Solo un Ricordo

di NWriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno ***
Capitolo 2: *** Risacca ***



Capitolo 1
*** Ritorno ***


La bambina, colta dallo stupore tipico dei fanciulli, puntò il dito verso il rosato orizzonte.
In lontananza, fra le enormi montagne di ghiaccio, una piccola imbarcazione in legno e dalla vela rossa come i gigli orientali attraversava lo stretto canale, diretta verso l'ignoto.
La piccola sorrise, stringendo con ancor più forza la mano del padre.

- Torneranno mai a casa? - gli chiese, mostrando la malinconia per un amico perduto.
- Non possiamo saperlo Cass. - 

il suo volto si intristì; quell'ultimo saluto al suo caro amico non gli era bastato; era anche dell'idea di non aver accarezzato a sufficenza il folto e caldo pelo di Theo, vecchio mastino da guerra che si era dimostrato molto di più di una semplice macchina per uccidere, intrattenendo e proteggendo tutti i bambini di quel piccolo villaggio sperduto nelle lontane montagne ghiacciate dell'est.

- Secondo me torneranno, e quando succederà Silfur mi racconterà di avventure incredibili e poi mi porterà via con se, verso altre mille avventure! -disse con gli occhi inebriati da quel suo fantastico sogno. 
Il padre la abbracciò stringendola forte, triste all'idea che un giorno se ne sarebbe andata lontana da lui, verso il suo destino.

- Forza, torniamo dalla mamma ora, aiutiamola ad accendere il fuoco per la cena. - disse l'uomo dai lunghi capelli corvini incamminandosi giù dalla piccola collina ricoperta di muschio verdastro.
- Si! Mi piace tanto la ciccia che cucina la mamma! - esclamò seguendolo.

Gli anni successivi a quel giorno furono favorevoli e la ragazza crebbe forte e coraggiosa, il piccolo villaggio lentamente raddoppiò i suoi abitanti, accogliendo viaggiatori da ogni parte; ora le piccole case di legno e pelle non si fermavano più sullo spiazzo circondato dalla roccia, ma con supporti di legno erano state costruite anche lungo le pareti della immensa montagna; ma per quanto fosse più grande ora alla vista dei primi abitanti di quel luogo, rimaneva comunque nulla più che un villaggio di pescatori e cacciattori.
Il padre, ormai con i capelli ingrigiti dal tempo, indugiava con il volto corrugato su una sedia di legno dalla seduta in vimini, nella quale era stato intrecciato un motivo dedicato alla caccia.

- No, non puoi partire. -
- Ma perchè padre? -
disse la ragazza, ormai poco rimaneva del suo corpo da bambina, era molto più grande ora, anche il suo seno si era ingrossato, dandole le forme di una donna adulta.
- Perchè non sei ancora pronta, fine della discussione! -
La ragazza, soffocando un grido di rabbia uscì da quel largo Teepee, la quale pelle recava ripetuta su tutti i lati la parola "Gknarul", Mastro Consigliere in lingua corrente.

Era pronta da tempo invece, anche lui lo sapeva, ma faticava a lasciarla andare, d'altronde era l'unica figlia che gli era rimasta, e non voleva perderla per niente al mondo, quindi non importava quante volte venisse a chiederglielo e quante argomentazioni trovasse, avrebbe riposto di no finchè avrebbe avuto vita.

Ma quel giorno accade qualcosa di inaspettato, qualcosa di cui tutti ormai si erano dimenticati da tempo.

L'uomo sentì le voci dei guerrieri all'esterno, qualcuno voleva entrare e stavano tentando di fermarlo, ma non ci riuscirono, fece a malapena in tempo a girarsi verso la pelle di orso che serviva da porta che un ragazzo dai corti capelli capelli castani e dagli occhi cinerei la scostò entrando e gli si pose dinanzi; il suo volto trasmetteva una sensazione di paura, accentuato dalle varie rune incisevi con un inchiostro nero che lo attraversavano completamente, da orecchio a orecchio, una fila sul naso e una sulla fronte.

- E' un piacere rivederti Balmur, devo ammettere che però il tempo è stato inclemente con te. - disse mutando la sua espressione in un sorriso.
L'uomo, completamente sopreso, riconobbe gli occhi del ragazzo
- S...Silfur! -
I due si abbracciarono sotto gli occhi increduli delle guardie.

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Capitolo 2
*** Risacca ***


Una leggera melodia iniziò a diffondersi nell'aria.
 
Il freddo Maestrale soffiava fra le piccole fessure che infestavano le larghe gole dei Monti di Ghiaccio; nostalgico annuncio del ritorno a casa.
Non ricordava più le forme del suo villaggio natio, aveva viaggiato a lungo con la Carovana, senza mai poter tornare indietro, e ora che la compagnia si era sciolta, aveva deciso di sentire ancora una volta quella melodia che anni fa l'aveva salutato.
Si era spinto lontano verso sud, al di là del Cimitero dei Colossi e ben oltre La Città Aurea, vedendo le meraviglie di qualsivoglia luogo; ma niente lo affascinava come l'idea di "casa".
Curiosità e paura attanagliavano il suo cuore allo stesso modo; cosa avrebbe trovato e cosa avrebbe scoperto sul passato di quella sua città dimenticata?
Noran gliene aveva parlato a lungo.
Non era il suo padre naturale e non era mai stato niente più di un anziano con una smisurata passione per l'arte, ma l'aveva cresciuto come un figlio, insegnandoli a leggere la bellezza in ogni singolo essere, senza fargli mai dimenticare le storie dei grandi eroi e del suo popolo ormai decaduto.
Prima di intraprendere il suo viaggio fra le lucenti Paludi di Ghiaccio alla ricerca della sua casa natia però, desiderava visitare il luogo dove aveva trascorso i primi anni della sua breve vita.
Onyr non era niente più che un piccolo villaggio dedito alla caccia e alla pesca ma le Lunghe Migrazioni avvenute dopo lo scoppio della Grande Guerra Magica avevano ormai cambiato le cose.
Si vociferava che i popoli dell'Egea avessero iniziato a spingersi più a Nord verso altri continenti; in molti, durante il viaggio avevano trovato rifugio dal freddo respiro delle montagne nelle piccole dimore delle indigene e ospitali popolazioni dei ghiacci, ed erano finiti per stabilirvisi, lontani e nascosti dagli orrori della guerra.
Mentre i suoi corti capelli castani danzavano sul pungente soffio del mare, il suo cuore sussultò al pensiero di rivederla, ma nella sua mente, strisciando, si insinuò un timore ben più oscuro:
" Si ricorderà ancora di me?"
Temeva di essere diventato niente più della mera ombra di un infantile ricordo perso tra sogni e memorie, di colei che per tanti anni aveva agognato di rivedere.
Attendeva con ansia il momento dell'approdo, in lontananza poteva già scorgere il lungo molo di legno costruito in prossimità di una collina ricoperta da splendidi fiori scarlatti.
Una volta raggiunto il piccolo fiordo però, i suoi occhi prestarono udienza a ben più inquietante spettacolo.
Una nera colonna di fumo si distinse alta nella gola oltre le colline, ben più alta del bianco fumo fuoriuscito dal fumaiolo del vecchio battello.
Non ne attese l'approdo, quando fu abbastanza vicino con un balzo felino saltò sul lungo molo e fregandosi degli avvertimenti lanciati dai marinai iniziò a correre.
 
Corse a perdifiato fra le larghe distese di ghiaccio, fin quando non raggiunse l'enorme colonna di fumo.
I suoi occhi si riempirono di tristezza e dolore.
Dove un tempo si ergeva il piccolo villaggio, ora non vi erano altro che fiamme.
 
Fu così che lo vide.
Al centro di quei resti, un uomo, immobile e circondato da cristalli violacei, osservava con soddisfazione quell'inferno come un pittore orgoglioso del suo lavoro.
 
La voce di Silfur, carica di rancore e dolore, sovrastò il crepitare del legno bruciante.
 
Quando l'essere si voltò, il ragazzo sentì un tonfo al cuore, come se i suoi peggiori incubi si fossero avverati; egli aveva le sue stesse sembianze.
 
Pochi secondi dopo, si ritrovarono coinvolti in un furibondo scontro.
La rabbiosa spada bianca di Silfur falciava e spaccava senza sosta le lame color cobalto generate dal mostruoso essere.
 
Con un fendente ben piazzato però, riuscì ferire l'essere al volto, rivelandone ne la vera identità.
Una creatura senza lineamenti ne volto, la sua testa era a forma trapezoidale, sul lato antecedente dove di solito si trovano bocca e naso vi era ciò che poteva essere ricondotto ad un occhio, una sfera con quelle che potrebbero essere definite iridi concentriche.
 
La creatura, aggredita dal dolore, si lanciò in una furia battagliera, menando fendenti a velocità sempre più alte.
Silfur si trovò in difficoltà ad evitarle, fin quando non riuscì a intravedere un'apertura grazie alla quale impalò il mostruoso essere.
 
Gli ci volle qualche secondo per realizzare la vittoria, ma quella sensazione di appagamento dato dalla vendetta, venne ben subito rimpiazzata da tristezza e dolore.
 
Del ricordo del villaggio che tanto amava, non rimanevano che fiamme e macerie.
 
I Suoi occhi si persero in un unico punto, sopraffatti dal dolore.
 
E così la vide.
 
Fra le rimanenze di uno dei grossi teepee bruciati, notò quei bianchi capelli che tanto aveva sognato di toccare con le sue mani.

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