straniero come lei, custode
di un grande segreto, che si ritrova catapultato nel mondo magico nel giro di
qualche giorno… lei è ancora combattuto se accettare
tutto questo o continuare a combatterlo con la logica babbana…
»
Kaito lo
guardò stupefatto: « E lei come… »
L’uomo
andò a prendere qualcosa dietro al bancone: « I miei vecchi occhi hanno visto
molte cose e hanno imparato ad andare oltre le apparenze…
tutti i maghi prima o poi passano di qui, a farsi scegliere dalle mie bambine… »
« Ma è un
negozio o un’agenzia matrimoniale? »
Olivander rise: « Sei
un ragazzo di spirito! Le mie bambine sono le mie creature, le mie bacchette… le creo con così tanto amore che dopo un po’
finisco per sentirle un pochino come figlie mie… »
Kaito
sorrise intenerito. L’uomo gli sembrava un po’ rimbambito, ma innocuo.
« Dunque,
passiamo alle cose serie! Con che mano avrebbe intenzione di usare la
bacchetta? »
« Sono ambidestro… »
L’uomo
guardò per un momento le mani di Kaito: « Non fatico a crederlo, queste sono
mani ben allenate a fare ogni sorta di movimento! Va bene, allora misurerò
entrambe le braccia… »
Il
prestigiatore si ritrovò a guardare l’oggetto che il vecchio aveva tirato fuori
dal bancone poco prima, un metro a nastro dalle tacche d’argento, muoversi da
solo e iniziargli a prendere le misure delle braccia dalle spalle fino alle
punte delle dita, poi dai polsi ai gomiti, poi dalle spalle a terra, dalle
ginocchia alle ascelle e anche la circonferenza della testa, oltre la distanza
fra le narici, cosa che provocò a Kaito un forte starnuto.
Olivander osservò
per un po’ a braccia incrociate, memorizzando tutte le misure, mentre ripeteva
un discorso che nel corso degli anni aveva ormai imparato a memoria: « Ogni
bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto
di una potente sostanza magica, signor Kuroba. Usiamo peli di unicorno, penne
della coda della fenice e corde del cuore dei draghi. Non esistono due
bacchette costruite da Olivander che siano uguali,
così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto
identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con
la bacchetta di un altro mago. »
« Tutto
chiaro, ma io come faccio a sceglierne una? Ne indico una a caso, lasciandomi
guidare dalla sorte? »
Olivander
ridacchiò, mentre si allontanava verso la miriade di scatolette: « Oh no,
signor Kuroba! Vede, in realtà non è il mago a scegliere la bacchetta…
è la bacchetta stessa a scegliere il proprio mago! »
Kaito si
guardò intorno con aria molto scettica: « E come dovrebbe fare? Mi vede e mi
indica? »
Il
vecchio tornò con una scatola: « Quando sarà il momento lo capirà! Intanto,
inizi a prendere in mano questa: legno di faggio e corde di cuore di drago.
Nove pollici. Bella flessibile. »
Un po’
dubbioso, Kaito prese quello che per lui era un bastoncino di legno marrone, ma
quasi immediatamente Olivander gliela strappò dalle
mani.
«
Tentiamo un altro classico: ebano e peli di unicorno. Otto pollici e mezzo.
Elastica. »
Di nuovo
Kaito prese la bacchetta nera e nuovamente gli venne strappata dalle mani.
« Dal
cognome lei dev’essere giapponese…
in onore al suo paese, ciliegio e piume di fenice. Otto pollici. Rigida. »
La scena
si ripeté uguale, e così per un’altra ventina di bacchette almeno. Kaito non
capì il senso di tutta questa pantomima all’inizio, ma non poté fare a meno di
notare che, bacchetta dopo bacchetta, lo sguardo del vecchio s’illuminava
sempre di più di una nuova luce, di una vitalità inattesa. Il fatto di
continuare a passargli una bacchetta dopo l’altra non sembrava deprimerlo,
anzi, lo considerava evidentemente un’entusiasmante sfida, in grado di togliere
dal suo volto stanco almeno trent’anni di vecchiaia. Kaito lo vedeva
volteggiare con un’agilità insospettabile su una grossa scala da biblioteca,
avanti e indietro per il negozio, alla ricerca della scatola più nascosta e più
segreta, e quando anche l’ennesima bacchetta sembrava non dare i risultati
sperati, senza dire una parola ripartiva con più energie e più entusiasmo di
prima.
Kaito
sapeva come si chiamava: passione,
amore puro e semplice per il proprio lavoro. Aveva visto quello stesso sguardo
negli occhi di suo padre ogni volta che aveva dovuto salire su un palco, lo
vedeva negli occhi dell’ispettore Nakamori quando lo
inseguiva nei panni di Kaito Kid, era quasi certo di
averlo sfoderato anche lui ogni qualvolta le sue mani creavano un nuovo gioco
di prestigio. Aveva dovuto mettersi spesso nei panni di altre persone, ma
quello sguardo così carico di passione non era mai riuscito a imitarlo in modo davvero
convincente. Per esperienza, era certo che non fosse possibile recitare una
parte conservando quello sguardo forte e puro. Quell’uomo era davvero convinto che le sue bacchette
potessero aiutare le persone a sfoderare la propria magia. E questo, più di tutti gli incantesimi di Silente, più di tutti i giri
di Hagrid, lo convinse della veridicità del mondo
magico e di tutto ciò che lo circondava.
Olivander riemerse
di nuovo, con i capelli un po’ impolverati: « Mi sono ricordato di questa! Era
in un angolo sperduto del negozio, tutta impolverata, poverina, mi ero
praticamente scordato di lei… »
Il
vecchio soffiò sulla scatola, sollevando una nuvola di polvere che avrebbe
probabilmente ucciso una persona allergica.
« Oh, ci
avevo lavorato molto a questa! La sua particolarità è tutta nel legno… proviene dalle tundre siberiane, ed è rimasto
talmente a contatto con la neve che pare che essa sia penetrata nelle fibre del
legno, donando alla bacchetta questo colore così particolare…
»
Olivander la tirò
fuori dalla scatola e Kaito sbarrò gli occhi. Fino ad allora tutte le bacchette
che gli erano state fatte provare erano state o marroni o nere. Quella invece
era bianca, completamente candida. Come il costume di Kaito Kid.
« Abete e
peli di unicorno, candidi come questo legno. Dieci pollici. Estremamente
flessibile. »
Per
qualche misterioso motivo, il cuore di Kaito accelerò nei pochi istanti che gli
ci vollero per afferrarla. Fu allora che, a differenza delle bacchette
precedenti, il ragazzo avvertì un calore alle dita, dolce e intenso come quello
della cioccolata calda del bar vicino alla scuola che beveva con Aoko quando nevicava. Trattenendo il respiro, guidato da
un istinto quasi atavico, Kaito la mosse nell’aria disegnando scie di scintille
bianche, azzurre e argento. Il ragazzo ebbe la netta impressione che il suo
braccio fosse nato apposta per quel momento, per quel movimento. Per un
meraviglioso istante braccio, mano e bacchetta sembravano diventate un
tutt’uno.
Olivander sospirò
sollevato: « Finalmente! »
Kaito
guardò la bacchetta con gli occhi sbarrati dalla meraviglia: « È… è stato…indescrivibile! »
Olivander gli
sorrise: « Oh sì, in qualche caso la scelta della bacchetta può portare queste
sensazioni, per di più a una persona che come lei prima d’ora non era mai
entrata veramente in contatto con la magia. Sembra proprio che quella bacchetta
sia in particolare sintonia con la sua magia… meno
male, è un doppio sollievo! »
Quasi con
riluttanza, Kaito riconsegnò la sua bacchetta all’artigiano per impacchettarla:
« Doppio? »
Olivander rimise
la bacchetta nella scatola e iniziò a comporre un elegante pacchetto: « Prima
di tutto, per lei; in secondo luogo anche per la bacchetta stessa. Sa, l’avevo
costruita su ordinazione per un signore… sì, adesso
che ci penso bene, un signore asiatico come lei! Non mi disse il suo nome, ma
me lo ricordo bene perché fu lui stesso a portarmi il legno…
di solito mi procuro personalmente gli ingredienti, ma quel particolare tipo di
legno mi aveva affascinato ed eccezionalmente accettai l’incarico. »
Kaito fu
colto da un dubbio: « Ma allora il suo cliente non se la prenderà se vende a me
questa bacchetta? »
L’uomo
sospirò: « Non è mai stata ritirata. Sono passati molti anni da quando
quell’uomo varcò per la prima e ultima volta la soglia del mio negozio… »
Il
ragazzo ipotizzò: « Forse aveva cambiato idea. »
L’anziano
scosse la testa, sorridendo dell’ingenuità del suo giovane cliente: « No,
purtroppo no. Dopo qualche mese venne da me Silente, il preside di Hogwarts, ad annunciarmi la morte del mio committente. »
« Oh… mi scusi, non immaginavo… »
« Mi
disse anche di tenerla in negozio, perché conoscendo la persona era certo che
gli avrebbe fatto piacere se qualcuno, prima o poi, avesse potuto utilizzarla.
Ai morti questi oggetti straordinari sono completamente inutili…
ma ora basta con questi piagnistei, lei è giovane e di queste cose non deve
preoccuparsi! »
Kaito
annuì e Olivander gli sorrise porgendo il pacchetto:
« Sono sette galeoni! »
Il
ragazzo aprì il borsellino e ne guardò il contenuto perplesso: « Ok… il problema qui è capire quali siano questi benedetti galeoni… »
« Sono le
monete d’oro. »
Chiarito
il problema, Kaito pagò, prese la sua bacchetta, salutò con molta gentilezza e
uscì dal negozio.
L’artigiano,
rimasto solo, si appoggiò pesantemente sul bancone: « Silente, Silente…perché ho la
netta impressione che mi abbia di nuovo coinvolto mio malgrado in qualcosa di
grosso? »
Hagrid lo stava
aspettando fuori dal negozio tutto pimpante: « Ehi, sei stato là dentro così
tanto che credevo che Olivander ti avesse assunto
come apprendista! »
Kaito
rise: « No, ma mi avrebbe fatto piacere, quell’uomo mi affascina molto! »
« Allora,
com’è questa bacchetta? »
Il
ragazzo la tirò fuori dalla scatola con aria evidentemente orgogliosa: « Abete
e peli di unicorno, dieci pollici, estremamente flessibile! »
Hagrid la prese
e la guardò ammirato: « Non ne avevo mai viste di questo colore…
»
« Una
bacchetta rara per una rara matricola di sedici anni! Dunque, che altro c’è su
quella lista? »
Hagrid notò
subito che l’atteggiamento tanto critico di Kaito si era improvvisamente
addolcito, ma non glielo fece notare e continuò come se nulla fosse,
intimamente fiero di essere riuscito nel compito affidatogli dal preside.
Dopo aver
superato miracolosamente i controlli bagagli all’aeroporto, Kaito si voltò per
salutare Hagrid.
Il
guardiaccia lo scrutò dall’alto: « E dunque? Alla fine verrai? »
Il
ragazzo sospirò: « Sì, penso proprio di sì! »
« E
allora perché stai tornando indietro? Fra quattro giorni inizia la scuola! »
« Non
posso sparire dieci mesi nel nulla senza avvertire nessuno! Dammi il tempo di
sistemare qualche faccenda e poi tornerò qui per entrare a Hogwarts,
va bene? »
Hagrid gli
consegnò un biglietto del treno, ma Kaito storse il naso: « Treno? Non c’è un
volo aereo? Dal Giappone farei decisamente prima… »
Hagrid rise: «
L’unico modo per arrivare alla scuola è prendere quel treno, in quella stazione
e a quell’ora precisa! »
« E va
bene, mi farò questa trafila! »
« Allora
a presto, Kaito! Ti aspetto nella mia baracca per un tè, mi raccomando! »
« Non
mancherò! »
Kaito
s’accomodò sul sedile, chiedendosi se Hagrid lo
stesse ancora guardando dall’interno dell’aeroporto o se se ne fosse già
andato. Poi gli venne in mente che avrebbe dovuto inventarsi una marea di scuse
per giustificare a sua madre e a Aoko la sua partenza
e tutti quegli strani bagagli.
« Temo
che partire sarà ancora più difficile che frequentare questa scuola assurda… »
Ciao
a tutti! In un momento di pura ispirazione ho scritto il secondo capitolo molto
prima di quanto io stessa mi aspettassi! Non prendeteci l’abitudine, però, non
credo che il prossimo aggiornamento sarà altrettanto rapido! Intanto ne
approfitto per ringraziare MeiyoMakoto e darkroxas92
per aver commentato e aver deciso di continuare a seguire questa storia.
Mi permetto
solo una nota. Amo questa serie di libri, e in questo come nei prossimi
capitoli cercherò mi mantenermi il più possibile fedele ai libri, a volte
copiandone dei pezzi, ma sempre (o quasi sempre) dal punto di vista dissacrante
di Kaito, che credetemi, non risparmierà niente e nessuno! Prossimo capitolo: l’espresso
per Hogwarts, con tante vecchie conoscenze, una certa
Ford volante e i primi dettagli che inizieranno a cambiare…
uno come Kaito non può esimersi dal scombinare un po’ le carte in tavola, no?
Kaito
uscì dall’aeroporto trascinandosi il suo ingombrante baule e chiamò un taxi.
«
Stazione di King’s Cross, per favore. »
Il
ragazzo si accomodò sul sedile dell’auto, ripensando a tutto quello che era
accaduto nei giorni precedenti a casa sua, in Giappone.
« Ma sei sicura che ti vada bene? »
« La scelta è tua, Kaito. Non posso dire che
mi faccia piacere che tu vada via per così tanto tempo, ma è una decisione che
rispetto. »
Kaito sorrise: « Grazie, mamma! Anche per
avermi creduto, pensavo che mi avresti preso per pazzo! »
La donna scompigliò i capelli del figlio: «
Tua madre è una donna più aperta di quanto credi! Manterrò il tuo segreto,
tranquillo, e ti farò avere tutte le lettere e le notizie da casa… »
« Ti adoro. »
« Adesso, però, come spiegherai la cosa a
tutti gli altri? Hogwarts ti ha dato il permesso di parlarne solo a me, perché
sono tua madre… »
Kaito sorrise: « Oh, qualcosa m’inventerò! La
fantasia non mi manca di certo… »
Qualcuno suonò alla porta.
« Anzi, ecco il primo! E cominciamo con le bugie… tanto ci sono abituato… »
Non appena il ragazzo aprì la porta, venne
immediatamente travolto da un signore anziano: « Signorino Kaito!!! »
« Ehilà, Jii! Non
ti pare di esagerare con le manifestazioni di affetto? »
L’uomo lo guardò con i lucciconi agli occhi:
« Signorino, è vero che parte? »
« Sì, Jii. Mi è
stata offerta una grossa occasione, di quelle che capitano una volta nella
vita! »
« Non sarà mica legato a…
»
Jii iniziò a fargli degli occhiolini a ritmo
frenetico. Kaito capì subito a cosa si stesse riferendo: dopotutto, l’anziano
uomo era sempre stato l’aiutante di Kaito Kid fin dai tempi di suo padre.
« No, non riguarda quello, tranquillo! Ma
chissà, magari mi arriverà qualche notizia interessante! Mi raccomando, non
mancare di mandarmi notizie! Scrivimi delle lettere e dalle a mia madre, lei
saprà dove inviarle! »
Jii avrebbe voluto chiedere più informazioni, ma
con la coda dell’occhio vide una persona più che familiare e capì che era
meglio farsi da parte con la scusa di entrare in casa per salutare la madre di
Kaito.
Dall’altra parte della strada, appoggiata con
la schiena al tronco di un albero, c’era Aoko che lo
guardava con occhi tristi. Il ragazzo sorrise allegro e la raggiunse.
Senza nemmeno salutarlo, la ragazza gli
chiese direttamente: « È vera questa storia? »
« Sì. »
« Quindi te ne vai davvero in un college inglese?
»
Kaito le fece un occhiolino e con un sorriso
furbetto fece apparire un fiore: « Un college molto speciale, Aoko, riservato esclusivamente ai migliori aspiranti
prestigiatori del mondo! Mi hanno scelto fra un sacco di ragazzi, è
un’occasione unica. E poi tornerò qui per le vacanze di Natale, di Pasqua e per
tutta l’estate! »
La ragazza prese il fiore con aria un po’
triste: « Le lezioni saranno molto più noiose senza di te…
»
Kaito iniziò a passeggiare e Aoko gli andò dietro: « Oh, senza dubbio! Però la prof di
mate tirerà un sospiro di sollievo, almeno d’ora in poi riuscirà a spiegare
qualcosa senza che io e te ci rincorriamo per la classe mentre parla! »
La ragazza alzò gli occhi al cielo: « Spero
per te che non alzerai la gonna a tutte le compagne! Se lo vengo a scoprire
prendo un aereo e t’inseguo con la scopa fino in capo al mondo se necessario! »
Kaito rise al vedere la linguaccia che
l’amica gli rivolse: « Chissà, in un momento di nostalgia potrebbe venirmi
anche la tentazione! »
« Ma che nostalgia e nostalgia, ho intenzione
di chiamarti molto spesso! »
Kaito si guardò intorno imbarazzato: « Veramente… credo che non sarà così facile! »
« Perché? »
« Il college è in una zona isolata, i
cellulari non prendono… »
« Capisco… c’è
internet? »
« No. In alcune zone della vecchia Europa non
possono mettere i ripetitori per vincoli ambientali e paesaggistici. Sai com’è,
non vogliono rovinare le verdi colline del Galles… »
Kaito ringraziò la sua buona, vecchia,
allenata faccia da poker per non essere ancora scoppiato a ridere per la serie
di assurde panzane che stava sparando a Aoko, che si
limitò a sbuffare: « Uffa, quindi non
posso mandarti nemmeno delle mail? E allora come faccio a tenermi in contatto?
»
Con uno sbuffo di fumo, Kaito fece comparire
un pezzo di carta e una penna: « Lettere, mia cara, alla vecchia maniera!
Saprai ancora come si scrive, no? »
La ragazza gli fece di nuovo una linguaccia:
« Chissà se tu sarai
ancora capace di leggere il giapponese dopo mesi di inglese forzato! »
« E allora vedi di scrivermi spesso, così mi
manterrò in esercizio! E dai tutte le lettere a mia madre, così mi spedisce
tutto insieme! »
Aoko annuì, poi sbuffò: « Ma che periodo deprimente,
la gente non fa altro che partire… persino Kaito Kid
ha mandato un avviso al mio babbo che per un po’ di mesi non si farà vivo! »
Kaito si trattenne a fatica dal ridere
pensando alla faccia dell’ispettore Nakamori alla
vista del canonico bigliettino autografato.
La ragazza lo guardò dritto dritto negli occhi, come per fissarsi ogni particolare del
suo viso nella memoria: « Mi raccomando, voglio sapere tutto di questo college! »
Kaito arrossì leggermente, senza sapere
nemmeno lui se per l’imbarazzo della situazione o se per lo sguardo penetrante
di Aoko: « Farò il possibile…
»
« E quando tornerai voglio proprio vedere
cosa ti avranno insegnato in Inghilterra! Mi aspetto dei trucchi fantastici! »
« Li avrai, saprò stupirti ancora più di
adesso! Ma adesso scusami, domani devo prendere l’aereo e devo ancora finire di
sistemare il baule… »
« Il baule? »
Kaito si morse la lingua: « Massì, certo, il baule nuovo! Altrimenti come faccio a
esercitarmi nel numero della donna tagliata in due senza un baule dove farla
coricare? »
« Sono molto curiosa di vederlo, vengo a
darti una mano! »
« NO!!! »
Dalla faccia di Aoko,
Kaito si rese conto di essere stato troppo brusco: « Prima regola di un buon
prestigiatore: mai mostrare gli attrezzi del mestiere! »
Aoko lo guardò poco convinta: « Capisco… allora in bocca al lupo, Kaito! »
Il ragazzo si rese conto che stava per
arrossire più di quanto non avrebbe dovuto, e per non farsi vedere iniziò a
correre verso casa: « Crepi! Ci sentiamo presto! Ciao! »
Non notò gli occhi lucidi di Aoko mentre, stringendo il fiore che le aveva dato poco
prima, gli sussurrava: « Ciao Kaito… mi mancherai! »
Il taxi
era rimasto imbottigliato nel traffico. Poco male, aveva ancora due ore di
tempo prima che partisse il treno.
Kaito non aveva fatto in tempo a raggiungere
la porta di casa, quando una voce alle sue spalle lo fece trasalire: « E così
siamo quasi colleghi, eh? »
Il ragazzo si voltò: « Cosa dici, Akako? »
« Non fare il finto tonto con me, sai
benissimo di cosa sto parlando! La storia del college inglese per prestigiatori
non me la dà a bere nessuno, nemmeno tu… tanto più
che a Hogwarts di trucchi di prestigio non te ne insegneranno di sicuro! »
« Conosci Hogwarts? »
La ragazza sorrise: « Chi non conosce
Hogwarts nel mondo magico? Piuttosto mi stupisce che ti abbiano iscritto lì e
non nella scuola giapponese! »
Kaito la guardò sconvolta: « Abbiamo
una scuola di magia giapponese??? »
« Ovvio. Io ho studiato lì! È diversa da
Hogwarts, la si frequenta mentre gli altri bambini fanno le elementari e ci si
specializza in una sola disciplina… »
« … e tu hai scelto Arti Oscure, giusto? »
Akako si avvicinò con aria suadente: « Già… e sappi che non ti basterà cambiare continente per
liberarti di me, Kaito Kuroba… un giorno tu sarai
mio, come tutti gli uomini della Terra! »
Kaito salutò con la mano entrando in casa: «
Libera di continuare a provarci, ma non ho intenzione di arrendermi tanto
facilmente al tuo fascino diabolico! »
La strega non vide la faccia terrorizzata del
ragazzo mentre chiudeva la porta. L’ultima frase era decisamente una minaccia,
e nel corso di molte sfide, sia nei panni dello studente liceale che in quelli
del ladro prestigiatore, Akako aveva dimostrato con
mille magie di avere nei suoi confronti sentimenti di amore e odio… e di essere tremendamente lunatica, passando da un
giorno all’altro dai filtri d’amore ai tentativi di ucciderlo perché non riusciva
a farlo innamorare di lei! Ma la verità era che il suo cuore era già occupato…
Stava già per tirare un sospiro di sollievo,
credendo di aver finito le persone da avvertire, quando gli squillò il
cellulare.
« Pronto? »
« Non è carino, Kuroba, venire dalle mie
parti e non avvertire neppure! »
« S-Saguru? »
Kaito si sbatté una mano sulla fronte. Ci
mancava solo il detective liceale impiccione!
« Sai benissimo che vivo per la maggior parte
del tempo in Inghilterra… e sai una cosa? »
« No, ma scommetto che m’informerai subito! »
« Ho fatto un paio di ricerche e non esistono
college dedicati alla prestidigitazione in questo Stato…
e per di più non risulti iscritto in nessuna scuola, mio caro Kaito Kid! »
Già, SaguruHakuba sospettava da tempo la sua doppia identità, ma Kaito
era sempre stato sufficientemente furbo da non dargli mai delle vere e proprie
prove che potessero valere in tribunale.
« Ancora con questa storia? »
Anche se non poteva vederlo, era certo che Saguru stesse sorridendo: « Scoprirò perché vuoi venire in
Inghilterra a tutti i costi! Dopotutto, gioco in casa…
»
« Chissà, forse stavolta potrebbe essere
troppo difficile persino per te! Ah, non cercare più di telefonarmi, lascerò il
cellulare a casa! Ci vediamo, Saguru! »
Il ragazzo gli chiuse il telefono in faccia.
« E stavolta dovrei aver finito davvero! »
Il taxi
era finalmente arrivato in stazione. Dopo aver pagato la corsa, Kaito caricò
faticosamente il baule su un carrello e si avviò all’internò dell’edificio. Ma
gli bastarono pochi passi per rendersi conto che una ruota del carrello era
bloccata e che gli toccava impiegare il doppio della forza per tenere la
traiettoria diritta.
« Oh,
fantastico! Cominciamo bene… »
Con
parecchio sforzo, Kaito spinse il carrello per un po’, poi si rese conto che
non aveva controllato il binario. Prese il biglietto e trasalì.
« Come
sarebbe a dire binario 9 e 3/4???
Sarò straniero, d’accordo, ma sono sicuro che non esiste un binario del genere!
»
Per
togliersi ogni ragionevole dubbio, Kaito andò a controllare l’elenco degli
arrivi e delle partenze, ma come immaginava del misterioso binario non c’era
traccia.
« Dunque,
ragioniamo: devo prendere un treno di maghi per una scuola segretissima di cui
la gente comune non deve venire a conoscenza… quindi
posso escludere tutti i treni comuni. Se
io fossi un mago e dovessi nascondere un treno, dove lo metterei? In una
stazione in mezzo agli altri treni, d’accordo, e fino a qui ci sono, ma dove di
preciso? L’unico indizio è questo 9 e 3/4…
fra il binario 9 e il 10, almeno matematicamente parlando…
»
Kaito si
avviò verso i due binari, sperando di trovare una porta, una scala, un
ascensore o qualcosa del genere. Fra i due binari c’era solo un muro, che Kaito
fissò attentamente.
« E se
fosse come a DiagonAlley?
»
Il
ragazzo provò a bussare su qualche mattone, ma non accadde nulla. Provò a
ripensare esattamente a quello che aveva fatto Hagrid: lui aveva toccato i
mattoni con un ombrello rosa…
Kaito ne
estrasse uno dalla borsa: « Spero vada bene anche se è blu e pieghevole… »
Provò a
dare qualche botta, ma il muro non diede segni di vita. No, non funzionava
neanche così. Probabilmente stava ragionando nel modo sbagliato, continuava a
pensare con la logica babbana… con cosa avrebbe
colpito il muro un mago?
La
risposta gli venne spontanea. Kaito afferrò saldamente la bacchetta bianca e
riprovò. Non accadde di nuovo nulla.
Il
ragazzo stava seriamente pensando di tirare un pugno al muro, quando una voce
alle sue spalle lo fece trasalire.
« È solo
troppo presto, il varco si aprirà fra qualche minuto…
»
Kaito si
voltò. A parlare con quel tono di voce saccente era stata una ragazzina più
piccola di lui di qualche anno, con i capelli castani un po’ scompigliati e un
grosso baule proprio come il suo.
« Devi
andare anche a tu a Hogwarts? »
La
ragazza annuì e gli porse la mano: « Hermione Granger,
secondo anno! »
Il
prestigiatore la strinse con delicatezza e le fece il baciamano: « Kaito
Kuroba, primo anno… »
Hermione
lo guardò sorpresa: « Davvero? Avrei detto che fossi almeno del quinto, a
vederti! Pensavo fossi solo un po’ impaziente di andare al treno, invece non
sai proprio come arrivarci! »
Kaito
allargò le braccia: « Sono un mago da meno di una settimana, non ho ancora
capito bene come funziona tutta questa stramberia magica…
»
La
ragazza sorrise comprensiva: « Ti capisco, anch’io vengo da una famiglia babbana e mi sono trovata molto in difficoltà all’inizio… per cercare di capire tutto mi sono buttata su un
sacco di libri. »
« Non
credo che sia un metodo adatto a me… diciamo che io
sono un tipo un po’ più pratico… »
E senza
un attimo di esitazione la ragazza spinse il carrello verso il muro, da cui
venne inghiottita. Kaito trasalì e per poco non gridò.
« Ok…coraggio… non sarà peggiore
di un inseguimento dell’ispettore Nakamori… »
E, maledicendo
il carrello che se andava per i fatti suoi, Kaito si buttò nel muro
aspettandosi la peggior botta della sua vita.
Non
accadde nulla.
Con un
po’ di titubanza il ragazzo aprì gli occhi. Era su un binario completamente
diverso da quelli della stazione, e davanti a lui c’era un treno nero a vapore
d’inizio secolo, bello fumante.
« Ma che… »
Hermione
gli sorrise: « Binario 9 e 3/4, come richiesto! Che te ne pare? »
Kaito si
guardò intorno stupito, chiedendosi se e quando si sarebbe abituato a tutte
quelle stranezze: « Che di sicuro sapete come nascondere le cose…
»
Hermione
rise: « Dai, andiamo a mettere i bagagli sul treno! »
Il
ragazzo la seguì distrattamente: « Arrivo… »
Mentre
caricava sul treno il pesante baule e aiutava Hermione a fare altrettanto,
Kaito ebbe modo di notare la folla che andava accalcandosi sul binario.
Famigliole vestite spesso in maniera stramba, con abiti babbani
messi un po’ a casaccio, salutavano i loro figli con abbracci, baci e mille
raccomandazioni. Sì, decisamente tutto il mondo era paese, compreso quello
magico.
«
Hermione? »
« Sì? »
« Ma i
tuoi genitori non ti hanno accompagnata? »
« Alla
stazione sì, ma loro sono babbani e non possono oltrepassare
il muro. Del resto neanche i tuoi hanno potuto, no? »
« Mia
mamma non l’ho nemmeno fatta venire. Era un po’ scomodo per lei, dal Giappone… »
«
Giappone? »
Kaito le
sorrise comprensivo: « Sì, sono giapponese, non si capiva dal nome e dai lineamenti?
»
« Bè, sì… ma pensavo fossi nato in
Inghilterra! Altrimenti perché saresti iscritto a Hogwarts? »
Il
ragazzo si affacciò al finestrino: « Non lo so, non l’ho capito nemmeno io… so solo che da quanto mi hanno spiegato il gufo-postino
ha perso la strada e comincio con cinque anni di ritardo…
»
« Ah,
allora non era una mia idea che fossi un po’ alto per avere undici anni! Sei
decisamente un tipo fuori dal comune, Kaito… »
Kaito
rise: « Detto da una strega, poi… »
Hermione
rise a sua volta e si affacciò al finestrino: « Oh, ecco i Weasley!
Temevo che non arrivassero più, sono quasi le undici…
»
« Chi? »
« Sono
una famiglia molto numerosa, a cui appartiene un mio amico…
li vedi? Sono tutti quelli con i capelli rossi. »
« Cavoli,
ma quanti sono? »
Hermione sorrise:
« Un bel po’ e pensa che Bill e Charlie hanno già finito di studiare! Però
quest’anno dovrebbe esserci Ginny, la più piccola e l’unica sorella del gruppo… »
Kaito
fece una smorfia: « Poveraccia, se quelli sono tutti suoi fratelli non la
invidio! »
Hermione
cercò di sporgersi: « Però non vedo Ron e Harry… dove
sono andati a cacciarsi? Non possono essersi messi nei guai ancora prima di
entrare a Hogwarts… almeno spero…
»
Kaito non
ebbe modo di approfondire, visto che una marea di studenti piena di bagagli
invase il treno ed Hermione trovò un sacco di persone da salutare. Stava
iniziando a sentirsi in imbarazzo, quando il treno fischiò e iniziò a muoversi.
La folla dalla banchina si sbracciò ancora di più, i ragazzini si buttarono sui
finestrini e Kaito lasciò loro il posto, sospirando e aspettando che la
situazione si calmasse. Ormai era in ballo, non poteva più tornare indietro.
« Si può?
»
Un
ragazzo dai capelli rossi che Kaito identificò come un Weasley
si affacciò alla porta.
Hermione
s’illuminò: « Ciao, Fred! »
Immediatamente
un altro ragazzo, identico in tutto e per tutto al primo, si affacciò affianco
a lui: « No, io sono Fred, lui è George! Non è vero, George? »
« Giusto,
Fred! Ehi, chi è l’asiatico? »
Hermione
cercò di rispondere, ma Kaito l’anticipò prontamente: « Mi chiamo Kaito Kuroba!
»
Hermione
completò le presentazioni: « E loro sono i gemelli Fred e George Weasley! »
George
aprì del tutto la porta dello scomparto: « A proposito di facce nuove,
conoscete già nostra sorella Ginny? »
Una
ragazzina dai capelli rossi almeno quanto la faccia si affacciò timidamente.
Per farle un po’ di coraggio, Kaito fece comparire un fiore e glielo offrì.
Ginny ringraziò con un cenno della testa e il ragazzo le rivolse un bel
sorriso.
Fred
continuò: « Possiamo lasciarla un po’ in tua compagnia, Hermione? È timida, non
è facile farle fare amicizia e di te almeno ha sentito molto parlare da Ron… »
La
ragazza sorrise: « Ma certo! Scusate, dove sono Harry e Ron? »
Ginny
balbettò: « N…non sono qui con voi? »
Hermione
scosse la testa: « No, non li ho ancora visti. »
George rifletté
ad alta voce: « Li ho persi di vista da quando abbiamo passato la barriera a
King Cross… ma non c’è di che preoccuparsi, prima o
poi salteranno fuori! Senti, Kaito, non mi ricordo proprio di te, di che casa
sei? »
La
domanda spiazzò il prestigiatore, che pensò di ricordare male la grammatica
inglese: « Ehm… in Giappone vivo in una villetta… ehi, che c’è da ridere? »
Infatti
tutti erano preda a uno scoppio d’ilarità, compresa Hermione, che cercava di
mantenere un po’ di contegno: « Ragazzi, non ho fatto in tempo a dirvi che
Kaito, nonostante l’età, è al primo anno… »
« Hai
almeno la nostra età e sei una matricola? »
Fred
completò la frase del gemello: « Che cosa strana… »
George
tirò una pacca sulle spalle a Kaito: « Tranquillo, durante il viaggio abbiamo
il tempo d’insegnarti l’ABC di Hogwarts! »
« Grazie
mille! »
I due
gemelli sollevarono Kaito di peso dalla sedia: « Hermione, vi lasciamo da sole
e ce lo prendiamo. Scommetto che con noi si divertirà molto di più! »
« Non ho
dubbi, ci vediamo dopo! Ah, se vedete Ron e Harry da qualche parte mandatemeli,
per favore! »
« Va
bene, a dopo! »
I due
fratelli chiusero la porta e presero Kaito a braccetto, ognuno da un lato: «
Niente male il trucchetto del fiore con Ginny! »
« Grazie!
»
« Ma
scusa, come hai fatto a fare quella magia se sei una matricola? »
Kaito vi
voltò verso l’ultimo fratello ad aver parlato. Difficile seguire la discussione
con i due gemelli che discutevano in surround intorno a lui: « Non si tratta di
magia. È un trucco babbano. »
George (o
Fred?) lo guardò sorpreso: « I babbani sanno fare
queste cose? »
Kaito
sorrise facendo comparire carte e fazzoletti colorati: « Si chiama
prestidigitazione, ed è la versione babbana delle vostre
magie. Nient’altro che abili trucchetti per stupire
il pubblico, ma molto d’effetto… fino a pochi giorni
fa, l’unico tipo di magia che conoscevo! »
I due
gemelli si guardarono con aria complice: « E saresti disposto a insegnarcene
qualcuno, in cambio di un rapido corso sul mondo magico? »
Kaito
fece spallucce: « Perché no? Sarà un modo come un altro per passare il tempo
prima di arrivare… »
Fred
guardò il ragazzo ammirato: « Fratello, credo che questo sia l’inizio di una
lunga e proficua amicizia… »
Era
passata un’ora e Kaito aveva insegnato a Fred e George qualche semplice trucchetto con le carte, mentre i due ragazzi gli avevano
spiegato il sistema delle Case. Decisamente il trio andava molto d’accordo,
tutti e tre amavano fare scherzi e i gemelli si erano subito resi conto delle
infinite possibilità di tiri mancini che avrebbero potuto combinare a Hogwarts
unendo le loro conoscenze magiche agli abili trucchi babbani
di prestidigitazione di Kaito.
Mentre
Fred cercava di estrarre qualche fazzoletto dalla manica, un ragazzo rotondetto
aprì la porta dello scompartimento.
« Ehi,
Neville! »
«
Scusate, avete visto Ron e Harry? »
« Non si
sono ancora fatti vivi? Strano, tra un po’ siamo arrivati…
»
I due
gemelli s’alzarono in piedi: « Senti, Kaito, ti dispiace se ti lasciamo di
nuovo con Ginny e Hermione per un po’? Ron è nostro fratello, iniziamo a essere
preoccupati… »
« No,
nessun problema. »
Kaito
rientrò nello scompartimento delle due ragazze. Ginny era molto agitata e
Hermione non era da meno, per quanto cercasse di celare l’ansia.
Kaito
scompigliò i capelli rossi alla più piccola: « Stai tranquilla, li troveranno!
»
« Ma c’è Harry… e se… Colui Che Non Deve
Essere Nominato… »
« Chi? »
Hermione
tagliò corto: « Lascia stare, è un po’ complicato da spiegare. Comunque
cerchiamo di non farci prendere dal panico: Harry e Ron sono bravissimi a
cacciarsi nei guai anche senza tirare in ballo le forze oscure…
»
Kaito
sospirò. Non ci stava capendo niente, ma iniziava a farci l’abitudine. Spalancò
il finestrino, ci si affacciò con aria svogliata, appoggiandosi con la schiena
al parapetto e alzò lo sguardo verso il cielo, azzurro come i suoi occhi e
velato da mille nuvole bianche, mentre l’aria gli scompigliava i capelli scuri.
Strinse gli occhi: si stava sbagliando o c’era qualcosa di strano, di scuro,
che volava nel cielo?
«
Scusate, ma fra tutte le stramberie del mondo magico è normale che ci siano…vecchie auto
volanti che scortano il treno dall’alto? »
Hermione
lo guardò perplessa: « Eh? »
Ginny
sbiancò: « Che… che auto è? »
Kaito
riguardò con calma: « Direi una Ford azzurra, ma potrei sbagliarmi, non
m’intendo molto di auto europee… viaggia a bassa
quota e a bordo ci sono… qualcuno con i capelli rossi
e qualcuno con i capelli neri… »
Le due
ragazze esclamarono in coro: « Harry e Ron! »
Ginny
aggiunse: « Ma cosa ci fanno sull’auto di papà? »
Hermione
la fulminò: « Quell’auto è del signor Weasley? Ma è
illegale e… »
Kaito
tagliò corto: « Un problema per volta. Da quel che vedo non mi pare che se la
stiano passando molto bene, lassù… e c’è anche un
edificio in lontananza, potrebbero andare a sbatterci contro! »
Hermione
fece una smorfia: « Oh no, siamo quasi arrivati a Hogwarts. Che facciamo?
Forse, se chiedo a Fred e George di prestarci i loro manici di scopa… »
Ginny
squittì: « Non c’è tempo, potrebbero essere ovunque su questo treno! »
Kaito s’inumidì
un dito, saggiò la direzione del vento e sospirando mise un piede sul
finestrino.
« Kaito,
che stai facendo? »
« Cerco
di salvare i vostri amici… ma voi dovrete rimanere al
finestrino per aiutarmi e promettermi solennemente che non direte mai a nessuno
quello che sto per fare, va bene? »
« Ma che… »
«
PROMETTETEMELO! »
Le due
ragazze annuirono perplesse e Kaito sospirò. Non avrebbe voluto tirare fuori il
costume tanto presto, ma dopotutto al di fuori del Giappone nessuno conosceva il
ladro gentiluomo Kaito Kid e forse poteva passarla liscia…
Si buttò
senza esitazione, seguitò dai gridolini acuti delle due ragazze. Un filo di
fumo l’avvolse e dopo un paio di secondi ne riemerse completamente vestito di
bianco, con un cilindro in testa e un monocolo sull’occhio. Al posto del
mantello d’ordinanza, però, aveva allargato il fido compagno di mille
avventure, il deltaplano bianco, con cui, guidato dalle brezze, raggiunse la
macchina volante. L’impresa era tutt’altro che facile, ma Kaito Kid amava le
sfide!
All’interno
della Ford due ragazzini dal volto pallido cercavano di mantenere il controllo
dell’auto. Quello con i capelli scuri e gli occhiali fece un cenno all’altro,
che dopo un attimo di spavento abbassò il finestrino.
« Siete
Ron e Harry? »
« Sì, ma
tu chi… »
« Non c’è
tempo, vi porto a terra! Avanti! »
Il
ragazzo con i capelli rossi si rivolse all’amico: « Harry, vai prima tu! Se non
assicuro la macchina in qualche modo precipiterà sul treno…
»
Con un
po’ di fatica, Kaito riuscì a passare dal lato opposto della macchina, dove
Harry aveva aperto la portiera e si stava sganciando la cintura di sicurezza.
« Spero
che tu non soffra di vertigini, è un po’ altino… »
« No,
tranquillo, sono abituato, ma quel coso regge tutti e due? »
Kaito
sorrise: « Fidati, è più che collaudato! »
« Allora
spero abbia passato la revisione… »
Il prestigiatore
rise, prese Harry e lentamente planò a terra, dirigendosi verso i capelli rossi
di Ginny, la cui testa fuori dal finestrino spiccava nettamente sull’espresso
nero.
«
Prendetelo, vado a recuperare l’altro! »
Harry fu
scaricato malamente all’interno, trattato alla stregua di un pacco postale,
mentre Kaito, dandosi la spinta con le gambe contro il metallo del treno,
spiccava il volo una seconda volta verso la macchina volante.
Ron stava
ancora armeggiando con i pedali e Kaito dovette attirare la sua attenzione
battendo sulla portiera.
« Ci sei?
Non potrò rimanere qui ancora a lungo, il vento mi spinge via! »
« Eccomi,
eccomi… ho bloccato il pedale dell’acceleratore con
la bacchetta, non ho trovato altro… »
« Va
bene, ma ora esci da lì! »
Ron
spalancò la portiera, che per poco non prese il naso di Kaito, e si lanciò
nelle braccia del ragazzo.
« Preso!
»
Kaito
planò faticosamente verso il treno e Ron indicò la testa rossa affacciata al
finestrino.
« Quella
è Ginny! »
« Sì, e
se non ti sbracci troppo la raggiungiamo anche! »
Con uno
sforzo non indifferente, il prestigiatore riuscì ad affiancarsi al treno e a
scaricare anche Ron. Harry rimase sporto con più di metà corpo per acchiappare
al volo anche il suo salvatore e per permettergli di risalire a bordo. Kaito
dovette sudare parecchio prima di riuscirci, ma alla fine anche i suoi piedi
toccarono di nuovo il pavimento dello scompartimento.
Il
giapponese si accasciò per terra col fiatone: « Anf… anf… non credevo…anf… di farcela davvero…
»
Harry,
Ron e Hermione cercarono il modo di ringraziarlo, ma Ginny stupì tutti abbracciandolo
al collo e rischiando quasi di soffocarlo. Kaito sorrise e le scompigliò i
capelli.
Alla fine
Ron trovò il coraggio di parlare: « Grazie mille dell’aiuto, amico! Non
sapevamo più come scendere! »
Il
ragazzo orientale sorrise stancamente: « Di nulla… »
Ron
continuò: « A proposito, che razza di manico di scopa hai usato? »
« Non so
cosa sia un manico di scopa, a meno che non parliate dell’attrezzo con cui
pulire i pavimenti… io ho usato un semplice
deltaplano! »
Hermione
lo interruppe, squadrando i suoi compagni di classe con aria inviperita: « Si
può sapere cosa diavolo avete combinato voi due per finire in quel trabiccolo
volante? Il treno era troppo normale per due celebrità come voi? »
Ron
protestò: « Ehi, non è colpa nostra se la barriera di King Cross si è chiusa
prima delle undici! Dovevamo pur raggiungervi in qualche modo, no? »
La
ragazza lo fissò dritto negli occhi, con le mani sui fianchi: « Violando almeno
quindici leggi sullo Statuto di segretezza per i babbani?
»
Ron
deglutì rumorosamente e Harry, per cercare di cambiare argomento prima che
Hermione incenerisse entrambi, porse una mano al suo salvatore e lo aiutò a
mettersi in piedi: « Hai un vestito molto… originale!
»
Kaito
sorrise: « Oh, è normale avere un costume appariscente…
»
Il
ragazzo batté la punta delle scarpe per terra e, coprendosi con il mantello
bianco, girò su se stesso, ricomparendo vestito di tutto punto con la divisa di
Hogwarts.
« … se sei
un prestigiatore! »
Ron lo
guardò sconvolto: « Un che? »
Hermione
spiegò velocemente: « Babbani che fingono di essere
maghi stupendo il pubblico con abili trucchi. »
Kaito
sorrise e porse la mano ai due ragazzi: « Già, fino a quando non ho scoperto di
poterle fare davvero, le magie… Kaito Kuroba, primo
anno! E prima che me lo chiediate, sì, ho qualche anno di ritardo, ma non per
colpa mia! »
I due
ragazzi ricambiarono la stretta: « Ron Weasley. »
« Harry
Potter. »
Una voce
risuonò per tutto il treno: « Tre cinque
minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno;
verrà portato negli edifici della scuola separatamente. »
Ron
sbiancò: « I bagagli! Abbiamo lasciato i bauli nel bagagliaio dell’auto! »
Harry
fece una smorfia: « E tra poco dovremo scendere in divisa…
»
Kaito
ritirò fuori il mantello bianco, apparentemente dal nulla: « A questo posso
pensare io! Uno, due e… »
Harry e
Ron si ritrovarono avvolti dalla stoffa bianca.
« …
voilà! »
Non
appena Kaito ritirò il mantello, i due amici si scoprirono vestiti di tutto
punto. Ginny applaudì e il ragazzo accennò un inchino, da attore consumato.
« A
proposito, gradirei che non diceste nulla agli altri del costume che avete visto… avevo promesso che non l’avrei usato…
»
« Stai
tranquillo, ti dobbiamo tutti un favore! Credo che noi primini
dobbiamo scendere separatamente dagli altri… ci
vediamo dopo! Kaito, vieni con me? »
« Arrivo.
»
Non
appena la porta dello scompartimento si chiuse, Ron si guardò gli abiti
stupefatto: « Cavolo, non immaginavo che si potessero fare certe cose senza
usare la magia! Chissà cosa potrà fare Kaito ora che inizia i corsi… »
Hermione
lo guardò con quell’aria saccente che riusciva bene solo a lei: « Se ti
riferisci al fatto che ti ha vestito in un lampo non è niente di straordinario,
ci sono molti babbani in grado di farlo. Si chiamano
trasformisti. »
«
Trasformista o no, c’è qualcosa di strano. »
Hermione
e Ron si voltarono: « Cosa intendi dire, Harry? »
« Ron,
non trovi che questi vestiti ci stiano fin
troppo bene? »
« Non
capisco cosa vuoi dire… »
« Ho
pensato che ci avesse prestato un paio delle sue divise, ma con la differenza
di statura ci saremmo ritrovati come minimo dei risvolti ai pantaloni…
invece sono perfetti! Quasi come se fossero esattamente della nostra taglia, anzi… »
Harry
mostrò l’interno della mantella: « … come
se fossero i nostri! »
Ron li
guardò sconvolto l’etichetta che riportava fedelmente il nome dell’amico e
controllò la propria: « Ma come ha fatto? Non può averli presi dai bauli, non ne
ha avuto materialmente il tempo! »
Harry
scosse la testa: « Non lo so… ma questo, unito a
quello strano costume, mi rende un po’ sospettoso nei suoi confronti…
»
Hermione
fece spallucce: « Io non vedo cosa ci sia di strano. Ha usato la magia, no?
Prima di entrare a Hogwarts tutti noi abbiamo fatto delle magie fuori da
qualsiasi controllo… vi ha salvato tutti e due da una
punizione certa, no? Credo che questo basti e avanzi per fidarvi di lui! Su,
scendiamo! »
Ron diede
una gomitata ad Harry: « Nota che Hermione si preoccupa più della punizione che
non delle nostre vite… »
Harry ridacchiò
e seguì Ron. Sì, dopotutto forse la sua amica aveva ragione. Lui era l’ultima
persona che aveva il diritto di parlare di magia fuori controllo, visto cosa
aveva combinato fino all’anno prima con capelli, maglioni e vetri allo zoo. E
poi, che motivo avrebbe avuto un seguace di Voldemort
di salvargli la vita? Forse era solo lui che dopo il tradimento di Raptor dell’anno precedente e le strane visite notturne di Dobby si era fatto troppo sospettoso…
ma ancora non sapeva spiegarsi perché la barriera di King Cross avesse impedito
a lui e a Ron di raggiungere l’Espresso per Hogwarts.
Salve
a tutti! Sì, lo so, sono in un ritardo pazzesco, ho avuto un po’ di casini con
l’università e con l’influenza che mi hanno tenuto volente o nolente lontano
dalla tastiera… ma credo con questo mega capitoline di
essermi fatta perdonare!
Il primo
pezzo è dedicato completamente a un raccordo con il manga originale di Kaito
Kid, se non l’avete capito consiglio di farvi un giretto qui
per chiarirvi le idee. Volevo sottolineare inoltre che, per non interferire
troppo con le trama originale (credo che la vicenda di Harry Potter bene o male
la conosciamo tutti) mi divertirò parecchio a muovermi nelle zone “ombra” dei
libri (non sapevamo nulla del viaggio in treno del secondo libro, no?). E
anticipo una risposta a una possibile domanda: perché partire proprio dal
secondo libro, invece che dal primo? Perché sarebbe stato troppo scontato
partire da lì, ovvio, e amo stupire il lettore, se mi è possibile! Inoltre voglio
che questa sia la storia di Kaito, che sarà sì inevitabilmente collegata a
quella di Harry, come si è visto, ma che non ruberà mai pezzi di trama che sono
suoi di diritto (se stavate pensando a uno scontro Kaito vs Voldemortfinale…bè, ve lo potete
scordare fin d’ora!).
Chiarito
qualche concetto di fondo, passo subito a ringraziare darkroxas92 e MeiyoMakoto per i graditissimi commenti e Queen of the Night per averla messa fra le preferite (darkroxas l’avevo già ringraziato).
Vi aspetto
tutti al prossimo capitolo… lo smistamento di Kaito e
Ginny e l’inevitabile punizione di Harry e Ron! Secondo voi la Anglia, anche senza autista, dove è andata a schiantarsi?
XD
Kaito
seguì la ragazzina dai capelli rossi giù dal treno. Sulla banchina c’era molta
confusione, una marea di studenti che si avviava in molte direzioni, ma su di
tutti svettava indubbiamente quel gigante di Hagrid, che non faceva altro che
agitare una grossa lampada gridando: « Primo anno! Primo anno! Gli studenti del
primo anno di qua, per piacere! Primo anno! »
Era
difficile farsi largo fra la folla, ma presto Kaito si rese conto che farsi
notare dal guardiacaccia non sarebbe stato poi così complicato. Infatti,
calcolando che i suoi futuri compagni erano più piccoli di lui di cinque anni e
che i più alti gli arrivavano sì e no alle spalle, era praticamente impossibile
non notarlo.
Ad Hagrid
il ragazzo non sfuggì e gli appioppò una bella manata di saluto alle spalle.
Ginny non poté fare a meno di notare la smorfia di dolore di Kaito e rise. Il
ragazzo ridacchiò di risposta. Si chiese cosa il guardiacaccia potesse fare ai
suoi nemici, visto come trattava gli amici.
I ragazzi
vennero indirizzati a delle barchette che galleggiavano su un lago molto grande
e profondo. Lo sguardo di Kaito s’indirizzò per un attimo alle carrozze su cui
stavano salendo Hermione, Harry e Ron, fissandole con un pizzico d’invidia.
Salendo sull’imbarcazione, si sforzò di non guardare l’acqua, poi, non
riuscendoci, chiuse gli occhi e strinse i pugni con tutta la sua forza. Preferì
non chiedere a Ginny se in quello specchio d’acqua ci fossero dei pesci. Sì, si
vergognava da sempre di quella fobia così bizzarra già negli specchi d’acqua
normali, e in posto come Hogwarts era molto probabile che la fauna marina fosse
molto più originale che in qualunque altro posto… dal
suo punto di vista, quelle acque potevano contenere i suoi peggiori incubi e
anche qualcosa in più; ma quando un mormorio di stupore si diffuse fra le matricole,
Kaito trovò il coraggio di sbirciare con un occhio.
Era uno
spettacolo. Kaito non si aspettava certamente un castello antico come edificio
scolastico, per di più in un panorama mozzafiato come quello del lago, dove le
acque riflettevano l’antico maniero…
Il
ragazzo deglutì. Si era sbagliato o il riflesso nell’acqua si era mosso come se qualcosa stesse nuotando nelle acque
del lago?
Kaito
serrò nuovamente gli occhi e i pugni, giurando a se stesso di non riaprirli
nemmeno se davanti a loro si fosse presentato un drago in carne e ossa.
Ginny lo
guardò un po’ preoccupata: « Tutto bene? »
Il
ragazzo, pallido come un cencio, annuì lentamente: « Se vuoi una risposta
sinceramente affermativa, richiedimelo quando saremo sulla terraferma e ad
almeno cento metri dal lago… »
Kaito si
calmò totalmente solo quando fu al sicuro all’interno dell’edificio.
Il
gruppetto di matricole venne accolto da una donna dall’aria severa, persino un
po’ arcigna, che li accompagnò in un enorme ingresso dalle pareti di pietra
illuminate da torce fiammeggianti. Tutti ammirarono l’enorme scalinata in marmo
che conduceva ai piani superiori e Kaito, che da buon ladro non riusciva a
perdere il vizio di cercare vie di fuga ovunque andasse, si stupì del’altezza
del soffitto. Non era certo che il suo rampino a ventosa fosse abbastanza lungo
da potercisi agganciare.
La donna
superò un grosso portone e li guidò in una piccola saletta, prima di prendere
la parola.
«
Benvenuti a Hogwarts. Io sono la professoressa McGranitt,
l’insegnante di trasfigurazione, nonché vicepreside di questo istituto. Tra
poco avrà inizio il banchetto per l’inizio dell’anno scolastico, ma prima di
prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case. Lo
Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che
passerete qui ad Hogwarts, la vostra Casa sarà un po’ come la vostra famiglia.
Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei dormitori
della vostra Casa e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo della
vostra Casa. »
Kaito
trattenne a fatica uno sbuffo. Quel regolamento gli stava decisamente stretto,
non gli piaceva l’idea che la sua vita scolastica fosse così rigidamente
controllata. Inoltre l’ultima parte del discorso gli sembrava molto scorretta
in un ambiente scolastico: detta così sembrava che fosse vietato fare amicizia
con persone di altre Case!
La McGranitt continuò: « Le quattro Case si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna
ha la sua nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e streghe di prim’ordine.
Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere
punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà
perdere. »
Kaito per
un attimo provò pena per la povera Casa a cui sarebbe stato assegnato.
Calcolando il suo carattere ben poco ligio alle norme, era probabile che le
avrebbe fatto perdere una marea di punti… chissà se
nel conteggio valevano anche i numeri negativi…
« Alla
fine dell’anno, la Casa che avrà totalizzato più punti verrà premiata con una
coppa, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro
alla Casa cui verrà destinato. »
Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo. Dell’onore non gli importava un granché, ma
alla prima occasione si ripromise di dare un’occhiata alla coppa. Chissà, forse
era tempestata di gioielli… magari di grossi gioielli, come quello che cercava
da molto tempo…
« La
Cerimonia dello Smistamento inizierà fra pochi minuti, davanti a tutti gli
altri studenti. Nell’attesa, vi suggerisco di farvi più belli che potete.
Tornerò non appena saremo pronti per la cerimonia. Vi prego di attendere in
silenzio. »
La
professoressa uscì e Ginny si rivolse a Kaito con aria preoccupata: « Secondo
te cosa ci faranno? Fred e George me ne hanno dette di tutti i colori, ma non
so quanto mi conviene fidarmi di loro… »
Il
ragazzo sospirò: « Lo credo anch’io. »
« Tu sai
in cosa consiste? »
Il
ragazzo sorrise: « Sei tu l’esperta di magia, mica io! »
Ginny
rise: « Hai paura? »
Kaito
buttò un occhio fuori dalla finestra: « L’unica cosa che poteva spaventarmi
l’abbiamo già affrontata… »
Ginny lo
guardò di storto: « Hai paura dell’acqua? »
Il
ragazzo fu risparmiato dall’imbarazzante risposta dal provvidenziale ritorno
della McGranitt: « Siamo pronti. Mettetevi in fila e
seguitemi. »
Kaito di
mise alle spalle di Ginny e seguì la fila docilmente verso il grosso portone
che prima avevano oltrepassato. Una volta entrati tutti, Kaito compreso,
rimasero a bocca aperta.
La Sala
era illuminata da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz’aria sopra
quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I
tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d’oro scintillante, per i quali
ladri meno onesti di Kaito Kid avrebbero sicuramente fatto carte false. In
fondo alla sala c’era un altro lungo tavolo, intorno al quale erano seduti gli
insegnanti. Tuttavia il ragazzo ci badò poco; il suo sguardo era rapito in modo
irresistibile dal soffitto nero tempestato di stelle. Avvertì un groppo alla
gola e allo stomaco. Non sapeva nemmeno lui spiegarsi perché fosse tanto
emozionato.
Distratto
dal soffitto andò a sbattere contro Ginny, visto che la fila si era fermata
davanti agli studenti, dando le spalle agli insegnanti. Immediatamente si scusò
con la ragazza, che però ci fece a malapena caso. Ginny era imbarazzata e
infastidita dagli innumerevoli sguardi che la fissavano, mentre a Kaito,
abituato a un pubblico numeroso, non diedero il minimo fastidio, benché con la
sua altezza fosse sicuramente quello che attirava di più l’attenzione.
La
professoressa McGranitt, senza fare il minimo rumore,
collocò uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra
lo sgabello mise quello che Kaito identificò inizialmente con uno straccio nero
piuttosto malridotto. Stava giusto chiedendosi di cosa si trattasse, quando
questo prese vita, alzandosi fino ad assumere la forma di un cappello a punta e
iniziando persino a cantare:
Benvenuti
fra di noi,
nuovi
allievi di valore!
La
vostra vita, d’ora in poi,
sarà
piena di stupore,
di
meraviglie e d’incanti,
di
magie meravigliose
di
studi interessanti
e
di cose curiose.
Io
sono il Cappello Parlante,
non
spaventatevi del mio aspetto;
il
mio compito è importante,
sono
io che a posto vi metto.
Indossatemi
e presto saprete
quale
sarà il vostro destino;
qual
è la Casa a cui apparterrete
dove
condurrà il vostro cammino.
Forse
la vostra via è Grifondoro,
la
Casa dei valorosi;
l’audacia
sincera è il loro tesoro,
vi
entrano solo i più coraggiosi.
Oppure
andrete a Tassorosso,
posto
di virtù e di giustizia;
qui
tutto dall’impegno è mosso,
giammai
dalla mestizia.
O
magari a Corvonero,
sagace
luogo d’intelligenza;
poterci
entrare vuol dire davvero
diventare
uomini di sapienza.
O
ancora a Serpeverde,
sede
dei uomini di valore;
non
di buon grado è visto chi perde
ma
chi vince è coperto di gloria e onore.
Non
mi sono concessi sbagli o errori,
leggo
anche ciò che a voi stessi celate
nelle
vostre menti, nei vostri cuori,
ogni
segreto che voi custodiate.
Dalla
mia bocca però solo un nome,
quello
della Casa che vi è destinata:
sedete
dunque e scoprirete come
la
vostra avventura verrà cominciata.
Gli altri
studenti applaudirono, ma Kaito continuò a fissare il cappello con aria seria. La
sua doppia identità era a rischio, il Cappello aveva detto chiaramente che non
gli sarebbe stato possibile nascondere alcun segreto. Come si sarebbe
comportato quando avrebbe capito di avere a che fare con un ladro?
La McGranitt avanzò con una pergamena in mano: « Quando
chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete
sullo sgabello per essere smistati. »
La donna
iniziò un lungo elenco, ma preso dalle sue preoccupazioni Kaito ci fece a
malapena caso. Anche Ginny era visibilmente agitata e continuava a tirargli
gomitate per sussurrargli le sue preoccupazioni, seppure intervallate da lunghe
pause.
« E se
finisco a Serpeverde? »
Kaito
cercò di risponderle senza farsi notare: « Qual è il problema? Una non vale
l’altra? »
« Benedicta Helen. »
Ginny
fece una smorfia, ignorando la McGranitt: « Più o meno… i Serpeverde diventano
spesso dei maghi malvagi. »
« Canon Colin. »
« Ah. »
Il
ragazzo notò che qualcuno li stava guardando male e le fece segno di tacere, ma
Ginny riprese poco dopo.
« Corgeus Alexander. »
« E poi
tutta la mia famiglia è sempre finita a Grifondoro…
che figura ci faccio se invece vengo smistata da un’altra parte? »
« Grifondoro è la casa dei coraggiosi, a quanto ho capito… »
« Esatto.
»
Il ragazzo
le fece l’occhiolino: « E allora se sei così agitata non parti col piede
giusto! Calmati e vedrai che andrà tutto bene. »
Ginny
cercò di sorridere, ma le uscì una smorfia.
« FarmetIulius. »
« Grazie.
»
Kaito
annuì: « Dovere. »
Ginny
aspettò un po’ prima di riprendere la parola.
« E tu?
Non hai paura? »
« Non so nemmeno
come funzionino bene queste Case, una vale l’altra. »
« Kuroba Kaito. »
Il
ragazzo trasalì. Non si era minimamente accorto che fossero già arrivati alla
lettera K!
S’avvio
verso lo sgabello con un sospiro. Ginny gli augurò in bocca al lupo sillabando,
mentre tutti, dai tavoli, cercavano di osservarlo meglio: il nome, l’aspetto
asiatico e la sua età decisamente non l’aiutavano a passare inosservato. Kaito
si sedette sullo sgabello e l’insegnante gli mise sul capo lo strano cappello,
dalla falda così larga che gli cadde sugli occhi, isolandolo dal mondo esterno.
Era solo
con il suo destino.
Buio.
Quasi
come se fosse entrato in punta di piedi in un altro mondo. La sala si era
zittita, o forse la magia del cappello impediva ai suoni di entrare. Kaito non
sapeva dirlo, ma iniziò ad avvertire una leggera agitazione.
« Io
leggo la mente e il cuore di chi m’indossa, per cui se tu sai il giapponese, io
so il giapponese. Se preferisci, passo all’inglese… »
« No, no,
il giapponese va benissimo! »
« Bene,
Kaito Kuroba-kun. Ti consiglierei di rilassarti, ho
detto chiaramente nella mia canzone che tutto quello che diremo rimarrà fra
noi. »
Il
ragazzo tirò un sospiro di sollievo.
« Il mio
compito è solo quello di smistare gli allievi… e nel
tuo cuore io vedo… molto dolore per chi non c’è più… sensi di colpa per ciò che non si conosceva…
per quello che si sarebbe potuto salvare se solo si fosse saputo…La conoscenza è un grande dono, Kaito Kuroba-kun, un dono per il quale bisogna essere pronti… e un bambino non avrebbe comunque potuto
salvare suo padre dai suoi assassini. Eppure questa consapevolezza non ti
basta, solo l’agire in qualche modo può darti pace, Kaito Kid. Il mio compito
non è giudicare le scelte e le azioni ma…comprendo ciò che ti spinge a rubare. »
« Grazie.
»
« Ora
torniamo a noi. Per quanto la tua mente sia interessante e tu avessi bisogno di
rassicurazioni, il tempo a mia disposizione è limitato e ho un compito da
portare a termine. Sei sicuramente un po’ presuntuoso ed egocentrico, ma direi
non abbastanza da poter entrare a Serpeverde… la
lealtà ai compagni, e soprattutto ai tuoi doveri, abbonda, e credo che a Tassorosso saresti a tuo agio… e
anche a Corvonero, l’astuzia, la fantasia e
l’intelligenza abbondano in questa testolina, visti tutti i trucchi che hai creato… »
Kaito non
ci stava capendo niente: sarebbe finito a Tassorosso
o a Corvonero?
« Ma alla
fine credo che la qualità che prevalga in te sia il coraggio. Il coraggio per portare a termine giochi di prestigio
pericolosi. Il coraggio di continuare su una strada molto difficile come quella
che hai deciso di percorrere senza dubbi né tentennamenti. Il coraggio di
buttarsi in un mondo completamente diverso dal tuo come quello magico senza
guide e senza sapere nulla di quello che ti aspetta. Valutato tutto questo,
direi che l’unica Casa veramente adatta a te sia GRIFONDORO!!! »
Un urlo
si levò da un tavolo. Prima che potesse dire qualcosa, il Cappello Parlante
venne violentemente tolto dalla testa di Kaito dalla professoressa e il ragazzo
fu costretto ad alzarsi e raggiungere il tavolo, dove già era stato fatto un
posto per lui sulla panca, fra Hermione e Fred (o George?).
« Bravo
Kaito! »
« Benvenuto
fra noi! »
« Ti
troverai bene! »
Kaito
sorrise. Forse era destino, dopotutto la maggior parte delle persone che aveva
incontrato fino a quel momento appartenevano a quella Casa.
Harry,
Ron e Hermione gli sorrisero e gli diedero il benvenuto, e Kaito fu quasi
sicuro di aver visto i due gemelli sfregarsi le mani all’idea di tutti gli
scherzi che avrebbero potuto combinare da lì in poi, beccandosi un’occhiataccia
da un ragazzo più grande e dall’aria tremendamente seria che dai capelli rossi
era facile identificare come l’ennesimo Weasley.
Kaito passò in rassegna i nomi di quasi tutto il tavolo, sicuro che tanto non
li avrebbe mai ricordati tutti, senza però mai spostare del tutto l’attenzione
dalla voce della McGranitt, in attesa di uno degli
ultimi nomi dell’elenco.
« Ginevra Molly Weasley.
»
La
ragazzina guardò il tavolo dei Grifondoro con aria
spaventata. Sarebbe riuscita a raggiungerli?
« GRIFONDORO! »
Ginny
tirò un visibile sospiro di sollievo e con lei tutti i Weasley.
Anche Kaito ne fu felice, dopotutto si stava affezionando a quella ragazzina.
Tutta felice, Ginny si accomodò al tavolo che aveva agognato da tanti anni,
ricevendo il benvenuto da tutti i suoi nuovi compagni di Casa e un paio di
sonore pacche sulle schiena da parte dei gemelli.
Quella
atmosfera idilliaca, però, s’interruppe con un colpo di tosse alle spalle di
Harry e Ron. Un uomo dai capelli neri e unticci e l’aria severa li invitò con
malagrazia a seguirlo ed Hermione, Ginny e Kaito si guardarono preoccupati: evidentemente
la loro bravata era stata scoperta. Il ragazzo cercò di parlare di nascosto con
le due compagne, ma venne distratto da una voce familiare proveniente dal
tavolo dei professori ed amplificata probabilmente dall’ennesima magia, vista
la totale assenza di microfoni e altoparlanti.
«
Benvenuti a un nuovo anno ad Hogwarts! »
Kaito si
girò verso il tavolo da cui troneggiava il preside e sussurrò sorridendo: «
Ehilà, chi si rivede… la controfigura di Gandalf! »
Il
ragazzo ricevette un calcione da Hermione, cha da brava babbana
aveva ben capito il riferimento, e il preside continuò imperterrito: « Ci
sarebbero tante cosa da dire, ma cominciamo dalle più urgenti: quest’anno
abbiamo un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, il professor GilderoyAllock! »
Una
applauso da buona parte delle ragazze in sala si levò per osannare il
signorotto strafottente che si alzò facendo inchini a destra e a manca e
mandando bacetti con la mano alle ragazze. Solo al vederlo Kaito ebbe un moto
di repulsione: nemmeno un prestigiatore dopo uno spettacolo faceva tante
smancerie al pubblico!
Silente
continuò: « Dovrei dire tante di quelle cose, ma per quest’anno il mio discorso
sarà ridotto. Godetevi questa cena e preparatevi al nuovo ed entusiasmante anno
che ci aspetta. Buon proseguimento a tutti. »
Fred e
George si tirarono una gomitata: « Ehi, quando mai Silente è stato così breve e sensato in un unico discorso? »
Il Weasley più grande (che se Kaito ben ricordava pareva
chiamarsi Percy) scosse la testa: « Non so ma la cosa
è grave, visto che se ne sta andando insieme alla McGranitt…
temo che sia collegato al sequestro di Ron ed Harry da parte di Piton… »
Kaito
impallidì leggermente. I due ragazzi avrebbero mantenuto la parola evitando di
coinvolgerlo?
Hermione
gli toccò un braccio: « Inutile pensarci adesso, più di quello che abbiamo
fatto per aiutarli non potevamo fare. Vuoi un po’ di pudding? »
« Di che… ehi, da dove è spuntato tutto questo cibo? Non si è
avvicinato nessun cameriere e poco fa la tavola era vuota! »
Ginny gli
fece l’occhiolino: « Magia! »
Il
ragazzo sorrise imbarazzato e iniziò a servirsi, chiedendosi se e quando si
sarebbe abituato a tutte quelle stranezze.
Nonostante
le famose maldicenze sul cibo inglese, trovò la cena molto buona, tuttavia
spesso non poteva trattenersi dall’alzare lo sguardo verso il soffitto, anzi,
verso il cielo stellato. Era bellissimo, con quelle candele sospese…
« Non è
il cielo reale… ti assicuro che il soffitto c’è, è
solo un incantesimo che lo fa sembrare tale. »
Kaito
impiegò qualche secondo a rispondere ad Hermione: « L’ho immaginato, ma non è
per quello che sono tanto sorpreso… è solo che io
l’ho già visto… »
« Cosa? »
Il
ragazzo si rese conto di aver attirato l’attenzione delle persone intorno a lui
e, lievemente imbarazzato, cercò di spiegarsi: « È come una sensazione di deja-vù… quando ero piccolo sognavo spesso qualcosa del
genere, al punto che una volta mio padre mi fece una sorpresa e mi dipinse il
soffitto della camera da letto come se fosse un cielo stellato e con una serie
di fili mi sollevò un paio di candele, proprio come in questa sala… credo che gli sarebbe piaciuto entrare qui. »
Kaito non
approfondì, non rivelando che suo padre era morto da anni e che quel soffitto
l’aveva mantenuto così com’era nel corso degli anni, rinfrescandolo ogni estate
per mantenerlo in tutto il suo splendore. Non avrebbe mai potuto lasciare
andare in rovina uno degli ultimi regali di suo padre…
Tuttavia
non ebbe modo di ripensarci a lungo, perché il tavolo di Grifondoro
iniziò ad agitarsi per la prolungata assenza di Harry e Ron. Cominciarono a
diffondersi voci sul fatto che una Ford azzurra senza autista si fosse
schiantata su un albero incantato. Ginny sbiancò sempre più visibilmente, Hermione
si morse la lingua un paio di volte, Kaito manteneva la sua solita faccia da
poker, così come suo padre gli aveva insegnato. Non venne ben chiarita la sorte
dei compagni di Casa, l’unica certezza fu che non si ripresentarono al tavolo
per tutta la serata e che non si unirono alla compagnia nemmeno quando Percy, che evidentemente aveva un qualche ruolo di comando,
radunò tutti i presenti, i primini davanti a tutta la
fila, per condurli al loro dormitorio.
Perso nei
suoi pensieri e intontito dalla stanchezza per la giornata lunga e pesante, cominciata
con un lungo viaggio in aereo e conclusasi con lo Smistamento e la cena, Kaito
non fece neppure caso alla strada percorsa per arrivare al dormitorio, né fece
caso alle stranezze lungo il percorso. Solo quando tutti si fermarono davanti a
un quadro iniziò a farsi qualche domanda.
Percy si
schiarì la voce: « Questo è l’ingresso per la torre di Grifondoro,
la nostra sala comune… »
Fred, dal
fondo della fila, gridò: « Taglia, Percy, questo
discorso lo fai tutti gli anni, ormai lo sappiamo a memoria! »
Il
fratello rincarò la dose: « Dicci la parola d’ordine e facciamola finita! »
« Voi lo
saprete a memoria, ma ci sono persone che non lo sanno. »
« E
allora fai un riassunto! »
Il
prefetto arrossì: « Non mettertici anche tu, Lee
Jordan! Dicevo, la Signora Grassa è la nostra guardiana e custode e a lei
dovrete comunicare la parola d’ordine che sto per rivelarvi. Senza la parola
d’ordine non potrete entrare. »
Kaito
iniziò a guardarsi intorno: « Ehm… dov’è questa
signora? Non la vedo… »
« Proprio
davanti ai tuoi occhi, spilungone! »
Kaito
trasalì. Il quadro alle spalle di Percy non solo si
era mosso, ma si era anche messo a parlare!
La
Signora Grassa si rivolse a Percy: « Parola d’ordine?
»
Il
ragazzo scandì bene e a voce alta in modo che tutti lo potessero udire: « Colibrì. »
Il quadro
si spostò lasciando spazio a un’apertura. Kaito la oltrepassò un po’ titubante,
appuntandosi mentalmente di ricontrollare quel quadro. Forse scopriva che era
un semplice televisore a cristalli liquidi…
La sala
comune era molto interessante e accogliente, in puro stile inglese, con tanto
di caminetto acceso e sfrigolante e poltrone decorate alla scozzese, tuttavia
Kaito era decisamente più interessato a scoprire l’ubicazione di un letto o di
un suo eventuale corrispettivo magico. Iniziava davvero ad essere esausto.
Seguì i suoi futuri compagni di classe in una stanza e finalmente entrò
nell’agognata camera da letto, dove un cuscino posto su un letto a baldacchino
più grande degli altri, evidentemente studiato per la sua altezza, lo chiamava
come le sirene con Ulisse. Il ragazzo, ignorando lo stupore e l’eccitazione
degli altri, aprì il baule e iniziò a cercare il suo pigiama.
Uno dei
ragazzini gli rivolse la parola: « Kaito, ma non sei eccitato da tutto questo?
»
Il
ragazzo gli sorrise stancamente: « Sì, ma in questo momento prevalgono in me la
stanchezza per le cinque ore di viaggio in aereo e il fuso orario…
»
Il
ragazzo con la macchina fotografica appesa al collo gli restituì un sorriso
comprensivo: « Capisco… buonanotte, allora! Noi
andiamo ancora un po’ sotto con gli altri… »
Kaito
salutò i compagni con la mano e continuò a rovistare nel baule. Ma dove diavolo
aveva cacciato il pigiama? Eccolo, proprio sotto le divise di riserva…
Kaito
sollevò un sopracciglio. C’era qualcosa che non andava.
Uscì un
attimo dalla stanza, andando proprio a sbattere contro una delle persone che
stava cercando.
« Ah, Harry! »
« Ciao, Kaito! »
« Com’èandata?
»
Il
ragazzo sospirò: « Calcolando cosa abbiamo combinato, direi di lusso. Nessuna
penalità alla Casa, solo una punizione personale a me e a Ron e una lettera
alle nostre famiglie… ci hanno anche recuperato i
bagagli, solo che l’auto del signor Weasley sembra
essere scappata dopo essere stata picchiata dal Platano Picchiatore e Ron si è
ritrovato con la bacchetta con cui aveva bloccato i pedali spezzata in due
nello schianto… e dubito che i suoi genitori gliene
compreranno un’altra dopo quello che abbiamo combinato! Spero solo che funzioni
ancora… »
« Capisco… a proposito, dov’è Ron?»
« Di
sotto, a godersi la celebrità della nostra grande
impresa… comunque tranquillo, non abbiamo ti
nominato, abbiamo detto di essere scesi da soli sul tetto del treno e che
Hermione e Ginny ci hanno tirato dentro per impedirci di schiantarci al suolo.
»
« Ah, grazie… »
Harry
fece per dirigersi verso la camera degli allievi del secondo anno, quando Kaito
lo bloccò nuovamente.
« Ah,
Harry? »
« Sì? »
« Non è
che per caso mi avete già restituito le divise che vi ho prestato? »
« Le
divise? »
« Sì, ti
ricordi quando ti ho cambiato d’abito? Vi ho dato un paio delle mie divise, ma
ora le ho ritrovate perfettamente piegate nel baule…
»
Il
ragazzo lo guardò un po’ stupito, poi scoppiò a ridere: « Allora Hermione aveva
proprio ragione! »
«
Riguardo a cosa? »
« Questa è la divisa che mi hai dato.
Guarda il nome sull’etichetta… »
« Harry Potter? Ma come…
»
« Credo
che tu abbia usato la magia senza nemmeno rendertene conto per prendere i
nostri abiti dai bauli… »
Kaito si
guardò le mani stupito: « Io…avrei usato la magia? Magia vera?
»
Harry gli
mise una mano sulla spalla: « Benvenuto a Hogwarts, Kaito. Se ancora avevi dei
dubbi, ora sai che questo è davvero il posto giusto per te. »
E lo
lasciò così, incredulo su quello che si era appena reso conto di aver fatto,
sulla prima vera prova che forse Silente non era un pazzo scatenato e che forse
non si era del tutto sbagliato sul suo conto.
Argh!!! Maledetta università, mi
fai fare queste figure, pubblicare un capitolo a distanza di quasi due mesi! Vergognati,
Hinata, quando mai hai fatto queste cose? Ok, mi dispiace tantissimo per il mega-ritardo… ma l’importante è avercela fatta! Spero che
questo non influisca sulla trama del capitolo… e
sulla filastrocca del Cappello Parlante! Ci ho messo tre giorni, ma sono
soddisfatta! Sapeste che fatica trovare una rima con Serpeverde
(salvo le parolacce, ma il Cappello dev’essere imparziale…)…
Dunque, anticipo una possibile domanda: perché ho messo Kaito
nei Grifondoro? Voi avrete pensato che fosse una
scelta scontata, ma io ci ho riflettuto molto… per
quanto avrebbe causato qualche problema, non ci avrei pensato due volte a
inserirlo in un’altra Casa se fossi stata convinta che fosse stata più adatta a
lui, ma Kaito Kid si caratterizza anche per il coraggio, oltre per un pizzico
di follia… ma la Casa dei folli non c’è, altrimenti
ne avrei un posto prenotato da anni! XD
Ringrazio quindi darkroxas92, Meiyo
Makoto e SweetWitch per
aver recensito, e quest’ultima anche per aver inserito la storia fra le ricordate… oltre a un nutrito gruppo di amici che seguono questa
storia pur non essendo iscritti a questo forum! Grazie anche a voi!
Prossimo capitolo: la prima lezione di tutte le materie
scolastiche del primo anno, grazie alle quali faremo conoscenza della classe di
Kaito (ci saranno sicuramente Ginny e Colin, ma per gli altri posso dare libero
sfogo alla fantasia!) e delle classi di primini delle
altre Case.
Annuncio anche che, per chi mi segue anche in quel fandom, che presto (università permettendo) inizierò anche
una nuova fanfic su Paperinik, come avevo annunciato.
Kaito
alzò le braccia nel tentativo di proteggersi il viso dalla miriade di uccelli
che piombò sul tavolo del Grifondoro durante la prima
colazione.
Hermione
lo rassicurò: « Tranquillo, è solo la posta del mattino…
»
Il
ragazzo si guardò intorno un po’ stranito. Uno stormo di gufi e civette che
piombava sul tavolo dove stavano mangiando non gli sembrava proprio il massimo
dell’igiene. Chissà se erano anche addestrate a fare i bisogni in voliera o se
qualcuno insieme alla colazione rischiava di mangiare anche…
Il
ragazzo scosse la testa schifato, ma si tenne i suoi dubbi per sé.
Un
ragazzo dai capelli color sabbia indicò un volatile bianco: « Ehi, Harry, c’è
posta per te! »
Il
ragazzo con gli occhiali alzò lo sguardo perplesso: « Sicuro? A me quella non
sembra Edvige… anzi, non mi sembra neppure una
civetta! »
Kaito
alzò un dito e il volatile bianco si poggiò con molta delicatezza.
« E
infatti è per me! Brava bella, ottimo lavoro… sarai
stanca, vero? »
Il
prestigiatore accarezzò il collo bianco dell’animale, mentre Ginny l’osservava,
curiosa: « Una… colomba? »
Kaito
alzò le spalle: « Le avevo già addestrate per i miei spettacoli di
prestidigitazione, perché dover ripetere il lavoro con un gufo? Esistono i
piccioni viaggiatori, allora perché non una colomba? »
L’uccello,
di tutta risposta, tubò felice.
Ginny
l’accarezzò: « E come si chiama? »
Kaito
arrossì impercettilmente: « Aoko…
»
« È un
nome giapponese, vero? Cosa significa? »
Kaito
stava per rispondere, quando la voce di Ron allarmò gran parte del tavolo dei Grifondoro.
« Errol! »
Il
ragazzo dai capelli rossi tirò fuori per una zampa il minuscolo gufo che era
atterrato direttamente nella tazza di latte di Hermione. Errol,
svenuto, ricadde pesantemente sul tavolo, con le zampe in aria e una busta
rossa tutta bagnata stretta nel becco.
Ron
esclamò con fiato mozzo: « Oh no! »
Hermione
cercò di stuzzicare garbatamente il gufo con la punta del dito: « Non ti
preoccupare, è ancora vivo. »
« Non
sono preoccupato per questo… ma per quella! »
Ron
indicò la busta rossa. A Kaito, Harry e tutti i ragazzi di origine babbana non sembrava altro che una busta qualunque, ma
tutti i compagni di Casa provenienti da una famiglia magica più Hermione, che
sicuramente aveva letto qualcosa a proposito su qualche libro, si rifugiarono
sotto il tavolo tappandosi le orecchie. Kaito li guardò perplessi, fino a
quando Ginny gli tirò una manica e non gli fece segno di scendere anche lui.
« Ma
cos’è, un pacco bomba? »
« Quasi… muoviti, prima che la Strillettera
faccia il suo dovere! »
Kaito era
ancora scettico, ma seguì il consiglio quando la busta cominciò a emettere fumo
dagli angoli, sotto lo sguardo spaventato di Ron.
Neville,
sempre da sotto il tavolo, sussurrò: « Aprila, Ron! Sarà peggio se non lo fai.
Una volta mia nonna me ne ha mandata una e io ho fatto finta di niente e… è stato orribile. Se non ti muovi sarà troppo tardi… »
Ron
allungò una mano tremante, mentre Harry, rimasto al suo fianco sulla panca, gli
stringeva il braccio in segno di vicinanza, non sapendo esattamente cosa li
aspettasse. Quando l’aprì, tutti si rintanarono sotto il tavolo tappandosi le
orecchie con le dita. Dopo una frazione di secondo Harry e Kaito capirono il
perché. Per un attimo pensarono che la lettera fosse esplosa ; un ruggito riempì l’immensa sala facendo cadere la
polvere dai soffitti.
« …
RUBARE LA MACCHINA! NON MI AVREBBE SORPRESO SE TI
AVESSERO ESPULSO! ASPETTA CHE TI PRENDA! NON HAI PENSATO NEANCHE PER UN ISTENTE
A QUEL CHE ABBIAMO PASSATO TUO PADRE E IO QUANDO ABBIAMO VISTO CHE NON C’ERA PIÙ… »
Le urla
di mamma Weasley, cento volte più acute del normale,
fecero tremare piatti e cucchiai sul tavolo e rimbombarono assordanti fra le
mura di pietra. Tutti i ragazzi nella sala si voltarono per vedere chi aveva
ricevuto la Strillettera e Ron sprofondò nella sedia,
così che si vedeva solo la sua fronte paonazza, ormai indistinguibile dai
capelli.
« …UNA LETTERA DA SILENTE IERI SERA! HO CREDUTO CHE TUO PADRE
SAREBBE MORTO PER LA VERGOGNA! NON TI ABBIAMO ALLEVATO PERCHÉ TU TI COMPORTASSI
IN QUESTO MODO! TU E HARRY POTEVATE MORIRE… »
Harry si
stava giusto chiedendo quando sarebbe saltato fuori il suo nome. Da sotto il
tavolo, Kaito ammirò la compostezza del ragazzo, che continuava a mangiare come
se non udisse la voce che sicuramente gli stava rompendo i timpani più che a
loro sotto il tavolo, che già credevano d’impazzire.
« …ASSOLUTAMENTE DISGUSTATA! IN UFFICIO TUO PADRE VERRÀ
SOTTOPOSTO A UN’INCHIESTA! È TUTTA COLPA TUA, E SE PROVI A FARE UN ALTRO PASSO
FALSO TI RIPORTIAMO DRITTO FILATO A CASA! »
Cadde un
silenzio assoluto. La busta rossa, caduta dalla mano di Ron, prese fuoco e si
contorse fino a ridursi in cenere. Harry e Ron sedevano attoniti, come se fosse
passata sopra di loro l’onda di un maremoto. Alcuni dagli altri tavoli risero e
si levò di nuovo un brusio di voci.
Hermione
si rimise al suo posto, seguita da tutti gli altri Grifondoro:
« Bè, non so cosa ti aspettassi, Ron, ma… »
« Non
dirmi che me lo sono meritato. »
Mentre si
risedeva, Kaito notò che Harry stava allontanando il suo porridge.
Molto probabilmente gli era passata la fame.
Solo a
quel punto si ricordò della sua
posta. C’era una lettera e il classico giornale giapponese che leggeva ogni
mattina. Anche se si trovava dall’altra parte del pianeta, non voleva perdere
le notizie del suo mondo. Aprì la busta.
Ciao,
Kaito.
Allora,
com’è il mondo magico? Qui la vita scorre come sempre…
più o meno, ovviamente tu non ci sei, quindi non è proprio tutto come al solito…
Stamattina
è passata Aoko. Mi ha chiesto se era tutto a posto,
se avevo bisogno di qualcosa. È una ragazza fin troppo buona per te, sappilo!
Mi ha detto che mi porterà qualcosa per te stasera, lo riceverai domani. Per
oggi accontentati del giornale, conoscendoti non saresti stato tranquillo
senza.
Non
strafare.
Mamma
Kaito
sorrise. Eh sì, la mamma è sempre la mamma…
Notò
allora che c’era un’altra busta, uguale a quella che ogni ragazzo stava
guardando. L’aprì, scoprendo che era il suo orario delle lezioni. George, al
suo fianco, allungò il collo per sbirciare.
«
Mannaggia, che giornatina che vi aspetta! »
Per Kaito
la maggior parte di quelle parole era priva di significato: « Trasfigurazione,
Pozioni, Volo, Storia della magia e Difesa contro le Arti Oscure…
»
Fred mise
una mano sulla spalla della sorella: « Auguri, vi attende proprio una
giornataccia! »
Dopo aver
finito la colazione, Kaito si aggregò a Ginny e a Colin, il ragazzo con la
macchina fotografica sempre appesa al collo, e li seguì nell’aula di
Trasfigurazione.
Lì, in
una piccola stanza piena di banchetti di legno dove già erano seduti alcuni Tassorosso, un gatto grigio seduto sulla cattedra li guardava
con aria severa. Kaito ci si avvicinò e iniziò a fargli le carezze sul collo.
« Ehi,
piccolo, e tu da chi sei scappato? Ma quanto sei carino…
»
Ginny lo
guardò con aria inorridita: « Kaito… se quello che ho
sentito da Fred e George è vero, quello
non è un gatto…
»
Kaito si
voltò verso di lei, senza smettere di accarezzare l’animale: « Non dirmelo, è
un altro armadio… »
« Non
esattamente, signor Kuroba. »
Kaito
sussultò, poi sorrise: « Ok, bello scherzo, chi è il ventriloquo? Complimenti,
sembrava proprio la voce della… della vicepreside,
prima o poi imparo il nome! »
« Il mio
nome è Minerva McGranitt, signor Kuroba, e sarebbe
meglio che lo imparasse in fretta. »
Con un
balzo il felino riassunse il suo aspetto umano. Kaito credette
di avere un infarto. Accarezzare una prof poteva costargli l’espulsione già al
primo giorno?
« Mi… mi scusi… io non pensavo… »
La McGranitt lo guardò con aria severa: « Immagino. Per sua
informazione, signor Kuroba, alcuni maghi come me sviluppano la capacità di
trasformarsi in animali. Queste persone, dette Animagus,
sono registrate al Ministero della magia e sottoposti a periodici controlli. »
Poi
spostò lo sguardo sul resto della classe: « Bè, non
prendete appunti? Questa è lezione, signori. »
Ci fu un
momento di panico alla ricerca di pergamene e inchiostro, durante il quale
Kaito andò a sedersi al suo posto.
« Ah,
signor Kuroba. »
« Sì? »
« Visto
che è il primo giorno, la sua punizione per questa volta consterà di un solo
punto in meno a Grifondoro. Giusto per ammonirla di fare
molta attenzione a ciò che tocca nel mondo magico. »
Kaito
sospirò. Non aveva iniziato esattamente col piede giusto. Si voltò un attimo
per osservare la sua classe: erano in sette Grifondoro
(quattro maschi e tre femmine) e sei Tassorosso
(quasi tutti maschi, salvo due ragazze). Della sua Casa c’erano lui, Ginny,
Colin Canon, una ragazza dai capelli scalatissimi
neri come l’ebano e un’aria perennemente arrabbiata, un ragazzo con gli
occhiali e i capelli color sabbia, un altro con il volto completamente
ricoperto di lentiggini e i capelli biondi e l’ultima ragazza con i capelli
castani legati in una coda.
La McGranitt li mise a lavorare su un fiammifero da
trasformare in un ago, ma nessuno ottenne grandi risultati ad esclusione del Grifondoro con gli occhiali, che perlomeno riuscì a
renderlo sensibile a una calamita.
Tutto il
gruppo si spostò poi nei sotterranei, per assistere alla lezione di Pozioni con
i compagni di Corvonero.
Il
professore dal naso a punta, i capelli neri unticci e l’aria tremendamente
antipatica entrò sbattendo la porta. Molti degli alunni sussultarono, con
intima soddisfazione di Piton. Kaito rimase
indifferente, guardandolo con quella che il professore identificò come un’aria
di sfida.
« Sono il
vostro professore di Pozioni, SeverusPiton. Da voi mi aspetto la massima ubbidienza. Qualunque
critica o osservazione sulle mie lezioni non dovrà arrivare alle mie orecchie
e, per il vostro benessere psicologico, non starò a dirvi il perché. »
Kaito
alzò gli occhi al cielo. Una presentazione da vero dittatore, nulla da ridire.
Si stava giusto chiedendo fra sé e sé come sarebbe stato con un paio di
baffetti simili a un certo dittatore tedesco del Novecento, quando Piton si appoggiò giusto sul suo banco.
« Grifondoro, la
lezione è qui, non sul soffitto! E visto che sei così alto, gradirei che per le prossime lezioni ti piazzassi in
fondo alla classe. »
A Kaito
non sfuggì il tono da insulto con cui aveva pronunciato alcune parole.
« Se è
per permettere ai miei compagni di vedere meglio la lavagna, lo farò
volentieri. »
Piton lo
guardò con aria di sfida: « No, la verità è che mi copri i tuoi compagni dietro
e a me piace avere la situazione sotto controllo. »
Kaito si
alzò per spostarsi: «Questo l’avevo capito anche da solo…
comunque, ho un nome. Come io le porto rispetto in quanto mio professore,
gradirei che lo usasse. »
Ginny si
sbatté una mano sugli occhi. Ma allora i guai quel ragazzo se li andava proprio
a cercare!
Piton lo
guardò, a metà fra l’arrabbiato e il sorpreso. Non rispose alla provocazione,
con generale sorpresa della classe, e iniziò a fare l’appello. Non appena
arrivò alla lettera K si fermò con un sorrisino. Kaito se lo aspettava e non
gli staccò gli occhi di dosso, guardandolo con un’espressione molto simile. Non
aveva mai temuto le sfide, né nei panni di studente né tantomeno in quelli di
ladro prestigiatore.
Piton lo
guardò soddisfatto: « Devo dedurre che il tuo nome sia Kuroba. È l’unico del
registro dalla chiara origine orientale. »
«
Corretto. »
« Bene,
adesso che lo so vedrò di usarlo. Starà al tuo comportamento stabilire in
quali occasioni e con che tono. »
« Terrò
ben a mente. »
A quel
punto, fra lo stupore generale, Piton non tolse alcun
punto a Grifondoro e continuò l’appello e la lezione
come se nulla fosse. Non appena finì la lezione, Ginny e Colin si affrettarono
a portare via Kaito prima che Piton potesse fermarlo
e magari fargliela pagare per la brutta figura di prima. Nessuno, Kaito in
primis, poteva immaginare che il professore di Pozioni avesse invece apprezzato
il focoso comportamento del ragazzo.
« Peccato
solo che sia un Grifondoro, con un carattere deciso
come quello se si fosse trattato di un Serpeverde
l’avrei proposto come prefetto fra un paio d’anni… »
« Tu sei
pazzo. Prima ne avevo solo il sospetto, ora è una certezza. Sfidare Piton in quel modo alla prima lezione…
»
Kaito
rise: « Via, Ginny, non esagerare! Cosa poteva farmi? »
Colin,
che ormai si era appiccicato a loro in pianta stabile, aggiunse: « Ho sentito
che per molto meno c’è gente che si è ritrovata in punizione per settimane! »
Il
ragazzo alzò le spalle: « Non l’ho offeso. Ho solo detto quel che pensavo. »
Colin lo
guardò, ancora sconvolto: « Pretendere rispetto da Piton…
più facile fare una foto a Silente nella vasca da bagno! »
Kaito
fece una smorfia: « Se mai riuscirai in tale scoop, ti prego, non mostrarmi la
foto dopo pranzo… e magari neanche prima… »
La
ragazza continuò: « Aspetta che lo vengano a sapere Fred e George e ti faranno
un monumento, poco ma sicuro! »
« Un
monumento forse è esagerato, ma di sicuro sai il fatto tuo. »
Il trio
si voltò. A parlare era stata una loro compagna di Grifondoro,
quella con i capelli scalati.
Kaito le
sorrise: « Ti ringrazio. »
La
ragazza gli fece un cenno e li superò.
Colin
rise: « A quanto pare hai già delle ammiratrici! »
Kaito
sorrise. Come Kid ci era abituato: « A proposito, come si chiama? »
Ginny ci
pensò su: « Non me lo ricordo bene, ma mi pare che avesse a che fare con della frutta… o della verdura… »
Parlando
di questo e di altro, il trio aveva raggiunto il campo da Quidditch,
dove Madama Bumb li stava aspettando insieme,
nuovamente, ai Tassorosso. Kaito guardò curioso lo
strano campo con gli spalti, le torrette da gioco e le scope sul terreno.
Un Tassorosso esclamò: « Uao, non
credevo che ci facessero allenare direttamente nel campo da Quidditch!
»
Kaito si
appuntò mentalmente un altro argomento da approfondire, mentre la professoressa
si apprestò a rispondere: « Ho preferito venire direttamente qui, visto che
l’anno scorso un vostro compagno di Grifondoro aveva
avuto parecchi problemi… anche se quell’incidente,
dopotutto, ha permesso alla sua Casa di trovarsi un nuovo Cercatore, a
dimostrazione che non tutti i mali vengono per nuocere. »
Kaito non
ci aveva capito nulla, come al solito.
La
professoressa sbatté le mani: « Allora, siamo qui per una chiacchierata davanti
a tè e pasticcini o per fare lezione? Avanti, avvicinatevi tutti a un manico di
scopa! Veloci! »
Tutti obbedirono
compreso Kaito, che in quella scopa abbandonata sul terreno non riusciva a vedere
nient’altro che un attrezzo per le pulizie. Ma davvero si poteva volare su un
aggeggio del genere?
Si
rispose da solo ricordandosi di quella volta che Akako
si era fatto passare per lui entrando in scena a bordo di una scopa.
Sospirò
al ricordo. Sarà anche stato il mezzo dei maghi, ma trovava meno imbarazzante
prendere il volo con il suo amato deltaplano!
Madama Bumb continuò: « Adesso allungate una mano sulla vostra
scopa e dite: “SU”! »
Kaito la
guardò sorpreso: « Tutto qui? »
« Perché
preferivi un poema in sancrito antico con terzine
dantesche in rima per volare? Se preferisci fai pure, ma non garantisco
risultati! »
Il
ragazzo si guardò intorno. Qualcuno, come Ginny, ci era riuscito al primo
tentativo, qualcun altro osservava perplesso la sua scopa rotolare per terra.
Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo. Ancora non riusciva ad abituarsi a
quelle stranezze magiche, a prevalere in lui era ancora il senso comune babbano, che continuava a ripetergli che quello che gli era
stato chiesto di fare era una cosa estremamente stupida, che una scopa era solo
un attrezzo per le pulizie in coppia con una paletta e che l’unica al mondo a
potersi permettere di usarla come mezzo di trasporto era la befana al sei di
gennaio.
Vergognandosi
da morire, Kaito tirò su la manica, allungò la mano destra e, sospirando con
gli occhi chiusi, sussurrò rosso come un peperone: « Su. »
La scopa
balzò come indemoniata nella sua mano, con una potenza tale che il ragazzo si
ritrovò con i piedi per aria, mentre la scopa continuava imperterrita la sua
salita. Istintivamente Kaito la strinse con tutte le sue forze, mentre lo
sguardo spaventato andava al terreno che si allontanava sempre più.
« EHI!
COSA FAI? GIÙ, GIÙ, VAI GIÙ!!! »
Da terra
Madama Bumb gli gridò: « KUROBA, COSA STAI FACENDO? »
« E IO
CHE NE SO??? HO FATTO SOLO QUELLO CHE HA DETTO LEI! »
La
professoressa sospirò: « Ma perché ogni anno i Grifondoro
mi devono dare problemi? »
Intanto
Kaito aveva faticosamente afferrato la scopa anche con la mano sinistra, ma
l’aggeggio infernale non aveva intenzione di rallentare la sua velocissima
ascesa. Il ragazzo deglutì: non aveva portato con sé il deltaplano e una caduta
da quella altezza sarebbe risultata fatale anche a Kaito Kid. La scopa si
sarebbe fermata prima della stratosfera?
Kaito
scosse la testa: « E no, non mi farò uccidere da un mucchio di saggina al primo
giorno di scuola! »
Con uno
sforzo non indifferente, riuscì faticosamente a issarsi sulla scopa, con tanta
violenza che ebbe qualche problema con i gioielli di famiglia. I compagni di
sesso maschile a terra fecero sentite smorfie di dolore. Dopo qualche secondo
di doveroso raccoglimento, ritornò a concentrarsi sul problema principale.
« E fino
a qui ci sono… e ora? »
Provò a
inclinare leggermente il manico verso il basso e la scopa invertì il senso di
marcia, ma non diminuì la velocità.
« Ok, la
buona notizia, Kaito, è che non stai più salendo in modo incontrollato…
ora stai precipitando in modo incontrollato!
PROF, DOVE SONO I FRENI SU QUESTA DIAVOLERIA??? O ALMENO MI
DICA COME SCALARE LA MARCIA!!! »
Madama Bumb era salita su un manico di scopa per recuperare lo
studente malcapitato, mentre tutti i compagni guardavano la scena con il naso
all’insù.
Kaito
cercò di non andare completamente nel panico. Dopotutto non era mica la prima
volta che precipitava nel vuoto. Solo che di solito aveva con sé tutta
l’attrezzatura da prestigiatore, che il quel momento giaceva placidamente nel
baule in camera, e non stava per schiantarsi dritto dritto
su un castello. I riflessi, però, li aveva sempre con sé. Con la coda
dell’occhio vide un possibile appiglio. Prese un profondo respiro e si mise in
piedi sulla scopa, con lo straordinario senso dell’equilibrio che aveva appreso
per le mille acrobazie di Kaito Kid. I compagni a terra trattennero il fiato,
Madama Bumb non sapeva se insultarlo per la
sconsideratezza o incoraggiarlo. Prima che potesse fare una delle due cose,
Kaito si lanciò, afferrando al volo uno dei gargoyles
del castello e rimanendo appeso lì. La scopa continuò la sua discesa fino a
schiantarsi per terra, a poca distanza dalle serre di Erbologia
della professoressa Sprite che, a causa della velocità, si ritrovò affianco
alle sue aule un cratere di atterraggio da fare invidia a un piccolo meteorite.
Kaito non poté non tirare un sospiro di sollievo per essere ancora vivo e per
non aver rotto nulla.
« E
adesso speriamo solo che questo gargoyle non sia come
quelli del Gobbo di Notre Dame della Disney o se mi
buttano giù da questa altezza son dolori… »
La
professoressa lo raggiunse e lo riportò a terra. Ginny e tutti i Grifondoro gli corsero incontro per controllare il suo
stato di salute. Kaito non aveva nemmeno un graffio e non sembrava nemmeno
troppo scosso per l’accaduto, quindi la professoressa ne approfittò per una
spiegazione teorica su tutto quello che era sconsigliabile fare su un manico di
scopa.
Kaito
l’ascoltò di sfuggita, borbottando fra sé: « Potrà dirmi tutto quello che le
pare, ma dopo questa esperienza io continuerò a usare il mio babbanissimo deltaplano, poco ma sicuro…
almeno quello non s’imbizzarrisce in volo! »
A pranzo
Kaito non si presentò in Sala Grande. Aveva lo stomaco troppo sottosopra per
mangiare. Le voci sulle sue prodezze sulla scopa, però, stavano facendo il giro
della scuola e qualche Serpeverde iniziò a vociferare
sul fatto che “il nuovo spilungone orientale di Grifondoro”
si vergognasse così tanto da non presentarsi in pubblico. Kaito era invece
semplicemente stanco. Neville lo trovò infatti abbandonato su una poltrona
nella Sala Comune della Casa.
« Ciao. »
Il
ragazzo sussultò: « Oh, ciao… scusa, puoi ripetermi
il tuo nome? »
«
Neville. Neville Paciok. E io e te abbiamo una cosa
in comune. »
«
Davvero? »
« Sono io
il Grifondoro che l’anno scorso ha avuto parecchi
problemi con la prima lezione di volo… so che Madama Bumb lo racconta spesso ai primini.
»
Kaito
sbarrò gli occhi: « E allora sì, abbiamo decisamente qualcosa in comune! »
Neville
lo guardò preoccupato: « Non sei venuto a pranzo perché ti vergognavi? »
Il
ragazzo lo guardò sorpreso: « Ma figurati! No, ero solo stanco…
cercare di non precipitare da una scopa imbizzarrita è una di quelle cose che
ti fanno venire un po’ di sonnolenza dopo, tu dovresti saperlo! »
Neville
rise: « Meno male, sentivo i Serpeverde che
sparlavano e… »
« Non ho
mai avuto paura delle critiche, puoi stare tranquillo. »
« Meglio
così. Però ti voglio dare questa. »
Neville
porse a Kaito una sferetta contenente del fumo bianco.
« È una Ricordella. Se la stringi fra le mani ti segnala se hai
dimenticato qualcosa diventando rossa. »
Il
giapponese la guardò perplessa. Non capiva il nesso fra quello strano oggetto e
la lezione di volo.
« Quando
la mia scopa s’imbizzarrì mi cadde di tasca e scatenò una sfida fra Harry e Malfoy, un Serpeverde. Grazie a
questa, Harry dimostrò il suo valore e venne preso nella squadra di Quidditch. Spero che porti la stessa fortuna anche a te. »
« Grazie… ma a te non serve? »
Neville
fece spallucce: « Non mi ricordavo mai di usarla. E poi mi sa che hai davvero
un bisogno urgente di fortuna. »
« Perché?
»
« Perché
a quanto mi ha detto la sorella di Ron, la tua prossima lezione è proprio con i
Serpeverde. »
Continuando
a giocherellare con la Ricordella in tasca, Kaito
trovò l’aula del professor Rüf molto più facilmente
di quanto credesse. Quando entrò molti ragazzi erano già seduti e anche lui si
accomodò vicino alla compagna di Casa che gli aveva fatto i complimenti dopo la
lezione di Piton, ignorando altamente i Serpeverde che lo guardavano di sottecchi e ridacchiavano.
La
ragazza gli sorrise: « Nonostante tutto, mettersi in piedi su una scopa in
discesa libera non è cosa da tutti. Hai ancora il mio rispetto, e bada bene che
non lo concedo a molti. Vedi di continuare a meritartelo. »
«
Doppiamente grazie, allora. »
Gli porse
la mano: « Sheridan. »
Kaito
aspettò un secondo a stringerla, aspettandosi anche il cognome. Sheridan se ne accorse.
« Sheridan e basta. »
Il
ragazzo fece un mezzo inchino con la testa: « E allora per te sono Kaito e
basta. »
« Sta
bene. Ma ora piantiamola, che è arrivato il prof. »
« Eh? Ma
se la porta non si è aperta! »
Sheridan sorrise
della sua ingenuità: « Lui non ne ha bisogno. E anche se volesse non potrebbe
farlo. »
Kaito
ebbe la risposta alle sue enigmatiche parole quando il professore attraversò la
cattedra. Kaito sbiancò.
« Ti prego,
dimmi che è un ologramma… »
Sheridan sorrise
alzando un sopracciglio: « A Hogwarts i fantasmi sono la norma. »
« Quindi
lui è… morto? »
La
ragazza annuì.
« E
insegna ancora? »
Sheridan annuì di
nuovo, intimamente soddisfatta dell’aria sconvolta di Kaito.
« E
pensare che c’è gente che farebbe carte false per andare in pensione…
»
La
lezione si dimostrò meno tremenda di quanto Neville gli avesse prospettato. Rüf era talmente soporifero che persino i Serpeverde che avevano pensato di combinare a Kaito qualche
brutto tiro si ritrovarono troppo anestetizzati per dire o compiere qualunque cosa,
e il prestigiatore ebbe il tempo di osservare meglio i suoi compagni di classe.
Una cosa
che lo incuriosiva molto era la pettinatura di Sheridan,
che ora poteva osservare da vicino: la nuca era quasi rasata sulla base, mentre
il resto dei capelli era stato tagliato in modo esageratamente scalato, al
punto che i ciuffi davanti erano più lunghi delle spalle. Gli altri compagni
erano più ordinari nell’aspetto, e ne ripassò i nomi: oltre a Ginny e a Colin
Canon, c’era il ragazzo con gli occhiali e i capelli color sabbia, che si
chiamava Thomas Rourke; quello biondo e lentigginoso di nome Stephen Thompson;
e l’ultima ragazza rimasta, Nicole Barden. Gli
restava solo il dubbio sul cognome di Sheridan, ma
gli sarebbe bastato prestare attenzione all’appello della prossima lezione.
Dopo
questo ripasso mentale, Kaito ripiombò beatamente nell’apatia. Nonostante tutto
fu soddisfatto della lezione di relax, finalmente. La classica quiete prima
della tempesta, si ritrovò a pensare.
Non
sapeva ancora quanto aveva ragione.
I Grifondoro uscirono dall’aula sbadigliando e
stiracchiandosi.
« Che
abbiamo, ancora? »
Colin
prese il programma: « Difesa contro le Arti Oscure. »
Kaito
sospirò: « Dimmi che è l’ultima, ti prego, non ne posso più…
»
Stephen
gli sorrise: « Sì, tranquillo. A proposito, tutto bene dopo Volo? »
«
Benissimo, grazie! Ho solo un po’ fame… ah, scusate,
chi è il prof di quest’ultima materia? »
Rispose
Nicole, con aria sognante: « GilderoyAllock… è tutto il giorno che aspetto questo momento! »
Colin
Thomas sussurrò a Kaito, visibilmente perplesso: « Il belloccio che ha
presentato ieri Silente. Tutte le streghe impazziscono per lui! »
Il
prestigiatore alzò gli occhi al cielo. Gli era stato sufficientemente
antipatico dopo averlo visto per venti secondi, non era sicuro di sopportarlo
per un’ora intera.
Entrarono
compatti nell’aula insieme ai Corvonero, che per
fortuna non era coperta di gigantografie del professore come aveva temuto Kaito.
Ma forse era solo perché non aveva avuto abbastanza tempo, si ritrovò a
pensare.
Allock era già
lì, ad analizzare gli studenti uno per uno. Kaito ne incrociò lo sguardo per un
secondo. Antipatia a pelle, ne era certo. Forse anche reciproca, ma non ne era
sicuro. Mentre si sedeva affianco a Colin, il professore si schiarì la voce
rumorosamente attirando l’attenzione. Una tecnica evidentemente studiata e
collaudata.
Allock prese
una copia di uno dei suoi libri dalla cattedra e mostrò il proprio ritratto
ammiccante sulla copertina: « Io, GilderoyAllock, Ordine di Merlino, Terza Classe, Membro Onorario
della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure e cinque volte vincitore del
premio per il Sorriso più Seducente promosso dal Settimanale delle Streghe, do il benvenuto a voi, giovani
matricole, a questo nuovo ed entusiasmante corso! »
Gran
parte delle ragazzine lo guardò con aria sognante, i maschi ridacchiarono o
sbuffarono. Kaito mantenne la sua faccia da poker.
« Ma
immagino che voi non siate venuti per ascoltare i miei meriti…
dopotutto non mi sono certo liberato della strega Bandon
facendole un sorriso! »
Eccola,
la battutaccia riciclata chissà quante volte e per nulla divertente. Kaito
trovò quell’uomo tremendamente scontato, il classico tizio che cerca di
comportarsi come uomo di spettacolo senza averne le capacità.
« Bene,
diamo un’occhiata all’elenco, visto che siete tutti nuovi, così impariamo a conoscerci… anche se probabilmente tutti conoscete già me!
»
Kaito
rischiò d’incrinare la sua faccia da poker, pur essendo ben allenato. Per una
frazione di secondo ebbe la tentazione di mettersi in costume e saltare sul
banco pur di non lasciargli la scena, ma si trattenne. Intanto Allock prese in mano il registro.
« Dunque,
per quanto riguarda i Grifondoro…Bardon,
Canon, Kuroba… oh, che cosa curiosa… »
Kaito
sentì un rumore alle sue spalle. Sheridan aveva
appena spezzato in due una matita e guardava Allock
con occhi di brace.
« Chi
sarebbe Pumpkin?»
Al nome,
pronunciato con voluta e studiata enfasi, qualcuno fece qualche risolino, Sheridan divenne completamente rossa. Kaito non capiva il
motivo di tanta ilarità, fino a quando non gli venne un flash. Sulle confezioni
di dolci nel periodo di ottobre ricordava a volte di aver letto “Halloween Pumpkin”… zucca di
Halloween! Ecco perché ridevano!
« Allora?
»
Sheridan si alzò
in piedi urlando: « SONO IO! E ALLORA? »
« È solo
che hai un cognome molto divertente… via, via, non è
il caso di prendersela tanto… »
La frase
era innocente, ma a Sheridan fece più male di uno
schiaffo in viso: « E IL SUO, ALLORA? LEI È PROPRIO UN ALLOCCO, DI NOME E DI FATTO! »
Allock s’alzò
in piedi a sua volta, visibilmente irritato: « Come ti permetti d’insultare un
professore? Dieci punti in meno a Grifondoro, e
ringrazia che sono generoso e comprensivo! »
« Mica tanto… del resto, ha cominciato lei…
»
La classe
si zittì di colpo. Il professore iniziò ad assumere lo stesso colorito di Sheridan. Imperterrito, Kaito continuò: « Trovo ingiusto
che se un alunno prende in giro il cognome del professore perda punti, mentre
se a farlo è un’insegnante non accada nulla… lei è un
adulto, ha a che fare in questo momento con dei ragazzini quasi tutti di undici
anni, non dovrebbe essere più responsabile? »
Allock perse
completamente la sua sicurezza: « SILENZIO! »
Kaito gli
diede il colpo di grazia: « O non sarà mica che il ragazzino qui dentro è lei?
»
« KUROBA!
ALTRI VENTI PUNTI IN MENO A GRIFONDORO! E PARLERÓ CON LA MCGRANITT PERCHÉ TI
SIA DATA UNA PUNIZIONE ESEMPLARE! Per oggi andate, tutto questo nervoso fa male
ai miei poveri riccioli… »
La faccia
da poker di Kaito ebbe il crollo definitivo. Aprì la bocca per dire ancora
qualcosa, ma tutti i Grifondoro lo presero e lo
portarono fuori dalla classe di peso per non fargli peggiorare la sua
situazione. I Corvonero li seguirono e almeno a loro
Kaito riuscì a chiedere di scusarsi con Sheridan per
aver riso del suo nome.
La
ragazza accettò le scuse di malavoglia, poi chiese a Kaito di potergli parlare
a quattr’occhi.
« Di
solito non perdono chi mi deride, ma visto quello che hai fatto per me mi
sembrava ingiusto non assecondare la tua richiesta. »
Kaito
sorrise: « Quindi il favore me lo avresti fatto tu? »
Sheridan lo
guardò seria: « No. Sono scontrosa, ma non fino a questo punto. Oggi ti sei
davvero guadagnato il mio rispetto. »
« In
compenso credo di aver perso quella della Casa, con questo ho perso… 21 punti solo al primo giorno di scuola! »
« Io
altri 10. Credo che Grifondoro non abbia fatto un
buon affare con noi due… »
Entrambi
ridacchiarono.
« Grazie,
Kaito. »
« Non c’è
di che, anche se la tua reazione mi è sembrata esagerata…
»
Sheridan s’avviò
verso la Sala Comune: « Chissà, forse un giorno ti spiegherò…
»
Kaito
sospirò: « Ha già gli atteggiamenti da gran donna di Akako,
e ha solo undici anni! Temo cosa possa accadere se quelle due s’incontrassero… »
Sulla
porta della Sala Grande Hermione guardava sconvolta le enorme clessidre
segnapunti: « Ma come? Che fine hanno fatto tutti i punti che ho guadagnato
oggi? »
Kaito
s’inchinò in segno di scusa: « Temo di averteli bruciati io con Allock… mi dispiace… »
Una mano
sulla spalla la face trasalire: « A questo proposito, Kuroba, avrei bisogno di
parlare con te prima di cena. »
«
Professoressa McGranitt! Mi ha fatto prendere un
colpo! »
L’insegnante
lo squadrò serio: « Vorrei sentire da te una versione dei fatti. Quella del
professor Allock era un po’ confusa, a mio parere. »
Kaito
raccontò nel modo più oggettivo possibile l’accaduto.
La McGranitt annuì: « Capisco. Non posso dire di non capire la
tua presa di posizione, Kuroba, ma non posso nemmeno ignorare la diretta richiesta
di un’insegnante… la tua punizione consisterà nella
lettura approfondita di un libro del professor Allock
a tua scelta, su cui quest’ultimo potrà poi interrogarti fra quattro giorni. Il
voto non farà media, ma credo che la lettura di uno di quei libri sia per te
una punizione sufficiente, senza contare che ti avvantaggerà durante l’anno
scolastico. »
Kaito la
guardò sorpreso: « Davvero? Grazie! »
« Sono
stata molto buona con te, Kuroba, quest’oggi, ma non prenderla come
un’abitudine. I Grifondoro si distinguono per il
coraggio, è vero, ma dovrai imparare presto che al coraggio bisogna dare moderazione… »
Ancora incredulo
per essere stato praticamente graziato dalla McGranitt,
Kaito entrò nella Sala Grande venendo accolto praticamente come un eroe da Fred
e George.
« 21
punti in meno e una punizione il primo giorno di scuola! Avevamo intuito che
avessi talento, ragazzo, ma ci hai piacevolmente sorpreso! »
« Nemmeno
noi eravamo giunti a tanto! »
Percy alzò un
sopracciglio: « Ma se il primo giorno avete fatto perdere a Grifondoro
ben 40 punti in un colpo solo! Ho scoperto solo allora che le clessidre contano
anche i numeri negativi… »
Fred gli
fece un occhiolino: « Appunto: 40 punti, ovvero 20 a testa…
Kaito ci ha battuto di un punto! »
Il prestigiatore
rise: « E la punizione? »
I gemelli
rabbrividirono: « Una settimana ad accudire Miss Purr,
il gatto di Gazza il custode… un esperienza che non
auguriamo a nessuno! »
George aggiunse:
« Per di più ci è giunta voce delle tue imprese: hai accarezzato la McGranitt, risposto a Piton, domato
una scopa imbizzarrita, zittito Allock e sei ancora
qui a fare cena… è una giornata da ricordare, direi
al pari di quando abbiamo chiuso Gazza nel suo ufficio con la colla magica e
rasato il gatto! »
Percy si mise
le mani nei capelli: « Fai finta di non aver sentito, Percy,
o il tuo ruolo di prefetto t’imporrebbe di far qualcosa…
»
Uno dei
gemelli fece spallucce: « Tanto ormai i nostri crimini sono caduti in prescrizione… »
Tutti risero,
compreso Kaito, compresa Hermione, compreso persino Percy
stesso. L’unica che non si unì alla risata collettiva fu Sheridan,
che però non si era persa una parola del discorso dei gemelli. Ma alla fine
anche lei si lasciò andare ad un sorriso.
Era stata
una giornata tosta, senza alcun dubbio, e se fosse stato per Kaito sarebbe
andato subito sotto le coperte. Ma aveva ancora una cosa da fare…
Prese pergamena
e calamaio e si mise a scrivere nel caos della Sala Comune, sicuro che se anche
qualcuno avesse provato a farsi gli affari suoi non avrebbe capito nulla con la
scrittura in caratteri giapponesi.
Ciao
mamma!
Non hai
la più pallida idea di come sia la vita qui! Proverò a raccontarti qualcosa, ma
sono stanchissimo e non sono sicuro di finire tutto di stasera…
Stamattina,
per esempio, ho visto come fanno le mamme dei maghi a sgridare i loro figli, un’esperienza
che non auguro a nessuno…
Di nuovo due mesi… odio riuscire ad aggiornare così di rado, non è da
me! Uffa… non mi resta che scusarmi, sono stata presa
dai troppi impegni universitari… ma spero di farmi
perdonare con la lunghezza!
Una giornatina
pesante eh? Tranquilli, i prossimi capitoli non analizzeranno tutte le giornate
scolastiche di Kaito, serviva solo a introdurne la quotidianità!
Ringrazio darkroxas92 per
aver commentato la storia e v’invito tutti al prossimo capitolo, dove
scopriremo qualcosa in più sulla scontrosa Sheridan,
mentre Fred e George ne combineranno una delle loro!
La
ragazza si voltò curiosa: « Dimmi, Colin. Cosa c’è? »
« Ehm… potresti aiutarmi un attimo? Kaito ha di nuovo avuto
una discussione con i Serpeverde… »
Hermione
si passò una mano sugli occhi sospirando: « Quel ragazzo dovrebbe piantarla di
attaccare briga finché non sarà in grado di difendersi dalla magia! Che gli
hanno combinato stavolta? »
Colin
indicò la Signora Grassa: « Dovresti uscire un attimo della Sala Comune per vederlo… »
La
ragazza lo seguì sospirando. Una volta nel corridoio, però, si stupì nel
trovarlo deserto.
«
Colibrì! »
La
Signora Grassa li guardò sorpresa: « Ma… di nuovo?
Ragazzi, siete voi a farmi questo scherzo? Continuo a sentire la parola
d’ordine, ma non vedo nessuno a cui aprire… »
Colin
alzò l’indice verso l’alto e una voce sopra le loro teste rispose: « Questo
perché i quadri non possono guardare in alto! E lei è così veloce a richiudersi
che non riesco ad entrare in queste condizioni! »
Hermione
alzò lo sguardo: « Kaito? »
Il
ragazzo incrociò le braccia. Era perfettamente in piedi sul soffitto, con la
testa in giù come i pipistrelli.
« Se
becco quello stupido Serpeverde che mi ha invertito
il senso di gravità, non so cosa gli faccio! Non riesco nemmeno ad entrare
nella Sala Comune, il pezzo di parete che mi separa dal quadro per me è troppo
alto per superarlo con un balzo nel poco tempo che la Signora Grassa rimane
aperta! »
Hermione
sospirò, per poi fargli il contro incantesimo: « Gravitatusnormalis! »
« Eh? Ah!
»
Kaito si
ritrovò in caduta libera, ma Hermione prontamente lo sollevò in aria con
l’incantesimo di levitazione e lo accompagnò delicatamente a terra.
« Fiù… grazie, Hermione, non riuscivo più a scendere! »
« Cos’hai
combinato stavolta? »
« Io?
Niente! E stavolta Colin mi è testimone, vero Colin? »
Il
ragazzo annuì e Kaito continuò: « Stavamo andando in biblioteca a studiare,
quando un gruppo di Serpeverde ha iniziato a dirmi
una serie di insulti, ma senza motivo, io a loro non ho detto nulla! Ho capito
solo la parte dove mi davano dell’immigrato
cinese venuto a rubare i posti a
scuola agli “onesti cittadini magici inglesi”… a parte il fatto che sono
giapponese e non cinese, hanno poi aggiunto qualcosa sul fatto che devo essere
un mago davvero scarso se il mondo magico si è accorto di me con cinque anni di
ritardo e mi hanno fatto quella magia e mi sono ritrovato a pendere dal soffitto,
mentre quelli mi sfidavano a scendere, se ne fossi stato in grado…
»
Colin
aggiunse: « Per essere precisi mentre se ne andavano hanno aggiunto biascicando
una frase che né io né lui abbiamo capito… un
qualcosa come “sangue smorto”… o “sporto”… »
Hermione
scosse la testa: « Non ne ho idea. È normale che i Serpeverde
tendano al bullismo e direi che in te hanno trovato l’incarnazione dello
stereotipo di tutto quello che odiano… non avrai
intenzione di vendicarti? »
Kaito
sospirò: « No, ma non ho nemmeno intenzione di passare tutta la mia carriera
scolastica appeso al soffitto! Devo imparare un po’ di contro incantesimi, o
meglio ancora, qualcosa che possa fermarli senza fargli male…
in una scuola babbana saprei come fare, ma con la
magia mi trovo un po’ spiazzato… »
Hermione
lo incoraggiò: « Devi solo imparare qualche trucco del mestiere. »
Kaito
sorrise: « Allora farò in fretta, i trucchi sono la mia specialità! »
Per Kaito
la questione era risolta, ma non immaginava che qualcuno, silenziosamente,
aveva assistito a tutta la discussione…
Fred e
George scesero dalla scalinata principale ridendo: « No, sul serio? E cosa hai
fatto, a quel punto? »
Kaito
rispose: « Niente di particolare. Allock mi ha
interrogato in modo spietato su quel libro che mi ha assegnato la McGranitt, ma ho risposto a tutte le sue domande. Certo non
sono fiero di sapere vita, morte e miracoli di quell’essere…
ma almeno se mi attacca ancora saprò dove colpirlo! A meno che non conosciate
un incantesimo per dimenticare quella schifezza di libro…
»
I trio si
diresse verso la Sala Grande per la prima colazione.
« Ci
sarebbe l’Oblivion,
ma… »
George si
ritrovò improvvisamente buttato a terra da Lee Jordan e da parecchi altri
ragazzi.
Fred lo
aiutò ad alzarsi: « Cos’è tutta questa agitazione? »
Ron gli
rispose: « Venite a vedere, è una cosa degna di voi due! »
I tre
ragazzi si guardarono perplessi e risalirono la scalinata seguendo la fiumana
di gente che rideva, e solo quando riuscirono ad affacciarsi a una finestra
capirono il motivo di tanta ilarità.
Sette Serpeverde di vari anni e un Corvonero
dell’ultimo anno si trovavano all’esterno dell’edificio, appesi ai pennoni o ai
gargoyles del quinto piano e vestiti di sola
biancheria intima. A parte la temperatura tutt’altro che mite del periodo, era una
situazione pericolosissima, perché la loro posizione era precaria e infatti i
professori tentavano di tirarli giù il più in fretta possibile.
Fred li
guardò stupefatto: « Chi li ha messi lì? »
Percy osservò
i fratelli con sguardo indagatore: « Non voi, spero! »
George si
ritenne offeso: « Assolutamente no! Facciamo scherzi, è vero, ma mai così
pericolosi! Se cadono da lì senza un manico di scopa o una bacchetta si
sfracellano, non siamo così crudeli! »
Il
fratello maggiore annuì: « Lo so, è quello che ho detto ai professori quando
provavano a ipotizzare chi potesse essere stato… il
pensiero è andato a voi perché siete dei maestri delle burle e nessuno di quel
gruppo si è accorto di niente… »
Kaito
intervenne: « Come sarebbe a dire? »
« Sarebbe
a dire che questa mattina si sono ritrovati appesi lì per le mutande, senza
sapere come ci sono arrivati… chiunque sia stato dev’essere davvero in gamba, ma non riusciamo a capire cosa
possano avere in comune, sono persino di case diverse! »
Kaito ne
osservò bene i visi. Era sicuro di averli già visti tutti e otto. Improvvisamente
sbarrò gli occhi e si allontanò dal gruppo senza farsi notare. Sì, forse aveva
trovato il legame fra le vittime di quello scherzo un po’ troppo pesante… e sapeva anche dove trovarlo.
« Tu non
sei venuta a vedere lo spettacolo, Sheridan? »
La
ragazza era tranquillamente e placidamente seduta nella deserta Sala Grande a
fare colazione: « Non m’interessano degli scemi appesi per le mutande… »
« Non
t’interessano perché li hai già visti quando li hai appesi, vero? »
Sheridan rimase
con la tazzina a mezz’aria.
Kaito
continuò: « Li ho riconosciuti tutti: il Corvonero e
quattro dei Serpeverde ti hanno presa in giro nei
giorni scorsi per il tuo cognome… e gli ultimi tre
sono quelli che mi hanno fatto camminare sul soffitto! »
Sheridan riprese
a mangiare: « Ti dovevo ancora un favore per la prima lezione con Allock… »
« Questo
non lo chiamerei esattamente un favore. »
« Ah,
preferivi che continuassero a maltrattarti? »
« Pensi
davvero che così smetteranno? È possibile che cerchino di vendicarsi a loro
volta, non voglio innescare una faida! Non ci hai pensato? »
« Io i
problemi li risolvo così. »
« Oh,
complimenti, allora, un modo molto maturo! »
« Parla
il Matusalemme del primo anno… »
Kaito la
guardò sempre più serio: « Non sono in vena di scherzare, Sheridan.
Quello che hai fatto è grave e tu non te ne rendi nemmeno conto! È questo che
mi fa arrabbiare! »
Sheridan si alzò:
« Ma tu cosa ne vuoi sapere degli affari miei? »
« Appunto
perché non so niente degli affari tuoi che mi preoccupo! Ma che cavolo ti hanno
fatto per farti reagire così ogni volta che qualcuno nomina il tuo cognome? »
Sheridan abbassò
lo sguardo: « Non sono affari tuoi. »
Kaito
sospirò: « E riecco la reazione da adolescente asociale. Così non andiamo da
nessuna parte… »
La
ragazza s’avviò verso l’uscita: « Farai la spia, dunque? »
« Solo se
qualcun altro verrà accusato e rischierà di pagare al posto tuo. Spero che
confesserai prima di allora. »
« Cosa
farò saranno solo affari miei. »
« Bene,
allora arrangiati! »
« Lo
farò. E lo stesso vale per te. »
Kaito
stava per scoppiare. Si sedette sulla panca con la testa fra le mani. Non
sapeva cosa l’avesse trattenuto dal prenderla a schiaffi. Forse perché dopotutto
era una bambina ai suoi occhi. Ma anche ai bambini si danno le sculacciate
quando sbagliano. Cosa poteva fare?
Rimase lì
a rimuginare sulla discussione anche quando iniziarono ad entrare altri
studenti. Solo una mano sulla spalla riuscì a farlo trasalire.
«
Professoressa McGranitt! »
« Puoi
seguirmi un attimo, Kuroba? »
Il
ragazzo annuì e si alzò. Non si era assolutamente accorto che due persone ben
nascoste avevano assistito a tutta la discussione fra lui e Sheridan.
« Quando
l’ho visto ondare via così abbiamo intuito che aveva
capito qualcosa. A quanto pare avevamo ragione. »
« Cosa ne
pensi? »
« Che se
quella ragazza ha davvero fatto tutto quel casino da sola e senza beccare, ha
talento eccome! »
« E su
Kaito non abbiamo dubbi, no? »
«
Assolutamente no. Forse quello che avevamo in mente potrebbe risolvere anche i
loro problemi… »
« Dunque,
glielo proponiamo? »
« Io dico
di sì. »
Una
figura guardò di sottecchi un pezzo pergamena logoro che teneva in tasca: « Noi,
Kaito e Sheridan… così saremo in quattro, proprio come loro…
»
La
professoressa accompagnò Kaito poco lontano, in una stanza sullo stesso piano:
« Il signor Gazza è stato così gentile da permettermi di utilizzare il suo
studio, che è il più vicino… »
Kaito si
guardò intorno. Che quella stanza non fosse della McGranitt
era evidente: era un locale squallido e privo di finestre, illuminato da
un’unica lampada a petrolio che pendeva dal soffitto, così basso che Kaito lo
sfiorava con la testa. Su tutto, aleggiava un vago odore di pesce fritto, che
ricordò al ragazzo che in tutto quel caos lui non aveva ancora fatto colazione.
Lungo le pareti erano appoggiati degli armadi da archivio di legno, con delle
etichette con nomi degli studenti. Dato che Fred e George Weasley
avevano un cassetto tutto per loro, a Kaito venne il dubbio che non si
trattassero di tutti gli studenti puniti in qualche modo dal non molto
socievole guardiano. Appesa sulla parete dietro alla scrivania, faceva mostra
di sé una collezione lustra e smagliante di catene e manette. Kaito rabbrividì:
non era per caso che l’insegnante aveva deciso di accusare lui dello scherzo di
cattivo gusto di Sheridan e avesse intenzione di
punirlo con quelle?
Tuttavia
fu un’altra cosa ad attirare di più la sua attenzione, l’unica cosa bianca
della stanza.
« Posso
chiedere cosa ci fa qui la mia colomba? »
La McGranitt fece per sedersi sulla sedia, poi, notando una
macchia scura non identificabile sul tessuto dell’imbottitura, decise di stare
in piedi.
« Vedi,
Kuroba, noi effettuiamo dei controlli sulla posta in arrivo agli studenti… niente a scopo censorio nei contenuti, sia
chiaro, servono solo a garantire la sicurezza fisica e psicologica degli
alunni. »
Kaito la
guardò perplesso: « Insomma, controllate che non arrivino pacchi bomba o
lettere con proiettili e polvere da sparo… »
«
Sostanzialmente sì, ma la corrispondenza fra maghi può contenere pericoli più
grossi di quelli che hai elencato. »
« Tutto
chiaro e condivisibile negli intenti, ma ancora non capisco perché mi abbia
convocato. »
« Vedi,
Kuroba, nelle ultime due settimane ci siamo visti costretti a requisire una
parte della tua corrispondenza, tutta proveniente dallo stesso mittente… »
La
professoressa estrasse dalle tasche del mantello cinque buste uguali. Una sesta
era ancora legata alla zampa della colomba, insieme a due giornali e a un’altra
lettera.
« Vorrei
tanto capire in che rapporti sei con questa persona, Kuroba…
conosci una certa signorina KoizumiAkako? »
Kaito
sospirò: « Sì, è una vecchia conoscenza… »
La professoressa
alzò un sopracciglio: « E allora forse saprai spiegarmi perché questa signorina
t’invia alternativamente lettere contenenti incanti d’amore o di morte… »
Il
ragazzo cercò di giustificarsi: « È una lunga storia…
ma comunque è tutto nella norma, gliel’assicuro, è sempre stata un po’… un po’…
»
Kaito
cercava disperatamente un sinonimo accettabile di “pazza psicopatica”, ma la McGranitt lo tolse dal momento d’imbarazzo: « Abbiamo
provveduto a mandare alla signorina Koizumi una
missiva da parte dell’istituto dove la informiamo che se le lettere non sono
prive di incanti diretti alla lesione degli studenti, queste vengono
sequestrate prima che il diretto destinatario ne sia a conoscenza, e quindi se
intende intraprendere una corrispondenza con te sarà costretta ad adeguarsi e a
inviare buste normali… »
Kaito
annuì e la professoressa, dopo aver ripreso le buste maledette, si avviò verso
la porta.
« Ah,
Kuroba? »
« Sì? »
« Se
questa signorina continua a importunarti, mi sentirei di consigliarti una bella
denuncia di stolking al Ministero della Magia… se serve posso indicarti l’indirizzo e le modalità.
»
Kaito
fece ricorso alla sua faccia da poker per non riderle in faccia: « Grazie, ci penserò… ma sinceramente spero basti la vostra lettera! »
« Lo
spero anch’io… non toccare nulla ed esci in fretta da
qui, o il signor Gazza potrebbe risentirne… »
Kaito
annuì e seguì immediatamente dopo aver preso la sua piccola Aoko
sul braccio. Gli mancava ancora che il custode lo sgridasse, di quella mattina.
Dopo
essere rientrato in Sala Grande per la tanto sospirata colazione, Kaito si
affrettò a togliere alla povera colomba tutto il peso: il quotidiano
giapponese, la Gazzetta del Profeta (a cui si era recentemente abbonato per
imparare qualcosa in più sul mondo dei maghi) e la classica lettera di Aoko. Ormai aveva capito che le persone a lui più care
facevano a turni per mandargli le lettere: il lunedì, giovedì e sabato era il
turno di Aoko, che gli parlava di tutto quello che
facevano a scuola; il mercoledì era di Jii, principalmente
per esporgli sviluppi sulla questione Kaito Kid; il martedì, il venerdì e la
domenica era sua madre, a cui potevano essere allegate eventuali altre lettere
extra da ex compagni di classe o amici.
Aprì la
busta con un pizzico di nostalgia. A Hogwarts c’era solo pergamena, l’unico
modo per vedere della carta babbana erano proprio le
lettere da casa. E in quei momenti, immergendosi nei caratteri della sua madre
lingua e in quella normalità babbana a cui non aveva
mai il tempo di pensare fra una lezione e l’altra, Kaito si sentiva un bambino
a cui mancava tremendamente casa.
Ciao
Kaito!
Allora,
che ti stanno insegnando di bello? Qualche trucco che ancora non conoscevi?
Spero proprio di sì, anche se mi sembra assurdo che possano esistere trucchi
che tu non conosca. Secondo me al primo anno stanno ripassando tutti i trucchetti di base e tu ti stai annoiando da morire! Sarai
sicuramente il più bravo della classe, conoscendoti,
Kaito
ridacchiò. Magari fosse stato così! Era tutto fuor che il più il bravo…
e
anche il più molesto, non starai fermo un attimo e attaccherai briga con tutti,
professori compresi.
Questo
sì, doveva ammetterlo. Allock ancora stava cercando
un modo per vendicarsi!
La
nostra classe, senza di te, è un mortorio. Pensa, la prof di mate riesce
persino a fare una lezione dall’inizio alla fine! Un miracolo, ma se alle prime
lezioni sembrava contenta, dopo un po’ mi è sembrata un po’ abbattuta; ogni
tanto alza lo sguardo come se si aspettasse (o se sperasse) che qualcuno la
interrompa da un momento all’altro con qualche idiozia. Secondo me le manchi. A
me, di sicuro.
Kaito
sorrise. E sì, gli mancava un po’ la sua vecchia classe…
un bel po’, a dirla tutta.
Raccontami
unpo’ cosa fate…
i trucchi con le carte? Quelli con i fazzoletti? O sei già riuscito ad usare
quel baule di cui mi hai parlato prima della partenza?
Scrivimi
presto!
Ciao!
Aoko
Kaito
mise la lettera in tasca e si affrettò a finire la colazione, immaginando una
possibile risposta sensata per Aoko. Di certo non
poteva scrivergli che negli ultimi giorni aveva passato le lezioni ad agitare
una bacchetta in teoria magica, ma che nelle sua mani sembrava non voler
funzionare. Nelle lezioni dove non c’era da usarla se la cavava, ma ormai tutti
i suoi compagni riuscivano a fare piccoli incantesimi o trasfigurazioni, mentre
per lui la cosa risultava impossibile. Era quasi tentato di portare la
bacchetta indietro da Olivander e chiedere se fosse
ancora in garanzia, ma in fondo sapeva che non era colpa sua. E gli dava ancora
più fastidio non poter parlare di tutto questo con nessuno del suo vecchio
mondo. Almeno nelle questioni di Kaito Kid c’era Jii
con cui sfogarsi…
« Quant’è
dura la vita del mago, cara Aoko, tu non ne hai idea… per fortuna! »
Kaito
scosse la testa. Era solo giù di morale per la litigata con Sheridan,
ma non poteva buttarsi giù. Aveva tutta una giornata di fronte, e quello non
era stato che l’inizio.
« E se il
buongiorno si vede dal mattino, non oso leggere il mio oroscopo per oggi sul
giornale, babbano o magico che sia…
»
Kaito si
buttò sulla poltrona, stanco morto. Era stata una giornata pesante, e
soprattutto, non aveva idea che non era ancora finita. Lo capì solo quando Fred lo
prese quasi di peso e, senza dargli spiegazioni, lo trascinò fuori dalla Sala
Comune.
Kaito lo
interrogava sussurrando, cercando di capirci qualcosa: « Fred, lo sai vero che
di notte non dovremmo essere nei corridoi, vero? »
« Certo
che lo so, sono qui da più tempo di te! Per te è un problema? »
«
Assolutamente no, se non lo è per te… »
Fred gli
esibì un sorrisone: « Era quello che speravo di sentirti dire. Forza, entra! »
Kaito
venne spinto a forza in un’aula. All’interno lo stavano aspettando due persone
familiari.
« Ok,
adesso ci siamo proprio tutti! »
Kaito
salutò: « Ciao, George! Ciao… »
Sheridan non lo
guardò nemmeno. Sì, era ancora decisamente offesa con lui.
Il
prestigiatore sospirò: « Ok… dunque, perché tutta
questa segretezza? »
I gemelli
si guardarono complici, iniziando un monologo che si rimpallava tra loro.
« Kaito, Sheridan… »
« … voi
due siete più simili di quanto pensiate. »
Le due
matricole li guardarono perplessi.
« Avete
entrambi dei problemi con gli altri studenti… »
« … e ad
entrambi piacciono gli scherzi, giusto? »
Kaito e Sheridan, sempre più perplessi, lentamente annuirono.
« Anche a
noi piacciono gli scherzi. Siamo dei veri specialisti, in questa scuola siamo
quasi delle leggende, o perlomeno l’incubo di Gazza. »
« Abbiamo
notato il vostro talento e vi chiediamo… »
I due
fratelli si guardarono ancora una volta, per poi chiedere in coro: « … vi
andrebbe di unirvi a noi? »
Sheridan li
guardò sorpresa: « Cosa? »
« Vi
offriamo la nostra collaborazione. Noi vi aiuteremo a vendicarvi dei torti che
subirete dai Serpeverde e voi ci aiuterete con idee e
trucchi per nuovi scherzi. Kaito conosce la magia babbana
e tu Sheridan hai molto da insegnarci se sei riuscita
ad appendere otto persone per le mutande senza che nessuno, nemmeno le vittime,
si accorgesse di nulla! »
« Un gran
bella bravata, ma più pericolosa che divertente. Noi possiamo insegnarti molti
altri modi per dare a quella gente una lezione senza che rischino la vita. »
« E a te
Kaito possiamo far vedere molti contro incantesimi. Cosa ne pensate? »
Kaito
sorrise: « Sembra divertente, perché no? »
Anche Sheridan, dopo qualche secondo in cui tenne il broncio
pensierosa, finì per cedere: « E va bene. Dopotutto, avevo finito i pennoni sui
quali appendere la gente… »
I due
gemelli si diedero il cinque: « Evvai! I quattro Malandrini
sono tornati! »
« I
quattro Malandrini? »
Fred tirò
fuori dalla tasca della divisa un rotolo di pergamena molto vecchio e consunto.
« Ciò che
stiamo per farvi vedere è un segreto. Mostrarvelo è il nostro modo per riporre
la nostra fiducia in voi. Traditeci su questo punto e rimpiangerete il
gruppetto di stamattina, chiaro? »
I due
ragazzi annuirono e George sfiorò il rotolo con la bacchetta.
« Giuro
solennemente di non avere buone intenzioni. »
Sulla
pergamena iniziò ad apparire, prima in modo sbiadito, poi sempre più nitido,
una scritta:
I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso
Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori
sono fieri di presentarvi
La Mappa del Malandrino
Sotto gli occhi sbarrati di Sheridan
e Kaito, andò a comporsi una perfetta cartina di Hogwarts, completa di ogni
dettaglio, che riportava fedelmente persino i passaggi segreti e le persone che
giravano in ogni stanza.
Sheridan
sussurrò a mezza voce: « Uao… »
Fred annuì: « Uno dei segreti delle nostre imprese.
L’abbiamo rubata a Gazza il primo anno, giusto, George? »
« Bei tempi, Fred. Non avete idea di quante ore ci
abbiamo passato sopra prima di capirne il funzionamento…
»
Kaito la guardò incuriosito. Se avesse avuto anche
lui a disposizione una cartina del genere il suo lavoro di ladro sarebbe stato
sicuramente molto più facile!
« Ma chi sono questi…Lunastorta, Codaliscia, Felpato e
Ramoso? »
I gemelli alzarono le spalle: « Non ne abbiamo
idea. Noi li chiamiamo i Malandrini. »
« Ma sono i nostri mentori e maestri, gli
ispiratori delle nostre bravate. Insomma, gli dobbiamo molto. »
« E quindi vorreste rifondare il gruppo con noi,
giusto? L’idea mi sembra buona… »
Sheridan
guardò la carta con attenzione: « Usaremo gli stessi
nomi? A me piacerebbe Ramoso… »
Kaito ridacchiò: « Dovendo scegliere, opterei senza
dubbio per Lunastorta. Io e la luna abbiamo un… rapporto particolare! »
Fred lo guardò spaventato: « Sei forse un lupo
mannaro? »
« Ma che… ma no, ma
figurati! Perché, esistono davvero? »
George scosse la testa: « No, l’idea di darci dei
nomi in codice mi piace, ma non i loro. Prima di tutto io e Fred non ci
ritroviamo assolutamente in Codaliscia e Felpato, e
poi loro sono i nostri maestri e noi non siamo loro. »
Il gemello annuì: « Nuova generazione di
Malandrini, nuovi nomi. Ehi, per renderli ancora più incomprensibili per gli
altri, perché non li creiamo in una lingua straniera? Magari, Kaito, tu puoi
aiutarci a creare dei nomi in giapponese! »
Il ragazzo
ci pensò su: « Si può fare… fatemi pensare…Sheridan, tu avevi detto
che ti piaceva Ramoso, giusto? »
La ragazza
arrossì leggermente: « Sì, mi piacciono le piante… »
« Fiore
preferito? »
« Pesco.
»
« Allora
che ne dici di Momoka? Significa ramo di pesco… »
La ragazza
annuì e Fred esultò: « E uno è andato! Per noi cosa proponi? »
« Uhm… siete gemelli… potrei usare
due sinonimi di questa parola…Futago
e Soseiji? »
I fratelli
si guardarono complici: « Me gusta. »
« Anche a
me. Allora, Fred, tu ti prendi Futago e io Soseiji, va bene? »
Kaito li
guardò imbarazzato: « Ehm… forse dovreste migliorare
un po’ la pronuncia… »
« Ma chi
se ne frega, tanto mica dobbiamo dichiararli all’imperatore del Sol Levante,
basta che ci capiamo tra noi! »
« Avete
ragione. E per me… visto che con Sheridan
ho riadattato Ramoso, potrei modificare anche Lunastorta…
che ne dite di Mangetsu, luna piena? »
« Vedo
che la luna ti piace proprio, eh? Sarai forte in Astronomia, allora! »
Kaito
sorrise e ripassò i nuovi soprannomi: « Futago? »
Fred mise
una mano al centro del cerchio che avevano creato: « Ci sono. »
« Soseiji? »
George mise
la mano sopra quella del fratello: « Ci sono. »
« Momoka? »
Sheridan aggiunse
la propria: « Ci sono. »
Kaito concluse
con la sua mano: « Mangetsu. Ci sono. »
Il gruppo
alzò le mani e Fred aggiunse: « E allora i Malandrini sono tornati. »
Sheridan continuò
quello che ormai era un vero e proprio giuramento: « Per riaggiustare i torti
con una risata. »
George aggiunse:
« Per ridare il sorriso a chi piange. »
Kaito
concluse: « Per ora e per sempre, sostenendoci a vicenda senza tradimento
alcuno. »
« E ora
torniamo a letto. Per stasera mi sembra che abbiamo fatto abbastanza. »
I gemelli
sorrisero: « Voi andate, noi vi raggiungiamo subito. »
Kaito e Sheridan si ritrovarono da soli nella Sala Comune.
« Domani
andrò dalla McGranitt a confessare. »
« Bene. »
« Mi
sembra giusto dopo il patto di stasera. »
Kaito annuì
e fece per salire le scale, ma Sheridan continuò a
parlare con le braccia incrociate e abbassando di tanto in tanto lo sguardo.
« Tu vieni
da una famiglia completamente babbana, giusto? »
« Sì. »
« Anch’io
sono cresciuta in una famiglia babbana. Mamma strega
e papà babbano. Sono andata a scuola fra i babbani, ma sapevo dell’esistenza della magia. »
« Buon
per te, io ci sto ancora facendo i conti oggi! »
Sheridan
ridacchiò: « Buon per me? Buon per me? Ti sembra buono sapere una cosa
gigantesca che nessuno può capire e che non puoi spiegare per legge? Ti sembra
buono dover mentire a tutti i tuoi amici? Ti sembra buono essere a cavallo fra
due mondi e non appartenere veramente a nessuno dei due? »
Kaito non
rispose. Conosceva bene quella situazione.
« E per
di più c’era la magia involontaria… »
« Magia
involontaria? »
« Massì, la magia che i bambini magici usano senza rendersene
conto… tutti i maghi e le streghe hanno avuto a che
fare con strani fenomeni durante l’infanzia! »
Kaito sospirò:
« Mi sto sempre più convincendo di essere un mago anomalo, perché io non
ricordo nessun fenomeno di magia involontaria… a
parte un mese fa, quando ho preso le divise di Harry e Ron senza toccarle. »
« A me
invece partivano attacchi di magia ogni volta che mi sentivo in imbarazzo… in particolare ogni volta che gli altri bambini
ridevano sentendo il mio cognome. »
« Ah. »
« Loro
ridevano e succedevano cosa strane. Ridevano ancora e le cose strane
peggioravano e così via… fino a quando le risate non
sono diventate scherzi. Scherzi pesanti. Ho imparato da loro a farli. »
« Bullismo,
direi, a questo punto. »
Sheridan si prese
una ciocca di capelli: « Sai perché ho questa pettinatura così strana, rasata
sulla nuca? Non è ribellione adolescenziale, no, anzi, prima di entrare a
Hogwarts avevo i capelli lunghi. Solo che pochi giorni prima di venire qui ho
subito l’ultima bravata di quei bulli. Mi hanno circondato, immobilizzato e incendiato
la treccia con l’accendino. »
« Accidenti!
Questo non è più uno scherzo! »
« Ho
lasciato queste ciocche lunghe come ricordo di ciò che ero e su di esse ho
giurato che qui la storia non si sarebbe ripetuta, che mi sarei fatta
rispettare con quello che avevo imparato da loro. »
« Ti
aiuteremo a difenderti senza arrivare a tanto, te lo prometto. »
« Ne sono
felice, a dirla tutta quei metodi non piacevano molto neanche a me. A domani,
Kaito, ora è tardi e inizio ad essere stanca. »
« Buonanotte,
Sheridan. »
Kaito si
sedette su una poltrona: « E adesso che questa questione è risolta, vediamo di
inventarci una risposta decente per Aoko… dunque, cara Aoko… »
Fred sfiorò
la mappa con la bacchetta: « Fatto il misfatto. »
George si
appoggiò al muro, osservando il fratello riporre al sicuro il loro prezioso
trofeo: « Mi pare che sia andato tutto bene. Così Kaito non sarà più vittima
dei bulli e Sheridan si darà una calmata prima di
diventare troppo pericolosa. »
« Senza
contare che due complici in più in gamba come loro ci saranno molto utili! »
George si
aspettava una replica dal fratello, ma la voce che udì non era la sua. Ed era
tremendamente familiare.
« Sì, mi
sembra che dopotutto abbiate fatto un buon affare… »
I due
gemelli impallidirono e si voltarono a scatti: « P…Professor
Silente? »
« Buonasera,
fratelli Weasley. È un po’ tardi per gironzolare per
i corridoi, non credete? »
I gemelli
si guardarono spaventati. Quanto aveva sentito del loro discorso di prima con
Kaito e Sheridan?
Silente fece
un paio di passi: « Rifondare i Malandrini per aiutare due compagni del primo
anno è un atto lodevole da parte vostra, degno dei Malandrini originari, che
dopotutto nacquero per lo stesso motivo… »
Fred lo
guardò sorpreso: « Lei conosceva i Malandrini originali? »
George gli
tirò una gomitata. Dopo quella dichiarazione, tanto valeva consegnargli subito
la mappa.
Silente
sorrise: « Ne ho sentito parlare. E state tranquilli, dopo il bel giuramento
che ho sentito prima non ho intenzione di farvi sciogliere subito il gruppo… purché ovviamente mantenga fede alle vostre parole
e aiuti davvero chi subisce qualche torto senza mettere a rischio nessuno con
scherzi esagerati come quello di oggi della signorina Pumpkin.
Però non avrete favoritismi, se il signor Gazza o i professori troveranno prove
contro di voi subirete una punizione come chiunque altro. Vedremo se sarete
così abili da superare i professori in furbizia. »
I gemelli
si guardarono sorpresi: i nuovi Malandrini avevano persino la benedizione di
Silente, cosa potevano desiderare di più?
« In
cambio però dovrete promettermi due cose. »
« Ma
certo, spari… voglio dire, dica pure. »
Silente alzò
l’indice: « Dovrete proteggere e aiutare la signorina Pumpkin
e il signor Kuroba… hanno bisogno di aiuto, in modo
diverso, un aiuto che da solo non posso dar loro. »
I fratelli
sbatterono un pugno sul petto: « Conti su di noi. L’avremo fatto comunque! »
Il preside
alzò anche il dito medio: « Bene. La seconda cosa è più semplice…
dovrete promettermi che non porterete mai il signor Kuroba nella Stanza delle
Necessità. Almeno per il momento. »
George lo
guardò perplesso: « Va bene, nessun problema… ma perché?
»
Silente si
strinse la mano destra: « È ancora troppo presto per lui…
e per me. Sono sicuro che conoscete molti altri posti dove i nuovi Malandrini
potranno riunirsi al riparo da orecchie indiscrete e vi assicuro che non
interverrò più in alcun modo nelle vostre discussioni. Ora però dovrete
scusarmi, è mezzanotte passata e un vecchio come me deve andare a dormire. Consiglierei
anche a voi di fare lo stesso, dopotutto domani avete lezioni e anche se direte
di aver passato la serata con il preside non sarete esonerati dai vostri doveri
di studenti. Buonanotte ad entrambi. »
« B-buonanotte… »
I gemelli
rimasero lì, discutere fra loro dell’accaduto, mentre Silente si avviava verso
il suo ufficio stringendosi con forza il polso destro.
« Quanta
fatica deve fare un povero vecchio come me per mantenere questa vecchia promessa… »
Ciao a tutti! Dai, stavolta sono stata decisamente più veloce
nell’aggiornare! Non so quanto vi aspettavate questa novità assoluta, ma è un
modo come un altro per movimentare un po’ la storia originale…
vi assicuro che i nuovi Malandrini faranno impazzire Gazza come si deve!
In realtà in questo capitolo ho voluto anche inserire due
citazioni a due autori che mi piacciono molto. Il primo è Don Rosa, famoso
autore della Saga di Zio Paperone; infatti lo scherzo che subisce Kaito a
inizio capitolo è ripreso pari pari da una sua storia,
“Una questione di estrema gravità”, dove Amelia incanta allo stesso modo
Paperone e Paperino. La seconda citazione è invece a Giovanni Del Ponte, autore
di una serie per ragazzi intitolata “Gli Invisibili”,i cui membri dell’omonimo gruppo per ripetono
spesso il loro nome seguito dalla frase: “Ci sono.”
E dopo questa ovviamente devo ringraziare i miei due fedeli
commentatori, darkroxas92 e Meiyo Makoto.
Prossimo capitolo? Halloween, con tutte le conseguenze che ne derivano… tremate, nemici di Serpeverde,
l’erede sta per tornare! XD
Capitolo 7 *** Un Halloween da rimaner di sasso ***
Un Halloween da rimaner di sasso
Arrivò
ottobre, che stese una coltre di freddo umido sui campi e nel castello. In
infermeria, Madama Chips ebbe il suo daffare a curare
un’improvvisa epidemia di raffreddore che aveva colpito professori e studenti.
Il suo decotto Tiramisù aveva un effetto immediato, anche se lasciava con le
orecchie fumanti per molte ore. Ginny Weasley, che aveva
anche lei un aria smunta, fu costretta da Percy a
berne un po’. E col fumo che le usciva da sotto i capelli rosso fuoco sembrava
proprio che avesse la testa in fiamme.
Per
giorni e giorni, gocce di pioggia grosse come pallottole picchiarono sulle finestre
del castello; il livello del lago salì, le aiuole divennero rigagnoli fangosi e
le zucche di Hagrid raggiunsero le dimensioni di capanni da giardino. Ma
l’entusiasmo di Colin Canon nel chiedere foto e autografi a un Harry Potter
malridotto dopo gli estenuanti allenamenti di Oliver Baston
non venne meno.
Kaito
guardò sospirando il compagno tornare a sedersi deluso vicino a lui dopo
l’ennesimo rifiuto: « Sai, se ti conoscessi solo nei momenti in cui fai il
lecchino dietro a Harry, credo proprio che ti troverei estremamente antipatico.
»
Colin
arrossì: « È che Harry è il mio mito e quando mi trovo di fronte a lui sono
così in imbarazzo che… »
« Ma si
può sapere che ha fatto di così eccezionale da… »
La
Signora Grassa si aprì lasciando entrare un Ron infuriato, ma piegato in due,
sostenuto da Hermione: « Ma se becco Malfoy, io… »
Il
ragazzo si mise una mano sulla bocca per trattenere un conato. Ginny si
affrettò a portare un contenitore, ma quando vide cosa stava sputando il
fratello esclamò schifata: « Lumache? Ma che cavolo è successo? »
Hermione
spiegò per Ron: « Ha cercato di difendermi da un insulto che mi ha fatto Malfoy, ma la sua bacchetta rotta gli ha ritorto contro l’incantesimo… ah, a proposito, Kaito, Colin, finalmente ho
capito che cosa vi avevano detto un po’ di tempo fa quei Serpeverde…
non era magari “sangue sporco”? »
A quelle
parole molti trasalirono.
Colin ci
pensò su: « Sì, poteva essere, in effetti… »
Kaito si
guardò intorno, notando molte facce sconvolte: « Bè?
Qual è il problema? I Serpeverde dicono frasi senza
senso ogni tre per due, non è una novità! »
Fred
rispose: « Sì, ma sangue sporco è un insulto davvero molto pesante per il mondo
dei maghi… etichettare i maghi nati da babbani come impuri, come se non fossero degni di esistere… c’è gente che è stata denunciata per diffamazione
per queste parole. Ron, hai fatto bene a reagire… »
Ron,
pallido come un cencio, annuì: « È quello che mi ha detto Hagrid, ma avrei
preferito non ridurmi così… e fra poco devo andare a
fare la punizione con Gazza… »
Harry si
mise le mani nei capelli: « E io con Allock… »
Kaito
sbuffò: « Un altro buono, quello! Tiragli un pugno sul naso da parte mia… »
Hermione
e gran parte delle ragazze presenti, ad esclusione ovviamente di Sheridan, s’indignò a queste parole: « Ma Kaito, cosa dici?
»
Sheridan,
intuendo la possibile aria di tempesta, trascinò via il ragazzo prima che
potesse rispondere: « Lascia perdere, abbiamo altro da fare. Su, avanti,
ricominciamo: agitare e colpire, agitare
e colpire…
»
Il
prestigiatore bofonchiò: « Agitare e colpire… come se
servisse a qualcosa… »
In
effetti Kaito risultava avere più di un problema con le lezioni, a parte Volo,
ovviamente. Fino a quando si trattava di materie come Astronomia, Pozioni o Erbologia non aveva alcun problema, anzi, era uno dei più
bravi della classe. Ma quando si trattava di prendere in mano la bacchetta, lì
iniziavano i guai. Gli avevano spiegato che all’inizio era normale, che l’anno
precedente SeamusFinnigan
era famoso per incendiare qualunque cosa e Neville Paciok
aveva problemi anche quell’anno. Quando glielo ricordavano, Kaito si limitava a
sospirare. Già, ma anche se facevano danni, almeno le loro bacchette davano
segni di vita… la sua invece sembrava un normale
pezzo di legno. Normale no, perché nessuno oltre a lui aveva una bacchetta
bianca, ma di sicuro non magico.
« Chissà
se vale la formula babbana… »
Ginny si
avvicinò incuriosita: « Perché, anche i babbani usano
formule? »
« Più di
quanto non credi, soprattutto in ambito commerciale…
»
« E quale
sarebbe quella che vorresti usare? »
« Soddisfatti o rimborsati… »
Kaito
aprì la scatola dove poco più di un mese prima Olivander
gli aveva consegnato la bacchetta: « Trovassi almeno il tagliando della garanzia…varràlo due anni anche
nel mondo magico? »
Ginny
rise e il ragazzo le rispose con un sorriso amaro. Non era colpa della
bacchetta, lo sapeva, ma proprio non capiva perché con lui non funzionasse… che Olivander si
fosse sbagliato e quella non fosse la bacchetta adatta a lui?
« Oggi
riproveremo nuovamente il “WingardiumLeviosa”,
l’incantesimo di levitazione. Non dimenticate quel bel movimento di polso che
abbiamo provato, agitare e colpire… e
Kuroba, almeno questa volta, evita quei fili trasparenti! I trucchi babbani li conosco anch’io e alla quindicesima volta non ci
casco più! »
Kaito sorrise:
« Ma se alle prime due c’era cascato con tutte le scarpe…
»
Qualche Serpeverde lo guardò ridacchiando, ma il ragazzo li ignorò
deliberatamente.
Vitius batté le
mani allegramente: « Pronti? Cominciamo! Agitare
e colpire, agitare e colpire, avanti, agitare
e colpire…
»
Un
borbottio di bofonchiati “WingardiumLeviosa”, detti con lo stesso tono di un rosario, si
diffuse per la classe; qualche piuma si sollevò persino, generando qualche urletto d’entusiasmo. Ma quella di Kaito rimase inchiodata
al banco come se fosse stata di marmo. Il ragazzo la prese in mano e la
ricontrollò per essere sicuro che qualche Serpeverde
non gli stesse facendo uno scherzo, ma in quel momento Vitius
gli arrivò alle spalle facendolo trasalire: « Allora, come andiamo qui, Kuroba?
Si solleva qualcosa? »
«
Giudichi lei…WingardiumLeviosa! »
La piuma
rimase immobile, beffarda.
Il
professore lo guardò con occhio critico: « Uhm… il
movimento e la pronuncia erano corretti… secondo me
hai tutte le potenzialità per essere un ottimo mago! »
Kaito
sospirò esasperato: « E allora perché
non si muove? »
« A cosa
stai pensando, Kuroba? Sinceramente? »
Il
ragazzo lo guardò sorpreso: « Al perché questa cavolo di piuma sembra fatta di
piombo! »
Vitius scosse
la testa: « Non solo. Ragazzo mio, tu pensi troppo! La magia è fatta non solo
di razionalità, ma anche d’istinto… in questo momento
stai traducendo simultaneamente dall’inglese al giapponese ogni mia parola,
quindi stai cercando di capire a cosa serve l’incantesimo, qual è la formula da
pronunciare e come muovere la bacchetta in modo corretto, stai pensando a
quanto ti senti in imbarazzo a muovere un pezzo di legno per aria senza che
succeda nulla, stai immaginando cosa ti diranno i professori e i compagni
quando non ci riuscirai e solo alla fine ti stai chiedendo perché la piuma non
si muove. »
Kaito lo
guardò meravigliato. Ma per fargli un’analisi così dettagliata e precisa in
così poco tempo gli aveva fatto un incantesimo per leggergli nella mente o era potenzialmente
il miglior psicanalista che avesse mai incontrato? Anche se a giudicare dagli
anni che dimostrava poteva aver preso lezioni direttamente da Freud in persona,
in verità…
Visto che
Vitius non reagì all’ultimo pensiero, Kaito si sentì
di escludere l’incantesimo.
« Devi
usare meno razionalità babbana e più istinto magico,
Kuroba, e allora vedrai che nessun incantesimo avrà più segreti per te! »
« Se do
veramente retta all’istinto, butto direttamente piuma e bacchetta dalla finestra… »
Tuttavia Kaito
rimase a rimuginare su quelle parole fino a fine lezione, senza più provare
l’incantesimo. Una volta tornato in Sala Comune, si sedette con le gambe
incrociate e le mani in posizione da meditazione zen e imitò Rafiki del Re Leone della Disney: « Dunque…
guarda oltre ciò che vedi, Kuroba… devi usare meno
razionalità babbana e più istinto magico e allora
vedrai che nessun incantesimo avrà più segreti per te! Come se fosse semplice… non ho mica un interruttore con cui disattivare
il cervello quando non lo uso! »
Tutti
quelli del primo anno risero: « Dai, Kaito, vedrai che ce la farai! »
Il
ragazzo li guardò dubbioso, ma Colin aggiunse: « Non ci pensare! Pensa
piuttosto alla festa di Halloween di stasera! »
A quelle
parole Sheridan s’irrigidì e se ne andò nel
dormitorio sbattendo la porta. Colin ci rimase male: « Ma che ho detto di male?
»
Kaito
sospirò. Era un periodo pesante per la ragazza, le battutacce sul suo cognome
si moltiplicavano in vista del 31 di ottobre e i neonati Malandrini dovevano
davvero mettercela tutta per tenerla calma. In compenso la grande festa di
Halloween sembrava davvero promettente. Una sbirciatina con Fred e George nella
blindatissima Sala Grande aveva rivelato una decorazione con pipistrelli vivi,
le colossali zucche di Hagrid svuotate e trasformate in lanterne tanto grandi
da ospitare tre uomini seduti e si vociferava inoltre che Silente avesse
ingaggiato una compagnia di scheletri danzanti per uno spettacolo. Kaito era
rimasto impressionato, ma poi si era detto che, dopotutto, dove se non ad
Hogwarts si doveva festeggiare in grande stile una festa dedicata alla magia e
all’occulto?
Quando lo
raccontò a Ron, invece che trovarlo entusiasta come si sarebbe aspettato, lo
vide molto depresso.
« Uhm… forse nelle famiglie magiche è normale dopotutto, per
me è il primo anno e mi sembra tutto così strano… »
Il
ragazzo scosse la testa: « No, i festeggiamenti di Hogwarts sono sempre fenomenali… e infatti sono triste pensando a ciò che sto
per perdermi! »
« Perché,
tu dove vai? »
« Alla
festa di Complemorte di Nick-Quasi-Senza-Testa…
»
« Il
fantasma di Grifondoro, giusto? »
Ron
annuì: « Ha invitato Harry, me ed Hermione… io
sinceramente non vorrei andare, ma non conviene rifiutare l’invito di un fantasma… anche se non credo sia il tipo, Nick potrebbe
sempre chiedere a Pix un aiuto per vendicarsi se non
ci presentiamo… »
Pix, un
altro tipetto simpatico. Kaito non avrebbe saputo dire se Gazza odiasse di più
quel poltergeist o i gemelli Weasley. Per quel che ne
sapeva, poteva anche essere il fantasma di uno dei Malandrini originali.
« Se vuoi
posso portarti qualcosa dalla Sala Grande… oppure
organizzare qualche festeggiamento per quando tornate! Sono bravo in queste
cose! Basta che non mi chiediate di usare la bacchetta, che non riesco nemmeno
a fare il WingardiumLeviosa…
»
Ron
ridacchiò tristemente: « Oh, guarda, un modo sicuro per riuscire a fare quell’incantesimo
è trovarsi in un bagno con un troll di montagna armato di clava! »
Kaito lo
guardò perplesso, trovando il metodo decisamente poco applicabile nel suo caso,
ma per quanto riguardava la sua proposta del festino Ron sembrò risollevarsi il
morale e il prestigiatore iniziò a pensare a qualche trucchetto
rigorosamente babbano per festeggiare degnamente Halloween
dopo i due ricevimenti, distraendosi finalmente dal pensiero della sua
bacchetta non funzionante.
Quando i primini entrarono in Sala Grande quella sera, poco ci mancò
che Colin avesse un collasso rendendosi conto di non avere dietro abbastanza
rullini per poter fotografare tutto. Ogni angolo era fonte di stupore e
meraviglia, persino per Kaito che aveva già dato una sbirciatina. I pipistrelli
sembravano essersi moltiplicati, causando attacchi di panico fra le fanciulle
con i capelli lunghi ogni volta che planavano sui tavoli e un accesso di risate
da parte dei ragazzi per le loro urla isteriche, le zucche diffondevano una
luce tenue ma sufficiente a vedere perfettamente in sala e il cielo del
soffitto, stellato come sempre, aveva però qualcosa d’insolito…
Kaito lo
indicò perplesso: « Ma lì non dovrebbe esserci la costellazione del Sagittario?
»
George
rise: « Trick or treat,
dolcetto o scherzetto, Kaito… guarda meglio… »
Concentrandosi
meglio, in effetti, Kaito riuscì a leggere la scritta formata dalle stelle,
ovvero “Buon Halloween”. E non fu l’unico scherzetto della serata.
Alcune
portate della tavola esplosero fuochi d’artificio quando le si infilzava con
troppa violenza; il succo di zucca nelle brocche si esibì in fontanelle
colorate e Silente stesso sembrò dirigere il volo dei pipistrelli con la
bacchetta. Ovviamente non mancarono gli scherzi degli studenti. Ignorando
quelli di cattivo gusto dei Serpeverde, che si
divertirono a trasfigurare bicchieri e posate di Sheridan
in piccole zucche, il più memorabile fu sicuramente quello dei fratelli Weasley, in cui venne coinvolto anche Kaito. I tre burloni
riuscirono infatti ad entrare senza farsi notare in una delle zucche di
Hagrid,a cambiarne l’illuminazione trasformandola in una luce stereoscopica
colorata da discoteca babbana e stavano cercando di
travestirsi da mostri quando la McGranitt li trovò e
li rispedì al tavolo. Non contento, quando i famosi scheletri danzanti
iniziarono la loro esibizione, Kaito tirò fuori una piccola marionetta
raffigurante proprio uno scheletro e iniziò a riprodurre fedelmente in piccolo
il balletto in tempo reale, con grande ilarità del tavolo di Grifondoro. In tutta quella confusione Sheridan
riuscì a rubare un po’ di cibo dal tavolo per Ron, Harry ed Hermione, vincendo
addirittura la sua avversione per qualunque portata contenente zucca, ovvero
circa tre quarti del menù della serata, che fino a quel momento non aveva
voluto nemmeno toccare.
Fu
proprio mentre stava prendendo alcuni dolcetti a forma di osso che Sheridan diede una gomitata alla brocca di succo di zucca,
rischiando d’infrangerla a terra.
« WingardiumLeviosa! »
Kaito
rimase sconvolto. Non si era nemmeno reso conto di aver impugnato la bacchetta
e solo quando aveva udito la sua stessa voce gridare l’incantesimo si era
accorto di quel che stava davvero facendo. I compagni del primo anno lo
guardarono ammirati e il ragazzo rimase immobile, quasi come se fosse stato
pietrificato, a fissare la brocca, ben più pesante della piuma di quella
mattina, galleggiare per aria come se fosse stata nient’altro che un palloncino
riempito di elio. Anche il succo galleggiava in piccole gocce arancioni.
Kaito
sussurrò: « Sono… sono stato io? Sono stato davvero io? »
Fred e
George gli tirarono pacche sulla spalla e tutti lo riempirono di complimenti,
ma Kaito non riusciva a staccare gli occhi dal suo primo incantesimo riuscito.
Persino il professor Vitius, dal tavolo dei
professori, applaudì sonoramente gridando con la sua vocetta
acuta: « Che ti avevo detto, Kuroba? Solo questione d’istinto! »
Il
ragazzo deglutì a vuoto un paio di volte, visibilmente emozionato.
Sheridan gli
sorrise: « Che dici, la tiriamo giù adesso? O vuoi rimanere ad ammirarla
estasiato per tutta la serata? »
Kaito
trasalì, rendendosi conto solo in quel momento di quanto tempo era rimasto
fermo immobile ad ammirare la brocca: « Eh? Ah, sì, certo…
se ci riesco, però! »
«
Tu non ci pensare, posala solo sul tavolo! »
Sforzandosi
di mantenere la mente vuota, il ragazzo mosse lentamente la bacchetta verso il
basso e la brocca seguì il movimento. Persino il succo rientrò al suo interno,
senza versarne nemmeno una goccia sulla tovaglia.
«
Uao… troppa grazia per un incantesimo solo! Sta a
vedere che ora non mi verrà mai più! »
Ginny
gli diede una gomitata: « Non dire così, sono sicura che d’ora in poi riuscirai
a fare tutti gli incantesimi di questo mondo! »
Kaito
dubitava seriamente che fosse un processo così semplice e immediato, ma non
poté fare a meno di guardare la sua bacchetta meravigliato e di esibire un
sorrisone soddisfatto per tutto il resto della serata.
Quando
tutti furono satolli, i pipistrelli trovarono una comoda posizione per dormire
e persino gli scheletri si stancarono di danzare, Silente annunciò la fine
della festa e tutti si alzarono dal tavolo per tornare alle proprie Sale
Comuni. Percy si mise alla guida del gruppo di Grifondoro e iniziò a guidarlo su per le scale,
accompagnato da un chiacchiericcio di
fondo, ma al secondo piano la fila si arrestò di colpo per ammirare un
raccapricciante spettacolo che non faceva parte dei festeggiamenti di Halloween.
Sulla
parete fra le due finestre era stata dipinta una scritta a lettere cubitali che
luccicava alla luce delle torce.
La camera
dei segreti
è stata aperta
Temete, nemici
dell’erede
Al di
sotto dell’inquietante graffito, una figura scura e indefinita pendeva sopra
uno specchio d’acqua. Kaito impiegò un po’ a identificarla, ma alla fine fu
chiaro anche a lui che si trattava di MrsPurr, la gatta del custode, appesa per la coda, che pendeva
come uno stoccafisso, con gli occhi vacui sbarrati. Non si muoveva, come se fosse
stata di pietra. Non sembrava neppure respirare. A fissarla sconvolti c’erano
Harry, Ron ed Hermione.
Un
silenzio di tomba cadde sul gruppo. Kaito guardò Fred e George, che scossero la
testa. Non era opera loro. Non che avesse dubbi, in verità, non era il loro
stile.
Poi, nel
silenzio, qualcuno gridò.
« Temete,
Nemici dell’Erede! La prossima volta tocca a voi, mezzosangue! »
Era DracoMalfoy. Nonostante non
dovesse trovarsi lì ma nei sotterranei, nella sua Sala Comune, in qualche modo
era venuto a sapere istantaneamente della notizia e si era aperto un varco tra
la folla arrivando proprio di fronte al trio di Grifondoro
trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato; i suoi occhi gelidi
brillavano e il suo viso di solito esangue era in fiamme, mentre ghignava alla
vista della gatta inerme.
« Che
cosa succede qua? Che cosa succede? »
Certamente
attirato dal grido di Malfoy, Gazza arrivò facendosi
largo a spallate tra la folla. Poi vide MrsPurr e cadde all’indietro, coprendosi il viso per l’orrore.
« La mia
gatta! La mia gatta! Cos’è successo a MrsPurr? » gridava.
I suoi
occhi sbarrati si posarono su Harry e iniziò a gridare: « Tu!Tu! Sei stato tu a
uccidere la mia gatta. Sei stato tu a ucciderla! Io ti ammazzo! Io… »
« Gazza! »
Silente
era giunto sulla scena del delitto, seguito da molti altri insegnanti. Superò
velocemente Harry, Ron e Hermione e in un attimo staccò MrsPurr dal braccio della torcia dov’era appesa. Poi disse
al custode: « Seguimi, Gazza. E anche voi, signor
Potter, signor Weasley e signorina Granger. »
« Il mio
ufficio è il più vicino, signor Preside… qui al piano
di sopra… la prego di fare come se fosse a casa sua… »
Silente
annuì: « Grazie, Gilderoy. »
La folla
ammutolita indietreggiò per lasciarli passare. Allock,
infervorato e dandosi arie di grande importanza, si affrettò dietro a Silente,
seguito dalla McGranitt e da Piton.
Kaito
dovette ringraziare l’intero gruppo del primo anno se era riuscito a non insultare
il professore ad alta voce durante l’intera scena. Non appena l’avevano visto,
infatti, gli erano tutti saltati addosso per tappargli la bocca e tenerlo
fermo, e in qualche modo ci erano riusciti. Però non poterono impedirgli di
sfogarsi una volta tornati in Sala Comune.
« Ma
l’avete visto che faccia di bronzo? È incredibile, approfitta davvero di tutto
per mettersi in mostra! »
Thomas
scosse la testa: « Ci mancava ancora che ti facessi mettere in punizione da Allock, stasera! »
Kaito
fece un segno di stizza con la mano: « Sai quanto mi fanno paura le sue
punizioni! Al massimo finisco come Harry a scrivere gli indirizzi sulle lettere
per i fan… piuttosto, voi cosa ne pensate di quello
che è successo alla gatta? »
Tutti
scossero la testa con facce perplesse. A loro si unirono anche molti studenti
più grandi, compresi Fred, George e Percy.
« Nemmeno
voi lo sapete? »
Il
prefetto rispose: « Mai visto nulla del genere. Se era uno scherzo di
Halloween, oltre che essere di pessimo gusto, dev’essere
stato fatto uso di potente magia oscura. »
Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo: « E io che speravo in un semplice bagno in
acqua e molto amido… comunque quest’anno sembra che i
gatti mi tormentino… »
Nicole
iniziò a mangiarsi l‘unghia del pollice: « Secondo voi quei tre del secondo
anno c’entrano qualcosa? »
Molti
iniziarono a ridere, compreso Kaito. George sbottò: « Ma per favore! Harry, Ron
ed Hermione non sono tipi da scherzi, per di più così pesanti! E poi quella è
magia troppo avanzata persino per noi! »
Nick-Quasi-Senza-Testa entrò in
quel momento nella stanza attraversando una parete: « Harry Potter e i suoi
amici sono innocenti, erano con noi fantasmi alla mia festa di Complemorte fino a poco prima, non può averne avuto
materialmente il tempo! »
Fred annuì:
« Visto? Che vi avevamo detto? »
Nicole
insistette: « E perché dopo non sono venuti in Sala Grande? Dovevano pur
mangiare, no? »
Kaito
prese un fazzoletto, si avvicinò al tavolino, lo coprì per un paio di secondi e
poi lo rese nuovamente visibile, completamente imbandito col cibo che avevano
mangiato fino a poco prima: « Eravamo d’accordo che gli avrei procurato
qualcosa per cena. Allora, la chiudiamo qui o continuiamo il processo
dell’Inquisizione? Mi sembra di essere tornato nella mia vecchia classe, con le
indagini di Saguru… ci sono altri aspriranti
detective, qui? No, giusto per sapere… »
Quasi
tutti risero e Nicole si scusò: « Hai ragione. Direi di andare tutti a dormire,
a questo punto. Buonanotte! »
Molti
seguirono il consiglio e s’incamminarono per i rispettivi dormitori. Kaito
salutò tutti e rimase solo in Sala ad aggiungere un biglietto per il trio sotto
interrogatorio.
Non
so se abbiate ancora fame dopo tutto quel che è successo, ma nel caso qui c’è
qualcosa del banchetto della Sala Grande. Vi avevo preparato anche la replica
dello spettacolo degli schetri danzanti con una marionetta,
ma direi che non è più il caso. Spero che i professori non vi abbiano
strapazzato troppo, sono certo che non c’entriate nulla. Buonanotte.
Kaito
Stava
quasi per risalire in camera, quando in un attimo di ispirazione, tirò fuori la
bacchetta.
« WingardiumLeviosa! »
La brocca
d’acqua rimase immobile. Non contento, Kaito insistette.
« WingardiumLeviosa! »
Niente.
Il ragazzo serrò gli occhi, cercando il più possibile di non pensare a nulla.
« WingardiumLeviosa! »
E
finalmente la brocca si alzò. Kaito sorrise.
« Ok! Già
meglil, al terzo tentativo! Niente male, dopotutto,
stamattina non ci riuscivo nemmeno al centesimo! »
E, una
volta risalito in camera e messosi in pigiama, stracciò la lettera che aveva
iniziato quel pomeriggio e di mise a riscriverla da zero con una babbanissima penna a sfera, decisamente più comoda per
scrivere a letto che non piume d’uccello e calamaio.
Ciao
Jii, come va?
Sai,
stavo per scriverti che in questa scuola non mi trovavo per niente e che stavo
seriamente pensando di tornarmene a casa, ma questa sera ho recuperato un po’
di fiducia… penso che farò ancora qualche tentativo. Dopotutto… non sarebbe degno di Kaito Kid arrendersi alla
prima difficoltà, no?
Ciao a tutti! Sono in vacanza e ho più tempo per scrivere,
quindi ecco qua il nuovo capitolo! E finalmente entriamo nel clou della trama
del secondo libro… spero vi sia piaciuta la festa di
Halloween!
Come al solito ringrazio i commentatori, che questa volta sono
più del solito, ovvero Liberty89, DC_otaku,
darkroxas92 e Meiyo Makoto. Spero di rivedervi tutti
al prossimo capitolo, che parlerà di compiti extra, Quidditch,
un certo professore imbranato, una notte in infermeria e…
sapete già dove andrò a parare vero? E voi direte “dove sarebbe la novità in
tutto questo? L’ha già scritto la Rowling!”, ma tranquilli, avrete anche
stavolta qualcosa da scoprire…
P.s. mini sondaggio scemo: credete
che debba diminuire i punti esclamativi o eliminarli proprio? Sono una mia
caratteristica, firmo così fin dal 2008 e ci sono affezionata, però nell’altra fanfic mi sono arrivate lamentele…
voi cosa ne pensate?
Per
alcuni giorni, a scuola, non si parlò d’altro che dell’attentato a MrsPurr. Ci pensava Gazza a
tenerne desto il ricordo, pattugliando il corridoio dov’era avvenuto il
misfatto, come se pensasse che il colpevole sarebbe tornato sulla scena del
delitto. Molti lo avevano visto darsi da fare con il Solvente Magico di Nonna Acetonella per Ogni Tipo di Sporcizia, per cancellare il
messaggio scritto sulla parete, ma invano. Le lettere continuavano a luccicare
sulla pietra, imperterrite. Quando Gazza non montava la guardia al luogo del
misfatto si appiattava nei corridoi con gli occhi iniettati di sangue e poi
saltava fuori all’improvviso davanti agli studenti ignari, pretendendo di
punirli accusandoli di “respirare rumorosamente” oppure “di avere l’aria
felice”.
Ginny Weasley sembrava molto sconvolta per la sorte toccata a MrsPurr. A detta di Ron, amava
molto i gatti.
Ron cercò
di rincuorarla: « Ma in fondo tu non l’hai neanche conosciuta. Te l’assicuro,
senza di lei stiamo tutti molto meglio. »
A Ginny
tremarono le labbra.
Il
fratello la rassicurò: « Cose di questo genere non capitano spesso ad Hogwarts.
Vedrai che acciufferanno quel matto che l’ha aggredita e lo sbatteranno fuori
in un batter d’occhio. Spero solo che prima di venire espulso ce la faccia a
pietrificare Gazza. »
Ginny
sbiancò come un cencio.
«
Sto scherzando… »
Ma
oltre a Ginny, parecchi primini erano agitati.
L’unico che aveva tutt’altro per la testa era Kaito, che dopo aver finalmente
capito come fare funzionare la sua bacchetta, cercava disperatamente di
recuperare la miriade di brutti voti accumulati fino a quel momento. Certo,
ogni volta doveva ripetere la formula un bel po’ di volte prima che accadesse
effettivamente qualcosa, ma ormai era certo che entro il ventesimo tentativo
l’incantesimo avrebbe funzionato. I professori apprezzarono l’impegno e gli
diedero molte occasioni per rimediare la sua media disastrosa. Quando
finalmente Kaito esibì tutto orgoglioso il suo stuzzicadenti trasformato in
ago, ignorando che i suoi compagni c’erano riusciti più di un mese prima, la McGranitt, invece che lodarlo, gli presentò un grosso
vasetto pieno di scarafaggi neri e brulicanti.
«
Mentre eri impegnato con lo stuzzicadenti, Kuroba, i tuoi compagni hanno fatto
pratica con questi. »
Kaito
osservò interessato gli insetti: « In cosa dovremmo trasformarli? »
«
In bottoni. Visto il tuo recente miglioramento ti offro una grossa opportunità:
se entro domani mattina riuscirai in questa trasfigurazione, non terrò conto
dei brutti voti che hai preso finora nella media di fine anno. »
Kaito
s’illuminò speranzoso: « Davvero? »
«
Non amo scherzare, Kuroba. »
Il
ragazzo prese il vasetto entusiasta: « Fantastico! Non la deluderò! »
«
Lo vedremo domani mattina, Kuroba. Ora vai, abbiamo tutti un impegno, adesso. »
Kaito
non capì la frase, ma ci pensò Ginny a spiegargliela non appena lo intercettò
fuori dall’aula: « Dove stai andando? »
«
In Sala Comune, a esercitarmi in Trasfigurazione. »
La
ragazza guardò sospettosa il vasetto: « Posa quello e muoviti, c’è la partita
di Quidditch, Grifondoro
contro Serpeverde! »
Kaito
fece una smorfia: « Devo proprio venire? Non ci capisco niente e avrei questo compito… »
Ginny
lo guardò furiosa: « Giocano Fred, George ed Harry! Non vuoi venire nemmeno per
fare il tifo per loro? »
Kaito
sospirò: « Per loro tre e per dare contro ai Serpeverde,
ogni occasione è buona! Il tempo di posare questo vaso e arrivo subito! »
Il
prestigiatore iniziava ad avere un principio di mal di testa: « Ok, Ron,
rispiegami le regole dall’inizio, mi sono perso qualcosa…
»
E
mentre riascoltava per la terza volta tutto lo spiegone,
Kaito si rese conto che quello strambo sport non faceva per lui. Se Saguru l’avesse scoperto, avrebbe potuto aggiungerlo alla sua
famosa lista delle attività sportive in cui era negato, oltre al pattinaggio.
Il motivo era ovviamente uno solo, l’indispensabile presenza dei manici di scopa,
classificati ormai come nemici giurati. Ron, Ginny e tutti gli altri invece
erano infervorati, mentre Colin non faceva che scattare foto a raffica.
Kaito
sospirò: « Sei incredibile! Non è ancora cominciata! Poi rimani senza rullini a
metà partita! »
Finalmente
le squadre entrarono in campo, i Grifondoro con le
divise rosse, i Serpeverde con quelle verdi. Almeno
avrebbe distinto bene i giocatori in volo, si disse Kaito. Madama Bumb fischiò e tutti volarono via a bordo delle scope. Due
palle in particolare schizzavano per aria come impazzite, attirando
l’attenzione del prestigiatore.
«
Quelli sono i Bolidi, giusto? »
Ron
s’illuminò, lieto che Kaito avesse finalmente assorbito qualcosa della sua
interminabile lezione: « Sì, bravo Kaito! »
«
E devono buttare giù i giocatori che prendono il cosino d’oro come Harry, giusto? »
«
Boccino d’oro, semmai! Ma i Bolidi
devono buttare giù tutti i giocatori, e non solo i Cercatori. Come ti è venuta
questa idea? »
Il
ragazzo indicò il cielo: « Perché quello ce l’ha decisamente con Harry! »
Ron
osservò la scena per un paio di minuti: « Diavolo, hai ragione! Quel Bolide è
truccato! »
Hermione
sospirò, con le mani a coprirsi la faccia: « Ma ogni anno ce n’è una! E l’anno
scorso il manico di scopa imbizzarrito… »
«
Quello non è poi un imprevisto così insolito! »
Ginny
fece una smorfia: « Veramente certi imprevisti sono normali solo per te, Kaito.
»
Colin
iniziò a disperarsi: « Sta iniziando a piovere! Le foto verranno malissimo,
ora… »
Ginny
gli diede una botta sul braccio: « E ai giocatori non pensi? Non è mica facile
giocare con questa pioggia… e Harry deve vedersela
anche con il Bolide truccato… »
Ron
si sporse: « Hanno indetto una pausa, vediamo se capiamo qualcosa…
»
I
giocatori della squadra di Grifondoro discussero in
modo molto animato ma quando la partita riprese il gruppetto di spettatori si agitò
ancora di più.
«
Ehi, ma dove vanno Fred e George? Harry è dall’altra parte! »
«
Ma lo mollano da solo? Sono pazzi? Chi l’ha deciso? »
Ron
agitò un pugno: « Se becco Bastonio…
»
Hermione
sospirò: « Conoscendolo potrebbe essere stato proprio Harry a proporlo. »
Kaito
alzò gli occhi al cielo: « E allora il pazzo è lui. A proposito, che sta
facendo con quel giocatore Serpeverde? Sembra quasi che… »
Una
smorfia fulminò i volti di tutti gli spettatori Grifondoro.
«
Quello deve fare male! »
«
Ma perché diavolo si è fermato? Così il Bolide l’ha colpito! »
«
E ora cosa fa lì impalato? Prende il tè con Malfoy? »
«
Perché, quello è Malfoy? Con questa pioggia sembrano
tutti uguali… »
«
Ma quello che gli brilla sull’orecchio non è il Boccino? »
«
E Harry scatta e… »
Un
grido di gioia si diffuse fra gli spalti.
«
È FATTA! È FINITA! ABBIAMO VINTO, ABBIAMO VINTO! »
«
HARRY! »
L’ultimo
grido però non era di gioia, ma di terrore. Infatti il Cercatore di Grifondoro era scivolato dalla scopa cadendo malamente a
terra. Un mormorio di preoccupazione aleggiò sugli spettatori, mentre Colin
scattava in piedi e correva verso il terreno di gioco.
Kaito
gli corse dietro: « Ma dove vai? Cosa vuoi fare? Colin! »
Il
ragazzino con la macchina fotografica giunse da Harry insieme a GilderoyAllock. Quando il
ragazzo con gli occhiali aprì lentamente gli occhi la prima cosa che vide fu il
sorriso smagliante e inconfondibile del professore di Difesa contro le Arti
Oscure e gemette: « Oh, no, lui no! »
Allock commentò a voce alta ai
preoccupati giocatori del Grifondoro radunati attorno
a lui: « Non sa quel che dice. Niente paura, Harry, adesso ti rimetto a posto
il braccio. »
Harry
disse: « No! Grazie, me lo tengo così… »
Kaito
provò a intervenire: « C’è Madama Chips in
infermeria, può farlo lei… »
Il
Cercatore cercò di mettersi seduto, ma il dolore era terribile. Lì vicino,
sentì un clic che gli era familiare.
«
Non voglio una foto in questo stato, Colin. »
Kaito
colse l’occasione al volo per strappare la macchina fotografica al compagno. Dopotutto
i furti erano la sua specialità.
«
Ehi! »
«
Sequestrata fino a nuovo ordine. Quando è troppo, è troppo, Colin! »
Kaito
ridacchiò vedendo le proteste del ragazzino. E quando mai gli capitava di fare lui la parte del poliziotto?
Allock ignorò la scena e si
rivolse ad Harry in modo suadente: « Stenditi, Harry. È una magia
semplicissima. L’ho usata un’infinità di volte. »
Harry
rispose a denti stretti: « Perché non posso andare semplicemente in infermeria?
»
Kaito
alzò gli occhi al cielo: « E io che ho detto fino ad ora? »
Baston si avvicinò. Era tutto
sporco di fango e non riusciva a non sorridere, anche se il suo Cercatore era
rimasto ferito: « Davvero, hanno ragione, professore. Gran colpo, Harry,
veramente spettacolare, direi il migliore finora. »
Il
discorso di lode venne interrotto solo dalle imprecazioni di Fred e George Weasley che cercavano di cacciare il Bolide impazzito in
una scatola, ma quello opponeva ancora una fiera resistenza.
Allock si rimboccò le maniche
dell’abito verde giada: « State indietro! »
Harry
protestò debolmente: « No… la prego, no… »
Ma
Allock stava già facendo roteare la bacchetta magica
e un attimo dopo la puntò sul braccio del ragazzo. Harry fece una smorfia e
stringendo gli occhi girò il viso dall’altra parte. Tutti i presenti
trattennero il fiato.
Fu
Kaito a spezzare il silenzio, non riuscendo più a trattenersi: « Lei è un
emerito incompetente! »
Allock rispose con la sua vocina
acuta irrigidendosi tutto: « Come ti permetti? »
«
Mi permetto eccome, e ringrazi che mi sono trattenuto e non le ho detto di
peggio! Guardi che ha fatto! »
Approfittando
della discussione, Colin era riuscito a riappropriarsi della sua macchina
fotografica e aveva iniziato a scattare foto all’impazzata.
Allock mostrò un leggero
imbarazzo rendendosi conto del guaio che aveva combinato: « Ah! Sì, a volte può
succedere. Ma l’importante è che le ossa non sono più rotte. Questo è quel che
bisogna tenere presente. Perciò Harry, vai in infermeria e…
signor Weasley, signorina Granger,
visto che siete arrivati, vorreste accompagnarlo? Vedrai che Madama Chips sarà in grado di…ehm… rimetterti un po’ in sesto. »
Mentre
Harry finalmente si rendeva conto di avere un braccio gommoso, e il
prestigiatore riprendeva la macchina fotografica a Colin, Allock
si voltò furioso verso Kaito: « Quanto a te, Kuroba, questa volta non la passi
liscia! Avrai una punizione per domani, una punizione vera! Un tema di un metro
e mezzo sul mio “In vacanza con i Troll”.
Per domani mattina alle otto in punto sulla mia cattedra! »
«
Un metro e mezzo? Ma è quasi più del libro stesso! »
«
Affari tuoi! A domani mattina, Kuroba! »
Mentre
Harry si allontanava con Ron ed Hermione, Kaito riuscì ad urlare: « Non
preoccuparti, Harry, verrò a trovarti stasera! »
«
Ci conto! »
Kaito
sospirò: « Bene, e adesso vediamo di risolvere un problema per volta… »
Quella
sera Kaito era a dir poco disperato e per risparmiare tempo saltò anche la
cena. Doveva imparare a trasfigurare degli scarafaggi in bottoni, doveva fare
il tema per Allock e andare a trovare Harry in
infermeria.
«
Troppe cose in troppo poco tempo… nemmeno i trucchi
di Kaito Kid possono aiutarmi questa volta! Nessuno ha una DeLorean
da prestarmi, vero? »
Ginny
e Sheridan rientrarono in Sala Comune con del cibo.
Ginny porse il piatto a Kaito e quest’ultimo addentò qualcosa senza nemmeno
guardare cosa stesse mettendo in bocca, bofonchiando un ringraziamento, mentre
tutto sporco d’inchiostro e con un metro da sartoria appeso al collo continuava
a scrivere il suo tema.
Sheridan sbirciò il rotolo di
pergamena: « A che punto sei? »
«
Settantacinque centimetri. Posso farcela, devo solo mettere insieme abbastanza
sciocchezze da riempire questo foglio. Il problema serio sarà Trasfigurazione.
»
«
Posso aiutarti, se vuoi, in queste cose me la cavo. »
«
Grazie mille! »
Ginny
sbadigliò:« Scusatemi, ma io andrei a
dormire, troppe emozioni per oggi. Buonanotte a tutti. »
«
Buonanotte! Dunque, vediamo… ehi, niente male questo
coso che mi avete portato! Non m’intendo molto di cibo inglese, che cos’è? »
Sheridan sbirciò nel piatto con
scarso interesse: « Credo sia pesce spada affumicato…
»
Il
volto di Kaito assunse improvvisamente un colore verdastro e Sheridan si preoccupò: « Ehi, Mangetsu,
che hai? Che ti succede? »
«
P-Pesce? »
«
Spada, sì. Cos’è quella faccia? Credevo che in Giappone viveste praticamente di
sushi! »
Kaito
cercò di mantenere il più a lungo possibile la sua faccia da poker, ma il
disgusto fu troppo e con uno scatto fulmineo gettò tutto nel camino. Sheridan non disse nulla, si limitò a guardarlo con una
faccia perplessa.
Il
ragazzo cercò di recuperare la calma: « Sai, Momoka,
anch’io ho avuto qualche shock, non sei mica l’unica. »
«
Hai problemi con il pesce? »
Kaito
le fece un occhiolino: « Diciamo che preferirei mangiarmi gli scarafaggi della McGranitt! Come mi dicesti tu un po’ di tempo fa, forse un
giorno ti spiegherò. Dai, dammi una ventina di minuti per finire il poema e poi
ci mettiamo sotto con Trasfigurazione, ok? »
Ma
per giungere ai tanto sospirati centocinquanta centimetri di tema ci volle molto
più tempo del previsto. Quando finalmente mise via piuma e calamaio erano quasi
le undici di sera e dovette svegliare Sheridan che si
era appisolata sulla poltrona. La ragazza si svegliò con uno sbadiglio, si
stiracchiò e dopo qualche secondo si ricordò perché si era appisolata lì e non
nel suo letto. Soprattutto perché Kaito le sventolò sotto il naso l’ormai
celeberrimo vasetto.
«
Allora, cominciamo? »
I
primi tentativi non andarono affatto bene. Una decina di scarafaggi finirono
schiacciati prima di essere trasfigurati. Kaito ripeté l’incantesimo un
centinaio di volte e Sheridan gli corresse il
movimento della bacchetta. Nessuno dei due, preso dal compito, fece caso a chi
entrasse o uscisse dalla Sala Comune. L’unico di cui si accorsero fu Colin, che
entrò nella stanza alla mezza passata trovando un vasetto ancora brulicante
d’insetti, Kaito con la bacchetta ancora a mezz’aria e Sheridan
fortemente indecisa se ripetergli per la ventesima volta di tenere il gomito
più basso o se prenderlo a testate. Ovviamente era più propensa per la seconda.
«
Scusate il disturbo… Kaito, potrei riavere la mia
macchina fotografica? »
«
Eh? Ah, sì, è dietro la poltrona, prendila pure. Te l’ho sequestrata solo
perché con Harry stavi davvero esagerando e… »
Il
prestigiatore si sbatté una mano sulla fronte: « Diavolo, Harry!!! Me n’ero
completamente scordato… che ora è? »
«
Quasi l’una… »
Kaito
si mise le mani nei capelli: « Cavoli, gli avevo promesso che sarei andato a
trovarlo in infermeria! Ma non ce la farò mai… »
Colin
sorrise entusiasta: « Posso aiutarti io! Dopotutto devo farmi perdonare per la
brutta figura che ho fatto oggi! »
Kaito
s’illuminò: « Sei in grado d’insegnarmi Trasfigurazione? »
Il
ragazzino sorrise: « No, ma posso andare da Harry al posto tuo! Niente foto,
promesso, con il flash Madama Chips mi scoprirebbe
subito. »
Sheridan alzò gli occhi al cielo:
« Ah, mi pareva. »
«
E poi se mi beccano rischio di meno, tu hai già parecchi problemi con Allock! »
Kaito
lo guardò un po’ dubbioso, ma poi annuì: « E va bene, vai tu. Però scusami con
Harry, ok? »
Colin
sorrise e d’avviò verso la Signora Grassa: « Tranquillo, ci penso io! Ah, ti
prendo un grappolo d’uva dal tuo avanzo di cena, va bene? »
Sheridan ridacchia: « Fai pure,
credo che a Kaito sia passata la fame per stasera… »
«
Ah-ah, molto divertente! Fai attenzione, ok? »
Colin
salutò con la mano, tutto sorridente: « Certo, a dopo! »
«
E niente foto a Harry, sia chiaro! »
Arrivò
un borbottio che entrambi interpretarono come un “Sì, tranquillo”.
Kaito
sospirò: « E anche questa è risolta. Chissà se capirò mai perché è così fissato
con Harry… ma che avrà mai fatto questo ragazzo di
così speciale? »
«
Una volta o l’altra te lo spiegherò. »
«
Ah, ma allora tu sai qualcosa! Sputa il rospo, Momoka!
»
«
È una storia lunga e adesso abbiamo poco tempo o sbaglio? »
«
Giusto, torniamo a queste blatte… »
« L’ultimo è più rigido, ma gli si muovono
ancora le antenne. »
Kaito
si rimboccò le maniche: « Prima di domani mattina mi verrà! Avanti,
continuiamo! »
Quella
mattina Kaito si risvegliò sulla poltrona alle sette del mattino. Impiegò un
po’ per ricordare perché si trovasse lì, fino a che non si accorse di essersi
addormentato con il braccio alzato e la bacchetta ancora stretta nel pugno.
Abbassò lo sguardo. Il barattolo era vuoto e sul tavolo c’erano una ventina di
bottoni veri, più un’altra trentina che si muovevano leggermente o che avevano
le antenne. Kaito sorrise soddisfatto: un risultato più che soddisfacente in
una sola notte. Sì, sentiva di potercela fare. Era un po’ stanco, ma allegro e
soddisfatto.
Scese
dalle scale rigirando fra le mani la bacchetta e ripetendosi l’incantesimo
molte volte. Poteva farcela, ne era certo. Continuò a incoraggiarsi mentalmente
mentre entrava nella Sala Grande e si sedeva al tavolo. Doveva solo fare una
solida colazione per ricompensare la scarsa cena della sera prima e poi sarebbe
entrato in aula di Trasfigurazione e avrebbe dimostrato alla McGranitt quanto valeva.
Solo
le facce da funerale di tutto il tavolo di Grifondoro
lo risollevarono dal suo training autogeno: « Bè? Che
c’è? »
Fred
lo guardò sorpreso: « Come, non hai saputo? »
Kaito
si servì con i cereali: « Guarda, ho passato la nottata a trasfigurare insetti,
qualunque notizia esuli da ciò non mi è giunta all’orecchio. Sheridan, mi passeresti il latte? Sheridan?
»
Ma
la ragazza era pallidissima e non alzò lo sguardo dalla tovaglia.
Kaito
osservò meglio il tavolo e iniziò a sentire una stretta alla bocca dello
stomaco: « Cosa è successo? »
George
sospirò: « Si tratta di Colin Canon… »
Kaito
uscì dalla Sala Grande senza aver toccato cibo e senza dire una parola. Era
rimasto impassibile, aveva mantenuto la sua faccia da poker alla notizia, ma
quando aveva sentito il nome del compagno il suo cuore aveva perso un battito.
Lentamente, come se si trovasse in un sogno, anzi, in un incubo, risalì le
scale verso la torre di Grifondoro. C’erano studenti
in ritardo che scendevano freneticamente le scale per la colazione, ma lui
andava controcorrente, perso nei suoi pensieri e in un crescente senso di
colpa. Perché era colpa sua se Colin era stato pietrificato, non c’erano dubbi.
Ad ogni passo stringeva il corrimano molto più del necessario. Doveva essere
lui a uscire di nascosto per andare a trovare Harry, doveva essere lui quello
pietrificato. E invece aveva permesso a un ragazzino di undici anni di prendere
il suo posto. Doveva vergognarsi, solo vergognarsi, gli aveva scaricato un suo
impegno solo perché lui era troppo preso dai mille compiti. Ah, già, a
proposito, il tema di Allock… si fermò un attimo al
piano e posò il tema davanti alla porta chiusa. No, non aveva proprio voglia di
entrare nell’ufficio e rischiare di trovarsi davanti quella faccia di bronzo,
non era dell’umore giusto per litigare. Non era dell’umore giusto per niente, a
dirla tutta. Cosa doveva fare? Cosa poteva fare per Colin?
«
Kaito! »
Il
ragazzo si voltò. Sheridan l’aveva rincorso. Lei era
l’unica ad aver assistito alla discussione fra lui e Colin, lei era l’unica che
poteva capire davvero perché fosse d’umore così nero.
«
Se sei venuta a dirmi che sono un egoista e che è tutta colpa mia, hai
perfettamente ragione. »
La
ragazza lo guardò con le braccia incrociate e lo sguardo serio: « No. Al
contrario. Ho immaginato che stessi pensando qualcosa del genere e sono venuta
a dirti l’esatto opposto. Non è colpa tua. »
«
Sono io che l’ho mandato fuori all’una di notte, Sheridan!
»
«
Io c’ero. Non sei stato tu ad obbligarlo, è stato lui a proporsi di andare. »
«
Ma io dovevo dirgli di no! »
«
Moriva dalla voglia di andare, molto probabilmente sarebbe uscito comunque! Tu
gli hai offerto un’occasione, è vero, ma chi ti dice che Colin non sarebbe
sgattaiolato lo stesso? »
Kaito
si morse un labbro. Probabilmente Sheridan aveva
ragione, conoscendo la testardaggine di Colin.
«
Non sei stato tu a pietrificarlo, Kaito. Togliti quest’idea dalla testa. Lui
non l’accetterebbe e tu lo sai. E poi non è morto, troveranno il modo di
riportarlo alla normalità in fretta! »
Kaito
abbassò lo sguardo: « Bene. I professori s’impegnino in questo, che io intanto
cercherò di trovare il colpevole… »
«
Kaito… »
Il
prestigiatore tirò un pugno al muro: « No, Sheridan,
glielo devo! Qui non si tratta più di una ragazzata, qui è grave, molto più
grave di quando hai appeso quella gente per le mutande! Passi il gatto, ma un
essere umano no, non posso accettarlo! »
La
ragazza lo guardò preoccupata: « Cosa hai mente di fare? »
Lo
sguardo di Kaito non lasciava spazio a repliche: « Ancora non lo so, adesso
sono troppo arrabbiato per pensarci. Per adesso mi limiterò ad andare dalla McGranitt e a trasfigurarle quelle maledette blatte, ma poi
qualcosa m’inventerò… »
«
Ottimo! Direi che questo è lavoro per i Malandrini, a occhio e croce… »
«
Fred! George! »
I
gemelli li guardarono comprensivi: « Eravamo venuti a chiedervi se vi andava di
fare qualcosa per il piccolo Canon, ma vedo che siete già d’accordo! »
Kaito
e Sheridan annuirono e il gruppo si mise d’accordo
per discuterne la sera stessa, per poi dirigersi ognuno nella propria classe.
«
Te lo prometto, Colin, troverò chi ti ha fatto questo, parola di Kaito Kuroba!
»
Buongiorno a tutti! Passato bene le
vacanze? Io le ho passate a scrivere, visto che ho fatto ben tre capitoli di
questa fanfic…
Cosa ne pensate di quel che vi ho
combinato in questo capitolo? Spero vi piaccia.
Intanto ringrazio Liberty89, darkroxas92
e DC_otaku per le recensioni.
Dopo
che Kaito superò il compito della McGranitt, seguirono giorni pieni di
tensione, soprattutto per i Grifondoro. Tutti i compagni di classe di Colin
erano agitatissimi per quello che era successo al compagno e non sapevano cosa
fare per poterlo aiutare. Almeno fino a quando Stephen si presentò correndo in
Sala Comune mentre il resto della classe stava facendo i compiti di Astronomia.
«
Ragazzi, ragazzi, ho avuto un’ideona! »
Thomas
lo guardò preoccupato: « L’ultima volta che hai detto così mi sono ritrovato a
pulire un paiolo di chissà quale pozione che avevi fatto esplodere sulla parete… »
«
Niente miscugli strani, stavolta, tranquillo! Stavo cercando nel baule di Colin
se c’era qualcosa che potevo portargli in infermeria…
»
Nicole
lo guardò male: « Non si fruga nelle cose altrui! »
Ginny
annuì: « E poi cosa dovremmo portargli? È pietrificato, non si accorgerebbe di
nulla! »
Stephen
esibì un sorrisone: « Ci ho pensato anch’io, anche perché ho trovato qualcosa
di meglio… che ne dite di questa? »
Il
ragazzo mostrò una macchina fotografica: « Colin la teneva di riserva, ma
potremmo usarla noi! »
Nicole
lo guardò perplessa: « E per farci cosa? »
Kaito
afferrò l’idea: « Non vuoi che Colin si senta escluso quando tornerà a lezione… »
«
Esatto! Diamoci da fare, fotografiamo tutto quello che possiamo e creiamo un
album da mostrargli quando uscirà dall’infermeria! »
Thomas
lo guardò interessato: « Conoscendo Colin, è un regalo che potrebbe piacergli,
in effetti… chi è d’accordo? »
Tutti
alzarono le mani.
Sheridan
sorrise: « E allora cosa stiamo aspettando? »
L’idea
riscosse molto successo. La maggioranza dei professori si mostrarono
collaborativi e diedero ai ragazzi il permesso di fotografare parte delle
lezioni. Tutti i Grifondoro di tutti gli anni provenienti da famiglie magiche
fecero una colletta per procurarsi tantissimi rullini magici, mentre quelli di
origine babbana fornirono una pila di album. Si
scoprì con grande sorpresa di tutti che Baston, oltre
ad essere un fanatico del Quidditch, era anche un
discreto fotografo (a suo dire, usava la macchina fotografica solo per
documentare gli allenamenti e trovare nuove strategie, ma tutti, gemelli
Weasley in primis, si convinsero che lo diceva solo per mantenere un contegno) e
il ragazzo si offrì volentieri di sviluppare le foto scattate dalle matricole
perché si muovessero, così come piacevano a Colin. E le fotografie furono le
più varie e disparate, che tutti i Grifondoro aiutarono a dividere negli album
per argomento: le lezioni di Trasfigurazione, di Incantesimi, di Astronomia, di
Erbologia, di Volo, persino qualcuna scattata di
straforo durante Pozioni, poiché com’era prevedibile Piton
era stato l’unico professore a non aver dato loro il permesso di usare la
macchina fotografica nella sua aula. C’era un album dedicato ai pomeriggi di
studio in biblioteca o in Sala Comune, uno per i pranzi e le cene in Sala
Grande, uno per i momenti di svago. E uno ovviamente per le scene memorabili, che
i primini sfogliavano ridendo come matti alla sera,
davanti al camino, e che spesso sbirciavano interessati anche i più grandi.
C’era una foto di Thomas sommerso letteralmente da una montagna di libri in
biblioteca, riconoscibile solo dalla mano che spuntava da sotto il mucchio di
pagine reggendo disperatamente gli occhiali per non romperli; c’era Stephen davanti
a un paiolo e, visto che per la disperazione di Piton
il ragazzo aveva il raro dono di rendere esplosiva qualunque pozione, era completamente
ricoperto di melma verde e viola; c’era una magnifica foto di Ginny che
svolazzava tranquillamente a bordo del suo manico di scopa mentre pochi metri
più in basso Kaito sbatteva contro un albero; Sheridan che inciampava sulle
scale addosso a Nicole e via così, mille piccole scene comiche che ridavano un
sorriso alle spaventate matricole. C’era anche una foto con Kaito mentre
guardava terrorizzato una lettera di Akakoche aveva ricevuto durante la colazione.
Nessuno ne aveva capito il senso, essendo ovviamente scritta in giapponese, ma
il volto spaventato di Kaito nel leggere il mittente era stato abbastanza
eloquente.
Buongiorno,
mio caro Kaito, come va?
Pare
che quei buonisti di insegnanti di Hogwarts non ti recapitino la mia posta se
ci allego qualche “regalino”… che peccato, ti assicuro che erano davvero con il
botto…
E
così mi tocca una banalissima lettera…pazienza… tanto lo sai che non mi arrendo per così poco,
vero? Ho tutto il tempo del mondo… e prima o poi
sarai mio, non dimenticarlo mai.
Sappi
che sei sempre nei miei pensieri.
Akako
Kaito
rabbrividì all’ultima frase. Conoscendola, poteva essere tranquillamente una
minaccia.
Nonostante
tutto le indagini dei Malandrini non si erano mai fermate, ma senza successo.
Kaito non poteva non sentirsi in parte responsabile della pietrificazione di
Colin e si dava da fare in ogni modo, tuttavia non avevano indizi a cui
aggrapparsi. Kaito passava delle ore a chiedersi cosa avrebbero fatto al suo
posto tutti gli aspiranti detective con cui aveva a che fare come Kaito Kid.
Come si sarebbero mossi a quel punto di stallo Saguru,
Hattori o il piccolo Conan Edogawa?
Non lo sapeva, non riusciva a vederseli in un ambiente così poco logico come
quello di Hogwarts. Probabilmente si sarebbero adattati, avrebbero trovato una
logica anche lì, ma lui non ci riusciva.
I
Malandrini però non rimanevano certo con le mani in mano. Per distrarre alunni
e professori dai brutti pensieri il quartetto organizzava piccoli scherzi di
ogni tipo che non risparmiavano quasi nessuno. Quasi, perché su insistenza di
Kaito e Sheridan la vittima preferita di Fred e George, Gazza, viveva un
piccolo periodo di tregua. Secondo le due matricole, cuori troppo teneri per i
gemelli, era già abbastanza sconvolto a causa di MrsPurr per subire altri dispetti. Tuttavia non risparmiavano
gli altri: la McGranitt si era ritrovata l’aula piena di bolle di sapone
colorate che non volevano saperne di scoppiare, avevano convinto un paio di
classi a fingere di non vedere Vitius, per cui il
piccolo professore aveva avuto una crisi d’identità e aveva dovuto passare il
pomeriggio da Madama Chips per un consulto
psicologico e, come se non bastasse, avevano messo sottosopra tutte le mappe di
Astronomia. Tuttavia la nuova vittima preferita dei Malandrini era sicuramente
Allock, che tormentavano sempre con lo stesso scherzo, semplice quanto efficace
e dagli effetti sempre nuovi e imprevedibili. Niente di complicato, in realtà,
si limitavano semplicemente ad aprire appena potevano la serratura della gabbia
di quei teneri e dispettosi Folletti della Cornovaglia che il professore si
ostinava a tenere in aula o, meglio ancora, nel suo ufficio. Un Alohomora, oppure
un veloce scassinamento da parte di Kaito quando nessuno guardava, et voilà, una ventina di piccole pesti color blu elettrico
provvedevano a distruggere la stanza meglio di quanto avrebbero potuto mai fare
loro. Dei Malandrini naturali, li definì Sheridan. Fred propose anche di
adottarne un paio come mascotte del gruppo, ma gli altri bocciarono l’idea.
Perché togliere alcuni aguzzini al professore? In fondo, nessuno di loro
avrebbe rinunciato al meraviglioso spettacolo di Allock tirato per i suoi
adorati riccioli biondi.
Fu
solo quando comparve l’annuncio della fondazione del Club dei Duellanti che le
cose cambiarono.
I
primini si dimostrarono entusiasti della proposta,
con l’eccezione di Kaito.
«
Ma perché, credete davvero che il mostro dell’erede di Serpeverde, se davvero
esiste, si metta a duellare lealmente prima di pietrificarti? »
Stephen
alzò le spalle: « No, ma qualcosa di utile potrebbe saltar fuori. Che abbiamo
da perderci? »
Così
tutto il gruppo del primo anno di Grifondoro si presentò compatto, come ormai
usavano muoversi, in Sala Grande alle otto in punto, con la canonica macchina
fotografica d’ordinanza appesa al collo di Ginny. Gli immensi tavoli da pranzo
erano scomparsi e lungo una parete era apparso un palcoscenico d’oro,
illuminato da migliaia di candele sospese in aria. Sotto la magica volta del
soffitto, di un nero vellutato, sembravano essersi dati convegno quasi tutti,
armati di bacchette magiche e di molta eccitazione.
Kaito
fece una smorfia: « Con un impianto così scenografico ho un bruttissimo
presentimento su chi sia l’organizzatore dell’evento…
»
E
come conferma ai suoi peggiori timori in quel momento Gilderoy
Allock comparve sul palcoscenico.
Il
prestigiatore ebbe un momento di sconforto, ma decise di ironizzare la situazione:
« Ora inizia la passerella, mostrandoci la moda magica autunno-inverno di
quest’anno… ammirate lo splendido abito color prugna
scuro che il nostro modello c’illustra dall’alto dei suoi tacchi dodici… mentre ecco un altro abito classico, nero, che
c’illustra un altro modello d’eccezione… »
Sheridan,
Stephen e Thomas ridacchiarono vedendo salire anche Piton.
No, decisamente lui non aveva l’aria da passerella d’alta moda.
Allock
chiese il silenzio con un gesto: « Avvicinatevi! Avvicinatevi! Mi vedete tutti?
Mi sentite tutti? »
Kaito
sussurrò a denti stretti a Sheridan: « Purtroppo è impossibile non farlo… io ti avverto, se esagera me ne vado subito! »
L’insegnante
continuò: « Molto bene! Il professor Silente mi ha dato il permesso di fondare
questo piccolo Club dei Duellanti perché possiate allenarvi, nel caso doveste
avere bisogno di difendervi, come è capitato a me innumerevoli volte. Per
ulteriori particolari, si vedano i lavori da me pubblicati. »
Kaito
tirò un sospiro di sollievo. Per un attimo aveva temuto che cominciasse a
raccontare un’altra delle sue assurde storie.
«
Permettete che vi presenti il mio assistente, il professor Piton.
Mi dice di intendersi un po’ dell’arte del duello e molto sportivamente ha
accettato di collaborare per una breve dimostrazione, prima di iniziare. Niente
paura, ragazzi… quando avrò finito avrete ancora il
vostro insegnante di Pozioni tutto intero, non temete! »
Kaito
alzò un sopracciglio: « Oh, non credo proprio che Piton
rischi qualcosa… piuttosto, se riesce a mandare Allock
in infermeria per almeno un mese lo eleggo a mio insegnante preferito! »
Piton probabilmente stava pensando
qualcosa di simile, a giudicare dalla strana piega assunta dal suo labbro
superiore. Allock, da vero incosciente, invece di notarlo continuava a
distribuire sorrisi a trentadue denti a chiunque si trovasse nelle vicinanze.
I
due professori si misero uno di fronte all’altro e s’inchinarono; o per lo
meno, Allock fece un inchino tutto svolazzi, mentre Piton
piegò leggermente il capo con un movimento che tradiva la sua irritazione. Poi
sguainarono le bacchette a mo’ di spade.
Allock
commentò per la folla che assisteva in silenzio: « Come potete vedere, stiamo
tenendo le bacchette nella posizione regolare di combattimento. Al tre, ci
lanceremo i primi incantesimi. Nessuno dei due mirerà ad uccidere l’altro,
naturalmente. Uno…due…tre… »
Entrambi
sollevarono la bacchetta in alto puntandola poi sulla spalla dell’altro.
Piton gridò: « Expelliarmus! »
Ci
fu un accecante bagliore di luce scarlatta e Allock fu scaraventato a gambe
all’aria: volò all’indietro giù dal palco e sbatté contro la parete, su cui si
accasciò finendo a terra.
Alcuni
Serpeverde applaudirono, Kaito si trattenne per un soffio dall’unirsi a loro.
Molte ragazze cercavano di vedere come stesse l’insegnante, ma Allock si stava già
rialzando da terra con gambe malferme. Il cappello gli era caduto e i capelli
ondulati gli si erano drizzati in testa. Tornò sul palco barcollando: « Ecco
fatto! Questo era un incantesimo di Disarmo… come
potete vedere, ho perso la bacchetta magica… ah,
grazie signorina Brown. Sì, ottima idea davvero,
mostrargli questo, professor Piton, ma non se la
prenda se le dico che le sue intenzioni erano molto evidenti. Avrei potuto
fermarla in qualsiasi momento. Ma ho pensato che fosse più istruttivo che i
ragazzi vedessero… »
Kaito
sospirò: « La più grossa balla della storia! È un pessimo attore! »
A
giudicare dallo sguardo assassino che Piton rivolse
ad Allock, anche il professore di Pozioni stava pensando qualcosa di simile.
Subito l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure soggiunse: « Basta con le
dimostrazioni! Ora io passo in mezzo a voi e formerò delle coppie. Professor Piton, se vuole aiutarmi… »
Così
fecero. Ginny e Nicole si ritrovarono in coppia a due coetanei di Tassorosso, mentre Thomas e Stephen si scoprirono avversari.
Allock ebbe la geniale idea di abbinare Sheridan a una ragazzina di Serpeverde
dall’aria molto isterica e inviperita, mentre Piton accoppiò
Kaito a una ragazzina di Corvonero.
Il
prestigiatore fece un piccolo inchino con la testa: « Posso sapere chi ho
l’onore di sfidare? »
«
Luna Lovegood, primo anno. »
«
Molto piacere, Kaito Kuroba, primo anno anch’io. »
La
ragazza lo squadrò curiosa: « Sei molto alto… forse a
causa di tutti quei Gorgosprizzi che ti girano attorno… »
«
I cosa? »
Ma
non ebbe il tempo di approfondire l’argomento che Allock gridò: « Tutti uno di
fronte all’altro e inchinatevi! »
Kaito
fece un profondo ed elegante inchino in puro stile ladro gentiluomo, a cui Luna
rispose incrociando le gambe e piegando le ginocchia, mentre con le mani
stendeva i lembi della divisa. Più che a un duello, sembrava che si stessero
invitando a un ballo d’altri tempi.
«
Bacchette in posizione! Al mio “tre” lanciate l’incantesimo di Disarmo al
vostro avversario…soltanto per disarmarlo, naturalmente…
non vogliamo incidenti. Uno…due…tre… »
Né
Kaito né Luna ebbero il tempo di fare niente. Qualcuno aveva lanciato
incantesimi diversi da quello di Disarmo prima del “tre” e si era scatenato il
finimondo. Kaito si guardò intorno e prese una rapida decisione: « Scusami,
Luna, vorrei solo evitare che i miei compagni si feriscano, ti dispiace? »
«
Assolutamente no, vai pure. Odio la violenza. »
Il
ragazzo le fece un occhiolino: « Ti devo un favore. »
Saettando
da un parte all’alta della Sala, disturbato da un fumo verdastro proveniente da
chissà dove, Kaito individuò subito Thomas e Stephen che stavano per essere
coinvolti loro malgrado da una vera e propria rissasenza bacchette tra Hermione e una voluminosa
Serpeverde e li afferrò entrambi di peso trascinandoli verso il muro. Lo stesso
fece con Ginny e Nicole, e già si stava ributtando nel parapiglia per la terza
volta quando Piton tuonò: « Finite Incantatem! »
La
situazione si calmò, ma l’ambientazione era ancora da guerriglia, soprattutto
grazie a Hermione e alla sua compagna che ancora continuavano la loro lotta
greco romana strillando, imitate da Sheridan e dall’altra Serpeverde, che
continuava a ripetere battute di cattivo gusto sul cognome della Grifondoro
facendola infuriare sempre di più. Harry atterrò l’avversaria di Hermione,
mentre Kaito immobilizzò Sheridan, aiutato da Fred e George che placcarono
l’altra contendente con una mossa degna di una partita di football americano.
Il
prestigiatore faticò non poco a trattenere la compagna: « Ehilà, calmati,
calmati, sono io! Buona… è finita…
è finita… »
Sheridan
agitò ancora un pugno: « Io ti spacco il naso! »
L’altra
le rispose: « Solo da provarci, zucca marcia! »
Kaito
la tenne più stretta e le sussurrò all’orecchio: « Buona, Momoka,
ricordati il patto dei Malandrini… »
La
ragazza si calmò, ma era ancora livida di rabbia: « Sì, sì…
me lo ricordo, Mangetsu… ma quanto è difficile! »
Ron
intanto sembrava sconvolto dal comportamento di Hermione: « Ma che diavolo ti è
preso per metterti contro MillicentBulstrode? »
La
ragazza non sembrava intenzionata a parlare e gli fece segno che gli avrebbe
risposto più tardi. Kaito sorrise comprensivo a Sheridan e allentò la presa,
mentre Allock svolazzò fra la folla agitato contemplando le conseguenze
provocate dal duello: « Oh santo cielo! Su, in piedi, Macmillian…
attenta là, signorina Fawcett… stringi forte, Boot, e vedrai che in un attimo smetterà di sanguinare… forse sarà meglio che v’insegni a bloccare gli incantesimi ostili. »
Gettò
un occhiata a Piton, che lo stava fulminando con gli
occhi, e subito distolse lo sguardo.
«
Proviamo con una coppia di volontari…Paciok e Finch-Fletchley, vi va?
»
Kaito
si batté una mano sulla fronte: « Ma se li propone lui che razza di volontari
sono? Mi proporrei io, ma per principio non partecipo a qualcosa proposto da quel…quell’essere!
»
Piton si mosse silenzioso come un
grosso e sinistro pipistrello: « Pessima idea, professor Allock. Paciok fa guai anche con gli incantesimi più semplici.
Vogliamo mandare dritti in infermeria i resti di Finch-Fletchley
dentro una scatola di fiammiferi? Che ne dice di Malfoy
e Potter? »
Allock
gesticolò in direzione di Harry e Malfoy esclamando:
« Ottima idea! »
Fred
si morse un labbro: « Pessima idea, quei due sono nemici giurati e Malfoy ama giocare sporco… »
George
annuì: « Senza contare che ce l’avrà ancora con Harry per la partita di
Quidditch… »
La
coppia si trovava al centro della sala e la folla indietreggiò per fare largo a
entrambi. Allock bisbigliò qualcosa a Harry, facendo poi cadere la bacchetta a
terra. Anche Piton suggerì qualcosa a Malfoy. Poi entrambi i contendenti si misero l’uno di
fronte all’altro. Probabilmente si dissero qualcosa, ma Kaito era troppo
lontano per sentirli chiaramente.
Allock
gridò: « Tre…due…uno… via! »
Malfoy sollevò rapido la bacchetta
magica e gridò: « Serpensortia! »
La
punta della sua bacchetta esplose e un lungo serpente nero ne veniva
letteralmente sparato fuori, cadeva pesantemente a terra e si rizzava, pronto a
colpire. La folla arretrò rapidamente gridando.
Piton si avvicinò: « Non ti muovere,
Potter. Ci penso io a mandarlo via… »
Allock
lo spinse via esclamando: « Mi consenta! »
Kaito
si mise le mani nei capelli: « No, no, no! Lasci fare a Piton!
Con il cognome che si ritrova saprà come fare, no? »
Fred
aggiunse: « Senza contare che è il direttore della Casa di Serpeverde…
»
L’insegnante
di Difesa contro le Arti Oscure brandì la sua bacchetta contro il rettile. Ci
fu un boato; anziché scomparire, il serpente volò a tre metri di altezza e poi
ricadde a terra con un gran tonfo.
«
Ecco, lo sapevo… »
Inferocito,
sibilando furiosamente, il rettile strisciò verso Justin Finch-Fletchley,
si eresse un’altra volta, a zanne scoperte, pronto a colpire. Kaito tirò fuori
la sua pistola spara carte, pronto a colpirlo, ma Harry lo anticipò, sibilando
qualcosa al serpente, che si allontanò.
Justin,
spaventato, prima di correre via, gridò: « A che gioco stai giocando? »
Ron
trascinò via Harry mentre Piton faceva sparire il serpente.
Tutti erano molto agitati e Kaito pensò bene di ritirare la sua pistola prima
che venisse notata troppo e di trascinare la sua classe nei corridoi, seguiti a
ruota da Fred e George.
«
Ma che diavolo è successo? »
«
Ma hai sentito come parlava Harry Potter? »
«
Non credevo che fosse un Rettilofono! Proprio lui, poi… »
Kaito
li guardò di storto: « Un che? »
Fred
sospirò: « Rettilofono. Sono i maghi che sanno
parlare con i serpenti. È un’abilità naturale rarissima che di solito
appartiene ai maghi oscuri… »
George
annuì: « Gran bel guaio per Harry averlo mostrato così, davanti a tutti... »
I
ragazzini si guardarono perplessi e spaventati. Un mago oscuro proprio nel loro
dormitorio, a pochi passi dai loro letti?
Inaspettatamente,
Kaito scoppiò a ridere: « Ma che andate a pensare? Un’abilità ereditaria non
può essere buona o cattiva di per sé, tutto dipende dall’uso che se ne fa! E se
Harry continua ad allontanare i serpenti infuriati come gli ho visto fare stasera,
sono ben felice che sia un Rettilofono! »
Nicole
protestò: « E chi ti dice che invece non lo stesse aizzando? Sei anche tu un Rettilofono, hai capito cosa ha detto? »
«
Assolutamente no, io guardo i fatti. Il serpente ha smesso di attaccare appena
Harry ha aperto bocca e tanto mi basta. »
I
ragazzi sembrarono più tranquilli entrando nella Sala Comune. Harry, Ron ed
Hermione parlottavano in un angolo. Kaito prese la sua bacchetta e si mise a
gesticolare alzando volutamente la voce per distrarre l’attenzione da loro.
«
Ma vogliamo piuttosto parlare della magrissima figura che ha fatto Allock
questa sera? Non ne ha imbroccata una, si è persino lasciato sfuggire la
bacchetta! E poi avete visto che disastro con quell’incantesimo di Disarmo? Un
miracolo che Madama Chips non si sia vista invadere
l’infermeria! Come se bastasse dire un Expelliarmusper… »
Non
aveva ancora completato la frase che vide qualcosa proveniente dalle sue spalle
sfrecciare vicino ad un orecchio. Con uno scatto l’afferrò al volo.
«
Una… bacchetta? »
Fred
gli diede una pacca sulle spalle: « La mia
bacchetta, per la precisione! Complimenti, un incantesimo di Disarmo perfetto,
criticone che non sei altro! »
Il
ragazzo lo guardò perplesso: « Io? Ti
sbagli, sarà stato un caso. Non l’avevo mai provato prima e nessun incantesimo
mi viene mai al primo colpo… »
George
lo sfidò: « Davvero? E allora avanti, dimostralo, prova a disarmarmi…
anzi, a non disarmarmi! »
Kaito
sospirò e puntando la propria bacchetta verso il ragazzo disse con poca
convinzione: « Expelliarmus! »
La
bacchetta scivolò dalle mani di George come attirata magneticamente da Kaito,
che l’afferrò al volo stupefatto con la stessa mano in cui teneva ancora quella
dell’altro gemello. La guardò meravigliato per qualche secondo, poi il suo viso
si allargò in un sorriso ebete.
«
Expelliarmus! »
Anche
le bacchette di Thomas e Stephen gli volarono incontro.
«
Ehi, che fai? Ridaccele! »
«
Venitele a prendere, se ci riuscite! »
Kaito
iniziò a far girare le bacchette sopra la sua testa come un abile giocoliere da
circo, mentre i quattro ragazzi cercavano di riprendersele. L’album dei momenti
memorabili di Colin si arricchì quindi, oltre che alle foto scattate al Club
dei Duellanti, anche di numerose foto di Kaito che schizzava da una parte
all’altra della Sala Comune con le bacchette, fra l’ilarità di tutti, persino
di Harry, che non aveva poi molta voglia di ridere. Ma era difficile resistere
all’immagine del ragazzo che ballava sullo schienale della poltrona la tipica
danza russa a gambe piegate continuando a fare il giocoliere con le bacchette e
facendo impazzire Fred, George, Thomas e Stephen. Almeno fino a quando il
gruppo non gli tolse la poltrona da sotto i piedi facendolo cascare a terra. Ma
nemmeno allora Kaito perse il suo sorriso.
Quella
notte Kaito non aveva proprio sonno. Dopo settimane passate a tormentarsi con i
sensi di colpa, era il primo momento in cui si sentiva veramente felice dalla
pietrificazione di Colin. Troppo eccitato per rimanere a letto, il ragazzo
scese in Sala Comune, trovandosi però la poltrona davanti al caminetto già
occupata da un ragazzino magro con i capelli neri e spettinati, un grosso paio
di occhiali e una curiosa cicatrice sulla fronte. Se ne stava tutto
raggomitolato, abbracciandosi le gambe e fissando tristemente le fiamme.
«
Stai ancora a rimuginarci su? »
Harry
sussultò: « Kaito! »
Il
prestigiatore avvicinò un’altra poltrona: « Non so cosa ti abbiano detto, ma
per me non è così grave che tu sia un… »
«
… Rettilofono. »
«
Scommetto che fino a poco fa neanche sapevi cosa significava e vivevi bene lo
stesso! »
Harry
arrossì: « In effetti è così… non pensavo fosse una
cosa negativa… »
«
Cosa hai detto al serpente? »
«
Di lasciare andare Justin. »
Kaito
sorrise: « E cosa c’è di negativo in questo? »
Harry
fece una piccola smorfia che voleva essere un sorriso: « Hai ragione, anch’io
la penso così. Ma la gente non lo capirà mai… proprio
io, poi… »
«
Ma me la togli una curiosità? Che hai fatto per essere così famoso? »
Harry
lo guardò sorpreso: « Come, non lo sai? »
Kaito
scosse la testa e il ragazzino s’indicò la cicatrice: « Non hai mai sentito
parlare del Bambino che è sopravvissuto? »
«
Assolutamente no. »
«
E nemmeno di un mago di nome Voldemort? Oppure di Tu-Sai-Chi o Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato
o qualche definizione del genere? »
«
Mai sentito. Dovrei? »
Per
poco Harry non scoppiò a ridere di gusto: « Sei la prima persona che non sappia
di me prima ancora che io mi presenti! Non sai quanto questo mi renda felice!
Io proprio non vorrei essere una celebrità, anche perché io in realtà non ho
fatto nulla… »
E
gli raccontò degli anni oscuri del potere di Voldemort,
dell’uccisione dei suoi genitori e di come fosse l’unico sopravvissuto nella storia
magica all’incantesimo di morte, per la prima volta nella vita libero di dire
veramente la sua versione dei fatti senza che l’interlocutore fosse influenzato
da preconoscenze vere o inventate.
Il
ragazzo concluse: « Per questo sono così famoso, per questo ho questa strana
cicatrice, per questo non potrò mai avere una vita tranquilla. Per una notte di
cui ricordo a malapena un’accecante luce verde. »
Kaito
cercò di rimettere ordine nella miriade d’informazioni che aveva appena
ricevuto: « Dunque, vediamo se ho capito: l’Hitler del mondo maghi, che qui si
chiama Voldemort… »
«
Forse dovresti chiamarlo come fanno tutti Tu-Sai-Chi,
che io sappia solo io e Silente osiamo pronunciarne il nome, gli altri hanno
troppa paura… »
Kaito
alzò le spalle: « Perché dovrei avere paura di un nome che per me non significa
nulla? »
«
Giusto. Per la cronaca, dopo la notte in cui uccise i miei genitori si
allontanò più morto che vivo in Albania e non se ne ebbero più notizie fino
all’anno scorso. »
«
Perché, l’anno scorso che è successo? »
Harry
fece spallucce, parlando come se fosse la cosa più normale del mondo: « Ha
cercato di ritornare in forze infiltrandosi ad Hogwarts, ma l’abbiamo fermato
io, Ron ed Hermione. »
Kaito
fece un piccolo fischio: « Però, complimenti! Tre ragazzini che battono un
potente mago oscuro da soli! »
Harry
arrossì: « Solo perché era indebolito. »
«
Sarà, ma di tutta questa storia c’è una cosa che di sicuro ho capito. »
«
Ovvero? »
«
Che io e te abbiamo decisamente qualcosa in comune. »
Harry
lo guardò perplesso e tentò di ironizzare: « Non vedo cicatrici sulla tua
fronte. »
«
No, ma anche mio padre è stato ucciso. »
Il
ragazzino tornò subito serio: « Davvero? »
«
Sì, e io sto cercando i suoi assassini con ogni mezzo a mia disposizione. »
Harry
sospirò: « Né io né te abbiamo vita facile, eh? »
Kaito
gli sorrise gentilmente: « No, ma sappi che se ti serve aiuto io sono qui. Non
credo e non crederò mai che tu abbia qualcosa a che vedere con la storia
dell’erede di Serpeverde. »
«
E lo stesso vale per me. Se ti servisse qualcosa ti aiuterò volentieri, ma da
quel che ti ho visto fare dubito che ti servirà mai il mio aiuto! »
Harry
sbadigliò e Kaito s’alzò: « Vai a dormire, Harry. La giornata è stata lunga e
domani lo sarà ancora di più. Ma qualunque cosa ti possano dire non ti
arrendere, c’è gente che crede in te! »
«
Grazie della chiacchierata, Kaito. A domani. »
Harry
salì verso il dormitorio, ma il prestigiatore non lo seguì subito. Quella sera
si sentiva decisamente più sollevato, e non solo per la chiacchierata con
Harry. Non sapeva nemmeno lui come spiegarselo, ma aveva l’impressione che fosse
stato tolto un blocco di sicurezza alla sua bacchetta. Si sentiva in grado di
fare qualunque incantesimo. Per provarselo si voltò di colpo puntando la
bacchetta alle sue spalle.
«
WingardiumLeviosa! »
A
quel sussurro la poltrona su cui poco prima era seduto Harry si sollevò di un
buon metro. La riabbassò senza sforzo e se ne tornò a letto fiero di se stesso.
Sì,
la situazione stava decisamente volgendo a suo favore.
Buonasera!
E voi direte: “Ma come, ha già aggiornato di nuovo?”. Eh sì, ho
fatto in fretta, perché, piangete per questo? Cooomunque
come vedete la storia si evolve e va avanti, e nel prossimo capitolo, sappiatelo, vi aspettano ben venti pagine di avventura
natalizia, con tanto di regali, colombe, trucchi, pozioni Polisucco
e strani appuntamenti…
Ordunque, devo ringraziare DC_otaku, darkroxas92, Meiyo
Makoto e anche Liberty89, che se non ha commentato la perdono perché aveva l’esame.
Spero dunque di vedervi tutti al prossimo capitolo!
«
Come sarebbe a dire che non posso tornare a casa per Natale? Che storia è
questa? È uno scherzo di cattivo gusto? »
Finalmente
il trimestre si chiuse e sul castello scese un silenzio profondo, come quello che
regnava sui campi bianchi di neve. Tranne ovviamente che nell’ufficio della
McGranitt, dove Kaito aveva appena ricevuto una notizia tutt’altro che allegra.
«
Non amo scherzare e dovresti averlo capito da un pezzo, Kuroba. »
«
Ma che significa che non posso tornare? Gli altri sì, sono sicuro, perché
quest’eccezione per me? »
La
professoressa lo guardò seria e per un attimo Kaito temette che dipendesse dai
numerosi scherzi ai danni di Allock. Forse invece che dargli nuove punizioni
l’insegnante aveva chiesto e ottenuto che gli venisse negato il permesso
natalizio. Ma la McGranitt sembrava più dispiaciuta che arrabbiata: « Non è un
problema che dipende né da noi né da te. Purtroppo sul Giappone è in corso una
bufera di neve molto violenta che sembra durerà parecchio sia secondo le
previsioni meteorologiche babbane che secondo i
nostri metodi divinatori magici. L’aeroplano non sarebbe in grado di atterrare,
purtroppo, e infatti sono stati annullati tutti i voli internazionali sia in
partenza che in arrivo e ci sono problemi anche con quelli nazionali. Mi rendo
conto che per te sia dura rinunciare all’unica occasione durante l’anno di
rivedere amici e parenti, ma temo non ci sia altra scelta. L’istituto ti
ospiterà volentieri senza alcun obbligo da parte tua. È il massimo che possiamo
fare per te. »
Kaito
sospirò profondamente. Capiva la situazione, ma la notizia non aiutò certo a
risollevargli il morale già abbastanza a terra dopo la doppia pietrificazione
di Justin Finch-Fletchley e Nick-Quasi-Senza-Testa.
A quanto pare i maghi non erano poi così superiori ai babbani
se rimanevano anche loro bloccati dal tempo atmosferico. Uscì dalla stanza
senza protestare, ma quando raccontò l’accaduto a Fred e a George furono loro a
rimanere perplessi.
«
Ma che storia è questa? C’erano molti altri modi per farti arrivare in
Giappone! »
«
Potevano darti una Passaporta, farti usare la Polvere
Volante, potevano persino portarti fino ad Hosmegade
e lì farti Smaterializzare da qualcuno! »
«
Non ho capito una parola di quello che hai detto. »
Sheridan
sospirò: « Forse pensare al teletrasporto ti viene più facile…
Fred si è limitato ad elencarti tutti i possibili modi magici. »
Sì,
decisamente gli veniva più facile. Per un attimo gli tornarono in mente i
pomeriggi passati a guardare alla televisione le repliche di Star Trek con i compagni di classe e gli tornò il magone.
Fred
gli tirò una manata sulla spalla: « Dai, che rimaniamo tutti qui a divertirci
come pazzi, non ti faremo sentire nostalgia di casa! »
George invece andò a stuzzicare Sheridan: « Tutti
no, la nostra Momoka se ne torna a casuccia da mamma e papà, lasciandoci qui soli soletti… »
« Molto spiritoso, Soseiji!
Da quel che so, rimarranno qui tutti i Weasley più Harry ed Hermione, quindi
non sarai solo, Kaito. »
« Sì, ma loro hanno scelto di rimanere, non sono
stati obbligati dalle previsioni meteo! »
Fred sorrise: « Non preoccupare Mangetsu, pensiamo a tutto noi! Ma quando torneremo dalla
gita ad Hosmegade! »
Kaito scattò: « Aspetta, Futago,
c’è qualcosa che potete fare per me anche lì! »
I gemelli si guardarono complici: « Dicci tutto! »
Quando i gemelli tornarono, più di metà
dell’istituto era già vuoto e sia Harry che Kaito erano in Sala Comune a fare i
compiti con aria depressa. L’umore di Harry non era più migliorato da quando
tutta la scuola pensava che fosse stato lui a pietrificare tutti, ma era felice
di aver accanto per Natale solo le persone più care.
Fred si avvicinò a Kaito e gli consegnò un
pacchetto: « Missione compiuta! Purtroppo di singolo non c’era niente, c’era
solo questo set… »
Kaito aprì il pacchetto e s’illuminò: « È
perfetto, così sono a posto per un po’… quanto vi devo? »
« Tre galeoni e cinque falci. »
Kaito prese il borsellino che gli aveva regalato
Hagrid qualche mese prima e cercò la somma richiesta: « Benissimo, in
proporzione in un negozio babbano avrei speso molto
di più… a proposito, non hanno alcun tipo di magia, vero? »
George lo rassicurò: « Tranquillo, li abbiamo
presi in un negozio poco conosciuto di Hosmegade dove
vendono articoli da incantare… però sono molto
predisposti alla magia, quindi se volessi farci tu qualche incantesimo dovrebbe
essere più semplice per te! »
Il ragazzo scosse la testa: « No, no, meglio di
no, non ne sono in grado. »
Fred si offrì: « Se vuoi possiamo farlo noi per
te! Conosciamo un bellissimo incantesimo per far cambiar loro colore a
intervalli regolari, per esempio… »
« Vi ringrazio, ma è meglio di no. Devono essere
esattamente di questo colore. »
« Perché proprio blu? »
« Perché nella mia lingua il suo nome significa Bambina Blu… »
I gemelli si guardarono complici: « Ah-ah! Conosciamo quello sguardo, quelli non sono mica per
tua madre! Avevamo ragione, c’è una ragazza di mezzo! »
« Chi è? È babbana o
strega? Come si chiama? »
Kaito si mise un dito sulle labbra: « Da me non
saprete una parola. Grazie dell’aiuto, ragazzi! »
I gemelli lo presero in giro: « Non finisce qui,
prima o poi scopriremo tutto! Non puoi chiedere il nostro aiuto e poi lasciarci
così senza risposte! »
Il prestigiatore rispose con una linguaccia: «
Quando imparerete il giapponese capirete che vi ho già dato tutti gli indizi
necessari! Buona fortuna, aspiranti detective dei miei stivali, ma sappiate che
nessun investigatore mi frega così facilmente! »
E mentre i gemelli protestavano ancora, il ragazzo
mise la scatola in tasca e salì le scale del dormitorio. Nella sua camera ormai
deserta l’aspettava la sua colomba, pronta ad avvertire sua madre che non
sarebbe potuto tornare a casa per Natale. La lettera era già quasi pronta, ma
aspettò ancora ad inviarla. Prese un altro pezzo di carta e iniziò a scrivere
un biglietto d’auguri da allegare al regalo, poi aprì la scatola. Cinque
piccoli gioielli brillavano nell’anonima confezione di cartone e in ognuno era
incastonata una pietra, che a seconda della luce passava da un blu intenso a un
azzurro chiarissimo. Erano piccoli zaffiri, un tipo di pietra che Kaito trovava
da sempre molto affascinante. Dopo un attimo di riflessione prese il meno
impegnativo: un portachiavi molto elegante, a cui volendo si poteva facilmente
staccare l’anello per trasformarlo in un ciondolo.
Indeciso se aggiungere ancora qualcosa alla
lettera per la madre, Kaito scese di sotto. Harry se n’era andato, ma c’erano
Ginny, completamente intenta a scrivere su un quadernino
nero, e Ron, che sistemava accuratamente i pezzi su una scacchiera.
« Non sapevo che giocassi a scacchi! »
Ron arrossì leggermente mentre sua sorella rispose
per lui, senza alzare lo sguardo dal quadernetto: « Non lo ammetterebbe mai, ma
è un campione! »
Kaito lo guardò con aria divertita: « Ah sì? Posso
sfidarti, allora? »
Ron lo invitò a sedersi con un gesto della mano e
iniziarono la partita. Quando due ore dopo Hermione ed Harry tornarono dalla
biblioteca, li trovarono intenti nelle fasi finali, mentre tutti i fratelli
Weasley assistevano incuriositi.
« Che succede? Aspettiamo Ron in biblioteca da più
di mezz’ora! »
Percy cercò di
calmare Hermione: « Credo che non si sia accorto del tempo che passava, questa
volta Ronald ha trovato pane per i suoi denti… sono
due ore che Kaito gli sta dando filo da torcere! »
Harry li guardò stupito: « Due ore? Ma nemmeno
l’anno scorso per la Pietra ci ha messo così tanto! »
Ron esibì un sorrisone muovendo la torre: « E finalmente… scacco matto! »
Kaito guardò la scacchiera deluso: « Riconosco la
sconfitta. Sei davvero bravo come dicono, Ron! »
Il ragazzo sorrise: « Tu non sei da meno, Kaito. »
Fred gli si avvicinò di spalle: « Non scherza, sei
il primo che riesce a far durare così a lungo una partita con lui! »
Hermione batté le mani: « Mi fa piacere, ma adesso
abbiamo i compiti da fare, Ron! »
« Ma Hermione, siamo in vacanza…
»
La ragazza lanciò a Ron uno sguardo a dir poco
inviperito e il ragazzo fece un’espressione che a Kaito non sfuggì, come se
avesse capito solo allora cosa la ragazza volesse veramente dire: « Ah… sì, i compiti,
è vero, te l’avevo promesso… sistemo la scacchiera e
arrivo! »
« Muoviti! »
Harry aiutò l’amico di sempre a ritirare: «
Scusala, sai che è un po’ nervosa… »
Ron sbuffò: « Sì, lo so, lo so…
comunque grazie per la bella partita, Kaito! »
« Sappi che voglio la rivincita! »
« Quando vuoi! »
Ron, Harry ed Hermione uscirono dalla Sala Comune
insieme a Percy, mentre Fred e George si misero a
parlottare davanti al caminetto e Ginny ricominciò a scrivere su quello che
aveva proprio l’aria di essere un diario segreto. Kaito sospirò: tipico delle
ragazzine, ma in fondo Ginny era proprio nell’età giusta per questo genere di
cose.
Osservandoli, a Kaito venne un’idea. Salì di nuovo
nel dormitorio e aggiunse un paio di righe alla lettera che stava scrivendo.
Scusa, mamma, oltre a consegnare quel regalo
ad Aoko, potresti procurarmi un paio di cosette?
Arrivò Natale. Il castello era completamente
ricoperto dalla neve e anche Kaito fu svegliato da qualcosa di morbido e bianco.
Solo che si trattava di un cuscino.
« SVEGLIA, MANGETSU, È NATALE! »
Kaito aprì gli occhi intontito: « Ho capito, Futago, ma non è il caso di reagire così…
»
Di tutta risposta ricevette altre due cuscinate, a
cui il prestigiatore rispose senza esitazioni, ormai completamente sveglio.
Dato che il dormitorio del primo anno era desolatamente vuoto, Fred e George
gli avevano proposto di trasferirsi momentaneamente nel loro. Lo stesso aveva
fatto Ginny andando da Hermione; gli unici ad essere rimasti al loro posto
erano Harry e Ron, già normalmente insieme, e Percy,
che aveva detto di preferire rimanere solo. Come un orso bruno nella sua tana,
avevano aggiunto non del tutto a torto i gemelli.
Erano quindi già tre notti che Kaito dormiva nel
dormitorio del quarto anno, scherzando con i Weasley fino a tarda notte, per
poi dormire di più al mattino. Ma c’era un motivo importantissimo che li aveva
spinti ad alzarsi prima del solito.
« I regali! »
Fred si gettò sul mucchietto di pacchetti vicino
al suo letto seguito a ruota da George. Anche Kaito aveva un discreto numero di
regali. Stava per aprire il primo, quando un rumore proveniente dalla finestra
gli fece alzare lo sguardo.
Soseiji guardò
stupito il vetro: « Ma quella non è la tua colomba? »
Kaito sorrise e aprì la finestra, solo che invece
di un candido uccello ne entrarono ben sei, portando un grosso pacco.
Futago le
guardò sorpreso, contandole col dito: « S… sei Aoko? »
Kaito invece fece un sorrisone e allargò le
braccia, dove le colombe si accomodarono, tre da una parte e tre dall’altra: «
Andromeda! Bess! Ginevra! Lucilla! Serenity! Zelda! Siete riuscite a
raggiungermi nonostante il tempaccio che c’è a casa? Bravissime! »
« Riesci a distinguerle a occhio nudo? »
« E soprattutto… quante
ne hai? Pensavamo ci fosse solo Aoko! »
Kaito rise: « Le ho addestrate personalmente,
quindi le so distinguere benissimo! Comunque in caso di dubbio ognuna ha un
cartellino appeso alla zampa con il proprio nome… di
solito non mi sbaglio, ma con una ventina di colombelle qualche volta può
capitare! »
I gemelli si guardarono perplessi: « Venti
colombe? E che te ne fai, un allevamento? »
« Ma no! I numeri con le colombe sono un classico
dei prestigiatori, o dei maghi babbani come vi
ostinate a chiamarci voi! Alcune colombe vengono addestrate a fare un certo
tipo di esercizi, altre dei numeri diversi e così via, in modo che possano
aiutarmi al meglio. C’è un rapporto di reciproca fiducia fra noi… adesso però, piccole mie, sarete esauste! Andate in
voliera, c’è Aoko che vi aspetta e potrete riposarvi!
Grazie di tutto! »
Le colombe tubarono felici riprendendo il volo e
Kaito si concentrò sul pacco. Erano regali di Natale da casa. Il ragazzo notò
lo sguardo trepidante dei gemelli e decise di dargli la precedenza. La prima
cosa che saltò all’occhio fu una busta posta sopra a tutto.
Buon Natale, Kaito!
Nonostante la fatica che avevo fatto per farti
avere quanto mi avevi chiesto, ho deciso di riprovare a spedirti un altro pacco
perché i tuoi amici mi avevano intasato la casa di regali per te. Ovviamente
c’è anche il mio, che spero attenuerà la tua nostalgia di casa, insieme a una
scorta di carta normale e di biro, che a quanto mi avevi detto stavi esaurendo.
Non dimenticare di ringraziare tutti per i doni!
Divertiti e non preoccuparti per noi, qui va
tutto bene.
Mamma
P.s. : attento, il mio regalo è
fragile, non scuoterlo!
Kaito
sorrise e iniziò a prendere in mano qualche pacchetto. Decise di iniziare da
quello fragile, per non rischiare di romperlo.
I
gemelli iniziarono a sbirciare: « Allora? »
«
Cos’è? Cos’è? »
Kaito
lo aprì e sorrise: « Oh, mamma… »
Nella
scatola c’era un set per il tè in puro stile tradizionale giapponese, con una
grossa confezione di tè verde in foglie.
Fred
guardò il tutto perplesso: « Ti porti avanti con il lavoro? Lettura delle
foglie di tè si fa dal terzo anno! »
Kaito
sorrise: « No, credo che mia mamma volesse farmi sentire meno nostalgia del Giappone… anche se non abbiamo un orario preciso, non siamo
meno fissati di voi inglesi con il tè, credimi! »
George
sbirciò nel resto del pacco: « E il resto cos’è? »
Kaito
continuò a rovistare. I suoi vecchi compagni di classe gli avevano mandato una
ventina di mazzi di carte da gioco per i suoi numeri, ben sapendo che ne usava
sempre una quantità industriale; Aoko gli aveva
mandato una lettera piena di ringraziamenti per il portachiavi a cui aveva
allegato un pacco contenente quindici foulard vivacemente colorati, altro
elemento indispensabile per un prestigiatore; Saguro
si era limitato a una lettera in cui gli annunciava che non aveva ancora perso
le speranze di scoprire le sue vere attività in Inghilterra, perché ormai ne
era certo, scuole per prestigiatori lì non ce n’erano; Jii
gli mandò una cravatta rossa nuova di zecca e tutta l’attrezzatura per tenere
pulito il monocolo del costume di Kaito Kid, dono totalmente incomprensibile
per i gemelli che non l’avevano mai visto nei panni del ladro prestigiatore e
che continuarono a chiedersi per un bel po’ cosa se ne dovesse fare, non
portando occhiali. Ma il regalo che gli causò più preoccupazioni fu l’ultimo.
C’era sopra un bigliettino attaccato con lo scotch:
Forse
così riuscirò a fartelo avere. Buon Natale.
Akako
Kaito
rabbrividì e si rifiutò persino di toccarlo, preferendo sollevarlo con il WingardiumLeviosa. Era una sfera
di cristallo di piccole dimensioni.
«
Visti gli ultimi scherzi che mi hai combinato, ragazza, te lo scordi che lo
tocchi a mani nude senza prima averlo fatto controllare! »
I
gemelli lo guardarono perplesso e Kaito ridacchiò: « Invece di curiosare fra i
miei regali, avete aperto il mio? »
I
fratelli ubbidirono subito. Erano identici, due pacchetti rettangolari che si
rivelarono essere…
«
… set per prestigiatori dilettanti? »
«
Forte! »
Kaito
sorrise: « Lieto che vi piacciano. Mi chiedete sempre d’insegnarvi qualche
trucco, così… »
«
E tu hai aperto il nostro? »
«
Ho quasi paura a farlo, in realtà, conoscendovi… »
Ridacchiando
aprì il sacchetto, rovesciandosi addosso una serie di oggetti per lui incomprensibili.
I gemelli sorrisero: « Fuochi d’artificio Filibuster
e una selezione dei migliori scherzi magici direttamente da Zonko!
»
«
Per starci dietro con i Malandrini ti converrà imparare a usarli! »
Kaito
sospirò: « In pratica abbiamo avuto la stessa idea! »
I
gemelli annuirono e, dopo aver guardato gli altri regali, Kaito scese tenendo
sempre ben sollevata la sfera di Akako: « Porto solo
questa dalla McGranitt e torno a festeggiare! »
Kaito
arrivò in Sala Grande per il pranzo di Natale dopo aver fatto anche un salto in
infermeria. Sì, aveva voluto fare gli auguri anche a Colin e lasciargli il suo
regalo, un porta rullini. Prima o poi si sarebbe svegliato, ne era certo. Ma il
velo di malinconia lasciò subito spazio allo stupore.
La
Sala Grande era uno splendore. Non solo era addobbata con una dozzina di alberi
di Natale coperti di ghiaccio e con grossi festoni di agrifoglio e di vischio
che andavano da un parte all’altra del soffitto, ma dall’alto fioccava anche
neve magica, calda e asciutta. Kaito si sedette al tavolo dei Grifondoro
scrollandosene un po’ dalle spalle, mentre tutti lo salutavano e gli facevano
gli auguri, ringraziandolo per i regali.
Ginny
indicò il fermaglio per i capelli che il prestigiatore le aveva donato, così
che il ciuffo rosso le smettesse di andare sugli occhi mentre scriveva: «
Grazie mille, è molto bello! Ti è piaciuto il mio portapenne? »
«
Molto! Così almeno smetterò di perderle tutte in giro! Non ero attrezzato per
le piume di uccello, avevo solo un portapenne babbano…
ci ho già messo la penna che mi ha regalato Hermione! »
Harry
finse di protestare: « Ehi, quindi non l’avevi regalata solo a me! »
Il
tavolo rise e la ragazza chiese: « E che te ne pare del libro che ci ho
allegato? »
«
“Guida completa al mondo magico per maghi
dilettanti”? Molto utile, grazie del pensiero! E il mio sull’alchimia
giapponese? »
«
Gli ho dato un’occhiata e sembra davvero interessante! »
Ron
intervenne: « Non ho ben capito quello che hai regalato a me, a dire il vero,
le istruzioni sono in giapponese stretto… »
Kaito
sorrise imbarazzato: « Chiedo scusa, mia madre non è riuscita a trovarne una
con le istruzioni in inglese… comunque è una
scacchiera di shogi, la versione nipponica degli
scacchi. Poi t’insegnerò a giocarci… grazie a te,
piuttosto, per i pezzi degli scacchi che si muovono! »
Ron
arrossì e borbottò qualcosa sul fatto che non era paragonabile agli shogi perché erano usati e che non aveva avuto abbastanza
soldi per prendere anche la scacchiera, ma Kaito lo rassicurò: « Tranquillo, è
un regalo bellissimo … e poi ci ha pensato Harry a regalarmela, insieme a dei
dolci magici che non ho ancora capito cosa siano e come si mangino…
»
Ron
guardò il suo migliore amico con l’espressione più sorpresa del suo repertorio
e Harry sorrise: « Tanto non sapevo cosa prenderti… e
grazie mille per la sciarpa di Grifondoro! »
«
Visto gli allenamenti che Baston ti fa fare anche
sotto la neve, forse così non ti verrà un’influenza da record! »
L’ultimo
ringraziamento arrivò via gufo. Era da parte di Sheridan, che sembrava molto
entusiasta dei semi e del libro su come coltivare i bonsai. In allegato c’era
un elegante mazzo di tarocchi che, anche se non erano le carte da gioco che
maneggiava di solito, Kaito apprezzò parecchio, più che altro per l‘aspetto
artistico.
Dopo
tutti i ringraziamenti, Silente diresse il canto corale di alcune delle sue
carole preferite, mentre Hagrid, man mano che tracannava grog, batteva il tempo
sempre più freneticamente. Distratto dai numeri di prestigio con cui Kaito
intratteneva il tavolo, Percy non si era accorto che
Fred aveva fatto un incantesimo al suo cartellino di Prefetto, su cui ora si
leggeva “Perfetto” e continuava a chiedere che avessero tanto da ridere. Dalla
tavola dei Serpeverde, DracoMalfoy,
con voce stentorea, faceva commenti maligni sul maglione nuovo di Harry, ma lui
sembrava ignorarlo.
Dopo
un po’ lui, Ron ed Hermione uscirono dalla Sala Grande, mentre Kaito rimase a
esibirsi in un piccolo spettacolo per compagni e anche per qualche professore,
visto che Silente, Hagrid, la McGranitt, Vitius e
persino Piton, da lontano, guardarono interessati
carte, foulard e colombe apparire e scomparire senza l’uso di alcuna magia,
come il ragazzo dimostrò lasciando la sua bacchetta in bella vista sul tavolo e
sfidando chiunque a controllare; solo alla fine dell’esibizione il ragazzo
lasciò la Sala ormai praticamente deserta stiracchiandosi ben bene. Aveva fatto
tardi perché si era trattenuto per un bel po’ a discutere con Vitius dei trucchi babbani di
prestidigitazione, ma nonostante tutto si era divertito, doveva ammetterlo. Il
sorriso però scomparve dal suo volto nel vedere di spalle Tiger e Goyle cadere a terra e, soprattutto, Harry e Ron cercare
faticosamente di nasconderli in un armadio.
«
Ehi, che diavolo state facendo? »
I
due ragazzi si paralizzarono di colpo. Ron si voltò verso Kaito con un colorito
terreo cercando una scusa, una giustificazione plausibile, ma sembrava che
avesse perso la capacità di formulare una frase comprensibile.
Il
prestigiatore li squadrò seri dall’alto al basso: « Ragazzi, odio fare il
poliziotto, credetemi, ma se non mi
date una spiegazione decente per quest’aggressione non mi date altra scelta che
chiamare Percy. »
Ron
recuperò improvvisamente la parola, anche se gli uscì una voce molto strozzata:
« No, Percy no! »
«
E allora ditemi perché avete picchiato quei due! »
Harry
guardò Ron negli occhi: « Non li abbiamo picchiati. Sono solo narcotizzati. »
«
Ah bè, di bene in meglio. In effetti a pensarci non sareste
riusciti a picchiarli con la stazza che si ritrovano questi gorilla! Cos’è,
dovete fare una rapina? »
Ron
rispose: « No! Cioè sì! Cioè, non proprio… è
complicato da spiegare! »
Kaito
li guardò entrambi con uno sguardo molto furbo: « Mettetemi alla prova, sono
uno più aperto di quanto crediate! »
Poco
tempo dopo Kaito si ritrovò ad entrare con i due ragazzini nel bagno delle
ragazze al secondo piano. Non si vedeva quasi nulla a causa del denso fumo nero
che usciva da gabinetto dove Hermione stava preparando la Pozione.
Harry
bussò discretamente alla porta: « Hermione? »
Udirono
stridere il chiavistello, e la ragazza uscì, la faccia lucida e lo sguardo
ansioso. Dietro di lei, si sentiva il blopblop dalla pozione che sobbolliva. Sul sedile della tazza
erano pronti tre bicchieri di vetro.
Hermione
chiese in un soffio: « Li avete presi? »
Ron
fece una smorfia: « Ci hanno presi,
vorrai dire! »
Kaito
si sporse dalla porta del gabinetto: « Salve! Questi due mi hanno raccontato
una storia molto interessante… »
Hermione
impallidì di colpo, per poi arrossire con altrettanta velocità.
«
Non ti arrabbiare con loro, li ho costretti io a dirmi tutto. Davvero
un’impresa niente male per tre del secondo anno prendere un libro dalla Sezione
Proibita con l’inganno e preparare una pozione complicatissima di nascosto da
tutti, per di più rubando gli ingredienti a Piton.
Ragazzi, i miei complimenti! »
Hermione
lo guardò sorpresa: « Non ci denuncerai? »
«
No, il motivo per cui lo state facendo sta a cuore anche a me. Ma non è detto
che ve lo faccia fare. »
I
ragazzi si guardarono spaventati. Tanta fatica per nulla?
«
Se risponderai a una domanda, Hermione, e se lo farai sinceramente, non vi
ostacolerò. »
Kaito
la fissò dritto dritto negli occhi: « Sei sicura di
aver fatto tutto a dovere? Che non ci saranno effetti collaterali di alcun
tipo? »
Hermione
sostenne lo sguardo: « Sicurissima. »
Kaito
si appoggiò alla parete incrociando le braccia: « Allora fate pure. Ma rimarrò
qui a controllare che fili tutto liscio. Al primo accenno di malessere vi
trascino tutti in infermeria indipendentemente dalle conseguenze, ok? »
I
tre ragazzi annuirono e Hermione tirò fuori un sacchetto: « Ho trafugato questi
abiti di ricambio dalla lavanderia. Una volta che sarete diventati Tiger e Goyle, avrete bisogno di taglie più grandi. »
Tutti
e quattro guardarono dentro al calderone. Vista da vicino, la pozione sembrava
una fanghiglia densa e scura.
Hermione
scorse ancora una volta la pagina impataccata del De PotentissimisPotionibus:
« Mi sembra che il libro dica che… dopo averla
bevuta, avremo esattamente un’ora prima di riprendere le nostre sembianze. »
Kaito
fece un rapido conto mentale: « Dovrete essere particolarmente rapidi. Vi
consiglio di sincronizzare gli orologi. Anzi, forse non vi conviene nemmeno
prenderla tutti insieme… se avrete qualche minuto di
scarto, l’uno coprirà l’altro in caso di fuga rapida. »
Hermione
annuì: « Mi pare una proposta ragionevole. Io la berrò qualche minuto dopo e vi
raggiungerò, va bene? »
Ron
guardava il paiolo come se fosse una bomba atomica: « E ora che si fa? »
«
La versiamo nei bicchieri e poi ci mettiamo i capelli dentro. »
Hermione
versò alcune cucchiaiate in ogni bicchiere e nel primo, con mano tremante,
lasciò cadere il suo capello.
Dalla
pozione venne un sibilo come di un bollitore, poi si formò una schiuma
abbondante. Un attimo dopo, l’intruglio aveva assunto un color giallo-vomito.
Kaito
guardò il bicchiere con una smorfia: « Se non sapessi che c’è dentro, con tutta
quella schiuma direi che è la peggior birra che abbia mai visto! »
Ron
aggiunse: « Puah… essenza di MillicentBulstrode. Scommetto che è disgustosa! »
Il
prestigiatore lo guardò preoccupato: « Dubito che quella di Tiger e Goyle abbia un aspetto migliore…
»
Hermione
esortò i compagni: « Su, mettete dentro i capelli. »
Harry
lasciò cadere il pelo di Goyle nel bicchiere di mezzo
e Ron il capello di Tiger nell’ultimo. In entrambi, la pozione cominciò a
sibilare e schiumare: quella di Goyle assunse il
color cachi, tipico dei fantasmi, mentre quella di Tiger divenne marrone scuro.
Ron
ed Hermione allungarono la mano verso i loro bicchieri, ma Harry li fermò: «
Aspettate un attimo. È meglio che non la beviamo qua dentro: appena ci saremo
trasformati non ci staremo più. E anche se non ti trasformerai subito con noi,
Hermione, MillicentBulstrode
non è un cosino da niente. »
Ron
aprì la porta: « Ben detto. Andiamo ognuno in un gabinetto. »
Tutti
uscirono. Harry e Ron s’infilarono in due bagni, mentre Kaito ed Hermione
aspettarono di fronte ai lavandini, lei stringendo con molta attenzione il suo
bicchiere.
Si
udì la voce di Harry: « Pronto? »
Ron
rispose: « Pronto. »
«
Uno…due…tre… »
Kaito
ed Hermione attesero, con l’ansia che saliva ogni secondo di più. Probabilmente
passarono solo un paio di minuti, ma a loro sembrarono secoli. Finalmente la
porta di Harry si aprì e ne uscì Goyle.
Kaito
lo guardò sorpreso: « Diavolo, ha funzionato davvero! »
Harry-Goyle li guardò un po’
imbarazzato, poi si rivolse a Ron con voce bassa e gracchiante: « Tutto bene,
Ron? »
Un
grugnito gli rispose: « Sì. »
Anche
Ron uscì. A parte il pallore e l’aria stravolta, era indistinguibile da Tiger.
«
È incredibile. Incredibile! »
Harry-Goyle si allentò il cinturino
dell’orologio: « È meglio che ci avviamo. Dobbiamo ancora scoprire dov’è la
sala di ritrovo dei Serpeverde. Speriamo soltanto di incontrare qualcuno da seguire… »
Ron-Tiger scoppiò a ridere: « Non
sai quanto sia strano vedere Goyle che pensa. »
Hermione
li esortò ad andare: « Cominciate a scoprire dov’è la Sala, io vi raggiungerò
appena ho fatto. Tanto sappiamo che sono nei sotterranei, vi troverò in fretta!
»
Kaito
annuì: « Io rimango con lei, muovetevi, avete già perso cinque dei vostri
preziosi minuti! »
Ron-Tiger annuì: « Non entreremo
senza di te, tranquilla! »
I
due ragazzi s’avviarono. Hermione guardò un attimo Kaito prima di entrare nel
bagno: « Sei sicuro di voler rimanere? Hai visto che la Pozione Polisucco ha funzionato con loro! »
«
Sì, ma tu avrai una fifa matta di bere quella roba da sola! »
La
ragazza sorrise: « Grazie. »
Hermione
entrò nel bagno e bevve. Kaito attese pazientemente, ma i due minuti passarono
senza che Hermione desse notizie.
«
Ehi, tutto bene? »
Gli
rispose una vocetta stridula, che male si accordava
ai ricordi di Kaito su MillicentBulstrode:
« Per niente! È un disastro! »
Kaito,
in barba a tutte le norme della galanteria, si arrampicò sulla porta del bagno
e sbirciò dall’alto: « Oh cavolo! »
La
faccia di Hermione era tutta coperta di pelo nero. Gli occhi erano diventati gialli
e tra i capelli facevano capolino due orecchie a punta.
«
E-era un p-pelo di g-gatto! M-MillicentB-Bulstrode deve avere un gatto! E la p-pozione non
può essere usata per trasformarsi in un animale! »
Kaito
fece una smorfia. Voleva chiederle dove aveva trovato quel capello, ma Hermione
scoppiò in lacrime: « E-e Harry e Ron mi aspetteranno
nei sotterranei p-per niente! Mesi di l-lavoro
buttato all’aria! »
Il
ragazzo sospirò: « Forse no! Sei disposta ad aspettare qui per un’ora prima di
andare in infermeria? »
Hermione
si asciugò le lacrime con il palmo della mano, ormai peloso: « S-sì… ma non c’è più pozione, cosa vuoi…
»
«
Passami gli abiti di MillicentBulstrode
e non preoccuparti, sono molto bravo a travestirmi… »
Senza
lasciarle il tempo di replicare, Kaito afferrò gli abiti ed entrò nel bagno
affianco. Trenta secondi dopo ne uscì una copia praticamente perfetta della
Serpeverde, di poco inferiore a quella che ne sarebbe potuta uscire da una
Pozione Polisucco riuscita.
«
Guardami. Che te ne pare? »
Hermione
aprì il chiavistello e lo guardò stupita: « Sei perfetto! »
Kaito-Bulstrode sorrise:
« Se me lo aveste detto avrei potuto truccarvi io senza che faceste tutta
questa fatica, ma tant’è… aspetta qui, raggiungo
Harry e Ron e li avverto! »
Hermione
annuì e Kaito uscì correndo dal bagno. La ragazza si sedette affranta e
preoccupata. Poi improvvisamente trasalì.
«
Ma come farà con la voce? »
Per
fortuna quando Hermione e Millicent si erano
accapigliate al Club dei Duellanti, la Serpeverde aveva gridato molto forte e
Kaito ne aveva potuto sentire bene la voce. Come Kaito Kid il ragazzo era
abituato a imitare qualunque voce senza sforzo e non ebbe alcun problema. In un
lampo raggiunse i sotterranei, dove Harry e Ron si aggiravano un po’ smarriti.
Ron-Tiger grugnì: « Hermione,
finalmente! »
«
Non sono Hermione. »
Harry-Goyle trasalì, temendo che la
vera MillicentBulstrode
fosse tornata e li avesse scoperti. Poi si rese conto che la voce era
decisamente maschile.
«
Kaito? »
«
Hermione ha avuto problemi. »
Ron
lo guardò stupefatto: « Kaito? Ma come… »
«
Ne parliamo dopo, voi avete il tempo contato! Cosa avete scoperto? »
«
Un bel niente! »
In
quel momento DracoMalfoy
li sorprese nel corridoio: « Ah, eccovi! Siete stati tutto questo tempo a
rimpinzarvi nella Sala Grande? Vi ho cercato dappertutto! »
I
due gorilla trasalirono, ma Draco non ci fece caso: «
Bulstrode? Non eri tornata a casa? »
Kaito
rispose in una perfetta imitazione della ragazza che sorprese non poco Harry e
Ron: « I miei sono tremendamente noiosi. Qua ci si diverte di più. »
Draco la guardò con una strana luce
negli occhi: « Ne sono molto felice. Davvero. »
Poi
si rivolse a Tiger e Goyle: « Voglio farvi vedere una
cosa buffa. Vieni anche tu, Bulstrode! »
Il
gruppo seguì Draco nel corridoio, per poi fermarsi
davanti a un tratto di muro di pietra squallido e umido.
Malfoy chiese a Goyle:
« Qual è la nuova parola d’ordine? »
Harry
si trovò spiazzato: « Ehm… »
Kaito
gli diede una piccola botta in testa: « Idiota! Non ricordi mai nulla! Ma entra
ogni tanto qualcosa in quel cervello o ce l’hai solo di decorazione? »
Harry
e Ron lo guardarono sorpresi. L’imitazione dei movimenti, della voce e la
scelta delle parole erano stati così convincenti che per un attimo avevano
creduto entrambi di trovarsi davanti alla vera MillicentBulstrode.
Kaito
li ignorò e continuò a parlare con Draco,
perfettamente calato nella parte benché l’avesse vista solo di sfuggita: « A
volte mi chiedo perché li tieni. »
«
Perché sono forti e fedeli. »
«
Con due cani mastini otterresti lo stesso risultato. »
«
Sì, ti devo dare ragione, a volte lo penso anch’io. »
«
Io non so la parola d’ordine, devono averla cambiata mentre ero via. »
«
Ah, sì…purosangue!
»
Una
porta di pietra scorrevole, nascosta nella parete, si aprì. Malfoy
e Kaito-Bulstrode la superarono subito, seguiti a
ruota da Harry-Goyle e Ron-Tiger.
La
sala comune dei Serpeverde era un sotterraneo lungo e basso con le pareti e il
soffitto di pietra, da cui, appese a delle catene, pendevano lampade rotonde e
verdastre. Di fronte a loro, in un camino dalle sculture elaborate,
scoppiettava un fuoco contro cui si stagliava il profilo di molti ragazzi,
seduti tutt’intorno su sedie scolpite.
Malfoy spinse i tre verso delle sedie
vuote, lontane dal fuoco: « Aspettatemi qui. Vado a prenderlo…
mio padre me l‘ha appena mandato… »
Il
ragazzo sparì, mentre Kaito si accomodò. Harry e Ron si guardavano attorno
smarriti. Quell’ambiente era davvero molto diverso rispetto alla sala di
ritrovo di Grifondoro.
La
falsa MillicentBulstrode
sussurrò con la sua vera voce: « Sedetevi! Ricordatevi che siete Serpeverde,
siete perfettamente abituati a tutto questo! »
Subito
si misero a sedere, appena in tempo perché un attimo dopo Malfoy
fu di ritorno con un ritaglio di giornale. Lo mise sotto il naso di Ron.
«
Questo ti piacerà. »
Ron
sbarrò gli occhi. Lesse velocemente, scoppiò in una risata molto forzata e
passò il trafiletto a Harry, da cui sbirciò anche Kaito.
Era
stato ritagliato dalla Gazzetta del
Profeta e diceva così:
Inchiesta al ministero
della magia
Arthur
Weasley, Direttore dell’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani, ha ricevuto oggi una multa di cinquanta Galeoni
per aver stregato un’automobile dei Babbani.
LuciusMalfoy,
membro del Consiglio di amministrazione della Scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts, dove l’automobile stregata si è schiantata all’inizio di quest’anno,
ha chiesto le dimissioni del signor Weasley.
«
Weasley ha gettato il discredito sul Ministero » ha detto il signor Malfoy al nostro inviato. « È evidente che egli non è la
persona adatta a far rispettare le nostre leggi e il suo ridicolo progetto di
Legge per la Protezione dei Babbani va immediatamente
accantonato ».
Non
siamo riusciti a raccogliere il commento del signor Weasley, ma sua moglie ha
intimato ai giornalisti di togliersi dai piedi minacciando di sguinzagliare il
fantasma di famiglia.
Alla
fine della lettura Kaito-Bullstrode scoppiò in quella
che sembrava davvero un sincero accesso di risate: « Gli sta proprio bene! »
Harry
si unì in modo meno convincente, mentre Draco rise in
modo sincero. Ron mandò uno sguardo furioso a Kaito, che si limitò a fargli
l’occhiolino. Se dovevano recitare dovevano farlo bene, fino in fondo.
Malfoy commentò con tono sprezzante: «
Arthur Weasley ama talmente tanto quegli idioti dei Babbani
che dovrebbe buttare alle ortiche la sua bacchetta magica e andarsene a vivere
con loro. Da come si comportano, non si direbbe mai che i Weasley siano dei
purosangue. »
La
faccia di Ron – o meglio, di Tiger – era contratta per la rabbia.
Malfoy sbottò: « Che ti prende, Tiger?
»
«
Mal di stomaco. »
«Be',
vattene in infermeria, e dai un calcio da parte mia a tutti quei mezzosangue.
Strano che La Gazzetta del Profeta
non abbia ancora dato notizia di tutti questi attentati. Immagino che Silente
stia cercando di mettere tutto a tacere. Se la cosa non finisce presto, gli
daranno il benservito. Mio padre dice sempre che Silente è la peggior disgrazia
che sia mai capitata a questo posto, perché adora i figli dei Babbani. Un preside decente non avrebbe mai dovuto
ammettere un rifiuto della società come quel Canon. »
A
quel nome la faccia da poker di Kaito ebbe quasi un cedimento. Malfoy cominciò a scattare foto con un’immaginaria macchina
fotografica, in una replica di Colin crudele ma perfetta: « Potter, posso avere
una tua foto, Potter? Mi fai un autografo? Per favore, posso leccarti le
scarpe, Potter? »
La
tentazione di gridargli che Colin non era affatto solo un disperato paparazzo
di Harry fu fortissima, ma Kaito si trattenne e iniziò ad applaudire con aria
soddisfatta. Ad ogni battito di mani si sentiva sempre più in colpa nei
confronti del compagno, ma mise a tacere la sua coscienza col pensiero che
dopotutto stava facendo quella messinscena solo per il suo bene. Solo a quel
punto Harry e Ron, che sapevano quanto Kaito fosse legato a Colin, capirono la
sua difficoltà e la sua abilità di attore e cercarono d’impegnarsi di più nella
loro risata forzata. Anche se giunse in ritardo, Malfoy
sembrò soddisfatto; magari Tiger e Goyle non erano di
quelli che capivano al volo.
Draco continuò la sua commedia
scandendo lentamente: « San Potter, l’amico dei mezzosangue. Lui è un altro che
non ha una vera sensibilità da mago, altrimenti non se ne andrebbe sempre in
giro con quella presuntuosa Babbanastra della Granger. E pensare che la gente crede che l’erede di
Serpeverde sia lui! »
Harry,
Ron e Kaito rimasero in attesa, trattenendo il fiato: di certo, Malfoy stava per dirgli che l’erede di Serpeverde era lui.
E
invece…
«
Quanto mi piacerebbe sapere chi è.
Potrei dargli una mano. Anzi, credo che sarebbe ben lieta di collaborare con
lui gran parte della nostra Casa, non è vero, Bulstrode?
»
Kaito
represse un brivido per lo sguardo che Draco gli
lanciò: « Certamente. »
Davanti
all’aria petulante di Malfoy, Ron-Tiger
fece afflosciare la mascella così tanto che la sua faccia sembrò ancora più
ebete del solito. Per fortuna Malfoy non ci fece
caso, apparentemente distratto da Kaito-Bulstrode, e Harry-Goyle, cercando di farsi venire in mente qualcosa,
disse: « Ma tu avrai sicuramente un’idea di chi c’è dietro a tutto questo… »
Troppo
diretto, pensò Kaito. E soprattutto, domanda formulata con una proprietà di
linguaggio troppo elevata per quella mente semplice di Goyle.
Malfoy infatti sbottò: « Lo sai che non
ce l’ho, Goyle, quante volte te lo devo ripetere? E
mio padre non vuole dirmi niente
sull’ultima volta che la Camera è stata aperta. Certo, è successo cinquant’anni
fa, e quindi prima che lui fosse a Hogwarts, ma conosce la storia nei minimi
particolari e dice che fu messo tutto a tacere; per cui, se io sapessi troppo
apparirebbe sospetto. Una cosa, però, la so: l’ultima volta che la Camera dei
Segreti è stata aperta è morto un
mezzosangue. Perciò scommetto che è soltanto una questione di tempo: anche
questa volta uno di loro ci rimetterà la pelle… spero
proprio che sia quel buffone esibizionista troppo cresciuto del primo anno di
Grifondoro. Oppure, meglio ancora, direttamente la Granger.
»
Kaito
si morse un labbro. Hermione, se l’era completamente dimenticata! Chissà se
stava ancora piangendo nel bagno… magari i segni
avevano iniziato a sparire…
Ron-Tiger stringeva i pungi
giganteschi. Rendendosi conto che se avesse mollato un cazzotto a Malfoy si sarebbero immancabilmente traditi, Harry fulminò
l’amico con un’occhiata e chiese: « Ma quello che aprì la Camera…
l’hanno preso? »
«
Oh, sì… chiunque sia stato fu espulso. Probabilmente
è ancora ad Azkaban. »
Harry
ripeté perplesso: « Azkaban? »
Malfoy lo fissò incredulo: « Sì, Azkaban…la prigione
dei maghi, Goyle! Parola mia, se tu fossi appena
un po’ più lento andresti all’indietro! »
Kaito
finse di lasciarsi sfuggire una risatina, a cui Malfoy
rispose con un sorriso prima di continuare: « Mio padre mi dice di non
immischiarmi e di lasciare che l’erede di Serpeverde prosegua il suo lavoro.
Dice che la scuola deve essere liberata da tutti quegli sporchi mezzosangue, ma
che io non me ne devo impicciare. »
Però,
pensò Kaito, avevano proprio dei consiglieriscolastici che badavano al benessere degli alunni. Doveva tenerlo
presente, essendo anche lui nato Babbano.
Malfoy continuò: « Naturalmente in
questo momento lui ha ben altro da fare. Lo sapete che il Ministero della Magia
ha perquisito il nostro Castello, la settimana scorsa? »
Harry-Goyle cercò di fare assumere al
suo viso ebete un’espressione preoccupata. Kaito fece lo stesso, ma Ron-Tiger sembrò semplicemente incuriosito. Probabilmente
perché lo era.
«
Proprio così… per fortuna non hanno trovato granché.
Mio padre possiede alcune preziose sostanze per le Arti Oscure. Ma per fortuna
anche noi abbiamo la nostra camera segreta, sotto il pavimento del salotto… »
Ron-Tiger esclamò: « Aha! »
Malfoy lo fissò e altrettanto fecero
Harry e Kaito. Ron arrossì. Anche i capelli gli stavano tornando rossi. E anche
il naso, pian piano, gli si stava allungando. L’ora era scaduta. Ron stava
ridiventando Ron e dall’occhiata inorridita che lanciò a Harry, anche a lui
stava capitando la stessa cosa.
Kaito
prese in mano la situazione, piantandosi davanti a Malfoy
e chiedendogli con aria interessata: « Di quali sostanze si tratta? Sono curiosa… »
Malfoy la guardò con quello sguardo che
al ragazzo dava i brividi: « Oh, niente di che… sono
tutte cose che sicuramente ha anche Piton… »
Tiger
e Goyle scattarono in piedi: « Presto, una medicina
per il mal di stomaco! »
Kaito
li osservò attraversare di corsa la sala comune dei Serpeverde e gli urlò
dietro: « Bravi, maiali, andate al bagno
a rimettere ciò che avete ingurgitato a pranzo! E poi al massimo filate dopo in infermeria! Non date
disonore ai Serpeverde… »
Sperò
che avessero colto il messaggio e che andassero immediatamente ad aiutare
Hermione. Almeno loro erano fuori pericolo. Ora doveva solo impedire a Malfoy di seguirli e uscire anche lui di lì prima di farsi
scoprire.
«
Ben detto, Millicent, ben detto…
»
Kaito
rimase a pensare per un secondo. Si era sbagliato o l’aveva appena chiamato per
nome? Fino a quel momento si era limitato al Bulstrode…
Il
ragazzo ripensò allo sguardo che gli aveva diretto e che gli aveva dato i
brividi. Uno sguardo stranamente dolce, per i suoi standard. Un dubbio lo
fulminò.
No. Non poteva essere.
Draco gli si avvicinò ancora: « Sai
che oggi sei più bella del solito? Hai un qualcosa di diverso, non so… »
Kaito
dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non avere reazioni
inconsulte. Andava tutto bene, si ripeté mentalmente. Malfoy
gli stava solo facendo delle avances.
Tutto bene…
Tutto bene un corno! Non era
psicologicamente preparato a subire un corteggiamento da uno che se avesse
saputo davvero chi aveva davanti l’avrebbe ucciso sul posto!
Trattenendo
il senso di nausea, Kaito continuò la recita: « Sarà la luce…
»
«
Sì, forse. Chissà se succede lo stesso anche all’aperto…
ti va di controllare? Io e te a passeggiare sotto la neve…
»
Il
prestigiatore rabbrividì al pensiero di una passeggiata romantica con Malfoy. Questo era ben oltre quello a cui si sarebbe
sottoposta Hermione, figuriamoci lui! Ormai Harry e Ron dovevano essere
arrivati almeno al bagno. Avrebbe voluto trattenere Draco
fino a che non fossero giunti in infermeria, ma ora era lui ad essere in una
situazione di emergenza! Doveva uscire di lì, subito, prima che la situazione
precipitasse!
Per
trovare il coraggio di pronunciare l’ultima frase s’immaginò di essere nei
panni di Kaito Kid e di dover estorcere un’informazione sugli allarmi di
qualche bel gioiello fingendosi una donna avvenente. Una cosa che aveva già
fatto, del resto. Doveva essere assolutamente professionale, senza pensare a
chi aveva davanti.
«
Va bene, Draco, dammi solo il tempo di andare in
bagno ad aggiustarmi e di mettermi qualcosa di più…adatto all’occasione…
»
Il
ragazzo la guardò con gli occhi spalancati, immaginando chissà cosa. Kaito-Bulstrode s’alzò con calcolata lentezza e finse di
avviarsi verso i dormitori, per poi fermarsi: « Oh, per colpa di quei due
idioti che mi hanno distratto ho lasciato il mantello in Sala Grande! Vado a
prenderlo e torno, ok? »
Malfoy le sorrise: « Ti aspetto qui. »
«
Bene. Torno subito. »
Aspetta
e spera, pensò il ragazzo mentre usciva con calma dalla sala comune di
Serpeverde e si nascondeva in un angolo per togliersi tutta la bardatura e
ritornare ad essere Kaito Kuroba. L’aveva scampata bella, non c’erano dubbi. Ora
doveva solo raggiungere gli altri in infermeria e…
«
Cosa ci fai nei sotterranei, Kuroba? »
Ecco,
ci mancava giusto solo Piton!
«
Buon Natale, professore! Stavo solo cercando se per caso Pumpkin
avesse lasciato da queste parti il rotolo di pergamena dove aveva appuntato la
lezione di Trasfigurazione mentre venivamo da lei per Pozioni. Mi ha chiesto
via gufo di aiutarla a cercarlo… »
L’insegnante
scosse la testa: « Non ho trovato nulla del genere, ma se capitasse glielo farò
avere. »
Kaito
fece un cenno con la testa: « La ringrazio. Allora provo da qualche altra
parte. Con il suo permesso… »
Piton gli fece un cenno con la mano e
il ragazzo si allontanò. Era stato rapido a mimetizzare il sacchetto con la
divisa di MillicentBulstrode
e apparentemente il professore non l’aveva notato.
«
Kuroba? »
Ecco,
pure la McGranitt! Ma ce l’avevano tutti con lui?
«
Ho controllato quella sfera e in effetti aveva un incantesimo di
localizzazione. Evidentemente ha cercato di scoprire dove si trovi Hogwarts di
preciso, ma le andata male, la scuola è schermata contro questi trucchi.
Comunque ora l’ho tolto e puoi venire a ritirare la sfera quando vuoi. »
«
La ringrazio davvero. »
«
Se ti arrivano altri oggetti da questa persona non temere di disturbarmi,
portameli subito. »
Il
ragazzo annuì e subito corse in infermeria, dove Ron ed Harry lo stavano
aspettando.
«
Come sta? »
I
ragazzi si guardarono preoccupati: « Da quel che dice Madama Chips, ne avrà per un bel po’… forse anche dei mesi! »
«
Cavolo… »
Ron
tirò un calcio al muro: « E l’unica cosa utile che abbiamo saputo è che i Malfoy nascondono materiale illegale sotto il salotto…be', questo però potrei
scriverlo a mio padre! »
Kaito
gli mise una mano sulla spalla: « Ma il mistero sull’erede rimane tale. »
Harry
sospirò: « Non proprio. Almeno abbiamo scoperto che la Camera dei Segreti è già
stata aperta. Con qualche altra indagine e un po’ di fortuna, magari scopriamo
da chi e come. »
Il
prestigiatore annuì: « Giusto. Tenetemi informato, va bene? Io continuerò a
indagare anche per conto mio, e il primo che scopre qualcosa informa l’altro,
va bene? »
Harry
e Ron annuirono e quest’ultimo aggiunse: « Ma poi come te la sei cavata con Malfoy? »
Kaito
rabbrividì: « Un’esperienza che non augurerei al mio peggior nemico! »
Harry
si preoccupò: « Ti ha scoperto? »
Ron
lo incalzò: « Ti ha fatto fare qualche magia oscura? »
Kaito
scosse la testa con aria schifata: « Peggio, molto peggio. Mi ha chiesto un
appuntamento. »
Ciao! Come va? Credo che questo sarà l’ultimo capitolo che
riuscirò a pubblicare prima di ricominciare l’università…
questo è ancora l’ultimo residuo di quello che avevo scritto in montagna, e a dalla
lunghezza potete dedurre quanto mi annoiassi… XD
Spero che vi sia piaciuto quanto io mi sono divertita a scriverlo.
Ringrazio MeiyoMakoto, Liberty89 e
darkroxas92 per le loro fedelissime recensioni e vi aspetto tutti al prossimo
capitolo, dove saremo tutti alle prese con San Valentino…
che, se non lo sapete, varia leggermente da un paese all’altro! Ma come, direte
voi, è la festa degli innamorati, no? Ma le sfumature possono cambiare, come
Kaito imparerà presto a sue spese… e anche voi!
Hermione
rimase in infermeria per diverse settimane. Quando gli studenti
tornarono dalle vacanze di Natale corsero varie voci sulla sua
scomparsa, perché naturalmente tutti pensarono che fosse
l’ennesima vittima. Erano talmente tanti gli studenti che
facevano la fila fuori dall’infermeria per farle visita che MadamaChipstirò
fuori le famose tende e le appese tutt’attorno al letto, per
risparmiarle la vergogna di farsi vedere con la faccia pelosa. Harry,
Ron e Kaito andarono a trovarla tutte le sere fino ai primi di
febbraio, quando Hermione lasciò l’infermeria.
Per
il resto, la situazione rimase invariata. Niente novità
sull’erede di Serpeverde, nessuna novità per pietrificati,
solo una marea di compiti, qualche dispetto ad Allock e relative
punizioni, ma niente di più. AncheAkakonon si fece più sentire via lettera. Un periodo tranquillo, quasi noioso. Almeno fino al quattordici di febbraio.
Kaito corse giù per le scale: « Diavolo, sono in ritardo! Ieri sera ho fatto troppo tardi con iMalandrini…»
Non
era del tutto vero. Si era attardato nel letto cercando di riafferrare
un sogno che gli sembrato degno di nota, ma che non ricordava nei
dettagli. Le uniche immagini che gli erano rimaste in mente erano
un’aula di Hogwarts, delle aluccie bianche e una macchiablu…
Perso
nei suoi pensieri, il ragazzo continuò a saltare i gradini per
recuperare il tempo perduto fino a quando non sentì il vuoto
sotto di lui.
« Eh? Cos… »
« ATTENTO! »
La
scala aveva deciso di spostarsi proprio mentre Kaito stava per
appoggiare il piede sul corridoio. Per fortuna l’equilibrio non
gli mancava. Istintivamente si sporse in avanti, afferrò il
bordo del corridoio e si tirò su con una manovra acrobatica
grazie alla quale ricevette applausi dai ragazzi di passaggio.
«Fiù! Me la sono vista brutta! »
« Ma dove avevi la testa? »
Kaito
sorrise a Thomas, che gli porgeva la mano per aiutarlo ad alzarsi:
« Ah, non lo so, non sono domande che mi faccio alle otto del
mattino! »
« Non hai sentito la scala tremare? »
« Eh? Non so, non ci ho fattoattenzione…»
I due ragazzi si avviarono verso la Sala Grande per la colazione.
« Dovresti, è il segnale che usano le scale per avvertire che si stanno per spostare! »
Kaito rise imbarazzato: « Ah,ecco…vedi, noi giapponesi siamo abituati ai piccoli terremoti, non ci facciamo quasicaso…»
Thomas rise e Kaito continuò a parlare: « In effetti mi chiedevo se nessuno è mai precipitato daqui…la caduta è proprio brutta, soprattutto dagli ultimipiani…»
«
C’è un incantesimo che frena la caduta in caso
d’incidente. E al massimo c’è sempre MadamaChips! »
« Santa donna, secondo me non la pagano abbastanza per il lavoro che fa qui dentro! »
Attraversarono l’ingresso e varcarono il portone, rimanendo allibiti.
«Thomas…dimmi che la scala si è spostata una volta di troppo e abbiamo sbagliatostanza…»
« Vorreidirtelo…ma è l’unica sala così grande qui dentro, che iosappia…»
Le
pareti erano coperti di grossi fiori rosa acceso. Come se non bastasse,
dal soffitto color azzurro pallido piovevano coriandoli a forma di
cuore.
« Succede tutti gli anni a San Valentino? »
« Non saprei! »
Ipriminiandarono
a sedersi al tavolo di Grifondoro, dove i maschi si dividevano fra
attacchi di nausea e ilarità, mentre le femmine sembravano
entusiaste e divertite. Con le dovute eccezioni, ovviamente.
« Ma che schifo è? »
Kaito commentò: « Ecco a voi Miss FemminilitàGrifondoresein tutto il suosplendore…», continuando a osservare Sheridan che, cercando di salvare la sua scodella diporridgedai
coriandoli, era tutto fuorché entusiasta. Con lei, stranamente,
c’era anche Ginny, che in quei giorni sembrava preda di un
incantesimo ammutolente e aveva sempre l’aria triste, però
il prestigiatore era convinto che in condizioni normali avrebbe quasi
sicuramente gradito l’atmosfera.
Alla
domanda di Sheridan, Ron si limitò a indicare con aria
disgustata il tavolo degli insegnanti. Allock, che indossava un abito
dello stesso colore rosa acceso delle decorazioni, stava agitando le
braccia per chiedere silenzio. Gli insegnanti che sedevano al suo
fianco erano impassibili, come se avessero incontrato il mostro di
Serpeverde e ne fossero stati pietrificati. O forse si erano davvero
sostituiti con delle statue, un po’ stile ninja.
Allock
esclamò: « Buon San Valentino! E il mio grazie alle
quarantasei persone che mi hanno mandato una cartolina d’auguri!
Sì, mi sono preso la libertà di farvi una piccolasorpresa…e non finisce qui! »
Kaito
lo guardò terrorizzato: « Perché, quell’uomo
può ancora fare qualcosa di peggio di questo? »
Il
professore batté le mani e dalle porte della Sala
d’Ingresso entrarono una dozzina di nani dall’aria arcigna.
Ma non erano nani qualsiasi. Allock li aveva dotati tutti di ali dorate
e di un’arpa.
Gilderoyannunciò
raggiante: « I miei amici cupidi, postini d’amore! Oggi
andranno in giro per tutta la scuola, consegnando i vostri auguri di
San Valentino! E il bello non finisce qui! Sono sicuro che i miei
colleghi vorranno condividere lo spirito della festa! Perché non
chiedete al professorPitondi mostrarvi in quattro e quattr’otto come si prepara una Pozione d’Amore? E già che ci siamo, il professorVitius, quel vecchio furbacchione, di Incantesimi Incantevoli ne sa più di qualsiasi mago io abbia conosciuto! »
Il professorVitiussi nascose la faccia fra le mani. Quanto aPiton, la prima persona che si fosse azzardata a chiedergli una Pozione d’Amore rischiava l’avvelenamento.
Nicole guardò Allock con aria sognante: « Oh, è valsa la pena mandargli quel biglietto! »
Stephen la guardòorripilato: « Tu sei fra quei quarantasei? Questo rischia di far calare molto la mia stima nei tuoiconfronti…»
« Come se l’avessi maiavuta…»
I
due iniziarono un rumoroso battibecco, mentre Thomas, sospirando, prese
la macchina fotografica e scattò di malavoglia una foto alla
Sala e a un cupido.
Kaito continuava a guardare quellecreaturinecon
un misto di disgusto e pietà: « Ma non c’è
una legge di maltrattamento verso quei cosi? Dalla loro faccia dubito
che si sarebbero sottoposti volontariamente a un’umiliazione del
genere! »
Il ragazzo con gli occhiali fece spallucce: « Non so, ma forse Colin si farà due risatevedendoli…»
« Oppure avrà gli incubinotturni…»
I gufi arrivarono a interrompere quella scena.Aokosi presentò sul tavolo con una lettera e una scatolina. Kaito aprì la busta.
Si sente parlare molto della cucina inglese, e quasi maibene…nel
caso oggi ti arrivi della cioccolata cattiva, puoi rifarti la bocca con
questa nostrana. Ma non farti strane idee, eh? Non voglio solo che tu
rimanga avvelenato, altrimenti quella santa donna di tua madre ne
soffrirebbe troppo!
Fammi
poi sapere se ti è arrivato qualcosa da qualche compagna. Avrai
più successo lì che da noi? Buon San Valentino!
Aoko
Il volto di Kaito s’illuminò in un modo che non passò inosservato a Fred e George.
« Ehilà! La tua misteriosa ragazza si è fatta viva, eh? »
Ginny sembrò riprendersi un attimo dalla sua crisi di mutismo: « Misteriosa ragazza? »
George
annuì: « Sospettiamo che il nostro Kaito abbia una
fidanzata in patria, ma non ne abbiamo la conferma, visto che lui non
parla e si scambiano lettere solo in giapponesestretto…»
Fred guardò il fratello con aria complice: « Ma sappiamo che le tiene tutte daparte…»
Kaito li guardò sconvolto: «Cosa???»
«
Ti abbiamo visto, hai una scatola di latta con tutte le lettere da casa
sotto il letto, e quelle con questa calligrafia le tieni in una busta a
parte! Allora, che ti ha scritto? »
Kaito divenne rosso come un peperone: «Ma…cosa ve ne importa? E chi vi ha dato il permesso di frugare sotto il mio letto? »
Fred approfittò del momento d’imbarazzo per strappargli la lettera di mano: «Oh-oh, abbiamo ragione, ammirate quindi come l’impassibile Kaito s’imbarazza quando si parla di lei! Dunque, dunque,dunque…incomprensibile come sempre, ma magari riusciamo a farcela tradurre daChoChang…»
Il prestigiatore cercò di riprendersela: « Ma per favore,ChoChangè cinese! »
I
gemelli continuarono a passarsi di mano la busta, mentre Kaito li
lasciava fare e fingeva di prendersela, divertito da quel gioco. Se
davvero avesse voluto, avrebbe potuto esibire la sua mitica faccia da
poker e nessuno si sarebbe accorto di nulla, ma in realtà era un
modo come un altro per non farsi prendere dalla pressante nostalgia di
casa. Nessuno, tranne Thomas che fotografava la scena e che
riuscì a immortalare la ragazza per errore, si accorse che Ginny
aveva lasciato la Sala. Ma nemmeno l’obiettivo riuscì a
vedere la ragazzina dai capelli rossi prendere una lettera e strapparla
in mille pezzi.
« Dovevo immaginarlo, Kaito è molto più grande dime…ma almeno questo risolve il dubbio che avevo. Così almeno non avrò più l’impressione di tradireHarry…»
« Benissimo, Kuroba, controllerò anche questo. »
« La ringrazio, professoressa. »
«
Ma non potrò andare avanti così per i prossimi sei anni,
prima o poi dovrai risolvere la situazione in qualche modo! »
« Ha ragione, spero di riuscire a parlarle a quattr’occhi quando la vedrò. »
Kaito uscì dall’ufficio della McGranitt dopo aver consegnato l’ennesimo pacco diAkakoe
per poco non andò a sbattere contro un nanetto. Per tutto il
giorno non avevano fatto altro che fare irruzione nelle aule per
consegnare gli auguri di San Valentino, con grande disappunto degli
insegnanti. Erano già quattro quelli che avevano placcato Kaito,
sempre in modi abbastanza imbarazzanti, e ogni volta il ragazzo
meditava profonda vendetta, progettando di prenderli tutti, legarli e
gettarli nel letto di Allock. Proprio il cupido che aveva urtato
iniziò a correre per i corridoi gridando: « Harry Potter,
Harry Potter! »
Kaito sospirò: « Poveraccio, chissà cosa loaspetta…spero solo che non sia troppoimbarazzante…»
«Occhi verdi e lucenti di rospo insalamoia…»
«… capelli neri e lucidi come di corvo involo…»
Speranza
vana. Kaito si mise le mani nei capelli nel vedere i gemelli in piedi
su due poltrone declamare in modo esagerato, con le mani sul cuore,
l’imbarazzante poesiola.
« …vorrei che fosse mio — quale divina gioia! — …»
« …l'eroe che ha sgominato del Mago Oscuro il dolo.»
Ginny
corse su nei dormitori con il volto fra le mani, probabilmente in
lacrime. Harry era già sparito dalla circolazione da un pezzo.
L’ultima volta che lo si era visto aveva in mano un quaderno nero.
Sheridan
la guardò preoccupata sparire dietro la porta: « Ragazzi,
io credo che potreste anche smetterla, mi pare che Ginny abbia capito
che la poesia non è il suo campo! »
Fred la guardò divertito: « Dici? Io invece non ne sono cosìsicuro…Occhi verdie…»
Kaito gli mise una mano sulla bocca: « Fred, basta. »
George protestò: « Ma è nostra sorella, abbiamo il diritto di prenderla un po’ in giro! »
« Credo che per stasera abbiate usufruito del vostro diritto a sufficienza. »
Fred
e George volevano aggiungere ancora qualcosa, ma Sheridan chiuse di
botto il libro che stava leggendo e li aggredì: « Ma avete
gli occhi foderati di prosciutto? Non vedete che in questi giorni ha
qualcosa che non va? Non parla, se risponde lo fa amonosillabi…quella non è la Ginny di inizio anno! Ne sembra solo un’ombra! »
Fred sembrò improvvisamente interessato: « È normale che sia muta o quasi in presenza diHarry…ne ha una cotta! »
Sheridan
sembrò ancora più furiosa: « Sì, in presenza
di Harry, ma quando siamo in dormitorio, prima, io, lei e Nicole
passavamo ore a parlare di tutto e dipiù…ora non ci augura quasi nemmeno più la buonanotte! E piange per nulla, pure nelsonno…»
I gemelli si guardarono sinceramente preoccupati. Evidentemente non immaginavano che la situazione fosse così seria.
Kaito sospirò: « Hai provato a parlarci? »
« Molte volte, ma finge di non ascoltarmi o dice di essere soloraffreddata…c’è qualcosa che non va, credetemi! »
Il prestigiatore annuì: « Passa i pomeriggi sui libri e poi nelle interrogazioni vamale…credo che abbia qualche pensiero serio che non le permetta di concentrarsi sullostudio…né su qualunque altracosa…»
George
si scrocchiò le dita: « Bene, scopriremo cosa preoccupa
Ginny e la tireremo su! Se non riusciamo nemmeno in questo non possiamo
certamente pretendere di capire chi ha pietrificato Colin! »
I
gemelli si strinsero ancora più vicini. Evidentemente erano
entrati in modalità Malandrini e non volevano che altri
sentissero.
« A proposito, ci sono novità? »
Kaito scosse la testa. Non aveva detto nulla agli altri della PozionePolisuccoperché Hermione gli aveva fatto giurare il silenzio assoluto sull’argomento.
«
Ve l’ho detto, ho solo sentito dei Serpeverde dire che secondo
loro la Camera è già stata aperta in passato, ma non ho
altre notizie. »
Momokarifletté
ad alta voce: « I Serpeverde non sono sempre affidabili. Questa
notizia è da prendere con le pinze, potrebbero anche essersi
accorti che li ascoltavi e aver inventato una panzana sul momento.
»
Kaito
non poteva replicare. L’osservazione era corretta e certo non
poteva rivelare come aveva ottenuto quell’informazione, a meno di
rivelare che si era travestito daMillicentBulstrodee che aveva rischiato di dover uscire conMalfoy. No, una notizia del genere in mano ai gemelli era quantomeno pericolosa.
Futagosospirò: « Mesi di indagine e non abbiamo cavato un ragno dalbuco…comincio a essere demoralizzato, ragazzi! »
Soseijiannuì: « A chi lodici…»
Mangetsusi alzò dalla poltrona esclamando: « Ah no! Non possiamo arrenderci ora! Non pensate a Colin, Justin eNick-Quasi-Senza-Testa? »
«Ehm…Kaito…»
Il
prestigiatore abbassò lo sguardo. In quello scatto aveva
rovesciato da boccetta dell’inchiostro sui fogli che stava
compilando.
« Oh diavolo, chedisastro…ecco perché preferisco le pennebabbane! »
Fred sospirò prendendo la bacchetta: «Evanesco.»
L’inchiostro scomparve, lasciando la pergamena intatta.
« Si può sapere che stavi facendo? »
« Segnavo chi mi ha dato qualcosa oggi, sai, per il WhiteDay…»
I tre ragazzi si guardarono perplessi: «WhiteDay?»
Kaito guardava la lista concentrato: «Massì, il 14marzo…dovrò procurarmi un po’ di dolci,già…»
« Ma di che stai parlando? »
Kaito era preso dai suoi calcoli, poi sembrò avere una folgorazione: «Del…aspetta un attimo! Volete dire che qui non c’è il WhiteDay? »
Tutti gli altri Malandrini scossero la testa perplessi.
« Ma siete sicuri? Dal nome avrei giurato che fosse una tradizioneanglosassone…oh, uffa, accidenti alla malsana passione giapponese per le lingue straniere! »
Sheridan lo guardò divertita: « Sì può sapere che cavolo è questo WhiteDay? »
Il
prestigiatore sospirò: « Allora, in Giappone a San
Valentino le ragazze regalano cioccolatini, spesso fatti in casa, alla
persona di cui sono innamorati oppure che vogliono ringraziare per
qualchemotivo…e
un mese dopo sono i maschi che per ringraziare devono dare un pensiero
a chi ha regalato loro qualcosa, spesso oggetti di colore bianco. Qui
non funziona così? »
I gemelli si guardarono curiosi: «Bè,no…da
noi a San Valentino ci si dichiara e se regala qualcosa sono tipo
anelli e lo fanno sia maschi che femmine e solo alle persone che siamano…»
Kaito
riguardò la lista da una nuova prospettiva: « Vuoi dire
che tutte queste ragazze hanno una cotta per me? Tutte quante? »
«Sì…»
Il prestigiatore si grattò una guancia: «Oh-oh…io pensavo che fosse per riconoscenza, come da noi! Però questo spiega perché alcune mi sembrava di non averle maiviste…e perché molti erano bigliettini e noncioccolatini…»
Sheridan
ridacchiò per l’ingenuità del compagno: «
Scusa, ma mi togli una curiosità? Come fate a distinguere se chi
vi dà un pensiero è perché è veramente
innamorato? »
Kaito rispose distrattamente: « Di solito è il regalo piùgrosso…molto spesso per riconoscenza viene dato anche solo un pacchetto di caramelle o duecioccolatini…»
La ragazza sorrise: « Allora credo dovrai chiarire un paio di cosette con tutte quelleragazze…e con una certa persona che ti ha mandato il pacco di cioccolatini stamattina! »
« Perché? »
«
Se in Giappone si calcola il bene che si vuole a una persona per la
dimensione della scatola di cioccolatini, direi che la ragazza di
stamattina te ne vuole parecchio, visto che la sua è risultato
essere il regalo più grande dellagiornata…buonanotte a tutti, ragazzi, io vado da Ginny e vedo se riesco a scoprire qualcosa su di lei! »
«B…Buonanotte,Sheridan…»
I tre ragazzi la guardarono sconvolti salire le scale del dormitorio.
« In tre secondi ha capito più cose lei che non noi in due mesi di pressing su Kaito,fratello…»
« Se non riesce a capire lei cos’ha la nostra sorellina, credo che noi non abbiamosperanze…»
Il
prestigiatore ridacchiò. Probabilmente Sheridan aveva il talento
della detective, chissà se sarebbe potuta andare d’accordo
conConan…o forse era quello che chiamavano intuito femminile,chissà…di sicuro l’avrebbe vista bene come psicologa.
Quando anche i gemelli andarono a dormire, Kaito rimase ancora un attimo a pensare.
PerchéAokogli
aveva chiesto nella lettera di dirle quante ragazze gli avevano dato
dei regali? Di solito era lei ad aiutarlo a trovare dei pensierini
adatti all’occasione, era una loro tradizione, sì, ma era
improbabile cheAokonon sapesse o non si fosse informata che il WhiteDayin Inghilterra non era praticato. E alloraperché…
Kaito
sorrise. L’aveva sospettato, forse l’aveva anche sperato,
ma ora ne aveva la prova definitiva. Probabilmente si sentiva
cosìSaguruquando trovava la prova regina per incastrare unsospettato…o forseno…
Qualunque
fosse la verità, tutti videro Kaito salire in camera
canticchiando allegramente in giapponese. Nessuno però
capì ovviamente cosa stesse dicendo.
«È gelosa, ègelosa…non lo dice ma ègelosa…»
Ciao
a tutti! Capitolo più breve del solito, lo so, ma l’altra
volta era molto lungo, dovevo compensare! E poi adesso ricomincio
l’università, quindi le possibilità sono due: o
aggiornerò molto di meno per mancanza di tempo, oppure molto di
più se riesco a portarmi dietro ilpcper
scrivere nelle pause. Comunque, a parte tutto, spero che la storia
continui a piacervi e ringrazio darkroxas92 e Liberty89 per i commenti.
Prossimo capitolo? Tutto da ridere, con Kaito che cercherà di andare su unascopa…se
vi ricordate com’era finita la prima volta, sappiate che qui
sarà molto, molto peggio! Un capitolo leggero per poi
addentrarci senza pause né scuse negli orrori dellaCamera…
Erano
circa quattro mesi che Justin e Nick-Quasi-Senza-Testa
erano stati pietrificati e quasi tutti sembravano dell'idea che l'aggressore,
chiunque fosse, avesse rinunciato una volta per tutte. Pix
si era finalmente stancato di canticchiare “È Potter canaglia che infuria e si scaglia”,
ma l’umore di Ginny non era
mai migliorato molto da San Valentino, a parte quando Allock si era ritrovato chissà
come una decina dei suoi cupidi legati nell’armadio, furiosi per il
trattamento riservatogli. La situazione cambiò solo quando si diffuse nella
Casa la voce che c’era stato un furto nel dormitorio del secondo anno. I primini si mostrarono preoccupati.
Nicole continuava a ripetere: « Ma chi può essere?
»
Thomas sospirò: « Un Grifondoro, senza dubbio.
Nessun altro potrebbe entrare senza la parola d’ordine! »
Stephen allargò le braccia: « Ma almeno voi avete
capito a chi hanno rubato? E che cosa? »
Kaito stette ben in silenzio. Aveva fortissimi
sospetti che il derubato fosse Harry, forse per ripicca di qualcuno che non
aveva ancora rinunciato all’idea che fosse lui l’Erede di Serpeverde. Prima o
poi ne avrebbe parlato con lui, si ripromise. Ma la sua attenzione venne presto
distratta da un annuncio sconvolgente.
« Esami di riparazione? Cosa significa esami
di riparazione? »
Madama Bumb lo guardò con
mani sui fianchi: « Credevo che fossi abbastanza bravo con l’inglese da capirlo… o in Giappone non esistono? »
« No, esistono… ma perché?
»
« Perché a volare con la scopa sei una frana,
Kuroba! In tanti anni di servizio non ho mai incontrato uno più imbranato di te… »
Kaito la guardò perplesso: « Grazie per tutti i complimenti… sono quasi commosso…
»
« Pochi scherzi, Kuroba! Il prossimo anno Volo non
c’è e io non posso permetterti di passare il semestre se non riesci nemmeno a
tenerti su un manico di scopa! »
« Ma no, quello ora ce la faccio…
»
« Intendo senza quella sorta di stramba imbracatura
con le cinghie che ti sei fatto, Kuroba. »
« Ah, bè, senza le
cinture di sicurezza, in effetti… »
« Io con te me ne lavo le mani. Hai una settimana
di tempo, fatti aiutare da chi vuoi, ma dimostrami che sei in grado di stare su
una scopa, altrimenti non ti farò passare al secondo anno. »
« Suona quasi come una minaccia…
»
« Perché lo è, Kuroba. Una settimana, ricorda. »
«
Ma come faccio a imparare da solo in una settimana se non c’è riuscita nemmeno
lei a insegnarmi? »
«
Non lo so, Kuroba, non lo so… »
L’insegnante
lo lasciò con queste parole. Kaito rimase immobile per qualche istante, poi
risalì al settimo piano con aria decisa, attraversò la Sala Comune senza dire
una parola ed entrò in camera. Preoccupati per la strana reazione, i compagni
lo seguirono, trovandolo seduto a terra a riempire il baule con tutte le sue
cose.
Thomas
si avvicinò dubbioso: « Ehm… Kaito, che fai? »
Il
prestigiatore gli rispose scontroso: « Non lo vedi? Faccio i bagagli. »
Sheridan
lo guardò preoccupata: « Hai fatto qualche scherzo ad Allock e lui è riuscito a
farti espellere? »
« Che? No, no, quello no, per fortuna!
Andarmene a causa sua non l’avrei ritenuto sopportabile, mi avreste visto fare
a pezzi il baule in quel caso! No, visto che tanto verrò bocciato, ho deciso di
tornarmene subito a casa e di riprovare direttamente l’anno prossimo. »
Stephen
lo guardò sconvolto: « E perché? »
Kaito
chiuse di scatto il coperchio del baule voltandosi verso i compagni: « Voi
credete davvero che io possa imparare ad andare su una scopa in una settimana?
»
Tutti
gli altri si scambiarono sguardi fra il perplesso e l’imbarazzato. Kaito
continuò: « Perché Madama Bumb è stata molto chiara
su questo punto. O ci riesco o mi bocciano. »
Nicole
gli mandò uno sguardo compassionevole: « Dai, adesso calmati, troveremo una soluzione… »
Kaito
sospirò e uscì dalla stanza. Non era da lui arrendersi alla prima difficoltà,
solo che quello non era proprio un ostacolo da nulla. Si sedette sulla poltrona
davanti al caminetto con le testa fra le mani, poi, incapace di stare fermo, si
alzò e iniziò a gironzolare per la stanza come un’anima in pena. Molti
l’osservarono interessati, in attesa, fino a quando il ragazzo non appoggiò la
sua candida bacchetta sul tavolino e continuò a passeggiare. Era il segnale che
ormai tutti avevano imparato a riconoscere e che attendevano con ansia. Una
voce, prima sussurrata, poi anche gridata, si diffuse nel dormitorio.
«
Ehi, venite, Kaito sta riflettendo! »
«
Wow, arrivo! »
L’entusiasmo
non era dato dall’evento in sé, ma dal fatto che ormai tutti sapevano che
quando il ragazzo era preoccupato, o troppo concentrato nello studio, le sue
mani iniziavano a muoversi da sole, a creare mille e mille trucchi di prestigio
quasi senza che nemmeno il ragazzo se ne accorgesse. Lo aiutava a concentrarsi,
diceva. In poco tempo tutti i Grifondoro di tutti gli anni erano attorno a lui,
a fissare in silenzio quello spettacolo involontario, mentre Kaito, che era
talmente immerso nei suoi pensieri da non allontanarli come faceva di solito,
rifletteva. Cosa poteva fare per evitare di essere bocciato?
Le
sue mani tirarono fuori dalle maniche quattro assi, che con un rapido movimento
vennero sostituite dai re, e poi ancora dalle regine e dai fanti, fino a che le
quattro carte non divennero due, due jolly... il tutto nel giro di una decina
di secondi, forse meno. I ragazzi guardavano con il fiato sospeso. Erano
ammirati dalla sua abilità, perché quella non era magia, lo sapevano, la sua
bacchetta era lì, sotto gli occhi di tutti. E intanto Kaito rifletteva.
C’era
una partita di Quidditch imminente, ne era stranamente a conoscenza perché Fred
e George si lamentavano in continuazione degli estenuanti allenamenti di Baston. Ma se il campo era sempre occupato da loro o dai Tassorosso, lui quando si poteva esercitare? Dubitava di
potersi mettere a volare, pardon, cadere
dalla scopa nei corridoi, Gazza avrebbe probabilmente ucciso quel poco che
sarebbe rimasto di lui dopo la prima caduta…
Intanto
i due jolly erano stati lanciati in aria, ricadendo sotto forma di dadi
bianchi, che vennero girati in mano un paio di volte per poi emettere un
piccolo fumo e trasformarsi in una colomba… no, non
era una colomba, era solo sembrato per un attimo, in realtà erano tre foulard
bianchi che il ragazzo aveva mosso per far sembrare delle ali in movimento… un gesto e i tre foulard erano annodati, per poi
passare dentro un anello spuntato da chissà dove e diventare colorati e moltiplicarsi… da tre divennero quattro, cinque, sei… di ogni colore dell’arcobaleno…
Kaito non guardava nemmeno quello che stava facendo, lo sguardo fisso di fronte
a sé, mentre camminava avanti e indietro…
E
poi cosa contava di fare, da solo? Il massimo che era riuscito a fare era stato
costruirsi delle cinture di sicurezza sul modello delle macchine babbane, che sì, gli avevano impedito di cadere dalla
scopa, ma gli erano costate parecchie sgridate di Madama Bumb
e una grande ilarità da parte di tutti. Ma se l’insegnante si rifiutava di
continuare a ripetergli le solite istruzioni che ormai Kaito conosceva a
memoria e che si ripeteva come un mantra quando impugnava una delle scope della
scuola, chi altro era abbastanza abile e disposto ad aiutarlo?
I
foulard furono annodati tutti insieme, a formare un cerchio colorato che girava
sempre più veloce, fino a che i colori non scomparvero e rimase solo un cerchio
bianco a vorticare, che non era causato dall’effetto ottico, era proprio un
unico pezzo di stoffa bianco arrotolato su se stesso, che il ragazzo stese come
se fosse una tovaglia… lo voltò una volta, due, tre… e da bianco divenne nero… ci
passò una mano sopra e comparvero, quasi come se le avesse attaccate lui una
per una alla velocità della luce, delle stelle d’argento...
Che
poi proprio non capiva cosa sbagliasse. Non era un problema di equilibrio, come
Kaito Kid aveva fatto ben di peggio, e sempre senza alcun supporto magico. Era
come se la scopa lo rifiutasse, quasi come se sentisse che non era per niente entusiasta di volare su di lei,
quasi come se fosse gelosa del
deltaplano che custodiva gelosamente ripiegato nel baule…
non ne aveva mai parlato con altri perché aveva l’impressione che fosse un’idea
stupida… ma magari nel mondo magico non era poi così assurdo…
Posò
il manto stellato sul tavolino gemello di quello su cui aveva appoggiato la sua
bacchetta e lo sollevò senza sforzo, portandoselo in giro e guidandolo solo con
i lembi della tovaglia, come delle redini, senza assolutamente sfiorare il mobile…
E
se…
«
E INSOMMA, BASTA! »
Tutti,
Kaito compreso, trasalirono. La squadra di Quidditch al gran completo era
rientrata nella Sala Comune, faticando non poco a farsi strada per
l’affollamento che si era creato. Fred e George si erano messi a urlare perché
tutti li sentissero.
«
VOI, AVANTI, SCIÓ, LO SPETTACOLO È FINITO! »
«
E tu, Kaito, piantala di fare magia babbana, che così
mi rincretinisci tutti! Poi lo spieghi tu ai prof che nessuno ha fatto i
compiti perché erano troppo presi a guardare te che ti friggi il cervello… »
Kaito
li guardò perplesso, per poi scoppiare a ridere. Solo in quel momento si era
reso pienamente conto di avere per le mani il tavolino e lo riposò sul
pavimento.
Fred
sbuffò guardando il gruppo allontanarsi e borbottando contro di loro: « E
invece di darti una mano a risolvere i tuoi problemi, stanno tutti qui a
guardarti, beata innocenza… »
George
annuì: « Ma anche tu, Kaito, non hai modi meno scenografici per pensare? »
Il
ragazzo ridacchiò: « Scusate, è che così ho l’impressione di ragionare meglio… »
«
Sì, ci ricordiamo quando il mese scorso dovevi trovare l’idea per finire la
relazione di Piton… sei andato avanti per quaranta
minuti buoni con quelle carte! Sai la fatica per scollare la gente da te? »
«
E il bello è che tu non te ne accorgi, continui a fare trucchetti
fregandotene di tutto e di tutti… non so se ammirarti
per la sfacciataggine o se in quei momenti diventi sordo e cieco e in tal caso
sollevarti di peso e trascinarti da Madama Chips… »
«
Però se stavolta sei andato oltre carte e foulard, il problema dev’essere serio. Che è successo? »
Il
quel momento l’ultimo membro di Malandrini li raggiunse: « Kaito, tutti in
classe ti ringraziano, hanno fatto tante belle foto per Colin…
e ti dicono che se possono aiutarti in qualche modo lo faranno. »
Kaito
sospirò: « Grazie del pensiero… ma sapessi come! »
Sheridan
lo guardò stupita: « Non ti è venuto in mente nulla nemmeno dopo tutto lo
spettacolino? Di solito ti viene l’illuminazione alle carte, al massimo ai
foulard, non eri mai andato avanti così a lungo! »
Kaito
sorrise: « E due. Cominciate a conoscermi un po’ troppo bene, voi Malandrini… »
Fred
e George scoppiarono in coro: « Ma insomma, si può sapere qual è il problema? »
«
Madama Bumb ha minacciato di bocciarmi perché non so
volare su un manico di scopa e Volo il prossimo anno non c’è. »
I
gemelli si guardarono pensierosi: « Uhm… in effetti
il problema è serio… »
«
A pensarci bene, noi non ti abbiamo mai visto volare…
Sheridan, dicci la verità, è davvero così malmesso come dicono le voci in giro?
»
«
No. »
Kaito
tirò quasi un sospiro di sollievo, ma la ragazza continuò a parlare prima che
potesse finirlo.
«
È molto peggio. »
Kaito
rimase con il fiato mozzo per qualche secondo: « Ehi, grazie! »
La
ragazza fece spallucce: « Mi hanno chiesto la verità. »
Il
prestigiatore sbuffò: « Ma questo non risolve il mio problema…
»
Fred
sospirò: « E va bene. Se sei giunto a questo livello di disperazione possiamo
provare a fare un tentativo… »
Kaito
s’illuminò. Non si sarebbe mai osato chiederlo.
George
annuì: « Dopotutto siamo pur sempre giocatori della squadra di Quidditch, e se
siamo abbastanza robusti da spedire via i Bolidi dovremmo riuscire anche a
sostenere te durante un paio di cadute… »
Sheridan
alzò gli occhi al cielo: « Un paio? Ottimisti… »
Una
voce alle loro spalle ridacchiò: « Così però non lo incoraggi mica. »
Si
voltarono. Harry era davanti a loro, ancora con la Nimbus
2000 in mano.
«
Ti darò volentieri una mano anch’io. Loro sono più robusti, ma io sono più
veloce. »
Kaito
li guardò commosso: « Troppa grazia, non mi aspettavo tanto…
»
Fred
e George sorrisero: « Aspetta a dirlo, come insegnanti saremo inflessibili! »
«
Non mi aspetto niente di meno. »
Harry
annuì: « Allora ci vediamo domani pomeriggio al campo, con il manico di scopa… »
Sheridan
aggiunse con tono divertito: « … e senza le cinture di sicurezza! »
Kaito
risalì in camera fingendosi offeso con la ragazza: « Sì, sì…
»
In
realtà scoppiava di gioia. Aveva ancora una piccola speranza.
«
Kaito Kuroba! »
«
Presente! »
Fred
e George erano davanti a Kaito con aspetto marziale. Non si capiva quanto fossero
seri e quanto scherzassero. Kaito per rimanere in tema aveva risposto con il
saluto marziale. Harry, più o meno del solito umore, era dietro di loro e
sospirava.
I
gemelli s’improvvisarono in un’imitazione abbastanza ben riuscita di Madama Bumb: « Bene, cominciamo! In sella! »
Kaito
annuì e appoggiò la scopa a terra.
Harry
lo guardò perplesso. Cosa stava facendo? Ma quando vide allungare una mano
capì.
«
SU! »
Fred
si sbatté una mano sulla fronte: « Siamo ancora a quel livello? A posto, allora… »
La
scopa infatti non era affatto salita, ma aveva preferito rotolarsi a terra.
Kaito si rese conto di essere ridicolo e preso dal nervoso e dalla
consapevolezza di avere poco tempo le tirò un calcio. George lo afferrò alle
spalle immobilizzandolo.
«
Ehi, che fai? Quella scopa non è tua, è di proprietà della scuola! »
Kaito
sbottò: « Non mi ascolta mai, fa sempre quello che vuole! »
Fred
cercò di calmarlo: « Non esagerare, hai avuto problemi anche con la bacchetta
all’inizio, no? »
Il
ragazzo era tutto rosso e agitato, così tanto che George non se la sentì di
mollare ancora la presa: « Era diverso! La bacchetta ha fatto nulla per un mese
e mezzo, questo schifoso ammasso di saggina mi fa dispetti! È gelosa! »
I
gemelli si guardarono perplessi: « Gelosa di cosa? Della bacchetta? »
Harry,
che fino a quel momento era stato zitto, improvvisamente ebbe l’illuminazione,
che sussurrò lentamente: « Del deltaplano. »
Kaito
arrossì e di colpo smise di divincolarsi. Fred e George si guardarono sempre
più confusi.
«
Del cosa? »
«
Che c’entrano le lettere greche adesso? »
Harry
scosse la testa: « Non ho detto delta,
ma deltaplano. Kaito, tu sai volare
col deltaplano, giusto? »
Il
ragazzo annuì.
«
E quindi pensi che la scopa sia gelosa… del tuo
deltaplano? »
Harry
scoppiò a ridere, una risata sincera e spontanea dopo mesi di stress e
nervosismo. Kaito non aveva ancora capito se Harry lo stesse prendendo in giro
per la sua ingenuità o se rideva perché aveva compreso come aiutarlo. I gemelli
semplicemente non ci capivano più nulla.
«
Ma si può sapere di che state parlando? »
Harry
smise di ridere e guardò Kaito, che rispose al suo sguardo scuotendo la testa.
Il Cercatore annuì e rispose a George: « È un mezzo babbano
per volare. Una volta Kaito mi ha detto che sa usarlo e che è anche molto
bravo. »
Il
ragazzo lo ringraziò con lo sguardo. Non gli sembrava ancora il momento di
svelare tutte le sue carte, anche se Harry l’aveva già visto in costume.
Fred
stava riflettendo: « Ma papà ci dice sempre che i babbani
volano sugli aroclani…
»
Kaito
corresse distrattamente: « Aeroplani. »
Harry
cercò di spiegarsi: « Sì, quello è il modo più sicuro, perché dotato di motore,
si può dirigere con più sicurezza e si possono attraversare tratti più lunghi,
ma esistono altri modi, spesso usati come sport o per divertimento. Il
deltaplano è uno di questi. »
Il
prestigiatore cercò di essere più specifico: « Grazie a un’intelaiatura e a un
tessuto resistente si può lasciarsi condurre dal vento e planare a terra più o
meno velocemente… certo, non è proprio una
passeggiata, non si può frenare a mezz’aria né risalire di quota ed è facile
rimanere in balia delle brezze… senza contare che non
è facile atterrare con precisione… però è molto
divertente! »
I
gemelli lo guardarono incuriositi: « Ti vediamo spesso spiazzato qui dentro, ma
nel mondo babbano a quanto pare fai cose molto
curiose e pericolose… »
Kaito
ridacchiò imbarazzato. E ancora non sapevano quanto!
Fred
lo guardò come ne stesse stimando il prezzo: « Tempo un anno che impara le basi
del mondo magico e questo diventa peggio di noi, fratello! »
Harry
li ignorò e tornò a rivolgersi a Kaito: « La scopa non è tuo nemico, va bene?
Solo perché sei più abituato ad altri mezzi, non significa che non puoi volare
anche con un manico di scopa. Ti piace volare con il deltaplano? »
«
Direi di sì. »
«
E allora prima di dire “Su” pensa
solo a quello che provi quando voli, indipendentemente dal mezzo. La scopa
vuole volare quanto te, non siete diversi, devi solo capire che avete lo stesso
obiettivo e che potete raggiungerlo con gli stessi mezzi. »
Fred
applaudì fintamente commosso: « Vogliamo Potter in politica! Sei bravo con i
discorsi, se ti candidi credo che hai già i voti di me, George e di tutti i
Weasley! »
George
si unì al fratello: « Che calcolando quanti siamo ritieniti praticamente
eletto, Harry! »
Kaito
rise: « Mettici anche il mio, anche se non so se posso votare per il vostro parlamento… »
Harry
li guardò ridacchiando: « Dubito che mi butterò mai in politica, ma grazie del sostegno… »
Kaito
sospirò e tornò a mettere la mano sulla scopa. Chiuse gli occhi e cercò di
immaginarsi sul tetto di qualche edificio, vestito da Kaito Kid, pronto a una
fuga dopo una rapina. Il vento lo chiamava a sé, veloce, per evitare che Nakamori lo prendesse…
«
SU! »
E
dopo un paio di secondi di esitazione, il manico di scopa tremò e salì nella
mano di Kaito. Il ragazzo spalancò gli occhi sorpreso.
«
Ce l’ho fatta! »
George
gli mise una mano sulla spalla: « Frena l’entusiasmo, ragazzo! Anche se ora hai
una scopa in mano, siamo ben lontani dal volare! »
Fred
aggiunse: « Ok, adesso inforcala e… »
Un
gruppo di Serpeverde si avvicinò al campo urlando: « Kuroba, scappa! Un
Mezzosangue come te non dovrebbe stare vicino all’Erede! »
«
È Potter canaglia che infuria e si scaglia… »
Harry
sospirò: « Meglio che me ne vada. »
I
gemelli protestarono: « Non puoi dargliela vinta! Se non vuoi tu, ci pensiamo
noi a… »
Il
ragazzo alzò le mani: « A me i loro commenti non fanno né caldo né freddo, ma
se resto disturberanno Kaito, che ora ha bisogno di tuttala sua concentrazione…
mi porto quei rompiscatole via con me, voi continuate. In bocca al lupo, Kaito!
»
«
Harry… »
Il
prestigiatore rimase ad osservare Harry che si allontanava seguito, come aveva
previsto, da tutti i Serpeverde che continuavano a canzonarlo. Non era vero che
non soffriva per i loro commenti, era chiaro come il sole…
eppure si stava sacrificando per lui e questo lo faceva sentire in colpa…
«
Bene, allora… ricominciamo! In sella, Kaito! »
Il
ragazzo mise a tacere i rimorsi di coscienza e ubbidì. Se non si fosse
impegnato avrebbe reso inutile lo sforzo di Harry. Affianco a lui si
posizionarono anche i gemelli, uno da una parte e uno dall’altra.
«
Adesso… »
«
… metti le mani così… »
«
… poi pieghi le ginocchia… »
«
… e… »
«
…e AAAAAALT!!! »
I
gemelli guardarono Kaito e dissero in coro: « Che c’è? »
«
La volete piantare di parlare in surround? A forza di girare la testa da una
parte e dall’altra mi farete venire il torcicollo!!! »
I
fratelli si guardarono e arrossirono contemporaneamente: « Scusa…
»
«
Vabbè, ricominciamo, non credo di poter stare con le
ginocchia piegate ancora molto a lungo… »
I
gemelli si rimisero in posizione: « E adesso ti dai una spinta e vai… »
Fred
si sollevò in aria di un paio di metri.
«
Ok, vai Kaito! »
Il
ragazzo, concentratissimo, si diede la spinta… per
poi cadere malamente a terra dopo un saltino di quaranta centimetri circa.
George
si sbatté una mano sulla fronte. Kaito stava attraversando il campo di
Quidditch a saltelli come una ranocchia, tentando inutilmente di prendere il
volo.
«
Imbarazzante è dir poco… »
Fred
annuì: « E dall’alto è anche peggio, credimi… »
George
gridò a Kaito che si era allontanato di un bel pezzo: « EHI, CANGURO! SMETTILA DI SALTELLARE E TORNA QUA! »
Il
prestigiatore riprese la sua scopa a mano e tornò indietro camminando, rosso
come un peperone.
Fred
atterrò: « Ok, così non ha funzionato… proviamo a
cambiare metodo. Kaito, vieni qui sulla mia scopa. »
«
Ma ci stiamo in due? »
«
Per quello che dobbiamo fare, sì. Mettiti davanti a me. »
Kaito
ubbidì.
«
E adesso guarda bene quel che faccio io. »
Il
ragazzo osservò con attenzione Fred ripetere la manovra e si sollevarono di un
metro, per poi ridiscendere a terra.
«
Ok… riprova ora. »
Kaito
sospirò e cercò di ripetere esattamente quello che aveva fatto Fred, anche se
al momento della spinta chiuse gli occhi. I piedi si sollevarono leggermente da
terra e Kaito s’emozionò.
«
Ci sono? Funziona? »
«
Diciamo di sì… ma prima di esaltarti troppo, apri gli
occhi e guarda da te. »
Il
ragazzo aprì gli occhi, scoprendo con sua somma delusione che in realtà si era
sollevato solo di una ventina di centimetri.
«
Bè… è un inizio! »
George
ridacchiò: « Il bello di te è che sei ottimista. »
Fred
aggiunse: « Bisogna vedere quanto lo saremo noi per insegnarti il resto… »
Kaito
sorrise e cercò di accelerare.
Fred
lo guardò interessato: « Forse ce la fa… ce la fa… ce la fa… »
Una
forte botta annunciò che Kaito si era appena schiantato contro una delle
tribune.
George
sospirò: « No, non ce la fa. Vieni, aiutami a disincastrarlo…
»
Quando
Sheridan vide il trio tornare alla Sala Comune, si stupì di come facessero a
stare in piedi. Avevano tutti un’aria stravolta e distrutta.
«
Non sono sicura di voler chiedere come è andata… »
Fred
si buttò su una poltrona: « Indubbiamente l’esperienza più traumatizzante della
mia vita! »
George
si unì al fratello: « Oggi abbiamo visto manovre che non avevamo mai osato
neppure immaginare… »
Sheridan
sospirò: « Vediamo se riuscite a stupirmi… »
Fred
iniziò ad elencare gli episodi contandoli sulle dita: « Dunque…
si è incastrato nelle tribune… »
La
ragazza lo interruppe subito: « Con o
senza la scopa? »
«
Con la scopa, non era riuscito a frenare… »
«
Meno male, l’altra volta c’era riuscito senza… »
I
gemelli si guardarono sconvolti: « Credevamo che nulla riuscisse più a stupirci… ma ci sbagliavamo… »
«
… e di grosso, fratello… »
Sheridan
sorrise: « Poi? »
«
Ha fatto cinque giri della morte consecutivi atterrando di faccia dopo aver
perso la presa dalla scopa; non è riuscito a fermarsi per atterrare e ha
scavato una buca sottoterra di ben un metro di profondità, che sembrava più una
talpa che un essere umano… »
«
… è uscito dal campo di Quidditch per schiantarsi quasi in braccio alla Sprite
che passava di lì per caso… »
Sheridan
non ce la fece più e scoppiò a ridere. Poi, notando che fino a quel momento
Kaito non aveva detto una parola, si voltò verso di lui. Il ragazzo era
crollato sulla poltrona davanti al fuoco e si era addormentato di botto, stanco
morto e ancora tutto sporco di terra. I Malandrini sorrisero inteneriti.
«
Facciamolo riposare un pochino, poi lo mandiamo di filato a fare una doccia e a
letto. Gli portiamo noi qualcosina da mangiare dalla
Sala Grande. »
Sheridan
annuì: « Sì, ma niente pesce, mi raccomando. Per oggi ne ha già avute
abbastanza. »
Fred
e George iniziarono ad avviarsi verso i dormitori per cambiarsi, ma la ragazza
li bloccò ancora una volta: « Ma almeno è riuscito ad imparare qualcosa? »
I
gemelli sospirarono: « Per i suoi standard ha fatto miracoli. Ormai è in grado
di alzarsi in volo e tenersi sul manico per un paio di minuti se vola
lentamente e a non più di tre metri dal suolo. »
«
Dobbiamo ancora migliorare l’atterraggio. Per il momento l’unica tecnica che ha
provato è stata lanciarsi dal manico di scopa e rotolare a terra…
dice che nei film babbani gli attori scappano così
dalle auto in fiamme… io dico che sono dei pazzi… »
La
ragazza rise: « Capisco. Comunque è già più di quanto non sia mai stato in
grado di fare da solo. Bel lavoro, Futago e Soseiji! »
George
le fece l’occhiolino: « Non disperiamo di aiutarlo ancora un po’, ma domani
abbiamo gli ultimi allenamenti e dopodomani la partita! Vedremo cosa riusciremo
a fare ancora dopo. »
«
In bocca al lupo a tutti e tre, allora! »
Dalla
poltrona di Kaito giunse un rumore di motosega. Gli altri Malandrini risero.
«
Lo prenderò per un “crepi”, Kaito! »
E
tutti ritornarono alle loro normali attività, lasciando Kaito al suo meritato
riposo.
Anf… anf… mamma che corsa! Questo capitolo ho proprio faticato a
pubblicarlo, con tutti i casini universitari! Tranquilli, non mi sono
dimenticata di voi! Tanto per cominciare, ringrazio Liberty89, darkroxas92 e Meiyo Makoto per la recensione. Spero che questo capitolo
vi diverta tanto quanto mi sono divertita io a scriverlo. Intanto approfitto
per tranquillizzare chi seguisse altre mie storie, non ho dimenticato che devo
aggiornare l’ultimo capitolo di “Strega”, e anzi vi annuncio che sto preparando
e studiando il sequel di “Polvere Incantata”, che sarà una bella sorpresa. E a
proposito di sorprese, forse ne metto una anche al prossimo capitolo, che
parlerà delle ultime vittime del’Erede… ma andrà
tutto come ricordate o ci sarà qualche sorpresa? Non dimenticate che c’è Kaito
di mezzo, e con lui nulla è da dare per scontato!
Sheridan si precipitò in Sala Comune, dove era
certa di trovare Kaito. E infatti era lì, davanti al caminetto, intento a
preparare un tè con la teiera che gli aveva inviato a Natale sua madre.
Sheridan lo guardò sconvolta: « Che fai? »
Kaito rispose con tono ironico: « Preparo un veleno
per sistemare il mostro di Serpeverde appena lo incontrerò…
secondo te? »
« E la partita di Quidditch? »
« Quale partita? Ah, già, la partita… quella
per cui Fred e George si stavano allenando… »
Sheridan impallidì di botto e Kaito iniziò a
preoccuparsi: « Che c’è? È normale, io scordo sempre le partite di Quidditch!
Dammi un momento, prendo la sciarpa da tifo e… »
« E nessuno è venuto ad avvertirti? »
« No, altrimenti non avrei messo su la teiera, non
ti pare? »
« Tu… non hai proprio più
visto Ginny? »
« Non dopo la colazione…
e in effetti se c’è una partita di Quidditch è strano, perché lei è sempre
eccitata in queste occasioni… e sapendo che non mi
piace molto è sempre lì a ricordarmelo… »
Sheridan s’avviò verso la Signora Grassa: « Vado a
cercarla. Aveva detto che veniva ad avvertirti più di un’ora fa! »
« Vengo con te. »
Sheridan scosse la testa: « No, vai al campo,
altrimenti gli altri si preoccupano. Tienici i posti, torneremo subito, va
bene? »
Kaito la fissò preoccupato: « Sicura? »
Sheridan gli sorrise: « Sicurissima! A dopo! »
Kaito si morse un labbro. Ginny era sempre più
strana ultimamente, ma scordarsi del Quidditch era decisamente poco da lei.
Sospirando, tolse la teiera dal fuoco, prese la sciarpa del Grifondoro e
raggiunse gli spalti, dove i compagni lo attendevano ansiosi. Nella fila dietro
di loro, Kaito notò Ron sbuffare al fianco di un posto vuoto, probabilmente per
Hermione, anche lei assente.
Stephen sbuffò: « Eccoti, finalmente! »
Nicole si sporse dalla sedia: « E dove sono
Sheridan e Ginny? »
Kaito si sedette: « Ginny non so, ma Sheridan è
andata a cercarla… »
Thomas pulì l’obiettivo dell’immancabile macchina
fotografica di Colin: « Spero che si sbrighino, la partita sta per cominciare!
»
E infatti in quel momento le
squadre entrarono in campo tra uno scrosciare di applausi.
Oliver Baston decollò
per un volo di riscaldamento intorno ai pali delle porte, Madama Bumb mise in campo le palle. I Tassorosso,
che giocavano in tuta giallo canarino, riuniti a capannello, stavano terminando
le consultazioni sulla tattica di gioco. Kaito non smetteva un attimo di
guardare se vedeva arrivare Sheridan o Ginny. Ma proprio mentre Thomas si
preparò a scattare una fotografia a Harry che stava per montare sulla sua scopa,
la McGranitt entrò in campo quasi di corsa, con in mano un enorme megafono
viola.
La McGranitt annunciò, rivolta allo stadio
gremito: « La partita è stata annullata! »
Si udirono fischi e grida. Oliver Baston, sconvolto, planò a terra e si precipitò verso la
McGranitt senza neanche scendere dalla scopa gridando così forte che tutti lo
udirono anche senza microfoni né megafoni: « Ma professoressa, noi dobbiamo
giocare... la coppa... il Grifondoro... »
Lei lo ignorò e continuò a parlare al
megafono: «Tutti gli studenti tornino nelle sale comuni delle rispettive Case,
dove i Responsabili forniranno ulteriori informazioni. Più in fretta possibile,
per favore! »
Poi abbassò il megafono e fece cenno a
Harry di raggiungerla.
Ron s’alzò con tanta foga che diede una
ginocchiata a Nicole, seduta nella fila davanti: « Ah, no, non vorranno ancora
accusare Harry! Stavolta non può aver fatto nulla, è stato tutto il tempo con
me prima della partita! »
Kaito lo seguì di corsa. Non sapeva
spiegarne il motivo ma aveva un brutto presentimento.
Quando raggiunsero di corsa Harry e la
McGranitt che già si erano incamminati verso il castello, stranamente la
professoressa non li sgridò per non aver seguito il suo ordine tassativo.
« Sì, forse è meglio che veniate anche voi,
Weasley e Kuroba. »
Tra gli studenti che passavano loro
accanto, alcuni si lamentavano che la partita fosse stata annullata, altri avevano
l'aria preoccupata. Harry, Ron e Kaito seguirono in silenzio la professoressa
dentro la scuola e poi su per la scalinata di marmo. Stavano per raggiungere
l'infermeria quando la professoressa McGranitt disse con voce stranamente
dolce: « Avrete un grande shock. C'è stato un altro attentato... duplice questa
volta »
Il cervello di Kaito partì in quarta. Duplice? Non saranno state mica…
La professoressa McGranitt spalancò la
porta. Madama Chips era china su qualcuno, ma nel
letto affianco c’era, chiaramente riconoscibile…
« Hermione! » gemette Ron.
La ragazza giaceva immobile, gli occhi
spalancati e vitrei.
La McGranitt disse: « Le hanno trovate
vicino alla biblioteca. Sapreste spiegarmi che cos'è questo? Era per terra,
vicino a loro... »
E così dicendo mostrò ai ragazzi uno
specchietto circolare. Harry e Ron scossero il capo, entrambi incapaci di
spostare lo sguardo da Hermione. L’attenzione di Kaito invece fu richiamata
dalla persona da cui Madama Chips si era appena
sollevata.
« Oh, no, Sheridan…
»
Era proprio lei, immobile, in una posizione
ancora più curiosa di quella di Hermione, il volto concentrato, quasi risoluto.
Harry e Ron le si avvicinarono e con loro la McGranitt, che mise una mano sulla
spalla di Kaito.
« L’abbiamo trovata così, affianco alla
signorina Granger. Dimmi, Kuroba, è normale che la
signorina Pumpkin avesse delle penne babbane con sé? »
Kaito annuì: « Sono mie. Sheridan me ne
aveva chieste in prestito un paio, una rossa e una blu, per…
»
Le parole gli morirono in gola. Non poteva
dire alla McGranitt che gliele aveva prestate per scrivere più velocemente sul taccuino
gli eventuali indizi sulla Camera dei Segreti che cercavano da mesi come
Malandrini. La professoressa non s’insospettì di nulla, attribuendo la pausa
all’emozione.
In quel momento Vitius
spalancò la porta agitatissimo. Teneva la bacchetta puntata dietro di sé.
« Minerva! Minerva! Oh, meno male che sei qui… ce n’è un’altra! »
« Un'altra cosa? »
Ma il professore non rispose, limitandosi a
portare dentro la stanza un corpo rigido, tenuto sollevato con il WingardiumLeviosa. Era una
studentessa di Corvonero che Kaito non conosceva.
Stringeva ancora fra le mani una sfera di cristallo.
La McGranitt impallidì: « Penelope Light… oh, povera ragazza…
evidentemente stava tornando da Divinazione… »
Mentre sistemavano l’ultima pietrificata
nel letto, Kaito approfittò della distrazione di tutti per osservare ancora con
attenzione la curiosa posizione di Sheridan. Aveva ancora nella mano destra la
biro rossa con cui aveva tentato di scrivere qualcosa sull’altra mano. Il
ragazzo si sporse a sufficienza per intravvederne la scritta:
attenti
a c
Kaito si morse un labbro, concentratissimo.
L’insegnante si accorse di cosa aveva attirato l’attenzione del ragazzo e lo
tirò via, e già che c’era li spinse poi tutti e tre fuori dall’infermeria con
aria cupa: « Vi scorterò fino alla Torre del Grifondoro. In ogni caso, devo
fare alcune comunicazioni agli studenti. »
« D'ora in avanti, tutti gli studenti
rientreranno nelle sale comuni entro le sei di sera. Nessuno di loro dovrà
lasciare il dormitorio dopo quell'ora. Un insegnante vi scorterà alle lezioni.
Nessuno studente deve usare il bagno se non è accompagnato da un insegnante.
Tutti gli allenamenti e le partite di Quidditch dovranno essere rinviati. Le
attività serali sono soppresse. »
I Grifondoro, tutti stipati nella sala
comune, la ascoltavano in silenzio. La McGranitt riavvolse il rotolo di
pergamena che aveva appena letto e disse con voce soffocata: « Inutile dire che
raramente ho provato tanta angoscia. È probabile che la scuola verrà chiusa, a
meno che il responsabile di tutti questi attentati non venga preso. Raccomando
a chiunque pensi di sapere qualcosa al riguardo di farsi avanti. »
Usci a fatica dal buco del ritratto e
subito tra i Grifondoro si accese un'animata conversazione a cui Kaito prestò
veramente poca attenzione. Il panico era aumentato fra gli studenti, perché fra
gli ultimi aggrediti c’era Sheridan, che aveva solo un genitore babbano e non entrambi com’era accaduto fino a quel
momento, e questo metteva in pericolo un numero esponenzialmente più alto di
studenti.
Lee Jordan, l'amico dei gemelli Weasley,
commentò contando sulla punta delle dita: « E con questo i Grifondoro colpiti
sono tre, senza contare un fantasma del Grifondoro, una Corvonero
e un Tassorosso. Nessuno degli insegnanti ha notato
che i Serpeverde sono tutti incolumi? Non è evidente che all'origine di tutta
questa storia c'è Serpeverde? L'erede di Serpeverde, il mostro di
Serpeverde... perché non li buttano fuori tutti? »
Molti risposero con cenni di assenso e
sporadici applausi, ma Percy Weasley sedeva su una
sedia dietro a Lee e per una volta non sembrava ansioso di far conoscere il suo
parere. Era pallido e stralunato.
George commentò parlando a bassa voce: « Percy è sotto shock. Quella ragazza Corvonero...Penelope Light... è anche lei un Prefetto.
Non credo si aspettasse che il mostro avrebbe osato aggredire un Prefetto. »
« E mi sa che noi non potremo continuare i
nostri allenamenti, con queste restrizioni… povera
Sheridan, se l’avessimo saputo non l’avremmo mai fatta andare da sola,
pensavamo non corresse rischi non essendo completamente nata babbana… »
Per un po’ Fred e George continuarono a
commentare la situazione con Kaito, visibilmente preoccupati per l’aggressione
a un membro dei Malandrini, ma smisero presto quando notarono che il ragazzo
non li stava nemmeno a sentire, preso dai suoi pensieri. Kaito rifletteva
velocemente su quello che Sheridan aveva scritto sulla mano, mentre pasticciava
distrattamente con alcuni dei foulard che gli aveva regalato Aoko a Natale, cercando di non farsi sopraffare nuovamente
dai sensi di colpa. Un’altra vittima del mostro della Camera che avrebbe potuto
fermare… tuttavia, se la ragazza aveva rischiato di
farsi pietrificare pur di comunicare loro quel messaggio, doveva trattarsi di qualcosa
di veramente importante, poco ma sicuro, più importante di qualsiasi suo senso
di colpa. Ma a cosa dovevano stare attenti? A un qualcosa o magari a un
qualcuno che iniziava con la lettera c ?
Sempre che quella fosse davvero una c e non magari una oo una gincomplete…
Anche se preso dai suoi pensieri, notò
subito che Ginny era rispuntata fuori praticamente dal nulla senza una vera e
propria spiegazione plausibile per la sua prolungata assenza, mentre veniva
sottoposta da Nicole, Thomas e Stephen, sempre più spaventati per la classe
ormai decimata, a un serrato interrogatorio a cui rispondeva come sempre a
monosillabi. Avrebbe avuto una gran voglia di sgridarla per lo spavento che gli
aveva fatto prendere, di gridarle in faccia che quando la McGranitt gli aveva
annunciato il duplice attentato il pensiero era corso immediatamente a lei, ma
spostò poi la sua attenzione a un paio di persone che stavano per conto loro,
separati dagli altri. Si avvicinò a loro senza farsi notare per sentire un
frammento della loro conversazione.
« Che cosa facciamo? Pensi che sospettino
di Hagrid? »
« Dobbiamo parlargli. Non posso credere che
questa volta sia lui, ma se l'ultima volta ha liberato il mostro, saprà bene
come entrare nella Camera dei Segreti. Intanto cominciamo da questo. »
« Ma la McGranitt ha detto che quando non
siamo in classe dobbiamo restare nelle nostre torri... »
« Io dico che è ora di ritirare fuori il
vecchio mantello di mio padre. »
« Ma bene! »
Ron ed Harry trasalirono, ma Kaito continuò
arrabbiato: « Non avevamo un patto, noi? Il primo che trovava informazioni
sulla Camera li riferiva all’altro… e queste mi
sembrano un bel po’ di notizie nuove! Hagrid non era mai saltato fuori a
Natale! »
Harry abbassò lo sguardo: « Non sono
informazioni sicure, per questo non ti abbiamo detto nulla…
»
« Non m’importa, a questo punto non
m’importa. Che cosa avete scoperto? »
Ron sospirò guardando l’amico, che alla fine
iniziò a confessare: « È partito tutto da un diario…
»
Kaito stette a sentire tutta la storia a
braccia incrociate, senza commentare. Nessuno li disturbò, tutti sapevano che
erano stati gli ultimi a vedere Hermione e Sheridan prima della loro pietrificazione
e, pensando che stessero sfogandosi a vicenda, tutti pensarono di lasciare loro
un po’ di privacy.
Solo alla fine del lungo racconto, Kaito
aprì bocca: « Quindi l’oggetto che ti è stato rubato è proprio questo
fantomatico diario… peccato, un’occhiatina ce l’avrei
data volentieri. Ma almeno avete un’idea di chi possa averlo preso? »
Harry scosse la testa e Kaito per un attimo
s’incupì. Se solo avessero saputo chi avevano davanti i sospetti si sarebbero
immediatamente concentrati su di lui, visti i suoi precedenti. Purtroppo non
era un abile investigatore come Saguru, altrimenti
avrebbe potuto dare lui la caccia al ladro.
« Cosa volete fare, a questo punto? »
« Andare da Hagrid e chiedergli quanto è
coinvolto in questa faccenda. »
Kaito fece una smorfia: « Io non me lo vedo
scatenare un fantomatico mostro nel castello per aggredire studenti ignari… e poi, dai, pensate davvero che potrebbe fare del
male a Hermione? »
Harry scoppiò, come se potesse finalmente
esprimere un pensiero che si teneva dentro da un pezzo: « LO SO! Lo so… ma non abbiamo altri indizi. L’unico che sembra poter
sapere qualcosa è Hagrid e dopo quello che è successo oggi non mi farò problemi
a chiedergli chiaro e tondo se è stato lui ad aprire la Camera cinquant’anni
fa. L’ultimo dei miei problemi è offenderlo, ora come ora… »
« E come intendete andargli a parlare? Gli
insegnanti sorvegliano il castello e non credo che basterà chiedere alla
McGranitt il permesso di fare due chiacchiere con il guardiacaccia…
»
Ron guardò Harry, che annuì, e gli rispose:
« Harry ha un mantello che ci renderebbe invisibili. Con quello possiamo
sgattaiolare da Hagrid senza i professori ci notino. L’abbiamo già fatto. »
Il prestigiatore li guardò pensieroso: « Ma
dovreste nascondere la vostra assenza… e come farete
a rientrare? Se la Signora Grassa vi vede potrebbe avvertire i professori… »
Ron guardò Harry, timoroso e malinconico: «
Di solito era Hermione ad aprirci… »
Harry alzò le spalle: « In qualche modo
faremo. Adesso fingiamo di andare a dormire e più tardi…
»
Kaito sorrise: « Volete nascondervi per poi
agire? Secondo me sbagliate… credetemi, il miglior
modo di nascondere qualcosa è metterlo sotto gli occhi di tutti! »
« E come… »
Il ragazzo fece loro l’occhiolino: « Vi
fidate di me? Voi fate quello che dovete, al resto penso io! »
Harry lo guardò preoccupato: « Non puoi
truccarti come noi due, sei una persona sola! E a quel punto noterebbero la tua
di assenza! »
« E chi ha parlato di travestimenti? Non vi
preoccupate, una buona dose di prestidigitazione e un pizzico di magia possono
fare miracoli! »
Altro che un pizzico, pensò Kaito. Il WingardiumLeviosa non era
difficile, era vero, ma farlo in continuazione e di nascosto gli stava facendo
venire una discreta emicrania. Però l’idea stava funzionando come previsto:
Harry e Ron erano sgattaiolati via senza farsi vedere, mentre lui se ne stava
in un angolo della Sala Comune, ufficialmente a giocare a scacchi con Ron
mentre Harry si limitava a guardarli. In realtà il ragazzo stava giocando da
solo con due manichini perfettamente truccati, muovendo la mano del pupazzo e i
pezzi della scacchiera un po’ con l’incantesimo di levitazione e un po’ con
qualche filo. Da lontano non si vedeva la bacchetta ben nascosta nella manica,
e aveva chiesto a Fred e George di tenere la gente lontana, dicendo loro che
Ron e Harry avevano bisogno di un po’ di quiete. Gli era dispiaciuto da morire
mentire ai suoi colleghi Malandrini, ma quello che stavano facendo era
importante, più importante di tutto. Probabilmente era l’unico modo per riavere
Sheridan e ricomporre il gruppo. Ma si era fatto promettere da Harry e Ron che
se il piano fosse fallito avrebbero raccontato loro tutto.
Fino a quel momento, però, era filato tutto
liscio. Pian piano la Sala si era svuotata e lui era rimasto solo. Ormai non
muoveva più i pezzi, si limitava a stare in allerta, aspettando il segnale
convenuto. Ogni tanto buttava un occhio all’orologio. Ma quanto ci mettevano?
Tre colpi alla parete, ben udibili.
Finalmente! Kaito scattò verso il ritratto.
« Ehm… Signora
Grassa? »
« Mi dispiace, non posso farti uscire,
ordini della McGranitt. »
« Lo so perfettamente, ma non ha sentito
quei rumori prima? »
La Signora Grassa non rispose, ma
sicuramente li aveva sentiti anche lei.
Kaito continuò: « È sicura che non ci sia
nulla lì fuori? »
« Io non vedo niente. »
« Sarà, ma io non riesco a dormire… mi fa controllare di persona? Le prometto che non
metterò un piede all’esterno della Casa… per favore,
sono così spaventato dopo quello che è successo oggi che…
»
Il ritratto scattò: « Va bene, ma solo una
sbirciatina. Allora, c’è qualcosa? »
Kaito si sporse, e mentre guardava a destra
e a sinistra qualcosa lo toccò a un braccio.
« No, ha ragione. Non c’è niente, meno male… »
« Allora torna a dormire, ragazzo. »
« Grazie…
buonanotte, Signora Grassa! »
« Buonanotte! »
Kaito rientrò sorridendo, trovando ad
attenderlo come previsto Harry e Ron, agitatissimi.
« Cos’è successo? »
Ron era rosso dall’agitazione: « Hanno
arrestato Hagrid! »
« Cosa?
»
Harry fece segno a entrambi di abbassare la
voce. Kaito si morse la lingua. Dalla sorpresa gli era uscita una voce più
acuta di quello che avrebbe voluto.
« Come è successo? Perché? »
Harry sospirò: « Hanno detto che aveva già
dei precedenti preoccupanti. È venuto a prenderlo direttamente il Ministro
della Magia in persona. E come se non bastasse il padre di Malfoy
ha fatto in modo di allontanare Silente. »
« Cosa?
»
Di nuovo sia Ron che Harry fecero segno di
stare in silenzio.
Kaito si morse un labbro: « Quindi non
siete riusciti a parlarci? »
« Non direttamente. Ma Hagrid è riuscito a
farci trapelare un indizio… »
Ron ripeté con aria schifata: « Chi ha
voglia di trovare qualcosa, deve seguire i ragni. Ragni, capite? Con tutto quello che poteva dire… »
Harry spiegò: « Ron ha il terrore dei
ragni. »
Kaito provò un’improvvisa empatia per il
ragazzo con i capelli rossi. Lui aveva lo stesso problema con i pesci.
« Capisco… e
adesso che si fa? »
Il ragazzo con la cicatrice sospirò: «
Saresti disposto a coprirci un’altra volta? »
Kaito annuì facendo l’occhiolino: « Ditemi solo
quando. »
Nel parco intorno al castello si sentiva il
profumo dell'estate; il cielo e il lago erano di un blu pervinca e fiori grossi
come cavoli sbocciavano nelle serre. Ma a molti lo scenario non sembrava quello
giusto; e certo non era meglio dell'atmosfera che si respirava al castello,
dove le cose andavano tragicamente storte.
Insieme a Ron e Harry, Kaito aveva tentato
di andare a trovare Colin, Hermione e Sheridan, ma ora l'accesso all'infermeria
era vietato ai visitatori.
Madama Chips,
severa, parlò loro attraverso una fessura della porta: « Non vogliamo più
correre rischi. »
Kaito protestò: « Ma quali rischi e rischi,
sono mesi che vengo a trovare Colin e non ho mai dato alcun tipo di problema!
Sa benissimo che non farei del male a una mosca! »
« No, mi dispiace, ma il rischio che
l'aggressore si rifaccia vivo per dare il colpo di grazia a queste persone è
troppo grosso... »
E con suo grande disappunto, Kaito si vide
chiudere in faccia lo spiraglio della porta dell’infermeria.
« E se qualcuno sta male, come fa a entrare
in infermeria per farsi curare con questo sbarramento??? Madama Chips! Madama Chips!!! Mi
risponda, la prego!!! »
Anche sbattendo i pugni sulla porta, non
ottenne alcuna risposta. Kaito sospirò incamminandosi mestamente. Con l'allontanamento
di Silente la paura era dilagata come mai prima di allora e per quanto il sole
intiepidisse le mura del castello sembrava non riuscisse a varcare le finestre.
Non c'era sguardo, a scuola, che non apparisse preoccupato e teso, e se per i
corridoi si udiva una risata questa risuonava stridula e innaturale e veniva
soffocata rapidamente. L’unica buona notizia era che con l’aggressione a
Hermione i sospetti su Harry si erano completamente dissipati. Kaito cercava di
tenere il più possibile calmi i suoi compagni, ma era un’impresa più facile a
dirsi che a farsi. Attendeva disperatamente il segnale da parte di Harry su
quando avrebbe dovuto nuovamente coprire la loro fuga. E il segnale venne
durante pranzo, una semplice parola sussurrata all’orecchio.
« Stanotte. »
Kaito annuì in modo che i due compagni
potessero vederlo. Era pronto.
In quei giorni, dato che dalle sei di sera
in poi gli studenti non potevano andare da nessun'altra parte, la sala comune
dei Grifondoro era sempre molto affollata. E poi avevano molto di che parlare,
con il risultato che spesso la sala non si svuotava fino a dopo mezzanotte. Un
problema non trascurabile per chi stava per infrangere tutte le regole per una
tranquilla passeggiatina notturna nella Foresta Proibita.
Harry andò a prendere il Mantello
dell'Invisibilità nel suo baule e trascorse la serata seduto sopra il tessuto,
in attesa che tutti se ne andassero. Fred e George sfidarono Harry e Ron a
qualche partita di Spara Schiocco e Ginny si sedette a guardarli, molto abbattuta,
sulla sedia occupata di solito da Hermione. Kaito finse di esercitarsi con
qualche incantesimo e ogni tanto intervenne nella partita dei ragazzi, ma in
generale tenne un profilo basso, cercando di non attirare l’attenzione. Harry e
Ron, dotati di meno sangue freddo di lui, cominciarono a perdere di proposito e
a volte in modo esageratamente palese cercando di finire rapidamente le
partite, ma anche così quando Fred, George e Ginny si decisero ad andare a
letto, la mezzanotte era passata da un pezzo.
Prima di prendere il mantello e gettarselo
addosso per passare nel buco del ritratto, Harry e Ron aspettarono di sentire
chiudersi in lontananza le porte dei dormitori. Kaito li guardò preoccupato: «
Andate. Se qualcuno viene ci penso io, fidatevi di me. Ma voi non mettetevi nei
guai, se la cosa inizia a farsi pericolosa, tornate indietro a dirmelo e
andiamo insieme, ok? »
I ragazzi annuirono e si allontanarono.
Kaito rimase in allerta, ma per lui la serata si rivelò piuttosto noiosa.
Nessuno si mosse dalla camera di Harry e Ron, nessun professore venne a
controllare, niente di niente.
« Chissà se anche a Harry e Ron le cose
stanno filando così lisce… »
« Seguite i ragni. Questa non gliela
perdono, a Hagrid. Siamo vivi per miracolo. »
Ron era pallido come un lenzuolo, sembrava
che avesse appena rimesso. Nonostante questo parlava a macchinetta: « Scommetto
che deve aver pensato che Aragog non avrebbe mai
fatto del male ai suoi amici. »
Kaito li guardò di storto: « Aragog? E chi sarebbe? »
Ron continuò a sfogarsi: « Un ragno gigante
che ha messo su una famiglia numerosa nel bel mezzo della Foresta Proibita,
ecco chi sarebbe!!! »
Una venuccia
sulla tempia di Kaito iniziò a pulsare pericolosamente, mentre Harry si
sbatteva una mano sulla fronte: « Ron… cosa ci eravamo
detti prima? »
Ron non colse il messaggio di Harry, né la
pericolosità del compagno del primo anno e continuò il suo sfogo: « Questo è esattamente
il problema di Hagrid. Lui pensa sempre che i mostri non siano cattivi come li
si dipinge, ma guarda questo dove l'ha portato! In una cella ad Azkaban! E invece se stasera non era per la macchina,
eravamo già la cenetta di quei cosi
brulicantie… »
Solo a quel punto Ron notò che Kaito li
stava fissando con un’espressione tremendamente simile a quella di sua madre
quando Fred e George ne combinavano qualcuna delle loro.
« Ops… mi sa che
nella foga mi sono lasciato sfuggire una
parola di troppo… »
Harry lo guardò male: « Solo una? »
Kaito prese fiato, mentre Harry si spremeva
il cervello per ricordare la formula dell’incantesimo di insonorizzazione che a
volte usava Hermione. Per fortuna riuscì a lanciarlo appena prima che si
scatenasse.
« QUALE PARTE DELLA FRASE “non mettetevi nei guai, se la cosa inizia a
farsi pericolosa, tornate indietro a dirmelo e andiamo insieme” NON VI È ARRIVATA??? SE LA CHIAMANO FORESTA
PROIBITA CI SARÀ UN MOTIVO, NO?E VOI TORNATE QUI EMI PARLATE DI MOSTRI,DI RAGNI GIGANTI, DI
COSI BRULICANTI, DI AUTOE… »
Harry alzò la mano: « Kaito? Se devi
sgridarci va bene, ma puoi farlo tutto in una sola lingua? Stai parlando metà
in inglese e metà in giapponese, fatichiamo a starti dietro…
»
Ron sorrise imbarazzato: « Ma il tono era comunque
chiarissimo, Harry… di sicuro non si stava
complimentando per la fortuna sfacciata che abbiamo avuto stasera…
»
Kaito respirò profondamente: « No, mi limitavo
a complimentarmi per la vostra idiozia… e vabbè, ormai è fatta, ora ci mettiamo qui e mi raccontate
tutto per filo e per segno, vero? Senza
alcun tipo di piccole omissioni quali foreste proibite etsimilia… »
Lo sguardo assassino che rivolse ai
compagni li convinse a fare esattamente come aveva detto e Kaito li lasciò
parlare, con aria sempre più concentrata. Per fortuna di Harry e Ron era più
interessato a capire cosa avevano scoperto che a continuare a sgridarli per la
loro piccola bravata.
Alla fine di tutto sospirò: « Ok, tutto più
chiaro. Però potevate avvertirmi prima di entrare nella Foresta Proibita! Siete
pur sempre due dodicenni, poteva finire molto male…
ho già sulla coscienza Colin e Sheridan, ci mancate solo voi due… »
Harry e Ron borbottarono un qualcosa che
Kaito interpretò come delle scuse.
« Ma in fondo non so nemmeno io a quanto
sarei servito, del resto è vero che ho sedici anni, ma so solo le magie del
primo anno, e neanche tutte… ma torniamo a noi e a
quello che abbiamo ricavato da questa avventura. »
Ron sbottò: « Non abbiamo ricavato un bel niente!
A che cosa è servito mandarci fin lì? Che cosa abbiamo scoperto? Mi piacerebbe
proprio saperlo! »
Harry rispose: « Che Hagrid non ha mai
aperto la Camera dei Segreti. Che era innocente. »
Kaito sospirò: « Ma questo non ci aiuterà a
tirarlo fuori dal carcere. E nemmeno ad aiutare Colin, Hermione e Sheridan e
gli altri pietrificati in infermeria. »
Harry strinse i pugni: « E ora a chi
chiediamo? Riddle ha preso la persona sbagliata,
l'erede di Serpeverde di cinquant’anni fa se l'è svignata, e nessuno è in grado
di dire se questa volta è stata la stessa persona o qualcun altro ad aprire la
Camera. Abbiamo solo la parola di un ragno gigantesco che tratta questa
misteriosa creatura alle stregue di Voldemort… »
Ron ebbe un brivido: « Non dirlo, Harry!
Non dire quel nome! »
Kaito si ritrovò a concordare con l’analisi
di Harry: « E a questo punto che facciamo, una seduta spiritica e invochiamo lo
spirito della ragazza morta in bagno cinquant’anni fa? »
Ron lo guardò di storto: « Una seduta cosa? »
Harry invece lo guardava con gli occhi
sbarrati.
« Harry? »
Il ragazzo si alzò dalla poltrona di
scatto, come se fosse stato appena folgorato: « Kaito, sei un genio! »
Il prestigiatore lo guardò perplesso: « Per
la seduta spiritica? Ma io scherzavo… perché, si può
fare? »
Harry scosse la testa: « Lascia perdere lo
spiritismo e ascoltate! Aragog ha detto che la
ragazza uccisa fu trovata in un gabinetto. E se non fosse mai uscita dal bagno?
E se fosse ancora là? »
Kaito continuò a guardarlo senza capirci
nulla, ma Ron iniziò ad agitarsi: « Stai pensando…a Mirtilla?Mirtilla Malcontenta? »
Harry annuì: « Potrebbe anche essere lei,
sappiamo che è sempre rimasta nel bagno del secondo piano…
»
Kaito fece segno di timeout con le mani: «
Fermi tutti! E adesso chi sarebbe questa Mirtilla? »
Ron si sbatté una mano sulla fronte: « È
vero, a Natale tu non l’hai vista, avevamo litigato perché le stavamo occupando
il bagno per la Pozione Polisucco! Comunque è il
fantasma che infesta il bagno delle ragazze del secondo piano. E ha l’aspetto
di una studentessa di Hogwarts. »
Kaito ci pensò su: « In effetti potrebbe
essere una possibilità… »
Ron fece una smorfia: « Ma come facciamo a
parlarci? L’ultima volta non ci voleva più vedere ed è talmente permalosa… »
Il prestigiatore fece un sorriso furbetto:
« Vediamo un po’ se riesco fare conoscenza con questa Mirtilla…
»
Harry lo guardò preoccupato: « Sei sicuro?
Quella ragazza fantasma è un po’… »
Ron completò la frase per lui: « È una
pazza scatenata e isterica! Qualunque cosa dici o fai le fa ricordare il fatto
di essere morta e si arrabbia! »
Il ragazzo sorrise: « Voi non ci sapete
fare con le ragazze, eh? Lasciatemi fare due chiacchiere con lei… »
Harry e Ron si lasciarono convincere
facilmente, troppo stanchi per replicare davvero. Kaito sospirò. Anche se era
un po’ fuori allenamento, era giunto il momento di sfoderare nuovamente il
famoso fascino del ladro gentiluomo.
Buon anno nuovo!
Ehm… ho un ritardo stratosferico,
lo so, ma davvero l’università non mi ha lasciato un attimo di respiro! Ma almeno
vi avevo lasciato in un punto non troppo da cardiopalma, quindi ho un po’ meno
sensi di colpa.
Immagino che il fatto che Sheridan sia rimasta pietrificata sia stato
un buon colpo di scena, ma tranquilli, non l’ho fatto solo per mettere in mezzo
i miei personaggi, ma perché ho voluto creare una nuova opportunità che
approfondirò nei prossimi capitoli.
Dunque,cosa vi attende prossimamente? Mirtilla
Malcontenta e la discesa verso la Camera!
Spero davvero di non essermi persa tutti i lettori per strada (e
ringrazio come sempre Liberty89, Darkroxas92 e Meiyo
Makoto per i commenti) e vi aspetto al prossimo capitolo…
che, tranquilli, sarà entro il 2014! XD
Capitolo 14 *** Le parole giuste al momento giusto ***
Le
parole giuste al momento giusto
Kaito dovette rendersi conto di averla
fatta troppo facile, perché la sorveglianza era davvero strettissima. Aveva
chiesto in prestito a Harry il suo mantello in attesa del momento giusto in cui
sgattaiolare via e lo teneva sempre con sé, ma non era ancora riuscito a trovare
il momento ideale. Intanto un’altra notizia lo sorprese, e con lui tutta la sua
classe e gran parte della scuola.
« Scusi, penso di non aver capito, può
ripetere? »
Vitius saltellò sulla sua poltrona, mentre Kaito
riabbassava la mano molto lentamente: « Certo, Kuroba. Ho detto che fra una
settimana avrete gli esami di fine anno. So che per voi sono i primi, ma sono
comunque importanti e… »
Kaito si lasciò prendere dal panico. Esami?
Con tutto quel caos si parlava ancora di esami? Improvvisamente gli tornò in
mente la minaccia di Madama Bumb e gli sfuggì un
gemito. Non aveva più potuto esercitarsi con la scopa, come avrebbe fatto?
Forse poteva tentare un’esercitazione d’emergenza in Sala Comune…
uccidendo certamente qualche compagno di Casa, però, e non voleva avere altre
persone sulla coscienza…
« Sono morto…
totalmente morto… addio Ginny, è stato bello averti
come compagna di classe, ma d’ora in poi dovrai fare a meno di me… »
La ragazza non lo guardò neppure, impassibile,
come se avesse la testa da un’altra parte.
« Ginny? Ginny? »
La ragazza continuò a starsene per conto
suo, ignorandolo.
« Riuscissi a capire che ti passa per la
testa, ragazza mia… »
Kaito sospirò e solo a quel punto Ginny si
accorse che parlava con lei.
« Oh, scusa, stavi dicendo? »
Il ragazzo la guardò preoccupato: « Niente
Ginny, niente…
piuttosto, stai bene? »
La ragazza scattò sulla sedia come se
l’avesse punta qualcuno e rispose con una vocina innaturalmente stridula: « Io? Bene, benissimo! Perché, sembra che
abbia qualcosa che non va? »
« Ma no, figurati… »
Ginny non si accorse del tono ironico con
cui il prestigiatore pronunciò l’ultima parola e sembrò calmarsi. Kaito sospirò,
ritrovandosi a pensare a Sheridan con una punta di malinconia. Forse solo lei
avrebbe capito cosa passava per la testa a Ginny… ma
ora non c’era e toccava a lui occuparsene. Se solo avesse saputo come…
Mancavano tre giorni alla prima prova
d'esame quando, a colazione, la professoressa McGranitt fece un altro annuncio.
« Ho buone notizie. »
Nella Sala Grande non solo non si fece
silenzio, ma ci fu uno scoppio di gioia.
Molti gridarono felici: « Torna Silente! »
Una ragazza al tavolo dei Tassorosso squittì: « Avete preso l'Erede di Serpeverde! »
Baston saltò in piedi sulla sedia: « Ricominciano
le partite di Quidditch! »
Fred e George si sbatterono una mano sulla
fronte contemporaneamente, commentando in coro: « Quello è malato, ma malato forte… ha in testa solo il Quidditch… »
Quando il baccano si fu placato la
professoressa McGranitt disse: « La collega Sprite mi ha informato che le
mandragole sono finalmente pronte per essere raccolte. Stanotte saremo in grado
di rianimare le persone che sono state pietrificate. Inutile ricordarvi che una di loro potrebbe essere in grado di
dirci chi, o che cosa, li ha aggrediti. Ho la speranza che quest'anno tremendo
si concluderà con la cattura del colpevole. »
Ci fu un'esplosione di applausi. Kaito si
guardava intorno con aria sorpresa e smarrita, anche se un piccola parte di lui
si ritrovò a pensare che probabilmente il riferimento della McGranitt era
rivolto a Sheridan e alla sua misteriosa scritta sulla mano; Harry lanciò
un'occhiata al tavolo dei Serpeverde e non sembrò affatto sorpreso nel
constatare che DracoMalfoy
non si era unito al tripudio; Ron, invece, sembrava felice come non lo si vedeva
da molti giorni e sussurrò a Harry e Kaito: « Allora non importa se non abbiamo
mai interrogato Mirtilla! Quando la risveglieranno,
Hermione avrà probabilmente tutte le risposte. Tieni presente che quando scoprirà
che fra tre giorni ci sono gli esami le prenderà una crisi di nervi. Non ha
fatto il ripasso. Forse sarebbe più gentile lasciarla dov'è fino a che non
finiscono. »
Kaito sorrise divertito, ma proprio in quel
momento, Ginny Weasley si avvicinò e andò a sedersi accanto a Ron. Aveva l'aria
tesa e nervosa, e Harry notò che si tormentava le mani in grembo.
Ron, servendosi un'altra porzione di porridge, chiese: « Che succede? »
Ginny non rispose, ma passò in rassegna
tutta la tavolata dei Grifondoro con uno sguardo spaventatissimo.
Il fratello continuò ad incalzarla: « Sputa
il rospo. »
Ginny balbettò, ben attenta a non guardare
Harry: « D-devo dirvi una cosa »
Kaito si voltò verso di lei: « Di che si
tratta? »
Il prestigiatore continuò a osservarla
incuriosito. Sembrava che la ragazzina non riuscisse a trovare le parole
giuste.
Ron la guardava spazientito: « Allora? »
Ginny aprì bocca, ma non ne uscì alcun
suono. Harry si piegò in avanti e parlò sottovoce, in modo che solo Ginny,
Kaito e Ron potessero udirlo: « È qualcosa che riguarda la Camera dei Segreti?
Hai visto qualcosa? O qualcuno che si comportava in maniera strana? »
Ginny fece un respiro profondo ma proprio
in quel momento apparve Percy Weasley, pallido e
stanco.
« Se hai finito di mangiare mi siedo al tuo
posto, Ginny. Sto morendo di fame. Ho appena terminato il mio turno di
sorveglianza »
Ginny saltò su come se nella sedia fosse
passata la corrente elettrica, lanciò di sfuggita a Percy
un'occhiata spaventata e se la diede a gambe. Percy
si sedette e prese una tazza dal centro del tavolo.
Ron s’arrabbiò: « Percy! Stava per
dirci qualcosa di importante! »
A Percy andò di
traverso un sorso di tè.
« Che genere di cosa? »
« Le avevo appena chiesto se aveva visto
niente di strano e lei aveva cominciato a dire... »
« Oh... quello... quello non ha niente a
che fare con la Camera dei Segreti. »
Kaito guardò male il ragazzo. Risposta un
po’ troppo pronta per non essere sospetta.
Ron continuò con piglio da vero detective «
E tu che ne sai? »
« Be'... ehm... se proprio volete saperlo,
Ginny... ehm... è entrata mentre io stavo... be', fa
niente... il fatto è che mi ha visto mentre stavo facendo una cosa e io...
ehm... le ho chiesto di non dirlo a nessuno. Devo dire che pensavo che avrebbe
mantenuto la parola. In realtà non è niente, preferirei... »
Harry non aveva mai visto Percy così a disagio.
Ron lo punzecchiò sorridendo in modo pericolosamente
simile a quello di Fred e George quando progettavano qualcuna delle loro: « Che
cosa stavi facendo, Percy? Dai, diccelo, ti prometto
che non rideremo. »
Percy non ricambiò il sorriso.
« Passami quei panini, Harry, sto morendo
di fame! »
Kaito non riusciva totalmente a rilassarsi.
Sì, sarebbe bastato aspettare per sapere, ma era disposto a farlo? Chissà,
forse se avesse continuato a non avere occasioni per andare da Mirtilla…
Contro ogni aspettativa e speranza,
l’occasione venne poche ore dopo. La sua classe, accompagnata da Vitius ad Astronomia, andò a incrociarsi in un corridoio
molto stretto con una di Corvonero del terzo anno
accompagnata da Allock. I due professori, non riuscendo a passare, iniziarono
una lunga e animata discussione sulle precedenze, fomentati dal fatto che
avevano entrambi passato la notte insonne per fare sorveglianza ed erano più
nervosi del solito, e Kaito, al fondo della fila, seppe che non avrebbe mai più
avuto un’occasione così ghiotta.
« Ginny? »
« Sì? »
« Se il professore chiede dove sono, digli
che sono al bagno. »
Che
non è nemmeno una bugia,
aggiunse il ragazzo mentalmente. La ragazza lo guardò con gli occhi sbarrati,
lo spavento chiaramente leggibile nello sguardo: « Ma Kaito! Non puoi
allontanarti senza permesso! »
Il ragazzo le prese le mani e la guardò
serio negli occhi: « È per il bene di Sheridan e Colin, ti prego! »
A quelle parole Ginny sbiancò ancora di
più, ma Kaito non attese una risposta. Davanti alla coda sembrava infatti che i
professori stessero arrivando a un punto d’accordo.
« Grazie e scusa. »
E senza lasciarle il tempo di dire o fare
qualcosa, il ragazzo voltò l’angolo e indossò il mantello. Per un attimo rimase
senza fiato. Era incredibile, era invisibile davvero, non era un gioco di
specchi o altro! Una piccola parte egoistica dentro di lui gongolò: se avesse
avuto quel mantello durante qualche impresa di Kaito Kid…
Il ragazzo scosse la testa. Ma per favore,
lui era il ladro prestigiatore, faceva già tutto quello che voleva senza magia,
a cosa gli sarebbe servito? E poi aveva altro a cui pensare! Muovendosi senza
far rumore, Kaito attraversò i corridoi fino a giungere al secondo piano, al
bagno delle ragazze. Si guardò intorno e quando vide il corridoio libero, si sfilò
il mantello e in un secondo fu dentro.
Sì, senza il fumo verdastro della Pozione Polisucco l’ambiente era un po’ meno lugubre, ma neanche
poi tanto. Sotto un grosso specchio rotto e macchiato c'era una fila di
lavandini in pietra sbreccati. Il pavimento era bagnaticcio
e rifletteva la luce fioca di alcuni mozziconi di candela; le porte di legno
dei gabinetti erano graffiate e scorticate e una ciondolava fuori dai cardini.
L’incubo di una signora delle pulizie.
Il ragazzo respirò profondamente. Era il
momento di sfoderare tutta la sua abilità da attore.
« Oh, cavolo…
qualcosa mi dice che questo non è l’ufficio di Vitius…
e adesso che faccio? »
Una testolina fece capolino letteralmente
attraverso una porta di un bagno: « Sbaglio o ho sentito una voce maschile? »
Tutto il resto della figura sbucò fuori
protestando: « Questo è il bagno delle ragazze! »
Ed eccola, finalmente, la famosa Mirtilla Malcontenta. Aveva una corporatura tarchiata, il
volto seminascosto dai capelli dritti come spinaci e da un paio di spessi
occhiali perlati. Quel poco che si vedeva di lei aveva un’aria incredibilmente
malinconica.
Kaito sussultò, fintamente spaventato
dall’improvvisa apparizione: « Oh! Scusami, non volevo…
è solo che mi sono perso… »
La ragazza rispose in tono annoiato: «
L’ufficio di Vitius è al piano di sopra, al fondo del
corridoio… »
Kaito le sorrise: « Ti ringrazio davvero.
Qui dentro è proprio un labirinto e ogni tanto ci si perde qualcosa…
come te, per esempio. »
« Eh? »
« Non ti ho mai vista con gli altri fantasmi… Kaito Kuroba, primo anno! Posso sapere il tuo
nome? »
Mirtilla sembrò improvvisamente imbarazzata
dell’attenzione rivoltale: « Mirtilla… ma tutti
aggiungono anche Malcontenta. »
Kaito esitò un secondo. Di solito a quel
punto avrebbe osato un baciamano, con cui nei panni del ladro gentiluomo
stendeva le ultime difese delle sue vittime appartenenti al gentil sesso, ma
trattandosi di un fantasma e ricordandosi degli avvertimenti di Ron si limitò a
farle un inchino. Tentare di prenderle una mano incorporea poteva ricordare
alla ragazza il fatto di non avere un corpo e causarle una crisi isterica,
l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
« Piacere di conoscerti! E come mai una
bella fanciulla come te se ne sta tutta sola in un bagno? »
Mirtilla parve apprezzare il gesto e l’attenzione
rivoltale. Kaito avrebbe persino giurato di aver visto una pallida ombra di
colore argenteo comparire sulle sue guance.
« Io… vedi, è
questo il mio posto… io sono morta qui… »
« E sei qui da allora? »
Mirtilla annuì: « Sì, da circa cinquant’anni… »
Kaito annuì. E la prima conferma alle loro
ipotesi l’aveva ottenuta senza grosse difficoltà.
« E come è successo, se non sono indiscreto?
»
In un attimo il volto di Mirtilla si trasfigurò. Era come se nessuno le avesse mai
chiesto una cosa del genere e ne era lusingata: « Ooooh,
è stato orribile! È successo proprio qui dentro. Sono morta in questo cubicolo.
Me lo ricordo così bene! Mi ero nascosta perché Olive Hornby
mi stava prendendo in giro per via degli occhiali. La porta era chiusa a chiave
e io stavo piangendo, quando ho sentito qualcuno entrare. Diceva cose strane.
Credo che parlasse un'altra lingua. Era la voce di un ragazzo... e
questo mi ha tratto in inganno. E cosi ho aperto la porta per dirgli di andare
nel bagno dei maschi e subito dopo... »
Mirtilla fece una pausa d’effetto, mentre il suo
volto diventava raggiante: « ... sono morta. »
Kaito la guardò sorpreso e perplesso: « Eh?
E come? »
Mirtilla assunse un tono confidenziale: «Non ne ho
la più pallida idea. Ricordo solo di aver visto due immensi occhi gialli. È
stato come se tutto il mio corpo si fermasse e poi svanisse galleggiando... e poi
sono tornata. Ero decisa a perseguitare Olive Hornby
sotto forma di fantasma, capisci? L'ho fatta pentire di avermi preso in giro
per gli occhiali! »
Il cervello di Kaito intanto aveva
ingranato la quarta. Il racconto di Mirtilla era
strano e illuminante allo stesso tempo: doveva essere successo qualcosa di
davvero insolito in qual bagno se la ragazza, pur avendo avuto cinquanta anni
di tempo per pensarci, non aveva ancora capito esattamente come fosse deceduta.
Il prestigiatore sospirò: « Perdonami,
rimarrei volentieri a chiacchierare con te, ma devo davvero trovare il
professor Vitius. »
La ragazza gli sorrise: « Capisco, non ti
preoccupare, sono stata studentessa anch’io, se non si notasse dalla divisa. »
« Che Casa? »
« Tassorosso. Ma
qualche volta torna a trovarmi, eh? Mi piace chiacchierare con te. »
Il ragazzo sorrise in modo complice e
furbetto, un sorriso che sfoderava spesso nei panni di Kaito Kid e che faceva
sempre il suo effetto: « Contaci. Au revoir, Mirtilla! »
Chiuse la porta del bagno mentre vide che
con la coda dell’occhio il fantasma lo salutava con la mano. Ce l’aveva fatta,
ora doveva solo riuscire a parlare con Harry e Ron e…
« … e si parla del diavolo e ne spuntano le
corna! Ciao ragazzi, stavo giusto pensando a voi! Come siete riusciti a
liberarvi? »
Harry e Ron arrivarono davanti alla porta
del bagno con il fiatone, segno che avevano corso nei corridoi: « Allock… »
Kaito sospirò: « Quell’uomo…
a volte non so se ucciderlo o fargli un monumento per la sua idiozia! »
Ron riprese a respirare quasi normalmente:
« Volevamo approfittare dell’occasione per venire qua e interrogare Mirtilla al posto tuo, ma a quanto pare sei riuscito a
precederci. Allora, ce l’hai fatta? »
Prima che il ragazzo potesse rispondere,
una voce severa e familiare li fece trasalire tutti e tre.
« Potter! Weasley! Kuroba! Che cosa state
facendo? »
Era la professoressa McGranitt e le sue
labbra erano sottili e taglienti come non mai.
Ron iniziò a balbettare: « Stavamo... stavamo... stavamo andando... a
trovare... »
« ...a trovare Hermione! »
Ron e la McGranitt fissarono Harry
sorpresi. Kaito afferrò l’idea e si affrettò a svilupparla in modo più coerente
e credibile.
« Già, vede… io
prima andavo a trovare Colin Canon almeno una volta alla settimana, ma da
quando Madama Chips ha chiuso l’infermeria con i
lucchetti non sono più riuscito nemmeno ad avvicinarmici…
e adesso lì dentro ci sono anche Sheridan Pumpkin ed
Hermione Granger… e anche Harry e Ron ne sentivano la
mancanza, soprattutto di Hermione, così ho proposto loro d’incontrarci e
tentare una sortita per vederli… per dire loro che la
pozione è quasi pronta e che non hanno più niente da temere…
»
La McGranitt continuava a fissarli, e per
un istante il trio pensò che era sul punto di esplodere; ma quando parlò la sua
voce aveva una strana tonalità gutturale, mentre nei suoi piccoli occhi lucenti
spuntò un’inaspettata lacrimuccia di commozione.
« Ma certo, certo, mi rendo conto che chi
ha sofferto di più sono gli amici dei ragazzi che sono stati... capisco
benissimo. Sì, certo che potete andare a trovare i vostri amici. Lo dirò io ai
professori Rüf e Sprite. Dite a Madama Chips che il permesso ve l'ho dato io. Anzi, visto che
probabilmente non vi crederebbe, è meglio che vi ci accompagni di persona. »
Seguendo l’insegnante, Harry, Ron e Kaito si guardarono in silenzio, non osando
ancora credere di avere scampato una punizione. Quando ebbero girato l'angolo
udirono distintamente la McGranitt davanti a loro soffiarsi il naso e sorrisero
divertiti.
Dopo che la McGranitt convinse una
riluttante Madama Chips a farli entrare per poi
tornare alle sue lezioni, Ron sussurrò all’orecchio di Harry: « È la panzana
migliore che potevi inventarti, complimenti! »
Harry rispose: « È anche merito di Kaito,
se non mi avesse aiutato non so se l’avrei mai convinta. »
Ora però si ritrovavano bloccati in
infermeria, controllati a vista dall’infermiera e con poche o nulla possibilità
di parlare liberamente di quanto Kaito avesse scoperto.
Mentre il prestigiatore si avvicinò a Colin
e iniziò a parlargli, sentì distintamente Ron commentare: « In realtà non ha
senso parlare a una persona pietrificata. »
Probabilmente aveva ragione. Era chiaro che
i ragazzi non avevano il minimo sentore che qualcuno fosse venuto a trovarli e
che se avessero detto al comodino di non preoccuparsi sarebbe stata la stessa
cosa.
Harry osservò Hermione in silenzio, mentre Ron
chiese, fissando tristemente il volto rigido della ragazza: « Chissà se hanno
visto chi li ha aggrediti? Perché se si è avvicinato a tutti di soppiatto,
nessuno saprà mai... »
Kaito rispose serio: « Almeno una persona
l’ha visto di sicuro. E ha anche cercato di dircelo. »
Indicò a due ragazzi la mano di Sheridan.
Harry rimase a fissarla per un bel po’ chiedendosene il vero significato, poi
il suo sguardo si fermò sulla mano di Hermione, nel letto affianco.
« E forse non è stata l’unica. »
Il trio si chinò sul pugno serrato della
ragazza che giaceva sopra le coperte. Si riusciva faticosamente a scorgere un
pezzetto di carta appallottolato nella mano.
Ron sussurrò guardandosi intorno: « Cerca
di sfilarglielo di mano, che noi teniamo d’occhio Madama Chips.
»
Non fu facile. La mano di Hermione era
talmente serrata attorno a quel bigliettino che a un certo punto Harry temette
di strapparlo. Mentre Ron e Kaito montavano la guardia, Harry tirò e spinse
finché, dopo parecchi minuti di tensione, riuscì a estrarlo.
Era una pagina strappata da un vecchio
volume della biblioteca. Eccitato, Harry la lisciò e gli altri due ragazzi si
avvicinarono per leggere a loro volta, in silenzio.
Dei molti, spaventosi
animali e mostri che popolano la nostra terra, nessuno è più insolito e
micidiale del Basilisco, noto anche come il Re dei Serpenti. Questo serpente,
che può raggiungere dimensioni gigantesche e che vive molte centinaia di anni,
nasce da un uovo di gallina covato da un rospo. Esso uccide in modo portentoso:
oltre alle zanne, che contengono un potente veleno, anche lo sguardo del
Basilisco provoca morte istantanea. I ragni fuggono davanti al Basilisco,
perché è il loro nemico mortale e il Basilisco fugge solo quando ode il canto
del gallo, che gli è fatale.
Tubazioni.
L’ultima parola in calce era scritta a
mano, con una calligrafia che Harry riconobbe per quella di Hermione. E
improvvisamente al ragazzo tutto fu chiaro. Con un cenno Harry fece segno agli
altri di uscire dall’infermeria per poter discutere più liberamente, e solo
quando furono nel corridoio, da soli, cercò di spiegare cosa aveva capito.
« Ecco quello che cercavamo. Questa è la
risposta. Il mostro nella Camera è un Basilisco... un serpente gigante.
Ecco perché sentivo quella voce dappertutto e nessun altro poteva udirla. È
perché io capisco il Serpentese. »
Kaito annuì: « Ok, ha un senso ed è
coerente con quanto mi ha detto Mirtilla, che della
sua morte ricorda solo un paio di occhi gialli… ma
allora perché stavolta… »
Harry lo interruppe, eccitato: « Perché
nessuno l'ha guardato dritto negli occhi! Colin lo ha visto attraverso
l'obbiettivo della macchina fotografica. Lo sguardo del Basilisco gli ha
bruciato la pellicola, l’ho vista quando ero ricoverato per il braccio, ma
Colin è rimasto soltanto pietrificato! Justin... Justin deve aver visto il
Basilisco attraverso Nick-Quasi-Senza-Testa! Nick ne
è stato investito in pieno, ma non poteva mica morire di nuovo... e
accanto a Hermione e a Sheridan è stato trovato uno specchio. Hermione aveva
capito che il mostro era un Basilisco. Sono pronto a scommettere che ha
avvertito la prima persona che ha incontrato di non girare un angolo senza
prima averci guardato dietro con uno specchio! Così... »
Kaito completò per lui: « Così come la
ragazza prefetto di Corvonero, che aveva la sfera di
Divinazione in mano! Un’incredibile e fortuita serie di coincidenze…
sembra quasi fatto apposta… »
Ron se ne stava lì a bocca aperta a
fissarli, fino a che non trovò il fiato per sussurrare: « E MrsPurr? »
Kaito non aveva una risposta per la gatta,
ma Harry rimase a lungo soprappensiero, cercando di figurarsi la scena della
notte di Halloween.
«L'acqua... l'acqua che veniva giù dal
gabinetto di Mirtilla Malcontenta. Scommetto che MrsPurr ha visto soltanto il
riflesso... »
Kaito alzò gli occhi al cielo: « Mirtilla in questa storia è onnipresente…
se non fosse morta oserei quasi pensare che sia lei l’Erede…
»
Harry lo ignorò e rilesse con foga la
pagina che aveva in mano. Più la guardava, più capiva: « Il canto del gallo
gli è fatale…I galli di Hagrid sono stati
uccisi! »
Kaito rimase lì: « Davvero? Non lo sapevo… »
Harry annuì: « Una volta aperta la Camera,
l'Erede di Serpeverde non ne voleva vedere neanche uno intorno al castello! I
ragni fuggono davanti a lui! Torna tutto! »
Kaito sospirò: « Quella ragazza è un genio… ricordatemi di fare un grosso regalo a Hermione
appena si sveglierà… »
Ron li interruppe: « Ma come ha fatto il Basilisco
ad arrivare fin qui? Un orrendo serpente gigante... qualcuno avrebbe potuto
vederlo... »
Ma Harry indicò la parola che Hermione
aveva scarabocchiato in fondo alla pagina.
« Tubazioni… Hermione deve
averci pensato e la sua risposta è stata tubazioni...
ma certo! Ron, ha usato l'impianto idraulico! La sua voce io l'ho sentita
dentro i muri, tu c’eri... »
Tutt'a un tratto, Ron afferrò Harry per un
braccio: « L'ingresso alla Camera dei Segreti! E se fosse in un gabinetto? Se
fosse nel... »
Harry e Kaito completarono in coro: « ...nel
gabinetto di Mirtilla Malcontenta. »
Rimasero lì a guardarsi, percorsi da un
fremito di emozione, quasi increduli.
Harry alla fine trovò il coraggio di
parlare: « Ciò significa che qui a scuola io non sono l'unico Rettilofono. Anche l'Erede di Serpeverde lo è. Ecco come ha
tenuto sotto controllo il Basilisco. »
« E adesso cosa facciamo? »
Ron rispose alla domanda di Kaito con gli
occhi lucenti di eccitazione: « Andiamo difilato a dirlo alla McGranitt? »
Harry annuì: « Andiamo nella sala dei
professori. Lei ci sarà fra una decina di minuti. È quasi l'ora della
ricreazione. »
Fecero le scale di corsa. Poiché non
volevano essere scoperti a bighellonare in un altro corridoio, s'infilarono
direttamente nella sala dei professori, che era deserta. Era una stanza grande,
rivestita di legno, piena di sedie, anch'esse di legno scuro. Harry, Ron e
Kaito passeggiarono avanti e indietro, tutti troppo eccitati per sedersi.
Ma la campanella della ricreazione non
suonò mai.
Al suo posto si udì la voce della
professoressa McGranitt rimbombare per tutti i corridoi, amplificata per magia.
«Tutti gli studenti tornino
immediatamente nei loro dormitori. Tutti gli insegnanti tornino nella sala professori.
Immediatamente, per favore. »
Harry si girò a guardare Ron esclamando con
voce isterica: « Non mi dire che c'è stato un altro attentato. Non ora! »
Il compagno chiese atterrito: «Che cosa
facciamo? Torniamo al dormitorio?»
Kaito esclamò: « Eh no, arrivati a questo
punto te lo sogni! Entriamo là dentro, sentiamo di che cosa si tratta e poi
diremo quello che abbiamo scoperto. »
Si nascosero quindi in un brutto armadio,
dove erano appesi i mantelli degli insegnanti; sopra la loro testa sentirono il
trambusto di centinaia di piedi; poi la porta della sala venne spalancata.
Spiando attraverso le pieghe ammuffite dei mantelli, i tre ragazzi videro
entrare gli insegnanti. Alcuni avevano l'aria perplessa, altri apparivano
decisamente spaventati. Infine arrivò la professoressa McGranitt.
« È accaduto l'inevitabile. Una studentessa
è stata rapita. Il mostro l'ha portata direttamente nella Camera. »
Il professor Vitious
si lasciò sfuggire un grido soffocato. La professoressa Sprite si serrò le mani
contro la bocca. Piton afferrò lo schienale di una
sedia e chiese: « Come fai a esserne tanto sicura? »
La professoressa rispose pallidissima: « L'Erede
dei Serpeverde ha lasciato un altro messaggio, proprio sotto al primo. Il
suo scheletro giacerà nella Camera, per sempre. »
Il professor Vitious
scoppiò in lacrime.
A Madama Bumb le
si erano piegate le ginocchia e si era accasciata su una sedia: « Di chi si
tratta? Chi è la ragazza? »
« Ginny Weasley. »
All’annuncio serafico dell’insegnante, Ron s’afflosciò
lungo la parete dell'armadio, Harry sembrò pietrificato a sua volta e Kaito
rimase per qualche secondo col fiato mozzo dalla sorpresa.
La McGranitt sospirò, cercando di
riprendere il controllo di sé: « Domani dovremo rimandare a casa tutti gli
studenti. Questo segna la fine di Hogwarts. Silente ha sempre detto... »
Non seppero mai le parole di Silente,
perché la porta della sala professori si spalancò un'altra volta. Per un folle
momento, Harry fu certo che fosse Silente. E invece era Allock, raggiante.
« Scusate tanto... mi ero addormentato...
che cosa mi sono perso? »
Non si accorse nemmeno che gli altri lo
squadravano quasi con odio. Di certo non poté fare caso a Kaito che, furioso,
stava per aprire la porta dell’armadio a calci per tirargli un pungo sui denti;
cosa che non avvenne solo grazie a Harry che lo trattenne, facendogli notare
che così facendo avrebbe fatto saltare la loro copertura.
Piton si fece avanti esclamando con finta
partecipazione: «Lupus in fabula! Ecco la persona giusta. Una ragazza è
stata rapita dal mostro, Allock, ed è stata portata proprio nella Camera dei
Segreti. Finalmente è venuto il tuo momento. »
Allock impallidì. Kaito pensò seriamente un’altra
volta di uscire dall’armadio, solo per dare un bacio sulla fronte a Piton.
La professoressa Sprite intervenne: « È
giusto, Gilderoy! Non sei tu che ieri sera dicevi di
avere sempre saputo quale fosse l'ingresso alla Camera dei Segreti? »
Allock farfugliò: « Io... be'... io... »
Vitious saltò su con tono cantilenante: « Sì,
proprio tu. Non eri tu che dicevi di sapere cosa c'è dentro? »
« Ah, sì? Non ricordo... »
Kaito provò un improvviso moto di simpatia
per l’intero corpo docente, mentre Piton diede il
colpo di grazia: « Io ricordo con certezza che hai detto che ti dispiaceva di
non aver potuto dare una lezione al mostro prima che Hagrid venisse arrestato. Non
sei stato tu a dire che si era fatta molta confusione e che avrebbero dovuto
darti carta bianca fin dall'inizio? »
Allock guardò a uno a uno i volti
inespressivi dei suoi colleghi.
« Ma io... io non ho mai... veramente...
Forse avete capito male... »
La professoressa McGranitt annuì con
convinzione: « Lasciamo la cosa nelle tue mani, Gilderoy.
Stanotte sarà il momento ideale per intervenire. Provvederemo a che nessuno ti
intralci. Potrai affrontare il mostro tutto da solo. Carta bianca, finalmente! »
Allock volse attorno a sé uno sguardo
disperato, ma nessuno gli venne in aiuto. Delle sue belle sembianze non restava
che un'ombra stravolta. Gli tremavano le labbra, e senza il suo solito sorriso
tutto denti sembrava smunto e sparuto.
« Mo-molto bene. Va-vado nel mio studio a... a pre-e-pararmi
»
E uscì dalla stanza.
La McGranitt sorrise con aria evidentemente
soddisfatta: « Bene! E con questo ce lo siamo levato dai piedi. »
Nonostante il momento, Kaito non riuscì a
trattenere un risolino. Finalmente Allock era stato ridicolizzato davanti a
tutti come si meritava! Ma il momento d’ilarità non durò che un paio di
secondi, solo fino a quando al McGranitt non riprese a parlare.
« I responsabili devono informare gli
studenti dell'accaduto. Dite loro che l'Espresso di Hogwarts li riporterà a
casa domani al più presto. Gli altri, sono pregati di accertarsi che nessuno
studente sia rimasto fuori del proprio dormitorio. »
Kaito diede una gomitata a Harry: « Credo
che stiano parlando di noi. Sarà meglio cercare di avviarci verso il
dormitorio. »
Per Kaito quello fu forse uno dei giorni
peggiori della sua vita. Al suo ritorno alla Sala Comune venne aggredito da
tutti quelli rimasti del primo anno.
Nicole era furiosa: « È COLPA TUA! È TUTTA
COLPA TUA! È SEMPRE COLPA TUA! »
Kaito la guardò perplesso, mentre Stephen
cercava di calmare la ragazza e Thomas provò a spiegargli: « Ginny è stata
rapita da… »
« Questo lo so, ma perché sarebbe colpa
mia? »
Il ragazzo si pulì gli occhiali
nervosamente: « Ecco vedi… Ginny si è allontanata da
noi dicendo che non vedendoti più tornare andava
a cercarti…
che non correva rischi, perché era purosangue, mentre tu…
»
Le ginocchia di Kaito cedettero e il
ragazzo si ritrovò seduto a terra. Se Thomas aggiunse altro il cervello del
ragazzo non lo registrò. Anche Ginny… anche lei… non solo pietrificata, addirittura rapita! Tre
compagni di classe che a causa sua… poteva fermarli
tutti e tre e non aveva fatto nulla…
Gli altri tre compagni di classe non gli
dissero più nulla. Probabilmente lo pensavano anche loro, ma vedendo al
reazione di Kaito pensarono bene che lasciarlo crogiolare nei suoi sensi di
colpa fosse una punizione più che sufficiente senza che loro ci aggiungessero
alcunché. Insieme a Harry, Ron, Fred e George se ne rimase seduto per ore in un
angolo della sala comune dei Grifondoro; i cinque ragazzi non riuscirono a
scambiarsi neanche una parola, che per Kaito fu insieme un tormento e un
sollievo. Non era certo di voler sapere se anche i fratelli Weasley pensavano
che il rapimento di Ginny fosse colpa sua. Percy si
era assentato. Era andato a spedire un gufo ai signori Weasley e poi si era
chiuso nella sua stanza.
Quel pomeriggio sembrò eterno, mai la torre
dei Grifondoro era stata tanto affollata e al tempo stesso tanto silenziosa. Al
tramonto, Fred e George se ne andarono a letto, incapaci di rimanere lì seduti
un attimo di più.
Solo a quel punto Ron aprì bocca per la
prima volta da quando si erano infilati nell'armadio della sala dei professori:
« Lei sapeva qualcosa. Per questo è stata rapita. Non si trattava neanche
lontanamente di Percy: aveva scoperto qualcosa sulla
Camera dei Segreti. Deve essere questo il motivo per cui è stata... »
Si strofinò energicamente gli occhi prima
di continuare: « Voglio dire, lei era una purosangue. Non può esserci altra
ragione. »
Kaito si morse un labbro: « Potrebbe
esserci. Se invece fosse venuta a cercare me… »
Ron gli strinse un polso con tutte le sue
forze: « Kaito, guardami. Io non penso che sia colpa tua. Al massimo
la colpa è nostra, che ti abbiamo chiesto di andare da Mirtilla.
E tu, dovendo avvertire qualcuno della tua assenza, hai fatto la scelta più
logica scegliendo Ginny, che eri sicuro fosse purosangue. Né io né i miei
fratelli abbiamo mai pensato di accusarti. E se qualcuno l’ha fatto gli
ricaccerò il pensiero a pugni! Non che ci voglia molto, in questo momento
prenderei a pugni qualsiasi cosa, Basilisco compreso…
»
Kaito si sentì infinitamente più sollevato.
C’era ancora qualcuno che non lo odiava. Harry non era intervenuto, continuando
a guardare il sole rosso sangue sparire
lentamente all'orizzonte. Probabilmente nessuno di loro si era mai sentito così
infelice. Se solo avessero potuto fare qualcosa. Qualsiasi cosa.
Dopo qualche secondo di silenzio, Ron parlò
ancora: « Pensate che ci sia qualche probabilità che Ginny non sia... avete capito,
no...? »
Harry non sapeva cosa rispondergli. Non
vedeva come Ginny potesse essere ancora viva. Kaito invece continuava a sperare
con tutto cuore di sì.
Ron continuò, senza attendere risposta: « Sapete
una cosa? Credo che dovremmo scendere da Allock. Dirgli quel che sappiamo. Lui
sta per entrare nella Camera. Possiamo dirgli dove crediamo che si trovi e che
dentro c'è un Basilisco. »
Kaito sospirò: « D’accordo che odio
quell’uomo, ma farlo ammazzare da un Basilisco senza alcuna difesa è troppo
anche per me… senza contare che forse questo potrà
salvare Ginny! Io sono con te, Ron. Harry? »
Siccome Harry non riuscì a pensare a niente
di meglio e voleva disperatamente avere qualcosa da fare, acconsentì. Intorno a
loro, gli altri Grifondoro erano così tristi e sconsolati e talmente
dispiaciuti per i Weasley che nessuno cercò di fermarli quando si alzarono,
attraversarono la sala e uscirono passando per il buco del ritratto.
Scendeva il buio mentre si avviavano verso
l'ufficio di Allock. Da fuori si sentiva un grande affaccendarsi. I ragazzi
udirono stropiccii, colpi e un frettoloso
andirivieni.
Quando Harry bussò, all'interno cadde un
improvviso silenzio. Poi la porta venne socchiusa di pochi millimetri e i tre
ragazzi videro uno degli occhi di Allock che sbirciava attraverso la fessura,
per poi aprire un po’ di più.
«Oh... signor Potter... signor Weasley… signor Kuroba… in questo
momento sono piuttosto indaffarato. Se volete fare in fretta... »
Harry annunciò: «Professore, abbiamo alcune
informazioni da darle. Pensiamo che potrebbero esserle utili. »
Allock sembrò tremendamente a disagio: « Ehm...
be'... non è proprio tanto.. voglio dire... be'... e va bene».
Aprì la porta e i ragazzi entrarono.
Il suo ufficio era quasi del tutto
smantellato. Per terra c'erano due grossi bauli spalancati. In uno, ripiegati
in fretta, c'erano abiti di tutti i colori: verde giada, lilla, blu notte.
Nell'altro erano ammonticchiati alla rinfusa dei libri. Le fotografie che
avevano ricoperto le pareti erano stipate dentro alcune scatole appoggiate
sulla scrivania.
« Sta andando da qualche parte? »
Allock staccò da dietro la porta un poster
che lo raffigurava a grandezza naturale e cominciò ad arrotolarlo « Ehm... be'... sì. Una chiamata urgente... improrogabile... devo
andare.. .»
Ron chiese brusco: « E mia sorella? »
Allock evitò di guardarlo negli occhi
aprendo con uno strattone un cassetto e rivoltandone il contenuto in una borsa:
« Ah, sì... una vera disgrazia. Nessuno se ne rammarica più di me... »
A Kaito iniziò a montare la rabbia. Il suo
volto iniziò a farsi rosso come un peperone. Ne era certo, ancora un parola di
quell’uomo e sarebbe scoppiato.
Intanto Harry esclamò: « Ma lei è
l'insegnante di Difesa contro le Arti Oscure! Non può andarsene ora! Non con
tutti questi fatti di magia nera che stanno accadendo! »
«Be', devo ammettere... quando ho accettato
l'incarico... nel mansionario non c'era proprio niente che... non mi aspettavo
di...»
« Intende dire che ha intenzione di squagliarsela? »
Ma Kaito non diede al professore il tempo
di rispondere alla domanda di Harry. Con una mossa fulminea lo spinse sulla
poltrona e lo ammanettò nel tempo di un respiro. Prima che Allock potesse anche
solo protestare o tentare una reazione, il prestigiatore gli gridò contro con
tutto il fiato che aveva in corpo, spettinandogli addirittura i riccioli: « LEI
È LA PERSONA PIÙ SCHIFOSA CHE ABBIA MAI INCONTRATO IN VITA MIA!!! E PENSARE CHE
SIAMO VENUTI QUI PER CERCARE DI SALVARLE LA VITA!!!
MA LEI NON SE LO MERITA TANTO RISPETTO… QUESTO RAGAZZO… »
E indicò Ron.
« … STA CERCANDO DI
FARE DI TUTTO PER RIPORTARE A CASA SUA SORELLA, VIENE
DA LEI ALLA RICERCA DI AIUTO, CONVINTO DI POTERSI FIDARE DI UN
INSEGNANTE, E LEI COSA FA? GLI DICE DI ARRANGIARSI! LEI È SOLO UNO SPORCO, SCHIFOSO, MALEDETTO… »
Harry gli toccò un braccio: « Kaito,
calmati, stai di nuovo parlando metà in giapponese e metà in inglese… »
Kaito cercò di abbassare il tono di voce,
ma non di calmarsi: « Non me ne frega niente! Questo…individuo, non farmi dire altro, dopo
tutto quello che ha scritto… »
« I libri possono portare fuori strada. »
Kaito lo indicò furioso: « Vedi? Lo ammette
pure, non ha neppure la decenza di provare a inventarsi una scusa! »
Harry provò ad aggiungere: « Ma i libri che
ha scritto… »
Il prestigiatore lo bloccò subito: « E non
ti mettere a fare l’avvocato del diavolo, che quest’essere non se lo merita! »
Allock sospirò guardando Harry: « Mio caro
ragazzo, un po' di buon senso. I miei libri non avrebbero venduto neanche la
metà se la gente non avesse pensato che a fare tutte quelle cose ero stato io.
A nessuno piace leggere le imprese di un mago armeno brutto e vecchio,
anche se ha salvato un intero paese dai lupi mannari. La sua immagine in
copertina avrebbe veramente sfigurato! Non aveva nessun gusto nel vestirsi.
Quanto poi alla maga che ha messo in fuga l'anima in pena della strega Bandon, aveva il labbro leporino. Insomma, cerca di
capire...»
Harry chiese, sempre più incredulo: « E
così lei si è preso il merito di quel che altri hanno fatto? »
Kaito si scrocchiò le dita, furioso. Quel
tipo non gli era mai piaciuto, ora sapeva perché. Anche a lui era capitato di
dover truffare qualcuno nei panni di Kaito Kid, ma non si era mai preso i
meriti di qualcun altro, né tantomeno ci si era costruito una carriera.
Allock scosse la testa con impazienza: « Harry,
Harry. Non è così semplice. Non ho mica lavorato poco, sai? Ho dovuto andare a
scovare queste persone. Chiedergli come erano riuscite a compiere le loro
imprese. Poi ho dovuto fargli un Incantesimo di Memoria perché non ricordassero
più quel che avevano fatto. Se c'è una cosa di cui vado fiero è proprio il mio
Incantesimo di Memoria. No, davvero, il lavoro da fare è stato tanto, Harry.
Non basta firmare autografi sui libri e distribuire foto pubblicitarie, sai? Se
vuoi la fama devi essere pronto a faticare, con costanza. »
Kaito non seppe quale santo lo stesse
trattenendo dal tirargli un pugno sul naso: « E quello lo chiama lavorare? Non
è nemmeno un buon truffatore! Lei è…è… »
Allock sorrise in un modo che a Harry non
piacque per nulla: « Non ho intenzione di farmi insultare da uno studente. E
dopotutto tra poco non ricorderai nemmeno più cosa volevi dire…
se vi lascio andare in giro a spiattellare tutti i miei segreti, non venderò
più neanche una copia… »
In quel momento i ragazzi si accorsero che
il professore era riuscito ad impugnare la bacchetta e Harry e Kaito agirono
contemporaneamente.
« Expelliarmus! »
Allock fu scaraventato all'indietro con
poltrona e tutto e cadde riverso sopra i bauli. La sua bacchetta magica
piroettò in aria; Ron l'afferrò al volo e la fece volare fuori della finestra,
nel giardino.
Kaito gli sorrise: « Metodo radicale, ma
efficace! »
Harry si rivolse furibondo ad Allock: « Non
avrebbe dovuto permettere che il professor Piton ci
insegnasse questo incantesimo. »
L’insegnante levò lo sguardo su di lui,
sempre più pallido e ansioso. Harry lo teneva sempre sotto tiro.
« Che cosa volete che faccia? Io ignoro
dove si trovi la Camera dei Segreti. Non posso fare niente. »
Il ragazzo con la cicatrice gli sorrise
soddisfatto: « Lei è fortunato. Noi pensiamo di sapere dove si trova. E
anche quel che c'è dentro. Andiamo! »
Allock provò a muovere i polsi: « E come… »
Harry sospirò: « Kaito, liberalo! Ma non
perdiamolo mai di vista… »
Il prestigiatore rivolse all’insegnante uno
sguardo malefico: « Con immensopiacere… »
Spinsero Allock fuori dall'ufficio, e poi
giù per la più vicina rampa di scale e lungo il corridoio dove erano esposti i
messaggi fino alla porta del gabinetto di Mirtillla
Malcontenta.
Lo fecero entrare per primo. Harry e Kaito notarono
con piacere che stava tremando.
Mirtilla era seduta sulla cassetta dello scarico
dell'ultimo gabinetto.
« Oh, sei tu! Che cosa vuoi, questa volta? »
« Chiederti esattamente dove hai visto
quegli occhi quando sei morta. »
Il fantasma lo fissò sorpresa: « E tu come… »
Solo in quel momento notò Kaito.
« Capisco… »
Il prestigiatore sospirò al tono gelido e
deluso del fantasma: « Perdonami, Mirtilla, ma era
davvero un caso di emergenza. Per favore, diccelo…
dove hai visto quegli occhi? »
Mirtilla impiegò qualche secondo a rispondere, poi
indicò vagamente verso lo scarico di fronte al suo gabinetto: « Da quella
parte. Ma spero che il motivo fosse davvero così importante per mentirmi e
lusingarmi in quel modo… »
Ron le rispose al volo: « Stiamo cercando
di impedire a mia sorella di fare la tua stessa fine, ti sembra abbastanza? »
Mirtilla li guardò impressionata, poi annuì,
rendendosi conto di aver esagerato. Intanto Harry e Ron si precipitarono nel
luogo indicato, mentre Allock si teneva indietro con un'espressione di terrore
indicibile, sorvegliato a vista da Kaito.
Sembrava uno scarico qualunque. Lo
esaminarono centimetro per centimetro, dentro e fuori, compresi i tubi
sottostanti. Poi, d'un tratto, Harry lo vide: inciso su uno dei rubinetti di
rame c'era un piccolo serpente.
Mirtilla commentò in tono nuovamente vivace mentre
lui cercava di aprirlo: « Quel rubinetto non ha mai funzionato. »
Ron suggerì:
« Harry, di' qualcosa in Serpentese. »
« Ma... »
Harry sembrava molto dubbioso. Continuava a
guardare il serpente come se cercasse l’ispirazione, poi, sospirando, disse
tutto d’un fiato: « Apriti! »
Ron scosse la testa: « Niente. »
Harry continuò a fissare la piccola
incisione: « Non so come fare, le uniche volte che ci sono riuscito avevo
davanti un serpente vero… »
Kaito sorrise: « E allora basterà fare in
modo che questo lo sia! »
« Eh? »
Con un gesto fece comparire nelle sue mani
una candela, che accese grazie ai mozziconi presenti nel bagno; poi, una volta
che la tenue fiammella si ergeva lunga e fiera, la mise proprio sotto
all’incisione.
« Guardala, Harry. Guarda il serpente
attraverso la fiamma della candela… e lascia fare
tutto al tuo istinto… »
Il ragazzo con la cicatrice fissò
l’incisione per qualche secondo, poi aprì nuovamente le labbra, ma questa volta
quello che ne uscì fu uno strano sibilo, lungo e penetrante. A
quell’incomprensibile ordine in Serpentese il
rubinetto brillò di una vivida luce bianca e prese a girare, mentre il
lavandino cominciò a muoversi. Sprofondò e scomparve alla vista lasciando
scoperto un grosso tubo, un tubo largo abbastanza da lasciar passare un uomo.
Ron trattenne il fiato, Harry guardò
stupefatto il risultato del suo ordine e Kaito fece un fischio.
« Peeerò… pensa
se gli ordinavi una ristrutturazione totale! Comunque direi che ha funzionato… meno male, posso evitare il piano B! »
Ron gli rispose senza sollevare gli occhi
dal tubo: « E quale sarebbe stato il piano B? »
« Serpente di gomma mosso coi fili. »
Il ragazzo lo guardò perplesso e Kaito alzò
un sopracciglio: «Be', che pretendevi? Sono un prestigiatore, non un
incantatore di serpenti indiano! Mi hai mai visto trafficare con un flauto?
L’unica cosa che addestro sono colombe… »
Harry rimase serio: « Io mi ci calo dentro.
»
Ron annuì: « Vengo con te. »
Kaito sorrise: « Perché, pensavate di
lasciarmi qua? »
Allock che aveva recuperato un'ombra del
suo antico sorriso: «Be', mi sembra proprio che di me non ci sia bisogno. Quasi
quasi io...»
Fece per poggiare la mano sulla maniglia
della porta, ma Ron, Kaito e Harry gli puntarono contro la bacchetta magica.
Ron ringhiò: « No, lei entra per primo! »
Pallido come un cencio e senza bacchetta, Allock
si avvicinò all'apertura, dicendo con un filo di voce: « Ma ragazzi, ragazzi, a
che cosa vi servirà tutto questo? »
Harry lo pungolò da dietro con la
bacchetta. Allock infilò le gambe nel tubo.
« Non credo proprio... »
Ma prima che potesse finire, Ron gli diede
uno spintone e Allock sparì. Harry lo seguì rapido. Si calò lentamente nel tubo
e lasciò la presa. Per ultimo si avvicinò Kaito.
« Mirtilla, se
non ci vedi tornare entro… diciamo un’ora e mezza,
avverti qualcuno! »
« E chi ti dice che lo farò? Mi hai fatto
un brutto scherzetto poco fa… »
Il prestigiatore le fece l’occhiolino: «
Non so, chiamiamolo istinto… ma qualcosa nel tuo
sguardo mi dice che non ci lascerai nei guai. A dopo, Mirtilla!
»
E si lasciò andare. Fu come scivolare lungo
una pista viscida e senza fondo. Vide altri tubi diramarsi in tutte le
direzioni, ma nessuno era grosso come il loro, ripido, tutto curve e giravolte.
Capì che stavano sprofondando sotto il livello della scuola, addirittura oltre
quello dei sotterranei. Davanti a lui sentiva qualche rumore soffocato.
Poi, quando già cominciava a preoccuparsi
di quel che sarebbe accaduto se avessero toccato terra, il tubo tornò in piano
e lui fu catapultato fuori con uno splash, atterrando
sul pavimento bagnato di un buio tunnel di pietra, abbastanza spazioso da
permettergli di stare in piedi. Un po' più in là, Allock si stava rialzando,
coperto di melma e pallido come un cencio. Harry e Ron si guardavano intorno.
Kaito si rimise in piedi: « Fiù… vi dirò, preferisco lo scivolo della piscina… »
L’eco gli rispose immediatamente, ma subito
si aggiunse la voce di Harry e relativo rimbombo: « Dobbiamo trovarci a centinaia
di metri sotto la scuola. »
Ron guardò schifato le pareti nere e
viscide: « Probabilmente siamo sotto il lago. »
Kaito s’immaginò una miriade di pesci che
nuotava sopra la sua testa e rabbrividì, ma subito tutti e quattro si voltarono
a scrutare l'oscurità che si spalancava davanti a loro.
« Lumos!
»
Il prestigiatore guardò stupito la
bacchetta di Harry, ora illuminata: « Ehi, utile questo! Lumos! »
E anche sulla punta della sua bacchetta
apparve una tenue lucina. Ron guardò indeciso alla sua, che gli aveva già dato
qualche problema durante l’anno e decise di tenerla nella tasca della divisa.
« Andiamo »
Si avviarono. I loro passi rimbombavano
secchi sul pavimento bagnato, ma se c’era acqua non potevano vederla; il tunnel
era infatti così buio che riuscivano a vedere soltanto a pochi metri dal naso.
Alla flebile luce delle bacchette le loro ombre sulle pareti gocciolanti
assumevano forme mostruose e inquietanti, che una fantasia vivace come quella
di Kaito interpretava in mille modi.
Harry procedeva con circospezione: « Appena
sentite qualcosa muoversi, ricordatevi di chiudere immediatamente gli occhi... »
Ma nel tunnel regnava un silenzio di tomba
e il primo rumore inatteso che li fece sobbalzare fu un sonoro scricchiolio,
perché Ron aveva pestato qualcosa che poi risultò essere il teschio di un topo;
oltre che la relativa e vivace imprecazione che ne seguì, ovviamente.
Harry abbassò la bacchetta per ispezionare
il pavimento, dove vide una miriade di piccole ossa di animali. Kaito invece
mantenne la luce sul percorso. Chissà se anche Ginny era al buio…
« Ragazzi, più avanti c'è qualcosa... »
La voce soffocata di Ron non aiutò ad
alleggerire la visione raggelante che seguì. Era un qualcosa di immenso, tutto
spire, steso di traverso nel tunnel. Era immobile.
Kaito cercò di mantenersi calmo: « Dite che
è lui? »
Ron rispose con un sussurro isterico: «
Quante cose così grosse credi che girino qua sotto? »
« Forse dorme. »
Allock si era coperto gli occhi con le
mani. Harry si voltò di nuovo verso la cosa e, molto lentamente, tenendo gli
occhi aperti solo quel tanto che gli consentisse di vederci, avanzò tenendo la
bacchetta magica sollevata.
La luce si posò su una gigantesca pelle di
serpente di un vivido color verde fiele che giaceva arrotolata e vuota sul pavimento.
La creatura che l'aveva abbandonata doveva essere lunga almeno sei metri.
Ron esclamò con un filo di voce: « Per la
miseria! »
Dietro di loro qualcuno si mosse
all'improvviso facendoli trasalire: a Gilderoy Allock
si erano piegate le ginocchia.
Kaito gli intimò aspro, puntandogli contro
la bacchetta magica: « In piedi! »
Allock si rialzò... e poi si lanciò su Ron,
ancora distratto dalla visione della pelle di serpente, scaraventandolo a
terra.
Harry balzò in avanti, ma troppo tardi.
Allock si stava raddrizzando, tutto ansimante. In mano aveva la bacchetta di
Ron e sul viso gli era ricomparso un sorriso smagliante.
« Qui si conclude l'avventura, ragazzi! Porterò
su a scuola un pezzetto di questa pelle, dirò che sono arrivato troppo tardi
per salvare la ragazza e che voi tre avete tragicamente perso il senno
alla vista del suo corpo straziato. Dite addio ai vostri ricordi! »
Kaito imprecò mentalmente. Istintivamente
pensò di disarmarlo, ma si ricordò che quella che impugnava era una bacchetta
rotta e difettosa. Non sapeva quali potessero essere gli effetti, per quel che riusciva
immaginare poteva anche scoppiare tutto, e l’idea di una qualunque reazione
imprevista all’interno di un ambiente così chiuso non lo entusiasmava per
niente.
Allock sollevò in aria la bacchetta
rattoppata di Ron e Kaito sentì ogni nervo del suo corpo tendersi, in allerta.
Non sapeva ancora cosa avrebbe fatto, ma lui era pronto.
Prima che il professore finisse di pronunciare
l‘incantesimo, prima che la caverna
iniziasse a crollare, prima ancora
che potesse davvero pensare a cosa stesse facendo, le gambe del ragazzo erano
scattate e si era ritrovato ad afferrare Harry, che gli era più vicino, e a
trascinarlo con sé lontano dalla frana. Quando davvero riuscì a rendersi conto
della cosa, di fronte a lui c’era solo più un muro di detriti.
Kaito riprese fiato: « Per un pelo… »
Harry sbiancò: « E Ron? »
Il prestigiatore scosse la testa e Harry
iniziò a gridare: « Ron! Stai bene? Ron! »
Dall’altra parte del muro giunse una voce
soffocata: « Sono qui! Io sto bene, ma questo verme no... la bacchetta gli ha
fatto fare un bel volo. E voi? »
« Tutto a posto…
»
Di tutta risposta si udì un tonfo sordo e
un sonoro “Ahi!”, come se Ron avesse mollato ad Allock un calcio sugli stinchi.
Dopo quel piccolo sfogo, il ragazzo riprese con tono disperato: « E ora che
cosa facciamo? Non possiamo passare. Ci vorrebbero secoli... »
Harry alzò lo sguardo sul soffitto del
tunnel, dove si erano aperte crepe enormi. Non aveva mai provato a usare la magia
per spaccare in due cose grosse quanto quei macigni e adesso non gli sembrava
il momento più opportuno per provarci... e se tutta la volta del tunnel avesse
ceduto?
« Kaito, hai idee? »
« Poche, ma tutte molto lunghe da attuare e
niente affatto sicure. Non so quanto ci convenga metterle in pratica, Ginny si
trova nella Camera dei Segreti da molte ore e perderemmo solo altro tempo. »
Da dietro le macerie si udì un altro tonfo
e un altro “Ahi!”. Harry capì che c'era una sola cosa da fare. Guardò Kaito e annuì,
per poi rivolgersi a Ron: « Tu aspetta qui. Resta con Allock. Noi proseguiamo.
Se non siamo di ritorno fra un'ora... »
Ci fu una pausa carica di tensione.
Ron non continuò la frase, ma la sua voce
tramava leggermente: « Io, intanto, cercherò di spostare un po' di massi. Così
potrete... potrete trovare un varco quando tornate. E... Kaito…
Harry... »
Harry cercò di dare alla sua voce tremante
un tono fiducioso: « Ci vediamo tra poco. »
Kaito toccò un masso: « Stai tranquillo e
occupati di quello là… noi ce la caveremo. »
E si avviarono da soli, oltrepassando la
pelle del serpente gigante.
Kaito era pensieroso. Sia Harry che Ron
avevano cercato di non mostrare la loro agitazione. La sua faccia da poker che
sempre suo padre gli aveva predicato, la prima regola di un buon prestigiatore
che lui aveva sempre rispettato e onorato… dove era
finita? Prima, con Allock, aveva decisamente perso il controllo. Non poteva più
permetterselo. Doveva tornare professionale, doveva recuperare un po’ dello
spirito di Kaito Kid che in quei mesi ad Hogwarts doveva essersi decisamente
assopito per avere gli scatti che aveva mostrato nelle ultime settimane.
Qualche mese prima avrebbe sicuramente mantenuto il sangue freddo anche in
quelle situazioni, ma tante novità e troppi stress gli avevano decisamente
logorato i nervi. Questa volta, però, doveva davvero ritornare in sé, perché il
rischio era reale e il sangue freddo poteva salvare la pelle a lui e a Harry.
Ben presto non si sentì più il rumore dei
massi spostati da Ron. Superarono un'altra curva e poi un'altra ancora. Non si
erano più scambiati una parola e l’ansia continuava a salire in modo
decisamente sgradevole. Entrambi non vedevano l'ora di arrivare alla fine del
tunnel, eppure avevano paura di quel che avrebbero trovato in fondo. Poi, dopo
un'ennesima curva si trovarono di fronte una parete su cui erano scolpiti due
serpenti attorcigliati che al posto degli occhi avevano due grandi smeraldi
scintillanti.
Harry si avvicinò: « Di nuovo? »
Kaito lo guardò pensieroso: « Stesso
problema, eh? »
« Già. »
« E allora lascia provare me! »
Harry lo guardò sorpreso: « Sei anche tu un
rettilofono? »
« No, semplicemente un buon imitatore!
Vediamo se riesco a rifare quello che hai fatto prima…
»
Kaito si concentrò ed emise un sibilo contorto.
La porta rimase immobile, ma alle sue spalle, Harry cercava di soffocare
malamente una risata.
« Che c’è? »
Harry cercò di riprendere fiato: « Scusa, è
che hai appena ordinato alla porta… di scoppiare a ridere! »
Anche il prestigiatore rise: « Bè, tu mi hai obbedito, è già qualcosa! Fammelo riascoltare
ancora un paio di volte e vedrai che piegherò anche questa porta ai miei
voleri! »
Harry sorrise: « Grazie. Iniziavo davvero
ad avere un po’ troppa paura. »
« Figurati. Allora, vuoi davvero un aiutino
o pensi di farcela? »
Harry fissò la porta e i suoi occhi di
smeraldo ebbero un fremito. Si schiarì la gola ed emise un sibilo debole e
soffocato.
I serpenti si sciolsero dal loro groviglio
e la parete cominciò a spalancarsi, dividendosi in due metà.
« Bravo, Harry. Stai migliorando. »
Harry annuì. Era visibilmente terrorizzato,
tremava dalla testa ai piedi. Nonostante questo, fece per avviarsi all’interno
della Camera dei Segreti, ma Kaito lo fermò con una mano sulla spalla.
« Fammi fare ancora una cosa, per favore. »
Il prestigiatore si girò su se stesso,
ricomparendo negli abiti di Kaito Kid. Gli mancava solo il monocolo, ma l’aveva
volutamente tolto per evitare di romperlo. In fondo non aveva bisogno di
nascondere il volto con Harry.
« Così mi sento più a mio agio! »
Harry sorrise: « Una volta o l’altra mi
devi spiegare la storia di questo costume… »
« Chissà… ma un
prestigiatore non svela mai tutti i suoi trucchi, ricordatelo. »
Harry non sapeva più cosa aggiungere, ma
era grato a quel ragazzo che si stava impegnando al massimo per
tranquillizzarlo.
Kaito lo guardò, improvvisamente serio: «
Pronto? »
« Sì. Sei con me? »
« Indietro non posso tornare e te lo sogni
che ti lascio entrare qua da solo. »
« E allora andiamo. »
Ciao! Rieccomi
qua, finalmente ho finito gli esami e posso rimettermi a scrivere! Sììì! Ed è quasi un anno che pubblico questa storia…
Intanto ringrazio Tsuki no Sasuke, DC_otaku, darkroxas92 e sorellina_dolce
per i commenti. Intanto preparatevi, perché nel prossimo capitolo ci sarà lo
scontro che tutti aspettavate… ma forse sarà un po’ più
divertente di come ricordate!
Capitolo 15 *** Chiamatemi pure... Lord Voldemort! ***
Chiamatemi pure… Lord Voldemort!
La
ragazza si fermò a riprendere fiato e a ragionare. Dove diavolo poteva essersi
cacciata la sua compagna? Era quasi mezz’ora che la cercava e aveva ormai
esaurito tutti i posti che le erano venuti in mente. Sbuffò.
« Uffa… »
La
sua voce rimbombò nel corridoio in modo innaturale. Ma dopotutto la scuola era
deserta, perché tutti erano fuori, dove avrebbe dovuto essere anche lei. Ma era
preoccupata per la sua amica e non avrebbe raggiunto i compagni prima di averla
trovata, perché erano giorni, anzi, settimane, se non mesi, che quella ragazza
si comportava in modo davvero strano. Continuò a camminare, a salire le scale,
piano dopo piano. Prima o poi l’avrebbe trovata, era solo questione di tempo,
non poteva essere scomparsa!
Finalmente
udì qualcosa, un rumore strano proveniente dal corridoio di fronte a lei e si
avvicinò. Che strano, pensò, sembrava un sibilo o…
La
ragazza rimase immobile dallo stupore, a guardare la scena con gli occhi
sbarrati, incredula di quello che vedevano i suoi occhi e, soprattutto, di
quello che udivano le sue orecchie.
La
compagna che aveva cercato fino a quel momento era lì, di fronte a lei. Le dava
le spalle, ma era chiaramente visibile l’enorme serpente che l’ascoltava a
occhi chiusi muovendo la testa come se annuisse alle sue parole. Sì, perché lei
gli stava parlando con una serie di sibili soffocati e prolungati, in quello
che, come aveva imparato grazie a Harry Potter durante il Club del Duellanti,
poteva identificare chiaramente come Serpentese.
Ripassò mentalmente quello che le avevano detto quella sera. Il Serpentese era un’abilità naturale ed ereditaria…
ma non aveva senso, lei non poteva averla, conosceva benissimo i suoi fratelli
ed era certa che loro non fossero Rettilofoni, erano
rimasti sconvolti quanto lei quella sera!
Poi,
ancora più grave, un’altra consapevolezza si fece largo nella sua mente. Sì, un
serpente gigante poteva essere considerato a buon diritto un mostro degno
dell’erede di Serpeverde. E dunque era lei che aveva aggredito Colin? No, non
poteva crederci, non la sua amica, non l’allegra ragazzina coraggiosa con cui
aveva parlato per ore e ore in dormitorio, che l’aveva aiutata durante i
compiti in classe… e che era diventata sempre più
strana col passare dei mesi…
La
ragazza si fece coraggio. Doveva muoversi da lì, doveva avvertire qualcuno.
Certo, le faceva male tradire un’amica, ma se questa andava in giro a
pietrificare la gente…
Il
grosso serpente fece per girarsi, ma improvvisamente emise un sibilo a sua volta.
La ragazza dai capelli rossi si girò di scatto e vide la sua compagna che aveva
assistito a tutta la scena. Quest’ultima sentì le gambe cederle: invece dei
suoi soliti occhi scuri la sua compagna esibì delle iridi rosse e strette, e in
quel momento seppe che quella che aveva davanti non era sicuramente Ginny
Weasley.
Si
udì ancora un sibilo violento, che anche senza essere Rettilofona
la ragazza non ebbe problemi a capire grazie al dito che le venne puntato
contro. Iniziò a scappare. Non aveva idea di dove andare, ma doveva muoversi,
di questo era certa. Sentiva il serpente strisciare dietro di lei, più veloce,
più veloce, sempre più veloce…
Ansimava
profondamente. Quanto poteva correre una ragazza di undici anni prima che le
cedesse il cuore? Si spostò rapidamente il ciuffo di capelli neri di fronte
agli occhi imponendosi di pensare. Dove poteva andare in modo che il serpente
non la seguisse?
Deviò
rapidamente verso le scale, sperando che il serpente avesse qualche difficoltà
sui gradini. Inutile, scoprì poco dopo voltandosi, poteva vedere chiaramente le
sue squame seguirla. Si morse un labbro. Se solo Fred e George le avessero
rivelato qualche passaggio segreto nei dintorni…
magari con un’entrata stretta, così che quel bestione non potesse seguirla… ma non l’avevano fatto e lei doveva arrangiarsi
da sola. Doveva andare più veloce.
«
Se ce la fa Kaito quando è in ritardo alle lezioni… »
Si
sedette sul corrimano e iniziò a scivolare giù. Il serpente accelerò ancora.
Alla prima uscita in un corridoio scese di scatto ed attraversò la porta, con
il cuore in gola. Era al quarto piano. Non sentiva più il serpente alle sue
spalle, ma non se la sentiva di rallentare. Doveva correre ancora, doveva…
Dopo
aver voltato l’angolo, andò a sbattere contro qualcuno.
«
Ehi! Ma cosa… »
«
Hermione!!! Hermione, scappa!!! C’è… anf… il mostro
di Serpeverde dietro… anf… di me!!! È… »
La
ragazza la guardò con una strana luce negli occhi: « … un serpente gigante,
giusto? »
La
ragazza annuì sconvolta: « Sì… ma come…
»
Hermione
esultò: « Sì!!! Lo sapevo che era un Basilisco!!! »
La
ragazza era incredula: « Ma, Hermione, hai capito cosa ti ho detto? C’È UN
SERPENTE GIGANTE CHE M’INSEGUE! E tu che fai, esulti? »
« Scusa… ma ti sta inseguendo, hai detto? »
«
SÍÍÍÍ!!! LO VUOI CAPIRE??? »
« Allora
è inutile scappare, ti troverà subito grazie all’odore…
anzi, aspetta. Hai detto che hai visto un serpente? »
«
Sì, è fino ad adesso che te lo dico! »
«
NON negli occhi, vero? »
« No… ho visto solo le squame… »
«
Meno male, altrimenti saresti morta… »
«
Se ero morta non potevi nemmeno farmela questa domanda, non credi? »
« …
e se non ci muoviamo rischi comunque! »
«
E me lo dici così? E cosa pensi di trovare nella borsa per salvarmi? »
« Per
salvarCI, vorrai dire, sono anch’io nata babbana, ricordatelo. E comunque la mia arma segreta è questa!
»
La
ragazza la guardò di storto: « E cosa vuoi fare con uno specchietto? »
«
Farci pietrificare. »
«
COSA? »
«
L’altra opzione è morire. »
«
Credo che rivaluterò l’opzione della pietrificazione…
»
«
Bene, perché non c’è più tempo. È qui. »
La
ragazza deglutì. Doveva avvertirli, doveva fare in fretta. Prese le penne che
le aveva prestato Kaito. Una era blu, ma la buttò via. Quella rossa poteva
essere un ulteriore indizio. Fece scattare la punta e iniziò a scrivere sulla
mano, passando velocemente lo sguardo dal palmo allo specchio nelle mani di
Hermione.
«
Hermione, dov’è? Hermione? »
Il
cuore iniziò a batterle più velocemente. La sua compagna di sventura era già
stata pietrificata, e se a lei non era ancora toccata quella fine era solo per
la diversa angolatura. Pochi secondi e avrebbe visto anche lei gli occhi
maledetti. Aveva poco tempo per scrivere il suo avvertimento…
Attenti
a
Iniziò
a scrivere la parte più importante, ma prima di poter finire vide l’ombra di un
occhio giallo…
Sheridan riprese fiato come se fosse appena
uscita da una piscina. Continuò ciò che stava facendo qualche tempo prima,
finendo la lettera G e continuando a scrivere il nome. Solo a quel punto si
rese conto che davanti a lei non c’era più Hermione con il suo specchietto, ma
Madama Chips che cercava di visitarla in ogni modo.
Fissò la mano con la scritta incompleta e si morse un labbro. Evidentemente non
aveva fatto in tempo.
Solo a quel punto si accorse della presenza
della McGranitt.
« Come stai, Pumpkin?
»
La ragazza sbarrò gli occhi e si mise a
urlare: « PROFESSORESSA! IO L’HO VISTA, DOVETE FERMARLA! »
« Chi? »
Sheridan
prese fiato e urlò: « ERA LEI! ERA… »
« GINNY!!!
»
Harry si precipitò verso la ragazzina
coricata a terra, con così tanta enfasi che nel chinarsi lasciò cadere la
bacchetta a terra.
« Ginny! Dimmi che non sei morta! Ti prego,
dimmi che non sei morta! »
Kaito lo raggiunse subito. I capelli rossi
della ragazza erano l’unica nota di colore di quella sala molto lunga,
debolmente illuminata. Pilastri di pietra torreggianti, formati da altri
serpenti avvinghiati, si levavano fino al soffitto, perdendosi nel buio e
gettando lunghe ombre nere nella strana oscurità verdastra che avvolgeva il
luogo. Il tutto era troneggiato da un’enorme statua alta fino al soffitto, il
volto antico e scimmiesco di un vecchio mago, con una lunga barba rada che gli
arrivava quasi fino all'orlo della veste scolpita, lunga fino a terra, e due
enormi piedi grigi che poggiavano sul pavimento levigato della stanza. Proprio
lì era distesa Ginny, con il volto a terra.
Kaito la voltò, afferrandola per le spalle.
Aveva il volto bianco e freddo come l'alabastro ma gli occhi erano chiusi.
« Non è pietrificata. »
Harry chiese con voce strozzata: « Ma
allora è… »
Kaito mise una mano sotto la divisa: « Non
è nemmeno morta, stai tranquillo. Ma non sta bene, il battito è debole… »
Harry prese la ragazza e la scosse: « Ginny,
ti prego, svegliati! »
La sua testa ciondolò inerte e Harry stava
per riprovare, quando una voce sconosciuta ma suadente riecheggiò nella sala.
« Non si sveglierà. »
I ragazzi sobbalzarono e si voltarono.
Al pilastro più vicino era appoggiato un
ragazzo alto dai capelli neri. I contorni della sua figura erano stranamente
sfocati, come se lo vedessero attraverso una finestra appannata. Ma come poteva
Harry non riconoscerlo?
« Tom... Tom Riddle?
»
Riddle annuì, senza levare gli occhi da Harry.
Kaito lo guardò stupito: « Tom Riddle? Quel Tom Riddle? Quello del diario? Assurdo…
non così giovane, perlomeno… »
Harry lo ignorò: « Che cosa significa che
non si sveglierà? Non è ancora... non sarà mica...? »
« È ancora viva. Ma per poco. »
Kaito era incredulo. Da quel che gli aveva
detto Harry, Tom Riddle aveva studiato a Hogwarts
cinquant'anni prima, eppure eccolo lì, avvolto in un'aura misteriosa e
opalescente: non poteva avere più di sedici anni. Kaito si morse un labbro. Ma
se il tempo per lui non era passato…
« Sei un fantasma? »
Riddle rispose abbassando la voce: « Un ricordo. Un
ricordo conservato in un diario per cinquant'anni. »
« I libri non sputano fuori persone a
raccontare la loro storia, nemmeno quelli magici, altrimenti non ci sarebbe
bisogno del Professor Rüf. Tu non me la racconti giusta.
»
Riddle non rispose all’osservazione di Kaito, si
limitò ad indicare il pavimento, in direzione dei piedi giganteschi della
statua. Lì accanto, aperto, c'era il piccolo diario nero che Harry aveva
trovato nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Per un attimo,
i ragazzi si chiesero come avesse fatto ad arrivare fin lì, ma c'erano
questioni più urgenti da affrontare.
Harry sollevò di nuovo il capo di Ginny: «
Devi aiutarci, Tom, dobbiamo portarla fuori di qui. C'è un Basilisco... non
sappiamo dove si trovi, ma potrebbe arrivare da un momento all'altro. Ti prego,
aiutaci! »
Riddle non si mosse. Kaito non gli tolse gli
occhi di dosso. C’era qualcosa che non andava, lo sentiva, ma Harry sembrava
non accorgersene. Quest’ultimo, madido di sudore, cercò di sollevare Ginny da
terra; poi si chinò di nuovo a raccogliere la bacchetta magica.
Ma la bacchetta era sparita.
« Avete mica visto la mia bacchetta? »
Kaito si guardò intorno: « Era lì per terra
un attimo fa… »
Riddle li stava ancora fissando, senza parlare.
In quel momento si resero conto che tra le sue lunghe dita rigirava la
bacchetta magica di Harry.
Harry allungò una mano per prenderla: «
Grazie. »
Un sorriso increspò le labbra di Riddle che non staccava gli occhi da Harry e continuava
pigramente a giocherellare con la bacchetta. Kaito si morse un labbro. Quella
figura era abbastanza solida da poter afferrare un oggetto? Brutto segno, si
disse, soprattutto perché ora aveva un’arma pericolosa che sapeva usare
sicuramente meglio di loro, a giudicare dall’età che dimostrava.
Harry persisteva nella sua ingenuità: « Senti,
dobbiamo andarcene di qui! Se
arriva il Basilisco... »
« Non verrà, a meno che non lo si chiami. »
Kaito sbuffò: « Senti, non abbiamo
intenzione di suonargli il campanello, vogliamo solo andarcene di qui con
Ginny! »
« Non ci sarà bisogno di muoversi. »
Harry iniziò ad agitarsi, posando
nuovamente Ginny a terra, incapace di tenerla in braccio più a lungo: « Cosa
intendi dire? Dai, rendimi la bacchetta, potrebbe servirmi. »
Il sorriso si allargò sul volto di Riddle.
« Non avrai bisogno nemmeno di quella. »
Harry lo fissò sconvolto e incredulo: « Che
cosa significa che non ne...? »
« Era tanto che aspettavo questo momento,
Harry Potter. Il momento di incontrarti. Di parlarti. »
Harry stava per perdere la pazienza: « Senti,
non credo che tu abbia capito la situazione. Siamo nella Camera dei Segreti.
Parleremo dopo. »
Riddle fece un largo sorriso, infilandosi in
tasca la bacchetta di Harry.
Kaito lo fissò preoccupato: « Non credo
fosse una proposta amichevole. »
Harry sembrò rendersi conto solo in quel
momento della situazione: « Come ha fatto Ginny a ridursi in questo stato? »
Riddle rispose con tono amabile: « Questa sì che
è una domanda interessante, ed è anche una storia molto lunga. Suppongo che la
principale ragione dello stato in cui si trova Ginny è che ha aperto il suo
cuore a un estraneo invisibile, rivelandogli tutti i suoi segreti. »
«Ma di che cosa stai parlando?»
« Quale estraneo invisibile? »
«Il diario, il mio diario. Sono mesi che la
piccola Ginny ci scrive fiumi di parole, raccontandomi tutte le sue lacrimevoli
preoccupazioni e angosce: che i suoi fratelli la prendono in giro, che è
dovuta venire a scuola con abiti e libri di seconda mano, che non pensava di
riuscire mai a piacere al famoso, al bravo, al grande Harry Potter... e nemmeno
a Kaito Kuroba. »
Il prestigiatore lo guardò sorpreso: « Io?
»
Finalmente Riddle
si rivolse verso di lui. Durante tutto il discorso, infatti, i suoi occhi non
avevano mai abbandonato quelli di Harry. Ma anche così manteneva uno sguardo
quasi famelico.
« Proprio tu. Ma davvero credi che un
sedicenne straniero e misterioso, tanto abile da cavarsela in tutte le
situazioni anche senza magia, in grado d’impressionare chiunque con i suoi trucchetti di “magia babbana” non
possa fare colpo su una stupida ragazzina di undici anni? Sciocca ragazzina, è
andata avanti per mesi a ripetermi che non sapeva che fare, che le piacevate
tutte e due e che sapeva che non era giusto… poi, a
San Valentino, ha scoperto da Fred e George che avevi già una ragazza in Giappone… da una parte è stato un brutto colpo, sai, aveva
scritto una poesia anche per te che ha stracciato subito…
ma dall’altra si è sentita più libera di tornare “dal suo primo amore”…
stucchevole, davvero… »
Kaito divenne tutto rosso, non sapeva
neanche lui se dalla rabbia per la vocina stridula con cui Tom Riddle imitava Ginny o per la vergogna, per non essersi
reso conto dei sentimenti della ragazza… forse, se
avesse chiarito subito tutto…
La figura continuò: « È una gran noia dover
stare a sentire gli sciocchi, piccoli turbamenti di una ragazzina di undici
anni, ma sono stato paziente. Le ho risposto, sono stato comprensivo, sono
stato gentile. E adesso lei mi adora. Nessuno mi ha mai capito come te,
Tom... Sono così felice di avere questo diario a cui confidarmi... è come avere
un amico da portare sempre con me in tasca…»
Rise: una risata stridula, fredda, che non
gli si addiceva affatto, e che fece rizzare i capelli in testa a Harry.
« Modestia a parte, ho sempre avuto il dono
di affascinare le persone di cui avevo bisogno. Così, Ginny mi ha schiuso la
sua anima e la sua anima era esattamente quella che io volevo. Mi sono
alimentato delle sue paure più profonde, dei suoi segreti più oscuri, che mi
hanno reso sempre più forte. Sono diventato potente, molto più potente della
piccola Ginny Weasley. Abbastanza da cominciare a raccontarle qualcuno dei miei
segreti, da cominciare a riversare un po' della mia anima nella sua...
»
Harry chiese con la bocca secca: « Cosa
vuoi dire? »
Riddle rispose con dolcezza: « Non hai ancora
capito, Harry Potter? È stata Ginny Weasley ad aprire la Camera dei Segreti. È
stata lei a strangolare i galli e a scrivere messaggi minacciosi sulle pareti.
Lei ad aizzare il Serpente di Serpeverde contro i cinque mezzosangue oltre che
contro la gatta di Gazza. »
« No… »
«E invece sì. Naturalmente all'inizio lei non
sapeva quel che stava facendo. Era molto divertente. Quanto vorrei che tu
avessi potuto leggere le annotazioni che scriveva via via
sul diario... Col tempo, sono diventate sempre più interessanti... »
Poi, facendo di nuovo quella vocina stridula,
iniziò a recitare a memoria: «Caro Tom, credo di star perdendo la memoria.
Mi trovo attaccate ai vestiti penne di gallo e non so come ci siano arrivate.
Caro Tom, non mi ricordo quel che ho fatto la notte di Halloween, ma un gatto è
stato aggredito e io sono tutta sporca di vernice. Caro Tom, Percy continua a ripetermi che sono pallida e che non
sembro più io, penso che sospetti di me... Oggi c'è stata un'altra aggressione,
e io non so dove mi trovavo. Tom, che cosa devo fare? Forse sto impazzendo...
Credo di essere io quella che aggredisce tutti, Tom! »
Harry serrò i pugni tanto che le unghie gli
affondarono nella carne. Kaito s’impose la faccia da poker per nascondere il
suo orrore e la voglia sempre più forte di tirargli un pugno in faccia.
« C'è voluto molto tempo perché la piccola,
stupida Ginny smettesse di fidarsi del suo diario, ma alla fine ha cominciato
ad avere dei sospetti e ha cercato di disfarsene. Ed ecco dove entri in scena
tu, Harry. Tu l'hai trovato, e io sono andato in brodo di giuggiole. Fra tutti
quelli che avrebbero potuto venirne in possesso, quello che più desideravo
incontrare eri tu... »
Harry lo guardò con furia repressa: « E
perché volevi incontrarmi? »
Riddle posò gli occhi sulla cicatrice a forma di
saetta e la sua espressione divenne ancor più famelica: « Vedi, Ginny mi ha
raccontato tutto di te, Harry, tutta la tua affascinante storia. Sapevo
di dover scoprire altre cose sul tuo conto, di doverti parlare, incontrarti, se
potevo. Per questo ho deciso di mostrarti l'episodio della mia famosa cattura
di quel gran sempliciotto di Hagrid: per conquistarmi la tua fiducia. »
Questa volta la voce di Harry tremò: « Ma
Hagrid è mio amico! E tu l'hai incastrato, non è così? Io credevo che tu avessi
commesso un errore, ma... »
Riddle scoppiò ancora una volta in quella sua
risata stridula.
« Era la mia parola contro quella di
Hagrid. Be', puoi immaginare da te com'è rimasto il vecchio Armando Dippet. Da una parte Tom Riddle,
povero in canna ma brillante, orfano ma così coraggioso, Prefetto della
scuola, studente modello; dall'altra quel gran pasticcione confusionario di
Hagrid, che si metteva nei guai una settimana sì e una no, che tentava di
allevare cuccioli di lupi mannari sotto il letto, che sgattaiolava nella
foresta proibita per combattere i troll. Ma devo ammettere che persino iosono
rimasto sorpreso della riuscita del mio piano. Pensavo che qualcuno si
sarebbe reso conto che l'Erede di Serpeverde non poteva assolutamente essere
Hagrid. C'erano voluti a me cinque anni interi per scoprire quel che
c'era da sapere sulla Camera dei Segreti e trovarne l'ingresso... figuriamoci
se Hagrid poteva avere il cervello o il potere per farlo! Soltanto Silente,
l'insegnante di Trasfigurazione, sembrava persuaso dell'innocenza di Hagrid. Convinse
Dippet a tenerlo e a istruirlo come guardiacaccia.
Si, credo che Silente avesse indovinato. Silente non mi ha mai apprezzato
quanto gli altri insegnanti... »
Kaito sospirò: « Chissà perché la cosa non
mi sorprende… »
Harry digrignò i denti: « Scommetto che
Silente ti ha inquadrato subito. »
Riddle commentò con indifferenza: « Be', certo,
dopo l'espulsione di Hagrid non mi ha mai perso d'occhio, e la cosa era molto
seccante. Sapevo che riaprire la Camera mentre ero ancora a scuola non era
prudente. Ma non avevo certo intenzione di buttare al vento tutti gli anni che
avevo passato a cercarla. Decisi allora di lasciare un diario che conservasse
tra le sue pagine la memoria di quel che io ero a sedici anni; in questo modo,
con un po' di fortuna, sarei riuscito a istruire qualcuno abbastanza per
seguire le mie orme e a portare a compimento la nobile opera di Salazar
Serpeverde. »
Harry lo guardò con aria di trionfo: « Be',
non è il caso che tu canti vittoria. Questa volta non è morto nessuno, neanche il
gatto. Fra qualche ora sarà pronta la pozione di mandragola e tutti quelli che
sono stati pietrificati torneranno normali. »
Riddle abbassò la voce: « Forse non ti ho ancora
detto che non mi interessa più ammazzare i mezzosangue. Da molti mesi a questa parte,
il mio nuovo bersaglio… sei tu. »
Harry lo fissò sconvolto: « Eh? »
Kaito alzò gli occhi: « È proprio
l’incarnazione dello stereotipo del cattivo… pure le
pause ad effetto… »
Tom Riddle lo
ignorò: « Immagina la mia rabbia quando ho scoperto che chi aveva riaperto il
diario per scrivermi non eri tu, ma Ginny. Lei te l'ha visto in mano ed è stata
presa dal panico. Cosa sarebbe successo se tu avessi scoperto come funzionava e
se io ti avessi spiattellato tutti i suoi segreti? O se - peggio ancora - io ti
avessi detto chi era stato a strangolare i galli? Cosi, quella stupida mocciosa
ha aspettato che nel tuo dormitorio non ci fosse nessuno e ha trafugato il
diario. Ma io sapevo cosa fare. Ormai mi era chiaro che tu eri sulle tracce
dell'Erede di Serpeverde. Da tutto quel che Ginny mi aveva detto di te, sapevo
che avresti risolto il mistero a ogni costo, specie poi se a essere aggredita
fosse stata una delle tue migliori amiche. E Ginny mi aveva detto che a scuola
aveva suscitato un grande scalpore il fatto che tu parlassi il Serpentese... perciò, ho convinto Ginny a scrivere un addio
sul muro, a venire quaggiù e ad aspettare. Lei ha pianto, si è dimenata, ed è
diventata davvero noiosa. Ma in lei non è rimasta più tanta vita: ha
messo troppo di sé nel diario, dentro di me. Abbastanza, comunque, da
permettermi di abbandonare finalmente quelle pagine. Da quando siamo quaggiù
non ho fatto che aspettare il tuo arrivo. Sapevo che saresti venuto. Ho molte domande
da farti, Harry Potter. »
Kaito incrociò le braccia: « Domande così
importanti da fare tutto questo casino per porle? »
Riddle sorrise amabilmente: « Oh, sì… come è potuto accadere che un neonato senza alcun
particolare talento magico sia riuscito a sconfiggere il più grande mago di
tutti i tempi? Come hai fatto a cavartela solo con una cicatrice, mentre i
poteri di Lord Voldemort sono andati distrutti? »
Nei suoi occhi famelici brillava ora un
sinistro bagliore rossastro. Kaito represse un brivido. Perché era così
interessato all’assassino dei genitori di Harry? E soprattutto…
perché lo aveva chiamato Lord
Voldemort? Ginny non lo avrebbe mai chiamato così, probabilmente non si sarebbe
mai osata neppure scrivere il suo nome.
Harry chiese lentamente: « Perché ti
importa tanto di sapere come ho fatto a cavarmela? Voldemort è vissuto dopo di
te. »
Riddle disse piano: « Voldemort è il mio passato,
il mio presente e il mio futuro. »
Kaito lo guardò impaziente: « Non avremmo
tutto questo tempo per prendere il tè con i pasticcini, per cui ti spieghi da
solo o dobbiamo cercarci i sottotitoli con la parafrasi? »
Tom gli sorrise divertito: « Se sono i
sottotitoli quello che vuoi, Kaito Kuroba, posso anche accontentarti…
»
Tirò fuori dalla tasca la bacchetta magica
di Harry e cominciò a rotearla in aria, tracciando tre parole scintillanti:
TOM ORVOLOSON RIDDLE
Poi la agitò di nuovo, e le lettere del suo
nome si disposero in un ordine diverso:
SON IO LORD VOLDEMORT
Harry guardò la scritta con gli occhi
sbarrati: « No… non è possibile…
»
Kaito mantenne con molta fatica la sua
faccia da poker, questa volta: « Però… prima di
entrare a Hogwarts doveva essere già un mago…dell’enigmistica, però…
»
« Vedo che non perdi occasione per fare
battute, Kaito Kuroba… dopotutto sei nato fra i babbani, non pretendo che tu capisca chi sia e cosa ho fatto… »
« Guarda, per il momento so che sei uno
schifoso manipolatore tronfio ed egocentrico e tanto mi basta. »
Tom Riddle
divenne serio improvvisamente. Poi sorrise in modo poco rassicurante: « Credo
che tu abbia appena firmato la tua condanna… anzi,
per usare le tue stesse parole, credo che
tu abbia appena suonato il campanello… »
La figura si allontanò e si fermò fra le
due immense colonne, guardando in alto, verso il volto di pietra di Serpeverde,
che lo sovrastava nella semioscurità. Riddle spalancò
la bocca, e ne uscì un sibilo.
Kaito sussurrò al compagno di disavventura:
« Harry? Traduzione simultanea, please! »
« Uhm… più o meno…Parlami, Serpeverde, tu che sei il più grande dei
Quattro di Hogwarts. »
« E che senso ha? »
Kaito ebbe la sua risposta quando il
gigantesco volto di pietra di Serpeverde si mosse, spalancando la sua bocca
sempre più fino a diventare un immenso buco nero.
E dentro la bocca qualcosa si mosse.
Qualcosa risaliva strisciando dalle profondità delle sue viscere di pietra.
E poi ancora un ordine, chiaro solo alle
orecchie di Harry: « Uccidi quello
strambo vestito di bianco. L’altro è la mia preda… »
Harry si voltò verso Kaito: « ATTENTO, CE
L’HA CON TE! »
Ma il prestigiatore si stava già bendando
gli occhi con uno dei foulard blu regalatigli da Aoko
a Natale: « Con tutto quello che gli ho detto, mi sarei stupito del contrario… a dopo, Harry, credo che per un po’ avrò altro
da fare! »
E iniziò la sua specialità.
La fuga.
Kaito iniziò a correre, l’orecchio teso al
minimo rumore per individuare l’enorme serpente che lo inseguiva. Di tanto in
tanto gli arrivava qualche parola del discorso fra Harry e Tom ma si sforzava
d’ignorarle, di lasciarle come sottofondo in un angolo della sua mente. Il
Basilisco era alle sue spalle e ogni rumore poteva essere la differenza fra la vita
e la morte. Kaito s’azzardò a sollevare leggermente la benda e a buttare un
occhio all’ambiente intorno, per poi prendere la sua fedele pistola spara-carte e lanciare due assi a due statue ai lati
opposti della sala.
« Perfetto. I preparativi sono conclusi. »
Il Basilisco era sempre dietro di lui,
sibilando in modo quasi assordante. Per un attimo Kaito si chiese se Harry
avrebbe potuto tradurgli cosa gli stesse dicendo, ma il ragazzo era già
abbastanza occupato e probabilmente il messaggio sarebbe stato qualcosa di
pericolosamente simile a “E stai un po’
fermo, spuntino!”. Perché il prestigiatore stava tutto fuorché fermo,
continuando a saltare da una parte all’altra della stanza, schivando buche e
statue e pregando di non inciampare. Ma per quanto avrebbe potuto continuare?
La voce di Harry a un certo punto gridò: « Non
credere che se ne sia andato come pensi! »
« Bravo, cantagliele quattro! »
In realtà non è che contasse molto sulle
parole di Harry, ma non sapeva come cavarsi d’impiccio, questa volta. Fino a che
da qualche parte risuonò una musica, sempre più forte. Aveva un che di
misterioso, di ultraterreno, faceva correre i brividi lungo la schiena; Kaito
sentì rizzarsi i capelli in testa e il cuore allargarsi come se fosse
raddoppiato di volume. Poi la musica raggiunse un volume cosi alto che se la
sentì vibrare dentro la cassa toracica; fu allora che sentì un tonfo e la voce
di Riddle che commentava: « È una fenice... »
« Fanny? »
Kaito sospirò. Bene, così ora avevamo una
fenice e un Basilisco. Ma era la Camera dei Segreti di Hogwarts o quella dello
zoo del mondo magico? E poi, come faceva Harry a conoscere anche la fenice? Parlava
pure con gli uccelli? Era un mago o l’incarnazione magica del Dottor Dolittle?
Riddle continuò: « E quello è il vecchio Cappello Parlante. »
Cosa? Kaito fu tentato di fermarsi ad ascoltare
la discussione, ma aveva un Basilisco che gli incombeva alle spalle e fu
costretto a riconcentrarsi sulla sua fuga alla cieca. Alle sue spalle Kaito
sentiva Harry e Riddle continuare a discutere, così
concitatamente che un paio di volte fu tentato di gridare loro di fare
silenzio, perché non sentiva più il Basilisco. Poi delle urla concitate da
parte di Riddle in Serpentese
lo convinsero a rischiare una sbirciatina dalla benda. Il serpente dal lucente
corpo verde fiele, grosso come il tronco di una quercia, si era rizzato e la
sua grossa testa massiccia ondeggiava fra le colonne, come se fosse ubriaco. Un
uccello vermiglio delle dimensioni di un cigno, con una coda d'oro scintillante
lunga quanto quella di un pavone e due artigli, anche quelli d'oro lucente, gli
volteggiava sopra la testa, e il Basilisco cercava furiosamente di addentarlo
con le zanne lunghe e sottili come sciabole.
Quella che doveva essere Fanny scese in
picchiata. Il suo lungo becco d'oro scomparve e un attimo dopo un torrente di
sangue nero schizzò sul pavimento. Il serpente menava colpi con la coda; mancò
di poco Harry, e prima che il ragazzo facesse in tempo a chiudere gli occhi si
voltò. Kaito si morse un labbro. Harry era…
No, era ancora in piedi. Ma come…
« Kaito, togliti la benda, Fanny l’ha
accecato! »
Mentre Kaito si levava il foulard con un
elegante gesto, il serpente accecato si dimenò, confuso, ma ancora micidiale.
Fanny gli volteggiava sopra la testa: aveva ripreso a cantare la sua arcana
melodia, colpendo il naso squamoso del mostro che continuava a sanguinare dagli
occhi trafitti. Harry era proprio sotto di loro e mormorava disperato: « Aiutatemi,
aiutatemi! Qualcuno mi aiuti! »
In quel momento Kaito lanciò un pallone
gonfiabile da spiaggia: « EHI! STAVI INSEGUENDO ME, TI SEI DIMENTICATO? FATTI
UNA CURA DI FOSFORO, TUBO DA INNAFFIATORE AMBULANTE!
»
Quando il Basilisco si voltò verso di lui
sibilando e con tutti i canini in bella vista, il prestigiatore fu sicuro di aver attirato la sua
attenzione.
« Bene… ma almeno
stavolta vedo cosa faccio. È tempo dello show! Vieni verso di me, serpentello, che ho una sorpresuccia
per te… »
Come se gli avesse dato un ordine in Serpentese, il Basilisco scattò verso di lui, ma dalla
tasca interna della giacca Kaito tirò fuori un pollo di gomma. Il Basilisco
rimase indifferente.
« No, eh? A quanto pare se non è vivo non funziona… e vabbè, piano B! »
Con rapida e fulminea mossa Kaito fece un
balzo e…
« Non è possibile! »
Harry per la prima volta concordò con Tom Riddle: « Assurdo…sta… »
« … sta camminando a mezz’aria??? »
Kaito sorrise, intimamente soddisfatto.
Aveva già fatto un numero del genere davanti a mezza Tokio, ma vuoi mettere la
soddisfazione di stupire dei maghi? Se solo Madama Bumb
lo avesse visto in quel momento, probabilmente lo avrebbe promosso all’istante.
Il Basilisco rimase per un attimo confuso,
non aspettandosi che la sua preda potesse togliersi dalla traiettoria a quella
velocità, ma grazie al suo fiuto sviluppato lo individuò quasi subito e cercò
di morderlo. A quel punto Kaito si chinò e si lanciò verso una delle statue,
mentre il serpente rimaneva spiazzato per un paio di secondi, non aspettandosi
quella pur debole resistenza.
« Piaciuto il filo trasparente, amico? L’ho
lanciato prima con le carte… e sono un ottimo
equilibrista. »
Il serpente spezzò il filo in un istante,
ma Tom Riddle diede ordine al Basilisco di fermarsi,
mentre recuperava la sua innata sicurezza e spavalderia: « Ah, era solo un
banale trucchettobabbano,
dovevo immaginarlo… ma non basterà un filo a fermare
il Basilisco. Tra poco il tuo amico verrà mangiato, Harry Potter…
quanto a te… »
La figura tirò fuori la bacchetta di Harry:
« … avrò l’onore di finirti con le mie mani! Avad… »
« Expelliarmus! »
La bacchetta schizzò dalle mani di Riddle per finire dritta in quelle di Kaito.
« Quest’incantesimo fa miracoli, oggi. »
Il giovane Voldemort si affrettò verso
Ginny, ma Kaito lo richiamò dall’alto della statua esibendo i suoi trofei: « Inutile… la bacchetta di Ginny ce l’ho io. Sei disarmato,
mio caro… »
« Quando… »
« Quando ho controllato il suo battito
cardiaco. Un prestigiatore dev’essere svelto di mano...
»
… e
un ladro ancora di più, aggiunse mentalmente. Ma questo era meglio non
dirlo, per il bene della sua fedina penale. Mentre Tom tramava probabilmente crudeli
tecniche di omicidio nei confronti di Kaito, alle sue spalle Harry si era
infilato in testa il Cappello Parlante. Il prestigiatore non ebbe il tempo di
chiedersi il motivo del suo strano gesto che il Basilisco, per ordine del suo
padrone, gli si avventò contro nuovamente. Con un salto da fare invidia a
un’atleta di ginnastica artistica olimpionico, Kaito balzò giù e riprese a
correre disperatamente. Anche se non poteva più ucciderlo con lo sguardo, il
serpente aveva dalla sua parte ancora le zanne avvelenate e, soprattutto, Tom Riddle che in serpentese
continuava probabilmente a dargli indicazioni sulla sua posizione. Che poteva
fare? Avrebbe potuto distrarlo con una delle sue colombe, ma non gli piaceva
l’idea di sacrificarle. Di sicuro non poteva ancora tentare idiozie come la
palla da spiaggia. Certo, discorso diverso se avesse avuto a disposizione la
cintura spara palloni di Conan Edogawa e,
soprattutto, le sue scarpe dopanti; in tal caso avrebbe potuto fargli saltare
qualche zanna, ma l’unica cosa che aveva a disposizione era la sua attrezzatura
da prestigiatore, di certo non ideata per affrontare un serpente di quelle
dimensioni. E, certo, la bacchetta, anzi, tre
bacchette per la precisione, con le quali però non sapeva lanciare
incantesimi in grado di fermare quel mostro. A meno che…
Kaito si voltò di colpo verso il suo
avversario, brandendo tutte e tre le bacchette.
« Se una non basta…
»
Lanciò la bacchetta di Ginny in aria e
impugnando le altre due gridò: « Expelliarmus! »
L’incantesimo partì con una potenza
raddoppiata, mentre nel giro di un secondo, forse meno, Kaito riafferrò la
terza bacchetta e la rimise in tasca. I due incantesimi combinati sbalzarono
leggermente indietro la creatura, ma non abbastanza da fermarla del tutto.
Tom Riddle
sorrise: « Sei coraggioso e audace, lo ammetto, Kaito Kuroba…
non tutti avrebbero tentato un incantesimo con più bacchette per duplicarne l’effetto… per di più credevo fossi destrimane…
»
« Come dissi a Olivander,
sono ambidestro… usare la bacchetta con una mano o
con l’altra mi è assolutamente indifferente. »
« Ma questo non ti salverà dal mio Basilisco… vedi, queste straordinarie creature sono molto
resistenti alla magia… se l’incantesimo di disarmo è
il più potente che conosci… »
« Scusa tanto se al primo anno la cosa più
utile che t’insegnano è il WingardiumLeviosa… »
« Sì, lo ammetto, se fossi stato più
esperto avresti potuto mettermi in difficoltà, ma così è la vita…finiscilo, Basilisco! »
Kaito fece una smorfia: « Credo di aver capito
anche quest’ultima senza traduttore… se mi bocciano a
Hogwarts è la volta buona che mi do a qualche corso universitario tipo “Lingue
magiche e sovrannaturali”… »
Il prestigiatore riprese a correre, mentre Riddle tornava a rivolgersi a Harry e a sbeffeggiarlo per
la spada che aveva appena tirato fuori dal Cappello Parlante.
« Hai deciso di darti anche tu alla
prestidigitazione? »
« E anche se fosse? »
Riddle indicò Kaito: « Allora staresti per fare
la fine del tuo amico… »
Già, Kaito si era ritrovato spalle al muro,
con l’enorme serpente che incombeva su di lui. Harry lo guardò spaventato. Cosa
poteva fare per salvarlo?
« Guardalo, Harry, guardalo morir…ma cosa… »
Sotto gli occhi sorpresi di Harry e Tom,
Kaito scattò in avanti, verso il Basilisco, proprio mentre allargava le sue fauci… e un istante dopo s’alzò del fumo e videro il
ragazzo vicino alla sua coda, che scappava a gambe levate.
Il ragazzo con la cicatrice lo guardò
stupefatto: « Ma come ha fatto? È stato velocissimo! »
Riddle sorrise malignamente. Quel ragazzo poteva
essere più interessante del previsto se riusciva a portarlo dalla sua parte… e se il Basilisco non se lo sgranocchiava prima per merenda…
Kaito intanto correva, ormai quasi senza
fiato. Non ce la faceva davvero più, era peggio di qualunque inseguimento di Nakamori. La stanchezza gli annebbiava la vista più del
fumogeno che aveva lanciato. L’ultimo fumogeno, a dir la verità, che aveva
usato per distrarre il serpente dal suo odore. Aveva giusto guadagnato qualche
metro. Bene, e a quel punto cosa poteva inventarsi per…
Quasi non si accorse di star cadendo. La
fitta alla caviglia fu così intensa da accecarlo per un secondo e fu per puro
istinto di sopravvivenza che mise avanti le mani per arrestare la caduta. Una
buca, una stupida buca in quel pavimento marcio dal tempo. Kaito imprecò nella
sua lingua madre quando provò a muovere il piede. Era davvero un pessimo momento per prendersi una
storta. Con una smorfia di dolore, il ragazzo provò a rimettersi in piedi. Sì,
la caviglia reggeva il suo peso, ma poteva dire addio alle corse e ai salti che
gli avevano salvato la pelle fino a quel momento. Per di più quell’imprevisto
gli aveva fatto perdere tutto il vantaggio che aveva accumulato. Rendendosi
improvvisamente conto della cosa, si voltò. Il Basilisco era proprio su di lui,
con le fauci aperte. Non aveva il tempo di scappare. Non aveva il tempo né le
energie per rotolare di lato. Forse aveva il tempo di sparare una carta, ma
sarebbe stato abbastanza inutile.
Cosa doveva fare? Cosa? Cosa?
« Cosa… »
Non l’aveva neanche visto, era stata solo
un’ombra scura passatagli davanti. Solo ora che era lì, immobile di fronte a
lui, Kaito identificò Harry. Con una spada in mano affondata fino all’elsa
nella gola del Basilisco. Con una zanna
di quest’ultimo nel braccio.
Il Basilisco si rovesciò sul fianco e
ricadde a terra con uno spasimo, mentre Harry si afflosciava lungo la parete e
cadeva insieme alla spada. Afferrò la zanna che gli spargeva il veleno nel
corpo e se la strappò dal braccio. Ma era tardi, lo sapeva lui come lo sapeva
Kaito. Mentre Harry lasciava cadere il frammento di zanna e guardava il suo
stesso sangue inzuppargli i vestiti, Kaito non riusciva nemmeno a pensare.
« Harry…no…perché… »
Il ragazzo rispose con voce impastata: «
Non so… l’ho fatto e basta…
»
Tom lo guardò trionfante: « Alla fine sei
mio. Mi sei costato un Basilisco, ma nessun prezzo è troppo caro per saperti morto… sei spacciato, Potter, spacciato…
»
La fenice atterrò affianco a Harry, che
l’accarezzò con aria stanca, mentre le diceva con voce impastata: « Fanny? Sei
stata bravissima, Fanny... »
Riddle continuò a sbeffeggiarlo: « Ora mi siedo
qui e ti guardo morire, Harry Potter. Fai con comodo. Io non ho fretta. »
« Ma io sì. »
Harry cercò stancamente di fermarlo: « No,
Kaito, non farlo… »
Il prestigiatore si era alzato in piedi a
fatica, brandendo la spada che Harry aveva tirato fuori dal Cappello Parlante
poco prima.
« Scusate, ma ho un amico da salvare prima
che finisca avvelenato. Quindi, se non ti spiace, ora ti affetto e poi lo porto
su. »
Il ragazzo ridacchiò: « Cosa vuoi fare? Non
ti reggi nemmeno in piedi! »
« Non sottovalutare la forza della
disperazione. »
Kaito si avventò su di lui, ma la lama
attraversò la figura. Tom rise.
« É inutile. Non sono abbastanza reale
perché tu possa colpirmi. E quando sarò tangibile significherà che Ginny è
morta. »
« STAI ZITTO! »
Kaito continuava a menare fendenti con
entrambe le mani. Stanco, dolorante, preda dei sensi di colpa, non ragionava
più in modo molto logico. Sapeva solo che se avesse lasciato uscire quel mostro
da lì sarebbero stati guai per tutti e che l’unico ancora in grado di
affrontarlo era lui. Si sentiva schiacciato da un tremendo senso di
responsabilità: da lui dipendeva la vita di Harry, quella di Ginny e, appena
fuori dalla Camera, quella di Ron e Allock e di tutti gli studenti della scuola…
« Arrenditi, Kaito Kuroba, tu non puoi fare
nulla per fermarmi… ma potresti unirti a me… »
Il ragazzo, facendo perno sulla caviglia
sana, ruotò su se stesso puntando direttamente la spada al suo collo.
« MAI!!! »
E per la prima volta Tom Riddle schivò il colpo. Kaito trovò ancora la forza di
sorridere.
« Parli, parli, ma a quanto pare ora ti
posso fare a sushi… »
Tom stava per ribattere, ma si bloccò di
colpo, con gli occhi sbarrati.
« Tu…maledetto… »
Kaito non capì il sussurro. A cosa si
riferiva? Non l’aveva ancora colpito!
D’istinto si voltò. Alle sue spalle c’era
Harry, di nuovo in piedi, fra le mani il diario, zuppo d’inchiostro, colpito a
morte dalla stessa zanna che l’aveva avvelenato poco prima.
Tom Riddle attirò
nuovamente l’attenzione su di sé con un grido prolungato, terribile,
penetrante. L'inchiostro continuò a sgorgare dal diario a fiotti, sulle mani di
Harry, inondando il pavimento. Riddle si dimenava e
si contorceva, urlando e dibattendosi, e poi...
Era sparito. Il diario cadde dalle mani di
Harry insieme alla zanna a terra poi fu il silenzio. Silenzio, salvo il gocciolio
continuo dell'inchiostro che trasudava ancora dalle pagine. Il veleno del
Basilisco, attraversandole, le aveva bruciate, producendo un buco che ancora
sfrigolava. Era finita.
Kaito sentì le ginocchia cedergli con
l’allentarsi della tensione. Piantò la spada a terra e ci si appoggiò. Harry
era tremante ma a occhio e croce sembrava stare meglio di lui.
Kaito chiese, con voce roca: « Tutto a
posto? »
Il ragazzo annuì: « Sembra che le lacrime
di Fanny mi abbiano guarito dal veleno del Basilisco. E tu? »
« A parte una storta e una stanchezza che
non ti dico, sto bene. Vai a buttare un occhio a Ginny, mentre cerco di
rimettermi in piedi… »
Harry annuì e si diresse verso la ragazzina
dall’altra parte della Camera. Kaito udì un lamento flebile e vide Ginny muoversi.
Harry le fu subito accanto e lei si mise seduta. I suoi occhi stupefatti
andavano dalla grossa sagoma della testa del Basilisco morto a Harry e ai suoi
abiti tutti insanguinati, a Kaito vestito di bianco e poggiato sulla spada, e
poi al diario che il ragazzo teneva in mano. Sospirò profondamente e
rabbrividì; poi le lacrime cominciarono a rigarle il viso.
«Harry... oh, Harry... ho cercato di dirvelo
a colazione, ma non potevo farlo davanti a Percy.
Sono stata io, Harry, Kaito... ma... v-vi g-giuro che n-non volevo. È
stato R-Riddle... n-non ce l'ho f-fatta a d-dirgli di
n-no... e... come avete fatto ad ammazzare quel coso? D-dov'è
Riddle? L'ultimo ricordo che ho è di lui che saltava
fuori dal diario...»
Harry sollevò il piccolo volume e mostrando
a Ginny il buco prodotto dalla zanna: « Non ti preoccupare. Riddle
è finito. Guarda! Lui e il Basilisco: sono finiti. Vieni, Ginny, usciamo
di qui... »
« Ehi, non dimenticatemi qua! »
Harry sorrise: « Ma ti pare? Tranquillo,
mettiti pure in piedi con calma, ormai non ci corre più dietro nessuno… »
« Meno male, per oggi ho fatto jogging a sufficienza… »
Kaito si rimise in piedi, ma la caviglia non
lo reggeva, per cui il ragazzo tirò fuori la spada da dove l’aveva incastrata e
la usò come appoggio per camminare.
Harry lo guardò preoccupato: « Ehm… Kaito? Hai intenzione di usarla come stampella? »
« Preferisci che usi una zanna di
Basilisco? No, perché qua dentro non c’è molto altro…
»
« Preferisco che ti appoggi a noi. Possiamo
aiutarti. »
Prima che Kaito potesse replicare, Harry e
Ginny si misero al suo fianco a sostenerlo. La ragazza vedendo più da vicino
com’era conciato ebbe un’altra crisi isterica: « Scusami, Kaito, i-io ho detto
che v-venivo a cercarti e invece… e invece mi
cacceranno dalla scuola! E pensare che non vedevo l'ora di venire a Hogwarts
fin da quando c'era Bill, e ora dovrò andarmene... c-che cosa diranno papà e
mamma? »
Kaito non le disse nulla. Si limitò a
stringerle con più forza il braccio e a seguire Fanny che li stava aspettando all'ingresso
della Camera, volteggiando in aria. Nell'oscurità che risuonava di echi,
scavalcarono le spire inanimate del Basilisco morto e poi ripercorsero il
tunnel. Harry udì la porta di pietra richiudersi alle loro spalle con un lieve
sibilo. Kaito si chiese se era la Camera che diceva loro addio.
Percorrevano ormai da qualche minuto la
galleria avvolta nell'oscurità quando sentirono in lontananza un rumore di
massi spostati lentamente.
Harry lasciò il bracciò di Kaito e gridò
affrettando il passo: « Ron! Ginny sta bene! È qui con noi! »
Gli rispose il grido soffocato dell'amico e
dopo l'ultima curva scorsero la sua faccia ansiosa scrutare attraverso il
grosso varco che era riuscito ad aprire nel mucchio di massi.
Ron allungò un braccio attraverso il varco
per aiutarla a passare per prima: « Ginny! Sei viva! Non riesco a
crederci! Cos'è successo? »
Cercò di abbracciarla, ma Ginny lo tenne a
distanza, sempre singhiozzando.
Ron la osservò raggiante: « Ma stai benone,
Ginny. È tutto finito, è... e quell'uccello da dove viene? »
Fanny aveva seguito Ginny attraversando il
varco.
Harry spiegò facendosi piccolo piccolo per sgusciare dall'apertura: « È di Silente. »
Poi allungò la mano per aiutare Kaito,
ancora più in difficoltà di lui per la stazza e per la storta. Ron lo guardò
preoccupato: « Cosa ti è successo, Kaito? E come mai hai una spada? »
Harry lanciò un'occhiata a Ginny e a Kaito:
« Te lo spiegherò quando saremo usciti da qui. »
« Ma... »
Harry decise di tagliar corto. Non gli
pareva una buona idea dire a Ron chi aveva aperto la Camera, perlomeno non
davanti a Ginny: « Più tardi. E Allock dov'è? »
Ron indicò sorridendo col capo la parte
superiore della galleria, in direzione delle condutture: « Là dentro, in condizioni
pietose. Venite a vedere. »
Guidati da Fanny, le cui ali illuminavano
di un tenue bagliore dorato l'oscurità, rifecero il percorso fino
all'imboccatura del tubo. Lì stava seduto Gilderoy
Allock, canticchiando placidamente fra sé e sé.
Kaito lo guardò perplesso: « L’umidità gli
ha dato più alla testa del solito? »
Ron spiegò: « L'Incantesimo di Memoria ha
avuto un effetto boomerang. Ha colpito lui, anziché noi. Non ha la più
pallida idea di chi sia, di dove si trovi, o di chi siamo noi. Gliel'ho detto
io di aspettare qui. È un pericolo per se stesso. »
Kaito alzò gli occhi al cielo: « Se è per
questo lo era anche prima… non tutti terrebbero per
mesi dei folletti impazziti in classe… »
Allock li guardò tutti con aria amabile.
« Salve. Strano posto, non vi pare? E voi,
abitate qui? »
Ron guardò gli altri sollevando le
sopracciglia: « No. »
Kaito sussurrò: « Diavolo, è inquietante… sembra uno di quei pazzi dei film horror che
prima ti sorridono amabilmente e poi cercano di ucciderti! Non so se lo preferisco
così o com’era prima… il che è tutto dire… »
Harry pensò bene di troncare la discussione
e guardò su per il tubo lungo e buio, chiedendo a Ron: « Hai pensato come
facciamo a risalire? »
Ron scosse la testa, ma Kaito si fece
avanti: « Ho un rampino. Se riesco ad agganciarlo a qualcosa che sia più solido
di Mirtilla Malcontenta posso tirarci su senza problemi… solo che reggerà al massimo due persone per
volta. Oppure… »
In quel momento la fenice aveva superò
tutti e mosse le ali davanti a loro con gli occhi che brillavano nell'oscurità
e agitando le lunghe penne dorate della coda. Harry la guardò incerto.
« … oppure ricorriamo all’ascensore a
fenice, come preferite. Io penso sempre in modo troppo babbano,
evidentemente… »
Ron fissò l’uccello con aria perplessa: « Sembra
proprio volerti dire di afferrarla, Harry, ma sei troppo pesante perché un
uccello riesca a portarti fin lassù. Per non parlare di tutti noi. »
Harry sorrise: « Fanny non è un uccello
qualunque. »
Kaito annuì: « Poco ma sicuro. »
« Dobbiamo aggrapparci formando una catena.
Ginny, dai la mano a Ron. Professor Allock, lei... »
Ron si rivolse aspro ad Allock: « Ehi, dice
a lei! »
« ...lei prenda Ginny per l'altra mano;
Kaito, tu chiudi la fila come prima. »
Il prestigiatore si portò una mano alla
fronte: « Roger, capitano. »
Il ragazzo con la cicatrice lo fermò un
attimo: « A proposito… ma sei sicuro che un rampino faccia parte del normale
equipaggiamento di un prestigiatore? Io nei film l’ho visto sempre solo usare
dai ladri… »
Kaito mantenne la sua faccia da poker: «
Hai mai visto film che parlano dei segreti di un prestigiatore? »
« No. »
« E allora che ne sai dell’attrezzatura per
la prestidigitazione? E se speri che ti dica a cosa serve te lo puoi anche
scordare, un mago non rivela mai i suoi trucchi. Ora, vogliamo andare o vuoi
farmi una perquisizione? »
« Ok, chiudiamola qui, in effetti non è il
posto né il momento adatto per queste discussioni. »
« Appunto. Andiamo? »
Harry si fissò alla cintura la spada e il
Cappello Parlante. Ron si mise dietro di lui e lo afferrò per gli abiti, mentre
Harry si afferrò alle piume della coda di Fanny che erano stranamente bollenti.
Il professore rimase lì un po’ inebetito, mentre Kaito dava controvoglia la
mano all’insegnante, indeciso se spaccargli la mano con la presa o se dare
retta al senso di pietà che gli suscitava in quello stato e lasciarlo in pace.
Il corpo dell'uccello si librò con una
straordinaria leggerezza e un attimo dopo, con un sibilo, ecco che risalivano
in volo la tubatura. Harry sentì Allock esclamare: « Straordinario!
Straordinario! Sembra un'autentica magia! », seguito poco dopo da Kaito che
chiedeva a Ginny di tappargli la bocca in qualunque modo perché era la volta
buona che lo strozzava. Ron sorrise divertito. L'aria frizzante sferzava i
capelli di tutti, ma non avevano fatto in tempo a godersi l'ascensore che era
già finita. Tutti e cinque capitombolarono sul pavimento bagnato del gabinetto
di Mirtilla Malcontenta, e mentre Allock si
raddrizzava il cappello e Kaito si lamentava per essere atterrato proprio sulla
caviglia già malridotta, il sifone che nascondeva la tubatura tornò al suo
posto.
Mirtilla strabuzzò gli occhi e disse con voce
inespressiva: « Siete vivi. »
Harry rispose cupo, ripulendo gli occhiali
delle macchie di sangue e di fango: « Non c'è bisogno che ti mostri tanto
delusa. »
Kaito cercò di evitare che la discussione
degenerasse: « Dai, non cominciamo… »
Inaspettatamente Mirtilla
rispose, inargentandosi per l'imbarazzo: « Oh, be'...
stavo giusto pensando. Se voi due foste morti, sarei stata lieta di ospitarvi
nel mio gabinetto. »
Kaito fece appello a tutto il suo self control per non rispondere sinceramente alla proposta di Mirtilla, preferendo rinchiudersi in un bagno per cambiarsi
d’abito, ma si ritrovò a concordare con Ron quando uscirono dal gabinetto e si
incamminavano lungo il corridoio buio e deserto: « Bleah!
Kaito, Harry! Credo che Mirtilla sia innamorata di
voi! Ginny, per quanto riguarda Harry hai una concorrente! »
Ma il volto della ragazzina era ancora
rigato da lacrime silenziose.
Ron le lanciò un'occhiata trepidante: « Che
cosa c'è adesso? »
Harry gli fece segno di lasciarla
tranquilla e Kaito annuì.
Fanny apriva la fila e illuminava il
corridoio di una luce dorata. Il piccolo drappello la seguì e poco dopo si
ritrovarono tutti fuori dell'ufficio della professoressa McGranitt.
Harry bussò e poi aprì la porta.
Dovrei cominciare con lo scusarmi per tutti questi mesi di
assenza, causa università e problemi di salute vari… e
invece, dato che sarebbe inutile, perché ormai il danno è fatto e non posso
rimediare.
Vorrei invece concentrarmi sul perché ho scelto di fare questo
capitolo in modo così esageratamente comico. Tranquilli, sarà un’eccezione, ma
l’ho fatto per un motivo ben specifico. Secondo me questo capitolo è il più
assurdo dell’intera trama. Perché? Perché qui Harry è un po’ stupidotto e Voldemort è stupido. Scusate, ma secondo voi,
pur avendo un’amica stesa a terra che non sta bene, ti trovi davanti un
ragazzino di cinquant’anni prima e non ti chiedi che ci faccia lì? E caro Tom,
hai una bacchetta, puoi usarla perché hai fatto la scritta di fuoco, che ti
cosata ucciderlo con quella? O almeno usala per immobilizzarlo così che il
Basilisco possa finire il lavoro!
Ecco, tutte queste cosa che mi hanno sempre lasciato perplessa,
ho voluto criticarle e smontarle grazie all’elemento imprevisto di Kaito. Non so
se questo capitolo vi piacerà o meno, ma dal prossimo torniamo al solito stile,
tranquilli.
Intanto approfitto ancora per ringraziare Giorgia_Weasley,
Meiyo Makoto, Bumbix,
Darkroxas92 e Tsuki no Sasuke
per le recensioni, sperando di averne ancora qualcuna per questo capitolo.
Dunque, nel prossimo i nostri eroi scopriranno
qualcosa in più su Tom Riddle… niente di nuovo? Forse… c’è un personaggio che non sa proprio tutta la vicenda…
Capitolo 16 *** Per favore, mi lasciate andare a dormire? ***
Per
favore, mi lasciate andare a dormire???
Per un attimo regnò il silenzio, mentre
Harry, Ron, Kaito, Ginny e Allock restarono sulla soglia, tutti sporchi, infangati,
doloranti (come Kaito) e (come nel caso di Harry) insanguinati. Si udì un
grido.
« Ginny! »
Era mamma Weasley, che per tutto quel tempo
era rimasta seduta, in lacrime, davanti al camino. Balzò in piedi, seguita dal
marito, e insieme si precipitarono verso la figlia.
Ma gli altri guardavano oltre. Silente era
in piedi accanto al camino, chino sulla professoressa McGranitt che ansimava
premendosi il petto. Fanny si alzò in volo sfiorando l'orecchio di Harry e andò
ad appollaiarsi sulla spalla di Silente; in quello stesso istante, Harry, Ron e
Kaito si ritrovarono tra le braccia di mamma Weasley.
Kaito rimase soffocato dalla stretta e
stava per chiederle di mollare la presa, ma la signora iniziò a gridare: « Voi
me l'avete salvata! Voi me l'avete salvata! Come avete fatto? »
La McGranitt disse con un filo di voce: « Credo
che tutti noi vorremmo saperlo. »
Mamma Weasley lasciò andare Kaito e Harry,
che per un attimo esitò, poi si avvicinò alla scrivania, dove posò il Cappello
Parlante e quel che rimaneva del diario di Riddle;
Kaito fece lo stesso con la spada ornata di rubini, su cui si era appoggiato
fino a quel momento, andandosi poi a sedere su una sedia.
Poi Harry cominciò a raccontare. Per circa
un quarto d'ora parlò, circondato da un silenzio assorto: raccontò della voce
incorporea, di come alla fine Hermione avesse capito che si trattava della voce
di un Basilisco, di come lui e Ron avessero seguito i ragni nella foresta
mentre Kaito li copriva nella Sala Comune; raccontò di Aragog,
che gli aveva detto dove era morta l'ultima vittima del Basilisco; di come avevano
indovinato che la vittima era Mirtilla Malcontenta,
dell’interrogatorio che le aveva fatto Kaito e di come avevano capito che
l'ingresso della Camera dei Segreti avrebbe potuto essere nel suo gabinetto...
Quando lui si interruppe la McGranitt lo
incalzò: « Va bene, avete scoperto dove era l'ingresso... dovrei aggiungere,
infrangendo almeno un centinaio di regole della scuola! Ma come diavolo siete
riusciti a venirne fuori vivi? »
Fu così che Harry, aiutato da Kaito perché
iniziava ad avere la voce rauca per il gran parlare, raccontò delle acrobazie
di Kaito nel suo candido costume, del tempestivo arrivo di Fanny e del Cappello
Parlante, che gli aveva consegnato la spada. Ma poi esitò. Fino a quel momento
aveva evitato di parlare del diario di Riddle... o di
Ginny. La ragazzina stava in piedi, con la testa appoggiata alla spalla di
mamma Weasley e con le guance ancora rigate di lacrime. Kaito indovinò i pensieri
di Harry, e ne condivise le preoccupazioni. Il diario di Riddle
non funzionava più... come avrebbero potuto dimostrare che era stato lui a
indurla a fare tutto?
Istintivamente Harry guardò Silente, che
ricambiò lo sguardo con un lieve sorriso, dietro alle lenti dei suoi occhiali a
mezzaluna su cui si riflettevano i bagliori del fuoco.
Il preside a quel punto disse con dolcezza:
« Quel che più mi interessa è come ha fatto Voldemort a incantare Ginny,
quando, dalle mie fonti, risulta che vive nascosto nelle foreste dell'Albania. »
Sollievo... un caldo, travolgente,
meraviglioso sollievo inondò il cuore di Harry e Kaito.
Il signor Weasley chiese sbigottito: « C-chi è stato?Voi-sapete-chi? Incantare Ginny? Ma Ginny non è...
Ginny non è stata... oppure sì? »
Harry prese in mano il libretto e lo mostrò
a Silente: « È stato questo diario. Riddle lo ha
scritto quando aveva sedici anni. »
Silente lo prese dalle mani di Harry e,
dall'alto del suo lungo naso adunco, ne scrutò le pagine bruciacchiate e zuppe.
« Eccezionale. Certo, fu forse l'allievo
più brillante che sia mai passato a Hogwarts. » Si girò verso i Weasley, che
avevano un'aria assolutamente attonita.
« Pochi sanno che una volta Voldemort si
chiamava Tom Riddle. Io stesso sono stato uno dei
suoi insegnanti, cinquant'anni fa, qui a Hogwarts. Dopo che ebbe lasciato la
scuola scomparve... viaggiò per ogni dove... si immerse profondamente nelle
Arti Oscure, si alleò con i peggiori della nostra specie, subì tali e tante
trasformazioni pericolose e magiche, che quando ricomparve come Lord Voldemort
era quasi irriconoscibile. Quasi nessuno lo collegò al ragazzo brillante e
avvenente che un tempo era stato Caposcuola qui. »
Mamma Weasley era sconvolta: « Ma, Ginny? Che
cosa c'entra Ginny con... con lui?
»
Ginny singhiozzò: « Il suo d-diario! Per
tutto l'anno io ci ho scritto su i miei segreti, e lui ha continuato a
rispondermi... »
Il signor Weasleyesclamò
esterrefatto « Ginny! Ma
allora io non ti ho insegnato proprio niente? Che cosa ti ho sempre
detto? Non ti fidare mai di niente che pensi da solo se non riesci a capire
dove ha il cervello. Perché non hai mostrato il diario a me o a tua madre?
Un oggetto tanto sospetto, era chiaro che fosse strapieno di magia nera!
»
« I-io n-non lo
sapevo. L'ho trovato dentro uno dei libri che mi ha comprato mamma. Io pe-pensavo che qualcuno ce lo avesse lasciato e poi
l'avesse dimenticato... »
Silente interruppe con voce ferma: « La
signorina Weasley dovrebbe salire immediatamente in infermeria. È stata una
prova terribile per lei. Non ci saranno punizioni. Maghi più vecchi e saggi di
lei sono stati messi nel sacco da Voldemort. » Avanzò verso la porta e l'aprì, aggiungendo
con una garbata strizzatina d'occhi: « Riposo a letto e, perché no?, una grossa
tazza di cioccolata bollente. A me fa tornare sempre il buonumore. Vedrai che
Madama Chips è ancora sveglia. Sta distribuendo la
pozione di mandragola... credo che le vittime del Basilisco stiano per
svegliarsi da un momento all'altro, se non l’hanno già fatto. »
Ron chiese animatamente: « Allora Hermione
sta bene? »
Kaito s’aggiunse: « E Sheridan e Colin? »
« Non ci sono stati danni irreversibili. »
Mentre Kaito si concedeva un sospiro di
sollievo, Mamma Weasley accompagnò Ginny fuori, seguita dal marito che appariva
ancora profondamente scosso.
Silente aggiunse pensieroso rivolgendosi
alla McGranitt: « Sai Minerva, credo proprio che dopo tutta questa vicenda ci
voglia un bel banchetto. Posso chiederti di scendere ad avvisare le
cucine? »
« Senz'altro. La lascio solo a vedersela
con Potter, Weasley e Kuroba, va bene? »
« Ma certo. »
La McGranitt lasciò la stanza, e Harry, Ron
e Kaito levarono sul preside uno sguardo perplesso. Che cosa aveva voluto
intendere, la professoressa McGranitt, dicendo che Silente doveva vedersela con
loro? Non che dovevano essere puniti! Oppure sì?
« Potter, Weasley, per quanto riguarda voi
due mi sembra di ricordare di avervi avvertito che se aveste infranto un'altra
volta le regole della scuola avrei dovuto espellervi. E anche tu, Kuroba, prima
di cominciare l’anno mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro sul fatto
che non volevo che ti mettessi…troppo in mostra, se ci siamo intesi. »
Ron spalancò la bocca inorridito. Kaito
mantenne lo sguardo serio e la sua faccia da poker.
Silente a quel punto sorrise: « Il che sta
a dimostrare che anche i migliori fra noi, a volte, sono costretti a
rimangiarsi quel che dicono. Riceverete tutti un Encomio Speciale per i Servigi
resi alla scuola e poi... vediamo un po'... sì, duecento punti ciascuno per il
Grifondoro. »
Ron diventò di un rosa acceso molto simile
ai fiori di Allock per San Valentino e chiuse la bocca. Kaito sorrise.
« Ma c'è uno fra noi che ha le labbra
cucite e a quanto pare non vuol parlare del suo ruolo in questa pericolosa
avventura. A che dobbiamo tanta modestia, Gilderoy? »
Harry sussultò. Si erano completamente
dimenticati di Allock. Si voltarono e videro che era rimasto in piedi in un
angolo della stanza; sul volto gli aleggiava ancora quel vago sorriso. Quando
Silente gli rivolse la parola, lui si guardò alle spalle per vedere con chi
stesse parlando.
Ron spiegò velocemente: « Professor
Silente, c'è stato un incidente, giù nella Camera dei Segreti. Il professor
Allock... »
L’uomo di dimostrò vagamente sorpreso: « Ah,
sono un professore? Santo cielo, sono proprio un disastro, non è vero? »
Kaito annuì: « Ha proprio ragione. »
Harry gli diede una gomitata: « Ma lascialo
un po’ in pace, almeno ora! »
« Lui ha lasciato in pace me durante
l’anno? No. E allora... »
Ron li ignorò e continuò a spiegare,
abbassando la voce con un po’ di vergogna: « Ha cercato di fare un Incantesimo
di Memoria e la bacchetta glielo ha ritorto contro. »
Silente scosse il capo e facendo fremere i
lunghi baffi d'argento esclamò: «Mamma mia! È rimasto infilzato sulla sua
stessa spada, Gilderoy! »
Allock rispose in tono vago: « Spada? Io
non ho una spada. Però ce l'hanno i ragazzi. Loro ve la potranno senz'altro
prestare. »
Silente si rivolse a Ron: « Ti spiace
accompagnare anche il professor Allock in infermeria? Vorrei scambiare ancora
due parole con Harry e Kaito... »
Allock si avviò verso l'uscita. Mentre
richiudeva la porta Ron gettò un'occhiata incuriosita a Silente e agli amici.
Silente si avvicinò a una delle sedie
accanto al fuoco: « Siediti anche tu, Harry. »
Il ragazzo obbedì, mostrando un evidente
nervosismo.
Silente li guardò con occhi di nuovo
brillanti: « Prima di tutto, Harry, Kaito, voglio ringraziarvi. Dovete avermi
dimostrato una vera lealtà, giù nella Camera. Soltanto quella può avere indotto
Fanny ad avvicinarsi a voi. »
Kaito sorrise: « In realtà ha fatto tutto
Harry. Io ero leggermente impegnato
con un Basilisco. »
Il preside accarezzò la fenice, che si era
accovacciata sulle sue ginocchia. Harry sorrise imbarazzato mentre Silente lo
guardava.
« E così avete conosciuto Tom Riddle. Immagino che fosse molto interessato a te,
Harry... »
Tutt'a un tratto, la cosa che tormentava
Harry gli uscì di getto dalle labbra: « Professor Silente... Riddle ha detto che io sono come lui. Strane somiglianze,
ha detto... »
Silente guardò pensieroso il ragazzo da
sotto le folte sopracciglia d'argento: « Ah sì? Ma davvero? E tu che ne pensi,
Harry? »
Kaito si sentì improvvisamente di troppo
nella discussione.
Harry rispose con voce più alta del
normale: « Io non credo di essere come lui! Voglio dire, io sono... io
appartengo al Grifondoro, io sono... »
Ma poi tacque per qualche istante, come se
cercasse il coraggio di continuare.
« Professore, il Cappello Parlante mi disse
che io... che... sarei stato bene fra i Serpeverde. Per un po' tutti hanno
pensato che fossi io l'erede di Serpeverde... perché parlo il Serpentese... »
Il preside gli rispose con molta tranquillità:
« Harry, tu parli il Serpentese, perché Voldemort -
che è l'ultimo discendente rimasto di Salazar Serpeverde - parla il Serpentese. A meno che io non mi sbagli di grosso, la notte
in cui ti ha lasciato quella cicatrice ti ha trasmesso alcuni dei suoi poteri.
Anche se di certo non ne aveva intenzione... »
« Voldemort ha messo un pezzetto di sé
dentro di me? »
« Si direbbe proprio di sì. »
Kaito bisbigliò al ragazzo: « Io ti
consiglierei di farti pagare l’affitto, hai già un bel po’ di anni di arretrati… »
Silente sorrise divertito, ma Harry
sembrava disperato: « Allora è vero che dovrei stare con i Serpeverde! Il
Cappello Parlante ha visto in me il potere di Serpeverde e... »
« Ti ha assegnato al Grifondoro. »
Harry rimase sorpreso dall’interruzione del
preside, ma a quel punto intervenne Kaito: « Harry, il Cappello Parlante non
tiene conto di tutto quel che vede. Anche con me era davvero molto indeciso su
dove mettermi… e se avesse dovuto a badare a tutto quello che aveva visto nella mia
testa, credimi, sarebbe ancora lì a pensare! »
Silente continuò, sempre calmo: « Ascoltami
bene, Harry. Si dà il caso che tu abbia molte qualità che Salazar Serpeverde
apprezzava nei suoi alunni, che selezionava accuratamente. Il dono molto raro
del Serpentese... intraprendenza...determinazione...
un certo disprezzo per le regole…ma di certo non sei l’unico. Credimi, anche
Kaito ha molte di queste caratteristiche… »
Kaito sorrise leggermente imbarazzato alla
penetrante occhiata complice del preside.
« E tuttavia, il Cappello Parlante ti ha
assegnato al Grifondoro. Tu sai perché. Pensaci. »
Harry rispose deluso: « Lo ha fatto perché
gli ho chiesto io di non andare fra i Serpeverde... »
Silente lo guardò ancora una volta tutto
raggiante: « Appunto. Il che ti rende assai diverso da Tom Riddle. Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano
quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità. Ma se proprio vuoi
una prova che appartieni al Grifondoro, ti consiglio di dare un'occhiata più da
vicino a questa. »
Così dicendo, si avvicinò alla scrivania
della McGranitt, prese la spada d'argento macchiata di sangue e gliela porse. Kaito
si sporse leggermente per osservare meglio, mentre Harry, come inebetito, la
rivoltò; i rubini mandavano bagliori luminosi alla luce del fuoco. Fu allora
che vide il nome inciso proprio sotto l'elsa.
Godric Grifondoro.
« Soltanto un vero Grifondoro avrebbe
potuto estrarla dal cappello, Harry. »
Kaito si limitò a dargli una pacca sulla
spalla, poi Silente si rivolse proprio a lui.
« Kaito, se non sbaglio io ti avevo chiesto
di non mostrare quel costume. »
Il ragazzo rispose: « Ehi, dovevo
affrontare un serpente gigante, avevo bisogno di tutta la mia attrezzatura! Non
vado a farmi ammazzare così facilmente senza nemmeno sfoderare tutti miei assi
nella manica! »
« Comprendo, quindi per questa volta passi.
Ma sai bene che non è per me che lo dico, ma per te. »
Harry non capì molto del loro discorso, ma
si ricordò improvvisamente di una cosa: « A proposito, Kaito, volevo chiederti
una cosa. »
« Dimmi. »
« Prima, nella Camera, quando hai lanciato
quel fumogeno per sfuggire al Basilisco…come hai fatto a spostarti così velocemente?
Un attimo prima eri vicino alla testa e un attimo dopo eri alla coda… »
Concentrando la sua attenzione su Harry, al
prestigiatore sfuggì lo sguardo del preside, che per un momento s’illuminò come
se avesse scoperto qualcosa d’importante e atteso a lungo. Ma durò meno di un
istante e nessuno se ne accorse.
Kaito sorrise imbarazzato: « Corro molto
veloce. Ho avuto modo di fare…allenamento, diciamo così. »
Silente gli sorrise in modo complice, con
aria soddisfatta.
« Bene, Kaito, direi che dovresti andare da
Madama Chips a farti curare quella brutta storta.
Puoi aiutarti con questa. »
Con un gesto della bacchetta fece comparire
una stampella, che Kaito afferrò e con cui s’avviò zoppicando verso
l’infermeria lasciando Harry e Silente da soli, facendo ben attenzione a
schivare un uomo dai capelli biondo platino dall’aria molto arrabbiata e un esserino contorto e marrone avvolto in stracci.
« Muoviti, Dobby!
»
Kaito si voltò un attimo: « Dobby? Ma non era quell’elfo che Harry…vabbè, va, lasciamo stare, per stasera sono troppo
stanco. »
« AHI! »
« La tua caviglia è a posto, Kuroba. Puoi
andare al banchetto. »
Il ragazzo sbadigliò rumorosamente: « Ma
che banchetto e banchetto, io me ne vado a dormire. »
Madama Chips lo
spinse fuori praticamente di peso: « Niente storie, il banchetto è
obbligatorio. E adesso fuori, che devo risvegliare ancora un bel po’ di
pietrificati! »
« Giusto! Colin e Sheridan? »
« Fuori, ho detto! Li vedrai dopo! »
Il prestigiatore si ritrovò solo nel
corridoio. Ebbe la forte tentazione di ignorare l’ordine e di filare subito a
dormire, ma a metà della scalinata fu letteralmente placcato dai tre rimasti della
sua classe, tutti in pigiama.
Nicole gridò con voce acuta: « Kaito! Sei
vivo! »
« Per fortuna direi di sì. »
Stephen lo guardò sorpreso: « Ci avevano
detto che eri stato preso anche tu dall’erede di Serpeverde! »
« Non è proprio così…
»
Nicole lo afferrò per un braccio e iniziò a
trascinarlo giù per la scalinata: « Ce lo racconterai al banchetto, andiamo! »
Kaito fece una smorfia: « No, dai,
lasciatemi andare a dormire, sono stanco morto… »
Thomas lo spinse: « Niente da fare, verrai
con noi e non accettiamo scuse. Scompari un attimo e succede di tutto, te lo
sogni che ti perdiamo nuovamente di vista! »
Il ragazzo sospirò disperato: « Sigh… »
Kaito aveva partecipato a molti banchetti a
Hogwarts, ma nessuno poteva essere paragonato a quello. Tutti indossavano il
pigiama e nonostante fosse organizzato all’ultimo secondo era tutto perfetto.
Nicole sorrise entusiasta: « Non è
fantastico, Kaito? Kaito? »
Il ragazzo non le rispose nemmeno. Si era
appisolato sul tavolo, con testa appoggiata al piatto d’oro ancora vuoto.
Thomas lo guardò sorpreso: « Accidenti,
allora non scherzava quando diceva di essere stanco morto! »
Stephen prese la macchina di Colin: «
Proviamo a svegliarlo così! »
Ma neanche il flash sembrò ottenere i
risultati sperati. A quel punto però i compagni notarono due ombre minacciose
che incombevano sul prestigiatore.
Un boato vicino al suo orecchio sinistro
fece saltare Kaito di un buon metro sulla panca: « EH? CHI, COSA, COME, BASTA
BASILISCHI!!! »
Dopo un attimo di comprensibile
smarrimento, Kaito si voltò notando i gemelli Weasley con i resti di due
petardi Filibuster in mano.
George gli sussurrò a un orecchio: « Così
impari a lasciarci fuori dai piani, Mangetsu! »
Fred fece lo stesso nell’altro: «
Soprattutto quando riguardano nostra sorella e un membro dei Malandrini… »
« M-messaggioricevuto, ragazzi…
»
Nicole rise: « Ti sei svegliato, Kaito? »
« Direi di sì… se
non mi sono partite due coronarie… »
I gemelli si diedero il cinque alle sue
spalle.
Kaito sospirò: « Basta emozioni per staser… »
Non ebbe il tempo di finire la frase che le
porte della Sala si aprirono facendo entrare alla spicciolata i pietrificati.
Hermione corse incontro a Harry gridando: «
Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta! »
Harry impiegò un po’ a rispondere: « Hermione… il collo…lasciami… »
Ron fece il finto offeso: « Ehi, neanche
una parola di ringraziamento per me? »
« Oh, se vuoi farti strozzare un po’,
prego, ti lascio il posto! »
Kaito sorrise nel vedere il trio riunito
che rideva.
« Ehi, quella non è la mia macchina fotografica?
»
« COLIN!!! »
Il ragazzino venne assalito da tutta la sua
classe.
« Sei tornato, sei tornato! »
« Sì, se non mi uccidete ora… »
Una voce femminile l’interruppe: « C’è un
posticino anche per me? Vorrei salutarlo anch’io… »
« SHERIDAN! »
Ginny sbiancò facendo un passo indietro.
Proprio quel gesto attirò l’attenzione della compagna su di lei.
« TU… MALEDETTA,
SEI STATA TU! »
Kaito impiegò un paio di secondi a fare due
più due: « Oh-oh…“attenti
a…” non dirmi che lei ha visto…
»
Sheridan fece un balzo sulla compagna: «
SEI STATA TU A PIETRIFICARE TUTTI!!! MA ORA IO TI… »
« AAAAAHHH!!! »
Ginny riuscì a divincolarsi e a nascondersi
sotto la tavolata di Grifondoro, mentre Sheridan disperatamente cercava di
prenderla. La Weasley, a carponi sotto la tavolata, schivando tutti i piedi,
salmodiava quelle che sembravano preghiere in aramaico, mentre tutti i
Grifondoro tentavano di trattenere Sheridan di peso.
« TU MI HAI
PIETRIFICATA PERCHÉ TI AVEVO VISTA! E ADESSO MI
SPIEGATE PERCHÉ STATE BLOCCANDO ME AL POSTO SUO? SE APRE BOCCA E SI RIMETTE A
PARLARE IN SERPENTESE SIAMO TUTTI SPACCIATI! IO… »
« PietrificusTotalus. »
Sheridan si ritrovò immobilizzata, mentre
Fred sospirava, ancora con la bacchetta puntata: « Deduco che non ti abbiano
informata degli ultimi aggiornamenti, eh? »
George si unì al fratello: « Mettiti
comoda, che ora ci pensiamo noi… ah, già, in questo
momento non hai molta altra scelta… »
E mentre i gemelli illustravano la
situazione a Sheridan, Ginny si rifugiò dietro Kaito, osservando la compagna
con timidezza, sperando probabilmente di intuire cosa le passasse per la testa
solo dal movimento degli occhi. Kaito stava in piedi per disperazione, visto
che Morfeo continuava a tentarlo anche grazie all’aiuto dei gemelli, che con la
loro voce monotona sembrava gli stessero raccontando la fiaba della buonanotte,
e riuscì a tenersi sveglio solo concentrandosi su dettagli intorno a lui come,
per esempio, Justin che, alzandosi dal tavolo dei Tassorosso
per stringere la mano ad Harry, non la finiva più di chiedergli scusa per avere
sospettato di lui.
« Allora, tutto chiaro Sheridan? Adesso ti spietrifichiamo e tu non assalterai più nostra sorella con
intenti omicidi, va bene? »
« Uno, due… tre.
»
I gemelli sciolsero l’incantesimo e si
prepararono a placcare la Malandrina in caso di reazioni scomposte. Sheridan
impiegò qualche secondo per recuperare la mobilità, poi guardò seria Ginny, o
almeno il ciuffo di capelli rossi che s’intravvedeva dietro la schiena di
Kaito, e sospirando disse: « Dai, esci di lì. Non ti uccido. »
Ginny squittì: « Sicura? »
Sheridan sorrise: « Sicura. Sapevo che non
eri in te. »
Ginny sbirciò la compagna con gli occhi
lucidi: « D-davvero? »
La ragazza dai capelli scuri l’abbracciò: «
Bentornata Ginny. Ma vedi di non farmi più scherzi del genere o la prossima
volta non te la caverai con così poco! »
Sì, era sicura, quella era la vera Ginny.
Ripensò un attimo agli occhi rossi che l’avevano attaccata. Non avevano nulla a
che fare con quelli che sgorgavano lacrime sulla sua spalla.
Sheridan allontanò l’amica di colpo: « Ehi,
smettila di piangere, che mi bagni tutta la divisa! E voi due…
»
La ragazza tirò un calcio ai gemelli: « Non
potevate fermarmi in un altro modo? Ero stata pietrificata fino ad ora! »
I Grifondoro scoppiarono a ridere, fino a che
la McGranitt cercò di attirare l’attenzione della Sala battendo un cucchiaio
sul calice.
« Volevo approfittare della lieta occasione
per annunciare il vincitore della Coppa delle Case. »
Il silenzio calò sulla Sala Grande come un
manto di neve.
« Grazie ai seicento punti guadagnati
questa sera, la casa vincitrice è… Grifondoro! »
Un boato si alzò dal tavolo corrispondente.
Molti abbracciarono Harry, Ron e Kaito.
« E inoltre come regalo della scuola, tutti
gli esami di fine anno sono annullati. »
Due voci in coro esclamarono a gran voce: «
OH, NO! »
I gemelli si voltarono verso Kaito: « No,
scusa, capisco Hermione, ma tu di che ti lamenti? »
Kaito crollò con la testa sul tavolo: «
Cioè, ho passato tutto l’anno ad allenarmi ad andare su quella maledetta scopa
e ora passo d’ufficio l’esame? »
Tutto il tavolo scoppiò in una sincera
risata. Adesso che anche Hagrid, tornato alle tre e mezza del mattino giusto in
tempo per dare ad Harry e Ron una pacca sulla spalla così poderosa da mandarli
con la faccia dentro al piatto di zuppa inglese, era di nuovo al suo posto sì,
ora era tutto finito.
Gli ultimi giorni trascorsero in un trionfo
di sole. Hogwarts era tornata alla normalità con pochi piccoli cambiamenti: le
lezioni di Difesa contro le Arti Oscure erano state annullate (« Tanto, abbiamo
fatto un bel po' di esercizio. » aveva commentato Ron con Hermione, contrariata
per la notizia) e LuciusMalfoy
era stato licenziato dal suo incarico di amministratore della scuola. Draco non se ne andava più in giro tutto tronfio come se
fosse il padrone del posto. Al contrario, aveva un'aria risentita e
imbronciata. Infine Ginny Weasley era tornata la ragazzina felice che era
sempre stata.
Poi, un bel giorno, i loro guardaroba si
svuotarono di colpo, i bauli si riempirono e a tutti gli studenti vennero
distribuiti avvisi scritti di non usare la magia durante le vacanze. A tutti,
tranne a Kaito, che invece della lettera prestampata, si trovò un biglietto
manoscritto del preside.
Caro
Kaito, noterai subito che questa lettera è diversa da quella dei tuoi compagni.
La differenza è in realtà molto semplice e intuitiva e riguarda la vostra
differenza d’età. Tra pochi giorni compirai infatti diciassette anni e per il
mondo magico raggiungerai la maggiore età; dunque io non posso vietarti
ufficialmente di usare la magia. Tuttavia mi permetto di chiedertelo come
favore personale: sarai d’accordo anche tu che dopo solo un anno di studio è
molto facile che l’uso della magia ti possa risultare potenzialmente
problematico.
Sperando
che tu possa lasciare la tua bacchetta nel cassetto per tre mesi senza
particolari rimpianti, ti auguro buone vacanze e, in anticipo, un buon
compleanno.
Albus
Silente
Kaito sorrise. Ma non c’era neanche bisogno
di dirlo, non aveva alcuna intenzione di mettersi nei guai d’estate con la
magia. Aveva altri modi per farlo.
Il giorno del rientro a casa con l'Espresso
di Hogwarts giunse fin troppo presto. Harry, Ron, Hermione, Fred, George, Ginny,
Kaito e Sheridan occuparono uno scompartimento tutto per loro. Sfruttarono al
massimo le ultime ore che gli restavano per sparare magie all'impazzata prima
delle vacanze. Giocarono a Spara Schiocco, fecero scoppiare gli ultimi fuochi
d'artificio Filibusterdi Fred e George
e si esercitarono a disarmarsi a vicenda con incantesimi vari. Harry e Kaito
stavano diventando dei campioni in questa specialità.
Erano quasi arrivati alla stazione di King's Cross quando Harry si ricordò di una cosa.
« Ginny... che cosa hai visto fare a Percy che lui non voleva tu raccontassi a nessuno? »
Ginny fece una risatina « Ah, sì! Be'... È
che Percy ha una ragazza. »
Per lo stupore, Fred fece cadere una pila
di libri sulla testa di George.
« Cosa? »
« È il Prefetto dei Corvonero,
Penelope Light. Ecco a chi scriveva l'estate scorsa. Per tutto l'anno scolastico
si sono incontrati in segreto. Un giorno li ho visti che si baciavano in una
classe vuota. Lui era così sconvolto quando lei... be'...
quando lei è stata aggredita. Non lo prenderete in giro, vero? »
« Non ce lo sogniamo neanche. » disse Fred
che aveva l'aria di chi ha scoperto che il suo compleanno è arrivato prima del
tempo.
« Certo che no! » confermò George
sforzandosi di non ridere.
L'Espresso di Hogwarts rallentò e infine si
fermò. Tutti scesero sulla banchina.
Kaito sospirò: « Bè,
è arrivato il momento di salutarci! Scusate se non mi tratterrò a lungo, ma fra
non tanto ho l’aereo… »
George si batté una mano sulla fronte: «
Oh, giusto, tu non sei mica ancora arrivato! »
« Assolutamente no, ho ancora da
attraversare mezzo globo. »
« E allora fatti salutare come si deve! »
Senza alcun preavviso, i gemelli placcarono
il prestigiatore di peso.
« Stacci bene, Mangetsu!
»
« E ricordati che i Malandrini non vanno in
vacanza, quindi vedi di tenere in allenamento Aoko,
che dobbiamo spedirti un po’ di lettere! »
Kaito sorrise: « Sarà fatto, non perderemo
i contatti! E tranquilli, la mia colomba è già in viaggio verso casa! »
« Bravo! »
« E grazie ancora per aver aiutato Ginny. »
« Dovere di compagno, di amico e di
Malandrino. »
E dopo aver salutato tutti per bene, Kaito
s’avviò verso i taxi che attendevano i clienti fuori dalla stazione di King
Cross.
« KAITO!!! »
Il ragazzo salutò con la mano con cui non
stava spingendo il carrello con i bagagli la ragazza che gli stava correndo
incontro.
« Aoko! Sei venuta
a prendermi all’aeroporto? »
La ragazza l’abbracciò: « Dopo tutti questi
mesi d’attesa era il minimo! »
Kaito sorrise. Non gliel’avrebbe mai
ammesso, ma era davvero molto felice di vederla.
« Hai l’aria stravolta! Stai bene? »
« Un po’ di jet leg,
ma nulla di più. »
Aoko lo guardò con aria furbetta: « E… hai impegni quest’estate? »
« A parte i classici compiti delle vacanze,
direi di no, perché? »
Aoko sorrise e gli rifilò un plico di fogli: «
Perché abbiamo bisogno di te. »
Kaito la guardò perplesso: « Eh? »
La ragazza sorrise senza dargli spiegazioni
e il prestigiatore si limitò a sospirare. Evidentemente non avrebbe avuto pace
nemmeno durante le vacanze estive.
Buonasera a tutti! E con questo abbiamo finito il secondo libro
della serie! Come vedete mi sto impegnando per tornare in carreggiata per i
miei lettori… che a giudicare dai commenti si sono un
po’ diradati…
Per intanto, ringrazio Giorgia_Weasley
e Darkroxas92 per le recensioni.
Il prossimo capitolo è un regalo per chi non conosce il
personaggio di Kaito Kid originale… perché no,
neanche le vacanze di Kaito saranno tranquille!
Kaito la fermò: «Conosco la storia del mago
di Oz, non è questo il punto! Ma perché l’altro
giorno mi hai dato un copione teatrale sul mago di Oz?»
La ragazza sbuffò: «La nostra classe,
quella che frequentavi anche tu prima di andartene a spasso per il mondo, se
ancora ti ricordi…»
«Certo che mi ricordo, non sono mica così
smemorato! Se credete davvero che vi possa essere scordato di voi solo perché
sono andato a studiare all’estero siete davvero…»
«Appunto perché tutti pensiamo che fai e
farai sempre parte della classe volevamo coinvolgerti in questa recita di
beneficienza, per di più visto che c’è un ruolo che sembra fatto apposta per
te.»
Kaito guardò interessato il plico: «Oz… che se non sbaglio era proprio un prestigiatore…»
«Appunto! T’immagini quanto sarebbe bello
se Oz facesse davvero dei trucchi di prestigio? Con
tutto quello che avrai imparato poi in Inghilterra…»
Il ragazzo sorrise: «Quei trucchi li tengo
solo per le grandi occasioni, è meglio… per questo
spettacolo direi di optare per qualcosa di più tradizionale…
ma comunque d’effetto scenico.»
Aoko s’illuminò: «Quindi ci aiuterai?»
«Oz ha poche
battute, non è così faticoso. E poi ho voglia di rivedere gli altri.»
«Grazie!»
«Quando sarebbe lo spettacolo?»
«Giovedì prossimo.»
Kaito ricorse alla sua faccia da poker per
nascondere il disappunto: «Ah, proprio giovedì? Accidenti…»
Aoko lo guardò delusissima: «Non puoi?»
Il ragazzo imprecò mentalmente. E no, non
poteva fargli subito gli occhioni da cerbiatto
abbandonato, non era più allenato!
«Avevo promesso ai miei cugini di andare a
far loro una visita, ma magari riesco a coordinare gli orari, ora vediamo…»
«Quindi è un sì?»
«Diciamo che non è un no, per il momento
accontentati.»
Aoko esultò: «Evviva! Vado a dirlo agli altri!»
Kaito sorrise: «Dimmi solo quando ci sono
le prove…»
La ragazza prese la giacca e si avviò verso
l’uscita: «Certo! A dopo!»
«Ciao, Aoko.»
Non appena la ragazza chiuse la porta,
dalla stanza affianco uscì un signore anziano vestito di tutto punto.
«Giovedì? Ma signorino Kaito, giovedì…»
Il ragazzo si voltò verso di lui: «Non mi
sono dimenticato dei “cugini”, tranquillo…»
Jii sorrise: «Quelli che vengono solo giovedì?»
«Esatto. Tira fuori la cartina, Jii, che è ora che Kaito Kid ritorni in azione.»
L’uomo tirò fuori un rotolo e lo srotolò
sul tavolo, mentre Kaito prendeva alcune foto.
«La rosa di Baghdad. Davvero un gran bel
rubino, un pezzo di grande valore.»
«Sarà quello Pandora, la pietra in grado di
donare l’immortalità?»
«Non lo so, Jii,
l’unico modo per scoprirlo è guardarlo alla luce della luna piena…
ma se questa volta sarà il gioiello che stiamo cercando, stai tranquillo che lo
distruggerò per impedire agli uomini che hanno ucciso mio padre di metterci
sopra le loro sporche manacce insanguinate. Altrimenti lo restituirò come
sempre, dopotutto Kaito Kid è un ladro gentiluomo.»
«La luna piena è proprio il nostro
problema, signorino…»
Kaito osservò con attenzione la foto del
museo: «Già… questo bel gioiello è in esposizione in
Giappone proprio fino a giovedì pomeriggio, poi verrà trasferito altrove. E
giovedì c’è la prima notte di luna piena…Jii, dobbiamo prenderlo per forza quella sera, mentre lo
stanno trasportando, o perderemo la nostra occasione.»
L’uomo e il ragazzo rimasero a discutere
per un’oretta abbondante, poi a Kaito squillò il cellulare.
«È Aoko per le
prove, devo andare… ma direi che è tutto a posto. Tu
pensa a mandare il biglietto d’avviso, al resto penso io.»
«Ma signorino Kaito, come farà a recitare e
a rubare alla stessa ora?»
Il ragazzo s’avviò verso l’uscita facendo
l’occhiolino: «Mi basterà interpretare Oz fino in
fondo! A dopo Jii!»
L’anziano assistente lo guardò
allontanarsi: «A volte mi chiedo se fa così perché è giovane o perché è un genio… oh, signor Toichi, vegli
lei su quello scapestrato!»
«Accidenti, vi siete davvero dati da fare!»
«Kaito!»
In pochi minuti il prestigiatore fu
letteralmente assaltato dai suoi ex compagni di classe, che lo salutarono,
abbracciarono, tempestarono di domande. Il ragazzo sorridente rispose a tutti,
felice di quell’accoglienza così calorosa. Quando finalmente gli lasciarono un
po’ di respiro, si avvicinò al palco dove stavano preparando l’allestimento
scenico.
«Davvero molto bello. Avete già preparato
la scenografia per il mio ingresso in scena?»
Una ragazza con gli occhiali scosse la
testa: «No. Nel libro Oz compariva con una grossa
sfera verde in cui era riflesso il suo volto e con un vocione spaventoso, non
siamo ancora riusciti a preparare quel pezzo, eravamo occupati dalla casa di
Dorothy e dalla tromba d’aria… senza contare la
strada dei mattoni gialli…»
«Allora se non vi dispiace ci penso io.
Così potrò prepararmi anche l’attrezzatura per i trucchi da usare dopo, va
bene?»
«Oh, ma certo, ci risparmi un lavoro!»
«Ottimo.»
Una voce sibilante alle spalle del ragazzo
lo fece trasalire: «Se sei un vero mago non dovresti usare attrezzature…»
Per un secondo la mente di Kaito andò a Tom
Riddle, poi, rendendosi conto di aver compreso
perfettamente le parole, si voltò e si trovò davanti una persona decisamente
più familiare, per quanto altrettanto terrorizzante.
«Akako?»
«Bentornato in patria, Kaito.»
«Accidenti, con il trucco verde non ti
avevo riconosciuta!»
Akako fece una smorfia: «In regia hanno voluto
ispirarsi al film degli anni ‘30…»
«Quindi a te tocca la strega cattiva, eh?
Un ruolo che ti si addice…»
«Mai quanto il tuo. Il prestigiatore
imbroglione sembra disegnato su misura per te…»
Kaito ridacchiò, ma la ragazza gli sussurrò
all’orecchio: «Come pensi di fare con il furto in contemporanea, mio caro Kaito
Kid? Ti ricordo che giovedì sarai ancora per tre giorni minorenne per il mondo
magico inglese e ti è vietata la magia…»
Kaito non si stupì nemmeno di come facesse Akako a sapere della rapina. Più di una volta quella
ragazza gli aveva dimostrato di sapere più di quanto avrebbe dovuto.
«Smettila di vedermi solo come mago. Kaito
Kid può fare miracoli anche senza usare la bacchetta, e l’ha già dimostrato più
di una volta.»
Akako sorrise: «Vedremo…»
La ragazza fece per allontanarsi, ma Kaito,
notando un particolare, la fermò: «Ehi, quella scopa è vera?»
«Ti sembra finta?»
«Non avrai intenzione di usare un vero
manico di scopa per…»
«Io sono una strega, Oz,
non un imbroglione da quattro soldi come te. Se devo usare la magia, la uso.»
«E se ti scoprono?»
«Io ho finito la scuola da un pezzo, posso
usare la magia come e quanto mi piace. E se qualcuno mi chiederà qualcosa,
posso sempre dire che ti ho chiesto una mano per farmi tirare su con i fili.»
Kaito sorrise: «Sarò anche un imbroglione,
ma ogni tanto servo a salvarti la faccia, eh?»
Akako lo fulminò con lo sguardo: «Non
provocarmi, Kaito Kuroba. Non sono un avversario alla tua portata.»
«Scommettiamo?»
Akako si allontanò: «Ti pentirai di avermi
sfidato.»
«Vedremo.»
«Vedremo cosa?»
Kaito trasalì un’altra volta: «Ah, Aoko! Ma cos’è, oggi volete farmi venire tutte un infarto? E… oh, cavolo, ma come ti sei conciata?»
Aoko strinse il peluche che aveva in mano: «È
il costume di Dorothy. Non prendertela con me, che non l’ho cucito io!»
«A me sembra più quello di Alice nel paese
delle meraviglie della Disney! E quel peluche striminzito al guinzaglio
dovrebbe essere Toto?»
«Se hai un cucciolo vero hai solo da
prestarcelo!»
Un compagno di classe gridò loro: «Ehi,
Kaito è tornato da mezza giornata e già iniziate a fare i piccioncini?»
Kaito e Aoko
riposero insieme: «Fatti gli affari tuoi!»
I due ragazzi si guardarono e scoppiarono a
ridere.
«Niente da fare, mi mancavano questi
battibecchi, Kaito.»
«Anche a me, Aoko.»
«Mentre a noi mancavi tu, mia cara Dorothy,
per iniziare le prove. Sei in ritardo di diciotto minuti e ventisette secondi.»
«Oh, scusa, Saguru.»
Kaito si voltò verso il compagno e gli
scoppiò a ridere in faccia: «Ma come ti hanno conciato? State facendo “Il mago
di Oz” o “Hansel e Gretel”? No, perché con tutta
quella carta d’alluminio sembra che ti debbano cuocere in forno!»
Il ragazzo biondo rimase impassibile: «Se
hai suggerimenti migliori su come travestirmi da uomo di latta, ti prego di
segnalarli al reparto costumi.»
«Uomo di latta, eh? Ti si addice, hai la
sua stessa vitalità.»
«Non accolgo le tue insinuazioni, Kuroba. Nakamori, come mai questo ritardo?»
«Colpa del mio babbo. Doveva accompagnarmi
lui in auto, poi però gli hanno telefonato dal commissariato che Kaito Kid ha
mandato un biglietto di sfida e… sapete com’è il mio
babbo, buono e caro ma toccategli Kaito Kid e…»
Saguru sembrò improvvisamente interessato: «Kaito
Kid, hai detto? Dopo tutti questi…mesi di assenza? »
Aoko sembrò improvvisamente abbattuta: «Già, e
proprio nel giorno e nell’ora dello spettacolo, così il mio babbo non potrà vedermi…»
Un coro di voci femminili espresse il suo
disappunto alla notizia: «Nooo, nemmeno noi potremo
andarlo a vedere! Che sfortuna, dopo tanti mesi…»
Aoko si diresse verso di loro con aria
inviperita: «Sempre a difenderlo, voi! È un ladro!»
«Ma è Kaito Kid!»
«Il ladro prestigiatore!»
«È così affascinante…»
Aoko sbuffò: «E voi siete delle oche… l’unico lato positivo di questa storia è che Kid
colpirà senza il suo fan club…»
Le compagne la guardarono delusa: «Nooo… ma non possiamo rimandare lo spettacolo? Almeno un pochino?»
«Neanche per sogno! Non cambieremo i nostri
piani per un ladruncolo da quattro soldi che si diverte soltanto a prendere in
giro la polizia!»
Saguru si rivolse a Kaito, rimasto in un angolo a
ridacchiare alla scenetta: «Nakamori non sembra avere
una grande considerazione di te…»
«Non accolgo le tue insinuazioni.»
«Comunque è una cattiveria, Kid, sfidare la
polizia contemporaneamente allo spettacolo. Dovrai dare buca a uno dei due Nakamori… deluderai il padre o la figlia?»
«Non so di cosa tu stia parlando, Hakuba…»
«Attento Kaito Kid, anche se questa volta
non potrò esserci, prima o poi ti metterò il sale sulla coda.»
«Continuo a non capire, ma va bene. Ora
scusa, ma ho un po’ di attrezzatura da preparare.»
«Per il furto o per lo spettacolo?»
Kaito lo salutò con la mano e si avviò
verso l’uscita: «Per quello che preferisci, tanto non mi credi mai quando
parlo.»
Saguru lo guardò con aria di sfida: «Non si può
credere alle parole di un imbroglione.»
Kaito si specchiò e sorrise. Per fortuna
con lui le costumiste erano state più clementi, gli avevano solo rifilato un
vecchio frac volutamente sgualcito e un po’ malridotto. Il ragazzo aveva storto
un po’ il naso: d’accordo che Oz nel libro era un
vecchietto, ma credeva che nel corso di tutti gli anni passati in quel regno
incantato poteva anche farsi un abito nuovo… o almeno
farsi aggiustare quello vecchio!
In fondo però, non aveva molta importanza.
Era decisamente più fondamentale per la buona riuscita del suo piano il calcolo
dei tempi.
«Signorino Kaito!»
«Jii, eccoti,
finalmente. Hai trovato un posto per lo spettacolo?»
«Sì, ma lei è sicuro di farcela? I tempi
sono ristrettissimi!»
Kaito alzò le spalle: «Non è la prima volta
che lo faccio. Se ti ricordi un po’ di tempo fa feci un furto nel tempo di un
film e Aoko non se ne accorse nemmeno.»
L’uomo si mostrò sempre molto agitato: «Sì,
ma lì doveva ingannare una sola persona, qui una platea intera, più tutta la
gente dietro le quinte!»
«Uno o molti, per un prestigiatore non ha
importanza. Adesso vai, che stiamo per cominciare.»
L’uomo lo guardò preoccupato: «In bocca al
lupo, signorino.»
«Crepi.»
L’inizio dello spettacolo filò liscio come
l’olio, a parte il peluche di Toto andatosi a incastrare in un albero della
scenografia e che aveva fatto penare non poco Aoko
per disincastrarlo di lì tirando solo il guinzaglio. Il ragazzo attese
impazientemente il suo turno per entrare in scena, senza mai perdere d’occhio
l’orologio. Un qualsiasi imprevisto poteva essere fatale per la riuscita del
suo piano.
«Grande mago di Oz?
C’è nessuno?»
Aoko, con indosso l’abito di Dorothy,
attraversò il palco con aria smarrita.
«Mago di Oz?»
Una nuvola di fumo avvolse il palco.
«CHI OSA DISTURBARE IL GRANDE OZ???»
Una ragazza che si occupava della
scenografia diede una gomitata a Kaito: «Bella idea quella del ghiaccio secco!»
Kaito ridacchiò, tenendo il megafono a
distanza.
Aoko si mostrò spaventata: «S-sono
Dorothy.»
Il prestigiatore fece un segnale e subito
il fumo s’intensificò, mentre il ragazzo spingeva fuori quello che assomigliava
a un enorme smeraldo sferico, in cui il suo volto ingrandito sbraitava:
«DOROTHY, EH? COSA VUOI DAL GRANDE E POTENTE OZ?»
Il pubblico trasalì, ma Kaito rimase
impassibile. Un semplice gioco di specchi, sempre efficace.
«V-volevo
chiedere come tornare a casa, nel Kansas.»
Kaito impugnò nuovamente il megafono: «MI HANNO DETTO CHE HAI UCCISO LA STREGA DELL’EST. FAI LO
STESSO CON QUELLA DELL’OVEST E AVRAI CIÒ CHE CHIEDI.»
«Ma è stato un incidente! La mia casa le è
caduta addosso e…»
«SILENZIO! IL GRANDE OZ HA PARLATO. FARAI
QUELLO CHE TI HO CHIESTO O NON TI RIPRESENTERAI PIÙ IN QUESTA SALA. ADDIO.»
Kaito ritrascinò
dietro le quinte la sua ambientazione e richiuse il sipario. Da quel momento
iniziava la sua missione.
«Ragazzi, io vado al bagno, tanto ho un po’
di pausa. Se non mi vedete tornare subito, mi fareste la cortesia di spingere
voi lo smeraldo di Oz sul palco? Tranquilli, torno
subito!»
Il ragazzo chiuse la porta del bagno, si
cambiò d’abito e fece partire il cronometro all’orologio da polso. Da quel
momento ogni secondo era prezioso.
Lì, nell’aria fresca della sera, a bordo
del suo adorato deltaplano, Kaito Kid si sentì nuovamente al suo posto. Gli era
mancata quella sensazione di libertà in tutti i mesi passati ad Hogwarts! Ma
non doveva distrarsi, aveva il tempo misuratissimo e una missione da compiere.
Con l’auricolare teneva sotto controllo lo
spettacolo sul palco, mentre attraversava i cieli di Tokyo alla ricerca del suo
obiettivo. Eccolo, finalmente, il camion blindato che trasportava i gioielli
della mostra!
«Uhm… ci saranno
quindici volanti intorno… cos’hai inventato per me, Nakamori?»
Con un colpo secco, Kaito Kid invertì la
rotta del deltaplano. Troppa appariscenza, sembrava fatto apposta.
Probabilmente là dentro c’erano solo poliziotti pronti a catturarlo. Doveva
trovare Nakamori, era pronto a scommettere il
monocolo che la Rosa di Baghdad era in mano sua. Dove si poteva nascondere il
poliziotto? Non troppo lontano, il gioiello doveva partire per forza con
l’aereo delle dieci…
… o era quello che volevano fargli credere?
Ripensò per un attimo al piano dei voli che
si era studiato prima di salire sul palco. C’era un altro volo utile, che aveva
ignorato… ma doveva muoversi.
Kaito accese l’auricolare. A che punto
erano con lo spettacolo?
«Andate
a fermare la bambina e i suoi compagni!»
«Sì,
nostra padrona.»
Ok, aveva tempo, erano solo alla scena del
rapimento con le scimmie volanti. Poteva farcela.
Il vento lo guidò verso l’aeroporto.
Eccolo, il suo volo utile! Un piccolo elicottero privato, venti minuti prima
del volo ufficiale. Furbo, Nakamori… eccolo là, che
stava salendo la scaletta! Voleva partire col gioiello prima dell’ora del furto
annunciato, eh?
Con una mossa rapida, planò verso
l’ispettore e gli prese al volo il cappello.
«EHI!»
Kaito gli urlò dietro, mentre già si
allontanava: «SE IMBROGLIATE, COSTRINGETE ANCHE ME A NON RISPETTARE I PATTI… SCUSI L’ANTICIPO, NAKAMORI!»
«KID, MALEDETTO!»
Il ragazzo sorrise. Sapeva bene che il
padre di Aoko odiava i cappelli, se ne aveva
indossato uno, voleva dire che il gioiello…
Kaito ruppe la fodera: «Bingo!»
Eccola lì, la Rosa di Baghdad! Ed era quella
autentica, senza dubbio. Senza indugio rivolse il rubino alla luce della luna,
con un attimo di suspense.
Niente. Neanche stavolta aveva brillato il
cuore rosso che gli avrebbe confermato la presenza di Pandora.
«Pazienza… se
l’ispettore darà retta al mio consiglio riavrà il suo gioiello prima di quanto pensa…»
A proposito, a che punto erano con lo
spettacolo?
«Ora
basta!»
«AAAAAAHHHH!!!»
Kaito si morse un labbro. Erano già
all’uccisione della strega cattiva con la secchiata d’acqua? Ci aveva messo
decisamente più tempo di quanto avesse previsto! Ma in fondo non aveva
programmato la gita fino all’aeroporto…
«Accidenti, non posso fare a meno del piano
d’emergenza! E forse non basterà nemmeno… devo
muovermi davvero!»
Poteva solo sperare che il vento non lo
tradisse in quel momento…
Sul palco, Aoko
rientrò in scena titubante: «Signor mago di Oz?»
La sfera verde venne spinta sul palco e la
voce di Kaito risuonò sul palco: «ANCORA TU, BAMBINA?»
Dorothy arretrò spaventata: «Sì, mago…»
Il volto di Kaito apparve ingrandito nella
sfera: «TI AVEVO DETTO DI NON TORNARE…»
Kaito imprecò mentalmente. Per fortuna il
proiettore all’interno della sfera funzionava alla perfezione. Jii l’aveva attivato a distanza con il telecomando, ma la
registrazione durava poco meno di due minuti. Doveva muoversi, doveva…
Sul palco il leone fece segno allo
spaventapasseri e all’uomo di latta di seguirlo. Mentre Dorothy continuava a
parlare con il mago, il trio si avvicinò a una tenda del sipario, facendosi
segno a vicenda di stare in silenzio. Jii congiunse
le mani in una muta preghiera. Se il signorino Kaito non era riuscito a tornare
in tempo…
Con un gesto deciso, l’uomo di latta scostò
la tenda. L’anziano assistente temette per un attimo che il suo vecchio cuore
non avrebbe retto la tensione. Se…
«E QUINDI TU AVRESTI UCCISO LA STREGA
DELL’OVEST?»
Saguru si lasciò sfuggire un gesto di stizza, ma
quasi nessuno del pubblico lo notò, attirato maggiormente dall’urlo del leone:
«E tu chi saresti?»
Il mago di Oz
saltò sullo sgabello: «Chi, io? Nessuno… e ridammi la tenda!»
Kaito tirò nuovamente la tenda, come
prevedeva il copione. Aveva ancora un paio di secondi per finire di cambiarsi
il costume, perché sì, era riuscito a tornare, ma non a cambiarsi la camicia e
la cravatta, che erano ancora del costume di Kaito Kid. Doveva approfittare dei
pochi istanti in cui Aoko attraversava il palco,
raggiungeva il punto in cui era seduto e scostava nuovamente il sipario.
Dorothy si affacciò: «Mago di Oz?»
Kaito s’alzò in piedi ed entrò sul palco,
calato perfettamente nei panni del mago di Oz:
«Ebbene sì, avete scoperto il mio segreto.»
In platea, Jii
tirò un lungo sospiro di sollievo scivolando sulla poltrona. Quel ragazzo
l’avrebbe fatto morire prima o poi, oh sì!
«Sono solo un prestigiatore, un mago che
incanta le persone con abili trucchi, ma nulla di più!»
Dietro le quinte il regista sbuffò: «Perché
ha cambiato la battuta?»
Un compagno ridacchiò: «Immagino che
definire un prestigiatore “un ciarlatano imbroglione da quattro soldi” fosse
chiedergli un po’ troppo…»
In quel momento un’ovazione dal pubblicò
annunciò ai due ragazzi che Kaito aveva iniziato la dimostrazione pratica e si
sporsero dal sipario per vedere. Anche loro rimasero a bocca aperta nel vedere
il ragazzo circondato di piccoli fuochi artificiali e fumo mentre con facilità
impressionante faceva il giocoliere con un intero mazzo di carte da gioco, che
un secondo dopo erano già diventate palline, e poi mele, e poi birilli, e poi…
«Sì, decisamente non è un ciarlatano da
quattro soldi.»
Kaito e Aoko
salutarono il pubblico all’interno di un cestone a cui erano legati una
cinquantina di palloncini coperti da un telo a formare una mongolfiera.
Il ragazzo sussurrò: «Pronta?»
Aoko era agitatissima: «Non trovo il peluche! È
fondamentale in questa scena!»
Kaito glielo porse: «Parli forse del
piccolo Toto?»
«Per fortuna…
allora io vado.»
La ragazza lanciò il peluche, che cadde più
vicino del previsto.
«Oh, Toto! Aspetta, dove vai?»
Aoko scavalcò il bordo della cesta e con
nonchalance tirò un calcio al peluche allontanandolo ancora un po’: «Torna qua,
Toto!»
Intanto, dietro le quinte, i compagni di
classe iniziarono a tirare la cesta con delle corde, mentre Kaito gridava: «Non
posso fermarmi, il vento mi spinge via! Addio, Dorothy!»
Aoko raccolse il peluche: «Mago, aspetta!»
«Addio, addio!»
Quando la cesta arrivò dietro le quinte,
Kaito sorrise ai compagni: «Ottimo lavoro, ragazzi!»
«E meno male che il cibo inglese non è buono… hai messo su qualche chilo, Kaito?»
«Il cibo non sarà un granché, ma
l’ospitalità è ottima, mi obbligano sempre a fare il bis. Se non sembrasse
assurdo, giurerei che i piatti si riempiano da soli quando non guardo!»
Kaito ridacchiò e si mise da parte ad
attendere la fine dello spettacolo.
GimzoNakamori aprì la
porta del teatro di colpo, mentre sul palco sua figlia e i suoi compagni
stavano inchinandosi al pubblico che li applaudiva. In mano stringeva un
biglietto che Kaito Kid gli aveva attaccato in testa quando gli aveva preso il
cappello.
«Maledetto Kid…
come fa a sapere sempre tutto?»
«Babbo!»
L’uomo si voltò: «Ciao, Aoko…»
La ragazza guardò il padre: «Ti è sfuggito
un’altra volta, eh?»
«Ma prima o poi lo prenderò, vedrai! Non
può sfuggirmi per sempre! Un giorno riuscirò a mettergli le manette ai polsi e
a trascinarmelo in centrale…»
«Ne sono sicura.»
«Piuttosto, come è andato lo spettacolo?»
«Oh, direi molto bene! Ho avuto solo
problemi con questo peluche… prima si incastrava
nella scenografia, poi sul finale è diventato improvvisamente più pesante…»
L’ispettore s’irrigidì: «Più… pesante?»
Aoko continuò a rigirarsi il pupazzo fra le
mani: «Sì… avrei dovuto lanciarlo lontano dalla
mongolfiera, ma mi è toccato tirargli un calcio perché era davvero finito
troppo vicino e…»
L’ispettore prese dalle mani della figlia
il cagnolino: «Non ci credo…»
«Babbo! Cosa…»
C’era un punto scucito. Nakamori
lo aprì del tutto e nelle sue mani scivolò…
«La Rosa di Baghdad!»
«Ma com’è possibile? L’ho avuto in mano
tutto lo spettacolo…»
Nakamori, furente di rabbia, stritolò il cagnolino
di peluche: «Kid… perché devi sempre sbeffeggiarmi
così?»
«Perché è molto più divertente, ispettore.»
«Tutto bene, signorino Kaito?»
«Sì, Jii, stai tranquillo.
Ma neanche stavolta abbiamo individuato Pandora.»
«Oh, che peccato.»
Kaito sospirò: «Ci riproveremo. Intanto… direi che posso anche godermi un po’ di riposo,
no? In fondo fra tre giorni è il mio compleanno…»
L’anziano sorrise: «Pensavo che in tutto
questo trambusto se lo fosse scordato!»
Il ragazzo sorrise divertito: «Ehi, non
sono ancora così smemorato!»
Una figura che li osservava di nascosto
sorrise: «Non contarci, mio caro Kaito…Kid… non contarci…»
Buongiorno a tutti! Sto cercando di ritornare più regolare con
gli aggiornamenti, ma l’università non mi lascia tregua... però tranquilli, non
mi dimentico di voi!
Come avevo annunciato, questo era un capitolo un po’ a sé, per
aiutare chi non conosce bene il personaggio di Kaito Kid, o per chi l’abbia
incontrato solo in questa fan fiction, a conoscere meglio il suo stile al di
fuori di Hogwarts. La storia era completamente inventata, ma sulla falsariga
delle avventure di Kaito nel manga a lui dedicato. Nel testo ho infatti
nascosto una miriade di citazioni a questa e ad altre serie, se volete
divertitevi a trovarle!
Nel prossimo capitolo saremo ancora in vacanza, ma con un tocco
di magia in più... come se la caverà il nostro Kaito?
Ne approfitto ancora per ringraziare il nuovo recensore James Sherlock
Kudo e i fedelissimi Giorgia_Weasley
e darkroxas92.
Kaito spalancò la finestra, lasciando
entrare il calore del sole di luglio nella sua camera. Si fermò per un attimo a
guardare fuori: in quei momenti sembrava che gli ultimi mesi fossero stati solo
un sogno e che la sua vita non fosse affatto cambiata. Poi però gli bastava
buttare un occhio alla sua camera per rendersi conto che le cose non stavano
affatto come un anno prima: un baule aperto con tutto l’armamentario magico
sparso sul pavimento, i regali di compleanno dei suoi amici di Hogwarts ben
nascosti, i compiti di Storia della Magia sulla scrivania scritti su pergamena… tutte cose che poco avevano a che fare con uno
studente del liceo.
Kaito, però, non si pentiva di nulla
dell’anno passato. Salvo forse…
«KAITO!!!»
Salvo lei.
«SCENDO!!!»
Kaito si precipitò sulle scale, preoccupandosi
di chiudere bene la porta della camera. Non era il caso che Aoko notasse il
caos che andava ben oltre quello di un classico adolescente.
«Ciao!»
«Ciao! Come va?»
«Tutto bene… e
tu?»
Discorsi normali, che però a Kaito erano
mancati da morire nei mesi precedenti.
Aoko sorrise: «Tutto ok! Senti, avrei
bisogno di un favore…»
Kaito si scostò: «Se posso aiutarti,
volentieri! Entra!»
La ragazza si avviò a passo sicuro verso il
salotto. Avevano la casa tutta per loro e nessuno li avrebbe disturbat…
Le ultime parole famose vennero interrotte
dal campanello.
Kaito sospirò: «Scusa un attimo… ARRIVO!!!»
Il ragazzo si avviò scocciato alla porta e
l’aprì di scatto.
«Akako?»
«Ciao, Kaito…»
Il prestigiatore la guardò sconvolto: «Akako, che ci fai qua? Cioè, voglio dire, non sei mai
venuta a casa mia…»
La strega lo guardò con sguardo
ammaliatore: «E oggi ho deciso di farti un’improvvisata. Posso entrare?»
Kaito si sentì improvvisamente in
imbarazzo: «Ecco…io…»
Aoko fece improvvisamente capolino dal
salotto: «Chi è?»
Akako sorrise: «Oh, ci sei anche tu?»
La ragazza la salutò, ma la strega la
ignorò: «Non eri prevista, ma così sarà anche più divertente…»
Kaito non capì di che stesse parlando, fino
a che non la vide sollevare una bacchetta.
«No, Akako!
Fermati, che fai?»
«OblivionAbsonum!»
Kaito e Aoko rimasero per qualche secondo
confusi, poi si ripresero.
«Che… che ha
detto?»
Kaito si morse un labbro. L’ultima cosa che
avrebbe voluto che accadesse era un incantesimo in presenza di Aoko.
«Akako, cosa ci
hai fatto?»
La ragazza sorrise: «E perché togliervi il
divertimento di scoprirlo da soli?»
Aoko non ci stava capendo niente, mentre il
cervello di Kaito aveva ingranato la quarta. Oblivion…
cos’era l’Oblivion? Gli suonava familiare…
se lo capiva sarebbe già a buon punto, avrebbe potuto salire di sopra, prendere
il libro e cercare un contro incantesimo.
Akako li guardò divertita: «Vediamo se capirete
cosa vi ho fatto… in ogni caso vi toccherà uscire, Aoko e Kaito, dalla porta per potermi interrogare più a fondo…
sempre che ci riusciate…aurevoir!»
E mentre la strega richiuse l’uscio alle
sue spalle, Kaito rimase sconvolto e immobile.
«Come… come ha
fatto?»
Aoko lo guardò preoccupata: «A fare cosa?»
Il ragazzo la guardò sconvolto: «A… a uscire di qua!»
«Eh?»
«Non so… ha usato… com’era quella parola strana, Aoko? Porta?»
La ragazza rimase un po’ sovrappensiero:
«Ora ce mi ci fai pensare… non lo so più neanche io!
Ma quando me lo hai chiesto prima… lo sapevo…»
Kaito respirò profondamente: «Ok… ragioniamo. In qualche modo deve essere uscita di qui,
no? Non ha attraversato la parete come Ruf…»
Aoko lo guardò di storto: «Come chi?»
Kaito sbiancò: «Niente!»
Faccia
da poker, continuò a
ripetersi mentalmente Kaito, aveva bisogno della sua faccia da poker. Aveva
perso un attimo la calma perché terrorizzato dall’idea che Akako
potesse aver davvero pronunciato un incantesimo di fronte ad Aoko, ma andare
fuori di testa non avrebbe risolto il problema. Doveva riflettere
razionalmente.
Doveva esserci un modo per uscire dalla
casa. L’aveva sempre fatto. E se ora non sapeva più come fare, c’era
sicuramente lo zampino di Akako.
«Ok, piano B! Scavalchiamo una finestra!»
«Come dei ladri?»
«È casa mia, se mi dicono qualcosa mostro
le chiavi!»
«Le chiavi della finestra?»
«Ma certo che no! Quelle del…del… dove le usavo queste
chiavi?»
Aoko sospirò: «Sei strano oggi, Kaito.»
Kaito le fece una smorfia mentre con un
gesto atletico scavalcava la finestra: «E tu lo sei sempre, Aoko!»
Lei rispose qualcosa, ma il ragazzo non
l’ascoltò. Controllò di avere in tasca sia qualche attrezzo da Kaito Kid che,
soprattutto, la bacchetta. Avrebbe preferito non usarla, ma se c’era di mezzo
la magia, era meglio averla con sé.
Aoko gli mise una mano sulla spalla e il
ragazzo sussultò. Solo a quel punto si rese pienamente conto di avere un altro
problema, molto più grande dei precedenti. Come avrebbe dovuto contrastare una
magia con una babbana al suo fianco senza passare
noie legali? E non con una babbana qualunque, ma con
la figlia dell’ispettore Nakamori!
«Che strada
prendiamo?»
Il ragazzo la guardò un po’ confuso: «Eh?
Puoi ripetere?»
Aoko gli restituì lo sguardo stranito:
«Cos’è che dovrei fare?»
Il prestigiatore la guardò preoccupata:
«Ok, qui qualcosa decisamente non va. Ti ho solo chiesto di ripetere la frase
che mi hai appena detto.»
Aoko continuò a guardarlo come se avesse
appena parlato in aramaico e al ragazzo sorse il dubbio di aver usato
involontariamente in inglese: «In che lingua ti sto parlando?»
«Giapponese… perché?»
«Bene, se mi capisci allora perché non puoi
dirmi di nuovo quel che hai detto prima?»
La ragazza respirò sollevata: «Ah, era
quello che mi dicevi! Ti ho chiesto che strada dobbiamo prendere per arrivare
da Akako.»
Kaito si grattò una guancia: «Allora mi sa
che è il mio giapponese ad essere arrugginito… non ho
capito una parola…str…
com’era?»
Aoko sbottò: «Da che parte andiamo?»
«Ah! A sinistra, Akako
abita di là!»
Kaito s’avviò mordendosi un labbro. Perché
improvvisamente non riuscivano più a capirsi? Forse l’incantesimo di Akako influenzava la comunicazione…
Akako era effettivamente vicino a casa sua, ma
iniziò ad allontanarsi come se niente fosse. Kaito e Aoko le andarono dietro.
«Attento, Kaito, il semaforo è
rosso!»
Il ragazzo mise un piede sulle strisce:
«Cos’è che è rosso?»
«Attento!»
Aoko lo afferrò per un braccio e lo
trascinò sul marciapiede appena prima che venisse investito. Kaito guardò
l’auto stupito: «Stupido automobilista! Se vedi un pedone che attraversa
fermati, no?»
«Veramente sei tu in torto…
il semaforo era rosso.»
«Il che? L’unica cosa rossa che vedo è la
lucina di quel coso… cos’è, un albero di Natale? A luglio?»
Aoko scosse la testa: «No, aspetta… i semafori li hanno anche in Inghilterra, non puoi
esserti scordato anche questo!»
«A meno che non conosciate
un incantesimo per dimenticare quella schifezza di libro…»
«Ci sarebbe l’Oblivion, ma…»
Il prestigiatore si sbatté una mano sulla
fronte. Ecco cos’era, un incantesimo di memoria! Fred e George gliene avevano
parlato e probabilmente era quello che Allock aveva lanciato contro lui, Harry
e Ron nella Camera, ma Akako aveva aggiunto una
parola che probabilmente aveva cambiato qualcosa. In fondo lui e Aoko non
avevano scordato tutto, solo qualcosa… una sorta di
amnesia selettiva… ma doveva pur esserci un criterio
per scegliere cosa dimenticare, non poteva essere del tutto casuale…
anche se fino a quel momento sembravano aver scordato le cose più assurde…
Kaito si sedette su una panchina: «Ok, Aoko, siediti e ragioniamo.»
La ragazza rimase in piedi, mordendosi un
labbro.
«Cosa c’è?»
Aoko deglutì rumorosamente: «Io… non ci riesco.»
«A fare cosa?»
«Non… non riesco
a sedermi. Non… non ricordo più come si fa.»
Kaito sembrò illuminarsi: «Allora ho
capito! Forse ci sono!»
La ragazza lo guardò perplessa: «Non so
cosa tu abbia capito… ma dovrò stare in piedi tutta
la vita?»
Con nonchalance Kaito le fece una mossa di
karate e la costrinse a piegare le ginocchia e a mettersi seduta, senza
smettere di ragionare ad alta voce: «Dimentichiamo parole comunissime
apparentemente a caso, ma c’è una logica. Non scordiamo quasi mai la stessa cosa… ricapitoliamo: quali parole secondo te avrei
dimenticato?»
«Strada e semaforo…»
«Che sono due parole comuni che prima
conoscevo, giusto?»
«Giusto.»
«Sicura?»
«Ma certo che sì, le conoscono persino i
bambini dell’asilo!»
«E tu hai scordato ripetere e sedersi… ed eri in grado di farlo…
fino a che non te l’ho chiesto esplicitamente.»
Aoko sbuffò: «Vuoi dire che scordiamo il
significato di ogni parola che sentiamo?»
Kaito continuò il suo ragionamento, con un
piglio quasi da detective: «Eh no, a quest’ora avremmo perso metà del
vocabolario e non riusciremmo a comunicare! C’è ancora qualcosa…
qualcosa che mi sfugge…»
La ragazza ci pensò un po’ su, poi di
decise a fare la domanda che la tormentava da un po’: «Ma cos’è poi che ci
avrebbe fatto Akako? Cioè, anche se tu avessi ragione…come?
Come può costringerci a dimenticare?»
Eccola, la domanda che Kaito temeva più di
tutte.
«Credo che sia una qualche forma d’ipnosi… »
«E allora raggiungiamola e facciamoci disipnotizzare, no?»
Kaito armeggiò in tasca con la sua
bacchetta: «Non credo che sia così facile, Aoko…Akako è testarda, lo sai.»
«Chi?»
Kaito sbiancò: «Non ti ricordi più di lei… e l’hai nominata dieci secondi fa…»
Cosa aveva pronunciato di particolare negli
ultimi dieci secondi? Quale parola aveva ripetuto più volte?
E la risposta gli arrivò improvvisa come un
ceffone in pieno viso.
«I nomi… sono i
nostri nomi! Scordiamo quello che sentiamo subito dopo i nostri nomi! Ho
nominato Akako subito dopo averti chiamato! E
probabilmente anche prima…»
Aoko s’illuminò: «Quindi se nessuno
pronuncia i nostri nomi siamo a posto, no?»
Kaito sorrise: «Basterà fare un po’ di
attenzione. Ma intanto dobbiamo recuperare ciò che abbiamo perso…
su, andiamo!»
Il sorriso della ragazza divenne una
smorfia imbarazzata: «Ci sarebbe solo un problemino…
come faccio ad alzarmi?»
Kaito si paralizzò: «Oh, giusto… se non sai come sederti, immagino che non sai
neanche alzarti… ok, adesso ti tiro su io e…»
«KAITO!!!»
Aoko lo tirò per un braccio, giusto in
tempo per evitare di essere investito da una bicicletta che passava sul
marciapiede.
Il ragazzo gli gridò dietro: «PIRATA DELLA
STRADA! LE BICI DEVONO ANDARE SULLA CARREGGIATA!!!»
Aoko, invece, rimase immobile, con le mani
sulla bocca.
«Cosa… oh,
giusto. Hai detto il mio nome.»
La ragazza lo guardò con occhi sbarrati, ma
Kaito cercò di sorriderle per rassicurarla.
«Non è una tragedia! Avanti, dì una parola
qualunque, magari una poco usata, così ci togliamo il pensiero.»
Aoko lo guardò preoccupata, poi sorrise
tristemente. Aveva in mente la parola perfetta per non rallentarlo ulteriormente,
anche se le sarebbe costato molto pronunciarla.
Kaito l’incalzò: «Avanti, coraggio! Dì
qualcosa!»
«Aoko…»
Un sussurro. Un lieve sussurro che giunse a
malapena alle orecchie del ragazzo, giusto quel tanto che bastava. Per una
frazione di secondo, Kaito rimase stupito, imbambolato. Se avesse avuto più
tempo, probabilmente le avrebbe urlato che era una stupida. Ma l’incantesimo,
implacabile e beffardo, non gli diede il tempo di realizzare tutte le
implicazioni di quella parola e in meno di un secondo si ritrovò a fissare una
ragazza sconosciuta, seduta su una panchina, che lo guardava con aria
malinconica.
«Che…»
Che ci faceva lì? Non doveva perdere tempo,
doveva raggiungere Akako e farsi dare il contro
incantesimo! Fece per voltarsi e andarsene, ma la ragazza gli afferrò un
braccio.
Kaito la fissò arrabbiato: «Scusa, ma,
davvero, ho fretta! Se devi farmi sondaggi o pubblicità, io…»
«Quando hai finito, tornerai a prendermi,
vero?»
«Eh?»
«Quando questa storia sarà finita e
ricorderai tutto, verrai a prendermi. Io ti aspetterò qui.»
Kaito cercò di divincolarsi: «Ma chi ti
conosce! Lasciami, per favore che devo…»
«PROMETTIMELO!»
Il ragazzo sussultò. Non aveva idea di chi
fosse quella ragazza così determinata e insistente, però qualcosa non quadrava.
Lei sapeva che stava perdendo la
memoria. E se si fosse davvero scordato di lei come di tutto il resto? Non
poteva saperlo e non poteva perdere tempo prezioso per scoprirlo.
«D’accordo. Tornerò.»
La ragazza annuì: «Io sarò qui ad
attenderti. Buona fortuna.»
Kaito riuscì finalmente a divincolarsi
dalla presa e iniziò a correre verso casa di Akako.
Non sapendo neanche lui il motivo, si voltò ancora una volta a fissare la
ragazza seduta sulla panca.
«Non muoverti, che poi torno!»
Lei sorrise e lo salutò con la mano da
lontano, poi l’abbassò sospirando.
«E dove vuoi che vada, Kaito…
non posso neanche alzarmi! E non so nemmeno più chi dobbiamo cercare, sarei
stata solo un peso… è giusto così…»
Ma non riusciva a togliersi dalla mente lo
sguardo di Kaito, che la fissava come se non l’avesse mai vista prima, mentre un
groppo alla gola le annunciava che stava per scoppiare a piangere contro la sua
volontà. E mentre affondava il volto in un fazzoletto per riprendersi, nella
sua tasca, nascosto alla vista, qualcosa s’illuminò per un istante, per poi
tornare normale.
Poteva solo pregare che Kaito tornasse
presto a riprenderla.
Il prestigiatore correva, bacchetta alla
mano, pronto a tutto. Non pensava più alla ragazza senza nome seduta ad
attenderlo su una panchina, tutte le sue preoccupazioni erano per la strega e
per il suo beffardo e implacabile incantesimo. Non poteva scordare tutta la sua
vita solo per un suo stupido dispetto!
«Kaito…»
Il ragazzo si voltò. Akako
era dietro di lui, con quell’atteggiamento sensuale e beffardo che
probabilmente avrebbe dovuto renderla affascinante, ma in quel momento gli
pareva soltanto tremendamente odioso.
La strega sorrise: «La bacchetta non ti servirà, e tu lo sai. Non puoi opporti a me con
quella, non sai quasi neanche come si usa.»
Kaito la guardò stranito: «Come si usa cosa? »
«Appunto. Raggiungimi sulla cima della
Tokyo Tower. Lì ti dirò ciò che vuoi sapere.»
Akako girò su se stessa e scomparve. Kaito si
precipitò sul punto del marciapiede dove fino a un istante prima la strega lo
aveva beffeggiato, ma non trovò nulla, nulla di apparentemente magico o che
avesse a che fare con la prestidigitazione.
Il ragazzo alzò lo sguardo al monumento
rosso, dall’altra parte della città: «La Tokyo Tower,
eh? Cosa avrai in mente, Akako?»
Solo a quel punto si rese conto di avere in
mano un bastoncino bianco. Non capendo perché lo avesse raccolto, lo lanciò per
terra e andò a prendere il pullman che lo avrebbe condotto alla sua meta.
La Tokyo Tower
era deserta. Opera di Akako, senza alcun dubbio.
Aveva tutta l’aria di essere una trappola, ma non aveva scelta. Controllò di
avere in tasca un po’ dell’armamentario di Kid e salì sull’ascensore.
All’ultimo piano raggiungibile l’attendeva la strega, vestita come al suo
solito, di nero con un mantello rosso.
«Ti aspettavo, Kaito.»
Il ragazzo la fissò, serissimo: «Anch’io ti
aspettavo, Akako. Piantiamola qui, il gioco è bello
finché dura poco. Anche i trucchi di un prestigiatore non durano mai a lungo.»
La ragazza lo guardò beffarda: «La prestidigitazione, dici? Cosa potrà mai
contro di me?»
Kaito le restituì il sorriso beffardo:
«Magari questo!»
Fu un attimo. Il ragazzo estrasse la
pistola spara carte di Kaito Kid e lanciò un paio di colpi; quasi
contemporaneamente Akako prese la bacchetta e disse
qualcosa che il ragazzo non capì. Seppe solo che la pistola gli volò via dalle
mani, giù dalla torre, irraggiungibile.
«E così hai capito il trucco, eh? Ti senti
tanto furbo, tanto intelligente, mio prestigiatore da quattro soldi? Peccato
che ti conosca un pochino, Kaito, e so che non sei affatto stupido…Accio tappi! »
«NO!»
Kaito non poté fare nulla per impedire al
cotone che aveva nelle orecchie di volare nelle mani di Akako.
«… sei solo un po’ ingenuo. PietrificusTotalus!»
Il ragazzo non riuscì più a muovere un
muscolo. Era in balia di quella strega.
Akako iniziò a girargli attorno: «Hai letto il
labiale senza ascoltare, per essere immune al mio incantesimo…
bella mossa, ma inutile. Ora sei mio, Kaito,
e né trucchi, Kaito, né magia alcuna, Kaito, né acrobazie alla
Kid ti potranno salvare… oh, giusto, ma tu sai chi
sia, Kaito, Kid? »
Akako fissò soddisfatta gli occhi sbarrati di
Kaito. Ormai non era che un bambolotto alla sua mercé. Sciolse l’incantesimo e
lo guardò soddisfatta alzarsi barcollando.
«Ora sei mio.»
Il ragazzo si allontanò, confuso. Si avvicinò
alla ringhiera e la strinse con forza. Akako non
avrebbe saputo dire cosa gli passasse per la testa in quel momento, se la
vedesse come un essere umano o come una dea, ma gli si avvicinò.
Kaito, dopo un attimo di titubanza, si
voltò verso di lei: «Fammi capire bene… tu mi hai
cancellato tutta la memoria… in cambio di cosa?»
«Di te.»
«Capisco… ma vedi… avrai cancellato i miei ricordi e le mie abilità…»
Akako non capiva dove volesse andare a parare.
Kaito sorrise un po’ tristemente: «… ma non
il mio orgoglio.»
«NOOO!!!»
Fu un istante, forse anche meno. Il ragazzo
scavalcò la ringhiera e si lanciò nel vuoto. Akako si
sporse subito dopo. No, non avrebbe mai pensato che quel pazzo, folle ragazzo,
pur di non cedere al suo ricatto, si sarebbe lanciato nel vuoto. Poteva, doveva
ancora salvarlo! Ma dove…
In un attimo Akako
si ritrovò ammanettata alla ringhiera.
«Eh?»
«E ora vediamo di finire i giochi.»
La ragazza si voltò sconvolta: «Kaito?»
Sì, era proprio lui, lì, di fronte a lei.
«Ma come…»
Il ragazzo la zittì infervorato: «No, come lo dico io! Come si scioglie questa maledetta magia? Come? Non posso lasciare ancora per molto Aoko su quella panchina
da sola e spaventata…»
Akako sorrise tristemente: «Sì è già sciolta… durava solo un paio d’ore…»
Kaito la guardò sorpreso: «Eh?»
La ragazza sospirò, sfinita: «Volevo farti
bere un filtro d’amore prima di quel limite… ma a
quanto pare non ho fatto in tempo… vai, Kaito, per
oggi basta così. Mi arrendo, sono stanca.»
Il ragazzo la fissò severamente: «Bene.
Spero che non farai più giochi così pericolosi. Ci abbiamo quasi rimesso la
pelle.»
Kaito fece per allontanarsi, ma Akako lo fermò ancora una volta: «A proposito, come hai
fatto a salvarti da quella caduta?»
«Eh? Ma non sei stata tu?»
«No… pensavo che
con qualche trucco…»
Kaito scosse la testa: «Non avevo con me
tutta quella attrezzatura. E con la magia non avrei saputo come fare… oh cavolo! La bacchetta! L’ho lanciata in giro quando
non sapevo cosa fosse!»
Akako alzò la sua: «Accio bacchetta di Kaito!»
In un attimo un bastoncino bianco arrivò
nelle mani della strega, che lo lanciò al ragazzo.
«Grazie!»
Akako ridacchiò: «Hai ancora il coraggio di
ringraziarmi?»
Kaito mise in tasca la bacchetta e si avviò
verso l’ascensore: «Sono pur sempre un gentiluomo… e
tu non sei poi così cattiva.»
Akako, rimasta sola, si accasciò sul pavimento.
Con un colpo di bacchetta, si liberò dalle manette e si massaggiò il polso.
Maledetto Kaito, l’aveva sconfitta su tutta la linea. Come poteva non piacerle
un ragazzo così?
Ma un dubbio le era rimasto. Osservò ancora
una volta giù. Come aveva fatto a salvarsi?
Kaito corse per le strade di Tokyo.
Dov’era, dove…
Eccola, finalmente. Aoko era lì, seduta
sulla stessa panchina dove l’aveva lasciata, che lo salutava con la mano. Il
ragazzo corse verso di lei, pronto ad alzarla di peso, ma lei, con grazia, lo
fece da sola.
«Aoko! Sei…»
La ragazza annuì: «Anche tu.»
Kaito tirò un profondo sorriso di sollievo.
Era finita.
Solo quando furono di nuovo a casa di Kaito,
davanti a una tazza di tè i due ragazzi iniziarono finalmente a rilassarsi.
«Scusa, ma tu non eri venuta per chiedermi
un favore?»
Aoko si sbatté una mano sulla fronte:
«Giusto! Volevo chiederti se mi potevi prestare una foto!»
«Una foto?»
«Sì, mia cugina non crede che ho conosciuto
il famoso prestigiatore Toichi Kuroba, ma non trovo
più la foto che avevamo scattato insieme a tuo padre quand’eravamo piccoli…»
Kaito sorrise: «Nessun problema, te la
prendo subito!»
«Grazie, sei molto gentile!»
«Figurati, per così poco.»
Il prestigiatore accompagnò l’amica nel
salotto e prese un album di fotografie, estraendone una.
«È questa che volevi, no?»
Aoko s’illuminò: «Grazie mille, te la
riporterò al più presto.»
Kaito sorrise e l’accompagnò alla porta.
Poi, prima di riporre l’album al suo posto, quasi senza accorgersene iniziò a
sfogliarlo. Quel giorno i ricordi avevano proprio deciso di tormentarlo, eh?
Una pagina dopo l’altra, mentre la
nostalgia per un attimo lo assaliva, Kaito divorava le immagini con gli occhi.
Fino a circa metà album.
«Ma… e questa?»
Buongiorno a tutti!
Cominciamo con un paio di
note a questo capitolo: la trama è liberamente tratta dalla storia “Zio
Paperone in: Un problema di memoria” di Don Rosa, dove Amelia lancia questo
incantesimo su Paperone e Paperino, con effetti tragicomici, che in parte ho
ripetuto, e da cui in parte mi sono discostata. Avete notato che c’è un
apparente errore? C’era anche nell’originale, ma vedrete che qui le cose non
sono come sembrano...
Detto questo, mi spargo il
capo di cenere e mi scuso con darkroxas92, autore del bigliettino dello scorso
capitolo, che non ho citato. E vi annuncio che finalmente sono in vacanza anch’io
e che avrò più tempo per scrivere (per la vostra disperazione o gioia, a voi la
scelta). E che sto mettendo le mani anche su altri progettini
lasciati in sospeso da fin troppo tempo...
Dunque, ringrazio ancora Bumbix, Giorgia_Weasley,
darkroxas92 e i nuovi arrivati zeze3000 e Cicci12 per le recensioni.
Prossimo capitolo? Il ritorno
a Hogwarts, ovviamente! Ma filerà tutto liscio?
Il treno fischiava già nell’aria ancora
tiepida di settembre. Molti ragazzini stavano abbracciando e salutando i
genitori sulla banchina, ma Kaito osservava tutto con aria spenta e distratta.
Era molto grato ai signori Weasley che gentilmente gli avevano comprato il
materiale a DiagonAlley
risparmiandogli il viaggio, ma si rese conto che forse non li aveva ringraziati
con il sufficiente calore. Non era colpa loro, era lui che aveva la testa da
un’altra parte. Con un po’ di fortuna, però, ancora per poco.
«Ehi, Mangetsu!
Che è quel muso lungo?»
«Ciao, Fred.»
Kaito aveva trovato uno scomparto libero
verso il fondo del treno e l’aveva occupato per tutti i Malandrini. Avrebbe
voluto salutare anche Harry, Ron ed Hermione, ma sembravano troppo occupati fra
loro, e li aveva lasciati avanzare ancora. Probabilmente i Weasley avevano
iniziato ad aprire tutti gli scomparti per cercarlo, perchél’altro gemello uscì subito da dietro
l’angolo: «Ti sbagli, io sono Fred, lui è George!»
Kaito sospirò: «E allora scusa, George…»
I gemelli sorrisero: «Ti abbiamo fregato, io sono Fred!»
I due fratelli batterono il cinque, mentre
Kaito li osservava con un mezzo sorriso malinconico. Sheridan entrò nello
scomparto e lo guardò preoccupata.
«Cos’hai, Kaito? È da quando siamo saliti
che non fai altro che sospirare!»
La mano del prestigiatore indugiò un attimo
sulla tasca della giacca: «Nulla… un piccolo
pasticcio familiare.»
Sheridan e i gemelli si guardarono
preoccupati. Kaito se ne rese conto e si sforzò di fare un sorriso: «Ehi,
tranquilli! Non è morto nessuno! Datemi un pochino di tempo per rientrare nella
logica magica e vedrete che mi passa subito!»
Fred e George lo strattonarono: «Giusto! Così
si fa! Di musi lunghi in giro in questi giorni ne abbiamo visti anche troppi!»
Kaito si risollevò: «Perché? È successo
qualcosa?»
Sheridan lo guardò perplessa: «Come “è
successo qualcosa”? È su tutti i giornali! Ma dove vivi?»
«In Giappone.»
Dopo un attimo di imbarazzo, tutti i
Malandrini scoppiarono a ridere.
«Hai ragione, scusa, finisco sempre per
dimenticarmene. Pare sia scappato un pericoloso criminale da Azkaban e che sia latitante.»
Kaito li guardò perplessi: «Az…»
Fred si affrettò a precisare: «Azkaban, la prigione dei maghi.»
Il prestigiatore cercò di metabolizzare l’informazione:
«Uhm… ha un senso, sì. In fondo a un mago con la
bacchetta basta usare l’Alohomora per aprire la cella…»
La pioggia iniziò a picchiettare contro il
vetro.
Sheridan annuì: «Si chiama SiriusBlack ed era un
sorvegliato speciale. È la prima volta che qualcuno riesce a scappare, ci sono
avvisi di taglia ovunque!»
Kaito ascoltò in silenzio. Quindi oltre
alla prigione normale, rischiava di finire anche in quella magica. E doveva
essere anche particolarmente brutta, da come ne parlavano. Un ladro come lui
doveva prestarci attenzione.
In quel momento Ginny spalancò la porta
dello scompartimento, scura in volto.
«Ron è un idiota. Mi ha cacciato dallo
scompartimento senza motivo.»
Kaito sorrise, tirando fuori un mazzo di
carte: «Qui c’è posto per tutti! Che dite, giochiamo?»
Per un po’ il tempo scorse tranquillo.
All’una passata, però, Ginny si rese conto che il suo pranzo l’aveva Ron ed
uscì dallo scompartimento per recuperarlo. Neanche un minuto dopo nel treno
scese l’oscurità più nera.
«Ehi!»
«Cosa…»
Kaito chiuse gli occhi un attimo, per poi
riaprirli. Non vedeva al buio, ma era allenato a muoversi nell’oscurità. Toccò
il ginocchio a tutti gli amici.
«Tutto bene?»
George illuminò la sua bacchetta, imitato
subito dal fratello. Una luce flebile e spettrale si diffuse nello scomparto:
«Sì, tutto bene. Ma che succede?»
Kaito alzò le spalle: «Un black out?»
Sheridan gli rifilò un’occhiataccia: «In un
treno magico?»
«Giusto. Poi, sbaglio o ci siamo fermati?»
«Allora forse siamo arrivati!»
«No, è troppo presto!»
«Una stazione intermedia?»
«Kaito, se ci fosse una stazione intermedia
perché ci farebbero radunare tutti a King Cross?»
Il ragazzo incrociò le braccia: «Perché mi
trattate sempre male se applico un po’ di logica babbana,
di tanto in tanto?»
Fred scosse la testa: «Non ricordo che ci
siano mai state soste nel viaggio verso Hogwarts… tu,
George?»
«Nemmeno io.»
Sheridan provò ad alzarsi: «Ginny si sarà
fatta male?»
I gemelli risero: «Figurati! Se le fosse
capitato qualcosa l’avreste sentita urlare come un’aquila…
a casa lo fa sempre!»
Un po’ più tranquilla, la ragazza si
risedette, per poi rabbrividire.
«Sbaglio o la temperatura è calata di
botto?»
George annuì: «S-sì,
fa proprio freddo!»
«E prima la luce, poi il riscaldamento… quest’anno il viaggio fa proprio schifo, eh,
Kaito? Kaito?»
Persino alla flebile luce delle bacchette,
i ragazzi poterono notare che il compagno stava tremando visibilmente.
«Kaito, hai freddo? Kaito?»
Sheridan cercò di toccarlo, ma ritrasse
immediatamente la mano: «Ragazzi, non sta tremando! Ha proprio degli spasmi!»
I gemelli sussultarono: «Cosa? Kaito!
Kaito! Rispondi, Kaito!»
Fred appoggiò la bacchetta sul sedile e
mise le mani sulle spalle del ragazzo, per cercare di tenerlo fermo. Kaito
sembrava non reagire né ai richiami né al contatto, ma continuava a muoversi
come se il suo corpo fosse attraversato da continue scariche elettriche. Poi,
all’improvviso, spalancò gli occhi, col volto trasfigurato dal terrore, e
iniziò a gridare disperatamente.
«TASUKETE
KURE! HI GA BUTAI WO MOYASE!!! OTOUSAN
GA, OTOUSAN GA ANO BUTAI NI IRU! TASUKETE KURE!!!»
Fred cercò di tenerlo fermo: «Kaito!»
George andò a dare manforte al fratello:
«Che gli prende? Cosa dice?»
Kaito tentò di divincolarsi, ma era quasi
come se non li vedesse: «TASUKETE KURE! OTOUSAN GA ANO BUTAI NI IRU! TASUKETE
KURE!! OTOUSAN!!!»
Sheridan era terrorizzata e gridò anche lei
con voce isterica: «KAITO!!! SE NON PARLI IN INGLESE NON TI CAPIAMO!!»
Fred gridò a sua volta: «SHERIDAN, NON
METTERTICI ANCHE TU! VAI A CHIAMARE AIUTO!»
Kaito non sembrava udirli né vederli.
Continuava ad agitarsi, gli occhi spalancati ma vitrei, quasi ciechi. Non aveva
smesso un attimo di tremare e di strillare frasi incomprensibili alle orecchie
dei gemelli, che cercavano di tenerlo fermo e di chiamarlo con voce calma, per
tranquillizzarlo, ma invano. Il ritorno della luce non migliorò la situazione,
anzi, servì solo a spaventare di più i gemelli, che ora potevano vedere
chiaramente il volto dell’amico, pallido, contratto, sudato, in preda al
terrore più puro. Ormai non urlava più, ma non aveva smesso di parlare e
sussurrare sempre la stessa, incomprensibile frase.
«Tasuketekure… Hi gabutaiwomoyase… Otousanga, otousanga ano butainiiru…Tasuketekure…»
I gemelli si guardarono preoccupati:
«Kaito, per favore…»
La porta dello scomparto si aprì di botto
ed entrò Malfoy, spaventatissimo, che George buttò fuori subito, senza dargli
tempo di notare lo stato di Kaito. Poco dopo la porta si aprì di nuovo
lasciando vedere un uomo sconosciuto. Indossava un completo da mago molto consunto,
rammendato in più punti e aveva l'aria stanca e malata. Benché fosse piuttosto
giovane, i suoi capelli castano chiaro erano striati di grigio.
«Chi è che sta male?»
Non appena vide la situazione, non disse
più nulla. Allontanò i gemelli e si avvicinò al ragazzo, che continuava a
ripetere, come indemoniato, la stessa frase.
«Come si chiama?»
«Kaito Kuroba.»
L’uomo rimase a guardarli per qualche
secondo, come se non avesse capito il nome, e Fred si affrettò ad aggiungere:
«È giapponese. Credo stia parlando in quella lingua, ma non lo capiamo…»
Il signore si limitò ad annuire, poi, con
molta gentilezza, prese la mano di Kaito e gliela strinse forte, come per
trasmettergli calore: «Kaito, Kaito… mi senti? Non so
cosa tu stia rivivendo in questo momento, ma è finito. È tutto finito. Calmati,
ora.»
Il ragazzo sembrò calmarsi un pochino,
smise di parlare e tremò un po’ di meno.
«Bravo, Kaito…
ragazzina, per favore, prendimi la tavoletta di cioccolato nella tasca. Credo
ce ne sia una ancora intera…»
Sheridan ubbidì e lo sconosciuto imboccò il
prestigiatore con un pezzo di cioccolato: «Ecco, prendi questo…
vedrai che ora starai meglio…»
Kaito inghiottì il dolce e smise di tremare.
Di colpo strizzò gli occhi, come se gli bruciassero, e li riaprì, con aria
confusa.
« Otousan… eh?
No, aspetta…cosa…»
Sheridan lo guardò ansiosa: «Kaito!»
Il ragazzo si passò una mano sugli occhi:
«Presente, ma non urlare, che ho un cerchio alla testa…cosa… cosa mi è successo?»
Fred sbottò: «Vorremmo saperlo noi cos’è
successo! Un secondo prima eri lì tranquillo e un secondo dopo sembravi un
epilettico pazzo che gridava frasi isteriche in giapponese!»
Kaito lo guardò più confuso di prima: «Eh?»
Il signore gli porse un altro pezzo di
cioccolato: «Mangiane ancora, vedrai che andrà meglio.»
«Grazie… ma lei
chi è?»
«Mi chiamo Lupin, e sono l’insegnante di
Difesa contro le Arti Oscure.»
George alzò gli occhi al cielo: «Alleluia,
uno bravo, finalmente!»
Lupin lo ignorò per tornare a concentrarsi
su Kaito: «Credo che tu abbia avuto una reazione alla salita sul treno dei Dissenatori.»
Sheridan sussultò: «Quelli di Azkaban?»
L’insegnante annuì: «Sì, ma stai
tranquilla, li ho allontanati. La loro presenza può causare sensazioni come
freddo, la sensazione di non poter essere più felici…»
I gemelli si guardarono. Anche se l’avevano
provata, la preoccupazione per l’amico l’aveva fatta passare in secondo piano.
«… e in qualche caso, se la persona ha
vissuto esperienze particolarmente drammatiche, svenimenti o crisi
allucinatorie. Kaito, cosa hai visto in quel momento?»
Il ragazzo impiegò qualche secondo a
rispondere, non trovando mai il coraggio di staccare gli occhi dal pezzo di
cioccolato che aveva in mano: «… la morte di mio padre.»
Lupin annuì: «Direi evento traumatico in
piena regola. Bene, se stai meglio tornerei a vedere come sta l’altro ragazzo
che è svenuto… torno più tardi, va bene?»
Kaito annuì e il professore uscì dallo
scompartimento.
Kaito rimase in silenzio per un po’, poi
trovò il coraggio di chiedere: «Dissennatori?»
George annuì: «I guardiani di Azkaban. Sono creature che ti succhiano tutta la felicità e…»
Kaito annuì e il gemello si fermò.
Sheridan aggiunse ancora: «Saranno qua per SiriusBlack…»
Il ragazzo annuì ancora e i Malandrini non
ebbero più il coraggio di dire una parola. Rimasero lì, seduti vicini, in
silenzio. Non c’era bisogno di dire nulla, l’importante era sapere di non
essere soli.
L’aria fresca che investì Kaito scendendo
dal treno servì a svegliarlo totalmente. Solo in quel momento si rese davvero
conto di essersi destato dall’incubo di prima.
Continuava a ripetersi mentalmente che
qualunque cosa fosse era finita, e che aveva di meglio a cui pensare. Insomma,
era pur sempre tornato ad Hogwarts!
Con un certo sforzo il prestigiatore si
concentrò sul caos che lo circondava: i gufi tubavano, i gatti miagolavano e il
rospo di Neville gracidava da sotto il berretto del suo padrone. Sulla stretta
banchina si gelava; scrosciava infatti una pioggia ghiacciata.
Kaito si stava giusto chiedendo se si era
portato dietro un ombrello (e quanto l’avrebbero preso in giro se l’avesse
aperto), quando Sheridan gli diede una gomitata.
«Dove vai?»
«Alle barche, no?»
«Quelle sono solo per le matricole…»
Kaito fece un’espressione strana: «Quindi… niente barche?»
«No.»
«E di conseguenza niente lago…»
La ragazza lo guardò sempre più perplessa:
«No…»
Il ragazzo esultò alzando le braccia: «Deogratias, niente lago!»
Sheridan lo guardò per qualche secondo: «…
tu hai la fobia dei pesci, giusto?»
«Già.»
La ragazza sorrise, visibilmente più
sollevata: «Me l’ero dimenticata, sai?»
«Beata te, vorrei riuscirci anch’io…»
Sheridan sospirò. Per un attimo aveva
temuto che Kaito avesse un’altra crisi, ma un urlo di Fred e George attirò l’attenzione
di entrambi su una serie di carrozze, alla cui vista Kaito trasalì. Erano
trainate da delle specie di cavalli mischiati con dei rettili o qualcosa di
simile.Erano completamente privi di
carne, i manti neri aderivano allo scheletro, di cui era visibile ogni osso.
Avevano teste di drago, con occhi senza pupille bianchi e sgranati. Dal garrese
spuntavano vaste ali nere della consistenza del cuoio, come di pipistrelli
giganti. Immobili e tranquille nell'oscurità, le creature avevano un aspetto
misterioso e sinistro.
«Che sono quelli?»
Sheridan lo guardò preoccupata: «Carrozze,
direi. A meno che non ti riferissi a Fred e George, in tal caso ti direi due
gemelli idioti.»
Kaito scosse la testa, ignorando
volutamente lo stizzito “ehi” di
protesta dei Weasley: «Ma no, parlo di quelle specie di…
cavalli o draghi o cosa cavolo sono che trainano le carrozze!»
Sheridan e i gemelli lo fissarono
preoccupati: «Kaito… non c’è nulla che traina le
carrozze!»
Il ragazzo indicò quella che ai Malandrini
sembrò aria: «Ma certo che c’è! Lo vedo!»
All’imbarazzante silenzio che ne seguì, il
ragazzo si apprestò ad aggiungere: «Non sono pazzo! Non ho allucinazioni! Quei
cosi sono lì!»
Fred annuì con una falsità da attore
consumato: «Ceeerto, Kaito, li vedo anch’io i gattini
blu alati che trainano le carrozze… sei ancora nel
mondo dei sogni, ragazzo?»
Il gemello gli mise un braccio intorno al
collo: «Ok, puoi dircelo, manterremo il segreto. Cosa hai fatto veramente
questa estate?»
Kaito si liberò dalla presa: «Non ho fatto
nulla e piantatela di trattarmi come se fossi ubriaco, drogato o pazzo! Sto
bene!»
Al limite del nervoso, il ragazzo andò a
sedersi nella carrozza odorante di muffa e paglia a braccia incrociate e con aria offesa, dove
anche gli altri, dopo essersi scambiati uno sguardo preoccupato, lo seguirono.
Dalla carrozza affianco, senza essere
notata, Luna Lovegood sorrise.
Kaito non disse una parola durante l’intero
tragitto. Non era arrabbiato con il resto dei Malandrini, capiva la loro
preoccupazione, solo non capiva cosa stesse succedendo e perché,
improvvisamente, si ritrovava in una tale imbarazzante situazione. Se
continuava così l’avrebbero rinchiuso in un manicomio. Sempre che i maghi
l’avessero un manicomio… però, se avevano la prigione…
Strinse la mano sulla tasca interna della
divisa. Forse tutta quell’ansia dipendeva anche da…
Un altro brivido lo attraversò da testa a
piedi. Sheridan gli prese immediatamente le mani come aveva visto fare a Lupin
sul treno e i gemelli tirarono fuori una cioccorana.
Kaito era rigidissimo e teneva lo sguardo fuori dal finestrino. Stavolta li
aveva intravvisti: ai lati di una maestosa cancellata in ferro battuto,
affiancata da colonne di pietra sormontate da cinghiali alati, c’erano due
figure torreggianti e incappucciate vestite completamente di nero. Dovevano
essere i tanto decantati Dissennatori. La carrozza era sfrecciata vicinissima a
loro e il cuore di Kaito era sobbalzato stringendosi in una morsa. Senza dire
nulla, il prestigiatore prese la cioccorana che gli
veniva offerta, la mise in bocca e chiuse gli occhi stringendo forte le mani di
Sheridan, cercando di tenersi legato alla realtà con tutte le sue forze e
chiedendosi se avrebbe retto un anno intero in quelle condizioni.
Kaito entrò nel castello con il volto
pallido e tirato e le gambe tremanti. Troppe emozioni in poche ore, si disse.
Non vedeva l’ora di allontanarsi da quelle “cose”, umane o animali che fossero,
e mettersi a dormire. Non aveva quasi degnato di saluto i compagni di classe e
sentiva su di lui gli sguardi ansiosi degli amici Malandrini.
Che beffa, pensò, e pensare che lui aveva
aspettato tutta l’estate quel momento per…
«Kuroba!»
Il ragazzo sobbalzò. Alle sue spalle
c’erano Harry, Hermione e, soprattutto, la professoressa McGranitt, vestita
esattamente come l’anno prima e con la sua solita pettinatura a chignon.
«Vieni anche tu nel mio ufficio.»
Il prestigiatore annuì: «Devo giusto
parlarle anch’io.»
«Bene.»
Il gruppo si avviò nei corridoi. Kaito
provò a chiedere sottovoce a Harry cosa fosse accaduto, ma il ragazzo sembrava
chiuso in una crisi di mutismo e Hermione gli fece cenno di non insistere. In
un pesante silenzio, dunque, attraversarono la Sala d'Ingresso, salirono le
scale e si incamminarono lungo un corridoio.
Giunti nel suo ufficio, una stanzetta con
un gran camino acceso, la professoressa McGranitt fece segno agli studenti di
sedersi. Anche lei si accomodò dietro la scrivania ed esordì senza preamboli:
«Il professor Lupin ha mandato un gufo per
avvertire che siete stati male in treno.»
Harry la guardò sorpreso: «Eh? Non ero solo
io?»
Kaito gli restituì lo sguardo stupito:
«Anche voi?»
Hermione scosse la testa: «No, io no.»
Prima che Harry potesse replicare, qualcuno
bussò piano alla porta e Madama Chips, l'infermiera,
entrò con aria affaccendata.
«Chi sono i malati?»
Harry e Kaito non dissero nulla, ci
pensarono la McGranitt ed Hermione a indicarli.
Madama Chips
senza battere ciglio: «Bene. Si tratta di voi. Fatemi indovinare: tu stavi facendo
di nuovo qualcosa di pericoloso…»
Harry la guardò con aria quasi offesa.
«… e tu ti stavi facendo notare in qualche
modo.»
Kaito protestò: «Ehi!»
L’infermiera fece spallucce: «Impossibile
non notarti, ragazzo, da quando l’anno scorso hai passato settimane nella mia infermeria…»
La McGranitt interruppe sul nascere
qualsiasi tipo di discussione: «È stato un Dissennatore, Chips.»
Le due donne si scambiarono uno sguardo
torvo. Madama Chips fece un verso di disapprovazione
e spinse indietro i capelli di Harry e Kaito per sentir loro la fronte,
mormorando: «Mettere tutti quei Dissennatori attorno alla scuola…
sì, sono tutti appiccicosi. Sono terrificanti, davvero, e l'effetto che fanno
su persone che sono già di per sé cagionevoli...»
Harry e Kaito protestarono in coro: «Io non
sono cagionevole!»
Madama Chips rispose
distrattamente, mentre sentiva loro il polso: «Ma certo che no. Ok, chi di voi
è svenuto?»
Harry non aprì bocca, ma il colore del suo
volto improvvisamente tendente al rubino fu una risposta più che sufficiente.
L’infermiera si rivolse a Kaito: «Bene, e
quindi tu sei quello che ha avuto crisi allucinatorie con grida e perdita di
contatto con la realtà.»
Harry lo guardò preoccupato e Kaito rispose
sorridendo tristemente: «A quanto pare tu almeno sei riuscito ad essere più
discreto di me…»
La McGranitt chiese asciutta: «Di cosa hanno
bisogno? Riposo? È meglio se stanotte dormono in infermeria?»
Harry balzò in piedi: «Sto bene!»
Kaito non ne era sicuro al cento per cento,
per cui rimase zitto al suo posto.
Madama Chips,
scrutò i ragazzi negli occhi: «Be', come minimo dovrebbero mangiare un po' di
cioccolato. »
Harry rispose prontamente: «Ne ho già
mangiato un po'. Me l'ha dato il professor Lupin. L'ha dato a tutti.»
Kaito confermò: «L’ha dato anche a me. E
Fred e George mi hanno dato anche una cioccorana
supplementare.»
Madama Chips esclamò
in tono d'approvazione: «Davvero? Vuol dire che finalmente abbiamo un
insegnante di Difesa contro le Arti Oscure che conosce il suo mestiere?»
La McGranitt aggiunse, senza l’ombra di un
sorriso: «Mi stupisce di più che i gemelli Weasley siano improvvisamente
diventati responsabili… comunque, siete sicuri di
stare bene, voi due?»
Harry rispose immediatamente di sì, Kaito si
limitò ad annuire.
«Molto bene. Per favore aspettate qui fuori
mentre scambio due parole con la signorina Granger
sui suoi orari, poi andremo insieme al banchetto».
Kaito protestò: «Dovrei parlarle anch’io…»
«Ti chiedo scusa, Kuroba, lo faremo domani.
Ora, per favore, uscite.»
Harry e Kaito tornarono in corridoio con
Madama Chips, che si avviò verso l'infermeria
parlottando tra sé.
Harry si voltò verso Kaito: «Tu volevi
andare in infermeria, eh?»
Il prestigiatore lo guardò comprensivo:
«Più che altro non so che mi succede.»
Harry sospirò: «Non sta iniziando molto
bene, eh?»
Kaito annuì: «Decisamente no.»
«Appena ho visto quei Dissenatori
sono crollato come una pera cotta.»
«Almeno tu sei solo svenuto. Adesso il
mondo mi considera un pazzo visionario… e i Dissennatori
io non li ho neanche visti!»
«Almeno tu non rischi che il ricercato di Azkaban venga a cercarti.»
Almeno
tu non rischi che la polizia faccia irruzione da un secondo all’altro per
arrestarti, ribatté
mentalmente Kaito, ma proprio in quel momento Hermione uscì con l'aria molto
soddisfatta, seguita dalla professoressa McGranitt, e il terzetto ridiscese le
scale fino alla Sala Grande.
Era un mare di cappelli neri a punta;
ognuna delle tavolate era affollata di studenti, i visi illuminati dalle fiammelle
di migliaia di candele che galleggiavano a mezz'aria sui tavoli. Il professor Vitious, un piccolo mago con un gran ciuffo di capelli
bianchi, stava portando via un cappello antico e uno sgabello a tre piedi.
Hermione protestò sottovoce: «Oh, ci siamo
persi lo Smistamento!»
La professoressa McGranitt si avviò verso
il suo posto al tavolo degli insegnanti, mentre Harry, Hermione e Kaito si
dirigevano, cercando di non farsi notare, verso il tavolo dei Grifondoro. Tutti
si voltarono a guardarli mentre strisciavano lungo il muro della sala, e alcuni
li indicarono. Mentre Harry e Hermione si sedevano ai due lati di Ron, Kaito
andò ad accomodarsi vicino a Sheridan e a Ginny.
«Dov’eri finito? Cos’è successo?»
Kaito non fece in tempo a rispondere,
perché Silente si alzò in piedi e iniziò il suo discorso inaugurale.
«Benvenuti! Benvenuti a un altro anno a
Hogwarts! Devo dirvi solo poche cose, e siccome sono tutte molto serie, credo
che sia meglio toglierci il pensiero prima che finiate frastornati dal nostro
ottimo banchetto...»
Silente si schiarì la voce e riprese: «Come
ormai tutti saprete dopo la perquisizione dell'Espresso di Hogwarts, la nostra
scuola attualmente ospita alcuni dei Dissennatori di Azkaban,
che sono qui in missione per conto del Ministero della Magia. Sono di guardia a
tutti gli ingressi, e finché rimarranno con noi, voglio che sia chiaro che
nessuno deve allontanarsi da scuola senza permesso. I Dissennatori non devono
essere presi in giro con trucchi o travestimenti, né tantomeno coi Mantelli dell'Invisibilità.»
Kaito mandò una veloce occhiata a Harry,
che stava guardando Ron con uno sguardo più che eloquente. La frecciatina sui
trucchi e travestimenti probabilmente era rivolta a lui.
Silente continuò: «Non fa parte della
natura di un Dissennatore comprendere eventuali scuse o suppliche. Di
conseguenza vi metto in guardia tutti quanti: non date loro motivo di farvi del
male. Conto sui Prefetti, e sui nuovi Capiscuola, perché facciano in modo che
nessuno entri in conflitto con i Dissennatori.»
Percy, che era seduto poco distante da Harry,
spinse di nuovo il petto in fuori lanciando occhiate autoritarie tutto intorno.
Silente tacque di nuovo; fece scorrere uno sguardo molto serio sulla sala, e
tutti rimasero immobili, in silenzio.
«Per passare a un argomento più allegro, sono
lieto di dare il benvenuto a due nuovi insegnanti. Innanzitutto al professor
Lupin, che ha gentilmente accettato la cattedra di Difesa contro le Arti
Oscure».
Risuonò qualche applauso sparso e poco
entusiasta. Solo i ragazzi che si erano trovati nello scompartimento di Lupin e
in quello dei Malandrini batterono forte le mani. Il professor Lupin aveva
l'aria particolarmente trasandata accanto agli altri insegnanti, che
indossavano i loro abiti migliori.
Silente riprese, mentre il tiepido applauso
per il professor Lupin si spegneva: «Quanto alla nostra seconda nuova nomina, sono
spiacente di dovervi dire che il professor Kettleburn,
il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche, è andato in pensione alla
fine dell'anno scorso per godersi gli anni, nonché le membra, che gli restano.
Comunque sono lieto di annunciarvi che il suo posto verrà preso nientemeno che
da Rubeus Hagrid, che ha accettato di assumere il
ruolo di insegnante in aggiunta al suo compito di guardiacaccia».
Dopo un attimo di stupore partì un applauso,
che fu fragoroso soprattutto alla tavola dei Grifondoro. Hagrid era di un rosso
paonazzo, si fissava le manone, con un gran sorriso
nascosto nel groviglio della barba nera e, mentre il professor Silente
riprendeva a parlare, lo videro che si asciugava gli occhi con la tovaglia.
Silente concluse: «Bene, credo di avervi
detto tutte le cose importanti. Che la festa cominci!»
Fu un banchetto delizioso; la sala
risuonava di chiacchiere, risate e del tintinnio di coltelli e forchette e
Kaito riuscì finalmente a distrarsi da tutti i suoi pensieri. Poi, quando gli
ultimi bocconi di torta di zucca furono spariti dai piatti d'oro, Silente
annunciò che era ora di andare a dormire e Kaito ne fu molto felice.
Percorsero altri corridoi e salivano altre
scale fino all'ingresso nascosto alla Torre di Grifondoro. Un grande ritratto
di una signora grassa vestita di rosa chiese loro: «Parola d'ordine?»
Percy si rivolse alla folla «Entrate, entrate! La
nuova parola d'ordine è Fortuna Maior!»
Neville Paciock
mormorò sconsolato: «Oh, no.»
Per lui tenere a mente la parola d'ordine
era sempre stato un problema e i compagni lo sapevano bene.
Dopo aver oltrepassato l'ingresso e la sala
comune, i ragazzi e le ragazze si separarono; Kaito risalì la scalinata e si
buttò sul letto vestito. La stanchezza prevalse su ogni incubo e ogni
preoccupazione e il ragazzo scivolò in un sonno senza sogni.
E rieccomi! Questo capitolo dovrebbe
tranquillizzare tutti coloro che avevano ancora dei dubbi sulla continuazione
della storia... continua, continua, tranquilli!
Adesso arriverà una valanga di lettere via gufo (stile primo
libro) per chiedermi cosa significa la frase in giapponese. Non mi sono
dimenticata di mettere la traduzione, è solo che la scena era dal punto di
vista dei gemelli e di Sheridan, per cui doveva essere incomprensibile. Fra un po’
ne vedrete anche la traduzione, e a questo proposito ringrazio ancora la mia
amica Noemi per avermi fatto la traduzione (altro che
Google Translate, questa è giusta di sicuro!).
Intanto ringrazio Cicci 12 e i
nottambuli Tsuki no Sasuke,
darkroxas92 e Lunaby per le entusiaste recensioni, mi
fate sempre tantissimo piacere e mi donate sempre un sorriso.
Prossimo capitolo? Kaito risolverà una questione rimasta in
sospeso... o forse no...
Stephen si affacciò alla porta del
dormitorio: «Kaito! Sei ancora lì a rimirarti allo specchio?»
Il prestigiatore rispose con un mugugno,
mentre cercava disperatamente di lisciarsi la divisa: «Promemoria, Kaito: mai
dormire con i vestiti! E qua non c’è nemmeno un ferro da stiro…
me lo insegneranno un incantesimo per stirare? Perché non c’è un corso di
economia domestica magica?»
Dopo aver litigato ancora un po’ con la
divisa, il ragazzo si decise a scendere per la colazione, dove ritrovò tutti i
suoi compagni di classe, a cui la sera prima aveva prestato davvero poca
attenzione.
Erano cambiati più di quanto Kaito si
aspettasse, ma in fondo era normale, erano in piena fase di crescita: tutti
erano più alti e con i capelli più lunghi, ad esclusione di Stephen, che aveva
optato per un taglio quasi a zero che a Kaito non piaceva per niente. Persino
Sheridan aveva iniziato a farsi crescere i capelli in un taglio più normale. La
cosa che però lo rese più felice fu scoprire che Colin era ancora con loro:
dato che si era perso metà anno causa pietrificazione, aveva temuto l’avessero
bocciato.
«Mi è toccato studiare tutta l’estate, ma
ora sono di nuovo in pari con voi!»
Nicole gli sorrise: «Ne siamo felici,
credimi! Giusto, ragazzi?»
Thomas sospirò: «Almeno finalmente possiamo
smettere di andare in giro con la macchina fotografica...»
Di tutta risposta Colin gli scattò una foto
col flash, accecandolo. Mentre il gruppo del secondo anno rideva, il ragazzo si
sfilò gli occhiali e sfregandosi gli occhi commentò: «Ma dovrò riabituarmi al
più presto alla tua tendenza da paparazzo incallito…»
Kaito rise e Sheridan lo guardò più
sollevata.
Stephen prese l’orario: «Allora, che ci
tocca stamattina? Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Pozioni…»
Kaito drizzò le orecchie: «Trasfigurazione,
hai detto?»
Il biondino lo guardò sorpreso: «Sì…»
Il prestigiatore mise la mano sulla tasca e
ne strinse forte il contenuto: «Finalmente.»
Thomas si rimise gli occhiali: «Non credevo
ti piacesse così tanto…»
«VestesIroning.»
Sotto lo sguardo stupito di Kaito, i suoi
abiti tornarono a posto ed Hermione sorrise: «Scusa, ma sembravi finito sotto
un camion…»
Il prestigiatore la ringraziò: «Me lo
potresti insegnare?»
«Certo.»
Fred e George, dall’altra parte del tavolo,
intercettarono Harry, decisamente di cattivo umore.
George gli passò dei fogli: «I nuovi orari
del terzo anno. Che cosa ti succede, Harry?»
Ron si limitò a sedersi dall'altro lato di
George e a lanciare un'occhiata al tavolo dei Serpeverde: «Malfoy.»
George alzò gli occhi giusto in tempo per
vedere Malfoy che fingeva un'altra volta di svenire.
«Quel piccolo idiota! Non era così tronfio
ieri sera quando i Dissennatori sono saliti sul treno. È entrato di corsa nel
nostro scompartimento, vero, Fred?»
Fred annuì, scoccando a Malfoy uno sguardo
sprezzante: «Quasi se la faceva addosso.»
George disse: «Non ero tanto contento
nemmeno io. Sono tremendi, questi Dissennatori...»
I tre Malandrini si lanciarono uno sguardo
preoccupato da un parte all’altra del tavolo, per poi osservare Kaito
parlottare con Hermione. Non avrebbero dimenticato tanto facilmente quel
viaggio in treno e c’era solo da ringraziare che Malfoy non avesse capito cosa
stava accadendo nello scompartimento quando ci era entrato per errore.
Preso dalla discussione con Hermione sugli
incantesimi utili, Kaito non sentì quasi nulla della discussione. L’unica cosa
di cui si era preoccupato era che i suoi compagni non capissero perché era così interessato alla lezione
di Trasfigurazione.
Dopotutto, di quello, non poteva proprio parlare con loro.
I ragazzi di Grifondoro e Corvonero entrarono in aula molto eccitati, curiosi di
conoscere il nuovo insegnante.
«Le lezioni saranno più interessanti che
non con Allock?»
Kaito commentò: «Ah, quello poco ma sicuro!
Non ci vuole niente ad essere più interessanti di Allock.»
Ginny sospirò: «Chissà che fine ha fatto?»
Non si ebbe il tempo di fare ipotesi,
perché in quel momento Lupin entrò in aula. Era trasandato come sempre, ma
aveva l'aria più sana che non sul treno, l'aria di uno che ha consumato qualche
pasto come si deve.
L’insegnante li accolse con un sorriso:
«Buongiorno, ragazzi! Sono felice di cominciare la mia carriera qui ad Hogwarts
con voi. Scusatemi se oggi sarò magari più insistente su qualche dettaglio, ma
è il primo giorno per me come per voi e vorrei cercare di capire bene cosa avete
fatto e cosa no per poter partire con il piede giusto.»
Kaito sorrise: questo sì che aveva l’aria
di essere un insegnante come si deve!
Lupin fece l’appello, poi si sedette e con
aria curiosa chiese: «Allora, ditemi… cosa avete
fatto l’anno scorso? Ditemi tutto quello vi ricordate: come facevate lezione,
di cosa avete parlato… parlate pure!»
Un silenzio imbarazzato calò sulla classe.
Kaito venne fulminato da tutti i compagni Grifondoro, con l’implicito messaggio
di stare buono e non farsi notare subito. Dopo un po’, un ragazzo di Corvonero si decise a prendere la parola: «Leggevamo i
libri. E qualche volta li interpretavamo.»
Lupin fece una piccola smorfia: «Ok… la teoria è importante e una simulazione può aiutare in
caso di vera emergenza… e di cosa avete parlato?»
Il silenzio si fece più imbarazzato. Tutti
avevano approfittato delle vacanze per dimenticare le orribili lezioni di
Allock.
Luna sorridendo disse: «Non abbiamo mai
parlato dei Gorgosprizzi.»
Qualcuno ridacchiò, ma Lupin non si
scompose: «Ne terrò conto. Altro?»
Dopo altri due minuti d’imbarazzo Kaito
scoppiò: «L’anno scorso era un disastro. L’unica cosa utile che abbiamo
imparato è stato l’incantesimo Expelliarmus, e solo perché il prof ha fatto da cavia!»
Risatine, cenni di assenso e mani sugli
occhi seguirono la confessione del ragazzo. Sheridan alzò gli occhi al cielo e
Ginny gli fece segno che lo avrebbe strozzato appena possibile.
Lupin cercò di riottenere il silenzio: «Va
bene, va bene. Ti ringrazio, Kaito, per la sincerità e la spontaneità, anche se
ti pregherei di non parlare più male del mio predecessore.»
Kaito fece spallucce: «Male? È solo perché
non mi ha sentito l’anno scorso…»
«… e farai bene a non farti sentire neanche
quest’anno, o mi costringerai a toglierti dei punti. La sincerità è un grande
dono, Kaito, e gradirei continuassi a usarla anche con me. Se nella mia lezione
ci fosse qualcosa che non va, dimmelo con questa stessa sincerità, va bene?»
Sheridan sorrise: «Non si preoccupi, qui
non abbiamo problemi di peli sulla lingua, come ha potuto notare.»
Lupin annuì: «Bene. Mi sono fatto un’idea
su come regolare le prossime lezioni. Inizio ad anticiparvi che con me non ci saranno…interpretazioni
letterarie, chiamiamole così. Questo non significa che non faremo teoria,
ma direi di alternarle anche con qualcosa di pratico.»
Un applauso sancì la proposta.
«Purtroppo, questi momenti di riflessione
silenziosa non ci hanno lasciato il tempo di iniziare subito, ma dalla prossima
lezione cominceremo sul serio. Grazie per la vostra collaborazione, potete
andare.»
I ragazzi si alzarono, ma Lupin parlò
ancora una volta: «Kaito, potresti fermarti un momento?»
Il prestigiatore tornò sui suoi passi: «Purché
non ci metta troppo, altrimenti la McGranitt mi toglie punti e vorrei evitare
di ripetere la performance del primo giorno dell’anno scorso…»
Il professore sorrise: «Di quanti punti
parliamo?»
«Ventuno.»
«Però! Mi ricordi tanto un mio vecchio
amico di quando frequentavo io Hogwarts… penso che
sareste andati d’accordo.»
«Se era ai miei livelli, probabilmente
avremmo demolito il castello!»
Lupin rise: «Oh, vi ci vedo benissimo, tu e
James, a far impazzire Gazza! Senti, a parte gli scherzi…
stai bene?»
Kaito annuì, ma Lupin insistette: «Non hai
più avuto problemi con i Dissennatori?»
«Se loro stanno ben lontani da me, io non
mi avvicino, poco ma sicuro.»
«Va bene, Kaito. Se avessi qualunque tipo
di problema, però, vieni a parlarmene, ok?»
Il ragazzo iniziò ad avviarsi verso la
porta: «Intesi, professore. Ora mi scusi, ma se non vado la McGranitt mi lincia
davvero!»
«Va bene. Buona giornata, allora!»
«Anche a lei!»
Kaito chiuse la porta e Lupin rimase per un
po’ ad osservarla, sovrappensiero. Dopo un minuto scosse la testa. Non poteva
lasciarsi prendere dai pensieri e dai ricordi, aveva un’altra classe che
sarebbe entrata a momenti e lui avrebbe dovuto essere pronto.
«Siete tutti pregati di studiare le pagine
undici, dodici, tredici e quattordici e di preparare la relazione. È tutto.»
Non appena la McGranitt finì di parlare,
tutti gli studenti del secondo anno raccolsero le loro cose e si prepararono
per avviarsi alla lezione successiva. Tutti tranne uno.
Sheridan, non vedendolo muoversi, si fermò:
«Kaito?»
Il ragazzo le sorrise: «Devo solo dire una
cosa alla McGranitt, tu inizia pure ad andare.»
«Sicuro? Va tutto bene?»
«Tutto benissimo, tranquilla! Ti raggiungo
subito!»
Poco convinta dallo strano comportamento
del ragazzo, Sheridan uscì dalla classe. Kaito, con una mano in tasca, si
avvicinò all’insegnante sfoggiando la sua faccia da poker per nascondere il
nervosismo. Aveva aspettato quel momento tutta l’estate.
«Professoressa? Ha un minuto? Dovrei
parlarle.»
«Dimmi, Kuroba. Qualche problema con i
compiti?»
Il ragazzo le restituì uno sguardo molto
serio: «Avrei bisogno di lei in quanto vicepreside.»
La McGranitt cambiò atteggiamento: «Cosa
succede? Riguarda forse ciò che è accaduto ieri?»
«No. Volevo chiederle come ottenere un
colloquio col preside.»
La McGranitt lo fissò dritto negli occhi,
come se volesse leggergli il pensiero: «Non è il caso di disturbare il preside
per cose di poco conto, Kuroba. Sei davvero sicuro che non possa aiutarti io?»
Il ragazzo sospirò: «Professoressa, io in
lei ho la massima fiducia e la massima stima. Se avessi problemi con i miei
compagni o di qualunque altra ragione, mi rivolgerei a lei senza esitazione,
come responsabile della mia Casa e come vicepreside. Ma, la prego di credermi,
è una questione personale riguardo alla quale, purtroppo, lei non è in grado di
rispondermi.»
La professoressa lo guardò sempre con i
suoi occhi taglienti: «Va bene, Kuroba. Non ti assicuro niente, ma proverò a
farti ottenere un colloquio. Avrai al più presto notizie.»
Kaito piegò il capo: «La ringrazio.»
Il prestigiatore uscì dall’aula tirando un
grosso sospiro di sollievo. Mise ancora una volta la mano in tasca.
Ne
valeva la pena?
Strinse forte la fodera della divisa,
facendo attenzione a non rovinare ciò che nella tasca era contenuto.
Sì,
ne valeva pena.
Per un paio di giorni, la vita trascorse
come la normale routine di Hogwarts imponeva.
Poi, una mattina, un barbagianni marrone
recapitò a Kaito una lettera.
La
McGranitt mi ha comunicato la tua richiesta d’incontrarmi.
Ti
aspetto questa sera nella Sala Professori alle 21.30. Porta con te questa
lettera, nel caso il signor Gazza ti fermi, così non ci saranno problemi.
A
questa sera.
Albus
Silente
Kaito sorrise e infilò la lettera in tasca.
Finalmente era giunto il momento della verità.
Il rumore dei cardini che cigolavano fece
sfuggire a Kaito un’imprecazione nella sua lingua natale. Si era presentato
puntuale all’appuntamento con il preside, dopo aver cercato inutilmente di
schivare il custode, che puntualmente l’aveva intercettato. Solo la firma di Silente
l’aveva salvato da una punizione certa.
Il prestigiatore si guardò intorno. Era
entrato là dentro qualche mese prima, ma ricordava ogni centimetro di quella
stanza: mentre aspettavano la McGranitt lui, Harry e Ron l’avevano percorsa in
lungo e in largo in preda all’ansia. Ricordava piuttosto bene anche l’armadio
in cui si erano nascosti. Però sotto la luce tenue della luna piena tutto aveva
un’aria decisamente più spettrale. Sembrava quasi di sentire dei colpi
provenire dall’armadio…
«Buonasera, Kaito.»
Il prestigiatore sussultò: «B-buonasera professore!»
La barba del preside sembrava quasi
risplendere al buio: «Tutto bene?»
«Sì, mi ha solo spaventato!»
L’anziano ridacchiò: «Ho sorpreso Kaito
Kid, non male per un vecchietto come me!»
«La presenterò a Nakamori,
allora.»
Silente tornò serio: «Allora, cosa può fare
il preside di questa scuola per te che la McGranitt non può fare?»
Kaito tirò fuori dalla tasca quello che
aveva custodito gelosamente per mesi: «Guardare con molta attenzione questa
fotografia.»
L’uomo si sistemò meglio gli occhiali e,
facendo luce con la bacchetta, prese la foto che il ragazzo gli porgeva con
cipiglio quasi da detective.
«Quella foto ritrae gli spettatori di uno
degli ultimi spettacoli di mio padre. In prima fila ci siamo io e una mia cara
amica. Ora, mi spiega cosa ci faceva uno dei più grandi maghi del mondo a uno
spettacolo di prestidigitazione? Per di più seduto proprio dietro di me? E non
lo neghi, quella barba è piuttosto inconfondibile…»
Silente sospirò: «Non ho intenzione di
negare l’ovvio. Sì, Kaito, quello seduto dietro il tuo posto ero proprio io.»
Kaito sputò fuori il dubbio che aveva da
tempo: «Mi stava forse sorvegliando già da allora? C’entra qualcosa il fatto
che sia arrivato qui con cinque anni di ritardo? Perché, sinceramente, la
storia del gufo in ritardo fa acqua da tutte le parti…»
«Hai l’atteggiamento del detective, sai?»
Kaito sorrise: «Ne ho frequentati fin troppi…»
Il preside gli restituì la foto: «Mi
dispiace, ma non posso dirti di più.»
«E perché?»
Il preside lo fissò dritto negli occhi,
come se volesse leggergli l’anima: «Sai cos’è un Voto Infrangibile?»
Kaito sostenne a fatica quell’azzurro
sguardo indagatore: «Una… scheda elettorale che non
si può strappare?»
«No. È una promessa fra maghi. Un tipo di
patto siglato con la magia, impossibile da infrangere, pena la morte. Io ne ho
siglato uno che m’impedisce di spiegarti perché sia presente in quella foto e
perché ti abbia convocato ad Hogwarts così tardi fino a quando tu non abbia
raggiunto la maggiore età…»
Kaito esultò: «A posto, allora! Ho
diciassette anni!»
Silente sorrise divertito: «… nel mondo babbano.»
Il ragazzo rimase con la bocca spalancata
per un paio di secondi, preso in contropiede: «… ehi, ma così non vale! Non si
possono cambiare i termini del contratto? Non mi va di aspettare fino ai
vent’anni!»
«Mi dispiace, Kaito, non è una condizione
che ho posto io… scusa, perché vent’anni?»
«L’età in cui si diventa maggiorenni… in Giappone è così.»
«In Inghilterra sono solo diciotto.»
Kaito lo guardò sollevato: «Oh, allora va
già meglio!»
«Dipendesse da me ti direi tutto ora, ma
purtroppo non posso. Potrei anche cominciare a rivelarti qualcosa, ma morirei
prima di concludere e tu perderesti la tua unica fonte d’informazioni. Ti
chiedo solo un anno di pazienza. Un anno ancora e ti prometto che risponderò ad
ogni tua domanda. Sono disposto a siglare con te un altro Voto Infrangibile.»
Il ragazzo sospirò, un po’ deluso: «No,
lasci stare, mi pare che lei ne abbia stretta fin troppa di quella roba e non
voglio averla sulla coscienza. Mi fido della sua parola e le concedo un anno.
Poi, se non risponderà, potrebbe ricevere una visita dal ladro gentiluomo…»
«Non ce ne sarà bisogno. Preferisco avere a
che fare con Kaito Kuroba.»
Kaito si avvicinò all’armadio dove
custodivano i mantelli dei professori: «Con lei devo sempre aspettare un anno
per sapere qualcosa… poco più di un anno fa lei aveva
trasfigurato l’armadio della mia cam…»
Non ebbe il tempo di finire la frase. Di
colpo l’armadio si spalancò e uscirono dalle sue ante un centinaio di pesci di
tutte le specie, che circondarono Kaito e iniziarono a girargli intorno, in un’ombra
scura tanto simile a un mantello di un Dissennatore. Il ragazzo non urlò, non
disse nulla, si limitò a irrigidirsi e a trattenere il respiro.
Silente tirò subito fuori la bacchetta:
«Indietro, Kaito!»
Il ragazzo riuscì a malapena a tirare fuori
un filo di voce: «E come? Sono circondato…»
Il preside ruggì: «Riddiculus!»
I pesci arretrarono e sembrarono rivolgere
a lui la sua attenzione. In pochi secondi si riunirono a formare una figura
umana. Sì, era una bambina, magra e dall’aspetto etereo, ma con il volto molto
serio. Puntava un dito verso Silente in modo accusatorio.
L’uomo sorrise tristemente: «Avresti tutte
le ragioni del mondo, Ariana… se solo fossi tu.»
Un altro colpo di bacchetta e Ariana, o
qualunque cosa fosse, si ritirò nuovamente nell’armadio, che iniziò a tremare,
come se qualcuno all’interno stesse cercando di liberarsi. Con un leggero movimento
del polso Silente fece comparire un solido lucchetto.
Il preside sospirò, per poi voltarsi verso
Kaito, ancora paralizzato dal terrore: «Tutto bene?»
Il ragazzo era bagnato fradicio di sudore:
«Che…»
«Un Molliccio. Sono creature che si
nascondono nei luoghi bui e che allontanano gli aggressori mostrando loro le
peggiori paure.»
«Ah, per un attimo ho pensato si volesse
vendicare per averla fatta venire qui stasera…»
Silente scosse la testa: «Al contrario,
Kaito. Sono felice di aver parlato con te, ma penso che per stasera abbiamo
avuto entrambi un po’ troppe emozioni. Torna nel dormitorio, domani mattina
avvertirò il professor Lupin di questo piccolo ospite indesiderato, così potrà sbarazzarsene… o costruirci sopra una lezione.»
«Spero sinceramente non con noi, una volta
mi è bastato e avanzato. Buonanotte, professore, e non dimentichi la sua
promessa.»
«Non lo farò.»
Il ragazzo uscì dalla stanza e risalì le
scale sovrappensiero. Perché la più grande paura di Silente risultava essere
una ragazzina? Se aveva paura degli adolescenti, mettersi a capo di un istituto
scolastico non gli sembrava una gran pensata. Ma soprattutto, chi poteva aver
mai fatto un simile patto con Silente, al punto da costringerlo a mettere in
gioco la sua vita? Cosa c’entrava lui in tutto questo?
Silente rimase nella sala insegnanti ancora
a lungo, con l’unica compagnia del Molliccio che si agitava nell’armadio.
Si
strinse ancora una volta il polso: «Ho mantenuto la mia parola, vecchio mio, e
non parlerò per un anno ancora… però nulla del nostro
patto mi vieta di controllare se la nostra supposizione era corretta, vero? Non
voglio credere che tu sia morto invano…»
Buongiorno a tutti! Ecco qua il nuovo capitolo, che dice tutto e
dice niente, lo so, ma vi dà una meta... fra un anno (spero non in tempo reale)
saprete anche voi la verità!
Intanto, come al solito, ne approfitto per ringraziare Lunaby, Cicci 12, darkroxas92 e Tsuki no Sasuke per le loro
entusiastiche recensioni.
Prossimo capitolo? Faremo un piccolo salto temporale e passeremo
direttamente ad Halloween. La prima parte dell’anno scorrerà più veloce
rispetto all’anno precedente, ma vedrete che la seconda vi ricompenserà... o
almeno spero!
Capitolo 21 *** Una notte di paura e di stranezze ***
Una notte di paura e di stranezze
Il
bambino è felice. Sa che nulla potrà toccarlo, lì, fra le braccia del padre.
Allunga
le mani verso il cielo, un cielo ricoperto di stelle, così vicine che sembra
quasi di poterle toccare, e di candele sospese a mezz’aria.
Il
bambino ride e sposta lo sguardo verso il padre, aspettandosi di vederlo
sorridere.
Ma
il volto dell’uomo è fin troppo serio.
«Papà?»
Improvvisamente
il corpo del padre sembra farsi trasparente, la stretta sul bambino diminuisce
sempre più, fino a sparire.
«Papà!»
Le
braccia intangibili non sono più in grado di sostenere il peso del bambino, che
inizia a cadere.
Anzi,
a precipitare.
«PAPÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀÀ!!!»
E
cade, cade, sempre più giù, mentre quel volto triste continua a guardarlo dal
bordo del baratro dentro cui sta precipitando.
E
cade, cade, sempre più giù, mentre si rende conto che il suo corpo non è più
quello di un bambino, ma quello di un ragazzo.
E
cade, cade, sempre più giù, mentre viene circondato da striscioni in fiamme, da
carte, foulard e colombe, tutto ricoperto e consumato inesorabilmente dal
fuoco.
E
cade, cade, sempre più giù, mentre quelle stelle che prima ammirava lo
osservano dall’alto, indifferenti, e le fiamme delle candele si spengono in un
soffio.
E
cade, cade, sempre più giù, mentre si rende conto che sotto di lui lo aspetta
un inferno di fiamme, pronto ad arderlo fino alle ossa, fino a consumarne persino
il ricordo.
E
cade, cade, sempre più giù, mentre, disperato, non può fare altro che gridare
ciò che grida da sempre...
Kaito si svegliò urlando. Impiegò qualche
secondo a rendersi conto di essere sveglio e seduto sul suo letto. Si spostò i
capelli madidi di sudore dalla fronte. Solo a quel punto si rese conto di
essere osservato.
«Ops...»
Sheridan osservò i suoi compagni di classe
scendere dalla scala del dormitorio con delle facce sconvolte e delle occhiaie
profonde.
«Non ditemelo, l’ha fatto di nuovo.»
Thomas, Stephen e Colin si limitarono a
commentare a una sola voce: «Già...»
Dietro di loro, Kaito era imbarazzatissimo:
«Scusate ancora... non lo faccio apposta...»
Thomas lo guardò di storto: «Hai provato a
mangiare leggero prima di andare a dormire?»
Kaito sospirò: «Ho provato anche a
saltarla, la cena, ma niente, continuo a fare questi incubi...»
Stephen scese le scale verso la Sala Grande
quasi in trance: «Incubi che non solo non fanno dormire te, ma neanche noi,
visto che urli come un disperato ogni volta... e urli in giapponese, per di
più!»
«Davvero? E cosa dico?»
Colin sospirò: «E che ne so, mica lo
sappiamo noi il giapponese! È un qualcosa come “Tasukure, ivaormoetiru”...»
I compagni rimasero interdetti a quella
risposta così cruda. Kaito sorrise tristemente: «Che è più o meno quello che
sogno sempre da due mesi a questa parte...»
Stephen entrò nella Sala Grande sconvolto:
«E ci credo che urli come un disperato ogni volta...»
Thomas s’intromise: «Hai studiato troppo
Storia della Magia? Magari, con Guendalina la
Guercia...»
Kaito alzò le spalle: «Non credo di essere
un tipo così impressionabile, ma con tutti questi Dissennatori intorno, chi può
dirlo?»
Al tavolo dei Grifondoro erano già sedute
Nicole e Ginny, che sventolava una lettera: «Kaito, sei in ritardo, è già
passata Aoko!»
Il prestigiatore rispose distrattamente:
«Ah, sì? Grazie...»
Nicole diede una gomitata a Sheridan: «Ma
che hanno tutti, stamattina?»
Kaito aprì la lettera della madre, mentre
metteva in bocca una fetta biscottata.
Caro Kaito,
spero che vada tutto bene. Qui sembra
tutto normale, a parte che non troverai in allegato come al solito la lettera
di Aoko.
Non so perché, ma quando le ho parlato di
te, mi ha guardato in modo strano... avete forse litigato?
Kaito sembrò risvegliarsi per un attimo dai
suoi pensieri. Litigato con Aoko? No, non che gli risultasse... poteva averle scritto
qualcosa di sbagliato? Fece una smorfia. Aoko non era certo il tipo da mandare
a dire le cose, se si fosse offesa glielo avrebbe detto in faccia. E allora
cosa...
«Buongiorno, Kaito!»
Il ragazzo trasalì sulla panca: «Fred!
George! Mi avete fatto prendere un colpo!»
«Da quando sei così impressionabile?»
Colin rispose per lui: «Da quando non dorme
la notte.»
I gemelli si guardarono un po’ preoccupati:
«Ah...»
Kaito se ne accorse: «Tranquilli, sto bene.
Mi cercavate?»
Fred gli sussurrò all’orecchio: «Ti va di
preparare qualcosa per stasera?»
«Stasera?»
George si avvicinò all’altro orecchio:
«Sveglia! Oggi è il trentuno di ottobre!»
Kaito esclamò: «Ah, Ha...»
Il suo sguardo si soffermò per un attimo su
Sheridan, che guardava irritata dei compagni di Grifondoro scambiarsi
bigliettini a forma di zucca: «...lloween...»
Fred annuì: «Appunto. Dobbiamo pensare a
qualcosa per tenerla buona.»
Kaito sospirò: «Ci penserò. E la terrò
d’occhio, oggi.»
«Bravo!»
Il prestigiatore mise in tasca la lettera
della madre. Ci avrebbe pensato sicuramente, ma ora era più urgente Sheridan.
Lupin chiuse il libro: «E per oggi è tutto,
ragazzi. Ci vediamo la prossima settimana!»
I ragazzi uscirono di corsa dall’aula per
godersi il pomeriggio libero. Fred e George, prima di andare ad Hosmegade, riuscirono ad avvicinare Kaito.
«Allora, come va?»
Il prestigiatore sospirò: «Come sempre. Fa
finta di nulla, ma l’argomento le rode ancora. Non so come abbia fatto a
resistere alla tentazione di maledire un Serpeverde che a Erbologia
le ha fatto crescere una zucca vicino alla mandragola...»
George osservò da lontano Sheridan parlare
con Ginny: «Per andar bene bisognerebbe che le zucche non esistessero...»
Kaito s’illuminò: «Giusto!»
I gemelli lo guardarono perplesso: «Giusto cosa?»
«Forse ho l’idea che potrebbe risolvere la
situazione, fornendo a Sheridan la sua piccola vendetta e senza essere troppo
esagerata. Ma avrò bisogno di aiuto.»
Fred e George si guardarono complici:
«Dicci tutto, che se serve materiale ce lo procuriamo in quattro e quattr’otto
da Zonko...»
«Sei sicuro di quel che dici?»
Kaito rise: «Insomma, Malandrina! Non
vorrai mica farmi credere che hai paura?»
Sheridan lo fulminò con lo sguardo: «Ti
pare?»
«E non verrai a dirmi che l’idea non ti
piace...»
«Certo che no! Ma... è possibile?»
Kaito le fece l’occhiolino mentre entravano
nella Sala Grande: «Tutto è possibile con un pizzico di magia e di
prestidigitazione!»
Era stata decorata con centinaia e
centinaia di zucche piene di candele accese, un nugolo di pipistrelli veri svolazzanti
e tantissime stelle filanti di un color arancione fiammeggiante, che guizzavano
pigramente lungo il soffitto coperto di nuvole come luminosi serpenti d'acqua.
«Abbiamo poco tempo, dovremo essere veloci
e precisi.»
Sheridan annuì: «Sei sicuro dell’incantesimo?»
«L’ho chiesto a Hermione con la scusa di
evitare di svegliare tutti quando urlo per gli incubi. Il che non è nemmeno del
tutto una bugia.»
La ragazza sorrise: «Mi spiace solo un po’
per Hagrid...»
«Dolcetto
o scherzetto, no?»
George entrò nella Sala, armato di
bacchetta: «Fred è di sotto che sta aggiustando la cena. Tutti pronti?»
Kaito annuì: «Ok, questo è il piano: io mi
occupo dell’incantesimo “speciale” e di sistemare un paio di cosette in puro
stile babbano, voi preoccupatevi di fare quelle
Trasfigurazioni.»
Momoka e Soseiji
partirono in missione. Oh sì, i Malandrini stavano per combinare un gran bello
scherzetto di Halloween...
La McGranitt spalancò le porte della Sala
Grande: «Oh, vedrà, professor Silente, quest’anno abbiamo un...»
La sorpresa la lasciò senza parole per
qualche secondo: «Ma cosa...»
Il preside entrò e si guardò intorno,
ridendo divertito: «Decorazioni originali senza dubbio, Minerva. Di chi è stata
l’idea?»
La professoressa era esterrefatta: «Ma
chi... chi ha osato sostituire le... ... ...»
Silente rise di nuovo: «Oh, chiunque sia
stato ha fatto un lavoro di fino. A quanto pare ha impedito anche di
pronunciare la parola.»
La McGranitt divenne rossa per un attimo:
«Inizio ad avere un sospetto su chi possa essere stato... se ne trovo le
prove...»
Il preside le mise una mano sulla spalla:
«Su, su, è Halloween! E chiunque sia stato, bisogna dargli merito, ha fatto un
gran bel lavoro. E ora sediamoci, io personalmente sto morendo di fame.»
La professoressa sospirò: «Lei è troppo
buono...»
Kaito dovette esibire la sua faccia da
poker per non ridere di fronte alla marea di studenti che entrarono in Sala
Grande aspettandosi di trovare le solite, enormi zucche di Hagrid, e che invece
si trovarono davanti... angurie, meloni, zucchine, melanzane... qualunque tipo
di cucurbitacea tranne la tanto decantata zucca! E che non potevano neanche
lamentarsene, perché all’interno della Sala era impossibile pronunciarne la
parola.
Sheridan osservò un gruppo di Corvonero indicare incuriosito un cocomero decorato con il
classico sorrisone intagliato e Kaito le sussurrò all’orecchio: «Soddisfatta?»
«Oh, non sai quanto!»
Molti presero la novità sul ridere, a parte
un gruppo tradizionalista di Serpeverde e Hagrid, che aveva visto scomparire le
sue zucche proprio poco prima della festa, ma per il resto fu come sempre una
serata molto divertente. Anche senza la presenza della verdura proibita, il
cibo era delizioso; anche chi era pieno da scoppiare di caramelle di Mielandiasi servì una seconda porzione di
tutto. Il banchetto si concluse con uno spettacolo offerto dagli spettri di
Hogwarts. Balzarono fuori dai muri e su dai tavoli per fare un numero di volo
in formazione; Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma di
Grifondoro, riscosse un grande successo reinterpretando la scena della propria
maldestra decapitazione, con le ovazioni di tutto il tavolo della sua Casa.
Solo a fine serata, tutti belli satolli e
con ancora il riso sulle labbra, i Grifondoro si decisero a seguire il consueto
percorso fino alla torre, ma quando raggiunsero il ritratto della Signora
Grassa lo trovarono lacerato, con tanta violenza che il pavimento era coperto
di strisce di tela; grossi pezzi erano stati strappati via.
«Eh? Cos’è, un altro scherzo di Halloween?»
Fred e George alzarono le mani: «Noi non
c’entriamo!»
Sheridan mandò un’occhiata a Kaito, che
fece di no con la testa. I Malandrini non avrebbero mai fatto un danno così
serio. Mentre si cercava ancora di capire se i graffi fossero veri o falsi,
l’ennesima figura dai capelli rossi cercò di farsi largo nella calca con aria
d'importanza: « Fatemi passare, per favore. Che cos'è questo ingorgo? Non è
possibile che abbiate dimenticato la parola d'ordine tutti quanti... scusate,
sono il Caposcuola...»
E poi il silenzio cadde sulla folla, a
partire da chi era davanti, così che una corrente gelata parve dilagare per il
corridoio. Percy disse, con voce improvvisamente
aspra: «Qualcuno vada a chiamare il professor Silente. Subito».
E a quel punto fu subito chiaro che quello
non era uno scherzo.
Poco dopo, ecco il professor Silente
avanzare verso il ritratto. I Grifondoro si fecero da parte per lasciarlo
passare. Il preside diede una rapida occhiata al quadro distrutto e si voltò,
incupito, mentre i professori McGranitt, Lupin e Piton
lo raggiungevano di corsa.
Silente disse: «Dobbiamo trovarla. Professoressa
McGranitt, la prego di andare da Mastro Gazza e di dirgli di cercare la Signora
Grassa in tutti i quadri del castello».
Una voce ghignante gli rispose: «Buona
fortuna!»
Era Pix il
Poltergeist, che fluttuava sopra la folla, soddisfattissimo, come sempre quando
qualcosa non andava per il verso giusto.
Silente chiese con calma: «Che cosa vuoi
dire, Pix?», e il ghigno di Pix
si attenuò: non osava farsi beffe di Silente. Invece mise fuori una vocetta untuosa, non più gradevole della sua risatina
beffarda.
Il Poltergeist disse allegramente: «Si
vergogna, signor Capo, signore. Non vuole farsi vedere. È un vero disastro.
L'ho vista correre dentro il paesaggio al quarto piano, signore, e nascondersi
dietro gli alberi. Urlava qualcosa di terribile. Poverina...»
Silente, ignorando l’ultimo commento detto
con tono per nulla convincente, continuò con la stessa calma: «Ha detto chi è
stato?»
Pix rispose con l'aria di uno che culla una
bomba: «Oh, sì, Capodirettore, signore. Sa, si è
arrabbiato moltissimo quando lei non l'ha lasciato entrare.»
Pix fece una capriola e rivolse un ghigno a
Silente di sotto in su, con la testa che spuntava tra le gambe: «Che caratteraccio,
quel SiriusBlack.»
Il professor Silente rispedì tutti i
ragazzi del Grifondoro nella Sala Grande, dove dieci minuti più tardi li
raggiunsero gli studenti di Tassorosso, Corvonero e Serpeverde, tutti estremamente confusi.
Silente, mentre i professori McGranitt e Vitious chiudevano tutte le porte della sala, annunciò: «Io
e gli insegnanti dobbiamo perquisire il castello. Temo che per la vostra
sicurezza dovrete passare la notte qui. Voglio che i Prefetti facciano la
guardia agli ingressi. Affido la responsabilità ai Capiscuola. Ogni anomalia
deve essermi riferita immediatamente. Comunicate via fantasma.»
Il professor Silente tacque, fece per
andarsene, poi disse: «Oh, sì, avrete bisogno di...»
Un cenno casuale della mano e i lunghi
tavoli si addossarono alle pareti; un altro cenno, e il pavimento si coprì di
centinaia di soffici sacchi a pelo violetti.
Il professor Silente fece un cenno con la
testa chiudendosi la porta alle spalle: «Buonanotte.»
La Sala si riempì in un attimo di mormorii
eccitati; i Grifondoro raccontarono l'accaduto al resto della scuola.
Percy esclamò: «Tutti nei sacchi a pelo! Forza,
basta con le chiacchiere! Fra dieci minuti luci spente!»
Kaito afferrò uno dei sacchi a pelo e si
unì ai suoi compagni. Avrebbe voluto scambiare ancora due chiacchiere con Fred
e George, ma Percy era stato categorico: ognuno
vicino a quelli del proprio anno. Nicole era terrorizzata dall’idea che nel
castello potesse ancora aggirarsi SiriusBlack, e Stephen l’abbracciava come poteva. Colin sembrava
lamentarsi dell’aver perso l’occasione di fargli una foto, era convinto, non
del tutto a torto, che gliel’avrebbero pagata a peso d’oro alla Gazzetta del
Profeta se ci fosse riuscito, ma Ginny lo zittì quasi subito per non spaventare
ancora di più la compagna.
Intanto Kaito ascoltava i chiacchiericci
dei ragazzi del terzo anno.
Un Corvonero
vicino a loro disse: «Forse è capace di Materializzarsi. Sa apparire dal nulla,
insomma.»
Un Tassorosso del
quinto anno s’intromise: «Probabilmente si è travestito.»
Dean Thomas azzardò: «Potrebbe essere
entrato volando.»
Hermione si lamentò stizzita: «Ma insomma,
io sono l'unica che si è presa la briga di leggere Storia di Hogwarts?»
Ron le rispose: «È probabile. Perché?»
«Perché il castello è protetto da qualcosa
di più che dalle mura. Ci sono incantesimi di ogni sorta per impedire
alla gente di entrare di soppiatto. Non ci si può Materializzare e basta, qui.
Mi piacerebbe vedere il travestimento in grado di ingannare i Dissennatori.
Sorvegliano ogni singolo ingresso. Se fosse venuto in volo, lo avrebbero visto.
E Gazza conosce tutti i passaggi segreti, immagino che siano sorvegliati anche
quelli...»
Fred tossì nervosamente, all’ultima frase,
ma quasi nessuno lo notò, perché Percy iniziò a
gridare: «Si spengono le luci! Tutti nei sacchi a pelo e silenzio assoluto!»
Le candele si spensero tutte in una volta.
L'unica luce residua emanava dai fantasmi argentati che fluttuavano parlando in
tono serio con i Prefetti, e dal soffitto incantato, che, come il cielo fuori
dalle finestre, era trapunto di stelle.
Kaito era sovrappensiero. Come si poteva
entrare a Hogwarts senza farsi scoprire? Un enigma degno del ladro gentiluomo,
senza dubbio. Ma Sheridan lo distrasse sussurrandogli all’orecchio: «Cerca di
non urlare, stanotte.»
«Farò del mio meglio. Non ci tengo a farmi
prendere in giro dai Serpeverde per tutta la vita.»
Nonostante ad ogni ora un insegnante
tornasse nella sala per controllare che tutto fosse a posto, Kaito si
addormentò senza problemi.
Kaito
si volta ancora una volta, improvvisamente sveglio, e nota che tutti stanno
dormendo della grossa, nel silenzio più totale. Non c'è nessuno in giro, né
fantasmi né professori, né Caposcuola. Nessuno.
Un'idea
gli balena in mente: chissà se usando qualche passaggio segreto poteva uscire
di lì e scoprire come poteva essere entrato quel...
«Che
sonno, aye...»
«Uh?
Sheridan? Sei sveglia?»
«Sheridan,
aye? Chi sarebbe?»
«Eh?
Ma tu...»
Il
sacco a pelo si muove, ma non ne esce la compagna, come si sarebbe aspettato.
Esce la testa di un gatto. Un gatto blu.
Kaito
sobbalza: «La McGranitt di nuovo?»
Il
gatto si guarda intorno: «Dove, aye?! Questa volta
non ho fatto nulla!»
«Tu...
non sei la McGranitt?»
«Che
cosa?! Ma certo che no! Sono un ragazzo, aye!»
Kaito
lo guarda perplesso: «... ok, dopotutto in effetti la prof aveva un'altra
voce... e un altro colore...»
«...
è davvero così strano avere i capelli blu?»
Quali capelli?, si chiese per un secondo Kaito. Poi decise di far cadere la
discussione. Aveva l'impressione di stare addentrandosi in un vicolo cieco.
Kaito
sorrise intenerito. Quel gatto sembrava essere convinto di essere uno studente,
e il prestigiatore decise di stare al gioco: «Di che Casa sei? Non mi pare di
averti mai visto...»
«Grifondoro,
no? Sono assieme agli altri del secondo anno... Tu piuttosto, perché hai un
mantello bianco? Hanno sbagliato incantesimo in lavanderia, aye?»
Kaito
si guardò il pigiama spaventato. Non aveva messo il costume per errore, no? No,
tutto a posto. Il gatto probabilmente, alla faccia del luogo comune, doveva
avere seri problemi di vista.
«No...
sarà il lenzuolo...»
«Ma
se siamo nei sacchi a pelo, aye!»
«...
comincio a pensare che il buio faccia brutti scherzi alla vista... a
entrambi...»
«
O quello, o la stanchezza... Anche perché non mi ricordo di te... aye...»
«Nemmeno
io... e da quel che hai detto dovremmo essere nella stessa classe...»
Kaito
allunga la mano: «Nel dubbio, rifacciamo le presentazioni! Kaito Kuroba,
Grifondoro, secondo anno!»
Il
gatto tirò fuori dal sacco a pelo una minuscola zampina: «Happy Dragonil, anch'io di Grifondoro del secondo anno! Studente
straniero, aye...»
«Pure
io. Giappone! E tu?»
«Eh...
temo di non poter rispondere... è un segreto, aye... Erza e Harry mi farebbero male...»
«Harry?»
«Sì,
Harry. Quando vuole sa far paura... aye...»
«...
mi sa che parliamo di un Harry diverso. Non importa! Allora, che ne pensi di
questa storia? La Signora Grassa scappata... SiriusBlack...»
«SiriusBlack? Ma non era stato
uno studente?»
«Guarda,
se è stato uno studente, è stato un dolcetto
o scherzetto davvero pesante! Se lo
becco...»
«Dovrai
metterti in lista, aye. Harry e gli altri hanno già
prenotato il suo pestaggio, aye!Gajil in primis…»
«Oh,
ma io e altri tre... bricconcelli saremmo felici di unirci, nel caso!»
«Oh!
Siete molto forti, aye? Quanti edifici avete
distrutto?»
Kaito
scuote la testa: «Temo di aver capito male, come al solito... devo decidermi a
cercare in biblioteca qualche incantesimo di traduzione decente, ogni tanto
capisco fischi per fiaschi... piuttosto... hai visto Sheridan?»
Happy
inclina la testa di lato: «Sheridan? Di che anno è? Non mi pare di averla mai
sentita nominare...»
«Sheridan
Pumpkin... secondo anno, Grifondoro... pettinatura
assurda e leggera irritabilità... impossibile non notarla, credimi!»
«Per
irritabilità... beh, ho in mente Erza, e in parte ora
anche Hermione... Però no, la pettinatura più strana che mi viene in mente è
quella di mio... fratello, aye...»
Kaito
è sempre più confuso: «Hermione l'ho vista irritabile solo sotto esami... comunque,
veramente, ora vado a cercare il registro di classe, non possiamo continuare a
perdere studenti per strada! Oppure è Allock che si sta vendicando per
l'incantesimo di memoria dell'anno scorso...»
«Allock?
Oh, sì, me lo ricordo... era davvero in uno stato pietoso, quando è uscito
dalla Camera... fortuna che adesso c'è il professor Lupin, aye!»
«Già!»
Kaito
si alza in piedi: «Non vedo Percy in giro... ti va di
venire con me?»
Happy
sguscia fuori dal sacco a pelo, a quattro zampe: «Uhm... beh, ormai non credo
più di riuscire ad addormentarmi... e non vorrei mai che Crosta venga da me! Ho
una paura matta dei topi...»
Kaito
esibisce prontamente la sua faccia da poker. Un gatto che ha paura dei topi?
Una stranezza dietro l'altra...
«Soprattutto
quelli volanti, aye...»
«Devo
davvero abituarmi alla fauna magica... comunque non ho più sonno neanch'io e inizio ad essere davvero preoccupato per
Sheridan. Sirius o studente che sia, non vorrei si
fosse messa nei guai.»
«Beh,
non so chi sia, ma un mago di FairyTail non può abbandonare qualcuno in difficoltà, aye!»
Kaito
lo guarda perplesso: «Mago
di coda fatata?Bè,
in effetti la coda ce l'hai... allora andiamo, Happy!»
Alla
prima parte della frase il gatto sussulta e sembra voler girare in tondo. Poi
si mette in piedi su due zampe e segue Kaito, che lo guarda stupito.
«Cavolo, devo davvero portarti a un paio
dei miei spettacoli... faremmo un figurone, credimi!»
«Spettacoli?
In effetti ho già recitato qualche volta in passato... ma mi hanno sempre
scelto per il ruolo di animale selvaggio, aye... non
è giusto!»
Kaito
ride: «Più che il teatro, intendevo uno spettacolo di prestidigitazione...»
«Prestidiche?!»
A
quel punto Kaito si rende conto di una stranezza. Camminano già da un po’ ma la
porta non si avvicina mai.
«Hanno
aggiunto incantesimi alla Sala Grande?»
«In
effetti, non me la ricordavo così grande, aye...»
«Non
dirmelo: questi professori malfidenti hanno fatto qualche incantesimo stile
labirinto che ci riporta al punto di partenza...»
«Sempre
meglio di un palazzo che si trasforma in una specie di guerriero gigante, aye...»
Il
prestigiatore alza gli occhi al cielo: «Tu guardi troppi anime, ragazzo.»
Kaito
sospira: «Volevi sapere cos'è la prestidigitazione?»
Happy
si porta una zampa dietro la testa, facendo un sorriso imbarazzato: «Ehm...
sì... scusa, ma non ho mai sentito quella parola prima, aye...»
Il
prestigiatore sorride: «Tranquillo, fra i maghi è normale... sono i trucchi che
usano i babbani per fingersi maghi... cosa che per
esempio mi permette di fare questo senza la magia!»
Con
uno sbuffo di fumo Kaito fa apparire un gomitolo: «Per te.»
Happy
lo guarda sorpreso, prendendo il gomitolo tra le mani: «Oh... ehm... grazie...
in effetti, non è una cosa che si vede spesso... e hai detto senza magia?»
«Neanche
un briciolo. Solo abilità manuale.»
«Oh...
e dire che io per fare questo devo usare un minimo di energia magica.»
Il
ragazzo ride: «Energia? E che è, vai a pile?»
«Pile?
Non conosco neppure quella parola, aye. Però ecco, un
regalo per te!»
E
detto ciò Happy tira fuori dal nulla un enorme pesce, che porge a Kaito.
Kaito
sussulta: «P-p-p-pesce!!!»
«Perché?
Non ti piace? E pure vivo! Bello fresco!»
Kaito
risponde con gli occhi sbarrati: «Mettilo via, mettilo via, mettilo VIA!»
Kaito riaprì gli occhi di scatto, ancora
con l'ultima parola sulle labbra. Era di nuovo nella Sala Grande, nel suo sacco
a pelo, e nulla sembrava successo. Per scrupolo controllò nel sacco a pelo al
suo fianco. Sheridan era lì, che lo fissava.
«Altro incubo?»
«Perché, ho urlato?»
«Non stavolta, ma eri tutto agitato. Che
hai sognato?»
«Che al tuo posto c'era un gatto blu che
diceva di essere in classe con noi e che mi offriva un pesce. Vivo.»
Sheridan fece una smorfia: «Immagino che
non sia stato piacevole, per te...»
«Guarda, quasi quasi
preferivo l'incubo sull'incendio...»
«Tu devi farti vedere da uno psicanalista.
E di corsa.»
Kaito sorrise però, fra sé e sé. Doveva
essere in astinenza da anime, perché un gatto blu parlante era una cosa che
sembrava essere uscita da un cartone animato. Però, peccato, da una parte, perché
prima di tirare fuori quel pesce quell'Happy sembrava davvero simpatico...
fosse stato reale avrebbero potuto davvero essere amici...
Si voltò dall'altra parte e riprese a
dormire.
Ciao a tutti!
Prima di tutto, tranquillizzo i lettori: prima di scrivere l’ultima
parte non mi ero ubriacata con niente. Dato che è il capitolo di Halloween, me lo permettete uno scherzetto? È stato un gioco fra me e darkroxas92,
che sta scrivendo un crossover fra Harry Potter e FairyTail, che quando la lessi m’ispirò per creare questa
storia. Happy, il gattino blu di FairyTail, non dovrebbe più apparire e non è importante nella
trama. È solo una citazione che mi sono divertita a fare. Se vi volete
divertire, potete andare a vedere la sua storia “Harry Potter e la magia di FairyTail”, dove, comparirà lo
stesso sogno al capitolo 55... dal punto di vista di Happy!
Tornando a noi, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio
darkroxas92, Giorgia_Weasley, Cicci12 e Tsuki no Sasuke per le
recensioni.
Prossimo capitolo? Sarà un susseguirsi di emozioni per il povero
Kaito, perché i Dissennatori torneranno a colpire... e forse finalmente si
capirà qualcosa di più...
Nei giorni seguenti, a scuola non si parlò
d'altro che di SiriusBlack.
Le teorie su come era riuscito a penetrare nel castello diventarono sempre più
improbabili; Nicole Barden di Grifondoro trascorse
gran parte della lezione di Incantesimi dicendo a tutti che Black
era così abile da essere capace di nascondersi letteralmente sotto la barba di
Silente causando l’ilarità collettiva ai compagni di classe che s’immaginarono
la scena.
La tela strappata della Signora Grassa era
stata staccata dalla parete e sostituita con il ritratto di Sir Cadogan e del suo grasso pony grigio. Nessuno ne fu felice.
Sir Cadogan passava metà del tempo a sfidare la gente
a duello, e il resto a inventare complicate parole d'ordine che cambiava almeno
due volte al giorno.
SeamusFinnigan un
giorno disse a Percy: «È completamente pazzo. Non
potremmo avere qualcun altro come guardiano?»
Il Caposcuola rispose: «Nessuno degli altri
quadri ha accettato il compito. Hanno paura di quello che è successo alla
Signora Grassa. Sir Cadogan è stato l'unico ad avere
il coraggio di farsi avanti».
O
l’idiozia, come pensò
Kaito, che aveva assistito allo scambio di battute mentre passava nel
corridoio. Il ragazzo sospirò, stanco, molto stanco, troppo stanco. Gli incubi
che faceva ormai quasi ogni notte lo avevano spossato, e si aggirava nei
corridoi con aria sempre più pallida e stanca. Aveva preso l’abitudine di
portarsi dietro alcune Cioccorane, in caso di
incontri imprevisti con i Dissennatori, che ai suoi occhi sembravano essersi
fatti sempre più presenti e minacciosi. La spossatezza iniziava a notarsi anche
dai suoi voti, che cominciarono a precipitare per mancanza di concentrazione e
tutte le persone che lo circondavano erano sempre più preoccupate per lui,
situazione che se da una parte lo rassicurava, dall’altra lo infastidiva.
Finché Ginny, una mattina, non propose il
suo solito rimedio a tutto.
«Quidditch?
Con questo tempo?»
Ginny sorrise orgogliosa: «Il Quidditch non
si ferma, con il sole o con la pioggia!»
Kaito sbirciò fuori dalla finestra: «Spero
che i nostri giocatori abbiano le branchie, allora...»
La ragazzina l’afferrò per un braccio: «E
dai, vieni!»
«Mi prenderei solo un raffreddore e non
vedrei nulla.»
«Per il raffreddore c’è Madama Chips! Su, dai...»
A suon di spinte, suppliche e
incoraggiamenti, Kaito si ritrovò fuori, a tremare di freddo e lanciare
occhiatacce a Ginny: «Sappi che tu sei una gran testarda.»
«Lo so. E ne sono fiera!»
Kaito sospirò. L’ombrello sembrava sul
punto di rompersi, e anche se la partita era appena cominciata, era molto
difficile seguirla. Si chiese come facessero i giocatori a vederci, in tutto
quel caos, anche dopo la pausa.
Stava giusto chiedendosi chi fosse il tizio
giallo che era partito giù in picchiata, quando i brividi di freddo lo
assalirono. Brividi familiari.
«Oh no... di nuovo non... Gin...»
Il ragazzo cercò di afferrare la divisa
della ragazza, ma la mano gli scivolò, e la sua coscienza con essa.
«Kaito!
Non correre!»
Il
bambino sbuffa: «Mamma, sei lenta! Papà sta per cominciare!»
Kaito
è entusiasta. Ha perso lo spettacolo precedente di suo padre perché aveva la
febbre, ma a questo non avrebbe rinunciato per nulla al mondo! Anche a costo di
andarci senza Aoko, la sua amica del cuore. Oggi doveva andare dalle cuginette,
che peccato...
Kaito
si siede in prima fila, mentre sua madre, con calma, arriva e si accomoda alla
sua destra, preparando la macchina fotografica. Kaito adora il chiacchiericcio
del pubblico in attesa. Loro non sanno cosa sta per accadere. Lui sì. Cioè, più
o meno, papà aggiunge sempre qualcosa a sua insaputa, sa sempre come
sorprenderlo. Quanti trucchi conosce il suo papà? Milioni, forse miliardi, non
lo sa. Sa solo che li vuole imparare tutti anche lui, che da grande vuole
essere un bravissimo prestigiatore, di quelli che fanno credere alla gente che
la magia esiste davvero...
Kaito
tira fuori dalla tasca un paio di carte, ma la mamma, con calma ma con
fermezza, gli mette una mano sopra le sue.
«Tesoro,
per favore mettile via.»
«Perché?»
«Perché
siamo qui per lo spettacolo di papà, non per il tuo, no?»
Kaito
mette il broncio, ma ubbidisce: «Voglio salire anch’io sul palco con papà.»
La
mamma sorride: «Un giorno lo farai. Ma non ancora, devi diventare ancora più
bravo.»
Kaito
sorride appena. Gli dicono tutti che è bravissimo, anche se ha solo sei anni.
Ma gli fa piacere che ci sia qualcuno che pensa che possa ancora migliorare.
«Signore
e signori, buonasera.»
Gli
occhi di Kaito s’illuminano. Eccolo lì, il suo papà!
E
per mezz’ora non esiste più nulla se non le sue mani, che si muovono e fanno
apparire e scomparire di tutto. Anche Kaito rimane col fiato sospeso quando il
prestigiatore tira fuori dalla manica un peluche gigantesco. Come aveva fatto?
Il
prestigiatore distribuisce sorrisi mentre le sue mani creano colombe, foulard,
palloncini, carte e altre cose che da un prestigiatore non ci si aspetterebbe.
In fondo, lui non è un prestigiatore qualunque, è Toichi
Kuroba, uno dei più bravi e riconosciuti specialisti del settore. Ma questo
Kaito non lo sa e non gli interessa. È il suo papà e per lui è e sarà sempre il
più bravo del mondo.
Con
l’ennesimo sorriso, l’uomo si avvicina a un grosso oggetto coperto da un telo:
«E ora, signori, vi proporrò un numero molto famoso!»
E
tolse il lenzuolo, lasciando una parte del pubblico con il fiato sospeso.
«Vedo
che qualcuno di voi l’ha già riconosciuto. È un numero portato tristemente agli
onori delle cronache da Henry Houdinì. Ora io mi farò
chiudere all’interno di questa teca, immobilizzato da manette e lucchetti,
dopodiché la vasca verrà riempita d’acqua e starà a me uscirne in tempo. Vi va,
dunque, di partecipare con me a questa scommessa?»
Il
pubblico applaude, e con lui anche Kaito. Sorriderebbe così se sapesse che il
signor Houdinì nominato prima è morto nel tentativo
di compiere questo numero? Ma il bambino non lo sa, e continua ad applaudire.
Come
annunciato, il prestigiatore si fa legare, invitando persone del pubblico a
controllare che non ci siano trucchi; poi la vasca viene riempita e, poco prima
che la teca sia coperta con un telo, Kaito ride all’occhiolino rivoltogli dal
padre.
Non
sa che sarà l’ultima volta che vedrà il suo volto.
Kaito
aspetta, fiducioso. La mamma guarda l’orologio, sempre più ansiosa.
«Mamma?»
La
donna ignora il bambino: «Che sta facendo? Dovrebbe essere già fuori...»
E
poi è un attimo.
Non
si capisce cosa sia successo, ma il palco ha preso fuoco. Il sipario è in
fiamme e il pubblico, approfittando che lo spettacolo è tenuto all’aperto,
inizia a darsela gambe. La madre di Kaito cerca di correre verso il palco e il
bambino tenta di inseguirla, ma uno striscione in fiamme cade loro davanti,
bloccando il passaggio.
Qualcuno,
non sa chi, afferra Kaito alle spalle e lo trascina via.
Kaito
non vuole andare. Deve salvare il suo papà.
«Aiutatemi!
Il palco sta bruciando! Mio papà, mio papà è sopra quel palcoscenico!
Aiutatemi!»
Ma
il suo grido rimane inascoltato. Kaito è trascinato via, mentre suo padre
annega fra le fiamme.
«Aiutatemi!
Il palco sta bruciando! Mio papà, mio papà è sopra quel palcoscenico!
Aiutatemi!»
E
a lui non rimane altro che gridare ancora.
«Tasuketekure… Hi gabutaiwomoyase… Otousanga, otousanga ano butainiiru…Tasuketekure…»
«Kaito!»
Il ragazzo sbatté le palpebre più volte.
Era tornato dal suo personale inferno.
Con voce impastata, disse: «Cosa...»
I suoi occhi appannati misero a fuoco una
familiare testa rossa e una figura scura sopra di lui. A quanto pare era
coricato a terra.
«Riesci a sentirmi, Kuroba?»
«Professor Piton...»
L’insegnante gli toccò la fronte: «A quanto
pare sei tornato fra noi.»
Ginny alle sue spalle squittì: «Kaito!»
Kaito sorrise tristemente: «Tranquilla,
Ginny, sto bene...»
Un sospiro gli fece alzare lo sguardo.
«Io non direi proprio. Ti sei messo di
nuovo a tremare e urlare come un pazzo.»
Il prestigiatore rispose: «A quanto pare
sta diventando più abituale di quanto vorrei...Sheridan?»
Solo in quel momento, infatti, il ragazzo
si era accorto di chi aveva parlato. La Malandrina lo guardò con le braccia
incrociate: «Bè, sì. C'era la partita, cosa dovevo fare,
starmene in biblioteca a studiare?»
Il ragazzo annuì. Si sentiva spossato. Era
certo che le gambe non lo avrebbero retto, sentiva come se la forza di gravità
lo stesse premendo contro l’erba. Non riusciva neanche a mettersi seduto.
Probabilmente la stanchezza di quelle settimane si stava manifestando tutta
insieme.
«Professore, perché lei...»
«Perché ero il più vicino e perché il
professor Lupin è momentaneamente indisposto. Hai qualcosa in contrario?»
Kaito sorrise: «Niente affatto. Mi stupiva
solo che fosse nel nostro settore e non in quello dei Serpeverde.»
Con un gesto della bacchetta, Piton lo sollevò.
«Non affaticarti, Kuroba. Penso che
Grifondoro stasera avrà due letti liberi.»
Kaito borbottò: «Due?»
«Temo che ti sia perso anche il finale
della partita.»
«Perché, che è successo?»
Harry, quando i tutti i suoi compagni di
squadra si allontanarono, pensò di essere rimasto solo.
«Ehi!»
Il ragazzo con la cicatrice si voltò a
sinistra: «Kaito! Ma cosa...»
«A quanto pare io e te facciamo coppia
fissa!»
«Già. Che ci fai qui? Non ti avevo visto...»
Il prestigiatore rispose: « Mi è venuta
un’altra... crisi Dissenatoria delle mie, definiamola
così. Mi ha portato qui Piton poco dopo di te. Il che
mi ha un po’ sorpreso, in realtà... non credevo che sapesse cosa fare con dei
Dissennatori.»
Harry sorrise tristemente: «Neanche poi
tanto, dopotutto sono anni che punta alla cattedra di Difesa contro le Arti
Oscure.»
«Davvero? In effetti me lo vedo, con quel
mantellone scuro e la faccia serissima... no, sinceramente, l’hai mai visto
ridere una volta?»
Harry rise, ma Kaito rimase serio e
sospirò.
«Io sarò bloccato qui per un paio di
giorni. Madama Chips ha scoperto che sono settimane
che non dormo, credo mi darà un sonnifero stanotte.»
Harry lo guardò preoccupato: «Non dormi?»
«Già... e finalmente ho capito cosa sogno.»
«Cosa?»
Kaito guardò il soffitto: «Di morire come
mio padre.»
Harry non disse più nulla. Nessuno lo
poteva capire quanto lui.
«Allora, ci siamo chiariti?»
Kaito annuì, un po’ scocciato: «Al primo
accenno di incubi prendo la pozione.»
Madama Chips gli
puntò un dito contro: «E guai a te se vengo a sapere che passi ancora settimane
in bianco!»
Il ragazzo uscì dall’infermeria mettendo la
boccetta in tasca. Non era ancora convinto che un sonnifero potesse risolvere
tutti i suoi problemi. E se gli si avvicinava ancora un Dissennatore che
faceva, gli tirava la pozione, sperando che ronfasse e che lo lasciasse in
pace? Senza contare che stavolta non aveva avuto la privacy della prima volta,
e che quasi sicuramente i Serpeverde non lo avrebbero lasciato in pace. Bè, almeno non si sarebbero concentrati solo su Harry.
«Posso parlarti, Kaito?»
Il ragazzo si voltò: «Professor Lupin! Si è
ripreso?»
L’uomo sorrise: «Diciamo di sì.»
Aveva proprio l'aria di chi è stato malato.
Il suo vecchio mantello penzolava più largo e c'erano ombre scure sotto i suoi
occhi. Nonostante questo, l’uomo si preoccupò subito per il suo allievo:
«Piuttosto, ho saputo che ci sei ricascato.»
«Così dicono.»
Lupin lo guardò comprensivo: «E tu cosa
dici?»
«Che non capisco perché proprio a me. Sono
davvero così... sensibile?»
«Non ha niente a che vedere con la sensibilità.
I Dissennatori tormentano te più degli altri perché nel tuo passato ci sono
cose terribili che gli altri non hanno vissuto. I Dissennatori sono le creature
più disgustose della terra. Infestano i luoghi più cupi e sporchi, esultano
nella decadenza e nella disperazione, svuotano di pace, speranza e felicità
l'aria che li circonda. Perfino i Babbani avvertono
la loro presenza, anche se non li vedono. Se ti avvicini troppo a un
Dissennatore, ogni sensazione piacevole, ogni bel ricordo ti verrà succhiato
via. Appena può, il Dissennatore si nutrirà di te abbastanza a lungo da farti
diventare simile a lui... malvagio e senz'anima. Non ti rimarranno altro che le
peggiori esperienze della tua vita. E da
quel che ho capito, tu ne hai vissuta una particolarmente pesante, che ancora
ti tormenta.»
Kaito fece un mezzo sorriso: «Bel discorso,
prof. L’ha provato?»
Lupin rise: «In effetti poco fa l’ho fatto
anche a Harry. Anzi... potresti unirti a noi.»
«Per fondare un bel comitato “Abbasso i Dissennatori,
mandiamoli a casa”?»
«Per alcune lezioni serali extra per
imparare a difendersi da loro.»
Lo sguardo di Kaito s’illuminò: «Si può
fare?»
«Non è semplice, ma sì, ci sono dei modi
per difendersi. Anche se ti avverto, ho già dei dubbi che ci possa riuscire
Harry, e tu sei un anno indietro.»
Kaito sorrise, per la prima volta
sinceramente dall’incontro col Dissennatore: «Mi creda, le sfide non mi
spaventano affatto!»
«Allora ti farò sapere. Buona giornata,
Kaito.»
«Buona giornata, professore!»
Sì, con una speranza di risolvere il
problema, la sua giornata sarebbe stata decisamente migliore.
Buongiorno a tutti! Dai, per questa volta ho deciso di
aggiornare un po’ prima di quanto avevo previsto... so bene che questo capitolo
è un po’ più corto, ma mi sembrava sufficientemente pesante da non dover
aggiungere altro. Adesso vi è chiara la famosa frase in giapponese che non
avevo tradotto tre capitoli fa? Come vedete, piano piano,
le risposte arrivano tutte... insieme con altre domande, lo so, ma altrimenti
che gusto ci sarebbe? Un ringraziamento ancora grosso come una casa a Noemi per il supporto per il giapponese!
E, per rimanere in tema, come al solito ringrazio Lunaby, Tsuki no Sasuke, Giorgia_Weasley e darkroxas92
per le recensioni, sempre graditissime!
Prossimo capitolo? Sarà di nuovo Natale, e saranno di nuovo guai
per Kaito Kid... o forse, per stavolta, sarà Kaito Kuroba ad avere le sue
beghe?
Kaito guardò l’insegnante con lo sguardo
serio e le braccia incrociate.
«No. Se sta per dirmi che anche quest’anno
mi tocca saltare le vacanze natalizie a casa, io...»
La McGranitt rimase impassibile: «Non è per
questo che ti ho chiamato, Kuroba, stai tranquillo.»
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro di
sollievo: «Meno male, questa volta avevo proprio un motivo importante per
tornare...»
«Il professor Silente mi ha chiesto di
riferirti che ti autorizza ad accedere ai corsi di Smaterializzazione.»
«Di che?»
L’insegnante assunse quel tono
squisitamente da spiegazione in classe: «La Smaterializzazione è una magia che
permette a chi la usa di spostarsi in luoghi diversi in pochi secondi.»
Kaito rifletté per un paio di secondi: «Un
teletrasporto, più o meno. Non sarebbe niente male...»
La McGranitt continuò: «Per il Ministero
l’unica clausola prevista è il compimento della maggiore età, perché di solito
a quel punto si ha un livello d’istruzione sufficiente per poterla apprendere,
ma il tuo è un caso particolare...»
«Conosco la solfa, professoressa. Vada
avanti.»
«Il preside ha deciso, nonostante il mio
parere contrario, di farti comunque accedere al corso che inizierà nella
seconda parte dell’anno. Chiaramente, il tuo obiettivo non sarà passare l’esame
al primo colpo e prendere immediatamente la licenza, ma... cos’hai da ridere,
Kuroba?»
Il ragazzo ridacchiò: «Mi scusi, ma mi
ricorda molto la trafila burocratica per poter prendere una patente babbana per l’automobile... vada pure avanti, la prego.»
L’insegnante lo guardò da sopra gli
occhiali: «È una cosa seria, Kuroba, non c’è nulla da ridere. Una
Smaterializzazione mal riuscita può avere conseguenze gravissime, ed è l’unico
motivo per cui ritengo che il corso possa servirti, per avere ben chiari i
rischi. Nessuno si aspetta che tu riesca a ottenere la licenza quest’anno,
quindi vedi di non demoralizzarti se non ci riuscirai subito; se già ci
riuscissi per il prossimo anno o per quello dopo ancora sarebbe un obiettivo
più che ragguardevole. Dopotutto, di solito ci si Smaterializza solo al settimo
anno.»
Kaito alzò le spalle: «Infatti non sarebbe
male. La ringrazio allora per la notizia e per la possibilità che mi date.»
Il ragazzo uscì dall’aula di
Trasfigurazione più tranquillo. Doveva darsi una mossa, Fred e George avevano
indetto una riunione straordinaria dei Malandrini.
Camminando verso il luogo di ritrovo,
riprese fra le mani la lettera che gli era giunta quella mattina.
Già, questa volta doveva assolutamente
tornare a casa...
Se c’era una cosa che Kaito odiava di
quella situazione erano i viaggi in aereo intercontinentali e il conseguente
fuso orario. Impiegava sempre un bel po’ a recuperare i ritmi di sonno
abituali, e visti già tutti i problemi che aveva avuto durante l’anno... però,
da una parte, era felice di potersi allontanare un po’ da quei maledetti
Dissennatori. Avrebbe mantenuto i contatti con gli amici e i compagni via gufo
e, per chi poteva, via telefono. Meno male che aveva cercato una tariffa
conveniente per le telefonate all’estero...
Quasi senza rendersene conto, mentre
seguiva questi pensieri, Kaito si addormentò.
Kaito
apre gli occhi. È su una superficie trasparente, forse ghiaccio, o uno
specchio, non sa dirlo. Sa solo che si estende fino a perdita d’occhio, e che
riflette perfettamente la sua immagine. È a quel punto che si rende conto di un
problema.
Cosa
ci fa lì? E soprattutto perché è in pigiama?
Il
ragazzo si alza in piedi. E a quel punto la nota.
È
una strana figura quella che si sta avvicinando a lui. Ha un lungo abito blu
scuro, una curiosa via di mezzo fra un kimono e un abito da mago; cammina a
piedi scalzi, e la superficie attorno a lei s’increspa con segni circolari,
quasi stesse camminando sull’acqua. Il suo volto è completamente coperto da un
vecchio e consunto cappello a punta, non si riesce nemmeno a capire se sia
maschio o femmina.
La
figura cammina lenta, con passo solenne, portando fra le braccia un enorme
scettro, il cui bastone sembra essere lungo quanto lei, con un enorme zaffiro
incastonato nella decorazione a raggiera.
Kaito
è senza parole. Cosa dovrebbe fare? Scappare? Andarle incontro?
Non
lo sa, e intanto la figura avanza, seppur lentamente, e lo raggiunge.
Kaito
prova a spiaccicare qualche parola, ma prima che possa formulare una frase, la
persona gli porge lo scettro, facendo segno di prenderlo. Kaito, timidamente e
un po’ confuso, allunga le mani, ma a quel punto il cappello si muove, uno
strappo si apre e una voce familiare gli ripete ciò che gli era stato detto più
di un anno prima.
«La
conoscenza è un grande dono, Kaito Kuroba-kun, un
dono per il quale bisogna essere pronti…»
Dallo
spavento, Kaito sobbalza e arretra.
«Tu
lo sei?»
Kaito si svegliò di soprassalto, facendo
prendere un colpo al suo vicino di posto. Dopo essersi scusato, il ragazzo si
accasciò nuovamente sul sedile. No, a quanto pareva allontanarsi dai
Dissennatori non bastava per poter dormire dei sonni tranquilli. Poteva
consolarsi, però, almeno il Cappello Parlante era una variazione sul tema, non
gli era ancora capitato.
«Cos’altro devo fare per poter di nuovo
dormire tranquillo?»
«Signorino Kaito!»
Il ragazzo sospirò: «Non ora, Jii...»
«Ma... il furto...»
Kaito sbatté la porta violentemente: «HO
DETTO NON ORA, JII!!!»
Il prestigiatore scivolò a terra,
prendendosi la testa fra le mani. I mesi quasi insonni avevano lentamente eroso
i suoi nervi e la sua faccia da poker, lasciando un ragazzo stanco delle mille
preoccupazioni e dei mille rimorsi. Per una volta, Kaito Kid avrebbe dovuto
cedere il passo a Kaito Kuroba, e il motivo aveva un nome e un cognome. E una
frase che continuava a rimbombargli nel cervello, tormentandolo forse più dei
Dissennatori.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto prestare importanza agli
avvertimenti di sua madre.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto notare la mancanza delle
lettere di chi gli aveva sempre scritto.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto rinunciare alla
rassicurante idea di qualcuno pronto ad aspettarlo a casa.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto crederci, e si era
presentato di fronte alla sua porta, come se nulla fosse.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto crederci, finché non aveva
udito quella frase.
«E
tu chi sei?»
Ancora non voleva crederci, ma doveva.
Doveva accettare quello sguardo smarrito, quella porta chiusa in faccia e,
soprattutto, quella domanda.
«E
tu chi sei?»
Jii avrebbe aspettato, qualunque furto sarebbe
passato in secondo piano, perché dopo tanti mesi in cui aveva preferito
ignorare i segnali e gli indizi, era giunto il momento di affrontare la
questione.
Qualcuno lo aveva rubato dalla vita di
Aoko. E questo non poteva accettarlo.
Dopo quel momento di smarrimento, Kaito si
schiaffeggiò. Doveva reagire, non abbattersi! Doveva capire cosa era successo e
darsi da fare per rimediare, perché, poco ma sicuro, l’amnesia di Aoko non era
naturale. Non ci si dimentica completamente di una persona, e solo di quella,
così, quasi fosse una…
Kaito chiuse gli occhi ridacchiando. Ecco
cos’era. Una magia. E c’era solo una
persona che poteva aver fatto qualcosa del genere.
«Bentornato a casa, Kaito!»
Il ragazzo non le rispose, continuò solo a
guardarla serio: «Cosa hai fatto ad Aoko?»
Akako, ferma sull’uscio della sua casa, lo
guardò perplessa: «Eh?»
Kaito non cambiò espressione: «Non negare,
puoi averlo fatto solo tu.»
«Fatto
cosa?»
«Quei giochetti sulla memoria. L’hai fatto
di nuovo mentre non c’ero.»
La ragazza lo guardò quasi offesa: «E
perché avrei dovuto?»
Il prestigiatore mantenne la sua faccia da
poker, mentre una gran rabbia gli montava dentro: «Perché se Aoko non si
ricorda di me, tu hai campo libero… semplice, no?»
Akako lo guardò perplessa: «Nakamori
non si ricorda più di te? Ne sei sicuro?»
«Presentarsi alla sua porta e ricevere come
saluto un bel “E tu chi sei?” mi pare
una risposta abbastanza esplicita, non credi?»
Akako rimase sovrappensiero: «Ecco perché
ultimamente faceva così…»
Per la prima volta, Kaito cambiò espressione:
«Così come?»
La ragazza si scostò: «Entra. Ne parleremo
con calma.»
Dopo un attimo di tentennamento, Kaito la
seguì.
Non era mai entrato in casa di Akako. A parte un ingresso e un salotto dall’aria normale e
ordinaria, dove evidentemente accoglieva di solito gli ospiti, il resto della
casa sembrava davvero l’antro di una strega: oggetti magici e ingredienti per
pozioni sparsi un po’ ovunque, libroni grossi e dall’aria antica in ogni dove e
un grosso calderone, da fare concorrenza a quello di Piton
in aula, sul caminetto. Kaito si guardò intorno un po’ smarrito: erano tutte
così le case dei maghi o era solo Akako ad essere
così eccentrica?
La ragazza lo invitò a sedersi su una
vecchia poltrona, mentre lei, con pochi gesti di bacchetta, metteva un
bollitore sul fuoco: «C’era qualcosa che non andava con Nakamori,
l’ho notato da tempo, ma di certo non immaginavo fosse questo il problema… stupida io a non pensarci…»
Kaito rimase serio: «Cosa è successo?»
Akako si sedette a sua volta, mentre il
bollitore serviva acqua bollente in due tazze apparse apparentemente dal nulla:
«Niente di particolare, in realtà. Si è comportata sempre come al solito… però, l’anno scorso, ogni tanto mi capitava di
vederla sospirare, o comunque un po’ malinconica…
oppure di scoprirla a scriverti delle lettere durante la lezione. Quest’anno
niente di tutto questo. Un paio di volte ho provato a chiederle se aveva tue
notizie: la prima volta ci ha messo un po’ a capire di cosa stessi parlando, ma
poi mi ha risposto che voleva scriverti appena finito il periodo di verifiche;
la seconda, invece, sembrava proprio non conoscerti…
ho pensato aveste litigato e che fosse offesa con te, non nascondo che avevo
anche pensato di approfittarne, ma io non le ho fatto nulla. Sono disposta a
bere il Veritaserum per confermartelo, o farti fare
il PriorIncantatiosulla
mia bacchetta per farti controllare gli ultimi incantesimi che ho lanciato.»
Kaito guardò le foglioline di tè cadere
nella tazza e andare in infusione. Non immaginava che senza di lui in classe,
Aoko e Akako potessero anche essere amiche. Ma, in
effetti, non le aveva mai viste litigare, anzi…
Sospirando, rispose: «Non so cosa tu mi
abbia proposto, ma non ce n’è bisogno, ti credo. Non sei una che mente se fa
cose del genere… se fossi stata tu te ne saresti
vantata!»
Akako sorrise leggermente: «A questo punto,
però, non so però chi possa avere fatto l’Oblivion a Nakamori.»
Il ragazzo bevve un sorso: «Che tu sappia
ci sono altri maghi fra le persone che conosciamo?»
La strega scosse la testa: «No.»
Kaito guardò la tazza serissimo: «E allora
dovrò indagare da solo.»
Akako rise, sinceramente divertita dalla frase:
«Tu? Indagare? Da solo?»
Kaito a guardò di
sorto: «Sì, e allora? Cosa c’è di divertente?»
«Tu non sei un investigatore, Kaito. Sei un
ladro. E per di più vorresti investigare su una magia, quando sei un mago
principiante alle primissime armi. Per individuare l’origine di misteri di
questo tipo, qualunque Ministero impiega settimane di indagini, per di più
quando c’è di mezzo un Babbano. Mi spiace dirtelo, ma
per te è assolutamente impossibile.»
Kaito si era già alzato dalla sedia: «Hai
altro da dirmi, oltre a demoralizzarmi?»
«Potrei aiutarti io.»
«Eh?»
«Sono una strega diplomata ed esperta,
potrei aiutarti a vedere ciò che tu non potresti capire…
e magari anche a risolvere il problema, chissà…»
Kaito la guardò serissimo: «Qual è il tuo
prezzo?»
Akako sorrise soddisfatta: «Una pozione.»
Kaito ci pensò su: «Quella contro i foruncoli
mi riesce piuttosto bene, Piton mi ha messo un buon
voto le ultime volte…»
La ragazza scosse la testa: «Non voglio che
la prepari. Voglio che tu la beva.»
«Immaginavo. Un filtro d’amore.»
«Esatto. Ti aiuterò a fare in modo che Nakamori si ricordi di te, ma subito dopo tu berrai quella
pozione. E sarai mio.»
Kaito la guardò serio per un po’, mentre Akako aggiungeva: «Oh, poi potrai vedere Nakamori quando vorrai, non mi metterò in mezzo alla vostra
lunga amicizia d’infanzia… purché il tuo cuore sia
mio. Meglio averla amica che non averla affatto, giusto?»
Il ragazzo bevve ancora un sorso di tè, poi
sospirò: «Non l’avrai fatto tu questo incantesimo, ma sei un’approfittatrice
senza pari.»
Akako non rispose, si limitò a far ruotare la
sua tazza un paio di volte e a fissarla.
«Accetto. Ma berrò solo quando Aoko sarà
tornata alla normalità.»
La strega si avvicinò al ragazzo con aria
sensuale: «Hai fatto un buon affare, Kaito, non te ne pentirai…»
Kaito alzò gli occhi al cielo: «Me ne sto già pentendo.»
La ragazza gli prese la tazza dalle mani:
«Fate Divinazione ad Hogwarts?»
«Se non sbaglio è una materia a scelta del
prossimo anno…»
«Allora leggerò io per te le foglie di tè.»
Kaito fece una smorfia: «Non credo a queste
cose.»
«Lo so.»
La ragazza fece girare per un po’ la tazza,
poi osservò con attenzione: «Secondo questa tazza, presto scoprirai qualcosa di
totalmente inaspettato, per te e soprattutto per gli altri.»
Il prestigiatore alzò gli occhi al cielo:
«Ci sono anche i numeri della lotteria là dentro?»
Akako si alzò: «Smettila di fare lo spiritoso e
andiamo. Abbiamo del lavoro da fare.»
Kaito indicò la tazza rimasta sul tavolo:
«E nella tua che c’era scritto?»
La strega si mise un dito sulla bocca: «A
secret makes a woman woman.»
Il ragazzo tradusse alzando gli occhi al
cielo: «Un segreto rende una donna più affascinante…
sarà, ma è una gran scocciatura per gli uomini…»
Poi, sospirando, seguì Akako
in un’altra stanza.
Aoko corse verso la porta e l’aprì.
«Akako! Chiyo! Benvenute! Prego, entrate pure.»
«Grazie.»
Akako e Kaito varcarono la porta. La strega gli
aveva offerto una Pozione Polisucco per assumere
l’aspetto di una loro compagna di classe, ma Kaito aveva categoricamente
rifiutato. Brutte esperienze l’anno precedente, a suo dire. E poi,
indubbiamente, un travestimento alla Kaito Kid non aveva il fastidioso limite
di tempo di un’ora.
Aoko chiuse la porta a chiave, e accompagnò
i suoi ospiti verso la sua camera. Fu a quel punto che Kaito notò che qualcosa
emetteva una flebile luce attraverso la fodera dei pantaloni della ragazza.
Con tono curioso, le chiese: «Che cos’è
quello?»
Aoko si voltò: «Quello cosa?»
«Quello che hai in tasca.»
La ragazza sorrise mostrandogli in
contenuto: «Le chiavi, no?»
E allora sia Kaito che Akako
lo notarono e si fecero un cenno d’intesa.
Non appena Aoko si allontanò per un attimo,
i due maghi si misero a confabulare.
«L’hai visto? È il portachiavi! A quanto
pare è maledetto…»
Kaito scosse la testa: «Impossibile! Lo
escludo categoricamente.»
«Ma sei cieco? L’hai visto anche tu come
risplendeva, è segno che c’è qualche magia sopra… una
magia molto malfatta, in verità, di solito si evita di lasciare tracce così grossolane…»
«Quel portachiavi non dovrebbe avere nulla
di magico!»
«Come fai ad esserne così sicuro?»
Kaito sbottò: «Perché glielo ho regalato io
lo scorso Natale, accidenti! E io non ci ho messo sopra un bel niente, non
avrei nemmeno saputo come incantarlo!»
Akako lo guardò serio: «O qualcuno l’ha
incantato successivamente, o qualcosa è andato storto. Dove l’hai preso?»
Il ragazzo ci pensò su un momento, poi ebbe
l’illuminazione: «Non l’ho preso io! Me l’avevano comprato Fred e George in
gita insieme agli altri!»
«Dobbiamo saperne qualcosa di più! Manda
loro un gufo, presto! Io distrarrò Aoko.»
Kaito sorrise: «A volte i metodi babbani sono più veloci, sai?»
«Arrivo, arrivo!»
La ragazza prese il cellulare, svogliata:
«Pronto?»
«I Malandrini non vanno mai in vacanza, Momoka!»
Sheridan sussultò: «Kaito! Ma mi stai
chiamando dal Giappone?»
Kaito rispose ironicamente: «No, guarda, da
Malibù! Secondo te?»
«Ma ti costerà un sacco di soldi! Non mi
hai già mandato la colomba per farmi gli auguri di Natale?»
«E infatti non ti chiamo per quello, e
visto che sai i costi non farmi perdere tempo e ascoltami, che è un’emergenza!»
«Dimmi tutto.»
Kaito disse tutto d’un fiato: «Ho bisogno
di mettermi in contatto immediatamente con Fred e George. Temo che abbiamo
combinato un pasticcio.»
«Non potete risolverlo quando tornerete?»
«Ci sta finendo di mezzo una Babbana, Sheridan. No, non posso aspettare, devo risolverlo
ora. E un gufo intercontinentale ci metterebbe troppo.»
La ragazza si morse un labbro: «Ok, dammi
una mezz’oretta.»
«Ma se non ti ho nemmeno detto cosa
scrivere loro!»
«Tranquillo, ho un piano. Ti richiamo!»
«Ma…»
Sheridan buttò giù il telefono sospirando.
Aveva promesso alla mamma che non avrebbe toccato nulla delle sue cose… ma un’emergenza è un’emergenza, no? E poi non aveva
mai sentito Kaito così preoccupato…
Kaito, appena fuori dalla casa di Aoko, con
il cellulare in mano, continuava a camminare ansiosamente avanti e indietro. Akako sarebbe tornata tra poco…
che fine aveva fatto Sheridan?
Uno squillo e la mano del ragazzo scattò:
«Pronto?»
«Buonasera, Kaito!»
«O buongiorno…
che ora è da te?»
Il ragazzo sussultò: «Fred? George?»
In lontananza udì uno dei due gemelli
esclamare: «È vero, ci sente e ci risponde in tempo reale! Che forza questi cellulofoni! Ne chiediamo uno anche noi a papà per Natale?»
Kaito ridacchiò, mentre Sheridan riprendeva
possesso del suo telefono: «Più in fretta di così non si poteva, ho dovuto
rubare di nascosto la Polvere Volante della mamma per raggiungerli a casa loro… almeno fai la domanda a loro direttamente!»
«Aspetta, starai spendendo un capitale, ti richiamo…»
«Non preoccuparti, i miei hanno vinto con
un concorso babbano un tour dell’Asia e ho dovuto
fare una tariffa agevolata per l’estero… il Giappone
è ancora in Asia o l’hanno spostato dall’ultima volta che ho fatto geografia?»
Il ragazzo sorrise scuotendo la testa:
«Siete fenomenali.»
«Aspetta che metto il vivavoce…
ok, vai.»
«Allora, ho bisogno di sapere…»
Il prestigiatore venne interrotto dai
mormorii eccitati dei gemelli: «Uao, lo sentiamo
senza metterci con l’orecchio attaccato!»
Kaito gridò: «FUTAGO, SOSEIJI! Capisco che
siate eccitati dalle novità babbane, ma qui ho
bisogno di voi!»
«Scusa… dicci
tutto.»
«Cosa avete fatto ai gioielli che mi
avevate comprato l’anno scorso per fare i regali di Natale?»
Dopo un attimo di silenzio, uno dei due
(impossibile distinguerli al telefono) rispose: «Nulla, te li abbiamo dati così
come li abbiamo comprati. Perché, cos’è successo?»
«È successo che la persona a cui li ho
regalati si è completamente scordata della mia esistenza, e che la causa sembra
essere il portachiavi di quel set.»
«Un attimo… li
hai regalati alla tua ragazza babbana?»
«La ragazza delle lettere che conservi
sotto il letto?»
Kaito arrossì: «Sì, e ora come risolvo
questo pasticcio?»
I gemelli ci pensarono un attimo: «Ti
avevamo chiesto se volevi che li incantassimo, ricordi?»
«Ma tu hai rifiutato…
quindi non siamo stati noi. E poi non ti faremmo mai uno scherzo così crudele.»
Kaito sospirò: «Non ho mai pensato che
potesse essere così, ragazzi, sto solo cercando di capire cosa è successo per
poi capire come rimediare!»
«Tutto quello che possiamo dirti è che
erano gioielli predisposti ad essere incantati, e quindi più sensibili alla
magia del normale.»
Kaito annuì: «Va bene, va bene… ah, ancora una cosa, ragazzi…»
«Capisco…»
Il prestigiatore guardò la strega con aria
seria: «Davvero? E allora spiegami qualcosa, perché io sinceramente ne so
quanto prima, anzi, forse ancora meno!»
«Probabilmente dopotutto avevi ragione. A
quanto pare sono stata davvero io a maledire Nakamori,
anche se involontariamente…»
«Eh?»
La strega lo guardò seria: «Se le hai
regalato un oggetto predisposto ad essere incantato, questo deve aver reagito
con la prima magia con cui è venuto in contatto…
ovvero quella che vi ho fatto quest’estate.»
Kaito cercò di entrare nel ragionamento:
«Sì, ma se fosse così avrebbe dovuto continuare a dimenticare ogni parola udita
dopo il suo nome… perché invece si è scordata solo di
me?»
Akako fece una smorfia, cercando di ricordare:
«Possibile che la primissima parola che abbia udito fosse stata il tuo nome? In
fondo anche tu ti eri scordato di lei a un certo punto, no?»
«Sì, ma subito, non a distanza di mesi!»
«Il portachiavi potrebbe aver “assorbito”
il mio incantesimo, e poi averlo rilasciato lentamente, perché di solito in
quel tipo di oggetti vengono messi incantesimi di protezione o maledizioni che
devono durare a lungo… deve aver assorbito il
riferimento a te e averle fatto dimenticare la tua esistenza un po' alla volta,
finché non se ne è scordata totalmente…»
Kaito sospirò: «Ok, è una teoria che
potrebbe avere un senso… la domanda ora è: come
risolviamo il problema?»
La strega guardò la casa della compagna:
«Tanto per cominciare, dovremmo prendere il portachiavi incriminato.»
Il ragazzo rise, sventolandole le chiavi di
Aoko di fronte al naso: «Ti pare che per me sia un problema?»
La ragazza lo guardò sorpresa: «Ma sei
impazzito? Non sapevamo ancora come funzionasse la maledizione, poteva colpire
anche te al solo contatto!»
Il ragazzo scosse la testa: «L’ispettore Nakamori dimentica spesso le chiavi e prende quelle di
Aoko, lo conosco fin troppo bene… avrebbe dovuto
avere anche lui dei problemi. E poi amo il rischio, dovresti saperlo!»
«Già, giusto…
qualche voltapenso a te solo come mago
e rischio di dimenticarmi la tua prima, vera identità.»
La strega prese il ciondolo e lo puntò con
la bacchetta: «Finite Incantatem.»
Kaito la guardò perplesso: «Tutto qui?»
«Questo impedisce solo al ciondolo di
continuare quello che stava facendo. Per riportare Aoko alla normalità dovremmo
farlo anche a lei.»
«È facile, allora! Le suono il campanello,
le punto la bacchetta e…»
Akako lo guardò con le braccia incrociate: «… e
ti metti nei guai con il Ministero della Magia, Giapponese e Inglese!
Violazione dell'articolo 13 dello
Statuto di Segretezza della Confederazione Internazionale dei Maghi…»
Kaito la guardò di storto: «Ma scusa, e
allora tutte le magie che hai fatto di fronte a me prima che scoprissimo che anch’io
fossi un mago?»
La ragazza le fece l’occhiolino sorridendo
tristemente: «E perché credi che sia così informata sulla legge? Ho passato
anche io i miei guai…»
Kaito scosse la testa: «Bene, se le cose
stanno così, credo di sapere come fare… ma avrò
comunque ancora bisogno del tuo aiuto.»
«Cos’hai in mente?»
«Prima regola di un buon prestigiatore: se
devi nascondere qualcosa, fallo nel modo più semplice, anche se è scontato.»
Aoko sorrise: «Dove mi stai portando, Koizumi?»
La ragazza sorrise: «Al parco. C’è un mago
itinerante bravissimo e ho pensato che potesse interessarti. A te piacciono
quegli spettacoli, giusto?»
«Oh sì! Ne ho visti un sacco da piccola.»
Akako sorrise, un po’ tristemente: «Davvero? E
come mai?»
«In che senso?»
«Perché ci andavi così spesso?»
Aoko la guardò confusa: «Io…io…»
Una voce la distrasse dai suoi pensieri:
«Signore e signori, ladies and gentlemen, benvenuti a
questo fantastico magic show!»
Una piccola folla accolse il giovane
prestigiatore, che in pochi secondi fece apparire quattro colombe, che lanciò
verso il cielo. E poi via, per una mezz’oretta fu un susseguirsi senza pause di
piccole meraviglie, che Aoko guardò con gli occhi sbarrati, sotto lo sguardo
interessato di Akako. Poi, a un certo punto, una
colomba scese dal cielo direttamente sulla spalla del prestigiatore che, dopo averla
accarezzata, si rivolse ai bambini accorsi allo spettacolo.
«Ragazzi, ho bisogno della vostra
collaborazione per l’ultimo numero. Mi aiuterete?»
Un coro di sì entusiasti confermò la
volontà dei più piccoli di partecipare allo show.
Il ragazzo tirò fuori una bacchetta bianca:
«Ho preparato tutto, ma non ricordo più la formula magica per evocare l’ultima sorpresa… cosa mi suggerite?»
Le voci iniziarono a susseguirsi e a
sovrapporsi.
«Abracadabra!»
Il prestigiatore mosse la bacchetta verso
il pubblico: «Proviamo… Abracadabra! No, niente… altri suggerimenti?»
«OcusPocus!»
«Proviamo anche questa…OcusPocus! Ancora nulla… altro?»
Akako lasciò che Kaito tentasse altre tre o
quattro parole, poi gridò: «Finite Incantatem!»
Il ragazzo fece un inchino: «E accettiamo
anche il suggerimento della signorina lì in fondo!»
Aoko vide il prestigiatore puntare la
candida bacchetta verso di loro: «Finite Incantatem!»
E a quelle parole decine di palloncini
spuntarono fuori e salirono verso l’alto, attirando lo sguardo del pubblico, ma
non quello della ragazza. Per Aoko fu come se si fosse svegliata da un sogno, o
da un incubo. Perché ora gli era chiaro, lampante, chi fosse quel ragazzo così
bravo in mezzo a mille palloncini colorati.
«KAITO!!!»
Il sorriso di Kaito, già smagliante, si
allargò ancora di più nell’udire quel dolce suono. Ce l’aveva fatta. Aoko, la
sua Aoko, era tornata da lui.
In fondo, lo Statuto di Segretezza
prevedeva solo che i babbani non si accorgessero se
veniva lanciato un incantesimo, e quale metodo migliore per celare una magia
vera se non nasconderla in mezzo a molte altre false?
Il cuore gli batté forte dall’emozione nel
vedere la ragazza corrergli incontro e gettarglisi al
collo, ma cercò, con molto sforzo, di recuperare un minimo di faccia da poker:
«Ehilà, che entusiasmo!»
Aoko guardò stupita i palloncini: «Ma
cosa... perché?»
Kaito alzò le spalle: «Oh, un compito per
le vacanze... per imparare ad affrontare il pubblico. Non che ne avessi davvero
bisogno, ma se non lo facevo, poi, chi li sentiva i prof?»
Aoko rise: «Non so perché, ma è quasi come
se in questi mesi non ti avessi mai pensato... non ti ho nemmeno più scritto,
mi sento in colpa...»
Kaito le diede un buffetto sulla guancia:
«Non devi. Può capitare di essere presi da mille impegni, ma sono sicurissimo
che mi hai pensato ogni singolo giorno.»
Dopo aver finito di salutare il pubblico,
Kaito si allontanò con Aoko, che ora che aveva recuperato la memoria, sembrava
non volersi più allontanare da lui.
«Allora, ci sarai alla mia festa di
Natale?»
«Uhm... mi concedi un margine di ritardo?»
La ragazza lo guardò scandalizzata: «Di
nuovo? L’anno scorso non sei proprio venuto, l’anno prima pure...»
Kaito le fece l’occhiolino: «Ma i fuochi
artificiali che ti ho fatto per scusarmi erano belli, no?»
Aoko divenne leggermente rossa: «Già...»
Da lontano Akako
sorrise leggermente. Che si godesse pure quell’attimo d’intimità con lei.
Dopotutto era l’ultimo, poi sarebbe stato suo. Tutto suo. Definitivamente suo.
Il rumore del campanello distrasse Aoko dai
suoi invitati: «Arrivo!»
La ragazza aprì la porta, trovandosi
davanti l’invitato che attendeva con più ansia: «Buon Natale, Aoko!»
La ragazza lo fece entrare: «Kaito!
Stavolta sei venuto davvero!»
Il prestigiatore le fece l’occhiolino: «Te
l’avevo detto che avrei fatto solo un po’ di ritardo, no? Scusami, ma c’erano
altre persone ansiose di vedermi...»
«KID!!!»
L’ispettore Nakamori
sbraitava come un pazzo mentre cercava di liberarsi dalla trappola in cui era
finito.
«TI PRENDERÒ KID, FOSSE L’ULTIMA COSA CHE
FACCIO!!!»
Poco lontano, Jii
rigirava per le mani un piccolo diamante, con un piccolo biglietto
scribacchiato velocemente.
Che ti avevo detto, Jii? Non c’era nulla di cui preoccuparsi, Kid è e sarà
sempre all’opera fino alla fine della sua missione!
Buon Natale.
P.s.: puoi restituire tu questa volta il
diamante? Neanche stavolta era quello giusto e avrei un impegno urgente...
Già, ma l’impegno urgente non era stato Aoko
e la sua festa, tutt’altro.
Akako, con aria soddisfatta, gli porse un
bicchiere fumante: «Ecco qua. Come promesso.»
Kaito
l’osservò tranquillo: «Come promesso.»
Senza
alcun indugio, il ragazzo afferrò il boccale e ne bevve il contenuto tutto d’un
fiato, sotto lo sguardo soddisfatto della strega.
Quando
il prestigiatore lo posò sul tavolo, Akako si
avvicinò sensuale: «Bene, e ora…»
«…
ora vado da Aoko, che sono già in ritardo!»
«Eh?
Ma… il filtro…»
Il
ragazzo sorrise e tirò fuori la lingua.
«…conoscete un
modo per disintossicarmi da un filtro d’amore? Potrei essere costretto a berne
uno tra non molto…»
I gemelli risposero in coro senza
esitazione: «Bezoar.»
«Bezoar?»
Fred rispose: «Un classico. Piton lo spiega sempre alla prima lezione del primo anno.»
Kaito ridacchiò: «E perché io non me lo
ricordo assolutamente?»
Sheridan sospirò: «Perché alla prima
lezione tu eri troppo impegnato a sfidarlo per prestare attenzione a tutto
quello che diceva.»
«Giusto.»
George aggiunse: «Vai tranquillo, un
pezzetto di Bezoar in bocca e sei sicuro da qualunque cosa, veleni compresi.
Fidati, è sperimentato.»
Kaito e Fred chiesero in coro: «Davvero?»
George rise rivolgendosi al gemello: «Sai
quanti di quei filtri d’amore diretti a me e a te mi sono scolato? Ti dirò,
sono molto buoni, mi diverto persino a bere quelli degli altri con questo trucchetto…»
Kaito ridacchiò nel sentire le proteste
imbarazzate di uno gemelli, poi però aggiunse: «Sì, d’accordo, sarà efficace
quanto volete, ma io non ho un Bezoar! E non saprei nemmeno come procurarmelo,
qui in Giappone!»
Sheridan sorrise: «Tranquillo, abbiamo qui
Aoko per mandarti i biglietti d’auguri, no?»
Akako guardò stupita il sassolino che Kaito
sputò sul tavolo: «Un… Bezoar?»
«Sarò
principiante, ma sono pur sempre un mago anch’io!»
«E
dove te lo saresti procurato?»
«È
bello avere degli amici disposti a darti una mano quando non sai come uscire da
certe situazioni. Anzi, ad essere precisi, mi è stato recapitato proprio sotto
i tuoi occhi.»
Akako ripensò a tutta la giornata, poi esclamò:
«La colomba allo spettacolo…»
Kaito
le sorrise, mentre si avviò verso la porta: «Dopotutto, sono o non sono Kaito
Kid?»
La
strega protestò: «Tu mi hai imbrogliato! Non hai mantenuto la promessa!»
«La
promessa prevedeva che io bevessi
la tua pozione. Non c’era nessuna
clausola che m’impedisse di prendere delle precauzioni contro i suoi effetti.»
Akako lo guardò serio: «Non potrai scapparmi per
sempre. Un giorno sarai mio, Kaito.»
Kaito
si limitò a salutarla con la mano: « Buon Natale, Akako!»
Non
appena il ragazzo chiuse la porta, la strega sospirò. La tazza aveva avuto
ragione ancora una volta. Dopotutto, quando si trattava di Kaito, le compariva
sempre la stessa risposta. Anche questa volta il suo piano era fallito. Come
previsto. Ma un giorno o l’altro avrebbe fregato quelle foglie di tè, non
potevano averla vinta sempre loro!
Kaito sorrise, salutando tutti gli amici e
i vecchi compagni di classe presenti alla festa. In un vivace scambio di regali
fra gli invitati, il prestigiatore riuscì a passare ad Aoko un piccolo
pacchetto contenente il secondo pezzo del set, accuratamente preparato con un
piccolo incantesimo di protezione, per non correre più rischi.
Aoko sorrise alla vista della spilla con
zaffiro: «È bellissima, Kaito! Io ti ho preso solo una cravatta…»
«Che mi sarà utilissima per gli spettacoli!
Buon Natale, Aoko.»
A proposito di regali, pensò Kaito, chissà
se i gemelli, come d’accordo, avevano dato la Mappa del Malandrino a Harry... dopotutto,
ormai i passaggi li sapevano a memoria, e fare le loro marachelle senza sapere
chi avrebbero incontrato sarebbe stato più eccitante.
Alla visione dei suoi amici sorridenti, e
in particolare di Aoko, anche il volto di Kaito si sciolse.
Per una volta, stava filando tutto liscio.
«Tesoro, siamo tornati!»
Sheridan corse verso i genitori: «Mamma,
papà!»
Il signor Pumpkin
abbracciò la figlia: «Buon Natale, cara!»
«È andato tutto bene, in nostra assenza?»
Sheridan cercò di nascondere l’imbarazzo:
«Tutto benissimo! E voi, come state?»
«Jet lag a parte,
tutto a posto, stai tranquilla.»
La ragazza afferrò curiosa il quotidiano
che il padre aveva appoggiato sul divano e storse il naso: «Perché avete preso
un giornale straniero?»
«L’aereo ha fatto ritardo, ci annoiavamo e
al negozio dentro l’aeroporto abbiamo preso qualcosa da leggere... per errore
invece del Times abbiamo preso anche un quotidiano
giapponese, ma abbiamo deciso di tenerlo come souvenir.»
Sheridan lo sfogliò curiosa. In prima
pagina c’era la foto di una figura di spalle in fuga, con il mantello e il
cilindro bianchi; quello che però attirò la sua attenzione fu un disegnino,
riportato al fondo dell’articolo su quello che sembrava un biglietto da visita,
una sorta di piccola caricatura.
La ragazza sorrise: «Che strano... questo
gliel’ho visto scarabocchiare a Kaito qualche volta, in classe...»
«SHERIDAN!»
«ARRIVO!»
Con un’alzata di spalle, la ragazza
richiuse il giornale ed andò da sua madre ad aiutarla a smontare le valigie.
Un modo
diverso per passare il Natale.
Ciao a tutti! E mentre tutti tornano a scuola... Kaito si prende
una vacanza! C’est la vie...
Allora, avete capito qual’era l’errore del capitolo delle
vacanze estive? Se no, rileggetevelo...
Intanto ringrazio darkroxas92, Lunaby,
Tsuki no Sasuke per le
recensioni.
Prossimo capitolo? Gli allenamenti di Harry e Kaito contro i
Dissennatori. E ci sarà da ridere...
Capitolo 24 *** Uno strano ma inquietante Dissennatore ***
Uno strano ma inquietante Dissennatore
«Quindi tutto a posto con la tua ragazza?»
Kaito sospirò: «Sì, tranquilli. E comunque
non è la mia ragazza.»
Fred e George si tirarono gomitate: «Ceeerto, e noi non siamo i fratelli Weasley, solo due Mollicci
nelle vicinanze di Gazza...»
Sheridan ridacchiò, guardando fuori dal
finestrino. Entro pochi minuti sarebbero ritornati ad Hogwarts. Osservò con la
coda dell’occhio Kaito sbadigliare profondamente. Poverino, in due settimane
aveva dovuto subirsi ben due jet lag, non lo
invidiava proprio...
La ragazza si sbatté una mano sulla fronte:
«Ah, già, Kaito! Volevo chiederti una cosa!»
«Dimmi tutto.»
La ragazza gli porse un giornale: «I miei
hanno portato questo dal loro ultimo viaggio. Queste foto mi hanno incuriosito,
ma non capisco di che parla l’articolo. Puoi tradurmelo, per favore?»
Il ragazzo prese il foglio che l’amica gli
porgeva e dovette immediatamente fare ricorso alla sua faccia da poker.
Sheridan continuò: «Sembrerebbe dalle foto
la pubblicità di qualche spettacolo, ma era nelle prime pagine... di solito non
dovrebbe esserci la cronaca?»
Il cervello di Kaito ingranò la quinta.
Doveva mentire? Inventarsi lì per lì una balla colossale?
«È un articolo su un ladro molto famoso in
Giappone. Posso tradurre il suo nome in inglese come “Il ladro ragazzino”.»
Fred sbirciò la foto: «Un ladro ragazzino
molto appariscente. Non so come funzioni da voi, ma qui i ladri si vestono di
nero, no? O almeno, così dice papà sui ladri Babbani…»
Kaito sorrise: «In effetti non ha paura di
farsi notare. Anzi, molti dei suoi furti si basano su questo principio.»
«E il disegnino qua in basso?»
«Da quel che so, è la sua firma.»
Sheridan gli mandò un’occhiataccia: «E
perché te l’ho vista disegnare spesso durante le lezioni di Rüf?»
Kaito alzò le spalle: «In Giappone è una
moda. E per tenermi sveglio durante Storia della Magia faccio un po’ di tutto.»
La ragazza sembrò sufficientemente
soddisfatta della spiegazione e cambiò argomento. Intimamente, Kaito tirò un
profondo sospiro di sollievo. Non poteva sfruttare con loro il sottile
cambiamento di pronuncia fra il suo nome e la parola “ladro” in giapponese.
Alle loro orecchie sarebbe suonato sempre come “Kaito” e avrebbero potuto fare
due più due. Per fortuna a casa sua il giochino invece reggeva.
«Piuttosto, parlando di cose serie… hai
dormito, mentre eri a casa?»
Kaito fece una smorfia: «Dormito… sì,
quello sì.»
I gemelli lo guardarono di storto: «Ma? Perché con quel tono c’è un ma in arrivo.»
Il ragazzo sospirò: «Non riesco a smettere
di fare assurdi sogni ricorrenti.»
Sheridan cercò di essere incoraggiante:
«Dai, forse dopo un po’ di vacanze perlomeno non urlerai più nel sonno…»
«TASUKETE,
HI WA ORE WO MOETE IRU!»
Colin balzò a sedere sul letto con aria
decisamente irritata: «Ora. Basta.»
Stephen guardò il compagno preoccupato:
«Ehm… Colin?»
Il ragazzo si alzò con espressione
assassina: «Non è possibile che ogni
santa notte quello là urli! Io
voglio dormire!!!»
Thomas lo vide alzarsi e chinarsi sotto il
letto: «Cosa vuoi fare?»
Colin ridacchiò nervosamente: «Sogna di
andare a fuoco, eh? E allora…»
«
TASUKETE, HI WA ORE WO … AH!!! MA CHE CAVOLO…»
Kaito si ritrovò improvvisamente sveglio e
grondante d’acqua: «Colin! Che cosa…»
Il ragazzo lo guardò per un po’
soddisfatto, ancora con il secchio in mano: «Semplicemente ho spento il tuo
incendio! Così non brucerai più, no?»
Il ragazzo lo guardò perplesso per qualche
secondo, poi scoppiò a ridere. Rise così tanto da rimanere senza fiato.
Thomas diede una gomitata a Colin: «Sicuro
che in quel secchio ci fosse solo acqua e non anche Burrobirra?»
Kaito scosse la testa mentre riprendeva
fiato: «No, semplicemente vi adoro per come riuscite sempre ad aiutarmi, anche
quando cercate di punirmi. Dai, vado ad asciugarmi e torno a dormire. Credo proprio
che una doccia fredda del genere mi ci voleva.»
La cura d’urto di Colin funzionò, forse per
lo shock, forse per aver esorcizzato le sue paure con una bella risata, come
con un Molliccio. Kaito faceva ancora sempre gli stessi sogni, ma per lo meno
non urlava più, per la gioia delle orecchie dei suoi compagni di stanza. Il
ragazzo ne fu molto felice: non aveva ancora risolto esattamente i suoi
problemi, ma per lo meno non aveva più i sensi di colpa per l’insonnia dei suoi
compagni. Per il resto, continuava segretamente a sperare nelle lezioni anti-Dissennatore che gli aveva promesso Lupin. Dopotutto era da
quando quegli esseri giravano intorno alla scuola che i suoi problemi erano
cominciati. Forse, se avesse capito come combatterli si sarebbe calmato anche
il suo inconscio…
Finalmente, alla fine della seconda lezione
di Difesa contro le Arti Oscure dopo la sosta natalizia, l’insegnante gli
chiese di fermarsi ancora un attimo.
Kaito lo guardò entusiasta: «Allora,
cominciamo queste lezioni?»
Lupin annuì: «Sì, mi sono già messo
d’accordo anche con Harry. Ci vedremo giovedì sera alle otto, nella classe di
Storia della Magia. Certo, sempre se trovo quello che mi serve per permettervi
di esercitarvi…»
«È perfetto, professore!»
L’insegnante lo guardò serio, ancora più
accentuato da quell’aria decisamente malaticcia che lo contraddistingueva di
tanto in tanto: «Non sarà una cosa semplice, Kaito, soprattutto per te. Se dopo
aver provato non te la sentirai di continuare non ci saranno problemi.»
«Non mi conosce ancora abbastanza bene,
professore. Non sono uno che si arrende al primo imprevisto.»
Lupin sorrise tristemente mentre guardava
il ragazzo allontanarsi dall’aula: «È proprio questo che mi preoccupa…»
Messisi d’accordo per andare insieme
all’appuntamento, alle otto di giovedì sera Harry e Kaito uscirono dalla Torre
dei Grifondoro e si diressero verso la classe di Storia della Magia. Era buia e
vuota quando arrivarono, ma accesero le lanterne con la bacchetta magica e dopo
soli cinque minuti apparve il professor Lupin con una grossa cassa da
imballaggio, che posò sulla scrivania del professor Rüf.
Harry
chiese: «Che cos'è?»
Lupin si tolse il mantello: «Una creatura
che tu conosci già, mentre per Kaito è nuova. Vedete, qua dentro c’è un
Molliccio.»
Kaito sussultò: «I cosi che diventano le
nostre paure? Di nuovo?»
Lupin lo guardò incuriosito: «Ne hai già
incontrato uno? Eppure non ve l’ho mostrato durante le nostre lezioni…»
«Ho avuto un incontro ravvicinato con uno
di quei cosi nell’armadio nella Sala Insegnanti.»
Lupin ridacchiò: «Non lo sapevo. Allora
ecco chi ha trovato quello che abbiamo usato nelle nostre lezioni! Questo
invece l'ho trovato nascosto nello schedario di Mastro Gazza, dopo un lungo
setacciamento iniziato martedì scorso. È la cosa più simile a un Dissennatore
che abbiamo, almeno quando si avvicinerà ad Harry, e quindi potremo esercitarci
con lui. Quando non lo usiamo posso tenerlo nel mio ufficio, sotto la scrivania
c'è un armadietto che gli piacerà.»
Harry rispose: «D'accordo.»
Kaito annuì: «Sempre meglio che trovarcene
davanti uno vero anche per le prime lezioni… che si fa, allora?»
Il professor Lupin estrasse la bacchetta,
subito imitato dai suoi allievi: «Quanta impazienza! Allora... l'incantesimo
che cercherò di insegnarvi è magia molto avanzata, molto al di sopra del
Fattucchiere Ordinario. Si chiama Incanto
Patronus.»
Harry
chiese nervosamente: «Come funziona?»
Come se fossero in una qualsiasi lezione,
Lupin iniziò a spiegare: «Be', quando funziona correttamente, evoca un Patronus, che è una specie di Anti-Dissennatore.
Un guardiano che fa da schermo fra voi e il Dissennatore. Il Patronus è una forza positiva, una proiezione delle cose di
cui si alimenta il Dissennatore: la speranza, la felicità, il desiderio di
sopravvivere. Ma non può provare la disperazione come i veri esseri umani,
quindi i Dissennatori non sono in grado di fargli del male. Devo però
avvertirvi, ragazzi, che l'incantesimo potrebbe essere troppo avanzato per voi.
Molti maghi qualificati incontrano serie difficoltà.»
Harry
chiese curioso: «Che aspetto ha un Patronus?»
«Ciascuno
è unico per il mago che lo evoca.»
Kaito iniziò a preoccuparsi un pochino: e
se fosse apparso qualcosa che lo avesse ricondotto inequivocabilmente alla sua
seconda identità?
Harry
continuò: «E come si fa a evocarlo?»
«Con
un incantesimo che funziona soltanto se ti concentri con tutte le tue forze su
un solo ricordo molto felice.»
Kaito
ripeté, pensieroso: «Un ricordo felice…»
Cosa poteva fare al caso suo?
Dopo un po’ di riflessioni, scelse di
ripensare al primo furto nei panni di Kid.
Lupin, dopo un paio di minuti, chiese: «Ci
siete? Ce l’avete ben vivido nella mente?»
Kaito, ad occhi chiusi, annuì. Sì, gli
sembrava davvero di sentire svolazzare il mantello alle sue spalle, riprovava
esattamente la stessa sensazione d’intima soddisfazione nei suoi gesti, in ogni
singolo trucco portato a buon fine… e poi, quel volo in deltaplano…
«Ci sono.»
Harry aggiunse: «Va bene.»
Lupin si schiarì la voce: «L'incantesimo è
questo: ExpectoPatronum!»
Harry
sottovoce ripeté quelle parole diverse volte: «ExpectoPatronum, ExpectoPatronum.»
Dopo un momento di esitazione, Kaito chiuse
gli occhi, in silenzio, cercando di rendere il più vivido possibile quel
ricordo, quell’emozione.
Lupin li osservò con attenzione: «Vi state
concentrando bene sul vostro ricordo felice?»
Harry
rispose senza esitazione: « Oh... sì...Expecto
patrono... no, Patronum... mi
scusi... ExpectoPatronum,
ExpectoPatronum...»
Kaito stava usando una tecnica diversa. Non
ripeteva nessun mantra, ma cercava di isolarsi, in modo da poter ripercorrere,
momento per momento, quell’esperienza felice. E poi, quando nei suoi ricordi si
stava buttando da quel tetto, con la pietra ben stretta nel pugno…
«ExpectoPatronum!»
Il ragazzo aprì gli occhi di scatto. Dalla
sua bacchetta era uscito qualcosa d’argenteo e indefinito. Al suo fianco anche
Harry stava fissando con stupore la sua nebbiolina.
«Avete visto? È successo qualcosa!»
Kaito mosse dubbioso la sua bacchetta:
«Sarà, ma a meno che non possa intossicarli con il fumo come le api, non vedo
come questa cosa mi possa aiutare contro un vero Dissennatore…»
Lupin sorrise: «Molto bene. E tu non
preoccuparti, Kaito, già quello qualcosa può fare. Ora... siete pronti a
provarci con un Dissennatore?»
Kaito alzò le spalle, poco convinto, mentre
Harry rispose risoluto: «Sì.»
Il ragazzo con la cicatrice strinse forte
la bacchetta e si spostò al centro della classe deserta, con aria concentrata.
Kaito fece qualche passo indietro per lasciargli spazio.
Dopo
qualche secondo, Lupin afferrò il coperchio della cassa e lo tolse.
Un Dissennatore si levò lentamente, il viso
incappucciato rivolto verso Harry, una mano spettrale e coperta di croste che
tratteneva il mantello. Le lanterne tutto intorno guizzarono e si spensero. Il
Dissennatore uscì dalla cassa e prese ad avanzare in silenzio verso Harry,
traendo respiri rotti e profondi. Kaito osservò la scena con il fiato mozzo, ma
senza provare i soliti malori. Forse era perché il Molliccio era concentrato su
Harry e non su di lui.
Harry gridò:
«ExpectoPatronum!ExpectoPatronum!
Expecto...»
In
un attimo il ragazzo crollò a terra.
Kaito
si precipitò verso di lui cercando di aiutarlo a riprendere i sensi: «Harry!»
Prontamente Lupin rinchiuse nuovamente il
Molliccio e riaccese le luci. Poco dopo anche Harry riaprì gli occhi.
Il ragazzo borbottò, alzandosi a sedere:
«Mi dispiace.»
Lupin gli chiese: «Stai bene?»
Harry rispose affermativamente, ma Kaito lo
guardò dubbioso mentre si appoggiava a un banco per rialzarsi. No, quel ragazzo
sembrava star tutto fuorché bene.
Lupin gli porse una Cioccorana:
«Ecco... mangiala prima di riprovare. Non mi aspettavo che ce la facessi la
prima volta. In effetti mi sarei stupito se ti fosse riuscito.»
Harry mormorò, staccando la testa della
rana con un morso: «Sta peggiorando. Questa volta l'ho sentita più forte... e
lui... Voldemort...»
Lupin
era più pallido del solito.
«Harry,
se vuoi che smettiamo ti capisco benissimo...»
Harry esclamò deciso, ficcandosi in bocca
il resto della Cioccorana: «Continuiamo! Devo farlo!
E se i Dissennatori si presentano alla partita contro i Corvonero?
Non posso permettermi di cadere di nuovo. Se perdiamo quell'incontro perderemo
la Coppa del Quidditch!»
Kaito sospirò: «Guarda, non so se farti i
complimenti per la determinazione o insultarti per l’idiozia…»
Lupin annuì: «Allora va bene... forse vuoi
scegliere un altro ricordo, un ricordo felice, voglio dire, su cui
concentrarti... quello a quanto pare non era abbastanza intenso... mentre ci
pensi su, facciamo provare Kaito, che ne dici?»
Harry annuì e lasciò il posto al
prestigiatore in mezzo all’aula.
Lupin si accostò al baule: «Pronto, Kaito?»
Il ragazzo prese un respiro profondo,
cercando di fare come poco prima e di rivivere il ricordo del suo primo furto:
«Vada.»
Lupin spalancò il coperchio nuovamente, ma
quello che ne uscì lasciò di stucco tutti.
Harry esclamò: «Un… Dissennatore fatto di pesci?»
Il professore osservò la scena concentrato:
«A quanto pare Kaito ha condensato due sue paure in una sola immagine…»
Il prestigiatore deglutì. Per quanto il suo
Dissennatore taroccato fosse fatto di pesci neri, gli effetti su di lui erano
tremendamente simili a quello di uno originale. Cercando con tutte le sue forze
di mantenere i suoi pensieri sul suo primo furto e non sulla morte di suo
padre, dopo molti secondi di esitazione Kaito esclamò con tutta la voce che
aveva in corpo: «EXPECTO… PATR…»
Prima che potesse completare l’incantesimo,
la bacchetta gli scivolò dalle mani ricoperte di sudore freddo e il ragazzo
cadde in ginocchio, con lo sguardo sbarrato, mentre tutti i pesci lo
circondarono in una morsa scura e stretta… sempre più stretta… mentre nelle
orecchie gli rimbombava il brusio degli spettatori che iniziavano ad applaudire
nuovamente per l’inizio dello spettacolo di ToichiKuroba…
«Kaito!»
Il prestigiatore impiegò un po’ a rendersi
conto di essere di nuovo nell’aula di Storia della Magia. Sospirò.
«Non ci sono riuscito neanch’io, eh?»
Harry scosse la testa: «No.»
Kaito si rimise in piedi barcollando: «Ho urlato
anche stavolta? Non mi pare di aver rivissuto di nuovo tutta la solita scena…»
Lupin porse anche a lui una Cioccorana: «No, questa volta no. Probabilmente anche
perché non era un Dissennatore vero…»
Il ragazzo ridacchiò: «Già, a quanto pare
il mio era contraffatto…»
«Non siamo qui per giudicare le nostre
paure, ma per affrontarle. A te fa effetto come un Dissennatore vero, giusto?»
Il ragazzo annuì, lasciando di nuovo il
posto a Harry.
Lupin si riavvicinò alla cassa: «Tu intanto
pensa a un altro ricordo, ancora più felice. Pronto, Harry?»
Harry brandì di nuovo la bacchetta con
forza, riprendendo il posto al centro della classe: «Pronto.»
Lupin sollevò il coperchio: «Vai!»
La stanza diventò di nuovo gelida e buia.
Il Dissennatore avanzò rantolando; una mano in putrefazione si tese verso
Harry...
«ExpectoPatronum!ExpectoPatronum! Expecto Pat...»
«E
di nuovo… Harry!»
Kaito
corse verso l’amico, ma Lupin fu più veloce. Con pochi colpi di bacchetta
ricacciò indietro il Molliccio e riaccese le luci.
«Harry!
Harry... svegliati...»
Kaito fece una smorfia: «Senza offesa, ma
queste lezioni stanno diventando monotone… se continua così le finiremo la
scorta di Cioccorane.»
Lupin continuò a schiaffeggiare Harry:
«Quello non ha importanza. Sono più preoccupato per la vostra salute.»
Finalmente il ragazzo aprì gli occhi.
Confuso, mormorò piangendo: «Ho sentito mio padre. È la prima volta che lo
sento... ha cercato di affrontare Voldemort per dare a mia madre il tempo di
fuggire...»
Mentre Harry cercava malamente di non farsi
vedere mentre si asciugava le lacrime, Lupin gli chiese, con voce incrinata:
«Hai sentito James?»
«Si... perché... lei non conosceva mio
padre, vero?»
«Io... sì, in realtà eravamo amici a
Hogwarts. Ascolta, Harry... forse per questa sera dovremmo lasciar perdere.
Questo incantesimo è troppo avanzato... non dovevo nemmeno proporti di
provarci...»
Harry si rialzò deciso: «No! Proverò
un'altra volta! Non penso a cose abbastanza felici, ecco cos'è... aspetti...»
Kaito lo fermò: «No, ora aspetti tu. Se permetti,
questo è il mio turno. Avanti, professore.»
Lupin sospirò: «Hai il tuo ricordo felice?»
Il prestigiatore, ad occhi chiusi annuì. Il
primo trucco di prestigio che gli era riuscito. Quale gioia più grande per un
prestigiatore?
Lupin spalancò di nuovo la cassa e di nuovo
il Dissennatore dal mantello di pesci andò verso di lui per avvolgerlo.
«EXPECTO
PATRONUM!»
Quello che uscì dalla bocca di Kaito fu più
un ruggito che un grido, mentre cercava di rivivere con più intensità possibile
la piacevole sensazione di soddisfazione che lo aveva pervaso più di tredici
anni prima, quando era riuscito a far sparire quella piccola pallina, che a
malapena stava nel palmo della sua mano di bambino. Ed ecco, la nebbiolina
argentea di prima uscì dalla bacchetta e si frappose fra lui e la creatura, che
però non voleva saperne di allontanarsi da lui. Rimaneva lì, immobile, mentre
Kaito si convinceva che quello che stava uscendo dalla sua bacchetta non era un
Patronus, ma la sua stessa forza vitale, perché
sentiva le gambe diventargli sempre più molli… mentre si ricordava che ad
applaudirlo per quel suo primo, piccolo successo c’era suo padre… il padre dal
cui ricordo della morte stava cercando disperatamente di scappare…
Quando riprese i sensi, le prime parole di
Kaito furono: «Sono scemo.»
Harry lo guardò perplesso: «Perché?»
«Perché non ho pensato che nel ricordo
felice che avevo scelto c’era anche papà… e ovviamente ho fatto l’associazione
mentale con la sua morte…»
Lupin gli porse l’ennesima Cioccorana: «Incidenti che possono capitare. Però sei stato
bravo, qualcosa è uscito, sei sulla strada giusta. Dovresti cercare un ricordo
della stessa intensità, ma possibilmente che non riguardi tuo padre…»
Kaito annuì: «Penso di aver capito. E forse
so anche quale.»
«Bene. Harry, sei sicuro di voler tentare
un’altra volta?»
«Certo.»
Lupin aveva l'aria di agire contro ogni
buonsenso: «Pronto? Ti sei concentrato? D'accordo... vai!»
Alzò il coperchio della cassa per la terza
volta, e il Dissennatore ne uscì; la stanza divenne fredda e buia...
Harry fece una smorfia di concentrazione,
come se stesse lottando contro la sua stessa mente; poi, finalmente, il
Dissennatore si fermò, bloccato da una grande ombra argentea esplosa dalla
punta della bacchetta di Harry, che si alzò fluttuando tra il ragazzo e la
creatura. Harry barcollava e sembrava sul punto di cedere da un secondo
all’altro, ma resisteva strenuamente, fino a che Lupin fece un balzo in avanti.
«Riddikulus!»
Qualcosa si spezzò sonoramente, e il Patronus nebuloso di Harry sparì assieme al Dissennatore;
Harry si lasciò cadere su una sedia, esausto come se avesse appena corso per un
miglio, le gambe tremanti. Kaito gli si avvicinò, mentre il professor Lupin a
colpi di bacchetta costringeva il Molliccio a rientrare nella cassa; era
tornato di nuovo un globo argenteo.
Il prestigiatore lo guardò un po’
preoccupato: «Stai bene?»
Harry annuì: «S-sì… credo… stavolta credo
di aver trovato il ricordo giusto…»
Il ragazzo sorrise: «Sei stato bravissimo.»
Lupin
si avvicinò: «Eccellente! Eccellente, Harry! Davvero un buon inizio!»
«Posso
provare ancora? Solo una volta?»
Il professore scosse la testa: «Per stasera
basta, sei troppo stanco. Hai fatto già molto, credimi.»
Kaito si fece avanti: «E io? Posso
riprovarci?»
Lupin lo guardò serio: «Una volta sola,
Kaito. Anche per te è molto pesante un allenamento del genere.»
«Va bene.»
Mentre l’uomo si riavvicinò al baule, Kaito
si diresse nella stanza un’ultima volta, ad occhi chiusi. Nella sua mente si
rivide bambino, davanti al vecchio campanile, mentre si avvicinava a un’altra
bambina dagli occhi tristi…
«Vai!»
Il solito, strano, inquietante Dissennatore
gli andò incontro. Kaito cercò di riportare alla mente in modo ancora più vivido
il ricordo di quando aveva conosciuto Aoko, ma gli venne più spontanea un’altra
memoria, più recente, più vivida, più gioiosa…
«ExpectoPatronum.»
Questa volta non aveva urlato, l’aveva
detto con calma e sicurezza, tenendo ben salda la bacchetta. Sì, questa volta
era sicuro, quando Aoko poche settimane prima lo aveva riconosciuto dopo l’Oblivion malriuscito era stata una grande gioia, ed era
sufficientemente recente per poterla rivivere nel modo migliore.
Il Dissennatore arretrò, apparentemente
spaventato dalla nebbia argentea, che però stava cominciando ad aggregarsi in
una forma più omogenea…
Kaito esultò ad alta voce: «Vattene,
schifoso, non ho più paura di te!»
Ce la stava facendo, non si sentiva neanche
più tanto debole, ora che…
Improvvisamente il Dissennatore sembrò
sciogliersi su se stesso, sotto lo sguardo stupito del ragazzo: «Eh? Cos’è, ho
fatto un Patronus troppo potente?»
Fu un attimo. Il Molliccio si ricompose
immediatamente sotto forma di un banco di pesci argentati che lo avvolse e lo
strinse in una morsa sempre più stretta. Il suo piccolo Patronus
scomparve, ormai divenuto inutile, mentre la gioia di Kaito svampò in un
istante, sostituita da una morsa di paura che gli serrava la gola e i polmoni,
impedendogli di respirare…
«Che… che…»
Lupin cercò di farsi avanti: «Pensa a
qualcosa di divertente, Kaito. Pensa a come rendere quei pesci divertenti!
Quello che sconfigge un Molliccio sono le risate! E poi gli urli Riddikulus!»
Ma il ragazzo era troppo stanco e sorpreso
per poter reagire. L’insegnante si fece avanti e rimise il Molliccio al suo
posto.
Harry si avvicinò all’amico: «Cos’è
successo?»
Lupin sorrise comprensivo: «L’avevo detto
che Kaito aveva condensato insieme due paure… quando si è esaltato per aver
evocato il Patronus, il Molliccio ha capito che
doveva cambiare tattica per spaventarlo.»
Il prestigiatore, ancora con i capelli
dritti in testa, deglutì a vuoto un paio di volte: «E ci è riuscito in pieno.
Mi ha preso completamente di sorpresa!»
«Non importa, sei stato bravissimo. Per una
sola sera basta così. Ecco...»
E porse a Harry e Kaito una grossa
tavoletta del migliore cioccolato di Mielandia.
«Mangiatelo tutto, o Madama Chips mi farà a
pezzi. Ci vediamo la prossima settimana alla stessa ora?»
Entrambi risposero in coro: «Ok.»
Dopo aver dato un morso al cioccolato,
Kaito si avviò verso la porta, ma vide Harry fermarsi.
«Professor Lupin, se conosceva mio padre,
allora deve aver conosciuto anche Sirius Black».
Lupin si voltò in fretta e Kaito capì di
trovarsi in mezzo a una conversazione privata, per cui uscì dalla porta e
aspettò lì fuori l’amico, continuando ad addentare la sua tavoletta. Quando
Harry uscì dalla stanza, non gli chiese nulla e tornarono nella Torre così, in
silenzio. Erano entrambi esausti, mentalmente e fisicamente. Ma almeno forse
così Kaito non avrebbe avuto incubi per quella notte.
Ciao a tutti!
So che vi ho fatto aspettare
tantissimo, ma problemi universitari, impegni di vario tipo e problemi di
salute mi hanno impedito di mettermi alla tastiera.
Ringrazio cicci12, darkroxas92,
mergana e lunabay e
l’ultimo arrivato larosa.
Prossimo capitolo? Nelle mie
intenzioni dovrebbe essere uno dei più importanti e allo stesso tempo uno dei
più divertenti di tutta la storia, e credetemi, vi ho detto più che a
sufficienza!
Ultima nota di servizio: sono
perfettamente a conoscenza dei nuovi sviluppi della trama di KaitoKid (sia anime che manga),
ma valuterò se inserirli a seconda di come evolverà la trama. Insomma, sono due
anni che lavoro a questa storia, non cambio tutto solo perché Gosho dopo vent’anni si è svegliato!
Al prossimo capitolo, sperando
di riuscire a pubblicare con più frequenza!
Stephen, subito dopo cena, cercò Kaito per
tutta la Torre di Grifondoro: «Kaito! Kaito!»
Il ragazzo, che stava giocando a scacchi
magici con Ron, rispose: «Sono qui!»
Il compagno con gli occhiali lo guardò
ammirato: «È vero che domani inizierai i corsi di Materializzazione?»
Ron rise: «Ma va là! È il solito scherzo
idiota di Fred e George…»
Kaito sorrise, muovendo la torre: «E invece
è tutto vero. Domani sono atteso in Sala Grande per la prima lezione insieme ai
ragazzi del sesto anno.»
Ron saltò sulla sedia, metà fra l’eccitato
e lo scandalizzato: «Ma come? Tu sei solo del secondo anno!»
«Già, ma sono maggiorenne e a quanto pare
per il Ministero è sufficiente.»
«Che invidia…»
Il prestigiatore ridacchiò: «Scherzi? Dal
mio punto di vista sono solo altri compiti in più da gestire! Tanto la
McGranitt è stata chiara, non ci riuscirò mai quest’anno…»
Stephen dissentì: «Ma è comunque
un’opportunità enorme! Sarai l’orgoglio della nostra classe, Kaito!»
Il prestigiatore gli fece l’occhiolino:
«Per ora mi accontento di battere questo Weasley al suo stesso gioco… scacco matto, monamì!»
Ron sbuffò: «Non vale, mi sono distratto
con questa storia della Materializzazione! Pretendo la rivincita!»
«Domani, domani…
ora è meglio che vada a dormire, si preannuncia una giornata pesante.
Buonanotte a tutti.»
Kaito
apre gli occhi. È di nuovo sulla solita superficie trasparente, in pigiama,
come quasi ogni notte da un mese a quella parte.
Il
ragazzo si alza in piedi. Anche senza sollevare lo sguardo, sa benissimo che la
solita figura misteriosa con lo scettro sta avanzando verso di lui, camminando
sull’acqua.
Come
sempre il suo volto è indecifrabile, completamente coperto da quello che ormai conosce
essere il Cappello Parlante.
Kaito
ormai lo sa, è inutile scappare o andarle incontro. Prima o poi lei arriva comunque.
Non ha modo in realtà di dire che sia davvero una donna, ma lui ha deciso
d’immaginarsela così. Ha un modo di camminare troppo elegante e spontaneo, a
suo dire, per essere un uomo.
Come
sempre, la figura lo raggiunge e gli porge lo scettro.
Come
sempre, Kaito tenta di afferrarlo, sicuro che come al solito non riuscirà a
prenderlo. E invece questa volta le sue dita si avvolgono intorno al bastone e
lo sollevano, sotto lo sguardo stupito del ragazzo.
Come
sempre, il Cappello Parlante presta la sua voce alla muta figura.
«La
conoscenza è un grande dono, Kaito Kuroba-kun, un
dono per il quale bisogna essere pronti…»
Kaito
continua a rimirare meravigliato lo scettro che stringe fra le mani.
«Che
tu sia pronto o no, il momento è giunto.»
Il
ragazzo vorrebbe chiedere delucidazioni, ma la sua bocca è muta. Solleva quasi
istintivamente lo scettro, e la pietra sul puntale inizia a risplendere, sempre
più forte, sempre più forte, così forte che la strana figura con il Cappello
Parlante sembra sparire avvolta da quella luce azzurrina e diafana come la
pietra che lo emana.
E
Kaito rimane lì, avvolto da una luce che non lo abbaglia, finché tutto non scompare…
Kaito aprì gli occhi, completamente
sveglio. Non era spaventato o agitato come dopo uno dei suoi soliti incubi, ma
era comunque eccitato, come se avesse fatto una scoperta fenomenale.
Sì, ma cosa aveva scoperto?
Non sapeva rispondersi e rimase lì, seduto
sul letto, incapace di riprendere sonno fino al mattino.
Sheridan bisbigliò: «E dopo che hai preso
lo scettro?»
Kaito rispose sempre sottovoce: «Il
Cappello mi ha ripetuto quello che mi dice sempre…»
«Kuroba!»
Il ragazzo era talmente preso dal resoconto
del sogno che non si accorse nemmeno di essere stato chiamato: «… però ha
aggiunto che questa volta il momento è giunto, che sia pronto o no.»
«Kuroba!»
«Ma il momento per cosa? Sono ore che ci
penso e non riesco a capire… lo so, è solo uno
stupido sogno, ma non riesco a togliermi la sensazione che sia importante e…»
La McGranitt sbatté un pugno sul tavolo:
«KUROBA!»
Il ragazzo trasalì: «Sì?»
«È la terza volta che ti chiamo, Kuroba.
Quello che stava dicendo con tanto fervore alla signorina Pumpkin
ha attinenza con la mia lezione?»
«Non esattamente…»
La professoressa gli rivolse uno sguardo
glaciale: «Esattamente per questo
motivo toglierò dieci punti a Grifondoro e ti assegnerò un tema sulla
trasfigurazione inversa da consegnarmi per domani mattina.»
Kaito sembrò tornare in sé: «Domani? Ma
professoressa, io oggi ho…»
La McGranitt si voltò verso la lavagna,
chiudendo la discussione: «Non sono questioni che mi riguardano, Kuroba. Avevi
solo da stare attento.»
Il ragazzo fece appello alla sua faccia da
poker e a tutta la sua dose di pazienza per non rispondere malamente. Si limitò
a ringraziare mentalmente il Cappello Parlante dei suoi sogni: ecco a cosa
doveva essere pronto, alle punizioni impreviste!
Sheridan gli sussurrò: «E come farai con la
lezione di oggi, Kaito?»
«Prevedo un’altra bella notte in bianco… come se non ne facessi già abbastanza…»
Puntuale, alle quattro del pomeriggio,
Kaito si presentò in Sala Grande brandendo la bacchetta sotto ai vestiti. Gli
avevano spiegato che di solito i corsi di Materializzazione si tenevano
all’aperto, ma a causa della stretta sulla sorveglianza per il ricercato, il
tutto era stato trasferito nella stanza più spaziosa del castello, sorvegliata
a vista dai suoi cari amici Dissennatori. Il prestigiatore strinse la sua
candida bacchetta con tutte le sue forze. Era vero, il suo Patrono era
incompleto, ma forse gli avrebbe dato il tempo di correre all’interno della
Sala senza perdere i sensi. Si mise preventivamente una Cioccorana
in bocca e cercò di passare davanti alle creature il più velocemente possibile.
Nell’istante in cui dovette passar loro affianco, sentì rimbombare nel cervello
le voci del pubblico e quella di sua madre, ma riuscì faticosamente a mantenere
il contatto con la realtà.
Una volta dentro sospirò di sollievo. Forse
le lezioni di Lupin non gli avrebbero permesso di evocare un Patrono decente,
ma gli stavano consentendo di fare una discreta dose di esercizio di resistenza
alle sue visioni.
Kaito rivolse finalmente la sua attenzione
alla Sala. Le tavole erano scomparse, e di fonte a uno sparuto gruppetto di
suoi coetanei di tutte le Case, c’era un omino curioso. Era stranamente
incolore, con ciglia trasparenti, capelli a ciuffi e un'aria eterea, come se un
solo sbuffo di vento potesse soffiarlo via. Era in compagnia di Lupin, che
cercava di riportare il silenzio e la calma nella Sala.
«Buongiorno.
Mi chiamo WilkieTwycross e
sarò il vostro Istruttore Ministeriale di Materializzazione per le prossime
dodici settimane. Di solito sono accompagnato dai Direttori delle Case, ma oggi
erano impegnati in un collegio docenti e ad assistermi ci saranno il Professor
Lupin e i Dissennatori al di fuori delle porte. Spero in questo periodo di
riuscire a prepararvi così che molti di voi possano affrontare l'esame. Come
saprete, di solito è impossibile Materializzarsi o Smaterializzarsi…»
Bla, bla, bla. Un discorso preparato a tavolino e
ripetuto chissà quante volte, ne aveva riconosciuto lo stile. Kaito smise quasi
automaticamente di ascoltare. Oltre ad essere distratto da un brusio di
sottofondo nel suo cervello causato dai Dissennatori troppo vicini, si ritrovò a
pensare a cose più urgenti, tipo cosa potesse scrivere nel tema richiestogli
dalla McGranitt. La pappardella introduttiva del professore aveva l’aria di
essere molto lunga e dubitava che per quel giorno potessero iniziare ad esercitarsi
per davvero. Invece la McGranitt voleva quel tema subito. E doveva ancora
finire i compiti di Vitius! Dunque cosa sapeva a
riguardo della trasfigurazione inversa?
«…
e solo quando vi do l'ordine... girate sul posto, cercando di entrare nel nulla,
muovendovi con decisione! Non dimenticate le tre D!»
Kaito
si risvegliò dai suoi pensieri. Aveva già
finito di fare l’introduzione? E quando? E che cavolo erano le tre D?
«
Al mio ordine... uno...»
Al
suo ordine cosa? Kaito si guardò
intorno in preda al panico. Quando erano
comparsi quei cerchi a terra?
«…
due… tre!»
I
ragazzi intorno a lui iniziarono a fare delle piroette su se stessi, ad occhi
chiusi. Trattenendosi dallo scoppiare al ridere al buffo show, Kaito osservò
Lupin e l’insegnante ministeriale rimanere indifferenti allo spettacolo.
Twycross, che evidentemente non si era aspettato
niente di meglio, commentò asciutto: «Non importa, non importa! Sistemate i
cerchi, per favore, e tornate nella posizione iniziale...»
Il
ragazzo sospirò. Almeno ora aveva capito cosa si aspettassero da lui. Se
bastava girare un po’ in tondo per farli contenti, era facile. Poteva
continuare a pensare al suo compito in pace.
Twycross riprese a contare: «Uno…due…»
Il
prestigiatore si preparò pigramente alla giravolta. Dunque, la trasfigurazione inversa…
«…
tre!»
Kaito,
a occhi chiusi, si voltò su se stesso e sentì un fortissimo schiocco nelle
orecchie che lo fece trasalire.
«Eh?»
Cos’era
stato? Una bomba? Un petardo? Un…
Il
ragazzo sentì di stare perdendo l’equilibrio e sbatté violentemente la schiena
su una superficie rigida.
«AHIA!
Accidenti, che male…»
Che
diavolo era successo?
«Kuroba?»
Il
ragazzo aprì un occhio, perplesso. Si stava sbagliando o quella voce…
«Che… AH!»
Il
ragazzo trasalì e per un pelo non gridò per lo spavento. Di fronte a lui c’era
una figura umanoide che lo fissava insistentemente. La sua pelle era verde e
spugnosa e i suoi capelli erano fermati da vistosi e ingombranti bigodini. Ma
il tono della voce e lo sguardo penetrante erano inconfondibili.
«P-professoressa McGranitt?»
Gli
era uscito giusto un filo di voce stridulo, ma la donna sembrò non farci caso.
Continuava a restituirgli il suo stesso sguardo stupefatto: «Kuroba! Come… come ci sei arrivato qui?»
«Qui dove?»
Solo
a quel punto Kaito si rese conto di essere sdraiato di schiena su una
scrivania. Un po’ confuso, si rialzò e si guardò intorno, riconoscendo la
stanza.
«Ma
questo è il suo ufficio! Come ci sono arrivato qui?»
La
professoressa era agitatissima e sembrava aver perso in uno sbuffo tutto il suo
proverbiale sangue freddo: «Sono io che ti faccio questa domanda!»
Kaito
fissò la professoressa. Dovette fare appello ad ogni singola goccia della sua
faccia da poker per non scoppiare a riderle in faccia per quello che,
probabilmente, doveva essere il suo trattamento di bellezza: «M-mi scusi, devo aver sbagliato qualcosina,
dovevo stare più attento… ora torno in Sala Grande e…»
La
professoressa lo fissò ancora più allibita: «Tu…eri in Sala Grande?»
Il
prestigiatore non capì il suo stupore: «Certo, è stata lei a dirmi che potevo
frequentare il corso di Materializzazione! Se sta pensando al suo tema, lo farò
appena avrò finito, non si preoccupi!»
L’insegnante
scosse la testa: «Ma chi se ne importa del mio tema!»
Questa
volta fu Kaito a guardarla allibito: «Eh?»
Ok,
una frase del genere, pronunciata dalla McGranitt era tutto fuorché normale. A
questo punto gli stava sorgendo un dubbio: erano forse Fred, George e Sheridan
che gli stavano facendo uno scherzo? Se era così, stava riuscendo davvero
benissimo!
«Kuroba… tu mi stai dicendo… che
ti sei materializzato nel mio ufficio… dalla Sala Grande?»
Il
ragazzo era sempre più confuso: «C-credo di sì… almeno, un secondo prima ero lì e un attimo dopo… ero sulla sua scrivania…»
L’insegnante
non sbatteva nemmeno più le palpebre, senza parole. Kaito iniziò a pensare di
averla combinata davvero grossa. Altro che tema di punizione, gli venne il
tremendo sospetto che vedere i trattamenti di bellezza della propria insegnante
potesse costargli espulsione! Oltre che l’infarto…
«M-mi scuso se ho invaso la sua privacy, non volevo
interrompere la sua…ehm…pausa.Devo solo aver sbagliato le coordinate di atterraggio, era il mio primo tentativo… le prometto che farò molto esercizio ben lontano dalle sue stanze, in futuro…»
«Tu… mi stai dicendo… che al primotentativo…
ti sei smaterializzato qui dentro?»
«Gliel’ho
detto, è stato un incidente! Per favore, non mi espella, non dirò nulla sui
suoi bigodini…»
A
quelle parole la McGranitt sembrò recuperare un po’ di autocontrollo: «Ma certo
che non ti espello, Kuroba! E i miei bigodini non hanno alcuna importanza!»
«Ok… mi fa piacere…allora…»
Con
un colpo di bacchetta l’insegnante fece sparire bigodini e maschera verde,
tornando ad assumere l’aspetto a cui Kaito era abituato.
«Vieni
con me.»
Il
ragazzo annuì e la seguì, massaggiandosi la schiena dolorante, sempre più
confuso e perplesso. Si aspettava di venire trascinato nell’ufficio di Silente,
ma la McGranitt si limitò a riportarlo in Sala Grande.
Twycross accolse il loro ingresso agitatissimo:
«Professoressa! L’ha trovato lei, per fortuna!»
La
McGranitt assunse il suo tono più impassibile: «Cos’è successo?»
L’insegnante
ministeriale scosse la testa: «Non l’abbiamo capito! Un attimo prima questo
ragazzo era qui, e un attimo dopo…puff! Scomparso! Abbiamo rivoltato la Sala da cima a fondo
per cercarlo, stavamo per fare entrare i Dissennatori…
abbiamo persino pensato che Black lo avesse rapito!»
«Lasci
stare i ricercati, il ragazzo è comparso sulla scrivania del mio ufficio.»
«Eh?»
Lupin
ridacchiò. A Kaito parve di averlo sentito bisbigliare un qualcosa di simile a
un “Ma come, di nuovo?”, ma non ne era sicurissimo.
Twycross sembrò farsi ancora più trasparente: «Ma
come è possibile?»
La
McGranitt lo guardò come era solita fulminare in classe uno studente in
ritardo: «Speravo me lo potesse spiegare lei. È lei l’esperto!»
Ma
l’esperto sembrava avere le idee ancora più confuse della McGranitt: «Io…io…»
Lupin
intervenne per sedare gli animi: «Sentite, faccio una proposta: che ne direste
di concludere la lezione per gli altri studenti e poi magari fare una prova?»
Twycross annuì e si diresse di nuovo verso il
centro della Sala borbottando: «Sì, sì, mi sembra ragionevole…
ma non mi spiego ancora…»
L’insegnante
di Difesa contro le Arti Oscure sorrise a Kaito in modo rassicurante: «Per
favore, rimani qui fino alla fine della lezione e osserva attentamente. Dopo
riparleremo di quanto è successo, va bene?»
Kaito
non ebbe molta altra scelta che obbedire. Si sedette su una panca, tenendosi le
mani occupate con piccoli giochetti con i foulard, mentre la McGranitt al suo
fianco, non lo perdeva un attimo di vista, quasi come se temesse che il ragazzo
potesse svanire un’altra volta sotto i suoi occhi. Il suo istinto di Kaito Kid
era un po’ disturbato da quella stretta sorveglianza, ma rimase tranquillo.
Ancora non capiva che cosa avesse fatto di male. Un errore poteva capitare a
tutti, o no? C’erano persone che stavano andando molto peggio di lui, a occhio
e croce: la maggior parte rimaneva immobile al suo posto, limitandosi a girare
in tondo in buffe piroette da danza classica; qualcuno lasciò qualche arto al
punto di partenza, causando grida di panico e un infarto al prestigiatore.
Alla
fine la lezione si concluse e tutti i ragazzi lasciarono la Sala Grande.
Qualcuno adocchiò il ragazzo rimasto seduto tutto il tempo sulla panca e
sorvegliato a vista, immaginandosi chissà cosa. La verità era che Kaito non ci
aveva capito ancora assolutamente nulla. Sapeva solo che aveva evidentemente
fatto un pasticcio, che in camera aveva ancora un tema di punizione da
concludere e che iniziava ad avvertire un discreto languorino,
nonostante la Cioccorana di prima.
Twycross e Lupin si avvicinarono a lui,
chiedendogli di alzarsi. Kaito ubbidì.
«Per
favore, Kaito, potresti provare a rifare quello che hai fatto prima?»
Il
prestigiatore sorrise a Lupin: «Intende il tentativo di Smaterializzazione?»
«Esatto.»
«Ok,
ci provo… ma non sono sicuro di azzeccare le
coordinate di atterraggio dentro il cerchio…»
Lupin
sorrise, mentre gli altri due rimasero impassibili ad osservarlo. Kaito fece un
passo avanti e sospirò. Sperava solo di non incontrare Madama Chips mentre si faceva la manicure, questa volta… e di finire in fretta, che aveva fame e molti
compiti da finire che lo attendevano in dormitorio.
Sotto
gli occhi attentissimi degli insegnanti, che non osarono nemmeno sbattere le
palpebre per non perdersi un movimento, il ragazzo chiuse gli occhi, fece un
mezzo giro su se stesso con la gamba destra tesa e, con un fortissimo schiocco,
scomparve.
Twycross si precipitò sul punto fino a dove poco
prima c’era il ragazzo, come per assicurarsi che fosse davvero sparito: «Ma… dov’è?»
La
McGranitt si guardò intorno: «Non nel cerchio, poco ma sicuro! Kuroba! Kuroba,
dove sei? Se sei in questa Sala fatti vedere!»
Lupin
sorrise, stranamente tranquillo: «Quella era una Smaterializzazione in piena
regola, o sbaglio?»
Twycross era agitatissimo: «Non sbaglia! Ma è
impossibile! Non ai primi tentativi! E soprattutto, non…»
La
McGranitt si diresse decisa verso il portone: «Le considerazioni a dopo, ora
dobbiamo trovarlo! Quel ragazzo evidentemente non ha alcun controllo sulla
destinazione, potrebbe essere ovunque…»
«Sono
qui…»
«Kuroba!
Mi hai fatto prendere un colpo! Ma cosa…»
Il
ragazzo aprì la porta, imbarazzatissimo e bagnato fradicio dalla testa ai piedi
di un liquido che colava sul pavimento immacolato, formando una pozzanghera
verdognola.
La
professoressa lo guardò spaventata: «Kuroba! Dove…»
Kaito
era completamente rosso in volto: «Mi scusi, devo aver di nuovo sbagliato l’atterraggio… credo di essere finito in cucina…
nel pentolone della zuppa di verdure… e credo anche
di essermi ustionato, era bollente…»
La
donna si mise una mano sulla bocca, forse per lo stupore o per non scoppiare a
ridere, mentre il ragazzo cercava ancora di scusarsi: «Gli elfi di sotto sono
stati molto carini e gentili, non si sono neanche arrabbiati per la mia
improvvisa apparizione, ma credo che la cena verrà servita con un po’ di ritardo… devono rifare tutto… mi
scuso ancora…»
La
donna lo prese per una manica: «Io lo accompagno in infermeria, a farsi vedere
le ustioni e la schiena…»
Il
ragazzo si portò una mano sulla colonna vertebrale: «Si vedeva così tanto?»
«Andiamo.
Dopo discuteremo del resto.»
«Va
bene…»
Nella
Sala rimasero giusto Lupin e Twycross.
«È
assurdo! Inconcepibile! In…»
Il
professore interruppe lo sfogo del collega ministeriale: «Mi scusi, signor Twycross, converrà con me che quel ragazzo non può fare
lezione con il resto del gruppo.»
«Certo
che no, certo che no…»
«Non
potrebbe dare l’esame di Smaterializzazione da privatista?»
«Da
privatista? Ma da solo…»
«Non
ho detto che studierà da solo. Mi offro di dargli io delle lezioni private per…rimetterlo in
carreggiata, diciamo così.»
Twycross lo guardò scandalizzato: «Ma professor
Lupin! Quel ragazzo…»
«…
è molto confuso, al momento. Non è ancora possibile dire nulla dopo un solo
esperimento. Mi prenderò io la responsabilità su di lui, e l’avvertirò in caso
di altri…strani
fenomeni. La prego.»
L’uomo
sospirò: «Silente si fida di lei, quindi io farò lo stesso. Ma mi dovrà tenere
informato.»
Lupin
annuì: «Certo.»
L’uomo
uscì dalla stanza ancora nervoso: «E si ricordi di far mettere di nuovo gli
incantesimi su questa Sala!»
Il
professore, rimasto solo, sospirò. Dopotutto, anche questa volta, quell’uomo
aveva avuto ragione…
I
Malandrini entrarono nel dormitorio con un po’ di cibarie nascoste sotto i
vestiti. Kaito non si era presentato a cena, e si aspettavano di trovarselo
chino sui libri, a preparare il compito di punizione. Rimasero sorpresi quando
invece lo trovarono seduto a terra, sul tappeto, a fissare il caminetto
pensieroso.
«Kaito?»
«Sei
in pausa dallo studio?»
Il
ragazzo sussultò: «Eh? No, non esattamente. Non ho proprio fatto il tema, in
verità.»
Fred
lo guardò sorpreso: «E che aspetti? La McGranitt lo vuole per domani!»
«Non
più. Me l’ha annullato.»
I
gemelli dalla sorpresa lasciarono cadere a terra una bottiglia di succo di
zucca celata sotto gli abiti: «COSA???»
Sheridan
lo guardò preoccupata: «Cos’è successo?»
«Ah,
guardate, sto ancora cercando di capirlo! So solo che non posso più andare ai
corsi di Smaterializzazione, e che invece avrò lezioni private da Lupin.»
«Lezioni
private da Lupin?»
Kaito
sospirò: «Solo perché ho sbagliato un paio di volte l’atterraggio…
mica l’ho fatto apposta a finire nell’ufficio della McGranitt! Mi sono anche
fatto un male alla schiena che non vi dico, Madama Chips
ci ha messo più di un’ora a rimettermi in sesto. Per non parlare delle ustioni
che mi sono beccato atterrando nel pentolone del minestrone in cucina… a proposito, spero non l’abbiate preso, a cena, non
sono mica sicuro che gli elfi l’abbiano rifatto… se
penso che qualcuno potrebbe essersi mangiato un brodo del sottoscritto per cena…»
Kaito
rabbrividì, per poi notare le facce sconvolte degli amici. Sbuffò: «Anche voi
mi guardate così? È tutto il pomeriggio che vengo osservato come un fenomeno da
baraccone! Si può sapere che ho detto?»
George
deglutì a vuoto: «Kaito…tu…
ti sei smaterializzato… in giro per il castello?»
Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo: «Sì, quante volte devo dirlo? Dovevo entrare
in un cerchio a un paio di centimetri dai miei piedi, e invece mi sono
ritrovato prima sulla scrivania della McGranitt e poi nelle cucine…
che, tra l’altro, sono enormi! Ci siete mai entrati? Saranno quasi tre volte la…»
Fred
lo afferrò per le spalle: «Kaito, ma ti stai rendendo conto di cosa ci stai
dicendo?»
Il
prestigiatore lo guardò perplesso: «A quanto pare no…»
Sheridan
sospirò: «Hogwarts ha molti incantesimi di protezione. Tra questi c’è un
sistema che impedisce a chiunque di Materializzarsi o Smaterializzarsi
all’interno dei confini.»
Kaito
era confuso: «Ok… d’accordo, ma non sono mica stato
l’unico a fare il corso oggi. Ci sono altre persone che…»
George
spiegò: «Oggi, per farvi fare il corso, il preside ha annullato l’incantesimo
giusto nella Sala Grande. Era possibile Smaterializzarsi solo lì dentro...»
Fred
si allontanò dal ragazzo e lo squadrò, serio: «La domanda quindi è…come diavolo hai
fatto ad andartene in giro tranquillamente per il castello, Kaito, se teoricamente è impossibile per chiunque,
Silente compreso?»
Kaito
impiegò qualche secondo a metabolizzare tutte quelle informazioni. Ecco perché
gli insegnanti erano rimasti così sorpresi… e spaventati…
Dopo
quasi un minuto d’imbarazzante silenzio, il prestigiatore sbottò: «E io che ne
so? L’ho detto e ripetuto, sono un principiante sull’argomento!»
I
Malandrini si guardarono preoccupati.
«Se questo è il tuo livello principiante… non osiamo immaginare cosa potrai fare quando
sarai un esperto…»
Argh! Stavolta non sono in ritardo,
di più! Stavolta però non è dipeso da me, ma da un incidente che mi ha bloccato
la spalla per due mesi e solo adesso inizio a recuperare un filo di mobilità (poca,
eh!), quindi abbiate pazienza e non uccidetemi per stavolta.
Penso comunque di aver iniziato l’anno con un gran bel capitolo,
uno dei miei preferiti finora, l’ammetto, e allo stesso tempo uno dei più
importanti della trama, che pian piano si stacca sempre più dall’originale e
percorre strade parallele. Perché aggiungere questa capacità a Kaito? Perché nel
manga (e nelle sue rare apparizioni nell’anime di Conan) a volte sparisce
davvero e non si capisca come abbia fatto ad uscire dagli edifici in un paio di
secondi... e poi nei libri lo ripetevano talmente alla nausea che “non ci si
può Materializzare e Smaterializzare all’interno di Hogwarts” che alla prima
lettura pensavo davvero che alla fine avrebbero trovato un modo per farlo.
Bene, detto questo, ringrazio i lettori e soprattutto Lunaby, Cicci12, mergana, Tsuki no Sasuke e darkroxas92 per
i commenti, e per la nuova lettrice che si è fatta viva al primo capitolo
(forza che prima o poi arriverai fin qua!), ovvero GiulpuHatake.
Prossimo capitolo? Tante lezioni extra per il povero Kaito, come
se non bastassero quelle giornaliere...
Kaito
entrò nell’ufficio di Lupin: «Buonasera, professore.»
L’insegnante
gli sorrise: «Ti stavo aspettando.»
Il
ragazzo chiuse la porta di quella stanza che ormai conosceva fin troppo bene.
Non solo più le lezioni anti-Dissennatore del
giovedì, da quella sera avrebbe dovuto frequentarla anche il lunedì per le
lezioni private di Smaterializzazione.
Un
po’ in imbarazzo, Kaito si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania
dell’insegnante.
«Hai
capito ora perché hai causato tanto scompiglio, l’altro giorno?»
Il
ragazzo annuì: «Non ci si può Smaterializzare dentro Hogwarts.»
«Però
tu l’hai fatto.»
Kaito
fece una smorfia: «Prima che me lo chieda, no, non ho la più pallida idea di
come abbia fatto.»
Il
professore scosse la testa: «Questo mi era chiaro, e non era la domanda che
stavo per porti.»
«Davvero?
La McGranitt me l’avrà chiesto almeno dieci volte...»
Lupin
sorrise, con una strana luce giocosa negli occhi: «La mia domanda invece è... pensi di poterlo rifare?»
Kaito
lo guardò sorpreso: «Non ne ho idea... non ci ho più provato...»
L’uomo
si alzò: «E allora questa mi sembra una buona occasione. Avanti!»
Il
prestigiatore si alzò a sua volta, un po’ insicuro: «Ehm... ok... deve togliere
incantesimi o...»
Lupin
scosse la testa: «Vediamo se quello dell’altro giorno è stato un caso oppure
no. Cerca di Smaterializzarti... vediamo... davanti al caminetto!»
Kaito
fece una smorfia: «Ehm... allora è meglio che lo spenga... visto com’è finito
col pentolone...»
Lupin
sorrise: «Hai ragione. Cambiamo, allora. Davanti alla porta.»
«E
se finisco per errore da altre parti?»
«Ti
aspetterò. Torna pure qui a piedi.»
Il
ragazzo sospirò profondamente, poi chiuse gli occhi e ruotò su se stesso. Lupin
rimase tranquillo quando lo vide sparire. Per essere sicuro, aprì la porta del
suo ufficio, trovando il corridoio deserto. Se l’era aspettato. Sospirando,
tornò a sedersi e attese per un quarto d’ora, quando finalmente sentì bussare
alla porta.
«Avanti.»
Kaito
rientrò nell’ufficio imbarazzato: «Mi sa un po’ di deja-vù...»
«Dove
sei finito?»
«In
voliera. Ci ho messo un pochino a tornare indietro...»
Lupin
lo guardò divertito: «Bene. Almeno ora abbiamo qualche dato in più.»
«A
me è sembrato solo un fiasco…»
L’uomo
fece segno a Kaito di sedersi e continuò a parlare: «Abbiamo capito che a
quanto pare riesci a ignorare gli incantesimi anti-Smaterializzazione senza
alcuno sforzo particolare, che non hai problemi a Materializzarti a grandi
distanze e, soprattutto, che sei molto, ma molto distratto.»
«Eh?»
«A
che stavi pensando prima di Smaterializzarti?»
Kaito
ci pensò su: «Alla porta.»
«E…»
Il
ragazzo sospirò: «… e che ho dimenticato di spedire una lettera a mia madre.»
Lupin
annuì soddisfatto: «Quindi, immediatamente, ti sei ritrovato in voliera, come
se dovessi spedirle il gufo. Fammi indovinare: l’altro giorno avevi fame…»
«…
e mi sono ritrovato in cucina. E quando mi sono Materializzato dalla McGranitt
era perché avevo in mente il suo compito di punizione…»
«Hai
afferrato il concetto. Devi svuotare la mente durante la Smaterializzazione, o
rischi di fare errori piuttosto grossolani.»
Kaito
annuì: «Più semplice a dirsi che a farsi, ma ok, ho capito il problema…»
«Come
ha detto Twycross la scorsa lezione, i problemi si
presentano al momento in cui si svanisce, nello stabilire la destinazione e
nell’istante in cui si ricompare. Evidentemente non hai alcun problema con la
prima parte, ti sei Smaterializzato subito e senza lasciare pezzi indietro.»
Il
ragazzo ribatté: «Veramente a me non è sembrato così difficile, non mi ero
nemmeno concentrato un granché, la prima volta…
volevo solo fare una piroetta, non pensavo nemmeno di poter svanire…»
Lupin
sorrise in modo amichevole: «Però la maggioranza dei tuoi compagni non è
riuscita nemmeno a fare quello, l’hai notato?»
«Sì… ma non capisco la loro difficoltà. Non so… è quasi come se l’avessi sempre fatto.»
L’insegnante
continuò: «Il tuo vero scoglio è riuscire a controllare la destinazione…
e per questo non c’è che una soluzione: provare e riprovare.»
Kaito
sospirò: «Non mi pare di avere molta altra scelta. Anche per il Patrono non
facciamo altro, dopotutto»
Lupin
si alzò in piedi: «Avanti, di nuovo! Prova a Smaterializzarti davanti alla
porta!»
Il
prestigiatore fece qualche passo per avere lo spazio di girare su se stesso,
poi chiuse gli occhi e fece la piroetta. Quando li riaprì, si ritrovò nel
corridoio, davanti a una porta.
«Be',
è un passo avanti! Almeno stavolta la porta c’è…»
Fu
con orrore che il ragazzo si accorse però che il corridoio era quello sbagliato
e che la porta davanti a cui si era Materializzato era quella dell’ufficio di…
«Gazza!
Se mi becca qui non sentirà scuse!»
Più
d’istinto che per vero ragionamento, Kaito si Smaterializzò nuovamente, senza più
nemmeno ruotare su se stesso, ritrovandosi a precipitare.
«Ahi!»
Un
po’ confuso, si guardò intorno. Non era riuscito a tornare da Lupin, ma almeno
era nel luogo più sicuro da Gazza, la Torre di Grifondoro. Era atterrato
malamente e a testa in giù su una poltrona di fronte al caminetto. Sospirò di
sollievo, per poi raddrizzarsi e rimettersi in piedi. A quanto pare alla fine era
riuscito ad accontentare il professore, era arrivato davanti a un caminetto.
Solo a quello sbagliato. Gli era già andata di lusso, per lo meno non era
finito sulle braci come aveva pronosticato…
Respirò
profondamente un paio di volte per rilassarsi e chiuse nuovamente gli occhi,
cercando di pensare solo al professore di Difesa contro le Arti Oscure. Doveva
tornare da lui, nel suo ufficio.
«Uno…due…»
Iniziò
a ruotare: «… tre! AH!»
Si
sentì nuovamente cadere e chiuse gli occhi, per poi…
«Ehm… buonasera professore! Ha visto? Sono tornato!»
Lupin
lo guardò divertito per la faccia tosta dell’allievo: «La mia schiena avrebbe
preferito non proprio fra le mie braccia, ma va bene, è un passo avanti. Ora
puoi scendere, però? Pesi…»
Kaito
balzò giù dalle braccia dell’insegnante: «Scusi, non volevo Materializzarmi
addosso a lei…»
Il
professore ridacchiò: «Immagino. Allora direi che fra i punti da migliorare
aggiungiamo anche l’atterraggio.»
«In
effetti finora sono riuscito a ricomparire in piedi solo una volta…»
Continuarono
così ancora per un’oretta, ma con scarsi miglioramenti. Kaito riappariva in
luoghi sempre diversi, e per tornare nell’ufficio di Lupin impiegava sempre
almeno un paio di tentativi. L’unico lato positivo era che, a differenza delle
lezioni per l’evocazione del Patrono, non si sentiva affatto stanco. Fu il
professore a chiedere d’interrompere, una volta visto l’orario.
Kaito
annuì: «Direi che non è il caso che provi a tornare nel mio letto
teletrasportandomi, eh?»
Lupin
rise: «Non ti sei ancora stancato?»
«In
realtà no, non più che se avessi fatto una piccola passeggiata, almeno.»
Il
professore, invece, aveva un’aria molto stanca: «Buon per te allora, ma per
stasera forse è meglio che continui a usare i piedi.»
Era
arrivato il momento del congedo, ma Kaito aveva ancora una domanda che lo
rodeva da un po’: «Professore?»
«Sì?»
«Perché? Perché riesco a Smaterializzarmi
dove dovrebbe essere impossibile?»
Lupin
sospirò, fissandolo con occhi improvvisamente ammantati da malinconia: «Di
preciso non so risponderti, Kaito. A prima vista sembra che tu abbia le stesse
capacità di Smaterializzazione di un elfo domestico. Anche loro possono
apparire ovunque nonostante i nostri incantesimi.»
Kaito
rifletté. In effetti Harry, quando l’anno prima l’aveva messo alle strette dopo
la pietrificazione di Hermione e Sheridan, gli aveva raccontato che Dobby era apparso in infermeria…
«Vuole
forse dirmi che sono imparentato con un elfo?»
Lupin
rise di gusto: «No, non credo proprio! Sai, mi piace pensare che ognuno di noi
abbia un talento. Pensa ai tuoi amici: Colin ha fiuto per le notizie; Ginny
capisce subito quando qualcosa non va; Harry è fenomenale a giocare a
Quidditch. E a mettersi nei guai.»
«Oh,
quel talento ce l’ho anch’io, non si preoccupi! È più diffuso di quanto
s’immagini!»
«Perché
tu non potresti avere un forte talento per la Smaterializzazione?»
Kaito
lo guardò dubbioso: «Comparso così, dal nulla? Be', a pensarci bene sarebbe
anche adatto, però…»
Il
professore lo guardò stanco ma con aria complice: «Ne sei sicuro? Sei certo di
non esserti mai Smaterializzato prima d’ora? Tu stesso mi hai detto che ti
sembrava di farlo da sempre… forse finora non te ne
sei solo mai reso conto. Ora scusami, ma sono davvero stanco, riprenderemo
questo discorso la prossima volta. Buonanotte.»
«Buonanotte.»
Le
ultime parole del professore tormentarono i pensieri di Kaito per tutto il
giorno successivo. Possibile che si fosse già Smaterializzato? E quando?
Il
prestigiatore sospirò, appoggiandosi al muro. Fred e George erano in ritardo, e
lui era lì, in cima alla Torre Nord dove li stava aspettando, solo con i suoi
pensieri. Ma dove si erano cacciati quei due?
Quasi
senza pensarci, Kaito prese la sua bacchetta e iniziò a giocherellarci,
osservandola. Perché lui doveva sempre avere qualcosa di strano? Ora la
Smaterializzazione, prima quella bacchetta...
«...
bianca?»
«Uh?»
Kaito
alzò lo sguardo. Davanti a lui c’era la donna dall’aspetto più curioso che
avesse mai visto ad Hogwarts: il
suo corpo magrissimo era avvolto in uno scialle leggero, tutto ricamato di
perline, mentre innumerevoli catene e collane le pendevano dal collo esile, così
come le mani e le braccia erano cariche di braccialetti e anelli. Aveva uno
sguardo sbarrato, forse ancora più esasperato dagli spessi occhiali che
sembravano renderle gli occhi molto più grandi del normale.
Kaito le restituì uno sguardo perplesso:
«Scusi... ce l’ha con me?»
La donna non staccava i suoi occhi dalla
sua bacchetta: «È bianca... è bianca!»
Il ragazzo riguardò di nuovo la sua
bacchetta: «Lo so...»
Ma la strana signora era già scappata nel
corridoio urlando come un’isterica: «È
bianca! È bianca! È il segno, è giunta la guerra, la guerra!»
Kaito
la guardò sconvolto sparire nel corridoio: «Ma che le ho fatto?»
Fred
e George giunsero in quel momento: «Che le è preso alla Cooman?
Urlava correndo come una pazza uscita dal manicomio...»
«Più
del solito...»
Il
prestigiatore alzò le mani in segno di resa: «Non lo so, ve l’assicuro, ero qui
ad aspettarvi, mi ha visto ed è scappata!»
Fred
alzò le spalle: «Oh bè, la Cooman
è matta, lo sanno tutti.»
George
ridacchiò: «Si sarà fumata il cervello con tutto quell’incenso... a proposito,
Kaito che ci fai qui?»
«Io
e Sheridan volevamo chiedervi un favore.»
George
lo guardò divertito: «Un favore da Malandrini?»
«No,
una volta tanto un favore da semplici studenti.»
«D’accordo,
allora. Sheridan è in Sala Comune?»
Kaito
annuì, staccandosi dalla parte e incamminandosi dietro i gemelli: «Certo... uh?»
Fred
si voltò verso l’amico: «Che c’è?»
«Che
strano... non mi ero accorto di essermi appoggiato a una porta... avrei giurato
che fino a poco fa non ci fosse...»
Kaito
guardò perplesso l’ingresso che non aveva notato. Non sapeva perché, ma provava
l’irresistibile impulso di aprirla. Curiosità?
No, non esattamente... aveva quasi l’impressione di sentirsi chiamato...
Quasi
senza rendersene conto, allungò una mano verso la maniglia, ma quasi subito
venne trascinato via di peso da Fred e George.
«Su,
su, andiamo!»
«Non
vorrai mica far arrabbiare Sheridan, no?»
Kaito,
un po’ scombussolato, annuì senza insistere, attribuendo la strana sensazione
alla stanchezza e non notando invece lo sbiancamento
sui volti di Fred e George, che si scambiarono un’occhiata ansiosa. Dopotutto Silente
era stato chiaro: se volevano che i Malandrini continuassero ad esistere, Kaito
non poteva entrare nella Stanza delle Necessità.
«Alla
buon ora!»
I
gemelli sorrisero alla ragazza: «Scusa il ritardo, ci hanno trattenuti.»
I
Malandrini si sedettero intorno a un tavolino nelle comode poltrone della Sala
Comune.
Fred
disse: «Dunque... in cosa possiamo aiutarvi?»
Kaito
e Sheridan tirarono fuori un plico di fogli: «Questi.»
George
li riconobbe al volo: «Ah, è giunto anche per voi il momento, dunque!»
Kaito
sorrise: «Già... dunque, ci consigliate qualcosa per scegliere le materie del
prossimo anno?»
«Ma
certo! Chiedete pure!»
Sheridan
sfogliò alcune pagine: «Dunque... a che serve Antiche Rune? Io continuo a non
capirlo...»
«T’insegnano
a capire le rune, che c’è da capire?»
La
ragazza insistette: «Ma queste rune, poi, servono a qualcosa? C’è ancora
qualcuno che le usa?»
«No...
se studi testi antichi ti servono, però.»
Kaito
fece una smorfia: «Allora passo.»
«Mi
sa che ti seguo... la prossima è Aritmanzia...»
Fred
commentò: «Non la seguiamo, è una cosa complicata... praticamente associano
lettere e numeri, per intuire il carattere di una persona o prevedere il
futuro. Se non sbaglio dicono di poter capire molte cose di una persona a
partire dai numeri della data di nascita o roba simile.»
Kaito
guardò la descrizione con aria interessata: «A me matematica è sempre
piaciuta... potrei farci un pensierino... non m’interessa prevedere il futuro,
però suona interessante...»
Sheridan
invece sembrava poco entusiasta: «Se lo dici tu...»
Il
ragazzo fece un piccolo sorrisino. Nessuno di loro poteva capire la sua estrema
necessità di capire le persone tramite i numeri... soprattutto quando i numeri
in questione erano quelli delle casseforti da svaligiare...
La
ragazza scorse l’elenco: «Dunque... Babbanologia.»
I
gemelli alzarono gli occhi al cielo: «La materia preferita di papà!»
Poi,
notati gli sguardi perplessi degli amici, specificarono: «Studiano tutti i
metodi che i Babbani hanno trovato per fare a meno
della magia.»
Lo
sguardo di Kaito s’illuminò: «Mia!»
«Eh?»
«Ma
Kaito, tu vieni da una famiglia babbana...»
«Appunto!
Voti facili! Già che nelle altre materie non sono proprio una cima, almeno con
questa potrei risollevare la media!»
I
gemelli lo guardarono perplessi: «Contento tu... papà ne sarà felice. La
prossima?»
«Poi
abbiamo... Cura delle creature magiche.»
George
rise: «Ah, l’anno scorso era noiosa, ma da quest’anno che c’è Hagrid è uno
spasso!»
«Non
che ci voglia molto a battere Kettleburn...»
Kaito
sorrise: «Allora questa la prendo! E poi visti gli animali strambi che girano
qui intorno, non si sa mai, può sempre servire...»
«Questa
volta ti seguo. Dunque, cos’è rimasto... Divinazione! Questa m’incuriosiva
parecchio...»
Kaito
alzò gli occhi al cielo: «No, grazie! Se c’è una cosa a cui proprio non credo,
è la possibilità di prevedere le cose. Il mio futuro me lo costruisco con le
mie mani...»
I
gemelli guardarono l’amico e scoppiarono a ridere: «Meno male che la pensi
così, Kaito... perché l’insegnante è quella che abbiamo incontrato prima.»
Il
prestigiatore sbarrò gli occhi: «La pazza furiosa? Motivo in più per non
andarci!»
«Noi
la seguiamo per divertirci... le sue lezioni sono una barzelletta.»
Kaito
finì di completare il modulo: «Dunque, alla fine farò... Aritmanzia,
Babbanologia e Cura delle Creature magiche.»
Sheridan
controllò il suo foglio: «E io Cura delle Creature magiche e Divinazione.»
«Perfetto,
ora possiamo andare a mangiare, che io dopo ho di nuovo lezione con Lupin.»
George
si alzò dalla poltrona: «Ancora Smaterializzazione?»
«No,
è giovedì... oggi tocca al Patrono!»
«ExpectoPatronus!»
Kaito
si concentrò al massimo sul suo Patrono, ma ancora non riusciva a dargli una
forma stabile come avrebbe voluto. Sembrava oscillare fra più aspetti diversi, per
poi dissolversi dopo pochi secondi. Non che a Harry le cose andassero meglio,
in verità.
Il
patrono svanì di nuovo e Kaito sbuffò nervoso: «Uffa... c’ero quasi!»
Lupin
li guardò con aria severa: «Pretendete troppo da voi stessi. Per dei maghi così
giovani, anche un Patronus confuso è un gran
risultato. E poi non perdete più conoscenza, no?»
Kaito
fece una smorfia: «Sì... anche se sento ancora le voci...»
Harry
sospirò scoraggiato: «Credevo che un Patronus...
schiacciasse i Dissennatori, o roba del genere. Che li facesse sparire...»
Lupin
rispose: «Un vero Patronus lo fa. Ma tu hai fatto
grandi progressi in pochissimo tempo. Se i Dissennatori si fanno vedere alla
prossima partita di Quidditch, sarai in grado di tenerli a bada abbastanza a
lungo da riuscire a tornare a terra».
«Ha
detto che è più difficile se sono in tanti.»
Lupin
sorrise: «Ho la massima fiducia in voi. Ecco... vi siete meritati una bibita...
arriva dai Tre Manici di Scopa... non credo che voi l'abbiate mai
assaggiata...»
Estrasse
due bottiglie dalla valigia.
Harry
esclamò: «Burrobirra! Sì, mi piace quella roba!»
Lupin
alzò un sopracciglio.
Kaito
ridacchiò alzando le mani: «Ah, per me non c’è problema, sono maggiorenne e
posso anche bere alcolici... almeno, in questo Stato. Poi però non ditelo a mia
madre a casa...»
Il
professore continuò a guardare Harry sospettoso: «La Burrobirra
non è alcolica... però, Harry, quando l’avresti bevuta?»
Il
ragazzo mentì malamente: «Oh... Ron e Hermione me ne hanno portata un po'
quando sono andati a Hogsmeade.»
Lupin
commentò sospettoso: «Capisco. Be'... beviamo alla vittoria di Grifondoro
contro Corvonero! Anche se io non dovrei tenere per
nessuno, essendo un insegnante...»
Kaito
assaggiò un po’ della strana bevanda: «Uhm... non male!»
Bevvero
la Burrobirra in silenzio, finché Harry non decise di
chiedere qualcosa a cui pensava da un po'.
«Che
cosa c'è sotto il cappuccio dei Dissennatori?»
Il
professor Lupin abbassò la bottiglia, pensieroso.
«Mmm... be', i soli a saperlo non
sono in grado di raccontarcelo. Vedi, il Dissennatore abbassa il cappuccio solo
per usare la sua arma estrema, la peggiore».
Kaito
ridacchiò: «Che cos'è, l’alito?»
Lupin
fece un sorriso un po' obliquo: «Lo chiamano il Bacio del Dissennatore.»
Il
prestigiatore fece una smorfia: «Non mi farei baciare da quei cosi neanche se
sotto il cappuccio ci fosse la ragazza più bella del mondo... »
L’insegnante
lo guardò malinconico, per poi riprendere: «I Dissennatori lo fanno quando
vogliono distruggere completamente qualcuno. Immagino che ci siano delle fauci
lì sotto, perché le stringono sulla bocca della vittima e... le succhiano
l'anima».
A
Kaito andò un sorso di traverso dalla sorpresa e iniziò a tossire, mentre Harry
sputò un po' di Burrobirra.
«Cosa...
uccidono...?»
«Oh,
no, è molto peggio. Puoi esistere anche senza l'anima, sai, purché il cuore e
il cervello funzionino ancora. Ma non avrai più nessuna idea di te stesso,
nessun ricordo... nulla. Non è possibile guarire. Esisti e basta. Come un
guscio vuoto. E la tua anima se n'è andata per sempre... è perduta».
Kaito
riprese a respirare normalmente: «Alla faccia del bacio fatale...»
Lupin
prese un altro sorso di Burrobirra e poi disse: «È la
sorte che attende SiriusBlack.
C'era scritto stamattina sulla Gazzetta del Profeta. Il Ministero ha
dato ai Dissennatori il permesso di procedere se lo trovano.»
Kaito
si ripromise mentalmente di farsi arrestare solo
dalla polizia babbana.
Harry
invece disse all'improvviso. «Se lo merita.»
Lupin
gli chiese quasi casualmente: «Lo credi davvero? Credi davvero che qualcuno
possa meritare una cosa del genere?»
Harry
rispose in tono di sfida: «Sì. Per... per certe cose...»
Kaito
alzò le spalle: «Se lo dici tu...»
Il
ragazzo con la cicatrice finì la sua Burrobirra e si
alzò: «La ringrazio professore, ma ora è meglio che vada a dormire.»
Lupin
annuì: «Certo, certo... ah, Kaito, puoi rimanere ancora un attimo?»
Il
prestigiatore alzò le spalle: «Non ho altri impegni per la serata...
buonanotte, Harry!»
La
risposta giunse appena alle orecchie di Kaito, che appena rimase da solo con
l’insegnante non riuscì a trattenersi dal commentare: «Chissà che gli è
preso... non è da lui parlare in quel modo...»
Il
professore assunse di nuovo quell’aria malinconica: «Ognuno di noi ha le sue
ombre e i suoi fantasmi... ma torniamo a noi. Volevo solo avvertirti che questo
lunedì non potrò seguirti nella lezione di Smaterializzazione.»
Kaito
si alzò per sgranchirsi le gambe e si stiracchiò, ancora con la bottiglia in
mano: «Oh, non c’è problema, non si preoccupi!»
«Non
metterti ad esercitarti da solo.»
Il
ragazzo sorrise: «Naaa, non mi va di farmi beccare da
Gazza in qualche assurda situazione...»
Kaito
si voltò verso la finestra e commentò: «La luna è quasi piena...»
Rimase
ad osservare il panorama, con un pizzico di malinconia, per poi ridacchiare:
«Sa, fino a prima di entrare in questa scuola, aspettavo la luna piena con
ansia, ogni mese.»
«Davvero?»
«Sì...
era sempre un momento... speciale per
me.»
Già,
prima di entrare ad Hogwarts, ogni mese allo spuntar della luna piena era il
momento d’indossare i panni di Kaito Kid e controllare alla luce dell’astro se
i gioielli rubati contenessero o meno Pandora, la pietra della vita eterna.
Finì
l’ultimo sorso: «Ma ormai è acqua passata. Ora sono qui e...»
In
quel momento si accorse di non avere più la bottiglia in mano. Si voltò,
notando il professore che la stava buttando via. Rise.
«Accidenti!
Non mi ero nemmeno accorto che l’avesse presa! Cos’è, un erede di Arsenio
Lupin? Uhm... a pensarci bene, avete lo stesso cognome...»
Il
professore gli restituì un sorriso un po’ forzato, quasi fosse in imbarazzo: «No,
non credo proprio. Non ho origini francesi e la pronuncia è decisamente
diversa. Forse è ora anche per noi di andare a dormire. Buonanotte, Kaito.»
«Buonanotte,
professore!»
Lupin
aspettò che il ragazzo chiudesse la porta, per poi accasciarsi sulla poltrona,
quasi senza forze.
La luna piena... possibile che anche lui
fosse...
Scosse
la testa. No, mancavano gli altri sintomi. Probabilmente non era nulla e lui
aveva sentito ciò che aveva voluto sentire. Ma nel dubbio, il giorno
successivo, avrebbe fatto una chiacchierata con il preside.
Saaalve... sono in un ritardo
mostruoso, lo so... abbiate pazienza, ve l’avevo detto che mi ero fatta male,
no? E poi ho dovuto recuperare tutto quello che non ho fatto in due mesi d’immobilità
forzata... spero che non ci siano più imprevisti e di poter riprendere il
solito ritmo, anche perché ho in serbo per voi delle belle sorprese...
Ne approfitto per ringraziare per i commenti Lunaby,
darkroxas92, Giorgia_Weasley, Elelali_chan
(che se l’ultima volta si stava mangiando le mani in attesa dell’aggiornamento,
ora come minimo sarà arrivata alla spalla...) e mergana.
Prossimo capitolo? Potrebbe fare la sua apparizione un certo
ricercato... ma di chi stiamo parlando?
Fred, spaparanzato su un banco, propose:
«Un bel tiro mancino a Gazza?»
Sheridan alzò gli occhi al cielo e George
insistette: «Dai, è una vita che non gliene facciamo! L’anno scorso voi cuori
teneri ci avete convinto a lasciarlo in pace per via di MrsPurr, ma quest’anno non ci sono scuse!»
«Tanto più che ci rimane poco tempo, è già
quasi...»
Fred non fece in tempo a finire la frase
che la porta dell’aula in disuso si spalancò di colpo, facendo entrare un
trafelato Lupin che si guardò intorno ripetendo con fiato mozzo: «Kaito...
dov’è Kaito?»
L’interpellato, un po’ perplesso, si alzò
in piedi: «Sono qui... che succede?»
L’insegnante cercò di riprendere fiato:
«Ho... ho bisogno di aiuto... e me lo puoi dare... solo tu...»
Fred si mise seduto: «Un attimo, come...»
Lo sguardo dei gemelli si soffermò per un
attimo sul pezzo di pergamena logoro che il professore stringeva in una mano.
«La Mappa
del Malandrino?»
Lupin si voltò sorpreso verso i gemelli che
come al solito avevano parlato in coro: «Sì... la conoscete?»
«Lei sa
usarla?»
Il professore fece un gesto d’impazienza
con la mano: «Certo che sì, l’ho creata! Ma di questo ne parliamo dopo. Kaito,
ho bisogno del tuo aiuto, ora.»
Il prestigiatore lo guardò serio, cercando
d’ignorare i Weasley che balbettavano frasi sconnesse dallo shock per la
scoperta: «Cosa dovrei fare?»
«Smaterializzarmi con te nella Stamberga
Strillante, subito.»
Kaito lo guardò sorpreso: «Professore, lei
sa meglio di me che non riesco a decidere la meta di atterraggio! E non so
nemmeno dove sia questa Soffitta Urlante!»
Il professore lo afferrò per le spalle e lo
fissò negli occhi con una determinazione che non aveva mai dimostrato: «Tu.
Puoi. Farlo. Davanti ai miei occhi ti sei Smaterializzato nelle cucine, e non
le avevi mai viste. Ti descriverò il luogo nei minimi dettagli, ma devi provarci! Se la Mappa ha ragione,
Harry, Ron ed Hermione sono in pericolo!»
Il ragazzo annuì: «D’accordo, d’accordo...
ci posso provare.»
Gli altri Malandrini rimasero in religioso
silenzio, mentre Lupin, tenendo una mano sulla spalla di Kaito, descriveva con
precisione millimetrica una stanza in cui in teoria nessuno entrava da secoli.
Kaito cercò di concentrarsi, ma dopo pochi secondi zittì l’insegnante.
«Così mi distrae invece di aiutarmi.»
E sulla stanza calò un silenzio di tomba.
Il ragazzo respirò profondamente un paio di volte, cercando di pensare solo
alla sua destinazione... a chi doveva raggiungere... Harry, Ron, Hermione...
In uno schiocco i due scomparvero nel
nulla. Sheridan, Fred e George, che non avevano mai visto Kaito all’opera, si
guardarono meravigliati.
«Per la barba di Merlino! L’ha fatto
davvero!»
«Una cosa è sapere che può
Smaterializzarsi... un’altra cosa è vederlo!»
Sheridan fece una smorfia: «Ok... ma sarà
arrivato al posto giusto?»
Con un fortissimo schiocco, Kaito e Lupin
si ritrovarono a mezz’aria, a precipitare.
«AAAAAAAAHHH!!!»
Non appena toccò terra, il prestigiatore
tirò un sospiro di sollievo: «Ok... dai, non sono ancora riuscito ad atterrare
in piedi, professore, ma almeno non ci siamo fatti male, no? Atterraggio
morbido, è un miglioramento!»
Lupin non rispose, si limitò a guardare in
basso con aria inorridita. Kaito seguì il suo esempio, scoprendo sotto di lui
un mantello nero, e sotto il mantello nero...
«OH CAVOLO, PITON!»
Il prestigiatore scattò in piedi, mettendosi
le mani nei capelli: «Ho ammazzato un insegnante, per di più Piton! Oh, altro che la McGranitt e i suoi bigodini, questa è la volta buona che mi espellono
davvero...»
Lupin si mise in piedi e controllò lo stato
di salute del collega: «Tranquillo, è solo svenuto... e ti ringrazio, perché
sei stato bravo e mi hai portato a destinazione...»
Solo in quel momento Kaito si guardò
intorno.
Si trovavano in una stanza con uno
splendido letto a baldacchino dalle cortine polverose, come tutto il resto. La
carta da parati si scollava dai muri, il pavimento era tutto macchiato, ogni
mobile era rotto come se qualcuno lo avesse preso a randellate e le finestre
erano chiuse da tavole inchiodate. Di fronte a loro c’erano un gatto rosso, Ron
seduto a terra con una gamba posizionata in modo innaturale che teneva il suo
topo disperatamente, Harry che puntava contro di loro la bacchetta sorpreso, Hermione
che lo indicava balbettando frasi sconnesse probabilmente riguardanti la sua
improvvisa Smaterializzazione e, soprattutto, un uomo dall’aspetto di un
cadavere, con la pelle cerea tirata sulle ossa del viso, una massa di sudici
capelli aggrovigliati lunghi fino alle spalle, i denti gialli e una luce strana
negli occhi. Non lo aveva mai incontrato di persona, ma ricordava di aver visto
la sua foto segnaletica sul giornale.
SiriusBlack, il
ricercato.
Quasi senza pensare, nel timore che l’uomo
potesse fare del male agli amici, Kaito prese la sua bacchetta: «Expelliarmus!»
Black però non era armato, così le uniche
bacchette che volarono via furono quelle di Harry e Lupin.
Lupin avanzò. Kaito si aspettava che gli
chiedesse di restituirgli la bacchetta, ma non lo fece. Si limitò a porre
un'unica domanda, con voce molto alterata, una voce che vibrava di un'emozione
repressa.
«Dov'è,
Sirius?»
Black era privo di espressione. Per qualche
secondo non si mosse. Poi, molto lentamente, alzò la mano e indicò Ron, che
aveva l'aria completamente inebetita.
Lupin guardò Black
così intensamente che sembrava volesse leggergli nella mente: «Ma allora... perché
non si è mai rivelato finora? A meno che...»
Gli occhi di Lupin si allargarono
all'improvviso, come se vedesse qualcosa al di là di Black,
qualcosa che nessun altro poteva vedere: «A meno che non fosse lui... a
meno che non vi siate scambiati... senza dirmelo?»
Molto lentamente, senza levare quegli occhi
infossati dal viso di Lupin, Black annuì.
Harry intervenne ad alta voce: «Professore,
che cosa...?»
Ma non finì mai la domanda, perché Lupin
corse verso Black lo abbracciò come un fratello.
Kaito li guardò perplesso: «Ok... solo io
ho l’impressione di essermi perso un pezzo?»
Hermione quasi non lo lasciò finire e gridò:
«NON CI CREDO!»
Lupin lasciò andare Black
e si voltò verso di lei. Lo stava indicando con sguardo febbrile: «Lei...
lei...»
«Hermione...»
«... lei e lui!»
«Hermione, calmati...»
La ragazza strillò: «Non l'ho detto a
nessuno! Le ho parato le spalle...»
Lupin gridò a sua volta: «Hermione,
ascoltami, ti prego! Posso spiegare...»
Harry intervenne con voce tremante di
rabbia: « Io le credevo! E lei è sempre stato suo amico!»
Lupin rispose con un tono di voce normale: «Ti
sbagli. Per dodici anni non sono stato amico di Sirius,
ma ora lo sono... lascia che ti spieghi...»
Hermione gridò ancora: «No! Harry, non
credergli, ha aiutato Black a entrare nel castello,
anche lui ti vuole morto... è un Lupo Mannaro!»
Scese un silenzio carico di tensione. Kaito,
che aveva impugnato la sua bacchetta con l’intenzione d’intervenire per calmare
gli animi, rimase paralizzato. Gli occhi di tutti erano fissi su Lupin, che
sembrava straordinariamente calmo, anche se era piuttosto pallido.
«Questa volta non sei all'altezza di te
stessa, Hermione. Ne hai azzeccata una su tre, temo. Non ho aiutato Sirius a entrare nel castello e di sicuro non voglio vedere
Harry morto... ma non negherò che sono un Lupo Mannaro.»
Kaito rimase immobile, con la testa vuota. Lupo Mannaro? Davvero? Li aveva sempre
creduti roba da qualche film horror di serie Z... e invece ci aveva passato
giornate (e serate) intere? Era molto difficile da accettare e comprendere,
come l’intero discorso, a dirla tutta.
Poco più in là Ron fece un eroico sforzo
per rialzarsi, ma ricadde con un gemito di dolore. Lupin gli si avvicinò
preoccupato, ma Ron disse, respirando affannosamente:
«Lontano da me, Lupo Mannaro!»
Lupin si fermò di colpo. Poi, con evidente
fatica, si voltò verso Hermione e disse:
«Da quanto tempo lo sai?»
La ragazza sussurrò: «Da un secolo. Da
quando ho fatto il tema per il professor Piton...»
Lupin mandò uno sguardo freddo al collega
steso a terra: «Ne sarà felice. Ha assegnato quel tema nella speranza che
qualcuno capisse che cosa significassero i miei sintomi. Hai controllato il
calendario lunare e hai capito che ero sempre ammalato quando c'era la luna
piena? O hai capito che il Molliccio si trasformava nella luna quando mi
vedeva?»
«Tutt'e due le cose.»
Lupin scoppiò in una risatina forzata.
«Per la tua età, sei la strega più
brillante che abbia mai conosciuto, Hermione.»
«No. Se fossi stata un po' più sveglia,
avrei detto a tutti che cosa è lei!»
Lupin rispose con una disarmante
tranquillità: «Ma lo sanno già. Almeno, i miei colleghi lo sanno».
Ron esclamò sbalordito: «Silente l'ha
assunta anche se sapeva che era un Lupo Mannaro? Ma è matto?»
«Alcuni colleghi erano di questo avviso. Ha
dovuto faticare parecchio per convincere certi insegnanti che sono
affidabile...»
Harry urlò indicando Black:
«E SI SBAGLIAVA! LEI LO HA SEMPRE AIUTATO!»
Il ricercato all'improvviso andò verso il
letto e vi sprofondò, il volto nascosto da una mano tremante. Grattastinchi gli balzò accanto e gli si piazzò in grembo,
facendo le fusa. Ron si ritrasse da entrambi, trascinando la gamba.
Lupin rispose: «Non ho aiutato Sirius. Se me ne date la possibilità, vi spiegherò. Non
posso, anzi, non possiamo farvi del male neanche volendo, Kaito mi ha fatto
volare via la bacchetta. Ora volete ascoltare?»
Nella stanza calò un silenzio imbarazzato,
rotto solo da una domanda di Harry.
«Se non l'ha aiutato, come faceva a sapere
che era qui?»
Kaito rispose indicando con la bacchetta un
pezzo di pergamena che spuntava dalla tasca dell’insegnante: «Ha la Mappa del
Malandrino. E sa usarla.»
Harry lo guardò scandalizzato: «Cosa?»
Lupin intervenne, agitando la mano con
impazienza: : «So come farla funzionare perché io ho dato una mano a
disegnarla. Io sono Lunastorta: i miei amici mi
chiamavano cosi, a scuola.»
«Lei l'ha disegnata...?»
«La cosa importante è che stasera la stavo
guardando attentamente, perché sospettavo che tu, Ron e Hermione avreste
cercato di sgattaiolare fuori dal castello per andare da Hagrid prima
dell'esecuzione del suo Ippogrifo. E avevo ragione, vero?»
Aveva cominciato a camminare avanti e
indietro, guardandoli. Nuvolette di polvere si alzavano ai suoi piedi.
«Era probabile che avresti usato il vecchio
Mantello di tuo padre, Harry...»
«Come fa a sapere del Mantello?»
Lupin ripeté il gesto impaziente con la
mano: «Non sai quante volte ho visto James sparire lì sotto... il fatto è che
sulla Mappa del Malandrino ti si vede anche se indossi un Mantello
dell'Invisibilità. Vi ho visto attraversare il parco ed entrare nella capanna
di Hagrid. Venti minuti dopo, vi siete congedati da Hagrid e siete tornati al
castello. Ma con voi c'era qualcun altro».
Harry esclamò: «Cosa? No, non è vero!»
Lupin non smise di camminare avanti e
indietro, ignorando l'interruzione: «Non riuscivo a credere ai miei occhi. Credevo
che la mappa fosse difettosa. Come poteva trovarsi con voi?»
«Non c'era nessuno con noi!»
«E poi ho visto un altro puntino che si
spostava in fretta verso di voi, e sotto c'era scritto SiriusBlack... l'ho visto scontrarsi con voi, ho visto che
trascinava due di voi dentro il Platano Picchiatore...»
Ron puntualizzò rabbioso: «Uno di noi!»
Gli occhi di Lupin brillarono: «No, Ron. Due.»
Si era fermato, gli occhi puntati su Ron.
«Credi che potrei dare un'occhiata al tuo
topo?»
«Cosa? Che cosa c'entra Crosta?»
«Tutto.
Posso vederlo, per favore?»
Ron esitò, poi s'infilò una mano sotto gli
abiti. Ne emerse Crosta, che si divincolava disperatamente; Ron dovette
afferrarlo per la lunga coda pelata per impedirgli di fuggire. Grattastinchi alzò la testa e soffiò. Lupin si avvicinò a
Ron. Parve trattenere il respiro mentre studiava Crosta con grande attenzione.
Ron si tenne vicino Crosta, con aria
spaventata: «Cosa? Che cosa c'entra il mio topo con tutto il resto?»
SiriusBlack sbottò
all'improvviso: «Quello non è un topo.»
Ron esclamò: «Che cosa vuol dire... ma
certo che è un topo...»
Lupin disse piano: «No che non lo è. È un
mago.»
Black finì la frase per lui: «Un Animagus che si chiama Peter Minus.»
Ci volle qualche secondo prima che
l'assurdità dell'affermazione colpisse nel segno.
Poi Ron disse ad alta voce: «Siete pazzi,
tutti e due.»
Hermione aggiunse debolmente: «È ridicolo!»
Kaito li guardò di storto: «E perché? Anche
la McGranitt diventa un gatto, no?»
Harry gli rispose: «Perché Peter Minus è morto! L'ha ucciso lui dodici anni fa!»
Indicò Black, il
cui viso si contorse in una smorfia.
Il prestigiatore sospirò: «Ok, decisamente
mi mancava questo dettaglio...»
Il ricercato borbottò scoprendo i denti:
«Avrei voluto, ma il piccolo Peter se l'è cavata... non questa volta, però!»
E Grattastinchi
finì sul pavimento mentre Black si scagliava contro
Crosta. Ron urlò di dolore quando Black finì con
tutto il suo peso sulla gamba rotta.
Lupin scattò in avanti e allontanando di
nuovo Black da Ron: «Sirius,
NO! ASPETTA! Non puoi farlo così... devono capire... dobbiamo spiegare...»
«Possiamo spiegarglielo dopo!»
Black cercò in ogni modo di liberarsi da Lupin,
una mano che ghermiva l'aria cercando di afferrare Crosta, che strillava come
un porcellino e graffiava il viso e il collo di Ron nel tentativo di fuggire.
Lupin ansimò, trattenendo Black: «Hanno... il... diritto... di... sapere... tutto! Era
l'animaletto di Ron! Ci sono dettagli che non capisco nemmeno io! E Harry... a
Harry devi la verità, Sirius!»
Black cessò di lottare, anche se i suoi occhi
infossati rimasero puntati su Crosta, che era ben stretto tra le mani
morsicate, graffiate e sanguinanti di Ron.
Black non distolse lo sguardo dal topo: «Allora
d'accordo. Digli quello che vuoi. Ma fai in fretta, Remus.
Voglio commettere l'assassinio per il quale sono stato condannato...»
Ron, tremando, cercò con lo sguardo il
sostegno di Harry, Hermione e Kaito: «Siete pazzi, tutti e due. Ne ho
abbastanza. Me ne vado.»
Cercò di puntellarsi sulla gamba sana, ma
Lupin riuscì a prendere la bacchetta di Kaito con una mossa talmente improvvisa
da lasciare il prestigiatore basito.
«Ma allora lei è davvero l’erede di Arsenio
Lupin, altro che storie!»
Lupin puntò la bacchetta bianca verso
Crosta: «Ora mi ascolterai fino alla fine, Ron. Ricordati solo di tenere
stretto Peter mentre parlo.»
«NON È PETER, È CROSTA!»
Ron cercò di ricacciare il topo nella tasca
davanti, ma Crosta si agitava troppo; Ron barcollò e perse l'equilibrio, e
Harry lo afferrò e lo risospinse sul letto.
In tutto questo Kaito si limitò a prendere
una delle bacchette che aveva lanciato prima sul pavimento con l’Expelliarmus e a puntarla al collo di Lupin: «Io gradirei
davvero una spiegazione su quello che sta succedendo, ma l’avverto: una mossa
falsa, di qualunque tipo, e non esiterò a fermarla, con o senza magia. Mi
creda, ne sono in grado. E non mi piace che
mi si rubi la bacchetta.»
Lupin si limitò a fissarlo,
tranquillamente: «Lo so. Non sottovaluterò la tua minaccia.»
Harry si voltò verso il professore: «C'erano
dei testimoni che hanno visto Minus morire. Una
strada intera...»
Black esclamò con violenza, continuando a
fissare Crosta che si divincolava tra le mani di Ron: «Non hanno visto quello
che credevano di vedere!»
Lupin spiegò: «Tutti hanno creduto che Sirius
avesse ucciso Peter. Io stesso ne ero convinto... finché stasera non ho visto
la mappa. Perché la Mappa del Malandrino non mente mai... Peter è vivo. Ce l'ha
in mano Ron, Harry.»
Kaito non sapeva cosa pensare. Si fidava di
Lupin, si era fidato tutto l’anno e nonostante le scioccanti rivelazioni di
quella sera non riusciva a smettere di farlo. Non poteva certo essere
prevenuto, poi, nei confronti di un ricercato, almeno per coerenza
professionale. La loro, per essere una follia come la definivano Harry, Ron ed
Hermione, era fin troppo lucida.
La ragazza parlò, cercando di controllare
la voce tremula, come per tentare di convincere Lupin a essere ragionevole: «Ma
professor Lupin... Crosta non può essere Minus... non
può essere vero, lo sa che non è possibile...»
Lupin
la guardò tranquillamente, come se fossero in classe a discutere di un compito:
«Perché non può essere vero?»
«Perché... perché lo saprebbero tutti se
Peter Minus fosse stato un Animagus.
Abbiamo studiato gli Animagi al corso della
professoressa McGranitt. E sono andata a fare una ricerca in biblioteca quando
ho dovuto fare i compiti... il Ministero tiene sotto sorveglianza i maghi e le
streghe che sanno trasformarsi in animali; c'è un registro in cui c'è scritto
che animale diventano, e i loro segni particolari... sono andata a cercare la
professoressa McGranitt sul registro, e ho scoperto che esistono solo sette Animagi in questo secolo, e Minus
non era sulla lista...»
Lupin scoppiò a ridere: «Hai ragione
un'altra volta, Hermione! Ma il Ministero non ha mai saputo che esistevano tre Animagi non classificati che si aggiravano a Hogwarts.»
Black ringhiò, continuando a studiare tutte le
mosse disperate di Crosta: «Se hai intenzione di raccontargli tutta la storia,
stringi, Remus. Ho aspettato dodici anni e non ho
intenzione di aspettare ancora a lungo.»
«Va bene... ma dovrai darmi una mano, Sirius. Io so solo com'è cominciata...»
Il professore sospirò, si scostò dagli
occhi i capelli ingrigiti, rifletté un attimo per poi cominciare a parlare come
quando era in classe.
«Il luogo dove ci troviamo, la Stamberga
Strillante, non è mai stata stregata... le urla e gli ululati che sentivano gli
abitanti del villaggio erano opera mia. Comincia tutto da qui... da quando sono
diventato un Lupo Mannaro. Niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi
stato morso... e se non fossi stato così sconsiderato...»
Aveva l'aria seria e stanca. Ron stava per
interromperlo, ma Hermione gli fece eloquentemente segno di tacere e Lupin
continuò.
«Ero un bambino quando fui morso. I miei
genitori le provarono tutte, ma a quei tempi non c'erano cure. La pozione che
mi prepara il professor Piton è un ritrovato molto
recente. Mi rende innocuo, sapete. Se la prendo la settimana prima della luna
piena, riesco a mantenere il controllo quando mi trasformo... mi rannicchio nel
mio studio, come un normalissimo lupo, e aspetto che la luna tramonti. Prima
che la Pozione Antilupo venisse scoperta, comunque, una volta al mese diventavo
un mostro a tutti gli effetti. Sembrava impossibile che riuscissi a frequentare
Hogwarts. Gli altri genitori non avrebbero voluto che i loro figli entrassero
in contatto con me. Ma poi Silente diventò Preside, e trovò la soluzione. Disse
che se prendevamo alcune precauzioni non c'era motivo per cui io non potessi
venire a scuola...»
Lupin sospirò e guardò apertamente Harry.
«Qualche mese fa ti ho detto che il Platano Picchiatore fu piantato l'anno che
sono arrivato a Hogwarts. La verità è che fu piantato perché sono
arrivato a Hogwarts. Questa casa, e il tunnel che porta qui... furono costruiti
per me. Una volta al mese mi facevano uscire di nascosto dal castello e venivo
qui a trasformarmi. L'albero fu messo all'entrata del tunnel per impedire a
chiunque di incrociarmi quando ero pericoloso.»
C’era
un silenzio incredibile. L'unico rumore, oltre alla voce di Lupin, era lo
squittio spaventato di Crosta.
«Le mie trasformazioni in quei giorni
erano... erano terribili. È molto doloroso trasformarsi in un Lupo Mannaro. Non
avevo intorno degli umani da mordere, cosi mordevo e graffiavo me stesso. Gli
abitanti del villaggio udivano il rumore e le urla e credettero
che si trattasse di spiriti particolarmente violenti. Silente incoraggiò le
dicerie... anche adesso che la casa è silenziosa da anni, gli abitanti di qui
non osano avvicinarsi... ma trasformazioni a parte, ero più felice di quanto
non fossi mai stato. Per la prima volta avevo degli amici, tre grandi amici. SiriusBlack... Peter Minus... e naturalmente tuo padre, Harry, James Potter. Ora,
i miei tre amici non poterono fare a meno di notare che una volta al mese
sparivo. Inventai ogni genere di storie. Dissi loro che mia madre era ammalata
e che dovevo andare a casa a trovarla... Temevo che mi abbandonassero, una
volta scoperto chi ero. Ma naturalmente loro scoprirono la verità, come te,
Hermione... e non mi abbandonarono affatto. Anzi, fecero per me una cosa che
non solo rese le mie trasformazioni sopportabili, ma le mutò nei momenti più
belli della mia vita. Diventarono Animagi.»
Harry chiese, stupefatto: «Anche mio
padre?»
«Sì, certo. Gli ci vollero quasi tre anni
per capire come fare. Tuo padre e Sirius erano gli
studenti più brillanti della scuola, e per fortuna, perché la trasformazione in
Animagus può finire molto male: ecco perché il
Ministero tiene sotto stretta sorveglianza chi cerca di compierla. Peter ebbe
bisogno di tutto l'aiuto di James e Sirius per
farcela. Alla fine, il quinto anno di scuola, ci riuscirono. Furono in grado di
trasformarsi ciascuno in un animale diverso, a loro piacimento.»
Hermione chiese perplessa: «Ma come
facevano ad aiutarla?»
«Non potevano farmi compagnia da umani, e
così mi facevano compagnia da animali. Un Lupo Mannaro è un pericolo solo per
le persone. Ogni mese sgattaiolavano fuori dal castello sotto il Mantello
dell'Invisibilità di James. Si trasformavano... Peter, che era il più piccolo,
riusciva a scivolare sotto i rami aggressivi del Platano e premeva il nodo che
lo blocca. Poi si calavano nel tunnel e mi raggiungevano. Sotto il loro
influsso, diventai meno pericoloso. Il mio corpo era ancora lupesco, ma la mia
mente lo era molto meno quando stavo con loro.»
Black non aveva smesso un attimo di fissare
Crosta con orribile avidità: «Sbrigati, Remus.»
«Ci sto arrivando, Sirius,
ci sto arrivando... be', ora che potevamo
trasformarci tutti e quattro ci si aprirono davanti parecchie eccitanti
opportunità. Ben presto di notte prendemmo ad abbandonare la Stamberga
Strillante e a vagare per i prati del castello e per il villaggio. Sirius e James si trasformavano in animali così grossi che
erano più che in grado di tener testa a un Lupo Mannaro. Dubito che qualche
altro studente di Hogwarts abbia mai scoperto più cose sul parco e su
Hogsmeade... e fu così che finimmo per disegnare la Mappa del Malandrino e
firmarla con i nostri soprannomi. Sirius è Felpato.
Peter è Codaliscia. James era Ramoso.»
Harry esordì: «Che genere di animale...»
Hermione lo interruppe: «Ma era sempre
molto pericoloso! Andare in giro nella notte con un Lupo Mannaro! E se non
fosse rimasto con gli altri e avesse morso qualcuno?»
«Un pensiero che mi perseguita ancora. E ci andammo vicino, molto spesso. Dopo, ne
ridevamo. Eravamo giovani, spensierati... ci facevamo trascinare dalla nostra
abilità. A volte mi sento in colpa per aver tradito la fiducia di Silente, è
chiaro... mi aveva ammesso a Hogwarts quando nessun altro Preside avrebbe fatto
una cosa del genere, e non aveva idea che io infrangessi le regole che aveva
stabilito per la mia sicurezza e quella degli altri. Non seppe mai che avevo
indotto tre compagni a diventare Animagi
illegalmente. Ma riuscivo sempre a dimenticare i miei sensi di colpa quando
sedevamo insieme, noi quattro, a progettare l'avventura del prossimo mese. E
non sono cambiato...»
Il volto di Lupin si era indurito, e nella
sua voce c'era scarsa stima di sé: «Per tutto quest'anno ho combattuto con me
stesso, chiedendomi se dovevo dire a Silente che Sirius
era un Animagus. Ma non l'ho fatto. Perché? Perché
ero troppo vigliacco. Avrebbe significato ammettere che avevo tradito la sua
fiducia quando ero qui a scuola, ammettere che avevo coinvolto altre persone...
E la fiducia di Silente ha significato tutto per me. Mi ha fatto entrare a
Hogwarts da ragazzo, e mi ha dato un lavoro, quando tutti mi hanno sempre
sfuggito in tutta la mia vita di adulto, e non sono mai riuscito a trovare un
lavoro vero a causa di quello che sono. E così mi convinsi che Sirius cercasse di entrare a scuola servendosi di arti
oscure apprese da Voldemort, che il fatto di essere un Animagus
non c'entrava nulla... quindi, in un certo senso, Piton
ha sempre avuto ragione sul mio conto.»
Black distolse lo sguardo da Crosta per la prima
volta dopo parecchio tempo e fissò il professore ancora svenuto a terra: «A
proposito di Piton, che ci fa qui ad Hogwarts?»
«C’insegna, Sirius,
come me.»
Black ridacchiò: «Lui? Professore? Ficcanaso com’era, pensavo che avesse preso il
posto di Gazza, al massimo...»
Lupin sorrise divertito: «Gazza c’è
ancora...»
Il ricercato sbarrò gli occhi con aria
scandalizzata: «Cosa? Come fantasma,
spero, dopo tutti questi anni... se non fossi riuscito a farlo morire d’infarto
da studente lo riterrei una macchia indelebile sul mio curriculum...»
«Vivo, vegeto e in attività esattamente
come una volta...»
«Mannaggia...»
Lupin alzò un sopracciglio, accennando
all’insegnante a terra: «Piuttosto... che ci fa lui qui?»
Black alzò gli occhi al cielo: «Non parlarmene!
È piombato qua dentro con il mantello di James dicendo di avermi visto da un
corridoio trascinare il rosso...»
«Ron! Mi chiamo Ron!»
«... quel che è... qua dentro e ci ha
seguito. Ci aveva preso di sorpresa e straparlava di chiamare i Dissennatori,
fino a che non lo avete... ehm... atterrato.»
Kaito si lasciò sfuggire un gemito, ma
Lupin continuò, rispondendo agli sguardi interrogativi dei ragazzi presenti
nella stanza.
«Il professor Piton
era a scuola con noi. Si è battuto molto perché non mi venisse affidata la
cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. È tutto l'anno che ripete a Silente
che non bisogna fidarsi di me. Ha le sue ragioni... vedete, Sirius
gli fece uno scherzo che quasi lo uccise, uno scherzo che coinvolse me...»
Black se ne uscì con una risatina di scherno: «Se
l'era meritato. Sempre in giro a ficcare il naso dappertutto, a cercare di
scoprire che cosa facevamo... sperando di riuscire a farci espellere...»
Lupin sospirò: «Severus
era molto curioso di sapere dove andavo tutti i mesi. Eravamo nello stesso
anno, sapete, e non... ehm... non ci amavamo molto. Quello che gli piaceva meno
di tutti era James. Era geloso, credo, del talento di James sul campo di
Quidditch... comunque, Piton mi aveva visto
attraversare il parco con Madama Chips una sera
mentre mi accompagnava al Platano Picchiatore per trasformarmi. Sirius pensò che sarebbe stato... ehm... divertente dire a Piton
che bastava premere il nodo sul tronco con un lungo bastone e avrebbe potuto
seguirmi. Be', naturalmente Piton lo fece... se fosse
riuscito ad arrivare fin qui, avrebbe incontrato un Lupo Mannaro completamente
sviluppato... ma tuo padre, che aveva scoperto cosa aveva fatto Sirius, seguì Piton e lo fece
tornare indietro, mettendo a repentaglio la propria vita... Piton
però riuscì a vedermi, alla fine del tunnel. Silente gli proibì di raccontare
agli altri che cosa aveva visto, ma da allora seppe che cos'ero...»
Harry disse lentamente: «Allora è per
questo che lei non piace a Piton... perché credeva
che lei fosse complice dello scherzo?»
Black decise di tagliare corto: «Ok, abbiamo
informato il mondo della nostra vicenda. Ora... tu, ragazzo... dammi Crosta.
Adesso.»
Ron strinse Crosta più forte al petto.
«Andiamo, sta cercando di dire che è
fuggito da Azkaban solo per mettere le mani su Crosta? Insomma... d'accordo, diciamo che Minus sapeva trasformarsi in un topo... ci sono milioni di
topi al mondo... come fa a sapere qual è quello che cercava se è rimasto chiuso
ad Azkaban?»
Lupin si voltò verso l’amico: «Sai, Sirius, è una domanda intelligente.»
Ron sbuffò: «Non è che Hermione ha
l’esclusiva...»
Per tutta risposta Black
infilò una delle mani simili ad artigli sotto il vestito ed estrasse un foglio
di carta stropicciato, che distese e mostrò agli altri.
Era la fotografia di Ron e della sua
famiglia che Kaito ricordava di aver visto sulla Gazzetta del Profeta l'estate
prima, e lì, sulla spalla di Ron, c'era Crosta.
«Da Caramell, quando
è venuto per l'ispezione ad Azkaban l'anno scorso, mi
ha dato il suo giornale. E in prima pagina c'era Peter... sulla spalla del
ragazzo... l'ho riconosciuto subito... quante volte l'ho visto trasformarsi? E
la didascalia diceva che il ragazzo sarebbe tornato a Hogwarts... dove c'era
Harry...»
Lupin fissò prima Crosta, poi il giornale,
poi di nuovo Crosta: «Mio Dio... la zampa...»
Ron chiese in tono di sfida: «Che cos'ha
che non va?»
Il ricercato rispose freddamente: «Gli
manca un dito.»
Lupin aveva gli occhi che brillavano, in
un’espressione che a Kaito ricordò molto i suoi cari “amici detective” quando
intuivano chi fosse l’assassino: «Ma certo... è così semplice... così astuto...
se l'è tagliato da solo?»
Black annuì: «Appena prima di trasformarsi. Quando
l'ho stanato, ha urlato che avevo tradito Lily e James, per farsi sentire da
tutta la strada. Poi, prima che potessi scagliargli una maledizione, ha fatto
saltare la strada tenendo la bacchetta dietro la schiena, ha ucciso tutti nel raggio
di sei metri ed è filato via nelle fogne insieme agli altri topi...»
Lupin fece un sorriso storto: «Non lo
sapevi, Ron? La parte più grossa di Peter che fu ritrovata fu un suo dito.»
«Senta, probabilmente Crosta si è azzuffato
con un altro topo. È nella mia famiglia da secoli...»
«Da dodici anni, in effetti. Non ti sei mai
chiesto come mai è vissuto così a lungo?»
Il ragazzo iniziò a mostrarsi a disagio: «Noi...
noi lo trattiamo bene!»
«Però al momento non ha l'aria molto sana,
vero? Scommetto che sta perdendo peso da quando ha sentito dire che Sirius era tornato in libertà...»
Ron indicò con la testa Grattastinchi,
che continuava a fare le fusa sul letto: «Ha paura di quel gatto pazzo!»
Black tese una mano ossuta ad accarezzare la
testa soffice di Grattastinchi: «Questo gatto non è
pazzo. È l'esemplare più intelligente della sua specie che io abbia mai
incontrato. Ha riconosciuto subito Peter per quello che era. E quando ha
incontrato me, ha capito che non ero un cane. Ci ha messo un po' a fidarsi... alla
fine, sono riuscito a spiegargli chi stavo cercando, e mi ha aiutato...»
«Che cosa intende dire?»
«Ha cercato di portarmi Peter, ma non ce
l'ha fatta... così ha rubato per me le parole d'ordine per la Torre di
Grifondoro... Per quello che ho capito, le ha prese dal comodino di un
ragazzo...»
Kaito alzò un sopracciglio: «Sapevo che i
gatti sono intelligenti, ma non pensavo fino a questo punto...»
«Ma Peter ha intuito che cosa stava
succedendo ed è scappato... questo gatto... come lo avete chiamato, Grattastinchi?... mi ha detto che Peter aveva lasciato del
sangue sulle lenzuola... immagino che si sia morsicato... be',
fingere la propria morte aveva già funzionato una volta...»
Kaito si mise una mano fra i capelli. Harry
parlava coi serpenti, il ricercato con i gatti... chissà se prima della fine
della scuola avrebbe scoperto di poter parlare anche lui con qualche animale...
Harry, che fino a quel momento era stato in
silenzio, sbottò di colpo: «E perché ha finto di essere morto? Perché sapeva
che lei stava per ucciderlo come aveva ucciso i miei genitori!»
Lupin lo guardò con aria mortificata: «No, Harry...»
«E ora lei è venuto a finirlo!»
Black, guardò Crosta con odio: «È vero.»
«Avrei dovuto lasciare che Piton la portasse via!»
Il professore iniziò a parlare più
velocemente del normale, con tono concitato: «Harry, non capisci? Per tutto
questo tempo abbiamo creduto che Sirius avesse
tradito i tuoi genitori e Peter lo avesse scoperto... ma era il contrario, non
capisci? Peter ha tradito tuo padre e tua madre... Siriusha scoperto Peter...»
Il ragazzo indicò il ricercato: «NON È
VERO! ERA IL LORO CUSTODE SEGRETO! L'HA DETTO PRIMA CHE ARRIVASSE LEI! HA DETTO
CHE LI HA UCCISI!»
Kaito non sapeva cosa fosse un custode
segreto, ma vide Black scuotere la testa lentamente,
con gli occhi improvvisamente molto lucidi.
«Harry... è come se li avessi uccisi. Io ho
convinto Lily e James a scegliere Peter al mio posto all'ultimo momento, li ho
convinti a scegliere lui come Custode Segreto invece di me... è colpa mia, lo
so... la notte in cui morirono, avevo deciso di andare da Peter, per
assicurarmi che stesse bene, ma quando sono arrivato al suo nascondiglio, non
c'era più. Eppure non c'erano segni di lotta. Qualcosa non andava. Mi sono
spaventato. Ho deciso di andare subito dai tuoi genitori. E quando ho visto la
loro casa distrutta e i loro corpi... ho capito quello che doveva aver fatto Peter.
Quello che io avevo fatto.»
La voce gli si spezzò. Black
si voltò.
Lupin fece un passo avanti, con
un’espressione dura che strideva parecchio con l’immagine che Kaito aveva
dell’insegnante: «Basta così. C'è un modo sicuro per provare quello che è
veramente successo. Ron, dammi quel topo.»
Ron strinse a sé il topolino, tesissimo: «Che
cosa gli farà se glielo do?»
«Lo costringerò a mostrarsi. Se è davvero
un topo, non gli succederà niente.»
Il ragazzo esitò, ma alla fine tese Crosta
e Lupin lo prese. Crosta cominciò a squittire ininterrottamente, agitandosi e
contorcendosi, gli occhietti neri sporgenti. Kaito non seppe dire se la sua
agitazione fosse davvero una prova a favore della loro strana storia: qualunque
animale avrebbe probabilmente percepito una sensazione di pericolo in quella
situazione.
Sirius fece per prendere la bacchetta di Piton, ma Kaito s’intromise.
«Cosa vuole fare?»
Lupin intervenne: «Bisogna essere in due
per fare questo incantesimo.»
Kaito mantenne la sua fida faccia da poker:
«E va bene. Ma alla prima mossa falsa vi disarmo entrambi.»
I due vecchi amici annuirono, per poi guardarsi
negli occhi.
«Sei pronto, Sirius?»
Gli occhi umidi di Black,
all'improvviso parvero bruciare: «Insieme?»
Lupin annuì, tenendo Crosta ben stretto in
una mano e la bacchetta nell'altra: «Direi di sì. Al tre. Uno... due... TRE!»
Un lampo di luce blu e bianca sprizzò da
tutte e due le bacchette; per un attimo, Crosta rimase paralizzato a mezz'aria,
una piccola sagoma nera che si contorceva follemente. Ron urlò. Il topo cadde
per terra; ci fu un altro lampo di luce accecante e poi...
Fu come vedere la ripresa accelerata di un
albero in crescita. Dal suolo si levò una testa; spuntarono braccia e gambe; un
attimo dopo, nel punto in cui era caduto Crosta comparve un uomo che cercava di
farsi piccolo piccolo e si torceva le mani. Grattastinchi soffiava e sibilava sul letto, col pelo ritto
sulla schiena.
Era un ometto molto basso, poco più alto di
Harry e Hermione. I suoi sottili capelli incolori erano in disordine e in mezzo
alla testa aveva una larga chiazza calva. Aveva l'aspetto raggrinzito di un
uomo grasso che avesse perso molto peso in poco tempo. La sua pelle sembrava
sporca e malaticcia, come il pelo di Crosta, e qualcosa del topo era rimasto
attorno al naso puntuto, agli occhietti acquosi. Si guardò intorno, il respiro
rapido e irregolare.
Lupin gli rivolse un mezzo sorriso freddo,
come se gli capitasse spesso di vedere un topo trasformarsi in un vecchio
compagno di scuola: «Be', ciao, Peter. È tanto che non ci si vede.»
«S... Sirius...
R... Remus...»
Kaito pensò subito che rimanere in forma
animale per dodici anni doveva avere dei brutti effetti collaterali, perché la
voce di Minus era uguale in tutto e per tutto a uno
squittio da topo. I suoi occhi sembravano cercare continuamente vie di fuga,
esattamente come avrebbe fatto un sorcio.
«I miei amici... I miei vecchi amici...»
La mano di Black,
quella armata di bacchetta, si alzò, ma Lupin lo trattenne per il polso, gli
scoccò uno sguardo di avvertimento e si rivolse di nuovo a Minus
in tono leggero e disinvolto.
«Stavamo facendo una chiacchierata, Peter,
su ciò che accadde la notte in cui Lily e James morirono. Può darsi che tu ti
sia perso i momenti più interessanti mentre eri lì che squittivi sul letto...»
«Remus! Non
credergli, ti prego... ha cercato di uccidermi, Remus...»
Lupin divenne ancora più freddo: «Lo
abbiamo sentito dire. Vorrei chiarire una o due questioni con te, Peter, se sei
così gentile da...»
Minus indicò Black con
il dito medio, essendo sprovvisto di indice: «È venuto a cercare di uccidermi
un'altra volta! Ha ucciso Lily e James e ora ucciderà anche me... devi
aiutarmi, Remus...»
Il viso di Black
era più che mai simile a un teschio mentre fissava Minus
con quegli occhi impenetrabili.
Lupin lo riassicurò: «Nessuno cercherà di
ucciderti finché non avremo chiarito un po' di cose.»
«Chiarire? Sapevo che sarebbe venuto a
cercarmi! Sapevo che sarebbe tornato per me! Sono dodici anni che aspetto!»
Lupin aggrottò la fronte: «Sapevi che Sirius sarebbe fuggito da Azkaban?
Quando nessuno c'era mai riuscito?»
«Possiede poteri oscuri che tutti noi
possiamo solo sognarci! Come ha fatto altrimenti a uscire di là? Immagino che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato gli abbia insegnato
qualche trucchetto!»
Black scoppiò a ridere, un'orribile risata senza
gioia che riempì l'intera stanza: «Voldemort insegnarmi dei trucchetti?»
Minus si ritrasse come se Black
avesse brandito una frusta contro di lui.
«Cos'è, hai paura di sentire il nome del
tuo vecchio padrone? Non ti biasimo, Peter. I suoi seguaci non sono molto
soddisfatti di te, vero?»
Minus aveva il respiro più affannoso che mai e il
volto luccicante di sudore: «Non so... cosa intendi dire, Sirius...»
«Non sono dodici anni che ti nascondi da me.
Tu ti nascondi dagli antichi sostenitori di Voldemort. Ho sentito delle voci ad
Azkaban, Peter... credono tutti che tu sia morto,
perché altrimenti dovresti spiegare molte cose... li ho sentiti gridare nel
sonno. Sembrano convinti che il doppiogiochista abbia fatto il doppio gioco
anche con loro. Voldemort è arrivato ai Potter seguendo le tue informazioni...
e Voldemort là è caduto. E non tutti i suoi sostenitori sono finiti ad Azkaban, vero? Ce ne sono ancora molti liberi, che
aspettano la loro occasione, fingendo di aver capito l'errore commesso... se
mai venissero a sapere che sei ancora vivo, Peter...»
Minus si asciugò il viso sulla manica: «Non
so... di che cosa parli... tu non puoi credere a questa... a questa follia, Remus...»
«Devo ammettere, Peter, che ho qualche
difficoltà a capire perché un uomo innocente voglia passare dodici anni da topo.»
«Innocente, ma spaventato! Se i seguaci di
Voldemort mi davano la caccia, era perché ho fatto rinchiudere ad Azkaban uno dei loro uomini migliori: la spia, SiriusBlack!»
Il volto di Black
si contorse: «Come osi? Io, la spia di Voldemort? Quando mai ho strisciato
attorno a persone più forti e potenti di me? Ma tu, Peter... non capirò mai
come ho fatto a non vedere che la spia fin dall'inizio eri tu. Ti è sempre
piaciuto avere dei grandi amici che ti proteggessero, vero? Eravamo noi... io e
Remus... e James...»
Minus si asciugò di nuovo il viso, ormai quasi
boccheggiava: «Io, una spia... devi essere impazzito... mai... non so come fai
a dire una cosa...»
Black ringhiò in tono così velenoso che Minus fece un passo indietro: «Lily e James ti hanno scelto
come Custode Segreto solo perché gliel'ho detto io. Credevo che fosse un piano
perfetto... un inganno... Voldemort avrebbe di certo dato la caccia a me, non
avrebbe mai immaginato che avessero scelto una creatura debole e ottusa come
te... dev'essere stato il momento più bello della tua
misera vita, dire a Voldemort che potevi consegnargli i Potter.»
Minus continuava a borbottare, ma quello che a
Kaito fu chiaro era la messinscena che stava mettendo su. Conosceva anche lui
quelle tattiche, era tutto un diversivo per crearsi una via di fuga, che non
aveva mai smesso di cercare con gli occhi.
Hermione intervenne timidamente: «Professor
Lupin, posso... posso dire una cosa?»
«Certo, Hermione.»
«Be'... Crosta... voglio dire, questo...
quest'uomo... sono tre anni che vive nel dormitorio di Harry. Se lavora per Lei-Sa-Chi, perché non ha mai cercato di fare del male a
Harry prima d'ora?»
«Ecco! Grazie! Vedi, Remus?
Non ho mai torto un capello a Harry! Perché dovrei?»
Black lo guardò furioso: «Te lo dico io perché! Perché
non hai mai fatto niente per nessuno se non hai il tuo tornaconto. Voldemort si
nasconde da dodici anni, dicono che sia mezzo morto. Non avevi intenzione di
commettere un assassinio proprio sotto il naso di Albus
Silente per un mago in rovina, uno che ha perso tutto il suo potere, vero?
Volevi essere sicuro che fosse il più forte di tutti prima di tornare da lui,
vero? Altrimenti perché ti saresti trovato una famiglia di maghi? Per tenere le
orecchie bene aperte, vero, Peter? Così, se il tuo vecchio protettore
riconquistava la sua forza ed era possibile riunirsi a lui...»
Minus aprì e richiuse la bocca parecchie volte.
Sembrava aver perso la parola.
Kaito scosse la testa: «Ma io invece avrei
un’altra domanda: come diavolo ha fatto a scappare dalla prigione di massima
sicurezza migliore del mondo magico?»
Minus non gli lasciò nemmeno il tempo di
rispondere: «Grazie! Proprio così! Proprio quello che...»
Ma Lupin lo zittì con uno sguardo. Black guardò Kaito appena rabbuiato, ma non come se fosse
arrabbiato con lui. Sembrava piuttosto soppesare la risposta.
«Non so come ho fatto. Immagino che l'unico
motivo per cui non sono impazzito è che sapevo di essere innocente. Non era un
bel pensiero, quindi i Dissennatori non sono riusciti a portarmelo via... ma mi
ha conservato il senno, e non ho perso me stesso... mi ha aiutato a mantenere i
miei poteri... così quando tutto è diventato... troppo... sono riuscito a trasformarmi nella mia cella... sono
diventato un cane. I Dissennatori, sapete, non ci vedono... vanno a tentoni
verso le persone captando le loro emozioni... capivano che le mie emozioni
erano meno... meno umane, meno complesse quando ero un cane... ma naturalmente
hanno pensato che stessi perdendo la testa come tutti gli altri là dentro, e
non si sono preoccupati. Ma ero debole, molto debole, e non avevo alcuna
speranza di allontanarli da me senza una bacchetta magica... ma poi ho visto
Peter in quella foto... Ho capito che era a Hogwarts con Harry... nelle
condizioni ideali per agire, se gli fosse giunta voce che il Lato Oscuro stava
riprendendo potere... pronto a colpire nel momento in cui fosse stato sicuro di
avere degli alleati... pronto a consegnare loro l'ultimo Potter. Se avesse dato
loro Harry, chi avrebbe osato dire che aveva tradito Voldemort? Sarebbe stato
riaccolto con grandi onori... quindi, vedete, dovevo fare qualcosa. Ero l'unico
a sapere che Peter era ancora vivo... era come se qualcuno mi avesse acceso un
fuoco nella testa, e i Dissennatori non potevano spegnerlo... non era una
sensazione piacevole... era un'ossessione... ma mi diede forza, mi snebbiò la
mente. Così, una sera, quando aprirono la porta della mia cella per portarmi il
cibo, scivolai alle loro spalle in forma di cane... è molto più difficile per loro
avvertire le emozioni di un animale, è difficile tanto da confonderli... io ero
magro, abbastanza magro da passare attraverso le sbarre... da cane nuotai fino
alla terraferma e da allora ho vissuto nella foresta... tranne quando sono
venuto a vedere la partita di Quidditch, naturalmente... voli bene come tuo
padre, Harry...»
Guardò Harry, che non distolse lo sguardo.
«Credimi, credimi, Harry. Non ho mai
tradito James e Lily; sarei morto piuttosto che tradirli.»
Harry rimase a fissarlo per un tempo che parve
infinito. Poi, lentamente, annuì.
«No!»
Minus era caduto in ginocchio con le mani
giunte.
«Sirius... sono
io... sono Peter... il tuo amico... tu non...»
Black gli sferrò un calcio e Minus
si ritrasse.
«I miei vestiti sono già abbastanza sporchi
senza che li tocchi tu.»
Minus si voltò verso Lupin, contorcendosi
supplichevole davanti a lui: «Remus! Tu non ci
credi... Sirius non ti avrebbe detto che avevano
cambiato programma?»
«Non se avesse pensato che fossi io la
spia, Peter. Suppongo che tu non me l'abbia detto per questo, vero, Sirius?»
«Perdonami, Remus.»
Lupin si rimboccò le maniche: «Di nulla,
Felpato, vecchio mio. E tu, in cambio, perdonerai me per aver creduto che tu
fossi la spia?»
Black ripeté il gesto dell’amico: «Ma certo! Lo
uccidiamo insieme?»
«Sì, direi di sì.»
«Voi non... voi...»
Minus strisciò di nuovo verso Ron: «Ron... non
sono stato un buon amico... un bravo animaletto? Non lascerai che mi uccidano,
Ron, vero... stai dalla mia parte, vero?»
Ma Ron lo guardò con sommo disgusto: «Ti ho
lasciato dormire nel mio letto!»
«Bravo ragazzo... bravo padrone... non
glielo permetterai... ero il tuo topo... ero un bravo animaletto...»
Black fece una smorfia di disgusto: «Se sei
stato migliore da topo che da umano, non c'è molto di cui andar fieri, Peter.»
Ron, sempre più pallido per il dolore,
trascinò la gamba rotta fuori dalla portata di Minus.
L’uomo si voltò sulle ginocchia, inciampò in avanti e afferrò l'orlo dell'abito
di Hermione.
«Dolce ragazzina... brava ragazzina...
tu... non lascerai che... aiutami...»
Hermione strappò l'abito dalla presa di Minus e arretrò contro il muro con aria orripilata.
Si voltò verso Kaito.
«Ragazzo...»
Il prestigiatore lo guardò dall’alto,
impassibile: «Hai una discreta faccia tosta a rivolgerti a me, che c’entro poco
o nulla con questa storia... mi dispiace solo che tu stia infangando con la tua
esistenza l’intelligente razza dei topi, credimi.»
Minus si chinò, tremando in maniera
incontrollabile, e voltò lentamente il capo verso Harry.
«Harry... Harry... assomigli tanto a tuo
padre... sei come lui...»
Black non ci vide più: «COME OSI RIVOLGERTI A
HARRY? COME OSI GUARDARLO? COME OSI PARLARE DI JAMES
DAVANTI A LUI?»
Minus, avanzando verso il ragazzo con le mani
tese: «Harry, Harry, James non mi avrebbe voluto morto... James avrebbe capito,
Harry... avrebbe avuto pietà di me...»
Black e Lupin fecero un passo avanti,
afferrarono Minus per le spalle e lo ributtarono a
terra. Rimase lì seduto, contorcendosi dal terrore, a guardarli.
«Tu hai venduto Lily e James a Voldemort.
Lo neghi?»
Minus scoppiò a piangere. Era orribile a
vedersi, un enorme bambino calvo rannicchiato per terra.
«Sirius, Sirius, che cosa potevo fare? Il Signore Oscuro... non
avete idea... possiede armi che non immaginate... ero spaventato, Sirius, non sono mai stato coraggioso come te e Remus e James. Non volevo che succedesse... Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato mi ha costretto...»
«NON MENTIRE! GLI PASSAVI INFORMAZIONI DA
UN ANNO QUANDO LILY E JAMES SONO MORTI! ERI LA SUA SPIA!»
«Lui... lui stava conquistando tutto! Che...
che cosa c'era da guadagnare a dirgli di no?»
Kaito si sentì assalire da un profondo
disgusto. Anche il peggiore dei ladri aveva una morale migliore di
quell’individuo.
Il volto di Black
era stravolto da un'ira terribile: «Che cosa c'era da guadagnare a combattere
il mago più malvagio che sia mai esistito? Solo vite innocenti, Peter!»
«Tu non capisci! Mi avrebbe ucciso, Sirius!»
«E ALLORA SARESTI DOVUTO MORIRE! MEGLIO
MORIRE CHE TRADIRE I TUOI AMICI! NOI PER TE LO AVREMMO FATTO!»
Black e Lupin si disposero fianco a fianco, le
bacchette levate.
Lupin scosse la testa, lentamente: «Avresti
dovuto capirlo. Se Voldemort non ti avesse ucciso, l'avremmo fatto noi. Addio,
Peter.»
Hermione si coprì il viso con le mani e si
voltò verso il muro. Kaito fece un passo avanti, come per intervenire, ma venne
anticipato da Harry, che corse davanti a Minus, di
fronte alle bacchette.
«No! Non potete ucciderlo. Non potete.»
Black e Lupin erano stupefatti.
Il ricercato rispose: «Harry, questa feccia
è il motivo per cui sei orfano. Questo viscido sudicio essere ti avrebbe
guardato morire senza battere ciglio. L'hai sentito. La sua pelle schifosa per
lui contava più di tutta la tua famiglia.»
«Lo so. Lo porteremo al castello. Lo
consegneremo ai Dissennatori. Può andare ad Azkaban...
ma non uccidetelo.»
Minus gli abbracciò le ginocchia: «Harry! Tu...
grazie... è più di quello che merito... grazie...»
Harry lo guardò sprezzante, allontanando da
sé le mani di Minus con una smorfia di disgusto: «Stammi
lontano. Non lo faccio per te. Lo faccio perché... non credo che mio padre
avrebbe voluto che loro... diventassero assassini... solo per colpa tua.»
Nessuno si mosse né fece un rumore tranne Minus, che aveva il respiro affannoso e le mani che
annaspavano sul petto. Black e Lupin si guardarono.
Poi, con un solo gesto, abbassarono le bacchette magiche.
Il ricercato sospirò: «Sei il solo ad avere
il diritto di decidere, Harry. Ma pensa... pensa a quello che ha fatto...»
«Può andare ad Azkaban.
Se c'è qualcuno che merita di stare laggiù, è proprio lui...»
Minus continuava ad ansimare alle sue spalle.
Il professore annuì: «Molto bene. Spostati,
Harry.»
Harry esitò.
«Voglio legarlo. Tutto qui, lo giuro.»
Harry si tolse di mezzo. Funi sottili
scattarono questa volta dalla bacchetta, e un attimo dopo Minus
si contorceva per terra, legato e imbavagliato.
Black puntò a sua volta la bacchetta verso l’Animagus: «Ma se ti trasformi, Peter, allora ti uccideremo.
D'accordo, Harry?»
Harry guardò la misera figura sul pavimento
e annuì in modo che Minus potesse vederlo.
Lupin tornò improvvisamente a comportarsi
da insegnante, come se nulla fosse accaduto: «Bene. Ron, io non so aggiustare
le ossa bene come Madama Chips, quindi è meglio se
per adesso ci limitiamo a immobilizzarti la gamba finché non potremo
accompagnarti in infermeria.»
Si avvicinò a Ron, si chinò, batté la gamba
rotta con la bacchetta e mormorò: «Ferula.»
Delle bende si avvolsero attorno alla gamba
di Ron, legandola stretta a una stecca. Lupin lo aiutò ad alzarsi; il ragazzo
spostò cautamente il peso sulla gamba, senza una smorfia.
«Va meglio, grazie.»
Hermione guardò Piton
lungo disteso per terra e chiese con una vocina sottile: «E il professor Piton?»
Kaito cercò di fare finta di nulla, come se
non fosse stata colpa sua.
Lupin si curvò su di lui e tastandogli il
polso: «Non ha niente di grave. È ancora privo di sensi. Kaito ha solo un
po'... sbagliato mira, ecco...»
Il prestigiatore protestò: «Ehi, un attimo!
Non sapevo nemmeno esattamente dove mi dovevo Materializzare, sono andato alla
cieca! Calcolando i miei precedenti, ringrazi già di non essere finito
direttamente sul Platano Picchiatore o su Harry, Ron ed Hermione, visto che
stavo pensando a loro... che ne sapevo che di fronte a questi “fantastici tre”
c’era il professore?»
Hermione gli picchiettò una spalla:
«Scusa... tu ti sei davvero
Smaterializzato da dentro Hogwarts???»
Kaito fece una smorfia: «Ehm... sì...
storia lunga... molto lunga...»
La ragazza sbarrò gli occhi scandalizzata:
«Ma è contro ogni regola! Su Storia di Hogwartsè scritto chiaramente che...»
Lupin sorrise amaramente: «Ne riparliamo
più tardi, va bene, Hermione? Ora pensiamo al professor Piton...
forse è meglio non rianimarlo finché non siamo al sicuro nel castello. Possiamo
portarlo così...»
Mormorò: «Mobilicorpus.»
Come se una serie di fili invisibili
fossero stati legati ai suoi polsi, al collo e alle ginocchia, Piton si rizzò in piedi, la testa ciondolante simile a
quella di una grottesca marionetta. Rimase sospeso a pochi centimetri da terra,
con i piedi che pendevano flosci. Lupin raccolse il Mantello dell'Invisibilità
e se lo infilò al sicuro in tasca.
Black diede un colpetto a Minus
con la punta del piede: «E due di noi dovrebbero incatenarsi a questo qui. Per
sicurezza.»
Lupin alzò una mano: «Ci penso io.»
Ron zoppicò in avanti rabbioso: «Anch'io.»
Kaito lo respinse indietro: «No, tu no, a
malapena stai in piedi. Se permetti ci penso io. Anche se l’idea delle manette,
a dirla tutta, non è che mi piaccia molto, ma se così dev’essere...»
Con un paio di eleganti gesti il
prestigiatore fece apparire, sotto lo sguardo stupito di Black
e Minus, due paia di manette. Presto Minus fu di nuovo in piedi, il braccio sinistro incatenato
al destro di Lupin, il destro al sinistro di Kaito, che, ripresa la propria
bacchetta, seguiva il corteo più strano di cui avesse mai fatto parte.
Grattastinchi apriva la strada giù per le scale;
seguivano Lupin, Minus e Kaito, simili a concorrenti
di una gara a tre gambe. Poi veniva il professor Piton,
aleggiando sinistramente a mezz'aria, le punte dei piedi che urtavano ogni
gradino mentre scendeva, sorretto dalla sua stessa bacchetta che Black gli puntava contro. Harry e Hermione chiudevano il
corteo, aiutando Ron che arrancava alle prese con la sua gamba rotta.
Il tunnel era decisamente piccolo e
stretto. Kaito, Lupin e Minus dovettero mettersi di
lato per passare. Il ragazzo non riusciva a stare tranquillo, non tanto per
essere in compagnia di assassini e ricercati, visto che anche lui faceva in
realtà parte della seconda categoria, ma perché aveva la netta impressione di
stare scordando qualcosa d’importante. I suoi piedi, tuttavia, continuarono ad
avanzare, un passo dopo l’altro, fino a giungere alla fine del tunnel.
Grattastinchi balzò fuori per primo ed evidentemente doveva
aver premuto il nodo del tronco, perché i rami rimasero fermi e riuscirono a
uscire tutti senza problemi.
I prati erano immersi nell'oscurità.
L'unica luce proveniva dalle lontane finestre del castello. Si avviarono senza
dire una parola. Minus continuava ad ansimare e ogni
tanto piagnucolava. Risalirono i prati in silenzio, mentre le luci del castello
si facevano sempre più grandi. E poi...
Una nuvola passò. All'improvviso sul suolo
si allungarono tenui ombre. Il gruppo fu bagnato dalla luce della luna. Fu a
quel punto che Kaito si rese conto con orrore di un minuscolo dettaglio,
probabilmente quello che gli era sfuggito fino a poco prima.
Era
piena.
E
lui era ammanettato a un Lupo Mannaro.
Con orrore il ragazzo si voltò verso il suo
insegnante. Lupin era completamente rigido, mentre braccia e gambe cominciavano
a tremare.
Alle sue spalle Hermione esclamò con il
fiato mozzo: «Oh, cielo! Questa sera Piton ha detto
di non avergli portato la pozione! Non è innocuo!»
Kaito sussurrò appena: «La prende per una
settimana e se salta un giorno non funziona? Che razza di fregatura è?»
Black esclamò: «Correte. Correte! Ora!»
Ma Kaito non poteva obbedirgli. Era
incatenato a Minus e a Lupin. I suoi sensi da ladro
gentiluomo gli stavano gridando di darsi una mossa, ma era paralizzato dal
terrore. La sua faccia da poker non era mai stata testata contro un Lupo Mannaro
e stava decisamente fallendo la prova.
Udì ancora Black
urlare qualcosa, ma l’attenzione del ragazzo era ormai tutta sulla metamorfosi
di Lupin. Con un terribile ringhio, la sua testa e il suo corpo si allungarono.
Le spalle gli si incurvarono. I peli spuntarono a vista d'occhio sul viso e
sulle mani, che si trasformarono in zampe artigliate.
Kaito sentì il sangue gelarglisi
nelle vene quando il Lupo Mannaro alzò la testa, si voltò nella sua direzione e
fece scattare le lunghe zanne. Era ovvio che rivolgesse a lui la sua
attenzione, era il più vicino. Lo guardò negli occhi, alla disperata e
insensata ricerca del professore dolce e gentile con cui aveva passato le
lezioni e due sere alla settimana per mesi interi. Vide solo un mostro assetato
di sangue.
Era la fine del Ladro della Luna Piena,
ormai ne era certo. Avrebbe passato tutte le sue prossime notti a ululare
all’astro d’argento in compagnia del suo caro professore mannaro. Ridacchiò
isterico. Perché non si muoveva? Perché non ci riusciva? Doveva muoversi, ora! Ma il suo cervello sembrava aver
perso i contatti con il resto del suo corpo, perché non riuscì a muovere un
muscolo. Istintivamente il ragazzo alzò le braccia e chiuse gli occhi per
parare il colpo.
E
poi...
E poi non accadde nulla.
Kaito riaprì gli occhi e abbassò le
braccia. Era in piedi, esattamente nella stessa posizione di poco prima, ma si
trovava di nuovo nella Stamberga Strillante. Evidentemente doveva essersi
Smaterializzato d’istinto. La tensione lo lasciò tutto d’un colpo e il ragazzo
si ritrovò seduto sul pavimento. Era salvo.
Quasi d’istinto tolse la mano dalla
manetta. Ora che non aveva più un Lupo Mannaro alle calcagna poteva ragionare
più razionalmente. Minus era scappato non appena ne
aveva avuto la possibilità, altrimenti se lo sarebbe portato dietro. A pensarci
bene, era già scappato quando Lupin si stava trasformando, perché si era
ritrovato faccia a faccia con il mostro.
Sospirò. La tentazione di rimanersene là
dentro al sicuro era forte, ma dopo pochi secondi stava già correndo per il
tunnel, con la bacchetta ben stretta in mano. Una cosa del genere l’avrebbe
fatta Peter Minus, non Kaito Kuroba. I suoi amici
erano là fuori e non poteva lasciarli a combattere da soli contro un Lupo
Mannaro.
Ebbe una tremenda sensazione di dejavù: l’anno prima gli era
toccato il Basilisco, quest’anno il Lupo Mannaro... e ogni volta li aveva
dovuti affrontare praticamente disarmato. Scosse la testa. Non si sarebbe
fermato per così poco, avrebbe affrontato il suo destino. A costo di rallentare
la bestia a colpi di carte ed Expelliarmus.
Kaito uscì dal tunnel trafelato. Cos’era
successo in sua assenza? Di Lupin non c’era traccia, ma Piton
stava ancora galleggiando a mezz’aria e Ron era a terra. Il ragazzo si
precipitò verso l’amico e cercò di rianimarlo, invano. Rabbrividì. Poi sentì le
voci di Harry e Hermione e decise di raggiungerli. Forse sarebbe potuto servire
almeno a loro. Strinse la bacchetta con tutte le sue forze mentre correva verso
il luogo che forse lo spaventava di più in tutta Hogwarts, il lago. Là vide i
suoi amici andare verso Black, che era in ginocchio
con le mani sopra la testa.
«Nooo... nooo... per favore...»
Di nuovo un brivido lo assalì. E poi un
brusio, leggero ma infido, si fece largo nelle sue orecchie. E Kaito capì.
«Dissennatori.»
Era così. Dissennatori, almeno un
centinaio, che scivolavano in una massa nera attorno al lago, verso di loro e altri
ancora ne apparivano dall'oscurità, da tutte le parti. Li stavano
accerchiando... come faceva l’ispettore Nakamori
quando cercava di prenderlo... ma lui non poteva farsi prendere. Non da lui. Non da loro. Era una questione di
principio. Era una questione di
sopravvivenza.
Harry urlò: «Hermione, pensa a qualcosa di
allegro!»
Giusto. Era il momento di agire. Sapeva
cosa fare, si era allenato per mesi.
«ExpectoPatronum!»
Dalla sua candida bacchetta apparve il suo
Patrono. Come sempre, non era ancora ben definito, sembrava quasi un Molliccio
indeciso. Ma pur sempre qualcosa in più della nebbiolina argentea che aveva
evocato Harry. Indietreggiò, avvicinandosi agli amici.
Harry continuava ad incoraggiare Hermione: «ExpectoPatronum! Hermione,
aiutami! ExpectoPatronum!»
Con un filo di voce la ragazza sussurrò: «Expecto... expecto... expecto...»
Kaito scosse la testa e si parò di fronte a
lei. Per quanto quella ragazzina fosse un genio, non potevano pretendere
all’istante da lei un incantesimo che loro stessi non riuscivano a
padroneggiare ancora dopo mesi e mesi di allenamento. E poi erano troppi.
I Dissennatori si stavano avvicinando,
ormai erano a poco più di tre metri. Formavano una muraglia, ed erano sempre
più vicini...
Kaito si rese conto che davanti ai suoi
occhi si stavano sovrapponendo due realtà: vedeva già il palco, lo striscione e
le file di sedie... ma vedeva anche le figure nere che si avvicinavano verso di
loro; sentiva gli applausi, ma anche Harry, che non smetteva un attimo di
gridare: «EXPECTO PATRONUM! EXPECTO PATRONUM!»
Kaito era infinitamente grato alla voce del
ragazzo, che sovrastava quella illusoria di sua madre e lo teneva ancorato alla
realtà. Una realtà orrenda, ma pur sempre realtà.
Un tonfo annunciò che Hermione non ce
l’aveva fatta. Kaito e Harry indietreggiarono ancora. Si ritrovarono schiena
contro schiena, ed entrambi ringraziarono di essere in due, di essere insieme,
a sostenersi a vicenda, come avevano fatto per tutto il semestre. Era come un
allenamento del giovedì sera, si ripetevano... solo che Lupin non c’era, quelli
che avevano davanti non erano una miriade di Mollicci, tutti i loro amici erano
a terra svenuti e dipendevano da loro. Giusto per non sentire addosso la
pressione.
Le ginocchia di Harry cedettero, il suo
incantesimo divenne un sussurro appena udibile, ma la sua nebbiolina argentea
resisteva. I Dissennatori si avvicinarono ancora, e davanti agli occhi di Kaito
le illusioni si sovrapposero alla realtà, i colori dei ricordi al buio del
presente.
Un Dissennatore si fermò davanti al
prestigiatore. Kaito ansimava, esausto.
«Avanti... avanti, bello, non li
toccherai... non mi fai paura.. »
Non aveva paura. Era terrorizzato. Mentiva
per farsi coraggio, cercando di mantenere la sua faccia da poker, sperando che
il vecchio consiglio paterno potesse aiutarlo anche in quella disperata
occasione.
«Sono... sono più testardo di te, sai?»
Una viscida mano morta scivolò fuori da
sotto il mantello. Fece un gesto come per spingere da parte il Patronus, ma quello resistette. Kaito riuscì a fare un
mezzo sorriso.
«Visto?»
Poteva farcela, doveva farcela. Uno per volta, li avrebbe fermati, nonostante il
nastro dei ricordi andasse avanti di fronte ai suoi occhi... suo padre era già salito sul palco... il
pubblico applaudiva... anche lì c’era un pubblico... di Dissennatori... che
lo osservava... mormorava... forse applaudivano anche loro al suo coraggio... o
deridevano la sua stupidità, una delle due...
Il Dissennatore più vicino alzò entrambe le
mani e abbassò il cappuccio.
Dove avrebbero dovuto esserci gli occhi
c'era solo pelle sottile, grigia, butterata, tesa su orbite vuote. Ma c'era la
bocca, un buco informe che si spalancava e risucchiava l'aria in un rantolo.
Kaito non seppe dire se quello che aveva davanti lo stesse spaventando più o
meno della metamorfosi di Lupin, ma in quel momento fu certo che non avrebbe
scordato mai più quella serata. Non avrebbe distolto lo sguardo, o sapeva
sarebbe stata davvero la fine. Sbarrò ancora di più gli occhi mentre il suo
Patrono svaniva, e con lui parte della sua coscienza.
Suo
padre aveva iniziato lo spettacolo...
no, non era vero, suo padre non c’era, c’era solo un mucchio di Dissennatori
pronti a baciarlo... ecco i foulard, ecco
le carte... ecco, si avvicinavano... gli
applausi... i rantolii... l’eccitazione...
il terrore... i colori... il buio... la meraviglia... la disperazione... Bravo, bravo papà!... ExpectoPatrum, doveva dirlo
ancora, doveva muoversi a far ricomparire il Patrono, prima che tutto svanisse
per sempre... le illusioni e la realtà... le
belle illusioni, che tanto lo attiravano... ma che sapeva essere meno
idilliache di quanto sembrassero... e l’orrida realtà in cui doveva agire
per rimanere vivo... per sperare di vivere ancora qualcosa di bello...
Due mani robuste e appiccicose
all'improvviso si strinsero attorno al suo collo, costringendo il suo viso a
voltarsi verso l'alto... avvertì l'alito putrido dell'essere... mentre a quel volto orrendo si sovrapponeva
quello sorridente del padre... il Dissennatore l’avrebbe baciato... suo padre l’avrebbe baciato... e non
voleva nient’altro, in fondo... solo smettere di soffrire... e rimanere con il suo papà per sempre...
All’improvvisoqualcosa fendette il suo viso e una luce
argentea, che nulla aveva a che vedere con lo spettacolo di undici anni prima,
illuminò tutto e fece svanire le illusioni.
Le mani lo lasciarono andare, le ginocchia
gli cedettero e cadde in avanti sull'erba, ancora con gli occhi sbarrati,
ancora aggrappato alla realtà, con tutte le sue forze. La luce accecante
illuminava l'erba attorno a lui... qualcosa stava respingendo i Dissennatori...
girava attorno a lui, a Harry, a Black e a
Hermione... i rantolii e i risucchi dei Dissennatori svanirono. Se ne stavano
andando... l'aria era di nuovo tiepida...
Facendo appello alle sue ultime forze,
Kaito allungò la mano verso un oggetto bianco, lo strinse e si puntellò sui
gomiti per guardare verso il lago. Qualcosa d’argenteo lo stava attraversando a
gran velocità, camminando sulle acque, per tornare verso qualcuno... una figura
nera... e un’altra... no... no... non
poteva... non poteva essere... erano solo illusioni... erano i Dissennatori che
tornavano, forse, ma non poteva... non poteva...
E svenne, ancora con gli occhi sbarrati,
ancora con quelle due parole che si ripetevano continuamente nel suo cervello,
senza sosta, ancora e ancora.
Non
poteva.
E rieccomi, finalmente! Vi ho fatto
aspettare un pochino, ma il capitolo era abbastanza lungo da farmi perdonare,
spero. Adesso finalmente ho finito un po’ di esami, quindi potrò darmi alla
scrittura e a qualche altro progettino che aspetta da mesi...
Intanto, non posso non ringraziare chi mi segue fedelmente, in
particolare i commentatori. Ne abbiamo persi alcuni per strada, ma nel scorso
capitolo c’è stato il boom di new entry! Quindi,
ringrazio i fedelissimi Elali_chan, Lunaby, darkroxas92 e mergana e i
nuovi arrivati _SayayMagicSuicune_, Crystal25396 e KING KURAMA.
Prossimo capitolo? Ovviamente la Giratempo!
Ma cosa avrà visto Kaito sull’altra riva del lago?
Si
trova in un posto strano, è tutto buio. Alza lo sguardo e riconosce la
familiare apertura verso le stelle, con le candele galleggianti spente. Sembra
essere finito al fondo del precipizio in cui cade ogni volta che sogna suo
padre.
«Quindi
c’è, un fondo...»
Cammina
un pochino, per valutarne la grandezza, poi prova ad alzare lo sguardo. Ce la
farebbe ad evadere da lì usando il rampino? Forse, ma il filo dovrebbe essere
lungo... molto, lungo...
A
un certo punto, come spinta dal vento, su quell’apertura compare la luna, piena
ed enorme al punto da occupare tutta l’apertura, la cui luce quasi lo abbaglia.
Che strano, non era mai comparsa, prima...
Istintivamente
il ragazzo alza una mano per ripararsi gli occhi, e a quel punto lo nota.
Là,
sul polso, nettamente visibile, c’è un’impronta di denti.
Sbarra
gli occhi. Cos’è successo?
E
in un attimo il flash: Minus, le manette, il
professore, la luna, la metamorfosi...
E
poi?
Poi
cos’è successo?
Perché
non lo ricorda?
Riguarda
il braccio e nota con orrore che si sta ricoprendo di pelo.
«No,
no...»
Controlla
anche l’altro, ma la situazione non cambia.
«No...»
Gli
occhi si chiudono per non fissare la luna; le mani, ora artigliate, finiscono
velocemente a tappare le sue fauci, a trattenere con tutte le sue forze un
ululato che sente nascergli in petto.
No.
Non
poteva essere stato morso.
Non
poteva essere diventato un Lupo Mannaro.
Non
poteva.
Non
poteva.
È
a quel punto che si accorge che qualcosa, nell’ombra, si sta muovendo
velocemente. Il ragazzo stringe gli occhi e riesce a distinguerli: sono i
mantelli neri dei Dissennatori, solo i mantelli,
senza i proprietari. Gli stanno girando attorno. Lo stanno accerchiando.
Il
ragazzo inizia a scappare. A due, a quattro zampe, a questo punto non ha più
importanza. La cosa fondamentale è solo sfuggire alle loro grinfie.
Un
mantello gli sbarra la strada, il ragazzo inchioda di colpo, ma prima che possa
voltarsi un altro mantello alle sue spalle lo agguanta al collo. Cerca di levarselo
in ogni modo, sfilandolo, strappandolo, mordendolo persino, ma quello non molla
la presa. Lo stringe, lo soffoca, gli toglie il respiro con quell’odore rancido
che gli riempie le narici. E cerca di alzare il cappuccio. Il ragazzo lotta con
tutte le sue forze, a lungo, ma alla fine il mantello vince.
Il
cappuccio nero cala sui suoi occhi.
La
paura scompare.
Tutto
scompare.
Rimane
solo il buio, il freddo e un gran vuoto nell’anima.
E
la fame...
...fame
di felicità altrui...
E
l’eco di un ultimo pensiero.
Non
poteva.
«NOOOOOOOOO!!!»
Kaito si risvegliò, trafelato. Impiegò
qualche secondo a riconoscere i colori intorno a sé. Guardò la luna piena alla
finestra, poi prese a tastarsi la testa, le braccia, le gambe. Niente pelo.
Niente mantello. Non era un Lupo Mannaro. Non era un Dissennatore. Era Kaito
Kuroba. Era ancora lui. Era salvo.
Si concesse un profondo sospiro di
sollievo. Era stata indubbiamente una nottata pesante e non vedeva solo l’ora
di poter dormire, possibilmente un sonno senza incubi.
«Kaito?»
Il ragazzo si voltò. Era in infermeria e
nel letto affianco al suo c’era Hermione, che lo guardava preoccupata. Poco più
in là c’erano anche Harry e Ron.
«Tutto a posto?»
«S-sì, certo...»
Era certo che il sudore sul suo volto lo
stesse contraddicendo in pieno, ma in quel momento non gli importava molto
della sua faccia da poker. I ricordi della serata gli scorrevano veloci davanti
agli occhi, come se qualcuno avesse premuto il tasto dello avanzamento veloce.
Lupin. La mappa. La Smaterializzazione. Piton.
La Stamberga Strillante. SiriusBlack.
Crosta, anzi, Peter Minus. La luna. Il lupo. La
corsa. Il lago. I Dissennatori. I Patronus.
E...
Harry fece segno di fare silenzio. Fuori
dalla porta socchiusa dell’infermeria si sentivano alcune voci. Una era sconosciuta
a Kaito, ma l’altra era indubbiamente quella di Piton.
«Quello
che mi stupisce di più è il comportamento dei Dissennatori...
davvero non ha idea di cosa li abbia costretti a ritirarsi, Piton?»
«No,
Ministro... quando sono arrivato stavano già tornando alle loro postazioni
vicino agli ingressi...»
«Straordinario.
E Black, e Harry, e i ragazzi...»
«Quando li ho raggiunti erano tutti
svenuti. Ho legato e imbavagliato Black,
naturalmente, ho fatto apparire delle barelle e li ho riportati subito al castello.
Potter, Weasley e Granger erano vittima di un incantesimo Confundus molto ben eseguito, Black è riuscito persino a farmeli rivoltare contro benché
fosse evidente che ero lì per aiutarli... non ho idea invece della presenza di
Kuroba al lago. Conoscendolo, è possibile che abbia visto gli amici in pericolo
dalle finestre del castello e sia corso fuori nel tentativo di aiutarli... i
Grifondoro sono fatti così, agiscono prima di pensare alle conseguenze...»
In quel momento Madama Chips
percorse a rapidi passi la corsia buia fino al letto di Harry, che si voltò a
guardarla. Portava il più grosso pezzo di cioccolato che avessero mai visto.
Sembrava un piccolo macigno.
«Ah, siete svegli!»
Posò il cioccolato sul comodino di Harry e
prese a farlo a pezzi con un martelletto.
Harry e Hermione chiesero in coro: «Come
sta Ron?»
Madama Chips
rispose, cupa: «Ce la farà. Quanto a voi tre... resterete qui finché non avrò
deciso che... Potter, che cosa credi di fare?»
Harry si era seduto, si era rimesso gli
occhiali e aveva afferrato la bacchetta.
«Devo vedere il Preside.»
Madama Chips cercò
di calmarlo con tono suadente: «Potter, va tutto bene. Hanno preso Black. È rinchiuso di sopra. I Dissennatori
eseguiranno il Bacio da un momento all'altro...»
«CHE COSA?»
Harry balzò fuori dal letto. Hermione lo
seguì e anche Kaito si tolse il lenzuolo che lo copriva, ma il grido del
ragazzo era echeggiato nel corridoio. Un attimo dopo, entrarono Piton e l’uomo
sconosciuto, che subito si rivolse ad Harry come se fossero vecchi amici.
«Harry, Harry, che cosa c'è? Dovresti
essere a letto... ha preso del cioccolato?»
Il ragazzo iniziò a parlare con ansia,
senza quasi prendere fiato: «Ministro, mi ascolti! SiriusBlack è innocente! Peter Minus
ha solo fatto finta di morire! L'abbiamo visto stanotte! Non può permettere che
i Dissennatori facciano quella cosa a Sirius, lui è...»
Ma l’uomo scosse la testa con un piccolo
sorriso: «Harry, Harry, sei molto confuso, hai vissuto un'esperienza terribile,
ora sdraiati di nuovo, è tutto sotto controllo...»
«NO! AVETE PRESO L'UOMO SBAGLIATO!»
Hermione intervenne fissando l’uomo con
aria supplichevole: «Ministro, ci ascolti, la prego. L'ho visto anch'io, era il
topo di Ron, è un Animagus, Minus,
voglio dire, e...»
Piton intervenne: «Cosa le dicevo,
Ministro? Sono Confusi, tutti e due... Black ha fatto
proprio un bel lavoro...»
Harry ruggì: «NON SIAMO CONFUSI!»
Madama Chips
l’interruppe con aria furiosa: «Ministro! Professore! Devo insistere perché ve
ne andiate. Potter è un mio paziente, e non deve essere disturbato!»
«Macché disturbato, sto cercando di
spiegargli che cosa è successo! Se solo mi ascoltassero...»
Ma Madama Chips
gli ficcò a tradimento un grosso pezzo di cioccolato in bocca. Harry quasi
soffocò, e lei ne approfittò per costringerlo a tornare a letto.
«Ora, la prego, Ministro, questi ragazzi hanno bisogno di cure. Per
favore, andate via...»
La porta si aprì di nuovo. Era Silente.
Harry inghiottì a fatica il boccone di cioccolato e si alzò di nuovo.
«Professor Silente, SiriusBlack...»
Madama Chips alzò
gli occhi al cielo con aria esasperata: «Per l'amor del cielo! Questa è
un'infermeria o che cosa? Preside, devo insistere...»
Silente ribatté con tutta la calma del
mondo: «Le mie scuse, Chips, ma ho bisogno di
scambiare due parole con il signor Potter, la signorina Granger e il signor
Kuroba. Ho appena parlato con SiriusBlack...»
Piton sibilò: «Suppongo che le abbia
raccontato la stessa favola che ha ficcato in testa a Potter. Qualcosa a
proposito di un topo, e di Minus che sarebbe vivo...»
«In effetti, è proprio questa la versione
di Black.»
«E la mia testimonianza non conta niente? Peter
Minus non era nella Stamberga Strillante, e non c'era
traccia di lui nel parco.»
Hermione intervenne: «Perché lei era privo
di sensi, professore! Non è arrivato in tempo per sentire...»
«Signorina Granger, FRENI QUELLA LINGUA!»
Hermione si zittì di colpo e Kaito non
seppe dire se lo fece a causa dell’autorità dell’insegnante o se perché
sconvolta dal tono con cui le era stato ordinato.
Il Ministro, di qualunque cosa fosse, cercò
di sedare gli animi: «Avanti, Piton, la signorina è sconvolta, dobbiamo essere
pazienti...»
Silente ripeté in tono brusco: «Vorrei
parlare con Harry, Hermione e Kaito da solo. Cornelius,
Severus, Chips, per favore,
lasciateci soli.»
L’infermiera farfugliò: «Preside! Hanno
bisogno di cure e di riposo...»
«Non possiamo aspettare. Devo insistere».
Madama Chips,
imbronciata, si diresse verso il suo ufficio all'altro capo della corsia e
sbatté la porta. Il Ministro consultò il grosso orologio d'oro appeso al
panciotto.
«I Dissennatori
dovrebbero essere arrivati. Andrò loro incontro. Silente, ci
vediamo di sopra.»
Raggiunse la porta e la tenne aperta per
Piton, ma lui non si mosse.
«Spero che non creda a una parola della
storia di Black, vero?»
Silente ripeté per la terza volta: «Vorrei
parlare con Harry, Hermione e Kaito da solo.»
Piton fece un passo verso di lui.
«SiriusBlack ha dimostrato di essere capace di uccidere a sedici
anni. Non se l'è dimenticato, Preside, vero? Non ha dimenticato che una volta
ha tentato di uccidere me?»
«La mia memoria è buona come sempre, Severus.»
Piton girò sui tacchi e oltrepassò la porta
che il Ministro teneva ancora aperta per lui e che si chiuse alle loro spalle.
Silente si voltò verso i ragazzi. Harry e Hermione presero a parlare nello
stesso momento.
«Professore, Black
dice la verità... abbiamo visto Minus...»
«...è fuggito quando il professor Lupin si
è trasformato in un Lupo Mannaro...»
«...è un topo...»
«...la zampa davanti, voglio dire, il dito,
se l'è tagliato via...»
«...Minus ha
aggredito Ron, non è stato Sirius...»
«... e tu, Kaito, perché te ne sei stato
zitto?»
«Perché pensano che io nella Stamberga
Strillante non ci sia mai entrato!»
«Ma forse il tuo intervento poteva salvare Sirius!»
«Oh certo, non credono alle parole di voi
due perché pensano siate sotto incantesimo, ma cambiano idea nel sentire me dire le stesse cose... dai, Piton
aveva una storia più credibile della nostra, inutile stare a discutere!»
Ma Silente alzò la mano per bloccare la
raffica di spiegazioni e litigate.
«Ora tocca a voi ascoltare, e vi prego di
non interrompermi, perché abbiamo pochissimo tempo. Kaito ha ragione, non c'è
uno straccio di prova a sostegno della storia di Black,
eccetto la vostra parola... e la parola di due maghi di tredici anni e di uno
di diciassette non convincerà nessuno. Tantissimi testimoni, una strada intera,
hanno giurato di aver visto Sirius uccidere Minus. Io stesso ho fornito al Ministero la prova che Sirius era il Custode Segreto dei Potter.»
Harry esclamò, senza riuscire a
trattenersi: «Il professor Lupin può dirle...»
«Il professor Lupin al momento è nel cuore
della foresta e non può dire niente a nessuno. Quando sarà tornato umano, sarà
troppo tardi, Sirius sarà peggio che morto. Devo aggiungere
che i Lupi Mannari godono di una così scarsa fiducia presso gran parte di noi
che il suo sostegno conterà pochissimo... e il fatto che lui e Sirius siano vecchi amici...»
«Ma...»
«Ascoltami,
Harry. È troppo tardi, mi capisci? Devi ammettere che la versione del
professor Piton è molto più convincente della vostra.»
Hermione singhiozzò disperata: «Lui odia Sirius. E tutto per qualche stupido scherzo che Sirius gli ha fatto...»
«Sirius non si è
comportato come una persona innocente. Ha aggredito la Signora Grassa, è
entrato nella Torre di Grifondoro armato di pugnale... senza Minus, vivo o morto, non abbiamo alcuna possibilità di
modificare la sorte di Sirius.»
Kaito guardò serio il preside negli occhi: «Ma lei crede a noi, o non starebbe qui a
perdere tempo per discuterne.»
Silente sussurrò: «Sì, ma non ho il potere
di costringere gli altri a vedere la verità, o di scavalcare il Ministero della
Magia...»
Il prestigiatore si chiese dove il preside
volesse andare a parare con quel discorso, soprattutto quando l’uomo concentrò
la sua attenzione su Hermione.
«Quello che ci occorre, è più tempo.»
Harry fece una smorfia: «Ma come...»
Hermione invece sgranò gli occhi, come se
avesse compreso tutto: «OH!»
Il Preside abbassò ulteriormente la voce e
scandì bene le parole: «Ora, attenzione: Sirius è
chiuso nell'ufficio del professor Vitious al settimo
piano. La tredicesima finestra a destra della Torre Ovest. Se tutto va bene,
riuscirete a salvare più di una vita innocente stanotte. Ma ricordate tutti e tre
che non dovete farvi vedere. Signorina
Granger, tu conosci la legge... sai qual è la posta in gioco... non-dovete-farvi-vedere.»
Harry e Kaito non avevano idea di che cosa
stesse succedendo. Silente si voltò e guardò verso di loro mentre si avviava
verso la porta.
«Vi chiuderò dentro. Ora...»
Si fermò a consultare l'orologio: «... è
mezzanotte meno cinque. Signorina Granger, tre giri dovrebbero bastare. Buona
fortuna.»
Mentre la porta si chiudeva dietro Silente,
Harry sembrò andare nel panico: «Buona fortuna? Tre giri? Di che cosa sta
parlando? Che cosa dovremmo fare?»
Ma Hermione non gli rispose, troppo
occupata a trafficare con il colletto dell'abito, da cui estrasse una catena
d'oro molto lunga e sottile.
«Harry, Kaito, venite qui, presto!»
I ragazzi avanzarono verso di lei,
perplessi. Hermione teneva la catena tesa davanti a sé, da cui penzolava una
piccola clessidra scintillante.
«State fermi...»
Hermione passò la catena anche attorno al loro
collo, e Kaito si chiese come facesse ad essere così lunga senza che desse
problemi ad indossarla. Probabilmente era truccata anche quella.
«Siete pronti?»
Kaito ridacchiò: «Se sapessi per cosa
sarebbe più facile risponderti di sì...»
Harry era completamente smarrito «Che cosa
succede?»
Ma invece che rispondere, Hermione fece
girare la clessidra tre volte.
Il mondo intorno a loro cambiò.
Il buio si dissolse. Kaito pensò per un
secondo di essere stato caricato su un razzo diretto all’indietro a una
velocità assurda. Come se stesse guardando da un finestrino, infatti, un turbine
velocissimo di colori e forme gli sfrecciò accanto, mentre le orecchie gli
pulsavano in modo fastidioso, proprio come se avessero appena cercato di
abbattere la barriera del suono.
E quando stava per urlare il nome di
Hermione per chiederle qualcosa, tutto finì.
Il prestigiatore si guardò stupefatto
intorno. Era nella Sala d'Ingresso, ancora legato a Harry e Hermione, e per un
attimo si chiese se per errore non si fosse di nuovo Smaterializzato portandoli
con sé.
Harry non tolse gli occhi da Hermione, stupefatto:
«Hermione, che cosa...?»
Ma la ragazza non gli rispose, limitandosi
ad afferrare entrambi i ragazzi per un braccio e a trascinarli verso la porta
di un armadio per le scope.
Kaito, completamente paonazzo in volto,
protestò: «Ferma, ferma, mi stai soffocando! Togli ‘sta cosa dai nostri colli!»
Hermione li spinse dentro tra secchi e
stracci, poi chiuse bruscamente la porta alle loro spalle e solo allora si
decise a sfilare la catena.
Il prestigiatore cercò di riprendere fiato,
mentre Harry tempestava l’amica di domande.
«Cosa... come... Hermione, che cosa è
successo?»
«Siamo tornati indietro nel tempo. Di tre
ore...»
Kaito si lasciò sfuggire un urlo: «CHE???»
Ma Hermione gli mise una mano sulla bocca: «Sst! Ascolta! Viene qualcuno! Credo... credo che potremmo
essere noi!»
Harry era sempre più confuso: «Ma noi siamo
qui e...»
Senza troppi complimenti la ragazza mise l’altra
mano sulla bocca anche a lui, mentre cercava di tenere l'orecchio il più
possibile appoggiato alla porta dell'armadio:«Dei passi nell'ingresso... sì, siamo noi che andiamo da Hagrid!»
Kaito iniziava ad afferrare qualcosa di
quel discorso, mentre Hermione continuava: «Sono sicura che siamo noi... non
sembra che siano più di tre persone... e camminiamo piano perché siamo sotto il
Mantello dell'Invisibilità...»
Tacque, restando in ascolto.
«Siamo scesi per i gradini... ok...»
Solo a quel punto si decise a lasciare
andare gli amici e a sedersi su un secchio rovesciato con aria molto
preoccupata.
Harry la guardò meravigliato: «Dove hai preso quella clessidra?»
«È una GiraTempo e
me l'ha data la professoressa McGranitt il primo giorno di scuola quest'anno. È
da allora che la uso per riuscire a frequentare tutte le lezioni. La
professoressa McGranitt mi ha fatto giurare di non dirlo a nessuno. Ha dovuto
scrivere un sacco di lettere al Ministero della Magia per farmene avere una. Ha
dovuto spiegare che sono una studentessa modello, e che non l'avrei mai usata
assolutamente per altro se non per lo studio... La giro e ho delle ore in più,
è così che riesco a seguire tante lezioni contemporaneamente, capito?»
Kaito ridacchiò: «In pratica hai la
macchina di Ritorno al futuro appesa al collo... comodo, almeno così non ci
sono problemi di parcheggio! Mi sto abituando troppo a questo mondo, non riesco
quasi più a stupirmi di nulla...»
Hermione gli sorrise tristemente, per poi
riprendere a parlare: «Ma... non
capisco che cosa Silente vuole che facciamo. Perché ci ha detto di
tornare indietro di tre ore? Come possiamo aiutare Sirius?»
Il prestigiatore sospirò: «Più o meno a
quest'ora dev'essere successo qualcosa che vuole che
cambiamo... io ero con Fred, George e Sheridan a chiacchierare, mentre voi...»
Harry rispose: «... noi tre ore fa stavamo
andando da Hagrid...»
La ragazza specificò: «Adessosono tre ore fa, e noi stiamoandando da Hagrid! Ci siamo appena
sentiti passare...»
I ragazzi si guardarono perplessi, poi
decisero di lasciare perdere i casini temporali e di concentrarsi su cosa
dovessero fare.
Harry aggrottò la fronte, quasi come se si
stesse strizzando il cervello per capire: «Silente ha detto solo... ha detto
solo che potevamo salvare più di una vita innocente... ma certo! Dobbiamo
salvare Fierobecco!»
«Chi?»
Hermione ignorò la domanda: «Ma... servirà
a Sirius?»
«Silente ha detto... ci ha detto qual è la
finestra... la finestra dello studio di Vitious! Dove
tengono chiuso Black! Dobbiamo far volare Fierobecco fino alla finestra e salvare Sirius!
Sirius può fuggire con Fierobecco...
possono fuggire insieme!»
Kaito rifletté ad alta voce: «Se qualunque
cosa sia questo “Fierobecco” può volare, le
possibilità di evasione aumentano considerevolmente...»
Hermione sembrava terrorizzata: «Se ci
riusciamo senza farci vedere sarà un miracolo!»
Il ragazzo più grande sospirò: «E se non
facciamo nulla sarà un disastro. Dai, cosa ci vorrà? In fondo siamo tutti dei
maghi, no?»
La ragazza alzò un sopracciglio: «Anche
tutti quelli che dobbiamo affrontare lo sono, e più esperti di noi...»
Harry sospirò avvicinandosi alla porta:
«Be', dobbiamo provare, no?»
Ma non appena toccò la maniglia, voci
concitate iniziarono a sentirsi nel corridoio.
Il bidello continuò il suo discorso con
l’inseparabile MrsPurr:
«Te l’assicuro, avrò pulito meno di dieci minuti fa, e non ho visto nessuno
passare dal mio ufficio...»
I tre ragazzi si guardarono preoccupati,
mentre Gazza continuava: «Ah, ma lo so io chi è stato, sicuramente è colpa dei
gemelli Weasley... e chi sennò? Ah, ma non mi fregano una seconda volta, ora
piantono la zona e vedrai che li colgo sul fatto, MrsPurr...»
Hermione aveva gli occhi sbarrati come non
mai: «E ora? Non possiamo aspettare troppo!»
Kaito sospirò. L’idea non gli piaceva
neanche un po’, ma non vide altra scelta.
«Datemi le mani. Non vi assicuro nulla
sulla destinazione, ma dovrei essere in grado di portarci almeno fuori di qui.»
Harry obbedì, ma la ragazza protestò:
«Kaito, dovresti saperlo, è impossibile Smaterializzarsi den...»
Ma come aveva fatto lei poco prima, il
prestigiatore la ignorò, le afferrò la mano e chiuse gli occhi,
concentratissimo. Non aveva molto spazio per girarsi, là dentro, e aveva due
persone con sé. Doveva portarli vicino a casa di Hagrid, per ripercorrere gli
eventi della serata... prima che cominciasse tutto...
Un forte schiocco e lo stanzino fu vuoto.
«... tro le mura
di Hogwarts!»
Harry lasciò la mano di Kaito e barcollò un
po’ scombussolato. Ci mise un pochino a capire di non essere più dov’erano fino
a pochi secondi prima. Si trovavano in una radura, al di sotto di...
Si voltò verso Hermione, che con gli occhi
sbarrati ancora più di prima si stava dando un pizzicotto: «Non... non ci
credo...»
Harry gridò: «Spostiamoci! Siamo proprio
sotto il Platano Picchiatore!»
La ragazza a quel urlo sembrò riprendersi:
«Giusto! Kaito...»
Ma il ragazzo non poteva risponderle. Era
inginocchiato a terra, con in volto un colorito terreo e sembrava respirare a
fatica, con un fiatone da fare invidia a un corridore dopo il record mondiale
di maratona.
«Kaito!»
Il prestigiatore non aveva fiato a
sufficienza per rispondere e Harry lo prese per un braccio: «Hermione, aiutami
a portarlo via! È pericoloso rimanere qui!»
Il ragazzo non ebbe altra scelta che farsi
trascinare come un pacco postale. Non aveva capito bene cosa fosse successo, ma
non si era mai sentito così esausto in vita sua. Forse aveva preteso troppo da
se stesso, dopotutto non aveva mai provato a Smaterializzare tre persone, e non
si era ancora ripreso del tutto dall’incontro con quei Dissennatori.
Harry e Hermione riuscirono quasi
miracolosamente a trascinarlo via e a ripararsi indenni dietro un albero della
Foresta Proibita. Solo a quel punto Kaito riuscì, a fatica, a spiccicare
qualche parola.
«Gr...azie...»
Harry gli porse una Cioccorana:
«Di nulla. Prova con questa, magari è come con i Dissennatori...»
Il prestigiatore annuì e si mise la
cioccolata in bocca, cercando di non soffocarsi. Lentamente il suo respiro si
calmò, il volto riprese colore e dopo qualche minuto il ragazzo si rimise in
piedi.
«Scusatemi, non avevo mai provato a
Smaterializzare così tante persone.»
Hermione provò a dire qualcosa, ma Kaito la
zittì subito: «Dobbiamo subito correre a casa di Hagrid, o non faremo in tempo.
Una volta lì parleremo di tutto, ok?»
Harry annuì e iniziò ad avviarsi, seguito
dagli altri.
Si addentrarono in silenzio fra gli alberi,
tenendosi ai bordi della foresta per non farsi vedere. Poi, di fronte alla
capanna di Hagrid, si sporsero appena per spiare. L’omone, bianco e tremante, stava
chiudendo in fretta la porta.
Hermione fece un profondo sospiro di
sollievo: «Appena in tempo!»
Harry aveva una faccia a metà fra il
divertito e lo sconvolto: «È la cosa più strana che ci sia mai successa.»
La ragazza mormorò: «Spostiamoci, dobbiamo
avvicinarci di più a Fierobecco.»
Gli amici strisciarono fra gli alberi
finché non giunsero in vista di quello che doveva essere l'Ippogrifo, legato a
un albero nell'orto di zucche di Hagrid.
Aveva il corpo, le zampe posteriori e la
coda da cavallo, le zampe anteriori, le ali e la testa di aquila gigante, becco
feroce color dell'acciaio e grandi occhi di un arancione squillante. Gli
artigli sulle zampe davanti erano lunghi più di quindici centimetri e avevano
l'aria letale. Per di più l’essere scalpitava, nervoso.
Kaito ridacchiò: «Carino, Fierobecco!»
Hermione gli spiegò: «È un Ippogrifo.»
Il prestigiatore rispose ironicamente: «Ora
che lo so mi sento molto meglio...»
Harry sussurrò: «Vado ora?»
Hermione esclamò: «No! Se lo portiamo via
adesso, quelli del Comitato penseranno che sia stato Hagrid a liberarlo!
Dobbiamo aspettare finché non avranno visto che è legato fuori!»
«Ci resteranno non più di sessanta secondi,
è quasi impossibile!»
Kaito propose: «Se volete lo faccio io.
Penso di poterci riuscire.»
Harry scosse la testa: «No, non sai come
trattare un Ippogrifo, e quelli non scherzano se non gli vai a genio. E poi,
secondo Hagrid, io sto simpatico a Fierobecco...»
In quel momento, dall'interno della capanna
provenne un fragore di porcellana in frantumi.
Hermione sussurrò in un soffio:«È Hagrid che rompe il bricco del latte...
fra un attimo troverò Crosta...»
E infatti qualche minuto dopo sentirono lo
strillo sorpreso di Hermione.
Harry all'improvviso disse agitato: «E
se... se corriamo là dentro, prendiamo Minus...»
Hermione rispose in un sussurro
terrorizzato: «No! Non capisci? Stiamo infrangendo una delle leggi magiche più
importanti! Nessuno dovrebbe cambiare il tempo, nessuno! Hai sentito Silente,
se ci vedono...»
«Ma ci vedrebbero solo Hagrid e gli altri
tre, insomma, noi stessi!»
«Harry, che cosa pensi che faresti se
vedessi entrare te stesso in casa di Hagrid?»
«Credo... che penserei di essere
impazzito... o che è in atto una Magia Oscura...»
«Proprio
così! Non capiresti, e forse attaccheresti te stesso! Non capisci? La
professoressa McGranitt mi ha raccontato le cose orribili che sono successe
quando i maghi hanno interferito col tempo... tantissimi hanno finito per
uccidere i loro sé passati o futuri per errore!»
Kaito intervenne: «E se invece lo facessi
io? Non sono con voi là dentro, posso inventarmi una storia qualunque e non
dovrei rischiare poi molto...»
Ma Hermione gli fece un cenno e indicò il
castello. Silente, il Ministro e altre due persone stavano scendendo i gradini.
«È troppo tardi. E fra poco usciremo!»
E in effetti, qualche istante dopo, la
porta sul retro della capanna di Hagrid si aprì, e Harry, Ron e Hermione
uscirono con Hagrid.
Hagrid si avvicinò all’Ippogrifo: «Va tutto
bene, Becco, tutto bene...»
Poi si voltò verso Harry, Ron e Hermione:
«Andate. Andate.»
«Hagrid, non possiamo...»
«Diremo loro che cosa è successo
veramente...»
«Non possono ucciderlo...»
«Andate! È già abbastanza brutto senza che
finite tutti nei guai!»
Hermione, quella nell'orto delle zucche,
gettò il Mantello dell'Invisibilità addosso
a sé e a Ron.
«Andate, svelti. Non dovete sentire...»
Qualcuno bussò alla porta davanti. Il
drappello d'esecuzione era arrivato. Hagrid si voltò e tornò nella capanna,
lasciando socchiusa la porta sul retro. L'erba si appiattì a tratti attorno
alla casupola e si udirono tre paia di piedi che si allontanavano. Harry, Ron e
Hermione se n'erano andati.
Kaito aguzzò l’orecchio. Le voci
provenienti dall’interno della capanna erano ovattate, ma ancora
sufficientemente chiare.
«Dov'è la bestia?»
Hagrid mormorò: «Fuo...
fuori»
Il trio si nascose mentre un volto appariva
alla finestra di Hagrid e guardava Fierobecco. Poi
udirono il Ministro.
«Noi... ehm... dobbiamo leggerti l'avviso
di esecuzione, Hagrid. Farò in fretta. E poi tu e Macnair
dovrete firmarlo. Macnair, anche lei deve ascoltare,
è la procedura...»
Il volto dell’uomo chiamato Macnair sparì dalla finestra.
Kaito sussurrò a Harry: «Vai. Ora o mai più.»
Mentre il Ministro ricominciava a parlare,
Harry scattò da dietro l'albero, saltò la staccionata in un balzo, atterrò
nell'orto delle zucche e si avvicinò a Fierobecco.
«È
stato stabilito dal Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose che
l'esecuzione dell'Ippogrifo Fierobecco, d'ora in poi
definito il condannato, abbia luogo il sei giugno al calar del sole...»
Kaito osservò Harry che, attento a non
abbassare le palpebre, incrociò l'orgoglioso sguardo arancione di Fierobecco e s'inchinò. Non ebbe il tempo di chiedersi
perché il ragazzo stesse perdendo tempo in salamelecchi che l’Ippogrifo cadde a
sua volta sulle ginocchia squamose e poi si rialzò. Solo a quel punto Harry
prese a trafficare con la corda che legava l’animale alla staccionata.
«...condannato
a morte per decapitazione. La sentenza verrà eseguita dal boia nominato dal Comitato
stesso. WaldenMacnair davanti
ai testimoni. Hagrid, firma qui...»
Harry tirò la corda con tutte le sue forze,
ma Fierobecco aveva puntato le zampe davanti.
Una voce acuta dall’interno della casupola
disse: «Be', facciamola finita. Hagrid, forse sarebbe meglio se restassi
qui...»
«No, io... io voglio stare con lui... non
voglio che da solo...»
Un suono di passi echeggiò dentro la
capanna.
Harry iniziò a strattonare la corda attorno
al collo dell'Ippogrifo, che prese a camminare, agitando le ali irritato. Erano
ancora a tre metri dalla foresta, in piena vista dalla porta sul retro.
Silente esclamò di colpo: «Un momento,
prego, Macnair. Deve firmare anche lei.»
I passi si arrestarono. Kaito e Hermione
sospirarono di sollievo, mentre Harry tirò ancora la corda. Fierobecco
fece schioccare il becco e avanzò un po' più velocemente.
Silente continuava a parlare dentro la
capanna. Il ragazzo diede un altro strattone alla corda. L’Ippogrifo ruppe in
un trotto riottoso. Ormai erano vicino agli alberi...
Kaito e Hermione scattarono da dietro
l'albero, afferrando a loro volta la corda e tirando con Harry per costringere Fierobecco a muoversi più in fretta.
«Presto! Presto!»
Dopo un metro di faticosa tirata, i ragazzi
guardarono indietro: ora era impossibile vederli da casa di Hagrid; il giardino
del guardiacaccia non si vedeva più.
«Zitti, ora...»
La porta sul retro si era aperta con un
tonfo. Harry, Hermione, Kaito e Fierobecco rimasero
immobili; anche l'Ippogrifo sembrava in ascolto.
Silenzio... e poi...
«Dov'è? Dov'è la bestia?»
«Era legata laggiù! L'ho vista! Era lì!»
Silente, con una nota divertita nella voce,
commentò: «Che cosa straordinaria.»
Hagrid borbottò: «Becco!»
Si udì un sibilo e il colpo di un'ascia. A
quanto pareva, il boia l'aveva scagliata con rabbia contro la staccionata. E
poi venne un ululato, così forte che per un attimo Kaito temette che Lupin
avesse anticipato la trasformazione. Ma era solo Hagrid, che fra i singhiozzi
ripeteva: «È scappato! È scappato! Benedetto il suo beccuccio, è scappato! Deve essersi liberato!
Becco, bravo ragazzo!»
Fierobecco cominciò a tirare la corda, deciso a
tornare da Hagrid. I ragazzi rafforzarono la presa puntando i piedi per terra
per cercare di trattenerlo.
«Qualcuno l'ha slegato! Dobbiamo frugare il
parco, la foresta...»
Silente, dalla voce, sembrava ancora più
divertito: «Macnair, se Fierobecco
è stato davvero portato via da qualcuno, crede che il ladro sia partito a
piedi? Semmai frughi i cieli, se vuole... Hagrid, mi andrebbe una tazza di tè.
O un bel bicchiere di brandy.»
Il guardiacaccia, invece, sembrava esausto
dalla felicità: «Na... naturale, professore! Entri,
entri...»
Passi, imprecazioni del boia, lo scattare
della porta, e poi di nuovo silenzio.
A quel punto i tre ragazzi si concessero
l’ennesimo, profondo sospiro di sollievo.
Kaito sorride: «E bravo Harry, a quanto
pare hai talento come ladro... o sequestratore, dipende dai punti di vista.»
Il ragazzo gli rispose con un mezzo
sorriso, per poi riassumere un’espressione preoccupata: «E adesso che si fa?»
Hermione rispose: «Dobbiamo restare qui
nascosti e aspettare finché non tornano al castello. Poi aspettiamo il momento
giusto per far volare Fierobecco fino alla finestra
di Sirius. Mancano almeno un paio d'ore... oh... sarà
difficile...»
La ragazza gettò uno sguardo nervoso oltre
la propria spalla, verso il cuore della foresta. Il sole stava tramontando.
Harry decise: «Dobbiamo spostarci. Dovremo
riuscire a vedere il Platano, altrimenti non sapremo che cosa succede.»
Hermione convenne: «D'accordo, ma dobbiamo
fare in modo che non ci vedano, ricordatevelo...»
Kaito intervenne: «Harry, non hai più quel
mantello?»
Il ragazzo scosse la testa: «No, l’ha preso
Piton e temo che nella confusione sia rimasto nella Stamberga Strillante. E
comunque Fierobecco non ci entrerebbe.»
«Giusto. Bè, non
ci rimane che essere particolarmente bravi a giocare a nascondino.»
Avanzarono lungo il limitare della foresta,
ritornando verso il punto dove si erano Materializzati, mentre l'oscurità
s'infittiva attorno a loro. Kaito era abituato ad agire nell’ombra per i suoi
furti, ma dovette ammettere che anche Harry e Hermione non se la cavavano male,
calcolando l’enorme Ippogrifo che erano costretti a trascinarsi dietro. Si
nascosero dietro un ciuffo di alberi attraverso i quali si distingueva
chiaramente il Platano.
Harry esclamò all'improvviso: «Ecco Ron!»
Una sagoma scura sfrecciò attraverso il
prato e il suo grido echeggiò nell'aria immobile della sera.
«Vai via... vai via... Crosta, vieni qui...»
Altre due figure si materializzarono dal
nulla. Harry e Hermione rincorsero Ron, che si tuffò sul terreno.
«Preso!
Vattene via, gattaccio puzzolente...»
La grossa sagoma di un cane era spuntata
dalle radici del Platano. Lo videro far cadere Harry, poi afferrare Ron...
Harry diede una gomitata a Kaito: «Quello è
Sirius.»
Kaito alzò un sopracciglio: «Accidenti, è
davvero enorme come Animagus! E non vi sta certo
trattando con i guanti di velluto...»
Il ragazzo con la cicatrice annuì, osservando
il cane che spingeva Ron tra le radici: «Già... visto da qui sembra ancora
peggio, vero? Ahia... guarda, l'albero mi ha appena colpito... e anche te,
Hermione... è strano...»
Il Platano scricchiolava e assestava
frustate con i rami più bassi; si videro sfrecciare da tutte le parti, nel
tentativo di raggiungere il tronco. E poi l'albero si immobilizzò.
Il prestigiatore esclamò: «Ehi, si è
fermato!»
Hermione spiegò: «Quello era Grattastinchi che ha premuto il nodo che ferma i rami.»
«Giusto! Perché non lo avete usato prima?»
«Non ne avevamo il tempo, e poi se fosse
passato qualcuno e avesse notato i rami fermi...»
Harry indicò poco più in là: «E infatti...
guardate!»
Qualche attimo dopo che le controparti
passate di Harry e Hermione erano scomparse, sentirono dei passi vicini.
Silente, Macnair, il Ministro e il vecchio dalla voce
acuta risalivano verso il castello.
Hermione esclamò: «Appena dopo che siamo
scesi nel passaggio! Se solo Silente
fosse venuto con noi...»
Harry sospirò amaramente: «Sarebbero venuti
anche Macnair e Caramell. Scommetto
qualunque cosa che Caramell avrebbe ordinato a Macnair di uccidere Sirius
immediatamente...»
Kaito fece una smorfia: «Questo Caramell può ordinare una cosa simile?»
Hermione spiegò: «È il Ministro della
Magia. È come fosse il nostro Presidente.»
«Ah... questo spiega molte cose...»
Guardarono i quattro uomini salire le scale
del castello e sparire. Per qualche minuto la scena rimase deserta.
Harry si morse un labbro: «Il Mantello...è lì per terra...Se corressi a prenderlo adesso, Piton non potrebbe mai impadronirsene
e...»
Hermione ripeté per l’ennesima volta: «Harry,
non dobbiamo farci vedere!»
«Come fai a sopportarlo? Come fai a star lì
a guardare e basta? Vado a prendere il Mantello!»
La ragazza quasi strillò: «Harry, no!»
Ma Kaito lo prese per una manica: «Fermati
e guarda.»
Proprio in quel momento sentirono una
canzone. Era Hagrid che saliva al castello, cantando a squarciagola e
barcollando un po'. Aveva con sé una grossa bottiglia.
Hermione sussurrò: «Visto? Visto che cosa sarebbe successo? Dobbiamo stare nascosti!»
Il prestigiatore guardò serio il ragazzo:
«Dai ascolto all’esperta di viaggi temporali... rompe un po’, ma non ha tutti i
torti...»
Ma la ragazza, invece che lamentarsi come
Kaito si sarebbe aspettato, si mise a gridare: «No, Fierobecco!»
L'Ippogrifo stava cercando disperatamente
di raggiungere Hagrid. Anche Harry e Kaito afferrarono la corda, sforzandosi di
trattenere Fierobecco. Seguirono con lo sguardo il
guardiacaccia che zigzagava verso il castello, un po' brillo. Fierobecco cessò di agitarsi e chinò il testone,
malinconico.
Pochi minuti dopo, le porte del castello si
riaprirono e Piton uscì di corsa, diretto al Platano.
Harry strinse i pugni mentre il professore
si fermava vicino all'albero e gettava un'occhiata intorno. Poi Piton afferrò
il Mantello e lo sollevò.
Harry sibilò sottovoce: «Giù quelle sudice
mani...»
«Sst!»
Arrendendosi al coretto che lo zittiva,
Harry assistette impotente alla scena di Piton che con un bastone premeva il
nodo e spariva indossando il Mantello.
Hermione sospirò: «Ecco fatto, siamo tutti
là sotto...»
Kaito ridacchiò: «Proprio tutti no...
manchiamo io e Lupin... per la gioia di Piton...»
Hermione si voltò di colpo verso di lui:
«Ecco, a proposito di questo, Kaito, volevo chiederti... come hai fatto a comparire dal nulla?»
Il prestigiatore le sorrise con aria
furbetta: «Magia!»
La ragazza sembrò sul punto di fulminarlo
sul posto con lo sguardo: «No, sul serio, non sono dell’umore di scherzare.
Quale trucco di prestigio hai usato?»
«Nessun trucco, nessun inganno, pura magia!
Siamo in una scuola che ce la insegna, no?»
Hermione scosse la testa sconvolta: «Ma no,
no, questo non è possibile!»
«Sì, invece. È una magia che si chiama
Smaterializzazione...»
«Lo so anch’io come si chiama e proprio per
questo che ti dico che non è possibile! C’è scritto a chiare lettere in “Storia
di Hogwarts”, è impossibile Smaterializzarsi all’interno delle mura della
scuola!»
Harry provò a intervenire timidamente:
«Forse era già in cortile...»
Kaito sorrise divertito: «No, no, ero in
un’aula.»
Hermione era a metà fra l’incredulo e lo
spazientito: «È scritto ovunque. Non. È.
Possibile. Materializzarsi. O. Smaterializzarsi. Dentro. Hogwarts.»
«E a quanto pare io sono l’eccezione che
conferma la regola! Ragiona un attimo, Hermione, e non basarti solo sui libri:
lo sgabuzzino dal quale vi ho tirato fuori era dentro Hogwarts, no?»
E mentre la ragazza cercava di gestire il
conflitto d’informazioni nel suo cervello, Harry chiese: «Ma i professori lo
sanno?»
«Oh, Lupin sì, mi dà lezioni da mesi per
migliorare l’atterraggio... e anche la McGranitt. Soprattutto la McGranitt. Credo che non se lo scorderà mai... e
nemmeno io, a dirla tutta...»
Il prestigiatore rabbrividì al ricordo, per
poi continuare: «Insomma, non so perché ci riesca quando dovrebbe essere
impossibile, e non lo sanno neanche gli insegnanti, so solo che fatico sempre
ad arrivare alla destinazione corretta e finisco sempre in situazioni
problematiche o imbarazzanti. E dai, non fare quella faccia, Hermione! Anche i
libri qualche volta sbagliano!»
La ragazza era ancora sconvolta: «Sì, ma
questo è un errore madornale! Significa che volendo chiunque potrebbe entrare e uscire dalla scuola a suo piacimento!»
«Chiunque no, per ora solo io.»
«Già, per
ora...»
La discussione si arenò per un bel po’ sul
commento tutt’altro che ottimista di Hermione. Kaito non ci aveva mai
riflettuto veramente sulle conseguenze della sua capacità: in effetti, nelle
mani sbagliate poteva essere pericolosa. D’accordo, non era il massimo
dell’onestà, ma non avrebbe mai fatto del male agli studenti e agli insegnanti.
Se al suo posto invece ci fosse stato uno come Peter Minus...
Hermione, all’improvviso, si alzò, afferrò
il capo della corda che legava Fierobecco e lo annodò
con cura attorno all'albero più vicino, poi si risedette sul terreno asciutto e
si abbracciò le gambe. Aveva l’aria di aver riflettuto a lungo per poter porre
una domanda.
«C'è una cosa che non capisco... perché i Dissennatori non hanno preso Sirius?
Ricordo che sono arrivati, e poi credo di essere svenuta... ce n'erano
tanti...»
Harry e Kaito si guardarono, per poi
cominciare a raccontare quello che avevano visto: come, mentre i Dissennatori più vicini si chinavano verso di loro, una
grande sagoma d'argento era arrivata al galoppo attraverso il lago e aveva costretto
tutti i Dissennatori alla fuga.
Hermione rimase a bocca aperta: «Ma che
cos'era?»
Harry abbassò lo sguardo: «Poteva essere
solo una cosa, per riuscire a mettere in fuga i Dissennatori:
un vero Patronus. Uno potente.»
«Ma chi l'ha evocato? Non hai visto
com'era? Era uno dei nostri insegnanti?»
Kaito rispose con sicurezza: «No, non era
un insegnante.»
«Ma doveva essere un mago molto potente per
far fuggire tutti quei Dissennatori... Se il Patronus brillava tanto, non era illuminato anche in
faccia? Non avete visto...»
Harry rispose lentamente: «Sì, l'ho visto.
Ma... forse me lo sono immaginato... ero confuso... sono svenuto subito
dopo...»
La ragazza l’incalzò: «Chi credevi che fosse?»
Harry deglutì: «Credo... credo che fosse
mio padre.»
Hermione lo guardava a bocca aperta con un
misto di ansia e compassione.
«Harry, tuo padre è... be'... è morto.»
Il ragazzo ribatté in fretta: «Lo so.»
«Credi di aver visto il suo fantasma?»
«Non lo so... no... sembrava vero...»
«Ma allora...»
«Forse era solo una visione, ma da quello
che ho visto... sembrava proprio lui... ho delle foto di lui...»
Hermione continuava a fissarlo come se
fosse preoccupata per la sua salute mentale, al punto che Harry rispose in tono
inespressivo: «Lo so che sembra una follia...»
«E se ti dicessi che l’ho visto anch’io?»
I due ragazzini si voltarono verso Kaito,
che fino a quel momento era stato in silenzio.
Harry lo guardò incredulo: «Hai... hai
visto anche tu mio padre?»
Il prestigiatore fece una smorfia: «Non
saprei. Ho visto due figure dall’altra parte del lago. Non saprei dirti se una
fosse tuo padre, ma sono abbastanza sicuro dell’altra.»
«E chi era?»
Kaito sospirò: «A costo di passare come
mitomane... anch’io credo di aver visto mio padre.»
Harry sbarrò gli occhi, ma Hermione sembrava
dubbiosa: «Non so... anche tuo padre saprebbe Smaterializzarsi fin qui?»
Il ragazzo scosse la testa: «Mio padre non era un mago. Solo un prestigiatore.»
Si voltò verso la ragazza: «Anche mio padre
è morto, come quello di Harry.»
Hermione li guardò incredula: «State
dicendo cose impossibili, lo sapete?»
Kaito sbottò: «E allora perché dall’altra
parte del lago c’era uno con lo stesso costume di scena di mio padre, quello
che indosso solo io? E non era un’allucinazione né un fantasma, ne ho le
prove!»
Dalla tasca il ragazzo tirò fuori una
carta. Era un asso di picche, piegato in due e stropicciato.
«Quando il Dissennatore mi stava per
baciare, questa mi ha graffiato la guancia, distraendolo, giusto un attimo
prima che il Patronus ci salvasse. È una carta di quelle
che uso io, e che prima di me usava mio padre.»
Hermione prese la carta, incredula, e Kaito
continuò: «Lo so che è assurdo, è da ore che mi ripeto che quello che credo di
aver visto non poteva essere... ma
allora? Qual è l’altra spiegazione?»
Nessuno di loro aveva una risposta e calò
il silenzio.
Le foglie sopra le loro teste frusciarono
appena nella brezza. La luna spariva e riappariva dietro le nuvole di
passaggio. Hermione sedeva con il viso rivolto al Platano, in attesa, mentre
Harry e Kaito sembravano persi nei loro pensieri, forse tanto simili.
E poi, alla fine, dopo più di un'ora...
«Eccoci!»
Kaito e Harry si alzarono. Fierobecco levò il capo. Videro Lupin, Kaito e Minus che uscivano barcollando dalla fessura tra le radici.
Poi fu la volta di Piton, privo di sensi, che fluttuava stranamente. Poi
arrivarono Black, Harry e Hermione trascinando Ron.
Si misero tutti in cammino verso il castello. Da un momento all'altro la nuvola
si sarebbe spostata rivelando la luna...
Hermione, come se sapesse esattamente che
cosa passava per la testa dell'amico,mormorò:
«Harry, dobbiamo stare tranquilli. Non dobbiamo farci vedere. Non possiamo fare
niente...»
Il ragazzo sbottò: «Allora dobbiamo
permettere che Minus fugga di nuovo...»
Kaito fece un sorriso rassegnato: «Come
credi di riuscire a trovare un topo al buio?»
Hermione aggiunse: «Non possiamo farci
niente! Siamo tornati indietro per aiutare Sirius,
non dobbiamo fare altro!»
Harry a malincuore si arrese:«D'accordo!»
La luna spuntò da dietro la nuvola. Videro
le piccole sagome nel prato fermarsi. Poi distinsero un movimento...
Hermione sussurrò: «Ecco Lupin. Si sta
trasformando...»
Kaito sentì la bocca diventargli secca. Il
ricordo di quegli attimi lo tormentava ancora, anche se sapeva di non correre
alcun pericolo. In fondo se l’era cavata, si era Smaterializzato appena in
tempo...
Harry esclamò all'improvviso: «Dobbiamo
muoverci!»
La ragazza alzò gli occhi al cielo: «Non
dobbiamo, ti ripeto...»
«No, non per intervenire! Lupin sta per
correre nella foresta, dritto verso di noi!»
All’idea di ritrovarsi di nuovo davanti il
prof Lupo Mannaro, le gambe di Kaito si fecero improvvisamente pesanti.
Hermione invece corse a slegare Fierobecco: «Presto, presto! Dove andremo? Dove ci
nasconderemo? I Dissennatori stanno per arrivare...»
Harry prese il comando della situazione:
«Da Hagrid! Ora non c'è nessuno... andiamo!»
Hermione e Harry iniziarono a correre il
più veloce possibile, con Fierobecco che trottava
dietro di loro. Kaito invece sembrava immobilizzato dal terrore. Non si
riteneva una persona paurosa, ma il vedere una metamorfosi di un Lupo Mannaro a
pochi centimetri da lui era stato probabilmente troppo anche per i nervi
allenati di Kaito Kid. Il Lupo Mannaro ululò vicino, molto vicino, troppo
vicino... e solo a quel punto Kaito sembrò risvegliarsi dal suo torpore e
iniziò a correre con tutte le sue forze, come una preda braccata. Andò in una
direzione a caso, fino a che non fu certo che Lupin non lo stesse seguendo.
Solo a quel punto si diresse effettivamente verso la casupola di Hagrid,
balzando all’interno da una finestra e facendo prendere un infarto a Harry e a
Hermione, che lo stavano aspettando preoccupati alla porta.
«Tranquilli, ci sono!»
I due ragazzi lo guardarono visibilmente
sollevati.Harry chiuse la porta col
catenaccio, mentre Hermione si affrettò a grattare le orecchie di Thor per
calmarlo, visto che all’intrusione di Kaito aveva iniziato ad abbaiare forte.
«Zitto, Thor, siamo noi!»
Kaito ridacchiò: «Vista la mia entrata in
scena, mi avrà scambiato per un ladro...»
La ragazza sorrise: «C'è mancato poco!»
Harry guardò fuori dalla finestra: «Sì...»
Fierobecco parve molto felice di ritrovarsi in casa
di Hagrid. Si sedette davanti al fuoco, ripiegò le ali con aria soddisfatta e
si preparò a fare un bel sonnellino.
Harry riprese a parlare, senza staccare gli
occhi dalla finestra: «Forse è meglio se esco... non vedo niente... così non
riusciremo a capire quando è ora...»
Hermione lo guardò insospettita e il
ragazzo, colto sul vivo, si affrettò ad aggiungere:«Non ho intenzione di fare nulla, ma se non vediamo che cosa
succede, come faremo a sapere quando è ora di andare a liberare Sirius?»
La ragazza sembrava titubante, ma Kaito le
mise una mano sulla spalla: «Vado anch’io con lui. Al primo cenno di pericolo Smaterializzo
entrambi, va bene?»
«Sei sicuro di farcela? Prima...»
«Prima dovevo portare due persone, solo con
una ce la faccio, tranquilla.»
«Be'... d'accordo, allora... io vi aspetto
qui con Fierobecco... ma fate attenzione... là fuori
c'è un Lupo Mannaro... e i Dissennatori...»
Kaito annuì e seguì Harry fuori dalla
capanna.
«Stai pensando quello che sto pensando io?»
«Non lo so, Kaito, ho così tanti pensieri
in questo momento...»
«Non vuoi sapere anche tu se erano davvero i nostri padri?»
Harry sospirò: «Sì, certo...»
«Questa è l’unica occasione che abbiamo per
scoprirlo!»
«E se...»
Il ragazzo con la cicatrice non finì
nemmeno la frase. Di cosa aveva paura? Di cambiare la storia? Della reazione di
Hermione o di Silente se li avessero scoperti? O forse, se quello fosse stato
davvero suo padre, di non avere poi la forza di lasciarlo andare?
«D’accordo.»
I due ragazzi iniziarono a correre verso il
lago. Anche da lontano erano visibili i Dissennatori,
affioravano dall'oscurità da tutte le
parti, scivolando in direzione della riva opposta del lago...
C'era un cespuglio vicinissimo all'acqua.
Harry e Kaito vi si nascosero e spiarono con ansia tra le foglie.
«Se devono arrivare, saranno qui, a poca
distanza da noi...»
«Senti, Kaito... non so come dirtelo... ma
io tuo padre non l’ho proprio visto...»
«Normale, una figura bianca che fa da
sfondo a una luce argentata di quella portata non è ben visibile, se non sai
cosa guardare... ma io ho l’occhio allenato, sono i trucchi base di
prestidigitazione... e conosco quel costume fin troppo bene, non posso
sbagliare...»
Harry sorrise intenerito. Benché fosse più
grande, Kaito si stava aggrappando a quella flebile speranza con persino più
disperazione di lui.
«E poi c’è questa...»
Kaito strinse nel pugno l’asso di picche.
Harry non disse più nulla e si voltò a
guardare.Sulla riva opposta vide dei
minuscoli barlumi d'argento: i loro tentativi di Patronus...
Kaito si morse un labbro, con la tensione
al massimo. Stava diventando dura mantenere la faccia da poker, ma doveva fare
uno sforzo: se davvero si fosse trovato davanti suo padre, che figura avrebbe
fatto altrimenti?
Sull'altra riva i barlumi d'argento si
spensero all'improvviso.
«Ci siamo...»
I due ragazzi si guardarono intorno,
all’erta, ma non venne nessuno. Eppure i Dissennatori
dall'altra parte del lagosi stavano
abbassando il cappuccio...
Harry e Kaito si guardarono sconvolti e
spaventati. Cosa sarebbe accaduto se nessuno...
E poi tutto fu chiaro a entrambi.
Kaito estrasse la pistola spara carte e
mirò dritto verso il se stesso dall’altra parte del lago, mentre Harry uscì dal
nascondiglio impugnando la bacchetta.
«Cosa aspetti?»
«Un attimo, mi manca qualcosa...»
Dal cespuglio uscì una familiare figura
bianca, con mantello, monocolo e cilindro.
«Senza questo l’inganno non riesce.»
Poi, senza aggiungere altro, entrambi
lanciarono con sicurezza l’incantesimo. Erano certi di poterci riuscire. L’avevano già fatto.
«EXPECTO
PATRONUM!»
E dalla punta delle bacchette esplosero non
nuvole di vapore informe, ma due accecanti, abbaglianti animali d'argento, uno
di grandi dimensioni e uno decisamente più piccolo. Corsero lontani da loro,
quasi al galoppo, attraverso la superficie nera del lago; li videro abbassare
il capo e caricare i Dissennatori che sciamavano...
ora inseguivano le ombre nere sul terreno, e i Dissennatori
cadevano all'indietro, si disperdevano, si ritiravano nell'oscurità... erano
spariti.
Kaito sospirò: «Fatto.»
I Patroni tornarono indietro verso di loro,
sulla superficie immobile dell'acqua. Quello di Harry era sicuramente il più
visibile, un cervo con il capo sormontato da grandi corna; quello di Kaito era
molto più piccolo, ma non meno luminoso e potente. Era un camaleonte. Il
ragazzo sorrise, quasi scoppiò in una risata. E quale animale migliore per lui,
che aveva fatto del camuffamento e della mimetizzazione un’arte? Si chinò per
accarezzarlo, ma questo, dopo aver tirato fuori quasi beffardamente la lingua,
scomparve.
Il prestigiatore si voltò verso Harry, che
aveva ancora la mano tesa verso il nulla e gli occhi lucidi: «Ramoso.»
Kaito sorrise, intenerito. Almeno uno dei
due, in un certo senso, era riuscito a rivedere il proprio padre.
Un rumore alle loro spalle li obbligò a
voltarsi: Hermione stava correndo verso di loro, trascinando Fierobecco.
«Che
cos'avete fatto? Avevi detto che guardavi e basta! E tu, Kaito, non
dovevi fermarlo?»
Harry sospirò: «Abbiamo appena salvato la
vita a tutti noi...»
La ragazza li guardò sconvolti e Kaito le
tirò gentilmente un braccio: «Mettiamoci lì, dietro quel cespuglio... adesso ti
spieghiamo.»
Hermione ascoltò il racconto ancora una
volta a bocca aperta. Il prestigiatore si chiese se prima della fine di quella
storia a quella ragazza sarebbe venuta una paresi facciale.
«Ma vi ha visto qualcuno?»
Kaito sorrise: «Ma certo!»
Harry intervenne subito alla faccia
inorridita di Hermione: «Ci siamovisti
noi, scambiandoci per i nostri padri! Va tutto bene!»
«Non ci posso credere... avete evocato dei
Patroni che hanno cacciato via tutti quei Dissennatori!
Questa è magia molto, molto avanzata...»
Harry sorrise: «Questa volta sapevo che
potevo farcela, perché l'avevo già fatto... Ha senso tutto questo?»
«Non
so...»
Nel
frattempo Kaito aveva smontato la sua pistola spara carte. Sorrise. La prossima
carta ad essere sparata sarebbe stata un due di picche... e lui sapeva bene che
fine aveva fatto l’asso...
La
voce di Hermione attirò la sua attenzione: «Guardate Piton!»
Rimontando distrattamente l’arma, Kaito si
unì agli altri nel spiare oltre il cespuglio, verso l'altra riva. Piton era
tornato in sé. Aveva fatto apparire delle barelle e vi sistemava i corpi
inanimati di Harry, Hermione e Black. Per un attimo
fissò perplesso il corpo di Kaito, poi fece comparire una barella anche per
lui, mentre una quinta, senza dubbio quella di Ron, fluttuava già al suo
fianco. Poi, con la bacchetta tesa davanti a sé, le fece partire a mezz'aria in
direzione del castello.
Hermione guardò tesa l'orologio: «Va bene,
è quasi ora. Ci restano circa quarantacinque minuti prima che Silente chiuda la
porta dell'infermeria. Dobbiamo salvare Sirius e
rientrare prima che qualcuno si accorga che non ci siamo...»
Attesero, osservando le nuvole in viaggio
riflesse nel lago, mentre il cespuglio accanto a loro sussurrava al vento. Fierobecco, annoiato, aveva ripreso a cercare vermi. Kaito
guardò per un attimo il suo costume e la luna, poi sorrise. Anche questa volta
aveva tenuto fede al suo titolo di “Ladro della luna piena”.
Harry chiese improvvisamente: «Credete che
sia già lassù?»
Guardò verso il castello e prese a contare
le finestre sulla destra della Torre Ovest.
Kaito lo distrasse quasi subito: «Qualcuno
sta tornando indietro...»
L'uomo correva sul prato, verso uno degli
ingressi. Qualcosa di lucente brillava alla sua cintura.
Harry esclamò: «Macnair!
Il boia! Sta andando a chiamare i Dissennatori!
Forza, dobbiamo andare...»
Harry e Kaito salirono sulla groppa di Fierobecco, aiutando Hermione a issarsi a sua volta. Harry,
che era davanti, prese la corda che penzolava dal collo dell'animale e la legò
dall'altra parte del collare, ottenendo un paio di redini.
«Pronti? Reggetevi forte!»
Sferrò un colpo di talloni nei fianchi di Fierobecco.
L'animale si levò dritto nel buio. Harry
gli strinse i fianchi con le ginocchia, mentre le grandi ali si spalancavano
potenti. Hermione, nonostante le rassicurazioni di Kaito alle sue spalle, si
teneva molto stretta alla vita di Harry e sussurrava: «Oh, no... non mi
piace... davvero, non mi
piace...»
Harry incitò Fierobecco.
Volarono lentamente verso i piani alti del castello... il ragazzo diede uno
strattone alla corda, verso sinistra, e l’Ippogrifo piegò da quella parte.
Kaito intanto contava le finestre, fino a
gridare al guidatore: «Ci siamo!»
Harry tirò le redini più che poté: «Whoa!»
Fierobecco rallentò e si ritrovarono immobili, a parte
il fatto che continuavano ad andare su e giù mentre l'Ippogrifo agitava le ali
per rimanere sospeso a mezz'aria.
«Eccolo!»
Kaito si tese in avanti e, quando le ali di
Fierobecco si abbassarono, ne approfittò per bussare
forte sul vetro.Black
alzò gli occhi e rimase sbalordito. Balzò dalla sedia, corse alla finestra e
cercò di aprirla, ma era bloccata. Kaito armeggiò in tasca per cercare i ferri
del mestiere, ma fu preceduto da Hermione che, armata di bacchetta magica e
reggendosi con la mano sinistra agli abiti di Harry, gridò: «Stai indietro!Alohomora!»
La finestra si spalancò e Black li guardò sconvolti: «Come... come...?»
Harry afferrò il collo sottile di Fierobecco per farlo star fermo: «Sali, non abbiamo molto
tempo, devi andartene di qui. Stanno arrivando i Dissennatori.
Macnair è andato a chiamarli.»
«Non posso, questa bestia non reggerà il
peso di quattro persone!»
Kaito allargò il mantello: «Ti lascio il
posto io, Sirius, ma ora muoviti!»
«E tu?»
«Sali! Io ho i miei mezzi!»
Il prestigiatore si buttò allargando il
deltaplano, mentre Black si puntellava con le mani ai
lati della finestra e si spingeva fuori. In un attimo riuscì a lanciare una
gamba oltre il dorso di Fierobecco e a salire
sull'Ippogrifo, dietro Hermione.
Harry agitò la corda: «Vai, Fierobecco, su, su alla torre... dài!»
Un solo battito delle ali possenti
dell'Ippogrifo ed eccoli di nuovo in volo, all'altezza della cima della Torre
Ovest. Kaito dovette fare attenzione che lo spostamento d’aria non lo
sbilanciasse, ma alla fine riuscì ad atterrare insieme a Fierobecco.
Harry e Hermione scivolarono immediatamente giù dal suo dorso.
Harry disse ansimando: «Sirius,
è meglio se vai, presto. Saranno nello studio di Vitious
da un momento all'altro e scopriranno la tua fuga.»
Fierobecco raspò le pietre con la zampa, agitando la
testa.
Sirius chiese concitato: «Che cosa è successo
all'altro ragazzo, Ron?»
Kaito tagliò corto: «Te lo spiego mentre
siamo in volo, ora andiamo!»
«Siamo?»
«Ti accompagno per un pezzo, finché siamo
sicuri che tu sia in salvo, poi torno!»
Hermione lo guardò preoccupata: «Ma
l’ora...»
«Ce la farò! Andiamo, forza!»
Ma Black
continuava a guardare Harry: «Non potrò mai ringraziarti...»
Harry e Hermione urlarono insieme: «VAI!»
Black fece voltare Fierobecco
verso il cielo aperto e Kaito si mise sul bordo della torre.
«Ci rivedremo. Sei... davvero il figlio di
tuo padre, Harry...»
Sirius colpì i fianchi di Fierobecco
con i talloni; Harry e Hermione fecero un balzo indietro mentre le enormi ali
si dispiegavano di nuovo e Kaito si gettava nel vuoto.
Alle loro spalle il castello e i loro
occupanti si fecero sempre più piccoli.
Kaito sospirò: «Per quanto riguarda Ron, si
rimetterà presto... è ancora privo di sensi, ma Madama Chips
dice che lo farà star meglio.»
«Ne sono felice, è un bravo ragazzo e un
buon amico di Harry, non volevo che ci finisse di mezzo.»
Seguì un attimo d’imbarazzato silenzio, poi
Black ridacchiò: «Ma tu ti vesti sempre in modo così
appariscente?»
«Solo se necessario.»
L’uomo si voltò a guardarlo: «Sei un
ragazzo coraggioso... rimani vicino a Harry, per favore.»
«Lo farò.»
Sirius fece un cenno di ringraziamento con la
testa: «Vedrai che un giorno o l’altro saprò sdebitarmi. Ora vai, torna
indietro o finirai ancora più nei guai! Da qui in poi me la cavo da solo.»
Kaito annuì e si voltò indietro,
allontanandosi: «Buona fortuna, Sirius!»
L’uomo guardò la figura bianca sparire
inghiottita dalla notte: «Buona fortuna, Kuroba.»
Kaito guardò l’orologio: «Accidenti, tre
minuti! Devo muovermi!»
Il ragazzo si lasciò sfuggire per un attimo
un’espressione divertita. Gli ricordava quella volta che aveva dovuto tornare
da Aoko prima della fine di un film, altrimenti lei
avrebbe scoperto la sua seconda identità. Anche lì aveva dovuto contare i
secondi. Solo che questa volta la posta in gioco era molto più alta.
Il castello si stava avvicinando ogni
secondo di più. Per fortuna il vento era a suo favore, ma anche così non
avrebbe fatto in tempo ad atterrare sul tetto e a correre per i corridoi per
raggiungere l’infermeria. Era rischioso, ma non vedeva altra scelta, doveva
tentare un’altra Smaterializzazione. In ogni caso, doveva atterrare.
«Uffa, ma quanto ci mette Kaito?»
Fred si affacciò alla finestra: «Saranno
passate almeno due ore da quando è sparito con Lupin... che staranno facendo?»
«Una cosa molto lunga, poco ma sicuro...»
Sheridan sospirò: «Spero solo che stiano
tutti bene, Lupin sembrava preoccupato... e ha parlato anche di Harry, Ron ed
Hermione...»
George ridacchiò: «Però dai, avete visto
che roba la Smaterializzazione di Kaito?»
Il gemello sorrise: «Già, fantastica! Una
cosa è sapere che può farlo, un’altra cosa è vederlo!»
Il ragazzo si sfregò le mani: «Te lo
immagini cosa potremmo fare una volta che l’avrà perfezionata?»
«Oh sì...»
Sheridan rise e Fred tornò a guardare fuori.
C’era una bella luna piena... e una figura scura che si avvicinava a tutta
velocità.
«Accidenti... qualcuno deve aver fatto
qualche errore di Trasfigurazione con una cornacchia... ce n’è una enorme qua
fuori che... ci sta venendo... addosso...»
George si avvicinò: «Eh? Ma sei daltonico?
Non è una cornacchia... è bianca! Al massimo è un colombo!»
«Sbaglio o invece di starnazzare parla?»
Sheridan alzò gli occhi al cielo: «Seee, cos’è adesso, Batman bianco?»
«No, Fred, sembra anche a me. Dice qualcosa
come...»
«...”tagliatevi...”»
«”... Dalì...”»
I due gemelli si guardarono perplessi: «”Tagliatevi da lì”?»
Sheridan li afferrò per le divise e li tirò
indietro: «VIA!!!»
In un secondo ci fu un piccolo inferno: una
pioggia di vetri cadde sui Malandrini, che si coprirono le teste con le
braccia. Un’ombra bianca atterrò malamente all’interno buttando giù una parte
della mobilia e facendo un gran fracasso.
Fred alzò la testa titubante. Di fronte a
lui c’era, circondato dalla più completa devastazione, una figura bianca
vestita con mantello e cilindro. Non fece in tempo a chiedersi chi fosse che
questa si voltò e urlò loro in faccia: «MA SIETE IDIOTI? IN CHE LINGUA VE LO
DOVEVO DIRE DI SPOSTARVI??? VI
POTEVO AMMAZZARE, NON HO MICA I FRENI!!!»
Sheridan fissò sconvolta il ragazzo con il
monocolo: «Kaito?»
Il ragazzo si tolse il cilindro e cercò di
spazzolarsi via un po’ di vetri: «No, guarda, sono il Mago Merlino di ritorno
dalle Hawaii... pensavo foste tornati al Dormitorio a quest’ora e che
quest’aula fosse libera!»
La ragazza gli rispose: «Eri sparito nel
nulla, ti abbiamo aspettato! E poi, questo costume...»
Kaito le mise il cilindro in mano e guardò
l’orologio: «È tardissimo, non ce la farò mai! Sentite...»
Fece una giravolta su se stesso
avvolgendosi nel mantello e in un attimo riebbe addosso la sua classica divisa
scolastica: «... dopo vi spiego tutto! Aggiustate qua e andate a dormire, va
bene? Poi vi spiego!»
«Ma...»
«POI. VI.
SPIEGO!»
Un’altra giravolta e il ragazzo svanì.
I Malandrini rimasti si guardarono intorno
smarriti, Sheridan ancora con il cappello in mano.
«Qualcuno di voi ci ha capito qualcosa?»
Sheridan sospirò, soppesando il copricapo:
«Sì, che mi servirà il cappello di Topolino, una ventina di scope e una musica
a tema...»
Kaito imprecò mentalmente. Sapeva che i
suoi amici erano fedeli, ma davvero non avrebbe voluto farsi vedere nei panni
di Kid. Non ancora, almeno. Ma non era riuscito a calibrare bene l’atterraggio
e ormai il danno era fatto. Ora, per evitare di mandare a monte tutto il lavoro
di quella sera, doveva riuscire a Materializzarsi in infermeria...
Silente chiuse la porta per la seconda
volta, preoccupato. Un improvviso frastuono lo fece voltare: Kaito era comparso
improvvisamente sopra un’armatura vicino all’infermeria, smontandola completamente.
Il ragazzo imprecò nella sua lingua natale:
«Ma non è possibile! Ogni volta devo
finire addosso a qualcuno?»
Il preside sorrise e con un colpo di
bacchetta rimise in piedi il ragazzo e rimontò l’armatura: «Bentornato, Kaito.
Iniziavamo ad essere preoccupati per te.»
«Grazie, anch’io iniziavo ad essere
preoccupato per me.»
Silente s’indicò un occhio: «Hai
dimenticato un pezzo.»
Il ragazzo si passò una mano sul viso e si
accorse del monocolo: «Ops! La fretta...»
«Comprensibile. Ora entra, ti stanno
aspettando.»
Kaito fece un paio di passi, poi fissò il
preside negli occhi, serio: «Però da lei non me lo sarei aspettato.»
«Cosa?»
«Mandare tre ragazzini a fare il lavoro
sporco al posto suo...»
Silente sorrise divertito: «Ma io non ho
mandato tre ragazzini a fare il lavoro sporco.»
Kaito alzò un sopracciglio: «Ah no?»
«Io ho mandato due ragazzini e un ladro professionistaesperto in evasioni.»
Il prestigiatore sospirò: «A parte che non
mi hanno mai catturato... lei sa sempre rigirare la frittata a suo favore,
vero?»
Silente aprì la porta: «Mi stanno
aspettando, ora. Ne riparleremo.»
«Seee, come
no...»
Il ragazzo entrò nella stanza, mentre la
porta si chiudeva alle sue spalle.
«Kaito!»
Il prestigiatore sorrise ai suoi due
compagni d’avventura mentre riprendeva il suo posto: «Tranquilli, va tutto
bene.»
Harry sorrise, ma non poté dire molto di
più perché in quel momento Madama Chips uscì a grandi
passi dal suo ufficio.
«È uscito il Preside? Ora posso occuparmi
dei miei pazienti?»
Era di pessimo umore. Harry, Hermione e
Kaito pensarono bene di prendere il loro cioccolato senza opporsi. Madama Chips li sorvegliò per assicurarsi che lo mangiassero. Kaito
esibì la sua faccia da poker, ma la tensione era nell’aria. Attesero, le
orecchie tese, i nervi a fior di pelle... e poi, mentre tutti e tre prendevano
il quarto pezzo di cioccolato, sentirono un lontano ruggito di rabbia
echeggiare da un punto sopra di loro...
Madama Chips
chiese allarmata: «Che cos'era?»
Risuonarono scoppi di voci irate, sempre
più forti. Madama Chips fissò la porta.
«Ma insomma... sveglieranno tutti! Che cosa
credono di fare?»
Le voci erano sempre più vicine, ormai si
potevano distinguere le parole.
«Dev'essersi
Smaterializzato, Severus, avremmo dovuto lasciare
qualcuno di guardia nella stanza... quando si saprà...»
«NON SI È SMATERIALIZZATO! NON CI SI PUÒ MATERIALIZZARE O SMATERIALIZZARE IN QUESTO CASTELLO!»
Kaito sentì su di sé un paio di occhiate
divertite, ma le ignorò e continuò a concentrarsi sullo sfogo di Piton.
«SONO - SICURO - CHE - C'ENTRA - POTTER!»
«Severus... sii
ragionevole... Harry era sotto chiave...»
La porta dell'infermeria si aprì di colpo
con un gran botto.
Caramell, Piton e Silente entrarono nella corsia.
Solo il Preside sembrava tranquillo, anzi, sembrava che si stesse divertendo. Caramell pareva arrabbiato, ma Piton era fuori di sé.
«SPUTA IL ROSPO, POTTER! CHE COS'HAI
FATTO?»
Madama Chips
strillò: «Professor Piton! Si controlli!»
Caramell disse: «Andiamo, Piton, sia ragionevole...
questa porta era chiusa a chiave, abbiamo appena visto...»
Il professore aveva la faccia deformata dalla
rabbia e sputacchiava saliva dappertutto: «L'HANNO AIUTATO A FUGGIRE, LO SO!»
Il Ministro abbaiò: «Si calmi, amico! Sta
dicendo delle sciocchezze!»
«LEI NON CONOSCE POTTER! È STATO LUI. LO SO
CHE È STATO LUI...»
Silente disse con calma: «Basta così, Severus! Pensa a quello che dici. Questa porta è chiusa da
quando sono uscito dall'infermeria, dieci minuti fa. Madama Chips,
questi ragazzi si sono allontanati dai loro letti?»
L’infermiera esclamò incollerita: «Ma certo
che no! Sono rimasta con loro da quando lei se n'è andato!»
«Visto, Severus? A
meno che tu non stia insinuando che Harry e Hermione possono trovarsi in due
luoghi diversi nello stesso momento, temo che sia assolutamente inutile turbarli
più di cosi.»
Piton rimase lì, furibondo, lo sguardo che
correva da Caramell, profondamente turbato dal suo
comportamento, a Silente, i cui occhi scintillavano dietro gli occhiali. Il
professore si voltò di scatto, con il mantello che frusciava alle sue spalle, e
uscì rapido dall'infermeria.
Caramell commentò guardando nella sua direzione:
«Il ragazzo sembra piuttosto instabile. Se fossi in lei, Silente, ci starei
attento.»
«Oh, non è instabile. Ha solo subito una
notevole delusione.»
Il Ministro sbuffò: «Non è il solo! La Gazzetta del Profeta avrà di che
sbizzarrirsi! Avevamo Black sotto chiave e ci è
scivolato fra le dita un'altra volta! Ora ci manca solo che trapeli la storia
della fuga di quell'Ippogrifo e sarò lo zimbello di tutti! Be'... meglio che
vada a informare il Ministero...»
«E i Dissennatori?
Saranno allontanati dalla scuola, mi auguro...»
Caramell si passò distrattamente le dita fra i
capelli: «Oh, sì, dovranno andarsene. Non avrei mai immaginato che avrebbero
cercato di somministrare il Bacio a dei ragazzi innocenti... del tutto
incontrollabili... no, li farò rispedire ad Azkaban
questa notte stessa... forse dovremmo pensare a qualche drago per l'ingresso
della scuola...»
Silente sorrise a Harry, Hermione e Kaito:
«Hagrid lo apprezzerebbe di sicuro.»
Mentre lui e Caramell
uscivano dall'infermeria, Madama Chips corse alla
porta e la chiuse di nuovo a chiave. Borbottando furiosa fra sé, tornò nel suo
ufficio.
Kaito fece un occhiolino: «Visto? Piton era
talmente concentrato su di te, Harry, che si è completamente dimenticato della
presenza mia e di Hermione!»
Harry fece per rispondere, ma dall'altro
capo della corsia si levò un debole gemito. Ron si era svegliato. Lo videro
alzarsi a sedere, massaggiarsi la testa e guardarsi intorno.
«Cosa... cosa è successo? Harry... perché
siamo qui? Dov'è Black? Che cosa succede?»
Harry Hermione e Kaito si scambiarono
un'occhiata. Il prestigiatore si accomodò e Harry prese un altro po' di
cioccolato.
«Spiega tu, Hermione. Sei più brava in
queste cose.»
E rieccoci qua! Spero proprio che anche questa vicenda vi sia
piaciuta, questo capitolo era piuttosto impegnativo. Adesso avete capito perché,
nello scorso capitolo, “non poteva”? Questa volta mi sono divertita a mettere
un po’ di citazioni qua e là, facili facili…
divertitevi a scoprirle!
Ne approfitto per ringraziare le molte persone che questa volta hanno
commentato, davvero grazie: KING KURAMA, Lunaby, Giorgia_Weasley, mergana, Tsuki no Sasuke e darkroxas92.
Prossimo capitolo? Di tutto e di più! La fine del libro e le
vacanze di Kaito… che non saranno leggere neanche questa volta!
Capitolo 29 *** Costantemente in bilico fra trucchi e segreti ***
Costantemente in bilico tra trucchi e
segreti
Quando Harry, Ron, Hermione e Kaito
uscirono dall'infermeria la mattina dopo a mezzogiorno, trovarono il castello
semideserto. Grazie alla calura opprimente e alla fine degli esami molti si stavano
godendo un'altra visita a Hogsmeade.
Kaito si staccò dal resto del gruppo, che
probabilmente andò a farsi una passeggiata, e rifletté se tornare da Sheridan a
tranquillizzarla e a riprendersi il cilindro. Tuttavia, a metà strada, fece
dietrofront e si diresse verso l’ufficio di Lupin. Il professore doveva ancora
spiegargli un paio di cose.
La porta dello studio di Lupin era aperta.
L'acquario vuoto dell'Avvincino era vicino alla sua
vecchia valigia consunta, che era aperta e quasi colma e l’uomo ci stava giusto
aggiungendo le ultime cose.
«E così ci lascia, eh?»
Il professore sobbalzò sorpreso, poi
sorrise: «Temo di sì, Kaito.»
Il prestigiatore sospirò: «Non che non me
lo aspettassi, dopotutto Piton si è lasciato sfuggire
Sirius, su qualcuno doveva pur prendersela...»
«Già, serviva un capro espiatorio... anzi,
un lupo espiatorio...»
Kaito fece una smorfia: «Mi dispiace molto.
Mi stavo affezionando a lei, dopo tutte le serate passate in sua compagnia.»
«Dispiace anche a me. Hogwarts è sempre
stata la mia casa, il posto in cui mi sia sentito più sicuro e accolto. È stata
una grande gioia tornarci ed è un grande dolore andarmene nuovamente.»
«Mi creda, la maggior parte degli studenti
la rimpiangerà, una volta sbollita la sorpresa.»
Lupin sorrise tristemente: «Ormai non sono
più un tuo insegnante, Kaito... dammi del tu. E per quanto riguarda quello che
hai detto, non ne sono così convinto... già mi sorprende che tu sia venuto a
salutarmi, dopo quello che è successo ieri notte...»
Kaito ridacchiò: «Mentirei se dicessi che
nel momento in cui si è trasformato non abbia avuto paura... ero pure
ammanettato! Mi sono Smaterializzato dallo spavento, addirittura, ma non basta
una cosa così piccola per dimenticarmi quello che ha... pardon,
che hai fatto per me.»
«Sei stato bravo a Smaterializzarti,
stanotte, davvero. Ma mi devi promettere che non lo farai più senza qualcuno
che ti controlli. Non sei ancora così abile, lo sai anche tu... se ti fai
prendere da un momento di nostalgia, potresti ritrovarti in Giappone senza
neanche accorgertene.»
«Uhm... non ci avevo pensato ma potrebbe
essere interessante... con un po’ di allenamento mi risparmierei un bel po’ di
soldi di trasporto aereo...»
Lupin sorrise divertito: «E non
approfittatene troppo per combinare scherzi, tu, Sheridan e i gemelli! Va bene
che siete i nostri eredi, ma...»
Kaito lo guardò sorpresissimo: «Ma...
come...»
«Credi che non vi abbia visto complottare
più di una volta? So riconoscere molto bene uno sguardo... malandrino...»
Kaito rise e il professore si appoggiò alla
scrivania per scrivere qualcosa su un pezzo di pergamena: «A questo
proposito... tieni, questo è il mio indirizzo. Potrebbe servirti per contattare
Lunastorta o, con un po’ di fortuna, forse anche
Felpato...»
Lo sguardo del ragazzo s’illuminò: «Grazie,
professore!»
Lupin lo guardò malinconico: «Dovere,
Kaito... penso che tra un po’ ne avrai bisogno...»
«Eh?»
Ma il professore non rispose, riprendendo a
ritirare le sue cose: «Devo darmi una mossa, tra poco arriverà la carrozza e io
sono ancora in alto mare...»
«Vuoi una mano?»
«So che ne saresti capace, ma preferisco
fare da solo, così saprò ritrovare tutti i pezzi...»
«Capisco... allora... arrivederci,
professore!»
«A presto, Kaito!»
Il ragazzo si avviò verso la porta, poi si fermò
sulla porta: «Ah, e stai attento a Harry! Appena saprà la notizia penso che si
precipiterà qui tutto agitato!»
Con la tranquillità che spesso lo
caratterizzava, Lupin indicò sulla scrivania un pezzo di pergamena consunta:
«Lo so, lo sto tenendo d’occhio.»
Kaito si limitò a sorridere ed uscì.
Il treno sferragliava veloce, diretto verso
la stazione di King Cross. Kaito, approfittando proprio di quel rumore, aveva
appena finito di svelare il suo segreto ai suoi compagni di malandrinate e ora
giocherellava con il suo cilindro, appena restituitogli da Sheridan,
estraendoci fazzoletti, carte e quant’altro per dare loro il tempo di elaborare
la notizia.
«Quindi tu... sei un ladro?»
«Sì.»
Fred chiese: «Quindi, tutti quei
trucchi...»
«In gran parte sono davvero trucchi da
prestigiatori. Anche loro, a volte, devono saper scassinare serrature per poter
dimostrare di poter uscire da trappole apparentemente impossibili... qualcosina l’ho dovuto imparare apposta, ma ben poco, in
realtà.»
Sheridan cercò di riepilogare: «Dunque...
usi il nome e i trucchi di tuo padre per rubare e attirare in trappola i suoi
assassini, giusto?»
«Esatto, infatti non mi sono mai tenuto
nulla per me... faccio colpi scenografici e prendo in giro la polizia solo per
attirare l’attenzione, poi restituisco tutto ed è come se nulla fosse
successo... a parte le scenate dell’ispettore Nakamori,
quelle sono grandiose! Tengo tutti gli articoli con le sue foto dopo le mie
esibizioni, adoro quell’aria infuriata...»
I Malandrini non dissero altro e Kaito
sospirò: «Non è stato semplice per me rivelarvi tutto questo, ma ora sono
costretto a chiedere la vostra discrezione, come la chiedeste a me quando mi
mostraste la Mappa. Sul nome di Kaito Kid pende un mandato di cattura
internazionale, potrebbero arrestarmi anche qui... forse i miei metodi non sono
molto ortodossi, d’accordo, ma...»
«Ma stai scherzando?»
Kaito guardò i gemelli un po’ perplesso:
«Eh?»
«È grandioso! Una storia fantastica!»
«Non siete...
sconvolti/spaventati/inorriditi?»
«E di cosa? Ti sembriamo i tipi che si
fanno problemi per qualche regola infranta?»
«E poi non fai del male a nessuno, no?»
«Anzi, ci fai tirare un sospiro di
sollievo, credevamo che tutti i Babbani fossero
così...»
Kaito li guardò con un sopracciglio alzato:
«... così...?»
«... estrosi, ecco!»
«Vabbè,
prendiamola per buona... e tu, Sheridan? Non hai ancora aperto bocca...»
La ragazza fece una smorfia: «Se ti aspetti
che anche io mi metta a fare i salti di gioia come questi due sei fuori
strada.»
«Veramente non mi aspettavo proprio i salti
di gioia...»
«Parliamoci chiaramente, non mi piace il
fatto che ci hai mentito per anni. Soprattutto le balle di qualche mese fa,
caro il mio “ladro ragazzino”.»
«Ehm...»
Sheridan sospirò: «Massì,
in fondo non sono cose che mi riguardano veramente... e ti concedo che il
motivo è buono. Per cui va bene, terrò il segreto, ma non aspettarmi fra le
fila delle tue fan girl.»
Kaito le sorrise: «Grazie.»
La ragazza alzò l’indice: «Ah-ah! Pensi che tutto questo sia senza prezzo? Ragazzo mio,
mi conosci molto poco...»
Il prestigiatore sorrise: «Se mi chiedi di
rubarti qualcosa sei la peggiore ipocrita della storia!»
«Niente furti... ma non sarà totalmente
gratis...»
«E dai, basta suspense! Spara il tuo
prezzo!»
Il sorriso furbetto di Sheridan di risposta
fece venire un brivido a Kaito. Cosa aveva in mente quella Malandrina?
«Uao!»
Kaito alzò gli occhi al cielo ridacchiando
nel vedere la reazione della ragazza. C’era voluta un po’ di organizzazione per
accontentare la sua richiesta, ma dopo poco più di un mese ce l’aveva fatta.
Tossicchiando come un disperato, anche
George uscì dal camino: «Mamma mia che fuliggine! Ma da quand’è che non lo
puliscono?»
Akako, con un inglese non perfetto, ma ben
supportato da occhiatacce più che eloquenti, rispose: «Da un mese, e non l’ho
mai usato per robaccia come la Polvere Volante...»
Fred sussurrò a Kaito: «Simpatia portami
via... però è davvero bellissima...»
Kaito gli diede una gomitata: «Non farti
fregare, è una qualche sorta d’incantesimo che non ho mai capito bene...»
Il prestigiatore tossicchiò per attirare
l’attenzione e alzò un braccio: «Signori, signora, benvenuti nella Terra del
Sol Levante! Vi aspettano due giorni di esplorazione di Tokyo.»
I ragazzi si fecero accompagnare fuori e
Kaito ne approfittò per fare un occhiolino ad Akako:
«Grazie, a casa mia non c’è il camino.»
La ragazza sospirò: «Con il viaggio di
ritorno dei tuoi amici siamo pari per quel pasticcio di Natale. Poi tornerà
tutto come prima.»
«Terrò presente.»
Fred e George avevano sul volto un’identica
espressione a dir poco stupefatta, con gli occhi sbarratissimi
e pieni di meraviglia. Kaito rise. Per loro era già strana l’idea di fare una
gita come dei comuni babbani, figuriamoci dall’altra
parte del mondo! Non che Sheridan fosse da meno, dopotutto il viaggio l’aveva
proposto lei.
Il prestigiatore sospirò divertito. A volte
quando tornava a casa pensava che i mesi passati a Hogwarts non fossero altro
che uno strano sogno, e in generale le sue due vite, quella babbana
e quella magica, erano sempre talmente separate di netto che il camminare per
Tokyo con i Malandrini non poteva che sembrargli qualcosa di irreale.
«Bene, eccoci arrivati. Benvenuti nella mia
modesta dimora.»
Fred inclinò la testa perplesso: «Non è
molto diversa da quella di Harry... sono fatte tutte così le case babbane?»
Sheridan sorrise e si affrettò ad
aggiungere: «È una villetta molto carina.»
Kaito aprì la porta di casa: «Grazie!
Venite, vi presento mia madre, poi potete lasciare qui le vostre cose e
mangiare qualcosa. So per esperienza che i viaggi intercontinentali mettono
fame!»
Timidamente il trio seguì il padrone di
casa per il corridoio, fino a giungere in una spaziosa sala da pranzo già
apparecchiata, dove trovarono una bella signora ben truccata e vestita elegantemente,
con un grembiule cinto in vita, che li accolse con un inglese all’altezza di
quello ben allenato di Kaito.
«Benvenuti in Giappone! Sono felice di
conoscere gli amici di mio figlio!»
Kaito li presentò uno per uno: «Questi sono
Fred e George Weasley e sono qualche anno più avanti di me anche se siamo nella
stessa Casa; Sheridan Pumpkin invece è in classe con
me.»
La donna fece un leggero inchino: «Piacere
di conoscervi, chiamatemi pure Chikage. Prego,
lasciate pure qui le borse e sedetevi a tavola, è quasi ora di pranzo!»
Fred alzò un sopracciglio: «Davvero? Io
avevo appena fatto cena...»
Kaito rise: «Problemi del fuso orario!»
Gli ospiti si accomodarono, mentre George
invece guardò perplesso la tavolata: «Certo che voi giapponesi usate degli stuzzicadenti
davvero grossi...»
«Eh? Quali stuzzicadenti?»
George indicò a fianco del suo piatto e il
ragazzo scoppiò a ridere fino quasi a diventare paonazzo: «Quelli non sono
stuzzicadenti! Quelle sono bacchette e sono le nostre posate!»
George le prese in mano una coppia di
bacchette e iniziò a guardarle da tutte le angolazioni: «Uh, dev’essere una di quelle cose babbane
che piacciono tanto a papà, dobbiamo portargliene una altrimenti ci fa una
testa così quando torniamo! Dov’è il pulsante per far uscire la forchetta?»
A quell’uscita Kaito collassò sul tavolo
dal ridere, mentre Sheridan si limitò a sbattersi una mano sulla fronte.
«Che c’è? Che ho detto di sbagliato
stavolta? I babbani fanno tutto con i pulsanti!»
Il padrone di casa riuscì a riprendere abbastanza
fiato da urlare a sua madre: «Per favore, porta delle posate occidentali! Loro
non sanno usare le bacchette!»
La donna tornò poco dopo imbarazzata:
«Scusate, forza dell’abitudine...»
Dopo aver risolto il problema e ammirato
l’abilità tipica dei giapponesi nel mangiare con due bacchette di legno, i
commensali si servirono di takoyaki in abbondanza
chiacchierando amabilmente di quel che avrebbero fatto in quei giorni.
Kaito indicò le borse dei gemelli: «A
proposito... non per sfiducia, ma potrei vedere quali vestiti vi siete
portati?»
Sheridan lo tranquillizzò: «Prima di venire
qua sono andata da loro e ho controllato personalmente il loro guardaroba. In
quelle borse non c’è nulla d’imbarazzante dal punto di vista babbano, al massimo saranno un pugno in un occhio per
l’accostamento cromatico, ma direi che è il meno...»
Fred sorrise e tirò fuori delle banconote:
«Ehi, ci siamo preparati! Abbiamo persino i soldi babbani!»
Kaito sollevò un sopracciglio: «Quelle sono
sterline.»
Fred annuì: «Appunto, soldi babbani!»
Sheridan sospirò: «Colpa mia, a quello non
avevo pensato...»
Il prestigiatore cercò di spiegare ai
gemelli: «Le persone non magiche hanno soldi diversi in ogni Stato... le
sterline valgono in Inghilterra, qua ci vogliono gli yen.»
Fred guardò perplesso le banconote che gli
stava porgendo l’amico: «Certo che i babbani amano
proprio complicarsi la vita...»
George fece una smorfia: «E dire che papà
ci aveva anche dato un extra per comprargli qualcosa...»
«Tranquilli, nel caso anticipo io e poi mi
risarcite in soldi magici. Dunque, se abbiamo finito, che ne direste di
avviarci? La prima tappa del nostro tour giapponese ci sta aspettando!»
Dopo aver salutato la padrona di casa, il
gruppetto dei Malandrini si diresse verso la metropolitana. Kaito distribuì a
tutti dei biglietti: «Mi raccomando, non perdeteli! Senza di questi non
possiamo usare la metro e non possiamo spostarci.»
«I babbani usano
un metro da sarto per spostarsi? Non avevano le automobili?»
Kaito alzò gli occhi al cielo: «Ma ero
anch’io così pedante quando sono arrivato a Hogwarts?»
«Sì!»
«Grazie, anche se non mi rispondevate tutti
e tre in coro capivo lo stesso il concetto...»
Kaito e Sheridan s’impegnarono parecchio
per spiegare a Fred e George perché i babbani
avessero bisogno di viaggiare sottoterra e i gemelli rimasero sorpresi dalla
velocità con cui un mezzo senza magia potesse viaggiare.
«Bene, la prossima fermata è la nostra.»
La ragazza chiese: «Ora si può sapere dove
ci stai portando?»
Kaito sorrise: «In un posto che stupirà non
poco Soseiji e Fugetsu e
che penso non dispiacerà neanche a te. Solo, una raccomandazione per voi due:
capisco che non siete abituati a quello che vedrete e che sarete stupiti, ma
non esagerate, per favore. Ricordatevi che per tutte le persone che vi circondano
siete dei babbani come tutti gli altri e che siete
abituati a molto di quello che vedrete.»
Fred gli diede una gomitata: «Ragazzo, stai
parlando con i gemelli Weasley! Il terrore di Gazza, l’incubo di quasi tutti i
professori, la leggenda della scuola! Siamo noi a lasciare sempre tutti a bocca
aperta, cosa vuoi che possa impressionarci?»
Sheridan guardò i gemelli. Avevano la bocca
tanto spalancata che per un attimo temette si potesse staccare loro la
mascella.
«Ma anche tu, portare due maghi nel quartiere
con la più alta concentrazione di tecnologia di tutta Tokyo...»
Kaito ridacchiò: «Akihabara
è uno dei luoghi turistici più famosi della città... e poi, dai, guardare le
reazioni di quei due è uno spasso!»
Fred e George, con gli occhi sbarrati,
continuavano a sbocconcellare frammenti di frasi quasi incomprensibili e a
indicare tutte le vetrine e gli enormi schermi pubblicitari.
«Guarda! Ci sono dei ritratti giganteschi!»
«Che cambiano tantissimo!»
«Ma quanto tempo ci avranno messo a
dipingerli?»
Kaito e Sheridan scossero la testa
divertiti, poi la ragazza guardò qualche vetrina, anche lei incuriosita: «Certo
però che qua c’è davvero di tutto...»
Kaito annuì: «E i prezzi sono molto bassi.
C’è anche parecchia roba usata in ottime condizioni. Senti, devo fare una
piccola commissione, mi guarderesti un attimo i due scalmanati?»
«E se ci chiedono qualcosa?»
«Tranquilli, da queste parti tutti parlano
l’inglese.»
Dopo qualche minuto, tenendo un pacchetto
sottomano, il prestigiatore tornò indietro dai suoi amici, che trovò ad
ammirare il loro acquisto.
«Guarda, Kaito! Adesso abbiamo anche noi i cellulofoni! Gemelli, per di più!»
«E costavano pochissimo!»
Il ragazzo si sbatté una mano sulla fronte,
mentre Sheridan alzava le mani in segno di resa: «Ho provato a spiegarglielo,
ma non mi hanno dato retta...»
«Non per spegnere il vostro entusiasmo...
ma quelli non sono cellulari, sono walkie
talkie.»
«Ci si può parlare anche se si è lontani?»
«Bè, sì, ma...»
«E allora sono cellulofoni!»
Kaito si arrese: «Lo scoprirete la prima
volta che proverete a telefonarci... dai, andiamo? La prossima tappa penso vi
piacerà...»
Fred inclinò la testa di lato: «Hanno
cambiato colore alla Tour Eiffel?»
«Quasi. Benvenuti alla Tokyo Tower, il monumento più famoso di questa città!»
Sheridan fece una smorfia: «L’avevo notato,
l’avete messa in ogni singolo souvenir che ho visto finora...»
Kaito le sorrise di rimando: «Oh, qua
dentro ne trovi quanti ne vuoi, di quelli! Ma non vi ho portato qui per
questo... se la signora e i signori hanno la bontà di seguirmi...»
Di tutta risposta il prestigiatore
ricevette qualche risata e qualche pacca sulla spalla, mentre i Malandrini
varcavano l’ingresso della Torre.
Il prestigiatore fece un cenno ai gemelli: «Allora,
adesso non spaventatevi, entreremo in una piccola stanza che ci porterà...»
George lo interruppe: «Kaito, sappiamo
cos’è un ascensore.»
«Ci saliamo da quando eravamo piccoli,
quando andiamo a trovare papà in ufficio.»
Il ragazzo li guardò sorpresi: «Oh! Questa
è una sorpresa! A Hogwarts vedo sempre e solo le scale mobili... dovrò
informarmi esattamente sulla tecnologia magica...»
Fred salì sull’abitacolo con sicurezza:
«Ehi, saremo un po’ digiuni di cultura babbana, ma
non abitiamo nel medioevo...»
Kaito ridacchiò, mente l’ascensore saliva:
«Non volevo offendervi! Su, ora mi farò perdonare... nessuno di voi soffre di
vertigini, vero?»
Fred e George lo fulminarono con lo
sguardo: «Siamo due giocatori di Quidditch, lo sai, vero?»
Anche Sheridan guardò l’amico di sottecchi:
«E ti ricordo che la mia specialità è appendere la gente ai gargoyles...»
Le porte dell’ascensore si riaprirono:
«Perfetto, quindi non dovrebbero esserci problemi... divertitevi!»
I ragazzi inglesi si ritrovarono ad
appoggiare i piedi su una struttura circolare, che abbracciavacompletamente la torre permettendo loro di
osservare il panorama mozzafiato di tutta la città e anche oltre.
Sheridan, memore del viaggio dei genitori,
indicò un vulcano in lontananza: «Il Monte Fuji, vero?»
«Esatto, siete fortunati, oggi è una bella
giornata, spesso non si vede... ho preferito portarvi direttamente al secondo
osservatorio, che è più alto.»
«Hai fatto bene. Ne approfitto e scatto
qualche fotografia.»
«Prego.»
Kaito si appoggiò alla parete e attese
pazientemente che gli amici finissero di scattare fotografie e di indicare qua
e là, stupiti. Sorrise malinconicamente. Lui era abituato al panorama di Tokyo,
dopotutto era la sua casa e sulla torre ci era salito un sacco di volte, tra
gite scolastiche e private.
Quando uscirono dall’ascensore che li
riportò al piano terra, Sheridan fece un sorrisino furbetto: «Sai, dalla Torre
ho visto un posticino che mi piacerebbe un sacco visitare...»
Kaito alzò le spalle: «Si può anche fare.
Cos’è?»
«Quell’enorme mercato del pesce qua
dietro.»
I Malandrini non trattennero le loro risate
nel vedere il volto del prestigiatore passare varie tonalità di colore, dal
bianco al verde al violaceo per poi passare al rosso.
«SHERIDAN!!!»
Stava per aggiungere qualche altro improperio
verso la sua compagna di classe, quando il cellulare iniziò a squillare.
«Salvata dal gong...»
Con un sospiro Kaito guardò lo schermo del
telefono e il suo volto si fece subito serio.
«Pronto?»
«Scusi il disturbo, Signorino Kaito, lo so
che mi aveva chiesto di non disturbarla in questi giorni, ma è proprio
un’emergenza!»
«Dimmi, Jii.»
La voce dell’uomo si abbassò: «La Dama a cui intendeva fare visita ha
anticipato la partenza nonostante l’avviso.»
Kaito sbarrò gli occhi dalla sorpresa:
«Cosa?»
«Domani mattina lascerà il Paese. Mi
dispiace, ma dobbiamo anticipare.»
Gli amici non avevano capito una parola del
discorso, ma compresero che si trattava di una questione seria quando videro
Kaito mettersi una mano sulla fronte e respirare profondamente.
«È troppo presto. Non abbiamo ancora finito
l’organizzazione, la mia complice celeste non è ancora comparsa e per di più ho
ospiti.»
«Lo so, Signorino, e sono enormemente
dispiaciuto, ma se non lo facciamo stasera non avremo più l’occasione.»
Kaito si morse un labbro, poi sospirò: «E
va bene. Mandami i file, al resto penserò io. In fondo, non siamo gli unici ad
avere poco tempo per organizzarci, no?»
«Ero certo che avrebbe ragionato,
Signorino! Allora ho fatto bene a inviare già l’avviso, vero?»
Il ragazzo scosse la testa, a metà fra il
rassegnato e il divertito: «Sei sempre il solito... a dopo!»
Kaito chiuse la telefonata e rimase per un
po’ a rimuginare, poi alzò lo sguardo verso i suoi amici.
«Mi dispiace, credetemi, mi dispiace
davvero, ho fatto di tutto per evitarlo, ma temo che dovremo fare un piccolo
cambio di programma per questa sera.»
Fred lo guardò preoccupato: «È successo
qualcosa di grave?»
Il ragazzo si avviò, sorridendo fra sé e
sé: «Improrogabili impegni di lavoro...»
Sheridan lo guardò di storto: «Tu lavori?»
Kaito la sbeffeggiò: «Sheridan, mi
sorprendi. Mi sembrava di averti parlato piuttosto dettagliatamente del mio lavoretto estivo, no?»
La ragazza sbarrò gli occhi: «Non vorrai
dirmi che...»
Il prestigiatore si limitò ad annuire,
mentre oltrepassava i tornelli della metropolitana.
«Oh, no...»
«Oh, sì!»
Sheridan si voltò verso i gemelli, che
avevano uno sguardo degno delle loro peggiori malandrinate.
«Ecco, lo sapevo.»
Kaito si accomodò sulla vettura:
«Tranquilli, ora vi riporto a casa e...»
George lo interruppe: «Scherzi?»
«Vogliamo venire con te! Possiamo essere
utili!»
Kaito li guardò impassibile: «No. Voi non potete essere utili, anzi, non dovete essere utili. Kid è un mago che
agisce senza bacchetta. Così è stato e così sarà sempre. Non posso permettervi
di aiutarmi con la magia in nessun modo. Se vorrete assistere come spettatori
non mi opporrò, ma non come complici. Non avrete guai con la giustizia babbana per una faccenda nella quale non c’entrate nulla.»
I gemelli lo guardarono un po’ delusi, ma
poi annuirono.
«Sheridan? Tu preferisci tornare a casa
mia?»
La ragazza sospirò: «Non sono entusiasta
del tuo “lavoretto estivo”, lo sai, ma se non rimango a sorvegliare questi due
chissà che mi combinano. Tu però vedi di non farti beccare, non so come tornare
indietro da sola.»
Kaito stava smanettando un po’ con il
cellulare e con qualcosa nella borsa: «Tranquilla, non sono mai riusciti a
mettermi le manette ai polsi, non ci cascherò proprio oggi che ho ospiti! Ecco,
la prossima fermata è la nostra.»
I ragazzi scesero, ritrovandosi con loro
grande sorpresa in un quartiere che assomigliava vagamente ad Akihabara per gli enormi schermi pubblicitari, ma che era
popolato di ragazzi giovanissimi vestiti nei modi più strani, con trucchi, maschere
e costumi ancora più bizzarri di quelli dei maghi quando cercavano di farsi
passare per babbani.
«Ma che...»
Kaito sorrise: «Benvenuti nel quartiere più
pazzo e modaiolo di Tokyo, Harajuku! Sede delle
boutique di moda più famose e rinomate, soprattutto se internazionali, e
ritrovo preferito dei giovani, in particolare cosplayer...»
George lo guardò male: «Cos... cosa?»
«Ragazzi che amano travestirsi come i loro
eroi di fumetti, film, videogiochi e chi più ne ha più ne metta. Potete
fotografarli, se volete, anzi, non vedono l’ora che qualcuno chieda loro di
mettersi in posa!»
Fred guardò il gemello picchiettandosi una
tempia: «Gente strana, questi giapponesi...»
Il prestigiatore rise e iniziò ad avviarsi.
Sheridan si guardò intorno.
«Molti di questi negozi ci sono anche in
Inghilterra.»
«È vero. Infatti sono qui proprio per
questo.»
La ragazza chiese: «Cosa... ehi!»
Un ragazzino vestito di bianco le era
andato a sbattere contro. Sheridan fece per arrabbiarsi, ma rimase sorpresa nel
riconoscere il costume.
«Ma che...»
Kaito si mise un dito sulle labbra e le
indicò uno degli schermi giganti, dove stavano trasmettendo un telegiornale.
Alle spalle della giornalista c’era un’immagine sfocata di Kaito Kid.
«Te l’avevo detto che qui amano travestirsi
come i loro eroi, no?»
La ragazza si guardò intorno con gli occhi
sbarrati, constatando che il disattento di prima non era l’unico vestito come
il ladro gentiluomo.
Kaito riprese a parlare di colpo, facendola
trasalire: «Hanno appena annunciato che Kid ha inviato un avviso. Qui le
notizie corrono veloci.»
Sheridan si voltò di colpo, ritrovandosi
davanti l’amico già in ghingheri per la sua esibizione, con cilindro, monocolo
e mantello: «E cosa c’è di meglio per me che mimetizzarmi fra i miei stessi
fan?»
La ragazza lo guardò sconvolta, con la
bocca aperta: «... te l’hanno mai detto che hai una faccia tosta incredibile?»
Il prestigiatore sorrise: «Più spesso di
quanto immagini. Richiama Fred e George dalla concorrenza, così vi spiego
ancora due cose prima di andare...»
Sheridan ridacchiò andando a recuperare i
gemelli che, dopo aver fatto una foto con un gruppo di cosplayer
di Lupin III e compagnia, si avvicinarono curiosi all’amico.
«In fondo a questa via c’è un’enorme e
famosissima boutique straniera di abiti da sposa e cerimonia. Due giorni fa
Kaito Kid ha mandato un biglietto dicendo che fra una settimana avrebbe fatto
loro visita per rubare alla sposa che porta il Crimson Love il primo ballo e la sua dote.»
«Cos’è il Crimson
Love?»
«È un enorme rubino intagliato a forma di
cuore incastonato nella cintura di un abito da sposa esposto al primo piano di
quel negozio.»
«Pensi che possa essere quella che stai
cercando?»
Il ragazzo scosse la testa: «Non lo so, ma
se non controllo non posso togliermi il dubbio. Per di più quel gioiello
normalmente è esposto in Belgio, è un po’ fuori mano anche per me. Solo che
dopo aver visto l’avviso, i proprietari hanno deciso di anticipare il rientro
della pietra a domani mattina.»
Kaito ridacchiò: «Non posso certo
pretendere che siano tutti come Suzuki, quel pazzo col cane che non vede l’ora
di farsi derubare da me per cercare di prendermi...»
Fred lo guardò un po’ preoccupato: «Pensi
di farcela?»
«Anche la polizia è stata colta di
sorpresa, la sorveglianza non sarà così stretta. E poi...»
In quel momento il telefonino annunciò
l’arrivo di un sms: «... il mio aiutante ha fatto i compiti a casa! Ecco qua le
ultime informazioni che mi servivano, la conferma che ha ultimato i preparativi
e a quanto pare ha anche informato la mamma che arriveremo tardi per cena!
Direi che siamo a posto, no?»
Kaito li guardò serio: «Abbiate fiducia in
me. Qualunque cosa accada, anche se
mi dovessero arrestare, non-usate-la-magia. Rimanete in questa zona, tempo di
sbrigare questa faccenda e torno a prendervi, va bene?»
I tre Malandrini annuirono.
«In bocca al lupo!»
«Crepi!»
E scivolò fra la folla sparendo alla vista.
L’ispettore Nakamori
sbadigliò con la bocca completamente spalancata. Iniziava a farsi buio, ormai,
ed era solo nella sala degli abiti da sposa. Normalmente avrebbe fatto in modo
di avere alcuni agenti con sé, ma con il poco preavviso con cui gli avevano
chiesto di preparare la sorveglianza aveva dovuto accontentarsi degli uomini in
servizio, ed erano a malapena sufficienti a vigilare gli ingressi.
L’uomo si aggirava svogliato fra i
manichini con gli abiti da sposa, chiedendosi fra sé e sé se mai ne avrebbe
visto uno indosso alla sua Aoko e, soprattutto, con chi si sarebbe potuta sposare. Quel vicino sveglio ma
scalmanato di Kaito Kuroba? Forse. Ma l’idea di un genero che si guadagnava da
vivere con un lavoro così saltuario come quello del prestigiatore gli faceva un
po’ arricciare il naso.
Alzò il suo sguardo dagli abiti ai
manichini e rabbrividì. Non gli erano mai piaciuti quelli grigi, senza volto né
capelli, bloccati in posizioni a volte un po’ innaturali. Il manichino che
indossava l’abito che doveva sorvegliare, almeno, era in una posizione
composta, con le mani al petto. La lunga gonna color avorio di seta era
bombata, come se fosse retta da un’intelaiatura, e aveva nastri color cremisi.
Il corpetto, decorato con perline che andavano dal bianco al rosso intenso,
passando per tutte le tonalità di rosa possibili, era stretto in vita da una
cintura d’argento con piccole pietre rosse e il Crimson
Love, a forma di cuore, incastonato al centro. Non c’era velo né strascico,
solo un diadema che riprendeva nella forma e nei colori la cintura. Nakamori lo guardò un po’ di storto. Non avrebbe mai
veramente compreso la moda occidentale per gli abiti da sposa.
Mentre rifletteva su queste questioni, le
luci nella sala si fecero soffuse.
«Uh?»
L’ispettore non ebbe il tempo di realizzare
quello che stava accadendo che la stanza si riempì di fumo biancastro.
«KID!»
L’uomo tossì un paio di volte, con gli
occhi che gli bruciavano leggermente. Solo quando con un gesto nervoso riuscì
ad asciugarsi le lacrime con la manica della giacca vide la sua bianca nemesi
di fronte a lui che...
... che...
... stavafacendo il baciamano alla sposa, una vera
sposa, non un manichino, che indossava l’abito compreso di Crimson
Love???
«Cosa...»
Mentre Nakamori
osservava la scena impietrito, Kid alzò il viso con dolcezza, incrociando lo
sguardo azzurro di una giovane donna bionda, con i capelli a caschetto, il cui
volto diafano era arrossito leggermente al gesto del ladro.
«Mia dolce signora, mi fareste l’onore di
concedere a quest’umile ladro un ballo?»
La giovane sposa si guardò intorno nervosa,
poi sorrise. A quel punto Kid schioccò rumorosamente le dita, facendo partire
un valzer che risuonò fuori e dentro l’atelier. Solo allora il ladro prese
dolcemente la mano che la ragazza teneva al petto e iniziò a ballare con lei,
in un’atmosfera da sogno impreziosita dai rivoli di candido fumo che ancora
aleggiavano nella stanza. L’ispettore rimase lì, imbambolato, a fissare il
volto felice della ragazza là dove poco prima, era certo, c’era solo un
manichino grigio senza vita. Era sconvolto: non aveva mai dubitato dell’abilità
del suo avversario, ma possibile che fosse persino in grado di dare vita a
oggetti inanimati?
La musica scemò mentre la coppia, alla fine
del suo turbinare, si ritrovava esattamente nella posizione di partenza. A quel
punto Kid, con il suo solito modo di fare, riprese la mano della fanciulla.
«Perdonate ancora il mio ardire,
madamigella, oserei approfittare della vostra gentilezza per chiedervi un
ultimo favore.»
La sposa lo guardò sorpresa, così il ladro
riprese: «Vi chiederei di prestarmi, solo per qualche giorno, il gioiello che
tenete in vita. Ve lo restituirò, è una promessa.»
La ragazza sembrò un po’ indecisa, ma dopo
qualche istante sorrise.
«Vi ringrazio infinitamente.»
Solo quando vide Kid prendere la cintura
alla vita della sposa, Nakamori sembrò riprendersi:
«Ehi! Fermati, Kid!»
Il ladro si alzò lentamente e, abbassandosi
il cilindro con una mano, mentre con l’altra teneva ancora la cintura, gli
sorrise beffardamente: «Ispettore... e perché mai? Questo non è un furto, ha
visto anche lei, ho l’autorizzazione della signorina, pardon,
signora, si è appena sposata...»
L’uomo corse verso di lui: «Ma per favore,
quello è un manichino!»
«La signora se la potrebbe anche prendere
per questa sua definizione, sa? Ma in fondo è risaputo, la bellezza è negli occhi
di chi la vuol guardare...»
E, avvolgendosi nuovamente nel fumo, Kid
sembrò scomparire. Nakamori non si arrese, arrancò
alla cieca nel vapore biancastro alla ricerca del ladro ed esultò quando
finalmente lo afferrò.
«Ah-ah! Sei mio,
Kid!»
Solo quando il fumo si diradò, poté notare
che in realtà si era ritrovato ad abbracciare alla vita proprio il famoso
manichino, tornato magicamente grigio e senza vita.
«Ma cosa...»
L’uomo sospirò profondamente, abbassando la
testa: «Me l’ha fatta anche questa volta...»
Fred, George e Sheridan attendevano
impazienti il ritorno del compagno. Non avevano ben compreso la situazione,
quello che sapevano era che la gente intorno a loro era aumentata a dismisura e
che persino le televisioni locali si accalcavano intorno all’atelier.
«Accidenti, quando avevo visto Kaito sul
giornale non immaginavo neanche lontanamente la sua fama...»
«Ma neanche noi...»
Improvvisamente una musica si diffuse
nell’aria.
«Ma... cos’è?»
Sheridan fece una smorfia: «Un valzer
direi... o comunque un ballo lento...»
«Mica tanto lento, è già finito...»
In quel momento il telefono di Sheridan
squillò e Fred e George andarono fuori di testa.
«Il cellulofono!
Il cellulofono!»
«Buoni, voi due, è solo un sms da Kaito...»
«Un che?»
Sheridan l’ignorò e lesse a favore dei
gemelli: «”Per permettervi di seguire meglio lo spettacolo, vi fornisco i
sottotitoli...”»
La ragazza alzò lo sguardo dallo schermo
perplessa: «Che diavolo ha in mente?»
La risposta venne quasi immediatamente: un
faro sull’impalcatura del palazzo affianco in restauro si accese puntando sul
tetto dell’atelier, illuminando una figura che tutti attendevano con
apprensione.
La folla esultò: «KID! KID! KID!»
Il ladro allargò le braccia, mostrando in
una mano la cintura, nella seconda un mazzo di calle bianche con una rosa rossa
al centro. La sua voce, amplificata e distorta, così da non assomigliare
neanche lontanamente a quella originale, fece un discorso che fu comprensibile
a Sheridan, Fred e George solo grazie al messaggio arrivato poco prima: «Ladies and gentleman! Mi spiace non avervi potuto far
assistere al magnifico valzer che la sposa mi ha gentilmente concesso, ma per
scusarsi la signora vi manda il suo bouquet nuziale, con i migliori auguri per
il vostro futuro.»
E mentre il pubblico veniva distratto dal
lancio dei fiori, che si dispersero singolarmente sulla folla, il ladro
scomparve senza che quasi nessuno ci facesse caso, talmente presi dalla calca
con cui le fanciulle presenti tentavano di accaparrarsi l’unica rosa.
Sheridan e i gemelli rimasero allibiti, per
poi trasalire quando una voce alle loro spalle disse: «Accidenti, non pensavo
si sarebbero scannate così, altrimenti evitavo la rosa...»
«Kaito!»
Il ragazzo sorrise: «Et
voilà, finito. Spero di non avervi fatto attendere troppo. Possiamo andare a
mangiare, non so voi ma personalmente io sono molto affamato...»
Sheridan alzò un sopracciglio: «Fai quella
scenata tutte le volte?»
Kaito alzò le spalle: «Mi limito a dare al
pubblico quello che vuole, come ogni buon uomo di spettacolo.»
E girò loro le spalle cominciando ad
avviarsi per costringerli a seguirlo, cosa che puntualmente fecero.
«Ma come hai fatto ad arrivare alle nostre
spalle così velocemente?»
«Ti sei forse Smaterializzato?»
Kaito li guardò quasi offeso: «Ma se quando
ci provo finisco sempre da un’altra parte! No, mi sono limitato a calarmi con
un sistema di contrappesi dal palazzo affianco, dove ci sono dei lavori in
corso...»
Il prestigiatore da quel momento in poi non
disse più una parola sulla sua esibizione, lasciando gli amici a sfogarsi con
le loro impressioni sul suo lavoro e ascoltandoli solo distrattamente. Era un
pochino stanco, ma doveva ammettere che la faccia di Nakamori
l’aveva ripagato della faticaccia. Certo, trovare una presa elettrica e
sistemare al volo sulla metropolitana il tablet
ultrasottile che aveva appena comprato a Akihabara
caricando il filmato del volto della sposa, che per fortuna avevano preparato
in anticipo lui e Jii, senza farsi notare da Fred e
George, che sarebbero andati fuori di testa nel vedere quella meraviglia
elettronica, aveva richiesto un po’ di abilità manuale. Invece era stato
piuttosto semplice fissarlo al volto del manichino e nasconderne i bordi con la
parrucca bionda. Il resto era stato un giochetto da ragazzi, non si era trattato
d’altro che impiegare un po’ delle sue abilità da marionettista con il
manichino per fingere di danzare, andare a tempo con la musica e con il
filmato, e il resto l’avevano fatto il fumo e l’immaginazione adeguatamente
sollecitata dell’ispettore, che quasi sicuramente gli aveva fatto vedere più di
quel che in realtà era accaduto. Ora non gli rimaneva che attendere un paio di
giorni, quando la luna piena sarebbe stata alta nel cielo e lui avrebbe potuto
controllare la pietra prima di restituirla, se non si fosse trattato neanche
quella volta di Pandora. Peccato solo per il tablet,
doveva solo sperare che, avendolo maltrattato così subito dopo averlo appena
comprato, riuscisse ancora ad usarlo anche fuori dai furti...
Sbadigliò spalancando tutta la bocca. Dopo
una giornata del genere, però, era esausto. Fortuna che aveva tutta la notte
per riprendersi, dormendo comodo nel suo lettino...
«Accidenti che faccia da zombie!»
Kaito si limitò a grugnire in direzione di
Sheridan, mentre si sedeva al tavolo. Fred e George erano già alla terza
porzione di toast e la ragazza stava versando del succo di arancia in un
bicchiere.
«Sono solo un po’ stanco...»
Fred lo indicò con il coltello con cui
stava spalmando il burro sulla fetta tostata: «Un po’? Sembra che tu sia appena
uscito da una lezione di Rüf dopo quattro ore filate
di Piton!»
Kaito sorrise debolmente, versandosi una
generosa tazza di caffè: «Magari! No, è stata solo la serata pesante di ieri
unita a una notte insonne...»
George lo fissò serio: «I soliti incubi?»
Il prestigiatore annuì, per poi appoggiare
la testa sul tavolo: «Tre volte, stanotte... tre volte in cui ho sognato di
bruciare... non ne posso più, speravo che tornando a casa la situazione si
sarebbe risolta, invece sembra persino peggiorata...»
Il ragazzo buttò giù il caffè, poi prese
una brioche e iniziò ad addentarla, proprio mentre il campanello suonò
ripetutamente.
Chikage gridò dal corridoio: «VADO IO!»
Il ragazzo rispose bofonchiando con il
boccone in bocca: «Ecco, va, grazie...»
Da lontano sentì la madre aprire la porta e
dire qualcosa, per poi gridare: «KAITO! C’È AOKO ALLA PORTA!!!»
«Aoko???»
Il prestigiatore si soffocò con il boccone
di brioche e iniziò a tossire disperatamente, tanto che Fred fu costretto a
dargli una poderosa manata sulla schiena.
George guardò l’amico perplesso: «Aoko? La
tua colomba può anche suonare il campanello?»
La faccia di Kaito sbiancò, per poi
diventare tutta rossa.
Ah, già... c’era anche quel problemino...
Tuttavia non ebbe il tempo di pensare a
spiegazioni credibili, perché la ragazza aveva già fatto irruzione nella
stanza: «Buongiorno Kaito! E... buongiorno a tutta questa bella gente... scusa,
non sapevo avessi ospiti...»
Il ragazzo sospirò, assumendo la solita
aria scocciata che sfoderava sempre con lei e cercando d’ignorare le facce
prima stupite e poi d’intesa dei gemelli: «Lo sapresti se ogni tanto chiamassi
invece che fare irruzione in casa come farebbe tuo padre...»
Aoko gli rispose con una bella linguaccia,
poi fece un inchino verso gli sconosciuti.
«Piacere di fare la vostra conoscenza, mi
chiamo Nakamori Aoko.»
I ragazzi si guardarono perplessi, non
avendo capito una parola di quello che si erano appena detti i ragazzi. Kaito
sospirò, per poi cominciare a fare le presentazioni in doppia lingua.
«Vi presento Aoko Nakamori,
una mia amica d’infanzia. Aoko, loro sono
Fred, George e Sheridan, tre miei compagni di college che sono venuti a fare
una vacanza in Giappone.»
Aoko li guardò sorpresissima: «College?
Sono i tuoi compagni di classe inglese?»
«Esatto!»
«Oh, avevo notato che non erano giapponesi,
non pensavo fossero tuoi compagni!»
La ragazza sembrò emozionatissima e cercò
di ripresentarsi in un inglese un po’ stentato, ai quali i Malandrini risposero
educatamente.
Aoko si accomodò al fianco di Sheridan e
chiese a Kaito in giapponese: «Allora, dove li porti?»
«Pensavo di fare un salto al parco di Ueno, è carino per dei turisti...»
La ragazza sbarrò gli occhi: «Ueno? È una vita che non ci vado, vengo anch’io!»
Kaito dovette fare uno sforzo enorme per mantenere
la sua faccia da poker: «Ma il parco ce l’hai sempre qui... e poi ti
annoieresti, parleremo solo inglese...»
La ragazza si alzò dal tavolo: «Meglio,
così faccio allenamento per la scuola! Vado a prendere il necessario per un
qualche bento e arrivo, aspettatemi, eh!»
Prima che Kaito potesse replicare qualcosa,
la ragazza era già corsa verso casa. Il prestigiatore sospirò.
«Bene, ulteriore cambio di programma, Aoko
si è appena autoinvitata a venire con noi...»
Fred fece spallucce: «Va bene, che problema
c’è?»
«Ci sono una marea di problemi, a parte
quelli linguistici. Tanto per cominciare è una babbana,
quindi voi due...»
E fissò bene negli occhi i gemelli.
«... dovrete stare assolutamente
tranquilli, qualunque “stramberia babbana” vediate.
Ricordatevi che dovete fingere di essere dei normali turisti.»
I due gemelli fecero il saluto militare ed
esclamarono all’unisono: «Agli ordini! Saremo dei babbani
perfetti!»
«Dissero quelli che si agitano appena
vedono qualunque oggetto tecnologico... ah, e per favore piantatela con questa
storia dei cellulofoni, va bene? E fate attenzione a
come parlate, Aoko non è ai miei livelli d’inglese, d’accordo, ma capisce
abbastanza da comprendere se facciamo discorsi sulla magia, ok?»
Kaito fece un ultimo sospiro: «Un’altra
cosa... Aoko è convinta che frequentiamo un college per prestigiatori...»
Sheridan sbarrò gli occhi: «Io non so fare
niente di prestidigitazione!»
George fece una smorfia: «Noi abbiamo
giusto imparato l’estrazione dei fazzoletti dalla manica...»
«Lo so. Io cercherò di coprirvi per quanto
possibile, voi due tenete quel trucchetto come
ultimissima opzione... e speriamo bene...»
Fred guardò l’amico serissimo:
«Comunque...»
Il volto dei gemelli si allargò in un
sorrisone: «... non ti facevamo così romantico da dare il nome della tua
ragazza alla tua colomba!»
Kaito si aggrappò con le unghie e con i
denti alla sua faccia da poker: «Aoko non è la mia ragazza, siamo solo amici.»
«Parlò il ragazzo che ci fece comprare
d’urgenza i regali di Natale per lei e che fece chiamate internazionali pur di
aiutarla...»
«E piantatela, che probabilmente Aoko è già
qui!»
«Visto? Visto?»
Kaito sospirò. La giornata sarebbe stata
decisamente più lunga del previsto.
Il viaggio in metropolitana per Kaito fu un
piccolo incubo. Aoko continuava, nel suo stentato inglese, a tempestare di
domande i Malandrini sul celeberrimo college per prestigiatori, e i ragazzi
erano sempre più imbarazzati nel rispondere. Il metodo migliore che trovarono
per arginare il problema fu di parlare così velocemente da non far capire molto
alla ragazza, che si trovava poi costretta a chiedere una traduzione a Kaito,
permettendogli d’inventarsi quello che voleva. In ogni caso tutti gli studenti
di Hogwarts tirarono un sospiro di sollievo quando finalmente giunsero alla
fermata giusta.
Il gruppo, salendo da sottoterra, rimase
per un attimo abbagliato dalla luce del sole, poi riuscì a vedere enormi prati
verdi, contornati da panchine e da tantissime persone che si affollavano ad
edifici e a tre grandi laghetti sovrastati da uccelli in volo.
Kaito sorrise: «Benvenuti al parco di Ueno, sede dello zoo di Tokyo e di molti musei. Scegliete
pure il vostro itinerario.»
Sheridan indicò stupita un recinto:
«Accidenti, ma quelli sono dei panda? Panda veri?»
Il prestigiatore annuì: «Direi che a te
interessa di più lo zoo. Per voi va bene fare un giro a vedere gli animali?»
Fred e George alzarono le spalle dando la
loro approvazione, così il gruppo iniziò a passeggiare fra i recinti e le
gabbie degli animali.
Uno dei gemelli si lasciò sfuggire: «Non
capisco perché tenere gli animali così... soffrono... Charlie se li vedesse
darebbe di matto.»
Aoko chiese interessata: «È un animalista?»
«No, è in Romania ad allevare d...»
Gli sguardi fulminanti di Kaito e Sheridan
alle spalle della ragazza che lo guardava curiosa convinsero Fred a cambiare
velocemente l’ultima parola: «... elfini. Sì, mio fratello alleva delfini in Romania.»
Aoko alzò un sopracciglio: «In Romania? Non sapevo ci fossero
delfini nel Mar Nero...»
Fred era andato completamente in panico,
così intervenne Kaito: «È un esperimento, per vedere se riescono a ripopolare
alcune zone dove la specie rischia di estinguersi.»
La ragazza sembrò molto interessata:
«Davvero? Dev’essere fantastico!»
George annuì poco convinto dalla panzana
inventata dal gemello: «Come no...»
Aoko continuò tranquilla a fare
conversazione: «Immagino che andrete spesso a trovarlo!»
George scosse la testa: «No, in realtà, è
difficile coordinare gli impegni di tutta la famiglia... siamo talmente
tanti...»
«Davvero?»
«I nostri genitori hanno avuto cinque
figli, oltre a noi...»
«Accidenti! E voi siete gli unici a fare i
prestigiatori?»
Fred cercò di dare manforte al fratello:
«La magia è una... passione di famiglia, diciamo così. Però nostro padre lavora
al Ministero, Bill in banca, mamma è casalinga e gli altri nostri fratelli
stanno ancora studiando.»
Kaito, sempre alle spalle di Aoko, alzò i
pollici congratulandosi per l’ottima uscita.
Aoko sorrise: «Il mio babbo invece fa il
poliziotto. Si occupa di furti, in particolare di quelli di un ladro
insopportabilmente presuntuoso che si diverte a prenderlo in giro tutte le
volte. Anche ieri sera è tornato a casa stravolto, mi diceva qualcosa che non
ho capito bene sul fatto che Kid sia in grado di animare gli oggetti...»
I gemelli dovettero impegnarsi tantissimo
per non scoppiarle a ridere in faccia, soprattutto con Kaito che alzava gli
occhi al cielo sorridendo. A quanto pare il loro amico si era invischiato in
una relazione pericolosa!
«E tu, Sheridan?»
La ragazza alzò le spalle: «Niente di che.
Una famiglia normalissima.»
«Perché avete deciso di diventare
prestigiatori?»
Sheridan sorrise: «In un certo senso... ce
l’avevamo nel sangue.»
«Ah, come Kaito! Anche suo padre era un prestigiatore
molto famoso!»
Sheridan annuì convinta, facendo
l’occhiolino a Kaito: «Oh sì, abbiamo studiato qualcosina
su di lui a scuola.»
Aoko la guardò curiosa: «Ma sei anche tu in
classe con loro? Mi sembri decisamente più piccola...»
La ragazza alzò le spalle: «Dimostro meno
dei miei anni.»
«Mi piacerebbe vedere qualche vostro
spettacolo!»
Kaito le spremette amichevolmente il naso:
«Un’altra volta, ora siamo in vacanza e abbiamo il tempo contato!»
Aoko lo guardò sorpresa. Questa, in bocca
al ragazzo, era una risposta stranissima. Di solito Kaito non si faceva pregare
per dare spettacolo, anzi, spesso, spessissimo, lo dava anche se non richiesto
o inopportuno. Lo aveva sempre fatto, fin da quando potesse ricordare, al punto
che, non conoscendo altri prestigiatori, si era convinta che fosse un difetto
del mestiere, quello di doversi mettere continuamente in mostra e alla fine ci
si era abituata. Per questo motivo la reticenza di quel gruppetto di
prestigiatori le suonava così strana. Fissò Kaito dritto negli occhi. Per
quanto quel ragazzo fosse solitamente impenetrabile, con quell’aria sempre
scocciata che, lo sapeva bene, di solito usava come una maschera per nascondere
l’imbarazzo, in quel momento le parve di cogliere nel suo sguardo una muta e
sincera preghiera di non insistere ulteriormente. Che l’abilità fra loro fosse
così diversa da costringere Kaito a comportarsi così per non mettere in
imbarazzo gli amici? Non ci sarebbe stato nulla di strano, sapeva da sempre che
l’abilità dell’amico era superiore alla media, glielo aveva detto spesso anche Chikage, quando Kaito non poteva sentirle. Sorrise, un po’
tristemente. Peccato, da una parte, ma andava bene lo stesso. Era bello poter
comunque avere l’occasione di poter condividere una parte della sua vita da cui
fino a quel momento si era sentita completamente estranea.
«D’accordo. Finiamo il giro, allora, così
poi possiamo mangiare.»
Kaito tirò un sospirone di sollievo, ma non
smise di sorvegliarla attentamente per tutto il tempo. Conosceva Aoko
abbastanza bene da sapere che non era una persona che si arrendeva così
facilmente, anzi, spesso litigava con lei per questa sua mania di portare le
persone all’estenuazione se non facevano come voleva lei. Che avesse capito
qualcosa, nonostante i suoi sforzi?
Quando Aoko e Sheridan si fecero
fotografare insieme anche davanti all’ultimo recinto, il gruppetto si diresse
proprio sotto l’enorme pagoda per preparare al volo un piccolo pic-nic, per il
quale Aoko sembrava aver portato tutto il necessario. Mentre Kaito, con la sua
aria perennemente scocciata, stendeva la tovaglia, la ragazza, sotto gli occhi
stupefatti dei gemelli, tirava fuori cinque grosse scatole e altrettante
bottiglie d’acqua dallo zaino. Mentre la ragazza era distratta a parlare con
Sheridan, con cui sembrava trovarsi molto in sintonia, Fred prese lo zaino di
nascosto e lo rivoltò.
«Ero convintissimo ci fosse un incantesimo
di Estensione Irriconoscibile...»
Kaito gli sussurrò: «Tu non hai idea di
cosa possa uscire dalle borse delle donne babbane,
anche senza magia... sono delle vere e proprie maghe dell’incastro!»
George lo guardò allibito: «Lo vedo... ha
incastrato un pranzo intero in una scatola!»
Il prestigiatore ridacchiò: «Si chiamano bento, sono i tipici pranzi al sacco che usiamo qui.
Vengono usati normalmente nelle scuole o nelle gite...»
Aoko invitò tutti ad accomodarsi, per poi
prendere una delle scatole. Gli altri la imitarono, ma quando aprirono la
scatola ai gemelli sfuggì un gemito.
«Oh, no... di nuovo gli stuzzicadenti
giganti...»
Aoko li guardò perplessa, mentre Kaito si
sbatteva una mano sulla fronte: «Loro non sanno usare le bacchette...»
«Oh, scusate! Non ci ho proprio pensato!
Solo che ora non so davvero come procurarmi delle posate...»
Sheridan sorrise divertita: «Temo che ci
tocchi imparare a usare queste...»
I gemelli si guardarono preoccupatissimi
all’idea, ma alla fine, sotto gli insegnamenti pazienti di Kaito e Aoko,
qualcosa riuscirono a mangiare, un po’ usando le bacchette e sbrodolandosi
addosso il riso, un po’, quando la pazienza scappava, usando anche le mani,
facendo scoppiare l’ilarità di tutti.
Quando ebbero finito, Aoko si concesse un
sospiro: «Dai, è stato quasi come fare un hanami...»
Kaito sorrise: «Un po’ fuori stagione,
però...»
Sheridan chiese, curiosa: «Di cosa state parlando?»
«Hai mai visto, magari al telegiornale, di
quando in primavera noi giapponesi andiamo a fare un pic-nic per festeggiare la
fioritura dei ciliegi?»
«Sì.»
«Ecco, quello è l’hanami.
Solo che ora mancano i ciliegi.»
George gli sussurrò all’orecchio: «Se vuoi,
ti insegno l’incantesimo... tu sei maggiorenne e lo potresti fare...»
Il ragazzo gli sorrise malandrino,
infilandosi una mano nella manica della t-shirt: «Per così poco non è il caso
di tirare fuori la bacchetta...»
Aoko si voltò giusto in tempo per vedere
Kaito tirare fuori un ramo di ciliegio fiorito.
«Ma... sei in maniche corte...»
«Un prestigiatore non si preoccupa certo
dell’abbigliamento.»
La ragazza prese il ramo emozionata, poi
però guardò storto Kaito.
«È finto!»
«E certo! Pretendevi pure i fiori di
ciliegio veri in questa stagione? Faccio magie, non miracoli!»
I Malandrini risero. Conoscevano Aoko solo
da qualche ora, ma erano tutti certi che quei due fossero fatti l’uno per
l’altra.
Fred si tenette alla maniglia della
metropolitana per non cadere: «Allora, qual è la prossima meta?»
Il ragazzo rispose tenendo le braccia
incrociate: «Un altro classico giapponese, un bel giro al tempio. Spero che
quello di Asakusa vi possa piacere, è abbastanza
particolare.»
Sheridan, seduta, iniziò a sfogliare la
guida turistica presa in prestito dai genitori: «Strano, non lo trovo...»
«Cercalo come Senso-ji
e vedrai che salta fuori...»
La ragazza sfogliò ancora un pochino, poi
esclamò: «Eccolo! Qua dice che è stato fondato nel 628 dopo che due pescatori
trovarono nel fiume una statuetta d’oro della dea della misericordia Kannon...»
Kaito, per dispetto, le prese la guida e
gliela fece a coriandoli sotto i suoi occhi: «Ma non stare a perderti dietro i
dettagli storici!»
La ragazza lo guardò stupefatta, per poi
gridargli contro arrabbiata, attirando l’attenzione di tutto il vagone: «Ma sei
scemo??? Quella non era mia, i miei mi strozzano se non gliela riporto!»
Il prestigiatore raccolse tutti i pezzetti,
tenendoli nei pugni chiusi, e le mise un dito sulla bocca per chiederle il
silenzio. Aoko sorrise, sapendo già cosa stava per accadere. A lei in classe
l’aveva fatto un sacco di volte.
«Uno, due e...»
Con una minuscola nuvoletta di fumo, il
ragazzo aprì le mani: «... tre!»
Sheridan si ritrovò stupefatta fra le mani
la sua guida, perfettamente integra.
«Ma che...»
Mentre il resto del vagone applaudiva, Aoko
sorrise. Vista la reazione di Sheridan, aveva ragione lei, Kaito era a un
livello ancora troppo avanzato rispetto ai suoi compagni di classe. Chissà che
noia, per lui, essere costretto a ripetere gli esercizi fondamentali... non
c’era proprio modo di accedere a una classe più avanzata? Doveva chiederglielo,
una volta o l’altra.
Ancora con qualche strascico di applausi,
il gruppetto scese alla fermata e si avviò verso il grande tempio.
«Uao, mi piace!»
Aoko sorrise a uno dei gemelli: «E se ti
dicessi che non si vede neanche tutto?»
George rispose: «Ve la cavate bene con
l’architettura, complimenti!»
Il gruppetto iniziò la visita, osservando
incuriosito le persone che pregavano accendendo ceri e lanciando monetine. Aoko
si rapì letteralmente Sheridan per andare a visitare la zona di Nakamise-dori, piena di bancarelle di prodotti
tradizionali, mentre Fred, George e Kaito rimasero da soli per un attimo.
Il prestigiatore si permise un sospiro:
«Per fortuna sta andando tutto abbastanza bene...»
Fred gli fece l’occhiolino: «Te l’avevamo
promesso, no?»
Il ragazzo annuì: «Dai, mentre aspettiamo
che quelle due tornino dal giro di shopping, potrei farvi visitare l’interno
del tempio... ma dovrete togliervi le scarpe.»
George fece una smorfia: «Non saprei... non
vorrei tornare in Inghilterra scalzo, poi chi la sente la mamma?»
«E allora vi faccio vedere la porta Kaminarimon... non guardatemi così, non ho detto una
parolaccia, significa solo “porta del tuono”!»
«Ah, ok...»
Kaito condusse i gemelli verso una grande
arco con due statue.
«Quelli sono rispettivamente Fujin e Raijin, il dio del vento
e il dio del tuono nella mitologia nipponica. Uno ha con sé l’otre dove sono
conservati i venti, l’altro i tamburi con cui scatena tuoni e lampi.»
George li guardò incuriosito: «Bè, pittoresco...»
Poi diede una gomitata al fratello: «Quello
a sinistra non ti ricorda un po’ Gazza?»
I tre Malandrini scoppiarono a ridere,
mentre l’attenzione di Kaito venne attirata per un attimo da un ragazzino con i
capelli a punta che guardava le statue, con una katana con un buco sferico
nell’impugnatura, tenuta nella fondina sulla schiena.
«Ehi, non sarà mica quel ragazzino pazzo di
quella volta che...»
Una mano sulla spalla lo fece trasalire.
«Guarda, Kaito, cosa ci siamo prese!»
Il prestigiatore si voltò sospirando:
«Aoko, mi farai prendere un colpo, una volta o l’altra...»
Le due ragazze esibirono fiere un paio di
ventagli identici, dipinti a mano: «Che ve ne pare?»
Sheridan sorrise: «Un piccolo souvenir del
posto. Mi sarebbe piaciuto anche un kimono, ce n’erano di bellissimi ma
costavano decisamente troppo per le mie tasche...»
Aoko mise via il suo e propose: «Già che
siamo qui, che ne direste di prendere un biglietto dell’oracolo, per vedere
come andrà il prossimo anno di scuola?»
«Un cosa?»
La ragazza rispose: «Facciamo prima a
farvelo vedere che a spiegarvelo, venite!»
I ragazzi inglesi la seguirono e Kaito fu
ben felice di allontanare gli amici dalla folla di fronte alle statue, prima
che notassero il panico della folla causato dall’ingresso nel tempio di un
gruppo di pazzi accompagnati da una tigre e un avvoltoio che cercavano gridando
un tal Yaiba.
Aoko condusse tutti verso un banchetto con
una discreta folla.
«L’oracolo, pescando un biglietto, può
dirti se nell’anno che verrà avrai fortuna o sfortuna riguardo un certo
argomento. Qua si pescano quelli riguardanti la scuola.»
Fred e George si guardarono divertiti:
«Sarebbero serviti di più l’anno scorso che avevamo i G.U.F.O.,
ma magari ci dicono quante volte Gazza ci metterà in punizione quest’anno...»
Dopo aver pazientemente aspettato il loro
turno, finalmente arrivò anche per il gruppo il momento di mettere la mano
nella scatola per estrarre il biglietto.
«Prima gli ospiti.»
Dopo un momento di accordo, Sheridan mise
per prima la mano nel contenitore.
Aoko subito glielo tradusse: «Media
fortuna.»
La ragazza sorrise: «Ottimo. Avanti il prossimo.»
George estrasse a sua volta il biglietto,
che Kaito lesse al volo: «Fortuna.»
Fred ripeté il rito, ma quando estrasse un
biglietto di “piccola sfortuna”, il gemello non smise più di prenderlo in giro.
Il prestigiatore intervenne quasi subito:
«Secondo la tradizione dovresti legarlo là, su quei paletti di legno, per
lasciare lì la sfortuna che hai pescato.»
«Ma volentieri! Ci manca ancora che me la
porto a casa...»
Aoko sorrise estraendo il suo, per poi
gridare: «Grande fortuna! Evvai!»
Kaito sorrise, per poi infilare la mano nel
contenitore: «E allora manco solo io...»
Quando aprì il foglietto, però, la sua
faccia sorpresa incuriosì molto gli amici.
«E allora?»
Il ragazzo girò il biglietto verso gli
amici, perplesso: «È bianco...»
L’addetto agli oracoli s’inchinò
immediatamente: «Scusate! Dev’essere un errore di
stampa! Prego, ne estragga pure un altro, non glielo faccio pagare!»
Il prestigiatore gli sorrise: «Non si
preoccupi, non fa nulla... a quanto pare sarà un anno interessante se neanche
l’oracolo ha le idee chiare su come definirlo...»
Ridacchiando, il gruppo raggiunse l’uscita.
Kaito guardò l’orologio: «Dunque... il
tempo stringe, quindi direi che con quest’ultima tappa chiudiamo il nostro
tour, altrimenti poi perdete... l’aereo...»
George fece una smorfia: «Meno male, inizio
ad avere male ai piedi...»
«Oh, ma stai tranquillo. Praticamente
staremo tutto il tempo seduti.»
«Eh?»
«Ecco come i ragazzi della nostra età si
divertono in Giappone.»
Aoko lo guardò sorpresa: «Perché li hai
portati al karaoke?»
Il ragazzo alzò le spalle: «Mi sembrava un
posto più originale per cenare che non il ristorante o casa mia...»
Sheridan alzò un sopracciglio: «Kaito, sei
sicuro che anche noi riusciremo a cantare, qui?»
Il prestigiatore indicò la console: «Ci sono
canzoni da tutto il mondo, e ti assicuro che i giapponesi vanno matti per le
canzoni inglesi.»
Aoko sorrise: «È vero, una volta ho provato
a cantare una canzone italiana, quella famosa...»
«’O
sole mio. E, credetemi, non volete chiederle il bis...»
Di tutta risposta la ragazza gli fece una
bella linguaccia e si accomodò. Fred, invece, prese incuriosito un microfono.
«E questa specie di gelato?»
Ma quando sentì la sua voce rimbombare intorno,
dallo spavento lo lasciò andare. Kaito lo prese al volo, lanciandogli poi
un’occhiataccia.
«Bè, i microfoni da voi non sono poi così
diversi...»
Sheridan sussurrò all’orecchio di George:
«È come quando Silente parla in Sala Grande...»
Il gemello annuì, mentre Fred, imbarazzato
si scusava: «Non credevo che qualcuno avesse già premuto il pulsante per
accenderlo...»
Kaito gli sorrise e il resto della serata
passò gradevolmente, ascoltando le reciproche stonature, mangiando e parlando
del più e del meno.
«Mi dispiace interrompere la festa, ma
dobbiamo proprio andare.»
I gemelli si lamentarono in coro: «Nooo... ancora cinque minuti!»
«Ve li ho già concessi le ultime quattro
volte che me li avete chiesti... se non vi faccio prendere... l’aereo, poi vostra madre sgrida me. E
me la ricordo bene la sfuriata che ha fatto a Ron due anni fa...»
I gemelli si guardarono complici: «E chi se
la dimentica? Ogni tanto gliela ripetiamo ancora al nostro povero
fratellino...»
Kaito fece loro l’occhiolino. Per fortuna
si erano ricordati di non nominare la Strillettera.
Usciti dalla metropolitana, Aoko fece un
gran sorrisone: «Penso che sia arrivato il momento dei saluti.»
«Già.»
Aoko e Sheridan si abbracciarono:
«Scrivimi, qualche volta.»
«Va bene. Se lascio la lettera a Kaito, che
poi manda tutto a sua madre, va bene lo stesso?»
«Benissimo, io e Chikage
ci sentiamo spesso.»
Sheridan fece l’occhiolino a Kaito. Meglio
non cominciare una conversazione via gufo con Aoko!
Fred e George, invece di salutarla, le
fecero segno di aspettare. Uno alzò le maniche della giacca per poi
riabbassarle, l’altro ci mise dentro le mani e tirò fuori due fazzoletti, uno
rosso e uno giallo, rigorosamente i colori di Grifondoro.
«Olè!»
Kaito si sbatté una mano sulla fronte,
mentre Aoko li guardò perplessi. Accidenti, quel trucco lo sapeva pure lei...
se i suoi compagni erano così indietro, povero
Kaito!
I ragazzi le porsero i due fazzoletti
colorati: «Per te. Tienili come nostro ricordo.»
Aoko, un po’ imbarazzata, li prese:
«Grazie... eh?»
Dai due fazzoletti uscì una ranocchia
marrone, che immediatamente saltò via. La ragazza rise.
«Complimenti, non me l’aspettavo! Kaito usa
sempre le colombe...»
I due gemelli, da consumatissimi
uomini di spettacolo s’inchinarono davanti alla loro spettatrice.
«Prendetevi cura di Kaito.»
I due gemelli afferrarono il prestigiatore
e gli scompigliarono i capelli: «Accettiamo la missione, madamigella, conta
pure su di noi!»
Aoko rise ancora: «Vi aspetterò al vostro
prossimo viaggio in Giappone.»
«Ci contiamo.»
La ragazza fece l’occhiolino: «O magari la
prossima volta vengo io in Inghilterra, che ne dite?»
I Malandrini ebbero un attimo di imbarazzo:
«Ehm... chissà...»
Aoko sorrise: «Buon viaggio di ritorno!»
Poi salutò Kaito con la mano: «Noi, invece,
ci vediamo domani?»
«Va bene. Buona serata, ciao!»
Il gruppetto salutò la ragazza che si
allontanava verso casa, chi con la mano, chi, come i gemelli, con il fazzoletto
bianco, fingendo lacrime di commozione. Solo quando Aoko fu fuori portata
d’orecchio, Kaito ridacchiò: «Carino, il trucco con la Cioccorana.»
«Il regolamento ci vieta di fare magie
fuori da scuola ancora per quest’anno, ma non di aprire una confezione di dolci
mentre nessuno guarda...»
«Penso che potreste davvero diventare dei
bravi prestigiatori, la manualità non vi manca. Dai, torniamo da Akako. Ah, giusto, a proposito di souvenir...»
Esattamente come aveva fatto a pranzo con
il finto ramoscello di ciliegio, Kaito tirò fuori un paio di bacchette per uno.
«Se volete continuare ad esercitarvi...
altrimenti, se proprio vi arrendete...»
Allo stesso modo estrasse anche un paio di
forchette di plastica, che porse ai gemelli.
«No, scusa... avevi le posate?»
«E perché non ce le hai date prima?»
«Mi divertivo troppo a vedervi litigare con
le bacchette...»
Il percorso fino a casa di Akako lo fecero correndo, con Kaito che cercava di scappare
da Fred e George, intenzionati a picchiarlo, e Sheridan che li seguiva per non
rimanere indietro.
«Sei proprio sicuro?»
«Sicurissimo.»
«Il Campionato mondiale di Quidditch è
un’occasione unica! Se è per i biglietti puoi stare tranquillo, papà al lavoro
non ha alcun problema a procurarsene uno in più per te!»
Kaito sorrise: «Vi ringrazio, ma lo sapete,
il Quidditch non mi piace e vorrei approfittare del tempo disponibile per stare
un po’ a casa.»
Sheridan annuì: «Tranquillo, non ci vado
neanche io... i miei vogliono partire proprio in quel periodo.»
Fred si arrese: «Capisco... era una bella
occasione per rivederci.»
Il prestigiatore incrociò le braccia:
«Davvero non vi basta tutto l’anno scolastico? Da settembre ci vedremo tutti i
giorni...»
Akako tossì: «Allora? Per quanto devono andare
avanti questi convenevoli?»
Kaito sospirò: «Andate, dai. Ci rivediamo a
settembre!»
«Ti aspettiamo! Ciao!»
«Ciao!»
Quando anche l’ultimo Malandrino sparì
nelle fiamme verdi, Kaito sospirò di sollievo. Nonostante i mille imprevisti,
era filato tutto sostanzialmente liscio.
«I patti sono patti, Kaito. Da qui in poi
tutto come prima.»
«D’accordo. Alla prossima, Akako.»
Kaito si avviò verso casa, ripensando
all’intera giornata, a tutto quello che era stato detto e fatto. Davvero erano
riusciti a non far sospettare di nulla Aoko?
Arrivato sulla porta di casa,
inaspettatamente trovò sua madre ad attenderlo.
«Allora, i tuoi amici sono partiti?»
Kaito entrò in casa: «Sì, tranquilla, è
tutto a posto.»
Chikage, alle sue spalle, sorrise un po’
tristemente: «Capisco.»
Poi assunse improvvisamente un’aria allegra
e un po’ civettuola: «Ah, Kaito?»
«Sì?»
«Volevo avvertirti che quando partirai per
andare a Hogwarts, partirò anch’io.»
Kaito la guardò sorpreso: «E dove vai?»
La donna finse di essere pensierosa: «Credo
a Las Vegas... là ci sono un bel po’ di aitanti prestigiatori...»
Il ragazzo si preoccupò: «Ehi, ehi, un
attimo! Non starai mica cercando un nuovo marito?»
«Sono ancora una bella donna, penso di
avere il diritto di potermi ancora guardare intorno, no?»
Kaito la guardò spiazzato, e Chikage continuò: «Stai tranquillo, continuerò a inviarti
tutto, come ho sempre fatto. Non cambierà nulla.»
Si avvicinò come per dare un bacio sulla
guancia al figlio. Con sorpresa di Kaito, però, la madre invece gli sussurrò
all’orecchio: «E perdonami, se puoi...»
«Perdonarti di cosa?»
Ma invece di rispondergli, la donna si
chiuse nel bagno. Kaito bussò.
«Ehi, perdonarti di cosa? Stavi scherzando
prima con la storia del cercarti un altro marito, vero? Mamma! Mamma! E
rispondimi!»
Inutile, già lo sapeva. Se sua madre aveva
deciso di fare la misteriosa, non gli avrebbe mai risposto. Il ragazzo, stanco,
si limitò a sospirare.
«Mamme... chi le capisce è bravo!»
E rieccomi qua! E con questo abbiamo
concluso anche il Prigioniero di Azkaban... e non mi
dite che non avete nulla da leggere, stavolta!
Intanto una piccola nota: il tour giapponese che avete appena
letto è realistico e davvero realizzabile in due giorni. Per realizzarlo ho
chiesto aiuto a una mia amica (grazie Noemi!) che è
stata davvero in Giappone e con cui ho concordato luoghi da visitare, tempi di
visita, orari... eravamo arrivate al punto tale da discutere del prezzo dei
biglietti della metropolitana! XD
Mi sono anche procurata delle guide turistiche, cartine,
fotografie e mi sono persino vista un paio di TG in giapponese (non capendoci
una parola), per cercare di ricreare al meglio l’atmosfera e lo spaesamento per
persone che, come me, non conoscono il paese del Sol Levante ma ne subiscono il
fascino... oltre ovviamente alla confusione da “mondo babbano”
di Fred e George! Insomma, ce l’ho messa tutta per scriverlo, spero che renda e
che vi piaccia!
Alcune note sul capitolo: a un certo punto compare un
personaggio con la spada, che viene poi cercato da un gruppetto accompagnato da
una tigre. Si tratta di una citazione a un altro manga di GoshoAoyama (l’autore di Kaito Kid), ovvero Yaiba, la storia, ambientata tra l’altro nello stesso periodo
di quella di Kid (nei rispettivi manga di trovano riferimenti a vicenda) di un piccolo
samurai legata alle spade delle divinità Fujin e Raijin... quando ho visto che nel tempio c’erano proprio le
loro statue, non ho resistito all’idea di inserirlo per un piccolo cameo.
Potete trovarlo anche nel primo OAV di Detective Conan (anche se, lasciatemelo
dire, è veramente pessimo... hanno riadattato un capitolo crossover fra Kaito
Kid e Yaiba aggiungendo a forza anche Conan, che all’epoca
non era nemmeno stato creato...). L'apparizione dei cosplayer di Lupin III è una citazione al film "Detective Conan VS Lupin III", dove Lupin si traveste da Kid (e dove giustamente lui si vendica sul finale). L’altra nota è legata al viaggio a Las Vegas
di Chikage. Il motivo principale della sua partenza,
in realtà, è permettermi di allineare la storia agli ultimi sviluppi del manga
e dell’anime. Nel manga originale, la mia base per questa storia, era una
casalinga; nelle ultime storie l’autore ha deciso di farla diventare una
giramondo, e quindi mi sono adeguata... Gosho, Gosho, mi farai impazzire con questi tuoi cambiamenti!
Dunque, intanto devo ringraziare la marea di recensioni (avete
raggiunto il record del primo capitolo, grazie!) al capitolo precedente,
quindi, uno per uno: Elelali_chan, sophi33, Lunaby, mergana,
_SayayMagicSuicune_, Fogli, Zoey Charlotte Baston e darkroxas92.
Un’informazione di servizio per concludere: probabilmente i
capitoli di questa e delle altre storie in corso subiranno un rallentamento,
non per cattiveria né per mancanza d’ispirazione, anzi, ma perché quest’anno
sarà davvero tosto, devo, oltre che i soliti esami e pasticci universitari,
scrivere anche la tesi di laurea, quindi le fan fiction, a malincuore,
finiranno un pochino in secondo piano. Ma tranquilli che non vi abbandono!
Dunque, dovrei aver detto tutto. Vi aspetto al prossimo capitolo...
si ritorna già a scuola! Ma credete davvero che questo andirivieni fra il
Giappone e l’Inghilterra passi inosservato a chi è già sospettoso di natura?
La donna
guardò preoccupata il ragazzo: «Ne è proprio sicuro, signorino? È un lungo
viaggio.»
Dopo aver
guardato a lungo un orologio a cipolla, sospirando le diede un bacio sulla
fronte: «Non devi preoccuparti di nulla, tata. Dopotutto fino a poco tempo fa era
un viaggio che facevo abitualmente, no? Sai come sono fatto, devo arrivare a
fondo del mistero.»
La tata
si arrese con un sorriso stanco: «Lo so bene, signorino. Non mi resta che
augurarle buon viaggio.»
«Ti
ringrazio, tata.»
Il
ragazzo prese i bagagli e si diresse verso il check-in, non prima di aver
controllato un’ultima volta l’orologio: «Sono le 16, 24 minuti e 12 secondi...
tra esattamente otto ore scoprirò il tuo mistero, Kaito Kuroba, parola di HakubaSaguru.»
Facendo
attenzione a nascondere i suoi biondi capelli sotto il cappello, il detective
si accomodò al suo posto. Usufruendo del computer di suo padre, ispettore capo
della polizia di Tokyo, era riuscito a scoprire che il suo ex compagno di
classe aveva comprato un biglietto aereo per l’Inghilterra e immediatamente
aveva provveduto a fare lo stesso acquisto, premunendosi di prenotare un posto
abbastanza lontano da non essere notato, ma non troppo da non poter tenere
d’occhio chi doveva pedinare. Questa volta non era interessato a trovare le
prove definitive per poterlo accusare di essere Kaito Kid. Quello che più aveva
tormentato la mente di Hakuba era capire dove andasse Kuroba tutti gli anni.
Aveva rivoltato i programmi di tutti i college e gli istituti scolastici della
Gran Bretagna, ma in nessuno di essi aveva trovato anche un minimo riferimento
a corsi di prestidigitazione. Se avesse semplicemente deciso, come lui anni
prima, di frequentare un normale college per migliorare l’inglese, non ci
sarebbe stato motivo di nasconderlo. E allora, cosa mai andava a fare per tutti
quei mesi? Le ipotesi erano state tante, le più disparate e quasi fantasiose; a un certo punto era
arrivato a credere che il corso che il ragazzo andasse a frequentare fosse un
aggiornamento per ladri. Ma ormai il tempo delle ipotesi era finito. Era
arrivato il tempo delle risposte.
Hakuba si
concesse un sorrisino, molto piccolo. Il decollo si era svolto senza problemi
e, a distanza di tre ore, Kuroba sembrava non essersi accorto della sua
presenza. Il grosso giornale in lingua inglese non impediva al detective di
controllare come occupasse il tempo il suo bersaglio e rimase sorpreso nel
vederlo prendere dei fogli e ripassare, come un comune studente. Sarebbe stato
interessante poter leggere cosa ci fosse scritto, ma avvicinarsi ulteriormente
sarebbe stato un azzardo che non aveva la minima intenzione di compiere. Un
dettaglio, però, lo incuriosì non poco: ogni tanto, fra fogli di carta comuni,
faceva capolino un foglio decisamente diverso, più spesso e giallognolo, tenuto
arrotolato come un papiro. Per un attimo li aveva scambiati per pergamene
antiche, magari trafugate, ma osservandole meglio aveva dovuto ricredersi, quei
fogli non erano poi così vecchi né rovinati. Tuttavia il dubbio gli era
rimasto: di che materiale si trattava? Dove poteva esserselo procurato Kuroba?
E, soprattutto, cosa ci era scritto di così importante da costringere il
ragazzo a rileggerli più e più volte?
Dopo che
il pasto fu servito, il prestigiatore controllò ancora un paio di volte i suoi
fogli, per poi ritirare tutto e mettersi a dormire. Il suo sonno però non fu
dei più tranquilli. Benché lo stesso Saguru si fosse
concesso un pisolino, il detective si risvegliò istintivamente all’udire il
sonno di Kuroba farsi sempre più agitato. Il ragazzo si muoveva borbottando
qualcosa d’indistinto. Forse a un certo punto Hakuba
aveva potuto distinguere in quei borbottii la parola “papà”, ma non sarebbe stato così sicuro da poterlo testimoniare in
tribunale. Quello di cui invece poté essere certo fu il risveglio brusco di
Kuroba, che si drizzò a sedere di colpo, madido di sudore e con il fiatone. Il
ragazzo rimase lì ancora per qualche secondo, poi prese un fazzoletto, si
asciugò la fronte e dopo averlo riposto nell’apposito cestino, si girò
dall’altra parte e si rimise a dormire come se nulla fosse successo, e così
fece anche Saguru.
Hakuba aveva
con sé solo uno zaino, in modo da poter viaggiare leggero e, soprattutto,
evitare il recupero bagagli e non perdere mai di vista il suo obiettivo.
Kuroba
invece impiegò molto tempo a recuperare un carrello per i bagagli e Saguru ne comprese il motivo solo quando lo vide ritirare,
con non poca fatica, un enorme baule e una gabbietta contenente una colomba. Il
detective ne rimase perplesso. La colomba poteva capirla, nel mestiere del
prestigiatore poteva effettivamente essere utile, ma il baule? Aveva visto
molte volte i “bauli” che i prestigiatori usavano per numeri come quelli delle
persone scomparse o tagliate in due, ma in realtà l’unica cosa che avevano in
comune con gli oggetti comunemente reperibili era la forma a parallelepipedo,
perché erano dotati di doppi fondi e apposite fenditure dove infilare spade e
coltelli. Quello, invece, era un baule vero e proprio, e a giudicare dalla
fatica con cui Kuroba lo spingeva, era anche ben riempito.
«Dai,
Aoko, su, ancora un po’ di pazienza, tra un po’ potrò farti uscire dalla
gabbia...»
Saguru si
concesse un sorriso amaro all’udire il nome della colomba. Con Nakamori faceva tanto il duro, e poi...
Con
discrezione aspettò che il ragazzo riuscisse a caricare il baule nel bagagliaio
del taxi, poi salì a sua volta su un’altra vettura.
«Segua quel
taxi. Avrà una mancia extra se riuscirà a non perderlo di vista.»
L’inseguimento
proseguì senza intoppi. Il taxi si fermò davanti alla stazione ferroviaria di King’s Cross, e prima che Kuroba scaricasse i suoi bagagli
su un altro carrello, Saguru ebbe tutto il tempo di
pagare l’autista ed appostarsi in modo da non perderlo di vista. Il
prestigiatore spingeva il carrello usando tutte le sue forze e controllando
freneticamente l’orologio. L’occhio del detective andò al tabellone dei treni
in partenza. Per correre in quel modo, Kuroba doveva essere in ritardo e gli
unici treni in partenza erano uno diretto a Bristol e un altro in partenza per
Glasgow. Tuttavia il ragazzo andò in tutt’altra direzione, verso i binari nove
e dieci, da cui non sarebbe partito nessuno dei due treni in questione.
L’attenzione di Saguru venne attirata dalla quantità
di gente che si affollava verso quei due binari nonostante non ci fossero treni
in imminente partenza. Un paio di ragazzini avevano persino un baule e una
gabbia contenente un volatile, esattamente come Kuroba. Il suo istinto di
detective gli stava gridando a gran voce che era sulla strada giusta per
scoprire il mistero. La folla, però, rendeva molto più difficile il suo
pedinamento. Decise di rischiare e si avvicinò ulteriormente. Ecco, ora poteva
vedere distintamente Kuroba che, rimasto l’unico in giro con baule e gabbietta,
si guardava intorno sospettoso un paio di volte, prima di prendere un profondo
respiro e...
Saguru si
strofinò gli occhi un paio di volte. Cos’era
successo? Dov’era finito Kuroba?
L’aveva
visto avvicinarsi al muro e poi... puff, sparito!
Il
detective s’impose la calma. Non doveva scordarsi che quel ragazzo, prima di
essere Kaito Kid, era un prestigiatore, e per questa categoria di individui la
sparizione era tutt’altro che impossibile. Forse si era accorto di essere
seguito e aveva provato a seminarlo così. Si avvicinò al muro fra i binari nove
e dieci e lo osservò con attenzione. Niente giochi di specchi, né illusioni
ottiche, quello sembrava essere proprio un solido muro. Ma quando fece per
toccarlo per accertarsene, la sua mano oltrepassò quelli che sembravano essere
in tutto e per tutto solidi mattoni e quasi lo trascinò dentro con sé. Passato
il momento di sfasamento dovuto alla perdita dell’equilibrio, per Saguru fu impossibile mantenere la sua classica espressione
neutra. Il suo volto solitamente impassibile si permise il lusso di aprire
leggermente la bocca e di sbarrare gli occhi: là, nascosto in una maniera che
per il momento il detective non sapeva spiegarsi, era celato un binario intero,
comprensivo di folla, vestita con fogge quantomeno curiose, e di un enorme
treno storico a vapore, che sbuffava pronto alla partenza. Il detective
inghiottì a vuoto un paio di volte: di prestigiatori bravi ne aveva visti, ma
non così tanto da riuscire a far sparire un intero binario! Per la prima volta
nella sua vita, dovette ammettere a se stesso di essere rimasto completamente
spiazzato. Restò per qualche minuto a guardarsi intorno, alla disperata ricerca
di un trucco, uno qualunque che potesse giustificargli la comparsa improvvisa
di tutto quello, fino a che il fischio del treno lo risvegliò. Forse Kuroba si
stava effettivamente dirigendo in un istituto per prestigiatori di alto,
altissimo livello per poter tentare un trucco del genere. Ormai era giunto fino
a quel punto e c’era solo un modo per poter venire a capo della questione;
mescolandosi ad altri ragazzi, Saguru salì sul treno
che alle undici in punto partì. Solo quando la vettura si mosse, il detective
notò la denominazione di quel binario fantasma.
«Nove e
tre quarti? Cos’è, uno scherzo?»
Ma non
ebbe il tempo di controllare una seconda volta, perché il treno curvò verso
dolci collinette verdi. Saguru, ancora affacciato al
finestrino, alzò la testa: nuvole scure si stavano addensando sopra le loro
teste, preannunciando un brutto temporale. Il ragazzo ritirò la testa,
prendendo un profondo respiro e controllando, come sua abitudine, il
cipollotto.
«Sono le
11, 3 minuti e 7 secondi... è ora di scoprire il mistero.»
Kaito si
abbandonò sul sedile, tutto sudato: «Appena in tempo...»
Sheridan
sospirò: «Se tardavi ancora qualche minuto non ce l’avresti fatta, lo sai,
vero?»
«Non è
colpa mia se l’aereo ha tardato il check-in! E con il traffico per strada...
comunque, grazie ancora per avermi preso il materiale a DiagonAlley.»
La
ragazza sorrise: «Prego.»
«Appena
mi specializzo ancora un pochino nella Smaterializzazione non dovrei più avere
questo problema.»
Fred si
avvicinò, con aria seria: «A proposito di problemi, Kaito...»
George
fece lo stesso: «... ci servirebbe un consiglio... tecnico.»
Kaito li
guardò perplesso: «Se posso...»
I gemelli
abbassarono la voce: «Sappiamo che sei un ladro, ma come te la cavi con le
truffe?»
«Perché
noi ne abbiamo subita una durante il Mondiale di Quidditch e vorremmo trovare
una soluzione.»
Il
prestigiatore sorrise: «Seria o malandrina?»
«Tu cosa
suggerisci?»
Saguru si
aggirava sul treno, sbirciando curioso negli scompartimenti dal corridoio. Più
passava il tempo e più si stava convincendo che forse Kuroba non aveva mentito.
Molti ragazzi, d’età media però decisamente più piccola di quanto si fosse
aspettato, sembravano effettivamente esercitarsi in vari trucchetti,
sempre utilizzando una bacchetta di legno, per fare scena. Aveva assistito a
una levitazione decisamente ben fatta, i fili trasparenti non si erano visti
neanche in controluce. Si era dovuto appiattire contro una parete per non farsi
notare da una signora, in abiti decisamente kitsch, che spingeva quello che
sembrava essere un carrello portavivande dai prodotti colorati, che il ragazzo
non era stato in grado di riconoscere al volo. Si rese conto che più il tempo
passava e meno facile sarebbe diventato per lui confondersi fra i passeggeri:
avevano infatti iniziato ad indossare delle divise nere, di cui lui era
ovviamente sprovvisto. Doveva approfittare di tutto il tempo che gli rimaneva
per riuscire a scoprire quante più informazioni possibili. Prese il telefono,
deciso a controllare con il GPS la sua esatta posizione. Non riusciva ad
orientarsi, tra il temporale in arrivo, i finestrini appannati, le
scenografiche lanterne che erano state accese, di cui però non comprendeva
l’effettiva utilità, e il panorama che sembrava essere sempre tutto uguale. Il
cellulare, tuttavia, non diede segno di vita. Saguru
alzò un sopracciglio. Non poteva essersi già scaricata la batteria, l’aveva
ricaricata sull’aereo! E poi, ad osservare bene lo schermo, non era
completamente nero, ma appariva a momenti alterni qualche pixel bianco, come se
stesse facendo le bizze. Sospirando, rimise il telefono in tasca. Avrebbe messo
anche questa in conto a Kuroba, eccome!
Si rimise
in movimento, alla ricerca di qualche indizio. Un gruppo di ragazzini attirò la
sua attenzione: era il classico gruppetto di bulli che sembrava volersela
prendere con uno studente più piccolo. Uno degli aggressori tirò fuori la
bacchetta di legno e la puntò contro la vittima, esclamando qualcosa che a Saguru sfuggì. Immediatamente sul volto del ragazzo
iniziarono a comparire delle bolle rossastre e purulente, che fecero trasalire
il ragazzo. Eh no, qua era qualcosa di più di uno scherzo di cattivo gusto.
Forse avrebbe dovuto intervenire, ma una domanda continuava a tormentarlo: come aveva fatto? Sì, esistevano
sostanze irritanti, ma non ad effetto così rapido. E anche se gliele avesse
messe in precedenza, come poteva prevedere in modo così preciso il momento
dello sfogo? C’era qualcosa che non gli quadrava. Fece per avvicinarsi ai
ragazzi per chiedere spiegazioni, quando un ragazzo più grande si avvicinò
scacciandoli, per poi chinarsi sulla vittima. Dopo averla consolata, tirò fuori
a sua volta la bacchetta e, bofonchiando qualcosa, la puntò nuovamente verso il
ragazzo: le pustole sparirono immediatamente senza lasciare traccia alcuna. Saguru deglutì nuovamente a vuoto, cercando di mantenere la
calma. Come? Come era possibile far
apparire irritazioni cutanee in modo tanto repentino e poi farle sparire così
subitaneamente, senza lasciare segni?
Tornò sui
suoi passi, cercando di mantenere la calma e la lucidità, ma un altro strano
fenomeno attirò la sua attenzione. All’interno di uno scompartimento un
gruppetto di ragazzini, con le ormai canoniche bacchette, era riunito attorno a
un topo. Uno disse qualcosa che nuovamente Hakuba non
comprese, e poi, sotto i suoi occhi, senza che nessuno si avvicinasse o toccasse
nulla, il topo si contrasse e mutò la sua forma, fino a diventare una sorta di
calice, ancora dotato però di pelliccia e coda.
Il
ragazzino si lamentò: «Oh no! Non mi riesce ancora bene... la McGranitt
stavolta mi trasfigura in un asino, altroché...»
Saguru rimase
senza fiato. No, stavolta non solo non aveva trovato il trucco, ma non aveva
nemmeno la più pallida idea di dove andarlo a cercare. Si allontanò nuovamente,
cercando un finestrino o un balconcino da dove prendere una boccata d’aria, ma
qualcosa gli saltò in mano all’improvviso. D’istinto l’afferrò al volo, per poi
osservarla con più attenzione: era una ranocchia marrone, che si dimenava fra
le sue dita. Nulla di strano, se non fosse stato per il dolce profumo familiare
che emanava...
Un
ragazzino uscì dallo scompartimento adiacente: «Oh, hai preso la mia Cioccorana! Ti ringrazio!»
Hakuba fece due
più due: «Questa... è una rana... di
cioccolato?»
Il
ragazzo gli restituì lo sguardo più innocente di questo mondo: «Certo! Anzi,
aspetta...»
In un
lampo la strana rana gli fu tolta dalle mani e il ragazzo la spezzò a metà:
«Tieni! Per ringraziarla di averla presa. Ciao, ci vediamo a Hogwarts!»
Saguru rimase
sconvolto da quello che gli era rimasto tra le dita: le zampe posteriori della
rana che aveva in mano, indubbiamente composte da puro cioccolato, che si
dimenavano ancora, come fossero vive.
Il suo
volto perse la sua naturale impassibilità, permettendosi una smorfia, mentre il
suo colorito divenne improvvisamente verdognolo.
Kaito
bussò un paio di volte alla porta dello scompartimento, poi entrò, seguito a
ruota da Sheridan: «Possiamo?»
Hermione
li accolse con un sorriso, abbassando il libro “Manuale di Incantesimi,
volume quarto”: «Certo,
entrate pure. Qua si parla solo di Quidditch...»
Kaito
alzò gli occhi al cielo, notando solo allora Harry, Ron, Seamus,
Dean e Neville: «Ancora? E io che sono scappato da Fred e George proprio perché
avevano cominciato a discutere di statistiche con Lee Jordan...»
Una
parola del discorso dei ragazzi attirò l’attenzione di Sheridan, che iniziò a
intervenire nella discussione. Kaito sospirò: «Alé, ho perso pure lei...»
Hermione
rise, per poi fargli posto affianco a lei. Il prestigiatore le chiese: «Tu
invece cosa fai?»
La
ragazza mostrò il libro: «Cerco d’imparare un incantesimo di Appello.»
Kaito
ridacchiò: «Utile per gli insegnanti, senza dubbio.»
La
ragazza lo fulminò con lo sguardo e il prestigiatore la rimbeccò: «E dai, non
si può neanche più scherzare, adesso? Sei troppo seria, alle volte! Capisco che
con quello che vi capita ogni anno sei sempre in guardia...»
«In che
senso?»
«E me lo
chiedi? Ogni anno avete a che fare con il
Tizio-Innominabile-Altrimenti-Scateni-Una-Fuga-Di-Panico-Di-Massa! Il primo
anno c’è stato il fantasma nel diario, poi il topo-traditore...»
Hermione
sorrise: «Ti sei perso l’anno prima che tu arrivassi ad Hogwarts... lì Harry lo
ha incontrato faccia a faccia!»
«Ecco,
grazie, questa mi mancava. Allora, cosa faceva quella volta il nostro Stregone
Oscuro preferito?»
«Cercava
di mettere le mani sulla Pietra Filosofale.»
Kaito si
mostrò incuriosito: «Di cosa si tratta?»
Hermione
sembrava non aspettare altro che di poter cominciare una dettagliata
spiegazione: «È una pietra rossa con
la quale è possibile distillare l’Elisir di lunga
vita. È stata creata da Nicolas Flamel, che
grazie ad essa è rimasto in vita per...»
Ma Kaito
non l’ascoltava più: «Scusa un attimo... Elisir
di lunga vita? Una cosa che rende... immortali?»
«Bé, sì,
finché lo si assume... dopodiché si muore, naturalmente. Con la distruzione
della Pietra, infatti, Flamel e la moglie sono morti
e...»
Kaito
sembrava sempre più concitato: «Distrutta?»
Hermione
era confusa: «Sì... Harry l’ha polverizzata per impedire a Tu-Sai-Chi
di prenderla.»
«E... per
caso questa Pietra era contenuta in un gioiello? Magari di grosse dimensioni?»
«No,
Harry l’ha presa da dentro uno specchio... ma Kaito, che ti succede? Perché sei
così agitato?»
Hermione
non poteva capire perché il prestigiatore avesse perso d’un tratto la sua
faccia da poker. Quella Pietra Filosofale aveva fin troppe similitudini con
Pandora: colore, potere... d’accordo, era stata trovata in uno specchio e non
in un gioiello, ma in fondo la sua unica fonte era una frase ascoltata di
nascosto dagli assassini di suo padre, non aveva idea di dove potessero aver
reperito l’informazione. Magari era stata tradotta o compresa male, non era
impossibile...
Se
davvero le cose fossero state come diceva Hermione, tutto avrebbe perso senso: l’esistenza
stessa di Kaito Kid, i furti, la sua iscrizione ad Hogwarts... poteva essere
stato tutto inutile, perché forse Harry aveva collateralmente svolto per lui il
suo compito ben prima di conoscerlo. E allora che senso avrebbe avuto
continuare?
«No,
scusami, Hermione, mi hai solo fatto tornare in mente una vecchia storia... ti
lascio studiare in pace, scusami.»
«Sicuro
che vada tutto bene?»
«Sì, stai
tranquilla. Magari, se puoi, mandami Sheridan, quando ha finito di parlare di
Quidditch.»
«Va bene,
a dopo.»
Kaito
sospirò leggermente uscendo dallo scompartimento. Un'altra cosa da mettere in
conto alla famosa chiacchierata con il preside che l’attendeva da un anno. Si
guardò intorno, malinconico. Stava davvero prendendo a cuore la faccenda di
Kaito Kid, se gli sembrava persino di vedere Saguru
poco più avanti nel corridoio...
Strinse
gli occhi per mettere a fuoco la figura nella penombra. Eh no, quella non era
un’allucinazione. Quello era davvero Saguru!
«Saguru!»
Il
ragazzo lo fissò con aria terrorizzata, per poi darsela a gambe levate. Solo in
quel momento Kaito realizzò la gravità della situazione. Un Babbano sull’Espresso di Hogwarts! Questa
la McGranitt non gliel’avrebbe perdonata, poco ma sicuro.
Con
malagrazia, Kaito riaprì lo scompartimento, afferrò per il braccio la povera
Sheridan e, ignorando altamente le sue proteste, la trascinò fuori.
«Presto,
vai ad avvertire qualcuno! Uno dei detective che mi sta sempre alle costole è
qui!»
«Qui? Sul treno?»
Kaito
alzò lo sguardo: «No, guarda, qui,
nel nostro stesso universo! E dove, sennò? Muoviti, io cerco di fermarlo prima
che faccia troppi danni!»
Sheridan
si fece subito seria: «Corro!»
Kaito
attraversò il corridoio a falcate. Come aveva fatto quel testone di Saguru ad arrivare fino a lì? Da quel che sapeva Hogwarts
era ben fornita di incantesimi per fermare le persone non dotate di poteri
magici. A meno che il famoso gufo non si fosse perso per strada anche il
detective rompiscatole, ma ne dubitava fortemente.
«Saguru! E dai, fermati, che ti prende?»
C’era
qualcosa di decisamente anomalo, non era da lui comportarsi così. Cosa poteva
essere successo? A parte trovarsi in un treno pieno di maghi e inseguito da chi
di solito doveva essere cacciato... situazione ironica, a pensarci bene, ma non
era il momento di perdersi in battute.
Il
detective non rallentò per nulla, dirigendosi con decisione verso il fondo del
treno. Solo quando, aprendo l’ennesima porta, si ritrovò di fronte a un piccolo
balconcino esterno capì che la sua corsa era finita. Kaito lo raggiunse in
pochi secondi e si mise di fronte a lui, bloccandogli ogni via di fuga. Aveva
finalmente iniziato a piovere e i due ragazzi stavano per inzupparsi ben bene,
ma la cosa in quel momento era secondaria. Il prestigiatore guardò preoccupato
l’ex-compagno di classe. Il ragazzo biondo era agitato come mai l’aveva visto
prima di quel momento: era pallido, con gli occhi sbarrati all’inverosimile,
tanto che quasi sembrava potessero uscirgli dalle orbite, e tremava
visibilmente. Il prestigiatore iniziò a pensare che il ragazzo volesse fare
qualche gesto estremo, e si tenne pronto, con ogni muscolo e con ogni nervo
teso e pronto a scattare, per impedirglielo.
Nonostante
il sincero spavento, Kaito s’impose la faccia da poker e mostrandosi molto più
tranquillo di quanto in realtà non fosse, chiese: «Saguru,
cosa ci fai qui?»
La
risposta del detective lo face trasalire dalla sorpresa. Il tono con cui Hakuba parlò, infatti, era a dir poco isterico.
«Cosa ci
faccio io qui? Me lo sto chiedendo
anch’io, da un po’... ma potrei dirti lo stesso: cosa ci fai tu qui?»
Kaito
stava cercando il modo più pacato per rispondergli, ma Saguru
non gliene lasciò il tempo e riprese a parlare in modo ancora più concitato:
«Tu sei uno di loro, vero? Certo,
certo che lo sei, hai la stessa divisa...»
Il
prestigiatore si decise ad intervenire: «Per favore, calmati. Cos’è successo?»
«Io
volevo solo sapere dove andavi tutti gli anni... non esiste una scuola per
prestigiatori in Inghilterra, l’avevo appurato, ne ero certo... forse, ora non
so più di cosa essere certo. Ti ho seguito, sì... ti ho pedinato, il
pedinamento è la base di ogni buon detective, no? Sono arrivato a King’s Cross e lì sono iniziate le stranezze...»
Kaito
faticò a mantenersi calmo, mentre Saguru continuava
il suo sproloquio isterico: «Ti ho visto... attraversare
un muro! Semplice, mi sono detto, un banale gioco di specchi, un ologramma
ben costruito, tutte cose che i prestigiatori sono in grado di fare... ma poi
ci sono passato anch’io attraverso quel muro e ho trovato... un binario! Un binario intero che prima
era totalmente invisibile! A quel punto la tesi della scuola per prestigiatori
prendeva corpo, perché per nascondere questo
treno...»
E batté
il piede a terra un paio di volte, come per assicurarsi che fosse reale.
«...
bisognava essere molto più bravi di come fossi tu. Così sono salito, per
scoprire dove andassi... e qua... qua ho
cominciato ad impazzire!»
Di colpo
il detective lo prese per il bavero: «O almeno, dimmi che sono pazzo, Kuroba, perché non posso aver visto quello che ho visto! Passi la levitazione o il
cambio di colore, sono cose che voi prestigiatori fate continuamente... ma i
brufoli che appaiono e scompaiono in due secondi! Brufoli veri, non finti! Li conosco i trucchi da palcoscenico, so
come si fanno, e quelli ti assicuro che non lo erano! E poi il topo che diventa
un calice, con tanto di coda che si muove ancora! E la rana...»
Kaito
iniziava un po’ a perdersi: «La... rana?»
Hakuba lo
sbatacchiò, come se l’altro non potesse capire la sua agitazione: «La rana di cioccolato! Che si muove! E non è finta,
oh no... l’ho spezzata a metà, c’è solo cioccolato e si muove ancora... niente fili, niente trucchi! Ma una cosa del
genere non può esistere... eppure ce l’ho qua, in tasca... e allora dimmi,
Kuroba, dimmelo tu, perché io non ci sto capendo più niente... cos’è questo posto?»
Il
ragazzo rimase spiazzato. HakubaSaguru,
uno dei più grandi e razionali detective esistenti... abbattuto
psicologicamente da una Cioccorana! E adesso? Cosa
doveva fare? Come poteva dirgli che quello a cui aveva assistito era solo una
minuscola parte di un mondo che andava ben al di là delle sue capacità logiche
e cognitive?
Un
fulmine illuminò il cielo a giorno e Kaito, con la coda dell’occhio, intravide
Hogwarts. Notò distintamente lo sguardo di Saguru
seguire la stessa direzione e il panico iniziò a travolgerlo. L’aveva vista?
Dalla sua reazione parve di no. Forse era troppo buio, forse bisognava sapere
dove guardare, o forse c’eraqualche
incantesimo a protezione delle persone non magiche. Mentalmente si rifiutava di
categorizzare Saguru come “Babbano”,
gli sapeva di dispregiativo, quando invece, nonostante tutti i loro trascorsi,
aveva un’alta considerazione del ragazzo. Proprio per questo, averlo lì, quasi
fra le sue braccia, indifeso come un neonato e in piena crisi di nervi, gli
faceva pena e impressione.
Prima di
parlare prese un profondo respiro, che sapeva più di acqua che di ossigeno. Il
treno stava già rallentando e la stazione di Hogsmeade era in vista.
«Capisco
che quello che mi hai raccontato ti abbia sconvolto, davvero. Io non ho reagito
molto meglio di te, la prima volta che ho visto questi strani fenomeni...
insomma, mi hanno trasformato l’armadio in un gatto.»
Saguru lo
guardò allucinato: «Eh?»
Kaito,
rimanendo in equilibrio nonostante la frenata del treno, a cui il detective non
fece praticamente caso, cercò di allontanarsi leggermente dal ragazzo e riprese
a parlare molto lentamente, per assicurarsi che il suo interlocutore
comprendesse e per poterne tenere d’occhio ogni mossa: «Per quanto possa
sembrarti assurdo, ho scoperto che esiste un mondo che funziona con regole ben
diverse da quelle logiche e razionali a cui siamo abituati. Un mondo in cui ti
sarebbe impossibile risolvere un caso come fai normalmente. Un mondo di cui,
mio malgrado, mi ritrovo a fare parte. Un mondo che si basa sulla magia.»
«Magia?»
«Già. E
non la magia a cui ti ho abituato io, qua possono fare cose che persino con i
miei trucchi sarebbero impossibili.»
«E anche
tu puoi fare questa magia?»
Kaito
ridacchiò: «In teoria a quanto pare sì, ma ammetto di non essere poi così
bravo. Me la cavo sempre meglio con i miei trucchi da saltimbanco.»
«Ma
allora, quando ci siamo scontrati...»
Kaito
scosse la testa: «Oh no, nei panni di Kaito Kid uso sempre e solo pura
prestidigitazione, te l’assicuro! Non mi piacciono le sfide disoneste, e con te
in particolare voglio combattere ad armi pari. Di qualunque meraviglia vedrai
uscire dalle mie mani potrai sempre scoprire il trucco, garantito!»
Il
ragazzo sospirò, prendendo una pausa, poi continuò: «Anche io inizialmente ero
molto scettico su tutto questo, ma se ho accettato di venire qui è solo per
poter scoprire la verità sull’assassinio di mio padre.»
«Di tuo
padre?»
«Già, il
famoso prestigiatore Toichi Kuroba, il primo Kaito
Kid, ucciso perché aveva scoperto qualcosa di fin troppo strano... qualcosa
probabilmente di magico. È stato messo a tacere, ma io voglio scoprire la
verità. Per questo ho indossato i suoi panni, per questo ho accettato di vivere
anche in questo mondo pieno di stranezze, meraviglie e pericoli. Sono convinto
che qui troverò le risposte che continuando ad agire come ho sempre fatto non
avrei mai trovato.»
Saguru impiegò
qualche minuto a comprendere davvero tutto quello che il prestigiatore, pardon, mago, gli aveva rivelato. Poi parlò, con un tono
finalmente più tranquillo: «Perché? Perché mi stai dicendo tutto questo?»
Kaito
allargò le braccia: «Perché hai vinto, Saguru! Hai scoperto
il mio segreto, anzi, hai scoperto il segreto di una comunità magica che si
nasconde da secoli! Complimenti, non era affatto semplice, sai? E quindi
pensavo che un premio ti fosse dovuto.»
«Allora
verrai a costituirti? Se hai iniziato la tua carriera di ladro solo per
scoprire gli assassini di tuo padre, posso aiutarti, in modo legale. Non
m’intenderò di... magia, ma a
risolvere casi di omicidio me la cavo molto bene.»
Kaito
sorrise, malinconicamente, mettendo con nonchalance una mano dietro la schiena:
«So che lo faresti, credo alle tue parole, ma non posso accettare la tua
offerta.»
«Perché?»
«Perché
purtroppo non sono io a decidere le regole del gioco, questa volta. Fosse per
me riconoscerei la mia sconfitta e ti seguirei, credimi, perché mi hai battuto
su tutta la linea. Ma ci sono delle regole e delle leggi che devo rispettare
anch’io. Mi dispiace, Saguru... credimi, non hai idea
di quanto mi dispiaccia. Scusa.»
E mentre
concludeva il conto alla rovescia con le dita dietro la schiena, Kaito si abbassò
di scatto, permettendo alla McGranitt di colpire Saguru
con un incantesimo. Il detective cadde a terra senza un fiato e il
prestigiatore si precipitò da lui per controllarne lo stato di salute.
«Puoi
stare tranquillo, Kuroba, l’ho solo schiantato. Rimarrà senza sensi per un
po’.»
Kaito
riprese a parlare inglese: «Complimenti per la mira, professoressa!»
La
professoressa però non sembrava in vena di grandi confidenze: «Credo che tu mi
debba qualche spiegazione, Kuroba. Chi è questo ragazzo e cosa ci fa qui?»
«Si
chiama HakubaSaguru ed è
un mio ex compagno di classe, di quando frequentavo la scuola babbana. Ha da sempre la fissa di voler fare il detective,
probabilmente non ha creduto alla bugia che mi sono inventato per poter venire
qui e deve avermi seguito per scoprire la verità. A proposito, non ci sono
degli incantesimi per evitare che le persone non magiche oltrepassino la
barriera a King’s Cross?»
La donna
sospirò: «Ovviamente, ma vengono abbassate per qualche minuto per permettere ai
genitori babbani degli studenti di poter accedere
alla banchina e salutare i figli in partenza. Il tuo amico dev’essere
riuscito a passare fortuitamente pochi secondi prima che riattivassimo il
blocco di sicurezza.»
Kaito
ridacchiò: «Nulla di cui stupirsi, con lui! Grazie per avermi lasciato finire
di parlargli, era sconvolto e non volevo lasciarlo così.»
«Ringrazia
la signorina Pumpkin, piuttosto, che ha avvertito il
macchinista e mi ha fatto precipitare fin qui. Per poco, scivolando sul
pavimento mentre correvo fuori dal castello per Smaterializzarmi in stazione,
non strozzavo la signorina Granger!»
«Mi
scuserò con entrambe appena possibile... ma ora cosa succederà a Saguru? Gli cancellerete la memoria, vero?»
«Ovviamente,
ma vista la gravità della situazione saremo obbligati a far intervenire il
Ministero... proprio quest’anno dovevamo avere una falla nella sicurezza...»
«Perché?
Deve succedere qualcosa di particolare?»
La
McGranitt sollevò Saguru con un WingardiumLeviosa: «Lo scoprirai al momento opportuno. In ogni
caso puoi stare tranquillo per la sorte del tuo compagno, probabilmente gli
faranno credere di averti perso di vista alla stazione, ma tu dovrai stare più
attento le prossime volte. Non ti saranno tolti punti per questa incresciosa
situazione ma, davvero, gradirei che i tuoi viaggi sull’Espresso siano un po’ più
tranquilli negli anni a venire.»
Kaito
trattenne una risatina. E la McGranitt non era a conoscenza del suo giretto in
deltaplano il primo anno!
«Farò del
mio meglio. La ringrazio ancora.»
Fuori dalla
stazione li attendeva Sheridan, già a bordo dell’unica carrozza rimasta, per
ripararsi dalla pioggia battente. Kaito salì a bordo, seguito immediatamente
dalla professoressa e da Saguru, che venne accomodato
su uno dei sedili. Immediatamente le porte si chiusero e la carrozza partì.
Dopo
qualche minuto di silenzio, Kaito provò a chiedere: «Mi scusi, ma se io
imparassi come si deve la Smaterializzazione, non potrei presentarmi subito
davanti alla scuola?»
O magari direttamente in Sala Grande per il
banchetto, aggiunse mentalmente.
«No,
Kuroba, non sarai ammesso se non ti presenterai alla stazione passando dalla
barriera e non salirai sull’Espresso.»
«Peccato,
era per evitare altri problemi con Saguru...»
La
professoressa concesse un minuscolo sorrisino stanco: «Tu comincia ad imparare,
eventualmente si troverà una soluzione. Ecco, finalmente siamo arrivati. Voi
dirigetevi immediatamente in Sala Grande, io porterò il signorino nel mio
ufficio e vi raggiungerò per la cerimonia di Smistamento. Dopo di questa,
chiamerò il Ministero...»
Per un
momento Kaito ebbe un po’ di sensi di colpa. Involontariamente aveva
contribuito ad aumentare non poco il lavoro dell’insegnante.
La
professoressa si allontanò portando con sé Saguru.
Kaito e Sheridan si guardarono per qualche secondo, prima di concedersi un
sorriso.
«Bé, è
andata bene, no?»
«Ti è
andata di extra lusso, hai idea di quanto hai rischiato stavolta?»
«Il
rischio è il mio mestiere!»
La
ragazza gli tirò un pugno sulla spalla: «Ma non il mio.»
Il
prestigiatore le sorrise: «Su, dai, farò più attenzione, va bene? Adesso
entriamo, però, ci staranno dando per dispersi.»
I due
Grifondoro varcarono l’ingresso. La Sala Grande era magnifica come sempre, solo
il cielo sopra le loro teste era annuvolato come mai prima d’ora. Con la coda
dell’occhio il ragazzo notò che al tavolo dei professori c’erano parecchie
sedie libere, ma ad attirare la sua attenzione furono soprattutto due gemelli
dai capelli rossi che agitavano le mani, indicando due posti vuoti in mezzo a
loro.
Non
appena si avvicinarono, Fred diede una poderosa manata sulla schiena a Kaito:
«Iniziavamo a credere che la piovra del lago vi avesse preso come cena!
Dov’eravate finiti?»
Il
ragazzo sorrise sedendosi: «Lunga storia, ve la spieghiamo dopo, promesso.»
George
sussurrò all’orecchio: «Anche noi abbiamo qualcosa da dirvi, più tardi.»
Il
prestigiatore annuì e rivolse la sua attenzione ai suoi compagni di classe. Non
li vedeva da mesi ed erano ulteriormente cresciuti. In particolare, però, Colin
sembrava essere preda di una strana frenesia.
«Che c’è,
Colin? Ti hanno regalato una nuova macchina fotografica?»
Il
ragazzo rispose saltellando sul posto, incapace di rimanere fermo: «No, no, sto
aspettando mio fratello Dennis! Lo devono Smistare, non vedo l’ora!»
«Non mi
dirai che tuo fratello gira con videocamere, vero?»
Ma non
ebbe la sua risposta, in quanto le porte della Sala Grande si aprirono, e cadde
il silenzio. La professoressa McGranitt guidò una lunga fila di ragazzini del
primo anno fino all'altro capo del salone. Se Kaito aveva pensato di essere
bagnato fradicio, cambiò idea non appena vide i nuovi arrivati: sembrava che
invece di arrivare in barca avessero attraversato il lago a nuoto. Tutti
tremavano di freddo e nervosismo mentre sfilavano lungo il tavolo degli
insegnanti e si fermavano davanti al resto della scuola, tutti tranne il più
piccolo, un ragazzino coi capelli color topo, avvolto in quello che sembrava
proprio essere il cappotto di pelliccia di talpa di Hagrid. Il cappotto era
così grande per lui che sembrava avviluppato in un tendone nero e peloso: il
suo faccino spuntava da sopra il collo, quasi dolorosamente eccitato. Quando
ebbe preso posto accanto ai suoi terrorizzati coetanei, incrociò lo sguardo di
Colin Canon, alzò entrambi i pollici e articolò, decisamente divertito: «Sono
caduto nel lago!»
La professoressa McGranitt posò uno
sgabello a tre gambe davanti alla fila e vi sistemò sopra il Cappello Parlante.
I ragazzini lo fissarono. Così tutti gli altri. Per un attimo calò il silenzio.
Poi uno strappo vicino all'orlo si spalancò e il cappello prese a cantare:
Or son mille anni, o forse anche più,
che l'ultimo punto cucito mi fu:
vivevano allor
quattro maghi di fama,
che ancora oggi celebri ognuno qui chiama.
Il fier
Grifondoro, di cupa brughiera,
e Corvonero,
beltà di scogliera,
e poi Tassorosso,
signor di vallata,
e ancor Serpeverde, di tana infossata.
Un solo gran sogno li accomunava,
un solo progetto quei quattro animava:
creare una scuola, stregoni educare.
E Hogwarts insieme poteron
fondare.
Ciascuno dei quattro una casa guidava,
ciascuno valori diversi insegnava:
ognuno stimava diverse virtù
e quelle cercava di accrescer vieppiù.
E se Grifondoro il coraggio cercava
e il giovane mago più audace premiava,
per Corvonero una
mente brillante
fu tosto la cosa davvero importante.
Chi poi nell'impegno trovava diletto
del buon Tassorosso
vinceva il rispetto,
e per Serpeverde la pura ambizione
contava assai più di ogni nobile azione.
I quattro, concordi, gli allievi diletti
sceglievan secondo criteri corretti.
Ma un giorno si dissero: chi li spartirà
quando ognuno di noi defunto sarà?
Così Grifondoro un modo trovava
e me dal suo capo veloce sfilava:
poi con i tre maghi una mente mi fece
capace di scegliere in loro vece.
E se sulle orecchie mi avrete calato,
voi state pur certi, non ho mai sbagliato:
nelle vostre teste un’occhiata darò
e alla Casa giusta vi assegnerò!
Il Cappello Parlante finì e la Sala Grande
risuonò d'applausi. A quel punto La professoressa McGranitt srotolò un gran
rotolo di pergamena.
«Quando vi chiamo, dovete mettervi il
Cappello e sedervi sullo sgabello. Quando il Cappello vi assegnerà alla vostra
Casa, andrete a sedervi al tavolo giusto. Ackerley, Stewart!»
Un ragazzo fece un passo avanti tremando
visibilmente da capo a piedi, prese il Cappello Parlante, se lo mise e si
sedette sullo sgabello.
«Corvonero!»
Stewart Ackerley
se lo tolse e corse al tavolo di Corvonero, dove
tutti lo applaudirono.
«Baddock, Malcolm!»
«Serpeverde!»
Il tavolo della Casa esplose in applausi;
Fred e George si permisero un fischio di scherno, ma furono subito ripresi da
due pestoni dei due colleghi Malandrini.
«Branstone, Eleanor!»
«Tassorosso!»
«Caldwell, Owen!»
«Tassorosso!»
«Canon,
Dennis!»
Il piccolo Dennis Canon barcollò in avanti,
inciampando nella pelliccia di talpa di Hagrid, proprio mentre quest'ultimo
scivolava nella Sala attraverso una porta dietro il tavolo degli insegnanti. Lo
squarcio vicino all'orlo si spalancò...
«Grifondoro!»
Hagrid batté le mani con quelli di
Grifondoro, mentre Dennis Canon, con un sorriso smisurato, si sfilava il
Cappello e correva a raggiungere Colin.
«Colin, ce l'ho fatta! È stato bellissimo!
E qualcosa nell'acqua mi ha afferrato e mi ha spinto di nuovo sulla barca!»
Colin gli rispose eccitato «Forte! Probabile
che fosse la piovra gigante, Dennis!»
«Wow!»
Kaito sospirò. Indubbiamente l’entusiasmo
per le cose più disparate, compreso finire dentro un lago profondissimo agitato
dalla tempesta ed esserne ributtato fuori da un mostro marino gigante, doveva
essere di famiglia.
Lo Smistamento continuò; ragazzi e ragazze
con vari gradi di paura stampati in faccia avanzavano uno dopo l'altro verso lo
sgabello a tre gambe, e la fila diminuì lentamente mentre la professoressa
McGranitt finiva la lettera L.
Sheridan sospirò: «Ma sono aumentati,
rispetto all’anno scorso?»
«Pritchard, Graham!»
«Serpeverde!»
«Quirke, Orla!»
«Corvonero!»
«Witby, Kevin!»
«Tassorosso!»
E con l’ultimo nome lo Smistamento si
concluse. La professoressa McGranitt prese il Cappello e lo sgabello e li portò
via, mentre il professor Silente si era alzato in piedi.
A Kaito venne una stretta allo stomaco.
Erano mesi che attendeva il momento di parlare con lui, faccia a faccia.
Il preside sorrise agli studenti, le
braccia allargate in segno di benvenuto.
«Ho solo una parola da dirvi. Abbuffatevi.»
Fred e George si fiondarono sui piatti che
si erano riempiti per magia davanti ai loro occhi: «Volentieri, preside!»
Kaito rise, servendosi a sua volta. Il fuso
orario gli faceva sempre venire una gran fame. Quando anche i dolci furono
demoliti, e le ultime briciole furono svanite dai piatti, lasciandoli lustri e
puliti, Albus Silente si alzò di nuovo. Il
chiacchiericcio che riempiva la Sala s'interruppe quasi all'istante, tanto da
lasciar udire solo l'ululato del vento e il picchiettio della pioggia.
Il preside sorrise a tutti quanti: «Dunque,
ora che siamo tutti sazi e dissetati, devo richiamare ancora una volta la
vostra attenzione su alcuni avvisi. Mastro Gazza, il custode, mi ha chiesto di
dirvi che la lista di oggetti proibiti dentro le mura del castello quest'anno è
stata estesa agli Yo-yo Ululanti, ai Frisbee Zannuti e ai Boomerang Rimbalzatutto. La lista completa comprende qualcosa come
quattrocentotrentasette oggetti, credo, e può essere consultata nell'ufficio di
Mastro Gazza, se qualcuno volesse controllare. Come sempre, vorrei ricordare a
tutti voi che la Foresta compresa entro i confini del parco della scuola è
proibita agli studenti, come lo è il villaggio di Hogsmeade a tutti coloro che
non sono ancora al terzo anno.»
Silente prese una pausa quasi d’effetto.
«È altresì mio doloroso dovere informarvi
che la Coppa del Quidditch quest'anno non avrà luogo.»
Nella sala si udì un generale borbottio di
sconcerto. I “Che cosa?” si
diffondevano di bocca in bocca, di sguardo in sguardo. In quest’atmosfera, una
voce fuori dal coro, per quanto bassa, si fece subito notare.
«Sì! Finalmente!
Un intero anno senza Quidditch!»
L’intero tavolo
di Grifondoro (ma anche qualche studente delle tavolate confinanti) si voltò
verso Kaito. Fred e George, che fino a poco prima aprivano e chiudevano la bocca senza
emettere alcun suono, in apparenza troppo sconvolti per parlare, ora
fulminavano l’amico senza ritegno alcuno.
Silente cercò di
riportare la calma: «Ciò è
dovuto a un evento che prenderà il via in ottobre e continuerà per tutto l'anno
scolastico, impegnando molto del tempo e delle energie degli insegnanti: ma
sono certo che vi divertirete tutti enormemente. Ho l'immenso piacere di
annunciare che quest'anno a Hogwarts...»
Ma
in quel momento risuonò un tuono assordante e le porte della Sala Grande si
spalancarono.
Sulla
soglia c'era un uomo appoggiato a un lungo bastone, avvolto in un mantello nero
da viaggio. Un lampo improvviso lo illuminò: tutte le teste dei ragazzi si
volsero di scatto a guardarlo. L'uomo abbassò il cappuccio, scosse una folta
chioma di lunghi capelli brizzolati, poi prese ad avanzare verso il tavolo
degli insegnanti.
Un sordo clunkecheggiò nella Sala un passo sì e uno no. Lo sconosciuto raggiunse
l'estremità del tavolo, voltò a destra e zoppicò vistosamente verso Silente. Un
altro lampo attraversò il soffitto. Una luce cruda aveva illuminato il volto
dell'uomo, che attirò l’attenzione di Kaito, abituato a studiare ogni
fisionomia per poterla riprodurre con i suoi travestimenti. Era come se il suo
viso fosse stato scolpito nel legno stagionato da qualcuno che avesse solo una
vaga idea di come dovevano essere le facce umane, e non fosse molto abile con
lo scalpello. Ogni centimetro di pelle sembrava coperto di cicatrici. La bocca
pareva un taglio diagonale, e mancava un grosso pezzo di naso. Nonostante tutto
questo, erano gli occhi il dettaglio più particolare: uno era piccolo, scuro e
lucente; l'altro era grande, tondo come una moneta e di un vivace blu
elettrico. L'occhio blu si muoveva incessantemente, senza che mai calasse la
palpebra, e roteava in su, in giù e da una parte all'altra, in totale autonomia
rispetto all'occhio normale - e poi roteò indietro, verso l'interno della
testa, così che ne rimase visibile solo il bianco. Lo straniero raggiunse
Silente. Tese una mano coperta di cicatrici quanto il volto, e Silente la
strinse, mormorando qualcosa, forse rivolgendo qualche domanda allo straniero,
che scosse la testa senza sorridere e rispose sottovoce. Silente annuì e fece
segno all'uomo di sedere nel posto vuoto alla sua destra. Lo straniero sedette,
scosse via la chioma grigio scuro, trasse a sé un piatto di salsicce, lo portò
a ciò che restava del naso e lo annusò. Poi estrasse dalla tasca un coltellino,
vi infilzò l'estremità della salsiccia e cominciò a mangiare. L'occhio normale
era fisso sulle salsicce, ma quello blu sfrecciava ancora irrequieto tra le
palpebre, abbracciando la Sala e gli studenti.
Silente ruppe il silenzio con un tono di
voce allegro: «Vorrei presentarvi il nostro nuovo insegnante di Difesa contro
le Arti Oscure, il professor Moody.»
Nessun applauso partì dagli studenti, e
anche quelli di Silente ed Hagrid echeggiarono lugubri per poco e ben presto
smisero. Tutti gli altri sembravano troppo esterrefatti dalla bizzarra
apparizione di Moody per riuscire a far altro che
fissarlo. Kaito stesso si chiese se qualcuno fosse riuscito a estrarlo direttamente
da un racconto di Edgar Allan Poe. Moody parve del tutto indifferente all'accoglienza men che tiepida. Ignorando la caraffa di succo di zucca
davanti a sé, infilò di nuovo la mano nel mantello da viaggio, estrasse una
fiaschetta e bevve una lunga sorsata. Mentre alzava il braccio, il mantello si
sollevò leggermente da terra, e fu possibile vedere sotto il tavolo parecchi
centimetri di una gamba di legno intagliato che terminava in un piede a zampa
di leone.
Silente si schiarì di nuovo la voce, per
poi sorridere alla marea di studenti davanti a lui, tutti con gli occhi ancora
puntati su Malocchio Moody: «Come stavo dicendo, nei
prossimi mesi avremo l'onore di ospitare un evento assai emozionante, un evento
che non ha luogo da più di un secolo. È con grandissimo piacere che vi informo
che il Torneo Tremaghi quest'anno si terrà a
Hogwarts.»
Fred esclamò ad alta voce: «Sta
SCHERZANDO!»
La tensione che aveva riempito la Sala
dall'arrivo di Moody si ruppe all'improvviso. Quasi
tutti scoppiarono a ridere, e Silente ridacchiò in tono soddisfatto. Kaito
diede all’amico un calcino sotto il tavolo, ma rise anche lui alla faccia
dell’amico.
Il preside riprese: «Non sto scherzando,
signor Weasley. Anche se, ora che me l'ha ricordato, quest'estate me ne hanno
raccontata una niente male su un troll, una megera e un Lepricano
che vanno insieme al bar...»
La professoressa McGranitt tossicchiò
sonoramente.
«Ehm... ma forse non è questo il momento...
no... dov'ero rimasto? Ah, sì, il Torneo Tremaghi... bé, alcuni di voi forse non sanno di che si tratta, quindi
spero che quelli di voi che lo sanno mi perdoneranno questa breve spiegazione,
e sono liberi di pensare a quello che vogliono. Il Torneo Tremaghi
fu indetto per la prima volta settecento anni fa, come competizione amichevole
tra le tre maggiori scuole europee di magia: Hogwarts, Beauxbatons
e Durmstrang. Venne scelto un campione per
rappresentare ciascuna scuola, e i tre campioni gareggiarono in tre imprese
magiche. Le scuole si alternavano nell'ospitare il Torneo ogni cinque anni, e
tutti convennero che fosse un modo eccellente per stabilire legami tra giovani
streghe e maghi di diverse nazionalità... almeno fino a quando il tributo di
morti non divenne così elevato che fu deciso di sospendere il Torneo.»
Kaito sussurrò a Sheridan: «Addirittura?»
Silente continuò: «Ci furono parecchi
tentativi nel corso dei secoli di riportare in auge il Torneo, nessuno dei
quali ebbe molto successo. Comunque, i nostri Uffici per la Cooperazione
Internazionale Magica e per i Giochi e gli Sport Magici hanno deciso che i
tempi sono maturi per un nuovo tentativo. Abbiamo lavorato molto nel corso
dell'estate per far sì che questa volta nessun campione o nessuna campionessa
si trovi in pericolo mortale. I Presidi di Beauxbatons
e di Durmstrang arriveranno in ottobre con la loro
squadra scelta di campioni, e la selezione dei tre sfidanti avverrà a
Halloween. Un giudice imparziale deciderà quali studenti saranno più degni di
gareggiare per la Coppa Tremaghi, la gloria della
loro scuola e un premio personale in denaro pari a mille galeoni.»
Fred Weasley sibilò lungo il tavolo, con il
viso acceso d'entusiasmo alla prospettiva di tanta gloria e ricchezza: «Io ci
sto!»
Non era il solo a immaginarsi campione di
Hogwarts: ai tavoli di ciascuna Casa, Kaito notò ragazzi e ragazze che
guardavano rapiti verso Silente o confabulavano con i vicini. Ma in quel
momento Silente parlò di nuovo, e la Sala si zittì un'altra volta.
«Pur sapendo quanto ciascuno di voi sia
desideroso di portare a Hogwarts la Coppa Tremaghi, i
Presidi delle scuole partecipanti, assieme al Ministero della Magia, hanno
convenuto di imporre un limite d'età per gli sfidanti di quest'anno. Solo gli
studenti dell'età giusta - cioè da diciassette anni in su - potranno proporsi
per la selezione.» Silente si ritrovò costretto ad alzare un po' la voce,
perché una rumorosa protesta si scatenò a quelle parole, e i gemelli Weasley
all'improvviso divennero furibondi: «Questa è una misura che riteniamo
necessaria, dal momento che le prove del Torneo saranno pur sempre difficili e
pericolose, quali che siano le precauzioni che prenderemo, ed è altamente
improbabile che gli studenti al di sotto del sesto e del settimo anno siano in
grado di affrontarle. Mi assicurerò personalmente che nessuno studente di età
inferiore inganni il nostro giudice imparziale e lo induca a nominarlo campione
di Hogwarts.»
I suoi occhi azzurro chiaro scintillarono
indugiando sulle facce di un certo gruppo di Malandrini: «Pertanto vi prego di
non perdere tempo a iscrivervi se avete meno di diciassette anni. Le
delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang
arriveranno in ottobre e resteranno con noi per la maggior parte dell'anno. So
che tutti voi tratterete con la massima gentilezza i nostri ospiti stranieri
durante il loro soggiorno, e darete il vostro sincero sostegno al campione di
Hogwarts quando verrà designato o designata. E ora è tardi e so quanto è
importante che ciascuno di voi sia ben sveglio e riposato quando comincerete le
lezioni domani mattina. Ora di andare a letto! Forza, veloci!»
Silente si risedette e si voltò a parlare
con Malocchio Moody. Ci fu un gran fracasso di sedie
spostate e colpi secchi mentre tutti gli studenti si alzavano e sciamavano
nella Sala d'Ingresso attraverso le doppie porte.
George Weasley non si era unito alla folla
che avanzava verso la porta, ma era lì in piedi a guardare torvo verso Silente:
«Non possono farlo! Compiamo diciassette anni in aprile, perché non possiamo
provarci?»
Fred scrutò cocciuto e accigliato il tavolo
degli insegnanti: «Non riusciranno a impedirmi di partecipare! I campioni
faranno un sacco di cose che normalmente uno non ha il permesso di fare. E il
premio di mille galeoni!»
Ron annuì con lo sguardo remoto: « Si, sì,
mille galeoni...»
Finalmente anche loro si avviarono verso
l'Ingresso, impegnati a discutere come Silente avrebbe potuto impedire ai
minori di diciassette anni di prendere parte alle selezioni del Torneo.
Harry
chiese: «Chi è il giudice imparziale che deciderà i campioni?»
Fred
rispose: «Non lo so, ma è lui che dovremo ingannare. Scommetto che un paio di
gocce di Pozione Invecchiante potrebbero servire, George...»
«Ma
Silente lo sa che non avete l'età richiesta.»
«Sì,
Ron, ma non è lui a scegliere il campione, no? Mi pare che una volta che questo
giudice saprà chi vuole partecipare, sceglierà il migliore di ogni scuola senza
badare affatto all'età. Silente sta cercando di impedirci di partecipare».
Hermione
assunse un tono petulante, mentre attraversavano una porta nascosta da un
arazzo e imboccavano un'altra scalinata più stretta: «Ma ci sono stati dei
morti!»
«Sì,
ma è successo tanti anni fa, no? E poi, che gusto c'è senza un po' di rischio?
Ehi, Ron, e se scopriamo come aggirare Silente? Ti va di partecipare?»
Sheridan, rimasta leggermente più indietro
insieme a Kaito, sospirò: «Tu cosa ne pensi?»
Il prestigiatore si concesse mezzo sorriso:
«Che stanno per mettersi in un mare di guai, come sempre.»
Fu solo all’udire la sua voce che i gemelli
sembrarono avere l’illuminazione.
«Kaito!»
«Tu hai più di diciassette anni!»
Il ragazzo li guardò con aria furbetta. Se
ne erano ricordati solo in quel momento?
«Sì, e allora?»
«Come “allora”? Tu potresti partecipare!»
«E legalmente!»
«Insomma, per te non dovrebbe essere un problema, no?»
A Kaito non sfuggì il velato riferimento
alla sua doppia identità e di fronte all’entusiasmo dei gemelli non riuscì a
trattenere un sorriso quasi intenerito.
«Mi dispiace, ma non sono interessato.»
Fred e George sembravano più sconvolti di
quando Silente aveva annunciato l’annullamento del torneo di Quidditch: «COSA???»
«Forse non avete ascoltato fino in fondo il
discorso di Silente, questo torneo è pensato per studenti del sesto e settimo
anno. Io sono solo al terzo, non sono neanche il più bravo della classe e temo
che i miei mezzi Babbani non siano sufficienti ad
affrontare questa situazione. Sono un Grifondoro, sono orgoglioso e coraggioso,
ma non scemo. Ci sono persone in questa scuola ben più meritevoli di me di
questo onore.»
I gemelli continuarono a protestare, ma
Kaito non diede loro retta. C’era qualcosa che non sapevano, perché l’anno
prima l’aveva tenuta per sé. Loro non potevano capire che la sua attenzione era
completamente rivolta al discorso che il Preside gli aveva promesso un anno
prima, e che quindi qualunque altra cosa in confronto passava in secondo piano.
Chiacchierando e discutendo salirono fino
all'ingresso della Torre di Grifondoro, che era nascosta dietro un grande
ritratto di una signora grassa vestita di seta rosa.
«Parola d'ordine?»
George rispose con sicurezza: «Guazzabuglio.
Me l'ha detta un Prefetto giù di sotto.»
Il ritratto si apri come una porta
rivelando un'apertura nel muro, che tutti attraversarono. Un fuoco
scoppiettante riscaldava la sala comune circolare, piena di tavoli e poltrone
soffici. Tutti gli amici si salutarono e ognuno si diresse verso il proprio
dormitorio.
Kaito varcò la porta ritrovando il suo
letto a baldacchino, ai cui piedi era già stato messo, come sempre, il suo
baule. Salutò i compagni, fece loro gli auguri di un buon anno scolastico da
passare insieme, si mise il pigiama e non appena si sedette sul letto si sentì
investire da tutta la stanchezza del viaggio, del fuso orario e delle
preoccupazioni che mai l’avevano abbandonato, scivolando immediatamente in un
lungo sonno senza sogni né incubi.
Ciao a tutti! Ho fatto più in fretta che potevo, tra università,
tesi e... malanni vari!
Dunque, che ne dite dell’impresa di Saguru,
primo babbano giapponese in grado di far saltare
tutte le misure di sicurezza del mondo magico? Il resto è molto simile a quanto
già conoscevamo, ma era inevitabile.
Ne approfitto per ringraziare Zoey
Charlotte Baston, sophi33, NEON GENESIS KURAMA, Lunaby, mergana, Love Kodocha, Tsuki no Sasuke e darkroxas92 per le entusiaste recensioni.
Vi avverto che da qui in poi i capitoli saranno mediamente più
lunghi dei precedenti, quindi pubblico poco, ma quando lo faccio avrete per un po’
da leggere.
Prossimo capitolo? Lezioni nuove e una lunga, estenuante attesa
per... quello che aspettate tutti!
Kaito entrò nella Sala Grande
stiracchiandosi. Era in netto ritardo, tutta la tavolata di Grifondoro era già
seduta e nel pieno della colazione. Ginny lo accolse con un sorriso.
«Ancora problemi col fuso orario?»
«Un pochino, come sempre, ma fra un paio di
giorni sarà tutto risolto. Allora, novità?»
La ragazza gli porse un plico: «Aoko
stamattina era carica di posta per te.»
«Poverina…»
Il ragazzo sfogliò svogliatamente la sua
posta. C’erano la Gazzetta del Profeta, il suo giornale giapponese, una lettera
dalla mamma che gli chiedeva com’era andato il viaggio, ma furono le ultime tre
buste ad attirare la sua attenzione. Aprì la prima.
Il signorino SaguruAkuba è stato riportato
alla stazione di King’s Cross. È in buone condizioni
di salute, la sua memoria è stata cancellata dal Ministero ed è convinto di
averti perso di vista fra la folla dei viaggiatori prima di vederti
attraversare la barriera. Gli è anche stato fatto credere di aver avuto un
leggero calo di zuccheri, e che quindi abbia perso i sensi per un po’. Speriamo
che questo basti a giustificare il suo sfasamento e la perdita del senso del
tempo. A quanto ci risulta, sta già prenotando un volo per ritornare in
Giappone, quindi non c’è motivo di darsi pensiero per lui.
Auguro un buon
primo giorno di lezione.
Professoressa Minerva
McGranitt
Kaito sorrise. Per fortuna anche quella era
risolta, ma dubitava seriamente che Saguru si fosse
fatto infinocchiare davvero dalla storia del calo di zuccheri. Come si vedeva
che non lo conoscevano bene quanto lui…
Passò alla seconda busta. Era il suo
orario. Alzò un sopracciglio.
«Alla faccia della giornatina leggera! È
normale che abbia tutte le nuove materie oggi?»
Stephen sventolò il suo orario: «Non sei
l’unico, siamo tutti messi così…»
«Al mattino Aritmanzia
e Difesa contro le Arti Oscure, mentre al pomeriggio due ore di Cura delle Creature
Magiche e Babbanologia… ci sarà da divertirsi!»
Smise di essere ironico quando riconobbe la
scrittura dell’ultima lettera, che aprì con impazienza.
Caro
Kaito, non ho dimenticato assolutamente la nostra promessa. Un anno è passato,
tu hai compiuto diciotto anni e il mio Voto Infrangibile è finalmente caduto.
Presentati stasera nel mio ufficio, alle 21.30, la parola d’ordine per il gargoyle di guardia è “Crem
caramel vanigliato”. Come la scorsa volta, porta con te questa lettera, servirà
come eventuale lasciapassare per Gazza.
Spero
ti possa godere il rientro ad Hogwarts.
A
questa sera
Albus
Silente
A Kaito tremarono leggermente le mani. Era
un anno che attendeva quelle parole. Deglutì emozionato, poi con un sospiro
recuperò la sua faccia da poker e si servì una rapidissima colazione. Anche se la
giornata si preannunciava durissima, adesso aveva un ottimo motivo per arrivare
alla fine.
Thomas sorrise imbarazzato: «E dire che
pensavo di essere l’unico ad aver scelto Aritmanzia…»
Kaito rispose: «E invece siamo in tre,
visto? Però, per favore, Colin, non farti riconoscere subito, inizia a fare
fotografie dalla quarta o quinta lezione se proprio non puoi farne a meno…»
Il ragazzo sorrise furbetto, facendo
intravvedere l’obiettivo nella borsa: «Dipende da quanto sarà interessante la
lezione!»
L’aula di Aritmanzia
era fra le più spoglie che Kaito avesse mai visto, forse battuta solo da quella
di Storia della Magia. Ma se il professor Rüf era
giustificato dalla sua incorporeità a non mettere cartine o non scrivere mai
sulla lavagna, non sapeva spiegarsi il motivo per cui un insegnante di
matematica magica non dovesse utilizzare i gessetti. I tre Grifondoro si
accomodarono insieme ai loro colleghi di Corvonero,
ben più numerosi di loro, per poi trasalire quando l’insegnante sbatté la porta
entrando. Era una donna alta, longilinea a dir poco, con un volto severo e
squadrato, con i zigomi prominenti, che si soffermò su ognuno di loro con gli occhi
acquamarina squadrandoli con attenzione, come uno scultore valuta il marmo
prima di scegliere quale diventerà la sua opera d’arte. Era giovane, calcolando
la media degli insegnanti di Hogwarts, doveva avere tra i trentacinque e i
quarant’anni. Aveva una cascata di capelli lunghissimi, ben oltre la schiena,
sciolti e corvini, quasi indistinguibili dalla divisa dello stesso colore.
Si sistemò in piedi di fronte alla
cattedra, con la schiena perfettamente ritta e le braccia incrociate.
«Sono SeptimaVector, la vostra insegnante di Aritmanzia.
Aritmanzia, badate bene, non matematica. Se qualcuno
è entrato in quest’aula pensando di dover svolgere le tabelline con l’ausilio
di una bacchetta magica, prego, quella è la porta. Questa è considerata una
delle materie più difficili e complicate dagli studenti, insieme alla lettura
delle Antiche Rune. Sentirete voci terribili sull’Aritmanzia,
ebbene, posso dirvi una cosa. Non state a sentire le voci, sono fuorvianti.
Qualunque orribile nefandezza potrete udire su di me e sulla mia materia è
errata. Io sono molto peggio. In quest’aula assisterete a cose più terribili di
qualunque racconto possano avervi riferito.»
Kaito mantenne la sua faccia da poker, ma
non poté trattenersi dal paragonare quella Vector
agli altri insegnanti. Sembrava un mix fra la McGranitt e Piton.
Terribile.
La professoressa continuò: «E questo non
dipende strettamente dal mio carattere tutt’altro che clemente. L’Aritmanzia è una materia implacabile. L’unica cosa che ha
in comune con la matematica, oltre che i numeri, è l’impietosa precisione. Qua
non esistono le vie di mezzo, i risultati sono o giusti o sbagliati, punto.
Nessun appello, nessuna giustificazione, non ne voglio sentire. Se qualcuno vi
ha dipinto l’Aritmanzia come “Divinazione fatta con i
numeri”, fatemi il piacere, la prossima volta che lo vedete, dategli uno sputo
in un occhio da parte mia, quelli sono pseudo studenti che, se non vi stanno
riferendo voci di corridoio, hanno assistito alla prima lezione e non solo si
sono spaventati per la complessità e sono scappati, ma ne hanno anche
completamente travisato il senso. Io sono qui per insegnarvi che ogni cosa ha
in sé della magia, anche e soprattutto i numeri. Non sono messi a caso, mai,
neanche quando credete di dirne qualcuno senza pensarci. I numeri sono un
alfabeto, esattamente come le lettere che usate per pronunciare gli
incantesimi. I più grandi esperti della materia sono in grado di lanciare
qualunque magia pronunciando il suo corrispettivo matematico. Le cifre si
legano a noi in molti modi, per carattere, affinità e magia, e questo non vale
solo per noi maghi, ma anche per quelle persone che vengono chiamate volgarmente
Babbani. Non disprezzateli mai, signori, perché sono
stati molti di loro, con le loro scoperte nel campo della matematica e della
fisica, a ispirare molte delle nostre ricerche tutt’ora in corso. Vi avverto,
dunque, che il primo che pronuncerà parole di disprezzo o scherno verso i Babbani sarà considerato espulso dal corso con il massimo
del disonore. Lo studioso di Aritmanzia ha la mente
aperta per poter cogliere qualunque ispirazione numerica, da dovunque essa
provenga. I Babbani sostengono che la natura abbia in
sé la matematica, e portano a sostegno prove geometriche e frattali. Hanno
ragione e vi dirò di più: la natura ha in sé la magia sotto forma di numero. Io sono qui solo per insegnarvi a
leggerla, nulla di più. Gran parte del lavoro sarà individuale, tuttavia sarò
sempre a disposizione per qualunque chiarimento, ripetizione, approfondimento.
Portatemi qualunque vostra teoria aritmanzica senza
timore, anche se doveste presentarmi una completa ovvietà o inesattezza non
sarete derisi né puniti, ma apprezzerò il vostro lavoro. Certo, a meno di una
completa presa in giro nei miei confronti, in tal caso sarò implacabile.»
Kaito aveva ascoltato tutto e doveva
ammettere che la professoressa era riuscita ad attirare non poco la sua
attenzione. Dalla sua spiegazione l’Aritmanzia
sembrava una complessa via di mezzo fra matematica, fisica, magia e psicologia.
Con un gesto di bacchetta, la Vector fece comparire il libro fra le mani: «Bene, ora aprite
il volume a pagina 8, cominceremo con le basi.»
Gli studenti ubbidirono immediatamente.
L’insegnante teneva con la mano destra il volume aperto, mentre, nella
sinistra, con la bacchetta, disegnava delle cifre direttamente nell’aria, con
un processo che a Kaito fece venire un piccolo brivido. L’unica altra occasione
che aveva avuto di vederlo era stato nella Camera dei Segreti, ad opera dello
stesso Tom Riddle. Ma almeno questo spiegava perché
la lavagna fosse praticamente nuova di zecca.
«Vi ho detto che ogni cosa che esiste può
essere tradotta in valori numerici. Questo vale anche e soprattutto per le
parole e per i nomi. Quello su cui vorrei che vi concentraste oggi è l’analisi aritmanzica dei vostri nomi. Prego, osservate lo schema
riportato sui vostri libri.»
Kaito abbassò lo sguardo sulla pagina.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z
«Questo è uno schema molto semplice e
riduttivo, adatto ai principianti. Più avanti vedremo che la situazione è un
po’ più complessa di come vi viene presentata in questa pagina, ma per oggi può
bastare. Come vedete ad ogni lettera dell’alfabeto è associata un numero. Siete
pregati di tradurre numericamente il nostro nome e cognome e di fare la somma
dei valori ottenuti. Se avrete ottenuto un numero a due o più cifre, com’è
altamente probabile, sommate ancora queste cifre fra loro fino ad ottenere una
cifra unica. Quello che avrete ottenuto è detto in gergo numero del carattere e indicherebbe, se credete a queste cose, il
vostro tipo di carattere. Potrete rifare i calcoli usando solo le vocali
contenute nel vostro nome e cognome, e otterrete il numero del cuore, che dovrebbe riferirsi alla vita interiore,
rappresentando i vostri desideri e timori segreti, o con le consonanti, per
calcolare il numero sociale, riferito
alla vostra personalità esteriore, all’aspetto di voi che mostrate al mondo.
Sia chiaro, così come vi vengono presentate in questo volume sembra una sorta
di attività divinatoria. Qua non si predice il futuro, qua si analizzano il
presente, i numeri, la magia e basta. L’obiettivo
di questo esercizio è principalmente prendere familiarità con alcuni degli
strumenti che useremo nelle prossime lezioni. Nelle pagine successive troverete
dei risultati, leggeteli pure e limitatevi a riflettere se i numeri possono o
meno aiutarci a scoprire un aspetto meno visibile di ciò che ci circonda.»
Kaito prese penna e pergamena e iniziò a
fare i conti che gli erano stati richiesti.
Kaito Kuroba
21926239621
Numero del carattere:
2+1+9+2+6+2+3+9+6+2+1= 43 = 4+3= 7
Incuriosito, il ragazzo prese la
descrizione che sembrava corrispondergli.
“SETTE:
sensibili, intuitivi e brillanti, i Sette amano i compiti impegnativi e le
sfide.”
Kaito ridacchiò. Come negarlo?
“Spesso
sono seri, studiosi e interessati a tutto ciò che è misterioso. Per loro
l’originalità e l’immaginazione sono più importanti del denaro e dei beni materiali.”
Il ragazzo alzò un sopracciglio. Caspita se
ci aveva azzeccato! La sua passione per i misteri, l’unica cosa che aveva in
comune con i suoi amici/nemici detective, era il motivo che lo aveva portato in
quella scuola. La sua originalità era innegabile, e Nakamori
non avrebbe potuto dirgli nulla sull’attaccamento ai beni materiali, visto che
restituiva ogni singolo gioiello rubato.
“Possono
anche essere pessimistici, insicuri e sarcastici.”
Sulle prime due affermazioni non era del
tutto d’accordo, ma sull’ultima indubbiamente sì.
Il ragazzo rimase comunque colpito da
quante cose ritrovasse in quelle descrizioni. Decise di continuare con il
numero successivo.
Numero del cuore: 1+9+6+3+6+1= 26=
2+6= 8
Di nuovo sfogliò le pagine fino ad arrivare
al punto giusto.
“OTTO:implica la possibilità di grande successo
negli affari, nella finanza e in politica. Gli Otto sono pratici, ambiziosi,
determinati e lavoratori.”
Fin qui Kaito non poteva avere nulla da
ridire, anche se non si vedeva molto in politica. Tuttavia sicuramente, a modo
suo, c’entrava con affari e finanza e aveva spesso per le mani grosse quantità
di denaro.
“Possono
essere anche gelosi, avidi, dominatori e assetati di potere.”
In quel punto il ragazzo storse il naso.
Non si riconosceva molto in quei difetti. Forse aveva la tendenza a imporsi,
sì, ma non a dominare. E se fosse stato avido o assetato di potere, si sarebbe
tenuto tutti i diamanti che aveva avuto a disposizione. In quanto alla gelosia…
non ne era sicuro. Sì, quando Saguru era girato per
un po’ intorno ad Aoko la cosa gli aveva dato non poco fastidio, ma abbastanza
per definirla gelosia?
“Si dice
che questo sia il numero più imprevedibile, e che possa significare tanto
l’apice del successo quanto l’abisso del fallimento; entrambe le possibilità
sono presenti fin dall’inizio.”
Al ragazzo sfuggì un sorriso.
L’imprevedibilità gli si addiceva, ed era ben felice di non sapere cosa potesse
attendergli il futuro.
Arrivato ormai quasi alla fine, Kaito fece
anche l’ultimo calcolo.
Numero sociale: 2+2+2+9+2= 17= 1+7=8
Il libro dava la stessa spiegazione. A
quanto pareva, nonostante la sua cara faccia da poker, secondo l’Aritmanzia mostrava esattamente quello che provava. A Kaito
sfuggì una smorfia. Forse suo padre non avrebbe approvato…
La voce della professoressa Vector lo risollevò dai suoi pensieri: «Bene, se pensate di
aver capito il metodo, usate il tempo che vi rimane per provare ad applicarlo
anche a un vostro conoscente.»
Kaito rimase un attimo sovrappensiero. Chi
avrebbe dovuto analizzare? Per un attimo pensò ai Malandrini, ma non avrebbe
saputo a chi dare la precedenza, senza contare che probabilmente gli avrebbero
chiesto di rifarlo, prima o poi, giusto per curiosità.
Quasi senza rendersene conto, la sua mano scrisse
un nome:
Aoko Nakamori
Il ragazzo sorrise. E perché no? Dopotutto lei non sarebbe mai venuta a saperlo…
Aoko Nakamori
1626 51214699
Numero del carattere:
1+6+2+6+5+1+2+1+4+6+9+9= 52= 5+2= 7
Il volto del ragazzo avvampò per un paio di
secondi.
Stesso
numero?
Cercò di trattenere una risatina isterica.
Cos’era, un modo indiretto per dirgli che erano anime gemelle?
Tentando di non pensare alle possibili
implicazioni, si concentrò sul secondo calcolo.
Numero del cuore: 1+6+6+1+1+6+9= 30=
3+0= 3
Tirò un sospiro di sollievo, almeno in
questo caso il numero era diverso! Incuriosito, iniziò a leggere.
“TRE:
indica talento, energia, temperamento artistico, senso dell’umorismo e facilità
nei rapporti interpersonali. I Tre sono spesso fortunati, tolleranti e ricchi e
hanno grande successo, ma possono essere dispersivi, suscettibili e
superficiali.”
Gli sfuggì un sorriso carico di nostalgia.
Sì, in quella descrizione la rivedeva perfettamente. Aoko era sempre piena di
energia, anche troppo, spesso era l’unica in grado di stargli sempre dietro. Il
suo successo e la sua capacità di fare amicizia facilmente erano innegabili,
Aoko non aveva mai litigato con nessuno e in classe era ammirata da tutti. Come
scordare poi il modo in cui aveva conquistato persino Fred, George e Sheridan,
quando erano venuti a trovarlo? La riconosceva persino nei suoi difetti,
adorava quanto poteva essere suscettibile, in passato si era divertito da
morire a prenderla in giro per questo!
Rassicurato, si mise a fare l’ultimo
calcolo:
Numero sociale: 2+5+2+4+9= 22= 2+2=4
“QUATTRO:
questo numero rimanda alla stabilità e alla fermezza. Ai Quattro piace lavorare
sodo, sono pratici, affidabili e con i piedi saldamente a terra; preferiscono
la logica e la ragione ai voli della fantasia. Sono bravi nell’organizzare e
portare a termine i compiti. Sono prevedibili e possono essere ostinati, sospettosi,
troppo realistici e inclini agli scoppi d’ira.”
Cosa c’era da aggiungere? Aoko, da quando
poteva ricordare, era sempre stata ricercatissimadai compagni per qualunque cosa ci fosse
stata da organizzare, non ultimo lo spettacolo del Mago di Oz
a cui l’aveva costretto a partecipare, e lei non si era mai tirata indietro, ma
aveva messo sempre tutta se stessa. La ragazza, poi, era prevedibilissima e
sembrava sempre sul punto di esplodere dalla rabbia, se messa sotto pressione
nel modo giusto, e le aveva fatto una marea di scherzi approfittando proprio di
questo. Sospettosa lo era di sicuro, ricordava benissimo quella volta che si
era convinta che lui fosse davvero Kaito Kid, e aveva faticato non poco a farla
desistere dalle sue indagini. Però, insomma, come si dice, tale padre tale
figlia, no? Sull’ostinazione nulla da ridire, poteva contare sulle dita della
mano le volte che era riuscito a farle cambiare idea su qualche argomento,
senza contare, poi, la sua avversione incrollabile per Kaito Kid, che nemmeno
pomeriggi su pomeriggi passati con le amiche di parere opposto erano riusciti a
minare.
L’insegnante batté le mani, una volta sola:
«Bene, per oggi abbiamo finito. Ci vedremo al prossimo incontro.»
Colin si alzò, rimettendo in ordine le sue
cose: «Uao, con me ci ha azzeccato alla perfezione!»
Thomas annuì: «Sì, direi che anche a me
quadrava, in fondo. E tu, Kaito?»
Il prestigiatore esibì la sua faccia da
poker: «Sì, più o meno, c’era qualcosa che quadrava e qualcosa no. Come sempre,
credo, in queste cose.»
Usciti dall’aula, Kaito, Thomas e Colin si
riunirono ai loro compagni di Casa per andare a Difesa contro le Arti Oscure.
Colin, prevedibilmente, aveva già la macchina pronta all’uso e, chi più chi
meno, erano tutti curiosi di vedere cosa sarebbe successo. Molti avevano
un’aria nervosa. Kaito attribuì il loro timore all’aspetto minaccioso
dell’insegnante, ma non poté non notare che molti lo guardavano insistentemente
di sottecchi.
Le sue preoccupazioni vennero accantonate
dal tonfo dei passi disuguali di Moody che percorreva
il corridoio, fino a quando entrò in classe, terrorizzante come sempre. Si
vedeva appena il piede di legno a forma di zampa spuntare da sotto il mantello.
L’uomo si sedette arrancando dietro la
cattedra e, guardando con il suo occhio azzurro i volumi di Le Forze Oscure:
Guida all'Autodifesa sui loro
banchi, borbottò: «Potete metterli via, quei libri. Non vi serviranno.»
Mentre, perplessi, ubbidivano, Moody estrasse il registro, allontanò la lunga chioma di
capelli brizzolati dal viso contorto e sfigurato e prese a fare l'appello, con
l'occhio normale che scorreva sicuro la lista mentre l'occhio magico roteava,
indugiando su ogni studente quando rispondeva alla chiamata.
Al termine dell’elenco, riprese: «Allora, ho
ricevuto una lettera dal professor Lupin a proposito di questa classe. Mi pare
che abbiate una preparazione piuttosto solida nell'affrontare le Creature
Oscure, ma siete indietro, molto indietro, sulle maledizioni. Quindi sono qui
per spiegarvi nel dettaglio quello che i maghi possono farsi gli uni agli
altri. Ho un anno per insegnarvi come affrontare le Forze...»
«E poi?»
L'occhio magico di Moody
roteò per fissarsi su Kaito, che ricambiò il suo sguardo, impassibile; i
compagni, conoscendo l’amico, si tennero pronti. Kaito era famoso per le sue
uscite al primo incontro con un insegnante.
«Kuroba, se ricordo bene dall’elenco,
giusto?»
«Esatto.»
Tutti temettero il peggio, ma dopo un
attimo l’insegnante sorrise, per la prima volta, rendendo il suo volto segnato
di cicatrici più devastato e contorto che mai.
«Poi me ne andrò. Un favore speciale a
Silente... un anno, e poi torno alla mia vita tranquilla di pensionato.»
Fece
una risata roca, e poi batté le mani nodose.
«Allora, cominciamo subito. Le maledizioni.
Assumono forze e forme diverse. Ora, secondo il Ministero della Magia dovrei
insegnarvi le contromaledizioni e fermarmi lì. Non
dovrei mostrarvi come sono fatti gli Anatemi Oscuri illegali prima del sesto
anno. Si ritiene che non siate grandi abbastanza da affrontarli fino ad allora.
Ma il professor Silente ha un'opinione più alta dei vostri nervi, pensa che
possiate farcela, e prima sapete che cosa dovrete fronteggiare meglio è, dico
io. Per questo ho deciso di fare la stessa lezione introduttiva a tutti gli
studenti dal terzo anno in poi. Insomma, come potete difendervi da qualcosa che
non avete mai visto? Un mago che sta per scagliarvi contro un anatema illegale
non vi dirà cosa ha intenzione di fare. Non ha intenzione di comportarsi
lealmente. Dovete essere preparati. Dovete essere vigili e attenti.»
Kaito lo guardò sempre più incuriosito.
Davvero aveva intenzione di anticipare il programma di ben tre anni?
«Allora... qualcuno di voi sa a quali
maledizioni corrispondono le pene più gravi secondo la legge magica?»
Parecchie mani si alzarono esitanti, ma
Malocchio le ignorò tutte e si rivolse a Kaito: «E tu? Cosa ne pensi?»
Preso un po’ in contropiede, il
prestigiatore rispose: «Penso che nell’elenco sia incluso qualunque incantesimo
possa togliere la vita.»
L’uomo annuì: «Buona risposta, non sapendo
nulla sull’argomento. Hai usato il plurale, ma in realtà esiste un solo
incantesimo di morte, l’AvadaKedavra, l'Anatema che
uccide.»
Moody si alzò pesantemente sui piedi
scompagnati, aprì il cassetto della scrivania ed estrasse un barattolo di
vetro. Dentro zampettavano tre grossi ragni neri. Nicole fece una smorfia,
probabilmente era aracnofobica.
Moody pescò nel barattolo, prese uno dei ragni e
lo tenne nel palmo della mano in modo che tutti lo vedessero, prima di posarlo
sulla cattedra.
Il ragno prese a zampettare affannosamente
sulla superficie di legno.
Moody levò la bacchetta, e ruggì: «AvadaKedavra!»
Ci furono un lampo di luce verde accecante
e un rumore improvviso, come se un'entità enorme e invisibile galleggiasse
nell'aria: il ragno si rovesciò sulla schiena all'istante, intatto ma
inequivocabilmente morto. Parecchie ragazze lanciarono grida soffocate e
nemmeno Kaito ne fu totalmente indifferente. Deglutì immaginando cosa sarebbe
accaduto se al posto di un ragno ci fosse stata una persona.
Moody spazzò via il ragno morto dalla cattedra.
«Non è bello. Non è piacevole. E non c'è contromaledizione. Non c'è modo di fermarlo. Solo una
persona, che si sappia, è mai sopravvissuta, e questa persona frequenta
quest’istituto. Inutile che vi dica il nome, lo conoscerete sicuramente tutti.»
Kaito annuì. Il riferimento ad Harry era
più che evidente. Sospirò leggermente, immaginando quale avrebbe potuto essere
la sua reazione quando anche a lui sarebbe toccata quella lezione introduttiva.
L’insegnante riprese: «AvadaKedavra è una maledizione che ha bisogno
di essere sostenuta da un grande potere magico: potreste estrarre tutti le
vostre bacchette adesso, puntarle contro di me, e pronunciare le parole, e
dubito che mi fareste uscire anche solo il sangue dal naso. Ma questo non ha
importanza. Non sono qui per insegnarvi come si fa. Ora, se non esiste contromaledizione, perché ve l'ho mostrata? Perché
dovete sapere. Dovete capire che cos'è il peggio. Non dovete trovarvi in
una situazione in cui dobbiate affrontarlo. Vigilanza costante!»
Tutta quanta la classe sobbalzò.
Come se nulla fosse successo, Moody chiese: «Qualcun altro ne sa una? Un'altra
maledizione illegale?»
Ginny alzò titubante la mano: «A casa papà
parla ogni tanto di una Maledizione Imperius, ma non
so quanto sia illegale…»
Il professore soffermò entrambi gli occhi
su di lei, facendola sussultare dalla sorpresa: «Tu devi essere l’unica figlia femmina
di Arthur Weasley, eh? Tuo padre mi ha tirato fuori da un bel guaio qualche
giorno fa... non mi sorprende che Arthur la conosca, ha procurato al Ministero
un sacco di guai tutti insieme, la Maledizione Imperius.»
Mentre parlava, Malocchio afferrò l’ennesimo
ragno e posò anche questo sulla cattedra. L’animaletto tentò la fuga,
probabilmente terrorizzato dalla sorte toccata al suo compagno. Moody puntò la bacchetta contro di lui e borbottò: «Imperio!»
Il
ragno si calò con un balzo dalla mano di Moody appeso
a un sottile filo di seta, e prese a dondolarsi avanti e indietro come su un
trapezio. Tese le zampe rigidamente, poi fece un salto all'indietro, spezzando
il filo e atterrando sulla scrivania, dove cominciò a fare la ruota in cerchio.
Moody agitò la bacchetta, e il ragno si alzò su due
delle zampe posteriori e si esibì in quello che era un inconfondibile passo di tiptap.
Tutti
risero: tutti tranne Moody.
«Vi
sembra divertente, eh? Vi piacerebbe, eh, se lo facessi a voi?»
Le
risate si spensero quasi all'istante.
Il professore sussurrò, mentre il ragno si
appallottolava e cominciava a rotolare: «Controllo totale. Potrei costringerlo
a saltare fuori dalla finestra, ad affogarsi, a ficcarsi giù per la gola di uno
di voi... anni fa, c'erano un sacco di maghi e streghe controllati dalla
Maledizione Imperius; un bel lavoretto per il
Ministero, cercare di stabilire chi era costretto a fare certe cose e chi le
faceva di sua spontanea volontà. Silente mi ha concesso di farvi vedere gli
effetti di questa maledizione, ma non di addestrarvi per contrastarla,
nonostante le mie ripetute proteste sostiene che per voi sia ancora un po’
troppo presto. In ogni caso sappiate che in questo caso una soluzione c’è, ma
richiede uno sforzo di volontà immenso, che non tutti possiedono, e non solo
per l’età o per la poca esperienza… meglio evitare di esserne vittime, se
potete. VIGILANZA COSTANTE!»
Di nuovo la maggior parte delle persone
sussultarono sul posto, mentre Moody faceva rientrare
educatamente il ragno nel barattolo.
«Altre?»
Un Serpeverde alzò la mano titubante: «La Cruciatus?»
Annuendo, l’insegnante afferrò il terzo
ragno nel barattolo e lo mise, come ormai di consueto sulla cattedra. Questo rimase
immobile, in apparenza troppo spaventato per muoversi.
«La Maledizione Cruciatus…
dev'essere un po' più grosso perché possiate capire.» Puntò la bacchetta contro
il ragno: «Engorgio!»
Il ragno si gonfiò. Ora era più grosso di
una tarantola. Nicole cercò di rintanarsi il più possibile sotto il banco. Moody alzò di nuovo la bacchetta, la puntò contro il ragno
e mormorò: «Crucio!»
D'un tratto, le zampe del ragno si
piegarono sotto il suo corpo; l'animale si rovesciò e prese a contorcersi
orribilmente, dondolando da una parte all'altra. Non emise alcun suono, ma Kaito
non ebbe difficoltà ad immaginarsi le grida disumane se al suo posto ci fosse
stato un uomo sottoposto a quella tortura. Moody non
spostò la bacchetta, e il ragno cominciò a sobbalzare e ad agitarsi più
violentemente...
Finalmente l’uomo alzò la bacchetta. Le
zampe del ragno si rilassarono, ma continuò a contorcersi.
«Reducio.»
Il ragno rimpicciolì fino a tornare della
sua misura normale. Moody lo rimise nel barattolo,
insieme al collega sotto ipnosi.
«Dolore. Non c'è bisogno di pinze schiacciapollici o coltelli per torturare qualcuno se
sapete scagliare la Maledizione Cruciatus... anche
quella era molto popolare, una volta.»
Si fermò, come perso per un attimo nei
ricordi, poi riprese: «Ora... questi tre anatemi, AvadaKedavra, Imperius e Cruciatus, sono noti come le Maledizioni Senza Perdono.
L'uso su un essere umano basta a meritare una condanna a vita ad Azkaban. È
questo che dovete combattere. È questo che dovrete imparare a contrastare. Avrete
bisogno di preparazione. Avrete bisogno di essere attrezzati. Ma soprattutto,
avrete bisogno di esercitare una costante, incessante vigilanza. Fuori
le penne... ricopiate...»
Passarono il resto della lezione a prendere
appunti su ciascuna delle Maledizioni Senza Perdono. Nessuno parlò finché non
suonò la campana, e anche quando Moody li ebbe
congedati e furono usciti dalla classe, la conversazione ristagnava.
Nicole continuava ad avere un colorito
verdastro. Colin aveva una faccia smunta: «Ero talmente impressionato che non
sono riuscito a trovare il coraggio di scattare neanche una foto.»
Stephen sospirò: «E questo dovrebbe dirci
tutto…»
Ginny commentò: «Poveri ragni…»
Kaito annuì. Non era un grande animalista,
ma non aveva potuto non immaginarsi le stesse scene a cui avevano assistito
sostituendo ai ragni esseri umani. L’effetto era stato terribile. Sheridan e
Thomas non dissero nulla, ma dalle loro facce stavano probabilmente pensando la
stessa cosa.
L’ora del pranzo, dopo quelle emozioni,
sembrò una manna dal cielo. Kaito si sedette al tavolo, al fianco di Fred e
George. Sheridan, per una volta, decise di rimanere vicino alle sue compagne.
«Abbiamo saputo che avete avuto Moody, stamattina! Allora, com’è?»
Kaito soppesò bene la sua risposta: «…
particolare…»
«E dai, dacci qualche dettaglio!»
«Non mentre sto mangiando, o mi verrà il
voltastomaco.»
«Addirittura?»
Il ragazzo annuì servendosi le patate al
forno. I due gemelli si scambiarono un’occhiata d’intesa: «Allora forse potremo
distrarti un po’ parlando di tutt’altro argomento.»
Kaito rispose, prima di mettere in bocca la
prima forchettata di arrosto: «Prego, sono tutt’orecchi.»
«È da un po’ che ci pensiamo, ma ormai ne
siamo convinti.»
«Abbiamo deciso cosa fare quando finiremo
gli studi.»
«Interessante… ditemi!»
«Che ne dici se aprissimo un bel negozio di
scherzi?»
Gli occhi di Kaito s’illuminarono: «Non mi
viene in mente un lavoro più adatto per voi due, siete dei geni a riguardo!»
«Abbiamo già anche il nome: Tiri Vispi Weasley!»
«Sì, ma ci serviranno ancora un bel po’
d’idee… e di soldi, prima di poterlo aprire davvero…»
«Per le prime consideratemi dei vostri, per
il resto… si troverà una soluzione.»
«Forse l’abbiamo già, se mamma non ci
brucia di nuovo i moduli…»
Il prestigiatore prese un bicchiere d’acqua
e lo svuotò tutto d’un fiato, ma d’un tratto una parte gli finì di traverso.
Rosso in viso, iniziò a tossire disperatamente, nel tentativo di sputare
l’acqua in eccesso. Fred e George iniziarono a dargli poderose manate sulla
schiena, fino a che, finalmente, Kaito riprese a respirare. Ridacchiò.
«Cavoli, stavolta mi è sembrato di
soffocare davvero…»
Solo a quel punto si rese conto che tutte
le ragazze del suo anno sedute al tavolo, più Stephen, erano impallidite e
avevano un’aria terrorizzata. Sheridan era la più calma delle tre, ma anche lei
era tutt’altro che tranquilla.
«Bè? allora? Che sono quelle facce? Mai
visto andare l’acqua di traverso a qualcuno?»
Ginny iniziò a trovare interessante la
decorazione della tovaglia, mentre il suo volto diventava dello stesso colore
dei suoi capelli; Nicole iniziò ad arrotolarsi una ciocca su un dito; Stephen e
Sheridan si scambiarono uno sguardo d’intesa.
«Vedi, oggi è successo che…»
Nicole la interruppe: «No, non devi
dirglielo! È stata chiara, noi non dobbiamo interferire con il destino!»
La ragazza le guardò entrambe e sbottò: «Se
continuate a guardarlo con quell’aria da funerale interferite comunque col suo
destino! Kaito non è scemo, penso che se ne sia già accorto!»
Il prestigiatore alzò un dito: «Scusate, se
mi permetto d’intervenire, sarei solo il diretto interessato…»
Stephen gli mise una mano sulla spalla:
«Lascia stare, è che sono troppo impressionabili. Io e Sheridan ne abbiamo
parlato, prima, se dirti tutto o meno, e avevamo deciso di lasciare perdere,
perché sapevamo che ti saresti arrabbiato e basta…»
«Arrabbiato per cosa?»
Sheridan sospirò: «Mentre voi eravate ad Aritmanzia, noi avevamo lezione di Divinazione…»
«Sì, lo sapevo, e allora?»
«Allora, la lettura delle foglie di tè ha
dato come risultato che qualcuno di noi, fra i più maturi, caratterizzato dal
colore bianco, durante quest’anno
avrebbe rischiato seriamente la vita.»
Ginny aggiunse, con una vocina strozzata:
«E forse l’avrebbe persa davvero.»
Nicole annuì: «Il pensiero è andato subito
a te, sei il più grande fra noi e hai la bacchetta bianca… non volevamo
crederci, ma quando prima ti stavi soffocando, noi…»
Con un volto serio come non mai, Kaito si
alzò dal tavolo senza neppure finire di mangiare. Stephen alzò gli occhi al
cielo: «Ecco, lo sapevo… è troppo prevedibile!»
Sheridan cercò di fermarlo, prendendolo per
la manica della divisa: «Dove vai?»
Kaito si divincolò: «A fare quattro
chiacchiere con la Cooman. Non mi piace l’idea di
essere guardato tutto l’anno come un appestato in punto di morte e,
soprattutto, non mi piace l’idea che quella pazza vi terrorizzi così. Arriverò
in tempo per la lezione di Hagrid, promesso.»
Sheridan fece per seguirlo, ma Kaito la bloccò:
«Non seguirmi, non è il caso, non ho intenzione di mettermi nei guai. Ma un
paio di cose le dobbiamo chiarire subito, prima che degenerino. Resta qui, o mi
troverò costretto a usare mosse che t’impedirebbero di starmi dietro.»
Il tono perentorio del ragazzo e la minaccia
velata convinsero ancora di più la ragazza che Kaito era a dir poco furioso, ma
alla fine, a malincuore e con grande preoccupazione, gli diede retta, pregando
che la sua faccia da poker reggesse anche quella prova.
Il ragazzo fece i gradini fino in cima alla
torre di Divinazione a due a due. Era veramente molto arrabbiato, non tanto per
le minacce alla sua persona, quanto per la preoccupazione immotivata che aveva
causato nei suoi compagni. Ginny e Nicole erano già abbastanza impressionabili
di loro, d’accordo, ma per aver fatto sbiancare in quel modo anche Sheridan e
Stephen dovevano avergli taciuto gran parte delle fandonie di quella donna. Arrivato
in cima alla torre, riconobbe la botola da cui qualche volta aveva visto
scendere i gemelli l’anno prima. Era chiusa, ma il ragazzo non si fece problemi
a bussare aiutandosi con la bacchetta.
Una voce ovattata rispose dall’interno:
«Chi mi cerca?»
Kaito non riuscì a trattenere l’ironia:
«Indovini!»
«Insomma, non sono in vena di scherzi!»
«Neppure io, mi creda! Sono Kaito Kuroba,
lo studente di terzo anno di Grifondoro di cui oggi ha predetto la morte ai
miei compagni. Volevo parlarle proprio a proposito di questa questione…»
La botola si aprì appena, permettendo ai
grossi occhiali della Cooman di fare capolino. Non
appena però, ebbe inquadrato il volto di chi aveva parlato, la professoressa
sbarrò gli occhi e fece per richiudere: «La bacchetta bianca!»
Kaito però fu più veloce. Con una rapida
mossa infilò uno dei suoi libri nella fessura, impedendo la chiusura della
botola.
«Esatto, sono il proprietario della
bacchetta bianca che tanto la sconvolge. Vedo che neanche lei si è scordata di
me, bene, semplificherà le cose.»
La donna indietreggiò spaventata e Kaito ne
approfittò per fare un bel salto, aggrapparsi con entrambe le mani al bordo
della botola e fare irruzione nella stanza. Spuntò nell'aula più strana che
avesse mai visto. In effetti non aveva l'aspetto di un'aula, sembrava più un
incrocio tra un solaio e una sala da tè vecchio stile. Ospitava almeno venti
tavolini rotondi, tutti circondati da poltroncine foderate di chintz e piccoli,
grassi sgabelli. Il tutto era illuminato da una bassa luce scarlatta; le tende
alle finestre erano tirate, e le numerose lampade erano drappeggiate con
sciarpe rosso scuro. C'era un caldo soffocante, e il fuoco che ardeva nel
camino lambendo un grosso bollitore di rame emanava un profumo intenso, quasi
malsano. Gli scaffali che correvano tutto attorno ai muri circolari erano
stipati di piume dall'aria polverosa, mozziconi di candele, scatole di vecchie
carte da gioco, innumerevoli sfere di cristallo argentate e una gran varietà di
tazze da tè. Atmosfera senza dubbio interessante, ma Kaito non era arrivato fin
lì per apprezzare l’arredamento.
La Cooman si era
ritratta spaventata, avvolgendosi ancora di più nel suo scialle, in gesto di
protezione: «Che modi!»
«Mi dispiace per il poco tatto, ma anche
lei stamattina non ne ha avuto con i miei compagni.»
«Di cosa stai parlando?»
«Parlo delle minacce di morte imminente
rivolte a me che stamattina ha predetto ai miei compagni.»
La donna lo squadrò da capo a piedi, quasi
con disprezzo: «Tu non credi nei poteri della Vista, vero? Certo che no, o frequenteresti
il mio corso.»
«Senta, i miei pareri sulla sua materia non
sono l’argomento di cui sono venuto a discutere! Gradirei soltanto che
smettesse di spaventare i miei compagni, soprattutto usando il sottoscritto per
farlo!»
«Io mi limito a rendere visibili i segni
del destino che gli altri si rifiutano di notare.»
«Allora, se proprio non può fare a meno di
farsi gli affari miei, almeno li tenga per sé! Per una questione di privacy,
quantomeno! Se i miei compagni mi riferiranno altri episodi del genere, mi
troverò costretto a parlare con la McGranitt, l’avverto.»
«È una minaccia?»
«Mi piacerebbe renderle la pariglia ma no,
nessuna minaccia. A meno che lei non ritenga la McGranitt in grado di
procurarle gravi danni…»
La donna si limitò a sospirare scuotendo la
testa: «Non potevo aspettarmi che guai da te, dopotutto… l’ho capito dal primo
giorno che ti ho visto.»
Kaito capì di stare parlando contro un
muro, così fece per andarsene. Doveva ancora passare in camera per ritirare il coso per Hagrid prima che iniziasse la
sua lezione. Poi di colpo si fermò e si voltò un’ultima volta verso la donna.
«Si può sapere almeno perché ce l’ha tanto con la mia bacchetta?»
La Cooman abbassò
lo sguardo, con aria triste: «Il possessore della bacchetta bianca è
annunciatore di gravi sventure e disgrazie per tutti noi.»
Kaito scosse la testa, stufo: «Allora
quando avrò queste cattive notizie le manderò una cartolina via gufo, va bene?
Arrivederci, stia bene e la smetta un po’ con queste previsioni del malaugurio,
fanno male al suo umore e a quello degli altri.»
La donna si limitò a osservarlo con
espressione funerea mentre il ragazzo chiudeva la botola alle sue spalle.
«Fosse mia, ragazzo… magari fosse mia…»
Hagrid li stava aspettando fuori, la mano
sul collare del suo enorme cane nero, Thor. Per terra ai suoi piedi c'erano
parecchie casse di legno, e Thor uggiolava e tirava il collare, chiaramente
impaziente di indagare più da vicino sul contenuto. Quando ci si avvicinava, si
udiva uno strano rumore di sonagli, punteggiato da quelle che sembravano
piccole esplosioni.
Hagrid accolse i nuovi studenti con un gran
sorriso, ben mimetizzato dall’enorme barba nera: «Benvenuti! Benvenuti! Sono
contento di vedervi qua, alla mia lezione… ma che sono quelle cose che vi
portate?»
Tutti gli studenti, sia Grifondoro che Tassorosso, si erano attrezzati in vario modo. Fu una voce
familiare ma affannata a rispondere.
«Sono i tuoi libri, Hagrid! Potevi anche
darcene di meno aggressivi, accidenti! Ho rischiato di vedermi divorati gli
altri da questo cannibale di carta…»
Kaito era giunto di corsa, giusto in tempo
per la lezione. Sheridan gli diede una gomitata, mentre tutti i compagni che
frequentavano il corso, Stephen, Ginny e ovviamente Colin, che probabilmente si
era iscritto solo per poter avere dei nuovi, strani soggetti per le sue
fotografie, lo guardavano preoccupati.
«Che sono quelle facce? Tranquilli, non ho
fatto perdere nessun punto alla Casa e la Cooman era
ancora viva e in buona salute quando ci siamo lasciati… e anche io, se a
qualcuno interessasse ancora.»
Sheridan alzò gli occhi al cielo, tenendo
ben salda la sua gabbietta: «Vediamo cosa ci dirà la prossima volta…»
Hagrid si era perso la discussione,
preoccupato da come tutti i suoi studenti si erano ingegnati per portare i
libri a lezione senza essere morsi: la maggior parte li avevano legati con
spaghi, magiscotch, cinture, graffette o infilati in
borse strettissime. Qualcuno aveva trovato soluzioni più originali, come
Sheridan, che l’aveva rinchiuso in una gabbietta da criceti con maniglia, che
teneva con dei guanti piuttosto robusti per evitare morsi accidentali. Ma il
premio era sicuramente di Kaito, anche se, vista la precedente invenzione delle
cinture di sicurezza per manici di scopa, nessuno della sua classe aveva avuto
dubbi in proposito: in qualche modo, con non poco coraggio, era riuscito a
infilare le pagine del libro dentro una museruola; non contento, l’aveva poi
legato con una cintura a cui aveva fissato anche una corda per poterlo
trasportare come se si fosse trattato di un guinzaglio. Il risultato era che il
prestigiatore si trascinava dietro il libro di testo né più né meno come si
fosse trattato di un piccolo cagnolino molto aggressivo.
Hagrid scosse la testa sconsolato: «Possibile
che anche quest’anno nessuno è riuscito a capire?»
Prese la copia di Ginny, tolse i vari
strati di spago e graffette e, ignorando il libro che cercò subito di morderlo,
fece scorrere il gigantesco indice lungo il dorso. Il libro rabbrividì, poi si
aprì e rimase immobile nella sua mano.
«Visto? Dovete solo accarezzarlo.»
Un po’ più rassicurati, i ragazzi si
accinsero a fare le coccole ai loro volumi.
Ginny fece una smorfia stizzita,
riprendendo la sua copia: «Scommetto che Fred, George e Ron
lo sapevano, ma non me l’hanno detto giusto per farmi il solito scherzo!»
Hagrid si rivolse a Kaito in tono incerto:
«Be'... sono divertenti, no?»
Trafficando con la sua museruola, il
ragazzo rispose: «Sotto un certo punto di vista, Hagrid, ma devi anche trovare
chi apprezza il tuo humour.»
«Non dirmecelo,
che l’anno scorso Malfoy mi ha fatto un macello…»
Sheridan, intanto, si stava altamente
pentendo della sua scelta della gabbietta. La sua mano non passava attraverso
la grata e ad aprire il lucchetto c’era il rischio tutt’altro che remoto che il
libro scappasse prima di poterlo accarezzare. Per toglierla d’imbarazzo, Kaito
le porse uno di quei bastoni con le manine in punta che si usano per grattarsi
la schiena: «Prova con questo.»
La ragazza guardò un po’ perplessa
l’oggetto: «Tu un giorno o l’altro mi dovrai spiegare da dove tiri fuori tutte
queste stramberie dal nulla…»
Kaito le fece l’occhiolino: «Il trucco è
non uscire mai di casa impreparati.»
Hagrid riprese la lezione: «Oggi mi è
arrivato un carico di roba simpatica di cui prenderci cura: SchiopodiSparacoda!»
«I cosa?»
Hagrid indicò il contenuto delle casse.
Molti sobbalzarono, compreso Kaito, che si era presentato a lezione
relativamente tranquillo, pensando che dopo un Basilisco non poteva capitargli molto
di peggio. Le creature che aveva davanti, però, lo fecero in parte ricredere: avevano
l'aspetto di aragoste deformi senza corazza, orrendamente pallide e viscide,
con le zampe che sbucavano da punti molto strani, e senza testa, almeno non
visibile. In ogni cassa ce n'erano un centinaio, ciascuno lungo una ventina di
centimetri, e brulicavano l'uno addosso all'altro, urtando ciechi contro i lati
dei contenitori. Emanavano un fortissimo odore di pesce marcio. Ogni tanto
dalla coda di uno Schiopodo volavano via delle
scintille, e con un piccolo fuutquesto
schizzava in avanti di parecchi centimetri.
«Sono
appena usciti dall'uovo! Se ne occuperanno quelli del quarto anno, ma ho
pensato che era un peccato non farveli vedere almeno una volta!»
Dagli
sguardi che si scambiarono i ragazzi, molti erano concordi che avrebbero fatto
volentieri a meno del piacere.
«Se
volete anche voi provare a darci da mangiare, io ho qua uova di formica e
fegato di rana e un po' di bisce: provate un po' di tutto. Io non ne ho mai tenuti
prima, non so che cosa ci piace.»
L’ultima
affermazione fece perdere ad Hagrid almeno dieci punti di competenza agli occhi
degli studenti, che lo fissarono preoccupati. Ci volle un po’ perché i primi
trovassero il coraggio di prendere un po’ di quella roba e portarla dagli Schiopodi. Kaito guardò gli animali da varie angolazioni,
per poi esclamare: «Ehi, Hagrid, sei sicuro che questi cosi ce l’abbiano una
bocca? Io non ne vedo nessuna…»
Hagrid gli sorrise compiaciuto: «Questo è
parte della ricerca…»
Il prestigiatore tenne per sé parte delle
sue osservazioni sul regolamento sulla sicurezza degli studenti. In fondo per
lui non era un grosso problema, amava il rischio, ma era un po’ preoccupato per
i compagni. Un urletto di un Tassorosso gli confermò
i suoi timori.
«Ahi! Mi ha morso!»
Hagrid lo guardò con tutta la tranquillità
di questo mondo: «Visto? Questo risponde alla tua domanda, se morde vuol dire
che ha una bocca!»
Poi si avvicinò allo studente, lo liberò
senza sforzo e commentò: «Quella non era la bocca, penso ti ha solo afferrato.
Ti sei fatto male?»
Non ebbe il tempo di rispondere che lo Schiopodo fra le mani di Kaito fece un rumore stranissimo.
Al primo accenno di scintille il ragazzo, d’istinto, tirò fuori un sacchetto e
lo buttò sull’animale, che venne subito ricoperto da una schiuma bianca e
soffice.
Hagrid accorse preoccupato: «Che ci stai
facendo?»
«Tranquillo, è solo schiuma antincendio,
quella degli estintori. Ne porto sempre con me nel caso i trucchi di prestigio
col fuoco andassero male…»
«Ma me lo affoghi!»
«E quello per poco non mi ustionava!»
Il ragazzo si rese conto di essere ancora
molto nervoso per lo scontro con la Cooman. Con un
sospiro, si scusò: «Non volevo fargli del male, ho agito senza pensare, scusa.»
Ginny, con un sorriso, si avvicinò e fece
un incantesimo che fece sparire tutta la schiuma, lasciando lo Schiopodo lindo e pulito.
Fece loro un occhiolino: «Aiutare la mamma
in casa a volte è utile.»
Il resto della lezione si svolse senza
ulteriori incidenti, ma furono tutti felici quando le due ore scaddero.
Salutarono tutti Hagrid e, con un po’ di stanchezza, Kaito e Thomas si
avviarono verso l’aula di Babbanologia.
I due ragazzi entrarono titubanti nella
stanza e guardarono stupiti l’ambiente. Non un angolo di parete era stato
lasciato scoperto: articoli di giornali babbani,
fotografie immobili provenienti da ogni parte del mondo, istruzioni per
l’assemblaggio di mobili, schemi elettrici, tenuti con scotch, puntine e colla
tappezzavano tutto in un guazzabuglio di colori indecifrabile a una prima
occhiata. Un po’ perplessi, Kaito e Thomas si sedettero vicini. Il ragazzo più
piccolo era nervoso, si aggiustava continuamente gli occhiali.
«Paura del mondo babbano,
Thomas?»
Il ragazzo ridacchiò, sistemandosi un
ciuffo color sabbia: «No, no, anzi… i miei nonni paterni sono Babbani. Solo che quando vado da loro mi sento sempre fuori
posto, è un ambiente così diverso da quello a cui sono abituato… papà prova a
spiegarmi qualcosa, ma anche lui vive nel mondo magico da troppo tempo. Spero
che frequentando questo corso potrò capire meglio i miei nonni la prossima
volta che li andrò a trovare.»
Il prestigiatore gli sorrise: «Un ottimo
proposito, più lodevole del mio di sicuro.»
«E tu? Perché ti sei iscritto? Non vieni
già da una famiglia babbana?»
«Potrei fare l’Hermione della situazione e
dire che vorrei approfondire l’argomento dal punto di vista magico… ma la
verità è solo che spero in voti facili.»
Thomas ridacchiò: «Manterrò il tuo segreto,
ma solo se mi aiuterai con i compiti.»
«Piccolo ricattatore impertinente! E va
bene…»
Continuarono a scherzare per un po’, mentre
nella classe entravano ancora un paio di Tassorosso, ma
si zittirono immediatamente quando entrò l’insegnante. Era una donna davvero
molto giovane, piccola e magra, con i capelli ricci biondi, tagliati corti, e
con gli occhi scuri. Aveva un bel sorriso allegro e, a giudicare da come
saltellava sul posto, sembrava non poter stare ferma un secondo.
«Sono Charity Burbage,
la vostra insegnante di Babbanologia. Quanto
conoscete i Babbani? Qualcuno viene da una famiglia Babbana?»
Una sola mano si levò. L’insegnante fissò
Kaito con aria deliziata, sbattendo le mani, poi subito riprese a parlare con
quella sua voce acutissima e con parlantina veloce, quasi fulminea: «Oh,
finalmente! Mi capitano sempre pochissimi studenti di origine babbana! Dimmi, dimmi, da dove vieni? Inghilterra? Galles?
Scozia?»
Il ragazzo fece una smorfia imbarazzata:
«Giappone…»
Il volto della Burbage
s’illuminò: «Uno studente orientale! Fantastico, potremo studiare anche le
differenze culturali! Meraviglioso! Se studio bene la cosa, saresti disposto ad
intervenire anche in qualche altra mia lezione?»
Il prestigiatore si trovò un po’ in
imbarazzo: «Si può fare…»
«Perfetto, perfetto! Oh, ma che bello poter
iniziare con così tante belle premesse! Siamo un po’ pochini, ma pazienza,
vorrà dire che faremo amicizia più velocemente! Dovrei imparare in fretta anche
i vostri nomi, allora!»
Veloce come un razzo, la donna andò a
sedersi dietro la cattedra e prese il registro: «Dunque, Benedicta?»
L’unica ragazza presente alzò la mano.
«Bene! Ah, questo dev’essere il nostro
giapponese! Kuroba!»
Il ragazzo non alzò neanche la mano, si
limitò a sorridere. La signora era indubbiamente entusiasta del suo lavoro,
anche troppo.
«Eccolo lì! Rourke?»
Thomas alzò la mano e la Burbage gli sorrise di rimando: «L’altro Grifondoro,
perfetto! Quindi ad esclusione, tu devi essere Zacleyn.»
Il robusto ragazzo biondo annuì di rimando.
La professoressa scattò nuovamente in piedi, come se fosse incapace di rimanere
ferma più a lungo, e iniziò a passeggiare indicando le pareti: «Ho cercato di
raccogliere su queste pareti quanto di più misterioso e affascinante ci possa
offrire il mondo Babbano! Scopriremo insieme
meraviglie di cui potete solo avere una vaga impressione… a parte te, Kuroba!
Mi raccomando, eh, se qualcosa non ti quadra diccelo, magari possono essere
anche solo differenze culturali, ma è bello scoprirle insieme, no? Comunque,
oggi per cominciare ho pensato di partire da una cosa piccola piccolapiccola! Ecco qua,
secondo voi che cos’è? Kuroba non suggerire, mi raccomando!»
Il ragazzo sospirò. Non aveva mai avuto
problemi ad essere al centro dell’attenzione, ma quella donna esagerava!
I suoi tre compagni, invece, si
avvicinarono incuriositi alla professoressa, che teneva sul palmo della mano un
rettangolino molto piccolo, colorato, con i lati frastagliati e con disegnato
sopra un volto. I ragazzi erano molto perplessi.
«Su, avanti, avanti! Ipotesi su cosa possa
essere?»
La ragazza Tassorosso
propose timidamente: «Un… ritratto portatile?»
«Acqua, acqua, sei completamente fuori
strada! Altre idee? No? Kuroba, tu lo sai?»
Kaito annuì: «Un francobollo.»
«Un francobollo, bravissimo! Intanto, prima
di scoprire cos’è e a cosa serva, analizziamolo! È un oggetto babbano? Ne siamo sicuri? Da cosa lo possiamo capire?»
Thomas alzò la mano: «L’immagine è ferma.»
«Giusto, i ritratti e in generale le
immagini prodotte dai Babbani non si muovono. Questo
le rende da una parte più noiose, dal punto di vista di un mago, ma dall’altra
molto più dettagliate e precise, perché possono permettersi di soffermarsi sul
minimo dettaglio. Poi?»
Aspettò un po’, ma visto che nessuno
rispose, continuò: «Il materiale. Questa non è pergamena, vedete? È più
sottile, più bianca, lo vedete bene qua, sul retro, e tuttavia molto
resistente. Si chiama carta, la producono a partire dagli alberi con un
procedimento complesso che presto vedremo insieme. Allora, a cosa serve questo
oggetto? Vi do un altro indizio, c’è della colla sul retro! Ancora nessuno?
Serve per la posta! Questo francobollo s’incolla sulla busta ed è un indizio
importantissimo, insieme all’indirizzo, per aiutare il postino babbano!»
Kaito iniziò ad inarcare un sopracciglio.
«La figura ritratta è femminile, quindi il
postino saprà che deve consegnarla a una donna! Ci sono anche quelli maschili,
ovviamente, ma oggi non ne ho trovati… visto quante meraviglie si celano dietro
un oggetto così piccolo? Alcuni hanno decorazioni di pregio, tanto che so che
alcuni Babbani li collezionano pure! Va bene, per
oggi basta così, è il primo giorno, l’ultima ora, e sarete stanchi! Vi aspetto
alla prossima lezione, buona serata a tutti!»
Thomas raccolse le sue cose, ma vide che
Kaito non si muoveva: «Non vieni?»
Il ragazzo gli sorrise: «Vai pure avanti
tu, chiedo solo una cosa all’insegnante e ti seguo subito.»
Il compagno si aggiustò gli occhiali
preoccupato: «Non esagerare come tuo solito.»
E gli ubbidì uscendo dall’aula. Kaito alzò
gli occhi al cielo: possibile che i suoi compagni avessero così poca fiducia in
lui?
La Burbage notò
subito che si era attardato: «Oh, Kuroba! Dimmi tutto!»
«Sa perché non ha trovato un francobollo
inglese con l’effige maschile?»
La donna fece una smorfia, assalita da un
dubbio tremendo: «Non… non li avevano finiti?»
Kaito scosse la testa: «La donna ritratta è
la regina attualmente sul trono nel Regno Unito. Sul francobollo c’è l’immagine
del sovrano, quindi solo se ci fosse un re avrebbe trovato un francobollo
maschile.»
La donna sbarrò gli occhi: «Oh, accidenti!
Ma così tutta la mia teoria crolla! E allora a cosa serve un francobollo?»
«È una sorta di ricevuta di pagamento per
il servizio di consegna. E sì, ci sono i collezionisti, proprio perché sui
francobolli non ci sono raffigurati solo volti, anzi, i filatelisti apprezzano
molto quelli che sembrano dei piccoli quadri.»
La donna iniziò a passarsi le mani nei
capelli: «Oh, che figura! Ma perché non mi hai interrotta subito?»
«Per non farle perdere subito la faccia di
fronte agli altri studenti. Lei è cresciuta nel mondo magico, ha studiato i Babbani solo attraverso i libri e, dove non ha trovato
risposte, ha indagato per conto suo, vero?»
La donna lo guardò sorpreso: «Esatto, ma
come…»
«Non bisogna essere dei grandi detective
per capirlo. Ha iniziato la presentazione del francobollo con un’analisi
accurata, quasi scientifica. Questo non è il modo di fare di uno che s’atteggi
a insegnante senza esserlo davvero. Il suo problema, però, è che ha cercato di
compensare la mancanza d’informazioni facendo dei paragoni con il mondo magico,
e questo è sbagliato, perché non tutto è paragonabile in modo così semplice. È
perché apprezzo il suo impegno che non l’ho smentita di fronte a tutti. Mi
creda, i professori che s’improvvisano tali non li sopporto, chieda un po’ a
Thomas cosa non ho combinato ad Allock, un paio d’anni fa…»
La donna si abbandonò su una sedia.
Sembrava che le si fossero scaricate improvvisamente le batterie.
«Amo il mondo babbano,
davvero. Sono nata e cresciuta in una famiglia purosangue, ma sono rimasta
subito affascinata dai nostri… vicini di
casa, mi piace chiamarli così. Hanno un modo di vivere completamente
diverso dal nostro, è quasi come se fossimo due specie diverse, e invece siamo
tutti esseri umani, meravigliosi esseri umani! La differenza fra noi e i Babbani è solo che noi ci adagiamo su quanto la magia può
offrirci, loro s’ingegnano per trovare mille e mille soluzioni, a volte persino
migliori di noi! Pensa anche solo ai telegiornali! Noi per sapere una notizia
all’interno del nostro Stato dobbiamo aspettare almeno la stampa del Profeta, o
un gufo, o un passaparola. Loro lo sanno subito, quasi istantaneamente, e da
tutto il mondo! Come si fa a non amare i Babbani? Io
davvero non capisco quelli che sostengono la “purezza della razza”… come se si
trattasse di creature diverse da noi! Non sanguiniamo, forse, entrambi? Non
pensiamo, ragioniamo, ipotizziamo, odiamo, amiamo? Se non ci fossimo incrociati
con i Babbani saremmo tutti estinti da un pezzo! E se
non fossimo la stessa cosa, allora perché esisterebbero dei maghi nati da
famiglie babbane e i Maghinò?
Ho studiato la loro cultura sui migliori manuali, i più antichi esistenti!»
«E questo forse è stato il suo primo
errore.»
«Eh?»
Kaito le sorrise: «Gliel’ho detto, la
società dei maghi e quella dei Babbani sono
radicalmente diverse, e quello che per i maghi può essere un pregio, per i Babbani a volte è un difetto, e viceversa. La società dei
maghi è sostanzialmente stabile, da quel che ho potuto capire non è cambiata
molto negli ultimi tre secoli. I Babbani invece
evolvono continuamente, cambiano radicalmente non solo da una generazione
all’altra, a volte persino da un decennio all’altro! Questo li rende molto
complicati da studiare seriamente…»
La Burbage lo
guardò con uno scintillio negli occhi: «… ma anche incredibilmente più
affascinanti!»
Il ragazzo rise: «Mi piace il suo spirito!
Se non trova un manuale che faccia al caso suo, ne scriva uno lei! Applichi il
suo meraviglioso metodo scientifico, si faccia passeggiate fra le vie di Londra
accompagnata da qualche mago di origine babbana che
le possa spiegare quello che vede, legga libri e giornali babbani,
faccia indagini fra gli studenti della scuola cresciuti in famiglie non
magiche, soprattutto i più piccoli, sono ancora freschi di memoria… e non si
dimentichi di aggiornare continuamente le sue ricerche. C’era un Babbano che diceva che ogni fine è solo un nuovo inizio…»
La donna gli porse la mano: «Ti ringrazio,
Kuroba, mi hai aiutato davvero molto. Se sbaglio ancora qualcosa mi aiuterai a
correggermi?»
Il prestigiatore gliela strinse con forza:
«Con molto piacere.»
La cena trascorse relativamente tranquilla.
I suoi compagni si stavano scambiando le impressioni sulla giornata e sulle
nuove materie, ma Kaito prestò poca attenzione al resoconto di Nicole sulla
lettura delle Antiche Rune, anche se era l’unica ad esserci andata. Non poteva
non provare un filo d’ansia per l’incontro con il preside che lo attendeva di
lì a poco. In fondo, aveva atteso quel momento per un anno intero.
Così, non appena scattarono le nove, Kaito
uscì dalla Sala Comune stringendo la lettera di Silente e si avviò per i
corridoi deserti, incredibilmente senza incontrare Gazza, fino a raggiungere
l’ufficio del preside, esattamente dove Harry gli aveva spiegato, al secondo
piano. Si fermò di fronte a un orribile e immenso mascherone di pietra e, guardandolo
dritto negli occhi esclamò: «Crem caramel vanigliato!»
A quelle parole il mascherone prese vita e
fece un balzo di lato, mentre la parete si apriva, rivelando una scala a
chiocciola che si muoveva dolcemente verso l'alto, come una scala mobile.
«Mica male! Hai capito le comodità di
essere preside? Queste sono scale
come si deve!»
Non appena ci mise un piede sopra, un tonfo
annunciò la parete che si era richiusa alle sue spalle. Il ragazzo fece un
sospiro deciso. Ormai era in ballo. I gradini salirono a spirale, su su, sempre più in alto, fino a giungere di fronte a una
porta di quercia lucente con un batacchio di rame a forma di grifone. Kaito lo
impugnò e diede un paio di colpi alla porta, che si aprì senza fare rumore.
Il ragazzo si guardò intorno. Era una
stanza circolare, grande e bella, piena di oggetti e rumorini strani. Su alcuni
tavoli dalle gambe lunghe e sottili, avvolti in nuvolette di fumo, erano posati
molti curiosi strumenti d'argento. Le pareti erano ricoperte di ritratti di
vecchi e vecchie presidi, garbatamente appisolati nelle loro cornici. C'era
anche un'enorme scrivania con le zampe ad artiglio, e dietro, su uno scaffale,
era poggiato un cappello da mago, frusto e stracciato, che immediatamente Kaito
riconobbe essere il Cappello Parlante.
Al suo fianco, in una bacheca di vetro, c’era una splendida spada
d'argento, con grossi rubini incastonati nell'elsa, la spada di Godric Grifondoro che lui stesso aveva impugnato al primo
anno, oltre che usato come stampella. A ricordargli quell’avventura c’era
anche, su un trespolo d'oro dietro
alla porta, Fanny, che a vederlo cantò felice. Al suo fianco c’era l’uomo che
lo aveva mandato a chiamare.
«Buonasera
Kaito.»
«Buonasera,
professore.»
«Sei
puntualissimo, bene! Ma immagino che dopotutto fossi impaziente, dopo un anno
di attesa…»
Il ragazzo non
rispose e il preside attraversò la stanza, diretto verso un armadio nero, da cui prese qualcosa che
poggiò sulla scrivania. Quando tornò a rivolgersi a Kaito, ogni traccia di quel
suo solito rassicurante sorriso con cui l’aveva accolto sembrava svanita.
«Voglio che una cosa ti sia ben chiara,
Kaito. Questa non sarà una serata facile, né per te, né tanto meno per me.
Quando avrò risposto a tutte le tue domande, quando uscirai da quella porta, nulla
sarà più come prima.»
Kaito gli restituì lo stesso sguardo serio,
in silenzio. Non era necessario dire nulla, era Silente a dover parlare.
L’anziano uomo continuò: «Ho pensato molto
a come affrontare questo momento. Avrei potuto farti un lungo e complicato spiegone, ma poi ho pensato che, visto cosa devo rivelarti,
avresti preso le mie parole per i deliri di un povero vecchio pazzo. E poi
magari dopo una giornata di lezioni, eri stufo di sentir insegnanti blaterare…
così ho pensato di usare questo. Vieni, avvicinati.»
Kaito obbedì. Quello fra le mani del
preside era un basso bacile di pietra, con strane figure incise sul bordo,
probabilmente rune o comunque simboli che il ragazzo non era in grado di
leggere. Conteneva una sostanza strana, liquida o forse gassosa, era difficile
capirlo, di un colore argento luminoso e biancastro, e si muoveva
incessantemente; la superficie s'increspò come acqua accarezzata dal vento, e
poi, simile alle nuvole in cielo, si separò e vorticò dolcemente.
«Quest’oggetto si chiama Pensatoio, ed è in
dotazione ad ogni preside di Hogwarts. A volte, e sono certo che conosci questa
sensazione, ho l'impressione di avere semplicemente troppi pensieri e troppi
ricordi stipati nella mente. Quando mi capita, uso il Pensatoio. Basta travasare
i pensieri in eccesso dalla propria mente, versarli nel bacile ed esaminarli a
piacere. Diventa più facile riconoscere trame e collegamenti, sai, quando
assumono questa forma.»
Kaito guardò il contenuto del bacile con
una smorfia: «Quindi quelli sarebbero i suoi ricordi?»
«Esattamente. Posso utilizzare i miei o
anche quelli di una terza persona. E in questa forma posso anche riviverli,
come se fossero un film. Guarda.»
Estrasse la bacchetta e infilò la punta tra
i propri capelli d'argento, vicino alla tempia. Quando la tolse, parve che dei
capelli vi restassero attaccati, ma in realtà si trattava di una striscia
scintillante della stessa strana sostanza bianco-argentea che riempiva il
Pensatoio e che venne prontamente aggiunta.
«Ecco, ho aggiunto adesso i ricordi che
volevo mostrarti stasera.»
«Vuole mostrarmi i suoi ricordi… là
dentro?»
Silente annuì e il prestigiatore ridacchiò:
«Gli psicanalisti pagherebbero a peso d’oro quell’affare!»
Il preside continuò: «I ricordi che ti
mostrerò stasera appartengono tutti a me, tranne uno…»
Estrasse dalla tasca dell’abito una fiala,
contenente la stessa sostanza biancastra che aveva aggiunto poco prima nel
Pensatoio.
«Questo è un ricordo eccezionale, Kaito, di
cui gradirei non facessi parola con nessuno. Appartiene a un Babbano. Normalmente non sono solito “prelevare” ricordi di
chi non c’entra con il mondo della magia, ma questa era una prova eccezionale,
unica nel suo genere… la legge dei maghi, tuttavia, non ha stabilito regole sul
trattamento dei ricordi dei Babbani.»
«E ciò che la legge non vieta, implicitamente
consente… conosco l’antifona, sono abituato a lavorare ai limiti della legge,
stia tranquillo, terrò la bocca chiusa.»
Silente aprì la fiala e aggiunse quel
ricordo agli altri: «Spero che quello che vedrai possa rispondere alle tue
domande, benché, ti avverto, sarà doloroso.»
«Non ho paura.»
Silente gli sorrise intenerito, come se il
ragazzo avesse appena detto inconsapevolmente un’enorme sciocchezza: «Ti prego
di avere pazienza con me, questa sera. Anche se starai male, ti chiederei di
sopportare fino alla fine, potremmo non avere un’altra occasione di rivederci
con questa tranquillità con l’incombenza dell’imminente Torneo Tremaghi. In ogni caso, se ne sentirai il bisogno, ti prego
di tralasciare pure con me la tua pur ottima faccia da poker.»
Kaito trasalì. Non ricordava di aver mai
parlato con il preside di quel particolare.
L’uomo gli porse una mano: «Vieni,
avvicinati.»
Il ragazzo fece una smorfia imbarazzata:
«Ehm… è sicuro che non le dispiaccia se invado così la sua privacy?»
Silente gli sorrise intenerito e si limitò
a dirgli: «Prendi un bel respiro, Kaito. Stiamo per cominciare.»
Ehm... saaaalve.... come va?
Sì, lo so, sono sparita per mesi, e mi dispiace enormemente. Purtroppo,
come avevo avvertito, gli impegni universitari si sono fatti troppo incombenti
per riuscire a gestire tutto, comprese tutte le mie storie. Rassicuro anche gli
eventuali lettori di Richiamo di sangue, mi rimetterò presto anche su quella
storia. Ora devo concentrarmi anche sulla tesi, ma farò del mio meglio per non
far passare di nuovo tutto questo tempo, anche perché con la suspense con cui
vi ho lasciato penso che mi linciate!
Intanto, un paio di note. Mi sono molto divertita a immaginare
due professoresse che nei libri sono solo accennate ma mai descritte nei
dettagli. Non vedremo molte loro lezioni, ma mi sembrava interessante da
approfondire, spero vi piaccia come le ho caratterizzate. Per quanto riguarda
la lezione di Aritmanzia, i dati sulla materia, per
quanto un pochino romanzati, li ho presi da un libro intitolato “Manuale per
apprendisti maghi” di Allan Zola Kronzek e ElizabethKronzek, edito da Speriling & Kupfer Editori, che spiega molte curiosità
sul mondo magico di Harry Potter. La mia edizione non è aggiornatissima, si
ferma al quinto libro, ma so che in circolazione ci sono edizioni aggiornate
fino al settimo. Se volete fare il calcolo aritmanzico
del vostro nome cercatelo!
Ringrazio quindi i commentatori, ovvero fenris,
Lunaby, Tsuki no Sasuke, mergana, sophi33,
Miciagatta33, _happy_04 (menzione speciale per essersi letta e recensita tutti
i capitoli in questi mesi) e _SayayMagicSuicune_. Sarà
rimasto qualcuno di voi dopo tutto questo tempo? Lo spero proprio...
Prossimo capitolo? Mi sembra chiaro, finalmente avrete quasi tutte
le risposte che aspettavate. Solo un avviso: questo sarà probabilmente il
capitolo più lungo in assoluto della storia, in cui si vedrà se davvero sono
riuscita a fare la brava sartina e a cucire bene la trama di Kaito Kid e quella
di Harry Potter, tenendo conto della marea d’indizi che vi ho lasciato in
questi trentun capitoli. Per questo motivo e per la tesi in corso potrebbe
volerci un pochino (ma meno degli infiniti
mesi d’attesa, per autoparodiarmi). Spero che ne
valga la pena.
Al prossimo capitolo, e abbiate fiducia, arriverà!
Su invito di Silente, Kaito si chinò sul
bacile. L’interno era cambiato, ora poteva vedere riflesso l’ufficio in cui si
trovava. Mentre si stava chiedendo quando i ricordi fossero diventati
trasparenti, senza preavviso, il preside gli spinse la faccia verso il
Pensatoio fino a fargli toccare i suoi ricordi con la punta del naso. L'ufficio
di Silente sussultò con violenza, come se ci fosse stato un forte terremoto: Kaito
fu scagliato in avanti e precipitò a testa in giù dentro il bacile...
Istintivamente alzò le braccia per
proteggersi il volto, ma non urtò contro il fondo di pietra come si sarebbe
aspettato. Stava cadendo dentro qualcosa di gelido e nero; era come essere
risucchiati in un gorgo oscuro...
E poi finì, senza che Kaito sapesse dire esattamente
come. Si ritrovò in piedi, più o meno nella stessa posizione in cui era poco
prima.
«Tutto bene?»
Kaito si sentiva ancora le orecchie tappate
e il cervello un po’ annebbiato: «Sì... più o meno... ma... cos’è successo?»
Si guardò intorno.
«Dov’è Fanny?»
Silente gli sorrise: «Non c’è ancora.»
«Eh?»
Fu quando si voltò verso il preside che
trasalì. Davanti a lui c’erano...
«D-due Silente?»
Uno dei due, quello con la barba più lunga
e più bianca, sorrise: «Te l’ho detto, stiamo esplorando i miei ricordi. Quello
seduto alla scrivania è solo il ricordo che ho di me stesso. Non può vederci né
sentirci, né interagire con noi in alcun modo, perché esegue solo una parte ben
definita.»
Osservandolo con più calma, in effetti,
Kaito notò che aveva meno rughe rispetto alla controparte che lo aveva
accompagnato. Era seduto alla sua scrivania e aveva l’aria seria. Appoggiato il
mento sul dorso delle mani, ascoltava con attenzione un ragazzino seduto di
fronte a lui.
Il Silente più anziano sorrise: «Questo
ricordo risale a circa venticinque anni fa, forse qualcosa in più. Osserva con
attenzione il mio interlocutore. Forse faticherai un po’ a inquadrarlo, ma è
una persona che conosci bene.»
Kaito si spostò leggermente per poterlo
vedere in viso. Era un ragazzino con i capelli castani dal volto pallido e
smunto, un po’ imbarazzato. Sì, aveva un’aria un po’ familiare, ma non riusciva
a riconoscerlo.
Il Silente d’epoca parlò: «Allora, come
stai, Remus?»
Kaito sbarrò gli occhi: «Remus?Remus... Lupin?»
L’uomo annuì: «Il professore di Difesa
contro le Arti Oscure che ha insegnato in queste mura l’anno scorso, esatto. In
quest’epoca era ancora uno studente... mi pare fosse al terzo anno, sì. Ogni
tanto eravamo costretti a fare degli incontri per il suo “problema mensile”. Dopotutto,
era il primo studente affetto da licantropia dell’istituto.»
Kaito annuì. Lupin stava raccontando un po’
delle notti passate nella Stamberga Strillante, un posto che ricordava fin
troppo bene.
«Mi scusi... per quanto sia interessante
vedere Lupin più o meno alla mia età... perché me lo sta mostrando?»
«Perché è da qui che cominciò tutto.»
«Da Lupin?»
«No, da qualcuno che dovrebbe arrivare tra
poco...»
Il ragazzo scosse la testa. Ormai gli era
chiaro che il preside voleva fare il misterioso e che difficilmente gli avrebbe
fatto cambiare idea. Sospirò. Più tempo passava e meno...
Fu talmente improvviso che Kaito ebbe
bisogno di un paio di secondi per realizzare l’accaduto.
Con un fortissimo schiocco, una figura
comparve dal nulla una trentina di centimetri sopra la scrivania di Silente.
Quasi subito la forza di gravità fece il suo dovere e il malcapitato si ritrovò
a precipitare di pancia urlando sulla superficie dura e piena di oggetti
spigolosi sotto di lui. Kaito fece una smorfia di dolore empatico, mentre il
Silente del passato e Lupin si allontanarono di scatto dalla scrivania. In un
secondo il professore si schierò di fronte al giovane studente, sguainando la
bacchetta.
La figura, rimasta per un pochino immobile
sulla scrivania, si mosse lentamente imprecando dal dolore. Il giovane, per
così dire, preside alzò un sopracciglio e spinse ancora più indietro Lupin,
lanciandolo praticamente fra le braccia di Kaito. Il ragazzo allungò le braccia
per afferrarlo al volo, ma il giovane Remus gli passò
attraverso come fosse un fantasma.
Il Silente al suo fianco gli sorrise:
«Ricordi? Non possono interagire con noi.»
Prima che potesse rispondere, Kaito fu
attirato dalla voce del nuovo arrivato, che, pur dando loro le spalle,
faticosamente si era messo seduto e si stava guardando intorno: «Ahia, che male... ma cosa...»
Il prestigiatore trasalì. Quello non era
inglese. Era...
Il giovane Silente gridò con voce ferma e
tonante: «Fermo!»
La figura alzò di scatto le mani in segno
di resa, evidentemente spaventato. Si voltò lentamente per vedere chi gli
stesse parlando e a quel punto Kaito sentì venirgli meno le gambe. Il ragazzo
comparso dal nulla, anche se aveva le spalle decisamente più larghe delle sue,
i capelli più lisci e composti e degli strani abiti, sembrava quasi essere la
sua fotocopia.
«Ma... cosa...»
Il giovane Silente lo ignorò: «Chi sei e
come sei arrivato qui?»
Il ragazzo reclinò la testa, sorpreso,
rispondendo in giapponese: «Inglese?
Perché mi sta parlando in inglese?»
Il preside assunse un’aria minacciosa:
«Rispondimi.»
Il nuovo arrivato lo guardò spaventato e,
alzando ancora più in alto le mani, rispose in uno stentatissimo inglese: «Per
favore, dove sono?»
Silente non abbassò mai la bacchetta:
«Nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.»
Il ragazzo sembrò essere ancora più
spaventato: «In che Stato?»
Il giovane preside lo guardò incuriosito:
«Regno Unito.»
L’ultimo arrivato lo guardò sorpreso e
spaventato, per poi borbottare nella sua lingua: «Oh, caspita... questa volta l’ho fatta grossa... come lo spiego alla Hanakazawa che arriverò in ritardo a lezione perché sono
finito dall’altra parte del mondo?»
«Ora tocca a te rispondere. Chi sei e come
sei arrivato qui?»
Il ragazzo deglutì, evidentemente confuso,
parlando a scatti, per pensare bene la traduzione di ogni parola: «Mi... mi
chiamo Kuroba Toichi, e vengo dalla no mahōsukūru... cioè, la
scuola di magia e stregoneria di Mahoutokoro a Hokkaido, in Giappone. Quanto all’altra domanda... vorrei
saperlo anch’io.»
Un tonfo fece girare Silente. Le ginocchia
di Kaito avevano ceduto definitivamente e il ragazzo si era ritrovato a terra,
il volto impassibile ma bianco cadavere. Il preside s’inginocchiò di fianco a
lui.
«Stai bene?»
Kaito scosse la testa: «No... non è
possibile... papà... non può...»
Silente gli mise una mano sulla spalla,
sorridendo comprensivo: «È il motivo per cui ho preferito farti vedere questa
scena. Non avresti creduto alle mie parole.»
Non riusciva a crederci neanche in quel
momento, a dirla tutta. Una parte di lui si rifiutava con tutto se stesso di
accettare quello che stava vedendo. Silente continuò a sorridergli.
«Se non ci credi è positivo.»
«Eh?»
«Lo capirai. Anche se so che per te non è
una buona notizia, questa è solo una piccola parte, e forse anche la più
insignificante, delle rivelazioni che riceverai questa sera.»
Kaito sbarrò gli occhi: «Ah...
incoraggiante...»
Il ragazzo presentatosi come Toichi Kuroba, intanto, si era messo in piedi e stava
cercando di orientarsi. I suoi abiti erano molto curiosi, una via di mezzo fra
gli abiti tipici dei maghi inglesi e un kimono, evidentemente la divisa della
scuola che aveva nominato.
Il giovane Silente si avvicinò preoccupato:
«Cosa stavi facendo prima di ritrovarti qui?»
Toichi fece una smorfia, preoccupato: «Ehm...
ecco... c’è un mio amico più grande che ha cominciato il corso di
Smaterializzazione... gli ho chiesto di farmi vedere come si faceva e... mi
sono ritrovato qui.»
Remus prese per la prima volta la parola: «Sì,
ma perché proprio qui?»
Il ragazzo scosse la testa: «Non lo so...»
Silente lo guardò pensieroso: «A cosa stavi
pensando quando ti sei Smaterializzato?»
Kaito sbarrò gli occhi: «No... non
dirmelo...»
Toichi sbottò: «Ma io non volevo neanche
Smaterializzarmi! Pensavo solo di girare su me stesso, tutto lì! Volevo solo
prenderlo in giro!»
Il preside lo incoraggiò, sorridendo: «A
cosa stavi pensando?»
Il ragazzo arrossì leggermente. Nel vederlo
Kaito provò un po’ di tenerezza. A quanto pareva suo padre non aveva ancora
sviluppato la faccia da poker.
«Ai compiti da fare... e al prossimo
incontro dei mondiali di Quidditch, Inghilterra VS Giappone...»
Silente annuì: «Stavi pensando alla scuola e all’Inghilterra e... ti sei ritrovato nella scuola inglese. Corretto?»
«A quanto pare...»
«Va bene. Provvederò immediatamente a
mandare un gufo al preside Nabe perché tu possa
tornare al più presto a casa. Gentilmente, Remus,
potresti fare compagnia al nostro ospite durante la mia assenza?»
Il giovane Lupin si risollevò dai suoi
pensieri: «Eh? Ah, sì, certo! Non si preoccupi!»
Il preside uscì e Toichi
e Remus si ritrovarono soli e visibilmente
imbarazzati. Alla fine Lupin porse una mano all’altro.
«Mi chiamo Remus
Lupin.»
L’altro ricambiò il gesto, aggiungendoci un
leggero inchino: «Kuroba Toichi.»
«Ehm... qual è il nome e quale il cognome?»
Il ragazzo giapponese rise: «Il mio nome è Toichi. Quel professore di prima ha un’aria molto
autorevole, ma è anche gentile...»
«Chi, il professor Silente? Sì, in effetti
sì.»
«Che materia insegna?»
«Lui è il preside.»
Toichi avvampò: «Oh! Non bastava essere atterrato
sulla scrivania di un professore straniero, pure del preside! Peggio di così
non potevo fare...»
I due ragazzi si guardarono per qualche
secondo e risero.
Kaito si voltò verso il suo Silente, scuro
in volto: «Ecco perché Lupin si è offerto subito di farmi quelle lezioni
private e perché sapeva esattamente quale fosse il mio problema! L’aveva
sentito direttamente da mio padre!»
Il preside annuì: «Esattamente. Il
professor Lupin si è offerto di sua volontà di aiutarti a migliorare le tue
capacità. Concorderai con me che il signor Twycross
difficilmente avrebbe saputo aiutarti nella maniera migliore. Neanche il
professor Lupin, in realtà, era uno specialista nel campo, ma si è impegnato al
massimo per aiutarti.»
Kaito guardò la scena, poi esclamò: «Un
attimo! Come fa lei a ricordarsi questa scena se non c’è?»
L’uomo indicò la porta alle sue spalle: «Mi
ritieni davvero così sconsiderato da lasciare uno studente con una persona
comparsa dal nulla? Ero dietro la porta e osservavo tutto da una fessura nel
legno, pronto a intervenire al primo segnale di pericolo. Il gufo lo feci
mandare dal vicepreside dell’epoca.»
«Ah...»
Kaito tenne per sé che in ogni caso mandare
tre studenti allo sbaraglio in una missione temporale come aveva fatto l’anno
prima non gli era sembrato il massimo della responsabilità. Non era il punto principale
della discussione. Tornò a guardare suo padre e il giovane Lupin mentre
facevano amicizia. Ancora non riusciva ad accettare quello che stava vedendo
come realmente accaduto. Lo considerava né più né meno come un film ben
realizzato.
Silente continuò: «Ma alla fine tuo padre
era davvero chi diceva di essere. Il giorno successivo uno dei suoi professori
venne a prenderlo, facendomi mille scuse da parte del preside Nabe e di tutta Mahoutokoro e per qualche anno pensai che la storia fosse finita lì. Mi sbagliavo.»
«Cosa intende dire?»
Kaito non ebbe il tempo di finire la frase
che tutto intorno a loro cambiò. Le voci di Toichi e
Lupin si fecero remote; l’ufficio si stava dissolvendo come se fosse fatto di
fumo. Tutto sbiadiva, il ragazzo riusciva a distinguere solo i loro corpi,
tutto il resto era oscurità vorticante...
Pochi secondi dopo si ritrovò in un altro
ambiente. Era l’ingresso di Hogwarts, ed era sera. La pioggia battente
picchiettava alle finestre, confondendo il suo rumore con il crepitio del fuoco
nel camino. Kaito si guardò intorno. C’era nuovamente Silente, accompagnato da
alcuni professori, la maggior parte sconosciuti. Riconobbe giusto un Vitius molto più giovane.
Il suo accompagnatore intervenne: «Abbiamo
fatto un salto di quattro anni.»
«Cosa sta succedendo?»
«Stiamo attendendo una delegazione
straniera. Me lo ricordo bene, quell’anno, fu l’unico in cui tentammo un
esperimento innovativo, purtroppo mai rinnovato.»
«Di cosa si trattava?»
«Scambio interculturale di studenti. I più
meritevoli di ogni scuola potevano scegliere un altro istituto in terra
straniera in cui passare un intero anno scolastico. Io fui uno dei promotori
dell’iniziativa.»
Kaito sorrise nel vedere i baffi di Silente
fremere d’orgoglio.
«Quattro studenti di Hogwarts, uno per
Casa, frequentanti il sesto o settimo anno, partirono per l’estero. Il nostro
istituto accolse tre studenti, uno proveniente da Durmstrang,
uno dalla scuola di Uagadou, in Burkina Faso, e
l’ultimo...»
Le porte si spalancarono di colpo, facendo
trasalire Kaito dalla sorpresa. Quattro uomini entrarono con passo spedito ma
elegante, tanto che, avvolti nei loro larghi kimono e con quei alti cappelli,
simili a quelli dei sacerdoti nei templi shintoisti, sembravano fantasmi neri
che fluttuavano sul pavimento. Con un sincronismo perfetto, i quattro
s’inchinarono.
«La no mahōsukūruMahoutokoro ringrazia sentitamente per l’onore che ci fate nell’ospitare
uno dei nostri studenti.»
Il Silente dei ricordi s’inchinò a sua
volta: «Siamo noi ad essere veramente onorati che uno dei vostri studenti abbia
scelto il nostro istituto.»
In una coreografia perfetta, i quattro
professori si aprirono a ventaglio rivelando uno studente ancora chino, prima
completamente coperto. A differenza degli altri, gocciolava un po’, segno che
aveva preso parte della pioggia che imperversava fuori. Silente attese che il
ragazzo si alzasse, ma quello rimase immobile. Uno degli insegnanti allora
intervenne: «La disciplina nella nostra scuola è molto rigida. Se lei non gli
darà il permesso di rialzarsi, lui non lo farà.»
Il preside, forse un po’ imbarazzato dalle
differenze culturali, disse: «Ti prego, alzati pure e presentati.»
Il ragazzo a quel punto ubbidì, rivelando
un sorriso familiare, un primo accenno di baffetti e un inglese decisamente più
sicuro: «Sono Toichi Kuroba, signore, e sono davvero
molto felice di rivederla.»
Il Silente al fianco di Kaito sorrise
intenerito: «Devo ammetterlo, non mi sarei aspettato di rivedere tuo padre e,
soprattutto, di rivederlo da studente. Fu una gradita sorpresa.»
Prima che Kaito potesse parlare, l’ambiente
cambiò ancora. Erano tornati nell’ufficio del preside. Ora c’erano solo lui e Toichi, vestito con la tipica divisa di Hogwarts.
«Questo incontro avvenne un paio di giorni
dopo. Nel frattempo tuo padre era stato Smistato, ovviamente, in un’apposita
cerimonia eccezionale. Era finito a Corvonero.»
Il giovane Silente si rivolse allo studente
che aveva di fronte: «Allora, Toichi, ti stai
ambientando ad Hogwarts?»
«Oh sì, la ringrazio. Sono stato davvero
felice di ritrovare Remus, dopo anni passati a
sentirci solo via gufo è stato bello vedersi di persona, anche se siamo in due
Case diverse.»
«Vedo che non hai mai dimenticato la tua
piccola avventura.»
Toichi scosse la testa: «Oh, neanche un po’.
Prima del mio... errore, non avevo
mai pensato che potessero esistere altre scuole oltre a Mahoutokoro. Quando sono tornato mi sono informato su
come funzionasse questa scuola e l’ho trovata davvero interessante. Quando ho
scoperto della possibilità di poter frequentare un anno qui, mi sono impegnato
al massimo per migliorare i miei voti e il mio inglese e poter tornare ad
Hogwarts, stavolta legalmente.»
«Hai poi indagato sulla tua misteriosa
Smaterializzazione?»
Il ragazzo fece una smorfia, abbassando lo
sguardo: «Non mi è stato permesso. Come forse avrà notato, la mia scuola è
piuttosto... intransigente. Esiste
una regola e tutti devono uniformarsi, altrimenti le pene sono severe. Per il
mio errore di qualche anno fa venni punito per tre mesi e da allora ho il
divieto assoluto di riprovarci. Mi venne ripetuto molte volte che avevo
disonorato l’intero istituto andando a disturbare addirittura una scuola
straniera.»
Silente sorrise: «Ma tu non hai disturbato
affatto, anzi.»
Toichi lo guardò sorpreso e il preside continuò:
«La tua apparizione mi ha dato l’occasione di fare qualche ricerca e di
scoprire cose molto interessanti.»
«Davvero?»
«Sai perché mi sono spaventato la prima
volta che ti ho visto, tanto da puntarti la bacchetta addosso?»
Il ragazzo scosse la testa e il professore
continuò: «In quasi tutte le scuole e i luoghi sensibili, e in questo edificio
in particolare, sono stati apposti incantesimi particolari per impedire a
chiunque di smaterializzarsi all’interno.»
«Davvero?»
«Eppure tu, se sei stato sincero la prima
volta che ci siamo visti, senza alcun impegno, limitandoti a girare su te
stesso, senza nemmeno tentare una vera e propria Smaterializzazione, ti sei
ritrovato qui, in questo ufficio, dall’altra parte del mondo, beffandoti dei
secolari incantesimi di protezione di Hogwarts.»
L’uomo si alzò e raggiunse l’altro lato
della scrivania, per poi mettere una mano sulla spalla del ragazzo: «Toichi, il tuo è un dono molto raro. Per trovarne traccia
ho dovuto consultare libri antichissimi, risalenti a secoli e secoli fa.»
Kaito si avvicinò, quasi senza rendersene
conto, e Silente lo lasciò fare. Si era ormai quasi immedesimato totalmente nel
ragazzino seduto che doveva essere suo padre, ed era impaziente di conoscere la
risposta alla domanda che lo tormentava da mesi.
«Ci sono maghi che, oltre a nascere dotati
di magia, hanno in sé dei doni speciali, come i Metamorfomagus,
che possono cambiare aspetto a loro piacimento, o i Rettilofoni,
in grado di parlare con i serpenti, tanto solo per citare i più famosi. Molte
altre capacità sono andate perdute nei secoli, tante persino cancellate dalla
memoria collettiva. In qualche antico manoscritto ho trovato traccia di persone
impossibili da imprigionare, in grado di smaterializzarsi e materializzarsi in
qualunque luogo, indipendentemente dagli incantesimi apposti.»
«Come... come ho fatto io?»
«Esatto. Parlavano anche di altre capacità
interessanti, come potersi materializzare da una persona conosciuta anche senza
sapere dove essa si trovi... ti è mai capitato?»
Toichi sembrava confuso: «No, non credo... non ci
ho più provato... ma non capisco. Che io sappia, nessuno nella mia famiglia ha
questa capacità.»
Silente gli sorrise: «Forse si è
risvegliata casualmente in te, dopo essere rimasta dormiente per secoli. Forse
potresti anche non essere il solo al mondo in grado di farlo, ma qua si entra
nel mondo delle mere supposizioni, perché non mi è giunta notizia di altre persone
con il tuo dono. Però, se accetti un consiglio da un povero vecchio mago...»
Il ragazzo lo guardò perplesso: «Povero
vecchio mago non direi! Da quel che so, il suo curriculum non è quello di un
uomo comune.»
Il preside ridacchiò: «I titoli non sono
nulla, credimi. Ma indipendentemente dal mio curriculum, il mio consiglio
spassionato è quello di esercitarti nella Smaterializzazione, magari
approfittando dell’ambiente... meno
rigido, se mi consenti la definizione, di questa scuola rispetto a Mahoutokoro. Se non ti senti abbastanza sicuro,
possiamo trovare chi possa aiutarti, nelle prime fasi. Non sei obbligato a
rispondermi subito, chiaramente.»
Toichi lo guardò sospettoso: «È solo per questo
che mi ha mandato a chiamare?»
«Assolutamente no, ci mancherebbe altro.
Puoi chiedere anche ai due studenti che sono venuti con te, anche loro si sono
seduti su quella sedia. Era il prossimo argomento che ero intenzionato ad
affrontare.»
Silente tornò a sedersi dietro la sua
scrivania. Kaito rimase dietro suo padre.
«Cercando, con qualche difficoltà, di farti
frequentare un anno che fosse corrispondente a quello che avresti frequentato a
Mahoutokoro, sei stato iscritto al settimo anno.
Normalmente, ad Hogwarts, gli ultimi due anni lo studente può scegliere di
concentrarsi solo su alcune materie che riterrà potranno essergli utili negli
anni a venire. Nonostante avessi avvertito i presidi di Durmstrang,
di Uagadou e di Mahoutokoro, gli altri due studenti stranieri non sapevano nulla di
questa eventualità e quindi hanno scelto i corsi da frequentare durante il
colloquio con il sottoscritto. Solo nel tuo caso ho ricevuto una lettera di
risposta con già segnati i corsi che avevi scelto.»
Silente mise sulla scrivania una lettera,
ma Toichi non alzò lo sguardo dalle ginocchia.
«Dimmi la verità, nemmeno tu eri stato
informato di questa possibilità, vero?»
Il ragazzo impiegò un po’ di tempo a
rispondere: «No, signore.»
«Quindi sono stati i tuoi professori a
scegliere per te.»
«Avranno fatto la scelta che ritenevano più
idonea alle mie capacità, signore.»
Kaito notò il cambiamento nel tono di voce
del padre. Era più basso, remissivo, un tono che non ricordava di avergli mai
udito, in vita. Inoltre, era passato quasi subitaneamente a un modo più formale
d’esprimersi, come se si fosse improvvisamente ricordato di essere di fronte a
un preside.
Davanti agli occhi stupiti di Toichi, Silente strappò la lettera.
«A me non interessa cosa vogliano i tuoi
professori per te. Io voglio sapere cosa tu
vuoi dalla tua vita.»
Il ragazzo guardò i pezzi di lettera con
occhi sbarrati: «Posso... posso scegliere? Davvero?»
Silente annuì: «Nella mia scuola tutti gli
studenti hanno le stesse possibilità. Dunque, se tutti possono scegliere, devi
poterlo fare anche tu.»
Il volto di Toichi
quasi s’illuminò e il professore continuò: «Visto che ti sei informato così
bene, saprai già qual è l’offerta formativa di quest’istituto. Quali sono le
materie che t’interessavano di più?»
Il ragazzo rispose quasi senza pensare:
«Incantesimi e Trasfigurazione, senza dubbio! E Pozioni, magari. Poi... no,
quelle materie non posso farle...»
«Spiegami qual è il problema.»
«Vede, avete due materie che nella mia
scuola non vengono insegnate. Tuttavia, è impensabile che possa iniziarle ora,
all’ultimo anno.»
«E perché mai? Anche lo studente di Uagadou non ha mai frequentato Erbologia,
eppure abbiamo trovato una soluzione che gli permettesse di affrontare la
materia da zero. Possiamo trovare un modo anche per te. Dimmi, Toichi, quali sono queste due materie?»
Il ragazzo era un po’ titubante: «Una è
Difesa contro le Arti Oscure.»
Silente sollevò un sopracciglio: «A Mahoutokoro non viene insegnata?»
«A noi insegnano direttamente le Arti
Oscure. La logica è che se veniamo attaccati con una maledizione, dobbiamo
difenderci usando altre maledizioni. Ma so che qui usate una logica
differente.»
«Infatti.»
«Vorrei provare un punto di vista diverso.
Vede... non sono molto bravo con le maledizioni, è un po’ il mio punto debole.
Forse il vostro metodo potrebbe essere più adatto a me.»
Il preside sospirò: «Come sono diverse le
culture... quello che da te è considerato un “punto debole”, come lo hai
definito tu, da noi sarebbe un punto di forza. Va bene, possiamo
tranquillamente trovare una soluzione per Difesa contro le Arti Oscure. L’altra
materia?»
«Se si può, mi piacerebbe vedere Babbanologia. Ho avuto modo, qualche anno fa, di vedere
come i Babbani considerano la magia e l’ho trovato
affascinante.»
Silente si mostrò curioso: «In che senso?»
«Mi è capitato di vedere per strada uno di
quelli che i Babbani chiamano “maghi”. Non hanno
ovviamente nulla di magico come lo intendiamo noi, sia chiaro, ma ho trovato
davvero fantastico come senza usare la magia facessero cose straordinarie!
L’estrazione del coniglio dal cilindro, in particolare... solo che da me è
considerato un disonore approfondire il mondo Babbano...»
Kaito si strinse con tutte le sue forze
alla sedia dov’era accomodato il padre. Fino a quel momento aveva pensato che
fosse uno strano scherzo ben architettato dal preside, ma per la prima volta in
quei ricordi ritrovava un dettaglio che quadrava con quello che conosceva di
suo padre e che in teoria Silente non poteva sapere. Non credeva, infatti, che
suo padre avesse raccontato a chicchessia l’episodio che gli aveva fatto
conoscere la prestidigitazione, l’incontro casuale per strada quand’era bambino
con un mago che aveva estratto un coniglio da un cilindro e glielo aveva fatto
accarezzare.
Il Silente del passato sorrise: «Non vedo
alcun problema. Il tempo di mettermi d’accordo con un paio di insegnanti e
potrai frequentare i corsi da te scelti.»
Toichi s’inchinò: «La ringrazio tantissimo,
professore. E per quanto riguarda la sua proposta... prometto che ci penserò.»
In quel momento Kaito si voltò verso il suo
Silente: «Un attimo! C’è una cosa che proprio non quadra!»
«Cosa?»
«I
tempi! Se quello è davvero mio padre, dovrebbe avere quasi la mia età, ma è
impossibile! Akako ha frequentato la scuola di magia prima!»
Silente annuì: «C’è stata una riforma
scolastica in Giappone, quindici anni fa. Attualmente Mahoutokoro è frequentata da bambini fra i cinque e i
dieci anni, ma all’epoca di tuo padre l’età andava dai tredici ai diciotto
anni.»
Kaito sembrava essere confuso: «Io... io
non so più cosa pensare. Si rende conto che lei sta cercando di cancellare
tutto quello che so su mio padre?»
«Lo so. Ma stasera avrai tutte le tue
risposte.»
Di nuovo vennero avvolti dall’oscurità, ma
quando essa si diradò l’ambiente non era cambiato. Il Silente dei ricordi era
sempre seduto alla sua scrivania.
Il Silente del presente invece disse:
«L’anno che Toichi trascorse ad Hogwarts gli mostrò
un mondo che lui non aveva neanche potuto immaginare. L’ambiente rigido e
tradizionale di Mahoutokoro prevedeva che i figli fossero addestrati
per svolgere il lavoro dei padri o, in caso di maghi di origine Babbana, il ruolo che fosse più utile alla società. Nella
nostra scuola imparò che c’era una possibilità di scelta per tutti, e credo che
fosse l’insegnamento più prezioso che si portò a casa. Tuttavia, non fu privo
di conseguenze, anche gravi. Alla fine dell’anno scolastico tornò in Giappone
per conseguire il suo diploma e pensai che non l’avrei rivisto più. Mi sbagliai
ancora.»
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Il giovane Silente trasalì. Impugnò la bacchetta e, tenendola nascosta sotto
gli abiti, rispose: «Avanti.»
L’uomo che aprì la porta era già
chiaramente riconoscibile come il Toichi Kuroba che
Kaito aveva conosciuto e amato. L’altezza e la corporatura erano già ben
definite, e i suoi tipici baffetti perfettamente a posto. Era vestito
elegantemente, con abiti che avrebbero tranquillamente potuto essere Babbani. Doveva avere all’incirca venticinque anni.
«È permesso?»
Silente lo guardò sorpreso: «Toichi! Toichi Kuroba!»
L’uomo sorrise: «Sì, sono io. Può mettere
via la bacchetta, non ha sentito scattare il gargoyle
di guardia perché mi sono permesso di smaterializzarmi direttamente sulla sua
porta.»
Il preside ubbidì, ancora sconvolto: «Non
mi aspettavo di rivederti ancora.»
«Nemmeno io, in realtà.»
Silente fece accomodare il suo ospite e gli
offrì della Burrobirra. Dopo essersi rinfrancato, Toichi si decise a spiegare il motivo della sua visita: «Mi
trovo nuovamente da lei per chiederle aiuto.»
«Non per la Smaterializzazione, vedo che
anche senza il mio supporto hai imparato benissimo ad utilizzarla.»
«Già, ormai è una cosa che mi viene
perfettamente naturale. No, vede... ho lasciato il Giappone. Credo per sempre.»
«Cosa?»
«Gliel’avevo detto che sono rimasto
affascinato dal mondo Babbano. Ho deciso di
trasferirmi nel loro mondo per poterli studiare meglio e per poter scrivere un
trattato di Babbanologia aggiornato, ma... mio padre
non ha preso bene la notizia. Per nulla. Ha detto che anche se a scuola ero uno
dei migliori, ero diventato il disonore della famiglia, e che non ero degno di
dividere la sua stessa aria e la sua stessa terra. L’ho preso in parola e mi
sono smaterializzato qui. Se cercassi di tornare indietro mi maledirebbe, come
minimo. Questa volta l’ho combinata un po’ grossa, nel mio Paese disobbedire in
questo modo ai genitori e alla tradizione è il peggiore dei disonori, punibile
anche con la morte. Ma io...»
Toichi si prese la testa fra le mani, sospirando:
«... io sono stufo di obbedire a bacchetta a tutti e sono stufo di queste
stupide tradizioni che ci trasciniamo dietro! Un mondo che non cambia è
destinato a morire, perché nessuno vuole capirlo? Voglio essere io ad avere le
redini della mia vita!»
Silente gli mise una mano sulla spalla: «È
un desiderio del tutto legittimo per un uomo. Per di più tu sei proprio
l’emblema del cambiamento.»
«Lei è l’unico che abbia mai capito questo
mio bisogno. Può aiutarmi in questo momento di transizione?»
La voce di Silente alle sue spalle fece
trasalire Kaito: «Lo aiutai. Ad Hogwarts avevamo una cattedra vacante, proprio
quella di Babbanologia. Gliela affidai. Fu un ottimo
professore, ma quasi nessuno oltre ai suoi studenti se lo ricorda, perché nei
corridoi lo si vide poco. Appena poteva si smaterializzava fra le strade di
Londra, a studiare i Babbani e, credo, in Giappone a
controllare segretamente le sorti dell’anziano padre, ma di questo non ebbi mai
la conferma. Un paio di anni dopo decise definitivamente di trasferirsi fra le
persone non dotate di poteri magici. Era diventato un ottimo prestigiatore e
aveva scoperto di poter vivere di quella professione. Mi lasciò il suo recapito
e per un po’ si trasferì in America ad esercitare il mestiere, promettendomi
che un giorno avrebbe saldato il suo debito verso di me. Un giorno fui
costretto a riscuotere quel favore.»
L’ambiente cambiò ancora. Si ritrovarono in
una casa che Kaito non conosceva, ma che era piena di oggetti da prestigiatore
che invece gli erano molto familiari. Toichi, in
piedi appoggiato a un muro, con le braccia incrociate, aveva un’aria
decisamente preoccupata nel rivolgersi a uno stanco Silente seduto su una
sedia.
«Voldemort,
dice? No, non l’ho mai sentito.»
«Un tempo si chiamava Tom Riddle. La sua fama non è ancora giunta fin qui, allora,
per fortuna.»
«Non è detto. Sono fuori dai giri magici da
molto tempo, ormai. Quasi non uso più la mia bacchetta di ciliegio.»
«In Inghilterra, invece, ha già un buon
numero di seguaci. Predica concetti come la purezza del sangue, la supremazia
dei maghi sui Babbani e...»
Toichi lo interruppe: «Penso di conoscere la solfa.
Molti di questi luoghi comuni sono alla base della tradizione magica
giapponese.»
«Spero che a Mahoutokoro non predicassero anche di sterminare i maghi di origine Babbana.»
L’uomo lo guardò impassibile: «No,
ovviamente no. La magia, in Giappone, è da rispettare in ogni sua forma.»
Silente lo guardò e sorrise tristemente:
«Sei cambiato, Toichi. Qualche anno fa ti saresti
scandalizzato per questa notizia.»
Il prestigiatore sorrise: «Oh, ma lo sono,
professore, e tremendamente. Solo ho imparato che spesso è meglio non far
trapelare troppo le proprie emozioni. Ha mai giocato a poker? Il mondo Babbano non è meno spietato di quello magico e giocare a
carte scoperte spesso può essere letale.»
Kaito sorrise, rassicurato. Vedere per
tutto quel tempo suo padre senza la sua faccia da poker era stato quasi un
piccolo shock.
Silente annuì: «D’accordo. Voldemort sta
creando un vero e proprio esercito parallelo per diffondere la propria
ideologia. Si fanno chiamare Mangiamorte e stanno
prendendo il controllo del Paese con ogni mezzo, lecito e soprattutto
illecito.»
«Se la conosco anche solo un pochino, lei
non è stato con le mani in mano.»
«Infatti. Sto creando a mia volta
un’organizzazione segreta, l’Ordine della Fenice.»
«Bel nome! I maghi che rinascono dalle loro
stesse ceneri...»
Silente sorrise: «In realtà ho adottato da
poco uno stupendo esemplare di fenice. Si chiama Fanny, una volta dovresti
proprio venire nel mio ufficio a vederla.»
«Non mancherò, ma ora immagino sia più
interessato al mio... raro dono, come
lo definì lei stesso anni fa. Non vedo altri motivi per cui avrebbe dovuto
raggiungermi fino in America.»
«In effetti sì. All’Ordine della Fenice un
dono come il tuo sarebbe molto utile.»
Toichi sorrise un po’ tristemente: «Temo di non
essermi sbagliato sul suo conto, molti anni fa...»
Con un sospiro, si alzò dal muro: «E va
bene, l’aiuterò, gliel’ho promesso, dopotutto. Ma questo non vuol dire che
rinuncerò alla vita che mi sono costruito qui.»
«Pensi di poterla gestire?»
L’uomo ridacchiò, schioccando le dita e
facendo apparireun giglio bianco: «Il
nuovo Toichi Kuroba è molto diverso da quello che ha
lasciato Hogwarts, vedrà.»
«Spero non troppo diverso, perché a me il
vecchio Toichi piaceva molto.»
«La base è sempre quella, può stare
tranquillo.»
«Bene, perché il primo piacere che ti devo
chiedere al vecchio Toichi non sarebbe dispiaciuto.»
Silente gli sorrise malinconico: «Puoi
aiutarmi a ritrovare un vecchio amico?»
L’uomo alle spalle di Kaito aggiunse: «Remus si era ritirato a vita privata, in isolamento per
essere sicuro di non aggredire nessuno durante le sue crisi di licantropia. Con
l’aiuto di Toichi lo ritrovammo e coinvolgemmo anche
lui nell’avventura dell’Ordine. Il suo dono poteva garantire al professor Lupin
di poter “sparire” in luoghi sicuri nei momenti più pericolosi, e di ritornare
subito dopo in attività. Remus poté così recuperare
la parvenza di una vita normale. Tuo padre, invece, non era un membro fisso.
Non partecipava a tutte le riunioni, in compenso era un’ottima spia. Aveva
imparato a cambiare perfettamente aspetto senza usare la pozione Polisucco e poteva sparire al primo segnale di pericolo.
Nessuno, nemmeno nell’Ordine, sapeva di quella sua particolarità, a parte me e Remus. Quel periodo fu anche uno dei più prolifici per la
sua carriera da prestigiatore. Divenne famoso, tanto che alla fine decise di
tornare a stabilirsi nella sua patria, il Giappone, ma rigorosamente nella
società Babbana. Era sparito per così tanto tempo dal
mondo magico che sembrava che nessuno si ricordasse di lui, e ne fu ben felice.
Fu in quel periodo che conobbe tua madre a Parigi, durante una tournee, e
iniziò la sua carriera come Kaito Kid.»
Silente rovistò un attimo nelle tasche,
fino a tirare fuori una vecchia fotografia Babbana,
perfettamente immobile. Kaito aveva visto spesso una copia di quell’immagine.
Era la foto del matrimonio dei suoi genitori. Adesso poteva riconoscere fra gli
invitati anche Lupin e Silente.
«Toichi non mi ha
mai spiegato esattamente perché si
fosse messo a fare il ladro. Io disapprovavo la sua scelta, ma l’unica cosa che
mi disse fu che era necessario per proteggere la sua amata, e che Kaito Kid
agiva solo per amore. Non so cosa potesse aver mai fatto Chikage
per spingerlo a comportarsi così, ma dovetti ammettere che erano una bella coppia.
Una donna fuori dagli schemi per un uomo che aveva completamente rivoluzionato
la sua vita pur di non farsi condizionare da niente e da nessuno.»
Kaito invece conosceva quella storia. Sua
madre, un tempo, era una famosa ladra conosciuta come Phantom
Lady. Incontrò suo padre durante un furto sulla Tour Eiffel e fu amore a prima
vista, tanto che lui, letteralmente, la rubò all’organizzazione che la
controllava. Per cercare di distrarre l’attenzione dalla figura di Phantom Lady e far andare in prescrizione i suoi reati,
inventò il personaggio di Kaito Kid usando come base quello che avrebbe dovuto
essere un costume di scena per un suo spettacolo e coinvolgendo il povero Jii, già all’epoca il suo assistente. Sua madre da allora,
che lui sapesse, era tornata a una vita onesta, mentre suo padre aveva
cominciato la sua carriera di ladro, che poi lui aveva ereditato. Ed era vero,
Kaito Kid agiva solo per amore, prima quello di Toichi
per Chikage, e poi quello di un figlio verso il
proprio padre. Quei dettagli, però, erano il più grande segreto della sua
famiglia. Il solo fatto che Silente ne fosse parzialmente a conoscenza diede a
Kaito la dolorosa prova che tutto quello che aveva visto, per quanto
incredibile, potesse essere vero.
«Nonostante fosse costantemente diviso fra
i suoi spettacoli, i furti, le missioni per l’Ordine e la vita coniugale, Toichi mi sembrava felice come mai in vita sua. Ma poi
tutto cambiò nuovamente...»
La scena si annebbiò ancora. Erano tornati
per l’ennesima volta nell’ufficio di Silente. Il preside era in piedi di fronte
al camino, e dava loro le spalle. Kaito si aspettò di sentire bussare alla
porta, ma questa volta essa venne spalancata brutalmente. Ad entrare fu un Toichi Kuroba totalmente fuori di sé, completamente
dimentico di qualunque faccia da poker.
«Silente! Silente! Le devo dare una
notizia!»
Il preside si voltò: «Anch’io.»
L’uomo era talmente eccitato da non fare
caso all’espressione a dir poco mesta del preside: «Oh, non ci crederà mai, è
una notizia fantastica! Ancora non ci credo!»
Silente gli rivolse un mezzo sorriso.
Qualunque cosa dovesse dirgli, Toichi era troppo
entusiasta per ascoltarlo.
«Dimmi.»
«Chikage... Chikage è incinta! Aspettiamo un bambino! Sarò padre!»
Kaito arrossì, rendendosi conto che si
stava parlando di lui, mentre, al contrario, Silente impallidì di colpo e Toichi lo guardò confuso: «Non... non è una notizia
magnifica?»
Il preside si lasciò cadere su una
poltrona: «Questa... questa è allo stesso tempo la migliore e la peggiore
notizia che potessi darmi.»
Solo a quel punto Toichi
sembrò rendersi conto della situazione e recuperò la sua faccia da poker:
«Cosa... cos’è successo?»
Silente lo guardò serio: «Ti hanno
scoperto.»
L’uomo sbarrò gli occhi: «Quando?»
«L’ultima volta al Ministero. Il punto da
cui sei scappato... per poco, per pochissimo, ma eri già entrato nella zona
interdetta alla Smaterializzazione.»
L’uomo sospirò e prese a sua volta una
sedia: «Conoscono già la mia identità?»
«Secondo i miei informatori no, ma è
questione di tempo. Hanno scoperto che esiste qualcuno in grado di
Smaterializzarsi ovunque e faranno di tutto per portarti dalla loro parte,
anche a costo di lanciarti un Imperius. Dopotutto, è
il metodo con il quale hanno preso il controllo di metà del Ministero. Per ora
a salvarti ci sono solo le tue abilità di trasformista, ma spero che bastino,
lo spero con tutto il cuore, per te... e per la tua famiglia, a questo punto.»
«Pensi che potrebbero prendere Chikage in ostaggio per farmi lavorare per loro?»
«Chikagee il bambino. Toichi...»
Silente si lasciò sfuggire un sospiro e
fissò dritto negli occhi l’uomo, con lo stesso sguardo con cui un padre
preoccupato si rivolge al figlio: «... hai mai pensato alla possibilità che tuo
figlio possa avere la tua stessa capacità?»
Toichi lo guardò sorpreso: «No... nessuno nella
mia famiglia ce l’ha, non ho mai creduto che potesse essere ereditaria... lei
sostiene che...»
«Non possiamo escludere questa possibilità.
Forse si è risvegliata con te e da questo punto in poi potrebbe essere
trasmissibile, chissà.... dopotutto, il Serpentese è
ereditario, per esempio.»
«E allora?»
Silente mise una mano sulla spalla di Toichi: «Dovremo essere ancora più prudenti. C’è molto,
moltissimo in gioco, ora.»
«C’è la vita di mio figlio.»
«Non solo. Nel malaugurato caso che
Voldemort riesca a portartelo via... c’è in gioco il destino dell’Inghilterra e
non solo.»
Lo sguardo di Toichi
s’indurì di colpo e l’ambiente cambiò ancora.
Si ritrovarono sempre ad Hogwarts, ma in un
corridoio nei dintorni del settimo piano. Il Silente dei ricordi stava parlando
con Gazza della pulizia dei sotterranei e quello reale commentò: «Non credo che
scorderò mai quel giorno di giugno di diciotto anni fa. L’anno scolastico si
era appena concluso e questa fu un’enorme fortuna per tutti. Credo che fu allo
stesso tempo il giorno più bello e più stressante della vita di tuo padre.»
Uno schiocco violento fece voltare tutti i
presenti, reali e ricordi. Toichi sosteneva a fatica Chikage, che, esausta, teneva una mano sul pancione.
«Silente! Ci hanno scoperti!»
Il preside guardava la coppia sconvolto: «Toichi... ma... Chikage non
può...»
Il prestigiatore era fuori di sé dalla
rabbia e urlò contro il preside agitando la bacchetta: «NON M’IMPORTA CHE MIA
MOGLIE SIA BABBANA E SE POSSA ENTRARE QUI O MENO! SILENTE, L’HANNO ATTACCATA!
HO VISTO CON I MIEI OCCHI I MANGIAMORTE LANCIARLE CONTRO LE CRUCIATUS! LE
CRUCIATUS CONTRO UNA DONNA VISIBILMENTE INCINTA, TI RENDI CONTO??? QUESTO ERA
L’UNICO POSTO DOVE NON POTEVANO RAGGIUNGERCI, PERCIÒ ME NE FREGO DELLE REGOLE DI HOGWARTS QUANDO C’È DI MEZZO LA VITA
DELLA MIA FAMIGLIA, CHIARO?»
Kaito sussultò sorpreso. Non aveva mai
visto il padre arrabbiato, neanche una volta. Anche a lui era capitato di
perdere le staffe qualche volta, ma mai a quei livelli. Si sentì sollevato, in
parte. Allora anche a lui poteva capitare di perdere la faccia da poker.
Il Silente dei ricordi decise di
soprassedere allo shock di avere una Babbana dentro i
confini di Hogwarts e cercò di calmare l’ex allievo: «D’accordo, Toichi, d’accordo. Sei sicuro che vi abbiano scoperti?»
«Quale altro motivo avrebbero avuto dei Mangiamorte inglesi di venirci ad attaccare a casa, in
Giappone?»
L’uomo annuì: «Va bene. Per fortuna la
scuola ora è libera, possiamo...»
Chikage, pallidissima e con gli occhi sbarrati, tirò
violentemente la manica del marito: «Tesoro?»
Toichi, seppur stressato, trovò la forza di
sorridere alla moglie: «Scusami, cara, non è il momento, è urgente?»
«Direi di sì, credo che in tutto quel
parapiglia si siano rotte le acque.»
Gli uomini presenti impiegarono quasi una
decina di secondi per afferrare il senso della frase.
«Cara, vuoi dire che...»
La donna annuì, sofferente: «Credo di
essere in travaglio.»
«Credi
o sei sicura?»
Chikage sbottò: «È il mio primo bambino, non ho
molta esperienza in proposito, ma i nove mesi sono quasi passati e inizio
veramente a sentirmi male, tu che ne pensi?»
Silente cercò di riprendere in mano la
situazione: «Gazza, vada a chiamare immediatamente Madama Chips, abbiamo
bisogno di lei il più presto possibile.»
Il prestigiatore prese la mano della
moglie: «Posso portarla io direttamente in infermeria!»
Il preside si oppose: «Toichi,
hai mai provato a Smaterializzare una donna in pieno travaglio prima d’ora?»
L’uomo si mostrò imbarazzato e interdetto:
«Ehm... no...»
«Allora è meglio che non rischiamo.»
«E la facciamo partorire qui?»
Silente mise un braccio intorno alle spalle
della donna: «Chikage, te la senti di camminare?
Dobbiamo arrivare solo dall’altra parte del corridoio.»
La donna trattenne a fatica un urlo: «Va bene,
ma muoviamoci! Credo che il piccolo abbia fretta di prendere una boccata
d’aria!»
Sostenuta da Toichi
da un lato e da Silente dall’altro, Chikage percorse
il corridoio fra grida strazianti, che attirarono l’attenzione dei fantasmi del
castello.
Il prestigiatore borbottò: «Spero solo che
non ci si metta anche Pix adesso, o questa volta lo
fatturo senza pensarci due volte.»
Nonostante la tragicità della situazione, a
Silente sfuggì un sorriso, poi disse: «Ecco, siamo arrivati.»
Toichi guardò una striscia di muro attonito, un
punto di fronte a un enorme arazzo che raffigurava lo sciocco tentativo di
Barnaba il Babbeo di insegnare la danza classica ai troll, davanti al quale era
passato un paio di volte da studente, per poi gridare al preside: «MA MI STAI
PRENDENDO IN GIRO? NON È PROPRIO IL MOMENTO!»
Silente mantenne la calma: «Nessuna presa
in giro. Cammina di fronte a questa parete per tre volte pensando intensamente
a ciò di cui hai bisogno.»
Toichi stava per replicare, ma alla fine fece
quanto gli era stato detto. Sotto lo sguardo attonito di Chikage
e di Kaito, una porta lucidissima con una maniglia di ottone era apparsa nella
parete.
Silente ordinò: «Aprila, Toichi.»
L’uomo ubbidì e si ritrovò in una piccola
sala parto, con un letto e tutto il necessario per la partoriente.
«Ma cosa...»
Silente l’aiutò a far salire Chikage sul letto: «Si chiama Stanza delle Necessità, al
bisogno diventa esattamente la cosa più utile a chi la sta cercando.»
In quel momento una giovane Madama Chips
fece capolino dalla porta aperta: «Ma cosa...»
Il preside la guardò serio: «Le spiegazioni
a dopo, Chips, per favore. Questa donna ha bisogno di aiuto, sta per
partorire.»
La donna cambiò espressione, assumendo un
tono risoluto: «Allora tutti fuori, subito. Abbiamo bisogno di tranquillità.»
I due uomini ubbidirono immediatamente e
l’infermiera chiuse la porta. Una volta fuori, Toichi
si sedette sul pavimento, mentre tutta la stanchezza della giornata sembrava
travolgerlo in un solo colpo.
«Forse... forse avrei dovuto accettare l’offerta
di protezione da parte dell’Ordine... ma non volevo far passare a Chikage i mesi della sua gravidanza da reclusa...»
«Nessuno ti biasimerà per questo, Toichi. Volevi solo il meglio per la tua famiglia.»
«Sarò... sarò in grado di essere padre?»
Silente gli sorrise: «Lo sei già.»
L’attesa sembrò infinita. Toichi passeggiò avanti e indietro per il corridoio decine
di volte, prima di sbottare: «Ma è normale che ci voglia così tanto?»
Silente gli sorrise paterno: «Dare la vita
non è lavoro di cinque minuti.»
«Giusto.»
Riprese a camminare ancora per un po’, per
poi sospirare.
«Mi scusi per prima, se l’ho aggredita
e...»
«No, hai fatto bene. Ogni tanto ho bisogno
di essere un po’ strigliato. E... prima mi hai dato del tu, continua a farlo.
Ormai non sei più un mio studente, no?»
L’uomo lo guardò sorpreso, per poi sedersi
nuovamente per terra. Stava quasi per rilassarsi, quando la porta si spalancò
violentemente, inondando i tranquilli corridoi con le grida di un neonato.
Madama Chips fece capolino dalla porta con
un gran sorriso: «Allora? Dov’è il padre?»
Toichi era così pallido che sembrava sul punto di
svenire da un momento all’altro: «S-sono io...»
La donna, senza troppe cerimonie, lo
trascinò dentro: «E allora venga! È un bel maschietto in buona salute!»
Chikage era nel letto, stringeva al petto un
piccolo frugoletto. Sorrise, il più bel sorriso che il marito le avesse mai
visto.
«Vieni a conoscere tuo figlio.»
L’uomo prese il neonato in braccio con
tutta la delicatezza di cui fu capace. Era sul punto di piangere.
Anche Madama Chips era emozionata, ma si
limitò a prendere un fazzoletto e a borbottare: «Però, preside, fare
l’ostetrica non rientrava nel contratto...»
Silente le mise una mano sulla spalla: «Ma
è stata comunque bravissima.»
Toichi cullò ancora un po’ il bambino, poi quando
sembrò nuovamente sul punto di piangere, lo rimise fra le braccia della madre,
dandogli ancora un bacio sulla fronte e una carezza: «Ciao, Kaito, benvenuto. È
stato un inizio un po’ burrascoso, ma ce l’abbiamo fatta, hai visto?»
Sì, Kaito aveva visto tutto e ringraziò la
presenza provvidenziale di una sedia che sembrava essere stata messa lì apposta
per lui, perché a tutte quelle emozioni le sue gambe non avevano retto. Tutto
si sarebbe aspettato, tranne che di poter assistere alla propria nascita.
Silente gli fu subito vicino.
«Io... sono nato qui?»
«Sì, Kaito. Che risulti dalle cronache, tu
sei l’unico bambino nato ad Hogwarts.»
Era semplicemente troppo. Aveva mille
domande che gli giravano in testa, ma non riusciva a esprimerne neanche una.
L’uomo lo prese delicatamente per un braccio, invitandolo ad alzarsi: «Spero
che tu ce la faccia ancora, Kaito, perché non abbiamo finito.»
«Ancora?»
L’uomo sospirò tristemente: «La parte più
difficile arriva ora.»
La scena cambiò nuovamente. Si ritrovarono
sulle scale che portavano all’ufficio di Silente, e davanti a loro c’erano Toichi e il preside.
«Questa volta abbiamo fatto solo un salto
di qualche ora. Tu e tua madre vi eravate addormentati e avevo invitato tuo
padre nel mio ufficio a festeggiare. Però...»
I due protagonisti del ricordo si fermarono
di scatto. Davanti alla porta dello studio c’era una signora anziana,
magrissima, con un abito blu scuro e uno scialle azzurro con le perline. Aveva
i capelli bianchi raccolti in uno chignon e un naso molto prominente su cui
erano poggiati un finissimo paio di occhiali d’argento. Dava l’aria di essere
molto anziana, ma anche molto attiva.
«Finalmente, Albus!
Iniziavo a disperare di vederti!»
«Scusami, Cassandra, hai tutte le ragioni
di questo mondo, ma vedi, è stata una giornata impegnativa e piena di
imprevisti.»
La donna annuì: «Immagino, non ti è mai
capitato di dimenticarti di me, prima d’ora...»
Il preside aprì la porta e fece accomodare
i suoi ospiti. Toichi indugiò sulla porta: «Se avevate
un appuntamento, io vi lascerei soli. Non sia mai che...»
La donna lo prese per la giacca e lo
trascinò dentro: «No, no, no, no... voglio sentire questa storia, ha l’aria di
essere interessante se ha costretto Silente a scordarsi di un appuntamento per la
prima volta in cinquant’anni!»
Il Silente accanto a Kaito rise e lo guardò
con aria complice: «Cassandra Cooman... era una donna
straordinariamente testarda, con un’idea tutta sua del mondo. Un po’ come tuo
padre, in un certo senso. Ma era vero, non avevo mai scordato un appuntamento
con lei prima d’allora. E meno male, era un tipetto piuttosto permaloso, sai?
Non si contano le fatture via lettera che ha inviato a chi riteneva averle
fatto un torto.»
Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Cooman? Ma è...»
Silente si mise un dito sulla bocca: «Ci
stiamo per arrivare. Intanto, io e tuo padre le avevamo raccontato la
rocambolesca avventura della tua nascita e ci eravamo ritrovati tutti e tre a
brindare...»
Si voltarono nuovamente verso il trio, che
stava alzando tre calici: «Al piccolo Kaito Kuroba!»
Il Silente dei ricordi svuotò il suo
calice, per poi chiedere alla donna: «Dunque, Cassandra, cosa può fare per te
un povero vecchio preside?»
La donna gli fece un gesto stizzito con la
mano: «Togli quel vecchio, che ho cinque anni più di te!»
L’uomo alzò le mani in segno di resa e
Cassandra continuò: «Sono un po’ preoccupata per la mia ultima nipotina,
Sibilla... vorrei che tu la tenessi al sicuro, fra qualche anno. Ho avuto una
Visione che la riguarda.»
«Perché vieni a dirmelo ora?»
La donna ridacchiò: «Albus,
Albus... sai benissimo che non vivrò fino ad allora.
Io non sono destinata a rivedere la luce dopo questi tempi bui, lo so da
tempo.»
Kaito intervenne: «Parla sul serio?»
Silente annuì: «Cassandra Cooman era una vera Veggente, una delle migliori mai
esistite. Le sue Visioni sono sempre state esatte, e io non ho mai creduto
molto a queste cose. Ma la sua fama era rinomata e la mia amicizia con lei di
lunghissima data.»
Il preside dei ricordi si fece serio: «Cosa
hai visto?»
«Molto, ma purtroppo non posso dirti tutto.
Quello che posso dirti è che Sibilla segnerà a sua insaputa la fine della
guerra in corso e l’inizio di quella successiva. Ti prego, Albus,
posso fidarmi solo di te. Proteggila, quando sarà il momento. Lo capirai da
solo, puoi credermi.»
L’uomo annuì: «Ci penserò, promesso, ma non
ti assicuro nulla.»
Cassandra si alzò: «Bene, è ora per me di
andare. Buona fortuna, signor Kuroba.»
La donna mise una mano sul polso di Toichi, in segno di affetto, ma a quel punto qualcosa
cambiò. Cassandra s’irrigidì, la presa sul polso si fece pressante, quasi
dolorosa, ma la donna parve non sentire le proteste del prestigiatore. Il
contatto con Toichi sembrava essere l’unica cosa che
la trattenesse su questo mondo, e lei non era disposta a mollare la presa, a
costo di piantare le unghie affilate nella sua pelle e farlo sanguinare. Il suo
sguardo era perso e la bocca tremante. I suoi occhi si rovesciarono e la donna
iniziò a parlare con voce alta e dura.
«Il
figlio di Hogwarts è giunto col suo raro dono, perla ancor più rara di quella
che l’ha generato. Bianco, puro, come la sua anima, come la sua bacchetta, come
il suo destino, lui cambierà tutto. Dovrà soffrire. Dovrà combattere contro il
dolore della perdita più grave... il sangue del suo sangue, il sangue che gli
ha donato la vita e il potere, gli sarà strappato presto sotto i suoi stessi
occhi, lasciandolo solo. La Necessità ha segnato la sua venuta, la Necessità
segnerà il suo ritorno. Anche da lui dipenderà la prossima guerra: con chiunque
si schieri, quella fazione è già sulla via della vittoria...»
La testa le ricadde sul petto, mentre la
presa finalmente si allentava. La donna era immobile, sembrava non respirare
nemmeno.
Toichi provò a sfiorarla: «Signora Cassandra?»
La Cooman riprese
improvvisamente vita con un profondo respiro, come se fosse riemersa dopo
miglia percorse in apnea.
«Era da un po’ che non mi capitava una
Visione così nitida...»
La donna tornò a sedersi. Aveva l’aria di
non essersi ancora ripresa del tutto e Silente le porse qualcosa da bere. La
strega trangugiò il contenuto del calice in un solo fiato, poi si rivolse a Toichi: «Mi dispiace tanto...»
L’uomo la guardò serio: «Parlava di mio
figlio, vero? Di Kaito.»
Cassandra annuì: «Sì, esatto. Ho visto esattamente
quello che ho detto.»
La mente del prestigiatore correva veloce:
«Il figlio di Hogwarts... che io
sappia è l’unico nato fra queste mura, dev’essere Kaito per forza... il raro dono... Silente, penso che tu abbia
capito a cosa sto pensando... e se è così, per forza porterà un enorme
vantaggio a qualunque fazione si schieri! Entrambe potrebbero usufruire di
questo potere...»
Silente cercò di rassicurare l’uomo: «Toichi, calmati, per favore.»
«Ma l’hai sentita, vero? Kaito rimarrà da solo! Da solo!»
Il volto di Toichi
si fece scuro, come se gli fosse caduto il mondo addosso: «No... non è nato
neanche da un giorno... e dovrò già lasciarlo...»
«Non subito, ma sì, prima o poi dovrà
abbandonarlo. È scritto.»
L’uomo scosse la testa: «No, no... non deve
rimanere da solo o finirà nelle mani sbagliate. Non voglio che mio figlio
riceva un’educazione come la mia! Se finisce nelle mani di Mahoutokoro è perduto...»
Silente sospirò: «Temo che sia inevitabile.
Dal momento che Kaito è venuto al mondo gli è stata imposta la Traccia, come ad
ogni bambino nato al mondo. Al primo segno di magia sarà identificato come mago
e…»
Il volto di Toichi
s’illuminò: «No…»
«Come no?»
Il prestigiatore sembrava preda
dell’eccitazione, seguendo il filo dei suoi ragionamenti, iniziò a gironzolare
per la stanza: «E no, Silente, no… Kaito è nato qua, in Inghilterra… quindi
sarà questo Ministero ad imporre la
Traccia!»
Silente lo interruppe: «Sai… nemmeno. Credo che Kaito non abbia
proprio alcuna Traccia.»
Cassandra li guardò sorpresa: «Impossibile!
Sono secoli che ad ogni bambino nato viene imposta la Traccia! Solo se dopo
undici anni non rileva magia decade, ma a un neonato…»
Silente continuò: «Dove è nato Kaito?»
La donna lo guardò perplessa: «Qui, no?»
«No.
Nella Stanza delle Necessità, una stanza magica che nemmeno esiste in modo
continuo.»
Toichi iniziò ad afferrare l’idea: «E se non
esiste nessun Ministero sa della sua esistenza. È come se Kaito non fosse mai
nato.»
Silente ridacchiò: «Un’insperata fortuna,
direi.»
Cassandra scosse la testa: «Non è ancora al
sicuro. Se fosse visto mentre usa la magia, o peggio, se il piccolo Kaito
stesso si rendesse conto di poter fare cose “strane”, un Ministero se ne
potrebbe accorgere e potrebbe inserirlo manualmente nei registri, con Traccia e
tutto. Senza contare i problemi legali che ne deriverebbero…»
Toichi sorrise: «E allora basterà che non se ne
accorga nessuno, né Kaito stesso né il resto del mondo.»
«Stai sperando che sia un Magonò?»
«No, sto dicendo proprio di fare in modo
che nessuno se ne accorga! In fondo…»
Con un abile gioco di mani, Toichi fece apparire delle palline, le fece girare sopra la
testa e le fece scomparire nuovamente.
«… se fra mille trucchi finti scappasse una
magia vera, chi ci farebbe caso?»
Silente s’incupì: «Temo di aver capito cosa
vuoi fare e mi sembra una pessima idea.»
«E perché?»
«Vuoi toglierlo dal mondo magico senza
sapere il suo parere. È una follia.»
«Voglio difenderlo da un mondo, magico o
meno, che vorrebbe usarlo come un burattino. È davvero una follia così grande?»
«E come intendi fare?»
«Lo educheremo ad essere diffidente e
critico. Cercherò di trasmettergli il mio amore per la magia, di prepararlo il
più possibile per quando non ci sarò più. E se anche così non basterà per
tenerlo al sicuro dal mondo magico, prenderò ogni precauzione per proteggerlo.
Come questo.»
Toichi stese una mano: «Silente, ti chiedo di
fare un Voto Infrangibile con me, ora.»
«Non pensi che sarebbe meglio farlo fra un
pochino, a mente fresca? Ora sei troppo agitato e...»
Ma Cassandra si mise in mezzo a loro: «No, Albus, ha ragione lui. Dovete farlo ora.»
Silente sbarrò gli occhi: «Cassandra!»
«Il piano di questo padre è tutt’altro che
insensato, può funzionare. Se davvero riuscirà ad educare suo figlio come dice,
anche venendo in contatto con la vera magia troverà sempre spiegazioni
razionali e sarà al sicuro.»
«Ma vuole rendere un mago il peggiore e il
più cieco dei Babbani!»
Toichi scosse la testa: «No, Silente, mi hai
frainteso. Voglio insegnargli ad apprezzare la magia con tutto il cuore, ma
ogni tipo di magia, a cominciare da quella Babbana, e
solo dopo, più tardi, quella vera. Non è una soluzione che mi piaccia troppo,
ma devo proteggerlo, e la sua educazione, qualunque cosa possa succedere, non
potranno portagliela via.»
Il preside abbassò lo sguardo, sospirando:
«La scelta è tua.»
«Creerò per lui una barriera dal mondo
magico, fisica e psicologica. Ma se la guerra dovesse tornare e fosse
inevitabile, allora sì, avrà bisogno di un addestramento magico, e dovrai
darglielo tu, Silente.»
«Non sono io che scelgo gli studenti, Toichi. È la stessa Hogwarts a decidere i suoi allievi.»
Toichi lo guardò sereno: «Hogwarts non rifiuterà
chi è nato fra le sue stesse mura, ne sono sicuro.»
Cassandra si avvicinò: «Stringete il Voto.
Io sarò il vostro Suggello, e il vostro segreto verrà con me nella tomba, più
presto di quanto immaginiate. Se la mia visione è vera, Albus,
tu sarai l’unico a dover sostenere il peso della verità quando verrà il
momento.»
Toichi la guardò seria: «Se verrà.»
Cassandra gli sorrise intenerita: «Se verrà, d’accordo.»
Silente s’inginocchiò, mentre Toichi gli prendeva la mano destra. Cassandra prese la
propria bacchetta e la poggiò sulla loro stretta.
«Silente, vuoi tu proteggere Kaito Kuroba
facendo tutto ciò che sarà in tuo potere per fare in modo che, se e solo se sarai sicuro chela guerra stia
per ricominciare, il ragazzo parta da quella che considererà la sua casa e la
sua famiglia e venga a studiare qui, sotto la tua sorveglianza e
responsabilità, indipendentemente dall’età?»
«Lo voglio.»
Una lingua sottile di fiamma brillante
scivolò dalla bacchetta e si avvolse attorno alle loro mani come un filo
incandescente.
«Vuoi tu tenerlo all’oscuro di tutto ciò
che riguarda la mia vita magica e questo stesso patto fino all’età di diciotto
anni almeno, o comunque non appena si sarà ambientato come si deve al mondo
magico?»
Silente fu molto titubante a rispondere,
questa volta: «Lo voglio.»
Una seconda lingua di fiamma scaturì dalla
bacchetta e si intrecciò alla prima, formando una sottile catena ardente.
«E... se Kaito dovesse affrontare il suo
destino da solo... vuoi tu fare tutto
ciò che potrai per aiutarlo a difendersi dalle forze malvagie?»
«Lo voglio.»
Una terza lingua di fiamma esplose dalla
bacchetta, si aggiunse alle altre e si strinse attorno alle mani intrecciate,
come una fune, come un feroce serpente.
Cassandra sospirò: «E così sarà.»
Concluso il rito, la donna, stanca, salutò
educatamente facendo i suoi migliori auguri al prestigiatore e lasciò i due
uomini da soli.
Toichi sospirò: «E credo che con questo possa
ufficialmente rassegnare le mie dimissioni come spia dell'Ordine.»
«Come spia sì, sono d'accordo... ma forse
puoi ancora fare qualcosa per l'Ordine.»
Silente si rialzò, andò dietro la sua
scrivania e prese qualcosa dal cassetto.
«Vista la tua recente carriera di ladro,
forse potrai consigliarmi un modo sicuro per tenere i tuoi "colleghi"
lontani da quest'oggetto.»
Toichi fissò perplesso il pacchettino: «Di cosa
si tratta?»
«Di un manufatto affidatomi dal mio amico Nicolas
Flamel.»
Il prestigiatore sbarrò gli occhi: «Non
sarà mica... la Pietra Filosofale?»
Silente annuì: «Comprenderai perché è
nell'interesse di tutti che questo piccolo tesoro non finisca nelle mani di
Voldemort. Posso contare sulla tua discrezione?»
Toichi lo guardò serio: «Se non ti conoscessi,
direi che sei uno sciocco a mostrare una Pietra dell'immortalità a un uomo al
quale hanno appena predetto la morte.»
«Ti conosco, Toichi,
sei un uomo dai saldi principi e dalle ferree volontà e senso del dovere. Se
c'è qualcuno in grado di resistere alla tentazione di usare questa Pietra, sei
tu.»
«Forse hai troppa fiducia in me.»
Silente sorrise, massaggiandosi il polso:
«Non sono sicuro che tu ne abbia in me, però! Non pensi di aver esagerato con
le precauzioni?»
«Nulla è esagerato per mio figlio. E poi
anch’io ti conosco, Silente... sei una brava persona, ma sei capacissimo di
sacrificarne uno per il bene di
molti, e non voglio assolutamente che quell’uno
sia il mio Kaito.»
Silente lo guardò curioso: «E quando
saresti arrivato a questa conclusione?»
Toichi sorrise tristemente, agitando il
pacchetto: «Molti anni, fa quando mi convocasti per la prima volta nel tuo
ufficio. E ora ne ho la conferma.»
Mentre seguivano i due uomini fuori dalla
porta, il Silente accanto a Kaito prese la parola: «Affidai a tuo padre la
Pietra Filosofale e non mi deluse. Creò un nascondiglio molto particolare
unendo magia e prestidigitazione. Sinceramente, ancora non so come fece a
incastrarla all’interno di un vero gioiello...»
Kaito sbarrò gli occhi: «Pandora! Papà è il
creatore di Pandora!»
Il preside annuì: «Ne mise in giro di finte
e diffuse voci contrastanti a proposito... il nome lo scelse tua madre, sai?
Disse che quella Pietra, dopotutto, portava più guai che benefici, e che era solo
la curiosità dell’uomo ad averla creata...»
Con un gesto l’uomo indicò di fronte a sé.
Una giovane Chikage mostrava al piccolo Kaito ridente
il soffitto della Sala Grande.
«Vi ospitammo per tutti i mesi estivi, per
dare il tempo all’Ordine della Fenice di prepararvi una casa sicura in
Giappone, dopodiché vi trasferiste. Per essere ancora più sicuri, applicai l’Oblivion a tutti quelli che erano stati coinvolti nella tua
nascita, come Gazza e Madama Chips. Un vizio che non ho mai perso, visto che
l’ho fatto di recente anche con il signor Twycross e
con tutti gli studenti e gli elfi domestici che hanno assistito alla tua prima
Smaterializzazione.»
Kaito lo guardò sconvolto: «Cosa???»
«Il Voto Infrangibile m’imponeva di
proteggerti con ogni mezzo. Tuo padre era preoccupato per il Ministero
giapponese, ma io lo sono altrettanto di quello inglese e non potevo sapere
quali sarebbero state le loro reazioni. Le uniche persone che sanno del tuo
segreto siamo io, la professoressa McGranitt e Lupin. Oltre a quelle persone
che si sono dimostrate degne della tua fiducia e a cui tu hai deciso di
rivelare spontaneamente le tue doti, naturalmente.»
Kaito non sapeva cosa rispondere e Silente
continuò: «Non fu necessario tutto questo per Cassandra Cooman,
visto che morì quasi un anno dopo, mantenendo la sua promessa di portare il
nostro patto nella tomba. Io e Toichi partecipammo al
suo funerale insieme. Dopo quell’occasione ci vedemmo con meno frequenza, ma
venivo a trovarvi appena potevo. Qualche volta mi venivi a salutare e mi
mostravi i nuovi trucchi di prestigio che avevi imparato. Tuo padre, intanto,
nonostante la notizia della sconfitta di Voldemort da parte del piccolo Harry
Potter potesse tranquillizzarlo, non stette con le mani in mano, ma preparò
tutto quello che poteva servirti per il tuo eventuale ingresso nel mondo
magico. Fu lui a trovare, dopo anni di ricerche, il legno per la tua bacchetta
e a portarlo ad Olivander.»
La mano di Kaito scivolò verso la tasca, a
sfiorare il legno.
«E poi...»
Tutto svanì un’altra volta. Si ritrovarono
in un teatro. Kaito si guardò intorno con terrore, riconoscendo lo striscione,
il sipario, il pubblico...
«No, la prego! Tutto ma questo no! Non di
nuovo...»
Silente lo guardò serio: «Mi dispiace, ma è
necessario. Tra poco ci sarà l’unico ricordo che non mi appartiene e che
permetterà di fare luce su cosa è davvero successo quel giorno.»
Il ragazzo aveva gli occhi lucidi. Come... come poteva ancora...
Una risata di bambino attirò la sua
attenzione. Con orrore riconobbe se stesso e sua madre.
«Kaito! Non correre!»
Il bambino sbuffò: «Mamma, sei lenta! Papà
sta per cominciare!»
Si sedettero in prima fila, dietro a un
uomo dalla barba inconfondibile che Chikage salutò
con un cenno della testa.
«C’era... c’era anche lei!»
Silente annuì: «Sì, Kaito. Ero un amico
della vostra famiglia, dopotutto, e quando potevo assistevo con piacere agli
spettacoli di tuo padre.»
Il piccolo Kaito tirò fuori dalla tasca un
paio di carte, ma sua madre, con calma ma con fermezza, gli mise una mano sopra
le sue.
«Tesoro, per favore mettile via.»
«Perché?»
«Perché siamo qui per lo spettacolo di
papà, non per il tuo, no?»
Kaito mise il broncio, ma ubbidì: «Voglio
salire anch’io sul palco con papà.»
La mamma gli sorrise, guardando però con
complicità Silente: «Un giorno lo farai. Ma non ancora, devi diventare ancora
più bravo.»
Una voce familiare fece alzare a tutti lo
sguardo: «Signore e signori, buonasera.»
Il ragazzo sussurrò con voce strozzata:
«Papà...»
Silente gli mise una mano sulla spalla: «È
arrivato il momento più doloroso. Sarò qui con te, ma ricorda: non si può
cambiare il passato.»
La scena si oscurò ancora e si ritrovarono
dietro le quinte, verso la fine dello spettacolo.
«Questo è il ricordo che non mi
appartiene.»
Kaito si guardò intorno. Da piccolo non
poteva capirlo, ma ora gli era impossibile non notare che c’erano un po’ troppe
persone dietro il sipario.
«Dov’è Jii?»
Silente non rispose, indicando un angolo
buio. Là c’era l’assistente di suo padre, il suo fedele compagno che,
apparentemente sotto la minaccia di un uomo armato di bacchetta, stava...
«Sta manomettendo la gabbia!»
Il preside sospirò: «La Maledizione Imperius è implacabile, purtroppo, come dovresti aver
imparato dal professor Moody. Gli ho chiesto apposta
di mostrarvela. Solo Jii avrebbe saputo come
manomettere l’attrezzatura nel modo più opportuno, e loro lo sapevano. Gli ho cancellato io stesso la memoria, dopo, per
non farlo vivere col senso di colpa. Dopotutto, non era stata minimamente colpa
sua.»
Kaito annuì, poi chiese: «Chi è l’uomo con
la bacchetta?»
«Lo capirai presto.»
Jii coprì la teca con un telo, lo spinse sul
palco e quasi subito si sentì la voce di Toichi.
«E ora, signori, vi proporrò un numero
molto famoso! Vedo che qualcuno di voi l’ha già riconosciuto. È un numero
portato tristemente agli onori delle cronache da Henry Houdinì.
Ora io mi farò chiudere all’interno di questa teca, immobilizzato da manette e
lucchetti, dopodiché la vasca verrà riempita d’acqua e starà a me uscirne in
tempo. Vi va, dunque, di partecipare con me a questa scommessa?»
Kaito cercò di precipitarsi verso il padre:
«NO, PAPÀ, NON FARLO!»
Silente lo afferrò per un polso: «Sono solo
ricordi. Ricordi dolorosi, ma solo immagini. Non puoi fare nulla per lui.»
Fu forse l’esperienza più dolorosa della
vita di Kaito assistere alla preparazione della morte di suo padre senza
poterla fermare. La gola gli si strinse nel vedere la vasca riempirsi d’acqua,
nel ricordare l’occhiolino che suo padre gli stava facendo, mentre il sipario
lo celava alla vista...
E da lì in poi tutto cambiò. Mentre Jii, ancora sotto l’effetto dell’Imperius,
si allontanava, Toichi si liberò facilmente dalle
manette ai polsi, ma con quelle alle gambe iniziò ad avere qualche problema.
Cercò allora di togliere anche il coperchio della teca, ma senza riuscirci. Fu
a quel punto che qualcuno bussò al vetro.
«Qualche problema, Toichi
Kuroba?»
L’uomo cercò di voltarsi, ma senza
riuscirci. Le catene da cui si era già liberato gli stavano risalendo le gambe
e il petto, come serpenti sotto ipnosi. L’uomo che aveva parlato girò intorno
alla teca, per rendersi visibile dal suo ospite. Era un uomo che Kaito non
conosceva, ma era vestito di nero e impugnava una bacchetta con una mano, sul
cui polso era visibile un tatuaggio nero a forma di teschio.
Kaito sbarrò gli occhi: «L’ho visto sul
giornale! Al mondiale di Quidditch!»
Silente annuì: «Il simbolo dei Mangiamorte, i seguaci di Voldemort.»
Il ragazzo sbarrò gli occhi insieme a suo
padre, mentre l’uomo continuava: «O posso chiamarti Kaito Kid?»
Nella mente di Kaito iniziarono a farsi
largo una serie di associazioni: «Gli... gli assassini di mio padre... erano...
era... Voldemort?»
«Non lui. Erano già passati quattro anni
dalla sua sconfitta. No, erano gli uomini che gli erano rimasti fedeli, che
speravano di poterlo riportare indietro usando Pandora.»
Kaito protestò: «Ma io li ho affrontati!
Non erano maghi, ne sono sicuro! Snake non ha mai tirato fuori una bacchetta,
ma mi ha sempre solo sparato!»
«Gli uomini che tu conosci lavorano per
un’Organizzazione che funziona a più livelli. Ai piani più bassi ci sono
semplici Babbani, che funzionano né più né meno come
una banda della Yakuza. Il loro capo diretto è Snake,
ma a sua volta risponde a degli altri capi, che invece sono Mangiamorte.
Non so se lui sia o meno a conoscenza per chi lavora veramente.»
Il ragazzo completò la scala gerarchica: «E
a capo di tutto, volente o nolente, c’è Voldemort... un attimo! E lei come fa a
conoscere Snake?»
«Questi sono i suoi ricordi. È a lui che li
ho presi, per poi modificarglieli un pochino, quel tanto che bastava a
eliminare riferimenti espliciti alla tua esistenza e alla magia.»
L’uomo vestito di nero puntò la bacchetta
contro il vetro: «Allora? Dov’è Pandora?»
Toichi non si mosse.
«Avanti, so che puoi uscire di lì senza
problemi. Esci fuori e consegnami Pandora, o ti lancio un’AvadaKedavra qui e ora. Chi sarà il più veloce?»
Da dentro la teca piena d’acqua, il
prestigiatore sorrise beffardo.
«Speri nell’aiuto di Silente? Oh, non qui,
non davanti a questo pubblico... Snake! Ora!»
L’uomo con cui anni dopo lo stesso Kaito si
sarebbe scontrato premette un interruttore e tutto saltò per aria, circondando
il palco dal fuoco.
Toichi sbarrò gli occhi e cercò di guardare
attraverso il sipario in fiamme. Vide la moglie correre verso di lui e il
piccolo Kaito seguirla, subito però agguantato da Silente, che lo portò via.
«È stato lei a impedirmi di raggiungere mio
padre!»
«Così m’imponeva il Voto.»
Toichi guardò per un po’ Chikage
che cercava di raggiungerlo attraverso le fiamme. La sentì urlare e la vide
cercare un estintore. Sorrise quando vide Silente rientrare e trascinare via
anche lei. Guardò ancora il suo aggressore e di tutta risposta gli fece una
linguaccia, per poi aprire la bocca.
L’ambiente si offuscò ancora. Kaito
riconobbe la sua casa. Sua madre era sul divano, in lacrime, con Silente al suo
fianco.
La donna sembrava non avere pace: «Perché?
Perché non si è Smaterializzato fuori? Poteva farlo, lo so, lo so benissimo! Se
voleva uscire, non lo avrebbero fermato le catene! E allora perché non l’ha fatto?»
L’uomo sospirò: «Credo... credo che l’abbia
fatto per voi.»
«Per noi?»
«Toichi era
terrorizzato dall’idea di lasciare Kaito da solo. La profezia non specificava
se dovesse essere solo lui a morire o anche tu... credo si sia lasciato
uccidere apposta, non appena è stato sicuro che tu fossi salva. Un ultimo,
coraggiosissimo atto d’amore...»
Chikage sollevò la testa dal fazzoletto: «E ora?
Ora come farò? Devo crescere mio figlio da sola, proteggerlo da minacce che Toichi non mi ha mai spiegato del tutto...»
«Non sarai sola. Ti aiuterò dal punto di
vista magico, tu dovrai solo pensare a crescerlo nei principi che Toichi vi ha lasciato.»
«Va bene.»
Silente si alzò dal divano: «Imporrò
incantesimi di protezione su di voi e su questa casa e controllerò la
situazione di tanto in tanto, ma non mi vedrete più.»
«A meno che lei non venga a portarmelo
via.»
L’uomo la guardò sorpreso e la donna gli
sorrise tristemente: «Non sono una sciocca, Toichi
non mi ha detto nulla, ma io conosco mio marito, l’ho capito.»
«Verrò solo se sarà inevitabile.»
Chikage si alzò, fiera, trattenendo le lacrime.
Lanciò sul tavolo una pietra preziosa: «Era tornato anche per questa, vero? Si
riprenda la sua Pandora e sparisca. Avevo ragione, questa pietra porta solo infelicità.»
Il preside la mise in tasca: «Non posso
darti torto.»
«E ora che i nostri conti sono chiusi,
addio, Silente. Spero, per il bene di Kaito, di non rivederla mai più.»
L’uomo annuì e l’ambiente si scurì ancora.
Era la stessa stanza, ma ora Chikage, in cucina a
tagliare una zucchina, era ormai uguale alla donna che Kaito conosceva.
Silente si Smaterializzò alle sue spalle e
lei, senza voltarsi, ma smettendo immediatamente di tagliare, disse:
«Buonasera, Silente.»
«Ti sei accorta subito di me.»
«Conosco quello schiocco. Un tempo riempiva
le mie giornate, ora riempie solo le mie malinconie.»
«Sai perché sono qui. L’eventualità che
temevamo è giunta.»
«Kaito ha accettato?»
«Mi ha concesso una possibilità.»
«Buon per lei.»
«Mi dispiace, Chikage.»
La donna sospirò: «Era la volontà di Toichi e io la rispetterò, non tema. Ma l’avverto...»
Si voltò di colpo, puntando il coltello che
stava maneggiando dritto verso Silente: « ... se succede qualcosa a mio figlio,
se per colpa del suo stupido mondo magico dovessi perdere anche Kaito, la
riterrò personalmente responsabile. Ho letto i libri di Toichi,
ormai conosco abbastanza bene il vostro mondo. Babbana
o meno, la troverò.»
Silente annuì, con gesto lento e grave:
«Non sottovaluterò la tua minaccia, Chikage. So che
sei in grado di farlo. Se non manterrò il mio Voto, tornerò spontaneamente
sotto questo coltello.»
«Sarà meglio.»
E poi tutto scomparve completamente. Kaito
e Silente si ritrovarono nuovamente nell’ufficio del preside, di fronte al
Pensatoio.
«Ecco, Kaito, ora sai.»
L’uomo prese il Pensatoio e lo ripose al
suo posto, per poi tornare dietro la scrivania. La sua mano indugiò per un
momento sulla maniglia di un cassetto, per poi ritrarsi non appena osservò
Kaito. Stava cercando con tutte le sue forze di mantenere la faccia da poker,
ma era pallidissimo, con il volto macchiato di lacrime. Era già stato troppo,
per lui, ma era stato necessario.
«Forse è meglio che tu vada a dormire, ora.
È tardi.»
Kaito annuì e, senza aggiungere altro, uscì
dalla stanza richiudendo dietro di sé la porta.
È fatta. Ancora non ci credo, ma ecco qua IL capitolo che tutti
stavate aspettando, probabilmente uno dei più lunghi dell’intera storia.
Moltissime delle domande che mi avevate fatto in questi mesi trovano una
risposta in queste trenta pagine molto impegnative, non solo per Kaito ma anche
per me. È stata una piccola grande impresa unire insieme gli elementi del manga
e quelli dei libri, e per farlo sono consapevole di aver dovuto fare in qualche
punto delle forzature che spero mi perdoniate, ma ho fatto del mio meglio per
inserirle tutte in un contesto credibile. Gli indizi su questo capitolo erano
numerosissimi all’interno della storia, per scommessa li ho contati e, fra
quelli espliciti e quelli veramente nascosti, dovrebbero essere una trentina che
si riferiscono solo a questo pezzo, dal primo al trentunesimo capitolo, esclusi
gli indizi messi per altri punti della trama venuti e da venire. Giusto per far
vedere che io non sono Kaito e non tiro fuori i conigli dal cilindro,
purtroppo.
Alcune note tecniche mi paiono necessarie, perché molti elementi
sono stati ripresi da fonti attendibili:
·I nomi delle scuole, Mahoutokoro e Uagado,
sono ufficiali e sono tratti dalle informazioni inedite inserite dalla Rowling
stessa sul sito Pottermore (su cui mi sono iscritta
apposta per avere qualche informazione per questa storia). Le descrizioni su
come funzionino questi istituti, invece, sono completamente di mia invenzione.
·La parte dedicata alla storia dei
genitori di Kaito è tratta dai capitoli del manga ancora inediti in Italia, ma
disponibili su internet e nella serie anime Magic Kaito. Ribadisco che in
questo caso ho scelto deliberatamente d’ignorare gli ultimi due capitoli di
recente pubblicazione, e quindi in questo caso non ci sono dubbi sulla morte di
Toichi Kuroba.
·Sempre secondo le informazioni
disponibili su Pottermore, è Hogwarts a decidere i
suoi studenti tramite una penna e un libro incantati. Il preside non ha
controllo su questo processo. Il nome di Kaito Kuroba quindi è comparso
regolarmente sul libro, come aveva ipotizzato Toichi.
·È stata mostrata nell’anime un
frammento dell’episodio della morte di Toichi
ambientato su una montagna russa del luna park. Mi dispiace, ma è stata
trasmessa dopo la pubblicazione del capitolo dove ne parlavo, e quindi mi sono
tenuta fedele a quanto avevo già scritto.
Per il resto... non crederete mica che la storia sia finita qui,
vero? Assolutamente no, per un mistero risolto ce ne sono molti, moltissimi
altri ancora da scoprire!
Ringrazio dunque NEON GENESIS KURAMA, Lunaby,
sophi33, _happy_04, mergana, _SayayMagicSuicune_
e la nuova arrivata SuorMaddy2012.
Dunque, nel prossimo capitolo vedremo come Kaito avrà preso
tutte queste informazioni. E già che d'informazioni si parla, vi annuncio che
ho finito la tesi, sto giusto aspettando la data della discussione, e quindi
dovrei avere più possibilità di scrivere, per non lasciarvi ancora tutti questi
mesi in sospeso.
Spero che l’attesa non sia stata vana o deludente e vi aspetto
al prossimo capitolo.
Kaito sospirò. Era giù di morale, come
sempre nelle ultime settimane. Quasi non ricordava più quando avesse sorriso
l'ultima volta. L'ambiente intorno a lui, certo, non lo aiutava molto: buio,
appena schiarito dalla fioca luce di qualche torcia, e terribilmente umido.
Rivoli d'acqua scorrevano sul pavimento nero, scivoloso e rotto in qualche
punto. A completare l'atmosfera c'era poi l'incombente presenza dell'enorme
statua, che fissava minacciosa ogni cosa fosse sotto il suo sguardo in modo
così pressante da poter far credere che fosse lei ad ammorbare l'aria e non il
gigantesco cadavere in decomposizione. Sì, l'atmosfera non era delle migliori,
ma Kaito aveva scelto quella stanza perché era l'unico luogo dove potesse
rimanere da solo. Troppi pensieri gli rendevano quasi insopportabile la
compagnia degli altri, persino dei suoi amici. Aveva bisogno di rimanere solo,
e in quel luogo nessuno avrebbe potuto disturbarlo.
Nessuno
tranne...
Uno scricchiolio di pietra su pietra
annunciò a Kaito, senza neppure bisogno di voltarsi, che la sua pacchia era
appena finita.
«Ciao, Harry.»
Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Come sapevi
che ero io?»
Il prestigiatore, seduto alla base della
statua, si voltò verso il suo ospite: «Nessun altro in questa scuola è in grado
di aprire quella porta.»
«E nessun altro è in grado di entrare qua
dentro senza aprirla.»
«Touchè. Era solo
una questione di tempo, sapevo che prima o poi mi avresti trovato.»
Harry attraversò la sala e andò a sedersi
vicino a lui: «Allora, Kaito, cosa ti riporta nella Camera dei Segreti?»
Il ragazzo lo guardò con aria triste:
«Avevo bisogno di stare da solo.»
«Non è da te.»
Kaito non rispose e Harry continuò: «I tuoi
compagni sono molto preoccupati per te, per non parlare di Fred e George. Sono
due settimane, ormai, che ti presenti giusto alle lezioni, non parli con
nessuno e poi scompari nel nulla. Non sei stato più visto né a mangiare né in
dormitorio. Anche cercarti sulla Mappa del Malandrino era inutile, abbiamo
persino cominciato a pensare che te ne tornassi direttamente a casa in Giappone
dopo le lezioni!»
A Kaito sfuggì uno sbuffo divertito, la
cosa più simile a una risata nell’ultimo periodo: «Non sono ancora così bravo.»
«Lo so. È per questo che mi sono messo a
pensare a un luogo di Hogwarts non segnato sulla Mappa che tu potessi
conoscere. Questo è l’unico che mi è venuto in mente.»
«E come vedi hai indovinato. Sei un bravo
investigatore, sai? E io d’investigatori me ne intendo, credimi...»
Calò un silenzio carico di attesa per
qualche minuto, poi Kaito disse: «Perché non hai portato qualcuno con te?»
«Ron non
scenderebbe di nuovo qua sotto per nessun motivo al mondo, Hermione è impegnata
a studiare... quanto a Fred, George e Sheridan, non mi andava d’illuderli. E se
poi non eri qua? E se hai fatto tutto questo per non incontrarli, ci sarà stato
un buon motivo, credo.»
A Kaito sfuggì un mezzo sorriso, poi
sospirò.
«Ho avuto una notizia che mi ha sconvolto e
che ancora non riesco ad accettare. Speravo che rimanendo un po’ da solo ce
l’avrei fatta, ma...»
Harry non insistette, aspettando che il
ragazzo decidesse se e quando parlare.
«Ho appena scoperto che mio padre era un
mago.»
«Non è una novità. Me l’avevi già detto che
tuo padre era un prestigiatore come te.»
«No, Harry. Un mago. Come me e te.»
Il ragazzo sbarrò gli occhi: «Cosa? Ma non
avevi detto di essere nato in una famiglia babbana?»
Kaito scattò in piedi, quasi urlando lo
sconforto che si era tenuto dentro per settimane: «CERTO! Questo mi hanno
raccontato, ma erano solo bugie! La mia vita è solo un mucchio di frottole! Il
mio stesso padre ha intessuto per me una rete di bugie e inganni! E ora in cosa
dovrei ancora credere? Sono venuto qui per trovare informazioni che mi
aiutassero a vendicare la sua morte e a far arrestare i suoi assassini, e ora
tutto quello che sapevo è svanito nel nulla! Cosa dovrei ancora fare? Che senso
può avere la mia vita, ora?»
Harry lo guardò un po’ perplesso, poi,
quando Kaito sembrò essersi calmato un pochino, si arrischiò a fare una
domanda.
«Tu hai conosciuto tuo padre, vero?»
Il prestigiatore sbuffò: «Un paio di
settimane fa ti avrei risposto di sì.»
«Intendo, te lo ricordi?»
«Certo.»
«E ti voleva bene?»
Kaito impiegò un po’ a rispondere, come se
quella risposta gli costasse molta fatica.
«Sì, penso proprio di sì.»
Harry sorrise dolcemente: «E allora,
qualunque cosa abbia fatto, penso lo abbia fatto per questo. Perché ti voleva
bene e voleva proteggerti.»
Kaito ringraziò di essere di spalle, perché
la sua faccia da poker, per un istante, aveva ceduto di botto. Harry, che non
sapeva nulla di quello che aveva scoperto, gli aveva ripetuto esattamente le
stesse motivazioni che suo padre nel Pensatoio aveva pronunciato.
Possibile che fosse ovvio a tutti... tranne che a lui?
«Probabilmente hai ragione, ma penso che ci
vorrà ancora un po’ prima che torni a crederlo veramente.»
«Penso che tu abbia tutto il tempo del
mondo. E se non ce n’è abbastanza, possiamo farci ridare la Giratempo
da Hermione...»
Kaito rise, finalmente, la prima risata
sincera dopo tanto tempo.
«Mi sa che hai ragione, mi sono isolato un
po’ troppo. Penso che non potrò fare altro qua, ma in ogni caso non è stato
tempo sprecato.»
Harry lo guardò incuriosito e Kaito si
concesse un piccolo sorriso soddisfatto: «Ho scoperto che mio padre era come
me, poteva Smaterializzarsi ovunque. Così ho provato ad esercitarmi un po’ qua
dentro.»
«Hai passato tutto il tempo a
Smaterializzarti?»
«Dovevo pur distrarmi un po’ dai miei
tristi pensieri, no? E sai, credo proprio di aver imparato qualcosina...»
Neanche il tempo di finire la frase che
Kaito svanì di fronte a Harry. Il ragazzo sussultò. Glielo aveva già visto fare,
ma questa volta non si era udito quello schiocco fortissimo che l’aveva sempre
caratterizzato e non aveva nemmeno girato su se stesso.
«Non male, eh?»
Harry alzò il volto in alto, seguendo la
voce e urlò dallo spavento. Kaito era seduto sul naso di Serpeverde. La sua
voce rimbombava in tutta la Camera.
«Mi sono esercitato parecchio, anche se
avevo promesso di non farlo. Sai, penso di aver capito di più da solo che non
con tutte le lezioni di Lupin dell’anno scorso... in ogni caso, ora riesco ad
essere precisissimo sul luogo di rimaterializzazione.
E se mi concentro abbastanza, riesco anche a farlo silenziosamente.»
Il ragazzo a terra lo guardò stupito:
«Non... non male!»
«Vero? Non capisco sinceramente perché al
corso obblighino tutti a girare su se stessi, ho scoperto che per me è inutile,
mi fa solo girare la testa dopo un po’ e mi fa perdere l’equilibrio al momento
dell’atterraggio. Credo anche di potermi Smaterializzare non solo in posti
precisi, ma anche da persone specifiche, anche se non so dove siano. Dopotutto,
a pensarci bene, l’anno scorso avevo fatto così per raggiungervi nella
Stamberga Strillante. Però quello devo ancora sperimentarlo un po’.»
Harry ridacchiò: «Basta solo che avverti
prima, sennò mi prende un infarto ogni volta...»
Kaito alzò le spalle divertito: «Nel caso
ti porterò istantaneamente da Madama Chips, non preoccuparti. Ci sono ancora un
paio di cose che voglio sperimentare e che qui, da solo, non potevo fare.»
«Ovvero?»
«Smaterializzazione su lunghe distanze,
tanto per cominciare. Insomma, non sarebbe male potermene tornare a casa senza
sempre farmi ore e ore di aereo, no?»
«Giusto!»
«L’altra è la Smaterializzazione con più
persone. L’anno scorso era stato un disastro.»
Harry annuì. Quando Kaito era sbiancato in
quel modo e si era messo a respirare così affannosamente da sembrare soffocare
da un momento all’altro, lui ed Hermione avevano faticato non poco a mantenere
la calma.
«E l’ultima è...»
Fu un istante. Kaito riapparve al fianco di
Harry, lo prese per un braccio e in un attimo furono in piedi sulla testa di
Serpeverde. Il ragazzo urlò dallo spavento e sentì perdere l’equilibrio, ma
Kaito lo tenne stretto. Harry prese fiato affannosamente, osservando l’amico
perfettamente in equilibrio e con tutta la tranquillità del mondo.
«... atterrare in equilibrio con un
passeggero, e direi che ho anche superato questo test.»
Harry cercò di trattenere l’istinto di
mandare a quel paese il prestigiatore: «Sì, ma credo di non averlo passato
io... che spavento...»
Kaito rise, una risata aperta e sincera,
come quelle che Harry aveva sempre visto sul suo volto. Non sapeva esattamente
come, ma sembrava essere riuscito nell’impresa di tirarlo un po’ su di morale.
Il prestigiatore lo aiutò a sedersi: «Non
male la vista da qui, vero?»
«In effetti... c’è solo il Basilisco che
stona un po’...»
Kaito alzò le spalle sorridendo: «Oh, sta
lì tranquillo e non disturba, è diventato proprio un serpentello educato. Non
morde più, sai?»
«Ma meno male, con tutta la fatica che
abbiamo fatto per farlo smettere! »
«Giusto.»
Calò qualche minuto di silenzio, poi Kaito
sospirò.
«Grazie.»
«Dovere. Siamo amici, no?»
«Già, ne abbiamo vissute parecchie di
avventure, eh?»
«Sì.»
«Sai, parliamo poco, io e te, ma sei un
ottimo ascoltatore.»
Harry sorrise: «Ti ringrazio, ma penso sia
solo perché ti capisco. Dopotutto abbiamo entrambi un conto in sospeso legato
all’uccisione dei nostri genitori...»
Kaito sentì una morsa al cuore. Se solo
Harry avesse saputo tutta la storia... se avesse saputo che anche suo padre era
morto, indirettamente, a causa di Voldemort...
Scosse la testa. No, non gli avrebbe dato
quel peso. Quel ragazzo ne aveva già troppi sulle sue giovani spalle.
«Dai, che ne dici? Scendiamo?»
«Non mi dispiacerebbe, ad essere sincero.»
«Oppure preferisci salire? Direttamente in
Dormitorio, magari?»
Harry lo guardò sorpreso: «Mi porteresti?»
Kaito annuì: «Ho fatto troppo l’eremita.
Adesso devo riunire tutti i pezzi della mia vita, e non posso farlo stando
chiuso qua dentro.»
Harry sorrise, e Kaito aggiunse: «E poi la
puzza del Basilisco sta iniziando a darmi la nausea!»
La piccola risata di Harry rimbombò ancora
per un pochino nella Camera, poi i due scomparvero, lasciando la stanza segreta
al silenzio e all’oblio.
Ci era voluto ancora qualche giorno prima
che Kaito riuscisse ad aprirsi con i Malandrini, ma dopo averlo fatto capì che
era stato assolutamente necessario. Raccontare quella vicenda a qualcuno
l’aveva resa in qualche modo più realistica, più accettabile, più sopportabile.
Non era più un brutto sogno da cui non riusciva a svegliarsi, era una realtà
che poteva e doveva affrontare e superare.
Sheridan era sconvolta: «Quello che ci hai
raccontato è incredibile.»
«Lo so. Io sono il primo a non riuscire ad
accettarlo del tutto.»
«Tuo
padre... un mago che ha rinunciato alla magia per fare il prestigiatore?»
«Sì.»
Fred intervenne: «Io sono più sorpreso dal
fatto che tu sia nato qua ad Hogwarts!»
Kaito annuì. In realtà non era stato del
tutto sincero con loro. Aveva volutamente saltato la parte che riguardava la
morte del padre. Era troppo, tutto insieme.
George lo guardò preoccupato: «E ora, cosa
farai?»
Il prestigiatore sospirò: «Innanzitutto,
cercherò di fare ordine nella mia vita. Tanto per cominciare, Kaito Kid si
prende un bel periodo sabatico. Le nuove scoperte hanno minato direttamente le
motivazioni per cui era tornato ad agire, per questo, anche in vacanza, non
ruberò nulla. Almeno fino a quando non avrò deciso se Kaito Kid ha ancora una ragione per esistere. E poi... poi
volevo chiedervi un favore.»
I Malandrini annuirono: «Tutto quello che
vuoi.»
Kaito sorrise tristemente guardando i
gemelli: «Voi due sapete dov’è la Stanza delle Necessità, vero? Voglio
vederla.»
I quattro ragazzi si fermarono di fronte a
un muro non lontano dall’aula della Cooman.
«È qui?»
Fred e George annuirono: «Bisogna passarci
tre volte davanti e...»
I ragazzi sussultarono dallo spavento. Era
bastato che Kaito sfiorasse la parete per far comparire una porta là dove fino
a pochi istanti prima c’erano solidi mattoni.
Il prestigiatore commentò perplesso: «...
oppure, a quanto pare, la Stanza ha il riconoscimento delle impronte
digitali...»
Dopo qualche istante di esitazione, il
ragazzo girò la maniglia e spinse la porta. L’uscio si aprì lentamente,
rivelando, con enorme sorpresa del ragazzo, la stessa identica stanza che aveva
visto nel Pensatoio, come se l’avesse lasciata solo da pochi minuti. Ogni
dettaglio era al suo posto, la sedia su cui lui si era appoggiato quando gli
erano venute meno le forze, le lenzuola ancora in disordine, come se sua madre
si fosse appena alzata dal letto... eppure erano passati diciotto anni.
Si voltò verso i suoi amici, rimasti
all’ingresso, come se non osassero entrare in un mondo che era di Kaito e solo
suo. Il suo sguardo era pieno di lacrime e li guardava come se stesse chiedendo
loro qualcosa, un muto permesso. Sheridan, senza nemmeno sapere esattamente
cosa stesse concedendo, annuì, e allora Kaito, nella stessa identica posizione
del padre quando lo salutò la prima volta, s’inginocchiò sul pavimento, poggiò
la testa sul letto e, stringendo con tutte le sue forze quel lenzuolo, pianse
tutte le lacrime che aveva trattenuto per settimane, lacrime di gioia e di
dolore, di sollievo e di disperazione, in un groviglio di sentimenti
contrastanti che riempivano il suo cuore e la sua mente in una sensazione quasi
di vuoto, a cui era impossibile dare un nome. A quelle lacrime, come in
risposta, le candele che illuminavano la camera si fecero più soffuse, più
leggere, come un delicato conforto che la stessa Stanza stava cercando di dare a
chi era nato fra le sue mura. I Malandrini assistettero a tutto questo in
silenzio, senza fare alcun rumore, muti spettatori di una scena la cui gravità
potevano appena intuire.
Solo quando Kaito sembrò essersi
leggermente calmato, George chiuse la porta alle loro spalle e i tre entrarono
nella Stanza. Sheridan fece per prendere la sedia, per scoprire con sua grande
sorpresa che ne erano comparse altre tre, senza che neppure se ne fosse
accorta. George si avvicinò al prestigiatore.
«Va meglio?»
Kaito annuì, rispondendo con voce ancora
tremante: «S-sì, s-scusate... io... io non dovevo.»
Sheridan gli offrì la sedia: «Dovevi,
invece. Non potevi tenerti tutto dentro per sempre.»
Il ragazzo si sedette: «P-papà mi diceva
sempre di mantenere la faccia da p-poker e io...»
Fred gli sorrise comprensivo: «Tuo padre ti
diceva di non mostrare agli avversari le tue debolezze, ma non penso si
riferisse anche agli amici. E poi sei un essere umano, non una statua. Non puoi
essere impassibile per sempre.»
Kaito si asciugò le lacrime con un
fazzoletto colorato, per poi farlo sparire: «Sì...»
Alzò lo sguardo, per cercare di non
guardare troppo il letto su cui era nato per non scoppiare nuovamente a
piangere, e fu allora che notò un dettaglio che lo incuriosì.
«Strano... quella porta non c’era quando ho
visto i ricordi di Silente...»
Fred lo guardò storto: «Eh?»
Kaito si alzò, attirato in modo
irresistibile da quell’ingresso. Se non fosse stato assurdo, avrebbe quasi
detto che qualcuno gli sussurrasse all’orecchio di andarlo
a vedere più da vicino. Attraversò la stanza e si avvicinò alla porta. Era
bianca, con eleganti intarsi dorati, e una rosa d’oro con il gambo irto di spine
che si arrotolava su se stesso a formare la maniglia. Kaito la fissò perplesso.
Per quanto la sua attenzione fosse attirata dai ricordi stessi, possibile che
non avesse notato un dettaglio così appariscente?
Fred si avvicinò alle sue spalle: «Ehm...
Kaito? Cosa stai facendo?»
«Cerco di capire a cosa serva questa
porta.»
George si avvicinò al fratello: «Quale
porta?»
Kaito sbarrò gli occhi: «Come quale porta? Questa porta! Non la
vedete?»
Sheridan si avvicinò, toccando la parete:
«Veramente, no.»
Il prestigiatore guardò sorpreso la mano
dell’amica, che ai suoi occhi appariva proprio sui cardini della porta.
«Voi... voi non la vedete?»
Fred gli mise una mano sulla spalla:
«Senti, forse oggi hai vissuto troppe emozioni tutte insieme. È normale che tu
ora sia un po’ stravolto, forse è meglio che torniamo al Dormitorio.»
Kaito annuì: «Sì, forse hai ragione. Per
oggi ho fatto abbastanza. Posso sempre tornare in un secondo momento, quando
sarò più calmo, per controllare, no?»
Sheridan gli sorrise: «Quando vuoi.»
Il ragazzo sospirò: «Grazie, ragazzi.»
«Dovere di amici e Malandrini.»
Fu una ripresa lenta, ma Kaito, nel giro di
un paio di settimane, sembrò ritornare a un’apparente normalità. Ricominciò a
ridere e a scherzare con i suoi amici e compagni, riprese a studiare
normalmente e trovò persino il coraggio di guardare la sua posta.
Tre lettere lo attendevano ormai da
settimane.
Caro Kaito,
se le cose sono andate come dovevano, ora
sai. Mi dispiace, credimi, mi dispiace che le cose siano andate così. Ho
sperato con tutto il cuore che per te non giungesse mai quella maledetta
lettera, che potessi continuare a proteggerti come ho sempre fatto.
Ora t’immagino benissimo a dire: “Ma
come, proteggermi? Mi hai mandato coscientemente a fare il criminale!”. È vero,
ma quelli erano pericoli da cui potevo difenderti, anche se poi te le sei
cavata egregiamente da solo. Contro la magia, purtroppo, sono impotente, sono
solo una semplice Babbana che ha letto molti libri
proibiti. Conosco quali incantesimi potrebbero lanciarci contro, ma non ho modo
per difenderci. L’unico modo che io, e che prima di me tuo padre, ho trovato, è
stato tenerti all’oscuro di tutto. Non era il migliore, non era il più saggio,
ma era l’unico alla mia portata. Forse avrei dovuto affidarti a qualche mago,
ma non me la sono sentita di allontanarti da me. Perdona il mio egoismo, se
puoi. Fra mille bugie, però, c’è un’unica e sola verità: ti voglio bene, Kaito,
io come tuo padre, e sono e sarò sempre orgogliosa di te, qualunque cosa farai.
Spero che quando tornerai vorrai ancora
parlarmi.
Mamma
Kaito deglutì, inghiottendo le lacrime. Sua
madre era sempre stata un po’ fuori dagli schemi, una donna originale e
schietta, mai pentita di ciò che aveva fatto. In quella lettera aveva riversato
la sua stessa anima, il ragazzo non avrebbe potuto metterle in bocca parole
diverse. Erano sincere, anche se dolorose.
Con le mani tremanti, prese la seconda
busta. La scrittura gli era in parte familiare, ma dovette ammettere di essere
sorpreso di ricevere una lettera da quella persona.
Caro
Kaito,
il
professor Silente mi ha informato che ora sai che conoscevo bene tuo padre. Mi
dispiace averti nascosto quest’informazione. All’inizio ero confuso, non ero
sicuro che fossi il figlio di Toichi e, se avevo
ragione, cosa ci facessi ad Hogwarts. Il preside mi ha spiegato qualcosina
all’inizio dell’anno, ma probabilmente ora sai più di quanto ancora non sappia
io. Ammetto che non è stata casuale la mia presenza durante la tua prima
lezione di Smaterializzazione, temevo che potesse succedere quanto è poi
accaduto, e anche il preside condivideva questa mia preoccupazione. Forse ho
preso un po’ sottogamba l’impegno di aiutarti con la Smaterializzazione, ma ero
sinceramente convinto di poterti aiutare almeno psicologicamente. Col senno di
poi, forse avresti imparato di più da solo... non sono il migliore insegnante
del mondo, l’ho sempre saputo.
Volevo
solo dirti che se avrai bisogno di aiuto io sarò sempre a tua disposizione.
Con
sincero affetto,
Remus Lupin
Kaito non poteva dire nulla al professore.
Dopotutto, anche lui aveva infranto la promessa di non esercitarsi da solo.
Sapeva bene che l’anno prima ci aveva messo anima e corpo nel seguirlo e
sostenerlo durante le sue lezioni serali.
L’ultimo era un biglietto spiegazzato,
macchiato e rovinato, senza busta.
Abbiamo avuto poco tempo per parlare, e solo
successivamente Lunastorta mi ha confermato la tua
identità. Non ti avevo riconosciuto come figlio di Toichi
fino a quando non ci siamo trovati faccia a faccia in volo. Non conoscevo bene
tuo padre, l’ho visto qualche volta alle riunioni dell’Ordine e ammetto che ero
un po’ sospettoso nei suoi confronti per la sua scarsa partecipazione, era uno
di quelli che avevo candidato come traditore quando ci fu una fuga di notizie.
In realtà non sapevo neppure che fosse morto, ad Akzaban
le notizie arrivano col contagocce. In ogni caso ti sono grato per l’aiuto che
mi hai dato, se potrò ricambiare il favore non esiterò a farlo. Se hai bisogno
di contattarmi chiedi alla persona che mi è più vicina, lei sa come fare.
Felpato
Kaito sbarrò gli occhi sorpreso. Sirius! Persino lui, sfidando la
clandestinità, aveva voluto scrivergli! Rilesse il messaggio: la persona a cui
si riferiva era quasi sicuramente Harry, dopotutto era il suo padrino.
Sospirando, rimise tutto sotto il letto.
Presto avrebbe trovato la forza di rispondere, ne era sicuro.
Ginny strattonò per una manica Kaito:
«Vieni! Vieni a vedere!»
Il prestigiatore, sospirando, la seguì.
Ormai aveva ripreso la sua vita normale e nessuno, né compagni né amici né
professori, gli aveva chiesto cosa gli fosse capitato in quelle settimane. Non
aveva ancora risolto i suoi problemi, ma aveva deciso di accantonarli
momentaneamente in attesa di ritrovare abbastanza pace e sicurezza per poterli
affrontare.
«Cosa c’è?»
La ragazza si limitò a indicargli un
cartello:
TORNEO TREMAGHI
Le delegazioni di Beauxbatons
e Durmstrang arriveranno alle 6 in punto di venerdì
30 ottobre. Le lezioni termineranno con mezz'ora d'anticipo. Gli studenti
riporteranno borse e libri nei rispettivi dormitori e si riuniranno davanti al
castello per salutare i nostri ospiti prima del Banchetto di Benvenuto.
Kaito guardò l’amica incuriosito: «E così ci
siamo...»
La comparsa del cartello nella Sala d'Ingresso
ebbe un effetto notevole su tutti. La settimana seguente, parve esserci un solo
argomento di conversazione, ovunque Kaito andasse: il Torneo Tremaghi. Le voci si propagavano di studente in studente
come virus altamente contagiosi: chi voleva farsi avanti come campione di
Hogwarts, in cosa sarebbe consistito il Torneo, in che cosa gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang erano
diversi da loro. Il castello fu ripulito da cima a fondo. Parecchi ritratti
sudici furono scrostati, con gran disappunto dei loro soggetti, che sedevano
rannicchiati nelle cornici, borbottavano cupi e trasalivano tastandosi i volti
di un rosa acceso. Le armature all'improvviso diventavano scintillanti e si
muovevano senza cigolare. E Argus Gazza, il custode,
divenne talmente feroce con gli studenti che dimenticavano di pulirsi le scarpe
che provocò una crisi isterica in un paio di ragazzine del primo anno.
Anche altri membri del personale docente
sembravano stranamente agitati.
Quando Kaito scese per colazione la mattina
del trenta ottobre, scoprì che la Sala Grande era stata addobbata durante la
notte. Enormi stendardi di seta pendevano dai muri. Ciascuno rappresentava una
Casa di Hogwarts: rosso con un leone d'oro per Grifondoro, blu con un'aquila di
bronzo per Corvonero, giallo con un tasso nero per Tassorosso, e verde con un serpente d'argento per
Serpeverde. Dietro il tavolo degli insegnanti, lo stendardo più grande di tutti
portava il blasone di Hogwarts: leone, aquila, tasso e serpente uniti sotto una
grande H.
Ancora un po’ sorpreso, Kaito notò in un
angolo della tavolata Fred e George, intenti in una discussione sottovoce.
Senza farsi notare li raggiunse alle spalle.
«Allora, ancora a discutere del vostro
debito non riscosso?»
I due gemelli trasalirono sorpresi, per poi
voltarsi.
«Kaito!»
«Non ti abbiamo sentito!»
Il prestigiatore sorrise: «Ricordatevi con
chi state parlando...»
Fred annuì: «Giusto.»
George aggiunse: «Come hai fatto a capire
di cosa stavamo parlando?»
Kaito si sedette vicino a loro: «Intuito...
e lettura del labiale.»
Soseiji sbuffò: «Con te c’è sempre il trucco...»
Mangetsu gli rispose con una bella linguaccia:
«Avanti, spiegatemi. Quali sono le ultime novità?»
George rispose con aria depressa: «È un
vero disastro. Ma se non vorrà parlare con noi, dovremo spedirgli comunque la
lettera. O gliela metteremo in mano, non può evitarci per sempre».
«Chi è che vi evita?»
I gemelli trasalirono ancora. Ron stava prendendo posto accanto a loro, insieme a Harry e
Hermione.
Fred ribatté, seccato per l'interruzione:
«Magari fossi tu.»
Ron chiese a George: «Che cos'è che è un
disastro?»
George disse: «Avere un idiota ficcanaso
come te per fratello.»
Kaito dovette trattenere un sorriso.
Facevano i duri, ma la verità era che i due gemelli non volevano coinvolgere il
resto della famiglia nella loro personale battaglia contro un pezzo grosso.
Harry buttò lì, come per cambiare
argomento: «Voi due vi siete già fatti venire in mente qualcosa sul Torneo Tremaghi? Avete pensato a come fare per tentare di
iscrivervi?»
George rispose in tono aspro: «Ho chiesto
alla McGranitt come vengono scelti i Campioni, ma non me l'ha voluto dire. Mi
ha detto solo di star zitto e continuare a Trasfigurare il mio procione.»
Kaito fece una smorfia: «Ti aspettavi
davvero che si sbottonasse? L’unico che avrebbe potuto fare una cosa così
stupida è Allock, e per fortuna non c’è...»
Ron era pensieroso: «Chissà che prove saranno...
sapete, scommetto che potremmo affrontarle, Harry, ne abbiamo fatte di cose
pericolose prima d'ora...»
Fred disse: «Non davanti a una giuria. La
McGranitt dice che i Campioni ricevono un punteggio in base a come hanno
superato le prove.»
Kaito li guardò sorpreso: «Siete ben
informati.»
George annuì: «Certo, vogliamo sapere cosa
ci attenderà!»
Harry chiese: «Chi sono i giudici?»
«Be', i Presidi delle scuole in lizza fanno
sempre parte della commissione, perché tutti e tre sono stati feriti durante il
Torneo del 1792, quando s'imbizzarrì il Basilisco che i Campioni avrebbero
dovuto catturare.»
Tutti si voltarono verso Hermione, piuttosto
sorpresi, e lei continuò, con il solito tono d'impazienza nel constatare che
nessun altro aveva letto i libri che lei invece conosceva: «È tutto scritto in Storia
di Hogwarts. Anche se, naturalmente quel libro non è del tutto affidabile.
Storia RIVEDUTA E CORRETTA di Hogwarts sarebbe un titolo più calzante. O
anche Storia DECISAMENTE PREVENUTA E SELETTIVA di Hogwarts, CHE GLISSA SUGLI
ASPETTI PIÙ SPREGEVOLI DELLA SCUOLA.»
Ron la guardò perplesso: «Di cosa stai
parlando?»
«Degli elfi domestici! In oltre mille
pagine di Storia di Hogwarts, non si dice nemmeno una volta che siamo
tutti complici nello sfruttamento di un centinaio di schiavi!»
Kaito sospirò leggermente. Era stato
costretto anche lui a comprare una spilletta del CREPA, ma non aveva davvero
avuto testa per seguire tutta la logica di Hermione. Decise che fosse meglio
cambiare brutalmente discorso: «Ragazzi, avete visto Sheridan?»
«In effetti no.»
Proprio in quel momento la ragazza fece
capolino dall’ingresso della Sala, con aria soddisfatta e venne a sedersi
vicino a loro: «Buongiorno!»
Kaito la guardò sospettoso. Conosceva
quello sguardo e di solito non lasciava presagire niente di buono: «Sheridan,
tutto bene?»
Lei rispose con aria complice: «Non c’è
niente di meglio che sistemare un paio di scocciatori di prima mattina...»
Come un lampo, un pensiero attraversò la
mente dei tre Malandrini.
Trenta
ottobre.
Sheridan.
Pessimo
abbinamento.
Immediatamente Fred, George e Kaito si
precipitarono fuori dalla Sala Grande, senza neppure concludere la colazione,
scrutando attentamente le finestre per controllare i pennoni.
Harry guardò un po’ confuso il portone da
cui i tre erano spariti: «Ma che è successo?»
Sheridan sorrise in puro stile malandrino:
«Oh, assolutamente nulla, in realtà. Mi sono solo divertita a fare uno
scherzetto a quei tre. Per fortuna quest’anno, con la storia del Torneo,
nessuno si è ricordato esattamente che giorno è domani...»
Nonostante i tre Malandrini avessero
passato gran parte del tempo a meditare una piccola vendetta nei confronti
della compagna per l’infarto che aveva fatto prendere loro, quel giorno
nell'aria c'era un piacevole senso di attesa. Nessuno fu molto attento in
classe, tutti erano molto più interessati all'arrivo delle delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang.
Quando la campana suonò in anticipo, tutti
i Grifondoro di ogni anno corsero su alla Torre di Grifondoro, depositarono
borse e libri, s'infilarono i mantelli e tornarono giù di corsa nella Sala
d'Ingresso.
I Direttori delle Case stavano disponendo
in fila i loro studenti.
La professoressa McGranitt ordinò a Ron: «Weasley, raddrizzati il cappello.» «Signorina Patil, via quella cosa ridicola dai capelli».
Calì si rabbuiò e si tolse una grossa farfalla
decorativa dall'estremità della treccia.
«Anche lei, Signorina Pumpkin.»
Sheridan si toccò sorpresa e inorridita i
capelli, trovandoci un fiore di pesco di plastica, fermato con una molletta.
Kaito le fece una linguaccia, seguito alle loro spalle da Fred e George:
«Piccola vendetta per stamattina da parte di tutti noi.»
Alla fine del controllo, l’insegnante
finalmente si calmò: «Seguitemi, prego, quelli del primo anno davanti... non
spingete...»
Scesero in fila i gradini e si schierarono
davanti al castello. Era una serata fredda e serena; il sole stava tramontando
e una pallida luna trasparente brillava già sulla Foresta Proibita. Nonostante
l’orario prefissato fosse appena passato, nessuno si vedeva all’orizzonte e
tutti gli studenti iniziavano a soffrire il freddo. Scrutarono ansiosamente i
prati sempre più bui, ma nulla si muoveva; tutto era immobile, silenzioso e
piuttosto normale.
Kaito guardò i suoi compagni. Tremavano
tutti, chi più, chi meno. Colin tendeva il collo alla ricerca di suo fratello
Dennis in prima fila, per il resto l’unica preoccupazione che sembrava aleggiare
su tutti era se questi ospiti sarebbero riusciti ad arrivare prima di trovarsi
di fronte una delegazione congelata.
Kaito sbuffò: «Odio il ritardo delle
ferrovie.»
Ginny rispose battendo i denti: «E chi ti
dice che arrivino in treno?»
Il prestigiatore rispose ironico: «E come
vuoi che arrivino, in nave?»
Ma le loro riflessioni furono interrotte
dalla voce di Silente dall'ultima fila, dove si trovava assieme agli altri
insegnanti: «Aha! O mi sbaglio di grosso, oppure sta
arrivando la delegazione di Beauxbatons!»
Parecchi studenti esclamarono con
impazienza, guardando tutti da una parte diversa: «Dove?»
Uno del sesto anno, puntando l'indice verso
la Foresta, urlò: «Laggiù!»
Qualcosa di grosso, molto più grosso di un
manico di scopa - o meglio, di cento manici di scopa - si precipitava nel cielo
azzurro cupo in direzione del castello, e diventava sempre più grande.
Una ragazzina del primo anno strillò
istericamente: «È un drago!»
Dennis Canon esclamò: «Non dire
stupidaggini... è una casa volante!»
Mentre la gigantesca sagoma nera sfiorava
le cime degli alberi della Foresta Proibita, illuminata dalle luci del
castello, videro un'enorme carrozza di un blu polveroso, delle dimensioni di
una vasta dimora, che fluttuava verso di loro, trainata nell'aria da una
dozzina di cavalli alati, tutti palomino, grandi come
elefanti.
Le prime tre file di studenti si ritrassero
mentre la carrozza sfrecciava più in basso e si preparava ad atterrare a una
tremenda velocità; poi, con un fracasso abnorme che fece balzare Neville
indietro sul piede di un Serpeverde del quinto anno, gli zoccoli dei cavalli,
più grossi di piatti da portata, toccarono terra. Dopo un secondo, atterrò
anche la carrozza, rimbalzando sulle vaste ruote, mentre i cavalli d'oro
scuotevano le enormi teste e roteavano i grandi occhi fieri. La porta della
carrozza, decorata con un blasone formato da due bacchette d'oro incrociate da
cui spuntavano tre stelle ciascuna, si aprì. E un ragazzo vestito di azzurro
pallido balzò giù, si curvò, trafficò per un attimo con qualcosa ed estrasse
una serie di gradini d'oro. Poi arretrò rispettosamente. Una lustra scarpa nera
col tacco alto, grande come una slitta da bambino, spuntò dall'interno della
carrozza, seguita quasi immediatamente da una donna enorme. La taglia della
carrozza e dei cavalli furono subito spiegati. Alcuni ragazzi trattennero il
respiro. Quando entrò nella luce che fiottava dalla Sala d'Ingresso, si scoprì
che aveva un bel viso olivastro, grandi occhi neri liquidi e il naso piuttosto
grifagno. I suoi capelli erano raccolti in una crocchia lucente alla base del
collo. Era vestita da capo a piedi di satin nero, e molti splendidi opali
scintillavano attorno al collo e sulle sue dita enormi.
Silente prese ad applaudire; anche gli
studenti, seguendo il suo esempio, batterono le mani, molti in punta di piedi
per vedere meglio la donna.
Il suo viso si distese in un sorriso
cortese, e avanzò verso Silente, tendendo una mano tutta bagliori. Silente,
benché fosse ben alto, dovette chinarsi appena per baciarla.
«Mia cara Madame Maxime,
benvenuta a Hogwarts.»
«MoncherSilonte! Voi sta bene,
spero!»
Kaito trasalì leggermente. La donna aveva
una voce decisamente più profonda di quella che si sarebbe aspettato.
Silente rispose: «Sono in ottima forma,
grazie.»
Madame Maxime
indicò alle sue spalle, agitando noncurante una delle sue enormi mani: «I miei studonti.»
In quel momento una dozzina circa di
ragazzi e ragazze, tutti, a occhio e croce, tra i diciassette e i diciott'anni,
spuntarono dalla carrozza e rimasero in piedi dietro Madame Maxime.
Tremavano, cosa tutt'altro che sorprendente dato che i loro abiti sembravano di
seta leggera, e nessuno portava il mantello. Alcuni si erano avvolti sciarpe e
scialli attorno alla testa. Per quel che si poté vedere delle loro facce, visto
che molti erano all'ombra di Madame Maxime, stavano
contemplando Hogwarts con aria preoccupata.
L’enorme signora riprese: «Karkaròff è già qui?»
«Dovrebbe essere qui a momenti. Preferite
aspettare qui e salutarlo o entrare a scaldarvi un po'?»
«Scaldarsci, si. Ma
i scevalli...»
«Il nostro insegnante di Cura delle
Creature Magiche sarà felice di occuparsene, non appena avrà sistemato un
piccolo problema che si è verificato con alcuni dei suoi altri - ehm –
compiti.»
Kaito avrebbe scommesso qualunque cosa che
Silente si stava riferendo agli Schiopodi.
Madame Maxime
aveva un’aria insicura, come se dubitasse che qualunque insegnante di Cura
delle Creature Magiche di Hogwarts fosse all'altezza dell'incarico: «I miei
destrieri hanno bisogno di... ehm... una mano descisa.
Loro sono tanto forti...»
Gli studenti ridacchiarono. Ad Hagrid
poteva mancare tutto tranne che la forza.
Silente sorrise: «Le assicuro che Hagrid se
ne occuperà con competenza.»
Madame Maxime fece
un piccolo inchino: «Trèsbien. Voleva
dire a questo Agrid che i scevalli
bevono solamonte whisky di malto, s'ilvousplaît?»
Silente restituì l’inchino: «Provvederemo.»
Madame Maxime si
rivolse imperiosa ai suoi studenti ordinando loro di salire, mentre la folla di
Hogwarts si dischiuse per lasciarli salire le scale di pietra.
Rimasero lì, tremando un po', ad aspettare
l'arrivo della compagnia di Durmstrang. Quasi tutti
guardavano il cielo in attesa. Per qualche minuto, il silenzio fu rotto solo
dagli sbuffi e dallo scalpitio dei grossi cavalli di Madame Maxime.
Ma poi un suono forte e stranamente misterioso iniziò ad udirsi nell'oscurità.
Un rombo e un risucchio soffocato, come se un immenso aspirapolvere avanzasse
lungo il letto di un fiume.
Lee Jordan urlò: «Il lago! Guardate il
lago!»
Dalla loro postazione in cima ai prati che
sovrastavano il parco, potevano vedere chiaramente la liscia superficie nera
dell'acqua, solo che all'improvviso non fu più affatto liscia. Al centro, in
profondità, c'era una strana turbolenza; grandi bolle si formavano in
superficie, ondate si abbattevano sulle rive fangose... e poi, proprio al
centro del lago, apparve un vortice, come se un tappo gigante fosse appena
stato tirato via dal fondo... infine, una cosa che sembrava un lungo palo nero
prese ad affiorare lentamente dal cuore del vortice.
Kaito guardò la scena con occhi sbarrati:
«Non ci credo... quella è...»
Lenta e maestosa, la nave sorse dalle
acque, splendente nella luce lunare. Aveva un'aria stranamente scheletrica,
come se fosse la vittima risuscitata di un naufragio, e le fioche luci nebulose
che scintillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Alla fine, con un
gran sciabordio, la nave emerse del tutto, galleggiando sull'acqua agitata, e
prese a scivolare verso la riva.
Ginny rimase a fissarla con gli occhi fuori
dalle orbite, poi trovò il coraggio di parlare.
«Kaito?»
«Sì?»
«Odio quando hai ragione.»
«Ma io scherzavo!»
«Lo so. Ti odio ancora di più per questo.»
Qualche istante dopo, udirono il tonfo di
un'ancora gettata in un fondale basso, e il rumore di una passerella che veniva
abbassata sulla riva. I passeggeri sbarcarono; i ragazzi videro le sagome
passare davanti alle luci dei boccaporti. Tutti davano l’impressione, a prima
vista, di essere di grossa stazza, ma poi, mentre si avvicinavano, risalendo i
prati nella luce che si riversava fuori dalla Sala d'Ingresso, si poteva notare
che in realtà era un effetto ottico dovuto al fatto che indossavano mantelli di
pelliccia ispida. Ma l'uomo che li guidava portava una pelliccia di un altro
tipo; liscia e argentea, come i suoi capelli.
«Silente! Come stai, mio caro amico, come
stai?»
«Benissimo, grazie, professor Karkaroff.»
Karkaroff aveva una voce leziosa, untuosa; quando
entrò nel fascio di luce che dilagava dal portone del castello, tutti videro
che era alto e sottile come Silente, ma i suoi capelli bianchi erano corti, e
il pizzetto (che finiva con un piccolo ricciolo) non riusciva a nascondere del
tutto il mento debole. Quando raggiunse Silente, gli strinse la mano tra le
sue.
L’uomo guardò in su verso il castello,
sorridendo con denti giallastri: «Cara vecchia Hogwarts... com'è bello essere qui,
com'è bello...»
Kaito ebbe però l’impressione che quel
sorriso non fosse veramente sincero, tuttavia l’uomo continuò: «Viktor, vieni
dentro, al caldo... non ti dispiace, Silente? Viktor ha un po' di
raffreddore...»
Karkaroff spinse avanti uno dei suoi studenti, un
ragazzo dal grosso naso ricurvo e folte sopracciglia nere. Molti iniziavano a
vociferare qualcosa.
«ÈKrum!»
Kaito alzò il sopracciglio: «Chi?»
Sheridan fece un gesto di stizza con la
mano: «Oh, solo uno dei più grandi giocatori di Quidditch.»
Il prestigiatore alzò le spalle: «Ah,
ecco.»
Mentre riattraversavano la Sala d'Ingresso
con gli altri studenti di Hogwarts, diretti alla Sala Grande, Kaito notò un
gran fermento intorno a sé per il nuovo arrivato. Molte ragazze cercavano
rossetti o penne per farsi fare autografi, ma anche i maschi non erano da meno.
«Io voglio avere il suo autografo,
se ci riesco. Non è che hai una penna, eh, Harry?»
«No, Ron, sono di
sopra nella borsa.»
Kaito gli porse una piuma d’oca, tirata
fuori apparentemente dal nulla: «Eccola, ma auguri per la tua impresa, avrai
tutta la scuola contro.»
Raggiunsero il tavolo di Grifondoro e
presero posto. Gli alunni di Durmstrang erano ancora
riuniti all’ingresso della Sala, apparentemente incerti su dove sedersi. Gli
studenti di Beauxbatons si erano sistemati al tavolo
di Corvonero e si guardavano intorno imbronciati. Tre
di loro si stringevano ancora sciarpe e scialli attorno alla testa.
Kaito li guardò e annuì: «Posso capirli,
qua in Inghilterra la temperatura è davvero bassa, d’inverno...»
Nicole fece una smorfia: «D’accordo, ma
potevano anche portarsi qualcosa di più pesante!»
Il prestigiatore alzò un sopracciglio: «Sei
sicura che la “signorina” avrebbe permesso loro d’indossare qualcosa al di
fuori della divisa ordinaria? Mi dà l’idea di essere una che tiene molto alle
apparenze, guarda solo com’è vestita lei...»
Intanto finalmente gli studenti di Durmstrang si erano seduti al tavolo di Serpeverde, togliendosi
le pesanti pellicce e guardando in su verso il soffitto nero stellato con aria
interessata; un paio presero i piatti e le coppe d'oro e li osservarono da
vicino, apparentemente impressionati.
Su al tavolo dei docenti, Mastro Gazza, il
guardiano, con un vecchio frac ammuffito in onore della circostanza, stava
aggiungendo quattro sedie, due da ciascun lato di Silente. Kaito si chiese
quanti professori le delegazioni straniere avessero portato con sé. Quando tutto
fu pronto, gli insegnanti entrarono, raggiunsero in fila il tavolo più lontano
e si sedettero. Il professor Silente, il professor Karkaroff
e Madame Maxime furono gli ultimi. Quando apparve la
loro Preside, gli allievi di Beauxbatons scattarono
in piedi. Alcuni studenti di Hogwarts risero. Il gruppo di Beauxbatons
non sembrò minimamente imbarazzato, e nessuno tornò a sedere se non dopo che
Madame Maxime ebbe preso posto alla sinistra di
Silente. Quest'ultimo però rimase in piedi e il silenzio calò sulla Sala
Grande.
«Buona sera, signore e signori, fantasmi e,
soprattutto, ospiti. È un grande piacere per me darvi il benvenuto qui a
Hogwarts. Spero e confido che la vostra permanenza qui sarà tanto comoda quanto
piacevole».
Una delle ragazze di Beauxbatons
che si stringeva ancora uno scialle attorno alla testa scoppiò in
un'inconfondibile risatina di scherno.
«Il Torneo verrà ufficialmente inaugurato
alla fine del banchetto. Ora vi invito tutti a mangiare, bere e a fare come se
foste a casa vostra!»
A quel punto Silente sedette, e subito Karkaroff intavolò una conversazione con lui.
I piatti davanti a loro si riempirono di
cibo come al solito. Gli elfi domestici giù nelle cucine sembravano aver dato
fondo a tutte le loro capacità; davanti a loro c'era una varietà di pietanze
molto più ricca del solito, comprese alcune che erano decisamente straniere e
che Kaito riconobbe grazie alla passione per i viaggi di sua madre.
La Sala Grande sembrava molto più affollata
del solito, anche se c'erano una ventina scarsa di studenti in più; forse era
perché le uniformi di colore diverso spiccavano contro il nero della divisa di
Hogwarts. Ora che si erano tolti le pellicce, gli studenti di Durmstrang apparvero vestiti di un intenso rosso sangue.
Hagrid sgattaiolò nella Sala passando per
una porta dietro il tavolo degli insegnanti venti minuti dopo l'inizio del
banchetto. Scivolò al suo posto in fondo e salutò Harry, Ron
e Hermione con una mano pesantemente fasciata.
Harry gridò: «Gli Schiopodi
stanno bene, Hagrid?»
«Benissimo.»
Kaito sospirò: «Gli Schiopodi
forse sì, lui probabilmente un po’ meno...»
In quel momento una voce disse: «Mi scusa,
voleva prondere la bouillabaisse...»
Era la ragazza di Beauxbatons
che aveva riso durante il discorso di Silente. Si era tolta lo scialle: una
cascata di capelli di un biondo argenteo le scendeva fin quasi alla vita. Aveva
grandi occhi di un azzurro intenso e denti candidi e regolari.
Molti ragazzi, ma Ron
in particolare, diventarono paonazzi. Anche Kaito non rimase indifferente alla
bellezza della ragazza, ma qualcosa in lei sembrava quasi stonare, nonostante
l’apparente perfezione. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, sapeva solo che
in lei c’era qualcosa di strano e allo stesso tempo familiare.
Quando si fu allontanata con quanto
richiesto, Kaito realizzò. Era la stessa sensazione che aveva provato quando
aveva conosciuto Akako, di una bellezza
innaturalmente perfetta e, dunque, che suscitava in lui una naturale
repulsione. Forse usavano lo stesso incantesimo per affascinare gli uomini,
quello da cui Kaito già sapeva di essere immune.
In quel momento Fred e George, seduti a
qualche posto di distanza, cercarono di attirare la sua attenzione verso il
tavolo degli insegnanti. I due posti ancora vuoti erano stati appena occupati. I
due gemelli fissavano con insistenza l’uomo vicino a Karkaroff,
ma Kaito non comprese cosa volessero dirgli.
Quando i piatti d'oro furono ripuliti,
Silente si alzò di nuovo. Una piacevole tensione parve diffondersi nella Sala.
Parecchi posti più in là, Fred e George erano tesi in avanti e fissavano
Silente con grande concentrazione.
«Il momento è giunto, il Torneo Tremaghi sta per cominciare. Vorrei dire qualche parola di
presentazione prima di far entrare il forziere...»
L’istinto di ladro di Kaito fece per un
attimo capolino. Forziere? Di un
tesoro, magari?
«... solo per chiarire la procedura che
seguiremo quest'anno. Ma prima di tutto lasciate che vi presenti, per coloro
che non li conoscono, il signor BartemiusCrouch, Direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Magica
Internazionale e il signor Ludo Bagman, Direttore
dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici.»
Se gli applausi per il primo erano stati
tiepidi, per il secondo furono decisamente più numerosi, anche se Kaito non ne
comprendeva il motivo. Lui rispose con un cenno gioviale della mano, mentre BartemiusCrouch non sorrise né
salutò quando venne annunciato il suo nome.
«Il signor Bagman
e il signor Crouch hanno lavorato instancabilmente
negli ultimi mesi per mettere a punto il Torneo Tremaghi
e si uniranno a me, al professor Karkaroff e a Madame
Maxime nella giuria che valuterà gli sforzi dei Campioni.»
Alla parola “Campioni”, l'attenzione degli
studenti in ascolto parve ridestarsi.
Forse Silente aveva notato la loro
improvvisa immobilità, perché sorrise dicendo: «Ora il forziere, prego. Mastro
Gazza.»
Gazza, che era appostato seminascosto in un
angolo remoto della Sala, si avvicinò a Silente, trasportando un grosso baule
di legno tempestato di pietre preziose. Sembrava molto antico. Un mormorio
eccitato di interesse si levò dagli studenti in attesa; Dennis Canon salì
addirittura sulla sedia per vederci bene, ma, essendo così piccolo, la sua
testa sovrastava a stento quelle degli altri.
«Le istruzioni per le prove che i Campioni
affronteranno quest'anno sono già state prese in esame dal signor Crouch e dal signor Bagman ed
essi hanno preso i provvedimenti necessari. Le sfide saranno tre, distribuite
nell'arco dell'anno scolastico, e metteranno alla prova i Campioni in molti
modi diversi... la loro perizia magica, la loro audacia, i loro poteri
deduttivi e, naturalmente, la loro capacità di affrontare il pericolo.»
A quest'ultima parola, la Sala fu invasa da
un silenzio così assoluto che sembrava che tutti avessero smesso di respirare.
«Come sapete, tre Campioni gareggiano nel
Torneo, uno per ogni scuola. Essi otterranno un punteggio in base all'abilità
dimostrata in ciascuna delle prove del Torneo e il campione che avrà
totalizzato il punteggio più alto dopo la terza prova vincerà la Coppa Tremaghi. I Campioni verranno designati da un selezionatore
imparziale... il Calice di Fuoco.»
Silente estrasse la bacchetta e batté tre
volte sul cofano. Il coperchio si aprì lentamente con un cigolio. Silente
infilò la mano all'interno ed estrasse una grossa coppa di legno rozzamente intagliata.
Sarebbe sembrata del tutto comune, se non fosse stata colma fino all'orlo di
fiamme danzanti blu e biancastre.
Silente chiuse il forziere e pose
delicatamente il Calice sul coperchio: da lì sarebbe stato ben visibile a
tutti.
«Chiunque desideri proporsi come campione
deve scrivere a chiare lettere il suo nome e quello della sua scuola su un
foglietto di pergamena e metterlo nel Calice. Gli aspiranti Campioni hanno
ventiquattr'ore per farsi avanti. Domani sera, la sera di Halloween, il Calice
restituirà i nomi dei tre che avrà giudicato più meritevoli di rappresentare le
loro scuole. Il Calice verrà esposto stasera nella Sala d'Ingresso, dove sarà
liberamente raggiungibile per tutti coloro che desiderano gareggiare. Per
garantire che nessuno studente di età inferiore a quanto richiesto cada in
tentazione, traccerò una Linea dell'Età attorno al Calice di Fuoco una volta
che sarà stato posto all'Ingresso. Nessuno al di sotto dei diciassette anni
potrà varcare questa linea. Infine, vorrei ricordare a tutti coloro che
desiderano partecipare che il Torneo non va affrontato con leggerezza. Una
volta che un campione sarà stato scelto dal Calice di Fuoco, lui o lei sarà
tenuto a partecipare al Torneo fino alla fine. Inserire il vostro nome nel
Calice costituisce un contratto magico vincolante. Non è concesso di cambiare
idea una volta diventati Campioni. Vi prego dunque di essere molto sicuri di
voler prendere parte alla gara, prima di mettere il vostro nome nel Calice.
Ora, credo che sia il momento di andare a dormire. Buonanotte a voi tutti.»
Mentre tutti si dirigevano verso la Sala
d'Ingresso, Fred aveva gli occhi scintillanti: «Una Linea dell'Età! Be', si
dovrebbe riuscire a imbrogliarla con una Pozione Invecchiante, no? E una volta
che i nomi sono nel Calice, è fatta... lui non è in grado di stabilire se hai
diciassette anni o no!»
Hermione replicò: «Ma io credo che nessuno
sotto i diciassette anni abbia uno straccio di possibilità, non ne sappiamo
ancora abbastanza...»
Kaito annuì: «Concordo. Nel mio caso, anche
se ne hai diciotto.»
George sembrava pronto a ribattere, ma si
rese quasi subito conto di aver perso parte del gruppo. Voltandosi, notò Karkaroff fissare intensamente Harry e dirgli qualcosa, ma
quasi immediatamente fra i due si frappose Moody.
Quella curiosa situazione mise prepotentemente fine alla discussione.
Di sabato, in genere, quasi tutti gli
studenti facevano colazione tardi. Invece quella mattina c'erano già una
ventina di persone che girellavano, mangiando toast e osservando il Calice di Fuoco.
Stava nel centro della Sala, sullo sgabello che di solito reggeva il Cappello
Parlante. Una sottile linea d'oro circolare era disegnata per terra, a circa
tre metri dallo sgabello. Kaito faceva da palo all’ingresso della Sala, fino a
quando non vide Fred, George e Lee Jordan che correvano giù dalle scale, tutti
e tre molto eccitati.
«Via libera, Silente non c’è.»
«Sei sicuro di non volerci provare, Kaito?
Tu avresti l’età giusta, senza nemmeno dover ricorrere a trucchi.»
«Sicurissimo, ma farò il tifo per voi.
Avanti, andate!»
Il prestigiatore li seguì pigramente,
mentre si avvicinavano ai compagni di Grifondoro. Il ragazzo li ascoltò, mentre
loro spiegavano il loro piano: una goccia di Pozione Invecchiante avrebbe
dovuto permettere loro d’ingannare i controlli.
Fred andò per primo. Estrasse dalla tasca
un foglietto di pergamena con scritto sopra “Fred Weasley – Hogwarts”, avanzò
fino alla linea, e lì rimase, dondolandosi sulle punte dei piedi come un
tuffatore che si accinge a un volo di quindici metri. Poi, con gli occhi di
tutti i presenti puntati addosso, trasse un gran respiro e superò la linea.
Per un solo istante, Kaito fu convinto che
avesse funzionato. George lo pensò di sicuro, perché emise un ululato di
trionfo e seguì il fratello con un balzo, ma un attimo dopo si udì un forte
sfrigolio, ed entrambi i gemelli furono espulsi dal cerchio d'oro come se
fossero stati scagliati da un invisibile lanciatore del peso. Atterrarono
doloranti a tre metri di distanza sul freddo pavimento di pietra, poi, come se
non bastasse, risuonò una forte esplosione ed entrambi si videro spuntare due
identiche lunghe barbe bianche. La Sala d'Ingresso rimbombò di risate, a cui si
aggiunsero anche quelle di George e Fred, non appena si furono guardati bene in
faccia.
«Vi avevo avvertiti.»
Tutti si voltarono mentre il professor
Silente usciva dalla Sala Grande. Scrutò Fred e George con gli occhi che
scintillavano: «Suggerisco a entrambi di andare da Madama Chips. Si sta già
occupando della signorina Fawcett di Corvonero e del signor Summers di
Tassorosso: anche loro hanno deciso di invecchiarsi
un po'. Anche se devo dire che le loro barbe non sono nemmeno remotamente belle
come le vostre.»
Per fortuna Fred e George la presero
piuttosto bene, anche se nulla impedì ai due di fatturare Lee nel percorso
verso l’infermeria, per farlo smettere di ridere. Mentre Madama Chips si
occupava delle loro barbe, Kaito, seduto su un letto, chiese: «Allora, ci
riproverete?»
«Sicuramente. Abbiamo già un piano B.»
«Ovvero?»
«Tu.»
Kaito li guardò sorpresi: «Io? Ragazzi, vi
ho già detto che non ho intenzione di partecipare...»
«E non te lo stiamo chiedendo. Vorremmo
solo che tu mettessi per noi i nostri nomi nel Calice.»
«Tu hai diciotto anni, puoi tranquillamente
superare la linea!»
Il prestigiatore li guardò indeciso: «Non
so, ragazzi... non per voi, sia chiaro, ma forse Hermione non ha poi tutti i
torti. Non vorrei che si trattasse di cose pericolose e non voglio avervi sulla
coscienza. Scusatemi.»
Fred sospirò: «Pazienza, ci abbiamo
provato. Abbiamo ancora tutto il giorno per inventarci un modo.»
«Giusto!»
Madama Chips annuì: «Almeno uno di voi tre
ha del cervello in zucca, ragazzi. Ora per favore, raccogliete la lingua di
Lee, che mi sta sbavando il pavimento, e filate a lezione, presto!»
Quella sera la Sala Grande illuminata dalle
candele era quasi piena. Il Calice di Fuoco era stato spostato; ora si trovava
davanti al posto di Silente al tavolo degli insegnanti. Fred e George non
avevano trovato, alla fine, un metodo per potersi iscrivere, ma sembravano aver
preso bene la delusione.
«Spero che sia Angelina.»
Sheridan annuì: «Anch'io!»
Kaito alzò le spalle: «Be', lo sapremo
presto!»
Il banchetto di Halloween parve protrarsi
più del solito. Tutti in realtà volevano soltanto che venisse sparecchiato per
scoprire chi erano i Campioni designati.
E finalmente, i piatti d'oro tornarono
immacolati come in origine; il rumore nella Sala crebbe bruscamente e scomparve
quasi all'istante mentre Silente si alzava. Ai suoi lati, il professor Karkaroff e Madame Maxime
sembravano tesi e ansiosi come chiunque altro. Ludo Bagman
sorrideva e strizzava l'occhio a parecchi studenti. Il signor Crouch, invece, sembrava piuttosto indifferente, quasi
annoiato.
«Bene, il Calice è quasi pronto a prendere
le sue decisioni. Ritengo che abbia bisogno di un altro minuto. Ora, prego i Campioni
che verranno chiamati di venire da questa parte della Sala, passare davanti al
tavolo degli insegnanti ed entrare nella stanza accanto, dove riceveranno le
prime istruzioni.»
Estrasse la bacchetta e tracciò un ampio
gesto; tutte le candele tranne quelle all'interno delle zucche intagliate si
spensero all'istante, sprofondando la Sala nella semioscurità. Il Calice di
Fuoco ora splendeva più luminoso che mai, e lo sfavillio bianco e bluastro
delle fiamme era quasi doloroso allo sguardo. Tutti lo fissavano, in attesa...
qualcuno continuava a controllare l'orologio... poi le fiamme ridiventarono
rosse all'improvviso. Dall'interno del Calice si sprigionarono scintille. Un
attimo dopo, una lingua di fuoco dardeggiò nell'aria, un pezzetto di pergamena
bruciato ne volò fuori... tutta la sala trattenne il respiro.
Silente afferrò il foglietto e lo tenne in
mano col braccio teso, in modo da poter leggere alla luce delle fiamme, che
erano tornate di un bianco bluastro.
«Il campione di Durmstrang
è Viktor Krum.»
Una tempesta di applausi e urla invase la
Sala. Viktor Krum si alzò dal tavolo di Serpeverde e si
diresse goffo verso Silente; girò a destra, avanzò lungo il tavolo degli
insegnanti e sparì oltre la porta che conduceva alla stanza accanto.
Karkaroff gridò così forte che tutti lo udirono,
anche sopra gli applausi: «Bravo, Viktor! Lo sapevo che avevi la stoffa!»
I battimani e i commenti si spensero.
L'attenzione si concentrò di nuovo sul Calice, che qualche istante dopo tornò a
farsi rosso. Un secondo foglietto di pergamena ne schizzò fuori, sospinto dalle
fiamme.
«Il campione di Beauxbatons
è FleurDelacour!»
Kaito rimase sorpreso nello scoprire che
era la ragazza con lo stesso potere di Akako. Che
avesse incantato persino il Calice?
Quando anche FleurDelacour fu scomparsa nella sala accanto, calò di
nuovo il silenzio, ma questa volta era un silenzio carico di un'eccitazione
quasi palpabile. Era la volta del campione di Hogwarts...e il Calice di Fuoco
divenne ancora una volta rosso; scintille ne piovvero fuori; la lingua di fuoco
scattò alta nell'aria, e dalla sua punta Silente prese il terzo pezzetto di
pergamena.
«Il campione di Hogwarts è Cedric Diggory!»
Ogni singolo Tassorosso
era balzato in piedi, urlando e saltando, mentre Cedric avanzava tra i
compagni, con un gran sorriso sul volto, e si dirigeva verso la stanza dietro
il tavolo degli insegnanti.
I Malandrini alzarono le spalle: «Peccato
per Angelina, ma anche lui può andare.»
In verità l'applauso per Cedric durò tanto
a lungo che Silente ci mise un po' a farsi sentire di nuovo.
«Ottimo! Bene, ora abbiamo i nostri tre Campioni.
Sono certo di poter contare su tutti voi, compresi gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang, perché
diate ai vostri Campioni tutto il sostegno che potete. Acclamando il vostro
campione, contribuirete in modo molto...»
Ma Silente s'interruppe all'improvviso, e
tutti capirono che cosa lo aveva distratto.
Il fuoco nel Calice era tornato rosso. Le
scintille sprizzarono. Una lunga fiamma dardeggiò repentina nell'aria, e su di
essa galleggiava un altro foglietto di pergamena.
Automaticamente, così parve, Silente tese
la lunga mano e afferrò la pergamena. La allontanò da sé e lesse il nome. Per
un lunghissimo istante, Silente fissò il foglietto, e tutta la Sala fissò
Silente. Poi il Preside si schiarì la voce e lesse:
«Harry Potter.»
Harry rimase là dov'era, esterrefatto. Non
ci furono applausi. Un brusio come di api infuriate invase la Sala; alcuni
studenti si alzarono per vedere meglio Harry, seduto al suo posto come
paralizzato.
Al tavolo degli insegnanti, la
professoressa McGranitt era scattata in piedi e aveva oltrepassato rapida Ludo Bagman e il professor Karkaroff
per parlottare concitata col professor Silente, che tese l'orecchio verso di
lei, accigliato.
Harry si voltò verso Ron
e Hermione, mentre tutti i Grifondoro che lo fissavano a bocca aperta.
Harry disse con aria assente: «Non ho messo
il mio nome nel Calice. Voi lo sapete che non l'ho fatto.»
Al tavolo principale, il professor Silente
si era alzato in piedi e aveva fatto un cenno alla professoressa McGranitt.
«Harry Potter! Harry! Vieni qui, per
favore!»
Harry si alzò, inciampò nell'orlo
dell'abito e barcollò un po'. S'incamminò lungo lo spazio tra il tavolo di Grifondoro
e quello di Tassorosso. Il brusio divenne sempre più
intenso, mentre Harry seguiva gli altri Campioni.
Nella Sala scese il caos. Fred e George,
dopo un attimo di sgomento, si voltarono all’unisono verso Kaito.
«Per noi no, ma per lui sì, vero?»
Il prestigiatore li guardò confusi:
«Cosa...»
«Harry è stato chiaro. Lui non ha messo il
suo nome nel Calice. Dei suoi amici, tu sei l’unico che avrebbe potuto farlo
per lui.»
Il prestigiatore li guardò sconvolto: «Ma
come potete pensare una cosa del genere?»
«Era un’occasione unica nella vita, sapevi
quanto ci tenessimo!»
«Ma certo che lo sapevo! Non sapevo che
Harry ci tenesse in modo particolare...»
«Storie! Lui voleva andare e gli hai fatto
questo favore, nonostante fosse addirittura più piccolo di noi! Ci hai traditi!
Hai tradito il nostro patto segreto!»
Kaito iniziò ad inalberarsi: «Ma non è
vero! Se me lo avesse chiesto, avrei detto a lui quello che ho detto a voi! E
certamente non lo avrei messo a sua insaputa! Era sorpreso come tutti noi,
glielo si leggeva in faccia!»
Sheridan provò a intervenire: «Dai,
ragazzi, ragionate: sapete benissimo che Kaito non...»
Fred la interruppe subito: «Sappiamo che
Kaito non è la persona che pensavamo che fosse. E se lo difendi, neppure tu,
Sheridan.»
Kaito perse le staffe: «Ah, è così che la
pensate? Bene! Fate i miei migliori auguri a Harry, ne avrà bisogno!»
Il ragazzo si alzò, abbandonando la Sala.
George fece un cenno a Sheridan.
«Bè? Non segui il tuo amico?»
La ragazza scosse la testa: «Siete due
sciocchi, spero solo che ve ne accorgiate.»
E anche lei uscì dalla Sala.
E rieccoci qua! Auguri di un anno magico a tutti! Questa volta
dovrei avervi fatto attendere un pochino meno il nuovo capitolo, e sono
costretta nuovamente a scusarmi. È vero, mi sono laureata (incredibile ma
vero!), e pensavo di passare il mio tempo da disoccupata a scrivere... poi è
successa una vera e propria magia, di quelle da votone
persino dalla McGranitt: ho trovato lavoro in quattro giorni. Quindi sì,
continuerò a scrivere, non temete, solo che i tempi rimarranno più o meno
questi.
Dunque, altro bel capitolone per introdurre finalmente il Torneo
Tremaghi, e come annunciato Kaito non parteciperà. Forse
per qualcuno di voi sarà una delusione, ma sinceramente è già un Torneo Tremaghi con quattro partecipanti, cinque mi
sembravano decisamente troppi e la soluzione mi pareva troppo banale. Come vedete,
però, il nostro prestigiatore ha molto altro da fare e il suo sguardo da
spettatore ci farà vedere queste gare da una prospettiva diversa e spero
interessante. A questo proposito spero di non essere andata OOC con il
personaggio all’inizio del capitolo: so che Kaito è una persona ottimista,
allegra e solare, ma credo che una botta come quella dello scorso capitolo
avrebbe lasciato tutti un po’ sconvolti. Piano piano recupererà il suo solito
modo di fare.
Ringrazio come sempre per i commenti (positivi, per fortuna, per
lo scorso capitolo non ero così convinta) Lunaby,
SuorMaddy2012, sophi33, fenris, _happy_04 e Tsuki no Sasuke.
Nel prossimo capitolo avremo due importanti scontri: due gemelli
orgogliosi contro un prestigiatore testone e, secondariamente, i Campioni
contro i loro Draghi. Come finirà?
Sheridan sospirò, entrando nella Sala
Grande. Fred e George erano ancora a parlottare con Lee, mentre Kaito se ne
stava, dall’altro lato del tavolo, a discutere con i suoi compagni.
La ragazza si sedette fra i suoi compagni,
ma Kaito notò subito l’aria malinconica.
«Che succede?»
Sheridan si limitò a fare un cenno con la
testa verso l’altro lato della tavolata: «Non credevo si sarebbe andato avanti
così a lungo.»
Kaito alzò le spalle: «Sono dei bambini.
Prima se ne renderanno conto, prima le cose andranno a posto.»
Momoka fece una smorfia: «E se non se ne
rendessero conto?»
Kaito sorrise scuotendo la testa: «Lo
faranno. Fanno gli scemi, ma non lo sono affatto. È il loro ego ad avere la
meglio in questo momento, ma io so essere paziente. Riconosceranno di aver
sbagliato.»
«Spero che sia come dici tu...»
Kaito all’apparenza non sembrava turbato
dall’assenza dei gemelli nella sua routine quotidiana, ma nessuno meglio di
Sheridan sapeva quanto il ragazzo fosse bravo a nascondere le apparenze.
Nessuno tranne lui poteva davvero sapere cosa gli passasse per la testa, e se
aveva deciso di fare finta di nulla sapeva essere testone almeno quanto i
gemelli, se non anche di più.
Ora che passavano meno tempo dietro ai
Malandrini, sia lui che Sheridan avevano molto più tempo da trascorrere insieme
ai compagni di Casa. Forse fu anche a causa della maggiore disponibilità di
Kaito che Thomas, all’uscita della Sala Grande, si decise a chiedergli una cosa
che voleva domandare da un bel po’.
Il volto del prestigiatore s’illuminò, di
una sincera gioia che Sheridan non vedeva sul suo volto da qualche tempo: «Ma
certo che posso insegnarti qualche trucco di prestigio! Perché non me lo hai
chiesto prima?»
Thomas sembrava quasi in imbarazzo: «Perché
so che i prestigiatori sono molto gelosi dei loro segreti...»
«Vero, ma se si tratta di qualche
trucchetto di base non c’è problema.»
E senza che nemmeno finisse di parlare,
estrasse uno zellino dall’orecchio di Stephen.
«Ehi, e io che c’entro?»
Kaito alzò le spalle: «Passavi di qua...
non ti va di condividere la tua fortuna con i tuoi amici?»
«Quale fortuna?»
«Questa!»
E iniziò a estrargli una marea di monetine
dalle orecchie, dai capelli, dai vestiti... il tutto sotto gli occhi divertiti
dei compagni, anche di altre Case.
Kaito notò subito la risata divertita dei Tassorosso, e senza indugio infilò una mano nella divisa di
Matthew Zacleyn, il suo compagno di Babbanologia, e ne tirò fuori un mazzo di tulipani finti,
che consegnò alla sua compagna di Casa Benedicta.
«Per te, Helen!»
Anche i Corvonero
scoppiarono a ridere vedendo l’imbarazzo di Matthew. Ma, vulcanico come sempre,
Kaito non si fermò ancora. Con un rapido gesto della mano e del braccio, fece
comparire un cilindro nero, e altrettanto rapidamente ci estrasse un piccolo
coniglio bianco, che tremava spaventato.
«Vuoi tenerlo tu, Luna?»
La ragazza lo prese intenerita: «Lo
proteggerò dai Gorgosprizzi.»
«Brava! Allora, Thomas, se ti puoi
accontentare di queste cosucce, sarò ben lieto d’insegnartele.»
Il ragazzo annuì con vigore, e subito
qualche altro ragazzo di Tassorosso e Corvonero chiese di potersi unire a lui. Ma mentre Kaito
gestiva tutta quella popolarità, due Serpeverde lo guardavano in disparte, uno
dei quali con evidente disgusto.
«Phuà! Che vergogna!
Guardali, tutti intorno a quel Sanguesporco che
insulta la magia! Dovrebbero arrestarlo, non elogiarlo! Non è vero, Corgeuse?»
L’altro ragazzo sospirò: «Certo, Farmet...»
Ma i suoi occhi non si staccavano dal
coniglietto bianco fra le mani della Lovegood e dal
ragazzo che l’aveva fatto apparire.
Nel pomeriggio tutti i Grifondoro del terzo
anno si ritrovarono nel Salone d’Ingresso per andare ad Erbologia.
Kaito sospirò: «Allora, la pazza sparla
ancora di me?»
Ginny e Nicole lo guardarono scandalizzate:
«Kaito! Non puoi chiamare così la professoressa Cooman!»
Tutti gli altri compagni di Casa
ridacchiarono mentre Kaito, con atteggiamento volutamente infantile, rispondeva
a braccia incrociate e a occhi chiusi: «Ha cominciato lei, mica io...»
Fu forse per questo che non si accorse
della mano ferma e gentile che si era appoggiata sulla spalla e che trasalì
quando una voce familiare gli sussurrò all’orecchio: «Kaito Kuroba?»
Il prestigiatore si voltò di scatto,
impiegando qualche secondo a riconoscere chi lo aveva chiamato: «Signor Olivander?»
L’uomo sorrise gentilmente. Il ragazzo lo
guardò perplesso. Cosa ci faceva lì?
A toglierlo dall’imbarazzo ci pensò la
professoressa McGranitt, che si trovava alle spalle dell’artigiano: «Signor Olivander, per la pesa delle bacchette faremo radunare gli
studenti da questa parte...»
L’uomo annuì: «Certamente, vorrei solo
approfittare dell’occasione per dire un paio di parole al signor Kuroba, in
privato.»
La professoressa sembrò leggermente
indispettita, ma non si oppose.
«Bene. Allora...»
Il suo sguardo indugiò per un momento sul
gruppo di Grifondoro, poi con un sospiro decise: «Canon, vai a chiamare Potter.
Dovrebbe star svolgendo la lezione di Pozioni nei sotterranei. Di’ al professor
Piton che è una richiesta specifica del signor Bagman, e che dovrà portare con sé tutte le sue cose,
perché le foto dei Campioni andranno per le lunghe.»
Colin s’illuminò: «Volo, professoressa!»
La donna alzò per un attimo gli occhi al
cielo: «Spero che l’entusiasmo di quel ragazzo sia più forte della... caparbietà del professor Piton...»
Mentre gli altri Grifondoro trattenevano a
stento una risata, Olivander prese con gentilezza
Kaito per un braccio e lo trascinò qualche passo più in là.
«Tutto bene con la sua bacchetta?»
Kaito la prese in mano: «Oh sì, tutto a
posto!»
Olivander prese la sua figliola fra le mani e la
rigirò un pochino, incuriosito: «Non le ha dato problemi? Neanche una volta?»
Il ragazzo sorrise: «Per i primi mesi non
sembrava proprio avere intenzione di obbedirmi, ma dopo novembre del primo anno
ha sempre funzionato alla perfezione.»
L’artigiano lo guardò con una strana luce
negli occhi, e Kaito ebbe l’impressione, come tre anni prima nel suo negozio,
che cercasse di leggergli l’anima. Poi gli restituì la bacchetta.
«Capisco, dunque pare non ci sia da
preoccuparsi. Speravo di incontrarla in questa mia visita ad Hogwarts, signor
Kuroba. Ho ritrovato nel mio negozio qualcosa che penso potrebbe interessarle.»
«A me?»
L’uomo tirò fuori dalla tasca un piccolo
pezzo di pergamena e glielo porse. Era ingiallito e piegato in due, ma ben
conservato. Kaito lo aprì curioso e non riuscì a trattenere un sussulto di
sorpresa.
Io sottoscritto Kuroba Toichi dichiaro di aver lasciato in consegna al signor OlivanderGarrick la quantità di
legno di abete bianco sufficiente alla costruzione di una bacchetta, che verrò
a ritirare a lavoro concluso.
In fede,
Kuroba Toichi
Kaito fissò stupito quel pezzo di
pergamena, facendo passare gli occhi più e più volte su ogni segno
d’inchiostro, su ogni ghirigoro, pronto a cercare qualunque segno di
falsificazione. Non ne trovò.
Olivander sorrise: «Immaginavo che le sarebbe
interessato e mi sembrava giusto lo avesse lei. Dopotutto, la bacchetta creata
dal legno lasciatomi in custodia ora è di sua proprietà, a me questa ricevuta non
serve più.»
Il prestigiatore fece appello alla sua
faccia da poker per nascondere la commozione: «Grazie.»
«Ora mi scusi, ma il tempo delle
chiacchiere per me è concluso. Ho delle bacchette da pesare e credo che anche
lei abbia di meglio da fare che stare qui a discutere con me.»
«La professoressa Sprite! Devo andare!
Grazie ancora!»
«Di nulla, buona giornata, signor Kuroba.»
«Buona giornata anche a lei!»
Correndo verso l’uscita del castello, Kaito
infilò di corsa la ricevuta nella tasca interna della divisa. Per quanto quelle
poche righe mettessero fine a qualunque speranza potesse ancora avere
sull’effettiva non appartenenza di suo padre al mondo dei maghi, in fondo era
anche felice di averle lette. Accarezzò con dolcezza la sua bacchetta, quella
bacchetta che in fondo era l’ultimo regalo di suo padre. Poi, per non farsi
sopraffare dalla nostalgia, s’infilò nella serra imponendosi di non pensarci
più.
Kaito ovviamente non disse nulla del
discorso avuto con Olivander e Sheridan, per quanto
fosse curiosa, si trattenne dal fargli domande. Di ritorno dalla serra di Erbologia, si concentrò piuttosto sulle strane spillette
esibite da molti studenti in Sala Grande.
«Hermione è riuscita a fare entrare tutte
quelle persone nel CREPA?»
Kaito alzò gli occhi al cielo. La mitica
CREPA, l’associazione fondata dalla ragazza più secchiona della scuola in
difesa dei diritti degli Elfi Domestici. Sia lui che Sheridan le avevano preso
la spilletta, Kaito perché nei principi non aveva nulla in contrario, Sheridan
purché smettesse di tormentarla, ma poi nessuno dei due si era più interessato
al progetto, abbandonando il segno dell’appartenenza all’associazione in
qualche angolo sperduto del proprio baule.
Il prestigiatore indicò col pollice la
tavolata dove erano esibite più spillette: «Sheridan... Serpeverde associati al
CREPA? Non ci crederei neanche dopo un incantesimo Confundus!»
«E allora cosa sono?»
«Dammi solo un attimo... e coprimi.»
La ragazza cercò di fare finta di niente mentre
Kaito estraeva dalla manica un piccolo cannocchiale e lo puntava sul più vicino
Serpeverde.
«Allora, che c’è scritto?»
Kaito rimise via l’attrezzatura: «Niente di
buono per Harry, temo.»
Dopo la cena, Sheridan e Kaito si misero a
discutere in un angolino della Sala Comune.
«Dunque... abbiamo delle spillette con la
scritta “TIFATE PER CEDRIC DIGGORY
IL VERO CAMPIONE
DI HOGWARTS! POTTER FA SCHIFO”.»
«Conosci la magia che possono avere usato
per crearle?»
Sheridan fece una smorfia: «No, ma ho
un’amica al quinto anno di Corvonero che potrebbe
saperlo... perché? Hai in mente qualcosa?»
La faccia di Kaito era inequivocabile:
«Penso proprio di sì, e con poca fatica...»
Il volto di Sheridan per un attimo si
rabbuiò e il prestigiatore, intuendo cosa le passasse per la testa, le sorrise:
«I Malandrini sono sempre in attività, Momoka,
qualunque cosa succeda.»
«Quindi i Malandrini esistono ancora?»
«Certo che sì! Possiamo dividerci,
separarci, litigare e riconciliarci, ma nel nostro cuore gli intenti che ci
hanno unito saranno sempre presenti. E anche quei due testoni sono amici di
Harry e non farebbe loro piacere se continuassero a trattarlo così. Giusto?»
La ragazza sorrise tristemente: «Giusto.
Allora domani chiedo.»
«Brava.»
«Ehm... Kaito? Disturbo?»
Lupus
in fabula, pensò Kaito.
«Assolutamente no, Harry! Dimmi!»
Il ragazzo sembrò un po’ imbarazzato e
Kaito si limitò ad annuire.
«Scusa, Sheridan...»
Momoka sorrise comprensiva: «Non vi preoccupate.
Ci vediamo dopo!»
E mentre Sheridan andava a raggiungere
Ginny, Harry ne prese il posto e porse a Kaito una lettera, senza dire una
parola ma con uno sguardo serio. Senza aggiungere nulla, il prestigiatore la
prese e si accinse a leggere.
Harry,
Non
posso dire tutto quello che vorrei per lettera, è troppo rischioso nel caso che
il gufo venga intercettato: dobbiamo parlare, faccia a faccia. Puoi fare in
modo di trovarti da solo vicino al fuoco nella Torre di Grifondoro il 22
novembre all'una di notte?
So
meglio di chiunque altro che sei in grado di badare a te stesso, e finché
Silente e Moody sono nelle vicinanze non credo che
nessuno possa farti del male. Comunque, pare che qualcuno ci stia provando sul
serio. Farti partecipare al Torneo è stata una mossa molto azzardata,
soprattutto sotto il naso di Silente.
Stai
in guardia, Harry. Avvertimi subito se succede qualcosa di strano. Per il 22
novembre, fammi sapere al più presto.
Sirius
P.s. se riesci salutami Kaito, lui sa perché.
Harry fece un mezzo sorriso: «Hai impegni
il 22?»
Harry rispose a Sirius.
Scrisse che si sarebbe trovato davanti al fuoco della Sala Comune all'ora
concordata, e lui, Hermione e Kaito passarono molto tempo a studiare piani per
costringere eventuali intrusi a uscire dalla Sala Comune la notte in questione.
Hermione propose, nella peggiore delle ipotesi, di lanciare un sacchetto di Caccabombe, ma era rischioso, Gazza li avrebbe scuoiati
vivi. Kaito sperava ancora di poter trovare una soluzione diversa, ma si
rendeva conto che, soprattutto dopo l’articolo di Rita Skeeter,
che metteva entrambi gli amici coinvolti sotto una luce distorta e altamente
criticabile, nessuno dei due probabilmente avrebbe avuto la testa di inventarsi
dei grandi piani d’azione.
Tuttavia qualcosa, il sabato prima della
prova del Torneo, lo distrasse dai suoi pensieri.
«Hogsmeade?
E che cos’è?»
Ginny sembrava seriamente intenzionata a
tirargli un pugno sul naso per l’estenuazione: «Come cos’è? È il più grande villaggio magico dell’Inghilterra!»
«Ah, ok. Non sembra male.»
La ragazza si inalberò ancora di più: «Non sembra male??? Ci sono i negozi
migliori, c’è Mielandia, Zonko,
Mondomago...»
Sheridan interruppe il suo sproloquio:
«Piuttosto, tu non hai ricevuto l’anno scorso l’autorizzazione per i genitori?
Lì era tutto spiegato...»
«Ehm... no, sono maggiorenne, non credo mi
serva l’autorizzazione...»
«Giusto, hai ragione. Ogni tanto me lo
dimentico.»
«Non era un complimento.»
«Lo so.»
Alzando gli occhi al cielo, Kaito seguì
pigramente i compagni verso l’uscita della scuola. Come pensava, fu l’unico a
cui la McGranitt non chiese il permesso. Non sapeva bene cosa aspettarsi da
questa Hogsmeade, ma quando ci arrivò dovette ammettere che era un posto per
cui valesse bene una visita. Trascinato da tutti i suoi compagni di classe e da
alcuni studenti di altre Case con cui evidentemente si stava formando una
combriccola, ovvero Matthew, Helen, un altro loro compagno di Tassorosso di nome Johan Begum, Luna e un paio di sue
compagne, Julie Barnes e Katie Harvey, si ritrovò in
un posto affollatissimo e particolare chiamato Mielandia.
C'erano scaffali su scaffali di dolci e
caramelle: blocchi di torrone cremoso, quadretti rosa lucenti coperti di glassa
al cocco, mou color del miele; centinaia di tipi diversi di cioccolato disposti
in pile ordinate; c'era un barile di Gelatine Tuttigusti
+ 1, e un altro di Api Frizzole; lungo un'altra
parete c'erano le caramelle Effetti Speciali; la SuperPallaGomma
di Drooble (che riempiva una stanza di palloni color
genziana che si rifiutavano di scoppiare per giorni interi), i curiosi frammenti
di Fildimenta Interdentali, le minuscole Piperille nere (“sputate fuoco davanti ai vostri amici!”),
I Topoghiacci (“per far squittire i vostri denti!”),
i Rospi alla Menta (“saltano nello stomaco come se fossero veri!”), fragili
piume di zucchero filato e bonbon esplosivi.
A vedere tutto quello, Kaito ridacchiò: «E
poi c’è gente che dice che gli inglesi non sono bravi a cucinare! Guarda qua
che roba, se lo raccontassi a casa non ci crederebbe nessuno, nemmeno se
portassi una foto!»
A quelle parole, affianco a Kaito si sentì
il familiare suono di un flash: «Tranquillo, te le fornisco io!»
Il prestigiatore sospirò, mentre tutti gli
altri scoppiavano a ridere: «Non avevo dubbi, Colin...»
Kaito dovette ammettere che passare il
pomeriggio con quel bel gruppo di amici a gironzolare per negozi non gli fece
pensare per un po’ alle sue mille faccende. Solo quando gli proposero di
entrare da Zonko, il negozio di scherzi, gli tornò un
po’ di malinconia e declinò l’invito. Tuttavia, quando si ritrovarono tutti
stanchi e con i piedi doloranti ma soddisfatti a godersi un boccale di Burrobirra da Madama Rosmerta, a
Kaito era sicuramente tornato il buonumore.
Luna esibì un gran sorriso: «Dovremmo
incontrarci più spesso. È divertente.»
Johan annuì: «Hai proprio ragione.»
Thomas finì di bere il suo boccale, poi si
rivolse a Kaito: «A proposito, quando facciamo la prima lezione di prestigio?»
Kaito lo corresse sovrappensiero:
«Prestidigitazione...»
Ma più che al termine, stava pensando a
un’altra piccola questione in sospeso.
«Avete
impegni il 22?»
Sembrava tutto perfetto. Poteva mantenere
la sua promessa e aiutare Harry allo stesso tempo! C’erano solo un paio di
problemi, ma mentre per uno era bastata una seconda lettera di Harry a Sirius per anticipare l’orario del suo colloquio alle nove
di sera, per l’altro particolare dovette discutere privatamente con la sua
Malandrina di fiducia.
Sheridan alzò un sopracciglio: «Dovrei
trattenere Fred e George? Ma sei pazzo?
Sono settimane che non ci rivolgiamo la parola! Come dovrei fare?»
Kaito esibì una smorfia malandrina in piena
regola: «Bè... sei brava a recitare?»
La sera del 22 novembre Sheridan maledisse
l’abilità di Kaito nei travestimenti e pregava in cuor suo che sapesse come
toglierle dalla faccia tutto quel trucco. Non aveva proprio intenzione di
tenersi per tutta la vita il volto della professoressa Cooman,
e quello scialle era proprio fastidioso, continuava a scivolarle giù dalle
spalle. Ma come faceva "la pazza", come ancora la definiva Kaito, a
tenerlo per tutto il giorno?
Fece un profondo respiro. Non le piaceva
molto l’idea di mentire a due dei suoi migliori amici, ma era per una buona
causa. E poi, a posteriori, l’avrebbero presa in giro per una vita, quindi
sarebbero stati pari, no? Strinse forte la sfera che aveva con sé e, quando li
sentì arrivare, la fece levitare e s’incamminò fingendo di scrutarla con
attenzione borbottando e prestando attenzione che i gemelli la notassero.
«Ehi, la Cooman
fuori dal suo ufficio?»
«Che strano...»
George tirò una gomitata al fratello: «Che
dici, la seguiamo?»
Fred alzò le spalle: «Perché no? Non
abbiamo di meglio da fare...»
Sheridan sospirò leggermente. Aveva
attirato la loro attenzione. Ora doveva solo sperare di riuscire a portarli in
giro abbastanza a lungo.
Kaito, intanto, fuori dalla Sala Comune di
Grifondoro, si era messo a fare una lezione di prestidigitazione aperta a
tutti, a cui partecipavano tutti i Grifondoro, Matthew, Helen, Johan, Luna,
Julie, Katie, ma anche qualche altro loro compagno Tassorosso
e Corvonero e persino un Serpeverde, nascosto in un
angolo, stava a guardare senza intervenire. Kaito lo notò soltanto perché
sembrava sfoggiare una primitiva ma efficace faccia da poker, nascondendo tutto
quello che provava. Gli porse un fazzoletto chiedendogli: «Vuoi provare anche
tu?»
Il ragazzo scosse la testa e rimase in
silenzio. Kaito gli sorrise: «Come vuoi. Se cambi idea siamo sempre qua, Courgeuse.»
Il Serpeverde lo fissò sorpreso: «Ti
ricordi di me?»
«Certo, siamo pur sempre compagni di
classe, no?»
Il ragazzo rimase pensoso per un attimo,
poi rispose: «Puoi chiamarmi Alexander, se vuoi.»
«E tu puoi chiamarmi Kaito. Dai, tienimi
questo fazzoletto, che devo liberare Matthew dai fili... come caspita ha fatto
ad annodarsi così?»
Alexander sorrise divertito. Dopotutto quello
strano ragazzo aveva davvero un enorme potere magnetico.
E mentre Kaito cercava di liberare il
compagno di Tassorosso imprigionato, con la coda
dell’occhio vide Harry uscire dalla Sala Comune e alzare il pollice verso di
lui.
«Bene, ragazzi, direi che per stasera può
bastare. Vi faccio sapere quando sarà la prossima lezione, continuate ad
esercitarvi e... Matthew, la prossima volta cominciamo con qualcosa di più
facile, eh? Grazie a tutti!»
E mentre i compagni ridevano e si
disperdevano, in un lampo Kaito sparì, per ricomparire dietro l’angolo di un
corridoio dove Sheridan stava per voltare l’angolo. L’afferrò per un braccio e
la trascinò via: «Grazie, ci penso io, nasconditi!»
Appena Fred e George voltarono l’angolo a
loro volta, si trovarono davanti una professoressa Cooman
piuttosto contrariata.
«Le forze oscure stanno per tornare.»
I gemelli rimasero sorpresi e si guardarono
perplessi: «Ehm... buonasera professoressa.»
«Il mio Occhio Interiore mi ha detto cosa
avete fatto.»
Fred ridacchiò: «Sarà stata una
chiacchierata bella lunga, allora!»
«E soprattutto mi ha rivelato la disgrazia
che sta per abbattersi su di voi...»
George alzò le spalle: «Come al solito...»
Ma i gemelli persero tutta la loro baldanza
quando sentirono dietro l’angolo una voce familiare: «Perché vede, professor Piton, le punizioni non sono abbastanza severe...»
Fred sbiancò: «Gazza... via, via, via!»
E mentre i gemelli se la davano a gambe
levate, Kaito tornò a prendere Sheridan e la smaterializzò nel bagno di
Mirtilla Malcontenta per struccarla.
«Scusa ancora se ti ho coinvolta, era una
cosa importante.»
Sheridan fece una smorfia mentre Kaito le
staccava di netto il trucco: «Purtroppo non sono brava come te a imitare le
voci.»
«Ma sei stata sufficientemente brava a
tenere alta la loro curiosità per quasi mezz’ora.»
«Non è stato facile, ho dovuto inventarmi i
giri più assurdi e i borbottii e i gridolini più strani... ma spiegami una
cosa: come hai fatto a prevedere il passaggio di Gazza e Piton
con così tanta precisione?»
Kaito sorrise, mentre dal lavandino alle
spalle della ragazza usciva la voce di Mirtilla: «E chi ti dice che ci fossero
davvero?»
Sheridan si voltò aspettandosi di vedere il
fantasma, ma Mirtilla uscì dall’altra parte del bagno attraversando la parete:
«Non mi piace che imiti la mia voce, Kaito.»
Il prestigiatore fece un piccolo inchino
con la testa: «Scusa, Mirtilla.»
Sheridan li guardò sorpresa: «Sei pure
ventriloquo? Ma c’è qualcosa che non sai fare?»
«Sì, volare sulla scopa.»
I due ragazzi risero, poi Kaito sorrise a Mirtilla:
«Grazie per l’ospitalità, ora andiamo.»
«Tornate a trovarmi più spesso, mi annoio
qua dentro.»
Sheridan sussurrò: «Non fatico a crederlo.»
Kaito annuì: «Contaci. A presto!»
E smaterializzò entrambi nel dormitorio.
Sheridan sospirò: «Abbiamo finito di
aiutare Harry per stasera?»
Kaito tirò fuori un piccolo oggetto dalla
tasca: «Stai scherzando, spero. Manca la parte più divertente!»
«Oh, giusto...»
Quella mattina IuliusFarmet si sedette al tavolo di Serpeverde tutto
contento. Fu solo quando il suo compagno fece una faccia quantomeno perplessa
che si preoccupò.
«Corgeus?»
Alexander indicò il petto del compagno:
«Cos’è successo alla tua spilletta?»
Iulius abbassò lo sguardo. Invece della solita frase contro Potter,
ora compariva la scritta “TIFATE PER I
CAMPIONI DI HOGWARTS! IL SOTTOSCRITTO FA SCHIFO”.
Dopo un momento di smarrimento, Farmet iniziò a controllare anche quelle dei compagni,
scatenando il panico fra i Serpeverde. Alexander tenne per sé di aver intravisto,
al tavolo dei Grifondoro, due persone familiari darsi il cinque.
Ma alla fine, fra mille piccoli eventi di
questo tipo, il tempo passava inesorabile e giunse inevitabilmente il giorno
della prima prova del Torneo Tremaghi.
Kaito osservò di sottecchi Harry durante il
pranzo. Sheridan seguì il suo sguardo.
«Secondo te ci arriva fino al giardino? Ha
una faccia che sembra debba svenire da un momento all’altro...»
Il prestigiatore non se la sentì di darle
torto. Harry era agitatissimo, nessuna faccia da poker avrebbe mai potuto
aiutarlo con una tensione del genere. Si limitò a sorridergli e fargli un cenno
d’incoraggiamento con la testa, ma il ragazzo non riuscì neppure a rispondere.
Poco dopo la McGranitt lo portò via e solo a quel punto Kaito si rese conto di
essere anche lui un po’ preoccupato per l’amico. Ne sarebbe uscito tutto
intero?
Appena possibile, tutti i Grifondoro del
secondo anno si avviarono verso il parco. Colin era armato di ben una borsa
intera di rullini e nessuno, per una volta, gli disse nulla. Dopotutto, quando
gli sarebbe capitata un’altra occasione del genere, per di più col suo eroe in
campo?
«Ehi, hanno fatto le cose in grande!»
Erano state allestite delle enormi
gradinate, grandi a sufficienza per ospitare tutta la numerosa scolaresca di
Hogwarts, tutti gli studenti delle altre scuole e un discreto numero di altri
ospiti. Molti ragazzi avevano cartelloni, striscioni e altre cose per poter
fare il tifo al proprio campione favorito. I più imbarazzati erano chiaramente
i Grifondoro, indecisi se fare del puro campanilismo o se tifare, più
sportivamente, per entrambi i Campioni di Hogwarts. La maggior parte, come Ron e Hermione, ma anche Fred e George, non esibivano alcuno
striscione e non gridavano come forsennati come i Serpeverde, i Tassorosso e i Corvonero. In
quest’ultima Casa c’era ovviamente un’eccezione, l’inimitabile Luna, che come
sempre aveva trovato un modo tutto suo per non fare torto a nessuno, esibendo
con orgoglio un cappello con due pupazzi fatti a mano, da un lato un leone e
dall’altro un tasso, cinti insieme da un legaccio con una spilla dell’emblema
di Hogwarts. I suoi compagni non sembravano molto convinti della scelta della
compagna, ma a Kaito, a parte per il risultato un po’ kitsch, piacque molto
l’idea.
Ma escluso il pubblico variopinto, quella
che più attirava l’attenzione era ovviamente la platea, dove, a parte uno
steccato e due tende, spiccava una spianata di terra battuta con una zona
centrale delimitata ma vuota. Troppo poco per poter capire la natura della
prova.
Sheridan fece un sorriso molto tirato:
«Mancano i pop corn ed è quasi come stare al cinema!»
Kaito sospirò: «Con attore sacrificale un
amico.»
Momoka cercò di essere ottimista: «Adesso non
esagerare! Sono pur sempre tutti studenti, non possono fare prove che davvero
mettano a rischio la loro vita, non siamo più nel ‘700!»
Ma prima che Kaito potesse rispondere, Ludo
Bagman prese la parola, con la voce amplificata per
magia: «Buongiorno a tutti! Vi do il mio personale benvenuto alla prima prova
del Torneo Tremaghi!»
Un boato del pubblico seguì
all’introduzione, ma poco dopo Bagman poté
riprendere: «Sarete tutti molto curiosi di sapere in cosa consista questa
prova. Posso dunque rivelarlo in anteprima, abbiamo isolato le tende dove si
stanno preparando i nostri Campioni, giusto per evitare crisi di panico
incontrollate.»
Nicole deglutì rumorosamente:
«Rassicurante...»
«Senza ulteriori indugi, ecco in cosa
consiste la Prova! I nostri Campioni dovranno, con ogni mezzo che verrà loro in
mente, riuscire a recuperare questo!»
L’uomo esibì sulla sua mano destra un
oggetto luccicante, portandolo sopra la sua testa, ma era così piccolo e così
lontano che tutti gli spettatori dovettero allungare molto il collo, e quasi
nessuno riuscì comunque a capire di cosa si trattasse.
«È un uovo, signori e signore, un uovo
d’oro. È piccolo ma visibile e non nasconde trappole. Dunque, dove sarà la
difficoltà della prova?»
Alla parola “uovo”, d’istinto lo sguardo di
Kaito si era spostato sull’unico esperto in materia che conoscesse, ovvero
Hagrid, seduto in prima fila e ben visibile grazie alla sua stazza. Tremava
visibilmente, ma questo non era sufficiente per stabilire quanto grave fosse la
situazione. Conoscendolo, il suo poteva anche essere un tremore di entusiasmo
per la rarità della creatura il cui uovo era stato imitato.
«Questo uovo sarà inserito in nel mezzo di
una nidiata, e i nostri Campioni dovranno riuscire a rubarlo alla madre.»
Lo sguardo di Kaito s’illuminò. Un furto?
Accidenti, a saperlo poteva dare qualche consiglio a Harry, dopotutto era
proprio la sua specialità!
«Ecco, mentre i nostri assistenti sistemano
le uova, sta per entrare finalmente la nostra prima madre!»
Un boato, simile a un ruggito, fece
drizzare i capelli a tutti. E poi, trascinato a fatica da alcune persone,
videro finalmente di cosa si trattasse.
Il volto di Ginny divenne improvvisamente
dello stesso colorito di una mozzarella, mentre Kaito era rimasto impietrito
sulla sedia. Per quanto si fosse ormai abbastanza abituato al mondo magico, la
visione di un drago, un drago vero, con coda, corna, fauci e tutto il
resto, non se la sarebbe mai aspettata.
Bagman concluse: «Concludo le ultime formalità
con i nostri Campioni e poi la prova potrà cominciare. Auguro a tutti un buono
spettacolo.»
Kaito e Sheridan rimasero per un po’ senza
parole, poi il prestigiatore esclamò ironicamente: «Altri commenti sulla
salvaguardia della salute fisica e mentale dei Campioni del Torneo Tremaghi al giorno d’oggi?»
«Sì, che chi ha organizzato tutto questo è
un...»
Il fischio d’inizio coprì in parte, ma non
del tutto, la serie d’insulti che la ragazza rivolse all’organizzazione, così
vivaci che molti intorno a lei sussultarono, tanto che alla fine Thomas la
zittì brutalmente con un incantesimo.
Ludo Bagman riprese
a parlare: «Scusate ancora per l’attesa! Il nostro primo esemplare, una femmina
di Grugnocorto Svedese! Sarà affrontata dal nostro
primo concorrente, uno dei Campioni di Hogwarts, Cedric Diggory!»
Un grosso applauso da parte degli studenti
di Hogwarts, che voleva essere d’incoraggiamento, ottenne in realtà l’effetto
contrario, ovvero quello di far innervosire ancora di più la bestia. Al primo
ruggito calò il silenzio per un momento, ma poi il chiacchiericcio riprese come
e più di prima.
Diggory dava le spalle al pubblico, ma Kaito
s’immaginò benissimo la sua faccia. Era proprio di fronte all’enorme drago, e
questo lo scrutava indeciso se il ragazzo fosse solo una mosca fastidiosa o un
nemico da sbranare. Senza mai perdere il contatto visivo con la belva, Cedric
si abbassò a terra. Sembrava stesse preparandosi per uno scatto di corsa che
sicuramente gli sarebbe stato fatale, ma un occhio più attento poteva notare come
in realtà il ragazzo tastasse il terreno in cerca di qualcosa. Kaito non
perdeva una mossa del compagno. Cosa sperava di trovare?
Il drago non sembrò volerlo aspettare e
tentò una prima fiammata. Cedric rotolò di lato, schivando l’attacco.
La voce di Bagman
commentò: «Oooh, c'è mancato poco, molto poco...»
Diggory si rimise nella stessa posizione ancora
per un po’, ma alla fine si rialzò, tremando visibilmente per qualche secondo.
Dopo qualche istante di esitazione, lanciò quella che sembrava una pietra,
urlando un incantesimo che Kaito non conosceva. L’oggetto cambiò forma in volo,
s’ingrandì e per un secondo al prestigiatore prese un colpo. Per un attimo
sembrò che Cedric avesse in qualche modo evocato Sirius,
il padrino di Harry, in versione Animagus. A
un’occhiata più attenta, però, il cane presente sul campo era grigio e un po’
più piccolo di Black.
Mentre Colin si scatenava con le foto,
Ginny rimase perplessa: «Ha trasfigurato un cane? E a cosa gli serve? È troppo
piccolo per poter affrontare il drago!»
Kaito, concentratissimo a intuire la
tattica del Tassorosso, rispose lentamente: «Ma non
troppo da non poter fare da diversivo...»
Bagman commentò l’ardita mossa con un: «Corre dei
rischi, questo signore!»
Ormai era chiaro che non spiegava
esattamente cosa accadesse in campo per non dare indizi agli altri Campioni. Da
una parte era un peccato per Harry, ma dopotutto Kaito non era sicuro che al
quarto anno sapesse già fare trasfigurazioni di quel livello.
Il cane-pietra iniziò ad abbaiare
furiosamente contro il drago, che ruggì e gli corse incontro. Diggory non si mosse subito, aspettò a lungo per essere
sicuro, poi si buttò verso le uova. Una mossa troppo avventata e troppo
improvvisa, perché il drago si voltò di colpo verso di lui.
«Bella mossa... peccato che non abbia
funzionato!»
E mentre Bagman
sottolineava l’ovvio, il Grugnocorto Svedese caricò
una nuova fiammata. Fu una mossa veramente veloce e che lasciò il pubblico con
il fiato sospeso: il drago sputò, mentre Diggory
saltava in avanti... il fuoco coprì le sue mosse... il drago si mise proprio
fra il pubblico e le uova, impedendo la visuale, ma quasi subito il personale
lo fermò. Per un attimo si temette il peggio, ma alla fine Diggory
era lì, accucciato a terra, completamente ricoperto di terra e cenere, ma
intero. Tremando, si rialzò e mostrò l’uovo d’oro. Il pubblico, tutto, di
qualunque scuola, esplose in un boato di gioia e sollievo. Con ottimi riflessi
e una dose non indifferente di fortuna, ce l’aveva fatta.
Bagman gridava: «Davvero molto bene! E ora il punteggio dei
giudici!»
I
cinque giudici erano seduti in postazioni elevate rivestite d'oro. Madame Maxime alzò in aria la bacchetta. Ne sfuggì quello che
parve un lungo nastro d'argento, che si curvò in un numero. Lo stesso fecero Crouch, Silente, Bagman stesso e Karkaroff. I punteggi non furono dichiarati, lasciando alle
abilità aritmetiche di ognuno la somma. Kaito si chiese se la Vector non stesse analizzando i punteggi con l’Aritmanzia.
Quasi
non ci fu tempo di prendere fiato che entrò il secondo drago. I ragazzi del
terzo anno di Grifondoro si misero a parlottare fra loro concitatamente.
«Lo
cambiano ogni volta?»
«È
un bene o un male?»
«Forse
è un bene, altrimenti l’ultimo si ritrova un drago non solo nervoso, ma anche
isterico!»
«Ma
è anche un male, saranno sempre freschi e riposati...»
«Il
verde risulterà benissimo nelle fotografie!»
«Che
specie è? È cattiva?»
Bagman annunciò: «Un bellissimo esemplare di Gallese Verde sarà
l’avversario del prossimo Campione.»
Sheridan
fece una smorfia: «Solo col nome ne sappiamo quanto prima... a chi tocca
adesso?»
Un
nuovo fischiò s’udì nell’aria: «Fuori uno, tre ancora in gara! Signorina Delacour, prego!»
Dopo
un attimo entrò in campo la Campionessa di Beauxbatons.
Un applauso educato da parte di tutti e una giusta ovazione da parte della sua
scuola accolsero il suo ingresso nell’arena, dove il drago verde l’attendeva. FleurDelacour sembrava
decisamente più tranquilla del suo predecessore.
Thomas e Stephen sembravano rapiti dalla
studentessa francese, quasi non sbattevano le palpebre. Persino Colin sembrò
aumentare l’intensità delle sue fotografie, ma Kaito rimase impassibile.
Riconosceva i sintomi, probabilmente era qualcosa di simile all’incantesimo di Akako, quello a cui lui era immune. Se reagivano come i
compagni della sua vecchia classe, non ci sarebbe stato modo di rivolgere loro
la parola in modo accettabile fino alla fine della prova.
Nel frattempo Fleur
aveva tirato fuori la bacchetta e, alzandola in alto, verso il volto del drago,
in una posizione simile a quella di un direttore d’orchestra, aveva cominciato
a salmodiare un altro incantesimo sconosciuto a Kaito, ondeggiando con tutto il
corpo. Il drago iniziò a seguire il suo movimento con la testa, socchiudendo
gli occhi, come se fosse preda di una forte sonnolenza. Era impossibile udire
la sua voce, ma quasi tutti s’immaginarono stesse cantando una sorta di
ninnananna: per gran parte dei ragazzi presenti una visione paradisiaca, per le
ragazze abbastanza indifferente, per Kaito, come sempre fuori dal coro, fu
difficile non ridere quando gli venne in mente la neanche troppo curiosa
associazione mentale con un famoso mostriciattolo rosa giapponese specialista
in ninnananne... mancava giusto il microfono...
Bagman gridò gaiamente: «Oh, non sono sicuro che
sia stata una mossa saggia!»
Una marea di fischi si levò dal pubblico
maschile, ormai completamente rapito dalla bellezza della Campionessa. La Delacour, in ogni caso, non si lasciò deconcentrare ma
continuò il suo incantesimo, fino a che, con delicatezza, non abbassò la
bacchetta.
Kaito scosse la testa: «No... sta facendo
lo stesso errore di Diggory, è troppo presto!»
La ragazza si avvicinò con lentezza e
delicatezza alla nidiata, ma non aveva calcolato il vento e la gonna della
divisa troppo appariscente. Alla prima folata un po’ più decisa, infatti, la
gonna si mosse in modo troppo agitato, attirando l’attenzione del drago e
risvegliandolo dal suo torpore con un grosso sbuffo.
«No, no, no...»
In un attimo il Gallese Verde sbarrò gli
occhi e preparò la fiammata.
«Oh... quasi! Attenta ora... Santo cielo,
credevo che ci fosse riuscita!»
La gonna di Fleur
prese fuoco, facendo fare gridolini a gran parte del pubblico femminile. Lei,
impassibile, spense le fiamme evocando dell’acqua dalla bacchetta.
Kaito sorrise: «In ogni caso, io già le
darei un dieci per la faccia da poker!»
Senza scomporsi, la Delacour
riprese il suo incantesimo, questa volta muovendosi lentamente verso il suo
obiettivo. Alla fine riuscì ad afferrare il fantomatico uovo d’oro. La folla
esplose in un boato che risvegliò di colpo il drago, facendole rischiare
grosso, ma per fortuna il personale intervenne subito.
«Ben fatto, ben fatto signorina Delacour! Adesso il voto dei giudici.»
I ragazzi del terzo anno diedero solo
un’occhiata distratta ai voti.
«Dite che ora toccherà ad Harry?»
«Speriamo, la tensione lo starà uccidendo!»
Bagman riprese: «Bene! Il prossimo drago è una
bellissima femmina di Petardo Cinese!»
Per un attimo Kaito pensò che stesse
scherzando, poi un drago rosso fu portato nell’arena insieme alla sua nidiata.
«Ma chi è il bontempone che dà questi nomi
stupidi ai draghi?»
Si udì il terzo fischio e Bagman gridò: «Ed ecco il signor Krum!»
Sheridan sussurrò rassegnata: «Harry è
l’ultimo. Con l’ansia che aveva a pranzo, non so se ci arriva al suo drago...
Kaito, perché sei così pensieroso?»
Il prestigiatore le sussurrò all’orecchio:
«Stavo pensando se con le tecniche di un certo ladro ragazzino questo furto sarebbe possibile...»
Momoka sbarrò gli occhi: «Non starai pensando
di...»
«Certo che no! Erano solo ipotesi! Troppa
gente e non ci ricaverei nulla!»
«Ah... meno male...»
Dopo un secondo, Sheridan aggiunse: «E ce
la faresti?»
«Potendo preparare in anticipo un po’ di
manichini, con qualche effetto speciale e il vento a favore per il deltaplano,
magari...»
Ginny li zittì entrambi: «Guardate!»
Victor Krum, accolto
da una discreta ovazione, stava salutando il pubblico, dopodiché si voltò verso
il suo drago, tirò fuori la bacchetta e fece un paio di gesti che a molti studenti
di Hogwarts risultarono familiari.
Thomas assottigliò lo sguardo: «Ehi, ma
questa scena non l’abbiamo già vista?»
Stephen annuì: «Con Allock e Piton, due anni fa...»
Nicole esclamò: «È vero!»
Colin li guardò di storto: «Io non me lo
ricordo...»
Kaito sospirò: «Per forza, eri
pietrificato... ma dovresti avere le foto.»
Ginny ridacchiò: «Insomma, Krum... sta sfidando
a duello il drago?»
Sheridan commentò: «Quantomeno il ragazzo
ha stile, glielo concedo, ma non so se il drago starà alle regole.»
Il prestigiatore aggiunse ironicamente:
«Non ha nemmeno risposto all’inchino regolamentare...»
Krum si mise subito in posizione da duello,
fissando negli occhi il suo avversario. Due secondi di tensione, poi il ragazzo
iniziò a sparare incantesimi a raffica, accolti da un orrendo gemito ruggente
del suo avversario, mentre la folla tratteneva il respiro come un sol uomo.
Bagman gridò: «Molto audace!»
Definire audace quello che stava facendo Krum era quasi un eufemismo. Implacabile, continuava a
cercare di colpire il volto del drago. La sua pelle era molto resistente,
sembrava respingere gran parte dei colpi, ma a volte Victor riusciva a mirare
bene e a prendere una narice o la bocca del Petardo Cinese, e in quei momenti
sembrava passare in vantaggio. Fu una lotta breve ma intensa, in cui non ci fu
un attimo di respiro, almeno fino a che Krum non
riuscì ad assestare un colpo dritto in un occhio. Il drago iniziò ad agitarsi
per il dolore e il ragazzo ne approfittò per scattare in avanti, proprio in
mezzo alle zampe del drago.
Bagman gridò: «Sta dimostrando un bel coraggio...»
Il peggio, però, doveva ancora venire. Il
drago, accecato dal dolore, iniziò a fare dei passi senza poter vedere dove
mettesse i piedi. Il pubblico trattenne il respiro mentre un paio di volte la
zampa del Petardo Cinese sfiorava Krum
pericolosamente.
L’ultimo passo fu il più pericoloso di
tutti. Ormai il campione di Durmstrang era arrivato
alla nidiata, quando la zampa fu proprio su di lui. Il pubblico urlò
terrorizzato. Persino Bagman stette zitto per qualche
secondo. Ma alla fine...
«...e... sì, ha preso l'uovo!»
A molti sembrò un miracolo. La zampa del drago
era a pochi centimetri da Krum. Aveva spiaccicato
metà delle sue stesse uova, ma il ragazzo era incolume e stringeva al petto il
suo uovo d’oro.
Il pubblico esplose in un applauso
liberatorio.
Kaito ridacchiò: «È un incosciente, ma è
stato bravo.»
Sheridan alzò gli occhi al cielo: «Senti
chi parla... tu prima parlavi di buttarti a capofitto sul drago con il
deltaplano!»
«Una cosa è dirlo, un’altra è farlo... uh,
guarda il punteggio! A quanto pare gli hanno dato delle penalità per la
frittata di drago!»
Sheridan indicò verso il basso: «E guarda
lì!»
Kaito dovette davvero trattenersi dal
ridere. Dai posti riservati agli insegnanti si era alzato furente Hagrid, che
continuava a sbraitare contro Krum per l’uccisione di
tanti piccoli draghi innocenti non ancora nati. Faticosamente lo tratteneva un
ragazzo abbastanza alto, con dei folti capelli rossi.
Ginny si lasciò sfuggire un gemito: «Non so
se Charlie riuscirà a trattenerlo da solo...»
Nicole sbirciò interessata: «Conosci quel
bel ragazzo?»
Ginny ridacchiò: «Non vedi i capelli rossi?
È mio fratello Charlie, penso l’abbiano chiamato come consulente, lavora da
anni in Romania con i draghi...»
«Ah... ma Ginny, scusa, quanti fratelli
hai?»
«Troppi...»
Per un momento si sentì ancora ululare dal
dolore Hagrid, invocando in lacrime quello che sembrava fra singulti essere un
certo Norberto, ma poi Charlie riuscì a convincerlo a tornare a sedere, giusto
in tempo per il nuovo intervento di Bagman.
«Scusate l’attesa, signori, abbiamo qualche
difficoltà con la nostra ultima ospite...»
Sheridan si lasciò sfuggire una smorfia:
«Partiamo male...»
Ma poi tutti si zittirono alla vista
dell’enorme drago nero che veniva trascinato con molta più difficoltà dei
precedenti nell’arena. A differenza degli altri, questo cercava continuamente
di mordere chi lo stava portando e di colpire con la sua coda irta di punte.
Ginny sbiancò in modo preoccupante e sussurrò con un filo di voce: «L’Ungaro
Spinato...»
Nicole si voltò verso di lei: «Lo conosci?»
Ginny annuì lentamente: «Quando da piccola
voleva farmi paura, Charlie mi parlava dell’Ungaro Spinato. È uno dei più
violenti e feroci draghi in circolazione, e questa è una femmina con la
nidiata... Harry... non credo... non credo possa farcela... Harry...»
Sheridan si accorse che Kaito si era
irrigidito sulla sedia: «Kaito?»
«Inizio a pensare che vogliano ammazzarlo
sul serio. Qui è molto più di una goliardata.»
Sheridan sospirò: «Cosa intendi fare?»
«Se le cose si fanno troppo pericolose,
utilizzerò i miei metodi per portarlo
via da lì.»
Ginny, che aveva udito solo l’ultima parte
del discorso, intervenne: «Non sono sicura che il deltaplano possa funzionare,
Kaito...»
Ma Sheridan rimase seria. Aveva capito
benissimo cosa intendesse Mangetsu, e stava parlando
di qualcosa di potenzialmente ben più pericoloso del deltaplano. Stava per
chiedere all’amico come facesse Ginny a sapere del suo deltaplano, quando Bagman riprese a parlare: «Ed ecco il prossimo avversario
per il più giovane dei Campioni, l’ultimo concorrente per la Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts... Harry Potter!»
S’udì l’ultimo fischio, e Kaito cercò di
deglutire senza nemmeno avere la saliva per farlo. Si stava imponendo la sua
solita faccia da poker, ma in verità aveva una paura matta per il suo giovane
amico.
Ed
ecco, Harry entrò nell’arena, accolto da grida d’incoraggiamento e qualche
fischio. Il ragazzo guardò per qualche secondo il suo avversario, accoccolato
sulla sua covata, le ali ripiegate a metà, i malvagi occhi gialli fissi su di
lui, un mostruoso lucertolone dalle squame nere che agitava la coda, scavando
solchi lunghi un metro nel terreno duro. Dopo qualche istante che sembrò
un’eternità, levò la bacchetta.
«Accio Firebolt!»
Kaito ripeté perplesso: «Accidenti a che? Che ha detto?»
Ginny si permise un timido sorriso: «Ma no,
non ha imprecato! Ha solo chiamato...»
Non ci fu bisogno di attendere la fine
della frase. Si sentì qualcosa sfrecciare nell’aria e improvvisamente un Manico
di Scopa si ritrovò al fianco di Harry. Il pubblico esplose in un boato di
sorpresa, ma Harry non ci badò, gettò la gamba oltre la scopa e decollò come
l’avevano visto fare molte volte durante le partite di Quidditch.
Bagman strillò: «E chi se lo sarebbe mai
aspettato? Il signor Potter aveva un asso nella manica assolutamente unico e
originale!»
Kaito si lascò sfuggire un bel sorriso.
Proprio così, un asso nella manica, e bravo Harry! Chi meglio di un
prestigiatore poteva apprezzare un così bel colpo di scena?
Divertito, tirò una gomitata a Sheridan:
«Cosa dicevi a proposito del buttarsi a capofitto in volo su un drago, amica
mia?»
Non era finita, ma era incoraggiante. Il
pericolo era sempre quello, ma il fatto che Harry avesse trovato il modo di
poter sfruttare quello che sapeva fare meglio a suo favore tranquillizzò un
pochino Kaito. Nel frattempo Harry era volato veramente in alto, come se stesse
studiando la situazione, poi improvvisamente si tuffò. Il muso dello Spinato lo
seguì; Harry sembrava conoscere le sue intenzioni, e scartò dalla picchiata
appena in tempo; un getto di fuoco aveva investito il punto preciso in cui si
sarebbe trovato se non avesse deviato... ma Harry sembrò non farci caso: sembrava
quasi avesse appena evitato un semplice Bolide...
Bagman strillò, mentre la folla gemeva e tratteneva il respiro: «Santo
cielo, questo è volare! Visto che roba, signor Krum?»
Se
Krum commentò in qualche modo non ci fu modo di
saperlo, lo sguardo di tutti era puntato sul ragazzino che sfidava l’enorme
drago nero armato solo di una scopa.
Harry si levò più su, in cerchio; lo
Spinato stava ancora seguendo la sua avanzata, con la testa che dondolava sul
lungo collo. Il ragazzo scese a picco proprio mentre lo Spinato spalancava la
bocca, ma questa volta ebbe meno fortuna: evitò le fiamme, ma la coda si alzò
sferzante per intercettarlo, e mentre deviava a sinistra, una delle lunghe
punte gli scalfì la spalla, strappandogli l'abito.
Un
gemito empatico sfuggì a praticamente tutti i Grifondoro, mentre anche gli
altri spettatori strillavano e urlavano. Harry però non sembrò nemmeno fare
troppo caso alla ferita e prese a volare prima da una parte poi dall'altra, non
abbastanza vicino da provocare una fiammata, ma simulando una minaccia
sufficiente affinché gli tenesse gli occhi incollati addosso. Il suo testone
dondolava da una parte all'altra, mentre lo guardava con quelle pupille
verticali, le zanne scoperte...
Harry volò più su. La testa dello Spinato
si levò con lui, il collo ora teso al massimo, ancora oscillante, come un
serpente davanti al suo incantatore... a Kaito quasi sfuggì un sorriso. Aveva
già visto una scena del genere, e tutti sapevano quale brutta fine avesse fatto
l’ultimo Basilisco che aveva osato affrontare Harry Potter... e in
quell’occasione non aveva neanche la scopa!
Harry si alzò ancora di qualche metro, e il
drago emise un ruggito esasperato. La sua coda si dibatté di nuovo, ma ora era
troppo in alto per raggiungerlo... sputò fuoco nell'aria, e lui lo schivò... le
sue mascelle si spalancarono...
E
poi il drago si levò, spalancando finalmente le grandi ali di cuoio nero,
larghe come quelle di un piccolo aeroplano - e Harry si tuffò. Prima che il
drago avesse capito ciò che aveva fatto, o dove fosse sparito, Harry sfrecciava
verso il suolo a velocità massima, verso le uova ora non più difese dalle zampe
anteriori armate di artigli - ecco che levava le mani dalla Firebolt
- ecco che afferrava l'uovo d'oro...
E con un'enorme accelerata era su,
galleggiava sopra le tribune, il pesante uovo al sicuro sotto il braccio ancora
sano. Era fatta.
Tutti i Grifondoro, Kaito compreso, si
alzarono in piedi urlando, e non furono i soli. Con loro ci furono tantissimi Tassorosso e Corvonero, più gran
parte dei professori, Hagrid, Moody e Mcgranitt in primis, e molti studenti di Beauxbatons e Durmstrang. Non
importava più alcuna rivalità, erano stati tutti così coinvolti dalle vicende
dei Campioni in queste durissime prove che alla fine tutti esultavano per
tutti.
Bagman commentò ancora: «Ma guardate! Ma guardate
un po'! Il nostro campione più giovane è stato il più veloce a prendere l'uovo!
Bene, ciò abbasserà le quote sul signor Potter!»
Pur nella foga dei festeggiamenti, Kaito
non poté non notare che Harry si stava allontanando insieme ai professori che
più avevano tifato per lui e a Ron. Probabilmente
andava a farsi sistemare la spalla, ne aveva tutti i diritti...
Prima ancora che potesse guardare il
punteggio di Harry, Kaito si sentì picchiettare su una spalla.
Fu la solita, incrollabile faccia da poker
quella che accolse due imbarazzati fratelli Weasley. Se l’aspettavano,
chiaramente, ma non avere informazioni su cosa pensasse l’amico era comunque
problematico.
«Ehm... senti...»
«Noi... volevamo...»
Kaito continuò a fissarli impassibile. Dopo
qualche secondo i due gemelli, contemporaneamente, alzarono gli occhi al cielo
sbuffando ed esclamarono in coro: «Avevi ragione, va bene? Soddisfatto?»
Il prestigiatore continuò ad esibire la sua
faccia da poker, mentre Sheridan guardava tutti i Malandrini preoccupata.
«Ci tenevamo, tanto, tantissimo!»
«Ma sappiamo che non avresti mai messo
Harry in pericolo, anche se te lo avesse chiesto con più insistenza di noi.»
«Diamine, persino noi non avremmo saputo
cosa fare se ci avessero messo davanti a un drago con dieci minuti d’anticipo!»
«Con un po’ più di tempo magari chiedevamo
a Charlie, ma probabilmente non ci avrebbe detto nulla, visto che era coinvolto
nell’organizzazione...»
«Harry è stato davvero bravo a richiamare
la scopa, siamo fieri di lui.»
«Ma ci rendiamo conto che se questa era
solo la prima prova, le prossime non sappiamo davvero cosa potrebbe
accadergli.»
«E la cosa non sarebbe cambiata se fosse
stato uno di noi al suo posto.»
«Insomma, Kaito, cos’altro dobbiamo dire
per farci perdonare?»
Il ragazzo li guardò serio ancora per
qualche secondo, poi il suo volto si distese in un gran sorriso: «Avete detto
molto più quanto doveste, ma mi fa piacere che abbiate capito, testoni!»
Sheridan si lasciò sfuggire un sospirone di
sollievo. Fred, notandolo, la strattonò per le spalle, per poi prendere anche
il fratello, che trascinò a sua volta Kaito in un abbraccio collettivo, simile
a quelli dei giocatori di football americano prima di una partita.
Futago ridacchiò: «Puoi stare tranquilla, i
Malandrini sono tornati, più uniti di prima!»
Mangetsu disse: «E direi che il nostro obiettivo è
chiaro.»
Soseiji annuì: «Aiutare i Campioni di Hogwarts, in
particolare Harry, a sopravvivere.»
Momoka sorrise: «Se poi uno di loro vince, anche
meglio!»
E mentre si scioglievano dall’abbraccio,
Kaito mise la mano in tasca: «Bene, e ora che questa storia è finita, posso
anche darvi questa.»
George lo guardò perplesso: «Cos’è?»
«A volte è utile avere un paparazzo
incallito come compagno di classe che quando vuole sa tenere la bocca chiusa,
altrimenti non ci avreste creduto...»
I Malandrini si riunirono attorno alla foto
esibita dal prestigiatore, in cui era ritratto un ritroso Kaito, occhi al cielo
e aria esageratamente scocciata, mettere di malavoglia due foglietti nel Calice
di Fuoco, sui i quali i nomi erano ben visibili.
Fred si sentì crollare il terreno sotto i
piedi: «Tu... alla fine... avevi messo davvero i nostri nomi nel Calice?»
Il ragazzo alzò le spalle: «Mi dispiace che
poi non vi abbia scelto.»
George esclamò sconvolto: «Ma allora perché
non ce l’hai detto???»
«Io ho avuto fiducia in voi, ma voi non
l’avete avuta in me, accusandomi addirittura di aver messo il nome di Harry nel
Calice pur essendo evidentemente al di sotto dell’età consentita. Mi dispiace,
ma non potevo proprio farvela passare liscia, sapete bene che io sono uno
scapestrato, ma che non metterei mai in pericolo delle altre persone.»
I gemelli ridacchiarono: «Ci siamo tenuti
il broncio... per nulla?»
Kaito sottolineò divertito: «Non per nulla,
ma per salde questioni di principio!»
Ma in quel momento tutti e tre avvertirono
un brivido sulla schiena. Un brivido di pericolo. Si voltarono lentamente, come
in un film horror, verso l’unica persona che ancora non aveva detto una parola
e che non aveva una buona faccia da poker.
«S-Sheridan?»
«E voi... per tutto questo tempo... mi
avete fatto soffrire, preoccupare, quasi piangere... per nulla?»
«Ehm...»
«MA IO VI AMMAZZO, TUTTI E TRE!!! VENITE
QUA, MALANDRINI DEI MIEI...»
I ragazzi, ridendo, iniziarono a saltare le
gradinate, inseguiti dall’amica furiosa.
«Che dite, vostro fratello ci ospiterebbe
per qualche giorno nel recinto dei draghi?»
«Possiamo provare, di sicuro sarebbe meno
pericoloso di Momoka in questo momento...»
«Che dite, la proponiamo come ultima prova
del Torneo?»
«VI SENTO! E NON STATE MIGLIORANDO LA
VOSTRA SITUAZIONE!!!»
Ma alla fine risero, tutti e quattro.
Finalmente i Malandrini erano davvero tornati.
Ciao a tutti! Non fateci l’abitudine, ho avuto tempo di scrivere
solo perché sono stata in mutua un po’ di giorni, spero di non avere altre
occasioni di questo tipo...
In ogni caso ecco qui la prima prova del torneo Tremaghi! Non è stato facile inventarla basandosi solo
sulle “utilissime” descrizioni di Bagman e su quanto
riportato da Ron alla fine, ma spero che il risultato
vi soddisfi. Inoltre abbiamo introdotto un po’ di personaggi che, seppure con
meno frequenza di altri, torneranno nei prossimi capitoli. Avete riconosciuto
la citazione comica?
Ringrazio per i commenti SuorMaddy2012, fenris,
sophi33 e Lunaby.
Prossimo capitolo? Vi pare che un ladro gentiluomo possa farsi
sfuggire il Ballo del Ceppo? Con chi andrà e cosa succederà? Tutto questo e
molto altro nel prossimo capitolo. Alla prossima!
Helen chiese a Kaito: «Quando ci rivediamo
per la prossima lezione di prestidigitazione?»
«Direi dopo le vacanze, a questo punto. Tra
poco molti di noi partiranno, è un pasticcio...»
Katie Harvey chiese: «Magari ci vediamo in
biblioteca per fare i compiti?»
Alexander, l’unico Serpeverde che
partecipava a queste serate, sempre in disparte, alzò gli occhi al cielo:
«Eccola là! E figuriamoci se una Corvonero non faceva
questa proposta...»
Kaito sorrise: «Sentiamoci via gufo, ok?»
Il prestigiatore andò a dormire molto
soddisfatto. Era contento che anche dopo la riappacificazione con i Malandrini
il gruppetto misto fra gli studenti del terzo anno rimanesse in piedi. Partiti
con la scusa delle sue lezioni, ormai si incontravano spesso anche in altre
occasioni, come compiti e uscite di svago. Ci partecipavano in pianta stabile
tutti i Grifondoro, Helen, Matthew e Johan per i Tassorosso,
Luna, Julie e Katie per i Corvonero e,
saltuariamente, anche Alexander, forse per non farsi scoprire dai suoi compagni
Serpeverde. Faceva sempre il duro e lo scontroso, ma continuava a venire e
Kaito aveva la certezza che, sotto quella facciata, si divertisse pure
parecchio. Tuttavia il Natale era alle porte e una sosta era necessaria.
L'ultima settimana del trimestre divenne
sempre più turbolenta. Ormai si era diffusa a macchia d’olio la notizia di
questo fantomatico Ballo del Ceppo anche fra le classi inferiori al quarto
anno. Dappertutto correvano voci: per esempio, si diceva che Silente avesse
acquistato ottocento barili di idromele aromatico da Madama Rosmerta.
Pareva certo, invece, che avesse ingaggiato le Sorelle Stravagarie.
Kaito non sapeva esattamente chi o che cosa fossero le Sorelle Stravagarie, non avendo mai avuto la possibilità di
ascoltare una radio da maghi, ma dalla folle eccitazione di quelli che erano
cresciuti con le frequenze di RSN (Radio Strega Network) ne dedusse che si
trattava di un gruppo musicale molto famoso.
Per i Grifondoro del terzo anno a tutto
questo fervore si univa la classica eccitazione per le imminenti feste di
Natale. Alcuni dei professori rinunciarono a insegnar loro granché quando le
loro menti erano cosi evidentemente altrove, come il minuscolo professor Vitious, che li lasciò giocare durante la sua lezione del lunedì.
Altri insegnanti non furono così generosi. Nulla avrebbe mai distolto il
professor Rüf, la professoressa McGranitt, il
professor Moody, la professoressa Vector
e il professor Piton, naturalmente, dai loro doveri
istituzionali. Nonostante l'enorme mole di compiti per le vacanze, la Torre di
Grifondoro era di poco meno affollata che durante l'anno scolastico; sembrava
anche che si fosse rimpicciolita, dal momento che i suoi occupanti erano molto
più scalmanati del solito. Fred e George avevano avuto un gran successo con le
loro Crostatine Canarine, e nei primi due giorni delle vacanze c'era
dappertutto gente che si riempiva di piume all'improvviso. In breve, tutti i
Grifondoro impararono a trattare con estrema cautela il cibo che veniva loro
offerto, nel caso che avesse una Crostatina Canarina nascosta al centro, e
George rivelò a Kaito che lui e Fred stavano lavorando alla creazione di
qualcosa di nuovo.
Nicole,
il giorno prima della partenza, era su di giri: «Dici che poi riusciamo a farci
raccontare tutto?»
Colin
sospirò: «Lo spero. Vorrei da morire riuscire a scattare qualche foto in salone...»
Kaito
alzò le spalle: «Se vi va bene, vi racconto qualcosa io.»
Colin
fece una smorfia: «Speri di riuscire ad estorcere un racconto veritiero a Fred
e George?»
«Se
preferite... ma potrei anche darvi un racconto di prima mano.»
Nicole alzò gli occhi al cielo, come se
Kaito avesse detto l’idiozia del secolo: «Anche se sei più grande di noi, non
cambia nulla. I professori sono stati chiari, possono partecipare solo gli
studenti dal quarto anno in su, a meno di non essere invitati.»
«Oh, ma io sono stato invitato...»
I ragazzi ebbero un colpo: «COSA???»
Sheridan intervenne: «E non è l’unico, da
quel che ho capito, rimarrà anche Ginny...»
Nicole divenne tutta rossa: «E chi l’ha
invitata?»
«Paciock.»
A quella risposta la ragazza piantò un
urletto eccitato e corse dalla compagna a farsi raccontare tutto. Kaito sorrise
e si avviò verso la sua stanza, seguito da Sheridan.
«Kaito, posso parlarti?»
Il ragazzo si voltò un po’ sorpreso, poi
sorrise: «Ogni tanto mi dimentico che voi ragazze potete entrare nel nostro
dormitorio, ma noi no...»
Poi, visto che la ragazza continuava a
fissarlo seria, aggiunse: «Dimmi pure.»
«Vuoi davvero andare al Ballo del Ceppo?
Non mi sembra il tipo di evento che attirerebbe la tua attenzione
normalmente...»
Kaito alzò le spalle: «Da quel che ho
capito è un evento raro...»
Sheridan fece un sorriso triste: «O non
sarà invece che non vuoi tornare a casa?»
La faccia da poker di Kaito, seppure
perfetta, non ingannò Sheridan: «Diciamo che prendere due piccioni con una fava
non mi dispiace.»
«Non potrai evitare tua madre per sempre.»
«Non dico per sempre, solo... ancora per un
po’.»
«E Aoko?»
«Le ho già scritto che c’era un evento
speciale a scuola e lei ha capito. Mi spiace non vedere lei, sinceramente,
ma...»
Sheridan sospirò: «Capisco. Bè, buon
divertimento, allora. Ma si può sapere chi ti ha invitato?»
Kaito le fece un occhiolino: «È un
segreto!»
La ragazza capì che l’aveva tormentato a
sufficienza e decise di tenersi la curiosità. Aveva altri mezzi per venirlo a
sapere...
Alla partenza dei pochi studenti che
tornarono a casa, il corpo insegnanti di Hogwarts, nello sforzo continuo di
impressionare i visitatori di Beauxbatons e Durmstrang, sembrava deciso a mostrare il castello al suo
meglio per Natale. Quando le decorazioni furono tutte al loro posto, Kaito notò
che erano le più straordinarie che avesse mai visto a scuola. Ghiaccioli
Sempiterni erano stati appesi ai corrimani della scalinata di marmo; i soliti
dodici alberi di Natale della Sala Grande erano coperti di qualunque cosa,
dalle bacche luminose di agrifoglio ad autentici gufi d'oro ululanti, e le
armature erano state tutte stregate in modo da intonare canti di Natale quando
qualcuno gli passava davanti. Era davvero una cosa straordinaria sentire Venite,
fedeli cantato da un elmo vuoto che sapeva solo metà delle parole. Gazza il
custode dovette estrarre parecchie volte Pix dalle
armature, dove aveva preso l'abitudine di nascondersi, colmando le lacune nelle
canzoni con rime di sua invenzione, tutte decisamente maleducate. La neve
cadeva fitta sul castello e sul parco. La carrozza azzurro chiaro di Beauxbatons sembrava una grossa, fredda zucca glassata dal
gelo vicino alla casetta di zenzero ghiacciata che era la capanna di Hagrid,
mentre i boccaporti della nave di Durmstrang erano
ricoperti di ghiaccio e il sartiame candido di neve. Gli elfi domestici giù
nelle cucine stavano superando se stessi con una serie di ricchi stufati
speciali e ottimi pasticci. A Kaito dispiacque che i suoi compagni si stessero
perdendo tutto questo, e spesso scriveva a Sheridan per tenerla informata. Non
aveva mancato di farla morire dal ridere descrivendole nel dettaglio la
nonchalance con cui Fred aveva invitato Angelina al ballo, urlandogli
dall’altra parte della Sala Comune con lo stesso tono con cui le avrebbe
chiesto se gli passava i compiti.
Ma alla fine giunse Natale. Kaito aveva
invitato Fred e George a dormire nel dormitorio del suo anno, approfittando che
fosse libero, e alla fine fra uno scherzo e l’altro in realtà avevano dormito
ben poco. Il risveglio fu annunciato da un qualcosa di indefinito che saltò
improvvisamente sulla faccia di Kaito. Il ragazzo saltò a sedere spaventato,
per poi ridere anche lui alla vista della Cioccorana.
I gemelli risero per un bel po’, ma lui s’interruppe al pensiero di Saguru di qualche mese prima. Forse non sarebbe più
riuscito a mangiare quei dolci senza pensarci...
Il regalo di sua madre, alcuni ricambi per
trucchi di prestigio, era accompagnato da un semplice biglietto con su scritto
“Buon Natale”. Invece quello di Aoko, una guida completa per un videogioco che
avevano iniziato insieme quell’estate, era accompagnato da una lettera
decisamente più lunga:
Buon Natale, Kaito!
Ti
ringrazio per il bellissimo fermacapelli! Anche se sto notando che sono tre
Natali che mi fai dei regali che si somigliano tutti... di’ la verità, hai
trovato un’offerta da qualche parte e hai comprato dei pezzi tutti uguali, eh?
Touché. Kaito ridacchiò: con tre anni di
ritardo, ma ci era arrivata, eh? Tuttavia di certo non sospettava che, per
evitare i rischi dell’anno precedente, avesse inserito in quel gioiello un
piccolo incantesimo di protezione.
Spero
che questa fantomatica festa d’istituto valga la pena di aver rinunciato alla
festa che volevo fare io... ma guai a te se fai il cascamorto con le altre
ragazze, guarda che poi Sheridan me lo dice, e la prossima volta ti allego un pesce,
vivo!
Ancora
buon Natale, spero di sentirti presto.
Aoko
Kaito rabbrividì per un secondo alla
minaccia, ma sempre con il sorriso sulle labbra. La solita, vecchia Aoko. Se
solo avesse saputo...
La giornata trascorse tranquilla. Passarono
gran parte della mattinata nella Torre di Grifondoro, dove tutti si stavano
godendo i loro regali, poi tornarono nella Sala Grande per un pranzo sontuoso,
che comprendeva almeno cento tacchini e pudding di Natale, e montagne di
Cracker Magici.
Nel pomeriggio uscirono nel parco; la neve
era intatta, eccetto per i profondi solchi tracciati dagli studenti di Durmstrang e Beauxbatons per
salire al castello. Hermione decise di assistere alla battaglia a palle di neve
di Harry, Kaito e dei Weasley invece di prendervi parte, e alle cinque annunciò
che tornava su alla Torre a prepararsi per il ballo.
Ron la fissò incredulo: «Cosa, ti ci vogliono
tre ore? Con chi ci vai?»
Il ragazzo pagò la momentanea distrazione con
una grossa palla di neve lanciata da George, ma lei si limitò a sventolare la
mano, poi risalì i gradini di pietra e sparì nel castello.
Ron si tolse la neve dai capelli: «Assurdo,
non sono proprio riuscito a scoprirlo...»
I gemelli si lanciarono uno sguardo
d’intesa, che Kaito ben colse. Da quel momento iniziò ad essere il loro
bersaglio prediletto per la battaglia, e il prestigiatore seppe che più tardi
gli sarebbe toccato un bell’interrogatorio.
Non ci fu il tè di Natale quel giorno, dal
momento che il ballo comprendeva un banchetto, cosi alle sette, quando ormai era
difficile prendere bene la mira, tutti abbandonarono la battaglia a palle di
neve e tornarono insieme in Sala Comune. La Signora Grassa era seduta nella
cornice con la sua amica Violet del piano di sotto:
entrambe erano decisamente brille, e scatole vuote di cioccolatini al liquore
ingombravano la parte inferiore del quadro.
Quando le dissero la parola d'ordine,
ridacchiò: «Fuci Latate, è questa la parola
giusta!»
E scattò in avanti per lasciarli passare.
Fred e George, dopo essersi preparati per
la festa, scesero nel dormitorio del terzo anno.
«Senti... ma Kaito sapeva di questa festa?»
«Certo, sennò non restava!»
«No, non hai capito: a inizio anno lo sapeva?»
George guardò il fratello con aria confusa:
«Non penso... perché?»
«Avrà un abito per stasera?»
«Ehm... buona domanda... speriamo! In fondo
Kaito ha sempre un asso nella manica, no?»
Un po’ preoccupati, i gemelli bussarono
alla porta.
«Avanti!»
Fred e George entrarono, trovando Kaito
intento a sistemarsi la cravatta rossa.
«Kaito, ma quello...»
«... non è il vestito di Kaito Kid?»
Il prestigiatore sorrise: «Eliminando il
mantello, il cilindro e il monocolo, diventa un perfetto abito da sera. O non
va bene per il mondo dei maghi?»
George sorrise: «No, direi che è perfetto.»
Fred gli diede una gomitata: «Visto? Cosa
ti avevo detto? Kaito ha sempre un asso nella manica!»
«Ma piuttosto, Kaito...»
«... con chi vai al ballo?»
«Attenta che poi Aoko è gelosa...»
Kaito sorrise divertito: «È una sorpresa!»
«Ancora? Insomma, ormai al ballo mancano
pochi minuti!»
«Non lo diciamo né ad Aoko né a Sheridan,
se non vuoi...»
Il prestigiatore scosse la testa: «No, non
mi avete capito neanche voi. È una sorpresa anche per me, di preciso non lo so
nemmeno io!»
I gemelli furono presi in contropiede:
«Cosa?»
Il ragazzo allungò loro una lettera: «Ecco.
Mi è stata recapitata da un gufo poco più di una settimana fa. È da parte di
una studentessa di Durmstrang.»
Fred guardò la lettera incuriosito: «Perché,
la delegazione di Durmstrang si è portata dietro
delle ragazze?»
Kaito annuì: «Ce ne sono poche e di solito
stanno in disparte e non si fanno notare, ma ci sono. Se è per questo anche Beauxbatons ha degli studenti, subito adocchiati da
Nicole...»
«Ma se non sai chi è, come farai a
riconoscerla?»
«C’è scritto che si avvicinerà lei, e avrà
una fresia appuntata sull’abito. Ho fatto abbastanza lezioni di Erbologia per saper riconoscere quel fiore.»
George ridacchiò: «Hai capito il nostro
Kaito... »
«Sono o non sono un ladro gentiluomo? Ora
però ci converrà scendere o le nostre accompagnatrici inizieranno a
lamentarsi.»
La Sala Comune aveva un'aria strana, così
piena di ragazzi dai vestiti colorati invece della solita massa nera.
Arrivarono giusto in tempo per vedere Harry accompagnare Calì,
e Fred gli fece l'occhiolino quando gli passò davanti uscendo dal buco del
ritratto.
Anche la Sala d'Ingresso era stipata di
studenti che ciondolavano in attesa delle otto, quando le porte della Sala
Grande si sarebbero aperte. I ragazzi che dovevano incontrarsi con i partner di
Case diverse si facevano largo tra la folla, cercandosi. Kaito cercò con lo
sguardo la sua misteriosa accompagnatrice, ma non trovandola si rassegnò ad
entrare nella Sala da solo.
Il portone di quercia si aprì e tutti si
voltarono a guardare l'ingresso degli studenti di Durmstrang
con il professor Karkaroff. Krum
era in testa al gruppo, accompagnato da una ragazza carina vestita di azzurro
che aveva un’aria vagamente familiare. Kaito scrutò tutte le ragazze,
cercandone una senza accompagnatore, ma senza successo. Oltre le loro teste
vide che una parte del prato davanti al castello era stata trasformata in una
sorta di grotta piena di luci fatate: centinaia di fatine in carne e ossa erano
sedute nei cespugli di rose fatti apparire sul posto, e svolazzavano sulla
statua di Babbo Natale e le sue renne.
Vennero fatti entrare tutti ad esclusione
dei Campioni, e Kaito capì finalmente la sensazione di certe ragazze costrette
a fare da tappezzeria. Chissà cosa sarebbe successo se non fosse riuscito a
trovare la sua misteriosa accompagnatrice prima
che la McGranitt, che indossava un abito da sera scozzese rosso, e si era
sistemata una ghirlanda di cardi piuttosto bruttina attorno alla tesa del
cappello ed era quindi facilmente individuabile, lo sbattesse fuori dalla Sala,
magnifica in quella serata. Le pareti erano tutte coperte di brina d'argento
scintillante, con centinaia di ghirlande di edera e vischio che s'incrociavano
attraverso il nero soffitto stellato. I tavoli delle Case erano spariti; al
loro posto ce n'erano un centinaio più piccoli, illuminati da lanterne, e
ciascuno ospitava una dozzina di persone.
Una volta che tutti si furono sistemati
nella Sala Grande, la professoressa McGranitt disse ai Campioni e ai loro
accompagnatori di mettersi in fila a coppie e di seguirla. La Sala Grande
applaudì mentre facevano il loro ingresso e avanzavano verso un grande tavolo
rotondo all'altra estremità della Sala, dove avevano preso posto i giudici.
Kaito guardò incuriosito il corteo: oltre a Harry e Calì,
c’erano FleurDelacour e un
ragazzo che non conosceva, Cedric Diggory insieme a
una ragazza di Corvonero, ma soprattutto Victor Krum e...
«Hermione?»
Kaito per un secondo perse la sua faccia da
poker. Ecco perché si era rifiutata ostinatamente di rivelare a Ron l’identità del suo accompagnatore!
«Hai capito la ragazza? Zitta, zitta, e poi
si va a prendere un Campione straniero...»
Silente sorrise allegramente mentre i Campioni
si avvicinavano al suo tavolo, ma Karkaroff ostentava
un'espressione molto simile a quella di Ron mentre
guardava Krum e Hermione avvicinarsi. Ludo Bagman, che per l'occasione indossava una veste di un viola
acceso a grandi stelle gialle, batteva le mani con l'entusiasmo degli studenti;
e Madame Maxime, che aveva sostituito la sua solita
uniforme di satin nero con un abito dall'ampia gonna di seta color lavanda,
applaudiva educatamente. Ma il signor Crouch non
c'era. Il quinto posto del tavolo era occupato da Percy
Weasley. Fu mentre fissava incuriosito la combinazione di quel tavolo che si
sentì picchiettare una spalla.
«GospodinKuroba?»
Kaito si voltò trovandosi di fronte una
ragazza sui diciotto anni, coi capelli di un biondo platino liscissimi e degli
occhi blu cobalto molto profondi. Indossava uno stretto abito nero con un
profondo spacco, con dei guanti neri che le arrivavano fino ai gomiti. Fra i
capelli aveva una fresia dello stesso colore. Era più piccola di lui d’altezza,
ma decisamente carina.
Sorrise, facendole il baciamano: «Dobropozhalovat',miledi.»
La ragazza rispose con un segno della testa
e Kaito chiese: «Con chi ho l’onore di passare questa splendida serata?»
La ragazza le rispose con un marcato
accento russo: «Puoi chiamarmi semplicementeArseniya.»
«E allora per te questa sera sarò
semplicemente Kaito. Vieni, converrà sederci, stanno per cominciare.»
Kaito si accomodò sul primo tavolo che
trovò libero, occupato in gran parte da Tassorosso
del sesto anno, e fece accomodare Arseniya. I lucenti
piatti d'oro erano ancora vuoti, ma c'erano piccoli menu disposti di fronte a
ciascuno dei commensali. Kaito ne prese con curiosità uno, ma prima che potesse
decidere cosa ordinare, sentì la voce di Silente pronunciare: «Costolette di
maiale!»
E le costolette di maiale apparvero. Colto
il meccanismo, anche il resto della tavolata fece le sue ordinazioni ai piatti,
e così tutti gli altri.
Il tavolo dove si trovavano era stranamente
silenzioso. Nonostante tutti fossero accompagnati, Kaito non poteva non notare
come gli sguardi di tutti i ragazzi si posassero spesso su Arseniya,
con aria quasi rapita. Kaito non capiva: la ragazza non era certo brutta, ma le
altre ragazze al tavolo non erano da meno. Per di più lei beveva in
continuazione, forse aveva un po’ di mal di gola...
Durante la cena, Kaito chiese: «Posso farti
una domanda?»
Arseniya rispose: «Certo.»
«Come mai hai invitato proprio me?»
Arseniya, dopo un paio di secondi, gli sorrise
dolcemente: «Volevo tanto passare questa serata con un ragazzo di Hogwarts, e
ti ho notato ai pasti perché sei molto più alto dei tuoi compagni. Non pensavo
che accettassi.»
Kaito mantenne la sua faccia da poker, ma
quel sorriso che gli era stato rivolto non lo lasciava tranquillo. Aveva come
l’impressione che fosse falso, e tirato fuori con un evidente sforzo. Questo
inoltre, per quanto fosse ragionevole che avesse indirizzato un gufo a una
persona specifica a un tavolo specifico, non spiegava come avesse fatto a
venire a conoscenza del suo nome.
Quando tutto il cibo fu consumato, Silente
si alzò e chiese agli studenti di imitarlo. Poi, a un colpo di bacchetta, i
tavoli schizzarono via e si disposero lungo i muri, lasciando il pavimento
sgombro. Silente fece apparire una piattaforma sopraelevata lungo la parete di
destra. Sopra c'erano una batteria completa, parecchie chitarre, un liuto, un
violoncello e alcune cornamuse.
Le fantomatiche Sorelle Stravagarie
salirono sul palcoscenico salutate da applausi entusiasti; erano tutte
eccezionalmente irsute e vestite in lunghi abiti neri che erano stati
accuratamente strappati e lacerati. Presero gli strumenti, e i Campioni e i
loro accompagnatori si alzarono in piedi. Le Sorelle Stravagarie
attaccarono una melodia lenta e lugubre, e quasi subito Arseniya
chiese a Kaito: «Vuoi ballare?»
Il ragazzo accettò e l’accompagnò sulla
pista. La sua attenzione fu però attirata, più che dalla sua accompagnatrice,
dai conoscenti che ballavano vicino a lui. Harry sembrava voler scappare via da
un momento all’altro; Ginny strizzava gli occhi mentre Neville le pestava i
piedi; Silente volteggiava con Madame Maxime, ma la
sproporzione tra i due era tale che la punta del cappello di Silente
solleticava appena il mento di lei, nonostante lei si muovesse con molta grazia
per essere così robusta; Malocchio Moody era
impegnato in un goffo two-step con la professoressa Sinistra, che evitava nervosamente
la sua gamba di legno; Fred e Angelina ballavano con tanto entusiasmo che i
ragazzi attorno a loro si scostavano per paura di essere travolti.
Quasi di colpo si ricordò della persona che
aveva fra le braccia e le fece un sorriso cortese. Per un attimo il suo sguardo
fu attirato dalla fresia rossa fra i capelli di Arseniya.
Che strano, avrebbe giurato che durante
la cena fosse stata nera...
Al cambio di una canzone, la ragazza lo
strinse decisamente più stretto. Kaito rimase impassibile, ma il suo pensiero
andò immediatamente ad Aoko. Forse non era stata una grande idea accettare
quell’invito, chissà che idee si era messa in testa quella ragazza...
Fu un attimo. Il volto di lei scivolò sulla
sua spalla e gli sussurrò dolcemente: «Come
immaginavo, sei un ottimo ballerino, Kaito-kun,
giusto un po’ distratto... cerchi forse Aoko? Non è carino nei miei
confronti...»
Kaito dalla sorpresa sussultò e spinse
indietro la ragazza per poterla guardare bene in volto. Certo, la sua voce e il
suo volto non erano cambiati, ma il tono di quelle parole in giapponese e il
sorriso totalmente diverso che ora sfoggiava erano inconfondibili.
«A-A-Akako???»
La ragazza, con nonchalance, continuò a
trascinarlo nella danza, parlandogli in giapponese: «Te l’avevo detto che prima o poi ti avrei trovato e questa volta, a
giudicare dalla tua faccia, sono riuscita a sorprenderti. Niente male, direi.»
Kaito cercò di staccarsi: «Cosa ci fai qui?»
Akako lo strinse più forte: «Niente colpi di testa, mio caro... se mi
scoprono finiamo nei guai tutti e due, e lo sai bene... non ti resta che
continuare a ballare con me.»
Kaito sospirò, recuperando la sua faccia da
poker. Akako poteva benissimo inventarsi che l’aveva
fatta entrare lui al castello, e anche se fosse riuscito a dimostrare la sua
innocenza avrebbe passato un bel po’ di grane.
«La
mia domanda non cambia. Cosa ci fai qui?»
«Oh,
quanto sei diretto. Piuttosto, non ti complimenti con me? Ti ho fregato alla
grande!»
«Ti
concedo che davvero non pensavo riuscissi a infiltrarti qua dentro...»
«Grazie.
E per il travestimento?»
Kaito fece una smorfia: «Pozione Polisucco.
Hai continuato a berla durante la cena per farne durare l’effetto. Complimenti
per averne annullato la puzza, piuttosto dov’è la povera ragazza di cui hai
preso il posto?»
Akako lo guardò sorpresa: «Oh, avete già studiato la Pozione Polisucco?
Pensavo fosse più avanti nel programma!»
«Non
cambiare argomento e rispondimi.»
«Addormentata
nel vascello di Durmstrang. Le modificherò i ricordi
e le farò credere di aver partecipato davvero al Ballo.»
«Sei diabolica.»
«Grazie
per il complimento, Kaito-kun. E sul mio accento
russo? L’ho studiato per due settimane per ingannarti a dovere...»
Kaito la guardò serissima: « Cosa ci fai qui?»
Akako sorrise maliziosa: «Volevo strapparti un ballo a tua insaputa, e ci sono riuscita alla
grande.»
«Non
mi freghi. Non metteresti su un piano così elaborato per così poco. Avanti,
voglio la verità.»
Akako non rispose subito, continuò a volteggiare
ancora per qualche minuto, trascinandosi dietro un riottoso Kaito, che con la
coda dell’occhio poté notare altre cose curiose, come il professor Silente ballare
con la professoressa Sprite e Ludo Bagman fare il
baciamano alla professoressa McGranitt. Poi alla fine parlò.
«Ti
andrebbe di tornare a casa?»
Il prestigiatore la guardò serio: «In che senso?»
«Nel
senso di tornare in Giappone. Di frequentare la scuola di magia giapponese.»
Kaito ridacchiò: «Non posso! Me l’hai detto tu che è frequentata solo da bambini, no?»
«Sei
fuori età anche per Hogwarts e non mi pare che per te sia mai stato un problema
finora! Su, pensaci bene: niente più viaggi estenuanti, una visione della magia
più vicina alla tua cultura, una bella occasione di arricchimento culturale...ho parlato con i professori, potrebbero
darti lezioni private, senza farti frequentare con gli altri bambini, e
potresti persino tornare a casa a dormire tutte le sere!»
«Addirittura?
Ti sei data davvero da fare per arrivare al punto di contattare già la scuola!»
Akako non rispose, limitandosi ad abbassare lo
sguardo, ma Kaito quasi non lo notò, immerso nei suoi pensieri. Mahoutokoro...
In condizioni normali non sarebbe stata neanche una
cattiva proposta. Poter stare vicino ai suoi amici, ad Aoko, senza sempre dover
sparire per mesi... forse, se quella proposta gli fosse stata fatta l’anno
prima, ci avrebbe pensato molto seriamente.
Ma la situazione era cambiata. Innanzitutto aveva dei
buoni motivi per non avere questa smania di rivedere così in fretta la sua
famiglia, e di non voler riprendere subito i panni di Kid; anche la questione
dei viaggi non era più potenzialmente così incidente, con la Smaterializzazione
poteva arrivare ovunque in una frazione di secondo; e gli amici... aveva un
sacco di amici anche lì ad Hogwarts. Andarsene avrebbe significato abbandonarli
per sempre, mentre invece continuando a fare come aveva fatto fino a quel
momento bene o male era riuscito a mantenere i rapporti sia con la sua vita
giapponese che inglese.
Più di tutto, però, c’erano delle parole che gli
rimbombavano in testa.
«No,
no... non deve rimanere da solo o finirà nelle mani sbagliate. Non voglio che
mio figlio riceva un’educazione come la mia! Se finisce nelle mani di Mahoutokoro è perduto...»
Suo padre aveva fatto di tutto, letteralmente di tutto, per non farlo
andare in quell’istituto. Accettare la proposta di Akako
avrebbe significato tradirlo, e nonostante tutte le bugie che gli aveva
raccontato per tutta la vita, sapeva che l’aveva fatto perché gli voleva bene.
No, non si sentiva ancora pronto a voltare le spalle così al prestigiatore più
bravo del mondo, al suo idolo di sempre, a suo padre.
«Grazie
per la proposta, Akako, ma sto bene qui.»
«Sei
sicuro? Una proposta del genere potrebbe non arrivare mai più.»
«Lo
so, ma qui mi trovo molto bene.»
«E
Aoko? E me?»
Kaito sorrise: «Ormai so che sapete aspettare.»
Akako scivolò dalle braccia di Kaito e con un
sorriso triste fece per uscire dalla Sala Grande. Kaito le andò dietro, non
sapendo esattamente come potesse reagire la ragazza al suo rifiuto.
«Kitai
shimasu!Kitai shimasu!»
Poi, notando qualcuno che lo guardava male,
aggiunse in russo e in inglese: «Ozhidat'! Aspetta!»
Akako si fermò giusto sul portone d’ingresso,
guardandolo con aria malinconica, e continuando a parlare in giapponese: «No, Kaito, non posso fermarmi. Tu sai come
mi sono infiltrata qui, e sai che non posso aspettare. Ci sentiremo ancora.»
Kaito guardò l’orologio dell’ingresso. Era
già passata un’ora da quando avevano cominciato a ballare?
Con un gesto della bacchetta, Akako fece comparire fra le mani di Kaito una rosa gialla. Gelosia.
«Grazie
per la bella serata. Do svidaniya. Sayonara.»
E corse via nel parco, prima che Kaito
potesse inseguirla. Per un momento Akako maledisse il
fatto che dentro Hogwarts non ci si potesse smaterializzare, o avrebbe avuto un
metodo sicuro per essere certa che Kaito non la seguisse. Mentre correva, fra i
suoi capelli cominciarono ad apparire ciocche scure e il suo volto cominciò ad
assumere tratti orientali che male si abbinavano al resto. Non fu facile
continuare a correre mentre il corpo subiva una metamorfosi, ma quando rientrò
nel vascello di DurmstrangAkako
era già tornata se stessa. Sospirò, mentre con un rapido movimento della
bacchetta si cambiava d’abito. Non era stato facile, neanche un pochino. Dopo
aver ripreso un attimo fiato, andò a controllare come stesse la vera Arseniya, e come aveva promesso le modificò nel sonno i
ricordi, per darle almeno l’illusione di aver passato una bella serata con un
misterioso ragazzo orientale... bello e
coraggioso, così coraggioso da essersi presentato al ballo vestito da Kid...
quanto le aveva sussultato il cuore quando l’aveva visto... aveva dovuto
aspettare un po’ di tempo per avvicinarlo proprio per recuperare la calma e il
controllo di sé.
Come da accordi, Akako
si diresse verso l’ufficio di Karkaroff. Era in
anticipo, lo sapeva, ma avrebbe atteso. Kaito non aveva tutti i torti, in quel
periodo persino lei aveva imparato ad aspettare. Sospirò ancora. Nonostante
tutto... nonostante tutto era così felice che Kaito avesse rifiutato la sua offerta...
Come
da tradizione, tre settimane prima di Natale, la sua annata di ex studenti
della Mahoutokoro si ritrovava per una cena, per salutarsi e per
informarsi a vicenda degli ultimi e rispettivi sviluppi in campo magico. E come
da tradizione la tavolata era presieduta da colui che li aveva indirizzati nel
loro percorso di studi, il preside Nabe,
che persino in quell’occasione informale continuava a riservarsi un ruolo di
comando e controllo, dando la parola a ognuno e facendo domande ben precise
sulle loro vite private. Akako era sempre felice di
quelle cene, dove poteva essere se stessa senza remore, circondata da altre
persone che, per la maggior parte, amavano come lei le Arti Oscure.
Il preside Nabe, a un certo punto,
si rivolse a lei: «Allora, Koizumi, hai poi trovato notizie precise sulla
localizzazione di Hogwarts?»
La ragazza ne rimase sorpresa, poi sorrise: «Vedo che come
sempre non le sfugge nulla, preside.»
L’uomo le restituì il sorriso mellifluo: «Infatti. Era una
ricerca piuttosto interessante, e me ne sono giunte voci. Hai fatto progressi?»
«Purtroppo no, signore.»
«Peccato... ma, se posso chiedere, come mai t’interessava
tanto?»
Akako trattenne un sospiro. La cortesia mostrata dal preside era
poco veritiera, la ragazza sapeva benissimo di non potersi sottrarre alla
domanda, come sempre.
«Un mio conoscente è stato iscritto in quell’istituto, e la
cosa mi è parsa strana, essendo giapponese... semplice curiosità.»
Gli occhi di Nabe si accesero di una
vivida luce: «Hai ragione, effettivamente è piuttosto strano... come si
chiama?»
Akako fu combattuta per qualche secondo. La curiosità del preside
non era un bel segnale, ma non aveva altra scelta. Era sua abitudine condire le
sue cene con abbondanti dosi di Veritaserum, e tutti
lo sapevano bene.
«Kaito Kuroba.»
L’uomo rimase sovrappensiero per un po’: «Kuroba, eh?»
Per il resto della cena non ripresero più l’argomento, ma
appena prima di andarsene Akako venne fermata dal
preside.
«Koizumi, potresti venire un attimo nel mio ufficio?»
Ecco come si era
ritrovata dall’altra parte del mondo, nell’ufficio di Karkaroff,
vecchio amico di Nabe, a dover fare una proposta che
lei non si sarebbe mai sognata di fare. Sospirò ancora, trattenendo una lacrima.
Kaito purtroppo non avrebbe mai capito, e forse se l’era inimicato una volta di
più, proprio nel momento in cui avevano ricominciato ad andare più d’accordo.
George, rimasto senza accompagnatrici, vide
Kaito avviarsi verso la scalinata.
«Kaito! Ehi, Kaito!»
«Ciao, George. Tutto bene?»
«Quello lo chiedo a te! Come mai vai via
così presto?»
Il prestigiatore si limitò ad agitare la
rosa gialla che gli era rimasta in mano: «La mia accompagnatrice mi ha appena
dato buca.»
«La misteriosa studentessa di Durmstrang?»
Kaito sorrise tristemente: «Ne avessi
azzeccata una... non era misteriosa, non era di Durmstrang
e non era neppure una studentessa!»
George era sempre più confuso: «Che... che
significa?»
«Vorrei saperlo pure io. L’ultima cosa che
mi sarei aspettato di trovarmi qui era una visita da casa.»
«Non capisco.»
Il ragazzo sospirò, visibilmente stanco:
«Neppure io. Ti spiace se ne riparliamo domani? Magari mi sarò chiarito un po’
le idee, ora ho davvero bisogno di dormire.»
«D’accordo.»
«Vai a goderti la festa, ok? Sto bene.»
«Come preferisci. Buonanotte, allora.»
«Buonanotte.»
Il ragazzo salì la gradinata e, appena fu
sicuro che nessuno fosse nei paraggi, si smaterializzò direttamente nel
dormitorio del terzo anno. In due secondi netti si cambiò d’abito, per poi mettersi
a letto. Aveva rinunciato alle sue vacanze per stare lontano dai suoi soliti
pasticci, e poi questi l’avevano inseguito fin lì. Che strano destino...
Osservò ancora una volta la rosa che gli
aveva lasciato Akako. Già, Akako...
era stata strana. Forse non più strana del solito, ma lo era stata in modo... diverso, seppure non sapesse spiegare
neppure a se stesso come. Aveva l’impressione che gli stesse sfuggendo qualcosa
di grosso, forse dopo una dormita gli si sarebbero schiarite le idee.
Con un gesto della mano fece sparire la
rosa e chiuse gli occhi. Quando gli altri Grifondoro tornarono dal Ballo del
Ceppo, si era già addormentato da un pezzo.
E rieccomi! Mi dispiace tantissimo che sia passato così tanto
tempo dall’ultimo aggiornamento, purtroppo il lavoro, qualche problema e un
piccolo blocco creativo su questa storia mi hanno rallentato più di quanto
avrei voluto. Ho cercato di tenermi comunque attiva nella scrittura (se vi
piacciono storie fantastiche, i romanzi di Miss Peregrine, i Pokémon e prossimamente su questi schermi Animali
Fantastici e dove trovarli buttate un occhio alla mia pagina), e spero di
riuscire a ritornare al vecchio ritmo. Sappiate sempre che non ho intenzione di
abbandonare questa storia.
Se volete approfondire qualcosa su questo capitolo, fate una ricerchina sul linguaggio dei fiori, potreste scoprire
notizie interessanti...
Intanto ringrazio come sempre chi ha commentato, ovvero fenris, mergana, Valedd32,
_happy_04, sophi33, Lunaby e Tsuki
no Sasuke.
Prossimo capitolo? I Malandrini torneranno in azione per aiutare
un paio di persone in difficoltà...
La professoressa Burbage
sorrise soddisfatta: «Ottimo lavoro con quei circuiti elettrici, ragazzi! Ora
saremo in grado di parlare della tecnologia babbana...»
I vari studenti salutarono educatamente
l’insegnante e si allontanarono dall’aula, mentre Kaito venne trattenuto ancora
per un attimo.
«Grazie per avermi procurato questo
interessantissimo libro babbano.»
Il ragazzo sorrise: «Non è nulla, è solo un
libro di scuola superiore.»
«Sto pensando di andare ad acquistare altri
libri scolastici, sono molto pratici.»
«Mi sembra una buona idea. Adesso mi scusi,
ma devo proprio andare.»
«Certo, certo. Arrivederci, Kuroba.»
Il ragazzo sospirò, uscendo dalla stanza.
In un certo senso quelle lezioni erano per lui inutili, ma d’altra parte era un
modo come un altro per avere un contatto con il mondo che lo attendeva a casa e
che a volte gli mancava più che mai. Salì le scale di corsa, per tornare in
fretta nella Sala Comune, ma al settimo piano si ritrovò i Malandrini con un
foglio in mano e una faccia da funerale.
«Ragazzi, che succede?»
George non rispose, limitandosi a porgere
il foglio. Era una pagina di giornale.
L'ERRORE GIGANTESCO DI SILENTE
Albus Silente, eccentrico Preside della Scuola
di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non ha mai avuto paura di fare scelte
discutibili in fatto di personale docente, scrive Rita Skeeter, inviato
speciale. A settembre di quest'anno ha assunto Alastor «Malocchio» Moody, il noto ex Auror
iettatore, per insegnare Difesa contro le Arti Oscure, una decisione che ha
fatto aggrottare molte fronti al Ministero della Magia, data la ben nota
abitudine di Moody di aggredire chiunque faccia un
movimento brusco in sua presenza. Malocchio Moody,
comunque, sembra gentile e responsabile, se confrontato con il semiumano che
Silente ha assunto per insegnare Cura delle Creature Magiche.
Rubeus Hagrid, che ammette di essere stato
espulso da Hogwarts al terzo anno, da allora si gode il posto di guardiacaccia,
lavoro garantitogli da Silente. Lo scorso anno, però, Hagrid ha fatto uso della
sua misteriosa influenza sul Preside per assicurarsi anche il posto di
insegnante di Cura delle Creature Magiche, davanti a parecchi candidati con
migliori credenziali.
Hagrid,
decisamente enorme e feroce di aspetto, ha usato l'autorità da poco acquisita
per terrorizzare gli studenti a lui affidati con una successione di orrende
creature. Mentre Silente finge di non vedere, Hagrid ha causato menomazioni a
parecchi allievi durante una serie di lezioni che molti ammettono essere state
«decisamente spaventose». «Io sono stato aggredito da un Ippogrifo, e il mio
amico Vìncent Tiger si è preso un brutto morso da un
Vermicolo» dichiara Draco Malfoy, uno studente del
quarto anno. «Tutti quanti detestiamo Hagrid, ma abbiamo troppa paura per
parlare».
Hagrid
non intende comunque porre fine alla sua campagna intimidatoria. Nel corso
della sua conversazione con un inviato della Gazzetta del Profeta il mese scorso, ha ammesso di allevare
creature che ha battezzato «SchiopodiSparacoda»: si tratta di un incrocio altamente pericoloso
tra una Manticora e un Fiammagranchio. La creazione
di nuove razze di creature magiche è, come tutti sanno, un'attività generalmente
tenuta sotto stretto controllo dall'Ufficio Regolazione e Controllo delle
Creature Magiche. Hagrid, a quanto pare, si considera al di sopra di queste
futili restrizioni.
«Mi
stavo solo divertendo un po'» ha dichiarato prima di cambiare argomento in fretta
e furia.
Come
se non bastasse, la Gazzetta
del Profeta ha ora scoperto le prove del fatto che Hagrid non è - come
ha sempre finto di essere - un mago purosangue. In effetti non è nemmeno un
umano purosangue. Siamo in grado di rivelare in esclusiva che sua madre è
nientemeno che la gigantessa Fridwulfa, il cui
domicilio è attualmente sconosciuto.
Sanguinari
e violenti, i giganti sono arrivati alla soglia dell'estinzione combattendo gli
uni contro gli altri nel corso dell'ultimo secolo. I pochi superstiti si sono
uniti a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, e si sono macchiati di alcune delle
più terribili stragi di Babbani del suo regno di
terrore.
Mentre
molti dei giganti che hanno servito Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sono
stati uccisi dagli Auror in lotta contro il Lato
Oscuro, Fridwulfa non era tra di loro. È possibile
che sia fuggita in una delle comunità di giganti ancora esistenti tra monti
stranieri. Se le sue bizzarrie nel corso delle lezioni di Cura delle Creature
Magiche significano qualcosa, comunque, il figlio di Fridwulfa
sembra aver ereditato la sua natura violenta.
Per
un bizzarro scherzo del fato, Hagrid pare aver stretto una salda amicizia con
il ragazzo che ha provocato la caduta di Voi-Sapete-Chi, costringendo di
conseguenza la propria stessa madre, come il resto dei sostenitori di
Voi-Sapete-Chi, a nascondersi. Forse Harry Potter non conosce la sgradevole
verità sul suo grosso amico: ma Albus Silente certo
ha il dovere di garantire che Harry Potter, con i suoi compagni, sia messo in
guardia contro i pericoli che corre chi frequenta Mezzigiganti.
Sheridan era molto abbattuta: «Edizione
serale della Gazzetta del Profeta, credo che Aoko ne abbia una copia anche per
te...»
Kaito era semplicemente sconvolto: «Rita Skeeter! Ancora lei! Ma con tutte le idiozie che scrive c’è
qualcuno che la segue?»
Fred sospirò: «Moltissime persone, anche
insospettabili, credono più a lei che a Silente.»
George annuì: «Tra cui nostra madre, che ci
ha già chiesto di dis-iscriverci da Cura delle
Creature Magiche.»
Kaito continuava a rileggere l’articolo
scuotendo la testa: «È... è assurdo! Conosciamo Hagrid da anni, non è
assolutamente nulla di quanto descritto in questo articolo!»
Sheridan fece una smorfia: «Forse Mezzogigante sì, però, questo dovrai ammetterlo.»
Il prestigiatore sbarrò gli occhi
sconvolto: «E allora? Conosco babbani, maghi, streghe, fantasmi, folletti, Lupi Mannari, Animagus, Basilischi, SchiopodiSparacoda, detective, bambini super intelligenti, fan girl
assatanate, Gazza e MrsPurr,
non mi pare che sia un problema aggiungere alla lista anche un Mezzogigante! Credete davvero ancora alle fiabe con gli
orchi che mangiano i bambini?»
Fred si rese subito conto che l’amico non
era in grado di comprendere la gravità della situazione: «Forse per te è più
facile proprio perché vieni dal mondo babbano, ma per
un mago la cosa è più complicata... vedi, i Giganti hanno causato veramente
molte vittime nella comunità magica e babbana.»
Kaito arrotolò il giornale nervosamente:
«Ma è Hagrid! Lui ha mai fatto qualcosa di male? Non è neppure colpevole della
propria espulsione! È ingenuo, vive in un mondo tutto suo fatto di bestie
brutte e qualche volta pericolose, ma per i suoi studenti e amici è pronto a
sacrificare se stesso.»
Fred annuì con un sorriso triste: «Lo
sappiamo benissimo.»
Ripensò per un momento a quel giorno di tre
anni prima, quando incontrò Hagrid all’aeroporto.
«Oh, Kaito, eccoti finalmente! E non osare mai più chiamarmi signore,
chiaro? Sono Rubeus Hagrid, custode delle chiavi e
dei luoghi di Hogwarts!»
«Ma avete tutti dei titoli così lunghi?»
«Nonostante il titolone, sono solo il guardiacaccia! E mi puoi chiamare
tranquillamente Hagrid, come fanno tutti! Il professor Silente mi ha parlato
molto bene di te, mi ha detto che sei uno in gamba…»
«Mi fa piacere!»
«… e che devo convincerti dell’esistenza della magia portandoti a Diagon Alley, altrimenti non verrai a Hogwarts! È una
grossa responsabilità, ma io sono l’uomo di fiducia del preside e non mi tiro
indietro! Avanti, allora, andiamo!»
Ed aveva mantenuto la parola, non si era
mai tirato indietro. Fino a quel momento.
George disse: «Infatti abbiamo risposto a
mamma che non ci interessa cosa scrive Rita Skeeter,
ma solo quello che abbiamo vissuto con lui.»
Sheridan alzò le spalle: «I miei non seguono
la Gazzetta, quindi non credo ci siano problemi.»
Kaito sorrise, cercando di recuperare la
sua faccia da poker e porgendo loro le mani: «Che ne dite di fare una veloce
visitina ad Hagrid, per vedere come sta?»
In un attimo i quattro si ritrovarono davanti
alla porta della capanna di Hagrid. Tutte le tende erano tirate e
s’intravvedeva solo la luce del caminetto.
Dopo un momento di esitazione, Kaito bussò
alla porta: «Hagrid?»
Nessuna risposta. Riprovarono tutti, a
turno, ma l’omone non rispose mai. Un po’ amareggiati, tornarono indietro,
smaterializzandosi tutti in quell’aula abbandonata che spesso usavano come
punto d’incontro. Kaito li lasciò andare e si buttò a sedere su un banco, un
po’ corrucciato: «Me l’aspettavo, ma speravo che Hagrid fosse più forte di due
parole su questa carta straccia.»
Futago sospirò: «Te l’avevo detto, Mangetsu, per i maghi la questione è più delicata.»
Il gemello continuò: «Un po’ più di un
secolo fa ci fu una guerra fra giganti che fu una vera e propria catastrofe: babbani uccisi, villaggi distrutti, giganti e mezzo giganti
che si trucidavano tra loro con la forza fisica o con la magia... oltre a
questi danni materiali, ci furono anche gli ovvi problemi di segretezza.
Insomma, un gigante è... bè... gigante, lo
vede anche un babbano! Pensa a tanti giganti che si combattono!»
Momoka concluse: «Anche se la situazione si è
calmata, i pregiudizi sui mezzo giganti sono rimasti, anche in virtù della
natura non proprio pacifica del genitore.»
Mangetsu sbuffò: «E figurati se i pregiudizi
spariscono...»
Una voce, accompagnata da una risata
stridula, fece trasalire Kaito e Sheridan: «Già... non sono mica fantasmi!»
I gemelli, invece sospirarono rassegnati:
«Ciao Pix! Anche tu da queste parti?»
Il poltergeist comparve in mezzo alla
stanza: «Oh, io sono ovunque si complotti...»
Kaito alzò gli occhi al cielo. Non aveva
avuto troppe occasioni per interagire con Pix, ma la
sua fama era rinomata, e i suoi scherzi malandrini
ancora di più.
«... e voi quattro complottate veramente
tanto! Siete divertenti voi Malandrini!»
Uno sguardo preoccupato passò fra gli occhi
di tre Malandrini su quattro. Se Pix era a conoscenza
delle loro attività, tutto il loro lavoro era potenzialmente a rischio. Kaito,
come sempre, mantenne la sua faccia da poker, anzi, sorrise persino divertito.
«Allora, Pix,
cosa vuoi da noi? Se ci segui da così tanto tempo e non ci hai detto o fatto
niente finora, significa che qualcosa è cambiato.»
Pix fece un inchino molto sgraziato: «Non ti
si può nascondere nulla, Mangetsu. Mi servirebbe un
aiutino per un bello scherzo che voglio fare a Gazza, e penso che voi possiate
darmelo.»
«In cambio del tuo silenzio.»
«In cambio del mio silenzio e di un nome in
codice!»
Kaito alzò un sopracciglio, divertito: «Non
pensavo ti interessassero queste cose!»
Il poltergeist ridacchiò: «Mi interessa
tutto ciò che è divertente.»
Fred e George si scambiarono uno sguardo
d’intesa e proposero in coro: «Abbiamo un’offerta ancora migliore!»
Pix si sfregò le mani: «Sentiamo!»
«Se ce lo chiedi, ti copriremo per i tuoi
scherzi...»
«... ma se te lo chiediamo, tu farai lo
stesso per i nostri.»
Sheridan annuì: «Mi pare un buon affare. Ci
stai?»
Pix afferrò le mani di tutti i presenti:
«Andata! Allora, il mio nome da Malandrino?»
Kaito ci pensò un po’ su, poi rispose: «Gōsuto. Significa fantasma in giapponese, ma non c’è un vero e proprio nome per il
poltergeist, credo sia quello che si avvicini di più...»
Pix alzò le spalle: «Va bene. Vi darò presto
mie notizie!»
E sparì ridacchiando sguaiatamente. Rimasti
soli, i Malandrini sospirarono.
«Perché ho l’impressione di aver appena
fatto l’idiozia più grossa della mia vita?»
«Forse no. Con tutto quello che abbiamo in
programma un aiuto in più penso possa servire.»
Sheridan scosse la testa: «Che abbiamo in agenda
oltre l’aiutare i Campioni e Hagrid?»
Kaito fece un’espressione estremamente
malandrina: «E una vendetta contro la Skeeter?»
Momoka lo guardò sorpresa: «Ma Mangestu! Quello era compreso nel pacchetto di aiuto ad
Hagrid!»
I gemelli risero: «E allora direi che siamo
a posto.»
Qualche giorno dopo Kaito, Sheridan,
Stephen, Ginny e Colin si avviarono verso la capanna di Hagrid. Le lezioni di
Cura delle Creature Magiche non erano mai state annullate, nonostante il
guardiacaccia non fosse mai uscito dalla sua casupola. Kaito era estremamente
preoccupato, era andato ogni giorno a controllare che l’amico stesse bene,
persino quando aveva saltato l’uscita ad Hosmegade
per studiare, ma non aveva mai avuto risposta e piombargli direttamente in
casa, per quanto fosse in suo potere, gli sembrava anche tremendamente
maleducato e irrispettoso.
Sheridan sembrava abbattuta: «Secondo te
questa volta verrà a farci lezione?»
Ginny scosse la testa: «Penso ci sarà
ancora la supplente...»
Stephen fece una smorfia: «Se Hagrid non
esce nemmeno per controllare gli Schiopodi, allora la
situazione è proprio grave.»
Colin invece non disse nulla, stringendo
con forza la sua borsa. Kaito non poté non notare la stranezza del suo
comportamento. Nessun commento, nemmeno sulla possibilità di poter fare qualche
foto?
Non ci fu però il tempo di approfondire,
perché davanti alla capanna si ritrovarono una vecchia strega coi capelli grigi
tagliati cortissimi e il mento molto pronunciato.
«Muovetevi, allora, la campana è suonata
cinque minuti fa.»
Ormai avevano imparato a conoscere lo stile
della professoressa Caporal, quindi i Grifondoro si affrettarono a
raggiungerla. L’insegnante avanzò lungo il recinto degli enormi cavalli di Beauxbatons, che tremavano di freddo, mentre gli studenti
le andavano dietro in silenzio, in fila indiana, come paperelle
dietro alla mamma. Qualcuno lanciò uno sguardo malinconico alle proprie spalle,
come per controllare se Hagrid si fosse affacciato alla finestra, ma poi
sospirando tornarono a seguire la nuova docente. Si fermarono solo quando
giunsero a un albero al limitare della Foresta, dov'era legato un grosso,
bell'esemplare di unicorno. Un coro di ammirazione si levò dalle ragazze. L'unicorno
era di un bianco cosi splendente che a confronto la neve sembrava grigia.
Grattava il suolo nervosamente con gli zoccoli d'oro, gettando indietro la
testa cornuta.
La professoressa Caporal tese un braccio «I
ragazzi stiano indietro! Preferiscono il tocco femminile, gli unicorni. Le
ragazze davanti, e avvicinatevi con cautela. Avanti, adagio!»
Lei
e le ragazze avanzarono lentamente verso l'unicorno, lasciando i ragazzi
indietro, vicino alla staccionata, a guardare.
Kaito rifletté ad alta voce: «Che strano,
anche Harry mi aveva parlato di unicorni... ci fanno la stessa lezione?»
Stephen alzò le spalle: «Evidentemente la
professoressa avrà ritenuto che fossero indietro col programma.»
Il prestigiatore rimase un attimo in
silenzio, poi trasalì. Il compagno lo guardò preoccupato: «Che succede?»
«Ragiona per un momento, Stephen! Abbiamo
davanti a noi una creatura magica bellissima, rara da vedere e immobilizzata...
non ti sembra che manchi qualcosa?»
Il ragazzo non rispose, sempre più
perplesso e Kaito sussurrò all’orecchio: «Un
flash, ad esempio?»
Solo a quel punto Stephen capì e sbarrò gli
occhi: «Dov’è Colin?»
Il prestigiatore sospirò: «Aspetta qui, lo
vado a cercare.»
«Vengo anch’io.»
«No, se spariscono tutti i Grifondoro la
Caporal se ne accorgerà! E poi sono abituato a mettermi nei guai, tu cerca di
tenerti la fedina penale pulita finché puoi.»
Stephen, riluttante, annuì: «D’accordo.»
E con nonchalance Kaito arretrò sempre di
più, fino a sparire alla vista della Caporal, poi si voltò e si mise a correre.
Dove poteva essere andato Colin? Cosa poteva esserci di più interessante di un
unicorno da fotografare?
Un grido lo fece trasalire. Proveniva dalla
foresta. Senza riflettere ulteriormente, Kaito si diresse da quella parte. Un altro
grido gli confermò i suoi peggiori timori.
«Colin!»
Il grido aumentò ancora, per poi placarsi
di colpo. La faccia da poker di Kaito fu messa a durissima prova in quei pochi
secondi necessari a fargli raggiungere la zona, ma quello che vide lo lasciò
per un attimo immobilizzato. Colin era a terra, spaventato, mentre Hagrid
allontanava a forza un ragno grande come il ragazzino. La macchina fotografica
era stata spiaccicata su un albero come una frittella.
D’istinto Kaito afferrò la bacchetta e
gridò: «WingardiumLeviosa!»
Il ragno si sollevò da Hagrid e rimase a
fluttuare a mezz’aria, agitandosi un po’. Per un paio di secondi sembrò che
qualcuno avesse premuto il pulsante del fermo immagine, poi Kaito sospirò:
«State bene?»
Colin annuì in modo frenetico e Hagrid
rispose sommessamente: «Sì, grazie.»
Il prestigiatore rispose con calma: «Bene.
Hagrid, come posso fare atterrare questo ragno senza che ci salti nuovamente
addosso?»
«Basterà uscire dalla Foresta, ci considera
intrusi nel suo territorio. O almeno, considera voi due degli intrusi nel suo
territorio, mi conosce ma non si fida di voi.»
«D’accordo. Colin vieni, andiamo via.»
Il ragazzino si alzò e velocemente si
allontanò, mentre Kaito arretrava lentamente, mantenendo l’incantesimo. Non
appena Hagrid diede il segnale, il prestigiatore lasciò andare il ragno, che
zampettò via velocemente. Il tempo di tirare un sospiro di sollievo e si voltò
subito verso Colin: «Cos’è successo?»
Il ragazzo sembrava sull’orlo di una crisi
di pianto: «Io... io volevo solo aiutare Hagrid a stare un po’ meglio... ho
pensato che se rimaneva sempre chiuso in casa magari non sapeva come stessero
gli animali, così volevo fotografarli e passargli le foto da sotto la porta...»
Hagrid si avvicinò, mentre Colin continuava
a parlare, come un fiume in piena: «Sono andato dagli SchiopodiSparacoda ed è andato tutto bene, così ho provato ad
avvicinarmi alla Foresta... non volevo avventurarmi troppo, ho fatto attenzione
a non perdermi, ma non ho pensato che il flash potesse spaventare quel ragno...
poi Hagrid deve avermi sentito urlare, è uscito e...»
Senza lasciargli il tempo di concludere, il
guardiacaccia lo sollevò di peso e lo strinse a sé con delicatezza: «Grazie. È
stato un pensiero bellissimo, ma non ti devi mai più metterti in pericolo per
me.»
Colin ricambiò l’abbraccio: «E tu non devi
chiuderti in casa, non è giusto, non hai fatto niente di male.»
Senza lasciarlo Hagrid rispose: «Lo so, lo
so... ci sono venuti Harry, Ron, Hermione e persino
il professor Silente ieri sera a dirmelo... ma ero ancora un po’ indeciso.»
Kaito si decise a intervenire: «E adesso?»
Finalmente il guardiacaccia tornò a posare
Colin a terra: «Adesso so che a voi ci servo ancora.»
Il piccolo Canon lo guardò speranzoso:
«Tornerai a fare lezione?»
Hagrid annuì: «Ora vi conviene tornare, o
finite entrambi in punizione. Ci vediamo dopo in Sala Grande.»
«Lo prometti?»
«Promesso. Andate, andate.»
Colin tornò sui suoi passi con un
sorrisone, incurante della perdita della sua macchina fotografica, e il
prestigiatore gli andò dietro.
«Ah, Kaito?»
Il ragazzo si voltò: «Sì?»
Hagrid aveva l’aria un po’ imbarazzata: «Grazie
anche a te.»
Kaito alzò le spalle: «Figurati, per un WingardiumLeviosa...»
Il guardiacaccia scosse la testa: «Per
essere venuto tutti i giorni a trovarmi anche se non ti aprivo mai.»
Kaito gli rivolse un sorriso malinconico:
«Tu mi hai fatto entrare in questo mondo, farti tornare fra noi era il minimo.
Per fortuna sei uscito prima che tentassi di scassinare la porta.»
E con un cenno della testa da parte di
entrambi si congedarono.
Sheridan abbassò il libro mentre,
finalmente, Colin, Kaito e Stephen tornavano nel dormitorio, completamente
sporchi da qualcosa di indefinito ma sicuramente puzzolente e non piacevole.
«Bentornati. Tutto bene?»
Stephen fece una smorfia: «Non ho capito
perché la Caporal ha messo in punizione pure me.»
Kaito sospirò: «Perché sei un pessimo
alibi. Metterti a balbettare mentre ti chiedeva dove fossimo finiti era la cosa
peggiore che potessi fare.»
Il compagno arrossì, tanto che le sue
lentiggini quasi scomparvero: «Non sono bravo a mentire se mi prendono di
sorpresa...»
Colin chiese: «Hagrid c’era a pranzo?»
Sheridan sorrise: «Sì, è venuto.»
Kaito si stiracchiò: «E allora è valsa la
pena strigliare e sistemare le stalle dei cavalli di Beauxbatons.
Io vado a darmi una lavata!»
Sheridan lo fermò e gli sussurrò: «Ah, a
proposito di bagno... dopo riunione extra dei Malandrini.»
Kaito la guardò di storto: «E che c’entra
il bagno?»
«Lo scoprirai.»
Dopo l’indispensabile ripulita e la gradita
cena, Fred, George e Kaito pendevano dalle labbra di Sheridan.
«Mentre voi eravate... impegnati, oggi pomeriggio...»
Futago diede una gomitata a Mangetsu:
«Tu cosa facevi di bello?»
«Spalavo il letame dei cavalli di Beauxbatons per aver salvato Colin da un ragno gigante
nella Foresta.»
Soseiji lo guardò ammirato: «Wow, abbiamo un eroe
tra noi! Sì, bè, a parte la questione del letame...»
Mangetsu alzò gli occhi al cielo divertito: «E
voi?»
«Lanciavamo Caccabomba
nei sotterranei per distrarre Gazza e permettere a... Gosuto,
giusto?»
Kaito sospirò, decidendo di lasciare
perdere la pronuncia: «Sì, il soprannome di Pix è
quello.»
«A Pix, appunto,
di smontare tutte le armature del quarto piano per creare la riproduzione in
scala 1:1 di un Erumpent e dare la carica ai
poveracci che passavano di lì... piuttosto divertente, devo ammetterlo.»
Momoka tossicchiò nervosamente e tutti i maschi
si zittirono.
«Grazie. Dicevo, mentre eravate impegnati,
chi in un modo, chi nell’altro, io ho trovato il modo di aiutare Harry.»
Kaito la guardò sorpresa: «Davvero? E come
hai fatto?»
La ragazza li guardò con aria veramente
malandrina e soddisfatta: «Ho pedinato FleurDelacour mentre armeggiava con l’Uovo d’oro. Ah, Kaito,
spero che non ti dispiaccia, per passare inosservata ho preso dal tuo baule una
parrucca e una delle tue maschere.»
I gemelli si guardarono ridendo: «Ehi,
attenzione! Ha rubato a un ladro!»
«Brutto colpo per Kaito Kid, signori!»
Il prestigiatore li guardò con aria
fintamente arrabbiata, poi rispose: «Hai fatto bene, te le avrei date io se ci
fossi stato. Cos’hai scoperto?»
«L’uovo va aperto in acqua, in questo modo
i versi striduli che emette normalmente si trasformano in un canto melodioso
che contiene indizi.»
«Hai sentito cosa ha detto?»
Momoka arrossì leggermente: «Purtroppo il
messaggio era in francese, e io in quella lingua conosco giusto buon jour...»
Mangetsu schioccò le dita per disappunto:
«Accidenti, se ci fossi stato lo avrei tradotto senza problemi... non ti
ricordi proprio nulla?»
La ragazza scosse la testa e Futago rifletté: «Bè, in fondo ha senso, hanno
personalizzato l’Uovo per ogni Campione. Probabilmente solo quelli di Diggory ed Harry sono uguali.»
Soseiji sbottò: «Bè, cominciamo a dire questo ad
Harry, poi probabilmente troverà un modo per capire cosa gli verrà detto, alla
peggio può chiedere a noi, oppure ancora meglio ad Hermione.»
«Che facciamo, andiamo e glielo diciamo
così?»
Fred scosse la testa: «Credo che qualcosa
abbia intuito da solo, perché l’ho sentito complottare con Ron
per uscire domani notte per andare al bagno.»
Kaito ridacchiò: «E se ci limitassimo a
dargli un... libretto d’istruzioni? Giusto
per essere sicuri.»
Sheridan lo guardò di storto: «Vuoi
stampare un manuale?»
«No, voglio fornirgli qualcuno in grado di
fargli un bel tutorial.»
George alzò le spalle: «Ok, chi va?»
«Nessuno di noi. Ron
ha parlato di un bagno, vero?»
«Sì...»
George sbarrò gli occhi: «Ho capito!»
Il prestigiatore fece un occhiolino:
«Aspettatemi un attimo, vado a fare una visitina al bagno delle ragazze al
secondo piano e torno subito.»
Nel giro di dieci minuti Kaito riapparì con
aria soddisfatta: «Ecco fatto! Mirtilla ci farà volentieri da complice,
dopotutto anche lei ci tiene ad Harry.»
Fred era leggermente perplesso: «Saprà
recitare bene la parte o dirà che glielo abbiamo detto noi?»
Mangetsu scoppiò a ridere: «Non conosco nessuno con
un talento teatrale drammatico grande come quello di Mirtilla Malcontenta!»
«Giusta osservazione.»
«Vi dispiace solo se la vendetta per la Skeeter la sistemiamo un’altra volta? Sono stanco morto e
non vedo l’ora di andare a dormire...»
«È dura spalare, eh?»
«Zitti, voi. Volete che vi riporti in
dormitorio?»
«No, tranquillo, rimaniamo ancora un po’.
Buona notte, a domani.»
«Grazie, anche a voi.»
In attimo Kaito si ritrovò nel dormitorio,
pronto ad infilarsi sotto le coperte. Stava già per infilarsi il pigiama,
quando sentì qualcosa picchiettare con forza a una finestra. Si voltò. Era un
uccello che Kaito non aveva mai visto, ma che aveva una lettera legata alla
zampa.
Il prestigiatore gli aprì: «Cercavi me?»
L’uccello agitò la zampa e il ragazzo lo
prese per un sì. Gli slegò il messaggio e lo srotolò:
Ciao Kaito,
è un po’ che non
ci sentiamo. Volevo chiederti se ti era successo qualcosa di particolare
ultimamente. Ammetto che non sono tranquillo, con tutto quello che sta
succedendo ad Hogwarts in questo periodo. Sono preoccupato per il mio
figlioccio, ma anche per te.
Felpato
Kaito sbarrò gli occhi dalla sorpresa. Sirius! Di certo l’ultima persona da cui si
sarebbe aspettato notizie. L’uccello rimase lì, immobile, evidentemente
aspettando una risposta. Rassegnato a dover rimandare il tanto agognato riposo,
Kaito con una rapida mossa del polso fece apparire una penna delle sue e
cominciò a scrivere sul retro della pergamena:
Ciao Felpato,
in effetti sì, qualcosa di particolare
è successo. Hai presente il Ballo del Ceppo? Ecco, durante la festa ho ricevuto
una curiosa visita da casa...
... e il contenuto della lettera lo conosciamo già.
E rieccomi di nuovo, così con l’acqua alla gola da dover “approfittare”
di una gastroenterite per poter pubblicare, che tristezza. In ogni caso, come
ho già rassicurato, non temete che prima o poi arrivo.
Dunque, non sapendo se riuscirò a pubblicare nuovamente, ne
approfitto per farvi già in anticipo gli auguri di Natale e di un felice anno
nuovo. Tra i buoni propositi metterò quello di cercare di pubblicare almeno una
volta ogni due mesi, spero che il lavoro mi permetta di mantenerlo. Intanto tra
non molto vorrei pubblicare una storia che ho scritto qualche tempo fa su
Animali Fantastici e dove trovarli, se volete rimanere nel mondo potteriano con una mia storia può essere una buona
occasione.
Ovviamente ringrazio chi ha commentato lo scorso capitolo,
ovvero fenris, SuorMaddy2012, Lunaby,
_happy_04 e Valedd32.
Prossimo capitolo? La seconda prova, il lago delle sirene e i
Malandrini che continueranno a mettere il loro zampino...
Capitolo 37 *** Furti e rapimenti su commissione ***
Furti e rapimenti su commissione
«Hic!»
Kaito si portò una mano alla bocca, mentre
finiva di sistemarsi la cravatta. Si era svegliato con il singhiozzo, e tutti i
metodi che aveva sempre utilizzato per farselo passare si erano rivelati
inutili. Sospirò, mentre un ulteriore singhiozzo gli sfuggiva. Forse i suoi
compagni conoscevano un incantesimo in grado di aiutarlo, stava diventando
davvero insopportabile.
«Hic!»
Un rumore alle sue spalle lo fece voltare.
Il baule di Thomas si era improvvisamente ribaltato.
«Eh? C’è qualcuno?»
Per un attimo il pensiero andò a Pix in vena di malandrinate, ma che sapesse il poltergeist
non entrava nei dormitori degli studenti.
«Hic!»
Con la coda dell’occhio vide un’altra cosa
strana. Il letto di Colin era sollevato di qualche centimetro da terra.
«Ma che...»
Respirò profondamente.
«Hic!»
Il letto crollò a terra, causando la
rottura di una delle sue gambe.
«Oh no!»
Il pensiero andò ancora ad altri due
burloni: «Fred, George! Dai, lo so che siete voi!»
Nessuna risposta. Il prestigiatore rimase a
fissare il letto di Colin, poi pensò che, chiunque fosse stato, non era il caso
di lasciarlo così.
«Reparo!»
Il letto a baldacchino tornò com’era sempre
stato, ma Kaito non fece in tempo ad ammirarlo.
«Hic!»
Istintivamente aveva chiuso gli occhi, e
quando li aveva riaperti si era ritrovato davanti alla porta della Sala Grande,
ancora stringendo in mano la sua bianca bacchetta. Quasi subito sentì un nodo
d’ansia allo stomaco. Ok, qualcosa non stava decisamente funzionando, era certo
di non essersi smaterializzato di sua volontà. Si precipitò nel salone, dove
quasi tutti i suoi compagni stavano già facendo colazione.
«Ragazzi, sta succedendo qualcosa di
strano.»
Sheridan si voltò con aria ironica, ma
quasi subito notò l’espressione preoccupata del compagno: «Buongiorno anche a
te, Kaito... che succede?»
«Prima ero... Hic!»
Un altro colpo di singhiozzo gli sfuggì
dalla bocca e all’istante la panca su cui erano seduti metà dei Grifondoro
scomparve, facendo precipitare tutti col sedere per terra. Kaito si mise le
mani sulla bocca, spaventato.
«Hic!»
La panca ricomparve, come se nulla fosse
successo, a parte tutti i ragazzi che si massaggiavano il fondoschiena
dolorante. Ginny, Stephen e Thomas, seduti dal lato intatto del tavolo,
guardarono Kaito allibiti.
«Madama Chips. Subito.»
Tutta la classe del terzo anno di
Grifondoro accompagnò Kaito in infermeria, e ormai era chiaro anche al
prestigiatore che gli strani fenomeni che aveva notato erano quantomeno
collegati all’insopprimibile singhiozzo da cui era tormentato fin dal
risveglio. Nel tragitto non aveva mai smesso di rovesciare oggetti, sbalzarli
via, farli sparire e riapparire, persino all’interno dell’infermeria.
Madama Chips lo guardò perplessa: «Bè,
questo sì che è strano!»
«Fino a qui ci ero... hic!... arrivato
anch’io!»
Kaito si guardò intorno per vedere cosa
fosse successo, ritrovandosi Thomas che si tastava il volto e i dintorni
borbottando: «I miei occhiali... dove sono i miei occhiali?»
Il prestigiatore fece una smorfia
imbarazzata: «Scusa... hic!»
Gli occhiali scomparsi ricomparvero
dall’altra parte della stanza e l’infermiera, seppure sempre molto perplessa,
confermò: «Eh sì, non ci sono dubbi, hai tutti i sintomi...»
Cercando di ignorare Thomas che cercava i
suoi occhiali a carponi buttando giù tutto, Kaito la incalzò: «I sintomi di
cosa?»
«Singhiozzo magico infantile, direi.»
Ginny sussultò: «Cosa? Ma quello viene solo
ai bambini piccoli!»
«È quello che mi lascia perplessa... però guardalo!»
«Hic!»
Questa volta furono due letti a sparire.
«Anche se davvero mi piacerebbe capire
perché continui quasi solo a smaterializzare oggetti... di solito le magie
coinvolte sono più variegate.»
Sheridan cercò di imitare la celeberrima
faccia da poker del compagno. Solo loro in quella stanza potevano intuire la
risposta alla domanda di Madama Chips.
Kaito sbuffò, lasciandosi sfuggire
l’ennesimo singhiozzo che rimise i letti al loro posto: «Per chi non si intende
di malattie magiche infantili, si può sapere cos’ho?»
Madama Chips spiegò: «È un disturbo magico
che viene ai bambini piccoli che non sanno controllare la loro magia. Nel
momento in cui si accorgono che in loro c’è qualcosa di diverso, ma non
riescono ad accettare la magia, può capitare questo effetto collaterale. Però
tu sei decisamente grande, e ormai sei al terzo anno, potrei ancora capire
qualcuno di origine babbana nei primi giorni qui, ma
a questo punto...»
Kaito chiese preoccupato: «Come si cura?»
«Non si cura, passa da solo non appena il
bambino si tranquillizza e accetta la magia. O almeno, di solito è così, con te
non saprei.»
«Hic!»
Una serie di bottiglie andarono a
infrangersi contro il muro, mentre Stephen commentava ironico: «Vedo che l’Expelliarmus continua a riuscirti benissimo...»
Kaito invece era più disperato: «E io oggi
come faccio?»
Madama Chips, con tranquillità, rispose
mentre con un colpo di bacchetta aggiustava quanto era andato infranto:
«Avvertiremo gli insegnanti, così nessuno ti toglierà punti. Vai pure a lezione
e cerca il più possibile di calmarti e rilassarti. Se riesci, cerca di capire
qual è la causa, purtroppo è tutta una questione psicologica.»
Kaito alzò gli occhi al cielo: «See... la fa facile, lei! Tutta questione... hic!...
psicologica...»
Un altro letto si ribaltò e Sheridan si
lasciò sfuggire una smorfia: «Sarà una luuunga
giornata...»
La maggior parte dei professori si dimostrò
comprensiva con Kaito. La McGranitt, Vitius, la
Sprite non interruppero le loro lezioni, limitandosi ad aggiustare con pigri
colpi di bacchetta ciò che Kaito involontariamente mandava in frantumi.
Tuttavia un professore non fu altrettanto bendisposto.
«Kuroba, in queste condizioni non puoi
stare nella mia aula. Vai nel corridoio e attendi la fine della lezione o che
ti sia passata questa bizzarria.»
«Come vuole, professor Piton.»
«Ah, questo non ti esenta dalla lezione,
dovrai recuperarla.»
«Certamente, professor... hic! Piton.»
Un intero calderone scomparve. Piton si limitò a fissarlo malissimo.
«Prima, Kuroba, restituiscimi il mio
calderone d’argento. Ci tengo particolarmente.»
Kaito si limitò ad attendere il successivo
colpo di singhiozzo con una smorfia imbarazzata, per poi venire sbattuto fuori
in malo modo dall’insegnante.
Kaito sospirò. Due ore di attesa nel
corridoio sarebbero state lunghe e noiose, ma almeno poteva avere tutto il
tempo di capire cosa gli stesse succedendo. Madama Chips aveva parlato di
difficoltà ad accettare la magia, e non ci voleva poi tantissimo a capire a
cosa si stesse riferendo. Il problema non era accettare la propria magia, quello ormai ci era riuscito almeno da un paio
d’anni... il problema era accettare la magia di suo padre. Aveva provato a ignorare la questione e ci era anche
riuscito, almeno per un po’, ma ora il problema era tornato prepotentemente a
galla. Doveva trovare una soluzione in fretta, perché continuare in quel modo
era improponibile.
Una vocina acuta e lamentosa attirò
l’attenzione di Kaito.
«Oh... povero Harry Potter! Povero, povero,
povero!»
Il prestigiatore cercò di avvicinarsi con
discrezione. A parlare era stata una creaturina marrone vestita nel modo più
assurdo che avesse mai visto, persino per gli standard dei maghi.
«Dobby come farà
ad aiutare Harry Potter?»
Kaito s’illuminò. Ma certo, Dobby! L’aveva intravvisto nei corridoi un paio di anni
prima, ma conosceva quel nome dai racconti di Harry. Doveva essere l’elfo
domestico che aveva tentato di salvarlo ferendolo gravemente.
«Hic!»
Un’armatura si staccò dal terreno e volò
proprio addosso alla creaturina. Istintivamente Kaito si buttò e la spinse via
appena in tempo. Dobby rimase per un momento smarrito
fra le braccia del ragazzo, poi quest’ultimo gli sorrise.
«Mi dispiace, è colpa mia, questo
singhiozzo... hic! Appunto, questo singhiozzo continua a farmi combinare
pasticci.»
Dobby s’illuminò: «Il signore ha salvato Dobby!»
Kaito sospirò: «In realtà temo di essere stato
io a lanciarti per errore quell’armatura addosso, quindi era... hic! Il minimo.
Tu devi essere Dobby, vero?»
L’elfo si rimise in piedi: «Il signore
conosce Dobby?»
«Harry mi ha parlato qualche volta di te.»
Dobby sembrò sciogliersi dalla felicità: «Harry
Potter ha parlato di Dobby ai suoi amici!»
Kaito tenne per sé che se ne aveva parlato
era per metterlo in guardia, ma invece decise di interrogarlo: «A proposito di
Harry... hic! Scusa, cosa stavi dicendo?»
«Dobby è molto
dispiaciuto per Harry Potter. Per la prova di domani.»
L’attenzione di Kaito s’innalzò di colpo.
Mirtilla, dopo aver aiutato Harry con l’uovo, gli aveva riferito il curioso
canto uscito da esso:
Vieni a cercarci dove noi cantiamo,
che sulla terra cantar non possiamo,
e mentre cerchi, sappi di già:
abbiam preso ciò che ti mancherà,
hai tempo un'ora per poter cercare
quel che rubammo. Non esitare,
che tempo un'ora mala sorte avrà:
ciò che fu preso mai ritornerà
«Sai qualcosa sulla prova?»
Dobby annuì tristemente: «Dobby
ha sentito i professori, signore. Dobby sa che
prenderanno quello rosso.»
«Quello... rosso?»
L’elfo domestico annuì: «Quello rosso! Quello
rosso è importante per Harry Potter! Come potrebbe fare Harry Potter senza il
suo rosso? Così Dobby ha capito come aiutare Harry
Potter, ma Dobby non è bravo in queste cose,
signore... significa tradire la fiducia del professor Albus
Silente e Dobby è molto grato al professor Albus Silente per questo posto di lavoro.»
Kaito gli sorrise: «Anche io voglio aiutare
Harry. Forse quello che non puoi fare tu potrei farlo io.»
Dobby lo guardò spaventato: «Ma si tratta di un
furto, signore! Dobby non può chiederle tanto!»
Kaito ridacchiò: «Non temere, Dobby, fidati di me. Cosa dovrei rubare?»
Dobby sembrò ancora incerto: «Dobby non dovrebbe dare queste informazioni a uno studente.
Il professor Albus Silente si arrabbierà molto.»
Kaito gli fece l’occhiolino: «Basterà non
dirglielo. Allora, cosa devo prendere?»
L’elfo lo guardò con occhi adoranti:
«L’amico di Harry Potter è molto coraggioso, oppure molto stolto...»
Il ragazzo rise ancora: «Una non esclude
l’altra. Parla, adesso.»
«Dobby ascolta,
signore, è un elfo domestico, va su e giù per il castello ad accendere le luci
e pulire i pavimenti, Dobby ha sentito la
professoressa Minerva McGranitt e il professor Alastor Moody
in sala professori che parlavano della prossima prova... dicevano che si può
respirare sott’acqua masticando un’erba chiamata Algabranchia,
signore. Il professor Alastor Moody ha detto anche
che il professor SeverusPiton
ne ha un po’ nella sua riserva personale, signore, ma che sicuramente non
gliel’avrebbe mai data, signore, e Dobby pensa che il
professor Alastor Moody abbia proprio ragione,
signore, il professor SeverusPiton
non aiuterebbe volentieri Harry Potter.»
Kaito annuì: «Concordo. Dunque, devo
entrare nel deposito privato di Piton e prendere
questa Algabranchia, giusto?»
Dobby annuì e aprì la bocca per aggiungere
qualcosa, ma il ragazzo non lo fece parlare: «Ci vorrà un attimo.»
In una frazione di secondo si ritrovò nella
dispensa privata di Piton. Non era mai stato lì
dentro e se non fosse stato strettamente necessario l’avrebbe evitato: era un
locale piuttosto stretto, buio e inquietante, pieno di ragnatele (probabilmente
usate a loro volta come ingredienti). Di sottofondo sentiva la voce del
professore. Doveva fare estremamente piano, tornando per un momento nel puro
spirito di Kaito Kid. Era una piccola sfida, dopotutto, e anche se Piton era decisamente più temibile di Nakamori
la situazione era tutta a suo vantaggio. La mano indugiò per un momento sulla
bacchetta, ma poi la ritrasse. Un Lumoslo avrebbe
certamente aiutato, ma c’era il rischio che Piton
notasse la luce fioca da sotto la porta. Una torcia elettrica o una luce al led
a Hogwarts non potevano funzionare, quindi con un rapido gesto del polso si
ritrovò fra le mani una bustina bianca, che aprì velocemente con i denti. Una
polverina gialla gli impiastricciò le dita e, fregandole fra loro, generò una
luce fioca, ma sufficiente per vedere le etichette. Sorrise con soddisfazione,
il fosforo non lo avrebbe mai tradito. Facendo attenzione a non smettere mai di
sfregare le dita, Kaito si aggirò velocemente fra gli scaffali alla ricerca
dell’ingrediente. Per sua fortuna Piton era piuttosto
preciso, e aveva ordinato tutto in rigoroso ordine alfabetico. Trovato quello
che cercava, aprì il vaso, ne afferrò una manciata e si smaterializzò
nuovamente da Dobby.
«Ecco, era questa quella che volevi, no?»
Dobby spalancò gli occhi in un modo esagerato,
tanto che Kaito si chiese per un secondo se i bulbi oculari non potessero
rotolargli via.
«L’amico di Harry Potter che svanisce ha
preso l’Algabranchia!»
Kaito rise: «Per favore, chiamami Kaito
Kuroba.»
«Dobby è molto
grato a Kaito Kuroba che svanisce, signore! Immensamente grato!»
Il ragazzo consegnò l’erba: «Dalla a Harry
appena puoi e non fare il mio nome, te ne prego.»
«Kaito Kuroba che svanisce è davvero molto
generoso con Harry Potter, signore. Dobby non lo
dimenticherà.»
«Vai, adesso, prima che ci scoprano.»
«Dobby ricambierà
il favore, Kaito Kuroba che svanisce. Dobby
promette.»
Con uno schiocco l’elfo sparì. Kaito rimase
perplesso per un paio di secondi, chiedendosi se per aver voluto aiutare un
amico non stesse, da quel momento in poi, rischiando la propria vita a causa
della promessa di Dobby. Fu solo in quel momento che
si rese conto di una cosa.
«Il singhiozzo...»
Era svanito. E, ripensandoci, non era
svanito in un momento qualsiasi. Lo aveva fatto quando aveva iniziato a darsi
da fare per aiutare Dobby e Harry. Sospirò. Forse
alla fine non era poi tanto diverso da suo padre. Per la prima volta si pose
sinceramente una domanda.
Nella
stessa identica situazione, avrebbe agito come lui?
Quasi a malincuore, fu costretto a
rispondersi di sì, perché lo aveva appena fatto. Aveva usato la sua magia per
aiutare una persona a lui cara e aveva chiesto a Dobby
di non dire nulla. Esattamente come suo padre.
Alleggerito, seppur con un pizzico di
dolore, aprì la porta e tornò in classe.
«Quanto ci mettono Fred e George? Lo
sapevano che dovevamo vederci, no?»
Kaito sorrise: «Calma, Sheridan,
arriveranno. Magari stanno facendo qualche scherzo a Gazza...»
Finalmente i due gemelli entrarono nella
Sala Comune.
«Finalmente!»
«Scusate, finiamo una commissione e siamo
subito da voi.»
I due gemelli si avviarono con passo deciso
verso Harry, Ron ed Hermione, e Kaito e Sheridan
andarono con loro. Hermione stava chiudendo con un colpo secco un volume
intitolato Curiosi Dilemmi Magici e Loro Soluzioni.
«Oh,
questo non serve. Chi mai vorrebbe farsi crescere il naso a riccioli?»
Fred rispose: «A me non dispiacerebbe. Sarebbe
un bell'argomento di conversazione, no?»
Ron chiese: «Che cosa ci fate voi due qui?»
George
spiegò: «Vi stavamo cercando. La McGranitt vuole vederti, Ron.
E anche te, Hermione.»
Hermione
domandò, sorpresa: «Perché?»
Fred
rispose: «Non so... era un po' triste, però.»
«Dobbiamo
accompagnarvi giù nel suo ufficio.»
Ron e Hermione fissarono Harry, alzandosi: erano tutti e due
parecchio preoccupati.
«Ci
rivediamo in Sala Comune. Porta tutti i libri che riesci, ok?»
Harry
disse inquieto: «Va bene.»
I gemelli diedero un segno ai due compagni
malandrini: «Finiamo questa cosa e torniamo subito, ok?»
Kaito annuì e rimasero per un po’ a
consolare Harry. Kaito tratteneva a fatica un sorriso. Chissà che faccia
avrebbe fatto quando Dobby si sarebbe presentato con
l’Algabranchia...
Ginny,
sugli spalti fremeva: «È in ritardo... non è da lui.»
Nicole
le sorrise incoraggiante: «Magari ha una piccola crisi di panico, ci può
stare.»
Kaito, che fino a quel momento era stato
tranquillo, iniziò anche lui a guardarsi intorno. I sedili che a novembre
avevano circondato la staccionata dei draghi ora erano disposti sulla riva
opposta, schierati in tribune colme fino a scoppiare che si riflettevano nel
lago di sotto; il chiacchiericcio eccitato della folla echeggiava stranamente
sull'acqua mentre dall'altra parte del lago i giudici, che erano seduti a un
altro tavolo ricoperto d'oro, sulla riva, aspettavano il ritardatario insieme a
Cedric, Fleur e Krum.
Sheridan, Fred e George, tutti vicini, non
erano più tranquilli.
Sheridan sospirò: «E voi che avete?»
Uno dei gemelli non smetteva di allungare il
collo per guardarsi intorno: «Vi ricordate quando ieri sera siamo venuti a
chiamare Ron?»
«Sì, e allora?»
«Lo avete più visto?»
Sheridan scosse la testa: «In effetti no...
e neanche Hermione...»
Kaito sorrise: «Strano, perché voi Weasley
con quei capelli rossi... vi... si...
nota...»
Sheridan lo guardò, preoccupata
dall’improvviso cambio di tono e di espressione del compagno: «Kaito?»
«No, dai... sarebbe stupido. Non per una
gara... ma già l’altra volta... no...»
George scosse fisicamente l’amico: «Ok, ora
tu ci spieghi tutto.»
Il prestigiatore annuì: «Ieri ve l’ho
detto, ho visto Dobby. Lui mi ha detto una frase che
non ho capito, ma quell’elfo domestico parla in modo strano... mi ha detto che
Harry non poteva fare a meno del suo “rosso”. Ho pensato parlasse di qualcosa
legato a Grifondoro, ma se invece...»
Sheridan si portò le mani sulla bocca,
mentre i gemelli, in una speculare espressione di orrore, si misero nei capelli
esclamando in coro: «Noi... avremmo consegnato Ron a
fare da esca per Harry? Nel lago? La
mamma ci fa a polpette se lo scopre!»
La malandrina chiese a Kaito, agitata: «Non
puoi andare a controllare?»
Kaito scosse la testa: «Nel lago? Ragiona!
Prima di tutto avrei lo stesso problema di Harry, ho dato tutta l’Algabranchia a Dobby... e poi...»
Sheridan interpretò correttamente la
smorfia sul volto del ragazzo: «I pesci...»
Aveva ragione. Buttarsi a capofitto in quel
lago, anche con la Smaterializzazione, avrebbe significato mettere solo a
rischio una persona in più.
«E allora che si fa?»
Colin e suo fratello si fiondarono col
fiatone nei posti che avevano tenuto loro i compagni: «Sta arrivando! L’abbiamo
incrociato!»
Ginny tirò un sospiro di sollievo:
«Alleluia!»
In effetti di lì a poco si poté notare un
trafelato Harry raggiungere di corsa il bancone dei giudici. Ludo Bagman gli rivolse qualche parola, poi tornò al tavolo;
puntò la bacchetta verso la propria gola e la sua voce si levò fragorosa verso
le tribune, al di là dell'acqua scura.
«Bene,
tutti i nostri campioni sono pronti per la seconda prova, che comincerà al mio
fischio. Hanno un'ora esatta per recuperare ciò che è stato sottratto loro.
Uno... due... tre!»
Il fischio echeggiò acuto nell'acqua fredda
e immobile; le tribune risuonarono di urla e applausi; senza voltarsi a
guardare che cosa facevano gli altri campioni, Harry si tolse le scarpe e le
calze, estrasse dalla tasca la manciata di Algabranchia,
se la ficcò in bocca ed entrò nel lago. Gli altri campioni si buttarono in
acqua subito, Harry indugiò un po’ di più, causando fischi e grida di scherno
dei Serpeverde che i Malandrini non vedevano l’ora di spegnere nei modi
peggiori. All’improvviso però il ragazzo sembrò sentirsi male, si portò le mani
alla gola e poi finalmente si tuffò in acqua.
Tutti i Grifondoro, quasi in coro,
sospirarono d’ansia. Da quegli spalti non c’era modo di sapere cosa succedesse
là sotto, e un’ora di attesa sembrava eterna. I fratelli Weasley erano
doppiamente in tensione, chiedendosi cosa stesse succedendo a Ron, e tutti in generale si sentivano impotenti e in ansia.
Una campanella annunciò che il tempo limite
di un’ora era passato, e ancora nessuno era tornato. Il gelo scese sulle
tribune. Ginny si stritolava le mani in una muta preghiera, Fred e George erano
pallidissimi, persino Percy, dal bancone dei giudici,
dava segni di nervosismo. Sheridan si voltò verso Kaito. La sua faccia da
poker, perfetta come la vedeva da molto tempo, non le impediva però di pensare
che fosse molto preoccupato anche lui.
Finalmente Cedric riemerse, e con lui ChoChang. Fu un primo sospiro di
sollievo per gli allievi di Tassorosso e per quelli
di Corvonero. Per avere un secondo sospiro fu
necessario attendere altri dieci minuti, quando riemersero anche Krum e Hermione. Fleur riemerse
da sola, spaventatissima, e questo causò il panico fra gli studenti di Beauxbatons. Ma i Grifondoro non erano da meno.
Sheridan deglutì rumorosamente: «Quanto
tempo è passato?»
Kaito rispose: «Mezz’ora.»
Ginny era sul punto di piangere: «E quanto pensano
di aspettare ancora prima di aiutarlo?»
Sheridan si rivolse al prestigiatore:
«Quanto tempo dura l’Algabranchia?»
«Non lo so, Dobby
non me l’ha detto.»
«E se...»
Non ci fu modo di aggiungere altro, perché
il forte rumore di un flash interruppe tutti. Colin era in piedi sul sedile, la
macchina ancora fumante, con un sorriso fantastico.
«L’attesa valeva lo scatto! Questa è fra le
foto migliori che abbia mai fatto!»
E allora tutti si voltarono verso il lago.
Harry stava emergendo, esausto, circondato da quelle che tutti immaginarono
essere sirene, trascinando sia Ron che una bambina
dagli stessi capelli di FleurDelacour,
entrambi immobili. La folla gridò, di ansia, di paura, di gioia, impossibile
stabilirlo. I fratelli Weasley sembravano aver perso la capacità di respirare,
come apparentemente Ron nel lago; poi finalmente
quest’ultimo si mosse, sputò l’acqua e sembrò parlare ad Harry. I gemelli e
Ginny si accasciarono sulla sedia esausti, come se lo avessero recuperato loro
di persona, ma nessuno si sentì di biasimarli.
Harry e Ron trascinarono
la sorellina di Fleur nell'acqua, verso la riva dove
i giudici erano schierati a guardare, con venti tritoni che li scortavano come
una guardia d'onore, cantando le loro terrificanti canzoni stridule. Madama
Chips si affannava attorno a Hermione, Krum, Cedric e
Cho, tutti avvolti in pesanti coperte. Silente e Ludo
Bagman rivolsero a Harry e Ron
un gran sorriso dalla riva mentre questi si avvicinavano a nuoto, ma Percy, che era molto pallido e sembrava in qualche modo
molto più giovane del solito, venne loro incontro schizzando acqua. Nel
frattempo Madame Maxime cercava di trattenere FleurDelacour, che era pressoché
isterica e lottava con le unghie e con i denti per tornare in acqua.
Percy afferrò Ron e lo
trascinò a riva, mentre quest’ultimo urlava: «Mollami, Percy,
sto benissimo!»
Tutto il gruppo di Grifondoro sugli spalti
si lasciò scappare una risata liberatoria. A quanto pareva era davvero tutto a
posto.
Silente e Bagman
rimisero in piedi; Fleur si liberò dalla presa di
Madame Maxime e abbracciò la sorella, mentre Harry
veniva sequestrato da Madama Chips.
Mentre tutti si preoccupavano di chi era
riemerso dal lago, Silente era accovacciato accanto all'acqua, immerso in una
fitta conversazione con quella che sembrava la leader del popolo delle sirene,
una femmina dall'aria particolarmente selvaggia e feroce. Stava facendo lo
stesso tipo di rumori stridenti che emettevano i tritoni; era chiaro che
Silente sapeva parlare sirenesco. Alla fine si
rialzò, si rivolse ai colleghi giudici e disse: «Credo che sia necessario un
consulto prima di assegnare i punteggi.»
I giudici presero a confabulare. Madama
Chips era andata a salvare Ron dagli abbracci
convulsi di Percy e lo condusse da Harry e dagli
altri, gli diede una coperta e un po' di Pozione Pepata, poi andò a recuperare Fleur e la sorellina. Fleur aveva
parecchi tagli sul viso e sulle braccia, e la veste strappata, ma non gliene
importava, e non voleva che Madama Chips glieli disinfettasse.
Poco dopo la voce prodigiosamente
amplificata di Ludo Bagman risuonò altissima,
facendoli sobbalzare tutti e riducendo al silenzio la folla nelle tribune: «Signore
e signori, abbiamo preso una decisione. La CapitansirenaMurcus ci ha raccontato che cosa è successo in fondo
al lago, e di conseguenza abbiamo deciso di assegnare un punteggio su base
cinquanta a ciascuno dei campioni, come segue. La signorina FleurDelacour, anche se ha dimostrato una padronanza
eccellente dell'Incantesimo Testabolla, è stata
aggredita dagli Avvincini mentre si avvicinava
all'obiettivo, e non è riuscita a recuperare il suo ostaggio. Le assegniamo
venticinque punti.»
Applausi
dalle tribune.
«Il
signor Cedric Diggory, che a sua volta ha fatto uso
dell'Incantesimo Testabolla, è stato il primo a fare
ritorno col suo ostaggio, anche se è riemerso un minuto oltre il tempo massimo
di un'ora.»
Fragorosi
evviva dai Tassorosso in platea.
«Quindi
conquista quarantasette punti.»
«Il
signor Viktor Krum ha usato una forma incompleta di
Trasfigurazione, che nondimeno si è rivelata efficace, ed è stato il secondo a
tornare col suo ostaggio. Gli attribuiamo quaranta punti.»
Karkaroff applaudì molto forte, con aria decisamente
altezzosa.
«Il signor Harry Potter ha usato l'Algabranchia con grande efficacia. È tornato per ultimo, e
ben oltre il tempo massimo di un'ora. Tuttavia, la Capitansirena
ci informa che il signor Potter è stato il primo a raggiungere gli ostaggi, e
che il ritardo nel suo ritorno è stato causato dalla sua decisione di riportare
indietro tutti gli ostaggi, e non solo il suo.»
Kaito, finalmente, si lasciò andare a una
risatina liberatoria: «Tipico!»
«Quasi
tutti i giudici» - e qui Bagman scoccò a Karkaroff un'occhiata molto torva - «ritengono che ciò sia prova
di tempra morale e meriti il punteggio pieno. Tuttavia... il punteggio del
signor Potter è di quarantacinque punti.»
Un applauso dalle tribune dichiarò la fine
ufficiale della prova e il riconoscimento che tutti, Serpeverde ovviamente
esclusi, riconoscevano al più piccolo partecipante della prova.
«La
terza e ultima prova avrà luogo il ventiquattro giugno al tramonto. I campioni
verranno informati su ciò che li attende con un mese esatto di anticipo. Grazie
a tutti voi per il sostegno che avete dato loro.»
I Malandrini tirarono un sospiro di
sollievo. Avevano molto tempo per poter capire come aiutare Harry ancora una
volta.
E rieccomi.
Potrei dirvi che ho passato mesi a litigare con vari problemi di
salute e di lavoro, ma so che non potrebbe scusare i mesi di ritardo, quindi mi
limito a consegnarvi in colpevole ritardo la continuazione di questa storia.
E così, anche la seconda prova è andata, e ormai non manca molto
alla conclusione del libro.
Intanto ringrazio fenris, Lunaby e Selena Leroy (ex SuorMaddy)
per i commenti e per la pazienza.
Prossimo capitolo? Non ancora la terza prova, ma un intermezzo
che ci darà informazioni importanti e curiose e che avrà a che fare... con la
poesia!
CapitoloLacrime
nel pineto All'inizio di marzo
il tempo divenne più
asciutto, ma venti crudeli mordevano le mani e il viso degli studenti
tutte le
volte che uscivano nel parco. Ci furono ritardi nella consegna della
posta
perché i gufi continuavano a essere dirottati. Purtroppo invece
le copie de Il
Settimanale delle Streghe con il nuovo articolo di Rita Skeeter
giunsero
tutte a destinazione. I Malandrini si ritrovarono dopo cena, nella
solita
auletta abbandonata, a leggere la copia giunta a Ginny grazie a sua
madre. Una
foto a colori di Harry apriva un breve servizio intitolato LE PENE
D'AMORE
DI HARRY POTTER:
È
un ragazzo fuori dal comune, forse,
eppure è un ragazzo che vive tutti i consueti tormenti
dell'adolescenza.
Privato degli affetti fin dalla tragica fine dei suoi genitori, Harry
Potter,
quattordici anni, credeva di aver trovato conforto nella sua fidanzata
ufficiale a Hogwarts, Hermione Granger, Babbana di nascita. Certo non
poteva
immaginare che ben presto avrebbe dovuto subire un altro grande dolore
in una
vita già costellata di gravi perdite personali. Hermione Granger, una ragazza bruttina ma
ambiziosa, sembra aver sviluppato un'inclinazione per i maghi celebri
che Harry
da solo non riesce a soddisfare. Fin dall'arrivo a Hogwarts di Viktor
Krum,
Cercatore della Nazionale Bulgara ed eroe della scorsa Coppa del Mondo
di
Quidditch, Hermione Granger gioca con i sentimenti di entrambi. Krum,
palesemente innamorato cotto dell'ambigua ragazza, l'ha già
invitata a fargli
visita in Bulgaria durante le vacanze estive, e ripete: «Non ho
mai provato
niente di simile per nessun'altra». Comunque, potrebbero non essere state le
dubbie attrattive naturali di Hermione Granger a catturare l'interesse
di
questi sventurati ragazzi. «È proprio brutta» dichiara Pansy
Parkinson, una graziosa, vivace ragazza del quarto anno, «ma
è probabile che
abbia preparato un Filtro d'Amore, è piuttosto sveglia. Credo
proprio che ci
sia riuscita così». I Filtri d'Amore naturalmente sono proibiti
a Hogwarts, e senz'alcun dubbio Albus Silente vorrà indagare su
queste accuse.
Nel frattempo, i sostenitori di Harry Potter devono augurarsi che la
prossima
volta egli affidi il suo cuore a una candidata più meritevole.
Momoka teneva la
rivista in mano con la
stessa aria schifata con cui avrebbe tenuto uno Schiopodo Sparacoda:
«Che
diavolo ho appena letto?» Futago invece
tirò un pugno su un banco:
«Prima Hagrid e poi Hermione! Non si può andare avanti
così!» Mangetsu rimase,
come sempre, impassibile:
«Quante persone possono essere influenzate da questa rivista,
oltre vostra
madre?» Soseiji rispose:
«Un mucchio di casalinghe
annoiate e affamate di gossip.» «Brutta
faccenda…» I risultati
dell’articolo non si fecero
attendere. Qualche giorno dopo,
al tavolo di
Grifondoro, durante la colazione, Kaito notò con la coda
dell’occhio la
quantità di gufi diretti ad Hermione. Harry, afferrando il
calice di Hermione
prima che venisse rovesciato dal grappolo di gufi, che si urtavano
tutti
cercando di recapitare per primi la loro lettera, chiese: «Quanti
abbonamenti
hai fatto?» Kaito diede un
leggero colpo di gomito a
Sheridan, intuendo di cosa poteva trattarsi. Hermione
bofonchiò: «Cosa accidenti...» Poi sfilò la
lettera dal gufo grigio, la
aprì, cominciò a leggerla e balbettò, arrossendo:
«Oh, roba da matti!» Ron
disse; «Cosa c'è?». «È...
oh, che cosa ridicola...» Gettò la
lettera a Harry, e con un colpo
d’occhio Kaito notò che non era scritta a mano, ma
composta con lettere
incollate che sembravano ritagliate dalla Gazzetta del Profeta. Kaito si alzò
dal suo posto e si avvicinò a
Hermione, che, sconvolta, stava aprendo una lettera dopo l'altra. «Sono
tutte così! 'Harry Potter può fare molto meglio dei tuoi
pari...' 'Meriti di
finire bollita in gelatina di rana...'» Il
prestigiatore intervenne: «Smettila, non aprirne
più.» «Ahia!» Non
l’aveva fermata in tempo. Hermione aveva aperto l'ultima busta, e
un liquido di
un verde giallastro con un intenso odore di benzina le schizzò
sulle mani, che
cominciarono a coprirsi di grosse bolle gialle. Ron
raccolse con circospezione la busta per annusarla: «Pus di
Bubotubero puro!» Hermione
gridò, e gli occhi le si riempirono di lacrime mentre cercava di
pulirsi le
mani con un tovagliolo, ma ormai le sue dita erano talmente coperte di
piaghe
doloranti che sembrava avesse indosso un paio di guanti bitorzoluti. Harry, mentre i gufi
attorno a Hermione
spiccavano il volo, disse: «Vai in infermeria, presto, lo diremo
noi alla
professoressa Sprite...» Sheridan la prese
sotto braccio: «Ti accompagno
io, vieni...» Ginny si unì
a loro: «Vengo anche io!» Mentre Hermione
usciva dalla Sala Grande
reggendosi le mani, Ron scoppiò: «L'avevo avvertita!
L'avevo avvertita di non
dare fastidio a Rita Skeeter! Guarda questa...» Lesse ad alta
voce una delle lettere
che Hermione non aveva ancora visto: «'Ho letto sul Settimanale
delle
Streghe che stai prendendo in giro Harry Potter e quel ragazzo ne
ha già
passate tante e ti spedirò una maledizione con la prossima posta
non appena
riesco a trovare una busta abbastanza grande'. Accidenti, è
meglio che si
guardi le spalle». Kaito scambio uno
sguardo d’intesa con gli
altri Malandrini. Era chiaro cosa dovessero fare. Nei giorni
successivi Hermione si illuse
che quella mattana si fosse attenuata e che si fosse trattato della
follia di
un solo giorno. Non immaginava certamente che i Malandrini stessero
facendo
l’impossibile per intercettare la maggior parte delle lettere che
i fan di Rita
Skeeter le continuavano a inviare. Con tutte le precauzioni possibili,
Sheridan
e Fred si erano presi l’incarico di aprirle e ispezionarle,
mentre George e
Kaito distruggevano quelle minatorie e facevano arrivare alla
destinataria
quelle innocue. Sheridan
sbadigliò: «Stasera proprio non ce
la faccio...» Kaito
ridacchiò: «Troppi bagordi a
Hogsmeade, eh?» «Spiritoso!» Ma prima che
potessero continuare a
punzecchiarsi, qualcuno bussò alla porta del dormitorio del
terzo anno. «Kaito, sei
qui?» I Malandrini
trasalirono, ma Kaito si
affrettò a correre verso la porta e a uscire prima che essa
venisse aperta. «Ciao Harry!
Dimmi tutto, mi stavi
cercando?» Il ragazzo con gli
occhiali annuì: «Sì, in
effetti. Ho un messaggio per te da parte di...» Si avvicinò
al suo orecchio e sussurrò:
«...Felpato.» Kaito rimase
perplesso. Cosa poteva volere
da lui Sirius? «Mi ha chiesto
di dirti di raggiungerlo
appena puoi.» «Ok, certo.
Grazie, vado subito!» E rientrò
velocemente in camera. Harry
rimase lì, confuso. «Ma... se non
gli ho nemmeno detto dove si
trova...» Dopo aver avvertito
i suoi amici che doveva
Smaterializzarsi d’urgenza, Kaito si ritrovò non lontano
da Hogsmeade, in cima
a una collinetta tempestata di cespugli. Si guardò intorno. Col
buio della
notte non riusciva a individuare Sirius, sentiva solo un fruscio di
foglie. «C’è
nessuno?»
Taci.
Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e
foglie lontane.
Un leggero abbaiare
e una tirata al fondo
dei pantaloni aiutarono il prestigiatore a individuare chi stava
cercando. «Ciao Felpato.
Guidami, ti seguo.» «Scusa, non ho
capito, che cosa hai detto?» Fred era perplesso
quanto Sheridan: «Ho
provato a leggere questa lettera, ma non riesco a capirla, tu ci
riesci?» La ragazza prese la
pergamena dalle mani
del ragazzo e cercò di leggere a sua volta. Sirius guidò
Kaito in un anfratto, una
piccola apertura nella roccia. Vi s'insinuarono e si trovarono in una
fresca
caverna quasi completamente buia. Legato sul fondo, un capo della corda
fissato
attorno a una grossa roccia, c'era Fierobecco l'Ippogrifo. Metà
cavallo grigio,
metà aquila gigante, Fierobecco fece lampeggiare i fieri occhi
arancioni alla
loro vista. Kaito gli fece un profondo inchino, e dopo averlo scrutato
con aria
arrogante per un attimo, l'animale piegò le ginocchia squamate,
e permise al prestigiatore
di avvicinarsi e di accarezzargli il collo piumato. Alle loro spalle si
accese
la luce di un piccolo fuoco. «Benvenuto
nella mia dimora, Kaito.» Sirius, nuovamente
umano, indossava una
veste grigia strappata: la stessa di quando era fuggito da Azkaban. I
suoi
capelli neri erano più lunghi, arruffati e in disordine. Era
molto magro. «È un
piacere rivederti, Sirius.» «Anche per me.
Accomodati, purtroppo non ho
nulla da offrirti.» «Non è
necessario.» I due si sedettero
sulle rocce. Sirius
aveva un’aria preoccupata. «Mi hai
chiamato per Harry?» L’uomo
sospirò, per poi sorridere, quasi
con tenerezza: «Harry è la mia principale preoccupazione,
certo, ma non
l’unica... no, Kaito, ti ho chiamato per te.» «Per me?» «Ascolta...»
Ascolta.
Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi
m'illude, o Ermione.
Sheridan
guardò perplessa la pergamena:
«Non so proprio che lingua sia...» George scosse la
testa: «Di sicuro non è
inglese.» Fred
ridacchiò: «Ma io una cosa l’ho
capita. Chi l’ha scritta, chiunque sia, in qualunque lingua
l’abbia scritta, è
uno sgrammaticato.» Momoka chiese:
«Perché?» Futago
ridacchiò: «Ma non sa neanche
scrivere il suo nome! Guarda!» E prendendo la penna
fece un’aggiunta:
che
ieri t'illuse, che oggi
m'illude, o HErmione.
«Quando mi hai
mandato l’ultima lettera,
quella dove mi raccontavi del Ballo del Ceppo, ho iniziato seriamente a
preoccuparmi per te.» Kaito
ridacchiò: «Non era il caso. Sono
abituato ad avere a che fare con Akako. È schizofrenica ma
gestibile.» Sirius scosse la
testa: «La tua amica non è
il problema, solo il mezzo.» «Cosa intendi
dire?» «Quanti anni
ha questa Akako?» «Ha la mia
età, diciotto anni.» «Appunto.
Ragiona: come può una ragazzina
di diciotto anni superare da sola tutti i controlli di
Hogwarts?
Controlli che all’epoca riuscirono a tenere la scuola al sicuro
persino da
Voldemort?» Il prestigiatore
sospirò. Messa così... Sirius
continuò: «Temo che questa Akako sia
stata usata.» «Da chi?» L’uomo
tirò fuori frammenti di giornali:
«Non è stato facile procurarsi tutte queste informazioni,
ma ho fatto del mio
meglio. Il preside attuale di Mahoutokoro è Fumhiiro Nabe, e
pare che da quando
ci sia lui l’istituzione indirizzi molti dei suoi allievi verso
le Arti
Oscure.» Kaito si fece
più serio. «Ho paura che
si siano accorti della tua
esistenza e che stiano cercando di toglierti dall’influenza di
Silente. È
troppo strano questo interessamento dopo tre anni.» Il ragazzo non disse
una parola, ma la sua
mente aveva ingranato la quinta marcia. Suo padre dopotutto aveva avuto
ragione, quella scuola era troppo rischiosa. «Farò
attenzione.» Sirius annuì:
«Io continuerò a informarmi
per quanto possibile. Occhi aperti.» «Sarà
fatto.» Il giorno dopo, a
colazione, i Malandrini
si mangiarono le mani. Kaito era tornato tardi, Fred, George e Sheridan
erano
stanchi, nessuno di loro si era ricordato di rinnovare gli incantesimi
con cui
deviare i gufi; così, quando ben più posta del solito
giunse ad Hermione, tutti
e quattro sentirono i brividi nella schiena. Erano almeno una
quindicina di
lettere, tutte da persone diverse, e il contenuto, anche senza bisogno
di
aprirle, era facilmente intuibile. Hermione si lasciò sfuggire
giusto un sospiro.
Odi?
La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che
dura e varia nell'aria
secondo le fronde più rade, men rade.
La ragazza si
dimostrò tranquilla e
continuò la sua colazione come se nulla fosse successo. Per
qualche ora quindi
i quattro non pensarono alla questione, distratti dalle rispettive
lezioni,
fino a che una vocina stridula fece sobbalzare tutti gli studenti del
terzo
anno che si avviavano verso il dormitorio. «Hihihi!» Kaito alzò lo
sguardo, riconoscendo la
risata: «Ciao Pix.» Il Poltergeist gli
sussurrò all’orecchio:
«Ho una notizia per te, Mangetsu...» «Spara.» Dopo un sussurro
appena udibile dal
prestigiatore, il Poltergeist pensò bene di simulare un colpo di
pistola
direttamente nei padiglioni auricolari del giovane, lasciandolo
rintronato. «Hihihi!
L’hai chiesto tu!» Thomas e Colin
fecero di tutto per
allontanarlo, credendolo in vena dei suoi soliti scherzi, ma Kaito,
seppure
confuso, fece un cenno a Sheridan. «Gōsuto ci ha
appena chiesto di andare da
Mirtilla.» Momoka annuì
e piantando tutti in asso
corse verso il bagno del secondo piano. Non ebbe neanche bisogno di
entrare, la
voce di Mirtilla Malcontenta si udiva benissimo nel corridoio
semideserto,
accompagnata da numerosi singhiozzi.
Ascolta.
Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino.
«Cosa vuoi
fare? Vuoi rimanere a piangere
con me tutto il pomeriggio?» Non ci fu risposta.
Sheridan, pregando che
la porta non cigolasse, l’aprì appena appena, giusto per
poter vedere chi
stesse piangendo in quel modo. Era una massa di capelli castani e
mossi, non
facilmente riconoscibile seduta per terra, ma Momoka riconobbe con meno
difficoltà i frammenti di giornale che evidentemente la ragazza
aveva spezzato
in un impeto di rabbia. Erano tutti tratti dal Settimanale delle
streghe. Sheridan rimase
lì, fortemente indecisa se
entrare o meno. Il suo ingresso le avrebbe dato sollievo o fastidio?
L’avrebbe
aiutata più o meno dei tentativi di consolazione di Mirtilla?
Avrebbero potuto
due voci contrastare le mille che la stavano lentamente distruggendo
con mille
strumenti di tortura?
E
il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il
ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli
dita.
Mentre Sheridan
cercava di prendere una
decisione, una riunione d’urgenza dei rimanenti Malandrini
discuteva il da
farsi. Mangetsu chiese:
«Sono arrivate altre
lettere strane?» Futago
allungò una pergamena: «Questa è
stata la più strana...»
E
immensi noi siam nello spirito silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.
Il
prestigiatore rilesse più volte: «Uhm... a occhio
sembrerebbe una poesia.» Soseiji
ridacchiò: «Ora la insultano anche in rima?» Fred
chiese: «Riesci a capire in che lingua sia?» Kaito
riguardò più volte quelle parole:
«Sicuramente una lingua europea... conosco un po’ il
francese, ma non è questo
il caso, seppure ci somigli... forse spagnolo? O italiano? Al massimo
rumeno...
anzi, spagnolo sicuramente no, non ci sono i punti interrogativi al
contrario.
Prova a rileggermela, magari il suono mi da altri indizi.» «Non so
neanche cosa sto leggendo,
figuriamoci se lo leggo con l’accento giusto...» «Tu leggi, che
ci penso io ad ascoltare.»
Ascolta,
Ascolta.
L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra
remota.
Sheridan era rimasta
lì, sulla porta,
sconvolta. Hermione non dava segno di volersi calmare, e allora per lei
Mirtilla aveva iniziato a fare qualcosa
d’inedito.
«Oh Danny Boy, the pipes, the
pipes
are calling From glen to glen, and down
the mountainside. The summer's gone, and all the
flowers are dying. 'Tis you, 'tis you must go and
I must bide. come ye back when summer's in
the meadow Or when the valley's hushed
and white with snow, For I'll be here in sunshine
or in shadow. Oh Danny Boy, oh Danny Boy, I
love you so. And if ye come when all the
flowers are dying, and I am dead, as dead I well
may be. Ye'll come and find the place
where I am lying And kneel and say an Ave there
for me. And I shall hear, though soft
you tread above me, And o'er my grave shall
warmer, sweeter be, And if you bend and tell me
that you love me, Then I shall sleep in peace
until you come to me.»
Sheridan rimase
senza fiato, e così
probabilmente anche Hermione, che per un attimo smise di singhiozzare.
La voce
di Mirtilla era stridula, come suo solito, ma intonata, e riusciva
comunque a
trasmettere la dolcezza e la consolazione che la fantasma avrebbe
voluto donare
alla Grifondoro. Forse si rivedeva in lei, dopotutto era stata uccisa
in quel
bagno proprio mentre piangeva a causa delle malelingue dei compagni.
L’ultima
parola della sua canzone rimbombò ancora per un poco nel bagno.
Più
sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode su tutta la
fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta.
Hermione, con un
filo di voce ancora rotta
dal pianto, sussurrò: «È bella.» Mirtilla
guardò per terra, imbarazzata: «Piaceva
molto a mia madre, è l’unica canzone che ricordo
ancora.» Finalmente la
ragazza alzò il volto, ancora
rosso e rigato dalle lacrime: «Grazie.»
Ascolta. La figlia dell'aria è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più
fonda, chi sa dove, chi sa
dove! E piove su le tue
ciglia, Ermione.
Sheridan si
limitò a richiudere
silenziosamente la porta. A qualche ora di
distanza, Fred e George si
ritrovarono a discutere a lungo davanti ai gufi della scuola. «...
è ricatto, ecco cos'è, potremmo finire nei guai, guai
seri...» «...
abbiamo cercato di essere corretti, adesso è il momento di
giocare sporco, come
lui. Non vorrebbe certo che il Ministero della Magia sapesse che cos'ha
fatto...» «Ti
dico che se lo metti per iscritto è un ricatto!» «Sì,
ma poi mica ti lamenti se otteniamo una bella ricompensa, vero?» In
quel momento una voce li fece trasalire. «Ricompensa?
Interessante...» I
due gemelli cambiarono colore. «Oh,
ehm... ciao Kaito!» Il prestigiatore
salutò con gentilezza: «Buongiorno
ragazzi. Allora, chi state ricattando di bello?» Fred
cercò di sembrare disinvolto: «Non fare lo stupido, stavo
solo scherzando.» Kaito
incrociò le braccia, in un
atteggiamento tanto caro ai suoi amici/nemici detective: «Stavate
scherzando
così bene che discutevate delle conseguenze legali. Ricordo la
nostra
discussione sul fatto che Bagman non vi ha mai pagato quella scommessa
e vi ha
imbrogliato, quindi è abbastanza chiaro a chi state spedendo
quella lettera.» «Vuoi
fermarci?» Kaito alzò le
spalle: «Non sono cose che mi
riguardano, siete grandi e capaci di ragionare con la vostra
testa.» «Bene.» Fred allungò
la mano verso la zampa del
gufo, ma si fermò non appena Kaito riprese a parlare. «Dopotutto
state solo usando delle
informazioni scomode per rovinare la vita a qualcun altro per un
tornaconto
personale. Mi suona familiare la cosa...» Fred si
fermò, ma si voltò di colpo verso
l’amico: «Ehi! Cosa stai cercando di dire? Il torto lo
abbiamo subito noi!» «Ma non ne
avete le prove, a parte la testimonianza
dei vostri familiari, a cui nessuno baderebbe. Se spedite quella
lettera
passate se va bene per dei bugiardi, se va male per dei criminali. Qua
purtroppo o per fortuna non ci chiamiamo Rita Skeeter, non possiamo
sparare
cattiverie gratuite e passarla liscia. Io non voglio impedirvi di
spedire
quella lettera, voglio solo che abbiate ben chiare le conseguenze prima
di
pentirvene. Fatelo solo se ne siete sicuri.» I gemelli si
guardarono imbarazzati, poi
sospirarono e rintascarono la lettera. «Però
paragonarci alla Skeeter era un colpo
basso.» Kaito sorrise:
«Troveremo un altro modo,
ma, scusate la schiettezza, è meno urgente.» Con un piccolo
fischio richiamò Aoko e legò
una lettera alla sua zampa. «Comunque non
ero venuto qui per voi. Sto
cercando di risolvere il mistero della lettera di Hermione.» I gemelli erano
perplessi: «Sicuro che
funzionerà?» Kaito sorrise mentre
lanciava la colomba
dalla finestra: «Il tempo materiale che Aoko arrivi da Jii e con
una
velocissima ricerca ci farà subito sapere di che poesia si
tratta. Sigh, è in
questi momenti che mi manca internet...» Fred e George si
limitarono a scuotere la
testa, uscendo dalla Guferia. La sera stessa la
colomba tornò dal suo
padrone, che accolse il bigliettino appeso alla zampa con grande
curiosità. «Dunque...
ecco qua. Avevo ragione, era
italiano! È una poesia d’amore del 1902 di tal Gabriele
D’annunzio, che
s’intitola “La pioggia nel pineto”. Ne ha allegata
anche una traduzione in
giapponese...» Fred fece una
smorfia: «E chi andrebbe a
mandare a Hermione una poesia in italiano?» Kaito
accarezzò amorevolmente Aoko, stanca
per il viaggio: «Non ne ho la più pallida idea...» Sheridan invece
sussultò. «Momoka?» «Aspettatemi
qui, torno subito!» La ragazza
sparì per qualche minuto, poi
tornò tenendo fra le mani una rivista: «Scusate, ho dovuto
chiedere a Nicole se
me la prestava.» Kaito guardò
schifato l’ennesima rivista di
gossip: «Ancora la Skeeter?» Sheridan
iniziò a sfogliarla
freneticamente: «No, una giornalista un pochino più
seria... ecco! Ecco,
guardate qui!» I ragazzi, curiosi
ma perplessi, si
affollarono intorno alla pagina. Mirtilla
sospirò: «Cosa posso fare per
consolarti?» Ma Hermione non
rispose, continuando a
piangere. Davanti agli altri faceva la dura, per non preoccuparli,
minacciava vendette
alla Skeeter, ma sotto sotto soffriva parecchio per tutte quelle
cattiverie
gratuite. Con la scusa di andare in biblioteca a studiare, quando
proprio non
ce la faceva più, si rifugiava lì e cercava di sfogare in
un colpo tutto il suo
dolore, per poi tornare forte non appena varcata la porta del bagno. «Uh? E questa
cos’è?» Hermione
sollevò leggermente il viso:
«C-cosa?» Mirtilla si
limitò a indicare una busta per
terra. Hermione, a fatica e di malavoglia, si alzò
dall’angolo in cui si era
rifugiata e andò ad aprirla. Sussultò dalla sorpresa. Era
per lei, e non era
piena di cattiverie. Un’altra lacrima, una sola, iniziò a
scorrerle sulla
guancia, ma questa non era carica di tristezza.
Piove
su le tue ciglia
nere sì che par tu pianga ma di piacere; non
bianca ma quasi fatta virente, par da
scorza tu esca.
Mirtilla sorrise
leggermente, facendo
l’occhiolino ai Malandrini, che sbirciavano dalla porta la
reazione della
ragazza.
E
tutta la vita è in
noi fresca aulente, il cuor nel petto è
come pesca intatta, tra le palpebre gli
occhi son come polle tra
l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle
acerbe. E andiam di fratta in
fratta, or congiunti or
disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i melleoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove!
Hermione sorrise,
asciugandosi il volto con
la manica. I Malandrini, soddisfatti, socchiusero la porta. Fred
ridacchiò: «E chi l’avrebbe mai detto
che Krum fosse un appassionato di poesia straniera?» Kaito riprese in
mano l’articolo: «E
neanche da poco! Poesia francese, inglese, tedesca, italiana... mica
male per
un giocatore di Quidditch!» Sheridan sorrise:
«Bé, deve volerle davvero
bene per cercare apposta una poesia dedicata al suo nome!» George
ridacchiò: «Secondo me, con una
secchiona come lei, ha trovato il modo giusto per fare colpo!» Sbirciarono ancora
una volta. Hermione
piangeva ancora, ma commossa, sorridendo. Fred chiuse la porta
definitivamente e fece
per allontanarsi, poi di colpo si fermò. «Ragazzi!» «Sì?» Sheridan sorrise
ironica: «Se ti stai
chiedendo se avevamo tolto la H che avevi aggiunto, sì,
l’ho fatto io.» «No, no... mi
stavo chiedendo un’altra
cosa.» «Cioè?» «Ma
Hermione... saprà leggere
l’italiano?» Tutti i Malandrini
rimasero per un attimo
fermi, imbarazzati, a riflettere sulla questione. Poi George
alzò le spalle. «Naaa,
è Hermione. Se non lo sa andrà in
biblioteca a cercare un dizionario o si farà un incantesimo di
traduzione!» «Giusto!» E risero fin quasi
alle lacrime.
E
piove su i nostri
volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi
t'illude, o
Ermione.
Ed
eccoci ancora qua. Non starò neanche a scusarmi per
l’immenso
ritardo, purtroppo la vita di tutti i giorni toglie sempre più
tempo alla
scrittura, anche se la voglia di continuare c’è sempre. In
questo capitolo anomalo ci sono tante cose particolari, lo
so. Non sapevo bene come far passare il tempo tra una prova e
l’altra, visto
che in generale non succedono eventi particolari. Ci stavo pensando
mentre
passavo in macchina vicino a una pineta, sotto la pioggia e… ed
eccoci qua. Da
piccola per un po’ ho pensato davvero che D’Annunzio si
riferisse alla nostra
Hermione… Ho
deciso di dare a Mirtilla una canzone che dovrebbe essere
stata “di moda” nel suo periodo, spero vi piaccia. Prossimo
capitolo? Un compleanno davvero speciale… Ringrazio
fenris, Aesingr e Lunaby per i commenti, alla
prossima! Hinata
92
Nelle ultime settimane di marzo divenne
piuttosto difficile contenere l’emozione di Fred e George. I due gemelli
sembravano schegge impazzite e andavano su e giù per il castello parlottando e complottando
fra di loro. Nemmeno a Kaito e a Sheridan era
completamente chiaro il motivo di tanta agitazione, fino a una mattina a
colazione, durante la quale Kaito rischiò seriamente
di strozzarsi con il latte.
«Voi… iniziate il corso di Materializzazione…
oggi?»
«Sì!»
Sheridan li guardò confusa: «Ma… Kaito non aveva iniziato prima?»
Fred alzò le spalle: «Sono un po’ in
ritardo per il Torneo Tremaghi.»
Kaito sospirò: «Comprensibile.»
George si sfregò le mani: «È una settimana
che giriamo il castello pensando a cosa potremo fare una volta che saremo
maggiorenni e in grado di muoverci liberamente…»
Giusto. Kaito non
ci stava più pensando, però il primo aprile non solo sarebbe stato il
compleanno dei gemelli, ma sarebbe stato il loro diciassettesimo compleanno, con tutte le conseguenze del caso.
Il prestigiatore abbassò la voce: «Ragazzi…
vi ricordate vero che normalmente la gente non si può Smaterializzare dentro Hogwarts, vero?»
Fred ridacchiò: «Certo, per quello ci
affideremo a te!»
George aggiunse: «Staremo qua dentro solo
più un paio d’anni, è ora di pensare avanti! Noi stiamo andando oltre.»
Kaito e Sheridan si guardarono abbastanza
preoccupati: «Ah.»
L’arrivo di altri compagni interruppe
abbastanza bruscamente la discussione, ma non tolse dalla mente dei due
Malandrini del terzo anno lo stesso pensiero.
Cosa
stavano architettando Futago e Soseiji?
Nel primo pomeriggio, assicurandosi di non
essere occupato con lezioni o impegni extra, Kaito si
avvicinò guardingo alla Sala Grande. Era molto preoccupato per l’atteggiamento
dei gemelli quella mattina, e temeva che, avendo in mente il suo esempio,
tentassero di fare cose strane. Era consapevole di essere un pessimo
riferimento per quei due ragazzi. Rabbrividì. Se mai ne fosse venuta a
conoscenza la loro amorevole madre, probabilmente non se la sarebbe cavata con
una semplice Strillettera come Ron
il primo anno.
Tuttavia, preso dagli impegni della
mattinata, non aveva avuto veramente il tempo di progettare un piano di azione.
Come poteva controllare i gemelli senza
farsi notare? Avrebbe potuto travestirsi da qualcuno e sostituirsi a lui,
ma avrebbe innanzitutto dovuto sapere chi fosse previsto in Sala Grande. Forse
poteva andare da Harry e chiedergli in prestito il Mantello…
«O forse, visti i precedenti, potresti
stare lontano da questa Sala, signor Kuroba.»
La voce femminile alle sue spalle fece
trasalire il ragazzo.
«Professoressa McGranitt?»
«Buongiorno Kuroba.
Posso chiederti cosa ci fai qui?»
«E io potrei chiederle se è in grado di
leggerle nel pensiero?»
La professoressa si lasciò sfuggire un
mezzo sorriso: «La Legilimanzia non è esattamente la
mia specialità, ma le tue intenzioni sono abbastanza chiare. L’unica cosa che
non mi è chiara è il motivo per cui vuoi entrare. Vuoi riprovare nuovamente
l’esame?»
Kaito cercò di mantenere la sua faccia da poker:
«Non mi è poi stato chiaro come sia finita l’anno scorso. Dal punto legale,
intendo.»
La professoressa annuì: «Seguimi un momento
nel mio ufficio, Kuroba, è il momento di chiarire la
questione.»
Con estremo malincuore, ma sapendo quanto
fosse importante risolvere anche quella questione, Kaito
obbedì. La McGranitt lo condusse nel suo ufficio e lo
invitò a sedersi.
«Il professor Silente mi ha spiegato
qualcosa della tua… particolare
situazione.»
Kaito la guardò sinceramente sorpresa:
«Davvero?»
La donna annuì: «So che la tua è un’abilità
innata derivata da tuo padre, e che puoi Smaterializzarti liberamente ignorando
incantesimi di protezione e quant’altro. Ho dedotto che puoi anche
Materializzarti senza conoscere il luogo ma pensando a un tema o una persona,
visto il tuo… atterraggio in cucina,
l’anno scorso. Eri mai stato nelle cucine?»
«No.»
«Ho anche dedotto che tu ne fossi
totalmente all’oscuro, vista la tua reazione dell’anno scorso, e anche che molto
probabilmente invece il mio ex collega Lupin fosse decisamente più informato di
me, calcolata l’insistenza a voler partecipare a quella prima e unica tua
lezione.»
Kaito dovette fare appello a tutta la sua faccia
da poker. La Mcgranitt si stava dimostrando degna di Saguru, Conan e compagnia bella.
«Quello che non so, e che non sono neanche
sicura di voler sapere, in totale franchezza, è quanto ti abbia aiutato il
signor Lupin o quanto tu possa esserti esercitato da solo. Insomma, per farla
breve, non sono a conoscenza del tuo attuale livello di Smaterializzazione.
Quello di cui invece sono pienamente consapevole è la pericolosità di questa
tua dote innata, e spero che lo sia anche tu.»
Il ragazzo annuì.
«Vista la particolare situazione, sono
stata messa a conoscenza del fatto che, dopo la tua esibizione, è stato
praticato un incantesimo di memoria al signor Twycross e ai tuoi compagni presenti quel giorno.
In pratica, solo io, il professor Silente e il signor Lupin siamo a conoscenza
della sua lezione dell’anno scorso, per tutti gli altri non è mai avvenuta, a
livello ufficiale.»
Kaito ne fu sinceramente sorpreso: «Ah.»
«Te ne parlo perché tu sia consapevole che
per evitarti grossi problemi, sono state commesse per te numerose violazioni
alla legge. Violazioni delle quali, pur non essendo totalmente d’accordo, anche
io stessa sono stata complice e artefice.»
«La ringrazio molto per questo,
professoressa.»
«Io e il professor Silente abbiamo
concordato, infine, che potrai ritentare regolarmente l’esame al sesto anno,
previa valutazione da parte nostra nella quale considereremo se tu possa,
sostanzialmente, fingere di poter
fare quello che fanno gli altri e avere così la patente ufficiale. Molte altre
capacità naturali, come i Metamorphomagus, sono ben
regolamentati dal Ministero e non presentano particolari problematiche. Per la
tua specifica situazione, invece, ci adopereremo per capire come poterci
muovere dal punto di vista legale.»
Kaito fu molto grato all’insegnante. Per lei,
particolarmente ligia alle regole, non doveva essere stato facile né coprirlo,
né confessargli tutta quella faccenda. Inoltre, pur senza sapere esattamente
tutta la storia di suo padre, aveva intuito autonomamente i possibili pericoli
della sua particolare situazione.
Ridacchiò: «Visto che lei è stata così
sincera con me, lo sarò anch’io. Ero davanti alla Sala Grande per controllare
che Fred e George Weasley non… facessero troppo di testa loro, mettiamola così.»
La McGranitt lo
guardò sorpresa, poi sorrise anche lei: «Confidenza per confidenza… anche io.»
Kaito rise di gusto e la McGranitt,
senza imitarlo ma mantenendo anche lei quel sorriso, aggiunse: «Ora che ci
siamo chiariti, direi che posso tornare in Sala Grande e continuare, per conto
di entrambi, a controllare cosa possano combinare i gemelli Weasley.»
Kaito si alzò dalla sedia: «D’accordo. La
ringrazio, professoressa.»
La donna assunse nuovamente
quell’espressione seria che la caratterizzava: «Sii prudente, Kuroba. Coraggioso, ma prudente.»
Kaito uscì dall’ufficio con ancora più pensieri
di quando era entrato. L’idea di andare a controllare cosa stessero combinando
Fred e George era ormai, per ovvi motivi, accantonata, ma non la preoccupazione
per i gemelli.
«Tu!»
E
due, pensò Kaito, voltandosi verso Gazza, che lo squadrava imbracciando
minacciosamente una scopa.
«Buongiorno, signor Gazza, posso aiutarla?»
Il custode lo guardò in cagnesco: «Ti ho
colto sul fatto!»
Kaito lo fissò sinceramente confuso: «Ehm… su
quale fatto?»
Gazza lo prese dal colletto della divisa e
lo trascinò nel corridoio di fianco: «Come “quale
fatto”? Questo fatto!»
Non appena gli fu possibile, il ragazzo
guardò cosa aveva fatto inviperire il custode: una sostanza arancione,
appiccicosa e che creava delle bolle colava da un’armatura, facendola
scricchiolare pericolosamente.
«Che cos’è?»
«Speravo che me lo dicessi tu,
delinquente!»
Il prestigiatore alzò le mani in segno di
resa: «Ehi, fino a un minuto fa ero nell’ufficio della Professoressa McGranitt, può chiedere a lei!»
Gazza schiumava di rabbia: «Per punirti di
quanto hai fatto!»
«Ma no, per faccende private! Davvero,
glielo chieda.»
La certezza del custode parve vacillare: «E
quelle scimmiette gemelle amiche tue?»
Kaito impiegò qualche secondo a realizzare il
riferimento: «Se sta parlando dei gemelli Weasley
sono da un bel po’ in Sala Grande a fare il corso di Smaterializzazione.»
Rimasto senza apparenti colpevoli, Gazza lo
lasciò andare e, senza neanche scusarsi, cominciò a parlottare da solo: «Bha, e ora chi viene punito per tutto questo sudiciume? Ci
metterò ore anche solo a capire come pulirlo!
Così, ma tanto ci pensa Argus, no? Bha! Solo per qualche scherzo di stupido gusto!»
Kaito lo fissò per un momento, realizzando solo
in quel momento cosa stessero davvero architettando Fred e George in quei
giorni. Ma certo, era così semplice e così ovvio, come aveva fatto a non
pensarci?
Senza fare rumore, si allontanò dalla scena
del crimine, fino a che non sentì un sussurro.
«Kaito? Psst! Kaito!»
Era una vocina leggera e femminile, che
proveniva da dietro un armadio. Con
circospezione, il prestigiatore si avvicinò.
«Ciao, Helen. Che succede?»
La Tassorosso del
terzo anno era tutta rossa in volto: «Ho fatto un pasticcio.»
Il prestigiatore fece due più due: «Parli
dell’armatura di là?»
Helen annuì: «Gazza mi uccide, se mi
scopre.»
Il ragazzo la prese sottobraccio
sospirando: «Se rimani qua ti scopre di sicuro. Dai, vieni, che è successo?»
La Tassorosso
cercò di nascondere il volto fra i lunghi capelli castani: «Non volevo fare
nulla di male… c’è Luna che ha un po’ di influenza, così volevo tirarla su di
morale… ho provato a ricreare una pozione che faceva mia sorella quando ero
piccola. Mi diceva sempre di non berla, ma era bella, cambiava colore nella
botticina e per un po’ faceva anche luce… ma dopo tanti anni non ricordavo bene
la ricetta. L’ho provata, sembrava tutto a posto, così stavo andando verso la
Sala comune dei Corvonero…»
Kaito fece una smorfia: «Ma a quanto pare non
era tutto a posto.»
Helen sospirò: «All’improvviso si è messa a
sobbollire nella botticina e io, spaventata, l’ho lanciata dentro l’armatura.
Poi… è implosa, credo, non so. Hai
visto che è successo!»
«Ho visto sì… ma perché non hai chiesto la
ricetta precisa a tua sorella via gufo?»
La ragazza abbassò lo sguardo: «Pensavo di
farcela da sola… ma ora mi espellono, secondo te?»
Kaito le sorrise: «Ma no, dai, vedrai che andrà
tutto bene! Io a Gazza non dirò nulla, e se tutto va come penso, rimarrà uno
dei tanti piccoli misteri di questo castello.»
«Grazie.»
«Ora però fila a spedire quel gufo a tua
sorella.»
Helen si allontanò di corsa: «Lo farò!»
Il prestigiatore sospirò. Quel pomeriggio
gli aveva stuzzicato un’idea niente male…
Quella sera, mentre nella Sala Comune di Grifondoro Fred e George stavano riproponendo, per chi
avesse voglia di assistere al loro spettacolino, il primo incidente di
Smaterializzazione della loro lezione, ovvero Fred che si spaccava un orecchio,
con tanto di sangue finto e risatine, Kaito prese
Sheridan da parte e le espose la sua idea.
«Tu sei tutto matto.»
Il prestigiatore sospirò: «Lo so, lo so, in
condizioni normali sarei anche d’accordo con te, ma… pensaci un attimo: è
meglio quello che ti sto proponendo io o lasciare Fred e George completamente a ruota libera?»
Sheridan osservò per un attimo i gemelli fingersi
vampiri, salire sulla poltrona e saltare addosso a Lee Jordan
impiastricciandolo di sangue finto.
«Perché da soli quei due non si fermano, e
lo sai.»
Momoka sospirò: «Me ne pentirò vita natural durante. E forse anche dopo.»
Mangetsu rise: «Anche io, consolati.»
«Ok, ma abbiamo cinque giorni, riusciremo a
procurarci tutto?»
«Possiamo provarci. Il necessario per fare
un po’ di scena ce l’ho.»
«Di quello non dubitavo. Cosa facciamo, ci
dividiamo le cose?»
Kaito le fece l’occhiolino: «Tu parte magica e
io babbana?»
«Come sempre.»
Il primo aprile Fred e George Weasley entrarono in Sala Grande come se fossero i padroni
del mondo.
Kaito, per prenderli in giro, con la mano
davanti alla bocca e con voce metallica, disse: «Pianeta Terra chiama Luna:
rispondete fratelli Weasley.»
Tutti gli altri fratelli Weasley al tavolo ridacchiarono, ma i gemelli non se la
presero: «Sembra che tu non capisca l’importanza della cosa.»
Kaito alzò le spalle: «La maggiore età è
sopravvalutata. Per il mondo dei maghi sono maggiorenne da ben due anni e sono
sicuro che non me la tiravo tanto quanto voi.»
George si sfregò le mani: «Tu non hai idea
di cosa potremo fare da adesso in poi.»
Kaito non rispose, limitandosi, di nascosto, a
fare un occhiolino a Sheridan.
Quanto
si sbagliavano…
George, qualche ora dopo, appena uscito
dalla Sala Grande, sbadigliò stiracchiandosi le braccia: «Che giornata!»
Fred ridacchiò: «Non male come prima
giornata da maggiorenni, sì… due ore di Piton, due
della McGranitt, uno scherzetto a Gazza come
intermezzo, una decina di punti in meno alla Casa, ma sono incidenti del
mestiere…»
«Quindi ora che si fa? Facciamo gli adulti
responsabili e facciamo i compiti o continuiamo… quella cosa?»
Il ragazzo ridacchiò: «E devi anche
chiederlo? Tira fuori gli…»
Ma non ebbe modo di completare la frase.
Qualcosa di fresco gli bagnò improvvisamente il volto. Con una mano si toccò il
viso, sentendolo bagnato.
«Ma che…»
Un tonfo lo fece voltare, ma più lentamente
di quanto si aspettasse. Il suo gemello era caduto a terra, di faccia.
«George… cosa…»
E le braccia di Morfeo accolsero anche lui.
Fred non aveva mai pensato di poter avere
un déjà-vu nel sonno. Eppure, quando qualcosa di fresco gli bagnò nuovamente il
volto, seppe subito che questo era già successo, e neanche tanto tempo prima.
Spalancò gli occhi di scatto, sobbalzando
sulla sedia. Era buio intorno a lui, ma non abbastanza da non riconoscere una
più che familiare figura seduta alla sua sinistra.
«George!»
Il fratello era ancora un po’ addormentato:
«Dai, mà, ancora cinque minuti…»
Senza farsi problemi, Fred mollò un ceffone
in pieno viso al fratello: «Macché mamma e mamma, svegliati! Ora!»
George scosse la testa e, ancora un po’
confuso, chiese: «Dove siamo? Che è successo?»
«Speravo sapessi rispondermi tu! Eravamo
fuori dalla Sala Grande e…»
«Ci hanno rapiti?»
Fred fece una smorfia: «Dentro Hogwarts?
E poi non ci hanno neanche legati e…»
Uno sbuffo di luce attirò l’attenzione di
entrambi e chiuse la discussione. Di fronte a loro, appoggiato su un semplice
banco, c’era un oggetto piuttosto familiare.
«Il… Calice
di fuoco?»
I gemelli si avvicinarono con
circospezione. Era proprio lui, pieno di fiamme bianche e azzurre che
scoppiettavano al suo interno.
Non ebbero nemmeno il tempo di farsi
domande, che un biglietto venne sputato fuori dal calice. I due gemelli si
guardarono circospetti, poi George si fece coraggio e lo afferrò. Era scritto
su pergamena consunta, in inchiostro rosso.
Siete pronti per la prova?
Fred guardò
il gemello perplesso: «Quale prova?»
Un altro biglietto uscì dal calice.
Siete maggiorenni, adesso. Dunque vi
chiedo: siete pronti per la prova?
George
guardò perplesso il foglietto: «Quale prova? Quella per il Torneo Tremaghi?»
Fred
aggiunse: «Non siamo più in tempo! Ci sono già state due prove!»
Ancora una
volta, un biglietto rispose.
Se lo siete, afferratemi e bevete.
Altrimenti, uscite dalla stanza.
I due
gemelli si guardarono perplessi e un po’ intimoriti. Avevano tante domande,
poche risposte, ma un’incoscienza tremenda. Fred prese il calice, George gli
strinse la mano e, dopo aver ancora dato un’occhiata al gemello, il primo
bevve.
George
guardò il fratello preoccupato: «Tutto… tutto ok?»
Il corpo di
Fred, prima di poter rispondere, fu attraversato da un brivido. Il gemello
sbiancò.
«FRED!!!»
Il ragazzo
esclamò: «È gelato!»
George lo
guardò perplesso: «Nel senso che è freddo?»
Fred gli
porse il calice: «No, nel senso che è proprio
gelato! Assaggia!»
Il gemello
prese il calice dubbioso, e ci intinse la lingua.
«È…»
«È gelato di
more e mirtilli, ragazzi, non vi abbiamo avvelenato, potete stare tranquilli.»
I gemelli trasalirono, mentre Kaito e Sheridan accendevano le candele.
«Però di stasera effettivamente vi abbiamo
drogato, quello sì, giusto per portarvi qui.»
Momoka guardò il prestigiatore di storto:
«Secondo me il sonnifero era esagerato, però.»
Mangetsu ridacchiò: «Era il più blando del mio
armamentario, non gli ha fatto assolutamente nulla, vero ragazzi?»
Solo in quel momento i gemelli si resero
conto di trovarsi in un’aula in disuso, in una di quelle dove spesso facevano
le riunioni dei Malandrini.
Kaito sorrise: «Allora, com’è stato farvi
finalmente scegliere dal Calice di Fuoco?»
George si morse un labbro: «… spiazzante.»
Fred si voltò ad afferrare il “Calice di
Fuoco”. Era una coppa di legno intagliata rozzamente, esattamente come quella
originale, ma ripiena di gelato. Fumava ancora, però.
«Come avete fatto?»
Sheridan sorrise: «Hagrid
ci ha aiutato a intagliarla e Dobby ci ha procurato
il gelato dalle cucine.»
Kaito alzò le spalle: «Per il resto… ghiaccio
secco per l’effetto fumo e fiamme e un Lumos ben
posizionato. Con il buio e la vostra fantasia ben stimolata avete fatto
sostanzialmente tutto da soli.»
I gemelli si guardarono sconvolti: «Uao…»
Kaito porse loro un paio di cucchiai: «Intanto
mangiatevelo, o si scioglie.»
I gemelli, sospirando, si arresero, presero
i cucchiai e iniziarono a ingozzarsi.
«Però… perché?»
Sheridan li guardò seria: «Per farvi una
domanda seria.»
Kaito annuì: «Siete pronti per la prova? Non quella del Calice… quella della vita adulta.»
I gemelli rimasero un po’ spiazzati da quella
domanda, ed entrambi preferirono mettersi un’altra cucchiaiata di gelato in
bocca.
Momoka continuò: «Eravamo un po’ preoccupati per
voi in questi giorni. Eravate… stranamente
eccitati. Va bene l’avvicinarsi del vostro diciassettesimo compleanno,
però…»
Mangetsu continuò: «Ci ho messo un po’ a capire
cosa vi stesse passando per la testa, ma penso di esserci arrivato. State
complottando per i Tiri Vispi Weasley, vero? E magari
ancora per come farla pagare a Ludo Bagman per il suo
imbroglio.»
La ragazza sospirò: «Da oggi vostra madre
ufficialmente non potrà più impedirvi nulla, era per quello che eravate così
eccitati.»
I due gemelli arrossirono, colti sul fatto.
Il prestigiatore continuò: «Scusate se ho
coinvolto anche lei, ma ho avuto bisogno di aiuto e consulto per fare una cosa
importante.»
Futago li guardò sorpreso: «Cosa?»
Kaito sorrise: «Il vostro regalo di compleanno,
cosa sennò?»
Momoka, con un sorriso, annunciò: «Questi due
Malandrini hanno deciso, di comune accordo, di contribuire ufficialmente alla
fondazione del Tiri Vispi Weasley! Se riuscirete a
creare il vostro negozio di scherzi senza
Bagman, sarà la più grande vendetta che possiate
fare nei suoi riguardi, no?»
I due gemelli si guardarono ancora più
confusi.
«Ragazzi… noi non possiamo accettare dei
soldi da voi.»
Mangetsu ridacchiò: «E chi ha mai parlato di
soldi?»
Con un rapido gesto Kaito
coprì il banco più vicino con un telo, che non appena tirò via rivelò un bel
mucchio di pacchetti.
«Ecco il nostro contributo.»
Sempre più confusi, i gemelli si
avvicinarono al mucchio di doni.
«Possiamo?»
Mangetsu sospirò: «Sì, questi sono innocui, non
temete.»
Rassicurati, i due fratelli si avventarono
sui pacchetti, che erano quasi tutti voluminosi e abbastanza pesanti. Soseiji però, rimase deluso quando finì di scartare il
primo.
«Un libro?»
Kaito annuì e George continuò a leggere il
titolo: «”Guida ai più (e ai meno) comuni
effetti collaterali delle Pozioni”?»
Futago fece una smorfia, vedendo il titolo del
suo: «”Chimica per principianti”? Che
è la Chimica?»
Mangetsu si sbatté una mano sulla fronte: «Diciamo
Pozioni versione babbana.»
«Ok… ma perché?»
Gli altri due Malandrini sospirarono:
«Perché da adesso in poi, se vi conosciamo un pochino, voi partirete a
sperimentare chissà che cosa, per creare nuovi scherzi.»
«E presi dall’entusiasmo, potreste fare…
meno caso a un paio di cosucce.»
«Come la sicurezza. Vostra, principalmente, non dico degli altri, per quello siete
abbastanza intelligenti, di solito.»
«E noi non vogliamo che questo accada.»
«Quindi lì c’è tutto quello che siamo
riusciti a procurarci di materiale inerente alla sicurezza, magica e babbana,
in modo che possiate prendere spunto… ma non strafare.»
Kaito ridacchiò: «Perché siate… coraggiosi, ma
prudenti.»
I due gemelli si guardarono. Non era
esattamente il regalo di compleanno che si aspettavano, ma avevano capito il
pensiero degli amici.
«Ah, e poi c’è questo.»
Momoka guardò Mangetsu
ancora una volta: «Sei sicuro?»
Il ragazzo ridacchiò: «E diamo un po’ di
fiducia ai nostri Malandrini preferiti!»
E consegnò ancora loro un pacco. Soseiji e Futago si affrettarono
a scartarlo.
«”Il
Piccolo Chimico”?»
«Vi pare che vi diamo dei libri di chimica
e non la possibilità di metterli in pratica creando sostanze e pasticci vari
alla maniera babbana? Ci sono un mucchio di possibilità in quella scatola e in
quei libri a cui nessun mago penserebbe mai.»
Lo sguardo dei due gemelli s’illuminò di
gioia e Momoka alzò gli occhi al cielo: «Ecco, ora la
frittata è fatta per davvero.»
Mangetsu ridacchiò: «Tranquilla, ho controllato, è
dagli anni ‘50 che non mettono nella scatola il necessario per creare polvere
esplosiva, per lo meno!»
I due gemelli li abbracciarono: «Grazie,
ragazzi!»
«Non vi deluderemo!»
«Non c’è un abbraccio anche per me?»
Pix, incurante di tutto, attraversò un muro
della stanza e si avvicinò ai Malandrini.
«Ehilà, Gōsuto,
che ci fai qui?»
Il Poltergeist ridacchiò: «Oh, volevo
partecipare anche io alla festa… ho portato anche un po’ di regali…»
E aprendo le braccia scaricò nelle mani dei
gemelli una quantità enorme di oggetti.
«Tutto quello che sono riuscito a
recuperare dal cassetto con il vostro nome, con tanti auguri da Gazza.»
I due ragazzi si persero un momento,
riconoscendo oggetti che non vedevano da anni e che avevano disperato di poter
recuperare, un giorno.
Soseiji posò un po’ di oggetti e si avvicinò al
Calice, ormai vuoto: «Questo lo possiamo tenere?»
Momoka sorrise: «Certo, potete considerarlo parte
del regalo.»
Fred e George si guardarono in volto,
sorridenti ma con gli occhi seri.
«Cose vecchie…»
«Cose nuove…»
I due ragazzi si guardarono in volto: «…
miglior festa di compleanno di sempre!»
E tutti i Malandrini scoppiarono a ridere,
finalmente, com’era giusto in un giorno di festa.
“Grande festa alla corte di Francia”…
C’è voluto più tempo del previsto, ma sono tornata. Vorrei fare
come John Belushi in Man in Black (“non è stata colpa mia. Davvero, sono
sincero. Quel giorno finì la benzina. Si bucò un
pneumatico. Non avevo i soldi per il taxi! Il mio smoking non era arrivato in
tempo dalla tintoria! Era venuto a trovarmi da lontano un amico che non vedevo
da anni! Qualcuno mi rubò la macchina! Ci fu un terremoto! Una tremenda
inondazione! Un'invasione di cavallette!”), la verità è molto più banale:
ho seguito mio padre che per problemi di salute è entrato e uscito dall’ospedale
più volte, unito a problemi sul lavoro mi ha causato il mio primo, serio,
blocco dello scrittore. Non mi sono arresa, ho scritto molto per allenarmi di
nuovo, ma non ho mai scordato né voi né questa storia. Adesso sono tornata, e
spero di rimanerci a lungo, magari sempre con tempi distesi, ma senza dei
blocchi e delle pause così lunghe. So anche che nel frattempo EFP è diventato
sostanzialmente abbandonato, ma ho una storia in sospeso con voi e farò di
tutto per portarla a termine.
Intanto, in ritardissimo, ringrazio
chi aveva commentato lo scorso capitolo: Lunariascrittrice,
fenris, Serena Leroy.
Nel prossimo capitolo (tranquilli, è già avviato e a buon punto)
avremo l’ultima prova del Torneo Tremaghi… e degli
non troppo inaspettati ritorni.
Vi auguro buone vacanze, e vi aspetto al prossimo capitolo.
I mesi
trascorsero in fretta. Nelle pause da compiti e lezioni i Malandrini cercarono
di aiutare Harry, insieme ovviamente a Ron e a Hermione, a prepararsi per l’ultima prova, il labirinto,
che come annunciato sarebbe stato pieno di creature e incantesimi. Nei giorni
che seguirono trascorsero tutto il loro tempo libero in biblioteca a studiare
stregonerie, o in qualche classe vuota dove sgattaiolavano per esercitarsi.
Harry si era concentrato sullo Schiantesimo, che non
aveva mai usato prima. Il guaio era che fare pratica comportava parecchi
sacrifici da parte di tutti.
Ron, un
lunedì all'ora di pranzo, mentre giaceva lungo disteso nel bel mezzo della classe
di Incantesimi propose: «Non possiamo rapire MrsPurr?»
Era
appena stato Schiantato e risvegliato da Harry per la quinta volta di seguito.
«Possiamo Schiantare lei qualche volta. Oppure puoi usare Dobby,
Harry. Scommetto che farebbe qualunque cosa per aiutarti. Non è che mi lamenti,
ma mi fa male dappertutto...»
Mentre si
alzava in piedi cautamente, massaggiandosi la schiena, Hermione
esclamò, impaziente: «Be', certo, se continui a mancare i cuscini!»
Sheridan
si limitò a risistemare la pila di cuscini che avevano usato per l'Incantesimo
di Esilio e che Vitious aveva lasciato in un armadio.
«Quando
sei Schiantato non riesci a prendere la mira molto bene, Hermione!
Perché non vieni tu al mio posto?»
Sheridan
cercò di sedare gli animi: «Be', credo che Harry l'abbia imparato, ormai.» Hermione aggiunse in fretta: «E non dobbiamo darci pensiero
per l'Incantesimo di Disarmo, perché sono secoli che lo sa fare... Credo che
stasera dovremmo cominciare con qualche stregoneria.»
Continuarono
così, alternandosi a turno, fino a giugno.
All'inizio
di giugno l'atmosfera nel castello si fece di nuovo tesa e agitata. Tutti
aspettavano con ansia la terza prova, che avrebbe avuto luogo una settimana
prima della fine del trimestre. Harry si esercitava negli incantesimi in ogni
momento libero. Stanca di imbattersi nel gruppetto in tutti gli angoli della
scuola, la professoressa McGranitt aveva dato a Harry
il permesso di usare la classe di Trasfigurazione che era vuota all'ora di
pranzo. Ben presto Harry padroneggiò l'Incantesimo di Ostacolo, che rallentava
e ostacolava gli aggressori, l'Incantesimo Reductor,
che gli consentiva di far saltare in aria oggetti solidi che fossero
d'intralcio, e l'Incanto Quattro Punti, un'utile scoperta di Hermione che avrebbe indirizzato la sua bacchetta
esattamente a nord, permettendogli di orientarsi all'interno del labirinto.
Hermione, scorrendo la lista e cancellando gli
incantesimi che avevano già imparato, ripeteva spesso: «Però vai molto bene,
davvero. Alcuni di questi si riveleranno utili.»
I Malandrini certo non erano stati con le
mani in mano. Fred e George passarono ad Harry alcuni dei loro scherzi, anche
con piccole modifiche originali, per rallentare o ostacolare gli avversari; Kaito gli insegnò un paio di trucchi utili a liberarsi in
caso qualcuno avesse provato a legargli le mani per impedirgli di usare la
bacchetta e Sheridan, rendendosi conto che la sua tecnica migliore, l’appendere
la gente ai gargoyles, fosse poco utile in questa
situazione, andava spesso a spiare gli altri concorrenti per controllare come
si preparassero. La tensione era così alta che Kaito
decise di ignorare completamente il suo compleanno.
Alla vigilia della prova, il 23 giugno, i
quattro si lasciarono andare sulle poltrone della Sala Comune con un sospiro.
Fred commentò: «Più di questo non si poteva
fare.»
Kaito annuì: «Ora sta ad Harry.»
Sheridan, seppure con un po’ di fatica, si
alzò e fece per allontanarsi dalla Sala. George la fermò: «Dove vai?»
«Da Luna. Oggi a lezione mi ha detto di
avere mirabolanti idee per incoraggiare i Campioni e visto il suo ultimo
cappello forse è meglio che controlli cosa le passa per la testa.»
I tre ragazzi risero: «Hai ragione!»
Poi, non appena si fu allontanata, i tre
ragazzi si guardarono seri.
«Siamo sicuri che andrà tutto bene?»
«Perché non dovrebbe?»
George abbassò lo sguardo: «So... che non
bisogna essere superstiziosi, però...»
Kaito lo incoraggiò: «Però?»
Il ragazzo strinse le labbra imbarazzato,
poi disse tutto d’un fiato: «Stamattina ho visto un Gramo!»
Il prestigiatore lo guardò confuso: «Cos’è
un Gramo?»
Fred spiegò: «È una sorta di grosso cane
nero. Fra i maghi è considerato un annuncio di morte imminente.»
Cane
nero...
Kaito dovette trattenersi dal ridere.
Probabilmente era Sirius, infiltratosi per
controllare la prova prima che l’affrontasse Harry! Ma George questo non lo
sapeva, e non voleva assolutamente prenderlo in giro.
«Non preoccuparti, l’hai detto tu, è una
superstizione. Andiamo a dormire, domani sera a quest’ora staremo festeggiando
la fine del Torneo, chiunque sarà il vincitore.»
George annuì e lo seguì su per il
dormitorio.
La mattina della terza prova la colazione
al tavolo di Grifondoro fu molto rumorosa. Comparvero
i gufi postini e non appena Kaito ebbe per le mani la
sua edizione della Gazzetta del Profeta si lasciò sfuggire una piccola imprecazione.
Sheridan
sussurrò: «Che succede?»
«Leggi.»
HARRY POTTER È «DISTURBATO E PERICOLOSO»
Il
ragazzo che ha sconfitto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è instabile e
potenzialmente pericoloso, scrive
Rita Skeeter, inviato speciale. Sono venute alla
luce testimonianze allarmanti sullo strano comportamento di Harry Potter, che
insinuano seri dubbi sull'opportunità che partecipi a una gara impegnativa come
il Torneo Tremaghi, e perfino che frequenti la scuola
di Hogwarts.
Potter,
come la Gazzetta del
Profeta è in grado di rivelare in esclusiva, sviene regolarmente durante le
lezioni, e spesso lo si sente lamentare un dolore alla cicatrice che porta
sulla fronte (ricordo della maledizione con la quale Voi-Sapete-Chi cercò di
ucciderlo). Lunedì scorso, nel corso di una lezione di Divinazione, il vostro
inviato della Gazzetta del Profeta può testimoniare che Potter è uscito
di gran fretta dalla classe, sostenendo che la cicatrice gli faceva troppo male
per continuare a studiare.
È
possibile, spiegano i massimi esperti dell'Ospedale di San Mungo per le
Malattie e Ferite Magiche, che il cervello di Potter sia stato danneggiato
dall'aggressione di Voi-Sapete-Chi, e che la sua insistenza nel sostenere che
la cicatrice gli fa ancora male sia una manifestazione del profondo stato
confusionale in cui versa.
«Potrebbe
anche fingere» ha dichiarato uno specialista, «la sua potrebbe essere una
richiesta di attenzioni».
La
Gazzetta del Profeta, intanto,
ha scoperto fatti preoccupanti a proposito di Harry Potter che Albus Silente, Preside di Hogwarts,
ha accuratamente tenuto nascosti al pubblico mago.
«Potter
parla il Serpentese» rivela DracoMalfoy, uno studente del quarto anno di Hogwarts. «Un paio di anni fa si sono verificate parecchie
aggressioni ai danni di studenti, e tutti pensavano che dietro ci fosse Potter:
aveva perso la testa al Club dei Duellanti e aveva aizzato un serpente contro
un altro ragazzo. Ma è stato tutto messo a tacere. Lui però ha anche fatto
amicizia con lupi mannari e giganti. Siamo convinti che farebbe qualunque cosa
per un briciolo di potere».
Il
Serpentese, la capacità di parlare ai serpenti, da
molto tempo è considerato un'Arte Oscura. In verità, il più celebre conoscitore
del Serpentese dei nostri giorni è nientemeno che
Voi-Sapete-Chi in persona. Un membro della Lega di Difesa contro le Arti
Oscure, che preferisce conservare l'anonimato, ha dichiarato che riterrebbe
ogni mago in grado di parlare Serpentese «passibile
di indagini. Personalmente, nutrirei gravi sospetti su chiunque sapesse
conversare con i serpenti, poiché questi rettili sono spesso usati nella Magia
Oscura della peggior specie, e sono storicamente legati ai malfattori».
Parimenti, «chiunque cerchi la compagnia di creature malvagie come lupi mannari
e giganti parrebbe nutrire inclinazioni violente».
Albus Silente dovrebbe senza dubbio chiedersi se
a un ragazzo del genere debba essere permesso gareggiare nel Torneo Tremaghi. C'è chi teme che Potter possa ricorrere alle Arti
Oscure nel suo folle desiderio di vincere il Torneo, la terza prova del quale
avrà luogo questa sera.
«Figlia di...»
«Sheridan... abbiamo orecchie sensibili al
tavolo...»
«Ma è un colpo basso il giorno stesso
dell’ultima Prova!»
«La Skeeter ha
mai giocato pulito finora?»
I due Malandrini, da dietro il giornale,
sbirciarono la reazione di Harry. Nonostante le prese in giro di Malfoy sembrava non curarsene troppo.
Sheridan sospirò: «Per fortuna Harry ormai
ci passa sopra.»
Kaito le diede una gomitata: «Guarda Hermione!»
Il volto della ragazza aveva una strana
espressione, quasi rapita. Alzò lentamente una mano e si fece scorrere le dita
tra i capelli.
Ron la guardò accigliato: «Ti senti bene?»
Hermione fece scorrere di nuovo le dita tra i
capelli, e poi avvicinò la mano alla bocca, come se parlasse in un
walkie-talkie invisibile.
Kaito si lasciò sfuggire un’espressione soddisfatta: «Conosco
quella faccia, l’ho vista sui volti di fin troppi detective...»
«Mi
è venuta un'idea. Credo di sapere... perché così nessuno avrebbe visto...
nemmeno Moody... e lei avrebbe potuto salire sul
davanzale... ma non è autorizzata... non è assolutamente autorizzata...
credo di averla incastrata! Datemi solo due secondi in biblioteca... solo per
esserne certa!»
E
con queste parole, Hermione afferrò la borsa e
sfrecciò fuori dalla Sala Grande.
Sheridan
fece l’occhiolino a Kaito: «Io la seguo. Ha l’aria di
essere qualcosa di grandioso e, soprattutto, contro la Skeeter.»
«Vai,
vai.»
La
ragazza si alzò dal tavolo con un aria soddisfatta che Kaito
non le vedeva da tempo: «Qualunque cosa pur di fargliela pagare a quella str...»
«Sheridan...»
«...
ega. Stavo per dire strega.»
«Seee, come no. Fila, dai. Ci vediamo dopo!»
Non appena Sheridan si defilò dalla Sala
Grande, scattante come una ninja, la professoressa McGranitt si avvicinò a Harry.
«Potter,
i campioni si riuniscono nella saletta qui accanto dopo colazione.»
Harry
si rovesciò addosso le uova strapazzate: «Ma la prova comincia stasera!»
«Lo
so, Potter. I familiari dei campioni sono invitati ad assistere alla prova
finale, lo sai. Questa è solo un'occasione per salutarli.»
La professoressa si allontanò e
dall’espressione di Harry Kaito comprese che il
Campione non era a conoscenza di alcun parente che potesse venirlo a trovare, ciononostante
il ragazzo si alzò e andò verso la saletta. Il prestigiatore finì la sua
colazione e si avviò verso la serra di Erbologia,
dove lo attendeva il primo esame di fine anno. Un attimo prima che la
professoressa Sprite entrasse, Sheridan s’intrufolò in classe.
«Allora?»
«L’ho già detto che Hermione
è un genio?»
«Più o meno lo diciamo tutti un migliaio di
volte al giorno, ormai è assodato. Spara, cos’ha scoperto?»
Momoka fece per parlare, ma l’ingresso della
professoressa li obbligò a rimandare l’intera discussione.
Una sfilza di esami uno dietro l’altro
portarono alla sera l’intero terzo anno di Grifondoro
ad essere completamente distrutto. Ginny aveva a
malapena fatto caso alla presenza di sua madre e di suo fratello nel castello
in compagnia di Harry. In ogni caso cercarono tutti di tirarsi su per quanto
possibile per il banchetto serale.
Mentre
si accomodavano alle solite tavolate, decisamente più imbandite nel normale, Kaito buttò un occhio al tavolo dei professori. Ludo Bagman sembrava piuttosto allegro, ma CorneliusCaramell, che era seduto accanto a Madame Maxime, era torvo e non parlava. Madame Maxime
era concentrata sul suo piatto, e a Harry parve che avesse gli occhi rossi. Hagrid continuava a guardarla in tralice. Mentre il
soffitto incantato sopra le loro teste cominciava a sbiadire dall'azzurro a un
violetto fosco, Silente si alzò al tavolo dei professori e subito cadde il
silenzio.
«Signore
e signori, tra cinque minuti vi chiederò di scendere al campo di Quidditch per la terza e ultima prova del Torneo Tremaghi. I campioni vogliano per favore seguire il signor Bagman giù allo stadio, adesso.»
Harry si alzò. Tutti i Grifondoro
lo applaudirono; i Weasley, Hermione
e i restanti Malandrini gli augurarono tutti quanti buona fortuna, e lui uscì
dalla Sala Grande con Cedric, Fleur e Krum. Appena fu possibile, tutti li seguirono.
Entrarono nel campo di Quidditch,
che ormai era del tutto irriconoscibile. Una siepe alta sei metri correva per
tutto il suo perimetro. C'era un'apertura proprio davanti a loro: l'ingresso
dell'enorme labirinto. Il corridoio al di là era buio e sinistro. L'aria si
riempì di voci eccitate e dello scalpiccio di innumerevoli piedi mentre
centinaia di studenti riempivano le tribune. Il cielo era di un intenso,
limpido azzurro, e cominciavano a spuntare le prime stelle. Fu mentre Kaito si perdeva per un attimo in quello spettacolo
naturale che Luna gli diede una pacca sulle spalle. Il prestigiatore si voltò e
quasi trasalì sulla sedia delle tribune. La sua amica Corvonero
si era cucita da sola una sorta di tuta metà rossa e oro e metà gialla e nera,
con il cappello della volta scorsa in testa. Quasi tutti i suoi compagni di
Casa, salvo le pazientissime e rassegnate Katie e Julie, la schivavano
inorriditi. Kaito la salutò modestamente con la mano,
poi diede una gomitata a Sheridan: «Non dovevi... “contenerla”?»
«È quello che ho fatto! Sai che fatica
convincerla a non cucire le stelline
fluorescenti su tutta la tuta?»
I gemelli risero guardando Kaito sbattersi una mano sulla fronte.
Hagrid, il professor Moody,
la professoressa McGranitt e il professor Vitious si avvicinarono a Bagman
e ai campioni. Portavano grosse stelle rosse lucenti sul cappello, tutti tranne
Hagrid, che aveva fissato la sua sulla schiena del
cappotto di talpa.
Momoka ridacchiò: «Ecco dove sono finite quelle di Luna...»
«Secondo
voi che ruolo hanno?»
Kaito sospirò: «Sono professori, non giocatori di Quidditch...»
«Bè,
siamo sul campo, non si sa mai...»
I quattro si allontanarono in direzioni
diverse, per disporsi attorno al labirinto. Bagman si
puntò la bacchetta alla gola e la sua voce amplificata per magia echeggiò sugli
spalti: «Signore e signori, sta per cominciare la terza prova del Torneo Tremaghi, la prova finale! Permettete che vi ricordi la
situazione del punteggio! Al primo posto, alla pari, con ottantacinque punti
ciascuno... il signor Cedric Diggory e il signor
Harry Potter, entrambi della Scuola di Hogwarts!»
Le
grida e gli applausi fecero alzare in volo nel cielo sempre più scuro gli
uccelli appollaiati sugli alberi della Foresta Proibita.
«Al
secondo posto, con ottanta punti... il signor Viktor Krum,
dell'Istituto Durmstrang!»
Altri
applausi.
«E
al terzo posto... Mademoiselle FleurDelacour, dell'Accademia di Beauxbatons!»
Mentre gli ultimi applausi si spegnevano, Harry
a un certo punto sembrò notarli e i Malandrini fecero grandi cenni di
incoraggiamento, con pollici alzati e segni alla “stendili tutti”. Li salutò
con la mano e Luna, alle loro spalle, si alzò in piedi per farsi notare.
Purtroppo o per fortuna Harry si girò proprio in quel momento.
Bagman disse: «Allora... al mio segnale, Harry e Cedric! Tre...
due... uno...»
Fischiò
brevemente e Harry e Cedric scattarono in avanti ed entrarono nel labirinto.
«Ok,
spiegatemi una cosa, a questo punto...»
«Sheridan...»
La ragazza sbottò, stufa di essere sempre
censurata: «No, Kaito, scusa, ma a che serve il
pubblico? La prima prova era ok, ma sono due prove che non vediamo un bel
niente! Solo ansia per l’attesa! Che razza di spettacolo è? Capisco un errore
di organizzazione, ma qui siamo a due su tre, e questa è la finale!»
Il prestigiatore sospirò: «Questa volta
effettivamente hai ragione. Sarebbe bastato anche solo un drone per le riprese
dall’alto...»
Ginny fece una smorfia: «Un che?»
Sheridan scosse la testa: «Diavolerie
babbane, tranquilla.»
Colin pulì annoiato il suo obiettivo: «In
queste prove, a parte la prima, non sono riuscito nemmeno a...»
Un urlo femminile, acuto e penetrante, fece
gelare a tutti il sangue nelle vene.
«Cosa è stato?»
«Una Banshee?»
Ma una bambina dal pubblico si alzò
preoccupata e corse verso l’ingresso del labirinto.
«Quella non è la sorella di FleurDelacour?»
«È stata lei ad urlare in quel modo?»
«Che caspita c’è in quel labirinto?»
Gli sguardi fra i Grifondoro
del Terzo anno si fecero ancora più preoccupati e nervosi. Cosa si nascondeva
fra le mura del labirinto?
Fred, dalla fila sopra di loro, commentò:
«Quanti punti rischio se lancio un Incendio
su un muro del labirinto per controllare?»
Ginny rispose: «Troppi perché tu possa tornare a
casa sano e salvo, ti ricordo che oggi ci sono sia Percy
che la mamma...»
Un vociare dal pubblico attirò nuovamente
la loro attenzione. FleurDelacour
veniva trascinata priva di sensi fuori dal labirinto da una preoccupata
professoressa McGranitt.
«Per la miseria!»
«Ma che diamine c’è là dentro?»
Neanche il tempo di chiederselo, che delle
scintille rosse campeggiarono da un’altra parte del labirinto.
«Un altro ferito?»
«Chi sarà?»
Ginny congiunse le mani in preghiera, Ron ed Hermione si guardarono
preoccupatissimi, Sheridan iniziò a mordersi un labbro. Tutti i Grifondoro pregarono che non si trattasse di Harry, per
quanto fosse l’opzione più probabile. E invece, con grande sorpresa di tutti, a
venire trasportato in braccio da Hagrid fuori dal
labirinto fu Victor Krum.
«Krum?»
«Sul serio?»
Un Tassorosso
iniziò a gridare: «Ha vinto Hogwarts! Chiunque prenda
la Coppa ha vinto Hogwarts!»
Grida di giubilo si diffusero fra gli
alunni, indipendentemente dalla Casa, e allentarono un po’ la tensione, ma non
del tutto.
Kaito non riusciva a rilassarsi. Avrebbe vinto Hogwarts, e andava bene, ma i loro Campioni in che
condizioni sarebbero usciti?
Attesero, ancora e ancora. Nessun grido,
nessuna scintilla, niente di niente. Come se il labirinto stesso li avesse
inghiottiti.
«Da quanto tempo sono dentro?»
«Ormai sono quasi due ore.»
«Sono tante, le altre prove duravano
un’ora...»
«E se si fossero feriti in modo così grave
da non poter chiedere soccorso?»
Queste e molte altre voci si udivano dal
pubblico, ma Kaito quasi non ci prestava ascolto. Si
era messo a osservare i professori dotati di stella. Hagrid
era in ansia dal primo minuto, non era affidabile, ma quando notò che anche un tipino
sempre positivo e allegro come Vitius era
visibilmente ansioso si rese conto che qualcosa non stava funzionando. Si
stropicciò le mani per un attimo, come se fosse nervoso anche lui, poi si alzò.
«Vado un attimo in bagno e torno.»
E mentre il prestigiatore si allontanava,
George si ritrovò con un biglietto scarabocchiato in fretta e furia sulle
gambe, che aprì con circospezione e fece leggere solo al fratello.
Questa storia non mi piace, controllo
se va tutto bene e torno.
Assicuratosi di essere fuori dalla vista,
cosa non poi così difficile con il labirinto che attirava l’attenzione di
tutti, Kaito chiuse gli occhi e si smaterializzò
pensando intensamente a Harry. Quando li riaprì, non gli ci volle nulla a
capire che la situazione era decisamente sfuggita di mano.
Quel luogo non faceva assolutamente parte
del territorio di Hogwarts; era chiaro che aveva
viaggiato per chilometri, forse centinaia di chilometri, perché anche le
montagne che circondavano il castello erano sparite. Si trovava in un cimitero
buio e abbandonato; il profilo nero di una chiesetta era riconoscibile oltre un
grande tasso alla sua destra. Alla sua sinistra s'innalzava una collina, sul
cui versante si distingueva la sagoma di una bella dimora antica. Kaito alzò un sopracciglio perplesso. Dov’era finito? E,
soprattutto, dov’era Harry?
«MI
RIFIUTO!»
Come se gli avesse letto nel pensiero, la
sua voce rimbombò forte e chiara nel silenzio del cimitero. Il prestigiatore
sospirò. Non aveva nuovamente sbagliato, si trovava nel posto giusto. Fece per
dirigersi verso la zona da dove aveva sentito la voce di Harry, quando un
familiare schiocco alle sue spalle gli annunciò che qualcun altro si era
Smaterializzato. Si voltò, sperando di incrociare lo sguardo di uno dei suoi
professori, ma si ritrovò a fissare uno strano individuo: era tutto incappucciato
e mascherato e, a giudicare dai suoi gesti, era sorpreso quanto lui di trovarlo
in quel luogo. Quando lo vide tirare fuori la bacchetta, Kaito
agì d’istinto.
«Stupeficium!»
Il misterioso individuo cadde a terra. Il
prestigiatore rimase fermo per un attimo. Non aveva neanche mai provato
quell’incantesimo, ma lo aveva subito e visto fare ad Harry così tante volte
nell’ultimo mese che gli era venuto spontaneo. Fece per allontanarsi, poi
l’istinto da Kaito Kid lo fece ritornare sui suoi
passi e gli fece prendere i curiosi vestiti della sua vittima. Rimase sorpreso
per un attimo quando gli tolse la maschera: era un uomo asiatico, sui
quarant’anni, dagli abiti orientali eleganti e dall’aspetto molto curato; i
baffi gli ricadevano lunghi e sottili sul petto e indossava dei guanti bianchi
di fattura occidentale. Avrebbe voluto indagare di più sul curioso individuo,
ma alcune urla di sorpresa gli ricordarono il motivo per cui era lì.
«Harry...»
Indossò la bardatura dell’uomo misterioso e
si avviò.
Superata quella che sembrava essere una
piccola collinetta, Kaito quasi inciampò. Controllò
l’oggetto che gli aveva fatto perdere l’equilibrio e trasalì. Tra le sue mani
stava stringendo l’agognata Coppa Tremaghi, per metà
completamente accartocciata e ammaccata. Avvertì una stretta d’ansia allo
stomaco. Cosa diamine stava accadendo?
La tenne con sé e fece ancora qualche
passo. Oltre una fila di tombe intravvide altre figure nere e corse in quella
direzione. Nel buio, indossando la maschera, rischiò di inciampare ancora.
Abbassò lo sguardo e si sentì come se gli avessero lanciato un PietrificusTotalus.
Ai suoi piedi era disteso Cedric Diggory, con gli occhi spalancati e un colore in volto che
non lasciava adito a dubbi. Era morto.
Non era il primo cadavere che Kaito avesse visto nella sua vita, ma la totale sorpresa e
l’ansia che aveva avuto fino a quel momento lo portarono a reagire peggio di
come avrebbe fatto di solito. Lasciò andare la Coppa, che rotolò in avanti, giù
dall’altura, e solo a fatica trattenne un urlo.
«Stamattina
ho visto un Gramo!»
«È
una sorta di grosso cane nero. Fra i maghi è considerato un annuncio di morte
imminente.»
Gli tornarono in mente le parole di Fred e
George, e quasi si sentì in colpa per non aver dato loro peso. Forse sarebbe potuto venire prima,
altrimenti.Forse lo avrebbe potuto
salvare…
Kaito scosse la testa e si costrinse a reagire.
Poteva salvare ancora almeno una persona. Sentendosi un vigliacco, scavalcò il
corpo e avanzò ancora.
Lo spettacolo che si ritrovò davanti lo
raggelò come e più di prima.
Harry era in piedi, visibilmente affaticato
e ferito; ma, soprattutto, attorniato da tutti gli uomini mascherati, c’era un
uomo, se si poteva definirlo tale: le mani erano come grossi, pallidi ragni,
con lunghe dita bianche; gli occhi rossi dalle pupille verticali come quelle di
un gatto; ai suoi piedi strisciava un lungo serpente. Kaito
non ebbe bisogno di presentazioni, seppure fosse molto diverso dalla versione
giovanile che aveva già incontrato: quell’uomo
poteva essere solo e soltanto Voldemort.
Il Signore Oscuro era totalmente
concentrato su Harry, di fronte a lui: «Ti rifiuti? Ti rifiuti di dire di no?
Harry, l'obbedienza è una virtù che devo insegnarti prima che tu muoia... forse
un'altra piccola dose di dolore...»
Voldemort levò la bacchetta, ma Harry si gettò a
terra di lato, rotolò dietro una lapide di marmo, che si spezzò mentre il
maleficio lo mancava.
Il Signore Oscuro si avvicinò alla lapide
rotta, mentre i Mangiamorte sghignazzavano: «Non stiamo giocando a nascondino,
Harry. Non puoi nasconderti da me. Vorrebbe forse dire che sei stanco del
nostro duello? Vorrebbe forse dire che preferisci che vi ponga fine ora, Harry?
Vieni fuori, Harry... vieni fuori a giocare, allora... farò in fretta... forse
sarà perfino indolore... non saprei... non sono mai morto...»
Prima che il viso serpentino di Voldemort spuntasse da dietro la lapide, Harry si rialzò,
strinse forte la bacchetta, la tese davanti a sé, e si scagliò dall'altra parte
della lapide, affrontando Voldemort.
Nulla avrebbe potuto preparare Kaito per ciò che stava per succedere, non riuscì nemmeno a
respirare, altro che intervenire.
«Expelliarmus!»
«AvadaKedavra!»
Un fiotto di luce verde sgorgò dalla
bacchetta di Voldemort mentre un fiotto di luce rossa
esplodeva da quella di Harry: s'incontrarono a mezz'aria, e all'improvviso sia la
bacchetta di Harry che quella di Voldemort presero a
vibrare come percorse da una corrente elettrica; un sottile raggio di luce ora
univa le due bacchette, né rosso né verde, ma di un luminoso oro intenso. Harry
e Voldemort furono improvvisamente entrambi sollevati
per aria, le bacchette ancora unite da quel filo di luce d'oro scintillante.
Volarono via dalla lapide e si posarono su un lembo di terreno spianato, privo
di tombe. I Mangiamorte urlavano, chiedevano ordini a Voldemort;
si stringevano, ricostituivano il cerchio attorno a Harry e Voldemort,
e il serpente strisciava ai loro piedi, alcuni estrassero le bacchette... Kaito ebbe solo la prontezza di unirsi a loro, di
avvicinarsi per quanto più gli fu possibile a Harry e di pregare che il
serpente che gli stava strisciando sui piedi non si accorgesse di lui, mentre
si chiedeva se e come portare via Harry da lì.
Il filo d'oro che univa Harry e Voldemort andò in mille pezzi; le bacchette rimasero unite,
mentre un centinaio di raggi disegnarono archi sopra di loro, incrociandosi
tutto attorno, finché i due non si trovarono rinchiusi in una rete d'oro a
forma di cupola, una gabbia di luce, oltre la quale i Mangiamorte si aggiravano
come sciacalli. Kaito si morse un labbro. Aveva perso
l’occasione.
Voldemort urlò ai Mangiamorte: «Non intervenite! Non
intervenite se non ve lo ordino!»
E poi una musica ultraterrena e bellissima
pervase l'aria... veniva da ogni filo della rete intessuta di luce che vibrava
attorno a Harry e Voldemort. Era una musica che Kaito riconobbe, anche se l'aveva udita solo una volta
prima d'allora. Era il canto della fenice di Silente, di Fanny. Guardò in alto,
aspettandosi che venisse in loro soccorso ancora una volta, ma non venne.
Tornò a guardare Harry e Voldemort. Il raggio era cambiato, era come se grosse perle
di luce scivolassero su e giù per il filo che univa le loro bacchette. Iniziarono
a scorrere lente e decise verso Harry, e la sua bacchetta tremò ancora più
forte. Il ragazzo sembrò concentrarsi al massimo e lentamente, molto lentamente,
le perle si arrestarono tremando, e poi, altrettanto lentamente, presero a muoversi
nella direzione opposta. Ora era la bacchetta di Voldemort
a vibrare foltissimo, era Voldemort ad apparire
stupefatto, e quasi impaurito. Una delle perle lentamente, molto lentamente, si
mosse lungo il filo d'oro, tremò per un attimo e poi entrò in contatto.
All'istante, la bacchetta di Voldemort emise urla di dolore, poi, mentre gli occhi di Voldemort si dilatavano per lo stupore, una densa mano di
fumo uscì volando dalla punta e scomparve. Ci furono altre urla di dolore, e
poi dalla punta della bacchetta prese a sbocciare qualcosa di molto più grosso,
un enorme qualcosa grigiastro, che sembrava fatto del più denso e fitto fumo. Era
una testa, seguita un petto, delle braccia, e infine quello che comparse, con
grande sorpresa di tutti, fu Cedric Diggory.
Kaito rimase impietrito, lieto che la maschera
che stava indossando sostituisse del tutto la sua faccia da poker. Cosa stava
succedendo? Con la coda dell’occhio controllò che il cadavere di Cedric fosse
ancora là, poi deglutì. Stavano forse invocando i fantasmi del cimitero?
Cedric parlò: «Resisti, Harry.»
La sua voce era remota e rimbombante. Kaito guardò Voldemort: i suoi
occhi rossi dilatati erano ancora colmi di sorpresa, non era più preparato di
Harry a ciò che stava accadendo. I Mangiamorte intorno a loro si aggiravano
attorno al perimetro della cupola d'oro urlando terrorizzati e cercando invano
di intervenire.
Altre urla di dolore sgorgarono dalla
bacchetta, poi dalla punta affiorò qualcos'altro: l'ombra densa di una seconda
testa, seguita subito da braccia e busto; un vecchio sconosciuto si spingeva
fuori dall'estremità della bacchetta di Voldemort
come aveva fatto Cedric. Cadde accanto a Cedric, scrutò Harry e Voldemort, la rete d'oro, e le bacchette unite, vagamente
sorpreso, appoggiandosi al bastone da passeggio.
«Allora
era davvero un mago? Mi ha ucciso, eh sì... stendilo, ragazzo...»
Il tono disteso dell’uomo anziano,
totalmente fuori luogo, come se stesse commentando l’ennesimo cantiere del
quartiere e non uno scontro fra il suo assassino e un ragazzino, quasi fece
ridere Kaito. Ma già un'altra testa affiorava.
Apparteneva a una donna, che cadde a terra e si rialzò, guardandosi attorno.
Kaito non ne ricordava il nome, ma fu sicuro di
aver letto qualcosa su di lei sulla Gazzetta del Profeta. Forse era scomparsa,
e ora era ben chiaro che brutta fine avesse fatto.
«Non mollare adesso! Non lasciare che ti
prenda, Harry... non mollare!»
Lei e le altre due sagome d'ombra presero a
misurare a grandi passi le pareti interne della rete d'oro, mentre i Mangiamorte
aleggiavano all'esterno. Le vittime di Voldemort
sussurravano girando attorno ai duellanti, sussurravano parole
d'incoraggiamento a Harry, e sibilavano ben altro contro Voldemort.
Ed ecco che un'altra testa spuntava dalla
punta della bacchetta di Voldemort. L'ombra di fumo
di una giovane donna dai capelli lunghi cadde, si rialzò e guardò Harry.
«Tuo
padre sta arrivando. Vuole vederti... andrà tutto bene... resisti...»
Kaito rimase ancora più sconvolto, se possibile. Quella donna...
era la madre di Harry?
Come a conferma, un uomo alto con i capelli
spettinati come quelli di Harry, la sagoma di fumo e d'ombra di una copia
invecchiata del giovane Grifondoro sbocciò dalla
punta della bacchetta di Voldemort, cadde a terra e
si rialzò come aveva fatto sua moglie. Si avvicinò a Harry, lo guardò e parlò
con la stessa voce remota e rimbombante degli altri, però sottovoce, così che Voldemort, il volto livido di terrore mentre le sue vittime
si aggiravano attorno a lui, non potesse sentire.
«Quando
il contatto s'interromperà, rimarremo qui solo per pochi istanti... ma ti
daremo il tempo... devi correre alla Passaporta, ti riporterà a Hogwarts... hai capito, Harry?»
Il
ragazzo sussurrò, spaventato: «Non posso! La Coppa si è rotta quando io e
Cedric siamo finiti qui! E poi una Passaporta funziona una volta sola!»
Lo sguardo di James si alzò e fissò dritto
negli occhi quelli di Kaito, giusto alle spalle di
Harry: «Non temere, c’è una Passaporta che è venuta apposta a soccorrerti.»
Kaito fissò senza fiato quell’ombra e,
lentamente, annuì. James gli rispose con lo stesso gesto della testa, in un
muto ma sentito ringraziamento. Harry non capiva, ma Cedric parlò di nuovo.
«Riporterete
indietro il mio corpo, vero? Riportate il mio corpo ai miei genitori...»
Mentre Kaito
annuiva ancora, Harry, seppure non capisse perché Cedric parlasse al plurale,
rispose per entrambi: «Lo farò.»
La
voce di suo padre sussurrò: «Fallo ora. Preparati a correre... ora...»
Harry urlò: «ORA!»
Puntò la bacchetta in alto con un potente
strattone, e il filo d'oro si spezzò; la gabbia di luce svanì, il canto della
fenice si spense, ma le sagome d'ombra delle vittime di Voldemort
non scomparvero: accerchiarono Voldemort, nascondendo
Harry alla sua vista.
E Harry iniziò a correre, urtando due
Mangiamorte. Uno di questi lo afferrò stretto al braccio e il ragazzo impugnò
la bacchetta per divincolarsi, ma una voce familiare lo fermò: «Harry, sono
io!»
Il Grifondoro
sbarrò gli occhi dalla sorpresa: «Kaito!»
«Sono la tua Passaporta, muoviamoci!»
Kaito lasciò il mantello di colpo, lanciandolo
sul Mangiamorte più vicino e sul serpente, e iniziò a correre con Harry, che
però faticava parecchio per colpa di una gamba evidentemente ferita. Qualcuno
cercò di afferrare il prestigiatore, e quando quest’ultimo lo riconobbe trasalì
dalla sorpresa. Era Codaliscia.
«Lasciami, topo di fogna!»
Gli mollò un calcione che lo fece rotolare
indietro e mentalmente ringraziò di essersi tenuto la maschera sul volto. Di
tutti i presenti lui era l’unico che poteva riconoscerlo.
Riprese a zigzagare tra lapidi e
maledizioni insieme ad Harry, entrambi puntando a un solo e unico obiettivo. Codaliscia si rialzò e cercò nuovamente di afferrare Kaito, ma il prestigiatore, giunto ormai nella stessa zona
in cui si era smaterializzato, si chinò, afferrò nuovamente la Coppa Tremaghi che si era lasciato sfuggire prima, e diede un
violento colpo in faccia a Peter Minus. L’uomo si
fermò, tenendosi il volto e Kaito ne approfittò per
fare uno scatto. Appena possibile si voltò, rendendosi conto che i Mangiamorte
erano vicini e che il rischio di essere raggiunti era troppo alto, quindi urlò:
«Fai l’incantesimo, quello con cui hai preso la scopa!»
Harry ci mise un attimo a capire, poi
brandì la bacchetta: «Accio Cedric!»
Non era carino, non era rispettoso, ma era
una questione di vita o di morte, e Cedric avrebbe capito. Il suo cadavere,
decisamente più pesante di una scopa, si avvicinò a loro quanto bastò perché
Harry potesse afferrarlo.
«Ora, Kaito!»
In quella frazione di secondo che gli fu
necessaria per Smaterializzarsi, Kaito notò molte
cose.
Vide Codaliscia,
nuovamente in piedi, avvicinarsi a loro tenendosi la faccia, con gli occhi
sbarrati dalla sorpresa.
Udì Voldemort
gridare: «State indietro! Lo ucciderò io! È mio!»
Infine, notò l’uomo che aveva Schiantato
prima rialzarsi e guardarlo dritto negli occhi.
Non ci fu il tempo di pensare a niente, se
non alla meta esatta in cui riapparire.
Chiuse gli occhi e nel tempo di un respiro
fu di nuovo in un punto indefinito del labirinto, nel parco di Hogwarts, al sicuro. Harry era atterrato faccia a terra e
non si era più mosso.
«Harry?»
«Ci... sono...»
Kaito tirò un sospiro di sollievo, e con quel
sospiro scaricò anche la sua tensione, ritrovandosi quasi senza forze. Si
sedette a terra e disse: «Perdonami, dovevo arrivare prima...»
Harry rispose a fatica: «Di cosa... ti
scusi? Se... non fossi venuto... sarei morto.»
Lo sguardo di Kaito
indugiò per un attimo sul corpo di Cedric e sospirò: «Già... senti, io non
posso farmi trovare qui. Perdonami, poi ti spiegherò. Non dire nulla sulla mia
presenza, ti prego.»
«O...ok...»
«Grazie, ti devo un favore.»
«Mi hai… appena salvato… di che favore…
parli?»
Il prestigiatore, con un sorriso amaro, posò
la Coppa Tremaghi che ancora stringeva tra le mani
vicino a Harry, si rialzò, usò la propria bacchetta per sparare le scintille
rosse e si smaterializzò di nuovo.
In pochi minuti si scatenò il panico.
Quando Harry, in condizioni pietose, venne portato fuori dal labirinto insieme
al cadavere di Cedric, la folla iniziò a urlare, ad agitarsi, a cercare di
precipitarsi sul campo. I professori tentarono di trattenere il pubblico,
mentre Harry veniva allontanato dal professor Moody.
In tutto questo, solo una persona si accorse del ritorno di Kaito.
«Eccoti! Ti stavamo cercando, dove...»
Ma a Ginny
morirono le parole in gola quando lo osservò con più attenzione: i pantaloni
del ragazzo erano sporchi di terra e fango e un lembo della divisa si era
persino stracciato; nonostante evidentemente cercasse di fare l'espressione
impassibile di sempre, il volto era terreo, gli occhi sbarrati, persi in una
qualche immagine che lei non poteva vedere; infine stringeva in una mano
qualcosa di bianco.
«Kaito...
Cosa...»
Il ragazzo sospirò, strinse gli occhi con
tutte le sue forze, come a voler disperatamente cancellare l'immagine che
continuava a tormentarlo, poi rispose a fatica: «Non adesso, Ginny, non è il momento... È morta una persona.»
La ragazza lo guardò sorpresa: «Ma tu eri
in bagno, come...»
Kaito si sedette, e fu come se la stanchezza
dell'intero anno scolastico gli crollasse addosso. Ebbe solo l'accortezza di
infilare la maschera del Mangiamorte sotto gli abiti.
«Non adesso, non adesso, ti prego...»
Ginny lo fissò preoccupata, con un'espressione
tanto simile a quella di sua madre, poi annuì: «D'accordo.»
E corse subito a cercare Fred e George.
I due giorni successivi furono tremendi.
Oltre a tutto il pasticcio avvenuto col professor Moody,
che risultò essere in realtà il Mangiamorte che aveva truccato il Torneo fin
dall'inizio, il vero problema fu quello più inaspettato: nessuno credette ad
Harry, in nessun giornale compariva alcuna notizia sul ritorno di Voldemort e la sensazione generale che sembrò diffondersi
ad Hogwarts fu quella che si fosse trattato di un
incidente, e che Harry si fosse inventato tutto il resto per lo shock o per desiderio
di notorietà. Per Kaito questo fu decisamente troppo.
«Vieni avanti, Kaito!»
Il prestigiatore aprì la porta dell'ufficio
di Silente: «Buongiorno, professore. Come sapeva che ero io?»
Il preside sorrise: «Come sapevo sempre
quando era tuo padre: sei l'unica persona in grado di presentarti a quella
porta senza far scattare il gargoyle di guardia.»
Con un gesto della mano lo invitò a
sedersi, ma Kaito non lo fece; con un rapido gesto
della mano fece comparire la famosa maschera bianca e la lanciò sulla cattedra.
«Se non crede alla storia di Harry posso
fornirle delle prove.»
Silente guardò sorpreso prima la maschera,
poi Kaito, e quasi scoppiò a ridere: «Hai davvero
pensato che potessi non credergli?»
«Se sono qui è perché non so più cosa
pensare.»
«Lo capisco. Per favore, siediti.»
Questa volta Kaito
accettò l'invito.
Il preside sospirò, con un piccolo accenno
di sorriso: «Innanzitutto, Kaito, io ti devo i miei
più sentiti ringraziamenti. Senza di te Harry sarebbe probabilmente morto nella
trappola ben congeniata di BartyCrouch.
Aveva previsto tutto... tranne l’imprevedibile. Tu.»
Kaito si lasciò sfuggire una smorfia e Silente
ridacchiò: «Non temere, Harry non ha detto nulla sul tuo conto.»
«E allora come...»
«Harry ha provato a farmi credere che la
Passaporta abbia funzionato due volte. Tuttavia, anche se questa opzione fosse
stata realistica, questa volta, mio caro Kaito Kid,
hai commesso un paio di leggerezze.»
Kaito lo guardò sorpreso e il preside assunse un
atteggiamento quasi da detective: «Non è degno di te... con la tua bacchetta lanci
le scintille rosse per far trovare Harry, lasciando la sua incastrata nella
divisa in una posizione tale da non poterla prendere...»
Il ragazzo ridacchiò: «Touché.»
Silente continuò: «Per favore, raccontami
la tua parte della storia. Di chi è questa maschera? Cosa hai fatto per aiutare
Harry a uscire da lì?»
Con una pacatezza degna della sua faccia da
poker, Kaito riassunse in breve la situazione. Il
preside non interruppe mai, neanche una volta, limitandosi ad ascoltare con
attenzione.
«Certo... ora è tutto ancora più chiaro.
Sei stato molto coraggioso, indubbiamente, ma devo anche dire leggermente
imprudente rispetto ai tuoi standard.»
«C’erano delle vite in pericolo. E anche
così...»
«Lo so, e non te ne sto facendo alcuna
colpa.»
«Perché allora sta lasciando Harry da
solo?»
Il preside si alzò dalla sedia. Da quella
posizione sembrava ancora più vecchio e stanco.
«Non lo sto facendo, ma non è così semplice
la situazione, purtroppo... la mia parola non conta così tanto come credi.»
Kaito lo guardò accigliato. Davvero?
«In ogni caso, non temere per Harry.»
«Bene.»
Kaito fece per andarsene, ma il preside lo
fermò.
«Stai dimenticando questa.»
Silente gli porse la maschera bianca. Kaito rimase sorpreso.
«Non la vuole tenere lei?»
«Se ne avrò bisogno te la chiederò, ma al
momento credo che sia più al sicuro nelle tue mani.»
Il prestigiatore prese la maschera, ma nel
farlo si accorse che al di sotto di essa l’uomo gli stava porgendo una busta.
«Mi sono permesso di anticipare la tua
prossima visita.»
«La mia prossima visita?»
«Se dovessi ancora avere bisogno di parlare
con me, prima di farlo apri la busta.»
Kaito lo guardò sempre più confuso:
«D’accordo...»
«Arrivederci, Kaito.»
«Arrivederci...»
Uscito dall’ufficio del preside, Kaito si diresse direttamente dai Malandrini.
Soseiji, impaziente, lo incalzò: «Allora?»
«Allora mi ha fatto capire che ha le mani
legate.»
Futago rimase sconvolto: «Silente con le mani
legate? È assurdo!»
«Neanche poi così tanto. Temo che qua ci
siano di mezzo questioni politiche. Ammettere il ritorno di Voldemort
è un bel pasticcio, si rischia il panico di massa.»
Momoka lo guardò sconvolta: «Ma se non lo si fa
si rischiano delle vite!»
«E credo che abbiamo centrato il dilemma
del nostro preside...»
Rimasero lì, a riflettere sulla situazione.
I Malandrini, a questo punto, non potevano fare più niente.
La mattina dopo a Kaito
arrivarono due lettere inaspettate, una portata da Aoko
e una da un uccello sconosciuto. Immaginando la provenienza della seconda, si
affrettò ad aprirla.
Ho continuato le
mie indagini e ho trovato una foto di Nabe. Mi
raccomando, fai molta attenzione a quest’uomo.
Piegato in mezzo al pezzo di pergamena
rovinato c’era un piccolissimo ritaglio di giornale. Era una foto di gruppo su
cui Sirius aveva cerchiato un volto. Kaito trasalì: era un uomo con lunghi e sottili baffi sul
petto e con guanti bianchi. Per un momento si sentì morire. Era l’uomo a cui
aveva sottratto la maschera al cimitero e proprio davanti al quale si era
smaterializzato con Harry.
Dopo essersi bevuto una tazza intera di
latte senza prendere fiato per mantenere la sua faccia da poker, per cercare di
riprendersi dallo shock Kaito decise di concentrarsi
sulla seconda lettera. Era di Jii.
Signorino,
la prego di prestare molta attenzione all’articolo che le ho inviato. È a
conoscenza di questa sfida?
Una
sfida? Per Kaito Kid?
Curioso, il prestigiatore guardò il foglio
di giornale allegato. Era di un famoso quotidiano di Tokyo.
«Ma che cosa...?»
Tutto andò in secondo piano quella sera,
l’ultima sera dell’anno scolastico.
Quando i Malandrini entrarono nella Sala,
videro subito che mancavano le consuete decorazioni. La Sala Grande di solito
era addobbata con i colori della casa vincitrice in occasione della festa di
fine anno. Quella sera, invece, c'erano stendardi neri sulla parete dietro il
tavolo degli insegnanti, in segno di rispetto per Cedric.
Il vero Malocchio Moody
era al tavolo degli insegnanti; la gamba di legno e l'occhio magico erano
tornati al loro posto. Era estremamente nervoso, e sobbalzava tutte le volte
che qualcuno gli rivolgeva la parola. Nessuno poté biasimarlo: la sua paura di
essere aggredito doveva essere ben aumentata in dieci mesi di prigionia nel
proprio baule. La sedia del professor Karkaroff era vuota.
Madame Maxime invece era lì, seduta vicino a Hagrid. Parlavano piano. Kaito si
sedette al tavolo, in silenzio, e come molti altri non rivolse una sola parola
fino a quando non fu Silente a prendere la parola.
«Siamo
alla fine di un altro anno.»
Fece
una pausa, e i suoi occhi si posarono sul tavolo di Tassorosso.
Il loro era il tavolo più taciturno già da prima che Silente si alzasse, e i
loro volti erano anche i più tristi e pallidi della Sala.
«Ci sono molte cose che vorrei dire a tutti
voi stasera, ma prima di tutto devo ricordare la perdita di una persona molto
bella, che dovrebbe essere seduta qui a godersi il Banchetto con noi. Vorrei
che tutti voi, per favore, vi alzaste e brindaste a Cedric Diggory.»
Obbedirono
tutti; le panche grattarono per terra mentre tutti in Sala si alzavano e
levavano i calici e ripetevano, in un solo, cupo rombo: «A Cedric Diggory.»
Dopo che tutti si furono seduti, Silente
riprese: «Cedric era una persona che riuniva in sé molte delle qualità che
distinguono la casa di Tassorosso: era un amico buono
e fedele, un gran lavoratore, credeva nel gioco leale. La sua morte ha toccato
tutti voi, che lo conosceste o no. Credo che abbiate il diritto, dunque, di sapere
esattamente com'è successo.»
Kaito alzò il capo e fissò dritto negli occhi Silente. Voleva davvero...
«Cedric
Diggory è stato assassinato da Voldemort.»
Un sussurro terrorizzato spazzò la Sala
Grande. I Malandrini si guardarono sconvolti per un attimo. Tutti fissarono
Silente increduli e atterriti. Lui rimase perfettamente calmo a guardarli
confabulare, e poi tacere di nuovo.
«Il Ministero della Magia non vorrebbe che
ve lo dicessi. È possibile che alcuni dei vostri genitori si scandalizzeranno
per ciò che ho fatto: perché non vogliono credere al ritorno di Voldemort, o perché sono convinti che non dovrei dirvelo,
giovani come siete. È mia convinzione, tuttavia, che la verità sia generalmente
preferibile alle menzogne, e che ogni tentativo di fingere che Cedric sia morto
in seguito a un incidente, o a un errore da lui commesso, sia un insulto alla
sua memoria.»
Tutti quanti in Sala erano rivolti a
Silente, stupefatti e sconvolti.
«C'è qualcun altro che dev'essere ricordato
in merito alla morte di Cedric. Naturalmente sto parlando di Harry Potter.»
Un mormorio percorse la Sala Grande, mentre
poche teste si voltavano dalla parte di Harry prima di tornare rapide a
Silente.
«Harry Potter è riuscito a sfuggire a Voldemort. Ha rischiato la vita per riportare il corpo di
Cedric a Hogwarts. Ha dimostrato, in tutti i sensi,
il coraggio che pochi maghi hanno mostrato nell'affrontare Voldemort,
e per questo io gli rendo onore.»
Silente si voltò con gravità verso Harry, e
levò di nuovo il calice. Quasi tutti in Sala Grande lo imitarono subito.
Mormorarono il suo nome, come avevano mormorato quello di Cedric, e bevvero
alla sua salute. Ma da uno spazio vuoto tra le persone in piedi, Kaito notò che molti Serpeverde
erano rimasti seduti al loro posto in segno di sfida, senza toccare i calici.
Silente, che dopotutto non possedeva occhi magici, non li vide.
Quando tutti si furono rimessi a sedere,
Silente riprese: «Lo scopo del Torneo Tremaghi era di
approfondire e promuovere l'intesa tra maghi. Alla luce di quanto è accaduto -
il ritorno di Voldemort - questi legami sono più
importanti che mai.»
Silente spostò lo sguardo da Madame Maxime e Hagrid a FleurDelacour e ai suoi compagni
di Beauxbatons, a Viktor Krum
e ai ragazzi di Durmstrang al tavolo di Serpeverde.
Silente indugiò un attimo sugli studenti di
Durmstrang: «Tutti gli ospiti di questa Sala saranno
i benvenuti qui, in qualunque momento, quando vorranno venire. Ripeto ancora
una volta a tutti voi: alla luce del ritorno di Voldemort,
siamo forti solo se uniti, deboli se divisi. L'abilità di Voldemort
nel seminare discordia e inimicizia è molto grande. Possiamo combatterla solo
mostrando un legame altrettanto forte di amicizia e fiducia. Le differenze di
abitudini e linguaggio non sono nulla se i nostri scopi sono gli stessi e i
nostri cuori sono aperti. È mia convinzione, e non ho mai desiderato tanto di
sbagliarmi, che stiamo tutti per affrontare tempi oscuri e difficili. Alcuni di
voi in questa Sala hanno già subito terribili sofferenze a opera di Voldemort. Molte delle vostre famiglie sono state
distrutte. Una settimana fa, uno studente ci è stato portato via. Ricordatevi
di Cedric. Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere tra ciò
che è giusto è ciò che è facile, ricordate cos'è accaduto a un ragazzo che era
buono, e gentile, e coraggioso, per aver attraversato il cammino di Voldemort. Ricordatevi di Cedric Diggory.»
Rimasero tutti in silenzio, e con quel
silenzio i Malandrini, insieme, si ritrovarono il giorno dopo sull’Espresso di Hogwarts. Il primo vero
commento sulla serata fu di Sheridan, e fu un’esclamazione piuttosto colorita.
«Scusate, ma... che coraggio ha avuto
Silente? E meno male che aveva le mani legate!»
Fred annuì: «In effetti...»
Kaito sospirò, con una copia della Gazzetta in
mano: «Le ha ancora, anche se ha fatto un’azione di forza. Qui non parla di
niente, solo un articoletto il giorno dopo la terza prova, che annuncia il
vincitore del Torneo. Non hanno nemmeno fatto cenno a Cedric. Non ne parlano
proprio. Secondo me, il Ministero li sta costringendo a starsene tranquilli.»
George guardò curioso: «Neppure la Skeeter? Davvero?»
Momoka sbarrò gli occhi: «Ah, già... voi non lo
sapete, poi non vi ho più detto nulla!»
«Detto cosa?»
La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso
furbetto: «Vi ricordate la mattina della Terza Prova, quando ho seguito Hermione?»
Futago si sbatté una mano sulla fronte: «Giusto,
aveva capito qualcosa sulla Skeeter! Cosa aveva
scoperto?»
«Una bomba! Un piano perfetto, aveva
trovato il modo per poter seguire tutti senza poter essere vista!»
«Un mantello dell’invisibilità?»
«Mooolto meglio! Vedete...
è un Animagus!»
Mangetsu la guardò confuso: «Come la McGranitt?»
Soseiji lo interruppe: «E in cosa si trasforma?»
Momoka mimò con le dita un qualcosa di molto
piccolo: «In un minuscolo... scarabeo.»
Fred saltò quasi sul sedile: «Ecco come fa
quella str...»
Kaito lo fulminò con un’occhiataccia.
«... egaa spiarci tutti! E chi lo va a notare un insetto?»
George ci rifletté su: «Aspetta... ma è legale?»
Sheridan sorrise: «Assolutamente no! È qua
che l’ha fregata Hermione! Se si sapesse che ha
questa capacità le toglierebbero la qualifica da giornalista! È stato
divertente andare a caccia di insetti insieme, quella mattina...»
Kaito la guardò entusiasta: «L’avete presa?»
«Ce l’ha Hermione.
La ricatterà un po’ e poi la lascerà andare.»
Kaito la guardò furbetto: «Idea tua?»
«Ovvio...»
Fred e George si alzarono: «Andiamo a
vederla!»
Il prestigiatore sospirò: «Perché no?»
Il quartetto uscì dallo scompartimento e si
diresse verso quello occupato da Harry, Ron ed Hermione, ma al di fuori della porta trovarono qualcuno di
inaspettato.
«Hai scelto il partito sbagliato, Potter!
Ti avevo avvertito! Ti avevo detto che dovevi scegliere più attentamente i tuoi
amici, ricordi? Quando ci siamo incontrati sul treno, il primo giorno di
scuola? Ti avevo detto di non frequentare della plebaglia del genere! Ora è
troppo tardi, Potter! Saranno i primi a sparire, ora che il Signore Oscuro è
tornato! Mezzosangue e Babbanofili saranno i primi!
Be'... i secondi... Diggory è stato il p...»
Fu come se qualcuno avesse fatto esplodere
una cassa di fuochi d'artificio nello scompartimento. Vari incantesimi erano
schizzati da tutte le parti, con una serie di scoppi, e alla fine Malfoy, Tiger e Goyle erano
distesi sulla soglia, privi di sensi.
Erano stati colpiti da almeno sette
incantesimi diversi, tre da dentro lo scompartimento e quattro da fuori.
Fred
disse in tono pratico, urtando Goyle per entrare
nello scompartimento: «Avevamo pensato di venire a vedere che cos'avevate in
mente voi tre.»
Tutti
i Malandrini lo seguirono nello scompartimento, brandendo ancora la bacchetta,
e tutti si premurarono di inciampare in Malfoy entrando.
George
guardò Tiger: «Un risultato interessante. Chi è stato a usare l'Incantesimo Furnunculus?»
Harry
disse: «Io.»
«Curioso, io ho usato la Fattura Gambemolli. A quanto pare non bisognerebbe mescolarli. È
come se gli fossero spuntati dei piccoli tentacoli su tutta la faccia.»
Kaito sventolò le bacchette dei tre Serpeverde: «E di queste che me ne faccio?»
Sheridan fece una smorfia schifata: «Io
gliele butterei fuori dal finestrino.»
George sospirò: «È un po’ troppo, non
abbiamo i soldi per ricompragliele... limitati a nasconderle in giro per il
treno.»
«Bene.»
Ron indicò i tre corpi a terra: «E di loro che
ne facciamo, piuttosto?»
Fred alzò le spalle: «Be', non lasciamoli
qui, non fanno molto per migliorare l'arredamento.»
Ron, Harry e George calciarono, rotolarono e spinsero i corpi
svenuti di Malfoy, Tiger e Goyle
- tutti e tre assai malridotti, visto il miscuglio di incantesimi che li
avevano bersagliati - nel corridoio, poi tornarono nello scompartimento e
chiusero la porta.
Non
appena tornò Kaito, Fred propose, estraendo un mazzo
di carte: «Qualcuno vuole giocare a Spara Schiocco?»
Nessuno ebbe nulla in contrario. Dopo aver
ammirato per un momento di pura soddisfazione Rita Skeeter
nel suo barattolo, nel bel mezzo della quinta partita Harry decise di fare una
domanda.
«Allora,
ce lo dite? Chi stavate ricattando?»
«Eh?»
«Vi
abbiamo sentito, un paio di volte, in Sala Comune...»
«Oh. Quello.»
Fred scosse il capo spazientito: «Non ha
importanza. Non era niente di importante. Ora non lo è, comunque.»
George, lanciando un’occhiata a Kaito e Sheridan, aggiunse: «Abbiamo mantenuto la nostra
promessa e abbiamo lasciato perdere.»
Kaito e Sheridan annuirono sorridendo, ma Harry,
Ron e Hermione continuarono
a interrogarli, e finalmente Fred sbuffò: «Va bene, va bene, se proprio lo volete
sapere... era Ludo Bagman.»
Harry
esclamò in tono brusco: «Bagman? State dicendo che
era coinvolto nel...»
«Nooo, niente del genere. Quello sciocco idiota. Non avrebbe
avuto abbastanza cervello.»
«Be',
e allora?»
Fred esitò, poi disse: «Vi ricordate che
avevamo scommesso con lui alla Coppa del Mondo di Quidditch?
Che avrebbe vinto l'Irlanda, ma Krum avrebbe preso il
Boccino?»
Harry e Ron dissero
lentamente: «Sì.»
«Be', quell'idiota ci ha pagato con l'oro
dei Lepricani che aveva preso alle mascotte dell'Irlanda.»
«E
allora?»
Fred
ripeté spazientito: «E allora è sparito, no? La mattina dopo non c'era più!»
Hermione disse: «Ma... dev'essere stato un
incidente, no?»
George scoppiò in una risata molto amara:
«Sì, è quello che abbiamo pensato anche noi, all'inizio. Abbiamo pensato che
scrivendogli, dicendogli che aveva fatto un errore, avrebbe sganciato i nostri
soldi. Ma niente da fare. Ha ignorato la nostra lettera. Abbiamo cercato di
parlargli un sacco di volte a Hogwarts, ma trovava
sempre qualche scusa per sfuggirci.»
«Alla fine, è diventato odioso. Ci ha detto
che eravamo troppo giovani per il gioco d'azzardo, e che non ci avrebbe dato un
bel niente.»
«Allora
abbiamo chiesto che ci restituisse il nostro denaro.»
Hermione esclamò senza fiato: «Non avrà rifiutato!»
«Proprio
così.»
«Ma
erano tutti i vostri risparmi!»
«Non dirmelo. Naturalmente alla fine
abbiamo scoperto che cosa stava succedendo. Anche il padre di Lee Jordan ha
fatto fatica a ottenere da Bagman il denaro che gli
spettava. È venuto fuori che era nei pasticci con i goblin.
Ha preso in prestito da loro un sacco di denaro. Una loro banda lo ha assalito
nel bosco dopo la Coppa del Mondo e gli ha portato via tutto l'oro che aveva, e
non è nemmeno bastato a coprire tutti i suoi debiti. L'hanno seguito fino a Hogwarts per tenerlo d'occhio. Ha perso tutto al gioco. Non
ha più un galeone. E lo sapete quell'imbecille come ha cercato di risarcire i goblin?»
Harry
chiese: «Come?»
«Ha
puntato su di te, amico. Ha fatto una grossa giocata, scommettendo che avresti
vinto il Torneo. Contro i goblin.»
Kaito si lascò sfuggire: «Questa me l’ero persa...»
«Allora
è per quello che cercava di aiutarmi a vincere! Be'... ho vinto, no? Quindi può
restituirvi il vostro denaro!»
George scosse il capo: «No. I goblin giocano sporco quanto lui. Dicono che tu hai
pareggiato con Diggory, e Bagman
aveva scommesso che saresti stato il primo assoluto. Cosi è dovuto fuggire. È
scappato subito dopo la terza prova.»
George
sospirò ricominciando a distribuire le carte.
Il resto del viaggio fu abbastanza
piacevole. Kaito fu felice di vedere Harry nuovamente
rilassato, dopo quanto era successo, e fu quasi dispiaciuto quando l'Espresso
di Hogwarts rallentò e si fermò sul binario nove e
tre quarti. Il rumore e la confusione consueti riempirono i corridoi mentre gli
studenti cominciavano a scendere. Kaito, Sheridan, Ron e Hermione scavalcarono con
difficoltà Malfoy, Tiger e Goyle,
trascinando i bauli.
«E loro?»
Sheridan alzò le spalle: «Qualcuno li
troverà, prima o poi, non preoccupiamoci troppo.»
Hermione annuì e Kaito
rise: «Non ti fa bene frequentarla troppo, stai diventando una cattiva
ragazza!»
Hermione rise a sua volta, e poco dopo furono
raggiunti anche da Harry e dai gemelli.
Sul binario Fred e George erano increduli,
ancora con il sacchetto di galeoni in mano.
«Harry è pazzo.»
«Generosissimo, ma pazzo.»
Kaito li guardò seri: «Non sprecateli. Non fate
idiozie. Scherzi d’accordo... ma idiozie no. Ok?»
«Ok, certo.»
«Lo dobbiamo a Harry. Lo dobbiamo a...
Cedric...»
I Malandrini annuirono, e in un tacito
accordo cambiarono argomento.
«Allora, programmi per l’estate?»
Sheridan alzò le spalle: «Una vacanza con i
miei e poi si vedrà.»
George soppesò il sacchetto di Harry:
«Penso che ci dedicheremo ai progetti. E all’esame di Smaterializzazione, che
dobbiamo imparare a fare concorrenza a Kaito.»
Kaito ridacchiò: «E io cercherò di tenere il
mondo magico nel baule per un po’. Devo recuperare un po’ di vita babbana
giapponese, mi manca sempre parecchio.»
Fred diede una gomitata al prestigiatore:
«E Kid?»
Il ragazzo sospirò, tirando fuori il pezzo
di giornale di Jii: «Kid avrà subito una bella gatta
da pelare appena tornerà in azione...»
Vi avevo promesso un’attesa più corta, e sono riuscita a
mantenere la parola (ringraziate che mi sono dovuta mettere in mutua per un
paio di giorni). Questo capitolo è una delle ragioni per cui iniziai a scrivere
questa storia: l’enorme, gigantesco, inspiegato errore della Passaporta che
funziona due volte. Con la presenza di Kaito non
elimino questo elemento (che rimane presente come la balla che si inventa
Harry) ma lo giustifico. Inoltre ci sono elementi che serviranno per la trama
personale di Kaito, ma che saranno accantonati nel
prossimo capitolo, che vedrà finalmente la presenza di un personaggio finora
mai apparso su queste pagine… pronti ad avere a che fare con il più piccolo grande detective del Giappone?
Intanto ringrazio fenris e Serena Leroy
per i loro commenti e vi aspetto tutti al prossimo capitolo.
L’estate
era ormai al suo culmine, e il sole era così forte che anche ripararsi gli
occhi con la mano serviva a poco. Sospirò. C’erano momenti, come quello, in cui
rimpiangeva gli occhiali da sole, seppure sapesse bene di non poter abbandonare
quelli che stava indossando. Erano la sua maschera da supereroe, la sua
barriera contro...
«Conan!!!»
Il bambino si voltò, sorpreso. Ran, in un bellissimo abito estivo giallo, stava correndo
verso di lui. Conan la guardò perplesso per un secondo, poi sfoderò il suo
miglior sorriso infantile.
«Ciao Ran! Cosa
ci fai qui?»
La ragazza rispose: «Mi ha chiamato papà.
Ha detto che deve incontrare un potenziale cliente a cena e che quindi dobbiamo
organizzarci da soli. Ho pensato che potevamo fare la spesa insieme... che cosa
vorresti?»
Conan sospirò: «La verità, Kid. Io voglio sempre la verità.»
«Eh?»
«Piantala con la sceneggiata, siamo solo io
e te, qui.»
Ran lo guardò ancora perplessa, poi passò a un
sorriso malandrino e la sua voce cambiò: «Pensavo di essermi travestito
perfettamente.»
«Infatti non ho nulla da dire, un
camuffamento impeccabile.»
«E allora come hai fatto a riconoscermi
subito?»
Conan lo guardò con evidente soddisfazione:
«Oggi Ran è a una gara di karate piuttosto
importante, e non ci sarebbe stata comunque a cena. Se per qualche motivo la
gara fosse saltata, non sarebbe certo venuta a prendermi con quel sorriso...»
Kid annuì: «Conoscendola avrebbe spaccato
tutti i lampioni sulla strada, probabilmente...»
I due ridacchiarono per un attimo, poi
Conan chiese: «Piuttosto, perché ti sei conciato così?»
«E io che ne sapevo se saresti venuto
davvero da solo o se quegli impiccioni dei Detective Boys avessero voluto ad
ogni costo unirsi a te? Nel caso della seconda opzione potevo portarti via
senza sospetti.»
«Giusto... ora però, ti prego, togliti quel
travestimento. Mi fai impressione...»
Kid sorrise e in un lampo assunse l’aspetto di
un ragazzino con i capelli color sabbia e gli occhiali.
«Meglio?»
«Non è il tuo vero aspetto, immagino, ma
sì, meglio.»
Kaito mantenne la sua faccia da poker mentre
s’immaginava il suo compagno di classe Thomas chiedergli le ragioni per cui gli
avesse rubato il volto, ma intanto si sedette su una panchina della piazza e
tirò fuori dalla borsa a tracolla un portatile.
«Allora, vediamo un po’ di capirci
qualcosa...»
«Ma che cosa...?»
Kaito lesse più e più volte il ritaglio di
giornale che gli aveva inviato Jii, non credendo ai
suoi occhi.
LA SFIDA TRA IL LADRO GENTILUOMO DELLA LUNA
PIENA E LO SHERLOCK HOLMES DEL TERZO MILLENNIO CONTINUA!
Il blog che ormai è completamente dedicato
alla sfida fra il famoso ladro prestigiatore KaitoKid e l’ancor più celebre detective liceale ShinichiKudo ha raggiunto ormai
milioni di visualizzazioni al giorno. Tutti non vedono l’ora di sapere quando
queste due celebrità potranno scontrarsi di nuovo. Le due personalità, che
finora avevano mantenuto un basso profilo, da più di un mese hanno iniziato a
scambiarsi sfide e amichevoli battibecchi sul blog kidvskudo.net,
culminati negli scontri di due settimane fa e della settimana scorsa. Al
momento i due contendenti sono in pareggio e i loro fan attendono impazienti il
prossimo scontro.
Kaito rimase perplesso.
KaitoKid contro ShinichiKudo? Ma quando mai!
Certo, una volta i due, in realtà, si erano
anche scontrati. Sul momento Kaito non aveva avuto
idea di chi fosse il geniale aiutante della polizia che aveva quasi permesso il
suo arresto durante il furto della torre dell’orologio, ma l’aveva in seguito
riconosciuto dagli articoli sul giornale. ShinichiKudo era certamente brillante e geniale, ma da quel che
ricordava, gli era sembrato poco incline a tendere sfide ai suoi avversari. Ma
se pure poteva trattarsi di lui, sicuramente
quello che gli stava rispondendo non era KaitoKid! E se glielo stava segnalando, non si trattava
neanche di Jii.
Il suo orgoglio di ladro gli ribollì nelle
vene per qualche secondo, facendo passare in secondo piano lo shock per la
lettera precedente. Qualcuno aveva approfittato della sua assenza per rubargli
il ruolo. Inaccettabile.
Doveva assolutamente andare a vedere questo
famoso blog, ma da Hogwarts...
Il ragazzo rimase un momento pensieroso.
Forse poteva sgattaiolare via una mezz’oretta, smaterializzarsi a casa,
controllare il sito e rientrare. Certo, era contro ogni regolamento, ma Silente
conosceva la situazione di Kid, e forse avrebbe
chiuso un occhio...
Già... Silente...
Improvvisamente il ragazzo si ricordò che al
loro ultimo incontro Silente gli aveva lasciato una busta, dicendogli di
aprirla, se avesse avuto bisogno di lui. Un veloce movimento di polso e la
suddetta busta era nelle sue mani. L’aprì.
Caro Kaito,
prima
che ti venga in mente di tornare a casa per controllare la situazione fra Kid e Kudo, è mio piacere
informarti che la scuola ha da anni una convenzione con un internet café a Glasgow, e che tutti gli studenti di Babbanologia sono autorizzati ad accedervi, previo consenso
mio, del responsabile della propria Casa, o della professoressa Burbage. Mi permetto di allegarti i buoni che ti
consentiranno l’accesso al locale. Hai la mia autorizzazione, ma ti prego di
essere prudente nella tua smaterializzazione e di non assentarti per più di
un’ora.
Albus Silente.
Kaito rimase sconvolto dalla rivelazione. I maghi conoscevano internet? E gli
studenti erano autorizzati a poterlo usare? Com’è che allora non aveva mai
sentito nemmeno accennare a questa possibilità?
Poi fu colto da un dubbio peggiore.
La professoressa Burbage
lo sapeva? O, meglio, conosceva l’esistenza di internet?
Il blog incriminato comparve davanti ai
loro occhi. Entrambi ebbero un moto di repulsione nel vedere i propri nomi
associati a parole che non appartenevano a nessuno dei due.
«Mamma mia, ma come fa la gente a cascarci?
Si vede lontano un miglio che non è il mio stile!»
Conan annuì pensieroso: «Né tantomeno
quello di Shinichi.»
Kaito guardò il ragazzino sospettoso: «A proposito,
sei proprio sicuro di poter parlare con me a nome suo?»
Il bambino annuì: «Ti ha mandato un
messaggio per confermartelo, no?»
Il prestigiatore mantenne la sua faccia da
poker. Una volta tornato in patria aveva cercato come prima cosa di mettersi in
contatto con il vero ShinichiKudo, e tramite un po’ di giri Jii
era riuscito a contattare il professor Agasa, il
quale gli aveva fatto recapitare una lettera dove Kudo
delegava Conan Edogawa per risolvere l’incresciosa
situazione. Kaito aveva storto il naso: non che del
piccoletto non si fidasse, non per nulla era stato soprannominato l’AntiKid, ma ancora non gli era chiaro il collegamento fra
lui e Kudo. Se non fosse stato per tutti i guai che
avrebbe rischiato di passare, sarebbe stato fortemente tentato di
materializzarsi direttamente da lui, ovunque fosse, e parlarne a quattr’occhi.
Invece gli era toccato in cambio il tappetto con gli occhiali.
«Certo, certo. Dunque, Conan, cosa ne
pensi?»
«Purtroppo non ci capisco molto
d’informatica, però lo stile dei loro messaggi è... infantile. Guarda,
mettono persino le faccine! Penso si tratti di due emulatori molto giovani,
forse... dodici, tredici anni, che cercano di scrivere come pensano che un
detective e un ladro debbano sfidarsi.»
«Ladro gentiluomo, prego.»
«Detective liceale, se proprio
dovessimo puntualizzare.»
Kaito si lasciò sfuggire un’espressione
malandrina: «Ah, sì? Io credevo che a Kudo piacesse
farsi chiamare... com’era... ah, sì, “lo Sherlock Holmes del terzo
millennio”...»
Fu a quel punto che il prestigiatore lo
notò, con la coda dell’occhio, mentre fingeva di continuare a fissare lo
schermo. Per un istante Conan divenne tutto rosso, strinse i pugni, e si lasciò
sfuggire un impulsivo: «Io non...»
Poi prese un respiro profondo, tornò
normale e riprese: «Io non ho mai sentito Shinichi
dire nulla del genere. E anche se fosse, probabilmente sarebbe stata una cosa
di tanto tempo fa.»
Kaito fece finta di nulla e alzò le mani in
segno di resa: «Ehi, ehi, scherzavo, non c’è bisogno di prendersela così! Io
intanto, però, potrei aver trovato qualche informazione in più sui nostri
emulatori.»
«Davvero?»
Conan cercò di mettersi sopra una spalla di
Kaito e questo continuò a smanettare sulla tastiera:
«Ho cercato gli indirizzi IP dei nostri amici, cercando di risalire al loro
indirizzo, ma sono furbi, hanno usato un programma che falsa la loro
posizione... a meno che il finto Kudo non scriva
davvero dall’Austria e il finto Kid da Rio de
Janeiro!»
«Quindi si tratta di ragazzini che sanno
usare bene il computer. Ha senso, con un lavoro del genere avranno pensato che
la polizia avrebbe comunque cercato di rintracciarli.»
«Altra informazione utile, ho trovato in
rete dei video dei miei fan che hanno ripreso gli ultimi due scontri.»
Conan sbuffò: «Sentilo: “i miei fan”...»
Kaito ridacchiò: «Perché, hai visto molti fan di
Kudo in circolazione?»
Conan fece per rispondere, poi i due si
guardarono in faccia e si resero conto che non si stavano comportando in
maniera molto più matura dei due loro cloni, e con un colpo di tosse
imbarazzato tornarono a concentrarsi sui filmati.
«Ecco, questo è il filmato della prima
sfida, alla Banca centrale di Tokyo.»
I due guardarono concentrati il video, poi Kaito sbuffò.
«Ora capisco perché né Nakamori
né Saguru si siano interessati alla cosa. Si vede
lontano un miglio che sono emulatori male organizzati!»
Conan annuì: «Già, si direbbe che il finto Shinichi sia il complice stesso del finto Kid, e che lo aiuti... dai, guarda, qua butta i fumogeni e
dopo qualche secondo è lui ad avere il mantello di Kid,
si vede persino il vestito sotto!»
I due osservarono attentamente i due
emulatori, in particolare quello di Kid, poi Kaito fece una smorfia: «Questi qua hanno guardato dei
tutorial su internet su come fare un paio di trucchi... potevano ingannare solo
i fan, e l’opinione pubblica ci marcia sopra perché fa notizia. Piuttosto, c’è
un dettaglio che mi lascia perplesso.»
Il bambino, concentratissimo, rispose: «Che
è probabilmente quello a cui sto pensando io. Se sono così giovani e
inesperti...»
«... come hanno fatto ad entrare con
facilità in una banca così importante?»
Conan aggiunse: «E non solo! La seconda
sfida si è tenuta in una mostra privata con opere di altissimo valore!»
Kaito sospirò: «I luoghi delle messinscene sono
importanti, ma apparentemente casuali. In nessuno dei due erano esposti o
custoditi dei grandi gioielli, che sono le mie prede abituali...»
«E infatti in nessuna delle due sfide si è
mai parlato di rubare gioielli, ma solo quadri: la cornice contenente il primo
yen incassato dalla banca e il primo quadro esposto alla mostra...»
«Obiettivi simbolici, ma non di grande
valore... quindi non sono interessati al denaro, ma alla fama...»
I due si guardarono per un momento e lessero
contemporaneamente la stessa illuminazione negli occhi dell’altro. Kaito si buttò sulla tastiera e in pochi secondi un
semplice motore di ricerca diede loro la conferma che attendevano.
«Bingo. Corrispondono perfettamente al
profilo.»
«Quindi ecco qua i nostri emulatori!»
«Già, ma abbiamo solo forti indizi, non
prove. Non bastano.»
Kaito sbuffò: «Detective... chi altro
potrebbero essere? Li vuoi trascinare in tribunale?»
«Se necessario...»
Per un attimo il prestigiatore si preoccupò
del cinismo del bambino: «Ok, come vuoi tu. Come li incastriamo?»
Conan lo guardò con aria furbetta: «Che ne
diresti di una trappola?»
Kaito si finse scandalizzato: «Detective, lei mi
stupisce! Stavo per proporlo io!»
«Però da soli non ce la facciamo. Ci serve
aiuto.»
Il prestigiatore si finse pensieroso: «Io
posso procurarmi un complice, un detective e un poliziotto. Tu cosa puoi
mettere sul banco?»
Il bambino ci pensò su: «Un professore e un
altro detective.»
«Mi pare una buona squadra. Il professore
riuscirebbe ad hackerare il blog?»
Conan prese il cellulare: «L’unica è
chiederglielo.»
Un quarto d’ora dopo sia Kaito, dal suo computer, che Conan, dal telefono, erano in
grado di scrivere sul blindatissimo blog. Il ladro prestigiatore sorrise.
«E ora portiamo un po’ di scompiglio sul
loro stesso terreno.»
Conan storse il naso: «Capisco distinguersi
dal linguaggio giovanile, ma non credi di aver esagerato?»
Kaito rise: «Scherzi? Voglio proprio vedere come
reagiranno!»
Dopo pochi minuti comparve la risposta dell’altro
Kid.
Ma come ti
permetti? Certo che accetto la sfida! Il finto Kid
sarai tu! Dimmi dove e quando, falso! :-/
Kaito sorrise e accennò un mezzo inchino:
«Prego.»
Conan sorrise divertito: «Grazie...»
Con un altro account a firma ShinichiKudo, sempre senza
immagine profilo, il bambino postò:
Quando lo ha già
dichiarato, se avessi saputo leggere fra le righe e conoscessi bene il suo modus
operandi: alla prossima notte di luna piena, ovvero questo giovedì.
«Tu invece non esageri, nooo...
modus operandi...»
Conan lo fulminò: «È latino, ignorante.»
«Guarda che il latino lo conosco come e più
di te.»
Il bambino lo guardò sorpreso: «Davvero?»
Kaito dovette mordersi la lingua. Come poteva
spiegargli che era la lingua più diffusa nel mondo magico, dopo l’inglese? E
poi, alle elementari giapponesi si insegnava il latino? Scosse la testa e si
affrettò a cambiare argomento.
«Guarda, c’è una risposta anche per te.»
Ah, così abbiamo
due fake! Bene, la sfida si allarga
anche a te, finto Kudo del ****
Diteci solo dove!
«Gli asterischi per cosa stanno?»
«Per insulti che il blog automaticamente
censura.»
Conan sospirò: «Ecco, se ancora fosse
servito, ora direi che abbiamo la prova definitiva che questo è un falso Kudo.»
«E hanno tradito di essere in combutta,
l’ultimo messaggio era al plurale.»
«Già. E ora che li abbiamo innervositi,
dove...»
Un ultimo messaggio comparve
all’improvviso, a firma Jirokichi Suzuki:
Luogo e premio in
palio li decido io: hotel Suzuki, 50° piano. L’obiettivo dei due Kid sarà la Lady Hope, lo
smeraldo da poco acquistato da me. Vi aspetto tutti e quattro, Kid e Kudo, per stabilire chi sia
chi.
Fate del vostro
meglio.
Conan e Kaito si
guardarono perplessi.
«L’hai invitato tu?»
«No. Il professore?»
Conan armeggiò un po’ col cellulare.
«Non ne sa nulla. Deve aver hackerato il blog indipendentemente.»
Kaito sospirò: «Bene, come al solito quell’uomo
ha fatto di testa sua e ha mandato a monte tutto.»
«Bè, no, qualcosa si può ancora fare.»
«Già. Chiama a raccolta i tuoi complici,
abbiamo quattro giorni per creare un piano di guerra.»
Il vento soffiava forte, così tanto che per
le strade si alzavano piccoli vortici di polvere, che costringevano i
malcapitati passanti a chiudere gli occhi e la bocca. Il pubblico davanti
all’hotel Suzuki, tuttavia, non ci faceva minimamente caso, e continuava
imperterrito a gridare e a cercare di mostrare cartelli inneggianti al proprio
favorito. Da una finestra al ventesimo piano, il detective osservava tutto
questo pensieroso, cercando disperatamente di trattenersi dal grattarsi una
guancia.
«Finalmente ti sei deciso a mostrarti, Kudo!»
Il ragazzo si voltò: «Io invece non sapevo
se saresti davvero venuto con questo vento, Kid.»
La persona che aveva di fronte non aveva gli
abiti di Kid, ma dei semplici jeans e maglietta nera,
con un cappellino che gli copriva leggermente il volto: «E perché mai un po’ di
vento avrebbe dovuto fermarmi?»
Il detective sorrise beffardo: «Riuscirai a
sfuggire senza deltaplano?»
Il ladro impiegò un paio di secondi a
rispondere: «Un prestigiatore ha sempre un piano B, “Kudo”,
non preoccuparti per me.»
Una voce all’orecchio del detective gli
ripeté: «Non preoccuparti e vai avanti come concordato, non c’è problema, non
cambia nulla.»
A casa del professor Agasa,
allontanando il microfono dalla bocca, Conan sospirò: «Kid
ha capito tutto.»
Yukiko ridacchiò: «Era prevedibile. Sono brava
con il trucco, ma lontana anni luce dal mio maestro, pace all’anima sua.»
Conan impiegò qualche secondo per ricordarsi
a chi si stesse riferendo sua madre, poi gli tornò in mente: da giovane, per un
ruolo in un film, aveva preso lezioni dall’ormai defunto ToichiKuroba, all’epoca il miglior prestigiatore del
Giappone, insieme a quella che sarebbe poi diventata Vermouth degli Uomini in
Nero che lo avevano rimpicciolito. Ma quella era tutta un’altra storia.
Scosse la testa scocciato: «No, credo che
il problema sia stato un altro. Heiji si è lasciato “sfuggire”
un po’ del suo accento di Osaka.»
La donna sorrise: «Non credo sarà un
problema, dopotutto Heiji ti ha già interpretato in
un’altra occasione e se l’era cavata alla grande, no?»
«Già…»
Il bambino fece un veloce zapping fra le
reti televisive che stavano tramettendo l’evento per controllare la situazione
da varie angolazioni. Era stato costretto a rifiutare l’insistente invito di Jirokichi Suzuki con la scusa dell’influenza; seppure gli
avrebbe fatto comodo poter controllare la situazione con i propri occhi,
sarebbe stato troppo difficile interpretare il ruolo di Conan e
contemporaneamente suggerire al finto Shinichi.
Poteva solo affidarsi alle televisioni, alla microcamera nascosta nella
cravatta indossata da Heiji e al grande intuito del
detective di Osaka.
Kaito, armeggiando con la sua pistola sparacarte, non perdeva mai d’occhio “ShinichiKudo”. Ormai gli era chiaro che qualcosa di grave era
successo al vero detective, se per ben due volte aveva mandato qualcuno a
sostituirlo, uno dei quali veramente ben truccato, seppure non preparatissimo
per l’interpretazione. Si ripromise di approfondire la questione in un momento
più tranquillo.
Il detective guardò l’orologio: «Credo che
dobbiamo salire, è quasi l’ora.»
«Conan ti ha informato del piano che
avevamo ideato insieme?»
«Ovviamente. Tu hai allertato chi avresti
dovuto?»
Kaito annuì: «Anche se è stato meno facile del
previsto…»
«Non credevo saresti stato così sfrontato da venire a sfidarmi in
abiti civili, Kid…»
Kaito fece un sorrisino sfrontato: «Ancora? Quante
volte te lo devo dire, Saguru? La tua è solo una
fissazione…»
In realtà il prestigiatore dovette fare
ricorso a tutta la sua faccia da poker per nascondere il profondo sollievo nel
ritrovarlo esattamente come al solito. Non aveva più avuto modo di rivedere il
detective dall’inizio dell’anno scolastico, quando era salito, grazie a una
fortuna sfacciata, sull’Espresso per Hogwarts. Aveva
ancora vivido il ricordo di quel momento d’isterica pazzia che aveva colto Saguru quando si era reso conto di avere a che fare con
della vera magia, ed era felice che l’incantesimo di memoria avesse fatto il
suo dovere, per una volta. L’ultimo con cui aveva avuto a che fare, quello con Allock, non era finito altrettanto bene.
«Te l’ho detto, ho sentito Aoko discutere con suo papà di questa sfida fra un vero e
un falso KaitoKid, e ho
pensato che l’informazione potesse interessarti.»
Saguru scosse la testa: «Eppure dalle
informazioni in mio possesso l’ispettore Nakamori ha
ricevuto solo questa mattina un messaggio di Kid che
lo avvisava che questa volta non si sarebbe trattato solo di un emulatore.»
Kaito lo guardò sorpreso: «Una volta o l’altra
mi dovresti davvero spiegare che razza di rete d’informatori hai!»
«Tu dovresti saperlo benissimo, un mago non
rivela mai i suoi trucchi.»
«Touché.»
Kaito fece per andarsene, ma Saguru
lo fermò.
«Se tu ti trovassi davvero nei panni di Kid, e io fossi lì presente per catturare lui o il suo
emulatore… ti lasceresti prendere?»
Kaito sorrise divertito: «Solo se tu o
l’emulatore foste così bravi da superarmi.»
Saguru si lasciò sfuggire un sorriso e Kaito si affrettò ad aggiungere: «Se fossi KaitoKid, chiaramente.»
«Chiaramente.»
Saguru sospirò, mentre il prestigiatore si
allontanava: «Capisco. Direi che potrei aver appena trovato un impegno per la
serata di giovedì…»
«Sappi solo che ho fatto tutto ciò che era
in mio potere per avere presenti anche le forze di polizia.»
«Ottimo.»
Kid aprì la porta e si diresse verso
l’ascensore: «E allora… si va in scena!»
Alle dieci in punto tutti gli sguardi dei
fan erano puntati sul balcone del cinquantesimo piano dell’hotel Suzuki. Come
sarebbe apparso il primo Kid?
Un leggero rumore scoppiettante e una
volata di fumo grigio inondarono il parapetto.
«Che succede?»
«È Kid?»
«Non si vede nulla!»
«Forse è un incendio!»
«Chiamiamo i pompieri?»
Conan, dietro lo schermo televisivo,
sorrise. Anche se le telecamere non lo aiutavano, poteva quasi immaginarsi la
scena.
«No, no, no, non così… perché oggi non
funziona?»
Una figura vestita di bianco era china a
terra, a cercare di aggiustare dei fumogeni che stavano spargendo fumo davanti
a lei e che la facevano tossire violentemente.
«Temo che sia a causa del vento.»
La persona china trasalì dallo spavento,
guardandosi intorno con difficoltà, viste le lacrime agli occhi per il troppo
fumo. Non c’era nessuno, eppure la voce continuava a parlare: «Siete stati
sfortunati, nelle vostre precedenti apparizioni il tempo era perfetto, ma oggi
la situazione è più complessa. Piazzare i fumogeni è un’arte che va
perfezionata con tempo e dedizione. Per esempio…»
Uno schiocco di dita, perfettamente udibile
anche dalla folla sottostante, e il balcone venne illuminato da luci
abbaglianti. Il vento sembrò spazzare via i fumogeni mal piazzati, mentre
coriandoli, brillantini e del nuovo fumo bianco avvolgevano la ringhiera in
volute dai disegni artistici, che sembravano non essere assolutamente
disturbate dal vento impetuoso e che nascondevano egregiamente la figura a
terra. Perfettamente in equilibrio sul corrimano, invece, un KaitoKid con le braccia
spalancate gridò: «Ladies and gentlemen, buonasera! È giunto il momento
dello show!»
Mentre la folla esultava, ognuno dalle
proprie postazioni, Conan, Saguru e Nakamori guardarono l’ingresso in scena del ladro
prestigiatore e commentarono sospirando: «Questo è Kid…»
Il finto Kid,
ancora rannicchiato a terra, osservava lo spettacolo stupito tanto quanto la
gente a terra. Aveva brividi di freddo e guardandosi intorno gli fu chiaro il
motivo: a provocare il fumo non erano dei fumogeni, ma del ghiaccio secco
piazzato intorno a loro. Quando lo aveva messo?
Kaito si voltò appena, sussurrando: «Ora capisci
la differenza?»
Il secondo Kid
annuì appena, immobile.
«Un vero prestigiatore non perde mai il
controllo dello show, e se necessario adotta molti piani alternativi per fare
fronte a qualunque imprevisto.»
Il secondo Kid
annuì ancora.
«Temo che la nostra personale sfida sia già
finita prima di cominciare. Dunque…»
Con uno schiocco di dita fece comparire una
rosa rossa che offrì al secondo Kid. In un attimo il
volto di quest’ultimo divenne completamente rosso.
«… come avevate intenzione di continuare il
vostro spettacolo, milady?»
Jirokichi Suzuki non perdeva di vista un momento gli
schermi dove le sue telecamere di ultima generazione gli trasmettevano
continuamente le immagini del suo smeraldo e dei corridoi intorno. Il Lady Hope era sempre lì, circondato dai laser di protezione. Per
il vero Kid in realtà non sarebbe stato un sistema di
sicurezza particolarmente problematico, ma per uno falso…
«Uhm… e ora cosa faccio?»
Una figura misteriosa, in un angolo del
corridoio, sbirciava con circospezione la sala incriminata. Aveva lanciato del
borotalco per scoprire l’eventuale presenza di laser, e si stava congratulando
con se stesso per l’idea. Il problema era trovare il modo di aggirare
l’ostacolo. Si strinse ancora di più nel mantello, per non rischiare di
sfiorare involontariamente i raggi invisibili.
«Io ti suggerirei di cominciare a decidere
il ruolo da interpretare.»
Il ragazzo trasalì e si voltò, trovandosi
davanti ShinichiKudo che
lo fissava strafottente.
«Ti dirò, vedere la mia divisa sotto il
mantello e il cilindro di Kid mi lascia alquanto
confuso…»
Di tutta risposta il ragazzo gli buttò in
faccia un fumogeno e gli lanciò anche il mantello di Kid,
per poi correre verso il gioiello. La prudenza, a quel punto, poteva anche
risparmiarsela.
Il detective intanto aveva fatto in tempo a
coprirsi un po’ il volto con la manica della giacca, ma stava comunque
lacrimando parecchio.
«Non strofinarti la faccia o il trucco
andrà via!»
Heiji imprecò rivolto all’auricolare: «Lo so! Ma
non ci vedo! Al diavolo, non me l’aspettavo!»
Cercando di non far saltare la sua copertura,
Heiji si precipitò nella stanza, trovandosi di fronte
un agguerrito ragazzino che cercava, con maldestre acrobazie, di passare oltre
i laser di sorveglianza. Si appoggiò al muro a braccia conserte, con un
sospiro.
«Vedo che non hai intenzione di
arrenderti.»
Il ragazzo continuò, con la lingua di fuori
per la concentrazione: «Sono arrivato fino a qui, sarebbe stupido farlo ora.»
«Smettila. Non sei un ladro, né un
prestigiatore, né un detective. Questa non è una sceneggiata, come quelle che
avete fatto finora.»
«Appunto. È arrivato il momento di
dimostrare il mio valore!»
«Come, lasciando la tua ragazza a distrarre
il pubblico nei panni di Kid mentre tu fai tutto il
lavoro sporco?»
Il ragazzo trasalì, colto di sorpresa.
«Sei davvero il detective in gamba che
dicono. Non pensavo avresti capito tutto così in fretta.»
«Non era così difficile. Lei si occupa del
trucco, dei costumi e di fare scena nei panni di Kid,
ma in realtà è lei la complice. Tu copri contemporaneamente il ruolo di ladro e
detective.»
Il ragazzo sorrise con soddisfazione: «E
siamo stati in gamba, finora ci sono cascati tutti.»
Il detective scosse la testa: «Solo i fan
che non vedevano l’ora di un nostro ritorno. La polizia non si è mai
interessata a voi perché è stato chiaro fin da subito che si trattava di
cattivi emulatori. E nessuno che mi conosca di persona si è mai lasciato
ingannare dai tuoi messaggi.»
Il ragazzo alzò le spalle: «Tanto mi
basta.»
Allungò la mano verso il gioiello. Gli
mancava così poco per prenderlo…
«Fermati. Se ti costituisci adesso al
massimo ti incrimineranno per violazione di domicilio. Per gli altri “furti”,
dopotutto, avevate le chiavi per entrare.»
Il ragazzo si morse un labbro.
«Mi dispiace, sono arrivato troppo oltre.»
Allungò ancora di più il braccio, fino a
sfiorare il Lady Hope.
«FERMATI, SATORU!»
Il ragazzo si bloccò per un momento: «Asako?»
La ragazza lo guardò con le lacrime agli
occhi: «Per favore, fermati. Va bene così, dai…»
Satoru la guardò sconvolto: «Cosa dici? Siamo a
un passo dall’obiettivo…»
Il suo sguardo passò dal volto della
fidanzata alla rosa che stringeva in mano, per finire sul volto di chi l’aveva
accompagnata. Il volto divenne rosso di rabbia.
«TU! È TUTTA COLPA TUA!»
Fregandosene degli antifurti, corse
infuriato verso KaitoKid:
«LEI TI ADORA, TU ME L’HAI PLAGIATA! NON ME LA PORTERAI VIA!»
Heiji alzò lo sguardo verso le telecamere.
Evidentemente Suzuki aveva capito la situazione e aveva disattivato gli
antifurti.
Kaito si limitò a sparire in una nuvola di fumo
e a riapparire poco più in là: «Mi dispiace, ma io non le ho detto proprio
nulla.»
Asako prese il ragazzo per il braccio, per poi
abbracciarlo: «È vero, sono venuta qua da sola, lui mi ha solo seguita. Non mi
interessa più farmi notare da mio padre, né questo gioco. Per favore, andiamo
via…»
Il detective si avvicinò: «Venite con me,
vi accompagno dai poliziotti…»
Ma Satoru,
vedendo il ragazzo allungare la mano verso il braccio di Asako,
scattò furioso.
«NON LA TOCCARE!»
Heiji agì d’istinto, e fu un bene. Fece un balzo
all’indietro, proprio mentre il ragazzo tirava fuori da sotto la giacca della
divisa di Shinichi un taser.
Conan gli urlò qualcosa nella cuffietta, ma non ci fece praticamente caso,
quello che udì distintamente invece fu la voce di Kid.
«PRENDI!»
Alzò il braccio e afferrò al volo l’arma
migliore che il prestigiatore potesse porgli. In un attimo, con pochi e precisi
colpi di kendo, il detective fece saltare di mano al ragazzo l’arma e lo
atterrò.
Satoru lo guardò sconvolto: «Pensavo di sapere
tutto di te, Kudo… sapevo che sapevi sparare e
guidare, ma non avevo trovato alcuna informazione sul fatto che pratichi
kendo!»
Il detective lo guardò sospirando: «Allora
evidentemente non sei un gran detective.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo: «E neanche
un ladro.»
«No. Ma sei una persona che vuole
realizzare i desideri di chi ama. Puoi ancora trovare la tua strada.»
Satoru rimase in silenzio, mentre Saguru, entrato in quel momento nella stanza, prendeva in
custodia la finta Kid e Nakamori
si apprestava a mettere le manette al finto Kudo.
L’ispettore li guardò sorpreso: «Questa non
me la sarei mai aspettata… AsakoTakatori,
figlia del direttore della Banca Centrale di Tokyo, e SatoruAtsuzawa, figlio del direttore della mostra privata!»
Saguru sorrise: «Chi meglio dei figli dei
direttori per potersi impossessare delle chiavi?»
Asako piagnucolò: «Papà pensava solo al lavoro,
volevo solo che si ricordasse un po’ anche della sua famiglia…»
Nakamori sospirò: «Alla fine, è sempre colpa di noi
padri troppo occupati dal lavoro, temo… bene, quindi tutto a posto, no?»
La voce di Suzuki si diffuse per tutti i
corridoi dell’hotel: «TUTTO A POSTO UN CORNO, ISPETTORE! GUARDATE!»
Tutti i detective presenti ebbero un brutto
presentimento e si voltarono verso la teca al centro della stanza. Il Lady Hope era scomparso.
Heiji si buttò all’inseguimento: «Kid! Questo non era nei piani!»
Saguru, con la solita grazia, si limitò a
voltarsi verso l’ispettore e a consegnargli Asako:
«Mi scusi, il dovere mi chiama. Li tenga lei, per piacere.»
A Nakamori non
rimase altro che guardarlo sconvolto allontanarsi di corsa: «Ehi, dove andate?
Non vale, anche io volevo inseguire Kid! Sono mesi
che non posso farlo, non toglietemi questo piacere!»
Veloce come un lampo, Kaito
si era diretto verso il tetto. Non avrebbe ancora avuto molto tempo per poter
controllare lo smeraldo alla luce della luna piena, prima che i detective si
ricordassero di lui. Jirokichi Suzuki aveva cercato
di bloccare gli ascensori, ma non aveva fatto in tempo. Ormai era già sulla
scala antincendio esterna all’edificio, e con pochi abili balzi sul tetto. Il
vento continuava ad essere fastidioso, ma non abbastanza da impedirgli di
alzare la gemma verso l’astro d’argento. Niente, neanche quella volta aveva
potuto vedere la luce rossa di Pandora. Sospirò rassegnato, poi gli venne in
mente una cosa.
«Cercava di mettere le mani sulla Pietra Filosofale.»
«Di cosa si tratta?»
«È una pietra rossa con la quale è possibile distillare
l’Elisir di lunga vita. È stata creata da Nicolas Flamel,
che grazie ad essa è rimasto in vita per...»
«Scusa un attimo... Elisir di lunga vita? Una cosa che
rende... immortali?»
«Bé, sì, finché lo si assume...
dopodiché si muore, naturalmente. Con la distruzione della Pietra, infatti, Flamel e la moglie sono morti e...»
«Distrutta?»
«Sì... Harry l’ha polverizzata per impedire a Tu-Sai-Chi di
prenderla.»
Il prestigiatore rimase lì, immobile, per
qualche secondo, poi scoppiò a ridere. Stupido, stupido Kaito!
Perché aveva fatto tutta quella fatica? Dopotutto Hermione
glielo aveva detto chiaramente, la Pietra Filosofale, alias Pandora, era stata
distrutta da Harry…
Un forte rumore annunciò l’apertura della
botola: «Kid!»
Il prestigiatore rimase lì, fermo, a
guardare Kudo uscire dall’edificio per raggiungerlo.
Sorrise.
Perché lo aveva fatto?
Ma per misurarsi ancora con loro, con quei
detective che lo mettevano sempre di fronte a nuove sfide.
«Benvenuto Hattori!
Ti aspettavo!»
Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Come…»
«So di un solo detective che conosce così
bene sia me che Kudo e con l’accento di Osaka.»
Heiji sospirò: «Questo mio accento…»
Kid sorrise: «A me piace molto.»
E mi permette di riconoscerti sotto
qualunque maschera, aggiunse
fra sé e sé.
«Quindi... giri sempre con una spada da
kendo sotto il mantello?»
Il prestigiatore ridacchiò, ma non ebbe il
tempo di rispondere. Saguru comparve quasi subito
alle spalle di Heiji. Kaito,
con un cenno della testa e un sorriso, si congedò dall’investigatore di Osaka,
per poi dare le spalle ai due e andare verso il bordo del tetto. Si fermò per
un secondo, uno solo.
Non importava quante meraviglie Hogwarts potesse insegnargli, non riusciva ancora a fare a
meno di quel brivido, proprio no.
«Mi dispiace, per questa sera lo show finisce
qui.»
E con un gesto fulmineo e inaspettato si
buttò giù dal tetto. I due investigatori corsero verso la balaustra.
«Ma è pazzo? Non riuscirà ad aprire il
deltaplano con questo vento!»
Il pubblico, ancora in attesa dei suoi
beniamini, vide una figura bianca precipitare a peso morto dal palazzo, per poi
sparire intorno al quindicesimo piano in una nuvola di fumo. La gente rimase
con il fiato sospeso, mentre, dallo schermo televisivo, Conan si limitò a
sospirare malinconico.
Yukiko ridacchiò: «Sembra che vi sia sfuggito
anche questa volta.»
Il bambino alzò le spalle: «Non era il mio
obiettivo. Questa caccia finale è stata totalmente un fuori programma...»
«Però potevi aspettartelo, è pure sempre KaitoKid.»
Conan rimise all’orecchio la cuffietta:
«Già... ma per questa volta Shinichi gli doveva un
favore.»
Poi, avvicinandosi al microfono, disse: «È
andato, non stare lì a crucciarti, vieni via appena puoi, il professore è già
partito. Hai fatto un ottimo lavoro.»
Forse era così, ma Heiji
non poté non rimanere con l’amaro in bocca sapendo che Kid
era sfuggito anche stavolta. Forse meno di Nakamori e
Saguru, che avevano proprio l’aria di esserci rimasti
male, forse poteva consolarsi con l’arresto dei due sosia che tanti guai
avevano provocato, o con il ritrovamento del Lady Hope,
appeso al collo di Lupin, il cane di Suzuki con cui Kid
in passato aveva avuto molto a che fare. Forse era anche giusto così, che la
cattura di KaitoKid
rimanesse una chimera per ogni aspirante detective voglioso di avventurarsi in quell’impresa.
Forse.
Ma si ritrovò a salire nel maggiolino del
professor Agasa con l’amara consapevolezza che la
folla non avrebbe mai osannato un detective per la cattura di un ladro
prestigiatore quanto quel pubblico stava festeggiando la fuga di KaitoKid dalla polizia. Poco
lontano, anche Kaito, salito sulla macchina di Jii, arrivava con un sorriso malinconico alla stessa
conclusione.
Non importava per quanto tempo potesse
sparire, il Giappone aveva ancora bisogno di un KaitoKid.
«Allora, Kaito?
Vieni?»
«Sì, Aoko,
arrivo!»
«Muoviti, o non troveremo più posto in
piscina!»
Il prestigiatore guardò con un filo di
malinconia la ragazza. Era felice di poterla ritrovare, però un pensiero ancora
lo tormentava.
«Mi aspetteresti ancora cinque minuti?»
Aoko lo guardò disperata: «Ma siamo già in
ritardo!»
«Cinque minuti soli, devo andare in bagno.»
La ragazza gli prese la borsa da mare:
«Muoviti!»
Kaito rientrò in casa, si appoggiò alla porta e,
con un profondo respiro, cercò di concentrarsi. Non lo aveva ancora mai fatto
al di fuori di Hogwarts, ma con Harry ci era riuscito
benissimo, quindi perché non provarci?
Un paio di secondi e si smaterializzò,
ritrovandosi in un ambiente piccolissimo e buio. Impiegò qualche secondo a
riconoscere uno sgabuzzino delle scope e sospirò.
Dove si era cacciato questa volta?
Un urlo familiare lo fece trasalire:
«Muoviti, siamo in ritardo per la piscina!»
«Un attimo!»
Il mago trasalì. Quelle voci le conosceva
bene!
Con un po’ di riserva, aprì la porta dello
sgabuzzino quel tanto che bastava a sbirciare, trovandosi di fronte un Conan
trafelato che finiva di preparare uno zaino.
Conan?
Cosa c’entravano loro? Lui aveva
chiaramente pensato di smaterializzarsi da...
Kaito sbarrò gli occhi. Prima di Hogwarts avrebbe fatto fatica a crederci, ma dopo Pozioni Polisucco e quant’altro...
«Arrivo Ran!»
In silenzio, il mago richiuse la porta e
tornò a casa sua, pronto a tenere l’ennesimo segreto. Dopotutto cosa ci avrebbe
guadagnato nel diffonderlo? Con un altro sospiro, aprì la porta.
«Ci sei? Dai, andiamo!»
Kaito sorrise con un filo di malinconia alla sua
amata: «Sì, certo.»
Poi, dopo qualche passo, esclamò: «Sai,
potremmo incontrare qualcuno che conosco in piscina.»
«Davvero? E come fai a saperlo?»
Kaito sorrise: «Ho le mie fonti.»
E rubandole il cappello corse davanti a
lei, costringendola a seguirlo.
Sorrise.
Adesso sì, adesso le sue vacanze potevano cominciare!
E
rieccoci qua! Ci è voluto un pochino a creare questo capitolo, ma anche grazie
all’aiuto di darkroxas92 è
stato arricchito da una bella sorpresa che spero vi faccia piacere! E dal prossimo capitolo, finalmente, entriamo nelle pagine
dell’Ordine della Fenice. Spero che la storia continui a catturare il vostro
interesse anche se i tempi di pubblicazione si sono dilatati. Sto riportando i
capitoli anche sul mio
account di AO3, e devo dire che la storia sta riscuotendo un discreto
successo (ma siamo intorno al capitolo 13, ben lontani, qua avrete sempre le
anteprime).
Ringrazio
come sempre per i commenti Serena Leroy e fenris e vi aspetto al prossimo capitolo!
Capitolo 42 *** Incubi di botte di mezza estate ***
Incubi di botte di mezza estate
Kaito rimase
pensieroso a fissare le ultime lettere di Sheridan. Nessuno dei due, da più di
un mese e mezzo, era riuscito in alcuna maniera a mettersi in contatto con Fred
o George. Normalmente non ci avrebbe fatto troppo caso, dopotutto era estate e
i gemelli Weasley avevano pur diritto di godersela,
ma gli sembrava troppo strano che non avessero detto assolutamente nulla
nemmeno dell’esame di Smaterializzazione che avrebbero dovuto sostenere
settimane prima. Era stata però l’ultima lettera di Momoka,
ai primi di agosto, ad allarmare definitivamente il prestigiatore:
Ho provato a
mandare dei gufi anche a Ron e Ginny,
ma nemmeno da loro ho ricevuto risposta. Persino Hermione,
che mi doveva scrivere come si era accordata con la Skeeter,
non mi sta più rispondendo.
E se
Tu-Sai-Chi li avesse presi? Dopotutto i Weasley sono odiati
dai Mangiamorte e Hermione è nata babbana… e
potrebbero essere tutti usati come arma di ricatto verso Harry…
Normalmente
Kaito si sarebbe limitato a tranquillizzare la
ragazza, ma dopo la morte di Cedric cosa avrebbe potuto dirle? Tutte le ipotesi
che aveva fatto erano non solo realistiche, ma anche terribilmente fondate. Voldemort aveva fatto ben di peggio con Ginny
al loro primo anno, ed era solo un fantasma di lui a sedici anni, figuriamoci
cosa poteva architettare da adulto con decine, se non centinaia di morti alle
spalle.
Per più
di due giorni rimase a rimuginare su quelle parole, seduto alla scrivania della
sua cameretta, poi prese una decisione con un profondo sospiro.
«Toccata
e fuga, d’accordo, Kaito? Guardi come stanno e te ne
torni subito a casa, prima che Silente o… peggio…
lo scoprano.»
Chiuse
gli occhi e si concentrò con tutte le sue forze sui gemelli: «Uno, due… tre!»
Con un
leggero schiocco si Smaterializzò dalla sua camera, ma non ebbe quasi il tempo
di appoggiare i piedi a terra o aprire gli occhi che venne accolto da un
acutissimo grido femminile e un violento colpo in testa.
«MANGIAMORTE!
CI ATTACCANO! MALEDETTI SCHIFOSI, NON AVRETE I MIEI BAMBINI!»
Kaito fece a
malapena in tempo a ripararsi dai colpi con un braccio che un paio di voci
familiari gli fecero tirare un mezzo sospiro di sollievo.
«Mamma!
Mamma, fermati!»
«Non è un
mangiamorte! È solo Kaito!»
Il
prestigiatore aprì gli occhi e riuscì a intravvedere un po’ dell’ambiente che
lo circondava. Aveva l’aria di essere un salotto, una lunga stanza con il
soffitto alto e pareti verde oliva coperte di arazzi sporchi. Non era mai stato
a casa dei Weasley, ma dai loro racconti se l’era
immaginata totalmente diversa. Tuttavia Kaito non
poté godersi troppo il panorama, visto che la signora Weasley
non aveva smesso un momento di tirargli in testa la scopa, ricoperta di
ragnatele, polvere e quant’altro, con tutta la forza che aveva in corpo, e non
era poca.
«È UN
MANGIAMORTE PER FORZA! NON SI PUÒ ENTRARE QUA DENTRO SENZA UN CUSTODE SEGRETO!
È QUALCUNO CHE HA PRESO LA POLISUCCO!»
Kaito, cercando
di ripararsi dai colpi, provò a discolparsi: «Signora, le assicuro che sono
io…»
Una porta
sbattuta con forza fece immobilizzare tutti nell’esatta posizione in cui si
trovavano, facendo ammirare a Lupin e Sirius il
curioso fermo immagine di Molly Weasley, trattenuta a
fatica dai suoi figli gemelli, uno per braccio, malmenare con una poco magica
ma molto materna e casalinga scopa un povero Kaito.
Ai due Malandrini originali bastò uno sguardo d’intesa per capire la
situazione.
Sirius sospirò:
«Io sistemo Kaito e tu Molly?»
«D’accordo.»
«Andata.»
E con un
pigro PietrificusTotalusSirius immobilizzò la signora Weasley,
che nel frattempo aveva ripreso a malmenare il malcapitato prestigiatore,
permettendo a Kaito di sottrarsi ai colpi. Lupin lo
fulminò con lo sguardo.
«Che c’è?
Era il modo più veloce per fermarla! Volevi che continuasse a picchiarlo?»
L’ex
professore sospirò e si rivolse al ragazzo: «Kaito…»
Il volto
del prestigiatore si allargò in un sorpreso sorriso: «Professor Lupin! Sirius! Che… che succede?»
«Ora te
lo spieghiamo, però dovrai avere la pazienza di rispondere a un paio di
domande, prima, per quanto ti possano sembrare strane.»
Kaito li
guardò perplesso: «Ehm… d’accordo…»
Lupin gli
chiese con un sorriso: «In cosa si trasformava le prime volte il tuo
Molliccio?»
Kaito,
mantenendo la faccia da poker, rispose senza esitazione, pur non apprezzando la
domanda: «In un Dissennatore fatto di pesci.»
Lupin
annuì: «Sirius, a te l’onore di una contro domanda di
sicurezza.»
L’uomo ci
pensò su e poi rispose: «Cosa ti ho mandato in allegato nella mia ultima
lettera?»
«Un
ritaglio di giornale. Su cui dovremmo ampiamente discutere non appena ce ne
sarà l’occasione.»
Il
professor Lupin si rivolse ai gemelli: «Volete fare anche voi delle domande o
ci accontentiamo di due risposte esatte su due?»
Fred e
George risposero in coro: «Per noi era l’originale sin dall’inizio.»
«Bene,
allora adesso spiegherò la… ehm… particolare situazione a Molly, che sono sicuro che non avrà alcun
problema non appena le sarà tutto più chiaro. Giusto per conferma, Kaito, perché ti sei Smaterializzato?»
Il
ragazzo, sempre più confuso, ripose: «Erano mesi che né io né Sheridan non
avevamo notizie, volevo solo controllare che fosse tutto a posto…»
«Visto,
Molly? È solo un buon amico dei tuoi figli, un bravo ragazzo. Sì, so bene che
non dovrebbe essere qui, ma questo adesso te lo spiego io. Ora sciolgo
l’incanto, prendi un bel respiro, ci sediamo e parliamo…»
Sirius mise un
braccio intorno al collo di Kaito e lo trascinò verso
la porta: «E io farò lo stesso col ragazzo.»
Sempre
più perplesso dalla situazione, il prestigiatore venne trascinato da Sirius giù per le scale, facendogli segno di non fare alcun
rumore. Attraversarono un lungo e cupo corridoio, dove un candelabro coperto di
ragnatele brillava sopra di loro e ritratti anneriti dal tempo affollavano i
muri dalla tappezzeria scollata e sulla moquette lisa. Sia il candelabro appeso
al soffitto che quelli posati su un tavolino traballante lì vicino avevano la
forma di serpenti. Passarono di fianco a una tenda tirata e poi, velocemente ma
in completo silenzio, entrarono in una stanza che aveva tutta l’aria di essere
una cucina. Era poco meno tetra del resto, una stanza cavernosa con le pareti
di pietra viva. La luce proveniva per lo più da un gran fuoco all'altra
estremità. Una cortina di fumo proveniente da un calderone sul fuoco aleggiava
nell'aria come vapori di battaglia, attraverso cui affioravano indistinte le
forme minacciose di pesanti pentole e padelle di ferro appese al soffitto buio.
Molte sedie erano state stipate nella stanza attorno a un lungo tavolo di
legno, carico di rotoli di pergamena, calici, bottiglie di vino vuote, e un
mucchio di quelli che sembravano stracci. Sirius
afferrò una di quelle sedie e la porse a Kaito.
«Gradisci
qualcosa? Non c’è molto, ma credo che Molly non abbia ancora trovato tutte le
bottiglie di Burrobirra che ho nascosto in giro.»
Kaito
l’afferrò e si sedette: «Ammetto che gradirei delle spiegazioni, più che altro.
Sono contento di vedere che state bene, ma… che ci fai qui? I signori Weasley sono delle persone molto gentili, ma non me li vedo
molto a ospitare un ricercato… il padre di Fred e George non lavora al
Ministero?»
Sirius
ridacchiò: «Oh, no, c’è un equivoco, questa non è la Tana. Sono loro ad essere
miei ospiti, in un certo senso… ti do il benvenuto a casa mia, Kaito. O almeno, a quella della mia famiglia, non l’ho mai
considerata esattamente casa mia.»
Il
ragazzo annuì. In effetti l’edificio in cui si trovavano aveva più l’aria di
essere una vecchia dimora signorile in decadenza che la casa di una famiglia
numerosa ma squattrinata come i Weasley.
«Quindi
direi… casa Black?»
«Non ti
era venuto il dubbio con tutti quei serpenti in giro che non potesse essere la
casa di una famiglia di puri Grifondoro?»
Kaito lo
guardò confuso: «Ma non eri Grifondoro pure tu?»
Sirius,
annoiato, cercò qualcosa in tasca: «In ogni famiglia c’è una pecora nera… per
sicurezza, già che ci siamo, datti una lettura a questo fogliettino, così
completiamo tutte le formalità.»
Il
prestigiatore afferrò il pezzetto di pergamena, riconoscendo la scrittura dello
stesso Black:
Il Quartier Generale dell'Ordine della Fenice si può
trovare al numero dodici di Grimmauld Place, Londra
«Se
questo doveva essermi d’aiuto, sappi che sono ancora più confuso di prima.»
«Immagino,
quello è solo di aiuto alla salute mentale di Molly e di chiunque ti veda
girare in questa casa. Vedi, Kaito, senza volerlo hai
appena sfondato uno dei più grandi incantesimi di sicurezza esistenti.»
«Come
quello che impedisce di Smaterializzarsi a Hogwarts?»
«Esattamente.
In teoria quel bigliettino è il solo lasciapassare.»
Il
ragazzo si lasciò sfuggire una smorfia: «Ops… in
questo caso forse la Signora Weasley non aveva poi
tutti i torti…»
Poi tornò
serio: «È stato fatto per proteggerti dall’arresto?»
Sirius sorrise:
«Rileggi bene quel foglietto.»
Kaito obbedì,
per poi chiedere: «L’Ordine della Fenice è tornato?»
«Voldemort l’ha fatto, non vedo perché Silente non avrebbe
dovuto organizzarsi di conseguenza. Ho deciso di offrire la casa dei miei
genitori come sede, anche perché, purtroppo, con un mandato di cattura sulla
mia testa non posso fare molto altro.»
«Certo…
chi altro c’è?»
Sirius rispose
con un triste sospiro: «Tutti quelli rimasti dall’ultima volta ovviamente.»
Kaito non
faticò a cogliere il riferimento, tra gli altri, a suo padre.
«Ma abbiamo anche nuovi membri di tutto
rispetto. Tanto per cominciare, Arthur e Molly Weasley,
e la maggior parte dei loro figli più grandi, che si sono addirittura
trasferiti qua con tutta la famiglia; un paio di Auror
del Ministero, tra cui Kingsley Shacklebolt, che è il
responsabile della caccia al “pericoloso criminale terrorista Sirius Black”, e così fa credere al Ministero che io sia in
Tibet.»
Kaito sorrise, ma Sirius
rimase serio, quasi triste, così il ragazzo si affrettò a cambiare argomento:
«Cosa state facendo in questo momento?»
«Tutto quello che possiamo per assicurarci
che Voldemort non realizzi i suoi piani. È probabile
che voglia ricostruire il suo esercito. In passato aveva grossi numeri ai suoi
ordini: maghi e streghe che aveva costretto a seguirlo con la prepotenza o con
incantesimi, i suoi fedeli Mangiamorte, un'enorme varietà di creature Oscure,
come lupi mannari e giganti. Certamente non cercherà di impossessarsi del
Ministero della Magia solo con una decina di Mangiamorte.»
«Quindi
state cercando di impedirgli di conquistare nuovi seguaci?»
«Ci
si prova, per lo meno.»
«Come?
Di sicuro non con la Gazzetta del Profeta, ho smesso di leggerlo da quanto è
diventato pedissequo e leccapiedi.»
Sirius ridacchiò: «Allora ti sei perso che
Silente è stato estromesso dalla Presidenza della Confederazione Internazionale
dei Maghi perché “sta invecchiando e
perde il controllo”…
balle, è stato escluso dai maghi del Ministero dopo che ha tenuto un discorso
per annunciare il ritorno di Voldemort. L'hanno
retrocesso dalla carica di Stregone Capo del Wizengamot,
l'Alta Corte dei Maghi, e stanno decidendo se levargli anche l'Ordine di
Merlino, Prima Classe.»
Vedendo l’aria preoccupata di Kaito, Sirius si affrettò ad
aggiungere con un mezzo sorriso: «Ma Silente non è preoccupato, dice che non
gl'importa di quello che fanno finché non lo tolgono dalle figurine delle Cioccorane.»
Il ragazzo sorrise, ma l’uomo tornò serio:
«Mi dispiace che tu abbia dovuto interrompere tutte le comunicazioni con i tuoi
amici, gli hanno impedito di mandare gufi per motivi di sicurezza. Anche Harry
è rimasto completamente isolato, ed è la cosa che mi ha fatto preoccupare di
più…»
Senza preavviso sbatté un pugno sul tavolo,
cosa che fece trasalire Kaito: «Oltre a quell’idiota
di Mundungus che ha abbandonato Harry nei guai!»
Kaito chiese preoccupato: «Cos’è successo a
Harry?»
Sirius si lasciò sfuggire un gesto di stizza:
«Ah, già, non puoi saperlo… è stato attaccato dai Dissennatori
a casa dei suoi zii.»
«Che cosa?»
Sirius si lasciò sfuggire per un secondo un
sorrisino soddisfatto e un lampo d’orgoglio negli occhi: «Rilassati, tu
dovresti sapere meglio di chiunque altro che Harry sa benissimo come cavarsela
contro quei mostri, no?»
Tornando serio, però, aggiunse: «Il
problema è che ha usato la magia fuori da Hogwarts, e
quindi il Ministero l’ha convocato per cercare di espellerlo dalla scuola.»
«CHE COSA?»
Dalla foga Kaito
si era alzato in piedi rovesciando la sedia. Sirius
gli rivolse un sorriso triste: «Tranquillo, Silente tirerà fuori qualcosa dal
cappello, come sempre…»
Ma aggiunse rassegnato: «Ma non sai quanto
mi scoccia non poter fare nulla di utile, se potessi anche solo andare lì sotto
forma di cane e mordere le caviglie a tutti… mi assicurerei di passargli la
rabbia.»
Kaito cercò di calmarsi: «Ok, va bene. E io cosa
posso fare per l’Ordine?»
Sirius, con la testa appoggiata a una mano,
rispose tranquillo e rassegnato: «Assolutamente nulla.»
Il prestigiatore lo guardò sorpreso: «Eh?
Ma come, mio padre…»
«Ho già affrontato questa discussione con
Harry. L'Ordine è formato solo da maghi maggiorenni che hanno finito la scuola.»
Con uno schiocco Fred comparve alle spalle
di Kaito: «Hanno fregato anche noi con questa
clausola, amico.»
Il prestigiatore sorrise soddisfatto: «Vedo
che avete passato il test.»
«Non potevamo certo esserti da meno. Se
vuoi venire su, mamma si è calmata e vuole scusarsi per… ehm…la calorosa accoglienza.»
Kaito rise e seguì l’amico su per le scale,
tornando in salotto, dove la signora Weasley, non
appena lo vide, gli corse incontro per poi stringerlo in un sentito abbraccio, così sentito che il prestigiatore sentì a sua volta un paio di costole
rassegnare le dimissioni.
«Oh, mi dispiace, mi dispiace, non lo
sapevo… perdonami, Kaito, puoi?»
Con una voce soffocata, il ragazzo rispose:
«Certo… tutto perdonato! Ora, se potesse lasciarmi andare…»
Molly lasciò finalmente la presa e Kaito poté permettersi il lusso di tornare a respirare:
«Oh, scusami, certo…»
Alle sue spalle, George se la rideva sotto
i baffi, mentre Lupin, con un’espressione ugualmente divertita, aggiunse: «Ho
spiegato a Molly che tuo padre faceva parte dell’Ordine e della tua
straordinaria capacità.»
Signora Weasley
lo squadrò da capo a piedi: «Certo però che è incredibile, a pensarci…»
L’ex professore aggiunse: «E allo stesso
tempo pericoloso. Se Fred o George fossero stati in pericolo, lui,
raggiungendoli in questo modo, avrebbe sì potuto salvarli… ma anche mettersi in
pericolo a sua volta. È una questione da non sottovalutare.»
L’uomo si lasciò sfuggire un sospiro e poi
continuò: «Per questo motivo ti chiederei di non venire più qui a meno che non
te lo chiediamo esplicitamente. È una situazione talmente precaria e complessa
che rischiamo davvero che tu possa trovarti faccia a faccia con persone che è
meglio che continuino a ignorare la tua esistenza.»
George gli sorrise facendogli l’occhiolino:
«E poi fra meno di un mese ci rivedremo a scuola e rimpiangerai i mesi in cui
non ci hai sentito.»
Kaito annuì: «Va bene, cercherò di calmare
Sheridan… però vorrei sapere almeno come finirà con Harry!»
Sirius sorrise: «A questo penso io, sto avendo
una mezza idea…»
Molly diede una spintarella ai gemelli: «Su,
salutate Kaito, che qua abbiamo un sacco di lavoro da
fare.»
Inaspettatamente, Fred lo abbracciò,
lasciando interdetta sua madre.
«Mi mancherai, amico.»
Kaito mantenne la sua faccia da poker e ricambiò
l’abbraccio: «Hai sentito George, tra poco ci rivedremo.»
Per fare l’idiota, anche George saltò
addosso ai due, buttando entrambi a terra. Tutti e tre risero, mentre la signora
Weasley, cercando di non farsi notare, si asciugava
l’angolo di un occhio.
Quando si rialzarono, Kaito
salutò con tutti con la mano e si Smaterializzò in camera sua. Solo allora mise
la mano in tasca per vedere cosa Fred gli avesse lasciato con quel finto
abbraccio: un pezzo di pergamena dentro cui erano avvolti biscotti viola e
arancioni e pezzi di torrone. Si affrettò a leggere la nota scarabocchiata.
Stiamo continuando gli esperimenti per i Tiri Vispi Weasley, abbiamo anche iniziato a vendere qualcosa per
corrispondenza. Ti lascio un campione, due Merendine Marinare e un Torrone
Sanguinolento. I dolcetti servono per farti saltare la lezione, se mangi la
metà arancione vomiti, con quella viola ti passa. Li stiamo testando su noi
stessi per essere sicuri, come vi eravate raccomandati, parola di Malandrini.
Vedrete quante belle cosine che i Malandrini potranno fare l’anno prossimo!
Futago
Kaito riguardò
ancora per un momento i dolcetti e decise saggiamente di riporli in un cassetto
e di non offrirli mai a nessuno.
Quattro
giorni dopo, mentre era chino sulla tastiera del computer a scrivere qualcosa, Kaito trasalì sentendo un forte schiocco alle sue spalle,
uno schiocco che gli era tremendamente familiare. Con un veloce movimento di
polso fece comparire in mano la sua bacchetta e voltò la sua sedia girevole,
pronto ad affrontare qualsiasi mago gli si parasse di fronte. Quello che invece
si trovò di fronte fu una bruttissima copia di Dobby,
quasi completamente nudo, a parte lo straccio sudicio legato come un gonnellino
attorno alla vita.Era molto
vecchio: la sua pelle pareva troppo abbondante, e anche se era calvo come tutti
gli elfi domestici, una gran quantità di peli neri spuntava dalle grandi
orecchie a forma di ali di pipistrello. Aveva gli occhi di un grigio acquoso e
iniettato di sangue e il grosso naso carnoso, molto simile a un ghigno.
Gettò una
rapida occhiata a Kaito e poi abbassò lo sguardo
borbottando: «Kreacher non sa se è nel posto giusto,
ma a Kreacher non piace il tizio con gli occhi a
mandorla, proprio no… Oh, povero, povero Kreacher,
costretto dai suoi aguzzini a fare da gufo per creature ignobili che gli
puntano pure contro la bacchetta…»
Kaito decise
di mantenere la sua faccia da poker e abbassare l’arma: «Deduco che il tuo nome
sia Kreacher. Stai cercando me?»
L'elfo
domestico rimase immobile, tacque e si esibì in un sussulto di sorpresa molto
enfatico e molto poco convincente: «Il signore conosce il nome di Kreacher?»
«Non
prima di trenta secondi fa, ammetto.»
Kreacher si inchinò e, ancora con la faccia al
pavimento, aggiunse, a un livello perfettamente udibile: «Mandano Kreacher come un volgare gufo da un’inquietante uomo
mandorla che gli legge nella testa.»
Kaito rimase per un momento interdetto. Non
sapeva se dovesse essere più confuso dal passaggio, indubbiamente razzista, da
“uomo con gli occhi a mandorla” a direttamente “uomo mandorla”, o dal fatto che
evidentemente l’elfo era davvero
convinto
che non potesse sentirlo.
L’elfo
alla fine continuò: «Kreacher sta cercando il padron KaitoKuroba.»
«Sono
io.»
Con uno schiocco di dita l’elfo fece
comparire un plico di buste e gliele porse, senza mai guardarlo in volto: «Il
padrone…»
E qui si lasciò andare a un’espressione di
profondo disgusto, come se lo avessero costretto a ingurgitare della Pozione Polisucco vecchia di qualche mese mischiata a della Burrobirra rancida.
«… ha detto a Kreacher
di portare queste al padron KaitoKuroba,
l’uomo mandorla. Poteva prendere un gufo, e invece l’ha ordinato a Kreacher, che ha cose più importanti da fare, come salvare
la casa della padrona. Kreacher l’ha fatto e ora
torna alla nobile dimora dei Black prima che quei mostri traditori del proprio sangue o mezzosangue gli rovinino il
lavoro di una vita.»
E senza
neanche salutare sparì con uno schiocco, lasciando cadere a terra le buste. Kaito rimase un momento immobile, a fissare il punto dove
fino a un momento prima c’era un elfo fuori di testa.
«Che
tipo…»
Raccolte
le lettere, tornò alla scrivania e aprì la prima.
Ciao Kaito, ti chiedo già scusa per il comportamento di Kreacher, l’elfo domestico della mia famiglia. Chissà come
mai, non gli stiamo troppo simpatici, ma è vincolato al silenzio ed è
indubbiamente più veloce e meno sorvegliabile di un gufo.
Intanto puoi
stare tranquillo, come immaginavo, Silente ha risolto tutto, ma c’era da
aspettarselo, quindi Harry verrà con voi a Hogwarts
regolarmente. Per il resto trovi allegate lettere da gente che aveva voglia di
scriverti, come hai potuto notare sono un bel po’.
Ti auguro una
buona estate, appena sarà possibile scriverci con un po’ più di tranquillità
riprenderemo i nostri discorsi in sospeso.
Felpato
Kaito sorrise
vedendo i mittenti delle varie lettere che gli erano arrivate: Fred e George,
ovviamente, ma anche Ginny, Harry, Ron, Hermione, Lupin e persino la
signora Weasley, che ancora si scusava per le botte
con la scopa e prometteva di farsi perdonare non appena ne avesse avuta
l’occasione. Una ventata di nostalgia lo assalì, ma il ragazzo, con un sospiro,
si impose di mantenere un minimo di autocontrollo.
Buttò un
occhio al calendario e sospirò: mancavano ormai meno di due settimane al suo
ritorno alla vita magica.
«E io
devo ancora fare un salto a Diagon Alley a comprare
il materiale e finire questa faccenda prima di andare… uffa…»
Di
estrema controvoglia, si rimise al computer a digitare.
«Allora,
se lo zaffiro me lo mettono in questa cella frigorifera a -15 gradi, mi
toccherà pensare a come potermi muovere agilmente con quella temperatura…
sperando che nessuno dei poliziotti sia un abile pattinatore su ghiaccio…»
E rieccoci, finalmente si comincia con l’Ordine
della Fenice! Potete star certi che neppure quest’anno scolastico sarà molto
tranquillo.
Ringrazio fenris per il commento e vi aspetto al prossimo
capitolo, dove faremo la conoscenza di una certa professoressa… o forse no?
Alla prossima!
Sheridan,
a qualche passo di distanza, squadrò l’amico con una smorfia: «Quindi… l’altro
ieri sei entrato in una cella frigorifera con quindici gradi sottozero per
prendere l’ennesima pietra…»
«Dì.»
«… con
una tuta riscaldante sotto il costume alimentata con una batteria…»
«Edatto.»
«Un
agente ti ha sparato addosso, non ti ha colpito ma ha reciso il cavo che
collegava la tuta alla batteria…»
«Goda
g’èghe non di guadra?»
Sheridan
esclamò: «Il perché tu sia rimasto in
quella cella frigorifera per più di tre ore in quello stato!»
Kaito, tirando
su col naso dietro a una mascherina chirurgica, rispose: «Berghé l’ispeddoreNagamori ha voludogondrollareovunguebrima di arrenderdi… Dono dovudo rimanere ingollado al doffiddober non farmi drovare, per fordunanedduno ha
bendato di alzare gli ogghi…»
Momoka si
sbatté una mano sulla fronte e il prestigiatore, dietro la mascherina, si
lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
«Ghesgemi, eh?»
La
ragazza sospirò: «Includo pure te nella categoria per esserti conciato così il
primo giorno di scuola…»
Il
fischio dell’Espresso per Hogwarts coprì il mezzo
sospiro di Kaito. No, non era neanche lui troppo
entusiasta di cominciare così un nuovo anno scolastico, mezzo febbricitante, e
purtroppo le medicine che aveva preso stavano avendo effetto solo parzialmente.
Aveva nella tasca una discreta scorta di antipiretici, ma continuava a sperare
che la situazione andasse migliorando da sé.
«Ginny!»
«Sheridan!»
Una voce
familiare lo fece lentamente voltare. La giovane Weasley
stava correndo incontro alla sua compagna di classe, e dietro di lei c’era
tutto il resto della famiglia, insieme a Harry, Hermione,
il professor Lupin, un grosso cagnolone dall’aria molto familiare e un po’ di
gente sconosciuta, tra cui però spiccava una allo stesso tempo vecchia e nuova
conoscenza: il professor Moody, o meglio, Malocchio Moody, quello vero e non il sosia con cui aveva avuto a che
fare l’anno precedente. Seppur incuriosito dall’inaspettato incontro, Kaito dovette ammettere di non essere nelle condizioni
adatte per fare conoscenza.
La voce
di Ginny lo risollevò dai suoi pensieri: «Kaito!»
Sheridan
fermò la compagna: «Ti sconsiglio di abbracciarlo, al momento è un raffreddore
ambulante.»
La
giovane Weasley fece una smorfia a metà fra il
dispiaciuto e lo schifato: «Ma perché non ti sei fatto una pozione Tiramisù?
Ok, ti lascia le orecchie fumanti, ma ti sarebbe già passato!»
Kaito
bofonchiò: «Non avevo gli ingrediendi né
un gaminober il baiolo.»
La
verità, però, era che non ci aveva neanche pensato se non quando si era
smaterializzato a King’s Cross. Quando tornava a
casa, d’istinto, il suo cervello accantonava le soluzioni magiche e tornava a
pensare in modo strettamente babbano; sì, era vero che non avrebbe avuto il
necessario, ma avrebbe potuto rimediare facilmente facendo un salto da Akako, e una parte di lui si stava dando dell’idiota per
non averlo fatto. D’altronde, però, avrebbe rischiato di bersi anche una
pozione d’amore…
Risuonò un fischio d'avvertimento; gli
studenti ancora sul marciapiede si affrettarono verso il treno. Kaito fece ancora in tempo a rivolgere un gesto di saluto
da lontano verso Lupin, Sirius e i signori Weasley che si ritrovò seduto con Sheridan, Fred e George
in una cabina, a dormicchiare, troppo fuso dal raffreddore per riuscire a
godersi la rimpatriata con i Malandrini. Quasi non si accorse che i gemelli,
presto, si allontanarono per i loro affari dei Tiri Vispi Weasley,
e per la maggior parte del viaggio rimase con lui solo Sheridan, impegnata a
leggere un libro.
Fu solo quando il cielo si fece già buio
che Momoka gli diede una pacca sulla spalla per farlo
svegliare.
«Ehi, Kaito!»
Il ragazzo mugugnò qualcosa, ma non aprì
gli occhi. Sheridan insistette.
«Mangetsu…»
Nessuna risposta soddisfacente. La ragazza
sospirò e decise di giocare più pesante.
«Mandato di cattura internazionale per Kaito Kid!»
Questa volta Kaito
spalancò un occhio di scatto, per poi però richiuderlo in parte quando riuscì a
identificare l’amica.
«Mamma mia, non ti ho mai visto così
malridotto!»
«Dguda…»
Sheridan smise di fare scherzi e si chinò
preoccupata su di lui tastandogli la fronte: «Mamma mia, ma tu scotti! Sei
sicuro di farcela? Forse conviene portarti da Madama Chips non appena
arriviamo!»
A fatica il prestigiatore prese la
pastiglia di antipiretico e la inghiottì: «Non
breoggubarti,
gela faggio.
Immagino ghe
dovrei meddermi
la divisa, adesso…»
«Esattamente, siamo quasi arrivati.»
Kaito si sforzò di concentrarsi a osservare il
panorama fuori dal finestrino per tenersi sveglio, ma l’impresa si rivelò più
ardua del previsto: era una notte senza luna e il vetro rigato di pioggia era
sudicio. Con fatica, sentendo dolori a ogni muscolo del corpo, si alzò, aprì il
baule e prese la divisa. Sheridan non lo perse di vista neanche per un secondo,
sempre più preoccupata. Non lo aveva mai visto cambiarsi normalmente, senza
trucchi di prestigio, e quando fu il momento di scendere dal treno, si tenne
pronta a sostenerlo al primo ondeggiamento di troppo.
I due amici uscirono a fatica dallo
scompartimento e avvertirono il primo pizzicore dell'aria notturna già mentre
si univano alla folla nel corridoio. Lentamente avanzarono verso gli sportelli.
L'odore dei pini che fiancheggiavano il sentiero per il lago risvegliò un
pochino Kaito, che ricominciò a prestare un po’ più
di attenzione all’ambiente circostante. Scese sul marciapiede e si guardò
intorno, in attesa del familiare richiamo di Hagrid: «Primo
anno da questa parte... primo anno...»
Ma non venne. Invece una voce alquanto
diversa, sbrigativa e di donna, gridava: «Quelli del primo anno in fila da
questa parte, per favore! Tutti quelli del primo anno da me!»
Una lanterna avanzò dondolando,
rivelandogli il mento prominente e il severo taglio di capelli della
professoressa Caporal, la strega che l'anno prima aveva sostituito per qualche
tempo Hagrid come insegnante di Cura delle Creature
Magiche.
«Dov'è Hagrid?»
Sheridan alzò le spalle: «Non lo so. Avrà
avuto altro da fare. O magari ha il raffreddore anche lui, ma lui è stato così
coscienzioso da starsene a letto.»
Dietro la mascherina, Kaito
si lasciò sfuggire un sorriso alla vista della linguaccia di Sheridan: «Sbiridosa.»
Seguì la ragazza sulla carrozza, e Momoka, non appena furono seduti gli chiese: «Giusto per
sapere, per quanto ti terrai ancora quella roba in faccia?»
Kaito sospirò, togliendosi la mascherina: «Giusdo, in Europa non si usa. Voi oggidendalisbargetemigrobiovungueguando
state male.»
Sheridan gli diede un piccolo calcio nelle
caviglie a ogni frase: «Ehi! Ci stai dando dei maleducati? Degli untori?»
«Ehi
vaggi
piano! Non eri tu guellabreoccubataber il mio sdado di salude?»
Sheridan gli rifilò ancora un calcio: «Lo
sono! Ora che ti sei tolto la mascherina sei pallido come Nick
Quasi-Senza-Testa!»
«E
mi brendi
a galgi lo sdesso?»
La ragazza si sforzò di sorridere, ma si
leggeva l’ansia nei suoi occhi: «Devo assicurarmi che tu sia vivo. Se mi muori
qua passo casini legali con la scuola, con Aoko e con
tutta la polizia che ti sta cercando.»
Nonostante tutto, Kaito
sorrise. Le era mancata.
La
Sala d'Ingresso era splendente di torce ed echeggiava dei passi degli studenti
che attraversavano il pavimento di pietra diretti alla doppia porta sulla
destra, che portava nella Sala Grande, al banchetto d'inizio anno.
Nella
Sala Grande, i quattro lunghi tavoli delle Case si stavano riempiendo sotto il
cielo nero privo di stelle, identico a quello che si scorgeva dalle alte
finestre. Candele galleggiavano a mezz'aria sopra i tavoli, illuminando i
fantasmi argentei sparpagliati nella Sala e i volti degli studenti immersi in
fitte conversazioni, intenti a scambiarsi notizie dell'estate, a gridare saluti
agli amici delle altre Case, a osservare i loro nuovi abiti e tagli di capelli.
Kaito rivolse qualche saluto ai suoi compagni,
ma lasciò per buona parte del tempo che fosse Sheridan a rispondere per lui. Si
accorse a malapena del silenzio improvviso che calò sulla Sala: qualche istante
dopo si aprirono le porte e dalla Sala d'Ingresso entrò una lunga fila di
bambini dall'aria spaventata. In testa c'era la professoressa McGranitt, che reggeva uno sgabello sul quale era posato un
antico cappello da mago, pieno di toppe e rammendi, con un ampio strappo vicino
al bordo sfilacciato.
I
bambini del primo anno si allinearono davanti al tavolo degli insegnanti, col
viso rivolto verso il resto degli studenti: la professoressa McGranitt posò con cautela lo sgabello davanti a loro, poi
si trasse in disparte.
I volti degli studenti del primo anno
rilucevano pallidi alla luce delle candele. Un bambinetto al centro della fila
sembrava tremare, e Kaito provò per lui una forte
empatia. Probabilmente la traversata in mezzo al lago non era stata affatto
agevole.
Tutta la scuola aspettava col fiato
sospeso. Poi lo strappo vicino al bordo del cappello si spalancò come una bocca
e il Cappello Parlante prese a cantare:
Un tempo, quand'ero assai nuovo berretto
e Hogwarts
neonata acquistava rispetto,
i gran fondatori del nobil
maniero
sortivan tra loro un patto sincero:
divisi giammai, uniti in eterno
per crescere in spirito sano e fraterno
la scuola di maghi migliore del mondo,
per dare ad ognuno un sapere profondo.
'Insieme insegnare, vicini restare!'
Il motto riuscì i quattro amici a legare:
perché mai vi fu sodalizio più vero
che tra Tassorosso
e il fierCorvonero,
e tra Serpeverde
e messerGrifondoro
l'unione era salda, l'affetto un ristoro.
Ma poi cosa accadde, che cosa andò storto
per rendere a tale amicizia gran torto?
Io c'ero e ahimè qui vi posso narrare
com'è che il legame finì per errare.
Fu che Serpeverde
così proclamò:
«Di antico lignaggio studenti vorrò».
E il fierCorvonero si disse sicuro:
«Io stimerò sol l'intelletto più puro».
E poi Grifondoro:
«Darò gran vantaggio
a chi compie imprese di vero coraggio».
E ancor Tassorosso:
«Sarà l'uguaglianza
del mio insegnamento la sana sostanza».
Fu scarso il conflitto all'inizio, perché
ciascuno dei quattro aveva per sé
un luogo in cui solo i pupilli ospitare,
e a loro soltanto la scienza insegnare.
Così Serpeverde
prescelse diletti
di nobile sangue, in astuzia provetti,
e chi mente acuta e sensibile aveva
dal fierCorvonero ricetto otteneva,
e i più coraggiosi, i più audaci, i più
fieri
con ser Grifondoro
marciavano alteri,
e poi Tassorosso
i restanti accettava,
sì, Tosca la buona a sé li chiamava.
Allora le Case vivevano in pace,
il patto era saldo, il ricordo a noi piace.
E Hogwarts
cresceva in intatta armonia,
e a lungo, per anni, regnò l'allegria.
Ma poi la discordia tra noi s'insinuò
e i nostri difetti maligna sfruttò.
Le Case che con profondissimo ardore
reggevano alto di Hogwarts
l'onore
mutarono in fiere nemiche giurate,
e si fronteggiaron,
d'orgoglio malate.
Sembrò che la scuola dovesse crollare,
amico ed amico volevan
lottare.
E infine quel tetro mattino si alzò
cheSalSerpeverde di qui se ne andò.
La disputa ardente tra gli altri cessava
ma le Case divise purtroppo
lasciava,
né furon mai più
solidali da che
i lor fondatori rimasero in tre.
E adesso il Cappello Parlante vi appella
e certo sapete qual è la novella
che a voi tutti quanti annunciare dovrò:
ma sì, nelle Case io vi smisterò.
Però questa volta è un anno speciale,
vi dico qualcosa ch'è senza l'uguale:
e dunque, vi prego, attenti ascoltate
e del mio messaggio tesoro ora fate.
Mi spiace dividervi, ma è mio dovere:
eppure una cosa pavento sapere.
Non so se sia utile voi separare:
la fine che temo potrà avvicinare.
Scrutate i pericoli, i segni leggete,
la storia v'insegna, su, non ripetete
l'errore commesso nel nostro passato.
Adesso su Hogwarts
sinistro è calato
un grande pericolo, un cupo nemico
l'assedia da fuori, pericolo antico.
Uniti, e compatti resister dobbiamo
se il crollo di Hogwarts
veder non vogliamo.
Io qui ve l'ho detto, avvertiti vi ho...
e lo Smistamento or comincerò.
Il Cappello tornò immobile; scoppiò un
applauso, anche se inframmezzato, per la prima volta a quanto ricordava Kaito, da borbottii e sussurri. Per tutta la Sala Grande
gli studenti si scambiavano commenti.
Ron, non così distante da lui, commentò: «Ha
un po' esagerato quest'anno, eh?»
Harry al suo fianco rispose: «Altroché!»
Il Cappello Parlante di solito si limitava
a descrivere le qualità diverse che ciascuna delle quattro Case di Hogwarts ricercava e il proprio ruolo nel riconoscerle. Nessuno
ricordava che avesse mai cercato di dare consigli alla scuola.
Hermione si chiese, un po' preoccupata: «Chissà se
ha mai dato avvertimenti prima d'ora.»
Le rispose Nick-Quasi-Senza-Testa, che, con
tono saputo, si curvò su di lei attraverso Neville: «Sì, sicuro. Il Cappello si
sente tenuto a dare alla scuola i necessari consigli tutte le volte che
avverte...»
Ma la professoressa McGranitt,
che aspettava di leggere la lista dei ragazzi del primo anno, fulminò gli
studenti con lo sguardo. Nick-Quasi-Senza-Testa si posò un dito trasparente
sulle labbra e tornò a sedersi sussiegoso mentre il borbottio s'interrompeva.
Dopo un ultimo sguardo accigliato che percorse i quattro tavoli delle Case, la
professoressa McGranitt abbassò gli occhi sulla lunga
pergamena e pronunciò a voce alta e chiara il primo nome.
«Abercrombie, Euan.»
Il bambino tremolante che Kaito aveva notato avanzò barcollando e si mise in testa il
Cappello, che non gli cadde fino alle spalle solo perché aveva le orecchie
molto sporgenti. Il Cappello meditò un istante, poi lo strappo vicino al bordo
si aprì di nuovo e urlò: «Grifondoro!»
Kaito non ebbe la forza di applaudire, ma gli
altri Grifondoro lo fecero anche per lui. Euan Abercrombie si avvicinò malsicuro al tavolo e si
sedette, con l'aria di chi avrebbe molto gradito sprofondare nel pavimento e
non farsi mai più vedere.
Lentamente, la lunga fila di bambini del
primo anno si ridusse. Finalmente, 'Zeller, Rose' fu assegnata a Tassorosso, la professoressa McGranitt
portò via Cappello e sgabello e il professor Silente, si alzò per dare il via
alla cena.
Kaito spiluccò qualcosa del grande banchetto, ma
lo stomaco gli si era chiuso in un nodo di nausea e malessere e la testa
rimbombava delle voci dei tanti presenti. Ogni tanto Sheridan gli rifilava un
calcio o una gomitata per tenerlo sveglio, almeno fino a che Silente non si
alzò nuovamente.
«Bene, ora che stiamo tutti digerendo un
altro splendido banchetto, chiedo alcuni istanti della vostra attenzione per i
soliti avvisi. Quelli del primo anno devono sapere che la foresta nel
territorio della scuola è proibita agli studenti... e ormai dovrebbero saperlo
anche alcuni dei nostri studenti più anziani.»
Kaito si lasciò sfuggire un sorrisetto, e fu
certo di non essere il solo.
«Il signor Gazza, il custode, mi ha
chiesto, per quella che mi riferisce essere la quattrocentosessantaduesima
volta, di ricordarvi che la magia non è permessa nei corridoi tra le classi,
così come un certo numero di altre cose, che si possono controllare sulla lista
completa ora appesa alla porta del suo ufficio. Abbiamo avuto due
avvicendamenti nel corpo insegnanti, quest'anno. Siamo molto felici di salutare
di nuovo la professoressa Caporal, che terrà le lezioni di Cura delle Creature
Magiche; siamo anche lieti di presentare la professoressa Umbridge,
nostra nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.»
Kaito si scambiò uno sguardo con Sheridan. Se
prima ci avevano scherzato, ora era decisamente più preoccupato. Che fine aveva
fatto Hagrid? Di sicuro non avrebbe rinunciato alla
sua adorata cattedra così facilmente, e dal tono di Silente non sembrava che si
trattasse di una supplenza temporanea.
Silente
riprese: «I provini per le squadre di Quidditch delle
Case si terranno il...»
S'interruppe, guardando interrogativo la signora
seduta accanto a lui, a cui fino a quel momento Kaito
aveva prestato poca attenzione: tarchiata, con corti capelli ricci color topo
in cui aveva infilato un orrendo cerchietto, rosa come il vaporoso cardigan che
indossava sopra la veste, una faccia pallida da rospo e un paio di gonfi occhi
sporgenti. Andando per esclusione, doveva trattarsi dell’appena nominata professoressa
Umbridge. Siccome non era molto più alta in piedi che
da seduta, per un attimo nessuno capì perché Silente avesse smesso di parlare,
ma poi lei si schiarì la voce, «Hemhem», e fu chiaro che si era alzata e intendeva tenere
un discorso.
Silente parve stupito solo per un attimo,
poi si sedette prontamente e guardò con molta attenzione la professoressa Umbridge, come se non desiderasse altro che ascoltarla.
Altri membri del corpo insegnanti non furono così abili nel nascondere la loro
sorpresa. Le sopracciglia della professoressa Sprite scomparvero sotto i
capelli svolazzanti e la bocca della professoressa McGranitt
era sottile come Harry non l'aveva mai vista. Nessun nuovo insegnante aveva mai
interrotto Silente prima d'allora. Molti studenti ammiccarono; era chiaro che
quella donna non sapeva come andavano le cose a Hogwarts.
La professoressa Umbridge
disse in tono lezioso: «Grazie, Preside, per le gentili parole di benvenuto.»
La sua voce era acutissima, tutta di gola, da
bambinetta. Lei fece un altro colpetto di tosse per schiarirsi la voce («Hemhem») e
continuò.
«Be', devo dire che è delizioso essere di
nuovo a Hogwarts! E vedere queste faccette felici che
mi guardano!»
Sorrise, rivelando denti molto aguzzi. Kaito guardò Sheridan. Sicuramente lei non aveva un'aria
felice, come probabilmente nessun altro all’interno della Sala Grande. Al
contrario, erano tutti sconcertati dal fatto che si rivolgesse loro come se
avessero cinque anni.
«Non vedo l'ora di conoscervi tutti e sono
certa che saremo ottimi amici!»
Gli studenti si scambiarono occhiate e
alcuni nascosero a stento delle smorfie.
La professoressa Umbridge
si schiarì la voce di nuovo, ma quando riprese, un po' del timbro di gola era
sparito. Suonava molto più pratica e le sue parole avevano il tono piatto di un
discorso imparato a memoria.
«Il Ministero della Magia ha sempre
considerato l'istruzione dei giovani maghi e streghe di vitale importanza. I
rari doni con i quali siete nati possono non dare frutto se non vengono
alimentati e perfezionati da un'educazione attenta. Le antiche abilità della
comunità dei maghi devono essere trasmesse di generazione in generazione o le
perderemo per sempre. Il tesoro della sapienza magica accumulato dai nostri
antenati dev'essere sorvegliato, arricchito e rifinito da coloro che sono stati
chiamati alla nobile professione dell'insegnamento.»
La professoressa Umbridge
qui fece una pausa e rivolse un breve inchino ai colleghi, nessuno dei quali
rispose. Le scure sopracciglia della professoressa McGranitt
si erano contratte tanto da darle il cipiglio di un falco, e la si vide
chiaramente scambiare uno sguardo eloquente con la professoressa Sprite, mentre
la Umbridge faceva un altro piccolo 'hem, hem' e continuava il suo
discorso.
«Ogni Preside mago o strega di Hogwarts ha portato il proprio contributo all'oneroso
compito di governare questa scuola storica, ed è così che dev'essere, perché
senza progresso vi sarebbero torpore e decadenza. E tuttavia, il progresso per
il progresso dev'essere scoraggiato, perché le nostre consolidate tradizioni
spesso non richiedono correzioni. Un equilibrio, dunque, fra il vecchio e il
nuovo, fra la stabilità e il cambiamento, fra la tradizione e l'innovazione...»
Kaito sentì l'attenzione calare, come se il suo
cervello ogni tanto fosse fuori sintonia, e non sapeva se attribuire la cosa
all’influenza, al respiro fattosi improvvisamente affannoso o al noiosissimo e
contorto discorso della Umbridge. La calma che
riempiva sempre la Sala quando parlava Silente si stava infrangendo, e gli
studenti avvicinavano le teste per bisbigliare e ridacchiare, in un
chiacchiericcio che rimbambì ancora di più il prestigiatore. La professoressa Umbridge non parve notare l'irrequietezza della platea. Probabilmente
avrebbe potuto scoppiarle sotto il naso una rissa in piena regola e lei avrebbe
tirato dritto col suo discorso. Gli insegnanti, tuttavia, ascoltavano ancora
con molta attenzione.
«...perché alcuni cambiamenti saranno per
il meglio, mentre altri, a tempo debito, verranno riconosciuti come errori di
giudizio. Nel frattempo, alcune vecchie abitudini verranno mantenute, e a
ragione, mentre altre, obsolete e consunte, devono essere abbandonate. Andiamo
avanti, dunque, in una nuova era di apertura, concretezza e responsabilità,
decisi a conservare ciò che deve essere conservato, perfezionare ciò che ha
bisogno di essere perfezionato e tagliare là dove troviamo abitudini che devono
essere abolite».
Sedette. Silente applaudì. Gli insegnanti
seguirono il suo esempio, anche se alcuni unirono le mani solo una o due volte
prima di smettere. Alcuni studenti fecero lo stesso, ma quasi tutti erano stati
colti di sorpresa dalla fine del discorso, avendone ascoltato solo qualche
parola e, prima che potessero mettersi ad applaudire sul serio, Silente si alzò
di nuovo.
«Grazie
infinite, professoressa Umbridge, è stato
profondamente illuminante.»
Ma se
altro fu detto, Kaito non lo seppe mai. Quasi
contemporaneamente un tonfo e le grida spaventate prima di Sheridan, e poi di
tutti gli altri, attirarono l’attenzione di tutti i presenti verso il tavolo di
Grifondoro.
Con un
volto pallidissimo, sbattendo violentemente la testa a terra, Kaito era caduto all’indietro dalla panca ed era svenuto.
E con questo finale col botto (del cranio di Kaito), per questo capitolo ci salutiamo. Nota necessaria:
la mascherina non è un riferimento al periodo attuale, era prevista da prima…
purtroppo diventata nel frattempo molto più attuale.
approfitto come sempre per ringraziare fenris e
Serena Leroy dei commenti, con un ringraziamento speciale (che non vedrà per un
bel pezzo, ma pazienza) a Mari Lace, che sta cominciando a leggere questa
storia dall’inizio, ora è al capitolo 6 ma prima o poi arriverà qua e leggerà questo
pensiero.
Un ringraziamento extra alla mia amica Elisa, che mi ha prestato il pc al mare,
per permettermi di scrivere un pezzo (nulla che abbiate letto in questo
capitolo, ma fidatevi, lavori in corso per voi per i prossimi capitoli).
Nel prossimo capitolo ci sarà da divertirsi, lo scontro Kaito/Umbridge è solo rimandato di un capitolo… ma non mancherà!
Auguro a tutti un buon ferragosto, al prossimo capitolo!
«Kuroba, tu vieni
poco da me, ma ogni volta che ti vedo sei fonte di parecchi grattacapi.»
«La
ringrazio, Madama Ghips.»
L’infermiera della scuola aveva in mano gli
antipiretici di Kaito, ma li teneva con la punta
delle dita, e li guardava con aria schifata.
«Ma perché non ti sei fatto una pozione? Al
quarto anno dovresti saperle fare!»
Kaito, imbacuccato sotto le coperte, sospirò: «Non avevo gli ingrediendi né un gaminober il baiolo.»
La donna posò le medicine con una smorfia
preoccupata: «Il problema è che ora sono io a non fidarmi di darti una pozione…
non conosco bene la medicina babbana, ho paura delle interazioni fra
ingredienti. Non vorrei farti più male che bene mischiando pozioni e componenti
artificiali. Ho paura che dovrai rimanere qui per un po’, finché
quest’influenza non sarà passata.»
Kaito non seppe se essere scocciato o
rassicurato dalle parole di Madama Chips. Certo, rimanere bloccato in
infermeria non lo entusiasmava neanche un pochetto, ma allo stesso tempo era
contento che la donna si preoccupasse professionalmente delle interazioni fra
sostanze. Non era certo che il professor Piton
avrebbe fatto altrettanto.
«Informerò gli insegnanti della tua
situazione, tu cerca di riposarti e di fare del tuo meglio per riprenderti.
Intanto…»
«Hemhem!»
Un colpo di tosse stridulo dall’ingresso
dell’infermeria fece sobbalzare Madama Chips.
«Scusami, vado a vedere che succede.»
Kaito annuì e l’infermiera chiuse di scatto le
tende attorno al suo letto prima di allontanarsi. La curiosità del ragazzo però
ebbe il sopravvento sulla sua febbre quando sentì due voci femminili discutere
animatamente e avvicinarsi sempre di più.
«Le ho detto che al momento non può
ricevere visite, è altamente contagioso!»
«Mi ha detto che si tratta di influenza,
no? Come mai non è stato ancora curato?»
Due ombre, una alta, che Kaito riconobbe immediatamente come quella dell’infermiera,
e una piccola si avvicinarono al suo baldacchino.
«Perché si è automedicato
in maniera babbana, e non mi fido a mischiare medicine magiche e non magiche!
Non ci sono ancora studi sulle interazioni fra pozioni e farmaci… o almeno non approvate
dal Ministero. Non credo che mi possa autorizzare a utilizzare teorie e studi
non approvati ufficialmente, o sbaglio?»
La silhouette piccola si fermò di scatto, e
quando rispose il tono era notevolmente acuto e infastidito: «Certo che no! Il
Ministero della Magia è sempre nel giusto, e chiunque contravvenga ai suoi
regolamenti è in errore!»
Kaito sobbalzò. Finalmente aveva identificato la
vocetta stridula.
Madama Chips, intanto, rispose con aria
trionfante: «Il Dipartimento per la Salute prescrive che in caso di dubbi il
medico non debba intervenire se ci sono probabilità che un’azione incauta possa
portare danno al paziente. Certo, si potrebbe mandare un gufo al San Mungo, ma
si tratta di una semplice influenza, non mi pare il caso di disturbare i
luminari di medicina magica per un caso così semplice. Entro al massimo una
settimana il ragazzo si sarà ripreso da sé.»
«Ribadisco in ogni caso la mia necessità di
incontrarlo. Alcuni punti della sua scheda hanno bisogno di essere chiariti!»
Madama Chips rispose infastidita: «Kuroba è alunno di questa scuola da quattro anni, la
maggior parte del tempo in cui ho avuto a che fare con lui si è dimostrato un
alunno premuroso nei confronti dei compagni malati o feriti, non vedo nulla di
anomalo nella sua situazione. E finché si trova in questa stanza è un mio
paziente, e ho totale responsabilità su di lui e sulla sua salute.»
La vocina si fece di colpo meno acuta e più
melliflua: «Niente di anomalo, eh? Neanche il fatto che abbia diciannove anni e
sia al quarto anno?»
Kaito, a quelle parole, s’impose la faccia da
poker anche con la febbre. Non gli piaceva per nulla la piega che stava
prendendo quella discussione.
«Per il Preside risulta regolarmente
iscritto, quindi per quanto mi riguarda non ho nulla da controbattere. Per
eventuali problemi riguardanti la sua iscrizione la prego di rivolgersi a lui e
non a me.»
«Certo, certo, non si preoccupi che lo
farò. Ora, se non le dispiace, vorrei rivolgere la parola al mio alunno. Non
vorrei dover chiedere al Ministero un’ispezione sanitaria straordinaria nella
sua infermeria…»
A quelle parole Madama Chips si ritenne
particolarmente offesa e non fece nulla per nasconderlo: «Può mandarla in
qualsiasi momento! La mia infermeria è sempre stata ligia ai regolamenti
ministeriali!»
Kaito percepì perfettamente dal tono e dai
movimenti dell’infermiera che la donna si stava trattenendo a fatica dal
picchiare la sua interlocutrice, per poi sicuramente curarla al meglio.
Con un grosso sospiro, si arrese: «Visto
che non c’è modo di smuoverla dai suoi intenti, le concedo cinque minuti, non
di più, e a distanza. Si ricordi che il ragazzo è febbricitante, quindi non lo
affatichi troppo con discorsi complicati e si premuri di assumere
preventivamente una pozione Tiramisù.»
«Non si preoccupi per me e ci lasci soli.»
Madama Chips si avvicinò alle tende:
«Cinque minuti, non di più.»
Non appena l’infermiera si fu allontanata,
la Umbridge spalancò di colpo le tende, per
ritrovarsi davanti un ragazzo dagli occhi lucidi e palliduccio, ma dallo
sguardo vivido e attento e un’espressione imperscrutabile.
Con una voce estremamente melliflua, come
se sicuramente il ragazzo non avesse ascoltato nulla della discussione appena
avvenuta, si presentò: «Buongiorno… Kuroba, giusto?»
«Dì,
dono io… mi sgudi,
l’aldradera non ero in
forma e non ho gabito il duo nome…»
La donna gli rivolse un sorrisino tanto
cordiale quanto finto: «Mi chiamo Dolores Umbridge, e
sono la nuova insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.»
«Biagere di gonosgerla.»
«Piacere di conoscerla, Professoressa Umbridge.»
Kaito dovette fare appello a tutta la sua faccia
da poker per ripetere senza alzare gli occhi al cielo: «Biagere di gonosgerla, BrofeddoreddaUmbrige.»
«Oh, puoi stare tranquillo, vedo che non
stai bene e per questa volta ti perdono, Kuroba. Però
cerca di ricordartelo per le prossime volte.»
«Non mangherò.»
Indugiò per un secondo.
«BrofeddoreddaUmbrige.»
Lei gli rivolse un nuovo sorriso, di quelli
che si sarebbero rivolti normalmente ai bambini piccoli, e Kaito
si chiese se lo stava facendo perché le faceva pena, in quello stato, o se
fosse proprio il suo atteggiamento generale: «Benissimo! Sono proprio contenta
che cominciamo nel migliore dei modi possibili! Mi hanno detto che purtroppo
non puoi essere curato in modo tradizionale, è corretto?»
«Dì,
a gasa non ho boddibilidà di brebararmibozioni, burtrobbo, e mi dono guratogonguellogheabebo. Gergherò di brebararmigualghebozione di riderbagua a Hogwardsber le broddimebolte.»
«Sì, mi sembra un ottimo proposito. Quindi
deduco che vieni da una famiglia babbana, ho ragione?»
«Dì,
bibogon mia madre, ghe è babbana.»
«Capisco… ah, ancora una cosa, e poi ti
lascio riposare in pace.»
«Mi
diga, BrofeddoreddaUmbrige.»
Il volto dell’insegnante cambiò
leggermente. Pur mantenendo il sorriso infantile, lo sguardo si fece
improvvisamente serio e tagliente.
«Non ho potuto fare a meno di notare la… particolarità, passami il termine, della
tua situazione. Sapresti spiegarmi come mai hai iniziato a frequentare Hogwarts così tardi?»
Con la sua collaudatissima faccia da poker,
Kaito rispose: «Il
BrofeddorDilende, all’epoga, mi dpiegògheg’eranoddadibroblemigon il
gufo ghedobebabordarmi la leddera.»
La Umbridge
sembrò particolarmente interessata: «Problemi,
eh? Che tipo di problemi?»
«Non
me lo didde,
e oneddamente
ero godìgondendo di eddereguighe non gliel’ho mai righiesdo. Oggi Hogwards è la
mia segondagasa.»
La Umbridge, con
sguardo più rilassato, gli rispose: «Certo, capisco. Bè, se ne avrò l’occasione
magari lo chiederò al Professor Silente. Temo che il tempo a nostra
disposizione sia scaduto, e che debba lasciarti riposare. Ti prego di
riprenderti al meglio, ci aspetta un anno impegnativo.»
«Barò
del mio meglio, BrofeddoreddaUmbrige.»
La donna fece per allontanarsi, poi tornò
sui suoi passi: «Ah, dimenticavo, un’ultima cosa… ricordati che, come tua
insegnante, io sono dalla tua parte, sono tua amica. Se dovessi sentire… qualcosa di strano, qualcosa che possa
turbare la tua tranquillità di studente, ti prego di venirmi a cercare nel mio
ufficio. Io e il Ministero siamo sempre a disposizione per qualsiasi necessità
di voi giovani promesse della Magia.»
«Non mangherò, BrofeddoreddaUmbrige.»
«Allora arrivederci, Kuroba!»
«Le
auguro buona giornada,
BrofeddoreddaUmbrige.»
Non appena la donna uscì dall’infermeria, Kaito fece un profondo sospiro e si lasciò cadere ancora di
più nelle lenzuola. Un anno intero con quella donna…
Rabbrividì, e non seppe se per l’idea
raccapricciante o per la febbre.
«Kuroba!»
«Mi
diga, Madama Ghipd.»
L’infermiera aprì un po’ le tendine intorno
al suo letto e sorrise al ragazzo.
«Visto che la febbre è passata, ho pensato
che un po’ di compagnia avrebbe potuto aiutarti nella tua guarigione. Hai il
permesso di stare con i tuoi amici per un quarto d’ora, venti minuti al
massimo.»
Il volto di Kaito
s’illuminò: «Grazie, Madama Ghipd!»
Quando però i Malandrini si avvicinarono al
suo letto, il ragazzo notò con sorpresa che erano solo in due.
«Dob’è George?»
Fred arrossì leggermente: «Ehm… diciamo che
era occupato…»
Sheridan, con un sospiro di
disapprovazione, specificò: «Occupato a calmare la crisi isterica di Hermione quando lo ha beccato a usare come cavie per i Tiri
Vispi Weasley dei primini…»
«GHE
GOSA???»
Soseiji cercò subito di calmare gli animi: «Ehi,
ehi! Abbiamo fatto un sacco di test su noi stessi e abbiamo controllato persino
sui libri che ci avete regalato, ma prima o poi dobbiamo controllare se
funzionano correttamente per tutti!»
Momoka sospirò ancora: «Il Prefetto Hermione attende con ansia il tuo ritorno, nella speranza
che tu possa tenere a freno questi due più di quanto non riesca a fare io da
sola.»
«Brefetto?»
Fred ridacchiò: «Sì, lei e Ron… quanto mi mancava un Prefetto in famiglia dopo Percy, guarda… non ne potevamo proprio fare a meno…»
Sheridan gli diede una gomitata: «Come se
sotto sotto voi non ci aveste sperato! Potere quasi illimitato sugli studenti
per potergli combinare qualsiasi tipo di scherzi!»
Fred ridacchiò assaporando per un attimo
l’idea e Kaito sorrise, per poi tornare serio.
«Gom’è la diduazionegon la Umbridge?»
I due Grifondoro
si scambiarono uno sguardo preoccupato.
«Mi
basta e mi abanza
come ridpodda. Dabbiateghe è venuda a drobarmigua in inbermeria.»
Fred si mostrò subito preoccupato:
«Davvero?»
Il prestigiatore raccontò in breve il loro
incontro, aggiungendo ridacchiando: «Gredoghedia la brimabolta che bedo Madama Ghipdderiamendedendada di berire invece ghegurare.»
Sheridan invece non rise: «Non mi stupisce.
La Umbridge sta scatenando una caccia all’uomo.»
«A ghi?»
«A chiunque sostenga che Tu-Sai-Chi sia
tornato. Il Ministero l’ha mandata qui per fare censura. Come la Skeeter, ma legalmente autorizzata. Non possiamo neanche
metterla in un barattolo, questa volta.»
Fred annuì: «E puoi immaginare chi sia la
sua vittima preferita.»
Kaito sospirò: «Harry.»
Nel giro di un paio di giorni, Kaito poté tornare alle sue normali lezioni, e poté
rendersi conto di persona della situazione. La sfuriata di Harry alla prima
lezione della Umbridge aveva fatto il giro del
castello.
Viste le premesse e memori delle lezioni
del primo anno con Allock, tutti i Grifondoro attesero con estrema ansia la prima lezione di
Difesa Contro le Arti Oscure in presenza di Kaito.
Ginny, prima di entrare, gli ricordò: «Kaito, per favore, lo so che vorrai prenderla a pugni dopo
i primi due minuti, ma ti prego, ricordati che questa ti può sbattere ad
Azkaban!»
Sheridan lo punzecchiò: «E non credo che tu
voglia finire in prigione, vero?»
Thomas, inaspettatamente, invece che
rivolgersi al prestigiatore, si voltò verso Colin: «Vero? Vero che anche tu non vuoi che finisca in prigione, giusto?»
Kaito rimase un attimo perplesso: «E lui che
c’entra?»
Stephen rispose: «C’entra, lui è l’unico
che spera in una tua sfuriata!»
Colin arrossì: «Ma no, non è vero…»
Nicole lo incalzò: «Allora dimostracelo!
Lasciaci la tua macchina fotografica per questa lezione. Alla fine dell’ora te
la restituiamo.»
Stephen aggiunse: «Guarda che rischi anche
tu! Pensi che la Umbridge sarebbe contenta di essere
fotografata senza autorizzazione?»
Colin fece una smorfia, ma alla fine
consegnò la sua macchina fotografica a Nicole.
«Bravo, la metto qua nella borsa e te la
restituisco a fine lezione, promesso!»
I ragazzi del quarto anno di Grifondoro e Tassorosso entrarono
in rigoroso silenzio e si sedettero ai loro posti. Sheridan si mise al fianco
di Kaito, pronta a contenerlo in qualsiasi momento.
«Buongiorno.»
Gli alunni risposero in coro e in tono
monocorde: «Buongiorno, Professoressa Umbridge.»
Lo sguardo della donna si soffermò per un
momento su Kaito: «Oh, Kuroba!
Finalmente sei uscito dall’infermeria!»
«Sì, Professoressa Umbridge.»
«Ottimo, vedi di recuperare le lezioni che
abbiamo fatto in tua assenza.»
«Non mancherò, Professoressa Umbridge.»
Tutti i Grifondoro
assistettero a questo scambio di battute quasi non respirando, ma vedendo che Kaito sembrava perfettamente tranquillo e a suo agio,
iniziarono leggermente a rilassarsi. L’unica che non lo fece fu Sheridan, che
conosceva ormai abbastanza bene la sua faccia da poker, e osservava più le sue
mani che il suo volto, alla ricerca di qualche segno di nervosismo.
«Giusto per aiutare il vostro compagno,
farò un ripasso veloce del programma di quest’anno.»
Ginny sbiancò mentre la Umbridge, con la
sua bacchetta insolitamente corta, diede un colpo alla lavagna. Subito
apparvero le parole:
Difesa contro le Arti Oscure
Ritorno ai principi base
«Quest'anno
seguiremo un corso di magia difensiva strutturato con cura, fondato sulla
teoria, approvato dal Ministero.»
Colpì
di nuovo la lavagna; il primo messaggio sparì e fu sostituito dagli 'Obiettivi
del Corso'.
1.
Comprendere i principi base della magia difensiva.
2.
Imparare a riconoscere le situazioni nelle quali la magia difensiva può essere
usata legalmente.
3.
Porre la magia difensiva in un contesto per l'uso pratico.
Kaito lesse con attenzione limitandosi ad
annuire, con aria apparentemente interessata. Sheridan, che pensava ormai di
conoscerlo abbastanza bene, dovette rendersi conto di non avere davvero idea di
cosa gli passasse per la testa.
«Abbiamo già affrontato il capitolo uno del
volume… Kuroba, sei in possesso di Teoria della
Magia Difensiva di WilbertSlinkhard?»
Il ragazzo prontamente tirò fuori il
volume.
«Sì, Professoressa Umbridge.»
«Perfetto, allora possiamo iniziare con il
capitolo due. Non ci sarà bisogno di parlare.»
I ragazzi iniziarono a leggere il capitolo,
ma molti, spesso, interrompevano la lettura e davano un’occhiata di sfuggita a Kaito. Finora tutti avevano evitato l’argomento, ma il
corso della Umbridge presentava un evidente problema
che non erano certi che il prestigiatore avesse ancora afferrato a pieno.
Nessuno aveva avuto il coraggio di chiedergli se effettivamente avesse letto il
primo capitolo del libro per capire l’andazzo del corso.
Kaito rimase tranquillo per un quarto d’ora,
leggendo diligentemente il capitolo. Alla fine di questo, però, alzò la mano.
Sheridan gli diede una gomitata, ma il ragazzo la ignorò deliberatamente.
«Sì, Kuroba? C’è
qualcosa che non hai capito?»
«In effetti sì, Professoressa Umbridge.»
Per quanto possibile, nell’aula calò ancora
di più il silenzio. Kaito continuò come se niente
fosse.
«A pagina 23 viene illustrato un
incantesimo scudo di base che pare interessante, ma la spiegazione non è
chiarissima, in particolare sul movimento corretto da fare per passare dalla
posizione dell’illustrazione 2 alla 3. Purtroppo questa specifica illustrazione
non è animata.»
La Umbridge
sembrò essere stata presa in contropiede, e si affannò a prendere la propria
copia per controllare. A quel punto Kaito si alzò in
piedi e, con un gesto calmo ma plateale, accuratamente studiato, posò la sua
bacchetta sul banco. Ai suoi compagni di classe, a quel punto, fu chiaro che
aveva un piano in testa, ma non sapevano più come fermarlo. Colin dovette
trattenersi con tutto se stesso per non saltare
addosso a Nicole per riavere la sua macchina fotografica.
«Le mostro il mio dubbio con la piuma,
invece che con la bacchetta, per non rischiare incidenti. Il movimento da
compiere è questo…»
E ne fece uno armato della piuma con cui
stava scrivendo, in un singolo punto abbastanza diverso da quanto illustrato
sul libro.
«… o questo?»
Ed eseguì il movimento corretto.
La Umbridge lo
guardò sorpresa: «Kuroba, non ti ho autorizzato ad
alzarti!»
Il ragazzo immediatamente si risedette: «Mi
perdoni, Professoressa Umbridge, ero in difficoltà ad
esprimere il mio dubbio con le sole parole. Ci posso provare, però: dopo il
movimento del braccio, il polso richiede uno scatto rigido verso sinistra o un
movimento morbido che va da destra a sinistra?»
La Umbridge
rimase spiazzata dalla domanda a bruciapelo. Rendendosi conto di aver
difficoltà a rispondere a un punto così specifico senza effettuare il movimento,
cercò di riprodurlo senza farsi notare sotto la cattedra prima di rispondere.
La sua indecisione nella risposta, però, ebbe esattamente l’effetto opposto,
attirando l’attenzione di tutti su di lei. Ginny,
Thomas e Stephen si voltarono verso Kaito, stupiti ed
ammirati. Nicole non lo fece solo perché cercava a tutti i costi di difendere
la sua borsa da Colin.
«La seconda che hai detto, Kuroba. Un movimento morbido che va da destra a sinistra.»
Kaito annuì soddisfatto: «La ringrazio,
Professoressa Umbridge. La teoria è fondamentale per essere
in grado di eseguire gli incantesimi in circostanze di massima sicurezza, ma è
necessario comprenderla a fondo per essere in grado di applicarla. Questa è la
mia più grande preoccupazione, potrò farle altre domande se il testo dovesse
apparirmi non chiaro…»
In un secondo di gioco di sguardi, la Umbridge fissò Kaito negli occhi,
intuendo, forse, il suo gioco, ma risultando da ogni punto di vista
inattaccabile.
Era
lo studente perfetto, e per essere la professoressa perfetta avrebbe dovuto
stare al suo gioco.
«…Professoressa Umbridge?»
La donna si lasciò sfuggire un sospiro che
sapeva di sconfitta: «Certamente, Kuroba.»
Se avessero potuto, gli studenti si
sarebbero alzati ad applaudire il compagno. Tutti, tranne Sheridan, che alzò a
sua volta la mano.
«Sì, signorina Pumpkin?»
La ragazza rispose con lo stesso
atteggiamento angelico di Kaito, cosa che a chi la
conosceva bene diede i brividi: «Potrei richiedere al mio compagno di ripetere
il gesto? Vede…»
E alzò leggermente il libro, dove si vedeva
che sopra l’illustrazione aveva iniziato ad abbozzare un’altra figura.
«… volevo prendere appunti precisi sulla
questione. Conoscendomi fra qualche settimana me lo sarò scordata.»
Dietro al volume, Sheridan scoccò un
occhiolino da vera Malandrina al compagno.
La fine dell’ora, per una volta, salvò
l’insegnante e non l’alunno da una risposta scomoda.
«Glielo chieda privatamente, signorina Pumpkin, e senza la bacchetta.»
«Ovviamente, Professoressa Umbridge. Ci teniamo molto alla nostra sicurezza e a quella
degli altri. La ringrazio, Professoressa Umbridge.»
Tutti gli alunni si alzarono dicendo in
coro: «Buona giornata, Professoressa Umbridge.»
Usciti fuori dall’aula, tutti i ragazzi, Grifondoro e Tassorosso, si
premurarono di allontanarsi insieme fino a un altro corridoio, per poi fare un
grosso applauso a Kaito, che da bravo uomo di
spettacolo s’inchinò al suo pubblico. Nessuno a quel punto poté negare a Colin
la foto.
«Fantastico!»
«L’hai presa in giro per tutta la lezione
ma senza poter essere messo in punizione!»
Thomas a quel punto gli chiese: «Ma quindi
tu sapevi che le lezioni della Umbridge sono solo
teoriche? Noi non te l’avevamo detto!»
Kaito tirò fuori il volume, indicando il titolo:
«Ma so ancora leggere! “Teoria della Magia Difensiva”? Teoria???Qua, ad Hogwarts, dove l’unica materia teorica che abbiamo è Storia della Magia?
Non avevo bisogno della prima lezione, bastava leggere l’introduzione al volume
per capire dove andava a parare questa!»
Sheridan ridacchiò: «E quindi l’hai
ripagata con la stessa moneta?»
«Vuole le lezioni teoriche? Le avrà, con
tutti i pro e i contro del caso! Magari non proprio tutte le lezioni, ma
diciamo che avrò spesso dei dubbi sulla validità del libro… del libro, eh, sia
chiaro, non dell’insegnante. L’insegnante è perfetta!»
Ginny scoppiò a ridere: «Come abbiamo fatto
un’intera settimana senza di te?»
Tutti, anche Helen, Matthew e Johan di Tassorosso, gli fecero grossi complimenti e pacche sulle
spalle, tanto da attirare l’attenzione di un Prefetto.
«Allora, che succede?»
Tutti si gelarono sul posto, ma Kaito le sorrise: «Scusaci, Hermione,
ora torniamo a lezione.»
Sheridan aggiunse: «Ci stavamo solo
complimentando con Kaito su come fosse riuscito a
prendere in giro per un’ora intera la Umbridge senza
rischiare una punizione.»
Hermione lo guardò con aria severissima: «Ah,
davvero?»
«Limitandosi a fare domande da studente
perfetto, più o meno come faresti tu.»
Tutti fissarono Sheridan esterrefatti. Ma
era pazza a dirlo direttamente a un Prefetto?
Con grande sorpresa di tutti, però, Hermione gli fece un grosso sorriso: «Complimenti davvero, Kaito! Se c’era qualcuno che potesse controbatterela Umbridge,
quello eri solo tu!»
«Grazie!»
«Be’, ora vi conviene però andare a
lezione, o non posso garantire che qualche insegnante non vi tolga ugualmente
dei punti per il ritardo.»
Sheridan annuì: «Certo, grazie, Hermione, a dopo!»
Non appena il Prefetto si fu allontanato,
Sheridan, sentendosi osservata, rispose: «Embè? Hermione
sarà pur un Prefetto, ma è pur sempre una persona, una persona sensibile e
geniale, e fidatevi che la conosco abbastanza bene da poter dire che se potesse
non si farebbe problemi a rinchiudere la Umbridge in
un vasetto. E senza buchi per l’aria, questa volta.»
Kaito sospirò: «Continuo a dirlo, tu hai una
brutta influenza su quella ragazza…»
Che fosse vero o meno, la discussione con i
ragazzi del quarto anno aveva indubbiamente acceso una lampadina nella testa
della Grifondoro. Perché Sheridan aveva ragione, Hermione era una ragazza sensibile e geniale, e non si
sarebbe arresa allo strapotere della Umbridge senza
combattere.
Magari
con un esercito.
Rieccoci qua! Quest’anno
è veramente uno dei più impegnativi che abbia avuto, oltre ai problemi comuni a
tutti si sta aggiungendo un importante test per avere una cattedra a tempo
indeterminato e gravi problemi di salute in famiglia, per cui ammetto che la
scrittura spesso deve prendersi una pausa più lunga di quello che vorrei. Ma piano
piano, ormai lo sapete, vado avanti.
Ne approfitto per
ringraziare fenris, Dark Ice
Lord (che mi ha inseguito da AO3, thank youverymuch!), siriusxme
che è tornato dopo tanto tempo e Mari Lace.
Prossimo capitolo? Si
parla di Esercito, quindi… ma occhio, ci saranno colpi di scena!