Ricordati che ti amo di hexleviosa (/viewuser.php?uid=197228)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
Ricordati che ti amo - capitolo 1
Ricordati
che ti amo
Capitolo
I
Le
ultime ore Oliver le aveva vissute come a rallentatore, come se il
tempo non scorresse mai, come se non fosse padrone del suo corpo e si
trovasse indifeso ad affrontare tutti gli avvenimenti che gli stavano
cadevano addosso.
Non
sapeva neanche lui dove aveva trovato la forza per chiamare aiuto e,
quando l'ambulanza era giunta, l'aveva trovato ancora inginocchiato
sull'asfalto freddo, con Felicity tra le braccia, inerme.
Dig,
non appena aveva saputo, si era precipitato sul luogo senza pensarci
due volte.
Era
a metà strada quando il suo cellulare aveva cominciato a squillare e
per un istante aveva tentennato, indeciso se rispondere o meno: una
parte di lui non aveva ancora perdonato Oliver per ciò che gli aveva
fatto. Vinse però l'altra parte, quella che voleva tornare a fidarsi
di lui e ad essere suo amico e confidente. Come rispose non ci mise
molto a capire che era davvero sconvolto e che doveva essere
successo qualcosa di terribile. Non disse altro che:
<<
Felicity... lei... oh mio Dio, Felicity! Io non posso perderla, Dig!
Non posso! >>
Senza
neanche pensarci fece un'inversione a U di quelle che avrebbero
meritato il ritiro immediato di macchina e patente, se solo ci fosse stata
nei paraggi una qualche volante, ma la strada era deserta. Aveva
guidato lungo il tragitto che gli indicava il suo cellulare,
benedicendo Felicity e quel suo dannato programma che segnalava le loro
posizioni col GPS.
Quando giunse sul posto, la
scena che gli si presentò davanti fu spaventosa. Inizialmente non
vide che i paramedici, e solo dopo che fu sceso dall'auto riuscì a
scorgere altre due figure: la prima era inginocchiata a terra e
teneva tra le braccia la seconda, più minuta, semi-sdraiata su di
lui e priva di coscienza.
<<
Cos'è successo? >> domandò subito avvicinandosi.
<<
Ci hanno circondato e io... io ho tentato di proteggerla e di
portarla via da lì ma... l'hanno colpita prima che ci riuscissi...
>> prese un profondo sospiro << mi dispiace averti
disturbato >> riprese distogliendo lo sguardo.
Stava
tentando di dimostrarsi forte, Dig lo sapeva, ma non era facile.
<<
Va tutto bene, riprenderemo questo discorso più avanti. Ora pensiamo
a lei. >>
I
paramedici si avvicinarono portando la barella.
<<
Signor Queen, dobbiamo subito trasportarla in ospedale >>.
Oliver
osservò l'uomo che gli aveva parlato e annuì nella sua direzione.
Insistette per aiutare a sdraiare il corpo di Felicity sulla barella
e lo fece con tutta la delicatezza possibile. Mentre la caricavano
sull'ambulanza, si voltò verso Diggle, che subito lo rassicurò:
<<
Vai con lei, io vi seguo in macchina. Ci vediamo in ospedale >>
e, senza attendere una risposta, s'incamminò verso la sua auto.
Durante
il tragitto per arrivare in ospedale, Oliver dovette venire a patti
con le reali condizioni di Felicity. I suoi parametri vitali erano
preoccupanti: il battito cardiaco era accelerato e irregolare e
invece di respirare normalmente rantolava. Con la maschera
dell'ossigeno sembrò andare un po' meglio, ma la preoccupazione
continuava a salire.
Giunti
allo Starling General Hospital i medici la portarono subito via per
farle esami specifici e tac; Oliver fu obbligato a lasciarle andare
la mano e si sentì perso.
Rimase
seduto sulla sedia di plastica azzurra solo per pochi minuti prima
che Dig lo raggiungesse e si accomodasse al suo fianco senza dire una
parola.
Meno
di un quarto d'ora dopo arrivarono gli altri, evidentemente informati
da Dig.
<<
Oh Olly, mi dispiace così tanto >> gli sussurrò Thea mentre
lo abbracciava forte.
Dopo
di lei venne Laurel, che gli posò le mani sulle spalle e gli disse:
<<
Devi essere forte, Olly. Ora devi esserlo anche per Felicity, non
puoi crollare! >>
Lui
annuì, poi dietro l'amica vide una donna in lacrime. Senza
pensarci
due volte andò verso di lei, con l'intenzione di scusarsi.
Quando Donna Smoak lo strinse a sé rimase sorpreso, ma dopo
pochi secondi
ricambiò l'abbraccio. Fu allora che finalmente si permise di
piangere.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Spero
che abbiate apprezzato questo mio piccolo sfogo personale,
mi
farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate
e
se avete qualche suggerimento o correzione da farmi.
Come
ben saprete non manca ormai molto alla 4x10,
ma
io ci tenevo comunque a postare questa storia.
Anche
perché temo che i produttori non potranno dedicare troppo tempo al
rapporto tra Oliver e Felicity,
in
fondo devono occuparsi anche di Green Arrow!
Il
mio proposito è quindi quello di approfondire la parte Olicity,
perché
è quella che ci interessa davvero, no?
Ovviamente
man mano che gli episodi andranno avanti cercherò di integrare
qualche pezzo,
ma
ammetto di avere già molte idee per questa storia,
quindi
non è detto che io segua la storia originale fino in fondo.
Come
avrete notato i capitoli non saranno lunghissimi,
questo
perché non ho molto tempo a disposizione,
e
scrivere capitoli più corti mi permette di essere molto più veloce
nella pubblicazione.
Credo
che posterò il secondo capitolo già domani o dopodomani.
Un
bacio e alla prossima,
Hexleviosa
|
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Ricordati che ti amo - Capitolo 2
Ricordati
che ti amo
Capitolo
II
Passarono
tutta la notte nella stanza d'attesa. Solo un'infermiera era andata
ad informali che avrebbero operato Felicity per rimuovere il
proiettile. Ma da allora erano trascorse ore e non avevano ricevuto
notizie.
Oliver
stava cercando di non pensare alla donna che amava, che in quel
momento era stesa su un lettino circondata da chirurghi, quando
Laurel entrò nel suo campo visivo tenendo tra le mani un vassoio.
<<
Qualcuno gradisce un caffè? >> chiese sorridendo.
<<
Oh Dio, sì! >> esclamò subito Thea.
<<
Cappuccino? >> fece ancora porgendogliene un bicchierone pieno.
<<
Ti adoro! >>
<<
Ed ecco un caffè normale per Dig e uno senza zucchero per Oliver >>
continuò.
<<
Grazie, Laurel. Per tutto. >> le disse quest'ultimo.
Lei
gli sorrise in risposta.
<<
Signora Smoak, non sapevo cosa le piacesse, così le ho preso del
latte macchiato. È il preferito di Felicity. >>
<<
Ti ringrazio e chiamami pure Donna >>.
Trascorsero
altre due ore prima che un medico sbucasse dal corridoio e andasse
verso di loro.
<<
Posso parlare con dei parenti della signorina Smoak? >>
domandò.
Donna
si alzò subito e Oliver fece lo stesso.
<<
La situazione della signorina Smoak erano critiche, non ve lo
nasconderò. Abbiamo dovuto praticarle un'operazione al costato per
estrarre il proiettile e ci siamo accorti che era arrivato fino al
polmone destro; per fortuna lo aveva solo sfiorato all'estremità, ma
aveva danneggiato la pleura e siamo dovuti intervenire per evitare
che il liquido pleurico si riversasse all'esterno. >> spiegò
brevemente.
<<
Questo cosa comporta? >> chiese Oliver.
Non
ne capiva assolutamente nulla di quei termini medici e né gli
importavano i dettagli, l'unica cosa che voleva sapere era se sarebbe
stata bene.
<<
Potrà avere una vita assolutamente normale, ma ora ovviamente ha
bisogno di tempo per rimettersi in sesto. La stiamo aiutando a
respirare con l'ossigeno e la nutriremo endovena fino a quando non si
sveglierà e non sarà in grado di mangiare da sola >>.
<<
Possiamo vederla? >> chiese Donna.
<<
Sì, ma si trova in terapia intensiva: abbiamo preferito trasferirla
lì perché vogliamo vedere come il suo corpo reagirà all'intervento
e dobbiamo monitorarla costantemente per essere certi che non si
aggravi. Quindi potete vederla solo voi, che siete i parenti più
stretti, ma mi raccomando, ha bisogno di tranquillità. >>
<<
Certo, sarà fatto. Grazie mille, dottore. >> lo ringraziò
Oliver.
Un'infermiera
li accompagno in terapia intensiva e quando arrivarono alla porta
notarono un agente fermo lì fuori.
<<
Cosa significa? >> chiese.
<<
Signor Queen, sono l'agente Luesby. Ho ricevuto l'ordine dal capitano
Lance di fare da scorta alla signorina Smoak visto... visto quanto è
successo. >> rispose l'uomo.
Oliver
si sforzò di sorridere, poi seguì Donna dentro la stanza.
Felicity
era stesa sul letto, pallida e immobile. Sembrava tranquilla, come
quando dormiva. Ma il suo era un sonno innaturale, forzato dai
farmaci.
<<
Quando si sveglierà? >> domandò all'infermiera.
<<
Non prima di questo pomeriggio. >> rispose << Ha tutto il
tempo di fare un salto a casa, se vuole. >>
Oliver
non aveva nessuna intenzione di lasciarla da sola. Non importava se
fuori dalla porta c'era un agente di polizia di guardia, Damien Dahrk
era capace di tutto.
<<
Puoi andare, Oliver >> gli sorrise Donna << così magari
puoi prendere qualche camicia da notte a Felicity. Questa che le ha
dato l'ospedale è davvero orribile! >>
Non
poté fare a meno di sorridere a quelle parole. Allungò la mano fino
ad accarezzare la guancia della sua IT girl, giù per il mento e il
collo, fino al bordo della camicia da notte. In effetti non era
neanche lontanamente paragonabile alle solite mise notturne di
Felicity: la stoffa sembrava così ruvida e scomoda.
<<
Farò solo un salto veloce, per prenderle dei cambi e tutto quello
che potrebbe servirle qui. Se succede qualcosa, qualsiasi cosa,
chiamami! >>
<<
Tranquillo, non è mai stata una mattiniera, ha sempre odiato
svegliarsi prima del dovuto e non comincerà certo a farlo ora! >>
Oliver
rise, si sporse in avanti e stampò un lieve bacio sulla tempia di
Felicity, poi baciò Donna sulla guancia per salutarla e si avviò
verso la porta.
<<
Oh, e Oliver? >> lo richiamò.
<<
Sì? >>
<<
Non dimenticarti il suo pc! Se si svegliasse e non lo trovasse
impazzirebbe! >>
<<
Non lo farò! >> le assicurò per poi uscire e chiudersi la
porta alle spalle.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Inizio
col ringraziarvi di cuore per le vostre belle parole di
incoraggiamento, sappiate che sono davvero importanti per me.
Vi
avviso che non sono per niente un'esperta di medicina,
i
ferimenti a malattie e/o trattamenti medici
sono
basati su quello che ho trovato su wikipedia e altri siti internet.
Anzi
se vi rendete conto di qualche errore,
fatemelo
pure sapere e io provvederò a correggerlo.
Detto
questo, Felicity ha dovuto subire un intervento
ma
tornerà ad essere presente tra due capitoli.
Vi
avviso già che ci saranno dei colpi di scena, ma non temete:
amo
troppo gli Olicity per fare davvero qualcosa di cattivo!
Spero
che anche questo capitolo vi sia piaciuto,
continuate
a scrivermi cosa ve ne pare
e
se ci sono delle modifiche o delle correzioni da fare.
Non
credo di riuscire a postare domani, ma farò il possibile per
pubblicare il prossimo capitolo mercoledì
(che
è anche il giorno in cui riprende la programmazione americana)!
Un
bacio e alla prossima,
Hexleviosa
|
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Capitolo 3 *** Capitolo III ***
Ricordati che ti amo - Capitolo 3
Ricordati
che ti amo
Capitolo
III
Uscendo
aveva incontrato Diggle, Thea e Laurel. Aveva detto loro di tornare a
casa, che ormai il peggio era passato e li avrebbe chiamati non
appena ci fossero state delle novità, ergo non appena Felicity si
fosse svegliata. John però si era proposto di accompagnarlo a casa e
poi di nuovo in ospedale e fu irremovibile su questo. Così ad Oliver
non restò che acconsentire, con la promessa che avrebbe fatto
presto.
Fu
di parola. Appena entrò in casa non perse tempo: andò dritto in
bagno, dove si tolse i vestiti ancora sporchi di sangue e si buttò
sotto l'acqua bollente. Dopo aver terminato la doccia più breve di
sempre, si vestì velocemente e iniziò a preparare un borsone con la
roba di Felicity. Probabilmente aveva dimenticato qualcosa, ma al
limite sarebbe tornato a casa a prenderla o avrebbe chiesto a qualcun
altro di farlo per lui. Prese un'altra borsa e vi mise un paio di
cambi per lui, così non avrebbe dovuto tornare a casa per cambiarsi.
<<
Preso tutto? >> gli chiese Dig, vedendolo entrare in salotto.
<<
Sì, dovrei. >>
Presero
una borsa ciascuno e tornarono all'ospedale.
<<
Ti vorrei ringraziare, Dig >> disse Oliver quando arrivarono al
parcheggio dello Starling General Hospital << dopo tutto quello
che ti ho fatto... sei restato accanto a me in questo momento. >>
<<
Non devi neanche dirlo, amico >>
<<
E invece sì >> sospirò spostando lo sguardo fuori
dall'abitacolo << Ieri, mentre ero in quella maledetta sala
d'attesa e aspettavo di sapere come stava Felicity, stavo pregando
forse per la prima volta in tutta la mia vita, perché lei non
morisse e potesse guarire e tornare la Felicity di sempre. È stato
in quel momento che ho capito fino in fondo quello che hai provato tu
quando io... quando ho fatto quello che ho fatto. >>
<<
E' passato. Dobbiamo guardare avanti. >> sorrise Dig.
<<
Già. >> rispose ricambiando il sorrise << Ora però va a
casa da tua moglie e tua figlia. Anche loro hanno bisogno di te. >>
<<
D'accordo. Ma chiamami quando si sveglia! >>
Oliver
gli assicurò che l'avrebbe fatto e solo allora John si convinse a
lasciare l'amico e a tornare a casa.
Quando
entrò nella stanza di Felicity scoprì che nulla era cambiato, non
che si aspettasse qualcosa di diverso, infondo era stato via meno di
un'ora. Donna Smoak durante la sua assenza si era appisolata sulla
seggiola accanto al letto. Le posò una mano sulla spalla e lei
subito si svegliò.
<<
Oliver, già di ritorno? >>
<<
Perché non vai a casa? >> le suggerì.
Lei
non sembrava d'accordo: non voleva lasciare la figlia e poi non era
così tanto stanca. Testarda e determinata come la figlia. Ecco da chi
aveva preso!
<<
Non hai chiuso occhio per tutta la notte, hai bisogno di riposare
almeno un paio di ore >> tentò di convincerla <<
Altrimenti dopo sarai troppo stanca. >>
Donna
lo guardò, non si era ancora decisa.
<<
Vai a casa, ti riposi un paio d'ore e 'sta sera torni qua. Così
Felicity, quando si sveglierà, potrà vederti riposata e con un
vestito pulito >>.
I
suoi occhi parvero illuminarsi.
<<
Hai ragione: non posso farmi vedere dalla mia bambina con tutto il trucco colato e con questo
vestito tutto sgualcito. Non voglio che si preoccupi. >>
Era
stata una genialata fare dei commenti sul suo vestito, peccato che
con Felicity quella mossa non funzionasse. Ci aveva già provato,
ma lei sarebbe rimasta alla Arrow caverna anche con addosso un sacco
dell'immondiazia, pur di non lasciarlo senza la sua supervisione.
<<
Vuoi che ti chiami un taxi? >> le chiese.
<<
No, grazie. Chiamo Quentin, mi aveva detto di farlo. >> sorrise
prima di uscire dalla stanza.
Oliver
mise le due borse nel piccolo armadio, che si trovava nella parete di
fronte al letto. Si prese del tempo per osservare la stanza e
convenne che era troppo spoglia e triste. Non gli piaceva. Sopratutto
paragonata a casa loro, dove ovunque si girasse trovava una cosa
fuori posto: il PC sul tavolo del soggiorno, una felpa abbandonata
sulla sedia, le scarpe davanti alla porta...
Spinto
da quei ricordi, tirò fuori il computer portatile dal borsone e lo
appoggiò sul tavolino accanto all'armadio. Pensò anche che ci
volevano dei fiori, così chiamò un fioraio col numero che aveva
trovato su internet e ne ordinò un bel mazzo. La telefonata fu qualcosa
del tipo:
<<
Non me ne intendo molto di fiori e non so cosa si possa trovare in
questo periodo, mi serve solo che siano allegri. Sì, perfetto e...
non è che per caso avete una felce? >>
Dopo
aver fatto tutto quello che poteva per rendere la stanza più
confortevole, si sedette sulla sedia su cui poco prima era seduta
Donna. Si perse ad osservare Felicity. Non gli fuggì neanche il più
piccolo particolare: notò un piccolo taglio sopra il sopracciglio
sinistro e un livido non troppo grande sulla mascella. Gli sembrò
che la mascherina dell'ossigeno fosse posizionata male così gliela
sistemò.
Poi
rimase fermo ad osservare il suo petto che si alzava e si abbassava
ad ogni respiro e ad accarezzarle il polso, da cui poteva percepire
il battito cardiaco. E prima che potesse rendersene conto, si
addormentò.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Salve,
fanciulle!
Lo
so, avevo detto che oggi non avrei aggiornato,
ma
credo che domani non metterò naso fuori dai libri con tutto quello
che ho da studiare,
quindi non sarei riuscita a postare prima di giovedì e mi dispiaceva.
Così
almeno vi lascio un po' in suspance con questo capitolo,
visto
che le cose più salienti accadranno nel quarto/quinto/sesto...
ripensandoci
in tutti i prossimi capitoli ci saranno cose salienti,
perché
la storia comincerà ad ingranare come si deve
e
sarà difficile avere più capitoli di seguito in cui non ci sono
colpi di scena o scene molto molto pucciose...
per
non parlare dei nuovi episodi, che ripartono da domani/dopodomani!
Prevedo
già un sacco di cose molto interessanti e,
soprattutto,
molto molto Olicity!
Ok,
ora scappo,
vi
lascio con questo ultimo capitolo di non-Felicity!
Ci
vediamo giovedì col seguito,
Hexleviosa
|
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Capitolo 4 *** Capitolo IV ***
Ricordati che ti amo - Capitolo 4
Ricordati
che ti amo
Capitolo
IV
Mentre
si svegliava, gli parve di udire il suo nome. Ma non era possibile,
sicuramente aveva sognato.
<<
Oliver >>
Alzò
la testa di scatto e quasi pianse dalla gioia a vedere le sue labbra
muoversi, sebbene i suoi occhi fossero ancora sigillati.
<<
Oliver >> lo chiamò ancora, in un sussurro.
<<
Sì, sono qua. >>
<<
Vieni a letto >> lo pregò.
E
l'uomo capì che non aveva ancora collegato gli ultimi avvenimenti e
che era convinta di trovarsi a casa loro, nel loro letto, nella loro bella casa.
<<
Apri gli occhi, Felicity. >>
Lei
mugugnò qualcosa e si sporse verso di lui col busto. A fare quel
movimento provò subito dolore e non riuscì a frenare un lamento. Si
portò una mano alle costole e spalancò gli occhi.
<<
Ehi, fai piano. I punti sono ancora freschi. >> la reguardì
Oliver.
Lo
guardò confusa, poi si accorse di avere qualcosa sul viso: ecco
perché le sembrava di non riuscire a parlare bene. Tentò di
togliersi la mascherina e lui subito la sgridò, ma lei non gli diede
ascolto.
<<
Felicity, basta! >> le ripeté, questa volta alzandosi dalla
sedia e sedendosi sul letto al suo fianco, per poi bloccarle i polsi.
<<
Ascoltami, devi stare calma. >> le disse in tono pacato <<
Ti ricordi cos'è successo? >>
Lei
scosse la testa, poi subito dopo annuì.
<<
Oh, cavolo! >> sbuffò socchiudendo gli occhi.
<<
Già. >> commentò lui amareggiato.
Lei
aprì prima un occhio e poi l'altro per osservare l'espressione
delusa e colpevole dipinta sul volto di lui. Sospirò
comprendendo come dovesse sentirsi Oliver in quel momento e l'ultima
cosa che voleva era che lui si addossasse la colpa di tutto.
<<
Be', direi che è andata bene! >> gli sorrise per tentare di
tirarlo su di morale.
Ma non sembrò essere d'accordo con lei.
<<
Non direi: ti sei presa un proiettile e hai dovuto subire
un'operazione. >>
<<
Fantastico, ora ho un'altra cicatrice! >> continuò lei con il
tono più allegro che le riuscì, anche se si sentiva ancora stordita e leggera a causa dei farmaci.
<<
Felicity! >> sembrò rimproverarla, ma il suo tono era a metà
tra lo sconvolto e il divertito.
<<
Vado ad avvisare un medico che ti sei svegliata, torno subito. >>
<<
Oliver, Oliver! >>
Come
lo chiamò si voltò di scatto e tornò di corsa al suo fianco,
chiedendole cosa c'era che non andava.
<<
Mi daresti un bacio? >> fece lei ammiccante.
<<
Che? >>
<<
Un bacio >> ripeté.
<<
Lo farei se non avesse la mascherina dell'ossigeno, signorina Smoak!
>>
<<
Oh dai, signor Queen, non si faccia pregare! Mi accontento di uno
piccolo. >> alzò la destra avvicinando il pollice e l'indice
<< Un bacio piccolo così. >>
Lui
rise a quella sua richiesta ma alla fine l'accontentò, infondo anche
lui non stava aspettando altro. Alzò la mascherina dal suo viso e la
baciò delicatamente. Fu un bacio intenso ma breve, non voleva
rischiare. Subito dopo si affrettò a sistemarle nuovamente la
mascherina dell'ossigeno e uscì per cercare un dottore.
Il
medico la visitò a fondo e per tutto il tempo Oliver dovette restare
fuori dalla porta. Ne approfittò per avvisare gli altri che si
precipitarono sul posto. La prima ad arrivare fu Donna Smoak,
accompagnata dal capitano Lance, non che potesse andare diversamente
visto che era stata anche la prima ad aver avvertito, com'era giusto
che fosse.
Dopo
una mezz'oretta il dottore fece capolino fuori per far entrare Oliver
e Donna nella stanza.
<<
Oh, la mia bambina! >> esclamò, stringendo Felicity tra le
braccia.
<<
Sì, ehm... mamma? Mi stai soffocando. >>
La
lasciò andare ma con una mano continuò ad accarezzarle i capelli
durante la spiegazione del medico.
<<
La situazione sembra buona al momento. L'unica anomalia è il battito
cardiaco che è ancora leggermente accelerato, ma potrebbe essere
causato dall'adrenalina e dallo stress per l'incidente. Inoltre la
signorina Smoak è quasi in grado di respirare da sola, anche se
preferirei che tenesse la mascherina ancora per qualche tempo, solo
per sicurezza. >>
<<
Quanto ancora devo restare qui? >> domandò Felicity, smaniosa
di tornare a casa.
<<
Non posso ancora dirlo con certezza. Non bisogna scordare che è
stata colpita da una pallottola, è stata fortunata che il polmone
sia rimasto danneggiato in maniera davvero lieve, poteva andare molto
peggio, ma non è comunque una ferita da sottovalutare. >> la
reguardì.
Lei
annuì stranamente accondiscendente.
<<
Tra un paio d'ore faremo ulteriori analisi più approfondite. Abbiamo
praticamente escluso una possibile commozione cerebrale, ma saranno
necessari dei raggi e una tac, per controllare che tutto sia a posto.
>>
Oliver
lo ringraziò.
<<
Se dovessi sentire dolore, schiaccia il pulsante sopra la tua testa e
l'infermiera ti porterà qualcosa. Anche se ne dubito, visto che
abbiamo disciolto un antidolorifico nella soluzione che ti stiamo
iniettando via endovenosa. >>
Lo
ringraziarono nuovamente e lui uscì dalla stanza, lasciandoli soli.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Ed
eccoci di nuovo qui!
Innanzi
tutto, un grazie di cuore a tutti quelli che stanno continuando a
leggere questa storia! Vi adoro!
E
finalmente Felicity si è svegliata!
Come
è stato? Ve lo aspettavate così il capitolo? Meglio? Peggio?
Fatemi
sapere!
E
cosa ne pensate del nuovissimo episodio? L'avete già visto?
Io
l'ho adorato ma, come immaginavo,
i
momenti Olicity sono stati troppo pochi e troppo brevi.
Ma
non temete,
da
un momento all'altro questa storia si collegherà all'episodio 10!
Solo
che prima mi servono un paio di capitoli
per
sviluppare al meglio le mie idee.
Parlando
di capitoli,
vi
avviso già che forse domani non potrò aggiornare,
ma
se anche fosse così non dovrete attendere
oltre
sabato o domenica.
Mi
raccomando, avvisatemi se notate qualche errore o incongruenza che
possano essermi scappati,
purtroppo
non ho molto tempo per ricontrollare i capitoli più volte.
Un
bacione e alla prossima,
Hexleviosa
|
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Capitolo 5 *** Capitolo V ***
Ricordati che ti amo - Capitolo 5
Ricordati
che ti amo
Capitolo
V
<<
Sono così contenta che tu stia bene, bambina mia! >> esclamò
Donna emozionata << E non appena ti sarai ripresa dovremmo
cominciare ad organizzare il matrimonio! >>
Felicity
scosse la testa sconsolata e cercò con lo sguardo Oliver. Lui in
risposta le accarezzò la mano e la rassicurò:
<<
L'importante è che tu stia bene, per il resto ti lascio carta
bianca! >>
Donna
trillò e applaudì contenta, vedendosi già nei panni di wedding
planner per il matrimonio della figlia con l'uomo che una volta era
lo scapolo più ambito di tutta Starling.
<<
Vado ad avvisare gli altri che tu stai bene, così vi lascio un po'
di privacy. >>
Agli amici infatti non era stato permesso entrare a vederla: fintanto che
stava nel reparto di terapia intensiva potevano entrare solo i
parenti più stretti.
Oliver
si sedette al suo fianco sul letto e prese ad accarezzarle il
braccio.
<<
Sei stranamente silenziosa... >> constatò.
<<
Mmh... vorrei solo tornare a casa, nel nostro lettuccio comodo comodo >>
pigolò << E stare vicini vicini tutta la notte, con te che sei caldo
caldo >>
La
guardò sornione.
<<
Ah davvero? Non conoscevo queste tue fantasie! >> scherzò.
<<
Oh, che stupido! Non in quel senso, sai che non intendevo in quel
senso! >> brontolò, provocando le risate di Oliver.
Lei
incrociò le braccia al petto, fingendosi offesa anche se un sorriso
birichino spuntava dalle sue labbra.
<<
Lo sai che ti amo, vero? >> le domandò all'improvviso.
Lei
in un attimo dimenticò la loro scaramuccia. Lo guardò
negli occhi e gli rivolse il sorriso più bello che avesse
mai visto.
<<
Ti amo anch'io >> gli sussurrò << E ora che ci penso,
dobbiamo decidere a una data per il matrimonio, se non vuoi che mia
mamma impazzisca e faccia impazzire anche la sottoscritta! >>
Lui
rise ancora:
<<
L'unica cosa importante è sposarti, non mi importa dove, come o
quando! Tutto quello che deciderai tu a me andrà bene! >>
<<
Ommioddio, che dolce! Sembra di essere in una di quelle sitcom
sdolcinate che guardava mia mamma! >>
La
guardò col cipiglio alzato, come a chiederle se era seria.
<<
Hai ragione, ripensandoci credo proprio che le guardi ancora! >>
annuì seria.
A
quel punto non potè non scoppiare in una fragorosa risata. Il suo
cuore era finalmente leggero, grazie alla certezza che la sua
Felicity era torna da lui e niente era cambiato.
Qualcuno
bussò alla porta in quel preciso momento e un secondo dopo il dottor
Briand era entrato nella stanza.
<<
Mi dispiace interrompervi, ma il dovere chiama e la stanza di
radiologia e pronta per lei, signorina Smoak! >>
Visto
che ormai sembrava respirare bene anche autonomamente, il medico
convenne con lei di farle togliere la mascherina dell'ossigeno.
Felicity dovette ammettere a se stessa che, sebbene il suo respiro
ora fosse un po' più appesantito, era una bella liberazione poter
parlare senza quella cosa fastidio sul viso.
Due
infermiere la sistemarono sulla barella, per permetterle di arrivare
fino all'ala di radiologia restando sdraiata, visto che non avevano
ancora verificato le sue condizioni dopo l'operazione.
In
corridoio incontrò sua madre e poté finalmente vedere Thea, Laurel
e Dig, che erano rimasti lì da quando avevano saputo che si era
svegliata. Poterono salutarla solo velocemente, ma a loro fu
sufficiente per accertarsi che stesse bene.
Sopo
che Felicity sparì dietro l'angolo del corridoio, Oliver invitò gli
amici ad andare a casa: dopotutto lei stava bene, si era svegliata e
aveva persino fatto uno di quei suoi discorsi senza capo né coda.
Non c'era più niente di cui preoccuparsi.
Rimasero
così solo lui e Donna, che aspettava di sapere i risultati degli
esami per tornare a casa.
Quando
l'infermiera riaccompagnò Felicity nella sua camera però l'idillio
parve essersi già rotto. Era evidente che qualcosa non andava.
<<
Che succede? >> chiese preoccupato accostandosi al lettino.
<<
Nulla di grave, si è solo stancata >> rispose secca quella.
Oliver
si trattenne dall'insultarla solo perchè era troppo occupato da
Felicity. La aiutò a sistemarsi sotto le coperte e la osservò
preoccupato. L'infermiera nel frattempo se n'era già andata.
<<
Ehi, guarda che così fai preoccupare la mamma >> scherzò
bonariamente Donna.
Lei
si sforzò di sorridere ma non le riuscì granché bene. Era
visibilmente pallida e sembrava che faticasse a respirare e a tenere
gli occhi aperti.
<<
Che ne dici di rimettere la mascherina dell'ossigeno? Proviamo se va
meglio? >> le chiese Oliver.
Quando
lei annuì, la aiutò ad indossarla. Andava sicuramente meglio con
quella addosso, ma non respirava comunque benissimo.
<<
Cosa c'è che non va? >> le domandò ancora sua madre
accarezzandole i capelli.
<<
Fa male! >> si lamentò con gli occhi lucidi.
<<
Cosa fa male? >>
<<
Non lo so ma fa male! >> una lacrima era fuggita al suo
controllo e ora le rigava la guancia.
Oliver
e Donna si guardarono interrogandosi silenziosamente sul da farsi. Era
ovvio che l'effetto degli antidolorifici fosse ormai svanito ma era
normale che provasse così tanto dolore? Non lo sapevano, ma non
potevano certo aspettare che qualcuno del personale medico si degnasse
di farsi vedere per chiederglielo!Fu lui infine a concludere il loro
discorso silenzioso.
<<
Ok, io vado a chiamare un dottore! >> sbottò uscendo di gran
carriera dalla stanza.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Buona
sera, ragazzuole!
Scusate
il ritardo, avevo detto che se non fossi riuscita ad aggiornare
venerdì, l'avrei fatto tra sabato e domenica...
Be'
è domenica, quindi teoricamente non sono proprio in ritardo,
ma
per i miei standard mentali lo sono.
Tutto
ciò a causa di quell'orribile mostro
che
ti toglie la voglia di fare ogni cosa
che
non sia giacere a letto per tutto il giorno a guardare serie tv.
Ebbene
sì, mi sono presa l'influenza!
Ma
non temete, per fortuna nei giorni precedenti sono stata previdente e
ho già scritto un paio di capitoli.
Tutto
ciò che devo fare è rileggerli un paio di volte,
correggerli
per bene ed espurgarli da tutti gli errori/orrori
che
sicuramente mi saranno fuggiti e postarli.
Questo
è un capitolo abbastanza critico,
come
alcune di voi avevano già intuito,
la
trama originale, ahimè, chiama.
Ma
non temete, tutto si risolverà per il meglio,
sia
nella fanfiction sia nella serie tv, ne sono certa.
E
se non sarà così...
be'
potreste sentire tragiche notizie riguardo i produttori e gli
sceneggiatori
e
immaginerete già chi è il colpevole o, meglio, la colpevole.
Ok,
la febbre mi sta facendo delirare decisamente troppo!
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto,
fatemi
sapere che ne pensate e se avete notato qualche errore che potrebbe
essermi sfuggito!
Un
bacione e grazie di cuore a tutti voi che continuate a leggere questa
mi piccola fanfiction!
Ciao
a tutti e al prossimo capitolo
(
domani o dopodomani, dipende da come mi sento),
Hexleviosa
|
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Capitolo 6 *** Capitolo VI ***
Ricordati che ti amo - Capitolo 6
Ricordati
che ti amo
Capitolo
VI
<<
Che cavolo sta succedendo? >> urlò sbattendo la porta alle sue
spalle.
Non
appena gli avevano indicato la stanza in cui si trovava il dottor
Biand, aveva percorso il corridoio a grandi falcate ed era entrato
dentro come una furia.
L'uomo in questione
stava consultando delle scartoffie con l'aiuto di un paio di colleghi.
<<
Signor Queen! >> esclamò sorpreso. << Cosa c'è che non
va? >>
Cosa
c'è che non va? Ma ha voglia di scherzare?, pensò Oliver. Contò
fino a dieci per tentare di sopprimere la voglia di uccidere che lo
stava bruciando nel profondo. Era riuscito a soffocarla fino ad ora
solo perchè non aveva pensato che a Felicity e non si era curato di
null'altro. Ma ora lei si era svegliata, aveva parlato con lui fino a
poco prima e avrebbe fatto di tutto per proteggerla e difenderla.
<<
E' da quando è tornata in camera che fatica a respirare e prova
dolore! >> lo disse con tutta la calma di cui era capace al
momento, ergo non molta.
<<
Ok, andiamo, ho bisogno di visitarla di nuovo >> asserì,
uscendo dalla stanza, seguito da Oliver.
Quando
tornarono nella camera di Felicity, lei era ancora visibilmente
sofferente. Donna cercava di tranquillizzarla, aiutata da
un'infermiera.
<<
Signorina Smoak >> la chiamò il dottor Briand, avvicinandosi
al letto << prova dolore? >>
Lei
annuì, mentre Oliver avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e
rispondergli: no, non sta provando dolore, si diverte a fare
finta! Ma si limitò a passarsi una mano sul mento, ricoperto dalla barba corta.
<<
Mi dispiace ma deve resistere ancora un po', perché ho bisogno di
visitarla ancora. Crede di farcela? >>
Lei
annuì nuovamente, anche se non sembrava molto convinta.
<<
Non può darle prima qualcosa per il dolore? >> s'intromise
Donna.
<<
No, mi spiace >> rispose Briand << Devo capire da cosa è
causato il dolore e da che punto parte e non posso farlo se è sotto
anestesia >>.
Oliver
osservò Felicity e vedendo il suo sguardo sofferente non poté fare
a meno di chiedere:
<<
Non c'è un altro modo? >>
Il
medico scosse la testa.
<< Voi ora dovreste uscire >> disse a lui e a Donna << Prima lo
facciamo e prima ci togliamo il pensiero >>.
Loro
lasciarono la stanza in silenzio ma rimasero in attesa nel corridoio
appena fuori la porta.
L'infermiera
la aiutò a stendersi completamente e le suggerì di prendere ampi
respiri. Cercò di fare come le era stato detto, ma non era affatto
facile: il solo respirare le provocava dolore.
Il
dottore le tastò il costato destro, dapprima in modo lieve e poi
facendo sempre più pressione. Felicity strizzò gli occhi e si morse
le labbra a sangue per impedire a un gemito sofferente di sfuggire
alle sue labbra.
La
mano esperta e sicura del medico scese sempre più lateralmente,
verso destra, proprio vicino al punto in cui il proiettile l'aveva
colpita. E fu solo allora che non poté trattenere uno strillo carico
di dolore.
Non
sentì la porta aprirsi di scatto ma udì perfettamente la voce
irritata che esclamò:
<<
Signor Queen! Le è stato detto che non può entrare, deve aspettare
che io finisca di visitarla! >>
Ma
Oliver non si curò di lei e rimase sulla soglia senza chiudere la
porta, con Donna alle sue spalle. Felicity evitò di incontrare il
loro sguardo, che sapeva essere preoccupato, ed alzò gli occhi al
cielo per evitare alle lacrime di rigarle le guance. Odiava farsi
vedere piangere e mostrarsi tanto debole, quando l'uomo che amava era
così forte; ma non poteva farne a meno e si odiava per questo.
<<
Ok, basta così! >> concesse il medico, togliendosi i guanti di
lattice << datele dei calmanti e degli antidolorifici. Io ho
bisogno di un consulto medico. >> poi si voltò verso Oliver e
Donna << Potete restare con lei fintanto che non si sarà
calmata >> concesse loro.
Quando
nella stanza rimasero solo loro tre, Felicity sentì una famigliare
mano calda accarezzarle lievemente il polso e finalmente incontrò
quegli occhi azzurri che la facevano sentire a casa ovunque si
trovasse.
<<
Andrà tutto bene >> le sussurrò incoraggiante.
Lei
annuì debolmente, ma lui capì che era più un gesto istintivo e che
lei non ne era realmente convinta, anche se stava facendo di tutto
per non darlo a vedere.
Quando
l'infermiera entrò nella stanza con una grande siringa in mano, lei
deglutì e si fece un po' più pallida. Non
che lei avesse paura di una semplice punturina, assolutamente! Ma
quella era davvero enorme! Non si era mai fatta infilzare da qualcosa
di così grande! Cioè, non in quel senso... non che Oliver
non fosse... insomma, intendeva in ambito medico. Non che lei si
fosse mai fatta infilzare da cose strane in un luogo medico o altro,
sia chiaro.
Dio,
sto cominciando a fare figuracce anche nei miei pensieri! Ma non
bastava che fossi imbarazzante già nella vita reale?,
pensò tra sé e sé.
<<
Tranquillo, signor Queen, gliela inietteremo nel tubo IV ed entrerà
in circolo con la soluzione. Non sentirà nulla. >> fece
l'infermiera civettuola, con un sorriso falso sul viso.
Oliver
le scoccò un'occhiataccia. Non aveva detto nulla e se riteneva che
fosse un uomo assillante e stressante non aveva ancora visto nulla!
<<
Ora dovrebbe andare meglio >> disse fintamente cortese, dopo
aver finito, per poi aggiungere << chiamatemi pure se ci sono
altri problemi >> e uscì dalla stanza.
Felicity
alzò una mano e con fatica se la portò sulla fronte, fino ai
capelli. Dovevano essere uno scempio: li sentiva sporchi e annodati
come se non li avesse lavati da mesi, anche se erano passati solo un
paio di giorni.
<<
Mamma >> chiamò debolmente, sentendo già i farmaci fare
effetto << Non piangere, mamma. Va tutto bene. >>
Donna
tirò su col naso e si voltò leggermente verso il muro per non mostrare le lacrime
alla figlia.
<<
E' tutto ok, tesoro, la mamma è solo un po' stanca >> le
rispose accomodante come se fosse ancora una bambina di cinque anni.
Oliver
tentò di dire qualcosa per alleggerire la tensione e tranquillizzare
entrambe, ma lei lo precedette.
<<
Scusa, tu hai bisogno di stare il più calma possibile e io non ti
sono d'aiuto. >> sorrise tristemente e scosse la testa come a
voler sottolineare le sue parole << Oliver, puoi stare tu con
lei, per favore? Io ho bisogno di uscire un momento >>.
Lasciò
la stanza senza attendere una risposta e una volta in corridoio sentì
chiamare il suo nome.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Buona
sera, ragazzuole!
Come
avrete notato sono ancora viva e sono anche riuscita a postare,
mica
roba da poco, eh!
Continuo
a ringraziare tutte voi per il magnifico supporto che mi date con le
vostre – fin troppo gentili – recensioni!
Grazie
davvero,
è
solo per voi che trovo la forza di postare quasi ogni giorno!
Be',
che dire?
Questo
non è proprio un capitolo allegro
e
alla fine anche mamma Smoak ha avuto un piccolo cedimento,
ma
troverà chi è disposto a consolarla!
Proprio
così, sto parlando del nostro unico e inimitabile ...!
Anche se non ve lo dico non è poi tutto questo grande mistero e credo che lo capirete da sole.
Una
di voi aveva scritto che le sarebbe piaciuta una scena tra i due
e
devo ammettere che l'idea non mi è dispiaciuta per niente,
quindi
l'ho inserita nel prossimo capitolo!
Oddio, io CREDO che una di voi l'abbia scritto in una recensione...
ora
come ora, tra la febbre e imbottita di aspirine come sono,
potrei
anche essermelo sognato.
Spero
di non essere arrivata a questi punti o sarebbe preoccupante!
Ad
ogni modo, spero che il capitolo vi piaccia!
Fatemi
sapere che ne pensate
e
se avete qualche richiesta o correzione da farmi!
Ci
vediamo domani – salve complicazioni tecniche –
col
prossimo capitolo,
Hexleviosa
|
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Capitolo 7 *** Capitolo VII ***
Ricordati che ti amo - Capitolo 7
Ricordati
che ti amo
Capitolo
VII
Donna
si voltò e incontrò lo sguardo di Quentin, che subito le chiese:
<<
Cosa c'è che non va? Credevo che ormai fosse fuori pericolo! >>
Lei
scosse la testa, permettendo alle lacrime di scorrere giù
inarrestabili.
<<
Non lo so davvero! Avevano detto che era andato bene, ma poi le hanno
fatto altri raggi e lei ha cominciato a sentire dolore e il medico se
n'è andato senza darci una risposta perchè ha bisogno di un
consulto medico! >> parlò talmente velocemente che quasi non
si distinguevano le parole e sembravano tutte attaccate l'una
all'altra.
Ecco
di nuovo da chi aveva preso Felicity! Con l'unica differenza che
Donna parlava così quando era preoccupata o sconvolta per qualcosa,
mentre lei... be', lei lo faceva praticamente sempre, qualunque fosse il suo stato
d'animo.
<<
Ok, calmati un attimo! >> le disse fermamente, prendendola per
mano e facendola sedere su una poltroncina << Felicity sta
bene! L'hai vista tu stessa mentre era sveglia e parlava. Il dolore è
normale dopo un intervento del genere e i medici... loro sono sempre
così puntigliosi e angoscianti, prendi un raffreddore e ti guardano
come se dovessi morire domani! Credimi, Felicity starà benone, dalle
solo un po' di tempo per riprendersi come si deve! >> dopo aver
pronunciato l'ultima frase, alzò la mano di Donna e posò un lieve
bacio sulle sue nocche.
E
lei non poté che convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio.
Perchè quella era la sua bambina e non poteva pensare che le sarebbe
capitato qualcosa di brutto.
Dopo
che sua madre era uscita in quel modo dalla stanza, Felicity si era
portata la destra a coprirsi gli occhi e si era chiusa nel silenzio.
Oliver
aveva continuato a massaggiarle il polso sinistro ma, quando notò
che non parlava , le posò una mano sul ventre per richiamare la sua
attenzione.
<<
Ehi, come va? >>
In
risposta lei sospirò e si scoprì gli occhi.
<<
Vorrei solo che voi non prendeste tutto così male. >> sospirò
<< Tu e mia madre, intendo. Lei è più emotiva del
solito, piange per nulla. E tu non fai che urlare contro i medici e
le infermiere! >>
Lui
annuì e sembrava dispiaciuto mentre le diceva:
<<
Hai ragione, non avremmo dovuto farti assistere a certe scenate. Così
facendo ti stiamo solo mettendo addosso più stress di quanto già ne
devi sopportare. >>
Lei
scosse la testa: non capiva quello che voleva dire.
<<
Non è questo, Oliver! È solo che... da quando sono qui, sembrate le
mie ombre e... >> si bloccò, capendo di aver detto le parole
sbagliate << Non fraintendermi, non puoi neanche immaginare quanto sono stata felice di
svegliarmi e vedere te come prima persona, di essere tornata in
stanza dopo i raggi e di averti trovato ancora qua ad aspettarmi! >>
continuò sorridendo << Solo che non devi prenderla, non devi
vivere questa situazione così male! >> provò ad intervenire,
ma lei fu più veloce di lui e continuò << Io sto bene! Mi
sono solo beccata un proiettile! >>
<<
Non dirlo come se fosse una cosa normale, perchè non lo è! >>
la rimproverò.
<<
Non ho detto questo, solo che è capitato, non puoi farci niente! E
il tuo senso di colpa non cambierà le cose. >> gli disse
seria, mirando subito al punto << Oliver, non puoi proteggere
sempre tutti da tutto! >>
<<
Sapevo di non poter proteggere tutti, ma credevo di essere in grado
di proteggere almeno i miei cari! >> sospirò amareggiato e
deluso.
<<
Ma non puoi >> riprese lei tranquillamente << Purtroppo
ci sono cose da cui non si può essere protetti. È la vita. >>
Lui
non era per nulla convinto di quanto aveva detto, così lei continuò:
<<
Cosa avresti fatto se fossi stata operata per un'appendicite? Te la
saresti presa col mio intestino? >>
<<
Non fare tanto la sarcastica in un momento del genere >> la
riprese.
Lei
divenne seria di colpo, capendo quali potessero essere i suoi
pensieri.
<<
Oliver, non farlo! >>
Lui
le rivolse uno sguardo confuso, non capendo a cosa si riferisse.
<<
Non fare quello che sto pensando che tu stia pensando di fare! >>
<<
Ora si che ho capito tutto! >> scherzò << Smettila di
tentare di psicoanalizzarmi e cerca di riposarti. >>
Ma
nessuno dei due voleva cedere.
<<
Cercherò di riposarmi >> concesse lei alla fine << se tu
mi prometti una cosa >>.
<<
Che cosa? >> chiese.
<<
Nah, così è troppo facile, prima devi promettere! >>
Oliver
sapeva che c'era sotto qualcosa, ma non poteva non accontentarla
quando lei lo guardava a quel modo, così acconsentì.
<<
Ora posso sapere che cosa ti ho appena promesso, di grazia? >>
<<
Che resterai con me >>.
Per
un momento pensò che fosse la cosa più dolce che potesse dirgli, ma
poi lei chiarì:
<<
Cioè, non con me con me, con me qui! >>
La
guardò come se fosse pazza. Gli stava chiedendo di smettere di
essere Green Arrow? Le sembrava il momento opportuno?
<<
Vuoi che smetta... tu sai cosa? >>
<<
Certo che no! >> rispose lei piccata.
E
lui tirò un sospiro dei sollievo, prima che lei continuasse,
ritrattando tutto.
<<
Voglio che tu smetta... tu sai cosa, finchè io non sarò uscita di
qua e non sarò in grado di coprirti le spalle! >>
Sospirò
incredulo: non era mica un bambino e quando aveva cominciato era da
solo, perchè ora crede che non sia più in grado di farlo?
<<
Riposati >> disse solo.
<<
Oliver >> lo chiamò preoccupata << hai promesso >>
ma la sua era un incrocio tra una domanda e un'affermazione.
<<
Chiudi gli occhi e riposati. Queste non sono cose di cui parlare in
questo momento >> il suo tono era serio e non ammetteva
repliche.
<<
Ti prego >> sussurrò solo, mentre le sue palpebre già di
stavano abbassando.
<<
Sarò qui accanto a te, quando ti sveglierai, te lo prometto >>.
E
mentre Felicity si abbandonava al sonno, Oliver non potè non
sentirsi lievemente in colpa per aver aggirato la sua richiesta. Ma
non poteva fare altrimenti: una volta sentiti i medici e assicuratosi
delle reali condizioni di Felicity, avrebbe cominciato la sua
vendetta. E sarebbe stata spietata.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Scusate,
ragazzuole, ma ieri per problemini tecnici col wifi
non
sono riuscita ad aggiornare...
della
serie: “Dove cavolo è Felicity quando serve?”
Ad
ogni modo, ho risolto ed eccomi qua!
Che
ve ne pare del capitolo?
Spero
vi piaccia perchè è probabilmente uno dei pochi capitoli tranquilli
della storia,
infatti
avrete notato che non succede moltissimo e non ci sono grossi colpi
di scena,
anche
se i discorsi tra Donna e Quentin e Felicity e Oliver sono troppo
pucciosi e personalmente ho adorato scriverli!
La
nostra Fel già prevede quale sarà la prossima mossa del nostro
Green Arrow e cerca di portarsi avanti, anche se lui non sembra
persuaso dalle sue parole...
Cosa
succederà? Aspettate e vedrete!
Un
bacione e a domani col prossimo capitolo,
Hexleviosa
|
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII ***
Ricordati che ti amo - Capitolo 8
Ricordati
che ti amo
Capitolo
VIII
Rimase
ad osservarla dormire fino a quando non udì la porta aprirsi. Si
voltò e vide Donna fare capolino nella stanza.
<<
Si è addormentata? >>
<<
Sì >> rispose << tra tutto quello che è successo e gli
antidolorifici era stremata >>.
Lei
annuì comprensiva.
<<
Il dottor Briand vorrebbe vederci entrambi >> lo informò <<
credo che abbia qualcosa da dirci >>.
Sembrava
preoccupata e Oliver condivideva in pieno i suoi sentimenti. Lanciò
un'ultima occhiata a Felicity e seguì Donna fuori dalla stanza.
Erano
seduti nello studio del medico da una buona mezz'ora e da altrettanto
tempo questi continuava la sua lunga e interminabile tirata,
snocciolando termini specifici a loro sconosciuti. Ma tra tutte le
parole che erano state dette, ne erano state sufficienti una manciata
per far scattare l'allarme nei loro cervelli. Colonna vertebrale.
Midollo spinale. Trauma.
La
domanda che sorse spontanea fu: com'era possibile. Come era possibile
che tutta quella storia fosse spuntata fuori solamente in quel
momento e non prima. Oliver lo chiese, oh se lo chiese! E il suo tono
non era certo dei più amichevoli.
<<
Il motivo per cui ciò è risultato solo ora, signor Queen, è che
prima non c'era! >>
<<
Mi vuole prendere in giro? Vuole farmi credere che da un momento
all'altro puff, subentra una complicanza di questo genere? >>
sbottò adirato.
Il
dottor Briand incrociò le mani sopra la scrivani a si allungò verso
di lui.
<<
Io non scherzo con la vita dei miei pazienti, signor Queen >>
rispose con tono grave ma pacato
<< Tuttavia mille sono i
misteri della natura umana e nulla è mai scontato >>.
<<
So che nulla è scontato e proprio per questo avrebbe dovuto
prevedere delle possibili complicanze! >> ribattè Oliver
irritato.
<<
Siamo chirurghi, non santi: non facciamo miracoli. Possiamo agire
solamente entro certi limiti! >>
<<
Nessuno pretende che voi facciate miracoli! Mi aspetto solo che
facciate il vostro lavoro, per cui siete pagati anche profumatamente,
mi sembra! >>
Donna
intervenne a sedare il diverbio: era certa che i due uomini sarebbero
stati capaci di andare avanti all'infinito altrimenti.
Briand
sembrò apprezzare il suo intervento e colse subito la palla al balzo
per cambiare argomento. Si allungò a prendere una cartellina gialla
e ne tirò fuori dei fogli. No, non erano fogli, erano due lastre.
<<
Quando la signorina Smoak è stata ricoverata qui, presentava già un
trauma spinale, ma era talmente lieve da essere quasi invisibile.
Vedete queste due costole? >> chiese indicandogliele <<
Il proiettile vi è passato esattamente in mezzo. Il problema è che
la signorina Smoak è di costituzione minuta e di ossatura piccola.
Quindi il proiettile, penetrando con forza ha sfiorato queste due
costole e ha fatto sì che si formassero due cosiddette “schegge di
proiettile”. >>
<<
Questo non spiega perchè non l'abbiate scoperto prima! >> lo
interruppe Oliver.
<<
Ci sto arrivando, signor Queen, non abbia fretta. >> rispose
piccato per poi continuare << Non possiamo sapere esattamente
la meccanicistica della ferita, possiamo solo supporre che sia stata
la pressione esercitata dal proiettile sulla cassa toracica o un
contraccolpo dell'impatto dell'auto. >>
Oliver
pensò a quando si era messo al volante, per cercare di portarli
via dalla sparatoia. avrebbe potuto prendere dei colpi in quel momento?
Sì, certo che sì! Lei era distesa sul sedile posteriore e
lui aveva guidato come un dannato. Ma come avrebbe potuto fare
altrimenti?
<< Ad ogni modo queste due vertebre,
che sono collegate alle costole, si sono spostate
leggermente in avanti, vedete? >> successivamente mise davanti
a loro la seconda lastra << Ed ecco la situazione oggi. Le due
costole non hanno retto e si sono spezzate, fortunatamente non hanno
danneggiato il polmone né la pleura, però hanno esercitato
pressione sulle vertebre che erano già un po' spostate, facendole muovere
ancora di più in avanti e di lato. Ed ecco fatto il danno! >>
concluse.
Donna,
che era restata in silenzio fino ad allora, intervenne:
<<
Quindi ora cos'ha intenzione di fare? >>
Briand
incrociò le braccia al petto e si lasciò andare contro lo
schienale.
<<
Questo lo chiedo io a voi! >>
Oliver
pretese delle spiegazioni: cosa voleva dire che lo chiedeva a loro?
Era lui il medico! Era suo il compito di fare stare bene Felicity!
<<
Semplicemente, dovete decidere voi la strada da prendere. Abbiamo due
alternative >> spiegò
<< Fasciarle il busto, in modo da
tenere ferme le costole e dar loro il tempo di rimettersi in sesto.
Oppure scavalcare il problema con un'operazione. >>
<<
Un'altra? >> chiese Donna, visibilmente preoccupata e per nulla
convinta.
<<
Non sottovaluto il peso di un'altra operazione e non l'avrei mai proposto,
se la situazione non lo richiedesse >>.
Oliver
gli chiese di spiegarsi meglio: quali erano i pro e i contro? A cosa
andavano incontro con quella scelta? E, soprattutto, avrebbero dovuto
preoccuparsi?
Il
dottore rispose subito ai suoi quesiti:
<<
Il rischio di non operarla subito è che le costole che si sono rotte
creino una maggiore pressione su quelle che per ora sono solo
incrinate. Se così fosse, la cassa toracica potrebbe andare a pesare
su organi che invece dovrebbe proteggere e potrebbe portare ad
un'insufficenza polmonare o cardiaca e, nel peggiore dei casi, alla
morte. >>
Donne
non riuscì a trattenere un singulto, mentre Oliver era semplicemente
esterrefatto.
<<
Al contrario, se operiamo, dobbiamo andare a intervenire su quelle
parti danneggiate e così facendo potremmo aggravare ancora di più
il danno al midollo spinale >>.
<<
Una scelta semplice, non c'è che dire! >> intervenne Donna.
Lei
e Oliver si guardarono, nessuno dei due aveva mai preso in
considerazione l'idea che si verificasse una situazione del genere!
Era un incubo! Ma bisognava fare una scelta e bisognava farla subito,
più il tempo passava e più il rischio che qualcosa andasse storto
era elevato.
<<
Preferisco mille volte una figlia su una sedia a rotelle piuttosto
che sotto tre metri di terra >> mormorò Donna con la voce
spezzata.
Oliver
annuì e, senza togliere gli occhi da lei, disse solo:
<<
Operatela >>.
Non
avevano neanche potuto vederla un'ultima volta: i medici non avevano
voluto perdere tempo e l'avevano subito portata in sala operatoria.
Loro avevano passato le
ultime ore seduti in silenzio. La plastica scomoda delle sedie non
permetteva loro di trovare una posizione comoda e la decisione che
avevano preso gravava sui loro petti, impedendoli quasi di respirare.
Avevano fatto bene? Oliver non lo sapeva ma, dentro di lui, non
poteva non pensare egoisticamente che avrebbe fatto di tutto per far
vivere Felicity, perchè non avrebbe potuto andare avanti senza
di
lei.
Dopo
due ore si rese conto che non sarebbe riuscito a resistere ancora:
aveva bisogno di distrarsi. E quale miglior distrazione che
cominciare a mettere in atto la sua vendetta?
L'Arrow-cave,
come amava chiamarla Felicity, era silenziosa e deserta. Proprio
quello di cui lui aveva bisogno. Accese i computer e si mise subito
all'opera, certo non era il migliore in quel campo, ma con l'aiuto
dei programmi installati dalla sua IT girl, sarebbe stato un gioco da
ragazzi. Una volta individuata la sua preda afferrò arco e faretra e
si preparò a colpire.
***
SPAZIO AUTRICE ***
Chiedo
venia per il grande ritardo!
La
verità è che questo capitolo mi ha messo un po' in crisi,
ho
fatto un sacco di ricerchè mediche ma non ne sono ancora sicura al
100%,
quindi
fatemi sapere che ne pensate.
E
comunque vi faccio notare che questo è il capitolo più lungo che ho
scritto fin'ora!
A
questo punto la mia storia si è ufficialmente collegata alla trama
della serie tv,
ma
ciò non vuol dire che non ci saranno più novità, tutt'altro!
Terro
conto di alcuni elementi della serie,
ma
aggiungerò parecchi missing moments e modificherò anche qualcosina
qua e là.
Avrete
già notato come tutto ciò che accadrà in futuro dipenderà dalla
scelta che hanno preso Donna e Oliver
e
questo potrebbe anche complicare un po' il loro rapporto con
Felicity, ma lo vedremo poi più avanti.
Cerco
di aggiornare domani, ma non vi prometto niente,
al
limite sarà lunedì.
Un
bacione e alla prossima,
Hexleviosa
|
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Capitolo 9 *** Capitolo IX ***
Ricordati che ti amo
Capitolo IX
Aveva perseguitato quei maledetti fantasmi, li aveva minacciati, li aveva puntato contro le sue frecce mortali. Ma niente. Non una sola parola era uscita dalle loro labbra. Presi con le spalle al muro, avevano preferito morire pur di rimanere fedeli al loro capo.
Frustrato, entrò nel covo e lasciò cadere arco e faretra a terra, incurante di tutto. Era convinto di essere solo, non si aspettava certo di trovarsi tutti lì ad attenderlo.
<< Cosa ci fate voi qui? >> domandò stupito.
<< Cosa ci facciamo noi qui? Un pigiama party! >> rispose ironica Thea << Secondo te? >>
Amava suo fratello, probabilmente più di ogni altra persona sulla terra. Era la sua famiglia, o per lo meno quello che ne era rimasto della sua famiglia. Fatta eccezione per Malcom che, be', non era proprio quello che si potrebbe definire un padre modello. Ma nonostante ciò a volte non riusciva proprio a capirlo. Sembrava che nei momenti meno opportuni il suo cervello andasse in pappa e facesse tutte le scelte più sbagliate che potesse fare.
<< Dovresti smetterla, Ollie >> intervenne Laurel << In questo momento non sei abbastanza lucido per fare quello stai facendo e soprattutto non da solo >>.
Oliver fece un paio di passi per la stanza, allontanandosi da loro e arrivando di fronte alla postazione computer, vuota e praticamente inutile senza Felicity.
<< Apprezzo che voi vi preoccupiate per me, ma in questo momento voglio solo stare da solo. >> rispose secco << So quello che sto facendo e so cavarmela benissimo anche senza di voi, quindi lasciatemi in pace.>>
<< Ollie... >> tentò Thea.
<< Lasciatemi in pace, ho detto! >> fece alzando la voce.
Thea girò i tacchi stizzita e uscì sbattendo la porta, visibilmente seccata dal comportamento infantile del fratello. Laurel fu subito dietro di lei. Dig rimase per qualche secondo ad osservare quello che una volta considerava il suo migliore amico, poi se ne andò anche lui, senza neanche tentare di farlo ragionare.
Donna era rimasta tutto il tempo in ospedale, in attesa nel corridoio prima della sala operatoria. Non avrebbe saputo dire quanto tempo era passato, a lei era parso un secolo. Aveva pensato alla sua decisione centinaia di volte e non era ancora riuscita a capire se aveva fatto bene o no. Ma per il momento l'unica cosa importante era che la sua bambina fosse fuori pericolo, tutto il resto poteva aspettare.
Tuttavia, la notizia che la colonna vertebrale di Felicity era danneggiata irreversibilmente l'aveva sconvolta più di quanto si aspettava. Aveva cercato di prepararsi psicologicamente al peggio, ma non si può mai essere pronti per una cosa del genere. Sapere che ciò era dipeso da una sua decisione rendeva le cose ancora peggiori e oltretutto Oliver, la persona che aveva preso con lei quella decisione, non si vedeva già da parecchie ore.
Ora osservava Felicity dal vetro, timorosa di entrare nella stanza. Non che sarebbe cambiato molto, visto che la giovane dormiva grazie all'effetto dei tranquillanti e degli antidolorifici. Rimase ferma in piedi, semplicemente a guardarla, finchè non notò che si stava svegliando. Avrebbe voluto entrare a tranquillizzarla e a dirle che tutto sarebbe andato bene, ma un paio d'infermiere la precedettero: dovevano controllare che fosse tutto a posto e che i suoi parametri vitali fossero nella norma. Dovette attendere parecchi minuti prima di ricevere il permesso di vedere la figlia.
Quando Felicity si svegliò, l'unica cosa che fu in grado di percepire era un continuo bip che non faceva che peggiorare la sua emicrania. Intorno a lei vedeva solo figure sfuocate, immagini che si muovevano in modo confuso, il vociare in sottofondo aumentava sempre di più.
Non ricordava esattamente la successione degli eventi, era piuttosto difficile pensare al resto del mondo quando il tuo sta improvvisamente crollando, senza alcun preavviso, senza alcun perché. Dopo un veloce controllo generale i medici le avevano posto una semplice domanda. L’aveva trovata piuttosto sciocca all’inizio. Poi aveva realizzato. Non sentiva alcun dolere alle gambe, anzi non le sentiva proprio, come se non fossero più parte del suo corpo. Eppure erano ancora lì, attaccate al resto.
Dalla finestra che dava sul corridoio vide sua madre piangere. E la sedia accanto, quella dove avrebbe dovuto sedersi Oliver, vuota. La sua parte egoista desiderava che fosse lì, disperato e piangente come sua madre. Ma forse, riflettendoci bene, era meglio così. Se era già riuscito ad andare avanti, Felicity non poteva che rallegrarsene, perché l’amore non conosce egoismo.
Aveva cercato di essere forte e di non piangere, soprattutto non piangere davanti a sua madre. Donna aveva già versato abbastanza lacrime per entrambe. Ma fu difficile non cedere quando Diggle varcò la soglia della sua stanza.
<< Ciao >>
<< Ehi >> fu tutto quello che riuscì a dire, sperando che la sua voce non si spezzasse.
Dig si sedette sulla sedia, proprio di fianco al suo letto.
<< Ho parlato con tua madre >> sospirò.
<< Quindi sai tutto >> deglutì << Beh almeno quest’onere non tocca a me >>
<< Non devi fare la sarcastica con me, Felicity. Lo sai >>.
<< Sto solo cercando di essere forte >> mormorò.
<< Non devi. Non con me >>.
Fu allora che finalmente si permise di mostrare le sue debolezze. Diggle si sedette sul letto al suo fianco e le offrì la sua spalla su cui piangere. E lei pianse. Perchè non avrebbe mai più camminato, perché Oliver non era lì con lei e perché forse non ci sarebbe mai più stato come prima. E già le mancava terribilmente.
<< Mi manca tanto >> sussurrò quasi senza volerlo.
<< Chi? >>
<< Oliver >> pigolò.
Diggle prese un respiro profondo, maledicendo mentalmente l’amico.
<< Ma preferisco che sia felice lontano da me, piuttosto che saperlo infelice con me >>
<< Co… No, Felicity, non è assolutamente così! >> la consolò << Lui vuole stare con te! >>
Felicity alzò lo sguardo negli occhi di Dig.
<< Allora perché non è qui? >>
Oliver aveva nuovamente vagato solo per tutta la notte. Questa era ormai la seconda volta di seguito che accadeva. Non aveva bisogno di nessuno e, soprattutto, di nessuno che tentasse di ostacolarlo. Aveva tentato di mettere a tacere la sua parte violenta e assetata di sangue solo per Felicity; ma ora, la luce che lei era riuscita a portare sembrava essersi eclissata, nuovamente sopraffatta dal buio che lo divorava.
Il suo vestito da Green Arrow era completamente macchiato di sangue. Ce lo aveva dappertutto, si era infilato persino sotto le sue unghie ma questa volta non era suo. Apparteneva invece a molti uomini ma non all’unico a cui avrebbe voluto.
Aveva cercato di estrarre informazioni su Darhk da tutti coloro che aveva incontrato sul suo cammino, ma farli parlare si era rivelato molto più difficile del previsto. Non aveva la benché minima idea di dove si trovasse. Certo era che anche se l’avesse saputo non avrebbe avuto un ben che minimo straccio di piano, ma a lui non importava: la sua furia era così cieca che gli avrebbe anche impedito di preoccuparsi di non morire.
Il viaggio in ascensore non gli era mai sembrato tanto lungo. Non appena giunto a destinazione aveva gettato arco e faretra sul tavolo, si era tolto la maschera e calato il cappuccio. Si sedette con mala grazia su una sedia e si prese la testa tra le mani.
<< Complimenti, non credevo che saresti mai caduto tanto in basso >>
Oliver alzò il capo di scatto.
*** SPAZIO AUTRICE ***
Eccomi tornata, come promesso!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che ci sia ancora qualcuno interessato a seguire questa ff anche dopo tanto tempo.
Farò del mio meglio per non farvi aspettare troppo da un aggiornamento all’altro,
e sono piuttosto fiduciosa visto che l’ispirazione sembra essere tornata a farmi visita!
Colgo anche l’occasione per invitarvi a mandarmi suggerimenti e/o consigli: se c’è qualche scena/discorso/altro che vorreste leggere in questa ff scrivetemelo in una recensione e chissà, magari trovo il modo di adattarlo e inserirlo nella trama che ho in mente!
Nel frattempo vi preannuncio che sto anche lavorando ad una nuova traduzione, ovviamente molto molto Olicity, la cui trama ha luogo però nella prima stagione.
Più precisamente, sto parlando dell’ultimo episodio della prima stagione, se capite cosa intendo…
Ad ogni modo, la troverete postata a breve, forse anche prima del capitolo X di Ricordati che ti amo.
Un bacione a tutti e grazie per la lettura,
Hexleviosa
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Capitolo 10 *** Capitolo X ***
Ricordati che ti amo
Capitolo X
[Nel capitolo precedente]
Il viaggio in ascensore non gli era mai sembrato tanto lungo. Non appena giunto a destinazione aveva gettato arco e faretra sul tavolo, si era tolto la maschera e calato il cappuccio. Si sedette con mala grazia su una sedia e si prese la testa tra le mani.
<< Complimenti, non credevo che saresti mai caduto tanto in basso >>
Oliver alzò il capo di scatto.
<< Dig… Lasciami in pace >> disse con sconforto, voltando lo sguardo altrove.
<< Lasciarti in pace? Sì certo, non appena avrai finito di comportarti come un idiota >>.
<< Non so di che cosa tu stia parlando >>.
<< Sto parlando di quanto sia stato carino da parte tua passare >> replicò seccamente.
Ma comprese che così non avrebbe cavato un ragno dal buco quindi di sedette di fronte a quello che un tempo considerava il suo migliore amico.
<< Felicity crede che tu voglia lasciarla >> spiegò infine, dopo qualche istante di silenzio. Ma per Oliver quella era tutto fuorché una spiegazione.
<< Che cosa? >> domandò infatti esterrefatto.
<< Mi hai sentito >> ribatté l’altro spazientito.
<< Ma è assurdo! Lei crede che io voglia lasciarla? Visto lo stato delle cose dovrebbe essere lei a voler lasciare me! Come... >> fece una breve pausa, perché lo sgomento non permetteva alle parole di uscire dalla sua bocca << come può anche solo pensarla una cosa del genere? >>
<< Be’ non è che sia poi così difficile da credere quando ti ritrovi per giorni in ospedale e quarantotto ore dopo un’operazione che può cambiare per sempre la tua vita quello che dovrebbe essere il tuo futuro marito non si è ancora fatto vivo! >> sbottò tutto d’un fiato.
<< Io… >> cominciò Oliver colpevole << Com’è andata? >> chiese titubante.
Diggle scosse la testa improvvisamente calmo. Il dispiacere nei confronti dell’amica era di gran lunga maggiore del risentimento verso Oliver.
<< Poteva andare meglio… molto meglio >> replicò pacatamente.
Oliver sospirò pesantemente.
<< Vado in ospedale >> annunciò dopo qualche minuto di riflessione.
Uscì senza neanche attendere una risposta dall’amico, che tuttavia non tardò ad arrivare.
<< Sarebbe anche ora! >> gli urlò infatti, giusto un attimo prima che le porte dell’ascensore si chiudessero davanti a lui.
Giunto in ospedale fece le scale a due a due per arrivare da Felicity il prima possibile. Aveva già sprecato fin troppo tempo, e ne era consapevole.
Rallentò la sua corsa solo quando, girato l’angolo prima della sua stanza, vide Donna seduta nel corridoio davanti a lui. Camminò lentamente verso di lei per poi lasciarsi cadere sulla sedia al suo fianco.
<< Lei non lo sa >> furono le parole di Donna a rompere il silenzio.
Oliver si voltò e la sorprese a guardarlo con occhi lucidi.
<< Non potevo dirglielo, Oliver >> continuò << già non sono la madre che vorrebbe… >>
Oliver provò a contraddirla, ma lei glielo impedì.
<< Lo so che è così! Cosa farebbe se solo sapesse che è colpa mia? Mi odierebbe, ecco cosa! E come potrebbe fare altrimenti visto che è colpa mia se non tornerà più a camminare? >> ormai stava singhiozzando.
Non ebbe il coraggio di replicare.
Entrò nella stanza tentando di fare il minor rumore possibile, in caso Felicity si stesse riposando. Aveva infatti gli occhi chiusi ma li riaprì all’istante prima ancora che Oliver avesse il tempo di chiudere la porta alle sue spalle. Probabilmente, pensò, aveva finto di dormire per evitare di parlare con sua madre, per non doverla rassicurare dicendo che andava tutto bene, perché al momento nulla andava bene.
<< Ehi, straniero >> lo apostrofò tentando un sorriso.
Sorriso che però non convinse affatto Oliver e, anzi, lo fece sentire ancora più incolpa.
<< Io… sono stato imperdonabile >> constatò, rivolgendosi più a se stesso che a Felicity.
<< Solo se sei stato a Bali >> fece lei tentando di alleggerire la tensione. E Oliver non poté che sorridere, comprendendo che in fondo, nonostante tutto, era sempre la stessa Felicity che aveva conosciuto anni prima e di cui si era perdutamente, irriversibilmente innamorato.
E quella sua predisposizione a mettere il resto del mondo davanti a sé era talmente forte da non poter fare meno di saltare fuori anche in un momento del genere.
<< Dimmi che non sei uscito dai binari >> si premurò di informarsi dopo aver intuito che Oliver aveva passato le ore precedenti con le vesti di Green Arrow.
Ma lui non poteva fare a meno di pensare, guardando il suo volto pallido e le labbra bianche, che tutto era accaduto a causa sua. Aveva avuto l’opportunità di ucciderlo e porre fine per sempre alla sua minaccia. Ma i suoi buoni propositi di non tornare più ai vecchi tempi in cui Arrow non era che un assassino glielo avevano impedito.
Mentre era assorto nei suoi pensieri notò Felicity farsi più nervosa, tanto che la mano sinistra cominciò a tremolarle.
<< Ehi >> le sussurrò stringendole la mano per tranquillizzarla.
<< I medici… loro… ehm… >> balbettò.
<< Lo so, so tutto >> la interruppe. Aveva capito che parlarne la agitava troppo e voleva evitarlo.
<< E’ che… noi non siamo ancora sposati >> riprese Felicity. Si spaventò a morte, non capendo dove volesse andare a parare con quella constatazione, ma poi continuò:
<< Quindi quella cosa della buona e della cattiva sorte non vale per noi >> lo disse tutto d’un fiato, tanto che Oliver pensò seriamente di aver capito male. Ma le lacrime che le inondare gli occhi gli tolse ogni dubbio perché sì, aveva detto davvero quello. E improvvisamente gli venne voglia di piangere, di un pianto vero, di quelli che ti stringono il petto in una morsa e ti tolgono il fiato rendendoti incapace di respirare se non in singhiozzi.
<< Ma cosa stai dicendo? >> le rispose ingoiando il groppo che si sentiva in gola.
Capì che in realtà le sue azioni avevano creato più danni di quanti non ne avessero risolti. E che infondo Diggle non era stato affatto esagerato, anzi, ci era andato leggero con lui. Oliver, al suo posto, si sarebbe massacrato di botte. Come aveva potuto comportarsi tanto male ed essere stato così distante da farle credere di aver cambiato idea riguardo al matrimonio e di non volerla più sposare? E come aveva potuto lei, anche solo farsi passare per l’anticamera del cervello un’idea del genere?
In risposta frugò nella tasca dei jens in cerca dell’anello. Da quando gliel’avevano restituito, subito dopo l’incidente, l’aveva sempre tenuto con sé, anche quand’era in giro per le strade vestito da Green Arrow.
<< L’infermiera te l’ha tolto quando sei arrivata al pronto soccorso. >> spiegò << Come ha osato? >>
E detto ciò glielo infilò nuovamente al dito. Lei sorrise tra le lacrime. Il bacio lento che si scambiarono sapeva di dolore condiviso, di amore e di affetto disinteressato. Erano entrambi consapevoli che le sofferenze non sarebbero finite così, ma d’ora in avanti le avrebbero affrontate in modo diverso. Le avrebbero affrontate insieme.
*** SPAZIO AUTRICE ***
Salve mie piccole Oliciters (?), eccomi qui col nuovo capitolo!
Oddio, avrei voluto aggiornare prima, ma sono comunque dentro la settima visto che oggi è sabato.
Sto facendo dei progressi direi!
Cominciamo subito col commento!
La voce misteriosa che non di altri che del nostro caro Dig,
maestro indiscusso di tutti i fan degli Olicity!
So che magari sembrerà banale, ma volevo dare spazio al loro rapporto come amici
e oltretutto non posso pensare a Dig che se ne sta con le mani in mano
sapendo quanto Felicity sia distrutta dalla situazione!
Quindi Oliver rinsanisce e arrivato all'ospedale incontra mamma Smoak e,
sorpresa sorpresa, ecco l'ennesimo segreto!
Anche se sta volta non è colpa sua, dobbiamo dargliene atto!
Un'ultima cosuccia: avrete notato che ci sono delle frasi riportate in corsivo
e sicuramente vi siete già accorti che sono citazione dirette dalla serie!
In questo caso vengono tutte dal 4x10
però tenete presente che io di solito guardo le puntate in inglese,
quindi non sempre le mie traduzioni coincideranno con quelle ufficiali del doppiaggio italiano,
ma sono comunque minuzie.
Detto questo, grazie a tutti per le recensioni
e al prossimo capitolo!
Hexleviosa
P.S.: Avete visto la puntata del midseason? Vogliamo parlarne? Io sono sconvolta, non ho parole! Comunque non temete, non importa cosa accadrà nello show, state pur tranquilli che nella mia ff ci sarà il lieto fine... anche se un po' combattuto. Anche se io sono certa che torneranno insieme anche nello show, perchè loro devono tornare insieme! In caso contrario si raccolgono firme per l'adesione all'uccisione dei produttori. E mi assicurerò personalmente che sia una morte lenta e dolorosa!
Ovviamente si scherza eh!
... O forse no...
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Capitolo 11 *** Capitolo XI ***
Ricordati che ti amo
Capitolo XI
Oliver non aveva più rimesso il costume da Green Arrow. In effetti non era proprio più uscito dall’ospedale da quando, meno di quarantotto ore prima, aveva rimesso l’anello al suo posto, al dito di Felicity. Non era stato facile sopportare di vederla così, ma anche solo l’idea di lasciarla sola e di farle pensare certe cose era di gran lunga peggiore.
La prima notte erano stati gli anestetici ancora in circolo a farla crollare dal sonno in poco tempo, mentre lui le accarezzava lievemente l’anulare, circondato ora dalla fascetta in oro bianco con diamante incastonato. Aveva sempre amato quell’anello fin quando, da piccolo, lo osservava indosso a sua madre. Ma ora, portato dalla donna che amava, gli sembrava ancora più bello e lucente. Aveva passato gran parte della notte sveglio, a contemplare quella visione, prova tangibile che sì, lei era ancora innamorata di lui nonostante tutto e sì, lo voleva ancora sposare.
Già dal mattino però le cose mutarono. Oliver si rese conto che Felicity era distrutta e si chiese se avesse davvero avesse riposato bene. Certo era che non appena riusciva ad assopirsi, ecco che entrava un’infermiera che la ridestava per porle domande o farle dei controlli. Inoltre stavano già cercando di diminuire il dosaggio degli antidolorifici, così da non permetterli di creare dipendenza.
<< Deve imparare a controllare il dolore >> aveva risposto un’infermiera, quando Oliver, stufo di vedere il volto di Felicity corrucciato, velato da smorfie di dolore, aveva domandato se non si potesse fare qualcosa.
Aveva allora cercato di distrarla. Ma Felicity aveva rifiutato anche solo di prendere in mano il suo laptop e aveva negato di voler vedere un po’ di televisione. Gli aveva chiesto allora di parlarle.
<< Di cosa vuoi che ti parli? >> le domandò Oliver, pronto ad esaudire ogni suo desiderio.
<< Di qualunque cosa >> biascicò con gli occhi pesanti di sonno << Di quello che faremo quando potrò uscire di qui >>.
E allora Oliver cominciò a fare progetti. Di sicuro, sarebbero tornati a Bali, magari addirittura per uno o due mesi. Solo loro due, lontani da tutto e da tutti. E poi avrebbero potuto andare al Polo Nord, ad osservare i pinguini, cosa che Felicity gli aveva confidato essere il suo sogno da bambina.
<< Te lo ricordi? >> lo interruppe.
<< Certo >> le rispose dolcemente << Io ricordo tutto quello che mi dici >>.
Lei sorrise commossa, per poi tentare di smorzare la tensione o si sarebbe messa a piangere sul serio.
<< Be’ in quel momento eravamo più presi da altro >> gli ricordò infatti ammiccando.
<< Oh sì, ricordo molto bene anche quello >> le diede corda lui ridendo.
E la seconda notte trascorse così: tra ricordi e scaramucce, finché non crollarono entrambi addormentati, con le mani strette e le fronti vicine.
Fu la terza notte ad essere la più traumatica. Felicity era stata strapazzata tutto il giorno su e giù per l’ospedale, per fare ancora esami. Era nervosa, e ciò era evidente. Aveva persino sbottato contro al medico:
<< Perché continuate a farmi esami? È inutile, tanto non camminerò comunque più! Lasciatemi in pace! >>
Oliver era rimasto impietrito da quello scatto d’ira: non era da Felicity comportarsi così, lei era sempre gentile e cordiale con tutti. E soprattutto era una donna combattiva, non era sicuro di essere in grado di gestirla mentre era così arrendevole e sconfortata. Fu il dottor Briand a risponderle che per la sua salute era necessario andare in fondo alla cosa e assicurarsi che nient’altro era compromesso.
<< Non m’importa, non mi interessa se voi volete essere sicuri, io voglio essere lasciata in pace e andare a casa il prima possibile. A nessuno importa quello che voglio io? >> sbottò, per poi voltare il capo verso la finestra, dalla parte opposta della porta, così da non vedere nessuno.
Donna si lasciò scappare un mugolio di sorpresa e Oliver decise di prendere in mano la situazione.
<< Non è che potreste lasciarsi un attimo da soli? >> chiese educatamente rivolgendosi al medico e alle tre infermiere che gli facevano da corte.
I quattro uscirono dalla stanza senza dire una parola. Anche Donna preferì lasciar loro un po’ di privacy e con un cenno d’incoraggiamento al suo futuro genero si voltò chiudendosi la porta alle spalle.
Oliver sospirò rumorosamente e, intuendo che Felicity non si sarebbe mossa, fece il giro del letto e si sedette al suo fianco per ritrovarsi alla stessa altezza del suo volto.
<< Vuoi dirmi che cosa c’è che non va? >> le domandò dolcemente.
<< Tutto >> sospirò lei mentre le lacrime le bagnavano le guance.
Oliver sospirò rumorosamente notando che nonostante tutto continuava ad evitare il suo sguardo; era in evidente difficoltà davanti al suo atteggiamento. E Felicity sapeva che l’uomo che le sedeva davanti non meritava nulla di tutto ciò: per lui quella situazione era difficile tanto quanto lo era per lei.
Alzò finalmente gli occhi a guardarlo.
<< Sono solo stanca >> ammise << vorrei che tutto questo finisse presto >>.
<< Ed è così >> si accalorò a rassicurarla << Sei stata così coraggiosa fino ad adesso, non puoi mollare ora! Tra pochi giorni saremo di nuovo a casa >> o almeno lo sperava, è da considerarsi una bugia qualcosa di cui non si è sicuri ma che si dice per risollevare una persona amata? Oliver sperava di no, perché non voleva aggiungere altra legna da ardere al suo fuoco di menzogne.
<< Manca davvero poco, tesoro, i medici vogliono solo farti gli ultimi test e poi… >>
Felicity lo interruppe:
<< Basta basta basta! Sono stufa di questi continui esami e accertamenti. Non ne posso più! >> sbottò in tono tanto lamentoso da sembrare un animale ferito a morte che esala l’ultimo respiro prima di essere sopraffatto dallo sfinimento.
<< Fel… >> tentò Oliver, ma venne nuovamente interrotto.
<< A cosa servono? A nulla! Sono stati tutti fin troppo chiari: io non posso camminare né potrò farlo in futuro! >> ora le lacrime sgorgavano senza sosta << Perché continuano a torturarmi a questo modo? Non possono semplicemente lasciarmi in pace? >>
<< Non fare così, ti prego >> la supplicò Oliver. Non riusciva a tollerare di vederla così.
Felicity gli afferrò la mano che, dopo averle asciugato le lacrime, era rimasta ad accarezzarle la guancia e gliela strinse forte.
<< Scusa >> sussurrò sentendosi improvvisamente in colpa per essersi mostrata tanto debole con Oliver.
Era certa che lui si stesse già biasimando abbastanza per l’accaduto, non c’era bisogno di rigirare il coltello nella piaga.
<< Non devi scusarti, voglio solo che tu capisca che tutto questo serve per farti stare il meglio possibile, capisci? >> le disse con tranquillità.
Lei annuì.
<< Sono solo stanca >> ammise piano.
<< Lo so. Riposati un po’, io chiedo al dottor Briand se possiamo rimandare la visita di un paio d’ore, ok? >>
Gli sorrise grata di quella concessione.
<< Poi torni? >> gli chiese quando lui era ormai sull’uscio della porta.
<< Certo >> il suo tono era sorpreso. Avrebbe voluto che fosse abbastanza sicura di ciò da non dover sentire il bisogno neanche di chiederlo. Ma dopotutto era una domanda legittima e la colpa era solo sua e di come si era comportato nei giorni precedenti.
*** SPAZIO AUTRICE ***
Buona sera a tutti! Ok, ammetto di essere un po' in ritardo sulla tabella di marcia
visto che ho praticamente saltato la settimana scorsa,
però suvvia, sono passati solo 10 giorni è andata ancora bene!
Prometto che farò il possibile per pubblicare ancora qualcosa entro il 25,
come mio regalo di Natalo per voi!
Ma torniamo alla storia: ad alcuni di voi Felicity potrebbe sembrare un po' OCC
e devo dire che ho avuto un po' di difficoltà col suo personaggio in questo capitolo
Ma andiamo, ha appena scoperto che dovrà passare
il resto della sua vita su una sedia a rotelle,
non potevo non farle avere neanche una minima oscillazione emotiva!
Perché posso anche capire che nello show l'abbiano omesso,
ma siccome io mi ripropongo di raccontare
tutto quello che i produttori tagliano/omettono/non scrivono, dovevo inserirlo!
E mi è anche sembrato naturale che Oliver mettesse da parte
il costume da Green Arrow, anche se solo per un paio di giorni.
E non ha senso che faccia tutto il pentito per non essere stato vicino a Felicity per
poi andarsene di nuovo appena si addormenta,
quindi ho lievemente modificato anche questa parte.
Per quanto riguarda la fine invece,
volevo evidenziare il fatto che pur inconsapelvomente e inconsciamente
quello che è successo ha causato una piccola crepa nella loro relazione.
E' solo la punta dell'iceberg rispetto a tutto quello che poi succederà dopo,
ma è comunque qua che i loro problemi hanno inizio.
Detto questo, vi chiedo scusa se è presente qualche e(o)rrore
ma ho riletto il capitolo solo una volta, quindi qualcosa può essermi scappato.
Grazie a tutti e a presto,
Hexleviosa
P.S.: Chissà se riuscirò a rimettermi in pari, se non con le puntate americane, quantomeno con quelle italiane? Io ci provo, ma non prometto nulla eh! ;)
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Capitolo 12 *** Capitolo XII ***
Ricordati che ti amo
Capitolo XII
Nonostante il discorsetto che avevano avuto solo pochi giorni prima, l’umore di Felicity non era per nulla migliorato. Faticava ad addormentarsi e quando finalmente ci riusciva dormiva comunque male: era abituata a rigirarsi liberamente nel sonno e ora che non poteva più le sembrava di essere in trappola nel suo stesso corpo. Tutto ciò la portava ad essere scostante ed irascibile.
<< Quindi cominceremo col farla stare seduta, in posizione eretta, prima per una decina di minuti, poi per mezz’ora finché non riuscirà a restare in posizione per un paio d’ore senza difficoltà. In seguito, tra un paio di mesi direi, possiamo cominciare con la fisioterapia >>.
Il dottor Briand quel pomeriggio si era dilungato a spiegare il programma che aveva pensato per la signorina Smoak. Aveva ottenuto cenni di consenso dalla madre e dal fidanzato, il signor Queen, sindaco di Star City. Ma la paziente in questione non sembrava affatto interessata alle sue parole; anzi, non si preoccupava neanche di alzare lo sguardo a guardarlo.
<< Bene. Ci sono domande? >>
<< Quando posso tornare a casa? >>
<< Felicity >> la riprese Donna.
Oliver sospirò sconsolato mentre la sua futura suocera veniva bellamente ignorata dalla sua futura moglie. Poco dopo infatti, si voltò verso di lui, come a cercare il suo appoggio.
<< Preferirei aspettare ancora qualche giorno >> intervenne il medico, togliendo Oliver dall’impiccio di dover intervenire.
<< Giusto per essere sicuri >> continuò Felicity per lui. Dal suo tono trasparivano ironia e scetticismo. Negli ultimi giorni aveva sentito quella frase troppe volte. Una tac giusto per essere sicuri. Una risonanza giusto per essere sicuri. Un esame del sangue giusto per essere sicuri. Controlli della pressione e della temperatura corporea ad ogni ora del giorno e della notte giusto per essere sicuri.
Briand annuì.
<< Non è possibile, che so, velocizzare le cose? >>
<< Felicity! >> questa volta ad Oliver fu impossibile non intervenire.
Felicity gli lanciò uno sguardo perplesso: perché sembrava così sconvolto?
<< Se vuole farsi dimettere prima di quanto io ritenga opportuno, deve firmare delle carte con cui esonera l’ospedale dalla responsabilità di ogni possibile problematica >> spiegò il primario.
Annuì risoluta, non aspettava altro.
<< Cosa? No no e assolutamente no! >> sbottò Oliver << Posso… potete lasciarsi un’attimo da soli, per favore? >> si ritrovò a domandare per la seconda volta nell’arco di pochi giorni. Ma non poteva fare altrimenti visto che, a quanto sembrava, Felicity non era in grado di ragionare lucidamente quando erano presenti altre persone.
<< Cos’ è questa storia? >> le chiese furente, una volta rimasti soli.
<< Voglio tornare a casa >> fece spallucce lei senza neanche guardarlo.
<< Non puoi… non puoi mettere a rischio la tua salute solo per un capriccio >> tentò di farla ragionare.
<< Ti sembra un capriccio? Ti sembra un capriccio? >> ribatté sconvolta << È una richiesta normalissima! Ho chiesto di poter andare a casa non un miracolo per tornare a camminare! >>
Oliver prese un respiro profondo e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza. Doveva calmarsi. Dovevano calmarsi entrambi o sarebbe finita male.
<< Ok, senti >> cominciò sedendosi al suo fianco << Capisco benissimo che tu voglia tornare a casa, lo voglio anch’io. Eccome se lo voglio! Ma voglio di più che tu sia al sicuro e che guarisca il prima possibile >>.
Felicity pensò che non era giusto. Non era affatto giusto che lui la mettesse su questo piano. Questa volta doveva averla vinta lei, ma lui, con quel suo discorsetto che lo avrebbe reso degno del premio miglior fidanzato dell’anno, le stava rendendo il lavoro difficile. Per un breve istante pensò di fare una scenata da oscar con tanto di lacrime e singhiozzi. Sapeva quanto Oliver odiasse vederla piangere ed era certa che in quel modo avrebbe ceduto. Ma non voleva cadere tanto in basso, era pur sempre una signora, non una poppante di tre anni.
<< È che tu credi che io qua guarisca. Ma non pensi che sarebbe meglio a casa? Degli studi scientifici hanno dimostrato che i pazienti guariscono più in fretta se si trovano nel loro habitat naturale. E poi ci saresti comunque tu se avessi bisogno di qualcosa. Stare qua mi rende incredibilmente ansiosa, con tutte quelle infermiere che vanno e vengono. Per non parlare di mia madre! >>
<< Tua madre cosa? >>
<< Non lo so, è strana. Sembra che venga qua per un qualche senso di colpa, tutte le volte che sta con me cammina sulle uova e… non lo so, ma non è la stessa di sempre >>.
Oliver avrebbe voluto avere una pala per sotterrarsi da solo. Sentiva di star tradendo Felicity
<< Forse lei odia l’ospedale quanto me, ma si sente comunque in dovere di venirmi a trovare ogni giorno perché sono sua figlia >> Felicity notando il tentennamento di Oliver insistette sull’argomento, sicura di aver trovato il punto debole su cui fare leva.
<< Sarebbe più tranquilla se mi venisse a trovare a casa >>.
<< Sì, sicuramente >> le diede corda Oliver nonostante si stesse giù sentendo un groppo stringergli la gola.
Avevano parlato qualche minuto. Ma sarebbe più corretto dire che Felicity aveva parlato mentre lui cercava di non affogare nel senso di colpa. La giovane donna aveva intuito che il suo strano comportamento era a causa dell’argomento Donna, ma mai avrebbe immaginato che i due le stessero nascondendo qualcosa. Riteneva per di più che Oliver fosse sensibile a quella problematica per il suo mancato rapporto madre-figlio. Sentiva tantissimo la mancanza di Moira e provava il rimorso di non esserle stato abbastanza vicino in quelli che poi si erano rivelati essere i loro ultimi giorni insieme. Per questo aveva sempre spinto Felicity ad avere un buon rapporto con sua mamma e inoltre lui stesso aveva trovato una nuova madre in Donna. Ma quella volta era diverso. Quella volta non erano uniti dall’affetto, ma da una menzogna ai danni della persona che più amavano.
<< Quindi ti ho convinto? >> concluse Felicity speranzosa.
Oliver avrebbe voluto controbattere alle sue motivazioni e sicuramente l’avrebbe fatto, in altre circostanze.
<< Voglio solo che tu sia felice >> le rispose lievemente.
Felicity gli sorrise veramente, il primo vero sorriso che gli donava da giorni e lo fece sciogliere.
<< Ti prometto che mi riposerò, e ti ascolterò, giuro, farò tutto quello che vorrai e se starò anche solo un pochino male te lo dirò subito… >> continuò a promettergli cose che, Oliver sapeva, non avrebbe mai fatto. Ma non se ne curò perché in fondo era Felicity e lui l’amava così.
E alla fine chissà, magari si sarebbe rivelato un bene. In fondo anche lui era stanco di quell’ospedale.
*** SPAZIO AUTRICE ***
Lo so, lo so, lo so. Dovevo aggiornare prima di Natale e invece non l'ho fatto.
Ma ehi, ho fatto del mio meglio e poi oggi è il 27 quindi siamo in ritardo solo di un paio di giorni.
Ad ogni modo, mi scuso perchè questo capitolo è piuttosto cortino e
potrebbe anche contenere qualche e(o)rrore visto che non l'ho riletto neanche una volta.
E' un capitolo di passaggio e dal prossimo la situazione si andrà a delineare sempre di più
visto che Felicity e Oliver tornano a casina!
Cominceranno i primi problemi e i primi battibecchi,
ma anche le scene davvero pucciose e coccolose come piacciono a noi Oliciters!
Se avete qualche scena particolare o qualche momento che vorreste leggere
ditemelo pure, magari lo inserisco o mi fa venire l'ispirazione!
Sapete che suggerimenti/correzioni/critiche sono sempre ben accette da me!
Grazie a tutti per aver letto anche questo capitolo e alla prossima,
Hexleviosa
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Capitolo 13 *** Capitolo XIII ***
Ricordati che ti amo
Capitolo XIII
Il rientro a casa era stato più traumatico del previsto.
Quella mattina aveva mangiato velocemente la ciambella al cioccolato e bevuto avidamente il cappuccino che Oliver le aveva portato di nascosto dalla sua caffetteria preferita. In realtà le avevano sconsigliato di bere caffeina, visto che le sue proprietà eccitanti avrebbero potuto contrastare gli effetti degli antidolorifici, ma dopo tutti quei giorni di astinenza ne aveva davvero bisogno.
<< E quello cos’è? >> si ritrovò a chiedere, non appena vide Oliver tirare fuori dal borsone un vestito in oro brillante estremamente corto e soprattutto estremamente non indicato per la situazione.
<< Scusa >> la guardò dispiaciuto << Non avevo calcolato i rischi che comportava mandare tua madre a prenderti un cambio >>.
In effetti da Donna non ci si sarebbe potuto aspettare nulla di diverso.
<< Vuoi che vada… >> Oliver stava per proporsi di andare a prenderle qualcosa di più adatto, ma Felicity lo interruppe scuotendo la testa.
<< No, non è necessario. Mi cambierò non appena arriveremo a casa >>.
Lui replicò con un “Ok” e si appresto ad aiutarla a cambiarsi. Per quanto poco adatto fosse il vestito scelto da Donna furono entrambi sollevati di vederla indossare qualcosa di diverso dall’orribile fantasia della camicia da notte dell’ospedale.
Era seduta sul bordo del letto con le gambe a penzoloni. Oliver, davanti a lei, le aveva già tirato su la cerniera e le stava ora abbassando la gonna del vestito lungo le cosce, quand’ecco che una piccola furia castana fece irruzione nella stanza.
<< Thea! >> la rimproverò Oliver.
<< Grata di non essere entrata un secondo prima! >> replicò lei con fare malizioso, facendo arrossire Felicity e ridacchiare suo fratello.
<< Siete proprio fatti della stessa pasta voi Queen >> li riprese alzando gli occhi al cielo.
Ma la leggerezza di quel momento fu facilmente spazzata via.
Felicity si rabbuiò non appena vide la sedia a rotelle entrare nella sua stanza d’ospedale. Sapevano che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, ma nonostante si fossero preparati all’idea non sarebbe stato facile abituarsi.
<< Sono venuta a portarvi questa, vi servirà per andarvene >> sorrise l’infermiera
<< Ricordatevi quando passate dalla receptionist di lasciare un’ultima firma per le dimissioni. Ora vi lascio soli, se avete delle domande chiamatemi pure >>.
Il rimorso per qualcosa di non fatto. Il pentimento delle proprie azioni. L’angoscia della consapevolezza che un solo secondo vissuto in maniera diversa, una sola scelta aveva cambiato le loro vite irrimediabilmente. E soprattutto aveva sconvolto la vita della persona che più amava su questa terra. Quei sentimenti avrebbero avuto la meglio su di lui, avrebbero dettato il suo comportamento d’ora in avanti. E Oliver ne era consapevole, ma non aveva abbastanza forza per far sì che la sua volontà non fosse spazzata via da quelle emozioni.
<< Speedy >> non appena la sorella si girò verso di lui, le lanciò le chiavi della macchina, che ella prese prontamente al volo.
<< Puoi portare la sedia a rotelle in macchina? Noi arriviamo subito >>.
<< Ma… >> fece per interromperlo lei.
<< Puoi. Portarla. In macchina? >> ripeté più bruscamente di quanto in realtà non volesse.
Thea fece quanto gli aveva chiesto e uscì dalla stanza senza replicare, lasciandoli soli.
Felicity sospirò rumorosamente e quando Oliver si girò la sorprese a guardarlo. Ma voltò subito il capo e lui capì che era per non mostrargli che gli occhi le erano diventati lucidi.
Si chinò sul borsone per prenderle le scarpe e quando lo fece si pentì seriamente di aver lasciato che Donna si occupasse del cambio.
<< Ma vorrai scherzare! >> esclamò Felicity.
Oliver stava infatti tenendo in mano un paio di decoltè tacco 12, rigorosamente leopardate.
<< Ti prego promettimi che la prossima volta manderai Thea, Laurel, Lyla o John a prendermi i vestiti. Diamine piuttosto vacci tu ma non, NON farlo fare mai più a mia mamma >> lo minacciò puntandogli contro l’indice, con fare accusativo.
<< E tu promettimi di fare in modo che non ci sia una prossima volta >> replicò più serio che scherzoso.
<< Touchè! >>
Mentre le infilava le scarpe la sentì ridacchiare e alzò lo sguardo verso di lei.
<< Che c’è >> le chiese sorridendo a sua volta.
<< Niente, è colo che tutto ciò fa molto Cenerentola >>.
Oliver scosse la testa rassegnato, ma in cuor suo lieto: certe cose non sarebbero mai cambiate.
<< Non che io sia proprio il principe Azzurro >> constatò rialzandosi in piedi.
<< No, sei meglio >> fece lei sorniona.
Oliver si chinò su di lei ma, proprio prima di baciarla, la afferrò dietro la schiena e sotto le gambe e la prese in braccio, facendole scappare un strillo per la sorpresa. Sola una volta che si trovò tra le sue braccia le regalò un bacio a stampo.
<< Sai cosa mi ricorda questo invece? >> chiese lui stavolta, mentre si dirigeva verso la porta ed imboccava il corridoio << Biancaneve >>.
Felicity lo guardò sorridendo interrogativa.
<< Che c’è? Devo ricordarti Thea?
Mi ha fatto passare tutta la mia infanzia tra principesse e Barbie, non mi sorprenderebbe essere più esperto di te in materia >>.
<< Anche perché l’unica volta che mia mamma mi ha regalato una videocassetta delle principesse io l’ho smontata per capire come funzionasse >>.
Risero entrambi. Insieme. Perchè anche se non accadeva molto spesso, erano quelli i loro momenti preferiti: quando si ritrovavano loro due soli e si ritrovavano a ridere delle più piccole cose.
La fece sedere su una delle sedie di fronte al bancone della reception prima di andare verso l’infermiera a richiedere gli ultimi fogli delle dimissioni.
<< Dovrei firmare gli ultimi documenti per le dimissioni di
Felicity Megan Smoak >>.
L’infermiera lo guardò con lo sguardo critico di chi la sa lunga. Oliver stava per domandarle il perché di tale comportamento ma lei lo precedette.
<< Ho visto molte persone lasciare questo ospedale diverse da come erano entrate, nel bene e nel male. E le posso assicurare, signor Queen, che rimandare non serve a nulla >>.
<< Non sto rimandando nulla anzi, sono proprio qui per firmare subito le dimissioni >> rispose tranquillamente tentando di sviare il discorso.
<< Sa benissimo a cosa mi riferisco >>.
L’espressione di Oliver ora si fece seria oltre che irritata.
<< Deve smetterla di rimandare. Non può procrastinare l’accettazione di quanto avvenuto all’infinito >>.
<< Le assicuro di aver già sorpassato la fase dell’accettazione e di non star procrastinando nulla. Semmai è lei a ritardare le dimissioni >>.
<< Se lei avesse già accettato l’accaduto, non si ritroverebbe a fare da portantino alla signorina Smoak >> replicò quella freddamente.
<< Io non faccio da portantino alla signorina Smoak >> scandì lentamente, iniziando ad innervosirsi seriamente.
<< Allora la metta sulla sua sedia a rotelle senza fare storie >>.
Se fosse stato Green Arrow non avrebbe esitato ad infilzarla con una delle sue frecce, ma al momento ne era a corto e non sarebbe comunque stato il caso di farsi vedere a fare certe cose nelle vesti di sindaco appena eletto di Star City.
<< Come gestiamo la situazione non è affar suo >> replicò dopo essersi preso un momento per calmarsi << E ora, se non le spiace, vorrei firmare di documenti per le dimissioni della signorina Smoak >>.
Dopo aver compilato le ultime scartoffie burocratiche, Oliver e Felicity si avviarono verso il portone principale, ma prima che potessero varcarlo vennero fermati da Thea, che entrava proprio in quel momento.
<< Speedy, non dovevi aspettarci alla macchina? >> domandò lui, ancora agitato per la discussione di poco prima.
<< Cambio di programma >> replicò dispiaciuta << Qua fuori è pieno di giornalisti, qualcuno deve averli spifferato che Felicity sarebbe uscita oggi >>.
I due fratelli tentarono di incontrare il suo sguardo, ma inutilmente: la giovane si limitò a fissare un punto imprecisato oltre la spalla di Oliver.
<< Ci vediamo dall’uscita secondaria >> propose lui.
<< Perfetto >> annuì Thea << Vado a spostare la macchina, ci vediamo là >>.
Nonostante le misure di sicurezza prese, la loro privacy venne comunque violata da alcuni giornalisti insistenti che, intuendo la loro mossa, si era appostati all’uscita secondaria dell’ospedale. Questi individui vennero però prontamente tenuti a distanza dalle guardie del corpo: essere sindaco aveva i suoi vantaggi. L’indomani sui giornali non ci sarebbe stata che una misera foto di Oliver con Felicity in braccio. Sarebbe potuto sembrare un semplice gesto di protezione nei confronti della sua futura moglie. Nessuno avrebbe immaginato la realtà dei fatti, proprio come voleva lei.
*** SPAZIO AUTRICE ***
Eccomi tornata con un nuovo capitolo!
Lo so, ho fatto passare più tempo del previsto ma, come ho già accennato a qualcuno,
dopo le vacanze sono stata letteralmente risucchiata dalla sessione invernale.
(Zeus maledica chi ha inventato gli appelli di gennaio!)
Ad ogni modo, vi faccio notare che il capitolo è più lungo del solito!
Inizialmente doveva già includere il loro arrivo a casa casetta casuccia, ma, che ci volete fare?, scrivendo e scrivendo mi sono venute in mente un paio di scene che non potevo non mettere!
Ma non temete, settimana prossima avrete il tanto atteso capitolo del ritorno a casa.
Quindi si ricomincerà ad integrare la trama della restante quarta stagione,
nel senso che ci saranno dei riferimenti a quello che accade nello show,
ma ovviamente non vi trascrivo la puntata,
vi propongo dei pezzi inediti, soprattutto sugli Olicity, che hanno omesso nella serie tv.
Che ve ne pare di questo capitolo? Troppo OCC? Insiste troppo sugli stessi temi?
Volete qualcosa di più diverso?
A me alcuni passaggi non convincono molto ma mi dispiaceva tagliare troppo e darvi da leggere un capitolo corto, dopo tutta l’attesa.
Fatemi sapere il vostro parere, i vostri commenti positivi o critici
che siano mi aiutano sempre a migliorare.
Grazie mille a tutti voi lettori e alla prossima,
Hexleviosa
P.S.: Ma l’avete vista la puntata nuova? * NO SPOILER *
Non capisco perché tante critiche, io l’ho adorata. Voglio dire, siamo ritornati ai bei vecchi tempi di Oliver e Felicity ai due poli opposti! Luce ed ombra, a posizioni invertite. Per non parlare di tutti i momenti Olicity che non finivano più. E di quando Felicity fa chi-l’ha-visto-sa-cosa a “Laurel”! Parliamone! Tanta tanta roba. Questa volta sono daaavvero soddisfatta. I produttori avranno percepito le nostre minacce di morte e si saranno comportati di conseguenza u.u
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Capitolo 14 *** Capitolo XIV ***
Ricordati che ti amo
Capitolo XIV
<< Stai bene? >> le chiese una volta saliti in macchina.
Lei annuì e guardò fuori dal finestrino oscurato, oltre cui giornalisti e paparazzi si azzuffavano per rubare uno scatto dei fidanzatini più famosi di Star City, il primo dopo quella fatidica sera.
<< Dio, stai congelando >>.
Felicity si voltò e solo allora si accorse che Oliver le stava accarezzando il ginocchio sinistro.
<< Aspetta, vieni qui >> fece, alzandole le gambe.
Le tolse le decoltè e si appoggiò i piedi in grembo, cominciando a massaggiarle le gambe per riscaldarla.
<< Oliver. Oliver! >> dovette chiamarlo due volte prima che lui si voltasse << E’ inutile. Non sento niente >>.
<< Che ci fate già qui? >>
<< Grazie per il benvenuto, mamma >> replicò sarcastica Felicity.
Donna si affrettò a scendere dalla scala e lasciò cadere il festone che stava appendendo sul divano, per andare a salutare la figlia.
<< La mia bambina >> esclamò emozionata mentre la abbracciava e baciava sulle guance. Per quanto la sua posizione lo permettesse, visto che si trovava ancora tra le braccia di Oliver.
<< Non credevo che sareste arrivati così presto >> spiegò << Oliver mi ha dato il permesso di decorare un po’ il loft per il tuo ritorno a casa >> spiegò sorridente.
<< Ah >> fece la figlia << Oliver… ti ha dato il permesso >> ripeté.
<< Purché non fosse nulla di esagerato! >> ci tenne a precisare lui, per nulla contento di essere stato di nuovo tirato in mezzo dalle due donne.
<< E infatti ho chiamato il fioraio e il discount e li ho avvisati che gli ordini per centocinquanta rose rosse, i dieci bouquet di piume e le venti confezioni di palloncini sono rimandati a data da definirsi >>.
Entrambi la guardarono scioccati.
<< Per la vostra festa di fidanzamento, ragazzi! >> spiegò, seriamente turbata dal fatto che i due non avessero capito subito le sue intenzioni << Se ritenete che questo sia troppo per una festa di bentornata a casa, ok, lo capisco. Ma di sicuro non è troppo per una festa di fidanzamento. La vostra! >>
Felicity sospirò stanca e appoggiò il capo al petto di Oliver chiudendo gli occhi.
<< Perché non ne parliamo più tardi? >> propose lui << Felicity sarà sicuramente stanca e ha bisogno di riposare >> constatò.
<< Ma certo >> disse Donna lentamente << Ci pensi tu? >>
Oliver annuì. Felicity dovette sforzarsi per non urlare addosso a sua mamma e al suo fidanzato: odiava quando parlavano di lei come se non fosse presente. La faceva sentire impotente, ora più che mai.
Stava salendo le scale incredibilmente lentamente, più perché non voleva sballottarla troppo che perché faticava a portarla. Infatti, da quando erano tornati ad Ivy Town Felicity non aveva fatto che dimagrire: prima perché era troppo impegnata a mettersi in pari con le questioni del team, poi aveva passato giorno e notte a cercare Ray, infine c’era stata la questione Damien Dark, per non parlare dell’ultimo periodo in ospedale in cui, un po’ perché sottoposta alle operazioni o sotto l’effetto dei farmaci e un po’ perché il cibo dell’ospedale fa veramente schifo, aveva mangiato poco e niente. Ma Oliver aveva già in mente qualcuna delle sue ricette già collaudate ad Ivy Town che le avrebbero fatto tornare l’appetito.
L’adagiò e fece per aiutarla a stendersi, ma lei si tirò subito su, appoggiandosi al gomito.
<< Che c’è? >> le chiese allarmato.
<< Credo di stare per vomitare >>.
Non fece tempo a finire la frase che si ritrovò in bagno, davanti al gabinetto, seduta sulle gambe di Oliver. Cercò di allontanarsi da lui, ma era letteralmente bloccata, incastrata tra il wc e il suo petto e, oltretutto, le sue mani sui fianchi la stavano reggendo.
<< Oliver >> mugugnò << Va… vattene >>.
<< No! >> esclamò lui quasi indignato.
<< Ti prego >> sussurrò << Ti chiamo quando ho finito >> provò a convincerlo.
<< Felicity >> la chiamò e lei pensò che si fosse arreso prima che proseguisse << Scordatelo >>.
Una volta finito abbassò la tavoletta e ve la sedette sopra, per permetterle di sciacquarsi la bocca e lavarsi i denti.
La riaccompagnò in camera, dove la aiutò a sfilarsi il vestito, troppo stretto e scomodo. Si girò per prenderle un pigiama ma, quando fece per porgerglielo, notò che lei aveva già afferrato e indossato la sua camicia, rimasta abbandonata sul letto dopo la doccia della sera prima. Sorrise a quella vista e la aiutò ad infilarsi sotto le coperte.
<< Come ti senti? >> chiese.
<< Meglio >> biascicò lei stanca << credo di aver sofferto il viaggio in macchina >>.
<< O forse sono gli antidolorifici. Dovremmo contattare il dottor Briand >> fece preoccupato.
<< Nah… non è necessario, Oliver. Sai che soffro il mal d’auto. Devo ricordarti Positano? Bali? >>
<< Quello era mal di mare, Felicity >> ribatté inarcando un sopracciglio, ma col sorriso sulle labbra.
<< Shh >> lo zittì << Non mi contraddire >>.
Aveva la voce di chi sarebbe crollato dal sonno da un momento all’altro. Gli occhi erano già chiusi e il respiro le si stava pian piano regolarizzando.
<< Riposati >> le sussurrò, prima di baciarle dolcemente la fronte e uscire socchiudendo la porta.
Al piano di sotto trovò Donna, seduta sul divano con una tazza di the fumante. Sembrava sorprendentemente immobile e assorta nei suoi pensieri. Voltò appena il capo per guardarlo mentre si avvicinava e si sedeva al suo fianco.
<< Non gliel’hai detto, vero? >> domandò timorosa.
<< No >> sospirò combattuto, poi si girò a guardarla << Quando accadrà >> le disse << Quando lo verrà a sapere, saremo io e te, insieme, a dirglielo >>.
Donna annuì, visibilmente sollevata.
<< Ma non ora >> continuò Oliver << E’ ancora fin troppo scossa dagli eventi e non so come potrebbe prenderla >> spiegò << Ho bisogno… lei ha bisogno di fidarsi di qualcuno in questo momento, non possiamo permettere che la nostra decisione pesi sul nostro rapporto con lei. Non ora >>.
Lei concordò immediatamente con lui. Ora più che mai avevano bisogno di fare fronte unico.
<< Pensavo che dovremmo fare una qualche festa per recuperare quelle che ci siamo persi >> propose Donna, che stava guardando Oliver dietro il bancone, indaffarato dietro ai fornelli.
<< Cioè >> le chiese mentre affettava una cipolla.
<< Be’ non abbiamo festeggiato l’Hanukkah né il capodanno. Potremmo organizzare qualcosa per passare un po’ tempo tutti assieme >> spiegò << Qualcosa ti semplice, tipo una cena >>.
Oliver alzò il capo a guardarla.
<< Mi sembra un’ottima idea >> la appoggiò, sperando che ciò avrebbe potuto rallegrare Felicity.
Donna trillò eccitata e cominciò ad elencare tutti i preparativi necessari, di cui ovviamente si sarebbe occupata lei.
<< Non ti fermi a cena? >> le chiese, notando che aveva già afferrato borsa e cappotto.
<< No. Grazie, caro, ma ho troppe cose di cui occuparmi. Ci sentiamo. Salutami Felicity! >>
Una volta preparata la cena, decise di andare a svegliare Felicity, dopotutto era passata già qualche ora. Aprì la porta lentamente e si avvicinò a passi leggeri, ma quando le fu davanti la fioca luce proveniente dal bagno gli mostrò i suoi occhi aperti.
<< Ehi, sei già sveglia >> le sussurrò sedendosi sul letto, accanto a lei.
<< Non avevo più sonno >> gli rispose spostando la testa fino ad incontrare con la fronte la coscia di lui, che prese ad accarezzarle la schiena.
Ridacchiò notando la sua posizione. Nel sonno si era mossa fino ad occupare tutto il letto in diagonale e ad appoggiarsi al cuscino di Oliver.
<< Com’è che tutte le volte ti ritrovo completamente dalla mia parte del letto? >> rise.
Lei di rimando lo guardò truce, sforzandosi di non scoppiare a ridere a sua volta.
<< Da quant’è che sei sveglia? >>
<< Da abbastanza da aver sentito tutte le confabulazioni
tra te e mia mamma >>.
*** SPAZIO AUTRICE ***
Ta ta tatan!
Questo finale interrotto così di punto in bianco mette ansia pure a me…
e sono l’autrice quindi dovrei essere tranquilla visto che so cosa accade perché lo scrivo io, ma sono una persona estremamente ansiosa.
Quiiindi posterò il prossimo capitolo il prima possibile,
anche perché l’ho già scritto e finito…
Ad ogni modo, vogliamo per un attimo ammirare la mia velocità?
Era da secoli che non ero così veloce ad aggiornare la storia!
Che ci volete fare, mi sento ispirata!
Ad ogni modo, vi annuncio che il prossimo capitolo sarà il punto centrale della fanfiction, ovvero, troverete il rimando del titolo!
Tutto ciò mi esalta molto.
Dal capitolo ancora dopo invece comincerò ad inglobare alcuni elementi della quarta stagione, partendo ovviamente dalla 4x11 e via dicendo.
Vi avviso anche, se non lo sapete già,
che ho pubblicato la prima parte della ff che sto traducendo,
The Cavalry, e a breve, anzi brevissimo posterò anche la seconda.
Grazie a tutti i lettori e ai miei carissimi recensori
e ci vediamo presto!
Baci,
Hexleviosa
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Capitolo 15 *** Capitolo XV ***
Nel capitolo precedente...
<< Da quant’è che sei sveglia? >>
<< Da abbastanza da aver sentito tutte le confabulazioni tra te
e mia mamma >>.
Ricordati che ti amo
Capitolo XV
Oliver si congelò letteralmente a quella risposta.
<< Ma cos’è che avevi in mente Oliver? >> continuò seria, girandosi a guardarlo.
<< Lasciare che mia madre organizzi una festa per l’Hanukkah e il capodanno! Sei impazzito? >>
Ritornò finalmente a respirare e resistette a non asciugarsi il sudore che gli stava imperlando la fronte con la mano.
<< Hai appena firmato la nostra condanna a morte! >> si lamentò.
<< Non essere melodrammatica! >> la rimbottò << E poi non è una festa, è una cena >>.
Lo guardò inarcando le sopracciglia.
<< Oliver, con mia mamma anche un the pomeridiano può trasformarsi in una festa. Figuriamoci una cena! >>
<< Senti, se hai paura che esageri, chiedile di aiutarla con i preparativi >> le propose.
Voleva tranquillizzarla e non solo. Avrebbe fatto di tutto affinché Felicity avesse un buon rapporto con sua madre, visto che per lui era ormai tardi. E in più così facendo forse quando sarebbe stato il momento avrebbe compreso e accettato al meglio la loro decisione. O almeno lo sperava.
La sentì sbuffare e si riscosse dai propri pensieri.
<< Suvvia, andiamo ora. La cena è pronta >>.
La accompagnò al piano di sotto e la fece sedere sul divano.
<< Ohh qualcosa di informale… mi piace >> commentò Felicity.
Oliver sorrise ed andò verso il bancone della cucina, per poi ritornare poco dopo con due piatti. Li appoggiò sul tavolino da the lì davanti, mentre allargava una coperta e la posava sulle gambe sue e di Felicity… ma soprattutto di Felicity.
<< Oh pollo! Amo il pollo >> esclamò lei.
Oliver sorrise soddisfatto. Inizialmente aveva pensato di farle una sorpresa e farsi portare qualcosa dal servizio a domicilio del Big Belly Burger, ma poi aveva pensato fosse meglio evitare. Dopotutto era ancora in convalescenza e quella stessa mattina era stata poco bene, non voleva peggiorare la situazione. Aveva comunque optato per del pollo arrosto e delle zucchine ripiene. Felicity lo adorava e sperava di farle tornare un po’ di appetito.
Mangiarono in silenzio per un po’, beandosi della presenza l’uno dell’altro accanto a sé.
<< Sta sera hai intenzione di uscire? >> domandò di punto in bianco.
Oliver si voltò a guardarla ma lo sguardo di lei era fisso sul piatto.
<< No >> rispose stupefatto, strascicando la vocale << Perché dovrei? >>
A quel punto Felicity si girò.
<< Lo sai perché >> sorrise lievemente << Non voglio che tu ti senta in dovere di stare qua con me e rinunci alla tua missione >>.
Poco prima, pensò Oliver, era la nostra missione. Ma non lo disse ad alta voce, perché sapeva che da quando era accaduto l’incidente lei credeva di non poter più essere utile al team.
<< Ehi >> le prese la mano << Io sono esattamente dove devo e voglio essere. Ok? >>
Lei annuì sorridendo ed entrambi tornarono a mangiare.
Una volta finito, Oliver appoggiò il piatto vuoto sul tavolino. Felicity lo imitò nonostante avesse mangiato solo metà del suo pollo. Stava per dirle qualcosa a riguardo: non voleva forzarla ma doveva almeno finire la sua porzione visto che gliel’aveva già fatta ridotta. Ma proprio mentre stava per parlare lei si sporse verso di lui e gli tappò la bocca con la propria.
Oliver si rilassò all’istante e contraccambiò immediatamente il bacio. Erano così tanto presi che ad un certo punto la afferrò per i fianchi e se la porto in braccio. Felicity gli passò le braccia intorno al collo.
Si staccarono solo quando il bisogno d’ossigeno divenne davvero impellente. Avevano entrambi il fiatone. Si guardano per pochi istanti negli occhi prima che Felicity nascondesse il volto nell’incavo della sua spalla.
Oliver la abbracciò ancora più forte, capendo il suo bisogno di affetto.
<< Ti amo >> le disse mentre le baciava il collo << Lo sai vero >>.
Lei voltò il capo per guardarlo, restando comunque appoggiata alla sua spalla. Nei suoi occhi si intravedeva paura e insicurezza. E lui ne fu spaventato. Non poteva permettere che quel dubbio si insinuasse tra di loro.
<< È solo che… >> cominciò insicura.
<< Cosa? >> la spronò.
<< A volte mi domando… come sia stato possibile >>.
Oliver sospirò forte.
<< Entrai in ufficio >> esordì << E dopo che ti chiamai tu ti voltasti a guardarmi. Indossavi una gonna blu e una camicia. I tuoi capelli erano raccolti in una coda bassa. Ricordo che stavi mordicchiando una biro rossa e poi cominciasti a parlare a vanvera >>.
Gli occhi di entrambi si fecero lucidi a ricordare il loro primo incontro.
<< È che non mi capacito… >> s’interruppe.
<< Di cosa? >> la invitò a continuare. Voleva che tirasse fuori i suoi dubbi una volta per tutte.
<< Di come tu sia potuto passare da Laurel a me >> concluse senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
E Oliver tutto si sarebbe aspettato fuorché questo.
<< Non c’è stato alcun passaggio da Laurel a te perché qua >> portò le loro mani intrecciate sul suo cuore << nessuna ha mai occupato il posto che ora occupi tu. Laurel non è mai stata al tuo livello >>.
Felicity ancora non lo guardava negli occhi ed era evidente che stava cercando di non piangere.
<< Ma ora… tu potresti avere chiunque >>.
Oliver temeva quello che sapeva stava per dire.
<< Insomma, perché restare bloccato con me… così >> indicò la sedia a rotelle, che giaceva in un angolo della stanza, ancora intoccata << quando potresti avere chiunque. Sei affascinante e sei un gentiluomo, potresti far cadere ai tuoi piedi attrici, modelle, giornaliste, qualsiasi donna e lo sai >>.
L’allusione al suo passato da dongiovanni un po’ lo ferì, ma lo ferì ancora di più l’idea che Felicity pensasse che sarebbe stato così facile rimpiazzarla.
L’afferrò per le spalle e la raddrizzò, facendo sì che i loro occhi fossero allo stesso livello, senza possibilità di scampo.
<< Felicity Smoak >> fece serio << tu hai tradito il tuo cervello >>.
Lei non poté fare a meno di lasciarsi scappare un lieve sorriso.
<< È definitivamente la cosa più stupida che tu abbia mai detto >>.
Lei scosse la testa abbassando lo sguardo. Ma per poco in quando lui subito dopo le alzò il mento.
<< C’è una cosa che devi fare >> le disse con voce non troppo ferma << Qualunque cosa accada >> pensò alle bugie che le teneva nascoste per non ferirla e quanto avrebbero potuto rovinare il loro rapporto << Ricordati che ti amo >>.
*** SPAZIO AUTRICE ***
Eccomi tornata! Come avete letto in realtà non è successo nulla di quello che avevate immaginato.
Il che un po' mi ha stupito: suvvia, non possono già lasciarsi se devo ricollegarmi alla 4x11!
E poi quando succederà veramente Felicity farà fuoco e fiamme, potete contarci!
Il capitolo segue un andamento piuttosto soft perchè beh ogni tanto ci va,
e poi mi piaceva l'idea che Oliver la rassicurava sui suoi sentimenti
e mettesse le cose bene in chiaro.
Ma d'ora in avanti le cose cominceranno a prendere tutta un'altra piega...
Grazie mille a tutti i lettori e ovviamente alle persone fantastiche che mi lasciano sempre una recensione!
A presto (spero),
Hexleviosa
P.S.: Ho deciso di ampliare i miei progetti e zitta zitto ho elaborato un video Olicity, che è in tutto è per tutto connesso a "Ricordati che ti amo", un po' come una sorta di trailer o di mini film che estrapola anche alcuni momenti della storia. Spero vogliate passare a darci un'occhiata, in caso vi lascio il link qua sotto!
-> https://www.youtube.com/watch?v=cpe8l9CgVLo&feature=youtu.be
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