Aldebaran, stella rossa

di Evanescente84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Annie ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Non chiedetemi perché.
Non chiedete loro di me. Vi diranno che sono pazzo, sono strano. Vi diranno che ho degli occhi malvagi, piccoli e azzurro lucenti, ma malvagi.
Vi diranno che non parlo mai, che sono, come avevano detto? Ah sì psicopatico.
Non penso che la gente sappia l'esatto significato di questa parola, la dice così, come tutte le altre parole, è solo aria.
Non chiedetemi di lodare o criticare la società. La società non esiste, ci sono solo uomini che combattono contro altri uomini usando gli strumenti più infimi. Gli uomini infondo sono la peggior categoria di animali.
Non dovete pensare che io mi ritenga superiore solo perché ho detto loro invece che noi, no, appartengo alla specie, ma sono solo coerente. Non voglio fingere di essere ciò che penso gli altri vogliano da me, come succede a tutti, prima o poi.
Non chiedete loro perché sono qui. Vi diranno che sono un mostro, un animale selvaggio, che meritavo di essere domato e messo i una gabbia. In realtà mi sento solo di essere passato in una gabbia più piccola e angusta. Puzza di marcio, puzza di uomo. Un odore che odio.
Vi diranno che sono un mostro, che non ho pietà, che sono pazzo. Sono loro i così detti “normali”. Gli angeli che puniscono i peccatori, in nome di Dio, in nome della Giustizia, in nome della Società, in nome di qualsiasi altra cosa che se uno ci pensa bene potrebbe avere milioni e milioni di significati.
Io ho ucciso un uomo.
Adesso direte che sono un mostro, ormai è diventato il mio nome Quellochehauccisounuomo, un po' lungo come nome.
Prima mi chiamavo Roger, Ruggero nei dati anagrafici, ma Roger mi sembrava più bello come nome. Pensavo di essermelo scelto io.
Ora mi viene da ridere pensando alle scelte. La Libertà, è una bella parola, e come tutte le belle parole semplicemente non esiste.
Ma ormai ho un nuovo nome, una nuova realtà, una nuova cella. Gli uomini sono solo animali che mettono in gabbia altri animali uguali identici a loro.
Non chiedetemi perché.
Io non voglio dire che è stato un caso o un incidente. No, non sono pazzo, se è questo che vi state chiedendo. Solo, non pensate che ci sia un motivo. Non c'è alcun motivo, la vita è come un oceano infinito di cose che accadono, non c'è nessuna geometria, non c'è nessun senso. Una sull'altra le cose si scontrano e si schiantano e s'infrangono sulla spiaggia del mondo, e poi ritornano indietro come niente fosse, lasciandoci i detriti di altre vite, di altre cose e ricominciano a scontrarsi, schiantarsi e infrangersi. Impassibili e in eterno.
Non chiedetemi perché.
Non c'è nessun perché.
Le cose accadono. Punto.

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Capitolo 2
*** Annie ***


Come nelle storie a lieto fine, o nei romanzi, si dice tutto è iniziato... no. Tutto è niente. Niente è iniziato, niente è finito.
Come una palla che cade per terra sotto la spinta dalla forza di gravità. Ecco come sostituirei “tutto è iniziato”. Non c'è stato alcun inizio, alcuna fine, alcun senso. Solo ricor di e odore di sangue misto a odore di uomo, quelli che odio.
E Annie.
Profumo di lavanda.
Vi diranno che sono pazzo. Che Annie non esiste, che me la sono inventata per non farmi dare l'ergastolo. Ma sono tutte menzogne.
Anche quello che scrivo potrebbero essere tutte menzogne, obietterete forse. Non posso biasimarvi, né convincervi.
Ma Annie esiste.
È sempre stata con me. Sarà per sempre con me. Fino alla tomba e anche dopo. Se esiste un dopo.
Non chiedetemi perché. Non chiedetemi chi quando cosa sia successo. Ho ricordi di sogni e di realtà. Non riesco a distinguerli. Forse non è poi così importante distinguerli.
Odore di sangue, ecco cos'è che mi punge la mente.
Annie che grida. Annie che sorride e mi guarda. Annie che è contenta di me.
Sento il rumore della pioggia, fuori. È buio.
Prima di essere rinchiuso in una gabbia più piccola, quando ero nella prigione che la racchiude, cioè il mondo, non era poi così male. Insegnavo astrofisica ma spesso lavoravo al planetario. Mica male come prigione, quando lo accendevano per una volta, dico, una dannata volta mi sentivo davvero libero, scordavo di essere in una galera e vedevo l'immenso.
E mi sentivo terribilmente minuscolo, in una prigione talmente grande che non poteva essere una prigione.
“é bellissimo” mi sussurrava Annie all'orecchio, per non farsi sentire dagli altri. Ed io ero d'accordo.
Non chiedetemi perché.
Io non sono pazzo.
Ma la prima volta che ho conosciuto Annie, vi giuro, l'ho pensato.
La prima volta che l'ho vista no, ero in biblioteca e lei era bellissima. Portava un vestito a fiori azzurro e giallo, un po' sbiadito. Pelle bianca e delicata, labbra rosse. Le gambe snelle e lisce erano accavallate sotto il banco su cui stava leggendo tutta assorta.
Ho pensato, per un attimo, o forse per sempre, che lei sarebbe stata la donna della mia vita.
Mi ricordo che avevo chiesto al bibliotecario chi fosse.
“Si chiama Annabel, è straniera.”
“E viene qui da molto? Dove abita? Di che paese è? Conoscete i suoi genitori? Che libri legge? È sposata? Fidanzata? Ha sorelle?”
“ So solo che si chiama Annabel ed è straniera.”
“Ma straniera di dove?”
“non lo so”
“Com'è possibile?”
Il bibliotecario fece una smorfia e si grattò il mento. Poi diresse lo sguardo verso Annabel. Si mise a sussurrare.
“Senta, quello che so è che si chiama Annabel ed è straniera, viene sempre qui dal lunedì al venerdì, e va sempre nel reparto storia. Non so altro, non mi ha mai parlato, non porta mai a casa un libro. Sfoglia a volte i cataloghi, il che è strano...”
Lo guardai negli occhi finché i nostri sguardi non si incontrarono. Aveva occhi azzurri limpidissimi, circondati da una pelle simile alle pagine di un libro accartocciato. I suoi occhi non mentivano, lui stava dicendo la verità, non potevo sperare in altre informazioni.
“è molto bella” gli sussurrai soltanto, guardandola. Lei si girò di scatto verso di me, come se mi avesse sentito, anche dall'altra parte della stanza. E mi sorrise, o forse stava sorridendo tra sé. Non lo so. Il mondo si era fermato, alla faccia della fisica.
Durò davvero poco, quasi un battito di ciglia. Ma fu allora che decisi che lei era parte importante della mia vita.
Iniziai a frequentare la biblioteca con assiduità, dal lunedì al venerdì. Solo per vederla.
Andavo nel reparto di storia e prendevo dei libri a caso, senza leggerli. Li aprivo e poi guardavo Annabel.
Lei aveva un'aria assorta, bellissima, un profumo fantastico. Non aveva nulla a che vedere con l'odore umano. Lavanda. Mi piaceva. Sarei restato ore, anni, secoli ad assaporarlo.
Non chiedetemi perché. Ero sicuro che lei mi stesse osservando, anche se leggeva tutta assorta, sapevo che lei sapeva di me. Mi mantenevo a distanza. Un giorno le avrei parlato.

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