Juĝo

di Antonio Militari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Denuncia ***
Capitolo 2: *** II - Notifica ***
Capitolo 3: *** III - Indagine ***
Capitolo 4: *** IV - Sentenza ***



Capitolo 1
*** I - Denuncia ***


La storia ha partecipato al contest: I Peccati Capitali organizzato da Hannibal.L, con il pacchetto Avarizia, classificandosi terza,
Nel contest era richiesto di inserire nella storia tre elementi:
Una citazione: “Doneresti tutto ciò che possiedi per far felice qualcun altro? Rispondo io per te: no, non lo faresti, o almeno non nel senso più puro del donare. La beneficenza infatti non esiste: ogni cosa ha un secondo fine. Resta solo da scoprirne la natura.”
Un obbligo: Omicidio
Un bonus: Far West
Ovviamente doveva essere presente il peccato dell'Avarizia

Ogni riferimento a persone o cose è del tutto casuale.
Le opinioni espresse all'interno della storia non rispecchiano necessariamente il pensiero dell'autore.

I
 
Freddo. Questa è la prima sensazione che lo avvolge, prima ancora di aprire gli occhi o di muovere un muscolo. Freddo, in particolare contro la guancia. Sbatte le palpebre lentamente cercando di resistere al dolore che la lama di luce gli provoca ogni volta che cerca di aprire gli occhi. Si muove lentamente cercando di alzarsi, o almeno di staccare la guancia da quel maledetto pavimento gelato. Ma che diavolo è successo?
Riesce a mettersi in piedi, ma deve appoggiarsi al muro per non cadere nuovamente, un muro che cede qualche centimetro sotto il suo peso. Imbottito? Perché si trova in una stanza con le mura imbottite? Tutto questo non ha senso. Si preme con forza la tempia sinistra che sembra esplodergli per il male che gli fa, mentre gli occhi non ne vogliono sapere di restare aperti.
Si appoggia al muro con le spalle, trovandolo comodo, e stupendosi per la stupidità di un tale pensiero. Deve fare mente locale: qual è l’ultima cosa che ricorda? Il freddo, ovviamente, ma questo dopo essersi svegliato. Prima? Che cosa ricorda di quello che è successo prima? Il mal di testa aumenta, mentre lui sa cosa è successo, ma non riesce a visualizzarlo: è come se lo avesse lì, davanti agli occhi, ma fuori fuoco. Ci rinuncia, ma solo per riprovarci più tardi, intanto ignora il dolore (o almeno fa finta di ignorarlo) e apre gli occhi per più di tre secondi. Li richiude e ripete l’operazione.
Dopo un eterno minuto, più o meno, riesce ad aprirli definitivamente, e quindi a guardarsi attorno. Non che ci sia molto ‘attorno’ da guardare: è una stanza stretta e corta, due metri per uno forse, alta poco più di due metri, totalmente rivestita di materiale morbido ad eccezione del pavimento, che sembra fatto in marmo bianco; oh, certo, il colore di quella stanza è, ovviamente, bianco, senza alcuna sfumatura.
Per prima cosa deve controllare il panico: non è certo un valido alleato in questo momento. Chiude nuovamente gli occhi e, ancora appoggiato alla parete, fa un bel respirone, cercando di fare mente locale. Si ricorda chi è? Certo: è Joe S. Ramírez, e fa il professore di Filosofia all’Imperial College, dove detiene una cattedra sperimentale. Si ricorda cosa è successo? No. O meglio, ricorda la serata passata fuori con qualcuno, che non riesce a mettere a fuoco, si ricorda della cena in un ristorante di lusso, e ricorda vagamente anche una proposta, che lo aveva tanto affascinato quanto spaventato, o meglio, terrorizzato.
Riapre gli occhi ed è calmo, per quanto la situazione lo permetta. si guarda attorno cercando qualcosa, qualcosa che, a rigor di logica, deve esistere per forza: una porta. Deve esserci una porta in questa stanza se è entrato, no? Non può mica essere stato teletrasportato lì dentro all’improvviso. Ma la porta non c’è: probabilmente una delle pareti (o il soffitto) si possono spostare totalmente, aprendo quindi la stanza. Forse si trova addirittura all’interno di un qualche tipo di container.
Sta ancora pensando a come abbia fatto ad entrare in quel luogo quando una voce gracchiante riempie improvvisamente l’aria “Joe Sentenza Ramírez,” Quanto tempo è che non sente il suo secondo nome? “Mi dispiace averla fatta aspettare, ma il suo collega ci ha messo più tempo ad accettare la situazione, nonostante si sia svegliato prima.” Bene, sono in due, probabilmente in luoghi identici, e c’è una terza persona che li controlla, con l’ausilio di qualche diavoleria tecnologica, probabilmente.
“Mi ascolti attentamente, signor Ramírez” può fare altro, per caso? “lei e il suo collega siete stati scelti con un’estrazione imparziale dall’elenco telefonico” appena torna a casa, lo giura dentro di sé, si fa togliere da quell’elenco “per partecipare ad una specie di… esperimento”. Cosa?
Dopo qualche secondo di silenzio, vedendo che la voce non continua, Joe decide di provare a parlare “Chi sei?”
“Chi sono non ha importanza, almeno non per ora. Le basti sapere che lei sta partecipando ad un esperimento ufficiale, che verrà registrato e pubblicato su riviste scientifiche, nel pieno rispetto del suo anonimato, ovviamente”. Ovviamente
“e se mi rifiutassi?” Temeva la risposta
“Può rifiutarsi, se lo desidera” cosa? “Ma ad alcune condizioni: non avrà diritto al premio di partecipazione, che ammonta a circa 2 milioni di euro” due milioni? “pari ad almeno 1,7 milioni di sterline” due milioni? “e non potrà parlare a nessuno di quest’esperienza, che comunque dimenticherà a seguito alla somministrazione di un farmaco, non avrà diritto ad alcun rimborso, e noi ci impegneremo a non chiedere a lei nessun rimborso per il tempo perso”.
Adesso Joe inizia a ricordare la cena nel ristorante di lusso, la ragazza sensuale con cui aveva mangiato e la proposta oscena e spaventosa che le aveva fatto: un qualche tipo di esperimento… e lui aveva accettato, evidentemente, almeno di conoscere qualche dettaglio in più. “Se lei, invece, dovesse accettare l’esperimento, come noi ci auguriamo, non potrà più rifiutarsi, e la cosa andrà avanti fino alla fine che a lei piaccia o meno. Non potrà tornare indietro fino a quando i nostri esaminatori non si riterranno soddisfatti” Sembra tipo un porno per scienziati, uno stupro scientifico sotto gli occhi di tanti occhialuti topi di biblioteca lì per ‘amore alla scienza’. Se avesse accettato sarebbe stato una specie di puttana, ma quale puttana viene pagata 2 milioni di euro?
“E in cosa consiste questo esperimento?”
“I dettagli li saprà solo se accetterà di partecipare, ma posso dirle, in via generale, che si tratta dell’attuazione pratica di uno dei più famosi giochi della matematica: il dilemma del prigioniero.”
In quanto filosofo, Joe conosce, ovviamente, il dilemma del prigioniero, dilemma che, tutto sommato, è veramente semplice: due prigionieri vengono interrogati separatamente, se uno dei due confessa, accusando l’altro, viene liberato, facendo finire in carcere il compagno, se invece confessano tutti e due, finiscono entrambi al fresco, con una pena leggermente minore, ma se tutti e due rimangono in silenzio subiscono il minimo della pena, di gran lunga inferiore agli altri casi già visti. La logica vorrebbe, apparentemente, che la scelta migliore, per i due, sia quella di rimanere in silenzio, ma questa non è la soluzione più razionale, e alla fine si tende sempre a scegliere di confessare, almeno secondo la teoria dei giochi.
Ai tempi dell’Università Joe aveva approfondito un poco questo affascinante gioco, e le sue varianti: è ovvio che, a prima vista, la scelta migliore è di non confessare, ma se l’altro non è abbastanza intelligente da capire che noi non confesseremo? O se ne approfittasse per fregarci e andarsene senza subire alcuna pena? Allora non sarebbe meglio confessare per evitare rischi? Alla resa dei conti, è ovvio, la scelta più vantaggiosa è quella di confessare.
“Se lei partecipa potrà avere i suoi 2 milioni di euro, a prescindere dal risultato dell’esperimento” Joe ci pensa un attimo, ma non troppo: d’altronde, quale puttana viene pagata 2 milioni di euro?
“D’accordo, facciamolo”
“Mi serve una sua affermazione ufficiale, con tono solenne” Joe soffoca una risatina, quindi tossisce appena e proclama, serio e impettito
“accetto ufficialmente di partecipare a questo esperimento”
“con tutti i rischi che comporta?”
“Quali rischi?” questo può essere preoccupante
“i dettagli li riceverà dopo, mi serve una sua conferma ufficiale” Beh, si tratta di una cosa ufficiale, no? Che gli può succedere di male? Scariche elettriche? Scariche elettriche nei coglioni? Sono comunque due milioni di euro, per Diana!
“Con tutti i rischi che comporta” Afferma solennemente, ignorando la forza performatrice delle parole che ha appena pronunciato.
 
Sono passati circa trenta minuti da quando Joe ha deciso di partecipare a quello strano esperimento, e ormai la palpebra minaccia di ricadere sull’occhio assonnato, probabilmente a causa dei resti di qualche sonnifero che, il giorno prima, alla cena, aveva accettato di farsi iniettare o sciogliere nel bicchiere, quando la voce meccanica torna a farsi sentire nella stanza “Buongiorno Joe, rieccoci qui” il tono è molto meno formale adesso “Adesso inizia ufficialmente il nostro piccolo gioco: come già spiegato si tratta di un banale dilemma del prigioniero, in una delle sue tantissime varianti. Come lei probabilmente saprà, il gioco prevede due giocatori, senza possibilità di comunicare tra di loro, che devono decidere tra due opzioni: confessare o non confessare. Ovviamente, nel nostro caso non dovrete confessare niente, ma dovrete scegliere, semplicemente, tra ‘avarizia’ o ‘generosità’; il perché di questi nomi lo capirà più avanti. Nel caso che lei scegliesse avarizia, e se il suo collega farà la stessa scelta, ve ne andrete da questa stanza, senza alcun vantaggio guadagnato: i due milioni di euro li riceverà lo stesso, ma faremo in modo, tramite tasse e cavilli di non farvene arrivare più di qualche centesimo”.
Ed ecco la prima fregatura.
“se lei sceglie l’avarizia e il suo collega la generosità, lei tornerà a casa con molto di più di due milioni di euro, per un ammontare che sfiorerà, se non supererà, il miliardo di euro”
Eccomi: sono la vostra puttana!
“Se lei dovesse scegliere la generosità e il suo collega farà la stessa scelta, lei se ne andrà con i suoi due milioni di euro, come pattuito, e quando dico due milioni di euro li intendo, ovviamente, già tassati: lei riceverà due milioni tutti interi” Wow… questo gioco è una figata! “se lei dovesse scegliere la generosità e il suo collega dovesse fare la scelta opposta” e prendersi quasi un miliardo, quindi “lei… beh, lei perderebbe la sua vita”.
Joe rimane un attimo di stucco, con un sorriso idiota ancora stampato sul volto. È normale, no? Soprattutto se ti hanno appena detto che stai rischiando la vita per uno stupido esperimento: altro che scosse elettriche ai coglioni!
“È uno scherzo, vero?” deve esserlo “Non potete farlo, vero? Credo che sia illegale, o qualcosa del genere, credo che vada sotto la voce… ‘omicidio’, o qualcosa del genere.”
“Mi spiace, signore, ma grazie al suo consenso nell’assumersi i rischi possiamo considerarlo una forma speciale di suicidio assistito, e come sa, l’ultima legge in materia…”
“suicidio assistito un cazzo! Io non ho nessuna intenzione di suicidarmi!”
“Signore, se lei non vuole suicidarsi le basta fare la scelta giusta, no? Non la stiamo mica uccidendo e basta!”
“Ma che cazzo di discorsi sono! Un esperimento scientifico non dovrebbe mica comprendere la morte al suo interno, neanche come opzione!”
“Signore la prego di rilassarsi, ormai non può tornare indietro, se si rifiuta di scegliere le verrà automaticamente assegnata la scelta meno vantaggiosa per lei”
“Bene, quindi mi sta dicendo che rischio di morire anche se non scelgo? Mi minaccia, per caso?”
“Io non minaccio nessuno! Espongo i fatti!”.
Ci vogliono altri trenta minuti, più o meno, perché Joe possa arrendersi alla situazione, lasciando che la voce meccanica continui a spiegare le regole “come le dicevo, questa è una versione modificata rispetto al normale dilemma del prigioniero, e la differenza sostanziale è questa: lei potrà parlare, in determinati tempi, che decideremo noi, con il suo collega, e riceverà inoltre delle informazioni utili per prendere una decisione, che le saranno svelate sempre quando decideremo noi, e saprà, infine, quali informazioni stiamo passando al suo collega. Le auguro una buona giocata e tutta la fortuna che le serve!”

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Capitolo 2
*** II - Notifica ***


La storia ha partecipato al contest I Peccati Capitali organizzato da Hannibal.L, arrivando terza.
Ogni riferimento a persone o cose è del tutto casuale.
Le opinioni espresse all'interno della storia non rispecchiano necessariamente il pensiero dell'autore.

II
 
Ma quale fortuna e fortuna del cazzo! Qui Joe rischia la morte, e la rischia davvero. Ci vuole una bella dose di logica e furbizia, qui, altro che fortuna. Alla fine, poi, non serve neanche tutta questa furbizia: si tratta di scegliere l’avarizia in ogni caso. Certo rischia di tornare a casa così come è arrivato, ma almeno non rischia di morire, giusto? Cosa ha la sua vita di tanto brutto? Davvero vuole rischiare di perdere tutto per guadagnare due milioni di euro? Tanto vale lasciar perdere e andarsene a casa… anche se…
Comunque non può pensarci adesso, almeno non prima di aver parlato con il suo ‘collega’, come lo hanno chiamato gli altri. Ma gli altri chi? Finora ha parlato solo con una voce registrata che sembrava quella di un uomo, ma può esserne sicuro? Per quel che ne sa poteva essere anche una bella donna che digitava qualcosa su una fredda tastiera di plastica letta da un computer, anche se questa ipotesi la trova decisamente poco probabile.
Fino a quando non riuscirà a parlare con il suo ‘collega’, comunque, non potrà sapere nulla di tutto questo, ed è quindi inutile continuare a ragionare su domande che non può comunque capire. Come se qualcuno gli stesse leggendo nella mente, una delle pareti inizia a muoversi, rivelando una nicchia nella quale un piccolo televisore fa capolino, sormontato da una grossa e vistosa webcam vecchio modello. Qualche momento di silenzio, e poi sullo schermo appare l’immagine di un uomo: è un tipo grassottello, dall’aspetto sgradevole e unto, con un paio di occhiali spessi e neri e una pettinatura che Joe non vedeva da secoli.
Si guardano per un attimo, cercando di fare per un momento mente locale. È possibile che due persone normali siano state catapultati in un esperimento tanto assurdo? E che vita c’è dietro quel volto che vede davanti a sé? È Joe il primo a riprendersi e a presentarsi “Salve. Sono Joe Ramírez, professore”
“Ramírez? Spagnolo?” La voce è tanto fastidiosa quanto il volto, e Joe riesce quasi ad immaginarsi il pesante e nauseante tanfo che immagina uscire da una bocca del genere.
“Messicano, da parte di Padre, ma sono nato qui”
“Messicano… Giusto” Giusto cosa? “Io sono Frank McBain, avvocato” Avvocato? Avrebbe detto professore…
Il silenzio che passa ha dell’imbarazzante, quindi Frank aggiunge “Allora? Quale scelta facciamo?” Giusto… Cosa dobbiamo fare?
“Senta, non voglio mentirle, io non mi posso fidare di lei, non quando la posta in gioco è la mia stessa vita, quindi posso dirle con assoluta certezza che sceglierò l’avarizia, e le consiglio vivamente di fare la stessa cosa, e questo e quanto” Ma in cuor suo Joe vuole essere contraddetto… Perché non possono essere generosi tutti e due per andarsene a casa pieni di soldi?
“Si, la capisco… Stavo pensando esattamente la stessa cosa…” Altro silenzio imbarazzante, nel quale Joe ne approfitta per fissare l’uomo negli occhi, più o meno… L’uomo sta facendo, infatti, la stessa cosa, con il risultato che lo sguardo è obliquo rispetto alla telecamera, e i due non si incrociano. Stanno pensando la stessa cosa, ma nessuno dei due ha il coraggio di formulare il pensiero ad alta voce, perché, in questa situazione, chi scegliesse la generosità sembrerebbe solo più avaro…
“Omicidio” Questa parola fa scattare qualcosa in Joe, che si accorge di aver abbassato lo sguardo e lo rialza immediatamente: Frank è seduto a gambe incrociate e ha la schiena posata al muro, le mani dietro la testa e gli occhi piantati al soffitto “Sa che cosa hanno in comune la maggioranza delle persone che commettono questo reato?” Pausa quasi teatrale “quasi sempre non volevano commetterlo, e quasi tutti se ne pentono subito dopo” Altra pausa “Io non voglio commettere un omicidio”.
Joe si sente colpito da una tale esternazione da parte di un uomo che riteneva insopportabile fino a qualche momento prima “neanche io voglio commettere un omicidio” risponde con una semplicità tale da stupire sé stesso.
“Ora vede: se io scegliessi l’avarizia, avrei la certezza matematica di essermi salvato, ma avrei anche una piccola, minuscola probabilità di commettere un omicidio, anche solo perché lei, sbagliando, potrebbe premere il tasto sbagliato” L’uomo rimane in silenzio, quindi posa le mani sulle ginocchia “Io non voglio commettere un omicidio” Pausa “Io sceglierò la generosità, anche se questa può sembrare, a prima vista, una pazzia perché” Dito puntato in webcam e sguardo fisso “io NON voglio commettere un OMICIDIO!” Wow! È questa la potenza delle parole? “Lei forse adesso starà pensando che questi sono i trucchi del mio mestiere” Ah, giusto. Fa l’avvocato “e che io sto cercando di convincerla di fare la scelta che voglio io, e sa che le dico? Che lei ha ragione!” Cosa? “Si, lei ha ragione! Sto cercando di convincerla che possiamo andarcene di qua con due milioni di euro esentasse a testa, e fanculo questi scienziati idioti! Io non la ucciderò: perché sono un uomo anche io”.
A Joe inizia a girare la testa “Io ci devo pensare”
“Conosce la mia scelta” magari! “Faccia attenzione con la sua, la prego”
 
Il televisore si è spento da circa cinque minuti, ma è ancora lì minaccioso e nero come una tomba (ma le tombe non sono bianco marmo?) che lo sovrasta. Si è seduto con le spalle al muro cercando di riprendere fiato e rilassarsi. Era una scelta facilissima, doveva solo scegliere l’avarizia, e invece quel Frank aveva complicato le cose: adesso cosa doveva fare?
Scegliendo l’avarizia si sarebbe salvato comunque, ma probabilmente avrebbe ucciso un uomo, e un miliardo di euro ripaga la vita di un essere umano? D’altra parte, la scelta della generosità non gli risulta meno difficile da effettuare: vero è che così si guadagna una possibilità di tornare a casa con due milioni di euro in tasca, ma questo significava scommettere sulla scelta di Frank, che avrebbe potuto condannarlo con un gesto di pura e semplice ‘avarizia’. La domanda, quindi, si riduce a questa: si può mettere la propria vita nelle mani di qualcun altro?
Frank gli è sembrato subito antipatico, ma non certo una cattiva persona. Stiamo comunque parlando di un omicidio, e non è una cosa che chiunque può affrontare con leggerezza, giusto? E poi il suo discorso aveva un senso. Vero è che per sua stessa ammissione Frank è un genio delle parole e potrebbe aver montato tutto quel discorso solo per poterlo costringere a scegliere la generosità per poi condannarlo a morte e…
Ma poteva farlo veramente? Certo che esistono persone capaci di farlo, ma… Hanno la faccia di Frank? Che cose ridicole a cui pensare, ma a Joe tutti questi pensieri fanno girare la testa, costringendolo a posarla contro la parete imbottita Per evitare il suicidio Si ritrova a pensare, e ha probabilmente ragione. In una situazione di stallo come questa, sbattere la testa contro il muro fino all’incoscienza sembra la scelta più felice che possa fare.

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Capitolo 3
*** III - Indagine ***


La storia ha partecipato al contest I Peccati Capitali organizzato da Hannibal.L, arrivando terza.
Ogni riferimento a persone o cose è del tutto casuale.
Le opinioni espresse all'interno della storia non rispecchiano necessariamente il pensiero dell'autore.

III
 
Ci vuole tanto, forse troppo, prima che Joe riesca a riprendersi, ma alla fine riesce a calmarsi. La decisione è semplice: si fiderà di Frank, forse è una pazzia, ma il discorso di quell’uomo lo ha convinto: nessuno vuole uccidere un altro essere umano. Passerà cinque minuti della propria vita preoccupandosi dell’esito della votazione, per poi andarsene con due milioni di euro in tasca, e un nuovo amico con cui condividere un’esperienza traumatica che, in futuro, magari li farà anche ridere.
Adesso sta seduto a terra, come ormai gli viene naturale, esattamente di fronte al televisore nero, fissandolo con gli occhi vuoti, come aspettando che un nuovo orrore ne esca, andando a sconvolgere la nuova situazione di equilibrio che è appena riuscito a creare nella propria mente. Come se gli stessero nuovamente leggendo la mente, il televisore si accende nuovamente, rimanendo bianco un momento, quindi si colora leggermente, rivelando un’immagine sfocata di un giardino.
Joe non può fare a meno di rabbrividire capendo che cosa sta succedendo: sullo schermo appare una macchia rosa, in movimento, dietro quello che sembra un pozzo, in un chiostro. Per la precisione si tratta del chiostro storico dell’Imperial College, dove non solo faceva il professore, ma aveva anche compiuto gli studi. La mano gli finisce automaticamente tra i capelli, mentre si rende conto che anche Frank l’avvocato sta guardando quelle immagini. Si è alzato in piedi e neanche se ne è accorto.
Sullo schermo l’immagine si è messa più a fuoco: rivelando una schiena, e un sedere. Si sente una risata vicino al microfono della telecamera, insieme ad una frase sbiascicata in un inglese ubriaco. La mano scende fino alla bocca, coprendola come ad impedire un silenzioso urlo. La schiena sullo schermo si gira. Non ha la barba, ma è perfettamente riconoscibile. È Joe. Joe Sentenza Ramírez, per l’esattezza, nel chiosco dell’università dove studiava, all’epoca, e dove ora insegna a ragazzini come lui. La donna invece non si muove, sdraiata sulla schiena.
Joe sorride. Non quello nella stanza, con gli occhi iniettati di sangue e pieni di lacrime, ma quello nello schermo, che cavalca la donna svenuta. Fa un cenno con la mano e fa avvicinare il ragazzo con la telecamera (William Daggett, all’epoca studente di Filosofia anche lui, ora Impiegato di banca, ubriacone cronico, due mogli, non contemporaneamente, ovvio, tre figli e quattro amanti, che porta a pranzo fuori davanti agli occhi di tutti. Sono ancora in contatto perché due dei figli sono nel suo corso).
Bill si avvicina, e non si risparmia i dettagli più concreti dell’atto, che i tipi che lo stanno trasmettendo non si sono presi la briga di coprire. È proprio un porno, se non fosse per un particolare: è tutto vero. “Ma è svenuta?” è la voce di Bill, nel video. Joe si copre le orecchie, perché sa già la risposta. Non passa una singola notte senza che non senta la propria voce pronunciare quelle parole cariche di scherno e derisione. Con le lacrime agli occhi vede il video finire con l’inquadratura del volto della ragazza.
Sullo schermo nero alcune parole con un carattere semplice, colorate di bianco: Emy Fuller, 22 anni, morta suicida.
Non c’è bisogno di specificare altro. Lei non era consenziente: l’avevano drogata per passare una ‘serata divertente’. L’idea della telecamera era stata di William, ma a metterla materialmente era stato lui. Credevano che farsi la più santarellina del corso, facendole passare una serata pazza sarebbe stato divertente, e poi lei li avrebbe ringraziati. Invece lei non si era presentata più all’università per le due settimane successive, fino a quando non l’avevano trovata impiccata a casa. Sola. Senza aver lasciato neanche un biglietto.
Quel video non lo aveva fatto sparire, perché si sentiva in colpa, e voleva una prova che continuasse a ricordargli che cosa aveva avuto il coraggio di fare. Non avrebbe mai potuto immaginare che lo avrebbero potuto utilizzare dei pazzi maniaci della scienza!
Lo schermo torna bianco, e ci rimane per qualche secondo, probabilmente per dargli il tempo di riprendersi dallo shock appena subito, quindi torna a colorarsi, stavolta con una definizione ottima, quasi professionale. È un’aula di tribunale, con una platea bella nutrita, il giudice e tutta la giuria in ghingheri. E lì, in piedi al centro della sala, in giacca e cravatta, Frank McBain, nel bel mezzo di un’arringa difensiva.
“E non dovete dimenticare la presunzione d’innocenza!” Si mette a camminare dando le spalle alla giuria “Un principio basilare nella nostra giurisdizione che i miei colleghi dell’accusa cercano di farvi dimenticare.” Si ferma e si volta di tre quarti verso la giuria, facendo finta di ragionare “Il mio collega, per l’esattezza, ha fatto un ottimo lavoro nel dimostrare che la testimone non aveva motivo di mentire circa il come si sono svolti i fatti, e questo può anche essere vero.” Altra pausa “Poi ha fatto una gran fatica per riuscire a spiegare il come il mio cliente, King Freeman, un uomo di rispettabile reputazione, abbia avuto l’opportunità di raggiungere la vittima, stuprarla, e quindi di soffocarla fino alla morte, per poi tornarsene a casa, a bere con quattro amici.
“Tutto questo noi lo capiamo e probabilmente anche voi riuscirete a farvi l’immagine dell’assassino spietato, senza scrupoli, con movente e occasione.” Si ferma un attimo per dare la possibilità alla giuria di elaborare il fatto. “Tuttavia non è proprio così, e ora vi spiego perché: si dice che il mio cliente avesse un movente, e questo può essere vero per l’omicidio, dato che doveva impedire alla ragazza di dire tutto in giro. Ma in questo modo non stiamo dando per scontato che l’aveva già stuprata?” Altro momento di pausa “Che movente aveva per stuprare una ragazzina così? Che movente aveva per commettere un crimine così efferato, di rovinare la vita a quella che, a tutti gli effetti, è una bambina, anzi era.
“Chi ha commesso un tale crimine è un disturbato di mente, un uomo che presenta un grave disturbo di affetto, e non è il caso di King, uno che si è sempre fatto in quattro per la sua famiglia e per il suo paese” Le pause nel discorso sono misurate e tutt’altro che fastidiose “Ma a questo punto torniamo alla presunzione di innocenza: mancano prove fisiche, DNA, foto, impronte digitali e tutto il resto. Pensateci bene, prima di condannare un uomo solo sulla base di una singola testimonianza, perché rischiate di uccidere un innocente.”
Il video termina con la schermata nera, e le scritte bianche: King Freeman era colpevole, fu assolto per merito del suo avvocato.
Anche qui non c’era bisogno di specificare: Frank lo sapeva, e aveva accettato lo stesso un caso semplicissimo che si sarebbe risolto da solo, pur di far carriera. Frank e Joe erano due assassini.

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Capitolo 4
*** IV - Sentenza ***


La storia ha partecipato al contest I Peccati Capitali organizzato da Hannibal.L, arrivando terza.
Ogni riferimento a persone o cose è del tutto casuale.
Le opinioni espresse all'interno della storia non rispecchiano necessariamente il pensiero dell'autore.

IV

“Doneresti tutto ciò che possiedi per far felice qualcun altro?” Frank era riapparso, sul televisore, all’incirca un’ora dopo i due video.
“Allora?” Joe non riusciva a ragionare, con la mente annebbiata dalla faccia di Emy che continuava a tornargli davanti agli occhi “Rispondo io per te: no, non lo faresti” Come al solito ci infilò dentro una delle sue pause drammatiche “o almeno non nel senso più puro del donare, ma non è questo il punto” fissò la webcam per dargli l’impressione di guardarlo negli occhi “La beneficenza non esiste! Ogni cosa ha un secondo fine, mi segui? Resta solo…” piccola pausa “da scoprirne la natura” Joe annuì distratto, senza aver capito bene dove volesse andare a parare l’altro “Io voglio vivere, Joe, voglio andarmene da qui, e se posso farlo da ricco: tanto meglio!” Joe si passò una mano sulla nuca, sentendosi terribilmente stanco e vecchio “non voglio regalarti due milioni di euro, me li voglio prendere per me, è solo questo che devi capire. Non sono un santo e non lo sei neanche tu, questo sono riusciti a farcelo capire, ma io voglio i soldi, non lo nascondo, come non nascondo che non voglio ucciderti”.
Joe non può fare a meno di sorridere, ma è un sorriso stanco, e di sicuro cinico “ascoltami attentamente, Joe” Riprende l’avvocato “qui non siamo in un duello da mezzogiorno di fuoco, uno contro l’altro, perché se fosse così, non voglio mentirti, non esiterei a premere il grilletto e a farti fuori, ma giochiamo insieme contro un mostro più grande, e voglio che tu lo capisca. Conosci la mia scelta, che non è cambiata dopo quei video, perché so che quello che hai fatto appartiene al passato, come quello che ho fatto io.” Pausa “Tutti hanno un segreto oscuro dietro la bella facciata che si ritrovano, no? Io continuo a pensare che tu non sia un assassino, e quindi mi fiderò di te, e non perché sono un santarellino che si fida degli uomini, ma perché so che nessuno sano di mente ucciderebbe un altro, ma chiunque vorrebbe un paio di milioni, no?
“Joe, ti prego.” Altra pausa, giusto per terminare il tutto “Lascio la mia vita nelle tue mani. Non gettarla alle ortiche” Con la puntualità di un orologio la telecamera stacca il contatto, e a quel punto succede: un pezzo del pavimento si sposta e una pulsantiera si solleva, fino ad arrivare all’altezza di un comodino. Sopra ci sono due singoli tasti, di dimensioni esagerate e identiche, totalmente bianchi, ad eccezione delle scritte che vi si leggono in chiari caratteri neri: Avarizia, Generosità. Vita, morte, morte, vita, soldi, niente, niente, soldi… Mille pensieri che si accalcano nella testa in una sorta di demoniaco flusso di coscienza, ammesso che ce l’abbia ancora una coscienza (quale puttana viene pagata due milioni di euro?), e che non sia invece finita giù nello scarico del cesso.
Quale tasto? E quale sarebbe stata la scelta di Frank? Generosità, come aveva detto? Ma era vero che si sarebbe fidato di lui? Di uno stupratore? No. Di un assassino! Perché Emy l’aveva uccisa lui, con un’arma molto più dolorosa di un coltello o una pistola o del cappio che l’aveva materialmente finita! E lui invece? Poteva fidarsi di Frank? Di colui che aveva difeso uno stupratore e un assassino (le coincidenze, a volte…) pur sapendo quello che stava facendo, quando la sua colpevolezza era palese per tutti?
La testa gli girava, e dovette avvicinarsi ai tasti strisciando, perché tutto il corpo si rifiutava di lasciarsi trasportare verso quella scelta. Cosa doveva fare? E se Frank lo stava ingannando? E se invece parlava sul serio? E se avesse predetto questi pensieri, e avesse agito come per ingannarlo, in modo che lui avesse pensato il contrario? E se, e se, e se…
Ora la testa gli scoppiava veramente, come se fosse stato drogato (Emy…) e forse era così: che ne poteva sapere di quello che quei sadici scienziati gli stavano facendo? Non erano autorizzati a fare qualsiasi cosa? E ora se ne stavano probabilmente nel loro studio ad osservare dei freddi monitor accesi scommettendo su chi dei due avrebbe ucciso l’altro, attendendo la morte con l’eccitazione negli occhi, come squali che sentono già l’odore della ferita delle prede.
Sul televisore apparve un timer: dieci secondi, durante i quali Joe rivisse tutta la propria vita, dalle vacanze al mare con i genitori, con il cane Bob (nove secondi), per poi rivedere l’università (Emy…) e le serate in discoteca (otto secondi), e si vide al colloquio per diventare professore, nella stessa università dove aveva passato gli anni migliori della propria vita (sette secondi), ed ecco la ragazza della sua vita (Emy…), Lisa, incontrata durante un corso di aggiornamento (sei secondi), e si rivide nel giorno del matrimonio (cinque secondi), durante il viaggio di nozze in Italia (quattro secondi) e rivide il divorzio, con il dolore che ne conseguì (tre secondi) e rivide la morte del padre, nel letto, circondato dai familiari (due secondi) e si rese conto che aveva troppe cose da fare, e di Frank non gli importò più nulla. Un secondo solo gli bastò per capire che cosa avrebbe dovuto scegliere:
 
Avarizia.

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