The beating of our hearts di Pomegranate6277 (/viewuser.php?uid=976771)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Finally fully our ***
Capitolo 2: *** To the destination ***
Capitolo 3: *** Oh my sweetie! ***
Capitolo 4: *** Stars ***
Capitolo 5: *** LA ***
Capitolo 6: *** Lucky girl ***
Capitolo 7: *** Soulmates ***
Capitolo 8: *** Welcome Vicki! ***
Capitolo 1 *** Finally fully our ***
INTRODUZIONE
Ciao bellezze! E' da un po' che leggo le bellissime storie che popolano questo blog, e finalmente mi sono decisa a scriverne una anch'io e pubblicarla!
Sono ben accetti (accettatissimi) consigli, riflessioni, critiche educate e costruttive e commenti vari (sempre rispettando i dettami dell'educazione), perciò sentitevi liberi di scrivermi! Non pratico alcuna forma di cannibalismo, per tanto andate sul sicuro.
Grazie a chiunque abbia la curiosità e la voglia di fiondarsi in questa storia, la quale vede protagonisti il bel Jared OcchiBlu Leto e una ragazza che gli ruberà il cuore.
Ovviamente, ci saranno anche gli altri membri della nostra amatissima band, e qualche nuovo, ancora sconosciuto, personaggio.
Mi auguro che questa storia riesca a farvi provare delle emozioni, qualsiasi esse siano.
Con tutto l'affetto che posso imprimere in una pagina di testo computerizzata,
vostra Pomegranate.
“Amore tutto ok?”, mi chiese urlando il mio ragazzo mentre saliva le scale per raggiungermi in bagno, dove stavo finendo di sistemarmi i capelli.
Affacciai la testa dalla porta dicendo “sì” e... mi incantai a guardarlo. Aveva i capelli lisci ben pettinati, completamente castani, dopo che io avevo insistito per fargli togliere tutto quel biondo che aveva tenuto per un po' di tempo, e indossava un completo elegante, ma non troppo, composto da camicia, pantaloni e giacca neri, una cintura color ocra e un paio di scarpe da ginnastica nere con la suola bianca in evidenza. Mi incantai perché quell'abbigliamento esaltava in una maniera angelica i suoi occhioni dolci, luminosi e azzurri come zaffiri.
“Cavolo. Sei bellissimo.” gli dissi, ammaliata.
“Meno male! Tutto questo monocromatismo non mi piace per niente!”, si lamentò mentre mi abbracciava, dandomi poi un bacio in guancia.
“Ma come siamo casti oggi!”, gli dissi mentre, con un sorriso, gli allacciavo le braccia al collo, “Comunque non sei monocromatico. Hai la cintura ocra e la suola delle scarpe ben in evidenza! Non sia mai che diventiamo troppo eleganti, eh?”
“Dai! Lo sai che mi piacciono i colori!” Ribattè lui.
“Lo so amore mio, ti capisco perfettamente! Ma che ci vuoi fare? La prossima volta non farti più dare vestiti da nessuno!”
“No amore, sceglierai tu i miei vestiti”
“Ecco bravo!”, gli dissi dandogli un bacio su quelle labbra perfette, “adesso però fammi finire di sistemare i capelli, se no facciamo tardi!”
“Nooo voglio stare con te!! Coccolami!”
“Ti coccolo dopo, dai!”, gli risposi ridendo e allontanando le sue braccia da me, per correre in bagno prima che potesse riacciuffarmi e chiudere la porta a chiave.
“Ah si? Dopo ti faccio vedere io!”
“Va beeeene!”, gli risposi mentre mi guardavo allo specchio con un sorrisone stampato in faccia. Cercai di dare un senso alla mia lunga capigliatura corvina, abbastanza mossa per non stare ferma in alcun modo, ma non abbastanza per rendere quelle ciocche ricce e ribelli. Li alzai arrotolandoli in una sorta di acconciatura, lasciando qualche ciocca ondulata ad incorniciarmi il viso. Poi misi un altro po' di eyeliner per definire meglio il contorno dei miei grandi occhi marrone scuro, e pensai che il mio colore era quasi opposto al suo. Finita la delicata operazione, guardai la mia figura riflessa: magra ma con un accenno di muscolatura, che a detta di Jared mi rendeva sexy. Per l'occasione avevo deciso di indossare un abito senza maniche di un bel verde smeraldo, con la parte bassa che andava leggermente a stringere a arrivava sopra il ginocchio. Ci avevo abbinato un paio di tacchi dorati dal design leggero ma elegante. Abbastanza soddisfatta di me stessa, infilai i miei adorati bracciali al polso e uscii dal bagno.
“Finalmente! E come siamo sexy!”, mi disse quello spettacolo della natura spaparanzato sul letto.
“Ha parlato Mister Mondo”, gli dissi mentre gli porgevo una mano per farlo alzare. Ma ovviamente lui, invece di alzarsi, mi tirò a sé!
“Ahi, ma sei matto? La mia acconciatura!”
“Non si rovina tranquilla!”, mi disse mentre cercava di sovrastarmi col suo corpo.
“Dai Jared, dobbiamo andare! Facciamo tardi!”, gli dissi ridendo, cercando invano di farlo ragionare.
“Tranquilla baby, il taxi arriva tra dieci minuti.” Si era affidato al suo (e mio) metodo preferito per farmi andare fuori di testa: voce sexy e sussurri all'orecchio. Ma perché?
“Dai smettila, cretino! Il taxi non aspetta mica eh! Togliti da qui, alziamoci!”. Ma le mie parole dicevano tutto il contrario del mio corpo, tant'è che mi misi ad accarezzargli la guancia, per poi passare alle labbra, mentre i miei pensieri sparivano di fronte ai suoi occhi marziani che mi guardavano con desiderio. Senza neanche accorgermene, ci ritrovammo a baciarci a toccarci ovunque con avidità. Lui iniziò ad alzarmi il vestito, io cominciai a trafficare con la sua maledetta cintura; finalmente riuscii a slacciarla e lanciarla sul pavimento, mentre lui mi sfilò gli slip e con poca grazia li mandò a far compagnia alla cintura; gli abbassai i pantaloni con non poca difficoltà, giacché era completamente sopra di me e mi mordicchiava il collo, poi lo afferrai per le spalle e lui entrò dolcemente dentro di me, continuando a ricoprirmi di morsi e baci, e non capii più niente. Raggiungemmo insieme il picco massimo del nostro amore, felici ed esausti, coi capelli ormai spettinati e il cuore in subbuglio.
Era la prima volta che lo facevamo. Ci conoscevamo da tre mesi, ma non ci eravamo mai lasciati andare così, soprattutto per la mia paura, in quanto non lo avevo mai fatto con nessuno. Quel momento fu davvero... magico! Pieno! Di certo, non avevo immaginato così la mia prima volta, avevo sempre sognato preliminari e coccole di chiusura, mentre questa era stata più una sveltina. Ma andava bene lo stesso, ero felice, e lo avevo fatto con l'uomo che amavo davvero.
Restammo abbracciati, senza dire nulla, il nostro silenzio ero colmo di amore, come mai prima di quel momento. Eravamo un'unica cosa, completamente nostri. Persi la cognizione del tempo, quando tutto d'un tratto il suono prolungato di un clacson ci fece sobbalzare.
“Oh cazzo”, disse lui con gli occhi spalancati, “il taxi!!”
Scoppiai a ridere, lo baciai, lo spinsi ben bene sul letto, come a farlo sprofondare, mi misi velocemente in piedi e recuperai slip e cintura, lanciando quest'ultima sul suo stomaco. Con mia grande sorpresa, lui non se ne accorse neanche, rimase lì, immobile, con gli occhi spalancati e la bocca mezza aperta. Lo afferrai per le braccia e lo misi seduto, cercando di fargli afferrare la cintura con una delle sue mani, che in quel momento sembravano essere prive di ossa.
“Ehi! Ti sei rimbambito?”
Finalmente si decise a guardarmi, ovviamente negli occhi, tanto per farmi perdere di nuovo il controllo della situazione che avevo faticosamente acquistato. “Ti amo, lo sai?”
Mi sciolsi come neve al sole. Gli buttai le braccia al collo e finimmo di nuovo sdraiati sul letto, con lui che mi teneva stretta e io che, sopra di lui, iniziavo a baciarlo all'altezza dell'orecchio. “Ti amo anch'io”, riuscii a mormorare.
Un secondo, e più prolungato, suono di clacson ci riportò alla realtà, e stavolta fu lui a parlare: “Dai su, dobbiamo andare!”
“Uff, ok!”, mi sollevai e mi alzai dal letto, desiderando di tornare ad un secondo prima. Si alzò anche lui e indossò velocemente la cintura, mentre io corsi in bagno per dare un senso all'acconciatura, ma mi tremavano le mani e così decisi di lasciarli sciolti, ci avrei pensato in macchina. Lui ebbe la mia stessa idea, dato che si passò freneticamente le mani tra i capelli guardando il proprio riflesso sul vetro della finestra, poi afferrò la giacca – non mi ero accorta che anche quella era finita per terra – e mi prese per mano. Io afferrai di passaggio la mia borsa e ci lanciammo sulle scale, raggiungemmo l'entrata e ci fiondammo fuori dalla porta, che lui chiuse con un botto. Fortuna che avevo già messo le chiavi in borsa e che la porta si chiudeva dall'esterno senza bisogno di chiavi.
Cercando di darsi un contegno, mi aprì la portiera e mi fece entrare sul taxi – non era momento del galateo!! - entrò anche lui e, scusandosi diplomaticamente con il tassista, gli comunicò la via della destinazione.
Ed eccoci alla fine di questo primo capitolo!! Cosa ne pensate?
Dove sono diretti i nostri piccioncini? Perché si sono vestiti così "eleganti"?
Avete notato che non compare il nome della fortuntata fanciulla che ha catturato il cuore del nostro OcchiDiGhiaccio?
Queste e altre curiosità verranno soddisfatte nel prossimo capitolo!!
Stay tuned, be martian!
A presto, baci e abbracci.
Con questo
mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa
persona, nè offenderla in alcun modo'
|
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Capitolo 2 *** To the destination ***
Eccomi qui!! Are
you ready?????
Va beh, buona
lettura cari!
* diventa sempre più piccola fino a sparire con un
sonoro “puf!” *
Il tassista annuì con un grugnito e
diede gas all'acceleratore.
“Jared, prima mi sono dimenticata di
dirti che i pantaloni ti stanno un po' grandi.”, lo informai,
ricordando di aver notato come questi gli si afflosciavano sopra le
scarpe.
“Lo so amore mio, prossima volta fai
tu!”
“Mi sa proprio di sì!”, dissi con
un sorriso, mentre trafficavo con le mani dentro la mia borsa.
“Passami lo specchio!”, mi ordinò
il mio ragazzo.
“Aspetta! Serve a me! Anzi, fai una
cosa: tienimelo, così, a quest'altezza, bravo!”,
gli dissi mentre
gli ficcavo il mio specchietto nelle mani, alzandolo e abbassandolo
per vedere bene il mio riflesso e potermi sistemare i capelli.
Finalmente riuscii a produrre una copia dell'acconciatura che avevo
fatto prima di...
“Amore, stai bene? Sei tutta rossa”,
mi fece notare.
“Sì, sto bene... prendi pure lo
specchio. Aspetta, te lo tengo io!”. Non ebbi il coraggio di
dirgli
che stavo pensando ai minuti passati, mi imbarazzava parlarne.
Vederlo lì, che cercava di lisciarsi i capelli con le mani,
mentre
qualche minuto prima era sopra di me, mezzo nudo... anche se era il
mio ragazzo ed era una cosa normale, per me quest'intimità
era una
cosa nuova. Bellissima e speciale, certo, ma che ancora non sapevo
come gestire.
“Che ne dici? Ti sembrano apposto?”,
mi fece sussultare e riscuotere dai pensieri.
“Mmh, aspetta, qui sono ancora in
aria!”, gli dissi, cominciando a sistemare quella
capigliatura
morbida e setosa. Toccarlo così, con dolcezza, dopo quello
che era
successo, mi mandava in escandescenza, come se fosse il primo giorno
da fidanzati. E il fatto che lui mi guardava con degli occhi che
emanavano una tale tenerezza, capace di far scendere sulla Terra
tutti gli angeli del Paradiso, non mi aiutava a restare pienamente
lucida.
“Ecco, così va meglio!”, gli
dissi.
“Grazie”, e mi diede un bacio a
fior di labbra. Poi, come se avesse intuito i miei pensieri, mi fece
accoccolare sul suo petto e mi disse: “Ti senti
bene?”, seguito
da un tenero bacio sulla fronte.
Mio Dio, stavo per assumere la
consistenza di un omogenizzato per bambini.
“Sì Jay, sto bene. Grazie, di tutto.
Non mi sono mai sentita meglio in vita mia!”
Come risposta mi strinse ancora di più
a sé e mi diede un bacio sulla guancia. Erano le coccole di
chiusura
che mi ero sempre figurata nella mia mente? Sì, ed erano
anche
meglio.
Dopo una manciata di minuti in cui non
dicemmo più nulla, il tassista fermò il veicolo:
“Eccoci
arrivati! Potete scendere!”, ci disse con una cortesia un po'
forzata.
“Grazie, quanto le devo?”, gli
chiese Jared, con il portafogli in mano.
“Sono 24 dollari e 80 cent.”
“Ecco a lei! Grazie ancora, buona
giornata!”
Scendemmo dalla macchina e... quello
che vedemmo fu una strada piena zeppa di persone. Sul ciglio
sinistro, una folla eclatante si sbracciava dietro le transenne e
sventolava dei grandi striscioni bianchi, mentre il lato estremamente
a destra, di fronte all'entrata di un locale pieno di luci
lampeggianti – e accecanti -, era stato ricoperto da un lungo
tappeto rosso, delimitato da una sorta di ringhiera fatta con paletti
e corde anch'essi scarlatti, al centro della quale si stagliava un
manifesto che
riportava la locandina del film e, in basso, il titolo: 'Alexander'.
“Sei nervoso?”, gli chiesi, un po'
in soggezione per tutta quella gente che a breve si sarebbe accorta
del nostro arrivo.
“Abbastanza”, mi disse, “ma poi
passa. Dopotutto, una premiere è più o meno come
un concerto: una
volta arrivato lì, sei sul pezzo e non hai più
paura. Fai quello
che devi e va bene così. Tutte quelle persone ti fanno
sentire amato
e non ti devi più preoccupare, nessuno ti farà
del male. Solo, mi
raccomando di fare attenzione ai fotografi e ai paparazzi, vedendoti
arrivare insieme a me potrebbero dare di matto. Io ci sono abituato,
ma credimi, possono essere parecchio fastidiosi e spiacevoli.”
Io annuii, un po' spaventata, ma anche
eccitata. Lui mi prese per mano e percorremmo in silenzio gli ultimi
metri che ci separavano da quel luogo illuminato a giorno.
Non appena fummo visibili, un tizio in
carne e dall'aria affannata ci corse incontro, e per poco non finiva
addosso al mio ragazzo.
“Jared! Grazie al cielo, sei
arrivato! Stanno aspettando tutti te per iniziare! Buon dio figliolo,
ma che stavi facendo?”, disse, ancora affannato e leggermente
nel
panico. Notai che il suo sguardo cadde sulle nostre mani unite, per
poi posarsi sulla mia figura con aria interrogativa.
CAPITOLO DUE: THE
END.
Ecco i nostri
piccioncini arrivare alla premiere del film 'Alexander', svoltasi
realmente a New York alla fine del 2004 (se non ricordo male).
Quel buon signore
affannato è Oliver Stone, il regista, anche lui presente
alla
premiere.
“E il nome
della fanciulla? #esciloooo”, mi direte. GNO!!
Scherzo, dal
prossimo capitolo ci sarà davvero! E poi non è
cuccioloso Jared che
continua a chiamarla “amore”? Un po' di mielaggine
non guasta
mai, su!
Comunque, vi è
piaciuto questo capitolo? Avete delle proposte/riflessioni/consigli?
Anche solo una recensione piccola piccola mi farebbe capire se il mio
lavoro funziona oppure no.
Grazie, baci, e a
presto. Smack.
Stay tuned, be
martian!
|
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Capitolo 3 *** Oh my sweetie! ***
Dolcezze, la
vostra Pomegranate è tornata!!
Buona lettura! -
* offre biscotti * - .
“Tranquillo,
Oliver, respira! Lei è con me! E' Rossmary, la mia
ragazza.”,
cercò di calmarlo Jared. Al suo 'Rossmary', storsi un po' la
bocca,
non mi piaceva essere chiamata con il mio nome completo, mi ricordava
brutte vicende del passato, e poi non c'ero neanche abituata,
perché
tutti mi chiamavano semplicemente Ross. Quando ero piccola, mia madre
aveva anche insistito per far accettare questo diminutivo ad alcuni
parenti.
Scacciai via i
pensieri e sorrisi ad Oliver a mo' di saluto.
“Ehm... va
bene. Andiamo dai, venite!”, disse il regista con un tono
preoccupato.
Appena la folla
ci vide, anzi, lo vide arrivare, urlò all'impazzata,
iniziando a
sventolare macchine fotografiche, fogli e.. quaderni? Evidentemente,
qualcuno notò che c'ero anche io, perché da un
punto indistinto
sentii urlare: “Oh mio dio!! E' la sua ragazza?!?
Bella!!”. Beh,
quantomeno mi apprezzavano, meno male!
Jared abbracciò
un signore che evidentemente faceva parte anche lui del film,
scambiò
velocemente due parole con lui, e fece per andare verso quella gente
che lo reclamava a gran voce, ma Oliver lo bloccò:
“Jared!! Non
c'è tempo per gli autografi! Devono fotografarti e poi
entriamo
subito! Vai di là. No figliola, tu non puoi, aspetta
qui.”,
aggiunse poi, rivolgendosi a me.
Un po' stordito,
il mio ragazzo annuì, si mise le mani sui fianchi e
andò in pasto
ai fotografi. Ma quanti erano? Lo stavano letteralmente accecando!!
Tutti quei flash che rimbalzavano sulla sua figura lo facevano
somigliare ad un fantasma dai colori bianco-blu. Rimasi a guardarlo
incantata, e pensai che era bello, davvero bello, di una bellezza che
ti inchioda e non ti lascia scampo. E poi era dolce, dannatamente
dolce! Dio, se era dolce! Sembrava un cucciolo indifeso, ma che allo
stesso tempo emanava una sicurezza in grado di tranquillizzarti, di
riappacificarti con te stessa e con il mondo intero. Che cosa avevo
fatto nella mia vita per meritarmi un angelo come lui? Vidi che ogni
tanto guardava verso di me. Presi la macchina fotografica dalla mia
borsa – che per fortuna avevo impostato con la
modalità senza
flash – e gli scattai una foto anch'io.
Quando finalmente
arrivò alla fine di quella fila di fotografi affamati, si
fermò a
scambiare due parole con una collega, Rosario Dawson, che a parer mio
era fin troppo affettuosa! I paparazzi, ovviamente, non si fecero
sfuggire l'occasione e si piombarono addosso ai due, iniziando a fare
domande e a scattare foto a raffica. Ma non si bruciavano mai quegli
aggeggi? Poi, forse sotto consiglio di qualche paparazzo, o forse no,
Jared diede un bacio sulla guancia a Rosar... a quella, la quale lo
abbracciò strizzando gli occhi e mostrando una grande
dentatura,
talmente bianca e perfetta da far invidia agli stessi dentifrici. Eh
no! Non davanti di me! Questa il signorino me la doveva spiegare!
Una vecchina,
poi, si avvicinò e interruppe i due, e, tutta contenta,
alzò le
braccia verso il mio ragazzo, che l'abbracciò con una
tenerezza e un
sorriso disarmanti. Non c'era nulla da fare, lo amavano proprio
tutti. Lui mi scorse e mi fece segno di avvicinarmi, io eseguii e li
raggiunsi.
“Ohhh, è la
tua ragazza, caro?”, chiese quell'adorabile signora, ancora
appiccicata a Jared.
“Sì! Bella,
non è vero?”, rispose lui, guardandomi.
“Piacere
signora, io mi chiamo Ross!”, mi presentai, “Guardi
che, se
vuole, può portarselo a casa! Glielo lascio
volentieri!”,
aggiunsi, scherzando.
“Ah si? Allora
sposiamoci signora, quando vuole lei!”, rispose quel
disgraziato,
tenendo il mio gioco. Di tutta risposta, la signora si mise a ridere
come una ragazzina e se lo strinse ancora di più.
“Se volete vi
lascio soli!”, continuai io, e quella rise, se possibile,
ancora di
più, poggiandogli una mano sulla guancia, mentre Jared mi
guardava
divertito. Non resistetti a tutta quella tenerezza e scattai loro una
foto. Mi riempiva il cuore vederlo così dolce, disponibile,
umano.
Ad un tratto
comparve il buon Oliver, che ci informò che era ora di
entrare.
La vecchina
abbracciò ancora di più Jared, poi si
staccò e venne ad
abbracciare anche me.
“Siete molto
belli insieme, voi due! Molto belli!”, poi prese le nostre
mani e
ce le fece unire. “Siete uguali voi due, avete la stessa
anima. Non
perdetevi mai, mi raccomando. Promettetemelo!”
“Non succederà,
signora, glielo prometto!”, disse Jared.
“Glielo
prometto anch'io! Grazie mille, signora!”, dissi a mia volta.
Le facemmo i
migliori auguri per una vita in salute e ci congedammo da lei. Quella
cara vecchina sarebbe rimasta nei miei pensieri per sempre.
Ancora con le
mani unite, io e la mia anima affine ci dirigemmo verso l'entrata
dell'edificio. Dovevo parlargliene del fastidio che avevo provato
vedendolo mentre dava un bacio a Rosario? Pensai di sì, che
era
giusto, ma senza farglielo pesare, in fondo era solo una collega, no?
Perché avrei dovuto preoccuparmi di lei?
“Quella signora
ti avrebbe sposato sul serio, sono pronta a scommetterci!”,
gli
dissi, per parlare di qualcosa.
“Credo di sì”,
rispose lui, ridendo. Poi si fece più serio:
“Tutto ok? Stai
bene?”
“Sì, perché
me lo chiedi?”
“Voglio sapere
come stai, se ti stai annoiando, se vorresti andare via...”.
Aspetta, che?
“Jay! E' la premiere di Alexander, ne parliamo da due
settimane! E'
il tuo mondo, ed io sono felice di condividerlo con te! ...sempre che
a te non dia fastidio la mia presenza!”
“Scherzi?
Perché dovrebbe?”
Lasciammo in
sospeso il discorso, perché avevamo appena varcato la
soglia. Ci
trovammo catapultati in un'enorme sala piena di personaggi illustri,
che più illustri non si può! Angelina Jolie con
il suo Brad, Val
Kilmer, Anthony Hopkins e...
“Colin!!! Ross,
ti presento il vero, solo ed unico Alexander the Great: Colin
Farrell! Alexander, lei è la mia Ross!”.
“Colin!”, lo salutai porgendogli la mano, che lui
strinse con la sua.
“Ecco con chi
mi tradisci, generale da quattro soldi! Ricordami di licenziarti,
Hephaestion!”, disse quello.
“Che cosa?! No
Al, ti prego! Posso spiegare!”, rispose il mio ragazzo,
facendo il
finto spaventato.
“Mi hai
spezzato il cuore! Sei fuori dall'esercito! Mi hai solo
illuso!”,
ribattè Colin, riproducendo una perfetta espressione da
sofferente.
Bene, stavo
assistendo alla diretta di una crisi relazionale tra Alessandro Magno
ed Efestione. Chissà se in giro c'erano dei popcorn da
sgranocchiare!
“Oh my
Alexander! Tu sei tutto quello a cui tengo, e per il dolce respiro di
Afrodite, sono geloso di perderti a causa di questo mondo che
desideri così ardentemente!”
“Tu non mi
perderai mai, Hephaestion! Io sarò con te, sempre, fino alla
fine.”
Mentre i due
amanti si abbracciavano, iniziai ad applaudirli! Cavolo, mi ero pure
commossa!
“Braviiiiiii!!”,
urlai, ma con moderazione.
Alcuni dei
presenti notarono la scena e si misero ad applaudire anche loro. I
due piccioncini fecero un inchino al pubblico e si diedero il batti
cinque.
“Allora, come
siamo andati?”, mi chiese Colin.
“Oh, bene!
Davvero convincenti! Dico sul serio!”, aggiunsi,
perché il tipo mi
guardava poco convinto, come se lo stessi prendendo in giro.
“Allora
grazie!”, mi rispose.
“Non vedo l'ora
che esca il film!”, esultò il mio ragazzo,
“le frasi finali sono proprio quelle!”
In quel momento
arrivò Oliver – povero uomo, che doveva sempre
andare a ripescare
tutti.
“Ragazzi, di là
stanno cominciando, cam'on!”
“Amore, torno
subito!”, mi disse Jared, e mi diede un lungo bacio a stampo.
“Va bene, ti
aspetto qui!”. E lo guardai allontanarsi con gli altri, per
le foto
e le interviste ufficiali.
Fineeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.
Del capitolo tre, ovviamente!
Cosa ne pensate?
Farà bene la nostra Ross a non preoccuparsi riguardo a quel
bacio
tra Jared e la sua collega? Ditemi la vostra!!
Come potete
vedere, tra i colleghi del nostro OcchiBlu compare Colin Farrell, che
ha interpretato il re e condottiero macedone Alessandro Magno, nel
film del 2004 che lo vede protagonista, mentre Jared ha svolto il
ruolo di Efestione, generale dell'esercito, amico del cuore sin
dall'infanzia e, molto probabilmente, anche amante di Alessandro.
Per quanto
riguarda, invece, la dolce vecchina, anche lei era veramente presente
alla Premiere e ha davvero abbracciato Jared (lo so grazie a Google
Immagini, LOL! Quindi, se siete curiosi, smanettate sul web e
troverete molti riferimenti a quello che ho scritto).
Ovviamente, tutto
ciò che non si trova sul web, è frutto della mia
fantasia. Io
attingo da esso, trovo degli spunti, e vi intreccio il mio racconto.
Detto questo, ci
si vede al prossimo capitolo! Non mancate! BACIONI E BIG HUGS.
Stay tuned, be
martian!
NB: non
dimenticate le parole della vecchina, saranno importanti per
tutto il resto della storia.
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Capitolo 4 *** Stars ***
TaTaTaTaNNNNN!
A voi il capitolo
4! - * offre MARShmallows * - .
Era bello vederlo
in quel mondo. Mentre lo intervistavano, spesso faceva delle grandi
risate, chissà cosa gli chiedevano, pensai. La sua risata
era in
grado di sciogliere chiunque e qualsiasi cosa, era così
vera,
spontanea, rideva con tutto il cuore. Altre volte si fermava a
riflettere, come se dovesse scegliere accuratamente le parole da
dire. Frequentemente, mentre rispondeva alle domande degli
intervistatori, mi cercava con lo sguardo, e, se mi trovava, si
soffermava un attimo a guardarmi, oppure, durante le foto, guardava
verso di me invece di guardare l'obiettivo della macchina
fotografica. Ero davvero così importante per lui? Volli
crederci.
Dopo circa un'ora
di microfoni e flash puntati addosso, lo vidi che avanzava verso di
me.
“Cavolo, non ne
posso più! Credo abbiano finito!”, mi disse,
mentre gli porgevo un
bicchiere d'acqua.
“Sei stravolto
ahah!”, risi.
“Già. Fortuna
che non è tutti i giorni!”, mi disse scuotendo la
testa.
“Jared!! Ti sei
divertito?”. Dal nulla sbucò Rosario Dawson. Ma
sì, carina, non
salutarmi, tanto sono invisibile, pensai.
“Ehi, ciao! Tu
che dici?”, rispose lui, sorridendo e spalancando
ironicamente gli
occhi.
Lei iniziò a
ridere e sporse un po' troppo il suo seno abbondante verso di lui.
Non mi piaceva per niente quella donna.
“Assolutamente!”,
rispose quella.
“Davvero?! Non
eri tu quella si lamentava sempre, honey?”, le chiese il mio
ragazzo.
Aspetta un
attimo. L'aveva chiamata 'honey'? Mi stavo seriamente incazzando.
“Lo ammetto, ma
tu ci fai sempre fare così tante risate che alla fine
diventa tutto
leggero.”
Posai con un
forza la bottiglia d'acqua - che mi era rimasta in mano - sul
tavolo. Con chi mi ero fidanzata, con il giullare di turno? Che
nervi!
“Ma quello non
è Jason?”, le chiese Jared, indicando un punto
dietro al nostro
tavolo.
“Oh, è vero!”,
rispose la signorina-tutta-seno-e-miele, “gli avevo detto che
sarei
tornata in taxi! Va beh, ci vediamo baby!”. Lo
salutò con due baci
sulle guance e andò incontro a quello che doveva essere il
suo di
fidanzato.
“Bene, andiamo
anche noi?”, mi propose il mio ragazzo.
Lo guardai dura,
mi alzai dalla sedia e iniziai ad incamminarmi, con lui appena dietro
di me.
Trovammo un taxi
parcheggiato proprio davanti al marciapiede e vi entrammo. Jared
comunicò la destinazione e quello partì.
“Ehi, ma che
hai?”, mi chiese.
“Nulla,
perché?”. Mi odiavo quando facevo così,
ma ero arrabbiata e il
mio carattere non mi permetteva di fare diversamente.
“Sei arrabbiata
con me?”, continuò lui.
“Dovrei
esserlo? Non lo so, dimmelo tu. O forse dovrei chiederlo a miss
Honey?”.
Lui si mise a
ridere. “Ma è solo un'amica!! Dai, non fare
così, non ce n'è
bisogno, sul serio!”
“Vi ho visti
mentre la baciavi!”, sbottai.
“Lo sapevo
io!”, sbuffò, “ Amore, è
stato quel fotografo di merda a
chiedermelo, e comunque durante la foto stavo guardando te!”
“E perché
dovrei crederti?”.
“Perché tra
poco usciranno le foto su ogni piattaforma sociale e asociale e
potrai verificare tu stessa!”
“Sarà...”,
mi rassegnai, anche perché la sua tesi era assolutamente ben
fondata. “Però lei non mi piace per niente! Ma
l'hai vista come ti
guardava e come rideva ogni volta che c'eri tu? Dio, Jared, l'avrei
presa a schiaffi!!”
Lui si mise a
ridere di nuovo. “Wow, mi piaci quando fai così!
Aggressiva!!”
“Dai, piantala!
Dico sul serio!”
“La mia piccola
Ross gelosa... ti ripeto che non ne hai motivo, io ho occhi solo per
te!”, mi disse, stringendomi a sé.
Mi lasciai
abbracciare. “Scusami. Non sopporto le donne provocanti,
tutto
qui!”
“Non pensarci.
Tu fidati di me e basta!”
“Sì, ma sei
pur sempre un uomo!”, gli ricordai.
“Un uomo che ti
ama però...”
“Questo
dovrebbe cambiare le cose?”, gli chiesi.
“Questo
dovrebbe cambiare tutto.”, mi disse, abbastanza convincente.
Il taxi
parcheggiò davanti casa. Pagammo la corsa e ci dirigemmo
verso
l'abitacolo. Aprii con le chiavi ed entrammo.
“Casa dolce
casa!”, disse lui.
“Ancora per
poco, domani si torna a Los Angeles!”. Per l'occasione
avevamo
preso una casa in affitto in una tranquilla zona di New York.
“Quasi
quasi inizio a mettere qualcosa in valigia, tanto sono quattro
cose.”, dissi mentre salivo le scale per andare al piano
superiore,
dove si trovavano il bagno e la camera da letto. Al piano terra,
invece, c'era un unico locale adibito a sala e cucina.
“Sicura che non
vuoi fare altro?”, mi sussurrò quel cretino
abbracciandomi da
dietro. Non l'avevo sentito arrivare.
“Jay! Mi hai
fatto prendere un colpo!”
Iniziò a
baciarmi il collo, le orecchie, la nuca... provocandomi brividi lungo
tutta la spina dorsale. Ma che dico, in ogni parte del corpo e anche
dell'anima. “Jay...”, ansimai.
“Ross, dillo di
nuovo...”.
Mi girai,
appoggiai le mani sul suo petto e lo guardai negli occhi, quegli
occhi che ogni volta erano come un pugno allo stomaco.
“Jay... sei
bellissimo.”
Lui mi prese una
mano e mi fece fare una lenta giravolta.
“Ma che fai?”,
gli chiesi, curiosa e divertita.
“Ammiro la mia
stella personale.”, mi disse, guardandomi come si guarda un
pancake.
“Non hai gli
occhiali da sole, potresti rovinare i tuoi occhi di ghiaccio.
Potrebbero sciogliersi.”, scherzai, avvicinandomi e
allacciandogli
le braccia al collo.
“Si sono già
sciolti, stanno assumendo lo stato liquido.”, mi rispose,
dandomi
un bacio sulla punta del naso e continuando quello strano gioco di
parole che si era venuto a creare.
“Effettivamente
hai ragione”, dissi io, “in questo momento sono
azzurri e intensi
come il mare.”
“Come il mare
in un giorno di sole, di stella!”, disse lui.
“Anche tu sei
la mia stella personale!”, gli dissi, “hai dato
luce e calore
alla mia vita! Hai dato vita alla mia vita!”.
“Allora anche
tu dovresti stare attenta ai tuoi occhi. Stanno per trasformarsi in
cioccolata calda, potrei berli tutti in un sorso! La cioccolata calda
è la mia bevanda preferita, lo sai?”.
Mi misi a ridere
e lo strinsi forte. Rise anche lui e iniziò a farmi
dondolare sul
posto, muovendosi da destra a sinistra e viceversa. Io assecondai i
suoi movimenti e lo feci dondolare insieme a me. Sembravamo due
deficienti felici.
Eravamo strani
forte, pensai, ma mi piaceva un sacco. Avevamo un modo tutto nostro
di intenderci, e per la prima volta in vita mia capii di essere
completa, sentii che c'era qualcuno in grado di comprendermi davvero.
Non avrei più avuto problemi ad essere me stessa, a mostrare
i miei
pensieri, le mie fantasie e le mie stranezze, perché sentivo
che lui
era uguale a me. Per la seconda volta nello stesso giorno, mi chiesi
che cosa avevo fatto nella mia vita per meritarmi un angelo come lui.
Fine capitolo 4!!
Come sempre, vi
chiedo di esprimere il vostro parere, per capire se sto portando
avanti una storia che vi piace oppure no.
Perdonatemi
l'antipatia nei confronti della bella Rosario Dawson (perdonami anche
tu, Rosario!), magari tra voi c'è qualcuno che l'adora, ma a
me
proprio non va giù. Che ci posso fa'?
Stavolta evito di
stressarvi con i miei interminabili introiti di fine capitolo,
perciò
vi mando un abbraccio stritola-costole e un bacione grande grande.
#ProssimoCapitoloIsComing
Stay tuned, be
martian!
|
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Capitolo 5 *** LA ***
Su un piatto
d'argento, il capitolo 5!
Con affetto,
vostra
Pomegranate
DRIIIIIIIIIIN.
DRIIIIIIIIIIIIN.
DRIIIIIIIIIIIIIN.
“Che cazz... Ross, che ore sono?”,
mi chiese il mio ragazzo, che a stento riusciva ad aprire gli occhi.
“Buongiorno dormiglione! Ben
svegliato!”, dissi io, piuttosto pimpante. Mi ero alzata tre
quarti
d'ora prima rispetto al suono della sveglia, per fare le valigie e
lasciare la casa in ordine. Sapevo che, se mi fossi svegliata dopo,
non ce l'avremmo sicuramente fatta ad arrivare in aeroporto in tempo,
dato che la sera prima, invece di prepararci per l'indomani, avevamo
fatto tutt'altro.
Jared si guardò intorno e si soffermò
sul trolley e i due zaini posizionati vicino alla porta della nostra
camera: “Hai già fatto tutto?”, mi
chiese, con gli occhi ancora
ridotti a fessure. Io annuii soddisfatta.
“Oddio scusami! Potevi svegliarmi!”,
mi disse, un po' dispiaciuto.
“Non ti preoccupare, dormivi così
bene!”, gli dissi, accoccolandomi un po' vicino a lui.
Com'era
caldo! Lui mi abbracciò e iniziò a baciarmi dove
gli capitava.
“Jay... guarda che finisce come ieri,
a colpi di clacson!”, gli dissi ridendo.
“Mmh... chi se ne frega!”, rispose
lui, continuando a mangiarmi.
“Jay... non ci sarà nessun Oliver a
fermare l'aereo perché tu non arrivi!”, continuai.
“Mmh... chi se ne frega!”.
“Dai! Non vuoi tornare nella calda
Città degli Angeli?”, riprovai.
“Mmh... chi se ne frega!”.
Scoppiai a ridere. “Scemo!”
“... e chi se ne frega!”, disse lui
con voce avida. A quel punto, a malincuore, dovetti letteralmente
buttarlo giù dal letto con una spinta.
“Aaaaaah!”, fece lui, come se
stesse cadendo da un montagna alta duemila metri.
“Trentadue anni e cadi ancora dal
letto! Vergognati, Leto!”, lo presi in giro.
“Quasi trentatré, ignorante!”,
disse, buttato per terra a pancia in giù.
“Va bene, nonno! Dai, tirati su!!”,
lo presi per un braccio e cercai di metterlo in piedi, ma lui era
più
forte di me. Mi tirò e mi fece cadere su di lui, addolcendo
l'impatto con le sue mani su di me.
“Stronzo!!”, lo apostrofai tra le
risate e un pugno sulla spalla.
“Occhio per occhio...”, si
giustificò lui, dandomi poi un sonoro bacio nello spazio tra
gli
occhi. Poi, finalmente, si decise ad alzarsi e iniziare a prepararsi.
Io scesi in cucina, sistemai ancora un
po' e misi le ultime due arance in borsa per un'eventuale fame
durante il viaggio.
“Eccomi qui!”. Si presentò con il
trolley in mano e gli zaini in spalla, e con addosso dei pantaloni
larghi dal motivo militar e una felpa bianca con una striscia azzurra
e una blu all'altezza del petto sinistro. Sotto di essa indossava una
canottiera, bianca anch'essa, che gli evidenziava il fisico perfetto,
e ai piedi...
“Pensavo che quelle pantofole color crema fossero per
camminare dentro casa!”, gli dissi, tra la
meraviglia e il divertimento.
“Scherzi? Sono comodissime e
caldissime! Perfette per stare seduti in un aereo!”, si
difese lui.
“Sei irrecuperabile! Però devo
ammettere che hai ragione!”.
“Io ho sempre ragione”, si vantò.
“Oh, ecco il taxi!”, mi fece notare poi.
Io indossai un leggero giubbottino
verde sopra i miei jeans e il mio maglioncino rosso – che a
detta
di Jared era melograno – con disegni giallo chiaro sul
davanti, e,
Nike bianche e Pantofole in spalla, salutammo la casetta e salimmo sul
taxi.
Arrivammo in aeroporto nel giusto
orario, salimmo sul nostro aereo e ci sedemmo vicini.
“Tieni gli occhi a posto tu!”, lo
rimproverai, dopo averlo colto a girarsi verso il fondo-schiena di
una hostess.
“Eddai! Non dirmi che se passasse un
bell'uomo con due begli occhioni blu non apprezzeresti!”
“Chissà perché, temo che la tua
teoria sia troppo auto-centrata per essere presa in
considerazione!”,
gli dissi con un sorriso, “e comunque, non me ne farei
accorgere,
geniaccio!”
“Va bene, donna, sei troppo
intelligente!”, ammise con le mani in alto. “A
proposito di
intelligenza, com'è che hai denominato Los Angeles,
stamattina?”
“Città degli angeli, mi sembra,
perché?”, gli chiesi, perplessa.
“No è che... mi piace! Mi hai fatto
venire in mente un po' di idee!”
“Davvero? Vuoi farci una canzone?”.
Sapevo che le sue 'idee' spesso si trasformavano in possibili canzoni
future.
“Perché no? E' solo che non saprei
come fare al momento, non riesco a concepire una melodia da associare
alla città. Sai, le parole riuscirei a metterle insieme, le
ho, so
di cosa potrei parlare... ma come suonarle no. E' frustrante!”
“Amore, sono sicura che prima o poi
ne verrai a capo! Tu sei il migliore!”, gli dissi baciandolo.
Parlammo del più e del meno per tutto
il resto del viaggio, finché i piloti non comunicarono ai
passeggeri
l'avvenuto atterraggio sul suolo dello splendido LAX.
“SISTHA!!”,
sentimmo urlare tra la
massa di persone in attesa davanti alle grandi porte degli arrivi.
Era una voce che avevo già sentito.
“Shannon!! Tomo!! Che ci fate qui?”,
disse Jared, una volta che quei due ci raggiunsero.
“Siamo venuti a prendervi, bro!
Volevate tornare a casa in taxi?”, ci chiese retoricamente
Shannon.
Ci facemmo due risate, contenti di ritrovarci tutti insieme. Uscimmo
dall'aeroporto e ci dirigemmo al parcheggio, parlando e scherzando.
“Fa davvero caldo qui! Non sembra
neanche che sia quasi dicembre!”, notò Jared,
togliendosi la felpa
e restando con quella benedetta canottiera che mi faceva venire
l'acquolina in bocca.
“Sì, è vero”, disse Shannon,
“però non osare toglierti quei peluches che hai ai
piedi dentro la
mia macchina!”
Scoppiammo tutti a ridere, tranne il
mio povero ragazzo, che iniziò a parlare con le sue specie
di
scarpe: “Non dategli retta a quel cattivone! Siete
tenerissime voi,
e io vi voglio tanto bene! Non vi preoccupate, papà non vi
abbandona!”
“Vieni qui con noi sis, respira un
po' di sanità mentale”, mi disse Shannon,
mettendomi un braccio
intorno alle spalle e tirandomi verso di sé e Tomo, per
farmi
allontanare da Jared, che intanto aveva preso in mano il suo fedele
BlackBerry. Di sicuro, stava mandando un messaggio a Matt o a qualche
altro amico per comunicare il nostro arrivo.
Salimmo sull'auto di Shan, con Tomo
alla guida e il Leto grande accanto, mentre io e il Leto piccolo ci
accomodammo dietro.
Non mi dispiaceva essere l'unica donna,
pensai, mi trovavo bene con loro, erano un po' come degli angeli
custodi, ed io per loro ero come un prezioso gioiello da proteggere e
rispettare. Mi facevano sentire amata. Inoltre, mi trovavo bene anche
perché non ero proprio quella che si definisce una
femminuccia
delicata, ero sempre stata un po' un maschiaccio, sin da bambina, e
per tanto mi riusciva facile divertirmi e scherzare con loro,
finché
non entravano nel volgare, ovviamente, quello non era proprio il mio
campo, ma in mia presenza riuscivano a contenersi abbastanza bene.
“Ross!”, mi fece svegliare dalle
mie riflessioni Jared. Eravamo davanti al cancello di casa Leto, che
si stava aprendo in automatico per farci entrare. Il mio ragazzo mi
indicò di guardare indietro, dal vetro posteriore:
“Guarda, la
città sembra dire 'io sono casa, I AM HOME'.”
FINALMENTE
ENTRANO IN SCENA I NOSTRI SHOMO!! Avete fatto ciao ciao con la
manina??
...comunque... *
si dà un contegno *
Eccoci arrivati
al termine anche di questo capitolo, che, da una parte, è di
passaggio, ma dall'altra – così come ogni capitolo
scritto fin'ora
– è ricco di indizi, fondamentali per capire il
carattere e i
pensieri dei personaggi, soprattutto in vista degli avvenimenti
futuri, sia che questi siano presenti soltanto nella storia che sto
inventando io, sia che siano riscontrabili nelle reali vite di Jared,
Shannon e Tomo dal 2004 in poi, perché, come ho
già detto in
precedenza, è dalla realtà che attingo per
ricostruire le vicende
di questa FF.
Vi mando un
ENOOOOOOORME ABBRACCIO e vi chiedo, come sempre, di RECENSIRE!
#SeeYouSoon.
Stay tuned, be
martian!
|
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Capitolo 6 *** Lucky girl ***
Ed eccomi
tornata, finalmente, in compagnia del capitolo sesto!!
Buona lettura! -
* Offre birra * -.
In risposta gli
sorrisi dolcemente, gli presi il mento con una mano e gli stampai un
bacio sulle labbra, compiaciuta della sua fantasia.
“Ti piace?”,
mi chiese.
“Sì! E' il
titolo che vorresti dare alla canzone?”, gli chiesi a mia
volta.
“No. Non lo so,
non credo... devo pensarci ancora bene!”, mi rispose, mentre
i suoi
occhioni guardavano verso l'infinito. And eyes
that see
into infinity,
pensai alla sua
'Capricorn'.
“Non hai freddo
con quella canottiera?”, gli chiesi, dando alle mie parole un
che
di malizioso, “prenderai un raffreddore! Siamo a Los Angeles,
ma è
pur sempre la fine di novembre”, gli feci notare poi.
“No, sto bene!
E poi ci sei tu a scaldarmi, non è vero?”, mi
disse, tirandomi a
sé. Peccato che Tomo aveva appena parcheggiato la macchina
davanti
casa.
“Eccoci
arrivati! Giù le chiappe!”, disse il nostro
Gesù personale.
“Bravo Tomo!
Hai centrato! Giù le chiappe dalla mia macchina,
gente!”, continuò
quello squinternato di Shannon. Quei ragazzi non sarebbero diventati
seri nemmeno alla soglia degli ottant'anni, pensai divertita.
Scendemmo dalla
macchina e ci dirigemmo verso il portico dell'edificio. Ad un certo
punto, Tomo parlò di nuovo: “Ragazzi... credo di
avere qualcosa da
dirvi...”.
Siccome sembrava
qualcosa di importante – perché se Tomo assumeva
quell'aria da
'oddio non so come dirglielo', si trattava per forza di qualcosa di
importante – prendemmo posto al tavolo posizionato dentro al
portico: io tra Jared e Shannon e lui di fronte a noi, neanche fosse
stato un interrogatorio dell'FBI, e lo guardammo incuriositi e anche
un po' preoccupati.
“Su, parla
amico!”, lo incitò lo Shanimal.
“Ecco, io...
sto conoscendo... ho conosciuto una ragazza!”, disse quello,
diventando leggermente rosa sugli zigomi.
“Ma è
fantastico, Tomo!!”, dissi io, giungendo
le mani tutta contenta.
“Yeeeaaaah,
era ora!!”, seguì il mio ragazzo, felice anche lui
per la notizia.
“Dai, dai,
dicci di lei!”, continuò Shannon, allegro.
“Beh... ecco,
si chiama Vicki. Ci stiamo frequentando da un po', ma ieri abbiamo
ufficializzato la cosa... ci siamo messi insieme, ecco. Credo di
essere innamorato di lei.”
Che tenero Tomo!
Quei sorrisoni dolcissimi che faceva non rendevano pienamente
giustizia al suo cuore.
“E' una ragazza
fantastica, sapete...”, continuò,
“è dolce, divertente e sa
fare un sacco di cose! E' un po' bassina rispetto a me, ma è
così
carina che...”
“Tomo”, lo
bloccai, prendendogli una mano. Volevo rassicurarlo, perché
mi
sembrava preoccupato di cosa avremmo potuto pensare riguardo alla sua
ragazza: “sono sicura che la troveremo tutti simpaticissima!
Personalmente, sento già di volerle bene.”
“Sì,
tranquillo! Non devi preoccuparti di cosa possiamo pensare
noi”,
disse Jared, dando voce ai miei pensieri, “è la
tua ragazza, deve
piacere a te!”
“Ehi, perché
qualche giorno non la inviti qui da noi?”, dissi io,
entusiasta di
conoscere un'altra donna marziana.
“Ecco... in
effetti le ho già chiesto di venire qui domani, anche lei
vorrebbe
conoscervi!”.
“Magnifico!!
Bravo Tomo!”, disse Jared, alzandosi e dando una pacca sulla
spalla
dell'amico, per poi entrare in casa a fare non so che.
“Bene, allora
vado a chiamarla per darle la conferma! Davvero, grazie
ragazzi!”,
disse Tomo, alzandosi anche lui
“E di che?
Siamo felici quando ci sono donne in casa!”, rispose Shannon,
scherzando – o forse no – come al suo solito. Tomo
scosse la
testa ed entrò in casa, lasciando me e il batterista da
soli. Questo
si rivolse a me, mettendomi un braccio intorno alle spalle.
“Allora,
sistah, come va la vita?”, mi chiese. Non sapevo se stava
scherzando di nuovo oppure se era veramente interessato alla mia
vita, con lui il confine tra scherzo e serietà non mi era
ancora ben
chiaro.
“Beh, che
dire... passano gli anni e la vita si accorcia!”, risposi
beffarda,
avvalendomi del cavallo di battaglia di mia nonna.
Lui si mise a
ridere e poi aggiunse: “Dico sul serio!”
“Shannon Leto
che parla sul serio? Ma sei serio?”, gli dissi ridendo e
creando
uno dei miei soliti giochi di parole. Mi era sempre piaciuto da matti
giocare con le parole.
“La solita
apocalittica. Hai solo ventiquattro anni, baby!”, mi rispose.
Sembrava voler dare alla conversazione una piega seriamente seria.
“Quasi
venticinque. A gennaio ne compio venticinque, ricordi?”,
dissi io.
“Sempre pochi
sono! Io e Jared abbiamo iniziato a quasi trent'anni a dare il meglio
di noi”, mi ricordò.
“Lo so, però
io frequento ancora l'università...”, risposi,
sentendomi un po'
una buona a nulla, persa all'interno della mia facoltà di
filosofia.
“Ma ti
laureerai il prossimo anno! E poi l'università non mi sembra
una
cosa da buttar via!”, mi disse il mio cognatino.
“Hai ragione...
è solo che ho paura che una volta uscita da lì,
non saprei più che
cosa fare.”, mi confidai.
“Tesoro, è
proprio lì che arriva il bello. Devi seguire i tuoi sogni,
quello
che senti di voler diventare! Fidati, se sai cosa vuoi, e se lo vuoi
davvero, lo otterrai.”, mi incoraggiò lui. Come il
fratello, aveva
una forza d'animo spettacolare.
“E se non ci
riuscissi? Ho paura di fallire, Shan, di non riuscire a fare
abbastanza.”, continuai io.
“Non devi avere
paura, non sai mai cosa la vita ha in serbo per te. Ad ogni modo,
sappi che noi saremo sempre qui ad aiutarti. Qualsiasi cosa succeda,
potrai sempre contare su Jared e me, e anche su Tomo! Ci puoi
giurare!”, mi disse, con un sorriso che a vederlo sembrava
pieno di
promesse.
Per tutta
risposta lo abbracciai, quasi commossa dalle sue parole e dalla
bellezza della mia situazione: avevo un ragazzo che mi amava e che
amavo alla follia, un cognato che mi voleva bene neanche fossi
davvero sua sorella, e un amico dolcissimo che era sempre pronto per
me e per tutti noi. Lui mi fece appoggiare la testa sulla sua
possente spalla sinistra, mi cinse di nuovo le spalle con un braccio
e mi diede un dolce bacio tra i capelli, per poi ricominciare a
parlare.
“Queste braccia
e questo cuore saranno sempre qui per te, non dimenticarlo mai
piccola!”, mi disse, poggiando la sua mano destra all'altezza
del
cuore, come si usa fare durante le cerimonie solenni. Sbaglio o era
più affettuoso del solito? Era pur vero che lui era solito
abbracciare tutti, però mi sembrava che stesse esagerando
almeno un
po'. Avrei dovuto preoccuparmi o era un'altra delle mie insulse
paranoie? Optai per la seconda e mi scossi dai miei monologhi
interiori. In quel momento Jared sbucò dalla
porta, stava per dire
qualcosa ma si bloccò alla vista di me e Shannon abbracciati.
“Ehi, bro!
Quella è la mia ragazza, giù le
zampe!”, disse, tra il serio e il
sorriso.
“Ehi, sei
geloso di me? E' la mia fottuta sorella, posso abbracciarla quanto mi
pare!”, disse di rimando Shannon, giocando pericolosamente
con il
fratello.
“Stai
scherzando? Solo io ho il diritto di abbracciarla!”, disse
Jared,
lanciando l'asciugamani che aveva in mano in faccia al batterista.
Poi ci raggiunse e mi prese per un braccio, tirandomi verso di
sé
per gioco: “E' finito il tuo turno, Shanimal, tocca a me!
Mollala!”
“Ehi, divah, ma
chi ti credi di essere? Il mio turno non è ancora
finito!”. E così
finii con il mio ragazzo che mi tirava da una parte e suo fratello
che mi tirava dall'altra. Confermai la mia precedente teoria, basata
sull'assoluta convinzione che sarebbero stati così anche
alla soglia
degli ottant'anni, e chiamai a gran voce il santo Tomo.
“Mio dio, che
sta succedendo qui?”, rispose il poverino, affacciandosi alla
porta
aperta con un mestolo in una mano e il cellulare nell'altra, che
teneva ancora appoggiato ad un orecchio.
“Tomooo, mi
stanno squartandoooo!!!!”, urlai tra le risate,
“aiutamiiiiii!!!”.
“No, niente
amore. Solo, ricordami di farti stare lontana dai fratelli Leto,
domani”, lo sentii mentre parlava con Vicki e ci guardava
stranito
più che mai. Poi scosse la testa e strinse le labbra, come a
dire
che aveva perso anche l'unica forma di vita intelligente rimasta in
quella dimora, ovvero me, e tornò dentro, rassegnato.
“Ragazzi!!
Avete lasciato Tomo da solo ai fornelli! Smettetela!!”, dissi
io,
cercando di far ragionare quei due pazzi.
“Soltanto
quando il qui presente fratellone prometterà di non
abbracciarti mai
più!”, disse il mio ragazzo.
“Te lo puoi
scordare, fratellino caro! Ne ho tutto il diritto!”,
ribatté mio
cognato.
“Dai, sul
serio, vi prego, devo andare ad aiutare Tomo!!”, li pregai,
disperata.
Per grazia
divina, Shannon mollò la presa, e io finii dritta tra le
braccia di
Jared: “Ecco la mia stella personale! Non ti
lascerò mai più da
sola con quel cattivone!”. Sorrisi, gli diedi un bacio sulle
labbra
perfette e scappai dentro casa, prima che l'altro Leto potesse dire
qualsiasi cosa e ritrovarmi di nuovo senza via di fuga.
Finalmente potei
aiutare il nostro amico a preparare il pranzo, anche se riusciva a
cavarsela piuttosto bene, recando orgoglio al suo diploma di cuoco.
Mangiammo
scherzando e discutendo del più e del meno, parlando anche
di Vicki
e di come saremmo stati felici di averla tra noi il giorno seguente.
Poi mi venne in mente che...
“Jay! Ma cosa
hai fatto tutto quel tempo in casa, mentre io e Shan eravamo
fuori?”,
chiesi al mio ragazzo.
“Ah, giusto!
Quasi dimenticavo! Era il regista Andrew Niccol, ha detto di avermi
inserito nel cast di 'Lord of war', un film che vede protagonista
Nicolas Cage nei panni di un astuto trafficante d'armi. Io
dovrò
interpretare il fratello minore. Mi chiamerò Vitaly, Vitaly
Orlov.”,
ci informò, cercando anche di crearsi con la mente una
figura del
personaggio.
“Amore! Che
bello!! Ma sei convinto di volerlo fare?”, gli chiesi,
sapendo che
non accettava tutti i ruoli che gli venivano proposti.
“Sì! Credo sia
un'esperienza importante! E poi lavorare con Nic... voglio dire, lui
è sempre stato uno dei miei eroi! Oggi stesso vado a
ritirare il
copione e gli abiti che mi hanno preparato, non vedo l'ora di
buttarmici dentro!”, disse, convinto ed entusiasta.
Amavo questo suo
entusiasmo, questa sua voglia di fare. Con questo suo approccio al
lavoro e alla vita, ogni volta mi insegnava quanto fortunati siamo ad
essere vivi, presenti, ad abitare la realtà che ci circonda,
a
coglierla in tutti i suoi aspetti e a non lasciarcela sfuggire.
Eeeeccoci qua!
Cosa ne pensate
di questo capitolo? E del comportamento di Shannon? E' semplicemente
affettuoso o ci nasconde qualcosa? Traete le vostre conclusioni,
giuste o sbagliate che siano, e nei prossimi capitoli scoprirete la
verità!
Bon, termino qui
il mio introito, con la speranza che prima o poi qualcuno mi faccia
sapere la propria opinione – tanto lo so che leggete! u.u
Con
affettuosissimo affetto,
vostra
Pomegranate.
Stay tuned, be
martian!
|
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Capitolo 7 *** Soulmates ***
Bonjour, mon
amis.
Et voilà! - *
Offre baguettes con mortazza * -.
“Posso venire
con te?”, gli chiesi.
“Certo che puoi
venire con me!”, mi rispose lui con un sorriso.
“Così poi
prendiamo qualcosa da mangiare per il pranzo di domani!”,
dissi.
“Buona idea!
Cucinerò io!”, disse Jared. Aspetta, che?
Tomo strabuzzò
gli occhi e Shannon sputò sul piatto l'acqua che stava
bevendo,
scosso dalle risate. Era proprio uno Shanimal...
“Amore,
manderai a fuoco la casa, ne sei consapevole,
sì?”, mi azzardai a
dirgli.
“Siete degli
indegni! Vitaly Orlov deve saper cucinare! E' nel copione!”,
si
giustificò lui.
“Sì, ma Jared
Leto non sa cucinare!”, disse Tomo, cercando di ricordagli la
sua
reale identità, come quando si spiega ad un bambino che 1+1
fa 2.
Il mio ragazzo
sbuffò e si alzò da tavolo, pronto per uscire. Lo
bloccai.
“Fermo tu! Dove
vai conciato così? Vai a mettere dei vestiti più
pesanti, marsch!”.
Mi fece il
labbruccio, ma non mi lasciai intenerire. Mi alzai dalla sedia e lo
spinsi verso le scale, e grazie al cielo sembrò ascoltarmi.
Poi
aiutai Tomo a sparecchiare la tavola, finché non si
ripresentò il
mio amore con addosso dei pantaloni blu scuro, una maglietta azzurra
e la giacca nera che aveva messo alla Premiere, mentre ai piedi, al
posto di quelle specie di peluches, aveva quegli scarponcini bianchi
e rossi che mi piacevano tanto.
“Bravo amore!
Andiamo!”, gli dissi. Lui mi prese per mano, salutammo i
ragazzi
con un 'addio' – neanche fosse stata l'ultima volta che ci
vedevamo
–, uscimmo di casa ed entrammo nella sua macchina, partendo
alla
volta degli stilisti che avevano confezionato gli abiti per Vitaly
Orlov e del regista che gli avrebbe consegnato il copione da
studiare.
Il ritiro di
tutto ciò fu abbastanza veloce: lui scendeva dalla macchina,
dentro
la quale rimanevo per aspettarlo, andava dove doveva andare e
risaliva in macchina.
“E anche questa
è fatta! Finito!”, mi disse, dopo essere risalito
nella vettura
per la terza volta e applaudendosi da solo. “Ti va
un'escursione
into the wilde?”, mi chiese poi.
“Siii, certo
che mi va!!”, dissi io, sinceramente contenta della sua
proposta.
“Perfetto!
Natura aspettaci!!”. E diede gas al motore.
Durante il
tragitto parlammo del più e del meno, finché non
arrivammo in un
luogo spopolato e roccioso, ma molto suggestivo.
“Amore, che
bello! Mi piace questo posto! Come lo hai scoperto?”, gli
chiesi,
scendendo dalla macchina e prendendo una coperta che lui teneva nel
portabagagli, per usarla nel caso volessimo sederci per terra, e
mettendola in uno zaino monospalla, anch'esso dentro al cofano
bagagli.
“Per caso. Un
giorno vagavo da solo per le periferie di Los Angeles, e l'ho
trovato. O lui ha trovato me, credo!”, mi spiegò.
Passeggiammo per
un po' mano nella mano, godendoci lo spettacolo della natura. Oltre
ai grandi ed enormi massi che caratterizzavano il posto, c'erano
anche degli alberi di un bel verde e, ad un certo punto, un dolce
ruscello, un po' nascosto da due imponenti macigni, sulla cui
riva crescevano dei ciuffetti d'erba e le cui acque erano illuminate
dal sole.
Ci fermammo un po' a guardare quella pacifica visione e a captarne
gli odori freschi e ossigenanti. Lui mi abbracciò da dietro
e poggiò
la testa sulla mia spalla, io misi le braccia sopra le sue,
all'altezza dell'addome, e appoggiai la mia testa alla sua... e
pensai che eravamo perfetti. Due parti di un puzzle che si
incastravano perfettamente, senza alcuno sforzo, perché
fatti
apposta per essere inseriti l'uno nell'altro. Ringraziai mentalmente
tutte le vicende della mia vita, quelle belle e quelle brutte,
perché
mi avevano portato a conoscere lui, il mio corrispettivo maschile, la
mia metà, la mia più assoluta e indiscutibile
anima gemella. Quella
vecchina della Premiere doveva averci visto giusto.
Tutto d'un tratto
lui si staccò da me, facendomi svegliare dalle mie
riflessioni: mi
girai e lo vidi che correva come un cretino verso una roccia
piuttosto alta.
“Chi non si
arrampica sulle rocce è un molluscoooo!”,
iniziò a dire, urlando.
“Ah si? Adesso
ti faccio vedere io!!”, gli urlai dalla mia postazione. Mi
misi a
correre più forte che potevo, lo raggiunsi e, insieme, ci
arrampicammo sul gigante di pietra. Lui fu più bravo e
arrivò in
cima per primo, mentre io stavo cercando di aggrapparmi ad un fessura
che dava l'idea di essere poco stabile.
“Dai, lascia
che ti aiuti!”, mi disse ridendo e porgendomi una mano,
“dovresti
fare arrampicata anche tu!”
“No, ce la
faccio! Ce la devo fare! Guarda che mio zio mi chiamava
'scimmia'!”,
dissi testarda. Mi sbucciai i polpastrelli della mano destra, ma con
somma soddisfazione riuscii ad arrancare fino alla cima, facendogli
la linguaccia, divertita.
Al che, lui scese
rapidamente, gli permisi di aiutarmi a scivolare giù e
ricominciammo
a correre, a saltare sui massi più bassi e continuare a
correre,
dandoci anche degli spintoni o tirandoci a vicenda per i vestiti, al
fine di rallentarci la corsa. Ci stavamo divertendo come matti, tanto
che a furia di ridere mi si appannò la vista e non vidi un
ramoscello che rotolò sotto ai miei piedi, e che, se non
fosse stato
per Jared che mi fece atterrare sul suo petto, mi avrebbe fatto
sbattere il muso per terra.
“Ehi,
scimmietta, devi guardare dove metti le zampe!”, mi disse con
tono
dolce.
“Ma tanto ci
sei tu a salvarmi!”, gli dissi, dandogli un bacio sulla
guancia.
“Posso farti una foto?”, gli chiesi poi,
“voglio ricordarmi per
sempre di questo pomeriggio!”.
Lui annuì
contento. Presi la mia macchina fotografica dallo zaino – che
per
miracolo era ancora tutto intero –, gli scompigliai i
capelli,
facendogli finire più o meno sopra gli occhi, e gli dissi di
mettersi in posa sopra un macigno.
Gli scattai varie
foto, mentre lui si accucciava sulle rocce, oppure si sollevava sulle
braccia, appoggiando le mani su due massi vicini tra loro e alzando
le gambe, mostrandomi così la suola delle scarpe. Dio, era
tenerissimo, e sebbene i suoi occhi fossero in parte nascosti dai
capelli, mi guardavano con una dolcezza smisurata che mi faceva
perdere la testa. Era il mio cucciolo, il mio fortissimo cucciolo.
Ad un certo punto
fece un sonoro starnuto.
“Vedi? Te
l'avevo detto di non restare in canottiera!”, gli dissi
ridendo.
“Ma no, deve
essere il polline!”, si difese lui.
“Sì, certo. E
da quando sei allergico al polline?”
“Magari da
adesso!”, continuò lui.
“Ho io quello
che ci vuole per te!”, gli dissi. Presi la coperta che avevo
infilato dentro lo zaino e gliela misi sulle spalle.
“Ecco, così
sei perfetto. Un perfetto cucciolo piccolo e indifeso. Guarda, hai
anche il nasino rosso!”, gli dissi tra le risate.
“Non ti
preoccupare, cara mia. Avrò la mia vendetta, in questa vita
o
nell'altra!”, mi disse, citando con convinzione Russell Crowe.
“Ma stai zitto
e fatti fotografare!”, gli dissi. E gli scattai un'ultima,
tenera
foto.
Riprendemmo a
camminare e ci fermammo al limitare di un burrone, ci sedemmo per
terra e osservammo il panorama. Poi ci sdraiammo supini: io appoggiai
la testa sulla sua spalla sinistra e gli afferrai la mano destra, lui
mi mise il braccio dietro al collo e iniziò ad accarezzarmi
lentamente i capelli. Dopo qualche minuto parlò:
“Ti amo, Ross!”.
“Ti amo, Jay!”.
Quel momento,
quelle parole, quelle carezze, erano come una solenne promessa per
l'eternità, come se ci stessimo giurando un amore che
sarebbe andato
oltre i confini del tempo e dello spazio. Osservai il cielo, e pensai
che per sempre mi avrebbe ricordato i suoi occhi, in qualsiasi
momento e in qualsiasi luogo della mia vita, e che ad essi lo avrei
sempre paragonato.
“Jay, sai cosa
sto pensando?”, gli dissi, dopo alcuni minuti passati in
silenzio.
“Cosa stai
pensando?”, mi chiese dolcemente.
“Che mi sento
come... voglio dire... non sembra come se non fossimo mai stati vivi?
Come se avessimo appena cominciato?”, gli dissi, girando la
testa
verso di lui per guardarlo.
Lui mi guardò
comprensivo e socchiuse gli occhi, come se stesse pensando a
qualcosa.
“Magari per te
non è così, tu hai avuto una vita diversa dalla
mia... ma è quello
che sento io, lo sento dentro. Con te è come se avessi
iniziato a
vivere davvero, come se fin'ora io non avessi veramente vissuto, ma
solo sopravvissuto.”, gli spiegai.
“No, amore. Ti
capisco benissimo, perché è quello che sento
anch'io. Non c'entra
la vita che ho fatto... ho avuto esperienze diverse, è vero,
ma non
contano, su quanto dici tu non fanno testo. E' con te che ho iniziato
a vivere, proprio come se fosse la prima volta. Tu mi capisci, mi dai
forza, mi sollevi il morale, mi fai ridere, mi fai riflettere! E'
incredibile... è come se tu fossi il mio carburante! Non
riesco ad
immaginare il resto della mia vita senza di te... sarebbe tutto
triste, vuoto. Non c'è vita senza te!”.
Quello fu uno dei
migliori discorsi di sempre. Lo guardai commossa, sprofondai con il
viso nell'incavo del suo collo e lo abbracciai forte, lui mise
entrambe le braccia sulla mia schiena, coprendomi con metà
della coperta
che aveva addosso, mi strinse ancora più forte a
sé e mi diede un
dolce bacio tra i capelli. Restammo per un po' accoccolati, senza
dire nulla, finché non si alzò un venticello
pungente.
“Sarà meglio
andare o ci ammaliamo.”, disse lui, sollevando se stesso e me
da
terra.
“Stai facendo
progressi! Bravo! Prossima volta maglia della salute e cappotto di
lana!”, lo presi in giro.
“Tu invece
farai il cosplay di un eschimese?”, mi prese in giro a sua
volta.
“Ah-ah,
divertente! Voglio proprio vedere se non inizierai a buttarti addosso
ogni genere di indumento anti-freddo!”.
Mi alzai, aiutai
lui ad alzarsi, tornammo in macchina e partimmo alla volta del
supermarket. Comprammo il necessario per un decente pranzo di
benvenuto, cercando di trattenerci dal svaligiare il reparto
dolciumi, e tornammo a casa. Erano ormai le otto e trenta di sera.
Entrammo con le
borse della spesa in mano, e vedemmo un Tomo mezzo spaventato venirci
incontro e fiondarsi sui sacchetti, ce li tolse dalle mani senza
proferire verbo e li portò lesto in cucina. Di sicuro era in
ansia e
preoccupato di quello che avremmo potuto comprare e, di conseguenza,
di fare brutta figura con Vicki. Ma c'ero io con Jared, il pranzo di
domani era salvo, non aveva nulla da temere.
“Bene, grazie
ragazzi. Anzi, grazie Ross, a te non dico niente che sei negato per
la spesa!”, disse il chitarrista, tornando dalla sua
ispezione culinaria.
“Oh, ma grazie!
Bell'amico sei!”, gli rispose Jared, fintamente offeso.
“Quando serve!
Ah, a proposito, tra poco arrivano le pizze, le ha ordinate
Shannon!”, aggiunse il cuoco.
Io e Jared
andammo in sala, dove uno Shanimal addormentato si era impossessato
del divano. Ci guardammo in faccia con uno sguardo d'intesa, annuimmo
convinti e, al tre segnato dal dito medio di Jared, gli saltammo
letteralmente addosso.
“WHUAAAAAAAWH!!
MUDDAFUGGAZ!”, urlò la nostra vittima, spaventato
a morte.
Io e il mio folle
ragazzo scoppiammo a ridere, e continuammo fino alle lacrime, mentre
il povero batterista ci guardava come se avesse visto due marziani,
anzi, due terrestri.
“Ma vi siete
bevuti il vostro fottuto cervello? Venite qui, disgraziati!”,
ci
apostrofò, poiché noi ce la demmo a gambe e lui
iniziò ad
inseguirci.
Ci fermammo solo
quando Tomo ci puntò davanti alla faccia due grandi cartoni
contenenti due pizze famiglia, olfattivamente molto promettenti.
Mangiammo con
relativa tranquillità, tra le chiacchiere, l'impazienza per
l'indomani e altre risate causate dal dolce risveglio di Shannon.
Poi io e il mio
Jay demmo la buonanotte ai ragazzi, salimmo in camera e, esausti come
poche volte, sprofondammo tra le braccia di Morfeo praticamente
subito.
Bene, questo è
il capitolo più lungo scritto fin'ora, ma a mio parere ne
è valsa
la pena!
Spero siate anche
voi del mio stesso parere.
Qui vediamo Ross
e Jay (conosciuti anche come 'JOSS' o 'RAY', per chi ama i nomi fusi.
...Voi quale preferite tra i due?), divertirsi e riflettere sulla
loro storia, capendo di essere davvero fatti l'uno per l'altra. Avete
notato i versi della splendida 'R-evolve' pronunciati da Ross? Bene,
teneteli a mente.
Detto questo, ci
si vede al pranzo con la nostra SuperOspite Vicki! Non mancate!!
Come sempre:
baci, abbracci, e tante coccole dalla vostra Pomegranate.
Stay tuned, be
martian!
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Capitolo 8 *** Welcome Vicki! ***
Ciao, carissimi!!
Con dieci giorni di ritardo (ma mi si perdonerà), sono
tornata!
Buona lettura!
Aprii lentamente
gli occhi e cercai di ricordarmi chi fossi, dove mi trovassi e in che
secolo fossimo. Poi la mente cominciò piano piano a
liberarsi dallo
stato onirico e mi misi seduta. Oggi sarebbe venuta Vicki ed io ero
ancora a letto, e per di più non sapevo neanche che ore
fossero. Le
tapparelle erano abbassate e non vedevo la luce. Allungai una mano
verso la mia destra, per tastare il resto del materasso: vuoto. Jared
doveva essere già sceso. Guardai l'ora sul cellulare: le
11:47.
Cavolo. Mi alzai lentamente, onde evitare di finire per terra, alzai
le tapparelle e una luce abbagliante illuminò tutto, era una
bella
giornata. Andai in bagno, mi lavai, indossai i miei amati jeans, le
mie Nike bianche e un maglioncino a righe colorate. Alzai i capelli
in una coda alta, mi fiondai sulle scale e raggiunsi la cucina.
Volevo fare uno scherzo ai ragazzi, così mi appostai
sull'uscio, in
attesa del momento adatto per un'entrata teatrale. Vidi Jared entrare
dalla grande finestra che dava sul giardino e, senza vedermi,
mettersi davanti ad un pentolone, mescolando qualcosa al suo interno.
E come già altre volte, come sempre, mi incantai a
guardarlo. Aveva
una camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti, un
grembiule allacciato alla vita, anch'esso bianco, dei pantaloni grigi
e un paio di scarpe nere con un piccolo tacco quadrato. Dio, com'era
sexy! Stavo per avvicinarmi a lui di soppiatto, quando mi sentii
sollevare dai fianchi e, per la paura, emisi un acuto degno di Celine
Dion.
“Buongiorno sisthaaaaa!!”.
“Shannon!! Ti sembra il
modo? Stava per venirmi un infarto!!”, lo rimproverai,
guardandolo
dall'alto in basso, mentre lui mi teneva ancora su per la vita.
Jared
si voltò di soprassalto, mi sorrise e fece per venire verso
di noi,
ma ovviamente lo Shanimal corse via, con me ancora in braccio. Io
scoppiai a ridere, guardando con nostalgia il mio ragazzo.
“Shan!
Fammi salutare la mia ragazza! Torna qui!”, iniziò
a dire
Jared.
“Dai Shan, mettimi giù!”; dissi io, tra
le
risate.
Finalmente quello mi mise giù, corsi dal mio Jay, ma, non
appena fummo l'uno davanti all'altra... DLIN DLON.
Dovevano
essere Tomo e Vicki.
Jared mi prese, mi diede un veloce, tenero
bacio, e andammo alla porta, insieme a Shannon, che
aprì.
“Eccoliiiii!”, disse allegro il mio cognatino,
salutando entrambi. “Piacere di conoscerti, Vicki! Io sono
Shannon!”.
La ragazza era bassina, aveva un viso piccolo e
simpatico, gli occhi di un grigio-azzurro, molto luminosi, e i
capelli castani, di media lunghezza, legati in una piccola coda
appena sopra la nuca. Indossava una maglia blu scuro, dei jeans neri
e un paio di scarponcini viola, con il logo della Nike. Che bello,
anche lei ama le scarpe della Nike, pensai.
“Ciao! Io sono
Jared! Felice di averti qui!”, la salutò il mio
ragazzo,
stringendole la mano.
Poi toccò a me. Le strinsi anch'io la mano
e le dissi: “ Benvenuta Vicki! Io sono Ross!”.
“Ciao! Ho
sentito parlare di te!”, mi disse con un ampio sorriso.
Sembrava
più a suo agio adesso che aveva constatato la presenza di
un'altra
donna.
“Davvero? Spero che Tomo non ti abbia stressata
troppo!”,
le dissi sorridendo.
“Ehi! Io non stresso nessuno!”,
intervenne il Santo.
“Nooo, nelle ultime ventiquattr'ore mi hai
parlato praticamente solo di loro!”, gli disse Vicki,
dandogli una
pacca sul braccio.
Ci mettemmo tutti a ridere. Era una ragazza
davvero simpatica.
Poi Shannon parlò: “Se i piccioncini
vogliono accomodarsi fuori, abbiamo approfittato della giornata
soleggiata per apparecchiare in giardino. Vi consiglio di rimanere
lontani, molto lontani, dalla cucina, oggi, giacché questo
disastro
ambulante di mio fratello si è messo in testa di cucinare.
Vi prego,
non avvicinatevi ai fornelli, potrebbe essere l'ultima cosa che
fate!”
Quelle parole causarono un'intensità di emozioni mai
vista prima: Tomo si mise le mani nei capelli e corse in cucina,
Vicki soffocò una risata con una mano davanti alla bocca,
guardando
Jared con gli occhi spalancati, io scoppiai a ridere, il mio ragazzo
guardò con occhi assassini il fratello e quest'ultimo
assunse l'aria
di uno che l'aveva detta grossa e alzò le mani in segno di
resa.
“Per fortuna non sta ancora bruciando nulla! Ma adesso ci
penso io!”, disse Tomo, tornando dalla cucina con un
grembiule in
mano.
“No, ti prego! E' una ricetta di mamma, mi ha detto i
passaggi da fare per telefono. Guarda, l'ultima chiamata è
di dieci
minuti fa!”, piagnucolò il mio ragazzo, puntando
il suo BlackBerry
davanti alla faccia del chitarrista-cuoco.
“Lo aiuterò io,
Tomo, non ti preoccupare! Oggi tu e Vicki siete nostri
ospiti!”,
dissi io, difendendo il mio ragazzo che sembrava tenerci davvero
tanto a 'cucinare'.
Tomo sembrò convincersi e andò in giardino
insieme a Vicki. Jared, intanto, rispose al suo cellulare che aveva
iniziato a squillare, doveva essere Constance. Io, invece, andai a
chiudere la porta di casa che era rimasta aperta, e Shannon mi
seguì.
“Vostra madre è proprio una brava donna, se si
preoccupa così per voi.”, gli dissi.
“Già. Ma credo che, più
che altro. sia perché non vuole che suo figlio salti in
aria!”,
disse quello, ridendo.
“Ma tu non riesci mai a stare serio?!”;
gli chiesi tra le risate. Chiusi la porta, e un attimo prima di
togliere la mano dalla maniglia, Shannon mise la sua sopra la mia. La
cosa mi stranì parecchio.
“Stai bene?”, mi chiese,
guardandomi serio.
“Shan, certo che sto bene! L'ultima volta che
mi hai vista è stata ieri sera, cosa vuoi che mi sia
successo nel
sonno?”.
“Niente... scusa. E' che mi preoccupo per te”, mi
rispose, avvicinandosi un po' troppo.
Eh? “Non dovresti...
voglio dire, sto bene! Piuttosto, tu, ti senti bene? Sei
strano...”,
gli dissi, e per qualche motivo mi misi sulla difensiva, come se
stessi iniziando ad avere paura di lui.
Lui guardò in basso, fece
un sorriso sghembo e poi mi guardò, saldando ancora di
più la sua
presa sulla mia mano. La situazione stava diventando imbarazzante,
oltre che pericolosa. Tuttavia, il suo sguardo era dolce, ed era come
se volesse dirmi qualcosa. Sollevò la mano libera
– la destra –
e la mise sulla mia guancia, come per accarezzarmi. Stavo per
togliergliela, per chiedergli che cavolo gli fosse preso, per
allontanarmi, quando sbucò Jared, con il BlackBerry ancora
in mano,
la bocca mezza spalancata e lo sguardo confuso. Shannon si
allontanò
di un passo da me. Io stavo per parlare, ma, ancora una volta,
dovetti inghiottire le mie parole mute.
“Ma che cosa state
facendo? Shan?!!”.
“Jay, non è
successo niente!”, iniziai a dire, spaventata di cosa avesse
potuto
pensare. Volevo calmarlo, fargli capire... che neanche io capivo cosa
stava succedendo. O forse non volevo capirlo? Mi avvicinai a lui e
gli presi un braccio. “Credimi, per favore...”.
“No, senti, ne
ho abbastanza di voi due!”, disse di rimando lui, arrabbiato.
“Shan, che cazzo! Non ti sembra di esagerare?!”
“Jay, per
favore, calmati. Non è successo niente, stavamo solo
parlando”,
disse Shannon, con voce apparentemente calma.
“Certo, e
devi
parlarle a due millimetri di distanza? Devi toccarla continuamente?
Non me la dai a bere, Shan!”. Poi guardò me:
“E tu non dici
niente?”
“Jay... te l'ho detto, non è successo niente,
non...”, cominciai a dirgli.
“Scusami, bro. Cercherò di
abbracciarla meno, va bene? Non succederà più!
Non litighiamo,
dai..”, disse il batterista, guardando il fratello con occhi
di
scusa. Era sinceramente dispiaciuto.
Jared gli puntò lo sguardo
addosso, sembrava in conflitto con se stesso. Poi parlò,
mettendomi
un braccio intorno alle spalle: “Va bene, ma non fatemi
più questi
scherzi!”. Era più calmo, ma il suo animo non era
tranquillo.
Shannon raggiunse Tomo e Vicki, mentre io e il mio
ragazzo andammo in cucina.
“Allora, che cosa abbiamo qui? Cosa
ti ha consigliato quella santa donna di tua madre?”, gli
chiesi.
“Pasta e pomodori con asparagi!”, rispose fiero.
Tirai
mentalmente un sospiro di sollievo, anche lui aveva pensato che, per
ora, era meglio accantonare il discorso su quanto era successo.
“Mmh,
buono! Sei a buon punto, vedo! Adesso devi aggiungere gli asparagi
alla pasta e mettere tutto in padella!”, gli dissi, dato che
aveva
lasciato gli spaghetti con i pomodori a pezzetti dentro la pentola e
una ciotola con gli asparagi a parte.
“Perché in padella?”,
mi chiese, iniziando a spezzettare gli asparagi con un coltello.
“Per
amalgamare il tutto e... riscaldare, dato che hai lasciato la pasta
lì a freddarsi!”, gli risposi con un sorriso.
“Mh, ok! Sei tu
la chef!”, mi disse, dandomi un bacio sulla fronte.
“Lo chef è
Tomo! Io sono solo italiana!”, gli dissi, fingendo poca
modestia
per le mie origini.
“Già, è vero. Devo ancora imparare bene
la
pronuncia del tuo cognome... è difficilissimo!”
“Ripeti
insieme a me: Pit-ta-rel-li!”. Quante volte glielo avevo
fatto
ripetere negli ultimi mesi?, pensai ridendo.
“Pit-tau-relli-elli!”,
disse lui, guardandomi come si guarda la maestra dell'asilo.
Scoppiai a ridere, come ogni volta che lo pronunciava; però
mi
piaceva da matti, era incredibilmente tenero e sexy quando lo
diceva.
“Ma lo sai che sei sexy quando lo dici?”, gli
dissi,
maliziosa.
“Non mi provocare, piccola!”, mi rispose, con lo
sguardo da malandrino e il coltello in mano, aveva appena finito di
tagliuzzare gli asparagi.
“E con questo completino, poi... mamma
mia!”, continuai io.
Lui mi afferrò per i fianchi e si
avvicinò al mio viso: “Sono alcuni dei vestiti di
Vit, quelli che
mette quando cucina!”
“Mh, se questi sono così sexy, non oso
immaginare gli altri...!”, ribattei.
“E' tutto
merito della persona che li indossa!”, disse lui, guardandomi
avido.
Gli diedi un casto bacio sulle labbra e cercai di inibire i
miei ormoni, c'era una causa – al momento –
più importante.
“Dai, metti tutto in padella adesso!”
Lui eseguì, io
regolai la fiamma e gli diedi una dimostrazione di come mescolare il
tutto. Gli consegnai il cucchiaio di legno e lui mi imitò.
“Per
caso viene anche Matt, oggi?”, gli chiesi, poiché
mi era venuto in
mente che il quarto membro della band lo vedevamo piuttosto
raramente.
“No, non verrà. Sta con la sua ragazza, Libby.
Sai,
stanno progettando il matrimonio!”, mi informò.
“Davvero?
Oddio, non lo sapevo! Che bello!”, dissi, sinceramente
contenta.
Rimasi a guardarlo mentre girava gli spaghetti in
padella, e quando ritenni che erano pronti, gli dissi di spegnere la
fiamma. Prese la padella e ci dirigemmo in giardino.
“Ragazzi,
un applauso al cuoco del giorno! Siamo ancora vivi e, forse,
mangeremo qualcosa di buono!”, dissi io ai ragazzi seduti al
tavolo. Questi applaudirono rumorosamente, ridendo, oppure, come nel
caso di Shannon-sono-sempre-serio, dicendo
“Buuuuu!”. Jared posò
la padella al centro della tavola, ci sedemmo, e cominciammo a
servirci.
“Ma è buonissima! Jay, fai i complimenti a tua
madre
da parte mia!”, disse ad un certo punto Tomo.
“Ehi! Guarda che
ho cucinato io!”, lo corresse Jared.
“E complimenti
anche a te, Ross!”, disse di nuovo il nostro amico.
“Cosa?!
Lei è stata solo a guardare...”, disse il mio
amorevole ragazzo.
Gli diedi un pugno sul braccio.
“Non ci credo
neanche se lo vedo!”, continuò Tomo,
“Dobbiamo ringraziare le
tue due donne se quest'oggi abbiamo ancora tutti gli arti attaccati
al corpo!”. Vicki e io sbuffammo a ridere, mentre Shannon si
limitò
a sghignazzare.
Jared fece il
finto offeso, al suo solito, ma poi mi strinse a sé con un
braccio,
mi guardò con tenerezza e disse: “Già,
le mie uniche donne, che
mi salvano la vita ogni volta!”
Continuammo a mangiare e a
chiacchierare del più e del meno, poi il mio Jay
parlò di nuovo:
“Ah, quasi dimenticavo... mia madre ci ha invitati tutti da
lei per
il pranzo di Natale!”
“Oh, che
bello!! Io non l'ho ancora conosciuta!”, dissi entusiasta,
rivolgendomi soprattutto a Vicki.
“Davvero? E' da poco che tu e
Jared state insieme?”, mi chiese lei.
“Da tre mesi, più o
meno!”, le risposi, ricordando quella calda giornata di fine
agosto
in cui il mio cuore si era come bloccato. O forse, era fermo prima, e
aveva iniziato a battere.
“Sul serio?!
Non si direbbe... voglio dire, sembra che vi conosciate da
sempre!”,
disse, con un'espressione meravigliata sul volto.
Io le sorrisi, e
ancora una volta ringraziai la fortuna – o
fato/caso/destino/provvidenza, chiamatelo come volete – per
avermi
fatto incontrare la mia anima gemella.
Eccoci alla fine
di questo lungo capitolone di ben 2036 parole (sì, le ho
contate con
il mio LibreOffice)!
Aaaallora:
Finalmente conosciamo la
nostra Vicki! Parla poco in questo capitolo, ma capitela (che gioco
di parole meraviglioso!), è appena arrivata e deve ancora
prendere
confidenza. Datele tempo, e avrà molta più
importanza nei capitoli
che seguiranno.
Questione Shannon: non rimproveratemi,
perché
non ho la minima intenzione di farlo passare per il cattivo della
storia! Assolutamente no! Il perché/come/quando/dove lo
capirete
#soon, non posso farvi spoiler!
Ross: come da
lettura, è italiana. Il cognome non è,
però, quello dell'autrice
di questa storia (l'autrice sarei io, che vi rompo con le scritte in
blu, LOL), così come il nome. Sono di mia invenzione (va
beh, il
cognome l'ho spulciato su Cognomix). Per cui, se doveste, per caso,
trovare una qualche Rossmary Pittarelli nel mondo, sappiate che non
è
né l'autice, né la co-protagonista del racconto
(che fa pure
rima!).
Bon, ci vediamo alla prossima!
BACIONISSIMI!
(SENZA KAFFE'E'E'E')!...
Stay tuned, be martian!
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