Feeling it

di MissChatterbox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Smiling ***
Capitolo 2: *** Forgiving and Forgetting ***
Capitolo 3: *** Portrait of a Perfect Idiot ***



Capitolo 1
*** Smiling ***


Feeling it                              Smiling

Quella mattina Logan Echolls sorrideva.
 
Il che non era esattamente una notizia da copertina, lo sapeva bene da se. A dirla tutta, la vera notizia sarebbe stato vederlo senza quell' onnipresente ghigno divertito sulla faccia strafottente. Non importava in quali e quanti casini si trovasse, Logan Echolls sorrideva sempre. Poco contava che fosse all'ora di pranzo, seduto davanti ad una pizza calda  al tavolo degli 09, intento ad osservare quell'idiota di Dick che vessava il suo fratellino Beaver fino alle lacrime, con accanto il fantasma del suo migliore amico che mangiava silenzioso, o sotto gli obbiettivi di telecamere puntate sulla perfetta famiglia Echolls all'ingresso di un noioso party di qualche effimera attricetta hollywoodiana da quattro soldi. Aah, la perfetta famiglia Echolls. Era davvero il cliché dei cliché che la maggior parte della popolazione americana li considerasse la quinta essenza della bella famigliola unita. Eh si, rifletteva Logan, quale ambiente migliore in cui crescere? Con un padre così affettuoso, tanto generoso da lasciar scegliere a suo figlio la cinta con cui frustarlo a sangue per "imparare la lezione" dopo anche la più insignificante delle birichinate; una madre tanto comprensiva, e così presente, con quel bicchiere di vodka mai troppo lontano da lei; una sorella così premurosa, sempre pronta a portarlo a casa da qualche festa  e lasciarlo vomitare sul sedile posteriore della sua auto, e così carina da informare suo padre ogni singola volta. Che dolce, pensava spesso tra se, imitando mentalmente il tono di una delle tante galline cotte di suo padre: La Star e gelose marce della sua relazione da sogno con la modella-attrice Lynne Lester. Davvero da sogno. Uno molto brutto. E come tale, aveva finito per trasformarsi in un incubo e poi in un devastante risveglio. Ma lui cercava di non pensarci, perché quella storia faceva ancora troppo male.  Nonostante tutto, quel sorriso che era diventato il marchio di fabbrica degli Echolls aveva nascosto perfettamente la situazione in tutta la sua squallidezza per anni interi. E almeno poteva distrarsi dalla sua valle di lacrime e attacchi di autocommiserazione  con l'unico tratto che ormai apprezzava di suo padre: i soldi. Questo finché sua madre non ne aveva avuto abbastanza delle infedeltà compulsive della sua dolce, violenta metà e si era liberata delle sue spoglie mortali volando giù da un ponte, incoraggiata da un'alta dose di alcool e pillole. Lasciando lui solo con il suo incubo. Dopotutto, Logan si era ritrovato spesso a pensare, forse lui, che abusava talmente del suo sorriso, il suo paraurti contro il mondo, non meritava davvero la felicità. Bastava guardare i fatti: la sua vita familiare era a fare compagnia al Titanic tanto era caduta in basso, i suoi amici si contavano sulle dita di una mano e sopratutto aveva perso quella che era stata la sua unica fonte di felicità durante quello che aveva considerato come il periodo migliore ( o meno peggio) della sua vita: la sua Lilly. La sua impavida, radiosa, coraggiosa Lilly. La sua stronza, vendicativa, appassionata Lilly.  La cui fiamma si era spenta con un colpo devastante che le aveva spezzato il cranio e la vita. A distanza di un anno il dolore della perdita era lancinante, ancora più bruciante delle cinghiate di suo padre sulla schiena. E così la colpa: se solo fosse stato presente, se solo non fosse stato tanto accecato dalla rabbia per il tradimento da lasciarla sola, forse lei sarebbe lì. Non con lui, probabilmente, no, Logan se ne rendeva conto: erano ai ferri corti da troppo tempo, lui con la sua gelosia, lei con le sue infedeltà; ma per lo meno viva e vegeta. E invece no: Lilly era sei piedi sotto terra, e aveva portato con se il sorriso di suo fratello Duncan, che sembrava aver smesso di vivere e limitarsi a vegetare, il viso vacuo come quello di uno zombie in un film di serie b. Certo, negli ultimi tempi era lievemente migliorato, ma il Duncan attuale non avrebbe potuto allacciare una scarpa a chi era stato prima di quello che Logan considerava come il suo personale Armageddon. Se tutti quei casini non fossero capitati proprio a lui forse avrebbe pensato che una tale concentrazione di sfiga su di un solo essere umano fosse del tutto impossibile. Ma lo era, Logan lo sapeva più che bene. E così lo sapevano gli altri. I suoi compagni di feste, sbronze, bravate di tutti i tipi che costellavano il suo curriculum di diciassettenne figlio di papà. Un papà che lo picchiava a sangue, ma almeno pagava i danni nei suoi periodici slanci di istinto genitoriale. Un paparino che lo metteva perennemente al centro dell' attenzione coi suoi film da milioni di dollari, che lo rendeva il soggetto di chiacchiere e pettegolezzi, della morbosa curiosità dei perfetti  estranei che gli sedevano accanto tutti i giorni. Anche se, doveva ammetterlo, lui non faceva niente per mantenere basso il profilo. Era stato simile a Lilly in quella politica: se non li soddisfi, falli incazzare. Con la differenza, a dirla tutta, che il raggio d'azione della sua ex era stato più vasto, per via della mancanza del fattore botte. Una curiosità, insomma, che lui stroncava con un sorriso killer, un sorriso in cui nascondeva tutto il dolore, la perdita, la rabbia, l'odio che provava. Un sorriso abbastanza convincente da allontanare i seccatori.  Pericolosamente simile a quello di Aaron Echolls. Che lo volesse o meno, era figlio di suo padre e quel sorriso forse si passava coi geni.


Però. Già, c'era un però. Perché il sorriso che quel giorno esibiva in viso era diverso dal solito. Appena accennato, gli piegava lievemente le labbra tra un boccone di mela e l'altro. Era trattenuto, piuttosto che accentuato. Un sorriso segreto, che stupiva lui prima di chiunque altro. Questo perché, dopo più tempo di quanto potesse o volesse ricordare, Logan Echolls aveva una speranza. Un barlume fioco, ma pur sempre un barlume. Sembrava ancora più esile, quel barlume, piegato com'era sul cofano aperto della sua auto, ignorando stoicamente i clacson e le proteste che il guasto generava dietro di lei. O meglio, tentando: la sua espressione si faceva più irritata ad ogni squillo. E raggiunse l'apice sentendo la voce sarcastica di Dick :" Ahah!  Assistiamo a un tentativo di furto di Miss Trash." " Scassinare è un'altra delle tante cose che riesce bene alla Signorina Ficcanaso ", rincarò Beaver, sicuro di trovarsi per una volta sulla stessa lunghezza d'onda del fratello maggiore, verso cui si girò immediatamente, in cerca di appoggio. La ragazza sollevò il viso pallido, stropicciando il panno che teneva tra le mani, giusto in tempo per cogliere l' occhiata per una volta compiaciuta di Dick al fratellino, che non si fece attendere. Ad essere tutt'altro che compiaciuto era Logan. Non andava affatto bene : aveva voglia di prenderli a pugni. " Ragazzi, piantatela." disse, cercando di sembrare disinteressato. Senza molto successo. La bionda gettò il panno e si sollevò di scatto, allargando le braccia con in gesto di stizza: " Appunto, ragazzi!", esordì con voce squillante, grondante di sarcasmo, scagliando uno gelido sguardo azzurro in direzione dei malcapitati fratelli. Logan sorrise mentalmente: ormai avrebbero dovuto sapere che non era saggio provocare Veronica Mars. Non che non fosse divertente; ma quella piccola dinamite tendeva a voler avere sempre l'ultima parola. E ci riusciva anche. Come volevasi dimostrare, infatti :" Piantatela! Il talento sta facendo un' operazione che voi neanche vi sognate.", disse lei con aria di superiorità avvicinandosi a lui senza guardarlo negli occhi e sfilandogli il coltellino dalla mano con un' unica fluida mossa." Dai, ragazzi, osservate: antifurto escluso e tubo del radiatore sistemato. Certo, questo è un po' troppo per i vostri cervelli fusi." continuò, col tono di un insegnante che si rivolge ad un alunno un po' tardo, sempre china sul motore. Si sollevò e girò la chiave. L'auto prese vita con un rombo, il tutto sotto lo sguardo vigile di Logan, genuinamente divertito dall'aria sconfitta e imbarazzata dei due Casablancas, che si dondolavano sulle ginocchia. " E con questo, Miss Trash vi saluta. Grazie del coltello.", concluse, finalmente incontrando il suo sguardo, con un sorriso che al resto del mondo sarebbe sembrato sarcastico, mentre per lui si trattava di un messaggio. Stesso posto, stessa ora, diceva. E modestamente, Logan era un asso nel cogliere i sorrisi allusivi. Si allontanò, già pensando a cosa dire una volta lontani da orecchie indiscrete. Doveva scusarsi per Dick e Beaver, prima di tutto. Erano due idioti, ma quel fatto incontrovertibile non dava loro il diritto di prendersela con lei.

Ignorò deliberatamente il fatto di essersi comportato esattamente allo stesso modo per mesi dopo la morte di Lilly. Il cambiamento di termini del loro rapporto gli faceva ancora girare la testa. Da "Migliori Amici Per Sempre", a "Nemici Per la Vita", per poi passare alla fase "Amicizia Post Mortem", a...be', qualunque cosa fossero in quel momento e comunque ci fossero arrivati. La Cosa, come Veronica l'aveva battezzata, guadagnandosi intrattenibili citazioni a raffica dei Fantastici Quattro da parte di Logan, era circondata da un riserbo paragonabile agli esperimenti alieni di Roswell. Primo, perché entrambi erano consci di quale reazione essa avrebbe scatenato su quel covo di vipere...no, il termine serpenti a sonagli era più calzante, si corresse, che era la Neptune High; secondo, e più importante, avrebbero finito per ferire Duncan, altre sì detto l'ex-amore-della-mia-vita di Veronica e suo attuale migliore amico. E poco sarebbe contato ricordargli che era stato lui a lasciare lei prima ancora dell' Armageddon. Poteva darla bere agli altri, ma non a Logan: DK era ancora cotto della sua Ex. Lo dimostrava il fatto che la sua nuova fiamma, Meg Manning, l'ultima anima buona del liceo di Neptune, fosse la riproduzione in scala della Veronica prima della morte di Lilly. Ed era bionda, per di più. Inoltre, Logan era quasi del tutto convinto che la fuga di DK fosse collegata al file su di lui nel computer di Veronica. Più evidente di così, avrebbe solo potuto mettere uno striscione all'entrata della scuola. Sapeva già di cosa l'avrebbe accusato, una volta di ritorno: quando il gatto non c'è i topi ballano. In un certo senso aveva ragione. Come avrebbe avuto ragione di arrabbiarsi: se Logan fosse stato al suo posto, ne era certo, avrebbe spaccato la faccia dell'altro a pugni.

Ma nonostante tutti i contro della sua scelta, Logan a Veronica non voleva rinunciarci. Non poteva. Perché dopo tanto di quel tempo, quando passava per i corridoi non rivedeva ogni singola scena vissuta con Lilly; non  rivedeva sua madre e Aaron seduti davanti all'ufficio del preside che litigavano silenziosamente prima che Lynne Echolls decidesse di abbandonarlo a se stesso; non dava peso ai sussurri che accompagnavano gli sguardi nella sua direzione, come sempre al suo passaggio, neanche avesse avuto un terzo occhio in mezzo alla fronte : vedeva solo la porta del bagno delle ragazze, in cima alla top ten dei loro luoghi preferiti per vedersi “da soli”, e pensava solo a chi lo aspettava al di là di essa. E quando, una volta dentro, si sentì circondare da quelle braccia esili ma forti, non cercò di ricordare la stretta di altre braccia come aveva fatto con ogni ragazza dopo Lilly, ma si concentrò solo sulla sensazione di quelle piccole mani sulla sua schiena, e le sue mani sui fianchi minuti, su un corpo così facile da sollevare sul bancone, che lo abbracciava con ardore; e sul sapore di fragola di quelle labbra morbide sulle sue, che si muovevano con passione. Troppa, decisamente troppa, constatò. Doveva fermarsi, a meno di non voler emulare quegli idraulici così gettonati nei romanzetti rosa e procedere con una sveltina sul lavandino del bagno. Davvero troppo cliché. Non che lei glielo avrebbe mai permesso. E questo, commentava la parte di lui al di sotto della cintura, era davvero un peccato. D'altra parte non voleva ritardare a lezione: poteva anche dimenticare la realtà entro i confini del magico regno che era quel bagno, ma una volta fuori ci sarebbe stato tirato dentro, alla realtà, e voleva evitare che fosse a forza di scudisciate. Perciò, seppur con la morte nel cuore, mormorò contro il suo collo un poco entusiasta: "No, non si può." Veronica lo guardò contrariata: "Cosa? Ho bloccato la porta! Ho appeso il cartello "Fuori Servizio"", disse, col suo solito sorriso furbo. Logan la guardava sorridendo, scuotendo la testa. "No, è sbagliato." Era paradossale che lui stesse dicendo questo proprio a lei, la parte responsabile della loro "coppia"; eppure Veronica lo osservava con un misto di rimprovero e divertimento, nient' affatto propensa a mollare la presa. Davvero troppa la tentazione, si disse amaro. Logan ruppe il contatto visivo. Doveva, se voleva concludere qualcosa. O meglio,evitare di concludere qualcosa. Si guardò intorno: "Un maschio nel bagno delle femmine è proprio..." "...sbagliato, non è vero?", terminò Veronica, le cui labbra tornarono all'attacco con determinazione. Curiosamente in vano "Già.", rispose staccandosi. A proposito di sbagliato: "Mi dispiace per Dick e quei ragazzi.", disse con un sospiro, finalmente serio. Come sempre lei era di ghiaccio sull'argomento." Dick e quei ragazzi non mi danno fastidio.", liquidò la questione, categorica. Logan ridacchiò. Ma anche lei divenne seria,dietro il sorriso. "E inoltre, dobbiamo mantenere le apparenze, perché Duncan tornerà a casa un giorno, e non voglio che scopra questa Cosa", disse indicando loro due in mancanza di una definizione migliore," da qualcun' altro." La pensavano allo stesso modo su quel punto. Per questo motivo doveva sopprimere la voglia di prenderla per un braccio, trascinarla in mezzo al corridoio e baciarla davanti a tutta la scuola, si disse Logan. Lei era la prima cosa bella dopo mesi, e Logan si rifiutava di rovinare tutto appena all'inizio. Era cosciente di stare sfidando il suo fato, ma avrebbe tentato con tutte le sue forze,  con tutta la sua determinazione. E poi, era lui che aveva appena baciato, non Duncan. Forte di quella convinzione, Logan annui e guardò l'orologio. Sospirò. Una punizione non gliela toglieva nessuno. Oh, gioia!" Sono in ritardo per la lezione di fisica.", annunciò, baciandola sulla guancia," E se ricordo bene il viaggio nel tempo non è ancora possibile.", scherzò, alleggerendo l'atmosfera improvvisamente troppo seria per i suoi gusti. Si diresse saltellando verso la sua roba, che aveva abbandonato in un angolo. Lei lo seguì a ruota, saltando giù. " Prova la banale corruzione.", disse, sfilando un foglietto dalla tasca dei jeans. Un'altra veronicheria, senza dubbio. "Un foglio di scuse per ritardo prestampato." Premette le labbra in un sorrisetto orgoglioso. " Non rintracciabile." Socchiuse la porta, guardando fuori, sotto lo sguardo grato di Logan. "Si può." Appoggiò la schiena allo stipite della porta. Provocante. "Buona fortuna per fisica. E ricorda:", continuò, attirandolo a se per un bacio, " forza uguale massa per accelerazione." Un altro bacio." la particella di luce possiede la proprietà dell'onda." E un altro. Chissà perché, cominciava a pensare che una lezione di fisica tenuta da lei sarebbe stata più efficace di dieci del suo professore. O dieci volte meno, dipendeva da quanto sarebbe rimasto lucido." Imparo più stando con te." Tentare non nuoce. Lei sorrise. E lui si incantò a guardarla. Niente di nuovo sotto il sole, quindi. Lo attirò a se per un ultimo bacio...che evitò " Ho delle cose da fare." Logan rise  e uscì. Sempre sorridendo, si diresse verso l'aula di fisica, senza alcun timore. Era il caso di dirlo: Veronica gli aveva salvato la vita un'altra volta. La vita forse no, si corresse, ma di certo il culo. Per una volta ancora si concesse di sperare. Era una speranza ben crudele la sua: in fondo sapeva, anche se non gli piaceva ammetterlo, che per quella speranza sarebbe stato disposto a ferire anche il suo migliore amico. Ma per quanto spietato o patetico ciò potesse sembrare, non si sarebbe tirato indietro. La Cosa, qualunque fosse, era il motivo per cui pensava a domani, invece che a ieri. E all' oggi. Forse oggi sarebbe stata una bella giornata, si disse, camminando verso l'aula di fisica a passo lento, quasi trionfante.

Eh, si. Quella mattina Logan Echolls sorrideva. E si sentiva felice.  

Prima che me ne dimentichi, è tutto di proprietà di Rob Thomas, tranne quello che è mio. Salve a tutti. Ecco la mia prima fanfic su Veronica Mars. L'ho covata per un po', prima in testa poi su carta, non sapendo bene cosa farci. Ma ho pensato che potrei continuare, formando una serie di one-shot sui momenti più ...più.  Ciò dipenderà, a dire il vero, dall'indice di gradimento. Recensite e suggeritemi, sono tutta orecchi.
M       

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Capitolo 2
*** Forgiving and Forgetting ***


vm 2           Forgiving and Forgetting

Logan Echolls sedeva ai piedi del letto della sua suite, lo sguardo apparentemente fisso sull'esigua parte visibile del panorama di luci che era Neptune di sera.

 Quello spettacolo mozzafiato sarebbe stato ben più godibile sul balcone della sua stanza, e lui lo sapeva bene: quante volte si era sporto, bottiglia di birra alla mano, gli occhi che cadevano sul punto in cui Cassidy Casablancas si era gettato, solo da un piano più in alto. Non era stato il solo a farlo. Spesso aveva visto anche lei guardare in basso, il viso adombrato al ricordo delle sofferenze di quel giorno, un'altra cicatrice da aggiungere ad una lista di lunghezza non indifferente. Al peggio non c'era mai fine, si era detto mentre l'abbracciava, sentendo l'umido delle lacrime attraverso la stoffa bagnata della maglietta. E l'aveva pensato di nuovo quando aveva l'aveva trovata, sola e confusa, in quel parcheggio buio, quasi del tutto priva di lucidità e di forza, proprio lei che era essenzialmente quelle due caratteristiche. Aveva provato rabbia, una rabbia tanto intensa da mettersi a urlare, nel vederla ferita, ripetutamente, lei tanto forte e tanto fragile allo stesso tempo, una bambola di porcellana travestita da bulldog. Ma niente avrebbe mai potuto superare la quantità di odio che aveva sentito quando era venuto a sapere di Mercer e Moe, di come l'avevano ingannata, ferita, drogata, braccata come un animale e quasi uccisa nel processo. Quella sensazione tanto cieca l'aveva fatto tremare da capo a piedi, il dolore quasi fisico di non poter lavare quell'onta a suon di pugni troppo forte per anche pensare di resistere: l'omicidio era diventato un'opzione concreta. Per una volta, se fosse stato accusato, sarebbe stato per un crimine  che effettivamente aveva commesso, invece che il frutto di una cospirazione machiavellica, come attestato dal suo passato con la giustizia niente affatto immacolato. Non aveva neanche riflettuto: aveva afferrato il primo oggetto contundente a portata di mano e colto l'occasione propizia. Non avrebbe mai dimenticato l'espressione negli occhi dei due quando avevano sollevato lo sguardo verso la porta della prigione per trovare un Logan dai pugni serrati e l'espressione di una bestia feroce a fissarli con occhi di fuoco, molto più vicino di quanto l'avrebbero mai voluto nella vita. Aah, quanto avevano avuto ragione. Non gli importava sapere quanto la gioia selvaggia che aveva provato nel vendicare con scariche di pugni ogni dolore inflitto a Veronica fosse sbagliata: nessuno l'avrebbe mai convinto di aver agito in maniera sconsiderata. Nel suo mondo, chi rompeva pagava, e dava indietro fino all'ultimo coccio. Non era più il bambino di nove anni obbligato a mangiare un pera dopo l'altra fino a soffocare, il ragazzo costretto a scegliere la cinta con cui essere picchiato fino allo svenimento senza emettere un solo gemito di protesta, l'uomo che aveva visto sua madre spegnersi ogni giorno di più, un bicchiere dopo l'altro, colpita a morte dalle infedeltà di un marito più di nome che di fatto. Nessuno avrebbe mai più potuto ferire le persone che amava, aveva giurato a se stesso al funerale di sua madre. Nessuno avrebbe più potuto far loro del male senza pagare.

Nemmeno se stesso, penso Logan amaro. Quello che infatti stava facendo non era ammirare il panorama, ma pronunciare un mantra di  tutti i possibili insulti alla propria intelligenza, persona, atti, in un'auto punizione che sentiva profondamente di meritare. Perché un'altra volta, quando quella che era ormai diventata la sua ragione di vita era stata in pericolo, lui non c'era stato. L'aveva lasciata, nel bel mezzo delle difficoltà; ed era irrilevante che non avesse la minima idea di quanto stesse per accadere, o che i motivi che l'avevano spinto a dire la parola fine fossero nell'interesse tanto suo quanto di Veronica; lui non c'era stato. Poteva solo ringraziare Dio, Allah, il Buddha, qualunque divinità superiore che avesse fatto sì che non fosse finita peggio. Non ce l'avrebbe fatta a sopportarlo una seconda volta, Logan ne era certo; non si sarebbe tirato su di nuovo. A dirla tutta, nel momento in cui le parole che avevano serpeggiato nel suo cervello per giorni, allo stesso tempo la sua ossessione ed il suo incubo, avevano perforato la barriera dell'aria, avrebbe voluto rimangiarsele tutte, una per una. Com'era quella frase di Shakespeare? L'avessi scritto, strapperei quel nome. Le avesse scritte lui, quelle parole, non  si sarebbe limitato a strapparle; sarebbero finite direttamente nel water. Si stupì di aver ricordato.  Cercò di riesumare altre memorie nebbiose delle lezioni di letteratura del liceo. Aveva dei ricordi sfocati della sua carriera accademica, o almeno, degli episodi che si erano svolti dentro le aule: le lezioni, ad esempio. Quasi sorrise al vecchio se stesso. Così libero anche sotto i colpi di suo padre, con due certezze nella vita: la sua ragazza ed i suoi amici. Era stato davvero un idiota superficiale. Adesso vedeva il mondo per quello che era veramente: non un campo giochi per le sue bravate assurde, ma un vero e proprio campo di battaglia. Un tempo pensava che solo casa sua lo fosse, ma era stato così preso dai propri problemi, pur di entità non trascurabile, da non vedere mai del tutto quelli degli altri. Forse era davvero cresciuto. Solo un po'. Comunque non abbastanza per soddisfare le aspettative che Veronica aveva verso di lui. Glielo aveva letto negli occhi, proprio in quella stanza, mentre lo accusava di averla voluta proteggere come di un crimine; mentre sentiva l'esitazione nel suo tono quando le aveva chiesto se le cose tra loro andassero bene. Era stata quella conversazione a far germogliare nella sua testa il dubbio che, forse, le favole dopotutto non si avveravano, che non bastava l'amore per far funzionare un rapporto. E quando l'aveva chiamata con l'intenzione di farle un'improvvisata sorpresa aveva avuto la sua conferma, rimanendo a guardarla deviare la telefonata e sedersi come se niente fosse. Quella mattina gli si era spezzato il cuore. Di nuovo. E si era dato dell'idiota per aver osato sperare che allora, per una volta, potesse andare tutto dannatamente bene. Che solo per una volta, non uscisse qualche casino da dietro l'angolo a mandare a puttane ogni suo sforzo di una parvenza di vita normale. Non riusciva mai ad accettare completamente di aver fallito su tutta la linea. E così riprovava, anche a costo di ferirsi tanto seriamente che era quasi come morire un po' alla volta.

Non quella volta, però. Quella volta aveva tentato di ragionare con la testa. Sapeva che, se fossero rimasti insieme, prima o poi ci sarebbe stato qualcosa. Una cosa qualunque, anche la più insignificante, e tutto quello che  avevano avrebbe potuto rompersi; e allora ne sarebbero stati distrutti. Entrambi. Così, nonostante si sentisse morire al pensiero, aveva detto basta.
Il lato Oscuro della Forza aveva prevalso.  E poi, be', era successo quello che doveva succedere. La sua insopportabile curiosità l'aveva messa nei guai, di nuovo. Guai seri, di nuovo. Perché la sua incapacità di lasciar perdere le cose aveva un ruolo fondamentale nel suo continuo cacciarsi nei casini. Di nuovo. Lui lo sapeva, lei lo sapeva, nulla cambiava. Era un assioma non meno valido che la più certa delle teorie geometriche. E come da copione, Logan aveva tentato di dimenticare. Come da copione, aveva fallito. Aspen, birra, feste; ed una donna, una sveltina di una notte per eccessiva ebrezza, che gli aveva fatto sentire di aver toccato finalmente il fondo, trovandola accanto a se la mattina dopo. Poi era tornato a Neptune, in preda alla più abissale delle vergogne. Aveva salutato Dick come se niente fosse, come se non fosse andato a letto con la sua fiamma di tutto il liceo. E aveva evitato Veronica come la peste. O meglio, aveva evitato di parlarle: nulla avrebbe potuto impedire che la verità saltasse fuori, date le doti da  inquisitore spagnolo della sua ex. Ex. Una parola davvero odiosa con cui definire quello che ormai considerava l'amore della sua vita. Melenso ma vero. Si tormentò le mani, i ricordi dei momenti felici che vorticavano nella mente. Se aveva una certezza, era quella che avrebbe dato qualunque cosa per poter tornare indietro, per poter ricominciare. Sapeva di stare pensando con la mentalità  dell'eroina abbandonata di un romanzo da quattro soldi, ma tant'era.  

Il colpo secco alla porta lo scosse dal suo torpore. Si sollevò, consapevole di non avere la più pallida idea di chi potesse essere. Dick era al momento disperso. Era uscito con un trionfale “Vado a lezione”, apparentemente ignaro del fatto che, alle nove di sera, le “lezioni” fossero finite da un bel pezzo. Questo la diceva lunga sulla sua frequenza scolastica, aveva pensato Logan asciutto. Forse aveva dimenticato i preservativi, anche se conoscendolo non era probabile. L'unica cosa di Dick su cui si potesse contare, era la sua fornitura di oggetti del genere. Così si diresse alla porta, quasi con l'intenzione di cacciare il visitatore indesiderato e tornare a tormentarsi nella sua personale valle di lacrime. Aveva già la bocca semiaperta pronta per una replica pungente, quando registrò l'immagine della ragazza sulla  porta.
L'ultima persona che avrebbe mai immaginato di trovare sulla soglia. Che lo osservava, per la prima volta da un'infinità di tempo, sull'orlo delle lacrime. La guardò negli occhi e vide le sue stesse emozioni. Veronica scosse piano la testa, apparentemente priva, per una volta nella vita, delle parole adatte. Ma non ce n'era alcun bisogno. Aveva visto quello che aveva bisogno di sapere. Scuse, dolore, nostalgia, amore. Lo specchio dei suoi stessi pensieri. Perciò, sembrò un gesto perfettamente naturale posarle le mani sul viso e baciare quelle labbra strette a trattenere i singhiozzi con tutta la passione frutto della lontananza. E quando lei ricambiò il bacio con la medesima urgenza, Logan seppe.  Capì che in quel momento se ne fregava di venire demolito pezzo per pezzo, frullato e calpestato, se fosse servito a restare con lei. E che per una volta, una sola, erano entrambi perfettamente d'accordo.

E fu così che la cronologia se ne andò a viole. Salve a tutti! Come avrete capito, questa one-shot è tratta dalla terza stagione. E come avrete altrettanto concluso, ho deciso di continuare sulla linea di una raccolta di shot sui pensieri di Logan Echolls. A quanto sembra, l'ordine dipenderà sull'ispirazione del momento, ma questo non significa che non accetti suggerimenti al riguardo, il che tradotto significa recensite e fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie mille alle 5 persone che hanno recensito, aiutandomi a decidere cosa fare di questa storia, e alle 7 che l'hanno messa nei Preferiti.
Cercherò di non deludervi.
M  

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Capitolo 3
*** Portrait of a Perfect Idiot ***


fi3
Portrait of a Perfect Idiot

Da quando aveva scoperto di avere un assassino come parente stretto, la prospettiva sull'omicidio di Logan Echolls era cambiata, e di molto. Ciononostante, quella sera stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di andare a far compagnia al suo vecchio in qualche buco di cella intorno a Neptune. Non che se avesse ceduto alla tentazione qualcuno avrebbe notato alcunché: nella spaziosa palestra della Neptune High, sfavillante di luci e lustrini, e affollata di coppie danzanti, tutti i presenti sembravano assorbiti in loro stessi, per un motivo o per l'altro: nessuno avrebbe fatto caso a lui, si disse, se avesse trovato il modo di far tacere il fiume di chiacchiere che la ragazza che gli sedeva accanto all'ingresso gli stava riversando addosso con la forza.

Letteralmente.

 La sua spettacolare parlantina aveva reso Gia Goodman anche più famosa dell'alta carica di suo padre; abilità che ora sembrava stare sfruttando al massimo per stordire Logan, apparentemente ignara degli intenti omicidi che il soggetto aveva cominciato a provare contro di lei. Non si era mai pentito tanto della sua scelta di presentarsi in qualità di “addetto alla cassa” della serata come quando aveva cominciato a intuire cosa lo aspettava, più o meno un secondo dopo essersi seduto al tavolino improvvisato che fungeva da biglietteria. Da un semplice “ciao” erano passati ad una profonda disquisizione sul perché, secondo Gia Goodman, Logan fosse sempre così chiuso e sarcastico e sulla necessità di aprirsi alle gioie della vita. Già, bella forza: l'ultima volta che si era aperto a qualcosa aveva preso una delle più grandi batoste della sua breve ma intensa esistenza. E poi un'altra, e un'altra ancora. Perciò, riteneva perfettamente normale andarci cauto con chiunque; fare il contrario sarebbe stata una vera e propria cazzata. Ma la ragazza sembrava totalmente sorda  alle sua battute pungenti, disperati tentativi di sviare l'argomento “ situazione sentimentale”, e cieca alle sua occhiate eloquenti, il messaggio chiaro in esse: smettila di ciarlare, se vuoi vivere. Ma niente; non c'era modo di liberarsene. Sperò che Dick non se la prendesse a male, quando la sua ultima preda avrebbe cessato di esistere: d'altra parte, il suo migliore amico sembrava sparito dalla faccia della Terra, per cui poco male; doveva aver trovato qualcuna con cui trastullarsi a casa sua, qualcuna che non lo conosceva, probabilmente. Cercando di distrarsi dalla parlantina di Gia, Logan perlustrò la sala con gli occhi in cerca di qualcosa di vagamente interessante: solite facce, niente di nuovo sotto la palla da discoteca; coppie abbarbicate, nel bel mezzo di un litigio, o di una bella pomiciata. Le osservò con distacco: forse avrebbe dovuto chiamare Kendall; era da un po' che non si sfogava. I balli non cambiavano proprio mai. Notò distrattamente che Gia era passata  a parlare del suo “lavoro” nell'ufficio di suo padre, se di lavoro si trattava. L'onore di respirare la stessa aria di Woody Goodman consisteva più che altro nel ciondolare nel suo ufficio senza fare assolutamente nulla, cosa che riferì a sua figlia chiaro e tondo, nella speranza di farla tacere.

 Un buco nell'acqua.

E lo aspettava anche di peggio “ Per far funzionare un'amicizia”, filosofeggiava mentre Logan teneva gli occhi ostinatamente fissi davanti a se, “ bisogna essere sinceri, ed io in questo non ho assolutamente nessun problema.” Oh, me ne sono accorto. Beata innocenza. “ Ma tu”, continuò imperterrita, “ tu fuggi dalla verità.” Se la tua verità fosse solo lontanamente simile alla mia, a quest'ora saresti già partita per le Hawaii sull'aereo di tuo padre. “ Solo quando mi da la caccia”, rispose spazientito, le braccia incrociate per controllare qualunque impulso vagante che avrebbe potuto colpirlo, la speranza di farle capire di dover darci un taglio che svaniva rapidamente. Sentì gli occhi rivolgersi al soffitto, le sopracciglia scattare in alto, ed il suo limite di sopportazione, la cui soglia non era mai stata poi così alta, toccato e superato. Non avrebbe potuto trattenersi ancora a lungo dallo svegliare quella ragazzina dalla sua innocenza, da quel mondo in cui tutto era facile, buono e giusto. Presto ci avrebbe pensato al realtà, a svolgere quel compito comunque, ma lui rischiava di batterla sul tempo. “Sai cosa penso? Che usi la rabbia e il sarcasmo per non permettere alla gente di avvicinarsi troppo a te.” Il che era davvero strano per un ragazzo che aveva perso praticamente la sua intera “famiglia”, se di quello si era mai trattato, e tre ragazze in rapida successione nel giro di due anni. Chissà perché. Se solo fosse servito a farla tacere. “ Sai, è vero”, disse voltandosi a guardarla, ormai esasperato. Ora basta, era tempo che La Bella Addormentata si rendesse conto che le fate non esistevano. E se svelarglielo l'avesse salvato da quella tortura psicologica, avrebbe portato a termine la missione con piacere. “ Però non sempre funziona ”, proseguì. Il sarcasmo pesante nella voce  passò di nuovo inosservato alle orecchie della ragazza, che sorrise: “ Dimmi cosa pensi di me: sul serio, devi essere sincero.”, gli intimò con voce squillante, le mani sui fianchi; ignara di averlo appena invitato a nozze, per così dire: dato che non poteva eliminarla materialmente, ( Logan ci era già stato, in prigione, e dopotutto non teneva a tornarci: riteneva l'arredamento straordinariamente volgare), l'avrebbe fatto con le parole; la sua lingua era abbastanza affilata per poterci riuscire, e Logan aveva avuto, e aveva tuttora, interlocutori molto più tosti della svampita Gia Goodman. Il pensiero di una di loro in particolare fece schizzare la sua frustrazione a vette stellari: con un suggestivo movimento circolare delle mani, a sottolineare ogni parola, si accinse a cominciare a decantare la sua lista di “ Cento Motivi Per Cui Non Sopporto Di Respirare La Tua Stessa Aria”.

Si sentì afferrare da una mano piccola ma ferma neanche pronunciata la prima sillaba : “ Balli con me?” Ma che coincidenza: bastava pensare al diavolo e spuntava Veronica Mars. Non ci pensò nemmeno un secondo: piuttosto che continuare a sottostare a quella cascata di parole, che probabilmente avevano anche un fondo di verità, cosa che le rendeva ancor più insopportabili, Logan avrebbe ballato con lei anche se avesse avuto un occhio solo al centro della fronte. Si sollevò di scatto con un sarcastico “certo”, lasciandosi guidare dalla piccola mano fredda e sicura al centro della sala. Il silenzio caduto tra loro era eloquente: non avevano nulla da dirsi. O forse troppo, a seconda della prospettiva. Comunque fosse, quel vuoto, così straordinariamente fuori posto nella pista brulicante di corpi danzanti, era davvero insopportabile. E fu così che Logan Echolls si diede da fare per colmarlo nel modo che meglio conosceva: una battuta di cattivo gusto “ Quando sognavo questo momento me lo immaginavo completamente diverso ”, disse mentre lei evitava il suo sguardo, le labbra strette come già pentendosi del suo commovente salvataggio del mondo felice di Gia Goodman. “ Così è la vita “ concluse, aspettando la mossa successiva, intimamente orgoglioso per aver suscitato una qualche, seppur minima, reazione in Miss Pezzo Di Ghiaccio. Che sembrava star facendo del suo meglio per evitare il contatto visivo con lui, come se avesse potuto pietrificarla. Ahimè, tutto il contrario. Chi non riusciva ad abbassare lo sguardo era Logan, che si rendeva conto della propria stupidità con ogni fibra del suo essere: mentre le circondava la vita sottile con le braccia, mentre lei allacciava le sue al suo collo, con un'aria così riluttante da risultare quasi offensiva. Come se fosse stata lei, quella a soffrire. Come se non fosse stata lei a rendere Logan più incline all'auto commiserazione più di quanto fosse mai stato. Come se non gli avesse offerto una  parvenza di normalità e poi gliel'avesse strappata via in un unico, breve scambio di parole.  Quando finalmente il premio Nobel per il Sadismo sollevò il viso pallido verso di lui, fu il suo turno a  non incrociare le iridi celeste pallido, non trovando niente di meglio da fare  che concentrarsi sulla sensazione delle mani che toccavano – più precisamente, sfioravano, il corpo ingannevolmente fragile della sua ex ragazza. Bella mossa davvero, bravo: se avesse potuto prendersi a schiaffi l'avrebbe fatto; quel semplice gesto non faceva che ricordagli altri momenti, più intimi e più felici, in cui non si era limitato a toccare il corpo, ma anche l'anima di quella ragazza -  così si era illuso, forse. Perché  quel corpo non era mai stato solo un corpo, diversamente da quello abbronzato e slanciato della matrigna di Dick: era stato qualcosa da proteggere a tutti i costi, ed un'ancora nei suoi momenti bui, che non erano affatto mancati all'appello. Si stupiva di ricordare ancora nitidamente la consistenza della sua pelle sotto le dita, o di sapere con certezza che Veronica aveva cambiato profumo; non erano le piccole cose, quelle che si dimenticavano subito? Se pensava ad Hannah,  nulla di tutto ciò gli tornava alla mente. La memoria che più lo colpiva di lei erano i suo grandi occhi innocenti, di un blu completamente diverso rispetto a quelli che si ostinava ad evitare, pieni di una fiducia nella bontà del mondo che lui aveva perso da tempo. Sperava che le sconsideratezze di suo padre non spezzassero quella spensieratezza, quanto più l'aveva fatto interessare a lei. Quegli occhi erano stati come due finestre nell'anima pura della ragazza, confermando in pieno il vecchio adagio. Sarà stato un sentimentale, ma Logan credeva a quel particolare proverbio per esperienza personale: era così suo padre riusciva sempre a scoprire quando ne aveva combinata una delle sue, nonostante gli sforzi di coprire le inevitabili buffonate che finiva per fare potessero essere considerati, senza falsa modestia, ammirevoli a dir poco.

Uno dei motivi per cui, quando inevitabilmente i loro sguardi si incontrarono, Logan si sentì profondamente a disagio. Davvero strano: eppure di solito non succedeva proprio mai. Già. Quelle iridi azzurro chiaro lo ipnotizzavano sempre, umiliante ma vero. Sperò soltanto che lei non potesse guardargli attraverso, cosa che le riusciva straordinariamente bene. Se lo avesse fatto avrebbe visto...cosa? Non c'era granché rimasto da mostrarle. Non c'era niente per lei lì, si illudeva Logan Echolls, scegliendo di ignorare l'imbarazzato calore che vedeva nei due piccoli laghi che ricambiavano la sua occhiata, apparentemente incapaci di distogliere lo sguardo da lui, mentre la canzone lenta di sottofondo subiva lo stesso identico trattamento. La musica avrebbe anche potuto non esserci: non la sentiva, preso com'era dalla vicinanza del viso di fronte a se, tanto che poteva quasi sfiorarlo. E voleva farlo, contro tutte le logiche comunemente accettate. Del resto, Logan Echolls non sapeva di stare incarnando una volta di più il ritratto del perfetto idiota: l'idiota che ancora ignorava di esserci ricascato di nuovo con tutte le scarpe.

Salve! Scusate il ritardo, ma la mia esistenza si è recentemente trasformata in un tour de force. Comunque, eccomi di nuovo qui: signore e signori, la schizofrenia continua. Seconda stagione questa volta, anche se probabilmente ve ne sarete accorti da soli. Trovo che questo sia uno dei momenti più significativi di tutta la serie: in un solo minuto di sguardi viene detto più che in un episodio intero. Non potevo resistere! Ci tengo a ringraziare i miei 5 recensori e i lettori che hanno messo questa storia tra Preferiti e Seguiti: aspettate che arrivi l'estate e giuro che aggiornerò dieci volte più velocemente. Nel frattempo, continuate a seguirmi, e ricordate che accetto suggerimenti per i momenti da scrivere. Allegateci una bella recensione, già che ci siete! A presto.
M

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