The beating of our hearts

di Pomegranate6277
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Finally fully our ***
Capitolo 2: *** To the destination ***
Capitolo 3: *** Oh my sweetie! ***
Capitolo 4: *** Stars ***
Capitolo 5: *** LA ***
Capitolo 6: *** Lucky girl ***
Capitolo 7: *** Soulmates ***
Capitolo 8: *** Welcome Vicki! ***



Capitolo 1
*** Finally fully our ***


INTRODUZIONE

Ciao bellezze! E' da un po' che leggo le bellissime storie che popolano questo blog, e finalmente mi sono decisa a scriverne una anch'io e pubblicarla!
Sono ben accetti (accettatissimi) consigli, riflessioni, critiche educate e costruttive e commenti vari (sempre rispettando i dettami dell'educazione), perciò sentitevi liberi di scrivermi! Non pratico alcuna forma di cannibalismo, per tanto andate sul sicuro.

Grazie a chiunque abbia la curiosità e la voglia di fiondarsi in questa storia, la quale vede protagonisti il bel Jared OcchiBlu Leto e una ragazza che gli ruberà il cuore.
Ovviamente, ci saranno anche gli altri membri della nostra amatissima band, e qualche nuovo, ancora sconosciuto, personaggio.

Mi auguro che questa storia riesca a farvi provare delle emozioni, qualsiasi esse siano.

Con tutto l'affetto che posso imprimere in una pagina di testo computerizzata,
vostra Pomegranate.

 

 


“Amore tutto ok?”, mi chiese urlando il mio ragazzo mentre saliva le scale per raggiungermi in bagno, dove stavo finendo di sistemarmi i capelli.
Affacciai la testa dalla porta dicendo “sì” e... mi incantai a guardarlo. Aveva i capelli lisci ben pettinati, completamente castani, dopo che io avevo insistito per fargli togliere tutto quel biondo che aveva tenuto per un po' di tempo, e indossava un completo elegante, ma non troppo, composto da camicia, pantaloni e giacca neri, una cintura color ocra e un paio di scarpe da ginnastica nere con la suola bianca in evidenza. Mi incantai perché quell'abbigliamento esaltava in una maniera angelica i suoi occhioni dolci, luminosi e azzurri come zaffiri.
“Cavolo. Sei bellissimo.” gli dissi, ammaliata.
“Meno male! Tutto questo monocromatismo non mi piace per niente!”, si lamentò mentre mi abbracciava, dandomi poi un bacio in guancia.
“Ma come siamo casti oggi!”, gli dissi mentre, con un sorriso, gli allacciavo le braccia al collo, “Comunque non sei monocromatico. Hai la cintura ocra e la suola delle scarpe ben in evidenza! Non sia mai che diventiamo troppo eleganti, eh?”
“Dai! Lo sai che mi piacciono i colori!” Ribattè lui.
“Lo so amore mio, ti capisco perfettamente! Ma che ci vuoi fare? La prossima volta non farti più dare vestiti da nessuno!”
“No amore, sceglierai tu i miei vestiti”
“Ecco bravo!”, gli dissi dandogli un bacio su quelle labbra perfette, “adesso però fammi finire di sistemare i capelli, se no facciamo tardi!”
“Nooo voglio stare con te!! Coccolami!”
“Ti coccolo dopo, dai!”, gli risposi ridendo e allontanando le sue braccia da me, per correre in bagno prima che potesse riacciuffarmi e chiudere la porta a chiave.
“Ah si? Dopo ti faccio vedere io!”
“Va beeeene!”, gli risposi mentre mi guardavo allo specchio con un sorrisone stampato in faccia. Cercai di dare un senso alla mia lunga capigliatura corvina, abbastanza mossa per non stare ferma in alcun modo, ma non abbastanza per rendere quelle ciocche ricce e ribelli. Li alzai arrotolandoli in una sorta di acconciatura, lasciando qualche ciocca ondulata ad incorniciarmi il viso. Poi misi un altro po' di eyeliner per definire meglio il contorno dei miei grandi occhi marrone scuro, e pensai che il mio colore era quasi opposto al suo. Finita la delicata operazione, guardai la mia figura riflessa: magra ma con un accenno di muscolatura, che a detta di Jared mi rendeva sexy. Per l'occasione avevo deciso di indossare un abito senza maniche di un bel verde smeraldo, con la parte bassa che andava leggermente a stringere a arrivava sopra il ginocchio. Ci avevo abbinato un paio di tacchi dorati dal design leggero ma elegante. Abbastanza soddisfatta di me stessa, infilai i miei adorati bracciali al polso e uscii dal bagno.
“Finalmente! E come siamo sexy!”, mi disse quello spettacolo della natura spaparanzato sul letto.
“Ha parlato Mister Mondo”, gli dissi mentre gli porgevo una mano per farlo alzare. Ma ovviamente lui, invece di alzarsi, mi tirò a sé!
“Ahi, ma sei matto? La mia acconciatura!”
“Non si rovina tranquilla!”, mi disse mentre cercava di sovrastarmi col suo corpo.
“Dai Jared, dobbiamo andare! Facciamo tardi!”, gli dissi ridendo, cercando invano di farlo ragionare.
“Tranquilla baby, il taxi arriva tra dieci minuti.” Si era affidato al suo (e mio) metodo preferito per farmi andare fuori di testa: voce sexy e sussurri all'orecchio. Ma perché?
“Dai smettila, cretino! Il taxi non aspetta mica eh! Togliti da qui, alziamoci!”. Ma le mie parole dicevano tutto il contrario del mio corpo, tant'è che mi misi ad accarezzargli la guancia, per poi passare alle labbra, mentre i miei pensieri sparivano di fronte ai suoi occhi marziani che mi guardavano con desiderio. Senza neanche accorgermene, ci ritrovammo a baciarci a toccarci ovunque con avidità. Lui iniziò ad alzarmi il vestito, io cominciai a trafficare con la sua maledetta cintura; finalmente riuscii a slacciarla e lanciarla sul pavimento, mentre lui mi sfilò gli slip e con poca grazia li mandò a far compagnia alla cintura; gli abbassai i pantaloni con non poca difficoltà, giacché era completamente sopra di me e mi mordicchiava il collo, poi lo afferrai per le spalle e lui entrò dolcemente dentro di me, continuando a ricoprirmi di morsi e baci, e non capii più niente. Raggiungemmo insieme il picco massimo del nostro amore, felici ed esausti, coi capelli ormai spettinati e il cuore in subbuglio.
Era la prima volta che lo facevamo. Ci conoscevamo da tre mesi, ma non ci eravamo mai lasciati andare così, soprattutto per la mia paura, in quanto non lo avevo mai fatto con nessuno. Quel momento fu davvero... magico! Pieno! Di certo, non avevo immaginato così la mia prima volta, avevo sempre sognato preliminari e coccole di chiusura, mentre questa era stata più una sveltina. Ma andava bene lo stesso, ero felice, e lo avevo fatto con l'uomo che amavo davvero.
Restammo abbracciati, senza dire nulla, il nostro silenzio ero colmo di amore, come mai prima di quel momento. Eravamo un'unica cosa, completamente nostri. Persi la cognizione del tempo, quando tutto d'un tratto il suono prolungato di un clacson ci fece sobbalzare.
“Oh cazzo”, disse lui con gli occhi spalancati, “il taxi!!”
Scoppiai a ridere, lo baciai, lo spinsi ben bene sul letto, come a farlo sprofondare, mi misi velocemente in piedi e recuperai slip e cintura, lanciando quest'ultima sul suo stomaco. Con mia grande sorpresa, lui non se ne accorse neanche, rimase lì, immobile, con gli occhi spalancati e la bocca mezza aperta. Lo afferrai per le braccia e lo misi seduto, cercando di fargli afferrare la cintura con una delle sue mani, che in quel momento sembravano essere prive di ossa.
“Ehi! Ti sei rimbambito?”
Finalmente si decise a guardarmi, ovviamente negli occhi, tanto per farmi perdere di nuovo il controllo della situazione che avevo faticosamente acquistato. “Ti amo, lo sai?”
Mi sciolsi come neve al sole. Gli buttai le braccia al collo e finimmo di nuovo sdraiati sul letto, con lui che mi teneva stretta e io che, sopra di lui, iniziavo a baciarlo all'altezza dell'orecchio. “Ti amo anch'io”, riuscii a mormorare.
Un secondo, e più prolungato, suono di clacson ci riportò alla realtà, e stavolta fu lui a parlare: “Dai su, dobbiamo andare!”
“Uff, ok!”, mi sollevai e mi alzai dal letto, desiderando di tornare ad un secondo prima. Si alzò anche lui e indossò velocemente la cintura, mentre io corsi in bagno per dare un senso all'acconciatura, ma mi tremavano le mani e così decisi di lasciarli sciolti, ci avrei pensato in macchina. Lui ebbe la mia stessa idea, dato che si passò freneticamente le mani tra i capelli guardando il proprio riflesso sul vetro della finestra, poi afferrò la giacca – non mi ero accorta che anche quella era finita per terra – e mi prese per mano. Io afferrai di passaggio la mia borsa e ci lanciammo sulle scale, raggiungemmo l'entrata e ci fiondammo fuori dalla porta, che lui chiuse con un botto. Fortuna che avevo già messo le chiavi in borsa e che la porta si chiudeva dall'esterno senza bisogno di chiavi.
Cercando di darsi un contegno, mi aprì la portiera e mi fece entrare sul taxi – non era momento del galateo!! - entrò anche lui e, scusandosi diplomaticamente con il tassista, gli comunicò la via della destinazione.

 


Ed eccoci alla fine di questo primo capitolo!! Cosa ne pensate?
Dove sono diretti i nostri piccioncini? Perché si sono vestiti così "eleganti"?
Avete notato che non compare il nome della fortuntata fanciulla che ha catturato il cuore del nostro OcchiDiGhiaccio?
Queste e altre curiosità verranno soddisfatte nel prossimo capitolo!!

Stay tuned, be martian!
A presto, baci e abbracci.

Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

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Capitolo 2
*** To the destination ***


Eccomi qui!! Are you ready?????

Va beh, buona lettura cari!
* diventa sempre più piccola fino a sparire con un sonoro “puf!” *



Il tassista annuì con un grugnito e diede gas all'acceleratore.
“Jared, prima mi sono dimenticata di dirti che i pantaloni ti stanno un po' grandi.”, lo informai, ricordando di aver notato come questi gli si afflosciavano sopra le scarpe.
“Lo so amore mio, prossima volta fai tu!”
“Mi sa proprio di sì!”, dissi con un sorriso, mentre trafficavo con le mani dentro la mia borsa.
“Passami lo specchio!”, mi ordinò il mio ragazzo.
“Aspetta! Serve a me! Anzi, fai una cosa: tienimelo, così, a quest'altezza, bravo!”, gli dissi mentre gli ficcavo il mio specchietto nelle mani, alzandolo e abbassandolo per vedere bene il mio riflesso e potermi sistemare i capelli. Finalmente riuscii a produrre una copia dell'acconciatura che avevo fatto prima di...
“Amore, stai bene? Sei tutta rossa”, mi fece notare.
“Sì, sto bene... prendi pure lo specchio. Aspetta, te lo tengo io!”. Non ebbi il coraggio di dirgli che stavo pensando ai minuti passati, mi imbarazzava parlarne. Vederlo lì, che cercava di lisciarsi i capelli con le mani, mentre qualche minuto prima era sopra di me, mezzo nudo... anche se era il mio ragazzo ed era una cosa normale, per me quest'intimità era una cosa nuova. Bellissima e speciale, certo, ma che ancora non sapevo come gestire.
“Che ne dici? Ti sembrano apposto?”, mi fece sussultare e riscuotere dai pensieri.
“Mmh, aspetta, qui sono ancora in aria!”, gli dissi, cominciando a sistemare quella capigliatura morbida e setosa. Toccarlo così, con dolcezza, dopo quello che era successo, mi mandava in escandescenza, come se fosse il primo giorno da fidanzati. E il fatto che lui mi guardava con degli occhi che emanavano una tale tenerezza, capace di far scendere sulla Terra tutti gli angeli del Paradiso, non mi aiutava a restare pienamente lucida.
“Ecco, così va meglio!”, gli dissi.
“Grazie”, e mi diede un bacio a fior di labbra. Poi, come se avesse intuito i miei pensieri, mi fece accoccolare sul suo petto e mi disse: “Ti senti bene?”, seguito da un tenero bacio sulla fronte.
Mio Dio, stavo per assumere la consistenza di un omogenizzato per bambini.
“Sì Jay, sto bene. Grazie, di tutto. Non mi sono mai sentita meglio in vita mia!”
Come risposta mi strinse ancora di più a sé e mi diede un bacio sulla guancia. Erano le coccole di chiusura che mi ero sempre figurata nella mia mente? Sì, ed erano anche meglio.
Dopo una manciata di minuti in cui non dicemmo più nulla, il tassista fermò il veicolo: “Eccoci arrivati! Potete scendere!”, ci disse con una cortesia un po' forzata.
“Grazie, quanto le devo?”, gli chiese Jared, con il portafogli in mano.
“Sono 24 dollari e 80 cent.”
“Ecco a lei! Grazie ancora, buona giornata!”
Scendemmo dalla macchina e... quello che vedemmo fu una strada piena zeppa di persone. Sul ciglio sinistro, una folla eclatante si sbracciava dietro le transenne e sventolava dei grandi striscioni bianchi, mentre il lato estremamente a destra, di fronte all'entrata di un locale pieno di luci lampeggianti – e accecanti -, era stato ricoperto da un lungo tappeto rosso, delimitato da una sorta di ringhiera fatta con paletti e corde anch'essi scarlatti, al centro della quale si stagliava un manifesto che riportava la locandina del film e, in basso, il titolo: 'Alexander'.
“Sei nervoso?”, gli chiesi, un po' in soggezione per tutta quella gente che a breve si sarebbe accorta del nostro arrivo.
“Abbastanza”, mi disse, “ma poi passa. Dopotutto, una premiere è più o meno come un concerto: una volta arrivato lì, sei sul pezzo e non hai più paura. Fai quello che devi e va bene così. Tutte quelle persone ti fanno sentire amato e non ti devi più preoccupare, nessuno ti farà del male. Solo, mi raccomando di fare attenzione ai fotografi e ai paparazzi, vedendoti arrivare insieme a me potrebbero dare di matto. Io ci sono abituato, ma credimi, possono essere parecchio fastidiosi e spiacevoli.”
Io annuii, un po' spaventata, ma anche eccitata. Lui mi prese per mano e percorremmo in silenzio gli ultimi metri che ci separavano da quel luogo illuminato a giorno.
Non appena fummo visibili, un tizio in carne e dall'aria affannata ci corse incontro, e per poco non finiva addosso al mio ragazzo.
“Jared! Grazie al cielo, sei arrivato! Stanno aspettando tutti te per iniziare! Buon dio figliolo, ma che stavi facendo?”, disse, ancora affannato e leggermente nel panico. Notai che il suo sguardo cadde sulle nostre mani unite, per poi posarsi sulla mia figura con aria interrogativa.



CAPITOLO DUE: THE END.


Ecco i nostri piccioncini arrivare alla premiere del film 'Alexander', svoltasi realmente a New York alla fine del 2004 (se non ricordo male).

Quel buon signore affannato è Oliver Stone, il regista, anche lui presente alla premiere.


“E il nome della fanciulla? #esciloooo”, mi direte. GNO!!

Scherzo, dal prossimo capitolo ci sarà davvero! E poi non è cuccioloso Jared che continua a chiamarla “amore”? Un po' di mielaggine non guasta mai, su!


Comunque, vi è piaciuto questo capitolo? Avete delle proposte/riflessioni/consigli? Anche solo una recensione piccola piccola mi farebbe capire se il mio lavoro funziona oppure no.


Grazie, baci, e a presto. Smack.

Stay tuned, be martian!

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Capitolo 3
*** Oh my sweetie! ***


Dolcezze, la vostra Pomegranate è tornata!!

Buona lettura! - * offre biscotti * - .


“Tranquillo, Oliver, respira! Lei è con me! E' Rossmary, la mia ragazza.”, cercò di calmarlo Jared. Al suo 'Rossmary', storsi un po' la bocca, non mi piaceva essere chiamata con il mio nome completo, mi ricordava brutte vicende del passato, e poi non c'ero neanche abituata, perché tutti mi chiamavano semplicemente Ross. Quando ero piccola, mia madre aveva anche insistito per far accettare questo diminutivo ad alcuni parenti.
Scacciai via i pensieri e sorrisi ad Oliver a mo' di saluto.
“Ehm... va bene. Andiamo dai, venite!”, disse il regista con un tono preoccupato.
Appena la folla ci vide, anzi, lo vide arrivare, urlò all'impazzata, iniziando a sventolare macchine fotografiche, fogli e.. quaderni? Evidentemente, qualcuno notò che c'ero anche io, perché da un punto indistinto sentii urlare: “Oh mio dio!! E' la sua ragazza?!? Bella!!”. Beh, quantomeno mi apprezzavano, meno male!
Jared abbracciò un signore che evidentemente faceva parte anche lui del film, scambiò velocemente due parole con lui, e fece per andare verso quella gente che lo reclamava a gran voce, ma Oliver lo bloccò: “Jared!! Non c'è tempo per gli autografi! Devono fotografarti e poi entriamo subito! Vai di là. No figliola, tu non puoi, aspetta qui.”, aggiunse poi, rivolgendosi a me.
Un po' stordito, il mio ragazzo annuì, si mise le mani sui fianchi e andò in pasto ai fotografi. Ma quanti erano? Lo stavano letteralmente accecando!! Tutti quei flash che rimbalzavano sulla sua figura lo facevano somigliare ad un fantasma dai colori bianco-blu. Rimasi a guardarlo incantata, e pensai che era bello, davvero bello, di una bellezza che ti inchioda e non ti lascia scampo. E poi era dolce, dannatamente dolce! Dio, se era dolce! Sembrava un cucciolo indifeso, ma che allo stesso tempo emanava una sicurezza in grado di tranquillizzarti, di riappacificarti con te stessa e con il mondo intero. Che cosa avevo fatto nella mia vita per meritarmi un angelo come lui? Vidi che ogni tanto guardava verso di me. Presi la macchina fotografica dalla mia borsa – che per fortuna avevo impostato con la modalità senza flash – e gli scattai una foto anch'io.
Quando finalmente arrivò alla fine di quella fila di fotografi affamati, si fermò a scambiare due parole con una collega, Rosario Dawson, che a parer mio era fin troppo affettuosa! I paparazzi, ovviamente, non si fecero sfuggire l'occasione e si piombarono addosso ai due, iniziando a fare domande e a scattare foto a raffica. Ma non si bruciavano mai quegli aggeggi? Poi, forse sotto consiglio di qualche paparazzo, o forse no, Jared diede un bacio sulla guancia a Rosar... a quella, la quale lo abbracciò strizzando gli occhi e mostrando una grande dentatura, talmente bianca e perfetta da far invidia agli stessi dentifrici. Eh no! Non davanti di me! Questa il signorino me la doveva spiegare!
Una vecchina, poi, si avvicinò e interruppe i due, e, tutta contenta, alzò le braccia verso il mio ragazzo, che l'abbracciò con una tenerezza e un sorriso disarmanti. Non c'era nulla da fare, lo amavano proprio tutti. Lui mi scorse e mi fece segno di avvicinarmi, io eseguii e li raggiunsi.
“Ohhh, è la tua ragazza, caro?”, chiese quell'adorabile signora, ancora appiccicata a Jared.
“Sì! Bella, non è vero?”, rispose lui, guardandomi.
“Piacere signora, io mi chiamo Ross!”, mi presentai, “Guardi che, se vuole, può portarselo a casa! Glielo lascio volentieri!”, aggiunsi, scherzando.
“Ah si? Allora sposiamoci signora, quando vuole lei!”, rispose quel disgraziato, tenendo il mio gioco. Di tutta risposta, la signora si mise a ridere come una ragazzina e se lo strinse ancora di più.
“Se volete vi lascio soli!”, continuai io, e quella rise, se possibile, ancora di più, poggiandogli una mano sulla guancia, mentre Jared mi guardava divertito. Non resistetti a tutta quella tenerezza e scattai loro una foto. Mi riempiva il cuore vederlo così dolce, disponibile, umano.
Ad un tratto comparve il buon Oliver, che ci informò che era ora di entrare.
La vecchina abbracciò ancora di più Jared, poi si staccò e venne ad abbracciare anche me.
“Siete molto belli insieme, voi due! Molto belli!”, poi prese le nostre mani e ce le fece unire. “Siete uguali voi due, avete la stessa anima. Non perdetevi mai, mi raccomando. Promettetemelo!”
“Non succederà, signora, glielo prometto!”, disse Jared.
“Glielo prometto anch'io! Grazie mille, signora!”, dissi a mia volta.
Le facemmo i migliori auguri per una vita in salute e ci congedammo da lei. Quella cara vecchina sarebbe rimasta nei miei pensieri per sempre.
Ancora con le mani unite, io e la mia anima affine ci dirigemmo verso l'entrata dell'edificio. Dovevo parlargliene del fastidio che avevo provato vedendolo mentre dava un bacio a Rosario? Pensai di sì, che era giusto, ma senza farglielo pesare, in fondo era solo una collega, no? Perché avrei dovuto preoccuparmi di lei?
“Quella signora ti avrebbe sposato sul serio, sono pronta a scommetterci!”, gli dissi, per parlare di qualcosa.
“Credo di sì”, rispose lui, ridendo. Poi si fece più serio: “Tutto ok? Stai bene?”
“Sì, perché me lo chiedi?”
“Voglio sapere come stai, se ti stai annoiando, se vorresti andare via...”.
Aspetta, che? “Jay! E' la premiere di Alexander, ne parliamo da due settimane! E' il tuo mondo, ed io sono felice di condividerlo con te! ...sempre che a te non dia fastidio la mia presenza!”
“Scherzi? Perché dovrebbe?”
Lasciammo in sospeso il discorso, perché avevamo appena varcato la soglia. Ci trovammo catapultati in un'enorme sala piena di personaggi illustri, che più illustri non si può! Angelina Jolie con il suo Brad, Val Kilmer, Anthony Hopkins e...
“Colin!!! Ross, ti presento il vero, solo ed unico Alexander the Great: Colin Farrell! Alexander, lei è la mia Ross!”.
“Colin!”, lo salutai porgendogli la mano, che lui strinse con la sua.
“Ecco con chi mi tradisci, generale da quattro soldi! Ricordami di licenziarti, Hephaestion!”, disse quello.
“Che cosa?! No Al, ti prego! Posso spiegare!”, rispose il mio ragazzo, facendo il finto spaventato.
“Mi hai spezzato il cuore! Sei fuori dall'esercito! Mi hai solo illuso!”, ribattè Colin, riproducendo una perfetta espressione da sofferente.
Bene, stavo assistendo alla diretta di una crisi relazionale tra Alessandro Magno ed Efestione. Chissà se in giro c'erano dei popcorn da sgranocchiare!
“Oh my Alexander! Tu sei tutto quello a cui tengo, e per il dolce respiro di Afrodite, sono geloso di perderti a causa di questo mondo che desideri così ardentemente!”
“Tu non mi perderai mai, Hephaestion! Io sarò con te, sempre, fino alla fine.”
Mentre i due amanti si abbracciavano, iniziai ad applaudirli! Cavolo, mi ero pure commossa!
“Braviiiiiii!!”, urlai, ma con moderazione.
Alcuni dei presenti notarono la scena e si misero ad applaudire anche loro. I due piccioncini fecero un inchino al pubblico e si diedero il batti cinque.
“Allora, come siamo andati?”, mi chiese Colin.
“Oh, bene! Davvero convincenti! Dico sul serio!”, aggiunsi, perché il tipo mi guardava poco convinto, come se lo stessi prendendo in giro.
“Allora grazie!”, mi rispose.
“Non vedo l'ora che esca il film!”, esultò il mio ragazzo, “le frasi finali sono proprio quelle!”
In quel momento arrivò Oliver – povero uomo, che doveva sempre andare a ripescare tutti.
“Ragazzi, di là stanno cominciando, cam'on!”
“Amore, torno subito!”, mi disse Jared, e mi diede un lungo bacio a stampo.
“Va bene, ti aspetto qui!”. E lo guardai allontanarsi con gli altri, per le foto e le interviste ufficiali.

Fineeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. Del capitolo tre, ovviamente!
Cosa ne pensate? Farà bene la nostra Ross a non preoccuparsi riguardo a quel bacio tra Jared e la sua collega? Ditemi la vostra!!
Come potete vedere, tra i colleghi del nostro OcchiBlu compare Colin Farrell, che ha interpretato il re e condottiero macedone Alessandro Magno, nel film del 2004 che lo vede protagonista, mentre Jared ha svolto il ruolo di Efestione, generale dell'esercito, amico del cuore sin dall'infanzia e, molto probabilmente, anche amante di Alessandro.

Per quanto riguarda, invece, la dolce vecchina, anche lei era veramente presente alla Premiere e ha davvero abbracciato Jared (lo so grazie a Google Immagini, LOL! Quindi, se siete curiosi, smanettate sul web e troverete molti riferimenti a quello che ho scritto).
Ovviamente, tutto ciò che non si trova sul web, è frutto della mia fantasia. Io attingo da esso, trovo degli spunti, e vi intreccio il mio racconto.

Detto questo, ci si vede al prossimo capitolo! Non mancate! BACIONI E BIG HUGS.
Stay tuned, be martian!

NB: non dimenticate le parole della vecchina, saranno importanti per tutto il resto della storia.

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Capitolo 4
*** Stars ***


TaTaTaTaNNNNN!
A voi il capitolo 4! - * offre MARShmallows * - .



Era bello vederlo in quel mondo. Mentre lo intervistavano, spesso faceva delle grandi risate, chissà cosa gli chiedevano, pensai. La sua risata era in grado di sciogliere chiunque e qualsiasi cosa, era così vera, spontanea, rideva con tutto il cuore. Altre volte si fermava a riflettere, come se dovesse scegliere accuratamente le parole da dire. Frequentemente, mentre rispondeva alle domande degli intervistatori, mi cercava con lo sguardo, e, se mi trovava, si soffermava un attimo a guardarmi, oppure, durante le foto, guardava verso di me invece di guardare l'obiettivo della macchina fotografica. Ero davvero così importante per lui? Volli crederci.

Dopo circa un'ora di microfoni e flash puntati addosso, lo vidi che avanzava verso di me.
“Cavolo, non ne posso più! Credo abbiano finito!”, mi disse, mentre gli porgevo un bicchiere d'acqua.

“Sei stravolto ahah!”, risi.
“Già. Fortuna che non è tutti i giorni!”, mi disse scuotendo la testa.
“Jared!! Ti sei divertito?”. Dal nulla sbucò Rosario Dawson. Ma sì, carina, non salutarmi, tanto sono invisibile, pensai.
“Ehi, ciao! Tu che dici?”, rispose lui, sorridendo e spalancando ironicamente gli occhi.
Lei iniziò a ridere e sporse un po' troppo il suo seno abbondante verso di lui. Non mi piaceva per niente quella donna.
“Assolutamente!”, rispose quella.
“Davvero?! Non eri tu quella si lamentava sempre, honey?”, le chiese il mio ragazzo.
Aspetta un attimo. L'aveva chiamata 'honey'? Mi stavo seriamente incazzando.
“Lo ammetto, ma tu ci fai sempre fare così tante risate che alla fine diventa tutto leggero.”
Posai con un forza la bottiglia d'acqua - che mi era rimasta in mano - sul tavolo. Con chi mi ero fidanzata, con il giullare di turno? Che nervi!
“Ma quello non è Jason?”, le chiese Jared, indicando un punto dietro al nostro tavolo.
“Oh, è vero!”, rispose la signorina-tutta-seno-e-miele, “gli avevo detto che sarei tornata in taxi! Va beh, ci vediamo baby!”. Lo salutò con due baci sulle guance e andò incontro a quello che doveva essere il suo di fidanzato.
“Bene, andiamo anche noi?”, mi propose il mio ragazzo.
Lo guardai dura, mi alzai dalla sedia e iniziai ad incamminarmi, con lui appena dietro di me. 
Trovammo un taxi parcheggiato proprio davanti al marciapiede e vi entrammo. Jared comunicò la destinazione e quello partì.
“Ehi, ma che hai?”, mi chiese.
“Nulla, perché?”. Mi odiavo quando facevo così, ma ero arrabbiata e il mio carattere non mi permetteva di fare diversamente.
“Sei arrabbiata con me?”, continuò lui.
“Dovrei esserlo? Non lo so, dimmelo tu. O forse dovrei chiederlo a miss Honey?”.
Lui si mise a ridere. “Ma è solo un'amica!! Dai, non fare così, non ce n'è bisogno, sul serio!”
“Vi ho visti mentre la baciavi!”, sbottai.
“Lo sapevo io!”, sbuffò, “ Amore, è stato quel fotografo di merda a chiedermelo, e comunque durante la foto stavo guardando te!”
“E perché dovrei crederti?”.
“Perché tra poco usciranno le foto su ogni piattaforma sociale e asociale e potrai verificare tu stessa!”
“Sarà...”, mi rassegnai, anche perché la sua tesi era assolutamente ben fondata. “Però lei non mi piace per niente! Ma l'hai vista come ti guardava e come rideva ogni volta che c'eri tu? Dio, Jared, l'avrei presa a schiaffi!!”
Lui si mise a ridere di nuovo. “Wow, mi piaci quando fai così! Aggressiva!!”
“Dai, piantala! Dico sul serio!”
“La mia piccola Ross gelosa... ti ripeto che non ne hai motivo, io ho occhi solo per te!”, mi disse, stringendomi a sé.
Mi lasciai abbracciare. “Scusami. Non sopporto le donne provocanti, tutto qui!”
“Non pensarci. Tu fidati di me e basta!”
“Sì, ma sei pur sempre un uomo!”, gli ricordai.
“Un uomo che ti ama però...”
“Questo dovrebbe cambiare le cose?”, gli chiesi.
“Questo dovrebbe cambiare tutto.”, mi disse, abbastanza convincente.
Il taxi parcheggiò davanti casa. Pagammo la corsa e ci dirigemmo verso l'abitacolo. Aprii con le chiavi ed entrammo.
“Casa dolce casa!”, disse lui.
“Ancora per poco, domani si torna a Los Angeles!”. Per l'occasione avevamo preso una casa in affitto in una tranquilla zona di New York. “Quasi quasi inizio a mettere qualcosa in valigia, tanto sono quattro cose.”, dissi mentre salivo le scale per andare al piano superiore, dove si trovavano il bagno e la camera da letto. Al piano terra, invece, c'era un unico locale adibito a sala e cucina.
“Sicura che non vuoi fare altro?”, mi sussurrò quel cretino abbracciandomi da dietro. Non l'avevo sentito arrivare.
“Jay! Mi hai fatto prendere un colpo!”
Iniziò a baciarmi il collo, le orecchie, la nuca... provocandomi brividi lungo tutta la spina dorsale. Ma che dico, in ogni parte del corpo e anche dell'anima. “Jay...”, ansimai.
“Ross, dillo di nuovo...”.
Mi girai, appoggiai le mani sul suo petto e lo guardai negli occhi, quegli occhi che ogni volta erano come un pugno allo stomaco. “Jay... sei bellissimo.”
Lui mi prese una mano e mi fece fare una lenta giravolta.
“Ma che fai?”, gli chiesi, curiosa e divertita.
“Ammiro la mia stella personale.”, mi disse, guardandomi come si guarda un pancake.
“Non hai gli occhiali da sole, potresti rovinare i tuoi occhi di ghiaccio. Potrebbero sciogliersi.”, scherzai, avvicinandomi e allacciandogli le braccia al collo.
“Si sono già sciolti, stanno assumendo lo stato liquido.”, mi rispose, dandomi un bacio sulla punta del naso e continuando quello strano gioco di parole che si era venuto a creare.
“Effettivamente hai ragione”, dissi io, “in questo momento sono azzurri e intensi come il mare.”
“Come il mare in un giorno di sole, di stella!”, disse lui.
“Anche tu sei la mia stella personale!”, gli dissi, “hai dato luce e calore alla mia vita! Hai dato vita alla mia vita!”.
“Allora anche tu dovresti stare attenta ai tuoi occhi. Stanno per trasformarsi in cioccolata calda, potrei berli tutti in un sorso! La cioccolata calda è la mia bevanda preferita, lo sai?”.
Mi misi a ridere e lo strinsi forte. Rise anche lui e iniziò a farmi dondolare sul posto, muovendosi da destra a sinistra e viceversa. Io assecondai i suoi movimenti e lo feci dondolare insieme a me. Sembravamo due deficienti felici.
Eravamo strani forte, pensai, ma mi piaceva un sacco. Avevamo un modo tutto nostro di intenderci, e per la prima volta in vita mia capii di essere completa, sentii che c'era qualcuno in grado di comprendermi davvero. Non avrei più avuto problemi ad essere me stessa, a mostrare i miei pensieri, le mie fantasie e le mie stranezze, perché sentivo che lui era uguale a me. Per la seconda volta nello stesso giorno, mi chiesi che cosa avevo fatto nella mia vita per meritarmi un angelo come lui.



Fine capitolo 4!!
Come sempre, vi chiedo di esprimere il vostro parere, per capire se sto portando avanti una storia che vi piace oppure no.

Perdonatemi l'antipatia nei confronti della bella Rosario Dawson (perdonami anche tu, Rosario!), magari tra voi c'è qualcuno che l'adora, ma a me proprio non va giù. Che ci posso fa'?

Stavolta evito di stressarvi con i miei interminabili introiti di fine capitolo, perciò vi mando un abbraccio stritola-costole e un bacione grande grande.
#ProssimoCapitoloIsComing

Stay tuned, be martian!

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Capitolo 5
*** LA ***


Su un piatto d'argento, il capitolo 5!
Con affetto,
vostra Pomegranate


DRIIIIIIIIIIN. DRIIIIIIIIIIIIN. DRIIIIIIIIIIIIIN.
“Che cazz... Ross, che ore sono?”, mi chiese il mio ragazzo, che a stento riusciva ad aprire gli occhi.
“Buongiorno dormiglione! Ben svegliato!”, dissi io, piuttosto pimpante. Mi ero alzata tre quarti d'ora prima rispetto al suono della sveglia, per fare le valigie e lasciare la casa in ordine. Sapevo che, se mi fossi svegliata dopo, non ce l'avremmo sicuramente fatta ad arrivare in aeroporto in tempo, dato che la sera prima, invece di prepararci per l'indomani, avevamo fatto tutt'altro.
Jared si guardò intorno e si soffermò sul trolley e i due zaini posizionati vicino alla porta della nostra camera: “Hai già fatto tutto?”, mi chiese, con gli occhi ancora ridotti a fessure. Io annuii soddisfatta.
“Oddio scusami! Potevi svegliarmi!”, mi disse, un po' dispiaciuto.
“Non ti preoccupare, dormivi così bene!”, gli dissi, accoccolandomi un po' vicino a lui. Com'era caldo! Lui mi abbracciò e iniziò a baciarmi dove gli capitava.
“Jay... guarda che finisce come ieri, a colpi di clacson!”, gli dissi ridendo.
“Mmh... chi se ne frega!”, rispose lui, continuando a mangiarmi.
“Jay... non ci sarà nessun Oliver a fermare l'aereo perché tu non arrivi!”, continuai.
“Mmh... chi se ne frega!”.
“Dai! Non vuoi tornare nella calda Città degli Angeli?”, riprovai.
“Mmh... chi se ne frega!”.
Scoppiai a ridere. “Scemo!”
“... e chi se ne frega!”, disse lui con voce avida. A quel punto, a malincuore, dovetti letteralmente buttarlo giù dal letto con una spinta.
“Aaaaaah!”, fece lui, come se stesse cadendo da un montagna alta duemila metri.
“Trentadue anni e cadi ancora dal letto! Vergognati, Leto!”, lo presi in giro.
“Quasi trentatré, ignorante!”, disse, buttato per terra a pancia in giù.
“Va bene, nonno! Dai, tirati su!!”, lo presi per un braccio e cercai di metterlo in piedi, ma lui era più forte di me. Mi tirò e mi fece cadere su di lui, addolcendo l'impatto con le sue mani su di me.
“Stronzo!!”, lo apostrofai tra le risate e un pugno sulla spalla.
“Occhio per occhio...”, si giustificò lui, dandomi poi un sonoro bacio nello spazio tra gli occhi. Poi, finalmente, si decise ad alzarsi e iniziare a prepararsi.
Io scesi in cucina, sistemai ancora un po' e misi le ultime due arance in borsa per un'eventuale fame durante il viaggio.
“Eccomi qui!”. Si presentò con il trolley in mano e gli zaini in spalla, e con addosso dei pantaloni larghi dal motivo militar e una felpa bianca con una striscia azzurra e una blu all'altezza del petto sinistro. Sotto di essa indossava una canottiera, bianca anch'essa, che gli evidenziava il fisico perfetto, e ai piedi...
“Pensavo che quelle pantofole color crema fossero per camminare dentro casa!”, gli dissi, tra la meraviglia e il divertimento.
“Scherzi? Sono comodissime e caldissime! Perfette per stare seduti in un aereo!”, si difese lui.
“Sei irrecuperabile! Però devo ammettere che hai ragione!”.
“Io ho sempre ragione”, si vantò. “Oh, ecco il taxi!”, mi fece notare poi.
Io indossai un leggero giubbottino verde sopra i miei jeans e il mio maglioncino rosso – che a detta di Jared era melograno – con disegni giallo chiaro sul davanti, e, Nike bianche e Pantofole in spalla, salutammo la casetta e salimmo sul taxi.
Arrivammo in aeroporto nel giusto orario, salimmo sul nostro aereo e ci sedemmo vicini.
“Tieni gli occhi a posto tu!”, lo rimproverai, dopo averlo colto a girarsi verso il fondo-schiena di una hostess.
“Eddai! Non dirmi che se passasse un bell'uomo con due begli occhioni blu non apprezzeresti!”
“Chissà perché, temo che la tua teoria sia troppo auto-centrata per essere presa in considerazione!”, gli dissi con un sorriso, “e comunque, non me ne farei accorgere, geniaccio!”
“Va bene, donna, sei troppo intelligente!”, ammise con le mani in alto. “A proposito di intelligenza, com'è che hai denominato Los Angeles, stamattina?”
“Città degli angeli, mi sembra, perché?”, gli chiesi, perplessa.
“No è che... mi piace! Mi hai fatto venire in mente un po' di idee!”
“Davvero? Vuoi farci una canzone?”. Sapevo che le sue 'idee' spesso si trasformavano in possibili canzoni future.
“Perché no? E' solo che non saprei come fare al momento, non riesco a concepire una melodia da associare alla città. Sai, le parole riuscirei a metterle insieme, le ho, so di cosa potrei parlare... ma come suonarle no. E' frustrante!”
“Amore, sono sicura che prima o poi ne verrai a capo! Tu sei il migliore!”, gli dissi baciandolo.
Parlammo del più e del meno per tutto il resto del viaggio, finché i piloti non comunicarono ai passeggeri l'avvenuto atterraggio sul suolo dello splendido LAX.

“SISTHA!!”, sentimmo urlare tra la massa di persone in attesa davanti alle grandi porte degli arrivi. Era una voce che avevo già sentito.
“Shannon!! Tomo!! Che ci fate qui?”, disse Jared, una volta che quei due ci raggiunsero.
“Siamo venuti a prendervi, bro! Volevate tornare a casa in taxi?”, ci chiese retoricamente Shannon. Ci facemmo due risate, contenti di ritrovarci tutti insieme. Uscimmo dall'aeroporto e ci dirigemmo al parcheggio, parlando e scherzando.
“Fa davvero caldo qui! Non sembra neanche che sia quasi dicembre!”, notò Jared, togliendosi la felpa e restando con quella benedetta canottiera che mi faceva venire l'acquolina in bocca.
“Sì, è vero”, disse Shannon, “però non osare toglierti quei peluches che hai ai piedi dentro la mia macchina!”
Scoppiammo tutti a ridere, tranne il mio povero ragazzo, che iniziò a parlare con le sue specie di scarpe: “Non dategli retta a quel cattivone! Siete tenerissime voi, e io vi voglio tanto bene! Non vi preoccupate, papà non vi abbandona!”
“Vieni qui con noi sis, respira un po' di sanità mentale”, mi disse Shannon, mettendomi un braccio intorno alle spalle e tirandomi verso di sé e Tomo, per farmi allontanare da Jared, che intanto aveva preso in mano il suo fedele BlackBerry. Di sicuro, stava mandando un messaggio a Matt o a qualche altro amico per comunicare il nostro arrivo.
Salimmo sull'auto di Shan, con Tomo alla guida e il Leto grande accanto, mentre io e il Leto piccolo ci accomodammo dietro.
Non mi dispiaceva essere l'unica donna, pensai, mi trovavo bene con loro, erano un po' come degli angeli custodi, ed io per loro ero come un prezioso gioiello da proteggere e rispettare. Mi facevano sentire amata. Inoltre, mi trovavo bene anche perché non ero proprio quella che si definisce una femminuccia delicata, ero sempre stata un po' un maschiaccio, sin da bambina, e per tanto mi riusciva facile divertirmi e scherzare con loro, finché non entravano nel volgare, ovviamente, quello non era proprio il mio campo, ma in mia presenza riuscivano a contenersi abbastanza bene.
“Ross!”, mi fece svegliare dalle mie riflessioni Jared. Eravamo davanti al cancello di casa Leto, che si stava aprendo in automatico per farci entrare. Il mio ragazzo mi indicò di guardare indietro, dal vetro posteriore: “Guarda, la città sembra dire 'io sono casa, I AM HOME'.”



FINALMENTE ENTRANO IN SCENA I NOSTRI SHOMO!! Avete fatto ciao ciao con la manina??

...comunque... * si dà un contegno *

Eccoci arrivati al termine anche di questo capitolo, che, da una parte, è di passaggio, ma dall'altra – così come ogni capitolo scritto fin'ora – è ricco di indizi, fondamentali per capire il carattere e i pensieri dei personaggi, soprattutto in vista degli avvenimenti futuri, sia che questi siano presenti soltanto nella storia che sto inventando io, sia che siano riscontrabili nelle reali vite di Jared, Shannon e Tomo dal 2004 in poi, perché, come ho già detto in precedenza, è dalla realtà che attingo per ricostruire le vicende di questa FF.

Vi mando un ENOOOOOOORME ABBRACCIO e vi chiedo, come sempre, di RECENSIRE!
#SeeYouSoon.
Stay tuned, be martian!

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Capitolo 6
*** Lucky girl ***


Ed eccomi tornata, finalmente, in compagnia del capitolo sesto!!
Buona lettura! - * Offre birra * -.



In risposta gli sorrisi dolcemente, gli presi il mento con una mano e gli stampai un bacio sulle labbra, compiaciuta della sua fantasia.
“Ti piace?”, mi chiese.
“Sì! E' il titolo che vorresti dare alla canzone?”, gli chiesi a mia volta.
“No. Non lo so, non credo... devo pensarci ancora bene!”, mi rispose, mentre i suoi occhioni guardavano verso l'infinito. And eyes that see into infinity, pensai alla sua 'Capricorn'.
“Non hai freddo con quella canottiera?”, gli chiesi, dando alle mie parole un che di malizioso, “prenderai un raffreddore! Siamo a Los Angeles, ma è pur sempre la fine di novembre”, gli feci notare poi.
“No, sto bene! E poi ci sei tu a scaldarmi, non è vero?”, mi disse, tirandomi a sé. Peccato che Tomo aveva appena parcheggiato la macchina davanti casa.
“Eccoci arrivati! Giù le chiappe!”, disse il nostro Gesù personale.
“Bravo Tomo! Hai centrato! Giù le chiappe dalla mia macchina, gente!”, continuò quello squinternato di Shannon. Quei ragazzi non sarebbero diventati seri nemmeno alla soglia degli ottant'anni, pensai divertita.
Scendemmo dalla macchina e ci dirigemmo verso il portico dell'edificio. Ad un certo punto, Tomo parlò di nuovo: “Ragazzi... credo di avere qualcosa da dirvi...”.
Siccome sembrava qualcosa di importante – perché se Tomo assumeva quell'aria da 'oddio non so come dirglielo', si trattava per forza di qualcosa di importante – prendemmo posto al tavolo posizionato dentro al portico: io tra Jared e Shannon e lui di fronte a noi, neanche fosse stato un interrogatorio dell'FBI, e lo guardammo incuriositi e anche un po' preoccupati.
“Su, parla amico!”, lo incitò lo Shanimal.
“Ecco, io... sto conoscendo... ho conosciuto una ragazza!”, disse quello, diventando leggermente rosa sugli zigomi.
“Ma è fantastico, Tomo!!”, dissi io,
giungendo le mani tutta contenta.
Yeeeaaaah, era ora!!”, seguì il mio ragazzo, felice anche lui per la notizia.
“Dai, dai, dicci di lei!”, continuò Shannon, allegro.
“Beh... ecco, si chiama Vicki. Ci stiamo frequentando da un po', ma ieri abbiamo ufficializzato la cosa... ci siamo messi insieme, ecco. Credo di essere innamorato di lei.”
Che tenero Tomo! Quei sorrisoni dolcissimi che faceva non rendevano pienamente giustizia al suo cuore.
“E' una ragazza fantastica, sapete...”, continuò, “è dolce, divertente e sa fare un sacco di cose! E' un po' bassina rispetto a me, ma è così carina che...”
“Tomo”, lo bloccai, prendendogli una mano. Volevo rassicurarlo, perché mi sembrava preoccupato di cosa avremmo potuto pensare riguardo alla sua ragazza: “sono sicura che la troveremo tutti simpaticissima! Personalmente, sento già di volerle bene.”
“Sì, tranquillo! Non devi preoccuparti di cosa possiamo pensare noi”, disse Jared, dando voce ai miei pensieri, “è la tua ragazza, deve piacere a te!”
“Ehi, perché qualche giorno non la inviti qui da noi?”, dissi io, entusiasta di conoscere un'altra donna marziana.
“Ecco... in effetti le ho già chiesto di venire qui domani, anche lei vorrebbe conoscervi!”.
“Magnifico!! Bravo Tomo!”, disse Jared, alzandosi e dando una pacca sulla spalla dell'amico, per poi entrare in casa a fare non so che.
“Bene, allora vado a chiamarla per darle la conferma! Davvero, grazie ragazzi!”, disse Tomo, alzandosi anche lui
“E di che? Siamo felici quando ci sono donne in casa!”, rispose Shannon, scherzando – o forse no – come al suo solito. Tomo scosse la testa ed entrò in casa, lasciando me e il batterista da soli. Questo si rivolse a me, mettendomi un braccio intorno alle spalle.
“Allora, sistah, come va la vita?”, mi chiese. Non sapevo se stava scherzando di nuovo oppure se era veramente interessato alla mia vita, con lui il confine tra scherzo e serietà non mi era ancora ben chiaro.
“Beh, che dire... passano gli anni e la vita si accorcia!”, risposi beffarda, avvalendomi del cavallo di battaglia di mia nonna.
Lui si mise a ridere e poi aggiunse: “Dico sul serio!”
“Shannon Leto che parla sul serio? Ma sei serio?”, gli dissi ridendo e creando uno dei miei soliti giochi di parole. Mi era sempre piaciuto da matti giocare con le parole.
“La solita apocalittica. Hai solo ventiquattro anni, baby!”, mi rispose. Sembrava voler dare alla conversazione una piega seriamente seria.
“Quasi venticinque. A gennaio ne compio venticinque, ricordi?”, dissi io.
“Sempre pochi sono! Io e Jared abbiamo iniziato a quasi trent'anni a dare il meglio di noi”, mi ricordò.
“Lo so, però io frequento ancora l'università...”, risposi, sentendomi un po' una buona a nulla, persa all'interno della mia facoltà di filosofia.
“Ma ti laureerai il prossimo anno! E poi l'università non mi sembra una cosa da buttar via!”, mi disse il mio cognatino.
“Hai ragione... è solo che ho paura che una volta uscita da lì, non saprei più che cosa fare.”, mi confidai.
“Tesoro, è proprio lì che arriva il bello. Devi seguire i tuoi sogni, quello che senti di voler diventare! Fidati, se sai cosa vuoi, e se lo vuoi davvero, lo otterrai.”, mi incoraggiò lui. Come il fratello, aveva una forza d'animo spettacolare.
“E se non ci riuscissi? Ho paura di fallire, Shan, di non riuscire a fare abbastanza.”, continuai io.
“Non devi avere paura, non sai mai cosa la vita ha in serbo per te. Ad ogni modo, sappi che noi saremo sempre qui ad aiutarti. Qualsiasi cosa succeda, potrai sempre contare su Jared e me, e anche su Tomo! Ci puoi giurare!”, mi disse, con un sorriso che a vederlo sembrava pieno di promesse.
Per tutta risposta lo abbracciai, quasi commossa dalle sue parole e dalla bellezza della mia situazione: avevo un ragazzo che mi amava e che amavo alla follia, un cognato che mi voleva bene neanche fossi davvero sua sorella, e un amico dolcissimo che era sempre pronto per me e per tutti noi. Lui mi fece appoggiare la testa sulla sua possente spalla sinistra, mi cinse di nuovo le spalle con un braccio e mi diede un dolce bacio tra i capelli, per poi ricominciare a parlare.
“Queste braccia e questo cuore saranno sempre qui per te, non dimenticarlo mai piccola!”, mi disse, poggiando la sua mano destra all'altezza del cuore, come si usa fare durante le cerimonie solenni. Sbaglio o era più affettuoso del solito? Era pur vero che lui era solito abbracciare tutti, però mi sembrava che stesse esagerando almeno un po'. Avrei dovuto preoccuparmi o era un'altra delle mie insulse paranoie? Optai per la seconda e mi scossi dai miei monologhi interiori.  In quel momento Jared sbucò dalla porta, stava per dire qualcosa ma si bloccò alla vista di me e Shannon abbracciati.
“Ehi, bro! Quella è la mia ragazza, giù le zampe!”, disse, tra il serio e il sorriso.
“Ehi, sei geloso di me? E' la mia fottuta sorella, posso abbracciarla quanto mi pare!”, disse di rimando Shannon, giocando pericolosamente con il fratello.
“Stai scherzando? Solo io ho il diritto di abbracciarla!”, disse Jared, lanciando l'asciugamani che aveva in mano in faccia al batterista. Poi ci raggiunse e mi prese per un braccio, tirandomi verso di sé per gioco: “E' finito il tuo turno, Shanimal, tocca a me! Mollala!”
“Ehi, divah, ma chi ti credi di essere? Il mio turno non è ancora finito!”. E così finii con il mio ragazzo che mi tirava da una parte e suo fratello che mi tirava dall'altra. Confermai la mia precedente teoria, basata sull'assoluta convinzione che sarebbero stati così anche alla soglia degli ottant'anni, e chiamai a gran voce il santo Tomo.
“Mio dio, che sta succedendo qui?”, rispose il poverino, affacciandosi alla porta aperta con un mestolo in una mano e il cellulare nell'altra, che teneva ancora appoggiato ad un orecchio.
“Tomooo, mi stanno squartandoooo!!!!”, urlai tra le risate, “aiutamiiiiii!!!”.
“No, niente amore. Solo, ricordami di farti stare lontana dai fratelli Leto, domani”, lo sentii mentre parlava con Vicki e ci guardava stranito più che mai. Poi scosse la testa e strinse le labbra, come a dire che aveva perso anche l'unica forma di vita intelligente rimasta in quella dimora, ovvero me, e tornò dentro, rassegnato.
“Ragazzi!! Avete lasciato Tomo da solo ai fornelli! Smettetela!!”, dissi io, cercando di far ragionare quei due pazzi.
“Soltanto quando il qui presente fratellone prometterà di non abbracciarti mai più!”, disse il mio ragazzo.
“Te lo puoi scordare, fratellino caro! Ne ho tutto il diritto!”, ribatté mio cognato.
“Dai, sul serio, vi prego, devo andare ad aiutare Tomo!!”, li pregai, disperata.
Per grazia divina, Shannon mollò la presa, e io finii dritta tra le braccia di Jared: “Ecco la mia stella personale! Non ti lascerò mai più da sola con quel cattivone!”. Sorrisi, gli diedi un bacio sulle labbra perfette e scappai dentro casa, prima che l'altro Leto potesse dire qualsiasi cosa e ritrovarmi di nuovo senza via di fuga.
Finalmente potei aiutare il nostro amico a preparare il pranzo, anche se riusciva a cavarsela piuttosto bene, recando orgoglio al suo diploma di cuoco.
Mangiammo scherzando e discutendo del più e del meno, parlando anche di Vicki e di come saremmo stati felici di averla tra noi il giorno seguente. Poi mi venne in mente che...
“Jay! Ma cosa hai fatto tutto quel tempo in casa, mentre io e Shan eravamo fuori?”, chiesi al mio ragazzo.
“Ah, giusto! Quasi dimenticavo! Era il regista Andrew Niccol, ha detto di avermi inserito nel cast di 'Lord of war', un film che vede protagonista Nicolas Cage nei panni di un astuto trafficante d'armi. Io dovrò interpretare il fratello minore. Mi chiamerò Vitaly, Vitaly Orlov.”, ci informò, cercando anche di crearsi con la mente una figura del personaggio.
“Amore! Che bello!! Ma sei convinto di volerlo fare?”, gli chiesi, sapendo che non accettava tutti i ruoli che gli venivano proposti.
“Sì! Credo sia un'esperienza importante! E poi lavorare con Nic... voglio dire, lui è sempre stato uno dei miei eroi! Oggi stesso vado a ritirare il copione e gli abiti che mi hanno preparato, non vedo l'ora di buttarmici dentro!”, disse, convinto ed entusiasta.
Amavo questo suo entusiasmo, questa sua voglia di fare. Con questo suo approccio al lavoro e alla vita, ogni volta mi insegnava quanto fortunati siamo ad essere vivi, presenti, ad abitare la realtà che ci circonda, a coglierla in tutti i suoi aspetti e a non lasciarcela sfuggire.


Eeeeccoci qua!
Cosa ne pensate di questo capitolo? E del comportamento di Shannon? E' semplicemente affettuoso o ci nasconde qualcosa? Traete le vostre conclusioni, giuste o sbagliate che siano, e nei prossimi capitoli scoprirete la verità!
Bon, termino qui il mio introito, con la speranza che prima o poi qualcuno mi faccia sapere la propria opinione – tanto lo so che leggete! u.u

Con affettuosissimo affetto,
vostra Pomegranate.

Stay tuned, be martian!

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Capitolo 7
*** Soulmates ***


Bonjour, mon amis.
Et voilà! - * Offre baguettes con mortazza * -.


“Posso venire con te?”, gli chiesi.
“Certo che puoi venire con me!”, mi rispose lui con un sorriso.
“Così poi prendiamo qualcosa da mangiare per il pranzo di domani!”, dissi.
“Buona idea! Cucinerò io!”, disse Jared. Aspetta, che?
Tomo strabuzzò gli occhi e Shannon sputò sul piatto l'acqua che stava bevendo, scosso dalle risate. Era proprio uno Shanimal...
“Amore, manderai a fuoco la casa, ne sei consapevole, sì?”, mi azzardai a dirgli.
“Siete degli indegni! Vitaly Orlov deve saper cucinare! E' nel copione!”, si giustificò lui.
“Sì, ma Jared Leto non sa cucinare!”, disse Tomo, cercando di ricordagli la sua reale identità, come quando si spiega ad un bambino che 1+1 fa 2.
Il mio ragazzo sbuffò e si alzò da tavolo, pronto per uscire. Lo bloccai.
“Fermo tu! Dove vai conciato così? Vai a mettere dei vestiti più pesanti, marsch!”.
Mi fece il labbruccio, ma non mi lasciai intenerire. Mi alzai dalla sedia e lo spinsi verso le scale, e grazie al cielo sembrò ascoltarmi. Poi aiutai Tomo a sparecchiare la tavola, finché non si ripresentò il mio amore con addosso dei pantaloni blu scuro, una maglietta azzurra e la giacca nera che aveva messo alla Premiere, mentre ai piedi, al posto di quelle specie di peluches, aveva quegli scarponcini bianchi e rossi che mi piacevano tanto.
“Bravo amore! Andiamo!”, gli dissi. Lui mi prese per mano, salutammo i ragazzi con un 'addio' – neanche fosse stata l'ultima volta che ci vedevamo –, uscimmo di casa ed entrammo nella sua macchina, partendo alla volta degli stilisti che avevano confezionato gli abiti per Vitaly Orlov e del regista che gli avrebbe consegnato il copione da studiare.
Il ritiro di tutto ciò fu abbastanza veloce: lui scendeva dalla macchina, dentro la quale rimanevo per aspettarlo, andava dove doveva andare e risaliva in macchina.
“E anche questa è fatta! Finito!”, mi disse, dopo essere risalito nella vettura per la terza volta e applaudendosi da solo. “Ti va un'escursione into the wilde?”, mi chiese poi.
“Siii, certo che mi va!!”, dissi io, sinceramente contenta della sua proposta.
“Perfetto! Natura aspettaci!!”. E diede gas al motore.
Durante il tragitto parlammo del più e del meno, finché non arrivammo in un luogo spopolato e roccioso, ma molto suggestivo.
“Amore, che bello! Mi piace questo posto! Come lo hai scoperto?”, gli chiesi, scendendo dalla macchina e prendendo una coperta che lui teneva nel portabagagli, per usarla nel caso volessimo sederci per terra, e mettendola in uno zaino monospalla, anch'esso dentro al cofano bagagli.
“Per caso. Un giorno vagavo da solo per le periferie di Los Angeles, e l'ho trovato. O lui ha trovato me, credo!”, mi spiegò.
Passeggiammo per un po' mano nella mano, godendoci lo spettacolo della natura. Oltre ai grandi ed enormi massi che caratterizzavano il posto, c'erano anche degli alberi di un bel verde e, ad un certo punto, un dolce ruscello, un po' nascosto da due imponenti macigni, sulla cui riva crescevano dei ciuffetti d'erba e le cui acque erano illuminate dal sole. Ci fermammo un po' a guardare quella pacifica visione e a captarne gli odori freschi e ossigenanti. Lui mi abbracciò da dietro e poggiò la testa sulla mia spalla, io misi le braccia sopra le sue, all'altezza dell'addome, e appoggiai la mia testa alla sua... e pensai che eravamo perfetti. Due parti di un puzzle che si incastravano perfettamente, senza alcuno sforzo, perché fatti apposta per essere inseriti l'uno nell'altro. Ringraziai mentalmente tutte le vicende della mia vita, quelle belle e quelle brutte, perché mi avevano portato a conoscere lui, il mio corrispettivo maschile, la mia metà, la mia più assoluta e indiscutibile anima gemella. Quella vecchina della Premiere doveva averci visto giusto.
Tutto d'un tratto lui si staccò da me, facendomi svegliare dalle mie riflessioni: mi girai e lo vidi che correva come un cretino verso una roccia piuttosto alta.
“Chi non si arrampica sulle rocce è un molluscoooo!”, iniziò a dire, urlando.
“Ah si? Adesso ti faccio vedere io!!”, gli urlai dalla mia postazione. Mi misi a correre più forte che potevo, lo raggiunsi e, insieme, ci arrampicammo sul gigante di pietra. Lui fu più bravo e arrivò in cima per primo, mentre io stavo cercando di aggrapparmi ad un fessura che dava l'idea di essere poco stabile.
“Dai, lascia che ti aiuti!”, mi disse ridendo e porgendomi una mano, “dovresti fare arrampicata anche tu!”
“No, ce la faccio! Ce la devo fare! Guarda che mio zio mi chiamava 'scimmia'!”, dissi testarda. Mi sbucciai i polpastrelli della mano destra, ma con somma soddisfazione riuscii ad arrancare fino alla cima, facendogli la linguaccia, divertita.
Al che, lui scese rapidamente, gli permisi di aiutarmi a scivolare giù e ricominciammo a correre, a saltare sui massi più bassi e continuare a correre, dandoci anche degli spintoni o tirandoci a vicenda per i vestiti, al fine di rallentarci la corsa. Ci stavamo divertendo come matti, tanto che a furia di ridere mi si appannò la vista e non vidi un ramoscello che rotolò sotto ai miei piedi, e che, se non fosse stato per Jared che mi fece atterrare sul suo petto, mi avrebbe fatto sbattere il muso per terra.
“Ehi, scimmietta, devi guardare dove metti le zampe!”, mi disse con tono dolce.
“Ma tanto ci sei tu a salvarmi!”, gli dissi, dandogli un bacio sulla guancia. “Posso farti una foto?”, gli chiesi poi, “voglio ricordarmi per sempre di questo pomeriggio!”.
Lui annuì contento. Presi la mia macchina fotografica dallo zaino – che per miracolo era ancora tutto intero –, gli scompigliai i capelli, facendogli finire più o meno sopra gli occhi, e gli dissi di mettersi in posa sopra un macigno.
Gli scattai varie foto, mentre lui si accucciava sulle rocce, oppure si sollevava sulle braccia, appoggiando le mani su due massi vicini tra loro e alzando le gambe, mostrandomi così la suola delle scarpe. Dio, era tenerissimo, e sebbene i suoi occhi fossero in parte nascosti dai capelli, mi guardavano con una dolcezza smisurata che mi faceva perdere la testa. Era il mio cucciolo, il mio fortissimo cucciolo.
Ad un certo punto fece un sonoro starnuto.
“Vedi? Te l'avevo detto di non restare in canottiera!”, gli dissi ridendo.
“Ma no, deve essere il polline!”, si difese lui.
“Sì, certo. E da quando sei allergico al polline?”
“Magari da adesso!”, continuò lui.
“Ho io quello che ci vuole per te!”, gli dissi. Presi la coperta che avevo infilato dentro lo zaino e gliela misi sulle spalle.
“Ecco, così sei perfetto. Un perfetto cucciolo piccolo e indifeso. Guarda, hai anche il nasino rosso!”, gli dissi tra le risate.
“Non ti preoccupare, cara mia. Avrò la mia vendetta, in questa vita o nell'altra!”, mi disse, citando con convinzione Russell Crowe.
“Ma stai zitto e fatti fotografare!”, gli dissi. E gli scattai un'ultima, tenera foto.
Riprendemmo a camminare e ci fermammo al limitare di un burrone, ci sedemmo per terra e osservammo il panorama. Poi ci sdraiammo supini: io appoggiai la testa sulla sua spalla sinistra e gli afferrai la mano destra, lui mi mise il braccio dietro al collo e iniziò ad accarezzarmi lentamente i capelli. Dopo qualche minuto parlò: “Ti amo, Ross!”.
“Ti amo, Jay!”.
Quel momento, quelle parole, quelle carezze, erano come una solenne promessa per l'eternità, come se ci stessimo giurando un amore che sarebbe andato oltre i confini del tempo e dello spazio. Osservai il cielo, e pensai che per sempre mi avrebbe ricordato i suoi occhi, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo della mia vita, e che ad essi lo avrei sempre paragonato.
“Jay, sai cosa sto pensando?”, gli dissi, dopo alcuni minuti passati in silenzio.
“Cosa stai pensando?”, mi chiese dolcemente.
“Che mi sento come... voglio dire... non sembra come se non fossimo mai stati vivi? Come se avessimo appena cominciato?”, gli dissi, girando la testa verso di lui per guardarlo.
Lui mi guardò comprensivo e socchiuse gli occhi, come se stesse pensando a qualcosa.
“Magari per te non è così, tu hai avuto una vita diversa dalla mia... ma è quello che sento io, lo sento dentro. Con te è come se avessi iniziato a vivere davvero, come se fin'ora io non avessi veramente vissuto, ma solo sopravvissuto.”, gli spiegai.
“No, amore. Ti capisco benissimo, perché è quello che sento anch'io. Non c'entra la vita che ho fatto... ho avuto esperienze diverse, è vero, ma non contano, su quanto dici tu non fanno testo. E' con te che ho iniziato a vivere, proprio come se fosse la prima volta. Tu mi capisci, mi dai forza, mi sollevi il morale, mi fai ridere, mi fai riflettere! E' incredibile... è come se tu fossi il mio carburante! Non riesco ad immaginare il resto della mia vita senza di te... sarebbe tutto triste, vuoto. Non c'è vita senza te!”.
Quello fu uno dei migliori discorsi di sempre. Lo guardai commossa, sprofondai con il viso nell'incavo del suo collo e lo abbracciai forte, lui mise entrambe le braccia sulla mia schiena, coprendomi con metà della coperta che aveva addosso, mi strinse ancora più forte a sé e mi diede un dolce bacio tra i capelli. Restammo per un po' accoccolati, senza dire nulla, finché non si alzò un venticello pungente.
“Sarà meglio andare o ci ammaliamo.”, disse lui, sollevando se stesso e me da terra.
“Stai facendo progressi! Bravo! Prossima volta maglia della salute e cappotto di lana!”, lo presi in giro.
“Tu invece farai il cosplay di un eschimese?”, mi prese in giro a sua volta.
“Ah-ah, divertente! Voglio proprio vedere se non inizierai a buttarti addosso ogni genere di indumento anti-freddo!”.
Mi alzai, aiutai lui ad alzarsi, tornammo in macchina e partimmo alla volta del supermarket. Comprammo il necessario per un decente pranzo di benvenuto, cercando di trattenerci dal svaligiare il reparto dolciumi, e tornammo a casa. Erano ormai le otto e trenta di sera.
Entrammo con le borse della spesa in mano, e vedemmo un Tomo mezzo spaventato venirci incontro e fiondarsi sui sacchetti, ce li tolse dalle mani senza proferire verbo e li portò lesto in cucina. Di sicuro era in ansia e preoccupato di quello che avremmo potuto comprare e, di conseguenza, di fare brutta figura con Vicki. Ma c'ero io con Jared, il pranzo di domani era salvo, non aveva nulla da temere.
“Bene, grazie ragazzi. Anzi, grazie Ross, a te non dico niente che sei negato per la spesa!”, disse il chitarrista, tornando dalla sua ispezione culinaria.
“Oh, ma grazie! Bell'amico sei!”, gli rispose Jared, fintamente offeso.
“Quando serve! Ah, a proposito, tra poco arrivano le pizze, le ha ordinate Shannon!”, aggiunse il cuoco.
Io e Jared andammo in sala, dove uno Shanimal addormentato si era impossessato del divano. Ci guardammo in faccia con uno sguardo d'intesa, annuimmo convinti e, al tre segnato dal dito medio di Jared, gli saltammo letteralmente addosso.
“WHUAAAAAAAWH!! MUDDAFUGGAZ!”, urlò la nostra vittima, spaventato a morte.
Io e il mio folle ragazzo scoppiammo a ridere, e continuammo fino alle lacrime, mentre il povero batterista ci guardava come se avesse visto due marziani, anzi, due terrestri.
“Ma vi siete bevuti il vostro fottuto cervello? Venite qui, disgraziati!”, ci apostrofò, poiché noi ce la demmo a gambe e lui iniziò ad inseguirci.
Ci fermammo solo quando Tomo ci puntò davanti alla faccia due grandi cartoni contenenti due pizze famiglia, olfattivamente molto promettenti.
Mangiammo con relativa tranquillità, tra le chiacchiere, l'impazienza per l'indomani e altre risate causate dal dolce risveglio di Shannon.
Poi io e il mio Jay demmo la buonanotte ai ragazzi, salimmo in camera e, esausti come poche volte, sprofondammo tra le braccia di Morfeo praticamente subito.



Bene, questo è il capitolo più lungo scritto fin'ora, ma a mio parere ne è valsa la pena!
Spero siate anche voi del mio stesso parere.

Qui vediamo Ross e Jay (conosciuti anche come 'JOSS' o 'RAY', per chi ama i nomi fusi. ...Voi quale preferite tra i due?), divertirsi e riflettere sulla loro storia, capendo di essere davvero fatti l'uno per l'altra. Avete notato i versi della splendida 'R-evolve' pronunciati da Ross? Bene, teneteli a mente.

Detto questo, ci si vede al pranzo con la nostra SuperOspite Vicki! Non mancate!!

Come sempre: baci, abbracci, e tante coccole dalla vostra Pomegranate.
Stay tuned, be martian!

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Capitolo 8
*** Welcome Vicki! ***



Ciao, carissimi!! Con dieci giorni di ritardo (ma mi si perdonerà), sono tornata!
Buona lettura!


Aprii lentamente gli occhi e cercai di ricordarmi chi fossi, dove mi trovassi e in che secolo fossimo. Poi la mente cominciò piano piano a liberarsi dallo stato onirico e mi misi seduta. Oggi sarebbe venuta Vicki ed io ero ancora a letto, e per di più non sapevo neanche che ore fossero. Le tapparelle erano abbassate e non vedevo la luce. Allungai una mano verso la mia destra, per tastare il resto del materasso: vuoto. Jared doveva essere già sceso. Guardai l'ora sul cellulare: le 11:47. Cavolo. Mi alzai lentamente, onde evitare di finire per terra, alzai le tapparelle e una luce abbagliante illuminò tutto, era una bella giornata. Andai in bagno, mi lavai, indossai i miei amati jeans, le mie Nike bianche e un maglioncino a righe colorate. Alzai i capelli in una coda alta, mi fiondai sulle scale e raggiunsi la cucina. Volevo fare uno scherzo ai ragazzi, così mi appostai sull'uscio, in attesa del momento adatto per un'entrata teatrale. Vidi Jared entrare dalla grande finestra che dava sul giardino e, senza vedermi, mettersi davanti ad un pentolone, mescolando qualcosa al suo interno. E come già altre volte, come sempre, mi incantai a guardarlo. Aveva una camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti, un grembiule allacciato alla vita, anch'esso bianco, dei pantaloni grigi e un paio di scarpe nere con un piccolo tacco quadrato. Dio, com'era sexy! Stavo per avvicinarmi a lui di soppiatto, quando mi sentii sollevare dai fianchi e, per la paura, emisi un acuto degno di Celine Dion.
“Buongiorno sisthaaaaa!!”.
“Shannon!! Ti sembra il modo? Stava per venirmi un infarto!!”, lo rimproverai, guardandolo dall'alto in basso, mentre lui mi teneva ancora su per la vita.
Jared si voltò di soprassalto, mi sorrise e fece per venire verso di noi, ma ovviamente lo Shanimal corse via, con me ancora in braccio. Io scoppiai a ridere, guardando con nostalgia il mio ragazzo.
“Shan! Fammi salutare la mia ragazza! Torna qui!”, iniziò a dire Jared.
“Dai Shan, mettimi giù!”; dissi io, tra le risate.
Finalmente quello mi mise giù, corsi dal mio Jay, ma, non appena fummo l'uno davanti all'altra... DLIN DLON.
Dovevano essere Tomo e Vicki.
Jared mi prese, mi diede un veloce, tenero bacio, e andammo alla porta, insieme a Shannon, che aprì.
“Eccoliiiii!”, disse allegro il mio cognatino, salutando entrambi. “Piacere di conoscerti, Vicki! Io sono Shannon!”.
La ragazza era bassina, aveva un viso piccolo e simpatico, gli occhi di un grigio-azzurro, molto luminosi, e i capelli castani, di media lunghezza, legati in una piccola coda appena sopra la nuca. Indossava una maglia blu scuro, dei jeans neri e un paio di scarponcini viola, con il logo della Nike. Che bello, anche lei ama le scarpe della Nike, pensai.
“Ciao! Io sono Jared! Felice di averti qui!”, la salutò il mio ragazzo, stringendole la mano.
Poi toccò a me. Le strinsi anch'io la mano e le dissi: “ Benvenuta Vicki! Io sono Ross!”.
“Ciao! Ho sentito parlare di te!”, mi disse con un ampio sorriso. Sembrava più a suo agio adesso che aveva constatato la presenza di un'altra donna.
“Davvero? Spero che Tomo non ti abbia stressata troppo!”, le dissi sorridendo.
“Ehi! Io non stresso nessuno!”, intervenne il Santo.
“Nooo, nelle ultime ventiquattr'ore mi hai parlato praticamente solo di loro!”, gli disse Vicki, dandogli una pacca sul braccio.
Ci mettemmo tutti a ridere. Era una ragazza davvero simpatica.
Poi Shannon parlò: “Se i piccioncini vogliono accomodarsi fuori, abbiamo approfittato della giornata soleggiata per apparecchiare in giardino. Vi consiglio di rimanere lontani, molto lontani, dalla cucina, oggi, giacché questo disastro ambulante di mio fratello si è messo in testa di cucinare. Vi prego, non avvicinatevi ai fornelli, potrebbe essere l'ultima cosa che fate!”
Quelle parole causarono un'intensità di emozioni mai vista prima: Tomo si mise le mani nei capelli e corse in cucina, Vicki soffocò una risata con una mano davanti alla bocca, guardando Jared con gli occhi spalancati, io scoppiai a ridere, il mio ragazzo guardò con occhi assassini il fratello e quest'ultimo assunse l'aria di uno che l'aveva detta grossa e alzò le mani in segno di resa.
“Per fortuna non sta ancora bruciando nulla! Ma adesso ci penso io!”, disse Tomo, tornando dalla cucina con un grembiule in mano.
“No, ti prego! E' una ricetta di mamma, mi ha detto i passaggi da fare per telefono. Guarda, l'ultima chiamata è di dieci minuti fa!”, piagnucolò il mio ragazzo, puntando il suo BlackBerry davanti alla faccia del chitarrista-cuoco.
“Lo aiuterò io, Tomo, non ti preoccupare! Oggi tu e Vicki siete nostri ospiti!”, dissi io, difendendo il mio ragazzo che sembrava tenerci davvero tanto a 'cucinare'.
Tomo sembrò convincersi e andò in giardino insieme a Vicki. Jared, intanto, rispose al suo cellulare che aveva iniziato a squillare, doveva essere Constance. Io, invece, andai a chiudere la porta di casa che era rimasta aperta, e Shannon mi seguì.
“Vostra madre è proprio una brava donna, se si preoccupa così per voi.”, gli dissi.
“Già. Ma credo che, più che altro. sia perché non vuole che suo figlio salti in aria!”, disse quello, ridendo.
“Ma tu non riesci mai a stare serio?!”; gli chiesi tra le risate. Chiusi la porta, e un attimo prima di togliere la mano dalla maniglia, Shannon mise la sua sopra la mia. La cosa mi stranì parecchio.
“Stai bene?”, mi chiese, guardandomi serio.
“Shan, certo che sto bene! L'ultima volta che mi hai vista è stata ieri sera, cosa vuoi che mi sia successo nel sonno?”.
“Niente... scusa. E' che mi preoccupo per te”, mi rispose, avvicinandosi un po' troppo.
Eh? “Non dovresti... voglio dire, sto bene! Piuttosto, tu, ti senti bene? Sei strano...”, gli dissi, e per qualche motivo mi misi sulla difensiva, come se stessi iniziando ad avere paura di lui.
Lui guardò in basso, fece un sorriso sghembo e poi mi guardò, saldando ancora di più la sua presa sulla mia mano. La situazione stava diventando imbarazzante, oltre che pericolosa. Tuttavia, il suo sguardo era dolce, ed era come se volesse dirmi qualcosa. Sollevò la mano libera – la destra – e la mise sulla mia guancia, come per accarezzarmi. Stavo per togliergliela, per chiedergli che cavolo gli fosse preso, per allontanarmi, quando sbucò Jared, con il BlackBerry ancora in mano, la bocca mezza spalancata e lo sguardo confuso. Shannon si allontanò di un passo da me. Io stavo per parlare, ma, ancora una volta, dovetti inghiottire le mie parole mute.
“Ma che cosa state facendo? Shan?!!”.
“Jay, non è successo niente!”, iniziai a dire, spaventata di cosa avesse potuto pensare. Volevo calmarlo, fargli capire... che neanche io capivo cosa stava succedendo. O forse non volevo capirlo? Mi avvicinai a lui e gli presi un braccio. “Credimi, per favore...”.
“No, senti, ne ho abbastanza di voi due!”, disse di rimando lui, arrabbiato. “Shan, che cazzo! Non ti sembra di esagerare?!”
“Jay, per favore, calmati. Non è successo niente, stavamo solo parlando”, disse Shannon, con voce apparentemente calma.
“Certo, e devi parlarle a due millimetri di distanza? Devi toccarla continuamente? Non me la dai a bere, Shan!”. Poi guardò me: “E tu non dici niente?”
“Jay... te l'ho detto, non è successo niente, non...”, cominciai a dirgli.
“Scusami, bro. Cercherò di abbracciarla meno, va bene? Non succederà più! Non litighiamo, dai..”, disse il batterista, guardando il fratello con occhi di scusa. Era sinceramente dispiaciuto.
Jared gli puntò lo sguardo addosso, sembrava in conflitto con se stesso. Poi parlò, mettendomi un braccio intorno alle spalle: “Va bene, ma non fatemi più questi scherzi!”. Era più calmo, ma il suo animo non era tranquillo.
Shannon raggiunse Tomo e Vicki, mentre io e il mio ragazzo andammo in cucina.
“Allora, che cosa abbiamo qui? Cosa ti ha consigliato quella santa donna di tua madre?”, gli chiesi.
“Pasta e pomodori con asparagi!”, rispose fiero. Tirai mentalmente un sospiro di sollievo, anche lui aveva pensato che, per ora, era meglio accantonare il discorso su quanto era successo.
“Mmh, buono! Sei a buon punto, vedo! Adesso devi aggiungere gli asparagi alla pasta e mettere tutto in padella!”, gli dissi, dato che aveva lasciato gli spaghetti con i pomodori a pezzetti dentro la pentola e una ciotola con gli asparagi a parte.
“Perché in padella?”, mi chiese, iniziando a spezzettare gli asparagi con un coltello.
“Per amalgamare il tutto e... riscaldare, dato che hai lasciato la pasta lì a freddarsi!”, gli risposi con un sorriso.
“Mh, ok! Sei tu la chef!”, mi disse, dandomi un bacio sulla fronte.
“Lo chef è Tomo! Io sono solo italiana!”, gli dissi, fingendo poca modestia per le mie origini.
“Già, è vero. Devo ancora imparare bene la pronuncia del tuo cognome... è difficilissimo!”
“Ripeti insieme a me: Pit-ta-rel-li!”. Quante volte glielo avevo fatto ripetere negli ultimi mesi?, pensai ridendo.
“Pit-tau-relli-elli!”, disse lui, guardandomi come si guarda la maestra dell'asilo.
Scoppiai a ridere, come ogni volta che lo pronunciava; però mi piaceva da matti, era incredibilmente tenero e sexy quando lo diceva.
“Ma lo sai che sei sexy quando lo dici?”, gli dissi, maliziosa.
“Non mi provocare, piccola!”, mi rispose, con lo sguardo da malandrino e il coltello in mano, aveva appena finito di tagliuzzare gli asparagi.
“E con questo completino, poi... mamma mia!”, continuai io.
Lui mi afferrò per i fianchi e si avvicinò al mio viso: “Sono alcuni dei vestiti di Vit, quelli che mette quando cucina!”
“Mh, se questi sono così sexy, non oso immaginare gli altri...!”, ribattei.
“E' tutto merito della persona che li indossa!”, disse lui, guardandomi avido.
Gli diedi un casto bacio sulle labbra e cercai di inibire i miei ormoni, c'era una causa – al momento – più importante. “Dai, metti tutto in padella adesso!”
Lui eseguì, io regolai la fiamma e gli diedi una dimostrazione di come mescolare il tutto. Gli consegnai il cucchiaio di legno e lui mi imitò.
“Per caso viene anche Matt, oggi?”, gli chiesi, poiché mi era venuto in mente che il quarto membro della band lo vedevamo piuttosto raramente.
“No, non verrà. Sta con la sua ragazza, Libby. Sai, stanno progettando il matrimonio!”, mi informò.
“Davvero? Oddio, non lo sapevo! Che bello!”, dissi, sinceramente contenta.
Rimasi a guardarlo mentre girava gli spaghetti in padella, e quando ritenni che erano pronti, gli dissi di spegnere la fiamma. Prese la padella e ci dirigemmo in giardino.
“Ragazzi, un applauso al cuoco del giorno! Siamo ancora vivi e, forse, mangeremo qualcosa di buono!”, dissi io ai ragazzi seduti al tavolo. Questi applaudirono rumorosamente, ridendo, oppure, come nel caso di Shannon-sono-sempre-serio, dicendo “Buuuuu!”. Jared posò la padella al centro della tavola, ci sedemmo, e cominciammo a servirci.
“Ma è buonissima! Jay, fai i complimenti a tua madre da parte mia!”, disse ad un certo punto Tomo.
“Ehi! Guarda che ho cucinato io!”, lo corresse Jared.
“E complimenti anche a te, Ross!”, disse di nuovo il nostro amico.
“Cosa?! Lei è stata solo a guardare...”, disse il mio amorevole ragazzo. Gli diedi un pugno sul braccio.
“Non ci credo neanche se lo vedo!”, continuò Tomo, “Dobbiamo ringraziare le tue due donne se quest'oggi abbiamo ancora tutti gli arti attaccati al corpo!”. Vicki e io sbuffammo a ridere, mentre Shannon si limitò a sghignazzare.
Jared fece il finto offeso, al suo solito, ma poi mi strinse a sé con un braccio, mi guardò con tenerezza e disse: “Già, le mie uniche donne, che mi salvano la vita ogni volta!”
Continuammo a mangiare e a chiacchierare del più e del meno, poi il mio Jay parlò di nuovo: “Ah, quasi dimenticavo... mia madre ci ha invitati tutti da lei per il pranzo di Natale!”
“Oh, che bello!! Io non l'ho ancora conosciuta!”, dissi entusiasta, rivolgendomi soprattutto a Vicki.
“Davvero? E' da poco che tu e Jared state insieme?”, mi chiese lei.
“Da tre mesi, più o meno!”, le risposi, ricordando quella calda giornata di fine agosto in cui il mio cuore si era come bloccato. O forse, era fermo prima, e aveva iniziato a battere.
“Sul serio?! Non si direbbe... voglio dire, sembra che vi conosciate da sempre!”, disse, con un'espressione meravigliata sul volto.
Io le sorrisi, e ancora una volta ringraziai la fortuna – o fato/caso/destino/provvidenza, chiamatelo come volete – per avermi fatto incontrare la mia anima gemella.



Eccoci alla fine di questo lungo capitolone di ben 2036 parole (sì, le ho contate con il mio LibreOffice)!

Aaaallora:
Finalmente conosciamo la nostra Vicki! Parla poco in questo capitolo, ma capitela (che gioco di parole meraviglioso!), è appena arrivata e deve ancora prendere confidenza. Datele tempo, e avrà molta più importanza nei capitoli che seguiranno.

Questione Shannon: non rimproveratemi, perché non ho la minima intenzione di farlo passare per il cattivo della storia! Assolutamente no! Il perché/come/quando/dove lo capirete #soon, non posso farvi spoiler!

Ross: come da lettura, è italiana. Il cognome non è, però, quello dell'autrice di questa storia (l'autrice sarei io, che vi rompo con le scritte in blu, LOL), così come il nome. Sono di mia invenzione (va beh, il cognome l'ho spulciato su Cognomix). Per cui, se doveste, per caso, trovare una qualche Rossmary Pittarelli nel mondo, sappiate che non è né l'autice, né la co-protagonista del racconto (che fa pure rima!).

Bon, ci vediamo alla prossima!
BACIONISSIMI! (SENZA KAFFE'E'E'E')!...

Stay tuned, be martian!

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