Baka Dohao di Ste_exLagu (/viewuser.php?uid=102)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 Ottobre ***
Capitolo 3: *** 1 Ottobre Bis ***
Capitolo 4: *** 2 Ottobre ***
Capitolo 5: *** 2 Ottobrebis ***
Capitolo 6: *** 3 Ottobre ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Ormai
sono una coppia stabile da diversi anni, lo erano anche prima
dell’annuncio in tv dell'omosessualità di
Hanamichi Sakuragi.
Ormai si conoscevano da quella che poteva essere definita una vita. Si
erano visti per la prima volta in prima liceo e si erano messi
insieme verso la fine del terzo anno e poi erano volati insieme negli
stati uniti, divisi da migliaia di chilometri, ma sempre pronti a
raggiungersi, ognuno di loro si è laureato e con sommo
stupore di
tutti Hanamichi ci è riuscito in anticipo riuscendo anche a
farsi
ingaggiare in NBA prima del suo compagno di avventura e del suo ex
compagno di squadra, che nel frattempo era partito con loro per un
terzo istituto distante migliaia di chilometri dagli unici giapponesi
che conosceva.
La
vita era passata abbastanza velocemente tra partite, chiamate in
nazionale per Sakuragi, e il lasciare il basket giocato per gli altri
due, il fattore altezza ha svantaggiato molto Nobunaga Kyota, in un
mondo di giganti un ragazzo d’altezza media trova poco spazio
per
giocare, soprattutto a livelli come quelli dell’NBA. Ha
lasciato il
basket professionistico senza farsene un cruccio poco prima del
proprio matrimonio con il compagno di sempre. Si è laureato
in tempo
in lingue e mediazione culturale e sembra essersi adattato
perfettamente alla cultura ospitante senza però rinnegare le
proprie
origini. La storia tra i due è stata vissuta a distanza, e
da
avversari per tutta la carriera del ragazzo dagli occhi violetti,
scontri epici sul campo e una vita che cerca di essere vissuta
più
lontano possibile dai riflettori, anche se agli eventi pubblici si
sono sempre presentati insieme.
Il
giorno del venticinquesimo compleanno di Nobunaga sotto un cielo
terso la coppia convola a nozze, tra gli invitati
c’è mezza
popolazione di Kanagawa tra i 24 e i 27 anni, vecchi compagni di
squadra, vecchi avversari, amici, parenti. La gioia è molta
e si
moltiplica l’anno dopo quando la coppia decide di adottare
una
coppia di gemelli, Jayden e Joshua, due ragazzini mulatti che nessuno
sembrava intenzionato ad adottare perché troppo scalmanati,
poco
inclini alle regole, e così grandi. Ora agli eventi in cui
Sakuragi
è invitato come giocatore della lega professionistica di
basket si
presentano tutti e quattro e sono un quadro di energia fin troppo
esplosiva e i primi due anni sono d’assestamento per la
famiglia,
cominciano a conoscersi e a cercare di legare, e finalmente ci
riescono. I due ragazzini esprimono subito arrivati nella villa dei
due padri il desiderio di giocare a basket e si ritrovano nella
squadra dove allena un altro giapponese, un giovane uomo che
frequenta spesso casa loro, e che ha giocato in NBA, ma da cui si
è
dovuto ritirare per un infortunio al ginocchio, ma non sembra stia
male, si è gettato anima e corpo nel suo ruolo di allenatore
e con
il suo entusiasmo è riuscito a creare una buona squadra
nella scuola
del distretto scolastico dove risiedono i suoi due connazionali,
anche grazie ai due gemelli.
I
gemelli si sono affezionati quasi subito al grosso e confusionario
padre con i capelli rossi, e come tutti ognuno ha le sue preferenze,
Joshua preferisce Hanamichi mentre Jayden ha scelto come padre
preferito Nobunaga. I ragazzi stanno imparando il giapponese sotto la
guida di Nobu, che nel frattempo è diventato professore in
una
scuola di un distretto vicino. I primi tempi si sono scontrati, ma la
fiducia si è creata nel tempo e ora sono una famiglia dove
regna
l’armonia, certo non sono esenti da litigi o da prese di
posizione
degli adulti ma il rispetto è reciproco.
L’associazione
danni J&J come li hanno soprannominati i genitori è
allenata da
Hisashi Mitsui, che da quando è diventato allenatore sembra
tornato
l’anima ardente di un tempo, pieno di entusiasmo e gioia
nell’insegnare quello che a suo avviso è lo sport
più bello del
mondo. Non a caso I Love This Game è il motto del basket. Di
loro
l’allenatore parla come di degni eredi dei genitori anche nel
modo
di giocare, anche perché sembrano caratterialmente ricordare
i due
piccioncini partiti dal Giappone con quasi solo sogni in valigia.
In
questo clima di tranquillità Hanamichi Sakuragi prende la
decisione
di scrivere delle lettere ai propri figli in modo da raccontare loro
una parte della propria vita di cui non va fiero, ma che lo ha
forgiato fino a farlo diventare l’uomo di adesso, impegnato
nel
sociale, e soprattutto nelle campagne di supporto ai giovani. In
realtà l’inizio della lettera è
già scritta nel suo cassetto da
un paio d’anni, cominciata in concomitanza con
l’arrivo dei
gemelli a casa propria.
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Capitolo 2 *** 1 Ottobre ***
1
Ottobre. USA.
Cari
futuri figli,
Andare avanti non è facile.
Ho
sempre un peso sul cuore, ma sono forte, io sono pietra
indistruttibile, sono la roccia, e ne sono fiero.
Devo
vivere per lui, per me, con lui qua in me, è come se vivessi
due
vite, e lo faccio al massimo. Quella vita che lui credeva inutile,
quella vita che grazie a Kaede ho capito quanto fosse fragile, anche
per quelli della mia età. Pensavo di essere immortale, una
di quelle
illusioni adolescenziali, che nemmeno la morte di mio padre ha
intaccato. Immortale e sempre vincitore nelle risse, sono grande e
grosso... la fine del detto è semplice, ma è
efficace. Sto
scrivendo questo per voi, miei bambini futuri, fare questo mi
è
venuto in mente, quando sono arrivato negli stati uniti, i primi
tempi per migliorare il mio inglese ho guardato la tutte le serie
televisive che mi son capitate a tiro e ho visto una serie TV che mi
ha colpito, si di spessore comico, ma che ha attecchito in maniera
profonda in me. Si chiama “How I meet your mother”
in cui il
protagonista ci mette sei serie a dire ai due figli nel futuro come
ha conosciuto loro madre, raccontandogli la vita a New York con un
gruppo di amici sinceri e fidati. Io voglio parlarti di come sono
diventato, di chi sono diventato e perché. Tutto
è cominciato alle
superiori, il primo giorno delle superiori, ma devo premettere delle
cose.
La
storia del nonno è semplice, un uomo tranquillo, che mi ha
allevato
con forza e determinazione anche nel momento in cui ho cominciato a
ribellarmi contro di lui e contro vostra nonna, un giorno qualsiasi
è
morto di infarto e non sono riuscito a salvarlo perché ero
coinvolto
in una rissa con zio Yohei. Non ero bravo con le persone e con le
ragazze, soprattutto con le femmine umane, mi son dichiarato a
qualunque ragazza carina, vostro zio direbbe a chiunque respirasse.
Questo alle medie mi aveva portato ad un record, il record di
cinquanta scaricamenti. L'ultima forse mi piaceva veramente, solo che
stava con un giocatore di basket, non sono mai stato un giocatore di
squadra, almeno fino a quel fatidico giorno, il giorno del mio
compleanno, il primo giorno di scuola. Come se fosse un pesce
d'aprile nella nuova scuola una ragazza mi si avvicina e mi fa i
complimenti per i muscoli chiedendomi se giocassi a basket, e ho
detto si, sono il genio del basket. Ora mi viene da ridere, ero
così
ottimista, così pieno di vita, cose che penso non siano
cambiate, ma
che sarebbero cambiate entro un anno, ma continuiamo con i ricordi di
quel giorno. Ho incontrato Haruko Akagi, e me ne sono innamorato, fa
ridere ancora questa definizione, ma ci credevo fino infondo. Non mi
sono mai chiesto cosa mi piacesse, mi doveva piacere la sposina
giapponese, minuta capelli neri e occhi scuri, con cui costruire una
famiglia, e lei era tutto questo, lei era l'incarnazione di tutto
questo.
Vi
do il permesso di prendermi in giro, vi do il permesso di ridere a
crepapelle, ma avevo sedici anni, e son sicuro che il mio cervello si
fosse fermato alle elementari, in stand-by con la lucina rossa che si
accendeva e mi faceva sbroccare.
Poi
su quel terrazzo l'ho incontrato, ho incontrato Kaede, la persona
più
profonda che abbia mai incontrato, così profondo e segreto
che l'ho
conosciuto solo dopo che ci ha lasciato. Solo dopo il gesto estremo.
Vi scrivo perché sono stato un boia crudele, sono stato
veramente
insensibile e cretino. Si certo voi potreste dissentire, potreste
dire che sono un papà discreto, ma quando avevo la vostra
età o
poco più ero un completo decerebrato.
Cavolo
che ragazzo affascinante, e più mi affascinava e
più lo colpivo,
sia con le parole che con le mani, pensavo fosse viziato, che si
vantasse del suo bel viso, che godesse ad avere un fanclub, ma non
è
vero, non potete sapere cosa c'è dietro ad uno sguardo
profondo,
dietro ad un silenzio o dietro allo studio più sfrenato, non
sapete
nemmeno cosa c'è dietro a dei capelli lunghi, o ad una
cicatrice.
L'ho visto mi è mancato il respiro, e poi lei amava lui, e
quindi
l'ho istantaneamente odiato, ne ho odiato i lineamenti perfetti,
quasi fosse di porcellana, la pelle chiara, gli occhi blu, chi ero
io, quello dai tratti rozzi, i capelli rosso fuoco, dai modi rudi,
non potevo competere con lui, lei lo amava e io dovevo distruggerlo.
Al primo incontro ci siamo picchiati.
“Do’hao!” mi ha
apostrofato, ed ho sentito poche volte altre parole sfuggire al
quelle labbra dall'aria rilassata. Lo sguardo che si infuocava ogni
volta che toccava un pallone da basket, sembrava rinascere come la
fenice e il parquet le sue ceneri, con quel pallone era l'emblema del
basket stesso, passione pura, gli stati uniti come obiettivo. Poi i
con le mie cretinate “baka Kitsune” e poi tutti i
miei
spropositi, tutte le mie parole al vento. Tutte le cattiverie che
dalla mia bocca l'hanno colpito come se fossero coltelli. Come una
mannaia sul suo ego, una mannaia sulla sua vita.
Direi
una bugia se dicessi che lui non mi ha colpito, che il suo suicidio
non l'abbia considerato una mia colpa, se non avessi pensato di
essere così colpevole, forse sarei rimasto fermo ai cinque
anni. Ma
il mio essere colpevole, mi ha salvato, ed ha salvato lo Shohoku, ed
ha portato la squadra alla vittoria. Tutti anche i diplomati hanno
subito il colpo. Come il vostro allenatore, come me, ed anche quelli
delle altre squadre come il vostro altro papà. Una
generazione
segnata da quel gesto, chi lo ha conosciuto, così
silenzioso,
sembrava volesse passare inosservato, ma io lo avevo sempre negli
occhi, sempre nei gesti, nel mio basket, in tutto c'era lui, c'era
Kaede, ed era troppo, non riuscivo a capire, non riuscivo ad
accettare lui, non riuscivo ad accettare me, e tutte le mie
sfaccettature. Bambini vi lascio gli allenamenti mi chiamano.
A
domani per la busta 2.
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Capitolo 3 *** 1 Ottobre Bis ***
Ste:
piccola nota
Schema
temporale “tutta la vita in un secondo” attraverso
l’età di
Hanamichi
16
Anni - Lui era la mia vita
-Un secondo
22
Anni - Dunk
28
Anni -Baka Dohao [momento della scrittura delle lettere]
30
Anni -[momento della lettura delle lettere]
Busta
1 Bis
L’altro
vostro padre mi ha coinvolto in questa cosa. Ho letto cosa ha
scritto, è scemo, vi conosciamo già, vi abbiamo
già adottato
mentre scriviamo queste lettere, anche se sospetto che lui la sua
l’abbia iniziata prima che la nostra famiglia si allargasse.
Potremmo
fare l’elogio della stupidità adolescenziale.
Vi
daremo queste lettere ai vostri quattordici anni.
Per
ora avete dodici anni, siete la coppia di gemelli più
assurda che
esista. Vi abbiamo conosciuto quando ne avevate dieci, sono solo due
anni che questa famiglia è completa. Il vostro
papà Hanamichi ed io
ci siamo messi insieme verso la fine del liceo, e poi siamo venuti
qua negli Stati Uniti, siamo stati fortunati dal Giappone in quel
periodo ci siamo mossi in tre, anche se in squadre diverse ed in
università diverse.
Io
ho una grossa fortuna, sono sempre stato portato per le lingue,
quando stavo a Kanagawa ero in una scuola prestigiosa, con corsi
personalizzati, ero la stella della mia squadra di basket, ed ero
sempre allegro e spensierato. Anche il mio essere omosessuale non mi
ha mai fatto sentire inadeguato, la mia famiglia, per mia immensa
fortuna è sempre stata aperta e tollerante con tutti, quando
ho con
fessato ai vostri nonni che mi piacciono i maschi, loro non hanno
fatto una piega, mi hanno abbracciato e mi hanno raccomandato di
trovare un bravo ragazzo.
Ero
al secondo anno, e le cose stavano andando sempre meglio, nel basket,
sentimentalmente meno, ma ero felice, circondato da amici, e da
rivali fortissimi. Ci stavamo preparando per il torneo invernale
quando una notizia squarciò il velo di sicurezza e
immortalità che
caratterizza i sedici anni. Di punto in bianco un mio coetaneo si
è
tolto la vita. Lo conoscevo, di vista, da molto tempo,
c’eravamo
già scontrati a basket fin dalle elementari, io lui ed anche
il
vostro allenatore. Lo Shohoku ne è rimasto distrutto, fino
al
momento in cui hanno deciso di reagire in modo costruttivo.
Ma
di questo vi parlerà Hana, io voglio parlarvi di lui, di
come mi son
trovato a sognarlo ogni notte.
Era
il primo anno, e con il Kainan eravamo una delle teste di serie del
torneo nazionale di basket estivo, io mi ero ucciso di allenamenti e
alla fine mi ero guadagnato il posto da titolare al primo anno, la
scuola che frequentavo aveva uno dei più importanti club di
basket e
c’erano poche possibilità di entrare in squadra,
anche perché
solo chi manteneva una media in classifica molto in alto poteva
puntare a quei posti. Ero un esaltato, immaginatevi con questo
traguardo, che in pochi erano riusciti a raggiungere, raggiunto dopo
pochi mesi dall’inizio della scuola “Sono il rookie
numero uno”
lo urlavo a destra e a manca. Ci siamo scontrati con una squadra
assurda, ci siamo scontrati con lo Shohoku, e l’ho visto uno
nuovo,
un esaltato, uno che faceva un chiasso infernale, secondo solo al
mio.
In
Giappone la mentalità è molto più
ristretta e lui era un fenomeno
da baraccone con i capelli rossi, lunghi che ne incorniciavano il
volto. Mi è mancato il fiato, era come un rumoroso e
chiassoso
raggio di sole. Dovevate vederlo in campo, è stato
faticosamente
esilarante, ma lì per lì ero infuriato, ho
giocato come se gli Oni
mi avessero posseduto. Lui non era ancora bravo, ma aveva
l’istinto
giusto.
Quando
ho fatto la doccia ho dovuto accendere l’acqua gelida, e
ancora i
miei compagni di squadra di allora tirano fuori questa storia per
prendermi in giro.
Ah quanto eravamo spensierati, dopo la
partita abbiamo festeggiato. Ma ormai mi ero fissato, dovevo
disintegrare quel rossino, ma puntualmente andavo a vederne le
partite, l’ho visto migliorare ogni volta, ogni avversario
gli ha
insegnato qualcosa, ogni avversario ha trovato guai con lui. Si
intravedeva il suo talento, ma la mia testa cominciava a farmi fare
pensieri sconci su di lui, avrei voluto conoscerlo, ma non avevo
nessuna scusa.
Avevo
quindici anni, ricordatevelo, ero giovane e stupido, confesso,
l’ho
pedinato per giorni, forse mesi, ma non riuscivo a trovare una scusa
per approcciarmi a lui. Ero distrutto, avrei voluto conoscerlo, avrei
voluto parlargli.
Dopo
qualche mese, ormai il “fattaccio” era successo, ho
scoperto che
lui giocava a street basket in un campetto poco distante dal mare,
faceva i 3 contro 3. Dopo una di queste partite ho fatto
l’unica
cosa che conoscevo l’ho sfidato in un one
to
one. Ricordo che mi ha stracciato, e io ci sono rimasto
malissimo, lui ha usato il suo fisico contro il mio.
Non
so di cosa abbiamo parlato dopo, non me lo ricordo, ricordo solo che
pendevo da quelle labbra carnose, ero ipnotizzato da lui. Era triste,
era strano, era bellissimo e così fragile.
Sono
sempre stato molto sicuro di me, ma davanti a lui prendevo la
consistenza del formaggio fuso. Da quel giorno, dopo gli allenamenti
passavo a giocare con lui in quel campetto, a mangiar qualcosa con
lui, a parlare di ragazze. Si lui mi parlava di ragazze, e io facevo
lo gnorri, cercavo di non apparire stupido ma io avrei voluto solo
zittirlo con un bacio, ma non capiva. Pensavo fosse etero, e mi ero
arreso. Col passare del tempo, lui ha ripreso a giocare con la sua
squadra e il nostro era diventato un appuntamento fisso.
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Capitolo 4 *** 2 Ottobre ***
Busta
2
2Ottobre
Cari
J&J,
mi
devo scusare, ho iniziato la mia prima lettera quando con Nobu
abbiamo deciso di sposarci e poi di adottare, quindi non sapevo chi
avremmo conosciuto.
Torniamo a Kanagawa, era ancora il primo
anno di scuola, io odiavo Kaede e non sapevo giocare a basket ma ero
convinto di essere il genio. Ho sfidato il capitano del club di
basket in una surreale partita, mica sapevo che bisognava
palleggiare, e cose simili, è finita con me che smutando
Akagi, il
fratello maggiore della mia coppia. Ricapitolando, in solo poche ore
la mia vita è cambiata da quella di un teppistello a quella
di un
atleta, mi ero innamorato, e avevo trovato la mia nemesi, o almeno
così pensavo. La vita scorreva tranquilla io cominciavo ad
ambientarmi al club, e sono riuscito a farmi ammettere pulendo tutta
la palestra, tutti i palloni, e tutto quanto. La squadra non era
completa, dopo un po’ è tornato in squadra il play
che era stato
lontano dai campi per un po’ per una rissa. Ancora non
conoscevo
Hisashi, lui ancora non faceva parte della squadra. Si è
presentato
con un po’ della gentaglia che frequentava in quel periodo e
ci
siamo scazzottati per bene in palestra, e per fortuna vostro zio
Yohei e gli altri tre pazzi ci hanno salvato dalla chiusura del club,
a cui dopo aver rivisto il nostro allenatore anche Mitsui ha chiesto
di essere riammesso. Abbiamo scoperto che si era infortunato durante
il primo anno al ginocchio e ha provato a giocare prima di guarire
per bene e quindi non ce l’aveva fatta e quindi era diventato
un
teppista dai capelli lunghi, ha ripreso ad allenarsi con noi e la
squadra è diventata unita, e lavoravamo bene insieme. Io
continuavo
a farmi espellere per cinque falli, perché quei simpaticoni
dei miei
compagni non mi avevano spiegato bene le regole. Ridete pure, ma non
avevo idea di che gioco fosse il basket prima di sfidare Akagi. In
tutto questo in squadra c’era Kaede Rukawa l’asso,
la super
matricola, il rookie numero uno, e tra una rissa e l’altra ci
siamo
ritrovati al campionato nazionale in cui abbiamo fatto una buona
impressione, e una bella figura, abbiamo vinto contro una delle teste
di serie, e mi sono infortunato alla schiena, e abbiamo perso la
partita successiva, ma durante quella partita è successo il
miracolo, io e lui ci siamo passati la palla, non era mai successo
fino a quel momento. Ma io lo odiavo comunque, perché lui
era
l’amore della ragazza che mi piaceva. Sono andato in un
centro di
riabilitazione vicino al ritiro della nazionale juniores di basket e
lui veniva a correre sulla spiaggia dove io leggevo le lettere di
quella ragazza, ma che non mi facevano più emozionare come
avrei
immaginato. La solitudine di quel posto mi ha portato a farmi molte
domande, su me, su cosa mi piacesse. Ho passato tutto il mio tempo
libero sulla spiaggia, e ogni giorno alla solita ora c’era
Rukawa
che correva, con indosso la maglia della nazionale. Non mi diceva
niente passava e mi mostrava quella che era diventata una fissazione
per me, dovevo batterlo e dovevo entrare in nazionale. Ero su quella
spiaggia e il resto del tempo, dopo aver risposto ad Haruko lo
passavo a pensare. Da quando ero arrivato al centro fisioterapico
facevo sogni strani, sogni in cui non baciavo Haruko, come mi era
successo fino a quel momento, ma sogni in cui baciavo un maschio non
definito, e mi svegliavo eccitato, e questo mi lasciava sconvolto
ogni volta. Ho cominciato ad immaginarmi, da sveglio, la mia vita con
Haruko, e fin quando si trattava di cose normali, come la casa, le
uscite, non avevo nessuna brutta sensazione ma appena arrivavo a
sfiorare la sfera sentimentale, ma anche solo i baci sentivo qualcosa
di simile all’acidità di stomaco. Sentivo che
c’era qualcosa che
non funzionava, proprio adesso che lei si stava avvicinando a me in
quel senso. Ero sempre più confuso e nervoso. Una delle
ultime
mattine lui è passato alla solita ora correndo, e si
è fermato
qualche secondo in più e mi ha fatto un cenno in
più, non ho capito
lì per lì perché avesse questo
comportamento strano. Il giorno
dopo non è passato, ed ho capito che mi stava salutando, nel
nostro
modo contorto. La notte in cui mi sono accorto che avrei dovuto
affrontare i giorni successivi senza la fastidiosa presenza del
volpino i miei sogni hanno virato su di lui, sul suo corpo scolpito
dal basket, non scandalizzatevi, come succede anche a voi con la
squadra, ci siamo visti un sacco di volte nudi per gli spogliatoi, e
nella mia mentre ho visto il suo corpo, quella pelle candida, quegli
occhi color del mare farsi quasi torbidi, le sue labbra socchiuse, e
l’ho sognato lascivo e sensuale, e mi sono svegliato di
colpo,
eccitato come non mi capitava da un po’. La mattina
successiva è
iniziata con una dolorosa doccia che ha fatto calmare i miei bollenti
spiriti, e che ha fatto aumentare a dismisura le mie insicurezze.
Tornato
a scuola mi sono dichiarato nuovamente ad Haruko, e lei è
diventata
la mia ragazza, ora è un’amica, non di quelle che
vedresti tutti i
giorni, ma c’è rispetto, ci siamo illusi entrambi
di aver trovato
la persona giusta. Le prime uscite sono state divertenti, siamo
andati al luna park, al cinema, a passeggiare, e fino a quando
eravamo fuori, in pubblico tutto funzionava benissimo. In Giappone
non siamo abituati alle effusioni in pubblico, nemmeno a prendersi
così tanto per mano, e quindi nessuno di noi due si
è reso conto
della totale mancanza di contatto fisico. La persona con cui avevo
contatti fisici in pubblico tutti i giorni era Kaede, ero tornato in
squadra ancora più arrabbiato con lui che continuava a
disturbarmi
nel sonno, con la sua voce calda e che abbiamo sentito così
raramente, con il suo corpo di porcellana, e quegli occhi tempestosi,
blu come il mare che mi hanno sempre fatto tremare. Abbiamo passato
buona parte della seconda in questo strano equilibrio, abbiamo
partecipato ad un campionato invernale e ad un altro campionato
estivo in cui abbiamo fatto bella figura senza però riuscire
a
vincere, siamo arrivati terzi e secondi rispettivamente. Lei una sera
mi ha invitato a cena a casa sua, erano ormai mesi che uscivamo, e ci
stavamo avvicinando al campionato invernale, la squadra aveva
cambiato assetto con i più grandi che hanno lasciato per
dedicarsi
agli esami di ammissione all’università, e ho
accettato, eravamo
soli, i suoi erano a visitare Takenori nel suo campus
dall’altra
parte del Giappone, abbiamo mangiato e scherzato, siamo finiti sul
divano a farci le coccole, e quando lei ha cercato un contatto
più
sensuale io non ho reagito, ho reagito con quasi tutto il corpo, ma
non mi eccitavo, era come non presente. Abbiamo pensato ad ansia da
prestazione, e lei è diventata sempre più
insistente, anche perché
si sentiva insicura della sua bellezza a quel punto, ma niente non
funzionava in presenza di lei.
Nel frattempo io continuavo a
fare sogni erotici in cui c’erano ragazzi e uomini, e molto
spesso
c’era Rukawa, e più lo sognavo e più mi
incazzavo, più mi
incazzavo più vedevo ogni suo comportamento come
provocatorio, e
finivamo in rissa.
Ho
passato tutti e tre gli anni del liceo a fare i fondamentali a fine
allenamento, sono diventati un’abitudine, spesso Haruko si
fermava
con me, fino a quando non ci siamo lasciati perché non ero
in grado
di darle quello che voleva, non siamo andati mai oltre a qualche
bacio abbastanza umido e poco soddisfacente. Una sera i miei amici se
ne sono andati prima che io finissi e siamo rimasti in palestra solo
io e il volpino, lui mi si è avvicinato per parlare e io
l’ho
respinto, non sapevo nemmeno più perché lo
odiassi, ma l’ho
trattato come se fosse un rifiuto, e lui deve avermi creduto sul
serio perché il primo settembre di quell’anno si
è tolto la vita
sparandosi nello spogliatoio del club di basket. Non capivo nulla,
hanno sospeso il club per un mese, e quando sono tornato ho trovato
una sua lettera in cui spiegava perché si è
sparato, almeno in
parte. Dopo ho scoperto che aveva lasciato a casa sua un pacco a mio
nome che mi è stato mandato da sua mamma, una tipa veramente
gelida,
in confronto lui era uno a cui piaceva il contatto umano, e mi
è
stato portato a casa e mi ha detto di non dirle niente che non gliene
sarebbe fregato nulla. A quel punto ho letto il suoi diario e mi sono
reso conto che molti dei sentimenti, della confusione che ho provato,
il dolore per aver perso il padre ci accomunavano, in realtà
avevamo
più cose in comune rispetto a quelle che non avevamo in
comune. Mi
ritrovavo nuovamente arrabbiato a sedici anni e ho cominciato ad
andare al parchetto centrale per giocare a basket, giocavamo a street
tre contro tre, nel mese di chiusura ci passavo tutto il pomeriggio,
mentre quando abbiamo ripreso a fare sul serio andavo dopo gli
allenamenti fino a quando anche l’ultima squadra se ne
andava.
Baci
piccoli miei.
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Capitolo 5 *** 2 Ottobrebis ***
Busta
2bis
2Ottobre
Cari
J&J,
Ora
che vostro padre ha scoperto le sue carte sono più
tranquillo a
scrivere anch’io. Ogni giorno lo guardavo al campetto giocare
con
squadre diverse e contro avversari che si alternavano, e poi andavamo
a mangiare, e questo mi riempiva di gioia, ma ero anche molto
turbato. Un ragazzo della mia età si era tolto la vita e non
capivo
perché, è il problema di chi è amato,
e che è supportato dalla
propria famiglia, non riesci a capire che per qualcuno non è
così.
Io andavo in una scuola di elite, avevo una media prodigiosa e
giocavo al gioco più bello in assoluto. Rukawa ha lasciato
un vuoto
anche nella mia vita, ho avuto problemi ad accettare di non essere
immortale, di accettare che qualcuno potesse trovare orrida questa
vita. Nel frattempo conoscevo sempre più a fondo Hanamichi e
il
campionato invernale si avvicinava, e anche loro avevano cominciato
di nuovo ad allenarsi, con il proposito di vincere il campionato
nazionale in onore di quel ragazzo silenzioso, in campo erano una
macchina da guerra, rabbia e concentrazione. Ai preliminari li
abbiamo battuti, ma loro hanno vinto tutte le altre partite. In campo
c’è stato uno scontro tra me e Hana e lui mi
è crollato addosso,
e io mi sono fratturato la tibia destra, e ho ricevuto una specie di
bacio, abbiamo sbattuto le fronti, e poi le nostre labbra si sono
sfiorate, ho sempre avuto il dubbio che fosse il parto della mia
mente, ma lui mi ha aiutato, mi ha preso di peso e portato in
panchina scusandosi duemila volte, in Giappone abbiamo molti modi per
chiedere scusa e lui ha usato quello che si usa di solito solo per
chiedere scusa agli dei. Gli ho detto che son cose che capitano e mi
son girate le palle, per me quel campionato era finito e avrei dovuto
puntare sul campionato estivo dopo la riabilitazione. Ho girato un
mese col gesso e un altro mese e mezzo con le stampelle. Ormai ero
sempre allo Shohoku, i suoi compagni non capivano cosa stesse
succedendo, e forse nemmeno noi. Io sapevo solamente che avrei voluto
che quel bacio ci fosse stato per davvero. Ero sempre più
nervoso in
presenza di Hanamichi ma non riuscivo a non andare a trovarlo,
nonostante fosse spezzato in due dal dolore creato anche dalla
lettura del diario di Rukawa sorrideva ed era un vulcano di energia.
I suoi compagni di squadra ad un certo punto si erano abituati alla
mia presenza. Un pomeriggio come un altro stavo guardando Hana fare i
fondamentali e l’ho chiamato, e lui si è
avvicinato a me che lo
stavo raggiungendo zompettando con le stampelle, quando è
stato a
tiro l’ho preso per il collo della canottiera azzurra che
usava in
allenamento e l’ho baciato davanti alla manager e a mezza
squadra,
e non uno sfioramento di labbra, un bacio con tutti i crismi, e tanta
tanta lingua. Considerate che una cosa del genere in Giappone
è
scandalosa a prescindere dal genere delle persone coinvolte. Il rosso
è diventato il mio colore preferito in quel momento, vostro
padre ha
ricambiato quel bacio, tirandomi su, e tenendomi in modo da non dover
stare appeso alle stampelle che sono ricadute ai nostri piedi. Non ho
idea di quanto sia durato, nella mia testa una mezz’ora ma
penso
non sia possibile realmente. Ero felicissimo, ma da quel bacio son
partiti un sacco di problemi, il vostro poco testardo padre, ridete
pure, mi ha fatto vedere i sorci verdi prima di accettare di essere
omosessuale in primis, e di essere anche innamorato di me. Dire che
la discrezione non faccia parte del mio essere è a volte
superfluo,
sono sempre stato abituato ad essere limpido nelle mie relazioni con
gli altri, fin troppo sincero a tratti.
Quella
sera non era al campetto, e io ero disperato, seduto al bordo di un
campo che non avrei potuto calcare per ancora un mese di
riabilitazione, ero frustrato e arrabbiato, oltre che cotto
all’inverosimile. Lo sognavo anche ad occhi aperti, ero
proprio
andato. Mentre lo aspettavo o forse ero troppo stanco e disperato e
basta mi si è avvicinato uno dei compagni di squadra
occasionali di
Hanachan e mi fa “Si dice in giro che tu sia gay”
ho fatto una
smorfia e ho risposto candidamente “Si sono gay,
problemi?” lui
ha scosso la testa e mi è in pratica saltato addosso, mi ha
baciato
con foga e mi ha fatto cadere a terra, e si è messo sopra il
mio
corpo, ho tirato schiaffi e pugni, ma questo era molto più
forte di
me, alla fine con una stampellata là dove non batte il sole,
sono
riuscito a liberarmi, ma non sapevo che qualcuno avesse assistito
alla scena, perdendosi però il finale.
Il
giorno dopo sono tornato alla sua scuola e lui mi ha preso da parte e
me ne ha dette di tutti i colori, che baciassi tutti, mi ha dato
della puttana e del poco di buono, non ha peccato di fantasia
nell’insultarmi, ho reagito istintivamente e gli ho tirato un
pugno
sul naso e da lì è nata una mezza rissa che
è stata sedata
dall’allora capitano della squadra di vostro padre, che ha
concluso
la sua sfuriata con uno “stronzo mi hai fatto diventare
gay” lì
per lì non avevo capito niente e mi sono allontanato alla
velocità
massima che le stampelle mi permettessero, ero distrutto, in una
settimana avevo perso ogni certezza, con molta fortuna ero scappato
da un male intenzionato, e avevo perso l’amicizia del ragazzo
che
mi piaceva. Me ne sono tornato a casa, e non ho cenato, non ho
parlato con i vostri nonni, cosa che non era mai successa, e mi sono
chiuso in camera, penso di essere uscito solo dopo molte ore solo per
bere un po’ d’acqua. Questo stato di tristezza
è durato per un
paio di settimane, mentre il mio corpo tornava ad essere forte e
tonico grazie alla riabilitazione la mia mente vagava dalla tentata
violenza al bacio bellissimo in palestra. Ad un certo punto ho capito
cosa potesse aver provato Kaede a sentire il rifiuto di parlare, di
confrontarsi con lui. Quando entra nella tua vita
l’arricchisce e
la stravolge e ti crea una sorta di dipendenza, e vieni travolto dai
suoi sentimenti.
Un
mercoledì mattina ero pronto per il primo allenamento dopo
l’infortunio. Noi prima della lezione facevamo preparazione
atletica, e quella mattina ho cominciato a correre con i mie
compagni, molti avevano intuito che qualcosa non andasse nonostante
indossassi ancora la mia maschera di sbruffone sempre allegro e
spensierato. Qualcuno rallenta e si allinea al mio passo, ancora
fatico a mantenere la stessa velocità di sempre
“Sono un cretino”
sussulto e mi giro a guardare un Hanamichi Sakuragi con espressione
da cucciolo abbandonato che si insulta, e il mio unico pensiero alla
sua visione era “Sposami” gliel’ho detto
veramente, e mi sono
sentito morire, e molto molto stupido. “Quando
avrò l’anello del
campionato al dito” mi risponde e io devo avere avuto
un’espressione molto stupida e stupita in quel frangente,
perché
l’ho visto sussultare. “Ti sposerò ma
non adesso, adesso vorrei
solo chiederti scusa perché sono tardo e cretino”
lo zittisco con
un bacio in mezzo alla pista di atletica sotto i fischi dei miei
compagni di squadra, una riserva, un primino fa “Te la fai
col
nemico, sei un traditore” ci voltiamo a guardarlo con
espressione
cattiva, soprattutto Hana, ma sono stato io a parlare “Lo
amo, ma
sul campo non c’è amore che tiene è
guerra.”
Ho
sempre viaggiato ad una velocità tutta mia, che è
molto simile a
quella di Hana che per fortuna non si è fatto prendere dal
panico
un’altra volta. “Anch’io
Nobuscimmia” mi ha fatto ridere
“Scimmia rossa” ha preso la mia mano e me
l’ha baciata. “vorrei
provare a uscire con te” mi confessa “Io non
aspettavo altro che
tu me lo chiedessi, e mi sono ritrovato a confessargli della mia
cotta colossale e dei tentativi di approcciarmi a lui. Finimmo gli
allenamenti e io saltai le lezioni imboscandomi con Hana in una
stanza vuota del club.
Vi bacio Nobu
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Capitolo 6 *** 3 Ottobre ***
Busta
3
3
Ottobre
Cari
J&J,
La
lettura del diario di Kaede mi ha dato una visione della sua vita che
mi ha fatto stringere il cuore, lui come me amava suo padre alla
follia, il nonno per me era un pilastro e per lui suo padre ancora di
più. Il signor Rukawa lavorava in casa e cercava di passare
più
tempo possibile con suo figlio, erano simili fisicamente, ho trovato
qualche foto, una cosa impressionante, sembrava la versione ristretta
di suo padre. La madre come vi ho già detto fa sembrare
Crudelia de
Mon un’animalista. Lei lo ha partorito e poi se ne
è lavata le
mani, invece il padre l’ha cresciuto, avevano un rapporto
molto
stretto. Come me Kaede ha visto morire suo padre davanti ai suoi
occhi, solo che il suo si è sparato. Non so come lui sia riuscito
a rimanere da
solo in quella casa, non so quali ingranaggi abbia oliato la madre,
ma lui abitava, da
solo,
nella casa dove era morto suo padre.
Dopo
la morte di papà se
non sono impazzito è grazie allo zio Yohei e il resto della
gundam,
ma soprattutto grazie a quella forza della natura che è
vostra
nonna, che mi ha sorretto in ogni mia caduta, ogni volta che i
ricordi
dolorosi della morte del nonno mi hanno attanagliato.
Pagine
piene d’amore per quel padre programmatore,
per quel padre sempre presente, mi sarebbe piaciuto conoscere
quell’uomo, che dalle parole di suo figlio è stato
disegnato come
premuroso, dolce e gentile. Il figlio non sospettava che
soffrisse
di depressione a causa
del
rapporto con sua
moglie ed anche l’atteggiamento di lei nei confronti di quel
figlio
tanto cercato.
Tirava avanti nella vita solo per Kaede, ad un certo punto, però,
non è più bastato ha preso la pistola e si
è sparato; la stessa
pistola che ha usato suo figlio. Il diario cambia drasticamente da
ottimista, a una visione nera e disperata della vita. Anche prima non
era un gran chiacchierone o cose del genere, ma traspariva una voglia
di vivere, e una gioia che non ho trovato nelle pagine successive al
fatto. Spesso si è chiesto cosa facesse la madre, e si
è sentito
abbandonato, e si è sentito abbandonato anche dal padre cosa
che lo
ha distrutto. Ha cominciato a mangiare il minimo sindacale per
giocare bene, e a dormire, dormiva sempre e ovunque, l’ho
visto
pedalare e dormire contemporaneamente. Mi ha straziato
l’anima
leggere le sue sofferenze e le sue osservazioni su di me. Mi ha
capito a fondo e io non l’ho capito per niente. Lui mi
descriveva
come una forza vitale inarrestabile, e come incrollabile, ma con un
passato doloroso, nessuno sapeva di papà ero ancora alle
medie e
alle superiori non conoscevo altri che vostro zio Yohei e gli altri
tre della gundam. Una frase mi ha colpito particolarmente ed
è
quella che scritta in giapponese campeggia sulla mia spina dorsale.
“Un sole benevolo, una forza della natura, un cuore candido, il
mio stupido preferito”. Quante
volte mi ha chiamato Dohao non lo so, forse migliaia, e devo dire che
alla
fine era un modo tutto nostro di comunicare. Solo che son fin troppo
lento a capire questo genere di cose, lui mi stava inconsciamente
chiedendo aiuto ed io ho finito di massacrarlo. Ricordo ancora
chiaramente quel giorno, e l’ho rivissuto nella mia testa
come in
un film al rallentatore. Io che faccio i fondamentali e lui che si
allena contro avversari
immaginari, ad un certo punto Yohei e gli altri se ne vanno, ora non
ricordo più dove, ma non penso sia importante, rimaniamo
soli io e
lui, e ho cominciato con le mie solite sparate su
lui che occupava spazio abusivamente, che fosse solo feccia, su
quanto lo odiassi, su quanto odiassi i suoi occhi azzurri e su quando
odiassi che tutte le ragazze gli andassero dietro. Quella è
stata la
goccia che ha fatto traboccare il vaso, certo non è stata
solo colpa
mia, ma nella mia inconsapevolezza gli ho messo in mano quella
pistola.
Sono
anni che mi chiedo come facesse ad averla lui, quando ha fatto il
gesto estremo hanno sequestrato l’arma, e poi hanno fatto
indagini.
Forse non così accurate visto che la lettera l’ho
trovata io e non
la polizia.
Mi
raccomando sempre con voi di essere gentili con gli altri
perché non
vorrei mai che vi trovaste ad annaspare nel ricordo che una vostra
scortesia possa aver fatto scattare qualche reazione strana in
qualcuno. Ho dovuto fare anni di analisi e Nobu si è dovuto
sorbire
anni di incubi ricorrenti, di urla nella notte. Non sempre quello che
sai razionalmente riesci a portarlo su tutti i livelli della vita.
Sono
caparbio e ne sono venuto a capo, ma non augurerei a nessuno di
provare quel vuoto e quello smarrimento che ho provato io a vedere
quel corpo. Per la seconda volta io ero in parte responsabile della
morte di qualcuno, non è una cosa con cui è
facile venire a patti.
Quante volte le mie nocche si sono spellate contro un saccone da
boxe, ne avevo messo uno in camera mia, per poter sfogare la rabbia.
La rabbia mi ha accompagnato come un’ombra malevola per molto
tempo, sia prima che dopo la morte del nonno, addirittura mi ha
accompagnato per buona parte della mia vita anche dopo il suicidio.
Se provo a pensare a lui il volto è indelebile, mentre la
voce non
la ricordo. Mi viene un groppo alla gola ogni volta, ricordo gli
insulti, ma non ricordo la voce che li pronunciava, e mi sento in
colpa, mi sono erto a sua voce nel mondo, e non la ricordo nemmeno.
La
Kitsune Help è nata proprio per dare voce ai ragazzi come
Kaede,
ragazzi che si sentono soli, che non sanno con chi parlare, possono
chiamare, o recarsi in una delle sedi che abbiamo aperto, e sentirsi
accolti. Sono stato fortunato, ho sfondato nel basket che conta, sono
riuscito ad avere contratti anche con sponsor famosi, e questo ha
portato nelle mie tasche un sacco di soldi che ho potuto investire
per salvare altri ragazzi.
Non
mi sono accorto del disagio di Rukawa, per niente, ma non voglio che
nessuno si senta come lui.
La
scelta dell’adozione di bambini spesso considerati troppo
grandi è
stata fatta in modo consapevole, noi vi abbiamo cercati, vi abbiamo
voluti con tutto il cuore, non perché è
più comodo che vi puliate
il sedere da soli mentre i neonati non lo fanno, ma perché
volevamo
dare la possibilità di uscire da quelle mura
dell’orfanotrofio a
qualcuno che nel meccanismo americano si perde nella burocrazia ad un
certo punto. Rifarei questa scelta mille volte, è una delle
poche
che rifarei senza pensarci.
Vorrei
dire che se tornassi indietro non farei lo stronzo con Kaede, ma
sarebbe una bugia e sarebbe come tradire il me di adesso, sono
l’uomo
che sono perché ho vissuto i miei dolori, e li ho affrontati
come se
fossero una guerra. Le cose che vi hanno fatto soffrire sono quelle
che vi renderanno migliori.
Sappiate
che per qualsiasi problema potete venire da me, o andare da Nobu,
anche il più piccolo, probabilmente l’unico campo
in cui non siamo
così ferrati sono le ragazze, ma potete rivolgervi a Yohei,
oppure
anche a Hisashi.
Strana storia la mia amicizia con lui, ma
questa è un’altra cosa. La prossima volta vi
parlerò delle ultime
cinque pagine del diario di Kaede, non disperate questa tortura
paternalistica finirà, miei chiassosi bambini.
Un
bacio
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