Feymoon

di Aralinn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il castello ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 IL LIBRO ***



Capitolo 1
*** Il castello ***


  PROLOGO

Avete presente quando si va in campeggio e si raccontano le storie davanti al fuoco? Spesso se la persona che le racconta e brava e se il luogo è suggestivo, sembra che la storia sia vera e che tutto sia pervaso da un’aura magica e impalpabile, che rende tutto misterioso.

Beh io non ho mai provato questa sensazione,  non sono mai stata un tipo da storie intorno al fuoco e da campeggio, ma sono sempre state affacciata dalle storie, soprattutto quelle fantastiche che parlano di magie, mondi fantastici, cavalieri e donzelle in difficoltà. 

Sono sempre stata un topo di biblioteca, fin da bambina e poi crescendo mi sono appassionata ai miti e alle leggende, soprattutto della cultura anglosassone: i maghi, i principi, le streghe e le fate; i racconti pieni di magia e creature fantastiche mi affascinavano da sempre.

Quella che sto per raccontarvi è  la storia di come un libro, poche semplici parole e una storia davanti al fuoco possano cambiare la vita di una persona in modo radicale.

Ma partiamo dal principio……

 

 

 

                                                               CAP 1 IL CASTELLO

 

Mentre guardavo la mia nuova camera nel cottage, che mia mamma aveva ereditato nella sperduta campagna scozzese, mi rendevo conto di come la mia vita stesse cambiando.

Ero passata dal vivere in uno dei quartieri più belli di Roma, ad uno sconosciuto villaggetto nel cuore dell’Irlanda, tutto quello che conoscevo era finito.

Era passata una settimana da quando ci eravamo trasferiti a Feymoon e come la maggior parte del tempo da quando ero arrivata li, me ne stavo seduta vicino alla finestra con un libro in mano, ogni tanto guardavo fuori ma l’unica cosa che riuscivo a vedere erano campi che si estendevano chilometri e chilometri , senza segni di essere umano:

“ Benvenuta a Feymoon” dicevo tra me e me, mentre accettavo tristemente la mia nuova vita, da di sotto sentivo mia madre che mi chiamava:

“ Becky, tesoro, scendi. Dobbiamo andare al castello” Sbuffando mi ero tracciata di sotto. 

Quel maledetto castello era stato la mia rovina, per colpa della sua ero stat trascinata qui. 

I miei genitori Michele D’Altieri e Jenny McRainor sono due storici dell’arte e restauratoti e hanno colto l’occasione al volo quando gli è stato proposto di ristrutturare i dipinti del Castello di Feymoon. Sia chiaro adoro i miei genitori, amo tutto di loro, sia il tipico accento romanesco di mio padre, sia le pazze tradizioni scozzesi di mia madre, ma proprio non capivo come mai mi avevano costretta lasciare tutto per trasferiti nel posto più sperduto dell’universo. I miei genitori si sono conosciuti all’università, dopo che mia mamma era andata in Italia per un anno di studi, si sono innamorati e lei non ha più lasciato Roma.

Ero salita in macchina contro voglia, stringendo tra le mani la mia federe borsa a tracolla, dove di solito portato il necessario per la mia sopravvivenza, cioè i libri, ero sempre stata un appasionatta, fin da bambina, tutto dei libri mi trasmetteva sicurezza da le parole, a sentire la carta sotto le dita; dall’odore della carta, ai viaggi che facevo leggendo. I miei preferiti erano i romanzi fantasy, pieni di duelli, magie e amore.

Dopo circa mezz’ ora di macchina eravamo arrivati al castello, di fronte a noi alla fine di un lungo dialetto di ghiaia, si stagliava l’imponente figura di pietra grigia. Era il classico castello medioevale con le torri i merli e il ponte levatoio, maestoso e allo stesso tempo terrificante. Tutto intorno si diramavano degli splendidi giardini molto ben curati, colorati e pieni di piante di vario tipo, mentre ci passavamo vicino con la macchina con potevo fare a meno di rimanere incollata la finestrino, sembravano così fuori luogo rispetto al castello, come se provenissero da un altro mondo.

Scesi dalla macchina eravamo stati accolti da un maggiordomo in livrea:

“ Buon pomeriggio signori, Lady McKinnon vi sta aspettando nel salotto” bene di male in peggio, tutto volevo tranne passare il pomeriggio in compagnia di una vecchietta, così mi ero azzardata a chiedere:

“ Mamma potrei rimanere nel giardino, mentre voi parlate con Lady McKinnon?” mia mamma mi aveva guardata di traverso:

“ Rebecca, non essere sciocca! Con questo freddo, non si può, siamo a Gennaio” lei si era incamminata verso il salotto e io avevo messo il broncio, mentre mi trascinavo dietro a lei, il maggiordomo si era avvicinato a mi mamma e aveva detto:

“ Se sua figlia preferisce ammirare il giardino, mentre voi parlate di lavoro. Posso accompagnarla in biblioteca, lì si gode di una vista stupenda e magari se la signorina è d’accordo, potrei portarle una buona tazza di tè, che ne dice?” aveva fatto un sorriso a mia madre e lei dopo un lungo sospiro aveva detto:

“ D’accordo, facciamo così” e aveva continuato nella direzione che le aveva indicato il maggiordomo, mentre lui si era volato verso di me :

“ Se vuole seguirmi Miss” dopo aver salito le scale, avevamo girato a sinistra e dopo aver percorso un lungo corridoio che terminava di fronte ad un grande portone di legno, il maggiordomo aveva spinto le ante e di fronte a me era apparsa un enorme finestra che dava sul giardino e sulla vallata, mai avevo visto niente di così bello come quel giorno, lui doveva aver notato la mia espressione perché aveva sussurrato:

“ Un vero spettacolo, vero?” io ero rimasta senza parole, a bocca aperta. Non c’era modo per descrivere quello che vedevo, c’erano luci e colori e i vari gazebo in vetro e acciaio davano vita a magnifici giochi di luce che rendevano il tutto magico:

“ Sembra… sembra.. Un giardino incantato.” ero rimasta intrappolata da quello che vedevo e avevo completamente perso il contatto con la realtà, una voce femminile un po’ gracchiante mi aveva riportato al presente:

“Sembra il giardino delle fate non credi bambina?” avevo sentito il maggiordomo sobbalzare:

“ Milady cosa fate qui? Dovreste essere di sotto a parlare con i restauratori” la voce del maggiordomo era leggermente alterata, nel frattempo io mi ero girata e mi ero trovata id fonte una signora sull’ottantina vestita con un simpatico tailleur rosa confetto, il volto segnato dal tempo,lasciava intravedere un’antica bellezza e regalità e gli occhi nocciola erano dolci ed espressivi, i capelli candidi raccolti in un ordinata crocchia; le labbra erano distese in un sorriso divertito:

“ Suvvia Nigel non fare il precisino, sai che odio questi incontri barbosi” puoi guardando me aveva fatto l’occhiolino:

“Ma milady, chi c’è di sotto con i genitori della ragazza allora?” il maggiordomo era paonazzo e spostava convulsamente lo sguardo da me a  Lady McKinnon, senza scomporsi lei aveva detto:

“ Tranquillo Nigel, ho lasciato i nostri ospito alle amorevoli cure di Miss Landlay. Perché non vai a preparare del tè per me e per la signorina…Scusami cara, ma non credo di aver afferrato il tuo nome” mi guardava sorridendo solo a quel punto mi ero resa conto di none essermi presentata:

“ Perdoni la mia scortesia Lady McKinnon, mi chiamo Rebecca D’Altieri, sono lieta di fare la vostra conoscenza” lei mi si era avvicinata e mi aveva preso per mano:

“ Non c’è bisogno si essere così formali bambina. Chiamami pure Agatha, sentirmi chiamare Lady McKinnon, mi fa sentire vecchia” io avevo sorriso a mia volta:

“ Come preferite..Agatha” poi mi ero girata di nuovo verso il giardino:

“ Spero non vi offendiate, ma credo che questo bellissimo giardino crei un forte contrasto con il castello cos’ cupo e maestoso, non crede?” l’anziana signora aveva iniziato ridere:

“ Mia cara sei molto perspicace, hai natato ciò che latri ci mettono mesi solo per intuire. Ma non è questo il bello della vita? Sia il castello, che il giardino separati fanno la loro figura ma insieme sono… Qual’è la parola che hai usato? Ah! Maestosi” e per un po’ eravamo rimaste così incantate da quei giardini, poi Nigel era arrivato con il te e ci eravamo sedute al centro della biblioteca per prenderne una tazza e Lady McKinnon aveva subito iniziato a fare domande:

“ Dimmi cara quanti anni hai? Hai finito la scuola? Quali sono le tue passioni?” un po’ in imbarazzo io avevo risposto alle sue domande:

“ Ho diciannove anni. Il prossimo semestre inizierò l’università, frequenterò il corso di letteratura. E la mia passione sono i libri e tutto quello che riguarda il mondo fantasy, posso tranquillamente essere definita una nerd” avevo concluso un po’ in imbarazzo e avevo guardato la vecchietta di fronte a me, sembrava che il suo sorriso si fosse allargato ancora di più:

“ E così ami leggere? Anche io sono un’appassionata di libri, anche di racconti fantastici, la mia biblioteca ne è molto fornita, se vuoi potrei prestar…” non fece in tempo a finire la frase, perché le porte della stanza si spalancarono e ne entrò una donna bassina e rotondetta,:

“ Lady Agatha cosa state facendo? Quante volte vi ho detto che non dovete dare via con così tanta facilità i beni della tenuta?” e poi si era rivolta a me:

“ E voi signorina, fareste bene ad andare in biblioteca giù in paese se volete dei libri in prestito! Ed ora andate via, i vostri genitori vi aspettano” la padrona del castello cercava di calmare la donnina, ma era tutto inutile:

“ Suvvia Sara cosa vuoi che sia un libro prestato, non facevo mica niente di male” Mentre mi allontanavo, le sentivo discutere; l’ultima cosa che avevo sentito prima di scendere le scale era stata la voce della donnina che diceva:

“ Non ti permetterò di farlo di nuovo Agatha, in troppi hanno fallito. Dobbiamo arrenderci” un po’ turbata avevo sceso le scale ed ero uscita dal castello, ma avevo la sensazione che la storia non si sarebbe conclusa lì.

Una volta tornata a casa non ero riuscita a togliermi dalla testa le parole di quella che doveva essere la governante del castello, chissà che cosa aveva voluto intendere con quella frase.

Quella stessa sera a cena decisi di parlare con i miei genitori:

“ Scusate, ma per quanto tempo avete intenzione di rimanere qui?” loro mi avevano guardata con uno sguardo un po’ teso:

“ Probabilmente se tutto va secondo i tempi giusti, almeno un paio d’anni” a rispondere era stato mio padre:

“ Due anni?! Ma io devo iniziare l’università! E poi tutti i miei amici, la mia vita sono a Roma” lui aveva abbassato lo sguardo e aveva continuato:

“ Tesoro mio, ci sono molti dipinti e statue da restaurare e sono anche in cattive condizioni, devi capire che per noi è un’importante occasione e non possiamo non accettare” in quel momento ero furiosa:

“ E quindi? Ho diciannove anni potevate lasciarmi a Roma! Non sono più una bambina” avevo alzato la voce e mia mamma aveva sbattuto la mano sul tavolo:

“ Se non vuoi essere considerata una bambina, smettila di comportarti come se lo fossi. Non sei ancora pronta a vivere da sola, la discussione si chiude qui. Non voglio più sentire lamentele su questo” e come se niente fosse aveva ripreso a mangiare; io mi ero alzata dal tavolo e avevo lanciato il tovagliolo sul piatto:

“Non ho più fame” poi mi ero avviata verso le scale e prima di salire mi ero girata verso di loro:

“ Questo è il vostro sogno non il mio, non potete costringermi ad accettare tutto come se niente fosse” poi me ne ero andata in camera mia e avevo sbattuto la porta.

Mi ero seduta sul letto e avevo iniziato a guardare le foto che avevo appeso alla parete di fronte al letto: i miei amici, i miei luoghi preferiti di Roma, le foto con i miei nonni e un’unica foto del ragazzo per cui avevo una cotta, che tra l’atro non avrei visto per due anni o magari per sempre.

Sconsolata  mi ero stesa sul letto e guardavo la finestra e il panorama fuori:

“ Stupidi campi e stupida Scozia e stupido castello. Vi odio tutti!” pensavo tra me e me.

Poco dopo qualcuno aveva bussato alla porta:

“ Pixie posso entrare? Ti ho portato un po’ di torta.” mio padre sapeva perfettamente che non avrei mai rinunciato alla trota, nemmeno da morta:

“ D’accordo. Ma puoi solo lasciare la torta e andare via intesi?” ero ancora arrabbiata e non avrei ceduto per niente al mondo:

“ Questo è un colpo al cuore Pixie. Preferisci un pezzo di torta al tuo povero e vecchio papà? Che cattiveria” e dopo aver lasciato la torta sulla scrivania aveva mimato una pugnalata al cuore e io non avevo potuto fare a meno di sorridere, mi ero alzata avevo preso la torta e mi ero seduta sotto la finestra:

“ Va bene. Puoi rimanere finché non finisco la torta” lui aveva sorriso e si era seduto vicino  a me:

“ Sai alla fine questo posto non è così male, non credi?” io l’avevo guardato di traverso:

“ Qui nn c’è niente di niente, mi annoio a morte! Come ho detto prima per voi è un sogno che si avvera, ma per me è una prigione” mi ero u po’ rattristata, lui mi aveva accarezzato la testa:

“ Senti a dieci minuti da qui, c’è un piccolo villaggetto, ma so che hanno una biblioteca molto fornita, che ne dici se domani prima di andare al castello, ti ci accompagnano? Tanto dovremmo tornare per l’ora di pranzo” l’idea non era esaltate, ma sempre meglio che un’altra giornata da sola nel maledetto nulla:

“ D’accordo..” avevo mugugnato, lui is era alzato ed era andato dalla mamma, sapevo bene che lui era il messaggero, ma che sia l’idea della torta che della biblioteca erano della mamma. Lei mi conosceva meglio di chiunque altro. In fin dei conti non ci assomigliavamo solo nell’aspetto, ma anche nel carattere: siamo due persone molto riflessive, ma se ci arrabbiamo diventiamo delle belve, soprattutto se qualcuno prova toccarci su qualche tasto dolente.

Prima di andare a dormire, mi ero guardata allo specchio. Certo, somigliavo a mia madre, ma sicuramente non ero bella come lei: eravamo tutte due abbastanza alte per essere donne, ci avvicinavamo al metro e ottanta, tutte e due avevamo un fisico morbido, e il mio amore per le torte mi aveva fatto aggiungere qualche curva in più, che avrei voluto far sparire, ma va bene, potevo conviverci; la cosa che più volevo avere, erano suoi bellissimi riccioli rossi, tipici degli scozzesi, ma per mia sfortuna mi ero ritrovata con un’ammasso di onde informi color marrone scialbo, le avevo provate tutte: tinte, permanete, stirati, ma niente! Erano sempre tornati com’erano. La mia piccola consolazione erano gli occhi, avevo un’alterazione genica chiamata eterocromia, perciò uno dei miei occhi era verde prato e uno giallo oro, devo ammettere che sono dei colori davvero inusuali, ma a me piacevano da morire.

Prima di infilarmi a letto avevo guardato per l’ultima volta fuori dalla finestra e per un momento mi era sembrato di vedere una piccola luce, fluttuare nel giardino del cottage, ma con molte probabilità o era una lucciola o la mia mente mi aveva giocato un scherzo.

Mi addormentai senza pensare più né alla luce, né alla vita solitaria che mi si prospettava.

La mattina dopo quando i miei erano venuti a svegliarmi, uscire dal letto era stat un’ impresa, quel maledetto posto era freddo e umido, talmente odioso che avrebbe preferito vivere in Zimbabwe, isolata sì, ma almeno al caldo. 

Dopo lunghi richiami ed una caldissima doccia ero riuscita ad arrivare in sala da pranzo, dove mamma mi  aveva già preparato il caffè, se poi quello poteva essere definito caffè, acqua sporca più che altro, ma meglio di niente.

Quella mattina, i miei genitori mi avrebbero accompagnato nella cittadina vicina. Da quel che sapevo lì avevano una piccola biblioteca, dove avrei potuto passare la giornata. 

Il paesino distava all’incirca una decina di minuti dal cottage e la biblioteca si trova nel centro della città nella piazza principale, non era un edificio molto grande, con una bella facciata bianca e con un portone di legno su cui era apposta una targa con la dicitura :”BIBLIOTECA DI FEYMOON”, mentre stavo per scendere dalla macchina, mia mamma mi aveva detto:

“ Passiamo a prenderti per l’ora di pranzo Bekcy, ok?” mi aveva sorriso e io avevo sorriso a mia volta:

“ Certo, buon lavoro” poi mi ero avviata verso l’ingresso. 

La biblioteca era piccola anche all’interno, gli scaffali pieni di libri ammassati uno accanto all’atro davano un’idea di soffocamento, ma a me piaceva così, mi ero sempre trovata bene in mezzo ai libri e alle scartoffie.

Un po’ titubante mi ero avvicinata al bancone, dove una ragazza con i capelli rossi e le lentiggini, stava canticchiando qualcosa con le cuffie nelle orecchie e la gomma da masticare in bocca:

“ Scusami avrei bisogno di un’informazione?” lei aveva alzato la testa e mi aveva guardato sbuffando:

“ Benvenuta alla biblioteca di Feymoon come posso aiutarti?” io l’avevo guardata sorridendo:

“ Si avrei bisogno di sapere se avete qualche libro sul castello di Feymoon?”lui aveva fatto una smorfia di insofferenza:

“ Trovi tutto quello che c’è sul vecchio rudere nella sezione dedicata in fondo a destra, vicino alla sala lettura. Se posso permettermi perché ti interessa quel posto è da brividi? Per non parlare della proprietaria: una vecchia stramba, qui in paese evitiamo tutti di averci a che fare” sinceramente non avevo voglia di discutere con una donna che sembrava avere la capacità cerebrale di una mosca:

“ Ma niente, pura curiosità. Grazie dell’informazione” mettendo su il sorriso più falso del mondo ero andata nel reparto che mi aveva indicato, che nella realtà consisteva in tre o quattro guide turistiche e un volume di storia, decisi di buttarmi su quello e me ne andai nella sala lettura.

Dopo un paio d’ore avevo letto metà libro e avevo imparato cose abbastanza basilari: il castello risaliva ai primi del duecento, varie famiglie ne erano entrate in possesso, ma il clan McKinnon aveva sempre avuto una forte presenza, finché nel millecinquecento non ne erano diventati i signori e così era stato fino ad oggi. Veniva elogiata la magnifica struttura che aveva resistito ad attacchi di ogni genere e si citava qualche leggenda, ma niente di più.

Un po’  scoraggiata dalle mie poche scoperte, avevo deciso che potevo provare a chiedere qualcosa di più al banco informazione; anche se dubitavo che ne sarebbe uscito qualcosa meglio. 

La ragazza era ancora intenta ad ascoltare la musica, ma doveva essersi accorta che mi stavo avvicinando:

“Hai bisogno di altro?” un po’ in imbarazzo avevo risposto:

“ I libri che ho trovato non mi hanno fornito molte informazioni, volevo sapere se tu potevi dirmi qualcosa di più del castello?” lei mi aveva guardata e di era tolta le cuffie:

“ Come mai tutto questo interesse per il castello?” mi stava guardando fisso negli occhi:

“ I miei genitori lavorano ì e io mi sono incuriosita” aveva fatto un cenno d’assenso con la testa:

“ D’accordo. Cosa vuoi sapere?” avevo sorriso e avevo iniziato a fare domande:

“ Perché dici che vuoi del paese non volete averci a che fare? E  perché hai detto che Lady McKinnon è stramba? Comunque io mi chiamo Rebecca” lei mi aveva sorriso a sua volta:

“ Io sono Connie. Diciamo che in po’ fa paura, devi ammettere che non ha una struttura rassicurante. Ci vivono solo la vecchia e i suoi domestici, e se l’ahi conosciuta devi ammettere che è un po’ stramba. A volte noi del paese veniamo invitati a delle feste che organizzano, sono sempre spettacolari e spesso sembra di essere immersi in un mondo magico. Ma in generale tendiamo a starne lontani” poi si era avvicinata:

“ Girano strane storie su quel posto, si dice che sia infestato e che Lady McKinnon sia in grado si rubarti l’anima. Non che io ci creda, ma sempre meglio starne alla larga. Mi spiace, ma è tutto quello che so ” sentivo il cuore che mi batteva all’impazzata, volevo sapere di più, ma non avrei avuto altre informazioni da lei:

“ Grazie mille e cercherò di evitare il castello” le avevo sorriso e mi ero avviata fori, mancava più di un’ora all’arrivo dei miei genitori e avevo deciso di fare due passi.

Feymoon è la classica cittadina delle Highland dove la gente è sempre sorridente e conosce tutti nel paese, quindi una faccia nuova viene notata subito. Mentre camminavo per la strada principale mi guardavano tutti, non credi che siano in molto a venire in città, perciò l’arrivo di persone nuove aveva fatto scalpore. 

Avevo mandato un sms ai miei genitori dicendo che li avrei aspettare in bar vicino alla biblioteca, era terribilmente freddo e aspettare fori sembrava da pazzi perciò avevo deciso di rifugiarmi lì.

Più che un bar, era una pasticceria/panetteria in cui potevi anche sederti ed ordinare un tè, ma era molto accogliente e un po’ retrò, sembra di entrare in un negozio di dolci di quelli che si vedono nei vecchi film in bianco e nero, al bancone c’era un uomo sulla cinquantina, un po’ sovrappeso e con un sorriso simpatico stampato in faccia. Quando ero entrata mi aveva sorriso e aveva tirato fuori una voce potente e allegra:

“ Hey Miss sembrate congelata! Perché non vi sedete e vi prendete una bella tazza di te?” poi mi aveva fatto l’occhiolino:

“ Magari con una bella fetta di torta” la cordialità e il calore  del proprietario mi avevano subito riscaldata:

“ Perché no. Prendo un Earl Gray insieme ad una fetta di torta alle albicocche” L’omone mu aveva guardato:

“ Ci vuole anche un po’ di panna sulla torta?” io timidamente avevo fatto cenno di si con la testa, poi mi ero seduta ad un tavolo vicino alla vetrina e avevo iniziato ad  osservare i passanti; la torta ed il te erano arrivati poco dopo e quando avevo addentato il primo morso ero andata in paradiso, era la torta più buona che avessi mai mangiato.

Persa tra la squisitezza del dolce e l’osservare la vita del paese non mi ero accorta che un altro cliente era entrato nel negozio:

“Miss D’altieri siete proprio voi?” La voce profonda mi aveva riscosso dai miei pensieri, mi ero voltata e avevo visto Nigel, il maggiordomo del castello:

“ Nigel che piacere rivederla, che ci fa qui?”lui aveva sorriso:

“Duncan fa i dolci migliori del paese e a Lady McKinnon piace mangiarli con il tè, vengo qua quasi tutti i giorni” ora che lo osservavo bene, notavo i capelli bianchi rigorosamente pettinati all’indietro e i baffi che gli davano la classica aria da maggiordomo.

Per un po’ mi aveva guardato, poi come se si fosse ricordato qualcosa aveva detto:

“ Questo incontro succede proprio nel momento giusto” poi si era schiarito la voce e in tono più formale aveva continuato:

“ Miss D’Altieri, Lady McKinnon gradirebbe prendere il tè in vostra compagnia domani pomeriggio, se per voi non è un problema, un auto mandata da Milady passerà domani a prendervi a casa” io ero rimasta impietrita:

“ Credo che non ci siano problemi, ma dovrei chiedere ai miei genitori” lui aveva sorriso

“ Sono già stati avvisati ed hanno acconsentito” io ero sempre più spiazzata:

“ Beh allora va bene, ringrazi Lady Agatha per l’invito” detto questo avevo guardato l’orologio e mi ero accorta che era arrivata l’ora di tornare a casa:

“ Mi scusi Nigel, ma devo andare i mie genitori mi stanno aspettando” lui mi aveva fato un cenno di saluto:

“ A domani Miss” io ero quasi scappata via per raggiungere il punto dove mi aspettava mio padre.

Una volta salita in macchina avevo deciso di chiedergli cosa stesse succedendo:

“ Papà, poco fa ho incontrato Nigel, il maggiordomo del castello, e mi ha detto che domani sono invitati li a prendere un te. Ah e un’altra cosa, dov’è la mamma?” lui continuando a guardare la strada aveva detto:

“ Tua madre è rimasta al castello, per organizzare il lavoro dei prossimi mesi. Per quanto riguarda il tè, Lady McKinnon è molto anziana e credo che un po’ di compagnia le faccia piacere, sarebbe carino da parte tua assecondarla, tanto non hai nulla da fare” e mi aveva sorriso come suo solito, io l’avevo guardato con un scocciata, ma alla fine dei conti Lady McKinnon era simpatica, mi ricordava un po’ nonna Judy, la mamma di mia madre. E poi avrei potuto chiederle qualcosa di più sul castello e su quei meravigliosi giardini.

Avevo pranzato con mio padre e poi avevo deciso di rimanere a casa, per leggere un po’. Fortunatamente il cottage aveva la wifi e potevo vedere anche qualche film o serie tv per ammazzare il tempo.

Verso le sei avevo iniziato a preparare qualcosa da mangiare per me e per i miei genitori; la cucina era grade e spaziosa e si affacciava sul grande giardino che circondava il cottage. Non era certamente paragonabile al giardino del castello, ma nel suo piccolo sembrava che fosse anche lui incantato. 

Mi ero sentita strana fin dal momento in cui eravamo arrivati, quel paese era così diverso da ciò a cui ero abituata, ma allo stesso tempo mi attraeva come una calamita, le distese verdi piene di cose da scoprire e piene di misteri, sembravo aspettare solo che io mi immergessi in loro.

Senza pensare a ciò che facevo e senza prendere il cappotto, ero uscita in giardino: sentivo il freddo pungermi il viso e l’umidità farsi strada sotto ai vestiti da casa, eppure non mi importava; era come se fossi sotto incantesimo, senza pensare mi ero diretta verso il piccolo stagno nell’angolo nord del giardino.

Senza pensare avevo guardato lo specchio d’acqua e mentre o guardavo sembrava che una strana luce provenisse dal fondo, poi come per magia una voce aveva iniziato a riempire l’aria:

“Vieni da noi, vieni da noi. Non manca più molto la festa è vicina” inconsciamente avevo allungato la mano per toccare l’acqua, per raggiungere quella luce lontana e allo stesso tempo così vicina. Poi qualcosa mi aveva richiamata alla realtà:

“ Becky, siamo a casa dove sei?” era mia mamma che mi cercava:

“ In giardino mamma, mi sembrava di aver visto qualcosa muoversi, forse era una lepre” mi ero alzata e mi ero pulita le ginocchia, prima di rientrare avevo guardato ancora lo stagno, ma la luce era sparita. Una volta rientrata, mia mamma mi aveva squadrato da cima a fondo:

“ Rebecca ti sembra il caso di uscire con questo freddo, vestita in questa maniera? Come minimo ti prenderai la polmonite!” Stavo per ribattere, ma era intervenuto mio padre al mio posto:

“ Non essere eccessiva Jen sarà stata fuori due minuti a mala pena” io mi ero voltata per guardare l’orologio: segnava le sette e mezza; ero rimasta fuori inginocchiata vicino allo stagno per mezz’ora, senza nemmeno rendermi conto di quello che facevo.

La cena era trascorsa tranquilla e io appena finito ero corsa ad infilarmi a letto, non riuscivo a spiegarmi il mio comportamento, e soprattutto non riuscivo a spiegarmi quella luce e quella voce, sembrava chiamarmi, diceva che dovevo andare da qualche parte, ma dove? E soprattutto perché? 

Rimasi sveglia per parecchio tempo a rimuginare su quello che avevo visto e per un’ora circa cercai anche su internet le patologie hehe con maggior frequenza davano allucinazioni, ma niente mi sembrava abbastanza sensato, da spiegare quello che avevo visto. Stanca e ancora confusa mi ero addormentata verso le tre di notte.

La Mattina o dopo il risveglio non era stato dei migliori: mi ero alzata a mezzogiorno con la casa fredda, i miei si erano scordati di accendere i riscaldamenti, e senza nulla di pronto con cui fare colazione, o meglio il pranzo e in più mi sarei dovuta preparare per andare a prendere il tè da Lady McKinnon. Quindi in fretta e furia avevo preparato il pranzo: pasta la pomodoro e torta al cioccolato; poi mi ero fatta una doccia, tempo minimo richiesto per l’operazione doccia quaranta minuti; ed infine avevo passato più di un’ora e mezza a decidere cosa mettere, alla fine avevo scelto un sobrio vestito gessato blu con la gonna plissettata, calze e cardigan grigio e un paio di francesine nere con un po’ di tacco.

Alle quattro e dieci ero davanti alla porta, avvolta in un elegante cappottino carta zucchero, completato da cappellino e guanti grigi; ho sempre amato vestirmi in maniera eleganti, fin da quando sono piccola.

La macchina era arrivata in perfetto orario, era una bellissima auto d’epoca nera con le rifiniture in acciaio; l’autista era sceso e mi aveva aiutato a salire in macchina e poi eravamo partiti.

Entrare nel grande giardino dal castello su quella macchina faceva tutto un altro effetto, mi sentivo una principessa che entra nel palazzo, era una sensazione fantastica. Davanti all’ingresso l’auto si era fermata e l’autista mia aveva aperto la portiera per farmi scendere; all’ingresso mi aspettavano Nigel, il maggiordomo,  e la donna che avevo dedotto essere Miss Landlay. 

Nigel mi aveva accolto con un sorriso:

“ Missi D’altieri siete incantevole quest’oggi, prego accomodatevi dentro, fa freddo fuori” e si era fatto da parte per farmi entrare:

“ Mi scusi Nigel i miei genitori dove sono? Volevo salutarvi” Questa volta a rispondere era stata Miss Landlay:

“ I suoi genitori sono in città ad ordinare ciò che serve per il restauro. Se volete seguirmi vi mostrerò la strada” in silenzio avevo cominciato a seguirla.

Invece di salire le scale avevamo iniziato a camminare per un lungo corridoio che finiva con un portone in legno chiuso con un chiavistello:

“ Mi scusi Miss, ma la biblioteca non si trova la piano di sopra?” lei mia aveva fulminato con lo guardo:

“ Stiamo andando nella biblioteca privata di Lady McKinnon” lei aperto il portone, che scricchiolava in maniera molto sinistra e aveva iniziato a scendere delle ripide scalette.

Quella parte del castello era molto fredda e umida, la luce proveniva solamente da delle candele che la donna accendeva man mano, che scendevamo le scale; più ci addentravamo nel ventre del castello più mi rendevo conto di dove stavamo andando:

“ Mi scusi ancora Miss, ma la biblioteca della signora, trova nei sotterranei?” Lei aveva continuato a camminare senza degnarmi di una risposta.

Dopo qualche minuto mi ero trovata di fronte ad un portone a due ante: una nera con incisi dei rovi ed una bianca con dipinti fiori e piante di ogni genere, io ero rimasta incantata da tanta bellezza, ma anche questa volta mi una voce mi aveva riportato alla realtà:

“ Avete intenzione di entrare o no? Non ho mica tutto il giorno io, devo anche preparare il tè” Un po’ titubante avevo aperto la porta ed ero entrata.

Ciò che avevo danti aveva superato le mie aspettative in maniera strabiliante: la stanza era piccola e illuminata da una luce soffusa e dalla luce del camino, che riscaldava sia la stanza sia l’atmosfera, alle pareti c’erano tre librerie e al centro un tavolo rotondo in mezzo a due poltrone, una delle quali era occupata da Lady McKinnon, che non appena mi aveva visto aveva sorriso:

“ Buon pomeriggio bambina, sono davvero molto felice che tu abbia accettato l’invito, ti piace questo posto? E’ il mio rifugio segreto da quando ho la tua età” io mi ero guardata intorno:

“ E’ un posto bellissimo, magico direi” lei mi aveva sorriso di nuovo e si era alzata:

“ Vieni te lo mostro” la prima libreria a cui si era avvicinata era quella sulla destra: Alta fino al soffitto era piena di volumi dai più antichi a quelli più nuovi,a che se all’apparenza i più recenti risalivano alla metà del novecento, completamente bianca e con degli intagli raffiguranti  fiori, farfalle e fate; i rilievi erano stati laccati e risplendevano alla luce del camino e delle candele. Inconsciamente avevo passato una mano sugli intagli, l’anziana donna si era avvicinata e mi aveva sussurrato:

“ Questa è la più bella, racchiude le storie di coloro che hanno proseguito sul loro cammino e hanno fatto grandi cose” ero completamente incantata da quella bellezza, Lady McKinnon la stava già portando difronte alla libreria a sinistra.

Se la prima era bellissima, questa era terrorizzante, tutta in ebano nero, coperta di spine e rovi trasmetteva dolore e inquietudine, quanto l’atra era bella e graziosa; volevo toccarla con tutta me stessa, ma la paura mi bloccava e non mi permetteva di muovere un muscolo, la cosa più angosciante era che, questa, era più piena dell’altra.

Impietrita dal terrore avevo sentito la voce della donna dire con un tocco di malinconia:

“Questa è la più oscura, racconta di coloro che hanno perso la strada o peggio la vita” un brivido mi aveva percorso la schiena, e avevo sentito la mano di Lady McKinnon posarsi sulla mia spalla come per tranquillizzarmi:

“ Ed ora mia cara bambina la mia preferita” si era messa di fronte al camino, e io avevo guardato davanti a me completamente rapita: dove la struttura in pietra del camino finiva, iniziava una magnifica libreria in legno marrone, semplice e allo stesso tempo maestosa; piena di bellissimi volumi rilegati in pelle, tutti uguali, senza una scritta, senza il titolo senza il nome dell’autore. Ero rimasta ancora una volta senza parole:

“ E’ bellissima non è vero? Qui sono raccolte molte storie e prima di andare via potrei scegliere la tua” Quella frase mi aveva riscosso:

“ La mia? Cosa intende?” non capivo cosa intendesse, lei aveva scosso la testa e si era seduta sulla poltrona:

“ Volevo dire quello che ti piace di più, ma vieni con me a sederti. Tra poco dovrebbe arrivare il tè” come se l’avesse sentito arrivare, dopo pochi secondi era entrato Nigel con il tè, aveva preparato la tazzina a Lady McKinnon e poi si era rivolto a me:

“ Come lo gradite Miss” io con un po’ di imbarazzo avevo risposto:

“ Con poco zucchero e un po’ di limone, per favore” quindi aveva preparato anche la mia e poi si era congedato:

“ Nigel aspetta. Puoi cortesemente prendere il primo libro sulla libreria di destra?” lui aveva fatto un cenno d’assenso, aveva fatto come richiesto e poi se n’era andato.

Io avevo guardato il libro con aria interrogativa e Lady McKinnon mi aveva guardato con aria furbetta:

“ Voglio raccontarti una storia che risale a tanto, tanto tempo fa. E anche se lo sembra non è una storia banale o che si dimentica facilmente. Sei pronta ad ascoltarla?” io ero curiosa e un po’ timorosa e avevo annuito:

“ Si, Lady Agatha” lei aveva messo il libro sulle ginocchia, aveva chiuso gli occhi e aveva iniziato a raccontare:

“ Tanto, tanto tempo fa, in una terra selvaggia e dura, quanto gentile e rigogliosa viveva un giovane con la sua famiglia; la sua era una famiglia potente, forse la più potente di tutto il villaggio. E il giovane non era saltato bello e forte, era anche intelligente, altruista e coraggioso, tutte le giovani del villaggio ambivano a diventare la sua sposa. Ma il giovane non aveva occhi per nessuna, la sua attenzione era tutta assorbita dai suoi compiti di guerriero.” si era fermata un momento per bere un sorso di te poi aveva ripreso:

“ Ma un fatidico giorno, mentre perlustrava i dintorni della sua dimora, aveva deciso di fermarsi per abbeverare il cavallo. Non di aspettava certo di trovare una giovane donna in fin di vita, sulle rive del lago, dopo aver controllato che respirasse ancora aveva deciso di portarla a casa sua per curarla.” ogni tanto Lady Agatha si fermava per bere del te, e come riprendeva a parlare io riprendevo a perdermi nel racconto grazie alla sua voce melodiosa:

“ Con il passare di giorni la ragazza si era ripresa e aveva cominciato a girare nel villaggio. Mai si era vista una donna tanto bella e gentile in quei luoghi, tanto che nemmeno il giovane era potuto rimanere indifferente a tanta beltà e se ne era innamorato, tanto da chiederla in moglie. Ma le giovani del villaggio non erano d’accordo, tra di loro c’erano delle donne bellissime, eppure erano state superate da l’ultima arrivata, sicuramente era una strega e aveva fatto un maleficio al giovane per appropriarsi della sua ricchezza. Come accade sempre l’ignoranza e la paura ebbero il sopravvento e per quanto il giovane cercasse di dissuadere i suoi compaesani, loro volevano uccidere la strega. Iniziò una caccia senza tregua, finché la ragazza non fu braccata proprio sulle rive della lago. Il giovane tenuto lontano da altri uomini si dibatteva e pregava gli altri di lasciarla  andare, ma nessuno lo ascoltava. Mentre uno degli uomini stava per colpire la ragazza, l’acqua del la go si era illuminata. Lo shock aveva reso momentaneamente innocui gli uomini e la ragazza ebbe il tempo di fuggire nell’acqua. Quando la luce scomparve di lei non c’era più nulla.

Con il tempo l’avvenimento fu dimenticato da tutti, o quasi. Il giovane non poteva dimenticare l’unica donna che gli aveva toccato il cuore, per anni era tornato al lago e aveva pregato, urlato e pianto, ma della ragazza nessuna traccia. Finché un giorno stremato e disperato aveva deciso di uccidersi, non valeva la pena vivere in un mondo in cui lei non esisteva. Ma mentre stava per trafiggersi il cuore con il pugnale, dal lago era apparsa una figura: lei era tornata, ma non poteva rimanere, quello non era il suo posto e per quanto lo amasse, lui nn poteva andare con lei.

Prima che se ne andasse per sempre la ragazza fece promettere al giovane di proteggere il lago e ciò che significava per loro. Dopo lunghi ani trascorsi in solitudine a proteggere il lago l’uomo si rese conto che non sarebbe vissuto per sempre, perciò fece un nuovo giuramento: giurò che avrebbe protetto il lago finché avesse avuto vita e che quello avrebbero fatto anche i suoi discendenti” Nella voce della donna si poteva notare una lieve malinconia, come se quella storia le riportasse alla mente dei ricordi malinconici.

“ Come ti è sembrata la storia bambina?” la voce era calma e dolce e io mi sentivo ancora un po’ intontita e persa nel racconto:

“ Molto bello, anche se molto ingiusto. Perché lui non può raggiungerla? Perché devono vivere separati?” Non mi erano mai piaciute le storie che finivano male, soprattutto le storie d’amore:

“ Sei così giovane Rebecca. L’amore non sempre finisce con vissero per sempre felici e contenti” poi mi aveva dato un buffetto sul ginocchio e si era alzata dalla poltrona:

“ Ma bando alle ciance! Ora devi scegliere il tuo libro” io l’avevo guardata con aria interrogativa, mentre osservavo quei volumi tutti uguali:

“ Come dovrei fare a scegliere? Sono tutti uguali” avevo sorriso, era impossibile che riuscissi a sceglierne uno solo senza sapere nemmeno il titolo, ma lei mi aveva messo una mano sulla spalla:

“ Toccali, sentili, percepiscili. Quando troverai il tuo lo sentirai te lo posso garantire” e mi aveva fatto l’occhiolino.

Mi ero alzata, mi ero avvicinata alla libreria e avevo allungato la mano per toccare i libri, ma sinceramente ero molto dubbiosa su come avrei fatto a scegliere. 

Poi come per magia, quando avevo appoggiato la mano sul primo libro un calore si era diffuso prima sulla mia mano, poi sul braccio, fino ad arrivare alla spalla. Un calore tenue, ma allo stesso tempo forte e potente, che prendeva il sopravvento. 

Avevo iniziato a far scorrere la mano sui libri e una marea di emozioni mi aveva invaso: gioia, dolore, paura, lussuria, rabbia e tante altre; sembrava che i libri mi parlassero, che mi mostrassero le loro storie, ciò di cui parlavano e poi mentre passavo sopra uno di quei libri una scossa elettrica mi aveva percorso il braccio, facendomi allontanare la mano.

La scossa era stata dolorosa e mi aveva leggermente spaventato, automaticamente mi ero voltata verso Lady McKinnon e l’avevo vista sorridere:

“ Cosa è stato?” la donna mi aveva sorriso e mi aveva fatto cenno di avvicinarmi di nuovo alla libreria:

“ Quello mia cara è il tuo libro. Su prendilo e portalo a casa, ti aprirà gli occhi vedrai” io senza pensare l’avevo preso: era pesante, la pelle era calda e morbida al tatto e sentivo come se quel libro mi appartenesse, come se fossimo uniti in qualche modo. 

Stavo per aprirlo quando:

“ Oh povera me! Non mi ero resa conto di quanto fosse tardi. Mi spiace davvero molto bambina, ma devo chiederti di tornare a casa. Aspetto degli ospiti per cena e devo finire ancora di preparare tutto” l’avevo guardata un po’ dubbiosa:

“ Capisco Lady Agatha, non si preoccupi spero di rivederla presto” lei mi aveva accompagnato alla porta d’ingresso dove  ci aspettava Nigel:

“ Nigel per cortesia, prepara la macchina per la signorina D’Altieri” lui aveva fatto un inchino e si era dileguato, io mi ero voltata per salutare la signora e lei mi aveva stretto in un abbraccio e mi aveva sussurrato:

“ Torna pure quando vuoi a chiedermi spiegazioni, penso che ne avrei bisogno” poi si era staccata, mi aveva sorriso e se n’era andata.

Un po’ frastornata ero salita in macchina e ero tornata a casa.



NOTA DELL'AUTRICE:
A chiunque legga la mia storia, grazie in anticipo. E' la prima volta che pubblico qualcosa, quindi spero possiate perdonare eventuali errori di battitura, ortografia, punteggiatura, ecc.

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Capitolo 2
*** Cap. 2 IL LIBRO ***


CAP. 2   IL LIBRO

 

Per tutto il tragitto verso casa morivo dalla voglia di leggere quel libro, ma mi ero ripromessa che lo avrei iniziato quella sera dopo cena.

Una volta arrivata  a casa, la cena era già pronta in tavola e i miei genitori mi accolsero con un grande abbraccio. Per noi era strano non  vederci per tutto il giorno, solitamente mangiavamo sempre insieme o almeno con uno dei due. Mi ero appena seduta quando iniziarono a riempirmi di domane:

“ Com’è andata? Ti sei divertita? La biblioteca è un po’ incasinata da quando abbiamo iniziato i lavori, ma come ti è sembrata?” mio padre era sempre stato così, si preoccupava per me in maniera allarmante quasi:

“ E’ andata bene, devo ammettere che Lady Agatha è una persona molto capace nell’intrattenere gli ospiti. La biblioteca nei sotterranei è bellissima, vorrei davvero poterci tornare presto. Perché non me ne avete parlato?” loro mi avevano guardato stupiti:

“ Ma Becky non c’è nessuna biblioteca nei sotterranei” aveva risposto mia mamma, io sempre più convita:

“ Ma si che c’è! La porta d’ingresso è decorata magnificamente e all’interno ci sono tre librerie e  un caminetto, il tutto è illuminato dalla luce delle candele. Sembrava di essere in posto magico” mia madre continuava guardarmi come se stessi dicendo una castroneria:

“ Tesoro non c’è nessuna biblioteca la sotto, abbiamo ispezionato tutto il castello e non abbiamo visto niente di simile” mi stavano per caso dando della pazza visionaria?

“ Vi dico che l’ho vista e ci sono stata! Forse non ci siete potuti andare, Miss Landlay dice che solo Lady Agatha e i suoi invitati ci possono entrare” loro mi guardavano ancora un po’ sospettosi e questa volta era stato mio padre a parlare:

“ Pixie noi siamo stati nei sotterranei e c’è una stanza con il camino e le librerie, ma è orribile, rovinata e piena di polvere, ragni e ragnatele. E’ comunque possibile che la stanza di cui parli sia ad esclusivo ingresso di Lady McKinnon come dici tu.” poi mi aveva sorriso comprensivo.

Avevamo mangiato il dolce, preso il caffè e poi  ero andata a preparare per andare a dormire. Una volta a letto avevo deciso di cominciare a leggere il libro. Da quando lo avevo preso in mano avevo iniziato a provare una strana sensazione, come se quel libro e io fossimo una cosa sola; passavo la mano sulla copertina di pelle e la sentivo liscia e morbida sotto le dita, ma la cosa che più mi stupiva era che era calda e ogni tanto avvertivo delle piccole scosse elettriche. 

Era tutto dannatamente troppo strano, comunque ero decisa a leggere qualche pagina così lo avevo aperto e avevo letto le prime righe:

 

Quando la luna nel cielo splende,

Il lago dei Fey di luce si accende,

Il giorno di festa, lì ti devi recare.

Se per la vera magia la via vuoi trovare.

 

Piaciuta la filastrocca mio caro lettore?

Sono o non sono un bravo scrittore?

Ma bando alle ciance; a te  mi rivolgo,

E per il tuo destino un poco mi dolgo.

 

In molti questo libro in mano hanno preso, 

Ma pochi il cammino hanno infine intrapreso.

Ciò ch’hai di fronte è una grande avventura!

Un solo consiglio… Lascia a casa la paura.

 

Ileos Minch Scrivano di corte

 

La filastrocca mi era sembrata molto carina, e quindi avevo deciso di continuare a leggere, ma con mia grande sorpresa il libro finiva lì, le altre pagine erano completamente bianche, le avevo sfogliate una per una, ma niente! Tutto completamente bianco. Che razza di scherzo era quello? Tutte quelle storie per scegliere un libro e poi me lo ritrovo bianco. Forse in paese avevano ragione nel dire che Lady McKinnon era un po’ suonata. 

Un po’ amareggiata avevo appoggiato il libro sul comodino accanto al letto e avevo deciso di guardare qualcosa in streaming, ma stranamente poco dopo aver messo via il libro avevo iniziato ad avere sonno, un sonno tremendo. In pochi minuti mi ero addormentata, e tutto intorno a me era diventato buio.

Quando avevo riaperto gli occhi mi ero guardata intorno, non ero più a casa mia, ma in una piazza di una qualche cittadina; intorno a me la gente si accalcava intorno alle bancarelle, dalle quali si alzavano  le grida dei mercanti che cercavano di incitare i clienti a comprare.

Tutto sembrava uscito da uno dei miei libri fantasy: il posto, le persone e come erano vestite, la musica e le grida, tutto ricordava il medioevo. 

Io mi ero guardata ed ero ancora vestita con il mega-pigiama di pile bianco e rosa e sembrava che la gente che mi passava vicino, non solo non mostrava alcun interesse per il mio vestiario, ma, addirittura, sembrava non tenere conto della mia presenza, quasi fossi invisibile.

Con quella consapevolezza avevo iniziato a camminare per la piazza e ad ammirare le bancarelle: alcune vendevano magnifici vestiti, nei tessuti più vari, altre erano piene di monili, profumi e gioielli della forme più strane e infine quelle più belle e curiose, erano quelle che vendevano bevande e cibo: gli odori si spargevano per la piazza, e quando ti avvicinavi potevi avvertire il profumo della moltitudine di spezie o del vino caldo, che veniva servito con i dolci.

Mentre passeggiavo, non facevo minimante caso alla gente che avevo intorno, tanto non mi notavano, anzi spesso sentivo qualcuno che mi sbatteva su una spalla, senza nemmeno capire chi o cosa avesse urtato; sembravo un fantasma.

Poco più lontano in una piazzetta più piccina, vicino ad una taverna, un giovane ragazzo sulla ventina con una cetra suonava per accompagnare il canto di una ragazza, anche lei sulla ventina. Non potevo avvicinarmi troppo a causa della folla perciò non vedevo bene il loro aspetto, ma la musica e l’atmosfera che creavano, mi avevano completamente catturato.

Non so quantificare per quanto tempo fossi rimasta là ad ascoltare quella musica, la cosa che so di  sicuro è che quella scena idilliaca era durata troppo poco.

Ero stata strappata alla musica da l’urlo di quello che poteva sembrare un bambino:

“ Vi prego, non ho fatto niente di male! Volevo solo dare una mano” come attirata da una calamita avevo raggiunto il luogo da cui proveniva la voce, percorrendo un paio di stretti vicoli ero arrivata di fronte ad una scalinata, ai piedi della scalinata si era raccolta una piccola folla, che urlava e inveiva contro qualcuno, senza pensare mi ero spinta in mezzo alla gente fino a raggiungere la prima fila. 

Davanti hai miei occhi si era presentata una scena inquietante: un ragazzino di circa dieci anni coperto di ferite e lividi, che piangeva e singhiozzava, mentre un uomo lo teneva per i capelli e gli urlava in faccia:

“ Cosa credevi di fare? Cosa hai fatto a mia figlia?” il ragazzino piangeva e cercava di liberarsi:

“ Giuro che non le ho fatto niente, l’ho solo aiutata. Lo giuro!” io intanto mi guardavo intorno cercando di trovare qualcuno che aiutasse il ragazzino, provavo a tirare maniche o ad urlare in faccia alla gente, ma nessuno mi ascoltava, ero invisibile.

Intanto, l’uomo continuava ad urlare:

“ Dì a tutti come hai fatto a guarirla” urlava rivolto al ragazzino e poi verso la folla che cominciava a crescere:

“ Mia figlia Molly aveva la febbre, il dottore diceva che sarebbe morta. Questo qua ha usato la magia!” urlò dopo aver mollato un altro schiaffo al bambino.

Un mormorio spaventato aveva iniziato ad attraversare la folla:

“ Magia? E’ uno di loro.. Dobbiamo eliminarlo, per il bene di tutti… Sono pericolosi..” ma di che diavolo stavano dicendo, volevano uccidere un ragazzino? Volevano ucciderlo perché aveva salvato una vita? Erano completamente pazzi. Ero corsa verso il bambino e avevo provato a tirarlo, ma senza successo, non si rendeva nemmeno conto che lo stessi toccando e intenta continuava a pregare:

“ Vi prego non fatemi del male. Io non so come ho fatto, so solo che lo posso fare. Volevo solamente dare una mano” intanto dalla folla si alzavo grida di rabbia:

“ Deve morire! E’ un pericolo per tutti” l’uomo aveva preso il bambino per il collo e aveva iniziato a stringere, voleva strangolarlo. 

Calde lacrimi di rabbia e frustrazione avevano iniziato a scorrere sul mio viso, che diavolo stavano facendo, che razza di barbari erano questi? Dentro di me pensavo:

“ Svegliati, svegliati e solo un sogno” eppure non riuscivo a svegliarmi; ero bloccata lì, ad assistere a quello spettacolo orrendo. 

Mentre mi arrendevo all’inevitabile fine della scena che avevo davanti, dalla folla si era alzata una voce:

“ Lascia immediatamente il ragazzo o dovrai vedertela con qualcuno più grosso di te” sia io che l’uomo ci eravamo voltati verso il punto da cui proveniva la voce: un uomo alto più di due metri spiccava dalla folla, non era solo molto alto, ma  anche muscoloso, sembrava un gigante.

Con pochi passi si era avvicinato all’uomo e adesso  che riuscivo a vederlo meglio, potevo notarne il viso: i tratti somatici delineavano l’aspetto di quello che avrei definito con la parola “Orco”: le orecchie a punta, il naso schiacciato, i denti, o meglio le zanne, spuntavano dal labbro inferiore e la pelle aveva una strana colorazione tra l’abbronzato e il verdastro. La sua figura imponete veniva accentuata da un lungo cappotto di pelle marrone che svolazzava ad ogni suo paso e da una lunga spada che teneva legata la fianco, su cui aveva poggiato la mano.

Aveva affiancato l’uomo e gli aveva appoggiato una mano sulla spalla, stringendo; sul volto dell’uomo era apparsa una smorfia di dolore:

“ Ho detto che devi lasciare il bambino, subito. E’ la seconda volta che te lo chiedo gentilmente, la prossima, lo strapperò dalle tue mani gelide, ci siamo capiti?” l’uomo era sbiancato e aveva mollato la presa, il ragazzino aveva iniziato a tossire e si era trascinato dietro all’uomo più alto.

L’aguzzino del ragazzo che fino a quel momento era rimasto in silenzio aveva urlato all’uomo alto:

“Chi diavolo sei per interferire con gli affari altrui? Quel ragazzino è maledetto! E’ uno di loro! Merita la morte” c’era talmente tanta rabbia e violenza in quelle parole che mi fecero venire i brividi, l’uomo invece era rimasto impassibile, come una statua:

“ Sono Brock Millians della Carovana Alistar e sono maledetto tanto quanto quel bambino. Se volete ammazzare lui dovete prima vedervela con me. Ma non so quanti di voi moriranno prima di riuscire a farmi cadere” la voce era calma e sembrava non aver alcun rancore verso la folla. 

Poi si era voltato, senza curarsi delle persone intorno a lui, e si era abbassato per parlare con il ragazzo, che era ancora scosso e piangeva senza fermarsi.

Io avevo provato ad avvicinarmi, ma appena avevo fatto un passo il modo aveva iniziato a girare e tutto si era fatto sfocato.

Mi ero risvegliata di colpo, nel mio letto, madida di sudore e mi ero messa seduta. Ancora scossa avevo passato una mano in faccia e avevo sentito le guance bagnate: avevo pianto. Avevo guardato in basso e la federa del cuscino era bagnata dalle lacrime.

Senza pensare avevo preso il libro in mano: adesso era freddo, le scariche elettriche non c’erano più e l’unica emozione che mi trasmetteva era un enorme vuoto.Sempre con  il libro tra le mani ero arrivata alla finestra e avevo guardato fuori: era quasi l’alba e la luce chiara e rosea del iniziava a bagnare l’orizzonte. 

Il sogno mi aveva sconvolto più di quanto pensassi, non sarei riuscita a riaddormentarmi; così avevo deciso di rimanere lì a guardare il sole che nasceva, sperando che avrebbe riscaldato anche me.

Ero rimasta seduta accanto alla finestra per un paio d’ore, finché non avevo sentito i miei genitori alzarsi, quindi ero scesa di sotto e avevo preparato la colazione per tutti, ma ancora scombussolata dalla notte precedente avevo a malapena mangiato qualcosa, prima che i miei uscissero avevo parlato con loro:

“ Papà per favore puoi accompagnarmi in paese oggi pomeriggio?” lui mi aveva guardato e aveva sorriso:

“ Certo Pixie. Come mai vuoi tornare in biblioteca?” io avevo forzato un sorriso:

“ No. C’è un locale molto carino in città pensavo di portarmi i miei libri e andare a leggere lì.” lui mi aveva guardato con sospetto e io mi ero giocata il jolly:

“ Fanno delle torte buonissime” lui era molto più goloso di me, aveva fatto un sorriso a trentadue denti:

“ D’accordo, ma solo se prometti di comprarne uno per sta sera” e mi aveva fatto l’occhiolino:

“ Va bene” io avevo sorriso a mia volta, sapevo perfettamente che non avrebbe resistito al richiamo della torta, se possibile era più goloso di me.

Avevo passato la mattinata a vegetare per casa tra il divano e il mio letto, avevo mangiato poco e niente e non avevo più preso in mano il libro, che adesso se ne stava appoggiato sotto la finestra della mia camera.

Non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione di freddo che mi pervadeva da quando mi ero svegliata, sembrava quasi che il calore avesse abbandonato il mio corpo e che in mene fossero rimaste solo paura e tristezza. Quel maledetto sogno sembrava talmente reale, talmente vivido, che mi aveva lasciata completamente scombussolata.

Verso le tre mio padre era arrivato a casa per accompagnarmi in paese, senza pensare ero corsa su per le scale avevo recuperato il libro e la borsa e mi ero fiondata in macchina.

Una volta in città  mi ero diretta senza pensare troppo al bar pasticceria dove avevo incontrato Nigel. Questa volta mi ero soffermata ad osservare l’insegna: era grande e azzurra con disegnata una fatina che indicava il nome del locale:” Duncan’s cakes” . 

Visto che il freddo iniziava a farsi sentire avevo deciso di entrare; una volta aperta la porta ero stata accolta dal  viso sorridente del proprietario:

“ Buon pomeriggio Miss. Vedo che è tornata a trovarci” io ero entrata e mi ero avvicinata la bancone:

“ Non potevo non tornarne. La sua torta di albicocca era talmente buona, che non potevo non assaggiare le altre” mentre parlavo scrutavo la vetrina dei dolci con l’acquolina in bocca:

“ E per favore mi dia del tu”Duncan mi aveva osservato un po’ e poi era scoppiato in una fragorosa risata:

“Beh se vuoi un consiglio oggi abbiamo una torta di mele ottima, soprattuto se accompagnata da una buona cioccolata calda, oppure una cheesecake alle fragole da abbinare ad un buon tè hai frutti rossi” io ci avevo pensato un po’ su:

“ Penso che prenderò la cheesecake alle fragole. Per cortesia può portarmela al tavolo dell’altra volta?” lui aveva iniziato a trafficare dietro il bancone e aveva detto:

“ Certo che si.” dopo quella risposta mi ero avviata verso il tavolo della volta precedente; essendo proprio davanti alla finestra mi permetteva di guardare fuori e di osservare la gente.

Dopo poco era arrivata la mia ordinazione:

“ Ecco a te.” io avevo sorriso:

“Grazie” poi mi ero abbassata per prendere il libro dalla borsa e l’avevo appoggiato sul tavolino.

Mi faceva ancora un po’ strano prenderlo in mano, adesso il calore era leggermente tornato, ma rispetto a quello che avevo provato il giorno prima nello sceglierlo era comunque tutta un ‘altra cosa. Di certo non potevo avere paura di quel libro per sempre e poi dovevo capire come mai quel libro era completamente bianco ad eccezione di una pagina.

Dopo qualche minuto e una dose di coraggio alle fragole, avevo nuovamente aperto la copertina sta volta nella prima pagina, fino alla sera prima bianca, c’era scritto, con un inchiostro nero e con una grafia molto sofisticata: “ Rebecca D’Altieri” . Per un paio di secondi avevo trattenuto il fiato, fino alla sera prima la pagina era bianca e adesso c’era scritto il mio nome. Come diavolo era possibile visto che io non ricordavo di aver scritto nulla e che, cosa ancora più importante, quella non era la mia grafia? Sempre più perplessa avevo voltato pagina e avevo trovato nuovamente la prima filastrocca: apparentemente era stata scritta dalla stessa persona che aveva scritto il mio nome. Più andavo a vanti e più quella situazione mi sembrava strana, un po’ nervosa avevo infine girato la pagina, sperando di trovare un foglio bianco:

 

Cara bambina sei stata al castello,

Parlar con la Lady era il primo livello.

Sembrava un po’ strano ciò che ti ha chiesto di fare,

Tre tutti quei tomi, il TUO dovevi trovare.

 

La magia ti ha guidato mia cara bambina,

E all’inizio della storia sei sempre più vicina.

Il sogno che hai fatto, molto ti ha provato,

Anche se ancora non sai, che i tuoi alleati ti ha mostrato.

 

Cara ragazza più in la non mi spingo,

La storia la fai tu, io al massimo la dipingo,

 

Quello che avevo davanti agli occhi non era solo una filastrocca, ma sotto c’era scritto nei minimi dettagli tutto quello che avevo fatto dal momento in cui ero entrata in possesso del libro. Perfino il sogno era descritto in ogni sua minima parte.

Sentivo il cuore battermi forte nel petto, che stava succedendo? Come poteva succedere che il dannato libro si scrivesse da solo? Mi ero alzata di scatto e ero andata al bancone:

“ Scusi, per caso Nigel, il maggiordomo di Lady McKinnon, è già passato oggi?” lui mi aveva guardato un po’ strano:

“ No Miss, non si è fatto vedere. Perché?” io gli avevo fatto un sorriso fittissimo e avevo cercato una buona scusa:

“ L’altro giorno, quando sono andata al castello ho dimenticato di dire una cosa importante a Lady McKinnon, se lasciassi un messaggio, potrebbe darglielo la prossima volta che viene a prendere i dolci, per favore?” Avevo fatto uno sguardo supplichevole, il proprietario mi aveva guardato e aveva sospirato:

“ D’accordo ragazzina, scrivi un biglietto e lo metterò nel pacchetto di Milady” io ero corsa al tavolo e avevo scritto il biglietto e poi lo avevo consegnato a Duncan:

“ Grazie mille. E per cortesia visto che sto per andare via, po' prepararmi tre fette di torta  assortite deportare via?” lui aveva sorriso e si era messo a preparare il pacchetto.

Io ero tornata al tavolo e avevo frettolosamente scritto un biglietto a Lady McKinnon, che poi avevo consegnato a Duncan, lui mi aveva guardato un po’ strano, mentre mi passava il mio pacchetto con le torte:

“ Miss ti do un consiglio anche se non me lo hai chiesto. Non immischiarti nelle faccende del castello, succedono strane cose in quel posto. Sei una ragazza simpatica, mi dispiacerebbe se ti succedesse qualcosa” un brivido mi aveva percorso la schiena:

“ Grazie del consiglio, starò attenta. Posso chiederle se ci sono dei taxi in città?” lui mi aveva sorriso:

“ Ce n’è uno solo e non lo prende mai nessuno, lo trovi in fondo alla strada” io avevo sorriso a mia volta e mi ero avviata fuori.

Come aveva detto il proprietario avevo trovato il taxi infondo alla strada; il conducente era stato molto cortese e dopo avergli detto l’indirizzo ero tornata a casa.Il resto del pomeriggio era passato lento e senza nessun evento rilevante. 

Verso l’ora di cena aveva squillato il telefono:

“ Pronto, Becky?” la voce di mia mamma era allegra la telefono:

“ Mamma? Che succede? Come mai chiami a quest’ora?” la risposta non era arrivato subito:

“ Tesoro, stai tranquilla, non è successo nulla.  Volevo solo avvertirti che sta sera non torneremo a cena. Lady McKinnon ci ha invitato e non potevamo dire di no, spero non ti dispiaccia stare da sola” nonostante sapessi che i miei genitori sarebbero tornati il prima possibile, una strana paura aveva iniziato a nascere dentro di me:

“ No, no! Tranquilli. Verso che ora dovreste tornare?” cercavo di mantenermi calma per non farli preoccupare:

“ Credo che saremo a casa verso le undici, undici e mezza la massimo” poi aveva fatto una pausa:

“ Oh! Quasi dimenticavo. Lady McKinnon ti ha invitato domani per il tè, ha detto che le fa piacere la tua compagnia. Ovviamente se non hai voglia, non sei costretta ad andare.” un’idea mi era balenata in testa, aveva ricevuto il mio biglietto:

“ Mi fa piacere prendere il tè con Lady Agatha, a che ora passeranno a prendermi?” volevo delle risposte e le avrei avute:

“Penso come l’atra volta. Ci chiamano per la cena. A domani Becky” e mia aveva mandato un bacio:

“ A domani mamma” avevo chiuso il telefono e mi ero diretta in cucina.

Visto che i miei genitori non sarebbero tornate per cena, avevo deciso di prepararmi una bella tazza di latte e caffè e di cenare con quello e dei biscotti. Per concludere il tutto avevo mangiucchiato la mia cena tutt’altro che sana sotto le coperte in compagnia di un buon film. Dopo gli aventi della sera precedente non volevo assolutamente fare un altro sogno come quello.

Avevo resistito fino a poco dopo le dieci e poi ero crollata in un sogno agitato e senza sogni. La mattina successiva quando mi ero alzata i miei genitori erano già usciti: in cucina avevo trovato un loro in cui si scusavano per la sera prima e mi ringraziavano per la cheesecake, che avevo deciso di mangiare per colazione. In fondo al biglietto c’era una nota di mio padre, in cui mi rimproverava per aver cenato con latte e biscotti. Questa cosa mi aveva strappato un sorriso

Nonostante fossi riuscita a riposare più del giorno prima, al sensazione di disagio non era andata via; in più della notte appena passata mi era rimasta impressa una sola cosa: una flebile voce di donna che mi chiamava.

O stavo diventando pazza o in fondo a tutto c’era qualcosa di più e l’unica che poteva darmi delle risposte era Lady McKinnon.

Anche questa volta mi ero preparata con cura e avevo atteso la macchina mandata dal castello, ma invece che eccitazione, provavo solamente disagio e una leggera paura; paura per quello che mi avrebbe potuto rivelare, paura dell’ignoto.

L’autista era arrivato puntualissimo e  come la volta precedente, avevamo percorso il tragitto in religioso silenzio. 

Arrivata al castello ero entrata e avevo visto Nigel che mi aspettava:

“ Buon pomeriggio Miss Rebecca, se volete seguirmi vi scorterò da Milady. Vi aspetta nella biblioteca privata” io avevo fatto un cenno d’assenso  con il capo incapace di proferire parola e l’avevo seguito. Avevamo percorso lo stesso identico corridoio, le stesse scale e alla fine mi ero ritrovata in quella stessa biblioteca che, fino a due giorni prima, mi era sembrata così accattivante; ora mi metteva solo una grande angoscia addosso, perché sapevo che quello che avrei scoperto avrebbe cambiato la mia vita.

Lady Agatha mi aspettava seduta sulla sua poltrona, rivolta verso il fuoco, con un espressione seria in volto:

“ Buon pomeriggio Milady. Grazie per aver accettato di vedermi” avevo timidamente detto io, dopo essere entrata, lei si era alzata in piedi e mi aveva guardata preoccupata:

“ E come avrei potuto, di grazia, non volerti vedere dopo il tuo messaggio? Vi prego Lady Agatha, devo vedervi al più presto. C’è qualcosa che non va con il libro o forse sono io che so impazzendo. Sono sicura che sono voi possiate darmi delle risposte.” nella sua voce c’era una lieve rabbia, io avevo avuto la tentazione di abbassare lo sguardo, ma poi  l’avevo guardata dritta negli occhi:

“ Io devo sapere quello che mi succede! Il libro si scrive da solo. Faccio sogni strani. Sento delle voci che mi chiamano. I miei genitori mi credono pazza a causa di questo posto, che a detta loro non esiste. Sto impazzendo? Mi state facendo uno scherzo? Che posto è questo? E chi siete voi?” la mia voce si era alzata di qualche tono ed ero rossa in viso, mentre riprendevo fiato avevo sentito Nigel dire qualcosa alla signora:

“ Se è stata scelta, merita di sapere la verità” l’anziana signora si era rimessa seduta e aveva tirato un sospiro:

“ Come sempre hai ragione vecchio mio. Puoi per cortesia prepararci del tè?” lui aveva fatto un inchino e aveva lasciato la stanza. Lady Agatha mi aveva fatto cenno di sedermi:

“ Nigel ha ragione, hai diritto di sapere. Quindi cominciamo dalle cose più semplici. Mia cara bambina tu non sei un semplice essere umano, sei una mezzosangue o come venite chiamati una feychild, una bambina Fey” io avevo sgranato gli occhi, era pazza forse?

“ Non guardarmi come se fossi pazza, non lo sono. Rebecca cara, uno dei tuoi antenati, probabilmente da parte di madre, era quello che noi chiamiamo un Fey, ovvero una fata. So che può sembrarti assurdo, ma è così. I tuoi occhi ne sono la testimonianza. Voi avete sempre caratteristiche fisiche particolari, fino alla mostruosità per alcuni. Per fortuna non per te” lei mi aveva sorriso e io sempre più sconvolta nn riuscivo ad ammettere alcun suono:

“ La risposta  alla tua domanda sul perché i tuoi genitori non conoscono questo posto è facile. in loro non c’è magia. O per lo meno non ce n’è abbastanza. Anche per me è difficile; io posso stare qui solo grazie ad un artefatto magico che amplifica quei pochi poteri che ho.” poi mi aveva preso le mani:

“ Ma tu, bambina mia, da quello che mi dici sembri avere poteri straordinari. Nella mia vita non ho conosciuto nessuno come te” io avevo preso un profondo respiro:

“ Quindi sta cercando di dirmi che sono…magica?” lei era scoppiata in una risata argentina:

“ Più o meno si, e il libro l’ha confermato” io l’avevo guardata dubbiosa:

“ Il libro?” lei aveva fatto cenno di si con la testa:

“ Certo! Il libro più essere preso solo dal suo proprietario! Lui ti ha scelto ora sta a te completare o meno la storia” più parlava e più i miei dubbi aumentavano:

“ Completare la storia? Il libro mi ha scelta? E lei come fa a sapere tutto questo?” lei si era alzata ed era andata vicino al camino, sopra al quale era posto un grande libro rilegato in pelle dorata; Lady McKinnon l’aveva preso in mano e si era poi riseduta davanti a me:

“ Prima di spiegare oltre devo finire la storia che abbiamo iniziato due gironi fa. Come ti ho già detto l’uomo decise di rimanere a guardia del lago, per difenderlo e promise che la sua stirpe avrebbe fatto altrettanto. Nonostante non amasse nessun’altra, se non la donna misteriosa, decise di sposarsi ed ebbe molto figli e nipoti. Ormai vecchio e prossimo alla morte decise di andare per l’ultima volta in riva al lago a lui tanto caro e pregò la luna e tutti gli astri celesti di permettergli ancora una volta di vedere la sua amata. La preghiera fu esaudita. Dopo pochi istante il lago iniziò a brillare e poco dopo sulla riva apparse la donna, ancora bella e giovane come lui la ricordava. Lei le si era avvicinata e vedendolo in quello stato aveva iniziato a piangere, sapeva anche lei che la morte dell’uomo stava per raggiungerlo. L’uomo le chiese nuovamente di andare con lei, ma lei rispose che era impossibile, che solo alcune persone potevano passare da un mondo all’altro. 

Solo coloro che possedevano la magia ne sarebbero stati in grado.” io l’avevo guardata:

“ Cosa significa tutto questo?” lei aveva fatto un cenno con la mano, come per dirmi di aspettare la fine:

“ Ovviamente nel tempo che era trascorso l’uomo era diventato ancora più ricco e potente e si era costruito un enorme castello. La donna decise allora di fare un dono all’uomo e alla famiglia che si era prodigata tanto per proteggere il lago: incantò una delle stanze e regalò all’uomo due oggetti, un libro e una collana; il primo conteneva storie ancora da scrivere e la seconda permetteva di vedere oltre il velo della normalità, con gli occhi di chi possiede la magia. Prima di partire diede un ultimo compito all’uomo: trovare quei pochi che avevano la magia in loro, perché se mai avessero varcato la soglia tra i due mondi, grandi cose sarebbero state lì ad spettarli. Fatto ciò la donna scomparve e sta volta per sempre. L’uomo morì poco dopo, facendo promette ai suoi figli di proseguire nella missione e di trovare coloro che erano capaci di viaggiare tra i mondi” una lacrima sfuggi al controllo dell’anziana signora e io non avevo potuto fare a meno di avvertire una fitta la cuore sentendo quella storia tanto triste:

“ Ma questo cosa c’entra con me? E’ solo una storia dopo tutto” avevo detto io, lei aveva scosso il capo:

“ Il nome dell’uomo era Callum McKinnon ed era il capostipite della mia famiglia. La valle in cui viveva era La Valle di Feymoon. E il lago della storia si trova nella foresta dietro al castello.” io avevo sgranato gli occhi e lei mi aveva sorriso:

“ E io, Agatha McKinnon, sono la guardiana del lago e colei che guida i viaggiatori tra i mondi al loro destino. Tu non sei stata scelta a caso, ho visto cosa c’è scritto nel tuo libro. E temo il tuo cammino sarà tutt’altro che facile” io ero rimasta a bocca aperta e lei aveva riso:

“ Ho risposto alle tue domane?” io avevo scosso la testa come per svegliarmi:

“ Io non so cosa dire… Perché io? E lei come fa a sapere cosa c’è scritto nel mio libro?” lei aveva ripreso a spiegare:

“ Perché tu non mi è dato saperlo, il destino ha voluto così. Mentre per quanto riguarda il libro, lì c’è scritta la tua storia nei minimi dettagli e io vedo tutto quello che fanno i prescelti nel mio libro, quello che la donna, Selene così si chiamava, ha donato al mio antenato” io avevo guardato il libro che aveva tra le mani, com’era possibile? La donna aveva continuato a parlare:

“ La festa si avvicina e tu devi scegliere cosa fare. Come ti ho detto l’atra volta alcuni hanno fatto grandi cose altri si sono perduti. Spetta a te decidere” io ero sempre più confusa:

“ Come posso decidere se non so nemmeno a cosa vado incontro. E poi quanto manca alla festa?” lei aveva continuato a sorridere, indicando le due librerie:

“ Nessuno di loro sapeva a cosa andava incontro, hanno accettato la sfida, tu ne sarai capace? La festa è questo fine settimana. Se deciderai di venire, ti spiegherò tutto il giorno stesso. Ovviamente se decidi di venire alla festa, non sari comunque obbligata a continuare il tuo percorso” io ero ancora stralunata e leggermente intontita, così avevo solo fatto un cenno con la testa, prima di alzarmi e andare verso la porta. 

Prima che potessi uscire, lei mi aveva chiamato:

“ Rebecca  ti è stato fatto un grande dono. Rimanendo qui lo sprecheresti solamente” non avevo nemmeno risposto e me ne ero andata a casa.



NOTE DELL'AUTRICE: Spero che il capitolo vi piaccia e che gli errori di forma e battitura siano diminuiti rispetto al capitolo precendente 

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