Newton Academy Loves di Soul Mancini (/viewuser.php?uid=855959)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Capitolo
1
La
macchina camminava in una strada di campagna poco distante dal mare.
Si sentiva appena l’odore dell’acqua salmastra e Cathleen
guardava fuori dal finestrino. La ragazza aveva i capelli lunghi alle
spalle, lisci, color miele. Erano morbidi e delicati come quelli di
una bambina. Gli occhi nocciola erano grandi e puri come due pietre
nel fondale marino. Quel giorno indossava una maglietta viola a
maniche corte, un paio di jeans scuri e le Converse nere.
Ormai
aveva compiuto i tanto attesi quattordici anni e stava andando in una
nuova scuola superiore. La scuola ospitava ragazzi delle medie e
delle superiori, quindi Cathleen avrebbe potuto frequentarla insieme
alla sorella. Sua sorella Tiffany aveva già frequentato quella
scuola per due anni e questo la tranquillizzava perché avrebbe
avuto qualcuno su cui fare affidamento se il suo primo anno di liceo
si fosse rivelato un disastro totale. Ma per il momento la sorella
era ancora a Seattle con gli zii per le vacanze estive e Cathleen
doveva sopravvivere per una settimana in attesa dell’arrivo di
Tiffany.
Ad
un tratto vide apparire in lontananza una struttura dai muri giallo
acceso.
“Sarebbe
quella la scuola?” chiese senza staccare gli occhi
dall’edificio a cui man mano si avvicinavano sempre più.
“Sì”
rispose distrattamente la madre, intenta a digitare un numero al
telefono.
“Ma
è enorme! E se mi perdo?!”
Il
padre accennò un sorriso. “Tua sorella si è mai
persa?” domandò.
“No...”
“E
allora…”
Cathleen
sospirò.
La
macchina si fermò nel grande parcheggio e Cathleen scese.
Mentre suo padre scaricava le valige, la madre parlava al telefono
con Tiffany.
Quando
varcarono il cancello, Cathleen poté finalmente vedere la
scuola dove avrebbe dovuto alloggiare. Al centro c’era un
grande edificio attorno al quale si estendeva un cortile enorme.
C’erano parecchi campi da gioco ed era pieno di aiuole e
panchine. Gli studenti camminavano allegri con enormi sorrisi sulle
facce abbronzate e si scambiavano baci e abbracci, schiacciati dal
peso delle enormi valigie. A destra si scorgeva una piccola pineta e
qualche negozio. Tutto intorno si vedevano edifici. A sinistra si
srotolava una stretta stradina sterrata che conduceva alla spiaggia.
“Oh,
wow!”
“Cat,
dobbiamo andare.”
La
voce di sua madre la riscosse dalla fase di shock in cui era entrata.
“Devi
andare all’edificio centrale in segreteria, farti dare l’orario
delle lezioni e il numero della stanza, ok?”
“Sì.
Spero di sopravvivere. Chiamatemi quando arrivate. Ciao.”
Baciò
e abbracciò i genitori, poi corse via.
Percorse
qualche metro, girò intorno a una grande aiuola e attraversò
qualche stradina, poi svoltò e si ritrovò davanti a un
bar. Solo in quel momento si accorse di non sapere dove fosse finita.
Fantastico, era arrivata da appena tre minuti e si era già
persa. Ottimo modo per iniziare la giornata!
Notò
una ragazza più o meno della sua età che cercava
qualcosa con lo sguardo, allora prese coraggio e si avvicinò.
“Ciao,
che cerchi?” si fece avanti. La ragazza aveva i capelli nero
corvino legati in una lunga treccia. Gli occhi neri e profondi come
se non avessero un fondo. Indossava un vestito azzurro al ginocchio e
un paio di ballerine nere. Abbozzò un sorriso.
“Ehm,
ciao. Sto cercando Ben Addams. Comunque non mi sembra di conoscerti…”
“Ben
Addams?”
“Sì.
È difficile trovare una persona in un posto così
grande! Potrebbe essere dappertutto!”
“Anche
tu devi andare all’edificio centrale?”
Annuì.
“Devono assegnarmi delle compagne di stanza. Jodian e Amber, le
mie vecchie compagne, sono andate via.”
“Scusa,
non mi sono presentata. Mi chiamo Cathleen.”
“Io
sono Lisa.”
“Bene,
andiamo!”
Dopo
aver percorso una strada che a Cathleen non sarebbe mai entrata in
testa, arrivarono all’edificio centrale.
Ad
attenderle in segreteria c’era una signora sui quarant’anni
bionda e snella.
“Ciao
ragazze, io sono la responsabile dei dormitori femminili, mi chiamo
Anne. Siete Catleen Anders e Lisa Mattel?”
Le
due ragazze annuirono.
“Bene,
mancavate solo voi! Sarete in stanza insieme, dato che sono rimasti
solo quei due posti. Stanza 106. La potete trovare nell’edificio
a nord. Buona fortuna!”
Cathleen
e Lisa si scambiarono uno sguardo incredulo e corsero via.
“Facciamo
una pausa”, propose Lisa, dal momento che dopo la camminata
sotto il sole con le valigie si erano stancate parecchio.
“Prendiamoci una bibita e sediamoci a chiacchierare, tanto per
trovare la camera c’è tempo!”
“Aggiudicato!”
rispose Cathleen.
Dopo
aver preso un frullato, le ragazze si sedettero in un tavolo vicino
alla grande fontana.
“Allora”
cominciò Lisa. “Siamo in stanza insieme, ma la stanza a
quanto pare è per tre, chissà chi ci farà
compagnia!”
“Non
ne ho idea. Avrei preferito fosse…” la ragazza fu
interrotta dall’urlo della sua compagna di stanza.
“Aaahhh!!!
È Ben! È seduto sul bordo della fontana insieme ai suoi
amici! Vieni, te lo presento!”
La
afferrò per un braccio e la trascinò di corsa verso la
fontana.
“Lisa,
aspetta! Il mio frullato!” urlò Cathleen, ma fu inutile.
“Non
c’è tempo!”
Arrivarono
in men che non si dica alla fontana. Lisa per poco non saltò
addosso a Ben, e si baciarono sulle labbra.
Cathleen
distolse lo sguardo; odiava le smancerie in pubblico, che bisogno
c’era di dare spettacolo?
Ben
aveva i capelli castano scuro molto corti, gli occhi dello stesso
colore e la carnagione olivastra.
“Ciao
Lise! Ti sono mancato?”
“Sì,
mi avevi promesso che mi avresti cercato subito! Per fortuna ho
incontrato Cat.”
“Ciao
Ben!” salutò lei timidamente.
“Ciao!”,
rispose il ragazzo, “Ti presento i miei amici.”
Con
un gesto teatrale della mano le presentò Michael e Alex.
Quest’ultimo
attirò l’attenzione di Cathleen. Aveva i capelli neri
lunghi quasi alle spalle tenuti da un codino. Gli occhi erano di un
verde smeraldo acceso e intenso.
“Ciao.”
disse Michael.
“Come
va?” aggiunse Alex.
“È
fantastico! Siamo a un passo dalla spiaggia, la scuola è
enorme, bellissima. Io e Lisa siamo in stanza insieme!” esclamò
Cathleen in tutta risposta con aria sognante.
“Dobbiamo
ancora arrivarci, alla stanza. Questi bagagli mi stanno uccidendo!”
si lamentò Lisa.
“Ehm,
vi accompagno io! Non vorrei che vi perdeste…” si offrì
Ben.
“Non
sia mai! Non vi disturbate. La scuola è grande, ma non
infinita. E poi io qui ci ho passato le medie!” lo rassicurò
la sua ragazza.
Intanto
Cathleen, che aveva occhi solo per Alex, disse: “Ma potremmo
non arrivarci, quindi…”
L’amica
la incenerì con lo sguardo.
“Ce
la facciamo benissimo da sole! Voi mi sottovalutate! Cioè, ok,
ho un senso dell’orientamento pessimo, ma il campus è
pieno di persone a cui chiedere! Insomma, siete appena arrivati,
avete tanto da raccontarvi!”
“Allora
è meglio se andiamo” affermò Cathleen. “Dobbiamo
sistemare tutta la nostra roba e vorrei finire prima di domani
mattina!”
Le
ragazze salutarono il gruppetto e andarono a cercare la loro stanza.
Nel mentre che camminavano, chiacchieravano.
“Ti
piace Alex!” esclamò Lisa.
“Cooosa?
Ma se sono appena arrivata, non lo conosco neanche!”
“Ma
dai! Non facevi altro che guardarlo!”
“Vabbè,
non è male…” borbottò.
“Ah,
l’amore!”
“Ti
prego, stai zitta!”
“Perché
non ammetti che ti piace?”
Cathleen
si guardò intorno.
“Perché
abbiamo appena trovato la stanza!” esclamò.
“Andiamo!”
gridò Lisa, piena di eccitazione.
“Bene,
entriamo.”
Cathleen
si avvicinò alla porta girò la chiave nella serratura e
abbassò la maniglia.
Quando
entrarono, trovarono una ragazza dai lunghi capelli neri e lisci con
delle ciocche fucsia brillantinato.
Aveva
gli occhi azzurri contornati dalla matita nera. Indossava un top
viola che lasciava poco spazio all'immaginazione, una minigonna nera
e un paio di scarpe con la zeppa sempre viola scuro.
La
stanza era spaziosa, con un letto a castello e uno singolo. Attaccata
a una parete regnava una grande scrivania e i mobili erano in legno
chiaro.
Lisa
deglutì rumorosamente.
“C-ciao.”
si fece avanti Cathleen.
La
ragazza le esaminò per qualche secondo.
“Ciao”
rispose freddamente, “Sono Alice.”
A
quel punto Lisa aprì finalmente bocca.
“Io
adoro il letto di sopra, posso mettermi nel letto di sopra?”
“No!
Il letto di sopra è mio! Sai com’è, chi tardi
arriva, male alloggia!” sbottò Alice acidamente.
“Ci
hanno per caso scritto il tuo nome?” si fece avanti Cathleen.
Non le piaceva discutere, ma non sopportava le persone arroganti.
“No,
ma io sono arrivata per prima e faccio quello che voglio! Queste sono
le regole se volete una convivenza tranquilla.”
“Sarà,
ma nessuno ti da il diritto di trattarci così. Che bisogno
c’è? È così difficile dire le cose in
maniera civile? Non chiedo altro!”
“Ripeto:
io non accetto ordini da nessuno!”
“Ah,
auguri, vedrai che farai carriera!” ribatté la bionda
sarcastica.
“Beh,
se non ti va bene come mi comporto vai in un’altra stanza! Non
sono problemi miei. Questa sono io, prendere o lasciare!”
“Brava,
complimenti!”
Detto
questo, Cathleen scaraventò le sue cose sul letto sbuffando.
Lisa
si avvicinò a lei e sussurrò: “Ma ti rendi conto
con chi siamo finite in stanza? Questa è una schizzata!”
“Ho
visto di peggio. Sopravviveremo!”, rispose l’amica.
“Come?”
“Bisogna
tenerle testa, se le diamo retta la facciamo sentire anche troppo
importante. Dai, adesso sistemiamo la nostra roba.”
“Mhm…
forse hai ragione” convenne la ragazza dai capelli corvini.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
Era
passata una settimana da quando Cathleen era arrivata alla Newton
Academy e quel giorno sarebbe tornata a scuola Tiffany Anders, sua
sorella maggiore. Da quando lei e Lisa avevano dovuto convivere con
Alice tutto si era rivelato molto più complicato. Ma
nonostante tutto si era formato un gruppo: Cathline, Lisa, Ben e
Alex. Insieme frequentavano alcune lezioni, mangiavano, andavano in
biblioteca, studiavano e si divertivano.
Quella
mattina Cathleen e Lisa si erano svegliate presto nonostante fosse
domenica.
“Secondo
te con questo vestito vanno meglio le Converse viola o le ballerine
nere?” chiese la ragazza dai capelli corvini mentre esaminava
due paia di scarpe.
L’amica,
intenta a pettinarsi i capelli, rispose con una smorfia.
“Insomma!
La volete smettere di parlare?!” sbottò Alice
rigirandosi nel letto. “Sono le otto e mezza di mattina e
vorrei dormire! Non vorrei avere delle brutte occhiaie!”
aggiunse poi, con voce stridula.
“Ma
oggi arriva mia sorella. Voglio farle una sorpresa!” ribatté
Cathleen, rivolgendo all’amica uno sguardo disperato.
“Evviva”
esclamò la scontrosa in tono sarcastico. “Arriverà
un’altra buona a nulla alla Newton! Vi spiacerebbe uscire e
lasciarmi dormire in pace?”
“Ah,
no! Prima devo decidere tra Converse e ballerine!” si intromise
Lisa.
“È
uguale, tanto sei orribile lo stesso!” disse pungente Alice,
girandosi verso il muro.
Cathleen
sospirò mentre Lisa si infilava un paio di scarpe a caso e
entrambe uscirono dalla stanza.
“Dove
ci dobbiamo incontrare con i ragazzi?” chiese la bionda.
“Ho
detto a Ben di farsi trovare vicino al Central Caffee, ma non so se
saranno puntuali.”
“Spero
di sì” sussurrò piano Cathleen tra sé, ma
non abbastanza piano.
“Non
vedi l’ora di rivedere Alex, eh?”
“Sì,
lo ammetto. Lo sai benissimo che mi piace. E poi spero che siano
puntuali a prescindere, sai che odio aspettare! E comunque io non
credo di piacere ad Alex.”
“Lo
dici solo perché è più grande di te di due
anni.”
“No,
non è per quello. Comunque, Tiffany non sa niente di questa
cotta per Alex e non voglio che lo sappia, altrimenti mi prenderà
in giro tutto l’anno. Non glielo devi dire per nessun motivo al
mondo. Prometti?”
“Promesso!”
Intanto,
nella stanza di Alex, si era propagato il caos. Ben era passato a
prendere il suo amico, ma non era ancora pronto.
“Insomma,
Alex! Lo vuoi capire che siamo in ritardo di un quarto d’ora!?
Cat e Lise ci staranno già aspettando!”
“Lo
so, ma sta arrivando Tiffany! Mi piace quella ragazza e tu lo sai
bene! Non posso fare brutta figura, altrimenti non si innamorerà
mai di me!”
“Ti
ricordo che io ho fatto colpo su Lise in un pigiama party organizzato
dalla scuola media, ed ero in pigiama! Non c’è bisogno
di mettersi bei vestiti per conquistare…”
“Sì,
sì! Smettila di blaterare e sistemami i capelli!”
“Ma
se hai il codino come diavolo faccio a sistemarteli?!”
“Non
lo so, sistemameli e basta! Come sto?”
“Sai
chi mi sembri? Mia sorella Emily al suo primo appuntamento con il suo
ragazzo! Piantala di comportarti da ragazzina complessata e usciamo!”
“Ma
io stravedo per quella ragazza!”
“Dopo
due anni che le corri dietro non ti sei ancora arreso!? Perché
invece non ti prendi la sorella, Cat? È molto carina!”
“Sei
impazzito! Io non voglio Cathleen, che cos’hai nel cervello?”
“In
questo momento ho l’immagine di due ragazze imbestialite perché
ci siamo presentati con mezz’ora di ritardo, andiamo!”
Detto
questo, Ben afferrò Alex per un braccio e lo trascinò
di corsa in cortile.
Arrivati
alla loro meta, i due ragazzi, sfiniti dalla corsa, si tuffarono
nella prima sedia libera al tavolo nel quale le loro amiche si erano
stabilite più di venti minuti prima.
“Non
ci credo che siete riusciti ad arrivare in ritardo anche questa
volta!” li rimproverò Lisa.
“Quando
dovrebbe arrivare tua sorella?”, domandò Alex a
Cathleen, ancora col fiatone.
“Verso
le dieci, quindi abbiamo cinque minuti per correre all’ingresso
e aspettare che arrivi.”
“Allora
corriamo!” esclamò Lisa.
“Non
abbiamo forze! Abbiamo attraversato mezza scuola di corsa per
arrivare qui! Scordati che adesso io mi metta a correre!”
protestò Ben.
“È
un problema tuo! Peggio per te!” rispose la sua ragazza,
spingendo indietro la sedia per alzarsi.
“Concordo!”
disse Cathleen, imitando l’amica. Le due cominciarono a correre
ridendo.
“Aspettate!”
gridarono i ragazzi rimasti indietro.
Tiffany
stava per arrivare alla Newton Academy. Aveva passato delle vacanze
meravigliose a Seattle con la famiglia della zia Helen; adorava suo
cugino Charlie e si divertiva un mondo con lui. Quando avevano
passato il fine settimana in una casa al mare, aveva conosciuto
Simon, di cui si era innamorata. Si erano messi insieme solo dopo
quattro giorni, ma c’era qualcosa di magico che li legava.
Tiffany
aveva i capelli biondo platino, lisci, poco più lunghi di
quelli della sorella e gli occhi azzurri.
Molti
la consideravano una barbie, ma non era mai stata una perfettina o
vanitosa. Era il tipico maschiaccio e non si metteva problemi a
sporcarsi un po’ le mani. Inoltre era molto spericolata e aveva
sfidato un milione di volte Charlie a tuffarsi dagli scogli, anche se
la zia non era d’accordo.
Arrivata
al parcheggio, accostò l’auto e scaricò i suoi
bagagli. Era impaziente di rivedere sua sorella e sapere se lì
alla Newton aveva incontrato qualcuno di interessante, degli amici o
qualche ragazzo. Voleva molto bene a Cathleen e non vedeva l’ora
che entrasse nell’adolescenza per poterla aiutare nei momenti
difficili, soprattutto nella prima cotta. Non aspettava altro!
Quando
varcò i cancelli della scuola, la vide correrle incontro.
“Cat!”
gridò.
“Tiffyyyyyy!!!”
strillò l’altra stritolandola in un abbraccio che quasi
le impedì di respirare. Conosceva bene quell’abbraccio,
lo stesso che le dava ogni volta che stavano lontane più di
quattro giorni.
“Se
mi chiami Tiffy ancora una volta, ti uccido!”
Il
resto della comitiva guardava la scena sghignazzando.
“Sono
i tuoi amici, questi? Alex? Non me lo sarei mai immaginato! E tu sei…
Tim, mi sembra.” disse Tiffany, avvicinandosi ai ragazzi.
“Ben”,
la corresse lui. “Tu e Alex eravate insieme a biologia e a
francese, ti ho vista, ma non sapevo avessi una sorella minore. Beh,
ora l’ho scoperto!”
Alex
si fece avanti un po’ imbarazzato. Trovava Tiffany
incredibilmente bella, anche se non era mai stato abbastanza
coraggioso da chiederle un appuntamento.
“Ciao!
Ho saputo che la tua compagna di stanza non è più in
questa scuola” annunciò.
“Mary?
Perché?” chiese lei confusa.
Alex
si sentiva un perfetto idiota. Come sperava di conquistarla
parlandole della sua compagna di stanza? Come minimo doveva farle un
complimento, ma si vergognava infinitamente.
“Ehm,
non lo so.”
“Una
scusa in più per stare con noi!” si intromise Cathleen.
“Ciao
Tiffany, sono Lisa, l’amica e compagna di stanza di Cat”
si presentò Lisa.
“Molto
piacere! Ma io ti conosco… l’anno scorso hai vinto un
concorso letterario!”
“Ehi,
che ne dite di prendere una granita?” propose Ben.
“Buona
idea!” accettò Cathleen, e insieme si incamminarono
verso il Central Caffee.
“Ragazzi,
ho una sorpresa per voi!” annunciò Alex mentre i suoi
amici si sedevano a un tavolo con il vassoio del pranzo.
“E
che sorpresa è?” chiese Lisa incuriosita.
“Aspetta
e vedrai” rispose, poi andò via.
Dopo
un po’ tornò con un ragazzo riccioluto.
“Ragazzi,
questo è mio fratello Lionel. Ha tredici anni e da oggi
frequenterà la Newton. Vi dispiace se mangia con noi?”
“Certo
che può rimanere!” esclamarono i ragazzi quasi in coro.
Lionel
aveva i capelli castano scuro ricci e molto fitti, abbastanza da
formare una bella chioma e gli stessi occhi del fratello: verde
smeraldo.
“Ciao”
disse evidentemente imbarazzato. Si sentiva a disagio in mezzo a
tutti quei ragazzi più grandi perché nella scuola media
che frequentava prima, generalmente stava con ragazzi della sua età.
“Ciao
Lionel! Io sono Lisa, chiamami pure Lise!” si fece avanti la
ragazza dai capelli corvini.
“Ciao!
Tu… sei una ragazza del primo anno, vero?”
“Sì,
non sei l’unico nuovo, rilassati! Anche Cat è arrivata
quest’anno.
“Io
sono Tiffany, ho sedici anni. Non so se Alex ti ha già parlato
di me, sono la sua compagna di classe” si presentò
Tiffany.
Alex
deglutì rumorosamente e fulminò il fratello minore con
lo sguardo. Eccome se aveva parlato di lei, ma non in veste di
semplice compagna di scuola. Sperava che il fratello non dicesse
niente che potesse far insospettire gli altri.
Lionel
capì lo sguardo e inventò una bugia.
“Sì,
aveva detto che eri… molto brava in biologia.”
La
ragazza sorrise.
Ben
non aveva bisogno di presentazioni, poiché aveva parlato
migliaia di volte con lui.
“E
io sono Cathleen. Non immagini nemmeno come ho conosciuto questi
pazzi! Se mi sono trovata bene io, ti troverai bene anche tu!”
Lionel,
che fino a quel momento aveva guardato la punta delle sue scarpe,
alzò la testa e la vide, bellissima, che gli sorrideva.
Rimase
ipnotizzato a fissarla, poi sorrise. Aveva capito fin da subito che
quella ragazza gli piaceva davvero, se pur più grande di lui
di un anno.
Ormai
era quasi notte. Cathleen, Lisa e Tiffany erano rimaste in biblioteca
fino a tardi e dovevano andare nelle loro stanze. Mentre camminavano
videro un ragazzo seduto sul bordo della fontana con una maglietta a
maniche corte nonostante si gelasse quella notte.
Aveva
i capelli corti e biondi tirati indietro e schiacciati in testa e due
occhi grigi e spenti.
“Angel!”
esclamò Tiffany avvicinandosi a lui. Le altre, incuriosite, la
seguirono.
“Ma
cosa ci fai da solo qua fuori a quest’ora con una maglietta a
maniche corte, per giunta. Si gela!”
“Ah,
ciao Tiffany. Diciamo che mi hanno cacciato dalla mia stanza per
stanotte. I miei compagni dovevano fare una serata tra uomini e
guardare un film horror, e mi hanno detto che non mi volevano tra i
piedi.”
“Di
nuovo!? Ma è la millesima volta che ti cacciano, è la
tua stanza! Non puoi opporre resistenza?”
“Ci
ho provato.”
“Ah!”
disse Tiffany, facendo un cenno verso le due ragazze che le stavano
alle spalle. “Loro sono Lisa e Cathleen. Sono due ragazze del
primo anno. Cathlee, è mia sorella.”
“Ciao
Angel!” lo salutarono le due ragazze.
“Beh,
ora noi dobbiamo tornare ai dormitori. Chiedi a Alex se ti può
ospitare!” consigliò Cathleen.
“Grazie,
glielo chiederò” rispose lui.
Le
tre continuarono a camminare.
“Ma
chi è quel ragazzo?” chiese Lisa.
<<È
un mio compagno, uno di quelli un po’ sfigati. Poverino, lo
trattano tutti male” rispose Tiffany.
“Lo
hanno cacciato dalla camera? È veramente inaccettabile!”
commentò sua sorella.
“I
suoi compagni sono Jason Parks e Dylan Freeman, due dei peggiori
ragazzi del terzo anno. Non è facile per nessuno avere a che
fare con loro. In prima c’era finito Albert Helley, e si è
trasferito in Texas per colpa di un loro scherzo.”
“Oh,
cavolo! In Texas?” commentò Lisa.
“Non
potremmo aiutarlo in qualche modo?” chiese Cathleen.
“Oh,
no! Scordatelo! Altrimenti mi farà di nuovo la corte
spietata!” rispose sua sorella.
Cathleen
scoppiò a ridere, ricordando gli aneddoti che le raccontava la
sorella.
“Ti
voleva conquistare?!” chiese Lisa incuriosita e divertita.
“Ah,
non me ne parlare!”
“E
perché non ti metti con lui? Sareste una coppia favolosa!”
scherzò la ragazza bionda, dando una pacca sul braccio della
sorella maggiore.
Le
due più piccole risero.
“Ah,
voi due finirete per farmi impazzire!” si lamentò
Tiffany, aprendo la porta che conduceva all’atrio dei dormitori
femminili.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
“Alice!
Hai macchiato di nuovo le mie lenzuola di mascara! Sono arcistufa di
fare lavatrici su lavatrici, vedi di ritirare i tuoi trucchi!”
gridò Cathleen scaraventando un mascara per terra, mentre la
ragazza tirata in causa si piastrava i lunghi capelli.
Era
passata una settimana dall'arrivo di Tiffany e Lionel alla Newton.
“Rilassati,
carina! Adesso che le tue coperte hanno il mascara sono molto più
fashon!” rispose con voce stridula.
“Non
chiamarmi “carina”!” borbottò irritata, poi
si avvicinò alla porta del bagno e gridò: “Muoviti
Lise! Ci sei più di mezz’ora dentro quel bagno, mi devo
cambiare anch’io!”
“Ma
se ci sono appena un quarto d’ora! Non posso mettermi i razzi
solo perché miss perfezione vuole arrivare alle dieci in
punto!” rispose la sua amica uscendo dal bagno.
Alice,
che intanto si truccava come suo solito fare, disse tra sé:
“Ma chissà dove staranno andando queste alle nove e
mezza di sabato mattina.”
“Da
quando ti interessa quello che facciamo?” chiese acida
Cathleen.
“Se
proprio lo vuoi sapere, stiamo andando in spiaggia” aggiunse
Lisa.
“Ah,
spiaggia” ripeté Alice.
Intanto,
nella stanza di Alex, Angel si preparava a tornare nella sua stanza
dopo essere stato ospitato per l'ennesima notte dai suoi compagni.
Ormai quella stanza era diventata la sua seconda casa, dato che i
suoi compagni lo cacciavano la maggior parte delle volte.
“Ehi
Ang! Che fai di bello oggi?” chiese il ragazzo, raccogliendo i
lunghi capelli nel solito codino.
“Cerco
di non essere cacciato dalla camera un’altra volta e faccio una
ricerca per chimica. La mia vita non è molto esaltante”
rispose, ritirando il suo sacco a pelo.
“Io
vado in spiaggia stamattina. Spero di riuscire presto a dichiarare i
miei sentimenti alla ragazza che mi piace, ci sarà anche lei
oggi.”
“Che
coraggio che hai! Anch’io vorrei riuscirci, ma non penso di
piacerle.”
“Chi
è?”
“Posso
fidarmi di te?”
“Certo!”
“Ok.
La compagna di stanza di quelle ragazze che sono sempre con te,
Alice.”
Alex
strabuzzò gli occhi.
“Cooosa?
Quell’arpia? Ma come fa a piacerti, è odiosa!”
“Lo
so. Ma è anche molto carina e popolare. Vorrei che si
accorgesse di me.”
“Sai
quanta strada ci vuole per conquistare una ragazza? Soprattutto se è
una viziata e prepotente come Alice?” concluse Alex, poi uscì
dalla stanza.
Il
gruppo di amici si unì nell’atrio dei dormitori
maschili, compresi Tiffany e Lionel.
Tutti
insieme imboccarono la stradina che conduceva alla spiaggia e nel
frattempo chiacchieravano.
Alex
si avvicinò a Ben e gli disse, sottovoce:
“Ehi,
sai chi piace ad Angel?”
“No,
chi?”
“Alice
Underwood!”
“Non
ci credo!”
“Credici
invece!”
I
due cominciarono a sghignazzare sotto gli occhi di Lisa che li
fissava perplessa.
Arrivati
in spiaggia, i ragazzi si tolsero velocemente scarpe e magliette, le
scaraventarono nella sabbia e si tuffarono immediatamente in acqua.
Alex,
però, rimaneva voltato verso la spiaggia ad aspettare che le
ragazze si mettessero in costume: finalmente avrebbe visto Tiffany,
la ragazza dei suoi sogni, in bikini.
Le
ragazze, infatti, si stavano togliendo i vestiti per rimanere in
costume da bagno.
“Non
vi disturba il fatto che vi vedano i ragazzi in bikini?” chiese
Tiffany alle altre due.
“Sinceramente
no. Sono nostri amici e uno di loro è il mio ragazzo”
rispose Lisa.
“A
me un po’ da fastidio, ma cerco di non pensarci; in fondo sono
venuta al mare per divertirmi, non per preoccuparmi” disse
Cathleen. “Allora, andiamo a fare il bagno!” aggiunse.
Come
tre dee, cominciarono ad avvicinarsi alla riva.
“È
ghiacciata!” si lamentò Lisa, non appena mise i piedi
nell’acqua.
“Io
mi tuffo senza pensarci troppo” affermò Cathleen, e poco
dopo scomparve nell’acqua con uno schizzo per poi riapparire
circa un metro più in là, vicino ai ragazzi.
“Sei
una sirena!” si complimentarono Ben e Alex, mentre Lionel era
rimasto ipnotizzato a guardarla.
“Grazie,
ma non esageriamo! Da piccola andavo a nuoto, ma, che ci crediate o
no, ero una delle peggiori!” rispose con un gran sorriso
stampato in faccia.
In
quel momento si tuffò anche Tiffany.
“Ecco,
lei è cento volte più brava di me! Quest’estate
ha fatto anche la bagnina.”
“Ehilà
ragazzi!” esclamò non appena ricomparve accanto a loro.
Lisa
era l’unica che ancora non si era tuffata e avanzava lentamente
verso di loro.
“Che
ne dite di farle uno scherzo?!” propose Ben sottovoce. “L’anno
scorso mio cugino mi ha insegnato a trattenere il respiro sott’acqua
per un minuto. Voi la distraete e io vado dietro di lei sott’acqua.
Quando le sono vicino, salto su e la schizzo. Ci state?”
“Geniale!”
concordò Alex e i due amici si diedero il cinque mentre gli
altri sorrisero in segno di approvazione.
“In
acqua!” disse Lionel.
Ben
prese un bel respiro e si immerse in acqua.
“Cosa
facciamo adesso?” chiese Tiffany.
Cathleen
si girò verso Lisa.
“Lise,
guarda che cosa so fare!” disse poi.
Nel
mentre che la ragazza faceva una capriola all’indietro
nell’acqua, Ben nuotava a pochi metri di distanza dalla sua
ragazza. Arrivato dietro di lei, saltò fuori dall’acqua
e la schizzò. Lisa si mise a urlare mentre tutti gli altri
ridevano.
“Ben!”
strillò, “Questa me la paghi!” e si tuffò
sopra di lui. In pochi istanti scoppiò una guerra all’ultimo
schizzo.
Dopo
circa mezz’ora uscirono tutti dall’acqua.
“Volete
qualcosa da mangiare? Una frutta, io ho portato della frutta”
propose Lisa, tirando fuori un contenitore.
Dopo
che tutti presero il proprio spuntino, i ragazzi cominciarono a
parlare delle loro vacanze estive.
“Io
all’inizio ho fatto la bagnina nella piscina comunale del mio
paese”, cominciò a raccontare Tiffany, “ma era
piuttosto noioso perché dovevo solo rimanere seduta. Uscivo
spesso con le mie vecchie amiche delle medie, purtroppo adesso che
sono qui non le posso vedere quasi mai. Un certo Tom Karlin, un mio
vecchio compagno di scuola mi ha chiesto un appuntamento e io ho
accettato, ma non è andata avanti perché ho scoperto
che aveva già tre ragazze. Tre ragazze! Ad agosto sono andata
a Seattle da mia zia e ci sono rimasta fino alla settimana scorsa. È
stato meraviglioso, a inizio settembre abbiamo preso una casa in riva
al mare e mi sono tuffata da uno scoglio con mio cugino Charlie. In
spiaggia ho conosciuto Simon, e, vi giuro, è stato amore a
prima vista! Ci siamo messi insieme dopo poco tempo, mossa un po’
azzardata, ma ne è valsa la pena!”
In
quel momento Alex stava per avere un attacco isterico. Lui amava
Tiffany e sapere che stava con un altro lo faceva stare male, molto
male. Si sentiva preso in giro perché lui gli aveva dedicato
due anni della sua vita e lei non si era accorta nemmeno della sua
esistenza. Si sentiva come se avessero preso i suoi sogni e li
avessero stropicciati come un misero foglio di carta, uno dei tanti
progetti sbagliati. Lui era sbagliato.
Serrò
i denti e i pugni in modo da controllarsi, ma non ci riuscì.
“Non
puoi!” sibilò, infuriato. Ma cosa stava facendo? Era
letteralmente impazzito, fuori controllo!
Istintivamente
tutti si girarono a guardarlo. In quel momento si sentiva un perfetto
idiota; aveva gli occhi di tutti i suoi amici puntati addosso e non
sapeva cosa dire. Man mano che riacquistava la calma, cercò di
dire qualcosa di sensato.
“È…
che… non ti conviene una relazione a distanza, soprattutto a
quest’età. È molto complicato e non potersi
vedere ti distrugge. Ovviamente questo è solo un mio
consiglio, non prenderlo in considerazione.”
“Grazie
per il consiglio, Alex” disse Tiffany, che non lo aveva
apprezzato per niente.
Dopo
qualche istante, tutti si sparsero per la spiaggia: Tiffany e Lisa
chiacchieravano passeggiando in riva al mare, Ben e Alex scavavano
una fossa e intanto parlavano dell’accaduto, Lionel era
sdraiato sulla sabbia ad ascoltare le onde del mare e Cathleen era
rimasta sotto l’ombrellone.
Ad
un certo punto estrasse il suo lettore mp3 per ascoltare un po' di
musica e, senza rendersene conto, cominciò a canticchiare. Le
veniva istintivo, cantare era una delle sue più grandi
passioni e cantava in qualsiasi posto si trovasse. Arrivata alla
Newton, si disse che non avrebbe più canticchiato ovunque si
trovasse per non sembrare una pazza, ma non poteva farci niente, era
più forte di lei.
Lionel,
che si trovava lì vicino, la ascoltava. Aveva una voce
melodiosa e lui la apprezzava in tutto e per tutto. Ormai la
conosceva bene anche se era passata solo una settimana ed era la cosa
più bella che potesse sentire.
‘Lionel,
se la vuoi conquistare devi uscire dal guscio e rompere il ghiaccio.
Ah, sei patetico! Come puoi pretendere che una ragazza di prima
superiore si accorga di uno di terza media?! È ridicolo!’,
pensava.
“Che
si accorga o no di me, io ci provo, o la va o la spacca” si
disse, poi si alzò e andò vicino a lei.
Cathleen
si tolse gli auricolari.
“Wow,
canti benissimo!” si complimentò lui.
“Lionel?
Mi stavi ascoltando? Pensavo fossi addormentato! Oddio, stavo
cantando e non me ne sono nemmeno accorta! Sai, mi viene così
naturale…”
“Ti
dispiace?”
“Cosa?”
“Il
fatto che ti stessi ascoltando.”
“No,
no. È solo che mi innervosisco un po’ sapendo che
qualcuno mi ascolta cantare.”
“Perché?
Hai una bellissima voce!”
“Me
lo dicono tutti.”
“Ovvio,
è la verità!”
“Sarà.”
Chiacchierarono
per un paio di minuti, mentre Lionel cercava di captare ogni minimo
segnale di interesse nei suoi confronti da parte della ragazza.
“Va
bene. Penso che adesso andrò ad aiutare Alex e Ben a scavare
la fossa” disse lui, intuendo che Cathleen volesse stare un po'
per i fatti suoi, poi si alzò e andò dagli amici.
Era
al settimo cielo! Cathleen sembrava apprezzare la sua presenza e non
lo giudicava per la sua età. In fondo era solo un anno più
piccolo di lei, e comunque lui era fermamente convinto che contava la
maturità di una persona, non la sua età anagrafica. Gli
piaceva pensare che forse avesse qualche speranza con lei, non poteva
fare a meno di fantasticare un po'.
Anche
se era consapevole che probabilmente si stava solo illudendo.
Circa
un’ora dopo tutti entrarono di nuovo in acqua.
Alex
non aveva ancora il coraggio di stare vicino a Tiffany dopo la sua
figuraccia.
Alla
fine del bagno tutti si rivestirono.
“È
ora di risalire, se non vogliamo fare tardi a pranzo!” annunciò
Lisa.
Quando
furono nella loro stanza, Cathleen raccontò a Lisa di Lionel.
“Sai,
oggi in spiaggia Lionel mi ha sentito cantare ed è venuto a
complimentarsi con me.”
“Lionel?”
“Sì!
Abbiamo parlato un pochino, sembra davvero una persona tranquilla.
Devo ammettere che ho parlato davvero pochissimo con lui in questa
settimana.”
Lisa
parve rifletterci su.
“Comunque,
cosa mi consigli di fare con Alex? Sai, non mi piace far passare
troppo tempo, preferisco mettere le cose in chiaro da subito...”
proseguì Cathleen.
“Aspetta...
mi stai dicendo che vuoi rivelargli i tuoi sentimenti?” chiese
l'altra ragazza perplessa.
“Prima
o poi lo dovrò fare... no?”
“Sì,
ma... fossi in te io aspetterei ancora un po' di tempo, insomma, vi
conoscete così poco...”
“Tu
dici? Io glielo voglio dire anche perché ho notato che lui a
volte mi fa dei complimenti... non voglio illudermi, ma sarebbe così
bello se lui mi ricambiasse! Voglio sapere cosa prova, tutto qui!”
“Capisco.
Comunque secondo me devi aspettare ancora, in fondo che ne sai tu di
lui? Poco e niente! Non puoi metterti con una persona senza
conoscerla, io ti consiglio di avvicinarti a lui come amica per
capire con chi hai a che fare.”
Cathleen
ci rifletté su. “Non hai tutti i torti, grazie per il
consiglio! Andiamo a pranzo piuttosto.”
“Buona
idea. Siamo già in ritardo.” acconsentì Lisa.
La
verità era che la ragazza dai capelli corvini quel giorno
aveva intuito qualcosa che non le era affatto piaciuto. E voleva
proteggere la sua amica.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
“Ma
te lo immagini, che schifo, Lionel?” disse Alex, esaminando una
bustina di cibo per gatti.
I
due fratelli erano seduti in un tavolo sotto gli alberi.
“Non
mi sembra poi così schifoso! Non è niente di che!”
“È
cibo per gatti! Poveri gatti! Si devono mangiare una sbobba che puzza
di carne in scatola andata a male e ha un sughetto che sembra
vomito!”
“In
alcuni posti del mondo mangiano cose peggiori.”
“Mi
stai dicendo che te lo mangeresti?”
“Se
fossi morto di fame sì.”
“Bene.
Allora ti sfido. Devi mangiare mezza bustina di cibo per gatti domani
alle tre e mezza, dopo le lezioni” esclamò Alex.
“E
se vinco cosa ottengo?” chiese il fratello minore.
“Se
vinci ti combino un appuntamento con una ragazza a scelta.”
“Mentre
se perdo?”
“Allora
dovrai farmi da schiavetto per una settimana intera, ci stai?”
Lionel
era indeciso se accettare o no. Ci teneva veramente tanto
all’appuntamento con una ragazza e sicuramente avrebbe scelto
Cathleen. Era l’unica che le piaceva davvero e non voleva
perdersi l’occasione. Si convinse che se si fosse preparato non
avrebbe perso.
“Ci
sto!” accettò. I due si strinsero la mano in segno di
'affare fatto'.
Quel
giorno Lionel andò da Cathleen.
“Cat,
tu mi devi aiutare” esordì, entrando nella sua stanza.
Lei,
che stava controllando le e-mail nel computer, si alzò, fece
entrare il suo amico e si sedettero nelle poltroncine rosse.
“Di
che si tratta” chiese, passandosi una mano nei capelli.
“Ho
fatto una scommessa con Alex. Devo riuscire a mandare giù
mezza bustina di cibo per gatti. Se perdo dovrò fargli da
schiavo per una settimana. Aiutami!”
Cathleen
sospirò. “Siete due idioti.”
“Sì,
lo so. Però cosa mi suggerisci?”
“Di
lasciar perdere e dirgli che rinunci.”
“Ma
così mi schiavizzerà per sette giorni!”. Il suo
tono era esasperato.
“Allora
ti toccherà mandare giù della sbobba che sembra carne
in scatola andata a ma… Aspetta un momento!”
“Cosa?”
“Mi
è venuta un’idea! Prendiamo una bustina di cibo per
gatti, la apriamo, la svuotiamo, la laviamo, ci mettiamo dentro della
carne in scatola, aggiungiamo un po’ d’acqua per simulare
il succo e la richiudiamo. Non sarà la cosa più buona
del mondo, ma almeno mangerai cibo per umani!”
Sembrava
soddisfatta della sua idea.
“Sai,
non pensavo che avessi idee così disgustose e geniali. A una
persona qualunque verrebbe da vomitare solo al pensiero di quello che
hai detto.”
“Si
vede che non hai ancora capito con chi hai a che fare! Ti informo che
io non sono una ragazza normale! E soprattutto, non sarò di
certo io a doverlo mangiare!”
“E
tutto solo per far perdere Alex! Ah, se vuoi te ne lascerò un
po' per cena!”
“No,
grazie, non ci tengo! Comunque lo faccio per aiutare un amico. non
voglio che tu finisca nelle mani del tuo diabolico fratello! Ora è
meglio che ci mettiamo all’opera!”
“Sì,
andiamo a procurarci il materiale per questo folle esperimento!”
I
due amici uscirono dalla stanza ridendo.
Il
giorno dopo, mentre Ben ritirava i libri alla fine delle lezioni, una
voce lo chiamò.
“Ehi
Ben!”
Era
Tracy Linnon.
Tracy
aveva i capelli castano scuro lisci e corti che accarezzavano
lievemente le sue guance. Aveva gli occhi color caffè molto
grandi. Si truccava spesso con colori scuri e quasi tutti i ragazzi
con cui finiva in classe la volevano come la loro ragazza. Aveva la
fama di essere una brava manipolatrice che tutti avevano sempre
sottovalutato. Ben, però, la considerava solo una semplice
compagna di classe.
“Tracy!
Che c’è?”
“Ehm,
venerdì abbiamo il compito di chimica e sono preoccupata. Non
ci capisco niente di formule e regole! Non voglio prendere un altro
brutto voto! Visto che tu sei lo studente migliore in questa materia,
mi chiedevo se mi potessi dare una mano tu.”
“Ehm,
certo! Possiamo anche cominciare da stasera, ti va bene?”
“Sì,
certo! Ci vediamo ai tavoli della biblioteca alle tre e mezza, il
tempo di darmi una sistemata. Dopo sei ore di lezione sono esausta!”
“Va
bene! Allora a dopo!”
Detto
questo i due andarono ognuno per la propria strada.
“Ben!
Aspettami!” gridò Lisa alle sue spalle.
“Ciao
Lise! Com’è andata oggi?”
“Sono
stanchissima! Vieni a vedere la scommessa di Lion e Alex?”
“Ah,
no! Non posso! Devo aiutare Tracy in chimica! Mi dispiace.”
“Devi
vederti… con Tracy?”.
Era
chiaramente gelosa.
“Non
farla più complicata di quello che è! Ci dobbiamo
incontrare perché ha bisogno di aiuto nello studio, niente di
più. Non devi essere gelosa, ok? Sono il tuo ragazzo, devi
fidarti di me!”
Alle
parole del ragazzo, Lisa si era tranquillizzata.
“Ok,
ti credo. In fondo stai solo aiutando una tua compagna. Allora ci
vediamo a cena, ciao” disse, e poi andò nella sua
camera.
Quando
arrivò, vi trovò Lionel e Cathleen.
“Ciao
ragazzi” salutò e si lasciò cadere in un
divanetto.
“Preoccupata?”
chiese il ragazzo.
“Sì,
un po’. Oggi Ben deve aiutare una sua compagna, Tracy, a
studiare e sono un po’ nervosa. Gira voce che si sia presa una
cotta per lui l’anno scorso e non vorrei che accadesse
l’irreparabile.”
“Ma
dai!” intervenne la sua amica. “È il tuo ragazzo!
Ti ama davvero? Sì! Allora non succederà niente!”
“Sì,
dovrei… mi ha anche rassicurato dicendomi che l’avrebbe
solo aiutata a studiare e che non dovrei essere così gelosa.
Ma io detesto il fatto che stia con una ragazza che è stata
innamorata di lui.”
“In
effetti”, cominciò Lionel, “ha ragione. Non devi
stargli troppo addosso, ha bisogno di fare la sua vita senza la baby
sitter. Sa badare a se stesso, per Ben Tracy è solo un’amica
e se ti ama davvero non ti tradirà.”
“Hai
assolutamente ragione, mi devo fidare di lui e lasciare che abbia i
suoi amici. Grazie Lionel, sei un amico!” lo ringraziò
Lisa. “A proposito, tra un quarto d’ora inizia la sfida
con tuo fratello, non starà aspettando altro!”, precisò
poi, sciacquandosi il viso.
“Ah,
sì! Ora vado. Venite ad accompagnarmi come le mie dame
personali? Magari con le divise delle ragazze pompon!” scherzò.
Le
due ragazze risero.
“Prima
cento dollari!” disse Lisa.
“Neanche
morta! Non diventerò mai una ragazza pompon! Secondo me serve
solo a ridicolizzare le ragazze” commentò Cathleen.
“Non
se le ragazze sono carine!” rispose il ragazzo. Subito gli
arrivò un cuscino in faccia.
“Te
lo sei meritato!” disse la bionda, ridendo.
“Dai,
andiamo! È già tardi e tuo fratello si starà
chiedendo dove sei finito. Non vede l’ora di sfidarti!”
fece notare l’altra.
I
tre uscirono dalla stanza chiacchierando.
Quando
arrivarono alla loro meta, c’era già qualche gruppo di
ragazzi che aspettavano di assistere allo show. Appena lo videro
arrivare, alcuni gridarono il suo nome e applaudirono. Le sue amiche
si posizionarono in prima fila accanto a Tiffany.
“Hai
portato il tuo ‘spuntino’?” chiese Alex.
L’altro
ragazzo portò fuori la bustina di finto cibo per gatti che
aveva preparato il pomeriggio prima con Cathleen.
“Eccolo”
disse.
“Vai
Lion!” gridarono le tre ragazze dalla prima fila.
“Aprila”
ordinò il fratello maggiore.
Quando
aprì la bustina, si espanse un leggero odore di cibo per gatti
che rendeva tutto più credibile. Nessuno sospettava cosa fosse
in realtà.
“Hai
intenzione di ritirarti?” chiese Alex.
Lionel
guardò Cathleen, che sarebbe stata la sua ricompensa, poi la
sua carne in scatola annacquata che lasciava molto a desiderare e
infine guardò dritto il fratello negli occhi.
“Me
lo mangio anche tutto, quello che c’è dentro la bustina”
rispose.
La
folla cominciò a gridare il suo nome per incoraggiarlo.
‘Lo
faccio per te, Cat!’, pensò e cominciò a mandar
giù la carne viscida e disgustosa. All’inizio gli venne
quasi il vomito, ma non voleva darla vinta al fratello. Voleva
vincere l’appuntamento con Cathleen più di ogni altra
cosa e cercò di convincersi che non era così male; in
fondo era carne in scatola.
Mentre
lui mandava giù la ‘merenda’, la folla che lo
guardava andava in delirio: alcuni urlavano, altri dicevano qualcosa
per incoraggiarlo e addirittura qualcuno si metteva le mani davanti
agli occhi per non guardare; era troppo disgustoso per loro.
Intanto
Alex guardava inebetito quanto il fratello riuscisse a mangiare
quella robaccia così facilmente. Era quasi sicuro di poter
vincere, ma ora non ne era più così certo. Non gli
andava di andare da una ragazza che aveva scelto suo fratello a dirle
che doveva per forza uscire con uno di tredici anni con i capelli
ricci e gonfi come un galleggiante.
Lionel
mangiò la quantità richiesta e per sbaglio si rovesciò
addosso la carne rimasta. Era così disgustato che avrebbe
potuto svenire, ma era troppo contento e voleva solo festeggiare.
Tutti esultavano per la sua vittoria e lo acclamavano. Rivolse ad
Alex uno sguardo trionfante.
Si
avvicinò alle sue amiche. Tiffany si allontanò perché
non sopportava l’odore che emanava quella roba.
“Puzzi
di cibo per gatti, lo sai? Dovresti andare a farti una doccia!”
si lamentò Lisa.
“Non
ci penserò due volte! E mi devo anche lavare i denti un bel
po’ di volte.”
“Com’era
quella ‘deliziosa’ brodaglia?”
“Mah,
diciamo che sapeva di interiora di struzzo viscida e gelatinosa. Che
schifo!”
Aveva
inventato un sapore a caso perché in realtà sapeva di
normalissima carne, ma questo era un segreto tra lui e Cathleen.
Sentì
un urlo di disgusto di Tiffany che per sua sfortuna aveva sentito la
descrizione.
“Hai
vinto! Ce l’hai fatta!” gridò Cathleen, saltando
di gioia.
“Non
mi sembra neanche vero!” rispose lui trionfante. “Ma
dov’è finito Ben? Pensavo dovesse venire a vederci!”
aggiunse.
“Ah,
no! Ricordi che doveva aiutare Tracy? Si dovevano incontrare presto e
non è potuto venire” spiegò Cathleen.
“Ben!
Me ne ero dimenticata! Vado… a comunicargli… la grande…
notizia!” gridò Lisa e volò via. Ovviamente era
una scusa per tenere il suo ragazzo sotto controllo.
“Mi
sa che quello che le hai detto prima le è entrato da un
orecchio e gli è uscito dall’altro”, commentò
la ragazza mentre guardava la sua amica correre tra la folla.
“Ok,
allora… tu vai a consolare Alex, Tiffany andrà a
recuperare Lisa prima che faccia qualche idiozia e io vado a farmi
una doccia. Ci vediamo tutti dopo alla sala giochi” concluse e
ognuno andò a svolgere il loro compito.
Intanto
Ben stava cercando di far memorizzare una formula a Tracy.
“La
formula del peso… proporzionato alla massa della materia…di
un atomo compresso… nelle cellule delle particelle… di
un corpo… è equivalente… a quello della Terra…
tanto quanto quello della Luna?” tentò la ragazza.
“No!
Ma che c’entra questo con la chimica?! Non ha neanche senso,
la frase che hai detto!” disse lui in tono esasperato.
“Senti,
perché non ci prendiamo una piccola pausa, così ci
possiamo rilassare e parlare un po’ di noi!” propose lei
con un tono fin troppo malizioso.
“E
va bene, vada per la pausa, ma ricordati che abbiamo il compito tra
poco e devi essere preparata, quindi dopo si torna al lavoro”
acconsentì Ben indifferente.
I
due ragazzi si spostarono in un tavolino del bar e presero un gelato.
“Allora…”
cominciò lei, “Io penso che dovremmo vederci più
spesso per studiare, dato che non riesco ad apprendere niente di
chimica!”
Il
suo tono non era variato, sempre lo stesso: troppo malizioso. Era
ovvio che cercava di conquistarlo, ma lui fece finta di niente. Forse
non se ne accorgeva neanche.
“Sì,
ma non tutti i giorni. Ho anche degli amici e non posso passare tutti
i pomeriggi insieme, altrimenti si arrabbieranno.”
“Sì,
lo capisco. Ma adesso anche io sono una tua amica e devi passare
tanto tempo con me! Ci vediamo così poco tempo durante le
lezioni… e io vorrei conoscerti meglio, sei un ragazzo così
simpatico!”
Il
suo tono non accennava a cambiare.
“Certo,
certo!” tagliò corto Ben, fingendo indifferenza, ma in
realtà il tono da gatta morta di Tracy lo irritava.
“E
magari”, continuò lei, “potremmo anche uscire
insieme…”
“No,
aspetta Tracy! Io ho una ragazza, non vorrei che tu mi fraintendessi,
ma…”
“Oh,
non ti preoccupare! Non ho nessuna intenzione di farti litigare con
lei! Usciremo solo come degli amici!”
“Oh,
adesso sono molto più sollevato! Allora sì, certo che
usciremo, Tracy!”
“Questa
me la pagherai, oh sì! Giuro che mi vendicherò!”
sibilò Lisa sottovoce. Era nascosta in mezzo ad un cespuglio,
immobile, e aveva assistito a tutta la conversazione. Sapeva che
spiare non era corretto, ma non si era mai fidata di quella ragazza e
adesso che lei stava cercando di conquistare il suo ragazzo, lei era
arrabbiata soltanto con lui, così sciocco da fare l’amichetto
del cuore della vipera che glielo stava portando via, così
cieco che non vedeva cosa stava facendo Tracy. Lei poteva fare la
cretina con il suo ragazzo – o meglio dire ex ragazzo –,
ma se lui avesse amato davvero Lisa non si sarebbe fatto abbindolare
in quel modo.
“Non
hanno ancora capito con chi hanno a che fare. anch’io ho i miei
assi nella manica e li sfrutterò tutti. Si sono messi contro
la persona sbagliata!”
Restò
in attesa che Ben e Tracy andassero via e sgattaiolò fuori dal
cespuglio.
Angel
era nella sua camera e scriveva una mail a un suo vecchio amico.
Caro
Jack,
qui
non va molto bene, i miei compagni di stanza continuano a cacciarmi
dalla camera quasi ogni notte ormai e sono troppo codardo per
lamentarmi con loro, lo sai. Oltre a questo non ho altre notizie
brutte, ma basta e avanza per rendermi la vita un disastro.
Ma
parliamo di cose belle, ti ho mai parlato di Alice? È una
ragazza spettacolare, bellissima! Si veste in modo divino e si trucca
sempre, per non parlare di come cura i capelli, ogni volta che la
vedo quasi svengo! Sì, è una ragazza popolare e non mi
degnerà mai di uno sguardo, ma io sono pazzo di lei! Molti
dicono che è un’arpia e una montata solo perché è
ricca, ma secondo me non è vero. E anche se lo fosse, a me non
importerebbe perché io la amo e non la giudico affatto. Non ci
crederai mai, ma dopo un mese e mezzo ho deciso che dovrò
affrontare ogni mia paura e rivelarle il mio amo
In
quel momento la porta alle sue spalle si spalancò e lo fece
sobbalzare.
“Angel,
vuoi essere il mio ragazzo?”
Lui
si girò a bocca aperta e la vide: Lisa.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
Tiffany
e Cathleen camminavano nel corridoio per andare alla mensa per la
cena.
“Ma
si può sapere dov’è andata a finire Lise?”
chiese la sorella maggiore.
“È
da questo pomeriggio, alla scommessa di Lion e Alex che non la vedo.
Non è neanche tornata a prendere le sue cose in camera!
Dev’essere successo qualcosa con Ben.”
“Non
dovrebbe essere così gelosa! Gli sta troppo addosso! Se un
ragazzo mi impedisse di avere amici maschi oltre a lui lo mollerei
all’istante!”
“Non
posso darti torto, ma gira voce che quella Tracy è una
manipolatrice, tu che sei in classe con lei dovresti saperlo, e non è
molto sicuro se sei una raga… ehi, che cos’è?”
Sulla
porta della mensa c’era affisso un foglio con caratteri e
colori molto appariscenti.
“Qui
dice:
A
tutte le ragazze della scuola dai 12 ai 16 anni!!!
Cercasi
protagonista per il film
“URAGANO
GRACE”
Ragazze
che abbiano la passione per la recitazione, il canto e la danza. Il
film racconta di una ragazza di nome Greta i cui genitori sono spesso
assenti e non valorizzano le sue capacità. Ma Grace ha delle
passioni che vorrebbe coltivare. Cerca di farsi ammettere a una
scuola serale di canto e ballo, e ben presto si troverà ad
affrontare mille difficoltà con i suoi nuovi amici, tra cui
Cody, di cui si innamora perdutamente. La ragazza che stiamo cercando
deve essere raggiante e piena di energia come la protagonista.
AFFRETTATEVI!!!
Le
audizioni si terranno il 4-5-6-7-8 dicembre al salone a ovest della
mensa. Avete tempo per prenotarvi fino al 22 novembre alla
segreteria. Per ulteriori informazioni chiedere alla segretaria
Laurent Jones.
Beh,
a quanto pare le scuole sono il posto migliore dove pescare giovani
talenti!” disse Tiffany.
“Una
ragazza… che sappia cantare e recitare?”
“Aspetta
un momento. Io la protagonista perfetta ce l’ho accanto!”
Si
voltò verso Cathleen.
“Ah,
per favore, no!”
“Sìììììì!
Ti candiderai! Candidati, candidati! Mia sorella diventerà una
star!” gridò l’altra eccitata.
“Ehm,
se permetti vorrei mangiare. Ho fame.”
Sbuffò
ed entrarono nella mensa.
Lì
trovarono Lionel che le aspettava con un sorrisone stampato in
faccia.
“Hai
letto l’annuncio sulla porta e hai pensato che sarei stata
perfetta per il ruolo di Grace come ha fatto questa schizzata di mia
sorella, vero?” tirò a indovinare Cathleen. La sua era
una domanda retorica perché sapeva già che era proprio
così. Sospirò.
“Sì!
Hai una bellissima voce, canti divinamente e sei allegra e raggiante
come Grace. Hai tutti i requisiti per candidarti. Ti prego, fallo per
me!” la supplicò lui.
“No.”
“E
per me?” intervenne sua sorella in tono implorante.
“No.”
“Perché?”
“Lion,
Tiff. Io non sono destinata a diventare un’attrice
hollywoodiana, sono una semplice ragazza, non ho intenzione di
apparire in un film.”
“Ma
sei perfetta! Apparire in un film è il sogno di ogni ragazza,
e ora che ne hai l’occasione, non lo vuoi fare!”
“Posso
mangiare in santa pace, per favore?”
Il
suo tono era piuttosto irritato.
“Va
bene” acconsentirono i suoi amici.
Dopo
aver preso il cibo, si sedettero in un tavolo. All’appello
mancavano Ben e Lisa.
“Com’è
che i componenti del nostro tavolo sono stati decimati?” chiese
Tiffany.
Alex
lanciò un’occhiata alle sue spalle. La ragazza si voltò
e vide Ben intrappolato nel tavolo delle amiche di Tracy che gli
rivolgeva occhiate sognanti di tanto in tanto.
“Oh,
cavolo” commentò Cathleen.
In
quel momento arrivò Lisa con un vassoio, ma non era sola.
Appresso a lei c’era Angel.
Tutti
trattennero il fiato per almeno cinque secondi mentre i due si
sedevano troppo vicini l’uno all’altra.
“Ciao
ragazzi!” salutò la ragazza appena arrivata con un tono
di voce stranamente calmo.
“Ciao
Lisa! Angel?” si fece avanti Alex, che si era ripreso dallo
shock prima degli altri.
“Ah,
sì! Quasi dimenticavo! Ben e io non stiamo più insieme!
Ora Angel è il mio ragazzo!” annunciò a voce
troppo alta in modo che Ben, qualche tavolo più in là,
sentisse.
Nel
tavolo in quel momento successe di tutto. Tiffany spalancò
occhi e bocca facendo vedere il pezzo di pane che aveva appena
addentato, Lionel rischiò di farsi uscire l’aranciata
che stava bevendo dal naso, Cathleen tentò di non soffocare
con un boccone di mela e Alex, a forza di trattenere le risate
diventò rosso in volto.
“Ah,
beh… congratulazioni!” disse quest’ultimo, quando
si fu ripreso.
Intanto,
qualche tavolo più in là, Ben aveva sentito l’annuncio
della sua ex ragazza chiaro e tondo, e ne era rimasto deluso, offeso.
Non riusciva a capire il perché di quel gesto, magari le era
giunta qualche voce e aveva intenzione di parlarle prima che le cose
si complicassero. Anche Tracy, che sedeva al suo fianco, l’aveva
sentito. Da quando si erano visti quel pomeriggio, non aveva più
smesso di parlare con quel tono irritante che lui odiava tanto e non
aveva intenzione di smettere.
“Sbaglio
o la tua ragazza – ex ragazza – ha appena detto che si è
fidanzata con Angel?” disse lei.
“Ho
sentito benissimo. Voglio andare a parlarle. Adesso” rispose,
con tono freddo e rigido.
“No!
Non penserai veramente di andarci proprio adesso! A parte che non è
il momento più adatto, e poi dovresti lasciarla stare,
insomma, lei è la tipica ragazza che appena lascia un ragazzo
si fidanza subito con un altro e, fidati, non è il tipo di
persona più affidabile. Insomma, una che ti lascia senza
motivo e non ti avvisa neanche non ti merita! È inutile
sprecare tanto tempo dietro una che ormai neanche ti rivolge uno
sguardo, ci sono ragazze molto più attraenti nel mondo.”
Ben
si sentiva stranamente ferito dalle parole di Tracy, forse perché
non gli piaceva come sarebbe andata a finire con Lisa, e anche se non
fossero più tornati insieme, voleva capire perché si
fosse comportata in quel modo, anche se già lo intuiva.
“E
tu che ne sai?” sbottò il ragazzo.
“Ovviamente
questo è solo un consiglio da amica, poi tu fai quel che vuoi.
Nessuno ti obbliga a darmi ascolto.”
“Scusa,
ti ho risposto in maniera orribile. Ma il fatto è che tutta
questa faccenda mi fa innervosire” si scusò.
“Oh,
ti capisco…” disse lei, mettendogli una mano sulla
spalla, ma in realtà avrebbe fatto i salti di gioia perché
ora che Lisa si era dileguata, nessuno le avrebbe più portato
via Ben.
Dopo
cena Cathleen e Lisa tornarono in camera.
“Accidenti,
devo fare un sacco di cose…” si lamentò Lisa non
appena varcò la soglia.
“Ferma
dove sei” le ordinò l’amica prendendola per un
polso e facendola voltare verso di sé.
“Che
c’è?” chiese l’altra fingendo stupore. In
realtà si aspettava che Cathleen le chiedesse spiegazioni il
prima possibile.
“Si
può sapere cosa ti è saltato in mente? Angel? Stai
impazzendo!”
“Perché?
È così carino!”
“Smettila!
Perché hai lasciato Ben? Per qualcosa che hai visto o sentito?
Perché ti sei fidanzata con Angel? Perché proprio con
lui? Nemmeno ti piace! Ti rendi conto che non è credibile? Ne
hai parlato con Ben? Non sarebbe meglio…”
“Ok,
basta. Dato che non sono abituata ad avere una biondina inferocita in
casa che mi fa il quarto grado, a quale domanda devo rispondere per
prima?”
“A
tutte!”
Lisa
annuì e si sedette su una poltroncina. Cathleen la imitò.
“Comincia
pure” disse.
“Questo
pomeriggio, quando sono corsa via, sono andata a… spiare Ben e
Tracy. Hanno fatto una pausa dallo studio e sono andati al bar. Lei
si è comportata come se me lo volesse portare via, ha cercato
in qualche modo di persuaderlo. Ma la cosa peggiore è che lui
sta al gioco e ne sembra anche felice! Ti rendi conto?! Così
stupido da cascarci! Se mi amasse davvero non starebbe al gioco come
un allocco. Comunque, gli ha chiesto se potessero vedersi anche oltre
alla scuola e allo studio, e lui ha accettato di buon grado!
Evidentemente preferisce la sua compagnia piuttosto che la mia.
Allora se loro due facevano tanto gli amichetti del cuore, io posso
fidanzarmi con chi mi pare e piace. Allora sono andata da Angel e gli
ho chiesto se voleva essere il mio ragazzo e lui ha accettato. L’ho
chiesto a lui perché solo lui poteva credere che una ragazza
che fino a quella mattina era impegnata gli facesse una richiesta del
genere. Tutto questo perché lui sta facendo il cretino con
Tracy. Se fosse stata un’altra ragazza non mi sarei
preoccupata, ma lei è una manipolatrice e in un modo o
nell’altro riesce sempre ad ottenere ciò che vuole. E
dato che è innamorata di Ben, adesso è lui il suo
bersaglio. Inoltre lui fa finta di niente e continua a starle
dietro!”
L’espressione
di Cathleen non tradiva alcuna emozione. Non aveva contestato quello
che diceva la sua amica solo per non interromperla, ma aveva davvero
molto da dirle.
“Beh”,
cominciò, “secondo me tu stai un po’ esagerando,
ma non ti sto dando una colpa. Io penso che tu abbia frainteso
qualcosa e che abbia reagito d’istinto in preda alla rabbia.”
“Spiegati
meglio, psicologa.”
La
ragazza bionda fece una smorfia.
“A
me non sembra che Ben abbia intenzione di fidanzarsi con lei, mi
sembra un po’ irritato dal suo comportamento. Tu sei sicura che
ti voglia lasciare per il modo di fare di Tracy, ma non hai mai
notato le reazioni del tuo ragazzo. A me più che altro mi
sembra un topo in trappola. Adesso quello che ti sto dicendo sembrerà
senza senso perché sei arrabbiata e vorresti tirare una scarpa
in bocca al primo che passa, ma quando la tua mente comincerà
a funzionare di nuovo te ne renderai conto da sola.”
L’altra
ragazza era rimasta spiazzata.
“Wow.
Da quando frequenti un corso accelerato di psicologia?”
scherzò.
“È
che quando ascolto i problemi degli altri mi immedesimo un sacco
nella storia e cerco di elaborare bene i consigli da dare, non vorrei
che le cose si complicassero per colpa mia.”
“Capisco.
Comunque hai ragione, la tua teoria mi sembra assurda.”
Fece
una lunga pausa, poi abbassò lo sguardo. “Sono
preoccupata per il rapporto tra me e Ben. Ho paura di perderlo.”
Cathleen
si alzò e l’abbracciò.
“Stai
tranquilla, andrà tutto bene!”
Intanto
i due fratelli si erano sistemati in camera di Lionel, dato che i
suoi compagni di stanza erano andati a vedere un film.
“Allora,
ci hai pensato?” chiese il più piccolo, sistemandosi la
folta criniera di riccioli.
“Non
ancora, dammi del tempo!”
“Ah,
non è giusto! Mi hai promesso che glielo avresti chiesto entro
domani! Era una delle condizioni della scommessa!”
“Lo
so, ma non è facile andare da una mia amica e dirle che deve
uscire per forza con mio fratello per un motivo che non le posso
spiegare! È imbarazzante!”
“Ma
per favore! È solo Cathleen!”
“È
pur sempre una ragazza!”
“Ok,
mettiamola così. Se entro domani non le chiedi di uscire con
me, io dirò a Tiffany che sei perdutamente innamorato di lei.”
“Sei
piccolo, ma letale! E va bene! Domani ti procuro questo sacrosanto
appuntamento con la ragazza dei tuoi sogni, così chiuderai
finalmente quel becco!”
“Fantastico.”
L’indomani,
a pranzo, Lionel, Tiffany e Alex si riunirono in un tavolo per il
pranzo.
“Ma
dove sono finiti tutti?” chiese la ragazza, guardandosi attorno
con circospezione.
“Ben
è al tavolo con Tracy e le sue amiche, Lisa vuole stare da
sola con il suo ragazzo e Cat è rimasta ad aiutare una sua
compagna” spiegò il ragazzo più piccolo.
“Ma
come mai tu non stai con ragazzini della tua età?”
“Se
vuoi me ne vado.”
“No,
no! Volevo solo sapere perché!”
“Io
non ho dei veri amici della mia età. Ci sarebbero i miei
compagni di stanza, Jeff e Henry, ma sto con loro solo perché
ci vivo. I miei amici siete voi, perché dovrei stare con
altri?”
“Mah,
era solo una curiosità.”
“Ehi!”
esclamò Alex, che fino a quel momento aveva solo ascoltato,
“Secondo voi chi sceglieranno per quel film…”
“Cat!”
dissero quasi in coro gli altri due ragazzi.
“È
perfetta per il ruolo di Grace! Sa cantare, recitare…”
commentò Tiffany.
“Ehm,
scusate! Sbaglio o ha detto che non si presenterebbe alle audizioni
neanche morta?”
“Sì,
ma noi riusciremo a farle cambiare idea, in un modo o nell’altro.
Abbiamo bisogno anche dell’aiuto di Lisa.”
“Dobbiamo
trovare un modo…”
I
tre ragazzi sospirarono.
Dopo
cena Cathleen era seduta su un’altalena e dondolava leggermente
mentre ascoltava musica con gli auricolari.
Da
dietro un muretto Lionel e Alex la guardavano.
“Allora,
adesso vai lì e mi procuri il mio appuntamento. Ho mangiato
mezza bustina di cibo per gatti come mi hai detto tu e adesso voglio
il mio premio” disse Lionel sottovoce.
“Ma
ormai c’è buio! Se mi vede arrivare penserà che
sono un fantasma!” protestò il fratello, cercando una
scusa per non andare a parlarle. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di
evitare un’umiliazione del genere.
Il
riccioluto lo fulminò con lo sguardo.
“Ok,
vado” si arrese il fratello maggiore, per poi alzarsi e
avvicinarsi di soppiatto alla ragazza.
Intanto
Cathleen dondolava impercettibilmente. Quando sentì la mano
fredda di Alex, sussultò e si girò di scatto.
Quando
capì di chi si trattava, spense il lettore mp3, si tolse un
auricolare e lo lasciò ricadere sulla gamba.
“Alex…
mi hai spaventata!”
“Oh,
mi dispiace tanto… senti…”
Il
ragazzo fece mezzo giro intorno all’amica e si sedette
sull’altalena accanto alla sua.
“Ti
devo dire una cosa” proseguì lui.
“Dimmi”
rispose Cathleen, togliendosi anche l’altro auricolare. Parlò
con una tranquillità che sorprese anche sé stessa,
perché in realtà era eccitata.
‘Io
e lui, da soli, sotto la luna...' pensava lei, 'oddio, cosa mi vuole
dire? E se vuole dichiarare i suoi sentimenti per me? Ammesso e non
concesso che provi qualcosa per me... allora perché ha scelto
di parlarmi proprio qui, ora? Che confusione!'
“Ecco,
è una cosa che onestamente mi mette un po’ in imbarazzo,
ma…”
L’impazienza
di Cathleen cresceva ogni secondo che passava: voleva il suo
Alex.
“Devi
uscire con mio fratello” concluse tutto d’un fiato e
abbassò lo sguardo. Si sentiva terribilmente a disagio, anche
se Cathleen non gli interessava. Ma non voleva pur sempre fare la
figura dal messaggero idiota davanti alla sorella della ragazza che
amava. Cosa avrebbe raccontato a Tiffany?
Rabbia,
delusione, tristezza, curiosità, sorpresa, tutte leggibili in
quel momento sul volto di Cathleen. Si sarebbe aspettata di tutto, ma
non avrebbe mai immaginato una cosa del genere!
“Non
è uno scherzo, te lo giuro” aggiunse il ragazzo vedendo
la sua espressione.
“Perché?”
riuscì a dire la ragazza.
“In
che senso?”
“Perché
non è venuto a chiedermelo lui? È il mio migliore
amico, mi fa piacere uscirci.”
“Quindi
per te un appuntamento non significa niente?”
“Dipende.
Comunque digli che per me non c’è problema. Domani alle
cinque al parco, d’accordo?”
“D’accordo.”
“Adesso
io devo tornare nella mia stanza, ‘notte” concluse, e si
allontanò.
Il
ragazzo la osservò mentre spariva tra le ombre. Le era parsa
un po' delusa. Chissà cosa si aspettava da lui quando era
andato a parlarle.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
Il
pomeriggio seguente, dopo le lezioni, Alex raggiunse Lionel in camera
sua mentre si preparava per l’appuntamento con Cathleen.
Mentre
il ragazzino si provava una camicia azzurra e un paio di pantaloni
neri, Tiffany fece irruzione nella stanza.
“Ragazzi!
Dobbiamo parlare di Cat!” esclamò.
“Di
Cathleen?” chiese stupito Lionel. “Non avrà mica
annullato l’appuntamento?”
“No,
non si tratta di questo! Il problema è che non si vuole
iscrivere alle audizioni del film! Lei è assolutamente
perfetta, ma non si lascia convincere. Come possiamo fare?”
“Accidenti,
è un bel guaio!” si intromise Alex in tono ironico.
“Secondo me dovete lasciar perdere. So quanto voi che sarebbe
uno spreco, ma non possiamo decidere per lei.”
“Alex!
Non capisci proprio niente!” squittì Tiffany.
“E
se la obbligassimo?” propose il riccioluto, afferrando una polo
gialla per provarla.
“Già
provato” sbuffò la biondina sedendosi sul letto e
prendendo il computer di Lionel.
“Ehi,
quello è il mio computer!” protestò lui facendo
una smorfia allo specchio.
“Mi
aiuta a pensare.”
“Iscrivetela
senza che lei lo sappia” propose Alex in tono annoiato,
afferrando un libro.
Gli
altri due si girarono stupiti a guardarlo.
“È
un’idea geniale!” esultò trionfante Lionel.
“Ma
non dicevo seriamente...” provò a protestare il fratello
maggiore.
“Vado
subito a iscriverla!” gridò eccitata la ragazza. “Ah,
e buona fortuna per l’appuntamento!” disse infine, prima
di uscire dalla stanza.
Alex
alzò gli occhi al cielo. “Poveri noi!”
“Che
carina!” commentò Lisa non appena Cathleen uscì
dal bagno. Indossava una maglietta blu che lasciava le spalle
scoperte, una leggera minigonna blu, un paio di leggings neri, delle
converse blu e un cerchietto nero.
“Non
ti avevo mai visto vestita così, perché lo fai?”
“Stasera
devo uscire, no?”
“Fin
qui c’ero arrivata, ma perché ti sei vestita così…
attraente se devi uscire solo con Lionel?”
“Perché
non dovrei?”
“Non
è che sei innamorata di lui?”
“Ma
sei fuori di testa?! No, a me piace Alex, solo che oggi avevo voglia
di indossare qualcosa di diverso. Lionel è il mio migliore
amico, non lo noterà nemmeno.”
“Mmh,
tu dici? Non ci hai pensato che se ti ha chiesto di uscire potrebbe
provare qualcosa per te?”
“No,
macché! Sono sicura di essere solo un'amica per lui, non
preoccuparti! Oh, sono in ritardo, è meglio che vada! Ne
parliamo dopo!” affermò Cathleen, poi superò
l’amica e uscì dalla stanza.
“Buona
fortuna!” sentì gridare a Lisa mentre si chiudeva la
porta alle spalle.
Aveva
solo cinque minuti per arrivare al parco dall’altra parte
dell’accademia e non poteva mettersi a correre perché
sicuramente il miglior modo di presentarsi ad un appuntamento non era
sudata e col fiatone. Per la strada vide Dawson, un ragazzo del suo
corso di francese, con lo skateboard.
“Ehi,
Dawson! Me lo presti lo skate?” gridò. Il ragazzo
rallentò e prima che potesse ripartire, Cathleen lo scansò
e sfrecciò via a tutta velocità seguita da lui che
sbraitava e imprecava.
Arrivò
davanti al parco qualche minuto in anticipo. Saltò giù
dallo skate senza nemmeno fermarlo, si lanciò alle spalle due
dollari e corse via gridando:
“Grazie!
Prendi tutto!”
Il
ragazzino si affrettò a prendere i suoi due dollari e a
recuperare il suo mezzo mentre Cathleen entrava nel parco.
Si
sedette in una panchina e attese per qualche minuto. Alle cinque
puntuali arrivò Lionel con indosso una t-shirt azzurro
elettrico, un paio di jeans blu e delle scarpe da ginnastica bianche.
Nel
vederla, al ragazzo venne un colpo. Possibile che Cathleen si fosse
fatta così bella solo per lui?
“Wow”
balbettò lui.
“Lion!
Come stai?” chiese Cathleen con entusiasmo.
“Bene”
mormorò a sguardo basso. Non riusciva a guardarla,
all'improvviso si sentiva un perfetto idiota per tutta la storia
dell'appuntamento. Ora non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi.
“Lion?
Lionel? Sicuro di star bene? Siediti.”
Il
ragazzo obbedì. Non sapeva come comportarsi, cosa fare, cosa
dire. Era la prima volta che usciva con una ragazza.
“Devi
cercare di rilassarti.”
“Cosa
devo fare?” chiese. Ma che diamine di domanda era? Arrossì.
“Niente
di che, essere te stesso.”
“Lo
so che ti sembra strano questo appuntamento…”
“No,
anzi, per niente. Sono felice che tu me lo abbia chiesto. O meglio,
che Alex me lo abbia chiesto.”
Cathleen
non riusciva ancora a spiegarsi il fatto che il suo amico non gliene
avesse parlato di persona.
“Beh,
è una lunga storia… scommetto che non la vuoi sapere!
Comunque, che ne dici di andare a prendere qualcosa al bar?”
Lei
sorrise. “Certo, andiamo.”
“No,
Tracy, non è per quello. È solo che io nella mia vita
ho anche altri impegni.”
Ben
stava cercando disperatamente di rifiutare l’invito di Tracy a
vedere un film. ‘Solo io e te’ aveva detto, ma a Ben la
cosa non piaceva per niente. Doveva parlare con Lisa al più
presto e chiarire le cose tra di loro.
“No,
Benny, resta con me! Gli altri impegni possono aspettare!” lo
implorò lei sbattendo le ciglia come un cucciolo indifeso.
Il
ragazzo sospirò. “Ti ho detto di no!” disse
bruscamente. Aveva cercato di essere paziente, ma non ne poteva più
di quella ragazza e dei suoi modi di fare da bambinetta viziata.
“Beh…
va bene, allora sarà per un’altra volta, okay?”
propose lei.
“Vedremo.”
“A
dopo, Benny!” lo salutò allontanandosi.
Benny.
Non sopportava quel nomignolo orribile.
Non
sapeva come sbarazzarsi di quella ragazza senza offenderla. Un suo
difetto era la sua estrema pazienza e la sua esagerata gentilezza che
portavano le persone che lo circondavano ad approfittarsi di lui.
Sapeva che doveva farsi rispettare, ma ogni volta che ci provava si
scusava perché pensava di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Mentre
rifletteva, Ben si aggirava per la scuola in cerca di Lisa. Dove
poteva essere a quell’ora?
Andò
a cercarla in biblioteca, ma non c’era, poi andò alla
sala giochi dove giocò una partita a biliardino con alcuni
suoi compagni del corso di inglese, ma Lisa non c’era. Così
provò nei dormitori femminili. Bussò alla porta della
camera 106 e attese. La porta si spalancò e sulla soglia
apparve la sua ex ragazza che lo osservava senza battere ciglio.
“Posso
entrare?” chiese lui.
La
ragazza gli lasciò lo spazio per entrare e prese posto su una
poltroncina. Era da sola in stanza.
“Allora…
secondo te come sta andando l’appuntamento di Cat e Lion?”
buttò lì il ragazzo giusto per rompere il ghiaccio
mentre chiudeva la porta.
Lisa
sospirò. “Se devi parlarmi, arriva dritto al punto.”
“Va
bene, hai ragione. Voglio sapere perché mi hai lasciato senza
prima parlarmene.”
“Perché
mi dà fastidio il fatto che passi tutto il tuo tempo con Tracy
e quelle oche delle sue amiche. Ho visto come ti guarda quella
strega, è evidente che vuole conquistarti, non puoi essere
così cieco da non rendertene conto! E tu stai al gioco,
qualsiasi cosa ti dica tu le stai dietro. Non posso credere che ti
faccia manipolare così da lei!”
“Io
non lo faccio apposta, cerco solo di non essere scortese con lei, non
ce la faccio! Vorrei che tu mi capissi, io non ti voglio lasciare per
quella lì! Ah, già, è vero, ora tu stai con
Angel. Perché ti sei messa con lui?”
“Perché
dopo che ti lascio posso mettermi con chi voglio. Non ti va bene? E
poi lui è così carino…”
“Non
è vero, lui non ti piace, non sono così stupido da
cascarci. E poi scommetto che non vi siete neanche baciati!”
Lisa
arrossì. Stava mentendo, dicendo una bugia dietro l’altra,
tutto solo perché era troppo orgogliosa per ammettere che
aveva sbagliato e interpretato male la cosa. Lei amava davvero Ben ma
la gelosia le aveva fatto vedere cose che non esistevano e questo lei
lo sapeva bene. Lo aveva capito. Cathleen aveva avuto ragione.
“Vattene,
ho bisogno di stare un po’ da sola” concluse. Il ragazzo
uscì dalla stanza sollevato. Non sapeva quale sarebbe stata la
risposta di Lisa, ma era felice di averle detto ciò che
pensava, almeno ora lo sapeva. E, nel caso avesse capito di aver
sbagliato, lui sarebbe stato pronto a perdonarla.
“Sì,
io adoro giocare a biliardino, ma sarebbe ancora meglio se ci
riuscissi!”
Lionel
e Cathleen erano seduti in un tavolino del bar.
Lionel
strabuzzò gli occhi. “Mi stai dicendo che tu giochi a
biliardino senza nemmeno saperlo fare?”
“Esatto,
muovo le manopole a caso.”
“Wow,
ma è geniale! Che ne dici di una partita?” propose il
ragazzo. Non era proprio un appuntamento romantico, ma a lui andava
bene così. Si stava divertendo con Cathleen e non poteva
desiderare di meglio.
Dopo
un’entusiasmante partita a biliardino vinta da Lionel, i due
ragazzi tornarono al parco. Il sole, ormai basso nel cielo, era
nascosto da uno strato di nuvole grige.
“Sono
felice, questa serata è stata davvero divertente!”
esclamò Lionel con aria sognante.
“Certo,
anch’io mi sono divertita. Dovremmo farlo più spesso,
che dici?” chiese Cathleen.
Una
speranza si accese nel cuore di Lionel. Gli stava chiedendo un
secondo appuntamento?
“Certo,
Cat!” esclamò.
“Beh,
forse è meglio se ora torni nella mia stanza, devo fare i
compiti di algebra. Abbiamo quindici espressioni per domani.”
“Cosa?
Mi stai dicendo che non hai nemmeno fatto i compiti per venire da me?
Cat, sono le sette e un quarto, non va bene fare i compiti così
tardi…”
“Tranquillo,
non è la prima volta che lo faccio. E poi io me la cavo
abbastanza bene in algebra.”
Mentre
la ragazza afferrava la sua borsa, Lionel le posò una mano
sulla spalla. “Aspetta! Per favore, Cat, posso chiederti una
cosa?”
Le
si formò un nodo in gola. Cosa voleva chiederle Lionel? La sua
domanda non avrebbe dovuto terrorizzarla, ma all'improvviso le tornò
alla mente la conversazione tra lei e Lisa poco prima
dell'appuntamento. Era convinta che Lionel non fosse interessato a
lei, eppure c'era qualcosa che la inquietava in quel momento.
Nonostante
ciò, annuì.
Lionel
raccolse tutto il coraggio che aveva e balbettò: “Puoi
cantare un po’ per me?”
Lei
sorrise, sollevata.
Da
quando il suo amico l’aveva sentita cantare per la prima volta,
non aveva smesso di farle complimenti. Solo che lei non aveva più
cantato in presenza di nessuno e lui non l’aveva più
sentita.
“Cosa?
No, ti prego, Lion!”
“Ok,
non insisto. Ma non c’è nessuno…”
Lei
si guardò attorno: il parco era deserto. Poi guardò il
suo amico dritto negli occhi e vi lesse speranza. In quel momento
capì che lo voleva fare. Sì, avrebbe cantato per lui.
Lasciò
cadere la borsa sulla panchina e si avvicinò di più a
Lionel. “Va bene, canto” sentenziò, poi pensò
a una canzone; ne conosceva così tante che decidere era
impossibile. Poi, come per magia, una canzone le risuonò nella
mente più forte delle altre e il testo le si srotolò
davanti agli occhi. Senza nemmeno rendersene conto, aveva cominciato
a cantare dolcemente.
Un
brivido attraversò Lionel da capo a piedi. Lui amava la
musica, ma non aveva mai sentito nessuno cantare con una voce così
perfetta e dolce, così bella da sembrare un sogno.
Appoggiò
la testa sulla spalla della sua amica e lei gli circondò le
spalle con un braccio. Continuò a cantare quella canzone, poi
passò a un'altra e a un'altra ancora...
“Oh,
cielo! Saranno almeno le otto meno un quarto! No, i compiti di
algebra!” esclamò Cathleen allarmata ad un certo punto.
“Scusa
Cat, ti ho fatto perdere tempo, non avrei dovuto...” si scusò
Lionel mortificato.
La
ragazza lo abbracciò. “Non c'è bisogno di
scusarsi, mi ha fatto piacere restare con te” mormorò
dolcemente prima di afferrare la sua borsa.
I
due ragazzi corsero ognuno nella propria stanza. Lionel si ricordò
che aveva un capitolo di storia da studiare, così ingurgitò
con riluttanza una porzione di carne in scatola e si mise a studiare.
Intanto
Cathleen, tornata nella sua stanza, aveva consumato gli avanzi della
cena che le aveva procurato Lisa e cominciò a fare espressioni
con gli auricolari alle orecchie, ma si addormentò sulla
scrivania verso le dieci e mezzo con un lieve sorriso sulle labbra.
Le
mancavano ancora quattro espressioni.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Lionel
era in uno stato di stordimento completo quella mattina. In parte
perché non aveva dormito abbastanza per i suoi standard, in
parte perché l'unica cosa che gli frullava in testa in quel
momento era l'appuntamento con Cathleen della sera precedente.
Ovviamente
proprio quel giorno la professoressa Kelley decise di interrogarlo in
storia.
“Allora,
vediamo...” rifletteva l'insegnante, mentre si aggirava tra i
banchi e guardava gli studenti in viso uno per uno in maniera
inquietante. “Lionel, parlami delle scoperte principali del XIX
secolo.”
Il
ragazzo sollevo lo sguardo, che fino a quel momento aveva tenuto
puntato sul banco, e si guardò attorno spaesato, in cerca di
aiuto. La sera prima aveva letto distrattamente il capitolo e non si
ricordava assolutamente niente. In genere riusciva sempre a mettere
insieme due parole, giusto per prendere la sufficienza, ma quel
giorno fece scena muta.
La
professoressa, dopo una lunga attesa, sospirò e tornò
alla cattedra per segnare il voto sul registro.
“Signorino,
così non va bene. Questo non mi sembra il modo migliore per
iniziare l'anno, con un'insufficienza. Siamo solo ad ottobre e hai un
sacco di tempo per recuperare, ma voglio che tu dia il massimo.”
Lionel
si limitò ad annuire e, quando la donna distolse lo sguardo da
lui, si accasciò sul banco e nascose la testa tra le braccia.
Ci
sarebbe stato tempo per rimediare il brutto voto, le uniche cose di
cui aveva bisogno in quel momento erano dormire e stare con Cathleen.
“Ragazzi,
ho un'importante notizia da darvi!” annunciò la
professoressa di inglese con la sua consueta allegria. Era una
docente molto stimata perché riusciva a far apprezzare le
lezioni agli studenti con il suo contagioso entusiasmo.
Cathleen
alzò lo sguardo dallo scarabocchio sul suo diario.
“Il
31 ottobre, qui a scuola ci sarà una festa di Halloween!”
Gli
studenti esplosero in esultanze e gridolini.
“Ovviamente
sarà una festa in maschera, ci sarà anche un concorso.
Dovete fabbricarvi il costume con le vostre mani e verranno premiati
il più spaventoso, il più originale e il più ben
fatto!” spiegò la professoressa.
Tra
gli studenti si propagò un mormorio di assenso.
“Solo
che la scuola non ha abbastanza fondi per organizzare tutto, dovrete
ingegnarvi per racimolare dei soldi, magari con una lotteria o
qualcosa del genere, sta a voi decidere. Purtroppo la notizia è
arrivata tardi e avete solo tre settimane di tempo. Allora, non vi
sembra una cosa bellissima?” concluse la donna con un enorme
sorriso.
“Sì!”
risposero gli studenti all'unisono, mentre qualcuno proponeva già
qualche progetto.
Dopo
quella notizia, i professori non furono più in grado di
catturare l'attenzione degli studenti che, in preda all'eccitazione,
non facevano altro che portare fuori nuove idee e bisbigliare tra
loro.
“Lisa,
tu cosa ne pensi?” chiese Cathleen alla sua compagna di banco.
“Mi
è venuta in mente un'idea, ma ne voglio parlare a pranzo,
quando ci sono anche tutti gli altri” affermò lei con
gli occhi che brillavano.
Durante
la pausa Cathleen, Lionel, Lisa, Tiffany, Ben e Alex si riunirono in
un tavolo all'esterno della mensa. Ormai erano rare le volte in cui
riuscivano a parlare, solo loro sei e nessun altro, ma dovevano
assolutamente confrontarsi per decidere cosa avrebbe fatto il loro
gruppo.
“A
quanto pare ci sarà un Help Day,
una giornata in cui ognuno potrà fare quel che vuole per
guadagnare fondi. Dovrebbe essere il prossimo weekend, se non
sbaglio...” rifletté Tiffany guardando in volto ognuno
dei suoi amici.
“Io
ho un'idea! Mia madre mi ha insegnato a fare i biscotti, tutti mi
dicono che sono buonissimi! Che ne dite di organizzare uno stand in
cui vendo i miei biscotti? Potrei chiedere cinquanta centesimi per
ognuno, oppure a offerta!” propose Lisa entusiasta.
Stare
seduta in quel tavolo le costava molta fatica, anche se cercava di
negarlo. Non aveva rivolto nemmeno un'occhiata a Ben.
“Quello
che rimane va alla mascotte del gruppo!” esclamò Lionel
indicandosi.
Dopo
aver dormito sul banco, si era completamente ripreso e la vista della
sua migliore amica aveva contribuito al suo buonumore.
“Sì,
continua a sognare, piuttosto lo devolviamo in beneficenza!”
scherzò Cathleen dandogli di gomito.
“Okay,
è deciso, Cat e Lise faranno i biscotti. Altre proposte?”
domandò Tiffany rivolta ai ragazzi.
“Mmh...
vendiamo limonata?” propose Alex senza troppo entusiasmo,
mentre la sua attenzione veniva assorbita completamente dal cibo.
Intanto
Ben sembrava catapultato in un mondo parallelo, teneva lo sguardo
fisso sul piatto e probabilmente non aveva ascoltato una sola parola
di quel che gli altri avevano detto.
“Ma
sai che è un'idea geniale? Bravo Alex, voi venderete
limonata!” esultò la sorella maggiore.
“Tiff,
era per scherzare, non vorrai seriamente farmi vendere limonata come
un idiota!” protestò lui.
“Perché
altrimenti la mia reputazione da ragazzo serio sarà rovinata!”
lo prese in giro il fratello, cercando di imitare la sua voce.
“Alex,
questa è la prima cosa intelligente che ti sento dire da
quando ti conosco, non ti puoi tirare indietro! Lionel preparerà
la limonata, mentre tu e Ben la vendere, punto!” affermò
la ragazza bionda; dai suoi occhi traspariva assoluta serietà.
Il
ragazzo sbuffò. “Siete pazzi, tutti quanti”
borbottò mentre si alzava per buttare la spazzatura.
“Eh?
Mi avete chiamato? Cosa devo fare?” si intromise Ben con voce
stanca, risvegliandosi dalla sua fase di trance.
“Nulla
Ben, continua pure a dormire” tagliò corto Tiffany con
un sospiro.
Cathleen
ridacchiò mentre seguiva Alex con lo sguardo.
La
intrigava il suo modo schivo e riluttante di osservare e commentare,
lo vedeva come un ragazzo misterioso che nascondeva tanto dietro
quegli impenetrabili occhi verdi.
Sarebbe
stato suo prima o poi, a tutti i costi!
“Dobbiamo
dare la notizia a Cat” disse Tiffany, che era seduta sulla
scrivania di legno chiaro, le gambe penzoloni.
Dopo
cena lei e i due fratelli si erano riuniti nella sua stanza,
approfittando dell'assenza delle sue compagne.
Sua
sorella li avrebbe raggiunti presto, dopo aver finito di passare gli
appunti a una sua compagna.
“Secondo
me avete fatto una cazzata, si arrabbierà moltissimo”
ripeté Alex per la millesima volta nel giro di
ventiquattr'ore.
Era
comodamente sdraiato sul letto di Tiffany, sopra in quale ve ne era
uno a castello. Aveva scelto quella locazione per poter inspirare il
suo delizioso odore. Si sorprese di quanto fosse ordinato quel letto,
così come tutta la stanza. I libri erano meticolosamente
impilati in un angolo della scrivania, i letti erano rifatti con cura
e il tappeto di velluto rosso che ricopriva gran parte del pavimento
era pulito e senza nemmeno una piega. La sua camera era l'opposto:
regnava il caos più totale e a lui andava bene così.
“Il
tuo ottimismo mi lascia esterrefatto, fratellino, sei così
allegro e positivo che gli uccellini vengono a mangiare dalle tue
mani” commentò Lionel sarcasticamente, seduto sul caldo
tappeto.
“Lo
so, sono un'infinita risorsa di pace e gioia...”
Ad
interrompere la frase fu il rumore di qualcuno che bussava alla
porta.
“Eccola!
Siete pronti?” sussurrò Tiffany.
Il
fratello minore annuì.
“Entra
pure!” gridò la ragazza.
Subito
dopo Cathleen fece irruzione nella stanza mentre si tirava i capelli
all'indietro. “Ciao ragazzi!” esclamò sedendosi ai
piedi del letto della sorella, vicino ad Alex.
“Ehi
bella ragazza!” la salutò lui, tirandole amichevolmente
una ciocca di capelli.
Lei
sorrise, cercando di non dare a vedere la reazione che le aveva
provocato quel gesto.
“Lascia
stare i miei capelli!” esclamò, allungandosi per tirare
una ciocca dei suoi, che stranamente non era legati nel solito
codino.
“Tu
non sei autorizzata!” ribatté lui, facendole il
solletico per cercare di allontanarla.
Cathleen
iniziò a ridere e implorarlo di smetterla, mentre cercava di
bloccargli le mani e il suo cuore esplodeva nel petto.
All'improvviso
perse l'equilibro e cadde sul letto, sdraiata a pochi centimetri dal
ragazzo dei suoi sogni.
Invece
il cuore di Lionel perse un battito. Dovette distogliere lo sguardo
dalla scena e prese a fissarsi le scarpe, giocando con i lacci di una
di esse.
Sapeva
che i due stavano solo scherzando, ma vederli così gli
provocava fastidio, sentiva la rabbia crescergli dentro. C'era
qualcosa che non quadrava, qualcosa nell'atteggiamento di Cathleen e
Alex che a lui non piaceva per niente.
Ad
un tratto la sua attenzione venne richiamata da un gridolino di
Cathleen. Alex l'aveva fatta cadere dal letto, e ora lei rideva a
crepapelle, supina sul tappeto.
Dopo
qualche secondo Tiffany si schiarì la voce per attirare
l'attenzione. “Bene, direi che adesso la potete smettere,
grazie. Cat, ti dobbiamo dire una cosa!”
“Poveri
noi...” borbottò Alex riprendendo la posizione di prima.
La
ragazza interessata si mise seduta e passò velocemente una
mano tra i capelli scompigliati. “Che c'è?”
domandò con curiosità.
Lionel
prese la parola. “Quello che ti stiamo per dire probabilmente
non ti piacerà, ma devi cercare di capire le nostre ragioni.
Ecco, dopo esserci consultati abbiamo deciso che...”
“Ti
abbiamo iscritto ai provini per il film a cui non vuoi partecipare”
concluse Tiffany tutto d'un fiato, interrompendo il ragazzino. Tutti
quei giri di parole le sembravano inutili.
Sua
sorella spalancò occhi e bocca, incredula. “Non l'avete
fatto davvero, è uno scherzo...” cercò di
convincersi.
“Ecco,
lo sapevo” disse Alex, beccandosi un'occhiataccia dal fratello.
“L'abbiamo
fatto davvero invece. Dai, non arrabbiarti con noi...” tentò
di tranquillizzarla, allungando una mano verso di lei.
Ma
la ragazza scattò in piedi, il volto incendiato dall'ira. “È
questo il vostro modo di dimostrarmi affetto? Costringendomi a fare
qualcosa che non voglio? Complimenti, siete riusciti a rovinare
tutto! Odiosi!” gridò, per poi lasciare la camera come
una furia, sbattendo la porta.
I
tre amici rimasero un paio di secondi impalati, con gli occhi fissi
sulla porta chiusa.
“Visto?
Ve l'avevo detto!” disse Alex con aria trionfante.
“Alex,
razza di deficiente, ti sembra il momento? Piuttpsto vai da Cathleen!
Vorrà vedere solo te, dato che eri l'unico a non essere
d'accordo con noi!” strillò Tiffany.
Lui
sbuffò e si alzò controvoglia. Non gli piaceva l'idea
di vagare per la scuola con i capelli completamente scompigliati.
Senza il suo codino si sentiva a disagio, si era slegato i capelli
solo per sdraiarsi nel letto.
E
poi non aveva nessuna voglia di stare dietro a Cathleen. Certo, era
una sua amica, le voleva bene e amava scherzare con lei, ma dopo
averle chiesto l'appuntamento con Lionel, cercava di evitare di stare
da solo con lei o di iniziare un discorso serio, si sentiva ancora in
imbarazzo.
Mentre
si aggirava per i corridoi, ancora frastornato, si ricordò che
Cathleen, quando si arrabbiava, diventava una iena: era isterica,
dava di matto e non dava retta a nessuno.
A
migliorare la situazione, fuori si era alzato un vento leggero ma
pungente. E lui non aveva la giacca.
Ma
perché era uscito da quella stanza? Poteva benissimo rimanere
sdraiato, tanto a Cathleen prima o poi sarebbe passata!
Il
bordo della fontana era freddissimo, ma Cathleen quasi non se ne
accorse. Si sedette con lo sguardo perso nel vuoto, la mente
attraversata da mille pensieri.
Si
sentiva tradita da sua sorella e dal suo migliore amico, non pensava
che sarebbero stati capaci di farle un simile torto. Eppure le
sembrava di essere stata abbastanza chiara con loro, non aveva
nessuna intenzione di partecipare a quegli stupidi provini per cui
tutte le ragazze erano estremamente eccitate. All'inizio pensava che
loro l'avessero accettato, che se ne fossero fatti una ragione,
invece ora tornavano alla carica. La volevano costringere a fare
qualcosa che non voleva, non le stavano lasciando scelta e questo non
era un comportamento da amici. Ma davvero pensavano di renderla
contenta in quel modo? Non avevano capito niente dell'amicizia, non
avevano capito niente di lei.
Mentre
stringeva rabbiosamente il bordo della sua maglia, immersa in quei
pensieri, avvertì una mano posarsi sulla sua spalla. Sobbalzò
e sollevò lo sguardo, ritrovandosi faccia a faccia con Alex.
Nella penombra era ancora più bello, con i capelli sciolti e
arruffati e gli occhi luminosi e profondi.
Le
tornò alla mente ciò che aveva provato pochi minuti
prima, mentre giocavano nella stanza di Tiffany.
“Che
ci fai qui?” gli chiese, rendendosi subito conto di aver usato
un tono troppo acido.
Lui
si sedette al suo fianco. “Vuoi che me ne vada? Tanto non lo
faccio comunque.”
Cathleen
si ritrovò a sorridere debolmente. “Tu non eri d'accordo
con loro, vero?”
“No,
per niente. Ho sempre pensato che dovevano lasciarti libera di fare
le tue scelte.”
“Esatto!
Mi fanno davvero incazzare, sapevano che non mi avrebbe fatto
piacere, eppure hanno fatto lo stesso quello che volevano.”
Lui
lasciò trascorrere alcuni secondi prima di rispondere. “Sapevo
che sarebbe andata a finire così. Immagino che tu adesso non
li voglia neanche vedere, vero?”
“No,
infatti spero che non vengano a cercarmi... ma sono felice di avere
qualcuno che mi capisce, un certo Alex!”
Capì
che stava sorridendo anche se non lo stava guardando.
“Passerà
anche questa Cat, vedrai.”
In
quel momento Cat si rese conto che Alex stava tremando.
“Ehi,
ma stai tremando! Hai freddo?” si preoccupò subito.
“No,
tranquilla, non fa niente” la rassicurò lui
rabbrividendo.
“Non
dire idiozie, potresti ammalarti! Vieni qui.”
Detto
questo, lo attirò a sé e lo abbracciò per
riscaldarlo.
Non
sapeva da dove venisse tutta quella naturalezza e quel coraggio, ma
sentire quel ragazzo così vicino la faceva scoppiare dalla
gioia. Si sentiva capita da Alex, sentiva che si stava avvicinando a
lei con tanta dolcezza e questo le bastava per farle scordare il
resto del mondo. Non voleva che quel momento finisse.
Intanto
Alex, avvolto da una leggera t-shirt, continuava a tremare e cercava
di trarre più calore possibile dalla sua amica.
“Grazie”
mormorò dopo un po'.
“Non
mi devi ringraziare, non potevo certo farti momire di freddo!”
minimizzò lei.
Rimasero
in quella posizione per un tempo che a Cathleen sembrò troppo
breve. Intanto Alex aveva smesso di tremare e abbracciava la ragazza
a sua volta.
“Sei
ancora arrabbiata?” le chiese dopo un tempo indefinito.
“Non
lo so e non m'importa ora” rispose prontamente lei.
“Mi
sa che si è fatto tardi, domani dobbiamo alzarci presto...”
Cathleen
non voleva che tutto finisse, lei stava benissimo e sarebbe rimasta
lì con lui tutta la notte, ma dovette riconoscere che il
ragazzo aveva ragione, dovevano andare a letto.
“Okay,
hai ragione.”
Le
costò molta fatica staccarsi da lui. Si alzarono e si
guardarono negli occhi.
“Grazie
Alex, ora sto molto meglio, grazie per avermi tenuto compagnia.”
“Ma
dai, tu mi hai riscaldato, è il minimo che potessi fare!”
Cathleen
avrebbe tanto voluto azzerare la distanza tra loro e baciare quel
ragazzo splendido che la osservava con gli occhi che brillavano, era
il suo desiderio fisso da quando l'aveva visto per la prima volta,
eppure si limitò ad abbracciarlo timidamente. Qualcosa le
diceva che non era il momento giusto.
“Buonanotte
Cat” sussurrò lui, stringendola a sé.
“Buonanotte.”
Mentre
saliva in camera, Cathleen avvertì l'ipnotico odore di Alex
sui suoi vestiti.
Era
mezzanotte passata quando si mise a letto. Lisa ed Alice dormivano
profondamente.
I
suoi ultimi pensieri prima di addormentarsi non erano rivolti alla
lite con Lionel e Tiffany, bensì a quel tempo passato assieme
ad Alex, a tutta la dolcezza che traspariva da ogni suo gesto, a
tutto il supporto che le aveva dato e al suo sguardo magnetico che la
incantava ogni volta.
E
sprofondò nel sonno con un dolce e tenue sorriso sulle labbra.
*
* *
Ciao
a tutti! :)
Notate
per caso delle differenze di stile tra questo capitolo e quelli
precedenti?
Questo
capitolo è stato scritto proprio oggi, è nuovo, mentre
gli altri erano già pronti da anni.
Se
notate che sono peggiorata nella grammatica o nello stile, se trovate
qualche differenza, non esitate a farmelo sapere, sono curiosa di
sapere il vostro parere! ;)
Ne
approfitto per ringraziare chi segue la storia e chi la recensisce,
grazie a voi ho rivalutato una storia che pensavo di cestinare!
Grazie davvero! :3
Soul
♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
Cathleen
era davvero confusa quella mattina. Ce l'aveva con Lionel e Tiffany
ed era nervosa, ma allo stesso tempo era al settimo cielo per la
serata passata con Alex. Forse aveva qualche possibilità con
lui, non le
sembrava
vero, lui le piaceva davvero tanto e la sola idea di stare con lui la
faceva impazzire dalla gioia.
Durante
la pausa pranzo decise di sedersi in disparte per ripassare per la
verifica di storia.
Mentre
rileggeva un paragrafo e sorseggiava la sua acqua, avvertì una
presenza al suo fianco e sollevò lo sguardo. Lionel aveva
appoggiato il suo vassoio sui tavolo e si era seduto sulla sedia
accanto alla sua.
“Lionel.”
“Cathleen.”
La
ragazza abbassò leggermente lo sguardo, non riusciva a
guardarlo negli occhi.
“Che
ci fai qui?” domandò in tono piatto.
Lui
afferrò un muffin ai cioccolato dall'aspetto delizioso dal suo
vassoio e lo posò in quello di Cathleen, proprio sotto i suoi
occhi increduli.
“Sono
venuto per chiederti scusa e per darti questo” affermò
con molta serietà, indicando il dolcetto.
Lei
lo osservò con perplessità, incapace di parlare.
“Io
e Tiff abbiamo capito il nostro errore e ci siamo pentiti, volevamo
prendere una decisione al posto tuo nonostante conoscessimo il tuo
punto di vista. Volevamo farti una bella sorpresa, ma abbiamo
sbagliato tutto” proseguì Lionel, un po' esitante.
“Sapevate
che quel provino non mi interessava...” mormorò lei,
cercando di non fargli capire che avrebbe solo voluto sorridergli e
dimenticare tutto.
“Non
preoccuparti per il provino, se non lo vuoi fare puoi sempre non
presentarti, volevo solo scusarmi con te perché non sopporto
vederti così giù, soprattutto se la causa di tutto sono
io.”
A
quei punto Cathleen non poté più resistere, si sciolse
in un radioso sorriso e abbracciò il suo amico.
Aveva
capito che la sua reazione era stata esagerata, in non era necessario
prendersela così. E poi Lionel era stato molto dolce, aveva
fatto di tutto per farsi perdonare e lei lo apprezzava molto.
“Lion...”
mormorò.
“Mi
perdoni?” le chiese in tono supplichevole.
“Mi
hai portato un muffin al cioccolato, come faccio a non perdonarti?”
esclamò lei sciogliendo l'abbraccio.
Lionel
si limitò a sorridere, ma dentro di sé faceva i salti
di gioia.
Quando,
il giorno prima, l'aveva vista andare via come una furia, gli era
venuto un nodo in gola, per un momento aveva pensato di averla persa.
Vedere il suo sorriso ed essere avvolto da un suo abbraccio era il
dono migliore che potesse ricevere.
I
due ragazzi pranzarono assieme e scherzarono come avevano sempre
fatto. In poco tempo avevano stretto un'amicizia che un semplice
litigio come quello non avrebbe mai potuto scalfire.
“Sai,
ieri tuo fratello è stato dolcissimo con me” raccontò
Cathleen.
Il
cuore di Lionel perse un battito. Già, suo fratello. Ormai
aveva quasi la certezza che Alex ci provasse con lei e non lo poteva
sopportare. Certo, suo fratello non poteva sapere che lui aveva una
cotta per Cathleen, non voleva neanche rivelarglielo, ma non riusciva
a vedere quei due assieme e rimanere indifferente. Si sentiva
impotente e non sapeva come agire. A chi poteva chiedere un
consiglio?
“Ah
sì?”
“Sì!
Mi ha consolato, mi ha fatto calmare e poi mi ha tenuto compagnia. È
davvero una brava persona, ma penso che questo tu lo sappia già!”
raccontò la ragazza.
“A
volte è bravo, sì, ma solo quando vuole lui...”
“Si
vede che siete fratelli, buoni allo stesso modo!”
Lionel
rischiò di soffocare a quelle parole. “Io e lui abbiamo
pochissime cose in comune. Forse al momento non lo dà molto a
vedere, ma io lo conosco e ti posso assicurare che è molto
egoista.”
“Ma
dai, perché tutti avete una brutta opinione di lui? A me
sembra un bravissima persona!”
“Io
te lo sto dicendo perché lo conosco da tredici anni, ma poi
ognuno ha le sue idee...”
A
Cathleen sembravano tutte assurdità, stava imparando a
conoscere Alex e non credeva a una sola parola di quel che le aveva
detto il suo amico. Alex non era un egoista, punto.
“300
grammi, bisogna metterne 300!”
“Ma
stai scherzando? Con tutto quello zucchero verranno dolcissimi!
Dobbiamo metterne 200 al massimo!”
“Cosa?
Ma non ci penso nemmeno, mia madre ne mette sempre 300 grammi e
vengono buonissimi, quindi io li farò come mi ha insegnato
lei!”
“Mi
sorprende che non vi sia ancora venuto il diabete!”
Era
sabato, mancava una settimana all'Help Day e Cathleen e Lisa si erano
riunite per provare la ricetta dei biscotti. Ma non riuscivano a
mettersi d'accordo per la dose dello zucchero.
“Cosa
sta succedendo? Si sentono le vostre urla dal cortile!” domandò
Lionel facendo irruzione nella stanza.
“300
grammi di zucchero! Ma ti rendi conto della dose che vuole mettere?
Saranno troppo dolci!” esclamò Cathleen.
“Mia
madre mi ha insegnato così, io seguo la sua ricetta! 200
grammi sono troppo pochi, decisamente!” ribatté Lisa,
prendendo la confezione dello zucchero.
“Ma
voi vi comportate sempre così quando siete nella vostra
stanza?” si informò il ragazzo.
“Sì,
noi discutiamo per tutto, non siamo quasi mai d'accordo”
rispose Lisa.
“Povera
Alice, non la invidio per niente! Ah, e comunque potete mettere 250
grammi di zucchero, una via di mezzo, così sarete tutte e due
accontentate, no?” propose Lionel, come se fosse la cosa più
ovvia da fare.
Le
due amiche si scambiarono un'occhiata.
“Sai
che non ci avevo pensato?” disse Cathleen.
“È
questo il vostro problema: non cercate mai una via di mezzo, volete
avere la ragione assoluta!” constatò il ragazzino
prendendo posto su una sedia.
“Senti,
mocciosetto, tu non hai intenzione di provare a fare un po' di
limonata?” domandò Lisa mentre pesava la farina.
“No,
improvviserò, non ci vuole molto.”
“E
avvelenerai sicuramente qualcuno, sì” lo rimproverò
Cathleen con un sospiro.
“Ragazze,
come sta andando?” esordì Tiffany entrando di corsa.
“Abbiamo
passato un quarto d'ora a discutere sullo zucchero...
complessivamente siamo parecchio indietro” spiegò sua
sorella.
“Oh,
ma siete assurde, non cambierete mai! Sentite, stavo parlando con il
gruppo che ha organizzato la lotteria, io gli ho raccontato della
vostra iniziativa e mi hanno chiesto se potete mettere a disposizione
un po' dei vostri biscotti come premio.”
“Certo,
per me va bene. Cat, tu che ne dici?”
L'altra
annuì.
“Sono
pronti i biscotti?” chiese Alex entrando nella stanza.
“No,
abbiamo appena cominciato, ma se ci aiuti finiamo prima!”
esclamò Lisa lanciandogli un grembiule da cucina dritto in
faccia.
Tutti
adoravano prenderlo in giro, soprattutto Lisa e Tiffany. Alex non
aveva fatto una buonissima impressione a nessuna delle due, lo
consideravano simpatico, ma il suo carattere e il suo atteggiamento
non ispirava sicurezza. Sembrava comportarsi con superiorità e
non pareva intenzionato a stringere dei rapporti profondi.
E
Lisa non sopportava il fatto che proprio Cathleen si fosse presa una
cotta per lui, insomma, c'era di meglio!
“Che
palle, siete di una lentezza unica!” protestò lui,
rilanciando il grembiule alla ragazza che impastava.
“Alex!
Sei un cretino!” gridò lei.
“Grazie
Lisa, ogni volta mi riempi di complimenti...”
“Te
li meriti tutti, caro!”
“Adesso
che siete tutti qui, ne approfitto per invitarvi nella nostra camera
dopo cena, faremo una specie di biscotti party, d'accordo?”
li interruppe Cathleen.
“Che
bella notizia!” esultò Alex, che non aspettava altro.
“Alex,
al posto di restare qui fermo di fronte alla porta come una mummia
egizia, perché non vai ad avvisare Ben del biscotti party?”
propose Tiffany in tono ironico.
“Uff,
ma io adesso non ne ho voglia!” si lamentò lui, come
sempre.
“Ah,
ma non sai fare altro che lamentarti? Sparisci, ciao!” lo
cacciò Tiffany, spingendolo in corridoio e chiudendogli la
porta in faccia.
“Simpatica,
eh!” commentò lui, poi si diresse verso le scale che
portavano al piano di sotto.
Lui
era convinto che Tiffany scherzasse sempre con lui, non pensava
davvero ciò che gli diceva, era solo un modo diverso per
dimostrargli il suo affetto. Prima o poi sarebbe riuscito a
conquistarla, lei avrebbe lasciato quel buono a nulla del suo ragazzo
e allora lui sarebbe stato pronto ad agire.
“Hanno
un aspetto magnifico!” si complimentò Lionel quando le
ragazze portarono fuori i biscotti.
“E
hanno un odore davvero invitante!” aggiunse Alex con gli occhi
fuori dalle orbite.
“Okay,
che ne dite di assaggiarli?” propose Tiffany.
“Speriamo
di aver fatto un buon lavoro! Qui ci sono quelli classici, al cocco,
al cioccolato e all'arancia!” elencò Cathleen, indicando
i vari tipi uno per uno.
“E
detto questo, buon appetito!” esclamò Lisa
impossessandosi di un biscotto al cocco come se non toccasse cibo da
una settimana.
Si
trovava un po' a disagio con Ben nei paraggi, da quando avevano
parlato, lei non aveva ancora deciso come agire, ma si era accorta
che lui stava imparando a tener testa a Tracy e non era più
suo prigioniero.
La
verità è che non vedeva l'ora di riabbracciare il suo
Ben, ma aveva fatto un casino troppo grande, sia con lui, sia con
Angel, ancora convinto di essere il suo ragazzo.
Quando
i ragazzi assaggiarono i biscotti, diventarono dei piranha. Tutti
sapevano che quei dolcetti non sarebbero durati a lungo.
Tutti
si complimentarono con Cathleen e Lisa.
“Farete
un successone, la vostra sarà la bancarella migliore!”
affermò il ragazzino più piccolo, mentre addentava un
biscotto al cioccolato.
“Vedi,
la dose dello zucchero era perfetta!” disse Lisa, rivolgendo
un'occhiata complice a Cathleen e Lionel.
Alle
dieci e mezza il gruppo si dovette dividere e ognuno tornò
nella propria stanza. Tiffany si accingeva a salire le scale
quando si sentì chiamare.
“Ehi
Tiff, aspetta!”
La
ragazza si voltò e scoprì che Ben si stava dirigendo
verso di lei.
“Ben,
che c'è?” domandò, fermandosi in mezzo al
corridoio.
“Ho
bisogno di un consiglio” annunciò lui. Sembrava nervoso
e un po' in imbarazzo.
Ben,
dopo quel lungo e straziante periodo di distanza da Lisa, non sapeva
più come comportarsi e aveva bisogno di un consiglio. Alex non
gli era stato di nessun aiuto, come sempre, lei era perfetta perché
era una ragazza e lui aveva bisogno di un punto di vista femminile,
poi era una di quelle persone che sanno sempre affrontare ogni
situazione nel modo migliore.
“Ah,
in questo caso non ho nessuna intenzione di rimanere qui, andiamo al
piano di sotto, nell'atrio, tanto è sempre deserto a
quest'ora!” disse la ragazza dirigendosi verso le scale.
ben
la seguì e si ritrovarono seduti sul pavimento dell'atrio, in
un angolo, con la schiena addossata al muro.
“Allora,
qual è il tuo problema?” chiese Tiffany, stringendosi le
ginocchia al petto e scrutandolo con attenzione.
“Lise”
si limitò a rispondere lui, con un sospiro rassegnato.
“Lo
immaginavo. Sai, non mi piace per niente il suo comportamento, a
volte si comporta proprio da immatura!”
“È
questo il mio problema. Lei non è stupida, solo un po' troppo
orgogliosa, so che ha capito i suoi errori e vorrebbe tornare
indietro per porvi rimedio, ma non sa come fare e io non so come
aiutarla” spiegò Ben.
“So
cosa intendi. Sai qual è stato il suo errore più
grande? Coinvolgere Angel. Insomma, io posso capire che ce l'avesse
con te e tutto il resto, ma non c'era bisogno di mettere in mezzo un
ragazzo innocente e prendersi gioco di lui!”
“Sono
rimasto un po' deluso da questo suo gesto, sinceramente non pensavo
che potesse arrivare a tanto... ma io tengo davvero tantissimo a lei,
ho imparato a conoscere e accettare queste sue mosse avventate e la
amo così, per quella che è, non sopporterei di
perderla...”
“Accidenti
Ben, si vede che ci tieni proprio tanto, all'apparenza non sembri un
ragazzo così sensibile...” mormorò lei, commossa
dal modo in cui gli brillavano gli occhi quando parlava di Lisa. In
quel momento si rese conto di quanto poco conoscesse quel ragazzo,
nonostante ci passasse assieme ogni sua giornata.
“Chi
mi conosce bene mi dice che sono sensibile, dolce e troppo buono e
paziente, solo che non lo do molto a vedere...”
“Invece
non dovresti nasconderlo, sono qualità importanti e
bellissime! Oggi mi sono resa conto che sei una persona migliore di
quel che pensavo e ti apprezzo molto di più!” affermò
lei con sincerità.
“Grazie
Tiff. È da tempo che nessuno mi ascoltava come hai fatto tu”
ammise Ben. Era così felice di potersi sfogare liberamente con
qualcuno e mostrarsi per quello che era! Con Alex e gli altri suoi
amici non era mai stato così naturale, in Tiffany vedeva
quell'amica sempre pronta ad ascoltarlo, dargli qualche consiglio e
sostenerlo in tutto. In sua compagnia non si sentiva in dovere di
fingere
“Ben,
tu puoi sempre contare su di me, qualsiasi cosa accada! Che non ti
venga in mente di tenerti tutto dentro, non ti fa per niente bene! Io
per Lise ti consiglierei di fare tu la prossima mossa, se aspettiamo
a lei fai in tempo a diventare maggiorenne che lei non ha ancora
preso una decisione! Dille chiaramente quello che vuoi, ovvero
tornare con lei. E incitala a prendere una decisione al più
presto. Capito?”
Ben
annuì. Gli piacevano i consigli di Tiffany, li avrebbe senza
dubbio messi in pratica.
Entrambi
si alzarono da terra e si scambiarono un sorriso complice.
“Grazie
per avermi ascoltato, ma non voglio che tu mi faccia da psicologa. Io
sono tuo amico, quindi se hai bisogno di sfogarti o di un consiglio,
puoi contare su di me” sussurrò Ben.
“Grazie
a te per esserti aperto con me e avermi mostrato chi sei”
rispose lei, abbracciandolo istintivamente.
Chiunque
avrebbe potuto fraintendere vedendo quella scena dall'esterno, ma
loro sapevano ciò che provavano. I loro cuori erano entrambi
rivolti ad altre persone, tra loro si stava creando solo una semplice
e sincera amicizia.
Mentre
saliva i gradini del dormitorio maschile, Ben ebbe la certezza che
fino ad allora non aveva avuto idea di cosa fosse veramente
l'amicizia. Capì che non si trattava solo di rendere felici
gli altri, ma anche se stessi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
Quella
sera, dopo cena, Lisa e alcune sue compagne si erano riunite
nell'atrio dei dormitori femminile, che talvolta fungeva da luogo di
ritrovo. Non avevano voglia di studiare, preferivano piuttosto
rilassarsi e scambiarsi confidenze e pettegolezzi.
“È
molto carino, penso che sia interessato a me, quindi dovrei provare a
conoscerlo meglio” stava raccontando Kate, mentre sfogliava un
catalogo di abbigliamento.
“Oh
sì, e magari potresti chiedergli se ha qualche amico carino
per me...” aggiunse Cindy con entusiasmo.
“Ragazze,
invece io non so proprio cosa fare con Ben...” sospirò
Lisa.
“In
che senso?” domandò Kate curiosa.
La
ragazza raccontò tutta la storia, constatando che le sue
compagne ne conoscevano già gran parte.
Sì,
erano pettegole nate.
“Lisa,
che casino! Io ti consiglio di lasciar perdere sia Angel che Ben”
commentò subito dopo Sarah, intenta a dipingersi le unghie di
rosso.
“Perché
dovrei lasciar perdere Ben? Io sono ancora innamorata di lui!”
obiettò l'altra.
“Come,
non l'hai saputo?” domandò Sarah, quasi scandalizzata.
“Che
cosa?”
“Ecco...
qualche giorno fa, mi pare fosse sabato, Ben è stato visto
dopo cena proprio qui, nell'atrio, mentre abbracciava una ragazza...”
raccontò la ragazza in tono cospiratorio. Sembrava godere
dello stupore di Lisa, che non poteva credere alle sue orecchie.
“Il
testimone non ne è del tutto certo, ma a quanto pare i due si
sono baciati! E indovina chi è la ragazza in questione!”
proseguì Sarah, mentre a ogni parola il cuore di Lisa
sprofondava sempre più in un mare di rabbia e delusione.
“Non
ci crederai! Era la sorella di Cathleen!” concluse la sua
interlocutrice in un sussurro, come se si trattasse di un segreto
inconfessabile.
“Cooooosa?
Tiffany?” riuscì solo a dire la povera Lisa con voce
strozzata.
“Mi
dispiace, Lisa!” esclamò Sarah in tono falso e
melodrammatico.
“Beh,
mi fa piacere sapere che non ci ha messo molto a rimpiazzarmi! È
uno stronzo, mi fa schifo!” sbottò l'altra, furiosa e
indignata.
Le
si era formato un nodo in gola, aveva voglia di piangere, ma non di
fronte alle sue compagne, che in fondo erano solo semplici
conoscenti, nulla di più.
Così
farfugliò la prima scusa che le venne in mente e corse in
camera sua, dove Cathleen stava ripassando.
Varcata
la soglia, si tuffò sul letto e scoppiò a piangere a
dirotto. La sua amica, che non riusciva a capire che cosa fosse
successo, si sistemò accanto a lei, la abbracciò e le
chiese spiegazioni.
“Ben
ha baciato un'altra!” singhiozzò Lisa dopo circa un
minuto.
Cathleen
rimase sconvolta da quella dichiarazione. “Non ci credo, dimmi
che è uno scherzo!”
“Magari
lo fosse!”
La
ragazza bionda tenne la sua amica tra le braccia, in silenzio, in
attesa che si tranquillizzasse.
Parlarono
a lungo dell'accaduto, ma Lisa non rivelò mai chi fosse la
ragazza che aveva baciato Ben.
Il
tempo trascorse in fretta e, senza che nessuno se ne rendesse conto,
arrivò l'Help Day.
Lionel
era assurdamente in ritardo con la produzione della limonata, aveva
tralasciato tutto a quella mattina pensando di finire tutto in poco
tempo, ma non aveva tenuto conto dei vari imprevisti che poteva
incontrare durante la preparazione.
“Lionel,
datti una mossa! Tra mezz'ora dobbiamo iniziare a vendere e non
abbiamo nemmeno un goccio di limonata!” gridò suo
fratello dal cortile, affacciandosi alla finestra della piccola
stanza messa a disposizione dalla scuola apposta per l'occasione.
Alex
e Ben erano già pronti, avevano un carrello colmo di bicchieri
e aspettavano con impazienza il primo carico.
“Sì,
tra cinque minuti sarà pronta! Ma dove sono i limoni?”
borbottò il ragazzo girando per lo stanzino come una trottola
impazzita.
“Sei
sempre il solito, se l'avessi preparata io, di certo non sarebbe
andata a finire così...” si lamentò Alex
sbuffando come un treno.
“Alex
e la sua infinita modestia” commentò Ben ironicamente,
mentre alzava gli occhi al cielo.
Intanto
un professore aveva cominciato a parlare al microfono per annunciare
l'inizio dell'Help Day.
“Oh
cazzo... Lionel, se non ci dai adesso la limonata, giuro che vengo
dentro e ti faccio ingoiare quei limoni interi!” minacciò
il fratello maggiore.
Lionel
si passò una mano sulla fronte, in preda alla disperazione.
Odiava quella maledetta limonata!
“Bellissima!”
esclamò Cathleen, portando fuori il cellulare per scattare una
foto alla bancarella.
Lei
e Lisa si erano impegnate tantissimo per allestirla ed erano
soddisfatte del risultato finale. Avevano steso su un tavolo una
tovaglia a quadretti rossi e bianchi, come quelle dei picnic, e vi
avevano posizionato sopra dei cestini di vimini con i vari tipi di
biscotti. Davanti avevano affisso un cartello colorato che annunciava
prezzo e gusti dei biscotti e, per ripararsi dal sole, completava il
quadretto una tenda a righe bianche e rosse, abbinata alla tovaglia.
“È
la bancarella più bella!” commentò Lisa con gli
occhi che le brillavano.
Quando
il professor McKarty annunciò l'inizio della giornata, gli
studenti cominciarono ad avvicinarsi al loro stand.
Sarebbe
stata una giornata lunga e faticosa.
“È
pronta!” annunciò Lionel, mentre un rivolo di sudore gli
colava sulla fronte. Faceva un caldo terribile e suo fratello non
aveva smesso di urlargli contro neanche un minuto. Non ne poteva più,
era stato tentato di lanciargli un limone in faccia, ma si era
trattenuto grazie alla sua grande pazienza.
“Sbrigati,
non abbiamo tempo!” sbraitò Alex afferrando la brocca
che il ragazzino gli porgeva.
Avrebbe
tanto voluto riposarsi, ma sapeva che presto i suoi amici sarebbero
tornati a chiedere altra limonata, quindi doveva mettersi all'opera.
Inizialmente
quell'iniziativa gli era piaciuta un sacco, ma ora l'idea di rimanere
tutto il giorno dentro quello stanzino claustrofobico a spremere
limoni non gli sembrava per niente allettante. Avrebbe preferito di
gran lunga venderla al posto di suo fratello, a cui non andava bene
nulla.
Già,
suo fratello, colui che si stava portando via Cathleen.
Alex
e Ben cominciarono ad aggirarsi per il grande piazzale con il loro
carrello.
“Alex,
non l'abbiamo nemmeno assaggiata, non sappiamo nemmeno se è
venuta buona...” fece notare Ben.
Ma
proprio in quel momento un loro compagno, Philip, si avvicinò
al loro carrello.
“Phil,
vuoi un bicchiere di limonata?” domandò Alex.
“Ehi
Alex! Certo!” acconsentì l'altro.
“Sei
il nostro primo cliente. La cavia, diciamo” annunciò Ben
mentre riempiva un bicchiere.
Philip
lo prese e bevve un sorso.
La
sua espressione in quel momento era comica e indescrivibile.
Philip
sputò a terra la limonata, disgustato.
“Ehm...
ma siete sicuri di aver messo lo zucchero? Fa schifo!” esclamò.
“Lionel...
io lo ammazzo!” ringhiò Alex, afferrando la brocca e
dirigendosi verso lo stanzino a grandi falcate.
“Poveri
noi... Phil, mi dispiace, prova a passare più tardi. Intanto
ti consiglio di avvicinarti alla bancarella di biscotti di due mie
amiche, si trova vicino alla biblioteca” cercò di
rimediare Ben con gentilezza.
“Va
bene” rispose l'altro ragazzo allontanandosi.
Oh,
andava tutto così male!
Tiffany
si aggirava per il piazzale sotto il sole di mezzogiorno; faceva un
caldo pazzesco.
Dalle
casse venivano diffuse le hit dell'estate appena trascorsa e in ogni
angolo si potevano scorgere decine di stand variopinti.
Aveva
preso un numero della lotteria, visitato una mostra fotografica alla
quale si poteva accedere lasciando un'offerta, sostenuto le
iniziative dei suoi amici, acquistato un braccialetto fatto a mano
dalla bancarella di una ragazza di nome Rebecca, assistito a un
numeri di magia con le carte, vinto un peluche ad un rudimentale tiro
al bersaglio... aveva fatto così tante cose che non se le
ricordava nemmeno.
Ora
aveva il compito di prendere il pranzo per tutti i suoi amici e
portarglielo. Lei aveva scelto di fare la loro assistente per
qualsiasi problema o necessità, si aspettava che prima o poi
Ben e Alex combinassero qualche disastro.
Ma
c'era qualcosa che in quel momento la turbava. Mentre passeggiava
sotto i grandi pini, ripensava al comportamento di Simon negli ultimi
giorni. La loro relazione andava avanti ormai da più di un
mese, anche se portarla avanti a distanza non era facile. Ma con il
passare del tempo avevano creato un equilibrio e entrambi erano
felici.
Solo
che, nell'ultimo periodo, Simon le era sembrato molto distaccato,
cercava spesso delle scuse per non videochattare o chiamarla al
cellulare e si faceva sentire sempre meno anche per messaggi. Tutto
ciò non presagiva nulla di buono.
Lei
si limitava a sorridere e mostrarsi sempre tranquilla e di buonumore,
non voleva rovinare quella bellissima giornata ai suoi amici, ma
nella sua mente turbinavano mille dubbi.
Alex
non ne poteva più di trascinare quel carrello per tutta la
scuola, faceva davvero troppo caldo e non vedeva l'ora che
quell'incubo finisse.
Erano
ormai le cinque e mancava un'ora alla conclusione dell'Help Day.
Avevano venduto un sacco di limonata e il ragazzo, grondante di
sudore, si abbandonò di peso sulla maniglia del carrello.
“Staccati,
il tuo peso potrebbe sbilanciarlo e far cadere tutto” lo
rimproverò Ben stancamente, passandosi una mano tra i capelli.
“Uff,
sei sempre il solito pessimista...” ribatté Alex senza
seguire il suo consiglio.
Passarono
alcuni minuti senza che nessuno dei due aprisse bocca.
Ad
un certo punto si sentì qualcuno da uno stand gridare;
“Attento!”, ma ormai era troppo tardi.
Una
pallina da tennis arrivò a tutta velocità proprio in
faccia ad Alex e lo destabilizzò completamente. Il ragazzo,
per non cadere, si aggrappò con tutta la sua forza alla
maniglia del carrello. Siccome quest'ultimo era piuttosto leggero, si
impennò bruscamente e la brocca colma di limonata che vi era
sopra si rovesciò addosso al povero Alex, bagnandolo
completamente.
“Oh
merda...” riuscì a mormorare, guardandosi attorno con
imbarazzo.
Gli
studenti che avevano assistito alla scena erano scoppiati a ridere
come iene, non tanto per prendere in giro il loro compagno, ma la
scena in sé era stata troppo esilarante.
Ben,
cercando di trattenere le risate, soccorse subito il suo amico.
Rimise a posto il carrello e la caraffa, rilanciò la pallina
da tennis da dove era arrivata e gli ordinò di andare a farsi
una doccia, al resto ci avrebbe pensato lui.
“Guardami,
sono ricoperto di limonata! Sembro un idiota! Tutta colpa di quei
tizi del bowling con i barattoli... e ora devo attraversare il
cortile della scuola fino ai dormitori conciato così!”
sbottò Alex con disperazione.
“E
basta, smettila di lamentarti per ogni cosa, sei insopportabile
quando ti comporti così! Non sarà piacevole, ma è
capitato, non c'è bisogno di farne una tragedia! Hai paura di
decimare l'immenso impero di fan che ti corre dietro facendoti vedere
in questo stato? Fammi un favore, vai a farti una doccia e tieni la
bocca chiusa!”
Perfino
Ben rimase sorpreso da ciò che aveva appena detto. Di certo
non era da lui esplodere in quel modo, era fin troppo bravo ed
educato per fare una cosa del genere, ma Alex gli aveva davvero fatto
perdere la pazienza quel giorno. Ormai lo conosceva da un sacco di
tempo e non aveva passato un solo giorno senza sorbirsi le sue
continue lamentele.
Mentre
Ben spingeva il carrello fino allo stanzino di Lionel per prendere
altra limonata, Alex si incamminò il più in fretta
possibile verso i dormitori. Aveva l'impressione che tutti lo
stessero osservando e ridessero di lui, non lo poteva sopportare.
Inoltre non gli era piaciuto affatto il comportamento di Ben, erano
amici da tempo e non aveva mai sbottato in quel modo. Ma che voleva
da lui? Gli sembrava di essere stato sempre un buon amico.
Sì,
decisamente quella era la giornata peggiore di tutta la sua carriera
scolastica.
Dopo
cena, i sei amici si ritrovarono in pineta, in cui si sarebbe tenuto
il concerto per raccogliere fondi per la festa di Halloween.
Ognuno
aveva raccontato la propria giornata: Cathleen e Lisa, dopo aver
venduto biscotti per tutto il giorno, avevano fatto giusto in tempo a
smontare il loro stand, fare una doccia e mangiare qualcosa; Alex,
dopo essere salito in camera sua per farsi la doccia, non si era
fatto vivo fino a quel momento; Ben, dopo aver finito con la
limonata, aveva aiutato Lionel a ripulire lo stanzino, poi entrambi
si erano recati nelle loro stanze per lavarsi e rilassarsi un po'.
Era
stata una giornata stancante, ma alla fine tutti sfoggiavano un
sorriso soddisfatto sui visi colorati dal sole. Tutti tranne Alex,
ancora di malumore per la sua figuraccia e non aveva trovato nulla di
positivo nella giornata appena trascorsa.
Lo
spettacolo iniziò con le estrazioni dei numeri della lotteria.
Tutti e sei ne avevano acquistato uno, ma nessuno vinse un premio.
Poi
iniziò il concerto. Suonarono varie band di ragazzi, tutti
molto talentuosi, poi un gruppo di studenti fece freestyle su basi
registrate.
Tra
il pubblico si respirava aria di festa, di allegria, sui visi degli
alunni spuntarono enormi sorrisi entusiasti e gli artisti sul palco
realizzarono un sogno, suonare davanti a un pubblico e farsi
conoscere un po'.
Nessuno
avrebbe voluto che quella grande festa finisse.
Cathleen,
che era riuscita ad ottenere un bel posto quasi in prima fila,
osservava i cantanti e i musicisti quasi ipnotizzata. Erano così
coraggiosi, determinati, pieni di passione... lei li stimava tanto.
Le
tornò in mente l'audizione a cui si era categoricamente
rifiutata di partecipare. Anche lei, come quei ragazzi, aveva la
possibilità di dimostrare le proprie doti e la propria
passione, eppure stava facendo di tutto per evitarla. All'improvviso
si sentì infinitamente stupida.
Voleva
provarci, non aveva nulla da perdere. Probabilmente non l'avrebbero
mai presa, e a lei non interessava, era comunque un'esperienza di
vita e si sarebbe divertita a fare le prove.
Sorrise.
Era immensamente grata a Lionel e Tiffany.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo
10
Tiffany
fece un sorriso tirato allo specchio. Non aveva nessuna voglia di
andare alla festa di Halloween quella sera, ma doveva farlo. Per lei
e per i suoi amici.
Per
l'occasione aveva messo insieme tutto ciò che era riuscita a
trovare per travestirsi da cadavere. Okay, il risultato finale non
era dei migliori, non aspirava certo a vincere il primo premio al
concorso, ma le regole erano quelle: costumi fatti a mano.
Mentre
si impiastricciava il viso di rossetto in modo che sembrasse
insanguinato, pensava.
Aveva
discusso con Simon, molto violentemente. Era iniziato tutto per
telefono, per una ragione futile, poi era continuato per messaggi,
finché lei non aveva perso la pazienza e non gli aveva più
risposto.
Non
doveva pensarci, quella sera avrebbe ballato con i suoi amici e si
sarebbe divertita. Lui non le avrebbe rovinato la serata!
“Tiff,
come sto?” esordì Cathleen, irrompendo nella camera di
sua sorella.
Si
era travestita da scolaretta in versione horror, con la divisa
scolastica stracciata e la cartellina insanguinata. Nel complesso era
davvero un bel lavoro!
“Sei
fantastica, e soprattutto molto originale!” si complimentò
la sorella maggiore, ammirandola.
“Sai
da cosa si sono travestiti gli altri?”
Tiffany
ci rifletté per qualche secondo. “Lionel da zombie, Alex
penso che verrà vestito normalmente, Ben non aveva nessuna
idea. Sei riuscita a scoprire il progetto di Lisa?”
Lisa
non aveva voluto rivelare il suo travestimento, era un mistero per
tutti.
“No,
non ho trovato nessun indizio. Come ho finito di vestirmi, ma ha
cacciato letteralmente dalla mia stanza perché era arrivato il
suo turno e non dovevo vedere nulla” raccontò la sorella
minore.
“Chissà
che ha in mente... perfetto, anche io sono pronta. Raggiungiamo gli
altri?” propose Tiffany, afferrando la sua borsa.
Le
due ragazze lasciarono la stanza, poi percorsero il corridoio fino
alla rampa di scale.
“Tiff...
ho visto che ultimamente passi molto tempo con Ben, per caso tu e
lui...” buttò lì Cathleen in tono malizioso.
“Io
e Ben? No, ma scherzi? Se ci fosse qualcosa tra noi due te lo direi,
e comunque te ne accorgeresti... passiamo insieme tanto tempo perché
andiamo molto d'accordo, come tu e Lion, capisci?” rispose
prontamente l'altra.
“E
poi tu sei impegnata” aggiunse Cathleen.
L'altra
tacque. Doveva evitare l'argomento Simon, almeno per quella sera.
Il
gruppo di ragazzi si riunì nell'atrio dei dormitori femminili.
C'erano tutti, mancavano solo Ben e Lisa.
“Lion,
bel travestimento!” si complimentò Tiffany, osservando
il ragazzino.
Quest'ultimo
aveva i capelli completamente scompigliati, gli occhi erano
contornati da un accentuato alone nero, indossava una giacca grigia
sformata, stracciata e insanguinata, un paio di jeans strappati
all'altezza del ginocchio e un paio di scarpe da ginnastica bianche
vecchie e consunte, con qualche goccia rossa.
“Ehi,
vi presento Lionel di mattina quando si sveglia!” scherzò
lui. “Comunque, Cat, anche il tuo travestimento non scherza!”
aggiunse poi.
“Con
queste idiozie perdete solo tempo” borbottò Alex che,
come previsto, indossava gli indumenti di sempre e sfoggiava il suo
solito codino.
“Hai
ragione, tu sei a un livello superiore, non hai bisogno di
travestirti, fai già paura di tuo!” lo prese in giro la
ragazza più grande in tono sarcastico, per poi scoppiare a
ridere, seguita da Cathleen e Lion.
Proprio
in quel momento, una sagoma si materializzò davanti ai loro
occhi. Indossava un mantello nero che copriva tutto il corpo,
sovrastato da una zucca arancione con occhi e bocca. Lo studente a
cui apparteneva il travestimento si sfilò la zucca dalla
testa.
“Ben???”
esclamarono tutti, sorpresi.
“Sì,
sono io. Che c'è? Non guardatemi così, non sapevo da
cosa mascherarmi, mi è venuto in mente all'ultimo minuto!”
esordì lui, passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
“Ragazzo
mio, sei ridicolo!” lo schernì Alex.
“Non
è vero, è geniale!” lo contraddisse Cathleen.
“Come
hai fatto a fabbricare la zucca?” domandò Tiffany
incuriosita.
“Carta
e fil di ferro, nulla di complicato.”
I
quattro lo esaminarono per qualche minuto, incuriositi.
Conversarono
per un po', sperando di veder arrivare Lisa. Si erano messi d'accordo
per incontrarsi alle otto e dirigersi tutti assieme in palestra, dove
si teneva la festa, ma ancora la ragazza non si faceva viva. Ormai i
dormitori si stavano svuotando.
“Sentite,
io direi di incamminarci verso la palestra, Lisa ci raggiunge dopo.
Del resto è colpa sua, non riesce a rispettare gli orari
stabiliti!” propose Cathleen, spazientita.
Così
i cinque ragazzi si ritrovarono immersi nell'umidità della
notte.
“Ehi,
volevate andare senza di noi?” esordì ad un tratto la
voce di Lisa.
Tutti
si voltarono nella sua direzione e rimasero a bocca aperta. Quella
non era la loro amica, non poteva essere!
Lisa
era travestita da diavoletta. I capelli sciolti e mossi le ricadevano
sulle spalle. Indossava un cerchietto rosso con le corna, in una mano
stringeva un forcone finto, nell'altra una pochette che nessuno le
aveva mai visto.
Era
fasciata da un vestito nero estremamente corto e attillato che le
lasciava le spalle nude, sopra solo un leggero coprispalle di raso.
Ai
piedi, un paio di scarpe appariscenti con il tacco a spillo, alto.
Era
truccata pesantemente, con colori forti, ed emanava un profumo forte
e dolce, troppo dolce.
Tutti
erano sconvolti. Sapevano che Lisa aveva certe fisse con la moda e la
bellezza, non le piaceva trascurare il suo aspetto, ma era sempre
rimasta nella semplicità, non l'avevano mai vista indossare
qualcosa di troppo corto o spudorato.
Dietro
di lei, come uno schiavetto, c'era Angel, che indossava una pesante
tuta da ginnastica e un paio di anonime scarpe da tennis.
“Lisa,
ma...” farfugliò Cathleen, in difficoltà.
“Ciao
ragazzi! Vi piace il mio costume di Halloween? Perché rimanete
come statue di cera? Su, andiamo alla festa!” proseguì
lei, ostentando disinvoltura.
“Lisa,
cosa ti è saltato in mente? Sei quasi nuda, di certo non ti fa
bene con il freddo che c'è oggi! E e poi guardati, sembri...
sembri... questa non sei tu!” la rimproverò Tiffany,
cercando di contenere la sua rabbia.
“Che
c'è? Un sacco di ragazze si vestono così, io non lo
posso fare?” si giustificò lei, sbattendo
le
ciglia con aria innocente.
“Non
è da te!” ribatté Cathleen, riprendendosi dallo
shock.
“Sentite,
avete intenzione di rimanere tutta la sera a discutere qua fuori o
possiamo anche raggiungere la palestra?” si intromise Alex
spazientito.
Così
il gruppo riprese silenziosamente a camminare. Solo Tiffany
borbottava: “Certo, per lui è tutto normale, figurati!
Alex non è stato munito di un cuore, ne sono sempre più
convinta...”
Quando
giunsero alla festa, i ragazzi dimenticarono momentaneamente il loro
malumore.
La
palestra era addobbata con striscioni, luci e decorazioni a tema, la
musica era gradevole, c'era tanto cibo disposto su un tavolo e gli
studenti sfoggiavano costumi meravigliosi.
Era
tutto perfetto, o almeno così pareva.
Il
gruppo di amici si tuffò sul cibo, riempiendosi i piattini con
tutto ciò che riuscivano ad afferrare.
Usciti
dalla calca di adolescenti affamati, presero posto in un angolo della
grande stanza, per terra, con la schiena contro il muro.
Ma
Lisa non restò con loro, cominciò a girare tra gli
studenti con aria provocante, trascinandosi dietro il povero Angel, e
tutti i ragazzi la fissavano con la bava alla bocca.
Ben
era visibilmente infastidito dalla cosa. Ancora aspettava una
risposta dalla ragazza, ma dopo quella sera era pronto ad arrendersi,
l'atteggiamento della sua ex era più eloquente di mille
parole. Eppure non poteva sopportare che tutti se la mangiassero con
gli occhi e che Angel rimanesse lì come un allocco senza fare
niente!
Tiffany,
intanto, era visibilmente nervosa, sbuffava e fissava insistentemente
lo schermo del suo cellulare.
Alex,
come suo solito, si lamentava. Non c'era un motivo ben preciso per
cui lo faceva, sicuramente perché si divertiva.
Gli
unici che sembravano davvero divertirsi erano Cathleen e Lionel, che
ridevano e chiacchieravano allegramente, commentando la musica o le
maschere che vedevano, ma anche loro non potevano ignorare la strana
tensione dei loro amici.
“Ehi,
per caso sei geloso, Ben?” domandò Alex al suo amico,
intento a monitorare Lisa.
“Secondo
te?” rispose l'altro bruscamente.
“Calmati,
era solo una domanda! Siete tutti pazzi, io vado a prendere qualcosa
da mangiare” concluse Alex, alzandosi.
“Alex,
dove stai andando?” si informò Cathleen con curiosità.
Il
ragazzo le indicò il tavolo colmo di cibo.
“Oh,
allora vengo con te! Ho ancora fame!” esclamò lei,
saltando in piedi con entusiasmo.
Lui
fece spallucce e insieme cercarono di farsi largo tra la gente.
“Io
mi sto divertendo molto, è stata organizzata molto bene questa
festa! Tu che ne pensi?” cominciò Cathleen in tono
allegro, giusto per fare un po' di conversazione.
Lui
brontolò qualcosa di incomprensibile, che di certo non era un
apprezzamento per la festa.
“Però
ho notato che i nostri amici sono tutti molto strani oggi... insomma,
Lisa sta davvero esagerando, non mi piace per niente il suo
comportamento! Insomma, povero Ben, lei sa benissimo che lui è
ancora innamorato!” proseguì la ragazza, mentre si
riempiva il piatto.
“Lisa
è libera di fare quello che vuole, io la penso così.
Ben dovrebbe farsene una ragione, le donne vanno e vengono”
ribatté Ben.
Le
ultime parole furono quasi incomprensibili, dato che Alex si era
ficcato in bocca una manciata di patatine.
“Lisa
sarà anche libera, ma non è corretto giocare con i
sentimenti altrui...”
La
conversazione venne interrotta dall'arrivo di tre tizi che salutarono
Alex calorosamente, con esclamazioni varie e amichevoli pacche sulle
spalle.
A
giudicare dalla stazza, dovevano far parte di qualche squadra
sportiva, di football o di rugby.
Cathleen
si sentì subito in soggezione davanti a quei ragazzi molto più
grandi e grossi di lei, del resto voleva passare un po' di tempo da
sola con Alex.
Così
mormorò: “Alex, io torno dagli altri, così gli
offro un po' di patatine... a dopo.”
Quando
si fu allontanata, uno dei tre nuovi arrivati – Jonathan –
chiese: “Chi era quella? La tua ragazza provvisoria?”
Alex
scoppiò a ridere di gusto, gettando indietro la testa. “Lei
è solo una bambina. È la sorella di Tiffany, capisci?”
“Ah
sì, della tizia che ti piace! Io ti consiglierei di lasciarla
perdere, quella biondina!” sbottò Dave, il secondo
ragazzo.
“E
perché? Scordatelo, dopo due anni non rinuncerò a lei!
A differenza vostra, io tengo davvero alle persone e Tiffany mi piace
veramente!” si difese Alex irritato.
“Oh,
ma a quanto pare tu non piaci a lei! L'hanno vista mentre baciava il
tuo amico Ben. Rassegnati!” ribatté Ethan, l'ultimo dei
tre.
“Cosa
stai dicendo? Tiffany e Ben? Non ci credo nemmeno se mi fai vedere
una foto di loro due che si baciano! Quello è ancora
innamorato perso della sua ex!”
“L'ho
sentito da quelle pettegole del primo anno, loro sanno tutto di
tutti. Adesso cosa mi dici?” confermò Jonathan.
Alex
non ci poteva credere. Tutto si sarebbe aspettato, ma non che il suo
amico lo tradisse così.
In
ogni caso non ne era del tutto certo, prima di arrivare a conclusioni
affrettate, avrebbe chiesto ai diretti interessati se era vero.
Nel
frattempo, Tiffany non si dava pace. Si era ripromessa di scacciare
il malumore almeno per quella sera, ma non ce la faceva proprio e
fissava con insistenza lo schermo del suo cellulare, come se questo
potesse migliorare le cose.
Ad
un tratto il display si illuminò, era un messaggio di Simon
che diceva solamente: “Chiamami”.
Tiffany
era proprio curiosa di sapere cosa aveva da dirle ora. Sperava che
lui avesse cambiato idea, che si fosse pentito di ciò che
aveva detto poco prima, che le chiedesse scusa e tutto tornasse
perfetto come nel primo periodo, ma in cuor suo sapeva che tutto ciò
apparteneva al mondo dei sogni.
Si
diresse in bagno, dove c'era più silenzio. Tuttavia non vi
entrò, rimase nel piccolo corridoio su cui davano le porte
degli spogliatoi, perché dai bagni provenivano rumore sinistri
e aveva capito benissimo cosa stava accadendo là dentro.
“Tiffany,
ti devo dire una cosa...” esordì Simon in tono
rassegnato.
“In
realtà dovresti dirmi molte cose, ma sorvoliamo! Si può
sapere cosa vuoi adesso?” lo aggredì lei, che aveva già
perso da tanto la pazienza.
“Ascolta,
so che non ti piacerà, è una cosa che ti ho tenuta
nascosta e penso sia arrivato il momento...” proseguì
Simon flebilmente.
Tiffany
sbuffò. “Puoi saltare l'introduzione? Avrei fretta, ci
sono persone che mi aspettano, vedi di darti una mossa! Vuoi dirmi
che mi lasci? Lasciami, senza troppi giri di parole!”
“E
va bene, sarò sincero con te, fino in fondo. La nostra
relazione a distanza non mi è mai andata bene, fin
dall'inizio, ma non sapevo come lasciarti. Ti ho tradito, per tutto
questo periodo sono uscito con un'altra ragazza, va bene? Sì,
ti sto lasciando, addio!”
In
quel momento Tiffany si sentì morire. Tutto si sarebbe
aspettata, ma non un tradimento, a quello non si sentiva pronta.
Se
avesse avuto Simon di fronte, probabilmente lo avrebbe ucciso,
l'avrebbe conciato per le feste, gli avrebbe spaccato la testa a mani
nude.
Con
tutta la forza di cui era capace, tirò un pugno alla cieca
davanti a sé.
E
colpì qualcuno.
Solo
che non era Simon il ragazzo che si trovava di fronte.
Era
Alex.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo
11
Lisa
si stava proprio divertendo quella sera! Poteva flirtare con i
ragazzi, poteva ballare e indossare quello che voleva. Si sentiva
così libera!
Quando
stava con Ben non poteva certo divertirsi così! Si rendeva
conto di essersi persa troppe esperienze, troppi svaghi per colpa
sua, non le sembrava affatto giusto.
Ora
che era single – o meglio, stava con Angel, ma quello non
contava! – aveva il potere.
Tutti
i ragazzi la guardavano, le rivolgevano attenzioni, le chiedevano di
ballare con loro, e lei accettava.
Eppure
qualcosa non andava, si sentiva così a disagio!
Lei
lo sapeva benissimo, quella non era la vera Lisa, lei non si sarebbe
mai sognata di comportarsi in quel modo.
Non
le piaceva essere al centro dell'attenzione, si era truccata troppo e
non riusciva a muoversi bene con quei tacchi e quel vestito. E non
voleva nessuno di quei ragazzi che le sbavavano dietro.
Però...
Lui
aveva baciato un'altra, l'aveva completamente rimossa, quindi anche
lei poteva permettersi di fare quello che voleva.
Mentre
si aggirava attorno a un gruppi di ragazzi di quarta, lanciò
un'occhiata a quella figura immobile, seduta in un angolino, che la
osservava. Nel suoi occhi si poteva scorgere l'espressione più
triste del mondo, rassegnazione mista a preoccupazione.
Aveva
raggiunto il suo obiettivo, far ingelosire Ben. Avrebbe dovuto essere
soddisfatta, no?
Invece
alla vista del suo ex ragazzo così abbattuto le si formava un
nodo in gola.
“Alex,
oddio...” mormorò Tiffany, sgranando gli occhi e
lasciando cadere il cellulare su una sedia poco distante.
Il
ragazzo si teneva il naso con una mano, aveva una smorfia di dolore
dipinta in faccia.
Tiffany
non poté fare a meno di preoccuparsi per lui, anche se da mesi
ormai avrebbe voluto prenderlo a pugni. Non lo sopportava!
“Tiffany...
perché mi hai dato un pugno?” sibilò Alex, mentre
il suo viso si infiammava, forse per l'imbarazzo o forse per la
rabbia.
“Scusa,
non volevo colpirti, stavo parlando al telefono con il mio ragaz...
ex ragazzo e non ti ho visto arrivare, quel pugno era diretto a lui.”
Ma
lei non poteva fare a meno di ridere sotto i baffi, in fondo quella
scena era stata troppo divertente e Alex aveva ricevuto ciò
che si meritava.
Inspiegabilmente
il pensiero di quello stronzo di Simon non la faceva stare così
male.
“Mi
hai fatto male... certo che sei violenta!” commentò lui,
avvicinandosi al lavandino per sciacquarsi il viso.
“Ti
ho chiesto scusa, va bene? Ero arrabbiata, dovevo sfogarmi!”
ribatté Tiffany, che aveva perso del tutto la pazienza. La
presenza di Alex stava già cominciando ad irritarla.
La
ragazza esaminò il volto di Alex per verificare il suo stato.
“Hai
solo un leggero segno rosso, passerà in fretta” affermò.
“Ma
che è successo con il tuo ragazzo?” domandò lui
con aria molto interessata.
Intanto
si era lasciato andare contro il muro e osservava Tiffany
insistentemente. Lei non ci fece caso e continuò a passarsi le
mani tra i capelli, scompigliandoli. Lo faceva sempre quando era
infuriata, almeno teneva le mani impegnate.
“Il
mio ex ragazzo, semmai! Mah, niente di grave, mi ha solo
tradito” raccontò lei in tono sarcastico.
“Oh
Tiff, mi dispiace!” esclamò Alex dispiaciuto.
“A
me no, sono contenta che mi abbia lasciato ora. Tanto prima o poi
avrei scoperto che era uno stronzo... senti, questo posto mi fa
venire la claustrofobia, vado a prendere una boccata d'aria”
sentenziò Tiffany, dirigendosi verso l'uscita.
“Vengo
con te!” fece prontamente Alex, seguendola.
“Scusa
Alex, ma preferirei stare un po' da sola.”
“Beh,
il cortile della scuola è di tutti, no? Voglio uscire
anch'io!”
Tiffany
si voltò per osservarlo. Sul volto Alex aveva dipinto un
sorrisetto idiota che lo rendeva ancora più insopportabile.
Tiffany
sospirò e attraversò l'uscita. Non aveva nessuna voglia
di passare del tempo con Alex, ma non sapeva proprio come
liberarsene.
E
la sua pazienza era finita da un pezzo.
Erano
rimasti in tre: Cathleen, Lionel e Ben. Si aggiravano attorno al
tavolo stracolmo di cibo, ogni tanto si fermavano a parlare con
qualcuno e osservavano le maschere che li circondavano.
Ben
non ne poteva più, quello stupido vestito di Halloween gli
provocava prurito e lo faceva sudare, non sapeva come disfarsene.
Inoltre
non sopportava che Lisa se ne andasse in giro conciata in quel modo e
che facesse la gatta morta con tutta la scuola. Tra l'altro non
sapeva come spiegarselo, che aveva fatto di male per meritarsi tutto
questo? Aveva fatto di tutto per farsi perdonare da lei, nonostante
fosse stata proprio Lisa ad essere in torto, aveva aspettato
pazientemente, e aveva ottenuto solo sofferenza.
Stava
davvero male per questa cosa, sapeva che doveva dimenticarla perché
era stata abbastanza chiara, ma gli aveva rubato il cuore e ora lui
non sapeva come riprenderselo.
Avrebbe
voluto parlarne con Tiffany, con cui nell'ultimo periodo aveva
stretto una forte e inaspettata amicizia, ma era sparita.
“Ben,
tutto bene?” domandò Cathleen, vedendo il suo sguardo
perso.
Lui
non rispose.
“Sei
triste per via di Lisa, vero? Non sai quanto sono preoccupata per
lei, il suo comportamento non mi piace affatto!” proseguì
la sua amica con sincero dispiacere.
Ben
si limitò a fare spallucce.
“Non
so davvero che dirti. Lo so che è una conclusione tristissima,
ma non ti resta che dimenticarla. Io ho provato a farla ragionare e a
capire ciò che le passa per la testa, ma non ho ottenuto
nessun risultato” concluse Cathleen.
“Oppure
potresti parlarci e chiarire con lei una volta per tutte”
propose distrattamente Lionel, ficcandogli in mano un bicchiere colmo
di patatine.
Ben
ci pensò su per qualche secondo.
Avrebbe
voluto parlare con Lisa già da molto tempo, ma aveva deciso di
aspettare qualche segnale da parte sua, una risposta positiva, magari
un segno di riappacificazione, ma non aveva ottenuto nulla. Il fatto
di non sapere che stava succedendo lo faceva andare su tutte le
furie.
Ma
sì, che stava aspettando? Voleva concludere questa storia una
volta per tutte, aveva bisogno di una risposta, anche se essa fosse
stata negativa.
Doveva
parlare con Lisa e scoprire la ragione di questo suo comportamento
strano, solo allora avrebbe potuto arrendersi definitivamente.
“Non
male come idea, Lion. Sì, ci parlerò” sentenziò.
“Beh,
allora che stai aspettando? Lisa è là, tutta per te,
non farti sfuggire quest'occasione!” lo incoraggiarono i due
amici.
Ben
aveva bisogno di riflettere prima di parlare con Lisa, ma non sarebbe
servito a niente. Meglio farla finita subito con questa storia.
Così
si avviò a passo spedito verso la sua ex ragazza, ma venne
interrotto da Jessika, una sua compagna di classe.
“Ben,
ciao! Volevo farti i miei complimenti, siete una coppia
meravigliosa!” esordì la ragazzina con un sorriso a
trentadue denti.
“Eh?
Di che stai parlando?” domandò lui perplesso.
“Dai,
non nasconderti, tanto ormai lo sanno tutti! Tu e quella ragazza
bionda... state insieme, no?” insisté Jessika.
“Continuo
a non capire. Quale ragazza bionda?”
“Quella
con cui passi un sacco di tempo, è più grande di te di
un anno, se non sbaglio. Gira voce che state insieme, vi hanno visto
mentre vi baciavate qualche settimana fa...” spiegò
Jessika, come se fosse la cosa più logica e naturale al mondo.
“Aspetta...
ma stai parlando di Tiffany, la sorella di Cathleen?”
“Sì,
proprio lei! Non sapevo si chiamasse Tiffany. Ovviamente mi dispiace
per la separazione tra te e Lisa, eravate una coppia perfetta! Lei
era davvero triste quando ha saputo che avevi trovato un'altra...”
“Oddio,
ma stai dicendo sul serio? Io e Tiff?! Ma non stiamo insieme! E Lisa
è venuto a saperlo!” esclamò Ben incredulo.
“Ah,
ma come, non state insieme allora? Beh, a me hanno detto che...”
“Scusa
Jess, mi piacerebbe stare qua a parlare un po', ma ora proprio non
posso. Ci vediamo dopo!” concluse Ben, allontanandosi da lei.
Non
ci poteva credere. Ma in quella schifosissima scuola la gente non
aveva altro da fare che mettere in giro voci infondate e sparlare del
prossimo?
Per
colpa di quella cazzata, il rapporto tra lui e Lisa era andato in
frantumi.
Ma
era arrivato il momento di raccogliere i cocci e ricongiungerli.
Proprio
in quel momento un ragazzo dell'ultimo anno, nominato animatore della
serata, prese il microfono in mano e annunciò l'inizio delle
danze.
Il
volume della musica venne alzato e gruppi di ragazzi e ragazze si
precipitarono in pista per ballare.
Cathleen
e Lionel si scambiarono un'occhiata perplessa. Nessuno dei due
riusciva a capire appieno ciò che stava accadendo ai loro
amici, sapevano solo che non era il caso di intromettersi e che
dovevano pensare a divertirsi.
“Guarda
quel tipo! Oddio, ma come si è conciato?” commentò
Cathleen, scoppiando a ridere e indicando un ragazzo che indossava un
completo a quadretti rossi e bianchi in stile tovaglia da picnic.
Anche
Lionel scoppiò a ridere. “Nooo, ha anche i piatti e le
posate attaccati addosso! Si è travestito da tavola imbandita!
Certo che grazie a questa festa molta gente si scorda della propria
reputazione!”
“Sei
tu che sei troppo serio, lo zombie è scontato! Scommetto che
quel tipo vincerà il premio per l'originalità!”
ribatté la ragazza.
“Ehi,
ti va di ballare?”
“Non
abbiamo altra scelta! Dai, vieni!” esclamò lei,
trascinandolo in mezzo alla gente per un polso.
“Ma
io non so ballare!” protestò Lionel.
“Muoviti
a tempo, provaci!” tagliò corto lei, roteandogli
attorno, leggera come una farfalla.
Lionel
si sentiva un idiota, era spaventosamente rigido e meccanico nei
movimenti, ma il solo fatto di avere quella ragazza bellissima
accanto gli diede la forza di provare.
Ballarono
– o almeno ci provarono – per parecchio tempo, ridendo
così tanto che non si reggevano in piedi e dovevano sostenersi
a vicenda. Lionel non poteva desiderare di meglio, stava passando la
serata migliore della sua vita e per nessun motivo al mondo avrebbe
interrotto quel magico momento. All'improvviso tutti i problemi
intorno a lui si erano dissolti, non pensava più a nulla, non
era necessario.
Cathleen,
invece, non si sentiva affatto tranquilla. Cercò di non darlo
troppo a vedere, ma spesso si guardava attorno e scrutava
attentamente tutti i volti.
Era
preoccupata per sua sorella, per Lisa, ma soprattutto per Alex. Ormai
non li vedeva più da un bel pezzo e non sapeva che fine
avessero fatto. Avrebbe voluto cercarli, accertarsi che andasse tutto
bene e passare il resto della serata tra le braccia di Alex, ma
qualcosa la tratteneva. Doveva restare lì per Lionel, che
cercava di distrarla, doveva cercare di non farlo preoccupare.
Ma
la sua testa era altrove in quel momento.
Ad
un tratto i due ragazzi videro Angel sgattaiolare tra la folla
frettolosamente, spostando lo sguardo da una parte all'altra.
“Angel,
tutto bene? Come sta andando la serata?” lo salutò
Cathleen.
“C...ciao
ragazzi, sì, va tutto bene” farfugliò lui.
“Cerchi
qualcuno?” gli domandò Lionel con gentilezza.
“No,
cioè, nessuno di preciso, è che... stanno tutti
ballando e io non ne ho voglia, ecco...”
“Neanch'io,
ma non avevo alternative” disse il ragazzo più piccolo.
“Bene,
ehm... io vado a prendere una boccata d'aria, qua dentro non si
respira... beh, allora... ci si vede” si congedò Angel,
ricominciando a camminare con passo insicuro tra la calca.
“A
dopo!” lo salutarono i due.
Angel
non sapeva che fare. Non riusciva più a trovare Lisa ed era
davvero stanco di tutto quel caos.
La
verità era che non voleva stare dietro a Lisa, anche se era
dura ammetterlo. Si sentiva piuttosto in colpa per questo, lui si
ripeteva sempre che era una fortuna aver trovato una bella ragazza
come lei e non se la doveva lasciar sfuggire.
E
così si era convinto che gli piaceva Lisa, se la doveva far
andare bene, se non voleva rimanere single a vita.
Mentre
procedeva tra gli studenti che ballavano, però, il suo sguardo
non cercava Lisa.
Cercava
Alice.
Era
lei il vero oggetto dei suoi desideri, era lei il suo amore
impossibile, non riusciva proprio a togliersela dalla testa!
Ed
era per questo che si sentiva in colpa, stava con Lisa e pensava
sempre e solo ad Alice.
Perché
non poteva decidere lui per il proprio cuore?
Tiffany
avrebbe voluto scaraventare Alex dentro l'acqua gelida della fontana.
Ancora non riusciva a spiegarsi perché fosse ancora lì
con lui, dato che non lo sopportava più.
Erano
seduti sul bordo della fontana, lui l'aveva seguita e aveva insistito
per restare con lei, poi l'aveva coinvolta in una conversazione che
lei non aveva voglia di intraprendere.
L'aria
gelida della notte le permetteva di ragionare lucidamente.
Più
ci pensava, più si rendeva conto che non c'era motivo di
innervosirsi per colpa di Simon. Insomma, la loro relazione non era
mai stata del tutto stabile, la distanza li separava e ormai era
tutto finito. Ognuno riprendeva la propria vita come se nulla fosse
accaduto.
Tiffany
non avrebbe certo smesso di vivere per colpa di un ragazzo,
impossibile!
“Adesso
come stai?” le chiese Alex con fare premuroso.
“Meglio,
anche se ho un po' freddo.”
Passarono
alcuni istanti di silenzio, interrotto solo dal dolce scorrere
dell'acqua dietro di loro.
Poi
Alex la attirò a sé e la strinse in un abbraccio.
Tiffany
rimase scioccata, per qualche istante non fu in grado di reagire.
Ma
che stava succedendo? Perché Alex non la lasciava in pace?
Possibile che riuscisse sempre ad irritarla?
Dopo
qualche secondo di stordimento, la ragazza si divincolò dalla
stretta e respinse Alex, se pur non troppo bruscamente.
“Alex,
cosa stai facendo?” gli chiese, leggermente allarmata.
“Scusa,
volevo solo riscaldarti un po', hai detto che hai un po' freddo...”
si giustificò lui con indifferenza.
Lei
lo fulminò con lo sguardo.
“Senti
Tiff, ma davvero tu e Ben vi siete baciati?” se ne uscì
all'improvviso lui con studiata tranquillità.
“COSA?
Ma ti sei bevuto il cervello? Anzi, ma hai mai avuto un cervello?”
saltò su Tiffany.
“Non
sono di certo io ad essermelo inventato, è una voce che gira
da qualche settimana in tutta la scuola” spiegò lui
prontamente.
“Oddio,
non può essere! Certo che la stupidità umana supera
ogni limite! Appena qualcuno vede un ragazzo e una ragazza
trascorrere del tempo insieme, passa subito a conclusioni
affrettate!”
“Ah,
quindi non è vero?”
Tìffany
scoppiò a ridere di gusto. “Ti ricordo che fino a poco
fa stavo con Simon! E siccome io non sono come lui, non l'ho mai
tradito!”
Alex
si sentì immensamente sollevato. Sapeva di non potersi fidare
dei pettegolezzi, gli sembrava strano che Ben l'avesse tradito così.
“Senti,
ora torno dentro, altrimenti mi congelo” affermò poi
lei, alzandosi e dirigendosi verso la palestra.
Mentre
si avvicinava all'entrata, scorse due figure familiari oltrepassare
la soglia.
“Che
mi vuoi dire?” sospirò Lisa, incrociando le braccia al
petto. Sembrava già abbastanza infastidita.
“Lisa,
ascoltami una buona volta! Perché ti stai comportando così?
E perché mi eviti a questo modo?” chiese Ben
spazientito.
Erano
all'aria aperta, faceva freddo. Lisa cercava di non tremare, si era
vestita decisamente troppo poco e il suo miniabito non poteva certo
sfidare le basse temperature.
Strinse
i pugni contro i fianchi. “Io? E tu come ti sei comportato?
Pensi che baciare la prima ragazza che ti capita a tiro sia molto più
corretto?” gridò, incapace di trattenersi.
Era
giunto il momento di dire tutto ciò che pensava.
“Ma
ti riferisci per caso al bacio fittizio tra me e Tiffany? E tu ci hai
anche creduto? Per tutto questo tempo sono stato innamorato di te,
non ho perso le speranze, secondo te avrei mai potuto baciare
un'altra?”
Lisa
vacillò per qualche secondo. “Io non posso essere sicura
che sia un bacio fittizio, vi hanno visto!”
Ben
si avvicinò di più a lei e le strinse le mani tra le
sue, guardandola dritta negli occhi.
“Di
chi ti fidi, Lisa? Di me o di tre ragazzine che spettegolano tutto il
giorno? Mi conosci? Pensi che potrei mentirti?” mormorò.
Lisa
tenne gli occhi fissi nei suoi, vi lesse unicamente sincerità
e tenerezza.
Un
brivido le attraversò la schiena. “Io ho creduto a loro,
non so perché. Credo... credo...”
Un
singhiozzo interruppe le sue parole e due pesanti lacrime le rigarono
il viso.
“Sono
stata una stupida, non ti ho ascoltato e ho sbagliato tutto fin
dall'inizio” ammise, scossa dal pianto.
Ben
la attirò a sé e la abbracciò con dolcezza,
accarezzandole la schiena e i capelli.
“Sapevo
che prima o poi avresti capito il tuo errore, io sono pronto ad
accoglierti tra le mie braccia” sussurrò Ben, mentre un
tenero sorriso gli increspava le labbra.
Dopo
qualche minuto, Lisa sciolse l'abbraccio e lo guardò negli
occhi. “Non ho smesso di amarti nemmeno per un secondo, Ben.
Sei tu la causa di tutti i miei errori, di tutte le mie gioie e dei
miei passi avanti.”
Lui
non riuscì più a resistere, posò le labbra sulle
sue e la baciò con trasporto. Si accorse che non aveva mai
desiderato stare con lei tanto come in quel momento.
“Mi
sei mancato, Ben.” “Bentornata, Lisa.”
Quando
vennero annunciati i vincitori della gara di maschere, nessuno dei
sei ragazzi era presente.
Erano
tutti radunati intorno alla fontana, solo loro sei e niente di più,
come ai vecchi tempi.
Alex
con una grande leggerezza nel cuore, Tiffany con il suo duro colpo da
superare, Lionel con la sua espressione sognante, Cathleen con le sue
mille domande in testa, Lisa con una nuova consapevolezza e Ben,
finalmente, con la pace nel cuore.
Sei
ragazzi pronti per scoprire cosa il futuro ha in serbo per loro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Capitolo
12
Il
1° novembre, il giorno dopo la festa di Halloween, la scuola era
pressoché deserta. Tutti gli studenti erano rintanati nelle
loro stanze, sfiniti, e si palesarono solo quando giunse l'ora di
pranzo.
“Ragazzi,
devo studiare! Domani devo dare una verifica di storia, non so
niente!” si disperò Cathleen, seduta a un tavolo con i
suoi amici.
“Hai
ragione, la verifica di storia, me ne ero completamente dimenticata!
Cat, studiamo insieme?” propose Lisa.
“Fossi
in voi non mi lamenterei, io per domani devo studiare una ventina di
pagine di fisica, il prof vuole a tutti i costi interrogarmi!”
raccontò Tiffany, che nonostante tutto non sembrava affatto
turbata da ciò che l'aspettava.
“Allora
anche i vostri professori sono impazziti, non solo i miei!”
osservò Lionel, mentre addentava una patatina fritta.
“Che
ne dite di ritrovarci nei tavoli all'esterno della biblioteca questo
pomeriggio? Almeno faremo i nostri compiti in compagnia!”
esclamò Lisa, osservando uno per uno i visi dei suoi amici.
Tutti
annuirono e continuarono a mangiare in silenzio.
Si
sa, quando si è affamati, i discorsi passano in secondo piano!
Le
prime ad arrivare fuori dalla biblioteca furono Cathleen e Lisa,
munite di libro, astuccio e tanta voglia di fare qualsiasi altra cosa
che non fosse studiare.
A
loro si unirono tutti gli altri e, dopo tre quarti d'ora, i sei
ragazzi erano assorti nello studio.
“Tiffany,
ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò Alex, dopo aver
fissato una pagina a caso del libro fingendo di leggere.
La
ragazza aggrottò le sopracciglia. Sapeva che prima o poi quel
buono a nulla le avrebbe chiesto di aiutarlo, non aveva voglia di
fare niente!
“Che
c'è, Alex?” domandò, ostentando pazienza che non
possedeva.
“Non
capisco una sola parola di quello che c'è scritto, cosa
diamine sono le leve?” si lamentò lui.
“A
pagina 142, all'inizio del capitolo, c'è la definizione di
'leve'.”
Alex
sfogliò il libro, trovò ciò che gli serviva, poi
affermò: “Non la capisco!”
'Perché,
sei anche in grado di capire qualcosa?' pensò Tiffany,
spazientita.
“E
va bene, ti aiuto, ma solo per le prime pagine. Il resto lo studierai
da solo” decise Tiffany, pentendosi immediatamente di ciò
che aveva detto.
A
volte si sentiva davvero una stupida. Lei amava aiutare gli altri e
spesso questo la portava a fare dei favori a chi non se lo meritava.
Aveva dovuto lavorare molto su se stessa perché gli altri non
si approfittassero del suo lato più buono e gentile, ma a
volte cedeva alle richieste senza nemmeno pensarci su.
Intanto,
dall'altro capo del tavolo, Lisa stava interrogando a Cathleen un
capitolo di storia.
“...questo
avvenne nel 1234... o era il 1243?” balbettò la ragazza
bionda, tentando disperatamente di sbirciare dal libro della sua
amica.
Lisa
sospirò. “No, non ci siamo proprio con le date. Non ti
entrano in testa! Dai, rileggi il paragrafo un'altra volta, poi
riprovi a ripeterlo.”
“Quanto
fa otto per nove?” se ne uscì Lionel, con la testa china
sul suo quaderno di matematica.
“È
una domanda stupida!” affermò Ben, l'unico che non aveva
nulla da fare.
“Tu
sei stupido!” lo apostrofò Lisa, sorridendo con ironia.
“Settantadue!
Lion, ripassa le tabelline!” li interruppe Cathleen.
“Ho
sempre odiato le tabelline. Le so tutte, ma non me le ricordo quando
ne ho bisogno” spiegò Lionel, rituffandosi in un mare di
numeri.
“Lise,
guarda chi sta arrivando” mormorò Cathleen, dando di
gomito alla sua amica.
Angel
si dirigeva a passo di marcia verso il loro tavolo. In realtà
la sua strana camminata lo faceva apparire poco sicuro di sé,
ma nel suo sguardo si poteva leggere determinazione.
Tutti
si accorsero di lui e interruppero qualsiasi attività.
Angel
si piazzò proprio davanti al loro tavolo.
“Ciao
ragazzi... Lisa, dobbiamo parlare” esordì in tono
spaventosamente serio.
“Ciao
Angel, come va la vita?” squittì lei aggrappandosi al
braccio di Ben, che si trovava alla sua sinistra.
“Lisa,
sono serio, dobbiamo parlare. Mi hai illuso per tutto questo tempo,
vero? Sei venuta da me per far ingelosire quel povero ragazzo che ti
ritrovi affianco e appena avete risolto il vostro battibecco sei
tornata tra le sue braccia! Complimenti!” si sfogò
Angel.
Era
stanco di farsi prendere in giro da tutti, era stanco di essere
usato. Era arrivato il momento di farsi valere.
Non
sapeva da dove veniva quel coraggio, non gli importava che tutti lo
stessero osservando, sapeva solo che ciò che stava facendo era
la cosa giusta.
“Ma
ognuno è libero di fare ciò che vuole, no? Io stavo con
te, poi ora sto di nuovo con Ben, che c'è di male?”
ribatté Lisa con aria indifferente.
Cathleen
assisteva alla conversazione a bocca aperta. Non poteva credere che
esistesse un essere umano più orgoglioso di Lisa: anche se
aveva capito i suoi errori, non li avrebbe mai ammessi!
“Lisa,
smettila” sibilò, incapace di trattenersi.
“Che
c'è di male?! Mi hai usato e non mi hai nemmeno detto di
persona che mi avevi lasciato, l'ho dovuto supporre dopo che mi è
arrivata la bella notizia della tua nuova relazione. Hai mai sentito
parlare di sensi di colpa? A quanto pare no!” proseguì
Angel, infuriato.
La
discussione aveva attirato tutti gli studenti che si trovavano là
intorno, che osservavano la scena in silenzio.
Lisa
si alzò di scatto dalla sedia, facendola quasi ribaltare. “Sei
tu, Angel, che hai creduto a tutto ciò che ti ho detto, sei tu
che ti sei fatto imbrogliare e usare, mi sei stato dietro anche se
vedevi che non ero affatto interessata a te! È per questo che
tutti si prendono gioco di te, perché glielo permetti!”
gridò, incrociando le braccia al petto.
“Smettila
Lisa, stai dando spettacolo! Hai sbagliato, fattene una ragione!”
intervenne Tiffany severamente, cercando di porre fine a quello
scempio.
“Questo
non giustifica quello che hai fatto. Sei crudele e immatura! Io ti
sono stato vicino perché con il passare dei giorni mi sono
anche affezionato a te, e cosa ho ottenuto?” continuò ad
accusarla Angel, rosso in volto per la rabbia.
“Lasciami
in pace, se sei una nullità non è certo colpa mia,
quindi non riversare tutta la tua frustrazione su di me!”
concluse Lisa, rimettendosi seduta.
“Nella
vita la fallita sarai tu, semplicemente perché tutto ciò
che farai ti si ritorcerà contro” sibilò il
ragazzo, poi, rivolto a Ben: “Non ti invidio! Puoi dormire
sonni tranquilli, è tutta tua! Ci si vede!”
Detto
questo, si allontanò a testa alta.
“Lisa!”
gridarono tutti i suoi amici in tono di rimprovero.
“Che
c'è? Gli ho detto ciò che pensavo!” si difese
lei.
“Perché
per una volta non ammetti di aver sbagliato? Sei stata davvero
odiosa!” esclamò Ben, fulminandola con lo sguardo.
“Non
avrei mai creduto che saresti arrivata a usare parole così
pesanti con lui. Nullità?! Ma ci rendiamo conto?”
aggiunse Tiffany indignata.
“Smettetela
di andarmi contro, non vi va mai bene niente! Dobbiamo essere tutti
dei santi come voi? E ora scusatemi, devo andare in bagno!”
Lisa
si allontanò con passo deciso, ma in realtà si sentiva
uno schifo. Angel aveva ragione, i suoi amici avevano ragione, tutti
avevano ragione tranne lei.
E
nonostante questo continuava a sbagliare e a non ammettere le sue
colpe. Era così confusa che non sapeva neanche lei da che
parte stare.
Appena
si chiuse la porta del bagno alle spalle, scoppiò a piangere.
Da
quando era arrivata in quella scuola, era cambiata radicalmente,
stava sfuggendo al suo stesso controllo.
E
questo cambiamento non le piaceva per niente.
Novembre
procedeva con lentezza e Cathleen ogni giorno andava a letto stanca
morta. Di mattina frequentava le lezioni, di pomeriggio faceva i
compiti o passava del tempo con i suoi amici e di sera, dopo cena, la
sua stanza veniva trasformata in una sala prove, dove lei ballava e
cantava.
I
provini per il film si avvicinavano, mancava appena una ventina di
giorni e lei, dopotutto, si divertiva un sacco ad esercitarsi.
Non
ci pensava troppo seriamente, non credeva di poter vincere, quindi
per lei quei provini erano solo un'occasione di svago, qualcosa di
diverso da provare.
Intanto
il pensiero di Alex la tormentava. Lo vedeva spesso, ma non sapeva
decifrare il suo comportamento: un giorno sembrava dimostrarle un
mare di attenzioni e il giorno dopo era distaccato e pareva vederla
come una semplice amica.
“Lisa,
glielo voglio dire, devo rivelargli i miei sentimenti. Devo fare
chiarezza, non ce la faccio più a tenermi tutto dentro”
si confidò un giorno.
“Io
ti consiglierei di aspettare ancora un po' e osservare il suo
comportamento. Insomma, tu stai facendo un sacco di passi avanti
verso di lui, ogni giorno gli dimostri che vorresti qualcosa di più,
aspetta che sia lui a fare la prossima mossa!” le consigliò
la sua compagna di stanza.
Un
soleggiato pomeriggio di metà novembre, Cathleen si ritrovò
a vagare per la struttura centrale, presso gli uffici, per alcune
questioni legati alle camere e ai dormitori.
Mentre
passava per un corridoio, notò una ragazza da sola, con in
mano un foglio. Aveva lunghi capelli mossi e neri che le ricadevano
voluminosi fino alla vita, un lungo vestito nero in stile gotico, la
carnagione pallida e due grandi occhi verdi e brillanti.
Quando
vi passò accanto, notò che stava compilando il modulo
d'iscrizione per i provini del film.
“Oh,
anche tu farai il provino!” le venne spontaneo esclamare.
Oddio, ma che stava facendo?
La
ragazza alzò lentamente lo sguardo dal foglio e le rivolse
un'occhiata interrogativa.
Cathleen
doveva pensare velocemente qualcosa per uscire da questa situazione
in cui si era cacciata.
“Ehm...
scusa, è che ho notato il modulo che hai in mano, sai, anch'io
devo fare il provino e... mi dispiace, non volevo interromperti...”
farfugliò, in difficoltà.
La
sua interlocutrice le sorrise timidamente.
“Come
ti chiami?” se ne uscì Cathleen, chiedendosi come mai le
parole avessero cominciato a sgorgare per conto proprio dalle sue
labbra.
Quella
ragazza la incuriosiva parecchio.
“Grace.”
“Wow,
hai lo stesso nome della protagonista del film! Sarebbe perfetto se
vincessi!” commentò.
“Sì,
amo recitare. E poi non avrei nulla da perdere.”
Quell'ultima
frase rimase impressa nella mente di Cathleen. Non aveva nulla da
perdere.
Eppure
non chiese ulteriori spiegazioni, non le sembrava il caso.
“Va
bene Grace, ora sono di fretta e devo scappa... oh, che stupida, mi
sono dimenticata di presentarmi: sono Cathleen. Okay, ora vado, ci
vediamo in giro!” la salutò con un sorriso sulle labbra,
poi proseguì per il corridoio.
Qualche
ora dopo, si ritrovò a pensare a Grace. Non l'aveva mai vista
in giro per il campus, o forse non l'aveva mai notata. Strano, in
genere aveva una buona memoria per i visi delle persone.
La
consapevolezza che l'indomani la aspettava una nuova e sfiancante
giornata la distolse da quei pensieri.
E
mentre Cathleen sprofondava nel sonno, nei dormitori maschili Lionel
pensava a lei, alla sua migliore amica, alla ragazza che aveva
desiderato dal primo momento in cui l'aveva vista, e si ripeteva che
non sarebbe mai stata sua.
Lionel
l'aveva capito, il cuore di Cathleen non apparteneva a lui.
Nel
buio, una lacrima scivolò lungo il suo viso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo
13
A
Cathleen preoccupava il comportamento di Lionel.
All'apparenza
pareva tutto normale, loro due passavano tanto tempo assieme,
ridevano e scherzavano come sempre. Eppure lei aveva imparato a
conoscerlo e si rendeva conto che negli occhi del suo amico non si
poteva più scorgere la consueta allegria che lo
caratterizzava.
“Lion,
che hai? Tutto bene?” gli chiese Cathleen un pomeriggio di fine
novembre, mentre consumavano un caffè su una gradinata.
Il
freddo si faceva sentire sempre più, nonostante venisse
mitigato dalla presenza del mare, e una leggera brezza scompigliava i
capelli dei due amici.
Lionel
arrossì leggermente, ma per non farsi notare tenne lo sguardo
basso. “Perché me lo chiedi?”
“Ultimamente
ti vedo un po' giù.”
Se
n'era accorta, ma come aveva fatto? Lionel aveva cercato di apparire
il più allegro e spontaneo possibile per non destare sospetti,
la sua recita sembrava andare a gonfie vele, ma Cathleen lo conosceva
troppo bene per cascarci.
Lionel
stava soffrendo proprio per lei, perché dopo due mesi passati
a sperare si era reso conto che non aveva alcuna possibilità
con lei. Sospettava che lei fosse interessata a un altro, ma non
sapeva di chi si trattasse e non ci teneva a scoprirlo.
Doveva
dimenticare Cathleen, ma come poteva? Si incontravano ogni giorno,
passavano ore intere a chiacchierare e lui non poteva far altro che
innamorarsi sempre più.
“No,
tranquilla, va tutto bene. Sono solo un po' stanco perché
ultimamente non sto dormendo molto bene...” mentì il
ragazzo, senza osare sollevare lo sguardo.
“Sicuro?”
domandò lei dopo qualche secondo, ma proprio in quel momento
venne distratta da una figura che si avviava nella sua direzione.
La
ragazza in questione puntava i suoi luminosi occhi verdi proprio su
di lei.
Cathleen
l'avrebbe riconosciuta ovunque, tanto era eccentrica.
Grace
fece un distratto cenno di saluto e si posizionò su un gradino
a poca distanza da loro. Aprì un libro e se lo posò
sulle ginocchia, come se avesse intenzione di immergersi nello
studio, ma ogni tanto sollevava lo sguardo e lanciava occhiate
intorno a sé, specialmente in direzione di Cathleen.
“La
conosci? Io non l'avevo mai vista prima” domandò Lionel
con curiosità.
“Sì,
ci ho parlato una volta. Anche lei deve fare i provini per il film,
guarda caso si chiama proprio Grace” raccontò Cathleen.
“Come
mai ti guarda in quel modo?”
Lei
si strinse nelle spalle. “Ancora non sono in grado di leggere i
pensieri altrui.”
Il
ragazzino aggrottò la fronte. “Oddio Cat, che ore sono?
Alle quattro e mezza dovrei incontrare alcuni miei compagni per una
ricerca di gruppo...”
“Le
quattro e venticinque.”
“Cosa?!
Okay, devo andare, ci vediamo più tardi, d'accordo?”
esclamò Lionel, saltando in piedi e precipitandosi giù
per la gradinata.
“D'accordo,
a più tardi! E non correre sulle scale!” lo salutò
la sua amica, osservandolo mentre si allontanava.
Dopodiché
afferrò il suo cellulare per controllare se qualcuno le avesse
mandato qualche messaggio. Mentre faceva scorrere la lista degli
innumerevoli messaggi di WhatsApp che doveva ancora leggere, si
accorse di una presenza al suo fianco.
Volse
lo sguardo in quella direzione e si ritrovò davanti il timido
sorriso di Grace. “Ciao” mormorò.
Cathleen
sbatté le ciglia, incredula. Quella ragazza dava l'impressione
di essere molto timida e riservata, non si sarebbe mai immaginata un
gesto del genere da parte sua.
“Ciao
Grace, come stai? È da un po' che non ti vedevo in giro”
si fece avanti la ragazza bionda, cercando di cominciare una
conversazione.
“No,
in effetti non esco molto dalla mia stanza.”
Calò
il silenzio per qualche secondo, nessuna delle due sapeva cosa
ribattere.
“E...
come mai?”
Grace
distolse lo sguardo. “Non sono riuscita a stringere amicizia
con nessuno in questa scuola, mi sento un po' in soggezione da sola.”
“Oh,
davvero?” esclamò Cathleen, sorpresa e dispiaciuta allo
stesso tempo.
Annuì.
“Odio questa scuola, sono arrivata quest'anno e sono
disorientata... poi non mi va di studiare, non fa per me.”
“Capisco.
Cosa ti piacerebbe fare?”
“Non
so, qualcosa legato all'arte: cantare, ballare, recitare, suonare,
anche dipingere non sarebbe male.”
“Wow,
bello! Quindi le audizioni per il film sono perfette per te!”
Grace
ridacchiò. “Oddio, non penso di essere poi così
brava, però tentar non nuoce!”
In
quel momento a Cathleen tornò in mente una frase che Grace
aveva detto quando si erano conosciute: Non avrei nulla da
perdere.
Si
riferiva al fatto che Grace odiava quella scuola e, se l'avessero
scelta per il film, non avrebbe più dovuto frequentarla.
Una
forte folata di vento la riscosse da quei pensieri e la fece
rabbrividire. Non indossava il cappotto, il suo corpo era fasciato
solo da una felpa.
“Che
freddo! Ho scordato il cappotto in camera, sono una stupida! Beh,
Grace, forse è meglio se torno in camera mia... non ti
dispiace, vero?” esclamò la ragazza, saltando in piedi.
“No,
non mi dispiace, anche io devo tornare in camera mia. Grazie mille
per la chiacchierata!” la salutò Grace con un sorriso
molto più rilassato rispetto a prima.
Cathleen
si diresse in camera sua con la mente occupata da mille pensieri,
mentre gli ultimi fiochi raggi di sole le accarezzavano il viso.
Ben,
Lisa, Tiffany e Alex si affrettavano verso la palestra sotto il
tiepido sole di dicembre.
Era
il giorno dei provini per il film, i quattro ragazzi si erano
incontrati dopo la fine delle lezioni per dare coraggio alla loro
amica.
“Datevi
una mossa, mancano dieci minuti all'inizio delle audizioni, dobbiamo
sbrigarci se vogliamo vederla prima che entri!” gridò
Lisa con il fiato corto.
“Alex,
si può sapere dove diamine si è cacciato tuo fratello?”
domandò Tiffany con esasperazione.
“Ma
che ne so?” ribatté il ragazzo, che sembrava molto più
rilassato rispetto agli altri.
Tiffany
sbuffò e afferrò il suo cellulare.
Proprio
in quel momento, fuori dalla palestra, il telefono di Lionel prese a
squillare.
“Tiff,
che c'è?” rispose lui tranquillamente.
“Marmocchio,
dove sei finito? Vuoi per caso arrivare tardi da Cat?” lo
aggredì subito la ragazza.
Lui
scoppiò a ridere. “Io con Cat ci sono già da
dieci minuti, voi siete in ritardo!”
“Cosa?
E non potevi avvisarci? Siamo in ritardo proprio perché ti
stavamo aspettando!” sbraitò Tiffany sbigottita.
“A
dopo, Tiff!” tagliò corto lui, interrompendo la
conversazione.
“Mi
sono giunte le grida di mia sorella” osservò Cathleen,
che stazionava al suo fianco appoggiata al muro.
Lui
scrollò la testa. “Come stai? Sei tranquilla?”
“Non
chiedermelo, mi fai venire l'ansia! Comunque per il momento sì.
Devo cercare di non pensarci troppo.”
“Sarai
grandiosa, me lo sento!”
Proprio
in quel momento Cathleen sentì qualcuno che la chiamava. Si
voltò e riconobbe Grace che veniva nella sua direzione con un
leggero sorriso.
“Ehi
Cathleen” la salutò.
“Ciao
Grace!”
“In
bocca al lupo!”
“Grazie,
anche a te! Come va, sei agitata?”
Grace
annuì. “Tantissimo.”
“Cat!
Cat! Sei ancora qui! Siamo arrivati!” gridarono quattro
ragazzi, precipitandosi nella sua direzione.
Ben,
Tiffany e Lisa cominciarono a parlare l'uno sopra l'altro,
rimproverando Lionel e incoraggiando Cathleen, mentre Alex li
osservava con perplessità ed indifferenza.
“State
zitti!” li ammonì Cathleen, non potendone più di
tutta quella confusione.
Notò
che Grace si era allontanata e osservava tutti i presenti da un
angolo, avvolta dal suo giaccone nero che le arrivava alle ginocchia
e dai suoi alti stivali in finta pelle.
Sola.
“Allora,
hanno annunciato che ognuna di noi può portare all'interno
solo una persona per assistere ai provini. Mi dispiace ragazzi, ma
non potete entrare tutti” spiegò Cathleen, concentrando
la propria attenzione sui suoi amici.
“Come
sarebbe a dire?” esclamò Tiffany indignata.
“E
chi entrerà con te?” s'informò Lisa.
“È
un'ingiustizia!” protestò Lionel.
“Calmi,
lasciate decidere a lei!” intervenne Ben, cercando di riportare
la calma.
I
sei cominciarono a discutere animatamente.
“Bene,
siamo pronti, potete entrare! Ricordate: potete portare all'interno
con voi soltanto una persona!” annunciò una donna bionda
e minuta, spalancando la porta della palestra.
Mentre
il gruppetto di amici veniva travolto dalla folla impaziente, Lionel
fece appena a tempo ad aggrapparsi al braccio di Cathleen e ad essere
trascinato dentro la palestra assieme a lei, mentre Lisa e Tiffany
protestavano e spintonavano le persone attorno a loro per poter
raggiungere la loro amica.
Ma
fu tutto inutile; ben presto le porte si richiusero e i quattro
ragazzi rimasti si scambiarono un'occhiata perplessa e rassegnata.
“Non
posso permettermi di perdermi la performance di mia sorella, siamo
cresciute insieme ed è mio diritto assistervi!” sbottò
Tiffany, paonazza.
“Io
sono la sua compagna di stanza e sua migliore amica, nemmeno io posso
perdermela!” aggiunse Lisa con decisione.
“Quindi
che si fa?”
La
ragazza mora ci rifletté su per qualche secondo. “Ho
trovato! Possiamo infiltrarci dall'ingresso laterale, quello che dà
sul corridoio degli spogliatoi! Non ci noteranno, le luci della
palestra sono spente e la penombra ci aiuterà a confonderci!”
“Lisa,
sei un genio! Su, andiamo, prima che inizino!” esclamò
Tiffany con gli occhi che le brillavano, per poi afferrare l'altra
per un polso e correre verso l'ingresso laterale.
Ben
e Alex le osservavano mentre scomparivano dietro la struttura, poi si
scambiarono un'occhiata basita e fecero spallucce.
“Che
ne dici di un caffè e una partita a biliardino?” propose
Ben.
“Affare
fatto!”
Cathleen,
immersa nella penombra, venne invasa dall'ansia. Ancora non aveva
realizzato che i provini fossero così vicini, se ne rendeva
conto solo allora, circondata da tante ragazze speranzose come lei,
con Lionel appeso al braccio.
“Lion,
non ce la faccio...” sussurrò.
“Sì
invece, cerca di stare tranquilla!” la rassicurò lui.
Proprio
in quel momento cominciarono a chiamare le aspiranti attrici, una per
volta. Erano ragazze carine e talentuose, ciascuna di loro avrebbe
benissimo potuto vincere.
Quando
arrivò il turno di Grace, Cathleen la fissò con stupore
e ammirazione. Era formidabile, aggraziata e attenta in qualsiasi
cosa facesse, cantava e ballava meravigliosamente, con passione.
“Vincerà
lei” sentenziò con gli occhi che brillavano.
“Cat
si è già esibita?” bisbigliò Lisa,
affacciandosi con cautela.
“Come
faccio a saperlo? Sono arrivata adesso anch'io!” ribatté
Tiffany, escogitando un piano per avvicinarsi maggiormente al punto
in cui si tenevano le esibizioni.
Osservavano
il tutto dalla porta che divideva il corridoio degli spogliatoi dalla
palestra.
“Come
facciamo ad avvicinarci?” chiese ancora la ragazza più
piccola.
“Ho
un'idea! Possiamo gattonare fino a quel tavolo e quelle sedie e
possiamo nasconderci là dietro. Che ne dici?” propose
l'altra, indicando un punto davanti a sé.
“Perfetto!”
approvò Lisa, mettendosi in ginocchio sul pavimento.
Le
due strisciarono per terra, evitando di urtare qualsiasi oggetto ed
appiattendosi al muro quando qualcuno si volgeva nella loro
direzione.
Una
volta raggiunta la loro meta, si rannicchiarono sotto il banco, ma
Lisa sbatté la testa su una sedia. Il colpo provocò un
leggero tintinnio che, per fortuna, venne coperto dalla musica.
“Ma
cosa stai facendo?! Stai attenta, così ci scopriranno!”
la rimproverò Tiffany.
Lisa
si mordeva un labbro, cercando di trattenere un'imprecazione.
“Cathleen
Anders” annunciò uno dei tre giudici.
E
le due smisero di battibeccare.
Una
ragazza sui quattordici anni, ben formata, dai lineamenti delicati e
i vaporosi capelli color miele si posizionò al centro. Tenne
gli occhi chiusi e trasse un profondo respiro quando sentì le
prime note della canzone che aveva deciso di cantare.
In
quel momento smise di pensare a qualsiasi cosa e si tuffò.
Tra
gli spettatori, un ragazzo dal viso dolce contornato da una grande
massa di boccoli tratteneva le lacrime.
Lionel
non si era scordato di quella canzone. Cathleen l'aveva cantata più
di una volta al loro primo – e unico – appuntamento,
quando lui glielo aveva chiesto esplicitamente.
E
non poteva udirvi nient'altro che un addio.
*
* *
Ciao,
carissimi lettori! Come state? :)
Mi
scuso per il ritardo con cui aggiorno ultimamente, non è mia
intenzione trascurare la storia! Ho un sacco di idee e di ispirazione
e se fosse per me posterei un capitolo al giorno (non credeteci), ma
purtroppo il tempo scarseggia :(
Spero
che mi possiate perdonare!
Allora,
che ve ne pare per ora? Vi sta piacendo?
Ricordate:
amo sapere i vostri pareri sui personaggi/coppie che più amate
e odiate, e amo vedervi agguerriti nelle recensioni, quindi
sbizzarritevi!
Inoltre,
se volete segnalarmi qualche errore o semplicemente darmi qualche
consiglio, accetterò tutto di buon grado!
Grazie
di cuore a tutti coloro che mi seguono, se non ci foste voi avrei
sicuramente abbandonato tutto! :3
Soul!
♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo
14
Dicembre
scivolava via serenamente.
Nel
campus si respirava ormai fortissima l'aria natalizia: ovunque erano
state affisse decorazioni natalizie e costruiti piccoli alberi di
Natale, gli studenti passeggiavano per i negozietti per acquistare i
regali e qualcuno indossava cappellini di Babbo Natale o cerchietti
con simboli tipici della festa più attesa dell'anno. Nell'aria
si potevano udire le più famose canzoni natalizie e gli animi
dei ragazzi venivano scaldati dall'intesto profumo delle castagne
arrosto.
“Che
bello, tra poco torneremo dalle nostre famiglie!” esclamò
Lisa con allegria mentre passeggiava con le sue amiche.
“È
strano pensarci! So già che mi mancherà tutto questo,
anche se staremo via solo per una decina di giorni” affermò
Cathleen.
“Ma
come? Non hai nostalgia di casa?” domandò la sua
compagna di stanza strabuzzando gli occhi.
“Se
devo essere sincera, per niente. Mi piace questo posto, mi sento
libera e sono contenta di potermi prendere le tue responsabilità.
E poi ho Tiff qui, è parte della mia famiglia.”
“Ma
di quali responsabilità stai parlando? Se non ci fossi io a
controllarti, chissà che fine avresti fatto! Poveri noi!”
intervenne Tiffany prontamente, giusto per punzecchiare un po' la
sorella.
Loro
due erano così: amavano punzecchiarsi a vicenda, a volte
litigavano e dovevano intervenire i loro amici per riportare la pace,
ma in realtà si volevano un gran bene ed erano molto unite.
“Ma
cosa stai dicendo? Non è vero, so gestirmi benissimo da sola!”
ribatté la sorella minore, preparandosi a una discussione.
Tiffany
scoppiò a ridere e le mollò un'affettuosa pacca sul
braccio. “Stavo scherzando, non capisci niente!”
“Non
ci credo, lo pensi davvero” mormorò Cathleen fintamente
offesa.
La
conversazione venne interrotta da uno strillo di Lisa. “Ragazze,
guardate che carino questo vestito!” squittì, indicando
un elegante abito esposto in una vetrina.
Cathleen
sospirò. “Hai già un armadio stracolmo di
vestiti, tra poco non ci staranno più in camera nostra! Ti
ricordo che siamo qua per comprare i regali di Natale, non per darci
allo shopping sfrenato!”
“Anche
perché se avete intenzione di passare due ore in un negozio di
abbigliamento, me ne vado!” aggiunse Tiffany.
“Che
acida che sei! Non ti piace fare niente!” osservò sua
sorella.
“Non
mi piace fare shopping, la trovo una perdita di tempo. Compro i
vestiti quando è necessario comprarli!” si difese
Tiffany.
“Io
invece non ci trovo niente di male! Non ne vado matta, ma quando
capita non mi dispiace!”
“Secondo
me invece fare shopping è indispensabile! È rilassante,
divertente, è un passatempo come andare al cinema!”
intervenne Lisa, desiderosa di manifestare il suo punto di vista.
“Io
non ci trovo nulla di divertente, generalmente si spendono soldi
inutilmente per comprare indumenti che finiranno direttamente nel
fondo dell'armadio!” disse Tiffany.
Così
la discussione andò avanti per qualche minuto, finché
Lisa non riportò la pace.
“Cat,
sai qualcosa dei risultati dei provini? Quando si sapranno?”
domandò Tiffany, mentre sceglieva un profumo da regalare a suo
padre.
“A
quanto ne so, i risultati verranno annunciati all'assemblea natalizia
di dopodomani” rispose distrattamente Cathleen, mentre leggeva
i nomi e i prezzi dei profumi esposti.
“Oh,
sono curiosissima! Secondo me hai buone possibilità di
ottenere la parte, sei stata grandiosa!” esclamò Tiffany
con un sorriso sognante.
“Vedremo...
in realtà tu e Lisa non avreste nemmeno dovuto assistere alla
mia esibizione!” disse l'altra, con un finto tono di
rimprovero.
In
realtà il fatto che sua sorella e la sua amica avessero
rischiato di passare guai solo per lei le scaldava il cuore.
“Sì?
Mi avete chiamato?” intervenne Lisa a sproposito, comparendo da
una corsia poco distante.
“Guarda,
Tiff! Il profumo preferito di papà! Costa venti dollari... che
ne dici di dividerci le spese e fargli il regalo in comune?”
saltò su Cathleen prendendo in mano una confezione e ignorando
completamente l'altra ragazza.
“Ottima
idea!” concordò la sorella.
Mentre
lasciavano il negozio, ormai con un sacco di buste appese alle
braccia, Cathleen cominciò: “Ragazze... ho preso
un'importante decisione.”
Le
tre si accomodarono sul bordo della fontana per riposarsi un po'.
“Dicci
tutto! Riguardo a cosa?” s'informò subito sua sorella
con curiosità.
“Alex.”
“Uh,
allora c'è sotto qualcosa di serio! Parla, sono curiosa!”
s'interessò Lisa.
Cathleen
sospirò. “Non ce la faccio più a tenermi tutto
dentro, gli voglio rivelare i miei sentimenti. Non ho la più
pallida idea di come potrebbe reagire, non riesco a decifrare il suo
comportamento, ma penso che non otterrei comunque niente a pensarci e
ripensarci senza agire.”
A
quelle parole, Lisa trattenne il fiato. Nel giro di pochi secondi due
cuori sarebbero stati infranti, lei l'aveva capito fin dall'inizio.
Innanzitutto quello di Cathleen, dato che Alex non ricambiava i suoi
sentimenti e la cosa palese. Poi quello di Lionel, perdutamente
innamorato di lei. Per lui sarebbe stato un colpo tremendo sapere che
alla ragazza dei suoi sogni piaceva proprio suo fratello. Tra Lionel,
Cathleen, Alex e Tiffany si era andata a creare una situazione
davvero complicata, Lisa aveva intuito tutto e aveva paura del
destino che sarebbe toccato al suo gruppo di amici se qualcosa fosse
andato storto.
“Davvero?
È una grande notizia!” mentì Tiffany, che non era
per niente contenta di saperlo.
Alex
non le piaceva proprio, il suo atteggiamento narcisista la mandava su
tutte le furie. Era una persona con pochi pregi e molti difetti, il
pensiero che ci fosse anche una remota possibilità che sua
sorella stesse con lui la faceva star male. Ma per una volta non
voleva rovinarle la festa, del resto era giusto che sua sorella
facesse le sue esperienze e scegliesse la gente che voleva
frequentare. Lei era sua sorella maggiore, sì, ma non poteva
decidere per lei.
“E
quando glielo vuoi dire?” chiese Lisa.
“All'assemblea
natalizia, l'ultimo giorno che trascorreremo insieme prima delle
vacanze natalizie. In ogni caso, anche se mi dovesse rifiutare, gli
voglio regalare questo” affermò con decisione,
afferrando un piccolo oggetto dalla tasca del suo zainetto.
Era
un bracciale di cuoio con delle incisioni astratte, in stile celtico.
Nulla di prezioso, solo un simbolo.
Lisa
e Tiffany rimasero a bocca aperta.
Sì,
Cathleen faceva sul serio, e questo metteva loro addosso non poca
preoccupazione.
Era
arrivato il giorno della tanto attesa assemblea natalizia, in cui si
potevano svolgere diverse attività. In realtà
l'organizzazione non era proprio delle migliori, quindi ben presto
gli studenti si ritrovarono a vagare senza meta, sparsi per il
campus.
I
sei amici si riunirono sulla gradinata accanto alla biblioteca e ben
presto iniziarono a scattarsi foto di gruppo e selfie con in testa i
loro cappellini di Natale. Non si annoiavano mai quando stavano
insieme, trovavano sempre qualcosa da fare o qualche argomento di cui
parlare.
In
particolare, quel giorno erano intenti a spettegolare sui loro
compagni e rispettivi avvenimenti, come nascita di nuove coppie o
aneddoti imbarazzanti.
Si
accorsero che erano davvero ben informati sulla vita degli studenti
della Newton Academy.
Mentre
chiacchieravano, Cathleen notò Grace che passeggiava e la
salutò con un sorriso. Lei ricambiò con un cenno del
capo.
E
anche quella volta Grace era da sola.
“Bene,
sto morendo di fame... vado a cercare qualcosa di commestibile, chi
viene con me?” chiese Alex a un tratto, sollevandosi dal
gradino in cui sembrava aver messo radici.
“Io,
dato che ho sete e devo comprare una bottiglietta d'acqua” si
offrì Cathleen, cercando di non dimostrarsi troppo entusiasta.
“D'accordo”
borbottò il ragazzo in tutta risposta, guardando Tiffany con
la coda dell'occhio.
Dopo
aver preso una bottiglietta d'acqua e una confezione di patatine,
mentre passavano nell'atrio deserto, Cathleen posò una mano
sul braccio di Alex e annunciò: “Alex, devo parlarti.”
Lui
non sapeva proprio di cosa potesse trattarsi, ma era molto curioso.
Così si fermò e si piazzò proprio di fronte a
lei. “Dimmi.”
La
ragazza si rese conto che il tutto stava prendendo una piega molto
seria. Non era più il momento di nascondersi, ormai aveva
fatto il primo passo.
Lei
in genere non aveva alcun problema a parlare, socializzava con tutti
e le piaceva essere chiara con tutti fin dal principio, ma in quel
momento sentiva che non sarebbe riuscita a mettere insieme quattro
parole di senso compiuto.
Tuttavia
prese coraggio e ricominciò a parlare: “Sai che non mi
piacciono i giri di parole, non sono proprio da me, quindi arriverò
dritta al punto. Lo so, forse non te lo aspetti, ma... tu mi piaci
molto, da quando ti ho conosciuto. Ecco, non riuscivo più a
tenermelo dentro.”
Aveva
detto tutto d'un fiato, con sicurezza, ma ora non si sentiva più
tanto spavalda. Era arrossita leggermente e aveva distolto lo sguardo
da quello del ragazzo.
Alex
era pietrificato. Non si sarebbe mai aspettato una dichiarazione
simile da Cathleen, non aveva fatto caso alle sue attenzioni, la
considerava una semplice compagna con cui passare il tempo.
“Cat,
beh... mi hai preso alla sprovvista... in ogni caso ti devo deludere,
io non ricambio i tuoi sentimenti, per me sei solo un'amica”
ribatté lui quasi con indifferenza, come se non gli importasse
dei sentimenti della ragazza che, davanti a lui, si torceva le dita
in preda all'agitazione.
“Va
bene, non fa niente, me lo immaginavo, forse ho fatto male a
dirtelo... scusami. Spero che questo non cambi il rapporto tra noi
due.”
“Da
parte mia è tutto come prima, tranquilla” la rassicurò
Alex.
“Posso...
abbracciarti?” farfugliò Cathleen, mostrando tutta la
sua insicurezza e la sua fragilità.
Alex
annuì senza troppo entusiasmo e si lasciò stringere in
un abbraccio.
Alex
non si sentiva per niente a suo agio, non si considerava la persona
più adatta a consolare Cathleen e a starle vicino. Lui era
interessato a Tiffany, quindi non poteva comportarsi in modo
sbagliato proprio con la sorella, ma quella confessione l'aveva
destabilizzato e la vedeva sotto una luce completamente diversa. Ma
sapeva che prima o poi sarebbe passato tutto.
“In
ogni caso vorrei che tu tenessi questo” mormorò
Cathleen, annodandogli al polso un braccialetto in pelle.
“Grazie
mille, ehm... Cathleen, sei sicura di stare bene?” domandò
lui, notando il pallore sul suo viso.
“Certo,
sto bene, non ti preoccupare. Ora vado un attimo in bagno, tu
raggiungi pure gli altri. A dopo” concluse lei, non potendone
più di sentirsi lo sguardo di Alex addosso.
Con
lo sguardo basso, corse verso il bagno più vicino, mentre le
lacrime le appannavano la vista.
Si
era ripromessa di non piangere, di non cedere alla tristezza nel caso
di un rifiuto, ma in quel momento non riusciva a trattenersi. Sapeva
che sarebbe andata a finire così, del resto che si aspettava?
Alex era un bel ragazzo, circondato da un sacco di gente, di certo i
suoi pensieri non erano rivolti a una povera illusa come lei!
Mentre
percorreva il lungo corridoio di corsa, si schiantò contro una
ragazza che riconobbe nonostante la vista appannata. Era Tiffany.
“Cat,
che succede? Tutto bene? Ma stai piangendo! Oddio, non dirmi che...”
“Alex
mi ha rifiutato, sono una povera idiota e illusa!” si sfogò,
gettandosi tra le braccia della sorella.
Tiffany
si limitò a stringerla a sé e ad accarezzarle i capelli
per rassicurarla, senza domandarle niente. Non era necessario.
Alex
sgranocchiava le sue patatine come se nulla fosse accaduto, senza
neanche pensare di dividerle con Lisa, Ben e Lionel.
Proprio
in quel momento, Cathleen e Tiffany si unirono nuovamente al gruppo.
Cathleen ostentava indifferenza e pareva essersi completamente
ripresa. Le uniche differenze consistevano negli occhi leggermente
arrossati e l'assenza del trucco.
“Bene
studenti, vi invito ad avvicinarvi al palco, dobbiamo annunciare la
vincitrice del ruolo di Grace. Avvicinatevi, forza!” annunciò
il rappresentante d'istituto al microfono, cercando di attirare
l'attenzione.
Cathleen
e i suoi amici balzarono in piedi e si precipitarono davanti al
piccolo palco, in preda alla curiosità.
Dopo
qualche minuto, quando la maggior parte degli studenti si fu
avvicinata, prese la parola la donna minuta e bionda, che
rappresentava anche gli altri due membri della giuria. “Bene
ragazzi, dobbiamo ammettere che la scelta non è stata affatto
facile, perché tutte le candidate sono state meravigliose. Ci
hanno colpito in particolare tre ragazze, ovvero Cathleen Anders,
Grace Jefferson e Julia Philips. È stato davvero difficile
decidere tra queste tre talentuose donzelle, ma una di loro si è
distinta per la sua energia, la sua allegria e il suo entusiasmo, che
noi reputiamo fondamentale per la nostra protagonista. Vogliamo
dunque congratularci con...”
Cathleen
rischiò di svenire, le sue gambe minacciarono seriamente di
cedere. Cercò in tutti i modi di negare l'evidenza, ma non si
era sbagliata: lei, proprio lei, aveva ottenuto la parte! Non
ci poteva credere!
Ancora
stordita, venne sommersa dagli abbracci e dalle grida dei suoi amici,
mentre il resto degli studenti applaudiva ed esultava.
“Complimenti
Cathleen, congratulazioni. Avrai tempo fino a questo pomeriggio per
salutare i tuoi compagni e recuperare tutte le tue cose, le riprese
cominceranno subito dopo le vacanze natalizie. Questo vuol dire che
concluderai l'anno scolastico studiando privatamente nel luogo in cui
verranno fatte le riprese” proseguì la giudice al
microfono, invitandola poi a salire sul palco.
D'un
tratto Cathleen si immobilizzò, mentre il suo sguardo saettava
da una parte all'altra.
Non
avrebbe più rivisto i suoi amici, le persone per lei più
importanti insieme alla sua famiglia, non avrebbe potuto scherzare e
studiare con loro.
Era
davvero questo che voleva? Abbandonare tutto e tutti per girare un
film di cui non le era importato niente fin dall'inizio? Era questo
il prezzo da pagare per apparire in un film?
Osservò
Tiffany, Lionel, Lisa, Ben e Alex, poi salì sul palco con
passo deciso.
Si
schiarì la gola, afferrò il microfono e cominciò
a parlare: “Vorrei dire qualcosa a tutti quanti, per quanto
questo possa apparire strano. Partecipare ai provini è stata
per me una grande emozione, è stata un'esperienza importante,
ma io l'ho presa quasi come un gioco, convinta di non poter ottenere
la parte. Non ho nemmeno pensato a come la mia vita potesse cambiare
nel caso avessi vinto, ma ora che mi ritrovo in questa situazione, ho
capito una cosa fondamentale per me: ciò che veramente mi
rende felice è frequentare la Newton Academy, passare il mio
tempo con i miei amici, uscire e incontrare tutti voi ed essere una
ragazza normale. So che la fama, la pressione e l'allontanamento da
tutto questo mi farebbe male, mi renderebbe una persona infelice.
Quindi preferisco rifiutare questa parte e cederla a una persona che
la merita molta più di me, una ragazza la cui esibizione mi ha
colpito molto. Sto parlando di Grace. Io sono sicura che ha anche lei
tanta energia e vitalità e che sarebbe contenta di partecipare
al film. Grazie.”
Tutt'attorno
si era creato un silenzio assoluto, che in quel momento esplose in un
caloroso applauso per Cathleen. Tutti erano rimasti increduli, mai si
sarebbero aspettati che avrebbe rifiutato la parte semplicemente per
restare accanto ai suoi amici.
“Cat,
ma sei pazza? Che ti è saltato in mente? Quella parte ormai
era tua! Noi saremmo stati felici di vederti apparire in un film!”
la aggredirono i suoi amici, non appena li raggiunse.
“Ma
io non sarei stata felice senza di voi, ragazzi. State tranquilli,
sono convinta di aver fatto la cosa giusta e non me ne pentirò!
Vi voglio bene!” rispose Cathleen, abbracciando uno ad uno i
suoi amici. Quando arrivò il turno di Alex, si limitò a
stringergli la mano senza guardarlo in viso.
Dopo
l'assemblea, Grace raggiunse Cathleen di corsa, con le lacrime agli
occhi. “Grazie Cathleen, grazie davvero, sono al settimo cielo!
Ti sarò grata per tutta la vita!”
Le
due ragazze si abbracciarono, commosse.
“Sono
sicura che sarai fantastica! Ti meritavi la parte molto più di
me!”
Grace
si limitò a sorriderle apertamente, senza imbarazzo, per poi
scomparire tra la folla, scossa dai singhiozzi.
“Cat!
Cat! Mamma e papà vengono a prenderci tra due ore, dobbiamo
finire di preparare le valigie!” esclamò Tiffany,
raggiungendo la sorella e assestandole una forte pacca sulla schiena.
“Ahi!
Okay, ora vado in camera! Ci riuniamo alle tre e mezza vicino al
parcheggio per i saluti e gli auguri! Dillo anche agli altri!”
concluse Cathleen, dirigendosi velocemente verso i dormitori
femminili.
Mancavano
poche ore alla partenza e lei aveva sistemato solo qualche maglietta
nella valigia.
Lionel
e Alex sedevano in uno scompartimento del treno. I loro genitori non
erano potuti andare a prenderli, quindi erano stati costretti a tre
ore di treno. Era passata circa un'ora da quando il mezzo era partito
ed entrambi erano già in preda alla noia e alla disperazione.
“Alex,
ma...?” esclamò Lionel sporgendosi verso il fratello.
“Sì?”
“Quel
braccialetto che porti al braccio... da dove l'hai preso? Fino a oggi
non te lo avevo mai visto addosso!”
“Ah,
questo?” domandò Alex, sollevando il braccio e mostrando
il bracciale a Lionel. “Me l'ha regalato Cathleen stamattina,
dopo avermi confessato che le piacevo molto.”
A
Lionel parve che il treno fosse saltato in aria.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo
15
Lionel,
in quei giorni di festa, non si dava pace.
Lui
e Alex erano tornati dalla loro famiglia e sembrava andare tutto
bene.
Già,
era così semplice ingannare i suoi genitori e suo fratello con
una battuta detta milioni di volte e un sorriso tirato! Del resto
loro non potevano sapere cosa gli passava per la mente.
Era
sconfitto. Sapeva che Cathleen non avrebbe mai ricambiato i suoi
sentimenti, ma non si sarebbe mai immaginato che fosse interessata
proprio a suo fratello. Questo era troppo per lui. Si sentiva una
nullità, pensava che la vita avesse cominciato a prenderlo in
giro solo per vederlo in difficoltà.
La
vita era una stronza.
Ma
lui in quel momento non ci doveva pensare, era tornato a casa per
festeggiare il Natale in allegria, no?
Il
26 dicembre accadde qualcosa che lo scosse nel profondo e lo
risvegliò dal suo torpore.
Mentre
lui provava inutilmente a risolvere degli esercizi di matematica che
la professoressa aveva assegnato per le vacanze natalizie, suonò
il campanello. Inizialmente non ci fece molto caso, ma poi sua madre
bussò alla porta di camera sua e annunciò che c'era una
visita per lui.
Quando
l'ospite fece il suo ingresso nella stanza, Lionel rimase a bocca
aperta. Si sarebbe aspettato chiunque, ma non lei.
“Ciao
Lion...” lo salutò timidamente Marta, mentre lo
osservava con i suoi occhi curiosi.
Marta
aveva tredici anni, proprio come Lionel, ma ne dimostrava molti di
più. Aveva due grandi e curiosi occhi nocciola, una folta
chioma di boccoli castani che le ricadevano leggeri sulle spalle, la
carnagione abbronzata e i lineamenti del viso ben marcati. Era alta e
snella, ma nonostante ciò non ostentava il suo fisico perfetto
e non appariva particolarmente sicura di sé.
“Ma...
Marta, come mai da queste parti?” farfugliò Lionel in
difficoltà, lasciando cadere la penna sul quaderno.
“Sapevo
che eri di nuovo a casa e così ho deciso di venire a trovarti.
Come stai? Non ci vediamo da un po' di mesi ormai.”
Marta
fece un passo incerto verso il letto di Lionel, ma poi si bloccò.
Quante
volte, una volta tornati da scuola, si erano recati in quella stanza
e si erano gettati sul letto sfiniti dalle lezioni, a chiacchierare e
ridere con le gambe penzoloni e i piedi scalzi!
Eppure
quel gesto non appariva più così scontato in quel
momento, pareva quasi vietato.
“29
luglio” rammentò il ragazzo mordicchiandosi nervosamente
il labbro inferiore.
Non
poteva credere che lei, l'amica più dolce e fantastica che
avesse mai avuto, fosse proprio davanti ai suoi occhi, dopo ciò
che era successo tra loro.
Lei
intanto prese finalmente posto sul letto e invitò Lionel a
imitarla.
Lui
non capiva cosa stesse capitando, ma decise di seguire le sue
indicazioni.
Marta
sospirò, attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno al
dito. “Sai, secondo me dovremmo riprovarci, Lionel.”
“Riprovare...
a fare cosa?”
Lionel
era intimorito senza una ragione ben precisa.
“Ci
ho pensato molto a lungo in questi mesi, penso sia giusto che
provassimo ad essere di nuovo amici” sentenziò Marta con
un'espressione seria e pensosa sul viso.
“Ma
è tutto diverso, non potrebbe esserci la stessa amicizia che
ci legava prima.”
“Non
dire sciocchezze, sai benissimo anche tu che siamo noi stessi a porci
questi limiti. Siamo bloccati nel passato e non riusciamo a guardare
avanti, ma se solo ci provassimo...” Marta afferrò i
polsi di Lionel. “Ci ho riflettuto a lungo e mi sono resa conto
che la cosa più importante è averti accanto come amico,
il resto non m'importa. Mi mancano le nostre chiacchierate, le nostre
risate, le ore passate a far niente. Mi manca tutto.”
I
ricordi colpirono Lionel come uno schiaffo in pieno volto.
Lui
e Marta si erano conosciuti quando avevano sei anni. La famiglia di
lei si era appena trasferita nella via dove abitavano Lionel e la sua
famiglia. I due bambini si erano conosciuti per strada, dato che il
pomeriggio tutti i bambini del vicinato si ritrovavano là
fuori per giocare assieme. Tra loro due si instaurò subito una
forte amicizia.
Lionel
adorava Marta perché lei era un vero e proprio maschiaccio,
aveva coraggio da vendere e voleva essere allo stesso passo dei
ragazzini. Le bambole la annoiavano.
Per
sette anni Lionel e Marta condivisero tutto: si incontravano quasi
ogni giorno e andavano in giro per il vicinato a combinare guai e
inventare nuovi giochi, oppure si rintanavano in camera di uno dei
due e la distruggevano letteralmente. Quando qualcosa non andava a
uno dei due, l'altro era sempre pronto ad ascoltarlo e supportarlo,
tra di loro non c'erano segreti.
Erano
come fratello e sorella.
Ma
poi gli anni passarono, iniziarono le medie ed entrambi cominciarono
a crescere rapidamente. E qualcosa nel cuore di Marta mutò.
Aveva
undici anni quando si rese conto di essersi presa una cotta per
Lionel, che fino a quel momento era stato il suo migliore amico.
Inizialmente era solo un'innocente cotta da ragazzina e lei decise di
tenerla segreta, convinta che in poco tempo sarebbe svanita, ma col
tempo questa non passava, anzi, si intensificava sempre più.
Le faceva male stare con Lionel e fare finta di niente, non reggeva
più quella situazione, ma allo stesso tempo non voleva
rovinare quell'amicizia così preziosa.
Ma
un giorno decise di tentare, non poteva più tenersi tutto
dentro.
Lionel
la rifiutò nel modo più dolce e gentile possibile. Lui
non ricambiava i suoi sentimenti e non si aspettava che proprio Marta
fosse interessata a lui in quel modo. Era il 16 luglio.
Marta
cercò di non dispiacersene troppo, del resto avrebbe dovuto
aspettarselo. Eppure quel rifiuto la ferì immensamente.
I
due si erano promessi di mandare avanti la loro amicizia, non avevano
intenzione di perdere tutto.
Ma
non andò così, il loro rapporto era irrimediabilmente
cambiato.
Decisero
di comune accordo di non frequentarsi più. Fu una scelta
difficile e dolorosa per entrambi.
Un
mese e mezzo dopo Lionel partì alla Newton Academy e perse
definitivamente ogni contatto con Marta.
Ma
lui non si dimenticò mai di lei, e lei non si dimenticò
mai di lui.
Lionel
capiva solo ora come si era sentita Marta quando lui l'aveva
rifiutata, si trovava nella sua stessa situazione proprio in quel
momento.
Marta
gli era mancata molto, anche se aveva cercato in ogni modo di
togliersela dalla testa.
Si
ritrovò involontariamente a sorridere.
“Perché
stai ridendo? Sono seria!” lo rimproverò Marta,
ricambiando spontaneamente il sorriso.
“Perché
anche tu mi manchi, è inutile negarlo. E hai ragione, possiamo
provare a ricostruire il nostro rapporto; questi mesi di distanza ci
hanno aiutato a schiarire le idee e adesso possiamo guardare avanti.
Ce la faremo?”
)
suoi occhi brillavano, accesi dalla speranza.
Marta
non rispose, si limitò a sorridere ancora e ad abbracciarlo
forte.
Il
tempo sembrava non essere mai passato, fu come se fossero stati
insieme anche il giorno prima.
Passarono
il resto della mattinata a raccontare ciò che era successo
nell'ultimo periodo e a scherzare con quella spontaneità che
li aveva sempre caratterizzati.
Lionel
le confidò della sua cotta per Cathleen e lei non sembrò
particolarmente turbata, cercò anzi di rassicurarlo e
supportarlo.
Lei
gli confidò di sentirsi molto sola perché non riusciva
a trovarsi delle amiche. Fino a quell'estate non ne aveva avuto
bisogno perché aveva avuto Lionel al suo fianco, ma quando lui
se n'era andato non era stata accettata da altre persone. Lei era
molto diversa dalle altre, non le importava delle sciocchezze da
ragazzine viziate e andava molto più d'accordo con i ragazzi.
Raccontò
che confidava nell'entrata al liceo, dove avrebbe conosciuto nuova
gente e iniziato una nuova vita.
Lionel
le promise che, anche se sarebbero stati a chilometri di distanza,
avrebbe fatto di tutto per tenerle compagnia e strapparle un sorriso
nei momenti di sconforto.
“Ti
voglio bene, Lionel” sussurrò Marta.
“Anch'io”
rispose lui, e improvvisamente non ebbe più nessuna voglia di
partire.
“Oh,
non lo sopporto più!” esclamò Tiffany
all'improvviso, scaraventando il suo cellulare sulla scrivania.
“Cosa
ti turba?” domandò sue sorella, che stazionava sul suo
letto con un auricolare all'orecchio sinistro.
“Quell'imbecille
di Simon, io lo odio! Ora che sono tornata qui vuole assolutamente
vedermi perché si è pentito di quello che ha fatto e mi
tempesta di messaggi da stamattina! Non può certo pretendere
che io lo riaccolga a braccia aperte!” spiegò la ragazza
più grande con uno sbuffo, mentre si lasciava cadere sul
materasso.
“Vedrai,
prima o poi si stancherà e ti lascerà in pace, e sai
perché? Troverà un'altra povera ragazza da importunare”
la rassicurò Cathleen, mettendo via cellulare e cuffie e
avvicinandosi a Tiffany per abbracciarla.
“E
tu come stai? Sei ancora scossa per Alex?” domandò la
più grande in tono apprensivo, mentre ricambiava l'abbraccio.
“Un
po'.”
“Oh,
povera bambina indifesa!” la punzecchiò Tiffany in tono
mellifluo, lasciandole un affettuoso buffetto sulla guancia.
“Ah,
smettila! Comunque, scherzi a parte, sto cercando di superare tutto
quanto con entusiasmo. Sì, è vero che ne sto soffrendo,
ma tra pochi giorni si tornerà a scuola e la vita andrà
normalmente avanti. Alex fa parte del nostro gruppo e non posso
disperarmi ogni volta che lo vedo, no? Sono forte, posso superare una
delusione.”
“Brava,
questo è lo spirito giusto. Sai, io e Lisa eravamo molto
preoccupate per te, supponevamo che Alex non avrebbe ricambiato ed è
per questo che abbiamo fatto in modo di tenerti a bada il più
a lungo possibile.”
“Grazie,
che tenere che siete! Ma è stato utile anche sbatterci la
testa. Del resto avrei dovuto immaginarmelo e non illudermi per ogni
minimo segno di interesse.”
Passò
qualche secondo in cui le due ragazze rimasero immobili con un dolce
sorriso sulle labbra, poi il telefono di Tiffany, abbandonato in un
angolo, prese a trillare.
La
sua proprietaria sbuffò e si alzò dal letto per
controllare chi la stesse chiamando.
“No,
che tortura, di nuovo Simon!” piagnucolò in preda alla
disperazione.
“Lascia
fare a me” fece Cathleen con un'espressione misteriosa.
Afferrò
il cellulare, rispose alla chiamata, esclamò “vaffanculo”
e rimise giù.
Le
due sorelle scoppiarono a ridere e non riuscivano più a
fermarsi.
“Che
stronze che siamo!” osservò Tiffany profondamente
soddisfatta.
“Solo
con chi se lo merita!” aggiunse Cathleen, asciugandosi gli
occhi umidi per le troppe risate.
Nessuno
poteva scalfire il magnifico legame tra loro due. E insieme avrebbero
superato qualsiasi cosa.
Era
il 2 gennaio, le lezioni sarebbero ricominciate due giorni più
tardi. La scuola era quasi deserta, ma qualche studente era già
di ritorno dalle vacanze natalizie.
Tra
questi c'erano Lisa e Ben, che potevano finalmente concedersi una
giornata per stare insieme, loro due e nessun altro.
Quel
pomeriggio si trovavano nella stanza di lei, entrambi sul letto,
accoccolati uno accanto all'altra.
Quel
momento per loro era la perfezione, non avevano bisogno di parole, a
loro importava solo stare insieme e coccolarsi.
Lisa
si rilassava tra le braccia del suo ragazzo, mentre lui le
accarezzava la schiena e i capelli. Si sentiva protetta e amata,
l'unica sua certezza in quel momento era che voleva stare con lui.
Ben
intanto era abbastanza teso. Rifletteva e cercava di controllarsi, ma
non poteva mentire a se stesso.
Quell'anno
lui avrebbe compiuto sedici anni, mancavano solo pochi mesi, ed era
già consapevole di tante cose: aveva delle certezze, aveva dei
valori e aveva, come tutti, dei desideri. Dopo una relazione così
lunga con Lisa, sentiva un forte bisogno di dimostrarle il suo amore
in un modo ancora più profondo, ormai si sentiva pronto. Era
sicuro: la sua prima volta sarebbe dovuta essere con lei, l'unica
ragazza che avesse mai amato.
Voleva
fare l'amore con Lisa.
Ma
questo non bastava: la loro relazione si basava sul rispetto
reciproco, Ben non avrebbe mai mancato di rispetto alla sua ragazza.
Ed era proprio questo a bloccarlo: Lisa non era pronta a concedersi a
lui, era ancora intimorita. Lui se ne accorgeva quando la teneva tra
le braccia, l'insicurezza della ragazza veniva emanata da ogni fibra
del suo corpo. Lei non gli permetteva di esplorarla, si irrigidiva o
si ritraeva ogni volta e forse nemmeno lei se ne rendeva conto.
Ben
suppose che si vergognasse o semplicemente fosse ancora troppo
piccola. Probabilmente anche lui stava correndo troppo, ma era stanco
di mentire a se stesso e far finta di niente.
L'attesa
sarebbe potuta durare tanto tempo, e se così fosse stato Ben
avrebbe aspettato: amava Lisa e non voleva forzare le cose, le
sarebbe stato vicino e le avrebbe insegnato pian piano a lasciarsi
andare.
Lisa,
ignara di quelle riflessioni, si sollevò all'improvviso e
baciò Ben con dolcezza, cercando di trasmettergli tutto il suo
amore.
E
fu così che trascorsero il resto del pomeriggio: tra baci,
carezze e taciti pensieri.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Capitolo
16
Gennaio
procedeva con una lentezza inaudita e i professori riempivano
costantemente i ragazzi della Newton Academy di compiti e
interrogazioni. Ma gli studenti erano su di giri per via del lungo
periodo di vacanza appena trascorso e nel campus si respirava ancora
un'aria di festa.
In
una gelida serata di metà gennaio, Lionel si ritrovò
nel bar della scuola assieme a suo fratello e Ben. In realtà
non aveva tanta voglia di stare con loro, ma ancora si trovava un po'
in imbarazzo con Cathleen.
Lei
non sospettava niente perché il ragazzo si comportava
normalmente, ma Lionel aveva capito che anche lei stava soffrendo per
il rifiuto di Alex.
Era
una situazione complicata, per fortuna lui poteva sfogarsi con Marta.
Era un'amica preziosissima, ascoltava sempre ciò che lui aveva
da raccontare e cercava di tirarlo su con il suo contagioso
entusiasmo. Lionel si chiedeva come fosse riuscito ad andare avanti
senza di lei per tutto quel tempo.
E
così anche quella sera si ritrovava a scambiare messaggi con
lei mentre sorseggiava una cioccolata fumante e ascoltava
distrattamente le inutili conversazioni tra Alex e Ben.
Quei
due continuavano a frequentarsi, ma non avevano assolutamente nulla
in comune e la loro amicizia era basata su discorsi futili e
superficiali.
Lionel
cominciava a sospettare che suo fratello non fosse in grado di avere
delle amicizie profonde, questo anche per colpa del suo caratteraccio
che lo portava ad approfittarsi degli altri.
“Lionel,
ci sei? Svegliati!” esclamò all'improvviso Alex,
scrollandolo per una spalla.
Per
poco il bicchiere di cioccolata che teneva in mano non si rovesciò.
“Ma
sei pazzo? Sì, ci sono, ma preferirei non esserci!” si
rivoltò Lionel, controllando che sul suo cellulare non fosse
finita qualche goccia della densa bevanda.
“Ma
che ti prende? Hai degli sbalzi di umore spaventosi certe volte,
prima sei tranquillo e un attimo dopo sbotti senza motivo!” lo
rimproverò il fratello maggiore.
“Ho
i miei motivi se mi comporto così! Non hai mai pensato che
magari il tuo atteggiamento potrebbe darmi fastidio?”
“Io
mi comporto normalmente, sei tu che hai bisogno di una visitina
urgente da uno psico...”
“E
basta, ma che vi sta succedendo? Generalmente siete tranquillissimi!”
intervenne Ben, cercando di placare la lite.
“Tranquilli,
tolgo il disturbo!” concluse Lionel, per poi alzarsi e lasciare
il bar come una furia.
Lui
era una persona estremamente tranquilla e pacata, ma Alex gli faceva
proprio perdere la pazienza! Non aveva un minimo di rispetto verso il
prossimo!
In
quel momento Marta gli chiese se lo poteva chiamare. Lui, senza
perdere tempo, fece partire la chiamata e si portò il
cellulare all'orecchio.
“Lion,
dove sei? Non ti sto disturbando, vero?” domandò subito
Marta con preoccupazione.
La
sua voce lo fece rilassare immediatamente. “Non mi disturbi
mai! Comunque sto passeggiando per il campus dopo aver discusso con
Alex, nulla di che.”
“Ah,
sempre i soliti! Come sta Alex?”
“Ha
ancora la forza e la voglia di rompere le palle, quindi sta bene!”!
I
due presero a parlare e ridere come se tra loro non ci fossero
chilometri, come se fossero ancora insieme e potessero scambiarsi
occhiate complici e sorrisi divertiti.
“Dev'essere
enorme il campus...” commentò a un certo punto Marta.
“Ci
puoi contare! E non solo, è anche molto bello: si respira
l'aria marittima tutto l'anno ed è sempre pieno di studenti
che chiacchierano e scherzano” raccontò il ragazzo.
“Wow,
sei proprio fortunato a frequentare quella scuola! Un giorno vengo a
trovarti, così lo vedo anch'io e conosco i tuoi amici! Che ne
pensi?”
“Fosse
per me saresti qui tutti i giorni!”
Lo
sguardo di Lionel venne catturato da una sagoma familiare; infatti
Lisa era appoggiata al tronco di un albero poco distante e conversava
con un ragazzo.
Quest'ultimo
era alto e indossava un giubbotto nero consunto e dei jeans
scoloriti. Aveva le spalle larghe e un fisico abbastanza atletico. Il
suo viso era delicato: aveva la carnagione chiara, i capelli mossi
castano chiaro arruffati dal vento e due grandi occhi azzurro
intenso.
Lisa
sicuramente lo trovava affascinante perché sembrava
particolarmente interessata alla conversazione e lo squadrava
spudoratamente.
Un
momento. Ma Lisa non stava con Ben?
Lionel
non voleva arrivare a conclusioni affrettate, così decise di
stare là qualche altro secondo per capire se davvero Lisa ci
stesse provando con quel ragazzo. I due non lo avevano notato, dato
che si trovava a parecchi metri da loro ed era protetto dal fusto di
qualche albero.
Intanto
Marta continuava a ripetergli all'orecchio: “Lion, ci sei?
Lionel, perché non mi rispondi?”
“Ora
non posso parlare al telefono, ci sentiamo dopo” tagliò
corto lui, sperando che Lisa e l'altro tizio non lo sentissero. Per
fortuna il vento camuffava i rumori e loro non si accorsero di
niente.
Così
interruppe la conversazione e si concentrò sulla scena che si
ritrovava di fronte. Cercò di captare qualche frase, ma le
folate portavano le loro voci altrove, tra le fronde degli alberi.
Gli giunse solo qualche risata.
A
un tratto il ragazzo sembrò sul punto di andarsene, ma Lisa lo
trattenne. Entrambi portarono fuori il cellulare e probabilmente si
scambiarono il numero di telefono.
Poi
avvenne l'imprevedibile: i due si strinsero in un abbraccio e
parevano parecchio presi. I due rimasero in quella posizione diversi
secondi, come se non avessero intenzione di separarsi, poi il ragazzo
sciolse la stretta e prese la mano di Lisa. Ci fu un ultimo scambio
di battute, poi lui si allontanò e Lisa rimase lì, con
un sorriso sognante sulle labbra.
Lionel
si pentì improvvisamente di averli spiati: prima di tutto non
era buona educazione farsi gli affari degli altri, poi sapeva che
avrebbe dovuto portare dentro di sé questo segreto e sapeva
anche che gli sarebbe pesato molto.
Certo,
non aveva visto nulla di tanto eclatante, ma c'era qualcosa nello
sguardo e nell'atteggiamento di Lisa che lo inquietava.
Lionel
non avrebbe mai voluto che Ben soffrisse, lo considerava un amico e
provava molta stima nei suoi confronti. Quindi che doveva fare?
Prima
che Lisa potesse accorgersi della sua presenza, sgattaiolò in
fretta lontano da lì, verso i dormitori.
Non
appena giunse nell'atrio dei dormitori maschili, inviò un
messaggio a Marta per scusarsi. Lei non perse tempo e lo chiamò
qualche secondo dopo.
“Ma
che ti è successo?”
“Nulla,
è solo che... ho visto una scena che non mi è piaciuta
per niente.”
Così
raccontò a Marta ciò a cui aveva appena assistito,
sperando che almeno lei potesse dargli un consiglio.
Decise
che lei sarebbe stata l'unica a saperlo, non voleva che la voce si
spargesse per il campus o che qualche suo amico fosse coinvolto.
“A
quanto pare le riprese del film stanno andando bene” disse
Cathleen, con lo sguardo basso sul suo cellulare.
Era
un venerdì sera e lei, Tiffany, Ben e Alex si erano riuniti in
camera sua. A breve sarebbero arrivati anche Lionel e Lisa per
passare la serata tutti assieme all'insegna dell'ozio. In quel
periodo i professori stavano proprio esagerando con i compiti in
classe e i ragazzi avevano bisogno di un po' di riposo.
“Sono
felice che tu abbia scelto di cedere il ruolo a Grace, ci saresti
mancata!” affermò Ben, che stava disteso su un fianco
nel tappeto.
“E
poi Grace è perfetta per quel ruolo. Almeno non sta qui a
scuola come un'anima in pena” aggiunse Alex con una nota di
disprezzo nella voce. Nessuno fece a caso a lui.
Le
cose tra Cathleen e Alex erano tornate come prima, come se nulla
fosse accaduto. In realtà il rapporto tra loro si era
raffreddato, ma a Cathleen non dispiaceva perché,
riflettendoci su, si era resa conto che tra loro non c'era mai stato
un bel rapporto, anche la confidenza era sempre stata forzata.
“Alex,
hai mai pensato di cambiare scuola?” domandò Tiffany
sarcasticamente. In realtà sperava che lui rispondesse di sì.
“Non
potrei mai, siete i miei migliori amici!” ribatté lui in
tono falso e mellifluo, per poi scaraventarsi sul letto di Alice.
Tutti sapevano che non si sarebbe spostato da lì fino a quando
non fosse arrivato il momento di andar via.
“Non
credo che Alice gradirebbe, è un tantino gelosa delle sue
cose...” commentò Cathleen distrattamente.
“Macché,
non c'è motivo di arrabbiarsi! Qua c'è posto anche per
lei!”
“Ciao
ragazzi” esordì Lisa con un sospiro, mentre entrava
nella stanza.
Ultimamente
non aveva un bell'aspetto, sembrava stanca e stressata e aveva la
faccia di una che non dormiva da giorni.
Lei
andò subito a sedersi accanto al suo ragazzo, ma il suo
sguardo era assente.
“Lisa,
non ti senti bene? Ti vedo un po' giù oggi...” si
preoccupò subito Ben, prendendole una mano.
“Sto
bene tesoro, grazie. Forse sono stanca per via delle troppe
verifiche...” tagliò corto lei, sospirando pesantemente.
“Sembri
un po' triste” commentò Tiffany, avvicinandosi a lei.
“Dev'essere
in fase premestruale” si intromise Alex dall'alto del letto a
castello.
“Tu
stai zitto!” lo rimbeccò Lisa, fulminandolo con uno
sguardo.
In
quel momento fece irruzione in camera Alice.
“Oh,
vedo che ci sono ospiti... chi è quell'essere che si è
impossessato del mio letto? Alex, scendi subito o ti faccio scendere
io, a modo mio!” sbottò subito.
“Dai
Alice, almeno stanotte penserai a me quando ti sdraierai qui!”
cercò di convincerla lui, mettendosi controvoglia a sedere.
“E
tu penserai a me quando ti ritroverai in ospedale, dopo che ti avrò
scaraventato giù dal letto!” lo minacciò lei con
sguardo r
truce.
“Che
donna!” commentò Alex mentre scendeva.
Alice
lo ignorò e prese a cercare tra la sua roba sulla scrivania,
poi uscì dalla stanza senza degnare i presenti di un saluto.
“Ha
fatto bene! La stimo anche se è una stronza!” esclamò
Lisa divertita.
“Bene,
l'hai voluto tu!”
Detto
questo, Alex si sdraiò sul letto di Lisa, infilandosi
addirittura nelle coperte.
“Mi
fai schifo” sibilò lei indignata.
“Ragazzi,
scusate per il ritardo ma mi ha fermato la prof di matematica mentre
salivo le scale!” esclamò Lionel, entrando in camera con
il fiatone e richiudendosi la porta alle sue spalle.
“Lionel,
ti devo chiedere un favore!” lo intercettò subito suo
fratello, che non frattempo stava frugando invano nelle tasche dei
pantaloni.
“Ma
perché non lo lasci in pace?” intervenne Tiffany,
prendendo le difese del più piccolo.
“Silenzio
per favore, sto parlando con mio fratello, quindi posso chiedergli
quello che voglio! Lionel, ho dimenticato il cellulare sul letto di
Alice. Potresti recuperarlo, per favore?”
“E
va bene, tanto non ho nulla da fare.”
Così,
dopo essere salito sulla scaletta, Lionel fece per afferrare il
cellulare di Alex, ma la scaletta si mosse di qualche centimetro e
lui perse l'equilibrio. Per qualche secondo riuscì a
mantenersi al letto, ma poi cadde inevitabilmente a terra,
schiacciando il braccio sinistro sotto il suo peso.
Ecco,
mi sono fratturato il braccio, pensò mentre i suoi amici
accorrevano in preda alla preoccupazione.
“Lionel,
stai bene? Che brutta caduta!” esclamò subito Cathleen,
mettendosi subito al suo fianco.
“Riesci
a metterti seduto?” domandò Tiffany, che in quel momento
era la più tranquilla tra tutti. Era preoccupata, ma sapeva
che in situazioni del genere bisognava mantenere la calma e agire.
“Non
vi preoccupate, sono vivo! Ahi, mi fa male il braccio sinistro!”
“Okay,
andiamo subito in infermeria!” decise immediatamente Tiffany.
Cathleen
lo aiutò ad alzarsi e tutti e tre si diressero in corridoio.
Mentre
camminavano per il campus verso l'infermeria, Lionel si domandava
perché dovesse capitare tutto a lui.
*
* *
Ciao,
carissimi lettori!
Vi
avviso già che queste note d'autore non hanno un motivo ben
preciso, ma ogni tanto mi piace manifestare la mia presenza! :D
So
che questo capitolo non è proprio il massimo, ma vi giuro che
mi impegnerò di più nel prossimo! In ogni caso, fatemi
sapere se notate dei miglioramenti/peggioramenti nella scrittura o se
la storia sta diventando noiosa, cercherò di ascoltare tutti i
consigli che mi darete!
Voglio
ringraziare particolarmente i miei amatissimi lettori, che ormai mi
seguono sempre e mi supportano. Grazie ragazzi, senza di voi
Soul_Shine non esisterebbe! :3
Buon
proseguimento di mattinata/pomeriggio/serata a tutti! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
ReggaeFamily
Capitolo
17
Il
giorno seguente Lionel camminava per i corridoi della scuola con un
bianchissimo gesso al braccio sinistro, che nel giro di poche ore
aveva attirato l'attenzione dei suoi compagni.
La
sera prima era stato scortato in infermeria dai suoi amici e le
infermiere avevano constatato che si era procurato una bella frattura
al polso. Nella scuola non vi era l'occorrente necessario per poterlo
medicare, quindi il ragazzo era stato portato al pronto soccorso
della cittadina più vicina. Aveva passato tutta la notte in
bianco tra le quattro mura azzurro pallido dell'ospedale, ma
nonostante ciò aveva deciso di frequentare le lezioni. Quel
giorno avrebbe dovuto affrontare due compiti in classe molto
importante per cui aveva studiato una settimana intera.
Ma
durante la pausa pranzo la fase di euforia causata dalla prolungata
veglia era giunta al termine e il ragazzo rischiava di addormentarsi
con il viso sul suo pasto.
“Lion,
sveglio! Devi finire di mangiare, altrimenti ti mancheranno le
forze!” lo rimproverava Cathleen seduta accanto a lui, dandogli
dei colpetti al braccio quando lo vedeva sul punto di crollare.
“Le
forze sono già finite, il cibo non mi serve a niente. Voglio
un letto!” si lagnava lui, infilzando controvoglia le patate al
forno.
“Io
non ti ho ancora firmato il gesso!” esclamò Tiffany,
portando fuori un pennarello e alzandosi dal suo posto.
“Sapete,
quest'aggeggio è pesante” commentò Lionel con uno
sbadiglio, mentre la ragazza scriveva la sua dedica.
“Fratellino
mio, come ti senti? Hai incontrato qualche infermiera bella e giovane
ieri al pronto soccorso?” si intromise Alex in tono malizioso.
“Alex!
Che insensibile, te ne esci sempre con frasi fuori luogo!” si
indignò Lisa, fulminandolo con lo sguardo.
“Alex,
fammi un favore: stai zitto! È tutta colpa tua se sono in
queste condizioni, e soprattutto non sono stato lì a chiedere
se qualche infermiera sexy fosse interessata a mio fratello!”
si irritò Lionel.
“D'accordo,
prima che cominci una delle vostre liti, tacete!” intervenne
prontamente Tiffany, lanciando un'occhiata esasperata a Ben.
Loro
due avevano stretto ormai un bel rapporto e si erano resi conto di
essere molto simili. La loro era una bella amicizia: si capivano con
un solo sguardo e viaggiavano sulla stessa lunghezza d'onda.
L'unico
problema era che Ben non si esponeva mai troppo, era una persona
molto riservata ed evitava sempre di parlare dei suoi problemi e del
suo stato d'animo. Però Tiffany si era accorta che c'era
qualcosa che lo tormentava e sperava di riuscire ad aiutarlo.
A
interrompere quella scena fu Lisa, che parve illuminarsi alla vista
di qualcuno tra la folla. Ben e Tiffany, che sedevamo accanto a lei,
si accorsero che il suo sguardo era rivolto a un ragazzo alto e dal
viso simpatico che la salutava con un sorriso smagliante dipinto in
volto.
Lei
pareva felice di vederlo e ricambiò il saluto con un ampio
cenno del capo.
Un
lieve sorriso le increspò le labbra mentre lo guardava andar
via, ma poi sembrò rabbuiarsi all'improvviso e abbassò
lo sguardo sulla sua insalata.
I
due amici che avevano assistito alla scena si scambiarono un'occhiata
perplessa.
“Chi
è?” buttò lì Ben, dando un morso al suo
panino.
La
ragazza sembrò colta alla sprovvista ed esitò qualche
istante prima di rispondere. “Un... un mio compagno.”
“Sbaglio
o fa parte della squadra di basket della scuola?” si informò
Tiffany, fingendo di non essere particolarmente interessata.
“Beh,
sì, gioca a basket...”
“Ma
davvero è un tuo compagno di classe? Sembra più grande
di te” osservò Ben.
Lisa
sembrava in difficoltà. “No, vabbè, ha
diciassette anni... io lo conosco perché... me lo hanno
presentato delle mie amiche... scusate un attimo, devo andare in
bagno” farfugliò, per poi alzarsi a testa bassa e
scappare verso il bagno.
I
due si scambiarono uno sguardo perplesso e Ben sembrò
parecchio turbato dallo strano comportamento della sua ragazza.
Gli
altri tre non avevano assistito alla scena perché impegnati a
battibeccare tra loro, allora Cathleen domandò: “Come
mai Lisa se n'è andata di corsa?”
“Doveva
andare in bagno” rispose Tiffany facendo spallucce con aria
rassegnata.
A
Ben questa storia non andava giù. Voleva vederci chiaro, ma
che stava succedendo alla sua Lisa? Stavano insieme da molto ormai ed
era sempre andato tutto bene, ma ultimamente appariva misteriosa, a
volte si comportava in modo strano. Come se fosse ancora troppo
immatura.
Questi
pensieri gli frullavano in testa un freddo pomeriggio, mentre
bazzicava su internet con il suo cellulare nella sala comune dei
ragazzi.
Nel
frattempo Lionel sembrava totalmente immerso nella lettura di qualche
rivista e ogni tanto posava lo sguardo sullo schermo del suo
telefono.
D'un
tratto a Ben venne un'idea: se quel ragazzo che aveva salutato Lisa
era un suo amico – perché così pareva essere,
dato l'entusiasmo di entrambi – sicuramente erano amici su
facebook.
Era
curioso di saperne di più.
No,
non è un atteggiamento geloso, si giustificò tra
sé, voglio solo essere sicuro che sia tutto a posto.
Così
entrò nel profilo di Lisa e cominciò a scorrere la
lista dei suoi amici.
Bingo!
Ben
sussultò quando riconobbe il volto del ragazzo ed esclamò:
“Trovato!”
Lionel,
concentrato com'era, sobbalzò e imprecò tra i denti
quando la rivista gli cadde di mano.
“Che
hai trovato? Mi hai fatto prendere un colpo!” sbottò
poi, mentre si chinava a fatica.
“No,
niente, tranquillo” tagliò corto l'altro, cliccando sul
nome.
Si
chiamava Joel Shannon, aveva diciassette anni, giocava a basket nella
squadra e avevano sei amici in comune.
Ed
era single.
Ben
scosse la testa e continuò a ripetersi che era stupido essere
così geloso, questo Joel poteva davvero essere solo un
conoscente di Lisa.
Esplorò
il suo profilo per qualche minuto e si accorse che non c'era traccia
di Lisa: non aveva mai messo un like o commentato ciò che
pubblicava.
Questo
fatto lo tranquillizzò parecchio, così lasciò
perdere il profilo e provò a distrarsi.
Poco
dopo il cellulare di Lionel prese a squillare e lui distolse lo
sguardo dalla rivista.
“Ah,
è Marta” commentò, portando fuori dalla tasca un
paio di auricolari. Di certo con l'ingessatura non sarebbe riuscito a
sciogliere la matassa che si era andata a formare con il filo, così
Ben si offrì di aiutarlo.
“Tieni
molto a Marta, vero?” gli chiese.
“Sì,
è una ragazza molto dolce e poi ci conosciamo da sempre.”
“Allora
un giorno ce la presenti, d'accordo?”
“Certo,
le dirò di venire qui a scuola!”
Poi
rispose alla chiamata e, dopo aver preso possesso dei suoi
auricolari, lasciò la stanza.
Lionel
amava passeggiare con la voce di Marta nelle orecchie. Era una bella
sensazione quella che provava mentre conversava con lei, una
sensazione che conosceva bene ormai: di leggerezza, di
spensieratezza, come se lei potesse portarsi via ogni suo problema
con una delle sue forti e contagiose risate.
Marta
aveva un carattere forte ed era divertente, si destreggiava tra
ironia e doppi sensi e sapeva sempre inventarsi qualche battuta
geniale, in ogni occasione.
Era
per questo che Lionel, nonostante là fuori si gelasse, non
sentiva freddo: Marta gli scaldava il cuore.
Si
sentiva davvero fortunato e si chiese come avesse fatto senza di lei
per tutti quei mesi.
“D'accordo,
ma alle sei e mezza ce ne andiamo, chiaro?” acconsentì
Lisa, mentre varcava con Cathleen la soglia del bar.
“Ho
voglia di fare una partita a biliardino, ma non saprei con chi
giocare. Non c'è nessuno che conosco” affermò la
ragazza bionda, guardandosi attorno in cerca di un viso conosciuto.
“Intanto
che ne dici se ordiniamo qualcosa? Ho bisogno di qualcosa di
bollente, il freddo mi è penetrato fino alle ossa!”
propose Lisa, sfregandosi le mani gelide.
Così
si avvicinarono al bancone e presero posto su due sgabelli. Entrambe
optarono per una cioccolata, anche se inizialmente Lisa era un po'
riluttante.
“Mi
devo tenere in forma per il mio ragazzo!” aveva sentenziato, ma
non aveva potuto resistere a quell'odore inebriante.
Mentre
sorseggiavano dalle loro tazze, Cathleen osservava i ragazzi presenti
nel locale e ne notò due che armeggiavano con il biliardino
con fare annoiato. Erano sui sedici anni, probabilmente compagni di
Tiffany e Alex, e sembravano parecchio esperti in quel gioco.
“E
se sfidassimo loro due?” propose Cathleen facendo un cenno in
quella direzione.
“Loro?
Ma stai scherzando? Quei due ci straccerebbero di sicuro, non abbiamo
speranze di vincita!” protestò la sua amica.
“Oggi
ho voglia di complicarmi la vita! Mi sono stancata di giocare con
persone incompetenti che mi regalano letteralmente la vittoria!”
Così,
dopo aver finito di bere, le due si avviarono con passo spedito verso
il tavolo del biliardino.
“Ciao!
Vi va una partita a biliardino? Noi due stavamo giusto cercando
qualcuno da sfidare!” esordì Cathleen senza esitazioni.
I
due ragazzi le squadrarono per qualche secondo e accettarono la
sfida.
Prima
di cominciare il gioco si presentarono: si chiamavano Kelsey e
Jordan.
Kelsey
aveva dei lineamenti marcati, la carnagione abbronzati, una chioma di
capelli castano scuro un po' arruffata e due grandi occhi neri,
profondi e curiosi.
Jordan
invece portava i capelli molto corti, la pelle tanto chiara da
apparire diafana e due occhi verdi vigili e indagatori.
“Ragazzi,
contro di voi non abbiamo speranze di vincere. Che ne dite se
facciamo delle coppie miste?” propose Lisa.
Jordan
annuì. “Allora tu stai con me e Cathleen va con Kel.”
La
ragazza bionda sorrise al suo compagno di squadra quando gli fu
accanto e disse: “Li stracceremo.”
Lui,
che pareva un tipo molto serio e imperturbabile, accennò un
lieve sorriso e ribatté: “Ci puoi contare.”
“Io
non ne sarei così sicuro! Lisa, mi raccomando, non deludermi!
Dai, cominciamo!” esclamò l'altro ragazzo, lanciando una
pallina in mezzo al campo.
Dopo
varie imprecazioni, risate e punti, i quattro sembravano in perfetta
sintonia. Jordan era immensamente casinista e per quanto riguardava
insulti e volgarità non ne faceva affatto economia, ma nessuno
era turbato dal suo linguaggio. Era una cosa abituale tra i ragazzi
del campus.
Kelsey
invece non si scomponeva mai, come se niente potesse alterare il suo
stato di calma e pacatezza. Dava l'impressione di essere una persona
molto riservata, ma nonostante ciò si capiva che in quel
momento non si sentiva affatto a disagio.
Tra
lui e Cathleen si era instaurata una bella complicità; spesso
si davano il cinque quando facevano punto e crearono in poco tempo
una strategia di gioco, infatti erano sempre in netto vantaggio
rispetto all'altra squadra.
Jordan
e Lisa al contrario non erano affatto equilibrati: spesso Lisa
sbagliava qualcosa e questo li portava spesso a battibeccare. Erano
una buffa accoppiata, due opposti. Chiunque avrebbe scommesso che i
due non avrebbero potuto far altro che discutere e punzecchiarsi a
vicenda. Questo era dovuto dai loro caratteri forti.
Dopo
la partita, vinta ovviamente da Cathleen e Kelsey, Jordan sbottò
con teatrale indignazione: “Cazzo, non è giusto, questa
qui che avevo in squadra non sa neanche cos'è un biliardino!
Ora i vincitori ci offrono da bere però!”
Così
i quattro presero posto in un tavolino, ma alla fine nessuno aveva
voglia di ordinare qualcosa e si ritrovarono a conversare.
“Quanti
anni avete?” domandò Cathleen con interesse.
“Sedici,
quasi diciassette” rispose prontamente Jordan.
“Quindi
frequentate il terzo anno, giusto?”
“Sì,
controvoglia” sospirò Kelsey, sistemandosi meglio sulla
sua sedia.
“Come
mai? A me questa sembra una bellissima scuola, c'è
un'atmosfera gradevole!”
“Non
è male, ma non è questo il mio ambiente. Voglio tornare
nel mio paese a sfrecciare per le strade con il mio motorino, qui non
posso fare niente.”
“A
me stare lontana dalla famiglia mi dà una sensazione
incredibile invece, come di libertà e di indipendenza. Da dove
vieni?” domandò Cathleen rivolgendo tutta la sua
attenzione a quel ragazzo.
“Fino
all'anno scorso ero in Spagna.”
“In
Spagna?”
“Sì.
Mia madre è originaria spagnola, mentre mio padre è
californiano. Ho sempre vissuto là e stavo molto bene. Ma ora
ci siamo trasferiti e che ci vuoi fare? Avevo amici, ragazza,
motorino e libertà, ora invece mi tocca rifarmi una vita
dall'inizio” raccontò. Nonostante si stesse aprendo in
quel modo, non sembrava particolarmente avvezzo a raccontare di sé
e manteneva sempre un certo distacco.
Cathleen
grazie a questo racconto riuscì a spiegarsi i tratti
tipicamente mediterranei del ragazzo. Inoltre questa storia la colpì
molto e si ritrovò a osservare che Kelsey aveva fascino da
vendere.
“Oh,
mi dispiace, non dev'essere stato facile ricominciare” mormorò.
“Ti
dirò che invece non è stato un problema, per fortuna ho
incontrato questo pazzo da legare di Jordan. Però appena
compio diciotto anni torno in Spagna, non c'è paragone.”
La
ragazza lo osservò per qualche secondo, poi osservò:
“Parli un inglese perfetto, non avrei mai detto che avessi
vissuto in qualche altro posto”.
“A
casa ho sempre parlato in inglese perché mio padre è
molto legato alla sua terra. Ma sai qual è la cosa migliore?”
Cathleen
negò.
“In
spagnolo ho la media del dieci.”
Lei
ridacchiò. “Allora potrei chiederti qualche
ripetizione!”
Intanto
Lisa e Jordan continuavano a discutere su chissà quale
argomento e non prestavano attenzione a loro due.
La
situazione fu invariata finché Lisa non si rese conto
dell'orario.
“Oddio,
sono le sette meno un quarto! Cat, siamo in ritardo, andiamo!”
esclamò, saltando in piedi e raggiungendo frettolosamente la
sua amica.
“Ehi,
ma che ti prende? In ritardo per cosa? Non abbiamo niente in
programma!” protestò l'altra, mentre Lisa la strattonava
per un braccio.
“Devo
fare una cosa... dai, facciamo in fretta!” tagliò corto
la sua amica.
“Secondo
me ha qualche problema” commentò Jordan, che continuava
a punzecchiarla.
“Tu
vedi di stare zitto e non intrometterti!” si inalberò
lei.
Lui
si limitò a ridacchiare e fare spallucce.
Mentre
le due ragazze stavano per lasciare la stanza, Jordan urlò
loro dietro: “Però domani voglio la rivincita! Ci
vediamo qui alle cinque e mezza, se non vi presentate dimostrerete di
essere delle codarde!”
Cathleen
si voltò verso di lui con aria di sfida. “Bene, noi
domani ci saremo. Preparati a perdere un'altra volta!”
Poi
oltrepassarono la soglia e Lisa prese a camminare frettolosamente,
trascinandosi l'altra dietro di sé.
“Lisa,
fermati immediatamente e dimmi dove vuoi andare e cosa hai intenzione
di fare, altrimenti ti lascio qui da sola!” sbottò
Cathleen, fermandosi bruscamente e trattenendo la sua amica per un
braccio.
“Voglio
andare al campo sportivo.”
“Al
campo sportivo?”
“Sì,
voglio... voglio vedere gli allenamenti di basket!”
Cathleen
non credeva alle proprie orecchie. Sospirò pesantemente e
sentenziò: “Sì, sei ufficialmente impazzita, ti
sei bevuta il cervello”.
“Non
è vero, è che... è... sai, non ho mai visto un
allenamento di basket ed ero curiosa... e poi stavo pensando di... mi
piacerebbe imparare a giocare a basket...” farfugliò
Lisa, che pareva in difficoltà.
Cathleen
scoppiò in una fragorosa risata. “Tu? Vuoi imparare a
giocare a basket?! La persona più pigra e meno sportiva che
conosco vuole giocare a basket?! Questa potevi anche risparmiartela,
saresti stata più credibile!”
“Ah,
senti, mi sono stancata! Io ora andrò al campo sportivo, tu
fai come ti pare!” concluse Lisa, riprendendo a camminare.
“E
va bene, vengo con te!” si arrese Cathleen, seguendola.
Non
aveva ben capito cosa passasse per la testa della sua amica e questo
le dava un po' fastidio. Aveva l'impressione che ultimamente lei le
stesse nascondendo qualcosa e non sapeva per quale motivo. Insomma,
erano amiche, compagne di stanza, ormai la considerava come una
sorella e si raccontavano tutto! Come mai Lisa le teneva nascosto
qualcosa? Che le stava succedendo?
Mentre
attraversavano il campus, incrociarono Lionel e lo salutarono da
lontano.
Lui
era al telefono con qualcuno, come al solito. Ultimamente passava ore
a parlare al telefono con la sua amica Marta, con cui aveva chiarito
durante le vacanze natalizie.
Cathleen
ne era contenta, a Lionel faceva bene la vicinanza di quella ragazza
e il suo umore era nettamente migliorato da quando parlava con lei.
Però allo stesso tempo si sentiva un po' trascurata da lui.
L'amicizia che avevano stretto in quei mesi per lei era preziosissima
e non avrebbe mai voluto che andasse in frantumi.
Eppure
sentiva Lionel ogni giorno più distante. Questo stava
diventando insopportabile e la stava logorando, a volte quando ci
pensava le mancava quasi il respiro.
Gli
voleva un bene dell'anima, nessun altro oltre lei avrebbe potuto
capire quanto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
ReggaeFamily
Capitolo
18
Ormai
le partite a biliardino con i ragazzi erano diventate un'abitudine.
Non avevano bisogno di mettersi d'accordo con Kelsey e Jordan per
incontrarsi: alle cinque e mezza erano sempre lì, che le
aspettavano in piedi accanto al tavolo da gioco.
E
se per qualsiasi motivo uno dei quattro non si presentava
all'appuntamento, non era affatto un problema. L'incorto era valido
per il giorno successivo.
È
così che Cathleen e Lisa cominciarono il mese di febbraio: tra
valanghe di argomenti da studiare e partite a biliardino.
Cathleen
non ci poteva credere: sembrava che quei ragazzi gradissero davvero
la loro compagnia, nonostante fossero qualche anno più piccole
di loro. Non sapeva spiegarsi il perché, ma quando stava con
Kelsey e Jordan le pareva di stare sulla cima del mondo.
Soprattutto
in compagnia di Kelsey.
Giorno
dopo giorno, il loro affiatamento cresceva e anche l'interesse di
Cathleen nei confronti del ragazzo. Doveva ammettere che Kelsey, in
tutta la sua calma e pacatezza, aveva un grande fascino e la
incuriosiva tanto. Non sapeva ben spiegarsi come si sentiva accanto a
lui, ma quella sensazione le piaceva.
Lisa
invece battibeccava in ogni momento con Jordan e, se avessero
continuato di questo passo, prima o poi si sarebbero azzuffati.
Eppure entrambi si presentavano puntualmente al bar, forse per non
dare all'altro troppe soddisfazioni.
Erano
irrecuperabili.
Ma,
nonostante tutto sembrasse andare alla perfezione, Cathleen caoiva
che qualcosa non andava: Lisa e Ben in quell'ultimo periodo erano
sempre più distanti. Si frequentavano regolarmente e stavano
ancora insieme, ma non emanavano la stessa passione e la stessa luce
di una volta.
Qualcosa
stava cambiando e Cathleen stava impazzendo per questo; vedeva Lisa
molto serena nonostante tutto, ma soprattutto non le aveva ancora
parlato di quello che stava succedendo tra loro. Ormai erano come
sorelle e questo fatto la faceva soffrire.
Aveva
tante cose a cui pensare in quel periodo e non si rendeva conto di
qualcosa che stava accadendo e la riguardava molto da vicino.
Lionel
non ne poteva più. Quel gesso al braccio gli pesava un sacco
ed era stufo di non poter fare tutto con due mani. Il dolore era
ormai passato da un pezzo, ora era subentrata la frustrazione: odiava
chiedere aiuto per qualsiasi cosa.
E
il fatto di non ricevere risposta per le sue richieste lo faceva
soffrire.
Si
era reso conto che per lui togliersi Cathleen dalla testa era
impossibile, ma si rendeva anche conto di non poterla avere. Aveva
parlato di questo a Marta, che gli aveva consigliato di starle vicino
solo come amico per non perderla totalmente.
Lionel
si rese conto solo in quel momento che lui e Cathleen si stavano
allontanando molto, così stava cercando in tutti i modi di
recuperare i rapporti con lei.
“Cat,
sei così distante” mormorò, mentre fissava il
soffitto.
Lui
le chiedeva aiuto, cercava sostegno in lei ora che aveva difficoltà
a fare molte cose, ma lei sembrava quasi non accorgersi di lei.
Il
flusso dei suoi pensieri venne interrotto da qualcuno che bussava
alla porta.
“Lion,
hai dimenticato il cellulare nella mensa!” esclamò Ben
dal corridoio.
“Entra
pure” fece lui in tutta risposta, senza muoversi di un
centimetro dal suo letto.
Il
ragazzo fece il suo ingresso nella stanza e, dopo aver constatato che
Lionel era solo, si chiuse la porta alle spalle e gli chiese: “Che
fai? Sembri un malato terminale, stai bene? Se vuoi ti faccio un po'
di compagnia.
Effettivamente
Lionel in quel momento aveva bisogno di scambiare due parole con
qualcuno e fu ben contento che questo qualcuno fosse Ben.
Così
si sollevò dal letto e lo invitò ad accomodarsi,
combattendo contro un capogiro.
Ben
prese posto sulla sedia accanto alla scrivania ed esaminò un
quaderno con gli esercizi di matematica lasciati a metà che si
trovava su di essa.
“Di
chi è questo quaderno?” domandò.
“Mio!
Stavo tentando di risolvere queste simpatiche espressioni con le
potenze, ma ci ho rinunciato” spiegò il più
piccolo, cercando invano di sistemarsi la folta chioma di boccoli.
Ben
si lasciò sfuggire un sospiro. “Io ultimamente non
riesco a concentrarmi sulla scuola, sono tormentato da un dubbio.”
Ben
pronunciò queste parole senza alzare lo sguardo dal quaderno.
“Un
dubbio?”
“Sì.
Penso che Lisa mi tradisca.”
Quelle
parole lasciarono Lionel esterrefatto. Capì immediatamente che
Ben diceva sul serio, quindi si sedette in una sedia accanto a lui,
pronto ad affrontare quella conversazione.
“Lisa
ti tradisce?! Oddio, questa mi è nuova! In effetti Lisa è
una ragazza un po' particolare, ma non credo sia in grado di fare una
cosa simile...”
Ben
si voltò verso di lui per la prima volta. Le sue labbra erano
increspate da un sorriso amaro. “Nemmeno io l'avrei mai creduta
capace di un gesto simile, ma ormai ne sono quasi convinto. La vedo
sempre più distante da me, sembra quasi che i miei abbracci la
infastidiscano.”
“Beh,
ma questo non significa che ti stia tradendo. Magari sta
semplicemente affrontando un periodo negativo” osservò
Lionel.
“Non
si tratta solo di questo. Ha stretto amicizia con un cestista della
squadra di basket della scuola e quando lo vede lo saluta con un
entusiasmo fuori luogo. Inoltre questo tizio ultimamente mette molti
like a quello che pubblica su facebook.”
Lionel
era sempre più sbigottito. “Ma dici sul serio? Come si
chiama il sospettato?”
“Joel
Shannon, diciassette anni o qualcosa del genere, uno tra i migliori
della squadra e ovviamente una scia di ammiratrici al seguito.”
“Lo
conosci? Ci hai mai parlato?”
“No,
e non ci voglio parlare.”
“E
allora come farai a scoprire che sta combinando Lisa? Devi avere
almeno delle prove per accusarla di tradimento!”
“Tu
pensi che io sia scemo, vero? Ho raccontato tutto a Tiff e lei ha
promesso di indagare. Del resto Lisa è una sua amica.”
Lionel
ci pensò su per qualche secondo. “Furbo in effetti. Lisa
non sospetterebbe mai di Tiff.”
Ci
fu qualche secondo di silenzio, ma Ben provvide a interromperlo:
“Invece tu, nanerottolo? Come va la vita con un solo braccio?
Ultimamente ti vedo un po' giù, è successo qualcosa?”
Lionel
prese a valutare la situazione: avrebbe davvero voluto sfogarsi con
qualcuno, ne aveva bisogno. Ogni giorno si confidava con Marta, ma
lei era lontana e non poteva fare più di tanto, anche se ciò
che lei faceva era più di quanto ci si potesse immaginare.
Lionel
non avrebbe mai pensato che quel momento sarebbe arrivato, ma era
giunto il momento di confidare i suoi sentimenti per Cathleen con
qualcuno lì al campus, qualcuno che fosse vicino a lui e anche
a lei.
Così
raccontò a Ben tutto senza potersi fermare: gli raccontò
di quel che aveva provato quando lei aveva confidato i suoi
sentimenti ad Alex, gli spiegò i suoi tentativi di
riavvicinarsi a lei, ogni cosa.
Ben
nel frattempo lo ascoltava attentamente e non mostrò alcuna
emozione. Forse aveva in parte capito come stavano le cose e fu per
quello che non parve particolarmente sorpreso.
Quando
Lionel ebbe finito, si rese conto di star meglio, come se si fosse
tolto un enorme peso dal cuore.
Ben
inarcò le sopracciglia e, con estrema serietà, gli
consigliò: “Parla con lei, non aspettare ancora. Parlale
di ciò che provi, perché forse dopo sarà troppo
tardi.”
Il
ragazzino scosse la testa. “Se intendi dire che le dovrei
confessare i miei sentimenti, non se ne parla! Ho capito già
da tempo di non avere speranze e non voglio incasinare ulteriormente
la situazione.”
“Infatti
non intendevo questo. Spiegale che hai notato un allontanamento tra
di voi e chiedile il motivo. Devi farle capire che non vuoi perdere
un'amica così importante.”
Dopo
qualche secondo, Lionel commentò: “Wow, niente male!
D'ora in avanti mi conviene chiederti consigli più spesso! E
pensare che avevo la soluzione più ovvia davanti agli occhi e
non la vedevo!”
“Allora
sono contento di esserti stato utile!” ribatté Ben con
un sorriso.
“Non
voglio perdere neanche un minuto: vado subito a cercare Cat. Questa
situazione è durata fin troppo!” affermò Lionel,
con una nuova grinta che gli brillava nello sguardo.
Così
uscirono entrambi dalla stanza e Lionel ringraziò ancora Ben
per averlo ascoltato.
Mentre
Ben osservava il suo amico scendere le scale di tutta fretta, si
ritrovò a pensare di essere proprio ridicolo.
Finché
si tratta di qualcun altro sembro sempre saggio e ragionevole, ma poi
non riesco a seguire nemmeno uno dei miei consigli.
Cathleen,
Lisa e Tiffany si trovavano nella stanza delle due più
piccole.
Cathleen
si trovava sul suo letto con le gambe incrociate, Tiffany si era
accomodata in una poltroncina e Lisa era stravaccata sul grande
tappeto.
Nella
stanza si stava svolgendo una riunione tra ragazze in quanto Cathleen
doveva raccontare le ultime novità su Kelsey e sua sorella e
aveva bisogno dei consigli di entrambe.
“Ecco,
non so bene nemmeno io come mi sento. Voi che ne pensate?”
chiese la sorella minore.
“Che
carini, che romantici!” squittì Lisa in tutta risposta,
mentre Tiffany intonava scherzosamente la marcia nuziale.
Cathleen
si lasciò sfuggire un profondo sospiro e lanciò un
cuscino addosso a entrambe.
“Ehi!”
si lamentarono entrambe.
“Ora
passiamo alla notizia sconvolgente, che ho tenuto nascosta a
entrambe.” annunciò Cathleen, attirando immediatamente
l'attenzione delle altre ragazze.
“Dicci
tutto!” saltò su Lisa, mettendosi seduta per poter
osservare la sua amica in viso.
“Allora...
Kel non me ne ha parlato apertamente, ma ha accennato al fatto che
magari tra qualche giorno potremmo incontrarci perché vorrebbe
offrirmi qualcosa...”
“Un
appuntamento!” la interruppe Tiffany, balzando in piedi dalla
poltroncina.
“Tiff,
calmati, non c'è nulla di certo! Stavo dicendo: mi è
sembrato di capire, anche se potrei aver capito male, che vorrebbe
chiedermelo per il 14, ovvero tra pochi giorni.”
Mentre
parlava, la ragazza era palesemente emozionata e anche gli occhi
delle sue amiche brillavano.
“Non
ci posso credere, è tra pochissimo!” mormorò
Lisa, completamente in brodo di giuggiole.
“Ehm,
c'è un piccolo dettaglio a cui non avevo pensato inizialmente.
Il 14 febbraio è San Valentino!”
Lisa
e Tiffany lanciarono un grido e rimasero letteralmente a bocca
aperta.
“Io
non so se sia una coincidenza, ma penso di sì. Kel non mi
sembra il tipo che dà importanza a queste cose, quindi...”
Cathleen
non poté finire la frase che si ritrovò stretta in un
abbraccio fortissimo.
“Quanto
sono felice! Sarò la tua testimone di nozze!” esclamò
Lisa a pochi centimetri dal suo orecchio.
“Ragazze,
ehm... tornate con i piedi per terra e lasciatemi prima che mi manchi
completamente l'ossigeno!” le implorò lei.
Mentre
le ragazze scioglievano l'abbraccio, nella stanza fece irruzione
Alice con aria truce.
Lei
e le sue compagne di stanza non erano mai riuscite a stabilire un bel
rapporto in quei mesi, ma avevano trovato il giusto equilibrio per
non urlarsi contro ogni volta che si ritrovavano faccia a faccia.
“Ciao
Alice, che ti è successo?” domandò Lisa senza
mostrare troppo interesse.
La
nuova arrivata sbuffò e si buttò sul suo letto. “Ma
perché succedono tutte a me? Mi bastavano due compagne di
stanza rompipalle, ora solo questa ci mancava!” borbottò.
“Quale
male ti affligge?” domandò teatralmente Tiffany, dato
che le sembrava di essere stata catapultata in una drammatica
telenovela.
“Quello
sfigato di Angel mi ha confessato che mi ama e che farebbe di tutto
per me. Ma ci rendiamo conto? Angel!” raccontò allora
Alice, indignata.
Nella
stanza calò il silenzio, mentre le altre tre sgranavano gli
occhi.
“Ma
stai scherzando?!” esclamò Cathleen.
“E
tu che hai fatto?” volle sapere Tiffany.
“Gli
ho riso in faccia. Del resto che dovevo fare? Quello lì è
mezzo matto! Ma ti pare che io, con tutti gli innumerevoli ragazzi
che mi corrono dietro, scelga proprio lui?”
Detto
questo, scoppiò a ridere di gusto.
“Alice!
Ma dai, poverino! Io posso capire che non ricambi i suoi sentimenti,
ma non era necessario trattarlo così male!” la
rimproverò Lisa, sinceramente scandalizzata.
“Parli
proprio tu, che l'hai usato per far ingelosire il tuo tipo! Ma fammi
il favore! Almeno io sono stata sincera con lui!” la accusò
Alice.
“Angel
soffre già abbastanza perché tutti si prendono gioco di
lui, potevi almeno rifiutarlo con gentilezza!” si intromise
Tiffany, infervorandosi.
Lei
non aveva nulla contro Angel, anzi, quando poteva ci scambiava due
parole e prendeva le sue difese. Non le andava di fingere un'amicizia
con lui, non voleva certo farlo soffrire ulteriormente, ma non
sopportava di vederlo sempre solo ed essere gentile con lui non le
costava niente. Per questo il comportamento di Alice la irritò.
“Oh,
e fatevi gli affari vostri! Mi comporto come mi pare e piace!”
sbottò Alice.
“Se
non ti interessava il nostro parere non ce lo avresti raccontato!”
obiettò Cathleen.
“Ragazze,
posso entrare? Devo dire una cosa a Cat.”
Le
quattro ragazze, prese alla sprovvista, sobbalzarono quando udirono
la voce di Lionel.
Si
era affacciato nella stanza, dato che Alice aveva puntualmente
lasciato la porta socchiusa, ma nessuno l'aveva sentito arrivare.
“Lion?
Entra pure!” lo invitò Cathleen.
“No,
non vi voglio disturbare, ragazze. Volevo solo chiederti se potevi
uscire un attimo” spiegò il ragazzo, rivolgendole
un'occhiata speranzosa.
Così
lei uscì dalla stanza e, dopo aver percorso qualche metro nel
corridoio deserto, gli chiese: “Che c'è, Lion? Come mai
mi hai chiesto di uscire.
“Vieni”
si limitò a mormorare lui. Arrivato alla rampa di scale, ne
scese circa la metà e poi si sedette su un gradino. Cathleen
lo imitò e si ritrovarono così vicini, solo loro due,
come non capitava da un mese ormai.
Lionel
provò un brivido e non era causato dal freddo di quel luogo.
I
corridoi dei dormitori femminili erano quasi deserti a quell'ora e,
nonostante ogni tanto qualche ragazza usciva dalla propria stanza,
non scendeva mai al piano di sotto. Faceva troppo freddo per
abbandonare le loro camere riscaldate.
Così
i due potevano chiacchierare indisturbati.
“Lionel,
come mai mi hai trascinato qua fuori?” domandò ancora
Cathleen, sfregandosi le mani.
“Ti
volevo parlare. Lo so, sono pazzo, ma non riuscivo ad aspettare fino
a domani.”
Il
cuore della ragazza prese a pulsare più velocemente. Come mai
le voleva parlare così urgentemente? Era successo qualcosa di
grave?
“Dimmi
tutto, io non ho fretta.”
Lionel
prese un profondo respiro. Nonostante avesse un rapporto di profonda
confidenza con lei, non era affatto facile affrontare un argomento
così delicato.
“Cat,
io ultimamente ho notato che ci siamo allontanati tanto e... questa
cosa mi fa male” esordì, senza avere il coraggio di
sollevare lo sguardo dalle sue scarpe.
All'inizio
si pentì di ciò che aveva detto e si chiese se non
avesse sbagliato tutto, ma poi Cathleen sussurrò: “Sì,
l'ho notato anch'io e non so come questo possa essere accaduto. Dopo
le vacanze di Natale siamo entrambi cambiati e forse siamo stati
assorbiti dalle novità nelle nostre vite. Tutto ciò mi
intristisce molto, non avrei mai voluto che accadesse.”
In
quel momento lui non poté evitare di prenderle una mano e di
stingerla forte nella sua. Gliel'avrebbe stretta con entrambe le mani
se solo avesse potuto.
“Sai
Cat, ci sono cose che a volte accadono e basta. Sembra che non ci sia
un motivo, che avvenga perché il destino lo ha deciso, ma in
realtà c'è sempre un motivo. L'unico modo per evitare
che certe cose accadano è parlarne e capire questo motivo. È
proprio questo che voglio fare con te, perché l'idea di
perderti...”, Lionel scosse la testa. “Lo so che può
sembrare una cosa banale, ma a volte le cose più ovvie vengono
perse di vista.”
Dopo
circa un minuto di silenzio, Cathleen raccontò: “Al
ritorno dalle vacanze per me non era cambiato niente, a parte il
fatto che dovevo superare il rifiuto di tuo fratello. Però tu
eri molto preso da Marta e io ho capito che era normale. Del resto ti
eri appena riconciliata con lei e avevate tanto da dirvi, e inoltre
siete costretti a stare lontani. Quindi mi sono fatta da parte.”
“Già,
sono stato uno stupido e me ne sono accorto troppo tardi. Ho cercato
di porre rimedio in questi ultimi giorni, ma ti ho visto molto
distante e non sapevo come fare” concordò lui.
“Non
devi fartene una colpa Lion, può capitare a tutti
un'incomprensione. Piuttosto io mi sono comportata in maniera pessima
ultimamente: ero completamente presa da tante cose e non mi sono resa
conto delle attenzioni che mi rivolgevi. Inoltre ora che ti sei
infortunato avrei dovuto starti vicino più che mai, invece...”
La
frase venne interrotta da un singhiozzo.
Lionel
allora si accorse che Cathleen stava piangendo e la strinse in un
goffo abbraccio, per quanto l'ingessatura glielo permettesse. Lei
appoggiò la testa sulla sua spalla, mentre il cuore gli
batteva all'impazzata nel petto.
“Cat...
abbiamo commesso entrambi degli errori, ma adesso gli
abbiamo
ammessi e tornerà tutto come prima. Te lo prometto Cat.”
Lionel
si ritrovò a pensare che quella pareva proprio la scena di un
film. Ma c'era qualcosa di diverso stavolta.
Nei
film il ragazzo è forte, abbraccia la sua ragazza e la
conforta.
Ma
lui non era l'eroe di un film, era solo un povero tredicenne troppo
emotivo, e si ritrovò anche lui le guance inumidite dalle
lacrime.
“Stiamo
piangendo entrambi, siamo senza speranza!” tentò di
sdrammatizzare Cathleen, asciugandosi le lacrime e stringendo a sua
volta Lionel in un abbraccio.
Lui
si lasciò sfuggire un sorriso. “Secondo me noi siamo
troppo uniti, niente ci può separare.”
Rimasero
abbracciati a lungo su quel gradino, lasciando la parola al silenzio.
Mentre si riscaldavano l'uno col calore dell'altro e si scambiavano
timide carezze piene d'innocenza e affetto, pensavano che a loro
bastava quello per essere felici.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
ReggaeFamily
Capitolo
19
“Allora?”
“Allora
cosa?”
“Come
passeremo questo San Valentino?”
Lisa
si mise a sedere più comodamente nella poltroncina e deglutì,
mentre cercava di scacciare il fastidioso nodo in gola che le si eea
formato a quella domanda.
“Beh...
io direi che potremmo...” farfugliò, torcendosi una
ciocca di capelli tra le dita.
Ben,
che era abbandonato al suo fianco contro lo schienale, la osservò
attentamente in viso. “A te cosa piacerebbe fare?”
“Io...
potremmo fare una passeggiata romantica sulla spiaggia, che ne dici?”
propose.
“Certo,
mi sembra una bella idea. A che ora ci incontriamo? Verso le otto?”
“No,
alle otto no!” protestò la ragazza con foga, senza quasi
rendersi conto della sua reazione esagerata.
“Perché
no?” indagò Ben aggrottando le sopracciglia.
“Perché
preferirei andarci un po' più tardi.”
“Ma
come? Non possiamo andare troppo tardi, ci sarà freddo di
notte! E poi pensavo di fare un picnic in spiaggia solo io e te, che
ne pensi?”
Lisa
sospirò pesantemente e si passò una mano sulla fronte
per aggiustarsi alcune ciocche sfuggite dalla treccia. “Ma no,
è più romantico di notte, quando la spiaggia è
deserta, te lo assicuro!”
Ben
si lasciò convincere, anche se mille campanelli di allarme
risuonavano nella sua mente.
Il
comportamento sospetto di Lisa ormai durava da settimane e,
nonostante lui si impegnasse per ricostruire il loro rapporto, la sua
ragazza sembrava non notare gli sforzi che compiva. Infatti Lisa
sembrava completamente assorbita dalla sua vita e dedicava sempre
meno tempo e impegno alla sua relazione.
Mentre
mille dubbi passavano nella mente di Ben, Lisa affogava in un mare di
vergogna e sensi di colpa.
“Ciao
Tiff, come va? Io sto andando in mensa per la cena, mi accompagni?”
esordì Alex, raggiungendo la sua compagna e trotterellandole
accanto come un fedele cagnolino.
Tiffany
sbuffò. “Alex, ma che sorpresa...” lo salutò
in tono sarcastico.
Quel
ragazzo le correva sempre dietro e riusciva a trovarla in qualsiasi
luogo si trovasse. Lei non sopportava Alex e le sue attenzioni erano
pesanti per lei; non riusciva a spiegarsi lo strano comportamento di
Alex, ma nonostante lei gli ripetesse in tono seccato di lasciarla
perdere, lui non demordeva e continuava a seguirla e importunarla.
“Dolcezza,
anche se tu continui a fingere, io so che ti piace stare con me!”
la stuzzicò lui, prendendola sottobraccio.
Sul
viso della ragazza si dipinse una smorfia. “Sì, la tua
compagnia è piacevole come un calcio nei denti.”
Detto
questo, si divincolò dalla presa e gli lanciò
un'occhiata truce.
Lui
ridacchiò – l'acidità di Tiffany lo divertiva –
e continuò a seguirla e cercare imperterrito di conversare con
lei.
“Ma
tu non avevi uno sciame di ragazze che ti adorano e ti corrono
dietro?” sbottò la povera ragazza mentre varcavano la
soglia della mensa.
“Mi
annoiano, le conquisto troppo facilmente.”
“E
se ti trovassi un hobby? Sai, la mia pazienza ha un limite e vorrei
evitare di diventare violenta” sibilò Tiffany, mentre
individuava sua sorella e si apprestava a raggiungerla.
“L'ho
già trovato: farti perdere la pazienza!”
A
quel punto Tiffany fu presa dalla collera.
“Bene,
sappi che ci sei riuscito! E adesso sparisci!” gli gridò
in faccia, per poi spintonarlo con forza e correre da Cathleen con il
volto in fiamme dalla rabbia.
Alex
per fortuna era abbastanza robusto e non perse l'equilibrio, ma urtò
un ragazzo che passava con il suo vassoio, rischiando di fargli
cadere la cena e beccandosi qualche insulto.
Fai
come vuoi, ma domani sarai mia, si disse Alex osservando Tiffany
e pregustando la sua vittoria.
Era
giunto l'attesissimo 14 febbraio e nella stanza di Cathleen e Lisa si
scatenavano ansia e agitazione.
“Che
ne pensi di questo?” domandò Lisa, che indossava un
abito blu con lo scollo a V, un paio di leggings e dei graziosi
stivaletti con il tacco.
“Non
pensi che con quelli avrai un po' freddo? Sono molto fini e di notte
al mare ci sarà sicuramente fresco” commentò la
sua amica, facendo cenno ai leggeri leggings.
“Ma
figurati! Per quanto riguarda i capelli pensavo di raccoglierli sulla
testa con qualche acconciatura carina, magari con un nastro... che ne
pensi?”
Cathleen
ci pensò su. “No, secondo me ti dona di più una
bella treccia, magari con qualche decorazione abbinata al vestito.”
“D'accordo!
Tu invece? Cos'hai intenzione di indossare?”
“Inizialmente
pensavo di indossare questo”, e Cathleen mostrò
all'amica un bell'abito nero con il corpetto in pizzo, “ma poi
mi sono detta che magari avrei avuto freddo e poi non vorrei dare
troppo nell'occhio, in fondo stiamo uscendo in amicizia. Quindi penso
che opterò per questi”.
La
ragazza afferrò una camicia nera, un paio di jeans attillati e
i suoi inseparabili scarponcini neri.
“È
perfetto: non troppo appariscente, ma che mette in evidenza i punti
giusti! Sì, mi piace!”
“Damigelle,
mostratevi!” esclamò Tiffany con entusiasmo, irrompendo
nella stanza.
“Tiff,
per favore, truccami!” implorò Lisa, sventolandole
davanti il suo astuccio con tutto il necessario per il make-up.
“Hai
chiesto alla persona sbagliata: mi trucco due volte l'anno!”
“Ragazze,
che ore sono? Sono in ritardo, vero?” domandò Cathleen,
che correva dal bagno alla camera e assomigliava a una trottola
impazzita.
“Sono
le sei e un quarto. Sei pronta?” domandò sua sorella.
“Quasi.
I capelli li lasciò così, non ho voglia di legarli...
per quanto riguarda il trucco, un filo di matita e via!”
“Ma
come, niente rossetto?” protestò Lisa, quasi
scandalizzata.
“Sai
che non lo sopporto, e poi durante la cena si rovinerebbe!”
dieci
minuti dopo Cathleen si trovava nel luogo dell'appuntamento, fuori
dalla pizzeria. Non era particolarmente agitata perché ormai
era entrata in confidenza con Kelsey e sapeva che la serata sarebbe
andata bene, ma soprattutto non voleva attribuire un significato
troppo grosso a quell'incontro: magari Kelsey non lo considerava un
appuntamento, ma una semplice serata tra amici.
Lui
fu puntuale: era vestito in maniera molto semplice come al solito e
mostrava un caldo sorriso sul viso abbronzato e simpatico.
“Ehi
Kel! Come va?” lo salutò lei calorosamente,
stringendogli una mano.
“Cat!
Benissimo, a parte il freddo e le innumerevoli coppiette in
atteggiamenti piuttosto eloquenti che ho incontrato durante il
tragitto.”
Kelsey
aveva un modo di scherzare che provocava risate assicurate:
nonostante stesse per dire qualche battuta, non perdeva mai il suo
tono serio e pacato.
“Dai,
entriamo!” propose la ragazza tra le risate.
La
pizzeria non era affatto un luogo romantico, ma era caldo e
accogliente e invogliava a scherzare.
I
due presero posto in un tavolo di legno in un angolo e presero a
chiacchierare come di consueto.
Cathleen
si rilassò completamente perché non riusciva proprio a
vedere quella serata come un appuntamento romantico; infatti le
sembrava di passare un qualsiasi pomeriggio con Kelsey, davanti al
tavolo del biliardino o a una cioccolata calda.
Dopo
aver divorato la pizza e scherzato vivacemente, il ragazzo propose di
uscire a prendere un po' d'aria.
Così
i due abbandonarono il locale affollato e claustrofobico e si
accomodarono sul bordo di un'aiuola lì accanto.
“Grazie
mille per la compagnia, Cat. È divertente parlare con te, ma
quando ci sono di mezzo Jordan e Lisa non riusciamo mai a
chiacchierare in pace” disse Kelsey in tono deciso, ma con lo
sguardo rivolto altrove.
“Sei
un ragazzo a posto, mi fa piacere passare qualche ora insieme.”
Passò
qualche istante di silenzio in cui entrambi erano assorti nei propri
pensieri, poi Cathleen ruppe il silenzio: “Ti manca la Spagna?”
“Tantissimo,
mi manca tutto.”
“Secondo
me è crudele dividere una persona dai suoi amici”
mormorò lei, immaginando di non poter vedere più i suoi
amici.
“È
stato necessario, ma ne ho sofferto abbastanza. Ho dovuto lasciare la
mia ragazza perché non potevamo reggere una relazione a
distanza e con i miei amici non è la stessa cosa, anche se mi
stanno vicino e mi sostengono.”
Kelsey
non si lasciava quasi mai andare a confidenze e racconti del suo
passato, ma davanti a quella ragazzina sapeva di potersi fidare; gli
veniva così spontaneo aprirsi e renderla partecipe della sia
vita.
“Però
tu sembri completamente a tuo agio anche in questa scuola e questo
vuol dire che sei riuscito a guardare avanti e a farti una nuova vita
qui.”
“Sì,
so adattarmi abbastanza bene... però non vedo l'ora che
arrivino le vacanze per tornare in Spagna.”
“Wow,
dev'essere un pos... ma che ci fa Lisa con quello lì?”
saltò su Cathleen allarmata, lasciando la frase a metà.
Kelsey
seguì lo sguardo della ragazza e riconobbe poco più
avanti Lisa, che passeggiava accanto a un ragazzo.
Prima
che lui potesse impedirglielo, Cathleen si era alzata e avanzava a
passo di marcia nella direzione dei due.
Lisa
si sentiva costantemente osservata e i sensi di colpa la stavano
uccidendo, ma nonostante ciò stava passando una bellissima
serata.
Aveva
cenato con Joel al parco perché sapeva che Ben non vi si
sarebbe mai recato, poi avevano cominciato a passeggiare lungo
percorsi poco frequentati, sperando di non incontrare nessuno che li
conosceva.
Lisa
si sentiva sporca: avrebbe passato la serata di San Valentino con due
ragazzi diversi, i quali non sapevano niente l'uno dell'altro.
“Lisa,
mi stai regalando una bellissima serata e non voglio che finisca. Ti
prego, resta con me” la supplicò Joel attirandola a sé,
consapevole del fatto che la ragazza sarebbe dovuta andar via entro
le otto e mezza.
Lei
sospirò e continuò a camminare poggiando la testa sulla
sua spalla. “Non posso Joey, lo sai... ho troppo da studiare e
non posso rimandare. Mi piacerebbe moltissimo, ma ti prometto che ci
rivedremo presto.
“Lo
spero, tesoro! Sono proprio fortunato ad averti conosciuto!”
mormorò lui, lasciandole un leggero bacio sulla guancia.
Lei
ridacchiò e lo strinse più forte, ma poi si rese conto
che sarebbero presto passati davanti alla pizzeria e non potevano
permettersi di dare nell'occhio: Cathleen era lì insieme a
Kelsey, e se lei non se ne fosse accorta c'era il rischio che qualcun
altro li vedesse mentre si scambiavano effusioni.
Così
con la scusa di sistemarsi la sciarpa che stava per cadere, si staccò
da Joel, ma lui le rimase comunque molto vicino.
“Senti
Lise, devo chiederti una cosa, giusto per curiosità... tu e
quel tuo amico, Ben... siete stati insieme, vero?”
Lisa
sobbalzò leggermente a quelle parole, ma si riprese subito ed
elaborò in fretta l'ennesima bugia. “Sì... ci
siamo lasciati un mese fa perché le cose tra noi andavano
male, ma non l'abbiamo fatto sapere a nessuno e per tutta la scuola
siamo ancora ufficialmente fidanzati. Non ci va di diventare
l'argomento principale di tutti ora che siamo soffrendo per la
rottura; sai, siamo stati insieme più di un anno e sarebbe un
grande scandalo sapere che ci siamo lasciati.”
Lisa
avrebbe voluto prendersi a colpi dopo la marea di idiozie chw aveva
blaterato.
“Ma
ora tu per lui non provi più niente? Non vorrei sembrare
geloso, però vi vedo sempre assieme e...”
“No,
io per lui non provo più nulla. Ci frequentiamo per copertura
e perché abbiamo molti amici in comune, ma ti assicuro che
sono totalmente interessata a te.”
Mentre
pronunciava queste parole, Lisa rabbrividì e non poté
fare a meno di provare disgusto verso sé stessa. Non era vero
che non provava più niente per Ben, lei lo amava, e dire il
contrario la faceva star male.
“Lise,
sei sp...”
“Lisa,
io e te dobbiamo farci una bella chiacchierata!”
Joel
fu interrotto dal grido di una ragazzina bionda che correva nella
loro direzione.
“Cat,
io... ciao, come sta andando la serata?” improvvisò Lisa
con un sorriso tirato, mentre il panico la assaliva.
“Cat,
ma che combini?” esclamò Kelsey, raggiungendo la sua
amica e lanciando un'occhiata interrogativa alla coppia che aveva
davanti.
“Ah
Kel, ci sei anche tu!” disse Lisa totalmente a sproposito.
“Scusa
John, potresti prestarmi un attimo Lisa? Devo dirle una cosa”
sbottò Cathleen inalberata, trascinando via la sua amica per
un polso senza attendere la risposta.
“Mi
chiamo Joel!” protestò il ragazzo.
Una
volta rimasto solo con Kelsey, i due si scambiarono un'occhiata
interrogativa e fecero spallucce.
“Si
può sapere cosa diamine ci faceva con quello lì alle
otto della sera di San Valentino? Eh?” gridò Cathleen
come impazzita, scuotendo Lisa per un braccio.
“Cat,
calmati! Non abbiamo fatto nulla di male, io e Joel siamo usciti
solo... in amicizia” mentì spudoratamente Lisa, e
l'altra ragazza se ne accorse.
“Smettila
di raccontare balle, ti conosco meglio delle mie tasche e ho capito
già da tempo che qualcosa non andava!”
“Per
favore, smettila di gridare! Va bene, ti spiegherò tutto. Il
fatto è che... io amo Ben, ma ho incontrato Joel e mi sono
infatuata e poi... ma non sto tradendo Ben, è solo per... ti
prego, non dirgli niente, ti supplico!” biascicò Lisa,
con gli occhi lucidi.
“Ma
sei impazzita? E mi chiedi anche di non dirgli niente? Quel poveretto
del tuo ragazzo ha sofferto abbastanza, non pensi che sia giunto il
momento di smetterla con queste pagliacciate da immatura? Questa la
pagherai cara!” gridò la bionda completamente fuori di
sé.
“Cathleen,
ascoltami: questa cosa non andrà avanti per molto, ho
intenzione di chiudere con uno dei due, non appena avrò scelto
con chi continuare. Tu non ti impicciare, rimedierò al mio
errore da sola!”
“A
che serve dirlo ora che hai tradito Ben?” ringhiò
Cathleen.
“Ma
io lo amo!” ripeté Lisa mentre scoppiava a piangere.
“Bene,
io ora andrò a sbollire la rabbia e poi vedremo che fare.
Però, per favore, non fare soffrire ancora il povero Ben. È
un ragazzo d'oro e non se lo merita” concluse Cathleen, per poi
tornare da Kelsey.
Lisa
si sarebbe aspettata almeno un abbraccio dalla sua amica, dato che si
trovava in un momento di sconforto. E invece l'aveva lasciata lì,
a piangere e disperarsi, da sola.
Ma
lei si sarebbe asciugata le lacrime, avrebbe salutato Joel e sarebbe
andata all'appuntamento con Ben, a testa alta.
Anche
se la serata sarebbe stata rovinata e il suo cuore spezzato.
Tiffany
non aveva nessuno con cui passare la serata, ma non le importava; lei
non era romantica e non dava particolare importanza al San Valentino.
Per lei era una serata come tutte le altre.
Mentre
girovagava senza una meta nella sua camera, decise di andare a
trovare Lionel, che non aveva niente da fare che lei sapesse.
Sicuramente un po' di compagnia gli avrebbe fatto piacere.
Così
si preparò e uscì nell'aria fresca della notte. Faceva
un po' freddo, ma la temperatura non era rigida come nei giorni
precedenti; in quel luogo l'inverno durava pochi mesi e veniva subito
spazzato via dall'aria marittima e le belle giornate di sole.
Si
erano fatte le nove e un quarto e il campus era quasi deserto.
Tiffany decise di fermarsi qualche minuto su una rampa di scale,
voleva godersi quella bella atmosfera e stare un po' in pace a
riflettere.
Passò
qualche minuto di estrema pace. Tiffany decise di riprendere il
cammino, ma proprio mentre prendeva la decisione si accorse di
qualcuno che scendeva i gradini alle sue spalle.
“Ehi
bella! Che ci fai qua fuori al freddo?” domandò una voce
fin troppo familiare.
Tiffany
sospirò e lasciò andare la testa sulle ginocchia in
segno di rassegnazione. “Alex, ho capito che non esiste un modo
per liberarmi di te, sei ovunque.”
Il
ragazzo prese posto sul gradino accanto a lei con un sorriso
beffardo. “È che mi piace troppo tormentarti! Sei
proprio adorabile quando ti innervosisci!” affermò,
allungando una mano nella sua direzione per scostarle una ciocca di
capelli dal viso.
Lei
gli schiaffeggiò la mano e si voltò dall'altra parte.
“Ma nemmeno la notte di San Valentino sei impegnato? Vai ad
amoreggiare con qualche ragazzina delle medie e lasciami in pace!”
Detto
questo, si alzò e scese i primi gradini senza voltarsi a
guardare il suo interlocutore, ma lui subito scattò in piedi e
la imprigionò in un abbraccio. Lei si divincolò e
cominciò a insultarlo, ma lui non mollò la presa e si
posizionò di fronte a lei.
“Io
non vado ad amoreggiare con nessun'altra perché il San
Valentino lo voglio passare con te, bellezza. Tu fai finta di
respingermi, ma ho capito che anche tu mi vuoi” mormorò
Alex, per poi premere le sue labbra su quelle di Tiffany.
Lei
reagì così violentemente che Alex ne fu sorpreso: lo
spinse con forza lontano da lei e lui dovette reggersi con entrambe
le mani al corrimano per non ruzzolare a terra.
“Mi
fai schifo” sibilò la ragazza, per poi scendere di corsa
gli ultimi scalini e dirigersi velocemente verso i dormitori
maschili, che distavano pochi metri.
Ma
improvvisamente il silenzio della notte fu interrotto da un grido
straziante proveniente da una camera al primo piano.
Nel
giro di trenta secondi nei dormitori si propagò il caos: tutti
gridavano e chiedevano aiuto, c'era un gran viavai di gente che si
spostava da un piano all'altro.
Tiffany
e Alex si accorsero che qualcosa di grave stava succedendo e si
scambiarono occhiate interrogative e preoccupate.
Poco
dopo un ragazzino sui tredici anni con gli occhi granati uscì
dalla struttura gridando: “Vado subito a chiamare
l'infermiera!”
“Ehi,
che succede?” lo intercettò Tiffany.
Il
ragazzino, palesemente sconvolto, guardò i due con sguardo
indecifrabile per un paio di secondi, poi balbettò: “Angel,
al primo piano” e corse via.
Alex
e Tìffany non persero tempo: salirono una rampa di scale e
raggiunsero la stanza del loro compagno.
E
vi trovarono facce pallide e piene di terrore.
E
sangue. Tanto sangue.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
ReggaeFamily
Capitolo
20
“Tiff!
Tiffany!”
Cathleen,
Kelsey e Lionel si facevano strada in mezzo alla calca di studenti,
cercando di individuare Tiffany e Alex. I due avevano avvisato i loro
amici dell'accaduto e loro erano corsi nei dormitori maschili.
La
ragazza andò loro incontro e, nonostante cercasse di mantenere
la calma, aveva il volto pallido e la tensione dipinta nello sguardo.
“Angel
è privo di sensi, ma ancora non si riescono a constatare i
danni” spiegò in poche parole ai tre appena arrivati.
“Ragazzi,
allontanatevi! Via, fate spazio ai medici!” ordinò un
professore, cercando di trattenere i curiosi fuori dalla porta della
camera di Angel.
“Siete
pregati di accomodarvi al piano di sotto!” aggiunse un bidello,
indicando la rampa delle scale poco distanti.
Nessuno
abbandonò il corridoio, ma fu lasciato il passaggio libero per
i medici.
Tiffany,
con la schiena poggiata al muro, si esibì in una smorfia di
disprezzo mentre osservava alcune ragazze che piangevano disperate.
“Che
c'è?” le chiese Lionel, schiacciato tra lei e Alex.
“Fingono
di piangere per mostrarsi sensibili, ma a loro non importa niente del
povero Angel: l'hanno sempre preso in giro e non gli hanno mai
rivolto la parola! Mi danno immensamente fastidio, si accorgono delle
persone solo quando succede qualcosa di brutto!” commentò,
indignata.
“Veramente
qui nessuno dovrebbe permettersi di ostentare sofferenza, abbiamo
sempre lasciato quel ragazzo e nessuno si è mai impegnato per
lui.”
“Non
è vero, io ho cercato di aiutarlo, anche se con piccoli gesti.
Non è mai stato mio amico, però se lo vedevo in
difficoltà cercavo di dargli una mano, stavo in banco con lui
quando nessuno gli si sedeva accanto e quando mi capitava di parlarci
ho sempre cercato di dargli dei consigli.”
Il
discorso venne interrotto dal passaggio di alcuni medici che
trasportavano una barella; sopra di essa giaceva il corpo di Angel,
completamente coperto da un lenzuolo.
“L'avete
detto a Lisa e Ben?” domandò Cathleen.
“No,
loro sono in spiaggia e probabilmente non risponderanno al cellulare.
Comunque è meglio non rovinar loro la serata” rispose
sua sorella, mentre si staccavano dalla parete per uscire.
“Anche
se se lo meriterebbe...” borbottò Cathleen, ripensando
alla scena di appena qualche ora prima.
Una
volta fuori dall'edificio, i cinque ragazzi presero posto su una
scalinata; quell'avvenimento li aveva profondamente scossi e avevano
bisogno di qualche minuto per riprendere fiato.
“Quindi
Angel ha provato a togliersi la vita. Ma perché? Certo, qui al
campus non veniva trattato con rispetto, ma mi sembra strano che
all'improvviso gli sia saltata in mente questa folle idea!”
disse Kelsey dopo qualche minuto. Lui non sembrava per niente
turbato, ma questo unicamente perché il suo carattere gli
impediva di esternare ciò che provava; a dispetto della sua
riservatezza e costante padronanza di sé, era un ragazzo molto
sensibile.
“Io
penso di saperlo: qualche giorno fa lui ha confessato i suoi
sentimenti a Alice, la compagna di stanza di Cat e Lisa, ma lui l'ha
rifiutato scoppiandogli a ridere in faccia e prendendosi gioco di
lui. L'umiliazione dev'essere stata così tanta che deve averlo
portato a tentare il suicidio... solo il pensiero mi fa venire i
brividi” spiegò Tiffany, stringendosi nel suo pesante
cappotto nero.
“Che
storia...” commentò il ragazzo, per poi chiudersi nel
silenzio.
“Alice
è sempre così irrispettosa nei confronti degli altri...
non si pone il problema di ferire i sentimenti altrui e questa cosa
mi spaventa, perché mi fa pensare che sia totalmente
insensibile e apatica” commentò Cathleen con le
sopracciglia aggrottate.
“Potrebbe
essere una maschera per nascondere le sue insicurezze” suppose
Lionel.
“No,
secondo me è semplicemente se stessa. Ma del resto lei che ne
sapeva? Quando rifiuti una persona, la prima cosa a cui pensi non è
di certo che ciò potrebbe essere motivo di un suicidio!”
intervenne Alex.
“Ti
prego, ora non cominciare a difendere Alice!” si inalberò
Tiffany, mettendosi in piedi e prendendo a lanciare calci a dei
sassolini che giacevano nel gradino sottostante.
“Non
la difendo, dico solo che non avrebbe mai potuto immaginarsi che
sarebbe andata a finire così!”
“Comunque
sia il suo rifiuto è stato poco carino e non è
giustificabile” si intromise Lionel.
“Nemmeno
il rifiuto di Tiffany è stato carino” borbottò
Alex.
Questo
commento fece voltare tutti nella sua direzione.
“Alex,
ma ti pare il momento di pensare a te stesso? Sei un inguaribile
egocentrico!” lo riproverò lei, incrociando le braccia
al petto.
“Di
che state parlando?” domandò Cathleen, che tra tutti era
la più stupita.
“Alex
ha provato a baciarmi e l'ho respinto! Ma ti pare che mi metta con
uno come lui? Comunque non è il momento di parlarne ora, anche
perché lui non è sul punto di togliersi la vita, il suo
ego è ciò che gli serve per vivere contento!”
Cathleen
rimase a bocca aperta: si sarebbe aspettata di tutto, ma mai una cosa
del genere! Ora aveva capito perché lui non si era mai accorto
delle sue attenzioni, perché l'aveva rifiutata freddamente e
perché correva sempre dietro a sua sorella: Alex era
innamorato di Tiffany da sempre, da prima che lei arrivasse alla
Newton Academy. Questa consapevolezza la faceva soffrire: era stata
rifiutata da un ragazzo perché lui amava sua sorella!
Nonostante
tutto ciò fosse stato da tempo superato, questa notizia la
sconvolgeva e la faceva sentire una stupida.
“Hai
fatto bene a rifiutarlo!” esclamò Lionel, che sapeva
della cotta di suo fratello e aveva già intuito come sarebbe
andata a finire.
“Cat,
che c'è?” domandò Kelsey, che era seduto accanto
a lui.
“Nulla,
è che... forse è meglio se torniamo tutti nelle nostre
camere, è stata una giornata molto pesante.”
“Cat,
ti accompagno io!” si offrì Lionel, che aveva notato
l'espressione della sua amica e voleva trovare un pretesto per
rimanere da solo con lei.
Così
il gruppo si divise e i due amici si diressero verso i dormitori
femminili.
“Cat,
come ti senti?” domandò Lionel, circondandole le spalle
con un braccio.
“Mi
dispiace un sacco per Angel e spero che...”
“Non
mi riferivo a quello. Come hai preso la notizia di Alex?”
Cathleen
arrossì. “Notizia? Beh...”
Lui
sospirò. “Anche se non ne abbiamo mai parlato, mio
fratello mi ha raccontato che gli avevi confessato i tuoi sentimenti
prima delle vacanze natalizie. Ecco, mi sembra che tu abbia superato
il rifiuto, ma comunque questa novità non deve averti fatto
molto piacere.”
“Alex
non mi piace, però... in effetti quando Tiff ha raccontato
cos'è successo con Alex mi sono sentita morire... è
umiliante essere rifiutati per la propria sorella, non immagini
quanto...”
Eccome
se lo immagino, pensò Lionel, mentre la scena di Alex con
il braccialetto di Cathleen faceva capolino nella sua mente.
“Mi
dispiace, Cat.”
“Sei
stato molto carino a preoccuparti di me, grazie!”
“È
logico, siamo amici! Non mi devi ringraziare, è una cosa
spontanea!”
Intanto
erano giunti davanti all'ingresso dei dormitori femminili.
Cathleen
abbracciò il ragazzo e gli diede la buonanotte.
“Buonanotte
anche a te e... buon San Valentino.”
Lei
gli sorrise mestamente prima di chiudere la porta e rientrare in
camera sua.
Quella
notte furono in tanti a non chiudere occhio; Cathleen era una di
quelli, si rigirava continuamente nel suo letto e ogni volta che si
assopiva, i suoi stessi pensieri la facevano risvegliare
completamente.
Era
in uno stato di shock per ciò che aveva visto nella camera di
Angel e anche la questione di Alex e Tiffany continuava a
tormentarla.
A
un certo punto, stufa di stare sdraiata inutilmente, si mise a sedere
sul letto e controllò l'orario nel display del suo cellulare:
le quattro e un quarto di notte. Si passò una mano sulla
fronte leggermente sudata e poi fu inghiottita dal silenzio assoluto
della stanza.
Lisa
ronfava beatamente nel suo letto, ignara di ciò che era
accaduto e troppo stanca per poter opporre resistenza.
Dopo
qualche minuto, Cathleen si accorse di un rumore quasi impercettibile
proveniente dal letto sopra il suo, quello di Alice. La ragazza era
ancora sveglia e non solo: stava piangendo, e cercava di soffocare i
singhiozzi per non destare sospetti.
Cathleen
tese le orecchie per ascoltare più attentamente, mentre anche
l'ultimo briciolo di stanchezza scivolava via.
Dopo
qualche minuto, Alice lasciò il suo letto e si diresse in
bagno per lavarsi il viso. Cathleen capì che era arrivato il
momento di agire e parlare con la sua compagna di stanza, così
si alzò e si accomodò sul bracciolo di una poltrona, a
un metro e mezzo dalla porta del bagno.
Quando
Alice aprì la porta, si accorse subito della ragazza.
“Che
ci fai qui? Cosa vuoi?” sibilò, passandosi una mano
sugli occhi. Il suo tono sicuro e sprezzante venne compromesso dal
tremito della voce.
“Alice,
ti prego, parliamone. So che sei distrutta e ti voglio aiutare”
cominciò Cathleen con una decisione che non possedeva, dato
che vedere l'acida ed esuberante Alice in lacrime la destabilizzava.
“Io
non ho bisogno dell'aiuto di nessuno. Sparisci!”
“Per
favore, non fingere con me. Sappiamo tutte e due come stanno le cose.
Se ti tieni tutto dentro non risolverai niente, quindi per una volta
metti da parte il tuo orgoglio. Ora non ci siamo maschere, siamo
faccia a faccia.”
Mentre
parlava, la ragazza bionda si era alzata e aveva afferrato saldamente
l'altra per un polso.
Dopo
qualche secondo in cui Alice combatté una lotta interiore
molto più importante di ciò che si potrebbe pensare,
mormorò: “Va bene, ma usciamo dalla stanza, altrimenti
sveglieremo quell'oca della tua amica e io non la voglio!”
A
Cathleen non sembrò vero di essere riuscita a convincerla così
in fretta.
Le
due lasciarono la stanza e si poggiarono alla parete del corridoio
immerso nella penombra.
“Sappi
che questa è la prima e ultima volta che parlo con te!”
esordì Alice, ma senza la sua solita convinzione.
“A
me non interessa che tu diventi mia amica e ti confidi con me, il
punto è che devi sfogarti e portare fuori tutto ciò che
ti tormenta.”
“Io
non sono tormentata da niente, è solo che... non è vero
che Angel ha provato a suicidarsi per colpa mia, non è vero!
Tutti ora mi prenderanno per il mostro che l'ha maltrattato, quando
io l'ho solo rifiutato!”
“Tu
sai che lui è un ragazzo molto sensibile.”
“Sì,
ma non l'ho fatto per... insomma, non pensavo che se la prendesse
così tanto, è stato esagerato! Non è colpa mia,
non è colpa mia!” mormorò, mentre gli occhi le si
riempivano nuovamente di lacrime e un'ondata di disperazione
l'assaliva.
“Può
darsi che non sia colpa tua, ma sai che ciò che hai fatto è
sbagliato, vero?”
Alice
piangeva e nei suoi occhi non c'era traccia della sua consueta
freddezza. In quel momento era fragile, pareva un'altra persona. “No
Cathleen, lo sai come stanno davvero le cose? Io l'ho quasi ucciso,
perché da quando lo conosco ho sempre saputo che mi correva
dietro e non ho fatto altro che prendermi gioco di lui! È
vero, sono stronza, insensibile e ci provo gusto a veder soffrire gli
altri, ma non voglio uccidere nessuno! I sensi di colpa mi stanno
uccidendo, ora sarò io ad abbassare lo sguardo quando
incrocerò quello di Angel!”
I
singhiozzi la scuotevano e tentava invano di asciugare il fiume di
lacrime con le mani tremanti.
Cathleen
a quella vista non poté fare a meno di abbracciarla e in quel
momento si domandò se quella ragazza avesse mai ricevuto un
abbraccio vero, sincero, di quelli a cui aggrapparsi quando si sta
per affogare.
“Angel
ti perdonerà perché è un ragazzo dal cuore
d'oro, ma penso che questo ti sia servito da lezione. Ricorda che gli
altri hanno dei sentimenti proprio come te, quindi devi trattarli
come vorresti essere trattata tu. Io, che forse sono troppo ingenua e
ottimista, sono sempre stata convinta che dietro i tuoi modi
arroganti ci fosse una brava persona e questa chiacchierata me lo
dimostra, ma ora sta a te capire qual è il modo giusto di
agire.”
“Non
esageriamo, rimarrò sempre la solita stronza. Però farò
un po' più d'attenzione alla gente con cui me la prendo.”
Le
due ragazze rimasero in silenzio, mentre Alice si calmava e Cathleen
si perdeva nei suoi pensieri.
Tornarono
nella stanza alle cinque del mattino e riuscirono a dormire poche
ore.
Cathleen
dopo quel momento fu più serena perché, anche se Alice
non l'avrebbe mai ammesso, non avrebbe passato un solo giorno senza
far visita a Angel.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
ReggaeFamily
Capitolo
21
“Angel
si sta riprendendo! Angel, mi senti?” esclamò Tiffany,
mentre il battito del suo cuore accelerava e le rimbombava
insistentemente nelle orecchie.
A
quelle parole, un'infermiera accorse in loro aiuto e, con i suoi modi
gentili e materni, invitò i presenti ad allontanarsi dal letto
e afferrò la mano di Angel, per poi rassicurarlo in tono
pacato e cercare di capire le sue condizioni.
Il
ragazzo, dopo qualche secondo, sgranò gli occhi e fece
schizzare le pupille in ogni direzione, spaventato.
“Angel,
mi senti? Riesci a capirmi?” domandò dolcemente
l'infermiera.
Le
prime due parole che lui riuscì a pronunciare, seppur con voce
impastata, spezzarono il cuore di chi le udì: “Sono
vivo?”
“Ma
certo che sei vivo. Ora ti sentirai sicuramente un po' stanco e
spossato, ma ti riprenderai presto!” gli assicurò la
giovane donna in camice. Nonostante il suo fisico minuto e gracile,
sapeva trasmettere una sicurezza e una dolcezza commuoventi; era
evidente che amava il suo lavoro e ci metteva il cuore.
“Mi
gira la testa...” mormorò Angel con un colpo di tosse.
Tiffany
per la prima volta non ce la fece più: quella scena era troppo
straziante e, nonostante il suo animo forte, alcune lacrime
sfuggirono al suo controllo e le accarezzarono le guance. Era una
ragazza estremamente sensibile ed empatica, anche se non lo dava a
vedere.
Tuttavia
non uscì dalla stanza e non scoppiò in singhiozzi, si
limitò a un pianto contenuto, quasi come fosse proibito.
Sua
sorella, accanto a lei, le strinse forte la mano mentre cercava
invano di trattenere le lacrime a sua volta.
Loro
due, qualche compagno di Angel ed Alice avevano chiesto e ottenuto il
permesso dal preside per andare a trovarlo all'ospedale, quel freddo
15 febbraio.
“Angel,
stai tranquillo, è tutto passato!” intervenne Monique,
sua compagna di banco durante molte lezioni, avvicinandosi a lui.
“Ragazzi,
forse è meglio lasciarlo riposare, lo vedo molto stanco e non
vorrei che si affaticasse ulteriormente” suggerì
l'infermiera, soffermandosi con i suoi grandi occhi verdi su ognuno
dei ragazzi.
“Possiamo
almeno avvicinarci per salutarlo?” domandò Martin, un
ragazzo minuto con il viso nascosto da un paio di pesanti occhiali.
“Va
bene, ma fate in fretta” acconsentì allora lei, facendo
qualche passo indietro.
Martin,
Monique e un'altra ragazza dai capelli biondo miele si avvicinarono a
turno a Angel, mormorando qualche saluto e distogliendo in fretta lo
sguardo.
Poi
fu il turno di Tiffany e Cathleen, insieme. La più piccola
rimase in silenzio, trovando inadatto tutto ciò che avrebbe
voluto dire, mentre Tiffany gli posò una mano sul braccio e
gli lanciò un'occhiata triste e comprensiva allo stesso tempo.
“Tiffany,
ci sei anche tu. Perché stai piangendo? Nessuno piange per me”
disse il ragazzo, sinceramente sorpreso.
“Angel,
non dirlo mai più” lo rimproverò lei con voce
tremante.
“Sarebbe
stato meglio per tutti se fossi morto” sibilò lui in
tutta risposta, con un'inaspettata durezza nella voce.
“Stronzate,
stronzate, solo stronzate!” intervenne all'improvviso Alice,
facendo sobbalzare tutti.
Fino
a quel momento si era rifugiata in un angolino accanto alla finestra
e aveva passato tutto il tempo in silenzio, a torcersi nervosamente
le mani sudate con lo sguardo basso. Non aveva pianto, non aveva
fiatato, ma ora era scattata in avanti con una foga sorprendente.
Tutti
si voltarono a guardarla e Angel parve assai stupito di vederla.
“Okay,
d'accordo, ora è il caso di lasciare un po' da solo il vostro
amico. Quando si sarà ripreso potrete parlare con lui con più
calma. Grazie mille per la visita, sono sicura che a Angel abbia
fatto più che piacere” tagliò corto l'infermiera,
rendendosi conto che la situazione sarebbe presto degenerata.
I
sei ragazzi uscirono dalla stanza in silenzio, uno dietro l'altro,
quasi con solennità. Alice era palesemente tesa e Cathleen
dovette afferrarla per un polso per trascinarla fuori.
Il
tragitto tra l'ospedale e il campus fu piuttosto breve: il gruppo
prese posto in treno e passò la mezz'ora che li separava dalla
scuola a chiacchierare del più e del meno, con gli occhi
ancora gonfi e le lacrime lasciate ad asciugarsi sul viso, evitando
accuratamente ogni riferimento a ciò che avevano appena
affrontato. L'unica che rimase in disparte fu Alice, ancora chiusa in
se stessa.
Quel
giorno l'intera Newton Academy sembrava immersa in un'atmosfera cupa,
nessuno si azzardava a ridere troppo forte o a far baccano,
nonostante la vita degli studenti sembrasse procedere normalmente.
Erano
passati alcuni giorni da quel tragico San Valentino.
Angel
non era ancora stato dimesso: era molto debole per la perdita di
sangue, ma nonostante ciò faceva molti progressi e a breve
avrebbe potuto lasciare l'ospedale. Intanto i suoi genitori erano
giunti da lui dopo un lungo viaggio e non si staccavano un secondo
dalla sua postazione; Angel era rincuorato dalla presenza di Tom, il
suo fratellino di sei anni, a cui voleva un mondo di bene.
Alice
aveva potuto constatare tutto ciò la seconda volta che si era
recata da lui. Quella volta da sola.
In
realtà non aveva avuto il coraggio di farsi vedere, si
vergognava ancora troppo; così si era fermata sulla soglia
della camera senza dare nell'occhio, tremando e mangiandosi le
unghie.
Ora
si trovava nuovamente di fronte all'edificio. Non si sentiva pronta,
non aveva il coraggio, eppure doveva vederlo. Glielo doveva, del
resto era tutta colpa sua, non poteva più negarlo.
Si
strinse forte nel piumino ed entrò, per poi salire la solita
rampa di scale; conosceva la strada fino al reparto a memoria,
ricordava anche il numero della stanza, e poi non aveva voglia di
rivolgere la parola a nessuno.
Una
volta davanti alla porta, trasse un lungo respiro e rimase in attesa
che accadesse qualcosa, anche se nemmeno lei sapeva bene cosa.
Stava
per posare la mano sulla maniglia quando l'uscio si spalancò
ed Alice si ritrovò faccia a faccia con la madre di Angel, che
teneva in braccio il piccolo Tom.
“Ciao,
sei una compagna di Angel?” domandò la donna, vedendola
completamente spaesata e impaurita.
“Sì”
rispose la ragazzina, ostentando una sicurezza che non possedeva.
“Bene,
a lui farà piacere ricevere la tua visita! Vedo che si sta
riprendendo in fredda... però sono molto preoccupata, non so
cosa l'abbia portato a comportarsi così. Magari tu lo puoi
capire meglio di me, avendolo visto negli ultimi mesi.”
“Io
non so niente” mentì Alice sulla difensiva.
“Grazie
comunque per essergli vicino” concluse lei, allontanandosi con
il bimbo addormentato tra le braccia.
Alice
si rifugiò nella camera e chiuse la porta alle sue spalle,
facendosi piccola contro la parete ed evitando di annunciare la sua
presenza.
Angel
aveva ripreso completamente le forze: stava seduto sul bordo del
letto con lo sguardo fisso verso la finestra e le gambe che
penzolavano nel vuoto. Al suo fianco, sul lenzuolo, giacevano un
album da colorare e un pacco di pennarelli, probabilmente di suo
fratello.
“Angel”
prese coraggio Alice dopo mezzo minuto, facendo un passo avanti.
Lui
si voltò nella sua direzione per la prima volta, anche se già
aveva percepito la sua presenza. “Alice, non mi aspettavo che
venissi a trovarmi” ammise.
“Ascoltami
bene: lo so, è successa una cosa terribile, ma non è
colpa mia. Cioè, volevo dire... ho sbagliato, forse sono stata
un po' troppo stronza, ma non pensavo si venisse a creare tutto
questo casino e...” prese a giustificarsi la ragazza,
schiacciandosi ancora di più contro il muro.
Angel
incrociò le gambe sul letto e puntò i suoi occhi grigi
in quelli di Alice. “Okay, ora ascoltami tu: sì, sei
stata stronza, ma io non serbo rancore per nessuno. In fondo non sei
stata solo tu la causa di tutto ciò, ma una serie di
situazioni che vivevo a scuola e che a lungo andare mi hanno
distrutto. Io ai miei compagni ho sempre portato rispetto, ma loro
non ne hanno portato a me. Ora basta, ho deciso che così non
va, che devo reagire. E pensa che mi son dovuto tagliare i polsi e
rischiare la vita per capirlo!”
Era
infervorato mentre parlava, ma non sembrava arrabbiato, come se non
riuscisse a disprezzare nemmeno le persone che l'avevano quasi
ucciso.
“Mi
dispiace, per colpa mia sei quasi morto. Questo non lo posso
accettare, non posso!” sibilò lei più per se
stessa, come se il suo interlocutore non avesse nemmeno aperto bocca.
“Io
ho rischiato la vita solo per colpa mia che sono stato debole, gli
altri non c'entrano. Non ha senso deprimersi e autocommiserarsi
quando si può ancora fare qualcosa per cambiare la situazione.
Ora tornerò a scuola a testa alta, sì, proprio alla
Newton Academy, perché è proprio là che ho
commesso i miei errori ed è là che devo rimediare. Non
toglierò il saluto a nessuno, sarò sempre il buono e
timido Angel, ma cambierò.”
“Sei
sicuro di voler tornare a scuola? Finiresti per commettere qualche
altra fesseria!” obiettò la ragazza in tono apprensivo,
per la prima volta senza filtri, facendo emergere tutta se stessa.
Non era riuscita a controllarsi: stava piangendo
Lui
scosse la testa. “Ieri è venuta a trovarmi Tiffany, era
molto preoccupata per me. In effetti fino a ieri stavo male anche
emotivamente, poi lei si è seduta accanto a me e mi ha fatto
capire che era stupido gettare la propria vita al vento a causa degli
altri, che ci vuole più coraggio a vivere e migliorare che a
lasciarsi andare. E ha ragione, io sono forte e devo solo trovare il
coraggio per dimostrarlo. Non so come sarei adesso senza Tiffany, è
una ragazza d'oro. Ieri piangeva e ho capito che tiene a me, tanto
che mi ha offerto il suo aiuto se mi fossi nuovamente imbattuto in
qualche difficoltà.”
Alice
era scossa dai singhiozzi. “Non lo posso sopportare, un ragazzo
così forte e buono quasi morto per colpa mia! Non merito
nemmeno di stare qui, Tiffany lo merita davvero! È una
sfigata, si veste fuori moda, ma è molto più umana di
me e io mi sento ridicola in confronto a lei! Ho solo saputo giocare
con i tuoi sentimenti, sono stata egoista e mi sento anche ipocrita
nel farmi vedere in questo stato, in lacrime!”
Il
viso di Angel si addolcì. “Vieni qui, siediti” la
invitò, dando un leggero colpetto sul materasso accanto a sé.
Aveva ancora i polsi fasciati e non poteva permettersi movimenti
troppo bruschi.
Alice
rimase a fissarlo con gli occhi sgranati e le mani che tremavano.
Angel dovette insistere prima che si avvicinasse e prendesse posto
sul letto.
Lui
le prese la mano, anche se non la poteva stringere tanto forte. “Sai
cosa mi ha fatto innamorare di te, oltre la tua bellezza? La forza e
la sicurezza che ti caratterizzavano. Ti ammiravo tantissimo perché
avevi tutto ciò che io non avevo, o che non avevo il coraggio
di possedere. Nonostante ciò, sapevo che in fondo avevi un
grande cuore, lo nascondevi, e questa speranza ha continuato ad
alimentare i miei sentimenti. Quando ti ho rivelato il mio amore
pensavo che mi avresti fatto accedere al tuo cuore, mi avresti
mostrato almeno un briciolo di te, ma sono rimasto deluso. Però
adesso hai deciso di levarti la maschera anche solo per un'ora, hai
confermato la mia teoria e questo mi rende immensamente felice. Non
sentirti in colpa, io non ti odio e non ti reputo colpevole. Anzi,
quest'esperienza mi ha aiutato a crescere.”
Alice
avrebbe voluto stringerlo in un abbraccio, ma non era nella sua
natura, non se la sentiva. Ebbe però il coraggio di posare la
testa sulla spalla di Angel; lui le circondò le spalle con un
braccio.
Dopo
qualche minuto in cui regnarono solo i singhiozzi della ragazza, la
sua voce ruppe il silenzio: “Angel, tu sai che non ti potrò
mai amare, vero? Mi dispiace, ma non posso impormi di ricambiare i
tuoi sentimenti.”
“Lo
so e non voglio che tu lo faccia. Nemmeno io ti potrò mai più
amare dopo tutto questo.”
“Però
per te provo un grandissimo rispetto ora” si affrettò ad
aggiungere Alice, temendo di aver ferito ancora una volta i
sentimenti del suo compagno di scuola.
“La
nostra è una specie di amicizia.”
“Una
specie di amicizia che durerà per sempre, anche se non ci
rivolgeremo la parola per mesi.”
Ed
è così che quei due ragazzi uscirono da quella
terribile esperienza: con un pizzico in meno di ingenuità e un
peso in più nel cuore.
*
* *
Ciao
carissimi lettoriiii! *-*
Lo
so, questo capitolo è molto triste, malinconico e forse vi
risulterà un po' un mattone (spero di no), ma soprattutto l'ho
pubblicato dopo un'eternità! Scusatemi, scusatemi davvero, non
ci sono scuse accettabili per il mio ritardo! T_T
Beh,
come va? La storia vi piace o vi fa schifo? Avete qualche critica o
qualche suggerimento? Vi invito a esprimere un parere tramite
recensione, anche con due righe, per farmi capire se sto combinando
un casino o sto andando bene!
Ah,
ecco: vorrei sapere cosa pensate dei personaggi, della loro
caratterizzazione e se trovate incongruenze! Per me è
fondamentale conoscere diverse opinioni, anche perché ho un
po' di difficoltà a farmi piacere i miei scritti! ;)
Ne
approfitto per ringraziare tutti coloro che mi hanno lasciato anche
solo una recensione, ma soprattutto chi mi supporta volta per volta!
Grazie infinite, siete la mia forza! :3
Alla
prossima puntata!!! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
ReggaeFamily
Capitolo
22
Febbraio
stava volgendo al termine e tutto pareva essersi sistemato.
Angel,
completamente ristabilito, era tornato a scuola e veniva seguito da
uno psicologo, nonostante sostenesse di non averne bisogno. Ora tutti
lo guardavano con rispetto o abbassavano il capo quando lo
incrociavano, vergognandosi di averlo sempre preso in giro; lui non
ci faceva caso e continuava la sua vita tranquillamente.
Alice
aveva ripreso a comportarsi come se nulla fosse accaduto, ma nel suo
sguardo ora aleggiava qualcosa di profondo e oscuro, come una nota di
malinconia. Era diventata gentile nei confronti di Angel e, anche se
non passava il suo tempo con lui, non perdeva occasione di aiutarlo
quando lui ne aveva bisogno.
Nel
campus si era propagata una strana calma e spensieratezza, dovuta
probabilmente all'avvicinarsi della primavera e delle temperature più
alte.
“Ragazze,
la biologia non la capisco proprio!” si lamentò Lisa,
facendo irruzione nella sua stanza con una manciata di fogli pieni di
appunti tra le mani.
“Stai
studiando le cellule, vero? Non ricordarmelo, quell'argomento mi ha
tenuto sveglia una notte intera!” commentò Tiffany con
una smorfia mentre applicava con cura lo smalto sulle unghie di sua
sorella.
“Sì,
le cellule! Io mi confondo, ci sono troppi nomi da memorizzare!”
si lamentò ancora la ragazza, sedendosi sul suo letto e
sfogliando gli appunti.
“Io
vorrei aiutarti, ma non ho capito niente nemmeno io. Perché
non chiedi a qualcuno di darti delle ripetizioni?” suggerì
Cathleen.
“Oh,
ma io ho già un aiutante!” esclamò l'altra, per
poi arrossire e portarsi una mano davanti alla bocca.
Cathleen,
a quelle parole, sobbalzò e rischio di rovinare tutto il
lavoro di Tiffany. Da quel disastroso 14 febbraio non si dava pace,
continuava a pensare a quel tipo con cui aveva visto la sua amica e
sperava che presto lei prendesse un'iniziativa e portasse fuori la
verità. Non ne avevano più parlato, ma Lisa non
sembrava affatto intenzionata a essere sincera con il suo ragazzo.
Avrebbe
dovuto parlarle al più presto, non sopportava che questa
storia andasse avanti.
“Aiutante?
Non ce ne hai parlato!” chiese Tiffany, ricordando
all'improvviso la richiesta di Ben di indagare su un possibile
tradimento da parte di Lisa.
“Beh,
sì... parlando con qualche professore ho scoperto che c'è
un ragazzo al penultimo anno molto bravo in biologia, così ho
chiesto aiuto a lui!” mentì Lisa. L'occhiataccia della
sua compagna di stanza le fece capire che anche lei sapeva a chi si
stesse riferendo.
Si
era cacciata proprio in un bel disastro!
Cathleen
decise di farsi furba e studiare le reazioni della sua amica.
“Davvero? Perché non me l'hai detto? Se l'avessi saputo
avrei chiesto aiuto anch'io!” esclamò quindi.
“Ecco...”
biascicò la mora, in difficoltà.
“Come
si chiama? Magari lo conosco!” la incalzò subito
Tiffany.
“J-Joel
Shannon. Ehm, lui... gioca nella squadra di basket e...”
La
sorella maggiore aveva un sospetto; ricordava ancora quando Lisa
aveva salutato calorosamente un ragazzo durante la pausa pranzo. Per
saperne di più, decise di usare una strategia infallibile.
“Mmh,
questo nome non mi è nuovo... è biondo per caso?”
“S-sì,
in realtà castano chiaro, mossi... e ha gli occhi azzurri.”
“Forse
ho capito” mentì ancora Tiffany. “Alto e in
forma?”
“Esatto!”
confermò Lisa.
“Okay,
ho capito. Lo conosco di vista, mi è capitato di vederlo
mentre si allenava.”
“Ah...
Cat, oggi andiamo al bar da Kelsey e Jordan, vero?” cambiò
discorso la mora, in imbarazzo.
Aveva
rivelato troppe informazioni, ma non poteva mentire anche stavolta;
sarebbe presto venuto a galla.
E
comunque Joel la stava veramente aiutando a studiare biologia, quindi
aveva detto la verità, in parte.
“Certo!
Devo prima aspettare che si asciughi bene lo smalto però!”
Cathleen
non vedeva l'ora di incontrare Kelsey. Era ufficiale: quel ragazzo le
piaceva e soprattutto era rispettoso, decisamente una brava persona.
Non
di certo come Alex.
“Oddio,
quindi tu mi stai dicendo che il giorno di San Valentino hai visto
Lisa con questo tizio?” sbottò Tiffany sbalordita.
“Proprio
così! Lisa è strana già da qualche settimana, ma
non avrei mai pensato che potesse esserci un altro oltre Ben!”
Le
due ragazze, dopo cena, si erano rintanate nella stanza di Tiffany
per discutere dello strano comportamento di Lisa e scambiarsi le loro
impressioni.
Nel
frattempo aspettavano Lionel, che quella sera non aveva niente da
fare e aveva chiesto loro un po' di compagnia.
“Sicuramente
è lo stesso ragazzo che aveva salutato quel giorno a pranzo.
Te l'avevo raccontato?” rifletté la sorella maggiore,
aggrottando le sopracciglia.
“Non
me l'avevi detto direttamente, ma ero presente quando è
accaduto e ora che mi ci fai pensare... oh sì, mi ricordo che
Ben le aveva chiesto chi fosse quel tipo!” rammentò
Cathleen, poggiandosi al cuscino del letto di Tiffany con un sospiro
esasperato.
“Entrambe
sappiamo che Lisa è tanto immatura e impulsiva, spesso agisce
senza pensare, ma questo da lei non me lo sarei mai aspettato. Povero
Ben! Sto imparando a conoscerlo meglio e ti posso assicurare che è
un ragazzo splendido, molto sensibile e serio nei rapporti con gli
altri. Mi spezza il cuore sapere che dovrà soffrire per questa
storia, per colpa di una ragazzina sprovveduta che sottovaluta ciò
che la circonda!” si sfogò Tiffany, nervosa e adirata.
Ormai
Ben era diventato una delle persone più care per lui e, come
suo solito, avrebbe voluto proteggerlo da tutto e tutti proprio come
farebbe una madre. Lei era così: estremamente premurosa.
“Che
casino, io non so cosa fare! Forse avremmo fatto meglio a farci gli
affari nostri e non indagare oltre, che ne pensi? Oppure abbiamo solo
bisogno di un consiglio maschile!”
“Non
possiamo chiederlo a Ben e tanto meno a quel troglodita di Alex...”
“Lionel!”
esclamò Cathleen con un sorriso.
Riponeva
sempre un sacco di fiducia nel suo amico saggio e piccoletto.
“Chi
mi chiama?” intervenne Lionel, facendo capolino dalla porta
socchiusa.
“Lion,
finalmente! Vieni, ti dobbiamo parlare!” lo invitò ad
accomodarsi Cathleen, battendo con il palmo della mano sul piumone
accanto a sé.
“Ehi,
sono appena arrivato e già mi volete interrogare!” fece
il ragazzo, sollevando le mani in segno di resa.
“Abbiamo
bisogno di te e del tuo occhio vigile, che nota sempre tutto!”
affermarono le sorelle.
“Ditemi.”
“Secondo
te Lisa si comporta in maniera strana ultimamente?” domandò
Tiffany senza troppi giri di parole.
“Oh
sì! È assente, sempre con la testa tra le nuvole,
stanca e secondo me c'è qualcosa che la distrae e la assorbe
completamente. Non vorrei saltare a conclusioni affrettate, ma penso
di sapere anche il motivo.”
Cathleen
e Tiffany sgranarono gli occhi, incitandolo a continuare.
“Circa
un mese e mezzo fa mi è capitato di vederla in compagnia di un
ragazzo alto e abbastanza in forma, sui diciassette anni. Io parlavo
al telefono e passeggiavo per il campus, poi sono stato catturato da
questa scena: i due stavano chiacchierando e lei sembrava molto presa
dalla conversazione, poi si sono salutati con un abbraccio e Lisa ha
mantenuto per tutto il tempo quell'aria sognante... mi ha fatto
rabbrividire, ve lo giuro!” raccontò Lionel.
“Lion!
Come mai non ce lo hai detto prima? Oddio, se l'avessimo saputo non
avremmo aspettato tanto per capirci qualcosa in più!” lo
rimproverò Cathleen, ma in realtà era solo sconvolta e
non sapeva più come reagire.
“Scusate
ragazze, so che è stato stupido tenerlo nascosto, ma non
sapevo che fare! Non volevo impicciarmi e non mi sembrava carino
coinvolgervi in questa storia. Così ho finito per essere
tormentato da questa scena.”
“Certo,
è comprensibile, non fartene una colpa! Capita a tutti di non
sapere come comportarsi in certe situazioni, anzi, devo dire che per
i tuoi tredici anni sei un ragazzo davvero maturo e te la cavi sempre
alla grande!” si complimentò sinceramente Tiffany,
notando la padronanza e la razionalità con lui gestiva se
stesso e gli avvenimenti intorno a lui.
“Forse
perché tra poco invecchierò di un anno!” fece
notare lui, cercando di alleggerire l'atmosfera.
“È
vero, il tuo compleanno è a fine marzo! Il 23, vero?”
saltò su Cathleen, come se fosse stata punta da un insetto.
“Esatto!”
“Scusa
Lion, io ho una pessima memoria per le date! A volte mi dimentico
perfino la data del compleanno di Cat!” si scusò
Tiffany.
“Va
bene, ti perdonerò, ma sarà un processo molto lungo e
sofferto!” scherzò il ragazzino con un sorriso luminoso.
I
tre risero e presero a parlare del più e del meno,
accantonando per una sera la faccenda di Lisa.
La
verità è che nessuno dei tre sapeva come procedere.
“Benissimo
ragazzi, voi sapete che gli esami si avvicinano sempre più e
necessitate di esercitarvi a dovere per riuscire brillantemente in
essi, vero?” annunciò il professor Jackson, il pazzo e
ormai anziano docente di inglese, passeggiando avanti e indietro di
fronte agli studenti svampiti e stanchi.
Tiffany
scarabocchiava distrattamente con la matita sul banco, mentre Alex,
qualche fila più indietro, era totalmente assorbito da un
gioco nel suo cellulare.
“Quindi”
proseguì Jackson, “mi sembra doveroso assegnarvi un
compito. Dato che un esame orale richiede una buona preparazione e,
di conseguenza, la preparazione di una tesi, voi dovrete preparare
una relazione di almeno dodicimila parole su un argomento a vostra
scelta. Voglio che lo consegnate esattamente tra due settimane.”
Una
trentina di paia di occhi in quella classe si strabuzzarono
contemporaneamente, mentre dai banchi si levava un grido di protesta
generale.
“Ordine,
per favore!” li ammonì il professore.
“Prof,
non ci può assegnare un compito del genere! Abbiamo una decina
di compiti e interrogazioni in questo periodo, non ce la faremo mai!”
prese la parola Jade, una ragazza che stava al primo banco.
“Non
voglio sentire lamentele! Avete due settimane, mi sembra più
che sufficiente per un compito del genere!” concluse
l'insegnante, sedendosi in cattedra e prendendo a scribacchiare nella
sua agenda.
“Oddio,
è pazzo! Non ce la farò mai!” commentò
Tiffany poco dopo in corridoio, prendendosi la testa tra le mani.
“Dodicimila
parole sono tantissime, e non so nemmeno che argomento scegliere! Ho
l'ansia, non ce la faccio, non posso prendere un'insufficienza!”
cominciò a piagnucolare Claire, una sua compagna, mentre le
prime lacrime le rovinavano il trucco.
“Tiff,
Tiff, aspetta!” si sentì chiamare la ragazza.
Qualche
secondo dopo si ritrovò davanti sua sorella. “Dobbiamo
assolutamente cominciare a pensare qualcosa per il compleanno di
Lion! Io e Lisa stavamo architettando una festa a sorpresa; tu ci
aiuterai, vero? Però non sappiamo che regalargli! Stavamo
pensando di chiedere aiuto ad Alex, ma sono sicura che sarà
inutile...”
“Cat,
per favore, calmati! Innanzitutto, quando pensate di fare la festa?”
“Non
sappiamo con precisione la data, ma sicuramente nel primo fine
settimana libero dopo il suo compleanno, a fine marzo. Allora, tu ci
aiuti?”
“Ma
io in quei giorni devo consegnare la relazione!”
“Non
riesci a finirla prima?”
“Come
faccio? Ho un sacco di interrogazioni per cui studiare!”
Le
due rimasero a battibeccare finché i corridoi non cominciarono
a svuotarsi, poi furono costrette a separarsi e recarsi nelle
rispettive classi per la lezione.
Tiffany
sapeva che Lisa, Cathleen e Ben avevano bisogno del suo aiuto, lei
sapeva dirigere i lavori per qualsiasi tipo di organizzazione ed era
sempre lei che placava i conflitti e le divergenze tra i suoi amici.
Inoltre i ragazzi sembravano voler fare le cose in grande e una mano
d'aiuto in più era d'obbligo.
Come
poteva lasciarli al loro destino? Ci teneva tanto al compleanno di
Lionel e alla buona riuscita di tutte le sorprese!
Ma
non poteva nemmeno trascurare lo studio, proprio ora che le era stato
assegnato quel lavoro tanto impegnativo e complicato.
Preoccupata
e nervosa, si apprestava a raggiungere il laboratorio di biologia, ma
Alex la bloccò appena fuori dalla soglia.
“Che
c'è?” sbottò bruscamente lei.
“Ho
sentito quello che dicevate prima tu e Cat. Aiuterei io le ragazze
per la festa, ma sai che loro non gradiscono tanto la mia compagnia.”
“È
una scusa per giustificare la tua pigrizia: non hai voglia di dare
una mano. Adesso posso entrare? Hai finito?” tagliò
corto lei.
“No,
ti devo prima fare una proposta.”
“Non
mi interessa.”
“Ascoltala
almeno, no?”
“Va
bene, ma poi mi lascerai in pace” si arrese la ragazza.
“Sai
che io ho dei buoni voti in inglese e finirò la mia relazione
abbastanza in fretta. Sai anche che le ragazze hanno tanto bisogno di
te, giusto? Ecco, la mia proposta è questa: sono disposto a
scrivere anche la tua tesi, con tutti i requisiti per prendere un
voto abbastanza alto, in cambio...”
“In
cambio?” lo incalzò Tiffany, non potendone più di
quella squallida suspance.
“In
cambio di ciò che non mi hai dato il giorno di San Valentino.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
ReggaeFamily
Capitolo
23
Quello
stesso pomeriggio Ben, Cathleen e Tiffany si incontrarono fuori dalla
biblioteca, dopo le lezioni.
“Cosa?!”
sbottò Cathleen, sgranando gli occhi.
“Cat,
non so cosa dirti, mi ha fatto questa proposta!” ribadì
Tiffany scuotendo il capo con aria sconcertata.
“E
tu?” s'informò Ben, curiosissimo.
“Che
dovevo fare? Sono rimasta interdetta per un paio di secondi, poi sono
scoppiata a ridergli in faccia e sono entrata in classe. Ha avuto
anche il coraggio di gridarmi dietro che la proposta è valida
fino al giorno della festa, ma vi rendete conto?”
Il
ragazzo scoppiò in una risata. “Sei stata grande!”
“Avevate
per caso paura che avrei potuto accettare una cosa del genere?
Preferisco passare tutte le notti in bianco a scrivere come una matta
piuttosto che baciare Alex!”
“Oddio,
ma come ho fatto a prendermi una cotta per quest'essere? Me ne
vergogno!” commentò la più piccola, alzando gli
occhi al cielo.
“Comunque
Alex non era così, è cambiato molto in quest'ultimo
periodo. Io lo conosco da anni e sì, effettivamente è
sempre stato un po' scemo, ma adesso sta superando tutti i limiti”
osservò Ben, tornando serio.
“Tu
e lui eravate amici molto stretti, vero?” chiese Tiffany.
“Sì,
ma ci siamo allontanati sempre più in questi mesi. Lui è
sempre stato un po' egoista, ma non mi aveva mai trascurato; ora mi
rivolge la parola solo quando gli interessa ottenere qualcosa.”
“È
un vero bastardo, non ha nessun diritto di trattarti così e
farti soffrire! Essere messi da parte dagli amici è qualcosa
di insopportabile e doloroso!” si inalberò Cathleen.
“Ben,
tu devi imparare a farti rispettare. Se non dici mai di no, finirai
per circondarti di persone che non ti meritano” affermò
Tiffany, che non poteva fare a meno di pensare al tradimento di Lisa.
Lui
sbuffò. Sapeva che la sua amica aveva ragione, ma per lui non
era facile negare il suo aiuto agli altri.
“Ragazzi,
come facciamo per la festa di Lion? Ben, tu ci darai una mano, vero?
Non sappiamo cosa regalargli però...” cambiò
discorso Cathleen per togliere il ragazzo dall'imbarazzo.
“Certo.
Per il momento ci siamo io, te e Lisa, giusto? Dobbiamo chiedere il
permesso per utilizzare qualche stanza della scuola, perché in
una camera non è possibile... chi va a parlare con il
preside?”
“Possiamo
andare io e Lisa. Poi dobbiamo cercare dei regali, comprare
l'occorrente, preparare i dolci, le decorazioni... oddio, non ce la
faremo mai in tre!”
“Cat,
calmati! Mancano circa due settimane, abbiamo tempo!” tentò
di tranquillizzarla Ben.
“Mi
dispiace, vorrei darvi una mano ma non posso!” disse Tiffany,
mortificata e dispiaciuta.
“Un
attimo, forse ho trovato chi ci potrebbe aiutare! Che ore sono?”
si illuminò sua sorella.
“Le
quattro e mezza, ma che c'entrava?”
“Scusate,
ma devo andare a prendere Lisa e andare alla ricerca della
risoluzione dei nostri problemi! Ci vediamo all'ora di cena!”
esclamò, allontanandosi di tutta fretta.
Ben
e Tiffany si scambiarono un'occhiata interrogativa.
“Hai
già cominciato la tesi?” domandò lui.
“Non
ancora. Ho deciso che sarà sulla Seconda guerra mondiale, per
il momento sto cercando le informazioni necessarie. Ora devo entrare
in biblioteca infatti” spiegò, raccattando la sua borsa
colma di libri.
“Se
vuoi ti do una mano, così finiamo prima” si offrì
subito il ragazzo.
“Dici
davvero? Posso fare da sola, non ti preoccupare. Non vorrei
annoiarti!”
“Non
mi annoierò, a me piace la storia! E poi mi fa piacere
aiutarti, tanto stasera non ho nulla da fare!”
Tiffany
esitò per qualche secondo, poi concluse: “Va bene, se
proprio ci tieni... ma non sentirti in obbligo, quando non ne hai più
voglia lascia stare!”
I
due varcarono il portone dell'edificio con un sorriso stampato in
faccia, nonostante il duro lavoro che li attendeva.
“Eccoli,
ci sono!” esclamò Lisa poco prima di spingere la porta
ed entrare nel locale.
Kelsey
e Jordan erano sempre là; occupavano il tavolino accanto al
biliardino e avevano posizionato altre due sedie attorno a esso.
“Lisa,
che piacere!” esordì Jordan con ironia, rivolgendo un
cenno di saluto a entrambe.
“Jordan,
hai intenzione di rompermi le palle anche oggi? Non ne ho voglia di
sentirti blaterare!” ribatté lei.
E
presero, come al solito, a battibeccare e punzecchiarsi.
“Uff,
e ci risiamo. Non ne posso più” borbottò Kelsey,
facendo un cenno a Cathleen per invitarla a sedersi accanto a lui.
Lei,
dopo aver preso posto, tentò di riportare l'ordine e attirare
l'attenzione. “Ragazzi, io e Lisa dobbiamo chiedervi una cosa!”
I
due si concentrarono su di lei.
“Dobbiamo
organizzare una festa di compleanno per un nostro amico, ma ci sono
troppe cose da fare e siamo solo in tre a preparare. La nostra
richiesta è: siete disposti a darci una mano? Non vi
chiederemo molto, sicuramente ci serve aiuto per appendere le
decorazioni e poi non so...”
“Contate
su di me” accettò Kelsey prontamente.
Jordan
non disse nulla, si limitò ad aggrottare le sopracciglia.
“E
tu che hai da dire, razza di idiota?” lo aggredì Lisa
dopo una decina di secondi.
“Non
lo so, io ho altro da fare” borbottò lui, per niente
contento.
Nessuno
parve sorpreso di quella reazione da parte sua; anche le ragazze
avevano imparato a capire com'era fatto: non chiedeva niente a
nessuno e non voleva gli venisse chiesto qualcosa.
Durante
la loro consueta partita a biliardino i tre coinvolti
nell'organizzazione discussero di ciò che avrebbero dovuto
fare nei giorni successivi.
“Sarei
proprio curioso di conoscere il festeggiato” disse Kelsey
mentre le ragazze, dopo aver perso per l'ennesima volta, raccattavano
borse e giubbotti per andare via.
“E
Lionel sarebbe contento di conoscere te! È un ragazzo d'oro,
ed è impossibile non adorarlo!” esclamò Cathleen
con tenerezza.
Kelsey
non poté fare a meno di notare che le brillavano gli occhi
mentre parlava di lui; dovevano avere un legame speciale.
“Oh,
ma tu lo conosci! Il giorno di San Valentino nei dormitori maschili
c'era anche lui: è quel ragazzino con i capelli lunghi e
ricci...” spiegò Lisa.
“Ah,
è lui! Sì, mi ricordo! Non è male, mi fa piacere
darvi una mano per la sua festa!”
Lui
e Cathleen si salutarono con l'accordo di tenersi in contatto per
telefono.
Le
ragazze si avviarono verso la mensa elettrizzate: erano riuscite a
trovare un aiutante!
Ma
cosa avrebbero regalato a Lionel?
Il
pomeriggio successivo, Ben si aggirava con fare annoiato per i
confini del campus. Non aveva nulla da studiare e aveva approfittato
della tiepida giornata di sole per fare una passeggiata nelle deserte
stradine sospese tra campagna e costa.
Mentre
camminava, mille pensieri gli affollavano la testa.
Da
quando aveva chiesto aiuto a Tiffany per scoprire se Lisa lo stesse
tradendo, lei non gli aveva fatto sapere niente. Non voleva insistere
o farle pressioni, ma ormai i rapporti con la sua ragazza diventavano
sempre più confusi e deboli senza un'apparente ragione.
Avrebbe
dovuto parlare con Lisa, aveva provato più volte a introdurre
l'argomento, ma lei riusciva sempre a cambiare discorso in un modo o
nell'altro.
Ben
si era impegnato tantissimo in quella relazione, aveva dato tutto se
stesso per quella splendida ragazza e adesso aveva paura che tutto si
dissolvesse nel nulla.
Vedeva
la loro storia arrivare al capolinea e non lo voleva accettare,
convinto com'era che si potesse ancora fare qualcosa per rimediare.
Un
rumore poco lontano spezzò il silenzio della campagna e
riportò Ben alla realtà.
Il
ragazzo aguzzò la vista e si rese conto che un cavallo si
stava avviando verso di lui. L'animale era guidato da qualcuno, ma
Ben non riuscì a capirne l'aspetto finché non fu
sufficientemente vicino.
Si
trattava di un ragazzo di circa vent'anni, dai capelli arruffati e
lunghi alle spalle; indossava vestiti consunti e un enorme cappello
di paglia. Nonostante non potesse esserne certo, Ben dedusse che non
superasse il metro e sessanta.
Il
cavallo su cui sedeva sfoggiava un manto rossiccio con qualche
chiazza bianca e un corpo maestoso e muscoloso.
La
buffa accoppiata si fermò a pochi metri da lui.
“Ti
sei perso?”
Ben
si avvicinò e gli mostrò lo stemma della Newton
Academy.
“Ah,
sei uno della scuola” constatò l'altro ragazzo,
osservandolo con i suoi enormi occhi nocciola.
Ben
allora cominciò ad ammirare il cavallo; quest'ultimo non
sembrava affatto infastidito dalla sua presenza e sembrava essere
docile e buono.
“Accarezzala
sul muso se vuoi” lo sorprese il padrone, facendo a sua volta
scorrere una mano sul collo dell'animale.
“Come
si chiama?” domandò, scoprendo che effettivamente il
cavallo gradiva le sue attenzioni.
Non
poteva esserne certo, ma era pronto a scommettere che sul suo viso si
era dipinto un sorriso ebete.
“Kyah,
è una femmina. È il mio cavallo, ma spesso lo metto a
disposizione del maneggio.”
“Maneggio?”
“Non
lo sai? Ce n'è uno che dista due chilometri dalla Newton.”
Ben
cadde dalle nuvole. “Davvero? No, non lo sapevo. E tu hai preso
lezioni di equitazione in questo maneggio?”
“Sì,
ho iniziato quando avevo otto anni.”
Mentre
parlava con il ragazzo appena conosciuto, a Ben venne in mente che
Lionel avrebbe adorato Kyah.
Al
suo amico, infatti, piacevano un sacco le scienze naturali e gli
animali; inoltre si lamentava spesso che gli sport più diffusi
non andavano d'accordo con la sua pigrizia e quindi non riusciva a
praticarne neanche uno.
“Senti...
ehm, non so il tuo nome...” cominciò.
“Gregory.”
“Senti
Gregory, è possibile visitare il maneggio?”
“Certo!”
“Questo
sabato ci sarai anche tu per caso?”
“Sì,
ci sono quasi ogni giorno. Perché?”
“Benissimo,
allora penso proprio che verrò a farvi visita!”
“Ti
ricordo che tu dovresti fare una certa tesi, non dovresti nemmeno
essere qui, quindi lascia fare a me e non mi intralciare!”
sibilò Lionel, tirando la ragazza per una manica.
“Mi
auguro solo che nessuno ci veda!” mormorò Tiffany,
rannicchiandosi su se stessa.
“Guardali,
come sono romantici! Bleah, non li sopporto!” commentò
lui con disprezzo.
I
due erano nascosti dietro una siepe del grande parco e spiavano una
coppietta felice che si scambiava effusioni su una panchina.
“Dobbiamo
stare qua tutto il giorno? Scatta la foto e andiamocene, sono
indietro con la tesi e anche accompagnarti qui è stata
un'eccezione!”
“Oddio,
si stanno baciando! Momento perfetto da immortalare! Ecco, ho fatto!”
“Okay,
adesso fai piano. Dobbiamo raggiungere quella fila di alberi e poi
possiamo metterci in piedi.”
I
due gattonarono tra l'erba umida per qualche metro, poi, raggiunto un
punto abbastanza lontano da occhi indiscreti, si sollevarono e
uscirono dal parco con un sorriso trionfante.
“Ce
l'abbiamo fatta! Hai controllato che la foto non sia venuta mossa?”
domandò Tiffany, passandosi le mani sui pantaloni per
ripulirli.
Lionel
annuì. “Ho controllato: è perfetta, anche i
soggetti sono inconfondibili. Allora, quanto tempo le diamo per
parlare?”
Lei
ci rifletté su per qualche secondo. “Fino al 26. Se
entro quel giorno non avrà detto la verità, entreremo
in gioco noi. Mi raccomando: acqua in bocca. Questo è un
segreto tra noi due, intesi?” gli ricordò.
“Tranquilla
Tiff, non dubitare mai della mia affidabilità!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
ReggaeFamily
Capitolo
24
A
Tiffany piaceva lavorare all'aperto e finalmente le miti temperature
di marzo glielo permettevano.
Nonostante
la primavera non fosse ancora arrivata ufficialmente, nell'aria se ne
sentiva l'odore: era piacevole crogiolarsi sotto il tiepido sole e
osservare gli alberi del campus già carichi di coloratissimi
fiori.
Così
Tiffany, quel pomeriggio, aveva preso posto e digitava freneticamente
sul suo portatile, circondata da libri e fogli di appunto che
rischiavano di volare a ogni alito di vento.
Mancavano
circa dieci giorni alla consegna della tesi e lei aveva buttato giù
appena duemila parole. Ormai non aveva più tempo per niente:
tornava nella sua camera dopo le lezioni e accendeva il pc per
continuare il suo lavoro, dopo cena lavorava fino a notte fonda.
Ormai era diventata una macchina: assorbiva e rielaborava
informazioni tutto il giorno.
I
suoi amici, preoccupati per lei, le ripetevano di fare una pausa
perché altrimenti sarebbe impazzita, ma Tiffany non ne voleva
sapere; questa relazione sarebbe stata decisiva per il voto di fine
anno e si voleva impegnare al massimo.
“Allora,
un sinonimo di attaccare...” borbottò tra sé,
dando un'occhiata a una pagina di internet.
Una
voce alle sue spalle la fece sobbalzare: “Ciao signorina”.
Tiffany
sapeva chi avesse parlato anche senza voltarsi. “Alex, lasciami
in pace, sto lavorando.”
“Tranquilla,
non ti voglio disturbare” affermò, poi apparve nel suo
campo visivo e si accomodò in una sedia vuota attorno al
tavolo.
“Non
vuoi disturbarmi, ma lo stai facendo. Non sopporto di essere
fissata.”
Lui
non fece caso a quelle parole e prese a sfogliare distrattamente un
libro senza guardarne il contenuto. “Allora, come va la tesi?”
“Benissimo,
grazie” tagliò corto lei, riprendendo a scrivere al
computer.
“Davvero?
Quante parole hai scritto?”
“Duemila
più o meno.”
Calò
il silenzio per qualche secondo. Alex lasciò perdere il libro
e si avvicinò maggiormente alla ragazza, poggiando i gomiti
sul piano del tavolo.
“Alex,
mi dai fastidio! Tu non hai da fare la tua tesi?” sbottò
allora lei.
“Io
ho già scritto settemila parole, sono a buon punto.”
“Non
ci credo nemmeno se me lo giuri. Come è possibile?”
“Modestamente
sono molto rapido a sintetizzare e scrivere al pc. Ho anche il tempo
di rileggere per correggere eventuali errori” spiegò
lui, pavoneggiandosi.
“Ecco:
perché non vai a finirla e mi lasci in pace?”
“Ma
no, io voglio aiutarti!”
Tiffany
sapeva esattamente dove Alex stava andando a parare e la cosa non le
piacque per niente. Certo, la sua proposta era allettante, ma la sua
dignità valeva più di qualsiasi cosa.
Si
voltò verso il ragazzo, puntando i suoi occhi in quelli di
lui. “Stammi bene a sentire, Alex: io non accetterò mai
la tua proposta. Preferisco mille volte prendere un'insufficienza che
accontentarti. Intesi?”
Lui
non parve affatto turbato da quelle parole. “Va bene, ma sappi
che io sono testardo quanto te. Non ti libererai facilmente di me.
Questa volta hai vinto tu, ma ci saranno tanti altri round.”
Detto
questo, si alzò e si allontanò con un sorrisetto
strafottente stampato in faccia. Mentre passava accanto a Tiffany,
allungò una mano e le diede un buffetto su una guancia; lei si
ritrasse, irritata e quasi disgustata da quel contatto.
Quando
lui fu a debita distanza, sbuffò pesantemente e si prese la
testa tra le mani. Ma perché capitavano tutte a lei? Ora si
ritrovava non con uno, ma con due enormi problemi: una tesi di
dodicimila parole da scrivere e un ragazzo insopportabile che
l'avrebbe tormentata per più di una settimana.
Il
preside era un ometto sulla cinquantina dalle guance paffute e due
occhietti piccoli ma attenti. Quando lo si guardava, si provava
subito un senso di pace.
Nonostante
il suo incarico, era una persona molto buona e amava il contatto con
i ragazzi.
“Quindi
noi vorremmo organizzare una festicciola a sorpresa per un nostro
caro amico, ma ci siamo resi conto che allestire tutto in una camera
sarebbe impossibile e non avremmo abbastanza spazio” stava
spiegando Cathleen.
Lisa,
accanto a lei, aveva taciuto per tutto il tempo. Si era offerta di
accompagnare la sua amica, ma in situazioni del genere non riusciva a
parlare per via dell'ansia e del nervoso, e non era di nessuna
utilità.
“Ho
capito: vi servirebbe il permesso per organizzare la vostra festa in
un'altra stanza, giusto?” dedusse il preside in tono allegro e
rilassato.
“Esatto”
confermò Cathleen, leggermente intimorita.
“Avete
una data precisa in cui vorreste festeggiare?” domandò
l'ometto, afferrando un'agenda che giaceva sulla scrivania e
sfogliandola frettolosamente.
“Pensavamo
per l'ultimo fine settimana di questo mese, ma non abbiamo una data
precisa...”
“Sabato
sera nella stanza D1 dell'edificio centrale. Non sono previsti altri
eventi in questo periodo, quindi potete cominciare a organizzare
tutto. All'interno c'è un impianto da montare nel caso voleste
mettere musica; anche quello è a vostra disposizione, ma
fatevi aiutare da qualcuno più esperto di voi per utilizzarlo.
Ah, ovviamente dovete prendere e restituire le chiavi della stanza al
responsabile di quell'ala ogni volta che ci entrate” sentenziò
il preside, con un sorriso bonario.
“Dice
davvero?” esclamò Lisa, aprendo bocca per la prima volta
da quando si trovava nella stanza.
“Grazie,
grazie davvero!” aggiunse Cathleen, con un sorriso pieno
d'entusiasmo.
“Alt,
un attimo! Dovete però seguire delle regole: il volume della
musica non dev'essere troppo alto e dovete spegnerla alle due. Quella
stanza è lontana dai dormitori, ma siamo comunque in una
scuola! Poi... mi sembra ovvio che non dovranno esserci alcolici, ed
eleggerò un adulto addetto a controllare che sia tutto a posto
durante la festa.”
“Rispetteremo
tutte le regole, promesso! Non sa quanto le siamo grate...”
promise Cathleen.
“Vi
conosco e so che siete ragazze affidabili, ecco perché vi ho
dato il permesso. E poi mi sono accorto che tenete molto a fare
questa sorpresa al vostro amico. Quanti anni compierà il
ragazzo?”
“Quattordici.”
“Bene,
allora vedrò di passare a dargli gli auguri sabato prossimo!”
Le
due ragazze uscirono dalla presidenza talmente cariche di gioia e
soddisfazione che non riuscivano a contenersi.
“Abbiamo
ottenuto il permesso, dobbiamo dirlo a Ben!” esclamò
Cathleen senza riuscire a trattenere un gridolino, mentre camminavano
in fretta lungo i corridoi deserti.
“Oddio,
ce l'abbiamo fatta! Ma io lo sapevo: il preside accontenta sempre noi
ragazzi. E abbiamo anche l'impianto per la musica, non ci posso
credere!” fece notare Lisa con un sorriso da un orecchio
all'altro.
“A
chi potremmo chiedere aiuto per montarlo e usarlo?”
“L'altro
giorno parlavo con Ben e mi ha detto che conosce un certo Miles...
non ricordo il cognome... comunque, un certo Miles che se la cava con
queste cose. È il tipo che mette musica alle assemblee
d'istituto, hai presente?” raccontò Lisa.
“Sì,
ho capito. E pensi che accetterà di essere il nostro dj per
una sera?”
“Secondo
me sì!”
Le
due continuarono a parlottare tra loro, passeggiando per il campus
immerso nella luce color lava del tramonto.
“Tiff,
smettila di scrivere, ti prego!”
“Lionel,
per favore, non insistere! Ci pensa già tuo fratello a farmi
perdere la pazienza!”
La
ragazza si era posizionata nel suo solito tavolino all'esterno della
biblioteca per lavorare alla sua relazione.
Quella
notte aveva dormito per tre ore, ma ne era valsa la pena: il suo
documento Word segnava quattromilacinquecento parole.
Ormai
era quasi sicura di potercela fare senza l'aiuto di Alex; l'unico
problema era l'imminente verifica di storia dell'arte per cui avrebbe
dovuto studiare almeno un pomeriggio intero.
“Mi
stai per caso paragonando ad Alex? Io lo dico per il tuo bene! Si
vede lontano un miglio che sei distrutta!” ribatté
Lionel.
“E
va bene, hai vinto tu! Che ne dici di andare al bar? Ti offro
qualcosa!” cedette la ragazza, spegnendo il pc e cominciando a
riporre i libri dentro un grande zaino.
“No,
offro io perché tra poco è il mio compleanno!” la
contraddisse lui, dandole una mano a sistemare tutto.
“Che
c'entra? Invece voglio offrire io perché... sono più
grande!”
I
due continuarono a battibeccare finché non furono all'interno
del locale.
I
due si accomodarono in un tavolino e ordinarono qualcosa di caldo da
bere.
“Ah,
Lion! Non abbiamo più avuto occasione di parlarne: come sono
le foto di quei due? Non me le hai fatte vedere!”
“Giusto,
Lisa e quell'altro tipo! Ho tenuto solo una foto perché
l'altra era mossa e non si riusciva a vedere quasi niente. Guarda,
questa è venuta benissimo, si nota il profilo di Lisa.”
Lionel
tese il cellulare a Tiffany e lei lo prese per osservare meglio lo
scatto.
Il
display mostrava una coppia seduta su una panchina e incorniciata da
una miriade di rametti e germogli verdi. Le due sagome erano state
catturate di spalle, ma il viso della ragazza era rivolto verso
quello del ragazzo. Il volto di lui era nascosto dai suoi capelli
mossi dal vento; cingeva le spalle di Lisa con un braccio per
avvicinarla maggiormente a sé.
Era
palese: quella era Lisa e stava baciando un altro ragazzo.
Tiffany
sorrise nell'accorgersi che Lionel aveva rinominato la foto Lisa e
quell'altro tipo.
“Perfetto!
È una bella foto, molto artistica!” osservò,
rendendo il telefono al suo amico.
“Perché
non lo possiamo dire a Cathleen?” domandò lui,
desideroso di coinvolgere anche la sua migliore amica in quella
piccola follia.
“Te
l'ho già detto: Cat è un'inguaribile ottimista e spesso
è troppo buona. È convinta che Lisa prima o poi dirà
la verità a Ben e non vuole intromettersi in questa storia. Se
sapesse che vogliamo portare a Ben le prove, farebbe di tutto per
fermarci. Ma noi sappiamo benissimo che Lisa non sputerà il
rospo entro quest'anno solare e che Ben non merita di essere preso in
giro; noi lo vogliamo solo aiutare.”
“Esatto!
E poi siamo persone corrette: le lasceremo il tempo di dire la verità
e non la forzeremo!” aggiunse lui con solennità.
“Bene!
Quindi non dirlo a Cat!”
“Hai
la mia parola!”
Un
blocco ad anelli, una penna blu e la pace.
Tanti
uccellini pigolavano e gorgheggiavano sulla sua testa; si chiamavano
e si inseguivano tra i rami fioriti del melo, come in una danza di
cui solo loro conoscono il ritmo.
Il
sole sospeso a est illuminava il mondo di una luce nuova e brillante,
in grado di sciogliere il fresco frizzante del mattino.
Lei
stava seduta sull'erba profumata e ancora leggermente umida, con la
schiena appoggiata al possente fusto dell'albero. E scriveva.
Era
difficile incastrare le parole, modellarle per dar loro un senso e
una musicalità. Doveva rifletterci su, ripetersele e
canticchiarsele in mente, ma le piaceva e le trasmetteva calma.
Posò
la penna sul foglio e si soffermò ad ascoltare i cinguettii, i
ronzii e i fruscii che la circondavano.
Avrebbe
voluto restare per sempre lì, sospesa in quella fresca
mattinata di rugiada.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
ReggaeFamily
Capitolo
25
“Mmh...
qui c'è un pacco di patatine enorme in offerta! Lo prendo?”
esclamò Lisa, aggirandosi tra gli scaffali.
“Prendine
due, ci serviranno” affermò Cathleen, per poi dirigersi
verso il reparto delle bibite.
“Ascolta:
Ben l'altro giorno mi ha detto che ha trovato un regalo perfetto per
Lionel, ma che ci vorrà il contributo di tutti perché
costa un bel po'” annunciò la mora, spingendo il
carrello pieno di spesa.
“Davvero?
Di cosa si tratta? L'avete detto a Tiff?”
“Sì,
e lei ha accettato di buon grado. Ben mi ha spiegato che ha
incontrato un tipo di un maneggio a pochi chilometri da qui e,
sapendo che a Lion piacciono gli animali e la natura, si è
informato sulle lezioni di equitazione. Pensava di regalargli il
primo mese di lezioni, in modo che possa provare ed eventualmente
continuare. Che ne dici?”
Cathleen
sgranò gli occhi e un sorriso raggiante le illuminò il
viso. “Ma è un'idea magnifica! Ben è un genio, a
me non sarebbe mai venuta in mente una cosa del genere! Ma certo che
collaboro! Sono sicura che Lion andrà pazzo per questo
regalo!”
“Okay,
adesso respira, rilassati, su... abbiamo finito con il cibo?”
tentò di ristabilire la calma Lisa con un paio di bottilglie
di aranciata tra le mani.
“Penso
di sì. Secondo te può bastare questa roba? Non ho idea
di quante persone ci saranno...”
“Certo,
ci potremmo sfamare un esercito!”
Le
due si recarono alla cassa e, dopo aver pagato e imbustato la loro
spesa, uscirono dal supermarket, che si trovava a poche centinaia di
metri dal campus.
“Tu
a che punto sei con le decorazioni?” s'informò Cathleen.
“Più
o meno a metà. Ho finito di comporre uno striscione, ma mi
servirebbe altra carta.”
Tra
le due ragazze calò il silenzio.
C'era
una domanda che ronzava da molto tempo nella testa di Cathleen, ma
che non osava porre alla sua amica per non sembrare troppo
insistente: Lisa aveva intenzione di fare una scelta tra Joel e Ben?
Lei
era molto preoccupata per il suo amico e indignata per il
comportamento della sua compagna di stanza, le dava fastidio che
quella situazione si stesse prolungando ancora, ma allo stesso tempo
era dell'idea che non avrebbe mai dovuto intromettersi nelle
questioni altrui e lasciare a Lisa il tempo che le serviva.
Ma
ora era passato troppo tempo e Lisa non aveva più accennato
all'argomento, nonostante continuasse a frequentare entrambi i
ragazzi.
“Lise,
ascolta... ma tu con Ben... che intenzioni hai?” biascicò
allora, dopo aver preso coraggio.
Lei
mise subito su un broncio; proprio quello che Cathleen voleva
evitare.
“Non
è una situazione facile da affrontare, sai? Ho bisogno di
riflettere! Tutti mi volete mettere fretta, ma perché non mi
lasciate in pace?” sbottò infatti in tono offeso.
“Io
non ti voglio mettere fretta, ma ti rendi conto di cosa stai facendo
al povero Ben? Lui con te è sempre stato onesto e paziente, un
principe azzurro insomma, e questo è il tuo ringraziamento? Lo
so che non ho nessun diritto di dirtelo, ma secondo me ti approfitti
troppo di questo ragazzo! Renditi conto che ormai da mesi lui sta
perdendo tempo con te!” si inalberò subito la bionda.
Erano
ormai giunte davanti all'ingresso della scuola e tra le due ragazze
era scoppiata una bomba.
“Bene,
se la pensi così allora prenditi pure questo principe
azzurro!” concluse Lisa, per poi girare i tacchi e
percorrere a grandi passi la distanza che la separava dai dormitori
femminili.
Cathleen
non la seguì; non aveva nessuna intenzione di discutere con
lei. Quando faceva certi discorsi, si dimostrava proprio immatura e
insopportabile, oltre che ingrata nei confronti di chi l'aveva sempre
assecondata e perdonata.
Dopo
un minuto in cui tentò di tranquillizzarsi e sbollire la
rabbia, fece il suo ingresso nel campus e si recò al bar,
sperando di incontrare Kelsey.
Con
lui le cose erano poco chiare: lei cominciava a provare qualcosa per
lui, anche se non troppo intenso, e alcuni segnali le facevano
intendere che anche il ragazzo fosse interessato; ma tra loro le cose
non si erano evolute più di tanto, si incontravano sempre al
bar in compagnia di Lisa e Jordan e non pareva esserci nient'altro se
non una grande complicità.
Ma
dentro il locale non trovò Kelsey, bensì Alex.
“Ehi
dolcezza! Vieni qui, ti offro qualcosa!” la intercettò
subito lui, appoggiato a un lato del bancone.
Lei,
anche se controvoglia, si avvicinò a lui; per ordinare si
sarebbe comunque dovuta dirigere al bancone, dal momento che il bar
non aveva mai assunto dei camerieri.
Non
era ancora del tutto a suo agio con lui per via della delusione
ancora troppo recente, ma aveva cominciato a rispondergli a tono
quando lui portava fuori una delle sue innumerevoli cretinate.
“Alex,
ma che piacere incontrarti” esordì lei sarcastica. “Come
mai non stai importunando mia sorella oggi?”
“Avrei
voluto tanto farlo, ma non so dove sia, sicuramente nella sua stanza.
Poverina, lavorare così le farà male, quando vorrei
aiutarla...” affermò in tono malizioso.
“Preferirebbe
trasferirsi in Iran piuttosto che farsi aiutare da te.
Piuttosto, parliamo del compleanno di tuo fratello: ovviamente non ti
sei offerto di aiutarci per la festa.”
“Mi
rendo conto che per voi sarei d'intralcio. Lo so, sembro stupido, ma
in realtà mi rendo conto di quando la mia presenza non è
gradita.”
Cathleen
scoppiò istintivamente a ridere. “No, tu non sembri
affatto stupido: lo sei! E scommetto che non gli farai neanche
il regalo.”
Lui
storse le labbra in una smorfia. “E tu che ne sai? Sto
organizzando una grandissima sorpresa per lui, che però deve
rimanere segreta.”
“Dici
sul serio?” domandò la ragazza, incredula.
“Certo!
Lionel è pur sempre mio fratello, no?”
Cathleen
si sforzò più che poté per capire cosa passasse
per la mente di Alex, ma non riuscì proprio a immaginarsi cosa
potesse essere. Ad ogni modo, questa notizia la portò a
riflettere parecchio: non si aspettava che l'insopportabile Alex
stesse davvero escogitando qualcosa per Lionel.
Nonostante
ciò rimase della sua idea: Alex era pur sempre Alex, e un solo
gesto non avrebbe cambiato la sua visione di lui.
Ma
non era l'unico ad avere in serbo una sorpresa speciale.
“Davvero
ragazze, io vi aiuto volentieri! Nessun disturbo!” ribadì
Kelsey, mettendosi agilmente in piedi su un banco accanto alla
finestra.
Sul
volto di Cathleen si dipinse un dolce e spontaneo sorriso. “Non
so come ringraziarti Kel, trascorri un sacco di tempo a darci una
mano!”
Lui
fece spallucce senza scomporsi troppo, come al solito. “È
divertente. Mi serve un'estremità del festone.”
La
ragazza gli porse la sommità della decorazione di carta che
Lisa aveva creato con tanto impegno.
Già,
Lisa. In quel momento la mora si trovava dall'altra parte della
stanza insieme a Ben e non le rivolgeva nemmeno uno sguardo. Non
aveva ancora chiarito con lei dopo il litigio del pomeriggio
precedente, e Lisa per questo si era incollata a Ben; pensava
probabilmente di dare fastidio a Cathleen con quel gesto e in effetti
non aveva tutti i torti.
“Oggi
viene il tipo a montare l'impianto?” gridò la bionda a
Ben; la sua voce rimbombò tra le pareti spoglie di quella
grande e anonima aula, che sarebbe dovuta diventare un perfetto
salone da festa.
“Sì,
Miles lo vuole provare. Lisa, andiamo a prendere un banco in modo che
possa appoggiare il pc e tutto il resto, va bene?”
I
due si diressero quindi all'esterno, lasciando Kelsey e Cathleen da
soli.
“Avete
in mente qualche regalo per Lionel?” indagò Kelsey,
balzando giù dal tavolo e sollevando il festone in modo che
non strisciasse a terra.
La
ragazza gli raccontò dell'idea di Ben.
“Uh,
figo! Sono stato una volta in un maneggio, in Spagna: una passeggiata
a cavallo alquanto soddisfacente e rilassante. Invece, per quanto
riguarda gli invitati? Quanti sarete?”
“Sarete?
Saremo, semmai! Tu sei invitato, è logico!”
ribatté Cathleen con un occhiolino.
“Anch'io?”
Kelsey sembrava davvero sorpreso.
“Certo,
pensavo fosse scontato! Ci stai dando davvero un grande aiuto e devi
assolutamente essere presente sabato! Penso anche che a Lion farebbe
molto piacere!”
“Ben!
Puoi stare più attento? Stavo per andare a schiantarmi contro
la porta!”
Il
grido stridulo di Lisa fece sobbalzare i due ragazzi.
Ben
e Lisa fecero il loro ingresso qualche secondo più tardi con
un banco e un borbottio lamentoso da parte di lei.
“Cat,
pensi che a Tiff farebbe piacere passare a trovarci per staccare
dallo studio?” domandò Ben, ignorando completamente la
sua ragazza.
“Dipende:
se è a buon punto con la tesi, sicuramente sì! La
chiamo subito!” decise lei, estraendo il telefono dalla tasca
della giacca e contemporaneamente porgendo l'altra estremità
del festone al suo aiutante.
“Mmh?”
rispose sua sorella dopo qualche secondo.
“Tiff,
per favore, spegni quell'arnese infernale e vieni da noi!”
“Ma
sono solo a cinquemilacinquecento parole e ormai manca circa una
settimana e...” obiettò con un sospiro.
“Tiff,
spegni il pc e raggiungici. È un ordine!”
Tiffany
aggrottò le sopracciglia mentre il cursore nello schermo del
suo portatile continuava a lampeggiare, dandole inevitabilmente sui
nervi.
“E
va bene, altrimenti finirò per impazzire davvero!”
acconsentì, salvando le modifiche del documento e chiudendo il
computer di tutta fretta.
La
ragazza fu ben felice di precipitarsi finalmente fuori dalla sua
camera, in cui era prigioniera ormai da ore.
Attraversò
il grande cortile del campus con passo lento, assaporando l'aria di
marzo che si faceva sempre più mite giorno dopo giorno e che
preannunciava una dolce primavera.
Mentre
costeggiava la fontana, una figura a lei familiare attirò la
sua attenzione: aveva preso posto sul bordo di marmo, teneva lo
sguardo basso e non sembrava badare alle goccioline fresche che il
getto d'acqua le spruzzava addosso.
Tiffany
si avvicinò al ragazzo, ma lui non si accorse finché
lei non esordì: “Ehi Lion, come mai qui?”
Lionel
non le rispose; Tiffany allora lo osservò meglio e constatò
che il suo amico era scosso dai singhiozzi.
“Lion,
ma stai piangendo?! Che è successo?” si preoccupò
subito, prendendo posto al suo fianco e afferrandogli una mano.
“Tiff...
non guardarmi mentre piango” biascicò lui, rivolgendo lo
sguardo da un'altra parte per nascondere le lacrime.
Lei
non poté fare altro che stringerlo in un abbraccio. Le si
spezzava il cuore a vederlo in quelle condizioni.
“Uomini,
tutti uguali: vi vergognate se qualcuno vi vede piangere, come se non
fosse una cosa naturale e umana” commentò.
“Mi
sento uno stupido” mormorò Lionel, tentando di
trattenere una nuova ondata di lacrime.
“Ti
senti stupido perché piangi?”
“No,
per la motivazione.”
“Se
qualcosa ti tormenta, sai che con me ne puoi parlare.”
Per
circa un minuto i due furono avvolti solo dallo scroscio dell'acqua
alle loro spalle.
“Non
ci riesco” ruppe il silenzio il ragazzo con un sospiro.
Tiffany
non aggiunse nient'altro; sapeva che Lionel stava cercando il modo
per esprimere ciò che aveva dentro.
“Pensavo
di poterlo fare, invece non riesco a dimenticarla. Sono uno stupido:
ho sofferto per mesi, mi sono illuso di avere qualche possibilità
con lei... e nonostante mi sia imposto di togliermela dalla testa lei
è ancora lì, tra i miei pensieri.”
Tiffany
dovette utilizzare tutta la sua forza di volontà per non
lasciarsi sfuggire qualche lacrima a sua volta. Il discorso di Lionel
l'aveva colpita molto; forse perché era stato il caro e dolce
Lionel a pronunciarlo, o forse perché sapeva a chi si stesse
riferendo, l'aveva sempre saputo.
“Amare
non è stupido. I sentimenti non lo sono mai, di qualsiasi tipo
essi siano. Soffrire, piangere, disperarsi è normale, anche
questo ci serve. Io ti stimo molto e sono sicura che supererai anche
questa. Io sono sicura che tu abbia una grandissima importanza per
questa ragazza, e ti consiglio di non arrenderti; forse deve ancora
aprire gli occhi e rendersi conto dell'angelo che le sta accanto.”
Lionel,
ascoltando quelle parole, aveva ripreso a singhiozzare e aveva
stretto Tiffany più forte a sé.
Lei
credeva davvero in quel ragazzo e non poteva sopportare di vederlo in
quelle condizioni.
Ma
era contenta di esserci per lui, e ci sarebbe stata fino alla fine.
*
* *
Ciao
ragazzi! ;)
Ormai
sapete che mi piace palesarmi ogni tanto, anche se non scrivo sempre
le NdA in questa storia!!!
Vi
invito come sempre a farmi notare, nel caso ne aveste notato,
imperfezioni o incongruenze, ma soprattutto se la storia vi piace e
vi appassiona! :)
Non
so se avete notato, ma in questo capitolo ho cambiato “punto di
vista” (non si può proprio parlare di punti di vista
dato che la storia è in terza persona) da Cat a Tiff
attraverso la loro telefonata... spero che la cosa non vi abbia
destabilizzato o confuso. Non so se si possa effettivamente fare,
però mi piaceva questo cambiamento alternativo al posto della
solita riga bianca!
Ringrazio
sempre i miei sostenitori, che sono davvero unici, e non vedo l'ora
di leggere e rispondere alle recensioni per poter commentare anche
questo capitolo insieme ai miei lettori! :3
Buona
domenica a tutti!!! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
ReggaeFamily
Capitolo
26
“Dai
Alice, non essere così acida! Sarà un'occasione per
divertirti, no?” insistette Cathleen per l'ennesima volta,
osservando la sua compagna di stanza che si raccoglieva i capelli
corvini in una crocchia.
“Io
non ho nulla a che vedere con quel marmocchio, perché dovrei
partecipare alla sua festa? Sarei solo di disturbo.” Alice
aveva pronunciato quelle parole con una smorfia e le sopracciglia
aggrottate, come suo solito.
“Perché
c'è Angel!”
A
quelle parole la mora parve esitare per qualche secondo, mentre
lasciava ricadere i capelli sciolti sulle spalle e fermava una sola
ciocca con una piccola pinza nera. “E quindi?” sbottò
poi in tono irritato.
“Cathleen,
lasciala perdere” intervenne Lisa, che stava sistemando degli
indumenti nell'armadio.
Le
due non parlavano tanto in quei giorni, ma Lisa aveva smesso di
mettere il broncio ogni volta che si trovavano nella stessa stanza.
Carhleen aveva intenzione di risolvere con lei prima della festa di
Lionel.
“Vabbè,
io non dico più niente. Dopodomani deciderai tu cosa fare”
si rassegnò la bionda, prendendo a canticchiare e dirigendosi
verso il bagno.
Qualche
minuto dopo afferrò la sua borsa e annunciò: “Sto
uscendo!”
Lisa
le lanciò un'occhiata interrogativa, ma lei la ignorò e
lasciò la stanza, continuando a intonare una canzone tra sé
e sé.
Lisa
ormai da qualche giorno si era accorta che la sua compagna di stanza
si stava comportando stranamente: spariva per pomeriggi interi senza
che nessuno avesse sue notizie, passava ogni momento della giornata a
canticchiare e spesso si immergeva in chissà quali pensieri
con lo sguardo perso nel vuoto.
Comunque
lei non osava domandarle niente perché ce l'aveva ancora un
po' con lei ed era decisamente troppo orgogliosa per parlarle.
“Tiff,
ci sei? Hai capito cosa ti ho detto?”
Tiffany
osservava sua sorella senza nemmeno vederla, in uno stato
confusionale che le faceva pulsare le tempie incessantemente.
Cathleen
sospirò. “Sì, hai decisamente bisogno di una
bella dormita. Perché ti trascuri così? Stai diventando
matta!”
“Ho
sonno, voglio un letto... ma devo finire la ricerca entro domani, mi
manca ancora... eh... quanto mi manca? Non me lo ricordo...”
biascicò la sorella maggiore in tutta risposta, poggiando la
testa sul libro che giaceva aperto davanti a lei.
“Domani
è venerdì, giusto? Oddio, ma sei in condizioni
pietose!”
“Finirò
per accettare la proposta di Alex... no, ma che dico? Scusa., sono
stravolta, non credere a queste cretinate!”
“Ecco
appunto, non dire cretinate! Su, ti accompagno in camera, hai bisogno
di riposare!” affermò l'altra, alzandosi e sostenendo la
sorella per permetterle di camminare senza sbandare e cambiare
traiettoria.
“Va
bene, ma per favore, all'ora di cena manda qualcuno per svegliarmi...
stanotte dovrò lavorare come un mulo se voglio riuscire a
prendere almeno la sufficienza.”
“Sì
sì” la assecondò Cathleen, senza realmente
credere a ciò che stava dicendo. Avrebbe lasciato in pace la
ragazza finché non si fosse svegliata da sola.
“Ma
dimmi: Kel com'è? Vi sta aiutando?” s'informò
Tiffany; se avesse smesso di parlare, si sarebbe addormentata in
piedi in mezzo a una stradina del campus.
“Kel
è un tesoro! Immaginavo fosse un bravo ragazzo, ma non pensavo
che sarebbe arrivato a tanto! Praticamente ha organizzato gran parte
della festa, sta lavorando come se dovesse festeggiare il compleanno
del suo più grande amico. Gli ho detto più volte di non
preoccuparsi per noi, del resto ha anche una vita, ma quando viene a
sapere che siamo nella stanza della festa viene sempre a darci una
mano. È adorabile!” raccontò Cathleen con un
enorme sorriso sulle labbra.
“Wow,
sono contenta! Però mi sento in colpa: se non avessi dovuto
fare questa dannata tesi, non avrei dovuto scomodarlo. Ringrazialo
tanto e digli che gli devo un favore.”
“Certo,
glielo dirò. Comunque abbiamo deciso di invitare anche Jordan
alla festa; è vero, lui non si è offerto per darci una
mano, però non vorrei che Kel si senta solo in mezzo a tutta
quella gente che non conosce” spiegò ancora la ragazza,
aprendo la porta dei dormitori femminili.
“Secondo
me hai fatto bene. Ho visto poche volte Jordan e non ci ho mai
parlato, ma comunque non mi ha fatto una cattiva impressione e non
credo l'abbia fatto per cattiveria. Ah, cosa stavi dicendo prima a
proposito di Alex?” domandò all'improvviso Tiffany, meno
assonnata per via della curiosità.
“Ah,
giusto! Qualche giorno fa mi ha rivelato che ha in serbo una grande
sorpresa per Lion e questa cosa mi ha sorpreso molto. Lui non è
proprio il tipo di persona che fa regali e dimostra affetto al
prossimo, quindi mi domando cosa possa essere. Spero non sia una
delle sue solite stronzate e che non rovini la festa.”
“Una
sorpresa? Cosa potrebbe essere? Non mi viene in mente niente e in
effetti è una cosa molto strana.”
“A
proposito: Alex ti tormenta ancora?” chiese Cathleen.
“Sì;
ogni tanto si presenta mentre sto lavorando e mi chiede quante parole
mi mancano per finire, si appiccica a me come una piattola e mi
ricorda che la sua proposta è ancora aperta. Ma dico io: quale
parte della frase non voglio avere niente a che fare con te
non gli è ancora entrata in testa? Tanto non mi piacerà
mai, andando avanti di questo passo non fa altro che rendersi ancora
più insopportabile!”
“Sai
Tiffl, io ti stimo molto. Non è da tutti tacere e sopportare
come fai tu, io al posto tuo avrei già ceduto o in alternativa
sarei impazzita.”
“Tengo
alla mia dignità e ho fin troppa pazienza, tutto qui.”
Intanto
le due ragazze avevano raggiunto la porta della camera di Tiffany,
così Cathleen si assicurò che sua sorella si mettesse a
letto e lasciò la stanza.
Dopo
cena Cathleen tornò nella sua stanza intenzionata ad
affrontare la tanto attesa chiacchierata con Lisa.
Fu
la prima a raggiungere la camera; come al solito Alice non c'era e
sarebbe stata via per qualche ora come di consueto, mentre Lisa
sicuramente si stava intrattenendo con qualcuno. Cathleen sperò
che questo qualcuno non fosse Joel.
La
ragazza prese posto in una poltroncina con le gambe incrociate,
afferrò cellulare e auricolari e si immerse completamente
nell'ascolto, tanto che si accorse a malapena dell'arrivo di Lisa.
“Ciao”
salutò la mora in tono piatto, appendendo il cappotto
primaverile in similpelle nell'attaccapanni.
“Lisa,
ti devo parlare. Siediti un attimo” esclamò l'altra,
battendo il palmo della mano destra sulla poltroncina accanto alla
sua e lanciando il telefono e le cuffie sul suo letto con la
sinistra.
Lisa
sapeva che quel momento sarebbe presto arrivato, quindi non mostrò
alcuno stupore e obbedì.
“Ascolta:
non possiamo continuare a tenerci il broncio per sempre, dopodomani
c'è la festa di Lion e dobbiamo collaborare perché
tutto vada bene. Quindi chiariamo subito questa lite inutile.”
“È
che mi ha dato fastidio che ti sei intromessa nelle mie cose. Non
fraintendere, siamo amiche ed è giusto che tu sappia, però
non sai quanto è difficile questa situazione. Lo so che sto
sbagliando, lo so che Ben non si merita ciò che gli sto
facendo, ma questa situazione non è affatto facile. Insomma,
ci vuole molto coraggio a guardare il proprio ragazzo negli occhi e
portare fuori la verità; tu mi conosci e sai che io non sono
per niente una persona coraggiosa. Inoltre un sacco di gente fa
pressione, mi ripete in continuazione che lo devo lasciare e che mi
sto comportando in modo pessimo... e io così vivo tutto il
tempo con un peso enorme. Hai visto le mie occhiaie e la mia aria
stanca in quest'ultimo periodo? Dico che è per via dello
studio, ma in realtà è per i sensi di colpa.”
Cathleen,
come sempre, ascoltò lo sfogo della sua amica senza mai
interromperla e senza battere ciglio. Ormai aveva capito come
prenderla: prima o poi Lisa metteva giù la solita maschera
d'orgoglio e lasciava che tutte le sue emozioni sgorgassero
all'esterno come un fiume in piena.
“D'accordo,
lo so che la tua non è una situazione facile. Nonostante certe
volte ti comporti in maniera un po' immatura, so che sei una ragazza
emotiva e che tieni alle persone che ti circondano. Forse il giorno
fuori dal campus hai agito d'impulso perché ti sei sentita
attaccata, ma ti giuro che non te ne parlerò più. Devi
capirmi, io voglio molto bene a Ben e sono preoccupata per lui! Tutti
lo sono, Lisa!” ribatté poi, cercando di mantenere il
tono più calmo e distaccato possibile.
“Sì,
quel giorno del supermercato sono stata impulsiva, lo ammetto.
Scusami Cat, tu mi stai sempre dietro anche se combino un disastro
dietro l'altro!”
Cathleen
la travolse con un abbraccio. “Non ti preoccupare, io ti voglio
bene lo stesso perché ti conosco e so che non sei una stupida
dopotutto!”
“Ehi,
cosa vuol dire dopotutto?” si ribellò Lisa,
scoppiando a ridere e tentando di fare il solletico alla sua amica.
Le
due, dopo una lite a colpi di grida divertite, si ritrovarono
entrambe stese sul tappeto con il fiatone e le lacrime agli occhi per
le risate.
“Allora...
pace? Per Lion?” domandò infine Lisa.
“Pace
per Lion. Lui si merita questo e tanto altro ancora.”
Tiffany
si era risvegliata solo alle otto e mezza di sera e le era preso un
colpo quando aveva visto l'orologio. Così, senza neanche
preoccuparsi di mettere qualcosa sotto i denti, aveva raccattato pc e
borsa piena di libri ed era uscita dalla stanza in cerca di un posto
tranquillo in cui continuare – e possibilmente finire –
la tesi. Sapeva di dover lavorare fino a notte fonda e non le andava
di disturbare le sue compagne di stanza con luce e rumori.
Le
notti di marzo erano ancora piuttosto fresche, ma la ragazza non
volle rinunciare al suo abituale posto all'aperto; così si
posizionò nel tavolino più vicino alla struttura della
biblioteca, in modo da non essere troppo esposta a correnti d'aria e
umidità.
Non
vedeva l'ora che quella tortura finisse.
Nonostante
avesse dormito per quasi cinque ore, il sonno non l'aveva aiutata un
granché per la stanchezza e i suoi occhi erano esausti a forza
di fissare lo schermo del computer.
Era
china sui libri da circa un'ora e mezza quando sentì una mano
picchiettarle leggermente su una spalla.
“Alex,
santo cielo, ma quand'è che ti estingui?” biascicò
lei al limite dell'esasperazione, senza degnarlo di uno sguardo.
“Dolcezza,
ormai te l'avrò ripetuto un milione di volte: sono qui per
aiutarti.”
Tiffany
non aveva più nessuna voglia di rivoltarsi contro di lui, di
lamentarsi per quell'orripilante dolcezza o di sottrarsi al
suo tocco. Nella sua mente riecheggiavano solo tre parole, ovvero
finire la ricerca, e lei eseguiva come un automa.
“Per
la festa di Lion sarai distrutta, così non va bene. Guarda un
po' che brutte occhiaie.”
“Devo
finire Alex, vattene...”
“Guardami,
per favore.”
Tiffany
alzò il viso e incontrò gli occhi del ragazzo senza
opporre resistenza.
“Non
hai una bella cera Tiff, ti si legge negli occhi che non ce la fai
più. Perché non vai a riposarti? In cambio ti chiedo
solo un bacio, solo uno.”
Tiffany
osservò il viso del ragazzo per qualche secondo. Davvero era
lui la sua unica salvezza?
Per
la prima volta, Tiffany esitò.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
ReggaeFamily
Capitolo
27
“Oddio,
ehm... pensi che questo vada bene?” domandò Cathleen
agitata, con la testa infilata nell'armadio e una pila di indumenti
tra le braccia.
“Come
mai sei così in ansia per la festa?” indagò Lisa
con un'occhiata interrogativa.
“Non
lo so, però... secondo me questo vestito è troppo
corto, non mi va di mettermi troppo in mostra e poi sicuramente ci
sarà freddo, quindi... e se indossassi un paio di pantaloni
attillati e questo maglioncino?” riprese a blaterare la ragazza
bionda, evasiva.
Intanto
aveva tirato fuori un maglione porpora e lo aveva mostrato alla sua
amica.
“Tu
mi nascondi qualcosa” rifletté l'altra, rovistando tra i
suoi trucchi.
“È
qui il servizio trucco?” esclamò Tiffany facendo
irruzione nella stanza; indossava un vestito nero su dei leggings
dello stesso colore e aveva lasciato che i capelli biondi le
ricadessero sulle spalle.
“Vuoi
truccarti? Strano, da te non me lo sarei mai aspettato!”
ribatté Lisa sinceramente stupita.
“Infatti
voglio un trucco molto leggero e sono venuta qui perché io in
queste cose sono una frana; mi aiuti tu, Lisa?”
“Certo!
L'ho promesso anche a Cat! A proposito: tua sorella secondo me ci
nasconde qualcosa, si comporta in modo strano da giorni e ora non fa
che correre da una parte all'altra della stanza in preda all'ansia!”
raccontò la mora, facendo cenno a Tiffany di accomodarsi sul
letto accanto a lei.
“Ehi,
vi ricordo che anche io sono qui con voi! Smettetela di parlare di me
come se non ci fossi!” si rivoltò l'oggetto della
conversazione, esaminandosi allo specchio.
“Secondo
me è perché vuole fare colpo su un certo Kelsey, non so
se hai presente...” proseguì maliziosamente la sorella
maggiore.
“Non
è vero!” sbottò Cathleen con le guance in fiamme.
“Ragazze,
sono distrutta. Ieri ho consegnato quella dannata ricerca e poi ho
dormito più di dodici ore stanotte, ma ancora non mi sono
ripresa” si lamentò Tiffany con un sospiro.
“Mi
dispiace Tiff... ma alla fine come hai fatto a finirla?”
s'informò Lisa, cominciando a disporre lucidalabbra e ombretti
sul copriletto color senape.
“La
notte tra giovedì e venerdì ho lavorato come una pazza,
non sono andata a letto finché non ho visto quelle dodicimila
parole scritte nel documento! E poi ho una cosa da raccontarvi...
riguarda Alex.”
“Ancora?
Che palla al piede!” commentò Cathleen, osservando con
aria scettica alcune paia di scarpe.
“La
notte in cui ho lavorato come una pazza lui è venuto da me.
Non chiedetemi come abbia fatto a trovarmi, probabilmente ha girato
per tutto il campus finché non mi ha visto. Comunque: mi ha
ricordato la sua proposta indecente e ha fatto leva sulla mia
stanchezza; io in quel momento non ne potevo più, stavo per
crollare sul pc! Vi confesso una cosa: a un certo punto... stavo per
cedere... lo so, sono una stupida, ma ero sfinita e lui poteva
davvero essere la soluzione ai miei problemi.”
“Oh
mio dio Tiffany, non dirmi che...” esplose sua sorella
indignata.
“Tranquille,
io non avrei mai accettato una cosa del genere! Ci ho pensato non
due, ma mille volte prima di rispondere e... sono arrivata alla
conclusione che la dignità vale più di tutto e non
avevo nessuna intenzione di dare una soddisfazione del genere ad
Alex. Le ore di sonno si possono recuperare, ma il ricordo di un
errore non si manda via così facilmente. L'ho spinto via e
dopo un po' di insistenze si è dovuto arrendere”
concluse la ragazza.
“Sei
stata grande!” si complimentò Cathleen precipitandosi a
stringerla in un abbraccio, poi si diresse verso il bagno
canticchiando.
“Strano,
prima non cantava mai di fronte a noi. Cosa le sarà successo?”
fece notare Lisa.
“L'amore?
Bah, Cat certe volte è un mistero” borbottò
l'altra facendo spallucce.
“Comunque
sei stata davvero fantastica a comportarti così con Alex. Io
non so se ci sarei riuscita.”
Tiffany
dopotutto era felice della sua scelta. Alla fine ce l'aveva fatta:
aveva finito la tesina ed era pronta per la festa di Lionel. Tutto
con le sue forze e senza cedere alle pressioni di Alex.
Ora
il peggio era passato.
Qui
è tutto pronto. Puoi portare qui Lion!
Ben
lesse il messaggio di Tiffany e, con un sospiro, si domandò
perché fosse toccato proprio a lui l'incarico di trascinare il
festeggiato alla festa senza fargli sospettare niente. Era un pessimo
attore e non era sicuro di poterci riuscire.
Rimise
il cellulare in tasca e bussò alla porta della stanza del suo
amico; lui aprì la porta qualche secondo dopo.
“Lion,
sono disperato! Ho perso il portafogli!” si inventò Ben,
fingendosi disperato e irritato.
“Hai
perso il portafogli?” ripeté l'altro perplesso.
“Sì,
sicuramente questo pomeriggio quando sono andato all'edificio
centrale per ritirare un foglio! Ho cercato ovunque: in camera, in
cortile, nei corridoi del dormitorio, in classe, ma non c'è!
Volevo chiederti se per caso ti fosse capitato di vederlo.”
Lionel
ci pensò un po' su. “No, altrimenti te l'avrei detto.
Però se vuoi posso aiutarti con le ricerche, cosa ne pensi?”
si offrì poi.
Ben
accettò e lo ringraziò. In realtà stava facendo
i salti di gioia: era riuscito nel suo intento, ovvero far uscire
Lionel dalla sua camera. Sapeva che quel metodo avrebbe funzionato;
lui aiutava sempre tutti quando ce n'era bisogno.
Così
i due vagarono per un po' nei vari edifici del campus finché
non giunsero di fronte alla stanza in cui si sarebbe tenuta la festa;
Ben aveva furtivamente inviato un messaggio ai suoi amici per
avvisarli che stavano per arrivare, così all'interno della
sala tutti si erano zittiti e avevano spento la luce.
“Mi
pare di essere passato proprio di qui questo pomeriggio, ma questa
porta era aperta... potrebbe essere finito qui?” rifletté
il ragazzo più grande, facendo cenno alla porta davanti a
loro.
“Beh,
c'è solo un modo per scoprirlo” tagliò corto
Lionel: afferrò la maniglia e spalancò la porta senza
troppi complimenti, poi accese la luce.
A
quel punto si levò un grido: “Sorpresa!”
Il
ragazzino, preso alla sprovvista, sobbalzò e lanciò un
grido; subito dopo scoppiò a ridere, contagiando tutti i
presenti.
Il
dj della serata fece partire la musica per creare un piacevole
sottofondo mentre Lionel, incredulo, si guardava attorno e continuava
a ripetere: “No, ma voi siete pazzi! Una festa? Io non me
l'aspettavo... ma non c'era bisogno...”
Tiffany,
Cathleen e Lisa corsero ad abbracciarlo, Ben gli diede una pacca su
una spalla e Alex mostrò entrambi i pollici su.
Alla
festa erano presenti molte altre persone: compagni di classe di
Lionel, tra cui i suoi compagni di stanza, Alice, Angel, Kelsey,
Jordan e pochi altri.
Si
respirava un'aria festosa che scaldò subito il cuore di
Lionel; sapeva che quella sera sarebbe stata speciale e non vedeva
l'ora di festeggiare con i suoi amici, mettendo da parte tutti i
problemi e i dubbi che lo affliggevano di solito.
“Dai
Lion, andiamo a prendere da mangiare!” proposero le ragazze,
trasportandolo fino al tavolo stracolmo di cibo.
“Voi
siete unici, davvero! E questa chi l'ha fatta?” chiese curioso,
indicando una monumentale torta al cioccolato con quattordici
candeline posta al centro della tovaglia.
“Sono
riuscita a preparare l'impasto e ficcarla in forno stasera, ma giusto
in tempo... non so nemmeno io come ho fatto!” spiegò
Tiffany, sperando non si notasse troppo la sua stanchezza.
“Ma
Tiff... tu in questi giorni eri impegnatissima, non dovevi fare tanto
per me! Avresti dovuto riposarti almeno in questi giorni! Mi auguro
che tu non ti sia data troppo da fare anche per organizzare tutta
questa festa” la rimproverò il festeggiato, sentendosi
leggermente in colpa.
“Purtroppo
per la festa non ho potuto fare molto per le ragioni che anche tu sai
bene, quindi ho voluto preparare almeno la torta perché non mi
piace starmene con le mani in mano! E poi tu non devi porti problemi;
io l'ho fatto volentieri così come tutti noi!” lo
rassicurò lei, tirandogli scherzosamente una ciocca di
capelli.
“Però
Tiff ha avuto un degno sostituto: ti presento il nostro aiutante
preferito!” intervenne Cathleen, facendo un cenno verso Kelsey.
“Davvero?
Allora lo devo ringraziare... ma come mai ha voluto preparare la
festa se mi conosce a malapena?”
“Non
lo so, probabilmente perché è un ragazzo davvero
buono!” rispose ancora la sua amica.
Lionel
trotterellò per la stanza salutando e ringraziando tutti,
mentre i presenti non perdevano occasione di acclamarlo e fargli un
mare di auguri.
“Bene,
ora che ci sono tutti è giunto il momento dello spegnimento
delle candeline e il taglio della torta... fatta con tanto amore da
Tiffany!” annunciò Alex a un certo punto.
“E
quello?” esclamò Lionel, osservando il microfono a
gelato che suo fratello teneva in mano.
Lui,
Ben e Tiffany si scambiarono un'occhiata interrogativa, poi si
diressero nel tavolo attorno al quale si era già radunata la
maggior parte dei presenti.
Le
candeline azzurre vennero accese e tutti si prepararono per cantare
Tanti Auguri A Te a squarciagola, ma una voce proveniente
dalla soglia li interruppe: “Ehi, volete soffiare le candeline
senza di me? Devo dare gli auguri al festeggiato!”
“Il
preside?!” sbottò Lionel, al massimo dello stupore.
Il
nuovo arrivato si avvicinò ai ragazzi. “Tranquilli, non
vi rovinerò la festa; sapendo che uno studente avrebbe
festeggiato sono passato a fargli gli auguri, ma me ne vado subito!”
Così
tutti ripresero quel che stavano facendo.
Dopo
la canzoncina di compleanno e il taglio della torta, il preside venne
rifornito di cibo sufficiente per un'altra festa a parte e andò
via soddisfatto.
Inutile
dire che la torta di Tiffany fece successo e gran parte delle persone
che l'avevano assaggiata ne presero più di una fetta.
“Che
schianto” commentò Jordan, squadrando Lisa che era
intenta a rispondere a un messaggio.
“Che
schifo, non dire mai più una cosa del genere! E poi sono
fidanzata!” replicò lei in tono irritato.
“Lo
so. Anche quel giocatore di basket con cui tradisci il tuo ragazzo lo
sa, ma questo non cambia le cose!” la provocò lui,
ghignando.
“E
tu cosa ne sai? Fatti gli affari tuoi! Chi te l'ha detto? Sei uno
stronzo!” si rivoltò la ragazza.
“Andiamo,
lo sa tutto il campus tranne quel poveretto di Ben che ancora ti
corre dietro. Mi chiedo come abbia fatto a scegliere una come te! Sei
più una di quelle... da una botta e via.”
Lisa
sgranò gli occhi. “Come ti permetti? Ripetilo se hai il
coraggio! Ben mi ama!
E almeno io ho trovato qualcuno, mentre tu resterai solo per il resto
dei tuoi giorni!”
“Chi
ti ha detto che voglio stare in compagnia?” ribatté lui
senza riuscire a trattenersi dal ridere, poi si allontanò
lasciandola lì, impalata, sola con la sua rabbia.
Lisa
si stava rendendo conto che non poteva andare avanti così: la
situazione stava degenerando e se non si fosse data una mossa Ben
sarebbe venuto a conoscenza della verità per via dei
pettegolezzi.
Ormai
questa doppia vita la imprigionava da quasi tre mesi e lei non sapeva
proprio come uscirne.
“Signori
e signore, avrei un annuncio da fare!” esordì Alex al
microfono, attirando l'attenzione di tutti.
Cathìeen
in particolare non vedeva l'ora di scoprire di cosa si trattasse:
sentiva che era arrivato il momento in cui Alex avrebbe svelato la
grande sorpresa per Lionel.
“Voi
tutti sapete che Lion è il mio adorato fratello minore...”
e a queste parole qualcuno ridacchiò e mise su smorfie di
disapprovazione “e io mi sentivo in dovere di organizzare per
lui una grandissima sorpresa per il suo quattordicesimo compleanno!
Spero solo che gli possa piacere!”
Tutti
rimasero con il fiato sospeso in attesa che il ragazzo continuasse a
parlare.
“E
allora che entri la sorpresa!” concluse lui.
Una
figura slanciata fece irruzione dalla porta d'ingresso e, con
un'agilità incredibile, corse tra la gente per poi saltare
praticamente addosso a Lionel e gridare: “Lion! Sorpresa! Non
te l'aspettavi, vero?”
Lui,
incapace di parlare, ricambiò la stretta.
Il
suo cuore stava esplodendo di gioia.
Sarebbe
volentieri scoppiato a piangere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
ReggaeFamily
Capitolo
28
“Marta,
ma... cosa ci fai qui?” fu la prima cosa che Lionel riuscì
a mormorare, stringendo forte la sua amica a sé.
“Ehi
fratellino, non te l'aspettavi? Mi sottovaluti!” intervenne
Alex, sventolando in aria il microfono spento.
“Che
modo è di accogliere un ospite? Sono venuta qui per
festeggiare il tuo compleanno! Quattordici anni sono una meta
importante!” commentò Marta, ridendo e tirando una
ciocca di capelli al festeggiato.
“Per
quanto tempo resterai?”
“Fino
a mercoledì, sarà una specie di vacanza per me!”
Lionel
esultò e portò una mano in aria; era raggiante come un
bimbo la mattina di Natale.
“Quindi
lei è la tua famosa amica?” domandò Ben,
avvicinandosi ai due e squadrando la ragazza.
Marta
per l'occasione aveva indossato un abito color porpora di velluto
sottile e leggero il cui orlo le accarezzava le ginocchia e un paio
di bassi stivaletti neri. Era carina e per questo colpì subito
l'attenzione dei ragazzi presenti alla festa.
“Marta.
Tu sei...?” chiese subito lei.
“Ben,
molto piacere!”
“Vieni,
ti presento tutti i miei amici!” decise Lionel, prendendola per
mano e conducendola tra la folla in direzione di Cathleen e Tiffany.
“Io
sapevo che tuo fratello ti avrebbe fatto una grande sorpresa, ma non
mi aspettavo si trattasse di qualcosa di così bello! Avevo
paura che ne combinasse qualcuna delle sue!” esclamò
subito la più piccola non appena Lionel e Marta giunsero di
fronte a lei.
“Ma
no, Alex non è poi così male in fondo...” ribatté
Marta, per poi ridacchiare e piegare la testa da un lato.
Dopo
le presentazioni e i convenevoli, i quattro presero a parlare
amabilmente; si unirono a loro anche Lisa e Kelsey, che passavano di
lì e ne approfittarono per conoscere la nuova arrivata.
“Allora
Lion, che te ne pare?” chiese Alex, raggiungendo il gruppetto e
dando una pacca sulla spalla al fratello.
“Una
delle cose migliori che tu abbia mai fatto nella tua vita, lo devo
ammettere! Grazie!” ammise il più piccolo con gli occhi
che brillavano.
Mentre
in quell'angolo della sala si diffondeva l'allegria, all'estremità
opposta Alice si malediceva per aver deciso di partecipare a quella
festa e meditava di scappare senza farsi notare. Pensava di
incontrare qualcuno di suo interesse, ma gli amici di Lionel erano
abbastanza mediocri a suo parere e lei, seduta su una sedia in un
angolo, non faceva che guardarsi attorno con disgusto e sbadigliare.
A
un certo punto Angel, anche lui palesemente spaesato, si sedette
accanto a lei con un bicchiere di popcorn in mano. Dopo qualche
secondo in cui parve esitare, il ragazzo si voltò verso Alice
e le domandò: “Hai mangiato qualcosa?”
“Qualcosa”
tagliò corto lei in tono piatto.
Non
lo avrebbe mai ammesso, ma si trovava ancora in imbarazzo a parlare
con lui: gli avvenimenti del mese precedente la tormentavano ancora e
non riusciva proprio a capacitarsi del fatto che Angel non la
detestasse nonostante tutto.
“Ti
va di andare a prendere qualcos'altro?” propose, accennando un
sorriso carico di imbarazzo.
“Non
ho fame... ma grazie lo stesso.”
“Okay.”
Calò
il silenzio tra i due: Angel con lo sguardo perso e palesemente
sovrappensiero, Alice con il gomito su una gamba e il viso posato
sulla mano.
“Io
me ne voglio andare, questa festa è uno schifo” sbuffò
lei dopo circa un minuto.
“Il
problema non è la festa: forse siamo noi che non ci sappiamo
divertire, non credi?” commentò Angel; stavolta il suo
sorriso si era fatto più ampio e aveva avuto il coraggio di
incrociare lo sguardo della ragazza.
Un
fischio proveniente dal microfono interruppe la loro conversazione e
i due volsero lo sguardo verso l'angolo delle casse, curiosi di
sapere cosa stesse accadendo.
“Bene,
ora è giunto il momento di annunciare il nostro regalo per
Lionel!” esclamò Ben; accanto a lui si erano radunati
Lisa, Tiffany e Kelsey.
Lionel,
sbalordito e incredulo per l'ennesima sorpresa, venne trascinato da
Marta a pochi metri dei suoi amici.
“Ma
voi... siete pazzi! Perché mi avete fatto un regalo? Non c'era
bisogno di...” gridò lui per sovrastare il baccano
generale.
“Mi
dispiace, ma non sei tu a decidere se ce ne sia o meno il bisogno!”
lo rimbeccò Tiffany con un sorriso bonario.
“Lion,
tutti noi sappiamo che ti piace stare all'aria aperta e in
particolare ami gli animali” proseguì il ragazzo al
microfono. “Così io, Tiff, Lisa, Kelsey e Cat... un
attimo: dov'è Cat?”
Tutti
si guardarono intorno con aria perplessa, ma nessuno riuscì a
scorgere la ragazza.
“Sempre
la solita! Le avevo detto di tenersi pronta!” si lamentò
Lisa con un sospiro.
“Ma
adesso io sono curioso!” li incitò a continuare Lionel.
“E
va bene, allora continuiamo senza Cat, non credo che lei si
offenderà! Dicevamo...” affermò Ben, assumendo
nuovamente quell'aria misteriosa che suscitava tanta impazienza “noi
cinque abbiamo deciso di farti un regalo molto speciale, che forse
non ti aspetti, con la speranza che ti piaccia e che lo sfrutterai
con piacere!”
La
tensione ormai era alle stelle, il ragazzo non ne poteva più
di aspettare e osservava i suoi amici con il fiato sospeso e gli
occhi sgranati. Marta intanto lo osservava con un sorriso divertito.
“Abbiamo
per te... un mese di lezione gratis in un maneggio!” annunciò
finalmente Ben, seguito dalle grida di approvazione degli altri
ragazzi.
“In
un maneggio?!” esplose il festeggiato, mentre il cuore
rischiava di scoppiargli dentro il petto.
“Pensi
che ti possa piacere?” gli chiese subito Tiffany, preoccupata.
“Oddio,
ma state scherzando?! È sempre stato uno dei miei sogni... ma
ragazzi...”
Capendo
che le parole non potevano esprimere la gioia che provava, si
precipitò dai suoi amici e li strinse in un abbraccio. Quella
sera si stavano susseguendo troppi avvenimenti strepitosi, Lionel era
convinto che prima o poi sarebbe scoppiato a piangere.
“Ma
non dovevate fare tutto questo” continuava a ripetere,
osservando con riconoscenza ognuno dei partecipanti al regalo. Quando
posò lo sguardo su Kelsey, si ritrovo a farfugliare: “Kelsey,
ma come mai...? Non... non mi conosci neanche!”
Il
ragazzo, con la sua solita semplicità, si limitò a fare
spallucce e spiegare: “Mi faceva piacere, tutto qui”.
“Come
vi è venuta in mente l'idea del maneggio? E dove mi devo
recare di preciso?” volle sapere Lionel.
Così
Ben prese a raccontare dell'incontro con Gregory avvenuto quasi per
caso e della sua visita al maneggio.
“Quindi
è avvenuto tutto... a caso?”
“Esatto!
Gregory è una forza, ti piacerà, non ho dubbi!”
gli assicurò l'altro con un'occhiata complice.
“Oddio
Lion, sono felicissima per te! Però ora sono anche invidiosa:
d'estate devi assolutamente darmi lezioni di equitazione, adoro i
cavalli!” fece Marta con entusiasmo.
“Ehi,
però mi devi pagare!” scherzò lui. “Però
dove si è cacciata Cat? Volevo ringraziare anche lei...”
In
tutta risposta la musica che fino a quel momento aveva costituito un
piacevole sottofondo venne completamente abbassata e un ronzio
proveniente dalle casse avvisò che il microfono, abbandonato a
qualche metro dai ragazzi, era stato preso e riacceso da qualcuno.
I
sette si voltarono e si trovarono davanti una Cathleen esitante e con
le guance in fiamme che si accingeva a parlare.
“Cat?!
Che fai?” la intercettò Lisa, stupita.
Lei
si schiarì la gola e intimò alla sua compagna di stanza
e agli altri di allontanarsi di qualche passo. L'agitazione si era
impossessata di lei; si era preparata davvero tanto per quel momento,
ma adess che era arrivato non era certa di essere all'altezza. La
consapevolezza che avrebbe avuto gli sguardi di tutti puntati addosso
la metteva ancora di più in ansia.
Ma
non poteva fare scena muta, aveva fatto una scelta e ora doveva
parlare.
“Ehm...
scusate, vorrei un po' di attenzione” esordì, tentando
di non far tremare troppo la voce.
Pian
piano tutti gli invitati smisero di parlare tra loro e si prepararono
all'ennesimo colpo di scena di quella serata spettacolare.
“Chi
conosce me e Lion sa che in pochi mesi abbiamo stretto un forte
legame di amicizia; abbiamo avuto i nostri alti e bassi, certo, ma il
nostro affetto non ha mai vacillato. Lui è speciale per me, un
vero amico, e per questo ho deciso di fargli una sorpresa speciale.”
Lionel,
profondamente commosso, non ce la fece più: qualche lacrima
sfuggì al suo controllo. Cercò subito di nasconderle,
strofinandosi gli occhi con una mano e asciugandosele immediatamente,
ma la cosa non sfuggì a Marta: gli porse un fazzoletto e gli
cinse le spalle con un braccio con fare materno e protettivo.
“Lion,
tu sai che mi piace cantare, mi hai sentito più volte e mi
chiedi spesso: perché non canti più? Quando canti
nuovamente per me?” Fece una pausa e non poté fare a
meno di sorridere in direzione del suo amico. “Beh, sai che
sono timida e mi vergogno, ma per una volta ho deciso di accontentare
la tua richiesta, almeno per il tuo compleanno. Ho composto una
canzone.”
Tutti
rimasero a bocca aperta, indecisi se credere o meno a ciò che
stavano udendo.
Intanto
un ragazzo del penultimo anni si era posizionato accanto a Cathleen
con una chitarra tra le braccia; qualcuno lo riconobbe perché
si era già esibito nel campus per qualche altra occasione.
Ora
un silenzio carico d'attesa regnava nella stanza.
Cathleen
ripeté dentro sé che doveva assolutamente stare calma e
prese un profondo respiro che la fece sentire subito meglio.
Non
appena udì le prime note suonate dal suo accompagnatore, si
immerse totalmente nella musica e tutto ciò che la circondava
svanì all'improvviso.
Lionel
intanto ascoltava in silenzio, consumando un fazzoletto dietro
l'altro.
All'inizio
la voce della ragazza parve flebile e timida, ma diventava ogni
secondo più pulita e decisa. La melodia era calda e dolce,
Cathleen sapeva accarezzare le parole e modellarle con maestria:
aveva composto lei il testo e lo interpretava con passione,
commuovendosi e commuovendo chi l'ascoltava.
Il
significato di quel brano era semplice e genuino: parlava di
abbracci, sorrisi e complicità, di ore trascorse a ridere e
confidarsi, il tutto incastrato metaforicamente in una tiepida
mattina di marzo. La ragazza aveva messo nero su bianco quei versi
proprio in quel momento della giornata, seduta sull'erba sotto un
albero.
La
canzone occupò poco più di due minuti, ma colpì
profondamente chi la ascoltò, soprattutto Lionel: come poteva
non adorare quella ragazza? Aveva fatto di tutto per lui, ogni giorno
lo allietava con la sua dolcezza e la sua contagiosa allegria, e
aveva addirittura creato una canzone per lui! Non sapeva cosa il
futuro gli riservava, non sapeva quante persone avrebbe perso o
trovato nella sua vita, ma di una cosa era certo: voleva che Cathleen
restasse al suo fianco per sempre.
“È
unica, non lasciartela scappare per nessun motivo al mondo, intesi?”
gli sussurrò Marta mentre gli ultimi accordi riecheggiavano
nell'aria e nei cuori di tutti.
Cathleen
non riuscì a dire niente: accennò un leggero inchino
mentre veniva acclamata e applaudita con entusiasmo, poi raggiunse
Lionel con gli occhi umidi dalle lacrime.
I
due si strinsero in un abbraccio, in silenzio.
In
certi casi le parole non servono, a dire tutto sono i gesti, gli
sguardi, le lacrime, il battito del cuore.
Il
ragazzo impiegò qualche minuto per calmarsi del tutto. Prese
le mani di Cat, la guardò dritta negli occhi e mormorò:
“Ti adoro Cat, ti adoro davvero. Sono felice di averti
incontrato.”
Non
ne poteva più di fingere, avrebbe voluto gridarle finalmente
“ti amo”, avrebbe voluto baciarla, stringerla a sé
e non lasciarla più. Ma non poteva, non avrebbe mai potuto.
Lei non ricambiava i suoi sentimenti, lo sapeva bene, e lui non
voleva perdere un'amica così preziosa.
Avrebbe
continuato a tacere e, se questo era il prezzo per averla accanto,
l'avrebbe pagato di buon grado.
“Lion,
tu te lo meritavi e sono contentissima di averti fatto questa
sorpresa! Penso tutto ciò che ho detto in quel testo, lo sai!
Anche io sono felice di averti incontrato.”
“Siete
carinissimi!” cinguettò Tiffany, scattando ai due una
foto a tradimento e ridendo sotto i baffi.
“Uh
Tiff, fai vedere! Da incorniciare, direi!” aggiunse Marta,
osservando il display del cellulare che l'altra le aveva porto.
I
quattro cominciarono a ridere di gusto.
“E
ora, ragazzi, apriamo le danze! Tutti in pista, si balla!”
annunciò Miles al microfono, alzando il volume sulle prime
note di un successo degli utlimi anni.
Cathleen,
Tiffany, Lisa e Marta si lanciarono subito al centro della stanza,
trascinando con loro anche Ben e Lionel.
“No,
ma io non ballo!” si rivoltò il più piccolo.
“Non
balli?! Tu sei il festeggiato e balli, te l'assicuro!” lo
contraddissero le ragazze, sollevando le braccia al cielo e prendendo
a cantare la canzone.
Presto
la maggior parte dei presenti si ritrovò a scatenarsi in
pista: a cominciare furono le ragazze, che coinvolsero i loro amici e
li incitarono a divertirsi insieme a loro.
“Ma...
quel ragazzo che ha suonato insieme a te?” domandò a un
certo punto Lionel alla sua amica, facendo cenno al chitarrista che
parlottava con il dj.
“Lui
è Julian, devo ammettere che è davvero bravo! È
stato lui ad aiutarmi a mettere in musica il testo ed è stato
molto paziente con me durante le prove” raccontò lei.
“Caspita,
hai addirittura coinvolto altra gente per la canzone!”
“Beh,
volevo che fosse una sorpresa ben fatta!” Cathleen gli fece
l'occhiolino e lo prese per un polso, sollevando poi le loro mani al
cielo.
“Oh,
finalmente qualcosa di decente!” saltò su Alice,
precipitandosi nella mischia. Era giunto anche il suo momento per
divertirsi un po'.
Dopo
qualche canzone, la ragazza notò che Angel osservava gli altri
ballare con sguardo perso al bordo della pista. In quel momento si
sentì in dovere di aiutarlo: quando l'aveva vista sola e
annoiata, lui si era seduto al suo fianco e si era sforzato per
parlarle un po' e tenerla impegnata.
Sempre
muovendosi a ritmo, si avvicinò a lui e gli chiese: “Non
balli?”
“Non
so ballare” bofonchiò Angel.
“Dai,
non puoi stare qui ad annoiarti. Vieni.”
Detto
questo lo prese delicatamente per un polso e lo portò con sé.
“Alice,
io non so come si fa...” cercò di spiegare lui, in
difficoltà.
Lei,
in tutta risposta, sollevò la mano in cui stringeva il polso
di lui e fece una giravolta. “Non c'è un modo per farlo,
nessuno è un vero ballerino. E poi l'hai detto tu: siamo noi a
non saperci divertire, giusto? Quindi divertiamoci per una volta e
mandiamo al diavolo tutto il resto!”
La
festa di Lionel era stata un successo, ma i suoi organizzatori si
resero conto solo in quel momento, mentre si lasciavano andare e
ridevano tutti insieme come se fossero un'unica anima, che avevano
dato vita a una magia.
*
* *
Ehiii
lettori! *-*
Allora,
come state? Cosa mi raccontate? ;)
Lo
so, questo capitolo è un po' lungo, ma dovevo concludere la
festa di Lion e avevo ancora in serbo un sacco di sorprese per lui!
Siete contenti di come sono andate le cose al nostro quattordicenne
preferito?
Nel
caso non si fosse capito, io adoro Lion :3
Questa
festa è stata la conclusione di molte cose e l'inizio di molte
altre, quindi state connessi: per i nostri studenti della Newton le
avventure non sono ancora finite!!!
Però
la storia non durerà ancora a lungo: ormai siamo quasi ad
aprile e la trama si concluderà con la fine dell'anno
scolastico! Ho ancora tante sorprese (magari dovrei formare e
stabilizzare qualche coppia... ehm...), ma prima o poi anche questa
avventura dovrà finire. Uffa, sento la mancanza di questi
personaggi solo al pensiero di doverli abbandonare T.T
Ma
bando alle ciance: vi chiedo di farmi sapere come sta andando secondo
voi la storia e quali sono le vostre coppie/i vostri personaggi
preferiti... ma ormai già lo sapete e lo fate in automatico!
:D
Grazie
mille per i sostenitori di questa long (molto long), ci vediamo come
sempre nelle recensioni ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
ReggaeFamily
Capitolo
29
Il weekend era trascorso
tranquillamente: il giorno dopo la festa gli organizzatori si erano
recati nella sala in cui si era tenuta per riordinare e pulire, ma
alla fine anche Lionel e Marta avevano insistito per dare una mano e
tutti insieme avevano trascorso un piacevole pomeriggio all'insegna
delle chiacchiere e delle risate.
Marta, con il suo
carattere espansivo, riusciva ad andare d'accordo con tutti; anche
Alex nutriva un insolito rispetto per quella ragazzina che conosceva
da anni e che era sempre riuscita a tenergli testa.
Lunedì le lezioni
trascorsero in fretta e alcuni professori permisero perfino
all'ospite di seguire le spiegazioni insieme a Lionel, altrimenti da
sola nel campus deserto si sarebbe ritrovata a vagare a vuoto e
avrebbe finito per annoiarsi.
Nel pomeriggio, alle
quattro, il ragazzo si sarebbe dovuto recare al maneggio per la prima
volta. Ben aveva prenotato gli appuntamenti di lunedì dopo
aver fatto una breve indagine: il giorno dopo in genere Lionel
frequentava corsi abbastanza leggeri, quindi non avrebbe dovuto
svolgere compiti eccessivamente numerosi o impegnativi.
“Marta, tu con chi
resterai quando sarò lì? Io devo andare con Ben”
le domandò lui un quarto d'ora prima di lasciare i dormitori
maschili.
Si trovavano all'interno
della stanza del ragazzo e lui, seduto sul letto, si stava infilando
il paio di scarpe più comode e resistenti che possedeva.
La ragazza ruotò
su se stessa per esaminare con attenzione la camera, poi lo osservò
con la testa inclinata leggermente da un lato. “I tuoi amici
sono simpatici, starò con loro! Che problema c'è?
Divertiti e non pensare a me!”
“Dovrò
chiedere a Cat di tenerti d'occhio, di te non ci si può
fidare!”
“Cat è
davvero una brava ragazza. Sono felice che il mio amichetto
d'infanzia abbia perso la testa per una così!” affermò
Marta, ridacchiando maliziosamente.
“Lascia stare. Sto
cercando in tutti i modi di dimenticarla, non ho speranze” si
rabbuiò lui con un sospiro.
“Scusa, non volevo
ricordartelo! Parliamo d'altro: l'unica che non riesco a inquadrare è
Lisa. Ma che ha quella ragazza? Ride e grida sempre, sembra una
bambina di cinque anni... non per male eh, è solo che non
riesco a capire il suo comportamento.”
“Lisa è
particolare, sono in pochi ad andare d'accordo con lei. All'inizio
sembrava solo un po' immatura e ingenua, poi durante l'anno è
peggiorata e ora ha questo atteggiamento abbastanza fastidioso. Pensa
che Cat è in stanza con lei e sono amiche nonostante tutto”
raccontò Lionel, mettendosi in piedi e dirigendosi verso la
porta.
“A quattordici anni
ci sono cambiamenti di questo tipo... ma se divento come lei, ti
prego, dammi una botta in testa: magari rinsavisco!”
Lui scoppiò a
ridere, contorcendosi per indossare il giubbotto in similpelle.
“Invece Ben e
Tiffany sono una forza, io ce li vedrei bene come coppia, non trovi?
Ma Ben è il ragazzo di Lisa, giusto?”
Prima di lasciare la
stanza, Lionel riassunse la storia del tradimento di Lisa. Le aveva
accennato quella faccenda una volta, ma per messaggi era difficile da
spiegare e quindi non era sceso nei dettagli.
“Okay, quel minimo
di simpatia che provavo per Lisa si è dissolto improvvisamente
nel nulla. Ben è un ragazzo troppo caro, glielo si legge negli
occhi, non ci si può approfittare di lui in questo modo!”
affermò lei indignata.
I due stavano
attraversando il corridoio deserto e continuarono a parlare delle
impressioni che lei aveva avuto della scuola e degli studenti finché
non si ritrovarono all'aria aperta.
“Ragazzi!”
attirò la loro attenzione Tiffany, raggiungendoli. “Stavo
proprio venendo a cercarvi! Non mi andava di lasciare Marta da sola.”
“Tiffany, grazie,
sei stata molto gentile! Allora buona fortuna Lion, dopo mi
racconterai tutto, okay?”
I due si strinsero in un
abbraccio e lui le raccomandò di non combinare guai.
“Che ne dici di
andare a prendere qualcosa al bar? Sta cominciando a fare caldo,
secondo me un bel gelato ci sta!” propose la più grande
mentre si allontanavano.
“Sì, gelato!
Mi piacciono le tue idee, Tiff!” accettò l'altra con
entusiasmo.
“Davvero Alex ti
importuna? Oddio, non ti invidio!”
“Ti giuro che non
lo sopporto più, è così insistente! Ma è
sempre stato così?”
Le due ragazze, dopo aver
acquistato un cono gelato a testa, erano nuovamente uscite al sole e
cercavano con lo sguardo un posto soleggiato in cui potersi
posizionare a consumare la loro merenda.
Nel frattempo si erano
ritrovate a chiacchierare del più e del meno come amiche di
vecchia data fino a giungere a un tasto dolente: Alex.
“Io lo conosco più
o meno da sette anni e ti posso assicurare che è sempre stato
un tipo tosto, ha sempre avuto un carattere pessimo e sgradevole;
insomma, tutto il contrario di Lion. Ma ultimamente penso che sia
peggiorato: vuole ostentare il suo essere duro e arrogante perché
è un adolescente in preda agli ormoni, oppure crede che questo
metodo sia efficace per conquistare le donne!”
Tiffany scoppiò a
ridere di gusto. “Tutta scena secondo me, non lo vuole
nessuna!”
“Hai ragione! Tra
l'altro sembra avere un'ossessione per te, quindi dubito vada a
cercarne altre!” convenne Marta.
Le due si sedettero sul
bordo di un'aiuola e cominciarono a gustare il loro gelato.
“No, mi sono
sporcata! Che cretina che sono...” esclamò Tiffany dopo
qualche secondo, osservando con la fronte aggrottata la piccola
macchia bianca sui suoi jeans.
“Vuoi un
fazzoletto? Ti serve aiuto?” si preoccupò subito Marta,
rovistando nella sua borsa con la mano destra e tenendo il cono con
la sinistra.
“Mi conviene andare
in bagno. Potresti tenermelo? Ci metto un attimo.”
Marta rimase da sola sul
basso muretto dipinto di bianco con due coni gelato in mano. Sperò
che quello di Tiffany non si sciogliesse troppo nel frattempo.
Cominciò a
osservare i ragazzi che stazionavano nei tavolini all'esterno del
bar, intenti a chiacchierare, studiare o semplicemente crogiolarsi
sotto il sole primaverile. Marta aveva adorato fin dal primo momento
quella scuola per l'atmosfera serena e festosa che si respirava in
ogni momento della giornata; i ragazzi erano circondati dal verde che
s'innalzava dalle numerose e grandi aiuole, l'orizzonte era dominato
dal mare che profumava l'aria per tutto l'anno e le viottole che si
snodavano per tutto il cortile facevano pensare a una piccola
cittadina composta solo da giovani.
Un ragazzo attirò
la sua attenzione: occupava un tavolino da solo e fissava con sguardo
vacuo un libro aperto, senza realmente donargli attenzione. Sembrava
parecchio annoiato e ogni tanto si guardava attorno, sperando di
riconoscere qualche faccia nota.
La ragazza era sicura di
averlo visto da qualche parte, ma non ricordava dove. Possibile che
si trattasse di un partecipante alla festa di Lionel? Aveva solo un
modo per scoprirlo; magari il suo gesto sarebbe servito anche per
distrarlo, le dispiaceva vederlo da solo nonostante non lo
conoscesse.
Si alzò e si
diresse verso di lui senza nessuna esitazione. Il ragazzo biondo
parve accorgersi del suo arrivo, ma non sollevò del tutto il
capo nella sua direzione, si limitò a lanciarle rapide
occhiate con la coda dell'occhio.
“Ciao!”
esordì Marta con un amichevole sorriso.
“C-ciao”
balbettò lui, a disagio.
“Ho un dubbio: per
caso tu sei un amico di Lionel?”
“Ehm... non
proprio, ci conosciamo.”
“Ah, allora
probabilmente ho ragione: ecco dove ti ho già visto, alla sua
festa di compleanno. Scusa la domanda un po' scema, ma m sembrava di
averti già visto!”
Lui posò
finalmente i suoi occhi grigi sul viso di lei e si illuminò
all'improvviso: “Sbaglio o tu sei l'amica di Lionel? Quella che
è apparsa dal nulla...”
Marta ridacchiò.
“Esatto, in persona! Mi chiamo Marta, tu invece sei...?”
“Angel” si
presentò lui, tendendole una mano; ma fu costretto a ritrarla
quando constatò che lei le aveva entrambe occupate.
“Ti sei comprata
due gelati? Come fai a mangiarli?” chiese allora perplesso,
facendosi sfuggire un sorriso divertito per le parole che aveva
appena pronunciato.
“Macché, uno
è di Tiffany che si è spostata un attimo... perfetto,
si sta sciogliendo... e adesso come faccio?”
“Marta, eccoti, non
ti trovavo più! Quel gelato è in condizioni pietose,
dallo a me che lo rimetto a posto! Attenta, ti stavi per sporcare per
colpa mia!” intervenne Tiffany, sopraggiungendo e recuperando
subito il suo cono impiastricciato di panna. “Oh, ciao Angel!
Com'è che ti ho notato solo ora?”
“Ciao Tiffany,
veramente anche io ho scoperto che eri qui solo quando Marta ti ha
nominato.”
“Beh Angel, tu devi
stare a guardare mentre noi mangiamo? Ti piace il gelato?”
esclamò la più piccola.
“Sì, ma
veramente io...”
“Dai, andiamo, così
lo scegli!” tagliò corto lei con un sorriso raggiante.
“Povera Tiff, mi
hanno detto che ha dovuto studiare moltissimo in questo periodo per
via di una relazione e ora ha di nuovo un sacco di compiti in
classe!” commentò Marta, osservando Tiffany che si
dirigeva verso i dormitori femminili. Dopo circa un'ora trascorsa
insieme a Marta ed Angel era dovuta fuggire perché il giorno
dopo avrebbe dovuto sostenere una verifica e doveva finire di
studiare qualche pagina.
“Oh sì,
scrivere quelle dodicimila parole è stato un problema. Infatti
io non le ho scritte.”
Si erano fatte ormai le
cinque e mezza, ma Lionel non si era ancora fatto vivo. Angel,
nonostante l'imbarazzo, si era offerto di fare compagnia alla
ragazza. In fondo si era trovato bene con lei, ci aveva chiacchierato
anche grazie all'aiuto di Tiffany, ma non era sicuro di riuscire a
sostenere una conversazione anche una volta da soli.
“Hai consegnato un
foglio bianco?!”
“Non ne avevo
voglia, e poi per la scrittura e materie del genere sono negato.”
“Però i
vostri professori mi sono sembrati abbastanza in gamba, ho assistito
ad alcune lezioni. Sai, questa scuola è mitica sotto tutti i
punti di vista; da quando ho saputo che Lion l'avrebbe frequentata ho
cercato in tutti i modi di convincere i miei genitori perché
iscrivessero anche me, ma non ho ottenuto risultati. Dicono che costa
molto farmi vivere qui e poi sarebbero preoccupati per me, hanno
paura che combini qualcosa” gli confidò Marta.
“È normale
che i tuoi genitori si preoccupino, non è una decisione facile
mandare i propri figli a studiare fuori.”
“Ahi, hai una
cicatrice sul polso! Ti sei fatto male?”
Quelle parole fecero
sobbalzare Angel, che solo in quel momento si accorse di avere una
manica leggermente sollevata. Marta aveva posto quella domanda con
innocenza, probabilmente non immaginava di cosa potesse trattarsi, ma
quella domanda lo colse alla sprovvista.
“Era v-vetro, mi
sono ferito con il vetro” mormorò lui, nascondendo in
fretta la ferita.
“Oh.” Marta
si era resa conto solo in quel momento di cos'aveva appena detto.
Come aveva potuto porre una domanda del genere? È quasi
impossibile procurarsi una ferita sul polso accidentalmente. Inoltre
Lionel una volta le aveva parlato di un suo compagno che aveva
tentato il suicidio, ma le era passato di mente e si ritrovava a
ricollegare i fatti solo dopo aver commesso l'errore.
“Che c'è?”
le chiese lui, notando il rossore sulle sue guance.
“No, è
che... mi dispiace...”
“Non ti
preoccupare, è acqua passata. Immaginavo che tu sapessi la
storia. Ma ora parliamo d'altro: sarebbe bellissimo se tu riuscissi a
frequentare questa scuola! Io te la consiglio, anche se ho pensato
più volte di abbandonarla.”
Angel non credeva a ciò
che aveva appena fatto: era riuscito a gestire con una grande dose di
autocontrollo una situazione abbastanza complicata e imbarazzante,
era stato lui a prendere l'iniziativa e portare la conversazione su
un altro argomento. In genere era lui quello che arrossiva e non
sapeva cosa dire.
Ma Marta lo metteva a suo
agio con la sua frizzante spontaneità, con lei anche il peso
di quelle cicatrici sembrava diminuire.
“Okay... davvero
hai pensato di lasciare la scuola? Come mai?”
“Poca voglia di
studiare e poca motivazione. Forse anche un po' di nostalgia di casa.
In realtà a volte ci penso ancora, ma poi mi dico che stare
qui è una grossa opportunità e la devo sfruttare.”
I due rimasero a parlare,
scherzare e confrontarsi seduti al parco finché non si fece
l'ora di cena.
Marta per tutto il tempo
non aveva più dato un'occhiata al telefono e solo in quel
momento si accorse del messaggio di Lionel; si accordarono per
incontrarsi in mensa.
Mentre lei ed Angel si
incamminavano tra le stradine illuminate dal tramonto, lui la
ringraziò per la piacevole chiacchierata, sinceramente grato
per quel magnifico pomeriggio.
“Perché mi
ringrazi? Io amo conoscere nuova gente e ancora di più
scoprire persone simpatiche e intelligenti come te!” replicò
lei semplicemente.
Per lei esprimere ciò
che pensava e mostrare curiosità nei confronti degli altri era
qualcosa di naturale, come respirare.
Per Angel ricevere quelle
attenzioni era qualcosa di surreale, come volare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
ReggaeFamily
Capitolo
30
“Ragazzi,
sono le undici!” fece notare Cathleen.
“E
allora?” ribatté Ben in tono indifferente.
“E
quindi niente, era per dire...”
Cathleen,
Lisa, Ben, Lionel, Alex, Tiffany e Marta si trovavano nella stanza
106, lasciata libera come al solito da Alice che trascorreva le
serate con le sue amiche. Ognuno aveva occupato un punto diverso
della camera: Cathleen, Lionel, Alex e Marta erano sdraiati sul
tappeto, mentre Tiffany si era impossessata del letto di sua sorella
e Ben e Lisa si dividevano una delle due poltroncine. Erano giunti in
questa posizione dopo una lotta giocosa a base di spintoni e assalti
che aveva coinvolto tutti, compresi i cuscini che in quel momento
erano sparsi per il pavimento. I ragazzi avevano riso così
tanto, contagiandosi a vicenda, che ci era voluto quasi un quarto
d'ora prima che si riprendessero del tutto; ancora erano accaldati e
qualcuno respirava profondamente per cercare di placare gli ultimi
residui di fiatone.
“In
genere a che ora andate a letto?” domandò Marta,
giocando distrattamente con una ciocca di capelli del suo migliore
amico. Era sdraiata su un fianco e Lionel, che si trovava nella sua
stessa posizione, la abbracciava da dietro.
“Dipende”
biascicò Alex, che era sdraiato supino a pochi centimetri da
Cathleen. Improvvisamente allungò una mano e trascinò
la ragazza più vicino a sé, per poi posare la testa
all'altezza del suo stomaco come fosse un cuscino.
“Così
mi farai vomitare tutta la cena” si lamentò debolmente
lei, senza la reale intenzione di respingerlo.
Stavano
vivendo uno di quei momenti magici in cui ogni conflitto viene messo
da parte per lasciare spazio a un'unione che contagiava tutti. Anche
chi generalmente non si conosceva e non si frequentava più di
tanto si poteva abbracciare e coccolare senza malizia, senza dar
fastidio.
Tiffany
cominciò a ridacchiare, sempre più forte, fino a
contagiare gli altri. Nessuno sapeva il motivo, ma ridevano e non
riuscivano a fermarsi.
“Mi
è tornato in mente... quando prima Marta è volata a
testa in giù nella poltrona... oddio!” riuscì a
formulare dopo un po' la bionda tra le risate.
Si
riferiva a un avvenimento capitato durante la lotta di poco prima:
Alex aveva spinto Marta verso una poltroncina e lei ci era caduta di
testa e con le gambe all'aria. La scena era stata talmente comica che
qualcuno, compresa Tiffany, si era lasciato andare a terra per
rotolarsi dalle risate.
Proprio
lei, in quel momento, compì un movimento troppo brusco e cadde
dal letto, quasi addosso ad Alex; questo generò altre risa e
le finte proteste del ragazzo, che tentò di scatenare una
nuova battaglia facendo il solletico a Tiffany.
“Alex,
il mio stomaco!” esclamò Cathleen, spingendolo via.
“Okay,
volete la guerra? E guerra sia!” affermò Ben, saltando
giù dal divanetto all'assalto di Lionel e Marta. I due
cominciarono a rotolare sul pavimento per sfuggire all'attacco e si
trovarono ancora una volta molto vicini: Marta si trovava quasi sopra
di lui.
Nonostante
la gran confusione generale, questo particolare non sfuggì a
Cathleen. Non si seppe spiegare bene perché, ma l'immagine che
si ritrovava davanti agli occhi le dava fastidio e sentiva l'impulso
di intervenire per allontanare i due.
Aggrottò
la fronte, sorpresa da se stessa. Lei non era mai stata gelosa delle
altre amicizie di Lionel, anzi, trovava Marta molto simpatica ed era
consapevole che i due avevano un rapporto speciale.
Tuttavia,
dopo qualche secondo di esitazione, anche lei partì
all'attacco e riuscì a coinvolgere Lionel in un duello.
“Oh,
ma mi sentite o no?” Il grido di Alice interruppe tutte le
attività e i sette ragazzi portarono la loro attenzione su di
lei. Era entrata nella stanza qualche secondo prima e aveva cercato
invano di comunicare qualcosa.
“Angel
ha chiesto di voi” annunciò con uno sbuffo.
“Angel?”
domandò Tiffany, sorpresa.
“I
suoi compagni l'hanno di nuovo buttato fuori dalla stanza. In realtà
se n'è andato lui perché quei due a quanto pare
dovevano spassarsela con qualche tizia. Io l'ho trovato seduto in una
rampa di scale.”
“Ma
Angel, quello che ho conosciuto questo pomeriggio?” s'informò
Marta, lanciando un'occhiata a Tiffany. Lei, in tutta risposta,
annuì.
“Digli
di entrare, lo accogliamo a braccia aperte!” esclamò
Lisa, dopo un'occhiata complice con Cathleen.
Alice
lasciò la stanza senza nemmeno premurarsi di salutare e poco
dopo il ragazzo biondo fece il suo ingresso con passo incerto. “Ciao
a tutti... disturbo?”
“Ehi
Angel, quanto tempo senza vederci!” scherzò Marta con un
sorriso, rammentando il momento in cui si erano augurati la
buonanotte, subito dopo cena.
“Togliti
le scarpe e mettiti comodo: da questo momento in poi sei a casa tua!”
lo accolse calorosamente Cathleen, accennando con la mano a una parte
del tappeto libera.
Angel
tentennò e fu tentato di chiedere se fossero davvero sicuri di
ciò che gli stavano dicendo, ma dopo aver incrociato gli
sguardi benevoli e incoraggianti della maggior parte dei presenti
decise di eseguire l'ordine.
Nel
frattempo l'atmosfera allegra si era nuovamente propagata per la
stanza grazie alle chiacchiere e alle risate.
“Allora
fratello, non hai preso parte al simpatico gioco in camera tua? Se
c'è uno spazio libero, posso sempre accomodarmi io!”
ironizzò Alex con un sorriso malizioso, osservando Angel dalla
sua posizione supina.
“Vai
pure, non erano male quelle che hanno scelto!” ribatté
lui facendo spallucce e accennando un sorriso divertito.
“Oddio
Alex, che schifo, tu saresti capace di andarci davvero!”
commentò Lisa con una smorfia disgustata, dando qualche
piccolo calcio al suo braccio.
“Vabbè,
se è per questo anche tu ci andresti, ma io non ti giudico”
la punzecchiò lui, scatenando una risatina generale.
Lisa
avvampò, poi strillò: “Adesso ti faccio vedere io
dove ti mando se non chiudi il becco!” e si tuffò dal
divanetto per poterlo prendere d'assalto.
All'altra
estremità del tappeto, Cathleen si era avvicinata a Lionel e
Marta: i due erano seduti uno di fronte all'altra a gambe incrociate,
sicuramente stavano parlando di qualcosa che solo loro potevano
capire e ridevano come matti.
“Cavaliere,
vieni qui! Non mi hai raccontato niente di questo pomeriggio!”
esclamò la bionda, tirandogli una ciocca di capelli.
“Brava
Cat, prenditelo pure, vaneggia troppo per i miei gusti” tagliò
corto Marta con un occhiolino al suo amico, alzandosi e lasciandoli
soli.
“Senti
chi parla! Da quando ti conosco non hai mai detto qualcosa di
sensato!” ribatté Lionel fintamente offeso, cercando di
farle lo sgambetto mentre andava via. Lei, in tutta risposta, gli
mostrò il dito medio.
“Com'è
stato andare a cavallo?” domandò Cathleen, stringendo
Lionel tra le braccia e obbligandolo a poggiare la testa sulla sua
spalla.
“Aiuto,
mi hai rapito!” scherzò lui, ricambiando il gesto della
sua amica.
Non
gli sembrava vero: lei lo aveva sorpreso con quel gesto così
affettuoso e avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre, ma
era consapevole che non si doveva illudere perché il
comportamento di Cathleen era dettato solo da un grande affetto nei
suoi confronti.
“Dai,
raccontami!” lo incitò lei, curiosa.
“Sicuramente
piacerebbe anche a te. Poi non so... è bellissimo, libera la
testa da ogni pensiero! Penso che continuerò ad andarci anche
oltre questo mese di lezioni che mi avete regalato, devo chiedere ai
miei.”
“Sono
contentissima, hai trovato qualcosa che ti piace!”
Cathleen
in realtà era divorata dai sensi di colpa: di certo lei aveva
a disposizione molto più tempo di Marta per stare con Lionel,
ma nonostante ciò glielo aveva portato via. Si era comportata
davvero da stronza, ne era consapevole, ma vedere il suo amico così
vicino a un'altra ragazza le provocava una strana sensazione di
disagio. Non sapeva cosa le stesse capitando, ma come suo solito non
riusciva a controllare le sue emozione e agiva d'istinto.
L'impulsività era un tratto che la caratterizzava, anche se
non lo dava sempre a vedere come sua sorella.
Intanto
Marta aveva colto la palla al balzo per precipitarsi da Angel: aveva
notato che ormai da qualche minuto stava a guardare cosa gli capitava
intorno senza sapere bene come muoversi. Nonostante l'avesse
conosciuto solo quel pomeriggio, sapeva di avere a che fare con una
persona speciale e simpatica e voleva aiutarlo a far emergere questo
lato di lui, così che anche gli altri lo potessero conoscere
per quello che era davvero.
“Angel,
ma davvero volevi dormire sulle scale? Se me l'avessi detto, ti avrei
ospitato nella mia camera! Pensa che per questi giorni mi hanno dato
una stanza inutilizzata che ha tre letti!” lo intercettò,
sedendosi accanto a lui e attirando la sua attenzione tirandogli una
manica.
“Non
sapevo dove trovarti.”
“Dopo
ti do il mio numero, così se ricapita una cosa del genere me
lo dici e ti aiuto!” propose la ragazza, circondandogli le
spalle con un braccio.
Angel
fu davvero sorpreso da quel gesto e sobbalzò
impercettibilmente, sperando che Marta non se ne accorgesse. Non gli
era mai capitato che una ragazza mostrasse tanto interesse nei suoi
confronti e che addirittura instaurasse un contatto fisico di quel
tipo con lui.
“Ma
se tu dopodomani devi ripartire!” esclamò con una
smorfia divertita e perplessa allo stesso tempo.
“Ah
sì... ehm... vabbè, almeno se devi dormire sulle scale
ti faccio compagnia!”
I
due scoppiarono a ridere contemporaneamente e lui la prese in giro
per un po'.
“Ehi
pischello, vedi di portare rispetto!” rispose lei tra le
risate.
“Ehi
sorella, stai parlando con me?” Angel pronunciò quelle
parole con quel tono minaccioso tipico dei film d'azione e mettendo
su un'espressione teatralmente seria.
Marta
non riusciva più a smettere di ridere. “No, vabbè,
sei troppo gangster!”
“Hollywood
aspetta solo me!” proclamò lui in tono solenne, per poi
scoppiare nuovamente a ridere senza contegno.
Lei,
presa dall'entusiasmo, si lasciò cadere addosso a lui e lo
buttò praticamente a terra. Così la battaglia si
scatenò inevitabilmente tra i due, coinvolgendo presto anche
Lionel e Cathleen. I quattro fuggivano e si rincorrevano per la
stanza, gridando come pazzi e ridendo fino alle lacrime.
Ben,
Lisa, Alex e Tiffany, appollaiati tutti sul letto di Cathleen, si
lanciavano occhiate interrogative. Non avevano mai visto Angel così
a suo agio, così divertito, e mai avrebbero potuto pensare che
potesse essere un ragazzo così energico e simpatico. Si
sentivano i testimoni di un miracolo e sapevano che l'artefice di
tutto ciò era Marta. Ma del resto quella ragazza era in grado
di trasmettere un'allegria e un entusiasmo irresistibili, da quando
era arrivata al campus era come se anche tutti loro si fossero
risvegliati all'improvviso da uno strano letargo.
La
loro personale e piccola festa andò avanti fino all'una e
mezza, quando i ragazzi furono così stanchi da non ricordarsi
quasi il tragitto per arrivare alle proprie camere. Risero,
chiacchierarono, scherzarono e si rincorsero a lungo, beccandosi le
lamentele dei vicini di stanza che minacciavano di dirlo alla
responsabile del dormitorio, ma si divertirono un mondo tutti
assieme. Perfino Angel, dopo essere finalmente riuscito a rompere il
ghiaccio, era ormai parte del gruppo.
“Io
devo andare a rivendicare il mio letto” biascicò Angel
con uno sbadiglio mentre recuperava le sue scarpe.
“Lascia
in pace i tuoi compagni schifosi, ti ho già detto che in
camera mia ci sono tre letti!” gli ricordò Marta con un
sorriso.
“Ma
sei sicura? E se rifiutassi?”
“Non
accetto un rifiuto. Hai la tua roba, no?”
“Sì,
è tutto nello zaino.”
“Ecco,
allora andiamo!”
Dopo
i saluti e gli auguri di buonanotte, Marta condusse Angel al terzo
piano, in camera sua. Entrambi stentavano a tenersi in equilibrio per
via del sonno, ma ancora ridacchiavano e commentavano aneddoti di
quella serata.
“Ecco
la mia stanza! Non è magnifica?” annunciò lei,
spalancando la porta e accendendo la luce.
La
stanza era molto simile a quella di Cathleen e Lisa; l'unica
differenza stava nella lunga tenda verde chiaro che separava
l'ingresso dalla vera e propria camera da letto. Sulla parete opposta
alla finestra stazionava un letto singolo, mentre lungo quella
opposta alla tenda era addossato un letto a castello. Nell'angolo tra
i due era posizionato un tavolino senza cassetti che fungeva da
comodino.
“E
poi lì c'è il bagno. Vai pure a cambiarti, io intanto
cerco la mia roba.”
Angel
entrò nel piccolo ambiente senza proferire parola, ma in
realtà sentiva un profondo imbarazzo a stare in quella camera.
Lui non aveva problemi, ma non voleva arrecare disturbo a Marta e
invadere i suoi spazi.
Dopo
essersi messo in pigiama, si guardò allo specchio e avvampò
alla sola idea di farsi vedere vestito in quel modo dalla sua nuova
amica. Ma doveva comunque uscire dal bagno per permettere anche a lei
di cambiarsi.
“Okay,
hai finito? Scegli pure un letto e accomodati, io ci metto un
secondo!” disse lei con uno sbadiglio, dirigendosi verso il
bagno con un pigiama celeste di cotone leggero tra le mani.
Marta
occupava il letto di sotto del letto a castello, così lui optò
per quello singolo: stare in alto non era il massimo per le sue
vertigini.
Quando
la sua amica uscì dalla stanza, lui era ancora seduto sul
bordo del letto a riflettere, rigido e teso.
“Beh?
Non sei ancora morto dal sonno?” gli domandò lei
abbozzando un sorriso.
Lui
si mise nuovamente in piedi con un sospiro e si avvicinò a
lei. “Marta, ma ne sei proprio sicura? Io non vorrei invadere
la tua privacy, sai, sono un ragazzo e...”
“Angel
Angel, sei un caso perso! A me non importa, davvero, se non avessi
voluto invitarti non l'avrei fatto! Non penso che tu sia un
malintenzionato, stiamo diventando amici e questo è il minimo
che posso fare per te: offrirti un posto dove dormire. Non farti più
questi problemi, non con me almeno, d'accordo?”
Il
discorso era stato pronunciato con una sincera dolcezza che aveva
colpito profondamente il ragazzo.
“Va
bene Marta, grazie davvero, non so come...”
“Basta,
shh, ora pensa a riposare. Buonanotte Angel” lo interruppe lei,
accompagnando quelle parole con un gesto inaspettato: si avvicinò
a lui e lo strinse in un rapido e affettuoso abbraccio.
Lui,
rosso in volto, ebbe appena il tempo di ricambiare la stretta e
sussurrare: “Buonanotte”, poi entrambi si tuffarono a
letto e, prima di potersene rendere conto, vennero rapiti da un sonno
profondo e ristoratore.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
ReggaeFamily
Capitolo
31
Aprile
aveva portato con sé una ventata d'aria calda e umida; i
piccoli temporali primaverili non facevano che evidenziare l'afa e
prendere alla sprovvista gli studenti della Newton Academy, che
spesso si ritrovavano in giro per il campus senza l'ombrello.
La
partenza di Marta aveva lasciato un vuoto: ormai Lionel e i suoi
amici si erano abituati al contagioso entusiasmo della ragazza e la
consideravano parte del loro gruppo.
Ma
la persona che risentì maggiormente della sua assenza fu
Angel. Marta era stata l'unica in grado di capirlo, metterlo a suo
agio e far emergere la parte più folle di lui, quella che in
pochi conoscevano; le aveva anche raccontato la sua storia, la sua
difficoltà nel socializzare, e non si era sentito affatto
giudicato. Senza di lei si sentiva perso e non riusciva a rompere il
ghiaccio con gli altri ragazzi, nonostante si impegnasse.
Il
giorno dopo della sua partenza, Angel confidò a Lionel che
aveva stretto un bel rapporto d'amicizia con lei e gli aveva
domandato se la cosa gli potesse dare in qualche modo fastidio; il
più piccolo si era invece mostrato entusiasta e aveva ammesso
di aver già notato la cosa.
Così
lui e Marta si sentivano per messaggi ogni giorno, anche se non era
la stessa cosa.
Anche
se lui al campus continuava a sentirsi solo.
Mentre
il ragazzo si trovava a lottare contro il suo malessere interiore,
Lionel e Tiffany si concentravano su una faccenda che aveva dato loro
da riflettere parecchio in quel periodo.
Era
venerdì. I due ragazzi si erano trovati davanti alla fontana
al termine delle lezioni.
La
ragazza si guardò intorno con circospezione e, dopo essersi
assicurata di non essere a portata d'orecchio di nessuno, esordì:
“Allora? Marzo è finito, il tempo è scaduto e
Lisa non ha vuotato il sacco”.
Lui
si strinse nelle spalle. “Allora è arrivato il momento
di agire. Basta, non posso sopportare di vederli così
vicini, di vederla mentire
così.”
“Senti:
Ben già da tempo mi aveva chiesto di indagare sulla faccenda.
Che ne dici se penso io a dirglielo? Almeno tu non verresti
coinvolto” propose Tiffany.
Il
ragazzo scosse la testa. “No Tiff, anche io ho collaborato e,
nel caso dovessimo essere scoperti, dovremmo prenderci entrambi le
nostre responsabilità. Non sono un codardo e non voglio
tirarmi indietro, ora che sono coinvolto completamente.”
“Okay.
Dobbiamo parlare con Ben oggi stesso. Ma dove? Come? Pensiamo a una
scusa per avvicinarlo” rifletté lei.
“Semplice:
gli chiediamo se dopo cena vuole unirsi a noi al bar per una partita
al biliardino, poi lo trasciniamo fuori e gli raccontiamo tutto. Però
ho paura di come potrebbe reagire...”
“Quello
è un rischio che dobbiamo correre. Sicuramente non la prenderà
bene, ma meglio che lo sappia al più presto.”
I
due si guardarono negli occhi, tormentati dalle stesse paure. Certo,
era giusto che Ben venisse reso partecipe, ma l'idea di essere loro a
pugnalarlo in quel modo li faceva soffrire.
“Vi
ho battuto di nuovo! E voi sareste uomini?” esultò
Tiffany, facendo volare in aria una pallina del biliardino e
guardando con aria soddisfatta Ben e Lionel.
“Non
vale, io non sono bravo in questo gioco!” si lamentò
Ben, passandosi una mano tra i corti capelli neri.
“Non
vale, avevo un compagno incompetente!” aggiunse Lionel,
sorseggiando il suo tè freddo.
“Sì
sì, sono tutte scuse. Intanto voi, che siete in due, avete
perso contro di me, che sono da sola!” li prese ancora in gjro
la ragazza, trotterellando attorno al tavolo da gioco per arruffare i
capelli ai suoi amici.
“Non
so voi, ma io qui dentro muoio di caldo. Che ne dite di andare fuori
a prendere una boccata d'aria?” propose il più piccolo
con un'occhiata complice a Tiffany.
“Io
ci sto” accettò lei.
Ben
quindi li seguì all'esterno per non stare da solo.
I
tre si allontanarono di una ventina di metri dall'ingresso del
locale, chiacchierando amabilmente; poi presero posto sul primo
gradino di una rampa.
Tiffany
si concesse qualche secondo per prendere coraggio, poi esordì:
“Ben?”
“Dimmi.”
“Io
e Lion dobbiamo dirti una cosa... che molto probabilmente non ti
piacerà.”
“Oddio,
mi devo spaventare?” s'informò lui con aria preoccupata.
Lionel
rabbrividì a quelle parole. Improvvisamente non si sentiva più
accaldato e dovette stringersi le braccia intorno al corpo per
evitare di tremare.
“Tempo
fa tu mi avevi chiesto di indagare su Lisa perché sospettavi
che ti stesse tradendo, ricordi?”
“Sì,
certo” assentì lui pallido in volto.
“Ecco,
io ho fatto ciò che mi avevi chiesto e Lion si è unito
a me.”
“Cosa
avete scoperto?”
“Ecco...”
L'intervento di Lionel sorprese gli altri due, ma lui andò
avanti senza esitare; era giusto che lui e Tiffany si dividessero
l'arduo compito, non gli sembrava giusto stare lì impalato ad
assistere. “Ci dispiace che tu lo debba sapere da noi e non è
impresa facile dirtelo, ma sì, Lisa frequenta un altro
ragazzo.”
Ben
strabuzzò gli occhi, poi si prese la testa tra le mani con
aria disperata. “Ormai lo sospettavo da mesi, ne ero quasi
certo, ma sentire la conferma fa male. Ditemi tutto ciò che
sapete.”
“Ben,
sei sicuro? Te la senti? Magari questo non è il momento
giusto, hai bisogno di...” provò a dissuaderlo Tiffany,
posandogli una mano sul braccio. Il ragazzo sembrava davvero
sconvolto e non voleva certo aggravare la situazione.
“No,
non voglio aspettare, significherebbe crogiolarmi in troppi dubbi.
Tanto ora che so la verità non cambia niente.”
“Allora...
il tizio si chiama Joel, ha diciassette anni e gioca nella squadra di
basket della scuola. Questa relazione va avanti da gennaio più
o meno: il primo a vederli insieme è stato Lionel, ma ancora
non c'erano prove concrete. Insomma, alla fine la voce si è
sparsa e a lungo andare Lisa non si è nemmeno preoccupata di
nascondere la cosa, tanto che ormai lo sa tutto il campus. Noi lo
sapevamo da tempo, ma abbiamo pensato fosse il caso di lasciare a
Lisa il tempo per parlartene” spiegò Tiffany con calma,
sostenendo lo sguardo ferito e malinconico di Ben.
“E
così, stanchi di vedere come lei ti prendeva in giro, io e
Tiff abbiamo deciso di dirtelo. Abbiamo anche delle prove, nel caso
tu voglia accertarti della cosa” intervenne Lionel, torcendosi
nervosamente le mani.
“Joel,
ora ricordo! Avevo fatto delle ricerche sul profilo facebook di Lisa
perché una volta l'avevo vista salutarlo con un po' troppo
entusiasmo. Adesso si spiega tutto! Non ci posso credere, sono stato
preso per il culo per tutto questo tempo! È proprio vero che a
volte sono talmente buono da diventare cieco!” sbottò
Ben in tono isterico, serrando i pugni e scuotendo ripetutamente la
testa.
Tiffany
e Lionel si scambiarono un'occhiata sconcertata: il loro amico non
aveva mai perso la pazienza in quel modo, era famoso per essere il
più pacato e calmo del loro gruppo. Non sapevamo bene come
comportarsi in quella situazione completamente nuova.
“Ehi
Ben, non fartene una colpa. Tu non hai fatto nulla di male, hai solo
provato dei sentimenti per lei, è stata lei a non accorgersi
della sua fortuna nell'avere una persona stupenda al suo fianco”
cercò di consolarlo Tiffany, prendendogli una mano e facendo
in modo che le loro dita si incrociassero.
“Anch'io
la penso così. Fa male ora, sicuramente ti sentirai a pezzi,
ma presto capirai che non vale la pena di soffrire per qualcuno che
non ti merita. Noi tutti siamo amici di Lisa, ma bisogna ammettere
che in questa occasione non si è comportata per niente bene e
non ha scusanti” aggiunse Lionel, facendosi più vicino
al suo amico e battendogli una leggera pacca sulla schiena.
“Vi
rendete conto che tutto il campus sapeva questa storia tranne me? E
lei cosa stava aspettando per parlarmene, l'ascesa del nuovo messia
sulla Terra? Sono un patetico cornuto! Quanti errori le ho perdonato
in quest'anno e mezzo, quanto ho dovuto subire per averla al mio
fianco! Speravo che tutte le esperienze vissute insieme l'avessero
fatta crescere, invece in questo tempo non ha fatto che peggiorare.”
Ben si asciugò una lacrima solitaria che era sfuggita al suo
controllo, poi prese un profondo respiro e prese a raccontare:
“Quando ho conosciuto Lisa non aveva ancora tredici anni,
mentre io ne avevo già compiuto quattordici. Eravamo entrambi
dei ragazzini, ma lei era particolarmente immatura e piuttosto
infantile; io avevo perso la testa per la sua ingenuità e mi
ero ripromesso che, semmai avesse ricambiato i miei sentimenti, sarei
stata al suo fianco per aiutarla a crescere e intraprendere una
relazione seria. Per questo in tutti questi mesi mi sono impegnato a
spiegarle un sacco di cose, quando combinava qualcosa le parlavo e
risolvevamo la faccenda insieme, le ho perdonato un sacco di sbagli
che ha commesso... insomma, sono stato un ragazzo, un amico e un
insegnante per lei, o almeno ci ho provato. Ma da quando siamo
tornati a scuola per quest'anno scolastico mi sono subito accorto che
qualcosa non andava: Lisa non si confidava più con me, aveva
sempre la testa tra le nuvole, si comportava in maniera strana...
senza contare quella scenata di gelosia per cui aveva finto di stare
con Angel! Vi rendete conto che livelli ha raggiunto quella volta?
Ecco, e a cosa è servito starle vicino e aiutarla? A rimanere
fregato, a soffrire e ad aver sprecato tempo prezioso della mia
vita!”
“Non
è vero, non hai sprecato tempo. Questa è stata
un'esperienza che ti ha lasciato molti insegnamenti” obiettò
Lionel.
Tiffany
era rimasta davvero colpita da quel racconto. Non pensava che dietro
la relazione di Ben e Lisa ci fosse una storia così profonda e
incredibilmente dolce. Ben, come al solito, era stato davvero tenero
e si era impegnato tanto.
“Domani
stesso le parlerò. Basta, questa cosa deve finire”
affermò Ben con lo sguardo perso di fronte a sé.
“Ora
è il caso che torniamo nelle nostre stanze, siamo tutti molto
provati e abbiamo bisogno di riposare” disse Tiffany,
mettendosi in piedi.
I
tre si diressero in silenzio verso i dormitori maschili; la ragazza
aveva deciso di accompagnare Ben, voleva stare con lui più
tempo possibile.
Non
appena giunsero nell'atrio, Lionel si rese conto che i due avevano
bisogno di un attimo per stare da soli e si dileguò in fretta.
“Ben?”
Tiffany richiamò l'attenzione del ragazzo, posandogli una mano
sulla spalla.
“Ma
cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?” singhiozzò
lui, non riuscendo più a trattenere le lacrime.
La
ragazza non poté più resistere e lo abbracciò,
cullandolo con fare protettivo tra le sue braccia e asciugandogli le
lacrime.
“Tu
non hai fatto nulla di male, tu sei stato un angelo. Lisa è
stata solo un'ingrata e di certo non si meritava queste tue
attenzioni. Ma ormai quel che è fatto è fatto, devi
trarre ciò che di positivo ti ha lasciato quest'esperienza”
mormorò, accarezzandogli la schiena.
“È
più facile a dirsi che a farsi.”
“Aspetta
un attimo. Riflettici su: quali sono stati i momenti più belli
con Lisa? Quali sono state le belle esperienze?”
“Mmh...
penso di aver capito per la prima volta cosa significa amare. Ho
imparato ad accettare i difetti altrui, ho messo alla prova la mia
pazienza e ho passato tantissimi bei momenti. Ora devo imparare a
scendere a giusti compromessi, senza esagerare con le concessioni per
gli altri.”
“Certo,
questo ti aiuterà in amore come in tutti gli ambiti della
vita. Rapportarsi con le altre persone non è mai facile,
bisogna sempre tener conto di una marea di cose che spesso ci
sfuggono di mano” concordò Tiffany dolcemente.
Ben
sciolse la stretta per poter osservare la ragazza negli occhi. “Sai,
in quest'ultimo periodo ho riflettuto molto e mi sono reso conto di
aver sbagliato tutto anche in amicizia, con Alex intendo. Il nostro
rapporto non è mai stato reciproco, io mi sono sempre reso
disponibile mentre lui se n'è sempre fregato di me; anche con
lui non sono stato attento. Vedi come vanno a finire queste cose?
Tutti si approfittano di me!”
“Ma...?”
“Ma
non è mai troppo tardi per rimediare. Voglio ricominciare,
essere una persona diversa e avere degli amici diversi, a partire da
te, Tiffany. E soprattutto voglio stare un periodo da solo dopo
questa lunga relazione e concentrarmi sull'amicizia.”
Lei
sorrise e gli asciugò l'ultima lacrima che gli scorreva lungo
una guancia, l'ultima goccia di pioggia dopo un temporale. “Sagge
parole. Lo sai che su di me potrai sempre contare, io sono tua amica
e puoi star certo che non correrai mai il rischio di un rapporto a
senso unico!”
Ben
sorrise di ricambio; il suo sorriso splendente sulla pelle bruna
sembrava proprio un raggio di sole che faceva capolino tra le nubi.
“Grazie Tiff. Con degli amici come voi affrontare i problemi è
più facile.”
I
due si strinsero nuovamente in un forte abbraccio colmo d'affetto,
poi si diedero la buonanotte e ognuno si avviò nella propria
camera.
Era
stata una giornataccia per Ben, ma il suo cuore gli sussurrava che,
con le persone giuste accanto, sarebbe riuscito a superare anche
quella.
Sarebbe
andato a letto contento, al resto avrebbe pensato l'indomani.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
Capitolo
32
Era
un sabato mattina di inizio aprile e il sole splendeva alto in cielo.
Nella camera di Cathleen, Lisa e Alice, nonostante fossero solo le
nove del mattino, si poteva già udire un gran chiacchiericcio.
“Ma
non sentite l'odore di chiuso che c'è in questo stanza? È
colpa vostra che non aprite mai la finestra!” si lamentava
Cathleen con una smorfia, spalancando le ante dell'unica finestra
della stanza e lasciando entrare la fresca brezza impregnata di
salsedine.
“Che
bello, tra poco torneremo tutti in spiaggia, finalmente l'estate sta
arrivando!” esultò Lisa, rimbalzando sul suo letto. Si
era appena messa a sedere e ancora aveva il viso e i capelli
stravolti dal sonno.
“Ma
che problemi avete? Io voglio dormire... Cathleen, chiudi
immediatamente quella diamine di finestra o ti faccio finire
direttamente in spiaggia!” gracchiò Alice con la voce
ancora impastata dal sonno, stringendosi ancora di più nelle
coperte e sotterrando la testa sotto il cuscino.
“Ma
Alice, è una bellissima giornata! Perché non ti alzi e
vieni con noi a fare una passeggiata sulla spiaggia?” propose
Lisa con entusiasmo, afferrando il suo cellulare e sparando a un
volume insopportabile un tormentone reggaeton di quel periodo.
“Con
noi? Io non posso venire, ho già appuntamento con Lion!”
obiettò Cathleen con uno sbuffo contrariato, mentre
raggruppava tutti gli indumenti sparsi per la camera che sarebbero
poi stati lavati.
Proprio
in quel momento qualcuno bussò alla porta.
“No,
ci mancava solo questa! Solo voi avete amici talmente malati che
vengono a cercarvi alle nove del mattino... ah beh, sono come voi, i
simili stanno assieme” bofonchiò Alice sempre più
infastidita, lanciando uno sguardo torvo al cellulare di Lisa.
“Sono
Ben!” annunciò una voce familiare dall'esterno della
stanza.
“Ti
dispiace se apro?” domandò la mora alla sua compagna di
stanza ancora sdraiata.
“Fai
quello che ti pare, l'importante è che tu e quell'altra
lasciate la stanza tra cinque minuti esatti.”
Così
Lisa si avvicinò alla porta e lasciò entrare il
ragazzo. “Buongiorno tesoro... ma cos'hai?” chiese,
notando il viso pallido e stravolto di Ben. Era come se per tutta la
notte non avesse chiuso occhio.
La
porta del bagno era socchiusa e al suo interno Cathleen si stava
sciacquando il viso; ma quando udì le parole della sua amica
lanciò uno sguardo all'esterno e un brutto presentimento si
impossessò di lei. “Ben, sei stravolto! Hai fatto
after?” domandò a sua volta.
“Possiamo
uscire un attimo? Ti devo parlare” si limitò a proferire
lui in tono piatto.
“Uh,
finalmente in questo posto succede qualche casino! Sono contenta,
avrò qualcosa su cui ridere” sghignazzò Alice dal
suo letto, osservando con fare divertito la scena che si stava
svolgendo appena sotto di lei.
“Cosa
c'è? Aspetta un attimo, sono in pigiama e non mi sono nemmeno
lavata il viso...” mormorò la ragazza con fare
evidentemente preoccupato.
“Preparati
in fretta, ti aspetto” affermò lui dirigendosi verso il
corridoio.
“Lisa,
ma ti sembra il modo di trattare il tuo amato? Lo fai attendere fuori
dalla stanza come fosse un cane bastonato?” la rimproverò
Alice rigirandosi tra le lenzuola. In realtà non le
interessava, ma aveva intenzione di farla pagare alle sue compagne di
stanza per averla svegliata così presto e così decise
di punzecchiarle in tutti i modi.
La
ragazza arrossì e invitò Ben a restare all'interno
della stanza, poi cominciò a cercare qualche vestito per
potersi cambiare. Trovò piuttosto strano il fatto che lui
prendesse posto sul bordo del letto di Cathleen e non nel suo, ma la
cosa non la sorprese del tutto; ormai era sicura che lui fosse venuto
a conoscenza di tutta la verità e lei, nonostante fosse
passato tanto tempo, non si sentiva ancora pronta ad affrontarlo. Era
stata codarda, non aveva voluto dirgli la verità e adesso si
ritrovava in una situazione per niente gradevole.
Prima
o poi sarebbe dovuto accadere, in un modo o nell'altro.
“Cat,
quanto ci metti? Devo entrare in bagno!” gridò, bussando
insistentemente alla porta.
Qualche
secondo dopo la bionda aprì e Lisa poté finalmente
prepararsi.
Cathleen
prese posto accanto a Ben con un sospiro pesante. “Ben...”
“So
tutto” mormorò lui.
“Non
doveva succedere così.”
“Tu
lo sapevi?” Si voltò in direzione della ragazza con gli
occhi sbarrati e contornati da delle profonde occhiaie.
Lei
si prese la testa tra le mani. “Sì, ma non mi volevo
intromettere. Mi dispiace.”
“Non
ti preoccupare, tu non c'entri.”
Alice
si affacciò dal suo letto a castello e sibilò:
“Tradimento?”
“Fatti
gli affari tuoi” la ammonì l'altra con un'occhiata
truce.
Lisa
uscì dal bagno dopo qualche minuto: aveva indossato una
maglietta rossa a maniche corte, un paio di jeans e delle scarpe di
tela; aveva lasciato i capelli sciolti sulle spalle per via della
fretta, cosa che non faceva mai, e non si era truccata.
“Andiamo”
disse Ben, alzandosi dal letto e facendole cenno di seguirlo.
Poco
dopo la camera piombò in un profondo silenzio finché
Alice non si rivolse a Cathleen: “Beh? Tu che devi fare, stare
qui?”
“No,
vado da Lion. Dobbiamo andare al mare” rispose lei
distrattamente.
La
sua mente in realtà era occupata da ben altri pensieri: aveva
l'impressione che quella gita al mare non sarebbe stata così
bella e spensierata. Era preoccupata e, quando avrebbe raccontato
l'accaduto al resto dei suoi amici, anche loro lo sarebbero stati.
Ma
un dubbio rimaneva irrisolto: come era giunta la verità alle
orecchie di Ben?
“Ben,
basta, voglio sapere cosa ti prende!”
I
due ragazzi erano giunti nell'atrio dei dormitori femminili. Lui
avrebbe preferito non dare spettacolo in quel luogo, dato che nei
giorni festivi c'era sempre un gran viavai, ma Lisa l'aveva bloccato
per un polso e non sembrava più intenzionata ad attendere.
“Dai,
non ci posso credere. Lo sa tutta la scuola e tu no?” sbottò
lui con sarcasmo, puntando i suoi occhi scuri in quelli della
ragazza.
“Smettiamola
di giocare agli indovinelli, per favore! Cosa ti hanno detto?”
“Che
te la spassi con un certo giocatore di basket...”
Lei
divenne paonazza e fu incapace di sostenere ancora lo sguardo di lui.
“Solo
ora mi rendo conto di tutto il tempo sprecato con te, di tutta la
fiducia che non ti meritavi. Quante volte ti ho perdonato e ti ho
spiegato con pazienza i tuoi errori? Hai solo finto di ascoltarmi, mi
sa che è proprio così. Ingrata” la accusò
lui in tono calmo; in realtà stava cercando in tutti i modi di
non farsi prendere dalla rabbia, altrimenti la situazione sarebbe
degenerata. Ora che si trovava davanti la traditrice gli sembrava di
non riuscire a sopportare il dolore. Si sentiva un idiota, un illuso.
“Ben,
io... te lo dovevo dire, scusa... ma sai come sono, no? Ormai mi
conosci, sai che non riesco mai a trovare il coraggio per dire le
cose e... insomma, con te e con Joel ho sbagliato tutto, mi sono
invaghita di lui e ho perso di vista ciò che veramente era
importante per me. Ti prego, perdonami, sono mortificata!”
Intanto
lacrime salate avevano preso a scorrerle sul viso e lei non si
preocupò di asciugarle, nemmeno davanti agli occhi delle
ragazze che a gruppetti scendevano le scale e osservavano la scena
con curiosità mentre si avviavano fuori dall'edificio.
Lui
scosse la testa, quasi intenerito dalle ingenue speranze della
ragazza. Ci era cascato fin troppe volte, non aveva nessuna
intenzione di commettere lo stesso errore un'altra volta.
“Ma
dai, hai anche il coraggio di chiedermi perdono? E io cosa dovrei
fare secondo te, caderti ai piedi e dirti che ti amo nonostante tutto
e starò qui a farmi prendere in giro per sempre? Mi deludi,
questo è davvero patetico da parte tua!”
Lei
si scostò i capelli dietro l'orecchio, ancora preda dei
singhiozzi. “Ti prego Ben! Ho capito il mio errore e sono
disposta a fare di tutto per porre rimedio! Scarico Joel oggi stesso,
ti sarò fedele per sempre, ma io... io ti amo ancora...”
Il
discorso venne interrotto da una risata amara di Ben. “Mi ami
ancora? Avvincente, sì. Infatti una persona che ama un'altra
persona la tiene all'oscuro di un tradimento per mesi e mesi! Sai
qual è la cosa che mi ferisce di più? Che io sia venuto
a saperlo da altri e non da te.”
All'improvviso
gli occhi di Lisa vennero attraversati da una scintilla d'ira. “Un
momento. Chi è stato a dirtelo? È stato qualcuno dei
nostri amici, vero? Avevo detto chiaramente a tutti che volevo
dirtelo io, perché la gente non si fa i fatti suoi?”
sbraitò in tono isterico.
“Ha
importanza sapere chi me l'ha detto?”
La
ragazza posò le mani sul petto di Ben e lo spintonò con
rabbia all'indietro; lui, colto alla sprovvista, barcollò per
qualche istante ma poi trovò appoggio nella parete alle sue
spalle.
“Dimmelo,
cazzo! Voglio saperlo, non è giusto!” strillò
ancora Lisa stringendo i pugni.
“Smettila
immediatamente e non permetterti mai più. Chi me l'ha detto
sicuramente tiene a me più di quanto ci tieni tu” sibilò
lui in tono autoritario, bloccandole i polsi con le sue mani.
Lei
sgranò gli occhi spaventata; non aveva mai visto il suo
ragazzo così infuriato, aveva paura di ciò che avrebbe
potuto fare. Tuttavia era talmente fuori di sé che proseguì
imperterrita: “Non ordinarmi quello che devo o non devo fare!
Dimmi chi è stato, porca puttana! Voglio sapere chi è
il responsabile!”
“Sono
stata io.”
Quelle
tre parole pronunciate in tono pacato interruppero la lite tra i due,
che si voltarono stupiti alla loro destra, in direzione della tromba
delle scale.
Tiffany
stava in piedi sul gradino più alto: indossava una maglietta a
mezze maniche arancione, dei leggings attillati neri e sulla spalla
portava una grande e colorata borsa per il mare. Teneva le labbra
serrate e scrutava Ben e Lisa con sguardo attento e sicuro.
“Tu?”
sussurrò Lisa incredula.
La
nuova arrivata scese la rampa in fretta fino a piazzarsi di fronte a
lei. “Sì, sono stata io. Perché?”
A
que punto Lisa, in preda a una rabbia cieca, si divincolò
dalla stretta di Ben e si scaraventò sopra l'altra ragazza con
un grido.
In
un attimo Tiffany si ritrovò con le mani dell'altra serrate
sui suoi capelli, mentre i piedi non facevano che scalciare contro di
lei, rischiando di farle perdere l'equilibrio. Lei dovette bloccarle
le braccia con la mano destra e con la sinistra cercare appiglio da
qualche parte per non rovinare a terra.
“Ma
si può sapere cosa cazzo ti prende?”
“Pensavo
fossimo amiche! Invece sei andata a raccontargli tutto, stronza! Esci
dalla mia vita per sempre, sei un mostro! Hai capito?”
strillava Lisa tra le lacrime.
A
quel punto Ben, dopo qualche secondo in cui rimase spiazzato dal
gesto della sua ex ragazza, intervenne per liberare Tiffany dalle sue
grinfie. Lisa era un fiume in piena e, dopo averla separata dalla sua
amica, dovette bloccarle i polsi dietro la schiena per evitare che
tornasse all'attacco.
“Adesso
smettila, chiaro? Sei solo una patetica bimba isterica” ordinò
Ben, lanciando uno sguardo preoccupato a Tifany; quest'ultima,
palesemente sconvolta, si teneva al muro e si massaggiava un fianco
dove probabilmente aveva ricevuto qualche colpo.
“Perché
l'hai fatto?” sbottò Lisa rivolgendole uno sguardo pieno
d'odio.
“Perché
tu non gliel'avresti mai detto, avresti continuato a prenderti gioco
di lui. Scusami Lisa, io non ho nulla contro di te, ma voglio bene a
Ben e non sopportavo più questa situazione” spiegò
la bionda con il fiato corto.
“Ma
non hai una vita a cui pensare? Non hai altro da fare che
intrometterti nelle faccende altrui?” proseguì Lisa,
ormai arresa e abbandonata contro Ben.
A
lui quel contatto dava quasi fastidio, ma era necessario per tenere
Lisa lontana da Tiffany.
“Vai
Tiff, vi raggiungo tra poco” disse.
Lei
annuì debolmente e si diresse verso l'uscita, mentre l'altra
le inveiva contro sottovoce.
“Adesso
la smetti? O devo tenerti bloccata per il resto della mattinata?”
le domandò Ben dopo qualche istante.
Lei
si scrollò di dosso le sue mani e, sempre piangendo, lo fissò
con aria malinconica.
“Non
presentarti in spiaggia stamattina. Buona giornata, Lisa”
concluse il ragazzo con indifferenza, dandole le spalle e camminando
velocemente verso la porta.
Ben
fu contento di essere da solo in quel momento; si prese quella
passeggiata verso la spiaggia tutta per sé, per riflettere su
quanto era appena accaduto.
Non
avrebbe mai pensato di poter trattare con tanta indifferenza e
autorità una ragazza. Soprattutto Lisa, la sua Lisa che
ormai non era più sua.
Nonostante
la sensazione di sollievo che sentiva dentro sé, provava anche
una strana tristezza. Non era da lui agire così, non gli era
proprio piaciuto come erano andate le cose.
Ma
sapeva che non se ne sarebbe pentito, stavolta aveva preso la
decisione giusta e definitiva.
E
non si sarebbe più voltato indietro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** Capitolo 33 ***
ReggaeFamily
Capitolo
33
“Cos'hai
fatto? Ma sei matta?” esclamò Lionel strabuzzando gli
occhi.
“Dai
Lion, lascia le cose come stanno e basta. Non mi andava di
coinvolgerti, okay?” ribatté Tiffany con una scrollata
di spalle.
“No,
scusate... fatemi capire: cos'avete fatto? Avete detto voi la verità
a Ben?” si intromise Cathleen incredula.
“Ma
non va bene che Lisa se la sia presa solo con te, ho dato anch'io il
mio contributo per questa cosa!” proseguì il ragazzo.
“Smettetela
di ignorarmi! Perché l'avete fatto senza dirmi niente?”
domandò ancora Cathleen spazientita.
“Perché
tu non lo avresti accettato, sei amica di Lisa e avresti cercato di
impedircelo per non metterla nei guai! Ti conosco troppo bene, Cat”
rispose la più grande, ignorando completamente la protesta del
suo complice.
“Ora
vado da Lisa e le dico tutto” affermò allora lui
indietreggiando di un passo.
“Tu
non vai da nessuna parte! Lascia le cose come stanno, cosa cambia?
L'importante è che ora Ben sappia tutto!” lo bloccò
subito Tiffany afferrandolo per un polso.
“Dov'è
Lisa? Doveva venire in spiaggia, no?” chiese Cathleen.
Intanto
Alex, che si era recato vicino alla riva lasciando i tre ragazzi alle
loro discussioni, si avvicinò nuovamente al gruppetto.
“Scusate se mi intrometto, ma credo che non sia il caso di
sbandierare a tutta la spiaggia i fatti vostri. Poi mi state facendo
venire mal di testa e la state facendo più tragica di quanto
non sia.”
“Certo,
a te non importa niente! Non eri il migliore amico di Ben un tempo?”
si rivoltò Lionel nervoso.
“Sì,
infatti meglio che si sia liberato di Lisa, amen. C'è bisogno
di discutere?”
“Oh,
ma vaffanculo Alex!” sbottò Tiffany esasperata.
Lui
le si avvicinò e le posò una mano sul braccio. “Tesoro,
io con te non ho ancora finito.”
Lei
se la scrollò di dosso, ma non ebbe il tempo di ribattere;
l'attenzione dei quattro venne attirata da Ben che camminava
lentamente verso di loro.
“Ciao
ragazzi” li salutò in tono piatto quando li raggiunse;
ma non si fermò, avanzò fino a raggiungere il
bagnasciuga e si immobilizzò, lo sguardo perso tra le onde
striate d'argento.
Tiffany
lo raggiunse. “Ben, come stai?”
“Tu
come stai? Lisa ti ha proprio steso, quando viene presa da questi
attacchi isterici porta fuori una forza assurda” cambiò
subito argomento lui senza muoversi di un millimetro.
La
ragazza in effetti sentiva un certo dolore al fianco ed era certa che
di lì a poco sarebbe spuntato sulla sua pelle un enorme
livido, ma non era niente in confronto alla sofferenza di vedere il
suo amico in quelle condizioni.
“Non
ho niente. Non ti va di parlarne, vero?”
Lui
sospirò. “Finirei per essere ripetitivo: mi sento un
idiota, mi sono fatto prendere in giro e ho perso tempo. Mi ci
vorrebbe proprio una bella nuotata, ma l'acqua è gelida.”
La
ragazza lanciò un'occhiata alle sue spalle: Alex si era
sdraiato sulla sabbia senza nemmeno preoccuparsi di stendere un
asciugamano, Cathleen si era seduta di fronte alla battigia a una
decina di metri di distanza con le cuffie alle orecchie e Lionel
cercava distrattamente con lo sguardo qualche conchiglia. Ognuno era
immerso nei suoi pensieri; sarebbe stata una bellissima giornata da
trascorrere serenamente insieme se non fosse capitato quel brutto
episodio.
Cathleen
era particolarmente malinconica e combattuta: aveva imparato a voler
bene alla sua compagna di stanza ed era passata sopra a tutti i suoi
difetti, ma era consapevole che in quella circostanza non la potesse
difendere. Come poteva aiutarla senza stare però dalla sua
parte? Non sapeva proprio come consolarla.
Mentre
con le mani giocava con i sottili granelli dorati e scavava una
piccola fossa, si ritrovò a canticchiare. Certe volte non
poteva resistere, era qualcosa di incontrollabile.
Mentre
cercava nel suo cellulare qualche canzone che le andava di intonare e
che la facesse sentire capita, trovò una registrazione: si
trattava della canzone che circa una settimana prima aveva cantato
per il compleanno di Lionel. Non sapeva nemmeno lei come aveva fatto
a scriverla e metterla in musica, ma il risultato tutto sommato le
piaceva e quelle parole la colpivano ogni volta che le sentiva,
nonostante ormai le conoscesse a memoria.
For
all the things we do together
every
day will be better.
Our
smiles shine like a star;
this
is the life, here we are.
Quei
versi erano stati scritti per Lionel, ma potevano essere dedicati a
qualsiasi amico. Cathleen li associava anche a sua sorella, per
esempio, addirittura a Kelsey.
Ma
pensando a Lisa questo non succedeva, era come se la loro amicizia
fosse qualcosa di forzato o come se negli ultimi tempi si fosse
raffreddata. Per lei rendersi conto di questo non fu piacevole: era
successo ciò che lei odiava di più, ovvero frequentare
una persona solo per abitudine. In cuor suo l'aveva sempre saputo, ma
qualcosa le diceva che quella situazione non era poi così
negativa, né per lei né per Lisa.
Andavano
d'accordo dopotutto, c'era un bel rapporto di complicità.
“Cat,
la mia canzone.”
Una
voce a poca distanza da lei la fece sobbalzare e si voltò di
scatto.
Lionel
si lasciò cadere sulla sabbia alla sua sinistra e la osservò
con un sorriso appena accennato.
Cathleen
era sicuramente arrossita, colta alla sprovvista in quel momento così
intimo e introspettivo. “Sì, è lei.”
“Hai
anche delle registrazioni? Il giorno della festa non ho pensato di
fare un video, mi hai spiazzato.”
“Certo,
ora sto ascoltando la versione definitiva, quella che ha anche la
chitarra. Non è un granché...”
“Ma
a me quella canzone piace, la voglio! Me la mandi?” domandò
portando fuori il cellulare.
“E
va bene, ma non farla sentire a nessuno” acconsentì lei
con un sospiro.
Dopo
qualche istante di silenzio in cui i due vennero catturati dal
borbottio delle onde, Lionel chiese: “Ce l'hai con me?”
“Perché
dovrei?”
“Per
quello che abbiamo fatto io e Tiff.”
“Sai
che c'è? Io ho paura dei litigi, ho paura di rovinare gli
equilibri del nostro gruppo. È per quello che cerco sempre di
evitare le discussioni e lascio sempre perdere quando qualcosa non
va. È un atteggiamento sbagliato, voi a differenza mia siete
stati coraggiosi e avete affrontato la realtà, avete fatto un
bel gesto per Ben.”
Lionel
rimase piacevolmente sorpreso da quel discorso: pensava che la sua
amica l'avrebbe presa molto male, invece aveva messo da parte per una
volta la sua impulsività e aveva capito.
Era
come se anche lei stesse in qualche modo maturando.
“Grazie
per averci capito.”
I
due si scambiarono un sorriso, poi lei si trascinò ancora più
vicino a lui e posò la testa sulla sua spalla.
“Che
c'è?”
“Niente,
sei comodo.”
“Ti
approfitti sempre di me!”
“Non
rompere...”
Un
grido improvviso alla loro sinistra squarciò l'aria e
interruppe la conversazione dei due: “Adesso basta Alex, mi hai
stancato! L'hai voluto tu!”.
Subito
dopo si udì un tonfo e degli schizzi, poi una fragorosa risata
di Ben.
Lionel
e Cathleen sbirciarono in quella direzione e si ritrovarono davanti
una scena piuttosto esilarante: Tiffany si trovava presso il
bagnasciuga con le braccia incrociate al petto e le sopracciglia
aggrottate, Alex sguazzava in acqua con un'espressione stravolta e
Ben rideva talmente tanto che aveva cominciato a rotolare a terra.
Così
anche loro scoppiarono a ridere e si misero in piedi.
Il
povero malcapitato si rialzò a fatica. I capelli gli si erano
appiccicati sulla pelle, così come la maglietta bianca a
maniche corte; i jeans erano zuppi e le scarpe dovevano pesare come
due macigni per la quantità d'acqua accumulata.
“Mio
dio Tiffany, io ti ammazzo!” minacciò, cominciando a
tremare per il freddo e tornando all'asciutto.
“Io
te l'ho detto: tieni le mani a posto e non ti succederà
niente! Tu non mi hai ascoltato...” si limitò a
proferire lei, lanciandogli un telo da mare che aveva recuperato
dalla sua grande borsa.
“Ha
fatto bene” continuavano a ripetere gli altri tre senza
riuscire a placare le risate.
In
mezzo a tutto quel trambusto Tiffany, Lionel e Cathleen non poterono
fare a meno di scambiarsi uno sguardo soddisfatto: erano riusciti a
dissipare la tensione che li aveva avvolti fino ad allora e a
strappare una risata a Ben. Il ragazzo ne aveva davvero bisogno.
E
i suoi occhi allegri scaldavano il cuore dei suoi amici.
Mentre
si dirigevano verso il campus per il pranzo – e nel caso di
Alex fare una bella doccia – i cinque ragazzi notarono un gran
viavai vicino all'ingresso: attorno a una macchina scura si era
radunato un cappannello di studenti e professori, chiaramente
interessati a qualcuno.
“Andiamo
a vedere?” propose subito Cathleen curiosa.
“Andate,
io non sono presentabile” affermò Alex staccandosi dal
gruppo e dirigendosi quasi di corsa verso i dormitori maschili.
Gli
altri si accostarono all'auto e si misero sulle punte per cercare di
scrutare oltre la folla.
“C'è
una ragazza lì... chi è?” domandò Ben, il
più alto del gruppo, spremendosi le meningi per ritrovare quel
viso pallido nella sua memoria.
Tiffany
prese a saltellare, poi si fermò e sgranò gli occhi. “È
Grace!”
“Grace?
La ragazza del film?” s'informò Lionel.
Il
cuore di Cathleen perse un battito: non aveva più avuto
notizie di quella ragazza, ma ci teneva molto a sapere com'era andata
la sua esperienza. Per lei aiutarla era stato un vero piacere e
sperava con tutto il suo cuore che quell'esperienza l'avesse aiutata
ad acquisire più sicurezza in se stessa.
Grace
si fece strada tra le persone che tentavano di fermarla e porle
qualche domanda; riuscì a uscire dalla mischia, ma quando
avvistò Cathleen si fermò e procedette lentamente verso
di lei.
Non
sembrava essere cambiata di una virgola: i lunghi capelli neri e
ondulati le accarezzavano la vita, indossava un vestito sportivo nero
su dei leggings dello stesso colore e i suoi movimenti erano sempre
misurati e aggraziati.
Ma
forse qualcosa nel suo sguardo era cambiato: non vi era più il
riflesso di un'anima tormentata, ora i suoi occhi trasmettevano
tranquillità e calma.
“Grace,
che piacere vederti!” esclamò la bionda stringendole
vigorosamente la mano e regalandole un sorriso raggiante.
“Cathleen,
è un piacere anche per me.”
Anche
gli altri tre la salutarono con entusiasmo.
“Hai
finito di girare il film?” le chiese Cathleen.
“Sì,
uscirà a fine giugno. Scusate, ma vorrei allontanarmi da qui,
non mi piace avere tanti sguardi puntati addosso...”
“Oh,
non c'è problema! Ti va di pranzare con noi?”
Gli
altri annuirono come per dimostrare la loro approvazione.
“Volentieri.
Ma prima devo andare a poggiare i miei bagagli nella camera... vi
dispiace?”
“Assolutamente
no! Vuoi aiuto? Io devo andare ai dormitori per portare la borsa in
camera” si propose subito Tiffany.
Grace
rifiutò cortesemente l'aiuto asserendo che ce l'avrebbe fatta
da sola, ma le due sorelle insistettero e alla fine lei cedette; i
ragazzi invece vennero incaricati di occupare un tavolo in mensa.
A
pranzo i sei scelsero i soliti posti, che per loro erano diventati
una sorta di tradizione, tanto che nessuno si permetteva di prenderli
al posto loro. Il tavolo si trovava vicino alla finestra e loro erano
soliti tenerla aperta quando le temperature cominciavano a salire.
Era
strano vedere il posto di Lisa, tra Ben e Cathleen, occupato da
un'altra persona.
“Com'è
stata quest'esperienza?” volle sapere Lionel estremamente
interessato.
“Ci
sono stati degli aspetti positivi e altri negativi. Sul set ho
trovato alcuni amici, ma si sa che queste cose sono solo momentanee.
Però sto bene ora. Questa è stata senza dubbio
un'esperienza importantissima e per questo non smetterò mai di
essertene grata, Cathleen.”
“No,
non dire così: l'ho fatto con piacere e continuo a vederti
perfetta per quel ruolo, sono sicura che hai fatto un ottimo lavoro!”
disse prontamente l'altra.
“E
la parte negativa?” domandò Alex giocherellando con il
cibo nel suo piatto.
“Ora
tutta la gente che prima non mi rivolgeva neanche un'occhiata si è
improvvisamente interessata a me. Curioso, no? Non sopporto
gli opportunisti.”
“Odio
queste cose” commentò Tiffany con uno sbuffo.
Ben
intanto ascoltava distrattamente lo scambio di battute e nel
frattempo si sentiva osservato. Aveva avvistato Lisa in un tavolo
poco distante, in compagnia di altre ragazze, che mangiava in
silenzio senza degnare nessuno di uno sguardo. Ma ora di sicuro lo
stava fissando insistentemente, ne era certo anche senza voltarsi per
controllare.
Non
gli andava per niente quella situazione: avevano bisogno di stare
lontani il più possibile per riprendersi da quella brutta
situazione, allora perché lei non si limitava a ignorarlo?
Di
sicuro si sentiva persa senza i suoi amici perché loro non
passavano il tempo con lei.
E
lui, doveva ammetterlo, si sentiva un po' in colpa.
*
* *
Ciao
ragazzi ^^
Allora,
come procede la storia? Vi aspettavate il rientro in scena di Grace?
Io non l'avevo dimenticata eh!!
Sono
qui per una piccola nota: quei quattro versi della canzone di Cat li
ho messi su io in quattro minuti (Google Traduttore e il mio inglese
basic mi hanno assistito XD), spero che non abbiamo fatto troppo
schifo :P
Se
qualcuno di voi vuole la traduzione o pormi qualsiasi altra domanda,
si senta libero di scriverlo nelle recensioni :3
Vi
ringrazio immensamente per il supporto contante e per continuare a
seguire questa storia con pazienza, siete MITICI!!! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** Capitolo 34 ***
ReggaeFamily
Capitolo
34
I
giorni trascorrevano velocemente alla Newton Academy e tutti erano
immersi in problemi di varia natura: molti erano alle prese con lo
studio, Ben cercava ancora di metabolizzare il brutto colpo, Grace
cercava di integrarsi in un ambiente per lei ormai estraneo e Lisa
cercava l'approvazione da parte dei suoi vecchi amici.
“Cat,
oggi devi per caso andare al bar? Sai, per incontrare Kel...”
domandò Lisa un pomeriggio di metà aprile; lei e la sua
compagna di stanza erano appena tornate dalle lezioni e si davano una
sistemata per prepararsi a uscire nuovamente.
“Sì,
vieni? Ci sarà anche Lion, sai, lui e i ragazzi stanno
stringendo amicizia.”
“Sì,
certo... è da un po' che non vedo Kelsey e Jordan in realtà.”
“Ciao
carissime compagne di stanza, come state?” esordì
Alice, entrando nella stanza e chiudendo con forza la porta che era
rimasta aperta.
“Il
prof di biologia mi ha detto che è preoccupato per te: ha
saputo che non stai studiando in nessuna materia e ha paura che tu
possa perdere l'anno” le disse subito Cathleen, ripensando alla
conversazione fuori dalla classe avuta con il professore dopo la
lezione di quella mattina.
Alice
roteò su se stessa, facendo sollevare leggermente il lembo del
suo abitino nero, per poi rivolgersi allo specchio ed esaminare lo
stato dei suoi capelli. “Perché dovrebbe essere
preoccupato? Io non lo sono.”
“Alice,
ma perché non vuoi studiare? Non ti conviene...”
cominciò Lisa, ma poi venne subito interrotta dall'altra
ragazza che sollevò una mano in segno di ammonizione.
“Lisa,
andiamo?” la richiamò la bionda controllando che nella
sua borsa ci fosse tutto.
“Arrivo!”
Le
due lasciarono la stanza; mentre scendevano le scale Cathleen decise
di dar voce a un dubbio che le ronzava già da qualche tempo in
testa: “Ma dov'è andato a finire Joel?”.
L'altra
ragazza parve colpita da quella domanda e per un attimo si bloccò,
poi riprese a camminare accanto alla sua amica. “Mmh... diciamo
che ho deciso di lasciarlo, insomma, non me la sentivo di continuare
a uscire con lui come se niente fosse. Non era giusto né nei
suoi confronti, né nei confronti di Ben” spiegò.
“Capisco.
Ma toglimi una curiosità, prometto che non ti giudicherò:
Joel sapeva della tua relazione con Ben? Cioè... lo
accettava?”
“Sì,
a scuola lo sanno tutti, quindi anche lui. Diceva che non gli
importava, che era una scelta mia, ma... diciamocela tutta: tra me e
lui non c'era nessuna relazione seria, uscivamo perché io gli
piacevo e lui mi piaceva, ma non avevamo intenzione di fidanzarci in
maniera stabile. Mi sento una stupida ad aver rovinato la mia storia
con Ben per questo capriccio, ma come al solito mi rendo conto sempre
troppo tardi dei casini che combino.”
Cathleen
si trovava in difficoltà: dopo tanto tempo Lisa si stava
sfogando con lei e lei non sapeva proprio cosa dirle, come
consolarla, come prenderla. Non poteva certo assicurarle che tutto
sarebbe tornato alla normalità, non avrebbe nemmeno potuto
difenderla e giustificarla, ma se le avesse detto ciò che
pensava Lisa se la sarebbe presa.
“Ehm...
a volte capita, purtroppo...”
“Cat,
io sento che tutto il mio mondo si sta distruggendo: il mio ragazzo
che rappresentava una sicurezza da più di un anno, i miei
amici... sento tutti così lontani, non so cosa ne sarà
di me! E adesso è arrivata pure quella Grace e nessuno sembra
più interessato a me! Senza contare il pessimo gesto di Lionel
e Tiffany... Cat, io mi sento sola e abbandonata da tutti!”
Mentre parlava, Lisa aveva cominciato a piangere disperatamente e a
singhiozzare, nascondendo il viso tra le mani.
Ormai
erano giunte all'esterno e le due si erano fermate di botto.
“Lise,
non dire così: ci sono stati dei fatti che ti hanno
allontanato da alcuni di noi, ma cerca di capire... Lion e Tiff non
avevano cattive intenzioni, volevano solo smettere di mentire a Ben”
tentò di consolarla l'altra in tono pacato, posandole una mano
sulla spalla.
“Ma
pensi che io non l'abbia capito? È che sono troppo orgogliosa
per ammetterlo molte volte, ma lo so: è tutta colpa mia, sono
io ad aver sbagliato anche questa volta! Se non mi fossi tenuta
questo segreto per tutto questo tempo le cose non sarebbero
degenerate e ora io avrei ancora i miei amici, mentre ora mi sei
rimasta solo tu!”
Cathleen
non voleva che le cose andassero così. Si sentiva combattuta
perché non voleva lasciare Lisa da sola, ma non aveva nemmeno
intenzione di andare contro i suoi amici. Sapeva di essere tra due
fuochi, entrambi le stavano troppo vicini e aveva paura di restare
imprigionata in mezzo.
Abbracciò
Lisa e lasciò che sfogasse tutte le lacrime represse. Chissà
quanto aveva desiderato quella stretta rassicurante, quel momento in
cui si sarebbe potuta liberare.
Dopo
qualche minuto la mora riuscì a riprendere il controllo di se
stessa e le due decisero di raggiungere finalmente il bar della
scuola.
Nel
frattempo incrociarono Lionel; il ragazzo stava per lamentarsi del
fatto che le due l'avessero fatto aspettare per dieci minuti, ma
quando si rese conto degli occhi arrossati di Lisa lasciò
perdere.
I
due, nonostante non avessero chiarito la questione, riuscivano a
instaurare un rapporto civile; Lisa aveva scoperto che Lionel era un
complice di Tiffany, ma aveva lasciato cadere la cosa e si era
limitata a rivolgergli la parola il minimo indispensabile.
“Oh,
guarda chi si vede! Ciao principessina, come mai hai pianto?
Non riesci più a trovare un ragazzo?” esordì
subito Jordan quanto si ritrovò davanti Lisa, dal momento che
non si era fatta vedere al locale con Cathleen negli ultimi tempi.
“Oddio,
ma perché ho accettato di venire? Smettila, non ne posso più”
si lamentò subito lei, abbassando lo sguardo per evitare di
incrociare quello del ragazzo. Si vergognava un sacco, non voleva che
gli altri notassero che aveva pianto.
“Scusa,
ma sai com'è, mi diverto un sacco a provocarti perché
tu ci caschi sempre!”
Lisa
gli aveva sempre risposto a tono e non aveva mai dato importanza alle
battutine sarcastiche del ragazzo, ma da un pezzo aveva cominciato a
credere che in esse ci fosse un fondo di verità, che lui le
portasse fuori con vera cattiveria. Poteva sembrare un ragazzo
simpatico e forse un po' troppo impertinente, ma ormai il suo
atteggiamento cominciava a irritare davvero la ragazza.
Solo
che se avesse litigato con lui non sarebbe più potuta uscire
con Cathleen al bar e la sua vita sociale sarebbe precipitata
ulteriormente, quindi preferiva tenerselo buono.
Intanto
l'altra ragazza era corsa a salutare Kelsey con un abbraccio, ma si
era subito separata da lui; anche Lionel si era fatto avanti e
l'aveva salutato, poi i tre avevano cominciato a conversare
serenamente come al solito.
Dopo
la solita partita al biliardino a cui però Lionel non
partecipò, i cinque si riunirono come di consueto attorno a un
tavolino.
Cathleen
si trovava tra Lionel e Kelsey, ma quel giorno si era stranamente
attaccata al più piccolo e aveva preso a giocare
affettuosamente con i suoi boccoli.
Intanto
il ragazzino veniva scosso dai brividi: quanto aveva sognato momenti
come quelli! Si era dato dello stupido perché era convinto che
non sarebbe mai potuto accadere, invece i suoi sogni stavano pian
piano prendendo forma. Forse si stava solamente illudendo, ma notava
dei gesti di interesse da parte della sua amica nell'ultimo periodo,
dei gesti di cui probabilmente nemmeno lei si rendeva conto. E
ovviamente i suoi sentimenti avevano preso a farsi sentire con forza,
gli suggerivano di non perdere le speranze e cercare di capire se
poteva finalmente avere delle possibilità.
Intanto
Cathleen, mentre chiacchierava con i suoi amici, non si poneva tanti
problemi: si limitava a stargli vicino perché ne sentiva il
desiderio, senza cercare di interpretarne la causa.
O
forse stava solo cercando di ignorarla.
“Kel,
che c'è? Ti vedo turbato” domandò la ragazza; il
suo amico si perdeva spesso nei suoi pensieri e ogni tanto sembrava
sul punto di dire qualcosa, ma era come se non trovasse le parole.
Lui
prese un profondo respiro. “Cat... ti devo dire una cosa,
possiamo allontanarci un attimo?”
Quella
richiesta improvvisa lasciò basita la ragazza, che trasalì:
cosa aveva intenzione di dirle? Un brutto presentimento si impossessò
di lei, ma cercò di scacciarlo e si limitò a
rispondere: “Certo, agli ordini capo!”
Lionel
intanto era rimasto di sasso e, vedendo la sua amica alzarsi e
allontanarsi senza esitazione con Kelsey, si era immobilizzato.
All'improvviso la consapevolezza di ciò che sarebbe potuto
accedere gli piombò addosso di botto, con una tale forza da
togliergli quasi il respiro. E se Kelsey le avesse rivelato i suoi
sentimenti? Ma non era questo che lo preoccupava: non sapeva se in
effetti Cathleen provasse interesse nei suoi confronti, quindi
nell'eventualità avrebbe anche potuto accettare.
Sì,
doveva essere così. E lui che si era illuso così tanto
ultimamente, che ingenuo era stato nel riporre così tanta
fiducia in quella fioca speranza!
“E
quei due dove sono andati? Si sono imboscati?” domandò
all'improvviso Jordan, notando solo allora l'assenza di Cathleen e
Kelsey.
“Non
lo so, lui le ha chiesto se potevano parlare in privato e si sono
allontanati...” biascicò il ragazzino, ancora sconvolto.
“Oh,
era ora che quel rammollito prendesse qualche iniziativa! Speriamo
bene, a breve diventeremo zii!” scherzò lui.
Ma
Lionel non riuscì proprio ad apprezzare la battuta.
“Dimmi
tutto.”
Era
stata un'impresa per Cathleen pronunciare quelle parole: nella sua
mente ronzavano gli stessi identici dubbi di Lionel e avrebbe voluto
rimandare quel momento all'infinito per non doverlo affrontare, ma si
rendeva conto che ormai non si poteva più rimandare.
Aveva
paura che Kelsey provasse dei sentimenti nei suoi confronti; dei
sentimenti che – si era resa conto – lei non ricambiava.
Non voleva comunque rovinare la sua amicizia con lui, quel rapporto
bellissimo che si era instaurato, e non sapeva come rifiutarlo.
Non
era mai finita in una situazione del genere.
I
due si trovavano all'esterno del locale; Kelsey si era poggiato con
la schiena alla parete e osservava Cathleen con un'espressione
malinconica e dolce allo stesso tempo.
“Un
attimo, non è facile...”
“Sai
che io ti ascolto con pazienza, qualsiasi cosa tu voglia dirmi”
tentò di rassicurarlo.
“Mmh,
ecco... io quest'estate riparto per la Spagna.”
Il
cuore di Cathleen perse un battito mentre il suo viso impallidiva. Si
sarebbe aspettata davvero di tutto, ma non una notizia del genere,
“Cioè,
intendi che... ci rimarrai?”
“Sì,
mi trasferisco definitivamente lì. Sto per compiere diciotto
anni ed è arrivato il momento di prendere una decisione; ci ho
riflettuto a lungo e, nonostante tutte le persone fantastiche che ho
trovato qui alla Newton, mi sono reso conto che la mia terra è
il luogo in cui veramente voglio stare, a cui appartengo. Mi dispiace
davvero dover lasciare tutto, sparire così...”
No.
La situazione stava sfuggendo di mano a Cathleen, il mondo le
vorticava attorno e lei non sapeva proprio come assimilare quelle
informazioni.
Kelsey
era ormai una presenza costante nella sua vita, non poteva credere
che di lì a qualche mese non sarebbe più stato al suo
fianco, che si sarebbe trovato dall'altra parte del mondo. Cosa ne
sarebbe stato delle partite al biliardino, delle chiacchierate
pomeridiane al bar, degli scherzi e delle confidenze? Kelsey era
quello che parlava poco, ma quando apriva bocca diceva sempre le cose
giuste; era quello che sapeva ascoltare senza giudicare, che offriva
incondizionatamente il suo aiuto ma sminuiva i suoi stessi gesti, che
riusciva a trasmettere dolcezza anche semplicemente con un'occhiata.
“Oh.”
Questa fu la prima reazione della ragazza, mentre mille pensieri
diversi le attraversavano la mente e gli occhi le si riempivano di
lacrime.
“Ehi
Cat, non piangere, dai. Ah, che casino... avevo paura che la
prendessi così male, però dovevo dirtelo” mormorò
lui, profondamente dispiaciuto e preoccupato.
“Kel,
se fossi un'egoista ti direi di restare qui, di non partire, ma non
posso; è giusto che tu torni in Spagna, rispetto la tua
scelta. Scusami se piango, ma...”
“Non
ti devi scusare, è giusto così. Anzi, grazie per avermi
capito” la interruppe gentilmente lui con un sorriso, per poi
stringerla in un abbraccio.
Poco
importava che la gente di passaggio potesse fraintendere quel gesto:
loro sapevano che non c'era nessuna malizia, ma solo un profondo
rispetto.
La
serata si concluse con una nota malinconica, tanto che Cathleen, Lisa
e Lionel non sapevano quasi che dire quando lasciarono insieme il
bar.
“Marta
ha detto che probabilmente tra due mesetti verrà a trovarci
nuovamente, stavolta per una settimana” annunciò Lionel
per spezzare quel silenzio carico di tensione.
“Davvero?
Wow, ma è una notizia fantastica!” si rallegrò
Cathleen
“Angel
sarà contento” borbottò Lisa senza troppa
convinzione.
In
quel momento riconobbero tre sagome familiari che lasciavano i
dormitori femminili e procedevano insieme qualche metro davanti a
loro.
“Ah,
ecco dov'erano finite Tiff e Grace!” commentò la bionda,
esaminando le due ragazze.
Lisa
invece sobbalzò quando si rese conto che proprio davanti a lei
c'era il suo ex ragazzo.
E
stranamente anche quel giorno si trovava con Grace. Forse si
faceva troppi film mentali, ma aveva come l'impressione che
quell'attrice da quattro soldi seguisse Ben in ogni luogo. Non le era
mai stata particolarmente simpatica, e ora oltre che soffiarle gli
amici sembrava intenzionata a conquistare anche il ragazzo. Lei era
gelosa; del resto si erano lasciati solo da due settimane e per lei
era come se Ben le appartenesse ancora.
Doveva
assolutamente tenerla d'occhio e impedirle qualsiasi mossa troppo
azzardata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 35 *** Capitolo 35 ***
Capitolo
35
“Quindi
tu pensi che...” Tiffany lasciò la frase in sospeso,
attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno al dito con aria
scettica.
“Oh,
eccome se è così! È evidente, possibile che tu
non l'abbia notato?” le assicurò Cathleen in tono
complice.
Aprile
stava per volgere al termine e anche nel tardo pomeriggio il sole
inondava e riscaldava ogni angolo del campus. Le due sorelle si erano
concesse qualche ora solo loro due; in quel momento si trovavano
sedute su una panchina all'ombra dei fitti pini, al rientro da una
breve passeggiata in spiaggia.
“Ben
allora non si è accorto di niente, altrimenti me lo avrebbe
sicuramente detto! Siamo amici, ci diciamo tutto...” osservò
la più grande.
“E
Grace non ha detto niente a me, eppure si fida abbastanza... secondo
me ha paura di Lisa.”
“Paura
di Lisa?”
“Ehm...
diciamo che... la vedo ancora molto gelosa nei confronti di Ben”
ammise Cathleen con un sospiro.
“Eh?
Ma cosa vuole? Oddio, quanto è infantile! È troppo
abituata a trattare quel poveretto come una proprietà privata,
ma almeno adesso che non stanno più assieme dovrebbe fare un
passo indietro!” sbottò Tiffany indignata.
“Lo
so Tiff, ma io ormai non le do più nessun consiglio. Sai che
tra me e lei non c'è più il rapporto di un tempo.
Comunque sono preoccupata per Grace: da parte di Lisa vedo molta
antipatia, però entrambe vogliono passare il loro tempo con
me. Ma perché mi caccio sempre in situazioni del genere? Sto
sempre nel bel meszo di due fuochi...”
“È
il tuo modo di essere, Cat: riesci ad andare d'accordo con tutti e
molte volte sei anche troppo buona. Fortunatamente tu sei un portento
e riesci a cavartela benissimo in ogni caso!” tentò di
rassicurarla sua sorella con un tenero sorriso dipinto in volto.
Per
qualche istante le due ragazze si limitarono a scambiarsi un'occhiata
colma d'affetto mentre i rami che dondolavano leggermente alla brezza
proiettavano sui loro visi dei solitari raggi di sole.
“Con
Kel come va?” domandò poi Tiffany. Sapeva che Cathleen
aveva bisogno di parlarne.
“Parte
dopo la fine della scuola. Come sempre in realtà; ho saputo
che si sente di nuovo con la sua ex, la ragazza che ha dovuto
lasciare quando è andato via dalla Spagna. Non me lo ha detto
esplicitamente, ma secondo me prova ancora qualcosa per lei”
raccontò lei con una nota di malinconia.
“E...
tu sei gelosa?” volle sapere Tiffany con un pizzico di malizia
nella voce.
Cathleen
sospirò ed esitò per un istante. “No, Kelsey non
mi interessa in quel senso. Quando l'avevo appena conosciuto penavo
che tra noi potesse nascere qualcosa, ma non mi è mai piaciuto
veramente.”
“Me
l'aspettavo” ribatté prontamente l'altra, per niente
sorpresa.
“Oh,
ma tu sai sempre tutto!”
Tiffany
ridacchiò.
“Ragazze!”
Una voce in lontananza attirò l'attenzione di entrambe e fece
trasalire la più piccola, che rischiò di far cadere la
borsa poggiata sulle sue ginocchia.
Sua
sorella continuò a ridere alla vista della sua espressione
spaventata mentre Lionel le raggiungeva.
“Lion,
ma ti sembra il modo di annunciare la tua presenza? Ti avrà
sentito mezza Newton!” lo rimproverò Cathleen,
voltandosi per osservare in viso il ragazzo che stazionava alle loro
spalle.
“Ah,
qui si respira, certo che avete trovato un bel posticino! In camera
mia c'è un caldo pazzesco! Ma perché Tiff sta ridendo?”
esordì lui con entusiasmo, ignorando beatamente le proteste
della sua amica.
“Siete
due pagliacci!” disse loro Tiffany tornando seria, poi si alzò
dalla panchina e afferrò la sua grande borsa nera.
“Dove
vai?” domandò Cathleen.
“Devo
ripassare, domani ho un'interrogazione pesantissima. Voi restate
qui?”
Lionel
aggirò la panchina e si stravaccò nel posto vuoto
accanto alla ragazza. “E chi si sposta più?”
“Va
bene, ci vediamo a cena! Auguratemi buona fortuna!” li salutò
Tiffany, allontanandosi in fretta sotto la luce arancione del sole.
“Aiuto,
Tiff quest'anno sta studiando come una matta!” commentò
il ragazzo.
“Non
oso immaginare quando arriveremo al terzo anno...”
“Se
ci arriveremo!”
“Che
pessimista! Io ci arrivo di sicuro!”
“Per
fortuna tu sei un anno più avanti di me, così mi potrai
aiutare!”
“Chi
ti dice che ti darò il mio aiuto?” lo punzecchiò
lei.
“Perché
tu mi vuoi bene!”
“Oh,
ma stai zitto, scimmietta!” Cathleen allungò una mano
per tirargli una ciocca di capelli, poi cominciò a giocarci
come suo solito.
“Eh
no, stavolta questi li lasci in pace!” si rivoltò
scherzosamente lui, raccogliendosi i capelli con una mano e
gettandoseli alla sinistra, in modo che Cathleen non ci potesse
arrivare.
“Ma
che cretino! No no, i tuoi capelli mi appartengono!” esclamò
lei e con una risata si protese per raggiungere il suo obiettivo.
“Ehi,
stai disturbando il mio dolce far nulla!” protestò
Lionel tentando di spingerla via con poca convinzione.
Dopo
una breve e giocosa lotta tra i due, tra le risate e gli improperi,
Lionel lasciò andare la ragazza che ricadde addosso a lui.
Cathleen, presa alla sprovvista, lanciò un gridolino e in un
istante si ritrovò con il viso di Lionel a pochi centimetri
dal suo. Vide le guance del suo amico imporporarsi violentemente, ma
quella vicinanza la portò a smettere di ragionare per un
secondo, a disconnettere il cervello e reagire solo d'istinto.
Al
posto di allontanarsi subito, come avrebbe di certo fatto in
qualsiasi altra situazione, posò le sue labbra su quelle del
ragazzo per qualche secondo. Il cuore le martellava nel petto con
forza; quel contatto le piaceva, sapeva di mare, di impazienza, di
sentimenti celati troppo a lungo.
Lionel
intanto si sentiva andare a fuoco: le orecchie e il volto bruciavano,
ma soprattutto le labbra. Non sapeva come reagire, cosa fare: la
ragazza dei suoi sogni era così vicina, così dolce in
ogni suo gesto. Non si sarebbe mai aspettato di vivere un momento del
genere.
Da
quando aveva incontrato Cathleen per la prima volta si era invaghito
di lei, poi i suoi sentimenti erano cresciuti sempre più. Si
era trovato costretto a reprimerli più di una volta, a un
certo punto aveva pensato addirittura di averla dimenticata, ma lei
era sempre lì: bella, dolce, divertente, con il suo magnifico
sorriso che lo rendeva felice ogni giorno. Aveva sofferto e lottato,
ma in quel momento come mai prima si era accorto di amarla con tutto
il cuore, per quello che era, per la sua semplicità, anche per
i suoi difetti.
E
lei ricambiava i suoi sentimenti, finalmente.
Il
bacio durò pochi secondi, ma entrambi alla fine erano
sconvolti. Cathleen si mise di scatto in piedi con gli occhi
sgranati, come se si fosse appena risvegliata da un sogno; si guardò
attorno spaesata, fece scivolare il suo sguardo sugli alberi,
evitando accuratamente quello di Lionel.
Una
folata di vento più forte delle altre la fece rabbrividire e
istintivamente si strinse le braccia attorno al corpo. Indossava solo
ubna maglietta verde acqua a maniche corte, non aveva una giacca con
sé.
Lionel
era ancora pietrificato sulla panchina, lo sguardo puntato sulla
scritta della sua maglietta: BOSTON 35. Perché proprio il
35? In base a quale criterio i produttori degli indumenti sceglievano
quei numeri? Erano domande inutili, ma in quel momento non
riusciva a concentrarsi su nulla di serio, sentiva la necessità
di svuotare completamente la mente.
“Cat,
io non...” provò a dire dopo qualche istante, sollevando
finalmente il capo e osservando la figura di Cathleen che si
stagliava contro i fusti dei pini dipinti dai colori del tramonto.
“Non
fa niente Lionel, non parliamone più.” La sua risposta
laconica troncò ogni tentativo di dialogo del ragazzo.
“Ascolta,
non ti devi porre problemi per quello che hai fatto...” riprovò
debolmente.
“Ora
non ne voglio più parlare, non me la sento. Mettiamo tutto da
parte e facciamo finta che nulla sia accaduto” lo interruppe
nuovamente lei; era completamente immobile, solo i capelli si
agitavano, sospinti dal vento.
“Stai
tremando di freddo” le fece notare gentilmente lui in tono
apprensivo.
“Che
ne dici di andare a cena?” cambiò discorso lei in tono
piatto.
Lui
si sollevò e si posizionò accanto a lei: oltre la
pineta, in direzione del mare, si presentava ai loro occhi un
luminoso e colorato tramonto.
Il
ragazzo si sfilò la giacca che aveva indossato qualche minuto
prima e la gettò sulle spalle di Cathleen. Lei sorrise appena
senza però voltarsi nella sua direzione; si strinse
l'indumento attorno al corpo e mormorò: “Grazie”.
Lionel
non sapeva bene come comportarsi, ma era certo che la compagnia dei
loro amici avrebbe spazzato via quell'imbarazzo che si era formato
tra loro due. Così prese la ragazza delicatamente per mano e
la condusse tra le viottole del grande cortile fino alla mensa. Tra
gli studenti che ancora si trovavano in giro per il campus, pochi
degnarono loro di uno sguardo.
Quella
notte Cathleen non riusciva a chidere occhio. Faceva caldo nella sua
stanza, ma non avrebbe comunque potuto aprire la finestra per via
della brezza fresca e umida della notte.
Dopo
essersi rigirata più volte tra le lenzuola, si mise a sedere
con un sospiro e afferrò il suo cellulare per controllare
l'orario: era l'una e venticinque.
La
scena del bacio con Lionel la tormentava e le dava da riflettere.
Ultimamente si era accorta di una piccola differenza nel loro
rapporto, sentiva da parte sua una maggiore voglia di stare con lui;
una vocina da un angolo nascosto della sua mente le aveva più
volte sussurrato che il suo migliore amico stava prendendo possesso
del suo cuore, ma lei l'aveva ignorata e repressa, convinta che una
cosa del genere non potesse essere possibile. Conosceva Lionel da
mesi ormai, se davvero avesse provato dei sentimenti nei suoi
confronti se ne sarebbe di certo accorta molto tempo prima.
Ma
allora come poteva spiegare il gesto di quel pomeriggio? Ma
soprattutto, come poteva spiegare la sensazione di soddisfazione e
felicità che aveva provato nel compierlo?
Non
ne poteva più di stare in quella camera, aveva bisogno di
uscire a fare due passi. Forse era stupido uscire a quell'ora della
notte, al freddo, ma lei ne sentiva il bisogno; non avrebbe potuto
certo passeggiare avanti e indietro per i corridoi, non le andava di
svegliare nessuno.
Si
infilò il cappotto pesante e in silenzio lasciò la
stanza.
Fuori
faceva freddo, ma lei iniziò a camminare velocemente e ben
presto i brividi scomparvero, così come i pensieri che le
affollavano la mente.
Durante
il suo tragitto senza una vera meta incrociò altri ragazzi: un
ragazzo solitario che si teneva la testa tra le mani seduto su una
rampa di scale, una coppietta che si stringeva in un abbraccio sul
ciglio di un'aiuola, un gruppetto di amici che faceva baccano vicino
all'ingresso del parco. Cathleen si sorprese di quanto fosse attiva
la vita notturna della scuola; non si sarebbe mai aspettata di
trovare così tante persone a vagabondare là fuori, chi
in preda all'insonnia come lei, chi desideroso di un momento di
privacy, chi invece agognava solo un po' di compagnia.
La
ragazza volse lo sguardo alla luna: era quasi piena quella notte e
inondava ogni angolo con la sua morbida luce.
Tutti
ammirano la bellezza della luna, ma in realtà lei brilla
semplicemente di luce riflessa, si ritrovò a osservare.
Era per questo che trovava affascinante la fontana avvolta
dall'oscurità della notte: rifletteva la luna, che già
di per sé era un riflesso, la rendeva ancora più falsa.
Si
recò quindi presso il pozzo d'acqua per ammirare quello
spettacolo che l'aveva sempre affascinata, ma quando vi giunse si
accorse di non essere sola: dalla parte opposta una figura familiare
avvolta in un grosso giubbotto scuro era appollaiata sul bordo.
Cathleen si avvicinò a essa con curiosità. “Angel?
Che ci fai qui? Ti hanno nuovamente buttato fuori dalla stanza?”
domandò in tono preoccupato quando riconobbe il ragazzo.
Ma
lui non sembrava per niente turbato; sollevò i suoi occhi
grigi e sereni su di lei e con calma rispose: “Ciao Cathleen.
No, stavolta sono stato io ad andarmene, avevo troppi pensieri per la
testa. Tu invece che ci fai qua fuori? Fa freddo”.
Lei
prese posto al suo fianco e puntò il suo sguardo sul cerchio
luminoso che baluginava in acqua. Quanto era bella e pura la luna, ma
anche lei nascondeva dei segreti e dei misteri, come tutti.
“Ti
capisco, anche io non riuscivo a dormire.”
“Non
vorrei sembrare indiscreto, ma... se vuoi puoi dirmi che cosa ti
preoccupa, per sfogarti. E tranquilla, qualsiasi confidenza con me è
al sicuro” la invitò gentilmente il ragazzo in tono
incerto, come se avesse paura di pronunciare quelle parole.
“A
una condizione: anche tu dovrai sfogarti con me. Ci stai?”
Angel
tentennò per qualche secondo: faceva sempre fatica a fidarsi
del prossimo, era estremamente riservato e non confidava mai i suoi
pensieri a nessuno. Ma quella notte si era creata un'atmosfera
magica, ogni pensiero poteva essere rivelato con il dolce scroscio
dell'acqua e l'impetuoso borbottio del vento come sottofondo.
“Va
bene, ci sto.”
“Okay.
Il punto è che oggi ho dato un bacio a fior di labbra a un mio
caro amico. Non avrei mai pensato di poter fare, ma soprattutto di
voler fare, una cosa del genere: io e lui ci conosciamo da mesi, nel
frattempo ho nutrito interesse per altri ragazzi, non mi sarei mai
aspettata di... insomma... lui mi piace, ecco. Ultimamente ho
maturato questi sentimenti, ma li ho negati a me stessa fino a questo
pomeriggio” raccontò Cathleen. Nella sua voce non c'era
nessuna traccia di vergogna o imbarazzo, ma il ragazzo non poteva
scorgere il viso completamente rosso della ragazza.
“E
qual è il problema?” domandò lui con semplicità.
“Il
problema l'ho appena superato. Prima d'ora non avevo mai ammesso che
questo ragazzo mi piace, non riuscivo a darmi pace, ma ora che me ne
sono resa conto mi sento più libera. Forse avevo proprio
bisogno di togliermi questo peso, ero stanca di mentire a me stessa.”
“Pensi
che lui possa ricambiare i tuoi sentimenti?” chiese ancora
Angel, cercando di non fare domande troppo specifiche per non
risultare invadente.
“Non
lo so. Oggi non mi ha respinto, era imbarazzato ma non disgustato. Ha
provato a parlarmi, ma io non gliel'ho permesso perché non
avrei saputo che dirgli. Non ne ho proprio idea, non credo abbia
altre ragazze per la testa comunque.”
“Va
bene. Ora ti senti più leggera?”
“Oh
sì, mi sento più consapevole. Non è stato facile
parlare sinceramente, ma è un grande passo avanti. Grazie. Ora
è il tuo turno” concluse Cathleen, preparandosi ad
ascoltare la confidenza del suo interlocutore.
“Più
o meno anche io sono qui per questo motivo. Cioè... una
ragazza” esordì lui. A differenza di Cathleen, Angel
aveva molta più difficoltà a esprimere ciò che
provava, ma sapeva che era necessario. Prese a torcersi nervosamente
le dita e mordicchiarsi il labbro inferiore, poi prese un profondo
respiro e proseguì: “Penso a lui da un po', ma il mio
problema è che... non mi sento mai abbastanza”.
“Non
voglio necessariamente sapere di chi si tratta, dimmi solo che non è
Alice.”
“No,
ho dimenticato Alice, non potrei continuare a provare dei sentimenti
nei suoi confronti dopo quello che è capitato. Probabilmente
capirai di chi sto parlando, ma non importa. Dicevo: lei, a
differenza di tutte le altre, mi ha da subito accettato per quello
che sono e mi ha fatto sentire subito a suo agio. È una
ragazza allegra, che rende più luminosa ogni sua giornata; io
con lei riesco a essere me stesso, a ridere ed essere forte. È
dolcissima, perfetta, ma io... non lo sono. Io sono così
timido, goffo, impacciato, pieno di difetti, invece... questa ragazza
merita di più, molto di più. Sto cercando di cambiare e
di migliorarmi per lei, ma purtroppo non ho la fortuna di averla al
mio fianco e senza il suo aiuto mi sembra di non fare nessun
progresso.”
Cathleen
ascoltò attentamente con un sorriso pieno di tenerezza appena
accennato. Certo che aveva capito a chi si stava riferendo e ne era
entusiasta; il discorso di Angel inoltre era stato davvero
dolcissimo, da esso traspariva un affetto puro e genuino.
“Angel,
ascoltami bene. Chiunque sia questa ragazza, se è quella
giusta per te, ti accetterà per quello che sei. Tu sei una
persona stupenda, ne vuoi la dimostrazione? Stai cercando di essere
migliore per lei, questo è simbolo di grande intelligenza,
bontà e altruismo. Ma se lei ti ha accettato, sono sicura che
ti adora per quello che sei. Non sminuirti mai; nessuno è
perfetto, nemmeno lei, e sono proprio i difetti a rendere le persone
uniche. Io per esempio voglio bene a Tiff e quindi anche alle sue
particolarità, altrimenti non sarebbe Tiff.”
Lui
annuì lentamente, più per sé stesso che per lei.
Sapeva che Cathleen aveva ragione, ma convincersi di tutto ciò
era molto complicato. “Lo so, ma io sono insicuro.”
“Tieni
conto che tutte le persone sono diverse e quella perfetta, quella da
prendere come esempio, non esiste. Dimmi, sai già quando
rivedrai questa ragazza?”
“Tra
un mese, più o meno.”
“Ecco,
in questo mese cerca di prendere coraggio e superare le tue
insicurezze. Quando passerete del tempo assieme devi solo cercare di
essere te stesso, senza troppe forzature, perché fingere non
porta da nessuna parte. Devi essere come il sole, puro e trasparente,
non come la luna. La luna è bella, ma così falsa:
riflette solo una luce non sua, ma di concreto non ha nulla di
speciale.”
Angel
sollevò lo sguardo verso quella falsa fonte di luce. Cathleen
aveva ragione: voleva mostrarsi per quello che era, le maschere non
servivano a niente, non era necessario raggiungere la perfezione.
“Grazie
Cathleen” mormorò con un lieve sorriso.
“Grazie
a te, Angel” ribatté lei.
Ed
entrambi si sentivano più leggeri.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 36 *** Capitolo 36 ***
Capitolo
36
“Ragazzi,
è tutto pronto? Avete preso tutto?”
“Tranquilla
Tiff!”
“Oddio,
stiamo per andare a Los Angeles!”
“Calmatevi,
non è nulla di che.”
“Lo
dici solo perché ci abiti!”
“Muovetevi,
la navetta parte tra un quarto d'ora!”
Maggio
era alle porte e da qualche settimana nel campus girava la notizia
che il film Uragano Grace, per cui Grace aveva appunto
recitato, sarebbe uscito a breve. Il preside aveva dato alla giovane
attrice, in accordo con i suoi genitori, il permesso di assistere
alla prima in un cinema di Los Angeles; ovviamente non sarebbe andata
da sola, aveva invitato circa una decina di persone, quelle che le
erano più vicine in quel momento.
Quella
domenica mattina nei dormitori femminili si poteva scorgere un gran
viavai: Cathleen, Tiffany e Grace si preparavano insieme, mentre Ben
e Lionel le spronavano e le richiamavano perché erano in
ritardo.
Anche
Alex e Kelsey avrebbero partecipato alla giornata nella grande città,
ma non erano saliti fino alle stanze delle ragazze e aspettavano nel
parcheggio in cui stazionava la navetta, chiacchierando tra loro.
“Bene,
siamo pronte!” annunciò Cathleen, precipitandosi in
corridoio. La porta della sua stanza era spalancata e al suo interno
Grace si dava un'ultima occhiata allo specchio.
“Era
ora!” esclamò Ben. Lui e Lionel si trovavano
nell'andito, con la schiena poggiata alla parete, e ogni tanto
sbirciavano dentro per capire a che punto fossero le ragazze.
“Possiamo
andare” mormorò Grace, raggiungendo anch'essa il
gruppetto e sistemandosi con attenzione la borsetta a tracolla.
Anche
quel giorno non aveva rinunciato al suo stile: indossava un leggero
coprispalle nero in similpelle, abbinato ai bassi stivaletti
primaverili, e un vestito dello stesso colore dal corpetto aderente e
la gonna voluminosa che le arrivava appena sopra il ginocchio.
“Divertitevi”
borbottò Lisa, affacciandosi alla porta e poggiando una mano
sullo stipite. Si stava mordicchiando nervosamente il labbro
inferiore e sembrava parecchio malinconica.
Grace
aveva capito che anche lei avrebbe voluto partecipare all'uscita, ma
non era stato possibile: avrebbe potuto portare con sé un
numero di persone limitato e aveva dovuto scegliere bene. Non
conosceva bene Lisa, la ragazza non aveva mai mostrato particolare
interesse nei suoi confronti, quindi aveva optato per Kelsey;
Cathleen le aveva raccontato che presto sarebbe ripartito per la
Spagna e lei voleva che i due trascorressero insieme tutto il tempo
possibile.
“Faremo
un sacco di foto e ti porteremo qualche souvenir, d'accordo?”
le promise Cathleen, lanciandole un'ultima occhiata prima di
dirigersi con gli altri verso la rampa di scale.
Lisa
aspettò che il gruppetto fosse scomparso all'orizzonte, poi
sbatté la porta con rabbia e si tuffò sul suo letto in
preda allo sconforto. Tutto le andava male in quell'ultimo periodo,
sentiva i suoi vecchi amici distanti e le mancava un ragazzo che
stesse al suo fianco e la amasse.
Intanto
Ben, Lionel, Cathleen, Tiffany e Grace avevano raggiunto Alex e
Kelsey.
“Buongiorno
donzelle! Tiffy, ma quanto ti dona quella maglietta!”
esordì Alex, posando subito gli occhi sullo scollo a U che la
ragazza sfoggiava.
“Bene,
ci siamo tutti, possiamo partire!” affermò lei,
ignorando deliberatamente il complimento del ragazzo e avvicinandosi
al piccolo pulmino grigio che la scuola aveva messo loro a
disposizione per il viaggio.
“Salite!”
esclamò l'autista, un uomo robusto sulla quarantina, aprendo
lo sportello posteriore.
Ben
e Kelsey si posizionarono sui sedili anteriori accanto a quello del
guidatore, Grace, Tiffany e Alex presero posto in quelli subito
dietro, mentre Cathleen e Lionel si ritrovarono negli ultimi due in
fondo.
Tra
i due era palese la tensione: erano passate un paio di settimane da
quando si erano scambiati quel bacio e da quel giorno non avevano più
tirato fuori l'argomento. Apparentemente era tornato tutto come
prima, ma entrambi sentivano che qualcosa era cambiato, che la
questione era ancora in sospeso; infatti evitavano di ritrovarsi da
soli e di stare troppo vicini quando si trovavano in gruppo.
Davanti
a loro gli altri conversavano serenamente, ma nessuno dei due
prendeva parte al discorso.
Lionel
da giorni si domandava cosa dovesse fare, quale fosse il significato
del gesto della sua amica. Avrebbe tanto voluto chiederlo, o
semplicemente sfogarsi con qualcuno, ma non riusciva proprio ad
aprirsi.
Una
cosa era certa: non sarebbe rimasto un'ora e un quarto, per tutta la
durata del viaggio, immobile a fissare fuori dal finestrino. Era
giunto il momento di fare qualcosa.
Al
suo fianco Cathleen era rigida e tesa sul sedile; cercava di
distrarsi ascoltando un po' di musica con gli auricolari, sperando
che le canzoni potessero coprire il suono delle sue emozioni, ma non
poteva che perdersi nei suoi pensieri.
Ormai
era inutile negarlo: la vicinanza di Lionel non le era indifferente,
ma non sapeva bene come definire ciò che provava. Non era
possibile che si stesse invaghendo di lui, cercava in tutti i modi di
negarlo a se stessa; tuttavia il suo cuore parlava diversamente, le
suggeriva di accoccolarsi accanto a Lionel, di arrotolare i suoi
boccoli tra le dita e di cercare le sue labbra.
Al
solo pensiero un brivido le corse lungo la schiena e si ritrovò
a scuotere istintivamente la testa, come per cacciare quelle idee
sbagliate.
Dopo
qualche altro minuto in cui l'ennesima canzone le scivolò per
le orecchie senza sfiorare minimamente la sua anima, sentì una
mano posarsi con delicatezza sul suo ginocchio. Sobbalzò per
la sorpresa e abbassò lo sguardo sulle dita di Lionel,
adagiate sul tessuto fine dei suoi leggings azzurri.
“Cat?”
la richiamò il ragazzo in tono esitante.
Lei
prese a giocare nervosamente con una delle sue cuffiette e sbirciò
Lionel con la coda dell'occhio: la osservava con espressione seria,
il viso leggermente imporporato dall'imbarazzo. I capelli ricci
risaltavano in controluce per via del finestrino alle sue spalle e
gli incorniciavano dolcemente il viso, in quel modo che lei aveva
sempre adorato.
Mise
in pausa la musica, ma continuò a fingere di starla
ascoltando.
“Pensi
che questo tuo atteggiamento sia molto utile?” mormorò
lui, lasciandosi sfuggire un accenno di sorriso imbarazzato.
All'improvviso
Cathleen si riscosse: ma che le stava capitando? Non era proprio da
lei comportarsi in quel modo, rimandare all'infinito i chiarimenti,
decidere di non ascoltare. Era sempre stata chiara, schietta, certe
volte perfino sfacciata; quella volta non avrebbe dovuto fare
eccezione, non ne poteva più di quella situazione con il suo
migliore amico e voleva risolverla.
Anche
se non sapeva come avrebbe fatto.
Lasciò
ricadere entrambi gli auricolari sulla gonna blu che indossava e si
voltò completamente verso il ragazzo, decisa ad affrontarlo e
sostenere il suo sguardo.
Lui
rimase sorpreso da quel gesto improvviso e si allontanò
impercettibilmente sul sedile, come a volersi fare piccolo contro di
esso. “Voglio sapere cosa ha significato per te” ammise
in un sussurro, dando un'occhiata ai sedili anteriori per controllare
che nessuno stesse origliando. Grace stava intrattenendo una
conversazione con Ben e l'autista, mentre Alex si divertiva a
punzecchiare Tiffany e Kelsey assisteva a tutte queste scene
ridendosela tra sé; tutti stavano facendo un gran baccano e
non prestavano alcuna attenzione a loro due.
“Non
lo so, okay? Sai che io non sono abituata a scappare dalle
situazioni, questa è la prima volta che mi capita, e non so
spiegare perché” si lasciò sfuggire Cathleen
tutto d'un fiato, felice di riuscire finalmente a sfogarsi ma
disperata nel dover ammettere di essere così confusa.
Lionel
sorrise appena senza sapere davvero il motivo; forse vedere la sua
amica, in genere sempre sicura, così fragile e frastornata gli
faceva una gran tenerezza.
“Per
te cosa ha significato, invece?” domandò la ragazza
prendendolo in contropiede.
Allora
lui si rabbuiò mentre il cuore prendeva a battere
all'impazzata nel suo petto. Era il caso di dire la verità?
“Lion,
che c'è?” gli domandò teneramente, vedendolo in
difficoltà; gli prese la mano e la strinse tra le sue per
rassicurarlo.
“C'è
che sognavo quel momento dalla prima volta che ti ho visto. Ti amo,
Cat, e non te l'ho mai detto per non rovinare la nostra amicizia,
perché tu sei sempre stata interessata ad altri ragazzi.
Chissà chi occupa il tuo cuore in questo momento! Ecco,
finalmente l'ho detto e sono sicuro di aver fatto un casino!”
Lionel
si tappò istintivamente la bocca con la mano libera, sgranando
gli occhi e scuotendo il capo con fare sconcertato. Dopo mesi che
custodiva dentro sé quella grande e importante verità,
questa era sgorgata fuori così, senza preavviso, senza che lui
se ne rendesse conto.
Cathleen
non poté fare a meno di attirarlo a sé e stringerlo tra
le braccia. Non desiderava altro da giorni e, dopo le sue parole, non
era più riuscita a trattenersi. Gli accarezzava teneramente i
capelli e mormorava: “Scusami Lion, in questi giorni mi sono
comportata in maniera pessima, non volevo... io non sapevo cosa fare,
non riuscivo a spiegarmi come mai mi sono lasciata andare così,
mi serviva un po' di tempo per realizzare che... devo essere sincera:
non pensavo di poter provare qualcosa per il mio migliore amico, ma
ormai perché nasconderlo? Sono una stupida, ti ho fatto
soffrire per tutto questo tempo senza saperlo e...”
Si
doveva concentrare per trattenere le lacrime, non era proprio quello
il momento di lasciarsi andare, era in compagnia di altre sei
persone.
Lionel
si era ritrovato con la guancia premuta contro la spalla della sua
amica e ancora non riusciva a credere a ciò che stava
succedendo. Aveva ricambiato il suo abbraccio e non sapeva fare
altro.
Trascorsero
quasi tutto il viaggio stretti l'uno all'altra, senza fiatare, senza
muoversi.
Pensavano
che nessuno se ne fosse accorto, ma non potevano sapere che Kelsey
aveva notato la loro vicinanza; lui non si lasciava sfuggire mai
niente e aveva subito capito cosa stava succedendo. Non poteva fare a
meno di sorridere tra sé: erano davvero carini quei due. Aveva
preso da subito in simpatia il piccolo Lionel ed era sicuro che,
quando sarebbe andato via, avrebbe lasciato Cathleen in buone mani.
“Siamo
a Los Angeles, gente!” gridò Tiffany entusiasta quando
mise piede fuori dal pulmino.
“Ehi
piccola, non pensavo che trovarti nella mia città natale ti
elettrizzasse tanto!” commentò Alex, poggiando il
braccio sulla sua spalla e sorridendole maliziosamente.
Lei,
senza nemmeno degnarlo di una risposta, si allontanò di scatto
e gli fece quasi perdere l'equilibrio.
“Ma
voi sapete dove siamo? Ci perderemo di sicuro in questo posto!”
si preoccupò Cathleen, guardandosi attorno. Era spaesata: si
trovavano nel grande parcheggio di un enorme parco completamente
immerso nel verde: davanti a loro una larga via ospitava un'infinita
processione di auto e mezzi pubblici. Non aveva la più pallida
idea di dove si trovasse, ma era normale dal momento che non era mai
stata in quel posto.
“Conosciamo
bene Hollywood, non ti preoccupare: non abitiamo tanto lontano da
qui” la rassicurò Lionel.
“Io
mi sono perfino stufata di questo posto” commentò Grace.
“Davvero
siamo a Hollywood?” domandò Ben sorpreso.
“Esatto.
Che facciamo?” domandò Grace con un sorriso.
“Come
si chiama questo parco?” domandò Tiffany, osservando
l'infinita distesa davanti a sé.
“Griffith
Park. È enorme, quasi venti chilometri quadrati! Pensate che
abbiamo girato anche qualche scena all'interno. Se volete possiamo
fare una passeggiata qui, poi più tardi andiamo in giro per le
strade principali e cerchiamo un posto in cui pranzare. Che ne dite?”
propose l'attrice.
“Certo!
Scommetto che in questo posto è pieno di negozi interessanti!”
esclamò Cathleen, avvicinandosi alla sorella e facendole
l'occhiolino con aria complice.
“Oh,
ci puoi contare! Siamo a Hollywood, il nostro sogno, Cat!”
esultò ancora l'altra.
“Smettetela
voi due! Siete assurde!” le rimproverò scherzosamente
Lionel, mentre tutti insieme si dirigevano all'interno del parco.
Sarebbe
stata una giornata lunga e faticosa, ma i ragazzi erano
incredibilmente elettrizzati: erano riusciti a ottenere una giornata
da soli in città e avrebbero visto Grace recitare in un grande
schermo.
E
chissà cos'altro sarebbe potuto accadere.
*
* *
Eccomi
ragazzi, eccomi! Lo so, ho fatto aspettare un bel po' per questa
storia e mi dispiace! Non avete idea di quanto mi è mancata!
Scriverla mi piace sempre un sacco: i capitoli prendono forma da
soli, le parole sfuggono via così e io non riesco a inserire
in un capitolo nemmeno tutto quello che vorrei!
Eh
sì, mi ero un po' stancata dell'atmosfera della Newton e ho
deciso di mandare i ragazzi a fare una bella gita a Hollywood! Che ve
ne pare???
Cosa
succederà?
Prometto
che d'ora in avanti sarò più costante, anzi, vi dirò
di più: dal prossimo mese penso che aggiornerò tutte le
settimane! Avete capito bene: Soul verrà a rompere tutte le
domeniche!
Il
punto è che questa storia è agli sgoccioli e vorrei
davvero riuscire a darle un finale in tempi decenti, quindi le darò
priorità rispetto ad altre storie!
Ringrazio
i recensori (in particolare Kim e la sua costanza) e tutti i lettori
silenziosi che sono arrivati fin qui! Se ci siete e se vi va,
fatemelo sapere anche con una piccola recensione, datemi anche
qualche consiglio per migliorare o insultatemi... insomma, fate
quello che vi sentite di fare XD
Grazie
a tutti e a presto! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 37 *** Capitolo 37 ***
ReggaeFamily
Capitolo
37
“Wow
ragazzi, è stupendo!” esclamò Cathleen, armandosi
di macchina fotografica per immortalare quello stupendo panorama.
I
ragazzi si trovavano presso il Griffith Observatory
all'interno di Griffith Park; in quel punto si aveva una
visuale mozzafiato dell'animato centro della città che si
estendeva fino al mare e, soprattutto, della leggendaria scritta
Hollywood sulla collina.
“Lo
so che è stupido da dire, ma in questo momento mi sento
importante!” si lasciò sfuggire Tiffany in preda
all'entusiasmo, con un enorme sorriso stampato sul viso.
“Tiff,
tesoro, Hollywood attende solo te!” intervenne subito Alex
posandole una mano sul fianco.
Lei
se la scrollò subito di dosso e raggiunse la sorella minore.
“Mi sa che ci facciamo una foto con la scritta di Hollywood
sullo sfondo! Kel, ce la potresti scattare?” propose,
intercettando il ragazzo. Quest'ultimo osservava il panorama con le
mani nelle tasche dei pantaloni e sembrava essersi perso nei suoi
pensieri.
“Certo”
rispose qualche secondo dopo, cadendo dalle nuvole.
“A
che pensavi?” gli domandò Cathleen mentre gli porgeva la
sua fotocamera.
“Questo
posto mi mancherà quando sarò in Spagna. Mi dispiace
non essere riuscito a visitarlo tutto.”
“Nemmeno
io che abito qui sono mai riuscito a visitare tutto; sai, questo
posto è talmente grande che non basterebbe una vita!”
tentò di rassicurarlo Alex senza troppa convinzione. La sua
attenzione era stata attirata da un uomo alle prese col suo cane;
quest'ultimo, un pitbull enorme, tentava di trascinare il suo padrone
che faticava a stargli dietro e a tenere il guinzaglio.
“No
mamma, abbiamo poco tempo, te l'ho già detto... sì,
siamo a Griffith, non so di preciso dove andremo dopo... no, macché,
so che col taxi spendiamo troppo, suppongo in metro... eh già,
andremo a fare i ricconi in Hollywood Boulevard!” blaterava
Lionel al telefono.
“Di'
a mamma che, anche se avessimo tutto il tempo del mondo, farei in
modo di non incontrarla!” gridò Alex avvicinandosi al
fratello.
“Mamma
ti ha sentito e ha detto che, se continui così, d'estate non
ti fa più entrare in casa! Speriamo che lo metta in pratica,
almeno ci sarebbe un po' di pace!” ribatté il più
piccolo tra le risate. “Mamma vi saluta!” aggiunse poi
rivolto al resto del gruppo.
“Salve
mamma di Lionel!” ricambiò Tiffany a gran voce.
“Sarebbe
bellissimo venire qui all'osservatorio di notte” osservò
Cathleen con aria sognante.
“Non
è così facile, si crea una fila chilometrica ogni
giorno per l'osservatorio; chi non è curioso di guardare le
stelle?” spiegò Grace. “Ma visitando il quartiere
potremmo sempre imbatterci in altre stelle, quelle del cinema!”
“Oddio!”
esclamarono le due sorelle.
Alex
sbuffò. “Aiuto, finiremo in Rodeo Drive, me lo
sento...”
“Che
sarebbe?” si informò Ben.
“Una
delle vie dello shopping più costosa e raffinata della città.”
“Ma
per chi ci hai preso? Non andrei mai in un posto in cui non posso
comprare niente!” obiettò Cathleen con una smorfia.
“E
poi non siamo qui per fare shopping” aggiunse Tiffany.
“In
ogni caso non abbiamo tempo per visitare la città. Ci sono un
sacco di posti in cui vorrei portarvi...” si rabbuiò
Grace.
“Per
esempio Santa Monica! Quella zona piacerebbe un sacco a
tutti!” intervenne Lionel, che era finalmente riuscito a
liquidare sua madre.
“A
Santa Monica c'è un molo” raccontò Grace,
“e proprio lì abbiamo girato una scena finale del film.
Però vi confesso che la spiaggia della Newton è meglio;
non so, l'acqua sembra più limpida e pulita.”
“Ma
dimmi, non ti hanno chiamato per qualche altro film?” volle
sapere Kelsey.
“Sì,
mi hanno proposto qualcosa, ma non saprei” borbottò,
tenendo lo sguardo fisso a terra.
Tutti
si accorsero che qualcosa non andava, ma non osarono rivolgerle delle
domande per non sembrare troppo indiscreti. Sapevano che Grace aveva
un carattere chiuso e difficilmente si confidava, specialmente con
sei paia di occhi puntati addosso.
“Allora,
quali sono i nostri programmi?” domandò Ben per cambiare
argomento.
“Se
il cinema in cui vedremo il film si trova a Hollywood Boulevard, ci
conviene dirigerci in quella zona e cercare lì un posto in cui
mangiare, no?” osservò Kelsey liberandosi del suo
giubbotto leggero.
Nonostante
si trovassero all'interno del Griffith Observatory, il sole
stava già cominciando a far sentire il suo calore. Quel
periodo sarebbe stato particolarmente afoso a Los Angeles, nemmeno la
presenza del mare sarebbe riuscita a mitigare i gradi di troppo di
quella giornata.
“Prendiamo
lo shuttle per uscire dal parco, poi raggiungiamo Sunset Boulevard
con la metro. In Sunset è pieno di luoghi in cui poter
pranzare, negozi carini... insomma, una bella strada!” spiegò
allora Grace, scuotendo la testa come a voler scacciare i pensieri
che le affollavano la mente.
“Lo
shuttle sarebbe quella specie di pullman che abbiamo visto mentre
venivamo qui?” domandò Ben.
“Esatto,
quelli con la scritta Dash. Oggi abbiamo avuto fortuna, ma in
genere nel fine settimana questo parco è super trafficato e
muoversi non è così semplice. Inoltre il parco è
enorme, spostarsi a piedi può essere faticoso.”
“Sai
praticamente tutto di questo posto!” constatò Tiffany
ammirata, continuando a contemplare le colline e la rete di strade
che si estendeva davanti a lei.
“Conta
che il film è stato girato quasi del tutto tra le strade della
città; ho visto come funzionano le cose.”
Il
gruppo si diresse quindi all'esterno dell'osservatorio e si radunò
davanti alla fermata del bus.
“Lisa
sarà invidiosa di noi” commentò Cathleen mentre
dava un'occhiata alle foto scattate da poco.
“Forse
sto per dire una grandissima fesseria per cui tutti voi mi vorrete
tagliare la testa, ma sinceramente non ho capito cos'ha di tanto
speciale una scritta su una collina” se ne uscì Ben con
estrema naturalezza.
Alex
scoppiò a ridere e diede una pacca sulla spalla all'amico.
“Non
hai tutti i torti” ammise Lionel facendo spallucce.
“Ma
no, è carino!” lo contraddisse Cathleen.
Il
ragazzo le si avvicinò. “Un giorno torneremo qui a L.A.
e ti farò visitare luoghi molto più belli. Hollywood
non mi piace proprio.”
I
due si scambiarono un'occhiata intensa, colma di promesse e speranze.
La frase che Lionel aveva appena pronunciato premetteva un legame
speciale tra loro, un legame che sarebbe dovuto durare a lungo.
Dopo
quello che era successo quella mattina durante il viaggio, i due non
erano più sicuri che si trattasse di un'amicizia, ma allo
stesso tempo non si sentivano all'altezza di qualcosa che andasse
oltre.
“Mia
madre non mi darebbe mai il permesso di fare una vacanza a Los
Angeles, le prosciugherei il conto in banca!” scherzò
Cathleen per alleggerire l'atmosfera.
“Te
lo darebbe solo se ci fossi anch'io!” intervenne Tiffany.
“Uh
sì, io sono pronto a ospitarvi!” si offrì
prontamente Alex in tono malizioso.
“Sì,
divertente... piuttosto dormo per strada.”
Kelsey
si lasciò sfuggire una risatina. Tiffany era davvero forte, le
ricordava la sua ex ragazza che aveva dovuto lasciare quando era
partito per l'America. In cuor suo sperava che lei provasse ancora
dei sentimenti nei suoi confronti, così che una volta tornato
alla sua vecchia vita i due avrebbero potuto stare nuovamente
insieme.
Ma
aveva paura di essere respinto come Alex lo era da Tiffany.
“Sta
arrivando il bus!” annunciò Ben, facendo un cenno verso
il mezzo di trasporto bianco che si avvicinava.
Una
volta al suo interno, Grace perse subito lo sguardo fuori dal
finestrino. Quella giornata non la stava aiutando per niente a
tirarsi su di morale; con un film di Hollywood alle spalle e una
possibile carriera da attrice alle porte, la sua vita restava
comunque un disastro.
Mentre
osservava i campi da tennis e da golf che le scorrevano accanto, le
famiglie che si apprestavano ad allestire un bel picnic sul prato e
la struttura del Greek Theatre che ormai conosceva a memoria,
non si preoccupò di controllare chi avesse preso posto nel
sedile accanto al suo.
“Ehi.”
La
voce di Ben la fece sobbalzare; si voltò lentamente e si
ritrovò faccia a faccia proprio con lui.
Come
mai si era seduto accanto a lei?
“Sei
triste?” le domandò in tono esitante.
I
loro amici facevano baccano nei posti subito dietro di loro, quindi
lei si sentiva ancora più a disagio nel dover intrattenere una
conversazione esclusivamente con lui.
“Un
po'” ammise senza realmente volerlo. Ma che le prendeva?
“Ho
visto che prima, quando Kel ti ha chiesto di un prossimo film, hai
abbassato lo sguardo... okay, non voglio obbligarti, ma se ti può
far stare meglio e ne vuoi parlare puoi sempre contare su di me!”
“I
miei non sono d'accordo” sbottò Grace tutto d'un fiato,
stringendo con più forza la tracolla della sua borsa e
perdendo nuovamente lo sguardo fuori dal finestrino. Non voleva che
lui si accorgesse del suo rossore, ma soprattutto non aveva nessuna
intenzione di intavolare quella conversazione. Perché allora
lo stava facendo?
“Non
sono d'accordo per il fatto che vorresti fare l'attrice?”
“Io
non voglio fare l'attrice, voglio semplicemente recitare. Lo so,
sembra la stessa cosa, ma non lo è. Io voglio fare ciò
che mi piace e scappare da tutto e da tutti, da casa, da scuola... ma
i miei genitori dicono che fare l'attrice di Hollywood è
squallido, non è dignitoso, e che dovrei mettere la testa a
posto. Hanno paura che la loro figlioletta venga sbandierata ai
quattro venti, neanche avessi girato un film a luci rosse!”
Ben
rimase un attimo destabilizzato da quella confessione; sapeva che
Grace non si trovava molto bene nell'ambiente scolastico, ma non si
aspettava che avesse dei problemi anche in casa.
“Beh,
io non conosco i tuoi e non li posso giudicare, ma... magari non
sanno del tuo grande talento, hanno paura che le cose possano andare
male per te.”
“No
Ben, loro sanno benissimo quali sono le mie passioni e non mi hanno
mai aiutato a coltivarle. Per girare il film ho litigato con loro,
sono andata contro la loro volontà, ed è per questo che
oggi loro non saranno con me. Mi hanno detto che avrei potuto portare
sei persone con me alla prima del film, e io ho scelto voi perché
la mia famiglia ha smesso di supportarmi già dal principio.”
Grace sospirò e si tirò indietro i capelli con una
mano; nei suoi occhi si poteva leggere la rabbia, ma non c'era
nessuna traccia di lacrime o dolore. “Sai, sembra proprio la
storia di Grace, la protagonista del mio film. Devo ringraziare Cat
perché tutto ciò mi ha aiutato a capire meglio la mia
vita, se lei non mi avesse ceduto il posto sarei ancora nel mio
angolino a piangermi addosso.”
“Sai
che ti dico?” cominciò Ben dopo qualche istante di
pausa; aveva pensato bene alle parole da rivolgere alla ragazza,
voleva incoraggiarla e farle capire che non doveva mollare per
nessuna ragione al mondo. “Fregatene dei tuoi, perché la
vera famiglia non è quella a cui sei legata tramite il sangue.
Okay, i tuoi non credono in te e questo sicuramente fa male, ma nel
mondo ci sono tante altre persone che invece hanno fiducia nelle tue
capacità. Ora ti sono state offerte nuove possibilità e
tu le devi sfruttare per poi costruire la vita che vuoi. Hai quindici
anni ormai, presto sarai definitivamente indipendente, quindi sei tu
a decidere della tua vita.”
La
ragazza si lasciò sfuggire un debole sorriso. “Grazie,
le tue sono parole bellissime. Ma la mia mente è davvero
contorta e anche la situazione non è così facile come
sembra, non so come andrà a finire” disse con una nota
di tristezza. “Sapere di avere delle persone su cui poter
contare però mi aiuta” aggiunse con le guance nuovamente
imporporate dall'imbarazzo.
Lo
shuttle raggiunse in quel momento la sua destinazione e i ragazzi si
affrettarono a scendere.
Grace
era più luminosa di prima; la giornata non era cominciata nel
migliore dei modi, ma dopo quell'assurda conversazione con Ben
sentiva di poter affrontare tutto con il sorriso. Del resto, se quei
sei ragazzi avevano accettato di accompagnarla, significava che
poteva contare su di loro.
Inoltre
non avrebbe mai pensato di lasciarsi andare a quegli sfoghi e trovare
conforto proprio grazie a Ben.
Proprio
lui.
“Questo
viaggio in metro non finisce più” sbadigliò
Lionel, abbandonandosi sull'asta alla quale si stava reggendo.
Il
vagone in quel momento non era tanto affollato – cosa assai
strana, dato il gran viavai di gente all'interno delle stazioni
sotterranee – e i ragazzi si potevano concedere un attimo di
respiro; tuttavia non erano riusciti a recuperare nemmeno un posto a
sedere.
“Incredibile:
dall'osservatorio la scritta di Hollywood sembrava così
vicina” commentò Cathleen.
I
due si trovavano uno davanti all'altra ed entrambi erano intenti a
proteggere i loro bagagli da eventuali ladruncoli. Faceva troppo
caldo e i piedi cominciavano a far male a furia di stare in piedi.
“Se
c'è una cosa che accomuna tutte le città è la
metropolitana: è squallida ovunque” commentò Alex
dall'altro capo del vagone, portandosi una mano davanti al naso.
L'aria era davvero irrespirabile, odorava di chiuso e di sudore.
“Oddio,
guarda quanta gente” mormorò Lionel esasperato mentre il
mezzo si fermava presso una stazione.
Un
enorme gruppo di persone aspettava con impazienza che le porte si
aprissero e presto sarebbe cominciata la folle corsa per salire a
bordo in tempo.
Così
i due ragazzi che condividevano il palo si appiattirono più
che poterono per lasciare lo spazio agli altri passeggeri,
ritrovandosi schiacciati contro la parete, uno accanto all'altra.
Nonostante
il contesto non fosse tra i più romantici, a Cathleen non
dispiaceva trovarsi così vicina al suo amico.
“Prima
dicevo sul serio” sussurrò lui quando il treno ripartì.
“Riguardo
a cosa?”
“Sarebbe
bello se tu venissi in vacanza a Los Angeles una volta, ti porterei a
visitarla.”
Lei
sorrise al solo pensiero di attuare una follia del genere. “Sei
davvero folle!”
“Lo
so, e ne vado fiero!”
“Ragazzi!”
li richiamò Grace, che si trovava a qualche metro da loro. “La
prossima fermata è la nostra!”
“Evviva,
non ne posso più di stare schiacciato come una sardina!”
esultò Lionel.
Il
treno cominciò a rallentare e un fastidioso stridio accompagnò
la frenata. Non appena le porte si aprirono, Lionel afferrò il
braccio di Cathleen e la trascinò subito fuori, felice di
poter respirare finalmente un po' d'aria fresca. Poi si voltarono per
intercettare i loro amici tra la folla.
“Ci
siamo tutti?” domandò Kelsey, uscendo a fatica dalla
calca con Tiffany e Alex.
“Sì,
non proprio interi ma ci siamo!” rispose Ben con il fiato
corto.
“Andiamo!”
li incitò Lionel con impazienza. “Sto già morendo
di fame!”
Lui
e Cathleen fecero strada al resto del gruppo verso la rampa di scale
che conduceva all'uscita. Forse loro non se ne rendevano conto, ma
gli altri lo notarono e presero a scambiarsi occhiate eloquenti.
Ancora
si tenevano la mano, nonostante ormai la folla si fosse smaltita.
*
* *
Tutti
i luoghi e le cose che ho descritto e nominato sono realmente
esistenti. Quando inserirò dei luoghi da me inventati lo
specificherò.
Spero
di essere riuscita a rendere l'idea di ciò che i ragazzi hanno
vissuto ^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 38 *** Capitolo 38 ***
ReggaeFamily
Capitolo
38
Sunset
Boulevard era una grandissima via dalle mille sfumature: in ogni
angolo si potevano scorgere bancarelle, ristoranti, fast food, negozi
di ogni sorta, allegri turisti che passeggiava e disperdevano le loro
risate in aria, e artisti di strada che allietavano i passanti con la
loro musica.
“Sai
cosa mi piace di questo posto?” esordì Cathleen dopo
aver respirato per qualche minuto, senza fiatare, la magica e festosa
atmosfera di quel luogo.
“Un
sacco di cose, scommetto” ribatté Lionel, che
passeggiava accanto a lei e ogni tanto la osservava con la coda
dell'occhio, contento di vederla così felice e luminosa.
Per
lui Cathleen era bellissima, quel sorriso sognante che aveva stampato
in volto da diversi minuti le donava, e gliela faceva amare ancora di
più.
“Sì,
ma soprattutto amo l'insieme di cose così diverse che sono
radunate tutte nello stesso posto.”
In
quel momento entrambi vennero catturati dal suono di un violino; si
trattava di un ragazzo sui vent'anni, alto, piuttosto magro e dalla
carnagione olivastra che suonava all'angolo di una viottola laterale.
Il musicista era completamente assorbito dal suo strumento e non dava
la minima importanza a chi lo circondava, sembrava poco interessato
ad attirare l'attenzione. Nonostante ciò un piccolo gruppetto
di persone si era stretto attorno a lui; tutti erano rimasti colpiti
suo dal modo dolce e sentito di comporre melodie.
Cathleen
e Lionel si unirono al ristretto pubblico, seguiti subito dopo dal
resto dei loro amici.
“È
bellissimo” commentò la ragazza, cercando un contatto
con Lionel; gli posò infatti una mano sulla spalla con fare
esitante, indecisa se fosse o meno la cosa giusta da fare.
“Ed
è molto malinconico” aggiunse lui, osservando con
ammirazione la padronanza che il ragazzo aveva dello strumento.
“So
che è una cosa stupida, ma mi piacerebbe comporre e cantare
una canzone accompagnata da un violinista, uno bravo come lui”
si lasciò sfuggire Cathleen, arrossendo leggermente.
“Non
è stupido, sono sicuro che sarebbe una bellissima canzone!
Magari potrebbe parlare proprio di qualcosa che ti ha colpito
particolarmente di Los Angeles” osservò il ragazzo con
entusiasmo, circondandole le spalle con un braccio.
Dopo
qualche minuto il violinista concluse la canzone e, con aria stanca,
prese posto direttamente sul marciapiede con la schiena poggiata alla
parete e abbandonò il violino sulle sue gambe. Nel frattempo
uno scroscio di applausi per lui riempì l'aria e alcuni gli
rivolsero apertamente dei complimenti, mentre la maggior parte degli
spettatori levava le tende e tornava alla sua vita come se nulla
fosse accaduto.
Prima
che Cathleen e Lionel potessero accorgersene, si ritrovarono accanto
all'artista di strada mentre Tiffany, Ben e Kelsey intrattenevano una
conversazione con lui.
“Sei
davvero molto bravo! Da quanto tempo studi musica?” gli domandò
Tiffany con ammirazione.
“Da
quando avevo sette anni, ma non sono mai andato a lezione”
mormorò lui a disagio.
Non
sembrava affatto un tipo loquace ed espansivo, sicuramente anche i
complimenti lo mettevano in imbarazzo.
“Oh,
quindi hai imparato tutto da autodidatta? Non ci credo!”
esclamò Ben meravigliato.
“Dovresti
fare un provino per entrare in qualche orchestra” commentò
Kelsey con la sua consueta serietà.
Il
violinista arrossì vistosamente e scosse la testa. “Non
mi prenderebbero mai. E poi non suono per guadagnare, ma solo per
passione. La strada è il mio grande palco, perché mi
permette di regalare qualcosa di mio a milioni di persone senza che
loro paghino un biglietto.”
“In
ciò che fai ci metti il cuore, si sente” aggiunse
Cathleen. “Per esempio ho notato che il brano che hai suonato
era molto triste, ma ciò che mi ha permesso di capirlo sono
state le emozioni che mi hai trasmesso.”
“Io
suono prima di tutto per me stesso, come sfogo. Ma sapere che riesco
a fare qualcosa di buono mi gratifica; non posso che ringraziarvi.”
“Grazie
a te, continua così e non smettere mai di suonare!”
Tiffany gli sorrise.
Tutti
gli strinsero amichevolmente la mano come segno di saluto mentre lui,
incredulo, continuava a ringraziarli e ribadire che non meritava
tutti quei complimenti.
Infine
i sette si allontanarono e continuarono a commentare l'accaduto per
qualche minuto.
“Ecco,
vedi? Se vieni in vacanza qui a Los Angeles, giuro che ti riporto da
lui!” fece Lionel dando di gomito alla bionda accanto a lui.
Lei
ridacchiò. “No, io voglio che tu mi suoni il violino!”
“Ma
io sono già impegnato con l'equitazione, e si sa che i ragazzi
non riescono a fare due cose contemporaneamente nella loro vita!”
“Smettila
di cercare scuse, scansafatiche! Ora ti trascinerò con me a
fare un po' di shopping!” affermò lei tra le risate,
prendendolo sottobraccio e raggiungendo gli altri, dal momento che
erano rimasti qualche passo indietro.
Tiffany
era stanca, non ne poteva più di girare a vuoto e stava
cominciando ad avere seriamente fame. Sunset Boulevard era
davvero fantastica, una via stracolma di colori, suoni e persone, le
piaceva un sacco; ma cominciava a sentire su di sé il peso
dell'afa e della fastidiosa presenza di Alex. Quest'ultimo non
perdeva occasione di ronzarle attorno e punzecchiarla e, per quanto
la ragazza cercasse di ignorarlo, la sua pazienza si stava pian piano
esaurendo.
“Dai,
basta, entriamo in un locale qualsiasi e pranziamo!” ripeté
per l'ennesima volta Tiffany, lanciando un'occhiata truce alla grande
busta che aveva riempito con varie cianfrusaglie, acquistate durante
le ultime ore tra bancarelle e deliziosi negozietti in Sunset
Boulevard. Era felice dei suoi nuovi tesori, ma quel bagaglio la
stava devastando.
“Fermiamoci
al Mc!” propose Ben, facendo un cenno verso un fast food Mc
Donald's a pochi metri da loro.
“A
essere sincera questo posto non mi ispira. Prima ho adocchiato una
specie di pub, era in stile irlandese o scozzese, e il cibo non
sostava tanto! Che ne dite di andare lì?” obiettò
Cathleen indicando la direzione da cui erano arrivati.
“Ma
sei pazza? Non ho nessuna voglia di fare nuovamente tutta quella
strada!” protestò Alex aggrottando le sopracciglia.
“Basta!
Chi vota per il Mc?” intervenne Grace con calma per cercare di
placare la discussione, che trovava piuttosto stupida e inutile in
quel momento.
Ben,
Alex, Lionel e Tiffany sollevarono la mano, così Cathleen si
ritrovò a sospirare.
“Kelsey,
tu?” domandò ancora la mora.
“L'importante
è che metta qualcosa sotto i denti. Il mio stomaco si sta
digerendo da solo” rispose lui con un'alzata di spalle.
“E
Mc Donald's sia!” decise infine la ragazza, incrociando lo
sguardo di ognuno dei suoi compagni di avventura. Tranne Ben; il solo
fatto di guardarlo negli occhi la metteva in imbarazzo, avrebbe fatto
qualsiasi cosa perché lui non se ne rendesse conto.
Il
gruppo si diresse all'interno dell'affollato fast food e,
fortunatamente, riuscì a trovare un tavolo abbastanza grande
da accoglierli tutti.
Al
momento delle ordinazioni, Grace si guardò attorno spaesata:
non aveva per niente fame, lo stomaco le si era chiuso da quella
mattina e la sola idea di mandare giù qualcosa le provocava
uno strano senso di nausea. Optò per una porzione di patatine
fritte che, ne era certa, non avrebbe nemmeno assaggiato.
“Grace,
ma... come mai solo le patatine? Non è un pranzo sostanzioso!”
si preoccupò subito Tiffany.
“Ehm...
non ho molta fame” biascicò con lo sguardo fisso sul
piano del tavolo.
Improvvisamente
sentiva una grande ansia addosso. Si stava pian piano rendendo conto
che di lì a poche ore tutta l'America avrebbe potuto vedere al
cinema il suo volto e la sua performance da attrice, avrebbe sentito
la sua voce, l'avrebbe potuta valutare. Stava per diventare famosa:
si sentiva davvero pronta?
Avrebbe
lei stessa guardato il lavoro svolto e la cosa la imbarazzava, ma la
cosa peggiore è che sarebbe stata in compagnia di sei persone
che, in realtà, non conosceva nemmeno tanto bene.
Era
una situazione bizzarra, surreale, che la faceva sorridere ma allo
stesso la buttava giù.
Stava
male, ma non voleva darlo a vedere. Anche nella vita reale avrebbe
dovuto recitare.
“Grace”
la richiamò Tiffany, che sedeva accanto a lei, dopo qualche
minuto. “Non hai toccato cibo, qualcosa non va?”
La
ragazza cadde dalle nuvole e si ritrovò automaticamente a
scuotere la testa. “Tutto bene” mentì.
“L'agitazione
può giocare brutti scherzi” suggerì Lionel quando
finì di masticare il boccone, lanciando un'occhiata
rassicurante a Grace.
“Può
essere” ammise lei, in imbarazzo per essersi tradita da sola.
“Sei
stata molto coraggiosa; io non sarei mai riuscito a girare un film,
con la consapevolezza che poi sarei finito sugli schermi di tutta
l'America!” commentò Ben.
“Perché
no? Secondo me invece sarebbe una figata!” lo contraddisse Alex
con aria sognante.
“Qualcuno
è più portato per stare al centro dell'attenzione”
tagliò corto l'attrice. “Se volete potete spartirvi le
mie patatine, io non le voglio” aggiunse poi, spingendo il suo
vassoio al centro del tavolo.
“Ma
Grace, devi mangiare qualcosa, altrimenti ti sentirai male!”
tentò di convincerla Tiffany con aria preoccupata.
Nel
frattempo, approfittando della distrazione generale, Cathleen aveva
lanciato uno sguardo a Kelsey con la coda dell'occhio; il ragazzo
consumava tranquillamente il suo panino, seduto tra lei e Alex, e
seguiva le conversazioni degli altri senza prendervi parte.
“Che
c'è?” domandò alla ragazza, notando il suo
sguardo leggermente malinconico.
“Scusa
Kel” sussurrò lei.
“Per
cosa?”
“Mi
sento in colpa perché... tu partirai presto e io, al posto di
passare con te tutto il tempo a disposizione, ti sto trascurando.”
Kelsey,
senza scomporsi troppo, si lasciò sfuggire una risatina sotto
i baffi e replicò prontamente: “Ho capito perfettamente
ciò che sta accadendo, quindi non scusarti e goditi il
momento. Io sono contento lo stesso, anche solo per il fatto di
essere qui.”
Cathleen
arrossì vistosamente. “Oddio, la cosa è così
palese?”
“Non
lo so, ma io me ne sono reso conto tanto tempo fa, forse perfino
prima di voi.”
“Grazie
Kel, sei un vero amico!”
Lui
scosse la testa come per sminuirsi e si adoperò nuovamente per
finire il suo pranzo.
Dieci
minuti più tardi il gruppo lasciò il locale; ma i
ragazzi non fecero in tempo a fare pochi passi che vennero
intercettati da un simpatico signore situato dietro un colorato
stand: “Giovanotti, volete dello zucchero filato?”
Loro
si fermarono a osservarlo, interdetti.
“Zucchero
filato? Non lo assaggio da quando avevo otto anni!” commentò
Alex con aria scettica.
“Ecco,
questa è l'occasione giusta per mangiarlo di nuovo! Ditemi un
po': siete qui in gita scolastica?” L'uomo finì di
preparare un bastoncino di zucchero fuso e sventolò la dolce
nuvoletta davanti ai loro visi.
“Diciamo
di sì. Però, che buon profumo!” esclamò
Tiffany, contenta come una bambina la mattina di Natale.
Il
signore ridacchiò divertito. “Mi piacete, sembrate dei
ragazzini svegli. Vi regalo un bastoncino a testa, d'accordo?”
propose.
“Cosa?
Ma siamo in sette, ne è sicuro?” fece Lionel incredulo.
“Non
vogliamo impoverirla!” aggiunse Ben con una risata.
Lui
scoppiò a ridere di gusto. “Siete troppo forti! Su,
signorina dai capelli neri e lunghi, è tutto tuo! Ora preparo
anche gli altri!”
Grace
si ritrovò con una bacchetta di zucchero filato tra le mani e
si rese conto che non poteva rifiutare. Avrebbe fatto uno sforzo:
quello sarebbe stato il suo pranzo, anche se l'idea la nauseava un
po'.
Qualche
minuto più tardi Grace, Cathleen, Alex, Lionel, Ben, Kelsey e
Tiffany passeggiavano tra la folla con una nuvola bianca davanti al
viso, facendo attenzione a non impiastricciarsi troppo e non sporcare
le persone che passavano accanto a loro.
Si
sentivano dei veri e propri turisti e, nonostante la maggior parte
non lo volesse ammettere, camminare in Sunset Boulevard nel mentre
che divoravano il loro dolce e rimanere sorpresi da ciò che li
circondava era un vero e proprio sogno.
“Non
è possibile!”
Cathleen
e Tiffany non facevano che esultare e lanciare urletti di emozione.
Si erano armate di macchina fotografica e cellulari per scattare una
miriade di foto.
Anche
i ragazzi, seppur con più discrezione, non potevano credere di
trovarsi in Hollywood Boulevard, precisamente sul marciapiede
destro decorato dalle leggendarie stelle.
“Quando
mamma vedrà la stella di Harrison Ford morirà
d'invidia, me lo sento!” esclamò Tiffany, dando
un'occhiata agli ultimi scatti fatti.
“Ho
trovato Walt Disney!” si illuminò Ben, indicando una
stella ai suoi piedi.
Il
primo ad avvicinarsi fu Kelsey, profondamente interessato, ma venne
quasi scaraventato a terra dalle ragazze e Lionel.
“Oddio,
io sono cresciuta con i film della Disney!” strepitò
Cathleen, ammirando la stella rosa davanti ai suoi occhi.
“Io
so che da qualche parte c'è anche quella di Topolino... avrei
voluto vederla, ma non so dov'è” affermò Grace.
“È
una vergogna: abitiamo a Los Angeles e solo ora abbiamo visitato
questo posto” commentò Lionel rivolto a suo fratello.
“Già.
E se cercassimo quelle dei Beatles? Secondo voi sono molto lontane?”
propose Alex, cercando di scorgere le scritte delle stelle più
avanti.
“Magari
sono dall'altra parte” gli fece notare Ben, indicandogli il
marciapiede dalla parte opposta della strada.
“Kel,
tu hai qualche richiesta in particolare?” domandò
Tiffany, mentre Alex e Ben erano alle prese con un enorme pupazzo con
le sembianze di Lisa Simpson. Da quando avevano messo piede in quel
posto, erano stati intercettati da sosia di un sacco di personaggi
famosi che chiedevano una foto a pagamento. Alcuni erano davvero
simili ai personaggi che cercavano di imitare, ma fino a quel momento
nessuno aveva ceduto.
Lisa
Simpson invece stava riscuotendo parecchio successo.
“MI
sarebbe piaciuto vedere la stella di Charlie Chaplin, ma abbiamo poco
tempo” ammise lui.
“Possiamo
cercarlo quando usciamo dal cinema!” lo rassicurò
Cathleen.
“Dai,
è tardi, andiamo! Dobbiamo essere a El Capitan Theatre
alle quattro!” si agitò Grace dopo aver consultato
l'orario dal suo cellulare.
“Siamo
molto lontani?” s'informò Tiffany.
“No,
è poco prima del TLC Chinese Theatres, dove c'è
il muro con le impronte” spiegò la ragazza, sistemandosi
nervosamente i capelli dietro le orecchie.
Ormai
non riusciva più a mascherare l'agitazione, le sue capacità
recitative non servivano più a niente. La verità era
che avrebbe voluto essere in qualsiasi altro posto pur di scappare a
quella situazione.
I
suoi genitori avevano ragione: aveva sbagliato tutto, quella
dell'attrice non era la carriera giusta per lei, perché
avrebbe dovuto sopportare il peso di milioni di sguardi su di sé.
Tiffany
si accorse subito del suo malumore, così la prese sottobraccio
mentre si incamminavano verso la loro meta.
“Te
lo immagini se un giorno decideranno di dedicare una di queste stelle
a te?” esordì la bionda.
“Sinceramente
no.”
“Dai,
non essere così negativa! Ricordati che se ti hanno scelto per
questo film, è perché hai talento e lo hai dimostrato!”
Grace
tacque, indecisa su cosa ribattere. Non aveva voglia di parlare con
nessuno, come al suo solito preferì chiudersi in se stessa e
ascoltare le conversazioni altrui.
Non
fiatò finché non si ritrovarono nella grande sala
cinematografica, nei posti d'onore riservati agli attori del film. E
nel buio si lasciò sfuggire qualche lacrima di cui nemmeno lei
sapeva spiegarsi il motivo.
*
* *
Ciao
a tutti! ^^ E anche questo capitolo incentrato su Los Angeles è
andato! Che ve ne pare? Io ho cercato di raccontare almeno un minimo
i luoghi in cui i ragazzi sono stati, ma non mi sono potuta dilungare
più di tanto per non rendere troppo pesante la lettura. Spero
di aver comunque reso l'idea, in ogni caso approfondirò
maggiormente Hollywood Boulevard in un prossimo capitolo!
La
settimana prossima ci sarà un aggiornamento particolare per
questa storia: racconterò un po' la storia del film (di cui
non ho parlato quasi per niente) inserendo ogni tanto qualche ricordo
di Grace. Sarà in un certo senso uno spin-off, spero di
riuscire in quest'esperimento!!! :3
Grazie
a coloro che sono ancora qui, mi auguro che la storia continui a
piacervi anche in questi ultimi episodi! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 39 *** Capitolo 39 ***
Capitolo
39
Per
Grace era sempre la solita storia: la sua vita poteva essere
considerata normale da coloro che non la conoscevano.
Fortunatamente
il suo carattere era forte; si reputava una ragazza solare e allegra,
il che la aiutava a nascondere il suo malessere.
Nessuno
sapeva che, una volta sola nella sua camera, si divertiva a cantare,
perfezionare la sua tecnica, improvvisare coreografie e ammirare
l'operato dei suoi cantanti e attori preferiti. Era una passione che
cercava di nascondere, soprattutto ai suoi genitori: loro avrebbero
voluto che si impegnasse maggiormente nello studio per poi andare
all'università. Medico, avvocato, contabile, insegnante...
questi per loro erano lavori dignitosi, ma a Grace non piacevano.
Lei
voleva emozionare con la sua voce, stregare con i suoi movimenti.
E
anche quel pomeriggio, dopo l'ennesima mattinata all'insegna della
finzione, si ritrovava a piangere seduta sul bordo del suo letto.
Voleva
soltanto che i suoi genitori fossero fieri delle sue passioni e la
sostenessero; voleva loro molto bene e soffriva immensamente per
quella situazione.
Grace,
stringendo convulsamente il bracciolo della sua poltroncina,
osservava il suo viso rigato dalle lacrime sullo schermo. Ormai anche
nella realtà non riusciva più a controllarsi: piangeva
perché era contenta di essere lì, ma allo stesso tempo
spaventata.
E
piangeva per via dei ricordi che riaffioravano attraverso le scene
del film.
Ricordava
perfettamente il momento in cui aveva girato quella: le lacrime non
erano un effetto, aveva pianto davvero. Pensava ai suoi genitori e
provava gli stessi sentimenti della protagonista.
Non
avrebbe mai voluto litigare con loro per questa sua scelta, ma non
aveva trovato altra soluzione.
“Voglio
iscrivermi alla Music Arts School” confidò Grace alla
sua migliore amica Jennyfer, mentre si dirigevano in classe.
Il
giorno prima la ragazza aveva visto un manifesto che invitava tutti
gli appassionati di canto e ballo a iscriversi a una prestigiosa
scuola e non se l'era più tolto dalla testa.
“Oddio,
ma sei impazzita? I tuoi genitori non te la lasceranno frequentare!”
esclamò Jennyfer con incredulità.
“Ma
loro non lo sapranno!”
“Non
ti seguo.”
“Mamma
e papà lavorano sempre nel pomeriggio, quindi riuscirò
a tornare in tempo a casa e a far finta di niente!” chiarì
la ragazza con ovvietà.
“Oddio,
sarebbe un sogno!” strepitò l'altra. “Ma immagino
ci sarà una somma mensile da pagare, come farai?”
Grace
scosse la testa. “Mi sono informata su tutto ieri. La scuola è
un progetto nato un anno fa e volto a dare l'opportunità ai
più talentuosi di frequentare dei corsi esclusivi. Quindi per
poter iscriversi è necessario superare delle durissime
selezioni, per il resto è gratuita; non si basa sui soldi, ma
sul talento. È questo che mi ha convinto.”
“Secondo
me è un progetto bellissimo” commentò Jennyfer.
“Un momento: selezioni? Quando?”
“Tra
due settimane.”
“Hai
paura?”
“Da
morire!”
Ed
eccolo, il moto di ribellione che aveva caratterizzato anche il suo
percorso.
Grace
ripensò alla sua Jennyfer, ovvero Danielle. Lei era molto
diversa dal suo personaggio: fin da piccola aveva recitato come
comparsa in qualche film o serie TV di discreto successo, era
ultimamente riuscita a ottenere qualche piccola parte e quella era la
prima grande sfida per lei. In realtà era una ragazza calma,
padrona di se stessa, sicura e molto professionale.
Loro
due erano da subito andate d'accordo, ma Grace l'aveva sempre
preferita nel ruolo di Jennyfer: sbadata, semplice e sempre
entusiasta per i successi dell'amica.
Grace
si presentò da sola al provino: quando era particolarmente
agitata o sotto pressione preferiva non rivolgere la parola a
nessuno.
“Grace
Waters.” Lo stimatissimo Professor Miller, presidente di giuria
e insegnante di canto corale, la chiamò in tono piatto.
Il
suo cuore prese a fare le capriole nel petto. Ora sì che era
davvero devastata dall'ansia: avrebbe dovuto cantare e ballare
davanti a un pubblico d'eccezione, i professori della Music Arts
School, volti noti del panorama musicale, teatrale e cinematografico
nazionale.
Grace
si posizionò davanti a loro e, come suggerito da Jennyfer, non
abbassò mai lo sguardo.
“Cosa
ci canti?” domandò cordialmente Miller, osservando con
sguardo critico il suo abbigliamento semplice sulle varie tonalità
dell'azzurro.
“Ho
preparato Listen di Beyoncé” proferì lei,
cercando sempre di mostrarsi sicura e rilassata.
“Bella
scelta, piuttosto difficile da interpretare” commentò la
Professoressa Levy, insegnante di canto moderno, regalandole un lieve
sorriso dalla sua postazione accanto a Miller.
Quel
gesto d'approvazione e incoraggiamento le diede la carica per non
scappare via; cantò uno dei suoi brani preferiti con tutta la
sua passione, sentendo la vita scorrere nelle sue vene.
Dopo
la sua performance, la ragazza scrutò brevemente i volti dei
componenti della giuria: dalle loro espressioni non trapelava alcun
giudizio, era come se non avessero nemmeno sentito.
“Mentre
invece per quanto riguarda il ballo?” volle subito sapere
Miller.
“Ho
portato Candyman di Christina Aguilera; in realtà questa è
una coreografia creata da me. Ecco, mi piace improvvisare.”
Nella
stanza calò il silenzio e qualche istante dopo la base partì.
Grace si sentiva libera mentre eseguiva quei movimenti che conosceva
a memoria, tanto li aveva provati. Non si preoccupava quindi
dell'ordine in cui li doveva eseguire, ma solo della precisione e
della scioltezza.
“Jenny,
non ci posso credere! Sono stata ammessa, oddio!”
“Oddio,
ma stai scherzando? Fatti abbracciare, sono contentissima!”
“Ecco
a voi i nuovi iscritti al corso: Maria, Robert, Sandy, Grace,
Matthew, Jonathan...”
Grace
osservò con attenzione i membri veterani del gruppo di ballo,
che erano entrati nella scuola l'anno prima. Ma davvero avrebbe
dovuto ballare con loro?
Non
avrebbe mai pensato di trovarsi così in difficoltà nel
compiere un esercizio. Si sentiva umiliata davanti a tutti e,
nonostante la sua capacità di autoironia, avrebbe solamente
voluto sotterrarsi in quel momento.
Pensava
di non potercela fare. Forse non meritava di stare lì.
Il
suo volto andava in fiamme mentre i suoi compagni di corso le
lanciavano occhiate perplesse e divertite.
“Okay,
niente panico!” intervenne la paziente e pacata Professoressa
Summers, che guidava il corso di ballo sincronizzato. “Noi ora
continuiamo con la coreografia, mentre Grace sarà nelle mani
di qualcuno di voi e riproverà questa torsione. Candice, puoi
venire qui?”
Candice,
una bionda dal fisico mozzafiato nonché alunna più
brava del corso, si avvicinò con un lieve sorriso.
“Sarà
tuo il compito di insegnare a Grace; so che hai la pazienza e le
capacità per farlo, quindi non deludermi. Potete recarvi
nell'altra palestra, a quest'ora è vuota.”
Grace
si sentiva ancora di più in imbarazzo. Candice era davvero
brava, aveva frequentato diversi corsi di ballo, mentre lei era una
semplice autodidatta.
“Beh,
sì, ho sempre ballato, da quando ero piccola. I miei genitori
mi hanno sempre supportato in questa mia passione; ora che sono in
questa scuola i prof fanno spesso affidamento su di me” spiegò
Candice dando uno sguardo al cielo plumbeo attraverso le grandi
vetrate della palestra.
“Oh...
e canti anche?”
“Sì.
L'anno scorso dopo il saggio di fine anno accademico ho vinto una
borsa di studio che gli insegnanti avevano messo a disposizione.
Erano tre in realtà: io ho vinto la più alta, proprio
per il canto.”
Grace
si demoralizzò. Non sarebbe mai diventata come lei.
Quasi
non la riconosceva mentre interpretava la bellissima Candice.
Selene
– questo era il suo vero nome – aveva davvero tanto
talento, ne aveva da vendere. Era una professionista: aveva recitato
già molte parti importanti in vari film e addirittura le aveva
raccontato che conosceva Jamie Lynn Spears.
“Brava
in quello che fa, anche abbastanza socievole: ci ho parlato per un
po'. Ma decisamente non è il mio tipo, troppo snob e montata!”
aveva commentato.
Selene,
nonostante la sua importante carriera, non si era mai montata la
testa: era una ragazza semplice, l'aveva sempre incoraggiata anche
nei momenti di sconforto ed era una delle poche, in quel set, a
conoscere i suoi problemi scolastici e famigliari.
Erano
diventate grandi amiche nella vita reale, anche se nel film si
ritrovava spesso a invidiarla.
Quando
finivano le registrazioni di una scena in cui Candice si vantava dei
suoi successi, Selene prendeva sempre sottobraccio Grace e le
chiedeva scherzosamente scusa.
Cody.
Era
incredibilmente bello: alto, bel fisico, capelli castani, occhi
nocciola e carnagione olivastra.
Inizialmente
Grace non l'aveva notato, ma quando al corso di canto l'aveva sentito
esibirsi si era subito innamorata della sua voce calda e graffiante.
Quanto avrebbe voluto avvicinarsi a lui e scambiarci due parole!
Grace
ne aveva subito parlato con la fidata Jennyfer, che le aveva
consigliato di avvicinarsi a lui con una scusa.
Ma
tutto accadde per caso.
Un
giorno di pioggia, Grace si recò alla solita fermata del bus
per poter rincasare, ma un signore che si trovava là l'aveva
informata che il pullman avrebbe tardato di quasi un'ora.
“Oddio,
e adesso come faccio?” si disperò lei, calcolando che
non sarebbe mai riuscita a tornare a casa prima dei suoi genitori.
Proprio
in quel momento notò Cody che si avvicinava alla sua auto,
pronto ad andare via. Così, raccolto tutto il suo coraggio, lo
intercettò.
“Cody,
meno male che ho trovato te! Scusa il disturbo, ma avrei bisogno di
una mano d'aiuto... se non ti va o hai fretta non fa nulla...”
“Grace!
Oddio, sei fradicia! Scommetto che hai dimenticato l'ombrello!”
esordì lui con preoccupazione.
“Beh,
sì...”
“Dimmi,
di cosa avresti bisogno?”
“Ecco...
sono un po' di fretta e purtroppo il mio bus è in ritardo. So
che tu abiti nella mia stessa zona e... lo so, non è molto
educato, ma avrei bisogno di un passaggio. Pago io la benzina,
ovviamente!” buttò fuori Grace tutto d'un fiato,
arrossendo.
“Ma
certo che ti do un passaggio, non sei maleducata e non accetto i
soldi della benzina! Sei una mia compagna di corso, perché non
ti dovrei aiutare?”
“Grazie
mille del passaggio, te ne sono infinitamente grata!”
“Non
mi ringraziare, è stato un piacere! E devo ammettere che non
ti facevo così spigliata; se non altro ho avuto l'opportunità
di conoscerti meglio.”
“Lo
so, non do quest'impressione.”
Era
decisamente cotta di Cody.
E
dal giorno del passaggio ci scambiava sempre qualche parola, qualche
sorriso, qualche sguardo...
“Ho
già pensato ai duetti che si terranno durante il saggio di
quest'anno, e ora ve li comunicherò. Cominciamo da Cody.”
Grace
ci sperava con tutto il suo cuore. Sarebbe stato un sogno lavorare
con lui, avrebbe avuto l'opportunità di starci a contatto. E
poi amava il suo modo di cantare!
“Ho
deciso di mantenere la coppia dell'anno scorso, dato che l'ho trovata
una combinazione vincente. Cody, tu sarai con Candice.”
“Grace,
c'è qualcosa che non va?” domandò il ragazzo.
Si
trovavano al bar come di consueto: avevano stretto amicizia e quella
era diventata una tradizione dopo le lezioni.
Ormai
lui le dava sempre uno strappo al ritorno, così ci avrebbe
messo meno tempo a tornare a casa.
“No,
va tutto bene, perché?”
“Dai,
non mentire, siamo amici!”
“Scusa,
oggi non mi fermo al bar. Devo provare un'ora in più con
Candice, spero non ti dispiaccia.”
“Grace,
spiegami perché i tuoi voti sono calati tanto! L'anno scorso
la situazione non era così grave.”
“Basta
mamma, non mi tormentare.”
“Sono
seria, smettila di ignorarmi. Cosa fai di pomeriggio al posto di
studiare?”
“Vedi,
io non mi sento realizzata! Mi sembra di non aver fatto nessun
progresso da quando ho cominciato, e ormai sono passati mesi! Mi
sento così insignificante!” mormorò Grace tra le
lacrime.
Jennyfer
la stringeva in un abbraccio. “Tesoro, non pensarla così.
Il fatto che gli insegnanti non ti abbiano messo in coppia con Cody
non significa che tu sia una nullità!”
“Ma...
non mi hanno scelto né per i duetti, né per i balli di
coppia! Sono sempre l'ultima a imparare gli esercizi! Forse i miei
hanno ragione: questa non è la mia strada.”
“Ti
sto proponendo qualcosa di veramente speciale, e questo perché
ho notato dei grandi miglioramenti in te. Mi sono accorta che le
allieve veterane non erano abbastanza, così ho dovuto
scegliere alcuni nuovi allievi per i balli di coppia. Ho deciso di
premiarti: che ne dici di ballare assieme a Cody?”
“Prof
Summers, ma sta dicendo sul serio? Io...”
“No,
non dire che non ce la puoi fare! Se l'ho chiesto a te, è
perché conosco le tue capacità!”
“Ho
chiesto io di essere in coppia con te. Andiamo d'accordo, perché
non avrei dovuto?”
“Cody,
sei completamente pazzo.”
“Tu
dici?”
“Oddio,
sembro un orso!” commentò Grace tra le risate.
Lei
e Cody si trovavano nel grande salone da ballo, da soli, per provare
ancora il loro ballo di coppia. Non era una coreografia semplice e
dovevano ancora perfezionarsi.
“Macché,
stavolta sei stata davvero brava!” si complimentò lui,
facendole fare una piroetta.
Alla
ragazza girava la testa; la vicinanza con il ragazzo che amava la
mandava al settimo cielo. Ma, ne era sicura, lui si era preso una
cotta per Candice.
“Dai,
rifacciamolo!” esclamò Grace. “Certo che ne hai di
pazienza per star dietro a una come me!”
I
due ripresero a provare; ma lei, distratta e con la mente da
tutt'altra parte, inciampò e cadde addosso a Cody. Presa da un
istinto che non si sapeva spiegare, posò le sue labbra su
quelle di lui e una scarica elettrica si diffuse nel suo corpo.
“Scusa,
ho sbagliato!” squittì subito dopo, staccandosi quasi
immediatamente.
“E
chi ha detto che era uno sbaglio?”
Cody
la baciò di nuovo, stavolta con più passione.
La
schiena di Grace venne scossa da intensi brividi.
Non
poteva certo dimenticarsi la scena in cui aveva baciato, anche se non
per davvero, il bellissimo Corey.
Lui
era l'altro suo amico, colui che sapeva tutta la sua storia. Stavolta
il ruolo ricoperto dall'attore lo rispecchiava davvero: espansivo,
solare e divertente.
Grace
si era talmente immedesimata nel copione che aveva creduto davvero di
essersi presa una cotta per lui. Ma poi ci aveva riflettuto a lungo e
si era resa conto che non era questo che voleva.
Ora
ne era certa più che mai, soprattutto perché un altro
ragazzo aveva attirato la sua attenzione.
“Cos'è
questo?”
Grace
si sentì morire quando suo padre le mostrò l'invito
ufficiale al saggio di fine anno accademico al Fresh Theatre.
“L'abbiamo
trovato nella cassetta della posta stamattina. Cosa significa?”
intervenne sua madre in tono minaccioso.
“Sono
iscritta alla Music Arts School, okay? E vi dirò di più:
ho falsificato le vostre firme per la partecipazione al provino.
Adesso siete soddisfatti? Scommetto che vorrete rovinarmi la vita!”
“No,
noi vogliamo migliorartela. E siccome riteniamo che la scuola sia più
importante, da oggi smetterai di andare alle prove e ti impegnerai a
recuperare tutte le tue insufficienze! Chiaro?”
Grace
fece fatica a leggere il messaggio di Cody per via delle lacrime che
le appannavano gli occhi: «Grace, qualcosa non va? Non ti
presenti alle prove da due settimane, nessuno riesce a
rintracciarti... non mi far preoccupare, rispondi!».
Per
la prima volta da quando stavano insieme, ignorò un messaggio
del suo ragazzo.
“Prof
Summers? Cosa ci fa a casa mia?”
“Se
Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto!”
“Questo
cosa vuol dire?”
“Gira
voce che tu voglia abbandonare la scuola. Ecco, non lo permetterò!”
“Ecco,
e i miei genitori non permetteranno che io continui a frequentarla.”
“Mi
sei mancata. Non farmi mai più spaventare così,
chiaro?” sussurrò Cody stringendola forte a sé.
“Stai
benissimo con quest'abito!” commentò Jennyfer
emozionata.
“Oddio,
sto per morire d'ansia!”
“Spaccherai
tutto!” la rassicurò l'amica.
“E
i tuoi?” chiese Cody.
“Non
sanno che sono qui.”
“Mamma,
papà...” esordì Grace.
“Sì?”
rispose distrattamente sua madre.
“Che
voi lo vogliate o no, mi trasferirò di scuola.”
“Cosa?”
“Ho
partecipato al saggio finale contro la vostra volontà; un
talent scout di una scuola di musical mi ha notato e mi ha offerto
una borsa di studio per la sua accademia.”
“E
i tuoi come hanno reagito?”
“Sono
infuriati con me, quasi non mi rivolgono la parola. Mi hanno dato il
permesso di andare, dicono che prima o poi ci sbatterò il muso
e dirò loro che avevano ragione.”
Cody
tacque per qualche secondo e si limitò a osservarla.
“Sei
stata davvero magnifica al saggio, sai? Te lo sei meritato.”
“MI
fai troppi complimenti!”
“Perché
ti amo.”
E
i due non poterono fare a meno di azzerare la distanza tra i loro
volti.
I
titoli di coda cominciarono a scorrere sul grande schermo e Grace
scorse subito il suo, in testa.
Per
un'ora e mezza non aveva fatto altro che piangere, e nemmeno in quel
momento riusciva a fermare le lacrime.
Lei
era Grace, e ce l'aveva fatta.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 40 *** Capitolo 40 ***
Capitolo
40
“Oddio,
ma... è stato semplicemente bellissimo! Grace, sei stata
divina!” strillò Tiffany non appena individuò
l'attrice tra la folla che si dirigeva all'esterno della sala.
Grace,
in quanto partecipante al film, aveva avuto un posto d'onore e non
aveva potuto guardare il film accanto ai suoi amici; ne era stata
parecchio felice, si sarebbe vergognata se loro l'avessero vista
piangere. Infatti, prima di incontrarli si era assicurata di
asciugare bene gli occhi, anche se sapeva che il loro rossore
l'avrebbe tradita.
La
bionda la stritolò subito in un abbraccio, seguita poi da
Cathleen che faceva fatica a trattenere le lacrime. “Hai
interpretato a meraviglia una bellissima storia, mi hai commosso.”
“G-Grazie...”
balbettò la mora in imbarazzo. Non era certo abituata a
ricevere tutti quei complimenti e a essere sommersa di una tale dose
di affetto.
Anche
Lionel la strinse in un abbraccio, mentre Alex e Kelsey si limitarono
a posarle una mano sulla spalla, sorridere e congratularsi con lei
per il fantastico esordio nel mondo del cinema.
“Grace!”
esclamò Ben, posizionandosi di fronte a lei e posandole le
mani sulle spalle. “Io non ho parole. Il cinema, il canto e il
ballo sono decisamente la tua strada. Quindi fai come la Grace del
film: non abbandonare mai la tua passione!” Il ragazzo le fece
l'occhiolino ed entrambi capirono il riferimento alla loro
conversazione mattutina.
La
ragazza arrossì violentemente, incredula di aver ricevuto tali
complimenti proprio da lui, che occupava ormai un posto speciale nel
suo cuore.
Poi
Ben la strinse in un affettuoso abbraccio e ne approfittò per
sussurrare: “Hai pianto, vero?”.
Grace
avvampò per l'ennesima volta e rischiò di farsi
sfuggire nuove lacrime.
“Non
ti vergognare, è normale!”
Grace
sciolse l'abbraccio e venne nuovamente rapita dalle due sorelle, che
la presero sottobraccio; non riuscivano a contenere l'entusiasmo,
erano davvero orgogliose della loro amica.
“Mi
sa che è meglio uscire per sgomberare il passaggio”
suggerì Kelsey, notando che la gente spingeva per poter uscire
dalla sala.
“Giusto.
Così vi presento gli attori” concordò Grace.
“Dici
davvero?” domandò Lionel incredulo, rischiando quasi di
inciampare in un gradino per quanto era distratto.
Lei
fece spallucce e rispose con semplicità: “Sono miei
amici. In ogni caso ci incontreremo fuori dal cinema perché
anche loro sono qui.”
“Grace,
che piacere incontrarti! Davvero ottimo lavoro, sul grande schermo la
tua performance ha reso davvero bene!” Un signore sulla
cinquantina intercettò Grace e le strinse cordialmente una
mano mentre le parlava. Sfoggiava una chioma di capelli brizzolati e
indossava un completo nero elegante.
“Grazie
davvero signor Tylor, ho fatto del mio meglio” ribatté
lei con umiltà.
“Spero
vorrai partecipare al mio prossimo film; nonostante la tua poca
esperienza in questo ambito ti ho trovato davvero in gamba, veloce
nell'apprendere e professionale.”
“Onorata
nel ricevere questi complimenti.”
L'attenzione
del signor Tylor venne poi attirata da qualcun altro, cosicché
Alex potesse domandare a Grace: “E quel tizio chi è?”.
“Il
regista.”
“Dici
sul serio?” si sorprese lui, lanciando nuovamente un'occhiata
alla figura che ora dava loro le spalle.
“Certo.
Dai, usciamo, mi manca quasi il respiro qua dentro.”
Ma
una volta giunti quasi all'ingresso, una figura si fece largo tra la
folla e raggiunse il gruppetto. “Grace!”
“Danielle!”
Le
due si abbracciarono.
Cathleen
riconobbe subito quella bella ragazza bruna come Jennyfer, l'amica di
Grace. “Tu sei Jenny, vero? Davvero brava, complimenti!”
si fece avanti allora.
“Sì,
sono io, ma il mio vero nome è Danielle. Grazie mille davvero.
Tu sei...?” le si rivolse lei, stringendole una mano.
“Cathleen.
Noi tutti siamo amici di Grace, frequentiamo la sua scuola”
spiegò, facendo un cenno verso gli altri componenti del
gruppo.
Tutti
si presentarono; quando arrivò il turno di Alex, lui se ne
uscì: “Piccola, sai che quel vestito bianco il giorno
del saggio di Grace ti stava davvero d'incanto?”.
Lei,
senza scomporsi troppo, abbozzò un sorrisetto. “Grazie
per il complimento, gli stilisti hanno fatto una buona scelta in
effetti”.
Tiffany
sghignazzò. “Che caso perso, ci prova anche con le
attrici hollywoodiane e nemmeno se lo filano!”
“Ah,
beccata! Sei gelosa, vero?” esclamò allora lui, tentando
di intrappolarla in un abbraccio.
“E
smettila una buona volta” sbuffò lei, allontanandosi.
“Che
fai? Rimani a farci compagnia? Dove sono i tuoi?” domandò
Grace.
“No,
i miei genitori hanno prenotato in un ristorante per la cena, non
posso restare. Ma è stato un piacere rivederti; ci teniamo in
contatto, okay?”
“Certo!”
Danielle
salutò tutti con un sorriso raggiante e scomparve di nuovo tra
la gente.
“Simpatica”
commentò Kelsey.
“Quando
conoscerai Cody e Candice allora ti piaceranno molto. Sono
fantastici!”
“Sei
amica di Candice? Che nel film era la tua antagonista?” chiese
Ben curioso.
“Sì,
nella realtà è completamente diversa.”
I
sette riuscirono finalmente a lasciare il cinema e si ritrovarono sul
marciapiede, dove si stavano riversando tutti i componenti del cast e
gli spettatori.
A
Grace venne chiesta più volte una foto o semplicemente
qualcuno volle stringerle la mano e complimentarsi; lei non era
abituata, ma cercava di essere il più gentile possibile con
tutti.
“Grace!”
gridò a un certo punto una voce. Davanti agli occhi dei
ragazzi si materializzò una ragazza bionda e alta con un
fisico da modella; tutti riconobbero Candice.
La
nuova arrivata corse ad abbracciare la sua amica con entusiasmo e le
due si scambiarono complimenti e impressioni sul loro lavoro.
“Oh,
vedo che hai portato un bel po' di amici! Piacere a tutti, sono
Selene o Candice” si presentò poi la bionda, notando i
sei ragazzi che la osservavano con curiosità. Allora fece un
giro di presentazioni e ammise che avrebbe impiegato un po' a
memorizzare tutti i nomi.
“Però
Grace, hai avuto l'onore di lavorare con un sacco di ragazze
splendide” commentò Alex, completamente conquistato da
Selene; non le toglieva più gli occhi di dosso, sembrava aver
completamente dimenticato pure Tiffany. Quest'ultima tirò un
sospiro di sollievo, contenta di non avere più il ragazzo
addosso, ma allo stesso tempo era dispiaciuta per la povera attrice.
“Voi
che dovete fare? Cenerete qui in Hollywood Boulevard? Io penso di sì”
domandò Selene con un sorriso, lanciando un'occhiata complice
al gruppo.
“Beh,
penso proprio di sì. Non abbiamo prenotato da nessuna parte,
quindi possiamo andare dove preferisci, sempre se per te non è
un problema essere riconosciuta...” spiegò Grace, ma
all'improvviso venne interrotta da qualcuno che chiamava il suo nome.
La ragazza si voltò e si trovò faccia a faccia con
Corey.
Il
ragazzo si precipitò subito a salutarla e abbracciarla con
grande gioia. “Ce l'abbiamo fatta, Gray! Il film spacca, sono
contentissimo!”
La
ragazza sorrise nel sentire quel nomignolo buffo, che in realtà
rimandava a un cognome. Solo lui, in quattordici anni di vita,
l'aveva chiamata in quel modo.
“Oh,
ecco Cody!” commento Cathleen con gli occhi che brillavano.
Così
anche il nuovo arrivato si presentò e affermò di voler
passare un po' di tempo con Selene, Grace e i suoi amici.
“Ma
siete sicuri che i vostri genitori vi diano il permesso di cenare con
noi?” domandò perplesso Ben, cercando di capire se i due
attori fossero da soli o accompagnati dalle loro famiglie.
“Non
ti preoccupare: i miei genitori e quelli di Selene si conoscono da
tanto tempo ormai, sicuramente passeranno la serata insieme e non ci
vorranno tra i piedi. E poi io ho sedici anni, Sel ne ha quattordici,
siamo abbastanza grandi per andare a zonzo come ci pare!”
chiarì Corey.
Quest'ultimo
era palesemente fuori di sé dalla gioia, i suoi occhi non
smettevano di brillare e spesso circondava affettuosamente le spalle
delle colleghe con un braccio.
“Che
ne dite dell'Hard Rock Cafe per cena? Mi pare sia qui in zona...”
propose cautamente Kelsey, sperando di non infastidire nessuno con la
sua opinione. Oltre che aver sentito parlar bene del cibo di quel
locale, era anche intenzionato a comprare una maglietta con il suo
logo e la scritta HOLLYWOOD.
“Stavo
per dire la stessa cosa: lì si mangia bene!” concordò
Selene.
Così
i nove ragazzi si incamminarono nuovamente lungo il leggendario
marciapiede di Hollywood Boulevard. Ma qualche minuto più
tardi Grace, che era in testa alla fila insieme a Selene, venne
intercettata da un individuo piuttosto curioso e anche i suoi amici
furono costretti a fermarsi.
“Michael
Jackson?” sbottò Alex incredulo, avvicinandosi per
capire cosa stesse succedendo.
“Un
sosia” lo corresse suo fratello.
Tutti
erano parecchio incuriositi, mentre Grace conversava tranquillamente
con il nuovo arrivato.
“Ehi
Grace, come va? Come mai da queste parti?” esclamò il
finto Michael Jackson, infrangendo per l'occasione la sua
recitazione.
“Logan,
ciao! Non c'è male! Sono venuta a vedere la prima del mio
film!” raccontò lei con un enorme sorriso.
“Wow,
quindi è uscito? Com'è andata?”
“Scusa
Grace, ho una domanda: lo conosci?” intervenne Tiffany.
“Sì,
questo Michael Jackson si chiama Logan. Abbiamo stretto amicizia
mentre giravo il film, dato che mi trovavo spesso in questa zona.”
“Questi
sono tuoi amici? Ops, adesso hanno appreso che non sono il vero
Michael, avrei dovuto continuare a recitare...” scherzò
il ragazzo, regalando un occhiolino a Grace e Tiffany.
Quest'ultima
scoppiò a ridere. “Avrei dovuto credere in una sua
eventuale risurrezione!”
Anche
Lionel e Cathleen si avvicinarono maggiormente; la ragazza squadrò
Logan e scoprì che, sotto il travestimento, si trattava di un
ragazzo sui venticinque anni di bell'aspetto e con un sorriso
luminoso.
“Loro
sono due miei colleghi, anche loro hanno recitato nel film.”
Grace fece un cenno verso Selene e Corey.
Logan
li osservò attentamente e all'improvviso si illuminò.
“Ma sì, ho già visto questa ragazza! Frequenti
spesso Hollywood, vero?”
La
bionda annuì. “Il mio mestiere mi obbliga a sostare
spesso qui.”
“Io
sono un grande fan di Micheal Jackson!” affermò Kelsey;
per la prima volta durante la giornata si era lasciato andare a un
genuino entusiasmo, ammirava il sosia del suo idolo senza nascondersi
e non si vergognava di lasciar trasparire le sue emozioni.
“Hai
visto la stella dedicata a me, cioè, a lui? È proprio a
qualche metro da qui!” gli si rivolse Logan.
“No,
dov'è?” Kelsey prese a guardarsi attorno con impazienza.
L'amico
di Grace allora scortò il gruppo fino alla stella, oggetto di
interesse comune.
“Sentite:
mi sembrate tutti dei tipi simpatici, ma questo era scontato, dato
che siete amici di questa graziosa donzella” esordì
Logan circa un minuto più tardi, arruffando i capelli di
Grace. “Che ne dite di una foto tutti assieme con il vostro
personale Jackson?”
“Mi
dispiace, io non ho abbastanza soldi, devo anche cenare”
rifiutò subito Alex incrociando le braccia al petto.
“Ma
per voi è gratis, siete degli amici! Coraggio, non vi
ricapiterà più un'occasione del genere!”
Fu
un'impresa difficile far rientrare nell'inquadratura del cellulare i
dieci volti, ma il caso volle che un cameraman che aveva lavorato al
film di Grace passasse di lì proprio in quel momento, e il suo
magico tocco rese la foto ancora più bella e pittoresca.
“Grazie
mille Logan! Ora ti devo salutare, dobbiamo cenare prima che la
navetta venga nuovamente a prenderci per riportarci a scuola!”
Grace salutò frettolosamente il suo amico e gli regalò
un ultimo sorriso prima di voltarsi e seguire i suoi amici.
“Okay,
alla prossima, ragazzina! Mi raccomando, sempre in gamba e passa a
salutarmi ogni tanto!” concluse lui, per poi tornare al suo
lavoro, sommerso dalla folla.
“La
Newton! Ho sentito parlare bene di quella scuola, so che spesso i
talent scout vi si recano per cercare nuovi artisti!” commentò
Selene quando apprese che tutti gli amici di Grace provenivano da
quella scuola.
“In
realtà c'è una cosa assai buffa che non vi avevo mai
raccontato, ma ora che avete conosciuto Cat è giunto il
momento! Dovete sapere che in teoria doveva esserci lei al mio posto,
sarebbe dovuta essere lei la Grace del film” cominciò la
corvina, dando di gomito a Cathleen che sedeva nel tavolo tra lei e
Lionel.
Corey
sgranò gli occhi. “Come sarebbe a dire?”
Così
lui e Selene, tramite un avvincente racconto, scoprirono tutta la
faccenda dei provini e del gesto di Cathleen.
“È
stato molto coraggioso da parte tua” sussurrò Selene al
termine della storia, lanciando un'occhiata di sottecchi alla bionda.
“Non
ho potuto farne a meno: la fama non fa per me, il solo pensiero di
essere riconosciuta da mezzo mondo mi mette l'ansia. Sto bene dove
sto.”
“Beh
Cat, grazie mille per aver spedito Grace da noi!” aggiunse
Corey per sdrammatizzare.
“Non
vi siete persi niente!” scherzò Ben, dando un leggero
calcio sotto il tavolo alla sua amica.
“Spiritoso”
rispose lei in tono ironico.
Le
conversazione attorno a quel tavolo dell'Hard Rock Cafe andavano
avanti nonostante la cena si fosse conclusa ormai da un pezzo. Tutti
sembravano andare davvero d'accordo, in particolare gli studenti
della Newton rimasero colpiti dalla vivacità e spigliatezza
dei due attori. Tutti si sarebbero aspettati che le star
hollywoodiane avessero un carattere chiuso e schivo, invece si
dovettero presto ricredere: avevano trovato dei ragazzi normali,
proprio come loro.
“La
navetta passerà tra un'ora circa, dobbiamo farci trovare in
Sunset Boulevard!” annunciò Grace dopo aver dato uno
sguardo veloce al suo cellulare.
“Non
ci posso credere, tra poco andremo via” mormorò Tiffany
in tono deluso.
“Io
voglio comprare una maglietta dell'Hard Rock prima di andare via da
qui” decise Kelsey.
Alla
fine saltò fuori che quasi tutti erano intenzionati ad
acquistare qualcosa dallo shop; così tutti lasciarono il
tavolo e si recarono nella zona apposita per la merce.
“Gray,
avrei bisogno di una boccata d'aria fresca, qua dentro si soffoca...
mi potresti fare compagnia, per piacere?”
Grace
non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi per capire chi le aveva posato
una mano sulla spalla, era stato quell'inconfondibile Gray il
principale indizio.
“Certo”
accettò. “Sai Corey, mi mancherà il set
cinematografico. Avevo trovato degli amici, ormai mi ero abituata ai
ritmi di lavoro...” si confidò mentre lei e il suo amico
raggiungevano l'uscita.
“So
che ti volevano scritturare per un nuovo film; perché non
accetti?”
“Ci
devo pensare” tagliò corto lei, mentre l'aria fresca
della sera le accarezzava il viso rosso e accaldato.
Nonostante
a quell'ora la temperatura fosse calata, l'atmosfera di Los Angeles
somigliava a un abbraccio accogliente e rassicurante che neanche le
tenebre sapevano spazzare via.
“Senti,
io ti ho portato qui fuori per un motivo ben preciso.”
Quella
frase, pronunciata in quel tono così serio, lasciò
Grace di stucco. Corey a quanto pareva le avrebbe detto qualcosa di
importante e lei non sapeva cosa aspettarsi. Un sospetto si fece
strada nella sua mente, ma lei subito lo scacciò, convinta che
non potesse trattarsi di quello.
“Sai
che sono una persona schietta, certe volte pure troppo, e quindi lo
sarò anche stavolta: ho perso la testa per te, ti penso
sempre. Inizialmente non credevo che potesse accadere, eri solo una
grande amica, ma poi... è come se mi fossi lasciato trascinare
dal copione, da quella vicinanza obbligatoria sul set, da quei baci
finti che per me hanno assunto un grande valore... Insomma, ho sempre
sentito una strana elettricità scorrere in me quando eri al
mio fianco. Certo, non sono il tipo più romantico del mondo,
ma almeno ti ho detto ciò che provo.”
Il
cuore di Grace si era quasi fermato a quelle parole, il suo viso era
diventato ancora più pallido del normale e le mani avevano
cominciato a sudare e tremare come poche volte le era capitato in
vita sua. Eccolo, il suo peggiore incubo si era avverato, era proprio
davanti a lei.
Aveva
sempre avuto il terrore che qualcuno le confessasse i suoi
sentimenti. Perché poi avrebbe dovuto rifiutarlo. E la cosa la
faceva stare tremendamente male.
“Grace,
stai bene? Forse ho un po' esagerato” si preoccupò
Corey, posandole una mano sulla spalla.
Lei,
in tutta risposta non poté che scoppiare a piangere come una
bambina. Era esausta, provata da tutto ciò che ultimamente
stava capitando, ma soprattutto non voleva far soffrire e perdere uno
dei pochi amici che era riuscita a farsi.
No,
non lo ricambiava. Nel suo cuore c'era soltanto Ben.
Ma
non riuscì a esprimere quei pensieri, si limitò a
versare lacrime salate tra le braccia di Corey finché il resto
del gruppo non si radunò fuori dal locale.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 41 *** Capitolo 41 ***
Capitolo
41
Lisa
non riusciva a darsi pace: da quando i suoi amici erano tornati da
Los Angeles, aveva notato che Grace e Ben si erano palesemente
avvicinati. Dentro di sé sapeva che era inutile essere gelosa:
il suo ex era ormai libero e poteva passare il tempo con chi
preferiva.
Ma
lei non lo poteva ugualmente accettare. Non aveva nulla contro Grace,
ma ai suoi occhi appariva come una ragazza alquanto insignificante,
non meritava Ben.
Pensava
a tutto ciò mentre, in quel pomeriggio di maggio, lei e
Cathleen davano una sistemata alla loro stanza e si prendevano
qualche ora di riposo.
“Cat?”
La
bionda impiegò qualche secondo a tornare con i piedi per terra
e capire che Lisa l'aveva chiamata; si voltò nella sua
direzione con una pila di indumenti puliti tra le mani. “Dimmi.”
“Hai
notato anche tu che Grace ci sta provando con Ben?”
“Stanno
stringendo amicizia, ma non so se lei gli faccia delle avances. Mi
sembra strano, è così timida!”
Lisa
aggottò le sopracciglia. “Ma passano un sacco di tempo
insieme” obiettò.
“E...
tu sei gelosa?” Cathleen aveva voluto rischiare con quel
quesito: sapeva che la sua compagna di stanza sarebbe potuta
esplodere e a quel punto avrebbero cominciato a discutere.
“Un
po'” ammise la mora. “Anzi, abbastanza. Diciamo che vado
in bestia ogni volta che li vedo vicini” aggiunse con uno
sbuffo.
“Lisa,
sai che tu e Ben non state più assieme” la rimproverò
l'altra ragazza cercando di mantenere la calma.
“E
tu sai che io lo amo ancora” ribatté prontamente
l'altra, avvicinandosi alla finestra e perdendo lo sguardo
all'esterno.
“Dovresti
superare tutto ciò.”
“Sono
sincera: Grace non mi piace, non ce la vedo proprio con Ben.”
Cathleen
non aveva nessuna voglia di mandare avanti quella conversazione in
cui sicuramente avrebbe difeso la sua nuova amica e sarebbe dovuta
andare contro Lisa. Nella loro stanza da qualche settimana si
respirava un'atmosfera un po' tesa e pesante, non era il caso di
aggravare ulteriormente la situazione.
Così
lasciò cadere l'argomento e riprese a sistemare i suoi
indumenti nei rispettivi cassetti.
“E
tu invece che mi racconti? Novità in campo amoroso?”
domandò la mora, spezzando per l'ennesima volta il silenzio.
A
quelle parole la bionda sobbalzò leggermente. Per lei c'erano
davvero tante novità: il suo rapporto con Lionel era diventato
davvero ambiguo nell'ultimo periodo e, anche se non sapeva ben
definire cosa ci fosse tra loro, sentiva che ormai il limite
dell'amicizia era stato superato. Tuttavia non ne aveva fatto parola
con la mora perché anche la loro amicizia era radicalmente
cambiata, si era raffreddata fino a diventare una scialba tolleranza.
“No,
niente di nuovo” si ritrovò a borbottare. Il suo cuore
aveva parlato prima di lei, e aveva scelto di mentire.
“E
quindi Marta verrà a trovarci a fine giugno?” Cathleen
era rimasta davvero stupita dalla notizia che Lionel le aveva appena
dato.
Avevano
appena lasciato la mensa dopo la cena e si stavano dirigendo al parco
per passare un po' di tempo insieme e approfittare del fresco della
sera.
“Esatto!
Questo pomeriggio sono stato al telefono con lei per almeno due ore e
a quanto pare vuole venire a passare una settimana qui da noi prima
delle vacanze estive! I suoi potrebbero prendere in considerazione
l'idea di iscriverla qui per il prossimo anno, quindi il preside è
d'accordo ad accoglierla per una settimana di prova, se così
si può definire!” raccontò lui con entusiasmo.
“Sono
contentissima di poter passare con lei una settimana intera, la
adoro! Sul serio potrebbe venire a studiare qui?!”
“Non
c'è nulla di certo. Sai che per stare qui non si paga poco e
non tutti se lo possono permettere, ma i suoi genitori tengono molto
all'istruzione della figlia e, se quest'estate la loro situazione si
stabilizzerà, cercheranno di fare questo sforzo.”
Cathleen
lanciò un gridolino. “Ma è fantastico!”
Lionel
non poté fare a meno di sorridere. “A chi lo dici.”
“Pensi
che lei ed Angel...?” insinuò la ragazza in tono
malizioso.
“Marta
mi ha detto che si scambiano messaggi ogni giorno, ma lui non vuole
parlare al telefono con lei perché si vergogna. Sono sicuro
che quando si rivedranno... boom! Secondo me sarebbero una coppia
stupenda!” cinguettò il ragazzo con aria sognante.
“Che
carini! Sono due opposti e si completano: lei è l'unica che
riesce a farlo uscire dal suo guscio!”
Entrambi
erano in brodo di giuggiole e continuarono a parlare della visita di
Marta alla Newton Academy, che non era poi così lontana.
Ma
una scena che si stava svolgendo presso l'ingresso del bar interruppe
la loro conversazione e la loro passeggiata. I due si scambiarono uno
sguardo complice e cercarono di avvicinarsi il più possibile
senza attirare l'attenzione.
Ben
ascoltava l'incessante monologo di una ragazza che l'aveva bloccato
per un polso e gli impediva di muoversi. Il ragazzo pareva irritato
da quella situazione e da quella presenza, ma stava palesemente
compiendo uno sforzo per non mandarla al diavolo. Non sarebbe stato
da lui.
Cathleen
e Lionel inizialmente non riconobbero la ragazza poiché si
trovavano alle sue spalle, ma quando lei si mosse e il suo volto si
delineò con chiarezza, i due rimasero di sasso.
“Tracy
Linnon? Ancora?” sbottò il ragazzo, cercando di non
sollevare troppo il tono della voce.
“Ma
che vuole ancora? Ben è stato abbastanza chiaro mesi fa!”
si indignò Cathleen.
Intanto
Ben era riuscito a liberarsi dalla stretta di Tracy ed era
indietreggiato di qualche passo. Lei, in tutta risposta, lo osservava
con i suoi grandi occhi scuri contornati dal solito trucco pesante e
si scostava i capelli dal viso con movimenti lenti e studiati.
“Non
gli rivolgeva la parola da almeno sei mesi! Ma che problemi ha?”
commentò ancora Lionel, sempre più basito.
“Secondo
me ha scoperto che non sta più con Lisa e ha deciso di farsi
nuovamente avanti. Che squallida” suppose la sua amica con una
smorfia disgustata.
Infine
Ben rientrò nel locale e Tracy lo seguì come un fedele
cagnolino; i due spettatori constatarono che non avrebbero visto
altro per quella sera e ricominciarono a passeggiare in direzione del
parco.
“Io
spero solo che lui riesca a liberarsene al più presto”
affermò Cathleen con un sospiro. Era davvero dispiaciuta per
il suo amico: Ben non sopportava Tracy e di sicuro ritrovarsela
addosso non doveva essere stato piacevole per lui.
“Tracy
è una ragazza davvero insistente e a quanto pare non capisce
quando le vengono dette le cose. Anche a me dispiace che sia proprio
il nostro Ben a doverci avere a che fare.”
Mentre
continuavano a commentare l'accaduto, presero posto su una panchina.
Il parco era quasi deserto perché la maggior parte dei ragazzi
in quei giorni era impegnata nello studio e non aveva tanto tempo per
andare a zonzo.
Lionel
si rese subito conto di essere completamente da solo con lei e
la cosa lo mise subito in soggezione. Poteva accadere di tutto e lui
non sapeva cosa aspettarsi: si erano scambiati un solo sfuggente
bacio, che era parso quasi un errore, e non riuscivano più a
starsi lontani, spesso si ritrovavano mano nella mano senza
accorgersene o comunque cercavano un contatto fisico in ogni
circostanza.
Forse
quella sarebbe stata la volta buona per fare chiarezza.
“Non
ci posso credere” mormorò Cathleen. Intanto aveva preso
la mano del ragazzo, che era abbandonata sulla panchina, e l'aveva
stretta tra le sue. Un gesto semplice, dolce, che nessuno aveva
programmato.
“A
cosa?” domandò Lionel, facendosi più vicino alla
sua amica.
“Anche
quest'anno scolastico sta per volgere al termine. Il tempo è
volato!”
“Hai
ragione, ed è successo di tutto!” le diede ragione il
ragazzo, ripercorrendo con la mente tutti gli avvenimenti degli
ultimi mesi. “Ehi Cat, ci conosciamo solo da otto mesi”
aggiunse con un leggero sorriso. Pareva quasi ridicolo pronunciare
quelle parole: Cathleen era entrata a far parte della sua vita da
così poco tempo, eppure la sentiva talmente vicina che pure il
tempo aveva perso il suo valore.
“Dici
davvero? Oh...” mormorò lei.
Il
silenzio li avvolse per qualche istante, in cui entrambi godettero
l'uno della vicinanza dell'altra. Poi Lionel ebbe finalmente il
coraggio di volgere lo sguardo nella direzione di Cathleen e si
accorse del leggero rossore sulle sue guance.
“Cat”
la chiamò in un sussurro. Non gli importava che lei
rispondesse: voleva solo immergersi nei suoi profondi occhi nocciola
che tanto amava. E cercare in essi la conferma di ciò che lei
aveva ammesso durante il viaggio verso Los Angeles: voleva sapere se
i suoi sentimenti erano davvero ricambiati.
Cathleen
non aggiunse neanche una parola e si limitò a sostenere il suo
sguardo per un paio di secondi. Poi accadde di nuovo, e stavolta
entrambi avevano la certezza che non si trattava di uno sbaglio. Le
loro labbra si incontrarono e non ci fu nessun imbarazzo, nessuna
incertezza: anche la ragazza aveva finalmente accettato i sentimenti
che provava ed era pronta a viverli e condividerli insieme a Lionel,
il ragazzo che aveva amato inconsapevolmente per troppo tempo.
Senza
spezzare quel magico contatto, i due ragazzi si strinsero ancora di
più, si incatenarono in un abbraccio colmo di affetto e
dolcezza. E ora che finalmente tutte le verità erano venute a
galla, era davvero difficile starsi lontani.
“È
qui che voglio stare” sospirò Cathleen, attirando Lionel
ancora più vicino a sé e carezzandolo con dolcezza.
“Anch'io.
Ma non è giusto, ora voglio invertire i ruoli!” protestò
lui in tono scherzoso. Si posizionò meglio sulla panchina e
avvolse la ragazza in un abbraccio protettivo, in modo che lei
posasse la testa sul suo petto. “Sono o non sono il tuo
ragazzo? Ho il dovere di proteggerti!”
Quella
frase era stata pronunciata con leggerezza, ma ben presto entrambi si
resero conto di ciò che racchiudeva. Il cuore di Cathleen
perse un battito, mentre Lionel arrossiva vistosamente per essersi
definito il suo ragazzo.
“Sì,
ma tu sei piccoletto” ribatté lei, cominciando a giocare
con i capelli del suo ragazzo. Quelle parole continuavano a
rimbombarle in mente come un'eco e, più si facevano concrete,
più lei rimaneva spiazzata.
Per
svuotare la mente c'era solo un modo: cantare. Così, senza
realmente volerlo e deciderlo, intonò le prime frasi di una
canzone, la loro canzone, quella che lei stessa aveva composto per il
compleanno di Lionel. E il testo si adattava benissimo anche alla
loro attuale situazione.
Perché,
quando l'aveva scritto, già lo amava.
Il
ragazzo allora la strinse ancora più forte a sé,
profondamente commosso. Ora più che mai la voleva vicina,
voleva proteggerla. Sentiva così tanta gioia che non sapeva
più come dimostrarla, dove riversarla. Ascoltò la voce
di Cathleen, talvolta rotta dall'emozione, che si imprimeva in lui
fin dentro le ossa e lo faceva rabbrividire.
E
poi la baciò ancora e ancora, finalmente libero dopo otto mesi
di attesa e disperazione.
“Tiffany,
mi devi aiutare!”
La
ragazza aggrottò le sopracciglia e osservò con aria
interrogativa il suo migliore amico, che le si era piazzato davanti
mentre lei lasciava i dormitori femminili.
“Buongiorno
Ben. Ma hai visto che ore sono? Faremo tardi a lezione!”
protestò lei. Tuttavia dovette ammettere che il ragazzo aveva
un'espressione piuttosto disperata. “Ah, non fa niente!
Sediamoci, ti ascolto!” esclamò quindi, prendendo posto
sul bordo dell'aiuola più vicina e invitando Ben ad
affiancarla.
“Ieri
Tracy è tornata all'attacco” raccontò lui con un
sospiro esasperato.
“Tracy
Linnon? Ancora? Ma non ha altro a cui pensare nella sua vita?”
Tiffany sgranò gli occhi e si portò una mano sulla
fronte.
“A
quanto pare no. Io pensavo di essermene liberato, invece ieri l'ho
incrociata per caso al bar e lei non ha fatto che fissarmi per tutto
il tempo. Quando sono uscito per scambiare due parole con un mio
compagno, lei mi ha seguito e mi ha bloccato per un polso prima che
potessi fare qualsiasi cosa. Mi ha chiesto come stavo, ha detto –
in tono palesemente falso – che le dispiaceva per la mia
rottura con Lisa, ma che evidentemente la mia ex non mi meritava. Le
ho spiegato che non mi andava di parlarne, ma lei non se ne voleva
comunque lasciar andare: è rimasta appiccicata a me per il
resto della serata e mi ha promesso che oggi sarebbe venuta a
cercarmi. Dice che le era mancata la mia compagnia.”
La
ragazza era allibita. “Oh santo cielo, ma è una stalker!
Addirittura ti verrà a cercare? E tu non l'hai mandata al
diavolo?”
“Le
ho ripetuto più volte che avevo altri impegni, ma non c'è
stato verso! Lo sai, io non riesco a essere sgarbato, ma se va avanti
di questo passo mi farà impazzire!”
“Ti
aiuterò, promesso! Facciamo così: se anche oggi tornerà
da te e continuerà a insistere, escogiteremo qualcosa per
tenerla lontana. Mettiamola alla prova per una giornata, d'accordo?”
Ben
annuì, già più tranquillo. “Grazie Tiff,
ti adoro.”
“Anche
io! Bene, ora però andiamo a lezione, si è fatto
davvero tardi!”
I
due ragazzi vennero in quel momento raggiunti da Grace e insieme si
diressero verso le rispettive aule, più o meno pronti ad
affrontare una nuova giornata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 42 *** Capitolo 42 ***
Capitolo
42
“Buongiorno
Benny! Come va? Di certo non ti darà fastidio se starò
qui, accanto a te, per oggi!”
Ben
sgranò gli occhi e istintivamente si ritrasse nel trovare
Tracy seduta sul suo banco, con la borsa appoggiata sulle ginocchia e
i piedi sulla sedia abitualmente destinata a Michael.
Mentre
i suoi compagni prendevano posto, il ragazzo rimase impietrito a
qualche metro dal suo posto. “Tracy... non posso sfrattare il
mio compagno di banco” obiettò poi cercando di mantenere
la calma.
“Ma
oggi Mike non verrà: un brutto raffreddore l'ha buttato giù
e si è barricato in camera sua” ribatté lei in
tono trionfante, lanciando a Ben un'occhiata maliziosa e, a parere
del ragazzo, abbastanza minacciosa e inquietante.
In
quel momento desiderò che uno dei suoi amici fosse lì
con lui e lo salvasse da quell'orribile situazione. Perfino Alex
sarebbe andato bene.
“Ma
così Stephenie rimarrà da sola” tentò
ancora, accennando alla ragazza bionda che condivideva solitamente il
banco con Tracy.
“Ho
già parlato con Steph, non ti preoccupare. Allora? Che fai,
rimani lì impalato?”
Ben
scosse impercettibilmente la testa e si arrese. Si sentiva in
trappola, non avrebbe mai avuto il coraggio di rivoltarsi contro la
ragazza, specialmente in una classe affollata. Prese posto
rigidamente sulla sua sedia e puntò lo sguardo verso la
cattedra, dove il professore di chimica aveva cominciato a sfogliare
libri e registro.
Tracy
allora balzò giù dal piano del tavolo e si sistemò
decisamente troppo vicino a Ben.
“Tracy,
non ho spazio per il mio quaderno” le fece notare lui, portando
fuori il necessario per prendere appunti.
“Non
fa nulla, io non devo scrivere niente.”
“Ma
come, non avevi difficoltà in chimica? Dovresti almeno provare
a seguire la lezione...”
“Macché,
non mi interessa. Ho già preso un bel voto durante il corso
dell'anno, basterà per salvarmi dalla bocciatura!”
Per
Ben era troppo. Doveva fare qualcosa, subito; non avrebbe resistito
un altro giorno in queste condizioni.
Tiffany
e Ben erano di ritorno dal bar. Dopo le lezioni lui aveva convocato
la sua amica per una riunione urgente e le aveva raccontato quel che
era successo quella mattina a scuola.
Tracy
era rimasta incollata a lui per tutto il tempo, non aveva fatto altro
che provarci spudoratamente, lanciare frecciatine maliziose e porgli
domande a cui lui aveva cercato in tutti i modi di non rispondere.
“Ti
giuro che gliel'ho detto, Tiff! Le ho ripetuto un centinaio di volte
di smetterla perché volevo seguire la spiegazione, ma lei non
mi ha dato ascolto! Quando mi ha abbracciato poi...” stava
raccontando il ragazzo mentre i due passeggiavano insieme in
direzione dei dormitori femminili.
“Un
momento: ti ha abbracciato?” sbottò Tiffany sempre più
stupita e indignata.
“Sì,
durante l'ora di letteratura, in un momento di pausa. Io le ho
chiesto di spostarsi e l'ho leggermente spinta via, e lei ha risposto
che è una persona molto affettuosa e le viene naturale
dimostrarlo.”
“E
a te non viene naturale dimostrarle il tuo odio, invece?”
Ben
sospirò. “Hai ragione, ragione da vendere! Sono stato
fin troppo buono con lei, ma la mia pazienza ha un limite. È
che non so mai come fare...”
“Che
vuol dire che non sai come fare? Alla prima occasione parlale, dille
in faccia che la sua compagnia non ti fa affatto piacere e che hai
una vita e degli amici. Lo so, non è facile, ma lei si merita
questo trattamento!” gli suggerì Tiffany in tono ovvio.
“Sì,
farò così. Il mio carattere mi impedisce di insultarla
e mandarla al diavolo su due piedi, ma non posso nemmeno star male
per colpa di una che non mi rappresenta niente! Le parlerò
civilmente, ecco, e speriamo che almeno così lo capisca.”
Ben
rimase sbalordito dalle sue stesse parole. Non pensava che sarebbe
mai arrivato a quelle conclusioni, ma non aveva fatto altro che dare
voce a ciò che gli frullava in testa e si era reso conto che
era davvero la cosa giusta da fare.
“Bravo,
adoro quando inizi a ragionare così! Nessuno ti deve
annientare, è arrivato il momento di farsi rispettare!”
esultò Tiffany fiera di lui, dandogli una piccola pacca sul
braccio.
Ormai
erano quasi giunti alla struttura degli alloggi femminili.
“Oh,
guarda un po' chi si vede” mormorò il ragazzo,
immobilizzandosi all'improvviso e dirigendo lo sguardo verso
l'entrata dei dormitori.
Allora
anche Tiffany notò che proprio Tracy stava facendo il suo
ingresso nell'edificio, totalmente assorbita dal suo cellulare.
“Direi
che è l'occasione perfetta!” commentò la bionda
lanciando un'occhiata complice al suo amico.
“Tu
dici? Proprio adesso?” farfugliò lui titubante,
improvvisamente meno sicuro.
“Ma
certo! Altrimenti continuerà a importunarti fino alla fine
dell'anno scolastico.”
Ben
prese un profondo respiro, strinse forte la mano della ragazza e
affermò: “Hai ragione. Sono pronto”.
I
due si diressero insieme verso la porta a vetri dei dormitori, poi
Tiffany si appoggiò alla parete. “Ti aspetto qui. Buona
fortuna, e non avere paura di essere sincero.”
“Grazie”
sussurrò lui, poi si accostò alla maniglia e la spinse
verso il basso con lentezza. Tracy era ancora nel grande atrio: gli
parve di capire che si stesse scattando qualche selfie. Ma non appena
udì la porta aprirsi, volse lo sguardo verso di lui e gli
occhi le si illuminarono.
“Benny,
tesoro! Che sorpresa trovarti qui! Ti mancavo già, eh?”
esclamò, avvicinandosi velocemente a lui e tentando di
abbracciarlo.
Lui,
determinato a porre fine una volta per tutte a questa tortura, le
posò le mani sulle spalle e la immobilizzò. Incrociò
il suo sguardo in modo che lei capisse: non aveva voglia di
scherzare. “Tracy, io e te dobbiamo parlare seriamente.
Adesso.”
Lei,
palesemente stupita, sbatté ripetutamente le ciglia e cercò
di divincolarsi dalla sua stretta. “Che c'è, Benny? Oh,
capisco. Non è necessario parlare, allora!”
“Che
stai dicendo? No, credo che tu stia fraintendendo. Stammi a sentire.”
“Dai,
smettila di fingere: io e te vogliamo la stessa cosa, non c'è
bisogno di tanti giri di parole per...”
“Tracy.”
Ben pronunciò duramente il suo nome e la fulminò con lo
sguardo. La ragazza tergiversava e divagava per non sentire la
verità, e questo gli dava profondamente fastidio.
Lei
allora si immobilizzò, incrociò le braccia al petto e
sostenne la sua occhiata glaciale. “Dimmi.”
“Senti,
a me dispiace dover essere così freddo e diretto, ma non mi
hai lasciato altra scelta. Ti chiedo soltanto una cosa, per favore:
non starmi addosso, io ho bisogno dei miei spazi. Ho i miei amici, la
mia vita, i miei impegni...”
“Ben,
forse non ti è chiara una cosa” lo interruppe lei
avanzando di un passo, gli occhi colmi di malizia.
“Aspetta
un attimo, per favore” tentò di proseguire lui, ma Tracy
come al solito non gli dava nessun ascolto.
“A
me non importa di esserti amica o di distruggere i tuoi progetti di
vita.” Tracy ormai sussurrava ed era sempre più vicina.
Il cuore di Ben correva all'impazzata nel suo petto, il panico lo
immobilizzava. “A me interessa questo.”
No!
tracy
lo spinse all'indietro finché la schiena del ragazzo non aderì
alla parete. Un istante più tardi Tracy lo assalì e si
impossessò avidamente delle sue labbra, senza lasciargli
alcuna possibilità di fuga.
Ben
si sentiva morire, non sopportava quel contatto. Subito, in preda al
disgusto, la spintonò all'indietro e la incenerì con
un'occhiata. “Tracy Linnon, non fare mai più una cosa
del genere. Non ti dovevi neanche permettere. Chiaro?”
“Continui
a resistere e innalzare una barriera, eh? Ma un giorno sarai mio”
replicò lei senza scomporsi troppo. Aveva rischiato di perdere
l'equilibrio, ma quella sua espressione risoluta e impertinente non
aveva mai abbandonato il suo viso.
“Io
non sono proprietà di nessuno.”
“Però
stai tutto il tempo con quelle due tizie insignificanti, Grace e
Tiffany. E poi vieni a dirmi che non sei proprietà di
nessuno?” sputò acidamente con una risata amara.
“Prima
di tutto vacci piano con le parole” sibilò Ben. Gli
appellativi che Tracy aveva usato per le sue amiche rischiavano di
mandarlo in bestia e fargli perdere il controllo. “Grace e
Tiffany non sono pedanti e non mi mettono le mani addosso senza il
mio permesso; inoltre con loro vado d'accordo. Non me la sento
proprio di avere un'altra relazione, ora che ho appena chiuso con
Lisa, tanto meno con una persona per cui non provo niente.”
Solo
in quel momento si rese conto di ciò che, senza mezzi termini,
stava portando fuori come un fiume in piena. Non si riconosceva più,
pensò addirittura di star esagerando.
Ma
non riusciva a porsi un freno.
“Benissimo.
Se non sarà ora, sarà in un altro momento. Ci si vede
in giro, Benny!” concluse lei senza fare una piega, voltandosi
come se niente fosse e dirigendosi verso le scale.
Ben
sospirò. Non ci poteva credere: anche stavolta Tracy non aveva
capito niente.
Si
era immobilizzata sul pianerottolo quando aveva sentito la sua
voce. Non aveva avuto il coraggio di girare l'angolo e passare di
fronte ai due come se niente fosse. Si era semplicemente appiattita
contro il muro e aveva ascoltato la conversazione.
Conosceva
Tracy solo di vista e le era stato raccontato che un tempo ci provava
con Ben, ma di lei non sapeva altro.
Poi
aveva avuto il coraggio di sporgersi e dare un'occhiata.
E
aveva visto ciò che più di tutto voleva evitare.
L'aveva
baciato.
Si
era ritratta di scatto e si era accucciata sul pavimento, portandosi
le ginocchia al petto e abbandonando il capo contro la parete. Il
cuore martellava nel petto e non riusciva a decifrare le sue stesse
emozioni.
No,
non avrebbe pianto. Lei non piangeva mai per le delusioni, non era
nella sua natura. In fondo non ci aveva mai sperato, cosa mai avrebbe
potuto pretendere?
Aveva
continuato ad ascoltare la conversazione. Ben aveva rifiutato Tracy,
ma anche messo in chiaro che non era il momento giusto per avere una
relazione.
Il
suo cuore aveva perso un battito quando Ben l'aveva definita come
un'amica, allo stesso livello di Tiffany.
Un'amica,
solo un'amica.
Scosse
la testa, incapace di fare altro. Si accorse troppo tardi che Tracy
stava salendo le scale e, una volta girato l'angolo, l'avrebbe
trovata. In ogni caso non sarebbe potuta fuggire, così si
limitò ad attendere che la catastrofe avesse inizio.
“E
tu? Curiosa?” le si rivolse Tracy una volta giunta di fronte a
lei. Senza degnarla di uno sguardo, proseguì per la sua strada
e scomparì poco dopo nel corridoio del primo piano.
La
ragazza abbandonò la testa sulle ginocchia e la cinse con le
braccia, cercando di non produrre alcun rumore. Magari Ben non si
sarebbe avventurato lassù, forse non si era accorto di niente.
Passi
leggeri sui primi gradini.
No,
no, no! Non doveva andare così!
“Grace?
Ehi, che ci fai qui? Ti senti male?”
La
voce di Ben, così dolce e intrisa di preoccupazione, le spezzò
ancora di più il cuore. Aveva combinato un casino assurdo: ora
cosa gli avrebbe raccontato? Come poteva giustificare la sua presenza
e la sua reazione? Avrebbe dovuto raccontargli la verità e non
era pronta, non voleva rovinare tutto. Non voleva soffrire e non
voleva che lui soffrisse.
Il
ragazzo si chinò al suo fianco e le posò una mano sul
braccio. “Grace. Se c'è qualche problema me ne puoi
parlare.”
Lei
non reagì.
Ben
allora la costrinse delicatamente a sollevare il capo.
Grace
non piangeva mai per le delusioni.
Lacrime
calde le inondarono il viso senza che lei potesse controllarle. Mai e
poi mai avrebbe voluto ritrovarsi in quella situazione, desiderava
soltanto di sprofondare.
“Ma
stai piangendo! Ti prego, dimmi che è successo, mi fai stare
in pensiero!” la implorò Ben incrociando lo sguardo di
Grace. I suoi occhi scuri trasmettevano ansia e forte preoccupazione.
Con
un movimento fulmineo la ragazza si mise in piedi e si precipitò
giù da quei pochi scalini che la separavano dall'atrio. Ben
non ebbe il tempo di realizzare e fermarla: Grace attraversò
come un fulmine il grande ambiente, spalancò la porta e corse
via. Nemmeno Tiffany, colta alla sprovvista, riuscì a
intercettarla e frenare la sua corsa.
Non
sapeva dove sarebbe andata, per quanto le sue gambe fuori allenamento
avrebbero resistito a quel ritmo, quante persone l'avrebbero
riconosciuta.
Correva
con gli occhi appannati dalle lacrime, lontana dalla dannata dolcezza
di Ben.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 43 *** Capitolo 43 ***
ReggaeFamily
Capitolo
43
Grace
correva e correva, senza sosta, da un tempo indefinito. Purtroppo era
sempre stata una persona piuttosto sedentaria e il suo corpo non
avrebbe retto ancora per molto la fatica.
Le
lacrime non smettevano di scorrere sul suo viso, mentre lei si
malediceva senza sosta. Ma cosa aveva combinato? Perché si era
comportata in quel modo, al posto di inventare una scusa sul momento
con Ben?
Avrebbe
dovuto darsi una mossa, scappare su per le scale, fare finta di
niente; e se Ben l'avesse vista in lacrime, avrebbe potuto mentirgli.
Invece
aveva lasciato che il panico prendesse il sopravvento e le impedisse
di muoversi, di parlare, di ragionare lucidamente.
E
ora il ragazzo che le piaceva la prendeva per pazza.
Inoltre
non avrebbe potuto evitarlo per sempre: lui le avrebbe presto chiesto
spiegazioni. E lei cosa avrebbe potuto rispondergli?
La
sola idea di potergli rivelare la verità la faceva star male.
Esausta,
decise che non era il caso di darsi ancora a una fuga insensata e
inutile. Fuggiva via dal tremendo sbaglio che aveva commesso, ma le
conseguenze le sarebbero presto state sbattute in faccia senza pietà.
Si
fermò nella pineta, si sostenne al robusto tronco di un albero
e prese a respirare profondamente per riprendere fiato.
Sentiva
il sudore che le si imprimeva ovunque, sulla pelle e nei vestiti.
L'aria
fresca asciugava con indifferenza i suoi occhi ancora umidi, senza
badare alle emozioni che quelle lacrime racchiudevano.
Forse
meritava semplicemente tutto ciò. Forse la sua vita intera, e
non solo quella giornata, era uno sbaglio.
Ben
era disperato. Nonostante non avesse capito ancora quale fosse il
motivo della reazione di Grace, si sentiva inspiegabilmente in colpa.
Non avrebbe dovuto permetterle di correre via, avrebbe dovuto
trattenerla.
E
ora aveva un unico obiettivo: trovarla. Non gli importava quanto
tempo ci avrebbe impiegato.
Quando
ormai stava per perdere le speranze, avvistò una figura
familiare, avvolta in abiti neri e leggeri, nei pressi di un grande
pino. Non riuscì a scorgere il volto della ragazza, ma
riconobbe comunque la sua amica e il suo cuore perse un battito.
“Che
casino” mormorò tra sé, prima di dirigersi
cautamente nella sua direzione.
Quel
giorno era successo davvero di tutto e lui non sapeva più che
fare: stava provando un mare di emozioni contrastanti e si sentiva
profondamente confuso. In quel momento avrebbe voluto solo che
Tiffany fosse accanto a lui e gli suggerisse cosa fare, gli fornisse
le risposte.
Tiffany
sembrava riuscire a intuire sempre tutto e spesso gli faceva notare
ciò che a lui sfuggiva. Anche per questo la adorava.
“Grace...
ma che è successo?” esordì.
Lei
non reagì, si limitò a tenere il capo chino e a
ignorare la sua presenza. Quando le fu abbastanza vicino, le posò
una mano sul braccio e si rese conto che la ragazza tremava
leggermente, probabilmente per il freddo.
Un
moto di tenerezza lo assalì e lo costrinse a farsi ancora più
vicino e stringere le mani di Grace nelle sue. “Non sopporto di
vederti così. Qualunque sia il tuo problema, con me puoi
parlarne, lo sai. Mi fai preoccupare!”
Lei
ebbe finalmente il coraggio di sollevare lo sguardo, ancora appannato
dal pianto e velato da una profonda malinconia.
“Grace...”
Ben
la strinse forte a sé, consapevole che quello non era il
momento giusto per tartassarla di domande. Ci sarebbe stato del tempo
per risolvere qualunque questione.
Ma
lei non batté ciglio nemmeno a seguito di quel gesto: rimase
comunque rigida tra le sue braccia e non ricambiò.
Ben
iniziava seriamente a preoccuparsi.
“Ehi,
ce l'hai con me?” domandò.
“No,
ce l'ho con me stessa.” Quelle parole erano state appena un
sussurro, ma giunsero forti e chiare alle orecchie del ragazzo.
“Perché?
Non credo che tu abbia fatto nulla di male. Non ti sentirai mica in
colpa per aver ascoltato la conversazione tra me e quella... e
Tracy?!”
Improvvisamente
un dubbio cominciò a frullargli nella testa: magari il tutto
era stato causato da qualcosa che aveva sentito dire durante la
discussione con Tracy. Ma cosa? Più ci pensava, più
quest'opzione gli sembrava impossibile.
Grace
non rispose, semplicemente riprese a piangere.
E
tentava debolmente di liberarsi dalla stretta di Ben.
Ma
proprio quando lui stava per lasciarla andare, un grido isterico
squarciò l'aria e i due si immobilizzarono, spaventati e
increduli.
Ben
si portò una mano sulla fronte, esasperato, quando apprese di
cosa si trattava: Lisa si stava dirigendo verso di loro a passo di
marcia, come una furia.
“Io
lo sapevo, l'ho sempre saputo! Ben, mi hai deluso!” strillò
la nuova arrivata, piazzandosi davanti agli altri due con i pugni sui
fianchi e incenerendoli con sguardo truce.
“Qualsiasi
cosa io abbia fatto, non mi interessa di averti deluso. Mi pare di
essere stato abbastanza chiaro con te, Lisa” ribatté il
ragazzo laconico.
Grace
intanto era riuscita a liberarsi del tutto dall'abbraccio ed era
indietreggiata di un paio di passi, fino a ritrovarsi con la schiena
contro il tronco dell'albero.
“Ma
io ti amo ancora, e tu mi devi ascoltare!” proseguì
Lisa, come se nessuno avesse fiatato. “Sono indignata per il
fatto che hai già trovato un rimpiazzo, nonostante ci siamo
lasciati da pochissimo. Eppure tu mi hai sempre detto che ci tenevi a
me! E poi che rimpiazzo squallido, per carità!”
“Ma
veramente credi che io abbia ricambiato le attenzioni di Tracy?”
Ben scoppiò in una risata.
“Non
sto parlando di Tracy, ma di Grace.”
La
diretta interessata in quel momento sarebbe voluta sprofondare nel
terreno. Non poteva crederci: infine era arrivata Lisa, e avrebbe
rovinato tutto.
“Io
e Grace siamo solo amici, cosa ti fa pensare che tra noi ci sia una
relazione? Solo perché poco fa l'ho abbracciata? Pensi che
basti questo?”
“Ma
smettila di raccontarti balle da solo! Avrai sicuramente notato che
da quando Grace è rientrata alla Newton non fa che morirti
dietro e seguirti ovunque come il più fedele dei cani!”
lo contraddisse la sua ex in tono acido e velenoso. Poi si rivolse
direttamente a Grace: “Vero, tesoro?”
La
ragazza si sentì morire. Avrebbe tanto voluto fingersi
indifferente, infischiarsene di quel che diceva Lisa: era sicura che
Ben non l'avrebbe preso per oro colato. Ma certi indizi che il viso
può dare non si possono né nascondere né
controllare.
E
così si ritrovò ad arrossire, tradendosi e rendendo
palese un segreto che avrebbe dovuto custodire con la massima cura.
Solo
la stanchezza, fisica e mentale, le impediva di scappare ancora.
Ben
cercò di non dare a vedere il suo turbamento. Non avrebbe mai
creduto alle parole di Lisa, se non fosse stato per la tacita
conferma di Grace.
E
per tutti quei piccoli gesti sparpagliati per le giornate, nel corso
della loro amicizia, che dimostravano l'attaccamento della ragazza a
lui. Sciocchezze a cui non aveva dato troppa importanza, che aveva
scambiato per segni di un grande affetto, e che non aveva mai pensato
di collegare a qualcosa di più.
Ma
mai e poi mai avrebbe dato a vedere quanto era sconvolto da quella
notizia. In quel momento doveva stare freddo e distaccato per il bene
di Grace, perché teneva a lei e non voleva farla soffrire
ulteriormente.
Aggrottò
le sopracciglia e tornò a concentrare la sua attenzione su
Lisa. “E se anche fosse? Non sono comunque cose che ti
riguardano.”
“Sì
invece, sono la tua ex!”
“Appunto:
sei la mia ex, non la mia ragazza. Hai ancora voglia di discutere
inutilmente? Io sinceramente no.”
“Ma
allora non capisci! Io sono gelosa!”
Dopo
questa rivelazione alquanto patetica, Ben non riuscì più
a trattenere le risate. Non si preoccupò più di
offenderla o ferirla: scoppiò a riderle in faccia senza
ritegno.
Quante
volte lei l'aveva spudoratamente ferito in passato? Ora era lui a
dettare le regole.
“Non
mi prendere in giro. Stronzo! Pensavo tu fossi una brava persona,
invece non fai che giocare con i sentimenti altrui!” lo accusò
Lisa in tono lamentoso e con gli occhi lucidi. “Sai che ti
dico, Grace? Tieniti pure Ben, tanto uno così non serve a
niente!” concluse, per poi girare i tacchi e andare via a passo
spedito, proprio come era arrivata.
“Devo
dire che questa scenata è stata molto utile” osservò
Ben ironicamente mentre si riprendeva dalle risate.
Quando
riuscì a tornare completamente serio, volse la sua attenzione
a Grace. La ragazza era pallida e non osava muoversi.
“Grace,
senti...”
“Ben,
basta. Ho combinato un casino, ho rovinato tutto. Sarebbe meglio per
entrambi se ci allontanassimo” lo interruppe lei bruscamente.
Non aveva nemmeno più voglia di piangere, provava solo un
grande vuoto dentro di sé.
Ben
le posò le mani sulle spalle. “Poco fa tu mi hai detto
che hai sbagliato tutto. Io invece non la penso così, e ti
spiego anche perché: provare dei forti sentimenti per una
persona, soprattutto se sono così belli e positivi, non è
mai un errore. Anzi, sono proprio quei sentimenti che rendono una
giornata più luminosa, che aiutano a crescere e imparare, che
formano il carattere e la personalità di una persona. Lo
sbaglio molte volte sta dalla parte opposta, proviene da quelle
persone che mortificano questi sentimenti così belli e li
rendono un peso e una sofferenza.”
“Con
questo cosa vuoi dire, Ben? Mi rifiuti.”
Lui
sospirò. “Se io ora, in questo momento e in questo
esatto punto, mi ritrovassi di fronte la ragazza migliore del mondo,
la ragazza dei sogni, perfetta in tutto e per tutto... beh, la
rifiuterei. E sai perché? Sono uscito da poco da una relazione
davvero lunga e importante per me; nell'ultimo periodo in particolare
ho sofferto davvero tanto e ora la mia fiducia nel prossimo è
devastata, è stata messa a dura prova. Per me è
decisamente troppo presto per intraprendere qualunque relazione, ho
bisogno di stare un po' da solo e ricostruire ciò che il mio
passato ha distrutto. Non ti sto dicendo che quando mi sarò
ripreso sicuramente ricambierò i tuoi sentimenti, non ti
voglio illudere; solo, ora non sono nelle condizioni per darti una
risposta definitiva. Solo il tempo sarà in grado di farlo.”
Grace
assorbì ogni singola parola, che Ben aveva pronunciato con una
dolcezza e una delicatezza sconvolgenti.
“Capisco.
E sarei egoista se non ti capissi” affermò, annuendo
leggermente.
“Però...”
Ben fece una pausa e scosse impercettibilmente la testa, “non
vorrei che tu soffrissi, ecco. Non voglio che la nostra amicizia
venga compromessa da tutto ciò: io cercherò in tutti i
modi di non farti male, di aiutarti e di non abbandonarti quando
sarai in difficoltà. Se tu vuoi.”
La
ragazza venne improvvisamente avvolta da una strana gioia,
un'emozione talmente forte che le scaldò subito il cuore. Non
c'era nessun motivo per essere contenti in quel momento, ma lei si
sentiva ugualmente fortunata: si rese conto che Ben era davvero un
ragazzo d'oro, attento alle sue emozioni, sempre pronto a darle una
mano e ad ascoltarla.
“Certo
che voglio, Ben. Grazie” sussurrò, lasciandosi
finalmente scappare un sorriso dopo tanta tristezza.
“Grazie
a te.”
I
due si strinsero in un ultimo abbraccio prima di dirigersi nuovamente
verso i dormitori.
“Non
so se ce la faccio...”
“Dai
Ben, non rompere, ne abbiamo già parlato!”
Era
passata una settimana da quando Ben e Grace avevano chiarito; quella
sera Lionel aveva invitato tutti i suoi amici nella sua stanza per
passare un paio d'ore assieme e Tiffany era piombata in camera di Ben
per convincerlo a venire.
Il
ragazzo sospirò. “Non lo so, mi sento ancora in colpa.
Hai visto come reagisce quando mi vede? Devo aver sbagliato
qualcosa...”
La
bionda scosse la testa, contrariata. “Nessuno ha sbagliato
niente, Ben, te l'ho già spiegato! È normale che tu e
Grace, dopo quello che è successo, vi siate momentaneamente
allontanati per assimilare il tutto. Questa è l'occasione
giusta per riavvicinarvi e tornare a essere amici come prima, no?”
“Non
lo so. Ci sto male, è vero, perché non sopporto queste
occhiate sfuggenti e questo silenzio, ma allo stesso tempo non vorrei
forzare le cose... mi dispiacerebbe se lei...”
“Oh,
mamma mia, ma quanti problemi ti metti? Dai, andiamo, ci stanno
aspettando!” tagliò corto Tiffany, prendendolo per un
polso.
“Tiff,
ma... sei sicura che...?”
“Muoviti,
adorabile rammollito!”
I
due raggiunsero in fretta la camera di Lionel, che non distava poi
tanto da quella di Ben. Tiffany spalancò la porta ed esordì:
“Ehi, ciurma, siamo giunti al vostro cospetto!”
“Tesoro,
sono così contento di vederti!” rispose prontamente
Alex, lanciando un cuscino in direzione della ragazza.
“Vacci
piano, altrimenti potrebbe tornarti indietro qualcosa di ben più
pesante di un cuscino...” lo minacciò Tiffany, per poi
prendere la mira e tirare il cuscino dritto in faccia a sua sorella.
“Ehi,
io che c'entro?” si rivoltò lei, scoppiando a ridere.
Lionel,
posizionato proprio accanto a lei sul tappeto, commentò: “Ti
sta bene!”
“Volete
una guerra di cuscini?” scherzò Tiffany.
Ben
invece aveva subito adocchiato Grace: si trovava seduta sul bordo del
letto di Lionel e si guardava attorno senza prendere parte alle
conversazioni e agli scherzi.
Sì,
quella sera si sentiva pronto a fare un passo avanti verso di lei.
L'amicizia
per lui era un valore troppo importante.
Così,
mentre tutti scherzavano e giocavano tra loro, lui prese posto sul
materasso accanto a lei.
“A
che pensi?” chiese dopo qualche secondo di imbarazzante
silenzio.
“A
tutto e niente.”
“Facciamo
un gioco.”
Grace
scrutò con curiosità Ben, che si era allungato per
afferrare un cuscino giallo.
“Facciamo
finta che questo sia il microfono dei nostri pensieri.”
Ridacchiò. “Lo so, è una cosa da matti. Dicevo:
ce lo passiamo a vicenda e, quando ce lo troviamo tra le mani,
dobbiamo dire tutto ciò che ci frulla per la testa. Ci stai?”
Lei
annuì, scettica.
“Bene,
comincio io. In questo momento penso che mi sento davvero in colpa.”
Ben
posò l'oggetto tra le mani della ragazza, che prese a
soppesarlo. “Anche io mi sento in colpa, vorrei tanto parlare
con te.”
Fu
nuovamente il turno di Ben. “Ho paura di averti offeso in
qualche modo, di averti ferito o di aver sbagliato qualcosa. Vorrei
solo capire cosa ti passa per la testa.”
Grace,
di nuovo col cuscino in mano, prese a giocare con i suoi lembi,
torturandoli. “Anche io mi sento in colpa per essermi
allontanata da te. E l'idea di star facendo soffrire una persona
speciale come te mi fa a mia volta soffrire.”
“In
questo momento penso che siamo due casi patologici e che dovremo
smetterla di preoccuparci inutilmente, perché abbiamo tutte le
carte in regola per essere buoni amici come prima.”
“Io
invece penso che questo gioco sia stato molto utile, però allo
stesso tempo mi ha confuso!”
Ben
e Grace si scambiarono un'occhiata e scoppiarono finalmente a ridere
insieme; la ragazza lanciò il cuscino al suo amico e lui lo
afferrò prontamente.
“Tutto
a posto, vero?” domandò Ben speranzoso.
“Tutto
a posto!” confermò Grace con un sorriso raggiante.
“Ehi,
voi due, si può sapere cosa state combinando?” li
intercettò Cathleen, lanciando ai due uno sguardo divertito.
Ben
spiegò a tutti le regole del suo nuovo gioco.
“Figo!
Perché non lo facciamo tutti insieme?” propose Tiffany
entusiasta.
Tutti
accettarono.
Ben,
che era in possesso dell'oggetto, esclamo: “Mi sono dimenticato
di studiare storia per domani”, per poi lanciare violentemente
il cuscino verso Alex.
Ma
il ragazzo prontamente lo parò. “Ben, ricordati che non
puoi mai fregare Alex!”
“Muoviti!”
lo sollecitò Cathleen.
“Uhm...
Tiffany è terribilmente sexy!” affermò, centrando
poi Cathleen in pieno volto.
“Perché
oggi ce l'hanno tutti con il mio povero visetto?” si lamentò
lei tra le risate.
“Per
favore, non lanciarmelo, altrimenti potrei portar fuori degli insulti
vietati ai minori di diciotto anni” se ne uscì Tiffany.
Il
gioco proseguì e tutti alla fine si ritrovarono a ridere ed
esclamare frasi sempre più insensate ed esilaranti.
E,
nel corso della serata, Ben e Grace maturarono una nuova
consapevolezza: tra loro tutto sarebbe tornato come prima.
*
* *
Ehilà!
Come va, cari e adorati lettori?
Sono
qui solo per informarvi che questo è il penultimo
aggiornamento per questa storia! Lo so, è incredibile:
sembrava qualcosa di impossibile e irraggiungibile, ma siamo davvero
quasi giunti alla conclusione! Oddio...
E
niente, rimando alle prossime NdA i saluti e i discorsi
strappalacrime, che forse è meglio XD Intanto ringrazio gli
assidui lettori e li invito, come sempre, a farmi sapere cosa ne
pensano della storia e in particolare di come la sto concludendo :3
Un
abbraccio a tutti e alla settimana prossima!!! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 44 *** Capitolo 44 ***
Capitolo
44
l'anno
scolastico stava per giungere al termine: ormai l'estate era arrivata
e aveva portato con sé un'ondata di calore, sole e ben poca
voglia di studiare.
La
domenica il campus si svuotava quasi del tutto, dal momento che gli
studenti si recavano in spiaggia per divertirsi e concedersi un
momento di relax.
Ma
quello era un giorno particolare: non tutti i frequentatori della
spiaggia erano presenti.
Cathleen,
Tiffany, Lionel, Ben, Alex, Kelsey, Grace ed Angel erano riuniti
attorno alla fontana, di fronte al bar, e attendevano pazientemente
sotto il sole cocente di metà mattina.
“Qui
non si respira, oddio...” si lamentò Lionel, portandosi
indietro con un gesto brusco i boccoli sempre più lunghi. Un
giorno o l'altro si sarebbe dovuto recare da un parrucchiere per una
spuntatina, nonostante non sopportasse granché l'ambiente e
l'atmosfera di quei luoghi.
“Che
ti aspettavi? Siamo a luglio” ribatté Tiffany con un
sospiro. Anche lei era parecchio accaldata anche se indossava
soltanto una canottiera azzurra e degli shorts in jeans.
“Ancora
niente?” domandò Cathleen al suo ragazzo.
Lionel
diede uno sguardo al suo cellulare. “Non mi ha mandato nessun
messaggio. Angel, tu hai notizie di Marta?” domandò
rivolto al ragazzo che gli sedeva accanto.
“No.
Ma ormai dovrebbe essere sul punto di arrivare” affermò
il biondo.
“E
se mi buttassi in acqua?” domandò Alex, indicando i
giocosi spruzzi alle sue spalle.
“Fallo,
magari affoghi e ci fai un favore” lo punzecchiò Grace.
“Stellina,
stai diventando un po' troppo spiritosa ultimamente. La vicinanza con
Tiff ti fa male” la rimproverò lui.
“Mi
diverto” si limitò a borbottare lei, facendo spallucce.
Grace
effettivamente ci stava prendendo gusto a battibeccare con Alex:
inizialmente aveva avuto quasi paura di averci una conversazione con
lui, ma poi erano state Cathleen e Tiffany a insegnarle che Alex non
era altro che un povero idiota e che era uno spasso prendersi un po'
gioco di lui.
“Mi
chiedo come mai continuo a frequentarvi” rifletté Alex.
“Ce
lo chiediamo tutti” commentò Tiffany con una risata, per
poi tornare a conversare serenamente con Ben.
Grace,
stanca di doversi intrattenere con Alex, si mise in piedi e raggiunse
Angel e Kelsey, che intanto parlavano tra loro.
Quando
la vide arrivare, il biondo ammutolì improvvisamente e le sue
guance si imporporarono leggermente.
“Che
c'è? Me ne vado?” bofonchiò allora la ragazza,
imbarazzata.
In
realtà aveva deciso di unirsi ai due per stare un po' con
Kelsey, una delle poche persone in grado di metterla a suo agio, ma
la reazione di Angel l'aveva lasciata un po' perplessa.
“No,
resta pure!” si affrettò a rimediare il ragazzo con fare
impacciato. “Stavamo solo... parlando di Marta, insomma...”
“Io
non la conosco” ammise lei, “ma Cat me ne ha parlato
molto bene.”
“La
adorano tutti” spiegò Kelsey.
“Probabilmente
verrà a studiare qui l'anno prossimo, avrete modo di
conoscerla meglio!” annunciò Angel con entusiasmo.
Kelsey
si lasciò sfuggire una risata mesta. “Mi piacerebbe, ma
tra un mese parto per la Spagna.”
L'altro
ragazzo avvampò violentemente. “Oh... scusa, è
vero... non volevo...”
“Tutto
okay, rilassati” lo rassicurò l'altro senza scomporsi
troppo.
Kelsey
in realtà si sentiva parecchio triste all'idea di dover
lasciare i suoi nuovi amici, ma affrontava la cosa con serenità.
In particolare cercava di non mostrarsi turbato davanti a Kelsey e
Angel: li aveva conosciuto meglio nell'ultimo periodo e aveva capito
le loro insicurezze, dunque non voleva peggiorare la situazione.
Sarebbe
voluto restare anche per aiutare loro, ma sapeva che presto Angel
sarebbe stato sotto le affidabili cure di Marta e Grace sarebbe
tornata sul set.
“Io
a settembre girerò un nuovo film e mancherò quindi per
qualche mese, ma probabilmente avrò tutto il tempo per
conoscerla” commentò Grace, cercando a modo suo di
togliere Angel dall'imbarazzo.
“Spero
che in Spagna lo trasmettano, così potrò andare a
vederlo.”
“Oddio!”
Un grido di Lionel fece sobbalzare tutti; il ragazzino si era infatti
messo in piedi di scatto e puntava lo sguardo in direzione
dell'ingresso del campus.
Nonostante
il caldo torrido di luglio, un intenso brivido percorse la schiena di
Angel. Quando ebbe finalmente il coraggio di sbirciare, avvistò
una figura snella che si avvicinava velocemente a loro, trascinandosi
dietro un'enorme e pesante valigia verde.
“Ehilà
ragazzi! Che gioia rivedervi!” gridò la ragazza,
lasciando che la sua voce squillante si diffondesse nell'aria.
“Marta”
mormorò Angel, torcendosi nervosamente le mani.
“Vai”
cercò di infondergli coraggio Kelsey, mollandogli una pacca
sulla spalla.
Lionel
intanto era corso verso la sua amica e le aveva gettato le braccia al
collo. “Avevi promesso che mi avresti avvisato!”
“Sorpresa!
Come stai, leoncino scapestrato?” Marta ricambiò
l'abbraccio e gli regalò un sorriso raggiante. “Okay,
quindi... ora corro a fare il giro dei saluti!” affermò,
impossessandosi nuovamente della sua valigia e dando un'occhiata alle
spalle di Lionel.
“Oh
no, questa la porto io!” obiettò il ragazzo, afferrando
il manico del suo bagaglio. “L'equitazione aiuta a sviluppare i
muscoli, sai?”
“Ho
capito: sei rimasto il solito idiota. Non avevo dubbi! E io che
speravo che la relazione con Cat ti avesse reso più serio!”
lo prese in giro scherzosamente, dandogli di gomito.
Dopodiché
Marta si precipitò dal resto del gruppo. Cathleen e Tiffany la
salutarono calorosamente con un abbraccio, poi lei si piazzò
di fronte a Angel e gli poggiò le mani sulle spalle. “Ragazzo
mio, che ci fai qui seduto? Non mi dai un abbraccio?”
Lui,
che fino a quel momento era stato teso e nervoso, si lasciò
andare a un dolce sorriso e si alzò per abbracciare la sua
amica. Come aveva potuto farsi prendere dall'ansia? Con Marta era
tutto diverso, era tutto così semplice e spontaneo!
“Scusami,
è che...”
“Oh,
e smettila di scusarti per tutto, non stai mica parlando con una
sconosciuta! Mi sei mancato, angioletto!”
“Mi
sei mancata anche tu, pazzerella!”
Kelsey
e Grace si scambiarono un'occhiata di sottecchi. Pensavano la stessa
cosa: quei due erano proprio una bella coppia, se n'erano accorti
tutti tranne i diretti interessati.
Dopo
qualche altro saluto e qualche altra chiacchiera, Tiffany propose: “E
se ora ce ne andassimo tutti al mare?”.
Tutti
esultarono e acconsentirono con entusiasmo.
“Ehi,
però io non ho indossato il costume! Dovrei prima poggiare la
valigia in camera mia e cambiarmi” fece notare Marta.
“Angel,
potresti accompagnarla tu? Anch'io dovrei andare a cambiarmi...”
domandò Lionel. Ovviamente non aveva buttato lì quella
richiesta senza un reale motivo; cercava infatti di far avvicinare i
due, di lasciar loro un po' di tempo da trascorrere da soli, nella
speranza che qualcosa capitasse.
“Perfetto!
Cicerone, andiamo!” esclamò Marta senza scomporsi.
Angel
insistette per portarle la valigia e alla fine lei si dovette
arrendere.
Nonostante
il peso del bagaglio, Angel non diede a vedere la fatica mentre si
incamminavano verso i dormitori femminili.
“Allora,
cosa mi racconti? Hai tanto da studiare in questi giorni?”
domandò la ragazza.
“Sì,
un po', ma mi sono già liberato delle materie più
pesanti. Verrò promosso per miracolo quest'anno.”
“Oh,
ma non mi dire! Sempre il solito sfaticato, eh?” lo canzonò
lei.
“Non
sono portato per lo studio, lo sai!”
“Beh,
io invece quest'anno mi sono messa d'impegno per entrare nelle mie
grazie dei miei genitori, ho preso dei voti altissimi e ora quasi
sicuramente potrò trasferirmi qui! Vedi che studiare è
utile?”
“Sei
terribile!” commentò lui con una risata.
I
due continuarono a chiacchierare, commentare la relazione tra
Cathleen e Lionel, i nuovi scoop della scuola, gli ultimi avvenimenti
riguardanti Marta.
“Ecco
qui la tua stanza super lussuosa!” annunciò Angel una
volta arrivati davanti alla porta di una stanza situata al primo
piano.
“Oh,
è la stanza dell'altra volta!” Marta aprì,
scaraventò la valigia in un angolo e corse ad aprire la
finestra. “Beh, tu non entri? Dai, siediti, io cerco il mio
costume ed entro in bagno!” si rivolse poi ad Angel, che era
rimasto in piedi di fronte alla soglia.
Il
ragazzo capì che non aveva senso ribattere, quindi si accomodò
goffamente sul materasso di uno dei due letti.
Ricordava
perfettamente la notte in cui, ritrovatosi senza un luogo per passare
la notte, Marta l'aveva invitato nella sua camera senza il minimo
imbarazzo e soprattutto senza malizia.
Era
per questo – e per un milione di altri motivi – che aveva
finito per innamorarsi di lei.
“Ho
un bikini nuovissimo, verde chiaro; oggi lo inauguro! Le spiagge di
Los Angeles sono infernali e affollatissime, non ho osato metterci
piede!” raccontò la ragazza con allegria mentre entrava
in bagno con una busta a righe tra le mani.
Angel
rimase immobile finché Marta non tornò da lui.
Indossava un vestito bianco di cotone leggero che risaltava sulla
pelle olivastra e aderiva al suo corpo perfetto, mentre ai piedi
portava un paio di infradito celesti.
Era
bellissima.
Doveva
cercare di non incantarsi a guardarla, non poteva certo dare
nell'occhio.
“Andiamo?
Sei pallidissimo, ti servirà prendere un po' di sole!”
Angel
si riscosse e si mise in piedi a fatica. Raggiunse in fretta il
corridoio e aspettò che la sua amica chiudesse a chiave la
porta.
Solo
in quel momento si accorse che si trovava da solo con lei e
l'agitazione cominciò a fare capolino, pronto a travolgerlo e
devastarlo.
“Angel?”
“D-dimmi.”
“Che
c'è? Ti vedo un po' strano...”
Marta
si piazzò di fronte a lui con un lieve sorriso e piegò
leggermente la testa di lato. Il ragazzo si trovava con la schiena
poggiata sulla parete; non poteva scappare.
“Non...
ho niente, perché? Dev'essere un po' di stanchezza, nulla di
che...”
Il
sorriso della ragazza si allargò. “Stanchezza? Non c'è
problema: conosco un metodo infallibile per scacciarla e se vuoi te
lo insegno!”
“Davvero?
E che metodo sarebbe?”
Marta
incrociò per un istante il suo sguardo, poi si avventò
su di lui e si impossessò delle sue labbra con dolcezza e
trasporto.
Angel
venne colto talmente alla sprovvista che ebbe l'impulso di
indietreggiare, ma il muro alle sue spalle glielo impediva.
Marta,
capendo di non essere ricambiata, si staccò subito e gli
rivolse un'occhiata preoccupata. “Ho sbagliato tutto?”
Angel
sorrise. Non si seppe spiegare cosa l'avesse portato a compiere quel
gesto, ma non riuscì a trattenersi. Improvvisamente aveva
rinchiuso tutte le sue preoccupazioni e la sua timidezza in un angolo
della sua mente.
Stavolta
spettava al cuore dire la sua, non poteva lasciarsi sfuggire il
momento che sognava da mesi.
“Non
hai sbagliato niente! Improvvisamente mi sento un po' meno stanco,
quindi il tuo metodo ha funzionato!”
Marta
rimase spiazzata: non si aspettava che Angel sarebbe stato al gioco.
“Evviva!”
“E...
se ti dicessi che sono ancora stanco?” azzardò Angel con
una punta di imbarazzo.
“Oh
no, bisognerà provvedere subito” ribatté lei in
tono malizioso, per poi tornare a baciare Angel con passione.
Non
ci fu assolutamente nient'altro da aggiungere: non ebbero bisogno di
spiegarsi ciò che provavano, il motivo per cui tutto ciò
era accaduto, quello che il bacio aveva rappresentato. In fondo
sapevano che era giusto così, che prima o poi sarebbe
successo.
E
che non avrebbero sopportato di stare ancora lontani.
“Guardali,
guardali” bisbigliò Tiffany all'orecchio del suo
migliore amico, dandogli di gomito.
Finalmente
il gruppo si era riunito e ora si dirigeva verso la spiaggia
attraverso la solita stradina sterrata. Quel giorno c'era davvero
tanto traffico e si respirava un'atmosfera festosa, in linea con
l'umore generale dei ragazzi.
“Angel
e Marta intendi?” cadde dalle nuvole Ben, dando distrattamente
un'occhiata ai due ragazzi che passeggiavano uno accanto all'altra,
qualche metro avanti rispetto a loro.
“Esatto!
In certi momenti sembrano quasi volersi prendere per mano, e poi sono
così vicini... secondo me tra loro è successo
qualcosa!” proseguì lei con fare concitato.
“Oh,
ma quanto sei pettegola!” commentò scherzosamente il
ragazzo.
“Non
ci posso fare niente, sono una coppia favolosa!”
Ben
sorrise, nonostante la sua poca voglia di sentir parlare di coppie
favolose, amore e relazioni. Il periodo da cui era recentemente
uscito l'aveva scosso parecchio.
“Ben?
Dai, basta deprimersi, ormai tutti i problemi si sono risolti: Lisa
non ti cerca più, Grace sembra averti dimenticato da quel
punto di vista e Tracy, beh...” Tiffany cominciò a
sghignazzare, “si è sistemata!”
Anche
il ragazzo non poté fare a meno di scoppiare a ridere. “Non
me lo ricordare!” Ma poi improvvisamente si fece serio e lanciò
un'occhiata a Kelsey, che conversava con Grace e Alex appena dietro
di loro. “Però quello di Jordan non è stato un
gesto carino nei confronti del suo amico, proprio ora che ha i giorni
contati qui in California. Insomma, ignorarlo completamente per stare
con la sua ragazza del momento...”
Tiffany
sospirò. “Kelsey è troppo buono, non riesce
comunque ad arrabbiarsi con Jordan. Cioè, lui ha detto che
l'ha lasciato perdere, ma non sembra sorpreso: probabilmente se
l'aspettava dal suo amico.”
“Io
non credo che Tracy e Jordan dureranno tanto come coppia, non sono
affatto credibili; si sfruttano a vicenda, è logico! Ma quando
lui si stancherà di Tracy e la lascerà, Kel sarà
già partito e di sicuro non ne vorrà più
sapere.”
“Ed
è giusto così” concluse Tiffany fermamente.
“E
tu, Tiff? Non vai ancora a caccia di ragazzi?” insinuò
Ben ridacchiando.
“Sei
un cretino! No no, non ne voglio sapere: l'unico uomo nella mia vita
sei tu!” lo prese in giro lei con un occhiolino divertito.
I
due scoppiarono a ridere e la ragazza finse di voler catturare Ben
per stritolarlo in un abbraccio, mettendolo così in fuga.
“Siete
due bambini!” gridò loro dietro Cathleen, mentre i due
si rincorrevano e aggiravano i ragazzi che, di ritorno dalla
spiaggia, camminavano in senso opposto.
“Uff,
odio la spiaggia quando è così affollata” si
lamentò Lionel mentre si avvicinava cautamente alla riva.
“Hai
sempre da ridire per tutto.” Cathleen si trovava appena dietro
di lui, pronta a lasciarsi lambire le caviglie dall'acqua fresca del
mare.
“Perché,
a te piace il casino?”
“Beh,
è normale che in spiaggia ci sia pure altra gente oltre noi!”
“Oddio,
quest'acqua è gelida!” esclamò il ragazzo quando
finalmente immerse i piedi in acqua; fece uno scatto all'indietro e
per poco non finì addosso alla sua ragazza.
“Ehi!
Vedi, avevo ragione: hai da lamentarti per tutto!” protestò
lei, sorridendo sotto i baffi. “Sei un rammollito!”
“Cosa?
Ripeti se hai il coraggio!” la sfidò lui, voltandosi per
poterla guardare in viso.
“Non
ti conviene, sai che sono molto più forte e atletica di te!”
“Dimostramelo!”
Lionel
cercò di intrappolarla nella sua stretta, ma lei si divincolò
in fretta e si diresse a grandi falcate in acqua, per poi tuffarsi e
lasciare una scia di schizzi dietro di sé. Questi ultimi
colpirono in pieno il povero ragazzo che, ancora accaldato e
asciutto, cominciò a gridare e finì a terra, seduto
sulla sabbia.
Marta,
che aveva assistito alla scena dalla sua postazione sotto
l'ombrellone, scoppiò a ridere e le canzonò:
“Rammollito, rammollito!”.
“E
tu cosa vuoi? Prova solo ad avvicinarti per fare il bagno e vedrai...
mi vendicherò!” la minacciò lui, rialzandosi e
partendo all'inseguimento della sua ragazza.
Cathleen,
ormai completamente fradicia, gli sorrideva con fare trionfante e
nuotava velocemente verso di lui. “Allora? Hai ancora voglia di
sfidarmi?”
“No
no, ci rinuncio, va bene, bandiera bianca!” si arrese lui, già
esausto.
“Bene!”
I
due si scambiarono un'occhiata.
“Sto
morendo di freddo” mormorò Lionel. Si era immerso solo
da qualche secondo e ancora non si era abituato alla temperatura
dell'acqua.
“Vieni
qui.” Cathleen lo strinse in un abbraccio da dietro e posò
il mento sulla sua spalla.
“Così
non mi aiuti, sai?”
“Che
importanza ha?”
“Nessuna.”
I
due restarono in quella posizione per circa un minuto, felici più
che mai di poter stare così vicini. Per loro le emozioni
sembravano destinate a non finire mai, ogni volta che avevano
l'occasione di coccolarsi e passare un po' di tempo assieme provavano
delle sensazioni nuove e intense, come se ogni volta fosse la prima.
Ma
non si accorsero di una sagoma che si avvicinava, quatta e
silenziosa, alle loro spalle. Solo quando una marea di schizzi li
sorprese, si resero conto di non essere soli.
“Ah,
piccioncini, allora non siete imbalsamati!”
“Alex!”
si rivoltarono loro, incenerendolo con lo sguardo.
“Che
c'è?”
E
fu così che ebbe inizio una battaglia all'ultimo schizzo, a
cui presero parte sempre più persone.
Del
resto tra loro non poteva essere altrimenti.
A
“E
Lisa? Che fine ha fatto?” domandò all'improvviso Marta,
sollevando la testa e osservando i suoi amici.
Il
suo costume era quasi asciutto, così decise di mettersi seduta
e avvicinarsi ad Angel.
Quest'ultimo
era rannicchiato all'ombra, sul suo telo da mare. Quando la ragazza
gli si avvicinò, lui parve preoccupato che qualcuno si potesse
accorgere di qualcosa; ma Marta non sembrava dello stesso avviso e
non esitò ad accoccolarglisi accanto, circondandogli le spalle
con un braccio. “Sei vivo?”
“Uhm...”
mugugnò lui.
Sentendo
nominare la sua ex, Ben deglutì e scambiò un'occhiata
con Tiffany.
“Lisa
è ancora in stanza con me” spiegò Cathleen in
tono piatto. “Lionel, smettila di tirarmi la sabbia addosso o
ti butto in mare!”
“Non
è semplice sabbia, è un massaggio per rendere la pelle
più liscia!” blaterò lui profondamente divertito,
continuando a tormentare la ragazza.
“La
mia pelle va benissimo così.”
“Siete
due casi persi!” commentò Tiffany sollevando gli occhi
al cielo.
“Comunque
Lisa non è più nostra amica, ma sicuramente Lion te ne
ha parlato. Si è comportata da stronza con Ben e si è
allontanata da noi per scelta sua. L'anno prossimo io sarò in
un'altra stanza: non mi trovo più bene con lei ed Alice”
riprese a raccontare Cathleen.
“Oh,
mi dispiace che le cose siano andate a finire così.”
“A
me no” sussurrò Grace, sperando che nessuno la sentisse.
Ma
Kelsey, che si trovava proprio accanto a lei, non si faceva sfuggire
niente. “Credo non dispiaccia a nessuno.”
Grace
sorrise. Era un peccato che quel ragazzo dovesse partire; riusciva
sempre a recepire tutto e tutti. Era uno dei pochi a sapere con
esattezza la storia tra lei e Ben, gliel'aveva raccontata perché
lui le ispirava fiducia, e le dispiaceva perdere un amico così.
Amico,
già. Perché, nonostante ce la stesse mettendo tutta per
lasciarsi il passato alle spalle, Ben occupava ancora un piccolo
spazio speciale all'interno del suo cuore e per il momento non c'era
posto per nessun altro.
“Ehi
ragazzi, ho portato l'aperitivo per tutti!”
Il
grido di Alex interruppe tutte le conversazioni: il ragazzo infatti,
che era sparito per un paio di minuti, si dirigeva verso la loro
postazione con otto granite pericolosamente impilate l'una
sull'altra. Sicuramente le aveva acquistate dai piccolo chioschetto
che la scuola aveva messo a disposizione per i frequentatori della
spiaggia.
“Grazie
Alex, che gesto carino!” commentò Marta.
“Da
quando in qua tutta questa gentilezza?” indagò Cathleen
sospettosa.
“Dovete
sapere che a volte pure io ho un cuore, e poi modestamente non sono
affatto tirchio! Per festeggiare la fine dell'anno scolastico, la
promozione di tutti noi, il nuovo film di Grace e la nostra nuova
compagna Marta!”
Tutti
parvero davvero sorpresi e ringraziarono di cuore Alex, che per una
volta si era mostrato davvero carino.
Anche
se un secondo dopo tornò a essere il solito Alex.
“Secondo
voi si può brindare con le granite?” domandò Ben.
“Facciamolo,
non penso che la Legge lo vieti!” propose Lionel.
Gli
otto ragazzi avvicinarono i loro colorati bicchieri di plastica per
un bizzarro brindisi.
“All'anno
scolastico appena trascorso e a quello che verrà!” gridò
Lionel.
“Alla
nostra amicizia, che nemmeno la distanza potrà rovinare!”
affermò Cathleen. Tutti a quelle parole lanciarono occhiate
colme d'affetto verso Kelsey.
“A
tutte le nuove coppiette formatesi tra di noi!” aggiunse
Tiffany con una punta di malizia, strappando qualche sorriso ai suoi
amici,.
“A
Tiffany che è sempre più bella e affascinante!”
concluse Alex, rovinando l'idillio e generando le proteste generali.
E
presero a ridere e sorseggiare le loro granite, felici e sereni,
mentre le leggere onde si infrangevano sul bagnasciuga e facevano
festa insieme a loro.
*
* *
Ragazzi,
ma... T.T
Sul
serio è finita? Sul serio dovrò abbandonare questi
personaggi? Mi sento infinitamente triste e profondamente commossa,
anzi... vi confesso che sto quasi per piangere!!!
Allora...
innanzitutto spero che questo finale vi sia piaciuto! Lo so, è
stato un capitolo piuttosto lungo, ma volevo si spiegassero varie
cose e ho deciso che non era il caso di tagliare niente ^^
E
così è stata confernata anche la coppia AngelxMarta,
che praticamente tutti – me compresa – shippano! Spero di
aver fatto una cosa gradita :3
So
che alcuni shippavano anche TiffxBen, e... lo so, ho lasciato le cose
in sospeso tra di loro, ma del resto Ben ha spiegato abbastanza bene
il suo punto di vista: per lui è ancora troppo presto! Quindi
lascio a voi piena libertà: se nella vostra immaginazione
devono stare assieme, staranno assieme *-*
Io
comunque li shippo u.u
E
sono triste che Kelsey deva partire!!! Io amo Kel ♥
Ora
è doveroso passare ai ringraziamenti. Già: io alla fine
delle storie ringrazio sempre i miei lettori e recensori, ma stavolta
è davvero un caso speciale. Ho iniziato questa storia all'età
di dodici anni circa, l'ho lasciata stare per anni e anni, l'ho
ripresa quando mi sono iscritta qui su EFP e l'ho portata avanti per
un anno. È stata la mia prima long pubblicata sul sito e forse
la mia prima vera long. Al suo interno sono racchiusi tutti i miei
progressi, tutte le mie idee, anni e anni di scrittura. È
speciale.
Così
come sono speciali le persone che mi hanno seguito e sostenuto
durante questo viaggio!
In
particolare devo ringraziare:
Kim_Sunshine,
la mia adorata Kim, che lesse i primi sei capitoli di questa storia
durante la loro prima stesura, che li ha riletti, ha recensito con
passione ogni singolo capitolo e mi ha dato la forza di continuare
anche quando credevo di non farcela.
Frenzthedreamer,
che ha seguito la storia dall'inizio, l'ha letta tutta e mi ha tenuto
compagnia con i suoi commenti sempre sinceri e diretti.
GreenWind,
dato che è proprio grazie a questa storia che ci siamo
conosciute. Lei, con il suo entusiasmo e la sua fiducia in me, è
stata – appunta – una ventata d'aria fresca per me.
Anwa_Turwen,
che è giunta quando la storia era già avviata e non si
è lasciata comunque scoraggiare: in pochi giorni ha divorato
più di venti capitoli e poi non mi ha più mollato,
riempiendomi di complimenti e di dolcezza.
GRAZIE,
perché senza di voi chissà dove e come sarei ♥
Ringrazio
inoltre tutti coloro che sono passati anche solo una volta e che
hanno lasciato il loro parere, tutti i lettori silenziosi e coloro
che hanno aggiunto la storia alle seguite, preferite e ricordate!
E
infine i ringraziamenti più difficili, e – non me ne
volete – forse quelli più importanti. Ringrazio proprio
loro, i miei adorati personaggi.
Arriva
un certo momento in cui i protagonisti che ti crei nella mente non
sono più tuoi, non sono più sotto il tuo controllo:
loro esistono, sono delle persone che agiscono, pensano, dicono... e
ti raccontano le loro storie, in modo che tu le possa raccontare a
tanta altra gente.
Ecco,
con Cat, Lion, Tiff, Ben, Lisa, Alex, Grace, Kel, Angel, Marta e
tutti gli altri è stato proprio così. Loro per me sono
stati come degli amici, mi hanno tenuto compagnia negli anni, mi
hanno aiutato a crescere e maturare. Sono e saranno sempre una parte
preziosissima di me, delle stelle polari.
Non
posso che ringraziarli di cuore per tutto questo. E lo faccio tra le
lacrime, senza vergognarmene.
Non
mi sento pronta per lasciarli andare, ma devo.
Grazie
a tutti per questa magnifica avventura, me la porterò nel
cuore per sempre :')
Alla
prossima avventura!!! :3
Soul
♥
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3192635
|