First floor - Portraits hall

di Cxerina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Allen - La nascita di un soldato ***
Capitolo 2: *** Elisabeth - Occhi nel buio ***
Capitolo 3: *** London - La dolce morte ***
Capitolo 4: *** Isabella - Nuove amicizie ***
Capitolo 5: *** Eleonor - Il destino di un sovrano ***
Capitolo 6: *** Gess - Le scelte di un leader ***
Capitolo 7: *** Madeleine - Il fascino della solitudine ***
Capitolo 8: *** Night - Letture proibite ***
Capitolo 9: *** Wako - Amicizie nell'ombra ***
Capitolo 10: *** Hanna - L'inizio ***



Capitolo 1
*** Allen - La nascita di un soldato ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.
NB: Il nome Lestat non si riferisce al personaggio delle "Cronache dei Vampiri" di Anne Rice, il personaggio non ha nulla a che vedere né fisicamente né caratterialmente con Lestat de Lioncourt.



Inghilterra, 1611

Era il 1611 quando Amalia Adams morì per mano di un cacciatore umano mentre cercava di mettere in salvo il bambino avuto dieci anni prima.
Negli ultimi cento anni gli umani avevano sviluppato un profondo odio per i vampiri, rappresentandoli come bestie senz’anima nate per volontà demoniaca, iniziando una politica di sterminio portata avanti in primo luogo dalla nuova figura del cacciatore. I cacciatori erano umani che sfruttavano il punto debole dei vampiri, l’argento, per ucciderli.
Michael, il fratello maggiore di Amalia, trovò il bambino nascosto sotto un carretto a fissare in lacrime il cumulo di cenere che rimaneva della donna. Lo prese con se salendo sulla sua carrozza e si diresse verso la villa di famiglia poco fuori città prima che l’alba potesse sorprenderli.
“Lo sapeva che la città è diventata un posto pericoloso...” sospirò asciugando le lacrime al piccolo Allen “Perché ha dovuto portarti con se a tutti i costi?”. Il bambino fissò Michael negli occhi con le lacrime che continuavano a sgorgare imperterrite. Il moro lo abbracciò stringendolo a se “su, su, cerca di calmarti. Ci sono io, mi prenderò cura di te al meglio”. Purtroppo per il giovane, i piani che Michael aveva in serbo per lui non erano così candidi come aveva lasciato trasparire quella notte.
Nei giorni successivi alla perdita convinse Allen che la morte della madre era colpa sua, facendo leva sul suo già forte senso di colpa, e che se fosse stato in grado di difenderla dai pericoli che minacciavano i vampiri in quei secoli, ora lei sarebbe ancora viva. Il bambino per i primi giorni non sembrò reagire a quanto gli veniva detto poi, una settimana esatta dalla morte della madre, andò nello studio dello zio “T-tu… P-potresti insegnarmi…?” balbettò con un filo di voce ancora rotto dalla pesante disperazione. Michael lo guardò sorridendo, il suo piano sembrava funzionare “Oh Allen” gli si inginocchiò davanti mettendogli le mani sulle spalle “Posso renderti in grado di proteggere chiunque tu voglia” disse dolcemente “Se me lo permetterai, ti renderò il vampiro più forte mai esistito e allora nessuno oserà più toccare chi ami”. Gli occhi del bambino diventarono lucidi e si riempirono di lacrime. Annuì. “Insegnami!” scoppiò a piangere abbracciando lo zio “Rendimi in grado di difendere la mia mamma!”.
 
Michael aveva sempre avuto un debole per i ragazzini, la storia che aveva con Lestat ne era la prova, e non aveva neanche mai nascosto di ritenere il nipote una preziosa opera d’arte con i suoi bei capelli dorati, gli occhi glaciali e la carnagione di porcellana. Probabilmente erano queste le ragioni per cui si prese personalmente il compito di allenare Allen invece che affidarlo a uno dei suoi mercenari, o forse semplicemente perché voleva essere certo che il suo piano procedesse al meglio, la cosa certa era che Allen stava rispondendo molto bene e risultava essere portato per il combattimento.
Erano passati tre mesi dal primo allenamento e Michael andava già abbastanza fiero dei risultati che stava ottenendo.
Erano passati tre mesi dalla morte di Amalia e l’attrazione di Michael per Allen sfociò in un abuso.
L’atto avvenne al termine di un allenamento. Michael uscì chiudendo nella stanza il bambino che, dal canto suo, era rannicchiato in un angolo a piangere. Si fidava di Michael, perché gli aveva fatto questo? Voleva forse dimostrargli quanto fosse ancora debole? Era una punizione per il fatto che non si stava applicando abbastanza? Faceva male, molto male e il dolore fisico non faceva altro che amplificare le ferite che aveva dentro di sé.
Il fatto che Allen si desse la colpa di quanto avvenuto aiutò Michael a tenere nascosto il fatto. Non ne andava particolarmente fiero e per nulla al mondo avrebbe lasciato sfuggire un’informazione così pericolosa.
 
Era il secondo inverno che Allen si trovava a passare senza la madre e molte cose erano cambiate. Al dolore della perdita si aggiunsero i continui stupri di Michael per i quali continuò ad addossarsi tutte le colpe, erano il modo dello zio di dimostrargli quanta strada avesse ancora da fare per arrivare anche solo al suo livello. Da parte sua Michael non poteva nascondere che provasse un sadico piacere nel torturare a quel modo il nipote, ma sapeva bene che nulla di tutto ciò poteva uscire. Sfruttò a suo favore i sentimenti confusi che Allen provava per lui e riuscì a soggiogarlo, a tenerlo in pugno come una marionetta.
Il sole stava appena tramontando quando Michael entrò nella stanza del nipote “Allen…”.
Il ragazzino si girò sorridendo felice “Michael! Mi stavo preparando per l’allenamento di oggi” andò da lui “come mai sei venuto qui?”.
Michael fece un ghigno “Quanta esuberanza Allen” gli passò una mano tra i capelli “Oggi testeremo i progressi che hai fatto fino a qui” gli spiegò “è la notte adatta, c’è la luna piena”.
“Testare i miei progressi?” chiese il biondino incerto.
“Ti lascerò nel mezzo della foresta” Michael si apprestò a chiarire i dubbi di Allen “e se riuscirai a tornare alla villa vivo, allora vuol dire che potremo proseguire”
Allen deglutì appena “M-ma… sta nevicando forte” mormorò timoroso “non si vede a un palmo dal naso…” sapeva che se fosse finito sulla strada di un lupo Alpha non sarebbe stato in grado di tenergli testa.
Michael lo guardò con sguardo gelido. Non sopportava sentilo lamentarsi “dovrai sfruttare al meglio gli altri tuoi sensi allora.” si limitò a commentare “Ti do due minuti per prepararti, poi ti vengo a prendere” annunciò uscendo dalla stanza.
Allen si affrettò a prepararsi mettendosi addosso i vestiti più caldi che aveva, non aveva alcuna intenzione di morire ne per il freddo e tanto meno per i licantropi. Allo scadere dei due minuti Michael gli arrivò alle spalle, lo bendò e se lo caricò in spalle per poi andare alla carrozza. Quando i cavalli si fermarono Michael prese di nuovo Allen in spalla e camminò per ancora qualche minuto, poi lo lasciò cadere a terra “Conta fino a cento, poi potrai levarti la benda” furono le ultime parole di Michael.
Allen fece come gli era stato detto e quando aprì gli occhi l’unica cosa che riuscì a vedere attorno a se era la bufera che imperversava. Ebbe un attimo di sconforto, poi si mise in piedi. Doveva ritrovare la strada per tornare a casa, ma come?
Michael aveva detto di usare al meglio gli altri sensi, ma l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi al momento era il freddo e la bufera che imperversava. “Congelerò ancora prima di incontrare un lupo...” borbottò tra se e se “stupido Michael, stupidi lupi, stupidi tutti!” sbuffò brancolando incerto procedendo verso sud. Gli sembrava di aver viaggiato verso nord, quindi il sud era la direzione giusta e, in ogni caso, trovare un qualsiasi posto dove potersi riparare dalla bufera e dal sole sarebbe stata comunque un’ottima mossa. Camminò per almeno un’ora prima di sentire distintamente dei rami rompersi. Si mise in posizione di difesa, sperando che non fosse nulla di molto pericoloso. Pian piano che l’animale si avvicinava riuscì a distinguere in maniera più definita la figura. Era un lupo, ma doveva essere un giovane lupo, non era tanto grande e ben presto poté stimarne l’altezza al garrese: non era tanto più alto di lui, quindi sarà stato intorno al metro e 60. Il lupo continuò ad avvicinarsi e stava proprio puntando Allen, il quale aveva stabilito che avrebbe attaccato solo per difendersi e se la bestia non sembrava aggressiva non avrebbe fatto nulla
Il giovane maschio di licantropo arrivò davanti ad Allen e lo annusò per poi sedersi proprio davanti a lui. “Sei un licantropo, vero?” chiese fissando il lupo negli occhi. La bestia annuì soffiandogli poi col naso sulle mani per scaldargliele un po’. Allen abbassò la guardia “Grazie” mormorò “Sei solo? Vuoi aiutarmi?” iniziò a fare domande come se l’animale potesse rispondergli. Il lupo si accucciò a terra guardando il bambino. “Sai, io devo superare una prova e devo trovare la strada per tornare a casa...” continuò a parlare sedendosi anche lui nella neve “Però non credo di farcela con la bufera. Però se trovo un rifugio posso aspettare che passi e posso anche aspettare che passi il giorno! Tanto non ho un limite di tempo. Credo. Non lo so in realtà, Michael non ha detto nulla a riguardo”.
Il lupo mugugnò alzandosi e iniziò a dargli dei colpetti sulla schiena di Allen con il muso. “Mi aiuti allora?” chiese girandosi a guardare il lupo, che in risposta annuì. Allen si alzò abbracciandolo “Grazie! Abito nella villa di Michael Adams io, lo conosci? O riesci a seguire l’odore?” il lupo si lasciò abbracciare e quando venne lasciato leccò il viso ad Allen.
Il bambino si aggrappò alla pelliccia del licantropo camminandogli accanto.
“Sai, la mia mamma era tanto brava!” iniziò a parlare per rompere il pesante silenzio che si era creato tra i due, in parte dettato dalle razze di appartenenza, in parte da tutti gli stereotipi che accompagnavano il rapporto tra vampiri e mannari “Mi lasciava sempre giocare con gli altri bambini, anche se io preferivo stare con lei!” trillò sorridendo “Non le piaceva tantissimo quando facevo amicizia con uno di voi, però mi diceva sempre che l’importante era che piacesse a me. Una volta un mannaro… era più piccolo di me, ne sono certo. Stavamo giocando a rincorrerci ed era inciampato su una radice e si era sbucciato un ginocchio. La mamma per farlo riprendere subito gli aveva fatto bere qualche goccia del suo sangue.”. Stoppò il racconto guardando il lupo, per essere certo che lo stesse ascoltando “Però la mamma del lupo è corsa subito da noi e lo ha portato via… credo avesse paura che la mia mamma stesse facendo del male al mio amico...” tirò un po’ su col naso “Però la mia mamma non ha mai fatto del male a nessuno… Neanche quando si nutriva… Mi ha insegnato come nutrirmi senza uccidere gli umani… Lei non avrebbe fatto del male davvero a nessuno...”.
Per tutto il tragitto Allen continuò a parlare, raccontandogli di lui, della sua storia, di come desiderasse essere in grado di proteggere le persone che più gli stavano a cuore. Quando arrivarono nei pressi della villa si fermarono entrambi. “È meglio che prosegua da solo da qua.” mormorò Allen guardando la villa “Però mi verrai a trovare quando non sarai più lupo? Voglio conoscere la persona gentile che mi ha aiutato.”. In risposta venne buttato a terra e subì qualche leccata sulla faccia. “Allora ci vediamo domani!” disse ridendo e cercando di rialzarsi.
Prima che Allen potesse rialzarsi il lupo venne colpito e buttato a terra da un mannaro adulto. Era parecchio più grosso dell’amico di Allen. I due lottarono un po’ prima che Allen provasse a intervenire per difendere il suo lupo. Stava per essere colpito dall'adulto quando si sentì uno sparo e il lupo cadde a terra senza vita. Il vampiro si girò per vedere da dove provenisse lo sparo e quando vide lo zio si mise tra il moro e il lupo. “Scappa! Devi scappare!” gridò al lupo “Lui non è bravo!”. Il lupo non se lo fece ripetere due volte e iniziò a scappare. Michael corse verso Allen caricando l’archibugio con un altra pallottola d’argento. Mirò al lupo, ma quando sparò venne colpito da Allen. Il lupo venne colpito di striscio e proseguì la sua corsa verso il riparo della foresta.
Michael tirò un forte schiaffo ad Allen “rientriamo” disse secco prendendo il bambino per un polso e strattonandolo verso casa. Quando furono dentro, Michael porse una coperta ad Allen “Sei riuscito a tornare intero. Perché hai cercato di salvare quel lupo? Voleva attaccarti.”. Allen strinse la coperta attorno alle spalle e si avvicinò al caminetto “Sono stato aiutato...” mormorò Allen con sguardo basso “Quel… Lupo che ho salvato... Ha avuto pietà di me e mi ha aiutato. Non potevi ucciderlo.”. Nel sentire quelle parole Michael sembrò molto deluso “Intensificheremo l’allenamento” furono le ultime parole che disse prima di tornare nel suo studio.
Allen si spostò alla finestra che dava sul retro da dove era possibile vedere il corpo senza vita del licantropo. La neve attorno a lui si era tinta di uno splendido colore scarlatto. Come poteva una cosa così brutta apparire così affascinante ai suoi occhi? Dopo qualche minuto passato a osservare il lupo, vide uscire dalla foresta quello che lo aveva salvato, seguito dal resto del branco. Si disposero a cerchio attorno al corpo del compagno e iniziarono a ululare e continuarono per una decina di minuti. Quando i lupi smisero di ululare anche Allen se ne andò, chiudendosi in camera sua. Era certo che dopo quanto era successo non avrebbe mai più rivisto il suo amico e la cosa lo rattristò molto. Iniziò a piangere senza neanche rendersene conto “Perché non possiamo essere amici? -pensò tra se e se- Perché dobbiamo ucciderci a vicenda?”. In quel momento capì che Michael aveva ragione: doveva migliorare ancora molto. Una volta che sarebbe stato il migliore, avrebbe impedito che succedessero altre cose di questo genere.




Note: Salve a tutti! Ho deciso di pubblicare questa raccolta di storie scritta a quattro mani con la mia compagna d'avventure Babu, con la quale ho creato i personaggi e il mondo in cui si muovono. Questo è il primo capitolo di una raccolta di introduzioni ai personaggi, nella quale andremo a scrivere le vicende antecedenti alla trama principale, non prestando particolari attenzioni alla successione temporale degli eventi e alla collocazione degli stessi. Speriamo che la cosa possa interessarvi e che seguiate questa raccolta con piacere. Un bacio~

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Capitolo 2
*** Elisabeth - Occhi nel buio ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.
NB: Il nome Lestat non si riferisce al personaggio delle "Cronache dei Vampiri" di Anne Rice, il personaggio non ha nulla a che vedere né fisicamente né caratterialmente con Lestat de Lioncourt.


Devonshire, 1987

L'inverno era ormai alle porte, la pioggia batteva insistente contro le grandi finestre del salotto e il rumore si propagava in tutta la casa. Gli unici altri rumori erano lo scoppiettare del fuoco nella stufa e il fruscio di pagine che lentamente venivano girate. Elisabeth se ne stava rannicchiata su quella sedia a leggere ormai da diverse ore, annoiata e priva di voglia di fare alcunché in quella giornata così uggiosa e grigia. Quella mattina si era svegliata già sola in casa, non si era nemmeno domandata dove potesse essere andato lo zio, ma era scesa in cucina e aveva trovato del tè caldo ad aspettarla, il libro lasciato sul tavolo la sera prima e il fuoco scoppiettante, non poteva chiedere altro in effetti.
Erano ormai passate diverse ore però, la pioggia non accennava a diminuire e Arthur non era rientrato, probabilmente rimasto bloccato in paese per via del maltempo. Si alzò dalla sedia, il libro, ormai finito, venne posato nuovamente sul tavolo e la ragazzina iniziò a vagare senza meta in casa, affamata. Era troppo piccola per raggiungere i ripiani della dispensa e troppo poco intraprendente per provare ad arrampicarsi per arrivarci, in frigo c'era solo roba da cucinare e lei non ne era certamente in grado, anche il piano cottura era troppo in alto perché lei potesse utilizzarlo comodamente. Quale irresponsabile poteva lasciare una bambina di sette anni da sola a casa per l'intera giornata senza cibo? Elisabeth sbuffò gonfiando un po' le guance e mettendosi le mani sui fianchi in chiaro segno di protesta, anche se non c'era nessuno contro cui protestare.
Il tempo fuori era pessimo, non poteva nemmeno pensare di uscire e infilarsi a casa di Eleonor nella speranza che lì ci fosse da mangiare e così non le restò che spostarsi dalla sedia al divano a protestare contro suo zio che l'aveva lasciata sola, chissà per che ora sarebbe rientrato e se fosse riuscito a rientrare soprattutto!
Tornò in salotto e si sedette sul bovindo guardando con aria particolarmente annoiata fuori. La campagna inglese non era un paesaggio particolarmente vario, da lì poteva vedere giusto qualche albero, piegato per il forte vento, e spettri  di casolari in lontananza quasi totalmente coperti dalla fitta pioggia. Se solo fosse stata più intraprendente avrebbe preso l’ombrello e sarebbe corsa da qualcuno dei vicini, la signora Mary Lou era sempre tanto cara con lei che di sicuro l’avrebbe accolta e sfamata fino al ritorno dello zio… Alzò un sopracciglio, poteva in effetti fare un tentativo e nella peggiore delle ipotesi ritornare a rintanarsi in casa!
Presa da questo slancio di coraggio prese il cappottino, la sciarpa e il cappello e, una volta indossati, aprì la porta di casa, le mani sui fianchi, il petto in fuori e l’aria determinata che mutò quasi subito in una smorfia sconfortata appena le prime gocce gelide le bagnarono il viso. “Puoi farcela, è solo acqua alla fine… Ma chi voglio prendere in giro, morirò di freddo prima ancora di raggiungere la staccionata…” arricciò le labbra e storse un po’ il naso mentre richiudeva la porta e si toglieva il cappello. Lasciò cadere a terra anche il cappotto e si trascinò in cucina, non sarebbe uscita ma si sarebbe arrampicata sui quei maledetti banconi, fosse l’ultima cosa che faceva… Scosse la testa per quell’ultimo pensiero, non le sembrava proprio il caso di ammazzarsi per dei biscotti! Recuperata la sedia e salita sopra il bancone si mise a tirar giù tutto quella che aveva l’aria di poter essere mangiato senza cottura e man mano che trovava lasciava cadere a terra, accertandosi comunque di non fare eccessivo disordine, era arrabbiata con lo zio ma non aveva intenzione di distruggere la cucina per protesta!
Soddisfatta della caccia scese con molta cautela, era particolarmente piccolina per la sua età e non era particolarmente agile come si poteva pensare guardandola. Sorrise sedendosi sulla sedia e raccogliendo quello che aveva lanciato, si sarebbe mangiata qualche biscotto ed era sicurissima di aver visto della marmellata nell’armadietto.
Dopo aver, finalmente, mangiato tornò sul bovindo. Si stava facendo buio e, complice la noia e il cullante picchiettare delle gocce sulla finestra, Elisabeth si assopì.
Si svegliò, confusa e infreddolita. Sembrava aver smesso di piovere ma la stufa si era spenta, non sapeva che ora fosse, fuori era buio ma Arthur non era ancora rientrato. Si strofinò gli occhi e si mise a guardare fuori, sicuramente sarebbe comparso di lì a poco, di certo non era scappato… Non poteva essergli successo nulla, non doveva essergli successo nulla! Stava per disperare quando la sua attenzione venne catturata da qualcosa che si muoveva nel buio. A guardare nell’oscurità non era strano avere l’impressione di scorgere sagome moventi, lo sapeva bene lei. Tuttavia quello che le si stava parando davanti aveva tutta l’arai di essere la sagoma di qualcosa di effettivamente presente, due occhi che brillarono nella sua direzione facendola sobbalzare. Sembrava un animale ma era decisamente troppo grosso per essere un cane o una volpe, era troppo buio e sembrava che la bestia evitasse con cura i lampioncini dello steccato. Elisabeth si tirò su in piedi e nello stesso istante anche quella massa scusa si mosse, scattò verso la porta di casa e la stessa cosa fece la ragazzina, chiudendola con più mandate per poi correre via, verso camera sua dove si nascose. Cosa poteva essere? Sembrava un lupo ma da quelle parti non c’erano lupi e di certo non si avvicinavano così tanto alle case, era assurdo!
Era sempre estremamente razionale, attenta ai fatti e analitica per la sua età ma era fermamente convinta che quella cosa là fuori non poteva che essere un mostro… E magari quel mostro si era mangiato suo zio!
“Non penso che un mago potente come Arthur possa farsi mangiare da un mostro però… In realtà potrebbe, magari è stato preso di sorpresa…” sussurrò tra sé e sé stringendo tra le mani l’orlo delle maniche, non sapeva come comportarsi, sentiva gli occhi lucidi e la paura salire. All’improvviso sentì un rumore di sotto. La porta che si apriva. Passi su per le scale. Non ebbe nemmeno il tempo di nascondersi che la porta della sua stanza si spalancò.
“Tesoro, scusa, scusa, scusa! Pensavo di riuscire a tornare nel pomeriggio ma la pioggia mi ha bloccato…”
Arthur era sulla soglia con aria davvero mortificata, le mani giunte davanti al viso per chiedere scusa alla sua adorata nipotina che aveva lasciato tutto il giorno da sola. Osservò l’uomo sulla soglia per un lungo istante, il cuore che le batteva ancora fortissimo per la paura, poi si alzò e gli corse in braccio.
“Pensavo non saresti più tornato, pioveva, avevo fame… Poi c’era un mostro fuori!”  Scoppiò in singhiozzi, aveva accumulato un sacco di tensione ma era estremamente sollevata che nessuno l’avesse abbandonata e che nessuno fosse stato mangiato!
“Un mostro? Non c’è nessun mostro fuori tesoro…” L’uomo sembrò davvero stupito da quella reazione, si aspettava che la bambina mettesse il muso ma vederla piangere lo aveva decisamente lasciato spiazzato. Elisabeth non era una bambina particolarmente suscettibile, nemmeno da molto piccola aveva avuto paura dei mostri. Cosa poteva averla spaventata a quel modo?
“C’era… Un enorme mostro nero…” Tirò un po’ su col naso guardando negli occhi lo zio, lei era certa di averlo visto ma ora iniziava a non esserne più così sicura. Era mezza addormentata, magari se l’era solo immaginato, suo zio non aveva motivo di mentirle, se diceva che fuori non c’era nulla magari era davvero così!
“Domani controlleremo, ok? Per sta sera dormiamo assieme, così per qualunque cosa ci sarò io, va bene?”
Le sorrise rassicurante, accarezzandole i capelli con dolcezza. Lui fuori non aveva visto nulla ma era portato a credere alla bambina, magari era solo un animale ma riteneva necessario controllare alla luce del sole.
Elisabeth annuì asciugandosi le lacrime ma non accennò al voler scendere dalle braccia dell’uomo che così se la portò nella propria camera per poi metterla nel letto. Prima di dormire però diede una rapida occhiata dalla finestra, sembrava tutto tranquillo ma il sospetto che non fosse tutto a posto ormai l’aveva attanagliato. Sospirò stendendosi accanto alla bambina, stringendola un po’ a sé prima di addormentarsi anche lui.
La mattina dopo si svegliarono entrambi presto ed Elisabeth non sapeva dire se suo zio avesse davvero dormito. Le dispiaceva averlo fatto preoccupare così per una sciocchezza, sicuramente non c’era stato assolutamente nulla lì fuori, un gioco di luci e nulla più.
Fuori l’erba era ancora bagnata per la forte pioggia del giorno prima, il terreno era morbido e se ci fosse stato davvero qualcosa avrebbe lasciato delle impronte. C’erano. Arthur le studiò per una buona mezz’ora senza venirne a capo, sembravano zampe di mannari ma non c’era la luna piena, né era vicina, e non c’erano branchi da quelle parti da molti anni ormai.
Elisabeth era sollevata da un lato, non aveva dato inutili preoccupazioni e non si era immaginata nulla, ma era anche particolarmente spaventata per la presenza di una creatura misteriosa che si aggirava da quelle parti.
“Stai tranquilla, al tramonto andremo a parlarne con Michael. Lui e Lestat abitano qui da molti anni ormai, sicuramente può identificare meglio di me a che creatura appartengono queste orme!” Arthur sorrise alla bambina accarezzandole la testa con fare rassicurante, non avrebbe permesso che si spaventasse ulteriormente. Di certo quei due avrebbero saputo dargli qualche spiegazione in più, era quasi sicuro che Michael potesse saperne qualcosa. “Così tu puoi stare con Eleonor e Allen, no?” Aggiunse mentre prendeva il calco dell’impronta con la magia. Elisabeth si limitò ad annuire, sapeva bene quando suo zio era preoccupato e non le piaceva che cercasse di nasconderglielo. Sospirò appena, probabilmente era solo a corto di spiegazioni, non c’era da allarmarsi, una volta scoperto il mistero lo avrebbe condiviso con lei!
“Vado dentro ora, fa freddo qui… Mi faresti un tè zio?” Sorrise mentre rientrava. Sì, sicuramente non c’era niente di cui preoccuparsi, presto avrebbero risolto!


Note: Salve a tutti! Un secondo capitolo un po' più soft su uno dei miei personaggi preferiti, soprattutto per come si evolverà negli anni. Amo la campagna inglese, è uno dei miei paesaggi preferiti da immaginare e da descrivere e spero di aver reso l'idea della giornata di pioggia xD
Spero possa piacervi anche questo genere di capitoli più tranquilli, non saranno tantissimi ma ci saranno, soprattutto più avanti!
Un bacio~

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Capitolo 3
*** London - La dolce morte ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.


Francia, 1990

Se doveva essere sincera non avrebbe saputo dire quando quegli incidenti erano iniziati, probabilmente c’erano sempre stati ma aveva iniziato da poco a rendersene conto.
Era una bambolina, così le diceva la sua mamma, un’adorabile bambolina. Sorrise tra sé mentre la donna le sistemava i capelli e il vestito, era davvero bello quel vestitino rosa ed era sicuramente adatto al primo giorno di scuola. Finalmente sarebbe stata nella stessa scuola della sorella. Le risultava difficile stringere amicizia con i propri compagni di classe da un paio di anni a quella parte, non aveva nulla in comune con gli altri ragazzini ma né i suoi genitori né gli insegnanti sembravano preoccuparsene, la trattavano tutti molto gentilmente. A pensarci in realtà non aveva idea di cosa potesse preoccupare i suoi genitori, le persone con cui viveva non erano davvero suoi parenti, ma a lei non interessava. In realtà più volte si era chiesta perché la sua vera madre l’avesse lasciata con Alison ma si era imposta di non chiedere e di vivere con la convinzione che quella attuale era la sua famiglia, la sua mamma, il suo papà e la sua adorata sorellona.
“London, farai tardi…”
La voce della donna le arrivò lontana, non si era accorta di essere pronta e non si era accorta che Alison avesse lasciato la stanza. Si alzò dal letto e andò in salotto, era davvero felice di iniziare le scuole medie e di certo nella nuova scuola le cose sarebbero andate diversamente. Prese la cartella sorridendo mentre Emily la prendeva per mano, aveva sempre avuto una presa molto salda e forte, ma London faticava a comprenderne il motivo, non aveva mica intenzione di allontanarsi!
“Fate attenzione, ok?”
Diede un bacio a London e accompagnò entrambe alla porta. Una volta chiusa si girò verso l’uomo seduto sul divano e sbuffò infastidita. Sembrava che quella volta avesse sbagliato qualcosa, non capiva come mai rimanesse immobile sul divano. Con aria seccata si tirò indietro i capelli osservando il “marito” mentre la stanza si oscurava leggermente.
“Non capisco che problema tu abbia…”
“Probabilmente ti sei affaticata troppo, forse è il caso di gettarlo via!”
 
Quando arrivarono a scuola Emily si accertò che London raggiungesse la classe assegnata, non erano molto vicine le loro aule e di certo non era il caso di lasciare la ragazzina a vagare da sola per la scuola. Le sorrise dolcemente. Osservandola si chiese come lei e Alison fossero riuscite, per anni, a convincerla che erano davvero la sua famiglia, erano così diverse loro tre che era quasi impossibile pensare che fossero imparentate, anche alla lontana.
“Ci vediamo all’uscita, aspettami e non andare via da sola!”
London trovava eccessive quelle raccomandazioni, sapeva perfettamente che era rischioso girare da sola per lei! Annuì ed entrò in classe, voleva assolutamente fare amicizia con i nuovi compagni, ma da come la stavano osservando in quel momento capì immediatamente che sarebbe stato davvero molto difficile e il finire nell’unico banco da sola confermò i suoi sospetti. Sorrise, alla fine era solo il primo giorno. Si guardò attorno, le sue compagne sembravano tutte molto più grandi, alcune avevano la matita agli occhi e quasi tutte indossavano dei vestiti che lei aveva visto solo nelle riviste e in televisione. Forse il vestitino non era l’abbigliamento più adatto per una ragazza del College, doveva essere per quello che le altre stavano ridacchiando. O forse erano i fiocchi tra i capelli? Le piaceva davvero molto come Alison l’aveva pettinata quella mattina, però in effetti le altre ragazze avevano i capelli sciolti… Era per quello che ridevano? Per i fiocchi? Se li tolse, lasciando che i capelli le ricadessero davanti al viso. Ci passò le dita in mezzo, sistemandoli dietro le orecchie e disfò un po’ i boccoli che Alison le aveva fatto. Si guardò attorno ma i compagni continuavano a guardarla divertiti e così lei decise di ignorarli, a lei il suo vestito piaceva!
La settimana dopo nessuno rideva più. Nell’intervallo succedeva spesso che le si avvicinassero per darle noia, per prenderla in giro perché passava il suo tempo a colorare disegni e per il fatto che non leggesse bene e, piano piano, chi le si era avvicinato un po’ troppo non si presentava più a scuola, apparentemente dopo essere stati vittime di incidenti particolari che, probabilmente, li avrebbero tenuti in ospedale per diverso tempo. Ovviamente era troppo assurdo che una ragazzina come London potesse aver fatto qualcosa di simile, ma nella scuola si era sparsa la voce che la ragazzina fosse maledetta e presero tutti a evitarla. Col tempo più della metà della classe si trovò coinvolta in strani infortuni o incidenti. Solitamente coincidevano con un litigio con London, ma succedeva tutto fuori dalla scuola e tutti avevano l’aria di essere semplici casi sfortunati.
“Dovresti smetterla…”
Dopo qualche settimana solo più Emily, in tutta la scuola, le parlava. A London comunque non importava più granché, era sempre più evidente che non c’era posto per lei in mezzo agli umani, erano troppo fragili e decisamente troppo stupidi per capire quando era il caso di cambiare il proprio atteggiamento.
“Smetterla? Di fare cosa?”
Sorrise alla sorella, sapeva esattamente di cosa si stava parlando ma non poteva sinceramente dire di ricordarsi come quei ragazzi si fossero fatti male. Le succedeva spesso di non sapere come la gente si facesse male, sapeva che se l’erano cercata, lo sentiva, ma non sapeva come succedeva tanto da essere la prima a sorprendersi di come alcuni fossero finiti all’ospedale. Ormai sapeva bene che c’erano persone che indagavano ma sapeva bene che nessuno avrebbe potuto accusarla e che Emily e Alison non avrebbero permesso le succedesse nulla.
“Se ti scoprissero? Sai perfettamente che non sopporto quando ti prendono in giro, non potresti venire da me?”
Le strinse un po’ il polso, Emily aveva sempre avuto una presa molto salda e forte, e a lei la cosa irritava, non sopportava i modi bruschi, si innervosiva. Sembrava quasi che Emily volesse lasciarle un segno, non gliel’avrebbe permesso, a costo di far del male anche a lei.
“Lasciami…”
La guardò negli occhi, detestava quando era Emily a intromettersi e ad imporsi. Sapeva di non aver a che fare davvero con una ragazzina ma il fatto che sembrassero quasi coetanee la infastidiva a tal punto da rifiutare qualsiasi ordine o costrizione imposta dalla ragazza con i capelli rossi, si era sempre chiesta come potesse avere i capelli rossi un’elfa ma sapeva benissimo che Emily aveva qualcosa di strano, qualcosa che doveva rimanere un segreto, almeno per London
“Alison non sarà contenta… Dovevamo tenerti a casa!”
Non accennò a lasciarla, prese invece a trascinarla verso casa. Si era sempre chiesta come potesse Emily essere così forte, aveva sicuramente qualcosa di strano anche lei… Non si impuntò, sapeva di non poterla aver vinta ed era meglio convincere Alison che poteva benissimo andare a scuola rispetto al lottare con la ragazza, Alison era molto più permissiva di quanto non fosse Emily che, alle volte, sembrava una macchina da guerra tanto era risoluta in quello che faceva.
A casa Emily non riuscì ad averla vinta. Alison era fermamente convinta che London potesse rimanere a scuola, alla fine era colpa di quei ragazzini se succedevano certe cose e lei aveva ben altro per la testa che preoccuparsi di un paio di bambini finiti all’ospedale.
“Quindi hai intenzione di rimanere a guardare? Così quando ci scapperà il morto…”
Ma non poté finire la frase perché la donna le poggiò un dito sulle labbra, prese poi London sedendosi sul divano e iniziando ad aggiustarle i capelli con aria pensierosa. Non che non avesse pensato all’eventualità di dover occultare l’ennesimo cadavere, ma aveva davvero troppo per la testa per preoccuparsi anche di cosa faceva London a scuola. Forse era il caso di cercare aiuto visto che la situazione le stava sfuggendo di mano, sicuramente avrebbero trovato altri rinnegati, magari qualcuno che aveva conosciuto Roxanne.
“Quando ci sarà un morto faremo come abbiamo sempre fatto Emily… Di certo non rinchiuderemo London perché un gruppo di umani non sa stare al proprio posto…”
Accennò un leggero sorriso continuando a coccolare London, si girò poi verso l’uomo seduto lì accanto e sbuffò raddrizzandolo appena. Iniziava lentamente a perdere colore, sarebbe stato davvero difficile farlo passare per vivo.
“Penso sia il caso di trovare un nuovo papà…”




Note: Salve a tutti! Questo capitolo introduce uno dei miei personaggi preferiti, London! E' un personaggio particolare, si è evluto parecchio negli anni ed è a lei che si ispira il mio avatar <3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia lasciato con qualche curiosità in più sull'evolversi della vicenda!
Un bacio~

 

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Capitolo 4
*** Isabella - Nuove amicizie ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.


Highlands, 1988

Trasferirsi non è mai facile. Cambiare città, addirittura paese, era stata dura, ma Isabella era sempre stata una bambina che amava le sfide, non si lasciava scoraggiare facilmente e aveva trovato questo trasloco come un’ottima occasione per ricominciare ed affrontare una nuova avventura.
La Scozia era un ottimo punto di partenza per iniziare la loro nuova vita. Lei e sua mamma si erano integrate subito bene nella comunità, complice il fatto che fossero femmine e che non apparivano come un rischio per nessuno. Isabella non aveva problemi con questa cosa, le era bastata una rapida occhiata per valutare i suoi nuovi compagni e realizzare che non avrebbe avuto problemi, una volta adulta, a prendere il comando.
Rispetto all’Italia il clima era più rigido ma ad Isabella piaceva, passava gran parte delle sue giornate fuori in compagnia di un gruppetto di ragazzini del posto, c’era solo un’altra bambina oltre a lei e la cosa le piaceva. Non sopportava molto le femmine, erano sempre molto lagnose e spesso e volentieri non ci si poteva divertire. Per fortuna Ally era diversa. Forse, essendo cresciuta in un gruppo di soli maschi, aveva imparato ad adattarsi ma l’arrivo di Isabella l’aveva resa davvero felice, avrebbe finalmente avuto un’amica!
Gess, di tre anni più grande rispetto ad Ally, si era sempre comportato da capobranco con lei e Dan, gli piaceva definirsi loro futuro leader ed essendo il figlio dell'attuale Alpha era facilmente immaginabile che nel suo futuro branco sarebbe stato così.

Quella mattina Gess aveva deciso di andare a esplorare il bosco senza i genitori e Ally aveva il compito di andare a chiamare “quella nuova”. Arrivata a casa di Isabella provò a entrare dalla finestra della camera, non fece fatica nell’arrampicarsi ma una volta su cadde nella cameretta della ragazza dal davanzale. Isabella, che stava sistemando alcuni scatoloni ancora pieni, sobbalzò spaventata sentendo il tonfo e si girò di scatto. Si sorprese molto nel vedere Ally sul pavimento dolorante, solitamente era lei ad andare da loro e quella visita era abbastanza inaspettata. Le si avvicinò e si chinò leggermente su di lei, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi "Ehi, ti sei fatta male?".
Ally scosse la testa "No... Non sono caduta da così in alto" sorrise prendendo la mano di Isabella per rimettersi in piedi. Si guardò attorno incuriosita, voleva scoprire cosa piaceva alla sua nuova amica e se avevano le stesse passioni ma vide più che altro scatoloni del trasloco e un gran disordine, Isabella non era certo nota per essere particolarmente ordinata. Le bastarono un paio di occhiate al poco che era già stato tirato fuori dagli scatoloni per capire che Isabella, molto probabilmente, sarebbe andata molto più d'accordo con Gess che con lei. "Con Gess pensavamo di andare a farci un giro nel bosco da soli. Ti va di venire?"
"Volentieri! Dammi solo un momento che mi vesto solo!" Isabella le sorrise, felice dell’invito particolarmente inaspettato. Indossava solo una maglietta e degli slip in quel momento e di sicuro, per quanto facesse caldo, non poteva uscire così anche se non sapeva bene cosa mettersi addosso per uscire.
"Ti vergogni o posso aspettare qui?" chiese Ally ma la risposta le fu abbastanza chiara nel momento in cui Isabella si mise a rovistare nell’armadio lanciando, ogni tanto, dei vestiti sul letto.
Isabella si tolse la maglietta senza troppi problemi e si iniziò a guardare attorno, afferrando un reggiseno da una sedia. Cercò di indossarlo ma si vedeva che era alle prime armi e risultava un po' goffa, odiava quando sua mamma le comprava la biancheria da adulta e odiava i reggiseni con i gancetti soprattutto.
Ally fissò la scena con interesse. Sapeva che le ragazze grandi indossavano il reggiseno, ma non pensava che Isabella fosse così grande "Isabella... Ma tu quanti anni hai?" mormorò fissandola mentre si metteva il reggiseno.
"Undici, perché?" chiese riuscendo finalmente ad agganciare quel maledetto affare. Si infilò una maglietta larga e un paio di pantaloncini, in realtà non le piaceva molto in fatto di essere già parecchio sviluppata e cercava in tutti i modi di nasconderlo con vestiti comodi.
"E metti già il reggiseno? Pensavo lo si mettesse da più grandi" Si guardò il petto passandosi le mani sopra "Vuoi dire che io il prossimo anno sarò come te?"
"Non saprei, sei già diventata signorina?" le chiese un po' a disagio, quei discorsi da femmine la facevano sentire molto in imbarazzo ma in effetti forse era normale parlarne.
Ally scosse la testa, non voleva mettere a disagio Isabella con quelle domande ma era curiosa di parlarne “Tu?”
"A me è venuto due anni fa quasi..." Isabella fece una leggera smorfia iniziando a sistemarsi un po' i capelli, li aveva sempre portati lunghissimi e di solito li raccoglieva in una treccia per comodità.
"Posso fartela io?" chiese Ally avvicinandosi a lei per sviare da quello che ormai era chiaro essere un discorso un po’ insidioso per l’altra.
“Oh, sì, certo... Grazie!" le sorrise sedendosi sul letto dandole le spalle e le porse un elastico "Scusa il disagio dell'argomento... In realtà non mi trovo molto a mio agio con questa cosa dell'essere... Signorina, sai... Poi i maschi rompono le scatole!" sorrise per nascondere l'imbarazzo.
Ally iniziò a farle la treccia "Non ne parleremo quando ci sono loro" sorrise. Sperava di poter fare discorsi un po' più da ragazzina con Isabella, ma aveva anche paura di imporsi troppo e di conseguenza allontanarla da sé. "Però se vuoi possiamo parlarne tra noi, alla fine tra ragazze bisogna fare fronte comune, no?" Isabella si girò appena sorridendole "te sembri un sacco carina, magari puoi insegnarmi ad essere più femminile, ogni tanto... E io ti insegno a battere Gess!" Non voleva proprio deludere Ally, le sembrava così felice di parlare finalmente di cose da ragazza. Non era poi così un grande sforzo, bastava abituarsi ed evitare che gli altri due potessero sentirle o intervenire, si sarebbe imbarazzata troppo!
Ally si lasciò sfuggire una risata mentre le finiva di intrecciare i capelli e glieli legava "Mi piace come patto!" Isabella le sorrise e la guardò "Sai, spero diventeremo grandi amiche... Mi piaci molto!" la guardò alzandosi "Sei brava anche a fare le trecce!"
Ally l’abbracciò felice "Grazie! Anche a me piacerebbe diventare tua amica!" la guardò negli occhi "Mi stai molto simpatica."
Isabella sorrise accarezzandogli i capelli poi si staccò da lei e andò verso la finestra "Vuoi uscire di qui o preferisci la porta?" le chiese divertita.
"Forse meglio la porta..." borbottò. In effetti non era mai stata agilissima, però voleva fare bella figura prima con Isabella.
"Se vuoi ti insegno io!" le sorrise porgendole la mano con aria incoraggiante "Non è difficile!"
"Sono già caduta una volta, direi che può bastare di oggi" Ally le prese la mano "Me lo insegni un'altra volta!"
"Va bene, va bene!" Isabella le sorrise uscendo di casa per andare da Gess. Lo trovarono a camminare sopra la staccionata che delimitava il villaggio in compagnia di Dan, l’altro membro di quel piccolo gruppetto.

Quando il più grande vide le due ragazze arrivare scese con un salto "Ce ne avete messo di tempo! Cosa stavate facendo?". Ally lasciò la mano di Isabella correndo verso Gess "Ci siamo messe a parlare! Andiamo ora?"
"Di cosa avete parlato?" chiese Dan un po' curioso, non disprezzava la compagnia di Gess ma non erano mai diventati grandi amici in quegli anni assieme.
"Solite cose, sai... da ragazze!" gli sorrise Isabella con aria misteriosa mentre scavalcava con un balzo la staccionata.
"Robe stupide insomma." disse Gess incamminandosi "E ci avete fatto perdere tutto questo tempo solo per queste cose?" superò Isabella mettendosi a capo della spedizione. Non apprezzava molto come quella ragazzina tentasse di rubargli il ruolo. Ally affiancò Isabella "Lasciamoli perdere, i maschi non capiscono niente…"
Dan chiudeva la fila, un po' perché stare accanto a Gess non gli era permesso e un po' perché tendeva ad evitare di mettersi in conflitto con gli altri.
"Più o meno come tutte le cose che dici tu Gess, mh?" Isabella prese per mano Ally guardando Gess con aria un po' di sfida, non amava particolarmente i modi del più grande ma in realtà si divertiva a stuzzicarlo un po'. "Sei solo gelosa di me novellina!" rise Gess "Si vede lontano un miglio."
"In effetti ho sempre sognato di essere stupida, deve essere tutto più facile!" lasciò la mano di Ally andando accanto a Gess che le saltò immediatamente addosso tirandole un pugno “Ritira quello che hai detto!”. Isabella gli bloccò il polso guardandolo negli occhi con aria di sfida "Sei suscettibile vedo..." Non aveva ancora provato a rialzarsi comunque, non che non si sarebbe divertita ma non le sembrava il caso di rissare in mezzo ai campi a quel modo.
Dan ne approfittò per affiancare Ally e le sorrise cercando di essere rassicurante "Sembrano andare d'accordo, vero?". Ally lo guardò "Si, come fratelli..." "Siamo tutti figli unici..." Commentò leggermente divertito Dan guardando i due a terra senza il minimo interesse nel sedare la cosa, dopotutto era normale che quei due si scontrassero essendo due caratteri dominanti.
"Vaffanculo!" Gess si rialzò strattonando il polso dalla presa di Isabella e Ally si avvicinò ai due "Non si dicono le parolacce Gess!" riprese subito il più grande “E smettetela di litigare!”
Isabella si rialzò dandosi un paio di pacche per scrollarsi di dosso la terra mentre Gess si distanziava dal gruppo di qualche passo "Io sono grande Ally, posso dirle."
"Non è vero!" protestò prontamente la biondina "Altrimenti ti avrebbero cacciato!"
"Veramente non si viene cacciati, semplicemente ci si trova un branco proprio!" spiegò Isabella tranquillamente affiancando Gess e tenendo il suo passo.
Il gruppo stava camminando da un po' quando si sentì il rumore di una cascatella. Gess, in quanto Alpha di quel piccolo branco, decretò che sarebbero andati verso quella che dal rumore sembrava essere una cascata per vedere se trovavano una radura. Ally non sembrò molto convinta dalla cosa, ma seguì il branco senza dire nulla.
"Siete già stati da queste parti?" Chiese Isabella seguendo Gess senza problemi ma comunque un po’ preoccupata per Ally, non che non si fidasse delle sue capacità ma le sembrava evidente che la strada era un po’ accidentata. Anche Dan non sembrava troppo convinto, non tanto per la strada scelta ma perché erano particolarmente lontani da casa e Gess non era rinomato per le idee particolarmente furbe.
"No, è la prima volta che veniamo da queste parti, però sembra bello" il più grande si arrampicò su un mucchio si sassi e una volta in cima sorrise. Davanti ai suoi occhi trovò un'amena radura attraversata da un piccolo ruscello, la cui sorgente si trovava proprio ai piedi di Gess
Ally rimase in fondo al gruppo preoccupata, sapeva bene come finivano in genere le escursioni con Gess e avrebbe volentieri fatto a meno della corsa in pronto soccorso quel giorno. Era sempre stata una bambina molto suggestionabile e stare in pronto soccorso, vedendo entrare gente nelle peggio condizioni, la turbava sempre molto.
"Secondo me è meglio se scendi di lì però, non so quanto sia stabile..." commentò Isabella avvicinandosi abbastanza in caso fosse caduto ma non abbastanza da dare noia. Gess ignorò completamente quanto detto da Isabella. Appena la ragazza arrivò accanto a lui le sorrise "Paura novellina?" sussurrò, poi scese da quella sorgente in modo molto agile saltando da una roccia all'altra fino ad arrivare al prato erboso della radura. "No, io no di sicuro..." commentò guardandolo scendere per poi seguirlo senza grosse difficoltà.
"Possiamo vedere se c'è una stradina per noi... no?" Dan guardò Ally con un sorriso incoraggiante e lei annuì. Ogni tanto, quando Dan si dimostrava così premuroso, sentiva qualcosa dentro. Qualcosa... Strano... Non sapeva bene come definire cosa provasse. “Non credo di essere ancora agile come loro!” Sorrise appena la bambina e Dan annuì appena "Ah ma nemmeno io... E il pronto soccorso è divertente solo se ci va Gess!" Sorrise divertito guardandosi attorno per individuare un sentiero alternativo alla discesa presa da Gess e Isabella.
Intanto quest’ultima aveva raggiunto il più grande senza troppa fatica. Gess la guardò scendere e accennò una risata "Sei brava per essere una ragazza!" Le porse la mano per scendere dall'ultima roccia.
"Sono brava e basta..." lo guardò sorridendo e gli arrivò di fronte con un piccolo balzo. "Però, signor capo, dovresti preoccuparti anche delle altre persone!" Fece un cenno con la testa ad Ally e Dan. "Sanno cavarsela da soli" Gess li guardò dal basso "Hanno un buon Alpha" il padre l'aveva cresciuto mettendolo di fronte a delle sfide per lasciare che trovasse da solo una soluzione. Ora lui usava lo stesso stile con il suo branco. Solo così sarebbero riusciti a migliorare, lo faceva per il loro bene.
"Se si fanno male sono una tua responsabilità... E non sei ancora il loro Alpha, quindi mi preoccuperei di più fossi in te!" Lo guardò tornando a guardare i due sopra "Ally, provate questo sentiero, è ripido ma ce la fate di sicuro!" Urlò andando poi verso la stradina indicata ad aspettarli.
Dan sospirò sollevato individuando la stradina, fortunatamente Isabella aveva pensato anche a loro due. "Vado prima io, così se cadi ti prendo..." Non era convintissimo, non era un Alpha ma era un maschio comunque, era compito suo aiutare Ally. Iniziò a scendere cauto, porgendole la mano "Metti i piedi dove li metto io..." Ally annuì andando verso il sentiero assieme all’amico “Non l'avevo visto" guardò a terra "Posso farcela da sola."
"Va bene..." Dan annuì, si sentiva un po’ più leggero a non dover essere responsabile anche per Ally, già lui stava facendo un po’ fatica a scendere.

Intanto Gess andò verso il ruscello "Non è il caso di preoccuparsi così tanto" sbuffò rivolto ad Isabella che continuava a seguire con lo sguardo i due che scendevano “Non si sono mai fatti molto male!”
"Fingo di non aver sentito delle gite al pronto soccorso... o eri tu che ci finivi?" Lo prese in po’ in giro. Vedendo che quei due stavano scendendo seguì Gess tranquilla. "Ti sembra che fossi io a finire in ospedale?!" il più grande la guardò male. Non gli piaceva assolutamente che lo sottovalutasse così tanto, era pur sempre un Alpha lui! Ed era anche un maschio! Come si permetteva?
"In realtà si, mi sai di quello che fa cazzate credendosi molto capace..." lo guardò abbastanza tranquilla poi si girò verso Ally e poi guardò di nuovo Gess. Ally ogni tanto scivolava un po', ma nulla di preoccupante o irreparabile "Gess! La prossima volta posso proporre io dove andare?" chiese a voce alta in modo da farsi sentire "Non eravamo mai venuti qui, neanche con i nostri genitori. Se fosse il territorio di un altro branco?"
"Non penso ci siano altri branchi così vicini..." commentò Dan abbassandosi un po’ sulle gambe per evitare di cadere. Ally quando decise di essere abbastanza vicina al manto erboso saltò giù sulla radura. Preferiva di gran lunga sbucciarsi un po' ginocchia e palmi che non cadere e farsi male sul serio, seguita poi da Dan che finì la discesa senza saltare.
“Sei sicuro che non ci siano altri branchi in zona?” Chiese Isabella, ora che i due erano scesi poteva tornare a concentrarsi su Gess.
“Non vicini. Ora piantala, so cosa faccio!” commentò infastidito il ragazzo da tutte quelle domande, lui era il capo e loro dovevano fidarsi di lui! Continuò a camminare lungo il ruscello cercando di distanziare Isabella. "Hai il ciclo?" Chiese Isabella seguendolo senza problemi "Non rassicuri il gruppo, è normale che si agitano!".
"Prima che arrivassi tu andava tutto bene. Quindi ora piantala di farli agitare" Gess ringhiò un po'. "Ah, è colpa mia quindi? Ok, come vuoi..." commentò andando a sedersi su delle rocce "andate pure senza di me, tanto è evidente che ti senti minacciato da me... Sei un capo mediocre e hai paura che io tu rubi il posto!"
Ally si affrettò ad andare verso i due, seguita con calma da Dan che preferiva non intromettersi tra i due che litigavano "Ce l'abbiamo fatta, non è il caso di litigare" intervenne subito la bambina, ma ormai i due avevano preso a litigare abbastanza forte.
"Rimangiati quello che hai detto!" Gess guardò malissimo Isabella. Non era un capo mediocre! Lui era il capo migliore per quel branco. "Non mi rimangio nulla, è la verità... Andate pure senza di me, tanto non mi sembra che il grande capo mi voglia nel suo gruppo!" Alzò un sopracciglio con aria seccata incrociando le braccia al petto.
"Se la pianti di mettermi in discussione ti tengo nel gruppo." la fissò con aria di superiorità.
"Ma che me ne frega delle tue concessioni... Sono sicuramente più dotata di te, non ho intenzione di sottostare ai tuoi comandi!" Rimase seduta dov'era e guardò Gess con altrettanta spocchia.
"Facevi meglio a stare al tuo paese! Noi qui non ti vogliamo!" le andò incontro per sfidarla.
"Come vedi infatti sono qui seduta, potete proseguire senza di me no?" Sì alzò in piedi "O forse te la sei presa perché dico la verità, mh?"
“Gess!” Ally provò a sedare la rissa nascente ma Dan la tirò un po’ indietro "Lascia che se la risolvano loro, altrimenti non si confronteranno mai..."
Intanto Gess, oltre ad aver ignorato Ally, era passato alle mani. Tirò un pugno in pieno volto ad Isabella che però rispose al colpo con uno decisamente più forte, forse un po’ esagerato per la situazione. "Visto che ti do noia vattene con loro no? Mica devo stare in gruppo con voi!" Urlò colpendolo una seconda volta. Gess si riuscì a difendere e la colpì di nuovo ma lei gli bloccò i polsi "Piantala Gess!" gli ringhiò contro poco prima di prendersi una forte testata da parte del più grande che non sopportava che una bambina di undici anni potesse tenergli testa. Isabella lo lasciò spingendolo leggermente e tornò a sedersi sulla sua roccia sfregandosi la fronte dove era stata colpita, rimanendo in silenzio. Le aveva fatto male ma non si sarebbe lamentata. Gess le ringhiò appena per poi incamminarsi seguendo il corso del ruscello.
Ally sospirò seguendo il più grande "Gess..." lo richiamò incerta e lo stesso fece Dan, che però nel mentre si era seduto un po’ in disparte. "Cosa volete anche voi due?!" sbottò girandosi verso i due più piccoli.
"Gess... Non potete cercare di andare d'accordo?" mormorò Ally incerta. "Non possiamo essere un vero gruppo? Tanto per ora nessuno è un vero capo, inutile litigare su sta cosa!" Dan cercò di essere il più ragionevole possibile, sapeva che Gess era una testa calda ed era difficile ragionarci.
Gess guardò Ally, Dan e infine Isabella. In effetti gli piaceva l'idea di essere un gruppo, a qualunque licantropo sarebbe piaciuta, e forse poteva arrivare a un accordo con Isabella. Sospirò avvicinandosi alla ragazza "Forse... Potrei accettare dei consigli su come gestire il mio branco." le porse la mano.
"Mi hai fatto male..." Sbuffò lei prendendogli la mano scoprendo il bernoccolo che le stava venendo. Si tirò su accennando un leggero sorriso "Ma son felice che la botta ti abbia rimesso a posto il cervello!" Lo guardò sorridendo.
"Non montarti la testa, è stato Dan a farmi cambiare idea." le strinse appena la mano "Comunque è un bene che non è stato necessario batterti.". Isabella accennò una risata "Almeno uno furbo nel gruppo serve in effetti..." poi lo guardò negli occhi "Spero non dovrà esserci la necessità di picchiarci seriamente!"
Dan e Ally si sorrisero, speravano che finisse bene tra quei due in modo da non dover scegliere con chi stare. "Sei stato bravo." disse dolce Ally "Forse dovremmo mettere te come capo." accennò una risata. Dan sorrise stringendosi nelle spalle "Non ho fatto nulla di che..." si alzò andando accanto ad Ally "Ai quindici anni di Gess gli ruberò il posto a sorpresa!" Commentò scherzoso, non avrebbe mai voluto essere un capo lui, non era nelle sue corde.
"Basta che non metti più in dubbio la mia leadership. Non si è mai visto un gruppo comandato da una femmina!" continuò Gess rivolto ad Isabella. "Che c'entra che sono una femmina?" Sbuffò indignata da quell’affermazione. "Che non si è mai visto un branco comandato da una femmina" annuì Gess guardandola negli occhi con aria abbastanza seria. "Fidati che si vedrà..." disse tranquilla, le dava noia che solo perché femmina non potesse essere il capo ma avrebbe dimostrato il contrario.
Ally intanto che osservava i due si fece pensierosa "Sai io..." guardò Dan "Forse seguirò Gess quando verrà allontanato...". Dan ricambiò lo sguardo sospirando "Io spero che Isabella si faccia sentire... È capace, lo vedi anche te!" Parlò piano per non farsi sentire da Gess.
“È simpatica.” disse lei guardando Dan "E mi piace che si sia unita a noi, però non so... Mi piace Gess come capo.". Dan decise di non commentare, evitava volentieri di discutere anche con Ally: era molto carina e tenera e a lui comunque piaceva.
Ally spinse appena Dan "Ce l'hai!" disse all’improvviso. Iniziò subito a scappare ridendo. Dan la guardò un attimo spaesato poi si approfittò che Gess era distratto per andare da lui "Ce l'hai!" disse toccandolo e andando dietro ad Ally abbastanza velocemente. Gess sorrise e toccò Isabella "Ce l'hai!" corse via.

Forse per loro non era ancora arrivato il momento di litigare su chi sarebbe stato il capo, forse era meglio divertirsi e giocare tutti assieme finché potevano.





Note: Buon salve persone! In questo capitolo viene introdotta effettivamente la figura del licantropo. Pur essendo incentrato su Isabella, si iniziano a vedere anche gli altri lupi della storia. Speriamo che, seppur lungo, questo capitolo risulti comunque interessante. Attendiamo sempre con ansia recensioni per poterci migliorare.
Un bacio~

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Capitolo 5
*** Eleonor - Il destino di un sovrano ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.
NB: Il nome Lestat non si riferisce al personaggio delle "Cronache dei Vampiri" di Anne Rice, il personaggio non ha nulla a che vedere né fisicamente né caratterialmente con Lestat de Lioncourt.


Londra, 1993

“Come sto?” Si guardò nello specchio per interminabili minuti, rassettandosi il vestito mentre ricercava lo sguardo di Elisabeth e una qualche forma di approvazione. Era incredibilmente nervosa, quegli eventi solitamente la divertivano ma il doversi presentare alla comunità come futura regina era decisamente troppo stressante, non si sentiva all’altezza di rappresentare e comandare sui vampiri!
“Bene, come sempre… Non penso sia il caso di essere nervosi, è solo una formalità El!” le si avvicinò sistemandole un po’ il retro del vestito. Indubbiamente quell’abito le donava, il nero si sposava perfettamente con la carnagione chiara di Eleonor e i suoi occhi chiari risaltavano perfettamente con il trucco scelto, non sembrava nemmeno una ragazzina di quattrodici anni, aveva un’aria matura ed Elisabeth un po’ la invidiava in quel momento.
Allen bussò alla porta "Eleonor, cinque minuti e poi devi scendere." l'avvisò. Da quando era nata, lui era stato assegnato come sua guardia del corpo. Dopo secoli di allenamento sotto Michael, diventare la guardia del corpo della futura regina non era esattamente il massimo a cui poteva aspirare, ma non era neanche così male. Qualche anno prima della nascita di Eleonor, lo zio lo aveva presentato alla nobiltà come arma finale. Dopo i suoi allenamenti era effettivamente diventato una specie di one man army e quel titolo lo riempiva di orgoglio per sé stesso. "Io non ci voglio andare a questa festa..." commentò Eleonor lasciandosi cadere su un divanetto, vanificando gli sforzi di Elisabeth di rassettarle il dietro dell'abito. "Sarei anche d'accordo, ma sarebbe il tuo compleanno e l'ingresso in società... Penso sia tipo obbligatorio!" sospirò Elisabeth. Lei già era a disagio per quell'evento, in più se Eleonor non fosse scesa si era causata un sacco di stress per nulla.
"Eleonor, ti ho sentita. Se non scendi tu ti porto giù io!" Parte degli allenamenti di Allen si erano svolti per lungo periodo con le palpebre cucite in modo da affinargli l'udito "So che ti piace quando ti prendo in braccio, ma oggi no." accennò un sorriso. Fin da quando era stato assegnato a Eleonor come sua guardia del corpo le aveva fatto in parte anche da baysitter. Gli piacevano i bambini e con Eleonor era sempre stato molto dolce.
"Blocca la porta Elisabeth!" ordinò subito guardando l'amica. Per quanto non fosse una vampira di sangue puro e nel su sangue scorresse del sangue di mago non era mai stata brava con la magia e, ancora peggio, invecchiava normalmente e la cosa l'aveva sempre infastidita tremendamente.
Elisabeth non era troppo convinta, un po' perché aveva paura che Allen comunque sfondasse la porta e un po' perché Eleonor doveva partecipare a quella serata. Era senza dubbio importante e lei non si voleva rendere complice dell’assenza della principessa.
"Ho sentito anche questo Eleonor! Non fatemi arrabbiare signorine!" le ammonì "Io vi lascio il vostro spazio, ma voi fate le brave bimbe!"
"Guarda che siamo grandi eh!" sbuffò Eleonor andando lei verso la porta per chiuderla visto che l’amica si era seduta sospirando con aria afflitta. "Se siete grandi, comportati da grande e scendi a questa festa!" le intimò Allen, mentre Elisabeth sospirava più forte "Io però mi sono presa un bel vestito per la festa... E sarò l'unica non vampira... Mi hai fatto venir l'ansia per nulla se non scendiamo, sai che odio le feste!" iniziò a lagnarsi un po’ guardando Eleonor, l’avrebbe convinta ad uscire da quella stanza in qualche modo!
"No!" ripeté appoggiandosi alla porta chiusa "Non ci voglio andare, sono tutti vampiri, poi mi guardano male e poi magari c'è gente che vuole chiedermi in moglie e io non ci vado!" protestò Eleonor guardando la più piccola che, sulla questione matrimonio, assunse un’aria crucciata. "L'ultimo punto in effetti farebbe chiudere chiunque in camera..." sospirò Elisabeth "Ma secondo te Allen sfonda la porta?"
"Secondo me si!" rispose al posto di Eleonor il ragazzo fuori "Quando sarà abbastanza irritato dai vostri capricci la porta sarà il vostro ultimo problema" sospirò. Capiva le preoccupazioni di Eleonor e probabilmente anche lui al suo posto avrebbe fatto lo stesso, ma il compito che gli era stato assegnato in quel momento non era quello di immedesimarsi nella principessa. "Eleonor..." sospirò "Terrò tutti lontani da te. È una serata molto particolare, capiranno il perché di un livello di sicurezza così alto e così nessuno potrà chiederti in sposa."
"Ma tanto lo chiedono a mio padre... O peggio... A tuo zio!" Sbuffò seccata allontanandosi dalla porta, preoccupata che potesse effettivamente venir giù. "Ma è legale che suo zio decida chi sposerai tu?" chiese Elisabeth un po' perplessa.
"Chiederò ad entrambi di non prometterti in sposa a nessuno. Ti prometto che alla fine di questa festa tu sarai ancora una principessa libera di scegliere il suo cavaliere." Ogni tanto le parlava ancora come se fosse una bimba. Non si era ben reso conto che ormai era quasi un'adulta "Ti fidi delle mie promesse?"
"Io scappo dalla finestra!" commentò Eleonor un po’ seccata aprendola per poi studiare un attimo come calarsi di sotto con il vestito. "Che idea di merda!" intervenne Elisabeth andandole comunque dietro, incerta sul seguirla o fermarla. Che era una pessima idea però l'aveva fatto presente almeno.
Allen sospirò "Eleonor... Sto iniziando a perdere la pazienza. Smettila subito di fare i capricci!"
"Non sto facendo i capricci... Mi guarderanno male, probabilmente non mi accetteranno nemmeno come futura regina... Tanto vale non farmi vedere!" commentò salendo sul davanzale. "Secondo me potresti farti male però..." commentò Elisabeth prendendole l'orlo della gonna. Non che l’avrebbe retta se fosse scivolata ma almeno le faceva fisicamente presente che non approvava quell’idea.
Allen fece un respiro profondo poi corse fuori, andando subito sotto il davanzale della camera di Eleonor, la quale sbuffò scendendo e andando verso la porta "Non mi avrà!" disse abbastanza seria uscendo poi dalla stanza di corsa, magari convinceva il padre ad annullare tutto.
Elisabeth sospirò, rimanendo a guardare Allen di sotto. "Le do dieci secondi di vantaggio." disse guardando Elisabeth "E tu non ti buttare di sotto."
"Non rientra tra i miei desideri suicidarmi a questo modo, non ti preoccupare!" Gli sorrise "Piuttosto, pensi davvero che i vampiri non l'accetteranno come regina?"
"No... I maghi sono abbastanza ben visti. Poi è la figlia legittima di Lestat." disse Allen pensieroso "E in effetti è principalmente una formalità questa cerimonia."
"Però non è purosangue..." commentò pensierosa "Non è che pensano che sia inferiore?"
"Quello in effetti è probabile, ma come ho detto non credo creerà problemi la cosa" disse per poi rientrare in casa. Elisabeth sospirò, in effetti fosse stata lei Eleonor avrebbe fatto in modo di evitare quella festa, ma ormai era tardi, conveniva partecipare ed evitare di parlare con la gente.

Nel frattempo Eleonor raggiunse ed entrò in camera del padre con un po' di fiatone. "Io questa festa non la voglio, non possiamo annullarla?" guardò l’uomo molto seria. "Bocciolo, ormai gli invitati stanno arrivando... Non è nulla di brutto, probabilmente non dovrai fare nulla al di là della torta, non ti preoccupare!" Essendo Eleonor l'unica figlia e la sua gioia più grande, cercava sempre di essere comprensivo e di accontentarla, ma aveva aspettato già troppo tempo per presentarla in società e, come Michael gli ricordava spesso, non poteva allungare ulteriormente i tempi. Eleonor si sedette sul letto del padre sbuffando. "Però uffa... Poi voi mi promettete a chissà chi... E ci sono pure gli Adams, io odio Ellie… E anche Michael!" Protestò mentre il padre si passava una mano sul viso e sospirava, cercando di mantenere i toni pacati. "Non ti prometterò a nessuno, non ti preoccupare... E te hai la tua amica, non devi per forza vedere Ellie se non ti va!" Spiegò pazientemente, sperando che i capricci finissero lì. Eleonor rimase in silenzio sul letto del padre, imbronciata, non voleva fare la regina lei... Perché doveva presentarsi ad un gruppo di vampiri che probabilmente l'avrebbero solo giudicata?! "Bocciolo, io ora scendo ad accogliere i primi ospiti... Te poi scendi, d'accordo?" Le sorrise dandole un bacio sulla fronte prima di uscire dalla stanza. Si sentiva in colpa ma quella festa era un obbligo dal quale avevano già tardato abbastanza. Incrociò Allen mentre scendeva ma in realtà non sapeva che dirgli. Più volte si era trovato a pensare che quella bambina gli era capitata troppo presto e non in un buon periodo e quindi, forse, non era riuscito ad educarla come avrebbe dovuto. Soprattutto il fatto di vederla invecchiare così velocemente non lo aiutava a decidere su come comportarsi "E’ in camera mia... Se riesci a farla scendere senza troppi drammi..." Sospirò guardandolo per poi proseguire di sotto. Michael, intanto, stava facendo gli onori di casa. Prima di Allen era toccato a lui il ruolo di guardia della famiglia reale e, negli anni, aveva sempre affiancato Lestat guadagnandosi di diritto la possibilità di prendere le veci del Re in sua assenza, in quelle situazioni.
Allen annuì all’ordine del Re con un leggero inchino. Ormai era di casa li, ma in occasioni formali come questa si comportava sempre secondo l'etichetta. Si accertò che Lestat scendesse e poi si avviò nelle sue stanze per recuperare la principessa.
Elisabeth anche aveva raggiunto l’amica e le stava mostrando quello che sembrava un frammento di un cristallo fluttuante. Avvicinandosi meglio Allen poté vedere che sulla superficie venivano riflesse delle scene, probabilmente di quello stesso ricevimento. "Come vedi nelle prossime ore non succederanno danni..." sospirò Elisabeth. Il suo potere era particolare, non molti maghi potevano avere una visuale sul tempo ed era raro saper controllare così bene scorci temporali. "Ma sei sicura che sia affidabile? Il tuo potere del tempo... Cioè, non è che poi le cose cambiano e succedono enormi disastri?" Eleonor si fidava di Elisabeth, più volte era riuscita a predire l'immediato futuro, visto che lo vedeva con chiarezza, ma in quel caso non era sicurissima. "Mi sento un po' offesa dai tuoi dubbi..." Commentò Elisabeth chiudendo quella spaccatura temporale "A meno che tu non cambi il corso degli eventi con uscite non programmate è affidabilissimo. Studio un sacco per questo potere, è raro!" gonfiò un po' le guance e incrociò le braccia al petto. Eleonor sospirò "Se succede qualcosa te e il tuo potere raro verrete picchiati da me medesima!" annuì accennando un leggero sorriso. Non avrebbe mai picchiato la sua amica ma rimaneva comunque molto nervosa per la serata. Allen accennò un sorriso vedendole e si avvicinò alle due ragazze "Ci onorerete della vostra presenza, mie bellissime fanciulle?" accarezzò i capelli a Eleonor.
Elisabeth sospirò alzandosi "Spero di sì, io inizio ad aver sonno..." si rassettò un po' il vestito guardando Allen e Eleonor. Un po' era gelosa del loro rapporto anche se non capiva per quale ragione.
Eleonor anche si alzò e annuì "Andiamo! Però se succede qualcosa picchio anche te Allen!" sbuffò appena andando verso la porta. Il ragazzo accennò una risata affiancandola "Va bene!"
Eleonor lo prese a braccetto uscendo dalla stanza, almeno se stava appiccicata a lui nessuno le avrebbe dato noia probabilmente. Elisabeth li seguì, chiudendo il gruppo. Per fortuna si era portata da leggere così in caso poteva isolarsi ed evitare rotture varie... Sperava che Eleonor comunque non fosse così occupata da lasciarla in disparte.
"Se mi avvisavi prima del fatto che avrei dovuto fare il tuo cavaliere, mi sarei vestito meglio" disse Allen scherzoso. Era in divisa e non avrebbe potuto essere altrimenti, però gli piaceva scherzare sul fatto di essere il cavaliere dalla scintillante armatura di Eleonor. "Ma te sei sempre il mio cavaliere!" sorrise Eleonor stringendosi un po' a lui mentre scendevano la scalinata che dava al salone pieno.
Elisabeth alzò gli occhi al cielo a quello scambio di battute "Mi auguro che ci sia qualcuno con cui parlare se dovete far la finta coppietta tutta la serata!" sospirò. "Vuoi che trovi un soldato anche per te Elisabeth?" Allen la guardò con la coda dell'occhio sorridendo poi si chinò appena verso Eleonor "Rimarrò al tuo fianco tutta la sera, non hai nulla da temere" le sussurrò piano.
Eleonor sorrise stringendosi un po' ancora ad Allen "Non hai mica da essere gelosa Elisabeth comunque..." sbuffò appena girandosi verso l’amica.
"No, sto bene da sola, grazie… E non sono gelosa!" sospirò la ragazzina entrando con loro nel salone. Le dava noia fare il terzo incomodo però, e forse un po' era davvero gelosa.
"Rimani la mia migliore amica anche se non mi fai da cavaliere eh!" Sorrise Eleonor entrando nel salone della festa.
"Penso farò quella che sta nell'angolo a leggere comunque!" Sospirò guardando i due con aria un po' contrariata, non le piaceva che la prendessero in giro!
Eleonor sospirò seguendo Allen al centro della sala fino ad arrivare a fianco di Lestat e Michael. Un po' sperava che Elisabeth non si isolasse così da averla accanto e in effetti l'amica, nonostante le minacce, si sistemò vicino a loro, non poteva mettersi al centro dell'attenzione ma non avrebbe lasciato seriamente Eleonor da sola.

Michael, accortosi di Eleonor, attirò l'attenzione degli invitati "Signori. Penso sappiate perché siete qui oggi, ma è giunto finalmente il momento di ufficializzare la cosa!" guardò Lestat "Vi prego quindi di ascoltare le parole del nostro Re."
Lestat si fece avanti. In realtà non era proprio amante dello stare al centro dell'attenzione, ma in quel caso mica poteva tirarsi indietro "Ecco sì..." accennò un sorriso "Gentili ospiti, sono davvero felice che voi siate qui questa sera per festeggiare la mia bambina, che ormai è diventata una signorina!" diede una leggera spinta ad Eleonor tirandola verso sé "Vi presento Eleonor, mia figlia e futura erede al trono!"
La ragazza era particolarmente a disagio, ma non per la gente che la guardava tanto più perché non era proprio portata per quegli eventi e per l'etichetta. "Salve!" Salutò con la mano e sorrise "Grazie per essere qui, prometto di impegnarmi quindi fidatevi di me!" Sicuramente come modi era più spigliata del padre, ma era evidente che non si era preparata nulla da dire.
Michael, vedendo la piega che stava prendendo quella presentazione, decise di intervenire "Eleonor è stata istruita dai migliori maestri e dall'inizio del prossimo anno scolastico seguirà dei corsi in una prestigiosa scuola magica." guardò Eleonor sorridendo "Il nostro Re si sta assicurando che quando Eleonor salirà al trono sarà in grado di portare avanti lo splendore della nostra razza e di farlo brillare sempre più forte!"
Allen detestava quando Michael iniziava i suoi discorsi sullo splendore della razza e su come i vampiri fossero la razza magica migliore. Poggiò una mano sulla spalla di Eleonor, stringendo appena la presa per farle forza.
"Sembra uno di quei discorsi nei documentari sul nazismo..." Commentò Elisabeth rivolta alle parole di Michael. Ovviamente non lo disse ad alta voce.
"Guarda che so parlare Michael..." Intervenne Eleonor guardandolo "Però penso risulti inutile farvi il mio programma per il futuro. Ho 14 anni... Prima della mia maggiore età potrei aver cambiato idee e sarebbe un po' inutile farvi discorsoni, non trovate?" accennò un sorriso.
Michael accennò una risata tutto fuorché divertita "È giunto dunque il momento di passare alla torta, no?" cercò di evitare che Eleonor parlasse ancora del suo futuro e di come avrebbe potuto cambiare idea.
"Mi dispiace un po' che tu sia rimasto agli anni 40 comunque Michael..." Commentò Eleonor sospirando andando verso la torta. Elisabeth si alzò e seguì l'amica prendendola per mano, fregandosene che non sarebbe stato molto accettato socialmente.
Michael guardò Lestat fulminandolo con lo sguardo. Lui non poteva sgridare Eleonor davanti a tutti, ma Lestat avrebbe tranquillamente potuto farlo. Lestat, dal canto suo, era particolarmente a disagio per il comportamento della figlia. Lo ammirava: era coraggiosa a parlare a quel modo di fronte alla nobiltà, ma non era proprio il momento adatto. Decise di non intervenire comunque, per ora non c’erano stati grandi danni o litigi e quindi poteva tranquillamente continuare la serata. Michael alzò gli occhi al cielo. Amava Lestat, con tutto sé stesso, ma gli aveva da sempre contestato di essere troppo dolce con la figlia.

Eleonor sorrise ad Elisabeth. Raggiunta la torta l’ammirò con aria compiaciuta, tanto potevano mangiarla solo loro due "Le migliori feste... Quelle dove si può prendere tutta la torta!" Sorrise tagliandone una fetta per sé e una per l'amica.
Elisabeth si prese la sua fetta e guardò i vampiri "Salve a tutti comunque!" salutò.
Gli invitati si stupirono nel vedere Eleonor mangiare la torta e ancora di più del fatto che fosse accompagnata da una non vampira.
Lestat guardò Michael, in effetti non avevano detto che Eleonor era una mezzosangue ma ormai era abbastanza evidente visto che si stava mangiando la torta assieme ad Elisabeth.
"Tra l'altro a mezzanotte spariamo i botti?" Chiese Eleonor ignorando la folla "Visto che è capodanno!" sorrise ad Elisabeth e guardò Allen. "Li so fare!" Sorrise la strega annuendo "Buona la torta comunque, pensavo peggio visto che l'han fatta gente che non la mangia!"
Michael si schiarì la voce interrompendo le due ragazzine "Eleonor è per metà una maga." spiegò "Ma non dimenticatevi che nelle sue vene scorre il sangue della nostra stirpe reale. Se in futuro si dovesse dimostrare inadatta al suo compito, sarà suo padre stesso a detronizzarla."
"Adams, non è che per caso volevate tenerci nascosto questo fatto?" si fece avanti uno dei nobili che da sempre aveva cercato di far crollare le molte attività di Michael.
"Signori so che pare assurdo, ma pure voi… Non vi sembra strano che mi abbiano tenuta nascosta per 170 anni? Insomma, avrete iniziato a sentir parlar di me da qualche anno... Pensavo fosse evidente che ero mezzosangue!" Sospirò Eleonor posando il piatto, decisa a non far parlare ancora Michael. Fece il giro del tavolo "Non si voleva tener nascosto nulla, anche perché... Vedete una regina? Siete mai stati invitati ad un matrimonio reale? Suvvia! Come potevo essere una purosangue se mio padre non si è mai sposato con nessuna vampira?" Elisabeth sorrise appena, le faceva piacere che Eleonor parlasse e si facesse sentire.
Ogni parola di Eleonor però colpiva Michael quasi come delle badilate. Possibile che non sapesse comportarsi nemmeno un minimo in situazioni del genere?! Cosa le aveva insegnato Lestat in quegli anni? Sicuramente l'aveva viziata e basta! E Allen aveva fatto altrettanto! Lo sapeva che avrebbe dovuto occuparsi lui anche di questo. Allen, dal canto suo, si passò una mano sul viso sospirando. Iniziava quasi a rimpiangere il non averla fatta rimanere in camera.
"Quindi a governarci sarà una mezzosangue senza un minimo di educazione?" Protestò il nobile di prima "Io mi rifiuto di essere governato da lei!" Altri nobili si unirono a quella contestazione che stava diventando man mano più accesa.
Eleonor si strinse nelle spalle "Grazie al cielo c'è mio padre a comandare, non fate partire una rivolta... Per ora invecchio normalmente, potrei anche morire prima del vostro prossimo compleanno di sto passo!" sospirò Le pesava dire quella cosa ma era la verità. Elisabeth affiancò Eleonor "Secondo me sono tutti un po' scope in culo, possiamo ancora scappare!" sussurrò prendendo la mano all'amica.
Lestat in quel momento decise di farsi avanti "Mia figlia è giovane. Io alla sua età ero già salito al trono, ma erano altri tempi e avevo avuto molto più tempo di lei per maturare e crescere. Trovo che sia stupido giudicare una ragazzina di 14 anni. Voi a 14 anni effettivi eravate perfettamente in grado di presentarvi? Dubito fortemente. Dunque non temete, se ai suoi 18 anni, cioè tra 4 anni, non sarà in grado di governare terrò io la corona!"
Michael era pronto a dare l'ordine ad Allen di calmare la situazione con i suoi metodi. Avrebbe solo aspettato di vedere che effetto avevano le parole di Lestat.
"Il Re ha ragione, noi a 14 anni effettivi eravamo pienamente in grado di onorare il buon nome delle nostre famiglie!" Un altro nobile, meno rivoltoso, si fece avanti "Sono altri tempi e la ragazzina è una mezzosangue. Io mi fido del nostro Re e mi fido della sua capacità di valutare l'adeguatezza di sua figlia ad assumere il ruolo di regina."
"Mi occuperò dell'educazione di mia figlia, so che non è perfetta e forse risulta un po' brusca, ma penso rifletta un po' la società in cui viviamo e da cui, forse, ci siamo estraniati un po' troppo nell'ultimo secolo... Quando salirà al trono continuerò a seguirla in ogni caso. Sono suo padre prima di essere un Re e finché sarò in grado le starò accanto per aiutarla e consigliarla, quindi non temete!" Nonostante la timidezza che comunque l'aveva sempre caratterizzato, non avrebbe permesso a nessuno di dire qualcosa alla sua bambina. Per lui Eleonor aveva fatto bene a non farsi scavalcare da Michael, ma forse era necessario affinarne i modi. I due Adams continuarono a scambiarsi sguardi molto tesi. Avrebbero mantenuto quello stato di massima allerta fino a che non fossero stati entrambi certi del cessato pericolo.

Visto che dopo il discorso del padre le acque si erano calmate, Eleonor si fece di nuovo avanti "Bene, a posto!" sorrise "Qualcuno vuole vedere i fuochi d'artificio?" Chiese un po' ad alta voce mentre si avviava comunque in cortile con Elisabeth. Era quasi mezzanotte e non avrebbe lasciato che un gruppo di vecchi le rovinasse il capodanno.
Lestat, mentre la folla si spostava verso il cortile, affiancò Michael aspettandosi la ramanzina per non essere intervenuto subito "Dopo dobbiamo parlare." disse serissimo il più vecchio. Non avrebbe di certo sgridato il Re davanti a tutta quella gente "Ora dobbiamo lavorare."
Nella confusione del giardino Ellie si avvicinò ad Allen. Aveva sempre avuto un debole per il cugino e, quando poteva, stava sempre assieme a lui "Ciao Allen!" trillò.
Elisabeth sapeva che ad Allen i rumori forti davano noia, ma visto che era una strega riuscì abbastanza bene a fornire uno spettacolo pirotecnico all'altezza della serata con il minimo rumore. Eleonor si strinse un po' all'amica, ma fece una smorfia quando Ellie si affiancò a loro. Non la sopportava e in quel momento avrebbe preferito non averla tra i piedi "Allen mandala via, grazie!" ordinò semplicemente.
"Eleonor... È passata solo a salutare..." A lui tutto sommato stava simpatica la cugina e gli dispiaceva trattarla male.
Ellie ignorò quanto Eleonor avesse appena richiesto "Serata difficile per te sta sera, eh?"
Elisabeth si girò verso Ellie mentre continuavano i fuochi "Ciao Ellie... Ci sono anche io eh!" la salutò con la mano sospirando leggermente. "Ah ma per lei noi non esistiamo... " Sbuffò Eleonor allontanandosi e tirandosi dietro Elisabeth "E Allen non mi caga mai quando gli chiedo di tenerla lontana!"
"Scusale, sai come sono..." Guardò la cugina negli occhi "Però scusami Ellie. Sta sera massima sicurezza. Non posso starti molto dietro."
Ellie sbuffò "Come fai a stare ancora dietro a quella bambina?" chiese, poi gli diede un bacio sulla guancia "Promettimi che la prossima volta che ci vediamo starai di più con me però!"
Allen le sorrise "La prossima volta che ci vediamo rimarrò con te." disse per poi andare verso Eleonor. Era molto particolare Ellie, e spesso anche un po' troppo svestita, però con lui era sempre stata dolce. "Ti voglio bene cuginetto!" Disse felice per poi andare a cercare qualche altro baldo giovane con cui rimpiazzare Allen per allietarsi la serata.
Eleonor sbuffò e tirò via Elisabeth quando vide Allen venire verso di loro nuovamente "Io odio quando lui le da corda, come se non fosse ovvio cosa vuole lei!"
"Cioè?" La guardò. Non era stupida, ma su certi argomenti non era ancora molto ferrata. Vivendo con lo zio non si era mai sentita a proprio agio a parlare di certi argomenti. "Portarlo a letto... Ovvio!" Sbuffò facendo lo slalom tra la folla. Lei invece certe cose le sapeva, spesso ne parlava con Allen e molto spesso era stata Ellie stessa a parlargliene.
Allen arrivò dalle due ragazze "Eleonor è sempre esagerata..." disse accennando un sorriso.
Elisabeth guardò entrambi con aria confusa. "In che senso?" Chiese di nuovo. Non erano cugini? Come potevano andare a letto assieme?! Eleonor sospirò e guardò Allen "Sai no... Elisabeth, ma hai quasi 14 anni, che cazzo!"
"Eleonor, lascia che viva le cose con i suoi tempi." la rimproverò appena il ragazzo.
Elisabeth sbuffò e si allontanò dai due un po' offesa. La stavano trattando come una bambina, ma erano loro che dicevano cazzate per lei. Si andò a sedere in un angolo della festa a leggere.
"Prima o poi penso sia il caso di spiegarglielo..." Commentò Eleonor "E te non ti avvicini più a tua cugina quando ci sono io!" disse tranquilla. "È un po' cattivo darmi un ordine del genere sai?" Allen la prese in braccio "E penso sia più corretto che ci pensi suo zio a spiegarle certe cose. L'ha cresciuta lui..."
"No, non lo è, se stai con me lavori al mio fianco e io al mio fianco non voglio lei!" Lo guardò "Puoi seguire Elisabeth intanto? Che non vorrei scappasse..."
Allen seguì Elisabeth "Però è mia cugina... Ogni tanto mi fa piacere passare del tempo con lei."
"Ci abiti assieme..." Lo guardò "Mica sei sempre qui!" sbuffò Eleonor "Poi tanto da settembre non hai detto che viene pure lei?"
"Si, verrà anche lei a scuola con noi." I due arrivarono davanti ad Elisabeth, che prese ad ignorarli, mentre Eleonor sbuffava infastidita "Quindi... lì non me ne posso liberare!" sbuffò.
"Prometto che non ti accorgerai nemmeno della sua presenza." la posò a terra e guardò Elisabeth in attesa di segnali di attenzione nei loro confronti.
Eleonor si parò davanti all’amica "Elisabeth, non fare l'offesa dai!" Le prese il libro di mano guardandola negli occhi "Non sto facendo l'offesa, poso riavere il libro?" Sospirò la più piccola allungando una mano.
"Non volevamo darti fastidio Elisabeth" sorrise dolce Allen.
Elisabeth si alzò di scatto mettendo le mani sui fianchi "Io le so certe cose, mi sorprendevo solo del fatto che fossero parenti..." disse secca. Allen sospirò "Eleonor esagera un po', tra me ed Ellie non c’è quel tipo di interesse!"
"Non è vero che esagero!" sbuffò Eleonor "Se vuoi andiamo a chiedere direttamente a lei!"
Elisabeth sospirò facendo scomparire il libro da in mano ad Eleonor e facendolo riapparire in mano propria, era meglio sedare quella discussione prima che degenerasse
"No, no." sospirò Allen "Evitiamo certe cose sta sera."
Elisabeth guardò Allen con aria un po' sospetta, solitamente non era da lui quel comportamento responsabile, poi sbadigliò appena.
“Sarà meglio che a te non interessi davvero Ellie!” Commentò Eleonor incrociando le braccia al petto. "Sarà meglio?" Il ragazzo accennò una risata, poi guardò Elisabeth "Vuoi che ci ritiriamo dalla festa?"
"Sì, sarà meglio!" Annuì Eleonor e poi annuì nuovamente "In effetti anche io ho sonno!"
"Non è che per caso la mia principessa è un po' gelosa?" Allen guardò divertito Eleonor, poi porse la mano ad entrambe per accompagnarle di sopra "Sarò lieto di scortarvi fino alla camera."
"Non mi sta simpatica!" Ripeté Eleonor sbuffando mentre Elisabeth accennava un sorriso "Penso tu sia un po' gelosa!" Annuì “E tra l'altro mi hai rotto la linea temporale in cui te facevi la brava che ti avevo mostrato... " commentò, improvvisamente risentita. "Ogni tanto hai degli sbalzi d'umore Elisabeth, sai?" Commentò Eleonor sorridendo divertita mentre salivano le scale. "Io non ho sbalzi d'umore!" Protestò subito la strega, tirando un po’ la manica ad Allen “Vero?”
"Un po' sì... Oscilli tra la mamma, l'asociale con spocchia e un pizzico di isteria!" Annuì Eleonor continuando un po’ ad infierire. "Non ho la spocchia... Ho la spocchia Allen?" lo guardò con insistenza.
"Ecco, visto?" Sorrise Eleonor entrando in camera. Elisabeth sbuffò "Sono solo più intelligente, non ho la spocchia..." La seguì, lasciando la mano di Allen. "Ecco questa è un po' di spocchia" Allen seguì le due ragazze nella stanza con aria divertita.
"La prossima volta comunque mi lasciate scappare dalla finestra..." Cambiò discorso Eleonor mentre iniziava a spogliarsi. "La prossima volta magari un po' più di etichetta. Andrà tutto bene così!" Annuì Elisabeth aiutando l’amica a slacciarsi il corsetto dell’abito. "Concordo." Annuì Allen "Per la prossima volta facciamo un corso di etichetta."
"Io da voi due non mi fido a prendere lezioni di etichetta eh!" Sorrise Eleonor sedendosi per agevolare l’amica. "Io sono educatissima Eleonor!" Elisabeth le diede una leggera pacca sulla schiena mentre slacciava i nastri.
Allen sbuffò un po' "Ho preso anche lezioni di etichetta io." la guardò "Che poi non la usi con voi, è un altro conto."
Eleonor sorrise "sì, certo!" annuì togliendosi il corpetto, finalmente slacciato, e lasciando che l’abito scivolasse a terra.

"Vi lascio da sole" Disse Allen rimanendo sulla porta "Se volete la storia della buona notte chiamatemi." disse scherzoso uscendo, Eleonor stava decisamente crescendo e in pochi anni sarebbe sicuramente diventata una donna bellissima. Allen si allontanò dalla stanza della ragazza sorridendo. Lui dormiva qualche stanza più in là solo così da poter intervenire per qualsiasi cosa, ma era certo che sarebbe stata una notte tranquilla quella.





Note: con questo capitolo viene introdotta una delle figure femminili più forti e politicamente più potenti della storia: la regina dei vampiri. Questo piccolo scorcio sulla società delle creature della notte per eccellenza è essenziale per capire, più avanti, le dinamiche della storia. Come si può intuire dai personaggi e da quanto dicono, i nostri vampiri sono un po’ particolari. Invecchiano e si riproducono, ma tranquilli! Abbiamo cercato di rendere la cosa il più plausibile(?) possibile e presto vi spiegheremo come. Dovrete solo avere la pazienza di aspettare il secondo ciclo di storie. Speriamo vi sia piaciuto e che continuerete a leggere~
Un bacio~

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Capitolo 6
*** Gess - Le scelte di un leader ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.


Highlands, 1991

Questi prati, questi boschi, tutto qui ha quest’aria così calma, così familiare. Sapevo perfettamente che presto o tardi avrei dovuto abbandonare tutto, lo sapevo che era parte di me, del mio DNA. Sono un Alpha e non posso cambiarlo. Sono un Alpha e se voglio restare qui devo conquistare il branco di mio padre. Non farei mai una cosa del genere a mio padre... È stato lui a insegnarmi tutto quello che so, come potrei prendergli il branco e obbligarlo così a vagare come un lupo solitario? Alla sua età non è di certo in grado di ottenere un nuovo branco e nessun branco vorrebbe mai un vecchio Alpha. Devo andarmene e crearmi un branco mio, ma non voglio lasciare Ally, non voglio lasciare Dan e assolutamente non voglio lasciare Isabella! Ma potremo mai stare in branco insieme io e lei? No, no, è impossibile! Devo dire addio anche a lei... Però forse Dan e Ally... Loro non sono Alpha, potrebbero fare parte del mio branco. Magari loro stessi decideranno di venire con me. Sono stato il loro Alpha da quando sono nati, magari sceglieranno di rimanere con me invece che restare col branco o di cercarsene uno nuovo. Non voglio viaggiare da solo. Non siamo fatti per restare da soli. Ho bisogno di un mio branco, ma non voglio lasciare quello che ho già qui... Però sarebbe bello trasferirsi a Londra tipo... Una grande città avrà certamente un territorio per un piccolo branco, poi possiamo certo allargarci. Io sono molto forte e Isabella non è da meno, riusciremo certamente a conquistare dello spazio in più per il nostro branco! Già, sempre se Isabella decide di venire con me e non va a cercarsi un branco suo... Lei è più abituata a viaggiare e trasferirsi, e non mi stupirebbe che decidesse di lasciarmi per andare a vivere una vita sua, con un branco che faccia capo a lei e dove non debba sottostare a me. Perché, non prendiamoci in giro, sono più forte di lei e sarei io l’Alpha del branco. Anche se lei decidesse di venire con me, però Ally e Dan sono ancora piccoli. Non posso chiedergli di venire via con me ora, sarebbe troppo pericoloso per entrambi. Però posso sempre tornare a prenderli... Io inizio ad andare a Londra, e mi conquisto un territorio, e lo allargo in modo che tutti e quattro possiamo starci comodi, poi torno a prenderli quando sono grandi abbastanza per lasciare il branco. E nel frattempo mi trovo un lavoro, così posso aiutarli quando sono appena arrivati a Londra, e poi anche loro si troveranno un lavoro! Però forse Ally sarà attratta dalle scuole, forse, ma no! Dovrà darsi da fare anche lei! Siamo un branco piccolo e tutti dobbiamo tirarci su le maniche e aiutarci, se vogliamo riuscire ad andare avanti. I nostri genitori non potranno certo continuare a inviarci soldi per il resto della loro vita. E io di certo non voglio campare sulle spalle di mio padre fino ai quarant’anni. Devo andare a Londra, e loro saranno il mio branco, e io sarò il loro Alpha, e ci troveremo un lavoro per mantenerci. Tanto non ci servono grandi case. E se poi Ally e Dan si trovano la fidanzata esterna al branco? Come facciamo? E se fosse di un branco rivale? Magari riusciamo a unire i branchi... Però allora ci saranno tre Alpha in un branco solo... No. Non sarebbe fattibile. Non voglio sottostare a uno spelacchiato lupo di città. Io, Gess Mackey, non starò sotto i comandi di nessuno. E avrò il mio branco. E saremo uno splendido branco. E staremo assieme.

Fu questo quello che passò per la mente di Gess quella mattina. L’idea di dover lasciare il branco lo aveva sempre preoccupato, ma non era mai risultata tanto reale come in quel momento. Aveva ormai compiuto 16 anni e non poteva più posticipare la partenza. Per tutto il giorno rimase sulle sue a pensare e ripensare a tutte queste cose.
Aveva chiesto al suo piccolo branco di riunirsi dopo cena alla staccionata. Non aveva specificato il motivo, ma non era difficile immaginare cosa gli avrebbe detto. Isabella fu la prima ad arrivare. In quei tre anni lei e Gess avevano legato molto diventando quasi due fidanzatini anche se spesso e volentieri litigavano. Dan e Ally arrivarono assieme dopo un po’.
Gess abbracciò Isabella stringendola un po' a se. Gli sarebbe dispiaciuto davvero molto lasciarla "Ragazzi... Grazie per essere venuti..." sospirò. Isabella rimase in silenzio, aspettando. Ci aveva pensato molto e in realtà, nonostante ne avesse sempre dimostrato le capacità, non si sarebbe fatta avanti come leader, decisa a seguire Gess.
Ally guardò Gess negli occhi "Gess... Non, non è quello che penso vero?"
Dan guardò Ally "Non agitarti..." le diede una leggera pacca sulla spalla.
Gess sospirò nuovamente"Ally... Sono troppo grande ormai... Inizio a minare l'autorità di mio padre." guardò Ally negli occhi "Lascio il branco domani mattina. Mi sposterò verso sud."
Ally non resistette a quelle parole e subito provò a convincere il più grande a non abbandonarli. Non sopportava l’idea di perdere Gess, era cresciuta con lui e non voleva continuare senza di lui "Gess! Non puoi semplicemente sottostare a tuo padre? Come fa Isabella con te." Isabella fulminò Ally con lo sguardo. Lei non sottostava a Gess, più che altro faceva si che lei e Gess comandassero alla pari... Senza che Gess si sentisse minacciato dalla cosa.
"Con così poco preavviso?" Chiese Dan "Noi quindi?"
Gess non rispose ad Ally. Sentiva il bisogno di un branco suo, di un branco che si affidasse a lui e che gli permettesse di dimostrare quanto valesse come Alpha. "Se volete... Potete venire via con me." Guardò Dan "Se volete venire posso tardare un po' la partenza per darvi modo di prepararvi." Strinse ancora un po’ a se Isabella. "Io ti ho già detto che sarei venuta... Mamma vuole tornare in Italia, quindi!" Sospirò Isabella guardando poi Ally e Dan. Ally sembrò turbata dalla cosa. Erano ancora piccoli loro… Dan si fece avanti al posto suo "È un problema per l'età... Cioè, io e Ally siamo ancora abbastanza piccoli..."
Gess sorrise appena a Isabella dandole un bacio a stampo, poi gli venne in mente un idea che aveva già avuto nel mattino, ma che si era persa tra le altre mille preoccupazioni "Posso tornare a prendervi tra qualche anno!" guardò Dan "Tu non sei un Alpha e lei è una ragazza. Non dovrebbero crearsi problemi se vi unite al nuovo branco."
"'Sta cosa che solo perché è una ragazza non è un problema devi togliertela dalla testa però..." Sbuffò Isabella, che ancora non sopportava la mentalità fortemente maschilista di Gess. Dal canto suo, Gess giustificò la sua frase alla meglio per non far incazzare troppo la ragazza, ma la cosa non funzionò troppo bene: Isabella si allontanò un po da Gess con aria contrariata.
Ally si fece avanti "Gess! Se poi non tornaste più? Io non voglio perdervi!"
"Perché non dovrebbero tornare? " Chiese Dan.
Ally guardò Dan "Perché si faranno un gruppo loro! E si dimenticheranno di noi."
Dan sospirò "ma non credo Ally..." guardò Gess.
"Se vi prometto che torno a prendervi, torno..." disse il più grande porgendo una mano ad Ally, la quale andò ad abbracciarlo stringendosi forte a lui. Gess la coccolò un po', rassicurandola. Quando fu abbastanza calma la lasciò e Ally lo guardò negli occhi. "Vengo con voi!" Decretò.
Isabella la guardò "Ma sei sicura?" Ally aveva solo 13 anni e non era proprio sicura di volersela portare dietro. Non era molto autosufficiente e sicuramente passare qualche anno in più col branco non le avrebbe fatto male. Dan sembrava dello stesso avviso di Isabella "Ally... non è meglio aspettare? " e lo stesso era per Gess "Ally..." le mise le mani sulle spalle "Aspetta ancora qualche anno... Io torno a prenderti. Te lo prometto." Ally però continuò a insistere nel voler andare con loro. Non voleva assolutamente rischiare di perdere Gess. E neanche Isabella! Era la sua prima vera amica e non l’avrebbe mai lasciata andare! Non senza di lei.
Gess alla fine riuscì a calmarla un po’ e provò a farla ragionare “Ally, chiedi a tua mamma e ascolta cosa ti dice. Lo farai?" poggiò la fronte contro quella della biondina, che annuì "Se però dice che posso, vengo!"
Isabella sbuffò appena "Se Ally viene a sto punto vieni pure tu Dan..." Non era gelosa di Gess, ma la infastidiva un po l'insistenza di Ally visto che non era quasi per nulla autosufficiente.
Dan annuì sospirando "io tanto non devo chiedere il permesso..."
Ally corse verso casa per chiedere il permesso alla madre, speranzosa che potesse seguire Gess e Isabella nel loro viaggio. Gess la lasciò andare e venne subito ripreso da Isabella "Stai scherzando spero..." lo guardò seria incrociando le braccia al petto. Gess sospirò "Conosco la madre di Ally da sempre. Non le permetterà mai di venire con noi." Guardò Isabella "So cosa faccio." "Lo spero..." Sospirò Isabella guardando Gess seria. Voleva anche lei Ally, ma era ancora troppo presto per lei.
"Non ti fidi Isabella?" Gess la guardò negli occhi. In effetti non erano mai affettivamente finiti i battibecchi sulle decisioni, quasi sempre discutibili, prese da Gess. "Mi fido... non vorrei solo pentirmene!" Isabella ricambiò lo sguardo. Era più alta di lui, ma si era seduta apposta sul palo più basso del recinto per nasconderlo. Lo faceva spesso stare seduta da quando la pubertà l’aveva resa così alta.

Gess guardò Dan "Prenditi cura di lei finché non ci siamo, ok?"
Dan annuì "Non c'è problema..." ricambiò lo sguardo del più grande "Poi... Ti ricordi quel bambino che ogni tanto abbiamo beccato a seguirci? Magari quando tornerete potete prendere anche lui…" Propose timidamente. Quel piccolo Jean sembrava promettente, e probabilmente tra qualche anno sarebbe stato in grado di unirsi al branco senza problemi!
"Torniamo a prendervi tra tre anni pensavo io. Sarà abbastanza grande per allora?" Anche se non sempre sembrava essere un Alpha che si preoccupa per i membri del suo branco, non aveva mai messo in secondo piano questo problema. Anzi, soprattutto con l’aiuto di Isabella, era diventato un po’ più accurato in certe cose.
Dan alzò le spalle "Non so nemmeno come si chiami..."
Gess sospirò "Ci penseremo quando torneremo a prendervi.” stabilì, poi andò verso Isabella dandole un bacio a stampo "Pronta a partire lupetta?" Isabella lo guardò e annuì "devo solo preparare le cose..."
Ally tornò dal branco piangendo. Isabella sospirò vedendola ritornare e le andò incontro "Ally, non piangere dai!" Gess lasciò che fosse Isabella a consolare Ally. Erano diventate parecchio amiche ed era evidente quanto Ally stimasse Isabella.
"La mamma dice che sono troppo piccola!" disse la biondina disperata "Non vuole che parta con voi!"
"Ma noi torniamo a prenderti... non devi mica piangere!" Sì chinò un po asciugandole le lacrime "Sei la mia migliore amica, mica mi dimentico di prenderti!"
Ally si strinse a Isabella "Ma io volevo venire con voi! Io non voglio stare senza di voi!"
"Ma non staremo tanto via Ally..." le sorrise dolce "te e Dan potete provare a conoscere il ragazzino che vediamo ogni tanto e valutare se può stare poi con noi!"
Gess sospirò "Ally, ti ricordi cosa avevi detto? Che avresti ascoltato la tua mamma." le mise una mano sulla spalla "Poi con te rimane Dan!"
"Ma mi mancherete tanto..." Ally guardò Isabella negli occhi.
"Ally, mentre noi non ci siamo avrai il compito di capire quali altri ragazzi potranno fare parte del nostro branco." Le disse incoraggiante Gess sperando di poter finire quella sceneggiata al più presto "E quando poi torneremo mi fiderò pienamente delle tue scelte."
Isabella era un po seccata che Gess non le lasciasse la situazione in mano ma non poteva dire nulla "Si Ally, vedrai che questo tempo passerà velocissimo!"
Dan sospirò avvicinandosi ad Ally "Ci divertiremo anche noi due, te lo prometto!"
Ally si asciugò un po' le lacrime "Però tornate presto..."
"Non ti preoccupare, saremo qui prestissimo!" Sorrise Isabella dolce.
Dan si sentiva sempre un po’ in disparte e Ally non lo ascoltava particolarmente se c'era Gess. Sperava che le cose migliorassero negli anni da soli che avevano di fronte.
La mattina dopo Isabella e Gess partirono verso Londra, non sapevano ancora cosa fare e dove stare ma era parte della vita dei giovani licantropi quella.

Quei tre anni assieme a Isabella furono stupendi per Gess. A parte qualche litigata per motivi effettivamente abbastanza stupidi, per il resto era stato molto bello. Si erano trovati un piccolo bilocale in periferia e lui aveva trovato lavoro in un bar. Sommando quello stipendio ai soldi che i loro genitori gli inviavano dalla Scozia, riuscivano tranquillamente a mantenersi. Ovviamente non facevano una vita da re, ma riuscivano a permettersi tutte le cose di cui avevano bisogno e a loro bastava. Isabella invece in alcuni momenti avrebbe volentieri ucciso Gess, ma tutto sommato iniziava a credere che sarebbero stati assieme per tutta la vita.
Recentemente avevano sentito parlare di una nuova scuola per creature magiche e Gess decise che lui e il suo branco sarebbero andati in quella scuola. Sembrava molto utile imparare nuove cose sulle altre razze e li avrebbe aiutati a interagire meglio con loro. L'idea del college non era male anche per Isabella. Non era sicura per la presenza dei vampiri, ma era senza dubbio un posto perfetto dove stare senza spendere troppo.
"Isabella, sta sera partiamo e andiamo a prendere gli altri." Disse Gess uscendo dal bagno.
"Si, lo so!" Sorrise appena finendo la borsa "Saranno felici di vederci!"
Gess annuì "Chissà come prenderanno la storia del college..." disse pensieroso "Chissà quanto è cambiata Ally..."
"Sicuramente bene dai... l'unico con problemi con la scuola sei tu!" Lo prese un po in giro "Io inizio a sospettare che Ally ti interessi... Ne parli sempre!" si girò a guardarlo.
Gess accennò una risata "L'unico problema che avrò con quella scuola saranno i succhiasangue!" disse , poi la guardò "stai tranquilla Isabella, Ally non è il mio tipo." le andò accanto "Sai che a me piacciono le donne un po' più mascoline"
Isabella si sentì un po’ offesa da quell’affermazione e lo guardò di storto. Non le piaceva troppo il fatto di essere così alta e muscolosa e se Gess non glielo diceva in modo così evidente era più felice.
Ormai Isabella era quasi del tutto sviluppata e Gess non poteva più nascondere che era diventata molto più potente di lui. Non si erano mai effettivamente confrontati, ma non aveva alcun dubbio che se lo avessero fatto, la ragazza lo avrebbe battuto in pochi secondi. Proprio per questo motivo cercava sempre di fermare i litigi quando ancora erano a livello verbale e di non farla arrabbiare troppo. In più, se si fossero battuti e avesse perso contro Isabella, non avrebbe più potuto pretendere di essere il suo Alpha e se avesse voluto rimanere nel branco della lupa, avrebbe dovuto essere lui a sottostare alla sua leadership. "Dai, il sesso che ho fatto con te, con nessun'altra avrei potuto farlo!" Le sorrise "Poi, insomma, meno male che stiamo assieme noi due e che mi piacciono le donne come te."
Il tentativo di Gess di calmarla quella volta non funzionò. Isabella lo guardò sempre peggio "Gess ti stai affossando, io ti avverto..." disse seccata. Il più vecchio decise così di lasciare le parole e la baciò appassionatamente. Isabella rispose al bacio un po controvoglia, non le sembrava assurdo volersi sentir carina e sentirselo dire ogni tanto...
Gess si staccò quasi subito dal bacio e andò a preparare il suo zaino. Ci avrebbero messo un paio di giorni a tornare in Scozia.
"Dovresti essere più gentile con me, sai?" Disse Isabella un po' seccata.
"Sono gentilissimo lupetta." rispose accennando un sorriso beffardo.
"Dicendomi che sono mascolina..." Sbuffò.
"Ma a me piaci proprio per questo."
Sbuffò appena "Puoi semplicemente dirmi che sono bella no? Ti pesa farmi un complimento?" lo guardò negli occhi.
Gess roteò lo sguardo. Non sopportava quel genere di cose e poi Isabella… Si gli piaceva anche fisicamente, però non l’avrebbe mai classificata tra le belle ragazze. Nel senso, non l’avrebbe mai paragonata alle gnocche da pubblicità di intimo femminile. "Sei bella." La guardò "Contenta ora?" Sbuffò "Lascia perdere... " disse irritata finendo la sua borsa. "Tu spera solo che non trovi qualcuno di più gentile di te..." Commentò seccata andando alla porta. Gess sii mise lo zaino in spalle e affiancò la ragazza. "Quindi stai con me solo per non sentirti sola?" "Sto con te perché ti amo. Ma sai renderti così insopportabile che mi vengono i dubbi sull'aver scelto bene…" "Siamo perfetti insieme Isabella." Sorrise Gess prendendola per mano, la quale sbuffò "Se con Ally sei tutto tenero io ti do fuoco, ti sto avvertendo!"

Per arrivare fino alla loro vecchia casa fecero l’autostop, riducendo così di molto il tempo di viaggio. Arrivarono il mattino successivo di prima mattina e appena arrivarono furono guardati male da tutto il resto del loro vecchio branco.
Gess guardò Isabella "Forse non è stata un'ottima idea..." mormorò piano. "Potrei avertelo accennato un paio di volte, dicendoti che era meglio chiamare Ally e Dan e dire di raggiungerci..." disse sospirando.
Gess alzò le spalle, di certo non li avrebbero cacciati. Potevano avere mille motivi per tornare e poi, per uscire salvi da quella visita, bastava non dare fastidio alla interazioni del branco. Poi erano solo lui e Isabella, non potevano risultare davvero così tanto pericolosi.
Dan era con Ally e Jean, il ragazzino più piccolo che qualche anno prima aveva iniziato a seguirli, erano alla staccionata come sempre, e Dan stava cercando di proporre delle valide alternative per il pomeriggio, con Ally accoccolata a se. In quei tre anni la biondina si era innamorata di lui e aveva sempre reso molto evidente la cosa. "Che ne dite se andiamo a nuotare un po' oggi?" Propose "È un sacco che non ci andiamo!"
"Mmh, sì... C'è ancora bel tempo in effetti, potremmo andare al lago!" Annuì Dan. Gli piaceva Ally e in realtà era abbastanza felice che Gess e Isabella fossero stati via così tanto, così il rapporto tra loro due aveva avuto modo di crescere e consolidarsi.
Gess notò i tre in lontananza e si incamminò verso di loro. Isabella lo seguì prendendolo per mano.
Jean guardò Gess e Isabella avvicinarsi "Penso faremo qualcos'altro oggi..." commentò.
Ally si giro "Gess! Isabella!" si staccò da Dan correndo verso loro due. Isabella sorrise allargando un po' le braccia per abbracciarla. Ally andò ad abbracciare Isabella "Siete venuti a prenderci?" Isabella l'alzò da terra sorridendo "Visto che non ci siamo dimenticati?" la guardò negli occhi. Ally ricambiò lo sguardo "Sei diventata altissima..." mormorò appena "E molto bella!" Isabella sorrise "Grazie... Anche te sei diventata bellissima sai?" le diete un bacio sulla guancia "Scommetto che ti fan tutti il filo!" Ally arrossì parecchio a sentire quelle cose e si strinse a Isabella "In realtà mi sono interessata solo a Dan." Sussurrò appena, quasi come se avesse paura che la cosa potesse rovinare le dinamiche del branco. Fu così che le due iniziarono a parlare un po’ dei rispettivi fidanzati, Ally molto entusiasta della cosa e Isabella un po’ più rassegnata.
Dan sorrise appena "Ce ne avete messo di tempo comunque!" Gess guardò Dan "ho voluto aspettare che foste abbastanza grandi per lasciare il branco." spiegò. Quella volta aveva seguito i consigli di Isabella e aveva aspettato tre anni in modo da essere certo che Ally fosse diventata abbastanza autosufficiente. Dan presentò Jean a Gess che lo guardò studiandolo un po’. Voleva essere certo che potesse far parte del branco "Lui era il piccolino di quando siamo andati via, vero?"
Dan annuì "ha 14 anni, ma non penso ci saranno problemi se lo vorrai portare con noi!"
Jean annuì appena "Sì, i miei han detto che sarebbe ok…"
"E a te interesserebbe venire con me?" Chiese l’Alpha con voce calda porgendogli una mano. Dan alzò un sopracciglio "Gess... Che stai cercando di vendergli droga?" chiese perplesso da quel tono.
Jean sembrò ignorare il tono di Gess e annuì "Sì, mi interesserebbe!"
Gess accennò un ghigno "Perfetto allora! Ti unirai a noi. Vai a preparare le valigie." disse, poi guardò Dan "Hai un po' una brutta opinione su di me."
Dan guardò Gess "Se aveste avvertito che arrivavate oggi, avremmo preparato le valige..." Sospirò.
"Ma non sarebbe più stata una sorpresa." Annuì Gess "Vi aspetteremo fuori dai territori del branco."
Jean annuì "dove si va?" chiese a Gess.
"A Londra ho sentito di una scuola per creature magiche. Puoi entrare quando vuoi e anche smettere quando vuoi. Aiuta a imparare a conoscere meglio le altre razze e a relazionarsi con loro." Gess guardò Jean negli occhi spiegando il suo piano "Pensavo che potremmo andare in quella scuola. Come branco."
"Non ti facevo interessato a socializzare con altre razze..." Sorrise Dan divertito dal sentir quelle parole uscire dalla bocca di Gess. Jean invece approvò l’idea e lo stesso fece Ally. “Dev'essere bella la vita da college." Annuì la biondina "Come nei libri."
"Sono solo i succhiasangue a darmi fastidio." Sbuffò Gess "E più impariamo su di loro, più potremo tenerli alla larga."
Dan annuì "Ne hai mai visti? Di vampiri dico..." da quelle parti non ce n'erano di sicuro e lui un po' odiava quel razzismo ingiustificato.
Gess annuì "Londra ne è piena praticamente! Tutti li, tutti ricchi, tutti a credersi i migliori…" fece una smorfia. I vampiri lo disgustavano profondamente e, fosse stato per lui, li avrebbero dovuti relegare tutti da qualche parte dove non potevano avere contatti con le altre razze. Magari sotto terra! Sarebbe stato meglio anche per loro: non avrebbero più dovuto preoccuparsi della luce del sole.
"Secondo me sei un po' troppo prevenuto!" sospirò Dan.
Gess si girò verso Isabella "Lupetta, come sono i vampiri a Londra?"
Isabella diede un bacio sulla fronte ad Ally poi si girò verso Gess "Bah, hanno un po' di spocchia, soprattutto quelli grandi... "
Dan sospirò "Va beh, sono millenari quelli grandi…"
Ally sorrise a Isabella, poi andò da Dan "Non so... A me hanno sempre detto che sono antipatici..."
"Non ho mai parlato con nessun vampiro, ma mi sono sembrati tutti antipatici." annuì Gess guardando Ally.
“Tanto ci avremo a che fare a scuola..." Sospirò Isabella.
Dan annuì prendendo per mano Ally "Andiamo a fare la valigia, loro ci aspettano fuori!" sorrise alla ragazza e fece un cenno a Jean di seguirli. Jean seguì Ally e Dan guardando di sfuggita Gess e Isabella. "Sono proprio contenta che siano tornati" affermò Ally.
Gess andò da Isabella "Andiamo?" Isabella annuì prendendo la mano a Gess.
Quel piccolo branco non sapeva cosa gli riservasse il futuro, ma erano certi che se fossero stati uniti sarebbero stati in grado di affrontare tutto. La forza di un lupo sta nel branco che ha alle spalle e di certo non avrebbero lasciato nessuno da solo.






Note: Salve a tutti,
Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto. Gess è un personaggio particolare, o lo si ama o lo si odia! XD D'ora in avanti per i nostri lupi inizierà una nuova vita, chissà se cambieranno idea sul rapporto con vampiri~
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Madeleine - Il fascino della solitudine ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.


Londra, East End, 1985

Erano ormai tre anni che Meddie viveva lì, sola, ed erano ormai passati tre anni da quando c’era stato quell’incidente. Sembrava che nessuno si facesse domande su quella bambina che viveva da sola, né gli insegnanti né i vicini e a Meddie andava bene così, non amava particolarmente le attenzioni delle altre persone. Sapeva per certo che qualcuno andava ai colloqui a scuola, che qualcuno ritirava le sue pagelle e che qualcuno le pagava le gite e la mensa. Quel qualcuno si preoccupava anche di lasciarle la cena pronta la sera e la colazione al mattino, di procurarle libri di magia e di farle dei regali per ogni suo successo o festività. A lei piacevano le bambole e in quei tre anni ne aveva ricevute molte, alcune anche parecchio costose, e nell’ultimo periodo aveva imparato ad animarle. Certo, non erano esseri senzienti, ma tenevano molta compagnia e Meddie amava la compagnia se non doveva interagire. Le uniche interazioni che le piacevano erano le lettere che si scambiava con quel qualcuno che si prendeva cura di lei, con il tempo aveva smesso di cercare di incontrarlo e aveva iniziato quel rapporto epistolare che la faceva sentire davvero voluta ed amata, era felice anche se era sempre da sola.
A scuola le cose andavano bene. Era una bambina brillante, non aveva problemi a seguire le lezioni e spesso le maestre la spingevano a provare esercizi di classi avanzate che lei eseguiva senza troppi problemi. Le dicevano sempre che lei era sprecata per quella piccola scuola, ma lei non poteva certo spostarsi da sola e in realtà non le interessava nemmeno. Lei ambiva a scuole di magia, non avrebbe certo passato tutta la vita in mezzo a quegli umani!
Se le cose a livello accademico andavano a gonfie vele non si poteva certo dire lo stesso del rapporto con i compagni. La consideravano strana, parlava poco e il fatto che fosse sempre sola aveva contribuito a crearle attorno un’aura di mistero che inquietava e teneva alla larga tutti gli altri ragazzini e lei di certo non era interessata a far cambiar loro idea. O forse un po’ sì. Sì, perché aveva subito notato che nella sua classe c’era un’altra bambina come lei, un’altra strega, ma non aveva mai provato ad avvicinarla per paura di spaventarla. Le piaceva osservarla, era sempre allegra e vivace, faceva amicizia anche con i ragazzini delle altre classi e non c’era nessuno a cui non stesse simpatica. Le piaceva osservarla perché sapeva che anche lei era orfana, viveva con un tutore… Avrebbe voluto avvicinarsi e chiederle com’era successo, se magari erano stati casi simili, come stava. No, probabilmente non lo avrebbe mai fatto. Chissà, magari anche lei ambiva ad una scuola di magia e magari si sarebbero incontrate in futuro!
Quel pomeriggio aveva deciso di uscire, il parco era il posto migliore per esercitarsi con alcuni tipi di incantesimi, soprattutto se riusciva a mettere le mani su qualche animale. Era appena arrivata quando notò che c’era anche la sua compagna di scuola in quel parco, sembrava sola a giocare ma Meddie non osò avvicinarsi, era meglio concentrarsi sul trovare qualche forma di vita senziente per provare il suo nuovo incantesimo. Non si allontanò comunque molto, voleva vedere cosa faceva quando non era a scuola!
Dopo quasi un'oretta di ricerche era riuscita a mettere finalmente le mani su un corvo ma fu costretta a bloccare tutto quando sentì la compagna urlare. Con cautela si avvicinò al parco giochi mentre teneva ancora l’uccello in mano, voleva vedere cosa stava succedendo e, in caso, intervenire. C’era un gruppo di ragazzi più grandi che avevano deciso di attaccare briga e, contro ogni aspettative, la bambina aveva risposto ma ora se le stava prendendo. Il gruppo di bulli però fu investito da una folata di vento gelido nell’istante in cui buttarono a terra la bambina. Meddie si fece avanti con il corvo in mano “C’è qualche problema?” chiese con voce chiara e sicura mentre il cielo iniziava ad oscurarsi, minacciando tempesta.
“E tu che vuoi?” chiese uno dei ragazzi facendosi avanti con aria spavalda, di certo quell’improvviso cambiamento climatico non lo aveva intimorito e di sicuro non era collegato a quella bambina, no?
Anche la bambina guardò stupita Meddie, sapeva bene chi era e non faticava a credere che i loro compagni la definissero inquietante… In quel momento era spaventosa.
“Lasciatela stare…” disse semplicemente stringendo un po’ il corvo, non era nervosa ma sperava che il suo incantesimo funzionasse… Doveva essere teatrale per spaventarli abbastanza!
“Altrimenti?” se ne fece avanti un secondo ma non ebbe il tempo di fare un altro passo che Meddie liberò l’animale che aggredì immediatamente i due ragazzi al volto. Seguì un trambusto generale dove il gruppetto cercò di abbattere il corvo con scarsi risultati, tra urla e grida un paio di loro vennero effettivamente feriti dalla bestia e nel giro di qualche minuto vennero messi in fuga. Meddie si godette lo spettacolo con un leggero sorriso sulle labbra e, una volta fuggiti, lasciò che il corvo cadesse a terra, esanime… Dopo tutto l’aveva ucciso lei poco prima.
L’altra bambina si alzò da terra e guardò l’uccello “Ehi, figo…” commentò sorpresa e guardò poi la compagna “Come hai fatto?” le sorrise. Meddie si strinse nelle spalle “E’ la mia specialità… Mh, controllare i morti, circa!” annuì accennando anche lei un sorriso, poi le porse la mano “Sono Madeline, andiamo in classe assieme ma non ci siamo mai parlate…”
“Sono Hanna… Avevo intuito che anche te eri… Beh, una strega!” le strinse la mano “Ma avevo pensato di non piacerti visto che non eri mai venuta a parlarmi, così ho preferito non disturbare!” le sorrise.
“Oh, io… Temevo di farti paura, come faccio paura agli altri…” sembrò sinceramente sorpresa “Beh, mi fa piacere di essermi sbagliata!” annuì accennando un sorriso più dolce.
Hanna le sorrise di rimando tenendole la mano “Beh, ora che ci siamo chiarite possiamo diventare amiche no? A parte il mio tutore non conosco altri maghi e te sembri fighissima!” la guardò esaltata “Torniamo a casa assieme? Tanto so che abitiamo vicino!” la tirò leggermente con aria allegra.
No, forse non era esattamente come si aspettava Meddie ma non sembrava così tremenda l’idea di essere amica con Hanna… Forse un po’ rumorosa, ma non tremenda. Annuì sorridendo, cercando di risultare convincente “Va bene, andiamo assieme!”
 



“Cara Meddie,
Sono sempre più fiero dei progressi che stai facendo e di quanto i tuoi poteri si stiano sviluppando in fretta. Sono ogni giorno più contento di aiutarti in questi progressi e sono ogni giorno più felice di vedere come stai crescendo.
Ho visto quello che hai fatto l’altro giorno al parco con il corvo; ti vengono sempre meglio questi incantesimi avanzati. Credo dovresti accettare il mio tutoraggio in una scuola di magia. Se dovessi cambiare idea e dovessi accettare, ascoltami anche sulla scelta della scuola: per te, per il livello di magia che hai già raggiunto, serve una scuola di élite.
Anche la tua nuova amichetta sembra abile con la magia. Spero che ti piaccia la sua compagnia. È la prima amica che ti fai e… Beh, mi rende contento vederti crescere anche sotto questo aspetto! Però per il fidanzatino aspetta di avere almeno 16 anni, che altrimenti poi mi preoccupo a pensare che la mia bimba speciale ha già il ragazzo!
Se avrai bisogno di qualunque cosa, lascia come al solito una lettera sul davanzale della finestra al tramonto. Ti farò avere tutto quello che desideri entro l’alba.
Sempre tuo,
M.”



Note: Salve a tutti, in questo capitolo facciamo la conoscenza di un personaggio particolare, con un passato misterioso e un potere molto singolare. Meddie è sicuramente uno dei personaggi più criptici della raccolta e speriamo sia riuscita ad affascinarvi. Ad aumentare il velo di mistero che la circonda, si aggiunge un misterioso benefattore, che la osserva nell'ombra e la cresce quasi fosse figlia sua. Speriamo di essere riuscite ad incuriosirvi e che continuerete nella lettura della raccolta.
Alla prossima~

 

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Capitolo 8
*** Night - Letture proibite ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.


Mondo elfico, 1891

Night aveva sempre mostrato un forte interesse per tutto ciò che riguardava l’occulto, in particolar modo per lo studio dei demoni e di tutto ciò che li riguardava. La sua prima lettura, a cinque anni, fu proprio un libro sull’evocazione e il controllo di entità minori, lettura che lo lasciò letteralmente stregato e che alimentò questa sua passione fino a fargli desiderare una conoscenza assoluta sull’argomento. Per un paio di anni i genitori avevano supportato questi suoi interessi, comprandogli quasi ogni settimana dei nuovi libri per tenerlo tranquillo, ma con la nascita del piccolo Waru decisero che era il caso di dare un freno a un’attività così rischiosa. Già un paio di volte Night aveva messo in pratica quanto aveva imparato dalla sua prima lettura, e i genitori fecero difficoltà a rispedire nel loro mondo i demoni evocati, decidendo così che con un neonato in casa era meglio evitare altri spiacevoli incidenti.
Night non comprese il perché di tale decisione e si arrabbiò molto con i genitori. Iniziò a leggere i libri nascondendosi in giardino o in camera quando rimaneva da solo in casa, trovandogli poi posti quantomeno particolari per celarli agli occhi dei familiari. Anche il loro acquisto andava tenuto nascosto, così quando usciva per andare nelle librerie copriva i suoi acquisti dicendo di essere andato a giocare con dei fantomatici compagni, che gli avevano prestato dei libri da leggere. In realtà tutte le sue paghette venivano spese per l’acquisto di libri occulti e proprio per ricercare i libri più arcaici entrò in contatto con il mercato nero. Si stupì nello scoprire come la ricerca di libri così particolari potesse creare delle reti di conoscenze ampie e solide. Si creò una rete di persone e una quantità di favori dovuti, che lo portarono ad ottenere sempre più facilmente i libri preziosi che desiderava. Fu così che la sua conoscenza e la sua erudizione crebbero in modo esponenziale: imparava tutto ciò che riguardava quel mondo con il minimo sforzo, gli risultava tutto così logico e lineare!
In casa, non potendo leggere alla luce del sole libri sull’evocazione, sul controllo dei demoni e sul loro contrasto, patteggiò per leggerne almeno la storia. Quella venne reputata essere una lettura sicura e gli venne anche concesso di leggerla al fratellino come “favola della buona notte”. In Waru, Night aveva trovato un fantastico complice: quando i genitori non erano in casa, o quando si andava a nascondere per continuare le sue letture proibite, Waru lo raggiungeva chiedendogli di leggere ad alta voce in modo da renderlo partecipe.
Una sera di gennaio 1897 i genitori di Night, andando a cercare dei documenti nella sua stanza, tirarono fuori alcuni scatoloni nascosti sotto il letto e scoprirono molti dei libri sull’occulto, tra cui uno vietato addirittura dalla società elfica. In pochi secondi sperimentarono un turbinio di emozioni che andavano dalla sorpresa, alla delusione, dallo sgomento, all’ira. Richiamarono subito in casa il figlio maggiore per chiarire la situazione e per capire come fosse possibile che quel libro si trovasse in quella casa, sotto quel letto.
“Night! Mi sembrava di essere stata abbastanza categorica quando ti avevo detto di smetterla con questi libri! Vuoi per caso uccidere qualcuno?” Night non aveva mai visto la madre tanto arrabbiata e il padre lo era forse ancora di più.
“Non solo leggi libri che io e tua madre ti avevamo vietato, ma leggi addirittura libri banditi dalla società! Ti rendi conto della gravità della cosa?! Poi voglio sapere come sei riuscito a ottenere questo libro!”
“L’ho trovato per strada...” Mormorò Night. Non avrebbe potuto certo dirgli che frequentava il mercato nero. Sapeva benissimo che non era il posto adatto a un bambino di 11 anni, e sapeva altrettanto bene che se avessero scoperto che ci andava già da almeno due anni lo avrebbero denunciato “Non pensavo fosse così pericoloso averlo. Mi piace leggerlo.” Tenne lo sguardo basso per evitare quello dei genitori.
“Ciò non toglie che ci hai disobbedito!” La madre gli strappò il libro dalle mani “Sei in punizione per i prossimi tre mesi! Ti accompagnerò a scuola, ti verrò a prendere e non potrai fare più nulla se non sotto stretta sorveglianza mia o di tuo padre!”
“E smetterai anche di leggere quei tuoi libri sul principio dei demoni a Waru!” Aggiunse il padre. Night alzò lo sguardo “Voi non capite nulla!” sbottò per poi correre fuori dalla casa. Perché non capivano? Non era pericoloso quello che faceva, aveva imparato ormai. Non capivano che per lui erano importanti quelle letture, che quello era l’unico mondo in cui riusciva a essere sé stesso. Non riusciva a stare dietro ai divertimenti e ai ragionamenti dei suoi coetanei; si era impegnato più volte nel cercare di fare amicizia, ma tutti i tentativi finivano sempre male. Invece quel mondo era così familiare per lui. Quando si immergeva in quelle letture poteva sentire i demoni, i loro pensieri e le motivazioni dietro le loro scelte e si, si sentiva parte di quella realtà. In fin dei conti per un elfo non era strano entrare in contatto con il mondo demoniaco, seppur con le limitazioni dettate dall’alto consiglio dei Saggi Anziani. Non era raro vedere un elfo che utilizzando la sua magia celtica sottoscrivesse un contratto ed era altrettanto comune che quando si legavano a certi esseri venissero poi lentamente allontanati dalla società. Già, la società elfica non impediva il contatto con il mondo demoniaco, ma faceva in modo che fossero gli elfi stessi a scegliere di tenere lontani quegli esseri di perdizione. Come la società, anche i genitori di Night non lo avevano mai capito, non avevano fatto altro che limitarlo e deriderlo. Ma l’avrebbero pagata! Non sarebbe restato tutta la vita a subire quei bistrattamenti!

Quella situazione di contrasto tra Night e i genitori continuò e peggiorò nel corso dell’anno successivo. Una sera di inizio primavera del 1898 Night non poté più sopportare l’ostilità e l’ottusità dei genitori. “Pensate che non sappia controllarli?! So più di voi due messi assieme sui demoni! So controllarli! Posso fargli fare qualunque cosa io voglia!” Si mise a gridare prendendo uno degli ultimi libri che aveva comprato aprendolo sulle pagine dedicate ad Abaddon. Iniziò a recitare una formula in elfico antico per evocarlo. Quando i genitori si resero conto di cosa stava facendo, cercarono di fermarlo, ma per loro sfortuna non fecero in tempo. Come avevano immaginato, la potenza e i poteri del demone erano a un livello troppo elevato per Night; egli stesso si rese conto che non sarebbe stato in grado di controllarlo come aveva già fatto altre volte con quelli minori e cercò subito un modo per rimediare a questo suo danno. Sfogliò frettolosamente le pagine per trovare una formula per soggiogarlo, per riuscire a indebolirlo abbastanza da prenderne il controllo. C’era! Lo sapeva! L’aveva vista!
Ci stava mettendo troppo tempo a cercare quella formula e il demone ne approfittò: dilaniò i corpi dei due adulti di fronte a Night per nutrirsi della loro essenza vitale e della loro anima. Night vide i suoi genitori venire sbranati selvaggiamente davanti ai suoi occhi per colpa sua e non era stato in grado di evitarlo. Stava per andare nel panico, quando vide il Abaddon scagliarsi contro Waru. “Non lui! Waru no, ti prego!” Scoppiò in lacrime, amava il suo fratellino e non avrebbe voluto perderlo per nulla al mondo. L’essere non provò la minima pena, anzi sembrò quasi divertito, e per Waru fu una morte veloce e quasi indolore. Night, quando vide il fratellino giacere davanti a lui senza vita, riuscì a darsi una scossa e trovò la formula per assumere il controllo del demone, iniziando subito a recitarla. Questi iniziò a contorcersi sotto l’effetto della formula e infine Night riuscì a stipulare un contratto per riavere indietro qualcosa a cui teneva molto. Sapeva che per i demoni l’essenza vitale degli elfi, creature pressoché eterne, era particolarmente prelibata. Gli avrebbe concesso metà della sua essenza vitale e la sua anima, se si fosse legato al corpo di Waru e lo avesse riportato in vita.
Il demone accettò il patto, l’anima e l’essenza vitale di Night gli sembravano particolarmente gustosi, e si legò al corpo di Waru. Il procedimento fu abbastanza traumatico per il piccolo corpo di un bambino, che sembrò sul punto di esplodere sotto la grandezza dei poteri di Abaddon. Quando finalmente si risvegliò, il bambino aveva un occhio con iride e sclera completamente neri, indice della parte demoniaca che manteneva in vita il corpo, e l’altro con iride e sclera bianche, indice della parte ancora mortale e ormai già appartenente all’oltretomba.
Night abbracciò il fratellino “Waru… Ora siamo solo io e te.” lo strinse forte a se “Dovrai fidarti di me. Dobbiamo scappare prima che si accorgano di mamma e papà.”
Nel giro di poche ore Night preparò un paio di zaini con il minimo per sopravvivere “Abaddon, a te il compito di prendere con noi tutti i miei libri.” Ormai il demone era sotto il suo controllo e poteva fargli fare cosa voleva. Lo avrebbe di certo sfruttato anche per sopravvivere e per nascondersi dalla giustizia elfica: il giorno in cui avrebbero scoperto i cadaveri dei genitori, non ci avrebbero messo molto a capire che fu opera di un demone e loro due sarebbero stati i primi indiziati. Da quello che aveva sentito al mercato nero, se si facevano arrabbiare i Saggi Anziani, conveniva far sparire completamente le proprie tracce e così avrebbe fatto. Voleva bene a Waru e lo avrebbe protetto ad ogni costo! Sarebbero riusciti sicuramente a sopravvivere e se nascondersi nel mondo elfico sarebbe risultato pericoloso, si sarebbero trasferiti nel mondo umano. Altra cosa imparata mentre andava alla ricerca dei suoi preziosi libri era che il mondo umano era pieno di elfi rinnegati e li riuscivano a vivere sfuggendo alla giustizia elfica. Si, se fosse stato necessario, si sarebbero trasferiti nel mondo umano.


Note: Salve a tutti, ci avviamo verso la conclusione ed ecco un altro dei personaggi più emblematici della nostra raccolta. Apriamo un piccolo spiraglio verso il misterioso mondo degli elfi, esseri eterni che vivono al di fuori del mondo, e dei demoni che più avanti avranno una maggior importanza~
Speriamo vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 9
*** Wako - Amicizie nell'ombra ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.


Parigi, 1990

Ancora una volta Night e Waru se n’erano andati per fantomatici motivi di famiglia e l’avevano lasciato solo. Eppure anche lui faceva parte della famiglia, tutto sommato! O meglio, per lui Night e Waru erano l’unica famiglia di cui si ricordava. Si ricordava perfettamente di come li aveva incontrati: stava giocando con le ombre in un vicolo di Parigi, aspettando… Cosa stava aspettando? No, non si ricordava proprio cosa stesse aspettando. Però si ricordava che Night lo aveva preso con se perché lui era un elfo speciale. Già, Wako era un elfo delle ombre, la razza più speciale di tutti gli elfi a detta di Night. In realtà Wako non sapeva bene cosa fossero gli elfi delle ombre così negli anni si era fatto spiegare dal più grande un po’ di cose sulla sua razza. Proprio dalle spiegazioni di Night aveva imparato che solo la sua razza poteva manipolare quelle che lui aveva sempre chiamato ombre, e che queste ombre in realtà erano entità che non appartenevano alla dimensione che abitavano gli elfi o gli altri esseri mortali.
“Le ombre sono esseri che si nutrono della disperazione dei mortali che abitano questo mondo.” Gli spiegò una volta Night. “E più un elfo della notte offre nutrimento alle ombre, più il legame tra queste e l’elfo diventerà forte. Però devi stare attento quando le nutri: se non mantieni il controllo su quanto si nutrono, rischi di far impazzire il mortale.”
Wako era sempre stato un ottimo studente, anche se al di fuori delle lezioni di Night mostrava avere parecchia difficoltà nel comprendere come funzionassero diversi elementi della vita quotidiana. Anche il semplice relazionarsi con altre persone, per Wako risultava difficile capire come funzionasse e come dovesse comportarsi. Per questo motivo aspettava sempre il ritorno di Night per uscire e quella giornata nevosa non faceva eccezione.

Dopo alcune ore di attesa del ritorno di Night, passate a costruire pupazzi di neve stando comodamente seduto in casa al caldo, grazie agli esercizi per l’utilizzo e il controllo delle ombre, vide i due elfi con cui abitava arrivare, così si vestì e scese di corsa. Gli andò incontro e sottopose alla loro approvazione l’idea di andare al parco. Voleva giocare con la neve, ma non nel giardino di casa che era piccolo. Night accettò di andare al parco e accompagnò Waru e Wako fino al parchetto vicino casa.
Una volta li Wako notò una ragazzina vestita di rosa. Gli piaceva un sacco il vestito di quella ragazzina e di certo una vestita in modo così carino doveva anche essere simpatica. Le si avvicinò “Ciao, io sono Wako! Mi piace il tuo vestito.”
Quando era uscita da scuola aveva insistito molto e alla fine Alison aveva deciso di uscire per portarla a giocare con la neve. London adorava la neve, l'unico problema era l’essere sotto stretta sorveglianza dopo che un compagno era quasi stato decapitato con una lastra di ghiaccio caduta, apparentemente, dal tetto. Arrivata al parco si era messa a giocare per conto suo, senza disturbare Alison che si era messa su una panchina a leggere. Stava andando tutto bene finché non sentì una voce alle sue spalle. Sobbalzò leggermente e si girò, trovandosi davanti quello che le sembrava un uomo sulla ventina. Lo guardò negli occhi per un po' poi sorrise.
"Io sono London... Anche a me piace il mio vestito!" Lo guardò gioiosa.
"Ti va se giochiamo assieme London? Io sono venuto qui con Night e Waru, ma uno è noioso e l'altro gli sta dormendo in braccio..." Night gli aveva spiegato che con le ombre poteva anche entrare nelle menti di chi aveva di fronte e gli aveva insegnato che era sempre bene ispezionare la mente delle persone nuove che conosceva, per capire chi fossero e se fossero pericolose. Anche questa volta Wako seguì i consigli di Night e ispezionò la mente di London, scoprendo così che molto probabilmente era un'elfa. "Anche io sono un elfo, sai?"
London lo guardò e arretrò leggermente. Alison le aveva sempre detto che gli elfi erano pericolosi e lei non doveva averci a che fare.
"Non.... Saprei. Non ti conosco!" Era un po' ingenua, senza dubbio, ma quello era un uomo, un elfo, e la situazione le sapeva proprio di rapimento di bambini.
"Se ti faccio vedere un trucco di magia rimani a giocare con me?" Chiese Wako. Gli piaceva quella ragazza, era tanto bellina, e poi non gli piaceva molto giocare con la neve da solo.
Nel sentir parlare di trucchi di magia, London tornò improvvisamente interessata, si distraeva facilmente e in effetti lei.
Lo guardò e annuì. "Che magia?" Sorrise tornando sui suoi passi.
Wako fece apparire un coniglietto fatto d'ombra. Gli ultimi esercizi che stava facendo erano sul dare forme specifiche alle ombre e fargli mantenere una densità tale da farle risultare oggetti tangibili e quel coniglietto era un ottimo esercizio.
"Ti piace?" Chiese Wako sorridendo.
London si illuminò e sorrise. "Sì!" Guardò il coniglietto felice "Anche Alison ogni tanto me lo fa!" Saltellò un po' sul posto.
"Oh! Davvero?" Chiese stupito Wako. Distraendosi dal coniglio, questo perse un po' di consistenza.
London annuì. "Sì, ma non me li fa mai i coniglietti in effetti..." Lo guardò negli occhi.
Wako guardò il coniglio e si accorse che stava perdendo la concentrazione. Fece tornare il coniglio alla sua consistenza e lo fece saltellare un po' attorno alla ragazzina.
"Sono belli i conigli." Annuì. "Ma quelli veri non sono sempre divertenti."
"Non ho mai visto un coniglio vero... Dal vivo!" Commentò sorridendo distratta dal coniglietto di ombre. Allungò una mano per toccarlo.
Wako cercò di far assumere al coniglio di ombre la stessa consistenza di un coniglio vero. "Il mio non morde mai."
Night notò che Wako stava giocando con una bambina e se gli stava facendo vedere le ombre, probabilmente era un'elfa. Studiò la bambina per capire se fosse qualcuno di noto e se la sua presenza potesse risultare un pericolo o una conoscenza da usare a proprio vantaggio. Da quel che sapeva gli unici bambini elfi presenti con sicurezza nel mondo umano, erano tutti elementi da poter usare a proprio vantaggio, per poter tornare a vivere nel mondo degli elfi. Sarebbe risultato molto conveniente per le sue ricerche tornare a vivere nel mondo elfico: gli umani avevano una conoscenza davvero arretrata dei demoni e i libri che riusciva a trovare in questo mondo non erano nulla, paragonati con quelli che aveva trovato nel mondo elfico. Dal canto suo, Alison non si staccò dal libro sui demoni che stava leggendo. Finché sentiva London parlare con qualcuno, senza grida o pianti, era tranquilla che fosse tutto a posto.
London e Wako non sembrarono preoccupati di cosa stessero facendo i loro accompagnatori, così continuarono a giocare tra di loro.
"I conigli mordono?" Chiese stupita la bambina, toccando il coniglio. "Ma non mangiano solo le carote?" Si inginocchiò a terra per poter giocare meglio con il coniglio.
"Se... Se li spaventi ti mordono." Le spiegò Wako, anche se non era molto convinto della spiegazione.
La ragazzina in rosa sembrò stupita. "Anche io mordo... Ogni tanto..." Commentò pensierosa giocando con il coniglio.
"Mordi?" Chiese Wako stupito. "Le persone?"
"Ogni tanto... " Alzò leggermene lo sguardo e si passò una mano tra i capelli, imbarazzata. "Quando mi fanno arrabbiare..."
"Oh." Il moro la guardò accovacciandosi accanto a lei. "Credo che tu faccia bene. Anche se io ho Night che mi tiene abbastanza al sicuro dalle persone brutte."
"Tu vai a scuola?" Chiese curiosa avvicinandosi un po' a lui. "Perché lì è pieno di persone brutte..."
Wako scosse la testa. "Night mi insegna tutto quello che devo sapere. Sa un sacco di cose lui!"
London sembrò molto stupita di quanto le aveva appena detto l’elfo delle ombre e lo guardò affascinata. "Che cosa bella. Anche io voglio andare da lui, così non devo vedere i miei compagni!"
"Possiamo andare a chiedergli se ti prende con noi!" Annuì facendo sparire il coniglio, si era distratto troppo. "Sai, io vivo con lui perché non ho nessuno altrimenti."
"Oh... Anche io non ho una mamma e un papà, ma abito con Alison e Emily che si prendono cura di me!"
Wako, felicissimo dell’amica che era riuscito a farsi, le propose di diventare una famiglia unica unendo i due nuclei da tre. Le stava molto simpatica quella ragazzina e, se avessero vissuto assieme, Night avrebbe potuto insegnarle molte cose sul mondo degli elfi e su tante altre cose! Anche se dimostrava appena vent’anni, ne aveva più di cento e visto che passava il tempo quasi unicamente a studiare, sapeva davvero un sacco di cose. London però non fu entusiasta quanto il suo nuovo amico della cosa. Gli confidò che non poteva stare con altri elfi, poiché per lei stare in loro vicinanza era pericoloso.
"Night è gentile! Non è pericoloso" Provò a convincerla Wako, ma la ragazzina continuava a non sembrare convinta.
“Devo chiedere ad Alison prima, va bene?"
Wako annuì e l’aspettò dov’era.
London andò da Alison di corsa. "Alison, possiamo stare con un'altra famiglia di elfi? Così non devo andare a scuola!" La scosse saltando un po' sul posto.
Alison ci mise un attimo a realizzare cosa aveva detto London.
"Altri elfi?" Si guardò attorno individuando Wako. Si alzò prendendo per mano London e la tirò via, ma la ragazzina puntò i piedi a terra in segno di protesta. Visto che il suo gesto non ottenne molto effetto, si lasciò cadere a peso morto all’indietro.
"Io non voglio andare a scuola... Stiamo con loro!" Iniziò a lamentarsi.
Wako si rattristò molto nel vedere Alison portare via London e cercò di bloccarla con le ombre. Non poteva portargli via la sua nuova amica, e poi lei voleva rimanere li a giocare con lui! Altrimenti perché fare così? Alison si girò verso l’elfo e fece svanire le sue creazioni senza alcuna difficoltà.
"London, te l'ho detto mille volte che non possiamo stare con altri elfi..." Provò a tirarla, ma non era poi così forte. "Non farmi usare le ombre!"
London si era ormai seduta a terra e cercava di liberarsi dalla presa di Alison.
"Ma perché no? Lui è simpatico, non vuole farmi male!"
Night, sentendo il trambusto che si stava creando, sospirò prendendo in braccio Waru e andò da Wako.
"Cosa succede?"
"Porta via la mia amica!" Si lamentò Wako.
Night sospirò nuovamente andando verso Alison e London. Non era da lui fare gesti carini o aiutare Wako più del dovuto, ma era la prima volta che Wako non spaventava a morte qualcuno e poi detestava il trambusto. Se fosse riuscito a far tornare la calma il più presto possibile, avrebbe potuto tornare nuovamente a godersi i suoi studi nel silenzio che solitamente regalava quel parchetto.
"Buonasera." Disse arrivando dalle due elfe. "Posso permettermi di chiedere perché andate via così di fretta?"
Alison guardò Night e lasciò London appena in tempo per evitarsi una coltellata nella mano. La ragazzina cadde all'indietro e lì rimase, osservando i due più grandi.
"Perché è ora di andare a casa, inizia a fare freddo e London non dovrebbe importunare la gente!"
"Oh, ma non stava importunando. Anzi, Wako sembra felice di aver giocato un po' con lei." Strinse Waru a sé, per evitargli di scivolare.
"Sorvolerò sulla stranezza di un adulto che gioca... Con una ragazzina!" Disse guardandolo negli occhi, mentre London si alzava con ancora il coltello in mano per poi farlo sparire così velocemente come era apparso.
"Sorvolerò sulla stranezza di una ragazzina che tenta di accoltellare la mano di sua madre..." Rispose a tono Night. Anche se non l'aveva dato a vedere, aveva notato ciò che aveva fatto London.
"Anche io di solito sorvolo sulla questione..." Annuì Alison guardando Night "Che fate qui?"
London si affrettò a specificare che Alison non fosse sua madre, ma le preoccupazioni di quest’ultima erano ben altre. Il fatto che ci fossero tre elfi proprio dov'erano loro era strano.
"Immagino più o meno lo stesso che fate voi..." Night guardò London alzando un sopracciglio. Gli sembrava una bambina rumorosa e lui non amava molto il rumore "Ma in genere cerchiamo di non avere problemi."
"A parte che non sai cosa facciamo noi... Però concordo sul non avere problemi, mi bastano bambini quasi decapitati per lastre di ghiaccio volanti.." Sospirò guardando London che si era messa seduta per terra a giocare un po con la neve.
"Noi abbiamo problemi con ombre indisciplinate..." Sospirò Night. Lasciar che Wako e questa ragazzina facessero amicizia, non sembrava più una così buona idea.
"Vedo che avete un elfo della notte..." Commentò guardando Wako e alzando un sopracciglio, poi sospirò. "Chi siete?"
"Degli elfi in fuga... Per un motivo o per l'altro…"
"Volevo sapere i nomi, non so se si usa più!" Sorrise. Per un momento si tirò indietro il ciuffo di capelli che le copriva l'occhio destro, ma le ricadde subito davanti. "Io sono Alison e lei è London."
"Io sono Night, il bimbo qui è mio fratello Waru e l'elfo della notte è Wako." Notò l'occhio rosso di Alison e immaginò le fosse successo qualcosa di simile a Waru, ma non indagò sulla questione.
"Avete avuto problemi di demoni?" Chiese guardando il bambino in braccio con un leggero sospiro.
"In un certo senso... Però anche tu mi sembra che hai avuto a che fare con uno di loro."
"Non è per questo che sono qui io... Non ho fatto danni!" Sospirò, si passò una mano tra i capelli e sospirò nuovamente. "Siamo qui per London…"
"Ha sempre avuto problemi con oggetti affilati?" Guardò London e Wako che nel frattempo erano tornati a giocare assieme.
"Mmh, no... Da quando ha imparato ad usare la magia solo. Tra l'altro ha fatto tutto da sola e la cosa mi stupisce molto." Sospirò. "Comunque no, lei sarebbe la bambina della profezia... O almeno così la pensano gli anziani!"
Night alzò un sopracciglio accennando un sorriso. Wako aveva scelto un'ottima amica. "Quindi meglio tenerla lontana dagli anziani."
"Meglio tenerla lontana da tutti, altro che..." Sospirò guardando London. "È davvero brava con la magia, ma è altrettanto pericolosa e violenta quando si arrabbia!"
I due interruppero il dialogo per guardare Wako e London giocare assieme. Sembravano andare molto d’accordo e la cosa non sembrava nemmeno pericolosa.
"Non è un po grande per giocare con le bambine?" Chiese Alison alzando un sopracciglio. "London ha effettivamente 11 anni..."
"È... Particolare Wako." Sospirò.
"È pericoloso?" Chiese quasi distrattamente.
"Può capitare... A volte di proposito, altre no."
"Ora si che mi vien voglia di lasciarlo in compagnia di London..." Commentò con una smorfia.
"Mi sembra che anche lei sia pericolosa..." Night alzò un sopracciglio. Non gli era molto simpatica quell'elfa.
"Appunto... " Lo guardò e sbuffò appena tirando fuori un libro particolarmente antico che Night poté riconoscere come libro sui demoni, uno molto raro. "Io torno a leggere... Tanto mi pare evidente che separarli prima di cena non sia una buona idea!"
"Ottima lettura." Night cercò di leggere il titolo. Probabilmente lo conosceva e con altrettanta probabilità lo aveva già letto, ma voleva esserne certo.
"Indubbiamente, essendo una copia unica... I vantaggi di aver più di mille anni!" Sorrise appena. London e Wako, mentre giocavano con la neve, si erano messi a chiacchierare. Wako aveva spiegato che nei piani di Night c’era il trasferirsi a Londra da li a qualche anno e aveva promesso alla sua nuova amica che l’avrebbero portata con loro, visto che le stava molto simpatica e che anche Night l’avrebbe senza dubbio trovata simpatica. London decise così di andare a fare la conoscenza dell’elfo più vecchio e andò a salutarlo.
"Mi piacerebbe studiarlo." Ammise Night guardando il libro di Alison. Sarebbe stato stupido comportarsi in modo ostile, se Wako e London avessero voluto continuare a vedersi. Si girò poi verso London "Ciao."
London lo guardò "Vuoi anche tu essere mio amico? "
Night fu preso alla sprovvista dalla domanda. Guardò Wako, poi tornò a guardare London. "Certo." Accennò un sorriso.
London sorrise. "E mi portate davvero a Londra?"
"Direi di no..." Rispose Alison in lontananza.
"Magari non ora." Night le accarezzò i capelli. "Aspetteremo che tu sia un po' più grande." In realtà sperava che tra Wako e London finisse in fretta, così da poter andare a Londra senza doversi portare dietro un altro bambino, con balie appresso.
La sera calò in fretta e presto a London venne fame, così tornò a casa con Alison. Prima di uscire dal parco si scambiò con Wako la promessa che si sarebbero rivisti per giocare in quello stesso parco. Era bastato davvero poco a quei due per creare un legame che sarebbe diventato molto profondo, ma in fin dei conti erano entrambi molto soli e forse era stato proprio questo a unirli così tanto, così tanto da non volersi più perdere. Per quanto Night e Alison sperassero che l'amicizia tra London e Wako fosse solo una cosa passeggera, così non fu. Continuarono a vedersi per anni e Night iniziò ad apprezzare quella bambolina rosa. Spesso per vederla sorridere le portava dei dolci, quella ragazzina amava in modo impressionante i dolci! Non lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma si era affezionato molto a lei e gli sarebbe spiaciuto davvero molto doverla lasciare.
Wako dal canto suo era contento di vedere che anche a Night piacesse la sua amica, magari l'avrebbero portata davvero con loro a Londra!
Anche Alison alla fine si arrese all'idea che London e Wako fossero diventati amici, grazie ad Emily che aveva apprezzato particolarmente la compagnia di altri elfi per London.

London, finite le medie, aveva iniziato ad insistere sul non voler più andare a scuola con gli umani. Gli incidenti erano smessi, ma lei continuava a non sentirsi a suo agio e spesso si trovò a tagliare per andare da Wako e Night. Ormai London aveva quasi 15 anni e i suoi poteri, pur non studiando, stavano crescendo in maniera preoccupante. Era diventata molto brava nel creare armi e a spostarsi con la magia, anche se era anche meno incline alla rabbia.
Un pomeriggio di fine estate i due elfi andarono a trovare London a casa, portando una torta fatta con anche l’aiuto di Waru. Night voleva proporre ad Alison ed Emily una soluzione per far continuare a studiare London in sicurezza e la torta sarebbe servita per tenere distratta la ragazza. Fu Emily ad andare ad aprire quando Night e Wako suonarono quel pomeriggio.
"Dov'è London?" Chiese Wako.
Emily li guardò e accennò un sorriso facendoli entrare. "È in camera. London!" La chiamò andando poi a spostare l'uomo sul divano. Per l'ennesima volta era arrivato il momento di cambiarlo, ma Alison non aveva ancora trovato il prossimo 'marito' da cui andare ad abitare.
London arrivò in salotto. Aveva probabilmente della tinta in testa, e Alison confermò la teoria arrivandole dietro con ciotola e pennello.
"Ciao!" sorrise la ragazza guardando Night e Wako.
Night lasciò la torta a Wako, che la portò a London "L'abbiamo fatta io e Waru! E Night ci ha aiutati!"
London sorrise. "Bello!" Guardò Wako e poi il tavolo. "Alison finisce con i capelli e poi la mangiamo!"
"Possiamo parlare un po' noi due?" Chiese il Night ad Emily.
Annuì. "Sì, certo!" Era un po' stupita perché di solito era Alison quella con cui si andava a parlare.
"Vedi, ho scoperto che a Londra c'è una scuola per razze magiche." Le spiegò Night. "Magari li non taglia da scuola. E io e Wako andremmo con lei, tanto era già nei piani spostarsi a Londra."
"Non pensi sarebbe pericoloso farla stare con altre creature magiche? Se qualcuno la riconoscesse..." Emily sospirò.
Alison lasciò ciotola e pennello a Wako. "Divertiti!" Andò poi verso Night ad ascoltare.
"Ci saremo io e Wako a proteggerla." La rassicurò.
"L'abbiamo promesso a sua madre però noi..." Emily guardò Alison, che però sembrava particolarmente infastidita per non essere stata interpellata.
"Venite anche voi." Night guardò Alison, poi le rispiegò il piano.
Alison e Emily si guardarono "Siamo un po' grandicelle per la scuola... Ma di certo tra poco dovremmo spostarci." Mentre parlava, Alison guardò il cadavere che Emily aveva messo in un angolo. "Potremmo andare in Inghilterra..."
"Anche se è lì che ci hanno beccate l'ultima volta..." Sospirò Emily. “Io sono facilmente riconoscibile..."
"Potreste trovare una casa nei pressi della scuola, così se dovessimo avere bisogno siete subito li.”
Alison sembrò pensierosa e guardò Emily.
"Ok, va bene. Possiamo provare!" Sospirò la rossa. "London ha due sorelle, sarebbe l'occasione buona per ritrovarle." Abbassò un po' la voce per non farsi sentire dall'interessata.
"Sono a Londra?" Chiese Night.
"Sicuramente una sì. È rimasta con il padre. Erano un sacco ricchi, tipo nobili!" Commentò Alison sempre a bassa voce per non farsi sentire.
"L'altra è dispersa. Dopo l'incendio non sappiamo che fine abbia fatto..." Sospirò Emily.
Anche Wako e London avevano iniziato a parlare del trasferimento a Londra e della scuola.
"Spero ti facciano venire a Londra con noi." Mormorò Wako. "Non voglio stare senza di te."
London gli sorrise. “Staremo assieme!" Gli prese la mano sorridendo.
Dopo qualche minuto passato a riflettere, valutando i pro e contro della cosa e tutti i possibili pericoli, Alison sospirò. "London, andiamo a Londra con loro!" Annunciò ad alta voce.
"Fa ridere affiancare il suo nome a quello della città..." Commentò Emily.
London sorrise felice e abbracciò Wako stringendolo un po’ a se, il quale per festeggiare fece apparire dei palloncini con le ombre.
Alison sospirò e poi accennò un sorriso facendo comparire il famoso libro raro e lo passò a Night. "Tieni, te lo regalo. Però te in cambio ti prenderai cura per bene della mia bambina!" Lo guardò negli occhi tirandosi indietro la frangia.
Night guardò Alison particolarmente stupito. "Sei... Sicura?" Guardò il libro. Era vero, continuava a desiderare studiarlo, ma con gli anni aveva smesso di chiederlo e non si sarebbe mai aspettato che l'elfa addirittura glie lo regalasse.
"Io l'ho letto più volte... Tra l'altro, essendo una scuola, magari potremmo tenere noi Waru. Non stiamo lontane e così non dovrebbe stare solo durante tutte le lezioni!" Lo guardò.
Night per la prima volta accennò un sorriso ad Alison. "Grazie. Non sei poi così male."
"So che non ti sono mai piaciuta, ma London vi vuole bene…” Gli sorrise. "Spero che vi prenderete cura di lei!"
"Terrò al sicuro London." disse serio.
Alison sorrise "E io mi occuperò di Waru... Tanto siamo simili!"
London scese dalla sedia e andò in cucina da Night. "Te cosa farai a scuola?" Chiese curiosa. Wako le aveva detto che Night avrebbe fatto qualcosa di strano, ma non era riuscito a spiegarle cosa.
Night fece sedere London in braccio. "Credo insegnerò demonologia."
"Visto, una cosa strana." Annuì Wako.
London giocherellò un po' con i lunghi capelli neri di Night. "Quindi ti dovrò chiamare professore?" Lo guardò negli occhi.
Night accennò una risata. "Solo se seguirai il mio corso." Al contrario di quanto ci si potesse aspettare dal loro primo incontro, Night era diventato molto dolce con la ragazzina.
Alison li guardò e prese la mano ad Emily stringendogliela un po'. Le faceva effetto l'idea di perdere la sua bambina. Era sempre stata con lei, ma non poteva mica tenerla per sempre attaccata a sé. Emily cercò di rassicurare un po' Alison dandole qualche pacca sulle spalle. A lei in realtà faceva piacere che London avesse trovato degli amici.
"Però London, a scuola non fare casini!" Si raccomandò Alison. "E niente fidanzati!"
"Concordo sul niente casini" Annuì Night accarezzando il viso della ragazza."Sui fidanzati... Prima o poi dovrai trovarne uno!"
"Non piaccio ai ragazzi!" Commentò London.
"Va bene così, fino a che non sei grande!" Annuì Alison.
"Ci sarà qualcuno a cui piacerai, stai tranquilla." Le sorrise dolcemente Night.
"Davvero?" Lo guardò negli occhi.
"Quando sarai grande!" Annuì Alison.
Night annuì. "Quando sarai grande."

Per quanto nessuno degli ‘adulti responsabili’ al loro primo incontro si sarebbe mai aspettato che sarebbero andati tutti e sei a Londra assieme, ora stava diventando realtà. Presto London, Wako e Night sarebbero stati assieme in una fantomatica scuola a Londra per razze magiche. Presto London e Wako avrebbero avuto la possibilità di farsi nuove amicizie, ma forse sarebbe stato meglio mantenere questo strambo trio, senza ulteriori nuove aggiunte. In fin dei conti non erano elementi normali e avevano trovato un precario equilibrio che gli permetteva di apparire quasi normali al mondo.


Note: Salve a tutti, la conclusione di questa prima raccolta si fa sempre più vicina e ormai avete incontrato tutte le razze principali del nostro mondo e quasi tutti i protagonisti principali. Il capitolo presenta un personaggio e una razza molto particolari, che speriamo siano risultati interessanti, sulle cui reali abilità ci sarà ancora molto da scoprire.
Speriamo vi sia piaciuto e alla prossima!

P.S. Il capitolo, pur essendo stato scritto a quattro mani, è stato rivisto e corretto solo da una di noi due, quindi la presenza di eventuali errori risulta essere più probabile che negli altri capitoli. Se notate qualcosa che non funziona, qualsiasi cosa, commentate pure così provvederemo a correggere!

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Capitolo 10
*** Hanna - L'inizio ***


Disclaimer: La seguente storia è di proprietà delle rispettive autrici, così come i personaggi. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, i personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.


Londra, 1991

“Meddie! Mi stai ascoltando?” Il treno dei suoi pensieri era stato interrotto da un brusco scossone e si trovò a fissare intensamente quegli occhi allegri e vivaci color nocciola. In effetti un’amica l’aveva e non si era mai sentita davvero sola in quegli anni. Hanna alzò un sopracciglio e sospirò spostandosi i capelli da un lato, abbandonandosi contro il sedile del treno. “Sei sempre la solita, non mi ascolti mai…” Iniziò a lamentarsi mentre metteva su il broncio, giocherellando con una ciocca di capelli.
“Stavi parlando della scuola no? In realtà non ho idea di come possa essere, ma se il tuo tutore te l’ha consigliata così insistentemente penso possa valer la pena andare a darci un’occhiata. Non ti fare troppe domande inutili… Seth è un mago molto abile, di certo avrà dei colleghi altrettanto validi che insegnano lì, per questo ti ha spinta ad andarci!” Sperava che l’argomento non fosse cambiato. Da quando erano salite in treno, all’incirca da un’ora e mezza, Hanna aveva iniziato ad esprimere dubbi e preoccupazioni sulla possibilità di trasferirsi in questa scuola per non-umani e, conoscendola, Madeleine era sicura che non avesse ancora finito. Dall’espressione rasserenata della rossa fu chiaro che no, non aveva ancora finito di parlarne.
“Sì, ma sarà pieno di gente strana, mica solo di maghi… A me i vampiri non convincono! Sai che si dice che Jack lo squartatore in realtà fosse un vampiro? E se ce lo ritroviamo in questa scuola?” Si spostò di nuovo i capelli con aria pensierosa, perché Meddie sembrava sempre così indifferente a tutto? Non sembrava per nulla preoccupata di quel trasferimento, sembrava quasi che non fossero affari suoi! Si sporse nuovamente verso l’amica e la scosse.
“Come fai ad essere sempre così calma?” Protestò gonfiando un po’ una guancia, che Meddie prontamente sgonfiò con un dito e un’espressione divertita che si faceva largo sul suo viso.
“Viviamo nella East End, davvero ti preoccupano i vampiri? Saranno tutti figli di papà, dalle maniere e dai modi impeccabili, di certo l’ultimo loro pensiero è attaccare dei maghi in una scuola!” Si sistemò gli occhiali e guardò l’amica con aria rassicurante. Non era da lei vedere il lato positivo, ma era praticamente impossibile che qualcosa potesse andare diversamente dal previsto in un college. Il trasferimento nella campagna londinese non la preoccupava, non amava i cambiamenti ma era sicura che, se M. aveva approvato con tanto entusiasmo quel trasferimento, stessero andando in un ottimo posto. Appoggiò la fronte contro il finestrino e tirò Hanna a sé, facendola appoggiare contro la sua spalla.
“Il viaggio è ancora lungo, dormi un po’… O almeno lascia dormire me!” La guardò con la coda dell’occhio e un leggero sorriso. Non voleva davvero dormire, ma amava il silenzio e sarebbe stata molto grata all’amica se non avesse più aperto bocca per un po’.
“Ma se te non dormi mai…” Sbuffò rimanendo comunque appoggiata a lei, in silenzio. Per quanto fosse strana a lei piaceva un sacco Meddie, era sicura che fosse stato il destino a farle incontrare. Quando la sua famiglia era stata assassinata si era ritrovata completamente sola finché Seth non l’aveva recuperata dalle macerie del salotto. Non conosceva quell’uomo all’epoca, ma non aveva fatto domande e l’aveva seguito; diceva di essere un amico di famiglia e che si sarebbe occupato di lei da quel momento in avanti. L’aveva portata a vivere in un piccolo appartamento, a Whitechapel, e lì aveva conosciuto Meddie. La cosa più curiosa per lei rimaneva che l’amica vivesse da sola in un attico e che lei stessa non avesse idea di come ci fosse arrivata, di chi fosse la casa e chi si prendesse cura di lei realmente. Parlava spesso di un incendio, del fatto che avesse due sorelle e una madre, ma non aveva idea di dove fossero, se fossero vive e del perché nessuno fosse mai andata a cercarla. Ormai erano anni che si conoscevano e ancora nessuno si era fatto avanti per spiegare qualcosa, non che Hanna sapesse comunque. Sospirò. Lei negli anni si era domandata chi avesse ucciso la sua famiglia, ma alla fine aveva preferito semplicemente pensare che era stato un incidente, non voleva indagare e probabilmente non l’avrebbe mai fatto. In quegli anni, in effetti, i riferimenti al loro passato erano sempre stati molto vaghi, spesso passavano i pomeriggi a parlare del loro futuro, un futuro assieme, nella società magica.
Meddie era sicuramente una strega brillante e molto capace e Hanna, con gli anni, aveva affinato l’arte del preparare pozioni fino a raggiungere livelli abbastanza alti per una ragazza della sua età. L’idea di migliorare ulteriormente aveva interessato entrambe. Nonostante Hanna non fosse mai stata particolarmente portata per lo studio, adorava sperimentare e il poter frequentare un vero e proprio corso di pozioni la elettrizzava. L’idea di avere un laboratorio a disposizione era davvero allettante, soprattutto considerando che i vicini si erano più volte lamentati degli strani fumi che provenivano dalla loro cantina. A detta di Seth era complicato ogni volta modificare la loro memoria e in effetti Meddie si era trovata a concordare, quel paio di volte in cui era dovuta intervenire personalmente. Hanna aveva una discreta conoscenza degli incantesimi, ma certamente non era a livello dell’amica, non che la cosa la disturbasse… Almeno aveva una buona scusa per farsi dare una mano! Sperava vivamente che a scuola Meddie continuasse ad aiutarla, che conservassero il legame che avevano creato in quegli anni. Certo, sapeva di essere lei quella più incline a fare amicizia ma, magari, circondata da maghi si sarebbe aperta anche Meddie. Non era sicura che avrebbe apprezzato se Meddie avesse stretto amicizia con qualche vampiro o lupo, non li aveva mai visti, ma la preoccupazione che potessero essere pericolosi l’attanagliava.
“Pensi davvero che 'sta scuola sarà meno pericolosa di dove abitiamo?” Domandò dopo un po’ con aria pensierosa. Non ottenendo risposta alzò leggermente lo sguardo, trovando Meddie che dormiva profondamente con la testa ciondolante da un lato. Hanna sorrise un po’, intenerita, le tolse gli occhiali che minacciavano di cadere e si sistemò un po’ contro il suo petto. Il viaggio era ancora lungo e forse passarlo a dormire non era poi così una pessima idea. Dopotutto era mattina presto, fuori minacciava pioggia e l’aspettativa di farsi altre 3 ore di treno in silenzio non la esaltava per nulla. Sospirò chiudendo gli occhi e si costrinse a dormire, ignorando, ancora per qualche ora, tutti i suoi dubbi e i suoi timori per la vita collegiale che si preparavano ad affrontare.


Note: salve a tutti! Siamo giunte alla fine di questa raccola, fiù! Speriamo che i personaggi presentati vi abbiano incuriosito e attirato perché presto inizieremo a pubblicare una nuova long con loro come protagonisti! ♥

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