Gli Eredi della Leggenda di 68Keira68 (/viewuser.php?uid=32217)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1_ Prologo ***
Capitolo 2: *** 2_ Il primo pezzo del puzzle ***
Capitolo 3: *** 3_ Finalmente in viaggio ***
Capitolo 4: *** 4_ I due viaggi ***
Capitolo 5: *** 5_ Un nome, una persona, una realtà ***
Capitolo 6: *** 6_ Riconoscimenti con pericoli lontani ***
Capitolo 7: *** 7_ Torquis Marium ***
Capitolo 8: *** 8_ Nuove conoscenze e vecchie amicizie ***
Capitolo 9: *** 9_ L'amore è irrazionale ***
Capitolo 10: *** 10_Piano B ***
Capitolo 11: *** 11_Quando il passato bussa alla porta ***
Capitolo 12: *** 12_ Il rischio di sperare ***
Capitolo 1 *** 1_ Prologo ***
cappy 1
PREMESSA:
Salve a ttt! Cm ho già detto è la prima volta ke
scrivo una ff su Pirati dei Caraibi, e vi chiedo di nn essere troppo
severi nel giudicarla, perfavore :-P! Qst è solo
un'introduzione alla ff, e quindi può sembrare un po' noiosa
e sarà anke un po' melodrammatica, però era
essenziale ai fini della ff, se no più avanti nn si sarebbe
capito niente! Andando avanti nei capitoli si entrerà
più nel vivo, dove entreranno in scena quasi ttt i
personaggi del film ke per ora sn assenti e ci saranno anke parecchie
sorprese! Spero ke la ficcy vi piaccia e vi sarei grata se inserirete
un commento dopo aver letto il cappy! Buona Lettura!
PS Perfetto,
sn tornata al mio pc e in più ho ttt chiaro su cm
fare con i codici html sopratutto grazie a Kela, Grazie!
PPS Ho cambiato il
nome della protagonista, scusatemi per quello ke aveva
prima!!!
NB La
copertina è stata fatta da DjKela, quindi un enorme grazie
va tutto x lei: GRAZIE!!!!!!!!!!
1_ Prologo
L’estate finalmente
era arrivata, il sole risplendeva nel mare che bagnava la piccola isola
di Telia, ai confini del mar dei Caraibi e Angela, si stava dirigendo
al mercato per fare la spesa.
Angela era una ragazza di sedici anni,
quasi diciassette, aveva lunghi capelli dorati, come quelli della madre
e occhi di un castano scuro, come quelli di suo padre. O per lo meno
questo era quello che le avevano sempre detto, dal momento che non
aveva mai avuto la fortuna di conoscere suo padre di persona. Sua
madre, Annalisa Modema, era una donna vivace che lavorava nella piccola
locanda del marito, suo padre addottivo, l’unica in tutta
l’isola. Angela aveva sempre vissuto con lei, che
l’aveva cresciuta dedicandole ogni momento della sua vita.
Diceva sempre che era l’unica cosa che possedesse sul serio,
l’unica cosa che le rimaneva, l’ultimo regalo che
l’unico uomo che aveva amato veramente, le aveva fatto.
Secondo quello che sua madre le aveva
detto, suo padre era morto, portato via dai pirati poco dopo il suo
concepimento. Era un brav’uomo, e lei lo aveva amato tanto.
Il dolore della separazione era sempre rimasto vivo in lei, e non aveva
mai accettato veramente il fatto che se ne fosse andato. Tuttavia, dopo
quasi dieci anni, era riuscita a superare abbastanza il trauma e a
riposarsi, anche se non era mai riuscita a dimenticare del tutto il suo
primo amore. A Angela non era mai andato a genio il suo padre adottivo,
Jhonatan Blachet, un piccolo commerciante che si interessava solo ai
suoi affari e il suo unico problema era quello di accumulare
più soldi possibili. Non le aveva mai fatto mancare niente,
questo era vero, ma il fatto che si chiamassero per nome e che non si
considerassero nemmeno parte della stessa famiglia era la prova del
loro odio reciproco. Però era anche vero che lei e sua madre
non avevano mai avuto da lamentarsi, ma tutto sommato non riusciva a
sopportarlo, specialmente per il modo in cui rinfacciava continuamente
a lei e a sua madre tutti i sacrifici che lui aveva dovuto fare per
mantenerle. Cosa che non era affatto vero, dato che sua madre aveva
sempre lavorato anche lei insieme a lui, e che Angela per prima dava
una mano tutte le volte che poteva.
Del suo vero padre non conosceva nemmeno
il nome, sua madre non glielo aveva mai detto, nonostante tutte le
volte che lei l’aveva pregata di dirglielo, ma dopo un
po’ aveva smesso anche di chiederlo, vedendo che ogni volta
che nominava o chiedeva qualcosa riguardo al suo vero padre, gli occhi
di sua madre diventavano lucidi. L’unica cosa che le diceva e
che non smetteva mai di ripetere era che Angela assomigliava al suo
vero padre in una maniera impressionante, il modo di camminare, quello
di parlare, la sua passione per l’avventura, il cacciarsi nei
guai, e anche la sua innata bravura con la spada. Questa era una cosa
di cui Angela andava fiera, il quant era brava con la spada, nessuno le
aveva insegnato a maneggiare quell’arma, tuttavia la prima
volta che ne aveva presa una in mano aveva iniziato a sferrare affondi
contro avversari invisibili come se fosse la cosa più
naturale del mondo e in poco tempo era diventata la ragazza che tutti i
ragazzi dell’isola volevano sfidare per dimostrare di essere
più abili, palloni gonfiati che Angela puntualmente
disarmava in cinque secondi.
L’infanzia di Angela
quindi era stata abbastanza serena, certo le mancava la figura paterna
che non aveva mai conosciuto, ma sua madre non glielo aveva mai fatto
pesare troppo, offrendole tutto l’amore che poteva darle.
Ultimamente però le cose non andavano più
così bene.
Sua madre, Annalisa, si era ammalata
gravemente di broncopolmonite. Jhonatan le aveva pagato tutte le cure
che poteva, ma per ora non si erano visti miglioramenti, per i medici,
sembrava non ci fosse più nulla da fare.
Però lei continuava a
sperare, era sicura che la madre si sarebbe ripresa, non poteva
lasciarla anche lei, no, non poteva, e questo ormai se lo ripeteva da
mattina e sera da più di quattro settimane.
*
“Buongiorno Angela, prendi un chilo di frutta come al
solito?”
“Si, grazie Leonard”
Angela al mercato conosceva tutti i
mercanti, e loro conoscevano tutti lei, come tutto il resto
dell’isola.
D’altronde era anche difficile
non notarla. Era la ragazza più particolare di tutta
l’isola, di una bellezza mozza fiato ma con un caratterino
invidiabile. Era forte e sicura, e spesso e volentieri sembrava un
maschietto, adorava le navi, la spada, e da piccola era sempre la prima
a giocare ad arrampicarsi tra gli alberi e cose del genere.
“Ti accontento subito. Ah, e
tua madre come sta? So che non ci sono stati molti
miglioramenti” chiese cortesemente il fruttivendolo.
“No, è
vero, non ci sono stati molti migliaramenti, ma state pur tranquillo
che si riprenderà” rispose la giovane.
“Così
speriamo tutti, Angela”
“Angie! Angela!
Vieni presto! È successa una cosa orribile, devi venire!
Presto!”
A urlare il suo nome era stata
Maggie, la sua migliore amica. Avevano la stessa età ed
erano cresciute insieme. Erano amicissime, ma non si assomigliavano per
niente. Se Angela a volte poteva passare per un maschio, questo non
sarebbe mai accaduto a Maggie. Era una ragazza a modo ed educata. Aveva
ricevuto un’educazione ferrea dai suoi genitori, ed era
l’ultima persona che cercava avventure o misteri. A Maggie
piacevano le cose semplici, era una ragazza con i piedi per terra,
desiderava solo costruire una famiglia da grande. Questo a totale
differenza di Angela, la quale avere una famiglia era
l’ultimo dei suoi pensieri, lei sognava
l’avventura, le sarebbe piaciuto viaggiare con i pirati in
cerca di mille tesori. Ma questi ovviamente erano pensieri proibiti per
una ragazza di quella società, segreti che aveva confidato
solo a lei, a Maggie, con la promessa che un giorno avrebbe lasciato
Telia, e si sarebbe imbarcata su un veliero. “Maggie, ciao,
ma cosa succede? Cos’è accaduto?”
domandò preoccupata. Maggie aveva il fiato corto per la
corsa che aveva fatto per cercarla, e dovette fermarsi un momento per
riprendersi prima di poter parlare. “Angela, tua madre,
è peggiorata, ha iniziato a tossire forte, non la smetteva
più, e la febbre sembra essere salita, mi hanno mandato a
chiamarti, presto, devi venire a casa!” speigò
velocemente.
Stop. Cosa? Sua madre, peggiorata? Come
poteva essere, l'aveva salutata neanche un'ora fa e stava
discretamente.
Angela per un momento aveva perso
coscienza di sé, non sapeva più
dov’era, né cosa stava facendo, solo una cosa
capiva, sua madre stava peggiorando, doveva andare da lei.
Senza pensarci buttò a terra
tutto quello che aveva in mano, facendo così spargere sul
marciapiede la frutta che era dentro le borse che portava, e corse a
perdifiato lungo la strada che l’avrebbe portata a casa.
La casa dove abitavano era sopra la
locanda e l’unico modo per accedere agli appartamenti era
entrare nel locale e salire la scala che si trovava nel retrobottega.
Salì i gradini tre a tre e si precipitò nella
camera della madre seguita a ruota da Maggie.
Annalisa era stesa sul letto
ed era in preda a violenti attacchi di tosse. Suo marito era accanto a
lei e le teneva la mano, mettendole un fazzoletto bagnato sulla fronte
con quella libera.
“Mamma!”
esclamò Angela in un sussurro appena udibile. Si
accostò al letto dalla parte opposta di dove si trovava il
padre addottivo.
“Mamma”
ripeté “cos’hai? Vado a chiamare un
dottore?” chiese a voce bassa con uno sguardo pieno di
angoscia nel guardare la madre ridotta in quello stato.
“Non ce ne bisogno,
l’ho già chiamato io, e la già
visitata” si intromise Johnatan.
“E cos’ha detto il
medico?” domandò
“Ha detto
che…” ma prima che potesse finire la frase,
Annalisa gli fece cenno di far parlare lei. Così tra una
attaccò di tosse e l’altro riuscì a
rivolgersi alla figlia.
“Angie, il dottore
è già venuto. Ha detto…che
sono… peggiorata.” Concluse la frase con un
attacco più forte degli altri. No, non poteva essere vero,
non poteva accadere, non a lei, non ora. Angela sentì le
lacrime affiorarle dagli occhi e iniziare rigarle le guance.
Non era assolutamente possibile, le
sembrava che tutto quello che stava accadento fosse solo un brutto
incubo.
“No, piccola, non
…devi piangere.”
“Mamma… per
favore…”
“Ascolta, il dottore ha detto
che mi resta…poco…da vivere...
probabilmente..” un altro attacco di tosse le
impedì di continuare la frase, così la concluse
Jhonatan per lei.
“Probabilmente…non…non
riuscirà…a…superare la
notte” finì con amarezza e anche con un velo di
rassegnata disperazione nella voce.
Nulla, il nulla era quello che allegiava
nella mente di Angela. Non capiva più niente. Ma se la sua
mente era vuota, di certo non lo era il suo cuore. Infatti un misto di
rabbia, tristezza, desolazione, sconforto e disperazione di
impadronì di lei. Rabbia, perchè non era
assolutamente giusto ciò che stava accadendo, tristezza e
desolazione perché senza di lei ogni cosa non aveva
più senso, chi le rimaneva ora al mondo? Chi le dava un
motivo per andare avanti? Sconforto e disperazione perché
era cosciente che anche se la cosa era ingiusta, non poteva farci
niente, se non rassegnarsi al fato.
Le sembrava tutto così
irreale, sua madre non poteva lasciarla, aveva giurato che sarebbe
rimasta sempre per lei, e ora un malattia se la stava portando via. Non
riusciva a credere che quello che stava accadendo lo stava vivendo lei
di prima persona, le sembrava di guardare la scena da fuori, da
spettatrice, però le emozioni che aveva le stava provando in
prima persona. E le lacrime che avevano preso lentamente a rigarle le
guance ne erano una prova.
“NO!” Con un
gridò si gettò tra le braccia della madre
piangendo.
Annalisa rispose
all’abbraccio, coccolandola e accarezzandola con dolcezza.
“Nonononononononononono, non
è giusto, mamma, no, ti prego, no!”
“Angela, calmati, ti prego…prima di
tutto…devo dirti…una cosa importante”
le disse Annalisa.
Angela si staccò un attimo
dalla madre guardandola stupita, ma senza smettere di lacrimare.
Doveva dirle qualcosa di importante?
Cosa c’era più importante di quello in quel
momento? Sua madre la guardò in modo serio, poi, dopo un
altro colpo di tosse, prese un bel respiro e disse:
“Angela, ascoltami bene. Ti
ricordi…che ti dissi…che il tuo vero padre era
morto,…portato via dai pirati?”
“Certo, si me lo
ricordo” Papà? Cosa c’entrava ora
papà!? “Ecco…io…non ti dissi
tutta la verità.” Silenzio, rotto solo da qualche
colpo di tosse. Cosa stava dicendo?
“Vedi…devi
sapere…che tuo padre…tuo padre…
è ancora…vivo”
Cosa? Papà, vivo?
L’uomo che aveva creduto morto per tutto questo tempo, vivo?
Non era possibile, stava delirando probabilmente, si, delirava in preda
alla febbre.
“Ma cosa stai dicendo, mamma?
Non è possibile” sussurrò la ragazza
decisa.
“Io ti ho
mentito…ma l’ho fatto per te,
credimi…non per cattiveria… Tuo padre
è vivo. Non so se vorrai mai vederlo…ma dovevi
sapere che almeno…che almeno era vivo”
Eppure non sembrava una persona che
parlare in preda al deliro della febbre, con frasi sconnesse e ochi
vacui. Era seria, le parlava seguendo un filo logico.
Ma non era possibile che ciò
che le stava dicendo corrispondesse alla verità.
Però...
“Mamma, come si chiama, ti
supplico, dimmi il suo nome!”
“è una
storia lunga…sul bancone al piano di sotto,
c’è una lettera, aprila…e
…troverai tutte…le informazioni. Oh, piccola mia,
perdonami, ti supplico...perdonami...Ti voglio tanto...tanto bene...e
te ne vorrò ...”
ma non riuscì a
concludere la frase.
“Mamma, NO! MAMMA!
No!!!!!!!”
Angela scoppiò a piangere a
dirotto e si accasciò a terra, priva di forze. Anche
Jhonatan pianse. Maggie corse a sostenere l’amica, ma appena
le fu vicino Angela si rialzò e corse fuori dalla camera.
Non poteva stare lì, voleva
scappare, correre lontano da tutto e tutti, però quando fu
al piano di sotto l’occhio le cadde irrimediabilmente dove la
madre le aveva detto che si trovava una lettera per lei. La prese e
ricominciò a correre.
Nemmeno lei sa per quanto tempo corse,
solo che quando cadde sfinita, ancora con il volto bagnato di lacrime,
si ritrovò sulla spiaggia, proprio mentre c’era il
tramonto e si fermò a contemplarlo. Era bello, molto bello,
ma ormai ogni cosa non aveva più senso.
Sua madre era morta, e ora era sola,
infinitamente sola. Non poteva crederci, era accaduto tutto troppo in
fretta. Solo quella mattina l'aveva salutata prima di uscire di casa e
stava bene. Oddio, stare bene non era corretto, stava male, come sempre
in quegli ultimi giorni, ma era viva, l'aveva salutata sorridendo.
E ora? Se ne era andata per sempre.
Non ci poteva credere. Sentiva un vuoto
incolmabile dentro. Adesso tutte le emozioni che poco prima avevano
preso possesso del suo cuore erano finite, non provava più
niente, era come se nulla avesse più un senso, tutto era
svanito in una nuovola di fumo, tutto se ne era andato insieme a lei,
insieme alla donna che per 16 anni l'aveva cresciuta e amata, l'unica
persona che aveva avuto dalla nascita.
Non le importava più di
niente, le sembrava di essere insensibile ad ogni cosa, probabilmente
se l'avessero presa e gettata in mare non se ne sarebbe nemmeno
accorta.
Poi si ricordò delle ultime
parole della madre e della lettera. Suo padre. Suo padre era vivo
secondo la donna.
Ma come era possibile? Lui era morto,
sua madre le aveva sempre raccontato che se n'era andato, e ora, sul
letto di morte, saltava su con il fatto che era ancora vivo? _ stava
delirando_ pensò la giovane, e questo effettivamente avrebbe
spiegato tutto, ma come esserne certi? Ora la risposta a tutte le sue
domande stava tra le sue mani, nella lettera che sua madre le aveva
lasciato. Da una parte voleva leggerla subito per scoprire la
verità, dall'altra però aveva paura, una paura
tremenda di ciò che avrebbe trovato scritto.
E se avesse scoperto che effettivamente
suo padre era ancora vivo? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasta
lì e avrebbe continuato la sua vita come se nulla fosse o
sarebbe andata a cercarlo?
In più non aveva neanche la
forza di leggerla, se avesse scoperto che sua madre diceva la
verità, non sapeva neanche se avrebbe retto ad un'altra
notizia del genere. Però la curiosità a volte
è più forte di tutto il resto.
basta
con i dubbi, ora la apro e leggo, devo sapere con la mano
tremante aprì la busta e inizò a leggere la
lettera che in ogni caso le avrebbe cambiato la vita. Era scritta con
una caligrafia minuta, la caligrafia di sua madre, precisa e piccola.
Iniziò a leggere con il cuore che le batteva a mille.
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Capitolo 2 *** 2_ Il primo pezzo del puzzle ***
Nota dell'autrice:
Salve a tutti! Eccomi, sono tornata con il
secondo cappy della ff! Prima di ttt volevo dire ke ho cambiato nome
alla ficcy xkè penso di averne trovato uno più
azzeccato, si capirà meglio andando avanti con i cappy, cmq
mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate del nuovo titolo. Ora sn
riuscita anke a mettere i codici, yuppi!!!!! Effettivamente era
pesante da leggere in quel modo, finalmente sn riuscita ad aggiustare
la cosa, grazie principalmente a DJ Kela, ke mi ha detto cm fare!
Grazie!!
Allora, in qst cappy rimane ancora ttt avvolto abbastanza nel mistero,
xò si svelerà ttt più avanti,
promesso! Spero di riuscire a destare la vostra curiosità!
Poi volevo ringraziare per aver commentato:
Violet: sn contenta che il primo cappy ti sia
piaciuto! Ho cambiato il nome della protagonista, avevate ragione e mi
scuso! Spero ke anke il secondo cappy ti piaccia.
DJ Kela: Ciao!
Felicissima ke il cappy ti sia piaciuto e grazie per i complimenti! Si,
hai ragione, l'ultima parte l'ho affrettata troppo, in questo cappy
xò ho cercato di installare un ritmo, cm dici giustamente
tu, xò nn so se ci sn riuscita molto! Accade ttt abbastanza
in fretta! Johnatan effettivamente si scrive con la o dopo la J, ho
sbagliato, grazie x avermelo detto! In qst cappy dovrei averlo scritto
giusto ;-)! Spero ke ti piaccia il anke il 2°!
Giada: grazie x
aver commentato e sn felice ke la ficcy ti piaccia! Spero ke ti piaccia
anke il 2° cappy!
Grazie anke a ttt quelli
ke l'hanno solo letta!! Ditemi cosa ne pensate di qst
2° cappy. Kisskiss a ttt 68Keira68.
2_
Il primo pezzo del puzzle
Mio piccolo Angelo,
Così
la chiamava sempre la madre, e
così iniziava anche quella lettera, scritta con quella
calligrafia così minuta.
Quando leggerai questa lettera io non ci
sarò più. La vita è breve e
uno deve cercare di godersela in ogni suo attimo, e ti assicuro che io,
grazie
a te, non ho rimpianti. Sei una bravissima e bellissima ragazza, non mi
hai mai
dato neanche un dispiacere, mi
sei
sempre stata accanto e sono orgogliosa della donna che stai
diventando.
Però,
forse, a dir la
verità un rimpianto ce l'ho, quello
di non aver trovato il coraggio di dirti tutta la verità su
tuo padre, quando
ero in vita.
Per questo ti ho scritto questa lettera, perchè devi sapere
ogni cosa, ne hai
il diritto.
Ti chiedo solo un ultimo favore prima di rivelarti ciò che
sto per dirti,
quello di non biasimarmi troppo quando avrai finito di leggere e di non
odiarmi, anche se probabilmente lo meriterei, perchè quello
che ho fatto lo
svolto nel tuo unico interesse.
Cara Angela, tuo padre è vivo, ti ho mentito e mi dispiace.
Ora penserai
probabilmente che sto delirando, ma ti prego di credermi
perchè questa è la
verità. Dopo che sei stata concepita, una
serie di... circostanze ha impedito
che lui .... rimanesse ... con te e con me ... a casa. E da allora non
ho avuto
più sue notizie, ma conoscendolo ti posso assicurare che
nessuno potrebbe fargli
male, perciò posso affermare con sicurezza che tuo padre
è vivo e vegeto. Te
lo tenuto nascosto per tutti questi anni perchè dopo che io
aveva passato dieci
anni a sperare che tornasse, non volevo che anche tu vivessi con questa
illusione, che si è rivelata futile e dolorosa. In pratica
non volevo che
portassi dentro al cuore una speranza che si sarebbe rivelata vana e
che ti
avrebbe fatto soffrire.
Ora penserai che non avevo il
diritto di
tenerti nascosta una cosa del genere nemmeno se era nel tuo interesse,
ma cerca
di capirmi, ho cercato solo di proteggerti.
Ora non so se vorrai mai vedere tuo padre, questa è una
scelta tua, posso solo
dirti che semmai vorrai incontrarlo probabilmente lo troverai a
Tortuga, se è
rimasto l'uomo che conoscevo!
Allegata a questa lettera troverai anche un ciondolo che mi aveva
regalato lui
prima di andarsene. E' un oggetto molto particolare che non sono mai
riuscita
ad indossare, purtroppo, ma
sono sicura
che tu ce la farai!
Non ti immagini quanto bene ti voglio, e non piangere per me, devi
andare
avanti. Vivi le tue avventure, fai avverare i tuoi sogni, questa
è la cosa più
importante, e non fermarti mai davanti a nulla, sii coraggiosa e vai
avanti per
la tua strada, qualunque cosa succeda.
Ti veglierò da quassù. Ti abbraccio forte forte.
Un bacio
Mamma
P.S.
Il nome di tuo padre è ...
Rilesse di nuovo la lettera, e poi ancora e ancora e ancora,
finché non la
imparò a memoria.
Le
lacrime avevano nuovamente iniziato a rigarle il volto. Incredibile
quante
lacrime si potessero versare in un solo giorno, probabilmente aveva
stabilito
un record. Tuttavia non ci poteva fare niente, continuavano a
scivolarle sul
viso, uscendo copiose dai suoi occhi arrossati e stanchi.
Se sua madre aveva scritto quella lettera era perchè
probabilmente sapeva già
che doveva andarsene, e non le avevano detto nulla. Un'altra cosa da
sommare
all'elenco, ma oramai non aveva più importanza. Come tutto
il resto.
No, qualcosa ancora c’è.
Suo padre. Suo padre era vivo, allora sua madre non delirava, diceva la
verità.
Non le sembrava vero. Non le sembrava possibile. Per tutti questi anni
aveva
creduto di essere orfana di padre e ora scopriva che anche lei ne aveva
sempre
avuto uno. Rilesse il Post Scrittum dove la madre aveva scritto il nome
dell’uomo
con la quale l'aveva concepita. Due semplici parole scritte con un
inchiostro
scuro, banali per chiunque le leggesse, chiunque tranne lei. Per Angela
quelle
parole avevano il significato di tutta una vita, la risposta alla
domanda che
più l'aveva assillata in tutte quegli anni, una speranza che
si era accesa là
dove regnava il buio più totale.
Aveva
sempre paragonato la sua vita ad una specie di puzzle senza soluzione,
lei era
lì, incompleta, con tanti vuoti, vuoti che non sarebbe mai
stati colmati, o
perché non si sapeva dove e come rimettere a posto i pezzi
mancanti, o perché
proprio quei pezzi non c’erano. Suo padre rappresentava uno
di quei vuoti
incolmabili della quale si erano perse le tracce, e ora eccolo
lì, il destino
le dava la possibilità di trovare uno di quei pezzi, adesso
doveva solo trovare
il modo di recuperarlo e poi metterlo.
Ma
adesso cosa avrebbe fatto? Avrebbe davvero trovato il coraggio di
lasciare
tutto e tutti e per cercarlo? Avrebbe sul serio lasciato la sua casa,
la sua
gente, le sue amiche, per inseguire un uomo della quale sapeva solo il
nome?
Certo, sua madre le aveva detto da dove iniziare le ricerche, a
Tortuga, ma se
poi lì non c'era? Avrebbe iniziato a vagare per il Mar dei
Caraibi sperando in
un incontro fortuito? Una cosa del genere probabilmente avrebbe
richiesto anni,
considerando che di suo padre non conosceva né l'aspetto,
né che mestiere
faceva, né i posti che frequentava, solo il nome, solo quel
maledetto nome che
aveva voluto sapere per così tanti anni e che ora ne era
venuta a conoscenza
nel peggior dei modi possibili, con la morte di sua madre.
Però, d'altro canto, non aveva neanche più niente
ormai che la legava a quell’
isola. A parte Johnatan.
Partire
per allontanarsi da lui potrebbe già dimostrarsi una valido
motivo
Pensò
la ragazza ironicamente, ma
neanche più di tanto. E Maggie? L’avrebbe lasciata
da sola su quest’isola, con
molte probabilità di non vederla mai più?
Potrei
cercare di convincerla a partire con me.
Partire? Allora vuoi proprio andartene, ha deciso?
No, non ho deciso.
E quindi cosa vuoi fare? Stare qui e lasciarti assalire dai tuoi
pensieri?
Rimanere su quest’isola con il tuo caro patrigno e vivere una
vita di
rimpianti, continuando a pensare a cosa sarebbe successo se fossi
partita?
Non lo so ciò che devo fare! E ora poi sono troppo stanca
per parlarne, voglio
solo riposare, è chiedere troppo? Domani mattina
penserò al da farsi!
Dormire, certo, è una
parola. Ma tra il dire e il
fare c’è di mezzo il mare, specialmente se i
pensieri continuano ad assillarti
senza darti tregua, allora l’unica cosa possibile da fare e
lasciarli navigare
nella tua mente.
Era calata la notte senza che
Angela se ne
accorgesse. Il tempo per lei sembrava essersi fermato. Continuava a
guardare
l’orizzonte senza però vederlo veramente. Aveva la
mente preda di mille
pensieri e il cuore navigava tra sentimenti contrastanti tra loro.
L’Angela
impulsiva, quella che si faceva guidare dal cuore, le diceva che doveva
imbarcarsi al più presto e cercare suo padre, senza
preoccuparsi delle
possibili conseguenze. Quella razionale, la parte di lei che guardava
sempre i
pro e i contro di ogni azione, quella che veniva fuori solo nelle
decisioni più
importanti, le suggeriva di rimanere lì, che era insensato e avventato salpare per mare
solo con una
debole rotta, con niente di certo. E correre un rischio del genere per
cosa
poi? Per cercare un uomo che per tutti questi anni era rimasto assente
dalla
sua vita, la vita di sua figlia.
Non
è stata colpa sua. È vero, l’ho
pensato, ma la mamma ha spiegato bene nella
lettera che è dovuto andare via poco dopo il suo
concepimento, quindi
probabilmente non sapeva nemmeno che mia madre era incinta di lui,
quando se n’
è andato.
Ne sei sicura?
Ma certo, questo non lo metto in dubbio, che razza di persona
è una che lascia
la donna che ama, per di più incinta, senza un valido
motivo?
Una persona che pensa solo a se stessa senza preoccuparsi di poter
ferire gli
altri, ovvio.
Esatto, e mio padre non è così! La mamma diceva
sempre che era un brav’uomo, e
ogni volta che lo nominava aveva gli occhi ancora sognanti, di certo
non può
essersi innamorata a tal punto di una persona egoista e senza scrupoli!
Di
certo avrà avuto un buon motivo, un motivo che io voglio e
devo sapere.
Un bivio, ecco cosa la vita le
metteva davanti, un
bivio. Il destino le presentava due strade che l’avrebbero
portata a vivere due
vite completamente diverse tra loro, questo lo sapeva. Se fosse rimasta
sull’isola, si sarebbe sposata, avrebbe avuto una famiglia e
probabilmente
avrebbe portata avanti la locanda del patrigno. Una vita normale, come
quella
di tutte le ragazze di quell’epoca, una vita che le stava
stretta solo a
guardarla, era vero, però un’esistenza sicura, che
non prevedeva brutte
sorprese, ma solo grandi rimpianti. Se invece fosse partita, si sarebbe
messa
sulle tracce di suo padre, salutando per sempre una vita sicura e
tranquilla
tra le quattro mura di casa e abbracciando un’esistenza di
avventure e grandi
esperienze, sia che avesse o non avesse trovato il padre. Se lo avesse
trovato
avrebbe iniziato a vivere con lui, qualunque fosse la sua vita, se non
lo
avesse trovato lo avrebbe cercato per mari in eterno,
e una volta iniziata una vita di avventure, sempre
in movimento, conoscendosi, era sicura che non sarebbe mai
più tornata sulla
terra ferma. Cosa fare?
Continuò a pensare al
suo futuro ancora a lungo,
piangendo di tanto in tanto quando il pensiero della perdita appena
subita
riaffiorava nel suo cuore, provocando la fuori uscita di altre lacrime.
Questo
finché la stanchezza non prese il sopravvento e Angela non
si addormentò lì,
sulla spiaggia.
Quando l’alba fece
capolino sul versante opposto
dell’isola rispetto dove si trovava lei, Angela si
destò, svegliata dalla luce
che avanzava lentamente. Passati i primi secondi di disorientamento per
ritrovarsi sulla spiaggia a quell’ora del mattino, la ragazza
ricordò tutto,
compreso quello che doveva fare, doveva vedere Maggie.
In pochi secondi fu sotto casa sua.
La madre di
Maggie era già alzata e preparava la colazione, e vedendo
arrivare Angela, dopo
averle detto alcune parole di conforto sulla morte di Annalisa, la
informò che
Maggie era ancora in camera sua, ma che doveva essere già
sveglia.
“Grazie,
signora” ringraziò Angela e salì a
perdifiato le scale che portavano alla stanza di Maggie.
“Maggie!”
La ragazza piombò nella
sua camera come un uragano,
e trovò l’amica che ancora assonnata sedeva sul
letto con l’intenzione di
alzarsi e di vincere il sonno. Il vedere
Angela entrare di gran carriera in camera sua,
però, la
svegliò completamente.
“Angela, che ci fai
qui?” esclamò stupita, poi
però, vedendo l’espressione sconvolta
dell’amica, aggiunse subito “come stai?
Hai bisogno di qualcosa? Siediti, su” e la fece accomodare
sul letto accanto a
lei. Appena si sedette Angela iniziò a parlare come un fiume
in piena, senza
farsi pregare. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, di condividere i
suoi
sentimenti e le sue idee con una persona fidata e alla quale voleva
bene, e
l’unica persona che rispondeva a questi requisiti, per lei
era Maggie. Parlò
della lettera, di cosa aveva trovato scritto, le raccontò di
suo padre,
dicendogli il suo nome e dove potrebbe trovarlo e la fece partecipe di
tutti i
pensieri che ieri sera l’avevano assalita sulla spiaggia,
senza tralasciare
nulla, se no sentiva che sarebbe esplosa se si fosse tenuta tutto
dentro.
Maggie la ascoltava incredula. Non
riusciva a
collegare ciò che l’amica le raccontava con foga
crescente, alla realtà che la
circondava. Sembra tutto troppo irreale per essere vero. Il padre di
Angela era
vivo e probabilmente si trovava a Tortuga, l’isola dei
pirati. E poi quel nome.
Quel nome non le era nuovo, aveva come l’impressione di
averlo già sentito da
qualche parte, anche se non ricordava dove.
“E ora cosa intendi
fare?” riuscì a dire Maggie
alla fine del discorso di Angela.
“Non lo so, uffa, non lo so, per questo sono venuta da te, in
cerca di un
consiglio” rispose esasperata la giovane.
Maggie rifletté a lungo,
dopodiché, con un dolce
sorriso, prese le mani dell’amica tra le sue, e con voce
calma e ferma esclamò:
“Angela, ti conosco troppo bene per credere che tu voglia un
consiglio da me,
tu vuoi un’approvazione alla tua scelta, non un
suggerimento”
Angela la fissò
incredula. Un’approvazione alla sua
scelta? Magari! Perché ciò avrebbe significato
almeno che aveva deciso
qualcosa! Ma stava lì il problema, che lei non sapeva cosa
fare! Possibile che
Maggie non l’avesse capito?
“Maggie, per ricevere
un’approvazione sulla mia
scelta, come minimo dovrei aver scelto cosa fare, ma il problema
è che non so
proprio cosa fare!! Per questo ho
bisogno di un consiglio, comprendi?”
Maggie sorrise. “Ma
infatti tu hai scelto. Hai
deciso di partire, ma essendo cosciente che è una decisione
pericolosa, vuoi
un’approvazione da qualcuno”
Angela continuava a fissarla ancora
più sbalordita,
sapeva qualcosa che a lei era oscuro?
Maggie proseguì.
“Sono anni che mi dici che vuoi
solo una scusa, un’occasione per lasciare questo posto che
pare odi tanto. Mi
hai sempre detto che mai e poi mai saresti finita ad ammuffire in una
casa con
quattro bambini e un marito che non alza un dito per aiutarti a mandare
avanti
la famiglia, per poi ritrovarti piena di rimpianti una volta diventata
vecchia.
Hai sempre affermato che saresti partita per avventura a bordo di una
qualsiasi
nave, proprio per scappare a questo stile di vita che tu trovi stretto,
e ora
che ti si presenta l’occasione buona vorresti tirarti
indietro? No, certo che
no, sei già pronta per partire, probabilmente il tuo cuore
è già salpato per la
prima nave diretta a Tortuga, l’unica cosa che ti tiene
arenata qui con il
corpo, è la microscopica parte razionale che fa parte del
tuo essere, che si fa
viva ogni tanto e che ti dice che potrebbe essere pericolo far
ciò che
vorresti. Perciò tu vuoi un’approvazione da me,
per mettere a tacere anche
quell’ultima vocina fastidiosa, non perché non
vuoi partire!”
Angela rimase un attimo a
riflettere in silenzio.
Le affermazioni fatte da Maggie l’avevano spiazzata.
Caspita,
e se quello che dice è vero? Anzi, senza il se.
Ha ragione, mi conosce più lei che io!
È vero, io non voglio rimanere su
quest’isola, voglio andarmene, e questa è
l’occasione buona che ho aspettato e
sperato per tanto tempo. Ma perché allora ho così
paura di coglierla? Perché
potrebbe essere pericoloso, come suggerisce la mia parte razionale. Ma
d’altronde…chi non risica non rosica.
Maggie, sei fantastica.
“Maggie, sei fantastica,
hai ragione, devo, no,
anzi, VOGLIO partire, e subito anche! Hai assolutamente
ragione!” esclamò colta
dall’entusiasmo. Poi si ricordò di una cosa che
aveva pensato la sera prima.
“Vieni con me” disse semplicemente.
Ora era Maggie a fissarla
incredula. “Cosa? No,
Angie, no.”
“Perché no?
Non puoi dirmi che vuoi davvero passare
tutta la tua vita su quest’isola!”
esclamò con forse troppa energia.
“Sai, non tutti sono come
te, in cerca di
avventure, qualcuno si accontenta delle cose semplici, e io faccio
parte di
quel qualcuno. E poi tu adesso non hai più nessuno che ti
possa tenere qui, io
invece ho ancora la mia famiglia, la mia casa. No Angela, non
posso.”
“A me rimani ancora tu, e
non voglio perderti, ti
prego vieni con me”
“Angela, non insistere,
no. E comunque non mi
perderai mica, rimarremo amiche per sempre, e quando avrai bisogno di
me,
basterà che tu torni qui, e mi ritroverai! Se parti, magari
dirai addio a tante
cose, ma di certo non a me, se tu non vorrai”
Come al solito Maggie aveva
ragione, pensò Angela.
Non poteva costringerla a venir via con lei, e per quanto odiasse la
sua
scelta, sapeva già in partenza che non l’avrebbe
mai seguita, anche se glielo
aveva chiesto lo stesso.
Oh
Maggie, sai benissimo che non ci sono alte probabilità di
rivederci e questo
probabilmente è un addio definitivo, eppure, continui a
dirmi di sperare,
tirandomi su di morale e aiutandomi in tutti i modi che puoi. Bene, ora
sono io
che dirò qualcosa a te, e non è solo una
speranza, la mia è una promessa,
Maggie, ci rivedremo, te lo giuro.
“Sai già come
farai per lasciare l’isola?” domandò
Maggie.
“Si, avevo una mezza idea. Pensavo di chiedere al capitano
Teels, il capitano
dell’unico mercantile che passa per la nostra isola, di darmi
un passaggio fino
Benprett. Salpa proprio stamattina, come sai. Da lì mi sarei
messa alla ricerca
di una nave diretta a Tortuga. Come ben sai qui passa solo una nave
diretta
alla città portuale più grande dei dintorni per
alcuni scambi commerciali,
quindi pretendere di andare direttamente a Tortuga è
impossibile, però presumo
che una volta a
Benprett troverò di
certo un’imbarcazione diretta verso la mia meta.”
Spiegò la ragazza.
Maggie rifletté un momento dubbiosa sul piano
dell’amica, dopodiché esclamò:
“Si, hai senz’altro ragione, però questo
funzionerebbe fino a Benprett, perché
una volta arrivata a Tortuga non ti consiglierei di rimanere in vesti
femminili, ma piuttosto di travestirti da comune mozzo, darai meno
nell’occhio
e passeresti indisturbata” osservò.
A
questo
non avevo pensato, è vero!
“Non ci avevo pensato.
Maggie, sei un genio, come
farei senza di te?” e scoppiarono a ridere tutte e due,
dimenticando per un
attimo che da lì a poco si sarebbero dovute salutare. Quando
però tornarono
alla realtà, smisero di ridere e si guardarono tristi.
“Allora ti
saluto” sussurrò Angela. “Maggie,
grazie, grazie di tutto”
Maggie sorrise e
abbracciò l’amica, consapevole che
probabilmente era l’ultima volta che la vedeva, ma contenta
del fatto che la
sua amica, la ragazza che era stata come una sorella per lei in tutti
questi
anni, poteva finalmente realizzare i suoi sogni, e che con un
po’ di fortuna
avrebbe anche ritrovato il padre che non aveva mai avuto.
“Arrivederci Angela, e
buona fortuna”.
Dopo essere rimaste abbracciate
un'altra manciata
di secondi, Angela si staccò e con un ultimo saluto
all’amica, si diresse verso
casa sua, sperando di trovarci Johnatan.
Come sperato lo trovò
lì. Era seduto sulla poltrona
e fissava il vuoto in una posa immobile, faceva quasi paura, sembrava
uno
zombie.
Se
è così distrutto, forse allora mia madre
l’amava davvero.
Angela sia avvicinò a
lui e lo svegliò dal suo
stato ipnotico, scuotendolo per un braccio. Lui sembrò
ridestarsi come da un
sogno profondo e la guardò dritto negli occhi, tornando
cosciente di sé.
“Angela, ciao,
come…come stai?” domandò al quanto
stupito di vederla lì, come se non fosse casa sua, e per
niente preoccupato
della sua assenza.
Come
vuoi che stia? Fu
tentata di rispondergli Angela, ma si trattenne.
“Male, e tu?”
“Male. Dove sei stata?”
Ah,
allora si è accorto della mia assenza, almeno quello.
“Ho fatto un giro, dovevo
schiarirmi le idee”
“Ah, ti capisco. E quella lettera, quella che
parlava…cioè, l’hai letta?”
La
lettera? Cosa gliene importa a lui della lettera, è una cosa
che la mamma ha
scritto per me!
“Si, l’ho
letta”
“E cosa diceva?”.
Johnatan era tremendamente curioso,
lo si vedeva
lontano un miglio. Voleva sapere se ciò che aveva detto sua
moglie era frutto
del delirio della febbre o era la realtà, e se era vero,
voleva senz’altro
saperne di più.
Angela pensò
all’opzione di non dirgli nulla, ma poi
si disse che senz’altro la madre non sarebbe stata contenta,
che avrebbe voluto
che lei spiegasse a Johnatan la verità, e che alla fine era
pur sempre l’uomo
che l’aveva mantenuta per tutti questi anni, qualcosa gli
doveva.
Così fece un bel respiro
profondo e si apprestò a
spiegare la soluzione. Forse era anche il metodo più
semplice per poi
annunciare che voleva salpare via da quell’isola. Ma prima
che lei potesse
aprir bocca, Johnatan parlò di nuovo.
“Insomma, tuo padre, come
si chiama, dove si trova?
C’era scritto nella lettera?” domandò.
“Prima non vorresti sapere se è veramente vivo o
no?” esclamò irritata la
ragazza.
“No, perché so già che è
vivo, tua madre me lo confesso prima di sposarci”
affermò lapidario.
Cosa?
Johnatan sapeva che mio padre è vivo? Mia madre lo ha detto
a lui prima
che a me? Come ha
potuto farmi una cosa
del genere?
Angela rimase incredula davanti
all’affermazione
del suo patrigno, non poteva credere alle sue orecchie. Lo sapeva. Lo
sapeva!!
Mentre a lei, che era la diretta interessata, nessuno le avevano mai
detto
niente!! Sentì montare la rabbia verso l’uomo che
aveva davanti.
“Angela, avanti, non
restare lì impalata, parla!”
Johnatan la riscosse.
“Lo sapevi! Perché non me ne avete parlato prima?
Perché?” esplose la ragazza,
ancora sotto shock.
“Tua madre pensò che era giusto che io lo sapessi
prima di sposarla, non
trovava leale sposarmi senza che io sapessi la realtà sul
padre della figlia
che mi apprestavo ad acquisire. Invece credeva che tu non fossi ancora
pronta
per sapere una realtà del genere, anche se magari potevi
ricevere la notizia in
modo migliore, effettivamente.” ammise lui.
“Però non mi ha mai voluto dire il
suo nome, dicendo che lo avrei saputo quando anche tu fossi stata messa
al
corrente della verità” concluse.
Incredibile,
mamma, perché? E ora cosa devo fare, gli dico il suo nome,
non mi va, non
voglio, lui non ha alcune legame con me, perché dovrei farlo
partecipe della
mia vita? Però, forse la mamma avrebbe voluto che glielo
dicessi.
Angela era adirata contro il
patrigno, e in parte
anche contro la madre, e
ora non sapeva
cosa fare, se far prevalere la rabbia e non raccontare nulla a
Johnatan, o
essere ragionevole e mettere da parte il risentimento per il momento.
Incredibilmente,
al contrario di quello che avrebbe fatto di solito, optò per
la seconda
possibilità. Così si sedette sul divanetto
accanto alla poltrona e spiegò tutto
a Johnatan a denti stretti, della lettera e del fatto che intendeva
partire.
Lui fu molto soddisfatto della spiegazione per quanto riguardava il
padre della
ragazza, sembrava che non aspettasse altro, e memorizzava avido ogni
informazione, e anche se Angela ancora non si apprestava a rivelare il
nome
tanto atteso, ascoltò tutto senza fiatare. Però
quando la ragazza confessò che
voleva partire per cercarlo, Johnatan si contrappose furioso.
“Cosa? No! Non ci pensare
nemmeno, tu da qui non ti
muovi!”
Cos’è
che non devo fare io? Non muovermi da qui? Ma chi ti credi di essere
per
ordinarmi una cosa del genere? Non sei nessuno per me! E uno dei motivi
che mi
spinge a partire, anche se i piccola parte, è proprio la
voglia di allontanarmi
da te!
Ecco la rabbia riaffiorare nel
cuore di Angela. Era
incredibile come quell’uomo riusciva a farla arrabbiare per
ogni cosa, ma
riuscì a darsi un contegno, e cercò di iniziare
la discussione con la mente
lucida. Lui voleva che non partisse? Avrebbe cambiato idea, non era il
caso di
arrabbiarsi, lei orami aveva già deciso, e di sicuro non
sarebbe stata lui a
farle cambiare idea, senza contare che non aveva neanche
l’autorità per
trattenerla, non era mica suo parente, aveva la discussione in pugno.
“Io invece me ne vado.
Voglio andarmene da qui, e
voglio trovare mio padre. Ormai ho deciso.”
Affermò altezzosa.
“Io invece ti assicuro che da qui non te ne vai. Sii
ragionevole, non puoi
salpare in mare per cercare un uomo con una blanda idea di dove sia,
questo lo
sai anche tu, potrebbero volerci anni e anni per una ricerca de genere,
e
potresti anche non trovarlo mai. Allora cosa faresti? Non avresti
più un posto dove
stare! E nessuno che ti possa aiutare!”
Incredibile,
non dirmi che ora si preoccupa per me! Pensò stupita la
ragazza, ma questo non minò la sua
determinazione.
“So che sarà
difficile, ma almeno ci voglio
provare. Ho già pensato a tutte le ipotesi possibili, a
tutte le conseguenza a
cui potrei andare incontro, ma rimango del parere che devo partire, non
posso
rimanere qui, non dopo tutto quello che è
successo.” cercò di spiegargli
Angela, usando un tono appena più dolce di prima.
“No, tu non sai un bel
niente di come sarà una
volta là fuori da sola. E poi non puoi farmi
questo”
Angela rizzò le orecchie
e aumentò l’attenzione. Non
posso fargli cosa? Adesso gli dispiace anche che sto per lasciarlo? In
tutti
questi anni non ha mai mostrato tutto questo interesse nei miei
confronti, non
ci posso credere.
Johnatan proseguì
“Ora che tua madre è morta mi
rimani solo tu che possa darmi una mano alla locanda! Già
dovrò accontentarmi
di te, che maldestra come sei so già che combinerai un sacco
di disastri, ma
almeno non dovrò assumere qualcuno. Pagare uno stipendio ad
una persona è molto
più costoso della mancia che darei a te ogni tanto. Hai una
vaga idea di quanti
soldi mi faresti perdere? E poi oggi non sono neanche di buon umore,
quindi non
farmi arrabbiare. Sai che la maggior parte dei cittadini
dell’isola hanno detto
che per obbligo devo tenere chiusa la locanda per almeno una settimana
per
lutto? Mi faranno perdere un sacco di guadagni! Che
disgrazia!”.
Detto questo si rimise le mani tra i capelli, immergendosi di nuovo nei
suoi
pensieri, come quando Angela lo aveva trovato.
La ragazza rimase allibita.
Cosa
scusa? È per questo? Per questo ti ho trovato sul divano
disperato? Per i tuoi
stupiti guadagni? E si, la morte di tua moglie per te è
stata proprio una disgrazia!
Hai perso la tua servetta gratuita e per di più devi tenere
chiusa la locanda
per una settimana! Questa si che è una tragedia! Senza
contare che la tua
sostituta non stipendiata ti sta per mollare in asso. Mi fai
letteralmente
schifo, sei un persona spregevole e viscida, non ti meritavi tutto
l’affetto
che mia madre ti riservava!
Arrabbiata? Era riduttivo. Angela
era ADIRATA!!!!
Adirata contro quel viscido essere che le si parava davanti. Non
riuscì più a
trattenersi, ed esplose in un fiume di parole. Il pensiero che a
Johnatan della
morte della madre non importasse nulla era insostenibile, aveva sempre
saputo
che era un omuncolo avaro e senza scrupoli, che pensava solo al suo
denaro, ma
adesso aveva superato ogni limite.
“Cosa? È per
questo motivo che ti disperi tanto? Mi
fai schifo! Tua moglie è morta e tu ti preoccupi dei tuoi
guadagni! Ma ti rendi
conto almeno di quanto sei meschino ed egoista? In più vuoi
privare me della
possibilità di lasciare quest’isola e magari di
ritrovare mio padre, perché se
no dovresti assumere una cameriera? Io partirò, e subito
anche, che tu lo
voglia o no! Ho preso la mia decisione, e nessuno potrà
impedirmi di partire,
tento meno tu! Anzi, tu fai parte di quei motivi che mi spingono a
lasciare
questo posto!” gli riversò addosso.
Johnatan si alzò di
scattò dalla poltrona, offeso e
arrabbiato per quelle affermazioni, puntò dritto su Angela e
le tirò uno
schiaffo. O meglio, provò a tirarglielo, perché
la ragazza fu più veloce e lo
schivò senza troppe difficoltà.
Mi
dispiace mio caro, ma sei troppo lento per me! Cosa assolutamente vera,
dato che Angela possedeva i riflessi di un gatto, qualità
che le si rivelava
utile in molte occasioni, specialmente nei duelli con la spada.
“Non ti azzardare a
sfiorarmi con un dito o vedi.
Sei vecchio, e per di più non sai nemmeno tirar di spada,
mentre io, come ben
sai, sono un’ottima spadaccina, e ti assicuro che in questo
momento non so cosa
mi trattenga a non puntare la mia lama
contro la tua gola, quindi non istigarmi ancora di
più. Chiaro?” affermò
calma ma minacciosa.
Johnatan rimase un momento
sbigottito. No, non era
affatto saggio farla arrabbiare ancora di più, lo sapeva
bene. Angela era una
brava ragazza, ma non si era mai tirata indietro davanti ad una sfida,
provocazione o palese insulto, dando inizio ad uno scontro con la spada
o
qualunque altra cosa, e solitamente aveva sempre la meglio. In breve,
era
meglio arrendersi e lasciarla andare, per quanto fosse contrario alla
cosa. Ma
si, tanto cosa gliene importava? Anzi, era una palla al piede in meno.
Così si
fece da parte e tornò a sedersi, ma prima di lasciarla
andare definitivamente,
le domandò una cosa, quella che gli premeva di
più.
“Angela, aspetta, non ti
voglio fermare, puoi
partire, anzi, se lo vuoi sapere sono anche contento che tu te ne
vada,” disse
con un pizzico di veleno nella voce che Angela ingorò
totalmente “però almeno
rispondi a quest’ultima mia domanda, tuo padre, come si
chiama? Questo me lo
devi”
Prevedibile,
anche se speravo che non me l’avrebbe chiesto. Cosa faccio
gli rispondo? Non
vorrei, però d’altronde mia mamma avrebbe voluto
che lo sapesse,
d’altronde, glielo
aveva promesso che
l’avrebbe saputo quando anch’io ne sarei venuta a
conoscenza.
Trasse un profondo respiro e si
apprestò a
rispondere. Lo guardò fisso negli occhi e, finalmente, con
non poca fatica,
glielo disse.
Lui rimase allibito, fermo immobile a fissarla, quasi non credesse alle
sue
orecchie. Infine, ritornò a guardare il vuoto meditabondo.
Comportamento strano, e se fosse
stata un’altra
occasione, una reazione del genere avrebbe dato molto da pensare ad
Angela, ma
ora aveva solo in testa il fatto che doveva partire, così,
senza degnarlo più
di uno sguardo, si diresse in camera sua, fece fagotto delle sue cose
che le
sarebbe servite, la spada, qualche soldo, e un paio di pantaloni e una
camicia
di ricambio. Esattamente come le aveva consigliato Maggie si sarebbe
fatta
scambiare per un ragazzo una volta a Tortuga e perchè il
trucco venisse bene,
mise nella sacca anche un logoro cappello con la quale avrebbe poi
nascosto i
lunghi capelli castani.
Speriamo
solo che tutto fili liscio.
Quando ebbe finito di prepararsi,
si incamminò
fuori dalla casa, dando solo un’ultima e definitiva occhiata
a Johnatan. Una
volta fuori si diresse verso il porto.
|
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Capitolo 3 *** 3_ Finalmente in viaggio ***
Gli eredi della leggenda 3
Nota dell'autrice:
Salve a tutti!!
Ecco qui il terzo capitolo della ficcy.
Vedo con piacere che siete curiosi di sapere ki è il padre
di Angela, xò mi dispiace ma ho intenzione di tenere il
mistero ancora per un po'. Non uccidetemi, per favore, vi prometto cmq
ke l'attesa sarà breve!!
In questo cappy la
storia entra leggermente più nel vivo, ma ancora di poco, il
bello arriverà nel prox cappy, dove ne accadranno delle
belle, ve lo poxo assicurare ;-P! Quindi vi chiedo per favore di aver
ancora un po' di pazienza! Intanto volevo ringraziare le persone ke
hanno commentato il 2° capitolo:
Nekomi:
Nn ti preoc
x nn avere commentato dall'inizio e sn contenta ke i primi due cappy ti
siano piaciuti! Si, anke a me piace vedere ragazze battagliere e
intrapprendenti, x qst ho voluto descriverla
così decisa e indipendente. Cmq tranquilla, ho intenzione di
tenere il mistero su ki è il padre di Angela almeno ancora x
qst cappy, e forse ancora x il prox, quindi occorre aspettare ancora un
bel po'! Spero ke commenterai anke qst cappy! Kisskiss 68Keira68
Dj
Kela: sn felicissima ke ti sia piaciuto anke
il 2° cappy! X l'identità del papà di
Angela nn ti poxo dir nulla, ho le labbra cucite, cmq mi spiace ma si
dovrà aspettare ancora un po' x
sapere il suo nome, cm ho già detto prima! Ti ringrazio x i
complimenti ke mi hai fatto riguardo al carattere di Angela e
all'impostazione del cappy e anke x i consigli ke mi hai dato. Hai
ragione effettivamente, se scrivo con le stesse parole sia i pensieri
ke i dialoghi di Angie sembra una ripetizione, e ho cercato di nn farlo
+, xò preferisco mettere prima i pensieri e poi i dialoghi,
così prima faccio capire cosa pensa e poi cm agisce di
conseguenza, cmq è solo una mia idea personale e
un'abitudine (lo faccio anke nei temi a scuola se devo descrivere i
pensieri di qlcn!), anke la tua funziona beniximo!!
X Maggie poxo dirti ke x ora nn assume un ruolo
importante nella vicenda, quindi la sua decisione nn muterà,
si vedrà poi in
seguito, anke se ti poxo assicurare ke
è stata una scelta difficile anke x me! Sn assolutamente
d'accordo con te con il fatto ke Johnatan sia una bastardo, forse
è uno dei personaggi più odiosi ke ho mai
descritto!!! Ti ringrazio x avermi detto ke il nuovo titolo
intriga e anke x aver notato il particolare di "eredI",
ma qst è un altro dei misteri ke verrà
risolto più avanti! Lo so, sn cattiva con ttt qst
interrogativi, ma prometto ke prima o poi li svelo!!!!!! Anke se x ora
vi tengo sulle spine!!! Spero ke anke qst cappy ti piaccia e nn vedo
l'ora di sapere cosa ne pensi! Kisskiss e tvttb 68Keira68
Volevo
ringraziare anke ttt quelli ke hanno solo letto e
spero ke anke a voi piaccia qst 3° capitolo!!
Buona
lettura a tttt!!!
Kisskiss
68Keira68
3_
Finalmente
in viaggio
Il sole splendeva alto sopra la
piccola isola di
Telia. Erano circa le undici di mattina, e Angela si apprestava a
raggiungere
il porto. Alla fine ce l’aveva fatta. Stava davvero per
lasciare l’isola,
quella maledetta isola che per tanti anni aveva odiato, sognando di
andarsene,
un giorno o l’altro, e ora, dopo molti anni, stava per
coronare il suo sogno.
È
una strada senza ritorno, lo sai questo, vero?
Certo, e io voglio prenderla.
Ne sei sicura? Potrebbe essere pericoloso, di sicuro non
sarà facile.
Ne ho già discusso a sufficienza sia con Maggie e, meno
amichevolmente, con
Johnatan, ora basta ripensamenti, sono decisa ad andarmene.
Per ritrovare tuo padre, giusto?
Certo, per ritrovare mio padre, e per andarmene finalmente da
quest’isola, e
quello che ho sempre desiderato, e non intendo guardarmi indietro.
Se ne sei sicura, però se non ritrovi tuo padre? Avresti
abbandonato Maggie per
niente.
Lo troverò, ne sono sicura, a costo di cercarlo per tutti i
Caraibi, adesso che
so che è vivo sono intenzionata a ritrovarlo. E poi Maggie
non l’ho
abbandonata, ci rivedremo, ne sono sicura.
Ok, se è proprio quello che vuoi, se ne sei sicura, allora
vai.
Esatto, ed è quello che farò.
Senza accorgersene Angela era
finalmente arrivata
al porto.
Come aveva già detto
all’amica, il mercantile che
una volta al mese arrivava sull’isola per i soliti scambi
commerciali, sarebbe
ripartito proprio quella mattina, e ora sperava solo che il capitano
l’avrebbe
fatta salire a bordo. Aveva buoni rapporti con lui, il suo patrigno
aveva
sempre comprato da lui tutto ciò che vendeva alla locanda, e
aveva sempre
mandato lei a prendere le merci e a pagarle, accompagnata ovviamente da
una
scorta che avrebbe portato alla locanda gli scatoloni con i generi
alimentari
richiesti. Quindi lo conosceva bene ed era sicura che non gli avrebbe
rifiutato
questo piccolo favore.
Individuò subito il mercantile. D’altra parte era
difficile non notarlo, era l’unica
nave ormeggiata nel porto, e dato la grandezza degli scambi commerciali
via
mare dell’isola, era già incredibile che ce ne
fosse una.
Si diresse decisa verso l’imbarcazione.
Bene
Angie, ora arriva il bello, forza e coraggio!
Un bel respiro profondo e
…e ora? Adesso che era
arrivata lì che faceva?
Calma,
ragiona, ora sei finalmente qua, stai per partire, non puoi mollare
adesso.
Si ma cosa faccio?
Tu ora vai a testa alta da un marinaio e gli chiedi dove si trova il
capitano,
tanto ti conoscono tutti, dopodiché chiederai a Teels se ti
concede un
passaggio fino a Benprett, semplice, no?
No, per niente. È complicato, terribilmente complicato.
No, non c’è niente di complicato. Forza, vai
dritta da uno dei marinai, non ti
sei mai tirata indietro davanti alle difficoltà e alle
sfide, bene questa è una
difficoltà sul tuo percorso e puoi prenderla come una sfida
verso te stessa,
superala a testa alta!!
Bene, ora era pronta. O almeno lo
sperava! Stava
arrivando il momento deciso della sua partenza, e questo le procurava
un’enorme
stato di ansia. Tuttavia proseguì nel suo intento ostentando
calma.
Si avvicinò ancora di
più alla nave, cercando
qualcuno della ciurma. Individuò Kyle, era un ometto sulla
quarantina, grasso e
basso, un tipo alla mano, e questo lo rendeva simpatico. Era chino su
uno
scatolone all’apparenza molto pesante che avrebbe dovuto
trasportare fino a
bordo. Ok, era la sua occasione.
“Ciao Kyle”
esclamò andandogli incontro.
“Uh? Ah! Angie! Che piacere vederti! Come mai da queste
parti? Il carico questo
mese lo avete già preso, ah…”
esclamò ricordandosi tutto ad un tratto di una
cosa “Angie, volevo dirti che…mi dispiace per tua
madre, è stata una brutta
perdita per te, immagino.” Aggiunse, cercando di mostrarsi
mortificato.
Angela si rattristò un
attimo. Ogni volta che
sentiva parlare della madre le salivano le lacrime agi occhi, ma non
voleva più
pensarci e nemmeno piangere, aveva sofferto abbastanza la terribile
notte
passata, ora basta. Così cercò di scacciar via le
lacrime.
“Si, grazie, ma non ho
voglia di parlarne.
Cambiando argomento, sapresti dirmi dove posso trovare il
capitano?” domandò
con fare innocente.
Kyle la guardò leggermente stupito dalla domanda, poi con
una scrollata di
spalle le rispose “Il capitano è nella sua cabina,
se vuoi puoi salire sulla
nave a andare a parlargli, però fai presto perché
tra poco salpiamo.” La
intimò.
Angela non se lo fece ripetere due
volte, e in
quattro balzi fu sul ponte della nave.
Non era la prima volta che saliva a
bordo, ma le
faceva sempre un certo effetto. La nave era molto più grande
di quello che
pareva vista da sotto. Era di un castano scuro e aveva le vele bianche
e i
colori della marina inglese, come la maggior parte delle navi che
navigavano in
quei mari, a parte quelle pirata, si intende.
Quella era l’unica nave che Angela avesse mai visto nella
realtà, non ne
conosceva altre, ma era sicura che fosse molto più grande di
parecchi altri
mercantili.
Si guardò attorno un attimo, e una volta individuata la
cabina, si diresse
verso essa.
Una volta davanti alla porta, vide
che era semiaperta.
Bussò lievemente e senza aspettare risposta,
entrò nella stanza.
Rimase al quanto stupita da
ciò che vide. Il
capitano stava parlando, anzi, rimproverando, un giovane ragazzo, che a
testa
alta ascoltava senza replicare. Però appena il capitano si
accorse della
presenza della giovane, smise di discutere con quello che sembrava un
giovane
mozzo e si rivolse a lei, senza nascondere lo stupore di vederla
lì.
“Angela! Qual buon vento!
A cosa devo l’onore della
tua visita?” esclamò.
“Capitano” ripose lei a mo’ di saluto.
“Oh, questo è Terence, mio figlio,” si
affrettò ad aggiungere indicando il
giovane con la quale stava discutendo, notando che la ragazza iniziava
a
fissare il figlio con una certa curiosità
“è la prima volta che mi accompagna
per il viaggio verso Telia, quindi dubito che vi siete mai
visti.” aggiunse.
“Terence, questa è Angela, una delle mie migliori
clienti e una mia cara
amica.” Concluse con un sorriso.
Terence salutò Angela
con un cenno del capo,
dopodiché imboccò la porta e se ne
andò. A quanto pareva era ben contento di avere
una scusa per allontanarsi da lì. Infine il capitano si
rivolse nuovamente a
lei
“Allora, Angie, siediti
pure” e indicò la
poltroncina accanto alla scrivania. Angela si accomodò.
“Prima di tutto volevo dirti quanto mi è
dispiaciuta la notizia di tua madre,
era una brava donna, mi è spiaciuto davvero”
“Grazie” esordì a capo chino la ragazza.
Ma allora era proprio un vizio quello
di ricordarglielo ogni cinque minuti? Decise di sorvolare sulla cosa e
di
passare subito al sodo, pensando alle parole giuste per motivare la
richiesta
che stava per fare. Ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, il
capitano le
domandò:
“Allora, Angela, cosa
posso fare per te? Ti occorre
qualcosa? Non penso che tu ti sia disturbata a venire fin
quassù solo per
salutarmi” concluse con un sorriso, guardandola di sottecchi.
Prevedibile,
Teels non è uno sprovveduto e mi conosce fin troppo bene,
bhè, meglio così,
avrò meno cose da spiegarli.
Angela rispose al sorriso, e dopo
poco rispose:
“Mi conosci bene, Teels,
infatti, non sono venuta
fin qui solo per salutarti, ma con una richiesta ben precisa. Ascolta,
ho
bisogno di un favore da parte tua.” Il capitano la
squadrò un attimo
incuriosito.
“Ti ascolto” disse semplicemente. La ragazza
proseguì con fare deciso.
“Devo assolutamente andare a Benprett il più
presto possibile, fatto sta che
non ho alcun mezzo per arrivarci e tu sei il capitano
dell’unica nave che passa
per Telia. Quindi volevo chiederti se per favore potevi arruolarmi come
mozzo
per questo viaggio, dopodiché andrei per la mia strada,
senza arrecare alcun
disturbo.”
Semplice, diretta e decisa, qualità sorprendenti per una
ragazza di sedici
anni, qualità che più di una volta le avevano
fatto guadagnare la stima del
capitano, lo stesso uomo che ora la stava scrutando con fare
sospettoso,
chiedendosi il perché di una richiesta del genere. Forse
avrebbe dovuto
immaginarlo, sapeva che Angela desiderava l’avventura e che
voleva andarsene da
Telia, e ora che non c’era più sua madre a
trattenerla su quell’isola, la
ragazza aveva fretta di partire. Non poteva certo immaginare che dietro
in realtà
si nascondeva qualcosa di ben più grosso.
“Perché vuoi
andare a Benprett, con tutta questa
fretta, poi?” domandò sospettoso.
Che
faccio? Gli dico la verità? Meglio di no.
È una storia lunga, e potrebbe anche non
credermi, meglio inventare
qualcosa. Non mi va di dover spiegare tutto da capo,
anche se mi dispiace dovergli mentire.
“Mi conosci, volevo
andarmene da quest’isola da
quando aveva sette anni, l’unica cosa che mi teneva legata a
questo posto era
mia madre, ma ora che lei non c’è più
non ho alcun motivo per rimanere” spiegò
con una punta di amarezza, cercando di essere convincente.
Bhè, dopotutto non
aveva neanche detto una bugia, quella in parte era la
verità, voleva salpare
lontano da quel luogo da quando era nata, aveva solo omesso qualche piccolo particolare.
Tuttavia il capitano, non era del
tutto convinto
della risposta ricevuta, ma decise di non indagare oltre. Probabilmente
erano
solo presagi senza nulla di fondato, non aveva motivo di credere che
Angela gli
stesse mentendo, e comunque sia, la ragazza sapeva badare a se stessa.
“Sapevo che prima o poi
te ne saresti andata da
qui, era solo questione di tempo. Va bene, ti accompagnerò
fino a Benprett, ma
mi devi promettere che dopo saprai badare a te stessa e che non farai
niente
della quale potresti pentirti in futuro, chiaro?”
“Stia pur tranquillo capitano, non ho intenzione di cacciarmi
nei guai”
O
per lo meno, io ci provo, ma solitamente sono i guai che cercano me.
“Allora passerai con noi
questo viaggio in veste di
passeggera” concluse Teels.
Angela però a questa affermazione si oppose, non voleva
essere di peso alla
ciurma.
“No! Così sarei solo di peso, voglio rendermi
utile per il viaggio” esclamò.
Il capitano sospirò. Certo che non aveva per niente il
carattere conciliante di
sua madre!
“Ok, allora sei arruolata
come mozzo, contenta?”
rispose rassegnato.
Non voleva, una nave non è posto per una normale ragazza di
sedici anni, ci
sono lavori pesanti da fare e lui non voleva che corresse rischi,
però
d’altronde quella che aveva davanti non era una ragazza normale, quindi…
È
fatta allora!! Sono a bordo! Siiiiii! Non ci poso ancora credere, ma ce
l’ho
fatta!!!!!
“Grazie, capitano,
grazie!!!” così dicendo uscì
dalla cabina, lasciando il capitano interdetto.
“Speriamo solo che ho fatto la scelta giusta, quella ragazza
si metterà nei
guai senz’atro, posso solo sperare che la buona sorte sia con
lei.” Sospirò Teels,
seguendo con lo sguardo Angela.
Voleva bene a quella ragazza, le
era molto
affezionato, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarla,
però sapeva anche che
non essendo sua figlia, non poteva nemmeno fare nulla per impedirle di
fare
qualcosa che avrebbe potuto nuocerle, se non offrirgli il suo aiuto
ogni tanto.
E ora, mentre la guardava uscire dalla sua cabina saltellando di gioia,
sperava
solo che la giovane non si mettesse nei guai. Adesso era sola,
completamente
sola. L’unica persona che aveva sempre avuto fin
dall’infanzia, se ne era
andata prematuramente, lasciandola in balia degli eventi e di se
stessa. Non
che Angela non sapesse badare a se, questo lo aveva dimostrato a
più riprese.
Specialmente negli ultimi tempi. Quando la madre si era ammalata,
Angela oltre
che a se stessa, aveva badato anche alla lei, però rimaneva
il fatto che aveva
ancora solo sedici anni. Per una qualsiasi ragazza sarebbe stato
impensabile
credere di poter affrontare il mondo da sole a
quell’età, e la maggior parte
non avrebbe nemmeno avuto la grinta necessaria per affrontare il peso
di una
perdita grave come quella della madre, da sole. Invece Angela ce
l’aveva fatta.
Era riuscita a tirarsi su da sola dalla tristezza e dal dolore, aveva
reagito e
si apprestava ad andare avanti con un nuovo capitolo della sua vita.
Era unica.
*
“Lord! La prego,
aspetti!”
Un uomo stava correndo per gli
eleganti corridoi
della grande residenza di Port Royale, chiamando a gran voce un
distinto
giovane signore che si stava dirigendo verso i suoi appartamenti.
Quest’ultimo,
sentendosi chiamare si girò di scatto evidentemente
scocciato.
“Cosa
c’è, signor Collins?” rispose abbastanza
sgarbatamente al richiamo.
Il signor Collins rimase
pietrificato. Come al
solito quell’uomo gli metteva un puro terrore addosso,
bastava una sua occhiata
per farlo tremare. Quegli occhi gelidi avevano la capacità
di trapassarti come
un coltello e il portamento rigido e composto incuteva terrore, ma
questo solo
quando voleva e solo con i suoi sottoposti.
Quando
era a
corte o in mezzo agli altri nobili sapeva essere amabile, mettendosi in
buona
luce da chiunque volesse, grazie al suo portamento elegante e al suo
forbito
modo di parlare. Era stata nominato da poco governatore di Port Royale
dalla
regina in persona, pur essendo molto giovane. Aveva solamente
venticinque anni,
ma possedeva l’intelletto e l’astuzia di una
persona molto più anziana, e per questa
sua dote aveva ricevuto l’onore di tale titolo. Tra il resto,
la natura gli
aveva fornito anche una fredda bellezza. Aveva due occhi azzurri come
il cielo,
ma freddi come il ghiaccio, i capelli biondi legati in
un’elegante codino
dietro la nuca, e un viso dai lineamenti raffinati e nobili. Tuttavia,
con i
suoi sottoposti e con la gente comune era la persona più
terribile che si
potesse immaginare. Dietro quegli occhi azzurri infatti si nascondeva
un’indole
ambiziosa, e non esitava a calpestare tutto e tutti pur di raggiungere
il suo
scopo.
Collins riuscì a
riprendere la parola.
“Signore, mi dispiace
disturbarla, ma siete uscito
talmente di fretta dall’assemblea che quasi nessuno
è riuscito a capire quale
decisione avete preso, potrebbe gentilmente spiegarmi quale piano avete
in
mente? Essendo vostro consigliere dovreste fornirmi almeno una pallida
idea dei
vostri disegni.” Trovò il coraggio di esordire.
L’uomo per tutta riposta
lo squadrò da capo a piedi
senza lasciar trapelare alcuna emozione. Infine, dopo aver lasciato
tremare
Collins sotto il suo sguardo ancora per un po’, decise di
rispondergli.
“Ma certo, mi sembra
più che giusto, anche se mi
pareva di essere stato molto chiaro all’assemblea con il mio
discorso. Mi
stupisce che voi e gli altri non siete stati in grado di capire fino in
fondo
il mio messaggio.” Aggiunse con un tono sorpreso e scocciato
dall’incompetenza
dei membri dell’assemblea. Collins riprese a tremare, gli
faceva veramente
paura. L’uomo riprese.
“Ma non importa, sarò lieto di rendervi
più chiare le mie idee” piccola pausa.
“Ho intenzione, signor Collins, di saldare una volta per
tutte dei vecchi conti
in sospeso, dato che mio padre si è dimostrato incapace di
farlo. Dopodiché,
eliminerò una volta per tutte la pirateria dal mar dei
Caraibi”.
*
Wow! Non ci poteva credere!
Finalmente era per
mare, stava realizzando i suoi sogni e in più stava facendo
il primo passo per
ritrovare suo padre.
Angela era sul ponte della nave e
si stava godendo
la brezza marina della sera. Quella sera anche il vento sapeva di
avventura. Era
da poco calato il tramonto e dopo la sua prima giornata come mozzo a
bordo
della nave, ora si stava prendendo un attimo di riposo. Uscita dalla
cabina del
capitano era andata a cambiarsi, indossando i pantaloni e la camicia
che si era
portata dietro al posto della scomoda gonna che portava. Aveva pensato
di
cambiarsi d’abito solo una volta arrivata a Tortuga,
però poi aveva pensato che
dovendo lavorare a bordo di una nave forse era più comodo
vestirsi come un
marinaio. Una volta salita nuovamente sul ponte, il capitano
informò gli altri
membri dell’equipaggio che lei avrebbe viaggiato on loro fino
a Benprett. A
questo seguì un attimo di sconvolgimento collettivo. La
conoscevano tutti,
sapevano che non era frivola come la maggior parte delle altre ragazze,
conoscevano la sua abilità con la spada e la sua indole
avventuriera, però mai
nessuno si sarebbe aspettato di una mossa così azzardata.
Per di più i membri
più anziani, quelli che l’avevano vista crescere,
trovavano una notizia del
genere quasi assurda. Però dopo poco tempo, tutti si
abituarono alla notizia, e
lei non fu più oggetto di attenzioni per il resto della
giornata, se non per
qualche occhiata lanciata di sottecchi.
Non si era fermata per tutta la
giornata. Non
avrebbe mai creduto quanto lavoro ci fosse da fare su di una nave,
prima aveva
dovuto riordinare le scatole dei generi alimentari nella stiva, aveva
dovuto
riparare una piccola scucitura in una vela, lavare il ponte e mille
altre cose,
ora era davvero stanca. In compenso l’essere indaffarata le
aveva evitato di
pensare a quello che stava facendo e a ciò che era accaduto.
Ora però i
pensieri iniziavano a di nuovo a torturarle la mente.
In meno di quarantotto ore la sua
vita aveva avuto
una svolta radicale. Sua madre l’aveva lasciata, aveva
scoperto che suo padre
era vivo ed era salpata per andare a cercarlo. E tutto questo senza
neanche
rendersene conto! Le sembrava tutto così irreale, le
sembrava di osservare la
scena dall’alto, come un’estrania. Non riusciva a
percepire fino in fondo che
tutto quanto stava accadendo proprio a lei. Le pareva di essere ancora
là, su
quell’isola che per tanti anni era stata la sua casa, a
parlare con Maggie di
ciò che avrebbe fatto da grande, dei suoi sogni, delle sue
speranze. Ora quei
sogni stavano diventando a poco a poco realtà, ma lei non
riusciva a essere
felice fino in fondo. Era vero che stava realizzando i suoi desideri,
però le
circostanze nella quale si trovava non erano certo le più
rosee. Sua madre era
morta, e nonostante avesse cercato di non pensarci per tutto questo
tempo, la
realtà era questa, e non riusciva a farsene una ragione, in
più sapeva che
probabilmente, per quanto continuasse a convincersi del contrario, non
avrebbe
rivisto Maggie per parecchio tempo, se fosse riuscita a rincontrarla.
Istintivamente prese la busta con
dentro la lettera
che sua madre le aveva lasciato. Voleva rileggerla, per
l’ennesima volta, forse
si sarebbe fatta ancora più male, ma ne aveva bisogno.
Mentre rileggeva le
sembrava quasi di sentire la voce di sua madre, il che le fece
nuovamente
venire le lacrime agli occhi.
No
Angela, ti sei ripromessa che non devi più piangere, ora
basta.
Si asciugò le poche
lacrime che stavano iniziando a
scendere dai suoi occhi con la mane che teneva la busta.
Così facendo però
qualcosa scivolò fuori da quest’ultima.
Angela si chinò e
raccolse l’oggetto. Era la
collana che sua madre menzionava nella lettera. Era un bellissimo
oggetto, di
raffinata fattura. Aveva la catenella d’oro e il ciondolo
aveva la forma di un
grappolo di foglie d’oro rosso e ogni foglia riportava sopra
un piccola
scritta. Angela avvicinò la collana agli occhi per cercare
di leggere ciò che
c’era scritto, ma la calligrafia era incomprensibile,
così lasciò perdere.
L’oggetto però nel suo insieme era molto grazioso
e particolare, in più non le
era nuovo, le sembrava di averlo già visto da qualche parte.
Sicuramente
lo avrò visto in camera di mamma. La cosa strana che non mi
spiego e il perché
non lo ha mai indossato, forse per rispetto verso Johnatan, essendo un
regalo
di mio padre?
Però non lo indossava neanche prima di conoscerlo.
Magari l’indossarlo le
faceva ricordare papà e per non soffrire non lo ha mai
messo. Però non dice non
ho mai voluto metterlo ma “non sono mai riuscita ad
indossare…”. Uf, cosa
strana. Ma non importa.
Angela stava per legarsi la collana
al collo quando
qualcuno le venne incontro salutandola. La ragazza si girò
leggermente
spaventata per la sorpresa, ma si riprese subito vedendo che la persona
in
questione era Terence, il figlio del capitano.
Aveva all’incirca
l’età di Angela, era alto, occhi
verdi e capelli castano chiaro, quasi biondo. Non era di una bellezza
particolare, ma nell’insieme si poteva dire che era un
ragazzo carino. Per
tutta la giornata lo aveva incrociato poche volte e non si era mai
fermata
molto a conversare, impegnata a lavorare, però ogni volta
che lo incrociava
rimaneva sempre stupita dalla sua gentilezza, dal sorriso che le
rivolgeva ogni
volta che la vedeva e dalla sua buona educazione.
“Ciao”
esclamò Angela per rispondere al saluto.
Il ragazzo, come suo solito le sorrise. “Come va? Ti trovi
bene a bordo?” le
chiese dolcemente. Angela sorrise tra sé e sé.
“Si, grazie.”
“Non si direbbe”
La ragazza lo guardò. Ora si metteva pure ad analizzarla?
“Perché non si direbbe?” chiese curiosa.
“Sembri triste, anzi, potrei affermare con sicurezza che lo
sei. Per di più ai
gli occhi leggermente arrossati e le guance bagnate, stavi
piangendo?” Rispose
guardandola apprensivo.
Che
strano ragazzo, neanche mi conosce e già si interessa del
mio stato d’animo.
“Sei un acuto
osservatore.” esclamò ironica
“Comunque non stava piangendo, ho gli occhi rossi a causa
della stanchezza”aggiunse.
“Cos’è che ti turba?”
indagò.
Ci
mancava anche questa! Ora ci si mette pure lui. Perché tutti
si sentono in
bisogno di chiedermi se sto bene, come mi sento, ecc…? Non
riescono a capirlo
da soli come devo sentirmi? Devono per forza chiederlo? Inizio a
trovarlo
fastidioso.
“Niente di importante, a
parte il fatto che mi sono
appena imbarcata su di una nave salutando la mia casa per sempre e che
è appena
morta mia madre.” Disse forse più acida di quanto
avrebbe voluto. Ma il giovane
non si lasciò certo scoraggiare da quella risposta un
po’ più scontrosa del
dovuto.
“Scusa, domanda stupida la mia” ammise.
Angela si pentì del suo
tono di voce. Forse non lo
meritava, d’altronde le aveva solo domandato come stava.
Cercò di riparare.
“No, scusa tu, sono stata troppo acida”
esclamò in modo più dolce.
Terence, confortato dalla risposta, proseguì cercando di
cambiare argomento.
“Allora, adesso cosa pensi di fare?”
domandò curioso.
“Andrò a Benprett, e poi si vedrà. Tuo
padre non ti ha informato dei miei
progetti?”
“Si, ma volevo averne conferma da te. Sai mi è
semplicemente parso strano che
una ragazza andasse a Benprett senza un piano preciso, tutta
sola.”
Ribadisco,
è un acuto osservatore, forse anche troppo, meglio
rassicurarlo che non deve
preoccuparsi per me.
“Ti sbagli, a me pare del
tutto normale. Una
giovane ragazza, stufa della vita monotona che conduceva, prende al volo
l’occasione che il destino le
offre per cambiare la sua situazione. Sai, a volte occorre solo
aspettare
il…momento più opportuno, per fare la propria
mossa.”
“Si, è giusto. Comunque sia qualcosa non mi torna,
dovrai pur aver un motivo
preciso per andare a Benprett.”
Uffa,
inizia a darmi fastidio, sta indagando un po’ troppo per i
miei gusti, meglio
sviarlo, se gli dicessi la verità la racconterebbe a suo
padre, Teels, che è
l’ultima cosa che voglio.
“No, non ho nessun motivo
particolare per andare a
Benprett, ma solo la voglia di cambiar aria.” Rispose
cercando di essere
convincente e ostentando un aria indifferente, guardando
l’orizzonte.
Terence non ribattè, ma non era per nulla convinto della
risposte della sua interlocutrice.
Calò un’imbarazzante silenzio, poi, il ragazzo,
notando la collana che ancora
Angela teneva in mano, si offrì di legargliela al collo.
Angela, leggermente
stupita, accettò, gli diede la collana e girandosi di
schiena, si scostò i
capelli dal collo per permettergli di allacciargliela. Fatto sta che,
nonostante tutta la buona volontà del ragazzo, dopo dieci
minuti la collana non
era ancora al collo della giovane.
“Mi dispiace, non riesco
a capire il perché ma non
riesco a legartela al collo” si scusò mortificato.
Angela rise davanti alla sua espressione corrucciata mentre osservava
arrabbiato il gancetto del gioiello.
“Non ti preoccupare, faccio io, da qua”
così dicendo prese la collana e cercò
di mettersela al collo. Per fortuna ebbe più successo di
Terence, infatti dopo
pochi secondi la collana era assicurata al suo collo, ma appena Angela
lasciò
andare il gancetto, il gioiello emise un rapido bagliore verde. Angela
rimase
quasi pietrificata. Lo aveva visto sul serio o era stata
un’allucinazione?
Vedendo l’espressione
stupita e incredula della
ragazza, Terence le chiese se andava tutto bene.
Ma
come? Lui non ha visto niente? Forse è meglio
così. Però cos’era quella luce?
Sembrava provenisse dal ciondolo. Ma perché ogni secondo che
passa ho sempre
più interrogativi e sempre meno risposte?
La ragazza decise di non
soffermarsi più
sull’argomento.
Rimasero sul ponte della nave
ancora per molto
tempo, senza trovare niente da dirsi. Lei pensava al fatto che le
sarebbe
piaciuto poter parlare con Maggie e il secondo osservava semplicemente
l’orizzonte.
Possibile
che non esisti un modo per tenere la corrispondenza con Maggie? Un modo
sicuro
per farle avere delle mie lettere? Il problema e che per Telia passa
solo una
nave, ovvero quella su cui sono in questo momento, e …
aspetta un momento,
forse ho trovato!
All’improvviso Angela
ebbe un’illuminazione.
“Terence?”
Il ragazzo uscì dalla
specie di trans in cui era
caduto osservando il moto ipnotico del mare e rispose.
“Si?”
“Posso chiederti un favore?” chiese.
Terence la guardò stupito.
“Di cosa hai bisogno?”
“Ecco, a Telia io ho lasciato un cara amica, Maggie, e non
avrò modo di
contattarla fin quando starò lontano dall’isola,
dato che l’unica nave che
passa per lì è proprio questa, quindi ti volevo
chiedere, se io le lettere per
Maggie le indirizzassi a Benprett per te, tu poi potresti prenderle e
portarle
a Telia per darle a Maggie? Mi faresti un favore enorme.”
Domandò
supplichevole.
Il ragazzo la guardò un attimo soppesando la cosa. Ma si, in
fondo cosa gli
costava? Avrebbe solo fatto felici due persone.
“Ok, posso farlo” rispose con noncuranza.
Se per lui non era niente di importante per Angela rappresentava la
salvezza.
Avrebbe potuto tenere la corrispondenza con la sua migliore amica,
questa era
una notizia eccezionale!!!
“Oh, grazie, grazie, grazie, grazie!!!!!!!”
esclamò piena di gioia. “Grazie
all’infinito, non sai quanti significhi per me”.
“Ok, ma ora frena l’entusiasmo.” Rispose
leggermente imbarazzato da tutti quei
ringraziamenti da parte della ragazza. “E poi ti consiglio di
andare a letto,
domani ci aspetta un’altra giornata di lavoro.”
aggiunse.
“Si, hai ragione, e poi sono veramente stanca. Grazie ancora
di cuore!”.
La ragazza, ancora saltando dalla
felicità, decise
di seguire il consiglio del giovane e si diresse verso la sua camera da
letto.
Essendo l’unica donna a bordo, il capitano, per evitare
situazioni
imbarazzanti, le aveva affidato una cabina per lei. Era molto piccolo,
però
comoda e poi doveva servirle solo per quel breve viaggio. Una volta
raggiunta
la stanzetta, si chiuse la porta alle spalle, si tolse gli stivali e si
buttò
sul letto. Era stanchissima, era stata una giornata molto intensa e
piena di
sorprese, ora se lo meritava proprio un bel riposo, difatti dopo
neanche cinque
minuti, la giovane era già tra le braccia di Morfeo.
Terence invece era rimasto sul
ponte della nave.
Quella particolare ragazza non gliela raccontava giusta, e lui lo
sapeva. Ma
per ora non aveva importanza. Il viaggio fino a Benprett non era
lunghissimo,
ma per farle confessare la verità sarebbe stato
più che sufficiente.
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Capitolo 4 *** 4_ I due viaggi ***
j
Note dell'autrice:
Vedi fondo pagina,
dopo aver letto il cappy.
Buona lettura!
4_
I due viaggi
Una nuova alba faceva capolino
all’orizzonte. Una
nuova alba, un nuovo giorno, un passo in più verso la sua
meta.
Angela era già in piedi
da circa mezz’ora,
impegnata a lavare il ponte (una delle poche cose che poteva fare sulla
nave,
insieme a pulire le armi e mettere in ordine le funi) canticchiando tra
sé e sé
una vecchia canzone pirata che le aveva insegnato sua madre anni or
sono. Poco
distante da lei, Terence la stava osservando con occhio vigile, accanto
all’albero maestro.
“Ecco fatto, ho
finito!” esclamò la ragazza
mettendo via secchio e straccio. Dopodiché decise di
arrampicarsi fino alla
torre di vedetta per godere della vista del sole che saliva dalla linea
dell’orizzonte sul mare dei Caraibi.
Si arrampicò agilmente
su una delle sartie e in
poco tempo fu arrivata a destinazione senza alcuna fatica.
Era da pochissimo che stava su
quella nave, ma già
si muoveva egregiamente. Il capitano non aveva fatto in tempo a
raccomandarle
di stare attenta a bordo per non rischiare di cadere in mare, che lei
era già
salita sulla torre di vedetta. Al che Teels si era messo a ridere tra
sé e sé,
e scuotendo la testa era tornato nella sua cabina. Angela non aveva
bisogno di
ammonimenti, si arramipiacava sulle sartie e sull’albero
maestro con un abilità
sorprendenti, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Dalla torre di vedetta si poteva
godere di una
vista straordinaria. Il sole faceva capolino dal mare e lo colorava di
tutte le
tonalità dal rosso al giallo. Uno spettacolo mozzafiato e
Angela si perse nel
guardarlo. Le era sempre piaciuto osservare sia il tramonto che
l’alba. Più di
una volta l’avevano aiutata a ritrovare una pace interiore, e
a dimenticare
fatti spiacevoli. In più, quando era piccolina, sognava che
un giorno sarebbe
arrivata laggiù, accanto al sole, avrebbe oltrepassato la
linea dell’orizzonte
insieme a quel cerchio infuocato e allora era sicura che avrebbe visto
cose
emozionanti. E questo era un sogno che dentro di sé covava
ancora molto
segretamente.
Terence, invece, continuava a
seguirla con sguardo
ammaliato, da sotto. Non le aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno un
minuto da
quando si era alzato.
L’aveva osservata mentre puliva il ponte meticolosamente e
adesso era rimasto
stupito nel vederla salire così speditamente sulle sartie.
Non era la prima volta che
l’aveva vista
arrampicarsi lassù per osservare il mare. L’altra
sera aveva fatto la stessa
cosa per vedere il tramonto, e anche allora era rimasto incredulo
davanti alla
sorprendente agilità che aveva dimostrato la ragazza,
sembrava che non avesse
fatto altro per il resto della vita. Lui stesso ancora non possedeva la
stessa
agilità, pur navigando spesso insieme a suo padre da quando
aveva cinque anni.
Certo che quella non era proprio una ragazza come le altre!
All’ora di pranzo, dopo
che ebbe finito di
mangiare, Terence individuò subito Angela, che era seduta a
cavalcioni su uno
dei cannoni, ancora intenta a consumare il suo pasto. Decise di
avvicinarsi a
lei e con un po’ di fortuna, magari sarebbe riuscito a
ricadere sul discorso
che ieri sera avevano interrotto.
In pochi passi le fu accanto e con
fare noncurante
la salutò.
“Ciao!” Angela
rispose al saluto abbastanza
allegra. Le faceva piacere il fatto che fosse venuto da lei,
d’altronde era
l’unico della sua età sulla nave ed era anche un
ragazzo molto simpatico. Lo
conosceva da poco, ma aveva sempre avuto un certo sesto senso che le
permetteva
di capire se poteva fidarsi o meno di una persona ad una sola occhiata.
Difatti,
dalla prima volta che lo aveva visto, aveva subito capito che poteva
essere un
bravo amico e un prezioso alleato in caso di bisogno. Bastava che non
si
intrometteva troppo nella sua vita privata, come l’altra sera.
“Allora, come sta
procedendo il tuo secondo giorno
qui sulla nave?” le chiese il ragazzo.
“Bene, grazie” rispose lei “In
più dalla cima dell’albero maestro si
può godere
di un’ottima vista.” Aggiunse
Terence sorrise “Si, è vero” convenne.
“Ti ho visto arrampicarti sulle sartie
poco prima” proseguì “sei agile quanto
un gatto, sei sicura che è la prima
volta che sali su una nave? Sembra che sia il tuo habitat
naturale”
La ragazza scoppiò a ridere. “Si, sicurissima. Ma
perché dici così? Anche gli
altri membri dell’equipaggio fanno esattamente ciò
che faccio io!”
“Si, ma loro sono marinai esperti, tu non sei in mare nemmeno
da quarantotto ore
e già ti arrampichi fin sopra l’albero maestro e
ti muovi con una tale
sicurezza e scioltezza, da far sembrare che sei nata su una nave!
Mentre in
realtà non ci sei mai salita prima. Mi ricordo le prime
volte che ero salito a
bordo, non riuscivo a stare in equilibro e aveva una nausea perenne. Mi
ci è
voluto un bel po’ per abituarmi! E ti assicuro che non mi
arrampicavo da
nessuna parte! Al contrario di te!”
Angela rise di nuovo, ma non per le affermazioni fatte, ma per
l’espressione
buffa che aveva assunto Terence. Era imbronciato, sembrava quasi
arrabbiato
perché lei aveva imparato subito come muoversi su di una
imbarcazione mentre a
lui ci era voluto parecchio tempo.
“Non c’è niente da ridere!”
ribatté lui, fingendo di essere offeso, ma dopo
poco si mise a ridere anche lui.
“E dai, non prendertela per così poco. Quanti anni
avevi la prima volta che sei
salito su di una nave?” gli chiese sorridendo Angela.
“Cinque” mormorò per tutta risposta lui.
“E allora! Di cosa ti lamenti! Eri notevolmente
più piccolo di me ora, pensi
che se fossi stata io nei tuoi panni a quell’età
sarebbe stato diverso?”
commentò lei.
“Si, ne sono assolutamente sicuro, dal momento che non so
ancora arrampicarmi
sulle sartie con la tua stessa agilità.”
“Cosa ti posso dire? Sarà una qualità
innata!” rispose ironicamente lei.
“Si, certooo, come no. Magari è una
“qualità innata” anche quella di fare
scelte avventate e senza, un almeno apparente, ombra di senso. Come
quella di
decidere all’improvviso di imbarcarsi su di un mercantile per
poi approdare in
un porto come, uhm, non saprei, come Benprett per esempio, senza
neanche sapere
cosa fare una volta sbarcati?” insinuò
maliziosamente. Terence aveva buttato
quell’insinuazione nel loro discorso come a caso, ma di certo
non sfuggì alla
ragazza.
Ecco,
ci risiamo. Ma che fa? Mi prende per stupida? Pensa che potrei davvero
cascare
in un trucchetto del genere? È da dilettanti, mi aspettava
un po’ di più. Se
spera che possa tradirmi prendendomi di
sorpresa si sbaglia di grosso. Terence, non
per offenderti, ma per quanti sforzi tu faccia, non ti potrò
mai dire la verità.
Mi sembri un bravo ragazzo, e potrai essere un caro amico, ma certe
cose sono fatti
miei.
Angela trasse un profondo sospiro e
buttò gli occhi
al cielo.
“ No, non penso che quella possa essere considerata una
“qualità innata”, credo
che possa catalogarsi sotto la voce “atti personali fatti con
un filo logico”.”
Rispose. “Wow, un filo logico? E quale sarebbe?”
“Non ti è mai passato per la testa che magari, una
ragazza rimasta sola,
volesse solo rifarsi una vita, in un posto nuovo?”
“No, rimarrei deluso se così fosse.”
rispose tranquillamente.
Ok,
ci hai provato, ma non credere di potermi vincere, tesoro. Non ti
dirò niente
di niente, non perché non voglia, ma perché non
posso. Comunque ora basta
giocare, e il momento di chiudere la partita, sono stufa di questo
argomento.
Si
disse
tra sé e sé la ragazza.
“Spiacente di deluderti,
gioia, ma la ragione che
mi spinge e solamente e unicamente questa. E se non ti dispiace vorrei
chiudere
l’argomento qui.” Affermò in un tono che
non ammetteva repliche, pur mantenendo
il sorriso sulle labbra.
Ma Terence non voleva demordere.
“Non credere di potermi
dare a bere la tua
storiella.”
Angela roteò gli occhi. Mamma
quant’è cocciuto!!
“Non vuoi proprio
credermi, vero?”
“No”
“Bhè, dovrai arrenderti all’idea che
invece è proprio la verità. Ma mettiamo
caso che tu abbia ragione, solo per esempio, e che io ti nascondi
veramente
qualcosa, se tu dovessi alla fine tirarmi fuori di bocca il vero motivo
che
potrebbe eventualmente spingermi a fare un passo che a te sembra tanto
scellerato, dovrei ucciderti subito dopo per essere sicura di mantenere
il
segreto, comprendi? Però dato che non
c’è nessun mistero e che il motivo del
mio viaggio è quello che candidamente ti ho esposto
più volte, per fortuna
eviteremo un uccisione futile e dolorosa per entrambi,
perché credimi, mi
dispiacerebbe ucciderti.” E concluse la frase con un
sorrisetto malizioso,
sicura di aver chiuso la questione una volta del tutto.
Era quasi sicura che il ragazzo non
avesse capito
un’accidenti del suo discorso ma aveva certamente fiutato la
minaccia. Ecco
un’altra delle sue doti, in una battaglia verbale aveva
ancora più probabilità
di vittoria che in un duello con la spada.
Terence deglutì
vistosamente, un po’ preoccupato
per le affermazioni fatte dalla ragazza, ma si riprese subito dopo.
Sicuramente
stava scherzando, cioè, era un ragazza dopotutto, non
avrebbe mai potuto
mettere in pratica una minaccia del genere, ma forse era meglio non
metterla
alla prova. Il discorso sostenuto da Angela però non aveva
avuto del tutto
l’effetto desiderato. Certo, probabilmente Terence non
l’avrebbe più importunata
con domande spinose, ma le aveva dato la certezza che nascondeva
qualcosa.
Perfetto,
vedo che l’ho zittito finalmente, spero di non ricadere
più sull’argomento. Non
posso di certo dirgli la verità! Comunque anche se la
venisse a scoprire, di
sicuro non metterei mai in pratica ciò che ho detto, quella
era una semplice
intimidazione molto ad effetto. Si disse tra sé e
sé la giovane.
Dopo la piccola discussione
rimasero in silenzio
per un po’. Angela finiva di pranzare e Terence la osservava,
ancora un po’
scosso dal precedente argomento. La ragazza se ne era accorta e
voltò lo
sguardo nella sua direzione quel tanto che bastava per far distogliere
al
ragazzo il suo. Non le piaceva molto essere osservata
così gratuitamente, certo se doveva mettere
in mostra la sua bravura con la spada o qualsiasi altra cosa, era
sempre
pronta. Non che fosse in imbarazzo perché era lui
l’osservatore, ma solamente
perché le procurava non poco fastidio.
Dopo che ebbe finito di mangiare,
ad Angela venne
in mente un’idea. Era molto tempo che non armeggiava con la
sua spada, e ne
aveva proprio voglia, chissà se Terence…
“Terence, posso chiederti
una cosa?”
“Si” rispose lui, uscendo dal suo stato di ipnosi
in cui era momentaneamente
calato.
“Sai tirare di spada?” domandò
“Diciamo che me la cavo” mormoro sorpreso dallo
strano quesito.
“Bene! Ecco, ti andrebbe di esercitarti un po’ con
me?” chiese guardandolo
speranzosa.
Oltre agli altri motivi voleva
vedere quello di cui
Terence era capace, mettere alla prova le persone era
un’altra delle sue manie.
Il ragazzo ci pensò un
attimo. Era un po’ titubante
all’idea di mettersi contro di lei.
Era
vero che una ragazza non poteva essere più di tanto brava
con la spada, ma quella non era una
ragazza qualsiasi.
Ci si poteva aspettare di tutto. E poi…
Angela notò il
turbamento del ragazzo, e per incoraggiarlo,
ricordansi che forse la preoccupazione di lui era dovuta proprio alla
minaccia
che aveva fatto poco prima, esclamò:
“Andiamo, guarda che non voglio mica ucciderti, voglio solo
esercitarmi un
po’!”
Colpito e affondato
“Siamo
sicuri? Mi fido?” rispose
scherzosamente lui, ma nel profondo sollevato. Ma si,
perché no? Non ne
era entusiasta, ma gli avrebbe fatto bene un po’
d’esercizio.
“Ok”
sospirò
“Perfetto!
Allora…in guardia!” esclamò allegra la
ragazza, saltando giù dal cannone sulla quale era seduta, e
sfoderando la
spada.
Il giovane fece lo stesso e si mise in posizione, pronto ad attaccare.
Bene
bene, vediamo cosa sai fare. Pensò Angela.
La ragazza iniziò ad
osservarlo. Aveva una difesa che
faceva acqua da tutte le parti, senza contare che teneva la spada
rigida ed era
teso come un pezzo di legno. Aveva la vittoria in pugno. Avrebbe
giocato un po’
e poi lo avrebbe disarmato.
Terence effettivamente era molto
teso. Le aveva
mentito, aveva affermato di “cavarsela abbastanza
bene” ma in realtà sapeva a
malapena tenere una spada in mano!
Provò a fare un affondo, ma la ragazza lo schivo senza
difficoltà alcuna. Provò
di nuovo e poi ancora, ma andarono tutti a vuoto.
La sua fortuna era che tutti erano troppo presi dalle loro
attività per notarli
e per vedere la figuraccia che stava facendo.
“Allora? Tutto qui quello
che sai fare? Mi stai
deludendo.” lo canzonò Angela.
“Non hai ancora vinto, perciò, taci. E poi, parli
tanto ma non hai ancora fatto
un affondo” rispose di rimando lui.
La ragazza sorrise maliziosamente “Giusta osservazione, ti
accontento
subito” e
con uno scatto felino iniziò a
tirare affondi su affondi, ma senza troppo impegno. Stava solo
giocando.
Il ragazzo non se ne accorse e pensò che tutta la maestria
della giovane si
riducesse a quello e si convinse di poter vincere, anche se ormai
iniziava ad
ansimare e sudare, sotto gli attacchi, se pur scarsi, di lei.
“Allora, tutto
qui?” la derise boccheggiando.
“Tesoro, non ti sei accorto di una cosa?”
ribatté lei dolcemente.
“Cosa?” le chiese stupito lui
“Sei tutto sudato e ansimante, io invece sono fresca come una
rosa. Non credi
che ci sia un motivo per questo?” gli fece notare
candidamente. Infine incrociò
all’improvviso la spada di lui con la sua e la fece volare
via, disarmando il
ragazzo, dopodiché puntò la sua lama alla gola di
Terence.
Il giovane rimase di stucco,
iniziando a sudare
freddo. Non si sarebbe mai aspettato che la ragazza fosse
così brava, lo aveva
disarmato con una mossa sola e senza alcuna difficoltà. Ma
allora … che stesse
solo giocando prima?
Lei abbassò la spada e
la ripose nel fodero.
“Devi migliorare la
difesa, lasci tutte le parti
del corpo scoperte, in più sei troppo teso mentre combatti,
ti muovi a scatti,
i movimenti devono essere fluidi e veloci.” Lo
rimbeccò Angela. Lui la squadrò
un attimo, ancora sbigottito, dopodiché lei gli sorrise e
andò sottocoperta
lasciandolo lì, da solo.
Mancavano due giorni esatti
dall’arrivo a Benprett,
e Angela finì inevitabilmente ad approfondire la sua
amicizia con Terence.
Era un bravo ragazzo, semplice e
intelligente. Era
un tipo molto riflessivo, senza doti particolari se non quella di poter
essere
un amico. Non aveva mai amato particolarmente la vita di mare, ma aveva
sempre
voluto accompagnare suo padre durante alcuni viaggi di lavoro. Di
solito lo seguiva
solo nelle città portuali importanti, ma quella volta aveva
voluto andare anche
a Telia, per pura curiosità di vedere com’era la
piccola isola ai confini del
mar dei Caraibi della quale spesso suo padre gli parlava. Non sapeva
tirar di
spada, come aveva avuto modo lei stessa di vedere, ma gli sarebbe
piaciuto
imparare e ammirava molto quelli che, come lei, avevano appreso
l’arte. Ciò
nonostante era sicuro che, se anche avesse imparato, non ne avrebbe mai
fatto
uso se non per difendersi in casi estremi. Odiava le battaglie e le
guerre in
generale. Era insicuro, per niente coraggioso, ma molto curioso e
simpatico.
Divenne un caro amico, anche se ovviamente non aveva ancora quello
stato di
confidenza tale da potergli confessare tutto sullo scopo del suo
viaggio. Tutto
sommato era sicura di potersi fidare di lui per consegnarli le lettere
indirizzate a Maggie.
Passava la maggior parte del suo tempo con lui a chiacchierare del
più e del
meno, senza però approfondire nulla di importante. La ciurma
ormai aveva preso
il vizio di scherzare su un possibile feeling tra loro due. Questi
commenti
avevano il potere di far diventare rosso come un peperone il povero
Terence, e
irritare molto Angela, che però, con qualche intimidazione
ben riuscita, era
stata capace di mettere a tacere le mali lingue. Terence era molto
dolce e
simpatico, e le piaceva la sua compagnia, questo era vero, ma non
avrebbe mai
potuto essere più di un amico.
Però Angela non
poté fare a meno di pensare che ad
una persona di sua conoscenza, Terence sarebbe piaciuto molto. I loro
caratteri
erano molto simili, per niente coraggiosi, dolci, gentile, disponibili,
semplici. Maggie e Terence si sarebbero senz’altro piaciuto a
vicenda.
Maggie… Ogni volta che
pensava all’amica aveva una
fitta al cuore. Lei era l’unica cosa che ancora la legava al
suo passato.
Quello stesso passato che era stato il suo presente fino a poco tempo
prima, ma
che ora le sembrava terribilmente lontano.
*
Durante la mattinata del quarto
giorno, la ragazza,
mentre stava lavando il ponte,
venne informata da uno dei marinai, che il capitano la desiderava nella
sua
cabina urgentemente. Angela rimase leggermente stupita, ma poi si
diresse
subito nella cabina del capitano, con già in mente la
probabile discussione che
Teels voleva sostenere.
Il capitano stava leggendo alcune
carte, ma appena
la vide entrare, le mise da parte e le sorrise.
Angela si richiuse la porta alle spalle entrando, e si sedette di
fronte a lui,
aspettando che iniziasse a parlare. Lui non si fece attendere.
“Allora Angela. Ti ho
fatto chiamare per esporti
alcune questioni molto importanti, anche se immagino che tu ti sia
già fatta
un’idea di quello che potrei dirti.” Disse con
calma.
Si,
mi sono già fatta un’idea capitano, vuoi parlare
del mio sbarco a Benprett,
giusto?
“Si, credo di averlo
intuito” rispose
semplicemente.
Teels sorrise.
“Bene, passiamo subito al sodo, dunque. Cosa intendi fare una
volta arrivata a
Benprett? Non ti ho chiesto niente per tutto il viaggio, ma credo che
almeno
una piccola spiegazione ora me la devi.” Esclamò
sempre con ostentata calma.
La giovane sospirò. Sapeva che prima o poi questo momento
sarebbe arrivato,
anche se sperava di evitarlo. Cosa doveva dirgli? Aveva tenuto il suo
segreto
tutto il viaggio, per non dover dar penose e lunghe spiegazioni, e
avrebbe
dovuto darle ora? Forse avrebbe potuto farlo partecipe della sua vita
solo in
parte, per esempio poteva dirgli dov’era realmente diretta
tenendo nascosto il
motivo. Si, quella era la decisione migliore, dopotutto, qualcosa
glielo
doveva.
“Va bene, hai ragione, ti
dirò cosa intendo fare
una volta arrivata al porto. Però devi promettermi che non
farai niente per
impedirmelo, ok?” rispose leggermente sconsolata la ragazza.
Teels la guardò di sottecchi. “Promesso”
disse infine, senza sapere cosa
aspettarsi dalla giovane.
“Bene, ho la tua parola
quindi.” Rispose Angela.
Poi proseguì “ Ho intenzione di cercare
un’altra imbarcazione per approdare a
….” Esitò un attimo
“… a Tortuga” concluse titubante,
aspettando la reazione
del capitano.
Teels rimase sbigottito da quella confessione.
Tortuga? L’isola dei pirati? Perché mai, Angela,
una ragazza rispettabile,
voleva approdare in quell’isola? No, non andava assolutamente
bene. Quella era
un’isola di manigoldi, e Angela era una ragazza sola e
indifesa!! Oddio,
indifesa forse non era il termine che più le si addiceva, ma
era comunque
pericoloso. Glielo avrebbe impedito!
“COSA??????!!!!!!!!!! Ma sei impazzita? Tortuga, il covo
prediletto dei
bucanieri!! Cosa ci vai a fare lì? Quel posto con te non
c’entra, e non ci
dovrà mai c’entrare niente! Sono stata
chiaro?” esplose irato, alzandosi in
piedi.
Angela invece rimase impassibile, seduta composta al suo posto. Si era
aspettata
una reazione del genere e quindi era pronta ad affrontarla.
“No, Teels, non sono impazzita. Devo andare a Tortuga per un
buon motivo. Non
mi aspetto né che tu approvi, né che tu mi dia
una mano ad arrivarci, hai già
fatto abbastanza portandomi a Benprett e ti ringrazio.”
Rispose forse un po’
più fredda di quello che avrebbe voluto.
“Sappi che non approvo per niente.”
Esclamò, senza neanche far caso al tono
della ragazza.
“Con quella confessione non cercavo approvazione. Ho detto la
mia meta finale
semplicemente perché tu me l’hai chiesta e mi
sembrava giusto fornirti la
risposta. Ma comunque, che tu approvi o meno, andrò lo
stesso su quell’isola.”
Affermò decisa, ma calma.
Teels invece era fuori di sé e aveva iniziato a camminare
per la stanza,
imprecando contro la scelta azzardata e insensata di Angela e
spiegandole tutti
i perché non ci dovesse andare, anche se la ragazza era
irremovibile, come potè
constatare lui stesso.
Dopo un po’, Angela si
stufò della reazione
leggermente esagerata del capitano e con voce sicura e alta,
esclamò:
“Teels, non ho alcuna intenzione di cambiare i miei progetti,
anche se tu non
sei d’accordo, come mi hai candidamente
fatto capire, quindi ti sarei grata se ti calmassi!”
Teels rimase di stucco. Dopo tutto ciò, lo rimproverava
anche! Tuttavia decise
di darsi una regolata e di tornare a sedere. Non aveva tutti i torti la
giovane, dopotutto, agitarsi non gli sarebbe servito a nulla.
“Angela, per l’amor del cielo,
ripensaci!” la supplicò un’ultima volta.
“No, ormai ho già deciso. Teels, lo so che
può sembrarti una scelta azzardata,
ma ti assicuro che non è così. Ci ho riflettuto a
lungo, e in più c’è un motivo
molto importante che mi spinge a fare questo passo.”
“E quale, di grazia?” domandò scettico.
La giovane sospiro di nuovo. “Questo non te lo posso dire, ma
ti prego, Teels,
fidati di me, so quello che faccio.” Affermò
decisa.
Il capitano la squadrò
da capo a piedi,
preoccupato, ma alla fine si arrese. Angela era decisa a fare
ciò che voleva, e
lui sapeva perfettamente che qualunque cosa avrebbe detto, non le
avrebbe fatto
cambiare idea alla giovane. Non gli rimaneva che scusarsi, se pur
disapprovava
in pieno quella scelta. Angela sapeva badare a se stessa, doveva
affidarsi al
buon senso della ragazza, anche se questa sua ultima scelta gli pareva
irragionevole.
“Va bene.”
Rispose infine “Spero solo che tu sappia
quel che faccia”
Angela sorrise.
“Ma come pensi di arrivarci a Tortuga una volta a Benprett?
Io non ti posso
accompagnare, lo sai. Siamo tutti marinai rispettabili e nessuno
sarebbe
contento di approdare in un porto del genere, per quanto mi dispiaccia
lasciarti da sola a Benprett. Ma non posso costringere gli
uomini.” Aggiunse
dopo un po’ Teels, con aria mortificata e preoccupata.
“Non temere, lo so perfettamente, senza contare che la Compagnia
delle Indie,
se ti vedesse su quell’isola, potrebbe darti dei
problemi.” Rispose la giovane
con giudizio.
“Esatto. Quindi cosa intendi fare?”
“Non lo so, mi imbarcherò come mozzo su di
un’altra nave, credo.”
“E quale? Una della marina? Dubito. Potresti imbarcarti su un
altro mercantile,
però dovresti convincerli ad approdare su Tortuga,
perché solitamente non è una
meta delle navi commerciali, avrebbero tutte il mio stesso
problema.”
Accidenti,
ha ragione, non ci avevo assolutamente pensato! E ora?
“Uffa, e allora cosa
dovrei fare? Qualcosa
troverò!” esclamò leggermente
esasperata la giovane dalle riflessioni
sconfortanti del capitano.
“Io avrei un’idea” esordì
Teels.
Angela lo guardò dritto negli occhi.
“Davvero?” domandò incredula.
“Non ti posso accompagnare io di persona, ma qualcosa forse
posso farla per
aiutarti. Vedi, conosco alcuni contrabbandieri, che dovrebbero trovarsi
proprio
a Benprett, in questo momento. Loro di sicuro sbarcheranno a Tortuga
per i loro
traffici. Potrei chiedere al capitano se può darti un
passaggio.”
La giovane era incredula. Non si
sarebbe mai
aspettata un’agevolazione del genere, specialmente da colui
che meno di tutti
approvava quel viaggio!
“Teels, sarebbe
fantastico!!! Grazie!” esclamò
felice. Dopodiché si congedarono l’un
l’altro e lei uscì dalla stanza.
*
Il resto della giornata trascorse
piacevolmente,
fino al momento dell’approdo.
Angela era corsa di sotto per prendere le sue poche cose, e
risalì in fretta le
scalette per ritornare sul ponte.
Sopra, ad attenderla, trovò Terence, abbastanza scuro in
volto. Probabilmente
la causa era la partenza della ragazza.
“Allora, dobbiamo
salutarci” esclamò lui, triste.
“Temo proprio di si, questa era la mia meta.”
Rispose lei
Silenzio.
Ti
prego Terence, non guardarmi con quella faccia arrabbiata anche tu, ho
già la
disapprovazione del capitano, una me ne basta. Mi mancherai, sei stata
un buon
compagno per questo breve viaggio, e spero di rivederti presto.
“Angela, non sei
obbligata ad andartene, se non
vuoi” esordì il giovane.
Eccolo
lì! Lo sapevo che sarebbe venuto fuori con qualcosa del
genere.
“Ma io voglio, Terece,
per favore, non rendere
tutto ancora più difficile.”
“Potresti rimanere qui, sulla nave, …”
insistette lui.
“Terence, ti ringrazio, ma non posso accettare, devo proprio
andare, credimi, e
non cercare di impedirmelo, anche se una parte di me vorrebbe rimanere
qui. Sei
un caro amico, ma devo andare lo stesso.” Angela cercava di
apparire decisa, ma
di rimanere gentile.
Terence sospirò “Allora verrò io con
te” affermò infine.
Angela rimase stupefatta.
“COSA? Vuoi venire con me? No, è fuori
discussione!” esclamò freneticamente.
“Si invece “ disse risoluto “non ti
lascio da sola, verrò con te”
La ragazza non sapeva più cosa inventarsi ora.
“No, Terence, no! Uno, tuo padre non ti farebbe mai partire,
due, il tuo posto
è qui, non puoi venire con me, tre non voglio che vieni con
me, non perché non desidero
la tua compagnia, ma non so ancora bene cosa farò io,
figurati se posso
decidere per tutti e due”
“Appunto, ti darei una mano”
“Quanto sei testardo!!! Terence, devi rimanere qui con tuo
padre. E poi, mi
saresti più d’aiuto qui, che non con me,
perché se tu mi accompagni, nessuno
porterà le mie lettere a Maggie. Comprendi?”
esclamò lei esasperata, aggrappandosi
a quest’ultimo appiglio.
Non
è che non voglia la tua compagnia Terence, ma preferisco che
tu rimanga qui con
Teels. Già non approva la mia
partenza, figuriamoci se vieni anche tu! E poi, a questo punto
preferisco agire
da sola, senza contare che se tu parti non avrei più nessuno
che potrebbe
consegnare le lettere a Maggie. In più, sarei più
sicura sapendoti qui, che non
con me. Non sai combattere, non ti piace l’avventura e la
vita di mare, e io
non so a quali pericoli potrei andare incontro, non vorrei metterti in
pericolo,
non me lo perdonerei mai. Senza contare che dubito che Tortuga sia
un’isola
adatta a te. Voglio solo il tuo bene, e salvarti dai pericoli, non
posso farmi
peso della tua incolumità, dato che non so ancora se
riuscirò a salvare la mia.
“Ma…”
provò ancora il ragazzo.
“No, Terence. Fidati, sei più al sicuro qui, che
con me. Potrebbe essere pericoloso.”
Affermò seria la giovane.
Terence sembrò arrendersi. Forse la ragazza aveva ragione,
le sarebbe stato più
utile qui.
“Ok, ma fai attenzione, e ricordati che se qualcosa dovesse
andare storto,
potrai sempre tornare qui, sarai la benvenuta”
Oh,
Terence, sei proprio un bravo ragazzo, grazie di tutto.
“Grazie Terence, sei
proprio un amico” e detto
questo lo abbracciò fraternamente.
Lui rimase un po’ costernato da questo slancio
d’affetto, rimanendo leggermente
a disagio e diventano rosso quando la ragazza si sciolse
dall’abbraccio e lo
guardò negli occhi.
“Angela, se sei pronta,
io andrei”
Era Teels, che stava aspettando
Angela per scendere
a terra e accompagnarla fino alla nave dei contrabbandieri, dove
avrebbe
cercato di convincere il capitano a darle un passaggio per Tortuga.
“Si, arrivo
subito.” Rispose lei. “Arrivederci
Terence” aggiunse poi rivolta al figlio del capitano.
“Arrivederci Angela” disse il ragazzo sorridendo
ancora imbarazzato.
La ragazza salutò
brevemente il resto della ciurma,
consapevole del fatto che c’era la possibilità di
non rivedere mai più nessuno
di loro. Infine raggiunse Teels, che la stava aspettando sulla
passerella che
collegava la nave alla terra ferma, lanciando solo un ultimo sguardo di
saluto
a Terence.
*
Uffa,
sono già dieci minuti che camminiamo e ancora non ha detto
una parola, che sia
ancora arrabbiato con me? Eppure gli ho già esposto tutti i
miei buoni motivi,
anche se in modo non molto chiaro.
Di sicuro non approva la tua scelta, però forse,
più che arrabbiato e
preoccupato, non credi?
Ma perché? Oramai dovrebbe conoscermi abbastanza per sapere
che so badare a me
stessa! Non deve mica preoccuparsi per me!
Si, ma concedigli il fatto che saperti su di un’isola come
Tortuga, da sola
magari lo preoccupa un po’! Comunque, se ti mette tanto in
imbarazzo questa
situazione, inizia tu a parlare!
Ottimo consiglio.
“Teels…ehm…sei
sicuro che questi contrabbandieri si
trovino proprio qui, ora?” domandò titubante.
“Si, i loro traffici commerciali sono simili ai miei, a parte
lo sbarco a
Tortuga, che dovrebbe essere proprio la loro prossima tappa, quindi in
questo
momento, il loro itinerario dovrebbe prevedere una sosta a Benprett,
esattamente come me.” rispose piatto lui. La giovane, decisa
a non far cadere
l’unico argomento che aveva trovato per discutere, chiese
ancora:
“E dove pensi di trovarli?”
“Nella taverna gestita dalla sorella di uno
dell’equipaggio. Quando sostano
qui, si fermano sempre in quel luogo. Lo so perchè spesso e
volentieri invitano
anche me e la mia ciurma per qualche bevuta insieme.”
“E come si chiama questa locanda?”
“Da Marianna, il nome dell’attuale proprietaria,
poco originale, ma pratico” e
con questo, l’argomento sembrò archiviato, se non
fosse che, a dispetto delle
pessimistiche previsioni di Angela, Teels proseguì, con aria
grave, il
discorso. “Angela, ascoltami bene, il capitano di questa nave
non è un uomo
molto alla mano. È severo e ligio, si aspetta disciplina da
ognuno dei suoi
uomini e non gli piacciono le persone che gli disubbidiscono.”
“Insomma, un tipo autoritario.” Dedusse lei.
“Esatto, quindi per favore, so perfettamente che tu con le
autorità hai sempre
avuto seri problemi e che non ti piace quando qualcuno ti da degli
ordini in
modo severo, ma ti prego, non perdere le staffe con lui, e cerca di
sopportarlo
rimanendo gentile, per tutta la durata del viaggio. Se ti rendi
antipatica ai
suoi occhi, potrebbe decidere di non accompagnarti a Tortuga, quindi,
fai la
brava. Intesi?” le raccomandò con fervore il buon
capitano.
Angela rimase abbastanza sorpresa
dalla
raccomandazione. Era vero che non aveva mai sopportato le
autorità,
specialmente se quelle si mettevano a gridare ordini a destra e manca,
abusando
un tantino del loro potere o se iniziavano a dettarle ordini che lei
trovava
assurdi; però la preoccupazione di Teels le
sembrò eccessiva. Non era sciocca e
non aveva intenzione di litigare con nessuno, per il momento,
specialmente se questo
“nessuno” rappresentava la sua unica via verso
Tortuga.
“Dovresti sapere che non farei mai qualcosa di
così idiota” affermò la giovane.
“Si, lo so, ma ancora non hai conosciuto il nostro uomo. E
sapendo il tuo
carattere, ho paura che potresti perdere le staffe con lui”.
Parlando, erano arrivati alla
taverna “Da Marianna”
senza neanche accorgersene. Era una vecchia locanda, ma era tenuta
bene. Gli
infissi erano saldi, l’insegna ben attaccata, e una volta
entrati, la ragazza
poté notare quanto il luogo fosse pulito e in ordine, pur
ospitando parecchia
gente seduta al bancone o intenta a brindare e a giocare a carte con
gli amici
ai tavolini.
“Non ci credo, Benjami
Teels!!!” una donna sulla
quarantina, ben piazzata ma dall’aspetto gioviale, era venuta
incontro al
capitano Teels, appena entrato dentro il locale.
“Marianna! Che piacere!” rispose lui, abbracciando
la donna.
Era una signora dai capelli ricci e
neri, e un
sorriso a trentadue denti che le illuminava il volto allegro. Non era
molto
alta, ma ben piazzata, e indossava un grembiule rosso, che si abbinava
al
colore delle sue gote. Sembrava molto contenta di vedere Teels, e lui
di vedere
lei, dato che si abbracciarono con molto calore. Evidentemente si
conoscevano.
Ma,
aspetta un momento, l’ha chiamata Marianna, allora
è la proprietaria della
locanda! Però dove sono gli altri membri della ciurma? Qui
dentro non c’è
nessuno che potrebbe assomigliare ad un marinaio, mi sembrano solo
signori
della media borghesia, da come sono vestiti.
“Allora, qual buon vento
ti porta qui dentro? È un
secolo che non ci vediamo!” chiese Marianna al capitano, che,
per tutta
risposta, scoppiò a ridere. Aveva una voce molto alta e
irritante.
“Marianna cara, si, hai ragione, sempre che per te un secolo
sia a mala pena un
mese.” La prese in giro lui.
“Oh, è passato così poco tempo? Mi
sembrava molto di più!” la donna non
raccolse la derisione.
“Dammi almeno il tempo di finire il mio giro di commerci,
prima di tornare qui
da te!” rispose con una punta di malizia lui. La donna rise.
Questo lo aveva
capito bene. Poi cambiò argomento.
“Allora, chi è questa giovane che ti porti con
te?” chiese.
Il capitano stava per rispondere, ma Angela lo precedette presentandosi
da sé.
“Piacere, mi chiamo Angela, e sono un’amica di
Teels”
“Eh come mai sei vestita in quel modo?”
domandò scrutando con disapprovazione i
suoi vestiti da ragazzo.
“è una lunga storia.” disse lei, che non
aveva voglia di dare spiegazioni.
Marianna ci rimase un po’ male dalla risposta un
po’ brusca, ma si dovette
accontentare.
Non
ho raccontato nulla a Terence, ti aspetti che venga a dire tutto a te?
Dopo qualche secondo di
imbarazzante silenzio,
Teels riprese la parola.
“Scusami Marianna, lo so che sono appena arrivato,
però ero passato solo per
vedere Lastrugh, sai dov’è?”
“Il capitano? Ehm, si, lui è mio fratello
dovrebbero trovarsi al porto, sono
arrivati quattro sera fa e stamattina dovevano prendere alcune merci
per
preparare la partenza. In effetti sono arrivati un po’ prima
del solito. Credo
che stiano caricando la merce a bordo. Hanno ormeggiato la nave accanto
al
negozio di liquori del vecchio Betch, sai come arrivarci,
vero?”
“Ma certo. Bene, allora noi andiamo, siamo un po’
di fretta, e il fatto che
stiano già preparando la partenza, accorcia i tempi. Grazie
Marianna.”
“Come? Te ne vai di già?”
domandò sorpresa e un po’ triste.
“Mi dispiace, ma devo fare una cosa. Tornerò
più tardi con il resto della
ciurma. Arrivederci” la liquidò lui, avviandosi
verso la porta. Anche Angela la
salutò di fretta, lasciando Marianna lì impalata,
un tantino delusa. Ma questo
stato non durò molto. Difatti Angela poté
constatare, guardando dalle finestre
della taverna una volta fuori, che la signora, appena loro furono
usciti, era
già impegnata in una nuova conversazione, con un altro
cliente.
“Non ti ha fatto una
buona impressione Marianna,
vero?” le chiese a tradimento Teels, poco dopo.
Angela lo guardò di sottecchi un attimo, indecisa se dirgli
veramente ciò che
pensava oppure no. Optò per la prima opzione, ma
cercò di essere gentile, nel
giudizio.
“Ecco, mi è sembrata una donna allegra. Un
po’ troppo sempliciotta forse, e
leggermente ignorante. Mi hanno dato fastidio il modo sprezzante con la
quale
ha indicato i miei vestiti, e la sua voce stridula.”
Teels scoppiò a ridere.
“Accidenti che spirito di osservazione! Comunque sta attenta.
È vero che ad una
prima occhiata può sembrare una
“sempliciotta”, come l’hai definita tu,
ma in
realtà è molto furba, e sa gestire bene le
situazioni finanziarie della sua
locanda.” La corresse lui.
Che
strano, sembra che un po’ d’ansia gli sia passata.
Bhè, meno male.
“A si? Buono a sapersi,
anche se non si direbbe” rispose
lei sulla difensiva, felice però della ritrovata allegria di
lui. “Comunque,
parlando d’altro, chi è Lastrugh?”
proseguì curiosa.
“è il capitano della nave di contrabbandieri che,
con un po’ di fortuna, ti
accompagnerà a Tortuga” affermò.
“Ah, a proposito, forse è meglio che gli
uomini di Lastrugh non sappiano che sei una femmina. Sai, loro non ti
conoscono
e potrebbero iniziare a deriderti e lanciarti sfrecciatine fastidiose,
senza
contare che vorrei evitare spiacevoli incidenti. Loro non sono come gli
uomini
della mia nave, non sono esattamente ciò che uno definirebbe
“gente per bene”,
anzi, tutto il contrario, perciò credo sia meglio che solo
il capitano conosca
la verità. Ce la faresti a passare per un ragazzo per questo
breve viaggio?”
aggiunse guardandomi un po’ preoccupato.
Angela gli sorrise, e senza rispondergli, raccolse i suoi capelli
dentro il
cappello e mise la camicia fuori dai pantaloni, in modo che fosse meno
aderente
al suo corpo.
Infine, facendo la voce più roca che le venisse,
domandò scherzosa “Così va
bene capitano?”.
Anche Teels sorrise vedendola. “Perfetto” disse.
Sarà
facile, basterà avere una camminata più mascolina
e passare la maggior parte
del tempo in cabina.
In poco tempo arrivarono davanti
alla nave. Era un
veliero più piccolo del mercantile di Teels, ed era anche
molto più malconcio.
Sembrava averne passate di tutti i colori.
Teels si diresse deciso verso la passerella che permetteva di salire
sulla
nave, ma appena ci mise piede sopra, un uomo lo bloccò.
Aveva un aspetto poco
rassicurante. Era giovane, muscoloso, alto, con i capelli corti e un
grosso
tatuaggio sulla spalla che raffigurava una serpente marino. Ad Angela
fece
ribrezzo il solo guardarlo. Era uno di quei tipi “tutto
muscoli e niente
cervello”.
“Il capitano non vuole
che degli sconosciuti
salgano sulla sua nave” ruggì addosso a Teels, che
per tutta risposta, non fece
una piega.
“Oh, lo so bene, ma si da il caso che io non sia uno
sconosciuto. Sono il
capitano Teels, amico di vecchia data di Lastrugh. Ora mi fai
passare?” rispose
calmo.
Il marinaio lo squadrò un attimo, poi con un
sussultò esclamò:
“Ma certo! Capitano Teels, mi scusi, ma non l’aveva
riconosciuta! Lei può
passare, e questo giovane che è con lei?”
Magnifico,
il travestimento funziona!
“è un mio
amico, deve venire con me” rispose lui,
“Ah, ok. Il capitano è dentro la sua
cabina” aggiunse. Infine Teels lo superò
sulla passerella e si incamminò prima verso il ponte e dopo
verso la cabina del
capitano, seguito a ruota da Angela.
Entrò sicuro di
sé nella stanza, dove trovarono un
uomo seduto su di una sedia, che evidentemente doveva essere Lastrugh,
chino a
tracciare alcune rotte su delle carte sopra la scrivania
Appena l’uomo si accorse della nostra presenza,
saltò come sull’attenti.
Cinquant’anni, era più vecchio di Teels, magro,
slanciato, sguardo e volto
seri, comportamento austero e, appena aprì bocca, Angela
scoprì di odiarlo già.
“Teels! Cosa ci fai
qui?” domandò in modo brusco.
“Anche a me fa piacere rivederti, Lastrugh” rispose
divertito lui.
“è un sacco di tempo che non ci si vede.
Però potevi anche evitare di entrare a
tradimento nella mia cabina.”
“Scusa l’imprudenza, comunque vedo che stai
bene.”
“Come sempre, anche tu vedo che sei in forma. E chi
è questo sbarbatello?”
chiese rivolto ad Angela, interrompendo quello scambio di
“gentili” saluti.
“Oh, è un mio amico, o meglio, dovrei
dire…amica.” Affermò Teels sorridendo
sornione.
“Amica? Teels, sei cieco? Quello è un
ragazzo” lo derise l’altro.
Angela allora si sfilò il cappello, facendo ricadere i
capelli sulle spalle, e
Teels si chiuse la porta della cabina alle spalle.
Lastrugh rimase un attimo spiazzato, ma senza darlo troppo a vedere,
infatti si
riprese subito dal piccolo shock.
“Per tutti i fulmini! Una ragazza? Teels, vuoi spiegarmi la
situazione? Perché
questa bella ragazza si sarebbe dovuta travestire da giovanotto? A mio
parere
sta molto meglio così e poi…”
Ok,
ora gliene dico quattro. Prima aggredisce Teels, invece che salutarlo,
ora mi dice
questo, io…
Ferma, cos’hai appena promesso a Teels? Che saresti stata
calma. Su, tira fuori
la parte paziente di te e fai buon viso a cattivo gioco, come dicevamo
prima.
Uf, hai ragione. Sarà dura, ma ce la farò.
Teels, allora, prese in mano la
situazione.
“Ecco, è proprio lei il buon vento che mi porta da
queste parti. Ora, se sei
così gentile da farci sedere, ti spiego tutto.”
Lastrugh indicò un paio di sedie davanti alla sua scrivania,
con un cenno del
capo, mentre si sedeva lui stesso sulla sua.
Quest’uomo
è la cortesia fatta a persona. Pensò Angela.
Una volta che si furono seduti,
Teels iniziò a
spiegare la situazione, dicendo che Angela aveva semplicemente bisogno
di un
passaggio a Tortuga e che non avrebbe dato alcun fastidio né
a lui né alla sua
ciurma.
“E perché mai io dovrei accettarla nella mia
ciurma per questo viaggio? Lo sai
che non voglio scocciatori!” sbottò irato
Lastrugh. Teels rimase calmo invece,
e proseguì, facendo un lieve cenno ad Angela di rimanere
zitta, dato che
iniziava ad agitarsi sulla sedia di fronte al comportamento della
scorbutico
capitano.
“Uno, perché non ti costerebbe nulla, e due,
perché mi devi ancora un favore e
questa potrebbe essere un’ottima occasione per saldare il tuo
debito.”
“Quale favore?” chiese stupito il capitano.
“Chi ti ha avvisato in anticipo che la marina britannica era
sulle tue tracce
per alcuni tuoi traffici di rum, permettendoti così di
nasconderti per un po’
di tempo prima che ti prendessero?” domandò
serafico Teels.
Lastrugh sospirò, probabilmente riconoscendo il fatto come
vero. E con fare
contrariato, disse:
“Ah, quella volta che ti sei impicciato dei miei affari, vuoi
dire! Guarda che
me la sarei cavata benissimo anche da solo, quella volta, puoi prendere
il
merito solo di avermi preceduto sul tempo!” gli
sputò addosso Lastrugh. Teels
continuava ad essere tranquillo. L’altro capitano
proseguì “Va bene, la
scorterò fino a Tortuga, ma ad un patto, se ne
starà nella cabina che le consegnerò,
buona buona per tutto il viaggio, senza creare alcun disturbo. Non
voglio
disordini sulla mia nave, e con tutto quello che devo fare mi manca
solo da far
da baia ad un ragazzina! Chiaro?” sbraitò rivolto
ad Angela.
“Chiarissimo, non si preoccupi capitano” rispose la
giovane, guardandolo dritto
negli occhi, con fermezza forse eccessiva. Difatti Lastrugh rimase
abbastanza
colpito dalla sguardo duro della ragazza. Si aspettava di averla almeno
intimorita con il suo tono burbero e alto, invece non aveva fatto una
piega. E
questo, lo prese quasi come affronto personale.
“Ah, un ultima cosa Lastrugh” aggiunse Teels
“ti sarei grato se non rivelassi che
Angela è una ragazza. Preferirei che il resto della ciurma
pensasse che sia un ragazzo,
per evitare battute e altre cose spiacevoli. Intesi? Sai che la tua
ciurma non
è proprio cortese con le signore…”
“Si, forse è meglio” convenne lui,
stranamente senza aggiungere nulla di
scortese.
“Perfetto, grazie veramente, non sai quale favore mi
fai!” lo ringraziò il
capitano, con gentilezza eccessiva, a parere di Angela, dato il modo
che
Lastrugh.
“Si, ora fuori, se permettete devo preparare una partenza.
Ah, tu…ragazzina, la
tua cabina per questo viaggio sarà quella infondo a destra,
appena scesa la
scaletta. Capito? E cerca di rimanerci il più
possibile.” disse poi rivolto ad
Angela, che si limitò ad annuire con un cenno del capo,
uscendo dalla stanza
insieme a Teels.
Una volta fuori e lontano da
orecchie indiscrete
(dato che gli altri marinai era intenti a portare alcune casse a bordo
e a
preparare la nave per la partenza) Angela esplose in commenti a bassa
voce.
“Ma l’hai sentito? Quell’uomo
è il ritratto della scortesia!! Io già non lo
sopporto, lo butterò a mare prima di arrivare a Tortuga!
Parola mia!”
“Shh!!!! Abbassa la voce, o in mare ci finirai te! Angela,
per favore,
ricordati quello che mi hai rassicurato prima, ok?” la
rimbeccò lui.
“Uf!” Angela convenne che aveva ragione e, dopo
aver sbraitato ancora un po’
sul caratteraccio di Lastrugh, si calmò.
“Ma se mi chiama un’altra volta ragazzina, gliene
dico quattro!” concluse.
Teels non potè evitare di ridere davanti alla faccia
corrucciata della giovane,
poi però, si ricordò che era arrivato il momento
più triste per lui, quello
degli addii, dove avrebbe dovuto lasciarla al suo destino, e si fece
triste in
volto a quel pensiero. Anche alla ragazza venne in mente la stessa
cosa, e
allora la rabbia venne sostituita dalla malinconia.
“Angela, ora…ci dovremmo salutare. Io devo tornare
alla mia nave, e tu…devi
iniziare il tuo nuovo viaggio”. disse sconsolato il buon
capitano.
La ragazza sorrise.
Teels
mi vuole veramente bene, nonostante non sia sua figlia, mi considera
come tale.
È veramente un brav’uomo, Terence è
fortunato ad averlo come padre. Spero che
quando ritroverò il mio, scoprirò che anche lui
è bravo quanto Teels. Non poté fare a meno di
pensare Angela, vedendo con quanto affetto il buon capitano si separava
da lei.
“Si, i tuoi uomini ti
staranno aspettando.
Salutameli tutti da parte mia, soprattutto Terence.” rispose
la giovane.
“Ma certo.” Disse lui.
“Arrivederci Teels, e grazie mille per tutto.” Lo
ringraziò lei.
“Non dirlo nemmeno. E se in futuro avrai bisogno di un aiuto,
ricordati che io
ci sono, e nel dir questo, penso di parlare a nome di tutta la ciurma,
in
particolare di Terence! Sai, si è molto affezionato a te, in
questi giorni. Ti
trova straordinaria, me lo ha confessato lui stesso.”
Angela rise. “Ringrazialo da parte mia allora!”
“Arrivederci Angela. Buon viaggio e buona fortuna. E, mi
raccomando, non
perdere le staffe con il capitano Lastrugh,
d’accordo?” le raccomandò ancora
lui, sorridendo.
“Tranquillo, me la saprò cavare!
Arrivederci.” La salutò un ultima volta la
ragazza.
“Arrivederci” disse lui, dandole una piccola pacca
sulla spalla. Infine si
incamminò verso la passerella per tornare alla sua nave,
augurando alla ragazza
ogni bene possibile.
Addio
Teels, spero che rivedrò sia te che Terence e la tua ciurma,
e spero che quando
quel giorno arriverà, magari potrò farvi
conoscere mio padre.
La giovane allora, con il cuore un
po’ triste a
causa degli ultimi saluti, decise di avviarsi verso la sua cabina.
Allora,
il capitano ha detto: “in fondo a destra, appena scesa la
scaletta”. Perciò
dovrebbe essere …questa!
La ragazza aprì la porta
di una cabina piuttosto
piccola. Era tutta impolverata, e ciò stava a significare
che non la
utilizzavano spesso. Benissimo, non avrebbe dovuto convivere con
qualcuno della
ciurma.
Non era stanca, ma non aveva assolutamente voglia di stare sul ponte
con gli
altri membri dell’equipaggio. Avrebbe dovuto recitare la
parte del ragazzo, e
non ne aveva alcuna voglia per il momento, nonostante fosse sicura che
la
recita non le sarebbe venuta per niente male.
Nel frattempo, i pensieri iniziarono ad assalirle la mente,
susseguendosi uno
dietro l’altro.
Wow,
non ci posso credere, sono passati solo tre giorni da quando sono
partita da
Telia, eppure mi sembra un’eternità. Sono accadute
più cose in queste 72 ore
che in tutta la mia vita messe assieme! Sono partita con Teels per
arrivare a
Benprett, ho conosciuto Terence e trovato il modo per comunicare con
Maggie, e
in men che non si dica sono già sulla nave diretta a
Tortuga! Incredibile.
Eppure la strada per arrivare alla mia meta finale è ancora
lunga. Mi sto
dirigendo a Tortuga con la speranza di trovarlo lì, anche se
dubito in un colpo
di fortuna del genere, comunque non si sa mai. Di sicuro
troverò come minimo
delle informazioni su di lui, se non la mamma non mi avrebbe detto di
andare su
quell’isola...
Quando ho lasciato Telia sapevo che avrei lasciato molte delle persone
a me
care, ma non avrei creduto che gli addii fossero così
tristi. Prima Maggie, ora
Teels e Terence.
Terence... incredibile come quel ragazzo mi stia così a
cuore, dato che lo
conosco da pochissimo tempo. Eppure sento che nata una bella amicizia
tra noi,
spero solo che il destino mi darà la possibilità
di approfondirla. È un caro
ragazzo, bravo e gentile. Deve solo imparare ad essere più
sicuro di sé.
Due giorni, solo due giorni di navigazione mi separano da Tortuga. Sono
vicina
finalmente, anche se mi pare impossibile. La mia vita è
stata capovolta
totalmente. Cinque giorni fa era una ragazza di Telia, senza un padre,
con
particolari abilità nella spada e sogni che la maggior parte
della mia gente
avrebbero trovato bizzarri e strani. Ora so finalmente chi è
il mio papà, e sto
comunque realizzando quei sogni, che per tutti questi anni mi hanno
accompagnata. Sto viaggiando per mare! In più sono convinta
che troverò mio
padre, e allora sarà tutto più bello.
*
Due giorni sono pochi, era vero, ma
sembrano
allungarsi all’infinito quando si è confinati in
una cabina angusta e ci si
sente urlar contro di essere d’intralcio, ogni volta che ci
si esce. Senza
contare che il capitano Lastrugh sembrava fatto apposta per esasperare
la
povera Angela. Ogni volta che saliva sul ponte, l’accusava di
dare fastidio, e
continuava a ripeterle che avrebbe fatto meglio a strasene nella sua
cabina,
perché, dato che non faceva nulla, disturbava gli uomini che
lavoravano. Allora
lei si era proposta di dar loro una mano, ma a sentir queste parole il
capitano
si era adirato tantissimo, dicendo che non voleva impiastri che
ronzolavano in
giro per il suo veliero a far danni, e che di sicuro, dando per
scontato che
era un’incapace, avrebbe combinato qualche pasticcio. La
povera Angela dovette
far appello a tutta la sua pazienza, per ritornare nella sua cabina
senza
nemmeno dirne quattro a Lastrugh. Invece, ricordando la promessa fatta
a Teels,
e ripetendosi che se lo avesse fatto arrabbiare avrebbe potuto decidere
di non
accompagnarla a Tortuga, riuscì a sorridere e dire
“Ha ragione, mi scusi
capitano” con la voce più gentile che poteva.
Questo gli era costato non poco.
Aveva dovuto
ingoiare un rospo enorme e fare tra travasi di bile, però
alla fine c’era
riuscita, e si era accontenta di tornare nella sua cabina imprecando a
bassa
voce.
Solo
due giorni, e questo è già il primo. Angela,
resisti. È vero, quell’uomo è
insopportabile, ma ti serve per arrivare a Tortuga,
dopodiché non lo vedrai mai
più, quindi, calmati.
è impossibile essere calmi con quell’essere
ripugnante! Non so come ho fatto a
non perdere le staffe! Ora ritorno lì e gliene dico quattro,
grrr!!!
Ferma, solo due giorni di viaggio, ricorda, solo due giorni...
Giusto, solo due giorni...solo due giorni...solo due giorni..
Fu una dura sfida, ma alla fine,
Angela ce la fece.
Riuscì a superare quei due giorni senza litigare con il
capitano, per quanto lo
odiasse profondamente.
Non fece conoscenze tra ciurma, se non molto superficialmente.
Teels aveva perfettamente ragione, erano tutti molto diversi dalla sua
ciurma.
Erano sboccati, maleducati, ignoranti e incivili. Non riusciva a
sopportare la
loro compagnia per più di cinque minuti. Facevano battute
volgari e
insopportabili. Tanto più che alla fine non rimpianse
nemmeno più di tanto il
fatto che il capitano preferiva che lei rimanesse nella sua stanza per
non
dargli fastidio. Così, oltre che lei non dava fastidio a
lui, loro non davano
fastidio a lei. In più, meno loro approfondivano la sua
conoscenza, meno lei
avrebbe corso rischi di essere scoperta. Perfetto.
Comunque, nelle poche volte che
dovette
sopportarli, scoprì di essere un’ottima attrice.
Nessuno della ciurma
sospettava che lei fosse una ragazza. Parlava con voce roca e imitava
un’andatura
mascolina, al posto della sua solita, più femminile e anche
leggermente
ondeggiante, particolarità che spesso le era stata criticata
ma che lei non
riusciva a cambiare. Cercava anche di parlare come loro, anche se
questo non le
veniva molto facile. Era comunque cresciuta in un ambiente
rispettabile, e
quindi parlava in maniera forbita, un modo che questi energumeni
neanche
sapevano esistesse. Tuttavia se la cavò egregiamente.
Finalmente, il
pomeriggio del secondo giorno, il
profilo dell’isola preferita dei pirati, il covo prediletto
dei bucanieri, la
viva e libera Tortuga, si stagliò all’orizzonte.
Angela
quel pomeriggio si appoggiò al
parapetto per guardarla. Finalmente era quasi arrivata, e finalmente
avrebbe lasciato quella piccola barcaccia che il
capitano si ostinava a chiamare veliero. A parer di Angela invece,
quella
sembrava più un misero peschereccio che un
“magnifico veliero”. Era piccola,
angusta, decadente, vecchia e malconcia. Cos’aveva di
magnifico lo sapeva solo
Lastrugh! Ma oramai non aveva più importanza, era arrivata
alla sua meta e tra
poco avrebbe finalmente iniziato le ricerche su suo padre. Non stava
più nella
pelle! Solo poche ore la sapevano da quell’isola, il capitano
l’aveva informata
che entro il tramonto sarebbero sbarcati.
Note dell'autrice:
Ok, per favore, non mi uccidete! Giuro che volevo entrare
più nel profondo già da questo cappy, solo che il
viaggio si è rivelato più lungo del prevvisto, ed
era necessario farla arrivare a Tortuga prima di qualsiasi altra cosa.
Però vi prometto, è stavolta sul serio, che nel
prox cappy ci sarà un'importante svolta, anche se non vi
dico quale! Per farmi perdonare cercherò di aggiornare
prestissimo!!!!
Per il momento la
nostra Angela è finalmente arrivata a Tortuga, ma dovranno
ancora accaderne di cose!
Ringraziamenti:
Nekomi:
sono felice che
ti sia piaciuto il 3° cappy ! Di sicuro
Angie nel suo viaggio farà molte conoscenze, buone e
cattive, e probabilmente anche una moooolto buona, per lei, si intende!
La magia di sicuro non mancherà anche se per il momento non
ho approfondito nulla di ciò che avevo accennato nel
3° cappy. Volevo farla arrivare a Tortuga prima di descrivere
meglio qualsiasi altra cosa, ho fatto un accenno a due elementi
importanti nell'altro cappy solo per iniziare a immetterli nella ficcy
e per destare curiosità! Grazie per in complimenti e spero
che anche questo cappy ti piaccia! Kisskiss 68Keira68
DJ Kela: sono
contentissima che anche il 3° capitolo ti sia piaciuto! Se sono
migliorata è soprattutto grazie a i tuoi consigli! E per le
ripetizioni, in effetti ne commetto ancora, cercherò di
migliorare ;-)! Cmq guarda che tu scrivi benissimo,!!! Se ti
sottovaluti mi arrabbio ;-P!!!!! Per quanto riguarda i pensieri di
Angie, ci hai azzaccato in pieno, l'angioletto e il diavoletto sono
proprio il paragone esatto!! Io li immagino proprio così!
Sei super vicina all'esenza di tutta la ficcy, l'hai capita
praticamente quasi del tutto, manca solo una piccola cosa! Presto
comunque si scoprirà. Terence è un bravo ragazzo,
ma assillante, come dici giustamente tu, però
diventerà più importante in futuro, per il
momento si limiterà a portare le lettere a Maggie!
Effettivamente la parte del nuovo governatore l'ho fatta molto breve,
ma volevo solo dare un breve accenno, giusto per immettere quello che,
come si è capito, diventerà l'antogonista
principale, per ora non posso portarlo avanti finché non
faccio avanzare la vicenda di Angela. Infatti, in questo cappy, molte
cose che ho intromesso nel 3, non le ho proseguite. Sono bloccata
finché non si svelerà una delle rivelazioni
più importanti, che si può facilmente capire qual
è ;-)! Comunque sarà una sopresa quando si
conoscerà meglio il nuovo governatore, lo posso
assicurare, per ora però non posso dir altro! Comunque sono
contenta che abbia intrigato così tanto, grazie! Grazie
mille per tutti i complimenti! Non vedo l'ora di leggere la tua
recensione sul 4° cappy!! Kisskiss e tvttttttb
68Keira68
skyearth85: hai ragione, non ci avevo mai
pensato a quello che mi hai detto, provvederò a cambiare
l'introduzione, grazie! Grazie anche per i complimenti che mi ha fatto
e per avermi detto che secondo te potrei diventare una scrittrice o
giornalista, grazie!! Mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensi del
resto della ficcy, così magari potresti anche darmi una mano
per migliorarla e per migliorarmi! Grazie ancora, kisskiss 68Keira68
Mille grazie anche a
quelli che hanno solo letto e spero che anche questo cappy sia
piaciuto, e se volete, i commenti sono graditi ;-P!! Kisskiss
a tutti 68Keira68
|
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Capitolo 5 *** 5_ Un nome, una persona, una realtà ***
dgiola
Note
dell'autrice:
Ciao!
Sono tornata, ce l'ho fatta finalemente a pubblicare e finire questo
cappy! è
stata un'odissea, ve lo posso assicurare, non mi sembrava mai completo
o
giusto, l'ho riscritto 2 volte. Senza contare che la scuola non mi ha
dato
tregue (non immaginate la quantità di compiti che ci hanno
dato! Povera me
T_T). Xò mi dispiace di non aver potuto pubblicare il cappy
prima, scusatemi
tutti!!!!!! Cercherò di essere più veloce per
quanto mi sarà possibile!
Sorry!!!!!
Però adesso vi lascio alla lettura, dato che vi ho fatto
aspettare tanto!!
Buona lettura!
I
ringraziamente sono a fondo pagina XD
5_
Un nome, una persona, una
realtà
I venti di ponente
gonfiavano le vele di un imponente galeone pirata sotto lo sguardo del
loro
capitano, che, perso nei suoi pensieri, sembrava indifferente a tutto
il
trambusto che c’era sul ponte del suo veliero.
Era
un uomo molto particolare, unico nel suo genere, come lo
definirebbero in molti, pazzo per tanti altri, ma geniale per la
maggior parte
della gente, anche se, secondo lui, era impressionante quanto spesso
quei due
tratti coincidevano.
Era il capitano della più bella e veloce nave pirata di
tutti i caraibi. Titolo
che si era guadagnato con non poca fatica, dato che Dio solo sa quante
ne aveva
dovute passare, e quante ne aveva fatte passare, per ottenere il
comando del
maestoso galeone! Ma alla fine ce l’aveva fatta e
incredibilmente erano ben
diciassette anni di fila che ne era l’indiscusso capitano.
Ora, appoggiato al
parapetto, non aveva ancora proferito parola da quando si era alzato, e
si
limitava a guardare il sole che tramontava, colorando il mare di
bellissime
tonalità pastello. Era uno spettacolo mozzafiato, e anche se
oramai lui, da
vero lupo di mare, era abituato a spettacoli del genere, anche molto
più
insoliti ed emozionanti a volte, non poteva non rimanerne colpito. Solo
perché
una cosa era già stata vista non voleva dire che era meno
bella, in più il
tramonto e l’alba suscitavano in lui delle emozioni
particolari. Gli facevano
riaffiorare molti ricordi di tempi andati, e gli ispiravano mille
avventure che
ancora potevano accadere.
Nonostante questo però,
la
sua condotta di quel giorno, così taciturna e pensierosa,
era estremamente
insolita per un uomo come lui, solitamente baldanzoso e allegro,
gioviale,
chiacchierone, sempre indaffarato e, se possibile, con una bottiglia di
rum in
mano. Ma questo inconsueto atteggiamento nascondeva una ragione ben
precisa,
capace di dare una spiegazione ad ogni cosa. Solo una volta
all’anno si
comportava in maniera così particolare, e quella volta era
arrivata
puntualmente.
Tra due giorni esatti
sarebbe stato l’8 di luglio, una data importantissima per
lui. E i giorni che
precedevano quel giorno, erano gli unici che si era permesso di
dedicare al
rimpianto di una cosa passata, avvenuta per un madornale errore da
parte sua. A
dir la verità erano stati molti gli errori che avevano
favorito a far maturare
una situazione del genere, ma ormai quello che era stato fatto era
stato fatto,
e lui non poteva farci niente, ora come ora. Perciò adesso
si limitava a
dedicare alla questione tre o quattro giorni l’anno di
rimorso, per poi
archiviare l’argomento fino all’anno successivo.
Le domande che lo
assillavano in quel periodo, che per il resto del tempo rimanevano
buone buone
assopite nei meandri più profondi della sua mente al quanto
contorta, erano
delle più svariate. Ma quella che prevaleva su tutte, la
più terribile, era
“Cosa sarebbe successo se…”. Quel
“se” era frustrante, perché sapeva
perfettamente che qualora non ci fosse stato, la sua esistenza sarebbe
stata
ben diversa, ma non sapeva esattamente in
cosa e come sarebbe cambiata la sua vita, se in bene se in
peggio, se quel
dono improvviso sarebbe stato una maledizione o una benedizione, se lui
sarebbe
rimasto un capitano pirata o …. Chi lo sa cosa sarebbe
potuto accadere.
Con un lento movimento
della mano, prese a giocherellare distrattamente con uno degli
innumerevoli
ciondoli che gli pendevano dalla cintura, un’altra
particolarità del suo essere,
quando venne bruscamente richiamato alla realtà e sottratto
dai suoi pensieri
dalla voce del suo primo ufficiale. Era un uomo dall’animo
gioviale, un gran
marinaio che era stato il suo braccio destro in più di
un’occasione, e della
quale sapeva di potersi fidare ciecamente.
“Capitano, vi sentite
bene?
E’ tutto il giorno che vi comportate in maniera al quanto
insolita.” Chiese
avvicinandosi a lui, scrutandolo leggermente preoccupato.
Il capitano lo squadrò
un
attimo da capo a piedi. Si aspettava quella domanda, specialmente da
lui, poi
con un sorriso mesto, rispose alla domanda con voce forte e sicura,
cercando di
riprendere il suo atteggiamento usuale.
“Mi comporto esattamente
come al solito Gibbs, voi piuttosto, non avete niente di meglio da fare
che
stare qui a farmi domande insulse?” domandò
neutrale.
Mastro Gibbs sorrise tra
sé
e sé di fronte a quell’affermazione. Conosceva
l’uomo che aveva di fronte come
le sue tasche, e sapeva che c’era qualcosa che non andava, e
poteva anche
comprendere cos’era ciò che lo rabbuiava.
D’altronde, era anche l’unica persona
che ne era stata messa al corrente, nessun altro sapeva quella triste
storia.
Ma il suo capitano non avrebbe mai ammesso di essere turbato, nemmeno
di fronte
a lui.
“Mi scusi signore, ma
fatto
è che ci chiedevamo quale rotta dobbiamo prendere.”
Il capitano non rispose subito, il che diede il tempo al suo primo
ufficiale di
esclamare, un po’ titubante:
“Capitano, si sta avvicinando l’8, vuole che
torniamo a ….” Ma il capitano
concluse la frase per lui
“…a Tortuga, si, facciamo una breve sosta a
Tortuga, giusto un paio di giorni,
dopotutto abbiamo anche bisogno di provviste, mi pare che la stiva sia
quasi
vuota” e detto questo tornò a guardare il
tramonto, anche se ormai volgeva al
termine, mentre il vecchio Gibbs affermava che gli uomini sarebbero
stati
contenti di sostare un po’ nella cara e dolce isola dei
bucanieri.
*
“Ehi tu! La nave si sta
preprando all’approdo, tra meno di dieci minuti potrai
sbarcare, vedi di
raccattare le tue cose veloce e di toglierti dai piedi in
fretta!”
Il capitano Lastrugh si era avvicinato ad Angela che si trovava accanto
al
parapetto, e “gentilmente” l’aveva
informata che doveva prepararsi a scendere
dalla nave. Angela si era quasi spaventata a sentir la voce roca del
capitano
così vicina al suo timpano, ma si riprese abbastanza in
fretta per dire a sé
stessa che non valeva la pena rispondergli a tono dato che era quasi
arrivata
all’isola, così con un sorriso tirato gli rispose:
“Grazie dell’informazione”
dopodiché scese nella sua cabina per preparare le
sue poche cose.
In compenso il capitano era
stato di parola, difatti neanche dieci minuti dopo la nave era
attraccata al
porto di Tortuga. Fu calata la passerella, e la ragazza, con il suo
piccolo
fagotto sulle spalle, scese in meno di un secondo, senza guardare in
faccia
nessuno. Quei due giorni erano stati infinitamente lenti a passare, e
sperava
vivamente di non rivedere mai più quegli uomini e, in
particolare, il loro
capitano. Era talmente felice di lasciarsi quella maledetta barca
dietro le
spalle che non si accorse nemmeno che era arrivata destinazione, dopo
tanto
vagare. Finalmente, quando poté non pensare più a
Lastrugh, riuscì a godersi il
fatto di essere giunta alla sua metà.
Caspita, quasi non ci credo, sono
arrivata finalmente.
C’è l’ho fatta! Alla faccia di
Johnatan!! SONO QUI!!! A Tortuga!!!!! E ora
posso dare inizio al vero scopo del mio viaggio, cercare notizie su mio
padre.
Sono sicura che troverò delle informazioni su di lui, non
può che essere
altrimenti.
Ma
dato che il
giorno volgeva al termine, e tra poco meno di un’ora sarebbe
stato buio, decise
che forse era più prudente se avesse aspettato ancora
domani, per avviare le
sue indagini. Così la giovane si avviò per le
strade di Tortuga iniziando a
guardarsi attorno, presa dalla curiosità di vedere la famosa
isola dei
bucanieri e per trovare una locanda adatta per albergare durante il suo
soggiorno lì. Però ad ogni passo che faceva si
accorgeva che quella non era
un’isola come le altre, e alla fine si dovette fermare un
attimo per analizzare
bene la situazione.
Non era neanche
sera che le vie erano già
piene di marinai e pirati ubriachi, che gironzolavano barcollanti
dicendo
parole senza senso, canticchiando canzoncine allegre e reggendosi in
piedi l’un
l’altro. Senza contare la moltitudine di donnine allegre che
giravano tra loro
nella speranza di farsi qualche nuovo cliente, ridendo alle loro
battute
indecenti e permettendogli di fare ciò che volevano. Si
sentivano degli spari
in lontananza, e ogni tanto scoppiava qualche rissa. Alcuni uomini
cadevano per
terra all’improvviso a causa di una sbronza, qualcuno
perché addirittura
colpito da qualche pallottola vagante. La ragazza rimase leggermente
disorientata da un trambusto del genere, non essendoci abituata, anche
se non
era neanche lontanamente spaventata.
Ma
che razza di
posto è mai questo?!
Guarda che
sono pirati, non sono esattamente la classe nobiliare più
raffinata.
Questo lo so bene, ma
ritengo sia un po’ troppo!
Il tuo “un
po’ troppo” per loro è la
normalità.
Qui si esagera,
è un’indecenza! Uomini ubriachi che si scannano
tra loro oppure
impegnati con delle piacevoli compagnie. Risse a mano armate, qualcuno
cade a
terra ucciso o sbronzo. Non c’è un minimo di
decoro.
Cosa ti aspettavi?
...
Non avrai
paura, non vorrai mica tornare a casa?
Cosa? Paura? Chi, io? Ma
figurati! E solo che sono impreparata. Comunque non ho
paura di niente se permetti, non credere che un paio di pirati sbronzi
possano
farmi timore, ci mancherebbe altro! In più non ci penso
nemmeno a tornare
indietro, sono venuta qui con uno scopo ben preciso, e non me ne
andrò finchè
non avrò trovato ciò che cercavo. Dovessi
difendermi a colpi di spada da tutti
i bracconieri di Tortuga!
Angela,
con rinnovata forza,
iniziò a farsi strada tra pirati, risse, e colpi di spada,
cercando di passare
inosservata, e continuando a guardarsi attorno.
Dopo qualche isolato dalla costa, trovò una locanda che le
sembrò adatta per
passare qualche giorno. Era un edificio rosso, con molte finestre,
anche se
alcune erano andate distrutte (probabilmente triste conseguenza di
qualche
scontro), dal nome “La locanda del rum”.
Entrò
dentro, e quello che vide la fece rimanere di
stucco ancor più di prima. Il locale era pieno di uomini con
boccali
traboccanti di rum e altri liquori che ridevano sguaiatamente e
facevano a
botte tra di loro. Per ogni gruppetto di pirati c’era una
donna che si esibiva indecentemente,
senza contare che l’aria stessa era irrespirabile, impregnata
di alcol, tabacco
e anidride carbonica. Angela, a bocca spalancata, era rimasta a
guardare la
scena sempre più incredula dalla soglia del locale. Non che
avesse qualcosa
contro i liquori, diamine, aveva vissuto in un locanda quindi era anche
abituata all’odore dell’alcol e alla vista di
persone ubriache, senza contare
che lei per prima non aveva mia disdegnato un boccale di rum, per
quanto la
cosa non si addicesse ad una signorina. Era abituata anche al vociare,
alle
risate e a volte anche a qualche rissa, che però prontamente
Johnatan, in
quanto padrone del locale, cercava di troncare subito. Invece
lì la gente si
ammassava l’una sull’altro senza ritegno, con gli
altri attorno che ridevano e
nessuno che muoveva un dito per fermargli. Senza contare che non aveva
mai
visto un locale così pieno di donnine allegre al lavoro, e dove regnava
l’anarchia più totale.
E
bhè, cara Angela, ancora più sorpresa? Ti devi
ripetere il discorso di prima? Sono pirati! Hai poco da rimanere
stupita da un
tale comportamento.
Anzi, ringrazia che
non fanno di peggio...
La ragazza
scosse violentemente la testa, in senso di
disapprovazione, poi però si riguardò attorno,
sorrise tra sé e sé e si
rilassò. Dopo tutto quella che sulle prime l’aveva
un po’ sconcertata, era la
semplice esaltazione della libertà assoluta, ovvero quello
che infondo ogni
uomo agonia, ma che solo alcune persone riescono ad ottenere, i pirati.
Perché
andargli addosso come faceva la compagnia delle indie? Quello che
volevano era
libertà.
Come
me...
A poco a
poco la ragazza si sentì sempre di più a sua
agio, finché riuscì a rilassarsi del tutto. Si
avviò al bancone cercando di non
dare nell’occhio e provando a stare lontana dalle risse e
sparatorie. Essere
tranquilli andava bene, ma senza abbandonare la prudenza!
Una volta
arrivata al bancone chiese al locandiere, un
omone grasso e sudicio, che sapeva di alcol come il suo locale, se
c’era una
camera disponibile per passarci un paio di giorni. La risposta giunse
affermativa, con l’unica richiesta di un pagamento
anticipato, e dato che la
ragazza non aveva nulla in contrario, diede i soldi richiesti,
dopodiché le
furono assegnate le chiavi della stanza e le vennero dette le
istruzioni per
arrivarci (in fondo a destra, appena salito le scale).
Angela
decise che sarebbe andata subito a letto per
svegliarsi l’indomani di buon mattino. Così si
buttò nel letto serena e
fiduciosa, e dopo cinque minuti venne accolta tra le braccia di Morfeo.
*
La mattina
seguente, la bella giovane si alzò presto come
programmato. Andò in bagno per darsi una sistemata veloce, e
scese di buona
lena al piano di sotto, pregustando una buona colazione. La taverna
sotto era
quasi deserta, c’erano solo un paio di tavoli occupati da
marinai abbastanza
sobri, e l’atmosfera che albergava era molto più
tranquilla della sera
precedente.
Avvicinatasi
al bancone ordinò la sua colazione, e dopo
averla consumata, uscì dalla taverna.
Bene, e ora,
finalmente, si può cominciare.
Perfetto, qualche idea?
Ehm, no.
Ottimo.
Evitiamo il sarcasmo per favore! Cerchiamo di ragionare, la lettera
diceva
chiaramente che lo avrei trovato qui a Tortuga, mal che vada avrei
trovato
quantomeno delle informazioni su di lui, quindi, non sapendo che
aspetto abbia,
l’unica cosa logica e possibile è
iniziare a chiedere a chiunque passi se lo conosce,
avrà pure degli
amici o dei conoscenti che potranno portarmi da lui, no?
Sei fiduciosa, proviamo...
Un nome. Un
nome era l’inizio e la fine che accompagnava
quell’avventura. Un nome che indicava la persona
più importante della sua vita.
Un nome che significava tutto per lei. Un nome era l’unica
cosa che possedeva
per trovarlo e quel nome glielo avrebbe fatto ritrovare.
Decise che
avrebbe iniziato le ricerche vicino al porto.
Quindi ripercorse a ritroso la strada fatta la sera prima, e una volta
arrivata
a destinazione iniziò a domandare ad ogni persona che
incontrava se conoscevano
un uomo che rispondeva a quel determinato nome.
Andò
avanti così per tutto il giorno, fermandosi solo per
mangiare verso la mezza, per poi riprendere con rinnovata energia. Ad
ogni
risposta però era sempre più sconforta e
avvilita, quasi incredula. Presto
apprese che ritrovarlo non sarebbe stato così facile, ma non
per assenza di informazioni,
anzi, di quelle ce ne erano fin troppe, ed era proprio quello il
problema.
Sembrava che tutta Tortuga lo conoscesse, ma ogni persona da lei
interrogata
gli dava una risposta diversa su dove poteva trovarsi! Era un enigma
peggiore
di quello della sfinge. C’era chi le diceva che era a
Singapore, chi a Port
Royale, chi per mare, chi a Tortuga da qualche parte. Addirittura un
paio gli
avevano detto che era morto, anche se lei aveva prontamente accantonato
quell’ipotesi. In compenso dalle informazioni ricevute
poté capire chiaramente
che suo padre era un pirata, molto famoso anche.
Un PIRATA!!
Chi lo avrebbe mai pensato. Certo il
fatto che per trovare delle informazioni su di lui sua madre le aveva
consigliato di andare a Tortuga era un forte indizio, ma lei non lo
aveva
colto, o forse non aveva voluto coglierlo per paura di fare
supposizioni
avventate. Ora invece ne aveva la certezza, e l’idea la
esaltava. Aveva come
padre un pirata e la cosa non le dispiaceva per niente, anzi lo trovava
ancor
più affascinante di prima ed era ancora più
ansiosa di incontrarlo. Chissà come
sarebbe stato conoscerlo, chissà che tipo era, come era la
nave sulla quale
stava, se era un bravo spadaccino, se aveva una buona mira con la
pistola, la
gente che conosceva! Forse dopo che lo aveva ritrovato,
l’avrebbe portata con
lui verso le avventure che tanto sognava sin da piccolina.
Frena la
fantasia:
1_ non lo hai ancora ritrovato e non hai nemmeno un indizio
concreto fin ora;
2_ non sai ancora del tutto che tipo è, magari non ti vuole
nemmeno con sé per
mare e poi non penso dipenda da lui prendere o meno persone a bordo,
dovrà
chiederlo ai suoi superiori e potrebbero negargli il permesso;
3_ non sei nemmeno sicurissima che sia sul serio un pirata, magari
è solo una
voce, o forse lo era ma adesso non lo è più,
quindi torna con i piedi per
terra.
Ok, ok, calma ...! Frenerò
la fantasia, per ora. Comunque a mio parere è
senz’altro un pirata, ragioniamo,
tutti mi hanno detto così, in più siamo a
Tortuga, la patria dei bucanieri! Però
per il resto forse è meglio evitare di fantasticare troppo
finché non lo
ritrovo. E poi hai ragione, non ho ancora un indizio concreto su dove
si trovi.
Però oggi è troppo tardi per proseguire le
ricerche, sta di nuovo per fare
buoi, meglio ritornare alla locanda e fare cena. Riprenderò
domani, e speriamo
che vada meglio.
*
Angela
ritornò alla taverna, ma
anche se la giornata era stata molto faticosa, non aveva affatto voglia
di
andare a letto. Così, dopo aver cenato al bancone,
ordinò un boccale di rum, e
prese posto ad un tavolo vuoto, in un angolo remoto del locale, per
rilassarsi
un attimo e riflette tranquillamente sulle informazioni ricevute in
giornata,
con la speranza di ricavarne qualcosa di più dello
sbigottimento, purtroppo
però, il progetto non ebbe successo. E dopo un paio
d’ore, si incamminò verso
la sua stanza, con la speranza che l’indomani sarebbe stato
più proficuo.
La
mattina seguente Angela si
svegliò di nuovo presto, con molta voglia di riprendere
subito le indagini, e
per questo si precipitò di sotto trangugiando in tutta
fretta la sua colazione.
Ma solo dopo che ebbe finito di mangiare ricordò che giorno
era quello.
8 di
luglio! OGGI è L’8 DI LUGLIO!!! È il
mio
compleanno, compio 17 anni! Wow, non ci credo, sono una diciassettenne
ora!!!
Con tutte le cose che mi sono successe ultimamente quasi me ne
dimenticavo! Maggie
se ne sarà di
sicuro ricordata prima di me, ci tiene così tanto alle
festività! Mi dispiace
solo non poter festeggiare tutti insieme come al solito: io, lei, la
mamma...
Ehi, non scoppierai a piangere ora, vero?
No, certo che no! Dico solo che mi dispiace molto. È tutto
così insolito. È la
prima volta che festeggio il mio compleanno da sola, non era mai
successo. Ed
è... strano!
Lo è anche imbarcarsi sulla prima barca disponibile per un
viaggio senza una
meta precisa.
Giusta osservazione. Temo che ormai raggiunge la
tranquillità anche nelle
piccole cose sarà impossibile. Ma non facciamoci prendere
dai rimpianti, oggi è
un giorno speciale e sono sicura che mi porterà bene! HO
DICIASETTE ANNI,
YUPPI!!!
La
ragazza uscì da “La locanda
del rum” con un sorriso a trentadue denti stampato in volto,
e sempre con lo
stesso sorriso, riprese a ridomandare a destra e manca se qualcuno
conoscesse
suo padre. Purtroppo la sua felicità non durò
fino a cena. Questo perché le
risposte che aveva ottenuto erano ancora più sconfortanti,
se possibile, della
sera prima. Era incredibile, tutti, ma proprio TUTTI, lo conoscevano, o
di
nome o di persona,
ma nessuno aveva uno
straccio di notizia su dove potesse essere in questo momento! Angela
riuscì a
paragonarlo ad una cometa, dalle informazioni ricevute. Sembrava fosse
stato
dappertutto, ma che in ogni luogo avesse passato a male pena cinque
minuti per
ripartire subito verso una nuova meta, lasciando nonostante
ciò un segno
indelebile del suo passaggio.
Abbattuta
era ritornata alla
locanda, risedendosi, dopo aver messo qualcosa sotto i denti, al tavolo
isolato
della sera prima con un nuovo boccale di rum in mano.
Tra
le sue conoscenze era
l’unica ragazza che beveva, rum poi! Tutti
l’avevano sempre rimproverata per
questo, trovandolo sconveniente per una giovane, ma a lei non era mai
importato
ciò che pensavano gli altri su cosa doveva e non doveva fare
una ragazza. Gli
era sempre piaciuto il rum, sin dalla prima volta che lo aveva
assaggiato,
quando una volta, subito dopo il matrimonio della madre con Johnatan,
andando
alla locanda con la mamma, aveva visto quello strano liquore ambrato
dentro un
boccale abbandonato sul bancone. La taverna era piena di gente quella
sera e
sua madre stava conversando molto animatamente con il suo nuovo marito.
Nessuno
le stava prestando attenzione, così si era avvicinata e
l’aveva preso tra le
mani per il manico. Sapeva che cos’era, sua madre glielo
aveva spiegato bene “è
una bevanda per gli adulti che vende Johnatan, non adatta alle
bambine”.
L’annusò. L’odore era forte, ma
l’attirava. La mamma però le aveva detto di non
farlo. Ma era anche vero che la mamma in quel
momento non la stava
guardando. Senza che se ne rendesse conto, il liquore le stava
già scendendo
giù per la gola. Ma solo poco. Il sapore era fortissimo e
non abituata e
piccola com’era non ce la fece a mandarne giù
più di un sorso. Ma quel sorso
bastò per farle capire che “la bevanda per adulti
che vende Johnatan, non
adatta alle bambine” era invece adattissima a lei.
Riemergendo
dai suoi ricordi,
la giovane si concesse un brindisi in suo onore, per i suoi diciassette
anni,
dopodiché decise che poteva andare a dormire.
Così
si alzò dal tavolo, ma
mentre cercava di raggiungere l’imboccatura delle scale si
ritrovò senza
volerlo nel bel mezzo di una rissa, scoppiata tra tre uomini
completamente
ubriachi che si stavano prendendo a botte senza
un motivo preciso.
Accortasi del pasticcio nella quale stava per cacciarsi, decise che era
meglio
levare le tende alla svelta, peccato che ogni via di fuga le fu tolta
proprio
da quei tre uomini, che credendo fosse capitata lì
volontariamente per prendere
parte alla zuffa in atto, iniziarono a urlarle contro. Il
più grosso iniziò a
sbraitarle con la voce strascicata tipica di una persona brilla:
“Ehi,
tu… cosa sci fai lì in
meszo, ne vuoi anche tu? Guarda che ne ho per
tuti…!”
“Cosa? Io? No, grazie infinite per la proposta, ma me ne
stavo giusto andan…”
stava per ribattere la giovane, ma non fece in tempo a finire la frase
che
quello le si precipitò addosso con il pugno alzato.
Per
fortuna lei riuscì a
scansarlo senza difficoltà, così il colpo non
andò a segno. In compenso l’uomo,
a causa dello slancio che si era dato per colpirla, cadde rovinosamente
sul
tavolino occupato da quattro uomini, facendo rovesciare tutte le
bottiglie di
rum e altri liquori che vi erano sopra. Questi arrabbiati e ubriachi
pure loro,
decisero di prendere parte alla rissa, e in poco tempo tutti i marinai
e pirati
del locale finirono con il prendersi a pugni senza motivo, e Angela si
ritrovò
a doversi difendere. Scansava tutti i colpi che riceveva con
un’agilità
sorprendente, molto superiore a quella di chi la colpiva, e ne sferrava
lei
stessa. Però in poco tempo decise che era meglio sfoderare
la spada se voleva
avere qualche possibilità di uscire da quel subbuglio
intera. Così iniziò a
tirar affondi a destra e manca, cercando di avvicinarsi alle scale.
Doveva
ammettere però, che la cosa la divertiva in fondo. Schivare
attacchi, farne a
sua volta… era pane per i suoi denti. Stava attenta
però a non ferire nessuno
gravemente; incrociava solo spada con spada, e quando era costretta a
dare un
pugno cercava di limitarne la forza, non voleva avere
nessuno sulla coscienza!
All’improvviso
urtò contro
qualcosa, probabilmente un tavolino, e cinque secondi dopo si
sentì afferrare
per le spalle. Presa alla sprovvista la ragazza reagì
d’istinto e girandosi di
botto sferrò un pugno diretto al viso senza calibrarne la
forza e senza nemmeno
rendersi conto di ciò che stava facendo. Se ne
pentì subito però quando vide
l’uomo che aveva colpito per terra.
I
suoi occhi guizzarono
dall’uomo al tavolino che lui stava occupando, lo stesso che
lei aveva urtato e
che ora era bagnato da una bottiglia di rum rovesciata;
ricostruì mentalmente
ciò che probabilmente era accaduto. Lei doveva essere andata
addosso al
tavolino, facendo spargere il contenuto della bottiglia e
quell’uomo con tutte
le probabilità si era alzato indignato verso di lei per
farle notare il guaio
che aveva combinato. Lei però spaventata si era girata
velocemente e lo aveva
colpito al viso. Presa dal senso di colpa si avvicinò a quel
poveretto, che ora
si era ripreso e che si stava asciugando un rivolo di sangue che gli
usciva
dall’angolo della bocca.
“Scusa,
mi dispiace, non volevo
colp…” ma Angela venne interrotta
dall’uomo che esclamò:
“Accidenti ragazzo, dovresti stare più attento lo
sa…” si fermò a fissarla un
attimo con sguardo circospetto, dopodiché con un gesto
fulmineo le tolse il
cappello, facendo ricadere una cascata di capelli castani sulle spalle
di lei.
No
no no!!!! Accidenti, che
velocità, non ho nemmeno avuto il tempo di reagire! Uffa, va
bhè, ormai è
fatta... non importa, non può succedere nulla di
catastrofico dopotutto...
“Ragazza!
Sei una
ragazza!?” sbottò
stupefatto. Poi però
scoppiò a ridere “Meno male che poi dicono che voi
siete il ritratto della
delicatezza! Tesoro, chi ti ha insegnato a lanciare un destro
così bene?” e
così dicendo si alzò da terra andandosi a sedere
attorno al tavolo che occupava
prima.
Dato
che si era ripreso così in
fretta, Angela convenne che non doveva avergli fatto poi
così male. Sollevata
dal fatto che l’uomo sembrava tutto tranne che arrabbiato, si
alzò anche lei,
dopodiché lo squadrò bene dalla testa ai piedi.
Era un tipo al quanto
particolare, di sicuro era un pirata, lo si poteva intuire dal cappello
a
tricorno, i due cinturoni che aveva legati alla vita, la spada e le due
pistole, ma era anche sicuro che di pirati così non ne aveva
mai visti. Aveva
una logora camicia bianca, sotto una giacca nera, pantaloni marroni e
gli
stivali, e fin qui era tutto normale. Quello che lasciava stupiti erano
però le
numerose perline e amuleti che si
potevano scorgere tra i capelli castano scuro, la barba legata in due
treccine
con delle perline colorate, e la quantità spropositata di
anelli e braccialetti
che portava alle mani. A interrompere i cinque minuti di silenzio che
si erano
creati, fu lui.
“Allora,
cosa ci fa una bella ragazza come te tutta sola
qui a Tortuga?” chiese con voce affabile.
La giovane alla domanda rispose senza riflettere e quindi
con assoluta
sincerità.
“Sto cercando un uomo”
Quest’ultimo la squadrò un secondo, poi
riprendendo il sorriso domandò.
“Un pirata?”
“Probabile”
“Come probabile? Cerchi una persona e non sai nemmeno se
è un pirata o meno?”
esclamò incredulo. La ragazza notò che quel tizio
non era nella norma nemmeno
mentre parlava. Aveva infatti iniziato a fare un sacco di gesti di
accompagnamento alle sue parole, come quando devi farti capire dai
bambini
piccoli. Sorrise tra sé e sé.
“è difficile da spiegare, comprendi?”
rispose vaga, al che lui la guardò di
sottecchi un secondo per poi ribattere.
”E chi è quest’uomo, di
grazia?”
Ma
si, magari potrebbe anche conoscerlo, anche se non
ci spererei tanto. Comunque vale la pena tentare...
“Sto
cercando mio padre” rispose con semplicità,
guardandolo dritto negli occhi. Castani, molto profondi e
incredibilmente
espressivi. le sembrava di averli già visti da qualche
parte…
“Tuo padre? E come si chiama?”. Domanda ovvia.
Eppure quell’uomo le era familiare. Se non le fosse sembrata
assurda anche solo
l’idea, avrebbe detto di conoscerlo. Comunque quell'uomo la
facava sentire stranamente a suo agio anche solo parlandogli.
“Magari lo conosci” Pausa. “Si
chiama… Jack Sparrow”.
L’uomo
rimase pietrificato, a bocca semi aperta. Ci vollero un paio di
minuti perché riprendesse la parola e rispondesse con un
sorriso mesto.
“Temo che tu stia cercando la persona sbagliata,
dolcezza.” Angela rise un
attimo, ma si bloccò quando vide l’espressione
seria dell’uomo.
“E perché dovrei
sbagliarmi?” chiese.
“Perché sono io Capitan Jack Sparrow”.
Ringraziamenti:
Dj
Kela: Ciao! Intanto volevo
ripetere le mie scuse x il ritardo
con cui ho aggiornato! Sorry! Poi ti volevo ringraziare per i tuoi
complimenti,
sei troppo buona!! Sn felicissima ke lo scorso cappy ti sia piaciuto, e
grazie
per aver notato il cambiamento dei "toni" , come dici giustamente tu,
che ci sono tra i vari capitoli. Ank'io ho comprato il dvd di
pirati dei
caraibi 3, e anch'io penso che sia è divertentissimo come
girano la scena dei
tanti Jack, scommetto che Johnny si sia divertito come un bambino
>.
|
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Capitolo 6 *** 6_ Riconoscimenti con pericoli lontani ***
cap6
Note
dell'Autrice:
Ciao! Finalmente sono
riuscita a scrivere il sesto capitolo!! è passata una vita
dall'ultimo, lo so, e mi scuso. Scusate scusate scusate
scusate scusate!!!!!!! ! Ma la scuola non mi ha
dato tregua, in
più questo cappy era importante e volevo farlo al meglio,
quindi
chiedo ammenda! Cercherò di fare del mio meglio per non far
passare di nuovo tutto questo tempo prima di postare il settimo cappy.
Vi è piaciuta la rivelazione avvenuta nello scorso cappy? Eh
si!
La nostra cara Angela non è niente di meno che la figlia del
Capitan Jack Sparrow! Qualcuno se lo aspettava, qualcun altro forse no,
però spero che la notizia vi sia piaciuta! Questo quindi
è l'ultimo cappy di transizione, dal prossimo in poi
(finalmente^^) si entrarà nel vivo vivo della vicenda!!
Soprattutto si vedranno bene i rapporti tra padre e figlia, dove si
conosceranno meglio, quindi se non siete soddisfatti in questo cappy
delle loro conversazioni o dei loro comportamenti, chiedo scusa in
anticipo, ma qui si devono riprendere un attimo dallo shock di essersi
ritrovati, in seguito si delineeranno meglio. Soprattutto Jack in
alcuni punti magari può sembrare leggermente OOC, scusatemi,
anche s eho fatto del mio meglio per far che non accada, anche se non
so quanto ci soco riuscita, ditemelo voi per favore come vi sembra^^!
Se vi sembra OOC sono graditissimi consigli per descriverlo
più
"normale"^^! Grazie!
Ringraziamenti:
DJ Kela: Ciao!
Inanzitutto grazie mille per la tua
recensione!!!!!! Wow, sono felicissima del fatto che aspettavi il
cappy, grazie!! E ancora più felice del fatto che ti sia
piaciuto!!! Adesso posso dirti che avevi ragione dall'inizio, il caro
papà di Angie è proprio il nostro Capitan Jack
Sparrow!!!
Bravissima x averlo indovinato in ancitipo!!!! è dal primo
cappy
che lo ripeti e finalmente posso dirti di si!!!!^^ Non volevo
descrivere un incontro smielato, non mi sembrava adatto nè
per
Jack nè per Angie, un riconoscimento dopo una rissa (forse
è un po' esagerato, l'ho ammetto^^) mi è sembrata
la cosa
più adatta ai due! Cmq per qst cappy, che , ripeto,
è
ancora abb di transizione, non si vedono benissimo ancora i rapporti
tra i due, lo sviluppo ci sarà pian pianino (faciamoli
riprendere dallo shock almeno, poveretti^^), xò assicuro che
ci
sarà!!! Eh ...si, Jack sapeva di avere una bambina,
però
sarà proprio questo a causargli non pochi problemi con
Angela in
seguito, si vedrà poi! Effettivamente non avevo pensato che
giocherellare con i capelli fosse un gesto un po' da donna, ma hai
ragione, difatti ho cambiato il pezzettino, ho scritto che
giocherellava con i cionodoli della cintura, come mi ha giustamente
suggerito tu, grazie^^! Davvero stai pensando di scrivere una ff con il
titolo "Cosa sarebbe successo se..."? Wow, sembra un titolo
molto
intrigante, stai sicura che hai già una lettrice^^! Cmq
evidentemente abbiamo menti molto simili ihih!!! Il braccio
destro
di Jack per eccellenza credo che sia il bravo veccho Gibbs, Barbossa
penso che sia più un rivale di Jack, cmq il Capitan Barbossa
per
il momento non ho
ancora deciso se farlo apparire in seguito oppure non metterlo nella
ficcy, anche se credo di optare per la prima non sn ancora sicura!!
Angela giustamente, dopo il primo sbigottimento iniziale non poteva che
trovarsi bene qui a Tortuga o non sarebbe stata una Sparrow!!
D'altronde il sangue non è acqua^^!! Per i paragoni hai
ragione,
ci mancano le stelle e i meteoriti, e poi siamo al completo!! Se Jack
lo sapesse se ne vanterebbe all'infinito credo!!^^ Angela ti ringrazia
per gli auguri di compleanno e ti fa tanti auguri per il tuo^^!!! Sn
felice che il ricordo sono riuscita a metterlo bene, difatti temevo di
non esserci riuscita, grazie!!! Cmq è successo
più o meno
all'età di 10 anni (età abbastanza giovane per
iniziare a
bere, però di sicuro Jack avrà iniziato anche
prima,
quindi...^^!). Ti ringrazio tantissimo x i complimenti e per aver
recensito, grazie grazie grazie!!!! E come sempre non vedo l'ora di
conoscere il tuo parere su qst cappy!!! Spero che ti piaccia^^.
Tvtttttttttttttttttttttb, kisskiss 68Keira68^^
LyRa91:
grazie per aver rencensito, sn super felice che ti sia piaciuta la
ficcy, grazie mille, spero che anche qst cappy ti piaccia!! Kisskiss
68Keira68^^
Joland:
grazie mille anche a te per aver recensito!! Scusa se ho fatto finire
il cappy così, xò ora potrai sapere cosa fa Jack
davanti
a questa novità! Spero che questo cappy soddisfi la tua
curiosità^^!! Kisskiss 68Keira68
nihal93:
grazie per la tua recensione e soprattutto per il tuo entusiasmo!! Sn
contentissima che ti sia piaciuta e mi disp di non aver potuto
aggiornare prima! Mi auguro che la continuazione ti piaccia! Grazie
kisskiss68Keira68
sesshy94:
grazie infinite per aver recensito!! Sn stra felice che ti sia piaciuto
il cappy, grazie!!! L informazioni sn quelle del secondo film, si hai
ragione, le ho messe uguali xkè sn quasi il biglietto da
visita
di Jack! Del tipo "vado dappertutto ma nessuno sa bene nè
chi
sono nè dove sono"!!!!^^ . Per aggiornare aggiorno,
però
lentamente, grazie per la comprensione!! è che non mi
è
molto facile aggiornare velocemente, sorry!! Cmq grazie sul serio!!^^
Sn curiosa di sapere cosa pensi di qst cappy!! Kisskiss 68Keira68
GoodMiss:
grazie grazie grazie per aver recensito!! Scusa scusa scusa scusa scusa
per il ritardo con cui ho aggiornato!!!^^ Mi disp, spero di non averti
sul serio tolto il sonno giuro che non era mia intenzione ^^!
Cmq
sn infinitamente felice che la ficcy ti sia piaciuta così
tanto,
grazie!!!!!!!!!!!!!!! E mille grazie anche per i complimenti che mi hai
fatto thanks thanks!!! E prometto che proverò a migliorare
ancora!! Cmq non mi trucidare per favore, cercherò di
aggiornare
con più frequenza per quanto mi sarà possibile,
promessa^^!! Però ti devo chiedere di pazientare ancora un
poco,
perchè in qst cappy non si vede ancora bene "Jack nei panni
del
genitore" come dici giustamente tu, questo aspetto si
delineerà
meglio in seguito, però arriverà e presto
anche!^^ Ancora
grazie per aver recensito e nn vedo l'ora di leggere la tua recensione
su qst cappy! Kisskiss68Keira68
6_
Riconoscimenti con pericoli lontani
Ad Angela girò
la testa…le mancò il fiato…
No, non era
possibile…era assurdo…
Si accasciò
sulla sedia, incapace di rimanere in piedi, la
testa letteralmente persa nel vuoto più assoluto…
La mente era in preda alla
confusione più totale, non capiva
più niente.
Anche lui sembrava
scioccato quanto lei. Si era accasciato
sul divanetto e aveva iniziato a scuotere la testa in segno di diniego.
Si istaurò un
solido silenzio, dove Angela fissava l’uomo
che aveva di fronte senza vederlo realmente, e lui che invece aveva
preso a
squadrarla da capo a piedi con la testa piena di pensieri che si
accavallavano
l’un l’altro. Questo finché la ragazza
sembrò riprendere coscienza di sé.
“Come hai detto,
scusa?”irruppe senza tanti preamboli, con
la voce ridotta ad un sussurro.
“Hai capito
bene, gioia,” rispose l’altro, ostentando una
tranquillità che però in realtà non
aveva, “Sono il Capitan Jack Sparrow”
concluse, senza smettere di fissarla.
La ragazza tacque di nuovo.
Dopo un po’ fu lui a romperlo per primo.
“Bhè,
non se te tesoro, ma io” pausa “… credo
di aver un
immediato bisogno di rum.”
Ed era assolutamente vero,
in certi casi l’amaro liquore era
assolutamente necessario. Lei si limitò ad annuire
violentemente con la testa.
Si, aveva immediatamente bisogno di bere.
Ordinarono due boccali di
rum, che arrivarono presto. Lui
iniziò a scolarsi avido il suo, imitato da lei, che
eseguì il gesto
meccanicamente. Lo fecero fuori in meno di cinque secondi. Ad Angela la
scura
bevanda fece miracoli. Dopo che l’ebbe bevuta infatti
sembrò riprendere il dono
della parola in tutto e per tutto, anche se si vedeva che era ancora
frastornata dalla recente scoperta.
“Tu
sei…Jack Sparrow?” richiese per
l’ennesima volta,
guardandolo dritto negli occhi, quegli stessi occhi che
l’avevano colpita
appena gli aveva visti, quegli occhi così simili ai suoi.
“Si”
rispose semplicemente l’altro, fissandola a sua volta.
“Papà…”
disse con un sussurro soffocato.
Solo un pensiero
riuscì a formularsi ora, un’unica frase che
continuava a rimbombargli nelle orecchie, sempre più forte.
L’ho
trovato.
Guardò
l’uomo che aveva davanti.
Era lui. Suo padre.
Finalmente
l’aveva ritrovato, ed era lì, a meno di mezzo
metro da lei. Trattenne di nuovo il fiato. Anche il battito del suo
cuore
sembrò fermarsi.
Poi, di colpo,
sembrò rendersi realmente conto di ciò che
stava accadendo. Una felicità selvaggia l’invase,
prese possesso
prepotentemente del suo corpo. Il suo cuore iniziò a
battere, sempre più forte,
fin quasi a scoppiare.
È
lui, l’ho trovato,
L’HO TROVATO! È qui, davanti a me... non ci posso
credere, ce l’ho fatta. È
incredibile!! È lui... dopo tutto questo tempo, dopo
diciassette anni che
aspetto di conoscerlo, lui è qui...
L’oppressione
che poco prima le aveva fatto mancare l’aria
era scomparsa, si sentiva leggera come una bolla di sapone. Tutto
attorno a lei
si era dissolto...gli altri pirati, l’odore del rum, il
fragore di qualche
spada in lontananza che si scontrava con un’altra, il
vociare, il ridere…non
c’era più niente, solo lui, suo padre, e
quell’immensa gioia che nasceva dal
più profondo del suo cuore. Presto le arrivarono agli occhi
le lacrime, ma le
ricacciò indietro, non voleva piangere ora, non adesso che
lui era qui. In
compenso quell’improvvisa felicità
sfociò in un fiume di parole che la ragazza
non riuscì a frenare.
“Non
ci posso
credere. Tu sei…mio padre! Sei MIO PADRE!! Tu non sai da
quanto tempo sogno
questo momento, e finalmente è arrivato! Ti ho trovato, non
mi sembra vero, ma
sei qui!! Mamma aveva ragione, mi aveva detto che ti avrei trovato a
Tortuga e
…” ma la ragazza fu interrotta da Jack che con
molta schiettezza e un
particolare gesto della mano, esclamò:
“Spiacente di
interromperti gioia, ma se permetti, io non ci
sto capendo niente. Chi sei tu? Chi dovrebbe essere tua madre? Potresti
spiegarti, di grazia?” chiese l’uomo guardandola ad
occhi spalancati, mentre il
fioco pensiero che prima aveva fatto capolinea nella sua mente iniziava
a
imporsi.
Quella semplice frase
tuttavia, fu come una doccia fredda
per la giovane. Il suo entusiasmo si spense in una nuvola di fumo.
Questo
effettivamente non se l’era aspettato, anche se avrebbe
dovuto calcolarlo già
in partenza. Non poteva di certo pretendere che lui la riconoscesse.
Lui non
sapeva neanche della sua esistenza! Comunque sentirsi chiedere chi era
da suo
padre, si presentava un boccone amaro da mandare giù.
Ehi,
Angela,
svegliati! Non rimanere lì impalata a fissarlo. Cosa ti
aspettavi? Non ti
conosce, non puoi fargliene una colpa. Sarebbe bene invece che gli
spiegassi la
situazione partendo dall’inizio. Certo non sapeva nulla su di
te, ma di sicuro
si ricorderà di tua madre, e come prova hai anche il
ciondolo che porti al collo,
quindi fai un bel respiro, e inizia a chiarirgli la storia.
Giusto,
ehm... hai
ragione...
La ragazza si riprese,
facendosi tornare a poco a poco
l’allegria, anche se con molto sforzo. La reazione
dell’uomo era stata giusta,
dopotutto, anche se era un duro impatto. Quindi fece un profondo
respiro e si
apprestò a rispondere alle domande di suo padre,
all’inizio con voce un po’
titubante, ma poi sempre più sicura.
“Mi chiamo
Angela, … mia madre era Annalisa Modema, ti
ricordi di lei? Vi siete lasciati diciassette anni fa, in seguito a
brutte
vicissitudini che non sono molto chiare nemmeno a me.”
affermò.
“Annalisa?”
ripeté lui.
L’uomo rimase
spiazzato all’udir quel nome, e subito un
fiume di ricordi entrò a forza nella sua mente. Ricordi che
cercava di dimenticare
da diciassette anni…
Una donna giovane, molto
bella. Alta, fisico snello ma seno
prosperoso, lunghi capelli castano
chiaro e occhi azzurri. Annalisa Modema. La sua Annalisa.
Guardò la
giovane che aveva davanti. Era identica alla donna
dei suoi ricordi, tranne che per gli occhi, la giovane li aveva castano
scuro,
profondi e molto espressivi.
Come
i miei. Pensò
quasi rabbrividendo. Non è
possibile, Non
È Possibile. Eppure questa giovane è
l’esatta copia di Annalisa... È assurdo.
Angela proseguì
il discorso.
“Si, Annalisa. E
io …bhè, io sono vostra figlia,
Angela.”
finì. Poi pensò che era il momento di far vedere
il ciondolo come prova della
validità di quello che stava dicendo. Così se lo
sfilò fuori dalla camicetta e
lo mise in mostra davanti a Jack.
“Questo qui
è il ciondolo che hai dato a mia madre prima di
andartene, rammenti? Me lo ha dato lei stessa.” Qui la voce
della giovane si
incrinò un poco nel rammentare di come e in quali
circostanze lo aveva
ricevuto. Però decise i farsi forza e di mettere da parte il
brutto ricordo.
Il cuore di Jack, nel
vedere il ciondolo, perse un battito.
Gli stava chiedendo se lo ricordava?! E come avrebbe potuto
dimenticarselo?
Considerando che era stato proprio quel ciondolo a dare il via a tutto.
Un ricordo improvviso gli
balenò nella mente.
//Inizio
Flash Back//
Due
persone, un uomo e
una donna, erano vicino al molo. Si stavano abbracciando e la donna
piangeva.
Lui cercava di consolarla dicendo che sarebbe tornato quando le acque
si
sarebbero calmate, ma inutilmente. Gli struggeva il cuore vederla in
quello
stato, soprattutto sapendo che era lui la causa del suo dolore. Però doveva
partire, non c’era altra scelta.
La compagnia della Indie Orientali aveva scoperto dove si nascondeva, e
ripartire a bordo della Perla Nera per seminarli era l’unico
modo per evitare
di essere catturato e tenere al sicuro lei e la bambina appena nata. D’altronde la
Compagnia cercava lui, non la
donna, lei era stata condonata grazie alla sua posizione sociale. Senza
contare
che per lei sarebbe stato infinitamente meglio non farsi trovare
accanto ad un
pirata, a quel punto neanche il suo ceto sociale avrebbe potuto far
più di
tanto. Annalisa
sarebbe voluta andare
via con lui, ma sapeva che ciò non era possibile,
soprattutto con una neonata
alla quale badare. Il
pianto della
donna però non cessava. L’uomo tuttavia doveva
allontanarsi, e presto anche.
“Tesoro,
devo andare”
disse, scostandosi leggermente dall’abbraccio ma cingendole
sempre la vita con
il suo braccio. “Ma prima ti voglio dare
questo.”aggiunse. Così dicendo
estrasse una collana molto elegante. Aveva una catenella
d’oro e il ciondolo
pareva un grappolo di foglie d’oro rosso.
“Ma
questa è la
collana…” esclamò la donna sorpresa.
“Si,
è proprio quella”
concluse Jack Sparrow per lei. “Così ogni volta
che la vedrai ti ricorderai di
me.”
Annalisa
sorrise. “Non
ho bisogno di guardare una collana per ricordarmi di te. Ti amo troppo
per non
dedicarti anche solo cinque secondi dei miei pensieri”e
così dicendo puntò i
suoi occhi azzurri e brillanti in quelli castani e profondi di lui.
Jack
sorrise a sua
volta a quell’affermazione dolce. Però il suo
cuore piangeva di amarezza.
“Ora
avrai anche
Angela a cui pensare, oltre che a me. Prenditi cura di lei mentere
starò via.
Amala per tutti e due. Quindi fatti forza.”
Annalisa
sorrise di
nuovo e annegò nello sguardo dolce e caldo di lui, evitando
di pensare che
forse, quella era l’ultima volta della quale poteva goderne.
“Ora
devo proprio
andare,” proseguì Jack “la lettera
diceva che la compagnia sarebbe arrivata in
pochi giorni, non voglio rischiare di mettere nei guai anche te
facendomi
trovare qui, comprendi?” le disse con tono morbido, ma
risoluto.
“Hai
ragione,”
convenne lei in fine, anche se dentro di sé urlava dalla
disperazione alla sola
idea di lasciarlo. “Ma tornerai?”aggiunse titubante
la donna.
Jack
la fissò
intensamente per alcuni instanti, poi rispose “Si,
tornerò” con tono neutrale,
dopodiché le regalò un lungo inteso bacio, prima
di avviarsi verso
un’imbarcazione del molo.
Ma
la donna, mentre lo
guardava allontanarsi, riprese a piangere ancora più
intensamente, perché
sapeva che in realtà, quello, era un bacio di addio.
//Fine
Flash Back//
Jack si riscosse dai suoi
pensieri, e decise che era meglio
riprendere il controllo delle sue emozioni, che aveva lasciato troppo
libere in
quegli ultimi momenti.
Guardò la
giovane e poi il ciondolo, e solo allora si
accorse di un particolare estremamente importante. La ragazza stava indossando
il gioiello, non lo stava tenendo in mano, lo portava al collo.
“Si, gioia, lo
riconosco. È quello che avevo dato ad
Annalisa prima di andarmene, è proprio quello”
cercando di tenere un tono
tranquillo, anche se ormai dentro di lui si andava a formare la
consapevolezza
di ciò che stava accadendo.
Allora
è proprio lei,
è incredibile, ma è così. La figlia di
Annalisa e... mia! Alla fine la conosco,
non ci posso credere. Ci
sono solo due
persone al mondo che poteva indossare quel ciondolo, ed escludendo la
prima per
ovvi motivi, rimane solo lei.
Mia
figlia.
Angela ebbe un impeto di
gioia. Lo riconosceva, e
riconosceva sua madre, allora non si era dimenticato proprio di tutto!!
“Questo vuol
dire che …” cominciò lei.
“Credo proprio
di si, tu devi essere mia figlia.” Esclamò
con un sorriso Jack, concludendo la frase per lei.
Quelle parole risultarono
strane al suo udito, però era la
verità, la ragazza che aveva di fronte era proprio sua
figlia. Ora ne poteva
essere certo, anche se gli sembrava ancora irreale. Non poteva non
riconoscerla
come tale comunque, la giovane portava al collo una prova
incontrovertibile,
anche se probabilmente nemmeno lei stessa lo sapeva. Sembrava quasi che
il
destino volesse offrirgli una seconda opportunità per
riparare all’errore più
grande della sua vita. Anche se forse non se lo meritava.
Per la giovane invece
quelle parole risultarono le più belle
del mondo. Le aveva agogniate da tanto, troppo tempo, e ora che
finalmente le
sentiva, quasi non le pareva vero.
“Quasi non ci
credo, sembra tutto così strano, anche se
incredibilmente fantastico! Insomma, sei tu,
papà…!!” incredibile come una
parola può risultare così dolce ad un persona non
abituata a dirla.
“Non dirlo a me
tesoro, cinque minuti fa ero qui che stavo
bevendo tranquillo un boccale di rum, ed ora mi ritrovo con una
figlia!”esclamò
lui, con un tono gioioso.
Angela lo
fissò, poi disse “Tu non sapevi nemmeno della mia
esistenza, vero?”
“No” si, ma è una
storia lunga.
“Lo immaginavo,
mamma me lo aveva detto”
Annalisa,
sei un
angelo.
“Ma Annalisa
come sta?” chiese interessato nel ricordarsi
solo ora che non aveva ancora chiesto nulla al riguardo. Erano
diciassette anni
che non aveva sue notizie, e in cuor suo aveva sempre sperato che
stesse bene,
ovunque fosse. Magari si era anche risposata ed era riuscita a rifarsi
una vita.
Ma a quelle parole la
ragazza si rabbuiò. Certo lui non
poteva sapere. E toccava a lei informarlo.
“Ehm, la
mamma…” iniziò titubante. Una lacrima.
Solo una
piccola lacrima riuscì a varcare la barriera della giovane.
Ma quella lacrima
solitaria bastò per far capire a Jack cos’era
successo senza che lei
aggiungesse altro.
“Oh, mi
dispiace, non lo sapevo. Ma com’è
successo?” chiese
turbato e sinceramente colpito.
Mannaggia,
non avrei
dovuto chiederglielo. Ma come è potuto accadere? Annalisa...
morta? No! Non ci
posso credere, ma come...?
“Broncopolmonite”
rispose Angela, cercando di ricomporsi.
“Mi dispiace
molto, posso immaginare che è stato un brutto
colpo” affermò contrito.
Tutto
quadra, Angela è
venuta a cercarmi dopo la morte della madre. Probabilmente neanche lei
sapeva
di avere un padre prima della perdita della madre. Comunque
è meglio cambiare
argomento, si vede che soffre troppo a parlarne.
“Ma dove
abitavate? E soprattutto, come sei riuscita a venir
fin qui, a Tortuga? Non credo che tu sia arrivata qui a
nuoto.” Concluse
ironicamente.
“Abitavano
nell’isola di Telia, ai confini dei Caraibi. Dopo
il triste accaduto” respiro profondo “sono andata
prima a Benprett con un
mercantile e poi da lì a Tortuga con una nave dei
contrabbandieri.”
“Tutto da sola?
E come sei riuscita a ottenere il
passaggi?”domandò stupito dalla scaltrezza della
giovane.
“Conoscenze, e
si, tutto da sola, a parte l’aiuto parziale
di un amico.” Affermò orgogliosa alla vista dello
stupore del padre.
“Caspita gioia,
aveva capito che non eri proprio una
ragazzina indifesa dal pugno che mi hai assestato, ma arrivare e
sopravvivere
qui a Tortuga da sola, non è un’impresa facile,
per una giovane donna.”
Ma
d’altronde... buon
sangue non mente!
Angela rise. Poi lo
fissò.
“E tu? Sei un
pirata, giusto? Dev’essere fantastico, ho
sempre invidiato tantissimo la vita di un pirata. Me
l’immagino piena di
mirabolanti avventure! Raccontami com’è! Su quale
veliero navighi? Com’è il
resto della ciurma? E il capitano chi è?”
domandò eccitata, incapace di
trattenersi.
Jack sorrise compiaciuto,
e si apprestò a presentarsi, come
solo lui sa fare.
“Ebbene piccola,
si, sei ben informata, sono uno dei pirati
più famosi del Mar dei Caraibi, e sono il capitano della
più veloce,
inafferrabile e spietata nave pirata che abbia mai solcato queste
acque, la
Perla Nera!” e si soffermò con particolare enfasi
su queste ultime due parole.
Il tutto fu accompagnato da svariati gesti delle braccia e buffe
espressioni
sul viso.
Angela sorrise nel
vederle. Le ricordavano quelle che faceva
lei quando parlava con Maggie. Poi si rese conto di un particolare che
prima le
era sfuggito. Suo padre aveva detto capitano?!
“CAPITANO??
Cioè, fammi capire bene, tu non solo sei un
pirata, ma sei anche il capitano di una nave? E hai anche una
ciurma?” chiese
stupita ma elettrizzata al tempo stesso
Caspita,
sono la
figlia di un capitano pirata! Chi se lo aspettava!!!!!!!
“Te
l’ho detto quando mi sono presentato, sono il Capitan
Jack Sparrow. Comunque non sono il comandante di una nave, gioia, ma
della
Perla Nera, ed è ovvio che ho una ciurma, sarebbe un
po’ difficile andare per
mari senza averne una, comprendi?” e mise in mostra i suoi
denti d’oro con un
sorriso dolce, di fronte all'entusiasmo della figlia.
“Wow! Ma
è fantastico! È come questa…Perla
Nera? È molto
grande? E quali avventure avete dovuto affrontare tu e la tua
ciurma?” chiese
con eccitazione crescente.
“La Perla Nera
è il più grande veliero che abbia mai solcato
i sette mari. D'altronde, ci vuole una nave magnifica per il capitano
più
grande di tutti i tempi”
Angela rise davanti alla
modesta affermazione, felice come
non mai.
Ma era davvero lei quella
che stava parlando? Era sul serio
Angela quella giovane felice e spensierata che stava allegramente
dialogando
con suo padre? Le sembrava inverosimile. Lei, che fino a poco prima
stava
risalendo sconsolata le scale verso la sua camera da letto, stava
seduta a
sorseggiare rum proprio con quella che poco prima era la causa dei suoi
lugubri
pensieri! Con suo padre! Stava dialogando con suo padre, l'uomo che era
riuscita a ritrovare solo dopo diciassette lunghi anni! Era
incredibile. Come
le emozioni che stava provando in quel preciso istante. Si sentiva
appagata,
realizzata, e, semplicemente, felice. Era come se qualcuno l'avesse
gettata in
una bolla di sapone, una piccola nuvola fatata impressa di
felicità creata
appositamente per lei e Jack. Eppure, nonostante il fatto che era la
prima
volta che lo vedeva, le sembrava di conoscerlo da una vita. Dialogava
con lui
con naturalezza, senza un minimo di imbarazzo. Le veniva spontaneo,
come
l'affetto profondo che aveva sempre provato per lui, anche quando
credeva che
fosse morto, ma che ora si radicato ancora di più nel suo
cuore, consolidandolo
per sempre, quando per la prima volta aveva fissato i suoi occhi in
quelli del
padre e le avevano risposto un paio identici a i suoi.
“Non vedo l'ora
di vederla questa Perla Nera e di conoscere
anche il resto della ciurma!! Perché, mi porterai con te
quando salperete da
Tortuga, vero?” domandò guardandolo speranzosa.
Mannaggia,
cosa
faccio?
Cosa
vuoi fare?
Lasciarla qui? Non mi sembra un’idea geniale!
Si,
ma non posso
neanche presentarla alla ciurma, cosa dico agli uomini,
“gente, questa è mia
figlia Angela, che ho ritrovato dopo 17 anni”
Non
suono così male...
È
complicato, e poi
dubito che Annalisa volesse che Angela diventasse un pirata.
Credo
avrebbe
preferito saperla a bordo della Perla con suo padre, piuttosto che da
sola a
Tortuga.
Posso
sempre
rispedirla a casa.
Certo,
e lei ci
starebbe...senza contare che tu per primo non vorresti. Scusa compare,
ma fatti
dire una cosa, carpe diem, il destino ti da una possibilità
di redenzione,
coglila, comprendi?
“Diventeresti
una piratessa se sali con noi a bordo del
veliero, lo sa, vero? E ciò comporterebbe una serie di
rischi, la vita da
pirata non è affatto facile, piccola.”
Affermò Jack.
Tanto
la risposta la
sai...
“No, sarei
meglio, una piratessa si, ma anche figlia del
capitano. E qualsiasi rischio ci sia da affrontare, ti posso assicurare
che saprò
come superarlo.” Rispose sorridendo. “Oh, insomma,
ho sempre desiderato
diventare un pirata, da quando ero bambina, tu non puoi immaginare
tutte le
volte che osservavo il mare, con la speranza che un giorno avrei preso
anch’io
il mare per nave, e sarei diventata la protagonista di una delle storie
di
bucanieri che da piccola mi sentivo raccontare! Questa per me sarebbe
la
realizzazione di un sogno!” aggiunse. Probabilmente ci mise
fin troppa enfasi
nel raccontar ciò, perché Jack non
poté far a meno di sorridere piacevolmente
colpito dalla grinta della giovane nell’affermare
ciò.
Buon
sangue non
mente...
“Bhè,
allora piccola, sono fiero di annunciarti che da oggi
in poi sei membro a tutti gli effetti, della ciurma della Perla
Nera!” esclamò
alzandosi e facendo una specie di inchino, come a congratularsi con lei
per la
“nomina” appena ricevuta.
D’altro
canto, cosa
posso fare? O per caso scelta?
No,
la tua scelta
l’hai fatta molti anni fa.
Angela rise.
D’altronde non aspettava altro da quando aveva
saputo che era figlia legittima di un pirata. Era incredibile come in
meno di
un’ora tutti i tuoi sogni, le tue aspirazioni più
grandi potessero prendere
forma e diventare realtà. Ma la sensazione che si provava
era stupenda.
Il resto della serata
passò piacevolmente, e in modo
tranquillo. Ordinarono altri due boccali di rum, e Jack non si
stupì più di
tanto quando vide che la ragazza reggeva molto bene l’alcool,
d’altronde tale
padre tale figlia. Parlarono del più e del meno per tutto il
tempo, Angela gli
raccontava com’era stata la sua vita a Telia, di Annalisa, di
Maggie, di
Teels…mentre lui le narrava le sue mirabolanti avventure per
mare.
“e come sei
riuscito ad evadere da l’isola dove ti avevano
abbandonato?” chiese Angela.
“Bene gioia,
sono felice che tu me l’abbia chiesto, è stato
particolarmente difficile, e solo un uomo della tempra di tuo padre
sarebbe
potuto riuscire nell’impresa, ma partiamo
dall’inizio. Mi acquattai nel basso
fondale per tre notti e tre giorni e attesi, tutto il fondale marino si
era
ormai acclimatato alla mia presenza, quando all’improvviso,
agguantai una
coppia di tartarughe marine e me le legai ai piedi. Così
riuscii a raggiungere
l’isola abitata più vicina. È stata
dura, ma alla fine ce l’avevo fatta!”
raccontò sperando si impressionare la ragazza.
Certo,
ma per chi mi
ha preso? Per una bimba di due anni? Una coppia di tartarughe marine?
Nemmeno
nei racconti di fantasia sarebbe possibile!
Vuole
impressionarti,
lascialo fare...
Manco
per idea, e
lasciargli credere che è riuscito a prendermi in giro?
Guarda e impara!
“Certo, come no,
ma chissà perché ho la strana sensazione
che le tue tartarughe marine avevano due braccia e due gambe e sapevano
parlare!” esclamò ironica
guardandolo
di sottecchi.
Jack
davanti a
quest’affermazione strabuzzo gli occhi e con finto tono
sorpreso esclamò:
“Accidenti,
piccola, ma come hai fatto ad indovinare?
Difatti le tartarughe marine che abitano attorno a
quell’isola sono degli
animali molto particolari, proprio come gli hai descritti, ma per
questo non
sono meno difficili da prendere…” al che Angela
rise di gusto, dicendo di
rimando:
“Talmente
particolari da sembrare quasi umani, vero?”.
Lui le sorrise complice,
dopodiché lui continuò a narrarle,
sotto insistenza di Angela, altri avvincenti episodi della sua vita da
pirata,
più veritieri però, e mano a mano che lui
raccontava, lei ne era sempre più
ammaliata.
*
Il nuovo governatore di
Port Royale era nella sua stanza,
con un bicchiere di vino rosso in mano, comodamente seduto su di una
poltroncina,
che ammirava il tramonto dalla finestra.
Era molto giovane,
particolarmente per sostenere il peso di
una carica così elevata come quella di governatore, ma il
suo viso da
venticinquenne nascondeva una mente chiara e sveglia.
Aveva da sempre posseduto una grande attitudine al
comando, e
sapeva prendere decisioni importanti in poco tempo. Per far
ciò era anche
aiutato dal suo notevole sangue freddo. Pur essendo molto
più giovane di tutti
i comandanti e capi militari di rilievo che attualmente stavano sotto
il suo
comando, sapeva farsi rispettare con un solo sguardo,
un’occhiata glaciale che
trapassava da parte a parte chiunque guardava, facendolo sentire
inerme.
Incuteva paura a tutti i suoi sottufficiali e un rispettoso timore a
tutto
l’aristocrazia della città. Ma più che
lo sguardo, a far paura era la coscienza
di quello che era capace di fare quel ragazzo dal cuore di pietra. Non
si
fermava davanti a nulla per arrivare al suo obiettivo, e calpestava
chiunque si
trovasse sulla sua strada. Tutti sapevano, per esempio, che per
raggiungere la
carica di governatore, si era anche macchiato di omicidio. Ovviamente,
a
compiere il crimine non era stato lui in persona, no, non si sarebbe
mai
sporcato le mani, aveva semplicemente pagato un sicario per eliminare
suo
nonno, Crhistopher Isaacs Booldon, all’epoca governatore di
Port Royale. Nella
piccola colonia lo sapevano tutti, ma nessuno poteva provare nulla, e
agli
occhi della regina d’Inghilterra, il ragazzo, grazie alle sue
proverbiali
capacità militari e amministrative dimostrate già
in epoca molto precoce, era
sembrato la persona più adatta per ricoprire quella carica.
Dal momento che
nessuno osava dire niente per timore di essere il prossimo nella lista
nera del
giovane Cornell, il ragazzo aveva potuto agire liberamente,
raggiungendo il
primo traguardo verso il suo obiettivo finale. La decisione della
regina però,
era anche stata influenzata dalla prestigiosa famiglia dalla quale
arrivava il
ragazzo. Primo tra tutti c’era suo padre, che aveva reso
ottimi servigi alla
corona, anche lui nel ruolo di governatore, prima che morisse
tragicamente
nella famosa guerra contro i pirati di tutto il mondo. Tale padre tale
figlio,
si era detta sua altezza, pensando che se Cutler Beckett aveva dato
così tanto
per la sua madre patria e per la Compagnia delle Indie, lo stesso
avrebbe fatto
suo figlio, Cornell Cutler Beckett, senz’altro stimolato dal
buon esempio del
padre.
Questa
città ha
davvero un tramonto mozzafiato.
Pensava Cornell, mentre
sorseggiava la rossa bevanda. Poi, un
sorriso beffardo li si dipinse sul volto. Stava riflettendo sul piano,
il suo
piano perfetto.
Oh,
padre, padre.
Avete fatto proprio una brutta fine, ma non me ne rammarico, dai vostri
errori
ho imparato molto, e del vostro fiasco nascerà il mio
successo, grazie al quale
riuscirò finalmente a vendicarvi, come meritate.
Il ragazzo si
alzò e si diresse verso la scrivania, dove
c’erano alcuni appunti e cartine con sopra delle rotte.
È
tutto semplicemente
perfetto, ogni cosa sta andando secondo i piani, non esiste alcuna
possibilità
di insuccesso, tra poco anche gli ultimi due ingredienti per la buona
riuscita
del mio piano, saranno in mano mia.
Ritornò
a sedersi sulla poltroncina di
velluto bordò.
Sapete
qual è stato il
vostro errore, padre? Quello di puntare al cuore delle persone
sbagliate.
Rifletté
Però
a quell’epoca
devo ammettere che non avevate la possibilità di ottenere la
leva giusta per
assecondare i vostri scopi, e di questo non avete colpa, mentre io,
dopo anni
di ricerca, sto per possedere anche quell’ultima e
preziosissima leva.
Per ciò devo ringraziare la mia defunta madre, è
stata lei, inconsapevolmente,
a fornirmi quell’informazione preziosa grazie alla quale ho
potuto realizzare
il mio piano. Certo lei non può immaginare quanto mi sia
stata utile, povera
donna, credeva di fare del bene per me, per la ragazza e per quel
pirata, non
sa di certo che così facendo a firmato la loro condanna a
morte.
Un sorriso diabolico gli
si dipinse sul volto.
Jack
Sparrow, non hai
scampo.
|
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Capitolo 7 *** 7_ Torquis Marium ***
Note
dell'autrice:
Ciaoooooooooo!!!!!!!!!!!!! Sono tornata finalmente!!!!!!!!!!!!!!
Probabilmente mi avrete dato per dispersa, e a maggior ragione, non
aggiorno da marzo!! Scusatemi!!!!!!! Avrei voluto aggiornare prima, ma
non ce l'ho fatta!!! Ora però che finlmente la scuola
è finita (me felicissima,
yuppiiiiiiiiiiiiii^^!!!!!!!!!!!!!!!!!) sono riuscita a postare!!!!!!
Ora passo ai ringraziamenti:
Dj
Kela: Ciao Kela!!!! Finalmente
sono riuscita a metter qst cappy!!!! Incredibile, ma ce l'ho fatta!!!!
Prima di tutto di volevo ringraziare per i complimenti, troppo buona^^
glasieeeeeeee!!!!!!^^!!!!!!!! La scena del rum l'avevo scritta x
sottolieare le domiglianze tra i due, e anke xkè volevo
metterla un attimo sul comico, x contrabilanciare poi il flash back,
quindi sn felicissima ke ti sia piaciuta!!!!! X il ricordo, ammetto ke
era un po' confuso, xò volevo ke sembrasse un flsh back
improvviso ke ha Jack, cm quando si vede nei film un pezzo del passato
del personaggio, xò era al quanto criptico, è
vero^^, assicuro xò ke più avanti
spiegherò meglio i rapporti tra i due e cos'è
successo. Sarà una delle cose più importanti
xò, quindi verrà spiegato molto in là.
Nn assicuro invece ke il motivo di Jack sarà
perdonabile, dipende da come lo si prenderà, comuqneu
spiegherò tutte le sue ragioni, prometto^^!!!! X il loro
incontro sn stra contenta ke sia piaciuto!!!!!!!!Grazie!!!!!
è vero ke nn bisognerebbe cambiare il punto di vista del
narratore, però quando scrivo i loro pensieri prendo le loro
parti xkè mi è + facile far capire cosa provano,
sn contenta ke nn stoni con il resto della ficcy^^! Nap (gli si addice
cm soprannome, hihhi^^) sarà forse peggio di suo padre,
avverto subito, e ci sarà anke un risvolto ke lo
coinvolgerà in prima persona, forse già intuibile
da qst cappy, ma ke a breve spiegherò meglio! Per la collana
ci sei andata vicina, nn è un oggetto qualsiasi,
xò nn poxo dire di + o ti rovinerei la ficcy^^, ma si
scoprirà a brevissimissimo, già in qst cappy^^!
Thanks x avermi detto cm si scrive Christopher, l'ho corretto!^^ Ancora
un enorme grazie x ttt i complimenti e x la recensione, nn vedo l'ora d
vedere cosa pensi di qst cappy^^!!!! Kisskiss e tvtttttttttttttb Sara^^
nihal93: Grazie mille x
aver recensito, sn felice ke il cappy ti sia piaciuto, spero ke ti
piaccia anke qst^^!! Kisskiss e tvttttb Sara^^
sesshy94: grazie infinite
anche a te x la recensione e x il tuo entusiasmo!! Sn molto contenta ke
ti sia piciuto il 6 cappy!! Posso dirti ke hai avuto una buona
intuizione sui motivi ke hanno spinto Annalisa a tenere nascosta la
verità ad Angela, brava^^, cmq tra qlk cappy
spiegherò ttt x bn, promesso^^! Mi auguro ke anke qst cappy
ti piaccia^^ kisskiss e tvtttb Sara^^
stefy_81:
sn stra contenta ke la ficcy ti sia piaciuta, e grazie mille x i
complimenti ke mi hai fatto^^!! Spero ke anke qst cappy ti piaccia e ke
"catturi"^^, ancora grazie, kisskiss e tvttttb Sara^^
Ringrazio di cuore anke
ttt quelli ke hanno sl letto e quelli ke mi hanno anke messo nei
preferiti^^!!!!!!!!!!!!! Grazieeeeeeeeeeee^^!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Adesso vi lascio
alla lettura del cappy, ke finalmente sn riuscita a postare, quindi, BUONA
LETTURA^^!!!!!
NB: volevo
sl aggiungere ke per comodità ho colorato i pensieri di Jack
in blu e quelli di Angela in rosa, se no veniva un pasticcio ed era di
difficile comprensione^^, ditemi cosa ne pensate^^!!!
7_
Torquis Marium
“Che ore
saranno?”
“Non ne ho idea,
però credo che sia quasi l’alba”
“L’alba? Vuoi
dire che siamo rimasti qui a parlare per tutta la notte?”
“Esattamente
gioia”
“Il tempo è
volato, non me ne sono neanche accorta! Però il sonno in
effetti inizia a farsi sentire…”
Jack e Angela erano ancora seduti
alla locanda, e avevano passato tutta
la notte a discorrere tranquillamente. Sentivano tutti e due il
desiderio di
sapere il più possibile sull’altro, e di rendersi
partecipi reciprocamente
della loro vita durante quei
diciassette lunghi anni che avevano passato separati, raccontandosi
tutto.
Entrambi sapevano che
ciò non era possibile farlo in una sola notte, e
che sarebbe stato un processo lungo, ma sei ore ininterrotte di dialogo
erano
senz’altro un buon inizio.
“Cominci solo ad avere un
PO’ di sonno, eh? Io direi piuttosto che stai
crollando, hai gli occhi rossi e i cinque boccali di rum che ti sei
scolata di
sicuro non ti hanno aiutato, piccola.” Rispose Jack con aria
saccente.
“Non sto crollando, e poi
erano tre, tu te ne sei bevuti
cinq…waaa” peccato
che non riuscì a
finire la frase che si esibì in un grande e sonoro sbadiglio.
Il pirata rise di gusto. Poi
pensò che era meglio ritirarsi sul serio,
Angela ormai stava dormendo in piedi, e lui, per quanto cercava di non
darlo a
vedere, era stanco morto quasi quanto lei.
“Vieni dai, è
meglio che tu vada a dormire” e così dicendo si
alzò dal
divanetto. Appena
fu in piedi faticò non
poco a ritrovare il senso dell’equilibrio, e solo grazie ad
una grande forza di
volontà impose alla stanza di smettere di girare davanti ai
suoi occhi.
Andare a dormire?
Come faccio ad andare a dormire dopo
questa serat…waaa, ok ammetto che forse l’idea del
letto non è poi così
malvagia…
Ma solo forse, eh?
Però non
ho voglia di andare di nuovo nella stanza di
sopra sola soletta, non voglio lasciarlo, e se poi non riesco ritrovarlo domattina?
È
un’idea stupida, lo sai si?
Lo so,
ciò non toglie che separarmi da lui non mi piace
per niente, non ora che l’ho ritrovato!
“No, non voglio andare su
in camera da sola!!” esclamò con la voce
impastata di alcool e sonno, dando voce alle sue ultime preoccupazioni.
Brava,
così penserà che sei una bimbetta di due anni.
Andiamo, massimo lo rivedi domattina, cosa vuoi che faccia? Che affitti
anche
lui una camera qui?
Potrebbe essere
un’idea. Comunque non penserà che sia una
bimba, massimo pensa che sono completamente andata a causa
dell’alcol, cosa in
parte vera, quindi essendo ubriaca me lo posso permettere!
Lui la guardò sorpreso
un attimo. Non essendo propriamente lucido pure
lui, non gli fu facile comprende la reazione della figlia, poi
però finalmente
capì.
“Tranquilla piccola, non
ho intenzione di lasciarti passare un’altra
notte abbandonata a Tortuga, veramente avevo pensato ad un altro posto
che
credo potrebbe piacerti.” E accompagnò queste
parole ad un sorriso.
Gli occhi della giovane si
illuminarono. Dove voleva portarla?
“E dove?”
domandò senza nascondere la sua curiosità.
Lui, per tutta risposta,
allargò ancora di più il sorriso, e con un
gesto teatrale della mano, esclamò:
“Alla Perla Nera, mi pare
ovvio, dove se no?”
Ho capiti bene?
Alla... Perla?? Sul serio? Wow!!! Ci
vengo subito!!!!
Hai ritrovato
l’entusiasmo?
Vuoi scherzare?
Stiamo parlando di un VERO veliero
pirata!!!
Il capitan Sparrow non
poté trattenersi dal sorridere nel vedere
l’espressione meravigliata e raggiante della giovane.
Sarà
normale per una ragazza avere tanto entusiasmo soltanto
all’idea di vedere un veliero?
Non dimenticare che
è tua figlia, lo dimostrano i boccali di
rum che si è appena scolata con molta facilità.
Giusto.
Compare, tanto per
curiosità, sei sicuro di portarla a bordo
della Perla?
Si, perché
non dovrei?
Forse
perché la ciurma vorrà delle spiegazioni nel
vederti
salire assieme ad un giovane donna.
Ne abbiamo
già discusso.
Si, ma il problema
rimane. Hai pensato ad una soluzione?
Cosa pensi di dirgli: “Salve gente! Guardate un po’
chi ho trovato qui a
Tortuga, mia figlia! Starà con noi sulla Perla,
contenti?”.
No, non mi sembra una
buona idea.
Appunto.
E cosa faccio? La
lascio e le dico che è stato un piacere
conoscerla ma che ripensandoci non posso farla salire su?
Problema tuo.
No, è anche
tuo. Comunque sia, pensandoci bene, non credo
che sia un gran dilemma. La nave è mia, se non erro. La
ciurma si adatterà.
Spiegherò loro la situazione con calma domattina.
Perché lo
fai?
Non mi piace
l’idea di lasciarla qui da sola.
Solo per questo?
Zitto.
Angela si alzò in piedi.
L’idea di visitare una nave pirata le aveva
dato la forza per reggersi sulle gambe, se pur traballante.
Jack nel vedere
l’equilibro incerto della giovane le si affiancò,
temendo che potesse crollare da un momento all’altro.
Angela sorrise nel vedere la
preoccupazione del padre.
“Guarda che sei ubriaco
quanto me, se non di più, il massimo che
risolviamo camminando a braccetto è che cadiamo in
due!” esclamò divertita.
“Reggo l’alcool
meglio di te, e poi mi sono fatto strada verso la Perla
in condizioni peggiori.” Ribatté l’altro.
La giovane non poté fare
a meno di ridere, anche se la maggior parte
delle risate era dovuta al rum ingerito, e iniziò a
camminare verso l’uscita
della locanda, sostenuta per metà dal padre, quando le venne
in mente il suo
fagotto abbandonato nella sua stanza.
“Aspetta, prima devo
andare a prendere alcune cose che ho lasciato in
camera” così dicendo, fece un’inversione
di marcia e si diresse verso la scala
che conduceva alle camere.
“Ferma
lì!” esclamò Jack. Angela si
bloccò di colpo stupita e si girò
verso il padre.
“Perché?”
chiese.
“In queste condizioni le
scale le sapresti solo scendere a ruzzoloni, e
non mi sembra una bella cosa.”
Angela ci rifletté su un
attimo. Aveva ragione, non stava neanche in
piedi.
“Cosa pensi di fare? Non
posso mica lasciar le mie cose lì” si
lamentò.
Jack sospirò
“Ci vado io”
La ragazza sorrise
“Grazie, camera in fondo a destra, subito salite le
scale. È tutto in un fagotto sotto il letto”
“Ok, aspettami
qui”
Angela si riaccomodò sul
divanetto davanti al tavolo dalla quale si era
appena alzata, e si concesse cinque minuti di tempo per riflettere con
calma
sulla sua più che rosea situazione e di come era cambiata in
meno di sei ore.
Caspita, sto per
salire su una nave
pirata e diventare a mia volta un piratessa!! Chi l’avrebbe
mai detto! Quando
lo saprà Maggie rimarrà di stucco!
Peccato che non riuscì
nemmeno a finire il pensiero
che pian pianino, senza che lei lo volesse, appoggiò la
testa sul tavolino di
fronte a lei, e cadde addormentata, cullata da dolci sogni.
*
Quando suo padre ritornò
al piano di sotto della
locanda, con in mano un involucro contenenti gli effetti di Angela,
individuò
subito la figlia con un’occhiata.
Era crollata dal sonno
adagiando la testa sul tavolino, incurante del chiasso procurato da
alcuni
pirati che, nonostante l’albeggiare, proseguivano con i loro
festeggiamenti
attorno a lei.
Si è
addormentata! Va bene che si vedeva lontano un miglio che era stanca,
ma non
poteva aspettare di arrivare alla nave? Meglio provare a svegliarla.
Si avvicinò alla
giovane e rimase un attimo ad osservarla. Stava già dormendo
profondamente,
sarebbe stata un’impresa destarla, ma ci provò lo
stesso. Dovevano arrivare quanto
meno alla Perla prima di mettersi a dormire. Provò a
chiamarla, prima piano,
poi sempre più forte. Tentò anche a scuoterla, ma
non ci fu niente da fare.
Ormai era già nel mondo dei sogni e non c’era
nulla che l’avrebbe tolta dalle
braccia di Morfeo.
Mannaggia! La piccola
non si sveglia! Mi
toccherà portarla in braccio…
Il pirata sospirò, e,
rassegnato, sollevò con delicatezza la giovane dal tavolino,
attento a non
farle male.
Con non poca
difficoltà, dovuta alla stanchezza, all’alcool e
al peso della figlia, riuscì a
uscire dal locale senza andare a sbattere da qualche parte o cadere
rovinosamente a terra.
Jack si mise a
camminare tranquillamente per le stradine tortuose dell’isola
dei bucanieri, e
dopo un breve percorso, raggiunse il porto, dove tra le imbarcazioni,
svettava
un imponente veliero più nero della notte. La Perla Nera.
Eccoci.
Perfetto,
la prima parte è andata. Credo tu possa portarla a bordo
tranquillamente per ora,
la ciurma sarà ancora tutta a terra, il bello
arriverà domattina.
Salì sulla passerella
che collegava la nave al porto. Bastò un’occhiata
per capire che aveva previsto
giusto. Il ponte era deserto.
“’Sera
capitano”
Fatta eccezione per
Gibbs.
Jack nell’udire la
voce del marinaio sobbalzò per la sorpresa, e girandosi di
scatto vide
chiaramente il vecchio pirata che lo fissava curioso vicino al timone.
“Gibbs” rispose
il
capitano a mo’ di saluto, cercando di ostentare sicurezza.
Il vecchio marinaio
iniziò
a fissarlo, sicuro che ci fosse qualcosa di diverso nel suo capitano,
finché
non riuscì a focalizzare un fagotto al quanto grosso tra le
sue braccia.
“Cos’è
che tieni in
braccio?” gli chiese a bruciapelo, lasciando la sua
postazione accanto al timone
per andargli vicino, spinto dalla curiosità.
“Chi? Io?
Ehm…” il
capitano per tutta risposta iniziò ad indietreggiare nel
tentativo di formulare
una frase di senso compiuto.
Dopo poco, nonostante
i goffi tentativi di allontanarsi di Jack, Gibbs lo raggiunse. Quando
capì che
quello che il pirata teneva tra le braccia era una giovane ragazza
addormentata, lo fissò scombussolato.
“Jack! Ma è
… è… una
ragazza!!” esclamò, facendo scorrere lo sguardo
dalla giovane al bucaniere.
“Però, che
occhio!”
sbuffò Jack.
Il marinaio,
continuando a non capire, iniziò a bersagliare il capitano
di domande.
“Ma chi è? E perché
l’hai portata a bordo? E
perché….”
“è una storia
lunga,
ti spiegherò tutto tra dieci minuti, nella mia cabina. Prima
la metto a letto”
disse Jack, interrompendo il terzo grado di Gibbs.
Il vecchio pirata,
sempre più confuso, scosse la testa di fronte alla risposta
appena ricevuta, ma
senza aggiungere una parola, si fece da parte. Meglio
assecondarlo, si
disse.
Così, il capitan
Sparrow si diresse verso le cabine degli ufficiali, lasciando un
disorientato
Gibbs alla spalle.
Dove hai
intenzione di portarla? Nella tua cabina?
No, e
poi io dove dormo? La metto in una delle cabine degli ufficiali, tanto
non le
usa mai nessuno.
Con la solita andatura
ondulante si diresse verso le suddette stanze, e in qualche attimo fu
davanti
ad una di essa. Con un piccolo calcio spalancò la porta
semiaperta e con pochi
passi si avvicinò al letto posto accanto al lato destro
della camera. Adagiò
Angela con cura sul materasso e le mise sopra
una coperta, badando a coprirla per bene. Infine, quando
fu sicuro che
sua figlia non necessitasse d’altro, si apprestò a
tornare da Gibbs. Però,
quando raggiunse la porta non poté trattenersi di rigirarsi
verso la giovane.
Aveva i lunghi capelli
castani sparsi alla rinfusa sul cuscino,e sul viso posava dipinta
un’espressione di pura beatitudine.
Sembra
un angelo. Si
sorprese a pensare. Ma
si riscosse subito. Fantastico,
ora faccio pure il
sentimentale, eh vecchio mio, mi sa che stai perdendo colpi!
Ma, nonostante ciò,
non riuscì a trattenere un sorriso dolce e paterno rivolto
verso la figlia.
Dopodiché si diresse verso la sua cabina.
Quando entrò,
trovò
Gibbs che lo aspettava impaziente in piedi davanti alla scrivania.
“Jack! Finalmente! Ora
vuoi dirmi chi è quella ragazza, di grazia?”
il buon vecchio
marinaio lo aggredì non appena mise piede dentro la cabina,
esigendo
spiegazione.
Il capitano, con una
lentezza quasi snervante, per niente contento all’idea di
dover sottostare ad
una specie di terzo grado, si sedette sull’alta sedia dallo
schienale
rosso, posta
dinanzi alla scrivania.
E qui
viene il difficile, auguri!
“Frena, frena, una
cosa alla volta se permetti, è una storiella un
po’ lunga da raccontare, quindi
se vogliamo metterci comodi” così dicendo,
indicò la sedia di fronte alla sua,
al marinaio. Gibbs si sedette, dopodiché aspettò
che Jack iniziasse con le
dovute spiegazioni, ma dal momento che il capitano continuava a tacere,
decise
di riprende con le domande.
“Allora Jack, vuoi
parlare o no? Chi è quella giovane? Come mai l’hai
portata a bordo?” ripeté
sempre più impaziente.
Il capitano Sparrow lo
fissò dritto negli occhi, infine, con un lungo respiro, si
apprestò a
rispondere.
“Quella ragazza,
Gibbs, è niente di meno che Angela”
esclamò rassegnato.
Il bucaniere però
parve non capire, difatti iniziò a guardare Jack sempre
più stralunato ed
esasperato.
“Angela?”
ripeté con
un pizzico di frustrazione di fronte alla risposta in esauriente del
capitano.
“Si, Angela”
confermò
Jack con fare grave., senza capire che quel nome non suscitava in Gibbs
nessun
sentimento particolare.
“E chi è
questa
Angela?! È concesso saperlo o dovrà rimanere un
mistero ancora per molto,
insomma Jack!!” sbottò infine esasperato.
Quest’ultimo,
sbigottito dall’inaspettata reazione di Gibbs,
esclamò:
“Come ‘chi
è Angela?’
???” e dato che il marinaio non rispose proseguì
“Angela è…è…mia
figlia,
diamine!” rispose alzando un pelo la voce.
Gibbs per tutta risposta
si limitò a fissare il suo comandante per un tempo che parve
infinito, senza
capire il significato della risposta. Solo dopo dieci minuti buoni il
marinaio
sembrò afferrare il concetto, al che iniziò a
boccheggiare sgranando occhi e
bocca e balzò in piedi dalla sedia. Ci vollero altri dieci
minuti buoni prima
che riacquistò il dono della parola e riuscì a
darsi un minimo di contegno.
“Tua…tua…FIGLIA?!?!?!?!?!”
tuonò.
Jack, stavolta
preparato alla reazione del suo interlocutore, rispose semplicemente
annuendo
la testa e fissandolo di sottecchi.
“Per mille palle di
cannone con la barba! Jack, ma com’è successo?
L’hai trovata qui a Tortuga? Lei
sa che tu sei suo padre? Perché non mi hai detto che la
stavi
cercando?”proseguì il marinaio sempre
più allibito, mentre si lasciava ricadere
sulla seggiola posta di fronte alla scrivania.
“Allora: si alla
prima, si alla seconda, ma non la stavo cercando.”
Ribatté Jack.
“Come non la stavi
cercando? Non vorrai farmi credere che l’hai trovata
così per caso!”
“Certo che no Gibbs!
Ora se vuoi calmarti, ti spiego tutto” replicò
sempre ostentando calma.
“Sono tutto
orecchi” e
detto questo il vecchio
pirata, cercando di tranquillizzarsi, si adagiò
più comodamente sulla sedia.
Intanto Jack si apprestò a raccontargli l’incontro
con la figlia, di come lei
stava cercando lui e di come si erano trovati grazie ad una rissa.
Alla fine del
racconto, Gibbs rimase a bocca aperta.
“Incredibile, anzi,
assurdo!” riuscì a dire “Evidentemente
qualcuno lassù ti vuole davvero bene,
Jack.” Scherzò infine.
“O mi odia”
ribatté
Jack con un sorriso amaro. “dipende da come andrà
a finire” aggiunse.
“Prendila come una
possibilità di redenzione” propose il marinaio.
“Temo che per quella
non ci sia più speranza, comunque si vedrà,
l’importante è che ora che se ne è
andata via da Telia, non la scopra anche il caro cuginetto.”
“Perché
dovrebbe
mostrare interesse per lei? A parte il fatto che non saprà
nemmeno della sua
esistenza, non vedo che rischio potrebbe correre Angela se le loro
strade si
incrociassero” osservò pacato il pirata.
Nell’udire la totale
indifferenza di Gibbs verso quella possibilità, Jack si
inalberò.
“Come non vedi il
pericolo?! Primo, dovrei svelare ad Angela
l’identità di tutti i suoi cari
parenti, cosa che preferirei evitare di gran lunga, come, da quel che
ho
capito, la stessa Annalisa ha fatto. Secondo, non hai visto cosa porta
al
collo?” esclamò con ardore.
“Ok, ok, ho capito,
terremo Angela lontana da lui, ma ora calmati!”
provò a rabbonirlo, “e poi
cos’è che porta al collo? L’ho vista per
cinque secondi di sfuggita, non le ho
fatto la radiografia!” aggiunse dopo in sua difesa.
Jack si diede una
calmata, dopodiché rispose alla domanda di Gibbs, anche se
continuò a fissarlo
storto.
“Al collo, si dal caso
che ha legato il Torquis Marium!” disse saccente.
Gibbs si fece serio di
colpo e allargò gli occhi strabiliato.
“Il Torquis?! E lo
indossa?”chiese senza nascondere la palese
curiosità.
Il capitano annuì
grave.
“Si, lo indossa. Come
si poteva facilmente immaginare d’altronde. Quindi comprendi
che se
l’informazione finisse in mani sbagliate Angela sarebbe in
pericolo?”
“Si, capisco. La
ragazza sa delle particolarità del ciondolo?”
domandò.
Jack scosse la testa.
“No, glielo dirò oggi, con calma, ma
avrò bisogno del tuo aiuto, io le dirò del
gioiello, ma prima tu le narrerai dell’Olandese. Non posso
raccontarle tutto
io, ho alcune cose da sbrigare oggi, non ho tempo, è quella
è una storia lunga,
ma in due dovremmo farcela, ci stai?”
“Si, si, tranquillo,
me ne occuperò io” lo rassicurò.
“Perfetto, allora
è
deciso”
Ci fu un secondo di
silenzio, poi il marinaio venne illuminato da un’idea
improvvisa.
“Ma, Jack, aspetta un
attimo, ora che hai ritrovato anche il Torquis, non hai intenzione di
usarlo
vero?” domandò fissando dritto negli occhi il suo
capitano.
Sparrow abbassò lo
sguardo colpevole.
“Bhé, in
realtà
pensavo proprio di si”ammise continuando a fissare con finto
interesse il
pavimento.
Gibbs sospirò.
“Jack,
potrebbe essere pericoloso, il Torquis è un manufatto di
Calipso, e tutto ciò
che ha a che fare con quella donna ti ricordo che porta solo guai. Non
avrai
già dimenticato l’ultima volta cosa è
successo, vero?” osservò.
“No Gibbs, non
l’ho
dimenticato” rispose piccato l’altro.
“Comunque puoi stare tranquillo, nessuno
correrà rischi se lo useremo” provò a
tranquillizzarlo.
L’anziano pirata
però,
tutt’altro che convinto, tentò di nuovo di
persuaderlo.
“Non è un
oggetto che
va usato con leggerezza, senza contare che il rischio più
grande potrebbe
correrlo la stessa Angela, lo sai perfettamente!”
esclamò.
Jack lo fulminò con lo
sguardo. “Angela non corre rischi, basta stare attenti.
Andrà tutto bene, e poi
anche lei avrà i suoi vantaggi usando il
ciondolo.” Ribatté con ardore.
Il marinaio si
afflosciò sulla sedia. “è inutile
discutere con te. Fa come credi, ma sta
attento, ok?” si arrese infine.
“Non ti devi
preoccupare per me Gibbs, so badare a me stesso”
ribadì l’altro.
“Non è di te
che mi
preoccupo, Jack, ma di Angela.”
“So occuparmi anche di
lei, tranquillo”
*
Cornell Beckett era
seduto dinanzi alla sua scrivania, intento ad ordinare alcune carte e
appunti. Aveva
dormito solo quattro ore
quella notte. Era andato a letto tardissimo, e si era svegliato che
appena
albeggiava. Ma non sentiva la necessità di riposarsi, quello
di cui aveva
bisogno era di proseguire con i suoi piani. Quella era
l’unica cosa che gli
importava veramente, e non si sarebbe rilassato finché tutto
non sarebbe andato
a compimento.
D’un tratto la porta
bussò.
“Avanti”
rispose
Cornell, senza nemmeno alzare la testa dai suoi fogli.
Un timido soldato fece
il suo ingresso dalla porta dello studio del governatore tremando come
una
foglia. Avrà avuto a mala pena diciotto anni, era piccolo di
statura, e i
capelli castani e ricci conferivano al volto un’espressione
ingenua.
“Mi … mi ha
mandato il
…Commodoro, sir, dice che la nave è pronta
per… partire, attendono suoi ordini
per mollare gli ormeggi” riferì cercando di tenere
ferma la voce, senza
riuscirci.
Il giovane governatore
si limitò ad alzare il capo e fissare il milite negli occhi,
con un leggere
ghigno che gli increspava il volto solitamente di pietra.
“Perfetto”
replicò
“Proferite pure che possono salpare”
comandò.
Il soldato sobbalzò
nell’udire la voce fredda dell’altro.
“Si, signore” rispose, e dopo aver
chinato il capo in segno di saluto fece per andarsene, ma fu richiamato
da
Beckett che improvvisamente aggiunse glaciale:
“Ah, riferite anche al
capitano che non sono ammessi margini d’errore, e che se non
dovesse trovare la
ragazza, di applicare il piano B senza indugi, intesi?”
Il soldato annuì
tremando ancora di più di fronte a quella che aveva tutta
l’aria di essere una
minaccia, e si apprestò ad uscire velocemente dalla stanza,
ansioso di
allontanarsi da Cornell.
*
Gibbs e Jack erano
ancora nella cabina di quest’ultimo quando il sole era ormai
alto nel cielo.
Avevano finito da poco di parlare della giovane, e adesso stava
decidendo
assieme la rotta da prendere per il viaggio che dovevano compiere.
Quando
ebbero finito, il capitano si alzò, dicendo che sarebbe
andato al timone. Fu
fermato però da Gibbs, che di colpo disse:
“A proposito Jack,
riguardo ad Angela, non ti ho ancora chiesto una cosa, hai intenzione
di dirle
perché tu e sua madre vi siete lasciati? Prima o poi lo
vorrà sapere” domandò.
Il capitano ponderò
attentamente il quesito. Infine, dopo una relativamente lunga
riflessione,
rispose:
“Non lo so”
affermò
con tono deciso.
“Come non lo
sai!?”
insistette il pirata fissandolo scettico.
“Ci penserò!
Comunque
non gliela direi certamente adesso. Ne ha già passate tante,
senza contare che
per ora non capirebbe. Al
momento le
dirò qualcosa che si avvicina alla verità,
omettendo qualche ehm…particolare. È
la cosa migliore” decretò.
“Fai tu che
sai” ribatté
il pirata scotendo la testa.
Dopodiché Jack si
apprestò ad imboccare la porta, lasciando dietro di
sé un Gibbs ancora stranito
e incredulo.
*
Angela si rigirò nel
letto dolcemente, cullata dall’ondeggiare della nave su cui
stava. Un attimo,
nave?! La ragazza aprì gli occhi di botto e con uno scatto
si ritrovò seduta su
un letto che le era estranio. Pessima mossa. A causa dello scatto
improvviso la
testa prese a girarle violentemente e dovette riappoggiarsi sul
cuscino. Aveva
un tremendo mal di testa, le sembrava che qualcuno le stesse
fracassando la
nuca con un martello. Quando finalmente le pareti di legno della stanza
smisero
di girarle attorno e il dolore divenne sopportabile, si
guardò attorno. Si
trovava in una cabina al quanto grande. L’interno era di
legno nero, e lei
stava su un piccolo letto molto morbido, con la testiera di bronzo,
finemente
lavorata. Accanto a quest’ultimo c’era un tavolino
anch’esso di legno scuro con
sopra una lampada a olio e, poco più in là, uno
spazioso armadio.
Ma dove
mi trovo?
Su
una nave.
Grazie,
non me ne ero proprio accorta! Quello che vorrei sapere è di
chi è il suddetto
veliero e come ci sono finita, l’ultima cosa che ricordo era
che stavo bevendo
del rum in una locanda a Tortuga con mio…
Ma non riuscì a finire
di pensare la frase che tutti gli eventi della sera precedente le
riempirono la
mente più violenti di onda, provocandole un’altra
fitta di dolore alla testa.
Ma certo! Quella doveva essere la leggendaria Perla Nera, la nave di
suo padre!
Devo
essermi addormentata alla locanda, e lui deve avermi portata a bordo
mentre
dormivo,non c’è altra spiegazione. Mentre il mal
di testa è l’effetto del post
sbornia. Ahi, rimpiango di aver bevuto tutto quel rum, sigh! Ma ora
dov’è papà?
Così pensando si
alzò
lentamente dal letto. Riuscì a
issarsi
saldamente sulle proprie gambe solo con molta fatica e ignorando il
dolore alla
testa. Al che si diresse verso la porta. La stanza immetteva
direttamente in un
lungo corridoio scuro, la cui l’unica luce proveniva
dall’estremità destra.
Angela andò verso quello spiraglio luminoso dove
scoprì una scaletta che salì
in fretta. Si ritrovò sul ponte di un maestoso veliero e
rimase incantata da
cotanta bellezza.
Era tutto interamente
di legno nero. Nere erano le vele, nero era il vastissimo ponte, nera
la
balaustra e nero l’albero maestro. Quest’ultimo in
più era anche
incredibilmente alto.
Dalla
coffa ci deve essere una vista splendida, è molto
più elevata che quella sulla
nave di Teels. Quasi quasi… Pensò
Angela.
Detto fatto. La
ragazza di fatti non riuscì a trattenersi e si
avviò spedita verso le sartie.
Mentre camminava intanto continuò a guardarsi attorno.
C’erano molti uomini che
lavoravano, chi lavava il ponte, chi puliva le armi, chi si occupava
delle
vele. Erano tutti pirati ovviamente, e lei ne rimase affascinata.
Nessuno se ne
stava con le mani in mano, tutti erano attenti ai propri compiti, anche
se si
comportavano in modo allegro e baldanzoso, canticchiando qualche
canzone
piratesca e bevendo un sorso di rum ogni tanto. Per fortuna, grazie a
tutto
quel fermento, Angela passò inosservata. La giovane
poté anche notare che
accanto al parapetto c’erano moltissimi cannoni. Anche sul
mercantile del padre
di Terence ce n’erano, ma non una così grande
quantità. Però non si stupì
più
di tanto, pensando che di certo una nave pirata doveva ricorrere alle
armi
molto più frequentemente che una nave merci.
Quando fu arrivata
alle sartie iniziò ad arrampicarcisi ignorando
l’ormai leggero mal di testa.
Dopo poco era arrivata sulla coffa. Angela aveva visto giusto, da
lì si poteva
godere di un vista stupenda. Il mare scorreva rapido sotto di loro,
segno che
il veliero procedeva spedito verso una meta a lei sconosciuta, favorito
anche
dai venti di ponente che oltre a spingere la nave, le scompigliavano i
capelli
e le rinfrescavano il viso. L’aria fresca le fece passare
anche l’ultimo
residuo di dolore alla testa. Il sole, ormai alto nel cielo, creava
degli
incantevoli giochi di luce sulle onde del mare, che si infrangevano a
contatto
con i lati del vascello. Angela fece un piccolo giro su se stessa, e
notò con
meraviglia che attorno a loro c’era solamente una compatta
distesa d’acqua che
non accennava a smettere, fatta eccezione per un leggera strisciolina
scura
dietro di loro.
Tortuga.
Pensò
giustamente la giovane.
Dopodiché
tornò a
guardare sotto di lei. Da lassù i pirati che operavano sul
pontile erano
incredibilmente piccoli.
Sembrano
delle formiche.
Poi il suo sguardo
cadde sulla figura accanto al timone. Anche da quell’altezza
si poteva
chiaramente distinguere un uomo dalla postura eretta intento a tenere
la rotta
del suo veliero.
Papà!
Senza neanche
accorgersene Angela si era precipitata a scendere dalla coffa e a
dirigersi
verso Jack, attenta però a non farsi vedere dagli altri
pirati, compito
facilitatole anche dai suoi abiti comuni. Preferiva di fatti far notare
a tutti
la sua presenza assieme a suo padre che da sola.
Salì gli scalini che
separavano il ponte dalla parte rialzata ove stava il timone, a due a
due e si
ritrovò poco distante da suo padre.
È
assorto nei suoi pensieri, non si è nemmeno accorto che gli
sono arrivata
accanto. Meglio farlo rinsavire.
“Buon giorno Capitan
Sparrow!” eruppe a prova di timpano senza preavviso.
Il povero Jack
sobbalzò un attimo preso alla sprovvista e si
girò di scatto verso la figurina
che aveva urlato. Quasi gli ebbe un infarto vedendo che la voce
proveniva da
sua figlia.
“Angela! Sei
impazzita? Mi hai fatto prendere un colpo!” la
accusò bonario. “Ben svegliata
comunque, tutto bene?” aggiunse poi tornando ad occuparsi
della rotta.
“Si, qualche malessere
postsbornia appena alzata, ma ora è passato. Ho fatto un
piccolo giretto per il
ponte prima, la nave è magnifica! Sapevi che dalla coffa si
può godere di una
vista splendida?” iniziò a dialogare la giovane.
“Cosa ti avevo detto?
La mia Perla è la nave più bella dei sette mari
e…un momento, sei salita fin
sopra la coffa?” domandò fissandola piacevolmente
sorpreso.
Angela sorrise nel
vedere lo stupore del padre.
“Si” rispose
semplicemente, contenta di averlo stupito.
“E come di
grazia?” si
informò continuando ad osservarla come se la vedesse per la
prima volta.
“Semplice, mi sono
arrampicata per le sartie, un giochetto da ragazzi”
affermò sfoderando un
sorriso angelico.
“Ah, però,
complimenti. Bhé, come dico sempre, pirati si nasce, non si
diventa. E tu ne
sei la prova” e sorrise a sua volta, complice.
La ragazza cambiando
poi argomento si informò riguardo alla rotta che stavano
prendendo, facendo
notare la velocità con la quale stavano navigando.
“Non ti preoccupare di
questo, te lo dirò poi, ora abbiamo cose più
importanti da fare” il tono
evasivo della risposta del capitano non sfuggì ad Angela,
che però preferì non
insistere per il momento.
“E quale sarebbe la
cosa importante da fare prima?” domandò invece.
Jack la fissò un
attimo, poi con un gesto teatrale della mano,
esclamò“Presentarti alla ciurma
ovviamente, non vorrai mica rimanere a bordo come una clandestina per
il resto
del viaggio e oltre, no? Sei la figlia del capitano, per
diamine!”
Al che il cuore di
Angela accelerò la sua corsa.
Wow,
mi presenterà alla ciurma! Fantastico!!
Come
se non te lo aspettavi.
Si,
però sentirlo dire da lui è tutt’altra
cosa, fa diventare la semplice
supposizione una realtà, wow wow wow!!! Chissà
cosa diranno, e se non mi
dovessero accettare in quanto donna? Oh no, cosa accadrebbe?
Figurati
se non ti accettano, sei la figlia del capitano, non sta a loro
decidere chi
far stare a bordo e chi no, se non sono d’accordo si
arrangeranno.
È
vero, però mio padre non può rischiare di
inimicarsi tutta la ciurma per me.
Tranquilla,
andrà tutto bene, lascia fare a lui che sa, non farebbe mai
nulla di avventato,
ne sono certa.
Se lo
dici tu... speriamo in bene...
Ok, fai
un bel respiro, d’altronde l’hai voluto tu, senza
contare che abbiamo già
appurato di non avere altra scelta. Perciò ora raccogli un
attimo le idee e
decidi cosa dire ai tuoi uomini.
È una
scelta avventata.
È vero,
ma di solito sono quelle che ti funzionano meglio, quindi, prosegui la
tua
strada, fin’ora a funzionato.
Sarà...
“Vieni con me”
le
disse Jack, prendendola a braccetto, celando le sue preoccupazioni e
comportandosi con scioltezza. Si diresse verso la scaletta che portava
al
ponte.
Una volta giunti a
destinazione, con un bel sospiro, il capitan Sparrow
richiamò l’interesse di
tutti.
“Gentil uomini, potrei
avere per un attimo la vostra attenzione per favore?”
Nessuno si mosse. Jack
a metà tra il scocciato e l’imbarazzato, si
rivolse alla figlia
“Pazienta un attimo,
tra poco arrivano”
Lei si limitò a
guardarlo di sottecchi ridendo sotto i baffi.
Il pirata riprovò di
nuovo, ma anche stavolta non ci fu niente da fare. Al terzo tentativo
andato a
vuoto, Angela intervenne.
“Papà posso
provare
io?” chiese tra il divertito e il scocciato.
Jack la fissò dall’alto in
basso, come se dubitasse che lei
potesse aver successo dove lui stava fallendo.
“Se proprio
insisti…” ribatté
irritato.
“Grazie”
rispose lei
soddisfatta. Dopodiché riempì d’aria i
polmoni e si preparò per urlare.
“Gente, è
finito il
rum!!”
Questa volta i pirati
si girarono tutti verso il capitano e Angela, con il volto pietrificati
dal
terrore di aver udito bene la disgrazia imminente.
La ragazza sorrise al
padre, e sempre con un volto angelico gli disse “Bene, ora ti
ascoltano”
Jack la fissò a suo
volta sbalordito dall’arguzia della giovane, ma decise di
ignorare l’accaduto e
di rivolgersi alla ciurma.
“Gentil uomini”
ripeté
“ora che ho la vostra attenzione, vorrai annunciarvi la
presenza di un nuovo
membro dell’equipaggio”
I volti dei pirati si
rilassarono all’istante capendo il falso allarme, ma si
riempirono subito di
curiosità alle parole del capitano, volgendo
all’unisono i loro sguardo verso
la giovane donna che stava eretta al fianco di Jack.
“Chi è quella
ragazza?” domandò Martin, il più vicino
al capitano, dando voce ai pensieri di
tutta la ciurma.
“Era quello che volevo
annunciare, un po’ di pazienza” rispose scocciato
Jack fulminandolo. “Allora,
questa giovane donna che vedete alla mia sinistra, si chiama Angela, e,
per
l’esattezza è” si bloccò un
attimo, ma poi riprese con vigore. Oramai era
inutile tirarsi indietro, e di certo non poteva farsi vedere esitante
dinanzi
ai suoi uomini. “mia figlia,” disse d’un
soffio. “e da oggi in poi
viaggerà con noi” concluse
riacquistando
vigore.
Seguirono dieci minuti
buoni di silenzio tombale, dopodiché l’intero
equipaggio scoppiò a ridere.
“Andiamo Capitano,
vostra figlia?”
“Certo come no, molto
divertente”
Esplosero mille
commenti tutti insieme, andando a creare un brusio enormemente
fastidioso. I
pirati erano fermamente convinti che il loro capitano gli stesse
prendendo in
giro, come potevano credere alla notizia che Jack Sparrow avesse una
figlia? La
semplice idea era già ridicola di per sé. Ma
vedendo che il suddetto pirata e
la ragazza non ci trovavano nulla da ridere e avevano assunto entrambi
un
identico cipiglio severo, le risa a poco a poco sciamarono e i commenti
derisori si sostituirono ad esclamazioni stupite e incredule.
“Capitano? Ci sta
prendendo in giro vero? Dai, è … è
impossibile!!” esclamò ad un tratto uno dei
pirati alla destra del capitano, che faceva scorrere febbrile il suo
sguardo
dall’esile figura femminile di Angela a quella più
robusta e temprata di Jack,
chiedendosi se effettivamente tra i due potesse esserci un qualche
legame di
parentela.
Ma a rispondere non fu
il Capitano pirata, ben sì la sua primogenita.
Ora basta,
è così difficile da accettare?
Ti
prego, tieni a freno la lingua.
Prega
piuttosto che tenga a freno la spada!
“Gentile signore, che
lei ci creda o no, io, Angela Sparrow” si fermò un
attimo per assaporare il
dolce suoni del suo cognome appena scoperto “sono la figlia
legittima del
vostro capitano, voglio sperare che ciò non rappresenti un
problema per voi.
Come mio padre, ho il desiderio di diventare una piratessa e per questo
non ho
la ben che minima intenzione di lasciare questa nave, e quindi
preferirei
essere accettata benevolmente da voi tutti, comprendi?”
affermò con un tono non
troppo duro ma deciso, riserbando però a tutti un sorriso di
chi sa quello che
vuole e come desidera ottenerlo.
Però,
che discorso diplomatico, temevo che inveissi contro tutto e tutti.
Per
chi mi hai preso? Dovresti saperlo che a parole ci so fare. Ero del
tutto
consapevole che ingiuriando non avrei ottenuto nulla. Al contrario, con
un
piccolo e incisivo discorso, o fatto azzittire tutti quanti. Bel
risultato, non
trovi?
Dopo il piccolo
monologo di Angela nessuno osò proferire un’altra
parola. Tutti erano
decisamente stupiti dalla fermezza della ragazza per parlare, facendo
cadere un
silenzio quasi tangibile. Fu Gibbs a salvare la situazione.
“Bhé, non
resta che il
darle il Ben Venuto a bordo, allora! Scommetto che sarà
un’ottima piratessa,
d’altronde è la figlia del nostro capitano,
giusto?” aggiunse poi rivolto alla
ciurma.
Quest’ultima
sembrò
svegliarsi dallo stato di trance i cui era momentaneamente caduta,
mentre assorbiva
la notizia appena ricevuta.
“Si, giusto!”
“Ben venuta a bordo
miss Sparrow!”
esplosero in un’altra
ondata di commenti, stavolta più ben accetti alle orecchie
di Angela.
Si!
Mi hanno accettata, meno male!! Per un attimo ho temuto il peggio.
Ci
credo che ti hanno accettata, avranno temuto che tirassi fuori la spada
con il
primo che avesse detto un’altra parola contro di te, dopo la
grinta che hai
dimostrato.
Dettagli,
l’importante è che mi hanno accettataaaa!!!!!!!
“Bene, le
presentazioni ora sono finite, tornate a lavorare mozzi!”
urlò poi Jack
rivolgendosi alla ciurma.
Questa volta gli
uomini obbedirono al loro capitano, e in poco tempo tutti si
ridedicarono alle
proprie mansioni, lasciando Jack, Angela e Gibbs da soli.
“Allora piccola, che
impressione ti ha fatto il mio maestoso veliero?”
domandò Jack rivolgendosi
alla figlia, una volta che furono soli.
“è
stupenda!” affermò
con entusiasmo la giovane.
Il capitano scoppiò a
ridere. “Ne sono felice.” Rispose lui. Poi aggiunse
“Cara, mi dispiace ma devo
assentarmi per qualche tempo, ho alcune faccende da sbrigare,
però durante la
mia breve assenza sono sicuro che il nostro signor Gibbs
sarà più che felice di
farti fare un giro completo del mio veliero. Dico bene,
Gibbs?”
“Ma certamente, se vuole
seguirmi miss Sparrow…” rispose prontamente il
marinaio, porgendole il braccio.
“Ma certo”
disse
Angela accettando il braccio del pirata.
“Divertiti” fu
l’ultima cosa che Jack le sussurrò
all’orecchio prima di avviarsi verso la sua
cabina, lasciandola da sola con quello strano, ma gentile marinaio.
La strana coppia
iniziò il giro della nave. Gibbs le fece vedere tutto, dalle
stive al ponte,
alle stanza dei marinai, a quelle degli ufficiali, tra le quali si
trovava
anche quella dove lei stessa aveva dormito.
Intanto il pirata le
raccontava delle innumerevoli battaglie dalla quale la Perla ne era
uscita
vincitrice. La giovane lo ascoltava rapita, senza dire nulla per non
interromperlo, finché non le narrò di una
battaglia in particolare.
“La Grande
Guerra?!” esclamò
ad un tratto Angela.
“Esatto”
annuì Gibbs.
La ragazza scosse la
testa.
“Cioè fammi
capire
bene. Tu mi stai dicendo che questa nave e tutti voi avete partecipato
alla più
grande battaglia che si sia mai tenuta tra pirati e soldati?! Non ci
posso
credere!” il suo stupore era palese.
Il marinaio le
sorrise.
“Certo, cose credevi?
Che in una battaglia così importante tuo padre stesse a
guardare? Ora se ti
calmi ti racconto tutto, anche di come fu sconfitto David
Jones.” Ribatté
pavoneggiandosi.
“Aspetta un attimo, e
ora cosa c’entra David Jones? Il capitano
dell’Olandese Volante è solo una
leggenda! Gibbs, io non ci sto capendo
un’accidenti!” esclamò sempre
più
confusa.
“Non è esatto
miss, ma
se mi fai proseguire e smetti di interrompermi, ti spiegherò
tutto. Mettiamoci
comodi, sarà una storia lunga.”
Si avvicinò alla
balaustra e si sedette in bilico su uno dei cannoni mentre Angela si
accomodò a
cavalcioni sul parapetto.
Così, prendendo un bel
respiro, il bravo pirata si apprestò a raccontare la vicenda
dall’iniziò,
entusiasta di avere un ascoltatore interessato. Iniziò da
tanti anni prima,
quando il Capitan Jack Sparrow fu costretto a scendere a patti con il
temibile
Capitano Jones per riavere la sua adorata Perla che si era inabissata,
e proseguì
narrando dell’ammutinamento subito da Jack pochi anni dopo da
parte del suo
primo ufficiale Hector Barbossa, di come aveva conosciuto gli impavidi
Will
Turner ed Elizabeth Swann mentre cercava di recuperare il comando del
suo
veliero rincorrendolo per i sette mari, e di come, grazie a loro, era
tornato
capitano della Perla Nera; fino ad arrivare a diciassette anni prima,
quando, a
causa di una serie di vicissitudini che le illustrò con
cura, arrivarono a
combattere contro l’intera marina britannica e contro David
Jones stesso, per
la libertà.
La giovane era più che
ammaliata dal racconto, quasi troppo mirabolante per essere vero, tanto
che non
si accorse che a furia di parlare era arrivato ormai il tramonto.
“Wow, non so cosa
avrei dato per partecipare allo scontro anche io!
Fantastico!” commentò con
enfasi alla fine. “Quindi, mio padre, più i
signori…Turner, giusto?
Parteciparono alla famosissima guerra. Ripeto, incredibile,
l’eco di quella
battaglia è giunto terribile persino a Telia, dove di solito
non si sa niente
delle varie guerriglie che avvengono nel mar dei Caraibi!”
aggiunse poco dopo,
fissando ancora incredula il pirata che aveva di fronte.
Gibbs si limitò ad
annuire.
“Mi dispiace
però per
il signore e la signora Turner, hanno pagato il prezzo più
alto, potersi vedere
solo un giorno ogni dieci anni, dev’essere orrendo”
osservò triste.
“è vero, ma
come disse
lo stesso Will, dipende da com’è quel
giorno” affermò l’altro.
“Allora mastro Gibbs,
come procede il giro turistico?” si intromise qualcuno alle
loro spalle.
Angela voltò di scatto
la testa con un sorriso a trentadue denti che si era dipinto sul suo
volto
nell’udir quella voce, la voce di Jack, suo padre.
“Benissimo
capitano”
rispose l’anziano pirata.
“Mi stava giusto
raccontando di come tu e Will Turner avete battuto David Jones, wow,
papà,
siete stati fantastici!!” esclamò la giovane
entusiasta, guadandolo ammirata.
“Spero non abbia
tralasciato nulla nel raccontarti le grandiose gesta del tuo
papà” domandò
Jack.
“è stato un
narratore
più che esauriente!” confermò Angela,
sorridendo di fronte alla mancanza di
modestia di suo padre.
“Perfetto, ora Gibbs
puoi anche andare, da qui in poi mi occupo io di lei” decise
Jack
“Certo
Capitano”
esclamò “ Miss Angela” disse poi a
mo’ di saluto, facendo un cenno del
capo, rivolto alla
neo piratessa, mentre
si allontanava.
“Gibbs” rispose
di
rimando lei.
“Allora piccola, hai
fatto felice il vecchio Gibbs oggi sai? È sempre entusiasta
quando trova un
pubblico che ascolta i suoi racconti” cominciò
Sparrow.
“Ne sono felice,
comunque a me ha fatto un enorme piacere ascoltare le sue storie sulla
Perla e
su di te, sono tutte entusiasmanti! Senza contare che non avrei mai
pensato che
leggende come David Jones e Calipso sono in realtà
vere!” affermò con vigore
Angela.
“Ti posso giurare la
loro veridicità, ne ho passate fin troppe per colpa
loro!” ghignò lui.
Jack si appoggiò al
parapetto, vicino a dov’era seduta la figlia ed
iniziò ad osservare i
meravigliosi colori caldi del tramonto.
Rimasero un attimo in
silenzio, finché il capitano richiamò
l’attenzione della ragazza, che, come
lui, si era persa nell’ammirare il sole che calava oltre
l’orizzonte.
“Angela?”
“Si?” rispose
lei
distogliendo lo sguardo dal mare per posarlo sul padre.
Bene, è
il momento di confessarle una parte di verità, forza e
coraggio.
“Ti sei mai chiesta
cos’è il ciondolo che porti?” le chiese
con finta disinvoltura.
La giovane rimase
stupita dalla strana domanda. Istintivamente si portò le
mani al collo e tirò
fuori il gioiello. Le foglie d’oro rosso brillarono sotto gli
ultimi raggi di
sole della giornata. Dopodiché soppesò il quesito
del padre prima di
rispondere.
“Si, ma non mi sono
mai soffermata molto a pensarci. La mamma me lo ha fatto trovare in una
busta
assieme alla lettera con le informazioni necessarie a trovarti. Aveva
scritto
che glielo donasti tu tanto tempo fa” e qui la voce della
giovane si incrinò un
poco, ma cercò di riprendersi subito dopo. Aveva detto basta
alle lacrime, e
intendeva mantenere la parola data. Il padre si accorse che
quell’argomento
nuoceva ancora alla sua piccola, così si affrettò
a portare l’attenzione di lei
nuovamente sul manufatto che teneva in mano.
“Forse ti sarai
accorta che non è un ciondolo come gli altri”
insinuò Jack.
La ragazza lo fissò,
senza però capire dove suo padre volesse andare a parare.
“In che senso? Non ti
seguo” esclamò confusa.
Jack fece un profondo
respiro.
“Hai mai sentito
parlare del Torquis Marium?” chiese con calma.
Angela scosse la
testa, e Sparrow quindi, si apprestò a spiegarle
l’intera storia.
“Bene, il Torquis
Marium, ovvero il Ciondolo del Mare, è un gioiello
leggendario. Fu creato da
Calipso stessa, e quindi è un prodotto del mare.”
Fece una piccola pausa
enfatica, e, contento di aver catturato la curiosità della
figlia, proseguì.
“Il mito narra che colui o colei che lo possiede
può accedere ad una grotta
magica, grazie alla quale si può esprime un numero infinito
di desideri
direttamente alla dea del Mare, Calipso, per
l’appunto.” proseguì Jack,
scrutando la reazione della figlia.
Quest’ultima
sgranò
gli occhi, cercando di capire.
Non
può essere, non vorrà dirmi che...
“e il ciondolo che
porti tu, si da il caso che è proprio il Torquis”
finì, guardando Angela negli
occhi, due iride scure che a sua volta lo fissavano confuse come non
mai.
Lei era senza parole.
La storia che suo padre le stava raccontando sembrava una fiaba per
bambini e
lei stentava a crederci. In quel pomeriggio aveva sentito una storia
incredibile dietro l’altra.
Però
se vogliamo essere onesti, da quando hai intrapreso questo viaggio
tutto quanto
ci sta apparendo impossibile. Tutto ciò che sembrava
leggenda si è dimostrato
realtà, tutto quello che credevamo irrealizzabile
è accaduto sotto i nostri
stessi occhi, basti pensare al fatto che attualmente stai parlando con
un uomo
che fino a poco tempo fa pensavi fosse morto! Perché questo
non dovrebbe essere
vero?
Non
dico che non gli credo. Dico solo che non ci sto capendo più
un accidenti.
“Ma se questo ciondolo
è così favoloso, perché tu e la mamma
non lo avete usato per chiedere a questa
dea di lasciarvi vivere insieme, abbattendo le difficoltà
che vi hanno divisi?”
la ragazza stava provando a comprendere qualcosa di tutta quella strana
faccenda.
Allora,
considerando che ho circa cinquecento mila quesiti, partiamo dal
più facile,
perché non lo avere usato, se questo oggetto è
così miracoloso!
Jack non si stupì
più
di tanto della domanda. Se ne aspettava una del genere,
perciò aveva la
risposta pronta, anche se avrebbe preferito evitare di dargliela, dato
che era
vera solo in parte.
“Ehm… io e tua
madre
abbiamo provato ad usarlo, ma abbiamo riscontrato parecchie
difficoltà. Ci sono
delle condizioni per usufruire del ciondolo. Dato che il suo potere
è enorme,
Calipso ha fatto in modo che adoperarlo fosse difficilissimo, se non
impossibile. Comprendi?”
A
esser sinceri? NO!
Non
essere così ligia, se non sono riusciti non è
mica colpa loro, ci sarà stato un
buon motivo.
È
stato un po’ troppo evasivo, comunque gli chiederò
spiegazioni in seguito,
quando vedrò che sarà più disposto a
darmele. Per il momento ho notato che
appena si tocca l’argomento cerca di cambiar discorso,
preferisco non metterlo
alle strette.
Wow,
tutta questa calma mi sorprende, comunque approvo!
“No.” Disse
sincera,
lasciandosi un attimo alla delusione e nascondendo le rprpie
preoccupazioni “Ma
quali sarebbero queste condizioni?” domandò poi,
facendosi ritornare la
curiosità.
“La prima e la
più
importante è che ‘solo una persona con il sangue
pirata ma il cuore puro può
indossare il gioiello’.” Recitò,
contento di lasciar da parte, lo spinoso
argomento di prima.
Angela rimase di sasso
di fronte alla spiegazione. Non si trovava nella descrizione. Per il
sangue
pirata ok, ne aveva la certezza di fronte. Ma l’altro
ingrediente dove lo
vedeva suo padre?
“Scusami se te lo dico
papà, ma a me non sembra di avere un cuore puro, forse ti
stai sbagliando”
disse semplicemente.
Siamo
ragionevoli, anche se qui sembra quasi impossibile, io, la ragazza
amante
dell’avventura, che non disdegna mai un duello con la spada,
che non ha esitato
ad andare a Tortuga vestita da uomo e che la sua più grande
aspirazione è
diventare un pirata, avrebbe il cuore immacolato?
Le
giovani con quelle qualità sono le ragazza timide e dolci,
che amano i libri,
la tranquillità e aspirano solamente a farsi una famiglia.
Maggie probabilmente
entrerebbe nella categoria, le mancherebbe solo di avere qualche
parente
pirata.
Jack scoppiò a ridere.
Evidentemente non la pensava come la figlia.
“Ohi, ohi, e sentiamo
un po’, cosa avresti fatto di tanto grave per avere la
coscienza macchiata? Hai
mai ucciso un uomo, rubato o mentito per trarne vantaggio?”
chiese
retoricamente.
“No” ammise lei
abbassando il capo. Ma
se la mettiamo in questi
termini... “Però una volta
ho desiderato di togliere la vita ad una
persona” proseguì subito dopo ricordando
all’improvviso l’odio che aveva
provato verso il suo patrigno poco prima di partire.
“Davvero?”
stavolta
era Jack a essere sorpreso. “E chi, se è possibile
saperlo?” domandò curioso.
Angela non era
entusiasta della domanda, avrebbe preferito non ricordare il marito di
sua
madre di fronte a suo padre, di fatti la notte scorsa, quando lui le
aveva
chiesto di raccontarle la sua vita a Telia,
non aveva toccato l’argomento Johnatan, dicendo
solamente che sua madre
lavorava in una locanda e che lei ogni tanto dava una mano, passando
poi
velocemente a raccontare di Maggie, dei suoi amici e delle sue passioni.
“Johnatan Blanchet, il
mio patrigno” sputò riempiendo l’ultima
parola con disprezzo.
“Patrigno? Quindi
Annalisa si era risposata?” chiese, ignorando il tono di voce
della giovane e
facendo prevalere la curiosità.
“Si, ma non si sono
mai amati. Si è risposata dopo dieci anni da quando vi siete
lasciati più per
convenienza che per altro. Johnatan è il proprietario della
locanda dove
lavorava la mamma, lui aveva bisogno di qualcuno che gli desse una mano
a
lavorare lì e badasse alla casa senza dovergli pagare lo
stipendio, e lei credo
che con una bimba piccola sulle spalle voleva sentirsi sicura che
avrebbe
potuto provvedere per entrambe sempre, senza avere problemi di soldi.
Ammetto
che lui non ci ha mai fatto mancare niente, ma non ho mai conosciuto
una
persona più egoista, approfittatrice e odiosa di Johnatan.
Pensa che dopo
che….la mamma…” la suo voce si
incrinò di nuovo, e le lacrime avanzarono
minacciose ai bordi degli occhi. Ricordare era incredibilmente
doloroso, finché
pensava ad altro e si teneva occupata non c’erano problemi,
ricacciava quei
pensieri in un angolo recondito della sua coscienza, ma se per caso si
lasciava
andare alle memorie, la ferita ancora bruciante si riapriva e iniziava
nuovamente a sanguinare. Ma lei riuscì a ricacciare indietro
tutto, e alzando
lo testa proseguì il suo discorso, cercando di tenere a bada
anche la voce.
“se
n’è andata…”
riuscì a dire infine non senza un certo sforzo.
“l’unico pensiero di lui fu che
doveva trovare qualcun altro che lavorasse alla locanda!”
quasi urlò le ultime
parole, facendo si che la rabbia prendesse il posto della tristezza.
Cosa?!
Ma questo chi è? Come si permette? Se l’ho prendo
ha vita breve! Ha avuto la
possibilità di stare insieme alla mia Annalisa, e il suo
unico rimpianto, dopo
che la malattia l’ha portata via, è stato quello?!
Se lo becco lo faccio a
fettine, parola mia!
Jack si inalberò non
poco nell’udire quelle parole, e di scattò si mise
dritto di fronte ad Angela.
“Ma questo chi si
crede di essere? Ma Annalisa non poteva sposare qualcun altro? Come
avete fatto
a sopportarlo? Perché non lo hai infilzato subito dopo che
ti ha detto quelle
cose?” braitò rivolgendosi infuriato verso la
figlia.
È
seriamente arrabbiato con Johnatan per come si è comportato
con la mamma e me!
Potremmo
chiederli di far rotta verso Telia e sistemare quel conticino in
sospeso.
No,
non c’è nulla di in sospeso, con
quell’essere ho chiuso quando me ne sono
andata, per me oramai è morto e non ci voglio aver
più niente a che fare.
Se ne
sei sicura, ok...
“Calmati papà,
ormai è
un argomento chiuso. Non l’ho infilzato, anche se come ti ho
detto l’idea mi ha
accarezzato, perché ho preferito lasciarlo là, da
solo. Adesso che non ha più
nessuno che lo aiuti, morirà di solitudine, cosa che credo
più che giusta per
uno come lui” disse ostentando un tono pacato. In qualche
modo vedere come il
padre si era preso a cuore la questione l’aveva aiutata a
calmare i suoi
sentimenti.
Anche lui decise che
era meglio rilassarsi, e anche se dalla sua voce traspariva ancora una
buona
dose di rancore mal celato, disse sorridendo sornione.
“Visto? Anche se lo
odiavi non hai ceduto all’istinto e hai preferito fargli
usufruire ancora del
dono della vita. Cosa che probabilmente io non avrei fatto. Ed
è per questo che
è così difficile inanzittutto trovare qualcuno
che abbia le due caratteristiche
per usare il ciondolo, perché ti posso assicurare che non
c’è pirata che non
abbia come minimo compiuto tutti e tre gli atti che ti enumerato
prima.”
Osservò.
La giovane rifletté un
attimo su ciò che aveva appena sentito, riuscendo a
dimenticare i brutti
ricordi tornati a galla poco prima.
Incredibile,
io, una delle poche persone che possono usare questo...Torquis
Marium... wow,
ma è fantastico!
“Ok, diciamo che mi
hai convinto” gli concesse “E le altre
condizioni?” domandò poi.
“Le altre due rendono
praticamente impossibile l’impresa di esaudire i desideri del
fortunato
possessore del ciondolo.” Affermò tranquillamente.
“Per prima cosa, la grotta
può essere trovata solo grazie all’aiuto
dell’attuale capitano dell’Olandese
Volante, in quanto è protetta da una barriera che
può essere abbattuta solo dal
colpo di un cannone del veliero fantasma,”proseguì. “Mentre la
seconda fa si che il numero
infinito di desideri si riduca ad uno.” Aggiunse sempre con
calma.
“Come mai?”
chiese
stupita.
Jack sorrise amaro
“Perché la dea ti da semplicemente i mezzi per far
avverare il tuo desiderio,
mettendo a tua disposizione la sua magia, ma l’energia alla
quale attinge per
alimentare il suo potere è la tua. Calipso, in quanto
divina, ha energie
infinite, ma i comuni mortali no. Quindi se esprimiamo un solo
desiderio
consumiamo tutte le nostre forze ma possiamo sopravvivere, ma se
proviamo a
richiederne più di uno, si può pagare con la
morte.” Concluse.
“Ah, ora
capisco”
proferì Angela abbassando nuovamente il capo.
L’ultima
parte preferivo non saperla, non mi piace per niente.
Manco
a me, credo che non avrai mai la possibilità di esaudire un
desiderio.
Si,
mi sa anche a me. Ma tanto, cosa potrei chiedere? Sono con mio padre su
un
meraviglioso vascello e mi accingo a
cominciare la mia vita da piratessa, potrei desiderare
altro?
Sono
sicura che se ci pensi qualcosa ti verrebbe in mente...
Passò qualche minuti
di silenzio, dopodiché Jack la richiamò.
“Angela?”
Lei si riscosse dai
suoi pensieri e lo fissò, facendogli capire che aveva la sua
attenzione.
“Ti sentiresti di
intraprendere questo folle viaggio alla ricerca della
grotta?” le chiese con
calma.
Cosa?!
Ma è impazzito? Uno, non sappiamo
dov’è, due potrebbe essere pericoloso, tre,
cosa avrà mai intenzione di domandare?!
“Vorresti andare alla
grotta magica? Perché? Che desiderio vuoi
esprimere?” domandò sbigottita.
“Una domanda alla
volta per favore! Allora, si, vorrei andare alla grotta e il
perché è molto
semplice.” Piccola pausa. “c’è
una cosa che vorrei chiedere da molto tempo, e
sono sicuro che la vorresti anche tu.” rispose emblematico.
La giovane lo fissò
scocciata per la sua poca chiarezza. “Ossia?”
Jack le fece un
sorriso sghembo, e avvicinandosi, le sussurrò
all’orecchio:
“L’immortalità”
Come?
L’immortalità...
Angela
rimase spiazzata dalla risposta, e rimase un
secondo a pensarci.
Non è
affatto male come idea, vivere per sempre...equivarrebbe a dire andare
per mani
in eterno, avere tutto il tempo che si vuole per compiere tutte le
più
spericolate avventure...
Sarebbe
fantastico. E poi cos’avrei da perdere?
Nulla,
ci sarebbe solo da guadagnarci... però potrebbe essere molto
pericoloso
esprimere il desiderio. E se la tua energia non bastasse nemmeno per
uno solo e
morissi durante l’atto magico?
A
questo non avevo pensato.
Sarà
meglio che ci pensi, non c’è da scherzare.
Il capitano attese
paziente di vedere che affetto sortissero le sue parole sulla giovane.
Sapeva
perfettamente i rischi che si potevano correre, ma era anche
altrettanto sicuro
del fatto che lei sarebbe sopravvissuta,che era abbastanza forte per
farcela.
E poi
non permetterei mai ad Angela di correre dei pericoli inutili.
Eppure
glielo stai chiedendo.
No, io
le sto domandando se si sente di intraprendere questo viaggio e poi di
esprimere un desiderio per tutti e due.
Rimetti
la cosa a lei per alleggerirti la coscienza?
Assolutamente
no!! Ripeto, non metterei mai la vita di Angela a repentaglio! Sono convinto che non ci sono
pericoli. Un solo
desiderio non mette a rischio la persona che lo esaudisce.
Inutile dire che
quest’ultima era ammaliata da questa idea. La vita eterna non
le dispiaceva
affatto, anzi, sarebbe stato stupendo. Non ci aveva mai pensato,
però ora che
ci rifletteva, sarebbe stato semplicemente fantastico.
D’altra parte però non
era un’impresa facile ed era particolarmente rischiosa per
lei.
Angela guardò il padre
dritto negli occhi.
“Quanto potrebbe
essere pericoloso?” s’informò titubante.
“Non sarà
facile, ma
sono più che sicuro che non accadrà niente. Molto
probabilmente dopo che avrai
espresso il desiderio ti ritroverai stanca, come dopo una lunga corsa,
forse un
po’ di più, ma con un po’ di riposo
tornerai come nuova, e soprattutto,
immortale.” Rispose persuasivo.
Ok,
ho deciso.
Ne
sei certa?
Mai
stata più sicura in vita mia. E poi, mi fido di lui.
La risposta che Angela
doveva dare aveva un’enorme importanza, però era
sicura della sua scelta.
“Si, ci sto”
affermò
risoluta, mostrandosi sicura. Una sicurezza che nascondeva il tumulto
che
provava dentro. Un’eccitazione causata da un misto di paura,
gioia e adrenalina
dinanzi all’idea di un’avventura
che si preannunciava entusiasmante. In più sarebbe stato
anche un modo per
vivere per sempre accanto alla persona che attualmente era la
più importante
della sua vita.
Jack sembrò
illuminarsi davanti alla risposta affermativa ed energica della
giovane.
È fatta,
stupendo!
Essere
immortali, dopo tanto magari questo desiderio finalmente
diventerà realtà.
E ora
avrai anche qualcuno con cui dividerla questa eternità, la
solitudine è brutta
almeno quanto la morte, lo sai compare?
Giusto.
“Perfetto piccola,
allora si parte alla ricerca della grotta!”
esclamò cercando di calmare la
gioia ceca che lo stava invadendo di fronte al primo passo verso il suo
sogno.
“Yuppi! Sarà
la mia
prima avventura pirata! Da che parte andiamo, sai già la
rotta?” rispose lei
con altrettanto entusiasmo. Sentiva ancora l’eco del peso
della risposta che
aveva appena dato, ma
decise di non
pensarci. Se suo padre le aveva detto che non sarebbero stati grossi
pericoli,
lei non si sarebbe preoccupata.
“Certamente gioia, per
chi mi hai preso, il tuo papà non è mica un
capitano da quattro soldi, certo
che so dove andare!” affermò pavoneggiandosi
leggermente.
“Fantastico!”
Frena
l’entusiasmo. Dove pensate di andare tutti e due?
Alla
grotta?
Ceeeeeeerto,
e come credete di entrarci? Hai già dimenticato la barriera?
Ah,
giusto.
Quindi?
Eh
che ne so io? Ora glielo chiedo!
“Papà”
questa volta fu
lei e cercare di richiamare la sua attenzione.
Jack si costrinse a
concentrarsi sulla figlia, provando ad arginare la sua
felicità per qualche
istante.
“Si?”
“Come hai intenzione
di raggiungere la grotta? Sbaglio o bisogna abbattere una barriera per
trovarla? Avremmo bisogno dell’aiuto dell’Olandese
Volante, cosa tutt’altro che
facile!” affermò pessimista.
Era convinta che le
sue parole avrebbero sminuito l’allegria del padre, invece
quest’ultimo si
esibì in un sorriso a trentadue denti. Angela lo
fissò un attimo confusa,
aspettando impaziente una risposta.
“è
più facile di quel
che pensi, te lo assicuro, dimentichi che l’attuale capitano
del veliero in
questione è un mio vecchio amico.” Rispose
saccente.
“E con questo? Rimane
sempre il fatto che è in un universo parallelo
irraggiungibile” osservò la
ragazza.
Jack non smise di
sorridere anche di fronte alle diffidenti constatazioni della figlia.
“Gibbs non ti ha
raccontato
di come tuo padre e gli altri sono andati e tornati dall’al
di là? Farlo di
nuovo sarebbe un giochetto” esclamò.
Giusto,
non ci avevo pensato, lui ha già fatto una cosa del genere,
per quanto sembri
assurdo.
“Rimane sempre il
fatto che dovremmo setacciare lo scrigno di David Jones in lungo e in
largo per
trovare il signor Turner.” Fece notare di nuovo.
“Ma quanti problemi!
Comunque tranquilla, ora non stiamo andando nello scrigno. Dato che non
ho
assolutamente voglia di navigare alla cieca sperando di trovare
fortuitamente
l’Olandese, come pensi tu, ci stiamo dirigendo verso la
persona che possiede
l’unica cosa con la quale faremmo si che sia il nostro caro
William a venire da
noi.”
“E quale sarebbe
questo oggetto miracoloso?” domandò sorpresa.
Quest’uomo
ha una soluzione a tutto! È incredibile.
Jack tornò a fissare
il mare, ormai una distesa compatta e scura, fatta eccezione per il
dolce
riflesso della luna, che pian piano saliva nel cielo, pronta per
dominare la
notte come il sole aveva fatto con il giorno.
“Lo scrigno con il
cuore del giovane Turner” rispose enfatico.
“Wow” si
lasciò
sfuggire Angela “E chi c’è
l’ha?” chiese.
“La sua tenera
mogliettina, è ovvio. Ed è proprio a casa di
Elizabeth che ci stiamo dirigendo,
nella cittadina portuale Fidelitas.”
|
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Capitolo 8 *** 8_ Nuove conoscenze e vecchie amicizie ***
Cappy 8 ficcy potc
Note dell'autrice:
Sono
tornata^^!!! Dp un mese di assenza dal pc causa vacanze, sn ritornata,
è sn riuscita a finire l'8 cappy^^!!! Avverto ke qst
è un
capitolo di transizione, ci saranno novità, ma la parte
movimentata arriverà nel 9, ke cercherò di
postare il
prima possibile, prometto^^!
Ora passo ai
ringraziementi:
nihal93:
grazie
mille x ttt i tuoi complimenti, sei troppo buona^^! Se il caro Will
accetterà o no l'offerta nn poxo dirtelo, xò tra
un paio
di cappy verrà svelato, prometto^^, Jack è sempre
Jack,
ha un bel asso nella manica ke lo aiuterà, ma x ora nn
aggiungo
altro^^. Spero ke anke qst cappy ti piaccia, grazie ancora x la tua
recensione:-) kisskiss e tvttttb 68Keira68
DJ
Kela: Ciao
Kela^^!!!! Inefetti hai ragione, il caro Jack x avere quel ciondolo si
era dato da fare, xò poi si è dovuto arrendere x
cause di
farza maggiore, anke se bisognerà aspettare un bel po' per
scoprirlo, lo spiegherò + avanti, prometto^^! Siamo in due
ad
odiare Beckett junior, xò nn esagero quando dico ke
sarà
peggio del padre (e qui mi odio da sola, e tra tre o quattro cappy si
capirà), xò ci tenevo a precisare ke Chris nn
è un
brutto ragazzo, anzi, è un bell'uomo (alto biondo occhi
azzurri). L'ho descritto così xkè ho una mia
immagine
personale del cattivo tipo, ke deve attrarre e ammaliare x poi fare i
suoi comodi (sn da manicomio me ne rendo conto, scusate, ma cosa ci
potete fare?^^). Sn contenta ke la frase ti sia piaciuta^^ quella scena
l'avevo pensata da un po', ho pensato ke due persone così
unite
dai legami di parentela ma ke nn si sn mai viste dovevano avere x forza
il desiderio di conoscersi a vicenda, giusto? Sn felice anke ke l'idea
dei colori sia riuscita, anke xkè se no la cosa si faceva un
tantino incasinata, con i pensieri di ttt e due!! X il rapporto tra
Jack e Gibbs, in effetti hai ragione, l'ho reso meno formale,
xò
ho pensato ke dato ke si conosco da tanto tempo, se parlano in privato
e di cose improtanti + ke marinaio e capitano sn due vecchi amici,
quando invece discutono dinanzi alla ciurma le cose cambiano e
riniziano a darsi del voi, xò cercherò di essere
+ fedele
al film^^! Riguardo al fatto ke Gibbs si sta già
affezionando ad
Angela hai ragione^^ quella di "zio Gibbs" è una buona idea,
nn
ci avevo pensato, se riesco lo metto, grazie mille^^! Hai ragione anke
su un'altra cosa, Beck junior sta cercando lei, hai indovinato, in
quanto al piano B, si scoprirà già dal prossimo
cappy in
cosa consiste, e nn è nulla di bello, ma di + nn poxo dire!
Sn
stra contenta ke la presentazione di Angie alla ciurma sia piaciuta,
volevo buttarla un attimo sul ridere, ma ero titubante, grazie^^!!!! E
anke x i complimenti sul ciondolo, glasieeeeee:-)!!!! Will
entrerà in scena tra un po' con una sorpresa ke spero
piacerà, ma x ora nn dico altro^^! Nn vedo l'ora di sapere
il tuo parere su qst cappy^^, grazie tantissimo x la tua recensione e x
ttt i complimenti^^ tvtttttttttttttttb kisskiss Sara :-)!!!!
sesshy94:
un grandissimo grazie anke a te!! Sn
contentissima ke l'idea del Torquis sia piaciuta^^ cm la presentazione
di Angie alla ciurma, ti ringrazio tantissimo x i complimenti^^ Spero
ke anke qst cappy ti piaccia :-) e cercherò di dare presto
ttt le risposte, prometto^^! Tvtttttttttttttttb e ancora grazie
68Keira68
stefy_81: grazie
x la tua recensione^^ e sn suepr felice ke la storia ti piaccia:-)!!!
Spero ti piacerà anke qst cappy^^ kisskiss e ancora grazie
68Keira68
LadyMorgan:
grazie mille x il commento^^, sn contenta ke
il personaggio di Angie e la storia ti piacciano^^!!!! Elizabeth
entrerà in scena tra poco, assicuro:-) e le risposte
cercherò di scriverle il + presto possibile^^!! Ancora super
grazie, spero di leggere presto un tuo commento anke su qst cappy e ke
ti piaccia, kisskiss 68Keira68 ^^!
Grazie
mille anek a ki ha solo letto e a ki mi ha messo tra i preferiti.
GRAZIE!!!!!!!!!!
Un'ultima cosa, nel primo
cappy è stata aggiunta la locandina de "Gli Eredi della
Leggenda" fatta dalla bravissima DJKela ke
ringrazio tantissimo x il suo ottimo lavoro (è bellissima,
grazie infinite^^):-)!!!!
Ora
vi lascio alla lettura di qst 8 cappy^^
kisskiss
68Keira68
8_
Nuove conoscenze e vecchie amicizie
“Quindi
ora stiamo andando
dalla moglie del capitano dell’Olandese Volante?”
chiese Angela eccitata alla
sola idea di incontrare la sposa di una leggenda.
“Esatto
piccola” rispose Jack
sorridendo dinanzi alla gioia della figlia.
“Wow”
esclamò lei.
Riportò
un attimo lo sguardo
sul mare, ormai scuro, per riordinare le idee. Le stelle iniziavano a
risplendere e si riflettevano sulla superficie del mar caraibico,
mentre la luna
saliva sempre più alta nel cielo. Mentre fissava
l’orizzonte con lo sguardo
trasognante, le venne in mente una complicazione nel piano di suo
padre, che
quest’ultimo sembrava aver trascurato.
“Papà,
scusami, ma come fai
ad essere sicuro che il Capitano Turner ci aiuterà nella
nostra impresa? Da
quello che mi ha raccontato Gibbs, sei stato proprio tu a metterlo nei
guai più
di una volta, non credo che sarà molto entusiasta di
aiutarti di nuovo.”
Osservò.
Il
pirata, per tutta
risposta, sfoderò un sorriso sghembo, per nulla turbato
dalla frase della
giovane, e con fare cospiratorio le si avvicinò sussurrando.
“Perché
stavolta il giovane
Turner e la sua mogliettina, se ci”
calcò bene sul pronome personale
“aiuteranno, avranno solo da guadagnarci”.
Tornò nella posizione di poco prima
senza smettere di sorridere e godendosi l’espressione confusa
della figlia.
“Non
sono sicura di aver
capito bene. Cosa ci ricaverebbero loro se noi due diventassimo
immortali?”
domandò inarcando un sopracciglio, palesemente non convinta
della spiegazione
fornitagli.
Jack,
per tutta risposta,
scoppiò a ridere. “Tempo al tempo, gioia. Verrai a
conoscenza di tutto nel
momento più opportuno, per ora ti dico solo questo, ho i
miei buoni motivi per
credere che ci daranno una mano nella nostra impresa, in più
devi sapere che è
molto raro trovare qualcuno che possa indossare il tuo ciondolo, ma
ciò non
toglie che potrebbero esserci altre persone in grado di
farlo” affermò convinto
di sé, facendole l’occhiolino.
Angela
iniziava a capirci sempre
meno.
Ci
risiamo con le mezze risposte, ma possibile che non può mai
darmi una
spiegazione decisiva ed esauriente?
Il
capitano alzò gli occhi al
cielo e lo contemplò per qualche istante, perso nei suoi
pensieri, intanto che la
ragazza osservava lui. Non si era ancora del tutto abituata ad averlo
vicino, e
ogni volta che ne aveva l’occasione si fermava a guardarlo,
in modo da
memorizzarne tutti i particolari, come se avesse paura che potesse
scomparire
da un momento all’altro.
Aveva
già constatato che era
un bell’uomo, poteva facilmente immaginare come sua madre si
era perdutamente
innamorata di lui. Era alto e aveva un bel fisico, i muscoli del torace
si
potevano intravedere attraverso la camicetta bianca e consunta che
portava
leggermente aperta. Aveva un viso raffinato, insolito per un pirata,
con una
simpatica barbetta raccolta in due treccine al quanto buffe, che si
allungavano
verso il collo lungo. La pelle abbronzata a causa della costante
esposizione al
sole, lo rendeva ancora più giovane di quello che era, e gli
conferiva anche un
aspetto esotico, molto attraente. Ma quello che colpiva di
più, oltre il
sorriso perfetto e mozzafiato che non mancava mai di mostrare, erano
gli occhi.
Due pozzi scuri e incredibilmente espressivi dentro il quale potevi
tranquillamente perderti. Erano accesi e pieni di vita, sempre vispi e
vivaci,
intenti a osservare attentamente e con scrupolo tutto ciò
che li circonda. Due
paia di occhi che, si rese conto con una punta d’orgoglio,
erano identici ai
suoi.
Poteva
comprendere
altrettanto chiaramente anche il perché Annalisa non si era
dimenticata del
Capitan Jack Sparrow per diciassette lunghi anni. E come si poteva
scordate un
uomo, o meglio, un pirata come lui?
In
poco più di un giorno era
tranquillamente riuscita a capire che a suo padre potevano venire
affibbiati
moltissimi aggettivi tranne che “normale”. A
partire dal suo abbigliamento.
Sotto il suo preziosissimo cappello a tricorno spuntava una bandana
rossa,
leggermente sbiadita dalla salsedine e dal sole. E fin qui tutto ok. Le
stranezze partivano dai capelli. Non aveva mai visto una persona
portare così
tanti suppellettili, amuleti, gioielli, e altri oggetti di vari colori
e
dimensioni in testa. Senza contare che non ne aveva solamente
lì, ma
dappertutto, attorno al collo, appesi alla cintura, alle braccia, ai
polsi e
alle dita. Nessun altro pirata, né a Tortuga né a
bordo della Perla, portava addosso
una così varia gamma di monili. Ma l’aspetto
stravagante, paragonato al
comportamento, diveniva quasi normale. Mentre parlava, aveva notato
Angela,
accompagnava tutte le sue parole con ampli gesti, spesso molto
teatrali. Amava
discorrere in modo forbito e articolato, particolare per un bucaniere,
che di
solito dialogavano con termini più di uso comune. Ma la cosa
più buffa era
senz’altro l’andatura. Si era accorta
più volte che Jack, più che camminare
barcollava. Era come se fosse perennemente sbronzo e quindi in
equilibrio
precario. In più mentre passeggiava muoveva leggermente il
busto a destra e a
sinistra, accompagnando il movimento quasi ipnotico con le braccia.
Angela
aveva trovato tutto
ciò assai buffo, ma anche incredibilmente affascinante.
Senza contare che più
lo osservava e più notava l’incredibile
somiglianza tra lei e lui. Ora capiva
sua madre, quando le diceva quanto lei e Jack fossero simili. Difatti,
la
ragazza, come il capitano, ondeggiava quando si muoveva, e aveva notato
con
stupore ma anche con piacere, che molti membri della ciurma non
capivano Jack
quando si esponeva con una delle sue frasi articolate, mentre lei
comprendeva
tutto perfettamente. Ma era rimasta ancora più sorpresa
quando lei stessa aveva
dialogato usando quel linguaggio, e, a differenza di Terence, Maggie e
sua
madre che rimanevano sempre indietro di qualche frase, lui
l’aveva capita senza
problemi.
Un’altra
cosa che li
accomunava, e che non era sfuggita alla sua attenta analisi di quel
giorno, era
quanto suo padre amasse il mare e la vita piratesca, cosa che saltava
subito
all’occhio. L’aveva osservato mentre guardava la
superficie dell’acqua al
tramonto e il suo veliero. Li amava, molto semplicemente. Li amava
tutti e due.
Guardava la sua nave con affetto e avrebbe azzardato anche con
adorazione,
mentre osservava il mare con gioia, come se da lui dipendesse la sua
stessa
vita. Conosceva bene quest’ultima emozione. Per lei era
esattamente la stessa
cosa. Sia a Telia, quando tutto quello che stava vivendo ora poteva
essere solo
un sogno lontano e irrealizzabile, e passava le sue giornate a
immaginare come
sarebbe stato prendere il largo ed essere liberi di andare ovunque come
ti pare
e piace. Sia lì, a bordo della Perla, dove il desiderio di
quella libertà tanto
agognata era diventato realtà, ed impregnava la stessa aria
che si respirava.
Quel desiderio era comune a tutte le persone che erano sulla nave in
quel
momento, e ciò era palpabile. Ma in fondo era questo che
voleva dire essere
pirati, giusto? Non significava solo saccheggiare e depredare
città e navi, no,
la pirateria non si limitava e principalmente non era quello. Prima di
tutto un
pirata era un uomo libero, una persona che si rifiutava di sottostare
alle
leggi comuni. Che ciò fosse poi un bene o un male nessuno
era in grado di
stabilirlo, ed Angela non avrebbe saputo dirlo. Ma sinceramente non le
importava in quel momento. Ciò che le interessava e che la
rendeva felice ora,
era il fatto di poter respirare a fondo l’odore della
salsedine, sentire la
spuma dell’onda sul viso e i venti di ponente scompigliarle i
capelli. Tutte
cose che avevano il profumo della libertà, la sua libertà
appena
acquisita. E poteva affermare che nulla aveva mai avuto un sapore e un
odore
più dolce. Specialmente se quel suo nuovo stato poteva
goderselo assieme ad una
persona che aveva aspettato di conoscere per diciassette anni. Suo
padre.
Le
riflessioni di Angela
vennero bruscamente interrotte proprio da quest’ultimo, che
la richiamò alla
realtà esclamando.
“Si
è fatto proprio tardi piccola,
il tempo vola quando si chiacchiera di cose interessanti,
vero?”
Angela
sorrise ed annuì con
la testa.
“Bene,
credo quindi sia il
caso che tu mandi giù un boccone e fili dritta a letto,
altrimenti domattina
non riesci ad alzarti, e ti assicuro che ci sono parecchie cose da
fare” la
ammonì ostentando un tono autoritario.
Lei
alzò gli occhi al cielo e
scoppiò a ridere.
Oddio, si
sta calando troppo nel ruolo del genitore, ora mi è
diventato pure apprensivo!
O su,
ammettilo che ti piace che si preoccupi per te!
Va bene, lo
confesso, ma solo un pochino. E poi dovrebbe anche sapere che ora ho
diciassette anni, la mamma non mi diceva più a che ora
dovevo coricarmi!
Fallo
divertire a fare il padre, poi ricorda che è alle prime
armi, pian pianino
imparerà!
Ok, farò
la
brava bambina allora.
Ecco!
Quindi da
brava bambina cercherò di strappare almeno
un’altra oretta per
stare sveglia...
Sei
incorreggibile.
E dai, se
fossi troppo ubbidiente neanche lui ci troverebbe gusto a fare il
genitore!
Così,
con un finto tono tra
il triste e il sorpreso, se ne uscì dicendo:
“Come?!
Già a
letto? Ma è presto!! Posso stare ancora
alzata almeno un’oretta?”
Mi viene da
ridere, non contrattavo sull’ora per andare a letto da quando
avevo dodicianni,
però devo ammettere che è molto divertente, mi
sembra quasi di essere tornata
indietro nel tempo.
Evidentemente
la giovane fu
al quanto convincente, perché Jack affermò
categorico.
“No
piccola, è tardi, prima
mangi, temo dovrai andare a cercare qualcosa in cucina
perché la ciurma ha già
cenato senza di noi, dopodiché vai a dormire!”
“Non
posso proprio stare
ancora un po’ sveglia?” riprovò lei.
Jack
negò con la testa con
fare grave.
“Uffa,
va bene allora, vado a
mangiare e subito dopo filo nella cabina, contento?”
sospirò la ragazza
fingendo di essere delusa.
“Brava,
ci vediamo domattina
allora.” Il pirata le si avvicinò sorridendo
compiaciuto, evidentemente
convinto di aver svolto egregiamente il suo compito da padre. Le diede
un
buffetto con la mano destra sulla guancia e, prima di allontanarsi
nuovamente,
le disse dolce “Sogni d’oro piccola”
infine si diresse alla sua cabina.
Angela
invece si apprestò ad
andare nelle cucine, sorridendo tra sé e sé,
felice di aver fatto contento suo
padre. Su una cosa però Jack aveva ragione, domani sarebbe
stata di certo una
giornata interessante.
*
Tommas
Trevis era divenuto il
nuovo commodoro di Port Royale poco dopo la nomina a governatore di
Christopher
Beckett. Difatti era stato proprio quest’ultimo ad
intercedere per lui affinché
ottenesse la suddetta carica. Il vantaggio che ne avrebbe tratto era
chiaro, un
alleato potente e fedele. Difatti, l’avere soci in cariche
altolocate era
sempre un vantaggio in questi casi. Ad aumentare la leatà di
Trevis nei
confronti di Beckett era il fatto che i due erano cresciuti insieme e
avevano
una cosa che li accomunava e legava: l’ambizione. Erano
entrambi avidi di
potere, e non si facevano scrupoli di alcun genere per ottenere
ciò che
volevano. Ciò aveva fatto si che tra i due si formasse un
forte legame, anche
se non si poteva parlare di vera amicizia. Tutti e due si stimavano
reciprocamente, ma di certo non vedevano nell’altro un amico,
più che altro un
alleato per raggiungere i loro scopi comuni. Trevis aveva
più volte aiutato
Beckett ad eliminare gli avversari politici e a mettere a tacere quelli
che
all’inizio avevano provato a mettersi contro di loro. Aveva
fatto il lavoro
sporco al posto suo, con la promessa di un’alta ricompensa, e
quest’ultima
consisteva nella
carica da Commodoro con
la conseguenza di una grossa influenza a corte, probabilmente seconda
solo a
quella di Beckett stesso.
Tommas
aveva la stessa età di
Christopher. Era alto e aveva un fisico statuario, temprato dagli
innumerevoli
anni di allenamento nella marina militare, addestramento che gli aveva
conferito anche una certa abilità come spadaccino. Aveva gli
occhi verde cupo,
colore che si addiceva alla sue espressione perennemente severa e al
suo rigido
portamento. Teneva i capelli mori corti, senza l’usuale
parrucca che si
addiceva al suo nuovo status. Si era infatti categoricamente rifiutato
di
portarla, scatenando lo sconcerto generale dell’alta
società, fornendo come
un’unica spiegazione il fatto che la trovava ridicola e che
preferiva di gran
lunga i suoi capelli naturali. Ovviamente Beckett l’aveva
lasciato fare, e dopo
che aveva ricevuto il consenso del governatore a violare le tradizioni,
nessuno
aveva più osato dire una parola a riguardo.
Nell’insieme si poteva dire che era
un ragazzo di bell’aspetto, proprio come il compare. Infine
aveva anche
ereditato da suo padre, Cillian Trevis, che ai suoi tempi era stato a
sua volta
un importante ufficiale della marina britannica,
una grande abilità strategica. A
dimostrazione di ciò, era il fatto che era stata
l’unica persona direttamente
coinvolta nel piano di Beckett Junior. Lo aveva infatti aiutato a
preparare
tutto nei minimi dettagli, ed era proprio quel piano che ora si
apprestava a
realizzare a bordo della New Age, il maestoso vascello che gli era
stato
assegnato insieme al comando di un grosso manipolo di uomini.
La
New Age solcava le acque
dal mattino presto, ed ormai era già passato il tramonto.
Per raggiungere
Telia, meta del loro viaggio, sarebbero occorsi come minimo altri tre
giorni di
navigazione costante. La loro missione era facile, tanto da rendere
superfluo
il consistente numero di marinai che aveva a bordo, ma Beckett non
aveva voluto
correre rischi, perciò aveva insistito affinché
prendesse una numerosa scorta.
Temeva infatti di poter trovare brutte sorprese una volta arrivati
sull’isola.
“Come se un padre
che non si fa vivo da
diciassette anni apparisse magicamente di fronte alla soglia della casa
della
figlia proprio il giorno in cui arriviamo noi!” aveva
protestato inutilmente
Tommas, ma dato che a nulla era valsa la sua disapprovazione, ora si
ritrovava
con circa una cinquantina di uomini per andare a recuperare una piccola
ed
indifesa ragazza, che aveva come un’unica protezione una
donna sulla quarantina
e probabilmente incapace anche solo di impugnare una spada in mano,
figurarsi
usarla!
Comunque,
se per qualche
astrusa ragione il piano A non fosse andato a compimento, i due
cospiratori
avevano architettato anche un piano B, anche se in cuor loro entrambi
speravano
di non doverlo usare, ciò perché avrebbe
rallentato tutti i loro progetti.
Quest’ultimo
consisteva nel
raccogliere informazioni sulla giovane Angela, e semplicemente usarle
per
trovare il modo per far si che fosse proprio lei ad andare da loro di
sua
spontanea volontà.
“Comunque, o in un modo o
in un altro, voglio Angela Sparrow qui entro due settimane, non ammetto
imprevisti” erano
queste le esatte parole pronunciate da
Christopher poco prima della partenza della New Age. “E
se qualcosa va
storto, ti riterò direttamente responsabile, e tu sai
ciò che questo
comporterà” e Trevis lo sapeva eccome.
Per questo nonostante la missione
fosse al quanto semplice, se pur importantissima, aveva il terrore
all’idea di
sbagliare.
*
“Terence,
ancora non mi hai
spiegato perché hai insistito tanto per tornare a Telia
molto prima del solito.
È passata solo una settimana dal nostro ultimo sbarco
là, la nostra tabella di
marcia prevede di ritornarci non prima di una ventina di
giorni.”
Terence
e Teels stavano
parlando animatamente seduti comodi alla scrivania della grande cabina
di
quest’ultimo. Teels stava sorseggiando un boccale di rum,
mentre fissava il
figlio di sottecchi, mentre Terence giocherellava con un coltellino
svizzero,
divertendosi a chiuderlo e riaprirlo ripetutamente, conscio di avere lo
sguardo
indagatore del padre addosso.
“Allora,
dal momento che ho
accettato di invertire la rotta, assecondando la tua richiesta,
potresti almeno
degnarmi di una spiegazione?” insisté il capitano,
agitandosi leggermente sulla
sedia di velluto rosso, senza staccare gli occhi dal figlio.
Il
ragazzo sospirò. Con uno
scattò deciso richiuse il coltellino e se lo
infilò nella tasca interiore della
sua giacchetta. Fissò a sua volta il padre e si
apprestò a rispondere.
“E
dai, papà, non dirmi che
non lo hai ancora capito.” Si fermò un attimo,
aspettando che il capitano
dicesse qualcosa. Dato che non giunse risposta, Terence
proseguì, abbassando lo
sguardo e incrinando un poco la voce. “Papà,
voglio tornare a Telia perché
intendo fare luce sul motivo per cui Angela ha deciso di lasciare
quell’isola.
Sono certo che anche tu sei curioso, e sono altrettanto sicuro che le
nostre
risposte possano essere lì.” Tornò a
guardare il padre con vigore.
“Si,
lo avevo intuito, e
ammetto che anche a me piacerebbe scoprire cosa passa per la testa di
quella
ragazza, però non credi che siano fatti suoi? Se non ha
voluto parlarne con noi
un motivo ci sarà. Non puoi immischiarti a forza nella sua
vita, Angela sa
badare a se stessa, e cosa fare o non fare può deciderlo
solo lei, e non deve
certo renderne conto a te. Non trovi?” cercò di
essere ragionevole Teels.
Terence
sorrise di fronte a
quella risposta. Si aspettava una frase del genere, per questo si era
preparato
una controbattuta perfetta, anche se sapeva che a quel punto era
già superfluo
ribattere. Aveva già vinto. Il fatto stesso che si stessero
dirigendo a Telia e
che Teels, sapendo esattamente cosa voleva lui, l’aveva
lasciato fare, era la
prova che approvava e che la pensava come lui, nonostante gli stesse
facendo
una piccola morale.
“è
vero, non mi deve dare
conto di niente,” ammise.
“però” si preparò per esporre
la sua arringa “sono
preoccupato per lei, potrebbe mettersi nei guai, e noi non potremmo
nemmeno
aiutarla se non sappiamo se e a che pericoli va in contro. Dopotutto
siamo le
uniche persone che sanno che ha intrapreso questo viaggio, abbiamo
qualche
dovere nei suoi confronti, no? In più, dato che le abbiamo
dato un passaggio
fino a Benprett senza chiederle nulla in cambio, mi sembra quanto meno
nostro
diritto sapere almeno dove sta andando, giusto?” concluse
sempre sorridendo
soddisfatto.
A
quel punto fu Teels a
sospirare.
“Ok”
si arrese, lasciandosi
definitivamente convincere dal figlio. Non che prima fosse
completamente in
disaccordo con lui. Ovviamente il capitano sapeva dove Angela era
realmente
diretta, ma aveva
promesso a
quest’ultima di non dirlo a nessuno, senza contare che gli
rimaneva l’incognita
del perché volesse raggiungere a tutti i costi
quell’isola. “Però promettimi
che dopo che avrai saputo la verità non tornerai a cercarla, anche se scopriamo che sta
facendo una cosa
stupida o avventata o che potrebbe cacciarsi nei guai,
capito?” lo ammonì.
“Mi
spiace, ma se scopro che
sta per fare qualcosa di pericoloso proverò a fermarla, che
tu voglia o no”
rispose tranquillo.
“Angela
ha su di te una
cattiva influenza, tre giorni che passate assieme e mi diventi
avventuriero e
sfrontato come lei, è incredibile.”
Esclamò esasperato, sapendo di non poter impedire
al figlio di far ciò che desiderava. Però,
d’altro canto, doveva ammettere che
se avessero realmente appreso che la ragazza era in serio pericolo lui
stesso
non avrebbe esitato a cercare di salvarla. Le era troppo affezionato e
non
sarebbe di certo restato con le mani in mano.
Terence
rise e fece per
alzarsi, considerando quindi chiusa la conversazione, ma fu fermato da
Teels,
che a bruciapelo li chiese.
“Ancora
una cosa, una volta a
Telia, come pensi di ricavare le tue informazioni?”
Terence
rispose pronto.
“Andrò a cercare una certa Maggie. Angela mi ha
detto che era la sua migliore
amica, di sicuro saprà qualcosa più di noi. Mi
sembra un ottimo punto dove
cominciare, non ti pare?”
Il
capitano annuì. “Si,
Maggie è senz’altro la persona più
indicata per chiedere di Angela, quelle due
erano inseparabili, di sicuro la nostra piccola avventuriera le
avrà detto
tutto. Però potrebbe non volere condividere i segreti
dell’amica con te.
Dopotutto non ti conosce, ai suoi occhi saresti un estranio che vuole
intromettersi
nei fatti personali di Angela.” Osservò pacato.
“In
un modo o nell’altro la
convincerò che di me può fidarsi. In
più non dimenticare che non conoscerà me,
ma te si, potrebbe bastare questo per conquistarne la
fiducia.” Controbatté.
“Bhé,
allora ti auguro buona
fortuna, siamo quasi arrivati, preparati a scendere”. E
congedò il figlio.
*
Jack Sparrow, Jack
Sparrow, ... Sparrow... dov’è che ho
già sentito questo nome? Non mi è nuovo,
l’ho già udito da qualche parte. Che
l’abbia sentito in qualche storia di
pirati? Perché per trovarlo a Tortuga sarà quasi
di sicuro un bucaniere. Angela
non sembrava molto spaventata all’idea, anzi conoscendola
sarà al settimo
cielo. Però spero proprio di no per lei. Nonostante sono
certa che le
piacerebbe, ciò non toglie che passerebbe un sacco di guai
con la compagnia
delle Indie Orientali. Farebbe una vita da fuggiasca, sempre braccata.
E se la
prendessero non farebbe di certo una bella fine con i tempi che
corrono. Le
leggi sulla pirateria sono sempre più severe.
Maggie
rabbrividì al solo
pensiero dell’amica catturata e rinchiusa in
chissà quali prigioni. Stava
passeggiando per le stradine tortuose di Telia, con un venticello
leggero che
le accarezzava il viso, rendendole sopportabile il caldo del sole delle
quattro
del pomeriggio. La madre le aveva gentilmente chiesto di andare a far
la spesa
per la cena, e lei ne aveva approfittato per far anche un giretto verso
il
piccolo porto dell’isola. Ci andava praticamente ogni giorno
dopo che Angela se
ne era andata, probabilmente assecondando la tenue speranza di vederla
tornare
a casa a bordo di
una qualsiasi nave. In
cuor suo desiderava che l’amica tornasse a Telia.
L’avrebbe ospitata a casa
sua, avrebbero potuto vivere insieme, conscia del fatto che Angela si
sarebbe
categoricamente rifiutata di tornare ad abitare sotto lo stesso tetto
di
Johnatan. Sua madre non avrebbe avuto nulla da ridire, anzi
considerando che
anche a lei il locandiere non era mai andato a genio e che considerava
Angela
una seconda figlia, l’avrebbe accolta a braccia aperte.
Purtroppo però era
perfettamente consapevole che la sua amica non sarebbe più
ritornata ad abitare
sull’isoletta al confine del mar dei Carabi, e probabilmente
non ci sarebbe
neanche passata vicino finché non avesse trovato
ciò che cercava, nonostante le
sue speranze.
Fatto
è che Maggie aveva
paura. Temeva per Angela. Non l’aveva fermata quando le aveva
esposto i suoi
piani perché sapeva che niente e nessuno avrebbero impedito
alla ragazza di
fare ciò che desiderava, ma in cuor suo sapeva che era
pericoloso, se non
addirittura folle, iniziare una ricerca per tutto il mar caraibico con
solo un
nome ad aiutarla. Il pericolo di perdersi, di essere catturata dai
pirati o
qualsiasi altra cosa erano altissimi. E se le sue supposizioni erano
esatte e
questo Jack Sparrow era un pirata lui stesso, Angela sarebbe divenuta
di
conseguenze una piratessa, e ciò avrebbe comportato il
rischio di essere
arrestata e poi impiccata. Certo avrebbe sempre potuto decidere di non
accettare di unirsi al padre e di tornare indietro, o questo Jack
avrebbe
potuto non riconoscerla come figlia e rispedirla a casa. Oppure il
capitano
della nave pirata del padre di Angela, potrebbe non volere la ragazza a
bordo.
Erano tutte possibili strade, anche se Maggie sapeva che se Angela si
metteva
in testa una cosa, niente poteva fermarla, pirati contrari o no. E
quello che
lei voleva era vivere innumerevoli avventure per mare, e quale modo
migliore
per farlo se non abbracciare la pirateria?
Di
nuove l’immagine di un
orrendo patibolo le si parò davanti.
Oh no!! No, no, NO!!!
Ragioniamo, se Annalisa avesse seriamente pensato che andare alla
ricerca del
padre fosse pericoloso per Angela, non le avrebbe mia scritto la
lettera con le
indicazioni per trovarlo! Non l’avrebbe mai messa a
repentaglio!
Mentre
rifletteva, la ragazza
giunse al porto. Si sedette su di una panchina sbuffando a causa della
frustrazione che derivava dell’incertezza riguardo il destino
dell’amica e dal
caldo di quella giornata afosa. La leggere brezza che c’era
all’inizio della
sua passeggiata se ne era andata, lasciando che il sole
d’agosto riscaldasse
ogni cosa. Cominciò a farsi aria con una mano per cercare di
trarne un po’ di
sollievo, pentendosi di non aver legato i capelli castano scuro in una
comoda
coda, ma di averli lasciati liberi sulle spalle.
Saranno anche belli, ma
sono molto scomodi. Pensò con
disappunto, distraendosi per un attimo dalle preoccupazioni di poco
prima.
Chiuse
gli occhi e si
appoggiò stancamente allo schienale, buttando
all’indietro la testa. Non aveva
ancora degnato di uno sguardo l’orizzonte davanti a lei.
Tanto sapeva già
cos’avrebbe visto. Un’immensa distesa
d’acqua. Piatta e senza fine. Era lo
scenario che vedeva tutti i giorni, anche se testardamente continuava a
pregare
di vedere prima o poi una nave ormeggiata al molo con a bordo Angela.
Per
questo aveva chiuso gli occhi. Continuare a vedere il porto vuoto era
quasi
insopportabile.
Poi
però, con un sospiro, si
decise ad aprirli. Era sciocco arrivare fin lì
quotidianamente e poi non
guardare neanche il mare dinanzi a sé.
Quando
li aprì però, rimase
sbalordita.
Fantastico, a furia di
sperare e sognare ora ho le allucinazioni.
Richiuse
gli occhi, scosse la
testa avanti e indietro, e li riaprì decisa, ma
ciò che aveva visto era ancora
lì, in tutta la sua bellezza.
Una
nave, grande e rossa, era
attraccata al porto. La consoceva perfettamente, d’altronde,
come poteva essere
il contrario? Era l’unico veliero che venisse fino a Telia.
Era
la nave di Teels.
Però
non c’erano i soliti
uomini che sbarcavano le merci da vendere, ad occupare la banchina
c’erano solo
gli abitanti dell’isola, tutti incuriositi e in fermento a
causa della novità.
Ora che ci faceva caso in effetti, il porto era molto più in
fermento del
consueto, considerando che solitamente era deserto a parte la sua
assidua
presenza e ora invece era occupato da più di metà
degli abitanti di Telia. La
ragazza iniziò ad aguzzare la vista, in cerca di una
famigliare chioma castana
in mezzo ai marinai che pian pianino iniziavano a scendere dalla
passerella che
collegava il veliero al porto, benché sprovvisti di un
qualsiasi carico. Ciò
poteva significare una sola cosa. Teels non era arrivato fin qui per
vendere le
sue merci. E d’altro canto come poteva? Era stato qui neanche
una settimana fa,
e ora ci ritornava con un largo d’anticipo. Quindi lo scopo
del suo viaggio
doveva per forza essere qualcos’altro.
Ragioniamo, cosa potrebbe
aver spinto Teels a tornare? Allora, non deve commerciare, questo
è sicuro,
quindi... e se Angela gli avesse chiesto di tornare indietro,
abbandonando la
sua sete di avventura? No, non sarebbe da lei rinunciare a tutto
ciò che più
desidera quando è a un passo dalla meta, e poi, se anche
così fosse,
conoscendola sarebbe stata la prima a sbarcare, non sarebbe rimasta
sulla nave
ancora a lungo, una volta arrivati. Quali altri potrebbero essere i
motivi? E
se...se ci fossero stati dei problemi con il viaggio di Angie? Magari
è stata
male, oppure hanno avuto delle difficoltà?
Senza
indugiare un secondo di
più, colta dai dubbi, la giovane prese a correre verso il
veliero, con il cuore
che iniziava a battere furioso. Si fece largo tra la folla, se pur a
fatica,
prendendosi diverse maledizioni tra le persone che scostava per
passare. Pareva
che tutta la popolazione della piccola isola si era accalcata in quel
porto!
Finalmente, con il fiato corto, riuscì a raggiungere la
passerella. Iniziò a
salirla con passo sostenuto, cercando di non intralciare il percorso
dei
marinai che scendevano. Alla fine arrivò sul ponte della
nave. Non passò
inosservata e tutti marinai si girarono di scatto a fissarla stupiti.
Seguì un
attimo di silenzio, dove Maggie divenne rossa come un pomodoro, e
abbassò lo
sguardo a terra iniziando a fissarsi le scarpe, accorgendosi solo ora
di essere
stata leggermente avventata a precipitarsi a bordo del mercantile.
Ciò non era
da lei, di solito molto scrupolosa e attenta a verificare tutti i pro e
i
contro di ogni decisione.
Sto diventando avventata
come Angela... pensò
ironicamente.
I
marinai, vedendo
l’imbarazzo della giovane, non riuscirono a
trattenersi dal sghignazzare, aumentando il rossore della
ragazza, già
tendente al bordeaux. Per fortuna, ad interrompere quella spiacevole
situazione,
ci pensò Kyle, il ragazzo moro,
amico di
Maggie ed Angie.
“Ehi
Maggie, ciao! Qual buon
vento di porta qui su?” la salutò cordiale.
Quest’ultima,
sempre più
simile ad un pomodoro, senza smettere di guardare il legno color
ciliegio del
ponte della nave, riuscì a borbottare un
“ciao” impacciato, aumentando gli
sghignazzi della ciurma.
La
giovane decise di provare
ad ignorarli e di proseguire, domandando al ragazzo dinanzi a lei
dov’era il
capitano.
Kyle,
dal momento che Maggie
aveva abbassato il tono di voce ad un sussurro, più che
sentirla, aveva
compreso la richiesta della ragazza leggendo il labiale, impresa resa
ancor più
difficile dal fatto che la giovane aveva la testa china.
“Ehm,
il capitano? Credo sia
nella sua cabina al momento, perché me lo chiedi?”
ma la ragazza, ignorando
l’ultima domanda, ringraziò velocemente,
voltò le spalle alla ciurma e si
diresse a grandi passi e a capo chino verso la direzione indicatale,
felicissima di poter lasciare tutti quegli sguardi divertiti dietro di
lei. Per
fortuna rimasero al quanto basiti dal suo comportamento,
così che nessuno si
interpose tra lei e la sua meta.
Grazie
al passo di marcia Maggie
raggiunse in due secondi la cabina del capitano, bussò
frettolosamente, e
appena ricevuto un “avanti” parecchio sorpreso, si
buttò a capofitto
all’interno della stanza. Una volta al sicuro dentro le
quattro mura della cabina
e al riparo da occhi indiscreti, tirò un sospiro di sollievo
e il colore
finalmente defluì dalle sue guance. A occhi chiusi si
appoggiò alla porta della
stanza che si era richiusa alle sue spalle con un piccolo tonfo. Poi,
molto
lentamente, li riaprì e con un sorriso si
apprestò a salutare il buon capitano
che la fissava sbigottito, seduto dietro la scrivania.
“Ciao
Teels…” peccato però
che le parole le morirono in bocca, quando si accorse della presenza di
un’altra persona nella stanza. Un ragazzo giovane, a occhio e
croce della sua
età, alto con i capelli castano chiaro e un paio di occhi
verdi brillanti e
vigili che la fissavano curioso.
“Maggie!
Ciao! Ma cosa ci fai
qui? Non per essere scortese, sei la ben venuta, specialmente in questo
momento, guarda, non ci crederai ma la tua visita inaspettata e
più che
tempestiva!” Teels, superando lo stupore iniziale, si
alzò e andò incontro a
Maggie con un sorriso a trentadue denti. La abbracciò e dopo
aver recuperato
una sedia da accanto la parete di legno della stanza, la
invitò ad accomodarsi.
La
giovane si sedette
ringraziando. Era tornato però l’imbarazzo a causa
di quello strano ragazzo che
continuava a fissarla con fare inquisitorio. Sotto il suo sguardo
pressante, le
gote di Maggie iniziarono a colorarsi di un vivace porpora.
Teels
si accorse della
piccola tensione creatasi tra i due, e decise di fare le presentazioni.
“Allora,
Maggie, sono lieto
di presentarti mio figlio Terence. Terence, questa è la
famosa Maggie.” Esclamò
allegro.
La
voce del padre sembrò
riscuotere il giovane, che accortasi di stare fissando la giovane
troppo
insistentemente, si affrettò ad abbassare lo sguardo,
divenendo rosso a sua
volta.
“Ehm…Ciao”
azzardò lui.
“C…ci…ciao”
rispose balbettando
lei, dopo qualche esitazione.
Teels rise sotto i baffi.
“Allora,
Maggie, come stai?”
le chiese affabile il capitano. La ragazza si costrinse a guadarlo
negli occhi
e si apprestò a rispondere.
“Bene,
grazie.”
“Ne
sono felice. Scusami, ma
portando il discorso a prima, come mai ti sei precipitata nella mia
cabina?”
La
domanda la fece cadere
dalle nuvole, riportandola bruscamente alle motivazioni che
l’avevano portata
fin lì.
“Ah,
già!” alla sua
esclamazione, Terence tornò a guardarla curioso. Sotto il
suo sguardo Maggie si
impappinò di nuovo con le parole. “Ecco, ehm,
i…io volevo chiederti come
mai…siete di nuovo qui, non che mi dispiaccia” di
affettò ad aggiungere “però
mi chiedevo se per caso, questo ritornò improvviso avesse a
che fare con
Angela. Ci sono stati dei problemi con il suo viaggio?”
riuscì a dire infine.
“No,
nessun problema”
A
parlare era stato il
ragazzo, con enorme sorpresa di Maggie, che trovò finalmente
la forza di
guardarlo negli occhi.
“Oh,
ehm, bene allora.” Si
sentiva incredibilmente sciocca ad essersi catapultata là
senza preavviso, e,
pensandoci bene, anche senza una buona motivazione, a parte le sue
supposizioni
e i suoi timori.
“Però,
ti posso assicurare
che la tua apparizione improvvisa è più che
tempestiva” ripeté Teels.
“Come
mai?” gli chiese
confusa.
Teels sorrise. “Terence, a
te…”
Il
ragazzo si alzò ed iniziò
a passeggiare avanti e indietro per la piccola stanza.
“Siamo
tornati indietro,
perché sia io che mio padre volevamo saperne di
più sul viaggio misterioso di
Angela. È stata enigmatica per tutto il tragitto e non si
è lasciata sfuggire
una parola riguardo alla sua meta. Quindi, dato che Angela stessa mi ha
parlato
di te, dicendomi che sei la sua miglior amica, ci chiedevamo se tu
potessi
dirci di più.” terminata la piccola arringa, si
fermò sul posto in piedi e
iniziò a dondolarsi nervoso, in attesa di una risposta.
Maggie,
colta di sorpresa,
aprì la bocca per parlare, ma poi la richiuse, non trovando
le parole per
esprimersi. Era sbalordita da ciò che aveva sentito, davvero
Teels si aspettava
che lei gli confidasse i segreti di Angela senza il consenso di
quest’ultima? E
chi era quello strano ragazzo per chiederle una cosa del genere,
perché si
stava intromettendo?
Passarono
alcuni minuti in
silenzio. Alla fine, il marinaio prese in mano la situazione.
“Maggie, non fraintenderci, non vogliamo farci a tutti i
costi gli affari di
Angela. Sono certo che se non mi ha parlato lei stessa delle
motivazioni del
suo viaggio, un motivo ci sarà. Però capisci che
sono preoccupato? Mi ha
chiesto di portarla a Benprett senza uno straccio di spiegazione
valida, e l’ho
accontentata, ma ora vorrei sapere perché ho lasciato una
ragazza di appena
diciassette anni da sola in un porto, in balia di se stessa. Sono in
pensiero
per lei. Potrebbe accaderle qualsiasi cosa, e nessuno potrebbe
aiutarla, o
andare a cercarla, perché nessuno sa in quali guai potrebbe
cacciarsi. Quindi,
non ti stiamo chiedendo di tradire la fiducia della tua amica, ma di
aiutarla.”
Il
discorso del capitano
filava, Maggie non poteva negarlo, ma poteva tradire Angela? Dopotutto,
l’aveva
pregata di mantenere il segreto. Quindi stava ad Angela decidere a chi
rivelare
il motivo del suo viaggio e a chi no, lei non poteva prendersi questa
libertà.
“Angela
sa badare a se
stessa, Teels, dovresti saperlo.” Affermò,
cercando di dare un tono deciso alla
sua voce. Impresa fallita in partenza, dato che era ancora preda del
rossore.
“Certo,
ma rimane il fatto
che è una ragazza sola, cresciuta in una piccola isola, che
si ritrova
all’improvviso in una mare molto più grande di
quanto possa immaginare. La
situazione potrebbe scapparle di mano, non trovi?”
Maggie
si morse il labbro.
“Lo
so. Ma lo sa anche lei.
Sa quello che fa, sarà avventata, ma non sprovveduta, se
avesse pensato che
fosse troppo per lei, avrebbe chiesto aiuto. Se la può
cavare bene anche da
sola.” Continuò la giovane imperterrita.
Teels
sospirò. A quel punto
intervenne Terence.
“Pensaci
un attimo. E se non
avesse fatto bene i suoi calcoli? Anche in questo preciso momento,
mentre noi
stiamo parlando, Angela potrebbe essere in pericolo
e…”
“Ma
anche se così fosse, noi
cosa possiamo fare? Non possiamo iniziare a cercarla per tutti i sette
mari, si
arrabbierebbe e basta. È un viaggio che voleva compiere da
sola, lo voleva fare
da quando ha iniziato a camminare, e tu Teels questo lo sai bene come
me. Ora
le si è solo presentata l’occasione giusta per
realizzare i suoi sogni. L’unica
cosa che possiamo fare noi, e rimanere qui e augurarle ogni bene,
lasciarla
andare, ed intervenire solo e soltanto se lei lo vorrà o
siamo sicuri che è in
pericolo. Non possiamo bloccarla o iniziare a seguirla
nell’eventualità che
corra rischi, non lo vorrebbe mai.” Sbottò
alterata. Ma se ne pentì subito, non
voleva alzare la voce. Non se lo meritavano. Dopotutto, anche se non le
piaceva
il terzo grado che avrebbero desiderato farle, erano solo preoccupati
per la
sua amica. Proseguì tornando ad un tono dolce, abbassando lo
sguardo per un
lieve ritorno all’imbarazzo precedente.
“Scusate,
non volevo gridare.
Solo che sono anch’io in pensiero per lei. Anche io non so
esattamente dove sia
al momento, né cosa potrebbe capitarle. Le ho esposto prima
di voi i miei dubbi
riguardo al suo viaggio, ma vedendola così entusiasta
all’idea di partire, e
sapendo i suoi desideri, non ho potuto fare altro che augurarle buona
fortuna.”
Le si incrinò un attimo la voce, ma si riprese subito. Solo
Terence se ne
accorse. “E per il momento non si può davvero fare
altro, credetemi. Ma se
appena dovessi venire a conoscenza del fatto che è nei guai
o che potrebbe entrarci
facendo qualcosa di sbagliato, vi assicuro
che solcherei tutto l’oceano pur di aiutarla. Ma
per ora
NON-POSSIAMO-FARE-NULLA.”
Terminò
la frase decisa,
anche se non trovò la forza di rialzare lo sguardo. Si
accosciò sulla sedia e a
quel punto si intromise Terence.
“Forse
ha ragione lei papà.
L’unica cosa che rimane e fidarsi di Angela e aspettare che
sia lei a chiedere
il nostro ausilio, oppure tendere le orecchie e accorrere in suo
soccorso non
appena sentiamo che è in pericolo.” Concluse la
frase facendo l’occhiolino al
padre.
Teels
capì al volo le
intenzioni del figlio. Ovvio che non aveva alcuna intenzione di
demordere,
probabilmente gli era venuta un’idea per raggiungere
ciò che voleva. Lo
assecondò. Così, con un lungo e pesante sospiro,
acconsentì anche lui,
lasciandosi andare a sua volta contro lo schienale della poltroncina
rossa.
Tutti
rimasero un attimo
soprappensiero, finché Maggie non disse che doveva andare a
casa e che ormai
sua madre la stava dando per dispersa, dato che senza accorgersene
erano
arrivate le sei della sera.
“Certo,
però tra poco farà
buio, non mi piace l’idea che giri da sola a
quest’ora per l’isola.”
“Teels,
sii serio, qui a
Telia chi potrebbe farmi del male? Il panettiere? Andiamo!”
scherzò lei. Lui
per tutta risposta la guardò torvo.
“Il
fatto che l’isola sia
piccola non vuol dire che sia sicura al cento per cento, ti
dispiacerebbe farti
accompagnare da qualcuno della mia ciurma? Terence, potresti
accompagnarla a
casa per favore?” aggiunse poi rivolgendosi al figlio.
Quest’ultimo scattò
dritto dalla posizione in cui era, per nulla sorpreso dalla richiesta
del
padre, e con un sorriso si rivolse alla ragazza.
“Ma
certo, se per te non è un
problema, ovviamente”
“Credo
di non avere molta
scelta. Comunque forse non è una cattiva idea, si sa mai.
Grazie” e gli
sorrise.
“Ci
vediamo Teels” salutò il
capitano.
“Staremo
qui per un po’,
torna quando vuoi finché ci siamo.”
*
Dopo
che si furono lasciati
la cabina alle spalle, Terence, che le stava a poco meno di cinquanta
centimetri di distanza, la guardava di sottecchi, osservandola,
decidendo il
modo migliore per intraprendere una discussione. Passarono diversi
minuti, e la
tensione iniziò a farsi troppo tesa. Alla fine il giovane
decise di rompere il
silenzio ed esclamò:
“Sai,
ti immaginavo diversa”
La
ragazza alzò lo sguardo
sorpresa. Però le parole del ragazzo sortirono il loro
effetto. Maggie si
rilassò e pian piano la tensione riuscì a
sciogliersi. La giovane riuscì anche
a ridere della strana battuta.
“Perché,
come mi immaginavi?”
chiese con un dolce sorriso che riuscì ad abbagliare un
attimo il figlio di
Teels.
“Bhé”
abbassò il capo per
nascondere il sangue che affluiva sulla sue guance. In
effetti era
un’esclamazione un po’ stupida,
pensò. “Ti facevo un po’ più
estroversa e
avventuriera. Un po’ più…”
balbettò.
“Un
po’ più come Angela?”
suggerì lei, senza smettere di ridere.
“Si,
esattamente. Senza
offesa, non è una critica” aggiunse.
“Tranquillo.
Sai, non sei il
primo che si stupisce di come io e lei, così diverse, siamo
invece così unite.”
Anche
lui rise.
“Però
vedi, io ho un temperamento calmo e sono
anche abbastanza timida, quindi è logico che un carattere
docile si abbini
perfettamente con quello sovraeccitato di Angela, ci completiamo a
vicenda; per
esempio io riesco a calmare i suoi bollenti spiriti spesso e
volentieri, mentre
lei mi sostiene e mi aiuta quando devo fare scelte
importanti.” La voce le si
incrinò un poco verso la fine della frase. Era strano
sentire l’amica così
vicina pur sapendola lontana chilometri. Terence se ne accorse e si
affrettò ad
andare avanti con la conversazione.
“Si,
devo ammettere che vista
sotto quest’ottica a senso” e le sorrise a sua
volta.
“Però
non è giusto, mi trovo
in un situazione di svantaggio” esclamò lei con un
finto tono offeso. Iniziava
a prendere confidenza con il ragazzo, e ciò le permetteva di
essere più sciolta
nella conversazione.
Lui
la guardò stupito. “Cosa
non è giusto?” chiese.
“Tu
mi conoscevi già e sapevi
un sacco di cose sul mio conto ancor prima di vedermi di persona,
mentre io di
te non so nulla. Credo che come minimo dovresti rimediare”
rispose lei.
Terence
rise di nuovo. La
conversazione con quella ragazza iniziava a farsi davvero piacevole!
“Si,
mi sembra un
ragionamento logico” ammise. “Bene, cosa vuoi
sapere? Sono a tua completa
disposizione!”
“Allora,
so che sei il figlio
del capitano, però come mai né io né
Angie ti abbiamo mai visto a bordo prima?”
domandò.
“Semplice,
ho sempre
accompagnato mio padre nei suoi viaggi lavorativi solo
finchè trattava nelle
grandi città. Questa è la prima volta che
l’ho voluto accompagnare anche qui a
Telia.” Poi la guardò di sottecchi e con un
sorriso divertito aggiunse “certo,
non immaginavo che nelle piccole isole c’era più
movimento e più persone interessanti
che nelle grandi città, se no sarei venuto anche
prima”
“Uhm,”
annuì lei. “di certo
qui i personaggi interessanti, come li chiami tu, non mancano. Angie
è
sicuramente unica nel suo genere” e sorrise al ricordo
dell’amica. “Ok, hai
risposto alla prima domanda, passiamo alla seguente.”
“Ce
ne sono molte?”
“Naa,
solo un milione o due,
tranquillo”
“A
bhé, cosa vuoi che siano,
sono qui a posta” e le ammiccò.
Lei,
arrossì di nuovo, anche
se stavolta non sapeva esattamente bene il perché. Decise di
ignorare anche la
strana sensazione che sentì improvvisamente allo stomaco e
al petto. “Ehm,
allora, bhè, parlami un po’ di te, cosa ti piace
fare, come mai vuoi poi
intraprendere lo stesso lavoro di tuo
papà…qualcosa di te”
“Ok,
ok, ad una condizione
però”
“Quale?”
chiese stupita.
“Dopo
che il tuo terzo grado
sarà finito, toccherà a me,
d’accordo?”
“Va
bene, lo prometto” e
sorrise di nuovo.
“Perfetto,
però temo che
dovremo rimandare la nostra discussione a domani, perché se
le indicazioni che
mi hai dato sono giuste, siamo arrivati a casa tua.”
Maggie
posò il suo sguardo
sulla piccola casa a due piani, di un tenue color rosa salmone, con un
grande
portone in ciliegio che dava su di una piccola stradina con accanto due
finestrelle sbarrate da quattro bastoni di metallo ciascuna per i ladri.
“Oh,
siamo già arrivati?”
sospirò lei.
“Mi
spiace ma temo proprio di
si.”
“Uf”
Accidenti, la discussione
iniziava a piacermi, non potevo abitare dall’altra parte
dell’isola? Pensò. Che
strano però, di solito non mi trovo
così bene con una persona che ho conosciuto da poco.
Terence
notò la riluttanza
della giovane nell’entrare in casa sua, facile da intuire
perché era la stessa
che, anche se non riusciva a trovare una motivazione logica per
spiegarselo,
provava anche lui.
“Ehm,
allora, dato che
dobbiamo finire questa piccola chiacchierata e tu devi rispettare una
promessa,
ci …cioè…credi che sarebbe possibile
vedersi domani? Magari verso le dieci del mattino?
Che ne dici?” propose titubante.
Gli
occhi azzurri della
ragazza brillarono sotto il crepuscolo della sera, a quella inaspettata
ma
gradita proposta.
“Certo!
È un’ottima idea!!!
Allora vieni tu da me o vengo io da te?”
Terence
rise sotto i baffi
vedendo l’esultanza di Maggie. Al che la giovane
abbassò immediatamente lo
sguardo dall’ondata di imbarazzo improvviso che
l’investì.
“Vengo
io da te, se non ti
dispiace vorrei approfittare del piacere di camminare sulla terra ferma
finché
la nave e attraccata al porto” le rispose ammiccando.
“Certo,
a me va benissimo,
così se vuoi ti faccio visitare l’isola,
chissà se incontriamo qualche altro
personaggio interessante”
Risero
tutti e due, infine
Maggie decise che era giunto il momento di rientrare, prima che sua
madre
chiamasse i soldati per denunciare la sua scomparsa.
Così
i due giovani si
salutarono con la promessa di rivedersi il mattino seguente.
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Capitolo 9 *** 9_ L'amore è irrazionale ***
Note dell'autrice:
Ci
vediamo di sotto, dopo il cappy!
Buona
lettura
Kisskiss 68Keira68
9_
L'amore è irrazionale
Il sole risplendeva
per le vie trafficate della piccola isola caraibica e Maggie ammirava
dalla
finestra della sua camera da letto il paesaggio di fronte a
sé. Quella mattina
si era svegliata presto, cercando di sbrigare tutte le consuete
commissioni in fretta
per poi avere il resto della giornata a disposizione. Ora erano quasi
le dieci,
e lei, con i gomiti appoggiati al davanzale, stava aspettando
l’arrivo del
figlio del capitano Teels, Terence.
Non sapeva esattamente
perché, ma l’idea che l’avrebbe visto da
lì a poco le procurava una strana
sensazione, un misto tra l’ansia e la felicità. Il
risultato è che aveva le
farfalle nello stomaco da quando si era svegliata e non era ancora
riuscita a
darsi una spiegazione degna di questo nome.
È in ritardo constatò sbuffando e
lisciandosi il bordo del vestito
blu mare che aveva indossato.
Con un altro sbuffo si
allontanò dalla finestra.
Ma quando arriva?
Dovrebbe già essere qui! Uffa, ah, così non va...
devo darmi una calmata.
Iniziò a gironzolare
in tondo per la stanza disperatamente in cerca di un qualsiasi cosa per
farla
distrarre. Alla fine decise di scendere sotto per vedere se sua madre
avesse
bisogno d’aiuto nelle faccende domestiche. Stare
lì a contare i secondi che
passavano non le avrebbe giovato alla salute, anzi, probabilmente
l’avrebbe
lentamente portata alla pazzia.
Uf, è assurdo che
mi comporti in questa maniera, perché poi? Quando
arriverà arriverà! Pensò mentre sbatteva in
malo modo la porta della sua
cameretta, prima di imboccare le scale.
Manco a dirlo, quando
era solo a metà della rampa, sentì la voce di sua
madre che la chiamava dal
piano di sotto, informandola che un ragazzo di nome Terence chiedeva di
lei.
Si bloccò per un
secondo e il suo cuore perse un battito.
Evviva! È arrivato!
Si affrettò a scendere
gli ultimi scalini e con un sorriso a trentadue denti si
preparò ad accogliere
Terence.
“Ciao!” lo
salutò con
più entusiasmo di quello che voleva far trasparire.
“Ciao” rispose
lui
abbassando il capo, in evidente imbarazzo.
“Bene, ehm, come stai?
Vuoi qualcosa? Hai fame o sete?” gli chiese gentilmente,
cercando di
comportarsi da padrona di casa.
“No, grazie, ho appena
fatto colazione sulla nave”. Sembrava a disagio e Maggie si
chiese perché.
“Sicuro che non vuoi
niente?” si intromise la madre della ragazza. Nel sentire la
voce della signora
Cross Terence sussultò e negò velocemente con la
testa. Maggie se ne accorse e
finalmente capì perché Terence era
così teso. Rise tra sé e sé, e
cercò di
toglierlo da quella situazione.
“Ok, allora usciamo?
Ti faccio fare un giro turistico dell’isola, ti
va?” scherzò. L’isola era
talmente piccola che sarebbe bastato girare in tondo su se stessi per
visitarla
tutta. “A proposito, ho preparato un pranzo al sacco, a te
non crea problemi
vero?” aggiunse titubante. Aveva pensato fosse che un pic nic
potesse essere
divertente, ma non sapeva se lui avrebbe preferito pranzare in un
ristorante.
“Ottimo, nessun
problema, andiamo?” acconsentì invece lui, con
fare sbrigativo, lanciando
un’occhiata nervosa alla madre della ragazza, che si limitava
a guardare
entrambi i ragazzi sorridendo affettuosa.
“Allora mamma, io e
Terence usciamo, torno stasera, va bene?” disse lei, felice
che la sua idea era
stata accolta positivamente.
“Va bene, ma mi
raccomando, se fate tardi fatti accompagnare a casa da lui,
ok?” la ammonì
premurosa la signora Cross, guardando il ragazzo.
“Non si preoccupi
signora, la riporto a casa io” rispose Terence, sempre
intento a fissarsi le
scarpe.
“Bene, prendo il
cestino con il pranzo” fece una piccola corsa in cucina, e
afferrò veloce il
paniere con i panini e le borracce. Una volta tornata di là
esclamò “ciao
mamma!” e aprì la porta, invitando Terence a
seguirla. Lui salutò la signora Cross
e imboccò l’uscio di casa.
Quando furono fuori
sulla strada, il giovane tirò un sospiro di sollievo.
Maggie a quel punto
non riuscì a trattenere un risolino.
“Che
c’è?” le chiese
lui leggermente irritato.
“Scusami, ma sei
buffo. Perché eri in agitazione prima? Mia madre non ha mai
mangiato nessuno!”
lo prese in giro.
Terence diventò rosso
per la vergogna. “Grazie
dell’informazione” le rispose sarcastico.
“Non ero in
agitazione era che…mi sentivo sotto esame, mi ha squadrato
tutto il tempo.” Si
difese.
“Scusala, fa sempre
così con qualcuno che non conosce. Non dimenticare che ti ha
affidato la sua
bambina per tutto il giorno, doveva quanto meno assicurarsi che eri una
persona
apposto, no?”
“Si, immagino di
si.”
Acconsentì.
“Bene, allora dove
vuoi andare?” Gli chiese Maggie cambiando argomento, con un
dolce sorriso sulle
labbra. “Come bene saprai Telia ha delle ottime viste
panoramiche, degli
stupendi luoghi di ristoro e bellissimi monumenti, quale vuoi visitare
per
primo?” scherzò, facendo una mezza piroetta su se
stessa e allargando le
braccia come per illustrare una piazza famosa.
Terence rise a sua
volta. “Non saprei, la guida sei tu, hai carta
bianca” le ammiccò.
“Va bene” Lei
ci pensò
un attimo, poi decise: “direi di lasciarci il molo per ultimo
e di andare al
centro dell’isola, dove poi possiamo prendere la direzione
per la spiaggia e
cercare un posto all’ombra, così se ci viene fame
possiamo mangiare lì, ti va?”
Il ragazzo annuì con
il capo, e i due giovani si avviarono per la piccola stradina.
“Allora, dove ci
eravamo interrotti ieri?”
“Mi avevi chiesto
perché non mi avevi mai visto prima, se non mi
sbaglio”
“Giusto, e tu mi avevi
risposto che era perché solitamente accompagni tuo padre
solo nei viaggi verso
le grandi città.” Terence annuì e la
ragazza proseguì “Quindi ti piace
viaggiare?”
“Non proprio, mi ci
è
voluto un bel po’ per abituarmi alla vita del marinaio. Non
è facile come
sembra, è molto dura.”
“Non ho mai pensato
fosse semplice, però ne varrà la pena no?
Conoscere gente, visitare posti nuovi
e sconosciuti, deve essere bello” osservò,
ricordando tutti i motivi per cui
Angela aveva sempre giustificato la propria voglia di lasciare
l’isola.
“Bhè…si,
ma è molto
soggettiva la cosa, dipende da cosa vuoi nella vita” rispose
Terence, restando
sul vago, improvvisamente a disagio. Maggie lo fissò di
sottecchi a
quest’ultima particolare risposta, ma qualcosa nel tono del
ragazzo le suggerì
di approfondire la questione in un secondo momento. Comunque l’improvviso
sbalzò di umore, da allegro a
pensieroso non le piaceva, così si affrettò a
cambiare argomento.
Passeggiarono tutta la
mattina, parlando del più e del meno, approfondendo la loro
conoscenza e il
loro rapporto. Gli fece vedere tutti i piccoli negozietti
dell’isola, l’unico
monumento che governava la piazza centrale, una bella e grande fontana
e
infine, sulla strada per andare al molo, la casa e la locanda dove fino
a poco
tempo fa abitava la loro amica. tutti e due i luoghi sembravano
abbandonati da
molto tempo. Le vetrate della birreria erano rotte, come le finestre
dell’abitazione
al piano di sopra, la porta scardinata e si poteva vedere chiaramente
che
dentro il caos regnava sovrano. I tavoli erano rotti o rovesciati, come
le
sedie, e cossi di bottiglie si intravedevano ovunque.
“Quindi Angela viveva
qui.” Esclamò sgomento.
“Si, ma quando sia lei
che sua madre erano qua sia la casa che la locanda erano in condizioni
migliori. Era un posto del tutto rispettabile e il pub era molto bello
e sempre
affollato. Ora è rimasto solo Johnatan e la
proprietà è decaduta” Maggie non
poté
impedirsi una smorfia amara pensando a quel nome.
“Johnatan? Chi
è
Johnatan?” le chiese lui curioso.
“ è il
patrigno di
Angela. Una delle persone più odiose che io abbia mai
conosciuto. Lui ed Angie
si sopportavano a malapena, quando Annalisa è morta e lei
voleva andarsene,
Johnatan non era d’accordo. I due hanno litigato molto
animatamente, sono
addirittura arrivati alle armi, ma Angie ovviamente non si è
lasciata
intimidire e con un movimento solo della spada lo ha disarmato,
puntandogli
l’arma alla gola. Dopodichè se ne andata
salutandolo in malo modo, con la
promessa che non sarebbe mai e poi mia tornata da lui.”
Terence non faticò a
credere al racconto di Maggie, dato che ricordava fin troppo bene la
prima e
unica volta che lui stesso aveva incrociato la spada con Angela, anche
se per
gioco, e si era ritrovato anche lui con la lama sotto il mento.
“Come mai tra quei due
non correva buon sangue?” si informò.
“Il matrimonio tra lui
e la madre di Angela è stato solo di convenienza. Annalisa
lavorava nella
locanda di Johnatan, e aveva bisogno di soldi, mentre a Johnatan
occorreva
qualcuno che badasse alla casa, così si sposarono circa
sette anni fa. Ma lui
non è mai stato un marito dolce né un bravo
padre. Ha sempre rinfacciato a
tutte e due che se avevano un tetto sopra la testa e un piatto caldo a
tutti i
pasti era merito suo. È un tipo avaro e antipatico. La
povera Annalisa era una
santa se riusciva a sopportarlo! Pensa che quando morì il
primo pensiero di lui
è stato che ora doveva trovarsi un’altra persona
che l’aiutasse alla locanda, e
proprio per non dover pagare uno stipendio a nessuno voleva che Angela
rimanesse con lui ad aiutarlo!” l’indignazione
nella voce di Maggie era
palpabile.
Terence sentì un moto
di rabbia verso
quello sconosciuto. Si
chiese se fosse possibile provare tanto odio verso una persona che
nemmeno
conosceva.
“E ora che è
rimasto
solo cosa fa?” domandò, cercando di tenere a bada
l’ira.
“Il giorno dopo che
Angela se ne era andata si comportava come se niente fosse successo.
Non ha
tenuto il lutto per la moglie nemmeno per un giorno, scatenando
l’indignazione
generale. Solitamente la locanda era presa da assalto qui a Telia,
essendo
l’unica di tutta l’isola, ma quel di’ e i
due successivi non si era presentato
nessuno, - non c’è persona in tutta
l’isola che non lo odia per il suo
comportamento verso Annalisa ed Angela- e così si accorse
che era rimasto
letteralmente solo. Il quarto giorno ha iniziato a bere e si
è ubriacato. Ha
sfasciato mezzo locale, per tutta l’isola abbiamo sentito il
rumore dei vetri
che andavano in frantumi e le sedie che venivano lanciate contro le
pareti. Gli
uomini si sono precipitati a vedere cosa stava succedendo. Una volta
che hanno
compreso l’accaduto hanno cercato di fermarlo, e sono
riusciti a farlo stendere
sul suo letto, al piano di sopra. Credo siano più o meno
cinque giorni che è
perennemente ubriaco, ed è riuscito a trasformare la bella
casa di Angie nel
luogo desolato e abbandonato che vedi.” Spiegò con
voce amara.
“Capisco” disse
solamente lui, guardando torvo la casa, come se gli avesse fatto un
torto
personale.
Maggie cercò di
alleggerire la tensione che si stava formando. A lei meno di tutti
piaceva
quella storia, ma aveva già sprecato abbastanza imprecazioni
contro Johnatan e
ora non voleva più pensarci.
“Proseguiamo? Non so
te ma io comincio ad avere fame” chiosò.
Lui sembrò riscuotersi
dai suoi cupi pensieri e sorrise alla ragazza. “Si,
anch’io comincio a sentire
il bisogno di pranzare, dove ci mettiamo?”
“Ho in mente un posto
perfetto” gli fece l’occhiolino.
“Seguimi!” e così dicendo lo prese per
mano,
evitando però di guardarlo negli occhi. A quel piccolo gesto
i cuori di
entrambi i ragazzi iniziò ad accelerare, senza che nessuno
dei due sapesse
fornire una spiegazione logica.
Maggie portò Terence
sulla spiaggia della piccola isola, in un punto lontano dalla riva e
con molte
palme che creavano un piacevole riparo dal caldo soffocante.
“Eccoci qui! Ti
piace?” gli chiese lei, guardando il luogo entusiasta.
“è molto bello
e…appartato”
La ragazza divenne
rossa a quell’affermazione. Effettivamente le palme creavano
un piccola oasi
che li separava dal resto della spiaggia, isolandoli del tutto.
“Non ci avevo fatto
caso, ho pensato che qui c’era l’ombra e che era
l’ideale per pranzare riparati
dal sole” balbettò abbassando la testa.
Terence si diede
mentalmente dello stupido. “No, non intendevo quello, il
posto è stupendo,
volevo dire che era tranquillo, non mi piaceva l’idea di
dover pranzare sotto
gli occhi dei passanti!” cercò di giustificarsi
maldestramente. Con la sua
goffa spiegazione il ragazzo riuscì a far ridere Maggie,
togliendo così
entrambi dall’imbarazzo.
“Vogliamo cominciare?
La fame aumenta!” così dicendo Maggie
poggiò il paniere per terra e ne estrasse
una coperta rossa, abbastanza grande da permettere ai ragazzi di
stendersi
sopra comodamente. Dopodichè tirò fuori due
borracce con l’acqua, del pane e
della carne. (scusate per
la poca fantasia ma non
ho la minima idea di cosa preparavano per un pranzo al sacco nel
sedicesimo
secolo!XD!! Nd autrice)
Iniziarono a pranzare,
continuando chiacchierare
animatamente.
“E così sei
caduto in
acqua?” gli chiese lei incredula.
“Si! È stato
orribile,
tutta la ciurma mi stava guardando e stava ridendo, io invece volevo
affogare
dalla vergogna. Ma che ne sapevo io che proprio lì
c’era un cima! È colpa di
chi l’ha lasciata là se sono inciampato e poi
caduto!”
Maggie era piegata in
due dalle risate. “Ahaha, non so cosa darei per poter vedere
la scena”
“Lasciamo perdere per
favore, è meglio”. Maggie pian pianino smise di
ridere e incrociò lo sguardo di
Terence. Aveva cambiato espressione, improvvisamente si era fatto molto
teso e
la fissava con insistenza. Si sentì improvvisamente in
imbarazzo, ma non riuscì
a distogliere lo sguardo. Era come prigioniera di quegli occhi verdi.
“Aspetta, hai qualcosa
vicino alla bocca” le disse.
Ad un tratto il
ragazzo le si avvicinò allungando una mano verso il suo
viso. Lei rimase
immobile,con il cuore che iniziava ad andare in ipperventilazione. Cosa
stava
facendo?
Le passò un mano
vicino al labbro superiore, con una lieve carezza. Si
avvicinò ancora, le era
sempre più accanto. Maggie rimase immobile, non riusciva a
muoversi era come
incantata. Sentiva solo il ritmo del suo cuore accelerare sempre di
più e il
tocco morbido della mano di Terence che tracciava linee immaginarie sul
suo
viso. Perché non si spostava? Avrebbe dovuto allontanarlo,
lo sapeva bene. In
fin dei conti era uno sconosciuto, incontrato solamente ieri. Come mai
si stava
prendendo tutta questa confidenza? E perché lei non faceva
nulla per impedirlo?
I loro volti erano
ormai molto vicini, troppo vicini. Il profumo di lui iniziò
a inebriarla e a
farle perdere ogni parvenza di lucidità. Sembrava senza
più volontà, guidata
completamente da lui. Senza sapere bene dove aveva trovato la forza e
il
coraggio di muoversi, decise di protendere una mano verso il viso di
Terence
anche lei, facendosi comandare dal nuovo e forte impulso di toccarlo a
sua
volta.
Ma poi a metà strada
si bloccò e si alzò in piedi di scatto.
Appoggiò la schiena ad una palma e si
mise una mano sul cuore, nel vano tentativo di cercare di regolare i
propri
battiti cardiaci.
Cosa stavo per
fare? Oddio, no, non è possibile…
Anche il ragazzo si
era alzato e ora fissava Maggie con espressione afflitta.
“Scusami, io…non
volevo, non so cosa mi è preso” tentò
di giustificarsi ma lei lo fermò.
“Non ti preoccupare,
non ti devi scusare.” Tentò di sorridergli, ancora
con il fiato corto.
Si incappa in certe
situazioni solo quando il desiderio è comune.
“Vorrei tornare a
casa. Non ti dispiace vero?”
“No, tranquilla. Vuoi
che ti accompagno?” tentò speranzoso. Temeva di
aver rovinato la loro amicizia
appena iniziata con un gesto troppo avventato.
“Mi farebbe
piacere”
rispose invece lei, con sommo sollievo di Terence. Stava riacquistato
il
controllo delle sue facoltà mentali.
Si avviarono
silenziosi verso la via per la casa di Maggie. Entrambi in completo
imbarazzo,
non avevano idea di cosa dire per sbloccare la situazione. La strada
per il
ritorno all’abitazione di lei parve lunghissima, ma alla fine
si ritrovarono
dinanzi alle famigliari mura rosa.
“Eccoci qua”
esordì
Maggie, pensando ad una bella maniera per salutarlo.
“Già”
rispose lui,
guardando a terra, ancora abbattuto.
Non voglio
salutarlo definitivamente. Io voglio rivederlo! Urlò una vocina nella
menta della ragazza.
Ma sarebbe stato
opportuna rivederlo? Se la situazione si fosse ripetuta, lei avrebbe
trovato la
forza per opporsi nuovamente?
Guardò nuovamente il
viso del ragazzo. Era veramente triste, probabilmente pensava che la
giovane
non avrebbe più voluto vederlo e attribuiva la colpa di
ciò a sé. Non poteva
dirgli addio lasciandolo in quel modo. Decise che non le importava cosa
sarebbe
successo se i fatti di quel pomeriggio si fossero ripetuti.
“Ehm, ascolta, domani
pomeriggio pensi che sia possibile vederci di nuovo? Devo ancora farti
vedere
il molo” provò.
Terence sgranò gli
occhi. La parola sopreso sarebbe stata un eufemismo. Poi si riprese e
riuscì ad
articolare una frase.
“Certo! A me va
benissimo, per che ora vengo?” rispose entusiasta, come un
bambino che riceve
un regalo inaspettato.
Lei sorrise della sua
foga, felice che la tensione si stava alleviando. “Verso le
quattro del
pomeriggio andrebbe bene? Prima ho alcune faccende da
sbrigare”
“Sicuro, allora ci
vediamo alle quattro”
“Perfetto”
Poi Terence le diede
un leggero bacio sulla guancia, prima di sorriderle imbarazzato e
avviarsi
velocemente verso il porto, lasciando una Maggie leggermente spiazzata
dall’ultimo gesto, ma assolutamente contenta.
*
Il giorno seguente,
Maggie era seduta sulla sedia a dondolo del tinello, con un vivace
vestito
color pesca con le maniche corte a sbuffo. Si ritrovava nella stessa
situazione
della mattina precedente, in ansia mentre aspettava quello strano
ragazzo che
in meno di due giorni le aveva stravolto la sua piccola e tranquilla
vita.
Aveva dormito poco
quella notte, tormentata da mille pensieri. Cercava di dare una
spiegazione
logica al perché provava certe situazioni quando era in
compagnia di Terence.
Aveva le farfalle nello stomaco tutte le volte che gli era accanto e
quando lo
guardava negli occhi….quei bellissimi occhi verdi.
Senza volerlo la sua
mente tornò a vagare sui fatti del pomeriggio precedente.
Non era successo
niente, lo sapeva bene, si erano appena sfiorati. Ma era anche successo
tutto.
Era il nulla che cambiava ogni cosa. Quando l’aveva sfiorata,
tra le
palpitazioni che erano arrivate a mille, aveva sentito la pelle andare
a fuoco
sotto la mano di lui. E il desiderio che non si fermasse, che si
facesse più
vicino, che proseguisse, si era impadronito di lei come mai prima
d’ora. E non
l’aveva ancora lasciata. Desiderava essere abbracciata da
lui, voleva la sua
compagnia, agognava di perdersi nuovamente in quegli occhi profondi e
dolci.
Cosa le stava accadendo? Non si era mai sentita così strana.
Eppure era una
sensazione stupenda. Era euforica all’idea di rivederlo,
felice come non era
mai stata.
Si alzò dalla sedia a
dondolo e fece un piccolo giro su se stessa. I vari tentativi di darsi
una
calmata non erano serviti a nulla. Non riusciva a stare ferma, sembrava
sui
carboni ardenti.
Non erano passati
neanche cinque minuti che qualcuno bussò alla porta. Maggie
i voltò di scatto
verso l’entrata di casa. Aspettava solo una persona. Non
poteva che essere lui.
Per un attimo temette che il cuore potesse saltarle via dal petto tanto
batteva
forte. Si precipitò ad aprire il portone e lui era
lì, che le sorrideva
gentile, leggermente rosso in volto. In imbarazzo come sempre.
“Ciao” la
salutò,
incapace di guardarla negli occhi.
“Ciao!”
Stettero un attimo
sull’uscio senza dire nulla, non sapendo cosa fare,
finché a salvarli dal
disagio arrivò la signora Cross, che salutò
cordiale Terence.
“Vi siete divertiti
ieri? Maggie quando è arrivata a casa pareva al settimo
cielo, era tutta
agitata all’idea di uscire anche oggi. Parola mia non ho mai
visto mia figlia
così allegra.”
“Mamma!”. La
voce
della ragazza salì di alcune ottave mentre si rivolgeva a
quest’ultima tutta
rossa in volto.
La signora Cross rise
sotto i baffi. “Bene, oggi dovete andare a vedere il molo
giusto? Divertiti
anche oggi allora, e comportatevi bene, mi raccomando”
ammonì tutti e due,
anche se sorrideva.
Maggie non le aveva
raccontato i particolari del pomeriggio appena passato, ma a quel che
pareva
alle madri non sfugge nulla. Sembrava saperla più lunga sia
di Maggie che di
Terence.
“Meglio
che ci avviamo, la strada per il molo
è lunga, ciao mamma”
“Arrivederci
signora”
La giovane si affrettò
ad uscire di casa, prima che sua madre dicesse qualcos’altro
di imbarazzante.
Già stava per sprofondare dal rossore, meglio evitare di
peggiorare le cose.
Lanciò una rapida occhiata a Terence al suo fianco e
notò con sollievo che lui
era nella sua stessa situazione. Le guance stavano raggiungendo una
sfumatura
purpurea.
Una volta lasciata
l’abitazione, ricadde il silenzio. Maggie iniziò a
mille modi diversi per poter
intraprendere una qualsiasi discussione. Tornarono le farfalle nello
stomaco.
Quando ormai la situazione si fece insopportabile, disperata, se ne
uscì con un
commento sulla nave di Teels, lodandola e chiedendo come il padre del
ragazzo
ne era entrato in possesso. Terence accettò con gioia il
tentativo di iniziare
un dialogo degno di questo nome, e si lanciò nel racconto di
come il suo
bisnonno era riuscito a comperare l’imbarcazione.
Ciò bastò a rompere il
ghiaccio e chiacchierarono per tutta il tragitto.
Il molo era poco
distante dal porto e si inoltrava per circa trecento metri nel mare.
Fortunatamente
il caldo, passata l’ora di punta, era diminuito e poterono
percorrere il breve percorso
senza i bollenti raggi del sole addosso.
Una volta arrivati in
punta erano quasi le sei, e il sole stava iniziando a tramontare.
Maggie si
sedette sul bordo, lasciando dondolare le gambe, Terence invece rimase
in piedi
ad ammirare il bellissimo panorama.
“L’isola
sarà anche
piccola ma ha una vista mozzafiato” esordì.
“Concordo”
rispose
lei, sorridendo e guardandolo. Non aveva ancora dimenticato
l’argomento
interrotto il giorno prima e decise che era giunto il momento per
riportarlo a
galla.
“Terence, posso
chiederti una cosa?” iniziò cauta.
“è tutta la
giornata
che mi ‘chiedi cose’, non credo che una in
più o in meno faccia differenza”
Lei ignorò la battuta.
“Mi domandavo il significato di una tua risposta ad uno dei
miei primi
quesiti”. La stava prendendo larga.
“Ovvero?”
“Quella frase, quando
ti ho chiesto se valeva la pena vivere per mare per poter visitare
posti nuovi,
ehm, ‘dipende da cosa vuoi nella vita’, cosa
significa?”
Lui la fissò
intensamente per un secondo, poi tornò a fissare
l’orizzonte.
Infine con un sospiro
si apprestò a rispondere. “è semplice,
per alcuni la smania di avventura è
irresistibile e farebbero di tutto pur di provare
l’adrenalina che scorre nelle
vene quando sei di fronte ad una nuova situazione. Mentre per altri la
voglia
di vedere posti sconosciuti è irrefrenabile. Questi due
motivi, per certa
gente, giustificano il sacrificio di dover vivere per mare. Per altre
persone
invece questo non basta. Alcuni si accontentano di cose più
semplici, una casa
e una famiglia per esempio. E sono felici senza gironzolare in giro in
cerca di
chissà che cosa, per soddisfare una sete, a mio parere, mal
sana e pericolosa.”
Maggie lo fissò rapita
un attimo. Quello che aveva appena detto il ragazzo combaciava
perfettamente
con la sua linea di pensiero. “E tu appartieni
all’ultimo gruppo di persone,
giusto?” domandò, anche se sapeva già
la risposta, mentre si alzava e gli si
metteva davanti.
Terence riportò lo
sguardo sul volto di lei e…ne rimase folgorato. Ormai il
sole stava tramontando
e controluce Maggie era molto più che bella.
I capelli castano
scuro ricadevano morbidi sulle sue spalle, incorniciandole il volto
dolce e
leggermente arrossato per il caldo o forse per la situazione, chi lo
sa. Gli
occhi azzurri brillavano come zaffiri nella penombra che si era
disegnata sul
suo viso dai lineamenti dolci e perfetti, a causa della luce alle sue
spalle.
Il vestito rosa le calzava a pennello, evidenziando le forme morbide e
generose
della giovane, nonostante avesse una corporatura al quanto esile.
Intanto Maggie aveva
ripreso a parlare, interpretando il silenzio di Terence come una
risposta
affermativa alla sua domanda.
“…anch’io
la penso
come te. Il sogno più grande di Angela è sempre
stato quello di viaggiare in
cerca di avventure, mentre il mio è da sempre quello di fare
da madre in una
grande famiglia. Con una bella casa a cui badare e un bravo marito da
amare…”
ma ormai Terence non la ascoltava più. Stava fissando le
labbra della giovane,
che vibravano delicatamente con un movimento quasi ipnotico. Quelle
labbra morbide…quella
bocca delicata a forma di cuore… D’un tratto un
impulso insopprimibile si
impadronì del ragazzo. Non gli era mai successo prima ma
sentì il bisogno di
stringere quella dolce e, all’apparenza, fragile ragazza.
Quella giovane tanto
gentile e spensierata, che aveva conosciuto da poco ma che in poco
tempo gli aveva
fatto provare più emozioni di quante
ne avesse vissuto finora. Non riuscì più a
resistere e con un scatto si
avvicinò a Maggie, cingendole l’esile vita con un
braccio e la baciò con dolcezza
e delicatezza, come se temesse che si potesse rompere sotto il suo
tocco.
Maggie, dal canto suo,
non riuscì a capire cosa stesse succedendo, era accaduto
tutto troppo
velocemente. Un attimo prima stava parlando e un secondo dopo si era
ritrovata
tra le braccia del suo interlocutore e lo stava baciando. Un momento,
lo stava
baciando? Si, stava ricambiando, ed era felice, come se non avesse
desiderato
altro da quando lo aveva conosciuto, solo poco tempo fa, il giorno
prima!
Eppure non era da lei fare una cosa tanto avventata. Non aveva mai
baciato un
ragazzo in diciassette anni di vita e ora lo stava facendo con un che
conosceva
da meno di quarantott’ore! Ma in quel momento non le
importava. Avrebbe fatto i
conti dopo con la razionalità, decise che per ora
l’unica cosa giusta da fare
era godersi il momento. Dopotutto non era quello che in fondo voleva?
Non era
quello che avrebbe desiderato fare già da ieri?
Perché opporsi?
Così facendosi guidare
dall’istinto, gli cinse il collo con entrambe le braccia,
attirandolo di più a
sé, mentre lui la teneva salda per la vita con un braccio e
le accarezzava la
schiena con movimenti circolari con l’altra. Il bacio era
dolce e delicato,
entrambi stavano assaporando il momento e non volevano accelerare il
ritmo,
come se volessero esplorarsi a vicenda, con calma.
Il sole era
tramontato, e le stelle stavano facendo capolino
all’orizzonte, uniche
spettatrici indiscrete di questo scambio d’amore.
Dopo un tempo che ai
due ragazzi parve infinito, si allontanarono l’un
dall’altro, ma senza perdersi
di vista. Si guardarono negli occhi, perdendosi l’uno
nell’altro. Cercando di
trasmettersi tutto quello che provavano con un solo, dolce, intenso
sguardo.
Zaffiro dentro
smeraldo.
Dall’espressione beata
e felice che si poteva leggere sul volto di tutti e due, si poteva
capire che
né Maggie né Terence erano dispiaciuti per
ciò che era accaduto.
Alla fine il ragazzo
si sentì in dovere di dire qualcosa, come se volesse
suggellare quel momento
con delle parole.
“Maggie…”
iniziò, ma
lei non lo fece finire, poggiandogli un dito sulle labbra.
“Dimmi solo se provi
quello che penso di provare io” lo interruppe.
Lui la fissò
intensamente e le prese la mano tra le sue, baciandola “Se
quello che provi tu
è …è
…più… d’una amicizia allora
si, è quello che provo anch’io”
balbettò.
“Amore?”
suggerì la
ragazza. Sembrava più lei padrona della situazione che lui.
“si… credo di
si…amore”
pareva stesse assaporando il dolce suono di quella semplice parola, che
racchiudeva un significato così importante.
Sorrisero entrambi,
complici e felici. Si abbracciarono ancora una volta, soli nella notte.
Scese il silenzio, ma
non era imbarazzante, era il silenzio che cade tra due amanti, quando
le parole
diventano inutili perché l’altro sa già
cosa vuoi dire. Un silenzio intriso si
parole non dette ma sapute, di complicità e di amore.
Era un piccolo
paradiso fatto solo per loro, un eden personale dove il confine tra
cielo e
terra si perdeva all’orizzonte, aumentando
l’impressione che quell’istante
potesse durare in eterno, alimentato solo dall’amore appena
nato tra due
persone che appena conosciutesi, hanno trovato subito
nell’altra la propria
anima gemella.
Una oasi protetta,
piena d’amore, fatto solo per Maggie e Terence.
Ciao a ttt!!
Qst cappy nn era
prevvisto, l'idea è venuta da sola, spero xò ke vi
sia piaciuto! è la prima volta ke parlo di un bacio o di due
persone innamorate, non so se sn stata brava a descrivere la scena,
è stata una specie di prova x me, x favore, ditemi se vi
è piaciuto^^!!!
Ora passo ai
ringraziamenti x ki ha commentato:-) :
sesshy94:
grazie infinite x il tuo entusiasmo e x i complimenti *me
commossa*!!!!! Avevi ragione, alla fine Terence e Maggie si
piacciono^^! Spero ke anke qst cappy ti sia piaciuto, nn vedo l'ora di
leggere il tuo commento^^!! Kisskiss e tvttttb 68Keira68
Sinfony:
grazie tantissimo anke a te ke hai letto ttt la storia d'un colpo,
glasieeeeeee^^!!!!!!!! Di Lizzy e famiglia parlerò presto,
prometto :-), e avranno una buona parte tutta loro^^!!! Spero
commenterai anke qst cappy e ke ti sia piaciuto:-) kisskiss 68Keira68
|
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Capitolo 10 *** 10_Piano B ***
Note dell'autrice:
Ciao a tutti!!!! Sono
tornata!!!! Scusatemi come sempre per il ritardo! Speravo di postare
prima ma non ce l'ho fatta, sorry!!!! Spero però che ora che
finalmente ho messo il cappy 10 quest'ultimo non vi deluda e che vi
piaccia! Vi dico già che il nostro amato Jack e la cara
figlia Angie non ci saranno ancora, riappariranno nel prox cappy,
questo ve lo assicuro^^. Per ora abbiamo ancora Terence e Maggie e ora
vi lascio leggere quello che succederà senza farvi perdere
altro tempo! Passo solo ai ringraziamenti di coloro che mi recensiscono
e che io non ringrazierò mai abbastanza, grazie davvero
ragazze, non sapete quanto mi fanno piacere i vostri commenti,
GRAZIEEEE!!!!!!^^!!!!!
sesshy94:
grazie infinite per il tuo entusiasmo ^^ non sai quanto sono felice che
il cappy ti sia piaicuto e che la coppia Maggie&Terence abbia
riscosso tanto successo^^! Anhce secondo me stanno benissimo insieme,
non potevo non dedicarli un cappy tutto per loro^^! Spero che ti
piaccia anche questo cappy e non vedo l'ora di leggere la tua
recensione! Tvttttttb kisskiss 68Keira68
DjKela:
ciaooo^^!!! Dire ceh sono felice che il cappy ti sia piciuto
è un eufemismo^^ sn stracontenta!!!!! Grazie mille x i
complimenti, sei troppo buona (glasieeee^^!!), ero titubante sulla
scena romantica, ma sn stra sollevata che il cappy sia andato bene e
che sia stato così ampliamente apprezzato^^ Maggie e Terence
sono felicissimi di avere dei fans della loro coppia quindi
cìè un mega ringraziamento anche da parte loro
:-)!! Non potevo negargli uno spazio tutto loro nella ficcy dopotutto,
giusto^^? Cmq la tua previsione è azzaccata ora ke Trevis
(ke è il commodoro mentre Nap è il governatore^^)
è a Telia si prevedono grossi guai, cm si leggerà
a breve! Aspetto un tuo parere su qst cappy e spero tanto che piaccia
anche qst^^ tvttttttttb kisskiss 68Keira68^^!
raffaele:
wow, sono felicissima che tu abbia letto la mia sotria ttt insieme,
grazie mille^^!!!! E sn contentissima ke ti sia piaciuta^^!!! Grazie
dei complimenti e spero ke anke qst cappy ti piaccia^^ kisskiss
68Keira68
Grazie infinite anke a ki legge
soltanto e a tutte le perosne ke mi hanno aggiunto tra i preferiti,
grazie infinite^^!!!!!!!!!!
Vi auguro una buona lettura
Kisskiss 68Keira68!
PS Fatemi sapere se qst
cappy vi piace^^
10_
Piano B
“Allora domattina
vieni?”
“Ma certo,
sarò qui
alle dieci in un punto”
“Conterò i
secondi”
Maggie e Terence
stavano risalendo le tortuose stradine di un Telia tranquilla e
silenziosa.
Erano da poco passate le sette e mezza di sera e il ragazzo la stava
accompagnando a casa, mano nella mano. Quando giunsero a destinazione,
con
grande rammarico dei giovani, Maggie trasse un profondo sospiro.
“Siamo arrivati,
temo”
le sussurrò lui, accostando la sua bocca
all’orecchio di lei, per poi darle un
tenero bacio tra i capelli.
Lei sorrise del
contatto, ma subito dopo un’espressione sconsolata le
offuscò i grandi occhi
zaffiro e abbassò la testa scuotendola leggermente.
Terence se ne accorse
e le domandò cosa avesse.
“Niente…non ti
preoccupare” fu la risposta sospirata.
Non convinto, il
ragazzo prese delicatamente il mento di lei tra la sua mano in modo da
poterla
guardare negli occhi.
“Cos’hai?”
ripeté
dolce.
Lei parve esitare un
momento, poi con un profondo respiro si apprestò a
rispondere.
“E che domani
è
l’ultimo giorno che starai qui. Dopodichè partirai
con tuo padre e…e… chissà
quando ci rivedremo”
Terence comprese le
preoccupazioni della giovane e quasi sorrise, sollevato che il problema
fosse
solamente quello. Le accarezzò i capelli e la
abbracciò. “Non devi pensare a
questo, prima di tutto io sono ancora qui, non sono ancora partito, e
poi ci ho
pensato anch’io e sono già arrivato ad una
soluzione” mormorò paziente, quasi
cullandola tra le sue braccia.
Lei si scostò da lui
quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, stupita.
“Hai risolto il
problema? E come?”
“Semplice,
chiederò a
mio padre di fermarci qui ancora una o due settimane, vedrò
quanto riesco ad
ottenere. Per i marinai non sarà un problema, la prenderanno
come una piccola
vacanza. E poi vedremo quale sarà la scelta migliore da
fare, ma tu non ti devi
assolutamente intristire, voglio vedere il tuo dolce sorriso dipinto
sul tuo
volto sempre. Ci sono un sacco di strade aperte, vedremo quale
sarà la più accessibile
per noi. Intanto però vediamo di goderci questo periodo
assieme, le
preoccupazioni le affronteremo quando ce le troveremo davanti”
“Giusto”
esclamò
felice affondando la testa nel petto del ragazzo, sollevata dalla
prospettiva
di poter trascorre con lui almeno altre due settimane. Per il resto si
vedrà,
come giustamente affermava Terence.
“Maggie, credo
però
che ora dovresti entrare. Per me potremmo rimanere qui
finché vuoi, lo sai, ma tua
madre e tuo padre non penso che sarebbero molto lieti di questa
decisione” osservò
Terence, senza però sciogliere l’abbraccio.
“Significa che devi
andare?” mormorò triste.
“Dovrei tornare alla
nave”
“E se io non ti lascio
andare da nessuna parte?” provò lei
“Potresti dare la colpa a me”
Lui rise. “Dubito che
crederebbero al fatto che mi hai rapito”
“Uffa”
borbottò
sconsolata. Poi le venne un’idea. “E se resti a
cena? Mia madre non avrebbe
nulla in contrario, e poi è un’ottima cuoca, non
te ne pentiresti, te lo
assicuro”
Gli occhi azzurri
brillarono speranzosi, accompagnati da un dolce sorriso.
“è sleale, se
mi
guardi così non posso dirti di no” e rise
nuovamente.
“Quindi è un
si!
Yuppi! Vieni” e lo trascinò in casa prendendolo
per mano.
Aprì la porta ed
entrò
gioiosa, seguita a ruota da Terence.
“Mamma, siamo
tornati”
salutò.
“Buonasera” le
fece
eco lui.
Nel salottino che
faceva d’ingresso non c’era nessuno oltre il buio.
L’unica luce proveniva dalla
cucina e ciò faceva pensare che la famiglia fosse riunita
lì. Difatti la
signora Cross uscì dalla suddetta stanza quasi subito,
disegnando un cono
luminoso sul pavimento acconto alla sedia a dondolo quando
spalancò la porta
della camera.
“Finalmente siete
tornati, iniziavo a preoccuparmi!” li sgridò,
tenendo un tono bonario però. Poi
il suo sguardo si posò sulle mani ancora intrecciate della
figlia e del giovane,
e non poté nascondere un sorriso.
“Allora? Passata una
bella giornata?” chiese ostentando naturalezza.
Maggie e Terence si
scambiarono un’occhiata fugace.
“Si, ci siamo
divertiti, grazie” cercò di finire in fretta lei,
mentre lui diventava
nuovamente color porpora. “Ehm, mamma? Mi chiedevo se Terence
può fermarsi qui
a cenare, sai, ormai è tardi, non farebbe in tempo a
risalire sulla nave per
cenare insieme agli altri. A te non dispiace vero?” chiese,
facendo leva su
ragioni più logiche di quelle reali. Cosa inutile, dato che
la signora Karen
Cross pareva saperla più lunga di tutti e due i ragazzi.
“Ma certo, sia mai che
deve fare la strada di ritorno affamato. Comunque
c’è anche tuo padre di là,
forse è meglio che lo avvisi che abbiamo un ospite a
cena.”
A quelle parole Maggie
sentì Terence irrigidirsi. Gli strinse di più la
mano per rassicurarlo. Non
c’era nulla da temere, suo padre era sempre stato comprensivo
e aveva un
carattere calmo e riflessivo. Senza contare che era amico di vecchia
data con
Teels, anche se questo il povero Terence non lo sapeva.
“Ok, allora andiamo,
vieni Terence?” aggiunse poi rivolta al giovane.
“Eh…si, come
no”. Era
tornato nervoso. Maggie avrebbe voluto dire qualcosa per rassicurarlo,
ma con
sua madre che li guardava curiosa non poteva dire nulla.
Una volta entrati
nella piccola cucina trovarono il signor Robert Cross intento nella
lettura di
un libro, comodamente seduto su di una sedia, posta attorno ad una
tavola già
apparecchiata. L’odore del sugo che stava cocendo in una
delle tante pentole
messe sui fornelli riempiva lo spazio mettendo l’acquolina in
bocca.
Appena i due
entrarono, il padre di Maggie alzò lo sguardo dalla sua
lettura e si sorprese
alla vista di Terence. Si riprese però subito, e alzandosi
dalla sedia, con un
sorriso aperto salutò affettuosamente la figlia, per poi
rivolgersi interessato
al ragazzo.
“Buonasera, tu devi
essere Terence, giusto? Il figlio di Teels!” e gli porse la
mano.
“Esatto signore, lieto
di fare la vostra conoscenza” rispose impeccabile lui,
restituendo la stretta
di mano.
“Papà, Terence
si ferma
a cena, non è un problema, vero? La mamma è
d’accordo” si intromise Maggie.
L’uomo rivolse la sua
attenzione su di lei. “Ma certo che no Maggie, è
una buona occasione per
conoscere il figlio di Teels, sai Terence, tuo padre mi ha parlato
tanto di te,
tutte le volte che viene qui non fa che ripetere quanto sei bravo nello
studio.
Anche se si lamenta che non sembri molto interessato alla vita da
marinaio”
A sentir le parole
cordiali del signor Cross, Terence si rilassò notevolmente.
Notò con piacere
che era una persona molto cordiale. Lo invitò ad accomodarsi
alla sua destra e
iniziò a raccontargli di come aveva fatto conoscenza con suo
padre, mentre Karen
riempiva i piatti con una pastasciutta dall’aspetto delizioso
dopo avere
aggiunto le stoviglie per il ragazzo.
*
La mattina seguente
Maggie si alzò presto e alle nove in punto era pronta per
uscire. Aveva
appuntamento con Terence per le dieci, ma aveva deciso di fargli una
sorpresa e
di farsi trovare davanti alla porta della sua cabina un’ora
prima. Era sicura
che il ragazzo avrebbe gradito, in più lei era terribilmente
impaziente di
vederlo.
Controllando con
un’ultima occhiata al lungo specchio appeso nella sua
cameretta che il vestito
color pesca, il quale aveva
indossato,
fosse apposto, si apprestò a scendere la scala per dirigersi
alla porta
d’ingresso.
Venne bloccata però da
sua madre, proprio ad un passo dalla maniglia.
“Maggie, dove stai
andando?” le chiese sorridente, anche se sapeva
già la risposta.
Maggie abbassò lo
sguardo e con un sorriso imbarazzato rispose “Da
Terence”
La signora Cross rise.
“è incredibile, non riesci a stare lontana da quel
ragazzo per più di qualche
ore che subito ne senti la mancanza, e meno male che lo hai conosciuto
solo tre
giorni fa, a vedervi ieri sera sembravate fidanzati da due
anni!”
Maggie non ribatté.
Uno perché era troppo impegnata a tenere sotto controllo la
temperatura delle gote
e due perché tutto quello che le aveva detto la madre era
vero.
“Dai, vai pure, non ti
trattengo oltre, ne abbiamo già parlato ieri sera.
Però poi voglio che mi
racconti tutto!”
Il ricordo del dialogo
avvenuto tra la ragazza e la madre la sera precedente
riaffiorò in un lampo
nella mente di Maggie.
Terence era da poco
tornato alla nave, dopo aver salutato la giovane Maggie con un
tenerissimo
bacio sulle labbra e con un “sogni d’oro”
che sia la signora che il signor
Cross fecero finta di non sentire, molto educatamente.
La ragazza stava
risalendo gli scalini che portavano dritti alla sua stanza,
più leggera e
spensierata di una nuvola, quando sua madre la chiamò in
cucina. Maggie
sorpresa fece dietro front e riattraversando il salotto
entrò nella stanza dove
stavano sia sua mamma che suo papà.
“Cosa
c’è mamma?”
le chiese.
Karen lanciò
un’occhiataccia al marito, che subito balzò dalla
sedia sulla quale era
comodamente seduto, per poi uscire in fretta dalla camera con un
“ehm, non so
voi ma io sono stanco morto, vado a letto, ci vediamo domattina.
‘Notte cara,
notte Maggie” e si richiuse la porta alle spalle.
Maggie fissò
stranita la reazione del padre, per poi accomodarsi attorno al tavolo
sotto
incitazione della madre.
“Mi vuoi dire
qualcosa?” riprovò Maggie.
La donna le sorrise
e rispose “Si Maggie, volevo parlare un attimo di Terence se
non ti dispiace”
Maggie si sentì
sprofondare nell’imbarazzo più totale. Sapeva che
sua madre aveva capito come
stavano le cose, e probabilmente anche suo padre, quindi se la
aspettava una
domanda del genere, ma sperava con tutta se stessa di poterla rimandare
ancora
un po’.
“Cosa vuoi
sapere?”
domandò guardando il bordo della seggiola sulla quale si era
seduta.
“Tranquilla, non ti
voglio fare il terzo grado, voglio solo capirci un po’
meglio. Allora ti
piace?”. Maggie riuscì a guardare in faccia la
madre e non seppe se quello che
vede doveva sollevarla o spaventarla ancora di più. La
signora Cross aveva
un’espressione serena, e questo era un bene, ma pareva anche
una adolescente
alle prese con le prime confidenze dell’amica del cuore. E
ciò non prometteva
nulla di buono. Altro che terzo grado, trapelava curiosità
da ogni singolo
centimetro di pelle. La cosa sarebbe andata avanti per le lunghe.
Quanto meno
sua mamma aveva avuto l’accortezza di mandare via il padre,
era certa che non
avrebbe mai detto una parola in sua presenza, altro che imbarazzo!
Sarebbe
sprofondata nel pavimento.
“Si” rispose
sintetica. Si stava aggrappando alla lieve speranza che vedendola poco
disposta
a parlare magari la madre avrebbe lasciato perdere.
Ma la sua
interlocutrice non parve contenta. “Quanto?”
insistette. Evidentemente non
aveva intenzione di demordere.
Maggie respirò
profondamente e si arrese. “Tantissimo!”
confessò.
La signora Cross
annuì soddisfatta. “Io lo sapevo che finiva
così, dovevi vederti stamattina.
Eri tesa come una corda di violino mentre lo aspettavi. Continuavi a
dondolarti
nervosa sulla sedia a dondolo. Poi quando hai sentito il campanello sei
saltata
ad aprirgli la porta più lesta di una lepre! Comunque non
posso darti torto, è
veramente carino, poi sembra un così bravo
ragazzo.”
“Lo è,
credimi. È
dolcissimo ed è così tenero!”
confermò lei.
“Prima eravate
così
carini insieme, non sai in che modo vi guardavate a vicenda, sembravate
persi
l’uno negli occhi dell’altra, come se uno non
potesse vivere senza l’altro!”
“Mamma!”
esclamò
Maggie, diventando di nuovo rossa.
“Cosa
c’è? È la
verità! Comunque un po’ mi faceva tenerezza, era
così in tensione quando ha
saputo che c’era anche tuo padre. Meno male che poi si
è tranquillizzato. È
stato impeccabile per tutta la serata, è veramente ben
educato…”
A quel punto la
signora Cross aveva passato una buona mezz’ora a lodare
Terence, rimproverando
alla figlia solamente di non avergliene parlato il giorno prima.
La ragazza la guardò
con una finta espressione esasperata, ma poi le fece
l’occhiolino complice.
“Contaci! Ora vado, ci vediamo dopo” e corse via
sorridendo.
Percorse a grandi
passi le viuzze della cittadina già sveglia e
notò subito un fermento insolito
tra gli abitanti. La piccola popolazione di Telia parava concitata,
raggruppata
a gruppi di quattro o cinque persone. Non avevano neppure innalzato il
mercato
giornaliero. Incuriosita si fermò a chiedere spiegazioni a
Leonard, il fruttivendolo,
che camminava velocemente nella direzione opposta alla sua,
probabilmente
diretto a casa.
“Scusami
Leonard” lo
chiamò la giovane.
L’uomo si
fermò di
colpo, come cadendo dalle nuvole, e ci mise qualche attimo a
riconoscerla,
dopodichè le sorrise.
“Ciao Maggie, bisogno
di qualcosa?”
“Volevo chiederti il
perché di tutta questa agitazione. Cosa sta accadendo e
perché non ci sono le
bancarelle?” domandò curiosa.
Leoanrd la fissò prima
incredulo e poi serio. “Non mi dire che non hai ancora saputo
la novità”. Alla
vista della faccia sempre più stranita della giovane,
l’uomo scosse la testa.
“Ma dove vivete voi giovani? Ne sta parlando tutta Telia!
Stamattina presto è
arrivata al molo una nave della Compagnia della Indie Orientali con a
bordo un
grosso contingente di soldati per adempiere ad una missione al quanto
importante, anche se non hanno voluto spiegarci più
dettagliatamente la
situazione per motivi di segretezza. Comunque sia hanno iniziato da
circa un
quarto d’ora a perquisire l’isola, chiedendo
informazioni a destra e manca.” Le
spiegò grave.
“Ma cosa stanno
cercando?” la ragazza contrasse la fronte. Cosa diamine
potevano volere dei
soldati in una cittadina come Telia? Era già tanto se
sapevano che esistevano!
Iniziò a preoccuparsi.
“Faresti meglio a
chiederti chi, vedi pare che tra noi ci sia una persona accusata di
pirateria,
anche se non sono riuscito a capire chi”
Quelle parole, che per
il fruttivendolo esprimevano semplice e genuina curiosità,
ebbero invece per
Maggie un effetto devastante. Pirateria? Nell’isola non
c’erano pirati e non ce
ne erano mai stati. Allora perché cercare un bucaniere
proprio qui?
La risposta arrivò
tanto pronta quanto odiata. Angela. Lei era l’unico
collegamento che Telia
aveva con i pirati. Lei era la figlia di un bucaniere,
l’unica spiegazione
possibile era che la Compagnia cercasse
proprio lei. Ma come poteva essere? Come
facevano loro a sapere che la prole di un pirata si trovasse a Telia?
Non lo
aveva saputo nemmeno la diretta interessata fino a qualche giorno
prima! E poi
perché avrebbero dovuto dare la caccia alla figlia e non al
bucaniere
direttamente? Possibile che questo Sparrow sia talmente pericoloso da
far
pensare di dover temere anche la discendenza?
Non aveva senso.
Eppure non riusciva a pensare ad altre soluzioni.
Con il volto pallido e
preoccupato salutò precipitosamente Leonard e corse a rotta
di collo verso il
mercantile di Teels. Magari il vecchio capitano ne sapeva qualcosa di
più e
poteva dissipare i suoi timori. O per lo meno lo sperava molto
vivamente. Mano
a mano che si avvicinava a destinazione non poté non notare
tutti i soldati che
attraversavano l’isola avanti e indietro.
Quando arrivò al porto
si bloccò di colpo. Ormeggiata accanto alla nave di Terence
stava tranquillo un
altro veliero. Un veliero che portava il logo inconfondibile della
Compagnia
delle Indie Orientali. Sulla banchina c’erano molti uomini
della marina. Cercò
di ignorarli e andò dritta sul ponte del mercantile.
Appena fu sopra il
legno rosso, venne accolta da un Terence in agitazione.
“Maggie! Cosa ci fai
qui?” le chiese abbracciandola.
“Inizialmente volevo
farti una sorpresa, ma ora mi piacerebbe parlare con tuo padre di cosa
sta
accadendo” rispose sciogliendo l’abbraccio.
“Intendi
l’arrivo dei
soldati?” dal tono buio del giovane, Maggie intuì
che era preoccupato per la
faccenda quanto lei.
“Si, ne sapete
qualcosa?” chiese apprensiva.
“Mio padre stamattina
ha cercato di farsi ricevere dal capitano del veliero per farsi dare
spiegazioni, ma è stato respinto in malo modo dalle guardie,
le quali gli hanno
detto molto poco cortesemente di farsi gli affari propri.”
Maggie sospirò delusa
abbassando la testa. “Quindi non sapete chi stanno
cercando?” domandò senza
speranze.
“Ehm…in
effetti si”
confessò Terence.
La ragazza alzò lo
sguardo di botto. “Si? E chi è?”
domandò in preda all’agitazione.
Lui parve restio a darle
la risposta, ma alla fine vuotò il sacco.
“Margaret, promettimi che non andrai
in escandescenza quando te lo dirò, giurami che non farai
nulla di avventato.”
Cominciò.
La giovane lo guardò
spazientita. “Terence!” lo ammonì.
“Va bene. Stanno
cercando…Angela. È accusata di pirateria. Abbiamo
sentito chiedere ad alcune
persone se la conoscevano e se sapevano dove abitava”
Esattamente quello che
temeva. I suoi presagi erano fondati. Maggie si sentì
mancare l’aria e per un
attimo le sue gambe cedettero. Fortunatamente Terence fu celere a
sorreggerla.
“Maggie, per favore
Maggie, stai calma, non hanno la benché minima idea di dove
possa essere Angela
e non possono neanche immaginare che noi sappiamo qualcosa. La tua
amica è al
sicuro” cercò di confortarla lui.
Maggie scosse la testa
e parlò senza pensare “No, no! C’e
un’altra persona che sa troppo. Johnatan.
Angela gli ha detto chi era suo padre genetico prima di andarsene.
Sicuramente
saprà che lo ha detto anche a me, e confesserà
tutto senza pensarci un attimo.
Così verranno a sapere che siamo coinvolti anche tu, io e
Teels e verranno ad
interrogare anche noi. Oh no!”
Era sull’orlo di un
collasso emotivo.
Terence non capì una
sola parola del discorso della ragazza, ma decise di prendere in mano
la
situazione. “Allora dobbiamo impedirgli di raggiungere
Johnatan e poi noi.
Dobbiamo andare a casa di Angela e evitare di farlo parlare con i
soldati. Ma
tu mi devi raccontare tutto quello che sai, perché Angela
è accusata di
pirateria, cos’ha fatto? E cosa c’entra il padre
naturale?” cercava di tirare
le somme di quell’assurda situazione.
Maggie ci pensò un
attimo. Quel ragazzo dopotutto stava aiutando sia lei che Angela e non
aveva
chiesto nulla in cambio. La fiducia se l’era guadagnata a
pieno diritto. Era
certa che quel punto Angela non avrebbe avuto nulla da ridire.
“Hai ragione, devi
sapere. Il giorno in cui Annalisa è morta, Angela
è venuta a conoscenza
dell’identità del padre genetico, un certo Jack
Sparrow, non sappiamo chi sia,
anche se Angie era convinta che si trattasse di un pirata, dal momento
che sua
madre le aveva consigliato di iniziare le ricerche da Tortuga. Ed
è proprio per
quello che è partita e vi ha chiesto di accompagnarla a
Benprett, per andare
nell’isola dei bucanieri a cercare questo Jack. Ora non so se
l’ha trovato o se
è ancora nel porto dei pirati, ma sono certa che sia
già arrivata a destinazione
conoscendola.” Raccontò brevemente.
Alla sua piccola
spiegazione sentì le braccia di Terence, che ancora
l’abbracciavano,
irrigidirsi. “Angela è andata a Tortuga? Da SOLA?!
Ma quella ragazza è uscita
di senno! Come pensa di cavarsela in un posto del genere? Per cercare
una
persona che potrebbe essere ovunque poi…” la voce
del ragazzo si perse.
Maggie si aspettava
una reazione del genere, d’altronde anche lei era rimasta
sorpresa quando
l’amica le aveva esposto i suoi piani. Ma al contrario di
Terence, lei aveva
anche la certezza che Angela
sarebbe
riuscita nell’impresa. Lei riusciva sempre in tutto quello
che si prefissava,
di certo questo non avrebbe fatto eccezione. Quello che non comprese fu
però lo
sguardo quasi spiritato che il ragazzo le rivolse dopo la sorpresa
iniziale.
“Terence, tutto
bene?”
Maggie gli accarezzò il volto. Era divenuto pallido e stava
sudando freddo. Non
ricevendo risposta lo chiamò di nuovo. Questa volta Terence
sembrò riprendersi
dallo stato si semi shock in cui era caduto e si rivolse a lei con voce
rauca.
“Hai detto
J…Jack
Sparrow? Il padre di Angela è il Capitan Jack
Sparrow?!” quasi urlò.
“Shh! Abbassa la
voce!” lo rimproverò. “Si,
perché sembri sconvolto? Lo conosci?” chiese senza
capire.
“Se lo conosco?
Maggie, è uno dei pirati più conosciuti dei sette
mari! È scampato ad
un’impiccagione, è sparito sotto gli occhi di
sette agenti della compagnia
delle Indie ed ha affrontato l’intera marina britannica
lottando prima contro e
poi affianco all’Olandese Volante. Si racconta che sia
addirittura sfuggito
alla morte ritornando dallo scrigno di David Jones! Probabilmente
è il
bucaniere più ricercato di tutto il mar dei
Caraibi!”
Questa volta toccò a
Maggie rimanere sorpresa e scioccata. Angie aveva supposto che il
genitore
fosse un pirata ma di certo non avrebbe mai immaginato che fosse
così
conosciuto.
Ci volle una manciata
di secondi per farsi che la giovane assimilasse la notizia.
“Wow, accidenti! E
Angela non lo sa nemmeno! Dovremmo avvertirla in qualche modo, ma come?
Però
questo non spiega perché la Compagnia
vuole arrestare Angela. Dovrebbero cercare questo Jack
se è tanto pericoloso non lei, la mia amica non è
una piratessa!” cercò di
ragionare.
Terence negò la testa
e sorrise mesto. “Mai sentito il detto “le colpe
ricadono sui figli”? Calza a
pennello dato che secondo le leggi sulla pirateria, chiunque sia
accusato di
pirateria, venga accompagnato, aiuti o discenda da un pirata
è punibile con la
morte. In qualche modo devono aver scoperto la parentela tra Angie e
Sparrow e
ora vogliono arrestarla”
“Ma non ha
senso!”
protestò Maggie.
“Per i soldati non
deve aver senso, loro ubbidiscono e basta. Ma ora dobbiamo sbrigarci,
dobbiamo
andare a casa di Angela” le ricordò.
“Giusto,
muoviamoci!”
I due ragazzi si
avviarono a passo svelto verso la banchina, prendendosi per mano.
L’istinto di
Maggie era quello di correre, ma sapeva che probabilmente
così facendo avrebbe
solamente attirato l’attenzione. Prima era stata avventata,
difatti si era
guadagnata fin troppo occhiate curiose da parte dei soldati, anche se
per
fortuna non l’avevano fermata.
Maggie condusse il
giovane fino ad una stradina secondaria, lontano da sguardi indiscreti,
da lì
in poi potevano procedere a rotta di collo verso
l’ex-abitazione dell’amica.
Quando videro le
vetrate rotte della vecchia locanda si fermarono. Si accorsero subito
che i
soldati purtroppo li avevano già preceduti dalle urla le
quali provenivano
all’interno.
“Vi ho sgia det..to..
che gnogn lo ssso! Gnogno la
benché….benché minima ideaa di dove
quella
dissssgrasiata scia andata!”
“e la voce di
Johnatan” sussurrò Maggie a Terence.
Il giovane annuì poi
disse: “Avanti, cerchiamo di avvicinarci senza farci
vedere”
Mano nella mano i
ragazzi circumnavigarono il piccolo edificio fino ad arrivare ad una
porta sul
retro, l’unica ancora intera fatta eccezione per due vetri in
alto, perfetta
per origliare senza essere presi. Dalla finestrella più in
basso si poteva
scorgere l’interno. Cinque uomini della marina britannica
avevano circondato il
locandiere ubriaco il quale seduto su di una sedia e tremante come una
foglia,
guardava i soldati spaventato.
“Allora dicci quello
che sai, a meno che tu non voglia essere arrestato per
complicità” lo intimò il
più robusto dei cinque.
Johnatan fece un
piccolo saltò dalla seggiola ove stava e annuì a
scatti con la testa.
“Scciii, vi
diRRò
quelo che scio. È andata via credo una scettimana fa da
sciola sciu di un…una
di quelle navi con le mersci, un…un mercantile! Ecco, sci,
un mercantile! Non
mi ha voluto dire la sciua descitinasione, quella piccola ingrata sce
né andata
lassssciandomi qui da sciolo!” esclamò.
I cinque marinai si
guardarono l’un l’altro, poi il primo che lo aveva
interrogato riprese la
parola.
“Ma qualcuno deve pur
sapere dove la ragazzina sia diretta! Avanti parla!” gli
ordinò.
“Gnogno lo
scio!”
insistette Johnatan.
Il soldato a quel
punto perse la pazienza e prese il locandiere per la collottola,
facendolo
alzare in piedi di peso. “Io fossi in te ci penserei bene! Ti
ripeto la
domanda, chi altri conosce qualcosa riguardo al viaggio della
ragazzina?”
Johnatan ebbe un
tremito. “Ok, ok!! Forse può darsci che Maggie
sciappia qualcoscia di più”
chiosò.
Quando la ragazza udì
il suo nome uscire dalla bocca del padre adottivo di Angela, si
sentì morire.
Era successo esattamente quello che temeva. Adesso i soldati sarebbero
andati a
casa sua, l’avrebbero perquisita e avrebbero interrogato
anche sua madre nel
vedere la sua assenza. Potevano anche decidere di accusarli tutti per
pirateria! Ora cosa avrebbe fatto?
Si sentì mali,
iniziò
a respirare sempre più velocemente e divenne pallida.
Terence allora le strinse
ancora di più la mano e le passò un braccio
attorno alla spalla, per
rassicurarla. Fece poggiare la testa della giovane sulla sua spalla e
le baciò
i capelli.
“Shh, rimani calma,
stiamo a vedere cosa accade” le sussurrò
all’orecchio attento a non farsi
sentire dalle sei persone al di là della porta.
“Chi è questa
Maggie?”
non contento il marinaio aveva dato un altro scossone a Johnatan.
“è la miglior
amica di
Angela, sciono scerto che sciappia qualcoscia più di
me!”. Il locandiere
sperava di convincere i soldati a lasciarlo stare.
“Sei certo che sappia
qualcosa?”
“Sci sci, ne sciiiono
scicuro!”
“Sarà meglio
per te.
Come fa di cognome e dove possiamo trovarla?” si
informò un altro militare.
“Sci chiama….
Margaret
Crosscc ed …abita a qualche isciolato da qui,
…sciulla via del porto!”
balbettò.
I soldati stavolta
parvero soddisfatti della confessione, e il più nerboruto
ributtò Johnatan
sulla sedia in malo modo.
“Spero per te che sia
la verità, in caso contrario torneremo molto
presto!” fu l’ultima
intimidazione, dopodichè se ne andarono di gran carriera,
lasciandosi alle
spalle l’uomo intimorito e tremante dalla paura.
Intanto Maggie e
Terence si erano alzati in piedi e cercando di fare meno rumore
possibile si
erano allontanati in tutta fretta dalla vecchia locanda.
Quando furono
abbastanza lontani, Terence si rilassò un poco e si
voltò a guardare in viso la
ragazza. Solo allora notò che quest’ultima stava
piangendo sommessamente. Era
pallida come un cencio e aveva cominciato a dondolarsi avanti e
indietro in
preda ad una piccola isteria. Il giovane ebbe una stretta al cuore nel
vederla
così impaurita ed indifesa. L’abbracciò
di slancio, come se potesse bastare a
proteggerla da tutto e tutti. Iniziò ad accarezzarle la
schiena con la mano
destra, in senso orario, per tranquillizzarla, mentre con la sinistra
la
stringeva di più a sé.
“Maggie, amore,
calmati, fai dei bei respiri profondi, possiamo farcela. Ora andiamo
direttamente alla nave di mio padre e salpiamo subito. Non possono
sapere che
eri con me, quando lo sospetteranno noi saremo già
lontani.” tentò di calmarla.
Le dolci parole però non ebbero effetto, Maggie era caduta
come in una specie
di trunce causato dal panico.
Terence decise allora
di scuoterla prendendola per le spalle.
“MAGGIE!” le
urlò
“Riprenditi, devi scappare, dobbiamo muoverci,
forza!”. La scossa funzionò.
Maggie parve ritornare in sé e guardò il ragazzo
terrorizzata.
“Terence, mia madre,
mio…mio padre!” balbettò.
Il ragazzo la fissò
confuso. Cosa c’entravano loro? Erano lei che stavano
cercando!
Maggie lesse la
domanda negli occhi del ragazzo e si apprestò a spiegare
velocemente. “Andranno
a casa mia e non vedendomi interrogheranno i miei! Li accuseranno di
complicità
e chi sa cosa gli faranno, potrebbero sbatterli in prigione o
addirittura
imp…impi..” non riuscì nemmeno a
terminare la frase che venne colta da un’altra
ondata di lacrime. “Devo avvertirli! Non…non posso
andarmene così! E poi non
faranno partire la nave, sospetterebbero qualcosa già da
subito! Johantan ha
confessato che Angie se n’è andata a bordo di un
mercantile, ci metteranno poco
a capire che è lo stesso ormeggiato al molo!” la
disperazione trapelava da ogni
parola.
Terence
finalmente comprese e si diede mentalmente
dello stupido per non averci pensato prima. Decise di prendere in mano
la
situazione.
“Hai ragione, allora
facciamo così. Tu vai alla nave e ti nascondi nella stiva
senza dare
nell’occhio. Non dovrebbero fermarti, non sanno che aspetto
hai. Intanto io
vado a casa tua e avverto i tuoi. Stai tranquilla. Sarò a
casa tua prima di
loro. I soldati impiegheranno più tempo di me in quanto non
conoscono la
strada. Ma dobbiamo fare in fretta, devi andare da mio padre
ora!”
Maggie scosse la
testa. “Non ti lascio andare là da solo, vengo
anche io! Devo venire, conosco
una scorciatoia e poi i miei daranno più credito a me,
riuscirei a convincerli
prima!”
“Ma se ti vedono a
casa tua, capiranno subito che sei la ragazza che cercano e ti
prenderanno”
cercò di farla ragionare lui.
“Terence, non posso
rischiare che i miei genitori vengano presi! Non sto chiedendo il tuo
permesso,
io vado da loro, punto e basta” affermò prendendo
un briciolo di risolutezza.
Terence si arrese. Non
c’era più tempo, dovevano muoversi, non poteva
rimanere lì e provare a farla
agire come desiderava lui, ovvero mettendo in cima alle
priorità la salvezza
della ragazza. Anche perché sapeva che non ci sarebbe
riuscito, era convinto
che non avrebbe mai lasciato la famiglia in pericolo mettendo davanti
se
stessa, anche se era lei che correva il rischio maggiore. Era troppo
altruista.
“Va bene,
andiamo!”
acconsentì rassegnato.
Iniziarono a correre
di nuovo. Maggie lo guidò attraverso le vie laterali e
più piccole, per passare
in osservato e per raggiungere prima la destinazione. Raggiunsero la
casa della
ragazza dopo una manciata di minuti. Maggie provava l’istinto
di buttarsi a
capofitto addosso alla porta, ma Terence la trattenne per un braccio.
Lei lo
guardò interrogativa e lui, per tutta spiegazione, fece
segno di guardarsi
attorno. Solo dopo aver appurato che non ci fossero soldati nelle
vicinanze la
lasciò andare.
Margaret si precipitò
in casa, aprendo la porta di botto.
“Mamma!”
esclamò con
il fiatone a causa della corsa. Notando che il salottino il quale
fungeva da
entrata era vuoto, si fiondò in cucina, dove
trovò la madre intenta a preparare
il pranzo. La signora Cross alla vista della figlia la quale le veniva
incontro
spaventata e sconvolta, lasciò perdere pentole e mestolo e
le andò in contro.
“Maggie,
cos’è
successo? Stai male?” le chiese apprensiva.
La giovane ignorò
l’ultima domanda e rispose. “Mamma, i soldati,
stanno venendo qui! Vogliono
arrestare Angela e vogliono interrogare noi sul dove si trovi! Dobbiamo
andarcene subito, dov’è papà?”
La madre la guardò
attonita per un attimo, infine la guardò dritta negli occhi
e disse. “Margaret,
cosa diamine stai dicendo? Perché la vogliono arrestare e
perché dovrebbero
interrogare noi? Non ha senso!”
Maggie la fissò
disperata. Il tempo intanto correva veloce. Sarebbero arrivati tra poco.
“è accusata di
pirateria. Ora per favore signora Cross, tra poco i soldati saranno
qui,
dobbiamo sbrigarci. Dovete venire con me e sua figlia sulla nave di
Teels, lì
sarete al sicuro mentre io vado a cercare vostro marito. Vi spiegheremo
tutto
in seguito, glielo assicuro.” Si intromise Terence che
intanto si era
riavvicinato a Maggie e l’aveva presa per la vita mentre le
accarezzava un
braccio per tranquillizzarla.
Il ragazzo cercava
anche lui di mantenere la calma, ma in realtà era agitato
quanto la giovane che
stringeva a sé, e ciò traspariva dal tremolio
nella sua voce.
Karen ora fissava tutti
e due a metà tra lo scetticismo e l’inquietudine.
Nel vedere però che sia la
figlia che Terence rimanevano seri e in apprensione,
l’inquietudine scacciò
definitivamente lo scetticismo. Il sangue le defluì dalle
guance e fissò la
figlia impaurita.
“Oh mio Dio, Maggie
dici sul serio? Ma perché! Non capisco! Sei certo che la
nave sia un posto
sicuro? E poi dove dovremmo andare…?”
“Da nessuna
parte”
Una voce forte e
possente risuonò nel piccolo spazio della cucina. Una voce
già udita sia da
Terence che da Maggie solo pochi minuti prima. La voce del soldato
più
massiccio. Erano arrivati, era troppo tardi.
La signora Cross balzò
sul posto e fissò il marinaio sulla porta della cucina
terrorizzata. Maggie
prese a tremare più forte sotto l’abbraccio di un
Terence altrettanto
spaventato, anche se cercava di non darlo a vedere per far forza alla
ragazza.
Tutti e tre guardarono
verso il salotto e i giovani riconobbero gli altri quattro soldati
visti
precedentemente alla locanda. Tutti impettiti e con cipiglio severo, li
squadravano al loro volta.
“Non vogliamo farvi
del male, quindi non costringeteci ad usare le maniere forti. Se
collaborerete
saremo tutti più felici, ve lo posso assicurare”
incominciò il milite più
vicino a loro. Evidentemente doveva essere il capo del piccolo manipolo
di
soldati dinanzi a loro. Squadrò dall’alto in basso
i due giovani e la signora
Cross, e si soffermò su Maggie. “Tu devi essere
Margaret, giusto?” osservò con
tono beffardo.
La ragazza ebbe un
tremito e Terence la strinse ancora di più tra le sue
braccia, come se potesse
nasconderla alla vista dei soldati.
L’uomo annuì.
“Perfetto. Ascolta, nessuno di noi vuole farti del male,
pretendiamo solo
alcune risposte, intesi?” il soldato prese una delle sedie
attorno al tavolo e
si adagiò comodo continuando a tenere lo sguardo fisso su
Maggie, la quale lo
squadrava con gli occhi sgranatati dalla paura.
“Allora, sappiamo che
conoscevi la signorina Angela, vogliamo semplicemente sapere dove
è andata e
perché.” Domandò senza tanti giri di
parole.
La ragazza non
rispose. Primo perché era come paralizzata dal panico e
secondo perché non
poteva. O meglio non voleva. Non avrebbe tradito Angela, la sua
migliore amica,
era certa che quest’ultima non l’avrebbe mai fatto
se si fossero capovolte le
parti.
“P…perchè
volete
sapere di Angela? È una brava ragazza, non ha mai dato
fastidio a nessuno!”. Karen
trovò finalmente il coraggio e la forza di aprire bocca.
Il soldato rivolse la
sua attenzione su di lei e sorrise maligno. “La
‘brava ragazza’, come la chiamate
voi, è una piratessa e noi abbiamo il compito di portarla a
Port Royale per
processarla”
La madre di Maggie
sbiancò davanti alla risposta lapidaria. “Ma
…Come … come potete fare
insinuazioni del genere? Come potete provarlo?”
cercò di ribattere.
Il sorriso del
marinaio si allargò ancora di più. “Osa
forse mettere in dubbio la nostra
autorità e la nostra competenza su suddette cose? La ragazza
è una fuorilegge e
noi dobbiamo arrestarla, ora o fate i bravi e ci aiutate nel nostro
incarico
dicendoci tutto ciò che sapete, oppure verrete accusati di
complicità. A voi la
scelta.” Le parole calme e glaciali del soldato sortirono il
loro effetto.Maggie
si strinse più forte a Terence, mentre
quest’ultimo cercava di calmarla
cullandola tra le sue braccia.
La ragazza però si
fece forza e riuscì a balbettare una risposta.
“Non so ….n…niente su dove si
trovi ora Angela”
“Le menzogne non
aiuteranno la tua situazione, signorina, sappiamo per certo che tu
conosci la
meta della giovane, quindi prima ti decidi a parlare meglio
sarà per tutti,
credimi”
Maggie tacque. Non
sapeva cosa doveva fare, oltre la paura che le annebbiava la mente,
sapeva che
esistevano solo tre strade possibili: la prima era tradire Angela,
confessare
tutto e salvare da quella situazione sua madre e Terence. Sempre
confidando che
gli avrebbero lasciati stare veramente. Ma poteva fare questo alla sua
migliore
amica, quasi una sorella? Consegnarla nelle mani del nemico? Che
persona e che
amica sarebbe stata? No, non poteva. Si sentì in colpa per
averci anche solo
pensato.
Ma dall’altra parte se
non avesse parlato avrebbe messo tutti quanti nei guai, guai seri.
L’unica era la terza
via: continuare a mentire e sperare di essere convincente.
“Vi ripeto che non ho
la benché minima idea su dove possa trovarsi Angela. So che
è partita è vero,
ma non mi ha voluto dire la sua meta” affermò con
voce un poco più ferma di
prima.
Il soldato allargò il
ghigno e si propense in avanti, verso la ragazza.
“Ne sei certa?”
chiese
mellifluo.
Maggie si ritrasse
indietro, cercando riparo tra le braccia di Terence.
“S…si”
L’uomo scosse la testa
lentamente. “Va bene, se ne sei così certa non ti
dispiacerà salire sulla nave
con noi e ripetere le tue affermazioni al Commodoro, dico
bene?”
La signora Cross e la
figlia divennero cerulee. Terence decise di prendere la parola in
difesa della
ragazza.
“Non vedo
perché ….scomodare
un’autorità come il Commodoro per una falsa pista.
Margaret non sa nulla su
Angela, le vostre informazioni devono …essere
sbagliate” esclamò cercando di nascondere
il breve tremolio nella voce.
Gli occhi del marinaio
si spostarono su di lui. “Perché lo dico io
ragazzo, questo ti è sufficiente? La
ragazza sa più di quello che dice, lo si vede lontano un
miglio, e io ho l’ordine
di portare al cospetto del Commodoro Trevis la fonte più
ricca di notizie che
riusciamo a trovare. Quindi ora o taci e stai al tuo posto, oppure
verrai con
noi a Port Royale per subire un processo con l’accusa di
depistare le indagini
relative alla ricerca di un pirata.”
Terence in uno slancio
di coraggio stava per ribattere. Non avrebbe lasciato Maggie da sola
con quegli
uomini, come minimo sarebbe andato con lei anche a costo di essere
impiccato. Maggie
se ne accorse e intuendo le mosse del giovane gli strinse forte il
braccio e
gli sussurrò un “No” quasi
impercettibile. Terence la guardò sorpreso. Infischiandosene
dei soldati si rivolse apertamente a lei. “No cosa? Io non ti
lascio, vengo con
te ovunque tu vada”
Maggie abbassò lo
sguardo. Forse Terence non poteva capire, ma mentre lui aveva tremato
alle
parole del soldato, lei aveva tratto un respiro di sollievo
intravedendo un
improvviso barlume di speranza. Sapeva perfettamente che i marinai non
l’avrebbero
lasciata andare ma forse poteva evitare che prendessero anche Terence e
sua
madre e non avrebbe permesso al ragazzo di mettersi in pericolo per
lei. Forse
se li avesse seguiti senza opporre resistenza, sarebbe riuscita a salvare le persone a lei
care. “No” ripeté
poco più forte.
Terence la prese per
le spalle e la scosse leggermente. “Maggie, ti rendi conto di
quello che stai
dicendo? Vuoi andare con loro senza battere ciglio? Sei
impazzita?”
Il soldato nerboruto
scoppiò a ridere. “Oh finalmente la ragazza sta
facendo la cosa giusta e a quel
che vedo ha più fegato di te, giovane. Avanti, non ho tutto
il giorno per
portare a termine un compito del genere!” facendo stridere la
sedia contro le
assi di legno del pavimento, l’uomo si alzò e si
diresse verso Maggie che
ancora fissava Terence quasi con le lacrime agli occhi. Ovvio che non
voleva
lasciarlo, ma se davvero gli voleva bene non poteva mettere a
repentaglio la
vita di lui per il sentimento egoista di stargli vicino.
“Lasciami andare”
sussurrò.
Il marinaio era
arrivato accanto a loro e aveva strattonato Maggie per un braccio.
“NO!” gridarono
in
coro la madre della giovane e Terence.
“Lei non ha fatto
niente, non potete portarla via!” urlò la signora
Cross. Intanto Terence cercava
di frapporsi tra l’amata e il soldato.
Quest’ultimo rise
malignamente. “Ti avevo sottovalutato ragazzo, allora non
è vero che non hai
coraggio!”
“Lasciatela
andare!” ringhiò
Terence, ignorando la frase del soldato. Preso da una grinta
improvvisa, più
dettata dalla disperazione che da un effettivo coraggio,
provò a prendere la
mira per tirare un pugno in pieno volto all’uomo che ancora
teneva Maggie per
un braccio. Il risultato fu disastroso. Il marinaio sovrastava Terence
di
cinquanta centimetri buoni, era una lotta impari. Mentre Maggie
urlò il nome
del ragazzo, quest’ultimo venne bloccato dal soldato, che
senza sforzo
intercettò il pugno e strinse la mano di Terence tra la sua
fino a farla
scricchiolare. Il giovane si lasciò sfuggire un grido
soffocato, e solo quando
cadde in ginocchio dal dolore il soldato lo lasciò andare
soddisfatto.
“Paul, Frank voi
rimanete qui e bloccate il piccolo cavaliere finché non
avrò portato la
signorina sulla nave, dopodichè raggiungeteci assicurandovi
che né lui né la
donna non vi seguano. Voi altri seguitemi, andiamo dal
Commodoro” comandò
rivolgendosi autoritario e beffardo ai soldati alle sue spalle.
I due uomini che
dovevano essere Paul e Frank affiancarono immediatamente Terence,
braccandolo
per le spalle.
“Maggie, piccola mia,
no!” esclamò la madre della giovane, scoppiando in
lacrime.
“Margareth!” le
fece
eco Terence, mentre osservava impotente l’uomo robusto
portarla via. Il dolore
alla mano era terribilmente forte, di sicuro gliela aveva fratturata in
più
punti, ma in quel momento era sovrastato dal male che la vista di
Maggie che
veniva trascinata via da lui gli procurava.
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Capitolo 11 *** 11_Quando il passato bussa alla porta ***
ciao
Note
dell'autrice:
Ciao
a tutti^^!! Incredibile ma vero, dopo mesi di latitanza sono riuscita a
tornare^^ ormai non ci speravo più, hihi^^ ma ce
l'ho fatta! Mi dispiace tantissimo per questo ritardo enorme,
scusateeeeeee!!!!! Sono stata super impegnata e nn sono più
riuscita a scrivere nulla, sigh! Però mi impegno a postare
con più frequenza, sul serio^^ anke perchè il
prox cap sarà uno dei più importanti, ma
già qui c'è una piccola sorpresa finale, anke se
sn sicura che qualcuno di voi lo aveva già intuito ^^ nn vi
dico altro, vi lascio al capitolo ^^ un grazie va a tutti quelli che
hanno letto la mia ficcy e a quelli che l'hanno messa tra i preferiti^^
grazieeee^^!
Ringraziamenti:
Dj Kela: Ciao^^! Ce l'ho fatta a tornare,
yuppie^^ e ho visto che anke tu hai aggiornato, al più
presto leggerò il cappy, promesso^^ efp mi mancava troppo ^^
hih^^ Ti ringrazio per aver recensito il cap 10 e sn contenta che ti
sia piaciuto, ^^ glasie^^ anke io dubito che esistano ancora ragazzi
come Terence purtroppo, però la speranza è
l'ultima a morire, siamo fiduciose dai^^ hihi^^ Sn felice ke la mamy e
il papi di Maggie ti siano piaciuti, grazie^^ Angy purtroppo la stanno
cercando con molto accanimento, il nome Sparrow è un
catalizzatore di soldati già di per sé ma non
sarà solo questo il motivo, tra poco si capirà
meglio^^ La povera Maggie se la passerà brutta,
xò è un'amica fedele e non aggiungo altro^^ La
fossa per il nostro caro
amico te la scavo io volentieri, odio più il suo personaggio
di quello di Nap, hihi^^!! Il consiglio di alternare le vicende
è ottimo e lo devo tenere presente, grazie^^ solo che i
fatti del cap 10 dovevano per forza venire prima di questi del cap 11.
Spero ke anke qst cappy ti piaccia, aspetto la tua recensione^^
tvtttttb kisskisses 68Keira68 ^^! PS: appena riesco correggo la "e" di
Port Royal ^^ grazie per avermelo detto^^
sesshy94: Ciao!! Ma certo ke sei sempre in
tempo e sono felicissima ke hai recensito e che ti sia piaciuto, grazie
per i complimenti^^!! Maggie come ho detto nn passerà dei
bei momenti, ma si vedrà meglio prossimamente^^ cmq credo
che Terry vadi bene, o anke Ter^^ spero ke anke qst cappy ti piaccia
e aspetto una tuo parere su qst cappy^^ kisskisses ^^
68Keira68^^!
Auguro una buona lettura a tutti!
kisskiss
68Keira68
11_ Quando
il passato bussa alla porta
“TERRA!”
L’urlo
dell’uomo di
vedetta giunse dritto nelle orecchie di Angela. Era comodamente seduta
su uno
degli scalini che portavano al ponte di comando intenta a lucidare la
sua
preziosa spada ma appena udì quella magica parola,
balzò sul posto.
Terra!
Siamo arrivati, evviva! Non vedevo l’ora!
Si precipitò con gioia
al parapetto. Era una bella giornata, il sole picchiettava caldo e
sentiva i
suoi raggi sopra la nuca superare la lieve protezione del cappello.
Fortunatamente però la leggera brezza che soffiava
accarezzandole le gote le
dava il sollievo necessario per sopportare quel cerchio luminoso.
Erano passati tre
giorni da quando era salita a bordo, eppure le sembrava di far parte
della
ciurma da una vita. Non si era mai sentita così a suo agio
in nessun altro luogo,
neppure a Telia tra i posti che l’avevano vista nascere. Il
primo giorno era stata
la distrazione di turno per la ciurma, ogni pirata sembrava ansioso di
conoscerla per metterla alla prova. Ma lei si era distinta da subito,
sistemandoli il pomeriggio del secondo giorno a bordo, quando un ometto
di nome
Pintel le si era avvicinato con un sorriso sornione…
“Ehi bambolina!
Come andiamo? Vi trovate bene a bordo Miss Sparrow?”
Angela era
appoggiata con la schiena all’albero
maestro e osservava ammaliata suo padre, che dal ponte di comando
dirigeva
l’intera ciurma apparentemente senza il minimo sforzo.
Dettava ordini a
destra a manca e si assicurava di mantenere
la rotta. Se avesse dovuto coordinare lei tutta quella gente
probabilmente la
Perla sarebbe colata a
picco!
La voce del pirata
la riportò alla realtà e rivolse uno sguardo
nella sua direzione. Un
bracconiere tra i quaranta e i cinquanta, quasi calvo, più
largo che alto, le
si parò dinanzi con un’aria furbetta. Lo aveva
già incontrato un paio di volte
quella mattina, ma non si era ancora avvicinato, limitandosi a
guardarla con
aria compiaciuta. Ad Angela stava antipatico di primo acchito. Aveva
chiesto a
Gibbs come si chiamasse, e se la memoria non la ingannava doveva
rispondere al
nome di Pintel.
Lo squadrò
dall’alto
in basso con fare critico alzando un sopraciglio.
“Bisogno di
qualcosa?” chiese ironica, senza preoccuparsi di celare il
fastidio che le
procurava l’espressione dell’uomo.
“Come siamo
scortesi, volevo solo conoscervi!” fece un altro passo nella
sua direzione.
Angela non arretrò ma affilò lo sguardo. Puzzava
di rhum lontano un miglio,
tanto da farle storcere il naso. La falsa galanteria con la quale si
rivolgeva
a lei stonava terribilmente sulla sua bocca. Si vedeva che era fasulla
lontano
un miglio. Anche Gibbs la nominava sempre con l’appellativo
Miss, ma
pronunciato da lui acquisiva tutto un altro significato, più
sincero. Ad Angela
il buon vecchio marinaio ricordava i mentori buoni e quasi paterni
delle fiabe,
quelle persone dotate di una pazienza infinita, se si tralasciava per
un attimo
il fatto che rimaneva un pirata.
“Il mio nome lo
conoscete, mastro” gli rispose.
Pintel sogghignò.
“Sai, non pensavo che il nostro capitano avesse una figlia
tanto bella. È un
peccato che non ti abbia portata a bordo prima, avremmo avuto un
piacevole
passatempo nei momenti bui” insinuò viscido,
abbandonando definitivamente una
parvenza di cortesia.
La ragazza non poté
nascondere un ghigno divertito. Nonostante la rabbia che sentiva salire
prepotente e il disgusto che si faceva strada dentro di lei, non
poté non
provare un po’ di pena per l’uomo che le stava di
fronte. Era vecchio, grasso e
probabilmente tutto fumo e niente arrosto. Senza contare che non doveva
nemmeno
brillare per intelligenza se davvero pensava seriamente di provarci con
la
giovane. L’aveva presa per una fanciullina indifesa?
Sospirò, non voleva
tirare fuori la spada al secondo giorno di navigazione, però
se fosse stata
costretta non si sarebbe di certo fatta problemi del genere.
“Sai, io ti
consiglio vivamente di andartene, hai preso un abbaglio, gira a
largo.” Gli
intimò quasi divertita vedendo il mutarsi
dell’espressione di Pintel, da
spavaldo a sorpreso.
Ma il pirata si
riprese subito e riacquistato il sorrisetto di prima accostò
una mano
sull’albero maestro ove lei era appoggiata, stando alla sua
destra e accorciando
la distanza tra i due.
Ok,
ora sono problemi suoi.
“Ti ho
avvertito”
si limitò a sussurrare lei prima di svincolare abilmente
verso sinistra ed
estrarre fulminea la spada. La puntò alla gola
dell’uomo e lo fulminò con lo
sguardo, anche se parlò con un tono calmo.
“Giusto per mettere
le cose in chiaro. Sono qui unicamente per stare accanto a mio padre e
per
divenire un pirata a mia volta, non sono minimamente interessata ad
altro e ti
assicuro che ne necessitassi tu saresti l’ultima persona
dalla quale verrei.
Dal momento che non intendo aver problemi di alcuna sorta ti ripeto di
girarmi
a largo a meno che non ti rinfreschi le idee”
Pintel la guardò
confuso, ma non si soffermò molto sul volto della ragazza,
troppo preoccupato a
tenere lo sguardo fisso sulla lama puntata alla sua giugulare, ancora
sconvolto
dalla velocità con la cui aveva agito la figlia del suo
capitano e con che
freddezza tenesse in mano la spada. Si era sbagliato, quella giovane
era tutto
tranne che sprovveduta e di sicuro non era una facile preda. Era meglio
fare
marcia indietro.
“Va bene, va bene,
bambolina, non ti scaldare, stavo solo scherzando, ora me ne vado,
ok?”
farfugliò, facendo un tentativo di riconciliazione per farle
abbassare la lama.
Angela allargò il
sorriso, ironica. “Certamente, avevo compreso lo scherzo,
difatti stavo
giocando anche io, altrimenti a quest’ora ti assicuro che non
saresti più in
grado di stare in piedi. Comprendi?”
Pintel deglutì
vistosamente e si affrettò ad allontanarsi.
Angela rinfoderò la
spada e, palesemente soddisfatta della sua piccola vittoria,
lanciò qualche
occhiata furtiva in giro per il ponte. Almeno la metà della
ciurma aveva
interrotto le sue attività per vedere il loro
“gentile” scambio
di battute. Alcuni avevano
un’espressione divertita e sghignazzavano in direzione di
Pintel, altri
guardavano semplicemente Angela stupefatti. La ragazza alzò
lo sguardo verso il
padre. Lui faceva parte della categoria che rideva sotto i baffi,
orgoglioso
della figlia. La ragazza gli sorrise facendogli l’occhiolino,
dopodichè si
diresse sotto coperta. L’ultima cosa che vide prima di
scendere la scaletta fu
Jack che andava verso Pintel con un’aria tutt’altro
che amichevole. Di certo il
pirata non avrebbe passato un piacevole momento.
Quella era stata la
prima lezione che aveva impartito ad un membro
dell’equipaggio. La seconda era
arrivata a breve distanza, per la precisione la sera stessa…
Angela stava
risalendo velocemente le scale diretta alla sua cabina. Aveva cenato
assieme al
resto della ciurma e soprattutto assieme a suo padre, ma ora si era
fatto tardi
e data la stanchezza aveva deciso di ritirarsi, mentre gli altri pirati
si
stavano intrattenendo con rhum e giochi vari. Ma il suo desiderio di
raggiungere il letto non venne esaudito, in quanto verso la fine della
piccola
rampa venne richiamata da uno schiamazzo.
“Ehi, Miss Sparrow,
non vorrai mica lasciarci a quest’ora? La notte è
giovane e non hai neppure
fatto una partita”
Se l’udito non
l’ingannava, la ragazza aveva già capito da chi
proveniva la voce. Con un
sospiro si girò verso la fonte del rumore. Come si
immaginava era stato il
piccolo ma nerboruto pirata che rispondeva al nome di Martin, il quale,
seduto
al tavolo da gioco, stava distrattamente mescolando un mazzo di carte
vecchio,
consunto e sicuramente truccato.
“Ha ragione, sei
qui da quasi due giorni e non hai ancora fatto nemmeno una partita, non
vorrai
offenderci” si intromise Raghetti, il bucaniere magro come un
chiodo e con una
benda alla destra di Martin.
La ragazza si
guardò attorno. Tutti quanti la stavano guardando, suo padre
compreso,
aspettando una risposta con un sorriso sornione.
Pensano
tutti che non sappia giocare, è chiaro. Mi ha invitata
perché spera di
spillarmi soldi facilmente.
Certamente
gioia, allora cosa fai, accetti? Stanno aspettando una risposta.
Ahahah,
certo che accetto, ho gli occhi di tutti puntati contro, curiosi, credo
che se
dicessi di no mi porterebbero al tavolo con la forza. Tanto quelli che
rimarranno delusi saranno loro.
Vacci
giù piano, se si arrabbiano potresti vedertela brutta.
Bazzecole,
e poi è lui che mi ha sfidato, se dorrà del suo
male non potrà che piangere se
stesso.
“Se proprio
insistete, non sia mai che vi faccia un torto” rispose,
trattenendo a stento un
ghigno. La frase venne seguita da una piccola ovazione da parte della
ciurma e
molti “vediamo cosa sa fare” si susseguirono per un
bel po’ mentre i pirati si
ammassavano attorno al tavolo per avere una visuale migliore della
partita.
Certo
che dicono che la curiosità è donna ma gli uomini
non sono da meno.
Dopo che ebbe preso
posto tra Martin e Robbery, un altro pirata, le carte vennero date e la
partita
ebbe inizio. La fortuna era dalla sua perché ebbe subito una
bella mano. Era
cosciente di partire svantaggiata, in quanto ogni pirata seduto a quel
tavolo
aveva di sicuro quattro assi nella manica, non uno, mentre il suo caro
mazzo
truccato era a casa sua a Telia. Ma poteva comunque contare su un bluff
che non
era secondo a nessuno.
Partì il primo giro
e con esso la prima puntata. Angela tenne un’espressione
neutra per tre giri e
tre puntate, alla quarta, iniziò ad avere un’aria
grave, seguita dal ghigno di
chi pregusta già la vittoria da almeno due degli altri
giocatori. Il
collegamento era automatico; aria grave-brutte carte. Quello che non
immaginavano era che dentro di sé la ragazza aveva
semplicemente un sorriso a
trentadue denti ben nascosto. Aveva un’ottima mano, in
più aveva osservato
attentamente ogni pirata nelle varie fasi di gioco. Martin socchiudeva
gli
occhi ogni volta che mentiva, mentre Raghetti aveva il vizio di
passarsi la
lingua sul labbro inferiore per ogni bluff. Infine Robbery
si grattava il mento. E per la
precisione, in questo ultimo turno sia Robbery che Raghetti si erano
fregati
dichiarando silenziosamente ad Angela che nessuno dei due aveva in mano
ciò che
invece facevano credere, ovvero delle carte vincenti. L’unico
che sembrava non
avere mentito era Martin e quindi era l’unica persona che si
frapponeva tra lei
e la vittoria. Guardò le sue carte, aveva un poker di re
più un otto di quadri,
era stata molto fortunata, lo ammetteva, ma poteva non essere
abbastanza per
assicurarle la vittoria. Il pirata poteva avere un poker
d’assi, naturalmente
barando, ma sarebbe stata dura dimostrare che aveva imbrogliato. In
più
accusare un pirata di barare in mezzo ad altri pirati, sarebbe stata
una scelta
saggia? Ne dubitava profondamente. Però non le sembrava di
aver visto qualche
azione sospetta, tipo soffiarsi il naso o far cadere
“accidentalmente” qualcosa
per terra e chinarsi a raccoglierla. Tipici gesti di chi vuole far
scivolare
delle carte dalla manica alla mano. Decise di rischiare.
“Rilancio” lo
pronunciò con aria insicura, per far credere che stesse solo
fingendo di avere
qualcosa in mano per la quale valesse la pena esporsi.
Martin non si fece
spaventare. “Rilancio anch’io” e la
guardò con aria di sfida.
Raghetti tentenò,
come fece anche Robbery. Angela aveva visto giusto. Avevano bluffato
prima, in
realtà non avevano nulla in mano. La posta stava diventando
alta però e nessuno
dei due fu così stolto da rischiare di perdere altri soldi
quando non avevano
una possibilità di vincere. Entrambi abbandonarono il gioco
e mostrarono le
loro carte. Due quattro, due sei e un tre Raghetti, un cinque due dieci
un
quattro e un due Robbery. Meno di zero.
Martin rilanciò
ancora. Angela trasse un lungo sospiro per sostenere la sua piccola
commedia e
infine rilanciò anche lei. Martin la fissò un
momento come per analizzarla. Stava
per rilanciare nuovamente, ma cambiò idea
all’ultimo. “Bene Miss, credo sia
arrivato il momento di scoprire le carte anche per noi, non credi? Non
c’è
altro motivo per rimandare, a meno che tu sia cosciente di non potermi
battere
e cerchi semplicemente un pretesto per rinviare la sconfitta”
parecchi risero.
Angela affilò lo
sguardo, ma quando si pronunciò la sua voce era calma, anche
se fredda come il
ghiaccio. “Ma quanto siamo sicuri di sé, veramente
io speravo solo di rimandare
la figuraccia che stai per fare di fronte a tutta la ciurma. Non
è mai
piacevole umiliare una persona di una certa età, soprattutto
se la
mortificazione arriva da una persona parecchio più giovane,
comprendi?”
Si elevò un coro di
“ohh” e altre esclamazioni sghignazzate. Martin la
fulminò con lo sguardo e lei
per tutta risposta gli sorrise angelicamente.
“Invece di parlare
perché non mi fai vedere che cos’hai in
mano?”
“Prima tu”
“Come vuoi” e
le
mostrò fiero un poker di regine più un dieci
nero.
Lei finse di
sospirare e scosse la testa rassegnata. Martina allargò il
sorriso. Sorriso che
gli morì subito dopo quando vide il volto di Angela
rialzarsi e sorridere
trionfalmente. “Poker di re, gioia, spiacente”.
Martin rimase di
sasso. Partì un coro di schiamazzi vari, chi incredulo, chi
contento che la
giovane avesse battuto il pirata.
Altri tre bucanieri
si alzarono quasi in sincrono. “Vediamo se riesci a battere
anche me” un uomo
nerboruto le si piazzò di fronte e con violenza
iniziò a mescolare il povero
mazzo di carte. “Se proprio ci tieni…”
rispose serafica lei per nulla
intimorita.
Dopo cinque mani
batté anche loro. Si susseguirono altre tre partite e quando
vinse anche
l’ultima si era ormai guadagnata l’ammirazione di
tutti.
“Avete un talento
innato Miss” Gibbs le si avvicinò con un sorriso
reso ancora più gaio da
qualche boccale di rhum di troppo. Angela gli sorrise allegra
ringraziandolo.
. Jack le si
avvicinò barcollando.
Ha
bevuto troppo anche lui, mi sa.
“Complimenti,
piccola, li hai stracciati!” si complimentò.
“Grazie, però
non
sembri sorpreso”
Jack la guardò
fiero. “Sei una Sparrow, perché mi dovrebbe
sorprendere? Il poker doveva per
forza essere una delle tue doti innate”
Angela rise, e poi
si guardò attorno. Proprio in quel momento Gibbs
urlò“CIURMA! Un bell’urrà per
la
Reginetta del Poker,
Miss Sparrow!” i pirati non se lo fecero ripetere due volte,
probabilmente
lieti di avere un’altra scusa per fare ancora più
baccan. Ed Angela sentì che
il primo passo era stato portato a termine con successo.
Era stata
accettata.
“Siamo
arrivati” la
voce calda di Jack colse la ragazza alla sorpresa, sottraendola dai
suoi
pensieri. Le si avvicinò e con noncuranza le
passò un braccio attorno alle
spalle, mentre guardava verso la piccola città portuale che
si accingevano a
raggiungere.
Angela nascose la
gioia che anche quel piccolo contatto le procurava. Era stata privata
dell’amore paterno per diciassette anni e ora che lo aveva
trovato le pareva
vitale come l’aria. Ogni momento che poteva lo trascorreva
accanto a lui ed
ogni dimostrazione d’affetto era un regalo tanto agognato
quanto inatteso da parerle
immaginario.
“Non vedo l’ora
di
conoscere la signora Turner sai? È la sposa di un
personaggio leggendario,
accidenti!”
Jack sorrise.
“Bhè, di
certo è una donna imprevedibile, qualche tempo addietro non
avrei mai creduto
che si sarebbe calata nel ruolo della brava mogliettina, pareva troppo
inadatto
con la sua indole guerriera.” Aveva lo sguardo di chi sta
rivivendo momenti
passati anni addietro, e probabilmente era proprio così.
Chissà
quante ne avranno passate lui, Will ed Elizabeth. Li invidio
tantissimo, devono
aver avuto una vita davvero eccitante…
“Le persone
cambiano”
azzardò Angela, nella speranza di far scendere il padre
dalle nuvole.
Jack si riscosse.
“Certo, certo, ma sono altrettanto sicuro che alcune persone
non sanno
resistere ai vecchi vizi quando il passato ti bussa alla porta.
Comprendi?”
“Alla
perfezione.” E
si fecero l’occhiolino, complici e perfettamente in sintonia.
*
“Noi siamo pirati e ci
piace perché…
la vita è fatta per noi!
Yo-oh yo-oh
la spada, il corvo, il mare…
I veri amici, di noi pirati, che…”
“Ancora quella canzone Dan? Non hai niente di meglio da fare
che romperci i
timpani?”
Dan alzò lo sguardo su un ragazzo grosso e grasso, e con un
ego ancora più
grande.
“Effettivamente, Lex, potrei sfidarti a duello e stracciarti.
L’ultima volta ho
vinto solo cinque volte su cinque e non ti ho nemmeno rotto il naso,
potevo
fare di meglio” lo provocò.
Lex storse il naso al ricordo. “Fortuna, solo quello. Ma
continua pure a
divertirti con le canzoncine” e si allontanò di
qualche passo, riavvicinandosi
ad altri otto ragazzi e cinque ragazze, all’incirca tutti
della stessa età.
Saggia decisione, pensò il
giovane. Tornò a rivolgere lo sguardo
all’orizzonte, in una posizione
privilegiata sotto le fronde di un albero posto in cima ad un
promontorio a
strapiombo sul mare. Non stava osservando niente di preciso, cercava
solo un
modo per estraniarsi dagli altri. Dieci minuti di pausa prima di
ricalarsi nel
ruolo di capo di quello sparuto gruppo di adolescenti dai quattordici
ai diciotto
anni che si dilettava a improvvisarsi pirati di una nave immaginaria.
Lui,
Daniel, era il capitano che guidava la Spada Rossa,
la ciurma del porto di Fidelitas.
Lui e i suoi combattevano contro la banda della città
accanto, Lo Squalo. Tra
le due ciurme era guerra aperta, e in diverse occasioni non avevano
mancato di
ricorrere alla spada per decidere chi era superiore a chi e quale
capitano avesse
giurisdizione su una determinata parte di territorio. Daniel era uno
spadaccino
eccellente, il migliore tra i suoi uomini e anche tra quelli avversari,
motivo
per cui era diventato capitano della banda di Fidelitas. Combatteva
sempre in
prima linea e non senza un certo orgoglio, soprattutto nei corpo a
corpo, aveva
sempre la meglio.
“Ehi, come mai
quell’aria così pensierosa? Cosa occupa la tua
mente?” una
mano delicata gli accarezzò il volto e Denise si sedette
accanto a lui
appoggiando la sua testa sul suo collo.
È arrivata, strano che
non si sia fatta avanti prima, questa è peggio
di una piovra.
Provò semplicemente ad
ignorarla, muovendo scocciato le spalle nella
speranza di scrollarsela di dosso. La ragazza però non
demorse, anzi, si
strinse ancora di più a lui.
“Spero di non essere io a
tenerti impegnata la mente, ultimamente ho
notato che ti sei un po’ allontanato da me, se non sai cosa
fare per rimediare
lo sai che non ti devi preoccupare, basta che torni e per me
sarà tutto come
prima.” Aveva un tono così mieloso che poteva
procurargli il diabete solo
sentendolo.
Assurdo. Erano passati mesi da
quando si erano lasciati, ma lei
sembrava non aver ancora realizzato che la loro storia era finita.
Daniel decise che il silenzio con
le piovre non serviva. Doveva
risponderle, probabilmente male perché dubitava che sarebbe
riuscito a
trattenersi, ma qualcosa doveva dire. Ormai questa storia era durata
anche
troppo. Erano stati assieme un anno e mezzo, e lui non negava di averle
voluto
bene a suo tempo e di essere stato bene con lei. Ma adesso era
conclusa. Per
colpa di lei tra l’altro. Negli ultimi tempi passati assieme
si era fatta
incredibilmente appiccicosa, non lo lasciava respirare. Senza contare
la
gelosia spropositata che nutriva nei confronti di ogni essere di sesso
femmina
che si avvicinava a Daniel. Il rotto della cuffia era stata la scenata
che gli
aveva fatto davanti a tutti semplicemente perché
l’aveva visto ridere in
compagnia della figlia del panettiere. Da lì il giovane
aveva detto basta. E
non era intenzionato a tornare sulla sua decisione, nonostante gli
innumerevoli
tentativi di riconciliazione di lei. Anche perché dopo la
rottura si era fatta
ancora più appiccicosa e insistente di prima.
“Denise, non ricominciare, ne abbiamo già parlato,
la nostra storia è finita,
conclusa senza possibilità di tornare indietro. E ti
assicuro che hai smesso
parecchio tempo fa di occupare così tanto i miei pensieri,
per me ora è un
capitolo chiuso.”
Denise non fece una piega e tornò subito alla carica.
“Non ci credo, un anno e
mezzo non può essere dimenticato così facilmente,
con tutti i bei momenti che
abbiamo passato assieme. Eravamo la coppia più bella della
città, lo devi
ammettere, eravamo fatti l’uno per l’altra. E
potremmo ancora esserlo, se solo
tu…”
Daniel sospirò e si volse per guardarla dritto in faccia.
“Hai detto bene,
eravamo. Ora non lo siamo più, siamo cresciuti, siamo
cambiati, bisogna andare
avanti, non credi? Tu continui a rimanere aggrappata al passato e non
ti rendi
conto che non si può tornare indietro. Quel che è
fatto è fatto, finita lì. Non
nego che siamo stati bene, ma adesso si deve voltare pagina, se
continui a
provarci con me perdi solo tempo.” E se la scrollò
con uno strattone dalla
spalla tornando a fissare il mare. Stavolta la giovane non
replicò, ma rimase
in silenzio accanto a lui, come pietrificata. Dopo cinque minuti Daniel
azzardò
un sguardo di sottecchi verso Denise. Aveva rannicchiato le gambe al
petto e
guardava fisso davanti a sé con un’espressione
contrita. Daniel si rimproverò.
Non che non pensasse davvero quello che aveva detto, ma era stato
troppo duro.
In fin dei conti, anche se la ragazza era davvero una rottura di
scatole, era
semplicemente ancora innamorata. Cercò di rimediare.
“Ascolta Denise, io tengo ancora a te, ma come amica, quel
tempo è finito.
Perché non provi a cercarti un altro ragazzo? Uno che ti ami
davvero e non uno
che ti illudi che ti ami ancora? Davvero, prima passi oltre questa
storia
meglio è per tutti, tu per prima ti sentirai
bene.” Aveva addolcito il tono
della voce, e probabilmente fu quello più che le sue parole
a convincere Denise
ad alzare gli occhi verso di lui.
“Lo sapevo. Vedi che non riesci nemmeno a tenermi il broncio
che già ti senti
in colpa? È come ho detto io, ti piaccio ancora. Se hai
semplicemente bisogno
di un po’ di tempo basta chiedere. Io sono qui,
aspetterò. Non metterci troppo
però, mi raccomando” gli fece un sorriso radioso e
un occhiolino. Dopodichè si
alzò e se ne andò saltellando, senza dare al
ragazzo la possibilità di
replicare.
Certa gente è veramente
incredibile, non si arrendono neppure quando
sbattano la testa contro un muro di cinta. Povero me, che ho fatto di
male per
meritarmi ciò?
Si passò una mano sulla
testa e si tolse il cappello da pirata.
Appoggiò la testa contro il tronco dell’albero e
chiuse gli occhi. Iniziò a
contare. Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due,
uno…
“Daniel! Hai intenzione
di fare qualcosa oggi ho vuoi rimanere lì
impalato tutto il giorno?” Era la voce di Peter, che
scherzoso richiamava la
sua attenzione.
“Lascialo perdere, oggi il nostro capitano è
troppo impegnato con le sue
canzoncine per dar retta a noi” Questo invece era Lex
accompagnato dal suo tono
scocciato e provocatorio.
Erano passati esattamente dieci
minuti da quando si era seduto accanto
all’albero, e dieci minuti era il tempo massimo che i ragazzi
gli concedevano
per rilassarsi, prima di aver nuovamente bisogno di lui. A volte gli
sembravano
dei bambini piccoli in cerca di una figura paterna. Loro erano ragazzi
allo
sbaraglio in cerca di una guida, e lui si era assunto la
responsabilità di
comandarli. Era il capitano, l’uomo che li aveva portati alla
vittoria in più
di una battaglia contro Lo Squalo e che li superava tutti come
spadaccino.
Si alzò e si
risistemò il cappello sulla testa. Con passo decise
tornò
dalla sua ciurma per poi rivolgersi a Lex.
“Tranquillo Lex, dato che evidentemente ti stai annoiando il
tuo capitano
lascerà le canzoncine da parte per
sfidarti a duello. Dovresti essere
contento, sfuggirai all’inattività e avrai
un’occasione per dimostrare quando
effettivamente le tue doti di combattimento non vanno sprecate in
pomeriggi
oziosi” lo invitò con tono canzonatorio.
Lex impallidì, ma gli
altri ragazzi erano già eccitati all’idea di
assistere ad un duello tanto che formarono subito un cerchio attorno ai
due
contendenti, come per delimitare il loro campo d’azione. Era
raro che Daniel
dovesse usare la spada contro uno dei suoi, nessuno era così
pazzo da volere
farsi umiliare pubblicamente. Ma in quel periodo Lex si stava prendendo
troppe
libertà. Era il più grande della compagnia, aveva
compiuto diciott’anni il mese
scorso ed era fermamente convinto che la nomina di capitano gli
spettasse di
diritto com’era stato prima che Daniel lo surclassasse.
Daniel e Lex non si
erano mai potuti soffrire e quando Daniel aveva compiuto quindici anni,
il
giovane non aveva esitato a sfidare Lex per il comando. Il duello era
stato
lungo e senza esclusione di colpi, ma alla fine Daniel lo aveva battuto
divenendo capitano. Da allora non aveva più perso un duello,
diventando un
avversario imbattibile e la sua attitudine al comando gli aveva
procurato il
rispetto e l’approvazione della ciurma. Lex però
non aveva mai mandato giù il
rospo e dopo che aveva raggiunto i diciotto era diventato
incredibilmente
irritante. Evidentemente aveva bisogno di qualcuno che gli ricordasse
perché
non era più a capo della Spada Rossa, e Daniel non si
sarebbe fatto pregare per
indossare quel ruolo.
“Avanti, sfodera la
spada” lo intimò, facendo altrettanto con la sua,
una bellissima lama lucente che terminava con un’impugnatura
ricordante le onde
del mare grazie alle rifiniture in oro che la decoravano. La sua arma,
la sua
spada, la sua fedele compagnia. Gliela aveva regalata suo padre sette
anni
prima, e da allora non se ne era mai separato.
Quando anche Lex fu pronto per il duello, Daniel urlò
“in guardia!” e la sfida
ebbe inizio.
Lex aveva i riflessi lenti, una
difesa inesistente e uno schema
d’attacco prevedibile e quindi poco efficace.
L’unico punto a suo favore era la
forza. Colpiva sempre dall’alto, con lo scopo di sopraffare
l’avversario grazie
alla sua mole consistente. Daniel invece aveva un fisico più
slanciato, ben
proporzionato al suo metro e ottanta, ma non per questo era
più debole. Giocava
anche lui molto di forza, ma contava anche
sull’agilità e una tecnica
nettamente superiore a quella del ragazzo che gli stava di fronte.
Il duello era paragonabile ad una
danza condotta da Daniel. Lex tentò
subito un affondo che andò a vuoto. Daniel non si scompose
neppure, si limitò a
pararlo con la lama. Girarono attorno per qualche minuti studiandosi a
vicenda,
Daniel calmo e concentrato, Lex pieno di rabbia e smanioso di
attaccare. Il
tutto arricchito dalle urla di incoraggiamento degli altri ragazzi, che
parteggiavano tutti per il loro capitano.
Lex decise di partire alla carica con un altro affondo, poi un altro e
un altro
ancora, nella speranza di fare arretrare il suo avversario. Dan li
parò tutti o
li schivò senza il minimo sforzo.
“Andiamo Lex puoi fare di meglio, ora sono io quello che si
annoia.” Lo provocò
con un sorriso sghembo.
Lex urlò e cercò di attaccarlo
dall’alto, ma Daniel evitò la sua spada scartando
di lato all’ultimo secondo. Più Lex si arrabbiava,
meno i suoi colpi erano
efficaci e precisi, e questo Daniel lo sapeva eccome. Per farlo adirare
ancora
di più tornò a cantare il motivetto di poco
prima.
“Non è una gara canora, piantale di cincischiare e
prova a fare un affondo
invece!” gli sbraitò dietro Lex.
Daniel sorrise ancora di più. “Come
vuoi” e velocissimo incominciò un attacco
serrato. Il suo avversario iniziò ad arretrare, cedendo ai
colpi sicuri e
accurati di Daniel. “E dai, lo sai che non sto facendo
nemmeno sul serio, non
vorrai dirmi che veramente sei già stanco?” Fece
altri due affondi che
sfiorarono le gambe di Lex. Rise esclamando “Ora basta, mi
sono divertito
abbastanza” e con un’aggraziata manovra
disarmò il rivale che cadde a terra
come un sacco di patate. La Spada Rossa esplose in
urla di approvazione. Daniel alzò la
sua spada al cielo in segno di vittoria. Poi si rivolse verso Lex e gli
pose la
mano per aiutarlo ad alzarsi, come a sottolineare una grande
magnanimità che in
realtà non aveva.
Lex per tutta risposta si levò da terra da solo, rifiutando
l’aiuto. “è stata
solo fortuna, ricordatelo” sputò tra i denti, nero
in volto.
“Certamente, come le altre trecentottanta mila volte, sono un
ragazzo molto
fortunato.” Lo canzonò. Un grido eccitato
interruppe quel gentile scambio di
battute.
“Ragazzi! Arriva una nave! Laggiù
guardate!” Susan, una ragazzina di appena
quattordici anni, indicava entusiasta l’orizzonte,
catalizzando l’attenzione di
tutti su di lei.
“Susy, ti rircondo che questo è un porto, ogni
giorno arriva almeno una nave”
commentò con calma Peter, guardandolo attonito.
Susan lo fulminò con lo sguardo. “Al posto di fare
commenti stupidi guarda
meglio l’orizzonte sapientone. Quel veliero è
senza colori, vuol dire che è una
nave pirata!” Quattordici teste scattarono in sincronia dalla
giovane
all’orizzonte. “Caspita
hai ragione!”
esclamò sorpreso Peter.
“Oddio, non saranno venuti qui per depredarci,
vero?” Denise si portò una mano
alla bocca preoccupata. La paura prese il posto
dell’eccitazione. Sin da quando
erano bambini giocavano a fare i pirati, ma nessuno di loro provava
simpatia
per quella categoria. L’unico sentimento verso i bucanieri
era la paura.
Depredavano, saccheggiavano e uccidevano. Ciò era quello che
veniva insegnato
loro dai genitori e questo era quello che la Compagnia
delle Indie
ripeteva in continuazione.
Mormorii preoccupati si alzarono finché tutti non si
rivolsero verso Daniel.
“Capitano, che facciamo?” gli chiese Peter ansioso.
Ma Daniel era lontano anni luce con la mente. Il suo cuore aveva perso
due
battiti quando aveva scorto il veliero all’orizzonte, per poi
iniziare una
corsa sfrenata. Mille pensieri si erano accavallati l’un
l’altro, lasciandolo
stordito.
“Daniel, ehi Daniel sveglia! Non hai paura,
accidenti!?” Peter lo strattonò per
riportarlo con i piedi per terra.
Il giovane gli rivolse uno sguardo vacuo. Paura? E di cosa?
“Perché dovrei
averne?”
Peter lo squadrò incredulo. “I pirati, capitano!
Stanno arrivando, dobbiamo
avvertire la città!”
Daniel finalmente comprese. Loro avevano paura.
Per quanto potesse
sembrargli assurdo, loro li temevano. Ma
d’altro canto, loro non
potevano sapere quello che sapeva lui. Se non fosse preda di altri
sentimenti,
sarebbe scoppiato a ridere davanti a quelle facce tirate. Ma aveva
altro da
fare al momento.
“Andate a casa, ma non avvertite nessuno. Non vengono per
depredare.” Disse velocemente.
Doveva correre a casa anche lui, e in fretta. Ma quando si volse per
andarsene,
Peter lo trattenne per la giacca. “Cosa? Daniel, forse non ha
i capito, stanno
arrivando dei bracconieri per ridurre tutto a ferro e fuoco!”
gli urlò.
“Sei tu che non capisci. Non sono qui per farci del male,
fidatevi. Ora filate
a casa, ci vediamo domani. E state tranquilli, non vi
accadrà niente” Aggiunse
poi rivolto agli altri. Con uno strattone si liberò della
presa di Peter e
iniziò a correre verso casa.
Ad
ogni passo una gioia
selvaggia si impadroniva di lui, doveva assolutamente andare dalla
madre a
darle la notizia. Probabilmente sarebbe scoppiata dalla contentezza.
Lui per
primo si tratteneva a stento dall’urlare, felice come non
mai. Erano passati
tre anni dall’ultima volta, ma avrebbe riconosciuto quel
veliero tra mille.
Ormai temeva che si fosse dimenticato di loro!
In poco tempo raggiunse una
casupola ai confini della periferia della
cittadina. Si fiondò dentro sbattendo la porta in legno.
“Madre!” gridò,
ansimando per la corsa.
Sua madre, una bella donna sulla quarantina, era in cucina, intenta a
preparare
il pranzo, ma quando udì la voce del figlio si
girò di scatto, preoccupata,
agitando i capelli castano chiaro, lunghi e lisci.
“Daniel, che
succede?” domandò avvicinandosi al ragazzo.
“Madre”
ripeté Daniel, appoggiato alla parete, senza più
fiato in
corpo. Fece qualche respiro profondo per riprendersi. “Madre,
sta arrivando al
porto, non ci crederai ma l’ho vista con i miei occhi!
È qui” tentò di
spiegarsi.
Sua madre lo guardò
confusa. “Dan, cosa stai dicendo? Chi è
arrivato?”
Daniel le rivolse un sorriso a
trentadue denti. “La Perla Nera”
sussurrò e
gli occhi di Elizabeth Turner brillarono di luce propria, prima di
imboccare la
porta e correre a perdifiato verso una parte piccola, ma
incredibilmente
importante, del suo passato.
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Capitolo 12 *** 12_ Il rischio di sperare ***
Note
dell'autrice:
Ciao
a tutti^^!! I come back with a new chapter, the number 12, per me
è un piccolo record, non ho mai scritto così
tanti capitoli ^^ ad essere sincera però di qst cappy la
seconda parte non mi entusiasma, mi piace molto di più
l'ultima, spero che a voi entusiasmi di più, sono curiosa di
sapere cosa ne pensate della piccola rivelazione a fine capitolo ^^ ora
passo ai ringraziamenti:
Dj Kela: Ciauu^^!!! prima
di tutto due cose: 1° grazieeeeee^^ nn sai quanto mi facciano
piacere le tue recensioni ^^ sei troppo buona ^^ e 2° ho
iniziato a leggere Sweet Nightmare a breve lo finirò e
commenterò ^^ (Tra parentesi: Sara metti giù le
mani da Leo, solo Celia lo può toccare!! Cmq
metterò tutto nella discussione, scusami se nn l'ho ancora
fatto!!!! Mia culpa!!). Sono contenta che Daniel ti piaccia, grazie^^ e
uno dei miei personaggi preferiti, in questo cappy gli do poco spazio
purtroppo ma dal prox avrà grande rilievo^^ a proposito
della sua personalità qui si vedrà sotto una luce
diversa, dalla prospettiva di Angela, ci tenevo a chiarirlo
perchè potrebbe sembrare diverso dalla prima impressione che
ha dato ma in realtà è solo come lo vede lei (ke
pensiero contorto, accidenti, spero di essermi spiegata tra le righe,
hihih!!) Se ti cosola nemmeno io so giocare a poker, hanno provato a
spiegarmi le regole ma ho capito la metà di quello che mi
hanno detto, però mi piace quando nei film fanno vedere i
protagonisti che ci giocano, come 007 casino royal, sembra
così sicuri e convinti di quello che fanno, beati loro
hihihih io mi limito a ruba mazzetto!! L'idea di eleggere Denise kraken
mi piace hihi, sono sicura che anke Dan concorderebbe hihi^^! Nn vedo
l'ora di sapere cosa pensi di quest'ultimo cappy e grazie ancora mille
per tutti i tuoi complimenti, un grandissimo bacioooo^^!!!! Kisskisses
P.S. l'immagine che avevo messo nn era nulla di speciale, era solo
un'icona per separare le due aprti del cappy, un piccolo teschietto, mi
sembrava carino però purtroppo nn si vede, ma prima o poi
imparerò a mettere le immagini per bene, nn mi arrendo,
hihi^^!!!
Summerbest: ciao! Grazie
per il tuo entusiasmo ^^ a me basta sapere che hai seguito la ficcy e
che ti è piaciuta che sono già felicissima ^^
glasie^^ spero ti piaccia anke qst cappy^^ kisskisses
sesshy94: Ciao!! Sono
strafelice che il cappy ti sia piaciuto^^ grazieeee!!!!!!! Si Martin si
è beccato quello che si meritava, hihihiih!!! Daniel a breve
in quanto spadaccino sarà ancora più
sorprendente, posso assicurare hihihih, i suoi talenti (tra cui quello
di scappare dagli attacci di Denise hihi^^) nn sono finiti qui^^!!!
Spero ti piaccia anche il 12 cappy, fammi sapere cosa ne pensi^^ ancora
grazie mille, un abbraccio grandissimo^^ kisskisses!!
Grazie infinite a tutti quelli che leggono e ai 15 angeli che mi hanno
messa tra i preferiti!!! Grazieeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!
Ringrazio tantotanto anche Dj Kela, CriCri88, genny 63 e
LaBabi che hanno messo la mia ficcy tra le "seguite", grazie
millemille^^!
Ora vi lascio alla lettura^^
kisskisses
68Keira68^^
12_ Il
rischio di sperare
Correva a perdi fiato con i capelli
castani al vento e il grembiule
indossato per preparare la cena ancora legato alla vita. Il vestito,
troppo
lungo per i suoi gusti, le intralciava la corsa, ma in quel momento non
ci fece
caso. C’era solo un’unica cosa che occupava i suoi
pensieri, l’unica cosa
veramente importante in quel momento. La nave dalle vele nere era
tornata, dopo
tre anni di latitanza. Il cuore le batteva forte più per
l’emozione che per lo
sforzo fisico. Poi arrivò al porto, e finalmente lo
avvistò. Maestoso
e imponente come l’ultima volta che
l’aveva visto, il veliero scuro come la notte che aveva
esplorato acque
sconosciute ai più, era lì dinanzi a lei. La Perla Nera
e la sua
ciurma era tornata. Si fermò a fissarla ammirata come se la
vedesse per la
prima volta. Sorrise ripensando ai sentimenti che aveva provato quel
giorno di
tanti anni fa, così diversi da quelli attuali.
All’epoca era una ragazzina
spaventata, anche se cercava di non darlo a vedere, catturata da dei
pirati che
credeva avrebbe odiato per sempre. Ora invece la vista della nave le
procurava
una gioia in mensa, come un bel ricordo che si materializza e torna a
trovarti.
Poco più avanti scorse
la passerella che permetteva l’accesso al ponte.
La imboccò senza esitare. Ancora più della nave
c’era una persona che non
rivedeva da troppo tempo. Prima di salire a bordo però si
aggrappò al parapetto
e, quasi accarezzandolo, lo utilizzò per compiere
l’ultimo passo. Si guardò
attorno lentamente, assaporando ogni dettaglio del vascello,
abbracciando tutto
con lo sguardo, e un sorriso si fece strada sul suo bel viso. Non era
cambiato
nulla dall’ultima volta che lo aveva visto. I cannoni pronti
all’uso erano al
loro posto, le varie corde erano appese all’albero maestro, i
barili del
liquore tanto amato dai pirati sparsi in giro e a portata di boccale. E
poi,
vicino al timone al ponte di comando, la parte più
importante della nave, colui
che aveva reso possibili tutte le grandi imprese compiute su quel
veliero.
L’uomo che secondo lei rappresentava la vera anima della
Perla Nera, perché
anche la nave migliore se non è comandata dalla persona
giusta, non vale nulla.
Dritto e perfettamente calato nel ruolo da capitano, con in testa il
suo
prezioso cappello, stava lui, Jack Sparrow.
*
“Uomini, giù
la passerella” gridò il capitano.
Angela si voltò verso di
lui. Dopo aver discusso per breve tempo con
lei, Jack era tornato a dirigere il suo veliero. Ma era quel
“giù la
passerella” che l’aveva fatta voltare gaia. La
frase indicava che il suo primo
viaggio a bordo della Perla era concluso, ma probabilmente quello che
sarebbe
seguito era l’inizio della sua prima avventura da pirata.
Già solo l’idea
l’eccitava tantissimo, pensava a quella missione come una
specie di iniziazione
alla pirateria e aveva tutta l’intenzione di passare la prova
a pieni voti. A
quel pensiero sfiorò istintivamente la spada. Lei sarebbe
stata la sua fedele
amica in quell’impresa, l’arma con la quale si
sarebbe fatta rispettare e
conoscere, senza contare… Una donna sconosciuta interruppe
il filo dei suoi
pensieri. Scosse la testa e chiuse gli occhi per accertarsi che non era
il sole
a farle brutti scherzi. Ma quando riguardò verso
l’imboccatura della passerella
la donna c’era ancora, con i suoi capelli castani al vento e
un grembiule
macchiato addosso.
Cosa ci fa quella a
bordo?
Ah non ne ho la
minima idea. Però guardala, non ha l’aria
spaventata o spaesata, sembra perfettamente a suo agio.
Si hai ragione, ma
chi è? E come mai si è presa la
libertà di salire a bordo? Forse è meglio che le
vado incontro, magari ha
sbagliato nave.
Certo, ci sono
così tante navi con le nave nere
ormeggiate a porti cittadini che è facile confondersi.
Ahaha, spiritosa.
È comunque meglio che sia io ad andarle
incontro e prestarle soccorso prima che anche Pintel o qualche altro
omuncolo
la adocchiano.
Giusto, buona idea.
Ma proprio mentre le si avvicinava,
la donna avvicinò entrambe le mani
alla bocca per amplificare la sua voce e, preso un bel respiro,
urlò.
“Capitan Jack
Sparrow!”
Angela rimase di sasso,
più immobile dei bronzi di Riace.
Fece scorrere lo sguardo dalla donna a suo
padre e viceversa, cercando di venire a capo del piccolo mistero. Jack
si volse
verso la fonte del richiamo, mettendoci qualche minuto per mettere a
fuoco la
donna. Poi un lampo di comprensione passò nei suoi occhi e
assunse un
espressione sorpresa, per passare ad una contenta, poi beffarda e
infine
comprensiva.
Infine scosse la testa e si
apprestò a scendere dal ponte di comando
con il sorriso di chi la sa lunga.
Solo a pochi passi dalla donna
esclamò: “La regina dei pirati che
giunge tutta trafelata sul mio maestoso veliero, a cosa devo
l’onore?”. Il tono
era ironico e scherzoso e venne accompagnato da un buffo cenno del capo
che
doveva probabilmente fungere da inchino. Ciò non fece che
aumentare il sorriso
della donna.
“Oh Jack, vedo con
piacere che non sei cambiato di una virgola”
“Tesoro, cambia chi ha da
migliorare, ma quando uno è già perfetto non
può migliorarsi ulteriormente, comprendi?”
Lei scoppiò a ridere,
per poi sporgersi e buttare le braccia al collo
del pirata, cogliendolo di sorpresa. Lui per tutta risposta rimase
interdetto
per un attimo, infine le diede due pacche gentili sulla schiena e si
allontanò.
La donna non rimase sorpresa per quella reazione più fredda
rispetto alla sua, limitandosi
a scuotere la testa e a sospirare: “Quanto sei diffidente,
ancora per quella
storia? Non lo rifarei mai, lo sai”
Lui alzò un sopraciglio
e le rispose un scettico: “Certamente, gioia”
poi cambiò argomento. “Comunque non sei cambiata
molto neppure tu, una tua
incursione era prevedibile quanto il sorgere del sole ogni
mattina.”
“Dato che ti fai vivo
ogni cento anni devo cogliere l’occasione di
vedere la
Perla
al volo quando capita.” Scherzò la ragazza.
Da lontano, una spettatrice
silenziosa non si perdeva una parola,
allibita dalla scena che stava osservando. Angela non si era mossa di
un
millimetro da quando suo padre era andato incontro alla donna. Aveva
subito
accantonato l’idea che la giovane fosse salita a bordo per
caso. Dava
l’impressione di sapere esattamente dove fosse e cosa
volesse, e quando Jack
l’aveva accolta a braccia aperte ogni dubbio che i due non si
conoscessero era
stato dissipato. L’unica incognita che rimaneva da scoprire
era la sua identità.
“Cento anni, esagerata,
ne saranno passati a mala pena due, Elizabeth”
“Tre per
l’esattezza Jack.” Lo corresse. Poi risero di nuovo.
Elizabeth. Jack aveva detto proprio
Elizabeth, nome che ebbe la
capacità di impietrire Angela ancora di più. Loro
erano andati lì per cercare
la moglie del capitano dell’Olandese Voltante, Elizabeth
Turner, e se quella
donna si chiamava proprio Elizabeth allora non poteva che
essere…
Non ci credo, lei
è la moglie della leggendario
traghettatore?
Caspita, non
l’avrei mai detto, a vederla così non si
direbbe proprio un’avventuriera.
No, è
vestita in modo normale e con addosso un comune
grembiule da casalinga, pensavo di trovarla con abiti maschili e armi
dappertutto!
Bhè,
ormai sono diciassette anni che vive pacificamente,
la gente normale non dorme con un pugnale sotto il cuscino, gioia. E
poi non ti
hanno insegnato che non si giudica una persona con
un’occhiata superficiale?
Guarda la postura, l’espressione, il tono di voce.
È su un vascello pirata, e
mentre metà popolazione sarà morta
d’infarto quando ci hanno visto arrivare,
lei è salita sicura di sé e padrona della
situazione, come se salisse su una
nave di bracconieri tutti i giorni.
Un tempo era
così.
Appunto, vuol dire
che le vecchie abitudini non sono smarrite,
addosso potrà anche avere il grembiule ma sono pronta a
scommettere che il suo
cuore è ancora qui sulla Perla con una spada in mano.
Sarà, ma
prima di giudicare se la sua fama sia meritata o
meno voglio conoscerla di persona.
E allora vai e
presentati, cosa aspetti, un invito in
pompa magna?
No, ora ci vado e
solo che…
Nonostante non
abbia spade affilate al fianco rimane pur
sempre a Regina dei Pirati e sei in imbarazzo?
Io in imbarazzo?
Quando mai! Non scherzare. Piuttosto
volevo lasciare un po’ di intimità a lei e
papà, sono due amici che non si
vedono da anni dopotutto.
Certo, il motivo
è senz’altro quello. Comunque ora
avranno finito i convenevoli pure loro, quindi, a meno che non ci siano
altri
motivi più validi, fila!
Ma appena Angela mosse il primo
passo verso i due, Pintel e Raghetti si
accostarono ad Elizabeth richiamando l’attenzione di tutti.
“Ehi, gente, guardate chi
abbiamo a bordo! Bambolina, come andiamo? E
un po’ che non ci si vede eh?”
“Mrs Elizabeth, che
piacere rivederti! Noto che non sei cambiata
affatto, sei bella come sempre” si era avvicinato anche
Gibbs, con aria molto
cordiale. Pareva però turbato da qualcosa. Angela
tirò ad indovinare il motivo
dell’agitazione. Probabilmente il buon vecchio pirata stava
pensando a quanto
potesse portare male avere due donne a bordo. Ma alla fine la gioia di
rivedere
una vecchia conoscenza vinse sulla superstizione.
“Anche io sono contenta,
però, come dicevo prima al Capitano, se
faceste rotta da queste parti un po’ più spesso
non mi lamenterei” gli rispose
lei prima di ridere entrambi.
In seguito ogni pirata diede il
benvenuto alla donna a modo suo, mano a
mano che le passavano accanto, chi con un buffo inchino con la testa,
chi con
una semplice parola o con una pacca sulla spalla, ma in breve tornarono
tutti
alle rispettive mansioni, dimentichi della donna. Non che fossero
infastiditi
dalla sua presenza, anzi, alcuni bucanieri, come Pintel e Raghetti,
erano
rimasti anche qualche momento per scambiare due parole, prima di
allontanarsi.
Più che altro si trattava della loro straordinaria
capacità di rimanere
relativamente indifferenti a qualsiasi cosa non riguardasse la loro
incolumità
molto strettamente. Quelli che avevano più piacere di
rivederla erano comunque Jack
e Gibbs, gli unici due che si stavano ancora intrattenendo con lei e a
quel che
sembrava erano anche i due uomini che Elizabeth era più
ansiosa di rivedere.
Angela aspettò
pazientemente che la lunga processione dei saluti
finisse. Si sentiva ostracizzata, voleva conoscere la donna, ma si
avvicinò
solo dopo che ogni pirata si era rimesso a lavoro. Non voleva avere gli
occhi di
tutti puntati addosso mentre si presentava, né essere
interrotta.
Gibbs, Jack ed Elizabeth stavano
chiacchierando allegramente. Le parve
di capire che suo padre stesse chiedendo alla donna notizie di un certo
Daniel,
ma non le interessava più di tanto. Pensando di aver
aspettato anche troppo per
fare la sua entrata, non si curò più di tanto di
interrompere la discussione
schiarendosi sonoramente la gola. Funzionò, tutti e tre si
voltarono nella sua
direzione. Angela sorrise e porse la mano ad Elizabeth.
“Piacere di conoscerla,
io non mi sono ancora presentata, mi chiamo Angela
Sparrow e sono un nuovo membro della Perla Nera” si
presentò, fiera di potersi
finalmente annunciare con il cognome di suo padre, e
dall’occhiolino che le
inviò quest’ultimo, anche lui ne era contento.
Entrambi rivolsero poi uno sguardo
divertito ad Elizabeth, aspettando la sorpresa della donna nel sentire
il
cognome di Jack seguire il nome della ragazza che aveva dinanzi. La sua
reazione sarebbe stata di sicuro interessante.
Difatti Mrs Turner rimase
interdetta per una manciata di secondi,
squadrò Angela dall’alto al basso sorpresa e poi
guardò Jack interrogativamente
prima di risponderle.
“Piacere mio, ma dammi
pure del tu, non sono così vecchia. Comunque io
sono Elizabeth Turner”. Il tono era incerto, quello di chi
vuole dire una cosa
ma non sa come esprimersi. Infine non riuscì più
a trattenersi e chiese.
“Scusami, puoi ripetermi come ti chiami?”
Jack ed Angela risero sotto i baffi
e Gibbs tossicchiò divertito. Il
capitano decise di prendere la parola e, mentre si avvicinava alla
giovane
cingendole le spalle con un braccio, si rivolse ad Elizabeth.
“Angela Sparrow
gioia, hai sentito bene” il tono era malfermo
perché cercava di trattenere le
risate.
Elizabeth era sempre più
confusa e guardò entrambi accigliata prima di
esplodere. “Quindi voi siete…parenti?”
domandò cercando di comprendere la
situazione.
“Si” rispose
Angela senza esitare.
“Siete
fratelli?” tirò ad indovinare.
“No, tesoro, e nemmeno
cugini per rispondere alla tua prossimo
tentativo. Non indovineresti mai.” Questa volta
parlò Jack.
“Quindi mi potresti
gentilmente spiegare tu, Jack?”
“Poi, davanti ad una
bella tavola apparecchiata, cosa ne dici? Io a
stomaco pieno chiacchiero meglio, per voi non è
così?”
Poverina, davvero
sperava che mio padre le desse una
spiegazione senza farsi pregare? Non lo sa che non rinuncerebbe mai
né all’effetto
sorpresa né alla saspence?
“Io ci sto, inizio ad
avere fame!” Angela approvò subito la proposta
del padre.
Elizabeth scosse la testa guardando
contrariata Jack, ma poi sorrise
rassegnata e propose “Se volete voi due potete venire a casa
mia, stavo giusto
preparando qualcosa, il resto della ciurma non si offenderà
vero?”
Sparrow fece un gesto di noncuranza
con la mano ed assicurò che non
avrebbero preso male un giorno di licenza.
In quel momento Angela
notò che un’altra persona stava salendo a bordo
del veliero con tutta calma. Un giovane ragazzo si stava dirigendo
verso di
loro con passo sicuro e rivolgendosi a Jack, si annunciò con
un allegro “Ehi
Capitano”.
Jack si rivolse verso di lui, tolse
il braccio dalle spalle di Angela e
strinse lievemente il nuovo arrivato.
“Ohi, giovane Turner,
stavo giusto chiedendo come mai non ti avevo
ancora visto spuntare” si staccarono e il “giovane
Turner” rispose “Mi sono
dovuto riprendere dalla corsa che ho fatto per avvertire mia madre del
vostro
arrivo, poi lei è schizzata via appena ha sentito la notizia
e io non sono
riuscito a tenere il passo”
“Ahaha, immagino,
l’abbiamo vista di arrivare tutta trafelata”
“Mi fa piacere che
parliate di me con me presente” si
intromise
Elizabeth avvicinandosi a quello che evidentemente doveva essere il
figlio di
Mrs Turner, dedusse Angela.
“Ciao Gibbs!”
il ragazzo salutò con un cenno della mano il pirata
dietro la schiena di Jack. Gibbs fece qualche passo in avanti e gli
diede anche
lui un’amichevole pacca sulla spalla. “Ciao Daniel,
ti vedo bene, sei cresciuto
dall’ultima volta che vi abbiamo visto. Ti sei
irrobustito”
Daniel scosse la testa imbarazzato
e cercò di vertere l’argomento sulla
giovane ragazza che lo stava fissando attentamente, curiosa. Angela.
“Vedo che avete un nuovo
acquisto Jack, non mi presenti al nuovo
membro?” funzionò, Jack si volse verso la figlia
come per darle la parola e lei
si presentò, senza smettere di guardarlo intensamente.
“Piacere, io sono
Angela” La giovane analizzò il ragazzo che
rispondeva
al nome di Daniel. Doveva ammettere che era molto carino. Aveva i
capelli
castani e mossi che gli arrivavano alle spalle e due grandi occhi del
medesimo
colore, molto espressivi. Era poco più alto di suo padre e
aveva un fisico
atletico, longilineo ma muscoloso, eppure…qualcosa in lui le
dava fastidio a
pelle, a partire dal modo in cui l’aveva indicata.
“Piacere
mio, io sono Daniel
Turner, ma le belle ragazze mi chiamano Dan” e le fece un
sorriso sghembo accompagnato
da un’occhiata di apprezzamento. La frase confermò
l’antipatia di Angela.
L’occhiata lo segnò a vita. Ecco cosa non andava,
la sua aria troppo sicura.
Ancora non lo conosceva ma i tipi come lui erano al quanto facili da
inquadrare:
strafottenti, pieni di sé e megalomani. Faceva parte della
categoria di ragazzi
che a Telia batteva ad occhi chiusi.
Ora gli faccio
passare subito l’intenzione di fare il
cascamorto.
Tiri fuori la spada?
Esagerata, non
occorre essere sempre così drastici, a
volte basta solo qualche buona parola.
Sentì suo padre
schiarirsi la gola. La frase non era piaciuta neppure a
lui, ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Angela disse con
un falso
tono cortese:
“Dan allora, a me invece
gli amici chiamano Angie, però tu chiamami
pure Angela, comprendi?”. Voleva limitarsi alla frase ma non
riuscì a
trattenersi da non sfiorare l’elsa della spada.
Avevi detto
che…
Oh piantala, mica
gliel’ho puntata alla gola no? Era solo
un piccolo avvertimento. Con certa gente è meglio mettere
subito le cose in
chiaro.
Daniel la guardò un
attimo, poi sorrise e scosse la testa, per nulla intimidito.
Infine si rivolse alla madre, che stava guardando Angela soddisfatta.
La
solidarietà femminile prima di tutto.
“Ci hai già
pensato tu ad invitarli a pranzo?”
“Tranquillo,
già fatto” gli rispose Elizabeth.
“E io ho già
accettato più che volentieri” si intromise Jack.
“Andiamo allora. Angela,
vieni anche tu?” Daniel si rivolse alla
ragazza, sottolineando il nome intero di lei volontariamente.
“Certo, Daniel”
Angela rispose a tono e si incamminò al fianco
di suo padre.
Jack sospirò divertito
dalla scena e scambiò una rapida occhiata con
Lizzy.
Certo che si sono
proprio presi in simpatia.
Ha iniziato lui,
Angela ha solo fatto bene a difendersi, anche
perché se non ci pensava lei ci avrei pensato io.
Calma, la piccola a
quanto pare non ha bisogno di difensori.
Si, lo vedo, ma io mi
tengo pronto. Voglio bene a Daniel, ma
se fa ancora lo stupido con la mia bambina gli dovrò fare un
discorsetto a
quattr’occhi.
Credo che non
occorrerà. Dopo che l’ha vista sfiorare
l’elsa
della sua spada credo che si terrà a debita distanza.
Meglio per lui.
*
“Tesoro, qualche tempo
avrei scommesso spada e pistola che non avresti
saputo mettere su una pentola d’acqua, ma mi devo ricredere,
mi sono leccato i
baffi” si complimentò Jack massaggiandosi
compiaciuto lo stomaco per
sottolineare l’apprezzamento.
Elizabeth gli fece
l’occhiolino e rispose con un “nulla è
impossibile a
quanto pare”.
Anche Angela aveva mangiato con
gusto, seduta tra il padre ed
Elizabeth, entrambi capo tavola ai due lati del piano di legno
rettangolare.
Quando era entrata, spinta dalla curiosità, aveva fatto una
rapida
perlustrazione della casa con lo sguardo, ma quello che aveva trovato
l’aveva
lasciata un po’ delusa. Si era aspettata
un’abitazione che rispecchiasse
l’importanza dello status di Elizabeth, con mobili preziosi e
oggetti che
ricordavano il suo glorioso passato, invece aveva trovato
pressoché
un’abitazione simile alla sua a Telia. Al piano terra stavano
un bagno, che
aveva intravisto infondo al corridoio e un tinello molto grande che
occupava il
resto del piano, con un tavolo, una cucina semplice e un divanetto
marroncino
addossato alla parete alla destra della porta d’ingresso. A
sinistra del bagno
invece c’era una scala a chiocciola che immaginò
portasse alle stanza da letto.
Non una spada, un fiorino o una sciabola, né forzieri pieni
di monete azteche o
manufatti arcaici. Meno di zero!
Sconsolata, si era seduta a tavola,
decisa a godersi almeno il pranzo e
preoccupata di tenersi a debita distanza da Daniel. Non che avesse
timore di
altri commenti indesiderati, al contrario, aveva paura che stavolta non
sarebbe
riuscita a limitarsi allo sfiorare l’elsa. Era incredibile
come si potesse
odiare così tanto una persona che si
conosceva da così poco.
Senza contare che il giovane da parte sua non faceva un passo verso la
riconciliazione. Non aveva smesso di fissarla durante tutto il tragitto
e il
pranzo. Però l’espressioni erano cambiate durante
il percorso. Inizialmente
c’era solo quella terribile e fastidiosa faccia compiaciuta
di chi gradisce ciò
che vede, ed Angela aveva dovuto fare appello a tutta la sua buona
volontà per
non ricorrere alle mani. Poi pian piano era sfumata in
un’espressione
pensierosa e infine incuriosita. Continuava a far guizzare lo sguardo
da lei a
suo padre, sempre più sorpreso. E proprio mentre la pazienza
della ragazza
stava per raggiungere il culmine della sopportazione, Jack aveva
salvato in extremis
il mento di Daniel, dandogli un calcio silenzioso ma sicuramente
efficace da
sotto il tavolo appena aveva notato la situazione. Era stato
così discreto che
Elizabeth non se ne era nemmeno accorta. Angela aveva visto solo Daniel
stringere leggermente le labbra e strizzare gli occhi, ma per il resto
non fece
trasparire nulla. Di sicuro era meglio essere colpiti ad una gamba che
in
faccia, Jack era già stato generoso secondo Angela. Da quel
momento Daniel non
l’aveva più fissata, limitandosi a chiacchierare
allegramente con Sparrow, come
se nulla fosse successo. Il discorso rivelò però
una cosa inaspettata e la
ragazza dovette ricredersi su un paio di aspetti della
personalità di Daniel
che aveva inquadrato male. Gli aveva già dato
l’etichetta di “ragazzo pieno di
sé e borioso” e ciò comprendeva anche
un’intelligenza ristretta e una
dialettica scarsa. Invece fu costretta ad ammettere che giovane moro
sapeva
esprimersi con un ottimo lessico e l’attiva conversazione che
riuscì a
sostenere mostrava una certa vivacità mentale.
Forse avrei dovuto
darlo per scontato, sarà anche
megalomane ma è pur sempre figlio di Elizabeth e William,
non avrebbero
permesso che crescesse ignorante o stupido, no?
Jack allontanò di poco
la sedia dal tavolo, facendola stridere
lievemente contro il pavimento, per mettersi più comodo
appoggiando le mani
sullo stomaco, in palese approvazione del pranzo appena gustato. Il
gesto fece
riemergere Angela dalle sue riflessioni, facendole notare
un’Elizabeth intenta
a sparecchiare la tavola. Si sentì in dovere di darle una
mano. Elizabeth le
aveva proibito di aiutarla sia a cucinare che ad apparecchiare, ma si
provava un
incredibile imbarazzo ad essere servita da lei. Afferrò il
piatto più vicino e
si alzò raccattando anche le altre stoviglie. Subito la mano
della signora
Turner scattò a bloccarla.
“Non ci pensare
minimente, sei un’ospite” affermò
perentoria.
Angela non le diede retta e
proseguì nella sua opera. “Non è giusto
che
sia tu a fare tutto, le mani le ho anche io”
protestò.
“Si, ma per oggi
rimarranno inattive”. Angela stava per ribattere ma
Elizabeth la precedette con una proposta “Daniel
perché non fai fare ad Angela
un giro dell’isola. Dopo giorni di navigazione
avrà voglia di godersi la terra
ferma, anche se è un pirata” e lanciò
un’occhiata perentoria al ragazzo.
Angela rimase di sasso.
No, per favore,
tutto tranne questo, non sa che i pirati
stanno stupendamente tra le onde? Chi ha bisogno della terra ferma?!
Gioia, non ti
ucciderà, ne sono certa, e se fa qualcosa
di sbagliato sarà peggio per lui. Sarebbe indelicato dire ad
Elizabeth che non
vuoi stare con suo figlio per un’ora, non credi?
Uffa, forse hai
ragione, ma se fa un passo falso…
Certo, certo, in
quel caso è tutto tuo.
Perfetto.
“Con piacere, anche se
probabilmente oggi la cosa più interessante da
vedere è proprio la sua nave” a differenza di
Angela, Daniel pareva contento
della prospettiva offertagli dalla madre, anche se ostentava una certa
indifferenza.
“Inventati qualcosa, Dan,
sono certa che sarai un buon intrattenitore”
Elizabeth sembrava quasi ansiosa di mettere alla porta i due giovani.
“Sicuro, vieni Angela?”
La giovane strinse i denti.
“Ti seguo” e si incamminò sospirando.
Con
un ultimo sguardo implorante a suo padre, nella speranza disillusa che
la
fermasse, imboccò la porta.
*
Appena i ragazzi furono usciti,
Jack si rivolse ad Elizabeth
guardandola paziente. La donna lo stava fissando a sua volta in attesa,
appoggiando le mani allo schienale di una delle sedie e scandendo il
tempo
battendo le dita nervosamente.
Passò un minuto di
silenzio, finché Elizabeth non né poté
più e sbottò
in un “Ebbene?” scocciato.
Sparrow rimase impassibile.
“Ebbene cosa, gioia?”
La calma del capitano fu la goccia
che fece traboccare il vaso.
Elizabeth esplose. “Come cosa? Jack, sono felicissima di
rivederti dopo tre
anni di silenzio, però non puoi presentarti qui con una
ragazzina che porta il
tuo cognome e che sembra la tua copia al femminile! Ora che hai
pranzato e che
ti sei riposato, non credi di dovermi qualche spiegazione?”
Il capitano si alzò e si
passò una mano sulla faccia sospirando.
“Tesoro, tu calmati e io ti dirò tutto, non
intendevo renderlo un segreto di
stato”
Elizabeth si accomodò
sulla sedia alla quale aveva appoggiato le mani,
e, continuando a fissarlo truce, gli fece cenno di incominciare con le
delucidazioni.
Jack prese a camminare avanti e
indietro per la modesta cucina, come
per mettere ordine tra i pensieri. “Ebbene cara, devi sapere
che quella fanciulla
non è né mai cugina né mia sorella.
Angela Sparrow è mia figlia” si fermò
per
vedere la reazione della sua interlocutrice. Elizabeth lo
guardò un attimo
interdetta, poi incurvò un sopraciglio e scoppiò
a ridere.
“Certo Jack, come no,
sai, credo che questa sia la balla più assurda
che ti abbia mai sentito pronunciare, batte anche quella della fuga
sulle
tartarughe marine!”
Jack fece una smorfia irritata e si
schiarì la voce per far smettere
Elizabeth di ridere. “Ma perché non mi crede mai
nessuno? Gioia, ti giuro che è
la verità!”
Elizabeth cercò di
frenare le risa e di tornare seria. “Jack, andiamo,
è impossibile che quella ragazzina sia tua figlia, tu non
hai figli!”
Il pirata sospira scocciato.
“Evidentemente ne ho una, se non mi
sbaglio la giovane l’hai vista anche tu, no? Non era un
fantasma”
Nel vedere la serietà
sul volto di Jack la donna si fermo a guardarlo.
Il pirata non era mai stato così serio e risoluto, il che la
sconcertava.
Eppure non poteva dire la verità, non era possibile.
Jack approfittò del
momentaneo blocco di Elizabeth per proseguire con
il suo discorso con più calma. “Fidati,
è stato uno shock anche per il
sottoscritto, è una novità anche per me, sai?
Eppure è la realtà. Dai, hai
notato anche tu quanto mi assomiglia. Fai due più due e
vedrai che sono
sincero.”
Elizabeth aveva visto eccome che i
due erano pressoché uno la copia
dell’altro. Gesticolavano entrambi in quella maniera buffa e
quasi ridicola,
avevano gli stessi modi di dire, per non parlare degli occhi. La donna
gli
avevano notati subito, anche se non ci aveva dato tanto peso. Avevano
entrambi
due pozzi scuri, profondi quanto espressivi. La comprensione giunse
come una
folgorazione.
“Jack, diamine, TU HAI
UNA FIGLIA!! Come è potuto accadere?”
Il pirata, contento che il
messaggio era stato recepito, a quelle
parole non poté evitare di guardare ironicamente la donna e
insinuare. “Tesoro,
hai un figlio anche tu, a questo punto mi aspettavo che certe cose le
conoscessi”
Elizabeth lo ignorò
deliberatamente. Aveva cose più importanti per la
testa per tener conto di stupide battute. “Jack, quando
è successo, chi è la
madre? Perché non è hai mai fatto parola con
nessuno di noi? Dopo tutto questo
tempo metterci a parte del fatto che sei padre mi sembra il
minimo”
Jack si risedette, con
un’espressione improvvisamente grave. “Sua madre
purtroppo è mancata poco tempo fa, per questo ora me ne sto
occupando io.”
Elizabeth si morse il labbro,
dispiaciuta. Poi notò l’espressione di
Jack. Andava oltre il semplice dispiacere per la morte di una persona
conosciuta. Il capitano pareva affranto anche da altro, era evidente,
anche se
non comprendeva da cosa. In più non aveva risposto
interamente alla sua
domanda. Chi era questa donna? La conosceva? E Jack in che rapporti era
con
lei? Avrebbe scommesso che si trattava di una ragazza di Tortuga che
lui aveva
messo incinta per sbaglio, era una cosa alquanto comune tra i pirati,
ma
avrebbe mostrato così tanto sconforto per una donna con la
quale aveva
condiviso solo un interesse fisico? Dalla risposta laconica del
capitano però
comprese che non avrebbe dato altre delucidazioni
sull’identità della
fantomatica donna. Passo alle domande successive, su quella ci sarebbe
tornata
dopo.
“Quindi quando hai
appreso la notizia sei andato a prendere la
ragazza?” chiese.
Jack alzò lo sguardo su
di lei scuotendo la testa. “Ti ho detto che è
una novità anche per me. È stata lei a trovarmi.
Ci siamo incontrati in una
locanda a Tortuga, anzi, sarebbe meglio dire che ci siamo scontrati. Io
ero lì
per fare rifornimento e lei per cercare me. E il destino l’ha
aiutata.”
Elizabeth si appoggiò
allo schienale della sedia, appesantita dalle
ultime notizie. “Incredibile, povera ragazza, sola a Tortuga,
dev’essere
davvero tenace”
A Jack brillarono gli occhi a quel
complimento, e un’espressione
orgogliosa si dipinse sul suo viso. “Non immagini quanto.
Appena salita sulla
nave è riuscita subito a farsi rispettare da tutti a colpi
di spada e di
parole.”
“Tale padre tale
figlia”
“Puoi dirlo
forte”
Elizabeth rise. Vedendo
l’entusiasmo di Jack, la notizia le sembrava
meno assurda. A quanto sembrava, qualcosa che possedeva il cuore del
capitano
più conosciuto e imprevedibile dei sette mari, esisteva.
“Quindi ora è
un membro della Perla?”
“Certo, e dovresti vedere
com’è contenta, sembra nata per fare il
pirata, è peggio di te quando avevi più o meno la
sua età sai?”
Elizabeth sorrise mesta ma non
ribatté. Fece invece un’altra domanda.
“Quindi, ora che siete insieme, quali sono i vostri
progetti?”
Jack si toccò il mento
fingendosi pensieroso, rispondendo un vago “Un
po’ di quello e un po’ di questo, sai
com’è.”
La signora Turner però
non ci cascò. Lo conosceva troppo bene per
credere che non avesse nessun piano. La mente di quell’uomo
era perennemente in
fermento, come un turbine.
“Jack, non prendermi in
giro. Non vorrai farmi credere che la prima
cosa alla quale hai pensato dopo aver appreso di essere padre sia
stata: devo
assolutamente informare Elizabeth Turner. Per quanto possa essere
contenta che
tu sia qui, non sono così sciocca da crederlo. Hai qualcosa
in mente.” lo
incoraggiò lei.
Jack alzò le mani
insegno di resa e con un sorriso sghembo insinuò:
“Come sei sospettosa, non ho niente di nuovo in testa
rispetto a qualche tempo
fa, è solo un’ideuccia che è tornata a
farmi visita appena si è presentata
l’occasione.”
“E sarebbe?”
Elizabeth iniziò a tamburellare le dita sul tavolo,
spazientita.
“Tesoro, mi dovresti
conoscere, per cosa io e il tuo caro maritino ci
siamo messi nei pasticci l’ultima volta?”
La donna alzò un
sopraciglio. “Tu ti sei messo nei guai, e Will ha
cercato di tirartici fuori rimettendoci lui”
puntualizzò acida.
Il repentino cambio di umore
allarmò Jack, facendolo ricorrere ai
ripari. L’ultima cosa che voleva era mal predisporla alla sua
proposta.
“Dettagli”
liquidò con una smorfia. “Comunque non
è questo il punto.
Rifletti, cosa cercavo a quei tempi con così tanta
tenacia?”
Elizabeth lo guardò
dritto negli occhi nella speranza di carpirgli la
risposta. Contrasse le sopraciglia e rifletté. Poi la
soluzione le giunse
limpida e cristallina, ma con essa arrivò anche
l’incredulità. Credeva che
Sparrow avesse abbandonato quell’assurda intenzione dopo i
risultati disastrosi
dell’ultima volta.
“Jack, non vorrai dirmi
che ti sei rimesso alla ricerca
dell’immortalità” sussurrò
spalancando gli occhi. Ma i pirati la lezione non la
imparano mai?
“Ci puoi
scommettere!” affermò battendo un pugno sul
tavolo. “Ma
stavolta andrà tutto liscio, ho un piano
infallibile”
“Jack, i tuoi piani
infallibili diciassette anni fa ci hanno quasi
portati allo scrigno.” Gli ricordò lei,
guardandolo diffidente.
“Bazzecole”
Jack fece un gesto di non curanza con la mano.
“Andrà tutto
a gonfie vele”
Elizabeth fece un respiro secco e
drizzò la schiena. “Bene, se è tutto
così perfetto come mai la tua nave è ormeggiata
al molo vicino casa mia? Ti
occorreva la mia approvazione?”
Il sorriso di Jack, primo tronfio,
si spense un poco e cominciò a
tergiversare. “Non esattamente”. Si
guardò attorno, sospirò e le si
avvicinò
con fare cospiratorio. “Vedi gioia, mentre mettevo a punto il
mio piano
meticolosamente, sono incappato in una piccola complicazione”
“E quale sarebbe di
grazia? Hai scoperto che l’immortalità non
è una
boccetta da bere a portata di mano?” lo prese in giro.
Jack ignorò
l’ultima domanda. “Prima di illustrartela devi
permettermi
di spiegarti come intendo agire, altrimenti potresti non comprendere il
mio
altrimenti comprensibilissimo progetto, comprendi?”
Elizabeth inarcò confusa
un sopraciglio, cercando di decifrare l’ultima
frase del capitano, ma alla fine si limitò ad annuire
fingendo di aver carpito
il messaggio.
Jack soddisfatto iniziò
a metterla a parte dei suoi programmi. “Bene
gioia, devi sapere che tra i mille tesori del mare,
c’è ne uno particolarmente
prezioso. È una collana di raffinata fattura, un monile come
altri per qualche
ricca dama, ma con un immenso valore per chi sa guardare oltre le
apparenze. Il
gioiello si chiama Torquis Marium, ovvero Ciondolo del Mare.”
Pausa enfatica
prima di riprendere. “Esso dà al fortunato
possessore la possibilità di esprime
un desiderio direttamente alla padrona del mare, Calipso” A
quel nome Elizabeth
affilò lo sguardo. Odiava Calipso come donna ma soprattutto
come dea. Era stata
lei a portarle via suo marito, lei e tutte le sue leggi nate dai suoi
capricci.
Sapeva ormai per esperienza che qualsiasi cosa collegata alla dea non
era da
prendere con leggerezza, ma il bucaniere che aveva dinanzi
evidentemente non
aveva ancora recepito il messaggio se ancora sperava di ottenere
qualcosa di
buono dall’incarnazione del mare.
Jack intanto continuò la
sua spiegazione. “L’unico problema è che
per
esaudire il desiderio occorre andare in una grotta protetta da una
barriera
magica…” lasciò la frase in sospeso,
guardandola di sottecchi.
La donna aspettò qualche
secondo nella speranza che il capitano
proseguisse nel suo discorso, ma vedendo che non accennava a
pronunciare
un’altra parola, lo incalzò lei. “E in
tutto questo io cosa c’entro? Trovi il
ciondolo, trovi la grotta, lo usi per esprimere il desiderio e tanti
saluti.
Facile come bere un bicchier d’acqua” il cinismo
nelle parole di Elizabeth era
grande quanto la
Perla,
ma Jack non ci diede peso.
“Si da il caso che il
Torquis ce l’abbia già, ma non posso usarlo io. E
poi ti sei dimenticata della barriera?”
L’affermazione sorprese
Elizabeth. “Hai già la collana? E
perché non
puoi usarla?”
“Tecnicamente ce
l’ha Angela, l’aveva già al collo quando
ci siamo
incontrati, è da quel momento che ho riaccarezzato
l’idea dell’immortalità. E
comunque non posso usarla io, non riuscirei nemmeno ad indossarla.
Serve una
persona con sangue pirata ma con il cuore pure per usufruire dei suoi
poteri.”
Spiegò paziente.
La donna sorvolò sulla
curiosa coincidenza del fatto che la figlia di Jack
si fosse presentata a suo padre portandogli in dono la chiave per
l’immortalità.
Avrebbe chiesto anche quello in un secondo momento, l’alone
di mistero intorno alla
giovane continuava ad infittirsi invece che schiarirsi.
“E scommetto che Angela
ha entrambe le qualità” osservò invece.
“Sei
perspicace” le rispose ironicamente.
Elizabeth scosse la testa,
faticando ancora a capire la situazione. “Ma
scusa, sei hai già il ciondolo, ovvero la parte
più importante, e la persona
che può usarlo vicina a te, non vorrai dirmi che il tuo
intoppo sta nel trovare
la grotta. La bussola magica ce l’hai ancora no?”
Jack giocherello un secondo con la
fibbia della cintura prima di
rispondere. “Si, certo che si, ma il problema non
è dove è situata la grotta, è
la barriera che c’è intorno, per abbatterla mi
serve l’aiuto dei cannoni della
nave del nostro caro William” rivelò guardandola
di sottecchi. Finalmente erano
arrivati alla parte cruciale.
La reazione della donna a quelle
parole fu immediata. Elizabeth balzò
in piedi strabuzzando gli occhi. Boccheggiò per un attimo,
poi, a metà tra il
furente e l’indignata, puntando un dito accusatore contro il
pirata, sbraitò: “Ecco
dove volevi arrivare! Non ti azzardare, non pensarci neppure! Ora ho
capito
perché sei venuto qui. Hai bisogno di me per contattare
Will! Ma non ti
vergogni neanche un po’? Diciassette anni fa l’hai
messo in guaio così grande
che sconterà la pena per l’eternità, ed
ora vuoi ancora chiedergli aiuto per un
tuo stupido capriccio? Per andare da Calipso poi? La strega che lo ha
imprigionato legandolo a quella nave maledetta?”
Anche Jack si alzò in
piedi, andando incontro alla donna a mani alzate
e un sorriso di scuse. Sembrava la calma fatta a persona mentre la
prendeva per
gli avambracci facendola risedere, e le parlava dritto negli occhi.
“Ascolta,
ti ho già detto che questa volta non sarò il solo
a guadagnarci, se mi lasci
spiegare…” ma venne interrotto dalla voce acuta di
Elizabeth.
“Non voglio nemmeno
sentirti! Se vuoi che ti aiuto io, ok, va
benissimo, ma non mettere di mezzo Will, gli abbiamo rovinato la vita
già
abbastanza non credi? E non provare a confondermi con uno dei tuoi
discorsi
pieni di parole prive di significato, non attacca.”
“Vuoi ascoltarmi si o no?
Angela non è la sola che può esprimere un
desiderio, c’è qualcun altro che potrebbe
risolvere tutti i vostri problemi.”
Disse d’un fiato il capitano, sovrastando la voce di
Elizabeth. L’affermazione
funzionò. La donna fece un sospiro cercando di calmarsi.
“E chi sarebbe codesta
fantomatica persona? Ma soprattutto, cosa potrebbe fare?”
chiese cercando di
nascondere con l’irritazione un filo di disperazione nella
voce.
Jack sciolse dalla sua presa le
braccia di Elizabeth, contento di aver
ricatturato la sua attenzione, e si allontanò di qualche
passo. Allargò le
braccia e teatralmente rivelò: “Tuo figlio,
tesoro, si da il caso che sia
l’unica altra persona di mia conoscenza avente sangue pirata
e cuore puro. Sono
sicuro che non ha mai ammazzato né rubato,
nevvero?”
Elizabeth rimase interdetta, ma si
riprese subito. Prima Will ora
Daniel. Non aveva la minima intenzione di mettere a repentaglio in
alcun modo
la vita delle persona a lei più care, qualsiasi cosa avesse
in mente di fare
Jack. Tuttavia stavolta non perse le staffe. “Ovviamente no.
Ma lui rimarrà
fuori da questa storia. Anche se probabilmente lui sarebbe
più che felice di
seguirti chi sa dove, non intendo permettere che corra rischi, intesi?
Quindi,
qualunque cosa tu pensi di fare, scordatela”
affermò inflessibile.
Jack fece un sorriso furbo, e con
aria saccente disse: “Cambierai idea
appena saprai quali potrebbero essere le conseguenze della buona
riuscita del
mio piano”
“Ne dubito”
“Ah si? E se ti dicessi
che il giovane Daniel potrebbe sciogliere il
caro William dalla sua maledizione e farlo ritornare qui con noi sulla
terra
ferma semplicemente chiedendolo a Calipso una volta trovata la
grotta?”
Elizabeth aprì bocca,
pronta a negare qualsiasi proposta del capitano,
ma appena il messaggio giunse al cervello, richiuse le labbra,
sbatté le
palpebre un palio di volte, certa di non aver comprese bene le parole
di Jack.
Riportare…Will…qui?
Il solo pensarlo le faceva
trattenere il respiro e provare quella gioia
incredibile che si sente quando si sa che un sogno lontano si sta per
avverare.
In tutti quei lunghi anni costretta a dormire in un letto reso troppo
grande
per lei dalla solitudine, aveva fantasticato mille volte su un
possibile futuro
accanto al marito che, nonostante la lontananza, non aveva mai smesso
di amare.
Ma ogni volta, la sua bolla di sapone rosea veniva scoppiata dalla mano
crudele
della realtà, che rimetteva tutto sotto la fredda e
distaccata prospettiva
della ragione, che ignorava maligna i sentimenti delle persone. Will
era il
capitano dell’Olandese Volante, condannato a solcare in
eterno i mari sospeso
tra due mondi, separato da lei, che l’avrebbe atteso
finché fosse vissuta per
godere di quell’unico giorno insieme che li era stato
concesso una volta ogni
dieci anni. Questa consapevolezza portava con sé un vuoto
che in diciassette
anni aveva scavato una voragine dentro il suo petto. Un senso di
desolazione,
divenuta ormai sua compagna fedele tanto da sembrarle dolce e
consolatrice nei
momenti più bui, quando crogiolarsi nei ricordi era
l’unica via per non
impazzire.
Ma per quanto potesse apparirle
impossibile, Jack le stava offrendo su
un piatto d’argento l’opportunità di far
realizzare il suo desiderio più
bramato. Sembrava semplice quanto allungare una mano e afferrare un
oggetto a
te vicino. Era troppo bello per essere vero. E sapeva per esperienza
che le
cose in apparenza semplici non erano mai come sembravano. Soprattutto
se a
proportele era un pirata.
“Dov’è
la fregatura Jack?”
Il capitano la guardò
sconcertato, come se Elizabeth gli avesse appena
fatto un gran torto. “Nessuno fregatura gioia. Come puoi
dubitare di me? Io
ottengo l’immortalità e tu tuo marito. Per una
volta possiamo ricavarci
qualcosa entrambi.” Ma dato che lo sguardo scettico della
donna sembrava immutabile,
aggiunse “Comunque se non ci tieni a riavere Will a casa ti
posso capire. La vita
da donna libera comincia a ripiacerti?” chiese ironicamente.
La sua interlocutrice
sbuffò. La proposta era allettante, troppo.
Ancora una frase da parte di Jack e avrebbe ceduto. Se voleva riavere
suo
marito a casa? Avrebbe dato qualsiasi cosa per questo. Ma non riusciva
a
fidarsi, a credere a Sparrow. Se si fosse permessa di sperare una cosa
del
genere per poi vedere i suoi sogni infrangersi di nuovo, non sarebbe
sopravvissuta. Non avrebbe sopportato di perderlo ancora.
“Jack, non mi stai
prendendo in giro, vero? Sarebbe davvero crudele
anche per un pirata.”
Incredibile ma vero, per una volta
in vita sua, Jack fece
un’espressione seria, talmente rara per lui che quasi stonava
sul suo viso. “Ti
giuro che dico la verità, se tutto va come devo andare, e
sarà così, William
potrebbe tornare.”
Quelle parole pronunciate con
cotanta serietà, finalmente ebbero
effetto. Il cuore di Elizabeth pian piano si aprì di nuovo
alla speranza, e le
sue labbra sfociarono in un sorriso sincero. Gli occhi le brillarono,
ma cercò
di trattenere le lacrime di gioia. E se Jack avesse avuto ragione? Se
c’era
ancora una speranza per Will? Poteva rischiare di perderla per paura di
soffrire ancora?
No. È meglio soffrire
altre mille volte che negargli l’opportunità di
tornare per egoismo.
“Affare fatto?”
tentatore, Jack si infilò tra i pensieri della donna.
“Oh Jack.” Fece
un respiro profondo. Altre mille volte, si
ripeté. “Ci sto. Ma se mi hai mentito, stavolta
non la passi liscia, intesi?”
La minaccia non
preoccupò minimamente Jack. “Affare
fatto” e strinsero
le mani. Negli occhi della donna, Jack rivide la ragazza temeraria di
un tempo,
colei che aveva affrontato battaglie al limite del possibile. Rivide la
grinta
che si era ormai assopita nel cuore di Elizabeth, la stessa che una
volta lo
aveva fatto invaghire. Rivide Elizabeth Swann, regina dei pirati.
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