Maybe we're just a little crazy.

di Hidemeplz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dreams come true sometimes ***
Capitolo 2: *** Trouble ***
Capitolo 3: *** Love it's just a word ***
Capitolo 4: *** Hate is just a word ***
Capitolo 5: *** Late night thoughts ***



Capitolo 1
*** Dreams come true sometimes ***


Capitolo 1-

 

Il tempo era piuttosto umido quel giorno e quella fu una delle ragioni per cui non stavo prendendo a testate il muro. Ero seduta accanto alla finestra e guardavo fuori con lo sguardo spento e l'aria stanca. -Coraggio! C'é la puoi fare- disse Lauren, avvicinandosi con un sorriso e due tazze di caffé tra le mani. -Se l'universo fosse dalla mia parte probabilmente ora sarei eccitata perché mi starei preparando per la prima lezione del semestre a Yale. New Haven, Connetticut- dissi, prendendole una tazza dalle mani. -Oh, ora so perché non ho la fortuna di essere a Yale. Ho peccato cosi' tanto nella mia vita che non posso nemmeno avvicinarmi ad una città che abbia la parola ''paradiso'' nel nome- aggiunsi, prima di bere un sorso di caffé. Lauren sorrise e si sedette accanto a me cercando di confortarmi. -Cerca di guardare il lato positivo di questa storia- disse Lauren, la fulminai con lo sguardo prima di ascoltare i suoi ''lati positivi''. -L'università non ci ha divise, passeremo altri cinque insieme e poi ci aspetterà una vita di avventure. Ho sempre avuto paura che tu potessi partire per un'università della Ivy League e che questo potesse dividerci. E' un pensiero piuttosto egoista ma sono contenta che tu sia qui..- disse, serrando le labbra. -Non ti abituare al caffé mattutino, sono venuta solo perché ero certa che ti avrei trovata di pessimo umore e speravo di addolcirti prima di vederti commettere un omicidio- disse, aprendo il mio armadio. Portai le ginocchia al petto e mi rannicchiai sul divano, non avevo alcuna voglia di vestirmi per andare a quello stupido college statale. -Sai cosa vuol dire stare a Detroit?- chiesi, Lauren sbuffo' e si giro' verso di me. -Travis, Brad, Luke, Rebecca, Sarah.....

-Sei un'adulta ora, vivi da sola, non puoi aver paura di incontrare certe persone. Anche se avrei paura di incontrare Travis anche io se fossi in te- replico' Lauren, mi alzai e trascinai il mio corpo al bagno. Mi feci una doccia sperando di riuscire a svegliarmi e tornai in camera. -Ti ricordo che devi trovarti un lavoro- disse Lauren, a volte la vedevo più come un'agenda che come un'amica. -Si, mi sono segnata qualche bar, ci andro' dopo le lezioni- dissi, infilandomi la biancheria. Lauren mi lancio' un paio di jeans neri e un maglione mostarda. Dopo essermi vestita, buttai giù in un sorso tutto il caffé che era rimasto nella tazza. Infilai nello zaino un paio di libri da leggere in caso di noia e un bloc notes. Mi asciugai i capelli e infilai gli occhiali da vista. -Non spreco le lenti solo per una stupida università statale- dissi, uscendo dall'appartamento seguita da Lauren. Salimmo sulla sua auto, una Range Rover bianca nuova di zecca. I suoi genitori gliel'avevano comprata come regalo di diploma. I miei avevano deciso di cacciarmi di casa, invece. -Com'é vivere da sola?- chiese Lauren, poggiai la testa contro al finestrino e sospirai. -Tranquillo, faccio molte conversazioni con le mie altre personalità e ora che vivo da sola posso farle ad alta voce- risposi, Lauren sorrise e scosse la testa. -Parlo sul serio, non ti senti sola?

-Tengo la tv e il pc accesi contemporaneamente per non sentirmi sola- risposi, giro' il volante verso destra e si infilo' nel parcheggio del campus. -E credi di potercela fare? Pagare l'affitto e tutto il resto intendo.

-Certo, ho messo insieme molto soldi in questi anni e so che pensi che io li abbia spesi tutti durante le vacanze che abbiamo fatto quest'estate ma erano molti più di quanto tu creda- risposi, lei assunse un'espressione preoccupata perché sapeva come mi ero procurata quel denaro. -Dovro' comprarti un sistema dall'allarme per quell'appartamento- disse, mentre cercava la sua borsa, chiusi la portiera dell'auto e lei fece scattare la chiusura automatica. -Perché?

-Perché é uno dei quartieri più pericolosi di tutta Detroit e tu sei sola. Se vivessi io da sola probabilmente non riuscirei ad intimidire nessuno- rispose. Lauren era la classica bella ragazza, occhi scuri e misteriosi, labbra morbide, lunghi capelli castani, un sorriso angelico, una personalità adorabile. Io invece ero di dieci centimetri alta, avevo occhi blu poco attraenti ma molto inquietanti, avevo i capelli corti, neri. Avevo un piercing tra il labbro superiore e il naso, qualche tatuaggio e un metro e settantacinque di gambe. Ero piuttosto brava ad intimidire le persone, grazie alla mia personalità simile a quella di un serial killer. -Staro' bene, ho le mie conoscenze- scherzai, facendole l'occhiolino. -Fai come tutte le persone normali, quando non ti senti al sicuro chiama la polizia invece di chiamare una delle tue conoscenze.

-Oppure compro illegalmente una pistola e la tengo sotto al cuscino- dissi, Lauren mi fulmino' con lo sguardo e io scoppiai a ridere. -Ci vediamo qui dopo la lezione?- chiese Lauren, annui' e corsi verso l'aula di sociologia. Apri' la porta dell'aula e sperai di non essere troppo in ritardo. -Per un pelo, signorina- disse l'insegnante, vedendomi entrare, annui' e andai a sedermi il più lontano possibile dagli altri esseri umani. L'insegnante per un'ora parlo solo di interessi e valori, ci spiego pi o meno quello che avremmo fatto durante quel semestre e ci libero'. Fu piuttosto noioso ma non potevo aspettarmi grandi lezioni d'ispirazione in una stupida università statale.

Andai al punto d'incontro e mi sedetti a terra ad aspettare Lauren, presi un libro dalla borsa e iniziai a leggere. La gente mi passava accanto e mi guardava curiosa, ero seduta per terra davanti ad una caffetteria e allora?

-Eccomi, scusa- disse Lauren, progendomi la mano, infilai il libro in borsa e le strinsi la mano cercando di rialzarmi. -Com'é andata?- chiesi, Lauren sorrise e mi diede una pacca sulle spalle. -Bene!- disse, arricciai il naso e alzai gli occhi al cielo. -A te?- chiese, la guardai e prima di poter parlare lei mi interruppe. -Non dirmelo, lo so- disse, -noioso, prevedibile, avrei fatto di meglio e non sono nemmeno un'insegnante- aggiunse imitando la mia voce. -Sono davvero cosi' prevedibile?- chiesi, sorpresa del modo in cui aveva azzeccato ogni parola. -No, sei davvero cosi' arrogante- replico', con un sorriso, la spinsi scuotendo la testa. -Ok, ora devo correre alla lezione di filosofia. Spero di fare in ritardo e salvarmi citando Socrate- dissi, facendole un'occhiolino. Presi la mappa della scuola dallo zaino e cercai di orientarmi senza rallentare il passo. Quando individuai la classe corsi più velocemente rischiando di ritrovarmi più volte faccia a terra a causa del mio scarso equilibro. Dopo aver attraversato il campus, aver dato spallate a destra e sinistra riusci' a raggiungere l'aula trecentotre del professor Brown. Apri' la porta e mi piegai per riprendere fiato, senti' dei risolini fastidiosi da parte del resto della classe ma feci finta di niente. -Buongiorno!- disse l'insegnante, con voce piuttosto eccitata. Mi rialzai e guardai il professore, era un uomo di bell'aspetto. Alto, capelli scuri, occhi verdi, barba e occhiali da intellettuale sul naso. Non mi aspettavo di vedere quel tipo di professore per un corso di filosofia. -Salve- dissi, salendo le scale verso i banchi infondo alla classe. -Puo' fermarsi li' signorina...

-Evans- risposi, fermandomi, lui mi fece cenno di scendere e io sbuffai pensando a quello che mi volesse dire. -Signorina Evans..- disse, guardando un foglio. -Sunshine Evans, perché é in ritardo alla prima lezione del semestre?

-Mi piace leggere- risposi, lui inclino' la testa e mi guardo' perplesso. -Dopo la lezione di sociologia mi sono fermata a leggere e ho perso la cognizione del tempo.

-Bene, prima di perdere altro tempo continuero' la lezione da dove siamo stati interrotti- disse, ignorandomi completamente, feci per sedermi ma venni richiamata dall'insegnante. -Non ho detto che poteva sedersi..

-Vuole che resti in piedi per tutta l'ora?

-Puo' darsi...se non le sta bene puo' correre fuori dalla classe e non presentarsi più alle mie lezioni- rispose l'insegnante, alzai gli occhi al cielo e digrignai i denti. -Se siete qui, in questo determinato corso consideratevi fortunati- disse il professor Brown, qualcuno infondo alla classe chiese il perché e io mi trattenni dal ridere considerando che sarei potuta essere al corso di filosofia in una classe a Yale. -Grazie di averlo chiesto. Perché? Perché io sono gran bravo insegnante e sono cosi' bravo che vengo pagato più di chiunque altro insegnante universitario di trent'anni. Ho lavorato in molte università della Ivy League e ora sono qui in uno stupido college statale perché voglio creare i nuovi Ernest Hemingway- disse, non riusci' a trattenermi per molto tempo e mi scappo' una risata. Il professore mi guardo' e sorrise. -La signorina Evans probabilmente starà ridendo perché crede che voi non siate abbastanza perché siete qui e non in un'università della Ivy League o ad Oxford, o a Cambridge. Siete qui a Detroit e quindi non valete abbastanza. Ma é qui che si sbaglia la signorina Evans perché tutti voi siete stati scelti da me, in base ai vostri voti, ai vostri saggi d'ammissione e in base alle risposte dei vari college a cui avete fatto domanda- disse, cogliendomi di sorpresa, sospirai. -Prendiamo ad esempio la nostra amica Evans, lei é stata ammessa a cinque delle università della Ivy League. La signiorina Evans é una delle persone più arroganti che abbia mai visto e sapete perché? Vuole spiegarcelo lei, signorina?- chiese, scoppiai a ridere e iniziai a pensare di essere davvero arrogante vista la situazione. -Non ho avuto il tempo di mostrarle la mia arroganza, professor Brown, quindi non saprei a che cosa si riferisce ora come ora- risposi, posando la borsa a terra. -La signorina Evans prima di fare domanda a questo college ha fatto domanda ai college più costosi del paese.

-Ed é per questo che mi considera arrogante?

-No, questo dimostra solo che é molto sicura di se. Ho letto il saggio che ha mandato a queste scuole e che secondo me l'hanno ammessa solo per il modo in cui l'ha scritto e per il contenuto. Perché considerato il suo curriculum, signorina Evans, lei non dovrebbe nemmeno trovarsi qui. La vostra compagna di classe é arrogante perché quando ha capito di non potersi permettere nessuno di questi grandi college ha fatto domanda qui ma non ha mandato il saggio che ha mandato alle altre scuole, ne ha mandato uno meno elaborato, meno studiato, meno interessante del primo. Questo perché?

-Perché chiunque puo' entrare in un college statale, il contenuto del saggio vale poco e quindi ho mandato materiale più scadente. Sinceramente? Avrei poututo scrivere di peggio, la Mary Groove dovrebbe sentirsi fortunata ad avermi ed é per questo che mi considero arrogante- risposi, l'insegnante annui' sorridendo. -Non vergognartene, Evans. Tutti i più grandi filosofi erano un po' arroganti.

-L'arroganza é la mia unica qualità, signore- replicai, la classe scoppio a ridere. Dopo un paio di minuti spesi a parlare di me e della mia vita, cosa che non mi piaceva, il professor Brown mi disse che potevo sedermi. La lezione fu molto interessante, il professor Brown amava farci rispondere e scommetto che amasse anche sentire le risposte stupide di alcuni studenti. -Prima di andarvene- disse, il professore dopo il suono della campanella. -Chi sa dirmi chi ha detto questa frase: ''il filosofo scrive cose che non capisci, poi ti fa credere che sia colpa tua''?- chiese, lo guardammo tutti perplessi non sapendo perché ci stesse facendo quella domanda. -Alzate la mano se lo sapete- aggiunse, quasi tutta la classe alzo' la mano, me compresa. -Abbassate le mani- disse, si guardo' intorno. -Samuel Beckett- disse, lo guardai confusa sapendo che si era sbagliato. -Siete tutti d'accordo?- chiesi, alla classe alzandomi. -Lei no, signorina Evans?- chiese, il professore, scossi la testa. -Quanti di voi non sono d'accordo?- chiese, il professore, alcuni alunni alzarono la mano timidamente e il professore mi guardo'. -Chi ha detto questa frase allora?- chiese, rivolgendosi a me. -Spero per te sia giusto altrimenti tutti quelli che hanno alzato la mano due secondi fa finiranno nella popo a causa tua.

-Boris Makaresko e ne sono piuttosto sicura- dissi, guardando le persone che avevano alzato la mano in disaccordo con il professore. -Bene! Le persone che hanno osato contraddirmi, non dovranno scrivermi un saggio sull'impatto della filosofia ai giorni nostri, tutti gli altri caproni...voglio vederlo entro venerdi' sulla mia scrivania- disse, con tono minaccioso. Sorrisi soddisfatta di me stessa e usci' dalla classe con orgoglio. -Sei stata gradiosa, Evans- disse, un ragazzo uscendo dopo di me. -Grazie a te la mia vita é meno pesante- disse, sorridendomi, serrai le labbra annuendo indifferente. -Mi chiamo Mike- disse, porgendomi la mano, la strinsi contro voglia. -Io sono 'non mi interessa', é un piacere- dissi, abbozzando un sorriso. Lui roteo' gli occhi e se ne ando' dandomi della stronza. L'arroganza era la mia unica qualità, poco ma sicuro.

-Con chi parlavi?- chiese Lauren, presi un chewingam e lo infilai in bocca. -Un fan- risposi, lei alzo' gli occhi al cielo e mi spinse. -Hai lezione o possiamo andare a cercare qualcosa da mangiare?- chiese Lauren. -Cinese?- chiese, -messicano?- replicai. -Non mi va di puzzare di cipolla per il resto della giornata.

-A me non va il maiale- replicai, lei mi guardo' e alzo' le sorpaciglia. -Giapponese?

-E che puzza di pesce sia- risposi, lei sorrise.

Tornammo a lezione verso del tre del pomeriggio e alle sei avevamo entrambe finito. Chiesi a Lauren di darmi un passaggio ad un bar che avevo trovato su internet. -Come farai a tornare?- chiese, con tono preoccupato. -Prendero' l'autobus o chiamero' un taxi, dipende da quanto ricca mi sentiro' una volta uscita da questo posto- scherzai, lei sorrise e mi saluto'. Presi la borsa e le feci l'occhiolino prima di scendere dall'auto. Sull'insegna del bar c'era scritto ''La Dea delle Luna'', sembrava uno di quei bar vecchio stile, rustici, vintage. All'interno c'erano un paio di uomini seduti a bere al bancone, non vidi nessun cameriere o barista cosi' iniziai a curiosare in giro. -Vuoi una mano?- chiese, un ragazzo mentre guardavo dietro al bancone e leggevo le etichette delle bottiglie di bourbon. -Salve- dissi, sperando con tutto il cuore che non fosse lui il proprietario del bar. -Addio- disse, con tono minaccioso mentre mi allontanavo lentamente dal bancone. Lo fulminai con lo sguardo nonappena mi manco' di rispetto. Incrociai i suoi occhi, grandi, enormi, occhi grigi. Mi rilassai per un'attimo, mentre cercavo di non sbavare per i suoi occhi. Aveva la pelle abbronzata, labbra carnose e lo sguardo piuttosto minaccioso. Era alto, molto più alto di me, cosi' alto da intimidirmi. Ed era difficile intimidirmi. -In che posa vuoi che mi metta?- chiese, distraendomi dal suo viso. -Come scusa?- chiesi, confusa. -Per la foto che chiaramente vuoi farmi- disse, mi scappo' un ghigno, era più una piccola risata nervosa perché chiaramente aveva capito che ai miei occhi piaceva. -Parli cosi' a tutti i clienti o solo alle ragazze?- replicai, avevo tirato fuori le armi e non avrei lasciato un figlio di papà qualunque mancarmi di rispetto. Nessuno mi metteva i piedi in testa. -Sei riuscita a fare una frase di senso compito, brava. Ora puoi andartene, ti mandero' un premio per posta- ribatté, mi prese piuttosto alla sprovvista una persona cosi' maleducata non l'avevo mai vista prima. -Suppongo tu sia uno di quei ricchi figli di papà che si danno alla deep house, fanno crescere la barba e indossano berretti di lana con quaranta gradi all'ombra. Credo che i media li chiamino Hipster- dissi, mi divertivo in quel genere di situazione. -Ti avrei trattato mille volte meglio se tu non fossi cosi' fastidiosamente irritante

-Hai iniziato a fare lo stronzo prima che aprissi la...

-La tua faccia, irritante- disse, interrompendomi. Mi leccai le labbra e sistemai gli occhiali sul naso. -Posso parlare con il proprietario?- chiesi, incrociando le dita sperando che non fosse lui. -Eccolo- disse, sbuffai esasperata e tornai a combattere. -Lavori da solo qui?

-Cerchi lavoro, piccola?- chiese, sorridendo, il suo sorriso mi fece perdere un battito. Aveva delle splendide fossette e il suo viso si illuminava. Peccato avesse un pessimo carattere. -Si, tu non mi piaci- dissi. -Preferisco essere chiamata con il mio nome e non con uno stupido nomignolo sessista.

-E sarebbe? Piccola ragazzina irritante? Angelo della perdita di tempo?

-Oh questa era davvero divertente- dissi indifferente e fredda, lui prese uno straccio e ando' verso i tavoli. Io lo segui' praticamente disperata. -Non hai bisogno di una cameriera? Sono piuttosto brava.

-Sei una ragazza.

-Davvero? Come lo hai scoperto? Cosa mi ha tradita le tette o i capelli?- chiesi, in tono sarcastico, lui si fermo' e mi guardo' di nuovo con quello sguardo minaccioso. -Ingaggiare una ragazza mi creerebbe più problemi che altro. E nemmeno tu mi piaci.

 

-Non sono la figlia illegittima di Robert Hais, okey? Sono cresciuta nei bassi fondi dei bassi fondi di Detroit, so cavarmela da sola- ribattei, lui si sedette al tavolo e io mi sedetti davanti a lui. -Allora devi essere davvero forte, dimmi devo avere paura di te o..

-Senti, ho capito, ti irrito e va bene cosi' perché nemmeno tu sei tra le persone più simpatiche che abbia mai conosciuto quindi facciamo le persone adulte e parliamo di lavoro. Mettimi alla prova, posso lavorare per una settimana qui e se trovi che io possa farcela mi assumi altrimenti me ne vado- dissi, sperando di non sentirmi rispondere in modo sarcastico o scontroso. -Perché dovrei farlo?

-Perché mentre eri a prendere il ghiaccio, io avrei potuto rubare tutti i soldi nella cassa- risposi, lui guardo' verso l'alto e sospiro. -Una settimana e al minimo errore sei fuori- disse, sorrisi soddisfatta e annui'. -Che cosa devo fare?- chiesi, posando la borsa dietro al bancone. -Parlare meno sarebbe utile- rispose, lo guardai sperando che capisse quanto fosse seccante. -Ah, parlavi di lavoro. Stai dietro al bancone per ora, devo ancora assumere un cuoco quindi alla cucina ci devo pensare io. Sai qualcosa di alcolici?

-Si, posso cavarmela- risposi, lui si guardo' intorno e annui'. -Vado nel mio ufficio, suona il campanello se il locale si riempie e hai bisogno di una mano- disse, prima di sparire dietro ad una porta in legno. -Sono Sunshine comunque..

-Alex- disse, chiudendo la porta del suo ufficio.

 

I primi clienti iniziarono ad entrare, alcuni di loro si sedettero al bancone, servi' i loro ordini con velocità ed elganza. Ma le cose iniziarono a complicarsi quando il bar inizio' a riempirsi e non sapevo come fare a servire la gente al bancone e quella ai tavoli. Me la cavai piuttosto bene per una buona mezz'ora, il mio orgoglio mi impediva di chiamare Alex ma poi lo feci ragionare e premetti il campanello. -Quali tavoli non hai servito?- chiese, con voce bassa e aria annoiata. -Li ho serviti tutti ma inizia a riempirsi e non so come gestirli da sola- spiegai, lui prese un grembiule e se lo allaccio' attorno alla vita.

Preparai in fretta tutti i drink che Alex mi chiedeva di preparare, quando dimenticavo un'ingrediente cercavo in fretta su google e mi salvavo il culo.

-Che ci fa qui la ragazzina?- chiese, un uomo sulla quarantina con addosso una maglietta sporca. Quell'uomo mi ricordava la persona che odiavo di più al mondo e di conseguenza detestavo anche quel pover uomo. -E' in prova- rispose, indifferente Alex.

-Cerchi di ucciderla?- chiese il cliente, strinsi i pugni, le unghie si conficcarono nella pelle. Mi concentrai sulla forza, più premevo più mi faceva male e non pensavo alla rabbia. Funzionava. -Hai un fazzoletto?- chiesi, con voce bassa, Alex sposto' lo sguardo su di me e mi passo' un paio di tovaglioli. Apri' le mani e vidi del sangue, strinsi i tovaglioli e tornai con la testa sul bancone. -Guarda, Alex, sono solo le nove e sta già iniziando una rissa- disse il cliente, alzai la testa e guardai la sala. Due uomini si stavano picchiando, Alex scavalco' il bancone ma per qualche ragione non ando' verso la rissa. -Gestisci la situazione piccola- disse rivolgendosi a me, scossi la testa e mi alzai. Frugai nella borsa in cerca del mio teser coprato per difesa personale, lo strinsi e mi preparai a tutto. Andai verso gli uomini con passo lento e pesante, a pochi passi da loro caricai il teaser e diedi una scarica al primo. Il secondo cerco' di colpirmi ma io mi abbassai e gli scaricai duecento volt sullo stomaco. Cadde a terra e tremo' per una decina di secondi. Alex era al mio fianco e guardava gli uomini per terra confuso. -E' illegale se non sbaglio- disse, scrollai le spalle e sorrisi. -Ho gestito la situazione se non sbaglio- dissi, rimettendo il teaser nei pantaloni. -Stai sanguinando- disse, rivolgendo lo sguardo alle mie mani. -Ho le mie cose, sanguino dalle mani quando succede- risposi, fredda, mi capitava di dire cose stupide quando non mi piaceva la persona con cui parlavo.

-Piccola- disse Alex, mentre tornavo al bancone, mi fermai e mi voltai pronta a darli una scarica. -Sei dentro ma non ho intenzione di farti da babysitter- disse, sorrisi e sospirai felice di aver ottenuto il lavoro senza fare la settimana di prova.

Erano le due quando finii di lavare e sistemare i bicchieri, la serata era finita in tranquillità e aspettavo che Alex mi mandasse via. -Ti voglio qui alle sei domani- disse, mentre si metteva la giacca di pelle, lo guardai e annui' soddisfatta. Presi la mia roba e uscii mentre lui mi teneva la porta aperta, chiuse a chiave il locale e mi guardo'. -Sai dov'é la fermata dell'autobus?- chiesi, lui sorrise e scosse la testa. -Niente autobus dopo l'una- rispose, sbuffai e pensai a come sarei potuta tornare a casa. -Sali', ti riporto a casa- disse, indicando la sua auto. Era piuttosto autoritario come ragazzo ma ero autoritaria anche io. -Chiamero' un taxi, ci vediamo domani capo- dissi, andando verso la strada. -Siamo a Detroit e anche se sei irritante e non mi piaci non voglio avere il tuo cadavere sulla coscenza. Sali e dammi il tuo indirizzo- disse, aprendomi la portiera, sali' sulla Jeep nera nonostante non volessi passare un momento di più con quel ragazzo. -Abito sulla Helmway- dissi, allacciando la cintura, lui fece retromarcia e usci' dal parcheggio. -Con i tuoi?- chiese, fui sorpresa di quella domanda. Non pensavo volesse avere una conversazione civile con me o con qualunque altro essere umano. -Da sola- risposi, mantendo un muro di ghiaccio tra noi. -Per questo hai il teaser.

-No, lo usa per massaggiarmi i polpacci- replicai, lui mi lancio' un'occhiataccia e io deglutii leggermente intimidita. Il resto del viaggio fu silenzioso e imbarazzante, almeno per me. Mi lascio' davanti al mio condominio e non rimise in moto l'auto finché non mi vide entrare. Non era un bastardo infondo, era semplicemente uno stronzo. Per questo non andavamo d'accordo, lui era uno stronzo e io ero una..stronza. Pessima accoppiata.

 

Ero sdraiata a letto, erano più o meno le cinque e mezza, Lauren si passava lo smalto sulle unghie mentre io fissavo il soffitto. -Lavori stasera?- chiese, la guardai e sbuffando annui'. -Il tuo nuovo lavoro onesto non ti piace?- chiese, mi conosceva bene ed era ovvio che non mi piacesse il mio lavoro ma non per il fatto di fare la cameriera era più per colpa di Alex e a me non piaceva tutto quello che aveva a che fare con un essere umano. -Non é poi cosi' onesto considerando che quel tipo potrebbe essere un'assassino e potrei essere io la sua prima vittima.

-Che c'é che non va con il tuo capo?

-E' un pezzo di merda, una di quelle persone che ti rispondo ad una domanda con un'altra domanda. Costantemente sarcastico, freddo, sguardo sempre spento...

-Stai descrivendo te stessa o é solo una mia impressione?- chiese Lauren, le lanciai un cuscino che fu costretta a prendersi in pieno volto visto che aveva le unghie ancora umide. -L'unica cosa positiva di quel tipo é che é un bel ragazzo.

-Quanti anni ha?- chiese Lauren, ci pensai su per qualche secondo e poi ricordai che non eravamo amici per parlare d'età. -Un numero a due cifre?- chiesi, lei alzo' gli occhi al cielo. Era la quarta volta quel pomeriggio. -Hai detto che ti ha riaccompagnata a casa...quindi é premuroso.
-Sarebbe stato premuroso se fossimo nel Kansas e volesse semplicemente farmi un favore ma siamo a Detroit e qui se ti riaccompagnano a casa é solo scappare dal senso di colpa- replicai, lei sorrise e soffio' sulle dita per farle asciugare. Mi sdraiai sul letto e fissai il soffitto, iniziai a mordicchiarmi le unghie e a pensare. -Vorrei attaccare le foto di Hope e di mio padre lassu'- dissi, indicando il soffitto. Lauren guardo' in alto e sorrise malinconica. -Non credi che cosi' facendo..

-Forse é meglio iniziare da quelle di Hope- dissi, quando provai una stretta al cuore pensando a mio padre. -Ti do un passaggio al lavoro?- chiese Lauren, prendendo la sua roba, saltai giù dal letto e annui'.

Entrata al bar Alex mi fulmino' con lo sguardo. -Si prospetta una giornata da favola- borbottai, lui mi fulmino' di nuovo e i sorrisi in modo piuttosto forzato. Infilai le cuffie e feci partire la mia playlist. Puli' tutto il locale senza rivolgere parola ad Alex, e mi stava benissimo. Quando inizio' ad entrare la gente non fecimo altro che scambiarci le ordinazioni senza rivolgerci parola. E a fine giornata quando mi sedetti a terra esausta non mi disse niente. -Posso andare?- chiesi, sperando in una risposta concisa. -Devo solo finire un paio di email e poi ti riporto a casa- disse, sembrava più calmo di prima. -Non serve che mi riaccompagni ogni volta- replicai, lui alzo' lo sguardo verso di me. -E' l'ultima volta infatti.

-Bene.

-Bene- ripeté, prese la sua giacca e usci'. In macchina l'atmosfera era persino peggiore di quella del giorno prima, una stupida gara a chi piscia più lontano e anche se era stupida non avrei lasciato perdere.

Quando mi buttai sotto alle coperte dopo una bella doccia, strinsi a me l'orso di peluche preferito della mia sorellina e chiusi gli occhi sperando di dormire. Mi risvegliai di colpo quando il giorno più brutto della mia vita si trasformo' in un incubo. Lei era li', nella vasca da bagno, con i polsi dilagnati e lo sguardo assente.

Ero sudata, stanca e avevo il viso bagnato dalle mie stesse lacrime, mi trascinai in bagno e apri' l'acqua. Riempi' la vasca da bagno d'acqua fredda e mi infilai dentro ancora vestita, trattenni il respiro e restai sott'acqua per qualche secondo. Non mi rialzai fino a che inizio' a mancarmi l'aria. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la mia piccola Hope, nella posizione in cui mi trovavo io, con il suo sangue sparso per il bagno. Se fossi tornata a casa solo dieci minuti prima, probabilmente l'avrei salvata. Se non avessi dato retta a Callum, probabilmente io e lei vivremmo insieme, probabilmente lei sarebbe viva.

Restai in quella vasca fino al suono della mia sveglia, la svuotai e mi feci una doccia veloce. Indossai un paio di jeans e un maglione e usci' di casa con i capelli ancora bagnati. Sali' sull'autobus e infilai le cuffie, feci partire l'ultimo album dei Fall out boy e cercai di svuotare la mente. Di pensare a cose che non avessero a che fare con il mio passato, di pensare alle cose a cui pensano i giovani della mia età.

-Buongiorno mia dolce metà- esclamo' Lauren, porgendomi un caffé, sorrisi sperando di sembrare credibile e bevetti un sorso di quel nettare degli dei. -Come va?- chiesi, regolando il mio tono di voce sulla stessa frequenza di Lauren. -Bene, com'é andata ieri sera?

-Mi ha ordinato di non rivolgerli parola per tutta la durata del lavoro- risposi, lei alzo' le sopraciglia e apri' la bocca scioccata. -E' un bastardo!- esclamo', mentre mi accompagnava in classe. -Si, probabilmente- ribattei, le sorrisi ed entrai in classe. -Ci vediamo a pranzo- dissi, prima di chiudere la porta. Andai a sedermi al solito posto e poggiai la testa sul banco. -Vorrei che mi citiate il nome di alcuni grandi filosofi storici- disse il professor Brown, cercai di non addormentarmi perché la lezione sembrava importante. -Samuel Beckett?- chiese, dubbiosa una ragazza alle mie spalle. -Era uno scrittore e un poeta, non un filosofo- borbottai. -Oscar Wild.

-Nemmeno lui é considerato storico, chi sa dirmi il perché?

-Perché quando si parla di ''storici'' parliamo dei primi filosofi che hanno fatto poi la storia della filosofia. Socrate, Platone, Telete, i grechi insomma- risposi, senza alzare la testa dal banco. Il professore non aggiunse altro e continuo' la lezione. Presi qualche appunto e finita la lezione corsi in caffetteria a prendermi un'altra dose di caffeina. Arrivai alla lezione di giornalismo con cinque minuti di ritardo ma la professoressa non disse niente. La professoressa ci fece una lezione intera sui mass-media ma tentai di uccidermi conficcandomi la matita in un occhio solo dopo la prima mezz'ora.

-Guarda chi esce dalla classe di giornalismo- disse, una voce maschile alle mie spalle, mi voltai lentamente sperando che la faccia di quella persona non fosse quella che mi aspettavo che fosse. -Come stai Sunny?- chiese, in tono premuroso, sospirai e feci un passo indietro cercando di mettere più distanza possibile tra me e lui. Aveva tagliato i capelli dall'ultima volta che l'avevo visto, si era fatto crescere la barba ed era andato in palestra. -Sono stata meglio- risposi, lui annui' e si avvicino'. Incrociai le braccia e mi preparai a qualunque tipo di scontro. -Ho provato a chiamarti dopo quello che é successo..

-Ho bloccato il tuo numero- replicai, lui abbasso' lo sguardo e si passo' una mano tra i capelli. -Come sta il tuo caro amico Travis?- chiese, digrignando i denti e stringendo i pugni. -Mi ha chiesto di salutarti- risposi, fredda e indifferente. -Lo frequenti ancora?

-Non sono affari tuoi, Callum. In realtà ti ho già dedicato troppo tempo, la prossima volta che hai voglia di parlarmi sbatti la testa contro al muro e scommetto che tornerai a riflettere come si deve- risposi, prima di girare i tacchi ed andarmene. Durante la lezione di sociologia cercai di rimettere le cose al proprio posto e dimenticare di aver visto Callum. A pranzo ne parlai con Lauren che mi fece mille domande sul perché ce l'avessi cosi' tanto con lui nonostante il nostro ''passato''. -Non puoi capire- dissi, sperando di cambiare argomento. -Ho una buona notizia, sta sera hai un'appuntamento- disse, iniziai a sbattere dolcemente la testa contro al tavolo. -Non voglio uscire con nessun essere vivente di sesso maschile, ho avuto pessime esperienze con loro.

-Si, lo so ma non avevi ancora trovato l'uomo giusto. Probabilmente l'hai conosciuto,e non sto affando parlando di Callum, ma lo hai lasciato per ragioni stupide come fai sempre.

-Dire che non parli di Callum mi fa pensare che tu stia parlando di Callum- replicai, lei scosse la testa offesa. -E' un'appuntamento a quattro, io te e altri due ragazzi. Nessuna pressione se non ti piace puoi mandarlo a cagare- disse, dopo una lunga conversazione sull'appuntamento fini' per accettare.

 

Il giorno dopo, finite le lezioni tornammo a casa mia per preparaci per l'appuntamento. Avendo un lavoro non potevo uscire con loro la sera quindi decidemmo di andarci a prendere un gelato in città. Lauren inizio' a svuotare il mio armadio in cerca di qualcosa di sexy e femminile da farmi indossare. Era semplice routine per noi. Quando Callum mi chiese di uscire per la prima volta, Lauren mi invito' a casa sua alle tre del pomeriggio e né usci' solo alle sette, truccata, pettinata e vestita da lei. -Pensavo di non farti indossare dei tacchi perché rischieresti di essere più alta di lui e non a tutti i ragazzi piace- disse, mentre giacevo assente sul letto. -Ah é perché non vuoi far stare male lui, non é perché io subito dopo dovro' andare a lavorare come cameriera e con un paio di tacchi sarebbe molto scomodo.

-No, a nessuno importa di te, tesoro- scherzo', le lanciai un cuscino ma con la mia pessima mira cadde a un paio di centimetri da lei. -Che ne dici di andare sul casual?- chiese, lanciandomi dei vestiti. Un paio di pantaloncini di jeans, un crop top nero e una camicia in flanella. -Non viviamo in California.

-Ma il tempo non é niente male, non piove- disse, sbuffai e decisi di assecondarla. -Non pensavo avresti scelto cosi' in fretta.

-Devi lavorare dopo quindi ho pensato a qualcosa che mettesse in risalto i tuoi punti forti senza doverti far indossare abiti che chiamino gli stupratori.

-E quali sarebbero questi punti forti??

-Tette, culo, gambe- rispose, scoppiai a ridere e lei continuo' a fissarmi come se stessi ridendo senza una buona ragione. -Vestiti, dobbiamo uscire tra due ore.

-Giusto il tempo per guardarci un film- dissi, lei mi fulmino' con lo sguardo e mi alzai quasi per paura. Allacciai le converse bianche che mi costrinse ad indossare e mi buttai sul divano ad aspettare che lei finisse di prepararsi.

Sali' sull'auto di Lauren e sperai con tutto il cuore che andasse bene, ovviamente non avrei mai incontrato l'uomo della mia vita grazie ad un'appuntamento al buio organizzato per pietà ma speravo comunque di passare un pomeriggio tranquillo. Lauren diede appuntamento ai ragazzi davanti ad un centro commerciale, lei conosceva uno di loro quindi non ci saremmo guardate in torno alla ricerca di un ragazzo vestito di blu o di verde militare. Lauren ando' verso un ragazzo alto, muscoloso, biondo e con l'aria da figlio di papà. Accanto a lui c'era un ragazzo anche lui alto e muscoloso ma meno figlio di papà e più figlio di nerd. Indossava una felpa blu, una t-shirt degli

X-men e un paio di jeans scuri. Aveva occhi azzurro chiaro ed era carino. -Lauren?- chiese, il primo ragazzo avvicinandosi. -Paul, é un piacere rivederti- disse Lauren, con un sorriso, probabilmente quel Paul si era già innamorato di lei. -Lei é Sunny, la mia migliore amica- disse Lauren, presentandomi. -Preferisco essere chiamata Sunshine, piacere- dissi, stringendo la mano del primo e poi del secondo. -Logan, piacere mio- disse, con un sorriso. Guardai la sua maglietta e mi feci scappare un sorriso, poi pensai che magari nemmeno conosceva la copertina del fumetto da cui era tratta la sua maglietta e tornai ad essere fredda. -Siete di Detroit?- chiese Lauren, mentre entravamo nel centro commerciale. Fortunatamente c'era lei a gestire le conversazioni. -Siamo qui per gli studi.

-Quindi siete venuti in una delle città più pericolose dello stato per studiare?- chiesi, sorpresa, loro sorrisero anche se non capivo che cosa ci fosse di divertente. Ero seria. -I nostri genitori sono cattolici e hanno voluto mandarci in una delle migliori università cattoliche del Micchigan- disse Paul, alzai gli occhi al cielo e accellerai il passo. -Mi pare di aver capito che lavori- disse Logan, camminando alla mia stessa velocità. -Esatto- dissi, con indifferenza. -Che cosa fai?

-Cameriera, barista, cuoca..quello che mi chiedono di fare- risposi, senza rivolgerli lo sguardo. -E riesci a gestire li studi e il lavoro?
-Ci sono abituata- risposi, lui annui' e si fermo' con gli altri a prendere un gelato. -Tre gelati e un frozen yogurt- disse Lauren, alla cameriera, dopo aver dato i vari gusti i ragazzi guardarono Lauren. -A Sunny non piace il gelato- disse Lauren, cercando di trovare un'argomento di cui parlare visto e considerato che io non ero molto utile. -Ah no? Perché?- chiese Logan, sorrisi divertita dalla domanda. -Per il modo in cui la terra gira intorno al sole- risposi, Lauren sorrise ma poi si ricordo' che era un'appuntamento e inarco' le sopraciglia e mi fulmino' con lo sguardo. -Ha un senso dell'umorismo particolare- spiego' Lauren, le sorrisi e lei si trattenne dal ridere. -Da quanto vi conoscete?

-Dodici anni- risposi, guardandola, lei sorrise annuendo. -Gli psicologi dicono che se un'amicizia dura per più di sette anni allora durerà tutta la vita- disse Paul, mi mordetti il labbro inferiore e mi trattenni dal parlare. -Sunny, non sono quei cartoni che leggi quando hai voglia di sentirti maschio?- chiese Lauren, indicando la maglietta di Logan. -Si chiamano fumetti, Lauren.

-Lo so ma é più divertente cosi'- replico', Logan mi guardo' con gli occhi luminosi e un sorriso. -Leggi fumetti?- chiese, rivolgendomi tutta la sua attenzione. -Fumetti Marvel più che altro- risposi, lui sorrise di nuovo e si avvicino' con la sedia a me. -Eroe preferito?

-Xavier e tutti gli Xmen- risposi, lui alzo' la mano e aspetto' che gli battessi il cinque.

Per il resto dell'appuntamento parlammo di film e fumetti, fu piuttosto interessante ma non poi cosi' interessante. Prima di salutarli ci scambiammo i numeri di telefono anche se ero sicura che non l'avrei più rivisto. Lauren mi lascio' al lavoro e io mi preparai mentalmente ad affrontare Alex e i suoi sbalzi d'umore.

 

Capitolo 1-

 

Il tempo era piuttosto umido quel giorno e quella fu una delle ragioni per cui non stavo prendendo a testate il muro. Ero seduta accanto alla finestra e guardavo fuori con lo sguardo spento e l'aria stanca. -Coraggio! C'é la puoi fare- disse Lauren, avvicinandosi con un sorriso e due tazze di caffé tra le mani. -Se l'universo fosse dalla mia parte probabilmente ora sarei eccitata perché mi starei preparando per la prima lezione del semestre a Yale. New Haven, Connetticut- dissi, prendendole una tazza dalle mani. -Oh, ora so perché non ho la fortuna di essere a Yale. Ho peccato cosi' tanto nella mia vita che non posso nemmeno avvicinarmi ad una città che abbia la parola ''paradiso'' nel nome- aggiunsi, prima di bere un sorso di caffé. Lauren sorrise e si sedette accanto a me cercando di confortarmi. -Cerca di guardare il lato positivo di questa storia- disse Lauren, la fulminai con lo sguardo prima di ascoltare i suoi ''lati positivi''. -L'università non ci ha divise, passeremo altri cinque insieme e poi ci aspetterà una vita di avventure. Ho sempre avuto paura che tu potessi partire per un'università della Ivy League e che questo potesse dividerci. E' un pensiero piuttosto egoista ma sono contenta che tu sia qui..- disse, serrando le labbra. -Non ti abituare al caffé mattutino, sono venuta solo perché ero certa che ti avrei trovata di pessimo umore e speravo di addolcirti prima di vederti commettere un omicidio- disse, aprendo il mio armadio. Portai le ginocchia al petto e mi rannicchiai sul divano, non avevo alcuna voglia di vestirmi per andare a quello stupido college statale. -Sai cosa vuol dire stare a Detroit?- chiesi, Lauren sbuffo' e si giro' verso di me. -Travis, Brad, Luke, Rebecca, Sarah.....

-Sei un'adulta ora, vivi da sola, non puoi aver paura di incontrare certe persone. Anche se avrei paura di incontrare Travis anche io se fossi in te- replico' Lauren, mi alzai e trascinai il mio corpo al bagno. Mi feci una doccia sperando di riuscire a svegliarmi e tornai in camera. -Ti ricordo che devi trovarti un lavoro- disse Lauren, a volte la vedevo più come un'agenda che come un'amica. -Si, mi sono segnata qualche bar, ci andro' dopo le lezioni- dissi, infilandomi la biancheria. Lauren mi lancio' un paio di jeans neri e un maglione mostarda. Dopo essermi vestita, buttai giù in un sorso tutto il caffé che era rimasto nella tazza. Infilai nello zaino un paio di libri da leggere in caso di noia e un bloc notes. Mi asciugai i capelli e infilai gli occhiali da vista. -Non spreco le lenti solo per una stupida università statale- dissi, uscendo dall'appartamento seguita da Lauren. Salimmo sulla sua auto, una Range Rover bianca nuova di zecca. I suoi genitori gliel'avevano comprata come regalo di diploma. I miei avevano deciso di cacciarmi di casa, invece. -Com'é vivere da sola?- chiese Lauren, poggiai la testa contro al finestrino e sospirai. -Tranquillo, faccio molte conversazioni con le mie altre personalità e ora che vivo da sola posso farle ad alta voce- risposi, Lauren sorrise e scosse la testa. -Parlo sul serio, non ti senti sola?

-Tengo la tv e il pc accesi contemporaneamente per non sentirmi sola- risposi, giro' il volante verso destra e si infilo' nel parcheggio del campus. -E credi di potercela fare? Pagare l'affitto e tutto il resto intendo.

-Certo, ho messo insieme molto soldi in questi anni e so che pensi che io li abbia spesi tutti durante le vacanze che abbiamo fatto quest'estate ma erano molti più di quanto tu creda- risposi, lei assunse un'espressione preoccupata perché sapeva come mi ero procurata quel denaro. -Dovro' comprarti un sistema dall'allarme per quell'appartamento- disse, mentre cercava la sua borsa, chiusi la portiera dell'auto e lei fece scattare la chiusura automatica. -Perché?

-Perché é uno dei quartieri più pericolosi di tutta Detroit e tu sei sola. Se vivessi io da sola probabilmente non riuscirei ad intimidire nessuno- rispose. Lauren era la classica bella ragazza, occhi scuri e misteriosi, labbra morbide, lunghi capelli castani, un sorriso angelico, una personalità adorabile. Io invece ero di dieci centimetri alta, avevo occhi blu poco attraenti ma molto inquietanti, avevo i capelli corti, neri. Avevo un piercing tra il labbro superiore e il naso, qualche tatuaggio e un metro e settantacinque di gambe. Ero piuttosto brava ad intimidire le persone, grazie alla mia personalità simile a quella di un serial killer. -Staro' bene, ho le mie conoscenze- scherzai, facendole l'occhiolino. -Fai come tutte le persone normali, quando non ti senti al sicuro chiama la polizia invece di chiamare una delle tue conoscenze.

-Oppure compro illegalmente una pistola e la tengo sotto al cuscino- dissi, Lauren mi fulmino' con lo sguardo e io scoppiai a ridere. -Ci vediamo qui dopo la lezione?- chiese Lauren, annui' e corsi verso l'aula di sociologia. Apri' la porta dell'aula e sperai di non essere troppo in ritardo. -Per un pelo, signorina- disse l'insegnante, vedendomi entrare, annui' e andai a sedermi il più lontano possibile dagli altri esseri umani. L'insegnante per un'ora parlo solo di interessi e valori, ci spiego pi o meno quello che avremmo fatto durante quel semestre e ci libero'. Fu piuttosto noioso ma non potevo aspettarmi grandi lezioni d'ispirazione in una stupida università statale.

Andai al punto d'incontro e mi sedetti a terra ad aspettare Lauren, presi un libro dalla borsa e iniziai a leggere. La gente mi passava accanto e mi guardava curiosa, ero seduta per terra davanti ad una caffetteria e allora?

-Eccomi, scusa- disse Lauren, progendomi la mano, infilai il libro in borsa e le strinsi la mano cercando di rialzarmi. -Com'é andata?- chiesi, Lauren sorrise e mi diede una pacca sulle spalle. -Bene!- disse, arricciai il naso e alzai gli occhi al cielo. -A te?- chiese, la guardai e prima di poter parlare lei mi interruppe. -Non dirmelo, lo so- disse, -noioso, prevedibile, avrei fatto di meglio e non sono nemmeno un'insegnante- aggiunse imitando la mia voce. -Sono davvero cosi' prevedibile?- chiesi, sorpresa del modo in cui aveva azzeccato ogni parola. -No, sei davvero cosi' arrogante- replico', con un sorriso, la spinsi scuotendo la testa. -Ok, ora devo correre alla lezione di filosofia. Spero di fare in ritardo e salvarmi citando Socrate- dissi, facendole un'occhiolino. Presi la mappa della scuola dallo zaino e cercai di orientarmi senza rallentare il passo. Quando individuai la classe corsi più velocemente rischiando di ritrovarmi più volte faccia a terra a causa del mio scarso equilibro. Dopo aver attraversato il campus, aver dato spallate a destra e sinistra riusci' a raggiungere l'aula trecentotre del professor Brown. Apri' la porta e mi piegai per riprendere fiato, senti' dei risolini fastidiosi da parte del resto della classe ma feci finta di niente. -Buongiorno!- disse l'insegnante, con voce piuttosto eccitata. Mi rialzai e guardai il professore, era un uomo di bell'aspetto. Alto, capelli scuri, occhi verdi, barba e occhiali da intellettuale sul naso. Non mi aspettavo di vedere quel tipo di professore per un corso di filosofia. -Salve- dissi, salendo le scale verso i banchi infondo alla classe. -Puo' fermarsi li' signorina...

-Evans- risposi, fermandomi, lui mi fece cenno di scendere e io sbuffai pensando a quello che mi volesse dire. -Signorina Evans..- disse, guardando un foglio. -Sunshine Evans, perché é in ritardo alla prima lezione del semestre?

-Mi piace leggere- risposi, lui inclino' la testa e mi guardo' perplesso. -Dopo la lezione di sociologia mi sono fermata a leggere e ho perso la cognizione del tempo.

-Bene, prima di perdere altro tempo continuero' la lezione da dove siamo stati interrotti- disse, ignorandomi completamente, feci per sedermi ma venni richiamata dall'insegnante. -Non ho detto che poteva sedersi..

-Vuole che resti in piedi per tutta l'ora?

-Puo' darsi...se non le sta bene puo' correre fuori dalla classe e non presentarsi più alle mie lezioni- rispose l'insegnante, alzai gli occhi al cielo e digrignai i denti. -Se siete qui, in questo determinato corso consideratevi fortunati- disse il professor Brown, qualcuno infondo alla classe chiese il perché e io mi trattenni dal ridere considerando che sarei potuta essere al corso di filosofia in una classe a Yale. -Grazie di averlo chiesto. Perché? Perché io sono gran bravo insegnante e sono cosi' bravo che vengo pagato più di chiunque altro insegnante universitario di trent'anni. Ho lavorato in molte università della Ivy League e ora sono qui in uno stupido college statale perché voglio creare i nuovi Ernest Hemingway- disse, non riusci' a trattenermi per molto tempo e mi scappo' una risata. Il professore mi guardo' e sorrise. -La signorina Evans probabilmente starà ridendo perché crede che voi non siate abbastanza perché siete qui e non in un'università della Ivy League o ad Oxford, o a Cambridge. Siete qui a Detroit e quindi non valete abbastanza. Ma é qui che si sbaglia la signorina Evans perché tutti voi siete stati scelti da me, in base ai vostri voti, ai vostri saggi d'ammissione e in base alle risposte dei vari college a cui avete fatto domanda- disse, cogliendomi di sorpresa, sospirai. -Prendiamo ad esempio la nostra amica Evans, lei é stata ammessa a cinque delle università della Ivy League. La signiorina Evans é una delle persone più arroganti che abbia mai visto e sapete perché? Vuole spiegarcelo lei, signorina?- chiese, scoppiai a ridere e iniziai a pensare di essere davvero arrogante vista la situazione. -Non ho avuto il tempo di mostrarle la mia arroganza, professor Brown, quindi non saprei a che cosa si riferisce ora come ora- risposi, posando la borsa a terra. -La signorina Evans prima di fare domanda a questo college ha fatto domanda ai college più costosi del paese.

-Ed é per questo che mi considera arrogante?

-No, questo dimostra solo che é molto sicura di se. Ho letto il saggio che ha mandato a queste scuole e che secondo me l'hanno ammessa solo per il modo in cui l'ha scritto e per il contenuto. Perché considerato il suo curriculum, signorina Evans, lei non dovrebbe nemmeno trovarsi qui. La vostra compagna di classe é arrogante perché quando ha capito di non potersi permettere nessuno di questi grandi college ha fatto domanda qui ma non ha mandato il saggio che ha mandato alle altre scuole, ne ha mandato uno meno elaborato, meno studiato, meno interessante del primo. Questo perché?

-Perché chiunque puo' entrare in un college statale, il contenuto del saggio vale poco e quindi ho mandato materiale più scadente. Sinceramente? Avrei poututo scrivere di peggio, la Mary Groove dovrebbe sentirsi fortunata ad avermi ed é per questo che mi considero arrogante- risposi, l'insegnante annui' sorridendo. -Non vergognartene, Evans. Tutti i più grandi filosofi erano un po' arroganti.

-L'arroganza é la mia unica qualità, signore- replicai, la classe scoppio a ridere. Dopo un paio di minuti spesi a parlare di me e della mia vita, cosa che non mi piaceva, il professor Brown mi disse che potevo sedermi. La lezione fu molto interessante, il professor Brown amava farci rispondere e scommetto che amasse anche sentire le risposte stupide di alcuni studenti. -Prima di andarvene- disse, il professore dopo il suono della campanella. -Chi sa dirmi chi ha detto questa frase: ''il filosofo scrive cose che non capisci, poi ti fa credere che sia colpa tua''?- chiese, lo guardammo tutti perplessi non sapendo perché ci stesse facendo quella domanda. -Alzate la mano se lo sapete- aggiunse, quasi tutta la classe alzo' la mano, me compresa. -Abbassate le mani- disse, si guardo' intorno. -Samuel Beckett- disse, lo guardai confusa sapendo che si era sbagliato. -Siete tutti d'accordo?- chiesi, alla classe alzandomi. -Lei no, signorina Evans?- chiese, il professore, scossi la testa. -Quanti di voi non sono d'accordo?- chiese, il professore, alcuni alunni alzarono la mano timidamente e il professore mi guardo'. -Chi ha detto questa frase allora?- chiese, rivolgendosi a me. -Spero per te sia giusto altrimenti tutti quelli che hanno alzato la mano due secondi fa finiranno nella popo a causa tua.

-Boris Makaresko e ne sono piuttosto sicura- dissi, guardando le persone che avevano alzato la mano in disaccordo con il professore. -Bene! Le persone che hanno osato contraddirmi, non dovranno scrivermi un saggio sull'impatto della filosofia ai giorni nostri, tutti gli altri caproni...voglio vederlo entro venerdi' sulla mia scrivania- disse, con tono minaccioso. Sorrisi soddisfatta di me stessa e usci' dalla classe con orgoglio. -Sei stata gradiosa, Evans- disse, un ragazzo uscendo dopo di me. -Grazie a te la mia vita é meno pesante- disse, sorridendomi, serrai le labbra annuendo indifferente. -Mi chiamo Mike- disse, porgendomi la mano, la strinsi contro voglia. -Io sono 'non mi interessa', é un piacere- dissi, abbozzando un sorriso. Lui roteo' gli occhi e se ne ando' dandomi della stronza. L'arroganza era la mia unica qualità, poco ma sicuro.

-Con chi parlavi?- chiese Lauren, presi un chewingam e lo infilai in bocca. -Un fan- risposi, lei alzo' gli occhi al cielo e mi spinse. -Hai lezione o possiamo andare a cercare qualcosa da mangiare?- chiese Lauren. -Cinese?- chiese, -messicano?- replicai. -Non mi va di puzzare di cipolla per il resto della giornata.

-A me non va il maiale- replicai, lei mi guardo' e alzo' le sorpaciglia. -Giapponese?

-E che puzza di pesce sia- risposi, lei sorrise.

Tornammo a lezione verso del tre del pomeriggio e alle sei avevamo entrambe finito. Chiesi a Lauren di darmi un passaggio ad un bar che avevo trovato su internet. -Come farai a tornare?- chiese, con tono preoccupato. -Prendero' l'autobus o chiamero' un taxi, dipende da quanto ricca mi sentiro' una volta uscita da questo posto- scherzai, lei sorrise e mi saluto'. Presi la borsa e le feci l'occhiolino prima di scendere dall'auto. Sull'insegna del bar c'era scritto ''La Dea delle Luna'', sembrava uno di quei bar vecchio stile, rustici, vintage. All'interno c'erano un paio di uomini seduti a bere al bancone, non vidi nessun cameriere o barista cosi' iniziai a curiosare in giro. -Vuoi una mano?- chiese, un ragazzo mentre guardavo dietro al bancone e leggevo le etichette delle bottiglie di bourbon. -Salve- dissi, sperando con tutto il cuore che non fosse lui il proprietario del bar. -Addio- disse, con tono minaccioso mentre mi allontanavo lentamente dal bancone. Lo fulminai con lo sguardo nonappena mi manco' di rispetto. Incrociai i suoi occhi, grandi, enormi, occhi grigi. Mi rilassai per un'attimo, mentre cercavo di non sbavare per i suoi occhi. Aveva la pelle abbronzata, labbra carnose e lo sguardo piuttosto minaccioso. Era alto, molto più alto di me, cosi' alto da intimidirmi. Ed era difficile intimidirmi. -In che posa vuoi che mi metta?- chiese, distraendomi dal suo viso. -Come scusa?- chiesi, confusa. -Per la foto che chiaramente vuoi farmi- disse, mi scappo' un ghigno, era più una piccola risata nervosa perché chiaramente aveva capito che ai miei occhi piaceva. -Parli cosi' a tutti i clienti o solo alle ragazze?- replicai, avevo tirato fuori le armi e non avrei lasciato un figlio di papà qualunque mancarmi di rispetto. Nessuno mi metteva i piedi in testa. -Sei riuscita a fare una frase di senso compito, brava. Ora puoi andartene, ti mandero' un premio per posta- ribatté, mi prese piuttosto alla sprovvista una persona cosi' maleducata non l'avevo mai vista prima. -Suppongo tu sia uno di quei ricchi figli di papà che si danno alla deep house, fanno crescere la barba e indossano berretti di lana con quaranta gradi all'ombra. Credo che i media li chiamino Hipster- dissi, mi divertivo in quel genere di situazione. -Ti avrei trattato mille volte meglio se tu non fossi cosi' fastidiosamente irritante

-Hai iniziato a fare lo stronzo prima che aprissi la...

-La tua faccia, irritante- disse, interrompendomi. Mi leccai le labbra e sistemai gli occhiali sul naso. -Posso parlare con il proprietario?- chiesi, incrociando le dita sperando che non fosse lui. -Eccolo- disse, sbuffai esasperata e tornai a combattere. -Lavori da solo qui?

-Cerchi lavoro, piccola?- chiese, sorridendo, il suo sorriso mi fece perdere un battito. Aveva delle splendide fossette e il suo viso si illuminava. Peccato avesse un pessimo carattere. -Si, tu non mi piaci- dissi. -Preferisco essere chiamata con il mio nome e non con uno stupido nomignolo sessista.

-E sarebbe? Piccola ragazzina irritante? Angelo della perdita di tempo?

-Oh questa era davvero divertente- dissi indifferente e fredda, lui prese uno straccio e ando' verso i tavoli. Io lo segui' praticamente disperata. -Non hai bisogno di una cameriera? Sono piuttosto brava.

-Sei una ragazza.

-Davvero? Come lo hai scoperto? Cosa mi ha tradita le tette o i capelli?- chiesi, in tono sarcastico, lui si fermo' e mi guardo' di nuovo con quello sguardo minaccioso. -Ingaggiare una ragazza mi creerebbe più problemi che altro. E nemmeno tu mi piaci.

 

-Non sono la figlia illegittima di Robert Hais, okey? Sono cresciuta nei bassi fondi dei bassi fondi di Detroit, so cavarmela da sola- ribattei, lui si sedette al tavolo e io mi sedetti davanti a lui. -Allora devi essere davvero forte, dimmi devo avere paura di te o..

-Senti, ho capito, ti irrito e va bene cosi' perché nemmeno tu sei tra le persone più simpatiche che abbia mai conosciuto quindi facciamo le persone adulte e parliamo di lavoro. Mettimi alla prova, posso lavorare per una settimana qui e se trovi che io possa farcela mi assumi altrimenti me ne vado- dissi, sperando di non sentirmi rispondere in modo sarcastico o scontroso. -Perché dovrei farlo?

-Perché mentre eri a prendere il ghiaccio, io avrei potuto rubare tutti i soldi nella cassa- risposi, lui guardo' verso l'alto e sospiro. -Una settimana e al minimo errore sei fuori- disse, sorrisi soddisfatta e annui'. -Che cosa devo fare?- chiesi, posando la borsa dietro al bancone. -Parlare meno sarebbe utile- rispose, lo guardai sperando che capisse quanto fosse seccante. -Ah, parlavi di lavoro. Stai dietro al bancone per ora, devo ancora assumere un cuoco quindi alla cucina ci devo pensare io. Sai qualcosa di alcolici?

-Si, posso cavarmela- risposi, lui si guardo' intorno e annui'. -Vado nel mio ufficio, suona il campanello se il locale si riempie e hai bisogno di una mano- disse, prima di sparire dietro ad una porta in legno. -Sono Sunshine comunque..

-Alex- disse, chiudendo la porta del suo ufficio.

 

I primi clienti iniziarono ad entrare, alcuni di loro si sedettero al bancone, servi' i loro ordini con velocità ed elganza. Ma le cose iniziarono a complicarsi quando il bar inizio' a riempirsi e non sapevo come fare a servire la gente al bancone e quella ai tavoli. Me la cavai piuttosto bene per una buona mezz'ora, il mio orgoglio mi impediva di chiamare Alex ma poi lo feci ragionare e premetti il campanello. -Quali tavoli non hai servito?- chiese, con voce bassa e aria annoiata. -Li ho serviti tutti ma inizia a riempirsi e non so come gestirli da sola- spiegai, lui prese un grembiule e se lo allaccio' attorno alla vita.

Preparai in fretta tutti i drink che Alex mi chiedeva di preparare, quando dimenticavo un'ingrediente cercavo in fretta su google e mi salvavo il culo.

-Che ci fa qui la ragazzina?- chiese, un uomo sulla quarantina con addosso una maglietta sporca. Quell'uomo mi ricordava la persona che odiavo di più al mondo e di conseguenza detestavo anche quel pover uomo. -E' in prova- rispose, indifferente Alex.

-Cerchi di ucciderla?- chiese il cliente, strinsi i pugni, le unghie si conficcarono nella pelle. Mi concentrai sulla forza, più premevo più mi faceva male e non pensavo alla rabbia. Funzionava. -Hai un fazzoletto?- chiesi, con voce bassa, Alex sposto' lo sguardo su di me e mi passo' un paio di tovaglioli. Apri' le mani e vidi del sangue, strinsi i tovaglioli e tornai con la testa sul bancone. -Guarda, Alex, sono solo le nove e sta già iniziando una rissa- disse il cliente, alzai la testa e guardai la sala. Due uomini si stavano picchiando, Alex scavalco' il bancone ma per qualche ragione non ando' verso la rissa. -Gestisci la situazione piccola- disse rivolgendosi a me, scossi la testa e mi alzai. Frugai nella borsa in cerca del mio teser coprato per difesa personale, lo strinsi e mi preparai a tutto. Andai verso gli uomini con passo lento e pesante, a pochi passi da loro caricai il teaser e diedi una scarica al primo. Il secondo cerco' di colpirmi ma io mi abbassai e gli scaricai duecento volt sullo stomaco. Cadde a terra e tremo' per una decina di secondi. Alex era al mio fianco e guardava gli uomini per terra confuso. -E' illegale se non sbaglio- disse, scrollai le spalle e sorrisi. -Ho gestito la situazione se non sbaglio- dissi, rimettendo il teaser nei pantaloni. -Stai sanguinando- disse, rivolgendo lo sguardo alle mie mani. -Ho le mie cose, sanguino dalle mani quando succede- risposi, fredda, mi capitava di dire cose stupide quando non mi piaceva la persona con cui parlavo.

-Piccola- disse Alex, mentre tornavo al bancone, mi fermai e mi voltai pronta a darli una scarica. -Sei dentro ma non ho intenzione di farti da babysitter- disse, sorrisi e sospirai felice di aver ottenuto il lavoro senza fare la settimana di prova.

Erano le due quando finii di lavare e sistemare i bicchieri, la serata era finita in tranquillità e aspettavo che Alex mi mandasse via. -Ti voglio qui alle sei domani- disse, mentre si metteva la giacca di pelle, lo guardai e annui' soddisfatta. Presi la mia roba e uscii mentre lui mi teneva la porta aperta, chiuse a chiave il locale e mi guardo'. -Sai dov'é la fermata dell'autobus?- chiesi, lui sorrise e scosse la testa. -Niente autobus dopo l'una- rispose, sbuffai e pensai a come sarei potuta tornare a casa. -Sali', ti riporto a casa- disse, indicando la sua auto. Era piuttosto autoritario come ragazzo ma ero autoritaria anche io. -Chiamero' un taxi, ci vediamo domani capo- dissi, andando verso la strada. -Siamo a Detroit e anche se sei irritante e non mi piaci non voglio avere il tuo cadavere sulla coscenza. Sali e dammi il tuo indirizzo- disse, aprendomi la portiera, sali' sulla Jeep nera nonostante non volessi passare un momento di più con quel ragazzo. -Abito sulla Helmway- dissi, allacciando la cintura, lui fece retromarcia e usci' dal parcheggio. -Con i tuoi?- chiese, fui sorpresa di quella domanda. Non pensavo volesse avere una conversazione civile con me o con qualunque altro essere umano. -Da sola- risposi, mantendo un muro di ghiaccio tra noi. -Per questo hai il teaser.

-No, lo usa per massaggiarmi i polpacci- replicai, lui mi lancio' un'occhiataccia e io deglutii leggermente intimidita. Il resto del viaggio fu silenzioso e imbarazzante, almeno per me. Mi lascio' davanti al mio condominio e non rimise in moto l'auto finché non mi vide entrare. Non era un bastardo infondo, era semplicemente uno stronzo. Per questo non andavamo d'accordo, lui era uno stronzo e io ero una..stronza. Pessima accoppiata.

 

Ero sdraiata a letto, erano più o meno le cinque e mezza, Lauren si passava lo smalto sulle unghie mentre io fissavo il soffitto. -Lavori stasera?- chiese, la guardai e sbuffando annui'. -Il tuo nuovo lavoro onesto non ti piace?- chiese, mi conosceva bene ed era ovvio che non mi piacesse il mio lavoro ma non per il fatto di fare la cameriera era più per colpa di Alex e a me non piaceva tutto quello che aveva a che fare con un essere umano. -Non é poi cosi' onesto considerando che quel tipo potrebbe essere un'assassino e potrei essere io la sua prima vittima.

-Che c'é che non va con il tuo capo?

-E' un pezzo di merda, una di quelle persone che ti rispondo ad una domanda con un'altra domanda. Costantemente sarcastico, freddo, sguardo sempre spento...

-Stai descrivendo te stessa o é solo una mia impressione?- chiese Lauren, le lanciai un cuscino che fu costretta a prendersi in pieno volto visto che aveva le unghie ancora umide. -L'unica cosa positiva di quel tipo é che é un bel ragazzo.

-Quanti anni ha?- chiese Lauren, ci pensai su per qualche secondo e poi ricordai che non eravamo amici per parlare d'età. -Un numero a due cifre?- chiesi, lei alzo' gli occhi al cielo. Era la quarta volta quel pomeriggio. -Hai detto che ti ha riaccompagnata a casa...quindi é premuroso.
-Sarebbe stato premuroso se fossimo nel Kansas e volesse semplicemente farmi un favore ma siamo a Detroit e qui se ti riaccompagnano a casa é solo scappare dal senso di colpa- replicai, lei sorrise e soffio' sulle dita per farle asciugare. Mi sdraiai sul letto e fissai il soffitto, iniziai a mordicchiarmi le unghie e a pensare. -Vorrei attaccare le foto di Hope e di mio padre lassu'- dissi, indicando il soffitto. Lauren guardo' in alto e sorrise malinconica. -Non credi che cosi' facendo..

-Forse é meglio iniziare da quelle di Hope- dissi, quando provai una stretta al cuore pensando a mio padre. -Ti do un passaggio al lavoro?- chiese Lauren, prendendo la sua roba, saltai giù dal letto e annui'.

Entrata al bar Alex mi fulmino' con lo sguardo. -Si prospetta una giornata da favola- borbottai, lui mi fulmino' di nuovo e i sorrisi in modo piuttosto forzato. Infilai le cuffie e feci partire la mia playlist. Puli' tutto il locale senza rivolgere parola ad Alex, e mi stava benissimo. Quando inizio' ad entrare la gente non fecimo altro che scambiarci le ordinazioni senza rivolgerci parola. E a fine giornata quando mi sedetti a terra esausta non mi disse niente. -Posso andare?- chiesi, sperando in una risposta concisa. -Devo solo finire un paio di email e poi ti riporto a casa- disse, sembrava più calmo di prima. -Non serve che mi riaccompagni ogni volta- replicai, lui alzo' lo sguardo verso di me. -E' l'ultima volta infatti.

-Bene.

-Bene- ripeté, prese la sua giacca e usci'. In macchina l'atmosfera era persino peggiore di quella del giorno prima, una stupida gara a chi piscia più lontano e anche se era stupida non avrei lasciato perdere.

Quando mi buttai sotto alle coperte dopo una bella doccia, strinsi a me l'orso di peluche preferito della mia sorellina e chiusi gli occhi sperando di dormire. Mi risvegliai di colpo quando il giorno più brutto della mia vita si trasformo' in un incubo. Lei era li', nella vasca da bagno, con i polsi dilagnati e lo sguardo assente.

Ero sudata, stanca e avevo il viso bagnato dalle mie stesse lacrime, mi trascinai in bagno e apri' l'acqua. Riempi' la vasca da bagno d'acqua fredda e mi infilai dentro ancora vestita, trattenni il respiro e restai sott'acqua per qualche secondo. Non mi rialzai fino a che inizio' a mancarmi l'aria. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la mia piccola Hope, nella posizione in cui mi trovavo io, con il suo sangue sparso per il bagno. Se fossi tornata a casa solo dieci minuti prima, probabilmente l'avrei salvata. Se non avessi dato retta a Callum, probabilmente io e lei vivremmo insieme, probabilmente lei sarebbe viva.

Restai in quella vasca fino al suono della mia sveglia, la svuotai e mi feci una doccia veloce. Indossai un paio di jeans e un maglione e usci' di casa con i capelli ancora bagnati. Sali' sull'autobus e infilai le cuffie, feci partire l'ultimo album dei Fall out boy e cercai di svuotare la mente. Di pensare a cose che non avessero a che fare con il mio passato, di pensare alle cose a cui pensano i giovani della mia età.

-Buongiorno mia dolce metà- esclamo' Lauren, porgendomi un caffé, sorrisi sperando di sembrare credibile e bevetti un sorso di quel nettare degli dei. -Come va?- chiesi, regolando il mio tono di voce sulla stessa frequenza di Lauren. -Bene, com'é andata ieri sera?

-Mi ha ordinato di non rivolgerli parola per tutta la durata del lavoro- risposi, lei alzo' le sopraciglia e apri' la bocca scioccata. -E' un bastardo!- esclamo', mentre mi accompagnava in classe. -Si, probabilmente- ribattei, le sorrisi ed entrai in classe. -Ci vediamo a pranzo- dissi, prima di chiudere la porta. Andai a sedermi al solito posto e poggiai la testa sul banco. -Vorrei che mi citiate il nome di alcuni grandi filosofi storici- disse il professor Brown, cercai di non addormentarmi perché la lezione sembrava importante. -Samuel Beckett?- chiese, dubbiosa una ragazza alle mie spalle. -Era uno scrittore e un poeta, non un filosofo- borbottai. -Oscar Wild.

-Nemmeno lui é considerato storico, chi sa dirmi il perché?

-Perché quando si parla di ''storici'' parliamo dei primi filosofi che hanno fatto poi la storia della filosofia. Socrate, Platone, Telete, i grechi insomma- risposi, senza alzare la testa dal banco. Il professore non aggiunse altro e continuo' la lezione. Presi qualche appunto e finita la lezione corsi in caffetteria a prendermi un'altra dose di caffeina. Arrivai alla lezione di giornalismo con cinque minuti di ritardo ma la professoressa non disse niente. La professoressa ci fece una lezione intera sui mass-media ma tentai di uccidermi conficcandomi la matita in un occhio solo dopo la prima mezz'ora.

-Guarda chi esce dalla classe di giornalismo- disse, una voce maschile alle mie spalle, mi voltai lentamente sperando che la faccia di quella persona non fosse quella che mi aspettavo che fosse. -Come stai Sunny?- chiese, in tono premuroso, sospirai e feci un passo indietro cercando di mettere più distanza possibile tra me e lui. Aveva tagliato i capelli dall'ultima volta che l'avevo visto, si era fatto crescere la barba ed era andato in palestra. -Sono stata meglio- risposi, lui annui' e si avvicino'. Incrociai le braccia e mi preparai a qualunque tipo di scontro. -Ho provato a chiamarti dopo quello che é successo..

-Ho bloccato il tuo numero- replicai, lui abbasso' lo sguardo e si passo' una mano tra i capelli. -Come sta il tuo caro amico Travis?- chiese, digrignando i denti e stringendo i pugni. -Mi ha chiesto di salutarti- risposi, fredda e indifferente. -Lo frequenti ancora?

-Non sono affari tuoi, Callum. In realtà ti ho già dedicato troppo tempo, la prossima volta che hai voglia di parlarmi sbatti la testa contro al muro e scommetto che tornerai a riflettere come si deve- risposi, prima di girare i tacchi ed andarmene. Durante la lezione di sociologia cercai di rimettere le cose al proprio posto e dimenticare di aver visto Callum. A pranzo ne parlai con Lauren che mi fece mille domande sul perché ce l'avessi cosi' tanto con lui nonostante il nostro ''passato''. -Non puoi capire- dissi, sperando di cambiare argomento. -Ho una buona notizia, sta sera hai un'appuntamento- disse, iniziai a sbattere dolcemente la testa contro al tavolo. -Non voglio uscire con nessun essere vivente di sesso maschile, ho avuto pessime esperienze con loro.

-Si, lo so ma non avevi ancora trovato l'uomo giusto. Probabilmente l'hai conosciuto,e non sto affando parlando di Callum, ma lo hai lasciato per ragioni stupide come fai sempre.

-Dire che non parli di Callum mi fa pensare che tu stia parlando di Callum- replicai, lei scosse la testa offesa. -E' un'appuntamento a quattro, io te e altri due ragazzi. Nessuna pressione se non ti piace puoi mandarlo a cagare- disse, dopo una lunga conversazione sull'appuntamento fini' per accettare.

 

Il giorno dopo, finite le lezioni tornammo a casa mia per preparaci per l'appuntamento. Avendo un lavoro non potevo uscire con loro la sera quindi decidemmo di andarci a prendere un gelato in città. Lauren inizio' a svuotare il mio armadio in cerca di qualcosa di sexy e femminile da farmi indossare. Era semplice routine per noi. Quando Callum mi chiese di uscire per la prima volta, Lauren mi invito' a casa sua alle tre del pomeriggio e né usci' solo alle sette, truccata, pettinata e vestita da lei. -Pensavo di non farti indossare dei tacchi perché rischieresti di essere più alta di lui e non a tutti i ragazzi piace- disse, mentre giacevo assente sul letto. -Ah é perché non vuoi far stare male lui, non é perché io subito dopo dovro' andare a lavorare come cameriera e con un paio di tacchi sarebbe molto scomodo.

-No, a nessuno importa di te, tesoro- scherzo', le lanciai un cuscino ma con la mia pessima mira cadde a un paio di centimetri da lei. -Che ne dici di andare sul casual?- chiese, lanciandomi dei vestiti. Un paio di pantaloncini di jeans, un crop top nero e una camicia in flanella. -Non viviamo in California.

-Ma il tempo non é niente male, non piove- disse, sbuffai e decisi di assecondarla. -Non pensavo avresti scelto cosi' in fretta.

-Devi lavorare dopo quindi ho pensato a qualcosa che mettesse in risalto i tuoi punti forti senza doverti far indossare abiti che chiamino gli stupratori.

-E quali sarebbero questi punti forti??

-Tette, culo, gambe- rispose, scoppiai a ridere e lei continuo' a fissarmi come se stessi ridendo senza una buona ragione. -Vestiti, dobbiamo uscire tra due ore.

-Giusto il tempo per guardarci un film- dissi, lei mi fulmino' con lo sguardo e mi alzai quasi per paura. Allacciai le converse bianche che mi costrinse ad indossare e mi buttai sul divano ad aspettare che lei finisse di prepararsi.

Sali' sull'auto di Lauren e sperai con tutto il cuore che andasse bene, ovviamente non avrei mai incontrato l'uomo della mia vita grazie ad un'appuntamento al buio organizzato per pietà ma speravo comunque di passare un pomeriggio tranquillo. Lauren diede appuntamento ai ragazzi davanti ad un centro commerciale, lei conosceva uno di loro quindi non ci saremmo guardate in torno alla ricerca di un ragazzo vestito di blu o di verde militare. Lauren ando' verso un ragazzo alto, muscoloso, biondo e con l'aria da figlio di papà. Accanto a lui c'era un ragazzo anche lui alto e muscoloso ma meno figlio di papà e più figlio di nerd. Indossava una felpa blu, una t-shirt degli

X-men e un paio di jeans scuri. Aveva occhi azzurro chiaro ed era carino. -Lauren?- chiese, il primo ragazzo avvicinandosi. -Paul, é un piacere rivederti- disse Lauren, con un sorriso, probabilmente quel Paul si era già innamorato di lei. -Lei é Sunny, la mia migliore amica- disse Lauren, presentandomi. -Preferisco essere chiamata Sunshine, piacere- dissi, stringendo la mano del primo e poi del secondo. -Logan, piacere mio- disse, con un sorriso. Guardai la sua maglietta e mi feci scappare un sorriso, poi pensai che magari nemmeno conosceva la copertina del fumetto da cui era tratta la sua maglietta e tornai ad essere fredda. -Siete di Detroit?- chiese Lauren, mentre entravamo nel centro commerciale. Fortunatamente c'era lei a gestire le conversazioni. -Siamo qui per gli studi.

-Quindi siete venuti in una delle città più pericolose dello stato per studiare?- chiesi, sorpresa, loro sorrisero anche se non capivo che cosa ci fosse di divertente. Ero seria. -I nostri genitori sono cattolici e hanno voluto mandarci in una delle migliori università cattoliche del Micchigan- disse Paul, alzai gli occhi al cielo e accellerai il passo. -Mi pare di aver capito che lavori- disse Logan, camminando alla mia stessa velocità. -Esatto- dissi, con indifferenza. -Che cosa fai?

-Cameriera, barista, cuoca..quello che mi chiedono di fare- risposi, senza rivolgerli lo sguardo. -E riesci a gestire li studi e il lavoro?
-Ci sono abituata- risposi, lui annui' e si fermo' con gli altri a prendere un gelato. -Tre gelati e un frozen yogurt- disse Lauren, alla cameriera, dopo aver dato i vari gusti i ragazzi guardarono Lauren. -A Sunny non piace il gelato- disse Lauren, cercando di trovare un'argomento di cui parlare visto e considerato che io non ero molto utile. -Ah no? Perché?- chiese Logan, sorrisi divertita dalla domanda. -Per il modo in cui la terra gira intorno al sole- risposi, Lauren sorrise ma poi si ricordo' che era un'appuntamento e inarco' le sopraciglia e mi fulmino' con lo sguardo. -Ha un senso dell'umorismo particolare- spiego' Lauren, le sorrisi e lei si trattenne dal ridere. -Da quanto vi conoscete?

-Dodici anni- risposi, guardandola, lei sorrise annuendo. -Gli psicologi dicono che se un'amicizia dura per più di sette anni allora durerà tutta la vita- disse Paul, mi mordetti il labbro inferiore e mi trattenni dal parlare. -Sunny, non sono quei cartoni che leggi quando hai voglia di sentirti maschio?- chiese Lauren, indicando la maglietta di Logan. -Si chiamano fumetti, Lauren.

-Lo so ma é più divertente cosi'- replico', Logan mi guardo' con gli occhi luminosi e un sorriso. -Leggi fumetti?- chiese, rivolgendomi tutta la sua attenzione. -Fumetti Marvel più che altro- risposi, lui sorrise di nuovo e si avvicino' con la sedia a me. -Eroe preferito?

-Xavier e tutti gli Xmen- risposi, lui alzo' la mano e aspetto' che gli battessi il cinque.

Per il resto dell'appuntamento parlammo di film e fumetti, fu piuttosto interessante ma non poi cosi' interessante. Prima di salutarli ci scambiammo i numeri di telefono anche se ero sicura che non l'avrei più rivisto. Lauren mi lascio' al lavoro e io mi preparai mentalmente ad affrontare Alex e i suoi sbalzi d'umore.

 

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Capitolo 2
*** Trouble ***


Capitolo 2-

 

-Se anche oggi hai le tue cose batti le mani due volte, fai una giravolta e non ti parlero' più- dissi, una volta entrata al bar, Alex mi guardo' e batté le mani prima di regalarmi un medio. -Buongiorno, capo- dissi, sbadigliando. Lui si soffermo' a guardarmi per qualche secondo, mi guardo' dalla testa ai piedi e studio' ogni centimetro del mio corpo. -Vuoi una foto?- chiesi, lui sorrise, un sorriso diverso da quelli che mi rifilava di solito, era un sorriso dannatamente sexy. -Come mai cosi'...se dico sexy non mi denunci per molestie sul posto di lavoro vero?- chiese, abbassai lo sguardo sperando di non arrossire perché i complimenti detti da chiunque mi facevano quell'effetto. -Avevo un'appuntamento- dissi, con non curanza e indifferenza. -Sai l'appuntamento sarebbe andato mille volte meglio se non aprissi la bocca, perché guardarti non é cosi' fastidioso ma nel momento in cui inizi a parlare tutto il tuo fascino svanisce- disse, irritandomi. -Perché parti dal presupposto che l'appuntamento sia andato male?

-Perché é andato bene?

-Non mi interessava abbastanza per poterlo giudicare- risposi, prima di attaccare le pulizie poggiai la testa sul bancone e chiusi gli occhi. -Mi versi del bourbon?- chiesi, pur sapendo che non l'avrebbe fatto. -Hai fatto sesso al primo appuntamento perché sapevi sarebbe andata male, per questo sei stanca?

-Il bourbon mi serve per digerire la tua personalità del cazzo- replicai, lui sorrise e mi poso' una tazza davanti agli occhi. Riempi' la tazza di caffé e senti' il mio corpo implorarmi per farmelo bere. -Dove lo nascondevi questo?- chiesi, dopo averne buttato giù un sorso. -Lo uso per non addormentarmi quando parli.

-Quando mi lasci parlare- corressi, si verso' una tazza e mi lancio' uno straccio. -Inizia a pulire- ordino', sbuffai e andai verso i tavoli. -Padri chiudete le vostre figlie sexy a casa, figlie sexy dimenticatevi le mutande perché la vostra unica ragione di vita é qui- esclamo', un ragazzo entrando nel locale. -Siamo ancora chiusi per i cretini e gli egocentrici- esclamai, guardando il ragazzo. Era alto più o meno quanto Alex, aveva occhi color miele, capelli ricci corti biondo scuro, labbra carnose e un'inizio di barba su una mascella perfettamente disegnata. -Alex, non mi avevi detto di aver assunto qualcuno.

-Si, lo sapevi Cam- replico' Alex, mentre quel tizio si avvicinava a me. -Non avevi detto che era attraente- ribatté Cam, Alex rise. -Ti ho detto anche questo, ecco perché sei qui- disse Alex, avevo cosi' tanta voglia di prenderli a pugni, contemporaneamente. -Cameron Ingram, bellezza- disse Cameron, porgendomi la mano, scoppiai a ridere e gli passai accanto senza degnarlo di uno sguardo. -Io sono ''vallo a dire a qualcuno a cui interessa'', é un piacere guardarti andare via e non rivolgermi la parola per il resto della tua vita- dissi, con un sorriso.

-Woah- esclamo' Cameron, lo ignorai mentre cercavo il teaser nella borsa. -Le hai visto il culo amico? E'...wow, hai un ragazzo? Perché se non c'é l'hai mi piacerebbe diventarlo, dovresti assicurare quel culo. Come Jennifer Lopez, ogni volta che qualcuno glielo tocca per sbaglio viene pagata centinaia di dollari, potresti fare lo stesso. Non lavoro nelle assicurazioni ma giuro che se dovessi assicurare culi tutto il giorno cambierei mestiere, a patto che siano come il tuo.

-Ho un teaser e non vedo l'ora di vederti tremare a causa degli spasmi muscolari causati dalle ripetute scosse che ti infliggero' se non indietreggi immediatamente- replicai, con sguardo minaccioso e il teaser in mano. -Cerca di trattarlo bene, piccola, é sensibile- disse Alex, mi voltai verso di lui e caricai il teaser. -Alex, mi piacerebbe dare anche a te qualche scarica quindi non provocarmi- dissi, lui sorrise e annui'. -Scusa- disse, portandosi le mani al petto come per difendersi. -Inquietante come tipa- borbotto' Cam, andando verso Alex. -E non hai ancora visto niente- dissi, mentre finivo di pulire l'ultimo tavolo. -Cos'é Alex hanno creato una tua versione femminile e più sexy?- disse mentre mi sedevo accanto a lui, poggiai la testa sul bancone e cercai di addormentarmi. -Non paragonarmi a questa cosa, se non avessi bisogno d'aiuto in questo posto probabilmente l'avrei infilata nella macchina del ghiaccio.

-Sono ancora qui perché sai quanto sono brava- brobottai. -Il mio rilevatore di tensione sessuale sta suonando- chiese Cam.-Sai dove te lo metto quel rilevatore?- lo avverti' l'amico.-Sto solo scherzando- disse Cam. -Mi piacciono le ragazze come te- disse rivolgendosi a me, lo guardai, sorrisi minacciosa e continuai a fissarlo finché non distolse lo sguardo.-Non sopporteresti venti minuti con lei- replico' Alex, Cam scosse la testa. -Non saremmo costretti a parlare- ribatté Cam, lo guardai e sorrisi. -Ha ragione, non saremmo costretti a parlare- dissi, -perché tu saresti già morto nel bagagliaio della mia auto- aggiunsi, Alex si mise a ridere e Cam mi fece l'occhiolino. Non capivo con quale tipo di apparato uditivo mi stesse ascoltando perché ogni volta che cercavo di rimetterlo al suo posto lui capiva il contrario di quello che cercavo di dirgli. -Lasciala in pace Cam, ha già un ragazzo- disse Alex, lo guardai confusa. -Si, devono ancora presentarmelo- ribattei, Cam mi prese la mano con un sorriso. -Cameron Ingram.

-Non sei il mio tipo Cameron- replicai, lui si passo' una mano tra i capelli e mi fece l'occhiolino. -Sono il tipo di tutte- disse, prendendomi il mento tra le dita, alzai gli occhi al cielo e mi scostai. -Vado a lavorare, é molto più divertente che stare a parlare con scemo e più scemo- dissi, andando verso i bagni. Dopo averli lucidati per bene, lavato per terra e essermi seduta per dieci minuti a parlare con Lauren tornai al bancone. -Ci stavamo chiedendo chi fosse ''più scemo'' tra i due- disse Alex, rivolgendomi un'occhiata. -Lo siete entrambi, sono io scema.....sto ancora parlando con voi- dissi, Alex sorrise, lo faceva spesso quando facevo una battuta contro di lui.

 

Dopo la strana serata al bar tornai a casa più esausta che mai, non provai nemmeno a cambiarmi, mi buttai direttamente sul letto e cercai di addormentarmi. Ma ovviamente quando ho più bisogno di dormire il sonno decide di farmi degli scherzi. Ebbi l'ennesimo incubo, non su mia sorella ma su mio padre, fu anche più devastante della prima volta. Ogni volta che rivedevo il suo volto, ogni volta che lo vedevo cadere a terra e sentivo i passi veloci del suo assassino allontanarsi mi ritrovavo in bagno con un rasoio tra le dita. Era l'unico modo che avessi per ricordarmi la colpa che avevo in tutta quella storia. Un paio di tagli per polso, un paio di tagli sulle cosce, aspettavo che il sangue smettesse di scendere e restavo seduta sul pavimento del bagno a guardare il colore del mio sangue. Sapevo di non stare bene, ne ero sicura ma non stare bene era diventata la mia abitudine. Autolesionismo, incubi, allucinazioni, rabbia incontrollata, quella era diventata la mia vita dopo la morte di mia sorella. Non mi ero tolta la vita per una sola ragione....non meritavo la pace che si riceve dopo la morte.

-Sunny! Sunshine! Sunshine- fu la voce di Lauren a risvegliarmi, ero ancora sdraiata sul pavimento del bagno e c'era il mio sangue ovunque. Lei era in lacrime, all'inizio non collegai le cose ma poi capii. -Sto bene, sto bene- dissi, alzandomi, lei mi strinse a se e scoppio' a piangere. Singhiozzo' per qualche minuto prima di iniziare a gridarmi contro. Fu un litigio piuttosto intenso, pianti, grida..le solite cose. Un paio d'ore dopo ci ritrovammo stese sul mio letto, a parlare in totale tranquillità. -Vado a farmi una doccia, ti va di fare qualcosa dopo? Solo io e te- dissi, alzandomi, lei sorrise e annui'. Lavai via tutto il sangue che avevo addosso, strofinai per bene e usci' come nuova dalla doccia. Copri' i graffi con dei cerotti, più per non far più male a Lauren. Infilai una t-shirt grigia, un paio di jeans neri e degli stivali. Presi la giacca di pelle, la borsa e segui' Lauren fuori dall'appartamento. -Che ti va di fare?- chiesi, lei avvio' il motore e usci' dal parcheggio. -Ti va un giro al parco dove giocavamo da piccole e poi cibo messicano?- chiese, annui' con un sorriso. Dopo qualche minuto raggiungemmo il parco della nostra infanzia, non molto lontano dalla casa dei miei genitori. Ci sedemmo sulle altalene e cominciammo a dondolarci. -Questo posto é pieno di ricordi- disse Lauren, sorrisi. -Molti di loro sono dolorosi- scherzai, ripensando a tutte le mie cadute. -Ricordi quando passasti dietro al dondolo e l'asta ti colpi' sul mento?

-Ricordo le tue risata, in modo nitido- risposi, lei scoppio' a ridere. -Non fu cosi' doloroso, cio' che mi fece veramente soffire fu quella volta che decidemmo di camminare tra le ortiche- replicai, lei indico' il piccolo spiazzo d'erba dove si trovavano le ortiche. -Ho dato il mio primo bacio su quest'altalena- disse Lauren, scossi la testa. -Persino il tuo primo bacio era romantico, tu sei destinata a trovare il principe azzurro e io moriro' nella tua cantina.

-Forse sei già passata accanto al principe azzurro ma non te ne sei accorta- disse, facendomi l'occhiolino. Sapevo esattamente a chi si riferiva, pensava ancora che tra me e Callum potesse tornare tutto come prima. Forse provavo ancora qualcosa per lui ma avevo nascosto cosi' bene i miei sentimenti che non avrei saputo dirlo.

Tornammo sulla sua auto in direzione del ristorante messicano che le piaceva tanto. Ci sedemmo al solito tavolo accanto alle finestre e ordinammo tacos, burritos e tanti nachos. Guardavo la strada mentre chiaccheravo con Lauren quando vidi l'auto di Alex. Non era una semplice Jeep nera, era l'auto del mio capo. Quando scese e guardo verso di me mi nascosi d'istinto, solo dopo mi accorsi di quanto fossi stata stupida. -Chi é il bel ragazzo da cui ti nascondi?- chiese Lauren, ridacchiando. -Il mio capo- dissi, nascondendomi dietro ad un menù mentre lui e Cameron facevano un'entrata sexy. Per un'attimo mi sembro' fosse in slow motion. -Wow, hai veramente una fortuna del cazzo! Callum é un ragazzo davvero carino, Travis aveva il fascino del bad boy ma questa volta ti sei superata ragazza...questi due sono davvero, davvero dei bei ragazzi- disse Lauren. -Io incontro solo ragazzi nella media- aggiunse, sorrisi e cercai di nascondermi ancora di più mentre loro ordinavano alla cassa. Quando passarono accanto al nostro tavolo Lauren, la mia cara amica Lauren, vendicativa e crudele li' chiamo' e fui costretta a scoprirmi il viso. -Ti avevo detto che si stava nascondendo- disse Alex, guardandomi, scrollai le spalle e feci un respiro profondo sperando che Lauren non dicesse qualcosa di stupido. -Mi chiamo Lauren Garcia, sono la migliore amica di Sunny- disse Lauren, presentandosi con un sorriso. -Dimmi, come fa una bella ragazza come te passare del tempo con una ragazza come Sunshine?- chiese Alex, alzai gli occhi al cielo pensando a quanto immaturo fosse. -Mi piacciono le persone diverse, speciali- rispose Lauren, facendomi un'occhiolino, scossi la testa e sorrisi. -Vi va di restare con noi?- chiese Lauren, la fulminai con lo sguardo mentre Cam si sedeva tranquillamente accanto a Lauren. -Non credo sia una buona idea- disse Alex, rimanendo in piedi. -Certo che lo é- esclamo' Cam, spingendolo a sedersi. -Sembra un'appuntamento a quattro- commento' Cam, guardai Alex e incrociai i suoi occhi. Lo guardai per un paio di secondi e mi senti' quasi violata, come se fosse entrato nelle parti più oscure della mia mente. Abbassai lo sguardo e cosi' fece anche lui. -Quindi Alex, hai fatto degli studi dopo il liceo?- chiese Lauren, la guardai e scossi la testa. Erano le classiche domande che chiedeva a tutti i ragazzi che si presentavano sulla mia strada per vedere quali tra di loro avrebbe fatto parte della mia vita per più di una settimana. -Giurisprudenza- rispose, distante, indifferente. -Hai abbandonato o non sei abbastanza sveglio?- chiesi, senti' il suo sguardo fulminate sulla guancia. -Mi sono laureato con lode a Yale ma non mi piace vantarmi- rispose, cogliendomi completamente di sorpresa. -Yale?- chiesi, lui annui' e io mi senti' una perdente. -Tu, Sunshine? So che vai all'università, non una della Ivy League eppure da come parli sembri un genio....non ti volevano?- chiese Alex, era davvero un bastardo, tanto quanto lo ero io ma non ero abbastanza sicura di me per vantarmi dei miei successi. -E' stata ammessa alla Columbia, Brown, Penn, Standford e Yale- disse Lauren. -L'avrebbe detto lei ma le capita di essere modesta a volte- aggiunse, guardai fuori dalla finestra per evitare gli sguardi di Cam e Alex. -Cinque università della Ivy League e sei qui?- chiese Alex, Cameron lo ammoni' e gli tiro' una sberla sul braccio. -Non sono abastanza ricca per la Ivy League- dissi, con un po' di malinconia nella voce. -E tu perché non sei un'avvocato?- chiese Lauren, nonostante cercassi di sembrare fredda anche a me interessava la sua risposta. -La vità é difficile- rispose, Lauren capi' che non voleva parlarne e lascio' perdere. -Nessuna domanda per me?- chiese Cam, incrociai le gambe sulla poltrona e diedi un morso al burrito. -Il tuo ginocchio mi sta infilzando la coscia..

-Prenditi una sedia- ribattei, Alex alzo' gli occhi al cielo. -Sunny ha due fratelli, é nata e cresciuta qui, regge bene l'alcol...- disse Lauren, classica mossa da ''sei carino e ti voglio vedere insieme alla mia amica''. -Vuoi dargli anche il mio gruppo sanguigno e il numero esatto di ovuli attivi che ho?- chiesi, in tono sarcastico, Lauren sorrise e distolse il sguardo dal mio perché sapeva quanto male avrebbe fatto. -Che cosa sta cercando di fare?- sussurro' Alex, lo guardai e sospirai. -Pensa che io abbia bisogno di un ragazzo ma non ha capito che tu sei tutto quello che odio di più su questa terra- dissi, lui sorrise annunedo. -Certo, come no. .

-Di dove sei Cameron?- chiese Lauren, mi concentrai su una conversazione meno interessante ma anche meno stressante. -Sono nato in California, ci siamo trasferiti quando avevo quattro anni. Mia mamma é nata e cresciuta a Los Angeles- spiego', annui' fingendomi interessata. -Tuo padre?- chiese Lauren, Alex guardo' Cameron e capii che c'era qualcosa che non andava con il padre. -Non so chi sia mio padre- rispose Cam, con un sorriso. -Parliamo di quanto sia immigrato Alex- aggiunse, Lauren lo guardo'. -Sono più americano di te, ci siamo trasferiti quando avevo due anni, due.

-Solo perché hai una mazza da baseball accanto alla porta d'ingresso non significa che tu sia più americano di me, nelle tue vene scorre sangue inglese- ribatté Cam.

-Ma se al posto del caffé bevi thé verde con latte?- replico' Alex, Lauren inizo' a fissarmi non appena senti' la parola ''inglese''. Crede negli stereotipi, buoni o cattivi che siano e gli inglesi sono i suoi preferiti. Mi guardo' e capi' cosa cercava di dirmi, “o ci provi tu o ci provo io”. -E allora? Almeno io sono nato qui.

-Non sai chi é tuo padre, non puoi essere completamente sicuro di avere sangue americano nelle tue vene. Forse sei indiano- replico' Alex, mentre addentavo il burrito. -Vuoi una lista di ragioni per cui tu non sei più americano di me?- chiese Alex con aria di sfida, sembrava essersi dimenticato di essere seduto accanto a due sconosciute. -Bevi il thé delle cinque, sorseggi vino importato la sera, odi sia il baseball che il football, il quattro luglio dell'anno scorso...

-Non puoi raccontare questa storia- lo interruppe l'amico, Cam era diventato pallido mentre sul viso di Alex si disegno un sorriso di scherno. -Tu mi hai sfidato.
-Ok hai vinto, sei più americano di me.

-Questo lo sapevo già...ora raccontero' a queste ragazze cos'hai fatto il quattro luglio dell'anno scorso.

-Alex Hais sai quante storie ho su di te? Vuoi davvero giocare a questo gioco con me?- chiese Cam, Lauren era interessata alle loro storie mentre io preferivo contare i peli che trovavo nel mio burrito. -Aspetta, hai detto Alex Hais?- chiesi, mi ero estraniata alla conversazione fino a che non senti' quel cognome. -Tu sei un Hais?- chiesi, guardando Alex, lui sorrideva. -Sei figlio di Robert Hais?- chiesi, rimettendo in questione tutta la mia vita. -Mi sono persa qualcosa?

-Hai presente la famiglia più ricca del paese di cui ti parlo sempre?- chiese rivolgendomi a Lauren, lei annui'. -Beh, lui ne fa parte- dissi, continuando a guardare Alex. -Io ho fatto una battuta su tuo padre quando ci siamo conosciuti e non hai battuto ciglio. Sei l'avvocato della Redstone e io ho messo in discussione la tua intelligenza perché possiedi un bar. Mi licenzio- dissi, scioccata e confusa. -E' meglio andare Cam, abbiamo del lavoro da fare. Ci vediamo sta sera Sun, é stato un piacere Lauren- disse Alex, alzandosi. Cameron lo segui' a ruota senza pensarci due volte. -Tu sei una sorta di fan della sua famiglia, sembra l'inizio di un libro di Nicolas Sparks.

-Oppure la persona che si occupa di noi inutili esseri umani si sta di nuovo prendendo gioco della mia vita e si diverte cosi'- dissi, Lauren rise mentre io sospiravo esasperata.

Aiutavo Alex a pulire il bar prima della chiusura e solitamente Cam restava fino a quell'ora ad aiutarci con la forza del pensiero ma quella sera eravamo soli, il che mi metteva a disagio. Non tanto per il fatto che non parlassimo quasi mai, mi sono sempre trovata a mio agio nel silenzio ma temevo che lui volesse introdurre una conversazione. Quello si che mi metteva a disagio.

-Quindi tu sei ricco- dissi, il silenzio era fin troppo imbarazzante cosi' decisi di renderlo ancora più imbarazzante. -Mio padre é ricco- replico' lui, senza distogliere l'attenzione da cio' che faceva. -Tu sei l'avvocato di una società multimiliardaria, vuoi farmi credere di non essere ricco da far schifo?

-Perché conosci cosi' bene la mia famiglia?- chiese, faceva cio' che facevo io quando non volevo rispondere ad una domanda. -Tutti conoscono la tua famiglia- dissi, non era una buona giustificazione ovviamente. La vera ragione era più complicata da spiegare. -Da come ne parlava la tua amica sembra fossi una nostra fan.

-Non idolatro famiglie multimiliardarie nel tempo libero- ribattei, lui annui' e si sedette. -E se lo facessi inizierei dalla famiglia Trump- aggiunsi, puntando la conversazione sul ridere. -Ho conosciuto molti fan della mia famiglia nel corso degli anni quindi se sei una nostra fan non mi crea alcun problema. Ti faccio un autografo se vuoi...

-Ho fatto molte ricerche su di voi, ho letto tutti i libri scritti da tua madre, so come tuo padre ha costruito il suo impero e...

-I fan di Beyonce sanno meno cose su di lei- commento' acido, freddo. Mi sedetti davanti a lui per potergli spiegare come stavano davvero le cose. -Erano semplici ricerche...
-Cosa cercavi esattamente..

-Un cadavere, traffico di droga, patti con la mafia o con il diavolo- risposi, lui rise. -Volevi scoprire se la società di mio padre era onesta al cento percento come dice...tutto questo perché?

-Mi piace la verità...

-Studi giornalismo non é vero?- chiese, cogliendomi di sorpresa, io annui'. -Quindi hai fatto tutte queste ricerche per poter scrivere un'articolo per distruggere la mia famiglia?- chiese, io annui' senza battere ciglio. -Vuoi sapere che cosa so io di te?

-Non sai niente di me.

-Sono un avvocato e sono piuttosto meticoloso, non assumo una persona se prima non so chi sia- replico', spaventandomi. Il mio passato era il mio unico punto debole. -Quando ho digitato il tuo nome su internet il primo articolo che é apparso era su tua sorella. Sai, mi ricordo di lei, ricordo di aver letto della sua morte sul giornale e di averne parlato con mia madre- disse, deglutii e cercai di mantenere il sangue freddo. -Non ero certo fosse tua sorella, considerati gli omonimi possibili ma mi é bastato vedere il tuo tatuaggio per capire che non mi sbagliavo. Hope, come la scritta sul tuo dito- disse, passai il pollice sul medio dove avevo scritto quelle quattro lettere. -Non nominarla...non puoi parlare di lei o dire il suo nome- dissi, stringendo i pugni. -Come ho già detto non c'era molto su di te su internet ma ho chiesto alla polizia e mi hanno dato il tuo fascicolo- aggiunse, la conversazione mi faceva sempre più paura. -Come hai..

-Sono un avvocato piuttosto rispettato per la mia giovane età. Sei stata in riformatorio per sei mesi dopo la morte di tua sorella, possesso di droga, ubriachezza molesta, coinvolta in qualche rissa e sospettano che tu lavori per uno dei più grandi criminali di Detroit...il tuo fascicolo era vuoto prima che tua sorella si suicidasse e sembra che ti sia calmata subito dopo l'omicidio di tuo padre- disse, strinsi i pugni con tutta la forza che avevo per non tirare un pugno in quella faccia soddisfatta di quel pezzo di merda. -Perché?- chiesi, digrignando i denti. -Non avevo intenzione di dirlo prima che tu minacciassi di distruggere la mia famiglia.

-Non sono nessuno...credi davvero che avrei il potere di distruggere la tua famiglia?- chiesi, lui non rispose. -Non sono mai stata cosi' motivata prima d'ora- dissi, alzandomi. Presi la borsa ma lui mi fermo'. -Non mi piace che si tocchi la mia famiglia...

-Nemmeno a me- dissi. -Abbiamo iniziato con il piede sbagliato..

-Ti stai scusando?- chiesi, guardandolo, lui rise e scosse la testa. -Hai provocato la persona sbagliata, piccola. Non mi interessa se ti ho ferita perché te la sei cercata ma lavoriamo insieme e voglio essere civile con te quindi fingi che mi sia scusato e fingi di perdonarmi- disse, sorrisi divertita da quanto fosse ridicola la situazione. -Mi piaci sempre meno, Alex Hais- dissi, tornando a pulire i tavoli. -Avrei dovuto trattare la morte dei tuoi cari con un po' più di tatto...Mi disp..

-Non sprecare il fiato per qualcuno a cui non interessa- dissi, interrompendolo, evitai di guardarlo perché le lacrime stavano scivolando lungo il mio viso e non volevo farmi vedere in quello stato. Non avevo bisogno di ricordare. -Perché si é suicidata?- chiese, provai una stretta al cuore e una forte rabbia. Come si permetteva di chiedermi una cosa del genere? Non eravamo amici, ne tanto meno volevamo diventarlo. -Chi cazzo ti credi di essere?- chiesi, girandomi verso di lui. Non mi importava che mi vedesse piangere, Hope e mio padre erano le uniche due persone per cui versavo lacrime e ne valeva la pena per loro. -Usi il tuo nome per farti gli affari miei, parli della mia famiglia e fai stupide congetture sul mio comportamento. Ora ti permetti persino di farmi una domanda del genere?

-Uno studio dimostra che le vittime d'abusi subiti dai famigliari tendono più al suicidio- disse, continuava a scioccarmi, la sua mancanza di tatto. Non riusci' più a trattenere la rabbia e mi lasciai andare, gli tirai un gancio destro sul naso. Feci per colpirlo una seconda volta ma venni fermata e sbattuta con violenza contro al muro. -Pensi che non ti faro' del male solo perché sei una ragazza? Ti sbagli- disse, pensavo mi avrebbe colpita ed ero pronta ad incassare. Ero brava a farlo ma lui non lo fece, mi lascio' andare e si mise a ridere. -No, non picchio le ragazze.

-Questo si che fa di te un'essere umano.

-Scommeto che non tornerai più dopo questa serata- disse, io sorrisi quando capi' perché aveva fatto quello che aveva fatto. -Quindi tutta questa storia, il fascicolo, le provocazioni...vuoi farmi licenziare?- chiesi, ridendo. -Saresti davvero stupida a non farlo.

-E darti quello che vuoi? Mai. Finalmente la merda della famiglia Hais- dissi, guardandolo con disprezzo. -Hai una sorella, non é vero?- chiesi, non potevo lasciarlo vincere ed andarmene. -Stai attenta a quello che dici.

-Ha cinque anni...é più piccola di Hope e avete molti più anni di differenza ma mi chiedo comunque come tu possa fare a parlare di mia sorella in quel modo anche se tecnicamente dovresti capire come ci si potrebbe sentire.

-Non ti voglio qui...

-Licenziami allora..

-Sei brava in quello che fai ma rischi molto lavorando qui, non voglio averti sulla coscienza.

-Amesso tu ce l'abbia una coscienza- corresi, lui sospiro'. -Mi dispiace aver detto quelle cose ma é un quartiere pericoloso e sei una ragazza.

-Non spetta a te preoccupartene.

-Nessuno lo fa quindi me ne devo preoccupare io- disse, quel ragazzo riusciva a passare dal detestabile al premuroso in una frazione di secondo. -Posso cavarmela da sola ma tu devi smettere di parlare della mia vita privata oppure faro' lo stesso con te- dissi, lui mi guardo'. -Mi stai minacciando?

-Non sono meschina quanto te, non metto le mie carte in tavola senza una buona ragione.

-Non hai niente su di me.

-Magari mi sbaglio, forse sono solo teorie. Forse tuo padre non ti picchiava quando eri piccolo e non picchia tua madre ora.....

-Come lo sai?- chiese, il suo viso cambio' d'espressione. -Non lo sapevo, prima che tu me lo dicessi- dissi. -Come lo hai scoperto?

-Te l'ho detto ho fatto delle ricerche approfondite- dissi, lui mi sbatté di nuovo al muro e mi tenne ferma. -Hai preso da tuo padre, vedo- dissi, sapevo di peggiorare solo le cose ma mi piaceva tirare fuori il peggio dalle persone. -Come lo sai?

-Le foto, a volte la si vede mentre altre no e poi girava un video su internet dove tuo padre sembrava piuttosto aggressivo nei suoi confronti. Ho semplicemente fatto una supposizione che tu hai stupidamente confermato- dissi, lui mi lascio' andare. -Sai cosa cazzo vuol dire vivere con Robert Hais?- chiese, sembrava davvero arrabbiato e iniziai a temere il peggio. Si sfilo' la maglietta cogliendomi alla sprovvista e vidi le cicatrici. Era ricoperto di cicatrici sull'addome, lunghe e dall'aria profonda. -Lui é cosi' stimato, popolare e la gente crede che sia una brava persona perché dona una piccola parte dei suoi soldi in beneficenza o va a visitare i bambini malati di cancro. Vuoi sapere come ci si sente a parlare con un giornalista che ti chiede delle magnifiche gesta di tuo padre e saper di dover mentire perché solo un paio d'ore prima ti ha preso a calci perché sei stato irriverente?- chiese, era fuori di se e non capivo esattamente perché si stesse sfogando con me ma l'avrei lasciato fare. Sapevo come ci si sentiva, aver voglia di parlare con qualcuno ma non poterlo fare per paura di essere giudicati. -Tu non lo sai perché se lo sapessi non cercheresti di distruggerlo perché sapresti quali sarebbero le conseguenze per la tua famiglia- disse, respirava in modo affannoso ed era sudato. -Io non ho cicatrici o prove per quello che mia madre mi faceva...ma so come ci si sente ad avere un genitore che non sa fare il genitore. So come ci si sente a dover proteggere i propri fratelli, so come ci si sente a dover fingere sorrisi e a dover preparare frasi fatte per non destare sospetti.

-Non giocare con il fuoco, ragazzina, non ho bisogno che tu...- disse, mentre lentamente si calmava. -Avevamo uno scantinato nella casa dove vivevamo, era piccolo, buio, umido e freddo. Passavo molte notti chiusa li' dentro perché ero rientrata dieci minuti in ritardo o avevo starnutito nel momento sbagliato. A volte passavo intere giornate incastrata tra quelle quattro pareti, non mangiavo per ore o interi giorni, niente acqua, solo un pavimento freddo e la mia mente. Non l'ho mai detto a nessuno, preferivo fingere di avere una famiglia fantastica piuttosto che vedere quello sguardo negli occhi di chi mi ascoltava- dissi, mentre guardavo riluttante il suo sguardo pieno di pietà e compassione. -Te l'ho detto per una semplice ragione...non sottovalutare mai cio' che posso o non posso capire- dissi, lui degluti' e annui'. -Non avresti dovuto parlarmene.

-Tu non avresti dovuto parlarmi di tuo padre...siamo pari.

-Mi hai spinto tu a farlo...

-Non dare la colpa a me per la tua stupidità- dissi, infilai la giacca e misi il telefono in borsa. -Qual'é il tuo libro preferito?- chiese, sembrava una domanda cosi' insensata. -Scusa?

-Ho avuto una brutta giornata e non posso restare solo....fammi un favore, resta- disse, guardandolo ripensai alle brutte giornate che avevo avuto. Sapevo quanto fosse difficile restare soli con se stessi dopo una brutta giornata, quando i tuoi pensieri vagano liberi e ti vengono quelle strane idee. Non potevo lasciarlo solo perché sapevo cosa avrei fatto se mi avessero lasciata sola al suo posto.

-Demian di Herman Hesse, l'hai mai letto?- chiesi, lui scosse la testa. Prese due bicchieri e della vodka insieme ad un pacchetto di patatine. -Di che parla?

-Dovresti leggerlo, é un capolavoro- risposi, lui annui'. -Il tuo?- chiesi, sedendomi, tolsi la giacca e poggiai il telefono sul tavolo accanto a me. -Deve restare un segreto pero'....

-Saro' una tomba a meno che non sia un libro di Nicolas Sparks, in quel caso mi fai schifo e sei gay- scherzai, lui abbasso' lo sguardo e sogghigno'. -E' un libro di Nicolas Sparks?- chiesi, ridendo, lui annui'.-''Il mistero non si puo' comprendere si puo' solo accettare''- cito'. -I passi dell'amore? Davvero? E' il libro più cliché e...

-Quante volte l'hai letto per ricordarti quella frase?- chiese, sorrisi e scossi la testa. -Non l'hai mai letto?

-L'ho letto una volta quando avevo dodici anni- risposi, lui sembrava scioccato. -E ti ricordi di quella frase? Io non ricordo cosa facevo a dodici anni.

-Masturbazione probabilmente..

-Sono serio..come cavolo?

-Hai presente Sheldon Cooper di The big bang Theory?

-Memoria fotografica?- chiese, io annui'. -Ora si spiegano le cinque università della Ivy League..é davvero un peccato- disse, annui' e bevetti un sorso di scotch. -Quindi sei un fan di libri stupidi e smielati..

-Per la cronaca ho letto il libro dopo aver visto il film- confesso', scoppiai a ridere di nuovo. -Non posso credere che tu abbia visto sia il film che letto il libro, io non sono nemmeno arrivata a metà di quel film.

-Come hai fatto a non arrivare alla fine? E' cosi' bello..- disse, scoppiai a ridere non potevo crederci.

-Quindi é questo il tuo segreto...- dissi, lui sembrava confuso.

-Prima eri una donna, ha fatto la transizione completa? Intendo..hai trasformato la tua vagina in pene?- chiesi, li scappo' un sorriso prima di assumere un espressione seria. -E' il film che guardi dopo che un ragazzo ti spezza il cuore?- chiesi, lui sorrise di nuovo e mi diede le spalle raggiungendo il bancone. -Questo é un commento omofobico- disse, mi sedetti al bancone mentre lui preparava qualcosa. -Magari hai un foto formato gigante di lui e ogni mattina gli dai il buongiorno.

-Non puoi criticare il mio film preferito se il tuo non é un capolavoro del cinema. Spero per te che abbia un titolo straniero e sia uno di quei film sottotitolati dove vedi per un'ora e mezza una persona che si lava le mani.

-Forse non dovrei prenderti in giro...- dissi, pensando al mio film preferito. -Ora parla.

-Grease- dissi, in un sospiro, lui scoppio' a ridere, era una risata scenica solo per prendermi in giro. -Quello con John Travolta?- chiese, io annui'. -Quello dove la gente si alza ed inizia a ballare e cantare senza una ragione precisa?- chiese, io annui' e sospirai. -Ho perso tutta la stima che avevo per te e io non avevo alcuna stima per te.

-Certo che essere giudicata da chi considera I passi dell'amore il proprio film preferito mi ferisce nel profondo. Che male.

Passammo il resto della serata a parlare di tutto, cinematografia, letteratura, musica, cucina, storia, teatro, musical. Non avevo mai parlato cosi' allungo con qualcuno che non fosse Lauren eppure mi sembro' cosi' naturale farlo con lui. Mi sentivo diversa, mi sentivo a mio agio nel mio corpo con una persona che avrei dovuto odiare per il semplice fatto che fosse umana. Avevo vissuto un singolo momento di tranquillità e serenità pura. Per la prima volta il mio passato non mi stava frenando, per la prima volta capivo che cosa volesse dire respirare a pieni polmoni. Fu probabilmente la serata più bella della mia vita, non volevo finisse perché una parte di me sapeva che non avrei avuto altre serate come quella.

Guardai l'orologio sperando di poterlo mandare indietro per poter restare seduta accanto a lui a parlare e parlare ma erano le quattro del mattino e la mia sveglia avrebbe suonato tra tre ore. -Devo andare- dissi spegnendo il suo sorriso, guardo' l'orologio e spalanco' gli occhi sorpreso. Cerco' qualcosa nella giacca, le chiavi della sua auto tintinnarono davanti ai miei occhi. -Un passaggio?

-Prendo...

-Non ci sono autobus- disse, prendendomi la borsa, serrai le labbra e lo seguii fuori dal locale. In auto calo' il silenzio, una volta in macchina quell'atmosfera che si era creata al bar era svanita ed eravamo tornati quelli di sempre. Salii in camera e mi buttai a letto senza mettermi il pigiama, ero troppo assonnata per farlo e poi mi sarei dovuta svegliare poco dopo. Sentii vagamente la sveglia suonare ma la ignorai tutte e cinque le volte. -A che ora sei tornata ieri sera?- chiese Lauren, non sapevo quando fosse entrata ma era seduta sul mio letto e mi massaggiava la schiena. -Tre ore fa- risposi, lei inizio' a ridacchiare. -Avete fatto sesso sul bancone del bar, non é vero?- chiese, non avevo la forza di negare o di prenderla a schiaffi. -No- mormorai, cercai di aprire più volte gli occhi ma non ne avevano voglia. -Quindi siete andati a casa sua?

-Non abbiamo fatto sesso, abbiamo parlato..

-Per tutta la notte?- chiese, sorpresa Lauren. -Si per tutta la notte- risposi, tirando le coperte fino al collo. -Davvero?

-Si.

-E non eri ubriaca?

-No.

-Era una conversazione normale?

-Si.

-Sai che cos'é una conversazione normale? Esempio: questa non é una conversazione normale e tu non sei brava con le conversazioni normali. Tu rispondi a monosillabi.

-Lo so- replicai, lei tiro' le coperte e inizio' a scuotermi. -Avete avuto una conversazione normale anche se tu non ne sei incapace? Sei stata sarcastica tutto il tempo non é vero? Hai fatto le tue battutine ironiche? Perché se é cosi' allora non era una conversazione normale...

-Grazie di avermi svegliata, Lauren. Speravo di continuare a dormire, non andare a lezione e dormire, dormire tanto ma ora sono sveglia- dissi, alzandomi arrabbiata dal letto, presi il telefono, le casse e andai in bagno per farmi una doccia. -Ti odio!- esclamai, una volta chiusa la porta. -Ti preparo il caffé e mi fai una simulazione della tua cosi' detta conversazione normale con il tuo capo- disse Lauren, apri' l'acqua e iniziai a spogliarmi quando suono' il telefono. Era un numero a me sconosciuto ma risposi comunque. -Pronto?

-Ehi, Sun, sono Alex.

-Alex, ciao, che succede?- chiesi, stupita della chiamata. -Volevo solo accertarmi che fossi sveglia, hai lezione sta mattina e volevo essere sicuro che ci andassi- disse, con voce ancora assonnata, sorrisi immaginandolo sdraiato sul suo letto, spettinato e sexy. -Grazie..- dissi, sorpresa, non sapevo come altro rispondere. -Io torno a dormire, ci si vede sta sera, piccola- disse, scossi la testa sentendo quel ''piccola''. Qualunque ragazza sarebbe ''piccola'' accanto a lui. -Parli da sola Sunny?- chiese Lauren, bussando alla porta. -Era Alex- dissi, infilandomi sotto alla doccia. Senti' la porta del bagno aprirsi e chiusi il più infretta possibile la tenda della doccia nascondendomi dietro ad essa. -Che cavolo ti prende?- esclamai, Lauren masticava un biscotto e mi guardava sorpresa. -Non fare come se non ci conoscessimo da sempre. Alex ti ha chiamata?- chiese, anche più sorpresa di me. -Perché?

-Voleva assicurarsi che andassi a lezione, niente di che..

-Voleva assicurarsi che tu...oh mio Dio che ragazzo premuroso- disse, mentre mi strofinavo i capelli con lo shampo. -Ma perfavore, l'ha fatto solo per vantarsi del fatto che lui puo' ancora dormire- dissi, sentendomi molto stupida. -Sunny!- esclamo' Lauren, aprendo la tenda della doccia. -Mi prendi in giro?- esclamo', guardandomi. -Lauren! Sono nuda!

-E quindi? Quante volte hai visto il neo che ho tra le chiappe?

-Eravamo piccole e non volevo certo vederlo, a te piaceva cosi' tanto portare il costume di tua mamma- risposi, lei sorrise e richiuse la tenda. Dopo la doccia, mi vesti', presi un paio di biscotti e la tazza di caffé che mi aveva preparato Lauren e usci' insieme a lei. -Quindi tra di voi c'é del tenero- disse Lauren, mettendo in moto, avrebbe parlato di me e Alex per tutto il giorno. -Lauren, non c'é niente di tenero tra me e lui. Abbiamo solo parlato di cinema e letteratura.

-Nessun sfioramento di mani?

-Nessuno.

-Sguardi complici?

-Niente.

-Momenti silenziosi riempiti con sorrisi imbarazzati?

-Nada, hai finito?- chiesi, mentre uscivo dalla doccia.

Eravamo già in ritardo per la prima lezione cosi' ci sedemmo al campus e continuammo a chiaccherare. Quando la campanella suono' andai alla lezione di letteratura francese controvoglia. Mi sedetti infondo alla classe e ripensai a me ed Alex.

Sapevo che tutta quella situazione non era un bene, quella sera mi ero avvicinata a lui come non avevo fatto con nessuno. Ero in caduta libera ma lui era riuscito a rallentarmi, avevo abbassato le difese che credevo non potessero più abbassarsi e lui ne aveva approfittato per entrare nella mia vita. Mi sentivo talmente in colpa per aver lasciato che accadesse, ero sul filo del rasoio ad un certo punto sarei caduta e mi sarei fatta male, succedeva sempre. Lui sarebbe uscito dalla mia vita con la stessa facilità con cui ci era entrato e non potevo reagire, era troppo tardi. Ero brava a tenere le persone lontane dalla mia vita ma se riuscivano a superare la bariere era difficile buttarle fuori senza farmi provare il dolore più immenso.

Mi odiavo in quel momento, ero cosi' sicura che nessuno sarebbe riuscito a varcare la soglia che non mi ero accorta che lui avesse già aperto la porta.

Con lui mi sentivo come la ragazza riflessa nel soffitto.

-La lezione é finita, Sunny- disse, una voce piacevole che mi ricordava il mio passato. Quando alzai lo sguardo vidi Callum e trasformai l'espressione rilassata e pensierosa in un espressione arrabbiata. -Mi stai pedinando?- chiesi, prendendo la mia roba. -Seguiamo gli stessi corsi, tutto qua.

-Ci sono più di novanta alunni in questa classe, dimmi come hai fatto a vedermi- dissi, uscendo dalla classe, lui mi seguiva, sentivo il suo profumo. -Ti siedi sempre infondo alla classe- rispose, sospirai dandoli ragione. -Ti posso offrire un caffé?

-Ne ho già preso uno..
-Sono le dieci e ne hai preso solo uno?- chiese, stupito, alzai gli occhi al cielo ricordandomi di quanto mi conoscesse bene. -E' solo un caffé, Sunny, non ti ho chiesto di sposarmi- disse, mi fermai e vidi Lauren vicino alla caffetteria che mi guardava e ballava, un modo per chiedermi se stava andando bene. Le mandai un messaggio mentre entravo in caffetteria con Callum, lei mi disse di raccontarle tutto non appena uscita da quel posto. -Come stai?- chiese Callum, mentre ci sedevamo. -Mai stata meglio- rispose, fissando il cellulare per non guardare lui. -Parlo sul serio, va tutto bene?- chiese, bevetti un sorso di caffé e annui. -Le allucinazioni?- bisbiglio', sospirai e annui'. -Sto bene, Callum, sto davvero bene- dissi, stufa di sentirmelo chiedere. -Che cosa ci fai qui?- chiese, alzai lo sguardo. -Pensavo andassi a Yale.

-Sai perché sono qui..e tu che cosa ci fai qui? Pensavo volessi fare il servizio militare- risposi, lui si guardo' intorno. -Ho cambiato idea, non volevo allontanarmi troppo da te- disse Cal, sorrisi divertita dalla grande bugia che aveva detto. -Cal sappiamo entrambi che non é questa la ragione...

-Mi manchi, Sunny, davvero. Quello che avevamo non era una cosa qualunque, noi ci...

-Non dirlo, non dire una cosa cosi' stupida. Non mentire ancora, sai perché é finita, lo so io e lo sai tu. Sono passati quasi sei mesi, dovresti essertene fatto una ragione- dissi, con il tono più freddo e distante che potessi avere. -Per Rebecca? E' finita per uno stupido bacio?

-Sai che non é finita solo per questo, Cal.

-No, non lo so. Mi hai lasciato di punto in bianco, ho dovuto tirare le conclusioni da solo. Io avrei dovuto mettere fine alla nostra relazione ma non l'ho mai fatto perché sapevo che momento difficile tu stessi passando e sapevo che saresti tornata ad essere te stessa. Tu frequentavi gli spacciatori, tu avevi quello strano rapporto con Travis, tu ti eri allontanata, tu avevi iniziato a drogarti ma non me ne sono mai andato, Sunny.

-Ma non mi hai mai impedito di farmi del male da sola, di uccidermi, hai lasciato che io compromettessi il mio futuro, la mia salute, la mia vita e non hai mai fatto niente per allontanarmi da Travis o dalla droga. Ecco perché tra noi é finita, perché non sapevo prendermi cura di me e tu non sei riuscito a fare l'unica cosa di cui avevo bisogno.

-Perché non te la prendi con Lauren, allora?- chiese, arrabbiato, vidi nei suoi occhi quanto la conversazione lo innvervosiva. -Lei era sempre li', a rimettermi in piedi, a portarmi via, a risvegliarmi, non ha mai smesso di ricordarmi quanto stessi sbagliando. Nessuno ti da il diritto di mettere in discussione il mio rapporto con Lauren. Non siamo qui per parlare di me e lei ma di me e te. E credo anche che non ci sia più niente da dirci- dissi, alzandomi, presi la borsa. -Grazie per il caffé- dissi, uscendo dalla caffetteria. Feci un respiro profondo una volta fuori e mi battei il cinque per essere stata brava ed aver affrontato la situazione come un'adulta.

 

Io e Alex, arrivammo praticamente allo stesso momento quella sera. Scesi dall'auto di Lauren e lo salutai con un cenno della mano. Lauren scese con me perché voleva vedere il mio posto di lavoro e quella sera avrebbe passato la serata con me e Alex. In realtà speravo potesse tenermi d'occhio e fare in modo che non facessi o dicessi qualcosa di stupido. -E' un piacere rivederti Lauren- disse Alex, aprendole la porta, pensavo avrebbe lasciato passare anche me ma passo' prima di me e richiuse la porta dietro di se. -Che gentiluomo- dissi, entrando, lui sorrise e scosse le spalle. -Faccio questo genere di cose solo con le donne- replico', buttai la borsa dietro al bancone e mi allacciai il grembiule. -Stai tu dietro al bancone, Sun- disse Alex, mentre andavo verso i tavoli. -Cosa? Perché?

-C'é Lauren..

-E perché saresti cosi' gentile da mettermi al bar?

-Perché non vorrei far annoiare Lauren, non é perché tu sia particolarmente brava o mi stia particolarmente simpatica- rispose, gettai lo straccio che avevo in mano sperando di colpirlo ma fini' per colpire una bottiglia di bourbon rischiando di farla cadere. -Detrarro' ogni bicchere o bottiglia rotti dalla tua paga- disse Alex, mentre mi mettevo dietro al bar. -Sai che cosa fare vero?

-Tagliare i limoni, lavare e asciugare i bicchieri, assicurarmi che ci sia il ghiaccio e tenere il bancone pulito- dissi, lui annui' e ando' a pulire i tavoli. -Sembrate due bambini delle elementari che si punzecchiano perché si piacciono.

-Ma perfavore, lui mi punzecchia perché mi considera un maschio- replicai, lei alzo' gli occhi al cielo. -Vuoi da bere?- chiesi, lei annui', misi una birra davanti a lei. -Sette dollari- dissi, alzando la voce per farmi sentire da Alex. -Offre la casa, Lauren- disse Alex, Lauren sorrise e io alzai gli occhi al cielo. -Di che hai parlato con Callum?- chiese Lauren, la porta si apri' ed entro' il nostro caro Cameron, sorrise a Lauren e sospiro' quando mi vide. -Vodka tonic per me- disse, facendomi l'occhiolino. -Alex, hai lasciato tua moglie a Sunshine?- chiese Cameron. -Se spacca qualcosa finirà come Black Daliha- rispose Alex, avvicinandosi. -Dicevo, di che hai parlato con Callum?- chiese Lauren, vidi che Alex e Cameron mi guardavano curiosi. -Chi é Callum?- chiese Cam, guardai Lauren e vidi nei suoi occhi la voglia di parlare. -Se parli non ti considerero' più una soul sister- minacciai, lei scrollo' le spalle sapendo che non l'avrei mai fatto. -E' l'ex ragazzo di Sunny...oggi hanno avuto un incontro speciale- spiego' Lauren, decisi di fingere di non esserci e tagliare i limoni mentre Alex e Cam si facevano li affari miei. -Da quanto non si vedevano?- chiese Alex, cogliendomi nuovamente di sorprsa. -Sei mesi, si sono lasciati dopo...- disse Lauren, si fermo' giusto in tempo. La guardai e lei degluti', le feci un cenno per farle capire che andava tutto bene. -Un evento particolare, sono stati insieme quasi tre anni. Era una di quelle storie d'amore impossibili, lui é stato il primo e unico amore di Sunny..

-Quindi hai un cuore, Sun- disse Alex, alzai gli occhi al cielo. -Perché é finita se vi amavate cosi' tanto?- chiese Cam, lo guardai e pensai a cole rispondere alla domanda senza farlo veramente. -Una storia lunga....

-Di che avete parlato, allora?- chiese Lauren, rivolgendomi tutta l'attenzione. -Mi ha detto che gli manco, che non sapeva le ragioni della nostra rottura e quando li ho spiegato perché é finita lui ha cercato di mettermi contro di te.

-Ha parlato di Rebecca?

-Oh si', l'ha descritto come 'uno stupido bacio'.
-Ah, quindi questo tipo ti ha tradita- disse Alex, guardandomi, annui'. -L'hai lasciato per un bacio? Magari pensava fossi tu- disse Cam, scossi la testa divertita. -Erano a letto insieme, Lauren li ha colti di sorpresa me lo ha detto e lui si é difeso dicendo che era solo un bacio- spiegai. -Lauren dovrebbe odiarlo ma ci tiene ancora a rivederci insieme.

-Stavate bene insieme...- disse, con un sorriso malinconico. -Stavamo- dissi, lei serro' le labbra e sospiro'. Dopo aver aperto il locale mi ritrovai a fare il doppio del lavoro che facevo di solito. Preparare i drink al bancone, quelli per i tavoli, friggere l'unica cosa commestibile che vendessimo e respirare di tanto in tanto. -Sunny- disse Lauren, mentre toglievo le patatine dalla friggitrice. -Sunny- ripeté, ero troppo occupata per parlare con lei. -Un'attimo Lauren!- esclamai. -Sunny, guardami- disse, con tono preoccupato. -Guarda chi é appena entrato- disse, guardai verso la porta e vidi il mio incubo peggiore. Mi nascosi d'impulso dietro al bancone, iniziai a tremare e a respire affannosamente. Lui era li', sapeva che lavoravo in quel posto? Voleva qualcosa da me? Come aveva fatto a scoprire dove lavoravo?

-Che succede?- chiese Cam, a Lauren. -Sunshine e quel ragazzo non vanno molto d'accordo. Del tipo che lui la vuole morta- bisbiglio' Lauren, senti' Cameron chiamare Alex. -Il bar é pieno e tu sei nascosta qui dietro? Che cazzo stai facendo, Sun?- esclamo' Alex, guardandomi, quando si accorse in che stato mi trovassi si guardo' intorno confuso. -Conosci Travis McCoy?- chiese Alex, senza rivolgermi lo sguardo per non destare sospetti. Stavo avendo un'attacco di panico e non riuscivo a parlare. -Tu perché lo conosci?- chiese Lauren. -Eravamo nella stessa classe al liceo, ora tocca a te..

Non vuoi sapere il perché- disse Lauren, le mani non smettevano di tremarmi. I ricordi legati a quel ragazzo riaffioravano senza controllo, tutte le emozioni che riuscivo a controllare di solito, si stavano mescolando. -Vuoi che lo butti fuori?- chiese Alex, io scossi la testa perché non volevo che lui finsse nei guai a causa mia. -Guarda, guarda chi c'é- quando sentii la sua voce un brivido mi attraverso' la schiena. Il cuore andava a mille e la paura che mi trovasse mi stava tormentando. -Lauren Garcia- disse, fortunatamente Lauren era una brava bugiarda, tanto quanto me. -Prenditi da bere e lasciami in pace, Travis.

-Non credere di essere al centro delle mie attenzioni, Garcia, dov'é la tua chiappa destra? Sunshine dove l'hai lasciata?

-Non credo siano affari tuoi- rispose Lauren, quando chiese di me il mio cuore si fermo'. Riusci' a sentire il suo profumo, tabacco misto a birra e marijuana. -Non voglio farle del male, ho solo bisogno di lei per un lavoro- disse Travis, vidi Alex stringere i pugni ma non disse niente. -E' uscita dal giro, lo sai...

-Tu dimmi dove posso trovarla e ti diro' io se é uscita dal giro o meno- disse Travis, con tono minaccioso. -Non la vedo da un po'- disse Lauren. -So che sai dov'é, non costringermi a fartelo sputare...

-Travis, che ne pensi di andartene e lasciare la ragazza in pace?- chiese Alex, poggiandosi al bancone, sembrava calmo. -Sto parlando con una mia amica, Alex, fatti gli affari tuoi- disse Travis, anche lui calmo. -Sono sicuro che Lauren voglia essere lasciata in pace, e sono sicuro di volerti vedere fuori dal mio locale.
-Sono questi i vostri nuovi amici, Lauren?- chiese Travis. -Ora che so dove trovarti, tornero' a cercarti Lauren e la prossima volta mi dirai dove trovare la mia bambina- disse Travis, ''la mia bambina'' quelle parole mi fecero venire i brividi. -Puoi uscire- disse Alex, porgendomi la mano, la afferrai e mi rialzai. Poggiai la testa sul bancone e cercai di riprendermi dallo shock. -E' passata- disse Lauren, accarezzandomi i capelli. Poggio' anche lei la testa sul bancone e mi strinse la mano. -E' passata- ripetei, cercando di convincermene. -Non ti copriro' le spalle la prossima volta- disse Alex, Lauren lo fulmino' con lo sguardo. -Grazie di averle fatto un favore evitandole la morte, é stato carino da parte tua ma non ti chiederemo di farlo una seconda volta sarebbe troppo umano da parte di un'essere umano- ringhio' Lauren. -Non lo faro' a meno che tu non mi dica come e perché tu lo conosca- aggiunse Alex, lo guardai e poi guardai Lauren. -Ho lavorato per lui per tre anni- dissi, Cam e Alex sembravano stupiti. -Non é facile uscire dal giro di Travis, tu come hai fatto?

-Pensavo non sarebbe stato un problema se li avessi venduto tutta la roba che mi era rimasta e gli avessi dato tutti i soldi dicendogli che me ne sarei andata. Cosi' ho fatto, il giorno dopo, ero in giro per il quartiere con mio padre...- dissi, Lauren mi guardo' e mi strinse la mano. -Spararono a mio padre davanti a me, due colpi.....la persona che lo uccise indossava una maschera di Obama, guanti, felpa nera con il cappuccio e aveva gli occhi scuri. La persona che gli sparo' disse ''ora si che hai chiuso con me''. Il prezzo da pagare per uscire dal suo giro era la vita di mio padre. Mi vengono attacchi di panico ogni volta che penso a lui- dissi, la mia voce si spezzo' e le lacrime mi attraversarono il viso. -Reagisco cosi' ogni volta che incrocia il mio cammino- aggiunsi, asciugandomi il viso. Guardai Lauren e vidi che anche lei era in lacrime. -Dovresti tornare al lavoro- dissi rivolgendomi ad Alex, lui ando' verso i tavoli infondo al locale senza dire una parola. -Mi dispiace, Sunny- disse Cameron, lo guardai e annui'. -Vado a fumarmi una sigaretta- disse Cam, uscendo dal locale. -Tutto bene?- chiese Lauren, io annui'. -Sto bene, va tutto bene, andrà tutto bene..non é vero?- chiesi, lei mi prese le mani e mi sorrise annuendo. -Andrà tutto bene, Sunny- disse, riuscendo a confortarmi.

 

-Posso parlarti?- chiese Alex, un paio di minuti prima che io e Lauren ce ne andassimo. -Ti aspetto in macchina- disse Lauren, mi sedetti al bancone e aspettai che mi dicesse quello che aveva da dirmi. -Non volevo sembrare insensibile prima, non avrei dovuto chiederti di raccontarmi una cosa come quella, non sono affari miei infondo. Mi dispiace di averti costretta a ricordare- disse, io annui' accettando le sue scuse. -Non ti preoccupare, non smetto mai di ricordare.

Lauren decise di dormire con me quella sera, io avevo un coltello nel cassetto del comodino e lei ne teneva uno accanto al letto in caso Travis si facesse vivo. -Dovrei comprare una pistola- dissi, prima di addormentarmi. -Si, forse dovresti- disse Lauren.

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Capitolo 3
*** Love it's just a word ***


Capitolo 3- Alex e Cam ci avevano invitate ad una festa per rilassarci e divertirci tra amici. Non consideravo ancora Alex un amico e non avevo alcuna voglia di andare a quella festa ma Lauren mi costrinse. Dopo aver visto Travis al bar temevo che si presentasse davanti alla mia porta o irrompesse nel mio appartamento e lo mettesse sotto sopra o mi prendesse le cose a cui tengo di più al mondo. Le avevo nascoste per bene sperando che non le trovasse mai. Lauren voleva farmi uscire in caso lui venisse a cercarmi, almeno non mi avrebbe trovata. Cercavo disperatamente qualcuno che mi vendesse una pistola per potermi difendere ma tutte le persone che avrebbero potuto vendermela lavoravano per Travis e se mi avessero vista lui avrebbe saputo dove trovarmi. Alex e Cam vennero a prenderci al mio appartamento alle otto, Lauren mi aveva costretta a indossare qualcosa di carino. Mi fece indossare un paio di pantaloncini neri, una t-shirt scollata e con le spalline sottili bianca e un cardigan bordeaux in caso avessi freddo. Volevo indossare delle semplici converse ma lei mi costrinse a mettere le sue lita nere. Non avevo problemi a camminare sui tacchi ma odiavo farlo perché mi sentivo troppo alta. I ragazzi arrivarono puntuali, salite in auto li salutammo. -Wow, siete stupende ragazze- disse Cameron, era un donnaiolo ma un donnaiolo galante. -Quindi é cosi' che ti vesti quando vuoi somigliare ad una ragazza, Sun..non male- disse Alex, alzai gli occhi al cielo e sospirai. -Ciao anche a te- dissi, acida, Lauren sorrise. -La festa dov'é?- chiese Lauren. -E' a casa di un amico di Cam, un figlio di papà che vive da solo in una villa con trenta stanze. Fa una festa ogni due settimane- spiego' Alex. Una decina di minuti dopo Alex parcheggiava davanti ad una villa gigantesca. Sentivamo già la musica, l'unica ragione per cui ero andata. -Venite, vi presentiamo ad alcuni amici- disse Cam, facendoci entrare per prime. Ci presento' ad un paio di ragazze che sembravano piuttosto superficiali. Guardarono me e Lauren dalla testa ai piedi con sguardo di superiorità prima di stringerci la mano. Quindi io e lei prima di andare a ballare decidemmo di sederci sul divano a guardare che tipo di persone si trovasse a quella festa. -Guarda, guarda chi c'é- disse Rebecca, avvicinandosi al divano insieme ad un ragazzo. Rebecca era una nostra vecchia conoscenza, una ragazza superficiale, stupida e fastidiosa ma purtroppo era davvero bella. -Chi vi ha invitato qui voi due?- chiese sedendosi tra di noi, io guardai Lauren e lei mi fece l'occhiolino. -Amici di amici- rispose Lauren, il ragazzo si sedette accanto a me e mi mise una mano sulla coscia. -Stai invadendo il mio spazio vitale, idiota- dissi, togliendoli la mano da li'. -E' casa mia, posso fare quello che mi pare...chi ti ha invitata sgualdrina?- chiese il ragazzo, io guardai Lauren di nuovo e lei annui'. Guardai il ragazzo e sorrisi prima di tirarli un pugno sui testicoli. Lui si richiuse in se stesso e ansimo' per qualche secondo. -La solito guasta feste!- disse Rebecca, andando verso il suo amichetto. -Ti spacco il culo, troia!- disse il ragazzo, alzandosi, mi alzai e torreggiai sui di lui. Grazie a Dio avevo quei tacchi. Lui carico' un pugno e io mi preparai ad incassare ma venne fermato da Alex. -Picchiare una ragazza, Brannon? Sei già cosi' ubriaco?- chiese Alex, spingendolo contro la folla. -Ha iniziato questa sgualdrina, Alex- disse Rebecca, quindi quei due si conoscevano. Fantastico. -Buttale fuori tutte e due, sono solo feccia. Quella vive sulla Rosemary- disse Rebecca, la guardai e sorrisi divertita. -Le ho invitate io, Becca..- disse Alex, lei spalanco' gli occhi. Le feci l'occhiolino e le sorrisi. -Come mai conosci queste due?- chiese Rebecca, io mi sedetti accanto alla mia amica e mi godetti lo spettacolo. -Perché non vai a vedere come sta Brennon? Mi occupo io di loro- disse Alex, Rebecca se ne ando' come un cagnolino. -Quindi questa é una festa di ricchi- disse Lauren, guardandosi attorno. Avevamo capito entrambe che a quella festa c'erano solo persone che avevano genitori importanti. -Più o meno.... -Conosci il proprietario della villa, conosci la ragazza più disgustosamente ricca che io conosca e loro conoscono te e ti ascoltano come fossi il figlio del Padrino- aggiunsi. -Quindi é vero che i ricchi girano solo con i ricchi- disse Lauren, Alex annui'. Ritrovarmi sola con Alex sul divano mi metteva in soggezzione ma cercai di non far trapelare nulla. -Tieni- disse, passandomi una busta, la afferrai e guardai all'interno. Erano più o meno trecento dollari in contanti. -Per le due settimane qui... -Non é troppo?- chiesi, lui scosse la testa. -Ho intenzione di aprire la cucina quindi più avanti dovrai occuparti di più cose contemporaneamente, ci sono solo cento dollari in più per motivarti- disse, accettai i soldi senza dire nient'altro, li infilai nella borsa. -Hai detto a Lauren di mio padre?- chiese Alex, lo guardai perplessa e leggermente offesa. -Non sono affari suoi e non erano nemmeno affari miei- dissi, lui annui'. Una ragazza alta dai lunghi e luminosi capelli biondi, grandi occhi verdi ammaliatori, pelle perfetta e trucco perfetto si sedette accanto ad Alex e gli prese la mano. -Ehi- disse Alex, in quel momento mi sentii di troppo. -Sun, lei é Debbie, la mia ragazza- disse Alex, mi sembro' quasi che mi avessero tirato uno schiaffo in faccia. Quei due stavano talmente bene insieme, lei era stupenda e lui era un gran bel ragazzo. -Sun, mi ha parlato molto di te Alex- disse, rivolgendomi un grande e dolce sorriso. -Vorrei poter dire lo stesso- dissi, stringendole la mano. -Alex mi ha detto che hai la lingua lunga quanto lui.. -Non credo si possa avere una lingua più lunga di quella di Alex Hais- replicai, abbozzando un sorriso. Sembrava una ragazza cosi' solare e dolce che non riuscivo ad essere minimamente sarcastica con lei. -Vi lascio soli- dissi, alzandomi dal divano. Usci' dalla grande villa e raggiunsi il giardino, mi sdraiai per terra e ammirai le stelle. Avevo una strana sensazione, sentivo lo stomaco rodermi ed era fastidioso. -Ehi, baby, che succede?- chiese Lauren, scrollai le spalle per dire che andava tutto bene. -Perché sei qui sola soletta? Pensavo volessi chiaccherare fino a domani mattina con Alex.. -C'é la sua ragazza con lui- dissi, Lauren mi guardo sorpresa. -Alex ha una ragazza?- chiese confusa. -Si chiama Debbie, sembra la figlia di Gigi Hadid e Kendall Jenner ed é adorabile- risposi, Lauren mi guardo' come se avessi detto una gran cavolata. -Non dirmi che sei gelosa.. -Certo che no, io gelosa? Di chi? Di Alex? Si forse sono gelosa di lui, anche io vorrei portarmi a letto una ragazza come quella. -Parlavo di Debbie, vorresti essere al suo posto? E' per questo che sei qui sola, a riflettere e parli di lei come se la invidiassi?- chiese Lauren, le tirai una sberla sulla coscia e assunsi un'espressione disgustata. -Cam, da quanto stanno insieme Alex e Debbie?- chiese Lauren, mi voltai e vidi Cam raggiungerci con due bicchieri, ne porse uno a me e uno a Lauren. -Bevi tu, qualcuno dovrà pur guidare al ritorno- dissi, restituendoli il bicchiere. -Alex e Debbie....stanno insieme dall'ultimo anno di liceo...cinque anni- disse Cam, sembrava che la mascella di Lauren stesse cadendo. -Si sposeranno presto, lui deve solo sistemare alcune cose prima di chiederle la mano...nel giro di un'anno Debbie sarà la signora Hais e un'anno dopo sarà incinta- le parole di Cam mi fecero arrabbiare ma non volevo sapere perché mi stessero innervosendo.. Diciamocelo, la conoscevo la ragione ma non volevo ammetterlo. Non volevo ammettere di essere gelosa della ragazza di Alex perché ero troppo occupata a ricordarmi di odiarlo. -Vieni a ballare Lauren?- chiese Cam, io diedi il permesso a Lauren di andare e lei mi diede un bacio. Tornai a fissare il cielo e chiedermi quando sarebbe andata bene. -Ehi- disse Alex, sedendosi accanto a me. -Ehi- ripetei, senza guardarlo. Avevo paura dei suoi occhi. -Tutto bene?- chiese, sospirai e annui'. -Sicura? -Sicura. -Non sembri star bene.. -Che cosa te lo fa pensare?- chiesi, senza voltarmi, con gli occhi fissi sul cielo. -Siamo ad una festa e tu sei sdraiata sul giardino, da sola a guardare il cielo. Manca una canzone triste di Ed Sheeran e avremo la classica atmosfera triste. -Sono confusa, Alex- confessai, lui si sdraio' accanto a me. -A proposito di cosa esattamente? -Dei tuoi soldi- dissi, mentii, non volevo chiederli del perché non mi avesse mai parlato di Debbie. -Hai detto che devi mettere da parte molti soldi per portare via tua madre e tuo fratello ma lavori per tuo padre e hai anche un posto importante nella sua società... -Sto cercando di prendermi la società perché senza non saprei come mantenere la mia famiglia. Mio padre mi ha dato un posto importante nella società per zittirmi per quanto riguarda quello che fa. Ho bisogno di tempo per trovare il modo di prendermi la società e buttare fuori mio padre- spiego' Alex, la storia in se aveva qualche buco. Non conoscevo tutti i dettagli ma me ne aveva già dati troppi. -Non puoi raccontare cose come questa alla gente. -Tu non sei la gente- disse, cogliendomi di sorpresa. -Se non sbaglio sei stata tu a chiedermelo.. -Mi aspettavo una bugia, é quello che avrei fatto io se fossi stata al tuo posto. -L'ho fatto perché avevo voglia di farlo. Che problema c'é Sun?- chiese, quel soprannome mi fece scoppiare. -Io non mi chiamo Sun, il mio nome é Sunshine o Sunny se proprio vuoi....ma non mi chiamo Sun- dissi, reagendo come una bambina. -Mi piace Sun..- mormoro', lo guardai e sospirai tornado a guardare il cielo. -Le hai dato una bella lezione?- chiese, la voce squittente e fastidiosa di Rebecca mi entro' nell'orecchio e rovino' lo stato di relax estremo in cui mi trovavo. -Lezione per cosa, Becca? -Per Brannon... -Brannon..é un coglione- disse Alex, alzandosi, mi alzai con lui. -Ha cercato di renderlo sterile- disse Rebecca, io sorrisi. -Avrei fatto un favore a tutta l'umanità, sopratutto se tu contavi di procreare con lui. -Che puttana- disse Rebecca, Alex la guardo' e non disse niente. -Perché vai in giro con i rifiuti della società? Non credi che darà fastidio a Debbie? -Non credo, Debbie é abbastanza intelligente da capire che sei tu il rifiuto e non lei- disse Alex, scoppiai a ridere. Debbie ci raggiunse e si poggio' al suo ragazzo. Rebecca se ne ando' e la ragazza di Alex cerco' di instaurare una conversazione con me mentre dava baci ad Alex. Non potevo guardarli e sentirmi la terza in comodo cosi' decisi di andare via, una seconda volta. Quando incrociai Cam, ci sedemmo a chiaccherare del più e del meno. -Tu...tu sai del padre di Alex?- chiesi, cercando di chiarirmi le idee. -In che senso? -Insomma...del comportamento scorretto del padre- risposi, temevo che lui potesse non saperlo e non volevo rivelargli niente. -Scorretto? -Le cicatrici? -Tu sai di Alex e suo padre?- chiese Cam, sorpreso, io annui'. -Lui ti ha spontaneamente detto degli abusi del padre? -Oh grazie a Dio, non l'ha detto solo a me... -Io lo so perché siamo praticamente cresciuti insieme, il fatto che te lo abbia detto vuol dire molto Sunny- disse, guardai Cam confusa. -Debbie non ne ha alcuna idea e stanno insieme da cinque anni. -Perché non gliel'ha detto? -Perché é un'argomento che lo rende vulnerabile e lui odia sentirsi debole davanti agli altri, se l'ha detto a te significa che si fida. La fiducia di Alex Hais é la cosa più complicata da conquistare ma una volta che l'hai fatto ti ritrovi davanti una delle persone più fantastiche che abbia mai conosciuto- disse Cam, lo ascoltavo attentamente. Andai in cucina con Cam e svaligiai l'armadietto dei liquori, presi una bottiglia di pregiato Talisker e iniziai a bere come se fosse acqua. Non avrei dovuto bere ma ne sentivo il bisogno. Dopo un paio di sorsi iniziai a sentirmi strana. -Woo Sun, forse ne hai bevuto troppo- disse Alex, cercando di togliermi la bottiglia. -Reggo bene l'alcol, Alex. Non ti preoccupare. L'alcol é il metodo più facile per dimenticare. -Che cosa vorresti dimenticare, Sun? -Era una frase fatta, Alex- replicai, correndo via. Raggiunsi Cameron e iniziammo a ballare come dei deficienti, Lauren non sembrava contenta di vedermi bere cosi' tanto ma chiuse un'occhio e si aggiunse a noi. Dopo un'ora uscii a prendere aria con Cameron e Lauren. -Che fate ragazzi?- chiese Alex avvicinandosi a noi insieme alla bella stangona. -Giochiamo a carte, non si vede?- dissi, sdraiaindomi sull'erba e facendo del mio meglio per ignorare quella conversazione. -Non credo che lei debba bere quello scotch. -Da quando sei il mio medico?- chiesi, in tono sgarbato e freddo. Quella situazione era un bene, la Sun ubriaca era molto più cattiva e crudele di quella sobria. Forse finalmente avrei convinto Alex a starmi lontano. -Sun, posso parlarti?- chiese Alex, porgendomi una mano. Gli diedi la bottiglia di scotch e mi alzai da sola. Ci allontanammo dagli altri e una volta lontani Alex bevette un grande sorso di scotch. -Qual'é il problema? -Quale dei tanti? -Perché continui a fare cosi'?- chiese, alzai gli occhi al cielo trovando le sue parole fin troppo scontate. -Cosi' come? Alex guarda che non sono io quella che finge di essere qualcun'altro- dissi, si avevo mentito ma era per fare la dura e probabilmente era colpa dell'alcol. -Davvero vuoi accusare me di fingere? -Ti vergogni cosi' tanto della tua famiglia che non riesci nemmeno a parlarne con l'amore della tua vita? -Mi sto facendo psicoanalizzare da un caso clinico. Non cercare di mettere insieme i pezzi della mia vita se non riesci a mettere insieme i pezzi della tua. Sei solo una ragazzina spaventata, hai paura di vivere, paura di morire, paura di innamorarti, paura di avere amici, paura di perderli. Sei cosi' paralizzata dalla paura che l'unica cosa che riesci a fare é trattare male le persone che cercano di aiutarti. -Mi fa piacere sentire quello che pensi davvero di me, mi ero stancata di vedere la solita faccia di Alex. Dimmi quante maschere hai nell'armadio? -Ho tutte le maschere che servono per non essere una persona di merda quanto te. Chiamami quando smettti di farti schifo, magari smetterai di fare schifo anche a me- disse, prima di andarsene. Non volevo che avesse lui l'ultima parola, non volevo lasciarlo andare cosi'. Feci una cosa stupida...lanciai la bottiglia contro di lui rischiando di colpirlo. Lui si volto', mi guardo e sorrise scuotendo la testa deluso. Il mattino dopo mi svegliai con il mal di testa più doloroso che avessi mai provato e purtroppo non era l'unica cosa che sentivo. Oltre al mal di testa c'era il senso di colpa, la rabbia e una vaga tristezza per motivi che non ricordavo. Avevo eliminato quella serata dalla mia mente e non sapevo se fosse una cosa buona o cattiva. Qualcosa mi diceva che fosse sicuramente cattiva. Mi svegliai in una stanza che non conoscevo, sotto lenzuola di seta rosse. Per un attimo pensai di essere finita a letto con Howard Wolowitz ma essendo un personaggio immaginario non poteva essere cosi'. La stanza era enorme e molto elegante, le pareti erano dipinte in marrone e beige. C'era un enorme camino moderno alla mia destra, accanto ad esso c'erano due mobili lunghi con alcuni vasi sopra e accanto al letto dei comodini. Non avevo addosso i pantaloni ma indossavo sia la canottiera che le mutande, non c'erano involucri di preservativo ma c'erano dei vestiti da uomo sul pavimento. Ero confusa e dolorante. Mi alzai dal letto e cercai i miei vestiti per scappare da quella casa, non mi interessava con chi fossi stata ne tanto meno se ci fossi andata a letto. Volevo solo andare via da quel posto. Entrai nel salotto e davanti a me vidi un lungo divano di pelle nero e due poltrone abbinate, un grande televisore al plasma e un pianoforte. Un riccone, pensai. Camminai molto silenziosamente verso la porta quando mi accorsi che qualcuno dormiva sul divano, tirai un sospiro di sollievo quando capii che non avevo fatto del sesso con uno sconosciuto. Non ne ero certa al cento per cento perché magari lui come Christian Grey non dorme mai con le ragazze ma era molto improbabile. Abbassai lentamente la maniglia della porta e misi un piede fuori. -Te ne vai senza salutare?- chiese, la voce era famigliare il che mi inquito' perché sapevo che era Cameron. Richiusi la porta e presi la mazza da baseball accanto alla porta e la usai per spaventare Cam. -Che fai? -Abbiamo fatto sesso? -Cosa? No! -Perché mi sono svegliata nel tuo letto senza vestiti?- chiesi, mettendo giù la mazza. -Non ti ricordi proprio nulla? -No.. -Eri ubriaca, lo eravamo entrambi. Mi hai chiesto ti portarti a casa mia e ovviamente ho accettato. -Cam sei disgustoso- dissi, incazzata nera. -Non...l'abbiamo fatto. Certo avremmo potuto ma ti rispetto come persona.....- disse, con uno strano tono compassionevole. -Che cosa sai? -Scusa? -Che cosa ti ho detto ieri sera da ubriaca?- chiesi, stringendo la mazza tra le mani dalla rabbia. Lui abbasso' lo sguardo e mi basto quello per capire che avevo parlato troppo. -Una volta arrivati a casa hai continuato a bere, poi ti sei tolta i pantaloni e la maglia e hai iniziato a ballare in mutande. Era sexy all'inizio, fino a che non hai iniziato a piangere e a parlare....- rispose, chiusi gli occhi delusa da me stessa. Non c'era solo una persona a sapere troppo della mia vita, ora ce n'erano due. Non sarei più riuscita a guardare Cameron negli occhi dopo quella sera. -Di che cosa ti ho parlato...in grandi linee? -Della tua famiglia, del tentato suicidio, dei problemi con la droga e l'alcol, del tuo ex e... -Delle allucinazioni? Ti prego dimmi che... -Hai parlato anche delle allucinazioni- disse interrompendomi. -Senti...io non diro' nulla di tutto questo a nessuno e lo so che non volevi parlarmene. Insomma é normale, non si raccontano certe cose a dei perfetti sconosciuti. Se vuoi, facciamo finta che non sia mai successo ok? Se ti sta bene- disse. -Se Alex viene a sapere solo la metà delle cose che ti ho detto, ti spezzo le gambe- dissi mordendomi il labbro. -Siamo d'accordo? -Certo ma credo che dovremmo...fare sesso. Sai in caso ti facciano delle domande sulla nostra relazione- disse, alzandosi dal divano. Non indossava nemmeno lui i vestiti, era in mutande e io ero piuttosto stupita nel vedere che il suo corpo era perfettamente scolpito, si avvicino' a me in modo provocante ma non mi fece chissà quale effetto. -Non credo di essere io il problema, chi mi conosce sa che sono aggressiva a letto tanto quanto nella vita reale- gli sussurrai all'orecchio, apri' la porta e una volta fuori mi poggiai alla porta cercando di eliminare dalla mia mente quello che avevo fatto quella sera. Mi stavo infilando i pantaloni quando la porta davanti a me si apri' e per mia sfortuna ne usci' Debbie insieme ad Alex. Loro non smettevano di guardare me e io non smettevo di guardare loro mentre mia allacciavo i jeans. -Questa non me la aspettavo- disse Debbie, passandomi accanto per scendere le scale. Ovviamente, vedendomi uscire mezza nuda dal suo appartamento capirono che avevamo fatto quello che avevano fatto loro ma non potevo negare. -Non credevo che Cam ci sarebbe riuscito... -Ero ubriaca. -In vino veritas, o qualcosa di simile- commento' lui, in quel momento capi' che avevo detto la cosa sbagliata la sera prima. -Non so che cos'ho detto ieri sera ma se ti aspetti delle scuse, continuerai ad aspettare-mi infilai il cardigan e lo guardai. -Aspetta...non ti ricordi nulla vero?- chiese ridacchiando, abbassai lo sguardo e cercai di ricordare la dove c'era solo il vuoto. -Anche io ero ubriaco...ma ricordo perfettamente cio' che hai detto. Sei incredibile- disse, a quelle parole mi scatto' una molla in mente e ricordai il litigio della sera prima. -Non ho bisogno delle tue scuse. -Non avevo intenzione di scusarmi- risposi mantenendo lo sguardo. -Sul serio? Cavolo pensavo fingessi solo di non avere sentimenti. -Hai fatto male a pensare di conoscermi, ora almeno so cosa pensi di me e viceversa -Si, forse é stato un bene confessarci ma ti sbagli completamente su di me e anche se non mi interessa che cazzo ti passa per quella testolina malata, voglio che tu lo sappia. -Puoi continuare a fingere di essere una persona normale, con una ragazza normale e una vita normale ma fingere non cancellerà il fatto che tuo padre ha abusato di te o che stia continuando ad abusare di tua madre. Fingere di non aver avuto una famiglia ed un infanzia complicata non cancellerà il fatto che tu sei quello che sei a causa e grazie al tuo passato. Cerca di accettarlo. -Preferisco fingere di essere qualcun'altro che diventare una persona come te. Ti diverti cosi' tanto a ferire le persone, inizio a chiedermi che cosa cavolo ho visto di buono in te. Per la prima volta ti vedo per quello che sei. Una ragazza complicata e depressa che fa di tutto per rendere la vita degli altri leggermente più schifosa della sua. Mi fai schifo, Sunshine. -Finché non vedo la tua vera faccia le tue parole mi scivoleranno addosso come acqua- dissi, scendendo le scale, a metà strada iniziai a correre con le lacrime lungo al viso. Mi avevano già detto che facevo schifo ma sentirlo dire da lui mi fece più male di quanto volessi. Quando usci' dal condominio mi accorsi di non saper come tornare e di certo tornare dentro non era una buona idea. Cercai il cellulare e chiamai Lauren. -Ehi, dove sei?- chiese lei, feci del mio meglio per trattenere le lacrime ma ero già scoppiata. -Davanti al condominio di Cam, mi vieni a prendere?- chiesi singhiozzando. Non ero abituata a piangere se qualcuno era nei paraggi, conoscevo Lauren da dodici anni e mi aveva visto piangere solo quando venivo ferita fisicamente e succedeva raramente. Era la prima volta che mi sentiva piangere per qualcosa di personale. -Oh mio Dio, stai bene? -Vienimi a prendere, per favore- dissi, asciugandomi il naso con la manica della camicia. -Dimmi l'indirizzo e corro- disse lei, mi guardai intorno alla ricerca del nome della strada. -Whitney Avenue, 12 credo. -Sto arrivando, aspettami li'. Mi sedetti a terra e aspettai l'arrivo della mia amica. La porta del condominio fece click e Cam usci con addosso una tuta e in mano un caffé. Mi asciugai il viso prima che potesse vedermi e finsi di non averlo visto. -Prendilo, il caffé fa sempre bene. -Come sapevi che ero qua?- chiesi, prendendo la tazza. Lui si sedette accanto a me e si copri' la testa con il cappuccio. -Ti ho vista dalla telecamera del citofono- disse indicandolo, mi voltai accorgendomi di essere nell'inquadratura di quell'aggeggio. -E' da un quarto d'ora che sono qua, perché hai aspettato a scendere? -Stavi piangendo e conoscendoti ho pensato non volessi che ti vedessi di nuovo in questo stato, cosi' ho aspettato che finissi- disse, bevendo un sorso di caffé. -Alex é stupido...non te la prendere per quello che ha detto. -Hai origliato? -Avevi lasciato la porta aperta é stato più forte di me- disse, con un sorrido. -Ha ragione. -No, non ha ragione e non pensa quello che ha detto. Lo conosco meglio del mio apparato genitale, Sun. -Non sai quello che gli ho detto. -Invece lo so, ieri sera ho origliato. Ero troppo curioso di sapere che cosa stesse succedendo al mio amico cosi' vi ho sentiti- disse, scossi la testa guardandolo indignata. -Non sono completamente sicuro che Alex non credesse in quello che ha detto ma so che non é il tipo che parla. Lui sa ascoltare ma non é quello che si puo' definire loquace. -Qual'é il punto? -Il punto é che se Alex si é confidato a te significa che si fida e devi essere orgogliosa di te quando uno come lui ti da una cosa cosi' preziosa come la fiducia. -Questa conversazione mi disgusta, sembra tratta da un film Cam. Alex non si fida di me, mi considera una persona orribile e questo mi sta bene perché é la prima persona che me lo dice in faccia e non finge di essermi amico per poi pugnalarmi alle spalle. Non mi interessa quello che pensa di me. -Quindi piangi quando non ti importa di qualcuno?- disse, alzandosi. Mi accarezzo' la testa e torno' all'interno del condominio. Sbattei la testa più volte contro il muro sperando di morire per una commozione cerebrale ma era piuttosto impossibile. Cosi' iniziai a sbatterla più forte sperando di perdere la memoria e di poter ricominciare a vivere da capo. Dimenticando tutto. Ma anche quello era piuttosto impossibile. Smisi di sbattere la testa contro il muro solo quando vidi il Range Rover di Lauren fermarsi davanti a me. Presi la borsa e salii in auto sperando che dimenticasse del pianto isterico al telefono, allacciai la cintura e non dissi nulla, non la guardai nemmeno negli occhi. -Ok...ma non significa che non ti chiedero' spiegazioni più tardi. Me ne parlerai quando vorrai farlo ma sei costretta a farlo- disse, accarezzandomi la gamba. -So che non devo dire cose come questa ma Sun, ci sono sempre per te- aggiunse mettendo in moto. Poggiai la testa contro il finestrino e guardai la strada scorrere davanti a me. -Hai intenzione di raccontarmi che cos'é successo?- chiese Lauren, una volta arrivate al mio appartamento. Mi infilai sotto alle coperte e lei si mise accanto a me. -Ieri sera ho avuto una discussione con Alex, mi ha detto alcune cose e io gli ho detto altre cose. Ho bevuto e ho chiesto a Cam di portarmi da lui- dissi, Lauren assunse un'espressione schifata. -Avete.. -Peggio- dissi, lei sembro' preoccupata. Le raccontai tutto, ogni singola cosa senza tralasciare i dettagli. Lei rimase accanto a me e mi disse che non dovevo dare peso alle parole di Alex. Fu una settimana piuttosto difficile, Alex chiedeva a Cam di mandarmi un messaggio per dirmi di non andare al lavoro. Alex non voleva proprio vedermi e io non ci potevo fare niente, probabilmente gli avevo detto cose che non gli erano piaciute ma non pensavo se la prendesse cosi' tanto. Era un sabato pomeriggio piuttosto umido, il tempo ideale per una corsetta. Presi il telefono, le cuffie, infilai le scarpe da ginnastica e usci'. Ascoltavo le mie canzoni preferite, liberavo la mente e cercavo di non pensare a quel odioso ragazzo. -Non vedo l'ora di incontrare questo Alex- disse, la voce era famigliare, quella voce era il mio punto debole. Rallentai e guardai alla mia destra, il cuore mi si strinse quando vidi i grandi occhi blu di Hope. Ero consapevole di quello che stava succedendo, non era certo un fantasma. Lei non era li' veramente, la mia mente si stava prendendo gioco di me. Sapevo che un giorno le allucinazioni sarebbero tornate, ne ero più che certa. Pensavo pero' che sarebbero tornate in un momento di stress, quando avrei davvero provato dolore. -Non ti piacerà- dissi, mentre le lacrime mi rigavano il viso. -Perché no?- chiese, era cosi' piccola, cosi' dolce, lei era cosi' bella. -Non é gentile con me. -Vuoi che lo picchi?- chiese, quella domanda mi fece scoppiare, mi cedettero le gambe e caddi a terra piangendo. -Che succede?- chiese Hope, posando una mano sulla mia spalla. Non sentii la presenza della sua mano ma volevo cosi' tanto sentirla. -Mi manchi, piccola. -Sono qui- disse Hope, sorridendomi prima di sparire. Tornai all'appartamento, mi feci una lunga e triste doccia e iniziai a vestirmi. Non avevo ricevuto alcun messaggio quindi dovevo andare a lavorare. Non ero pronta a litigare o a parlare con lui, l'unica persona a cui riuscivo a pensare era mia sorella. Averla rivista quel pomeriggio aveva messo disordine nella mia testa. La sua voce, il suo viso, era tutto come lo ricordavo. -Siamo chiusi...- disse Alex, senza nemmeno alzare lo sguardo. -Lavoro ancora qui?- chiesi, buttando la borsa a terra. Mi guardo' per qualche secondo in silenzio e fu in quell'istante che iniziai a sudare freddo. -Non mi é arrivato nessun messaggio da Cam con scritto che ero licenziata quindi...eccomi qui- dissi, nel panico. -Pulisci i tavoli e fai in fretta, ci sono un mucchio di cose da fare oggi- disse, lanciandomi lo straccio. Presi il grambiule dalla borsa e me lo annodai alla vita, sfregavo i tavoli con tutta la forza che avevo nelle braccia e mi concentravo pure nel farlo. -Che posso fare?- chiesi ad Alex, una volta finito di pulire i tavoli. -Manca il ghiaccio- disse, lanciandomi un secchio, lo presi al volo e andai sul retro del locale per riempire il secchio con il ghiccio. -Lava e rimetti i bicchieri apposto, poi prendi le patatine dallo sgabuzzino, taglia i limoni e vai a cercare delle bottiglie di vino in cantina. -Ti comporterai cosi' tutto il tempo? -Ti tratto come vuoi essere trattata, come una sguattera- disse, sbuffai e feci tutto cio' che mi chiese di fare. Una volta finito ero esausta, avevo fatto quattro volte su e giù dalla cantina perché Alex faceva la bambina e nessuna bottiglia di vino gli andava bene, poi mi spinse ''per sbaglio'' nello sgabuzzino e mi ritrovai piena di polvere e di ragnatele ma andava bene. -Perché non vai fuori ad aspettare i clienti? -Dovrei andare fuori e fingere che non ci siano due gradi?- chiesi, sedendomi al bancone. -D'ora in poi sarà cosi, Alex? Adesso mi tratterai come una sguattera? Tutto questo perché non sono la persona che pensavi che fossi? Che cosa credevi che potesse esserci tra noi, Alex? Non sono Rebecca, io non sono buona, non sorrido spesso, non sopporto le persone e loro non sopportano me, sono irritante e so di esserlo, tratto tutti di merda e sai perché? Per non ritrovarmi in una situazione del genere. Ho fatto del mio meglio per scappare da te prima che la situazione si aggravasse ma é già successo, tu sei incazzato nero con me perché hai visto il lato oscuro della luna e mi dispiace di non essere stata abbastanza. Mi dispiace di non essere abbastanza per te, per essere tua amica. Mi dispiace di averti fatto entrare nel mio mondo pur sapendo che ne saresti uscito....cosi'. Ti giuro che se potessi tornare indietro avrei fatto e detto tutt'altro in modo che tu capissi fin dall'inizio che non sono come gli altri, io non sono una bella persona e se scavi allungo dentro di me non trovi altro che merda. Ho provato a fartelo capire ma..cazzo Alex, sei un osso duro- dissi, iniziai a parlare a ruota libera senza accorgermi di quello che stavo dicendo ma mi serviva. Stavo scaricando la rabbia e lo stress che avevo accomultato dalla festa. -Io so che non sei cosi' Sun, so che se scavo anche solo un poco di più trovero' la bella persona con cui pensavo di aver parlato qualche sera fa- si interruppe, fece un respiro profondo e serro' i pugni. -Dovremmo cercare di andare d'accordo, per la nostra sanità mentale- scherzo', mi voltai per smettere di guardare lui e capire il da farsi. Fu in quel momento che tutto mi crollo' addosso, quando vidi mio padre in piedi infondo al locale. Mi guardava minaccioso con i vestiti sporchi di sangue e un sorriso inquietante sul viso. -No,no,no,no- bisbigliai, allontanandomi da lui che continuava ad avvicinarsi. Era esattamente come lo ricordavo, era esattamente come l'ultima volta che lo vidi. Ricoperto del mio e del suo sangue, gli occhi stanchi e consapevoli di quello che stava per succedere. Ero con mio padre, camminavamo e parlavamo del più e del meno. Fu un momento tranquillo, la calma prima della tempesta. Un uomo, alto, con il viso coperto estrasse una pistola, sparo' una volta a me colpendomi la spalla e infine scarico' l'arma su mio padre. Quando punto l'arma contro di lui mi buttai su mio padre sperando di prendermi tutti i colpi ma era troppo tardi. L'uomo svani' nel buio, gridavo, piangevo e gridavo. Chiamai il suo nome cosi' tante volte sperando che si risvegliasse anche se sapevo che non si sarebbe risvegliato, che lui era morto. -Avresti dovuto trattare meglio tuo padre- disse mio padre, avvicinandosi a me ricoperto di sangue. Indietreggiai fino a ritrovarmi con le spalle al muro. -Verrà la tua ora, tesoro- disse, mentre le lacrime mi rigavano il viso e i brividi travolgevano il mio corpo vidi Alex. I suoi occhi grigi, Alex era sulla strada dove era morto mio padre e diceva qualcosa. Non riuscivo a sentire, ero confusa. Perché Alex si trovava nel luogo dove io stavo piangendo mio padre? Fu in quel momento che capi' di trovarmi in un'altra allucinazione. Continuai a guardare Alex fino a ritrovarmi al bar, con lui. Caddi a terra esausta, sopraffatta dalla situazione. -Che cazzo ti é preso?- chiese Alex, inginocchiato davanti a me. -Io..- degluitii e feci un respiro profondo. -Stai bene?- chiese, prendendomi le mani tremanti. -Vuoi che ti porti in ospedale? -Non ce n'é bisogno- dissi, rialzandomi, cercai di ricompormi piano piano. Respiri lunghi e profondi, svuotare completamente la mente, controllare le proprie emozioni. -Inizio a tagliare i limoni?- chiesi, sperando che facesse finta di niente. -Sun, ti ho appena vista in uno stato di psicosi e tu vuoi tagliare i limoni? Che cazzo ti é preso?- chiese, mi sedetti e poggiai la testa sul bancone. -Non vuoi saperlo. -Finché non si tratta di fantasmi... -Soffro d'allucinazioni- dissi, pentendomene subito. Lui assunse un'espressione sorpresa e si sedette accanto a me. -Come quella da funghi o... -Come quelle degli schizofrenici- replicai, lui sembro' spaventato. -Non sono schizofrenica. Sono allucinazioni causata da un trauma che ho subito... -Tua sorella? -Sono iniziate dopo la sua morte, sono durate un'anno e mezzo e sono tornate dopo la morte di mio padre. -Quando? -Meno di un anno fa- risposi, resistere alle lacrime diventava sempre più difficile. -Pensavo avessi cercato il mio nome su internet.. -L'ho fatto, una sola volta e non ho letto gli articoli solo qualche titolo. Cosa devo fare se ti succede di nuovo? -Niente, a meno che non diventi un pericolo in quel caso abbattimi come si fa con gli animali- dissi, continuando a pulire i tavoli e cercando di ostentare indifferenza. Finii di pulire e spazzare la sala mentre Alex sistemava i bicchieri sugli scaffali e riempiva le ciotole degli stuzzichini che accompagnano i drink. Un'ora dopo il locale era aperto e come al solito i primi ad entrare erano i clienti abituali, quelli che avevano un tavolo privato, quelli di cui sapevo l'ordine non appena li guardavo. Mark beveva scotch con ghiaccio, Joshua birra alla spina, Fred gintonic, mentre preparavo i drink notai che mancava il ghiaccio cosi' Alex ando' a prenderlo dal retro del locale. -Mark devi aspettare un attimo, manca ghiaccio- gridai per farmi sentire dall'altro lato del locale, lui alzo' il pollice in aria e io gli feci un cenno con il capo. Portai la birra e il gintonic per poi tornare dietro il bancone a rubare le patatine destinate ai clienti quando una ragazza entro' nel locale. Ci misi un po' a capire chi fosse ma alla festa c'era poca luce ed ero ubriaca quindi ero giustificata. Purtroppo le luci soffuse del locale non fecero che confermare la descrizione della sera prima, solo che indossava un vestito diverso e tre chili d'oro probabilmente. I suoi lucenti capelli biondi le ricadevano sulle spalle e il rumore dei tacchi non fece che attirare l'attenzione di tutti i presenti che non smisero di guardarla. Ero invidiosa di lei, era cosi' adorabile, bella, dolce. -Sunshine, giusto?- chiese, avvicinandosi al bancone con un sorriso. -Giusto, come stai Debbie?- chiesi, non riuscivo a fare a meno di essere gentile con lei. -Bene, sto cercando Alex..dovrebbe essere qui.. -E' andato a prendere il ghiaccio, tornerà a momenti- dissi, lavando i bicchieri sporchi. -Vai all'università?- chiese, io annui' e lei sorrise imbarazzata. -Che cosa studi? -Giornalismo- risposi, rimanendo concentrata sui bicchieri e pregando che Alex apparisse. -Ehi, tesoro- disse Debbie, guardando alle mie spalle, si allungo' sul bancone e bacio' Alex. -Che cosa ci fai qui?- chiese Alex, con un sorriso. Non riuscivo a toglieri gli occhi da loro due, erano una coppia talmente bella. -Sono venuta a portarvi da mangiare, devi sbrigarti a sistemare la cucina cosi' non farai morire di fame i tuoi dipendenti- disse, sorridendomi. Gli lascio' una busta e lo saluto', rimasi a guardare Alex che guardava Debbie uscire dal bar con gli occhi a cuoricino. Mi ritrovai a corto di lavoro, seduta al bancone a parlare con un cliente della guerra in Vietnam. -Io ho combattuto per il nostro paese. -Credo sia impossibile considerato il fatto che lei aveva più o meno dieci anni durante quella guerra- ribattei, annoiata lui mi contraddisse. -Ho in mano la sua carta d'indentità e le sue chiavi...sa cosa vuol dire? -Che non posso guidare? -E che conosco la sua età- aggiunsi, lui sembrava talmente ubriaco che lasciai perdere la conversazione in attesa di qualcosa di più interessante da fare. -Come hai conosciuto Travis?- chiese Alex, lo guardai confusa perché non capivo per quale ragione mi faceva una domanda simile. -In un bar, un paio di mesi dopo la morte di mia sorella.. -Ti ha chiesto di lavorare per lui cosi' dal nulla? -Eravamo solo amici all'inizio, quando mi ha proposto soldi facili ho detto di si senza pensarci. Pensavo di non avere niente da perdere- risposi. -Quand'é che ha iniziato a farti paura? -Non sono come te, Alex, non racconto tutto di me- risposi. -Dov'é finito Cameron? E' da un po' che non lo vedo- dissi, lui mi guardo' poi distolse lo sguardo. -Cos'é successo tra voi? -Niente- rispose. -Avete litigato?- chiesi, lui si mise a fare altro ed evito' di rispondere. Presi il telefono e guardai Alex. -Lo chiedero' a lui allora- dissi, uscendo dal bar. -Deficente, che cos'é successo tra te e Alex?- chiesi, nonappena rispose al telefono. -Eh? Niente- rispose, non suonava molto convincente come risposta. -Raccontala a qualcun'altro...é da un po' che non vieni e quando ho detto il tuo nome lui ha stretto i pugni come se volesse ucciderti. -Non é successo niente, gli passerà. -Qualcosa deve succedere prima di passare. -E' per la notte che abbiamo finto di passare insieme- confesso', non avevo mai pensato che potesse essere per una cosa come quella. -Perché? -Non gli é piaciuto il fatto che io ti abbia portato a letto. -Per quale ragione? -Perché sei nella sua lista.. -Quale lista? Parla una lingua che io posso capire. -La lista delle ragazze da non scopare, tu sei nella sua e io ho infranto la regola. -Perché dovrei essere nella sua lista? -E io che ne so? Quel tipo é strano, sta con un bomba sexy e se la prende con me per essere stato con te. Se almeno avessi assaggiato un po' di te non ci sarei nemmeno rimasto male per questa storia- replico'. Tornai al bar e iniziai a sparecchiare i tavoli pensando a come sistemare le cose tra loro senza mettere nei guai il mio passato. I clienti erano andati tutti via ed eravamo rimasti solo io e lui. -Quindi tu ed Alex avete una lista..- dissi, pentendomene un secondo dopo. Avrei dovuto pensarci di più prima di parlare. -Non avrebbe dovuto dirtelo. -Mi spieghi perché sono sulla tua lista? Non mi sopporti nemmeno. -Non ho mai detto una cosa simile. -Si, hai usato parole diverse come: Mi fai schifo- replicai, lui si sedette sul bancone e sospiro'. -Non lo pensavo davvero. -Non so che cosa pensi, posso solo interpretare cio' che dici e quel ''mi fai schifo'' non era difficile da interpretare ma non stiamo parlando di noi. Perché litigare con Cam per una cosa cosi' stupida?- chiesi, sperando di riuscire a salvare il loro rapporto senza mettere il mio passato in mezzo. -E' una questione di fiducia Sun, ha sempre preso sul serio quella lista e io ho fatto lo stesso. Tu per qualche ragione sei finita a letto con lui ed é sicuramente colpa sua. -Probabilmente ha pensato che scherzassi quando gli hai detto ''hey Sun é sulla lista, niente bunga bunga con lei''- dissi, lui sorrise. -Insomma, hai una ragazza, stai con lei da anni e ti preoccupi delle ragazze che si porta a letto Cameron? -Non puoi capire. -Si, lo so, non posso capire perché non c'é niente da capire. Lui é il tuo migliore amico e non vale la pena litigare con lui per una come me- dissi, rivolgendogli un sorriso. -Chiamalo e risolvete la questione. -Lo faro'.. -Perché non adesso?- chiesi, porgendogli il mio telefono, lo abbasso' lo sguardo e sorrise. Lui e Cam parlarono per una decina di minuti e risolvettero la questione. -Ora che ho risolto i vostri problemi posso tornare a casa, a domani- dissi, raggiungendo la porta. -Ti va di restare per un caffé?- chiese, mentre aprivo la porta. Mi voltai e lo vidi di spalle con una mano sulla nuca. -Non devi offrirmi un caffé se non vuoi che resti..- dissi, lui si volto' e sospiro'. -Preparo il caffé, ci dovrebbero essere dei biscotti nella dispensa, prendili e siediti- disse, lasciai la borsa dietro al bancone e andai a cercare i biscotti. -Oh non te l'ho detto prima ma hai tutta la mia stima, Debbie sembra una brava ragazza ed é davvero bellissima- dissi, sedendomi, lui poso' una tazza di caffé sotto ai miei occhi e si sedette davanti a me. -Ehm, grazie. -Come vi siete conosciuti?- chiesi, lui diede un morso ad un biscotto e sorrise. -Ultimo anno di liceo, eravamo nella stessa classe di chimica. -Cinque anni, devi amarla molto- dissi, lui sorrise pensando a lei e annui'. -Penso sia stata l'unica ragazza di cui mi sia davvero innamorato. Tu? Hai mai avuto storie vere? E non parlo di relazioni che durano un paio di mesi...parlo di vero amore. -Callum, siamo stati insieme per quasi tre anni- risposi, con un po' di malinconia nella voce. -Quando é iniziata? -Avevo quindici anni- risposi, lui annui'. -Come vi siete conosciuti? -Lo conosco da quando conosco Lauren, siamo cresciuti insime. Eravamo inseparabili noi tre. -Quand'é che avete capito che era più di un'amicizia? -Non lo so, so solo che un giorno ci siamo baciati e siamo rimasti insieme. -Che cos'é successo?- chiese, deglutii e sospirai chiedendomi che cosa fosse successo. -Non so nemmeno questo, penso che sia stata colpa mia. Dopo la morte di mia sorella ho cominciato a lavorare per Travis, un'anno dopo ero schiava dell'alcol ed ero quasi sempre sotto l'effetto delle allucinazioni. Penso che si sia spaventato e abbia iniziato a lasciarmi andare, stavamo ancora insieme quando é morto mio padre e qualche mese dopo l'ho lasciato perché non volevo tenerlo ancorato ad una relazione che sarebbe dovuta finire prima- spiegai, lui mi ascoltava interessato sorseggiando caffé. -Provi ancora qualcosa per lui? -Non provo più niente, Alex. Ho deciso di smettere di avere sentimenti o di provare emozioni e sto cercando di non fare mai più quell'errore. -Sai che é impossibile. -Sono brava a fingere- dissi, sorridendo. -Vorrei conoscere questo Callum, chissà come si fa a far innamorare una come te.. -Me lo chiedo spesso anche io.

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Capitolo 4
*** Hate is just a word ***


Capitolo 4-

 

Lauren parcheggio' davanti al bar e sospiro' prima di scendere, come se si stesse preparando ad una guerra. Debbie e Cameron stavano aiutando Alex a pulire il bar prima dell'apertura, le facevo io quelle cose di solito ma avevo chiesto se potevo arrivare più tardi quel giorno a causa dei miei impegni scolastici e lui accetto'. Indossai il grembiule e mi misi lavorare mentre Debbie e Cameron chiaccheravano con Lauren. Finito di pulire Cam venne verso di me e mi chiese se poteva parlarmi. Uscimmo fuori dal bar e mi preparai al peggio, sapevo che non aveva niente di buono da dirmi.

-Hai parlato ad Alex delle allucinazioni?
-Lui ti ha detto che...- dissi, feci un respiro profondo per calmare le mie emozioni e non perdere il controllo.

-Lui non mi ha detto niente- ribatté Cam, lo guardai cercando di capire se mi stesse mentendo. -Come lo sai allora?

-Che importa come lo so? Infondo me ne avevi già parlato tu quindi...

-Non capisci, devo sapere se é stato lui a dirtelo perché se é stato lui allora io...

-Non é stato lui a dirmelo..

-E chi altro allora?- chiesi, arrabbiata più che mai, lui sospiro' e pronuncio' il nome della ragazza di Alex. Tornai all'interno del bar come una furia e mi preparai alla guerra. -Chi ti ha dato il diritto di farlo?- chiesi, stringendo i pugni e serrando la mascella. Mi guardarono tutti come se stessi delirando. -Come scusa?- chiese Alex, guardo' Cameron alle mie spalle e poi guardo' me.

-Chi cazzo ti ha dato il diritto di farlo? Chi ti credi di essere Alex Hais? - chiesi, guardandolo dritto negli occhi. -Mi sono fidata di te- esclamai, non riuscivo più a controllare niente, lasciai la rabbia prendere il controllo. -Sei la prima persona di cui mi fido dopo tanto tempo e alla prima occasione mi pugnali alle spalle. Chi ti ha dato il diritto di parlare degli affari miei alla tua ragazza? Sei un bastardo- dissi, Lauren venne verso di me quando vide che stavo davvero per perdere il controllo di me stessa. -Guardami, calmati- sussurro'. -Sun, ho sbagliato ma..
-Non c'é nessun ma, Alex, tu hai fatto la cosa più stupida che potessi fare ma é colpa mia. Io ho fatto l'errore di fidarmi di te e ora ne pago le conseguenze. A quante persone l'avete già raccontato?

-Lui non voleva, era arrabbiato e gli é scappato. Sunshine é tutta colpa mia.

-Debbie non parlare, tu non c'entri niente. Non mi importa se era arrabbiato o se gli é scappato. Ora grazie a te piccolo bastardo tutta Detroit sa dei miei problemi- replicai. -Non l'ho detto a nessuno...- aggiunse Debbie, la fulminai con lo sguardo e sorrisi. -L'hai raccontato a Cameron e a chissà quante altre persone. Sappi che non sono affatto arrabbiata con te ma tu e le tue bugie da quattro soldi potete andarvene a fanculo- esclamai, regalandole un medio. -Meglio uscire- disse Cam, sorridendole e spingendola fuori dal bar. -Vuoi farti anche la mia ragazza Cam?- chiese Alex, stringendo i pugni. Era incazzato anche lui ma non con me, con Cameron il che mi fece perdere la testa. -Hey, bastardo, é con me che devi litigare non con lui. Io sono qui!- esclamai, mettendomi nel suo campo visivo. -Voglio delle scuse da te prima di uscire da questo posto e non tornarci mai più.

-Non mi scusero' con te- ribatté, ero sbalordita, non potevo credere che l'avesse detto. -Sei caduto cosi' in basso? Sei cosi' orgoglioso da non volerti scusare anche se sai di aver sbagliato?- dissi, capii immediatamente che non volevo più avere a che fare con lui. -Non ti sei mai scusata per essere stata a letto con Cameron- disse, cogliendomi di nuovo di sorpresa. Cio' che stava dicendo non aveva alcun senso e io non sapevo nemmeno come reagire. -Mi prendi per il culo, Alex? Mi sarei dovuta scusare per cosa? Per aver fatto qualcosa senza chiederti il permesso? Per aver preso una decisione da sola senza consultarmi prima con te? Mi spieghi qual'é il tuo fottuto problema?
-Sei stata a letto con Cameron- ribatté, sospirai e sorrisi pensando a quanto assurda fosse quella situazione. -Vuoi sapere un segreto Alex? Non sono stata a letto con Cameron, gli ho fatto promettere di non raccontare a nessuno quello che gli avevo raccontato quella notte. Perché non vai a raccontare al mondo quanto patetica io sia?- confessai, prima di andarmene. -Sun, aspetta- disse, una volta fuori dal bar. -Aspettare cosa? Che tu racconti gli affari miei alla tua ragazza davanti a me?- chiesi. -Fai pure- dissi. -Ero arrabbiato con lei e con Cameron, ho iniziato a parlare e non mi sono fermato fino a quando non ho capito che avevo sbagliato. Mi dispiace, davvero. E' che...ero arrabbiato- disse Alex, risi e scossi la testa. -Vaffanculo, tu e le tue scuse del cazzo- dissi, guardai Lauren e lei sali' in auto e mise in moto.

-Non ci posso credere- dissi, mentre uscivamo dal parcheggio. Alex continuo' a guardarmi mentre Debbie e Cameron entravano nel bar. -E' tutta colpa mia..- dissi, Lauren scosse la testa. -Che cos'é che sa?- chiese Lauren. -Delle allucinazioni- risposi. -Alex l'ha detto a Debbie e lei l'ha detto a Cameron, lui aveva paura che io mettessi il suo amico nei guai e mi ha chiesto perché abbia deciso di raccontarglielo.

-Cameron ha paura che tu metta Alex nei guai?- chiese Lauren. -Gli ho raccontato cosi' tanto quella notte...troppo. Mettiti al suo posto, anche tu avresti paura di me.

-Io so tutto e non ho paura di te- ribatté, la guardai e sorrisi. -Tu sei pazza- dissi, mi prese la mano e annui'. -Cosa farai?- chiese. -Cerchero' un altro lavoro, sai come sono fatta. Tradisci la mia fiducia una volta e sei fuori per sempre.

Ebbi l'ennesimo incubo quella notte, rividi la morte di mio padre, di nuovo. Mi alzai dal letto e andai verso il bagno, cercai il rasoio nel cassetto e vidi Lauren, in piedi davanti a me. Stavo per ferirmi ma lei mi fermo', mi tolse il rasoio dalle mani e mi abbraccio'. -Non devi farlo- disse, mi riporto' a letto e rimase sveglia insieme a me. Andammo insieme a fare colazione e mi lascio' per andare dai suoi prima di pranzo. Non volevo passare altro tempo a casa, sola con me stessa e le mie allucinazioni cosi' rimasi sdraiata in un parco non lontano dal mio appartamento. Le nuvole si spostavano davanti a me, l'aria profumava d'autunno, si sentivano alcuni bambini giocare in lontananza. Mi concentrai sul mio battito cardiaco e su nient'altro.

-Quindi é ancora questa la tua attività preferità- riconobbi immediatamente la voce di Callum, torreggiava su di me coprendomi dal sole. Aveva addosso un berretto nera, un lungo cappotto nero e un paio di jeans strappati. Si sdraio' accanto a me e mi sorrise guardandomi. -Perché sei qui?- chiesi, senza distogliere lo sguardo dalla distesa azzurra sopra di me. -Ero nei paraggi e ti ho vista, posso sempre andarmene..

-E' un parco pubblico, non posso chiederti di andartene- replicai, lui sorrise e poggio le mani incrociate sotto al capo. -Ho sentito che Travis é venuto a cercarti- disse, lo guardai e annui'. -Tu come lo sai?

-Le voci girano, sai cosa vuole?

-Vuole che torni a lavorare con lui- risposi, lui serro' la mascella e sospiro'. -Puoi denunciarlo.
-Ci tengo alla mia vita.

-Posso farlo io per te...

-Tengo anche alla tua di vita- risposi, lui si sdraio' su un fianco e mi sorrise. -Non voglio avere anche la tua morte sulla coscienza, Cal, niente di più..

-Come no..- replico', sorrisi nonostante volessi mantenere un'espressione fredda e indifferente. -Posso offrirti il pranzo? Da amici, solo da amici- chiese, lo guardai e ricordai come mi faceva sentire. -Solo da amici- risposi, lui sorrise e si alzo', mi porse la mano e mi aiuto' ad alzarmi. -Cinese?- chiese, cercando le chiavi della sua auto. -Come vuoi- dissi, sali' sulla sua mercedes e allacciai la cintura. -Ho saputo che lavori..

-Tu e Lauren parlate ancora, non é vero?- chiesi, lui rise e annui'. -Eravamo tutti grandi amici, non pensavo che le cose sarebbero finte cosi'- disse, stringendo le mani attorno al volante. -Nessuno lo pensava.

-Ho saputo che lavori per Alex Hais- disse, strinsi i pugni e degluti'. -Non più- ribattei. -Come mai?- chiese Cal. -Non sono fatti tuoi- replicai. -Non é una persona facile, proprio come te.

-Non é come me- ribattei.

 

Arrivati al ristorante Callum ordino' per me ricordandosi perfettamente quello che mi piaceva mangiare, parlammo dell'università per tutto il pranzo e fu piuttosto piacevole ritrovarmi a parlare con lui dopo tanto tempo. Ero abituata a vederlo ogni giorno, a parlare con lui ogni giorno e tutto d'un colpo lui era uscito dalla mia vita. A causa mia. Mi riaccompagno' a casa e mi chiese di prendermi cura di me stessa. Tornata al mio appartamento mi infilai in una vasca d'acqua gelata e chiusi gli occhi. L'acqua era più fredda quando era mia madre ad infilarmici, ci buttava dei cubetti di ghiaccio e mi lasciava a mollo per ore. L'acqua fredda era diventata la mia migliore amica, quando mi ci immergevo la mia mente si rilassava e si riempiva di pensieri. Mi feci una doccia quando si avvicino' l'ora di andare a lavorare. Non avevo alcuna voglia di vedere Alex o Debbie ma ero comunque una persona professionale e avrei lavorato li' per un ultima sera per prendere i miei soldi. Infilai un paio di jeans e un maglione di qualche taglia più grande, indossai la giacca di pelle e presi la borsa. L'autobus era vuoto e l'unica cosa che sentivo era la mia musica ad alto volume nelle orecchie. Entrata al bar notai che Debbie non c'era e nemmeno Cam era presente. C'era solo Alex, sistemava le bottiglie con addosso un maglione stretto che accentuava i suoi bicipiti. Tolsi il maglione e restai in canottiera, avvolsi il grembiule attorno alla vita e iniziai a pulire senza nemmeno rivolgergli parola. -Non pensavo saresti venuta.

-E' l'ultima volta che mi vedrai, non ti preoccupare- ribattei, senza guardarlo. -Ti ho chiesto scusa, cosa posso fare per farmi perdonare?

-Tornare indietro nel tempo e non raccontare alla tua ragazza delle mie allucinazioni- risposi, fredda e distaccata. -Sun, mi dispiace, davvero- disse, afferrandomi per il braccio e facendomi voltare. -Non mi interessa- dissi, scuotendo la testa. Tornai a lavorare e ignorare ogni suo tentativo di chiedermi scusa. -Non volevo farlo, é stato più forte di me..
-Smettila di cercare stupide scuse perché non funzionerà. Sai, io sono capace di perdonare chiunque perché so che sbagliare é umano ma non posso perdonarti per aver raccontato a Debbie delle allucinazioni.

-Perché ti fa arrabbiare cosi' tanto che Debbie lo sappia? Non te ne devi vergo...

-Davvero non riesci a capire? Non mi interessa che cosa la gente pensa di me ma non posso accettare che la mia vita sia esposta al mondo in quel modo. Non sono arrabbiata perché Debbie lo sa, sono arrabbiata perché tu non sei stato in grado di tenere per te una cosa cosi' delicata che riguarda la mia vita- dissi, sospiro' e mi guardo. -Devi perdonarmi, Sunshine.

-Non devo fare niente- replicai. -Spiegami solo perché sei cosi' sincero con lei per quanto riguarda la vita degli altri ma non riesci nemmeno a parlare dei problemi con tuo padre?- dissi.

 

 

Fu una serata tranquilla, tornata a casa mi buttai a letto e il mattino dopo andai ad inseguire la routine. Dopo una lunga e noiosa lezione di sociologia io e Lauren prendemmo un caffé e ci sedemmo su un prato a chiaccherare. Decisi di non raccontarle delle allucinazioni per proteggerla, quel periodo non fu facile per nessuna delle persone attorno a me. Ero cambiata dalla morte di mio padre, avevo iniziato a pensare molto meno a me stessa e più alle persone a cui tenevo. Non avevo intenzione di ferire qualcun'altro. -Quindi hai parlato con Callum- disse Lauren, la guardai confusa ricordandomi di non averglielo raccontato. -Come fai a...

-Sta venendo qui con del cibo e un sorriso sul vol..Callum!- disse, sorridendo, mi voltai e lo vidi torreggiare su di noi. Teneva una busta in mano ed era carino come sempre, si sedette a terra con noi e mise la busta in mezzo a noi. -Donut!!- esclamo' Lauren, prendendone una. -Che fate?- chiese, guardandomi. -Le solite cose, Sunny mi raccontava del suo fastidioso capo- rispose Lauren, la guardai mentre masticava una donut con lo zucchero a velo sulle sue labbra e su tutto il suo viso. -Che c'é? Magari puo' darti un consiglio- disse Lauren, buttai giù un grosso sorso di caffé e sperai di svenire. -Lei si é confidata con il suo capo perché lui l'ha fatto con lei e sai che Sunny é una a cui non piace avere debiti, comunque, lui é andato a raccontarlo alla sua ragazza e lei l'ha detto al migliore amico del suo capo e ora Sunny é completamente fuori di se perché quelli sono ricconi e siamo in una scuola di ricconi e ha paura che tutti conoscano la sua vita come al liceo- spiego', con troppi dettagli per i miei gusti, copri' la testa con il cappuccio della felpa e cercai di nascondermi. -Che bastardo!- esclamo' Callum, sorrisi e annui' essendo completamente d'accordo. -Chi é la sua ragazza?- chiese Cal, Lauren mi guardo' e io risposi a voce bassa. -Oh, si la conosco, quella si che é una principessa e si fa trattare come tale- commento' Callum, come se la mia autostima non fosse già sotto terra. -Io dico che devi smettere di parlare con questo tipo e trovarti un ragazzo single- disse, facendomi l'occhiolino, Lauren scoppio' a ridere e gli diede un cinque. -Scusate ma ho lezione, economia. Ci si vede- dissi, prendendo la mia roba e andandomene. Entrai nella classe di economia, mi sedetti il più lontano possibile dall'insegnante e poggia la testa sul banco. Uscita dalla classe vidi Cameron in piedi vicino alla porta. -Ehi, Sunny!- disse, lo guardai confusa e andai verso di lui. -Che ci fai qui?- chiesi, lui abbasso' lo sguardo e sorrise. -Possiamo parlare?- chiese, io annui' e andammo a sederci su una panchina. -Se sei qui per farmi parlare con Alex, evita- dissi, non ero preoccupata, non avrei dovuto essere preoccupata. -Io non ti conosco, so molte cose di te ma non significa che sappia che tipo di persona tu sia. Hai attraversato l'inferno e ora sei qui davanti a me, sembri una tipa tosta, forte e sinceramente mi fai paura- esordi', capii subito che tipo di discorso voleva farmi. Era il tipo di discorso che mi facevano i genitori dei miei amici per tenermi lontana da loro. -Se sei qui per dirmi di stare lontana da Alex, non ti preoccupare. Ho chiuso con lui- dissi, lui mi guardo' negli occhi per qualche secondo poi distolse lo sguardo e sorrise imbarazzato. -Lui é protettivo, é leale e si preoccupa ma non é una cosa che fa con tutti, la fa solo con le persone di cui si fida e tu sei diventata una di quelle persone. Non voglio che lui si metta nei guai a causa del tuo passato, non voglio che stia male a causa tua....é fragile quando si tratta delle persone che ama. Anche lui ha attraversato l'inferno e ora sta cercando di uscirne, sta cercando di realizzare il suo sogno e non voglio che tu gli impedisca di farlo perché lui vuole proteggerti ma non ne é capace. Non voglio che venga ucciso a causa tua...come tuo padre. Non voglio che diventi un drogato o un alcolizzato, non voglio che diventi come te semplicemente perché ha voluto fidarsi di te. Non prenderla sul personale, mettiti al mio posto, che cosa faresti se fosse stata Lauren? Non so chi sei e non voglio saperlo perché quello che mi hai detto mi tiene ancora sveglio la notte. Non ti chiedo di licenziarti ma di non parlare con Alex, di lasciarlo in pace. Cercherà di farsi perdonare e finché non lo perdonerai lui ti assillerà quindi devi dirgli come stanno le cose ancora prima che sprechi il suo tempo a farsi perdonare da te- disse, speravo che quelle parole mi facessero provare qualcosa ma era la decima volta che le sentivo. Il concetto era sempre lo stesso, qualcuno voleva proteggere qualcun'altro e per farlo doveva ''ferire'' me. Non sapevo bene come rispondere, per me Alex non era più una persona di cui fidarmi e quindi stava lentamente uscendo dalla mia vita quindi non era un problema. -Ok- dissi, prima di alzarmi e andare verso la classe di filosofia. Callum si sedette accanto a me e mi racconto' della sua lezione di diritto. -Rebecca ha risposto a tutte le domande dell'insegnante- disse, lo guardai sorpresa e lui sorrise. -In modo sbagliato ma ha risposto- disse, sorrisi e feci un respiro profondo guardandolo. Mi mancava cosi' tanto essere la sua ragazza, Callum Lawrence era capace di farti sentire la persona più amata del mondo con un semplice sguardo. Non potevo tornare con lui pero'. Era stato la mia seconda roccia dopo la morte di mia sorella ma dopo quella di mio padre dovetti mettere fine alla nostra relazione. La versione ufficiale é che lui non mi ha impedito di fare gli errori che mi hanno spinta ad uccidere mio padre. La verità é che i suoi genitori mi hanno chiesto di lasciarlo in pace, un po' come aveva fatto Cameron e non potevo ignorare i suoi genitori cosi' ubbidi'. -Tutto bene?- chiese, mi guardai intorno e vidi mia sorella seduta accanto a me. Mi sorrise e io sorrisi a Callum dicendogli che andava tutto bene. -Non devi ascoltare quel ragazzo, tu non sei una brutta persona- disse Hope, mandai giù il groppo che avevo in gola e cercai di mantenere il controllo della situazione. -Devo, devo andare- dissi, alzandomi nel bel mezzo della lezione di filosofia. Presi la borsa e corsi fuori, avevo il respiro affannato e un groppo alla gola. Non potevo più trattenermi dovevo sfogarmi in qualche modo. Mi nascosi nei bagni delle ragazze, bloccai la porta e resta seduta per terra per qualche minuto. Sapevo che cosa volevo fare ma sapevo anche di non poterlo fare in un luogo pubblico dove qualcuno avrebbe potuto trovarmi e dove tutti avrebbero potuto vedermi. -Ti aiutera', il sangue ti ha sempre aiutata- disse Hope, la guardai e vidi i suoi polsi, un liquido rosso le scivolava lungo le mani. -No,no, non di nuovo- dissi, gettandomi su di lei, Hope cadde a terra, vedevo sangue su tutto il pavimento del bagno e i suoi occhi lentamente si spegnevano. -Non di nuovo, Hope, non di nuovo- dissi, cercando di fermare il sangue. -Piccola, per favore- le lacrime scendevano lungo il mio viso mentre vedevo mia sorella morire per la seconda volta. -Non é colpa tua- disse, prima di chiudere gli occhi e di svanire. -NO!- gridai, tirando un pugno ad uno specchio. Avevo il cuore a mille e solo vedere la mia mano sanguinare riusci' a calmarmi. Era diventata un'abitudine ferirmi ogni volta che avevo voglia di piangere, mi aiutava a controllarmi, a diventare forte. Avvolsi la sciarpa attorno alla mano e usci' dalla finestra del bagno per evitare i commenti e gli sguardi incuriositi degli studenti. Mi sdraiai sul prato dietro ai bagni, nascosta dai cespugli, completamente sola. -Ho sempre saputo che quella ragazza non stava bene- disse, una ragazza all'interno del bagno. -Come sai che é stata lei?- chiese, la seconda ragazza. -L'ho vista entrare, si chiama Sunshine Evans e fa sempre cose come questa. Quella ragazza é completamente pazza, soffre di allucinazioni e l'hanno ammessa in questa scuola- disse la prima ragazza, solo in quel momento riconobbi quella voce. Rebecca Sorrow, quella ragazza aveva un problema con me fin da quando eravamo piccole. Ero cosi' profondamente disgustata dal fatto che lei sapesse cio' che stavo passando e che si prendesse gioco di me in quel modo. Mi alzai e mi allontanai dai bagni, le voci avrebbero cominciato a girare e avevo molta voglia di sapere che cosa si sarebbero inventati questa volta.

-Ti ho cercata ovunque, dove eri finita?- chiese Callum, infilai le mani nelle tasche della giacca e cercai di sorridere. -Non mi sentivo molto bene- risposi, lui mi guardo' e annui'. -Stai bene?- chiese, io annui' e mi sforzai di sorridere in modo ancora più convincente. -Ti sei persa una gran bella lezione- disse Callum, mi passo' i suoi appunti, scattai un paio di foto e lo ringraziai prima di andare via. Dovevo pranzare con Lauren ma prima dovevo trovare un modo di fermare il sangue e coprire la ferita. Andai in segreteria e aspettai. -Scusi?- dissi, quando vidi una donna, alta, capelli corti neri, grandi occhi blu. -Lavora qui?- chiesi, lei scosse la testa e fece per andarsene, mi diede una seconda occhiata e si avvicino'. -Cosa posso fare per te?- chiese, aveva una voce dolce, amorevole. -Cerco l'infermeria, sa dirmi dove ne posso trovare una?- chiesi, lei sorrise. -Ti senti male?- chiese, deglutii e scossi la testa tirando fuori la mano con la sciarpa coperta di sangue. -Ho avuto un'incidente- risposi, sorridendo imbarazzata. -Come ti chiami?- chiese, mi sembro' strano che me lo chiedesse non aveva bisogno del mio nome per darmi delle indicazioni. -Sunshine Evans- risposi, lei fece un respiro profondo e mi diede una cartina della scuola mostrandomi dove trovare un'infermeria.

L'infermiera medico' la ferita e mi disse che non c'era alcun bisogno di punti ma che avrei dovuto cambiare la fasciatura ogni giorno per una settimana. Comprai un paio di guanti di pelle in un negozio e li indossai prima di andare da Lauren. -Che bella scelta di stile- disse Lauren, con tono sarcastico, sorrisi e nascosi la mano ferita nella tasca della giacca temendo che potesse scoprirlo. -Si mangia messicano- disse, facendo partire una canzone messicana, inizio' ad ondeggiare i fianchi e a cantare in spagnolo. -Non é la prima volta che mangiamo da Taco Bell- dissi, lei spense la radio e mi guardo'. -E' sempre una cosa da festeggiare, Taco Bell merita sempre i festeggiamenti, tesoro- disse, sorridendo. Ci fermammo al solito ristorante e ci sedemmo al solito posto a mangiare le solite cose. -Hai intenzione di mangiare con quei guanti?

-Ho le mani congelate e sono fighi- dissi, lei scoppio' a ridere e diede un morso al taco. -Cameron é venuto a chiedermi di stare lontana da Alex- dissi, Lauren rischio' di soffocarsi con una patatina quando glielo dissi. -Cosa?- chiese, buttando il taco sul piatto. -E' venuto dopo la lezione di economia e mi ha detto che dovevo stargli lontano per il suo bene.

-Che pezzo di merda! Abbiamo fatto colazione insieme subito dopo- replico', la guardai confusa e lei mi spiego' che Cam le aveva chiesto di uscire. -Vuoi davvero uscire con Cameron Ingram?

-Ora che mi ha raccontato questa cosa, no, non ho intenzione di uscire con qualcuno che si permette di giudicarti senza conoscerti- rispose, era completamente fuori di se. -Sa molte cose su di me.

-Conosce i fatti ma non le ragioni. Perché hai iniziato a spacciare? Perché vi stavano per sfrattare. Perché sei finita in riformatorio? Perché sei stata incastrata. Perché hai le allucinazioni? Perché perdere Hope ti ha distrutta- replico', sorrisi pensando a quanto quella ragazza mi volesse bene. Ogni cosa sbagliata che avevo fatto aveva una ragione ma non potevo giustificarmi in quel modo, avrei potuto trovare alternative a quei problemi invece di mettermi nei guai. -Non devi lasciar perdere Cam perché lui non vuole che distrugga il suo migliore amico.

-Non lo distruggerai..
-Ho distrutto la mia famiglia, Callum e ho distrutto anche te ma é troppo tardi per rimediare a quello che ho fatto a te.

-Non mi hai fatto niente, Sunny. Non mi hai mai distrutta ma mi hai insegnato ad essere forte- replico', la guardai e lei scoppio' a ridere. -Sto sparkeggiando- disse.

 

Dopo le lezioni pomeridiane andai a prepararmi per il lavoro, mi sfilai i guanti solo una volta arrivata al bar. Lauren aveva una cena di famiglia e quindi non si sarebbe mai presentata al bar.

-Sei di nuovo qui...pensavo che...

-Non pensare, lavorero' qui fino a che non trovero' un altro lavoro- dissi, interrompendolo. -Che hai fatto alla mano?

-La spada di un cavaliere dello zodiaco mi ha ferita- risposi, lui roteo' gli occhi.

-Che hai fatto?- chiese Alex, mentre asciugavamo i bicchieri. -Non rompere Alex- risposi.

La prima persona che entro' nel bar quella sera fu il mio incubo peggiore. Rebecca. -Alex!- disse, abbracciandolo, mi concentrai sui drink e cercai di ignorare la sua presenza. -Sunshine- disse, con tono schifato. -Rebecca- dissi, con ancor più disgusto. -Hai lasciato il tuo DNA in tutto il bagno oggi- disse, la guardai e cercai di minacciarla con lo sguardo per farla tacere. -Il rettore vuole scoprire chi é stato a rompere lo specchio, a quest'ora dovrebbero saperlo tutti all'università- aggiunse, decisi di lasciar perdere e lasciarle dire quello che voleva dire. -Che cos'é successo?- chiese Alex, lei mi guardo' e guardo' Alex. -Ti sei fatta molto male, vedo. Dovresti andare da Dr Phil- disse Rebecca prendendomi la mano, feci un respiro profondo e andai a servire i clienti con i miei drink. -Quindi?- chiese Alex, rivolgendosi a me. -Non é successo niente.

-Ha preso a pugni lo specchio perché il fantasma di sua sorella le ha ricordato quanto inutile fosse- disse Rebecca, Alex mi guardava perplesso. -E' cosi' che ti sei ferita?- chiese Alex, guardavo Rebecca e cercavo di dimostrare a me stessa che ero forte e che potevo sopportare la sua cattiveria. -Si- dissi, Alex mi prese la mano e io la sottrassi allontandandomi. -Perché?- chiese Alex, io guardai Rebecca sapendo che sarebbe stata lei a rispondere alla domanda. -Per le allucinazioni suppongo- disse Rebecca, cogliendomi di sorpresa. Non sapevo che dire, ero talmente scioccata e disgustata che non sapevo realmente come reagire. -Vattene- mormorai, guardandola. -Credi di potermi cacciare? Sei cosi' poco importante, Sunshine..- disse, guardai Alex e continuai a lavorare sperando che la frustrazione non mi faccesse scoppiare in lacrime. -Vattene, Rebecca- disse Alex, lo guardai e scoppiai a ridere. -Cosa c'é di cosi' divertente, sgualdrina?- chiese Rebecca, la guardai e sorrisi. -Mi piace che tu creda di ferirmi anche solo un po', tu non sai chi sono Rebecca e non sai cosa potrei farti. Se non l'avessi capito, ti sto minacciando, e giuro che se ti sento pronunciare il mio nome o quello di mia sorella non vedrai più la luce del sole. Sono pazza, l'hai detto anche tu- dissi, inchidandola al muro. -Lasci che mi parli cosi'?- chiese rivolgendosi ad Alex. -Te la sei cercata- ribatté. Rebecca se ne ando' lasciandomi nuovamente sola con lui. -Stai bene?
-Mi stupisci, sai? Credevo che fossimo simili ma ora inizio a vedere chi sei veramente e mi fai pena, Alex- risposi. Odiavo cosi' tanto quel ragazzo per rovinato il nostro rapporto, credevo davvero che avremmo potuto essere amici.

-Sun- disse, il cuore mi si strinse al suono di quel nomignolo con cui solo lui mi chiamava. -Non é quello il mio cazzo di nome!- esclamai, stringendo i pugni e cercando di reprimere la rabbia che provavo per me stessa. Avevo un dovere ed era quello di stare lontana da Alex, gli avrei dato il peggio di me cosi' almeno sarei stata io la cattiva della situazione. -Sunshine, che cos'é successo?- chiese. -Quale parte di ''stammi lontano'' non hai capito? Non voglio più avere a che fare con te, sei una persona meschina e non hai fatto altro che prenderm in giro. Devi sparire dalla mia vita, Alex Hais, non voglio più vederti o sentire la tua voce. Ti odio con ogni singola particella del mio corpo, ancora non l'hai capito?- dissi, lui serro' la mascella e degluti'. Si volto' e torno' a lavorare.

La sua ragazza passo' a tarda serata e si prese cinque minuti di pausa per parlare con lei. Quando Debbie rientro' era in lacrime, prese la sua borsa, mi guardo' per qualche secondo e poi usci' dal bar distrutta. Alex torno' con lo stesso sguardo che aveva quando mi aveva vista uscire dall'appartamento di Cam. Il mio turno era finito e volevo solo andarmene a dormire. -Ti do un passaggio- disse Alex, prese la giacca e le chiavi. -Non voglio niente da te- dissi, lui mi lancio' un occhiataccia. -Sali' in auto- disse, digrignando i denti. -Torno a casa da sola.

-Ho detto, sali- ripeté con voce minacciosa e sguardo inquietante, stringeva i pugni e aveva la mascella serrata come se stessa facendo di tutto per trattenersi dal colpirmi. -La posso portare io a casa- disse Callum, mi voltai stupita di sentire la sua voce. -Ehi, Sunny- disse, sorridendomi, lo guardai sempre più confusa e guardai Alex che sembrava ancora più arrabbiato. -Chi cazzo sei tu?- chiese Alex, avvicinandosi a Cal, mi misi tra i due per evitare qualunque scontro e salvare la vita al mio fragile ex ragazzo. -Sono un amico di Sunshine- disse Cal, fingendo di non capire la gravità della situazione. -Callum- disse, Alex mi guardo' e guardo' Cal. -Sali sulla fottuta auto, Sun- disse Alex, lo guardai cercando di capire qualcosa ma vedevo il vuoto completo. -Vattene a casa, Hais- dissi, lui si mordette il labbro inferiore e sali' in auto. Sfreccio' fuori dal parcheggio e spari'. -Pensavo che mi avrebbe colpito. In pieno volto, stavo per piangere- scherzo' Cal, sospirai sollevata che fosse ancora vivo e che Alex fosse sparito. -Che gli é preso? Sembrava avercela a morte con te- disse Cal, lo guardai e cercai la bugia più conveniente. -Che cavolo ci fai qui a quest'ora?- chiesi, cambiando discorso. -Volevo vedere come stavi, oggi eri un po' strana- disse Cal, lo guardai come se avesse detto la più grande stupidaggine del mondo. -Quindi vieni a prendermi a quest'ora della notte in un quartiere malfamato?

-Pensavo che ti avrebbe dato fastidio vedermi durante il lavoro- disse, sorrisi e lo trascinai alla sua macchina. -Portami a casa, ho bisogno di dormire- dissi, in un sospiro. -Che hai fatto alla mano?- chiese, guardai la mia mano ferita e serrai le labbra. -Credo che a quest'ora tu lo sappia.

-Conosco la versione di Rebecca ma non é quella che mi interessa- disse Cal, poggiai la testa contro al finestrino e gli raccontai quello che era successo. -Perché Rebecca sa delle allucinazioni?

-L'ho detto alla persona sbagliata e quella persona l'ha detto ai suoi amici- risposi, lui annui' e mi prese la mano. -Sono qui, se le cose vanno male io e Lauren saremo al tuo fianco. Come al liceo- disse, sorridendomi. -Grazie- dissi, lui accese la radio e si mise a cantare una delle sua canzoni preferite, Bad dei The Cab. La canzone parlava di un ragazzo in cerca di una cattiva ragazza e solo in quel momento capii perché gli piacesse cosi' tanto quella canzone. Parlava praticamente di noi.

 

Lauren era passata da me prima del lavoro e avevamo deciso di farci le unghie e spettegolare come tutte le ragazze normali. Aveva sentito le voci al campus ma non mi aveva chiesto nulla a riguardo cosi' ci passammo sopra e le raccontai di come Alex avesse fatto piangere Debbie. -Probabilmente é il tipo che piange perché non le si dice che é fantastica in ogni cosa che fa- disse Lauren, scoppiai a ridere e rischiai di rovinarmi lo smalto come facevo sempre. -La nostra festa preferita si avvicina baby, che cosa facciamo?- chiese Lauren, guardai il calendario e vidi quanto fosse vicino Halloween. -Film horror e sfilata di costumi fatti in casa?- chiesi, Lauren ci penso' su qualche secondo e annui'. -Quindi passo il weekend da te?- chiese Lauren. -Puoi restare fin da oggi se vuoi- dissi, lei mi guardo' e sorrise. -Fantastico perché stanno facendo delle ristrutturazioni a casa mia e c'é un casino assurdo- disse Lauren, aprendo la porta d'ingresso a trascinando una valigia all'interno del mio appartamento. -Ti stai trasferendo?- chiesi, scoppiando a ridere. -E' lo stretto necessario per tre giorni a casa tua- sorrisi, e buttai giù un sorso di caffé. -Devo andare al lavoro- dissi, lei assunse un'espressione affranta. -Manca poco piccola, tra poco potrai lasciare quello stupido lavoro e dimenticarti di quelle persone- disse, la guardai schifata e lei sorrise. Infilai un paio di jeans, un maglione bianco e indossai le vans.

Arrivate al bar percepimmo entrambe la tensione nell'aria, l'auto di Cam era nel parcheggio e c'era anche quella di Debbie. -Ci aspetta una bella serata- dissi, mentre raggiungevamo la porta. Un'auto parcheggio poco dopo di noi e quando mi voltai vidi Callum scendere dall'ibrida nera. -Che cosa ci fa qui?- chiesi, Lauren sorrise. -Sono tre contro tre ora- disse Lauren, abbracciando Cal. -Salve- dissi, usando il sorriso più falso che avessi. -Cameron, Debbie, lui é Callum un mio caro amico- dissi, loro si presentarono mentre Alex mi guardava come se volesse magiarmi viva. -Non ho avuto il piacere di presentarmi ieri sera, Alex Hais- disse Alex, stringendo la mano a Cal. -Andiamo a sederci la giù- disse Lauren, allontanandosi dal bancone, mi annodai il grembiule alla vita e mi preparai ad affrontare tutto. -Do una festa a casa mia ad halloween se vi va di venire- disse Cam rivolgendosi a Lauren, lei mi guardo' e poi guardo' Cam. -Abbiamo altri programmi- disse Lauren, con tono freddo. -Che tipo di programmi?- chiese Cam, vidi lo sguardo di Lauren cambiare, era arrabbiata e la causa ero io. -Non sono affari tuoi, Cam- rispose Lauren, Cameron si accorse di quanto fredda e distaccata fosse. -Ho fatto qualcosa di sbagliato?- chiese Cameron, asciugavo i bicchieri e osservavo la situazione. -Non fai altro che sbagliare- rispose Lauren. -Di cosa stai parlando?

-Sai di cosa parlo- ribatté Lauren, la guardai e cercai di farle capire che non doveva combattere le mie battaglie. -Non capisco.
-Forse Alex dovrebbe iniziare ad essere più sincero e a dire quello che pensa al diretto interessato. Non mandare te.

-Di cosa sta parlando, Cameron?- chiese Alex, andando verso il loro tavolo. Attraversai il bancone e mi misi accanto a Lauren. -Niente, Alex- rispose. -Tu sei una fottuta stronza!- esclamo' Cameron, rivolgendosi a me. -Pensavo fossimo d'accordo- aggiunse, venendo verso di me con fare rabbioso. Alex spinse Cameron prima che potesse avvicinarsi troppo. -Che cazzo sta succedendo?- chiese Alex, strinse i pugni e si volto' a guardarmi, distolsi lo sguardo. -Chiedilo a Cameron- disse Lauren. -Che cazzo hai fatto?
-Stavo solo cercando di proteggerti, amico- rispose. -Che cazzo hai fatto, Cam?- chiese Alex, alzando la voce. -Non ha fatto niente- dissi, mettendomi tra i due. Guardai Alex dritto negli occhi e provai una stretta al cuore. -Sunshine- disse Lauren. -Okey, nessuno ha intenzione di parlare? Perfetto, parlo io. Il tuo amico ha chiesto a Sunshine di starti lontano perché crede che lui finirà per distruggerti- spiego' Lauren, la guardai e scossi la testa. Alex scatto' ma riusci' a fermarlo prima che potesse raggiungere Cameron. Lo spinsi con tutta la forza che avevo. -Stanne fuori, Sun- esclamo'. -L'ho fatto per te, amico. Quella ragazza é completamente fuori di testa, guardaci cazzo! Non abbiamo mai litigato e ora per colpa sua..
-E' per colpa tua se ho voglia di spaccarti la faccia? Chi cazzo ti credi di essere per giudicarla? Pazza? Amico, il più pazzo in questa stanza sono io e se vuoi davvero proteggere qualcuno forse dovresti pensare a proteggere lei da me- esclamo', lo guardai e lo vidi sotto una luce completamente diversa. -Era vulnerabile e ti ha raccontato cose di se stessa che non racconta mai, chi sei tu per giudicarla?

-E' un chaos, Cam, tu non lo sai ma lei é un casino- rispose Cameron. -Chi non lo é?- chiese. -Ero d'accordo con Cameron, non perché credo di essere nociva per te ma perché non voglio più avere a che fare con te. Te l'ho detto più volte e lo ripeto, quando avro' trovato un'altro lavoro i nostri cammini si divideranno- dissi, cercando di calmare la lite. -Tu non vai da nessuna parte, ragazzina- disse, sorpassandomi, alzo' il pugno e lo sferro' dritto in faccia a Cameron. -Vedi che cosa sta succedendo a causa sua?- esclamo' Cam, mentre Callum lo teneva lontano da Alex. Io e Lauren tenevamo Alex tranquillo mentre Debbie piangeva.

-Non spetta a te decidere chi puo' o non puo' far parte della mia vita, Cameron!

-Tu non sai chi é lei- esclamo' Cam, guardai Lauren e la pregai di tacere. -Lei é fuori di testa e non sai nemmeno quanto possa essere nociva per te- disse Cam, Alex scatto' di nuovo e mi spinse facendomi cadere a terra per liberarsi dalla mia presa e raggiungere Cam. Gli sferro' un secondo pugno allo stomaco e lui rispose con un pugno in faccia. Mi rialzai per dividerli ma fini' di nuovo a terra quando Alex mi spinse via.

 

 

Avevo tagliato i ponti con Alex e Cameron, mi ero licenziata e avevo bloccato i loro numeri. Era un bene per tutti, avrei dovuto farlo prima. La rissa era finita piuttosto male, io e Lauren ce ne andammo dopo averli separati. Feci una scenata e mi licenziai mandando tutti a quel paese.

Ero a letto a scorrere un sito internet in cerca di un lavoro, speravo in qualcosa di meno coinvolgente a livello personale. Era passato un mese da quando mi ero licenziata e ancora non avevo trovato lavoro.Volevo qualcosa dove non dovevo avere alcun collega e poche interazioni con altri esseri umani.

Bussarono violentemente alla mia porta e quasi subito capii di essere nei guai. -Polizia di Detroit, aprite la porta- esclamarono, il suono era attutito dalla porta ma era forte e chiaro. Mi alzai, feci un respiro profondo ed apri' la porta. Due poliziotti fecero irruzzione, uno di loro mi blocco' al muro e inizio' ad ammanettarmi. Era una scena troppo famigliare per me. Il secondo poliziotto inizio' a mettere sotto sopra il mio appartamento in cerca di droga probabilmente. -Sunshine Evans, la dichiaro in arresto per spaccio di stupefacenti- disse, prima di iniziare a leggermi i miei diritti. Non sapevo che fare ma se c'era una cosa che avevo imparato da Travis era che nel momento dell'arresto dovevo tacere. Non riuscivo a smettere di pensare a Travis, mi chiedevo come avesse fatto a farmi arrestare, se avesse corrotto la polizia, se fosse un modo per spaventarmi e farmi tornare da lui promettendomi protezione ma una cosa era certa, Travis aveva fatto qualcosa. Mi buttarono in una cella con altre due donne, prostitute molto probabilmente. Non era la mia prima volta in quel tipo di posto. Ero stata arrestata quando avevo sedici anni per spaccio. Non lavoravo ancora per Travis ma avevo bisogno di soldi e con lui erano facili, mentre stava portando a termine un'affare la polizia arrivo' e lui scappo' lasciandomi nei guai. Mi presi la colpa al posto suo perché non sarei finita in prigione ma in riformatorio essendo ancora minorenne. Non ero più minorenne. Se erano poliziotti corrotti probabilmente avrebbero messo delle finte prove nel mio appartamento e avrebbero usato i miei precendenti per sbattermi in prigione per almeno cinque anni. Se avevano ricevuto una soffiata da parte di Travis mi avrebbero trattenuta per quarantotto ore e poi rilasciata per mancanza di prove, in entrabi i casi sarei stata macchiata a vita. -Evans hai diritto ad una chiamata, ti consiglio di chiamare il tuo avvocato- disse l'agente passandomi la cornetta del telefono. Dovevo pensare in fretta. -Sunshine, sei tu non é vero?- disse Lauren. -Non so come sia successo ma non posso stare qui, Lauren. Devi aiutarmi- dissi, scoppiando a piangere. Non sopportavo gli spazi chiusi e se fossi rimasta per tutta la notte in quella cella avrei perso la testa. -Lauren, per favore.

-Piccola, resisti, ci penso io. Tu pero' resisti okey?- chiese, trattenendo le lacrime per non farmi preoccupare. Quando vidi Lauren entrare nella centrale, feci un sospiro di sollievo. -Stai bene?- chiese, corsi verso le grate e le presi la mano. -Mi faranno uscire?- chiesi, mentre le lacrime rigavano il mio viso. -Ci sta pensando...

-Evans, puoi uscire- disse, un agente venendo ad aprire la cella. Provai una forte stretta al cuore quando vidi Alex dietro all'agente. Abbracciai Lauren quando usci' e lei mi ripeté che andava tutto bene. Feci un sospiro di sollievo prima di avere un attacco di panico guardando Travis uscire dalla stazione di polizia. Mi vide e sorrise facendomi l'occhiolino. Salimmo nell'auto di Lauren e in quel momento persi completamente la testa. -Perché lui é qui?- chiesi, avevo le palpitazioni e mi girava la testa. Alex era ormai nella lista nera di Travis e se non fosse venuto a farmi uscire probabilmente non ci sarebbe mai finito. -Non sapevo chi chiamare e lui é l'unico avvocato che conosco- rispose Lauren, mortificata. -Perché cazzo ti sei presentato?- chiesi, rivolgendomi ad Alex. -Volevi che ti facessi marcire li' dentro?- replico' Alex. -Potresti ringraziare.

-Ringraziare per cosa? Facendomi uscire mi hai creato solo l'ennesimo problema da risolvere. Sai cosa ti farà Travis ora che sa che fai parte della mia vita?

-Perché dovrebbe interessarti?

-Non voglio che tu muoia, coglione!- esclamai, Lauren usci' dall'auto e ci lascio' soli. -Pensavo mi odiassi, per quale ragione ti dovresti preoccupare per me?
-Rischi di farti uccidere, lui potrebbe venire qui e ucciderti. Non voglio che Travis ti uccida, tu non puoi morire perché se tu morissi io...io...perché sei venuto?

-Sei morissi, tu cosa?- chiese, guardandomi. Quello che volevo dire avrebbe cambiato tutto tra noi, lui sarebbe stato pronto a tornare ad essere l'Alex che conoscevo e io avrei calpestato il mio orgoglio per lui. Non volevo fargli sapere quanto ci tenessi o quanto mi fosse mancato, quanto fosse stato difficile per me accettare cio' che aveva fatto. Non volevo che vincesse lui ma nonostante tutto cio' che li avevo detto era comunque venuto a tirarmi fuori di prigione. -Perderei la testa, quindi per favore stammi lontano..non voglio che tu muoia o che ti faccia del male. Non sai di che cos'é capace Travis. Io non ho paura di quello che potrebbe fare a me ma ho paura di quello che potrebbe fare a te o a Lauren....sa che non ho paura di morire e che l'unico modo per farmi del male e fare del male a voi. Per favore, stammi alla larga- dissi, sorrise e scosse la testa. Fece cenno a Lauren di tornare in macchina e scese dirigendosi verso la sua Jeep. Pensavo che avesse capito, pensavo che avesse deciso di girarmi alla larga perché aveva davvero paura per la sua vita. Vederlo mettere in moto mi fece più male di quanto credessi. Non volevo che uscisse dalla mia vita, volevo che restasse e che combattesse con me come Lauren faceva ogni giorno. Volevo che considerasse la nostra amicizia abbastanza importante da rischiare la vita.

-Dove stiamo andando?- chiesi, quando mi accorsi che non stavamo andando al mio appartamento. -Sei in pericolo- disse Lauren, la guardai confusa mentre svoltava a sinistra. Fu in quel momento che notai la Jeep di Alex. -Dove stiamo andando?- ripetei, lei sospiro'. -Ho parlato con Alex e il posto più sicuro per te ora é casa sua.

-Cosa?

-Sapevo che non ti sarebbe piaciuta come idea ma casa tua é offlimits e anche la mia lo é. Nessun vuole che Travis ti trovi e casa di Alex é il posto più sicuro- disse Lauren. Era dietro all'auto di Alex e stava aspettando che l'enorme cancello si aprisse. Ero sbalordita. Non se n'era andato...ancora prima che gli dicessi come la pensavo lui era disposto a farmi vivere a casa sua per proteggermi. -Non ti chiedo di essere amica di Alex, sono affari tuoi, ma devi stare qui fino a che le cose non si saranno calmate- disse Lauren, mentre parcheggiava davanti a questa enorme villa. -Non ti é andata poi cosi' male- disse, scendendo. Apri' il bagagliaio e prese un borsone che mi porse. -Devo andare, chiamami quando vuoi- disse Lauren, mi abbraccio' e torno' in macchina. -Non devi farlo per forza- dissi rivolgendomi ad Alex, venne verso di me, prese la borsa e ando' verso l'entrata.

Una grande porta moderna in mogano nera si apri' non appena ci trovammo davanti ad essa. Una donna con addosso un pigiama molto carino ci sorrise e prese le chiavi dell'auto da Alex. -Buonasera- disse, sorridendomi. -Jessica lei é Sunshine, resterà con noi per qualche notte. Sunshine lei é Jess lavora per noi, é come una di famiglia- disse Alex, le strinsi la mano. Davanti a me un enorme scalinata principesca si presento', alla mia destra c'era una porta nera e alla mia sinistra la sala da pranzo più grande che avessi mai visto. C'erano quadri che sembravano essere lontani dall'essere imitazioni. Alcuni erano di Dali, altri di Caravaggio e c'era qualche Picasso. -Lo so, é davvero una gran bella casa. I quadri sono quasi tutti originali, si abbiamo una piscina, ci sono dodici stanze e quattordici bagni. No, non mi sono mai perso e crescerci é davvero uno spasso- disse Alex, salendo le scale, lo segui' e nonostante non fossi più una ragazzina quelle erano le domande che mi stavo ponendo. -Di solito non saliamo al terzo e al quarto piano, qui c'é la mia stanza- disse, girando a destra e indicandomi una porta. -Quella accanto alla mia é la stanza di Ashley e qui davanti poi metterti tu. E' la stanza degli ospiti. I miei sono infondo al corridoio- sussurro' Alex, pensai che fosse carino da parte sua abbassare la voce per non svegliare la sorellina. -Posso parlarti?- chiesi, indicando la porta della sua stanza. Apri' la porta e mi sembro' di ritrovarmi da Ikea. Era tutto perfettamente in ordine, la stanza era moderna, di tonalità spente, grigio, nero e bianco. C'era un cerchio nero con ai lati due mezze lune dipinto sulla parete dove si trovava il suo letto. -Non devi farlo, dopo come ti ho trattato..tu non dovevi farmi uscire di prigione e non devi farmi vivere qui..

-Io ho sbagliato, io ho rovinato tutto e il minimo che possa fare e darti una mano. Qui sarai al sicuro ed é tutto cio' che voglio, che tu sia al sicuro. Ai miei genitori diro' che avevi bisogno di un posto dove stare, non si accorgeranno nemmeno di te quindi fai come se fossi a casa tua- disse, lo ringraziai e lui mi accompagno' alla stanza degli ospiti.

Mi svegliai presto quella mattina, sgattaiolai fuori dalla mia stanza sperando di non svegliare nessuno e entrai in bagno. Mi lavai il viso con acqua fredda e mi pettinai i capelli prima di uscire per ritrovarmi una donna davanti. Alta, con grandi occhi verdi, un viso dai lineamenti gentili e fossette sulle guance. Somigliava molto ad Alex, era la sua versione femminile ed era davvero bella. -Salve- disse lei, ero fin troppo scioccata per rispondere senza sembrare stupida. -B-buongiorno- balbettai, lei sorrise e mi guardo' dalla testa ai piedi. -Non sono sicura di conoscerti ma esci dal mio bagno e indossi i vestiti di mio figlio quindi suppongo tu non sia un'intrusa- disse, indietreggia alla ricerca di protezione. -Si, ehm sono un'amica di...sono un'amica di Alex Hais, signora- dissi, timidamente, lei sorrise di nuovo e mi porse la mano. -E' la prima volta che ti vedo, mi chiamo Harmony.

-Io sono..Sun, cioé Sunshine, Sunshine Evans...signora Hais- risposi, sentendomi ancora più stupida di quanto già non mi sentissi. -E' un piacere conoscerti, Sunshine.

-Il-il piacere é tutto mio, signora Hais- replicai, era davvero gentile ma i genitori riuscivano sempre a mettermi a disagio. -Chiamami Harmony- disse, sorrisi e solo quando vidi Alex venire verso di noi riusci' a fare un respiro profondo. -Vi siete già conosciute vedo- disse Alex, dando un bacio a sua madre. -Non credevo fosse cosi'- disse Harmony, rivolgendosi a suo figlio. -Credo che tu le faccia questo effetto..
-Perché come credeva che fossi?- chiesi, preoccupata. -Tutto cio' che suo figlio le ha detto é sbagliato...

-Non credo, ha detto solo grandi cose su di te Sunshine. Solo non credevo che fossi cosi' timida- replico' Harmony, guardai Alex che distolse lo sguardo imbarazzato. -La colazione sarà pronta tra poco, fai come fossi a casa tua Sun- disse Harmony, sorridendomi e dirigendosi verso le scale. -Hai parlato di me a tua madre?- chiesi, scioccata. -E' la mia migliore amica...le racconto tutto. Non sei speciale, sei solo un'altro punto interrogativo- rispose, sorrisi e annui'. -E' davvero bella- dissi, lui annui'. -Per questo io sono uno schianto- scherzo'. -Se fossi davvero suo figlio saresti uscito meglio, io chiederei a tua madre spiegazioni- ribattei. -Eri davvero adorabile poco fa...sembravi quasi umana. Non pensavo fossi capace di innervosirti.

-I genitori mi innervosiscono, di solito mi detestano tutti..ho i capelli grigi e dei piercing quindi danno per scontato che faccia parte di una gang- ribattei, mentre andavamo in cucina. -Non puoi dargli torto, infondo é vero che facevi parte di una gang- replico'. -E' diverso!- dissi, lui sorrise. -Devo ammettere che....mi sei mancato Alex- dissi, evitando il suo guardo, sentivo già i suoi occhi su di me. Sapevo che era tutto fiero di se perché ero riuscita a condividere i miei sentimenti con lui. -Si..anche tu mi sei mancata, ragazzina- disse, lo guardai e notai che anche lui evitava il mio sguardo.

Andammo in cucina dove una tavola piena di cibo delizioso ci aspettava. Harmony era seduta a capo tavola assieme al marito. -Forse dovrei cambiarmi- dissi rivolgendomi ad Alex. -Tranquilla- disse, facendomi entrare per prima. -Tesoro, lei é un'amica di Alex, Sunshine- disse Harmony, presentandomi, strinsi la mano al padre di Alex. -E' un piacere, Sunshine. Siediti- disse, tirando la sedia per me. Alex era davanti a me ed Ashley accanto alla madre. La sorellina di Alex era adorabile, aveva corti capelli neri e grandi occhi grigi simili a quelli di Alex. -Il tuo nome é buffo- disse Ashley, le sorrisi e annui'. -Posso chiamarti Sun? E' più bello- disse, guardai Alex e vidi quanto quella domanda lo facesse ridere. -Puoi chiamarmi come vuoi, Ashley- risposi. -Mi piacciono i tuoi capelli- aggiunse. -E a me piacciono i tuoi- ribattei, lei sorrise e mordette un croiassant.

 

 

 

 

 

 

 









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Una piccola recensione é sempre ben gradita

 

 

-Hai parlato ad Alex delle allucinazioni? -Lui ti ha detto che...- dissi, feci un respiro profondo per calmare le mie emozioni e non perdere il controllo. -Lui non mi ha detto niente- ribatté Cam, lo guardai cercando di capire se mi stesse mentendo. -Come lo sai allora? -Che importa come lo so? Infondo me ne avevi già parlato tu quindi... -Non capisci, devo sapere se é stato lui a dirtelo perché se é stato lui allora io... -Non é stato lui a dirmelo.. -E chi altro allora?- chiesi, arrabbiata più che mai, lui sospiro' e pronuncio' il nome della ragazza di Alex. Tornai all'interno del bar come una furia e mi preparai alla guerra. -Chi ti ha dato il diritto di farlo?- chiesi, stringendo i pugni e serrando la mascella. Mi guardarono tutti come se stessi delirando. -Come scusa?- chiese Alex, guardo' Cameron alle mie spalle e poi guardo' me. -Chi cazzo ti ha dato il diritto di farlo? Chi ti credi di essere Alex Hais? - chiesi, guardandolo dritto negli occhi. -Mi sono fidata di te- esclamai, non riuscivo più a controllare niente, lasciai la rabbia prendere il controllo. -Sei la prima persona di cui mi fido dopo tanto tempo e alla prima occasione mi pugnali alle spalle. Chi ti ha dato il diritto di parlare degli affari miei alla tua ragazza? Sei un bastardo- dissi, Lauren venne verso di me quando vide che stavo davvero per perdere il controllo di me stessa. -Guardami, calmati- sussurro'. -Sun, ho sbagliato ma.. -Non c'é nessun ma, Alex, tu hai fatto la cosa più stupida che potessi fare ma é colpa mia. Io ho fatto l'errore di fidarmi di te e ora ne pago le conseguenze. A quante persone l'avete già raccontato? -Lui non voleva, era arrabbiato e gli é scappato. Sunshine é tutta colpa mia. -Debbie non parlare, tu non c'entri niente. Non mi importa se era arrabbiato o se gli é scappato. Ora grazie a te piccolo bastardo tutta Detroit sa dei miei problemi- replicai. -Non l'ho detto a nessuno...- aggiunse Debbie, la fulminai con lo sguardo e sorrisi. -L'hai raccontato a Cameron e a chissà quante altre persone. Sappi che non sono affatto arrabbiata con te ma tu e le tue bugie da quattro soldi potete andarvene a fanculo- esclamai, regalandole un medio. -Meglio uscire- disse Cam, sorridendole e spingendola fuori dal bar. -Vuoi farti anche la mia ragazza Cam?- chiese Alex, stringendo i pugni. Era incazzato anche lui ma non con me, con Cameron il che mi fece perdere la testa. -Hey, bastardo, é con me che devi litigare non con lui. Io sono qui!- esclamai, mettendomi nel suo campo visivo. -Voglio delle scuse da te prima di uscire da questo posto e non tornarci mai più. -Non mi scusero' con te- ribatté, ero sbalordita, non potevo credere che l'avesse detto. -Sei caduto cosi' in basso? Sei cosi' orgoglioso da non volerti scusare anche se sai di aver sbagliato?- dissi, capii immediatamente che non volevo più avere a che fare con lui. -Non ti sei mai scusata per essere stata a letto con Cameron- disse, cogliendomi di nuovo di sorpresa. Cio' che stava dicendo non aveva alcun senso e io non sapevo nemmeno come reagire. -Mi prendi per il culo, Alex? Mi sarei dovuta scusare per cosa? Per aver fatto qualcosa senza chiederti il permesso? Per aver preso una decisione da sola senza consultarmi prima con te? Mi spieghi qual'é il tuo fottuto problema? -Sei stata a letto con Cameron- ribatté, sospirai e sorrisi pensando a quanto assurda fosse quella situazione. -Vuoi sapere un segreto Alex? Non sono stata a letto con Cameron, gli ho fatto promettere di non raccontare a nessuno quello che gli avevo raccontato quella notte. Perché non vai a raccontare al mondo quanto patetica io sia?- confessai, prima di andarmene. -Sun, aspetta- disse, una volta fuori dal bar. -Aspettare cosa? Che tu racconti gli affari miei alla tua ragazza davanti a me?- chiesi. -Fai pure- dissi. -Ero arrabbiato con lei e con Cameron, ho iniziato a parlare e non mi sono fermato fino a quando non ho capito che avevo sbagliato. Mi dispiace, davvero. E' che...ero arrabbiato- disse Alex, risi e scossi la testa. -Vaffanculo, tu e le tue scuse del cazzo- dissi, guardai Lauren e lei sali' in auto e mise in moto. -Non ci posso credere- dissi, mentre uscivamo dal parcheggio. Alex continuo' a guardarmi mentre Debbie e Cameron entravano nel bar. -E' tutta colpa mia..- dissi, Lauren scosse la testa. -Che cos'é che sa?- chiese Lauren. -Delle allucinazioni- risposi. -Alex l'ha detto a Debbie e lei l'ha detto a Cameron, lui aveva paura che io mettessi il suo amico nei guai e mi ha chiesto perché abbia deciso di raccontarglielo. -Cameron ha paura che tu metta Alex nei guai?- chiese Lauren. -Gli ho raccontato cosi' tanto quella notte...troppo. Mettiti al suo posto, anche tu avresti paura di me. -Io so tutto e non ho paura di te- ribatté, la guardai e sorrisi. -Tu sei pazza- dissi, mi prese la mano e annui'. -Cosa farai?- chiese. -Cerchero' un altro lavoro, sai come sono fatta. Tradisci la mia fiducia una volta e sei fuori per sempre. Ebbi l'ennesimo incubo quella notte, rividi la morte di mio padre, di nuovo. Mi alzai dal letto e andai verso il bagno, cercai il rasoio nel cassetto e vidi Lauren, in piedi davanti a me. Stavo per ferirmi ma lei mi fermo', mi tolse il rasoio dalle mani e mi abbraccio'. -Non devi farlo- disse, mi riporto' a letto e rimase sveglia insieme a me. Andammo insieme a fare colazione e mi lascio' per andare dai suoi prima di pranzo. Non volevo passare altro tempo a casa, sola con me stessa e le mie allucinazioni cosi' rimasi sdraiata in un parco non lontano dal mio appartamento. Le nuvole si spostavano davanti a me, l'aria profumava d'autunno, si sentivano alcuni bambini giocare in lontananza. Mi concentrai sul mio battito cardiaco e su nient'altro. -Quindi é ancora questa la tua attività preferità- riconobbi immediatamente la voce di Callum, torreggiava su di me coprendomi dal sole. Aveva addosso un berretto nera, un lungo cappotto nero e un paio di jeans strappati. Si sdraio' accanto a me e mi sorrise guardandomi. -Perché sei qui?- chiesi, senza distogliere lo sguardo dalla distesa azzurra sopra di me. -Ero nei paraggi e ti ho vista, posso sempre andarmene.. -E' un parco pubblico, non posso chiederti di andartene- replicai, lui sorrise e poggio le mani incrociate sotto al capo. -Ho sentito che Travis é venuto a cercarti- disse, lo guardai e annui'. -Tu come lo sai? -Le voci girano, sai cosa vuole? -Vuole che torni a lavorare con lui- risposi, lui serro' la mascella e sospiro'. -Puoi denunciarlo. -Ci tengo alla mia vita. -Posso farlo io per te... -Tengo anche alla tua di vita- risposi, lui si sdraio' su un fianco e mi sorrise. -Non voglio avere anche la tua morte sulla coscienza, Cal, niente di più.. -Come no..- replico', sorrisi nonostante volessi mantenere un'espressione fredda e indifferente. -Posso offrirti il pranzo? Da amici, solo da amici- chiese, lo guardai e ricordai come mi faceva sentire. -Solo da amici- risposi, lui sorrise e si alzo', mi porse la mano e mi aiuto' ad alzarmi. -Cinese?- chiese, cercando le chiavi della sua auto. -Come vuoi- dissi, sali' sulla sua mercedes e allacciai la cintura. -Ho saputo che lavori.. -Tu e Lauren parlate ancora, non é vero?- chiesi, lui rise e annui'. -Eravamo tutti grandi amici, non pensavo che le cose sarebbero finte cosi'- disse, stringendo le mani attorno al volante. -Nessuno lo pensava. -Ho saputo che lavori per Alex Hais- disse, strinsi i pugni e degluti'. -Non più- ribattei. -Come mai?- chiese Cal. -Non sono fatti tuoi- replicai. -Non é una persona facile, proprio come te. -Non é come me- ribattei. Arrivati al ristorante Callum ordino' per me ricordandosi perfettamente quello che mi piaceva mangiare, parlammo dell'università per tutto il pranzo e fu piuttosto piacevole ritrovarmi a parlare con lui dopo tanto tempo. Ero abituata a vederlo ogni giorno, a parlare con lui ogni giorno e tutto d'un colpo lui era uscito dalla mia vita. A causa mia. Mi riaccompagno' a casa e mi chiese di prendermi cura di me stessa. Tornata al mio appartamento mi infilai in una vasca d'acqua gelata e chiusi gli occhi. L'acqua era più fredda quando era mia madre ad infilarmici, ci buttava dei cubetti di ghiaccio e mi lasciava a mollo per ore. L'acqua fredda era diventata la mia migliore amica, quando mi ci immergevo la mia mente si rilassava e si riempiva di pensieri. Mi feci una doccia quando si avvicino' l'ora di andare a lavorare. Non avevo alcuna voglia di vedere Alex o Debbie ma ero comunque una persona professionale e avrei lavorato li' per un ultima sera per prendere i miei soldi. Infilai un paio di jeans e un maglione di qualche taglia più grande, indossai la giacca di pelle e presi la borsa. L'autobus era vuoto e l'unica cosa che sentivo era la mia musica ad alto volume nelle orecchie. Entrata al bar notai che Debbie non c'era e nemmeno Cam era presente. C'era solo Alex, sistemava le bottiglie con addosso un maglione stretto che accentuava i suoi bicipiti. Tolsi il maglione e restai in canottiera, avvolsi il grembiule attorno alla vita e iniziai a pulire senza nemmeno rivolgergli parola. -Non pensavo saresti venuta. -E' l'ultima volta che mi vedrai, non ti preoccupare- ribattei, senza guardarlo. -Ti ho chiesto scusa, cosa posso fare per farmi perdonare? -Tornare indietro nel tempo e non raccontare alla tua ragazza delle mie allucinazioni- risposi, fredda e distaccata. -Sun, mi dispiace, davvero- disse, afferrandomi per il braccio e facendomi voltare. -Non mi interessa- dissi, scuotendo la testa. Tornai a lavorare e ignorare ogni suo tentativo di chiedermi scusa. -Non volevo farlo, é stato più forte di me.. -Smettila di cercare stupide scuse perché non funzionerà. Sai, io sono capace di perdonare chiunque perché so che sbagliare é umano ma non posso perdonarti per aver raccontato a Debbie delle allucinazioni. -Perché ti fa arrabbiare cosi' tanto che Debbie lo sappia? Non te ne devi vergo... -Davvero non riesci a capire? Non mi interessa che cosa la gente pensa di me ma non posso accettare che la mia vita sia esposta al mondo in quel modo. Non sono arrabbiata perché Debbie lo sa, sono arrabbiata perché tu non sei stato in grado di tenere per te una cosa cosi' delicata che riguarda la mia vita- dissi, sospiro' e mi guardo. -Devi perdonarmi, Sunshine. -Non devo fare niente- replicai. -Spiegami solo perché sei cosi' sincero con lei per quanto riguarda la vita degli altri ma non riesci nemmeno a parlare dei problemi con tuo padre?- dissi. Fu una serata tranquilla, tornata a casa mi buttai a letto e il mattino dopo andai ad inseguire la routine. Dopo una lunga e noiosa lezione di sociologia io e Lauren prendemmo un caffé e ci sedemmo su un prato a chiaccherare. Decisi di non raccontarle delle allucinazioni per proteggerla, quel periodo non fu facile per nessuna delle persone attorno a me. Ero cambiata dalla morte di mio padre, avevo iniziato a pensare molto meno a me stessa e più alle persone a cui tenevo. Non avevo intenzione di ferire qualcun'altro. -Quindi hai parlato con Callum- disse Lauren, la guardai confusa ricordandomi di non averglielo raccontato. -Come fai a... -Sta venendo qui con del cibo e un sorriso sul vol..Callum!- disse, sorridendo, mi voltai e lo vidi torreggiare su di noi. Teneva una busta in mano ed era carino come sempre, si sedette a terra con noi e mise la busta in mezzo a noi. -Donut!!- esclamo' Lauren, prendendone una. -Che fate?- chiese, guardandomi. -Le solite cose, Sunny mi raccontava del suo fastidioso capo- rispose Lauren, la guardai mentre masticava una donut con lo zucchero a velo sulle sue labbra e su tutto il suo viso. -Che c'é? Magari puo' darti un consiglio- disse Lauren, buttai giù un grosso sorso di caffé e sperai di svenire. -Lei si é confidata con il suo capo perché lui l'ha fatto con lei e sai che Sunny é una a cui non piace avere debiti, comunque, lui é andato a raccontarlo alla sua ragazza e lei l'ha detto al migliore amico del suo capo e ora Sunny é completamente fuori di se perché quelli sono ricconi e siamo in una scuola di ricconi e ha paura che tutti conoscano la sua vita come al liceo- spiego', con troppi dettagli per i miei gusti, copri' la testa con il cappuccio della felpa e cercai di nascondermi. -Che bastardo!- esclamo' Callum, sorrisi e annui' essendo completamente d'accordo. -Chi é la sua ragazza?- chiese Cal, Lauren mi guardo' e io risposi a voce bassa. -Oh, si la conosco, quella si che é una principessa e si fa trattare come tale- commento' Callum, come se la mia autostima non fosse già sotto terra. -Io dico che devi smettere di parlare con questo tipo e trovarti un ragazzo single- disse, facendomi l'occhiolino, Lauren scoppio' a ridere e gli diede un cinque. -Scusate ma ho lezione, economia. Ci si vede- dissi, prendendo la mia roba e andandomene. Entrai nella classe di economia, mi sedetti il più lontano possibile dall'insegnante e poggia la testa sul banco. Uscita dalla classe vidi Cameron in piedi vicino alla porta. -Ehi, Sunny!- disse, lo guardai confusa e andai verso di lui. -Che ci fai qui?- chiesi, lui abbasso' lo sguardo e sorrise. -Possiamo parlare?- chiese, io annui' e andammo a sederci su una panchina. -Se sei qui per farmi parlare con Alex, evita- dissi, non ero preoccupata, non avrei dovuto essere preoccupata. -Io non ti conosco, so molte cose di te ma non significa che sappia che tipo di persona tu sia. Hai attraversato l'inferno e ora sei qui davanti a me, sembri una tipa tosta, forte e sinceramente mi fai paura- esordi', capii subito che tipo di discorso voleva farmi. Era il tipo di discorso che mi facevano i genitori dei miei amici per tenermi lontana da loro. -Se sei qui per dirmi di stare lontana da Alex, non ti preoccupare. Ho chiuso con lui- dissi, lui mi guardo' negli occhi per qualche secondo poi distolse lo sguardo e sorrise imbarazzato. -Lui é protettivo, é leale e si preoccupa ma non é una cosa che fa con tutti, la fa solo con le persone di cui si fida e tu sei diventata una di quelle persone. Non voglio che lui si metta nei guai a causa del tuo passato, non voglio che stia male a causa tua....é fragile quando si tratta delle persone che ama. Anche lui ha attraversato l'inferno e ora sta cercando di uscirne, sta cercando di realizzare il suo sogno e non voglio che tu gli impedisca di farlo perché lui vuole proteggerti ma non ne é capace. Non voglio che venga ucciso a causa tua...come tuo padre. Non voglio che diventi un drogato o un alcolizzato, non voglio che diventi come te semplicemente perché ha voluto fidarsi di te. Non prenderla sul personale, mettiti al mio posto, che cosa faresti se fosse stata Lauren? Non so chi sei e non voglio saperlo perché quello che mi hai detto mi tiene ancora sveglio la notte. Non ti chiedo di licenziarti ma di non parlare con Alex, di lasciarlo in pace. Cercherà di farsi perdonare e finché non lo perdonerai lui ti assillerà quindi devi dirgli come stanno le cose ancora prima che sprechi il suo tempo a farsi perdonare da te- disse, speravo che quelle parole mi facessero provare qualcosa ma era la decima volta che le sentivo. Il concetto era sempre lo stesso, qualcuno voleva proteggere qualcun'altro e per farlo doveva ''ferire'' me. Non sapevo bene come rispondere, per me Alex non era più una persona di cui fidarmi e quindi stava lentamente uscendo dalla mia vita quindi non era un problema. -Ok- dissi, prima di alzarmi e andare verso la classe di filosofia. Callum si sedette accanto a me e mi racconto' della sua lezione di diritto. -Rebecca ha risposto a tutte le domande dell'insegnante- disse, lo guardai sorpresa e lui sorrise. -In modo sbagliato ma ha risposto- disse, sorrisi e feci un respiro profondo guardandolo. Mi mancava cosi' tanto essere la sua ragazza, Callum Lawrence era capace di farti sentire la persona più amata del mondo con un semplice sguardo. Non potevo tornare con lui pero'. Era stato la mia seconda roccia dopo la morte di mia sorella ma dopo quella di mio padre dovetti mettere fine alla nostra relazione. La versione ufficiale é che lui non mi ha impedito di fare gli errori che mi hanno spinta ad uccidere mio padre. La verità é che i suoi genitori mi hanno chiesto di lasciarlo in pace, un po' come aveva fatto Cameron e non potevo ignorare i suoi genitori cosi' ubbidi'. -Tutto bene?- chiese, mi guardai intorno e vidi mia sorella seduta accanto a me. Mi sorrise e io sorrisi a Callum dicendogli che andava tutto bene. -Non devi ascoltare quel ragazzo, tu non sei una brutta persona- disse Hope, mandai giù il groppo che avevo in gola e cercai di mantenere il controllo della situazione. -Devo, devo andare- dissi, alzandomi nel bel mezzo della lezione di filosofia. Presi la borsa e corsi fuori, avevo il respiro affannato e un groppo alla gola. Non potevo più trattenermi dovevo sfogarmi in qualche modo. Mi nascosi nei bagni delle ragazze, bloccai la porta e resta seduta per terra per qualche minuto. Sapevo che cosa volevo fare ma sapevo anche di non poterlo fare in un luogo pubblico dove qualcuno avrebbe potuto trovarmi e dove tutti avrebbero potuto vedermi. -Ti aiutera', il sangue ti ha sempre aiutata- disse Hope, la guardai e vidi i suoi polsi, un liquido rosso le scivolava lungo le mani. -No,no, non di nuovo- dissi, gettandomi su di lei, Hope cadde a terra, vedevo sangue su tutto il pavimento del bagno e i suoi occhi lentamente si spegnevano. -Non di nuovo, Hope, non di nuovo- dissi, cercando di fermare il sangue. -Piccola, per favore- le lacrime scendevano lungo il mio viso mentre vedevo mia sorella morire per la seconda volta. -Non é colpa tua- disse, prima di chiudere gli occhi e di svanire. -NO!- gridai, tirando un pugno ad uno specchio. Avevo il cuore a mille e solo vedere la mia mano sanguinare riusci' a calmarmi. Era diventata un'abitudine ferirmi ogni volta che avevo voglia di piangere, mi aiutava a controllarmi, a diventare forte. Avvolsi la sciarpa attorno alla mano e usci' dalla finestra del bagno per evitare i commenti e gli sguardi incuriositi degli studenti. Mi sdraiai sul prato dietro ai bagni, nascosta dai cespugli, completamente sola. -Ho sempre saputo che quella ragazza non stava bene- disse, una ragazza all'interno del bagno. -Come sai che é stata lei?- chiese, la seconda ragazza. -L'ho vista entrare, si chiama Sunshine Evans e fa sempre cose come questa. Quella ragazza é completamente pazza, soffre di allucinazioni e l'hanno ammessa in questa scuola- disse la prima ragazza, solo in quel momento riconobbi quella voce. Rebecca Sorrow, quella ragazza aveva un problema con me fin da quando eravamo piccole. Ero cosi' profondamente disgustata dal fatto che lei sapesse cio' che stavo passando e che si prendesse gioco di me in quel modo. Mi alzai e mi allontanai dai bagni, le voci avrebbero cominciato a girare e avevo molta voglia di sapere che cosa si sarebbero inventati questa volta. -Ti ho cercata ovunque, dove eri finita?- chiese Callum, infilai le mani nelle tasche della giacca e cercai di sorridere. -Non mi sentivo molto bene- risposi, lui mi guardo' e annui'. -Stai bene?- chiese, io annui' e mi sforzai di sorridere in modo ancora più convincente. -Ti sei persa una gran bella lezione- disse Callum, mi passo' i suoi appunti, scattai un paio di foto e lo ringraziai prima di andare via. Dovevo pranzare con Lauren ma prima dovevo trovare un modo di fermare il sangue e coprire la ferita. Andai in segreteria e aspettai. -Scusi?- dissi, quando vidi una donna, alta, capelli corti neri, grandi occhi blu. -Lavora qui?- chiesi, lei scosse la testa e fece per andarsene, mi diede una seconda occhiata e si avvicino'. -Cosa posso fare per te?- chiese, aveva una voce dolce, amorevole. -Cerco l'infermeria, sa dirmi dove ne posso trovare una?- chiesi, lei sorrise. -Ti senti male?- chiese, deglutii e scossi la testa tirando fuori la mano con la sciarpa coperta di sangue. -Ho avuto un'incidente- risposi, sorridendo imbarazzata. -Come ti chiami?- chiese, mi sembro' strano che me lo chiedesse non aveva bisogno del mio nome per darmi delle indicazioni. -Sunshine Evans- risposi, lei fece un respiro profondo e mi diede una cartina della scuola mostrandomi dove trovare un'infermeria. L'infermiera medico' la ferita e mi disse che non c'era alcun bisogno di punti ma che avrei dovuto cambiare la fasciatura ogni giorno per una settimana. Comprai un paio di guanti di pelle in un negozio e li indossai prima di andare da Lauren. -Che bella scelta di stile- disse Lauren, con tono sarcastico, sorrisi e nascosi la mano ferita nella tasca della giacca temendo che potesse scoprirlo. -Si mangia messicano- disse, facendo partire una canzone messicana, inizio' ad ondeggiare i fianchi e a cantare in spagnolo. -Non é la prima volta che mangiamo da Taco Bell- dissi, lei spense la radio e mi guardo'. -E' sempre una cosa da festeggiare, Taco Bell merita sempre i festeggiamenti, tesoro- disse, sorridendo. Ci fermammo al solito ristorante e ci sedemmo al solito posto a mangiare le solite cose. -Hai intenzione di mangiare con quei guanti? -Ho le mani congelate e sono fighi- dissi, lei scoppio' a ridere e diede un morso al taco. -Cameron é venuto a chiedermi di stare lontana da Alex- dissi, Lauren rischio' di soffocarsi con una patatina quando glielo dissi. -Cosa?- chiese, buttando il taco sul piatto. -E' venuto dopo la lezione di economia e mi ha detto che dovevo stargli lontano per il suo bene. -Che pezzo di merda! Abbiamo fatto colazione insieme subito dopo- replico', la guardai confusa e lei mi spiego' che Cam le aveva chiesto di uscire. -Vuoi davvero uscire con Cameron Ingram? -Ora che mi ha raccontato questa cosa, no, non ho intenzione di uscire con qualcuno che si permette di giudicarti senza conoscerti- rispose, era completamente fuori di se. -Sa molte cose su di me. -Conosce i fatti ma non le ragioni. Perché hai iniziato a spacciare? Perché vi stavano per sfrattare. Perché sei finita in riformatorio? Perché sei stata incastrata. Perché hai le allucinazioni? Perché perdere Hope ti ha distrutta- replico', sorrisi pensando a quanto quella ragazza mi volesse bene. Ogni cosa sbagliata che avevo fatto aveva una ragione ma non potevo giustificarmi in quel modo, avrei potuto trovare alternative a quei problemi invece di mettermi nei guai. -Non devi lasciar perdere Cam perché lui non vuole che distrugga il suo migliore amico. -Non lo distruggerai.. -Ho distrutto la mia famiglia, Callum e ho distrutto anche te ma é troppo tardi per rimediare a quello che ho fatto a te. -Non mi hai fatto niente, Sunny. Non mi hai mai distrutta ma mi hai insegnato ad essere forte- replico', la guardai e lei scoppio' a ridere. -Sto sparkeggiando- disse. Dopo le lezioni pomeridiane andai a prepararmi per il lavoro, mi sfilai i guanti solo una volta arrivata al bar. Lauren aveva una cena di famiglia e quindi non si sarebbe mai presentata al bar. -Sei di nuovo qui...pensavo che... -Non pensare, lavorero' qui fino a che non trovero' un altro lavoro- dissi, interrompendolo. -Che hai fatto alla mano? -La spada di un cavaliere dello zodiaco mi ha ferita- risposi, lui roteo' gli occhi. -Che hai fatto?- chiese Alex, mentre asciugavamo i bicchieri. -Non rompere Alex- risposi. La prima persona che entro' nel bar quella sera fu il mio incubo peggiore. Rebecca. -Alex!- disse, abbracciandolo, mi concentrai sui drink e cercai di ignorare la sua presenza. -Sunshine- disse, con tono schifato. -Rebecca- dissi, con ancor più disgusto. -Hai lasciato il tuo DNA in tutto il bagno oggi- disse, la guardai e cercai di minacciarla con lo sguardo per farla tacere. -Il rettore vuole scoprire chi é stato a rompere lo specchio, a quest'ora dovrebbero saperlo tutti all'università- aggiunse, decisi di lasciar perdere e lasciarle dire quello che voleva dire. -Che cos'é successo?- chiese Alex, lei mi guardo' e guardo' Alex. -Ti sei fatta molto male, vedo. Dovresti andare da Dr Phil- disse Rebecca prendendomi la mano, feci un respiro profondo e andai a servire i clienti con i miei drink. -Quindi?- chiese Alex, rivolgendosi a me. -Non é successo niente. -Ha preso a pugni lo specchio perché il fantasma di sua sorella le ha ricordato quanto inutile fosse- disse Rebecca, Alex mi guardava perplesso. -E' cosi' che ti sei ferita?- chiese Alex, guardavo Rebecca e cercavo di dimostrare a me stessa che ero forte e che potevo sopportare la sua cattiveria. -Si- dissi, Alex mi prese la mano e io la sottrassi allontandandomi. -Perché?- chiese Alex, io guardai Rebecca sapendo che sarebbe stata lei a rispondere alla domanda. -Per le allucinazioni suppongo- disse Rebecca, cogliendomi di sorpresa. Non sapevo che dire, ero talmente scioccata e disgustata che non sapevo realmente come reagire. -Vattene- mormorai, guardandola. -Credi di potermi cacciare? Sei cosi' poco importante, Sunshine..- disse, guardai Alex e continuai a lavorare sperando che la frustrazione non mi faccesse scoppiare in lacrime. -Vattene, Rebecca- disse Alex, lo guardai e scoppiai a ridere. -Cosa c'é di cosi' divertente, sgualdrina?- chiese Rebecca, la guardai e sorrisi. -Mi piace che tu creda di ferirmi anche solo un po', tu non sai chi sono Rebecca e non sai cosa potrei farti. Se non l'avessi capito, ti sto minacciando, e giuro che se ti sento pronunciare il mio nome o quello di mia sorella non vedrai più la luce del sole. Sono pazza, l'hai detto anche tu- dissi, inchidandola al muro. -Lasci che mi parli cosi'?- chiese rivolgendosi ad Alex. -Te la sei cercata- ribatté. Rebecca se ne ando' lasciandomi nuovamente sola con lui. -Stai bene? -Mi stupisci, sai? Credevo che fossimo simili ma ora inizio a vedere chi sei veramente e mi fai pena, Alex- risposi. Odiavo cosi' tanto quel ragazzo per rovinato il nostro rapporto, credevo davvero che avremmo potuto essere amici. -Sun- disse, il cuore mi si strinse al suono di quel nomignolo con cui solo lui mi chiamava. -Non é quello il mio cazzo di nome!- esclamai, stringendo i pugni e cercando di reprimere la rabbia che provavo per me stessa. Avevo un dovere ed era quello di stare lontana da Alex, gli avrei dato il peggio di me cosi' almeno sarei stata io la cattiva della situazione. -Sunshine, che cos'é successo?- chiese. -Quale parte di ''stammi lontano'' non hai capito? Non voglio più avere a che fare con te, sei una persona meschina e non hai fatto altro che prenderm in giro. Devi sparire dalla mia vita, Alex Hais, non voglio più vederti o sentire la tua voce. Ti odio con ogni singola particella del mio corpo, ancora non l'hai capito?- dissi, lui serro' la mascella e degluti'. Si volto' e torno' a lavorare. La sua ragazza passo' a tarda serata e si prese cinque minuti di pausa per parlare con lei. Quando Debbie rientro' era in lacrime, prese la sua borsa, mi guardo' per qualche secondo e poi usci' dal bar distrutta. Alex torno' con lo stesso sguardo che aveva quando mi aveva vista uscire dall'appartamento di Cam. Il mio turno era finito e volevo solo andarmene a dormire. -Ti do un passaggio- disse Alex, prese la giacca e le chiavi. -Non voglio niente da te- dissi, lui mi lancio' un occhiataccia. -Sali' in auto- disse, digrignando i denti. -Torno a casa da sola. -Ho detto, sali- ripeté con voce minacciosa e sguardo inquietante, stringeva i pugni e aveva la mascella serrata come se stessa facendo di tutto per trattenersi dal colpirmi. -La posso portare io a casa- disse Callum, mi voltai stupita di sentire la sua voce. -Ehi, Sunny- disse, sorridendomi, lo guardai sempre più confusa e guardai Alex che sembrava ancora più arrabbiato. -Chi cazzo sei tu?- chiese Alex, avvicinandosi a Cal, mi misi tra i due per evitare qualunque scontro e salvare la vita al mio fragile ex ragazzo. -Sono un amico di Sunshine- disse Cal, fingendo di non capire la gravità della situazione. -Callum- disse, Alex mi guardo' e guardo' Cal. -Sali sulla fottuta auto, Sun- disse Alex, lo guardai cercando di capire qualcosa ma vedevo il vuoto completo. -Vattene a casa, Hais- dissi, lui si mordette il labbro inferiore e sali' in auto. Sfreccio' fuori dal parcheggio e spari'. -Pensavo che mi avrebbe colpito. In pieno volto, stavo per piangere- scherzo' Cal, sospirai sollevata che fosse ancora vivo e che Alex fosse sparito. -Che gli é preso? Sembrava avercela a morte con te- disse Cal, lo guardai e cercai la bugia più conveniente. -Che cavolo ci fai qui a quest'ora?- chiesi, cambiando discorso. -Volevo vedere come stavi, oggi eri un po' strana- disse Cal, lo guardai come se avesse detto la più grande stupidaggine del mondo. -Quindi vieni a prendermi a quest'ora della notte in un quartiere malfamato? -Pensavo che ti avrebbe dato fastidio vedermi durante il lavoro- disse, sorrisi e lo trascinai alla sua macchina. -Portami a casa, ho bisogno di dormire- dissi, in un sospiro. -Che hai fatto alla mano?- chiese, guardai la mia mano ferita e serrai le labbra. -Credo che a quest'ora tu lo sappia. -Conosco la versione di Rebecca ma non é quella che mi interessa- disse Cal, poggiai la testa contro al finestrino e gli raccontai quello che era successo. -Perché Rebecca sa delle allucinazioni? -L'ho detto alla persona sbagliata e quella persona l'ha detto ai suoi amici- risposi, lui annui' e mi prese la mano. -Sono qui, se le cose vanno male io e Lauren saremo al tuo fianco. Come al liceo- disse, sorridendomi. -Grazie- dissi, lui accese la radio e si mise a cantare una delle sua canzoni preferite, Bad dei The Cab. La canzone parlava di un ragazzo in cerca di una cattiva ragazza e solo in quel momento capii perché gli piacesse cosi' tanto quella canzone. Parlava praticamente di noi. Lauren era passata da me prima del lavoro e avevamo deciso di farci le unghie e spettegolare come tutte le ragazze normali. Aveva sentito le voci al campus ma non mi aveva chiesto nulla a riguardo cosi' ci passammo sopra e le raccontai di come Alex avesse fatto piangere Debbie. -Probabilmente é il tipo che piange perché non le si dice che é fantastica in ogni cosa che fa- disse Lauren, scoppiai a ridere e rischiai di rovinarmi lo smalto come facevo sempre. -La nostra festa preferita si avvicina baby, che cosa facciamo?- chiese Lauren, guardai il calendario e vidi quanto fosse vicino Halloween. -Film horror e sfilata di costumi fatti in casa?- chiesi, Lauren ci penso' su qualche secondo e annui'. -Quindi passo il weekend da te?- chiese Lauren. -Puoi restare fin da oggi se vuoi- dissi, lei mi guardo' e sorrise. -Fantastico perché stanno facendo delle ristrutturazioni a casa mia e c'é un casino assurdo- disse Lauren, aprendo la porta d'ingresso a trascinando una valigia all'interno del mio appartamento. -Ti stai trasferendo?- chiesi, scoppiando a ridere. -E' lo stretto necessario per tre giorni a casa tua- sorrisi, e buttai giù un sorso di caffé. -Devo andare al lavoro- dissi, lei assunse un'espressione affranta. -Manca poco piccola, tra poco potrai lasciare quello stupido lavoro e dimenticarti di quelle persone- disse, la guardai schifata e lei sorrise. Infilai un paio di jeans, un maglione bianco e indossai le vans. Arrivate al bar percepimmo entrambe la tensione nell'aria, l'auto di Cam era nel parcheggio e c'era anche quella di Debbie. -Ci aspetta una bella serata- dissi, mentre raggiungevamo la porta. Un'auto parcheggio poco dopo di noi e quando mi voltai vidi Callum scendere dall'ibrida nera. -Che cosa ci fa qui?- chiesi, Lauren sorrise. -Sono tre contro tre ora- disse Lauren, abbracciando Cal. -Salve- dissi, usando il sorriso più falso che avessi. -Cameron, Debbie, lui é Callum un mio caro amico- dissi, loro si presentarono mentre Alex mi guardava come se volesse magiarmi viva. -Non ho avuto il piacere di presentarmi ieri sera, Alex Hais- disse Alex, stringendo la mano a Cal. -Andiamo a sederci la giù- disse Lauren, allontanandosi dal bancone, mi annodai il grembiule alla vita e mi preparai ad affrontare tutto. -Do una festa a casa mia ad halloween se vi va di venire- disse Cam rivolgendosi a Lauren, lei mi guardo' e poi guardo' Cam. -Abbiamo altri programmi- disse Lauren, con tono freddo. -Che tipo di programmi?- chiese Cam, vidi lo sguardo di Lauren cambiare, era arrabbiata e la causa ero io. -Non sono affari tuoi, Cam- rispose Lauren, Cameron si accorse di quanto fredda e distaccata fosse. -Ho fatto qualcosa di sbagliato?- chiese Cameron, asciugavo i bicchieri e osservavo la situazione. -Non fai altro che sbagliare- rispose Lauren. -Di cosa stai parlando? -Sai di cosa parlo- ribatté Lauren, la guardai e cercai di farle capire che non doveva combattere le mie battaglie. -Non capisco. -Forse Alex dovrebbe iniziare ad essere più sincero e a dire quello che pensa al diretto interessato. Non mandare te. -Di cosa sta parlando, Cameron?- chiese Alex, andando verso il loro tavolo. Attraversai il bancone e mi misi accanto a Lauren. -Niente, Alex- rispose. -Tu sei una fottuta stronza!- esclamo' Cameron, rivolgendosi a me. -Pensavo fossimo d'accordo- aggiunse, venendo verso di me con fare rabbioso. Alex spinse Cameron prima che potesse avvicinarsi troppo. -Che cazzo sta succedendo?- chiese Alex, strinse i pugni e si volto' a guardarmi, distolsi lo sguardo. -Chiedilo a Cameron- disse Lauren. -Che cazzo hai fatto? -Stavo solo cercando di proteggerti, amico- rispose. -Che cazzo hai fatto, Cam?- chiese Alex, alzando la voce. -Non ha fatto niente- dissi, mettendomi tra i due. Guardai Alex dritto negli occhi e provai una stretta al cuore. -Sunshine- disse Lauren. -Okey, nessuno ha intenzione di parlare? Perfetto, parlo io. Il tuo amico ha chiesto a Sunshine di starti lontano perché crede che lui finirà per distruggerti- spiego' Lauren, la guardai e scossi la testa. Alex scatto' ma riusci' a fermarlo prima che potesse raggiungere Cameron. Lo spinsi con tutta la forza che avevo. -Stanne fuori, Sun- esclamo'. -L'ho fatto per te, amico. Quella ragazza é completamente fuori di testa, guardaci cazzo! Non abbiamo mai litigato e ora per colpa sua.. -E' per colpa tua se ho voglia di spaccarti la faccia? Chi cazzo ti credi di essere per giudicarla? Pazza? Amico, il più pazzo in questa stanza sono io e se vuoi davvero proteggere qualcuno forse dovresti pensare a proteggere lei da me- esclamo', lo guardai e lo vidi sotto una luce completamente diversa. -Era vulnerabile e ti ha raccontato cose di se stessa che non racconta mai, chi sei tu per giudicarla? -E' un chaos, Cam, tu non lo sai ma lei é un casino- rispose Cameron. -Chi non lo é?- chiese. -Ero d'accordo con Cameron, non perché credo di essere nociva per te ma perché non voglio più avere a che fare con te. Te l'ho detto più volte e lo ripeto, quando avro' trovato un'altro lavoro i nostri cammini si divideranno- dissi, cercando di calmare la lite. -Tu non vai da nessuna parte, ragazzina- disse, sorpassandomi, alzo' il pugno e lo sferro' dritto in faccia a Cameron. -Vedi che cosa sta succedendo a causa sua?- esclamo' Cam, mentre Callum lo teneva lontano da Alex. Io e Lauren tenevamo Alex tranquillo mentre Debbie piangeva. -Non spetta a te decidere chi puo' o non puo' far parte della mia vita, Cameron! -Tu non sai chi é lei- esclamo' Cam, guardai Lauren e la pregai di tacere. -Lei é fuori di testa e non sai nemmeno quanto possa essere nociva per te- disse Cam, Alex scatto' di nuovo e mi spinse facendomi cadere a terra per liberarsi dalla mia presa e raggiungere Cam. Gli sferro' un secondo pugno allo stomaco e lui rispose con un pugno in faccia. Mi rialzai per dividerli ma fini' di nuovo a terra quando Alex mi spinse via. Avevo tagliato i ponti con Alex e Cameron, mi ero licenziata e avevo bloccato i loro numeri. Era un bene per tutti, avrei dovuto farlo prima. La rissa era finita piuttosto male, io e Lauren ce ne andammo dopo averli separati. Feci una scenata e mi licenziai mandando tutti a quel paese. Ero a letto a scorrere un sito internet in cerca di un lavoro, speravo in qualcosa di meno coinvolgente a livello personale. Era passato un mese da quando mi ero licenziata e ancora non avevo trovato lavoro.Volevo qualcosa dove non dovevo avere alcun collega e poche interazioni con altri esseri umani. Bussarono violentemente alla mia porta e quasi subito capii di essere nei guai. -Polizia di Detroit, aprite la porta- esclamarono, il suono era attutito dalla porta ma era forte e chiaro. Mi alzai, feci un respiro profondo ed apri' la porta. Due poliziotti fecero irruzzione, uno di loro mi blocco' al muro e inizio' ad ammanettarmi. Era una scena troppo famigliare per me. Il secondo poliziotto inizio' a mettere sotto sopra il mio appartamento in cerca di droga probabilmente. -Sunshine Evans, la dichiaro in arresto per spaccio di stupefacenti- disse, prima di iniziare a leggermi i miei diritti. Non sapevo che fare ma se c'era una cosa che avevo imparato da Travis era che nel momento dell'arresto dovevo tacere. Non riuscivo a smettere di pensare a Travis, mi chiedevo come avesse fatto a farmi arrestare, se avesse corrotto la polizia, se fosse un modo per spaventarmi e farmi tornare da lui promettendomi protezione ma una cosa era certa, Travis aveva fatto qualcosa. Mi buttarono in una cella con altre due donne, prostitute molto probabilmente. Non era la mia prima volta in quel tipo di posto. Ero stata arrestata quando avevo sedici anni per spaccio. Non lavoravo ancora per Travis ma avevo bisogno di soldi e con lui erano facili, mentre stava portando a termine un'affare la polizia arrivo' e lui scappo' lasciandomi nei guai. Mi presi la colpa al posto suo perché non sarei finita in prigione ma in riformatorio essendo ancora minorenne. Non ero più minorenne. Se erano poliziotti corrotti probabilmente avrebbero messo delle finte prove nel mio appartamento e avrebbero usato i miei precendenti per sbattermi in prigione per almeno cinque anni. Se avevano ricevuto una soffiata da parte di Travis mi avrebbero trattenuta per quarantotto ore e poi rilasciata per mancanza di prove, in entrabi i casi sarei stata macchiata a vita. -Evans hai diritto ad una chiamata, ti consiglio di chiamare il tuo avvocato- disse l'agente passandomi la cornetta del telefono. Dovevo pensare in fretta. -Sunshine, sei tu non é vero?- disse Lauren. -Non so come sia successo ma non posso stare qui, Lauren. Devi aiutarmi- dissi, scoppiando a piangere. Non sopportavo gli spazi chiusi e se fossi rimasta per tutta la notte in quella cella avrei perso la testa. -Lauren, per favore. -Piccola, resisti, ci penso io. Tu pero' resisti okey?- chiese, trattenendo le lacrime per non farmi preoccupare. Quando vidi Lauren entrare nella centrale, feci un sospiro di sollievo. -Stai bene?- chiese, corsi verso le grate e le presi la mano. -Mi faranno uscire?- chiesi, mentre le lacrime rigavano il mio viso. -Ci sta pensando... -Evans, puoi uscire- disse, un agente venendo ad aprire la cella. Provai una forte stretta al cuore quando vidi Alex dietro all'agente. Abbracciai Lauren quando usci' e lei mi ripeté che andava tutto bene. Feci un sospiro di sollievo prima di avere un attacco di panico guardando Travis uscire dalla stazione di polizia. Mi vide e sorrise facendomi l'occhiolino. Salimmo nell'auto di Lauren e in quel momento persi completamente la testa. -Perché lui é qui?- chiesi, avevo le palpitazioni e mi girava la testa. Alex era ormai nella lista nera di Travis e se non fosse venuto a farmi uscire probabilmente non ci sarebbe mai finito. -Non sapevo chi chiamare e lui é l'unico avvocato che conosco- rispose Lauren, mortificata. -Perché cazzo ti sei presentato?- chiesi, rivolgendomi ad Alex. -Volevi che ti facessi marcire li' dentro?- replico' Alex. -Potresti ringraziare. -Ringraziare per cosa? Facendomi uscire mi hai creato solo l'ennesimo problema da risolvere. Sai cosa ti farà Travis ora che sa che fai parte della mia vita? -Perché dovrebbe interessarti? -Non voglio che tu muoia, coglione!- esclamai, Lauren usci' dall'auto e ci lascio' soli. -Pensavo mi odiassi, per quale ragione ti dovresti preoccupare per me? -Rischi di farti uccidere, lui potrebbe venire qui e ucciderti. Non voglio che Travis ti uccida, tu non puoi morire perché se tu morissi io...io...perché sei venuto? -Sei morissi, tu cosa?- chiese, guardandomi. Quello che volevo dire avrebbe cambiato tutto tra noi, lui sarebbe stato pronto a tornare ad essere l'Alex che conoscevo e io avrei calpestato il mio orgoglio per lui. Non volevo fargli sapere quanto ci tenessi o quanto mi fosse mancato, quanto fosse stato difficile per me accettare cio' che aveva fatto. Non volevo che vincesse lui ma nonostante tutto cio' che li avevo detto era comunque venuto a tirarmi fuori di prigione. -Perderei la testa, quindi per favore stammi lontano..non voglio che tu muoia o che ti faccia del male. Non sai di che cos'é capace Travis. Io non ho paura di quello che potrebbe fare a me ma ho paura di quello che potrebbe fare a te o a Lauren....sa che non ho paura di morire e che l'unico modo per farmi del male e fare del male a voi. Per favore, stammi alla larga- dissi, sorrise e scosse la testa. Fece cenno a Lauren di tornare in macchina e scese dirigendosi verso la sua Jeep. Pensavo che avesse capito, pensavo che avesse deciso di girarmi alla larga perché aveva davvero paura per la sua vita. Vederlo mettere in moto mi fece più male di quanto credessi. Non volevo che uscisse dalla mia vita, volevo che restasse e che combattesse con me come Lauren faceva ogni giorno. Volevo che considerasse la nostra amicizia abbastanza importante da rischiare la vita. -Dove stiamo andando?- chiesi, quando mi accorsi che non stavamo andando al mio appartamento. -Sei in pericolo- disse Lauren, la guardai confusa mentre svoltava a sinistra. Fu in quel momento che notai la Jeep di Alex. -Dove stiamo andando?- ripetei, lei sospiro'. -Ho parlato con Alex e il posto più sicuro per te ora é casa sua. -Cosa? -Sapevo che non ti sarebbe piaciuta come idea ma casa tua é offlimits e anche la mia lo é. Nessun vuole che Travis ti trovi e casa di Alex é il posto più sicuro- disse Lauren. Era dietro all'auto di Alex e stava aspettando che l'enorme cancello si aprisse. Ero sbalordita. Non se n'era andato...ancora prima che gli dicessi come la pensavo lui era disposto a farmi vivere a casa sua per proteggermi. -Non ti chiedo di essere amica di Alex, sono affari tuoi, ma devi stare qui fino a che le cose non si saranno calmate- disse Lauren, mentre parcheggiava davanti a questa enorme villa. -Non ti é andata poi cosi' male- disse, scendendo. Apri' il bagagliaio e prese un borsone che mi porse. -Devo andare, chiamami quando vuoi- disse Lauren, mi abbraccio' e torno' in macchina. -Non devi farlo per forza- dissi rivolgendomi ad Alex, venne verso di me, prese la borsa e ando' verso l'entrata. Una grande porta moderna in mogano nera si apri' non appena ci trovammo davanti ad essa. Una donna con addosso un pigiama molto carino ci sorrise e prese le chiavi dell'auto da Alex. -Buonasera- disse, sorridendomi. -Jessica lei é Sunshine, resterà con noi per qualche notte. Sunshine lei é Jess lavora per noi, é come una di famiglia- disse Alex, le strinsi la mano. Davanti a me un enorme scalinata principesca si presento', alla mia destra c'era una porta nera e alla mia sinistra la sala da pranzo più grande che avessi mai visto. C'erano quadri che sembravano essere lontani dall'essere imitazioni. Alcuni erano di Dali, altri di Caravaggio e c'era qualche Picasso. -Lo so, é davvero una gran bella casa. I quadri sono quasi tutti originali, si abbiamo una piscina, ci sono dodici stanze e quattordici bagni. No, non mi sono mai perso e crescerci é davvero uno spasso- disse Alex, salendo le scale, lo segui' e nonostante non fossi più una ragazzina quelle erano le domande che mi stavo ponendo. -Di solito non saliamo al terzo e al quarto piano, qui c'é la mia stanza- disse, girando a destra e indicandomi una porta. -Quella accanto alla mia é la stanza di Ashley e qui davanti poi metterti tu. E' la stanza degli ospiti. I miei sono infondo al corridoio- sussurro' Alex, pensai che fosse carino da parte sua abbassare la voce per non svegliare la sorellina. -Posso parlarti?- chiesi, indicando la porta della sua stanza. Apri' la porta e mi sembro' di ritrovarmi da Ikea. Era tutto perfettamente in ordine, la stanza era moderna, di tonalità spente, grigio, nero e bianco. C'era un cerchio nero con ai lati due mezze lune dipinto sulla parete dove si trovava il suo letto. -Non devi farlo, dopo come ti ho trattato..tu non dovevi farmi uscire di prigione e non devi farmi vivere qui.. -Io ho sbagliato, io ho rovinato tutto e il minimo che possa fare e darti una mano. Qui sarai al sicuro ed é tutto cio' che voglio, che tu sia al sicuro. Ai miei genitori diro' che avevi bisogno di un posto dove stare, non si accorgeranno nemmeno di te quindi fai come se fossi a casa tua- disse, lo ringraziai e lui mi accompagno' alla stanza degli ospiti. Mi svegliai presto quella mattina, sgattaiolai fuori dalla mia stanza sperando di non svegliare nessuno e entrai in bagno. Mi lavai il viso con acqua fredda e mi pettinai i capelli prima di uscire per ritrovarmi una donna davanti. Alta, con grandi occhi verdi, un viso dai lineamenti gentili e fossette sulle guance. Somigliava molto ad Alex, era la sua versione femminile ed era davvero bella. -Salve- disse lei, ero fin troppo scioccata per rispondere senza sembrare stupida. -B-buongiorno- balbettai, lei sorrise e mi guardo' dalla testa ai piedi. -Non sono sicura di conoscerti ma esci dal mio bagno e indossi i vestiti di mio figlio quindi suppongo tu non sia un'intrusa- disse, indietreggia alla ricerca di protezione. -Si, ehm sono un'amica di...sono un'amica di Alex Hais, signora- dissi, timidamente, lei sorrise di nuovo e mi porse la mano. -E' la prima volta che ti vedo, mi chiamo Harmony. -Io sono..Sun, cioé Sunshine, Sunshine Evans...signora Hais- risposi, sentendomi ancora più stupida di quanto già non mi sentissi. -E' un piacere conoscerti, Sunshine. -Il-il piacere é tutto mio, signora Hais- replicai, era davvero gentile ma i genitori riuscivano sempre a mettermi a disagio. -Chiamami Harmony- disse, sorrisi e solo quando vidi Alex venire verso di noi riusci' a fare un respiro profondo. -Vi siete già conosciute vedo- disse Alex, dando un bacio a sua madre. -Non credevo fosse cosi'- disse Harmony, rivolgendosi a suo figlio. -Credo che tu le faccia questo effetto.. -Perché come credeva che fossi?- chiesi, preoccupata. -Tutto cio' che suo figlio le ha detto é sbagliato... -Non credo, ha detto solo grandi cose su di te Sunshine. Solo non credevo che fossi cosi' timida- replico' Harmony, guardai Alex che distolse lo sguardo imbarazzato. -La colazione sarà pronta tra poco, fai come fossi a casa tua Sun- disse Harmony, sorridendomi e dirigendosi verso le scale. -Hai parlato di me a tua madre?- chiesi, scioccata. -E' la mia migliore amica...le racconto tutto. Non sei speciale, sei solo un'altro punto interrogativo- rispose, sorrisi e annui'. -E' davvero bella- dissi, lui annui'. -Per questo io sono uno schianto- scherzo'. -Se fossi davvero suo figlio saresti uscito meglio, io chiederei a tua madre spiegazioni- ribattei. -Eri davvero adorabile poco fa...sembravi quasi umana. Non pensavo fossi capace di innervosirti. -I genitori mi innervosiscono, di solito mi detestano tutti..ho i capelli grigi e dei piercing quindi danno per scontato che faccia parte di una gang- ribattei, mentre andavamo in cucina. -Non puoi dargli torto, infondo é vero che facevi parte di una gang- replico'. -E' diverso!- dissi, lui sorrise. -Devo ammettere che....mi sei mancato Alex- dissi, evitando il suo guardo, sentivo già i suoi occhi su di me. Sapevo che era tutto fiero di se perché ero riuscita a condividere i miei sentimenti con lui. -Si..anche tu mi sei mancata, ragazzina- disse, lo guardai e notai che anche lui evitava il mio sguardo. Andammo in cucina dove una tavola piena di cibo delizioso ci aspettava. Harmony era seduta a capo tavola assieme al marito. -Forse dovrei cambiarmi- dissi rivolgendomi ad Alex. -Tranquilla- disse, facendomi entrare per prima. -Tesoro, lei é un'amica di Alex, Sunshine- disse Harmony, presentandomi, strinsi la mano al padre di Alex. -E' un piacere, Sunshine. Siediti- disse, tirando la sedia per me. Alex era davanti a me ed Ashley accanto alla madre. La sorellina di Alex era adorabile, aveva corti capelli neri e grandi occhi grigi simili a quelli di Alex. -Il tuo nome é buffo- disse Ashley, le sorrisi e annui'. -Posso chiamarti Sun? E' più bello- disse, guardai Alex e vidi quanto quella domanda lo facesse ridere. -Puoi chiamarmi come vuoi, Ashley- risposi. -Mi piacciono i tuoi capelli- aggiunse. -E a me piacciono i tuoi- ribattei, lei sorrise e mordette un croiassant. ---------------------------------------------------------------------------------------- Una piccola recensione é sempre ben gradita -Hai parlato ad Alex delle allucinazioni? -Lui ti ha detto che...- dissi, feci un respiro profondo per calmare le mie emozioni e non perdere il controllo. -Lui non mi ha detto niente- ribatté Cam, lo guardai cercando di capire se mi stesse mentendo. -Come lo sai allora? -Che importa come lo so? Infondo me ne avevi già parlato tu quindi... -Non capisci, devo sapere se é stato lui a dirtelo perché se é stato lui allora io... -Non é stato lui a dirmelo.. -E chi altro allora?- chiesi, arrabbiata più che mai, lui sospiro' e pronuncio' il nome della ragazza di Alex. Tornai all'interno del bar come una furia e mi preparai alla guerra. -Chi ti ha dato il diritto di farlo?- chiesi, stringendo i pugni e serrando la mascella. Mi guardarono tutti come se stessi delirando. -Come scusa?- chiese Alex, guardo' Cameron alle mie spalle e poi guardo' me. -Chi cazzo ti ha dato il diritto di farlo? Chi ti credi di essere Alex Hais? - chiesi, guardandolo dritto negli occhi. -Mi sono fidata di te- esclamai, non riuscivo più a controllare niente, lasciai la rabbia prendere il controllo. -Sei la prima persona di cui mi fido dopo tanto tempo e alla prima occasione mi pugnali alle spalle. Chi ti ha dato il diritto di parlare degli affari miei alla tua ragazza? Sei un bastardo- dissi, Lauren venne verso di me quando vide che stavo davvero per perdere il controllo di me stessa. -Guardami, calmati- sussurro'. -Sun, ho sbagliato ma.. -Non c'é nessun ma, Alex, tu hai fatto la cosa più stupida che potessi fare ma é colpa mia. Io ho fatto l'errore di fidarmi di te e ora ne pago le conseguenze. A quante persone l'avete già raccontato? -Lui non voleva, era arrabbiato e gli é scappato. Sunshine é tutta colpa mia. -Debbie non parlare, tu non c'entri niente. Non mi importa se era arrabbiato o se gli é scappato. Ora grazie a te piccolo bastardo tutta Detroit sa dei miei problemi- replicai. -Non l'ho detto a nessuno...- aggiunse Debbie, la fulminai con lo sguardo e sorrisi. -L'hai raccontato a Cameron e a chissà quante altre persone. Sappi che non sono affatto arrabbiata con te ma tu e le tue bugie da quattro soldi potete andarvene a fanculo- esclamai, regalandole un medio. -Meglio uscire- disse Cam, sorridendole e spingendola fuori dal bar. -Vuoi farti anche la mia ragazza Cam?- chiese Alex, stringendo i pugni. Era incazzato anche lui ma non con me, con Cameron il che mi fece perdere la testa. -Hey, bastardo, é con me che devi litigare non con lui. Io sono qui!- esclamai, mettendomi nel suo campo visivo. -Voglio delle scuse da te prima di uscire da questo posto e non tornarci mai più. -Non mi scusero' con te- ribatté, ero sbalordita, non potevo credere che l'avesse detto. -Sei caduto cosi' in basso? Sei cosi' orgoglioso da non volerti scusare anche se sai di aver sbagliato?- dissi, capii immediatamente che non volevo più avere a che fare con lui. -Non ti sei mai scusata per essere stata a letto con Cameron- disse, cogliendomi di nuovo di sorpresa. Cio' che stava dicendo non aveva alcun senso e io non sapevo nemmeno come reagire. -Mi prendi per il culo, Alex? Mi sarei dovuta scusare per cosa? Per aver fatto qualcosa senza chiederti il permesso? Per aver preso una decisione da sola senza consultarmi prima con te? Mi spieghi qual'é il tuo fottuto problema? -Sei stata a letto con Cameron- ribatté, sospirai e sorrisi pensando a quanto assurda fosse quella situazione. -Vuoi sapere un segreto Alex? Non sono stata a letto con Cameron, gli ho fatto promettere di non raccontare a nessuno quello che gli avevo raccontato quella notte. Perché non vai a raccontare al mondo quanto patetica io sia?- confessai, prima di andarmene. -Sun, aspetta- disse, una volta fuori dal bar. -Aspettare cosa? Che tu racconti gli affari miei alla tua ragazza davanti a me?- chiesi. -Fai pure- dissi. -Ero arrabbiato con lei e con Cameron, ho iniziato a parlare e non mi sono fermato fino a quando non ho capito che avevo sbagliato. Mi dispiace, davvero. E' che...ero arrabbiato- disse Alex, risi e scossi la testa. -Vaffanculo, tu e le tue scuse del cazzo- dissi, guardai Lauren e lei sali' in auto e mise in moto. -Non ci posso credere- dissi, mentre uscivamo dal parcheggio. Alex continuo' a guardarmi mentre Debbie e Cameron entravano nel bar. -E' tutta colpa mia..- dissi, Lauren scosse la testa. -Che cos'é che sa?- chiese Lauren. -Delle allucinazioni- risposi. -Alex l'ha detto a Debbie e lei l'ha detto a Cameron, lui aveva paura che io mettessi il suo amico nei guai e mi ha chiesto perché abbia deciso di raccontarglielo. -Cameron ha paura che tu metta Alex nei guai?- chiese Lauren. -Gli ho raccontato cosi' tanto quella notte...troppo. Mettiti al suo posto, anche tu avresti paura di me. -Io so tutto e non ho paura di te- ribatté, la guardai e sorrisi. -Tu sei pazza- dissi, mi prese la mano e annui'. -Cosa farai?- chiese. -Cerchero' un altro lavoro, sai come sono fatta. Tradisci la mia fiducia una volta e sei fuori per sempre. Ebbi l'ennesimo incubo quella notte, rividi la morte di mio padre, di nuovo. Mi alzai dal letto e andai verso il bagno, cercai il rasoio nel cassetto e vidi Lauren, in piedi davanti a me. Stavo per ferirmi ma lei mi fermo', mi tolse il rasoio dalle mani e mi abbraccio'. -Non devi farlo- disse, mi riporto' a letto e rimase sveglia insieme a me. Andammo insieme a fare colazione e mi lascio' per andare dai suoi prima di pranzo. Non volevo passare altro tempo a casa, sola con me stessa e le mie allucinazioni cosi' rimasi sdraiata in un parco non lontano dal mio appartamento. Le nuvole si spostavano davanti a me, l'aria profumava d'autunno, si sentivano alcuni bambini giocare in lontananza. Mi concentrai sul mio battito cardiaco e su nient'altro. -Quindi é ancora questa la tua attività preferità- riconobbi immediatamente la voce di Callum, torreggiava su di me coprendomi dal sole. Aveva addosso un berretto nera, un lungo cappotto nero e un paio di jeans strappati. Si sdraio' accanto a me e mi sorrise guardandomi. -Perché sei qui?- chiesi, senza distogliere lo sguardo dalla distesa azzurra sopra di me. -Ero nei paraggi e ti ho vista, posso sempre andarmene.. -E' un parco pubblico, non posso chiederti di andartene- replicai, lui sorrise e poggio le mani incrociate sotto al capo. -Ho sentito che Travis é venuto a cercarti- disse, lo guardai e annui'. -Tu come lo sai? -Le voci girano, sai cosa vuole? -Vuole che torni a lavorare con lui- risposi, lui serro' la mascella e sospiro'. -Puoi denunciarlo. -Ci tengo alla mia vita. -Posso farlo io per te... -Tengo anche alla tua di vita- risposi, lui si sdraio' su un fianco e mi sorrise. -Non voglio avere anche la tua morte sulla coscienza, Cal, niente di più.. -Come no..- replico', sorrisi nonostante volessi mantenere un'espressione fredda e indifferente. -Posso offrirti il pranzo? Da amici, solo da amici- chiese, lo guardai e ricordai come mi faceva sentire. -Solo da amici- risposi, lui sorrise e si alzo', mi porse la mano e mi aiuto' ad alzarmi. -Cinese?- chiese, cercando le chiavi della sua auto. -Come vuoi- dissi, sali' sulla sua mercedes e allacciai la cintura. -Ho saputo che lavori.. -Tu e Lauren parlate ancora, non é vero?- chiesi, lui rise e annui'. -Eravamo tutti grandi amici, non pensavo che le cose sarebbero finte cosi'- disse, stringendo le mani attorno al volante. -Nessuno lo pensava. -Ho saputo che lavori per Alex Hais- disse, strinsi i pugni e degluti'. -Non più- ribattei. -Come mai?- chiese Cal. -Non sono fatti tuoi- replicai. -Non é una persona facile, proprio come te. -Non é come me- ribattei. Arrivati al ristorante Callum ordino' per me ricordandosi perfettamente quello che mi piaceva mangiare, parlammo dell'università per tutto il pranzo e fu piuttosto piacevole ritrovarmi a parlare con lui dopo tanto tempo. Ero abituata a vederlo ogni giorno, a parlare con lui ogni giorno e tutto d'un colpo lui era uscito dalla mia vita. A causa mia. Mi riaccompagno' a casa e mi chiese di prendermi cura di me stessa. Tornata al mio appartamento mi infilai in una vasca d'acqua gelata e chiusi gli occhi. L'acqua era più fredda quando era mia madre ad infilarmici, ci buttava dei cubetti di ghiaccio e mi lasciava a mollo per ore. L'acqua fredda era diventata la mia migliore amica, quando mi ci immergevo la mia mente si rilassava e si riempiva di pensieri. Mi feci una doccia quando si avvicino' l'ora di andare a lavorare. Non avevo alcuna voglia di vedere Alex o Debbie ma ero comunque una persona professionale e avrei lavorato li' per un ultima sera per prendere i miei soldi. Infilai un paio di jeans e un maglione di qualche taglia più grande, indossai la giacca di pelle e presi la borsa. L'autobus era vuoto e l'unica cosa che sentivo era la mia musica ad alto volume nelle orecchie. Entrata al bar notai che Debbie non c'era e nemmeno Cam era presente. C'era solo Alex, sistemava le bottiglie con addosso un maglione stretto che accentuava i suoi bicipiti. Tolsi il maglione e restai in canottiera, avvolsi il grembiule attorno alla vita e iniziai a pulire senza nemmeno rivolgergli parola. -Non pensavo saresti venuta. -E' l'ultima volta che mi vedrai, non ti preoccupare- ribattei, senza guardarlo. -Ti ho chiesto scusa, cosa posso fare per farmi perdonare? -Tornare indietro nel tempo e non raccontare alla tua ragazza delle mie allucinazioni- risposi, fredda e distaccata. -Sun, mi dispiace, davvero- disse, afferrandomi per il braccio e facendomi voltare. -Non mi interessa- dissi, scuotendo la testa. Tornai a lavorare e ignorare ogni suo tentativo di chiedermi scusa. -Non volevo farlo, é stato più forte di me.. -Smettila di cercare stupide scuse perché non funzionerà. Sai, io sono capace di perdonare chiunque perché so che sbagliare é umano ma non posso perdonarti per aver raccontato a Debbie delle allucinazioni. -Perché ti fa arrabbiare cosi' tanto che Debbie lo sappia? Non te ne devi vergo... -Davvero non riesci a capire? Non mi interessa che cosa la gente pensa di me ma non posso accettare che la mia vita sia esposta al mondo in quel modo. Non sono arrabbiata perché Debbie lo sa, sono arrabbiata perché tu non sei stato in grado di tenere per te una cosa cosi' delicata che riguarda la mia vita- dissi, sospiro' e mi guardo. -Devi perdonarmi, Sunshine. -Non devo fare niente- replicai. -Spiegami solo perché sei cosi' sincero con lei per quanto riguarda la vita degli altri ma non riesci nemmeno a parlare dei problemi con tuo padre?- dissi. Fu una serata tranquilla, tornata a casa mi buttai a letto e il mattino dopo andai ad inseguire la routine. Dopo una lunga e noiosa lezione di sociologia io e Lauren prendemmo un caffé e ci sedemmo su un prato a chiaccherare. Decisi di non raccontarle delle allucinazioni per proteggerla, quel periodo non fu facile per nessuna delle persone attorno a me. Ero cambiata dalla morte di mio padre, avevo iniziato a pensare molto meno a me stessa e più alle persone a cui tenevo. Non avevo intenzione di ferire qualcun'altro. -Quindi hai parlato con Callum- disse Lauren, la guardai confusa ricordandomi di non averglielo raccontato. -Come fai a... -Sta venendo qui con del cibo e un sorriso sul vol..Callum!- disse, sorridendo, mi voltai e lo vidi torreggiare su di noi. Teneva una busta in mano ed era carino come sempre, si sedette a terra con noi e mise la busta in mezzo a noi. -Donut!!- esclamo' Lauren, prendendone una. -Che fate?- chiese, guardandomi. -Le solite cose, Sunny mi raccontava del suo fastidioso capo- rispose Lauren, la guardai mentre masticava una donut con lo zucchero a velo sulle sue labbra e su tutto il suo viso. -Che c'é? Magari puo' darti un consiglio- disse Lauren, buttai giù un grosso sorso di caffé e sperai di svenire. -Lei si é confidata con il suo capo perché lui l'ha fatto con lei e sai che Sunny é una a cui non piace avere debiti, comunque, lui é andato a raccontarlo alla sua ragazza e lei l'ha detto al migliore amico del suo capo e ora Sunny é completamente fuori di se perché quelli sono ricconi e siamo in una scuola di ricconi e ha paura che tutti conoscano la sua vita come al liceo- spiego', con troppi dettagli per i miei gusti, copri' la testa con il cappuccio della felpa e cercai di nascondermi. -Che bastardo!- esclamo' Callum, sorrisi e annui' essendo completamente d'accordo. -Chi é la sua ragazza?- chiese Cal, Lauren mi guardo' e io risposi a voce bassa. -Oh, si la conosco, quella si che é una principessa e si fa trattare come tale- commento' Callum, come se la mia autostima non fosse già sotto terra. -Io dico che devi smettere di parlare con questo tipo e trovarti un ragazzo single- disse, facendomi l'occhiolino, Lauren scoppio' a ridere e gli diede un cinque. -Scusate ma ho lezione, economia. Ci si vede- dissi, prendendo la mia roba e andandomene. Entrai nella classe di economia, mi sedetti il più lontano possibile dall'insegnante e poggia la testa sul banco. Uscita dalla classe vidi Cameron in piedi vicino alla porta. -Ehi, Sunny!- disse, lo guardai confusa e andai verso di lui. -Che ci fai qui?- chiesi, lui abbasso' lo sguardo e sorrise. -Possiamo parlare?- chiese, io annui' e andammo a sederci su una panchina. -Se sei qui per farmi parlare con Alex, evita- dissi, non ero preoccupata, non avrei dovuto essere preoccupata. -Io non ti conosco, so molte cose di te ma non significa che sappia che tipo di persona tu sia. Hai attraversato l'inferno e ora sei qui davanti a me, sembri una tipa tosta, forte e sinceramente mi fai paura- esordi', capii subito che tipo di discorso voleva farmi. Era il tipo di discorso che mi facevano i genitori dei miei amici per tenermi lontana da loro. -Se sei qui per dirmi di stare lontana da Alex, non ti preoccupare. Ho chiuso con lui- dissi, lui mi guardo' negli occhi per qualche secondo poi distolse lo sguardo e sorrise imbarazzato. -Lui é protettivo, é leale e si preoccupa ma non é una cosa che fa con tutti, la fa solo con le persone di cui si fida e tu sei diventata una di quelle persone. Non voglio che lui si metta nei guai a causa del tuo passato, non voglio che stia male a causa tua....é fragile quando si tratta delle persone che ama. Anche lui ha attraversato l'inferno e ora sta cercando di uscirne, sta cercando di realizzare il suo sogno e non voglio che tu gli impedisca di farlo perché lui vuole proteggerti ma non ne é capace. Non voglio che venga ucciso a causa tua...come tuo padre. Non voglio che diventi un drogato o un alcolizzato, non voglio che diventi come te semplicemente perché ha voluto fidarsi di te. Non prenderla sul personale, mettiti al mio posto, che cosa faresti se fosse stata Lauren? Non so chi sei e non voglio saperlo perché quello che mi hai detto mi tiene ancora sveglio la notte. Non ti chiedo di licenziarti ma di non parlare con Alex, di lasciarlo in pace. Cercherà di farsi perdonare e finché non lo perdonerai lui ti assillerà quindi devi dirgli come stanno le cose ancora prima che sprechi il suo tempo a farsi perdonare da te- disse, speravo che quelle parole mi facessero provare qualcosa ma era la decima volta che le sentivo. Il concetto era sempre lo stesso, qualcuno voleva proteggere qualcun'altro e per farlo doveva ''ferire'' me. Non sapevo bene come rispondere, per me Alex non era più una persona di cui fidarmi e quindi stava lentamente uscendo dalla mia vita quindi non era un problema. -Ok- dissi, prima di alzarmi e andare verso la classe di filosofia. Callum si sedette accanto a me e mi racconto' della sua lezione di diritto. -Rebecca ha risposto a tutte le domande dell'insegnante- disse, lo guardai sorpresa e lui sorrise. -In modo sbagliato ma ha risposto- disse, sorrisi e feci un respiro profondo guardandolo. Mi mancava cosi' tanto essere la sua ragazza, Callum Lawrence era capace di farti sentire la persona più amata del mondo con un semplice sguardo. Non potevo tornare con lui pero'. Era stato la mia seconda roccia dopo la morte di mia sorella ma dopo quella di mio padre dovetti mettere fine alla nostra relazione. La versione ufficiale é che lui non mi ha impedito di fare gli errori che mi hanno spinta ad uccidere mio padre. La verità é che i suoi genitori mi hanno chiesto di lasciarlo in pace, un po' come aveva fatto Cameron e non potevo ignorare i suoi genitori cosi' ubbidi'. -Tutto bene?- chiese, mi guardai intorno e vidi mia sorella seduta accanto a me. Mi sorrise e io sorrisi a Callum dicendogli che andava tutto bene. -Non devi ascoltare quel ragazzo, tu non sei una brutta persona- disse Hope, mandai giù il groppo che avevo in gola e cercai di mantenere il controllo della situazione. -Devo, devo andare- dissi, alzandomi nel bel mezzo della lezione di filosofia. Presi la borsa e corsi fuori, avevo il respiro affannato e un groppo alla gola. Non potevo più trattenermi dovevo sfogarmi in qualche modo. Mi nascosi nei bagni delle ragazze, bloccai la porta e resta seduta per terra per qualche minuto. Sapevo che cosa volevo fare ma sapevo anche di non poterlo fare in un luogo pubblico dove qualcuno avrebbe potuto trovarmi e dove tutti avrebbero potuto vedermi. -Ti aiutera', il sangue ti ha sempre aiutata- disse Hope, la guardai e vidi i suoi polsi, un liquido rosso le scivolava lungo le mani. -No,no, non di nuovo- dissi, gettandomi su di lei, Hope cadde a terra, vedevo sangue su tutto il pavimento del bagno e i suoi occhi lentamente si spegnevano. -Non di nuovo, Hope, non di nuovo- dissi, cercando di fermare il sangue. -Piccola, per favore- le lacrime scendevano lungo il mio viso mentre vedevo mia sorella morire per la seconda volta. -Non é colpa tua- disse, prima di chiudere gli occhi e di svanire. -NO!- gridai, tirando un pugno ad uno specchio. Avevo il cuore a mille e solo vedere la mia mano sanguinare riusci' a calmarmi. Era diventata un'abitudine ferirmi ogni volta che avevo voglia di piangere, mi aiutava a controllarmi, a diventare forte. Avvolsi la sciarpa attorno alla mano e usci' dalla finestra del bagno per evitare i commenti e gli sguardi incuriositi degli studenti. Mi sdraiai sul prato dietro ai bagni, nascosta dai cespugli, completamente sola. -Ho sempre saputo che quella ragazza non stava bene- disse, una ragazza all'interno del bagno. -Come sai che é stata lei?- chiese, la seconda ragazza. -L'ho vista entrare, si chiama Sunshine Evans e fa sempre cose come questa. Quella ragazza é completamente pazza, soffre di allucinazioni e l'hanno ammessa in questa scuola- disse la prima ragazza, solo in quel momento riconobbi quella voce. Rebecca Sorrow, quella ragazza aveva un problema con me fin da quando eravamo piccole. Ero cosi' profondamente disgustata dal fatto che lei sapesse cio' che stavo passando e che si prendesse gioco di me in quel modo. Mi alzai e mi allontanai dai bagni, le voci avrebbero cominciato a girare e avevo molta voglia di sapere che cosa si sarebbero inventati questa volta. -Ti ho cercata ovunque, dove eri finita?- chiese Callum, infilai le mani nelle tasche della giacca e cercai di sorridere. -Non mi sentivo molto bene- risposi, lui mi guardo' e annui'. -Stai bene?- chiese, io annui' e mi sforzai di sorridere in modo ancora più convincente. -Ti sei persa una gran bella lezione- disse Callum, mi passo' i suoi appunti, scattai un paio di foto e lo ringraziai prima di andare via. Dovevo pranzare con Lauren ma prima dovevo trovare un modo di fermare il sangue e coprire la ferita. Andai in segreteria e aspettai. -Scusi?- dissi, quando vidi una donna, alta, capelli corti neri, grandi occhi blu. -Lavora qui?- chiesi, lei scosse la testa e fece per andarsene, mi diede una seconda occhiata e si avvicino'. -Cosa posso fare per te?- chiese, aveva una voce dolce, amorevole. -Cerco l'infermeria, sa dirmi dove ne posso trovare una?- chiesi, lei sorrise. -Ti senti male?- chiese, deglutii e scossi la testa tirando fuori la mano con la sciarpa coperta di sangue. -Ho avuto un'incidente- risposi, sorridendo imbarazzata. -Come ti chiami?- chiese, mi sembro' strano che me lo chiedesse non aveva bisogno del mio nome per darmi delle indicazioni. -Sunshine Evans- risposi, lei fece un respiro profondo e mi diede una cartina della scuola mostrandomi dove trovare un'infermeria. L'infermiera medico' la ferita e mi disse che non c'era alcun bisogno di punti ma che avrei dovuto cambiare la fasciatura ogni giorno per una settimana. Comprai un paio di guanti di pelle in un negozio e li indossai prima di andare da Lauren. -Che bella scelta di stile- disse Lauren, con tono sarcastico, sorrisi e nascosi la mano ferita nella tasca della giacca temendo che potesse scoprirlo. -Si mangia messicano- disse, facendo partire una canzone messicana, inizio' ad ondeggiare i fianchi e a cantare in spagnolo. -Non é la prima volta che mangiamo da Taco Bell- dissi, lei spense la radio e mi guardo'. -E' sempre una cosa da festeggiare, Taco Bell merita sempre i festeggiamenti, tesoro- disse, sorridendo. Ci fermammo al solito ristorante e ci sedemmo al solito posto a mangiare le solite cose. -Hai intenzione di mangiare con quei guanti? -Ho le mani congelate e sono fighi- dissi, lei scoppio' a ridere e diede un morso al taco. -Cameron é venuto a chiedermi di stare lontana da Alex- dissi, Lauren rischio' di soffocarsi con una patatina quando glielo dissi. -Cosa?- chiese, buttando il taco sul piatto. -E' venuto dopo la lezione di economia e mi ha detto che dovevo stargli lontano per il suo bene. -Che pezzo di merda! Abbiamo fatto colazione insieme subito dopo- replico', la guardai confusa e lei mi spiego' che Cam le aveva chiesto di uscire. -Vuoi davvero uscire con Cameron Ingram? -Ora che mi ha raccontato questa cosa, no, non ho intenzione di uscire con qualcuno che si permette di giudicarti senza conoscerti- rispose, era completamente fuori di se. -Sa molte cose su di me. -Conosce i fatti ma non le ragioni. Perché hai iniziato a spacciare? Perché vi stavano per sfrattare. Perché sei finita in riformatorio? Perché sei stata incastrata. Perché hai le allucinazioni? Perché perdere Hope ti ha distrutta- replico', sorrisi pensando a quanto quella ragazza mi volesse bene. Ogni cosa sbagliata che avevo fatto aveva una ragione ma non potevo giustificarmi in quel modo, avrei potuto trovare alternative a quei problemi invece di mettermi nei guai. -Non devi lasciar perdere Cam perché lui non vuole che distrugga il suo migliore amico. -Non lo distruggerai.. -Ho distrutto la mia famiglia, Callum e ho distrutto anche te ma é troppo tardi per rimediare a quello che ho fatto a te. -Non mi hai fatto niente, Sunny. Non mi hai mai distrutta ma mi hai insegnato ad essere forte- replico', la guardai e lei scoppio' a ridere. -Sto sparkeggiando- disse. Dopo le lezioni pomeridiane andai a prepararmi per il lavoro, mi sfilai i guanti solo una volta arrivata al bar. Lauren aveva una cena di famiglia e quindi non si sarebbe mai presentata al bar. -Sei di nuovo qui...pensavo che... -Non pensare, lavorero' qui fino a che non trovero' un altro lavoro- dissi, interrompendolo. -Che hai fatto alla mano? -La spada di un cavaliere dello zodiaco mi ha ferita- risposi, lui roteo' gli occhi. -Che hai fatto?- chiese Alex, mentre asciugavamo i bicchieri. -Non rompere Alex- risposi. La prima persona che entro' nel bar quella sera fu il mio incubo peggiore. Rebecca. -Alex!- disse, abbracciandolo, mi concentrai sui drink e cercai di ignorare la sua presenza. -Sunshine- disse, con tono schifato. -Rebecca- dissi, con ancor più disgusto. -Hai lasciato il tuo DNA in tutto il bagno oggi- disse, la guardai e cercai di minacciarla con lo sguardo per farla tacere. -Il rettore vuole scoprire chi é stato a rompere lo specchio, a quest'ora dovrebbero saperlo tutti all'università- aggiunse, decisi di lasciar perdere e lasciarle dire quello che voleva dire. -Che cos'é successo?- chiese Alex, lei mi guardo' e guardo' Alex. -Ti sei fatta molto male, vedo. Dovresti andare da Dr Phil- disse Rebecca prendendomi la mano, feci un respiro profondo e andai a servire i clienti con i miei drink. -Quindi?- chiese Alex, rivolgendosi a me. -Non é successo niente. -Ha preso a pugni lo specchio perché il fantasma di sua sorella le ha ricordato quanto inutile fosse- disse Rebecca, Alex mi guardava perplesso. -E' cosi' che ti sei ferita?- chiese Alex, guardavo Rebecca e cercavo di dimostrare a me stessa che ero forte e che potevo sopportare la sua cattiveria. -Si- dissi, Alex mi prese la mano e io la sottrassi allontandandomi. -Perché?- chiese Alex, io guardai Rebecca sapendo che sarebbe stata lei a rispondere alla domanda. -Per le allucinazioni suppongo- disse Rebecca, cogliendomi di sorpresa. Non sapevo che dire, ero talmente scioccata e disgustata che non sapevo realmente come reagire. -Vattene- mormorai, guardandola. -Credi di potermi cacciare? Sei cosi' poco importante, Sunshine..- disse, guardai Alex e continuai a lavorare sperando che la frustrazione non mi faccesse scoppiare in lacrime. -Vattene, Rebecca- disse Alex, lo guardai e scoppiai a ridere. -Cosa c'é di cosi' divertente, sgualdrina?- chiese Rebecca, la guardai e sorrisi. -Mi piace che tu creda di ferirmi anche solo un po', tu non sai chi sono Rebecca e non sai cosa potrei farti. Se non l'avessi capito, ti sto minacciando, e giuro che se ti sento pronunciare il mio nome o quello di mia sorella non vedrai più la luce del sole. Sono pazza, l'hai detto anche tu- dissi, inchidandola al muro. -Lasci che mi parli cosi'?- chiese rivolgendosi ad Alex. -Te la sei cercata- ribatté. Rebecca se ne ando' lasciandomi nuovamente sola con lui. -Stai bene? -Mi stupisci, sai? Credevo che fossimo simili ma ora inizio a vedere chi sei veramente e mi fai pena, Alex- risposi. Odiavo cosi' tanto quel ragazzo per rovinato il nostro rapporto, credevo davvero che avremmo potuto essere amici. -Sun- disse, il cuore mi si strinse al suono di quel nomignolo con cui solo lui mi chiamava. -Non é quello il mio cazzo di nome!- esclamai, stringendo i pugni e cercando di reprimere la rabbia che provavo per me stessa. Avevo un dovere ed era quello di stare lontana da Alex, gli avrei dato il peggio di me cosi' almeno sarei stata io la cattiva della situazione. -Sunshine, che cos'é successo?- chiese. -Quale parte di ''stammi lontano'' non hai capito? Non voglio più avere a che fare con te, sei una persona meschina e non hai fatto altro che prenderm in giro. Devi sparire dalla mia vita, Alex Hais, non voglio più vederti o sentire la tua voce. Ti odio con ogni singola particella del mio corpo, ancora non l'hai capito?- dissi, lui serro' la mascella e degluti'. Si volto' e torno' a lavorare. La sua ragazza passo' a tarda serata e si prese cinque minuti di pausa per parlare con lei. Quando Debbie rientro' era in lacrime, prese la sua borsa, mi guardo' per qualche secondo e poi usci' dal bar distrutta. Alex torno' con lo stesso sguardo che aveva quando mi aveva vista uscire dall'appartamento di Cam. Il mio turno era finito e volevo solo andarmene a dormire. -Ti do un passaggio- disse Alex, prese la giacca e le chiavi. -Non voglio niente da te- dissi, lui mi lancio' un occhiataccia. -Sali' in auto- disse, digrignando i denti. -Torno a casa da sola. -Ho detto, sali- ripeté con voce minacciosa e sguardo inquietante, stringeva i pugni e aveva la mascella serrata come se stessa facendo di tutto per trattenersi dal colpirmi. -La posso portare io a casa- disse Callum, mi voltai stupita di sentire la sua voce. -Ehi, Sunny- disse, sorridendomi, lo guardai sempre più confusa e guardai Alex che sembrava ancora più arrabbiato. -Chi cazzo sei tu?- chiese Alex, avvicinandosi a Cal, mi misi tra i due per evitare qualunque scontro e salvare la vita al mio fragile ex ragazzo. -Sono un amico di Sunshine- disse Cal, fingendo di non capire la gravità della situazione. -Callum- disse, Alex mi guardo' e guardo' Cal. -Sali sulla fottuta auto, Sun- disse Alex, lo guardai cercando di capire qualcosa ma vedevo il vuoto completo. -Vattene a casa, Hais- dissi, lui si mordette il labbro inferiore e sali' in auto. Sfreccio' fuori dal parcheggio e spari'. -Pensavo che mi avrebbe colpito. In pieno volto, stavo per piangere- scherzo' Cal, sospirai sollevata che fosse ancora vivo e che Alex fosse sparito. -Che gli é preso? Sembrava avercela a morte con te- disse Cal, lo guardai e cercai la bugia più conveniente. -Che cavolo ci fai qui a quest'ora?- chiesi, cambiando discorso. -Volevo vedere come stavi, oggi eri un po' strana- disse Cal, lo guardai come se avesse detto la più grande stupidaggine del mondo. -Quindi vieni a prendermi a quest'ora della notte in un quartiere malfamato? -Pensavo che ti avrebbe dato fastidio vedermi durante il lavoro- disse, sorrisi e lo trascinai alla sua macchina. -Portami a casa, ho bisogno di dormire- dissi, in un sospiro. -Che hai fatto alla mano?- chiese, guardai la mia mano ferita e serrai le labbra. -Credo che a quest'ora tu lo sappia. -Conosco la versione di Rebecca ma non é quella che mi interessa- disse Cal, poggiai la testa contro al finestrino e gli raccontai quello che era successo. -Perché Rebecca sa delle allucinazioni? -L'ho detto alla persona sbagliata e quella persona l'ha detto ai suoi amici- risposi, lui annui' e mi prese la mano. -Sono qui, se le cose vanno male io e Lauren saremo al tuo fianco. Come al liceo- disse, sorridendomi. -Grazie- dissi, lui accese la radio e si mise a cantare una delle sua canzoni preferite, Bad dei The Cab. La canzone parlava di un ragazzo in cerca di una cattiva ragazza e solo in quel momento capii perché gli piacesse cosi' tanto quella canzone. Parlava praticamente di noi. Lauren era passata da me prima del lavoro e avevamo deciso di farci le unghie e spettegolare come tutte le ragazze normali. Aveva sentito le voci al campus ma non mi aveva chiesto nulla a riguardo cosi' ci passammo sopra e le raccontai di come Alex avesse fatto piangere Debbie. -Probabilmente é il tipo che piange perché non le si dice che é fantastica in ogni cosa che fa- disse Lauren, scoppiai a ridere e rischiai di rovinarmi lo smalto come facevo sempre. -La nostra festa preferita si avvicina baby, che cosa facciamo?- chiese Lauren, guardai il calendario e vidi quanto fosse vicino Halloween. -Film horror e sfilata di costumi fatti in casa?- chiesi, Lauren ci penso' su qualche secondo e annui'. -Quindi passo il weekend da te?- chiese Lauren. -Puoi restare fin da oggi se vuoi- dissi, lei mi guardo' e sorrise. -Fantastico perché stanno facendo delle ristrutturazioni a casa mia e c'é un casino assurdo- disse Lauren, aprendo la porta d'ingresso a trascinando una valigia all'interno del mio appartamento. -Ti stai trasferendo?- chiesi, scoppiando a ridere. -E' lo stretto necessario per tre giorni a casa tua- sorrisi, e buttai giù un sorso di caffé. -Devo andare al lavoro- dissi, lei assunse un'espressione affranta. -Manca poco piccola, tra poco potrai lasciare quello stupido lavoro e dimenticarti di quelle persone- disse, la guardai schifata e lei sorrise. Infilai un paio di jeans, un maglione bianco e indossai le vans. Arrivate al bar percepimmo entrambe la tensione nell'aria, l'auto di Cam era nel parcheggio e c'era anche quella di Debbie. -Ci aspetta una bella serata- dissi, mentre raggiungevamo la porta. Un'auto parcheggio poco dopo di noi e quando mi voltai vidi Callum scendere dall'ibrida nera. -Che cosa ci fa qui?- chiesi, Lauren sorrise. -Sono tre contro tre ora- disse Lauren, abbracciando Cal. -Salve- dissi, usando il sorriso più falso che avessi. -Cameron, Debbie, lui é Callum un mio caro amico- dissi, loro si presentarono mentre Alex mi guardava come se volesse magiarmi viva. -Non ho avuto il piacere di presentarmi ieri sera, Alex Hais- disse Alex, stringendo la mano a Cal. -Andiamo a sederci la giù- disse Lauren, allontanandosi dal bancone, mi annodai il grembiule alla vita e mi preparai ad affrontare tutto. -Do una festa a casa mia ad halloween se vi va di venire- disse Cam rivolgendosi a Lauren, lei mi guardo' e poi guardo' Cam. -Abbiamo altri programmi- disse Lauren, con tono freddo. -Che tipo di programmi?- chiese Cam, vidi lo sguardo di Lauren cambiare, era arrabbiata e la causa ero io. -Non sono affari tuoi, Cam- rispose Lauren, Cameron si accorse di quanto fredda e distaccata fosse. -Ho fatto qualcosa di sbagliato?- chiese Cameron, asciugavo i bicchieri e osservavo la situazione. -Non fai altro che sbagliare- rispose Lauren. -Di cosa stai parlando? -Sai di cosa parlo- ribatté Lauren, la guardai e cercai di farle capire che non doveva combattere le mie battaglie. -Non capisco. -Forse Alex dovrebbe iniziare ad essere più sincero e a dire quello che pensa al diretto interessato. Non mandare te. -Di cosa sta parlando, Cameron?- chiese Alex, andando verso il loro tavolo. Attraversai il bancone e mi misi accanto a Lauren. -Niente, Alex- rispose. -Tu sei una fottuta stronza!- esclamo' Cameron, rivolgendosi a me. -Pensavo fossimo d'accordo- aggiunse, venendo verso di me con fare rabbioso. Alex spinse Cameron prima che potesse avvicinarsi troppo. -Che cazzo sta succedendo?- chiese Alex, strinse i pugni e si volto' a guardarmi, distolsi lo sguardo. -Chiedilo a Cameron- disse Lauren. -Che cazzo hai fatto? -Stavo solo cercando di proteggerti, amico- rispose. -Che cazzo hai fatto, Cam?- chiese Alex, alzando la voce. -Non ha fatto niente- dissi, mettendomi tra i due. Guardai Alex dritto negli occhi e provai una stretta al cuore. -Sunshine- disse Lauren. -Okey, nessuno ha intenzione di parlare? Perfetto, parlo io. Il tuo amico ha chiesto a Sunshine di starti lontano perché crede che lui finirà per distruggerti- spiego' Lauren, la guardai e scossi la testa. Alex scatto' ma riusci' a fermarlo prima che potesse raggiungere Cameron. Lo spinsi con tutta la forza che avevo. -Stanne fuori, Sun- esclamo'. -L'ho fatto per te, amico. Quella ragazza é completamente fuori di testa, guardaci cazzo! Non abbiamo mai litigato e ora per colpa sua.. -E' per colpa tua se ho voglia di spaccarti la faccia? Chi cazzo ti credi di essere per giudicarla? Pazza? Amico, il più pazzo in questa stanza sono io e se vuoi davvero proteggere qualcuno forse dovresti pensare a proteggere lei da me- esclamo', lo guardai e lo vidi sotto una luce completamente diversa. -Era vulnerabile e ti ha raccontato cose di se stessa che non racconta mai, chi sei tu per giudicarla? -E' un chaos, Cam, tu non lo sai ma lei é un casino- rispose Cameron. -Chi non lo é?- chiese. -Ero d'accordo con Cameron, non perché credo di essere nociva per te ma perché non voglio più avere a che fare con te. Te l'ho detto più volte e lo ripeto, quando avro' trovato un'altro lavoro i nostri cammini si divideranno- dissi, cercando di calmare la lite. -Tu non vai da nessuna parte, ragazzina- disse, sorpassandomi, alzo' il pugno e lo sferro' dritto in faccia a Cameron. -Vedi che cosa sta succedendo a causa sua?- esclamo' Cam, mentre Callum lo teneva lontano da Alex. Io e Lauren tenevamo Alex tranquillo mentre Debbie piangeva. -Non spetta a te decidere chi puo' o non puo' far parte della mia vita, Cameron! -Tu non sai chi é lei- esclamo' Cam, guardai Lauren e la pregai di tacere. -Lei é fuori di testa e non sai nemmeno quanto possa essere nociva per te- disse Cam, Alex scatto' di nuovo e mi spinse facendomi cadere a terra per liberarsi dalla mia presa e raggiungere Cam. Gli sferro' un secondo pugno allo stomaco e lui rispose con un pugno in faccia. Mi rialzai per dividerli ma fini' di nuovo a terra quando Alex mi spinse via. Avevo tagliato i ponti con Alex e Cameron, mi ero licenziata e avevo bloccato i loro numeri. Era un bene per tutti, avrei dovuto farlo prima. La rissa era finita piuttosto male, io e Lauren ce ne andammo dopo averli separati. Feci una scenata e mi licenziai mandando tutti a quel paese. Ero a letto a scorrere un sito internet in cerca di un lavoro, speravo in qualcosa di meno coinvolgente a livello personale. Era passato un mese da quando mi ero licenziata e ancora non avevo trovato lavoro.Volevo qualcosa dove non dovevo avere alcun collega e poche interazioni con altri esseri umani. Bussarono violentemente alla mia porta e quasi subito capii di essere nei guai. -Polizia di Detroit, aprite la porta- esclamarono, il suono era attutito dalla porta ma era forte e chiaro. Mi alzai, feci un respiro profondo ed apri' la porta. Due poliziotti fecero irruzzione, uno di loro mi blocco' al muro e inizio' ad ammanettarmi. Era una scena troppo famigliare per me. Il secondo poliziotto inizio' a mettere sotto sopra il mio appartamento in cerca di droga probabilmente. -Sunshine Evans, la dichiaro in arresto per spaccio di stupefacenti- disse, prima di iniziare a leggermi i miei diritti. Non sapevo che fare ma se c'era una cosa che avevo imparato da Travis era che nel momento dell'arresto dovevo tacere. Non riuscivo a smettere di pensare a Travis, mi chiedevo come avesse fatto a farmi arrestare, se avesse corrotto la polizia, se fosse un modo per spaventarmi e farmi tornare da lui promettendomi protezione ma una cosa era certa, Travis aveva fatto qualcosa. Mi buttarono in una cella con altre due donne, prostitute molto probabilmente. Non era la mia prima volta in quel tipo di posto. Ero stata arrestata quando avevo sedici anni per spaccio. Non lavoravo ancora per Travis ma avevo bisogno di soldi e con lui erano facili, mentre stava portando a termine un'affare la polizia arrivo' e lui scappo' lasciandomi nei guai. Mi presi la colpa al posto suo perché non sarei finita in prigione ma in riformatorio essendo ancora minorenne. Non ero più minorenne. Se erano poliziotti corrotti probabilmente avrebbero messo delle finte prove nel mio appartamento e avrebbero usato i miei precendenti per sbattermi in prigione per almeno cinque anni. Se avevano ricevuto una soffiata da parte di Travis mi avrebbero trattenuta per quarantotto ore e poi rilasciata per mancanza di prove, in entrabi i casi sarei stata macchiata a vita. -Evans hai diritto ad una chiamata, ti consiglio di chiamare il tuo avvocato- disse l'agente passandomi la cornetta del telefono. Dovevo pensare in fretta. -Sunshine, sei tu non é vero?- disse Lauren. -Non so come sia successo ma non posso stare qui, Lauren. Devi aiutarmi- dissi, scoppiando a piangere. Non sopportavo gli spazi chiusi e se fossi rimasta per tutta la notte in quella cella avrei perso la testa. -Lauren, per favore. -Piccola, resisti, ci penso io. Tu pero' resisti okey?- chiese, trattenendo le lacrime per non farmi preoccupare. Quando vidi Lauren entrare nella centrale, feci un sospiro di sollievo. -Stai bene?- chiese, corsi verso le grate e le presi la mano. -Mi faranno uscire?- chiesi, mentre le lacrime rigavano il mio viso. -Ci sta pensando... -Evans, puoi uscire- disse, un agente venendo ad aprire la cella. Provai una forte stretta al cuore quando vidi Alex dietro all'agente. Abbracciai Lauren quando usci' e lei mi ripeté che andava tutto bene. Feci un sospiro di sollievo prima di avere un attacco di panico guardando Travis uscire dalla stazione di polizia. Mi vide e sorrise facendomi l'occhiolino. Salimmo nell'auto di Lauren e in quel momento persi completamente la testa. -Perché lui é qui?- chiesi, avevo le palpitazioni e mi girava la testa. Alex era ormai nella lista nera di Travis e se non fosse venuto a farmi uscire probabilmente non ci sarebbe mai finito. -Non sapevo chi chiamare e lui é l'unico avvocato che conosco- rispose Lauren, mortificata. -Perché cazzo ti sei presentato?- chiesi, rivolgendomi ad Alex. -Volevi che ti facessi marcire li' dentro?- replico' Alex. -Potresti ringraziare. -Ringraziare per cosa? Facendomi uscire mi hai creato solo l'ennesimo problema da risolvere. Sai cosa ti farà Travis ora che sa che fai parte della mia vita? -Perché dovrebbe interessarti? -Non voglio che tu muoia, coglione!- esclamai, Lauren usci' dall'auto e ci lascio' soli. -Pensavo mi odiassi, per quale ragione ti dovresti preoccupare per me? -Rischi di farti uccidere, lui potrebbe venire qui e ucciderti. Non voglio che Travis ti uccida, tu non puoi morire perché se tu morissi io...io...perché sei venuto? -Sei morissi, tu cosa?- chiese, guardandomi. Quello che volevo dire avrebbe cambiato tutto tra noi, lui sarebbe stato pronto a tornare ad essere l'Alex che conoscevo e io avrei calpestato il mio orgoglio per lui. Non volevo fargli sapere quanto ci tenessi o quanto mi fosse mancato, quanto fosse stato difficile per me accettare cio' che aveva fatto. Non volevo che vincesse lui ma nonostante tutto cio' che li avevo detto era comunque venuto a tirarmi fuori di prigione. -Perderei la testa, quindi per favore stammi lontano..non voglio che tu muoia o che ti faccia del male. Non sai di che cos'é capace Travis. Io non ho paura di quello che potrebbe fare a me ma ho paura di quello che potrebbe fare a te o a Lauren....sa che non ho paura di morire e che l'unico modo per farmi del male e fare del male a voi. Per favore, stammi alla larga- dissi, sorrise e scosse la testa. Fece cenno a Lauren di tornare in macchina e scese dirigendosi verso la sua Jeep. Pensavo che avesse capito, pensavo che avesse deciso di girarmi alla larga perché aveva davvero paura per la sua vita. Vederlo mettere in moto mi fece più male di quanto credessi. Non volevo che uscisse dalla mia vita, volevo che restasse e che combattesse con me come Lauren faceva ogni giorno. Volevo che considerasse la nostra amicizia abbastanza importante da rischiare la vita. -Dove stiamo andando?- chiesi, quando mi accorsi che non stavamo andando al mio appartamento. -Sei in pericolo- disse Lauren, la guardai confusa mentre svoltava a sinistra. Fu in quel momento che notai la Jeep di Alex. -Dove stiamo andando?- ripetei, lei sospiro'. -Ho parlato con Alex e il posto più sicuro per te ora é casa sua. -Cosa? -Sapevo che non ti sarebbe piaciuta come idea ma casa tua é offlimits e anche la mia lo é. Nessun vuole che Travis ti trovi e casa di Alex é il posto più sicuro- disse Lauren. Era dietro all'auto di Alex e stava aspettando che l'enorme cancello si aprisse. Ero sbalordita. Non se n'era andato...ancora prima che gli dicessi come la pensavo lui era disposto a farmi vivere a casa sua per proteggermi. -Non ti chiedo di essere amica di Alex, sono affari tuoi, ma devi stare qui fino a che le cose non si saranno calmate- disse Lauren, mentre parcheggiava davanti a questa enorme villa. -Non ti é andata poi cosi' male- disse, scendendo. Apri' il bagagliaio e prese un borsone che mi porse. -Devo andare, chiamami quando vuoi- disse Lauren, mi abbraccio' e torno' in macchina. -Non devi farlo per forza- dissi rivolgendomi ad Alex, venne verso di me, prese la borsa e ando' verso l'entrata. Una grande porta moderna in mogano nera si apri' non appena ci trovammo davanti ad essa. Una donna con addosso un pigiama molto carino ci sorrise e prese le chiavi dell'auto da Alex. -Buonasera- disse, sorridendomi. -Jessica lei é Sunshine, resterà con noi per qualche notte. Sunshine lei é Jess lavora per noi, é come una di famiglia- disse Alex, le strinsi la mano. Davanti a me un enorme scalinata principesca si presento', alla mia destra c'era una porta nera e alla mia sinistra la sala da pranzo più grande che avessi mai visto. C'erano quadri che sembravano essere lontani dall'essere imitazioni. Alcuni erano di Dali, altri di Caravaggio e c'era qualche Picasso. -Lo so, é davvero una gran bella casa. I quadri sono quasi tutti originali, si abbiamo una piscina, ci sono dodici stanze e quattordici bagni. No, non mi sono mai perso e crescerci é davvero uno spasso- disse Alex, salendo le scale, lo segui' e nonostante non fossi più una ragazzina quelle erano le domande che mi stavo ponendo. -Di solito non saliamo al terzo e al quarto piano, qui c'é la mia stanza- disse, girando a destra e indicandomi una porta. -Quella accanto alla mia é la stanza di Ashley e qui davanti poi metterti tu. E' la stanza degli ospiti. I miei sono infondo al corridoio- sussurro' Alex, pensai che fosse carino da parte sua abbassare la voce per non svegliare la sorellina. -Posso parlarti?- chiesi, indicando la porta della sua stanza. Apri' la porta e mi sembro' di ritrovarmi da Ikea. Era tutto perfettamente in ordine, la stanza era moderna, di tonalità spente, grigio, nero e bianco. C'era un cerchio nero con ai lati due mezze lune dipinto sulla parete dove si trovava il suo letto. -Non devi farlo, dopo come ti ho trattato..tu non dovevi farmi uscire di prigione e non devi farmi vivere qui.. -Io ho sbagliato, io ho rovinato tutto e il minimo che possa fare e darti una mano. Qui sarai al sicuro ed é tutto cio' che voglio, che tu sia al sicuro. Ai miei genitori diro' che avevi bisogno di un posto dove stare, non si accorgeranno nemmeno di te quindi fai come se fossi a casa tua- disse, lo ringraziai e lui mi accompagno' alla stanza degli ospiti. Mi svegliai presto quella mattina, sgattaiolai fuori dalla mia stanza sperando di non svegliare nessuno e entrai in bagno. Mi lavai il viso con acqua fredda e mi pettinai i capelli prima di uscire per ritrovarmi una donna davanti. Alta, con grandi occhi verdi, un viso dai lineamenti gentili e fossette sulle guance. Somigliava molto ad Alex, era la sua versione femminile ed era davvero bella. -Salve- disse lei, ero fin troppo scioccata per rispondere senza sembrare stupida. -B-buongiorno- balbettai, lei sorrise e mi guardo' dalla testa ai piedi. -Non sono sicura di conoscerti ma esci dal mio bagno e indossi i vestiti di mio figlio quindi suppongo tu non sia un'intrusa- disse, indietreggia alla ricerca di protezione. -Si, ehm sono un'amica di...sono un'amica di Alex Hais, signora- dissi, timidamente, lei sorrise di nuovo e mi porse la mano. -E' la prima volta che ti vedo, mi chiamo Harmony. -Io sono..Sun, cioé Sunshine, Sunshine Evans...signora Hais- risposi, sentendomi ancora più stupida di quanto già non mi sentissi. -E' un piacere conoscerti, Sunshine. -Il-il piacere é tutto mio, signora Hais- replicai, era davvero gentile ma i genitori riuscivano sempre a mettermi a disagio. -Chiamami Harmony- disse, sorrisi e solo quando vidi Alex venire verso di noi riusci' a fare un respiro profondo. -Vi siete già conosciute vedo- disse Alex, dando un bacio a sua madre. -Non credevo fosse cosi'- disse Harmony, rivolgendosi a suo figlio. -Credo che tu le faccia questo effetto.. -Perché come credeva che fossi?- chiesi, preoccupata. -Tutto cio' che suo figlio le ha detto é sbagliato... -Non credo, ha detto solo grandi cose su di te Sunshine. Solo non credevo che fossi cosi' timida- replico' Harmony, guardai Alex che distolse lo sguardo imbarazzato. -La colazione sarà pronta tra poco, fai come fossi a casa tua Sun- disse Harmony, sorridendomi e dirigendosi verso le scale. -Hai parlato di me a tua madre?- chiesi, scioccata. -E' la mia migliore amica...le racconto tutto. Non sei speciale, sei solo un'altro punto interrogativo- rispose, sorrisi e annui'. -E' davvero bella- dissi, lui annui'. -Per questo io sono uno schianto- scherzo'. -Se fossi davvero suo figlio saresti uscito meglio, io chiederei a tua madre spiegazioni- ribattei. -Eri davvero adorabile poco fa...sembravi quasi umana. Non pensavo fossi capace di innervosirti. -I genitori mi innervosiscono, di solito mi detestano tutti..ho i capelli grigi e dei piercing quindi danno per scontato che faccia parte di una gang- ribattei, mentre andavamo in cucina. -Non puoi dargli torto, infondo é vero che facevi parte di una gang- replico'. -E' diverso!- dissi, lui sorrise. -Devo ammettere che....mi sei mancato Alex- dissi, evitando il suo guardo, sentivo già i suoi occhi su di me. Sapevo che era tutto fiero di se perché ero riuscita a condividere i miei sentimenti con lui. -Si..anche tu mi sei mancata, ragazzina- disse, lo guardai e notai che anche lui evitava il mio sguardo. Capitolo 4- Lauren parcheggio' davanti al bar e sospiro' prima di scendere, come se si stesse preparando ad una guerra. Debbie e Cameron stavano aiutando Alex a pulire il bar prima dell'apertura, le facevo io quelle cose di solito ma avevo chiesto se potevo arrivare più tardi quel giorno a causa dei miei impegni scolastici e lui accetto'. Indossai il grembiule e mi misi lavorare mentre Debbie e Cameron chiaccheravano con Lauren. Finito di pulire Cam venne verso di me e mi chiese se poteva parlarmi. Uscimmo fuori dal bar e mi preparai al peggio, sapevo che non aveva niente di buono da dirmi. -Hai parlato ad Alex delle allucinazioni? -Lui ti ha detto che...- dissi, feci un respiro profondo per calmare le mie emozioni e non perdere il controllo. -Lui non mi ha detto niente- ribatté Cam, lo guardai cercando di capire se mi stesse mentendo. -Come lo sai allora? -Che importa come lo so? Infondo me ne avevi già parlato tu quindi... -Non capisci, devo sapere se é stato lui a dirtelo perché se é stato lui allora io... -Non é stato lui a dirmelo.. -E chi altro allora?- chiesi, arrabbiata più che mai, lui sospiro' e pronuncio' il nome della ragazza di Alex. Tornai all'interno del bar come una furia e mi preparai alla guerra. -Chi ti ha dato il diritto di farlo?- chiesi, stringendo i pugni e serrando la mascella. Mi guardarono tutti come se stessi delirando. -Come scusa?- chiese Alex, guardo' Cameron alle mie spalle e poi guardo' me. -Chi cazzo ti ha dato il diritto di farlo? Chi ti credi di essere Alex Hais? - chiesi, guardandolo dritto negli occhi. -Mi sono fidata di te- esclamai, non riuscivo più a controllare niente, lasciai la rabbia prendere il controllo. -Sei la prima persona di cui mi fido dopo tanto tempo e alla prima occasione mi pugnali alle spalle. Chi ti ha dato il diritto di parlare degli affari miei alla tua ragazza? Sei un bastardo- dissi, Lauren venne verso di me quando vide che stavo davvero per perdere il controllo di me stessa. -Guardami, calmati- sussurro'. -Sun, ho sbagliato ma.. -Non c'é nessun ma, Alex, tu hai fatto la cosa più stupida che potessi fare ma é colpa mia. Io ho fatto l'errore di fidarmi di te e ora ne pago le conseguenze. A quante persone l'avete già raccontato? -Lui non voleva, era arrabbiato e gli é scappato. Sunshine é tutta colpa mia. -Debbie non parlare, tu non c'entri niente. Non mi importa se era arrabbiato o se gli é scappato. Ora grazie a te piccolo bastardo tutta Detroit sa dei miei problemi- replicai. -Non l'ho detto a nessuno...- aggiunse Debbie, la fulminai con lo sguardo e sorrisi. -L'hai raccontato a Cameron e a chissà quante altre persone. Sappi che non sono affatto arrabbiata con te ma tu e le tue bugie da quattro soldi potete andarvene a fanculo- esclamai, regalandole un medio. -Meglio uscire- disse Cam, sorridendole e spingendola fuori dal bar. -Vuoi farti anche la mia ragazza Cam?- chiese Alex, stringendo i pugni. Era incazzato anche lui ma non con me, con Cameron il che mi fece perdere la testa. -Hey, bastardo, é con me che devi litigare non con lui. Io sono qui!- esclamai, mettendomi nel suo campo visivo. -Voglio delle scuse da te prima di uscire da questo posto e non tornarci mai più. -Non mi scusero' con te- ribatté, ero sbalordita, non potevo credere che l'avesse detto. -Sei caduto cosi' in basso? Sei cosi' orgoglioso da non volerti scusare anche se sai di aver sbagliato?- dissi, capii immediatamente che non volevo più avere a che fare con lui. -Non ti sei mai scusata per essere stata a letto con Cameron- disse, cogliendomi di nuovo di sorpresa. Cio' che stava dicendo non aveva alcun senso e io non sapevo nemmeno come reagire. -Mi prendi per il culo, Alex? Mi sarei dovuta scusare per cosa? Per aver fatto qualcosa senza chiederti il permesso? Per aver preso una decisione da sola senza consultarmi prima con te? Mi spieghi qual'é il tuo fottuto problema? -Sei stata a letto con Cameron- ribatté, sospirai e sorrisi pensando a quanto assurda fosse quella situazione. -Vuoi sapere un segreto Alex? Non sono stata a letto con Cameron, gli ho fatto promettere di non raccontare a nessuno quello che gli avevo raccontato quella notte. Perché non vai a raccontare al mondo quanto patetica io sia?- confessai, prima di andarmene. -Sun, aspetta- disse, una volta fuori dal bar. -Aspettare cosa? Che tu racconti gli affari miei alla tua ragazza davanti a me?- chiesi. -Fai pure- dissi. -Ero arrabbiato con lei e con Cameron, ho iniziato a parlare e non mi sono fermato fino a quando non ho capito che avevo sbagliato. Mi dispiace, davvero. E' che...ero arrabbiato- disse Alex, risi e scossi la testa. -Vaffanculo, tu e le tue scuse del cazzo- dissi, guardai Lauren e lei sali' in auto e mise in moto. -Non ci posso credere- dissi, mentre uscivamo dal parcheggio. Alex continuo' a guardarmi mentre Debbie e Cameron entravano nel bar. -E' tutta colpa mia..- dissi, Lauren scosse la testa. -Che cos'é che sa?- chiese Lauren. -Delle allucinazioni- risposi. -Alex l'ha detto a Debbie e lei l'ha detto a Cameron, lui aveva paura che io mettessi il suo amico nei guai e mi ha chiesto perché abbia deciso di raccontarglielo. -Cameron ha paura che tu metta Alex nei guai?- chiese Lauren. -Gli ho raccontato cosi' tanto quella notte...troppo. Mettiti al suo posto, anche tu avresti paura di me. -Io so tutto e non ho paura di te- ribatté, la guardai e sorrisi. -Tu sei pazza- dissi, mi prese la mano e annui'. -Cosa farai?- chiese. -Cerchero' un altro lavoro, sai come sono fatta. Tradisci la mia fiducia una volta e sei fuori per sempre. Ebbi l'ennesimo incubo quella notte, rividi la morte di mio padre, di nuovo. Mi alzai dal letto e andai verso il bagno, cercai il rasoio nel cassetto e vidi Lauren, in piedi davanti a me. Stavo per ferirmi ma lei mi fermo', mi tolse il rasoio dalle mani e mi abbraccio'. -Non devi farlo- disse, mi riporto' a letto e rimase sveglia insieme a me. Andammo insieme a fare colazione e mi lascio' per andare dai suoi prima di pranzo. Non volevo passare altro tempo a casa, sola con me stessa e le mie allucinazioni cosi' rimasi sdraiata in un parco non lontano dal mio appartamento. Le nuvole si spostavano davanti a me, l'aria profumava d'autunno, si sentivano alcuni bambini giocare in lontananza. Mi concentrai sul mio battito cardiaco e su nient'altro. -Quindi é ancora questa la tua attività preferità- riconobbi immediatamente la voce di Callum, torreggiava su di me coprendomi dal sole. Aveva addosso un berretto nera, un lungo cappotto nero e un paio di jeans strappati. Si sdraio' accanto a me e mi sorrise guardandomi. -Perché sei qui?- chiesi, senza distogliere lo sguardo dalla distesa azzurra sopra di me. -Ero nei paraggi e ti ho vista, posso sempre andarmene.. -E' un parco pubblico, non posso chiederti di andartene- replicai, lui sorrise e poggio le mani incrociate sotto al capo. -Ho sentito che Travis é venuto a cercarti- disse, lo guardai e annui'. -Tu come lo sai? -Le voci girano, sai cosa vuole? -Vuole che torni a lavorare con lui- risposi, lui serro' la mascella e sospiro'. -Puoi denunciarlo. -Ci tengo alla mia vita. -Posso farlo io per te... -Tengo anche alla tua di vita- risposi, lui si sdraio' su un fianco e mi sorrise. -Non voglio avere anche la tua morte sulla coscienza, Cal, niente di più.. -Come no..- replico', sorrisi nonostante volessi mantenere un'espressione fredda e indifferente. -Posso offrirti il pranzo? Da amici, solo da amici- chiese, lo guardai e ricordai come mi faceva sentire. -Solo da amici- risposi, lui sorrise e si alzo', mi porse la mano e mi aiuto' ad alzarmi. -Cinese?- chiese, cercando le chiavi della sua auto. -Come vuoi- dissi, sali' sulla sua mercedes e allacciai la cintura. -Ho saputo che lavori.. -Tu e Lauren parlate ancora, non é vero?- chiesi, lui rise e annui'. -Eravamo tutti grandi amici, non pensavo che le cose sarebbero finte cosi'- disse, stringendo le mani attorno al volante. -Nessuno lo pensava. -Ho saputo che lavori per Alex Hais- disse, strinsi i pugni e degluti'. -Non più- ribattei. -Come mai?- chiese Cal. -Non sono fatti tuoi- replicai. -Non é una persona facile, proprio come te. -Non é come me- ribattei. Arrivati al ristorante Callum ordino' per me ricordandosi perfettamente quello che mi piaceva mangiare, parlammo dell'università per tutto il pranzo e fu piuttosto piacevole ritrovarmi a parlare con lui dopo tanto tempo. Ero abituata a vederlo ogni giorno, a parlare con lui ogni giorno e tutto d'un colpo lui era uscito dalla mia vita. A causa mia. Mi riaccompagno' a casa e mi chiese di prendermi cura di me stessa. Tornata al mio appartamento mi infilai in una vasca d'acqua gelata e chiusi gli occhi. L'acqua era più fredda quando era mia madre ad infilarmici, ci buttava dei cubetti di ghiaccio e mi lasciava a mollo per ore. L'acqua fredda era diventata la mia migliore amica, quando mi ci immergevo la mia mente si rilassava e si riempiva di pensieri. Mi feci una doccia quando si avvicino' l'ora di andare a lavorare. Non avevo alcuna voglia di vedere Alex o Debbie ma ero comunque una persona professionale e avrei lavorato li' per un ultima sera per prendere i miei soldi. Infilai un paio di jeans e un maglione di qualche taglia più grande, indossai la giacca di pelle e presi la borsa. L'autobus era vuoto e l'unica cosa che sentivo era la mia musica ad alto volume nelle orecchie. Entrata al bar notai che Debbie non c'era e nemmeno Cam era presente. C'era solo Alex, sistemava le bottiglie con addosso un maglione stretto che accentuava i suoi bicipiti. Tolsi il maglione e restai in canottiera, avvolsi il grembiule attorno alla vita e iniziai a pulire senza nemmeno rivolgergli parola. -Non pensavo saresti venuta. -E' l'ultima volta che mi vedrai, non ti preoccupare- ribattei, senza guardarlo. -Ti ho chiesto scusa, cosa posso fare per farmi perdonare? -Tornare indietro nel tempo e non raccontare alla tua ragazza delle mie allucinazioni- risposi, fredda e distaccata. -Sun, mi dispiace, davvero- disse, afferrandomi per il braccio e facendomi voltare. -Non mi interessa- dissi, scuotendo la testa. Tornai a lavorare e ignorare ogni suo tentativo di chiedermi scusa. -Non volevo farlo, é stato più forte di me.. -Smettila di cercare stupide scuse perché non funzionerà. Sai, io sono capace di perdonare chiunque perché so che sbagliare é umano ma non posso perdonarti per aver raccontato a Debbie delle allucinazioni. -Perché ti fa arrabbiare cosi' tanto che Debbie lo sappia? Non te ne devi vergo... -Davvero non riesci a capire? Non mi interessa che cosa la gente pensa di me ma non posso accettare che la mia vita sia esposta al mondo in quel modo. Non sono arrabbiata perché Debbie lo sa, sono arrabbiata perché tu non sei stato in grado di tenere per te una cosa cosi' delicata che riguarda la mia vita- dissi, sospiro' e mi guardo. -Devi perdonarmi, Sunshine. -Non devo fare niente- replicai. -Spiegami solo perché sei cosi' sincero con lei per quanto riguarda la vita degli altri ma non riesci nemmeno a parlare dei problemi con tuo padre?- dissi. Fu una serata tranquilla, tornata a casa mi buttai a letto e il mattino dopo andai ad inseguire la routine. Dopo una lunga e noiosa lezione di sociologia io e Lauren prendemmo un caffé e ci sedemmo su un prato a chiaccherare. Decisi di non raccontarle delle allucinazioni per proteggerla, quel periodo non fu facile per nessuna delle persone attorno a me. Ero cambiata dalla morte di mio padre, avevo iniziato a pensare molto meno a me stessa e più alle persone a cui tenevo. Non avevo intenzione di ferire qualcun'altro. -Quindi hai parlato con Callum- disse Lauren, la guardai confusa ricordandomi di non averglielo raccontato. -Come fai a... -Sta venendo qui con del cibo e un sorriso sul vol..Callum!- disse, sorridendo, mi voltai e lo vidi torreggiare su di noi. Teneva una busta in mano ed era carino come sempre, si sedette a terra con noi e mise la busta in mezzo a noi. -Donut!!- esclamo' Lauren, prendendone una. -Che fate?- chiese, guardandomi. -Le solite cose, Sunny mi raccontava del suo fastidioso capo- rispose Lauren, la guardai mentre masticava una donut con lo zucchero a velo sulle sue labbra e su tutto il suo viso. -Che c'é? Magari puo' darti un consiglio- disse Lauren, buttai giù un grosso sorso di caffé e sperai di svenire. -Lei si é confidata con il suo capo perché lui l'ha fatto con lei e sai che Sunny é una a cui non piace avere debiti, comunque, lui é andato a raccontarlo alla sua ragazza e lei l'ha detto al migliore amico del suo capo e ora Sunny é completamente fuori di se perché quelli sono ricconi e siamo in una scuola di ricconi e ha paura che tutti conoscano la sua vita come al liceo- spiego', con troppi dettagli per i miei gusti, copri' la testa con il cappuccio della felpa e cercai di nascondermi. -Che bastardo!- esclamo' Callum, sorrisi e annui' essendo completamente d'accordo. -Chi é la sua ragazza?- chiese Cal, Lauren mi guardo' e io risposi a voce bassa. -Oh, si la conosco, quella si che é una principessa e si fa trattare come tale- commento' Callum, come se la mia autostima non fosse già sotto terra. -Io dico che devi smettere di parlare con questo tipo e trovarti un ragazzo single- disse, facendomi l'occhiolino, Lauren scoppio' a ridere e gli diede un cinque. -Scusate ma ho lezione, economia. Ci si vede- dissi, prendendo la mia roba e andandomene. Entrai nella classe di economia, mi sedetti il più lontano possibile dall'insegnante e poggia la testa sul banco. Uscita dalla classe vidi Cameron in piedi vicino alla porta. -Ehi, Sunny!- disse, lo guardai confusa e andai verso di lui. -Che ci fai qui?- chiesi, lui abbasso' lo sguardo e sorrise. -Possiamo parlare?- chiese, io annui' e andammo a sederci su una panchina. -Se sei qui per farmi parlare con Alex, evita- dissi, non ero preoccupata, non avrei dovuto essere preoccupata. -Io non ti conosco, so molte cose di te ma non significa che sappia che tipo di persona tu sia. Hai attraversato l'inferno e ora sei qui davanti a me, sembri una tipa tosta, forte e sinceramente mi fai paura- esordi', capii subito che tipo di discorso voleva farmi. Era il tipo di discorso che mi facevano i genitori dei miei amici per tenermi lontana da loro. -Se sei qui per dirmi di stare lontana da Alex, non ti preoccupare. Ho chiuso con lui- dissi, lui mi guardo' negli occhi per qualche secondo poi distolse lo sguardo e sorrise imbarazzato. -Lui é protettivo, é leale e si preoccupa ma non é una cosa che fa con tutti, la fa solo con le persone di cui si fida e tu sei diventata una di quelle persone. Non voglio che lui si metta nei guai a causa del tuo passato, non voglio che stia male a causa tua....é fragile quando si tratta delle persone che ama. Anche lui ha attraversato l'inferno e ora sta cercando di uscirne, sta cercando di realizzare il suo sogno e non voglio che tu gli impedisca di farlo perché lui vuole proteggerti ma non ne é capace. Non voglio che venga ucciso a causa tua...come tuo padre. Non voglio che diventi un drogato o un alcolizzato, non voglio che diventi come te semplicemente perché ha voluto fidarsi di te. Non prenderla sul personale, mettiti al mio posto, che cosa faresti se fosse stata Lauren? Non so chi sei e non voglio saperlo perché quello che mi hai detto mi tiene ancora sveglio la notte. Non ti chiedo di licenziarti ma di non parlare con Alex, di lasciarlo in pace. Cercherà di farsi perdonare e finché non lo perdonerai lui ti assillerà quindi devi dirgli come stanno le cose ancora prima che sprechi il suo tempo a farsi perdonare da te- disse, speravo che quelle parole mi facessero provare qualcosa ma era la decima volta che le sentivo. Il concetto era sempre lo stesso, qualcuno voleva proteggere qualcun'altro e per farlo doveva ''ferire'' me. Non sapevo bene come rispondere, per me Alex non era più una persona di cui fidarmi e quindi stava lentamente uscendo dalla mia vita quindi non era un problema. -Ok- dissi, prima di alzarmi e andare verso la classe di filosofia. Callum si sedette accanto a me e mi racconto' della sua lezione di diritto. -Rebecca ha risposto a tutte le domande dell'insegnante- disse, lo guardai sorpresa e lui sorrise. -In modo sbagliato ma ha risposto- disse, sorrisi e feci un respiro profondo guardandolo. Mi mancava cosi' tanto essere la sua ragazza, Callum Lawrence era capace di farti sentire la persona più amata del mondo con un semplice sguardo. Non potevo tornare con lui pero'. Era stato la mia seconda roccia dopo la morte di mia sorella ma dopo quella di mio padre dovetti mettere fine alla nostra relazione. La versione ufficiale é che lui non mi ha impedito di fare gli errori che mi hanno spinta ad uccidere mio padre. La verità é che i suoi genitori mi hanno chiesto di lasciarlo in pace, un po' come aveva fatto Cameron e non potevo ignorare i suoi genitori cosi' ubbidi'. -Tutto bene?- chiese, mi guardai intorno e vidi mia sorella seduta accanto a me. Mi sorrise e io sorrisi a Callum dicendogli che andava tutto bene. -Non devi ascoltare quel ragazzo, tu non sei una brutta persona- disse Hope, mandai giù il groppo che avevo in gola e cercai di mantenere il controllo della situazione. -Devo, devo andare- dissi, alzandomi nel bel mezzo della lezione di filosofia. Presi la borsa e corsi fuori, avevo il respiro affannato e un groppo alla gola. Non potevo più trattenermi dovevo sfogarmi in qualche modo. Mi nascosi nei bagni delle ragazze, bloccai la porta e resta seduta per terra per qualche minuto. Sapevo che cosa volevo fare ma sapevo anche di non poterlo fare in un luogo pubblico dove qualcuno avrebbe potuto trovarmi e dove tutti avrebbero potuto vedermi. -Ti aiutera', il sangue ti ha sempre aiutata- disse Hope, la guardai e vidi i suoi polsi, un liquido rosso le scivolava lungo le mani. -No,no, non di nuovo- dissi, gettandomi su di lei, Hope cadde a terra, vedevo sangue su tutto il pavimento del bagno e i suoi occhi lentamente si spegnevano. -Non di nuovo, Hope, non di nuovo- dissi, cercando di fermare il sangue. -Piccola, per favore- le lacrime scendevano lungo il mio viso mentre vedevo mia sorella morire per la seconda volta. -Non é colpa tua- disse, prima di chiudere gli occhi e di svanire. -NO!- gridai, tirando un pugno ad uno specchio. Avevo il cuore a mille e solo vedere la mia mano sanguinare riusci' a calmarmi. Era diventata un'abitudine ferirmi ogni volta che avevo voglia di piangere, mi aiutava a controllarmi, a diventare forte. Avvolsi la sciarpa attorno alla mano e usci' dalla finestra del bagno per evitare i commenti e gli sguardi incuriositi degli studenti. Mi sdraiai sul prato dietro ai bagni, nascosta dai cespugli, completamente sola. -Ho sempre saputo che quella ragazza non stava bene- disse, una ragazza all'interno del bagno. -Come sai che é stata lei?- chiese, la seconda ragazza. -L'ho vista entrare, si chiama Sunshine Evans e fa sempre cose come questa. Quella ragazza é completamente pazza, soffre di allucinazioni e l'hanno ammessa in questa scuola- disse la prima ragazza, solo in quel momento riconobbi quella voce. Rebecca Sorrow, quella ragazza aveva un problema con me fin da quando eravamo piccole. Ero cosi' profondamente disgustata dal fatto che lei sapesse cio' che stavo passando e che si prendesse gioco di me in quel modo. Mi alzai e mi allontanai dai bagni, le voci avrebbero cominciato a girare e avevo molta voglia di sapere che cosa si sarebbero inventati questa volta. -Ti ho cercata ovunque, dove eri finita?- chiese Callum, infilai le mani nelle tasche della giacca e cercai di sorridere. -Non mi sentivo molto bene- risposi, lui mi guardo' e annui'. -Stai bene?- chiese, io annui' e mi sforzai di sorridere in modo ancora più convincente. -Ti sei persa una gran bella lezione- disse Callum, mi passo' i suoi appunti, scattai un paio di foto e lo ringraziai prima di andare via. Dovevo pranzare con Lauren ma prima dovevo trovare un modo di fermare il sangue e coprire la ferita. Andai in segreteria e aspettai. -Scusi?- dissi, quando vidi una donna, alta, capelli corti neri, grandi occhi blu. -Lavora qui?- chiesi, lei scosse la testa e fece per andarsene, mi diede una seconda occhiata e si avvicino'. -Cosa posso fare per te?- chiese, aveva una voce dolce, amorevole. -Cerco l'infermeria, sa dirmi dove ne posso trovare una?- chiesi, lei sorrise. -Ti senti male?- chiese, deglutii e scossi la testa tirando fuori la mano con la sciarpa coperta di sangue. -Ho avuto un'incidente- risposi, sorridendo imbarazzata. -Come ti chiami?- chiese, mi sembro' strano che me lo chiedesse non aveva bisogno del mio nome per darmi delle indicazioni. -Sunshine Evans- risposi, lei fece un respiro profondo e mi diede una cartina della scuola mostrandomi dove trovare un'infermeria. L'infermiera medico' la ferita e mi disse che non c'era alcun bisogno di punti ma che avrei dovuto cambiare la fasciatura ogni giorno per una settimana. Comprai un paio di guanti di pelle in un negozio e li indossai prima di andare da Lauren. -Che bella scelta di stile- disse Lauren, con tono sarcastico, sorrisi e nascosi la mano ferita nella tasca della giacca temendo che potesse scoprirlo. -Si mangia messicano- disse, facendo partire una canzone messicana, inizio' ad ondeggiare i fianchi e a cantare in spagnolo. -Non é la prima volta che mangiamo da Taco Bell- dissi, lei spense la radio e mi guardo'. -E' sempre una cosa da festeggiare, Taco Bell merita sempre i festeggiamenti, tesoro- disse, sorridendo. Ci fermammo al solito ristorante e ci sedemmo al solito posto a mangiare le solite cose. -Hai intenzione di mangiare con quei guanti? -Ho le mani congelate e sono fighi- dissi, lei scoppio' a ridere e diede un morso al taco. -Cameron é venuto a chiedermi di stare lontana da Alex- dissi, Lauren rischio' di soffocarsi con una patatina quando glielo dissi. -Cosa?- chiese, buttando il taco sul piatto. -E' venuto dopo la lezione di economia e mi ha detto che dovevo stargli lontano per il suo bene. -Che pezzo di merda! Abbiamo fatto colazione insieme subito dopo- replico', la guardai confusa e lei mi spiego' che Cam le aveva chiesto di uscire. -Vuoi davvero uscire con Cameron Ingram? -Ora che mi ha raccontato questa cosa, no, non ho intenzione di uscire con qualcuno che si permette di giudicarti senza conoscerti- rispose, era completamente fuori di se. -Sa molte cose su di me. -Conosce i fatti ma non le ragioni. Perché hai iniziato a spacciare? Perché vi stavano per sfrattare. Perché sei finita in riformatorio? Perché sei stata incastrata. Perché hai le allucinazioni? Perché perdere Hope ti ha distrutta- replico', sorrisi pensando a quanto quella ragazza mi volesse bene. Ogni cosa sbagliata che avevo fatto aveva una ragione ma non potevo giustificarmi in quel modo, avrei potuto trovare alternative a quei problemi invece di mettermi nei guai. -Non devi lasciar perdere Cam perché lui non vuole che distrugga il suo migliore amico. -Non lo distruggerai.. -Ho distrutto la mia famiglia, Callum e ho distrutto anche te ma é troppo tardi per rimediare a quello che ho fatto a te. -Non mi hai fatto niente, Sunny. Non mi hai mai distrutta ma mi hai insegnato ad essere forte- replico', la guardai e lei scoppio' a ridere. -Sto sparkeggiando- disse. Dopo le lezioni pomeridiane andai a prepararmi per il lavoro, mi sfilai i guanti solo una volta arrivata al bar. Lauren aveva una cena di famiglia e quindi non si sarebbe mai presentata al bar. -Sei di nuovo qui...pensavo che... -Non pensare, lavorero' qui fino a che non trovero' un altro lavoro- dissi, interrompendolo. -Che hai fatto alla mano? -La spada di un cavaliere dello zodiaco mi ha ferita- risposi, lui roteo' gli occhi. -Che hai fatto?- chiese Alex, mentre asciugavamo i bicchieri. -Non rompere Alex- risposi. La prima persona che entro' nel bar quella sera fu il mio incubo peggiore. Rebecca. -Alex!- disse, abbracciandolo, mi concentrai sui drink e cercai di ignorare la sua presenza. -Sunshine- disse, con tono schifato. -Rebecca- dissi, con ancor più disgusto. -Hai lasciato il tuo DNA in tutto il bagno oggi- disse, la guardai e cercai di minacciarla con lo sguardo per farla tacere. -Il rettore vuole scoprire chi é stato a rompere lo specchio, a quest'ora dovrebbero saperlo tutti all'università- aggiunse, decisi di lasciar perdere e lasciarle dire quello che voleva dire. -Che cos'é successo?- chiese Alex, lei mi guardo' e guardo' Alex. -Ti sei fatta molto male, vedo. Dovresti andare da Dr Phil- disse Rebecca prendendomi la mano, feci un respiro profondo e andai a servire i clienti con i miei drink. -Quindi?- chiese Alex, rivolgendosi a me. -Non é successo niente. -Ha preso a pugni lo specchio perché il fantasma di sua sorella le ha ricordato quanto inutile fosse- disse Rebecca, Alex mi guardava perplesso. -E' cosi' che ti sei ferita?- chiese Alex, guardavo Rebecca e cercavo di dimostrare a me stessa che ero forte e che potevo sopportare la sua cattiveria. -Si- dissi, Alex mi prese la mano e io la sottrassi allontandandomi. -Perché?- chiese Alex, io guardai Rebecca sapendo che sarebbe stata lei a rispondere alla domanda. -Per le allucinazioni suppongo- disse Rebecca, cogliendomi di sorpresa. Non sapevo che dire, ero talmente scioccata e disgustata che non sapevo realmente come reagire. -Vattene- mormorai, guardandola. -Credi di potermi cacciare? Sei cosi' poco importante, Sunshine..- disse, guardai Alex e continuai a lavorare sperando che la frustrazione non mi faccesse scoppiare in lacrime. -Vattene, Rebecca- disse Alex, lo guardai e scoppiai a ridere. -Cosa c'é di cosi' divertente, sgualdrina?- chiese Rebecca, la guardai e sorrisi. -Mi piace che tu creda di ferirmi anche solo un po', tu non sai chi sono Rebecca e non sai cosa potrei farti. Se non l'avessi capito, ti sto minacciando, e giuro che se ti sento pronunciare il mio nome o quello di mia sorella non vedrai più la luce del sole. Sono pazza, l'hai detto anche tu- dissi, inchidandola al muro. -Lasci che mi parli cosi'?- chiese rivolgendosi ad Alex. -Te la sei cercata- ribatté. Rebecca se ne ando' lasciandomi nuovamente sola con lui. -Stai bene? -Mi stupisci, sai? Credevo che fossimo simili ma ora inizio a vedere chi sei veramente e mi fai pena, Alex- risposi. Odiavo cosi' tanto quel ragazzo per rovinato il nostro rapporto, credevo davvero che avremmo potuto essere amici. -Sun- disse, il cuore mi si strinse al suono di quel nomignolo con cui solo lui mi chiamava. -Non é quello il mio cazzo di nome!- esclamai, stringendo i pugni e cercando di reprimere la rabbia che provavo per me stessa. Avevo un dovere ed era quello di stare lontana da Alex, gli avrei dato il peggio di me cosi' almeno sarei stata io la cattiva della situazione. -Sunshine, che cos'é successo?- chiese. -Quale parte di ''stammi lontano'' non hai capito? Non voglio più avere a che fare con te, sei una persona meschina e non hai fatto altro che prenderm in giro. Devi sparire dalla mia vita, Alex Hais, non voglio più vederti o sentire la tua voce. Ti odio con ogni singola particella del mio corpo, ancora non l'hai capito?- dissi, lui serro' la mascella e degluti'. Si volto' e torno' a lavorare. La sua ragazza passo' a tarda serata e si prese cinque minuti di pausa per parlare con lei. Quando Debbie rientro' era in lacrime, prese la sua borsa, mi guardo' per qualche secondo e poi usci' dal bar distrutta. Alex torno' con lo stesso sguardo che aveva quando mi aveva vista uscire dall'appartamento di Cam. Il mio turno era finito e volevo solo andarmene a dormire. -Ti do un passaggio- disse Alex, prese la giacca e le chiavi. -Non voglio niente da te- dissi, lui mi lancio' un occhiataccia. -Sali' in auto- disse, digrignando i denti. -Torno a casa da sola. -Ho detto, sali- ripeté con voce minacciosa e sguardo inquietante, stringeva i pugni e aveva la mascella serrata come se stessa facendo di tutto per trattenersi dal colpirmi. -La posso portare io a casa- disse Callum, mi voltai stupita di sentire la sua voce. -Ehi, Sunny- disse, sorridendomi, lo guardai sempre più confusa e guardai Alex che sembrava ancora più arrabbiato. -Chi cazzo sei tu?- chiese Alex, avvicinandosi a Cal, mi misi tra i due per evitare qualunque scontro e salvare la vita al mio fragile ex ragazzo. -Sono un amico di Sunshine- disse Cal, fingendo di non capire la gravità della situazione. -Callum- disse, Alex mi guardo' e guardo' Cal. -Sali sulla fottuta auto, Sun- disse Alex, lo guardai cercando di capire qualcosa ma vedevo il vuoto completo. -Vattene a casa, Hais- dissi, lui si mordette il labbro inferiore e sali' in auto. Sfreccio' fuori dal parcheggio e spari'. -Pensavo che mi avrebbe colpito. In pieno volto, stavo per piangere- scherzo' Cal, sospirai sollevata che fosse ancora vivo e che Alex fosse sparito. -Che gli é preso? Sembrava avercela a morte con te- disse Cal, lo guardai e cercai la bugia più conveniente. -Che cavolo ci fai qui a quest'ora?- chiesi, cambiando discorso. -Volevo vedere come stavi, oggi eri un po' strana- disse Cal, lo guardai come se avesse detto la più grande stupidaggine del mondo. -Quindi vieni a prendermi a quest'ora della notte in un quartiere malfamato? -Pensavo che ti avrebbe dato fastidio vedermi durante il lavoro- disse, sorrisi e lo trascinai alla sua macchina. -Portami a casa, ho bisogno di dormire- dissi, in un sospiro. -Che hai fatto alla mano?- chiese, guardai la mia mano ferita e serrai le labbra. -Credo che a quest'ora tu lo sappia. -Conosco la versione di Rebecca ma non é quella che mi interessa- disse Cal, poggiai la testa contro al finestrino e gli raccontai quello che era successo. -Perché Rebecca sa delle allucinazioni? -L'ho detto alla persona sbagliata e quella persona l'ha detto ai suoi amici- risposi, lui annui' e mi prese la mano. -Sono qui, se le cose vanno male io e Lauren saremo al tuo fianco. Come al liceo- disse, sorridendomi. -Grazie- dissi, lui accese la radio e si mise a cantare una delle sua canzoni preferite, Bad dei The Cab. La canzone parlava di un ragazzo in cerca di una cattiva ragazza e solo in quel momento capii perché gli piacesse cosi' tanto quella canzone. Parlava praticamente di noi. Lauren era passata da me prima del lavoro e avevamo deciso di farci le unghie e spettegolare come tutte le ragazze normali. Aveva sentito le voci al campus ma non mi aveva chiesto nulla a riguardo cosi' ci passammo sopra e le raccontai di come Alex avesse fatto piangere Debbie. -Probabilmente é il tipo che piange perché non le si dice che é fantastica in ogni cosa che fa- disse Lauren, scoppiai a ridere e rischiai di rovinarmi lo smalto come facevo sempre. -La nostra festa preferita si avvicina baby, che cosa facciamo?- chiese Lauren, guardai il calendario e vidi quanto fosse vicino Halloween. -Film horror e sfilata di costumi fatti in casa?- chiesi, Lauren ci penso' su qualche secondo e annui'. -Quindi passo il weekend da te?- chiese Lauren. -Puoi restare fin da oggi se vuoi- dissi, lei mi guardo' e sorrise. -Fantastico perché stanno facendo delle ristrutturazioni a casa mia e c'é un casino assurdo- disse Lauren, aprendo la porta d'ingresso a trascinando una valigia all'interno del mio appartamento. -Ti stai trasferendo?- chiesi, scoppiando a ridere. -E' lo stretto necessario per tre giorni a casa tua- sorrisi, e buttai giù un sorso di caffé. -Devo andare al lavoro- dissi, lei assunse un'espressione affranta. -Manca poco piccola, tra poco potrai lasciare quello stupido lavoro e dimenticarti di quelle persone- disse, la guardai schifata e lei sorrise. Infilai un paio di jeans, un maglione bianco e indossai le vans. Arrivate al bar percepimmo entrambe la tensione nell'aria, l'auto di Cam era nel parcheggio e c'era anche quella di Debbie. -Ci aspetta una bella serata- dissi, mentre raggiungevamo la porta. Un'auto parcheggio poco dopo di noi e quando mi voltai vidi Callum scendere dall'ibrida nera. -Che cosa ci fa qui?- chiesi, Lauren sorrise. -Sono tre contro tre ora- disse Lauren, abbracciando Cal. -Salve- dissi, usando il sorriso più falso che avessi. -Cameron, Debbie, lui é Callum un mio caro amico- dissi, loro si presentarono mentre Alex mi guardava come se volesse magiarmi viva. -Non ho avuto il piacere di presentarmi ieri sera, Alex Hais- disse Alex, stringendo la mano a Cal. -Andiamo a sederci la giù- disse Lauren, allontanandosi dal bancone, mi annodai il grembiule alla vita e mi preparai ad affrontare tutto. -Do una festa a casa mia ad halloween se vi va di venire- disse Cam rivolgendosi a Lauren, lei mi guardo' e poi guardo' Cam. -Abbiamo altri programmi- disse Lauren, con tono freddo. -Che tipo di programmi?- chiese Cam, vidi lo sguardo di Lauren cambiare, era arrabbiata e la causa ero io. -Non sono affari tuoi, Cam- rispose Lauren, Cameron si accorse di quanto fredda e distaccata fosse. -Ho fatto qualcosa di sbagliato?- chiese Cameron, asciugavo i bicchieri e osservavo la situazione. -Non fai altro che sbagliare- rispose Lauren. -Di cosa stai parlando? -Sai di cosa parlo- ribatté Lauren, la guardai e cercai di farle capire che non doveva combattere le mie battaglie. -Non capisco. -Forse Alex dovrebbe iniziare ad essere più sincero e a dire quello che pensa al diretto interessato. Non mandare te. -Di cosa sta parlando, Cameron?- chiese Alex, andando verso il loro tavolo. Attraversai il bancone e mi misi accanto a Lauren. -Niente, Alex- rispose. -Tu sei una fottuta stronza!- esclamo' Cameron, rivolgendosi a me. -Pensavo fossimo d'accordo- aggiunse, venendo verso di me con fare rabbioso. Alex spinse Cameron prima che potesse avvicinarsi troppo. -Che cazzo sta succedendo?- chiese Alex, strinse i pugni e si volto' a guardarmi, distolsi lo sguardo. -Chiedilo a Cameron- disse Lauren. -Che cazzo hai fatto? -Stavo solo cercando di proteggerti, amico- rispose. -Che cazzo hai fatto, Cam?- chiese Alex, alzando la voce. -Non ha fatto niente- dissi, mettendomi tra i due. Guardai Alex dritto negli occhi e provai una stretta al cuore. -Sunshine- disse Lauren. -Okey, nessuno ha intenzione di parlare? Perfetto, parlo io. Il tuo amico ha chiesto a Sunshine di starti lontano perché crede che lui finirà per distruggerti- spiego' Lauren, la guardai e scossi la testa. Alex scatto' ma riusci' a fermarlo prima che potesse raggiungere Cameron. Lo spinsi con tutta la forza che avevo. -Stanne fuori, Sun- esclamo'. -L'ho fatto per te, amico. Quella ragazza é completamente fuori di testa, guardaci cazzo! Non abbiamo mai litigato e ora per colpa sua.. -E' per colpa tua se ho voglia di spaccarti la faccia? Chi cazzo ti credi di essere per giudicarla? Pazza? Amico, il più pazzo in questa stanza sono io e se vuoi davvero proteggere qualcuno forse dovresti pensare a proteggere lei da me- esclamo', lo guardai e lo vidi sotto una luce completamente diversa. -Era vulnerabile e ti ha raccontato cose di se stessa che non racconta mai, chi sei tu per giudicarla? -E' un chaos, Cam, tu non lo sai ma lei é un casino- rispose Cameron. -Chi non lo é?- chiese. -Ero d'accordo con Cameron, non perché credo di essere nociva per te ma perché non voglio più avere a che fare con te. Te l'ho detto più volte e lo ripeto, quando avro' trovato un'altro lavoro i nostri cammini si divideranno- dissi, cercando di calmare la lite. -Tu non vai da nessuna parte, ragazzina- disse, sorpassandomi, alzo' il pugno e lo sferro' dritto in faccia a Cameron. -Vedi che cosa sta succedendo a causa sua?- esclamo' Cam, mentre Callum lo teneva lontano da Alex. Io e Lauren tenevamo Alex tranquillo mentre Debbie piangeva. -Non spetta a te decidere chi puo' o non puo' far parte della mia vita, Cameron! -Tu non sai chi é lei- esclamo' Cam, guardai Lauren e la pregai di tacere. -Lei é fuori di testa e non sai nemmeno quanto possa essere nociva per te- disse Cam, Alex scatto' di nuovo e mi spinse facendomi cadere a terra per liberarsi dalla mia presa e raggiungere Cam. Gli sferro' un secondo pugno allo stomaco e lui rispose con un pugno in faccia. Mi rialzai per dividerli ma fini' di nuovo a terra quando Alex mi spinse via. Avevo tagliato i ponti con Alex e Cameron, mi ero licenziata e avevo bloccato i loro numeri. Era un bene per tutti, avrei dovuto farlo prima. La rissa era finita piuttosto male, io e Lauren ce ne andammo dopo averli separati. Feci una scenata e mi licenziai mandando tutti a quel paese. Ero a letto a scorrere un sito internet in cerca di un lavoro, speravo in qualcosa di meno coinvolgente a livello personale. Era passato un mese da quando mi ero licenziata e ancora non avevo trovato lavoro.Volevo qualcosa dove non dovevo avere alcun collega e poche interazioni con altri esseri umani. Bussarono violentemente alla mia porta e quasi subito capii di essere nei guai. -Polizia di Detroit, aprite la porta- esclamarono, il suono era attutito dalla porta ma era forte e chiaro. Mi alzai, feci un respiro profondo ed apri' la porta. Due poliziotti fecero irruzzione, uno di loro mi blocco' al muro e inizio' ad ammanettarmi. Era una scena troppo famigliare per me. Il secondo poliziotto inizio' a mettere sotto sopra il mio appartamento in cerca di droga probabilmente. -Sunshine Evans, la dichiaro in arresto per spaccio di stupefacenti- disse, prima di iniziare a leggermi i miei diritti. Non sapevo che fare ma se c'era una cosa che avevo imparato da Travis era che nel momento dell'arresto dovevo tacere. Non riuscivo a smettere di pensare a Travis, mi chiedevo come avesse fatto a farmi arrestare, se avesse corrotto la polizia, se fosse un modo per spaventarmi e farmi tornare da lui promettendomi protezione ma una cosa era certa, Travis aveva fatto qualcosa. Mi buttarono in una cella con altre due donne, prostitute molto probabilmente. Non era la mia prima volta in quel tipo di posto. Ero stata arrestata quando avevo sedici anni per spaccio. Non lavoravo ancora per Travis ma avevo bisogno di soldi e con lui erano facili, mentre stava portando a termine un'affare la polizia arrivo' e lui scappo' lasciandomi nei guai. Mi presi la colpa al posto suo perché non sarei finita in prigione ma in riformatorio essendo ancora minorenne. Non ero più minorenne. Se erano poliziotti corrotti probabilmente avrebbero messo delle finte prove nel mio appartamento e avrebbero usato i miei precendenti per sbattermi in prigione per almeno cinque anni. Se avevano ricevuto una soffiata da parte di Travis mi avrebbero trattenuta per quarantotto ore e poi rilasciata per mancanza di prove, in entrabi i casi sarei stata macchiata a vita. -Evans hai diritto ad una chiamata, ti consiglio di chiamare il tuo avvocato- disse l'agente passandomi la cornetta del telefono. Dovevo pensare in fretta. -Sunshine, sei tu non é vero?- disse Lauren. -Non so come sia successo ma non posso stare qui, Lauren. Devi aiutarmi- dissi, scoppiando a piangere. Non sopportavo gli spazi chiusi e se fossi rimasta per tutta la notte in quella cella avrei perso la testa. -Lauren, per favore. -Piccola, resisti, ci penso io. Tu pero' resisti okey?- chiese, trattenendo le lacrime per non farmi preoccupare. Quando vidi Lauren entrare nella centrale, feci un sospiro di sollievo. -Stai bene?- chiese, corsi verso le grate e le presi la mano. -Mi faranno uscire?- chiesi, mentre le lacrime rigavano il mio viso. -Ci sta pensando... -Evans, puoi uscire- disse, un agente venendo ad aprire la cella. Provai una forte stretta al cuore quando vidi Alex dietro all'agente. Abbracciai Lauren quando usci' e lei mi ripeté che andava tutto bene. Feci un sospiro di sollievo prima di avere un attacco di panico guardando Travis uscire dalla stazione di polizia. Mi vide e sorrise facendomi l'occhiolino. Salimmo nell'auto di Lauren e in quel momento persi completamente la testa. -Perché lui é qui?- chiesi, avevo le palpitazioni e mi girava la testa. Alex era ormai nella lista nera di Travis e se non fosse venuto a farmi uscire probabilmente non ci sarebbe mai finito. -Non sapevo chi chiamare e lui é l'unico avvocato che conosco- rispose Lauren, mortificata. -Perché cazzo ti sei presentato?- chiesi, rivolgendomi ad Alex. -Volevi che ti facessi marcire li' dentro?- replico' Alex. -Potresti ringraziare. -Ringraziare per cosa? Facendomi uscire mi hai creato solo l'ennesimo problema da risolvere. Sai cosa ti farà Travis ora che sa che fai parte della mia vita? -Perché dovrebbe interessarti? -Non voglio che tu muoia, coglione!- esclamai, Lauren usci' dall'auto e ci lascio' soli. -Pensavo mi odiassi, per quale ragione ti dovresti preoccupare per me? -Rischi di farti uccidere, lui potrebbe venire qui e ucciderti. Non voglio che Travis ti uccida, tu non puoi morire perché se tu morissi io...io...perché sei venuto? -Sei morissi, tu cosa?- chiese, guardandomi. Quello che volevo dire avrebbe cambiato tutto tra noi, lui sarebbe stato pronto a tornare ad essere l'Alex che conoscevo e io avrei calpestato il mio orgoglio per lui. Non volevo fargli sapere quanto ci tenessi o quanto mi fosse mancato, quanto fosse stato difficile per me accettare cio' che aveva fatto. Non volevo che vincesse lui ma nonostante tutto cio' che li avevo detto era comunque venuto a tirarmi fuori di prigione. -Perderei la testa, quindi per favore stammi lontano..non voglio che tu muoia o che ti faccia del male. Non sai di che cos'é capace Travis. Io non ho paura di quello che potrebbe fare a me ma ho paura di quello che potrebbe fare a te o a Lauren....sa che non ho paura di morire e che l'unico modo per farmi del male e fare del male a voi. Per favore, stammi alla larga- dissi, sorrise e scosse la testa. Fece cenno a Lauren di tornare in macchina e scese dirigendosi verso la sua Jeep. Pensavo che avesse capito, pensavo che avesse deciso di girarmi alla larga perché aveva davvero paura per la sua vita. Vederlo mettere in moto mi fece più male di quanto credessi. Non volevo che uscisse dalla mia vita, volevo che restasse e che combattesse con me come Lauren faceva ogni giorno. Volevo che considerasse la nostra amicizia abbastanza importante da rischiare la vita. -Dove stiamo andando?- chiesi, quando mi accorsi che non stavamo andando al mio appartamento. -Sei in pericolo- disse Lauren, la guardai confusa mentre svoltava a sinistra. Fu in quel momento che notai la Jeep di Alex. -Dove stiamo andando?- ripetei, lei sospiro'. -Ho parlato con Alex e il posto più sicuro per te ora é casa sua. -Cosa? -Sapevo che non ti sarebbe piaciuta come idea ma casa tua é offlimits e anche la mia lo é. Nessun vuole che Travis ti trovi e casa di Alex é il posto più sicuro- disse Lauren. Era dietro all'auto di Alex e stava aspettando che l'enorme cancello si aprisse. Ero sbalordita. Non se n'era andato...ancora prima che gli dicessi come la pensavo lui era disposto a farmi vivere a casa sua per proteggermi. -Non ti chiedo di essere amica di Alex, sono affari tuoi, ma devi stare qui fino a che le cose non si saranno calmate- disse Lauren, mentre parcheggiava davanti a questa enorme villa. -Non ti é andata poi cosi' male- disse, scendendo. Apri' il bagagliaio e prese un borsone che mi porse. -Devo andare, chiamami quando vuoi- disse Lauren, mi abbraccio' e torno' in macchina. -Non devi farlo per forza- dissi rivolgendomi ad Alex, venne verso di me, prese la borsa e ando' verso l'entrata. Una grande porta moderna in mogano nera si apri' non appena ci trovammo davanti ad essa. Una donna con addosso un pigiama molto carino ci sorrise e prese le chiavi dell'auto da Alex. -Buonasera- disse, sorridendomi. -Jessica lei é Sunshine, resterà con noi per qualche notte. Sunshine lei é Jess lavora per noi, é come una di famiglia- disse Alex, le strinsi la mano. Davanti a me un enorme scalinata principesca si presento', alla mia destra c'era una porta nera e alla mia sinistra la sala da pranzo più grande che avessi mai visto. C'erano quadri che sembravano essere lontani dall'essere imitazioni. Alcuni erano di Dali, altri di Caravaggio e c'era qualche Picasso. -Lo so, é davvero una gran bella casa. I quadri sono quasi tutti originali, si abbiamo una piscina, ci sono dodici stanze e quattordici bagni. No, non mi sono mai perso e crescerci é davvero uno spasso- disse Alex, salendo le scale, lo segui' e nonostante non fossi più una ragazzina quelle erano le domande che mi stavo ponendo. -Di solito non saliamo al terzo e al quarto piano, qui c'é la mia stanza- disse, girando a destra e indicandomi una porta. -Quella accanto alla mia é la stanza di Ashley e qui davanti poi metterti tu. E' la stanza degli ospiti. I miei sono infondo al corridoio- sussurro' Alex, pensai che fosse carino da parte sua abbassare la voce per non svegliare la sorellina. -Posso parlarti?- chiesi, indicando la porta della sua stanza. Apri' la porta e mi sembro' di ritrovarmi da Ikea. Era tutto perfettamente in ordine, la stanza era moderna, di tonalità spente, grigio, nero e bianco. C'era un cerchio nero con ai lati due mezze lune dipinto sulla parete dove si trovava il suo letto. -Non devi farlo, dopo come ti ho trattato..tu non dovevi farmi uscire di prigione e non devi farmi vivere qui.. -Io ho sbagliato, io ho rovinato tutto e il minimo che possa fare e darti una mano. Qui sarai al sicuro ed é tutto cio' che voglio, che tu sia al sicuro. Ai miei genitori diro' che avevi bisogno di un posto dove stare, non si accorgeranno nemmeno di te quindi fai come se fossi a casa tua- disse, lo ringraziai e lui mi accompagno' alla stanza degli ospiti. Mi svegliai presto quella mattina, sgattaiolai fuori dalla mia stanza sperando di non svegliare nessuno e entrai in bagno. Mi lavai il viso con acqua fredda e mi pettinai i capelli prima di uscire per ritrovarmi una donna davanti. Alta, con grandi occhi verdi, un viso dai lineamenti gentili e fossette sulle guance. Somigliava molto ad Alex, era la sua versione femminile ed era davvero bella. -Salve- disse lei, ero fin troppo scioccata per rispondere senza sembrare stupida. -B-buongiorno- balbettai, lei sorrise e mi guardo' dalla testa ai piedi. -Non sono sicura di conoscerti ma esci dal mio bagno e indossi i vestiti di mio figlio quindi suppongo tu non sia un'intrusa- disse, indietreggia alla ricerca di protezione. -Si, ehm sono un'amica di...sono un'amica di Alex Hais, signora- dissi, timidamente, lei sorrise di nuovo e mi porse la mano. -E' la prima volta che ti vedo, mi chiamo Harmony. -Io sono..Sun, cioé Sunshine, Sunshine Evans...signora Hais- risposi, sentendomi ancora più stupida di quanto già non mi sentissi. -E' un piacere conoscerti, Sunshine. -Il-il piacere é tutto mio, signora Hais- replicai, era davvero gentile ma i genitori riuscivano sempre a mettermi a disagio. -Chiamami Harmony- disse, sorrisi e solo quando vidi Alex venire verso di noi riusci' a fare un respiro profondo. -Vi siete già conosciute vedo- disse Alex, dando un bacio a sua madre. -Non credevo fosse cosi'- disse Harmony, rivolgendosi a suo figlio. -Credo che tu le faccia questo effetto.. -Perché come credeva che fossi?- chiesi, preoccupata. -Tutto cio' che suo figlio le ha detto é sbagliato... -Non credo, ha detto solo grandi cose su di te Sunshine. Solo non credevo che fossi cosi' timida- replico' Harmony, guardai Alex che distolse lo sguardo imbarazzato. -La colazione sarà pronta tra poco, fai come fossi a casa tua Sun- disse Harmony, sorridendomi e dirigendosi verso le scale. -Hai parlato di me a tua madre?- chiesi, scioccata. -E' la mia migliore amica...le racconto tutto. Non sei speciale, sei solo un'altro punto interrogativo- rispose, sorrisi e annui'. -E' davvero bella- dissi, lui annui'. -Per questo io sono uno schianto- scherzo'. -Se fossi davvero suo figlio saresti uscito meglio, io chiederei a tua madre spiegazioni- ribattei. -Eri davvero adorabile poco fa...sembravi quasi umana. Non pensavo fossi capace di innervosirti. -I genitori mi innervosiscono, di solito mi detestano tutti..ho i capelli grigi e dei piercing quindi danno per scontato che faccia parte di una gang- ribattei, mentre andavamo in cucina. -Non puoi dargli torto, infondo é vero che facevi parte di una gang- replico'. -E' diverso!- dissi, lui sorrise. -Devo ammettere che....mi sei mancato Alex- dissi, evitando il suo guardo, sentivo già i suoi occhi su di me. Sapevo che era tutto fiero di se perché ero riuscita a condividere i miei sentimenti con lui. -Si..anche tu mi sei mancata, ragazzina- disse, lo guardai e notai che anche lui evitava il mio sguardo. Andammo in cucina dove una tavola piena di cibo delizioso ci aspettava. Harmony era seduta a capo tavola assieme al marito. -Forse dovrei cambiarmi- dissi rivolgendomi ad Alex. -Tranquilla- disse, facendomi entrare per prima. -Tesoro, lei é un'amica di Alex, Sunshine- disse Harmony, presentandomi, strinsi la mano al padre di Alex. -E' un piacere, Sunshine. Siediti- disse, tirando la sedia per me. Alex era davanti a me ed Ashley accanto alla madre. La sorellina di Alex era adorabile, aveva corti capelli neri e grandi occhi grigi simili a quelli di Alex. -Il tuo nome é buffo- disse Ashley, le sorrisi e annui'. -Posso chiamarti Sun? E' più bello- disse, guardai Alex e vidi quanto quella domanda lo facesse ridere. -Puoi chiamarmi come vuoi, Ashley- risposi. -Mi piacciono i tuoi capelli- aggiunse. -E a me piacciono i tuoi- ribattei, lei sorrise e mordette un croiassant. ---------------------------------------------------------------------------------------- Una piccola recensione é sempre ben gradita

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Capitolo 5
*** Late night thoughts ***


Capitolo 5-

 

Era la mia seconda sera alla reggia degli Hais, avevo passato la maggior parte del tempo nella stanza degli ospiti a seguire le lezioni online ed evitare la famiglia di Alex. Lui sarebbe tornato verso le sei quella sera, non uscivo da quella stanza da quando era uscito di casa e sinceramente..mi sentivo stupida.Quando bussarono alla mia porta sussultai, andai ad aprire e vidi la piccola Ashley, tra le mani teneva un orsetto polare di peluche e aveva un dolce sorriso sul viso. -Vuoi giocare con me?- chiese, una parte di me voleva avere meno contatti possibili con Alex e la sua famiglia ma il sorriso di Ashley mi fece cedere. La segui' nella sua stanza e cominciammo a giocare con le sue bambole. Erano tutte tenute bene, aveva un cassetto con i vestiti e aveva assegnato un guardaroba ad ognuna di loro. -Abbiamo ospiti, Samuel- esclamo' Harmony, la stanza dei genitori di Hais si trovava accanto a quella di Ashley ed era piuttosto difficile non sentirli. -Non me ne fotte un cazzo di quella puttana!- esclamo Samuel, tappai immediatamente le orecchie ad Ashley. -Avevi detto che avresti smesso di bere..
-Non é l'alcol il problema! Quand'é che capirai che questi vestiti non li puoi indossare? Non sei la moglie di qualche pescivendolo e non devi andare a vendere il tuo corpo..- esclamo', poi sentimmo un colpo e un tonfo. Ashley si nascose sotto al letto, andai verso di lei e le dissi che andava tutto bene e che poteva uscire. Usci' dalla stanza e vidi Samuel e Harmony nel bel mezzo del corridoio. Chiusi la porta della stanza di Ashley e andai verso Samuel. -Credo che sia meglio se..- esordi', prima di essere interrotta da un vaso. Samuel getto' il vaso verso di me, si ruppe a contatto con il muro e le scheggie finirono per ferirmi al braccio. -Non ti intromettere o la prossima volta non sbagliero' mira- disse, sorrisi e andai verso di lui, Harmony mi prese per il braccio e mi fece cenno di stare ferma. -Torna nella stanza di Ashley- disse lei, la guardai e scossi la testa. Harmony insisté e io scossi di nuovo la testa. -Perché non ci va lei con Ashley? Me ne occupo io- dissi. In quel momento sentimmo la porta d'ingresso aprirsi e da lontano vidi Alex entrare in casa. -Chi cazzo ti credi di essere puttana?- grido' Samuel, vidi Alex buttare la borsa a terra e correre verso le scale. Ci fece cenno di entrare nella stanza di Ashley non appena i nostri sguardi si incrociarono. Harmony sembrava esitante, come se avesse paura di lasciarlo da solo con lui. -Resto io con lui, vada da sua figlia- dissi, Harmony mi prese la mano e annui' prima di entrare nella stanza di Ashley. Nel frattempo Samuel gridava cose senza senso, sembrava fosse impazzito. Come fosse in preda ad una crisi. -Vai dentro, ci penso io- disse Alex, scossi la testa e andai verso Samuel. -Signor Hais- dissi, lui mi guardo' e prima che potessi difendermi mi sferro' un pugno in pieno volto. Fu in quel momento che vidi Alex placcarlo a terra, lo colpi' un paio di volte fino a che non lo fece svenire e poi continuo'. -Alex fermati!- dissi, cercando di staccarlo dal corpo incosciente di suo padre. Harmony usci' dalla stanza della figlia e cadde in ginocchio quando vide Samuel a terra e suo figlio intento a picchiarlo. Alex prese suo padre di peso e lo porto' nella loro stanza, lo mise a letto e Harmony si occupo' di medicarli le ferite. Chiuse la porta della loro stanza e venne verso di me, ero seduta sul pavimento e cercavo di riprendere fiato. -Mi dispiace- disse, porgendomi la mano. Sorrisi e l'afferai alzandomi. -Sto bene- ribattei, lui scosse la testa. Mi afferro' per il braccio e mi trascino' in bagno, prese la cassetta del pronto soccorso e verso' del disinfettante su del cotone. -Se non mi avessi fermato l'avrei ucciso- disse, mentre mi medicava il labbro. -Non credo- mormorai, lui sorrise e annui'. -Oh si, l'avrei ucciso- disse, scossi la testa. -Non sei un assassino, Alex.

-Non sai di cosa sono capace..

-Cerchi di farmi paura?- chiesi, non ero mai stata cosi' vicina a lui. Il suo viso non era mai stata a cosi' poca distanza dal mio, in quel momento vidi le sue labbra e un pensiero effimero mi passo per la testa. Volevo baciarlo. Mi allontanai non appena quel pensiero attraverso' la mia mente e gli diedi le spalle. -Che hai fatto al braccio?- chiese, afferrandomelo. Sanguinava ma non faceva poi cosi' male. -E' volato un vaso- risposi. -Mi dispiace davvero tanto, Sun- disse, disinfettandolo. -Mai stata meglio- risposi, mise un cerotto sul graffio. -Se succede di nuovo....nasconditi e aspetta che torni.

-Non devi preoccuparti per me- dissi, uscendo dal bagno. -So cavarmela da sola- aggiunsi, prima di inciampare e finire con il sedere a terra. -Si, lo vedo- disse, dandomi una mano ad alzarmi. -Parlo sul serio, nasconditi e aspetta che torni o chiamami. Non affrontare nessuno anche se credi di potertela cavare, almeno io sono sicuro al cento per cento di cavarmela.

-Mi spieghi perché voi ragazzi dovete sempre vantarvi di qualcosa?- chiesi, fermandomi davanti alla porta della stanza degli ospiti. -Non mi sto vantando, é vero. Sono piuttosto forte e so come vincere ad un incontro.

-E' meglio che tu vada a controllare tua sorella, sarà spaventata.
-Sarà sicuramente sotto al letto, quando ha paura si nasconde finché non torno- disse, mi fece l'occhiolino e spari' all'interno della stanza di Ashley. I suoi occhi erano la mia più grande ossessione.

Dopo cena, aspettai che andassero tutti a dormire per uscire. Avevano un giardino enorme e mi sembrava di aver visto un boschetto, cosi' infilai la giacca e presi il telefono. Camminai per qualche minuto prima di entrare ne bosco, mi sdraiai per terra e mi assicurai di poter vedere bene le stelle. Misi della musica e rimasi sdraiata a guardare le stelle, cercai di contarle, respirai l'aria fresca e pensai. -Pensavo stessi scappando- disse Alex, apri' gli occhi e lo vidi sopra di me. I suoi occhi brillavano sotto alla luce della luna. -Non saprei dove andare- replicai, lui si sdraio' accanto a me. -Fa freddo- disse, stringendosi nella giacca. -Che ci fai qui?

-Cerco di rilassarmi- risposi. -E' spettacolare, non trovi?- chiesi, mi voltai a guardarlo e vidi che era già rivolto verso di me. -E' bellissimo- rispose, senza distogliere gli occhi dai miei. -Come sta tuo padre?- chiesi, sospiro' e strinse l'erba sotto alle sue mani. -Bene, ha il viso un po' ammaccato ma tra qualche giorno sarà tutto sparito.

-Ashley?- chiesi. -Era spaventata ma sta bene- rispose. -Tua madre?- chiesi, mi guardo' e sorrise. -Anche lei sta bene, é una donna incredibilmente forte.
-Tu come stai?- chiesi, sorrise e annui'. -Sono una donna incredibilmente forte- rispose, facendomi sorridere. Gli presi la mano per vedere se avesse le nocche ammaccate o ferite e notai solo qualche piccolo graffio. -Perché eri sveglia a quest'ora?- chiese, abbassai il volume della musica e osservai la luna. -Non riuscivo a dormire..

-Incubi?- chiese Alex, annui'. -Ho una sorta di rituale post incubo...mi aiuta a dormire ma non posso farlo qui- risposi. -Ti ho detto che devi fare come se fossi a casa tua...

-Non é una cosa che posso fare a casa tua...se qualcuno mi vedesse...- dissi, non sapevo che cosa potevo dire e che cosa dovevo tenere per me. -Puoi fidarti di me...non ho intenzione di rifare gli stessi errori.

-Ricordi quando Rebecca é venuta al bar e ha raccontato quella storia dello specchio del bagno?- chiesi, lui annui' e io gli spiegai che cosa facevo. Gli dissi che il mio incubo ricorrente era la morte di Hope e ogni volta che quell'immagine si riproduceva nella mia mente l'unico modo per fermarla era far scorrere del sangue. L'unico modo per fermare il dolore che provavo al petto era sentire quel liquido caldo uscire dal mio corpo e gocciolare sul pavimento del mio bagno. Era sorpreso all'inizio, mi ascoltava ma sembrava davvero scioccato da cio' che gli stavo spiegando. Quando fini' di parlare sul suo volto si disegno' un'espressione di preoccupazione. Mi abbassai la manica della felpa e gli mostrai le cicatrici. Spiegai ad Alex che avevo smesso di tagliarmi le braccia perché era molto più visibile al resto del mondo e che quindi preferivo farlo sulle coscie in modo da poterlo nascondere meglio. -Sappi che sto bene, non ho intenzione di uccidermi ma questo é l'unico modo per fermare le voci nella mia testa, é l'unico modo per fermare tutto. Quando vedo il sangue tutto rallenta ed é come se per qualche secondo il dolore si fermasse.

-Ci sarà un altro modo, sono sicuro che c'é un altro modo. Non puoi continuare a farti del male, Sun- disse, sorrisi e scossi la testa. -Esiste sempre un altro modo.

-E' carino da parte tua ma non puoi capire- ribattei, lui si sedette e mi guardo'. -C'é sempre un altro modo.

Parlammo per ore quella notte, mi racconto' tanti aneddoti sulla sua vita, su sua sorella, sulla sua famiglia e su quella casa. Mi aveva raccontato della volte in cui aveva sparato a Cam per sbaglio, di quando lui e sua sorella hanno trasformato le scale in uno scivolo e della battaglia di cibo che aveva fatto con sua madre dopo un litigio. Non mi ero accorta di essermi addormentata fino a quando la luce del sole illumino' il mio viso svegliandomi. Avevo la testa poggiata sulla spalla di Alex e lui sembrava perso nel mondo dei sogni. Era raggomitolato su se stesso a causa del freddo perché ero completamente coperta dalla sua giacca. Mi alzai, sistemai i capelli come potevo e infilai la sua giacca perché faceva davvero freddo quella mattina, se aveva resistito un'intera notte avrebbe potuto resistere un paio di minuti in più. -Alex- dissi, spingendolo delicatamente. -Alex- ripetei, apri' un occhio e mi guardo, sorrise e si sedette. Aveva i capelli spettinati e lo sguardo assonnato. -Ehi- disse, con voce roca. -Meglio rientrare, fa freddo e credo tu abbia altre due ore prima di dover andare al lavoro- dissi, porgendoli la mano, lui la strinse e mentre combattevo contro l'irrigidirsi del mio corpo lui si rialzava. -E' la mia giacca?

-Fa freddo e tu sei un gentiluomo- risposi, lui sorrise e annui'. -Non ho mai dormito in giardino, a novembre.

-Mi prendi in giro? Se avessi un giardino come questo passerei tutte le notti qui fuori- ribattei, rise e mi diede della pazza. Andai nella mia stanza e mi buttai sul letto, passai un ora al telefono con Lauren a parlare del più e del meno. Segui' le lezioni su internet e iniziai a lavorare per i miei saggi. Era piuttosto presto e i genitori di Alex non si erano ancora svegliati, non smettevo di pensare alla colazione e a quanto sarebbe stato imbarazzante mangiare tutti insieme. -Come stai, Cal?- dissi, dopo aver risposto alla sua chiamata. -Sun, Travis é al campus- sussurro'. -Cosa sta facendo?- chiesi. -Ha portato un mucchio di persone e stanno solo camminando in giro per il campus...credo che ti stiano cercando.

-Vattene, ora- dissi, senti' dei strani rumori e poi il nulla. -Sunshine Evans, dove ti sei cacciata?- chiese Travis. -Lascialo in pace, Trav..

-Dove sei, bimba?- chiese, quel nomignolo mi fece rabbrividire. Un mucchio di flash back mi attraversarono la mente facendomi venire la nausea. -Non sono affari tuoi...- dissi, senti' Callum gridare ed ebbi una stretta al cuore. -Travis!- esclamai. -Scegli Sunshine, vuoi che il tuo amato Callum si faccia male o vuoi che faccia male a Lauren?- disse, senti' Lauren gridare a Travis di lasciare stare Callum e iniziai a temere il peggio. -Faccio tutto quello che vuoi ma lasciali in pace. Travis..per favore.

-Ti aspetto, sta sera- disse, prima di riattaccare. Richiamai subito dopo e sentii la voce di Callum, mi disse che stava bene e passo' il telefono a Lauren. Non le dissi che Travis mi aveva chiesto di incontrarlo perché sicuramente mi avrebbe fermata e io non avevo intenzione di rischiare la sua vita per salvare la mia. Sarei andata da lui.

Dopo cena chiamai un taxi e gli chiesi di aspettarmi fuori dalla residenza intorno alle nove. Lasciai la mia roba nella stanza e usci' dalla finestra, non era molto alto cosi' mi limitai a saltare. Corsi fino al cancello e sali' sul taxi. Non volevo che Alex scoprisse cio' che avevo fatto, il mio obbiettivo era limitare il numero di vittime. Diedi l'indirizzo del mio appartamento per andare a prendere la pistola, la infilai nel jeans e tornai sul taxi diretta alla discoteca in cui si sarebbe trovato Travis. Il posto era davvero pieno, mi feci spazio tra la gente e andai verso l'area vip. Vidi Brad e Luke, i migliori amici di Travis e due delle persone che odiavo di più al mondo. -E' venuta davvero- disse Brad, rivolgendosi a Travis che stava sniffando cocaina dal tavolo. Alzo' lo sguardo e incrocio' il mio, per un attimo il mio cuore si fermo' e milioni di immagini e ricordi legati a lui attraversarono la mia mente. -Siediti- disse Travis, strinsi i pugni e mi sedetti sul divano rosso accanto a lui. La prima cosa che fece fu afferrarmi per i fianchi e avvicinarmi a lui. Il mio corpo divenne di legno, sentire le sue mani ruvide sul mio corpo mi fece rabbrividire. -Mi sei mancata, bimba- disse, prendendomi il mento tra le dita e avvicinandolo al suo viso. Le sue labbra sfiorarono le mie, il mio stomaco si rivolto' e la cena inizio' a tornare su. Volevo sparargli. Volevo ucciderlo. Quando le sue mani afferrarono i miei seni, la sua lingua entro' nella mia bocca e sentii che cosa il suo corpo volesse fare ebbi dei flash back. Ricordai ogni singola cosa che le droghe mi avevano fatto dimenticare, ricordai gli stupri e gli abusi ripetitivi. Cercai di liberarmi, feci quanto potevo per liberarmi dalla sua presa ma era dannatamente forte e mi faceva sentire cosi' fottutamente debole e indifesa. Sentivo la pistola fredda contro la mia schiena e non potevo afferrarla. Non potevo sparargli. Per la prima volta mi stava succedendo da sobria, per la prima volta dopo tanto tempo speravo di essere cosi' fatta da non sapere nemmeno il mio nome. Chiusi gli occhi e sperai che tutto finisse. Emisi un sospiro di sollievo quando non senti' più la sua presenza sul mio corpo, apri' gli occhi e vidi un ragazzo incappucciato sopra a Travis intento a colpirlo. Mi allontanai e solo quando Brad e Luke vennero a liberare Travis vidi il suo volto. -Alex- bisbigliai, mentre Brad e Luke lo tenevano Travis lo colpiva nello stomaco. Non ero mai stata cosi' confusa e impaurita, non sapevo che cosa fare per aiutarlo. Continuavo a chiedermi come fosse arrivato o perché fosse venuto. Sputo' sangue dopo il sesto pugno e i nostri sguardi si incrociarono. Sorrise.

Fu in quel momento che capi' che cosa dovevo fare, estrassi la pistola e la puntai contro di loro. Erano di spalle e non si accorsero di me. -Travis!- esclamai, lacrime rigavano il mio viso. Lui mi guardo' e torno' a colpire Alex come se non gli facessi la minima paura. -Lasciatelo andare!- esclamai, mi ignoro'. Sparai un colpo sfiorando Travis di qualche centimetro e attirando cosi' la loro attenzione. -Sei sicura di quello che fai, bimba? Non c'é via di ritorno...solo l'inferno dritto davanti a te- disse Travis, deglutii mentre i suoi occhi penetranti mi attraversavano l'anima. -Lascialo andare- dissi, digrignando i denti. Brad e Luke lasciarono Alex cadere a terra, non riusciva nemmeno a tenersi in piedi. Andai verso di lui senza smettere di puntare la pistola contro Travis, cercai di far alzare Alex e mi buttai in mezzo alla folla sperando di sparire dalla loro vista. Una volta lontani dal locale chiesi ad Alex dove avesse parcheggiato. Mi indico' la sua auto e dopo averlo messo sul sedile posteriore mi misi al volante e misi in moto. Per andare via da li' dovetti passare davanti alla discoteca, Travis, Brad e Luke erano fuori con le loro pistole puntate contro la strada. Andai a tavoletta mentre loro sparavano contro la sua auto.

Quando fui abbastanza lontana accostai e scesi dall'auto, mi girava la testa e sentivo il forte bisogno di vomitare. Il mio stomaco si svuoto' e l'unica cosa che restava era la rabbia diretta verso Alex. Era piuttosto ridotto male ed era tutta colpa mia. -Che cosa ci facevi li?- chiesi, aprendo la portiera dell'auto. Aveva appena ripreso conoscenza, si era tolto la felpa e si stava asciugando il viso. -Tu devi solo stare zitta- mormoro', lo guardai confusa. -Non devi parlare o altrimenti rischio davvero di perdere la testa- disse, sembrava nervoso, tremava e non smetteva di muovere le gambe. -Avrebbero potuto ucciderti- dissi, in un sospiro cercando di mantenere la calma per non piangere. L'ultima cosa che volevo era che qualcun'altro sapesse quanto debole e vulnerabile fossi in realtà. Alex usci' dall'auto e sbatté la portiera. -Avrebbero potuto uccidere me? Che mi dici di te, Sun? Che cazzo ti é passato per la testa? Cosa credevi che sarebbe successo se ci fossi andata? Parla!- grido', sembrava che le vene sul suo collo stessero per scoppiare. Diede un pugno all'auto facendomi sussultare, feci un passo indietro perché temevo davvero che potesse farmi qualcosa per un attimo. -Qual é il tuo fottuto obbiettivo, Sunshine? Farti uccidere? Stuprare fino alla morte? Spiegami che cosa cazzo pensavi di ottenere andando da lui?

-Sono affari miei, non saresti dovuto venire. Travis McCoy é un mio problema, io devo risolverlo e tu devi smettere di immischiarti nella mia vita, Alex!- esclamai, non l'avrei lasciato urlarmi contro senza reagire. -Affari tuoi? Fottiti Sunshine! Non sono fottuti affari tuoi, sono affari miei, sono affari di Lauren e affari di chiunque tiene alla tua cazzo di vita! Qualcuno dovrà pur farlo visto che tu sembri voler morire di una morte lenta e dolorosa- grido', avevo il cuore a mille e ero a secondi dallo scoppiare in lacrime. -Come sapevi dove trovarmi?- mormorai, evitando il suo sguardo. Mi sentivo cosi' colpevole, Alex era davvero messo male e la colpa era solo mia. -Qual'era il tuo piano?- chiese, abbassando la voce. -E il tuo?- ribattei. -Hai rischiato la vita quanto me li' dentro, cosa credevi? Di vincere contro di lui?

-Sali' in auto- disse, andando alla guida. -Sunshine sali sulla fottuta auto- ripeté, mi sedetti sul sedile del passeggero.

Andammo al suo appartamento perché probabilmente non voleva che i suoi genitori lo vedessero in quello stato e non voleva che io tornassi a casa mia. Arrivati all'appartamento mi limitai a sedermi sul divano a pensare a quante cose sarebbero andate storte da quel momento in poi. Mi chiedevo cosa potessi fare per comprare il perdono di Travis e farli lasciare la mia famiglia in pace. Alex prese la cassetta del pronto soccorso e la apri'. Sembrava soffrisse davvero tanto cosi' mi alzai e andai verso di lui nonostante sapessi che era davvero arrabbiato con me. Presi la cassetta e lo guardai. -Faccio io- dissi, andando verso il divano. Lo feci sdraiare e poggiare la testa sulle mie gambe. Versai del disinfettante sul cotone e lo applicai delicatamente sul suo viso. -Volevo ucciderlo- bisbiglio', mi fermai e lo guardai, stava ancora tremando e le sue gambe continuavano a muoversi. -Potrebbe farlo lui- ribattei. -Perché Sun?

-Avrebbe fatto del male a Callum o a Lauren...oppure a te. Non potevo..non posso permetterglielo. Tu non sai quanto sia difficile vederti in queste condizioni e sapere che l'unica causa sono io. Se Travis mi chiamasse ora e mi chiedesse di tornare a lavorare per lui promettendomi di non farvi nulla accetterei senza esitare un attimo, se questo volesse dire proteggere te..e Lauren. Tornerei a drogarmi per dimenticare gli abusi e farei la vita che Travis vuole per me- dissi, disinfettando i graffi che aveva sul volto. Mi ritrovai a pensare ad alta voce, quello che usciva dalla mia bocca erano solo pensieri che non volevo condividere con Alex ma ero cosi' fragile in quel momento che non potei trattenermi. Gli presi la mano per pulire le sue nocche praticamente distrutte. -Perderei la testa se vi succedesse qualcosa, probabilmente mi toglierei la vita...Non riuscirei a sopportarlo- dissi, lui mi strinse la mano. -Non farlo mai più....- mormorai guardandolo, lui annui'.

 

Me ne andai via presto il mattino dopo, presi un taxi e arrivai al mio appartamento dove per mia sorpresa c'era Lauren ad aspettarmi. -Vuoi spiegarmi che cosa ti é preso?- chiese, notai subito quanto infuriata fosse e sapevo perché. -Volevi morire? Era questo il tuo obbiettivo?

-Lauren...sto bene e voglio solo smettere di parlare di questa storia.
-Devi smetterla di fare la martire Sunshine! La tua vita non é meno importante di quella di qualcun'altro- disse. -Lo é, lo sarà sempre. Mettero' sempre te prima di me stessa e non devi nemmeno provare a dissuadermi perché é inutile. Come faceva Alex a sapere dov'ero?

-Gli ho detto cio' che ho sentito e gli ho chiesto di tenerti d'occhio. Non ti ha trovata nella stanza e gli ho detto dove trovarti.

-Avrebbe potuto ucciderlo, Lauren!!

-Tu saresti potuta morire! Ho fatto una scelta e ho scelto te come tu hai scelto me- ribatté, eravamo entrambe arrabbiate perché entrambe ci volevamo fin troppo bene. Ero pronta a morire per quella ragazza e lei era pronta a farlo per me. Ci urlammo contro per qualche minuto e finimmo per ritrovarci sul letto a mangiare gelato. Alex mi chiese dove fossi e li spiegai che ero tornata al mio appartamento e che stavo bene. Lauren mi fece qualche domanda su quello che era successo la sera prima.

Ripresi le lezioni con un po' di paura, temevo che Travis si presentasse e che mi uccidesse. Era cosi' strano per me temere per la mia stessa vita, credevo di essere arrivata al punto di non avere più paura della morte. Passai molto tempo con Callum semplicemente perché volevo assicurarmi che fosse sempre al sicuro. Eravamo in caffetteria quando mi ha chiesto di uscire con lui, ero davvero confusa e non mi sentivo pronta a tuffarmi in una relazione con tutti i problemi che avevo. Per qualche strana ragione quando me lo chiese pensai ad Alex. Non sapevo se provavo ancora qualcosa per Callum, sapevo che forse in passato l'avevo davvero amato ed ero certa che l'amore non si potesse cancellare in cosi' poco tempo. Forse avrei dovuto dargli una seconda occasione, il destino l'aveva messo in mezzo alla mia strada e forse avrei dovuto ascoltarlo. -Ok ma niente di stupido...- dissi, sorrise e annui', mi diede un bacio sulla guancia e corse via. Il mio corpo si contrasse e un brivido freddo mi attraverso' il corpo. Non ero pronta ad avere contatti fisici con lui.

L'appuntamento non fu ecezzionale, era semplice, un film, dei popcorn e un ragazzo fin troppo dolce per stare con me. Eravamo seduti sul divano e lui cercava di avvicinarsi il più possibile a me, avvolse il braccio attorno alle mie spalle e mi bacio'. Il mio corpo divenne di legno e ebbi l'impulso di correre ma cercai di controllarmi. Era cosi' da fin troppo tempo. Quando tento' di baciarmi lo lasciai fare, chiusi gli occhi e cercai di cancellare le immagini che mi attraversavano la mente. Sentivo l'odore di Travis, avevo il gusto di tabacco sulle labbra mentre Callum mi baciava, sentivo le mani ruvide di Travis accarezzarmi il viso. Sapevo che lui non era li', sapevo che non era lui a baciarmi, volevo uscire da quella situazione ma non avevo intenzione di ferire Callum. Cosi' cercai di non pensarci troppo e lasciai che mi baciasse.

Mi riaccompagno' a casa e mi diede un bacio sulla guancia. Stavo per aprire la porta quando notai che era già aperta, entrai silenziosamente nell'appartamento e presi la pistola da sotto al letto incamminandomi verso la cucina da dove provenivano dei rumori. Ero quasi sicura che fosse Travis, ero davvero pronta a sparargli o a farmi sparare. Un ragazzo incappucciato mi dava le spalle e frugava nel mio frigo. -Chi cazzo sei?- esclamai, il ragazzo si volto' e riconobbi Alex. -La pistola é scarica- disse, tornando al mio frigo. -Mi hai fatto prendere un colpo, Hais!- esclamai, lanciando la pistola sul letto. -Cosa ci fai qui? Chi ti ha fatto entrare?- chiesi, prese la bottiglia di succo d'arancia che avevo in frigo e ando' verso il divano bevendo a mie spese. -Mi prendi in giro? Ho utilizzato una carta di credito per entrare nel tuo appartamento, é stato più facile di quanto credessi- disse, roteai gli occhi e mi sedetti sul letto. -Dov'eri?- chiese. -Non sono affari tuoi, tu che ci fai qui?- chiesi. -Non sono affari tuoi.

-E' casa mia!

-Considerato il tuo sistema di sicurezza é casa di tutti- disse, sbuffai e mi arresi. -Hai trovato lavoro in un bar?

-Perché me lo chiedi?

-Sono le due del mattino....é l'unica ragione plausibile- rispose, mi guardai intorno evitando la domanda. -Ero da Callum- dissi, Alex tossi' e mi sembro' davvero sorpreso. -Cosa facevi dal tuo ex?

-Ci stiamo riprovando- mormorai. -Ti ha riaccompagnata a casa alle due del mattino? Secondo me lui voleva il biscottino....

-Chi ti dice che non l'ha avuto?

-Sono le due del mattino e hai preferito tornare a casa piuttosto che passare la notte con lui- rispose, mi portai le coperte al naso nascondendo cosi' le mie espressioni facciali. -Quindi ti sei rimessa con il tuo ex....- disse. Gli chiesi come andasse la relazione con Debbie e mi racconto' di quanto fosse gelosa e insicura. Mi confesso' che odiava le ragazze dipendenti da lui incapaci di fidarsi o di credere il loro stesse. -Perché stai con lei se ci sono cosi' tante cose che non ti piacciono?

-Ci sono cose che mi piacciono davvero tanto di lei. Rappresenta la mia normalità, mi ricorda che sono una persona normale e che posso avere una vita normale.

-Che cosa ti fa credere di non poterlo essere? Perché ti serve una ragazza per ricordartelo?- chiesi, lui sospiro' e si sdraio' sul divano. -Forse un giorno te lo diro'- disse. -Perché sei venuto?- chiesi, sospiro' e guardo' il soffitto. -Volevo vederti...posso restare per sta notte?- chiese. -Certo- dissi, lanciandoli un cuscino.

 

 

 

 

 

 

 

Ogni recensione é ben gradita

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