Witches of the Circle

di Elykei
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1

Olio di lavanda, semi di anice stellato, estratto di menta piperita.
Tre bicchierini del primo, due bicchierini dell’ultimo ed un cucchiaio di semi pestati, mescolare in senso orario per tre volte.

Così dettava il Grimorio di famiglia e così fece Altea, che fosse in ritardo per la prima ora di lezione non era importante, d'altronde, il test della terza, valeva un quarto del voto di fine anno e ciò bastava a farle sacrificare qualche minuto di Fisica nella speranza di scovare tra il sottile vortice di polverina di anice alcune delle domande, se non direttamente delle risposte di quel famigerato esame di letteratura inglese.

Passarono dieci minuti, ma nulla. Eppure l’anice stellato insieme alla lavanda avrebbe dovuto aumentare le sue capacità psichiche, in modo da facilitarle l’accesso ai frammenti del futuro che avrebbe, in seguito, rimesso assieme in una immagine più precisa grazie alle proprietà della menta piperita.

Era corretto, era tutto corretto: la formula e l’esecuzione, persino la tempistica, ne era certa. Si era esercitata col cronometro alla mano per tutto il pomeriggio precedente e i tempi rientravano in quelli previsti.

Certo non aveva osato portare a termine la magia in casa perché qualcuno lì se ne sarebbe di sicuro accorto e di conseguenza sarebbero iniziate le domande sul perché lo stesse facendo, quelli non erano interrogativi ai quali avrebbe potuto rispondere.

Il Grimorio però diceva che avrebbe funzionato e se una strega non si può affidare al proprio libro di magia a cosa dovrebbe affidarsi?

Altri cinque minuti e niente, Altea iniziava a spazientirsi… di questo passo avrebbe perso l’intera prima ora!

Pazienta bambina alla stregoneria non si può metter fretta, diceva sempre nonna Dafne, e paziente lei fu. Per altri tre minuti.

Passati quelli si fece prendere dallo sconforto, forse al posto di perdere tempo ad esercitarsi con incantesimi fantasma avrebbe dovuto fare qualcosa come studiare.

Proprio quando stava per rovesciare tutto il contenuto della ciotola nel gabinetto del bagno in cui si era nascosta per non farsi vedere dal resto della scuola iniziò ad intravedere sul fondo delle lettere.
Si fermò di scatto e rimise in posizione stabile la scodella.

B N . O R E . T

Bn.ore.t? Cosa voleva dire? Doveva concentrasi.
Un paio di respiri profondi e lettere e puntini assunsero un ordine coerente: Brontë.
Una delle sorelle sarebbe stata il centro dell’esame, per capire quale delle tre avrebbe dovuto aspettare solo qualche altro minuto.

Ma si sa il Karma non risparmia, in quel momento infatti un gruppo di ragazze entrò nella toilette.

Chiacchieravano rumorose ed una iniziò a bussare insistentemente alla porta.

- Occupato - rispose Altea, pregando in mente che la magia si sbrigasse e le desse qualche altro indizio.

- Si occupato da una vita! -.

Un altra voce poi aggiunse - Ma che è questo odore? Se stai fumando mi incazzo! Questo bagno fa già abbastanza schifo senza doverci aggiungere la cenere e le cicche non importa se sono sigarette alla menta! -.

Ignorò il commento anche perché intanto era spuntata una E.

- Ragazze non mi sento molto bene vi spiacerebbe lasciarmi il bagno? Con tutta questa gente non c’è aria -.

Oh perfetto c’è anche lei. Pensò Altea al suono di quella voce.

- Certo Alina, vuoi che ti chiamiamo qualcuno? -.

- Non serve, grazie -.

- Va bene- risposero in coro le altre comprensive.

Era una N o una M quella?

-Apri -.

Tuonò la voce di Alina da dietro la porta – Ti ho detto di aprire immediatamente questa porta Altea! –.

Sbuffando la bionda tolse il chiavistello e immediatamente la soglia si spalancò.
Alina, una furia rossa alta un metro e settanta, si intrufolò nel piccolo spazio e con un gesto stizzito gettò il miscuglio nel wc incurante delle proteste di Altea. Tirò frettolosamente lo scarico, poi prese l’altra per un braccio e la trascinò vicino alla finestra aperta. Controllò che in corridoio non ci fosse nessuno e quando fu soddisfatta tornò da Altea che in tanto si era appoggiata al davanzale e la fissava irritata.

- Che diamine ti è venuto in mente? -.

- Che diavolo è venuto in mente a me? Sei tu quella che è entrata come una pazza e ha mandato all’aria tutto il mio lavoro. Era mezzora che mi occupavo di quell’incantesimo -.

La rossa strabuzzò gli occhi – Ed è proprio questo il problema: un incantesimo? A scuola? Che tu sia stupida è un fatto noto, d'altronde è una dote di famiglia la tua, ma pensavo fossi almeno capace di seguire delle regole basilari come non esporre i propri poteri ai non magici -.

Altea roteò gli occhi – Non ho esposto niente a nessuno –.

- Si sente ancora la menta! –.

- Si perché secondo te la prima cosa a cui pensa qualcuno che entra in un bagno e sente odore di menta piperita è ‘’ qualcuno starà facendo uso di stregoneria, bruciamolo sul rogo ’’ –.

- Non scherzare su queste cose, idiota –.

- Smettila d'insultarmi! -.

Alina si mise le mani tra i capelli poi ispirò profondamente si avvicinò ad uno degli specchi ed iniziò a farsi una coda e aggiustarsi il trucco.

- Non so neanche perché mi preoccupo, se tu e la tua famiglia finiste in rovina mi sarebbe solo utile -.

Mentre Alina metteva a posto il rossetto di qualche tono più scuro dei suoi capelli Altea la scimmiottava, nella speranza che quella la lasciasse in pace.

- Vedi di ripulire quel casino –.

Quando quella fu uscita, Altea prese la ciotola da dove era rimasta in terra e la sciacquò per poi riporla in cartella assieme alle boccette con gli ingredienti che aveva usato.

Con quale arroganza Alina si era presa il diritto di giudicarla! Ed insultare la sua famiglia poi! Aveva voglia di lanciarle contro una fattura, magari una che le facesse spuntare brufoli in ogni dove o le procurasse un mal di testa perenne.

Se non fosso stato per la paura che si mettessero in mezzo le loro famiglie e che qualcuno indagando risalisse all’incantesimo che Altea tecnicamente non avrebbe avuto il permesso di fare per imbrogliare ad un compito in classe, lo avrebbe anche fatto.

Non sarebbe stata la prima volta infondo in cui la famiglia dei Montecatini e quella degli Sforza si scatenavano contro qualche sortilegio, dire che tra loro non scorreva buon sangue era un eufemismo.

Ma non era il momento di perdersi in fantasie di vendetta Altea aveva un’ora per fingere di seguire la lezione di storia ed in realtà apprendere il possibile su Anne e Emily Brontë.

Alla fine non aveva avuto il tempo di scoprire se quella era stata una M o una N.

 

 

 

 

 

Questa mia storia è molto diversa dall'altra che ho da pochissimo ripreso a pubblicare, ma mi intriga. Ho iniziato a scriverla pochi giorni fa e non riuscivo più a staccare le mani dalla tastiera. Spero che intrighi anche voi.

Lasciatemi un commentino con scritto tutto ciò che pensare riguardo alle mie streghette, che siano lodi o infamie non conta purché siano costruttive. Grazie per la vostra attenzione.

Scusate miei eventuali errori e fatemeli notare! NO BETA.

xxElykei

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Capitolo 2
*** 2 ***


Continuiamo ad introdurre i personaggi con un'altro capitolo.
Sappiate che dopo il terzo, che sarà così come il primo e questo secondo leggermente breve, seguiranno dei capitoli più consistenti, che però potrebbero essere caricati più lentamente.
Comunque sia ecco a voi le nostre streghette.


Lasciatemi un commentino e mi raccomando se trovate qualche errore fatemelo sapere, NO BETA.


xxElykei

 

 

 

2

Quando il professor Buonfelice piazzò davanti ad Altea un foglio che chiedeva il confronto tra tre dei romanzi più famosi delle sorelle Brontë lei imprecò sottovoce.

Se Alina non si fosse messa in mezzo sarebbero apparsi i nomi di tutte e tre e ora lei non si sarebbe ritrovata in difficoltà.

Restò a fissare la strega dagli occhi color della pece per qualche secondo, bofonchiando parole nervose, quando quella alzò lo sguardo dal suo foglio e le rivolse un sorriso trionfante Altea si sentì quasi uscire del fumo dalle orecchie.

Alina era sempre stata una delle migliori in letteratura inglese, anzi in tutte le letterature.

Studiare le piaceva, sin da quando alle medie si era ritrovata davanti la biografia di Dante le era scattato qualcosa dentro, aveva iniziato a chiedersi cosa ci fosse nelle menti di tutti quegli autori che avevano creato capolavori.

Quelle storie e poesie le sembravano magiche e, per lei che era una maga vera, era sorprendente vedere come delle persone comuni potessero creare mondi, personaggi e vite quando lei, nonostante del potere effettivo le scorresse nelle vene, non ci riusciva.

Per questo il poco rispetto di Altea per una tale arte le dava sui nervi.

 Aveva sentito l’energia della magia non appena aveva messo piede sul piano quella mattina e una volta scovata la fonte era riuscita ad individuare il tipo di incantesimo, qualcuno cercava di estrapolare qualcosa dal futuro e che motivo c’era di fare una cosa del genere in un bagno scolastico se non il fatto che il pezzo di futuro da trovare era relativo alla scuola stessa?

Da li a collegarlo con il test imminente il passo era stato breve.

Comunque non aveva interrotto Altea solo per fastidio, ciò che aveva detto era vero: praticare la stregoneria in pubblico era rischioso. E nessuno sapeva essere incosciente come un giovane Montecatini.

Quella famiglia era assurda, pensò. Aveva ragione suo zio quando li chiamava un inutile gruppo di sconsiderati.

In quell’istante Alina si rese conto che con le sue elucubrazioni su Altea Montecatini stava perdendo troppo tempo, tempo che doveva invece dedicare alle audaci sorelle Brontë. Si concentrò quindi sul compito che aveva sul banco.

La sua attenzione fu interrotta dieci minuti prima della fine dell’ora dall’inaspettato ingresso in aula di una ragazza.

I suoi scuri ricci erano scompigliati, le guance colorate come dopo una corsa. Puntò gli occhi cervone sul professore subito dopo aver avuto una panoramica della classe, che tutta la guardava sorpresa come Alina.

- Si?- chiese il professore un filino infastidito.

- Buongiorno, sono Eleonora Caccialupi –.

Parlò come se Buonfelice dovesse sapere chi fosse, ma dalla sua faccia a nessuno sembrò che l’avesse riconosciuta.

Probabilmente se ne accorse anche lei perché si affrettò subito ad aggiungere – Mi sono trasferita qui oggi mi hanno detto che avevano mandato un avviso? –.

Man mano che continuava a parlare la sua voce sembrava diventare sempre più incerta tanto che alla fine la frase divenne una domanda.

Il professore scavò tra le varie circolari nel registro, quasi tutte venivano messe li senza essere lette o per lo meno senza essere ascoltate, finché non ne trovò una che lo fece fermare.

- Oh si eccola- sventolò il foglio soddisfatto, come se quello fosse un premio.

Eleonora sorrise rassicurata.

- Devo dire comunque signorina Caccialupi – asserì dopo una breve controllata sul pezzo di carta per assicurarsi che il cognome fosse giusto – Che irrompere nel bel mezzo di una verifica non è molto corretto, soprattutto se si considera che lei sta effettivamente entrando in classe per la prima volta durante la terza ora –.

Eleonora notò un po’ divertita che il professore le stava dando del lei, ma dopo essersi riscossa dallo straniamento iniziale, rispose – Si in realtà sono stata fino ad ora dal preside per discutere di alcune cose, sa siamo già a fine febbraio e ci sono alcune verifiche che devo recuperare perché voi non avete i due quadrimestri, ma un trimestre e un pentamestre, e quando abbiamo finito mi hanno detto che potevo venire in classe e che mi sarei dovuta sbrigare per riuscire a non perdere del tutto anche questa ora e io pensavo che l’avessero avvisata, non sapevo nulla del compito in classe.. -.

- D’accordo, d’accordo, ci sono un paio di banchi liberi a causa degli assenti, prenda posto in uno di quelli ora, così gli altri possono finire la verifica –.

Altea considerò che era stata una fortuna che Buonfelice l’avesse fermata o a momenti la ragazza le avrebbe fatto venire un bel mal di testa.

Alina d’altro canto si sbraciò per farsi notare dal docente e, quando questi lo fece, disse concitata:                     - Professore! Ma l’ora è terminata e noi abbiamo perso dieci minuti, non è corretto -.

La seguirono un coretto di assensi, molti come lei dovevano ancora concludere il piccolo tema.

L’insegnante sembrò rifletterci per qualche secondo per poi acconsentire – Ha ragione, vorrà dire che chiederò dieci minuti alla professoressa De Tullio non appena arriverà, voi però affrettatevi -.

I ragazzi ritornarono al proprio compito scrivendo con affanno per poter finire in tempo, Eleonora d’altro canto si sedette in silenzio.

Passò i suoi primi quindici minuti nella nuova classe a scarabocchiare sul suo diario.

Si sentiva un po’ in colpa per aver messo fretta ai suoi neocompagni, metterli in difficoltà non era certo stata sua intenzione, temeva però che loro potessero non vederla così e che per questo potessero averla presa già in antipatia.

Quando tutto fu finito e Buonfelice lasciò il posto alla Di Tullio quella paura si accentuò, nessuno le aveva ancora rivolto la parola.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Altro capitolo! il prossimo sarà più consistente promesso.
Ditemi cosa ne pensate, NO BETA.

xxElykei

 

 

 

 

3

Alle dodici, quando squillò la penultima delle campanelle della giornata, Eleonora era sempre seduta nell’angolo in fondo a destra. Altea la vide guardarsi attorno un po’ spaesata, e dato che la prof successiva non era ancora arrivata in classe, le si avvicinò sorridente.

- Ciao –.

- Ehi ciao sono Eleonora – rispose la mora dalla pelle d’ebano piena di entusiasmo.

- Si l’ho sentito prima, mi chiamo Altea molto piacere –.

- Altea.. che bel nome! -.

- Sentiti pure libera di definirlo strano, se non fosse un nome di famiglia lo penserei anch’io credimi -. Disse con fare cospiratorio la bionda dagli occhi di ghiaccio.

- Oh no, è particolare è vero, ma questo non vuol dire che non sia bello -.

- Beh grazie allora –.

Eleonora non aveva smesso di sorridere nemmeno per un attimo.

Nel frattempo si avvicinarono alle due alcuni degli altri alunni, che uno ad uno si presentarono.

Dopo pochi minuti intorno a loro si era creato un cerchio formato da tutta la classe con Altea ed Eleonora al centro, tutti volevano sapere qualcosa in più sulla nuova ragazza.

- Dicci un po’, com’è che ti sei trasferita solo ora?-.

- Ma come sei delicata Altea –.

- Oh ma sta zitta Alina, non l’ho mica insultata, era solo una domanda –.

- Come ti permetti di dirmi di star zitta -.

La situazione iniziò a deteriorarsi ed Eleonora pensò fosse il momento giusto per rispondere alla domanda, così da calmare le acque.

- A dire il vero è una storia buffa, inizialmente dovevo trasferirmi qui con mio padre a metà dicembre, avevamo anche già preso la casa, che in realtà è la stessa che abbiamo ora, e papà aveva trovato lavoro nello studio legale in via Cavour, è un posto molto carino anche se non penso l’abbiate mai visto, ma comunque dicevo.. dovevamo venire qui prima, però ci sono stati un sacco di imprevisti con la casa, prima è scoppiata una tubatura, poi abbiamo avuto degli intoppi con l’impianto elettrico e risolto quelli la ditta che doveva ridipingere sia l’interno sia la facciata esterna è venuta meno, sembrava quasi che l’edificio stesso fosse contro di noi ahah –.

Alina la guardò con interesse ed il giusto numero di cenni d’assenso e sorrisi, Altea anche sorrideva, ma più per la velocità con la quale Eleonora era riuscita a dire tutto il suo discorso che non per pura educazione.

Arrivò proprio in quel momento l’insegnante dell’ultima ora e tutti furono costretti a tornare ai propri banchi, prima di recarsi al proprio posto però, Altea ringraziò la mora, aveva capito il suo tentativo di interrompere la tensione, era da tanto che nessuno ci provava. Tutta la classe si era arresa alle loro piccole battaglie quotidiane.

- Ho sentito che abbiamo una nuova studentessa.. Eleonora Cacciabuoi? –.

- Caccialupi in realtà -.

- Oh si certo, certo - disse la professoressa Romuro, un velo di imbarazzo le copriva il volto.

- Comunque ragazzi approfittiamo di questa aggiunta, che ne dite di un bel lavoro a gruppi? -.

Rimasero tutti piacevolmente sorpresi dalla proposta e quando qualcuno chiese se avrebbero potuto scegliere loro i gruppi la professoressa sorrise indulgente, per poi di affermare che non sarebbe stato giusto nei confronti di Eleonora. Protese quindi per un’estrazione ed assegnò ai quattro ragazzi ai primi banchi il compito di creare celermente dei bigliettini, ognuno con il nome di un compagno per inserirli nella scatola dei suggerimenti appositamente svuotata per l’occasione. 

Nel giro di pochi minuti fu tutto pronto.

- Faremo dei gruppi da tre, ogni gruppo si occuperà di uno degli autori fino ad ora studiati analizzando tecnica pittorica e o scultorea e naturalmente il contesto storico, la vita dell’artista e così via, in questo modo la classe farà un bel ripasso ed Eleonora potrà vedere cosa abbiamo fatto e, nel caso fesse necessario, mettersi in pari con noi -.

La Romuro si recò alla lavagna con un gesso in mano, scrisse meticolosa i nomi di ogni artista affrontato fino a quel momento durante l’anno, dividendoli per corrente artistica.

- Allora iniziamo con il gruppo di Eleonora, vediamo, vediamo chi saranno i tuoi compagni -.

Mescolò i bigliettini con la mano un paio di volte poi ne estrasse uno.

Alina Sforza.

Le due si scambiarono un veloce sorriso.

- Sono sicura che ti troverai bene con Alina, è un’ottima studentessa. Oh aspetta un secondo, prima di continuare scegli l’argomento Eleonora, magari quello tra gli artisti elencati con il quale ti senti più a tuo agio -.

Eleonora scorse lo sguardo sulla lista, optando infine per Van Gogh.

Alina ne parve soddisfatta.

- Benissimo vediamo chi concluderà il terzetto.. allora la fortuna tocca a: Altea Montecatini – la professoressa pronunciò il nome ad occhi larghi e voce un po’ incerta, mettere le due ragazze a lavorare assieme era la ricetta per un disastro.

- Non se ne parla! –.

- Assolutamente no! –.

Arrivarono immediatamente i commenti di Alina e Altea.

- Prof la prego con quella li non ci si può lavorare lo sa -.

- Ma per favore, professoressa Romuro non può farmi questo, lavorare con Altea! Tanto vale che mi metta due subito –.

- Ragazze calma, so che forse a voi non sembra la soluzione ideale, ma ho detto che avremmo fatto ad estrazione e quindi seguiremo ciò che ci ha deciso il fato –.

Alina si alzò di scatto pronta ad una nuova protesta, ma fu bloccata prima ancora di poter proferir parola.

- No Sforza basta, sono sicura che farete un ottimo lavoro e che nel frattempo riuscirete anche a mostrare ad Eleonora che questa è un’ottima classe nella quale non si pentirà di essersi trasferita, non è vero? -.

Alina si risedette – Certo –.

La professoressa si rivolse allora ad Altea con un’espressione che non ammetteva repliche – Vero Altea? –.

Il sorriso che adornò il volto della giovane bionda poteva dirsi tutto fuorché dolce – Vero –.

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


Ho postato lo scorso capitolo solo ieri lo so, ma questo era già pronto e avevo voglia di condividerlo.
Personalmente apprezzo molto questo storia, ogni volta che apro il file per continuare a scriverla la rileggo, a volte dall'inizio più spesso parto dai due capitoli precedenti a quello a cui sto lavorando e tutte le volte mi viene voglia di andare avanti, di capire cosa succederà dopo o meglio come succederà dato che per il cosa ho giò abbastanza idee ahah
Non lo dico per vanità o per autocelebrazione, lo faccio per condividere con voi i sentimenti che provo verso questo racconto.
Mi sto affezionando sempre più ai personaggi che fino ad ora sono emersi (e a quelli che conoscerete dopo) e non so se ha lo stesso effetto su voi che la leggete, lo spero anche se ne dubito ahaha ma comunque leggere un qualsiasi vostro parere, anche totalmente contrario al mio naturalmente, mi farebbe piacere. Se non altro potrebbe essermi utile per migliorare.
In conclusione scusate il mio piccolo ''sfogo'' (se così si può chiamarlo) ahahah e lasciatemi qualche commentino.

xxElykei

 

 

 

 

4

Seppur a fatica, finite le ore di lezione le tre ragazze riuscirono a mettersi d’accordo sul da farsi per il compito.

L’indomani pomeriggio si sarebbero incontrate a casa di Alina e li avrebbero lavorato al progetto.

Altea era tutt’altro che eccitata all’idea di entrare nella casa del nemico, nonostante gli anni di conoscenza infatti, solo due volte aveva messo piede nel Maniero Sforza, ed in entrambe le occasioni almeno altri due dei membri della sua famiglia l’avevano accompagnata.

Se non fosse stato per le quinquennali riunioni tra tutte le dinastie di streghe della città, che per tradizione si tenevano a casa di Alina, Altea non avrebbe mai conosciuto l’interno del grande Maniero.

Per ovvie ragioni però, non fu questo che disse ad Eleonora il pomeriggio del giorno in cui si erano conosciute, quando lei le chiese se sapeva com’era la casa della ragazza dai capelli rossicci.

- È carina direi, un po’ snob, ma la casa riflette i proprietari quindi non c’è da stupirsi -.

Eleonora rise. Non era il primo commento acido che scappava ad Altea da quando si erano incontrare per un caffè, poco dopo scuola.

- Posso farti una domanda? -.

- Spara -.

La mano color dell’ebano risaltava scura contro il bianco della porcellana che stringeva, stava bevendo una tisana al limone e gelsomino, miele niente zucchero.

- Ecco, è che mi domandavo perché ci fosse tutta questa.. tensione? Tra te e Alina intendo, come mai non vi sopportate insomma? -.

Altea tirò un morso al pasticcino al burro che aveva rubato dal piattino di Eleonora.

- Non so, non andiamo d’accordo e basta. Lei crede che io sia un’idiota perché la sua stupida famiglia snob c’è l’ha da sempre con la mia e io non penso che potrò mai superare il modo pretenzioso in cui parla -.

- Oh capisco, faide familiari, sembra eccitante -.

- Dopo diciotto anni non lo è più fidati, ma cambiamo argomento ora, dove vivevi prima di trasferirti qui da noi?-.

- Milano -.

- Uh racconta un po’, com’è una grande metropoli? -.

- Devo ammettere che non me lo aspettavo, ma per ora sembra parecchio diversa da qui, insomma, prendere un caffè in centro città seduti senza che qualcuno ti fissi con aria minacciosa in attesa che liberi il tavolo? E il fatto che ci siano così poche auto è sorprendente, è la prima volta da quando avevo cinque anni ed ero in montagna che respiro dell’aria salubre al posto di uno strato di smog tanto fitto da essere visibile ad occhio nudo -.

- Solo i vecchi vanno in giro in auto da queste parti noi altri giriamo a piedi o in bici e, se proprio dobbiamo andare lontano, cosa difficile dato che si fa il giro della città a piedi in mezzora, prendiamo la navetta -. Annuì Altea.

Quei biscotti erano favolosi, il vecchio bar dei giardinetti non si smentiva mai, per questo aveva portato lì Eleonora.

- E per divertirvi che fate? -.

- Ci sono un paio di pub non lontani da qui che nei week end restano aperti fino a tardi, fuori città c’è una discoteca ed il sabato sera i bar sfornano cornetti caldi, in settimana è tutto un po’ smorto, di solito prendiamo un caffè oppure ci buttiamo in casa da qualcuno, oh a proposito ogni due settimane Mattia dà una festa a casa sua, la prossima volta potresti venirci anche tu-.

- Sarebbe magnifico! - disse subito Eleonora poi parve ripensarci un momento e aggiunse – Ma chi è Mattia?-. 

- Già, tu non l’hai conosciuto! È uno dell’ultimo anno, domattina te lo presento -.

Altea, abituata a vivere in una città dove tutti conoscevano tutti, aveva scordato per un po’ che Eleonora era nuova.

- Pensi che a questo Mattia andrà bene se mi unisco per la festa?-.

- Ma si tranquilla, con tutta probabilità ti inviterà lui stesso domani. C’è sempre tutta la scuola tanto -.

Eleonora strabuzzò gli occhi – Deve avere una casa bella grande.. e i suoi non dicono niente? Una cosa è dare una festa ogni tanto, ma due volte al mese è un appuntamento fisso -.

L’ultimo morso al biscottino sembrò il più saporito.

- Anche lui vive in Viale Verdi -.

- È la stessa via di Alina no? -.

- Si è una delle vie delle ville, nella parte vecchia della città. Per i suoi poi non è un problema, sono spesso fuori per lavoro –.

Le due ragazze rimasero a chiacchierare finché il sole non scomparve all’orizzonte.

Viale Giuseppe Verdi era una lunga strada alberata, non molto lontana dalla scuola. Non vi erano troppe case, poiché quelle che avevano avuto la fortuna di essere costruite lì                                                                                                     avevano dimensioni eccezionali rispetto al resto della media cittadina.

Il Maniero Sforza era un edificio massiccio, quattro piani di legno e pietra che torreggiavano su un giardino tenuto in maniera impeccabile.

Sul retro un orto di spezie occupava quasi tutto lo spazio disponibile.

Spesso le famiglie più piccole e più giovani si recavano dagli Sforza in cerca di qualcuno tra gli ingredienti più rari da poter acquistare per aggiungerli alle proprie scorte magiche, d'altronde erano considerati tra i più forniti della regione.

I Montecatini non avevano mai usufruito dei loro prodotti, erano una famiglia abbastanza antica da avere una propria serra.

All’apparenza questa era modesta, di certo nessuno l’avrebbe ritenuta comparabile alla vastità di specie che il giardino Sforza ospitava, a meno che quel qualcuno non avesse avuto il permesso e la fortuna di poter accedere all’attico di casa Montecatini. Solo i più intimi erano difatti a conoscenza del vivaio interno alla proprietà, era lì che i veri tesori botanici di famiglia trovavano riposo.

La mente di Eleonora però, non vagava sulle piante del Maniero, per lei fiori e foglioline erano tutti uguali. La struttura d’altro canto, quella sì che teneva il pensiero occupato.

La riccia non aveva mai visto qualcosa di tanto bello ed antico, sì perché il fatto che ogni mattonella, ogni divano e tessuto, quadro e vaso, sedia e tavolo fossero sopravvissuti ad anni di storia si capiva già con il primo sguardo, e non di certo perché la casa era in cattive condizioni. Ogni centimetro era immacolato, come appena uscito da un negozio.

Chiunque comunque avrebbe percepito le vibrazioni che l’intero edificio emanava: storia, potere, famiglia.

Lo stesso tipo di vibrazioni venivano dagli occupanti del Maniero, si rese conto Eleonora quando, sotto insistenza della zia di Alina, le ragazze si sedettero a tavola per pranzare con il resto degli Sforza.

Nella stanza da pranzo erano in cinque, escluse le tre ragazze.

A capotavola sedeva Elia Sforza un uomo alto, dai capelli brizzolati, portava un completo grigio scuro sopra ad una camicia bianca a righine intonate. Sua moglie Regina sedeva fedelmente alla sua destra, un vestito nero con maniche a tre quarti le fasciava il corpo restando però sempre modesto. Seguiva Leonida Sforza, per tutti semplicemente Leo, occhi scuri come quelli del padre e della cugina.

Alla sua sinistra invece c’era Nicolò, fratello di Elia nonché padre di Alina, egli aveva i capelli rossicci, tratto peculiare della famiglia Sforza, che Elia aveva perso da ragazzino quando i geni paterni avevano preso il sopravvento.

Infine vi era Valentina, madre di Alina, i suoi capelli mogano erano lisci come la seta ed impreziositi dai raggi di sole che filtravano dalle finestre. Erano favolosi, pensò Eleonora.

La tensione fu da subito palpabile, Alina si sedette accanto alla madre, posto che occupava ad ogni pasto, quando Eleonora fece per posizionarsi accanto a lei Altea la bloccò posando una mano sul suo braccio e rivendicò quella sedia per se.

Eleonora le sorrise con aria inquisitoria, ma la assecondò.

Altea scosse le spalle come a voler sminuire la cosa, in realtà aveva calcolato attentamente, seppur in pochi secondi soltanto, quella che per lei sarebbe stata la miglior posizione in cui sedersi.

Sapeva che ad uno dei suoi lati si sarebbe ritrovata Eleonora e di conseguenza la scelta su chi sarebbe stato l’occupante del suo altro fianco sarebbe stata tra Leo ed Alina.

Con la ragazza non era mai andata d’accordo, ma il giovane Sforza era una incognita per lei.

Più grande delle due di quattro anni, aveva sempre tenuto le distanze dagli ambienti frequentati dalle ragazzine e, nelle rare occasioni in cui Altea aveva avuto l’occasione di incontrarlo, lui si era dimostrato distante e quasi infastidito dalla presenza dei Montecatini.

Per questo aveva preferito avere accanto Alina, meglio il nemico che conosci, diceva sempre nonna Dafne.

Per sua sfortuna però, questa sistemazione la metteva direttamente di fronte ad Elia che, dall’altro capo del tavolo, la scrutinava con occhio attento.

- Non sapevo che tu e Altea foste amiche - esordì quello.

Eleonora si guardò attorno cercando nelle facce dei commensali qualcuna che fosse scioccata quanto la sua dal tono rude delle parole dello zio di Alina, Altea non sembrò notarlo perché sorrise dolcemente.

- Non lo siamo, ma sa com’è, ai professori non interessa –.

Alina guardò acida la bionda – Quello che vuole dire Altea è che dobbiamo svolgere un compito che richiede incontri pomeridiani, da Eleonora ci sono ancora gli operai e la scelta del posto in cui svolgerlo era tra qui o casa di Altea, per questo lei è qui -.

- Beh se è necessario, la scuola prima di tutto - sorrise allora Regina.

Eleonora era sconvolta dal tono candido con il quale era avvenuto il breve scambio di parole, gli Sforza stavano non tanto sottilmente denigrando Altea, augurandosi che fosse lì non per amicizia, ma che ci fosse invece una scusa plausibile per la sua presenza nella loro casa, quasi come fosse un capello nella minestra.

La ragazza dal canto suo partecipava al teatrino col sorriso sulle labbra, come fosse talmente abituata a ricevere un trattamento simile da esserne a mala pena infastidita.

- È una ricerca su Van Gogh –.

Udire la voce di Eleonora fu per tutti una scossa, si erano dimenticati della presenza della ragazza dagli occhi verdone.

- Dobbiamo fare una ricerca approfondita su Van Gogh appunto, e creare un racconto della sua vita e delle sue opere più significative analizzandole nel dettaglio, cioè teoricamente dobbiamo solo parlare dei suoi quadri, con giusto qualche accenno alla biografia, ma io credo sia impossibile descriverli senza confrontarsi con la psicologia dell’Olandese, le sue opere sono troppo pregne di emozioni per farlo -.

Aveva attirato l’attenzione dell’intera famiglia, anche Altea la guardava e questa volta il sorriso che aveva in viso non fu di scherno, ma di gratitudine. Era la seconda volta in due giorni che Eleonora la salvava da uno scontro con Alina o la sua famiglia.

Per il resto del pranzo si parlò di Van Gogh, del tempo e di qualsiasi futile argomento venisse in mente ai commensali, purché non toccasse Altea, che a sua volta decise di rimanere in silenzio finché non si furono recate in stanza da Alina.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Nuovo capitolo!
Dopo aver intravisto i rapporti tra Altea e gli Sforza ci concetreremo un po' sulle relazioni familiari delle nostre tre ragazze, e inoltre vedreco come Eleonora cerca di barcamenarsi tra le due litigiose streghette.
Come al solito NO BETA quindi tutti gli eventuali errori sono imputabili a me, se ne trovate qualcuno non esitate a segnalarmelo.
Fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino.

xxElykei

 

 

 

 

 5

La camera di Alina Sforza era al terzo piano assieme alla camera dei suoi genitori, ognuna aveva un proprio bagno, c’erano poi un soggiorno, che fungeva anche da sala svago, un cucinino per quando non si volevano scendere due interi piani per un bicchiere d’acqua e una camera degli ospiti, infine c’era il bagno del piano accessibile dal soggiornino, dalla camera degli ospiti e dal corridoio centrale.

Il secondo piano del Maniero, occupato dagli zii di Alina assieme al cugino e al prozio Leonardo, poteva così come il terzo fungere da appartamento assestante, in questo modo le due famiglie non rischiavano di intralciarsi troppo nella vita quotidiana.

- Prima presentiamo l’artista e poi passiamo ai quadri -.

- Ma no, non si può parlare di Van Gogh senza parlare dei suoi quadri, ogni periodo della sua esistenza può essere riassunto in un’opera quindi perché non procedere di pari passo? -.

- Perché sarebbe disordinato ecco perché! Occupiamoci innanzitutto dei dati biografici e poi procediamo seguendo a scelta un filo cronologico o tematico magari confrontandolo con i suoi contemporanei -.

- Ma stai dicendo la mia stessa cosa! Solo che prima vuoi rompere i maroni a tutti con la vita morte e miracoli! -.

- La vita è fondamentale! Se non chiariamo il quadro storico sin dall’inizio poi nessuno potrà capire eventuali riferimenti -.

- Ma perché dobbiamo riferire la linea temporale in anticipo? Scopriamo i passi della sua vita assieme alle varie caratteristiche artistiche no? -.

- Se non dessimo un’infarinatura generale la cosa finirebbe per risultare troppo caotica, com’è possibile che tu non lo capisca? -.

Per venti minuti e poco più Altea e Alina continuarono la loro discussione su come fosse meglio approcciarsi alla ricerca, ogni volta che Eleonora cercava di metter bocca una delle due ribadiva il proprio punto di vista con un esponenziale rialzo della voce, quando entrambe furono sul vertice delle urla Eleonora ne ebbe abbastanza.

Si alzò dal letto sul quale fino a quel momento era stata seduta e annunciò che si sarebbe recata in cucina per il bicchiere di succo d’arancia che aveva rifiutato un’ora prima.

Né Alina né Altea le prestarono attenzione, troppo impegnane ad urlarsi addosso.

Raggiunta la cucina Eleonora si sedette e con le mani tra i capelli ed i gomiti sul tavolo sbuffò.

Quel pomeriggio si stava rivelando estenuante. 

Prese il succo dal frigo ed aprì quello che credeva essere un armadietto con le stoviglie, che in realtà si rivelò essere colmo di spezie.

Ne aprì quindi un secondo, ed un terzo, ma tutti contenevano solo barattoli con targhette.

Erisismo? Giovanni il Conquistatore? Che razza di erbe aromatiche erano?

- Ti dico che è così! -.

- Devi stare tranquilla sono passati troppi anni ormai -.

Eleonora fu interrotta nell’esplorazione dei cassetti da delle voci concitate provenienti dal soggiorno, si avvicinò alla porta socchiusa e dalla sottile apertura intravide i genitori di Alina.

La madre Valentina pareva agitata, mentre il marito la manteneva dai gomiti e cercava di calmarla.

- Credi che non se ne sia accorto? Che basti qualche anno a far dimenticare? E poi che diamine ci fa qui? Lui era contrario, contavamo su questo -.

- Lo so, e sono sicuro che lo sia ancora, domani andrò a parlargli d’accordo? -.

- Se davvero lo è, perché è tornato? -.

- Ci sarà una spiegazione ne sono certo, tu però devi restare calma, mettere in agitazione tutti non giocherebbe a nostro favore -.

Valentina scosse la testa, pareva stanca.

- Va bene però prima cosa domattina devi andare da lui -.

- Lo farò, coraggio torniamo disotto ora -.

Preoccupata per la madre della sua compagna di classe Eleonora pensò di portarle un bicchiere d’acqua, ma temeva d’essere inopportuna intromettendosi senza ragione nella discussione dei due adulti.

Non voleva inoltre che questi credessero che avesse origliato.

Ascoltare il discorso era stato del tutto involontario, certo avrebbe potuto chiudere la porta o per lo meno allontanarsi o ancora fare rumore per renderli consapevoli della sua presenza, ma non aveva voluto interromperli.

Che fosse una ragazzina curiosa era ininfluente.

Tornò allora da Alina e Altea, che forse si erano fermate per riprendere fiato.

- Tutto bene? - le chiese la padrona di casa.

- È riuscita a liberarsi di te per dieci minuti non potrebbe stare meglio -.

- Dio mio, non fai mai silenzio tu? -.

- Vi prego fermatevi -.

 Eleonora bloccò le due anche fisicamente sedendosi per terra tra la scrivania e il davanzale a cui era appoggiata Altea.

- Perché non uniamo le vostre idee? Esordiamo con nome, data e luogo di nascita e nominiamo anche i parenti perché il fratello e il nipotino ci serviranno dopo, però ci fermiamo lì con le informazioni pure e semplici ed iniziamo ad analizzare i quadri più significativi, una volta finiti data di morte ed è fatta -.

- Non è male, ma secondo me qualche altra informazione iniziale gioverebbe alla chiarezza dell’analisi -.

- Ma sei scema? Non sai cosa vuol dire unire? Così facciamo solo quello che vuoi tu -.

- Ragazze basta, mi avete fatto venire mal di testa, per favore non dico che dobbiate andare d’accordo, ma un buon voto piacerebbe a tutte penso, giusto? - le due annuirono e la mora riprese – Perfetto allora istauriamo una democrazia, ogni idea viene messa ai voti e quella vincente viene attuata -.

Accettarono – Ma quindi tra me e te siamo in due e vince la mia proposta meno pallosa no? -.

- Altea! -.

- Infantile -.

Di tutta risposta la bionda le fece una linguaccia.

Quando raggiunsero l’intesa il sole era sul punto di tramontare e di comune accordo rimandarono al giorno dopo il passo successivo del compito.

Quella sera dopo cena Elia volle parlare con sua nipote.

I due si accomodarono nella biblioteca.

- Dimmi Alina, tu e le altre ragazze avete terminato la relazione? -.

- No zio, purtroppo siamo a mala pena all’inizio, la professoressa comunque ci ha dato una settimana per far tutto -.

Elia incrociò le dita sul tavolo che lo divideva da Alina con aria pensosa.

- Quando vi rivedrete? -.

- Domani -.

- Immaginavo, tu non sei certo una ragazza che perde tempo, domani però non sarà possibile abbiamo degli ospiti e quella ragazzina senza poteri non può essere presente -.

- Se restassimo al terzo piano? Lei non è una strega quindi non importa quello che fareste lei non lo percepirebbe -.

- Non voglio correre il rischio di farle vedere cose che non dovrebbe, ricorda qual è la nostra prima regola -.

- Mai esporre la magia ai non magici -.

Lo zio annuì soddisfatto.

- Avviserò subito le altre allora -.

- Buonanotte Alina -.

- Buonanotte zio -.

A casa Montecatini intanto tutti volevano udire il resoconto del pomeriggio a casa Sforza.

La famiglia si era riunita in soggiorno, Altea era seduta sul divano più grande, alla sua destra suo cugino Piermarco alla sinistra la cugina Dafne.

Di fronte su un divanetto più piccolo verde nonna Dafne e sua figlia Azelia.

Zaccheo, il padre di Altea sedeva su una poltrona con un sacchetto di patatine in grembo, sua moglie Beatrice era poggiata al bracciolo accanto al marito.

Zio Gaspare, fratello di Beatrice ed Azelia passeggiava per la camera in attesa del racconto e Lucia, madre di Piermarco e Dafne, che provenendo dal mondo dei non magici non aveva mai capito la faida tra le due famiglie, leggeva noncurante un libro di cucina.

- Allora? Si sono comportati bene? -.

- Se hanno osato anche solo pensare a qualcosa di inadeguato vado e do fuoco a quel Maniero, perché lo chiamano Maniero poi? È una villa come tante, forse un po’ più vecchia, ma pur sempre una villa e basta -.

A parlare era stata Azelia.

Lei, unica figlia nubile di nonna Dafne e del defunto nonno Lucas, era la più piccina, di meno di dieci anni più grande della nipote Altea.

- Azi non mettere strane idee in testa ai bambini, nessuno darò fuoco a niente - disse subito Beatrice.

- Che noia perché siamo riuniti qui allora? -.

- Perché io voglio sapere come gli Sforza hanno trattato la mia nipotina -.

- Che vuoi che ti dica nonna, Alina era insopportabile e i suoi zii mi guardavano manco avessi la rogna, in compenso però non mi hanno maledetto, il che è positivo -.

- Sono una marea di snobisti ed elitaristi ci trattano come se non fossimo nessuno, ma questa città non l’hanno mica fondata da soli! -.

- Gaspare caro, conosciamo tutti il tuo punto di vista, ora per favore sta fermo, mi sta venendo il mal di mare solo a guardarti -.

Gaspare piantò i piedi per terra, questa discussione era già avvenuta troppe volte in casa, era vero, ma lui proprio non riusciva ad accettare il comportamento dell’altra famiglia di streghe.

- Lucia non capisci, non dovrebbero permettersi di trattare mia nipote a quella maniere, davanti ad un’estranea per di più! -.

- Ehi a proposito, io sono più interessato alla nuova ragazza, che sai su di lei? -.

- Sempre dietro alle gonnelle ragazzino? -.

- Zia Azi hai solo sei anni più di me, perché insisti nel chiamarmi ragazzino? -.

- Perché sei un ragazzino -.

Il ragazzo biondo roteò gli occhi – Come ti pare, parliamo di Eleonora, sì? -.

Altea alzò le spalle, se c’era una ragazza nuova in città suo cugino voleva saperlo e non perché non avesse successo con quelle che lì ci vivevano da anni, anche loro infatti nonostante la fama da donnaiolo di Pier non riuscivano a resistere al suo sorriso smagliante e a quegli occhioni azzurro cielo.

- È una ragazza a posto, è simpatica e ha cercato di difendermi dagli attacchi degli zii di Alina –.

- È bella? -.

Altea tirò una gomitata nel fianco del cugino e Dafne gli lanciò contro un cuscino.

- Cognome? - chiese Azelia.

- Caccialupi –.

- Mmm per caso la conosco? -.

- È troppo vecchia per funzionare Pier, non te la presenterò quindi smettila! -.

- Non è una tecnica mi sembra davvero un po’ familiare il suo nome.. Eleonora Caccialupi dove l’ho già sentito? -.

- Beh ciò che volevamo sapere l’abbiamo saputo, ora è tardi andiamo tutti a letto - intervenne mamma Beatrice.

Eleonora era in camera sua sotto le coperte che guardava un vecchio film quando Luigi tornò a casa.

- Sei sveglia? - sussurrò suo padre da dietro la porta chiusa.

- Si, si, entra pure -.

Luigi trovò la figlia appallottolata tra le lenzuola, illuminata fiocamente dalla luce del televisore. Si sedette sul bordo del letto e la guardò sorridente.

- Come è andata il tuo secondo giorno? -.

Eleonora fece spallucce – Come il primo direi, quindi bene –.

- Solo bene? Come mai sei di così poche parole? È successo qualcosa? -.

- No non è successo nulla di particolare, sono solo molto stanca, cavolo mi avevano avvisato che quelle due non si sopportano, ma non credevo che gestirle sarebbe stato così difficile! -.

- Parli delle ragazze con cui devi fare la presentazione? -.

- Sì, Altea e Alina, prese singolarmente sono simpatiche, ma insieme.. -.

Stava per far cadere lì il discorso, quando si ricordò una cosa e si alzò a sedere di scatto.

- Ah papà tu non hai idea di quale scena mi sono ritrovata davanti oggi a pranzo! -.

Luigi sorrise, felice di vedere la figlia energica.

- Dimmi tutto -.

- In pratica eravamo da Alina oggi no? E la sua famiglia ha insistito perché pranzassimo con loro ma non immagini come si sono comportati con l’altra ragazza, la trattavano come una pezza da piedi, mi dispiaceva per lei ti giuro -.

- Addirittura e come mai? -.

- Non ne ho idea, cioè Altea mi aveva detto che la sua con Alina era un’antipatia di famiglia, ma non credevo fosse vero! Uno si aspetta che gli adulti si comportino da non so.. adulti? E invece sono stati così acidi -.

- Non si saranno comportati male anche con te, vero? -.

Eleonora scosse la testa con veemenza – No assolutamente, sono stati dei perfetti padroni di casa, anche per questo non mi spiego un comportamento del genere -.

- Un attimo hai detto Altea? -.

- Sì, Altea Montecatini perché? -.

- No, nulla, non avevo capito il nome dell’altra ragazza, adesso però ho bisogno di farmi una doccia e riposare, tu non tenere la TV accesa troppo a lungo va bene? -.

- Si papà -.

Luigi diede un bacio sulla fronte alla sua bambina, Eleonora poteva anche essere cresciuta, ma non c’era sera in cui suo padre non le desse il bacio della buonanotte.

Stava per chiudere la porta della camera di sua figlia, quando lei lo fermò – Papi? -.

- Dimmi -.

- Hai cenato in studio? -.

- Ho bevuto un succo -.

- E quella la chiami cena? Ti ho lasciato il polpettone in forno, mangialo prima di andare a dormire -.

- Lo farò, buonanotte -.

- Notte -.

Non c’era giorno in cui sua figlia non si preoccupasse del suo benessere.

Sin da ragazzina dopo la morte della madre ogni sera preparava una cena che lui poteva mangiare una volta tornato da lavoro.

I due non potevano passare troppo tempo insieme a causa degli impegni lavorativi del padre, ma questo non impediva loro di volersi bene, né di occuparsi l’uno dell’altra.


 

 

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Capitolo 6
*** 6 ***


Buongiorno e Buone Feste a tutti!
Spero riceviate un sacco di uova di Pasqua (indipendentemente dalla vostra età la cioccolata fa sempre bene all'umore), io purtroppo non ne potrò mangiare perché venerdì mi hanno tolto un dente del giudizio e masticare mi fa ancora un po' male.
So che in questi capitoli non c'è stata troppa azione magica ma per me è importante prima presentare i personaggi, stabilire un po' le dinamiche e le caratteristiche caratteriali. Cercare di farvi apprezzare ed osservare i personaggi come se fossero persone vere insomma.
Vi dico però che già dal prossimo la magia sarà più presente, quindi se è una dose maggiore di quella che volevate non dovrete aspettare ancora molto!
Comunque ecco a voi il nuovo capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate, sarebbe un regalino carino in sostituzione alle uova ahahaha

NO BETA se c'è qualche errore ditemelo e lo correggerò.


xxElykei

 

 

 

 

6

Il pomeriggio seguente le tre ragazze si ritrovarono nella biblioteca scolastica.

Oltre loro c’erano solo una professoressa ed un paio di bidelli.

- È una fortuna che voi abbiate un così buon rapporto con la professoressa Zaccaria, nella mia vecchia scuola nessun docente avrebbe accettato di restare dopo l’orario di lavoro solo per permettere a degli studenti di fare una ricerca -.

- Si la prof è piuttosto comprensiva -.

Ciò che Eleonora ignorava, era il fatto che anche Ilenia Zaccaria proveniva da una delle famiglie di streghe della città, per questo Alina ed Altea la conoscevano bene e, sempre per questo, aveva accettato di favorire le due fanciulle quando queste erano andate da lei durante la seconda ora quella mattina.

- Certo che questa vostra scuola è strana ,una sezione così estesa sulle piante? Si fanno solo quattro ore si scienze a settimana.. -.

Altea e Alina alzarono di scatto lo sguardo dai libri sui quali si erano concentrate e dopo un’occhiata alla bionda la rossa disse – Abbiamo un club di giardinaggio -.

- Già è parecchio attivo, a Milano non c’è ancora la moda della botanica? -.

- No, devo ammettere di no -.

- È l’ultimo grido delle scuole parigine -

Eleonora la guardò scettica e un po’ divertita – Ne sono certa –.

- Che ti metti stasera? - chiese Altea

Il cambiamento repentino di argomento la distrasse – Come? Per cosa? -.

- Per la festa -  continuò Alina che ricordandosi del fatto che quel giorno era un venerdì aveva subito intuito a cosa Altea si riferisse.

Eleonora invece era ancora in alto mare.

- Quella di Mattia ricordi? Te ne ho parlato l’altro giorno -.

- Oh è oggi? -.

- Ogni secondo e ultimo venerdì del mese - precisò Alina.

- Okay me ne ricorderò, datemi qualche consiglio: che dovrei indossare? -.

- Qualcosa da festa è ovvio -.

- Più chiara di così non potevi essere Altea -.

- Sono sicura che Eleonora sia abbastanza intelligente da capirmi contrariamente a te –.

- Non bisticciate! Piuttosto qualcosa da festa, okay ci sono.. ma la festa è elegante o è da si sbronzi chi può? -.

Le due veterane dei venerdì sera a casa Imperatore di scambiarono uno sguardo d’intesa e replicarono all’unisono – La seconda -.

- Ma - si affrettò a precisare la rossa – Questo non vuol dire che tu non possa essere raffinata, se sei una di quelle persone che da ubriache dimenticano come ci si regge in piedi allora evita gonne e vestitini, oh e stai lontana da Edoardo Filetta è uno che punta sul numero, spera che provandoci con chiunque prima o poi qualcuna ci caschi, e a tal proposito eviterei anche Piermarco Montecatini –.

- Lascia stare mio cugino! -.

- Vuoi dirmi che non è un dongiovanni? -.

- No, cioè sì, cioè non paragonarlo ad Edoardo, che schifo! E comunque lui questa sera non ci sarà -.

- Niente gente dell’università quindi? -.

- Niente nostra gente dell’università dovresti saperlo -.

- Vostra gente? - inquisì la riccia.

Altea si sentì colpire una gamba da sotto il lungo tavolo, aveva appena commesso un errore e non aveva la più pallida idea di come rimediare.

- Noi delle ville - intervenne Alina.

- Ville? Vivi anche tu in viale Verdi Altea? -.

- Sì -.

- Oh non lo sapevo.. nostra gente, sembrate quasi una setta detta così -.

- No, no è solo più facile capire a chi ci riferiamo a questo modo -.

Eleonora rise e le altre due l’assecondarono, liete di buttarla sullo scherzo. Di certo non erano una setta satanica, ma erano streghe e avevano delle congreghe, la nuova arrivata non aveva idea di quanto si fosse avvicinata alla realtà con quel commento.

Punta sul vivo Altea si affrettò a tornare alla ricerca per evitare altre eventuali domande.

Alina pensò fosse d’obbligo distrarre ulteriormente il pensiero della riccia e la invitò quindi alle macchinette per un tè.

 - Non sarà vero English Tea, ma c’è di peggio - scherzò la rossa.

- Non ci crederai, ma purché sia senza zucchero preferisco il tè delle macchinette alla maggior parte delle marche in vendita nei negozi -.

- Davvero? -.

- Si nella mia vecchia scuola mi prendevano in giro perché dicevano tutti che sapeva di detersivo e che avevo un gusto pessimo, eppure una volta in un bar ho provato un tè verde, sai tutti lo esaltano e la marca pareva buona, l’ho vista pubblicizzata varie volte in TV e così mi sono detta va bene dai proviamolo, e ti giuro sapeva di.. hai mai provato a mangiare degli aghi di pino? -.

- Aghi di pino?- chiese Alina con un mezzo sorriso.

- Sì sai quelli degli alberi -.

- Ehm no perché tu sì? -.

- No bleah, ma sono sicura al cento percento che se lo facessi sarebbero nauseanti proprio come quel tè -.

- Ah beh dimmi come si chiama e lo eviterò per il resto della mia vita! -.

- Oddio non ricordo penso di averlo rimosso un po’ come si fa con gli eventi traumatici ahah, comunque un giorno di questi te lo farò vedere, tanto se ci capita di uscire per un caffè lo troviamo di sicuro, di solito si trova nella stramaggioranza dei bar -.

- Dovremo fare un’ispezione della città allora -.

- Oh ieri non ho avuto l’occasione di dirtelo, ma hai una casa fantastica! Sembra un castello delle fiabe -.

- Grazie mille, è di famiglia da diverse generazioni -.

-  I tuoi devono essere qui da tanto –.

- Da sempre per quel che ne so -.

- È pazzesco, quindi conosci molta gente -.

- In realtà ci conosciamo un po’ tutti a prescindere, di rado si trasferisce nuova gente in una città tanto piccola e di conseguenza a scuola ci si ritrova sempre con le stesse persone ed è così anche in palestra, alle feste, nei locali. Questa città è come un gigantesco liceo: ci sono i vari gruppetti, persino tra gli adulti, e le tue amicizie strette dipendono da quelli, poi vabbè se te lo chiedono tutti sono amici di tutti -.

- Vuoi dire che gli amici di famiglia dei tuoi sono i genitori dei tuoi amici? E che se ti indicassi una qualunque persona in mezzo alla strada sapresti dirmi chi è? -.

Alina annuì - Sembra così strano? -.

- Un pochino -.

- Beh non potrei dirti il suo codice fiscale, ma nome e cognome si penso -.

Eleonora rise – Siete meglio di Gossip Girl –.

- Non dirlo, non vogliamo dare strane idee a qualche ragazzino con un blog -.

Chiacchierando avevano finito le loro bevande ed erano tornate in biblioteca, dove si rimisero a lavoro con Altea. 

Quando furono passate altre tre ore di studio Eleonora si rese conto di una cosa, se al posto di ignorare gli screzi fra Altea e Alina lasciando che questi si incrementassero da soli li si bloccava sul nascere, la compagnia delle due ragazze risultava essere molto piacevole.

Quando non erano impegnate a litigare infatti, le loro idee finivano per essere complementari e dopo un po’ anche la tensione tra loro si allentava.

Sembrava quasi che prendessero l’antipatia reciproca come un compito che se procrastinato abbastanza a lungo finiva per essere dimenticato.

La tesina ne stava giovando. Eleonora pensò allora di approfittare della calma.

- Perché non mi fate da personal shoppers? Il negozio però sarebbe il mio armadio -.

- Che intendi? -.

- Voglio dire andiamo da me, rivoltiamo l’armadio e mi aiutate a trovare la cosa giusta per il mio.. ingresso in società a casa Imperatore -.

Risero tutte insieme, poteva sembrare ridicolo ma quella descrizione era adatta alla serata.

Alle feste a casa di Mattia era presente non solo la maggior parte del liceo Giulio Cesare, ma più in generale quasi tutta la gioventù cittadina, dai coetanei delle ragazze fino ai giovani universitari, gli unici banditi erano i genitori.

Frequentare Altea non era ciò che Alina era abituata a fare né tantomeno ciò che la divertiva, passare il tempo con Eleonora tuttavia si stava rivelando piacevole.

La ragazza era simpatica e spigliata, un po’ logorroica a volte, ma questo non era sempre un difetto. Le serviva una ventata d’aria fresca, qualcuno che le stesse accanto per altre ragioni oltre che per il suo cognome o perché era sempre stato così.

- Perché no -.

Altea rimase stranita dal fatto che la ragazza dagli occhi neri aveva accettato una proposta che comprendeva passare con lei più tempo di quanto fosse necessario per il compito, lei di certo non ne aveva voglia.

Ciò nonostante aveva iniziato a considerare Eleonora una amica e se per aiutarla ad ambientarsi doveva sopportare qualche altra ora in una stanza con Alina, se ne sarebbe fatta una ragione.

- Va bene, ci andiamo subito? Van Gogh sarà anche stato un genio, ma mi sono rotta di leggere cose su di lui -.

Alina sbuffò ma non fece ulteriori commenti sul fatto che le parole di Altea erano una totale mancanza di rispetto nei confronti dell’artista.

Si concentrò piuttosto sulla riccia – Dove abiti di preciso? -.

- Ad un paio di isolati da qui, in una palazzina in Via De Nittis –.

Un quarto d’ora dopo Altea era seduta sul materasso di Eleonora mentre lei tirava fuori cose dall’armadio e Alina era in piedi appoggiata con un fianco alla scrivania di fronte al letto.

- Allora che ne dite di questo con questa? - chiese Eleonora mostrando un pantalone nero stretto ed una camicetta bianca semi trasparente con un fiocco morbido nero a mo’ di cravattino.

- Uh con un paio di tacchi saresti perfetta! -.

- Mm si non male ma io ci metterei qualcosa di diverso sotto quella camicia, per spezzare -.

- Ma il nero sta benissimo, riprende il cravattino -.

- Si ma con dei tacchi neri avrebbe quelli di abbinati, io proverei con dei pantaloni meno eleganti, così è troppo - disse Altea cominciando a scavare nell’armadio.

- Secondo me dovremmo lasciare le cose così come sono - intervenne Alina a denti stretti.

- Suvvia siediti e vediamo cosa ha in mente - rispose Eleonora trascinandola sul letto.

Altea trovò qualcosa che la soddisfaceva e la mostrò alle altre due: era un jeans strappato a sigaretta.

- Prova tutto e vedi che effetto fa -.

- Se mi cambio qui vi da fastidio? -.

- Siamo tutte ragazze non c’è problema -.

Eleonora si cambiò in fretta e quando ebbe finito si voltò verso Altea che nel frattempo si era seduta per terra con la schiena poggiata accanto alle gambe di Alina.

- Mettiti anche le decolté –.

- Fatto, che ne dite? -.

- Perfetta! -.

Eleonora si illuminò – Tu che ne pensi Ali? -.

- Ali? -.

- Oh si, ti da fastidio se ti chiamo così? -.

- E perché dovrebbe? E che nessuno a parte i soliti tre o quattro amici mi chiama in questo modo, quindi non ci sono troppo abituata, comunque devo ammettere che il contrasto camicia-jeans non mi dispiace affatto -.

 - Non mi starai mica dando ragione Sforza? - commentò Altea con le sopracciglia che le arrivavano all’attaccatura dei capelli tanto la cosa le sembrava strana.

Di tutta risposta Alina le colpì un braccio con un piccolo calcio - Sta zitta -.

- Mi hai dato un calcio! -.

- Ma ti ha dato anche ragione - fece notare Eleonora fermando la bionda prima che potesse reagire.

Altea roteò gli occhi, ma accettò la cosa.

- Voi invece che metterete? -.

- Non so ancora -.

- Io quello che indosso ora dato che non posso tornare a casa per adesso -.

- Come mai Ali? -.

- Mio zio deve fare qualcosa per lavoro e vuole campo libero perciò a me tocca andare da Mattia vestita da scuola -.

- Se vuoi posso prestarti qualcosa io! -.

- Non preoccuparti Eleonora non vorrei darti fastidio -.

- Quale fastidio e fastidio mi fa piacere, e per favore chiamami Ele sentir pronunciare ogni volta il mio nome completo mi fa temere di essere nei guai -.

Si alzò e rovisto per qualche secondo in una cassettiera per poi porgere alla rossa una maglia fatta da un corpetto bordeaux con scollo a cuore e maniche trasparenti che infilò velocemente. Le stava una meraviglia.

- Dobbiamo trovarti qualcosa da mettere sotto ed è fatta -.

- Le tue cose non le andranno mai -.

Alina ed Eleonora guardarono Altea.

- Che c’è, è la verità! Tu hai un lato B di tutto rispetto mentre Alina è piatta come una tavola, passi la maglia perché è aderente ma un tuo pantalone le starebbe male, lo sai anche tu -.

Entrambe si resero conto che la bionda diceva il vero.

- Vorrà dire che mi terrò questi pantaloni -.

- Sono rossi, cosa vuoi sembrare una caramella alla fragola? -.

Ad Eleonora scappò una risata, oltre ai vestiti Alina aveva anche i capelli rossi e la combinazione delle tre diverse sfumature di colore dava un effetto davvero poco gradevole. Se l’amica veramente non poteva tornare a casa avrebbe dovuto cercare altro da prestarle.

Alina provò altre cinque maglie, tutte più abbinate al pantalone che già aveva indosso, un paio le stavano particolarmente bene, ma nessuna reggeva il confronto con la prima bordeaux che aveva provato.

Ad ogni nuovo capo indossato Altea commentava: – Era meglio la prima -.

- La smetti di dirlo? ho capito che mi stava meglio, ma non posso metterla quindi è inutile ripeterlo -.

- Alina ha ragione, insistere non è d’aiuto -.

- Infatti ti rende solo fastidiosa Altea -.

- Non volevo essere fastidiosa come dici tu, stavo solo pensando che a casa ho una gonna a vita alta che starebbe a pennello con la maglia bordeaux -.

- Mi vuoi fregare la maglia? -.

- No idiota, te la voglio prestare -.

Alina la fissò crucciata – Davvero? -.

- Se a te sta bene si, tanto non penso avrai problemi di taglia, è a vita alta e larga quindi dovrebbe starti -.

In diciotto anni di vita Alina non aveva mai immaginato che un momento del genere potesse arrivare. Era vero che parlavano solo di uno sciocco indumento, ma mai per quello che lei ricordava era capitato che un Montecatini si fosse mostrato generoso con uno Sforza.

In verità lei non sapeva nemmeno se poteva accettare. Sarebbe sembrata ipocrita? In passato non aveva mancato occasione per criticare lo stile della bionda e ora doveva indossare qualcosa di suo.

E se la gonna non le fosse piaciuta? Non poteva accettare per poi criticarla una volta vista, sarebbe apparsa ingrata.

Altea probabilmente lesse tutto ciò sul volto di Alina perché non appena quel pensiero le sfiorò la mente aggiunse – Non devi accettare subito puoi vederla e magari anche provartela.. se poi ti piace te la do -.

Per quanto nessuna delle due volesse ammetterlo le ragazze si conoscevano parecchio bene.

Negli anni avevano frequentato assieme tutte le scuole ed essendo entrambe streghe erano state innumerevoli le occasioni di natura sociale nelle quali si erano ritrovate vicine. Il fatto che poi le loro famiglie erano le due più potenti della città le aveva obbligate ad osservarsi a vicenda a lungo, sempre in cerca di segreti da carpire per poterli usare a proprio favore.

Ormai Altea era in grado di capire cosa passasse per la mente della rossa con un solo fugace sguardo, conosceva il suo volto come il proprio.

Allo stesso modo Alina riusciva a leggere gli occhi della bionda, quando in quella occasione lo fece non vi trovò alcun tipo di cattiveria ma solo una voglia genuina di aiutarla.

Per un breve attimo le venne in mente che forse la gonna che voleva prestarle era maledetta, ma mise da parte il pensiero malizioso. Altea non avrebbe potuto prevedere un risvolto del genere da un incontro che era nato come un semplice appuntamento per svolgere un compito.

- È carino da parte di Tea non lo pensi anche tu Ali? - osservò Eleonora.

- Sì molto carino, grazie -.

Rimasero in silenzio aspettando il verdetto, Alina si morse un labbro poi si arrese – D’accordo se per te non è un problema -.

 

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Capitolo 7
*** 7 ***


NOTE A FINE CAPITOLO

7

Casa Montecatini apparve vuota quando le tre ragazze vi fecero il loro ingresso.

Per chi come Altea conosceva le abitudini della villa però, era chiaro che la nonna si trovava nella serra, sicuramente immersa nei suoi amati libri. Non c’era, secondo lei, posto più piacevole per leggere che in una stanza di vetro circondata dalla natura.

Sua zia era da qualche parte in giro per la villa, mentre il resto della famiglia era effettivamente fuori casa.

Raggiunsero il secondo piano senza incontrare nessuno.

La camera di Altea era sviluppata più in lunghezza che in larghezza, non era molto grande anche perché sullo stesso piano vi erano tutte le camere da letto della casa.

La sua stanza era sulla destra, assieme alle altre tre stanze singole, sulla sinistra c’erano invece le camere matrimoniali.

In vero zia Azelia aveva un letto matrimoniale, ma essendo ancora single la sua stanza era di poco più grande di quelle dei tre giovani Montecatini e trovandosi sul lato destro della casa non aveva accesso ad un bagno proprio ma ad uno che doveva condividere con Altea.

Nonostante le dimensioni modeste dell’ambiente Altea era riuscita ad inserirvi due grandi armadi rinunciando a possedere una scrivania.

Studio in biblioteca o se proprio devo restare in camera il pavimento mi basta e avanza. Aveva detto a sua madre quando questa aveva espresso dei dubbi riguardo alle scelte di design della figlia.

I guardaroba erano divisi per stagione, Altea si avvicinò a quello invernale, la gonna che doveva prestare ad Alina era abbastanza pesante, adatta al clima di fine febbraio.

- Il bagno? -.

- Terza porta su questo lato -.

Mentre la rossa andava a cambiarsi Altea ed Eleonora cercavano qualcosa di carino per la padrona di casa.

Il bagno era grazioso, un po’ piccolo, ma accettabile. Pensò Alina.

Guardandosi allo specchio realizzò di avere per la prima volta accesso senza supervisione a casa Montecatini.

Non le era mai capitato di superare il primo piano figurarsi di essere lasciata sola libera di dare un’occhiata in giro. Se avesse trovato il loro Grimorio avrebbe avuto accesso ai più grandi segreti magici delle streghe nemiche.

Capire nel dettaglio la loro arte era il primo passo verso conquistarla e in quel caso nessun Montecatini avrebbe più osato tramare per ottenere il posto da Iereus che apparteneva a suo zio.

Il titolo di Iereus, Iereia per le donne, indicava il capo di una congrega di streghe, per decenni la famiglia di Alina e quella di Altea si erano contese il privilegio di guidare la congrega della città, da qualche anno a questa parte tale onore era spettato ad Elia Sforza, ma le votazioni per l’elezione del nuovo capo avvenivano ogni dieci anni e quando il mandato di suo zio fosse scaduto avrebbe giovato alla famiglia avere qualche asso nella manica per una rielezione.

Silenziosa, Alina uscì dal bagno e poggiò l’orecchio alla porta successiva. Non sentì alcun rumore e allora entrò.

Si era fatta ormai sera, quindi la camera era buia. Toccò l’interruttore della luce che si accese, accecandola per un secondo.

Un letto, una scrivania, un computer, una cassettiera e poi vide qualcosa di utile: una libreria.

Si avvicinò quatta e con sguardo attento analizzò tutti i testi.

La maggior parte erano manuali scolastici e gli altri romanzi di vario genere. Il dongiovanni biondo aveva forse un animo romantico?

Si perché dalle foto che ornavano le pareti la stanza doveva appartenere a Piermarco.

Sugli scaffali non trovò comunque nulla di utile, passò alla stanza successiva.

C’erano solo camere da letto sul piano?

Era la camera di una coppia, più grande delle altre due che aveva visto, c’era perfino un bagno personale, ma al posto di libri di magia trovò su un comodino una pila di libri di cucina e riviste.

Era passato già troppo tempo e lei doveva controllare ancora quattro stanze, non ce l’avrebbe mai fatta.

Pensò di ispezionarne un’ultima prima di cambiarsi.

In questa che doveva essere la camera di Dafne fece particolare silenzio, era la più vicina a quella di Altea, non accese nemmeno la luce, ma si arrangiò con la torcia del cellulare. L’unico libro di stregoneria era però il manuale della congrega. In quello non c’era più di qualche regola e rituale di base. Cose che Alina conosceva già.

La gonna le stava a pennello ed Altea aveva ragione, si abbinava benissimo alla maglia.

Qualcuno bussò alla porta, Alina aprì senza controllare chi fosse poiché pensava di ritrovarsi davanti una delle ragazze.

- E tu che ci fai qua? -.

Il tono acido e sospettoso apparteneva ad Azelia Montecatini.

Alina si girò di scatto, incrociando le braccia al petto nel tipico aspetto di superiorità che assumeva quando incontrava un Montecatini.

- Mi cambio -.

Azelia la imitò occupando l’ingresso e di fatto bloccando ogni possibile via d’uscita – Questo lo vedo, ciò che non capisco è perché lo fai qui -.

- Sono stata invitata -.

Ricevette in risposta una risata di scherno – Chi ti avrebbe invitata di preciso? -.

- Altea -.

- Questa è bella, mia nipote ha gusti migliori in fatto di amici -.

- Oh credimi, se mai volesse provare ad essermi amica sarebbe l’unica cosa di buon gusto della sua intera vita, ora se non ti dispiace - le fece cenno di spostarsi, Azelia rimase immobile, fino a quando Alina non abbassò lo sguardo, poi fece passare la ragazzina pur continuando a seguirla con gli occhi.

- Ma sei stupenda Ali! -.

- Dici? -.

- Avevo ragione quella gonna è azzeccata -.

- Stai dicendo che sto bene? -.

- Si - ammise la bionda con una smorfia.

Altea intanto aveva indossato un vestitino smanicato giallo, molto acceso, molto da lei.

- Neanche tu stai male -.

- Ehm grazie? Credo -.

Eleonora batté le mani – Ora che siamo tutte sistemate passiamo a trucco e parrucco! -.

Quando arrivarono a casa Imperatore la festa era già bella che iniziata.

Più di un paio di persone si voltarono a guardarle quando si resero conto che Alina ed Altea erano arrivate assieme, le due si sentivano leggermente a disagio ma non lo diedero a vedere.

In passato era capitato che girassero voci tra i non magici su quanto le loro famiglie fossero strane quindi non era la prima volta che qualcuno le fissava.

- Altea! Sei arrivata finalmente -.

Mattia, bello come la notte nonostante il suo naso, troppo grande ed aquilino per essere adatto ai lineamenti tanto delicati del suo volto, si stava avvicinando alle tre con una birra in mano.

- E hai portato Alina? -.

- Mattia -.

- Ciao - il ragazzo guardò confuso gli occhi azzurri di Altea, che rispose con una scrollata di spalle.

Alina spazientita sbuffò – Fulvio?-.

- È con Paola in veranda –.

- Bene, addio - Alina si allontanò senza guardarsi indietro.

- Vuoi spiegarmi? -.

- Non particolarmente -.

- Va bene -.

- Dammi una birra va - sbottò Altea rubando la bottiglia di mano al castano.

- Ele tu vuoi qualcosa? -.

- Perché no, che avete? -.

Mattia notò per la prima volta la riccia – Ci conosciamo? -.

- È nella mia classe, te l’ho presentata ieri no? -.

- No - risposero i due.

- Non sono venuto a scuola ieri -.

- Oh sarà per questo che non te l’ho fatta conoscere, rimediamo subito: Eleonora Mattia, Mattia Eleonora –.

- Molto piacere -.

- Piacere mio, avevo sentito parlare di una nuova arrivata, da quanto sei in città? -.

- Qualche giorno -.

- E come ti ci trovi? -.

- Bene qui è molto carino -.

- Basta con i convenevoli sono noiosi, diamole qualcosa da bere e andiamo dagli altri così glieli presentiamo, oh a proposito devo trovare Cris mi deve dieci euro quello scemo! -.

- Fatti dare un consiglio Eleonora, se finisce a rissa tu punta su Tea, punta sempre su Tea! -.

Altea fece un occhiolino battendo il cinque al ragazzo.

- Voi iniziate pure ad andare, troverò una birra da sola -.

- Sicura? - chiese l’amica un po’ preoccupata all’idea di lasciarla sola in mezzo a tanti sconosciuti.

- Si, si tranquilla, non voglio certo essere causa di una mancata lotta e poi ho già visto un paio di persone di classe nostra in giro e volevo salutarle -.

- Okay, la cucina è in fondo a destra -.

- Non dovrei darle io queste informazioni? –.

- Oh e alcune regole base: studio e libreria sono off limits, per il resto il piano è a tua disposizione, se cerchi un po’ di calma vieni nella veranda della stanza da pranzo, lì c’è sempre meno gente e per il bagno.. che dici glielo diciamo? -.

- Stai facendo tutto tu quindi continua pure, fai come se fosse casa tua! - rise Mattia.

Altea gli fece una linguaccia – Dicevo piccolo segreto: usa il bagno del primo piano, la festa si svolge solo sul piano terra, quindi quello resterà pulito - diede un bacio ad Eleonora, poi prese sottobraccio il ragazzo e si diresse dagli altri.

Eleonora si guardò intorno, era arrivata solo al patio, eppure c’era già gente ovunque.

Da dove si trovava intravedeva Alina chiacchierare con una ragazza dai capelli castano chiaro ed altri due che sarebbero stati identici se non per la lunghezza dei capelli. Uno li aveva corti, all’altro invece arrivavano alle spalle.

Meno di un minuto dopo li raggiunsero Altea e Mattia.

Eleonora entrò in casa, la musica che fuori era attutita divenne molto forte, in soggiorno doveva essere assordante. Era lì infatti che si concentrava la festa ed era sempre lì che i ragazzi ballavano.

C’erano un paio di ragazze su un tavolino che cantavano a squarciagola un testo in inglese. Non importa quanto impegno ci mettesse, Eleonora non riusciva proprio a capirne le parole, o il suo inglese era peggiorato tutto d’un tratto o erano loro il problema.

Si spostò in quella che secondo le indicazioni doveva essere la cucina e infatti trovò una stanza che con qualche persona in meno doveva essere molto grande, ma che al momento risultava piuttosto soffocante.

Su un’isola centrale vi erano un mare di bottiglie: almeno tre marche di birra, vodka di ogni gusto esistente, alla menta non l’aveva mai assaggiata, c’erano persino un paio di caraffe di vino rosso. Tutto attorno vi erano pacchetti di patatine e ciotole di salatini, in lontananza vide quelli che un tempo dovevano essere stati dei vassoi di tramezzini, dei quali tristemente erano rimaste solo briciole.

Prese un bicchiere in plastica e vi versò del Malibù con succo d’ananas.

Vide di sfuggita Alessandro, era seduto davanti a lei in classe.

Il ragazzo era in compagnia di Martina e di altri che non conosceva, si avvicinò a loro.

- Ehi -.

- Eleonora ciao! Quando sei arrivata? - anche da lontano si sentiva l’odore d’alcool che permeava il fiato di Alessandro.

- Poco fa con Alina e Altea -.

- Oooh allora tu sei una di loro - commentò una ragazza un po’ alticcia con fare cospiratorio.

- Loro? - chiese Eleonora, poi ripensando al discorso che aveva avuto quel pomeriggio aggiunse – No non abito in Viale Verde -.

- Ma che viale e viale, tu sei una strega - per l’ultima parola abbassò il tono fino ad un sussurro.

Il gruppetto scoppiò a ridere – Ignorala è ubriaca -.

Eleonora sorrise confusa – Lo vedo parla di streghe! -.

- Non ridete, tanto lo pensate anche voi! -.

Martina zittì l’amica brilla, mentre la riccia domandava cosa fosse quella storia.

Un ragazzo che Eleonora non conosceva si intromise nel discorso ancora ridendo – Ma niente, è che sono strani quelli lì, Mattia e il suo gruppo, stanno sempre insieme, anche se fra loro non si sopportano e poi appena ne tocchi uno ti aggrediscono come belve. manco fossero migliori amici. Sono tutti falsi non li sopporto -.

- Per non parlare di quelle feste private che fanno! Ogni volta chiudono l’intera strada, ma chi si credono di essere? I proprietari della città? -.

- Beh il sindaco è pappa e ciccia con i loro genitori, perciò fanno ciò che vogliono -.

- Ma quali feste, quelli sono rituali strani te lo dico io! Una marea di satanisti, ecco cosa sono -.

- Fede, ma che dici? Eccentrici si, ma satanisti mi sembra esagerato, forse dovremmo toglierle di mano il vino -.

La tizia ebbra sembrava davvero convinta di ciò che diceva, Eleonora pensò che in vita sua doveva aver visto troppi film horror.

- Più che satanisti mi sembrano dei contrabbandieri, gli Sforza intendo, secondo me coltivano marijuana, perché sennò c’è tutto quel via vai di gente? E poi non si può avere quel tenore di vita vendendo basilico e rosmarino fidati -.

- Sì vabbè ora ti ci metti anche tu Ale? Lavorano quasi tutti in quella famiglia e i suoi nonni erano tipo dei conti, è normale che siano pieni di soldi -.

- D’accordo, tuttavia questo non dà loro il diritto di comportarsi manco facessero parte di un club d’élite -.

- Secondo me sei solo invidioso Fra, in realtà vorresti vivere anche tu in un villone e probabilmente anche poterti fare la rossa che ora come ora manco ti guarda -.

Quindi lo sconosciuto si chiamava Francesco.. o Franco. Nella sua mente avrebbe optato per Francesco, era più carino.

- Causa persa quella! Tutti i soldi del mondo non basterebbero a farlo sembrare decente, figurati abbastanza bello da attirare l’interesse di Alina! - disse Martina scatenando l’ilarità del gruppetto.

Eleonora non si sentiva a proprio agio, non conosceva gli altri di cui Alessandro e i suoi amici stavano parlando, ma Alina ed Altea le piacevano e quel Mattia sembrava un tipo a posto, stare qui con gente che li insultava e spargeva storie assurde sul loro conto non le sembrava giusto. Si scusò fingendo di dover riempire il bicchiere e si spostò nella sala da pranzo.

Stuzzicò qualche patatina dalle ciotole sul tavolo e fece due chiacchiere con una ragazza che aveva conosciuto alle macchinette il giorno prima.

La serata si stava rivelando un tantinello noiosa così raggiunse le amiche in veranda.

 

 

 

 

Buonjour e buona domedica a tutti :)
Nuovi personaggi che qui si intravedono soltanto ma che nel prossimo capitilo avranno anche dei nomi promesso ahahah
Daremo infatti uno sguardo ad alcuni dei più giovani rampolli della congrega, inoltre nel prossimo capito delle scoperte verrano fatte e di conseguenza scelte importanti verrano prese, che siano giuste o sbagliate lo scoprirete inseme alle nostre protagoniste solo andando avanti! (In caso non si fosse capito era un non troppo sottile invito a continuare a seguire questa mia storia ahahah)
Voglio approfittanre per ringraziare tutti quelli che dedicano parte del loro tempo a leggere ''Witches of the Circle'' lo apprezzo molto credetemi!
Se volete lascire un commento io sono qui per leggerli ahaha
NO BETA gli errori sono solo miei.
P.s. se vi interessano anche le storie un po' più orientate al romanticismo controllate il mio altro racconto ''Non tutto ciò che vacilla cade'' mi farebbe piacere :)
Ancora buonagiornata xx Elykei

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Capitolo 8
*** 8 ***


Ecco a voi il capitolo 8, i ragazzi della congrega ora avranno finalmente un nome, e anche qualcosina riguardante la loro personalità emergerà! Naturalmente esploreremo meglio questi personaggi e le loro dinamiche intere, nonché i rapporti con gli esterni alla loro cerchia, nei prossimi capitoli.
Nuovi sviluppi e nuove scelte, voi che ne pensate? Lasciatemi un commentino!
NO BETA se trovate degli errori segnalatemeli grazie :*
xxElykei

 

 

 

 

 

8

- Perché non hai nulla da bere in mano? - esordì Altea quando Eleonora li raggiunse.

- Forse perché non è un’alcolizzata come te -.

- Ali! -.

- No Ele lascia stare, nessuno Sforza sopravvive più di due minuti senza criticare qualcuno -.

- Vi prego picchiatevi, ravviverà la mia giornata -.

- Okay, per quanto la vista sarebbe piacevole, poi toccherebbe a me in quanto proprietario della casa ripulire il sangue, quindi eviterei -.

Mattia cinse Eleonora con un braccio – Nuova arrivata ti presento gli altri: la donna violenta che ha appena parlato è la mia dolce cugina Paola – la ragazza sorrise prendendo un sorso dal suo bicchiere. 

- Il capellone è Acrisio – indicò uno dei due gemelli.

 - Chiamami Cris – disse quello con un cenno.

- Suo fratello Fulvio –.

- Fratelli! Ci avrei scommesso, siete uguali –.

- Non dirlo, si monterà la testa – disse Acrisio.

-  Al massimo è il contrario dato che io sono quello grande e bello -.

- Grande? Avrei giurato foste gemelli -.

- No, lui è ciò che avanzava dei geni di famiglia – continuò Fulvio.

- Non fare quella faccia, fanno sempre così, quindi non devi preoccuparti -.

Altea guardò Eleonora interagire con i suoi amici, era bizzarro vederli trattenersi.

Nonostante le numerose amicizie con i non magici, di fatto i ragazzi tendevano a passare il tempo con i propri simili, in parte questo era dovuto alla libertà che ciò comportava.

Era facile che in una conversazione saltasse fuori qualche riferimento alla stregoneria.

I fratelli Bellini, Fulvio e Acrisio, ad esempio normalmente avrebbero iniziato a sfottersi sulla differenza di potere, oppure il maggiore avrebbe ricordato quanto poco controllo il più piccolo avesse sulle proprie capacità e di tutta risposta lui lo avrebbe fatto inciampare o gli avrebbe causato un attacco di tosse.

In quel momento però le parole di scherno tra i due si limitavano a battutine stupide che giovavano all’umore.

Era divertente, sembra quasi di vederli tornare bambini.

Paola non sembrava essere troppo compiaciuta dalla nuova aggiunta. Era abituata ad essere al centro dell’attenzione dei ragazzi, il suo aspetto e i suoi modi di fare di solito glielo garantivano, Eleonora era però la novità ed in quanto tale suscitava l’interesse di tutti, anche Alina che di solito era l’alleata numero uno di Paola dava più retta alla riccia che non ai commenti sprezzanti della ragazza dai capelli a caschetto.

Dal modo in cui Mattia guardava ogni movenza di Eleonora, Altea avrebbe detto che il castano apprezzava particolarmente la ragazza dalla pelle color del caffè.

Non era difficile crederlo, Eleonora era molto bella con quel naso dritto e le labbra piene. I suoi occhi poi erano verdi e vivi come le foglie sempreverdi e così infinitamente espressivi.

La ragazza comunque pareva non accorgersi delle attenzioni di Mattia.

Sarebbero stati una coppia carina. Pensò Altea, era ora che lui trovasse qualcuno che gli piacesse davvero.

Forse correva troppo con la fantasia, ma Eleonora era la prima verso la quale Mattia mostrava interesse che lei non odiasse completamente.

Proprio quando Altea formulò quel pensiero un brivido le percorse il corpo.

Da qualche parte un rito magico veniva effettuato, una cerimonia tanto potente da farne sentire gli echi fino a villa Imperatore.

Probabilmente erano i ragazzi al Maniero Sforza. Elia aveva richiamato i giovani sopra i vent’anni per una riunione. Di solito quelle consistevano in un controllo del livello di ogni strega, nello scambio di qualche ricetta magica di famiglia e in qualche rituale, nulla che dovesse avere una così forte risonanza da essere percepito a tale distanza.

I sei maghi si scambiarono sguardi eloquenti, tutti si erano accorti della ventata di magia.

- Brrr fa freddino qui - disse Eleonora abbracciandosi, poi alzò lo sguardo e si ritrovò gli occhi di tutti puntati addosso.

- Hai freddo? -.

- Un pochino -.

- Il riscaldamento è acceso, anche qui in veranda - assicurò Mattia. Eleonora pensò sembrasse riferirsi più agli altri che a lei.

Quando l’ultima lingua di potere fu scomparsa Eleonora sorrise – Sarà stato solo un brivido, sto bene ora -.

Poteva davvero essere inconsapevole? Si chiese Alina.

Aveva percepito la magia, non c’era dubbio su questo, avere la pelle d’oca proprio in quel momento per una qualsiasi altra ragione sarebbe stata una coincidenza troppo assurda.

Era forse una strega? In quel caso perché non dirlo? Ogni nuova famiglia magica doveva annunciarsi all’intera congrega prima di mettere piede sul suo territorio, ci sarebbe dovuta essere una festa di presentazione anche se fossero stati solo in visita ed Eleonora e il padre non parevano essere lì solo per un weekend, avevano una casa, la ragazza frequentava la loro stessa scuola, il padre aveva un lavoro.

Proclamare la propria venuta non era solo una cortesia, ma un obbligo formale.

Poteva suo zio aver dimenticato di riferire la notizia alle altre famiglie? Pensare che lo avesse fatto di proposito era improponibile, tuttavia far risalire il tutto ad un errore era ancora più incredibile.

No, Elia non ne sapeva nulla, Alina ne era certa.

C’era l’eventualità che fosse una strega in cerca di potere, magari suo padre mirava a diventare Iereus e per riuscirci aveva chiesto alla figlia di far finta di non essere una strega. Il tutto poteva essere parte di un qualche piano contorto, in quel caso però perché rivelarsi ora? Sarebbe stato stupido.

Ma allora poteva davvero Eleonora essere ignara delle proprie origini?

- Ragazzi che c’è? Mi guardate come se mi fosse spuntata una seconda testa -.

- No niente, niente.. vuoi un maglione? Te lo vado a prendere - si affrettò a dire Mattia.

- Grazie mille, non serve -.

- Ne sei certa? -.

- Sì te l’ho detto è passato, sto bene - sorrise Eleonora.

Le loro occhiate la stavano intimidendo – Devo andare un secondo al bagno scusatemi, di sopra vero? -.

- Salite le scale sempre dritto -.

- Torno subito -.

Forse non avrebbe dovuto bere a stomaco vuoto, considerò Eleonora.

Prima i brividi e ora le girava la testa, si arrampicò sulle scale con un po’ di fatica.

Arrivata in bagno si chiuse la porta alle spalle.

Si sciacquò la faccia, per sua fortuna il mascara era waterproof e oltre a quello aveva usato solo un po’ di rossetto che si era comunque portata in tasca per ogni evenienza.

Si bagnò anche i polsi per sicurezza, prima di sedersi sul bordo della vasca.

Intanto i ragazzi in veranda erano in fermento.

- È una strega - attaccò Fulvio.

- Ci avevate detto che era una normale – continuò Paola con tono accusatorio.

- Perché lo è -.

- Oh davvero Altea? Allora come spieghi le sue capacità percettive? -.

- Non lo so, ma Alina diglielo anche tu -.

La rossa si morse un labbro non sapeva che dire.

- Perché ci avete mentito? -  incalzò Paola.

- Non l’abbiamo fatto, non ne sapevamo nulla! -.

- Quindi vorresti dire che non avete percepito il suo potere? -.

- Perché voi invece l’avete fatto? - chiese allora Altea con tono di sfida.

Mattia scosse il capo - Non centra nulla Tea, si suppone che voi siate più forti di noi, quindi dovete per forza averci detto una bugia, ora diteci il motivo -. 

- Alina puoi per favore darmi una mano e spiegare a questi quattro che noi non ne sapevamo nulla prima che mi mangino? -.

Alina era incerta, dire la verità avrebbe significato ammettere di aver commesso un errore di valutazione, ci rifletté per un attimo poi sbottò – E va bene! Altea dice il vero, né io né lei eravamo a conoscenza delle capacità magiche di Eleonora, io onestamente penso ancora che ci sia un’altra spiegazione -.

- Si certo e io sono la regina d’Inghilterra -.

- Non è il momento per la tua ironia Paola –.

- Beh sai com’è, quando mi dicono una cazzata tendo a rispondere a tono -.

- Smettetela di battibeccare e ragioniamo, se voi due davvero non ne sapevate nulla vuol dire che Eleonora ha mentito a tutti e soprattutto che è abbastanza brava da occultare la propria magia. Un secondo Alina, Eleonora non era venuta da voi al Maniero ieri? - domandò Acrisio che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

La rossa annuì.

- Come hanno fatto i tuoi a non accorgersi di nulla? Per ingannare anche loro deve essere una strega davvero formidabile -.

- È impossibile! Una ragazzina di diciotto anni -.

- Diciassette – precisò Altea.

- Come scusa? -.

- È anticipataria –.

- Peggio ancora, una così piccola non può ingannare lo Iereus di una congrega, non può e basta! -.

- Mio fratello ha ragione, c’è qualcosa che non va in questa storia -.

Alina diede voce ai propri dubbi - E se non sapesse nemmeno lei quello che è? -.

- Solo un’idiota riuscirebbe a vivere per diciassette anni senza accorgersi di avere dei poteri - rispose astiosa la castana.

- A meno che le sue capacità non fossero bloccate - disse la bionda sostenendo l’idea di Alina – Pensateci: se le sue fossero delle facoltà latenti, nemmeno Elia Sforza avrebbe potuto sentirle e questo spiegherebbe anche la reazione che Eleonora ha avuto quando l’abbiamo fissata prima, non capiva perché la guardassimo a quel modo perché non sapeva di aver appena rivelato una tendenza magica -.

- Mio Dio, è tutto così assurdo - sospirò Fulvio.

- Se le cose stanno veramente così che facciamo? -.

- Nulla, possiamo solo comunicarlo agli adulti -.

- Non senza prove, soprattutto perché se loro poi la sottoponessero ad un esame e questo risultasse negativo avremmo esposta la stregoneria ad un non magico -.

- Potrebbero testarla senza dirle nulla -.

- Ma ti senti quando parli Cris? Non si può sostenere una prova del genere senza esserne consapevoli -.

- Cosa proponete? -.

I sei si scambiarono sguardi pensierosi.

- Diciamole la verità - dieci occhi la guardarono scioccati.

- Sei impazzita Altea? -.

- Ragazzi è l’unica soluzione per avere delle certezze! -.

- È l’unico modo certo per farci ammazzare dalle nostre famiglie - sbuffò Paola.

- Smettetela di sclerare e provate ad ascoltarmi per un secondo. Noi potremmo dirle la verità sui nostri poteri e sui sospetti che abbiamo nei suoi confronti, potremmo testarla e se risultasse essere una normale, la convinceremo a non farne parola con nessuno. È un’amica non ci tradirebbe -.

- La conosci da a mala pena tre giorni come fai ad esserne certa? -.

- Non lo so, ma mi fido di lei, il mio istinto mi dice di farlo -.

Tutti continuarono a guardarla come se fosse diventata matta, tutti tranne Alina e Altea se ne accorse.

- Lo senti anche tu vero? -.

- Sentire cosa? -.

- Non parlo con te Paola sta zitta -.

Alina si passò le mani tra i capelli – Si lo sento - inalò ed esalò profondamente - Non posso credere di star dicendo una cosa del genere, ma sono d’accordo con Montecatini, c’è qualcosa che mi spinge ad avere fiducia in Eleonora e i miei mi hanno sempre insegnato a dare ascolto al mio istinto -.

- È un istinto suicida il vostro, altroché! – scoppiò esasperata Paola.

Altea incrociò le braccia - Mettiamo la cosa ai voti -.

- Per quanto sia d’accordo con Paola e consideri questa idea come minimo lacunosa se non direttamente pericolosa, non credo che ci siano altre proposte, quindi dovremo fidarci del rapporto che avete instaurato con lei e cercare di tenere tutto nascosto alle nostre famiglie - sentenziò Acrisio.

- No ragazzi, io non ci sto! -.

Due a uno considerando il voto scontato di Altea.

Mattia rimase in silenzio, riflettendo.

Alina rispose solo con un cenno d’assenso ed una scollata di spalle.

Tre a uno.

-Questa faccenda non mi piace, sono contrario -.

Tre a due.

L’attenzione si spostò sul giovane Imperatore.

- Dipende tutto da te Mati, se sei contrario è patta e non se ne fa niente, se invece anche tu vuoi capirci qualcosa.. - Altea lasciò in sospeso la frase.

Mattia fece avanti e dietro un paio di volte.

Era una decisione difficile, lasciandolo per ultimo gli avevano accollato la responsabilità della scelta.

In quel momento Alina e Altea speravano nella stessa cosa: che il ragazzo fosse d’accordo con loro e che quella storia finisse per il meglio.

- Facciamolo -.

 

 

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Capitolo 9
*** 9 ***


Buongiorno a tutti e scusate il ritrardo,

normalmente tendo ad aggiornare ogni settimana ma questi ultimi giorni sono stati un po' movimentati.

Ad ogni modo ecco a voi il nuovo capitolo di Witches of the Circle, il nono.

Volevo prendere un momento per ringraziare chi segue e legge questa storia: GRAZIE DAVVERO. Voi siete la ragione per la quale continuo a pubblicare!

Comunque dopo la votazione dello scorso capitolo i nostri amici del circolo hanno deciso di rivelare ad Eleonora i propri poteri.. cosa accadrà ora?

Leggete e scopritelo! ahahah

xxElykei

P.s. Alla fine del capitolo c'è un'ulteriore nota che gradirei leggeste grazie :D

 

 

 

 

 

9

La decisione di Mattia fu seguita da un paio di respiri di sollievo e due imprecazioni piuttosto pesanti.

- Dov’è Eleonora ora? - si domandò Alina.

- Sarà ancora in bagno -.

- È passato più di un quarto d’ora! -.

- Magari non si sente bene -  suggerì il minore dei Bellini.

- Andiamo a controllare -.

- No voi restate qui, andiamo noi - disse Altea trascinando con se la rossa.

Al primo piano la musica era solo un rumore ottuso, le due bussarono alla porta del bagno.

Quando non ricevettero risposta si scambiarono uno sguardo, Altea poi disse ad alta voce – Ele, siamo noi! Altea e Alina, apri! -.

Ancora nulla.

La bionda provò allora a muovere la maniglia, la porta era però chiusa a chiave.

Passarono altri due minuti prima che Alina spinse via dall’uscio l’altra ragazza con un brusco - Togliti -.

La rossa si concentrò sulla sua mano ed in seguito sulla toppa. Fece un respiro profondo e sentì un’energia vibrarle dal petto lungo tutto il braccio, fino alla punta delle dita ed oltre.

Un click e la porta si aprì.

- Avrei potuto farlo anch’io - commentò Altea.

- Sì, ma non l’hai fatto - fu la replica della ragazza.

Nella stanza trovarono Eleonora priva di sensi con la schiena poggiata alla vasca da bagno.

- Oh mio Dio -.

- Eleonora! -.

Corsero da lei e insieme la sollevarono.

Si reggeva in piedi, ma non sembrava farlo coscientemente.

- Dobbiamo farla stendere -.

La trascinarono nella camera da letto di Mattia e la poggiarono sul materasso.

- Va a chiamare gli altri, resto io con lei -.

Altea si precipitò al piano inferiore, ignorando quelli che cercavano di fermarla per scambiare due parole.

- Venite -.

- Che è successo? - inquisì agitato Fulvio.

- Muovetevi! - fu tutto ciò che rispose la bionda.

Arrivati tutti, Alina spiegò ciò che era accaduto.

- Penso sia svenuta - disse – Respira e il polso è buono, è solo un po’ fredda, ma non riesco a farla risvegliare -.

- Prova con un incantesimo -.

- Potrebbe accorgersene -.

- Sul serio? Avete intenzione di dirle tutto sul nostro segreto, ma avete paura di questo? -.

- Fulvio ha ragione, andiamo fallo -.

- Va bene, va bene -.

Poggiò entrambe le mani sulla fronte della ragazza e di nuovo richiamò da dentro al petto quella scintilla che le permetteva di usare la magia.

La manipolazione delle energie era il punto forte della piccola Sforza, una disciplina che l’aveva sempre interessata, nonché la specialità delle tecniche di famiglia. Le consentiva di manipolare l’aura energetica di cose e persone, anche se con le persone era più difficile da controllare.

Diede una scossa alla mente di Eleonora, ma questa non riaprì gli occhi.

- Allora? -.

- Non ci riesco -.

- Ma come? Non dovrebbe essere così difficile è una emissione piccolina di magia -.

Alzò le mani irritata – Beh non funziona! Non è colpa mia -.

- Forse so cosa è successo -.

- Non tenerci sulle spine Paola, parla! -.

- È davvero inverosimile, ma Altea potrebbe avere ragione. Riguardo al blocco sui suoi potere intendo -.

- Che c’entra questo con la perdita dei sensi -.

- Non segui mai le lezioni della congrega Acrisio? Quando una strega ha i propri poteri bloccati, il suo corpo resta comunque allenato alla magia se la maga continua ad avere rapporti con altri del nostro mondo. Quando però si allontana dai propri simili, il corpo si atrofizza e nel momento in cui questa entra di nuovo in contatto con un qualsiasi tipo di stregoneria, il fisico riceve uno shock magico. Accadrebbe anche con una stupidata come un incantesimo per accendere una candelina, immaginate cosa succede quando nei pressi di una strega ‘’atrofizzata’’ viene fatto un rito tanto potente quanto quello che abbiamo percepito prima -.

- Stai dicendo che è praticamente in coma? -.

- Dico che ha subito uno trauma fortissimo e scagliarle contro altra energia non serve a nulla, dovremmo più che altro cercare di guarirla -.

- Allora tocca a te Imperatore, coraggio datti da fare -.

C’erano cinque categorie di magia peculiare o ereditaria e queste determinavano la propensione che ogni strega aveva alla nascita, Mattia e tutta la sua linea di sangue appartenevano a quella dei Guaritori.

Questo voleva dire che tendevano ad essere i migliori in ogni tipo di magia che includeva il recupero della salute, che si parlasse di incantesimi, pozioni o talismani.

Spesso coloro che avevano tale inclinazione finivano per lavorare in campo medico. La madre di Mattia, Giulianna Imperatore, era infatti un neurochirurgo, lo zio Teodoro era un esperto diagnosta e sua sorella Carla studiava per diventare veterinaria.

Persino suo padre, che era un normale, lavorava nell’ambito sanitario, era un infermiere.

Alina lasciò il posto a Mattia, che si inginocchiò accanto al corpo incosciente della riccia.

Toccavano tutte a lui le responsabilità quella sera.

Ripercorse con la mente tutti i trucchetti che sua mamma gli aveva insegnato.

Mani a sette centimetri e venticinque dal oggetto preso in esame, percorrere tutta la sua lunghezza, ripetere.

Una volta trovata la causa del problema eliminarla.

Certo la prima parte era facile, ma non era sicuro di riuscire ad eliminare la causa del male senza istruzioni specifiche.

I palmi a poco più di sette centimetri dovevano rendere più facile il compito di trovare i punti danneggiati. Non molti lo sapevano, ma la distanza dal paziente era fondamentale in questa fase esplorativa, se ci si avvicinava troppo le informazioni si sovrapponevano falsando i risultati, se invece la distanza era troppa i dati erano confusi, difficili da interpretare. In entrambi i casi la maggior parte delle volte il guaritore non si accorgeva dell’errore e attribuiva la colpa alle condizioni critiche del paziente.

Quando si fermò le sue mani tremavano.

- Credo di aver capito cosa c’è che non va -.

- E? - lo incitò Altea a continuare.

- E mi sa che Paola ha ragione, il suo centro nervoso è a pezzi, come dopo un potente shock -.

- Va bene, puoi sempre sistemarlo, giusto? -.

- Non ne sono certo -.

- Come?! -  lo aggredirono gli altri.

- I nervi sono una delle parti più difficili da curare poiché sono estremamente delicati, è necessaria una precisione ed una delicatezza che si ottengono solo dopo anni e anni di studi -.

- Ma tua madre è un neurochirurgo, non dovrebbe essere la tua specialità questa? -.

- Mio padre è un infermiere, ma fare i clisteri non mi riesce tanto bene! E poi mia madre ha vent’anni d’esperienza più di me -.

- Quindi che facciamo? La lasciamo catatonica? - chiese Fulvio.

- Chiamiamo un’ambulanza? - propose suo fratello.

- Sì genio e come spieghiamo i danni ai nervi? Diciamo che è stata colpita da un fulmine? -.

Altea camminava nervosa per la camera - Paola ti giuro un’altra risposta sarcastica e ti prendo a pugni -.

- State tutti zitti. Mattia, non c’è proprio nulla che tu possa fare? -.

- Oh che palle, di sopra potrebbe esserci qualcosa di utile, devo controllare -.

- Ti accompagno -.

- Sì vieni, potrebbe servirmi una mano -.

Mattia ed Altea corsero al laboratorio, era pieno di esperimenti, pozioni e cristalli.

C’era anche tutta una parete ricoperta di testi di medicina e libri di magia.

- Che cerchiamo? -.

- Controlla se tra i decotti ce n’è uno con scritto ricostituente -.

- Okay, tu che fai? -.

- Devo verificare se unendo quello ad un composto che favorisce nello specifico la crescita dei tessuti connettivi e a qualche erba rilassante tipo camomilla posso creare qualcosa che aiuti Eleonora o se finirei per fare un casino e peggiorare le cose -.

Mattia cercava furiosamente tra i tomi le informazioni che gli servivano, l’amica scrutava con attenzione i boccacci.

- Perché sei così arrabbiato? - domandò curiosa Altea.

- E me lo chiedi? Non avete idea del casino in cui potrei finire, anche solo per essere entrato qui dentro da solo -.

- Davvero? Sono così severi i tuoi? -,

- No, ma se succedesse qualcosa ad Eleonora mi ammazzerebbero – rispose risentito.

- Mattia respira - la bionda prese il ragazzo per le spalle e gliele strofinò dolcemente finché lui non si calmò.

 - So che ti abbiamo messo in una brutta situazione, se non te la senti però possiamo chiamare qualcuno dei nostri e spiegare ciò che è capitato, infondo non è stata colpa nostra -.

- Il problema è ancora una volta lo stesso, non siamo al cento per cento sicuri del motivo per cui Eleonora sta male. Non possiamo fare casini -.

- Mati siamo onesti, se non è una strega è la persona più stranamente sfigata del mondo, voglio dire dovrebbe essere stata davvero colpita da un fulmine! Il che non mi sembra molto probabile -.

- Sì però se è una di noi ha infranto una miriade di regole, seppur inconsapevolmente, e non voglio che si ritrovi nei guai senza neanche saperne il motivo. Se lo scoprissimo per primi potremmo almeno prepararla, aiutarla in qualche modo -.

Altea sorrise - Te l’ha mai detto nessuno che sei la persona migliore del mondo? -.

- Tu adesso -.

- Fatti abbracciare scemo, ti voglio bene -.

I due si strinsero e per un secondo tutto sembrò risolvibile.

Quando tornarono in camera Fulvio e Paola non c’erano.

Alina passava una salvietta bagnata sulla fronte di Eleonora e Acrisio era seduto per terra bloccando la porta, dovette alzarsi per far rientrare Mattia e Altea.

- Gli altri? -.

- Di sotto, impediscono ad altre coppie di salire in cerca di privacy -.

- Cosa? Qualcuno l’ha vista svenuta? -.

- No, abbiamo sentito dei rumori e Cris ha scovato dei piccioncini in corridoio -.

Mattia emise un sospiro di sollievo.

- Allora che avete trovato? -.

Altea mostrò trionfante una fiala contenente un liquido giallo canarino.

- Cosa c’è li dentro? -.

- Qualcosa che potrebbe aiutarla -.

Quando non ricevette nessun dettaglio in più scrollò le spalle – Okay, va bene, che dobbiamo fare? Farglielo bere? -.

- No Acrisio, magari fosse così semplice-.

- Eh allora cosa? -.

Mattia tirò fuori da una delle tasche dei suoi jeans un astuccio nero, chiuso da una zip. Lo aprì per rivelare una siringa, l’ago era sottile ma estremamente lungo.

- Che devi farci con quello? - la paura era palese nella voce del ragazzo.

- Perché sia efficace la miscela deve essere iniettata direttamente nel suo tronco encefalico -.

Il giovane guaritore riempì la siringa e si avvicinò ad Eleonora, prima che potesse toccarla però Alina gli strinse l’avambraccio.

- Se tu sbagliassi le causeresti dei danni enormi, basterebbero pochi millimetri e potresti anche paralizzare il suo sistema respiratorio -.

- Lo so -.

Il tempo passava e nessuno faceva una mossa, gli occhi di Alina erano fissi in quelli di Mattia.

La porta si aprì attirando l’attenzione di tutti.

- Novità? -.

Era Fulvio.

- Chiudete la porta! Perché siete risaliti? -.

- Sono le due passate, la gente iniziava ad andare via e pensavamo non fosse più necessario fare i buttafuori! -.  Rispose il ragazzo dagli occhi nocciola.

- Voi piuttosto, siamo stati via mezzora e non avete ancora fatto progressi? -.

- Ci stiamo provando e se la smetteste tutti di interrompere forse arriveremmo a qualche risultato -.

Mattia tornò a guardare la rossa - È l’unica cosa che posso fare -.

Alina abbassò lo sguardo e contemporaneamente la mano.

Nonostante avesse ostentato sicurezza, Mattia Imperatore era terrorizzato. Mai in vita sua aveva avuto il futuro di qualcuno nelle proprie mani.

Nel tempo aveva seguito lezioni e fatto pratica sul campo con la sua famiglia, ma un’operazione di simile portata era una novità, soprattutto senza supervisione. Aveva visto fare certe cose, a volte anche interventi più difficoltosi di quello, agire in prima persona però era tutt’altro.

Non aveva la sicurezza della madre, né la spavalderia dello zio né tanto meno la delicatezza della sorella.

La sua propensione verso la guarigione non era mai stata troppo spiccata.

Con cautela voltò la ragazza e le scostò i capelli dalla nuca.

- Mostrami la figura -.

Altea aprì il libro che aveva sotto al braccio alla pagina segnata e lo avvicinò all’amico tenendolo fermo.

- Un attimo, hai bisogno di un’immagine per sapere dove bucare? Finiremo per ammazzarla! -.

- Rilassati Alina, Mati sa quello che fa -.

- Ragazze ho bisogno di un minimo di concentrazione quindi fate silenzio -.

Un respiro profondo e poi iniettò la pozione dritta tra collo e nuca, proprio come nel libro.

 

 

 

 

 

Piccola domanda: vorreste che pubblicassi assieme ai prossimi capitoli le immagini di come immagino i personaggi di questa storia o no?
Devo dire che per loro non ho preso spunto da foto pre-esistenti, ho creato i miei personaggi grazie alla mia fantasia poi per questioni pratiche (per intenderci per aiutrmi con schematizzazione di personaggi e fatti) ho voluto dare loro un volto vero e proprio cercando tra le varie foto di google quelle che più si avvicinavano all'idea che avevo di Eleonora, Alina, Altea e gli altri ragazzi della congrega.
Fatemelo sapere anche solo con un messaggio privato :*
 


 

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Capitolo 10
*** 10 ***


Torniamo al normale ritmo di pubblicazione e quindi ecco qui il nuovo capitolo :)

Oggi scopriremo le risposte alle domande: il siero avrà avuto effetto? basterà questo a sistemare tutto oppure sorgeranno altre problematiche? come reagirà

Eleonora agli eventi successi? e soprattutto che accadrà dopo?

Okay forse per l'ultima ci vorrà un po' più di tempo per ottenere una risposta vera e propria ahaha altrimenti il racconto potrebbe dirsi concluso ahah

Fatemi sapere cosa ne pensate magari con un commentino :) e grazie a tutti coloro che leggono e apprezzano '' Witches of the Circle '', se questa storia continua ad

essere pubblicata il merito è tutto vostro!


xxElykei

 

 

 

 

 

10

Era buio.

I suoi occhi parevano tanto pesanti che nonostante tutti i suoi sforzi proprio non riusciva a muovere le palpebre.

Ad un certo punto sentì un rumore, no erano voci, piene di agitazione. Poi dei passi.

Era ancora tutto buio.

- Non è successo niente -.

- Perché è ancora svenuta? -.

- Non lo so -.

- È viva? -.

Una mano le sfiorò la bocca.

- Si respira -.

- L’hai paralizzata lo sapevo -.

- Abbiamo combinato un casino, siamo rovinati -.

- Al posto di pensare a te stessa pensa alla ragazza la cui vita abbiamo appena distrutto Paola -.

Di cosa stavano parlando? Chi era la persona che avevano rovinato?

- Magari non ha sbagliato, magari ci vuole solo un po’ di tempo -.

- È passata un’ora, quanto ancora vuoi aspettare? -.

- Dobbiamo chiamare qualcuno -.

- No! Aspetta, altri cinque minuti, solo cinque, andiamo! -.

Altea! la voce che aveva appena sentito apparteneva alla sua amica bionda, ne era quasi certa.

- Hai detto la stessa cosa venti minuti fa, non possiamo più affidarci solo alla speranza -.

- Metti giù il telefono -.

- Ti ho detto che non aspetto oltre –.

- Mettilo giù Fulvio, sta aprendo gli occhi! -.

Quando finalmente riuscì a guardarsi attorno, Eleonora si ritrovò stesa in una camera sconosciuta, sei persone la guardavano dall’alto in basso.

Rivolse la sua attenzione alle uniche due che conosceva da un po’ più di tempo: Alina e Altea.

Loro erano sulla sua sinistra, Alina era sporta verso di lei, una punta d’ansia nello sguardo, Altea era invece illuminata da un sorriso a trentadue denti.

- Che è accaduto? - chiese con voce roca.

- Sei svenuta – rispose la rossa.

Altea pure le si avvicinò - Per un bel po’ aggiungerei -.

Una mano si posò sulla sua fronte – Eleonora ho bisogno che tu chiuda gli occhi –.

- Cosa? Perché? -.

- Dà retta a Mattia, lascia che controlli come stai -.

- Suo padre è infermiere – interloquì Acrisio.

- Okay -.

Eleonora fece come le avevano suggerito, era tanto stanca, poi sentì un forte calore che partendo dalla testa si spostò fino ad arrivare alle dita dei piedi.

Spaventata aprì gli occhi, ma al posto di una fonte di calore trovò solo le mani di Mattia a poca distanza dai suoi piedi – Ma che stai facendo? - chiese alzandosi sui gomiti.

- Nulla, nulla - si affrettò a dire lui allontanandosi.

Fulvio le porse un bicchiere d’acqua e le si sedette accanto, mentre gli altri si ritirarono in un angolo della stanza, abbastanza lontani perché lei non potesse sentirli.

- Come ti senti? -.

- Strana, ma perché bisbigliano? -.

- Chi? Gli altri? Non stanno bisbigliando -.

- A me sembra che lo facciano -.

- Saranno i postumi dello svenimento, bevi dell’altra acqua, restare idratati è importante -.

La ragazza lo guardò di sbieco – Mi prendi in giro? Non sono davvero dell’umore adatto per questo - sbuffò coprendosi gli occhi con una mano.

- Immagino, tu rilassati e stai tranquilla -.

Le parlava manco fosse una bambina che faceva i capricci, stanca di questo suo essere condiscendente si mise a sedere – Ora mi spiegate che succede -.

- Nulla credimi, mettiti giù ora eh -.

Eleonora cercò di alzarsi, ma fu colpita da una vertigine, Fulvio preoccupato che cadesse l’aiutò a restare in posizione eretta, gli altri intanto, accortisi del movimento, tornarono verso il letto.

- Grazie ma non mi serve il tuo aiuto, mi serve che qualcuno mi spieghi quello che sta accadendo, subito. E smettetela di scambiarvi sguardi perché la cosa non mi chiarisce nulla, anzi mi fa solo preoccupare -.

Paola colpì con un gomito Altea.

- Perché io? – sussurrò quella con una smorfia.

- La votazione l’hai voluta tu, quindi che aspetti? -.

 - Oh d’accordo - poi rivolta a lei disse - Forse preferisci sederti -.

- Parla! -.

Era un briciolo di isteria quello che Altea percepiva nella voce della sua amica?

- Non so bene come spiegartelo, ma.. pensiamo che tu sia una strega -.

Eleonora sbatté le palpebre ripetutamente, era ancora svenuta e quello era un sogno?

- Che vuol dire? -.

- Strega, maga, fattucchiera, hai dei poteri capisci? -.

- Paola! –.

- Voleva un chiarimento no? -.

In quel momento Eleonora pensò fosse uno scherzo e che loro si fossero messi d’accordo con Alessandro e la ragazza ubriaca. Forse non era stata nemmeno veramente ebbra, aveva solo finto. Non le era mai capitato di incontrare gente tanto organizzata nel creare burle. Era vera dedizione la loro.

Arrivata a siffatta conclusione, la riccia scoppiò a ridere.

Alina era preoccupata per l’amica, non stava reagendo in maniera normale, forse il trauma magico aveva avuto più effetti collaterali di quelli che erano riusciti ad individuare. Con cautela si poggio al letto mentre accanto a lei Altea si sedette a gambe incrociate, pareva confusa.

 - Certo che vi siete messi d’impegno eh? -.

- Si,anzi no aspetta, l’abbiamo fatto? Per cosa di preciso? – intervenne la bionda.

- Per questo scherzo! Prima la ragazza e ora anche voi -.

- Che ragazza? -.

- L’amica di Alessandro e Martina! Come si chiamava.. Federica credo -.

- Che ti ha detto di preciso? -.

- Che le vostre  famiglie son fatte da streghe devote a satana e roba simile -.

- Ma come si permette la stronza? A satana ci sarà devota lei! -.

- Beh non è molto diverso da quello che mi avete detto ora, e poi scusa non era tutta una messa in scena comune? Non dirmi che mi avete fatto lo stesso scherzo senza saperlo! -.

Alina posò una mano sul ginocchio della ragazza - Ele non è uno scherzo, noi abbiamo veramente dei poteri e anche tu ce li hai, anche se nel tuo caso pensiamo siano bloccati -.

- Ragazzi mi avete fatto ridere, ma questa cosa sta andando un po’ troppo oltre, suvvia smettetela -.

Ci vollero altri dieci minuti prima che Eleonora iniziasse a prenderli sul serio. Quando capì che non scherzavano chiese una prova delle loro capacità.

Il compito ricadde su Altea.

La sua magia ereditaria era la più plateale: la magia della Trasmutazione. Questa consisteva nella manipolazione della materia, nello specifico dei legami atomici.

Coloro che padroneggiavano l’arte della trasmutazione erano in grado di modificare lo stato fisico degli oggetti, sciogliere un pezzo di legno, far solidificare l’acqua, in rari casi questa magia portava al controllo degli elementi.

La bisnonna di Altea era stata una di quelle persone straordinarie.

Nel Grimorio di famiglie vi era uno tra i più complessi e potenti incantesimi ideati dalla donna che consentiva, a chi riusciva a metterlo in pratica, di creare un muro solidificando l’aria con il solo gesto di una mano. Nessun lungo incantesimo, nessun complicato rituale da rispettare. Gli Sforza avrebbero fatto carte false per metterci le mani sopra o anche solo per confrontarsi con un detentore di sì grande forza e raffinatezza.

Lo Iereus della congrega infatti se supportato dall’unanimità del consiglio formato dai capifamiglia delle dinastie magiche della città, avrebbe potuto obbligare il mago in possesso di tali facoltà a condividerle con la congrega, in quel modo tutti avrebbero potuto provare ad utilizzare i tanto potenti incantesimi.

Per questo la famiglia aveva tenuto nascosta al resto della comunità magica la notizia che Azelia Montecatini era riuscita a praticare l’incantesimo di sua nonna.

Altea dal canto suo aveva un forte potere grezzo, ma non il controllo necessario a sfruttarlo al meglio perciò quando fu il momento di mostrare la sua magia, optò per qualcosa di basilare.

Prese dal comodino di Mattia il tappo di una penna, era fatto di plastica dura.

Lo diede ad Eleonora perché potesse tastarlo e constatarne la robustezza. Successivamente lo pose sul proprio palmo e strinse.

In pochi secondi sentì il materiale cedere finché delle gocce di plastica non le colarono lungo il polso.

Prima che potessero toccare terra e rovinare il parquet però le solidificò, ritrovandosi così in mano una specie di mini scultura d’arte moderna. La mostrò ad Eleonora.

Incredula lei strappò dalla presa della bionda quella che ormai era una striscia in plastica piatta dalla quale pendevano immobili lacrime dello stesso materiale.

Pensò per un secondo che Altea avesse una qualche fonte di calore nascosta nel vestito, ma questo non aveva le maniche e non aveva avvicinato abbastanza il tappo al suo corpo per aver sfruttato qualche marchingegno occultato nella parte del busto o nella cintura.

Prese quindi la mano dell’amica, quella oerò non era calda. Riflettendoci notò che nemmeno la plastica lo era.

- Come hai fatto? -.

- Stregoneria - rispose l’altra come fosse la cosa più naturale del mondo.

- È impossibile, deve esserci un trucco -.

- Non c’è -.

- E allora rifallo! Stavolta però scelgo io l’oggetto –.

Altea scrollò le spalle, per lei non era un problema.

- Purché non mi distruggiate la camera - si intromise scherzoso il padrone di casa.

Eleonora lo ignorò, concentrandosi invece sull’ambiente. Non vi ci trovò nulla di soddisfacente e uscì dalla stanza.

-È scappata? - domandò Fulvio, i sei si scambiarono sguardi incerti, ma non fecero in tempo a farsi venire in mente di rincorrerla che già la riccia era di ritorno.

Portava in mano una spazzola, probabilmente era andata in bagno a prenderla.

- Ehi quella è di mia sorella! Se gliela rovini chi la sente -.

- Carla dovrà sacrificarsi per noi, come te quando ti sorbirai le sue lamentele - sentenziò Alina.

Durante lo scambio di battute Altea aveva già pigliato la spazzola dalle dita dell’amica.

- Desideri vedere qualche forma in particolare? -.

- Puoi controllare in che modo si scioglie? -.

- Si - disse la bionda compiaciuta.

- Fai in modo che il manico diventi un cuore -.

- Come vuoi -.

In quattro e quattro otto quello si separò in due tubicini sottili che ripiegandosi su se stessi andarono a formare la figura richiesta.

- Oh mio Dio, e voi mi state dicendo che siete tutti in grado di fare quella cosa? -.

- Quella sì perché è trasmutazione base -.

- Base, cioè ce n’è una forma avanzata? -.

Mattia annuì assecondando l’eccitazione dei grandi occhi smeraldo.

- Fammi vedere -.

- Ora pretendi troppo! Se facessi qualcosa di più complesso qualcuno dei nostri potrebbe accorgersene e non sono sicura riguardo agli altri, ma io di certo non ho voglia di rispondere a domande su cosa stavamo combinando alle tre di notte di un venerdì sera -.

A questa informazione Eleonora spalancò gli occhi – È così tardi? Mio padre starà morendo dalla preoccupazione! -.

- Ma no tranquilla, tanto sapeva che eri ad una festa no? -.

- Si ma non pensavo di trattenermi così a lungo, devo chiamarlo -.

La mora estrasse frettolosamente dal pantalone il suo smatphone e selezionò il numero tra i preferiti.

- Pronto Nora? - rispose Luigi al primo squillo.

- Papà? Si sono io -.

- Mio Dio Nora mi hai fatto preoccupare, ti avrò chiamato dieci volte -.

- Si scusa la musica era alta e non me ne sono accorta - mentì la figlia.

Non voleva turbare ulteriormente il padre raccontando dello svenimento e per quel che riguardava la magia lei stessa era ancora incredula.

- Vuoi dirmi che sei ancora a casa di quel tipo? -.

- Sì, sono qui con degli amici -.

- Ma sei sicura che ci sia altra gente oltre te? -.

- Certo papà! Cosa vuoi che te li passi uno ad uno? -.

- No, mi basterebbe parlare con una ragazza -.

- Oh ma per favore! -.

- Sono serio Eleonora –.

La ragazza premette il tasto del vivavoce – Per piacere ragazze salutate il mio senza fiducia e bigotto padre -.

Un coretto di salve arrivò alle orecchie di Luigi.

Eleonora riportò il telefono all’orecchio.

- Ti preoccupi che io sia sola con un ragazzo, e se fossi lesbica? O bisex? Inizieresti a controllarmi anche quando esco con le mie amiche? -.

- Decisamente si -.

- Sei incredibile papà! -.

- Mettendo i tuoi interessi amorosi da parte, penso sia l’ora di tornare a casa, dove devo venire a prenderti di preciso? -.

Mattia indicò a gesti che l’avrebbero accompagnata loro a casa.

- Non serve che tu venga, mi danno un passaggio -.

- Il guidatore non è ubriaco vero? -.

- No papà è sobrio -.

- E come guida? -.

- Che ne so è la prima volta che ci vado in macchina assieme! Suppongo bene dato che ha la patente -.

- Va bene, però ti aspetto sveglio quindi vedi di fare in fretta, ma comunque di al tuo amico di non superare i limiti di velocità! -.

- Tranquillo - finalmente riagganciò. Rivolgendosi poi agli altri adolescenti chiese – Ma voi non abitate tutti qua vicino? -.

- Si – risposero loro.

- E siete comunque venuti in auto? -.

- No siamo a piedi -.

- E allora chi dovrebbe portarmi a casa? -.

- Io con la macchina -.

- Ma questa è casa tua Mattia, non posso permetterti di uscire di proposito a quest’ora solo per me -.

- Non preoccuparti, non è un problema -,

- Ma -  tentò di obbiettare lei.

- Niente ma, sei sola e sono le tre passate, non ti lascerò percorrere a piedi tutta la strada -.

- Grazie, anche voi tornate a casa ora? -.

- Direi proprio di si, sono stanchissima - disse Altea.

- Anch’io, è stata una giornata assurda -.

- Ah quindi non è stata strana solo per me Cris? -.

- No credimi, normalmente noi non andiamo in giro spifferando al mondo il nostro segreto, sei la prima in anni che ha visto le prove della nostra magia pur non essendo un membro di una delle nostre famiglie -.

- Se questo è vero perché me lo avete rivelato? -.

- Te l’abbiamo detto, pensiamo che anche tu sia una di noi -.

- Ma io non ho alcun potere -.

- Nessuno manifesto, crediamo però che tu abbia dei talenti latenti che qualcuno in passato ha cercato di occultare - spiegò Alina.

- Non posso crederci -.

- Nemmeno noi - commentò Paola.

- Quindi ora che faccio? -.

Fulvio si poggiò con le spalle al muro - Tu non fai nulla a parte tenere tutto ciò che hai scoperto stasera per te -.

- Non puoi dirlo a nessuno, nemmeno a tuo padre - rincarò la dose suo fratello.

- Anche se lo facessi dubito che mi crederebbe -.

- Esatto, ti prenderebbe per matta e ti farebbe rinchiudere - illustrò la ragazza dai capelli corti.

- Messa così davvero non ha una grande attrattiva, okay manterrò il segreto, voi però? Direte a qualcuno quello che so o quello che credete che io sia? -.

- No, noi pure eviteremo di farne parola ad anima viva, almeno finché non ne avremo la prova inconfutabile -.

- Quindi non ne siete certi-

- Lo siamo - assicurò Altea per poi aggiungere - abbastanza almeno.. ma vorremmo fare giusto qualche test per controllare -.

- Fermi tutti, non voglio farvi da cavia -.

- Non saresti una cavia, abbiamo bisogno che tu sia una parte attiva in queste prove e poi sono cose che abbiamo fatto anche noi da piccoli per accertare di aver ereditato la magia -.

- Ah si? -.

- Credimi, non sarà nulla di pericoloso -.

Eleonora si strinse nelle braccia. L’idea di sottoporsi a degli esperimenti magici le metteva paura, ancor di più perché conosceva la maggior parte di queste persone solo da poche ore.

Si guardò dentro in cerca di un segno che la guidasse, che le dicesse cosa fare in una simile situazione e ricevette la risposta dal suo stomaco. Non sapeva come spiegarlo ma qualcosa di viscerale la spingeva a fidarsi di quelle due ragazze che in pochissimi giorni avevano acquisito il titolo di amiche.

Vederle sorridere incoraggianti la portò a cedere a quell’istinto e accettò di sottoporsi ai test nei giorni successivi.

Il mattino dopo però c’era scuola e lei aveva davvero bisogno di dormire.

Una volta usciti dalla villa salutò tutti ed entrò nell’Audi di Mattia.

- Sei sicuro che sia legale per te guardarla? - chiese una volta che furono usciti dal cancello.

- Non proprio, ma dubito che ci fermerà qualcuno a quest’ora della notte e anche se fosse non sarebbe un problema -.

Eleonora ricordò di nuovo la conversazione dei suoi compagni di classe e dei loro amici, conversazione che ora alla luce delle nuove informazioni era costretta a rivalutare.

- Questo perché i tuoi genitori sono amici del sindaco? -.

- E tu che ne sai? -.

- Ne parlavano alla festa, guarda la strada però per favore -.

Mattia sorrise.

-Sì, i miei conoscono il sindaco -.

Un’idea travolse la riccia - È uno stregone anche lui? -.

- Prima di tutto si dice strega anche se si parla di un uomo e comunque no, lui è un normale -.

- Se non è uno di voi perché vi concede questi privilegi? -.

- I rapporti tra le nostre famiglie e il municipio esistono da secoli, quindi è normale ci sia un certo livello di.. chiamiamola complicità. Inoltre nonostante non ne abbia le prove, il sindaco Spoleto sa che noi non siamo persone comuni a dirla tutta penso che gli facciamo un po’ paura - rise beffardo – Come se ci guadagnassimo qualcosa a fargli del male! Le nostre famiglie hanno sempre aiutato la città e tutti coloro che vi ci abitano. Metà degli edifici e parchi pubblici sono stati creati con le nostre donazioni –.

- In pratica vi siete comprati il suo favore -.

A questa frase il castano fece una smorfia – I sindaci vanno e vengono, la città invece resta sempre qui, proprio come noi. Usare il denaro per migliorarla non è un modo per comprarci i capi del governo locale, ma è una cosa che in parte facciamo per noi stessi e in parte perché tenerli in banca non servirebbe a nulla, quindi tanto vale spenderli per qualcosa di buono -.

- Siete dei filantropi allora -.

Gli tornò il sorriso sulle labbra – Se così ci vuoi chiamare –.

Proprio in quel momento entrò nella stradella di casa di Eleonora.

- È qui giusto? -.

- Sì è questa.. grazie mille per il passaggio -.

- Figurati -.

- Ci vediamo domani allora? -.

- Sì -.

Mattia si slacciò la cintura per poter stringere Eleonora in un breve abbraccio – A domani -.

Lei sorrise e scese dall’auto. Accennò un ultimo saluto con la mano prima di chiudere il portone e sentire il rombo dell’auto che tornava in vita.

 

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Capitolo 11
*** 11 ***


Buon Primo Maggio a tutti!
Eccovi l'aggiornamento di Witches of the Circle :)
In questo nuovo capitolo scopriremo più dettagli sulla magia delle nostre giovani streghe e vedremo cosa pensa Eleonora di tutta questa faccenda.. non si scopre tutti i giorni di essere una potenziale strega!
Ora che avete incontrato tutta la combriccola di amici di Altea e Alina ditemi: cosa ne pensate?
So che la loro caratterizzazione non è completa, infatti nel corso della storia farò in modo che possiate conoscerli meglio, ma a primo impatto? Vi sono simpatici? ahaha
Beh direi che è ora di lasciarvi leggere l'11 capitolo della storia.
Ancora una volta buona Festa del Lavoro a tutti!

xxElykei

 

 

 

 

 

11

La mattina seguente Eleonora non fece in tempo a mettere piede nella scuola, che già si ritrovò circondata dalle giovani streghe, tutte tranne Fulvio Bellini ed Altea, se c’era una cosa sulla quale si poteva contare, era la loro capacità di essere sempre in ritardo.

- Buongiorno a voi ragazzi - fu l’unica cosa che riuscì a dire, prima che la trascinassero negli spogliatoi della palestra, deserti dato che le lezioni non erano ancora iniziate.

Mattia le toccò una spalla - Come ti senti? -.

- Bene -.

- Sicura? -.

- Si perché non dovrei? -.  

- Era solo per sapere – disse Acrisio, ma Eleonora non gli credette.

Per il secondo giorno di fila si sentiva ignara, in balia di eventi che nemmeno conosceva, anzi pensandoci, dato che la sera prima era successo tutto passata la mezzanotte, era la seconda volta in una singola giornata che si ritrovava a dover carpire informazioni dai ragazzi che le stavano davanti.

- Dalle vostre facce e dal fatto che mi avete praticamente rapita prima di chiedermelo. direi che la cosa non è così semplice –.

Li guardò negli occhi, uno ad uno.

- Beh allora? Non mi va di rifare la tiritera di ieri -.

Si fece avanti Mattia – Ieri dopo che hai ripreso conoscenza, ti ho fatto un breve esame, ricordi? -.

- Parli della sensazione di calore vero? -.

- Sì esattamente, dicevo, da quello è risultato che gran parte dei danni causati dallo shock sono guariti, tuttavia ci sono ancora delle microlesioni che potrebbero causarti problemi, se non trattate –.

Eleonora lo incitò a continuare, uno sguardo scuro in volto.

- No, non devi preoccuparti, non è nulla di grave, dovrai solo permettermi di guarirti -.

- Come? - non pareva per nulla convinta.

- Devo usare delle tecniche per sistemarle, non ci vorranno più di quattro sessioni -.

- Così tante? - domandò stupita Paola.

A quel punto negli occhi della riccia comparve una pagliuzza di panico – Che vuol dire ‘tante’? normalmente ce ne vogliono di meno? E poi giusto per sapere, quante volte fate queste cose? No perché se le fate spesso, inizio a domandarmi se i miei problemi sono stati davvero causati dal fatto che ho dei poteri repressi, oppure se non siate stati voi, con qualche strano rito finito male. Oh Dio mi avete fatto un incantesimo per qualche contorta ragione e ora che è andato a puttane, pensate di dover rimediare? E se non è così, vuol dire che queste cose non le fate mai e allora non sono sicura di voler essere la prima a farmi magicamente ricucire da te. Cioè, senza offesa, ma ci tengo a poter respirare e anche alla mia circolazione sanguinea -.

A quel punto si intromise, Alina cercando di tranquillizzare l’amica – No, non abbiamo fatto nulla, come ti abbiamo spiegato ieri è stata una cerimonia esterna al nostro gruppo ad aver scatenato la reazione, ma questo non vuol dire che Mattia non sia in grado di aiutarti -.

- Cosa ti rende tanto certa che ce la faccia? -.

La piccola Sforza recuperò il suo tono più autoritario, la gente si sentiva più sicura quando pensava che chi le parlava sapeva il fatto proprio.

- Anche se è vero che la guarigione di ieri è stata un’impresa azzardata, queste lesioni sono di minore importanza e Mattia ha già lavorato varie volte alla riparazione di danni di piccola e media entità, inoltre ti ha salvato da un possibile stato vegetativo permanente meno di ventiquattro ore fa. Fidati delle sue capacità e soprattutto fidati di me, di tutti noi -.

Eleonora non seppe se fu il discorso, così chiaro e conciso, a farle dimenticare le mille paure che le gironzolavano per la testa o se, anche quella volta, furono le sue viscere a decidere per lei, ma comunque alla fine si ritrovò a promettere che avrebbe incontrato nuovamente tutti loro il giorno stesso.

In classe nessuno si accorse del loro ingresso, erano chissà come riuscite ad evitare un ritardo.

Altea invece non fu tanto fortunata.

Il cazziatone che si beccò dal prof di matematica le sarebbe rimasto impresso nella mente a lungo.

Come dargli torto però, Altea era arrivata in ritardo per una ragione o per un’altra quasi ogni giorno dall’inizio dell’anno tanto che i docenti avevano finito per non farci più caso. Nell’ultimo mese però, i cinque o dieci minuti, si erano trasformati in interi quarti d’ora persi, se non addirittura in ingressi alla seconda ora ripetuti.

Sciacqua non era l’unico ad essere stanco del comportamento della ragazza.

Altea però non sapeva come impedirlo, dal momento che non lo faceva di proposito.

Erano quasi dieci giorni che ogni sera impostava la sveglia mattutina cinque minuti prima della precedente, nella speranza di essere puntuale, persino lei si era resa conto di stare esagerando.

 Ogni mattina però, quando tentava di alzarsi dal letto non ci riusciva, era così dannatamente stanca.

Non riusciva quasi a muoversi, figurarsi a prepararsi per le lezioni.

Ad ogni modo, quando alla fine della seconda ora ebbero un momento di pausa, Altea si avvicinò alla mora per domandarle come stesse.

- A parte i danni mistici ai miei nervi, una favola, sembra -.

Altea schioccò la lingua – Quindi te l’hanno detto -.

- Sì, l’hanno fatto –.

- La cosa come ti fa sentire? -.

- Strana credo, cioè qui si parla di stregoneria e fino a ieri non sapevo nemmeno che questa esistesse! Ora invece mi ritrovo ad essere una potenziale sorella Halliwell –.

- Uh vedevi anche tu STREGHE? - chiese Altea eccitata.

Eleonora non poté fare a meno di lasciarsi contagiare dal buonumore della bionda e sorrise.

- Era uno dei miei telefilm preferiti! -.

- Io adoravo Phoebe, così spontanea e brillante e poi è stata la mia icona della moda per almeno cinque anni dovrei, avere ancora qualcosa di ispirato a lei nell’armadio -.

La riccia rise - Ti ci voglio vedere con i gonnelloni lunghi fino al pavimento e i toppini –.

- Non provocarmi, so che gli anni novanta non vanno più, ma dato l’attaccamento emotivo a quella serie tv, potrei anche mettere da parte il mio senso estetico attuale e fare una sfilata di pantaloni a zampa -.

All’uscita si rincontrarono davanti al cancello, quella volta la banda era davvero al completo.

- Dove andiamo per.. voi sapete cosa? - domandò Fulvio, cercando di non farsi sentire dalla marmaglia di studenti che chiacchierava e si dirigeva a casa.

- Avrei proposto casa mia, dato che c’è il laboratorio e tutto, ma mia sorella è in casa –.

- Da me non si può –.

- Anche a casa mia c’è gente –.

Tutti borbottavano un diniego e Altea chiese – E casa tua? Tuo padre è in studio fino a tardi no? -.

- A dire la verità oggi è sabato e da quello che so il sabato dovrebbero chiudere prima -.

- Quindi anche casa Caccialupi è occupata, che si fa, andiamo al giardino? -.

Eleonora aggrottò la fronte, confusa e Acrisio si affrettò a spiegare – Il giardino è un luogo dove solitamente andiamo ad allenarci con la congrega  –.

- Non possiamo andarci – parlò Paola.

- Come mai? -.

- Le barriere che impediscono ai normali di entrare e quelle che bloccano la nostra magia dall’uscire, sono state create e rafforzata dai nostri parenti, se le sfiorassimo con un incantesimo, lo saprebbero –.

- Inoltre rischieremmo di trovarlo occupato da quelli più grandi - fece notare Mattia.

- E allora che si fa?-.

Alina assunse un’espressione risoluta – Andiamo nell’unico posto con delle barriere che non sono state fabbricate da una delle nostre sei famiglie -.

- Non puoi dire sul serio – sbottò Paola, dopo trenta secondi di silenzio.

- Avete idee migliori? -.

Nessuno rispose.

- Oh insomma.. odio quel posto, c’è morta della gente! -.

- Che? - strillò Eleonora.

Più di un paio di persone si voltarono a guardarla, Alina sorrise, facendo finta di niente.

- C’è una casa in Viale Verdi, apparteneva ad una famiglia di streghe che ormai è estinta, la casa è ancora in piedi, così come le barriere che i proprietari avevano creato per proteggerla -.

- Ma dato che un paio dei componenti della famiglia sono morti lì dentro, nessuno vuole comprarla, né tanto meno entrarci - aggiunse Acrisio.

- Ci sono stato pochissime volte, ma in ogni caso mi sembrava di percepire gli spiriti di quelle povere donne -.

Eleonora rimase a bocca aperta – È una cosa orribile –.

- L’unica alternativa è questa, altrimenti ci tocca cambiare città per uno stupido accertamento –.

Alina l’aveva convinta a fare da cavia umana, ma non l’avrebbe convinta a fare questo. Pensò Eleonora, esattamente un minuto prima di lasciarsi persuadere.

Alle quattro e mezza i sette adolescenti avevano scavalcato il recinto della villa abbandonata.

Il giardino era incolto, piante rampicanti e sterpaglia avevano mangiato quasi tutto il vialetto e gran parte della facciata frontale della struttura.

Il portone era bloccato, forse sigillato magicamente, per non rischiare di essere percepiti decisero di non forzarlo con la magia ed entrarono invece da una finestra rotta. Dovettero finire di distruggerla con un ramo per evitare di ferirsi sui resti appuntiti del vetro.

All’interno il pavimento di quella che doveva essere stata una sala da pranzo, era divelto, così come i cardini della porta che dava sull’ingresso. Sembrava ci fosse stata una lotta.

- Ragazzi non avevate detto che questo posto era protetto da un qualche scudo? -.

- La barriera magica c’è, semplicemente è ideata per proteggere dalla stregoneria non dagli sciacalli - chiarì Paola ad Eleonora.

- Sembri un’esperta –.

- Le barriere sono la mia arte peculiare – Affermò la castana con una scollata di spalle. Il movimento le fece ondeggiare i capelli sotto la luce del sole, il che mise in risaldo alcuni ciuffi color del miele.

Prima che la forse neostrega potesse chiedere ulteriori delucidazioni, Fulvio la fermò – Posticipa le domande a quando saremo di sopra, là sarà più sicuro -.

Eleonora annuì, seguendo Mattia che saliva per le scale in legno.

Alcune assi scricchiolavano, come scontente di dover sopportare nuove pressioni dopo anni di riposo.

Il primo piano era più scuro rispetto al piato terra, cosa che sarebbe stata strana, se non fosse stato per le finestre in vetro colorato, che rendevano più difficile il filtraggio della luce.

Vi erano due grandi camere da letto ed un soggiorno. Si posizionarono in quest’ultimo.

La camera puzzava di stantio e di chiuso.

C’era un camino sulla parete più lontana dalla porta, davanti ad esso un tavolino ovale, alto quanto le ginocchia di Alina. Attorno a quello due divani in pelle rovinati dal tempo ed un paio di poltrone che grazie a delle coperture in tessuto sembravano passarsela meglio.

Sulla sinistra un lungo mobile sul quale giacevano candelabri in ottone e ninnoli di ogni genere.

Il tutto era ricoperto da uno spesso strato di polvere.

Dall’altro lato una cassapanca con sopra un centrino in pizzo e qualche altro soprammobile. Sopra ad essa spiccava un quadretto con quello che sembrava un albero genealogico fatto di fiocchi.

Tre erano azzurri, tre rosa.

Eleonora si avvicinò per osservarlo, ma il vetro che lo custodiva era rotto ed i nomi erano ormai sbiaditi. A mala pena distingueva la scritta nonna e quella papà.

L’unica cosa abbastanza chiara erano le nove lettere che spiccavano nere sulla cima della tela: TORRATONE.

Doveva essere il cognome della famiglia che aveva abitato quella casa.

Dai pressi del camino qualcuno chiamò il suo nome, Eleonora si avvicinò agli altri, ma dato che tutti i posti a sedere erano stati già occupati rimase in piedi davanti alla canna fumaria in pietra.

- Sembra un esame di stato, visto da qui - disse la riccia sdrammatizzando.

- In realtà abbiamo pensato che sarebbe meglio chiarirti un po’ le cose, prima di iniziare. Di conseguenza non saremo noi ad interrogare te, ma il contrario. Chiedici quello che vuoi - la incoraggiò Altea.

Eleonora rimase sorpresa da quello che aveva appena sentito. I ragazzi non erano neanche certi lei fosse una strega, eppure erano disposti a rivelarle i loro segreti, pur di metterla a proprio agio.

Non era sicura del perché, ma la cosa le faceva un immenso piacere.

- Prima Paola ha parlato di.. magia peculiare? - quando loro annuirono in conferma riprese – Potreste partire da li -.

Prese la parola Mattia – Per spiegarti cos’è quella, dobbiamo prima darti qualche nozione generale sulla stregoneria –.

- Esistono cinque categorie di magia trasmettibili da generazione in generazione –.

- Queste sono l’arte dei Protettoridegli  Evocatori, dei  Guaritori,  dei  Trasmutatori,  e infine ci sono quei tipi di stregoneria che non rientrano in nessuna delle precedenti e vengono chiamati poteri degli Stregoni –.

- Queste categorie denotano solo che una determinata strega abbia una propensione per una determinata tipologia di magia più che per un’altra, ma non implicano che la magia praticata da ciascuna strega sia univoca -.

- Per farti capire meglio: può tranquillamente capitare che uno che è per dinastia un guaritore, diventi un eccelso trasmutatore, o uno stregone può mostrarsi un esperto evocatore e così via –.

- Nella nostra congrega sono presenti tutti e cinque i tipi di magia ereditaria o peculiare –.

Le voci si susseguivano l’una all’altra in maniera fluida, quasi come fossero cantori e quella che stavano narrando una favola alla quale ognuno di loro aggiungeva una strofa.

Eleonora a momenti ne restava incantata.

- Cosa vuol dire di preciso essere Protettori  o  Guaritori  o quant’altro? -.

- I Protettori sono bravi con gli scudi e le barriere, che siano queste fisiche o mentali –.

La riccia si volse verso Paola – Tu sei una Protettrice quindi? Ed è una facoltà ereditaria –.

- È la mia magia peculiare, ma non sono ancora una Protettrice, la cerimonia che sancisce la nostra definitiva appartenenza ad una delle categorie si tiene al compimento dei vent’anni - precisò lei.

Era la prima volta che nel tono della ragazza dai capelli corti non vi era traccia di ironia, sarcasmo o anche solamente di dispetto.

- Ma se uno che per eredità magica è un Protettore, attraverso questo rito, decide di entrare a far parte dei, che ne so.. Trasmutatori? alla sua magia peculiare che succede? –.

- La magia peculiare è immutabile. Se nasci in una famiglia che trasmette come eredità magica il gene dei Protettori, allora sarai sempre propenso a quel tipo di magia e allo stesso modo lo saranno i tuoi figli, i figli dei tuoi figli eccetera. Anche nel caso in cui tu decida di entrare a far parte di un’altra categoria attraverso la cerimonia di iniziazione, quella è solo un’appartenenza formale. Tu credi di essere un bravo Trasmutatore? Bene allora, dalla comunità magica sarai considerato come tale, ma ciò non cambia il fatto che la propensione magica che trasmetterai ai tuoi figli sarà quella della magia dei Protettori -.

- Okay e per quanto riguarda voi altri? Avete detto che nella vostra congrega ci sono tutte e cinque le tipologie –.

- I Montecatini sono Trasmutatori,  ci occupiamo della manipolazione della materia, come hai visto a casa di Mattia ieri -.

Un flash del tappo che si scioglieva passò per la mente di Eleonora.

- Gli Imperatore invece sono dei  Guaritori,  per questa ragione mi sono occupato io di curarti -.

- Noi Bellini siamo Evocatori  - disse Acrisio.

Fulvio chiarì la loro specialità - La nostra presenza durante un qualsiasi rito magico ne favorisce la riuscita e inoltre per noi ogni tipo di incantesimo risulta più facile –.

- Nelle pozioni però di solito siamo un disastro -.

- Parla per te fratellino! Oh e poi ci riesce meglio la magia naturale –.

- Che sarebbe? -.

- È una forma particolare di stregoneria che richiede l’invocazione degli elementi naturali e delle creature che comandano la natura stessa -.

La cosa non le era molto chiara, ma si accontentò di quella risposta, poi spostò il viso su Alina – La tua è la magia degli Stregoni suppongo, è l’unica che manca all’appello -.

- Esatto, la specialità della famiglia Sforza è la manipolazione delle energie. Ogni cosa, a partire da un cucchiaio, fino a noi esseri umani, ha una propria energia. Noi siamo in grado di interagire con essa. Un esempio può essere la capacità di spostare gli oggetti senza toccarli –.

- Parli della telecinesi? .–

- Sì, più o meno. In realtà io non sposto l’oggetto, mi limito a emettere una scossa repulsiva verso la.. chiamiamola aura energetica, della cosa che voglio muovere e questa reagisce allontanandosi da me -.

Eleonora si guardò attorno senza parole.

- Tutto questo è straordinario ed incredibile ed assurdo e magnifico tutto assieme, ve ne rendete conto? -.

In risposta i volti dei sei ragazzi si illuminarono di sorrisi.

- In realtà per noi è una cosa abbastanza normale - disse Altea.

- Normale! La vostra vita deve essere stata decisamente più eccitante della mia allora! -.

- Nah – commentò Acrisio con una smorfia - Ci tocca studiare più di tutti voi normali, dato che oltre alla storia e alla matematica dobbiamo occuparci di alchimia, formulazione, studio dei cristalli eccetera -.

- Ma voi studiate magia! Cioè ora capisco come si sentiva Hermione in Harry Potter! Lei era una ragazza cresciuta come una babbana, che all’improvviso si era ritrovata in un modo magico, ci credo che passava tutto il tempo sui libri, avessi avuto la possibilità di scoprire come far levitare una piuma, mi sarei applicata anch’io! -.

Mattia fece un mezzo sorriso – Potresti farlo -.

- Se sono una di voi -.

- Si, se sei una di noi.. allora ti va di scoprirlo? -.

Eleonora batté le mani esaltata – Facciamolo! –.

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Capitolo 12
*** 12 ***


Perdonatemiiiiiii ho saltato un aggiornamento lo so, ma la scorsa settimana c’è stato il compleanno di mia mamma, e la comunione di mio cugino e sono stata generalmente piuttosto incasinata!

A dire il vero il capitolo era anche già pronto ma proprio non ho avuto il tempo di avvicinarmi al pc, scusatemi.

Dato che ho già ritardato troppo nel presentarvi il dodicesimo capitolo di questa storia non voglio indugiare oltre quindi ecco a voi il nuovo capitolo, se volete fatemi sapere cosa ne pensate.. mi farebbe un immenso piacere!

Grazie a tutti quelli che seguono e leggono la mia storia, non potete immaginare quanto io lo apprezzi.

NO BETA gli errori sono miei, se ne trovate segnalatemeli e provvederò a correggerli.

xxElykei

 

 

 

 

12

Eleonora era in preda ad emozioni contrastanti.

Da un lato c’era l’eccitazione all’idea di poter possedere dei poteri magici, dall’altro però rischiava di entrare a far parte di un mondo a lei sconosciuto e questo la spaventava.

La parte più infantile del suo essere era quella che non aveva dubbi. Da bimba aveva sempre sognato di poter muovere oggetti con un gesto o creare pozioni, di conseguenza quello che le stava accadendo le pareva essere la realizzazione di un sogno che da adulta, nonché da persona razionale, aveva considerato impossibile.

Ad interrompere le sue elucubrazioni e smorzare il suo entusiasmo ci pensò Paola - Calma ragazzi, prima dobbiamo guarirla -.

- Infatti, scatenarle contro altra magia, che ricordo a tutti è stata la causa prima dei suoi problemi, potrebbe aggravare le lesioni già presenti e lo so che faccio abbastanza schifo in guarigione, ma questa è pura e semplice logica -.

Seppur le difficoltà di Fulvio in quella materia erano palesi a tutti, i ragazzi dovettero comunque convenire con lui che quello era un ragionamento sensato.

- Per ora comunque non abbiamo altri piani, quindi seguiremo quello che avevamo stabilito ieri -. Argomentò Acrisio.

- Bene, iniziamo con la guarigione allora, Paola perché tu e Acrisio non create un ulteriore protezione? Giusto per essere sicuri che niente fuoriesca da questa casa – Alina era una perfezionista e non avrebbe lasciato nulla al caso.

La castana e il minore dei Bellini si consultarono per qualche istante, in seguito Eleonora li vide alzarsi e posizionarsi uno all’angolo destro della porta, l’altra dal lato opposto della stanza, mentre gli altri si spostarono al centro della camera, trascinandosi assieme una delle poltrone, lei li raggiunse.

Le due streghe iniziarono a girare attorno agli altri.

Fecero cinque passi prima di fermarsi, fare un respiro profondo e recitare contemporaneamente:

- Vento e aria vi invochiamo

Ascoltate il nostro richiamo,

Che sia luce o che buio

Questo luogo proteggiamo -

Altri quattro passi, un respiro e di nuovo pronunciarono l’incantesimo, poi tre e così via fino all’ultimo passo e all’ultima cantilenante parola.

Un forte vento si alzò dal nulla, soffiando lungo la circonferenza del soggiorno. Assomigliava ad una piccola tromba d’aria che portava con sé un polverone.

I ragazzi iniziarono a tossire e poi tanto rapidamente quanto si era sollevata, la raffica cessò.

Si potevano ancora vedere nell’aria i granelli di polvere che vagavano in un moto sconnesso.

- È fatta – confermarono Acrisio e Paola.

- Sul serio? Io non vedo nulla –.

-  L’essenziale è invisibile agli occhi -.

- Non potresti essere più criptico Mati – rise Altea.

- Quello che vuole dire il Piccolo Principe laggiù, è che la maggior parte delle volte gli incantesimi di protezione non danno risultati visibili a lungo termine, ciò nondimeno fanno il loro dovere -.

Qualcuno le fece cenno di sedersi e lei ubbidì.

Mattia si avvicinò lateralmente – Ora ti posizionerò una mano sotto l’attaccatura dei capelli, potresti sentire una leggera sensazione di calore –.

Eleonora lo ascoltò con attenzione - Sei.. molto professionale -.

Lui sorrise, quel sorriso mezzo sprezzante che lo faceva apparire sicurissimo di se, se non fosse stato per il suo sguardo sarebbe risultato quasi superbo, invece quegli occhi scuri avevano una brillantezza giocosa e gentile che obbligava chiunque ad adorare il suo sorriso.

- Ho fatto volontariato in alcune cliniche, non mi facevano fare granché, ma mi hanno insegnato come interagire coi pazienti -.

Ele annuì, ancora affascinata dalle labbra di Mattia, lui però la fermò – Ho bisogno che resti ferma va bene? -.

La giovane riccia si immobilizzò e senti i polpastrelli di Mattia sfiorarle la pelle, aveva le mani fredde.

L’altra mano era poco distante dal suo volto, la muoveva su e giù, ogni tanto si fermava e socchiudeva gli occhi. Era concentrato.

Chiuse anche lei gli occhi per evitare di farsi distrarre da ciò che la circondava e quindi di muovere la testa.

Dopo qualche minuto sentì Mattia muoversi fino a che non le fu davanti, entrambe le mani posate sul suo collo con le punte delle dita che si sfioravano tra loro da sopra l’attaccatura dei capelli, fino alla basa della nuca.

E proprio da quelle otto dita si sprigionò un calore acutissimo. Eleonora temeva che Mattia le bruciasse i capelli.

I pollici al contrario erano congelati, mentre le premevano contro il mento.

Ancora immobile lo fissò, lui ricambiò lo sguardo. Pareva volerla rassicurare.

Restarono nella stessa posizione per momenti che sembrarono lunghissimi, ad un certo punto la riccia notò delle goccioline di sudore imperlare la fronte del ragazzo. Non doveva essere molto comodo in quella posizione, lei almeno era seduta!

Quando finalmente Mattia si staccò, la sensazione per Eleonora fu pari a quella di un ago estratto dalla pelle dopo un prelievo: un pizzichio fastidioso e lievemente doloroso.

Il dolore scomparve in fretta, la sensazione sgradevole tuttavia permase.

Solo dopo che il giovane Imperatore si fu allontanato dalla poltrona, Eleonora poté alzarsi e osservare ciò che facevano gli altri.

Alina stava chiacchierando in un angolo con Paola e Fulvio, Altea e Acrisio invece curiosavano nella cassapanca sotto l’albero genealogico.

- Trovato niente di interessante? –.

Trasalirono tutti quando si resero conto che la sessione di guarigione era terminata – Ce l’avete fatta! – disse Fulvio.

- Non ci abbiamo messo poi così tanto - rispose Mattia.

- Imperatore guarda che sono le sei e quarantacinque. Ci hai messo quasi due ore –.

Altro che lunghissimo, il periodo trascorso era proprio stato interminabile! Considerò Eleonora in mente.

- Per un lavoro preciso serve il tempo che serve –.

- Quindi è tutto passato? –.

- No, te l’ho detto Eleonora, ci vorranno quattro sedute in tutto, quindi se escludi questa, ne serviranno altre tre –.

- Oh pensavo che dato che eri stato tanto preciso.. –.

Paola fece un versaccio – Quello cara mia, è un modo elegante per dire che è lento –.

- Preferisci guarirla tu al posto mio cugina? –.

La ragazza dai capelli a caschetto non rispose.

- Come pensavo –.

- Vabbè ragazzi direi che per oggi Ele ha già abbastanza cose da digerire, quindi basta magia, andiamo a prenderci un caffè? –.

- Veramente se abbiamo del tempo libero, noi tre dovremmo finire il compito di storia dell’arte –.

- Ma stai scherzando Alina? Abbiamo ancora cinque giorni per completarlo, possiamo prenderci un pomeriggio di pausa senza scatenare reazioni catastrofiche – sbuffò Altea prima ancora che la rossa ebbe chiuso bocca.

- Concordo con Tea su questo Ali, dopo ciò che è successo in questi due giorni, Van Gogh è l’ultima cosa sulla quale riuscirei a concentrarmi! –.

- Due contro uno Alina, direi che vince il caffè, andiamo! -

- Ehi ragazzi che ne dite se dopo ci facciamo un panino al pub? –.

Paola assecondò entusiasta l’idea di Mattia – Sì, con una bella Bourgogne –.

- Una che? –.

- È una birra – spiegò Acrisio ad Eleonora – Ha un retrogusto vinoso per questo le piace tanto, il Gattonero è conosciuto per avere una vasta scelta di birre, alcune anche molto particolari. Di sicuro ne troverai una adatta a te –.

- Addirittura? –.

- Sì, è la filosofia del pub quella di trovare la birra giusta per ogni cliente, i camerieri non si arrendono finché non l’hanno fatto –.

- Zia Lucia non le servirà mai una birra dato che è minorenne –.

- Non deve mica saperlo Mati, e in ogni caso la zia sa che viene in classe con noi, darà per scontato che abbia diciotto anni - poi rivolta ad Eleonora Altea aggiunse - Comunque se te lo chiede, sei nata a gennaio –.

- Aspettate, la persona alla quale vi riferite è zia di tutti e due? Quindi voi siete consanguinei? –.

- Io e Altea siamo cugini non lo sapevi? –.

- Ma non era Paola tua cugina? -.

- Sì, lo sono entrambe –.

- Quindi siete cugine anche tra voi? –.

- No –.

- Sono confusa – affermò la riccia.

In quel gruppo di amici c’erano più parentele di quante lei immaginasse.

Intervenne un’altra volta Paola a chiarire le cose – Mio padre è il fratello della mamma di Mattia e suo padre - disse indicando il ragazzo - È il fratello di Lucia la zia acquisita di Altea –.

- Oh altre relazioni che dovrei conoscere? –.

- Mhmm, il nonno di Alina era il fratello del nonno di Fulvio e Acrisio –.

- In pratica siete tutti in qualche modo imparentati, anche solo alla lontana –.

Dopo averci pensato un po’ su Acrisio rispose – Che sia per aumentare il proprio potere e il proprio prestigio, o che ormai sia solo una conseguenza del fatto che abbiamo una cerchia molto ristretta di persone delle quali ci fidiamo veramente, non te lo so dire con certezza, fatto sta che raramente le relazioni con i normali si dimostrano durature, perciò alla fine in tutte le congreghe si tende a sposarsi con gli stessi membri –.

- E poi in passato andavano di moda i matrimoni combinati – fece spallucce Fulvio.

- Oh okay, in ogni caso ragazzi, se dobbiamo mangiare fuori, io devo passare prima da mio padre, almeno per avvertirlo, quindi mi sa che salto il caffè, anzi se mi dite dov’è il pub cerco di arrivarci da sola –.

- In via Dalmazia, all’angolo con via Fiordalisi, cercalo su Google –.

- D’accordo, per che ora ci vediamo? –.

- Noi penso che per le nove saremo là –.

- Ti mando un messaggio per confermare l’orario, okay Ele? –.

- Va bene, ci vediamo dopo –.

Eleonora notò che fu più facile scavalcare la recinzione per uscire rispetto a quando era dovuta entrare, ringraziò le piante per quello.

Anche se cresciute incolte, avevano finito per assumere una forma utile, quasi come fossero delle scalette.

La camminata fino a via Cavour fu abbastanza lunga, lo studio legale dove lavorava suo padre Luigi era distante diversi isolati. Quando la ragazza vi ci arrivò, il sole era totalmente scomparso e al suo posto ad illuminare il cielo c’era la luce delle stelle, affievolita però dai lampioni.

Eleonora aveva sempre odiato l’inquinamento luminoso, anche a Milano, dove quello era ancora più forte, quando alzava gli occhi alla volta celeste e la trovava scura veniva pervasa un senso di dispiacere.

Ogni tanto nei fine settimana lei e suo padre andavano fuori città dove, per quanto i lampioni non mancassero, erano comunque in numero inferiore rispetto a quelli del centro. In quei giorni Eleonora passava ore col naso all’insù per guardare le stelle.

Lo studio occupava due piani di un palazzo antico, l’imponente portone in legno era aperto dalle sette della mattina fino alle dieci della sera.

A gestire il via vai della sera c’era un solo portiere. Un uomo grassoccio dallo sguardo gioviale. I pochi capelli che aveva ancora in testa formavano una mezzaluna che faceva appena capolino sopra le orecchie, ben più evidenti erano i peletti fuoriuscenti dalle orecchie e le sopracciglia folte, brizzolate.

Eleonora lo aveva visto solo una volta, di sfuggita, quando aveva accompagnato Luigi a visitare l’ufficio che di lì a due giorni sarebbe diventato suo.

- Buonasera signor Tarantini – salutò cordiale Eleonora.

- Buonasera – rispose lui con un sorriso poi aggiunse - Lei è? -.

- Sono Eleonora Caccialupi, la figlia dell’avvocato Caccialupi, ci siamo incontrati qualche tempo fa ricorda? –.

- Oh ma certo! Ora che ricordo suo padre mi ha anche mostrato una sua foto, per assicurarsi che non ci fossero stati problemi nel caso in cui lei avesse voluto fargli visita! Già che ci siamo mi chiami pure Alberto, signor Tarantini è troppo formale  – la risata che fece era proprio quella che ci si aspettava da una persona con le sue fattezze. Grave a causa della stazza, ma buffa a per il tremolio che gli accentuava il doppio mento.

- Sì, sembra proprio una cosa da papà –.

- È un tipo previdente eh? -.

- Abbastanza! Suppongo non ci siano problemi se salgo vero? –.

- Nessuno, nessuno! Anzi penso che l’avvocato apprezzerà una interruzione, non sembrava gradire molto la compagnia dell’uomo con cui si trova ora, quando l’ha visto arrivare era in procinto di dirigersi a casa, si era fermato giusto un attimo per chiacchierare con me, mi aveva confessato di volerle fare una sorpresa: voleva cucinare lui la cena. Quando poi il signore rossiccio ha fatto il suo ingresso, beh.. se posso essere onesto, non sembrava affatto una visita aspettata, né tanto meno benaccetta -.

- Mi faccia capire un attimo, mio padre al momento è con un cliente? –.

- Non credo sia uno dei suoi clienti, di solito quelli vengono registrati da me sul quadernone, questo signore invece non ha voluto lasciare il suo nome.. nemmeno la prima volta –.

- È stato qui più volte allora –.

- Solo un’altra, un paio di mattine fa –.

- Capisco, d’accordo andrò a vedere se posso interromperli, arrivederci signor Alberto -.

- Solo Alberto! – urlò il portiere mentre Eleonora raggiungeva l’ascensore.

L’ufficio di Luigi era al quarto piano, l’ultimo del palazzo.

Vi era un atrio arredato con morbidi tappeti e moderne poltrone che fungeva da sala d’aspetto. Gli uffici sul piano erano tre come quelli al piano inferiore, in tutto erano sei gli avvocati al servizio dello studio.

Le tre porte della stanza erano tutte chiuse, ma da una filtrava della luce.

Eleonora era a conoscenza del fatto che suo padre era l’unico a fare le ore piccole in ufficio, gli altri erano lì da più tempo perciò non avevano nulla da dimostrare, le aveva detto Luigi.

In realtà lei sapeva che suo padre era uno stacanovista innamorato del proprio mestiere, che nemmeno dopo dieci anni nello stesso posto avrebbe smesso di lavorare fino a tardi.

Si avvicinò alla porta con l’intenzione di bussare, ma prima che potesse annunciare la propria presenza sentì una voce concitata che la fermò.

- Sono tornato perché qui nessuno mi da retta! Mia moglie è in preda al terrore, mentre tu non mi dai una spiegazione! –.

- Di a Valentina che non devo giustificare le mie azioni né con te né tanto meno con lei, quindi si desse una calmata –.

- Come se fosse facile! La conosci quanto me, non è praticamente mai una donna tranquilla -.

- Non m’importa dei suoi timori o del vostro quieto vivere, io devo pensare alla mia famiglia, ora lasciami in pace e vedi di non presentarti più senza preavviso  –.

- Questo tuo comportamento egoista porterà a brutte conseguenze, ricorda le mie parole Patrizio -.

Patrizio? Ma allora c’era una terza persona.. forse non era il caso d’interrompere l’incontro, infondo sembrava anche che stesse per terminare. Le urla però non erano affatto rassicuranti.

Per impulso quando sentì dei passi avvicinarsi alla porta si allontanò e si nascose dietro ad un divano.

Lo sconosciuto si rivelò essere Nicolò Sforza il padre di Alina, il colore di cappelli, inconfondibile, era lo stesso della ragazza.

Dopo di lui però nessun altro uscì dall’ufficio, che tra l’altro, dalla prospettiva del suo nascondiglio, pareva deserto se non per l’ombra di suo padre dietro la grande scrivania marrone.

E poi non aveva sentito la voce di nessuno. a parte quella di suo padre e del signor Nicolò.

Ma allora il nome Patrizio era riferito a suo padre? Perché lui non l’aveva corretto? Che storia era quella?

Eleonora vide suo padre alzarsi e richiudere l’ingresso al suo ufficio, pareva pensieroso.

Quella giornata si stava rivelando ancora più complessa, aveva bisogno di una doccia per riflettere sull’accaduto.

La ragazza decise allora di tornare a casa, chiese ad Alberto di non rivelare al padre che era passata e giustificò la cosa dicendo che, dato che lui era impegnato, voleva fare lei una sorpresa per il padre cucinando.

La doccia la fece, ma non riuscì a pensare molto, poiché le scene che le giravano per la testa erano troppe perché riuscisse a stabilire su quale concentrarsi.

Alle nove meno venti Altea la chiamò, confermando l’orario dell’appuntamento.

Eleonora lasciò sul tavolo della cucina un bigliettino, sopra ad un contenitore nel quale aveva messo la pasta all’arrabbiata che aveva cucinato subito dopo essersi cambiata. Voleva rassicurare il padre che non era scomparsa, era solo uscita con degli amici per la sera.

Con uno sbuffo chiuse casa, avrebbe parlato della scena alla quale aveva assistito con Alina, per capire cosa ne sapesse la rossa.

Da quando si era trasferita la sua vita era diventata un susseguirsi di strane scoperte e punti interrogativi!

Chissà per quanto avrebbe resistito in quel limbo di ignoranza.

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Capitolo 13
*** 13 ***


Buon lunedì a tutti, spero che nonostante i pregiudizi questa sia per voi una giornata felice, per me fino ad ora lo è stata.

In questo capitolo conosceremo un altro membro della congrega e avremo anche un po' di informazioni sul passato della faida tra le famiglie di Alina e Altea e di conseguenza sapremo qualcosa in più sulla congrega stessa.

Allora senza ulteriori indugi ecco a voi il quattordicesimo capitolo, come al solito se vi va lasciatemi un commentino.

Grazie a tutti i miei nuovi lettori e a chi segue questa storia, vi mando un bacione.

xxElykei

 

 

 

 

 

13

Altea adorava il pub di sua zia, era un grande ambiente stile old west: panche in legno, porte da saloon e bottiglie di birra sugli scaffali ad adornare le pareti.

Il nome poi l’aveva scelto lei da bambina, Gattonero, al tempo le sembrava divertentissimo, infondo quello era un pub gestito da streghe!

Anche Azelia lavorava al pub, si occupava del bancone.

C’erano poi quattro camerieri che servivano ai tavoli, tre erano dei normali, l’ultima Carla era la sorella maggiore di Mattia, anche lei dotata di poteri magici.

Carla aveva iniziato a lavorare per la zia un paio di mesi prima, faceva la sera, quattro volte a settimana.

Un lavoro part time era l’unica possibilità che le permetteva contemporaneamente di continuare a studiare.

Quella sera le tre streghe erano tutte di turno.

Lucia era come al solito in cucina, ad accoglierli arrivò Rocco – Ragazzi che piacere vedervi, vi preparo il solito tavolo? –.

- Sì, ma ci servirà uno sgabello in più quest’oggi –.

Il cameriere parve confuso e Altea rise indicando Eleonora. Era davvero così strano che avessero fatto un’aggiunta al loro gruppo?

Senza aspettare una risposta, si diresse al tavolo sul soppalco, era da sei posti, accanto ad esso in direzione di ogni estremità vi erano dei tavolini tondi più piccoli, adatti soprattutto alle coppiette.

Rubò una sedia e la aggiunse accanto al suo posto.

- Ho fatto io Rocco, tranquillo –.

Ogni ragazzo sapeva dove sedersi senza bisogno di parlarne, i posti erano infatti da sempre gli stessi.

Altea si posizionò rivolta al bancone sul lato più vicino alla cucina, accanto a lei Acrisio poi Fulvio, di fronte a quest’ultimo Alina successivamente c’era Paola e in fine Mattia.

 In questo modo la riccia si ritrovò tra il giovane Imperatore e la sua amica bionda.

- Va bene, cosa posso portarvi? –.

Ognuno diede la propria ordinazione, ma arrivato ad Eleonora il cameriere si fermò – Noi non ci conosciamo, sono Rocco e se tornerai tanto spesso quanto il resto della mandria, diventerò uno dei tuoi migliori amici! –.

Altea vide l’amica ridere, ma non sentì la sua risposta, troppo distratta da una strana sensazione che le rendeva il petto pesante.

Si scusò dirigendosi verso il bagno.

L’immagine riflessa nello specchio era quella di una giovane ragazza il cui volto era segnato da profonde borse e scure occhiaie, il che era esattamente la realtà.

Prima di raggiungere il Gattonero si era fermata nel bagno del bar nel quale erano andati quel pomeriggio e grazie al suo sempre presente set di trucchi aveva cercato di nascondere i segni sotto gli occhi con molteplici passate di correttore.

Dovette però ammettere in quell’istante, che il tentativo era stato pressoché inutile, la stanchezza era comunque facilmente percepibile dal suo viso.

Aveva una voglia immensa di stropicciarsi gli occhi e schiacciare un pisolino.

La prima idea era tuttavia impraticabile a causa dell’eyeliner e l’ombretto che le agghindavano gli occhi e pure la seconda era altrettanto sconsigliata dato che si trovava in un bagno aperto al pubblico.

Optò allora per dell’acqua fredda. Si bagnò i polsi e il collo, l’effetto non fu granché, si sentiva ancora spossata.

- Che hai Altea? Riprenditi! – disse al suo riflesso.

La ragazza non riusciva proprio a spiegarsi il perché di tale sfinimento, quella mattina aveva dormito anche più del dovuto! Anzi erano giorni che non faceva altro che dormire, sia i suoi professori che i suoi famigliari potevano benissimo confermarlo.

Scosse il capo, di questo passo sarebbe crollata di faccia nell’insalata ai gamberetti e limone.. magari poteva ricorrere ad un piccolo aiutino.

Riportò alla mente l’incantesimo dell’energia.

Non era molto brava con la memoria, ma recitando quelle rime ogni mattina, aveva finito per impararle.

- Nel momento di difficoltà

Necessito della mia vitalità,

Di uno scatto di energia

Che renda la giornata e di nuovo mia -

Normalmente l’incantesimo avrebbe dovuto essere accompagnato da un decotto di soya e ginseng che avrebbe reso l’effetto più duraturo, ad ogni modo anche così, per tre o quattro ore, Altea sarebbe rimasta sveglia.

Una controllata al trucco e poi la bionda raggiunse i suoi amici.

Le birre erano già arrivate – Allora Ele, per cosa hai optato? –.

- Guarda tu stessa perché non so pronunciarlo –.

Era una birra locale di quelle a kilometro zero, i produttori però erano di origine belga, da qui il nome strano. Altea l’aveva provata il mese precedente, non era male, ma comunque un pochino troppo amara per rientrare nella sua lista delle preferite.

- Com’è? – chiese Mattia ad Eleonora.

- Buonissima! –.

- Te l’avevo detto, Rocco è un genio –.

- Mettendo l’argomento birra da parte, oggi tua madre mi ha torturato Pa –.

- Altea dovresti smetterla di lamentarti della madre di Paola, non è colpa sua se hai fatto scena muta –.

- Ma se ho risposto! –.

- A monosillabi, il che è da sempre indice di una meticolosa preparazione –.

- Mi spieghi chi ti ha interpellato Alina? –.

La rossa alzò un sopracciglio stizzita - Non è una conversazione privata tra te e lei, ho il diritto di esprimere la mia opinione e soprattutto di riferire la verità dei fatti –.

- Ragazze – cercò di intervenire Eleonora, ma Acrisio la fermò – Lascia perdere, non la finiranno per ora –.

Quasi a conferma delle sue parole Atea si alzò dal suo posto dicendo - Basta sono stanca delle tue stronzate, vado a prendere un po’ d’aria - e Alina seguendola con fare rabbioso rispose – Pensi sul serio di potermi parlare a questo modo e poi andare via? –.

- Non dovremmo fermarle? –.

- Provarci, non ne vale la pena –.

- Tranquilla non si ammazzeranno –.

- Gli Sforza ed i Montecatini hanno già visto troppo sangue scorrere nelle loro faide, non se ne possono permettere altro –.

Eleonora si bloccò alle parole di Paola - Sangue? Intendi in senso metaforico vero? –.

Nessuno dei ragazzi che erano ancora al tavolo rispose e questo bastò a far preoccupare la riccia.

- Ragazzi che è questa storia? Non capisco, sembra quasi che parliate di morti e feriti veri, il che non può essere, voglio dire sarebbero già tutti in galera a questo punto. E poi le cose così succedono solo nei film, faide familiari che portano alla morte.. nei film e nella mafia. Le streghe non sono come i mafiosi giusto? Niente patti col sangue o gambizzazioni –.

Fulvio prese un sorso della sua Paulaner - Nah, niente gambizzazioni da almeno un centinaio d’anni credo –.

- Oh.. –.

- Non lasciare che ti spaventino –.

- Non stiamo cercando di spaventarla Mattia, lei vuole sapere la verità e noi gliela diciamo –  disse la castana.

- Hanno ragione, sono io che ho fatto le domande e mi piacerebbe davvero sentire le risposte –.

Fulvio riprese il discorso – Le nostre famiglie sono qui da tanto tempo e in passato ciò che ora sembra assurdo, era la quotidianità. Le faide che oggi sono niente più che screzi, guerre burocratiche e piccole discriminazioni, erano vere e proprie lotte per il potere –.

- In realtà ancora oggi il potere è importante, ma non si combatte più col sangue, al suo posto c’è invece la politica –.

- Mi state dicendo che c’è stato veramente qualcuno che ha perso la vita? –.

Paola ci rifletté - L’ultimo defunto nella faida Montecatini-Sforza risale al 1879, centotrentasette anni fa –.

- Le morti già in quel periodo non erano troppo frequenti perché dopo secoli di guerra entrambe le famiglie, nonché le dinastie a loro alleate, erano sul punto di collassare a causa della scarsità di persone –.

- In pratica tra le uccisioni e l’impossibilità di dedicare tempo e sicurezza alla vita famigliare, le streghe della città erano quasi estinte –.

- Per non parlare delle maledizioni dell’infertilità – aggiunse Mattia.

- Già, ad ogni modo la morte dell’ottocentosettantanove fu la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso, dopo quella si resero tutti conto di quanto la lotta tra le due congreghe fosse deleteria, così nacque l’alleanza, che fu suggellata da un matrimonio esattamente tre settimane dopo l’ultima vittima delle rappresaglie -.

 - Due congreghe? Credevo che fosse una faida interna la vostra –.

- Dovremmo farle seguire una lezione di storia della nostra magia – disse scherzoso Acrisio, che fino a quel momento non si era intromesso nel discorso.

Fulvio ignorò il fratello e riprese il racconto - In origine questa era terra di nessuno, nel maggio del 1604 la prima congrega formata dagli Sforza, dai Bellini e dagli Zaccaria si trasferì in città, che ai tempi si poteva a mala pena chiamare villaggio, e la reclamò come propria -.

Lui e Paola sembravano particolarmente presi nel narrare le vicende del passato e soprattutto parevano i più informati a riguardo, Eleonora aveva sentito dire dai racconti di Alina che il maggiore dei Bellini era un appassionato di storia, il che si percepiva dal modo in cui parlava.

La cosa, si rese conto Eleonora, si stava rivelando molto utile per carpire informazioni .

- Pochi mesi dopo però arrivò la seconda congrega della quale facevano parte i Montecatini, gli Imperatore e i Torratone. Questo secondo gruppo era un distaccamento della congrega di Perugia, le tre famiglie avevano deciso di abbandonare la loro città di origine per stabilirsi in un territorio nuovo, che desse loro la possibilità di crescere e prosperare in una congrega assestante. La causa di quell’allontanamento dall’Umbria non è molto chiara. Si dice ci fossero stati alcuni dissidi tra i Montecatini e i Ciancaleoni, che da sempre sono i capi delle streghe di Perugia, ma sono speculazioni, dato che non abbiamo fonti certe -.

Prese la parola Paola – Ad ogni modo il paesino era piccolo e le famiglie erano invece molto numerose, i miei antenati vantavano un’unità familiare di almeno dodici persone e non erano nemmeno i più numerosi –.

- Una domanda: se la prima congrega aveva già rivendicato il territorio come proprio, come ha fatto la seconda ad.. non so se è il termine giusto, ma direi invaderlo? -.

- La rivendicazione non era ancora valida poiché non era stata approvata dal Concilio Principale, la burocrazia magica tutt’oggi è piuttosto lenta, immagina quanto ci mettevano a riportare una notizia in un periodo nel quale le e-mail ancora non esistevano! –.

Eleonora si ritrovò ancora una volta a dover interrompere il racconto - Che sarebbe questo Concilio? –.

- È un gruppo formato dalle streghe più potenti, ne fanno parte i capi delle principali congreghe, comunque dicevo: la seconda congrega si è avvalsa di questa cosa come escamotage per iniziare la lotta al possesso della città -.

- Capisco, quindi questa guerra tra le due famiglie è nata per una questione territoriale, ma perché proprio tra loro e non in generale tra i due gruppi? –.

- Era una questione che toccava tutte le famiglie, ma poiché gli antenati di Alina erano i più forti della prima congrega e quelli di Altea lo erano della seconda, le loro dinastie sono state quelle più esposte al conflitto  – questo me lo spiegò Mattia.

- Quindi le vostre famiglie hanno combattuto per anni fra loro, finché non si sono rese conto che la cosa non giovava a nessuno e hanno deciso che fare l’amore è meglio che fare la guerra, da qui nascono anche le varie nozze combinate giusto? –.

- Esattamente -.

- E ora siete una congrega unica, sì? -.

- Sì –.

- Cavolo! –.

- Scossa? – chiese Acrisio.

- Beh un pochino, cioè tutto questo è talmente incredibile, eppure non è solo una fantasia, è qualcosa che è accaduto per davvero, non è semplicemente una storia, è storia –.

- E già – commentò con un sorrisino Fulvio.

- Inoltre questo spiega perché Tea e Ali non riescono ad andare d’accordo, è tutto più grande di loro –.

- Il lato positivo è che nessuno lancia maledizioni dell’impotenza da anni! –.

Le quattro streghe risero e Eleonora si fece trasportare dal buonumore, quella frase assurda le parve per alcuni secondi la battuta più divertente mai inventata.

Una volta finito di ridere, Mattia si congedò per andare a recuperare le due ragazze che che stavano litigando fuori dal locale.

- Okay, comunque c’è un’ultima cosa che non mi è chiara – disse Eleonora dopo che il ragazzo si fu alzato.

- Spara –.

- All’inizio della serata Altea ha detto che tua mamma l’ha distrutta in classe.. questo vuol dire che tu e la professoressa Zaccaria siete tipo parenti? –.

- Non abbiamo lo stesso cognome solo per caso se è questo che mi stai chiedendo –.

- Questa notizia è quasi più scioccante di tutto il discorso sulle vostre origini –.

Di nuovo tutti scoppiarono a ridere.

- Sul serio! Non lo avrei mai detto, siete totalmente diverse! –.

- Questo perché ho preso l’aspetto fisico da mio padre –.

- Però hai il cognome di tua madre –.

- L’ho cambiato anni fa, mi sembrava giusto così dato che i miei poteri sono più simili ai suoi, che non a quelli di mio papà –.

In quel momento si avvicinò una delle cameriere.

Era una ragazza molto bella, capelli castani e una pelle che avrebbe fatto invidia a qualsiasi modella. Eleonora guardò con attenzione mentre questa si avvicinava al tavolo, c’era qualcosa di familiare nella forma delle sue labbra e nelle fossette che le marcavano le guance. Non capì bene dove l’aveva già vista però, finché non si concentrò sui suoi occhi.

Erano marrone scuro e la loro dolcezza era totalmente contrastante col piglio altezzoso dell’espressione che aveva in volto.

Le parole che quella pronunciò una volta raggiunti i ragazzi, confermarono ciò che Eleonora aveva ipotizzato: era imparentata con Mattia – Dove è andato mio fratello? Era qui con voi fino a poco fa –.

- È uscito per recuperare Alina e Altea –.

- Quelle due stanno di nuovo litigando? –.

- Meglio lì fuori che qui dentro –.

La ragazza dalla carnagione olivastra si sistemò stizzita una ciocca di lisci capelli dietro un orecchio, poi senza aggiungere altro si allontanò.

Mattia si era fisicamente frapposto tra le due ragazze e Alina non era molto contenta.

Fare a pugni di certo non la divertiva, era un atto talmente materiale e dozzinale.. ma Altea non era conosciuta per la sua raffinatezza, quindi  non escludeva l’idea che la bionda potesse provarci ed in quel caso non sarebbe stata una vittima, avrebbe reagito.

- Alina mi lasci un secondo solo con Altea? –.

La rossa stava per rispondere in modo brusco, quando riconobbe lo sguardo del ragazzo: era preoccupato. Optò allora per una scrollata di spalle leggermente infastidita e si spostò a qualche passo di distanza.

Non appena Alina fu abbastanza lontana da non origliare la conversazione, Mattia cinse le spalle della cugina – Si può sapere che ti prende? –.

- Che vuoi dire? – chiese lei scostandosi di scatto.

Mattia alzò le braccia indicandola - Parlo di questo, sei tesa come una corda di violino, insomma quando sono uscito la tua faccia era a due centimetri da quella di Alina. Pensavo che tu la stessi per assalire! –.

- Oh ma per favore, non è la prima volta che ho una discussione con quella stronzetta –.

- Si ma di solito le gestisci meglio, o per lo meno non arrivi alle mani –.

- Forse sono solo stanca dei suoi insulti, se le spacco la mascella magari è la volta buona in cui impara a chiudere il becco –.

- Quante volte hai usato l’incantesimo dell’energia? –.

Questo fermò la bionda – Cosa? –.

- Mi sembra una domanda chiara –.

- Non l’ho mai usato, non so nemmeno bene qual è -.

- Tea non mentirmi, mi hai chiesto di passartelo meno di quindici giorni fa –.

- E tu l’hai fatto?.. Voglio dire, certo che l’hai fatto. Comunque l’avrò adoperato giusto un paio di volte, tre al massimo –.

Mattia si avvicinò ad Altea e abbassò il volume della sua voce – Irascibilità, perdita della memoria e delle inibizioni, sono tutti sintomi di un abuso di quell’incantesimo, quindi smettila con le cazzate e dimmi la verità –.

Altea sbatté i piedi per terra, sembrava una bimba che faceva i capricci.

- E va bene, l’ho usato quasi ogni giorno –.

- Ogni giorno? Sei impazzita?! È pericoloso esporsi ad una magia del genere ripetutamente, soprattutto se il tempo tra i vari utilizzi è tanto breve! Sei fortunata a non aver utilizzato anche il decotto o a quest’ora ti avremmo dovuta rinchiudere in un manicomio –.

- I manicomi non esistono più Mati –.

- Altea! – sbraitò lui.

Il castano aveva attirato l’attenzione della rossa, notò la piccola Montecatini.

Per rimediare lanciò uno sguardo fulminante a quella, che con uno sbuffo tornò a concentrarsi sulla strada.

Altea non voleva che la sua vecchia nemica venisse a conoscenza di una sua potenziale debolezza, il loro rapporto era già anche troppo sfiancante.

- Calmati, non lo userò più okay? Sei contento? –.

- Ti controllerò, sappilo –.

- Ma dai! –.

- Niente lamentele, non posso credere che tu sia stata tanto sconsiderata –.

- Ne avevo bisogno! Ho sempre così tanto sonno, non importa quante ore io dorma, al mio risveglio sono comunque affaticata. E di questo passo finiranno per sospendermi a causa dei ritardi a scuola –.

- Mattia! – i tre ragazzi si voltarono verso la voce, era Carla.

- Fratellino ti cercavo –.

- Che è successo? –.

- Mamma e zio Teodoro sono dovuti partire e papà è ancora al congresso quindi da stasera siamo di nuovo soli a casa –.

- Perché sono partiti? –.

- Un’urgenza a Mestre, la figlia della Iereia del posto ha avuto un’incedente che le ha danneggiato la spina dorsale e hanno richiesto mamma per l’intervento –.

- Se è un semplice intervento per quale ragione è andato con lei anche lo zio? –.

- Si è ferita uscendo fuori strada con l’auto, i medici normali hanno detto che ha perso il controllo in seguito ad un attacco epilettico. L’unico problema è che la ragazza non aveva mai mostrato segni di epilessia, per questo i suoi hanno il sospetto che la cosa non sia stata accidentale. Vogliono che lo zio la analizzi per assicurarsi che nessuno abbia usato la magia per causare l’incidente –.

 Alina, che si era avvicinata incuriosita dalla notizia, ascoltò con attenzione le parole della primogenita Imperatore.

- Cavolo! - commentò intanto Altea.

Mattia, altrettanto inquieto a causa della storia, guardò la cugina per un secondo poi si voltò nuovamente verso Carla ed annuì – Capisco l’urgenza della cosa, si sa per caso quando torneranno? –.

- No, mamma ha detto che vuole vedere le condizioni effettive della ragazza prima di fare ipotesi –.

- Okay, vuoi che ti io ti aspetti stasera? Andiamo a casa assieme dopo la chiusura –.

- Perché no, magari poi puoi renderti utile con le pulizie –.

- Ehi, ehi sarebbe sfruttamento minorile –.

- Hai diciannove anni idiota –.

- Dettagli –.

Carla sorrise con un sopracciglio alzato, era identica al fratello quando faceva così, i due anni di differenza non si notavano affatto. O forse era lui che sembrava più grande, Alina non sapeva mai quale delle due impressioni fosse quella vera.

- Muovetevi a rientrare, stasera fa freddo –.

Sia il litigio sia la ramanzina erano conclusi, così i tre giovani seguirono il consiglio di Carla e tornarono dai loro amici.

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Capitolo 14
*** 14 ***


14

La serata si concluse verso le undici.

Quando Eleonora mise piede in casa notò una luce provenire dalla cucina, era suo padre.

In quell’istante ricordò l’incontro al quale aveva assistito nel pomeriggio.

Nel corso della serata, presa dalle chiacchiere e leggermente alticcia a causa della birra, aveva dimenticato di parlare con Alina dell’accaduto, si ripromise di farlo quel lunedì.

L’occasione per discutere in privato con Alina si presentò alla seconda ora, durante la lezione di educazione fisica, quando Eleonora prese da parte la rossa e la portò negli spogliatoi mentre gli altri iniziavano il riscaldamento con un giro di corsa.

La ragazza si rese conto che per la seconda volta quella stanza faceva da cornice ad una conversazione segreta, ma d'altronde se i giovani maghi l’avevano scelta la prima volta, voleva dire che era un luogo sicuro.

- Di cosa volevi parlarmi? -.

- Sapevi che i nostri genitori si conoscono? -.

- Di che parli? -.

- Ieri i nostri padri erano assieme in studio da mio papà, stavano discutendo, tuo padre chiedeva con forza delle spiegazioni, ha persino detto che tua madre stava male per indurre mio padre a rispondergli, ma non ho capito rispetto a cosa le volesse. Insomma, gradirei che tu mi dessi delle delucidazioni riguardo al motivo della lite, e poi che centra tua madre? Che centrano i tuoi con mio padre in generale? Non capisco -.

Eleonora non finì neppure di parlare che già notò l’espressione sorpresa del volto di Alina, forse anche lei era all’oscuro di tutto?

- Non ne ho la più pallida idea, onestamente non sapevo nemmeno che i nostri si conoscessero -.

- Sicura? Perché tua madre non era presente, eppure da come parlavano pareva che anche lei conoscesse mio padre, quindi dubito si fossero incontrati per la prima volta ieri, anzi, so con certezza che si son visti almeno un’altra volta, sempre in studio -.

- Davvero non so cosa dirti -.

- E poi c’è un’altra cosa strana, tuo padre ha chiamato il mio Patrizio -.

Bastò quel nome a renderla impassibile, la riccia se ne accorse.

- Perché quella faccia? -.

- Niente, sono spaesata quanto te, anche perché ricordo che questa è la vostra prima volta in città, quindi non vedo altre occasioni nelle quali possano essersi presentati -.

Eleonora non ne era convinta, ma temeva che continuare a far pressione sull’argomento potesse avere un effetto contrario, così tacque.

- Senti, ora dobbiamo tornare in palestra altrimenti il professore potrebbe accorgersi della nostra assenza -.

- Certo andiamo -.

Quel nome.

Non ne era del tutto certa, ma credeva d’averlo già sentito.

Passò la giornata a scuola in uno stato di trans, nel tentativo di ricordare in quale contesto lo avesse fatto.

Durante l’ultima ora la professoressa Zaccaria le fece una domanda, sicura che la ragazza conoscesse la risposta, lei però era troppo distratta per poter richiamare alla mente la data corretta.

- Mi deludi Sforza, pensavo di poter contare almeno su di te, ma a quanto pare nessuno in questa classe ritiene importante conoscere il proprio passato -.

Alina rimase in silenzio, erano state rare le occasioni nel corso della vita nella quale si era ritrovata in una posizione del genere e, seppure gli Sforza erano conosciuti per le loro doti oratorie, la sua scarsa esperienza nel campo faceva si che trovare una escamotage con le parole le risultasse difficoltoso.

Proprio per evitare errori aveva preferito l’opzione più sicura: tacere.

La professoressa assunse un’espressione contrariata, che di fronte all’impassibilità della ragazza si trasformò in decisione – Vorrà dire che dopodomani faremo una verifica, sono sicura che quella almeno riaccenderà il vostro interesse per la materia -.

Per Alina un compito non era un problema, si era tenuta al passo con gli assegni della Zaccaria ed un breve ripasso il giorno seguente sarebbe bastato ad assicurarle un otto e mezzo.

Altea d’altro canto era distrutta all’idea di dover passare due giorni sui libri per cercare di racimolare una sufficienza.

Tutta colpa della Sforza.

Ogni difficoltà della vita della bionda era facilmente imputabile alla compagna di classe, quell’ultima più che mai.

Alina avrebbe dovuto solo rispondere ad una stupida domanda, quanto mai poteva essere difficile fare una cosa simile? Per lei poi, che era un genio in ogni materia! Probabilmente lo aveva fatto di proposito. Altea non riusciva a comprendere le eventuali motivazioni dietro un tale gesto, ma forse lo aveva fatto solo per dare fastidio a lei.

Gli Sforza erano capaci di tutto.

Eleonora invece non aveva il minimo interesse per l’imminente verifica, l’amica Alina le risultava molto più curiosa.

Non la conosceva da molto, ma nel poco tempo che aveva passato con lei aveva intravisto una persona intelligente, studiosa e volenterosa, in breve una ragazza differente da quella che aveva passato tre ore a fissare una finestra.

 Al suo ritorno Alina trovò il Maniero Sforza pieno di vita, tutta la famiglia era in casa.

Regina e Valentina erano nel salottino subito dopo l’elegante ingresso, sedute sul divano davanti al camino spento.

Chiacchieravano amabilmente sorseggiando un paio di calici di vino bianco.

Alina le salutò con un sorriso, poi continuò verso la grande stanza che fungeva sia da biblioteca che da salone privato, era lì che la famiglia trascorreva le sere quando tutti erano in casa, secondo la volontà del prozio Leonardo.

Il vecchio era infatti ancora legato alle tradizioni del passato, pretendeva che ogni stanza venisse sfruttata solo secondo l’uso di origine, il salottino più esterno era adibito al ricevimento degli ospiti, mentre alla biblioteca potevano accedere solo i membri della famiglia.

Guai se Leonardo vi ci trovava la giovane con qualche amico!

Le uniche occasioni nelle quali gli estranei potevano entrarvici erano quelle in cui essi dovevano passare di là per raggiungere le scale e quindi i piani superiori, ma in ogni caso non era permesso loro di fermarsi nella stanza.

Ed eccolo, il più anziano Sforza in vita in quel periodo, seduto sulla solita poltrona, mentre sfogliava le pagine di un antico tomo.

Lo reggeva sulle gambe accavallate, con una mano teneva il libro aperto, con l’altra si carezzava un labbro.

Pareva concentrato, ma quella non era una novità pensò Alina. Il prozio Leonardo era sempre estremamente concentrato, pure quando puliva una mela.

Suo zio Elia era in sala da pranzo con il figlio, assieme a loro suo padre Nicolò.

Non sapeva di preciso cosa facessero, ma percepiva il rumore di sedie spostate e passi leggeri e udiva il loro vociare.

- Buon pomeriggio zio Leonardo -.

- Sei a casa, deduco siano già arrivate le tredici - rispose lui alzando lo sguardo dalla pagina.

- Sì, tra quindici minuti sarà servito il pranzo -.

L’uomo, che aveva riportato la propria attenzione alla lettura, rispose con un verso di assenso per far capire che aveva inteso le parole della giovane.

Alina si guardò attorno, la sua speranza di far spostare Leonardo in sala da pranzo era sfumata.

Restare sola non era una necessità, ma avrebbe preferito avere la stanza a sua totale disposizione per quello che doveva fare. Ormai però era lì e non poteva restare ferma come uno stoccafisso guardando una parete.

Si avvicinò ad una delle massicce librerie, era nella camera per cercare un diario nel quale era incappata per sbaglio qualche anno prima e che non aveva più visto da allora.

Se c’era un posto nel quale poteva ritrovarlo era quello.

Scorse l’indice sul dorso di alcuni volumi, fino a raggiungere con nonchalance i testi scritti dai vari membri della famiglia.

Il più antico risaliva al 1602, due anni prima il trasferimento della famiglia in città.

- Cosa cerchi? - la voce, vigorosa nonostante l’età, la distrasse dalla ricerca.

- Nulla in particolare, davo un’occhiata - nemmeno lei era stata convinta dal proprio tono.

- Se vuoi un libro per passare il tempo dovresti dare un’occhiata alla sezione dei romanzi o anche a quella storica più che a vecchi registri e diari -.

- A dire la verità zio Leonardo ero sovrappensiero, tanto da non essermi resa conto di dov’ero finita -.

La seconda menzogna era stata migliore.

- Cosa ti turba ragazzina? -.

Incrociò le mani davanti a se e in seguito lo raggiunse per prendere tempo – Dopodomani ho un compito e sono leggermente preoccupata -.

Lezione numero uno: per quanto è possibile, attenersi alla verità.

Un fatto leggermente modificato è più facile da ricordare rispetto ad una storia del tutto fantasiosa.

- Come mai questo compito ti mette tanta angoscia? -.

- Stamane non ho saputo rispondere ad una domanda e la materia su cui verteva era la stessa della verifica -.

- Capisco - anche Leonardo si posizionò così da essere a mani giunte – Vorrà dire che dovrai dedicare questi due giorni ad uno studio intenso, se la questione è tanto grave da occupare tutta la tua attenzione, probabilmente è il caso che consumi i pasti nella tua camera, così da non avere ragioni per le quali staccarti dallo studio -.

Dannazione, si era data la zatta sui piedi.

Ora sarebbe stata costretta a passare il tempo rinchiusa nella propria stanza a far finta di immergersi nei libri di storia.

Questa cosa delle menzogne improvvisate proprio non le riusciva!

- Non ti da fastidio se non mangio con tutti voi in stanza da pranzo?  - tentò di recuperare la rossa.

- In questi casi è necessità, non pigrizia mia cara, quindi non temere, parlerò io con i tuoi, tu sali pure, tranquilla -.

Alina sorrise stizzita e recuperata la cartella dal pavimento dove l’aveva appoggiata andò in camera. Si prospettavano due giorni di puro divertimento!

Altea era in ritardo per l’appuntamento a villa Torratone, quel giorno c’era la seconda seduta di Eleonora, e pur essendo uscita indenne dalla prima la riccia era ancora un po’ restia all’essere oggetto di manipolazioni magiche, perciò Altea preferiva starle accanto per rassicurarla.

Si guardò attorno, l’unica casa della quale doveva preoccuparsi era la proprietà dei Bellini, posizionata sul lato opposto della strada, le altre erano troppo lontane perché qualcuno potesse notare una ragazza che scavalcava il cancello di una villa abbandonata.

Quando fu certa che la via fosse libera, entrò.

Trovò i ragazzi nella stessa stanza del giorno prima, erano tutti già presenti tranne Alina.

Cosa strana, constatò Altea, dato che la rossa non era mai in ritardo.

- Miss Perfezione non ci ritiene degni della sua presenza? -.

- Alina mi ha chiamata prima, è bloccata a casa sua per questioni familiari -.

- Quali questioni? -.

- E io che dovrei saperne? Muoviamoci ora - sbuffò Paola, non aveva troppa voglia di restare in quella villa.

Altea si avvicinò alla poltrona sulla quale la sua amica era seduta – Ciao Ele -.

- Ehi, temevo non arrivassi nemmeno tu -.

- Macché, io non do buca agli amici -.

- È una cosa usuale per Alina annullare gli impegni da un momento all’altro? -.

- A dire la verità raramente l’ho vista mancare ad un appuntamento, è una precisina, quindi di solito a ‘ste cose ci tiene, ma ogni tanto a quelli come noi capita una qualche emergenza di famiglia -.

- Non sarà qualcosa di grave spero -.

- Se così fosse stato, lo avremmo saputo -.

Eleonora annuì poi si avvicinò a loro Mattia – Iniziamo? -.

La barriera innalzata da Paola e Acrisio era ancora in piedi, i due se ne erano assicurati prima che Altea arrivasse, pertanto senza ulteriori indugi il guaritore cominciò il suo rito.

Altea si spostò per lasciare a suo cugino spazio di manovra.

I fratelli Bellini erano seduti per terra su una coperta, Paola pungolò Fulvio con un piede affinché si spostasse per farle spazio, in quel modo però ad Altea sarebbe toccato rimanere in piedi, dato che il pavimento era tutto impolverato.

- Vi siete portati dietro l’occorrente per un pic nic? - domandò la bionda.

A rispondere fu Acrisio che strofinandosi la pancia disse – Fosse vero! Ho una fame, oggi ho mangiato solo un panino -.

- Parlavo della copertina, da dove l’avete pescata? -.

- Era in uno dei cassetti della stanza da letto -.

- L’avete rubata dalla camera di un defunto? Oh andiamo ragazzi, che schifo! -.

- Non l’abbiamo rubata! È ancora in casa no? -.

- Infatti e comunque ci serviva qualcosa sulla quale sederci, questo pavimento è lercio e questa era pulita, forse perché era chiusa in un mobile - si giustificò Fulvio riprendendo il discorso del fratello.

- Se cerchi ci trovi anche tu del tessuto sul quale poggiarti senza rischiare di contrarre qualche malattia -.

L’idea di frugare tra gli oggetti personali di gente morta non la entusiasmava, ma nemmeno quella di restare in piedi per ore, l’ultima volta ne era uscita con le gambe doloranti.

Scrollò le spalle e disse addio alla delicatezza.

La prima camera aveva le pareti ricoperte da carta decorata con stampe verdi che, così come il letto ricordavano i palazzi di altri tempi. Il materasso era circondato da una specie di baldacchino, con le tende che si estendevano solo sulla parte dei cuscini.

La biancheria alternava toni di verde e di beige ripresi dal tessuto a strisce delle varie poltrone sparse per la camera.

Ogni tanto spuntava uno sprazzo di bordeaux nella lampada sulla scrivania in ciliegio o nel tappeto che copriva quasi tutto il perimetro della stanza.

Tutta la mobilia pareva essere fatta dello stesso materiale della scrivania, o meglio dello scrittoio.

Altea pensò che anche prima di essere abbandonata quella casa non doveva mai essere stata toccata da un arredatore moderno. Probabilmente la famiglia Torratone aveva mantenuto l’arredo di quando si era trasferita nella villa.

Le abitazioni di Viale Verdi erano state tutte costruite nella seconda metà dell’ottocento.

Come ulteriore simbolo della neoraggiunta pace, le congreghe unificate avevano stabilito che tutte le streghe della città avrebbero dovuto convivere lungo un unico viale. La vicinanza è sicurezza, questo era stato il motto.

Anche se Altea sospettava che i suoi antenati come quelli degli altri fossero stati più sensibili al detto ‘ Tieni vicini gli amici e ancor di più i nemici ’.

Si appressò all’armadio aprendone un’anta.

Le si presentarono davanti agli occhi una fila ordinata di camicie in vari colori, sotto di esse adagiate su una mensola una marea di pantaloni tutti piegati alla perfezione.

Il proprietario della stanza doveva essere un uomo preciso.

Niente coperte però, quindi passò oltre.

Un’altra anta ed altri vestiti, questa volta da donna.

Sembravano i classici abiti da donna di mezza età, lunghe gonne, camicie in seta e vestiti fiorati.

Rovistò ancora un po’ senza trovare nulla di utile quindi si spostò nella stanza successiva, l’ultima sul piano.

Il tono prevalente in quella era il pesca.

Tende pesca, trapunta pesca, due sedie pesca a rombi bordeaux.. la cosa la inquietava leggermente, doveva ammetterlo.

Sembrava la camera di una bambola e quelle le avevano sempre fatto paura.

Anche qui la ricerca negli armadi e nei cassettoni si rivelò vana, l’unica cosa che ottenne fu la percezione che la camera fosse appartenuta ad una coppia più giovane della prima. Non sapendo più dove cercare si buttò sui comodini, quasi certamente erano troppo piccoli per contenere coperte di dimensioni decenti, ma magari, piegata veramente bene, una piccolina poteva entrarci.

Nel primo tiretto trovò fazzoletti di ogni forma e colore, nel secondo canottiere, nel terzo una scatola.

Non doveva curiosare, era sbagliato. Si ripeté mentre la tirava fuori e la poggiava sul materasso.

Aprirla richiese di una buona dose di forza, era una di quelle in legno a scatto ed i cardini arrugginiti le crearono qualche problema.

All’interno vi ci trovò delle lettere.

La calligrafia era arzigogolata tanto da renderle difficile la comprensione delle parole.

Cara Brigida,

è un nuovo giorno e noi siamo ancora lontani.

Sento la mancanza delle nostre chiacchierate, delle passeggiate per la città che ci portavano a scoprire luoghi nascosti a tutti. Piccoli paradisi che divenivano solo nostri.

Mi mancano i tuoi sorrisi, il modo in cui ti portavi i capelli dietro l’orecchio quando eri in imbarazzo.

Aspetto con ansia la prossima vacanza, ho convinto i miei genitori a riaffittare la stessa casa, così potremo rincontrarci.

Spero di ricevere al più presto una tua risposta.

                Tuo Patrizio

A quella seguivano altre, ne lesse qualcuna, erano l’evoluzione di una storia d’amore travagliata tra due giovani.

Altea si chiese se quella storia fosse finita bene, e se la camera nella quale ora si trovava era stato un altro dei piccoli paradisi della coppia.

Ma chissà, forse alla fine la ragazza era andata avanti e aveva spostato un altro.

Magari conservava le lettere come rimpianto di una passione sfumata.

Era possibile provare empatia per qualcuno che non si era mai conosciuto? Perché era dovuta a quella la sensazione di malinconia che provava. Tristezza per la coppia di giovani amanti della quale non conosceva la sorte.

Richiuse la scatola e la ripose nel cassetto.

In ogni caso niente coperta, sarebbe dovuta restare in piedi per tutta la sessione di guarigione.

 

 

 

xxElykei

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Capitolo 15
*** 15 ***


15

Erano quattro ore che Alina era chiusa in camera, e aveva finito il ripasso da più di due.

La rossa si sedette a terra, lo faceva solo quando era sola nella sua camera, se qualcuno della famiglia l’avesse vista le avrebbe fatto una ramanzina di ore.

Le ragazze per bene sedevano solo dove era proprio, una delle tante regole che le avevano inculcato fin da piccola.

Non disubbidire era di certo al primo posto nella scala gerarchica, se ci pensava bene tutto nella sua vita era basato su una gerarchia.

La scuola, la magia, la famiglia, persino tra i suoi amici cera una gerarchia intrinseca: al vertice c’erano lei e Altea, a seguire Mattia in quanto figlio di una guaritrice, poi Paola poiché proveniva da una famiglia di protettori, in fine i due fratelli Bellini, Fulvio e Acrisio.

Ancora una volta si ritrovò a pensare che Eleonora era l’unica fuoriposto, non rientrava in nessuna categoria.

Era stata proprio la giovane riccia a spingerla ad infrangere le tanto preziose regole, cosa che, si rese conto in quell’istante, stava per rifare.

Si alzò di scatto per controllare l’ora, le cinque passate.

Quella mattina aveva sentito sua madre e sua zia chiacchierare riguardo all’uscire per andare in cerca dell’idea giusta per rimodernare il soggiorno del piano dove vivevano Elia, Regina, Leonida, e il prozio Leonardo, loro due perciò non erano in casa.

Niccolò era a lavoro, Elia era probabilmente rinchiuso nell’ufficio al terzo piano, suo cugino Leo non sarebbe rientrato prima di cena, l’unica incognita era Leonardo.

Il prozio di Alina era di sicuro all’interno del maniero, ma dove?

La rossa uscì di soppiatto e con altrettanta cura scese le scale.

Da lì poteva andare direttamente in biblioteca, ma se lui si fosse trovato proprio in quella stanza?

L’altra opzione era arrivare nel salottino d’ingresso e da li spiare attraverso gli inserti in vetro della porta.

Ferma in sala da pranzo, ad un passo dall’ingresso, Alina si chiese se il suo non fosse un comportamento esagerato. Stava sì disubbidendo ad una imposizione, ma infondo fare una pausa dallo studio non era una infrazione grave, voleva distrarsi un po’ con un libro, Leonardo avrebbe capito.

C’era qualcosa però, non avrebbe saputo definire bene cosa, che la bloccava.

Una vocina le diceva che se suo prozio l’avesse ritrovata a ficcanasare nei vecchi diari di famiglia non l’avrebbe presa bene, il che era assurdo dato che non era la prima volta che li leggeva.

Quella logica tuttavia non bastò a zittita la fastidiosa voce.

Dalla porta non vide nessuno, per sicurezza poggiò l’orecchio al legno. Nessun rumore.

Si fece coraggio ed entrò in biblioteca.

Riprese l’esplorazione iniziata quel mezzogiorno.

La biblioteca di casa Sforza era ben organizzata, i testi in essa raccolti erano catalogati contemporaneamente secondo data e autore.

I diari al contrario erano disposti su due librerie in posizione sparsa, quando da piccola aveva chiesto il perché di quel disordine le avevano risposto che c’erano troppe variabili per poter decidere come collocarli.

Avrebbero potuto farlo per autore e data, come per i tomi non scritti dalla famiglia Sforza, ma che fare con i diari dei quali non si conosceva l’appartenenza?

Allora forse era meglio per argomento, tuttavia molti quaderni trattavano più cose tra materie o eventi storici e magici.

Scartata anche quella opzione restava l’ordine alfabetico, ma i diari non avevano titoli.

Alla fine avevano deciso di posizionarli per colore, scelta frivola e piuttosto inutile, considerando però che quelle che in teoria erano valide non lo erano nella pratica, meglio l’ordine cromatico, almeno quello era esteticamente piacevole.

Per fortuna quando si è piccoli si tende a dare importanza alle cose frivole, pensò Alina, così in quel momento poté ricordare che la pelle del quadernetto doveva essere rossa.

Sfortunatamente dovette constatare che molti sui consanguinei  avevano considerato quel colore il loro prediletto.

Aveva due interi scaffali da controllare.

Partì dall’alto: prese tre quaderni, allargò quelli restanti così da non lasciare i buchi, e tornò di corsa nella sua camera.

La sessione fu più breve rispetto alla precedente così alle sette Altea era già a casa, avrebbe dovuto studiare, ma procrastinare era per lei uno stile di vita, così decise di uscire dalla propria camera e bussare alla porta di Piermarco.

Suo cugino si presentò all’uscio con un libro ancora in mano.

Il biondo non alzò lo sguardo, Altea d’altronde non si aspettava che lo facesse.

Sapeva bene che se interrotto durante la lettura Piermarco pretendeva almeno di finire il capitolo prima di distogliere la propria attenzione dalle pagine bianche e dall’inchiostro.

La giovane si buttò sul letto ancora sfatto del cugino e guardò gli occhi color del ghiaccio, specchio dei suoi, scivolare sulla parole.

Piermarco stava leggendo Anna Karenina , Altea riteneva Tolstoj troppo contorto, se avesse dovuto scegliere un romanziere dell’ottocento avrebbe optato per Emile Zola.

Fortunatamente Altea non dovette attendere a lungo, dopo solo cinque minuti fu abbagliata da un sorriso.

Da un punto di vista puramente estetico la bionda poteva capire perché chiunque cadesse ai piedi di suo cugino con tanta facilità.

Il fisico unito alle sue capacità intellettuali e alla parlantina formavano una spada di Damocle pendente sul capo di qualsiasi donna, e anche uomo se doveva essere sincera.

Certo i difetti non gli mancavano.

Piermarco Montecatini era un drogato di amore, sempre alla ricerca della storia perfetta, del partner perfetto, innamorato più dell’idea dell’amore che non delle persone.

Era un affabulatore ed era spesso distratto, a volte rasentava la goffaggine.

Stava ancora compilando la lista mentale di tutti i vari difetti del cugino, quando lui parlò – Non dovresti essere fuori con i tuoi amichetti? -.

- Abbiamo finito prima -.

- Finito di fare cosa? -.

- Girovagare -.

Socchiuse gli occhi - Stai facendo la vaga -.

- Dici? -.

- E lo fai di proposito -.

Altea si stiracchiò spostando il viso così da nasconderlo – Non è niente di che, fidati -.

- Finché posso -.

- Usciamo? – domandò la bionda alzandosi.

- Vorrei ma.. Anna Karenina capisci? -.

- Oh andiamo! Puoi leggerlo dopo cena, a quell’ora non sarò in casa quindi non potrò infastidirti -.

- Vi vedete di nuovo per non fare nulla di che? -.

- Magari, devo incontrare Alina ed Eleonora per il compito su Van Gogh, la data di presentazione della ricerca è sempre più vicina e noi siamo ancora agli inizi -.

- Aiha, allora non posso proprio rifiutarti un’ultima cena, andiamo, che ne dici di un dolce da Trudy? -.

- Ottima idea -.

Mattia insisté per accompagnare Eleonora a casa, il trattamento era indolore e fino a quel momento non aveva mostrato alcun effetto collaterale, ma la prudenza non era mai troppa.

Per ringraziarlo la riccia lo invitò ad entrare per un caffè.

Solo una volta arrivata in cucina Eleonora si rese conto di aver commesso un errore: era una frana nella preparazione del caffè.

Passò qualche secondo a calcolare quanto sarebbe stato possibile sfruttare il servizio a domicilio del bar vicino senza che l’amico se ne accorgesse, ma fu costretta a scartare subito l’idea, non avrebbe potuto ritirare la consegna all’insaputa del moro.

Forse però se avesse detto al ragazzo delle consegne di avvicinarsi alla finestra della cucina.. no! Che stupidaggine!

Si arrese ed iniziò a preparare la bevanda.

- Tuo padre è a lavoro? -.

Istintivamente Eleonora si voltò nella direzione della voce, lui però non poteva vederla dal divano su cui era seduto, perciò riprese ad osservare i movimenti delle sue mani, magari mettendoci abbastanza attenzione avrebbe ottenuto qualcosa dal sapore decente.

- Lo è sempre a quest’ora -.

- Ti capita spesso di stare da sola? -.

- Abbastanza, ma non è un problema -.

- Io non lo sopporterei -.

La brodaglia marrone che versò nei bicchierini non sembrava promettere troppo bene, tuttavia Eleonora non amava parlare con la gente senza guardarla in faccia, così al posto di provare a rifarla, corse in soggiorno.

Mattia ringraziò la ragazza con un cenno ed un sorriso quando lei gli passò la tazzina in porcellana.

- Per me è rilassante, ormai ci sono così abituata che se non riesco a ricavarmi almeno un’oretta da dedicare a me stessa, poi sono nervosa -.

- Io non sono mai solo, in famiglia non siamo moltissimi, ma non si sa come in casa c’è sempre qualcuno -.

- I tuoi lavorano tutti in ospedale no? Anche tuo zio se non mi sbaglio -.

Annuì.

- Credevo che i medici fossero persone parecchio impegnate -.

- Lo sono, ma a meno che non lavorino per una famiglia di streghe capita raramente che Zio Teodoro e mamma abbiano gli stessi turni, ed in ogni caso anche se non ci sono loro c’è qualcuno dei ragazzi -.

- O mezza città due volte a settimana -.

- Eh visto? Ho così tante difficoltà nel restare solo che organizzo feste per evitarlo -.

- La tua Ecofobia è un bene per la comunità -.

- Ecofobia? -.

- È la paura di restare soli in casa -.

- Oh bene, ora la cosa ha anche un nome -.

Eleonora rise al tono canzonatorio del moro – Scherzi a parte, cos’è che ti spaventa tanto del non avere gente intorno? -.

Mattia si strinse nelle spalle – Non è che io abbia paura, è solo che non ci sono abituato, e dovendo scegliere tra lo stare in compagna ed il passare il tempo rimuginando da solo, penso che tutti sceglierebbero la prima possibilità -.

- Certo se passi il tempo rimuginando la cosa non è molto piacevole -.

- Visto? Anche tu mi dai ragione -.

- No, dico che se partiamo da quei presupposti hai ragione, si da il caso però che io passi il mio tempo da sola facendo molte altre cose, oltre a congetturare -.

- Tipo? -.

- Leggere, scrivere, spaccarmi di video games -.

- Gioco preferito? -.

- La saga di Uncharted -.

- Niente male -. Concordò Mattia prendendo per la prima volta un sorso del caffè.

Eleonora notò immediatamente la reazione del ragazzo, già sapeva che la brodaglia non era una bevanda da primo premio, ma probabilmente il fatto che nel frattempo fosse anche diventata fredda non aveva giovato.

- Scusa -. Si affrettò a dire – Nella vecchia casa avevamo una macchinetta per il caffè, lì l’unica cosa che dovevo fare era infilare la cialda e premere un tasto, con la moca invece sono un disastro -.

- Vorrei tanto dire una bugia consolatoria, ma è orrendo -. Sospirò Mattia tra una risatina e l’altra.

- Scusa -.

- Macché! Fai così solo perché non hai mai provato la mia cucina, una volta ho provato a fare dei pop corn, di quelli in scatola da mettere in microonde.. li ho bruciati! -.

- Davvero? -.

- Si, Altea non me l’ha ancora perdonata, me lo rinfaccia ogni volta che ceniamo insieme -.

- Forse è persino peggiore della mia relazione complicata con il caffè -.

- Decisamente peggiore, credimi -.

Si lasciarono trasportare entrambi dall’ilarità delle loro goffaggini, poi ripresero a chiacchierare.

Altea e Piermarco dovettero aspettare una quindicina di minuti prima di ottenere un tavolo da Trudy, ma entrambi concordarono sul fatto che ne fosse valsa la pena dopo aver assaggiato, Altea, la sua cheescake ai frutti di bosco e Piermarco, i suoi waffle panna e nutella.

- Come sta andando la ricerca? -.

- Se si ignora Alina, cosa che cerco di fare il più possibile, allora decentemente.. Ele mi piace, quindi è carino passare del tempo con lei -.

- Aspetta ti piace o.. – Piermarco mosse le sopracciglia con fare provocatorio – Ti piace? -.

- Fisicamente è carina, e caratterialmente è simpatica, ma non c’è stata scintilla quindi direi che mi piace come amica e basta -.

- Sicura? -.

- Direi proprio di si, e poi lo sai che ho una predilezione per le rosse -.

- Ehi aspetta, c’è qualcosa su Alina che non mi hai detto? -.

Altea rovescio l’ultimo goccio di un bicchiere d’acqua che aveva quasi finito, addosso al cugino – Non osare mai dire una cosa del genere, nemmeno in maniera implicita! Miss So Tutto Io mi farebbe impazzire dopo due secondi -.

- Quindi ci hai pensato -.

- Che vuoi dire? -.

- Da come mi hai risposto pare che in qualche momento in passato tu abbia considerato il fatto che potesse piacerti, tanto da chiederti come sarebbe stata una vostra eventuale relazione e da raggiungere la conclusione che si sarebbe rivelata un disastro -.

- Era una bella bambina ed io ero ancora piccola è confusa, ma credimi se c’è qualcuno che mi ha portato a credere di essere semplicemente etero per quasi quattordici anni di vita, quella è stata sicuramente quella strega dai capelli rossi! Considera che quando ero una bimba come esempi femminili della mia età, a parte me stessa, avevo solo lei e Paola, due snob spocchiose, per forza di cose ho dovuto buttarmi sugli uomini -.

Piermarco non riuscì a trattenere una fragorosa risata, una volta calmatosi disse – Sai, se non fosse una Sforza sarebbe quasi poetico, due giovani donne, divise da rivalità familiari, si innamorano e grazie al potere dell’amore sconfiggono le loro differenze -.

- Sì bravo, ringrazia il potere dell’amore per il fatto che non ti ho ancora dato un pugno sul naso solo per averla immaginata una cavolata del genere -.

- Riflettendoci è romantico nonostante il suo cognome, anzi forse ancora più per quello, una storia alla Romeo e Giulietta -.

- Romeo e Giulietta muoiono alla fine della rappresentazione -.

- Probabilmente succederebbe anche a voi, se nonna Dafne o zia Azelia scoprissero una cosa simile ti ammazzerebbero loro stesse, o forse ti rinchiuderebbero in casa per sempre, ma Alina la ucciderebbero di sicuro per aver corrotto il tuo cuoricino puro -.

- Contenta di sapere che almeno mi risparmi la vita in questa tua piccola e assurda fantasia -.

- Oh si, sono io quello che ha lottato per te, o meglio non ti ho perdonata per il tradimento, ma ho comunque ritenuto che la morte fosse una punizione un tantinello eccessiva -.

- Inizi a spaventarmi -. Disse Altea con una intonazione comicamente impassibile.

Piermarco rise ancora, quella uscita per lui si stava trasformando in uno spettacolo comico.

- Cambiando argomento, tu che mi racconti Pier? -.

Lui rimase in silenzio per un paio di secondi, poi disse con non curanza - Penso di iscrivermi all’università -.

- Per fare cosa? Hai già una laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione -.

- Sì, ma quella l’ho presa per mamma e papà, una triennale con un nome simile pare più utile di quella da quattro anni in filosofia che voglio prendere ora -.

- Ma come farai con il lavoro? Non puoi lasciare il tuo posto al centro sociale così -.

- Parlerò con il direttore, farò spostare tutte le mie lezione il pomeriggio così avrò le mattinate libere -.

- E per studiare? Intendi farlo la notte? -.

Piermarco pungolò con la forchetta il suo ultimo waffle – Potresti cercare di essere un minimo più positiva, contavo almeno su di te per questo -.

Altea rilasciò l’aria che aveva inalato per dar fiato alla sua ramanzina e sporse sul tavolo una mano per stringere quella del cugino, che ancora aveva in volto un sorriso amaro.

- Scusa, sono contenta per questa tua scelta, davvero! E che so che ti piace lavorare con gli immigrati, ti appaga aiutarli ad integrarsi ed adori conoscere le loro storie e culture, l’ultima volta hai portato la tua intera classe a pranzo per Natale tanto ti eri affezionato a loro! -.

- Il mio lavoro mi piace molto è vero, per questo non voglio lasciarlo. Cercherò di farmi diminuire le ore settimanali, così da avere i weekend liberi per studiare e comunque stare la notte sveglio per me non è un problema. Sono una strega infondo, siamo animali notturni noi! -. L’ultima frase la disse in modo scherzoso e Altea rispose con lo stesso tono – Si certo, è vero tanto quanto il fatto che voliamo sulle scope indossando cappelli orripilanti -.

- Proprio tu parli Altea? Ho trovato uno di quei cappellacci neri in camera tua! -.

- Ma che fandonie vai raccontando? Quello è in stile Audrey  Hepburn, e soprattutto non è a punta -.

- Fa lo stesso, quando sei in alto su una scopa la differenza non si vede -.

- Se avessi altra acqua ti rovescerei anche quella addosso -.

- Già, devo ammettere che ‘sta volta ho controllato prima di parlare -.

Il biondo riprese a mangiare soddisfatto il suo dolce e Altea dopo un po’ lo guardo dritto negli occhi – Pier? Sai che ti appoggerò sulla scelta della seconda laurea vero? E che ti sosterrò anche davanti agli zii? E soprattutto che ti voglio tanto bene e voglio vederti felice e soddisfatto della tua vita, anche se per farlo dovrò sopportarti mentre per anni analizzerai filosoficamente ogni mia parola tormentandomi con chissà quale teoria metafisica -.

- Sapevo che eri la persona giusta a cui rivelarlo -.

Altea gli sorrise, forse un po’ le capiva quelle ragazze che cadevano ai suoi piedi, non che sentisse nulla del genere per lui, semplicemente riusciva a comprendere perché provassero una forma di affetto nei sui confronti.

Lei stessa infondo, nonostante conoscesse ogni suo difetto, non riusciva non volergli un bene infinito.

 

 

 

 

xxElykei

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Capitolo 16
*** 16 ***


16

Le ragazze si erano riunite nuovamente nel Maniero Sforza, era mezzanotte passata, ma non avevano ancora finito.

Il corpo del testo era scritto, mancavano però le rifiniture, le immagini ed una conclusione adeguata.

Altea sbadigliò e Alina la seguì a ruota, l’unica ad avere ancora energie pareva Eleonora.

La riccia guardò le sue due amiche, una era seduta per terra su un cuscino, con la testa poggiata al letto, pareva sul punto di addormentarsi, l’altra, a gambe incrociate sulla sedia, aveva il volto poggiato su una mano, l’unica cosa che le impediva di chiudere gli occhi era la lampada accesa sulla scrivania.

- Ho un’idea: perché voi non andate a dormire e io finisco il compito? O per lo meno inserisco le foto e cose così, magari la conclusione possiamo comunque farla tutte insieme nei prossimi giorni -.

Altea non era troppo contraria, infondo quello era un lavoro formale, nulla di troppo faticoso, quindi non sarebbe stato poi così ingiusto cedere il compito ad una sola di loro.

Alina al contrario scatto in piedi, subito sveglia, non appena registrò le parole di Eleonora – Macché! Non è necessario che tu faccia tutto da sola, questo progetto lo finiremo insieme -.

- Ali, ma se non siete abbastanza coerenti da mantenere gli occhi aperti! -.

- Probabilmente è così, ma mi dispiacerebbe farti essere l’unica che lavora -.

- Sopravvivrò -.

- Perfetto io vado a casa allora -. Interloquì Altea alzandosi dal pavimento.

Fece un cenno alla giovane Sforza – Conosco la strada per uscire – poi si avvicinò ad Eleonora per salutarla e dopo averle dato un bacio disse – Scusa se accetto tanto in fretta la tua offerta, è che sono veramente stanca morta -.

- Lo vedo tranquilla -.

Alina avrebbe voluto fare qualche battuta pungente su quanto sbagliato fosse il comportamento della bionda, ma un altro sbadiglio glielo impedì.

- Vado anch’io, ci vediamo a scuola -.

- Ti accompagno -.

- Penso di poter arrivare alla porta – assicurò Eleonora con una risata – Tu vai pure a dormire -.

La rossa alzò le sopracciglia - Intendevo a casa, sciocca -.

- A piedi? Per poi tornare da sola? -.

- Io so come proteggermi -.

- Se alludi alla magia, e so che è così, allora mi pare che non siate molto fedeli al voto di segretezza, voi streghe -.

Eleonora lo disse scherzosa, ma Alina ci tenne a replicare immediatamente – Certo che lo siamo! Ma se si tratta di sicurezza personale.. e poi la maggior parte della persone tende a razionalizzare tutto ciò che non comprende -.

- Come me quando mi avete detto di avere dei poteri e io ho pensato fosse uno scherzo -.

- Esattamente -.

La riccia annuì, la cosa aveva senso, tuttavia l’idea di lasciare l’amica sola in giro per le strade della città a quell’ora di notte non la rassicurava, poteri o non poteri.

- Ad ogni modo la mia posizione non cambia, fare avanti e dietro per te sarebbe insensato, sono solo pochi isolati, ed io al momento sono la più lucida tra le due -.

Forse Eleonora non aveva torto, tenere gli occhi aperti era un’impresa, quel giorno tra i libri non era stato poi così stancante, ma forse la noia di quel pomeriggio aveva dato una stangata alla sua capacità di concentrazione.

Prima che potesse acconsentire a ciò che aveva detto l’amica però, un pensiero le sfiorò la mente – Potresti restare qui a dormire questa notte, abbiamo una camera degli ospiti, è quella di fronte alla mia -.

- Non vorrei causarti fastidi, sarebbe una cosa così improvvisa -.

- Nessun fastidio, tuo padre piuttosto? Sarà d’accordo? -.

- Credo di poterlo convincere, purché sia ancora sveglio -.

- Chiamalo prima che sia troppo tardi allora -.

Eleonora compose il numero del padre, dopo qualche minuto e un buon lavoro di persuasione, Luigi acconsentì.

Ottenuto il permesso la riccia si voltò nuovamente verso la scrivania, Alina aveva le braccia incrociate poggiate sulla scrivania e le testa appoggiata a quelle.

Alina si sentì scuotere leggermente, aprì un occhio, poi entrambi – Dobbiamo finire con Van Gogh, giusto -.

- Lascia stare, posso finire io nell’altra camera – La rossa si alzò e si stese sul letto, indossava il pantalone di una tuta ed una magliettina, cose che usava solo in casa, quindi per lei non era necessario cambiarsi in un pigiama.

- Devi dirmi dove posso trovare il caricabatterie del PC però, perché si sta per scaricare -.

Stropicciandosi un occhio Alina rispose – È nel primo cassetto della scrivania -.

Eleonora trovò ciò che cercava proprio dove le aveva indicato l’amica, sotto al cavo, dietro una marmaglia di penne, vide una collana.

Era una catenina fatta d’argento che aveva per ciondolo un cristallo viola, la raccolse.

- Ti piace? -. Chiese Alina dal letto.

- È molto carina, che pietra è? -.

- Ametista, è una pietra calmante che incrementa autostima, memoria, lucidità mentale e dona coraggio -.

- Una cosa così piccola può fare tutto ciò? -.

Alina annuì – Per me ha sempre funzionato -.

- Dove l’hai presa? -.

- C’è l’ho da una vita, credo me l’abbia regalata mia madre -.

- Forse ne servirebbe una anche a me -.

- Posso provare a procurarti qualcosa di simile, c’è un negozio poco fuori città che vende cristalli e cose così, sono sicura che abbiano anche qualche ciondolo di ametista -.

- Mi piacerebbe vederlo -.

- Possiamo andarci giovedì, dopo la prova per vedere se hai dei poteri -.

- E se risultasse che non sono una strega? -.

- Il negozio è aperto anche per la gente normale -. Sorrise la rossa – Te lo mostrerei in ogni caso -.

- Perfetto allora, buonanotte -.

- Notte -.

Eleonora rimase sveglia fino all’una e un quarto, ma il risultato finale fu estremamente soddisfacente.

La mattina successiva Alina bussò alla porta della camera degli ospiti per svegliare l’amica, quella rispose dopo cinque minuti, la forma del cuscino stampata sul viso – Per favore dimmi che non è ancora ora di andare a scuola -.

Alina sorrise, negli occhi un pizzico di indulgenza – Se può consolarti in soggiorno c’è caffè a sufficienza da tenerci tutte e due sveglie per una settimana -.

- Quello può decisamente essere d’aiuto  -.

Eleonora indossava uno dei pigiami di Alina, un pantalone rosso non molto pesante ed una maglia a righe rosse e bianche, propose di cambiarsi prima di raggiungere il resto della famiglia Sforza, ma Alina le disse che non era necessario, una buona colazione veniva prima della pudicizia fintanto che restavano al terzo piano del Maniero.

Seduti al tavolo della colazione c’erano Valentina, anche lei ancora in pigiama, e Niccolò che invece era già pronto per il lavoro.

I genitori della piccola Sforza erano stati avvisati presto quella mattina della presenza di Eleonora.

Niccolò non si era pronunciato, Valentina era apparsa stranita, in quel momento però entrambi avevano un sorriso cordiale ad adornare il viso, lo sguardo della donna era dolce.

Eleonora diede il buongiorno a tutti non appena entrò nella camera, il tavolo era imbandito con caffè, tè, latte e cornetti.

Le due ragazze si sedettero.

Alina vide sua madre porgerle una tazza di caffè e l’accettò di buon grado, stava per riempirne una anche ad Eleonora ma Valentina la precedette con un bicchierone pieno di tè.

- Vorresti un po’ di questo Eleonora? È tè verde -.

- Oh, si certo, in realtà questo è il mio tè preferito!  -.

- Davvero? -.

- Sì, sì -.

Eleonora trovò un cornetto alla marmellata e prese anche quello.

Era marmellata di arance, anche quella la sua preferita.

La colazione fu piacevole, Alina non si aspettava niente di meno di un comportamento simpatico ed ospitale da parte dei suoi genitori e loro l’accontentarono. Alina credette addirittura di vedere la madre quasi dispiaciuta di perdere un’opportunità di conversazione con Eleonora quando fu il momento per le due giovani di andare a prepararsi per la scuola.

Eleonora prese in prestito dall’amica una maglia con maniche a tre quarti blu, il jeans che indossava era invece lo stesso del giorno prima.

Arrivarono a scuola a piedi, Alina aveva stranamente fame, la colazione forse non era stata abbastanza abbondante.

Si fermò alle macchinette mentre Eleonora continuò fino alla classe, doveva chiedere qualcosa riguardo un libro a Martina, una delle loro compagne.

Alina era combattuta tra un Twix, del quale non apprezzava il caramello ma adorava il biscotto, ed una ciambellina, che già perché era imballata in una orrenda plastica arancione era meno invitante.

- Si sa già che alla fine prenderai il Twix, quindi perché temporeggiare? -.

Si voltò per trovare alle sue spalle Fulvio.

Essere in orario per il suo amico era strano, non era un caso perso come Altea, ma anche nei suoi ritardi c’era un qualcosa di cronico.

- Chi ti dice che non prenderò una ciambella? -.

- Ti lamenti ogni mattina di quanto terribile sia la qualità del cibo di questi aggeggi, e ogni mattina prendi ad esempio quella ciambella, sarà pure una delle uniche due cose che mangi di questa roba, ma di certo non è mai la tua prima scelta -.

Alina era davvero così abitudinaria? Le venne voglia di prendere il dolcetto nel brutto involucro arancione solo per spirito di contraddizione. A casa forse non poteva seguire questi suoi desideri meschini, ma i suoi amici le avrebbero perdonato qualche scelta sciocca.

La rossa selezionò la merendina e una volta raccolta quella dal cassetto si girò trionfante verso il castano, lui sorrise divertito.

Alina diede un morso al concentrato di zuccheri, poi un altro e un altro ancora, a metà ciambella il sapore l’aveva quasi nauseata. Ora ricordava perché preferiva il Twix, la troppa dolcezza non era il suo genere, dopo tre morsi dovette rinunciare al gusto stucchevole della merendina.

Perché le macchinette nelle scuole avevano così poca scelta?

Porse la ciambella all’amico che l’accettò di buon grado ed in quel momento ebbe un’epifania.

Fulvio aveva fatto quel suo discorsetto di proposito per indurla a scegliere la ciambella, riflettendoci ogni volta che prendeva quella, a metà le veniva voglia di abbandonarla e quindi la cedeva al maggiore dei Bellini.

Iniziava a pensare che il giovane avesse un’ossessione insana per quella merenda.

- Sapevi che l’avrei fatta finire a te vero? -.

- Avevo fame -. Rispose lui innocentemente.

- Approfittatore.. Comunque, come mai sei arrivato tanto presto stamattina? -.

- Ho chiesto ad Acrisio di svegliarmi, ho un compito alla prima ora -.

- Di che? -.

- Filosofia -.

- La filosofia andrebbe discussa, non imprigionata su delle pagine -.

- Sono del tuo stesso parere, purtroppo però la Di Lonardo dissente -.

Si avviarono verso una finestra, dava su un terrazzino al quale tristemente non avevano il permesso di accedere.

- Dovresti chiedere a tuo fratello di farti da sveglia ogni giorno, il tuo rendimento potrebbe rischiare persino di migliorare se lo facessi, sai? -.

- I miei voti non sono poi così brutti, molti li invidierebbero Ali -.

- Mai detto il contrario -.

Fulvio sorrise, il viso dolce – Se non ti conoscessi prenderei tutto ciò come un insulto, per tua fortuna però so che sproni la gente a dare il massimo solo se a quelle persone ci tieni -.

- Perché dovresti sentirti offeso? -.

- Forse non te ne rendi conto , ma qualcuno potrebbe pensare che vuoi circondarti solo di gente con voti eccellenti, come se li giudicassi in base a questi -.

- Che assurdità -. Rise la rossa, poi notando l’espressione dell’amico aggiunse - Sembra davvero questa la mia motivazione? -.

- Ad un occhio esterno potrebbe -.

- Tu lo sai che non è così giusto? Io lo faccio solo perché avere dei buoni voti è soddisfacente e rende la vita più semplice sia a scuola sia a casa. Voglio vedervi felici.. non mi piace quando siete stressati perché un professore vi ha fatto una ramanzina -.

Alina si sentì tirare verso Fulvio, che dopo averla abbracciata disse – Tranquilla, come ho già detto poco fa, lo so che mi vuoi bene -.

Sospirò distesa, in quell’istante suonò la campanella e Fulvio dovette salutarla, il compito stava per iniziare.

Anche Alina doveva entrare in classe, odiava fare tardi.

 Altea quella mattina entrò alla seconda ora per miracolo.

Il miracolo aveva il nome di Piermarco Montecatini. Suo cugino l’aveva trovata ancora nel letto che erano le otto e trentasette, subito l’aveva svegliata e per evitare di farle saltare anche l’ingresso alle nove l’aveva accompagnata in auto fino al liceo.

Prima di farsi vedere in classe però Altea era comunque andata in bagno, voleva usare nuovamente l’incantesimo dell’energia.

Era sul punto di farlo quando le tornarono in mente le parole di Mattia, rischiava veramente la salute per un incantesimo tanto semplice?

Altea non metteva in dubbio ciò che l’amico, nonché parente, le aveva detto, tuttavia quello slancio energetico le era necessario se voleva seguire qualcosa delle lezioni.

Sbuffò, ormai le era diventato indispensabile per fare qualsiasi cosa.

Forse era proprio questo uno degli effetti collaterali? La dipendenza? Era possibile che l’incantesimo non fosse più cura della stanchezza, ma causa di quella?

In quel caso continuare ad usarlo poteva essere solo deleterio.

Doveva smettere di sfruttarlo, non c’era altra soluzione, così decise che avrebbe iniziato a farlo dalla mattina successiva.

 

 

 

xxElykei

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Capitolo 17
*** 17 ***


17

Prima di uscire da scuola Eleonora si assicurò di posticipare l’appuntamento per la sessione di guarigione alle cinque, doveva pranzare con Martina e Susanna e non voleva fare tutto di fretta.

Martina era una ragazza bassina, capelli riccissimi color ciliegia che non le arrivavano neanche alle spalle e occhi blu.

Eleonora aveva legato con lei grazie alla passione comune per una serie di libri.

Susanna era un’altra delle sue compagne di classe, amica di Martina fin dalle medie, Eleonora la trovava simpatica, anche se un po’ troppo vanesia.

Scelsero per il pranzo un ristorante-pizzeria poco distante dalla scuola. Proprio a causa della vicinanza al liceo, la mattina il ‘’Piacere della Vita‘’ offriva menù pizza e bevanda a soli sei euro, per i palati più raffinati c’era poi un menù che comprendeva primo, bibita  e dolce, il tutto a otto euro.

Le tre optarono per il pasto più semplice e al contempo il più gustoso, una bella pizza margherita.

Avevano appena ordinato quando Martina  eccitata, attirò l’attenzione delle altre due - Ho una novità stupenda -.

- Che è successo? -.

- I miei hanno finalmente accettato di prendere un cane, domani andiamo in canile per sceglierne uno! -.

- Davvero? Che bello! -.

- È magnifico! Anch’io vorrei un cane, ma ci siamo appena trasferiti e la casa non è abbastanza grande per tenerne uno, e poi siamo ancora nel bel mezzo del caos, mio padre non accetterebbe mai. Non credo nemmeno che gli piacciano troppo i cani -.

- Che peccato! Anche mio padre era così all’inizio, poi però l’ho stressato finché non ha accettato -. Disse ridendo Martina.

- Comportamento estremamente maturo -. Commentò la sua amica con una risata divertita.

Martina alzò gli occhi al cielo e poi rispose convinta - Quando si parla di cagnolini la maturità va a quel paese, è una regola -.

- Ah beh, sono d’accordo -. Si intromise Eleonora.

- Perché non vai con Marti domani? Potresti portare anche tuo padre, magari vedendo i cani cambia idea -.

- Dici che funzionerebbe? -.

- Tentar non nuoce -. Concordò Martina con una scrollata si spalle.

Le pizze arrivarono al tavolo e le tre presero a mangiare.

Altea quel giorno arrivò in anticipo, la casa infatti era vuota quando raggiunse il soggiorno.

Quando contattò Mattia per avere spiegazioni, lui le disse che Eleonora aveva chiesto di spostare l’ora dell’appuntamento.

- Perché nessuno mi ha avvertita allora? -.

- Tea, dimmi che ore sono, con precisione per favore -.

- Non ce l’hai un orologio? -.

- Andiamo, ho detto per favore -.

Altea sbuffò – Sono le sedici e trentasette -.

- Complimenti, sei arrivata con tredici minuti di anticipo invece della solita mezz’ora di ritardo -.

- Mi prendi in giro? -.

- Ci vediamo tra un po’, ciao, ciao -.

Il cugino non le diede nemmeno il tempo di rispondere prima di terminare la chiamata.

La bionda non sapeva se essere irritata o meno, i ragazzi si erano comportati in modo infantile, ma avevano le loro ragioni.

Al posto di perdere tempo decise di dedicarsi ad un’altra esplorazione della casa, nonostante le mettesse i brividi, la casa le suscitava comunque un briciolo di curiosità, almeno quando la vedeva da lontano.

Osservò la scala che portava al terzo piano, non sembrava troppo stabile.

Poggiò la punta dello stivale in cuoio sul primo gradino e premette. Pareva reggere, così proseguì col secondo.

Ripeté l’operazione lungo tutta la scalinata, scovando un paio di punti da evitare. Arrivata in cima si ritrovò in un corridoio, la carta da parati bordeaux era annerita, ma non strappata. Vi erano due porte posizionata abbastanza vicine l’una all’altra, Altea entrò in quella alla sua sinistra.

La stanza si rivelò essere una biblioteca, che con la sua forma ad elle seguiva il perimetro del corridoio.

Doveva essere stata ben fornita un tempo, vi erano scaffali su ogni parete, e perfino delle scale a rotelle per raggiungere le mensole più alte.

Ormai però i libri erano non più di una decina, la casa era stata forse accuratamente saccheggiata dalle famiglie restanti. Altea sentì la voce di Alina sussurrarle in mente ‘lasciare così tanti testi magici incustoditi sarebbe stato pericoloso’. Perfetto, ora sentiva la voce fastidiosa della rossa pure quando non c’era, non esisteva fine al peggio!

Si avvicinò ai testi rimasti, due erano bibliografie di famosi scienziati, una di un dottore.

C’erano poi un Atlante geografico e quattro monografie su vari eventi storici, nulla di esaltante.

Sulla parete alla sinistra della porta una piccola pannello mobile di legno era quasi nascosto tra le librerie, Altea si avvicinò incuriosita e lo aprì. Dietro quello però emerse solo una stanza vuota.

Era buia, dovette accendere la torcia del cellulare per vederci qualcosa, la stanza era meno rovinata delle altre, forse perché non c’erano finestre, nessuna possibilità per agenti esterni di intaccare l’ambiente interno.

L’ultima stanza del piano era una camera da letto, probabilmente una cameretta per un bambino date le dimensioni della mobilia.

La bionda si sedette sul letto polveroso che constatò essere inaspettatamente comodo,  qualche granello si sollevò facendola tossire, poggiò la testa al muro ma non si alzò.

Chiuse gli occhi, una volta superati l’iniziale senso di terrore, la nausea e la repulsione, quel posto non era così male.

Anzi era quasi rilassante.

In quel momento Altea notò che la camera non puzzava. Era rimasta chiusa per anni, era piena di polvere e di piante secche che dalle pareti erano arrivate nell’edificio, vi era perfino un tappeto di foglie secche che ricopriva quasi completamente il pavimento. Eppure non c’era cattivo odore.

Nel resto della casa la sensazione di chiuso era quasi opprimente, ma non lì.

Altea percepiva il profumo di fragole e di vaniglia, tanto chiaramente quanto lo avrebbe fatto se avesse avuto una torta tra le mani.

Un rumore la scosse, gli altri erano arrivati.

Alina aveva fame, a pranzo aveva mangiato tanto, tantissimo rispetto al solito, ma il senso di vuoto nello stomaco persisteva.

- Nessuno ha del cibo? -.

- No -.

- Niente perché? -.

- Nada -.

La rossa si passò una mano sul collo – Potremmo chiedere ad Altea di portare qualcosa, non si sa mai potrebbe risultare utile a qualcosa per una volta -.

Mattia si guardò attorno - A proposito di Tea, prima mi ha chiamato dicendo che era già qui, dove si è cacciata? -.

- Eccomi! -. Disse la bionda entrando nel soggiorno.

Acrisio fece una smorfia - Ali perché mi hai messo in testa quell’idea? Avevo iniziato a sperare che Altea potesse veramente portarci un po’ di focaccia  -. 

- Una Montecatini che fa qualcosa di buono? Causa persa -.

- Oh beh, se qualcuno mi avesse avvisata del cambio d’orario non avrei passato qui gli ultimi venti minuti e forse sarei potuta passare dal panificio -.

Gli altri sei risero, perfino Alina.

Per la felicità di tutti i ragazzi, quella sessione di guarigione durò ancora meno dell’ultima.

Alle sette Alina era con Paola davanti alla porta di casa di quest’ultima.

Casa Zaccaria era troppo grande rispetto al numero di persone che vi ci abitavano, Alina lo pensava ogni volta che andava a trovare l’amica.

Da quando Teodoro e Ilenia avevano divorziato, Paola viveva solo con sua madre e sua zia Patrizia.

Le donne avevano praticamente a disposizione un piano a persona, volendo avrebbero potuto convivere per giorni interi senza mai avere la necessità d’incontrarsi.

La professoressa Zaccaria era in cucina davanti ad un piatto di mini sandwich al tonno e maionese – Paola mi ha detto che stavate arrivando, così ho pensato di prepararvi uno spuntino -.

- Grazie Ilenia, morivo di fame -.

La donna sorrise scambiando uno sguardo complice con la figlia.

Alina lo notò e con tono scherzosamente inquisitorio chiese all’amica: – C’è per caso il tuo zampino? -.

- Potrebbe esserci stato un messaggio, sì -. Rispose Ilenia.

- Grazie mille, ne avevo davvero bisogno -.

- Cosa vi ha tenute tanto impegnate da non poter nemmeno stuzzicare qualcosa? -.

Paola si fiondò su uno dei panini, era in grado di mentire a chiunque e farla franca, tranne che alla sua famiglia, così il peso della risposta toccò ad Alina.

- Il tempo lo avevamo, ma nessuna rosticceria può essere paragonata alla tua cucina -.

- Sono solo dei panini, ma ogni tanto ricevere qualche lusinga fa piacere quindi accetterò comunque il complimento -.

La Professoressa Zaccaria era tanto temibile in classe, quanto comprensiva a casa. Il rapporto che Paola aveva con sua madre era invidiabile a detta di Alina, la bionda però sapeva che nemmeno lei avrebbe accettato una così palese infrazione delle regole basilari della magia, meglio tacere perciò.

- Mamma dov’è zia Patrizia? -.

- A fare la spesa per stasera, tornerà tra poco, a proposito hai qualche desiderio particolare? -.

- Voi a che avevate pensato? -.

- Agnello con piselli -.

- Va bene quello allora, ah Ali vuoi restare qui a cena? -.

- Se a tua madre va bene, perché no -.

- Ma figurati cara, un posto in più per te c’è sempre -. Si affrettò a replicare Ilenia.

Eleonora amava le stelle e, aveva scoperto quella sera, dal terrazzo di casa Imperatore era perfettamente visibile Cassiopea.

Cassiopea non era una delle costellazioni più rare, in effetti era una di quelle visibili in ogni stagione dell’anno, eppure era affascinante. Forse era proprio il fatto che la si poteva ammirare sempre a renderla più speciale, era un punto fisso in una marea di cambiamenti.

Eleonora, Mattia, Altea e Acrisio si erano riuniti a casa del giovane Imperatore, i suoi erano ancora fuori città e sua sorella stava studiando in camera, nessuno aveva visto entrare la riccia, il che era un bene.

Finché non avessero avuto certezze volevano tenere la frequentazione il più nell’ombra possibile.

Acrisio era steso con le braccia sotto la testa a mo’ di cuscino - Potremmo tingerci i capelli tutti dello stesso colore, come una banda -.

- Ah io propongo il rosa -.

- Non so se Fulvio accetterebbe -.

- Bah, magari se li tingiamo di verde -. Propose Mattia.

Eleonora fece una smorfia  - Che tipo di verde? -.

- Verde normale, perché? Quanti tipi di verde esistono? -.

- Scherzi? – Altea si sedette a gambe incrociate fissando l’amico, quasi scioccata dalla sua ignoranza riguardo all’argomento – Verde smeraldo, verde menta, verde acido, verde celadon.. -.

Acrisio scoppiò in una risata - Verde celache? -.

- È un pigmento acquamarina pallido, viene dal francese -.

Tutti la guardarono confusi , lei però non demorse – Ma andiamo! Come fate a non conoscerlo? -.

- Senza offesa Tea, però penso tu sia l’unica al mondo a sapere cosa sia, cioè anch’io conoscono qualche colore un po’ particolare tipo il cobalto, l’amaranto oppure il blu di Prussia e, onestamente, trovo la tua padronanza davvero sorprendente, seppur un po’ inquietante, però se mi parli di colori francesi, pigmenti acquamarina, e cose così mi confondi -.

- Concordo con tutto ciò che ha detto Eleonora, tranne il blu di Prussia, cioè suppongo sia una sfumatura di blu, ma mi fermo lì -. Annuì Acrisio.

- Mati, nemmeno tu mi sostieni? -.

- Scusa cugina -. Rispose Mattia prendendo un sorso dalla bottiglia di birra.

Altea gliela strappò di mano - Dammi qua, ora mi devi un sorso.. e poi perché mai parliamo di tinte per capelli? -.

- Perché secondo me ci serve qualcosa che ci rappresenti, i nostri fratelli maggiori hanno l’anello, i nostri genitori la spilla, i nostri nonni avevano l’orologio e così via, noi non abbiamo ancora nulla -.

- Acri devi considerare che non abbiamo nemmeno fatto la Cerimonia, c’è ancora tempo -.

- Che c’è di male nell’essere previdenti? -.

- Okay, ho capito che non siete abituati ad avere intorno persone che non siano streghe, ma devo ammettere che sarebbe davvero carino se da ora iniziaste a considerare il fatto che io non conosco, né tantomeno capisco, la metà dei vostri argomenti di conversazione. Cioè per il colore della tinta posso dare il mio parere, ma che c’entra con i vostri parenti? -.

- Devi sapere che ogni generazione di streghe ha un proprio simbolo, qualcosa che le rappresenti e le distingua, un metodo per far capire al mondo non solo che fanno parte della congrega, ma anche che fanno parte della nostra generazione o di un’altra -. Rispose Mattia.

- Come si capisce che fate tutti parte della stessa congrega se avete simboli differenti? -.

Continuò Acrisio – L’oggetto che simboleggia la generazione cambia, ma ogni volta su quello c’è inciso ciò che rappresenta la nostra congrega -.

- Come una specie di vessillo? -.

- Esatto, ad esempio nel nostro caso su ogni anello, orologio o checchessia c’è un manipolo di spighe di grano -.

- Ha un significato specifico? -.

- Ve l’avevo detto che era perspicace – disse soddisfatta Altea – Sì, il manipolo è per indicare l’unione, siamo nati da una guerra, ma ci siamo uniti in pace, le spighe di grano poi, nello specifico sono allegoria della primavera che sconfigge il gelo e l’inverno, e cioè della natura che risvegliandosi batte la morte -.

- Grazie per la spiegazione, anche se forse dovrei sentirmi offesa dal commento iniziale..-.

- No scusa, è che Paola e Acrisio non sono totalmente sicuri di questa storia e hanno fatto qualche commento, perciò mi viene automatico notare che pur non conoscendole intuisci le peculiarità del nostro mondo –.

- Quei due non sono certi della mia perspicacia? -.

- Mio fratello e Paola sono terrorizzati dall’idea di finire nei casini e quando hanno paura loro attaccano, in questo caso lo fanno con gli insulti, basterà ignorarli e si calmeranno da soli -.

- Va bene, comunque ho un’ultima domanda per Acrisio e poi smetto giuro -.

- Spara -.

- Come volevi incorporare il manipolo di spighe di grano in un colore di capelli? -.

- Oh no, il colore uguale era un plus, pensavo di rasare la parte della nuca ad una lunghezza di tipo un centimetro e, con una rasatura ancora più corta, fare il disegno principale -.

Altea spalancò gli occhi - Tu sei pazzo, non raserò mai questa magnifica chioma bionda -.

- Non sarebbe più bionda Tea -. Le ricordò il cugino.

- Ad ogni modo, no grazie -.

- Poi dici che è Alina quella vanesia -.

- Lei è stronza, è diverso -.

Eleonora la interruppe domandando: - Perché non vi fate un tatuaggio? -.

- Elia Sforza diserederebbe la nipote -.

Altea fece una risata di scherno – Ah, sarebbe carino da vedere -.

- Tea non è carino da dire -.

- Dicevo così, tanto per scherzare -. Dopo lo sguardo per nulla convinto dell’amica Altea aggiunse – Te lo giuro! -.

La cena a casa Zaccaria era stata squisita e, la compagnia della famiglia di Paola piacevole. Erano arrivate ormai le dieci e mezza, Fulvio aveva raggiunto le due ragazze, erano tutti e tre in camera di Paola che guardavano la televisione.

Il tepore della casa aveva portato Paola ad assopirsi, era raggomitolata su un fianco con la testa sulle gambe di Alina, che a sua volta aveva la testa poggiata alla spalla di Fulvio.

Paola aveva un letto a due piazze, per questo potevano starci comodamente tutti assieme. Il resto della camera era proporzionato, era infatti un’ampia camera quadrata con la testiera del letto che occupava il centro di una parete, la tv era di fronte a questo.

Al posto del pavimento vi era la moquette, morbidissima, per non rovinarla Paola obbligava i suoi amici a togliersi le scarpe prima di entrare.

Tutta la stanza era poi addobbata da lucine, quelle usate a natale, mettevano felicità.

- Non ti si sono ancora addormentate le gambe? -. Sussurrò il castano ad Alina.

- No, come va con il tuo braccio? -.

- La tua testa non è tanto pesante -.

- Bene -.

Rimasero in silenzio guardo la televisione una decina di minuti, poi Alina chiese - Ehi posso chiederti un consiglio? -.

- Certo, che succede? -.

- Qual è secondo te il metodo più veloce per trovare un libro in mezzo a molti altri? -.

- Sai già nello specifico cosa cerchi? -.

- Più o meno, lo ricordo in linee generali, nulla di troppo caratteristico però -.

- Peccato, se ti fossi ricordata una frase dettagliata, avresti potuto ricercarla con l’incantesimo dei libri scoparsi -.

- C’è un incantesimo apposito per questa cosa? -.

- Sì, non lo conosci? -.

- So quello per gli oggetti scoparsi, per i posti scomparsi e per le persone scomparse, anche quello per i ricordi scomparsi, ma nulla proprio per i libri -.

- Con tutti i libri che avete nella vostra biblioteca non lo usate mai? Vabbè comunque oggi lo cerco e te lo passo -.

- Grazie -.

- Di nulla, ora torniamo al film, mi hai fatto perdere il punto cruciale -.

Alina lo canzonò – come se tu lo stessi veramente seguendo, non ti piacciono mai i film che sceglie Paola -.

- Inizio a pensare che non piacciano nemmeno a lei, dato che si addormenta sempre a metà -.

Le loro risate furono un po’ troppo forti e Paola aprì un occhio – Che succede? -.

- Niente tranquilla, torna a dormire -.

- Mhmm.. okay -. Rispose lei sbadigliando.

Alla fine del film, Fulvio e Alina lasciarono Paola a dormire e dopo aver salutato Ilenia e Patrizia tornarono ognuno a casa propria.

Dopo dieci minuti sul cellulare di Paola arrivò un messaggio dall’amico con scritta la procedura e le parole dell’incantesimo. Alla vista dell’SMS Alina sorrise, era bello poter contare sull’aiuto dei propri amici senza dover rispondere a mille domande.

 

 

 

 

 

xxElykei

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Capitolo 18
*** 18 ***


18

L’incantesimo per ritrovare il libro scomparso richiedeva una frase facente parte del libro stesso per funzionare, cosa che Alina non aveva, ma che aveva certamente intenzione di recuperare.

Con indosso una tuta pesante e le ciabatte rosa antico, la rossa scese in giardino, non c’era miglior posto per della serra per dedicarsi alla creazione di una pozione.

Per quella particolare mistura Alina si era portata dietro il Grimorio, era passato tanto tempo da quando aveva dovuto studiare le pagine nelle quali quella era contenuta, e seppur ne ricordava gli ingredienti aveva qualche problema con le dosi.

La serra era un posto tranquillo, il profumo delle spezie e delle varie piante era inebriante, vi erano germogli vivi e foglie essiccate, radici, fiori, tutto ciò che poteva essere utilizzato per scopi magici o anche culinari.

Alina lesse con cura le istruzioni.

In un mortaio pestare 2 cucchiaini di foglie di rosmarino e 1 fiore di Shankhpushpi essiccato fino a ridurli ad una polvere finissima.

 In un pentolino portare ad ebollizione 100mL di estratto liquido di zucca, successivamente versare 5 bacche di Tinospora Cardifolia, quando quelli saranno appassiti, passare il liquido in un setaccio così da eliminare gli scarti delle bacche.

Diluire la polvere precedentemente ottenuta nel composto ancora bollente e lasciar raffreddare.

Una volta completamente freddo, il prodotto potrà essere ingerito.

Non era un procedimento complesso, infatti richiese non più di un quarto d’ora. Ci vollero però almeno sette minuti prima che il tutto si raffreddasse, così nel frattempo Alina era ritornata nel proprio letto.

Se aveva eseguito correttamente tutti i procedimenti quella notte avrebbe sognato un ricordo.

Altea aveva abbandonato casa Imperatore piuttosto tardi quella sera, infatti era stata l’ultima ad uscire dalla villa.

Lei e Acrisio si erano intrattenuti nella veranda al piano terra persino dopo che Eleonora era andata a casa e Mattia si era ritirato nella sua camera.

Non era insolito che qualcuno di loro approfittasse dell’ospitalità della casa dei Guaritori nonostante loro stessero dormendo anzi, capitava molto spesso. Casa Imperatore era sempre aperta ai membri della congrega.

Quella famiglia era forse la più intrecciata ad ogni altra, perciò era raro che rifiutassero di offrire un posto del quale approfittare per riposarsi o anche solo per passare il tempo a qualcuno di loro.

Arrivata a casa però, la bionda si pentì della scelta fatta, così ora aveva meno tempo da dedicare ad un bel sonno ristoratore.

Stava per entrare in camera sua quando sua madre spuntò sull’uscio della propria porta.

Beatrice era già in camicia da notte, aveva i capelli raccolti, come tutte le volte in cui si approcciava a dormire.

- Sei tornata tardi stasera -.

- Scusa, ero da Mattia -.

- Non preoccuparti, finché sei con uno di noi non c’è problema se resti fuori fino a tardi -.

- Mamma, questi discorsi razzisti me li aspetterei da uno Sforza -. Scherzò la ragazza.

- Non confondiamo le razze, è solo che sono più sicura se sei con chi conosco da tutta la vita, che non con qualcuno che non ho visto crescere -.

Altra rise e fece per dare la buonanotte alla madre, quella però la bloccò.

- C’è per caso qualcosa che vuoi dirmi? -.

- A che ti riferisci mamma? -.

Per un secondo fu presa dal panico all’idea che avessero scoperto tutto di Eleonora.

- Nulla di particolare, è che ultimamente mi sembri sempre spossata, nonostante tutti quei riposini ad orari improbabili, e mi chiedevo il perché di tanta stanchezza -.

Altea provò a mantenere la calma, nonostante la rabbia che si sentiva montare dentro.

Pochi giorni prima il cugino aveva scoperto del suo utilizzo dell’incantesimo dell’energia, e ora sua madre le faceva quelle domande strane?

Era una coincidenza un po’ improbabile.

Come aveva potuto Mattia tradire a quel modo la sua fiducia?

- Non succede nulla mamma, è solo un periodo stressante a scuola, tutto qui -.

- Sicura? -.

- Al mille per mille -. Altea fece un sorriso forzato, poi si rintanò nella sua stanza.

Stupido Mattia.

A che cavolo stava pensando?

Quella mattina, al suo risveglio, Alina notò qualcosa di strano.

La luce era sbagliata, sembrava quasi che al posto delle sei di mattina fossero le sei di pomeriggio. Si rigirò nel letto ed allungò una mano alla ricerca del cellulare, possibile che avesse ignorato la sveglia per dormire fino a così tardi?

Dato che la ricerca alla cieca non si rivelò efficiente, dovette girarsi, ma comunque non trovò nulla, a parte un lume.

Aveva lasciato il suo telefono nella Serra?

Forse era per quello che la sveglia non aveva sortito effetto.

Con uno sbuffo Alina si alzò dal letto, sulla scrivania l’orologio indicava le quattro e trenta, il sole però era dal lato sbagliato, quindi era impossibile fosse mattina presto. Aveva saltato la scuola!

La rossa si stropicciò gli occhi, continuando a domandarsi come una cosa simile fosse potuta succedere. Lei non era Altea, non dormiva così tanto, non era mai in ritardo e di certo non saltava importati giorni di scuola solo per schiacciare un riposino.

Arrivata in bagno notò la seconda stranezza: qualcuno aveva rialzato lo specchio.

La differenza con la solita posizione era minima, ma Alina era una perfezionista, perciò nemmeno quel dettaglio poteva sfuggirle.

La terza stranezza fu quella che le rivelò la verità.

Al posto del suo spazzolino verde ce n’era uno giallo, con la testina a forma di fiore. Non vedeva quell’oggetto da più di tre anni.

Corse in camera per confermare i suoi sospetti e lì ne ebbe la certezza: la stanza era la stessa di quando lei aveva quattordici anni, la pozione della memoria doveva aver funzionato, stava sognando un ricordo!

Che strano, non aveva mai provato quel miscuglio su di sé, ma comunque non aveva immaginato un effetto simile.

Alina pensava la cosa fosse meno complicata. Credeva che una volta bevuta la pozione sarebbe andata a dormire e il giorno successivo, una volta sveglia, avrebbe avuto di nuovo accesso al suo ricordo, invece era là, nei panni della sé di quasi quattro anni prima, cosciente della sua situazione.

La ragazza poteva muoversi all’interno del ricordo con tutta tranquillità, poteva visitare l’intera città per ciò che ne sapeva.

Curiosa scese le scale fino alla sala da pranzo, non c’era nessuno.

Dal salottino però udì un rumore.

Spiò da una fessura e vide sua mamma che chiacchierava con il padre di Paola, erano entrambi più giovani, seppur di poco. Alina corse in biblioteca, non sapeva cosa sarebbe successo se quei due l’avessero vista.

Una volta nella stanza si ritrovò nuovamente a fronteggiare gli scaffali stracolmi di libricini rossi, forse non era stata un’idea ottima quell’incantesimo. Come si supponeva che riuscisse ad ottenere qualcosa da tutta quella storia, se nel suo stato attuale aveva comunque la coscienza della sé diciottenne?

Non sapeva cosa aveva fatto quel giorno nel dettaglio, per questo era ricorsa alla magia, quindi che senso aveva avere accesso a tutto, tranne che al ricordo delle sue azioni?

Iniziò a rovistare stizzita tra i libri che il giorno prima non aveva guardato, erano il 98% del totale, l’unica cosa che aveva ottenuto era tempo infinito per controllarli tutti, uno per uno, che brutta giornata!

Dopo il sedicesimo quaderno, il nervosismo prese il sopravvento, tutta quella tiritera era stata inutile.

Si sedette sulla poltrona preferita di Leonardo.

Doveva esserci una soluzione più veloce, la magia infondo non era una cosa semplice, poteva richiedere tempo ed avere delle sfaccettature difficili da decodificare, lei doveva trovare quella giusta che le permettesse di utilizzare l’incantesimo nel modo più utile.

Provò a riportare alla mente i fatti di quella giornata, quelli originali, non come li aveva vissuti poco prima.

Quella era stata una giornata come tante altre, quindi di sicuro aveva seguito la sua routine: si era svegliata, aveva fatto colazione con i suoi genitori, poi era andata in bagno per lavarsi e cambiarsi. Alle otto era arrivata a scuola, accompagnata da suo padre, alle otto e quindici erano iniziate le lezioni, ed alle tredici e quindici erano terminate.

Tornata a casa per pranzo aveva mangiato.. ma cosa aveva mangiato?

Si sforzò per ricordare quel dettaglio, ogni cosa poteva essere utile.

Era stato un lunedì o un mercoledì?

Aveva indossato una gonna o un pantalone?

Che materie aveva seguito quella mattina?

Era tornata a casa da sola?

Aveva fatto i compiti subito dopo pranzo?

Perché era in quella stupida libreria a quell’ora?

L’ora! Quella era la chiave!  Erano le sedici e qualcosa, ciò voleva dire che pressoché in quell’orario era scesa in biblioteca, perché svegliarsi in quel momento sennò?

Si alzò dalla poltrona e intravide il proprio riflesso in una vetrinetta, indossava un pantalone ocra ed un maglione nero. La sera prima, nel mondo reale, per andare a letto aveva messo il pigiama, quindi quelli dovevano essere i vestiti del giorno del ricordo.

Sul pantalone notò una macchiolina, cos’era?

Si concentrò a lungo su quella e poi l’epifania: si era macchiata con il sugo della pasta che aveva mangiato a pranzo e, ora che ci rifletteva, non aveva pranzato a casa, ma da Paola!

Quindi era uscita da scuola ed assieme all’amica aveva percorso le strade che portavano a casa Zaccaria, dove aveva mangiato pennette al sugo e petto di pollo assieme alle tre donne, no alle due.. alle due donne Zaccaria, Patrizia quel giorno non c’era.

Alina e Paola avevano poi passato un’oretta in camera della castana, dove avevano riso per tutto il tempo, ricordando la caduta che Fulvio aveva fatto nel bel mezzo del cortile. A farlo inciampare era stato Acrisio in seguito ad un piccolo screzio.

Alle tre e venti era tornata a casa, sapeva l’orario con precisione perché Teodoro, che era già lì a quell’ora, le aveva mostrato un messaggio che aveva appena mandato a Paola, datato 17/02 ore 15:18.

Piano piano la memora le venne in soccorso, più cose riaffioravano e più sentiva il suo corpo essere trascinato verso la libraria. Non era lei a muoverlo, era quello che si comportava come se avesse vita propria.

Si avvicinò ad uno scaffale, e prese un diario, quello però non era il suo.

Lei aveva un diario? Ma certo, era rosso anche il suo, però aveva una particolarità, sulla prima pagina aveva scritto una frase, una citazione.

Alina si risvegliò di soprassalto.

Era nella sua camera, quella del presente, prese il cellulare, erano le 05:55 e lei aveva la frase che le serviva.

Eleonora era contenta. Quel giorno, dopo scuola e dopo la penultima sessione di guarigione, avrebbe trascinato suo padre in canile assieme all’amica Martina. Si prospettava una bella giornata.

Alla terza ora la riccia si avvicinò ad Altea, voleva condividere il proprio buonumore con qualcuno.

- Tea! Sai che succederà oggi? -.

- No perché? Dovrei saperlo? -.

Il tono della bionda non era ciò che Eleonora si aspettava, ma non si sarebbe lasciata scoraggiare.

- No, in realtà no, per questo sono venuta a dirtelo -.

Altea sbuffò - Okay allora, dimmi -.

- Tutto bene? -.

- Dubito che sia questa la tua grande rivelazione -.

- Non lo è, ma mi sembri un po’ nervosa, se vuoi parlarne.. -.

- Io – Altea si fermò e con entrambe le mani si portò i capelli dietro alle orecchie. Che stava facendo?

Non era con Eleonora che era arrabbiata, era suo cugino il suo problema quel giorno e molto probabilmente non sarebbe riuscita ad avere due minuti di privacy con lui fino alla sessione di guarigione, tanto valeva accantonare l’amarezza per quelle ore.

- Scusa, non ho fatto colazione stamani, sarà quello, comunque sul serio, sto bene, dimmi pure la tua bella notizia -.

Eleonora pensò di insistere, poi però si disse che non era il caso di fornire ad Altea una ragione vera per avercela con lei, avrebbe riprovato in un secondo momento a parlarle.

- In verità più che una notizia è una speranza. Vorrei tanto che oggi mio padre si convincesse a prendere un cane, punto su quelli teneri del canile, magari il loro charm riuscirà a vincere sulla sua avversione per gli animali. Pensa che non mi ha manco mai preso un criceto da quando avevo dodici anni! E so che la cosa potrebbe essere collegata con il fatto che tutti i miei precedenti animaletti da compagnia sono deceduti, ma a quei tempi ero piccolina, non sapevo come badare a degli esseri viventi totalmente dipendenti da me. Ora sono più matura, non dimenticherò di cambiare l’acqua al pesce rosso -.

- Anche perché se tutto va secondo i tuoi piani sarà un cane, non un pesce rosso. Già che ci sei però, ricordati di cambiare l’acqua anche a lui, poverino dovrà bere ogni tanto -.

- Perché poverino? Ho appena detto che sarà diligente! -.

- Certo.. Non ho mai detto il contrario -. Rispose la bionda, fingendo incertezza.

- Oh andiamo, dovresti stare dalla mia parte tu -.

Altea scoppiò a ridere e cinse l’amica con un braccio – Lo sono, lo sono, scherzavo. Sarai una padroncina perfetta e mi auguro che tuo papà ti assecondi in questa piccola impresa -.

- Farò finta di non aver dovuto lottare per il tuo appoggio e ti abbraccerò -.

La riccia sentì l’altra ridere ancora.

Sì, forse Altea poteva mettere da parte la propria delusione ancora per un po’.

Alina fu una dei primi, assieme a Fulvio ed Acrisio ad arrivare alla villa Torratone, i tre si misero comodi al solito piano, aspettando i restanti membri del gruppetto.

- Ehi ragazzi, voi avete già qualche idea riguardo a quello che sarà il nostro simbolo? -. Inquisì il più piccolo dei Bellini.

- Stai già pensando a queste cose fratello? Per te è decisamente presto -.

- Perché? Acrisio fa bene a voler essere previdente, infondo lui farà parte della nostra stessa generazione, ha il diritto di metter bocca sulla decisione. Comunque non saprei, potremmo optare per qualcosa di tradizionale -.

Fulvio intravide lo sguardo beffardo del fratello, quel piccoletto era così soddisfatto per aver ottenuto la ragione dalla giovane Sforza, che non riusciva a trattenersi!

- Cosa intendi di preciso per tradizionale? -.

- Non so, un ciondolo o un bracciale, magari un anello -.

- Roba da gioielleria insomma -.

- Beh sì, perché? Ci sono forse altre opzioni? -.

- Mah, la scorsa sera quando ne parlavo con gli altri, sono emerse delle proposte leggermente anticonvenzionali -.

- Tipo? -.

- Ad esempio Eleonora aveva proposto un tatuaggio -.

La rossa guardò stranita il ragazzo, un tatuaggio non sarebbe certo stata la sua prima scelta, in realtà non era nemmeno certa che i suoi familiari potessero mai ben vedere la cosa.

Prima che Alina potesse dar fiato alle sue rimostranze però, Fulvio disse con tono adirato: - Avete parlato di queste cose con quella lì? Come vi siete permessi? Nemmeno sappiamo ancora se è una di noi! -.

- Datti una calmata, Eleonora sa già praticamente tutto su di noi, perché nasconderle sciocchezze simili -.

- Come puoi definire questa una sciocchezza Acrisio? E poi è proprio questo il punto, quella lì è a conoscenza di troppo cose, l’unica cosa che ci manca è darle uno dei nostri Grimori, ma se continuate di questo passo domani gliene consegnerete uno personalizzato! -.

- Sei davvero uno sciocco, nessuno le ha dato accesso alla nostra magia, eppure stai paragonando un Grimorio ad un simbolo! So che è un simbolo importante dato che ci rappresenta, tuttavia raccontarglielo non le dà alcuna informazione utile. Sì, forse da oggi in poi riuscirà a riconoscere la gente della nostra congrega, ma d’altronde già lo fa non appena capisce che sono imparentati con noi! Quindi che ti cambia? -.

- Mi cambia tutto! Il nostro simbolo è una cosa personale, una cosa che gli altri non dovrebbero conoscere -.

- Ogni congrega della terra lo conosce, è così che ci distinguono dagli altri -.

- Non è questo che intendevo -.

- È quello che hai detto però -.

- Quello che volevo dire è che lei non ha diritto di prendere certe decisioni per noi, Eleonora non è nessuno! -.

- Fulvio! -. Lo zittì la rossa.

Alina aveva visto Eleonora salire le scale, cosa che gli altri due non avevano notato, troppo presi dalla loro discussione.

La ragazza non era sola, dietro di lei infatti vi erano Mattia, Paola e Altea.

La bionda non aveva avuto la possibilità di confrontarsi col cugino, perché non appena tutti erano arrivati erano iniziate le urla, così i quattro erano saliti per cercare di capire i motivi della discussione, probabilmente quello era stato un errore.

Eleonora era ferma sull’uscio, aveva sentito con chiarezza solo le ultime frasi del litigio, ma erano sufficienti.

Alina e Altea erano entrambe sul punto d’intervenire per difendere la nuova amica quando quella prese la parola: - So che per voi sono poco meno di un’estranea, lo capisco e lo accetto, perché è la verità. Infondo anche voi non siete certo i miei migliori amici, vi conosco solo da pochi giorni, quindi non potete esserlo. Però voglio chiarire una cosa: io non ho mai preteso di prendere decisioni importanti al posto vostro, semmai è successo il contrario -.

Fece qualche paso per avvicinarsi ai tre ragazzi nella stanza - Voi siete venuti da me e avete stravolto il mio mondo. Voi mi avete detto che potrei essere quello che fino a ieri consideravo solo un essere mitologico. Voi mi avete trascinata qui e avete praticato rituali magici su di me, senza lasciarmi poi chissà quale scelta. Mi avete detto che avevo subito dei danni e che era necessario che mi curaste, cosa avrei dovuto rispondervi io? Non potevo rifiutare così ho accettato il vostro aiuto e ora mi ritrovo qui, a sentirti dire che io non sono niente. Beh sai una cosa? Forse non sarò niente per te, ma per il resto del mondo io esisto. Sono una persona, che io abbia poteri o meno non importa, non puoi permetterti di apostrofarmi a quel modo -.

Rimasero tutti in silenzio, pietrificati dallo sfogo di Eleonora, persino lei non disse più nulla, troppo impegnata a riprendere fiato.

Altea fece per toccate il braccio dell’amica, ma quella si scansò.

Provò allora Alina ad avvicinarsi a lei, non ottenendo risultati migliori.

- Sicuramente non sono una grande fan di Eleonora, tuttavia questa volta devo darle ragione. Lei non ha colpe, è all’oscuro quanto noi sul da farsi, se non addirittura di più. E se chiacchierare di quale sarà il nostro emblema può servire a distrarla, ben venga! Tanto la decisione finale è a votazione, quindi qualche idea proposta da chi non ha ancora ufficialmente diritto al voto, non incide più di tanto sul risultato -.

Tutti guardarono Paola, compreso il maggiore dei fratelli Bellini.

Se persino lei era dalla parte della nuova arrivata allora doveva farsi qualche domanda. Pensò Fulvio, facendo un verso seccato.

Quello certamente non era il momento adatto per continuare la discussione, così il castano decise di lasciar perdere – Eleonora.. devi capire che non volevo insultarti, mio fratello però mi fa perdere le staffe, e sono comunque del parere che prima di parlare con te di queste cose, sia lui che gli altri, avrebbero dovuto chiedere il consenso a noi tre. Sono decisioni di gruppo e non mi piace questa cosa che ogni volta gli altri agiscono di testa loro senza tener conto del nostro parere -.

- Scusa, tu avresti forse detto di no? -. Domandò Acrisio.

- No, probabilmente avrei acconsentito -.

- E allora?! -.

- E allora ecco che ci risiamo! Tu prima di chiedermelo non potevi saperlo, quindi non prendere più decisioni al mio posto -.

- Fammi capire Fulvio, eri più arrabbiato con Acrisio che con me? -.

- Forse sì -. Rispose quello.

- Bene, allora Eleonora ha sprecato un monologo ben organizzato perché tu hai problemi con tuo fratello -.

Nessuno rise alla battuta della bionda, ma Altea aveva comunque allentato la tensione.

- Ora che abbiamo chiarito questo punto, dite che possiamo tornare al motivo che in principio ci ha fatti radunare qui? -.

- Aspetta Mattia, prima tu, Altea e Acrisio dovete promettere che non prenderete più decisioni a nome di tutti noi, anche se su cose d’importanza relativamente minore come questa -.

- Se voi fate lo stesso, io ci sto -. Disse Altea.

- Noi siamo quelli responsabili, forse l’hai dimenticato -.

- Non ho dimenticato il fatto che vi riteniate superiori Paola, è solo che non concordo con questa cosa, quindi pretendo che anche voi aderiate a questo patto -.

- Come ti pare, basta che andiamo avanti con ‘sta storia -.

A turno tutti e sei le giovani streghe promisero che da quel momento in poi, qualunque decisione legata alla magia sarebbe stata presa solo dopo aver interpellato l’intero gruppo.

La sessione di guarigione ebbe inizio e i cinque non coinvolti presero posizione in varie parti della camera.

Fulvio prese da parte Alina e le chiese se era adirata per le parole che aveva usato nei confronti di Eleonora.

- Non sono arrabbiata con te, so che non era propriamente rivolto ad Eleonora, ma che era uno sfogo per un atto che ti è sembrato irrispettoso. Magari però la prossima volta, non chiamare qualcuno ‘’ nessuno ‘’ se non lo intendi veramente, potresti essere frainteso sai? -.

- Hai ragione, mi sono lasciato trascinare e ho esagerato -. Sospirò il ragazzo dagli occhi scuri.

- È tutto a posto, vieni qui -.

Si abbracciarono, poi Fulvio chiese: - Cambiando argomento, alla fine l’incantesimo per trovare il libro ti è stato utile? -.

- Veramente non ho ancora potuto usarlo -.

- Come mai? -.

- Sono riuscita a trovare una frase da utilizzare per la ricerca solo stamattina, quando la casa era piena di gente, perciò non ho fatto nulla -.

- Non vuoi che i tuoi sappiano che stai cercando questo libro? -.

- È un diario in realtà -.

- Diario? E di chi? -.

- Il mio -.

- Ah! Hai ragione tu eri solita tenere un diario da piccola! L’avevo praticamente rimosso, non lo vedo più in giro da una vita -.

- Già, l’avevo dimenticato anch’io -.

- E perché non vuoi che i tuoi scoprano che stai provando a ritrovarlo? -.

- Non so, istinto -.

- Ci hai scritto qualcosa di strano? -.

- Non ne ho idea, ricorda davvero poco di quel diario -.

- Beh, averlo di nuovo tra le mani ti farà riaffiorare molte cose allora-.

- È quello che spero -. 

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Capitolo 19
*** 19 ***


19

- Non riesco a credere che tu l’abbia fatto -.

- Fatto cosa? -.

- Lo sai, non far finta di niente! -.

- Altea, ma che cavolo ti prende? È a causa dell’incantesimo dell’energia? -.

- Oh vedo che ti è finalmente tornata la memoria -.

Mattia scosse il capo – Non riesco a crederci, dopo ciò che ci eravamo detti la scorsa volta? Mi avevi dato la tua parola che non l’avresti più usato! Non vedi di che cosa è causa? -.

- Io non ti avevo promesso niente, e comunque ora vuoi dare la colpa a me? -.

- No, non – il ragazzo si interruppe e Altea lo vide inspirare profondamente. Quando riprese a parlare aveva un tono più pacato – Altea, questa cosa è rischiosa ed in un modo o nell’altro deve finire -.

A quelle parole la giovane Montecatini si infuriò.

Suo cugino, nonché il suo migliore amico, l’aveva tradita e lo aveva pesino ammesso come se niente fosse. Per di più Mattia cercava di nascondersi dietro dei ‘’ l’ho fatto per te ‘’, giustificava le sue azioni con un perbenismo snervante ed insensato. Se davvero avesse voluto aiutarla, lo avrebbe fatto senza metterla nei casini con la madre.

- Vai a quel paese -. Disse Altea allontanandosi dalla villa Torratone.

Lei e Mattia erano rimasti indietro quando gli altri erano andati via, sotto suggerimento di Altea. Voleva chiarire la cosa una volta per tutte.

- Altea! Dove vai? Aspetta! -.

Mattia cercò di fermarla, ma lei lo ignorò, ormai era oltre il recinto ed era davvero troppo arrabbiata per sentire le altre scuse che suo cugino le avrebbe rifilato.

Alina era al Giardino. 

Fulvio le aveva assicurato che la distanza dal libro non influiva in alcun modo sulla formula, perciò non era necessario che lei la pronunciasse al Maniero e in più, lì aveva la privacy necessaria all’incantesimo.

Il Giardino non era altro che una piccola riserva ad accesso limitato poco lontana dal municipio.

Agli arbori della cittadina, prima ancora che la seconda congrega arrivasse in città, gli Sforza, assieme alle altre due famiglie, avevano costruito un nuovo municipio, e con esso una piccola zona nella quale la magia potesse essere utilizzata liberamente, in previsione del proprio ruolo nel governo del luogo.

Con la guerra successiva e con il passare degli anni, le streghe si erano allontanate dalla politica, ma il Giardino era rimasto di loro proprietà.

Nel 1893, dopo anni di trattative tutti i membri della congrega riunificata erano diventati comproprietari della riserva.

Coloro che non facevano parte del mondo magico consideravano il Giardino un’altra stravaganza da ricconi, un luogo bellissimo che probabilmente sprecavano per feste private o altre sciocchezze simili. In poche parole tutti pensavano che quella riserva fosse un qualcosa che solo gli eccentrici abitanti di Viale Verdi potevano permettersi.

Le barriere create dalle famiglie, oltre ad impedire la fuoriuscita di magia rendevano il mondo esterno cieco e sordo a quello che accadeva all’interno.

Alina si sedette accanto al ruscello della riserva.

Il Giardino era un luogo particolare, al quale, sin dalla fine dei conflitti, ogni famiglia e generazione aveva aggiunto qualcosa.

C’era un piccolo corso d’acqua che nel 1880 gli Sforza avevano richiamato dalle viscere della terra, esso era circolare e creava un isolotto al centro del perimetro. Non servivano strumenti di alcun tipo per raggiungere quel pezzo di terra, era sufficiente sfruttare quelle pietre che spuntavano dall’acqua: un passo sulla pietra ed un altro per raggiungere il terreno, nulla di più semplice.

L’isolotto era pieno di massi dalla forma peculiare, erano cilindrici con la punta in superficie arrotondata, raggiungevano le ginocchia di Alina. Essi erano stati incantati, nel 1951, dai Bellini. Non vi era posto in città in cui la magia fluiva più liberamente, lì la natura era al suo apice.

Nel 2000 Beatrice e Gasparre Montecatini avevano modificato una particolare specie di farfalle affinché non potessero essere toccate. A quel tempo Piermarco aveva quattro anni e amava guardare gli insetti colorati volare, spesso cercava anche di toccarli e, quando ci riusciva, finiva per danneggiarne le ali. Per ovviare a questo problema i due fratelli avevano fatto sì che le ali delle farfalle, a contatto con la pelle, modificassero il loro stato in liquido, per poi tornare solide e perfettamente integre una volta interrotto il contatto.

Quel particolare incantesimo era frutto di decenni di studi, i primi a postulare l’ipotesi alla base della formidabile invenzione erano stati i fratelli Alberico Ferruccio Montecatini e Silvana Montecatini nel 1959 all’età rispettiva di cinquantanove e cinquantasette anni.

Ci erano voluti quarantuno anni per completare l’opera, di cui trenta erano serviti a creare un incantesimo potente abbastanza da modificare la struttura molecolare di esseri viventi capaci di muoversi e mutare negli anni, e altri undici per raggiungere l’equilibrio necessario ad incantare solo le ali degli insetti.

Gli Imperatore avevano aggiunto qualche pianta curativa e, nel 1900, avevano nascosto nell’incavo di un albero secolare, una delle pozioni curative più potenti mai create. La leggenda tramandata per più di centosedici anni, narrava che quella fosse l’unica cosa capace di curare l’anima. Alina non era certa di cosa volesse dire in termini pratici, e ogni tanto le veniva il dubbio che nemmeno gli adulti lo sapessero.

Guarire il corpo era una cosa, ma l’anima? Quella era spesso un mistero anche per le streghe.

Sepolte tra le radici dell’unico salice piangente vi erano delle fiale. Ognuna di quelle conteneva qualche centilitro di sangue, proveniva da tutte le generazioni di Torratore che dal 1879 in poi lo avevano depositato nel Giardino. La magia dei Torratore era magia del sangue, perciò ogni goccia rossa era pervasa di potere e conoscenza.

Come ogni aggiunta, anche quelle fiale recavano un beneficio al Giardino e a chi ne calcava il terreno.

Il sangue de Torratore infatti, era capace di far trovare le risposte ad ogni domanda che veniva posta ai piedi del salice. Il processo non era complesso: ci si accostava al maestoso albero e si meditava, fino a quando a risposta non diveniva palese. Era però importante sapere che non tutti riuscivano a gestire tale potere, alcuni venivano sopraffatti, altri non riuscivano a interpretare la risposta ottenuta, coloro che però erano sufficientemente equilibrati potevano sfruttare tale dono per fare grandi cose.

Alina non aveva mai provato ad interpellare le forze che circondavano il salice, non era certa di esserne in grado e non voleva rischiare. La piccola Sforza sapeva per certo che suo zio meditava nei pressi dell’albero, ma non pensava Elia avesse mai posto una domanda al luogo, il suo era per lo più un metodo per accentuare la concentrazione.

Ulfa Zaccaria nel 1888 aveva creato una serie di barriere sferiche piene d’acqua che contenevano specie rare e colorate di pesci. Queste fluttuavano nell’aria e creavano una delle visioni più belle che Alina avesse mai visto. Era magia pura, qualcosa che nessun essere senza il dono avrebbe avuto il privilegio di osservare.

L’incantesimo di Ulfa, che agli occhi di un non magico o di una strega inesperta sarebbe potuta apparire una sciocchezza, era in realtà una delle forme più raffinate di magia mai utilizzate.

Riuscire a creare uno scudo completamente invisibile, di forma stabile, che neanche dopo la morte della donna si era schiacciato su sé stesso stritolando i pesci né tanto meno espanso fino a dissolversi, e che era inoltre capace di far traspirare aria affinché l’acqua fosse sempre ossigenata e alla giusta temperatura era straordinario.

Alina non riusciva a comprendere un tale livello magico, figurarsi a replicarlo.

Il Giardino era pieno di piccole ed immense magie, per questo era il posto preferito della rossa.

Il padre di Eleonora le aveva dato buca.

Luigi era rimasto bloccato a lavoro ed Eleonora non poteva più mettere in atto il suo piano per ottenere un cucciolo.

La riccia sbuffò, a quel punto non aveva nemmeno più senso raggiungere Martina al canile!

Per non pensare all’opportunità mancata Eleonora decise di andare a prendersi una cioccolata, era quasi arrivata al bar quando vide Mattia che camminava per strada, la testa bassa sul cellulare, non sembrava prestare molta attenzione a dove metteva i piedi.

Altea tempo prima le avevano detto che solo le persone di una certa età utilizzavano le auto per girare per la città, ed era vero.

Eleonora aveva notato che raramente si vedeva gente al disotto dei trent’anni dietro ai finestrini di una macchina, Mattia d’altro canto pareva l’eccezione. Per almeno due volte il ragazzo le aveva dato un passaggio con la sua vettura, anche se pensandoci, Eleonora si rese conto che non sapeva se quella era proprio di Mattia o della famiglia.

Gli Imperatore erano abbastanza ricchi per comprare un Audi ad un diciannovenne?

Se la casa e le dicerie della gente erano un indizio, allora la risposta era: decisamente sì!

Ad ogni modo non era alla ricchezza della famiglia del suo amico che doveva stare attenta, piuttosto forse avrebbe dovuto fermare Mattia prima che sbattesse contro il palo della luce che aveva davanti.

Forse il ragazzo passava tanto tempo in auto perché a piedi si distraeva troppo!

Eleonora fece una corsetta e intercettò il castano ad un passo dall’impatto – Ehi! – disse, e lui alzò lo sguardo - Forse dovresti concentrarti meno sullo smartphone e un pochino di più sul grande e, piuttosto grosso, pilastro in cemento e ferro che stai per abbracciare! -.

Mattia si guardò attorno, poi sorrise alla riccia – Oh a quanto pare mi hai salvato -.

- Sempre felice di aiutare un amico. -.

- Dovrei trovare un modo per ringraziarti – fece finta di rifletterci su, poi il ragazzo, indicando il bar poco distante, disse - che ne dici di un caffè? -.

- A dire il vero ero diretta proprio lì, ho una gran voglia di cioccolata calda -.

- E cioccolata sia! -.

Si sedettero ad uno dei tavoli interni, fuori non era una giornata troppo fredda, ma era pur sempre l’inizio di marzo ed il vento si faceva sentire.

Riferite le loro ordinazioni, Eleonora chiese – Prima sembravi sovrappensiero, che è successo? -.

Mattia non rispose subito, così lei si affrettò a scusarsi – Non che tu debba dirmelo per forza. Non volevo essere invadente, sono stata invadente vero? Oh scusa -.

- No tranquilla! È che stavo pensando a come spiegartelo, c’è di mezzo un mezzo segreto -.

- Se è così non devi farlo, davvero non sei obbligato -.

- Lo so, Ele clamati – Mattia rise – So che non ho alcun obbligo, ma voglio comunque parlartene, sto solo cercando il modo giusto per farlo -.

Eleonora si illuminò, per un secondo aveva creduto di aver commesso una gaffe, invece non era nulla.

Mimò di chiudersi la bocca con un lucchetto - Okay, sto zitta, parla tu -.

- Allora, in pratica ho discusso con Altea, e credevo di aver capito il perché, ma poi ho iniziato a riflettere su quello che mi ha urlato contro e mi sono reso conto che non aveva molto senso -.

La castana alzò una mano chiedendo la parola. Il suo voto del silenzio era durato meno di due secondi, ma a giudicare dal volto del ragazzo la cosa era apparsa ilare non fastidiosa.

- Sì, dimmi pure -.  

- Perché dici questo? Perché sei convinto che la tua prima idea fosse sbagliata? -.

- Perché Altea mi ha accusato di averla in qualche modo tradita e io non l’ho mai fatto. Inizialmente non ci avevo fatto caso perché in quel momento ero arrabbiato anch’io per un’altra cosa -.

- Eri convinto che quell’altra cosa fosse anche alla base del suo nervosismo -.

- Sì, esatto -.

- E suppongo che questa cosa sia quello che non puoi dirmi -.

Mattia annuì.

- Chiamala, no? Magari se ne riparlate riuscite a chiarirvi -.

- Ci ho provato, non risponde. Le ho anche mandato dei messaggi, per questo ho rischiato un bernoccolo in testa prima -.

- Vuoi che ci provi io? -.

- Non voglio metterti in mezzo, Altea è una litigatrice feroce -.

- Se non sbaglio me lo avevi accennato alla festa, e mi hai anche detto di non scommettere mai contro di lei in uno scontro corpo a corpo -.

- Esatto -.

- Va beh dai, considera che domani la vedrai sicuramente a casa tua -.

Eleonora vide Mattia rivolgerle uno sguardo inquisitorio.

- Per la festa, domani è il primo venerdì del mese -.

- Infatti, a casa mia ci riuniamo il secondo e l’ultimo -.

- Davvero? Memoria schifosa. Però vi vedrete alla guarigione! -.

- Già. A proposito, è l’ultima sessione, come ti senti? -.

- L’ultima, non ci avevo ancora pensato -.

- Bugiarda -.

- Okay, è vero, co penso in continuazione, ma solo perché questo vuol dire che la volta successiva potrò capire se ho veramente dei poteri o meno. Il che è incredibilmente eccitante -.

- Se la cosa più farti piacere sono abbastanza sicuro che tu sia una strega -.

- Davvero? -.

- Certo. Ricordati che ho analizzato il tuo corpo, e c’è un qualcosa che – si interruppe per un attimo, - non so bene come spiegarlo, ma c’è un riverbero? Che mi fa propendere per l’ipotesi secondo la quale tu hai dei poteri magici -.

- Speriamo -.

Alina rilesse il messaggio di Fulvio, e dopo una piccola prova generale, pronunciò ad alta voce:

Cerco nel buio le parole giuste,

e invoco Mnemosine,

per ringraziarla di quelle che mi ha donato:

‘’ sii ciò che sei, di’ ciò che senti,

perché quelli a cui importa non contano, e a quelli che contano non importa ‘’

e chiamo Eros,

affinché la parola scritta a lui tanto cara ritrovi il suo sentiero,

e imploro Dolos,

perché mi assista nell’inganno,

così che l’astuzia mi supporti,

e al testo perso mi riporti.

L’effetto fu totalmente diverso da quello della pozione della memoria.

Nessun sogno, niente di lento o confuso, parevano più una serie di scatti fotografici che progressivamente zoomavano su una sezione, fino ad inquadrare un solo diario, quello giusto.

- Seconda libreria, terzo scaffale dall’alto, settimo diario da destra. Seconda libreria, terzo scaffale dall’alto, settimo diario da destra -.

Alina continuò a ripeterlo finché non prese il cellulare e non lo segnò nelle note. Due incantesimi e decisamente più tempo del previsto, ma alla fine ce l’aveva fatta.

Era una bella sensazione.

Raramente era stata tanto arrabbiata con il suo amico. Sì perché Mattia era suo cugino, ma lei lo aveva sempre visto più come un amico, e quello non era un modo per sminuire il loro rapporto, anzi, serviva ad esaltarlo.

Una volta aveva letto in un libro che non si può scegliere la propria famiglia, quella ti capita e non puoi farci nulla. Mattia però non le era solo capitato, lei lo aveva cercato, aveva costruito un rapporto che superava il sangue, la loro non era cieca fiducia dettata da legami familiari, Mattia se l’era guadagnata la sua fiducia, così come lei lo aveva fatto con lui.

Per questo il tradimento risultava più difficile da digerire.

Mattia l’aveva chiamata, e aveva perfino provato a contattarla per messaggi, ma Altea aveva cancellato la conversazione senza nemmeno leggerla.

L’ultima cosa che voleva in quel momento era una conversazione con lui.

Trovare un luogo in cui restare soli non doveva essere complesso per quanto piccola una cittadina fosse, eppure Altea non ci era ancora riuscita, forse perché lei non voleva solo un luogo nel quale non parlare con nessuno, lei voleva essere proprio sola.

Qualsiasi esercizio commerciale era da escludere, nei parchi c’era sempre qualcuno anche nei giorni nei quali si congelava, forse l’unico posto adatto era il Giardino.

Non avendo più opzioni si recò lì.

A prima occhiata non pareva ci fossero i grandi, né alcun adulto, i ragazzi non avevano motivazioni per andarci, perciò decise che quello era il luogo giusto, in più lì poteva distrarsi con qualche magia senza doversi preoccupare di eventuali testimoni.

Altea iniziò a camminare vicino al recinto, fece due giri prima di sentire un mormorio leggero, era forse la voce di Alina?

Di tutte le coincidenze possibili quella era la peggiore.

In quel momento le scelte erano due, andare via, che era anche la più ovvia, oppure restare e magari convincerla ad allontanarsi.

Stava quasi per optare per le prima quando riconobbe le parole, conosceva quell’incantesimo.

Si avvicinò al corso d’acqua, quale libro era inaccessibile ad uno Sforza se non uno con gli apparteneva? Alina stava forse cercando l’ubicazione di un Grimorio Montecatini?

Non aveva sentito la frase fulcro della litania, ma era piuttosto certa che non nessuno all’esterno della famiglia conoscesse abbastanza dettagli sugli incantesimi da poter usare una magia che richiedeva un qualcosa di tanto specifico.

Ma se la ragione non era maliziosa perché farlo nella protezione del Giardino, e perché senza nessuno accanto?

Poi il colpo di genio: era nel Giardino, non al Maniero, non a casa sua, ma in un luogo nel quale nessun suo parente poteva sentirla.

Alina doveva sapere che né Elia né nessun altro aveva faccende da sbrigare nel Giardino, era la sua famiglia che si occupava dei turni di utilizzo formale infondo.

Se aveva scelto di sfruttare un momento simile doveva esserci una ragione, e Altea non poteva sprecare un possibile vantaggio.

La cosa doveva essere andata a buon fine perché Alina indossava il suo solito sorriso superbo, quello che le adornava il viso ogni volta che un professore le riconsegnava un compito da nove, oppure quando se ne usciva con una battuta spiazzante.

- Che stai combinando? -. Esordì la bionda.

Alina si girò di soprassalto, non si aspettava compagnia – Che ci fai qui? -.

- Sono certa di averla fatta prima io questa domanda -.

- Va’ via -.

- No -.

- Bene, vado via io -.

- Perché tanta fretta? Dimmi piuttosto come mai sei qui a formulare incantesimi da sola -.

La rossa la guardò di sbieco - Sai com’è, certa gente ci tiene a migliorare, e per farlo è necessario allenarsi -.

- Davvero? Credevo tu fossi una bambina prodigio, o una di quelle cazzate là -.

- Non ce la fai a non essere volgare? -.

- Oh le mie parole hanno forse ferito le tue orecchie perlacee? -.

- Doveva per caso essere un insulto? -.

Effettivamente l’aggettivo non era dei più negativi, avrebbe potuto fare di meglio, la carnagione di Alina però era del colore delle perle più brillanti. Stupida Sforza con la sua pelle perfetta.

- Ad ogni modo, ti allenavi con un incantesimo per ritrovare libri perduti? Mi sembra un livello un tantino basso -.

- E se anche fosse? -.

- Stai ammettendo di essere una strega mediocre? -.

Alina si fermò e fissò il suo sguardo in quello di Altea – Sto dicendo che il tuo parere per me è inutile, quindi pensa pure quello che vuoi -.

Entrambe sapevano che era una menzogna. Che l’una si credesse superiore all’altra era inevitabile, era scritto nel loro DNA, ma che Altea la considerasse una strega da quattro soldi? Alina non lo avrebbe mai permesso.

Eppure non aveva contrattaccato in modo efficace, voleva andare via da lì in fretta. Il che era ancora più sospetto.

Altea decise di sfoderare le armi di grande calibro – Elia la penserà allo stesso modo? -.

- Non ho dubbi sul fatto che mio zio ti consideri alla stregua di un criceto lobotomizzato -.

Quello sì che era un insulto.

- Può anche considerarmi un’ameba, ma cosa pensi che dirà quando gli riferirò che la sua eccelsa nipotina ha bisogno di esercitarsi al Giardino su un incantesimo tanto semplice -.

- No! Non dirglielo -.

Alina aveva reagito troppo in fretta e con troppa enfasi, e Altea se ne era accorta.

- Aspetta, non è per l’imbarazzo. Non vuoi che lo sappia per qualche altra ragione -.

- No, senti, lascia perdere, me ne sto andando, vedi di lasciarmi in pace -.

Era un pizzico di paura quello?

- Dimmi che stavi combinando o dico tutto a tuo zio -.

La rossa sbuffò, si era cacciata in quel guaio da sola, e tutto solo perché non aveva avuto una risposta abbastanza pronta.

- Da piccola avevo un diario, qualche giorno fa ho provato a cercarlo, ma nulla, così ho deciso di usare l’incantesimo per ritrovarlo -.

- Okay, ma perché farlo nel Giardino? -.

- Non sono affari tuoi! -.

- Alina, non farmi ripete la minaccia -.

- Va bene. La verità è che penso che il prozio Leonardo sia contrario a quello che sto facendo -.

- Perché? -.

- Non lo so -.

- Alina… -.

- Non sto mentendo, davvero non lo so! Non so neanche se sia effettivamente così, è solo una sensazione -.

Anche quella di fidarsi di Eleonora era stata una sensazione, e fino a quel momento non si era rivelata errata.

D'altronde anche Altea nell’ultimo periodo si era affidata molto al suo stomaco per quanto riguardava le prese di posizione, e persino allora qualcosa le diceva che Alina non mentiva.

- Bene. Andiamo insieme a cercare questo diario allora -.

- Ma che diavolo ti passa per la testa? Non puoi farti vedere a casa mia -.

- Diciamo che è a causa della ricerca -.

- La ricerca è finita ormai -.

- Loro lo sanno? -.

- No, ma comunque non c’è Eleonora, non è credibile -.

- Eleonora non sta bene e noi dobbiamo finire entro oggi perché domani c’è la presentazione -.

Alina considerò le opzioni: cedere alla Montecatini o ribellarsi rischiando di far emergere il suo piccolo segreto.

- Non farmene pentire -.

Altea sogghignò, appagata dall’idea di aver convinto la rossa - Tranquilla, non si accorgeranno di nulla -.

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Capitolo 20
*** 20 ***


20

Il canile era un edificio piccolino che ospitava poco meno di una quarantina di cani, divisi tra gabbie interne e recinti esterni.

Eleonora aveva convinto Mattia a fare le veci di suo padre e accompagnarla, forse Martina era già andata via, ma la riccia era comunque sicura che coccolare qualche animale avrebbe tirato su il morale dell’amico.

- Alla fine sei riuscita a portarmi qui -.

- Dai non c’è nulla di male -.

- Dillo alla mia famiglia quando mi presenterò a casa con sette cani -.

- Ah quindi è questa la tua paura! Avevo quasi creduto tu fossi spaventato da qualche cucciolo -.

- Non sono tutti cuccioli – disse Mattia fingendosi sdegnato.

Ci vollero meno di dieci minuti prima che l’effetto voluto si verificasse.

I due giocarono e coccolarono ogni cane che poteva essere avvicinato, ai pochi che erano troppo aggressivi o spaventati diedero da mangiare.

Era passata quasi un’ora quando una delle volontarie si avvicinò – Allora? Avete scelto il vostro nuovo compagno di avventure? -.

Eleonora provò a spiegare che non potevano adottare nessuno, ma Mattia la precedette dicendo – Stavamo pensando al bassotto, Biscotto -.

- No, aspetta -.

- Che c’è? Preferisci il cucciolo di labrador? -.

- Oh cara, posso chiamarti cara? Scusami ma non so il tuo nome -.

- Mi chiamo Eleonora -.

- Eleonora perfetto, dicevo: capisco che i cuccioli attraggano di più, ma Biscotto è un cane fantastico e anche se ha già sette anni è pieno di energie e inoltre fareste davvero un gesto stupendo decidendo di regalargli amore il più a lungo possibile! -.

- Sì, è una cosa magnifica, non è per il cane davvero, Biscotto è perfetto, però le spiace se parlo un secondo con Mattia da sola? -.

- Non figurati, e tranquilla puoi darmi del tu -.

- Okay, grazie mille -.

Appena la volontaria si fu allontanata Eleonora si rivolse al ragazzo – Ma che ti viene in mente? Perché prenderla in giro così? -.

Lui sollevò le sopracciglia – Non è uno scherzo, prenderemo davvero un cane, e mi sembrava di aver capito che Biscotto ti fosse simpatico, ma se non va bene -.

- Okay aspetta, hai intenzione di adottarlo e vuoi un mio parere nella scelta? -.

- Più o meno, lo adotteremo insieme -.

- Cosa? Io non ho spazio per tenerlo, a casa stiamo ancora facendo i lavori e mio padre non accetterà mai -.

- Neanch’io posso, mia sorella è allergica, però se lo prendiamo insieme lo possiamo tenere a villa Torratore, non sarebbe mai solo lì perché faremmo a turno -.

- Lo sai che fanno dei controlli? Se i volontari scoprono che è in una casa abbandonata lo portano via, e poi la villa non è un posto sicuro per un cane -.

- Per i controlli lo portiamo da me, Carla per la prossima settimana sarà dagli Sforza, e poi i miei stanno ancora seguendo il caso della ragazza che ha fatto l’incidente, quindi sono solo -.

Eleonora lo interruppe - Questo risolve solo uno dei problemi -.

- Sì, ma per quanto riguarda la villa possiamo sistemarla. Compriamo un capanno, una cuccia così non avrà freddo e li mettiamo in un recinto. Sistemiamo tutto nel giardino sul retro, dove non ci sono vetri rotti o pavimenti instabili. Togliamo anche piante e erbacce, così non rischia una indigestione -.

- Non posso permettermi tutta ‘sta roba -.

- Compriamo i materiali e li assembliamo, verrà a costare molto meno che non prendendo tutto pronto -.

- Sei così bravo nel fai da te? -.

- Me la cavo, e male che vada la magia può velocizzare le cose -.

- Spiegami un po’… Quando hai avuto il tempo di pensare a tutto questo? -.

Il sorriso di Mattia avrebbe accecato chiunque tanto era raggiante – Mentre eravamo per strada. Adesso però basta chiacchiere, andiamo a prenderci Biscotto -.

Per ingannare la famiglia Sforza era richiesta prontezza di spirito e un solido piano.

Alina non era messa bene in nessuno dei due campi quel giorno, per fortuna però non era sola.

Altea aveva tenuto a domande scomode e commenti acidi per entrambe, sarà stato merito dei suoi mai velati e sempre presenti sentimenti nei confronti della famiglia della rossa, ma non si era lasciata sopraffare dalle occhiate di Elia o dal tono scontroso di Leonardo.

Aveva persino trovato il modo di indurre l’antipatico prozio a lasciarle studiare in biblioteca.

Dopo la loro conversazione Leonardo stesso aveva proposto alle giovani di restare al piano terra, non voleva lasciarle sole in una camera, non perché non si fidasse di Alina, ma piuttosto perché era di un Montecatini che non ci si poteva fidare mai.

Almeno nella biblioteca lui avrebbe potuto sorvegliarle.

Seduta al lato del tavolo più lontano dalla poltrona di Leonardo, Alina sussurrò furiosa – Che razza di progetto fallimentare è questo? Perché lo hai provocato fino a farlo restare? Ora non potremo avvicinarci al quaderno! -.

- Te l’hanno mai detto che sei troppo ansiosa? -.

- Sono razionale, tu al contrario sei manchi di ogni capacità di pensiero -.

- Se non mi insulti per più di dici minuti inizio a sentirne la mancanza, comunque smettila di fare così, finirai per attirare l’attenzione -.

Alina si raddrizzò, in effetti Leonardo si era voltato verso di loro, avrebbe fatto meglio a restare in silenzio.

Nonostante avesse smesso di reprimerla con le parole, il peso dello sguardo di Alina era per Altea più che sufficiente a palesarle il suo malcontento.

Decisa a farla smettere, Altea scrisse in fretta sul suo quaderno una nota, che poi fece leggere all’altra ragazza.

È meglio che lui sia qui, così se in quel diario troverai qualcosa di importante lui non lo saprà, e tu sarai in vantaggio.

La rossa rispose, sempre frettolosa ma con una calligrafia impeccabile.

Piano perfetto, se non fosse che con lui presente non avrò accesso a quello che cerco.

Altea alzò gli occhi al cielo.

Certo che lo avremo! Ascolta, useremo un incantesimo che conosco io per farlo addormentare, non si accorgerà di nulla.

Alina rispose: Sei pazza se pensi che non capirà che è accaduto qualcosa di strano. Come farebbe a non rendersi conto di essersi addormentato?

Alla domanda la bionda sussurrò – Ha settant’anni ed è mezzo decrepito gli capiterà pure ogni tanto di addormentarsi senza preavviso -.

- No che non gli capita! Leonardo è la persona più lucida che io conosca -.

- Okay, okay, va bene -. Altea sospirò – Allora facciamo che -.

- Che? -. La invitò a continuare l’altra.

- Non ho un piano B -.

Alina la guardò seria in volto - Sei un’idiota -.

- Oh certo perché questa tua negatività è d’aiuto! -.

La rossa la ignorò allora Altea disse – Dato che non hai altre soluzioni lo addormenteremo, punto -.

- Lo sapevo che fidarmi di te era un errore -.

- Non abbiamo ancora fallito, risparmia i tuoi commenti per dopo -.

- Con questo stai ammettendo che fallirai o vuoi solo comunicarmi la tua intenzione di mandare tutto all’aria? Per caso hai fatto tutto ciò di proposito per mettermi nei guai? -.

- Sei paranoica in una maniera imbarazzante! -.

- Sono realista -.

- Zitta, devo concentrami se vogliamo che il tuo caro prozio non si accorga di nulla -.

Altea pronunciò l’incantesimo con voce sommessa, ma le parole erano chiare alle orecchie di Alina:

Muti la veglia, in sonno profondo,

Che il malcapitato, sprofondi in un sogno,

Non sia più vigile e non si risvegli,

Fino al suono, dei campanelli.

Sconcertata dal basso livello della litania Alina domandò – Che caspita è questa roba? Non sono neanche rime vere, sono a mala pena assonanze! -.

- So che non è il massimo, ma l’ho creata quando avevo nove o dieci anni -.

- Stai usando le fantasie di una bambina? E pretendi che una filastrocca simile funzioni su Leonardo -.

Prima di rispondere all’attacco la bionda manovrò il mento di Alina affinché quella si voltasse verso l’uomo sulla poltrona.

Leonardo stava dormendo.

- Non hai idea di quante volte questa sciocca filastrocca mi sia stata utile per sgattaiolare da casa all’insaputa di tutti -.

Poi prima di alzarsi dalla sedia aggiunse – Piccolo avvertimento, cerca di non fare troppo rumore, la parte dei campanelli è un po’ ambigua e a volte si svegliano anche con rumori che ricordano un tintinnio -.

Alina evitò di commentare, era abbastanza infastidita dalla situazione. Non solo si stavano affidando ad un incantesimo infantile, ma ora veniva fuori che era un imperfetto e confuso incantesimo infantile.

Silenziosamente le due ragazze girarono attorno alla poltrona di Leonardo e si avvicinarono agli scaffali pieni di libri e diari.

- Qual è quello che cerchiamo? -.

- Perché continui a parlare al plurale? Questa cosa non ti riguarda -.

- Eppure sono qui con te -.

- Non per mia scelta -.

Alta scrollò le spalle, era vero che aveva obbligato l’altra ad accompagnarla.

Mentre parlavano Alina cercava il diario e dopo qualche secondo di silenzio lo trovò.

- Dovrebbe essere questo -.

- Sicura? -.

Alina lo aprì e scarabocchiata sulla prima pagina c’era la frase che le aveva permesso di ritrovare il quaderno – Sì -.

Stavano per allontanarsi quando la rossa chiese ad Altea di aspettarla e corse al tavolo.

Dalla borsa tirò fuori un sottile diario rosso, identico all’altro che aveva in mano.

- L’ho comprato l’altro giorno -.

- Così nessuno noterà lo spazio vuoto, furba -.

Alina sorrise compiaciuta e Altea la imitò, insulti a parte non erano una squadra pessima.

Tornarono ai propri posti, poi iniziarono a sfogliare le pagine del diario.

Le prime erano lamentele di una bambina qualunque, genitori troppo severi, dicerie a scuola, litigi tra compagni di bano. Poi iniziarono i racconti della quotidianità: una gita scolastica, una festa a casa di Fulvio e Acrisio, il compleanno di Mattia e un pigiama party da Altea.

- Aspetta, quando mai hai dormito da me? -.

- Non… non so, non capisco, casa tua la evito il più possibile -.

- Appunto. Quindi perché da piccola hai scritto ste robe? Cos’è fantasticavi sull’essermi amica? -.

- Ti prego, non dirlo nemmeno -.

- Hai altre spiegazioni? -.

- Forse qualcuno mi aveva minacciata -.

- Davvero? -. Chiese sarcastica Altea.

- Forse eravamo molto piccole e ora non lo ricordiamo, magari era una riunione di qualche genere che è finita tardi? -.

- Quanti anni avevi quando l’hai scritto? -.

 Alina controllò la data 19 maggio 2007 – Nove -.

- Io mi sarei ricordata una cosa del genere a quella età -.

- Anch’io -.

- E onestamente anche l’ipotesi della riunione mi pare strana -.

Sospirando Alina concordò - Anche a me -.

- Prova a leggere meglio il racconto della serata, magari qualcosa scatta -.

Il pigiama party da Altea è stato divertente, abbiamo giocato in giardino fino a che non è diventato buio.

Abbiamo mangiato pizza e patatine, non l’ho detto a zia, se lo scopre domani non me ne fa mangiare un’altra anche se è sabato!

Siamo rimaste sveglie fino a tardi, però abbiamo fatto silenzio perché difronte alla camera di Alta c’è quella dei suoi zii e Tea ci dice sempre che Zaccheo ha il sonno leggero.

Daffi è rimasta con noi fino a tardi, poi è andata in camera sua, ma dato che nessuno aveva sonno abbiamo giocato al bicchiere fino all’una.

Altea era sconvolta, su quella pagina era descritta la disposizione esatta di casa sua, si parlava persino del gioco del bicchiere, come faceva Alina a conoscerlo?

Per quel particolare gioco c’era bisogno di due stanza confinanti, che nel caso specifico erano una quella di Dafne e l’altra quella di Altea e di due bicchieri. In una camera una persona poggiava il bicchiere al muro e dentro quello diceva una frase o una parola, dall’altra parte si metteva il bicchiere tra l’orecchio e il muro e poi si cercava di indovinare il messaggio.

I muri a casa Montecatini erano sottili, per questo era possibile giocarci. Atea non credeva che qualcuno al di fuori della sua famiglia conoscesse tale gioco.

Alina continuò: Anche dopo che Dafne si è addormentata noi siamo rimaste sveglie, alla fine è venuta la nonna di Altea a spegnere la luce, Speedy poi ha iniziato a raccontare storie di paura. Altea se l’è quasi fatta sotto! Troppo divertente!

- Chi diavolo è Speedy? -. Chiesero in coro le ragazze.

Il cellulare di Altea squillò, lei si affrettò a silenziarlo, ma era tardi, il danno era fatto e Leonardo svegliò.

La rossa nascose il diario sotto ad una mini riproduzione de ‘’ La Stanza ‘’.

Altea prese a parlare del quadro come se nulla fosse, mentre Leonardo le fissava circospetto.

- Che avete fatto? -.

- Come? -.

- Non fare finta di nulla Alina -.

La piccola Sforza aprì bocca, ma altea la zittì – Mi scusi signor Sforza ma abbiamo dovuto metterci d’impegno per riuscire a scrivere qualcosa nonostante il russare alquanto fastidioso, sarebbe bello però se ora potessimo avere del silenzio per finire, questa è la parte più importante -.

- Il tuo modo di comunicare è davvero impeccabile -. Sarcasmo, il migliore amico degli Sforza. – Ma per quanto ascoltarti sia piacevole preferirei che tacessi -.

Altea schioccò la lingua e disse - Purtroppo non tutti posso ottenere ciò che vogliono dalla vita, - poi rivolgendosi alla rossa - finiamo con questa cavolo di ricerca Alina, sono stanca -.

 

 

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Capitolo 21
*** 21 ***


21

Finito il finto compito Altea tornò a casa, perciò non poté più consultare il diario.

Ad Alina non andò meglio perché in casa c’era Carla Imperatore, ed ogni volta che c’erano ospiti gli Sforza si riunivano nel salottino più esterno per chiacchierare e, anche quella sera si intrattennero fino a tarda ora.

Quando tornò in camera era ormai molto tardi ed era assonnata, riuscì a leggere solo un’altra ventina di pagine prima di crollare.

Nei racconti che finì prima di addormentarsi, Speedy veniva nominata altre tre volte: nella colazione da Altea il giorno dopo il pigiama party, e due volte nella gita al museo della scienza.

La mattina seguente Alina mise il diario in cartella, non sapeva se affrontare l’argomento con Altea, principalmente perché fidarsi della bionda non era una sua abitudine, ma con chi altri poteva parlarne? Lei era l’unico punto comune con Speedy.

Eleonora era felice. Per la prima volta aveva un cane, certo forse Biscotto non era tutto suo, ma l’affidamento congiunto era meglio che non averlo.

Quel pomeriggio avrebbe affrontato la prova, e comunque fosse andata, grazie a Mattia avrebbe avuto un piccolo fagotto di pelo pronto a consolarla o a festeggiare con lei.

Era passato meno di un mese da quando si era trasferita nella nuova città, eppure le sembrava di aver trovato il suo posto.

In quello strani gruppo di amici si trovava bene, tanto da essere spaventata all’idea di perderlo.

Che avrebbero 

detto Alina e Altea se avessero scoperto che era una persona qualunque?

Che non aveva nessun tipo di magia che le scorreva nelle vene?

Una volta Eleonora a scuola aveva visto un ragazzo, era dell’ultimo anno, si chiamava Federico o Francesco, il nome non lo aveva ben presente. Ricordava però che era bello, molto bello. Aveva i capelli mossi, scuri, ed un sorriso coinvolgete. Da quello che aveva sentito dire in giro era anche intelligente e parecchio simpatico. Il tipo ideale.

Poi aveva visto Alina e il modo in cui lo guardava.

A quanto le aveva spiegato la rossa, quello era il suo ex ragazzo, non le aveva dato troppi dettagli, perciò qualche ora dopo era intervenuto Acrisio per riempire gli spazi vuoti.

Non era chiaro se lui avesse lasciato lei o viceversa, fatto sta che la storia era finita e tutto perché erano troppo diversi. Tra loro c’erano troppi segreti, troppe cose non dette, troppe situazioni che non si potevano spiegare o capire. E questo nonostante il fatto che Alina provasse qualcosa per lui.

Che speranze aveva Eleonora di restare nel loro mondo se lui aveva fallito?

Certo ora la mettevano al corrente di molte cose, ma questo sarebbe cambiato e, alla fine, loro l’avrebbero allontanata o lei si sarebbe stancata di essere esclusa.

Per tutta la mattina Eleonora era stata dietro ad Altea per indagare sul litigio con Mattia, cosa della quale però, la bionda non voleva né poteva parlare.

Né la curiosità, né il desiderio di far riappacificare i due amici, né tanto meno la voglia di distrarsi dai propri dubbi avevo aiutato la ragazza a carpire informazioni dalla strega. Non aveva aiutato neanche il fatto che quella l’avesse messa da parte più volte per parlare con Alina, da quando in qua le due andavano tanto d’accordo?

La cosa le faceva sì piacere, ma in tutte le volte in cui aveva desiderato che le due si avvicinassero non aveva immaginato che la cosa sarebbe successa a suo discapito.

Le due avevano forse scoperto che non era una strega prima di lei? Il momento dell’allontanamento era già arrivato?

Altea aveva passato il tempo a scuola come l’ombra di Alina, la cosa avrebbe infastidito entrambe se non fosse stato che l’idea che Alina avesse passato nottate a casa sua era per Altea abbastanza inquietante, così come la per la rossa non venire a capo di una questione simile era altrettanto grave.

Erano le tre e mezza e le due streghe erano d’avanti ai cancelli dalla loro scuola elementare.

Dopo essersi confrontate erano arrivate alla conclusione che forse in quell’edificio avrebbero trovato qualche risposta.

Intrufolarsi in un edificio non era semplice, fortunatamente la scuola era ancora aperta, quindi non dovevano scavalcare cancelli impossibili o preoccuparsi di allarmi. In compenso dovevano stare attenti al personale che era ancora a lavoro.

Nell’androne d’ingresso vi erano un uomo e una donna.

- Muti la veglia, in sonno – Iniziò Altea, ma Alina la interruppe – Che stai facendo? -.

- Li addormento, così possiamo passare -.

- Certo genio, e quando passa qualcuno e li trova addormentati? Cosa pensi che succederà se non riusciranno a risvegliarli? -.

- Non c’è bisogno di essere sarcastici -.

- Se tu non dicessi cavolate tanto palesi, non dovrei esserlo -.

- Oh per favore! Non fare quella faccia acida, sorridi, ci guardano. E se hai idee migliori questo è il momento per esporle -.

Alina seguì le sue indicazioni, ma non disse nulla.

- Allora? Niente? -.

- Sei tu quella brava a mentire, inventati qualcosa! -.

Altea roteò gli occhi. Gli Sforza erano tutto fumo e niente arrosto.

L’uomo, che era cambiato poco negli anni, era stato un collaboratore anche ai loro tempo, eppure Altea non riusciva a ricordarne il nome, la donna era una nuova aggiunta.

Se c’era una cosa per la quale affidarsi ad Alina però, quella era la capacità di memorizzare nomi e volti.

Gli Sforza vivevano di pubbliche relazioni.

- Chi è lui? -.

- Alberto, è il padre di Vanna Mastronardi, va in IV B -.

Ormai erano arrivate dai due dipendenti e Altea dovette pensare in fretta. Prima che potessero fare qualsiasi domanda, prese lei la parola – Buongiorno, o aspettate forse dovrei dire buonasera dato che mezzogiorno è già passato da un po’ giusto? – Si voltò verso Alina per cercare il suo appoggio e quella ridacchiò e annuì.

Forse stava iniziando ad imparare quando stare zitta e lasciar fare agli altri. Grandi progressi per una come lei.

- Ad ogni modo, lei non è il papà di Vanna? -.

L’uomo ricambiò i sorrisi entusiasti delle due – Sì! Voi conoscete mia figlia? -.

- Oh certo! Vanna è una vecchia amica, beh poi si sa, in questa città ci si conosce un po’ tutti quando si è della nostra età -.

- Eh io purtroppo ho sorpassato quei tempi già da un bel po’ di anni, perciò dovrete scusarmi ragazze, ma non sono certo di ricordare i vostri nomi -.

- Non si preoccupi signor Mastronardi, io sono Altea e lei è Alina -.

- La figlia di Nicolò? Che ha l’erboristeria in via Gianturco? -. Chiese il signor Alberto rivolto alla rossa.

- Sì, proprio lui -.

- Ma certo, come ho potuto non vedere la somiglianza, e anche tu, - a quel punto girò il capo verso Altea – Tua nonna non è Dafne, la moglie di Lucas? -.

- Accipicchia signor Mastronardi, lei ha una memoria decisamente migliore della mia! -.

- Come ci si può dimenticare del caro vecchio Lucas, pace all’anima sua! Era davvero una cara persona -.

- Lo ricordo anch’io! Fu lui a fare la donazione per il parco giochi giù in centro, mia figlia impazzisce per la giostrina del ponte -. Si intromise l’altra collaboratrice.

- Già per il nonno avere spazi comuni ben organizzati era molto importante, comunque scusateci se siamo venute qui a quest’ora, ma dobbiamo fare una ricerca per storia sullo sviluppo delle istituzioni pubbliche, e ricordavo che qui c’era una vecchia mappa della città, di prima che costruissero due o tre delle scuole che ci sono oggigiorno, volevamo sapere se era possibile vederla per confrontarla con le planimetrie odierne -.

- Ma per quelle dovete andare al catasto e richiedere di visionare le piantine pubbliche -.

- Sì, ma infatti quella sarà la nostra tappa successiva -.

- Scusate ragazze, ma che ricerca state facendo? Sarà passato un po’, ma ricordo che una storia tanto specifica della città non era nel programma -.

- No, questo è un approfondimento. In pratica io e Alina abbiamo la media dell’otto e mezzo in storia e la prof ci ha detto che se vogliamo un nove a fine anno dobbiamo fare due approfondimenti entro il semestre, abbiamo pensato a questo così ci mettiamo anche un pizzico di educazione civica, e poi sembra un argomento originale non credete? -.

- Beh sì, non penso sia stato affrontato molto in una scuola superiore, ma che professoressa avete? -.

- La Mongibello -. Rispose Alina.

- Ah, anche mia figlia c’è l’ha! È piuttosto esigente vero? -.

- Eh direi! Ci fa fare tutto il giro della città per un mezzo voto! -. Scherzò Altea e anche gli adulti risero.

- Allora ragazze, la mappa è nell’auditorium, per entrare normalmente dovreste essere supervisionate, ma noi ora dobbiamo finire di pulire le classi quindi non vi possiamo aiutare, potete provare a chiedere in segreteria, vi faranno firmale un modulo e vedranno se c’è qualcuno disponibile -.

- E se non c’è nessuno? -.

- Allora mi sa che dovrete tornare un’altra volta -.

- Ma non c’è proprio modo di aggirare questa cosa? Alla fine la scuola sappiamo come è fatta e anche voi conoscete noi e la nostra famiglia, non potremmo andare per conto nostro? -.

- Purtroppo va contro le norme di sicurezza ragazze, sia perché non possiamo lasciar entrare chiunque senza supervisione, sia perché se vi fate male la colpa poi è la nostra -. Spiegò la donna, ancora senza nome.

- Capisco, proveremo in segreteria, grazie mille per l’aiuto -.

- Di nulla, ricordate da che parte dovete andare? -.

Alina annuì - Certo, grazie ancora -.

Quando furono abbastanza lontane da non farsi sentire Alina chiese alla bionda – Perché hai insistito? Quello che cerchiamo sarà in segreteria, basta andare lì e farla finita -.

- Siamo due adolescenti che stanno svolgendo un compito controvoglia, se non avessi suggerito una scorciatoia si sarebbero insospettiti -.

- E se avessero risposto che potevamo andare da sole dove ci pareva? -.

- Non lo avrebbero mai fatto, nelle scuole, così come in ogni altro posto, nessuno vuole prendersi più responsabilità del necessario -.

- Che ragionamento qualunquista -.

- Da come è andata a finire la cosa direi piuttosto che il mio pensiero sia realista -.

- Solo perché ti è andata bene una volta, non vuol dire che tu abbia sempre ragione -.

- Perché sei così incline a litigare con me? Stiamo per fare una cosa illegale e abbiamo già troppe cose di cui doverci preoccupare, eppure tu insisti per aggiungere astio e ulteriori ostacoli -.

- Non è vero -.

- No? Cosa pensi di stare facendo ora? -.

- Ho solo espresso un mio parere, sei tu quella che sta ingigantendo la cosa -.

Altea sospirò – Ma ci credi davvero a quello che dici? -.

Incrociando le braccia Alina decise di non rispondere, forse era vero che i suoi commenti potevano spesso apparire come tentativi di scontro, ma da quando ad Altea la cosa dava fastidio?

O meglio, da quando la bionda aveva smesso di fare altrettanto?

Nella segreteria c’era una sola persona.

Una donna sulla quarantina seduta davanti ad un computer, probabilmente si supponeva lavorasse, ma Altea era piuttosto sicura quelli fossero i rumori di un solitario.

Quando sentì le due ragazze entrare, la donna alzò lo sguardo, sotto a dei capelli biondo ramato spuntarono degli occhi verdi.

Per avere la sua età era davvero una bella donna, notò Altea.

- Come posso aiutarvi ragazze? -.

- Salve vorremmo visionare la mappa storica della città che conservate in Auditorium, all’ingresso ci hanno detto che dovevamo chiedere a lei -.

- Sì, aspettate, vi prendo i moduli -.

La segretaria si alzò per poi sparire dentro un’altra stanza.

Alina si sporse sulla scrivania che poco prima le aveva divise dall’altra donna e in quella che pareva una tazza di tè caldo, buttò una polvere di un color vinaccio pallido.

Il tè cambiò a mala pena tonalità, Altea non fece in tempo a chiedere cosa l’altra avesse combinato che la segretaria tornò.

Le ragazze presero a compilare il modulo, la segretaria bevve un paio di sorsi della sua bevanda ancora fumante e Altea vide Alina sorridere.

Quando ebbero finito, la rossa bloccò delicatamente Altea per un braccio – Perdi tempo -.

Altea non poteva chiedere come o perché, in quel momento non erano neppure informazioni fondamentali, fece come Alina aveva detto.

Iniziò a chiacchierare del tempo e di quando fosse sicuramente noioso per la donna passare i suoi pomeriggi in una scuola elementare semideserta.

Tempo dieci minuti e la donna si scusò, scappando poi di tutta fretta.

- Cos’è stato? -. Chiese divertita Altea

- Radice di liquirizia e malva in polvere -.

- Hai drogato il tè della segretaria con un lassativo? -.

- Dovevamo togliercela dai piedi no? -.

- Sei venuta preparata, mi piace -.

Altea si sedette al pc con Alina alle sue spalle.

Il computer della segreteria era decisamente più caotico di quanto si aspettassero.

C’erano decine di cartelle e forse troppe icone di giochi di carte.

- Non c’è un elenco degli alunni? -.

- Probabilmente, ma non so dove trovarlo -.

- Dovresti fare una ricerca in tutte le cartelle -.

- E che dovrei cercare? Elenco alunni oppure Speedy? -.

Alina alzò le spalle, Altea effettuò la ricerca, ma forse non avevano salvato gli elenchi in cartelle con nomi tanto espliciti e precisi.

- Prova con ‘’Cittadella della scienza‘’ -.

- Diciotto cartelle, e nessuna con la data. È imbarazzante la disorganizzazione di questo posto -.

- È una scuola elementare, cosa ti aspettavi? -.

- Infrangi le regole e condoni il disordine, hai scoperto da poco di essere stata adottata dagli Sforza per caso? -.

Alina ignorò la bionda e disse - Controlla le proprietà per capire quando sono state create le cartelle -.

Al quinto tentativo trovarono l’icona giusta.

Non c’era alcuna lista, solo una serie di foto, un centinaio circa.

- Quanto dura l’effetto della polvere? -.

- Altri sei o sette minuti -.

- Non abbiamo tempo di controllarle tutte, le passo sul mio cellulare -.

Fecero in tempo a fare il giro della scrivania prima che la donna tornasse, era rossa in viso dall’imbarazzo, la velocità della sua fuga aveva reso a motivazione abbastanza palese.

Dopo averle mostrato i moduli le due andarono in auditorium.

Nel tragitto dal bagno dal bagno alla segreteria aveva trovato il tempo di intercettare qualcuno disposto ad accompagnarle, perché sull’uscio le aspettava una delle maestre, Alina la riconosceva come la loro vecchia insegnante di matematica.

Finsero di interessarsi alla cartina per dieci minuti buoni, chiesero persino se era possibile scattare una foto col cellulare.

Sì, ma senza flash. Fu la risposta della maestra.

Era arrivata l’ora dell’appuntamento a casa Torratone perciò le sue si ripromisero di che avrebbero controllato le immagini mentre Mattia finiva la guarigione di Eleonora.

Eleonora notò gli sguardi guardinghi che il gruppo di streghe rivolse ad Alina e Altea quando le due arrivarono alla villa assieme.

Nessuno capiva bene cosa stesse succedendo.

Altea non diede peso ai suoi vecchi amici, si concentrò piuttosto su quella nuova.

Più che sorpresa, Eleonora sembrava agitata.

La bionda le si avvicinò – Cosa c’è che non mi dici? -.

- Di che parli? -. Chiese Eleonora

- Hai uno sguardo strano -.

- Davvero? -.

- Cerchi di mantenere la cosa in stallo finché Mattia non finisce di prepararsi? -.

- È una tua tecnica -.

- E io la eseguo molto meglio -.

- Già non sono brava -.

- Il che è stano. Sei una persona estremamente loquace, prendere tempo dovrebbe venirti spontaneo -.

- Mi stai dicendo che sono logorroica -.

- Cerchi ancora di cambiare argomento? -.

- In parte, ma mi piacerebbe sentire la risposta -.

- Tu sei logorroica, io sono vanesia, a chi importa. Dimmi che c’è che non va ora -.

- Oggi è il giorno -.

- Della prova intendi? -.

- Sì -.

- Ti fa paura -.

- Non è quella che mi spaventa -.

- Sputa il rospo -.

Eleonora si portò le mani al viso, per nasconderlo.

- So che sembro una bambina, e che è una cazzata, e che non dovremmo ancora essere al punto nel quale mi mostro una persona estremamente strana e bisognosa, però -.

- Però? -.

- Niente lascia stare -.

- Andiamo! Parla! -.

- Niente davvero, sappi solo che se voi ragazzi deciderete di non includermi più in queste cose, o in altre, lo comprenderò -.

- Ma che cosa? No, aspetta qua -.

Eleonora vide Altea prendere Alina per un braccio e trascinarla fino a lei, mentre quella si guardava attorno, leggermente confusa.

- Che c’è? -. Chiese quella quando finalmente si fermarono davanti ad Eleonora.

- Alina dille che è una sciocca -.

- Perché dovrei? -.

- Pensa che la abbandoneremo se scopriremo che è una normale -.

Alina guardò seria Eleonora – Sei una sciocca -.

- Grazie mille ragazze! -.

- Non fare affermazioni sceme se non vuoi commenti che te lo facciano notare -.

- Ti abbiamo conosciuta come una ragazza senza poteri, e ti abbiamo comunque presentata ai nostri amici più cari -.

- O guarda, sto per dare ragione ad una Sforza, anzi renditi conto che ti sono rimasta amica nonostante tu mi metta nelle condizioni di dare ragione ad Alina, questo dovrebbe bastare ad annichilire qualsiasi dubbio -.

Risero, persino Alina nonostante l’alzata degli occhi sorrise.

Dal centro della stanza Mattia chiamò Eleonora, erano tutti pronti all’ultima sessione di guarigione.

 

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