CRP Apocalypse [MOMENTANEAMENTE SOSPESA]

di CassandraBlackZone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caccia quotidiana ***
Capitolo 2: *** Un'ardua e inaspettata decisione ***
Capitolo 3: *** Io non sono tuo padre ***
Capitolo 4: *** Mentire per il bene di tutti ***
Capitolo 5: *** Lezione sui CRP con Masky ***
Capitolo 6: *** La peggior accoglienza di sempre ***
Capitolo 7: *** L'ora della cena ***
Capitolo 8: *** Esperimento ***
Capitolo 9: *** Risveglio inaspettato ***
Capitolo 10: *** Inizia il secondo round ***
Capitolo 11: *** Il ritorno di Jeff ***
Capitolo 12: *** Verità nascoste ***
Capitolo 13: *** Iniziazione ***
Capitolo 14: *** Nulla è dato per scontato ***



Capitolo 1
*** Caccia quotidiana ***


Il consueto e assordante rumore della sirena notturna avrebbe svegliato da lì a poco l’intera mansione. C’era chi si svegliava carico di energie, pronto ed eccitato per la missione, urlando e correndo per i corridoi, e chi invece, come nel caso di Liu, avrebbe voluto restare a letto a dormire, ma purtroppo per lui, le luci abbaglianti dei fari che colpirono le finestre della sua stanza, lo obbligarono ad alzarsi. Il giovane assassino sbuffò portandosi una mano agli occhi incrostati di stanchezza.
«Che rottura…» preso il coltello sul comodino, lesse il display dell’orologio prima oscurato dalla lama: erano a malapena le tre del mattino. «Ma stiamo scherzando?! Decidono di attaccare ora? Che figli di…»
«Ehi! Belle Addormentate! Vedete di muovervi e alzarvi! Si gioca!» la fastidiosa risata di Toby al di là della porta non aiutò di certo il ragazzo a pensare che quella notte sarebbe stata diversa da tutte le altre. Girare per la foresta, trovare i soldati (o  poachers, come a loro piaceva chiamarli), ucciderli e tornare indietro. Era una routine quotidiana e noiosa, sicché il loro livello era nettamente superiore rispetto ad un insulso gruppetto in tuta mimetica. Perciò, pensava spesso Liu, qual è lo scopo di tanto affanno? Cosa spinge gli uni e gli altri a fare ciò? Istintivamente, il biondo iniziò a ridere lasciando che le sue suture si alzassero al di sopra degli zigomi, ricordandosi quella notte in cui sia la sua vita che quella di suo fratello minore Jeff cambiarono per sempre. «Che stupido che sono. È ovvio il perché…»
«Allora?! Liuuuu!»
«Dacci un taglio! Ora arrivo!»
«Volevo essere solo sicuro. Hai le tue cose?» ridacchiò Toby.
«Fottiti, Toby!»
«Ricordati di convincere l’altra mestruata! Il capo lo vuole. Almeno questa volta.»
Liu si grattò la nuca schioccando la lingua. «Sai bene che non è nelle condizioni di venire con noi!»
«Non dirmi che non siete riusciti di nuovo?» chiese sorpreso Toby.
L’altro sospirò.«Come sempre…»
«Oh… in tal caso… Vieni solo tu! Muoviti!»
Non appena sentì Toby venir trascinato via da Clockwork, Liu si vestì velocemente e, sistemata per ultima la sua sciarpa a righe preferita, si avvicinò al letto posto all’angolo della stanza, dalle lenzuola sudice di sangue e maleodoranti, su cui era adagiato Jeff. «Ehi. Io esco. Vedi di non svegliarti nuovamente nel tardo pomeriggio, ok?»
Nessuna risposta o lamento da parte del ventenne dai capelli corvini, solo un gesto confuso con la mano. Più che sufficiente per Liu.
«Senza troppe storie, al mio ritorno vedi di farti iniettare la Dose, hai capito?»
«Fottiti, Liu. Vattene» rispose aggressivo Jeff.
«A presto. Fratello» onde evitare l’intero repertorio di insulti a suo nome, Liu uscì dalla stanza, senza minimamente sapere che ad aspettarlo fuori c’era Slederman, accompagnato da Masky e Hoodie. L’uomo senza volto, vestito col suo abituale completo nero, si avvicinò al biondo dagli occhi color prato. La sua mastodontica altezza che incuteva paura ogni vittima al suo cospetto prima di ucciderla, era invece per Liu una sorta di figura paterna intenta a rincuorare il proprio figlio.
«Oh, Slenderman.»
«Liu, ragazzo mio. Va tutto bene? C’è qualcosa che ti turba?» nonostante fossero già passati cinque anni dal suo arrivo e quello di Jeff, Liu non era ancora abituato a vedere Masky usato come intermediario da Slenderman. I Proxies erano ancora un mistero per lui.
«Ecco… no, sono solo stanco. Insomma… di solito non attaccano a quest’ora.»
«Non te lo biasimo, figliolo. In effetti è vero. È la prima volta. Che mi dici di Jeff? Sta meglio?»
«Vorrei tanto dirlo, ma… non si è ancora ripreso. Dopotutto lui…»
«Pazienta, gli passerà. Non pensarci. Ora raggiungi gli altri, la tua presenza è richiesta.»
«D’accordo» fatto un leggero inchino, Liu si apprestò a raggiungere l’uscita correndo.
«Notevole. Non trova, signore?» disse Hoodie annuendo. « È qui da soli cinque anni e si è già integrato. Per non parlare del suo CRP, si è diffuso nel suo corpo senza problemi.»
« È un ragazzo sveglio, ma ancora insicuro. È convinto che tutto questo non abbia un senso, quando in realtà ce l’ha» Slenderman ricordava bene il primo giorno in cui i due fratelli arrivarono nella foresta. Mosso dal suo istinto, Liu riuscì a raggiungere la reggia, tenendo sottobraccio il fratello incontrollato. Visibilmente impaurito, arrabbiato e confuso, ma pur sempre consapevole di ciò che sarebbe successo a loro da quel giorno in poi. « È solo questione di tempo.»
«Per quanto riguarda Jeff, avrei qualcosa da ridire…»,continuò Hoodie,«Voglio dire… parliamo del CRP di Jeff.»
«Sono sicuro che anche il CRP di Jeff verrà accettato dal suo sistema immunitario. Bisogna solo aspettare.»
«Poco importa, no? Sa bene che fine hanno fatto i precedenti Jeff a partire dal 2016. Hanno tutti passato la fase di quello attuale e poi sono deceduti. Non sarà una grave perdita.»
«No. Sono sicuro che con la nuova formula della Dose le cose cambieranno.»
«Se lo dice lei. Sa, signore, ho notato che ultimamente è di buon umore»,obbiettò Hoodie,«Non che la cosa mi dispiaccia, ma è… insolito.»
«Insolito, dici? È possibile, Hoodie, ma non fraintendere. Oggi sono così perché è arrivato il momento. Capisci cosa intendo
«Oh, davvero? Caspita, ha ragione. Come vola il tempo. Ora si spiega il suo buon umore. Quindici anni. Pensa che lei sia pronta?»
«Non lo penso. Io lo so. Forza, devo essere pronto per le dieci.»
 
 
Dietro ad ogni albero, intento a confondersi con la natura circostante, c’era sempre un poacher pronto ad attaccare, ma prima che potesse accoltellare o sparare, il suo braccio veniva tagliato di netto o strappato brutalmente da lame, artigli e potenti morsi, senza pietà. Liu, a differenza dei suoi coetanei assetati di sangue, operava in modo diverso: ogni volta che un soldato gli si presentava davanti, puntava ai tendini delle caviglie così da impedirgli di scappare o tagliava i polsi con fenditure abbastanza profondi tali da fargli cadere le armi. Dopo aver passato due anni di duro allenamento, il giovane killer aveva capito che durante quelle notti la morte non era l’unica soluzione e che sarebbe bastato fermare o  rallentare il nemico. Non voleva uccidere. Non più. Non lo riteneva necessario. Fino ad allora la sua condotta non lo aveva mai deluso; fino ad allora, per l’appunto.
Convinto di poter agire allo stesso modo, Liu era pronto a cogliere di sorpresa l’ennesimo poacher, ma inaspettatamente si ritrovò un ascia conficcata nella spalla.
«Ma… come?» mosso dal dolore, Liu indietreggiò senza perder di vista il profilo in posizione d’attacco del soldato.«Merda. È veloce.»
«Che bello. Ho catturato Homicidal Liu» soddisfatta e compiaciuta, una ragazza adolescente uscì dall’ombra e si spostò sotto la luce della luna. A prima vista pareva avere poco più di diciotto anni. «Tornerò con una bella preda.»
«Guarda che ancora non mi hai preso» cercò di scherzare il biondo, tenendosi con una mano la spalla ferita. Il suo unico pensiero, più che fuggire, era fare in modo che la ragazza non si avvicinasse troppo a lui. Qualora Liu avrebbe estratto l’arma, la vita della giovane sarebbe stata in grave pericolo e ciò non lo poteva permettere.
«In quelle condizioni non potrai fare molto. Sei spacciat-…»
«Oh, tu credi?» un’insana risata riecheggiò nell’aria. La rossa iniziò a tremare e lasciar cadere la seconda ascia vicino ai piedi.
«Oh, no... non ora, no!» urlò Liu, riconosciuta la voce.
Disarmata, la ragazza si ritrovò a mezz’aria e ad annaspare in cerca di aria, poiché la sua gola era saldamente stretta da un arto informe, incolore e sproporzionatamente lungo. I suoi occhi erano costretti a rimanere aperti davanti ad una fila di denti seghettati e affilati di un clown dagli occhi di ghiaccio.
«Peek-a-boo, mocciosa!»
«Laughing, fermati! Non farlo!»lo implorò Liu.«Non c’è bisogno di ucciderla! Ti prego!»
«Vedi di non rompere, ragazzino. Lasciami divertire un po’» gli rispose Jack, ridendo e arricciando il suo naso appuntito. Le lacrime rigarono copiosamente le guance della ragazza.«Oggi mi sono annoiato parecchio. Credo… che per una volta cambierò modalità! Ah! Ho trovato» L.J. allungò l’altro braccio per prendere Liu.
«Ehi! Aspet-… che vuoi fare! Ahia!»
«Stai buono, Liuccio. Fra poco non sentirai più dolore.»
«Cosa?! No! Non farlo!» comprese le intenzioni del clown bianco e nero, Liu cercò di liberarsi dalla presa senza risultati: era troppo forte. «Ehi tu! Non stare lì imbambolata! Scappa, maledizione! Scappa!»
La ragazza era come ipnotizzata. Pur sentendo la voce di Liu, l’unica sua risposta era uno sguardo assente, quasi senza vita e di rassegnazione.
« Siete Pronti? Via!» coi l’aiuto dei suoi denti, Jack strappò con forza l’ascia. Liu urlò a pieni polmoni, mentre il suo sangue nero e denso come il catrame schizzò dallo squarcio e bagnò interamente la giovane soldatessa, che, assieme al biondo, iniziò ad urlare di dolore.
«NO!SMETTILA!» implorò Liu.
«Uhhhh guarda come si scioglie! Non è fantastico? Adoro come il nostro sangue infetto reagisce su qualcuno» la risata nauseante di Jack, coprì le richieste d’aiuto di lei soffocate dal suo stesso sangue.
Liu chiuse gli occhi, poiché non voleva assistere a quella morte orribile. Quando le sue sofferenze cessarono, il giovane killer poté riaprirli. Ai piedi del clown, non rimase che una poltiglia nera ribollente.
«Oh, che peccato. È finito in fretta» disse deluso L.J. «Uffa…»
«Tu… non stai bene» disse a denti stretti Liu, furioso.«Ti avevo detto di non farlo! Lei era mia!»
«Oh certo! Era tua perché tu volevi “ucciderla”, ma fammi il piacere! Novellino!»
«Nov-… io non sono un novellino!»
«Come no! Pensi che io non abbia capito il tuo giochetto da quando sei con noi, eh? Pensi che sia così stupido? Giovanotto, io non sono diventata una Creepypasta ieri!» la serietà con cui Jack parlò a Liu, lasciò senza parole quest’ultimo, riuscendo comunque a ribattere. « Io… non voglio ucciderli.»
«E invece devi farlo. Non hai alternative.Tu sei Homicidal Liu, non più Andrew Gaver e…»
«Lo so!» lo fermò Liu prima che potesse continuare. «Lo so» ripeté con più calma.
«Bene. Se hai capito, vedi di compiere il tuo lavoro e io non ti chiamerò più novellino. È un buon affare, non pensi? Prima però, devi farti curare quella brutta ferita.»
 
A tutti i soldati. Ritirata. Ripeto: ritirata! 
 
«Ma sentili. Tempismo perfetto. Battono nuovamente in ritirata. Allora possiamo tornare indietro. Forza.» Liu obbedì e si limitò a star dietro al clown senza proferir parola. Per quanto gli infastidisse il suomodus operandi, Liu non poteva trasgredire un ordine di un CRP più anziano di lui.«Ah, un’altra cosa, Liu. Sai che giorno è oggi?»
«Giorno? È… il 29 giugno. Perché?»
«Per essere più precisi è il 29 giugno del 2066. Buon CRP-Anniversario, Liu.»
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Cosa stia partorendo la mia mente in questi giorni, proprio non lo so… Forse è dovuto al fatto che stia vivendo il momento peggiore della mia vita, ovvero la maturità? Ebbene sì… non ho ancora finito… se tutto va bene finisco il 4 luglio… ma nonostante tutto, la voglia di scrivere non mi ha abbandonato.
Pur avendo iniziato a scrivere Diario di una sopravvissuta, ff dedicata a Jeff the killer, ho voluto iniziare una seconda storia dedicata a un po’ tutte le Creepypasta. Perché ora? Semplicemente ne avevo voglia.
Spero di non avervi annoiato e di non avervi confuso le idee. Più avanti le cose avranno più senso. Credo.
A presto.
 
Cassandra

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Capitolo 2
*** Un'ardua e inaspettata decisione ***


Liu gettò nel cesto della biancheria la felpa e la sciarpa sporche di sangue, incurante della presenza di Jane, che lo osservava in silenzio attraverso gli occhi di stoffa della sua maschera. Ritornati a casa, Laughing Jack iniziò a prendere in giro Liu nei modi più fastidiosi possibili, imitando le sue modalità d'attacco e il suo comportamento abituale senza il minimo pudore. «Non una parola. Non ho bisogno di un'altra ramanzina» ringhiò il ragazzo.
«Tranquillo, non ne avevo l'intenzione. Volevo solo capire se era veramente andata come Laughing ha raccontato al nostro ritorno a casa» disse Jane piegando accuratamente i vestiti della piccola Sally.
«Scusa, ma da quando in qua credi alle parole di quel pagliaccio?» le chiese Liu con un sopracciglio alzato.
Jane alzò le spalle.«Mai, ma solo di una cosa posso essere d'accordo con lui.»
«Avevi promesso niente ramanzina.»
«La mia non è una ramanzina, ti sto semplicemente dicendo la verità.»
«La verità, eh? Il fatto che uccidere quei soldati ogni notte è importante per la nostra sopravvivenza? È questa la verità?!» Liu non si aspettò minimamente di poter alzare la voce contro Jane, al che si vergognò subito e arrossì violentemente.
Un atteggiamento del genere se lo poteva permettere con altri, ma sicuramente non con lei che fu la prima, se non anche l’unica, a prendersi cura di lui e Jeff al loro arrivo, comportandosi da sorella maggiore, sempre pronta ad aiutarli e a guidarli nei momenti difficili. Liu si ricordò del loro primo anno, in cui il loro CRP ancora non del tutto sviluppato li recava non pochi problemi: più volte rischiarono un rigetto e quindi la morte, il loro istinto omicida era incontrollato a tal punto da essere pericolosi anche per le stesse Creepypasta, ma nonostante tutto, Jane era sempre lì al loro fianco.
«Scusa, Jane. Io… non so cosa mi sia preso» si arruffò i capelli nervosamente. Non aveva idea di come comportarsi in quell’imbarazzante situazione. «Io, ecco… sono solo…»
«Preoccupato per quello che ti ha detto tuo fratello. Sì, lo so» concluse Jane avvicinandosi al suo discepolo per abbracciarlo forte a sé «Liu, ascolta. So che è difficile per te, ma devi stare tranquillo. Prima o poi il suo corpo lo accetterà.»
«E se… ciò non dovesse accadere?» chiese il biondo affondando il volto sulla spalla dell’amica.
«Non devi pensarlo minimamente, ok?»
«Agli altri non importa cosa gli potrebbe accadere. È sempre successo, ma nel mio caso è diverso! Lui… è davvero mio fratello! Sangue del mio sangue! Io… non voglio che lui…» soffocato dalle lacrime, Liu si aggrappò alla schiena di Jane e ingoiò il più silenziosamente possibile il groppo che aveva in gola. Vedere il suo amato fratellino in agonia ogni notte era una sofferenza: era impotente davanti a quei autolesionismi, urla di dolore e invocazioni d’aiuto, perché lui vedeva solo nero, freddo e morte, tutto accompagnato dal suo pianto disperato e dalla sua assurda richiesta.«Mi ha chiesto di ucciderlo»,disse Liu tutto ad un fiato, «mi ha chiesto di ucciderlo con le mie stesse mani, Jane.»
«Liu, tesoro. È vero, il Fato ha voluto che proprio voi diventaste Jeff the Killer e Homicidal Liu, e mi dispiace. Ora come ora però dobbiamo solo aspettare. Passerà.»
Liu tirò su col naso e malvolentieri si staccò da Jane.«Anche Slenderman me l’ha detto.»
«E finora ha mai mentito?» chiese Jane sorridendo.
«Mai. Che io sappia» ricambiò lui.
«Bene. Allora è tutto a posto. Riguardo alla storia delle missioni, cerca di fare del tuo meglio, ok? Tanto sai come lavoriamo. Lo sketch comico di Jack di questa mattina era sì provocatorio, ma più un invito a riflettere su quello che ora sei tenuto a fare. Sai cosa succede, no? Se non lo fai.»
Liu esitò.«Sì, lo so.»
«Bene» Jane si avvicinò nuovamente a Liu e gli stampò un bacio sulla guancia. Quelle labbra di ceramica a contatto con la pelle lo fecero inizialmente rabbrividire, ma gli lasciò subito dopo una piacevole sensazione di calore «Forza. Andiamo a fare colazione. Questa mattina ci sono i pancakes.»
«Adoro i pancakes!»
«Lo so.»
Liu e Jane uscirono dalla lavanderia e camminarono insieme per raggiungere la sala da pranzo. Ad ogni corridoio, ogni Creepypasta salutava Jane con un piccolo inchino e Liu con un cinque ( o una leccata affettuosa). Avvistati i due fratelli maggiori, Sally saltò a capofitto prima su Liu e poi sulla sua adorata compagna di stanza.
«Ehi Sally! Hai fatto la brava mentre ero via?» chiese affettuosa la mora.
«Sì! Sally sta giocando con Ben! Ma Ben non si fa trovare!» sbuffò la piccola.
«Ancora nascondino, eh? » scherzò Liu prendendole il naso.
«É cattivo… lo sa che non sono brava a questo gioco…»
«Beh, ti confido un piccolo segreto»Liu si avvicinò all’orecchio della bambina insanguinata e le sussurrò:«Solitamente, il suo posto preferito è la sala computer del terzo piano.»
Gli occhi della piccola si illuminarono.«Waaa! Davvero? Grazie Liu! Grazie!» con un salto felino, Sally scese da Jane e corse verso le scale che l’avrebbero portata al terzo piano.
Liu adorava Sally: sempre allegra, solare e instancabile, vestita con la sua solita camicia da notte rosa confetto con tanto di pizzo. Spesso gli dispiaceva che una bambina così piccola fosse in un posto come quello. Ogni notte tutto ciò che poteva fare era restare al fianco di Slenderman, ma non appena si ricordava della loro differenza d’età di circa una ventina anni, allora la cosa si risolveva con una piccola risata interiore.
«Ben ti odierà a morte per questo, Liu»ridacchiò Lostsilver, appoggiato alla porta della sua stanza.«Però sono curioso di vedere come reagirà.»
«Così impara a lasciare ogni volta sotto il mio letto Tails» sogghignò maligno il biondo.
«Non hai tutti i torti.»
«Forza, Liu»richiamò la sua attenzione Jane,«abbiamo delle cose da fare dopo, visto che Slenderman non tonerà prima delle dodici.»
«Eh? Dodici? E perché?» chiese Liu perplesso. In effetti, pensò lui, non lo aveva visto tornare con loro.
«Be’, sai che ogni mattina si fa la sua passeggiata con Masky e Hoodie, ma non è questo il motivo. Sai che giorno è oggi, no? Anzi, oggi è anche più importante del solito. È il cinquantesimo anniversario dell’arrivo del CRP.»
«Ah, già. Me ne dimentico sempre» sbuffò Liu roteando gli occhi.
«Liu, sei con noi da molto tempo ormai. È ora che te lo ricordi.»
«E perché mai dovrei farlo? Non è proprio un bel giorno da ricordare. Quello stupido di Laughing mi ha anche obbligato a cantare quello stupido inno…»
«Parli dell’inno dei poachers?» chiese Jane con una nota di disgusto.
«Esatto…»
«Ok… su questo posso anche darti tranquillamente ragione.»
«Sono circa le otto. Fra un po’ al campo d’addestramento inizieranno a cantarla.»
«Già. Fortunatamente non la sentiremo. Siamo abbastanza lontani da lì.»
Ed era effettivamente così. L’imponente reggia delle Creepypasta era posta al centro della Black Forest, cresciuta in soli due anni grazie a Slenderman e alle straordinarie capacità del suo CRP. Difficile stabilire quanto quella distesa di arbusti oscuri si estendesse, poiché essa, dal primo giorno, continuò a crescere: approssimativamente parlando, si potrebbe dire che sia grande quanto una piccola città di paese.
Al di là della foresta, superata la brughiera, vi era invece il più grande campo di addestramento dei poachers del mondo. Fu costruita a partire dal 2026, inizialmente imposta solo ai militari di ogni nazionalità. Solo due anni dopo pensarono che fosse doveroso richiedere la presenza anche dei giovani. Raggiunti i tredici anni d’età, ogni famiglia aveva l’obbligo di iscrivere i propri figli, affinché imparassero come difendersi dalle temibili Creepypasta e, solo tempo permettendo, diventare dei veri e propri cacciatori. Per la sopravvivenza umana, ogni individuo era tenuto a fare delle scelte difficili: uccidere o venir uccisi. Ovviamente la scelta predominante dell’intera popolazione fu uccidere. Il 29 giugno del 2016 fu di certo un giorno terribile per l’intero genere umano, ma nonostante tutto, ebbe la forza di rialzarsi e quindi reagire.
Il campo Menschen Sieg era sì ispirato ad un campo d’addestramento militare, ma nel corso degli anni, tutte le strutture ed equipaggiamento cambiarono radicalmente in fatto di tecnologia. Le armi più usate erano pistole e armi da taglio, ma raggiunta una certa esperienza era possibile l’utilizzo di armi più complesse. Esternamente tutti gli edifici avevano l’aspetto di capannoni industriali rettangolari di marmo bianco e finestre antiproiettile, ma al loro interno si celava ogni sorta di tecnologia sofisticata degli ultimi anni: da semplici droni da bersaglio a veri e propri androidi a immagine somiglianza delle Creepypasta. Se trent’anni prima venivano costruite delle piccole foreste, ora era possibile ricrearne di infinite in stanze apposite più grandi all’interno, utilizzando ologrammi ad alta definizione. Ogni istruttore era severo quanto bastava per tirar fuori il meglio di ogni recluta.
Allenamento intensivo per ogni fascia d’età dalle sette del mattino alle dieci di sera compresi i quindici minuti di tempo per colazione, pranzo e cena; ddi notte i soldati dai diciotto anni in poi erano tenuti ad eseguire un’escursione completa della Black Forest con conseguente cattura di Creepypasta. Numero di successi? Pari a zero, specialmente la notte prima del cinquantesimo anniversario dell’arrivo del CRP. Il 29 giugno del 2066, più che una vittoria fu una tremenda sconfitta, sicché il numero di soldati morti era superiore rispetto agli ultimi cinque anni: all’alba, non venne cantato nessun inno in memoria dei caduti.
« È davvero… orribile, non crede, signore?» disse il generale a due stelle,Rodrigo Martinez, sfogliando i curriculum dei soldati deceduti. Ne aveva almeno contati una cinquantina se non di più. «Insomma… è un numero piuttosto consistente rispetto agli anni scorsi. Stanno diventando più forti.»
«Ultimamente sembra anche che abbiano più coscienza di loro stessi. La settimana in cui decisi di seguire la caccia notai che le loro prestazioni non erano più confusionarie come un tempo» disse il generale a cinque stelle, Joey Cherubi, seduto alla sua scrivania.
«La penso allo stesso modo, signore. Anche i tenenti hanno riferito la stessa identica osservazione.»
«Perché è vero.»
«Nora Hogan. Diciotto anni. Accidenti… l’unica adolescente presente. È stata brutalmente uccisa dal… sangue infetto» disse Martinez scuotendo la testa.«Che tragedia.»
Cherubi schioccò la lingua disgustato.«Come pensavo. I giovani non sono pronti per questo. Si fidi di me, non è vero? Martinez?»
Non appena alzò la voce, Martinez indietreggiò d’istinto e fece un profondo inchino.«M-Mi dispiace, signore… Io ero davvero convinto che…»
«Il motivo della tua insistenza è che vuoi portare nella foresta Annabelle, non è forse così?» il generale pluridecorato si alzò dalla poltrona in pelle bordeaux per avvicinarsi al suo subordinato ancora chinato, mentre quest’ultimo deglutiva invano.
«Io… sono pienamente convinto che lei sia in grado di combatterli, signo-…»
«Anche se ti ho dato l’ordine di scegliere i soldati» lo interrupe Cherubi, «Se si tratta di Annabelle, sai bene che me ne devi parlare. Visto che ci siamo: la mia risposta è no
Temendo il peggio, Martinez chiuse gli occhi pronto a ricevere la sua punizione, ma si rilassò avendo sentito i passi del suo superiore spostarsi verso l’enorme finestra ad arco, che dava sul campo esterno. Tirò un sospiro di sollievo.
«L’ordine impartito a tutti i soldati?» chiese Cherubi dando le spalle a Martinez.
«Già riferito. Giornata libera, quindi possibilità di ritornare dalle proprie famiglie per un giorno. Potrei sapere il motivo di tale decisione, signore?»
«Sai che giorno è oggi, Martinez?»
«Ovviamente, signore. È l’anniversario del virus CRP.»
«Sì, va bene. Quello lo sappiamo tutti. Pensaci.»
Il povero Martinez roteò gli occhi senza farsi notare e cercò di risalire alla risposta. Cosa c’era di più importante dell’arrivo del CRP, continuò a chiedersi.«Signore… io non so che dire, sul ser-… Oh… giusto. Ha ragione. Oggi è…»
« Esattamente. Inoltre, lui arriverà qui» lo precedette Cherubi, «verso le dieci.»
«Capisco. Che rarità. Solitamente chiede di essere ricevuto privatamente nel tardo pomeriggio.»
«Sono sorpreso quanto te» Cherubi era pronto a dar l’ordine a Martinez di congedarsi, quando dell’attività sul campo esterno non attirò la sua attenzione e sorrise. «Ma tu guarda. A quanto pare, un gruppetto di soldati semplici ha deciso di restare qui.»
Martinez si avvicinò al cenno del generale e spalancò gli occhi.«Ma quelli sono…»
«Che dici, Martinez? Diamo un’occhiata?»
 
La sabbia sotto le suola di gomma degli stivali scricchiolava ad ogni passo. I cuori di entrambi i soldati battevano celeri e all’unisono. Le loro orecchie non lasciavano che le urla dei loro compagni li distraessero. Gli occhi color ametista di Annabelle brillavano sugli occhi color nocciola di Marcus, che per un attimo si lasciò intimidire.
«Lo fai apposta, vero?» cercò di prendere tempo il moro.
«Non so di cosa tu stia parlando, Marcus. Sto semplicemente aspettando che tu faccia la prima mossa.»
«Allora ti toccherà aspettare.»
«Sì, come no» se c’era una cosa che odiava Annabelle, era aspettare, perciò, mossa dall’adrenalina accumulatasi nel suo corpo, non poté far altro che andare alla carica e correre verso l’amico «Arrivo!» finalmente, lo spettacolo stava per iniziare: ogni attacco della quindicenne veniva assorbito dalla difesa perfetta del diciassettenne che, pur mostrando indifferenza, resisteva al dolore mordendosi il labbro inferiore. Lo doveva ammettere, rispetto al loro ultimo incontro che risaliva poco più di cinque mesi fa, la tecnica di combattimento di Annabelle era migliorata più di quanto immaginasse: ora come ora, le arti marziali miste non avevano più segreti per lei, qualche carenza nel Krav Maga, ma il suo Aikido e Taekwondo agli occhi del moro erano perfetti, rispetto a lui che conosceva solo Jujitsu e Jeet Kune Do.
Marcus rischiò diverse volte di perdere l’equilibrio per la sua scarsa capacità di risposta, poiché il dolore iniziò a farsi sentire assieme alla stanchezza. Al contrario di Annabelle, che sembrò essere in grado di combattere ancora per un bel po’.
“Maledizione. Non ce la faccio più” pensò Marcus, ormai sul punto di arrendersi.
«Bene, posso darti il colpo di grazia» disse compiaciuta la ragazza, che inavvertitamente si abbassò per colpire alle gambe dell’amico tale da farlo cadere, e così accadde.
Marcus si ritrovò col sedere per terra dolorante.«Ahia! Maledizione, Annabelle! Questi scherzi sono poco… sportivi!» disse lui senza pensare, suscitando ilarità tra i compagni di addestramento venuti ad assistere.
«Poco sportivi?! Ma non mi dire!» disse Annabelle ridendo.«Forza, alzati. Una bella doccia e andiamo a mangiare qualcosa.»
«Davvero notevole, non c’è che dire. Sei migliorata moltissimo» una voce alle sue spalle fece trasalire Annabelle, avendo avvertito la presenza, ma appena si girò di scatto abbassò la guardia, ritrovandosi davanti l’imponente figura di Cherubi, vestito con l’appariscente divisa decorata dalle medaglie meritatamente ottenute.
«Buongiorno, papà» sorrise lei.
Cherubi ricambiò il sorriso alzando di conseguenza i suoi mustacchi grigi.«Buongiorno, tesoro. É bello vedervi sempre in allenamento pur essendo un giorno libero. Ne terrò conto, sai?»
«Recentemente non abbiamo avuto il tempo di confrontarci. Così ne abbiamo approfittato.»
«Bene, ne sono contento. Mi spiace disturbarvi, ma ora vorrei parlarti, Annabelle. In privato.»
Annabelle annuì.«D’accordo.»
«Bene. Vatti a cambiare. Ci vediamo nel mio ufficio.»
Accarezzata la testa della figlia, Cherubi, sempre accompagnato da Martinez, ritornò verso il suo studio con passo fiero e le mani dietro la schiena.
«Che strano… che cosa vorrà tuo padre?» chiese sospettoso Marcus.«Probabilmente ti chiederà per l’ennesima volta di cambiare rango.»
«Sa bene che gli risponderei di no. Saranno i soliti auguri di compleanno» rispose lei scocciata. «Non ho voglia di cambiarmi. Vado così.»
«Oh, giusto! Oggi è il tuo compleanno! Auguri!» disse Marcus, seguito da tutti gli altri.
«Grazie, ragazzi. Ora scusate, ma devo andare. A dopo!»
 
Cherubi lasciò che la sua mano sfiorasse la foto che ritraeva lui stesso e la piccola Annabelle all’età di cinque anni, nell’atto di prenderla in braccio e lanciarla in aria. Entrambi sorridevano, pur essendo confinati in un campo d’addestramento militare. Pian piano la sua mente mise da parte le pesanti responsabilità di generale, delle missioni e del CRP per far spazio ai quindici anni passati con la sua piccola Annabelle: le sue risate, i suoi teneri abbracci e suoi occhi viola scintillanti, preziosi e unici che si riflettevano nei suoi, erano tutto ciò che serviva a penetrare la sua pesante corazza.
Per Cherubi, la cosa più importante era Annabelle, ma soprattutto lo era la sua stessa felicità. Quel giorno, promise a se stesso che non avrebbe interferito nelle decisioni della quindicenne e che l’avrebbe sostenuta sempre. Qualunque cosa sarebbe successo.
 «Eccomi, papà» subito il generale, ripose la foto nel cassetto e si rialzò, senza nascondere la sua sorpresa nel vedere sua figlia ancora vestita con la divisa mimetica e gli stivali di pelle pieni di fango. I capelli semidorati, nonostante fossero arruffati, parevano sempre morbidi e perfetti ai suoi occhi «Che cosa volevi dirmi?»
«Be’, credevo fosse ovvio» Cherubi si avvicinò ad Annabelle e l’abbracciò forte a sé «Buon compleanno, bambina mia.»
Imbarazzata, Annabelle cercò di aggrapparsi all’ampia schiena del padre. «G-Grazie… papà.»
«Oh, sei sempre così… rigida, quando si tratta di certe cose» rise l’uomo.
«Scusami…»
«Non preoccuparti. È giusto così. Dopotutto, io non sono veramente tuo padre.»
«Lo vedi? Ogni anno è la stessa storia. Riapri sempre questo discorso» Annabelle si staccò dall’abbraccio e squadrò truce Cherubi. «Non mi importa, va bene? Tu sei e sarai sempre mio padre. Qualunque cosa accada» dimenticandosi del precedente imbarazzo, Annabelle riuscì a guardare in faccia l’uomo che l’aveva presa con sé e accudita con amore, l’uomo che l’aveva salvata da morte certa, l’uomo che da quel giorno divenne suo padre.«Insomma, ormai dovresti averlo capito, no?»
Cherubi non sapeva se essere stupito o commosso, ma di certo non riuscì a smettere di sorridere e di trattenere le lacrime.«Oh, tesoro mio» il cinquantenne si avvicinò ad Annabelle e si inginocchiò alla sua altezza«Anche per me. Tu sarai sempre mia figlia, ma ribadisco: tutte le cose che hai cercato di evitare di fare con me, tienile per il tuo vero padre. A partire da questa mattina.»
Sorpresa, Annabelle spalancò gli occhi:«Scusa… come hai detto?»
«Tesoro… questa mattina incontrerai tuo padre. Verrà qui e… ti chiederà se vorrai andare via con lui.»
«No…» disse Annabelle scuotendo la testa,«No, io non voglio andarmene…»
«Figlia mia, pensaci. Potrai condurre una vita normale. Potrai vedere il mondo.»
Annabelle evitò la mano del padre intenta ad accarezzarla su un guancia.«Sì, il mondo che cade a pezzi.»
«Non c’è solo quello, Annabelle. Fidati di me. È vero, il mondo è succube del CRP, ma ciò non significa che tu non possa essere una ragazza comune.»
«Perché mai dovrei incontrarlo, scusa?»
«Perché lui è già qui» si intromise Martinez, che intanto stava alla finestra e teneva d’occhio tre figure avvicinarsi all’edificio principale, due vestite con un completo bianco e una maschera Okame nera, mentre la terza, al centro di quest’ultime, indossava un mantello di piume nere e un’enorme maschera Oni  rosso bordeaux e visibilmente grottesca.«Appariscente come sempre.»
Padre e figlia raggiunsero il generale senza nascondere il loro stupore.
«Quell’uomo alto al centro. Non è l’uomo che finanzia il campo?» chiese Annabelle confusa.«Voglio dire… ricordo che lo vidi attraversare la mensa una volta.»
«Sì, è lui» confermò Cherubi, «è proprio lui.»
«Ed è veramente…»
Annuì.
Ferita, delusa e disorientata. Annabelle si sentì esattamente come il giorno in cui suo padre le disse che era stata adottata: aveva dieci anni. Se a quel tempo reagì nascondendosi nella dispensa della cucina, cosa avrebbe potuto fare ora per poter scappare, pensò lei. No. Non era ancora pronta ad affrontare la verità.«E tu lo sapevi da sempre? Perché parlarmene solo ora?» chiese con una nota di disappunto.  
«Io… lo scoprì l’anno scorso. Dopo il nostro consueto incontro, mi rivelò tutto.»
«Chiunque sarebbe in grado di parlare di qualcuno.»
«Di certo nessuno, a parte me, poteva sapere di… tu sai cosa
Annabelle si voltò contrariata.«Eh? Lui… lo sa?»
«Mi spiace interromperla, signore» disse Martinez «Ma mi hanno appena avvertito che il signor Kuro è appena entrato nella solita stanza.»
«Kuro?» ripeté Annabelle.
«D’accordo. Forza, tesoro. È il momento di andare» insistette Cherubi, forzando un sorriso.
«Papà… io...» ti voglio bene. Annabelle sperava davvero di poterlo dire, ma qualcosa sembrò bloccarla. Non era rabbia, non era vergogna, semplicemente… non ci riusciva, e non sapeva il perché.
Cherubi allargò un sorriso leggero, del tutto consapevole del dilemma interiore della figlia adottiva.«La scelta sta a te, figliola. Qualunque essa sarà, io la accetterò.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: Bene… Bene… Maturità: passata. Non brillantemente come speravo, ma sono fuori. Finalmente. Ora… posso finalmente dedicarmi alle cose che amo, ovvero: scrivere, vedere anime e telefilm, leggere manga e libri e…. la lista è lunga. Ad ogni modo, questo capitolo a parer mio potrebbe confondere qualcuno, ma state tranquilli. Pian piano tutto sarà più chiaro. Spero, come sempre, di non avervi annoiato. Anche perchè... credo... di aver esagerato un pochino in fatto di lunghezza... la prossima volta farò più attenzione.
Alla prossima!!
 
Cassandra
 
Menschen Sieg= vittoria umana ( tedesco)
Maschera Oni /Okame = maschere usate nel teatro tradizionale giapponese

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Capitolo 3
*** Io non sono tuo padre ***


Implorata dal padre adottivo, Annabelle si diede una lavata dal precedente combattimento e indossò, controvoglia, un vestito azzurro, semplice ed estivo,sbracciato con le spalline in pizzo e con un’apertura a rombo sulla schiena. Lo odiava, non le era mai piaciuto quel tipo di abbigliamento sin da piccola, lo trovava scomodo e inappropriato, ma decise di metterlo solo perché apparteneva alla moglie di Cherubi, Stephanie, quando aveva all’incirca la sua età. Quando glielo porse sembrava così contento, orgoglioso di regalare qualcosa di così prezioso alla sua adorata bambina, e perciò Annabelle non poté far altro se non accettarlo, in modo tale da renderlo felice almeno in quell’occasione.
«Sei così strana, vestita così» commentò Marcus, incapace di capire il senso del vestiario tanto quanto la stessa Annabelle.«Insomma, ok. È tuo padre biologico, ma ciò non vuol dire che tu debba andare con lui, no? Dopotutto ti ha abbando-…»
«Quando vuoi sai essere davvero indelicato, Marcus Wright» lo rimproverò Itaca, capitano della compagnia a cui appartenevano i due ragazzi. Donna rispettata da tutti, persino dai suoi superiori per le sue straordinarie capacità combattive; chiunque osasse mancarle di rispetto doveva avere a che fare con lei in prima persona. Purtroppo, durante la sua prima missione notturna da soldato semplice, le venne portato via l’occhio destro, ma ciò non le impedì di continuare la sua strada da cacciatore di CRP.«Io dico che ti dona molto.»
«G-Grazie» rispose Annabelle imbarazzata.
«Fatemi capire. Il tizio che ci finanzia il campo è suo padre e ora che sono passati quindici anni ha intenzione di portarla via con sé?»
«Esatto» rispose Itaca semplicemente.
«Ma perché? Non ha senso» chiese Marcus adirato.
« È molto probabile che inizialmente non poteva prendersi cura di lei, ma ora sì. Non ci vedo nulla di strano.»
«Oh, capitano Martinez. Questa volta quella indelicata è lei. Insomma, dopo aver passato la sua intera vita qui come può pretendere che Annabelle decida di punto in bianco di andarsene?»
«Infatti questo lo deciderò oggi» disse Annabelle sistemandosi i sandali di pelle nera, un regalo da parte di Itaca.«Valuterò la situazione. Pap-… il generale Cherubi mi ha assicurato che è una persona… di cui posso fidarmi. Pur essendo eccentrica.»
«Io davvero non ti capisco…» mormorò Marcus aggrottando la fronte.
«Oh, io invece sì. Caro Marcus, cosa ti costa dire ad Annabelle che non vuoi che se ne vada?» disse scherzosamente Itaca. «Andiamo. Ora puoi farlo.»
Annabelle ignorò i due fingendo di sistemarsi i fermacapelli . Itaca non era di certo l’unica ad affermare quel tipo di allusioni. Solo perché lei e Marcus erano sempre stati amici fin dall’arrivo di quest’ultimo, chiunque li vedesse insieme era pronto a fare pessime battute giusto per irritarli. O meglio, per irritare Marcus, poiché rispetto ad Annabelle, che era solita non darci molto peso, lui reagiva talvolta con scenate alquanto imbarazzanti e infantili, finendo col stare al loro gioco.
«Cos-… la smetta di scherzare, capitano! Che rabbia! Vado a prendere una boccata d’aria! C’è… troppo profumo per i miei gusti!» disse Marcus uscendo dalla stanza di Annabelle.
Itaca ridacchiò sadica.«Oh, ma è così carino. Seriamente Annabelle, perché non gli dai una possibilità?»
«Sa, capitano Martinez, non mi sembra proprio il caso. Inoltre non mi sembra giusto nei suoi confronti.»
«Ti prego. Non puoi dirmi che non l’hai mai notato. È palese che ha una cotta per te.»
«Proprio perché lo so, sarebbe meglio di no» ribadì Annabelle, ormai pronta ad andare.
«Vuoi che ti accompagno?» chiese dolcemente la donna, abbracciando la sua prediletta da dietro. «So che sarà una decisione difficile, ma devi fare ciò che ti sembra giusto. Pensa alla tua felicità.»
Annabelle si aggrappò all’avambraccio del capitano e si morse il labbro inferiore, intenta a non scoppiare in lacrime. «Io voglio restare, ma… a conti fatti vorrei anche conoscerlo» sussurrò. Durante tutta la sua preparazione ci aveva pensato attentamente o forse lo faceva da sempre. Per quanto avesse passato degli anni indimenticabili al campo, la voglia di sapere di più dei suoi genitori la sfiorò più volte e non solo: Annabelle voleva anche sapere più su se stessa. «È sbagliato, secondo te?»
Itaca scosse la testa.« Assolutamente no. È un tuo diritto conoscerlo.» diede un ultima occhiata alla ragazza per poi sorridere. « Forza, è ora di andare. Ci stanno aspettando.»
 
Inutile dire che ogni tentativo era stato vano. Chiunque provasse ad avvicinarsi a Jeff veniva  scaraventato fuori dalla stanza o a calci o con delle accoltellate: l’ultima vittima fu il povero Eyeless Jack.«Ma che… fanculo, Jeff! Dannazione, ventidue colpi alla schiena. Ventidue fottuti colpi!»
«Be’, è un nuovo record» ridacchiò Toby sgranocchiando delle patatine.
«Taci, Toby! Provaci tu, allora!» gli ringhiò il mangiatore di reni.
«Oh, non se ne parla! Ci tengo alla mia pelle.»
«Codardo.»
«Sarà il caso di aspettare che si calmi» disse Jane, con in mano la cassetta del pronto soccorso,«è parecchio irrequieto di mattina.»
«Lui lo è sempre. Ahia!»
«Scusa. Comunque , è meglio lasciarlo stare. Non è solo la Dose il problema.»
«Sì, lo so già. Ma non dovrebbe preoccuparsi così tanto! Insomma, tanto rinascerà un’altra Kate the Chaser!»
«Ne era affezionato. Erano diventati dei buoni amici» puntualizzò Jane irritata, ricordando la ragazzina timida, ma da una gentilezza invidiabile. «E forse qualche cosa di più.»
Durante il silenzio che seguì, Jack sospirò, imprecando a bassa voce per la sua indelicatezza.
«E poi, sono già passati due anni. Perché non si è fatta ancora viva?»
«Jane, come ben sai nel mondo ci sono più di sei miliardi di persone. Potrebbe essere ovunque. Probabilmente sarà dall’altra parte del mondo. Tanto sai che nei peggiori dei casi Slenderman l’andrà a prendere.»
«Sì, lo so, ma…»
«Ad ogni modo, non può comportarsi così. A differenza di tutti noi, lui è ancora l’unico a cui bisogna somministrare la Dose, ma se non la prende con regolarità, il CRP rischia di non essere accettato del tutto dal suo corpo e lui morirà.»
Il rumore pungente dei vetri rotti attirò l’attenzione delle tre Creepypasta, che si voltarono verso la stanza di Jeff e Liu.
«Oh, cribbio. Le cose si stanno facendo interessanti. Oh yeah!» esultò Toby.
«Cazzo, non di nuovo!» Jack e Jane fecero subito irruzione, ma fu troppo tardi: Jeff era già scappato attraverso la finestra.
«Santo cielo, che nervi! É davvero un pezzo di idiota, per non dire di peggio! Quante dannate finestre vuole rompere ancora?! Costano!»
«Non andrà lontano» cercò di tranquillizzarlo Jane, «lui sa che se supererà la brughiera perderà il controllo.»
«Oh, certo. Perché tu pensi che lui nello stato in cui si trova sappia cosa fare, vero?!» disse ironico lui.
«Sì» rispose semplicemente la mora. «Non è così irresponsabile.»
Eyeless Jack schioccò la lingua irritato.«Fra te e Liu non so chi sia più folle. Mi vado a cambiare i vestiti e poi penserò al vetro. Di nuovo
Non appena il ragazzo uscì dalla stanza borbottando, Jane rimase ad osservare la finestra rotta intrisa del sangue nero di Jeff. Inavvertitamente, prese un pezzo di vetro da terra e si ferì il palmo della mano destra. Dal profondo taglio uscì una generosa quantità di liquido infetto, ma prima che potesse colare sul braccio, esso si lasciò riassorbire dalla pelle e la ferita si richiuse in un battito di ciglia.
«Oh, Jeff» mormorò lei, fissando la Black Forest e stringendo a pugno la mano guarita.
 
Raggiunta l’aula magna del campo, Itaca abbracciò Annabelle per infonderle coraggio prima che varcasse la soglia. «Sii forte, Annabelle. Fai la decisione che ritieni più giusta.»
«Se ne sarò in grado.»
«Oh, sarà sicuramente così» staccatasi dall’abbraccio, il capitano stampò un bacio sulla fronte della ragazza, che la fissò con gli occhi gonfi di lacrime.
«Io… non voglio andare.»
 «Avanti, Annabelle. Niente ripensamenti o le tue ametiste perderanno preziosità» le disse Itaca pizzicandole leggermente le guance. «Va’, e fatti coraggio.»
Un sorriso e via. Annabelle si avvicinò alla porta in acciaio. Preso un bel respiro profondo, abbassò la maniglia ed entrò: prima che si chiudesse, la giovane soldatessa poté sentire per l’ultima volta la voce del suo capitano augurarle in bocca al lupo.
«Crepi… capitano.»
«L’attendevamo con impazienza» Annabelle trasalì all’apparizione improvvisa dei due misteriosi accompagnatori in completo bianco. Le due maschere nere viste così da vicino inquietavano non poco la ragazza, poiché a differenza delle maschere bianche tradizionali, esse non sorridevano. «Il nostro padrone la sta aspettando. É sul palco» dissero all’unisono i due, che si spostarono uno da un lato e il secondo dall’altro, facendo un leggero inchino e lasciando che Annabelle salisse le scale per raggiungere il palco a mezzaluna.
L’aula magna era una sorta di enorme anfiteatro, rimasto incontaminato dall’alta tecnologia di quel periodo. Difatti,vennero lasciate le classiche poltrone a ribalta in velluto rosso con cucitura a vista, così anche il parquet del pavimento e l’insonorizzazione. Essa era inoltre sormontata da enormi lampadari circolari.
Raggiunta la metà della scala, Annabelle sforzò più che poteva la vista per poter riconoscere la mostruosa testa demoniaca della maschera, che ricopriva interamente il volto di colui che doveva essere il suo padre biologico: il signor Kuro. Egli era seduto davanti ad un tavolo rotondo.
Ad ogni suo passo, la ragazza pensò alle domande che gli avrebbe posto dopo averlo raggiunto. Cosa ti ha spinto ad abbandonarmi, perché aspettare quindici anni, chi è mia madre. Arrivata all’ultimo gradino, formulò anche la sua ultima domanda. Chi sono io.
Annabelle cercò non di farsi intimidire dagli occhi dorati e minacciosi e dalla bocca deformata della maschera.
«La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. Una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare» iniziò a parlare l’uomo.
Annabelle rimase alquanto confusa davanti a quelle parole, ma la sua voce era così profonda e rassicurante che quasi la tranquillizzò. Arrivata sul palco, la ragazza si sedette sulla sedia posta davanti al signor Kuro.
«Sai da dove viene questo passaggio?» chiese subito lui.
Annabelle abbassò un attimo lo sguardo.«Io… non lo so.»
Con una mano guantata di nero, l’uomo tirò fuori dalla tasca della sua giaccia un libricino alto meno di un dito, su cui era raffigurata una nave. Annabelle poté leggere il titolo: Novecento.
«Alessandro Baricco. Un grande scrittore del XXI secolo. Questo è il mio preferito. Di certo non perché è piccolo, ma perché aiuta a riflettere. Lo porto sempre con me» disse l’uomo sogghignando. «Davvero un gran bel libro. Dovresti leggerlo. Ti ricorda qualcuno?»
«Come… scusi?»
«La citazione. Ti ricorda qualcuno?»
«Io… No, non credo.»
«Sai. Prima di arrivare qui, mi sono messo a rileggerlo e quando arrivai a questa parte mi sei venuta in mente.»
«I-io?» si indicò Annabelle sorpresa.
«Se non erro, tu non sei mai uscita dal campo, giusto? Nemmeno nei giorni di vacanza concessi a voi soldati.»
Annabelle gonfiò il petto d’aria per apparire più risoluta. «Mio pad-… il… generale Cherubi non mi ha mai dato il permesso di lasciare il campo. Signore.»
«Sì, questo lo so.»
Intimidita davanti alla tranquillità dell’uomo, la ragazza si ingobbì e disse ad un fiato:«Lo ha fatto per proteggermi.»
«Da chi?»
«Da tutti.»
Il signor Kuro appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo. « E per quale motivo.»
Annabelle deglutì per guadagnare tempo.«Fin da quando ero piccola la motivazione era stata… il colore dei miei occhi. S-signore.»
Annuì. «Esattamente. Tuo padre aveva timore che i tuoi occhi potessero essere oggetto di interesse per qualcuno al di fuori di qui. Un viola delicato, puro. Proprio come il minerale ametista. Pur essendo all’apparenza innocui, avevano comunque un colore fuori dal comune. Fortunatamente, nessuno fino ad ora ha mai parlato di essi al di fuori del campo.»
Come il generale Cherubi le aveva detto nel suo ufficio, effettivamente il signor Kuro sapeva del suo piccolo segreto, ma ciò non bastava ad Annabelle per dargli la sua completa fiducia.
«Lui… lui non è mio padre» disse Annabelle con la voce strozzata.
«Questo lo so bene, ragazza mia, ma in questi quindici anni direi che si è aggiudicato il titolo di padre, essendosi preso cura di te con amore.»
«Questo… significa che non devo considerarla mio padre, ma un estraneo, poiché lei mi ha abbandonato?» inconsciamente, Annabelle si alzò dalla sedia e urlò. Era furiosa, ma intenta a trattenersi, onde evitare che potesse peggiorare la situazione. Tutto ciò che voleva era dirgli che sarebbe rimasto per sempre al fianco del suo unico vero padre e uscire per andarlo ad abbracciare. Aveva finalmente capito.
«Io non ti ho abbandonata, Annabelle» rispose lui con estrema calma. «Infatti, ti ho lasciata in buone mani. Proprio come volevano i tuoi genitori.»
La confusione si fece strada nella mente di Annabelle, che a stento riusciva a dire una parola.
 Mi state prendendo in giro? A chi devo credere? Cosa devo fare per avere delle risposte?
«Mia cara. Fai troppe domande. Così è facile che tu ti confonda.»
Annabelle si coprì alla svelta prima la bocca e poi le orecchie, non sapendo dove mettere le mani. «Tu… Lei… ha appena… letto i miei pensieri?»
Annuì lui.
«Io… non capisco. Il generale… mi aveva detto che…»
«So cosa ti ha detto, ma mi dispiace. Io non sono tuo padre, esattamente come lui. Ho dovuto mentire per potermi avvicinare a te» affermò l’uomo alzandosi dalla sedia.
Annabelle indietreggiò tirando su la guardia. «E allora… chi sei?»
Come erano apparsi davanti a lei, i due ragazzi si materializzarono davanti alla porta, allarmando ancora di più la ragazza.
«Non sono tuo padre, questo l’hai già capito, ma non sono nemmeno una minaccia. O almeno, non per te. Puoi fidarti.»
«Dimostramelo» gli urlò Annabelle il più convincente possibile.
«Come tu desideri.»
L’uomo, in confronto ai centosessantacinque centimetri di Annabelle, era circa alto un metro e ottanta centimetri ad occhio, ma nel giro di due minuti quegli ottanta divennero novanta, quel metro in due e quando venne superato anche quello, Annabelle smise di contare.
Non solo le gambe di lui si erano allungate, con esse anche braccia e mani, raggiungendo l’altezza delle ginocchia. I guanti neri caddero e le lunghe dita pallide si avvicinarono alla maschera giapponese e la sfilarono.
La paura assalì Annabelle a tal punto da farla cadere a terra dopo ciò che vide, o meglio, ciò che non vide. Il signor Kuro, l’uomo che da tempo finanziava il campo d’addestramento più importante del mondo, che si era presentato come il vero padre di Annabelle, era in realtà la più temibile Creepypasta fra tutte: Slenderman, l’uomo senza volto.
«Non... può essere. Tu… sei…»
«Esattamente.»
Annabelle si voltò di scatto a sinistra, avendo sentito la voce al suo fianco: erano i due assistenti.
«Ma… cosa?»
«Senza questa particolare maschera Oni, non mi è possibile comunicare liberamente» uno dei ragazzi si sfilò la maschera, sfoggiandone un’altra dal volto umano con le labbra e gli occhi dipinti di nero.«Perciò sono costretto ad usare uno dei miei proxy.»
«I… proxy» ripeté tremante Annabelle.
«Sai cosa sono, vero?»
«Io… sì, lo so.» rispose Annabelle, rivolgendo la sua attenzione sulla leggenda urbana.
«Non ne dubitavo. Dopotutto il campo fornisce una conoscenza completa per quanto riguarda noi.»
Non appena Slenderman avanzò, Annabelle cercò di rialzarsi velocemente, pur avendo… paura?
«Ma… ma cosa?» disse Annabelle abbassando la guardia, sempre più allibita.
«Bene. Noto con piacere che il tuo cuore ha ripreso a battere normalmente. Non tremi più e sei decisamente più rilassata» disse l’uomo annuendo soddisfatto.
«Tu… mi hai fatto qualcosa?»
«Niente affatto, Annabelle. Non sentendoti minacciata il tuo istinto non ti ordina di attaccare. Tutto qui. Tant’è vero che io non ho alcuna intenzione di farti del male, non me lo sognerei neanche. Promisi ai tuoi genitori, ma specialmente a tua madre, che ti avrei protetta. Ad ogni costo.»
«Che… che cosa intendi dire? Cosa c’entra mia… madre?» chiese la ragazza in procinto di piangere.«Che cosa vuoi da me?»
Slenderman si inginocchiò all’altezza di Annabelle e le tese la mano deforme col palmo rivolto verso l’alto. «Mia cara Annabelle, so bene che ora come ora ti risulterà una richiesta affrettata, ma… non abbiamo molto tempo.»
Annabelle scosse la testa, lasciando che le lacrime le rigassero le guance.
«Verresti a vivere nella Black Forest con me
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Chiedo umilmente scusa per il ritardo… ma giuro che non è stata colpa mia, ma della rete Wifi. Proprio questo weekend aveva deciso di togliere la connessione per dei lavori e invece di durare solo due giorni, è durato fino ad oggi! Maledetti… Comunque, eccovi il terzo capitolo. Le cose si stanno facendo più complicate e, oserei aggiungere, più interessanti. Riguardo a Kate the Chaser, so che non è esattamente una Creepypasta, ma una  proxy di Slenderman, però… va bene lo stesso, no? Perciò l’ho inserita.
Spero vi sia piaciuto.
A presto!
 
Cassandra

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Capitolo 4
*** Mentire per il bene di tutti ***


Annabelle rimase a fissare quella mano cerea tesa davanti a lei. Era confusa, perché ancora non capiva cosa la faceva sentire al sicuro, pur trovandosi al cospetto di Slenderman. Era arrabbiata, perché avrebbe voluto subito rispondergli di no, che sarebbe rimasta accanto del suo adorato padre adottivo, ma tutto ciò che fece fu restare immobile e incapace sia di parlare che di reagire.
«Or dunque? Accetti?» chiese nuovamente la Creepypasta senza volto, non avendo ricevuto alcuna risposta.
«Io… non so cosa… Perché mai dovrei… »
«Capisco che tu sia confusa, ma ti prego di darmi una risposta ora.»
«Signore» finalmente anche il secondo proxy si fece sentire e, spazientito, si avvicinò a Slenderman senza togliere gli occhi dal suo orologio da polso. «Non abbiamo più tempo.»
«Grazie, Hoodie. Forza, Annabelle. Vieni con me? »
La ragazza in tutta risposta scosse la testa indietreggiando, più impaurita che mai.
«Ragazza mia, lo so che ho detto che potevi decidere, ma ora come ora, ho proprio bisogno che accetti. Il tempo stringe. Credimi, tua madre… »
«Io non ho una madre» disse Annabelle, con la voce strozzata dalle lacrime. «Mia madre si chiamava Stephanie ed è stata uccisa da un CRP prima che potessi conoscerla. Lei era mia madre.»
«Ti sbagli. La tua vera madre era tutt’altra persona, Annabelle. Credimi» Slenderman avvicinò piano agli occhi di Annabelle l’indice nodoso della mano destra e asciugò le lacrime.
«Allora chi era, eh?! Smettila di essere vago! Madre di qua, padre di là. Chi diavolo sono?! Io chi diavolo sono?!» Senza volerlo, la ragazza rievocò nuovamente il giorno in cui il generale Cherubi le confessò di essere stata adottata: ne era rimasta distrutta. Ma non quel giorno. Non poteva permettersi di scappare, non poteva permettersi di piangere di nuovo e soprattutto non poteva permettersi di avere paura: doveva affrontare quella realtà, pur essendo assurda e irreale.
«Signore, mi spiace interromperla, ma… le nostre Dosi di emergenza. Io e Masky non resisteremo a lungo» disse Hoodie più allarmato di prima.
Slenderman si portò una mano al volto e sospirò, mentre Annabelle combatteva ancora con le proprie emozioni.
«Ti prego, Annabelle. Non costringermi a farlo. Dimmi che accetterai di seguirci.»
Annabelle tirò su di nuovo i pugni, cercando di apparire il più sicura possibile. «Che aspetti? Costringimi.»
 
«Te ne vai?!» urlò Marcus alquanto contrariato e arrabbiato. «Come sarebbe a dire che te ne vai?»
«Significa quello che ho detto» rispose semplicemente Annabelle. Con l’aiuto di Itaca, era riuscita a sistemare tutte le sue cose nella valigia, poiché, anche se non lo dava a vedere, non era mai stata una ragazza ordinata e ben organizzata.
«Bene, Annabelle. Ti ho messo in fondo tutti pantaloni e i jeans. Tutti gli oggetti più fragili sono tra di essi e le magliette. Nella tasca piccola superiore ci sono le scarpe e gli asciugamani.»
«Grazie mille, capitano. Non so cosa avrei fatto senza di te.»
«È stato un piacere. Solo una cosa non capisco. Appena sei uscita dall’aula magna mi hai detto che tuo padre ti ha comprato vestiti nuovi. Perché allora ti porti le divise e il resto?» chiese la donna con un sopracciglio alzato.
Annabelle accarezzò la valigia, allargando pian piano un sorriso carico di malinconia, ma anche di mortificazione. «Li voglio tenere. Come ricordo» mentì.
«Oi, non dirlo con quel tono» disse Marcus puntando un indice verso Annabelle. «Parli come se non ci rivedremo mai più.»
«È così» rispose schietta la castana. «Mio… padre mi manderà in un collegio privato.»
«Lui cosa?!» urlo l’altro.
«Marcus, ora stai esagerando. È stata una sua scelta e noi come suoi compagni, come amici, dobbiamo rispettarla» lo ammonì Itaca.
«Io la rispetto! Voglio solo capire perché così di punto in bianco, solo questo!»
«Voglio sapere chi sono!» gli urlò di rimando Annabelle, visibilmente arrabbiata e irritata.
Marcus si ammutolì, sorpreso.
«Per te è facile parlare, Marcus. Tu hai i tuoi genitori, tu esci dal campus, mentre io non sono mai uscita da qui! È vero, il mio vero padre si è presentato solo ora e inizialmente ne ero spaventata, ma parlando con lui ho capito che quello che voglio è seguirlo» il cuore di Annabelle iniziò a farle male. Ogni parola che le usciva dalla bocca era  una profonda accoltellata, erano tutte bugie che il suo migliore amico non meritava, ma che purtroppo era costretta a dire, poiché lo faceva esclusivamente per il bene sia di Marcus che per tutti coloro a cui lei voleva bene.
 
Annabelle. Se non accetterai di venire con me, il generale Cherubi, Marcus, il capitano Itaca e tutti i tuoi amici e compagni… verranno uccisi.
 
Più ripensava a quelle parole, più Annabelle si sforzava di non piangere, e la voce di Marcus mentre si scusava, contribuiva a farla sentire sempre peggio, graffiandole le orecchie.
«Mi dispiace, Annabelle. Davvero.»
 Sono io che dovrei scusarmi,pensò lei a denti stretti.«Non preoccuparti. L’importante è che hai capito.»
«Credo che sia ora di andare»  s’intromise Itaca, «hai preso tutto?»
«Sì.»
«Bene. Forza, piccioncini, è il momento di salutare.»
La mancata reazione di Marcus lasciò senza parole Annabelle e  Itaca, che subito si apprestò ad uscire così da lasciare i due ragazzi altri due minuti da soli.
Annabelle gli si avvicinò, mentre lui volse lo sguardo verso la finestra.
«Allora… ci vediamo» iniziò lei, imbarazzata.
«Perciò mentivi quando dicevi che non ci saremmo più visti?»
«Io non ho mai detto questo. Ho solo detto che sarei andata in un collegio, tutto qui. Tu hai ingigantito la cosa, perciò mi sono arrabbiata e me la sono presa con te.»
«Ma hai fatto bene, credimi» Marcus appoggiò le mani sulle spalle di Annabelle. «Mi sono comportato da egoista, scusami. È normale che tu voglia ricongiungerti con la tua vera famiglia. Finalmente l’ho capito.»
Tra i due calò il silenzio, spezzato di tanto in tanto dalle voci squillanti dei soldati fuori: si stavano svolgendo gli allenamenti pre-pranzo.
All’insaputa di Annabelle, Marcus prese entrambi le sue mani e le portò alla bocca per baciare i palmi. «Promettimi almeno questo. Chiamami o scrivimi, fai pure con qualsiasi mezzo, ma ti prego… fatti sentire.»
Non appena Marcus le si avvicinò, Annabelle lo accolse abbracciandolo forte a sé. «Certo che lo farò. Mi mancherai.»
Titubante, il moro ricambiò affondando la testa sulla spalla dell’amica. «Anche tu.»
 
Il generale Cherubi strinse vigorosamente la mano guantata di nero di Slenderman, sorridendo e cercando di ignorare l’inquietante maschera giapponese. «Fate attenzione al ritorno, signor Kuro.»
«La ringrazio molto, generale. Mi scusi di nuovo per il poco preavviso, ma non vedevo proprio l’ora di vivere assieme alla mia piccola Annabelle.»
«La capisco perfettamente. È una cara ragazza» affermò con occhi sognanti e pieni di orgoglio il generale pluridecorato.
«Lo immagino. Dopo il fantastico tutore che ha avuto è più che certo.»
«Generale Cherubi.»
Il generale accennò un sorriso ad una Itaca sull’attenti e ne allargò uno malinconico ad una Annabelle imbarazzata e mortificata. «Mia piccola Annabelle. Vieni ad abbracciare il tuo vecchio.»
Senza farselo ripetere due volte, la ragazza lasciò andare il suo zaino per abbracciare per l’ultima volta quello che aveva da sempre considerato suo padre. Incapace di trattenerle, lasciò che le lacrime scendessero nuovamente.
«Ti voglio bene, piccola mia» disse l’uomo, con la voce strozzata.
«Anche io. Papà.»
A malincuore, padre e figlia adottivi dovettero lasciare l’abbraccio e quindi salutarsi, definitivamente.
«Che il tuo futuro sia pieno di sorprese, figlia mia» il generale sorrise ad Annabelle con gli occhi ormai diventati rossi.
«È ora di andare.»
Il cuore di Annabelle sussultò, appena la voce di Slenderman la chiamò posandole una mano sulle spalle. Respirò profondamente ed annuì. «Sì.»
Uno dei due accompagnatori in bianco, aprì la portiera dell’immacolata e possente Cadillac Escalade, di un nero opaco e con i vetri dei finestrini completamente oscurati, mentre il secondo si occupò delle valige.
«Prego» Annabelle si apprestò ad entrare, senza voltarsi, onde evitare di piangere di nuovo.
«Sii felice» disse Itaca appena in tempo, prima che l’auto sfrecciasse verso l’uscita del campo e la ragazza affondasse il volto nelle mani.
 
Caldo. Freddo. Caldo. Freddo. Caldo.
Il corpo di Jeff cambiava ogni cinque secondi la temperatura, rendendolo sempre più irritabile. Ignorando qualsiasi cespuglio e ramo, continuò a correre a vuoto finendo col ferirsi e lasciando dietro di sé una scia nera e densa.
Caldo. Freddo. Caldo. Freddo. Caldo.
Avvertì diverse volte una serie di crampi su entrambe le gambe, ma non si fermò e corse ancora più velocemente. Le tempie gli pulsavano terribilmente e a furia di ridere, gli squarci ai lati della bocca rischiavano di allargarsi più di quanto non lo fossero già.
«Beccatevi questi, brutti stronzi!» tra una risata malsana all’altra, Jeff prese ad agitare senza controllo i suoi coltelli, infilzando alberi e animali di piccola taglia e lasciando che l’inebriante scricchiolio delle ossa gli inducesse un senso di piacere. «Oddio, sì! Che goduria!» tutta quell’euforia si manifestò con un’ulteriore risata, repressa da lì a poco da una fitta di dolore che gli attraversò tutto il corpo a partire dalla testa.
«No! Non di nuovo! Basta! BASTA!» accasciatosi a terra, Jeff si rotolò tenendosi la testa fra le mani, urlando a squarciagola. «Fa male! Brucia! Aiuto! Sto bruciando! Qualcuno mi aiuti!». Come ogni notte, il povero ventenne dovette rievocare inevitabilmente la notte in cui la sua vita cambiò; un ricordo fusosi con un altro non suo. Intenzionato a non ricordare, Jeff si coprì gli occhi con le mani, pur essendo ricoperte di terra e sangue, ma fu tutto inutile: un ragazzo moro che non aveva mai visto, ghignava davanti a lui con in mano un accendino, poco dopo l’immagine di suo fratello maggiore sanguinante che gli implorava di fermarsi, poi di nuovo quel ragazzo anonimo e alla fine… le fiamme.
Jeff innalzò un grido talmente forte, che ogni animale nelle vicinanze scappò impaurito. Forte abbastanza da poter aiutare Jane e Liu a ritrovare il loro compagno impazzito.
«È lui» Jane si lasciò guidare dal volo degli uccelli e si addentrò nella foresta, finché non vide la scia nera precedentemente lasciata da Jeff.
«Cosa dicevi a casa? Che non supererà la brughiera?» le urlò da dietro Liu.
«So bene che è questa la direzione, ma io so anche che non lo farà.»
«Come fai ad esserne così sicura?»
«Perché saremo noi a fermarlo.»
 
Per un attimo Annabelle si lasciò incantare dagli uccelli che volavano tutti insieme intorno alla Black Forest, dimenticandosi che da quel giorno in poi ci avrebbe passato il resto della sua vita. Riconobbe la distesa di terreno coperta di vegetazione rada, ovvero la famosa brughiera, che segnava l’inizio della foresta; l’ancora di salvezza dei soldati nel momento in cui i CRP risultasserp troppo aggressivi.
«Signorina Annabelle, gradisce un po’ di tè?»
Inconsciamente, Annabelle scansò la mano di Masky, mentre quest’ultimo fece in tempo ad allontanarsi per non rovesciare la bevanda bollente.
«Caspita. C’è mancato poco.»
«Io ecco… m-mi dispiace.»
«Oh, non si preoccupi. Non è successo niente.»
«T-ti prego. Non darmi del lei
«Come preferisci. Senti, so che sei spaventata e confusa, ma puoi pure stare tranquilla» il proxy appoggiò con cautela una mano sul ginocchio della ragazza. «Il signor Slenderman non le farà del male.»
«Io… non mi preoccupo per quel che ne sarà di me» Annabelle squadrò la possente figura della Creepypasta al di là del vetro oscurato, che separava i posti anteriori da quelli posteriori.
«Non ti devi preoccupare nemmeno dei tuoi amici e di tuo padre.»
Annabelle si voltò verso il castano, sbattendo più volte le palpebre. «Che cosa intendi?»
Ridacchiò annuendo.«Intendo dire che il signor Slenderman non ha alcuna intenzione di fare del male a nessuno di loro.»
«Ma lui nell’aula magna ha detto che…»
«È stato costretto, Annabelle. Mentre diceva quelle parole attraverso di me, ho percepito chiaramente le sue emozioni. E credimi, era decisamente mortificato.»
Ancor più confusa, Annabelle spostò nuovamente i suoi occhi su Slenderman, impegnato a guardare fuori dal finestrino. Perché era mortificato, continuava a chiedersi.
«So che non è abbastanza, ma… l’unica cosa che ti chiedo è di avere pazienza. Lui sa quello che fa.»
«Tu sai perché ha voluto prendere me?»
Scosse la testa.
«È per via dei miei occhi?»
«Questo non te lo so proprio dire. Mi dispiace.»
Rassegnata, ma sollevata, Annabelle si rilassò sul sedile di pelle ed inspirò con più calma. Sorrise. Non le importava più cosa le sarebbe accaduto da allora, l’importante era che il suo caro papà e i suoi preziosi amici fossero salvi.
«Grazie, Masky. Ora… sono più tranquilla.»
«Ne sono felice. Appena arriveremo alla villa, stai vicino a me. Gli altri non sanno ancora del tuo arrivo, poi ti accompagnerò nella tua stanza.»
«Villa?» alzò un sopracciglio, «Che intendi per villa?»
All’improvviso, l’auto si fermò.
«Ma tu guarda. Siamo arrivati proprio adesso.»
Rimasta incuriosita dalle parole del proxy, Annabelle scese subito dalla vettura e ciò che si ritrovò davanti, la lasciò senza parole: il maniero era di stampo inglese, con mattoni grigi a vista, alto tre piani e con a fianco due torri di vedetta, munite di due enormi riflettori. Le finestre erano a forma di archi a tutto sesto e il tetto spiovente era composto da tegole di terracotta. Nell’insieme, sembrava che fosse uscito da un libro delle fiabe.
«Ma questa… cos’è?»
«Questa sarà la tua nuova casa, piccola mia» toltosi maschera e cappotto, Slenderman si slanciò per tornare alle sue dimensioni normali e si mise accanto ad Annabelle. «Ti piacerà, vedrai
«Voi… vivete veramente qui?»
«Scommetto che al campo ti hanno raccontato che noi abitiamo in una qualche casa diroccata o magari in giro per la Black Forest, vero?» disse sarcastico Hoodie, scendendo dalla macchina.
Annabelle arrossì violentemente.
«Lo sapevo. Be’, ora hai visto coi tuoi occhi che noi viviamo qui. Al centro della foresta.»
«Ma come è possibile che nessuno dei soldati l’abbia vista?»
«Guardati attorno» Hoodie allargò le braccia, in modo tale da guidare Annabelle, che scrutò la foresta con occhi sognanti.
«C’è tipo… una barriera?» chiese insicura.
«C’eri quasi. È tutto grazie al signor Slenderman e al suo CRP, poiché esso è in grado di mascherare questa intera zona e impedire quindi che qualsiasi umano la veda.»
«Allora… è per questo che non l’ho vista.»
«Precisamente.»
«Masky, per cortesia, porta Annabelle nella sua stanza. Ricordati delle valige. Hoodie, questa volta userò te. »
«Certo, signore. Andiamo, Annabelle?»
«Io…»
«Te l’avevo già detto» Masky prese dolcemente per mano la ragazza per rassicurarla, « devi stare tranquilla.»
Annabelle annuì e sorrise, lasciandosi accogliere dalla gentilezza del proxy, abbassando la guardia e ignorando totalmente la presenza tra gli alberi, desiderosa di uccidere.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Ok. Chiedo umilmente scusa per il ritardo. Che dire… sono stata in vacanza e ho passato cinque giorni ad allenarmi ( pratico arti marziali). Ritornata a casa mi sono dovuta riprendere per bene.
Eccoci qui. Un altro capitolo. Dunque, so che la storia si sta sviluppando molto lentamente, ma vi assicuro che da qui in poi le cose saranno molto più interessanti. Segnalatemi ogni sorta di errore, se ne avete voglia. Sicuramente ce ne saranno a bizzeffe ( come sempre. Mannaggia a me ^^”) .
Detto questo… ci vediamo (spero) presto!! Alla prossima!!
 
Cassandra

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Capitolo 5
*** Lezione sui CRP con Masky ***


Rodrigo ricontrollò i risultati e sbuffò per l’ennesima volta, deluso. Tutto combaciava alla perfezione: Annabelle e il signor Kuro erano veramente padre e figlia. Con la scusa di aver visto una grinza su una delle maniche della camicia del generoso investitore, il generale Martinez riuscì a prelevare un capello adagiato su di essa, ma che purtroppo non riportò l’esito desiderato.
«Accidenti. E io che ne ero convinto…» si maledisse a denti stretti.
«Convinto di cosa. fratello?»
Preso alla sprovvista, il generale si spostò di lato lasciando cadere l’intera cartella di cartoncino, per alzare la guardia. Appena vide Itaca appoggiata alla parete, si rilassò frustrato. «Dannazione, Itaca! Quante volte ti ho detto di non farmi certi scherzi?!»
«Non era mia intenzione, credimi» disse sarcastica la sorella minore. «Piuttosto. Ti ho visto sbuffare almeno un sei o sette volte da quando sei uscito dal laboratorio. Qualcosa non va?»
L’uomo si grattò la nuca nervosamente. «Non sono affari tuoi.»
«Sbuffavi per questi, vero?» di nuovo senza preavviso, Itaca aveva preceduto Rodrigo nel raccogliere i risultati del test del DNA.
«Ma cos-… dammeli subito, Itaca!» ringhiò lui.
«Come sei permaloso.  In qualità di fratello maggiore dovresti comportarti in modo più matur-…» Itaca sgranò gli occhi appena lesse il nome di Annabelle e squadrò il fratello visibilmente furiosa. «Che diamine significa questo?»
«Quello che hai letto. Ho voluto fare un test del DNA» rispose lui sinceramente.
«Ma perché? Ne dubitavi forse?»
«Tu non lo faresti? Insomma, lui è sempre venuto qui e proprio quando Annabelle compie il suo quindicesimo compleanno decide di rivelarle di essere suo padre? C’è sicuramente qualcosa sotto.»
«Forse volevi dire che c’era, visto che hai le prove» Itaca sventolò i fogli ancora alterata. «Senti, so bene che vuoi bene ad Annabelle e al generale, poiché lo hai sempre trattato come un fratello, ma non possiamo farci niente. Il signor Kuro avrà avuto le sue ragioni.»
Il generale Martinez schioccò la lingua frustrato. Odiava avere torto, ma sua sorella aveva ragione su tutto, compreso l’affetto che aveva nei confronti sia della piccola Annabelle che del generale Cherubi.
Dal giorno del suo arruolamento, lui e Joey divennero migliori amici e rivali: si allenavano e andavano in missione sempre insieme, il tutto accompagnato da della sana competizione. Rodrigo lo aveva sempre considerato non solo come un fratello, ma come un esempio da seguire date le sue incredibili abilità in qualsiasi disciplina, che contribuirono a renderlo il grande generale stimato che era.
La fortuna volle che egli stesso, qualche anno dopo, diventasse generale e lavorasse al suo fianco.
«Itaca, tu venisti in questo campo una decina di anni fa, giusto?»
Annuì, confusa.
«Bene. Perciò, non hai assistito all’assalto dei CRP» Rodrigo si avvicinò alla finestra con le mani dietro la schiena e fissò la Black Forest, rievocando quel giorno di quindici anni fa, ma concentrandosi non sull’atroce scontro fra i CRP e i soldati, bensì sul miracolo che baciò il campo e soprattutto l’infelice generale Cherubi. «Ritrovare Annabelle qualche giorno dopo nella brughiera è stata una benedizione per il gener-… per Joey. Quei bastardi avevano ucciso la sua amata moglie, ma il cielo ha voluto donargli una figlia.»
«Sì. Lo so» sorrise la donna rattristata. «Ho sentito la storia.»
«Da allora non ha mai smesso di sorridere o di scherzare, ma era pur sempre consapevole della sua carica di generale. Adesso ti chiedo questo», si girò severo verso Itaca, «come pensi che si senta lui, in questo momento, visto che quella luce di speranza non gli è più accanto?»
Incapace di rispondere, Itaca rimase con la bocca aperta senza parlare. Quando la chiuse, non poté far altro se non abbassare lo sguardo, sconfitta.
«In qualità di suo assistente, ma soprattutto di amico, ho voluto fare questi test per avere una conferma. In caso contrario, sarei andato a riprenderla io stesso per lui.»
«Non dico che sia sbagliato, Rodrigo. Lo so, Annabelle ha vissuto fino ad oggi qui, assieme a noi e quindi per lei siamo stati la sua famiglia, ma prova pensare anche ai sentimenti del signor Kuro. Sia te che io, anzi, tutti noi non sappiamo come ci sia finita nella brughiera, probabilmente non lo sapremo mai, ma se fosse sospetto il generale non l’avrebbe mai affidata a lui, non credi?»
«Questo è vero, ma…»
«Ieri mi avevi parlato di una strana sensazione dopo averlo visto a lungo al telefono nel suo studio, giusto?»
«Sì. E allora?»
«Be’, è semplice. Io penso che il generale avesse valutato già in precedenza se credere o meno al signor Kuro e, visto ciò che è accaduto oggi, non c’è niente di cui preoccuparsi.»
«Non è… quello che intendevo» ribatté insicuro  Rodrigo.
«Oh , invece sì. Il problema è anche il signor Kuro. Non ti è mai piaciuto. Dal giorno in cui si presentò qui per fare la prima donazione.»
«Vuoi dire che non ti fa venire i brividi o comunque dei sospetti?!» chiese alquanto sorpreso il generale.
«Non mi fa né caldo né freddo. Solo perché porta un vestito completamente nero e una maschera giapponese non vuol dire che sia pericoloso.»
«Dimentichi i due mocciosi in bianco.»
«Semplici servi, no?»
«Tu proprio non… ah, pazienza. Ormai mi arrendo. Sarà perché ho passato la mia vita a stare sempre all’erta o…»
«O semplicemente ti da' fastidio che ad ogni sua visita, lui e il tuo caro generale si rinchiudano nello studio senza di te?» disse Itaca quasi cantando.
Rodrigo arrossì imbarazzato e urlò:«Ma sei impazzita?! C-che cosa ti viene in mente?!»
«La mia era un’ipotesi» rispose ridendo. «Malsana, ma pur sempre un’ipotesi.»
«Tu… non stai bene.»
«Malsana, ricordi?»
«Lasciamo perdere e cambiamo discorso… ho già detto che mi arrendo.»
«Io… spero che Annabelle stia bene» Itaca si appoggiò sulla spalle del fratello.
«Sì. Anche io» ricambiò lui, accarezzandole i capelli dolcemente, ma senza smettere di pensare al dolore silenzioso del suo superiore.
 
«Be’, siamo alla fine della foresta, a quanto pare» disse Liu affaticato, scrutando la distesa di vegetazione rada. «E lui non c’è. Maledizione.»
«Ma non è possibile. Abbiamo seguito le tracce. Dov’è sarà andato?»
«Lo dici sempre anche tu, no? Nonostante lui perda sempre il controllo, lui è comunque consapevole di quello che fa. In poche parole: siamo stati fregati dal mio fratellino.»
«Merda...»
«E adesso? Cosa suggerisci di fare?»
Jane si guardò attorno alla ricerca di una pista da seguire, ma suoni e odori sembravano essersi confusi e la scia di sangue di Jeff non era più d’aiuto, poiché probabilmente le ferite si erano ormai rimarginate.
«Una cosa è certa, Jane. Dobbiamo allontanarci da qui. Qualche soldato potrebbe trovarsi nelle vicinanze.»
«Hai ragione. Ultimamente stanno migliorando la loro tecnica per nascondere la loro presenza.»
«Già» Liu si ricordò della ragazza dai capelli rossi che l’attaccò il giorno prima. Solitamente, per loro che erano CRP, era facile distinguere loro stessi dagli esseri umani a cui non si era ancora sviluppato il virus; un po’ come per gli speciali occhiali per la visione notturna, ma invece del calore corporeo, essi percepivano la quantità di sangue infetto attraverso l’olfatto o l’istinto.
Purtroppo, in quel momento, sia Jane che Liu non sentivano niente, perciò significava una cosa sola.
«Deve essere ritornato indietro» disse Jane alterata.
«Be’, meglio, no? Caccia finita.»
«No, non va affatto bene, invece.»
«E perché, scusa?»
«Non dirmi che non lo senti? Concentrati e focalizzati sulla villa.»
Controvoglia, Liu ubbidì e chiuse gli occhi. Inspirato profondamente, lasciò che i suoi sensi lo guidassero verso casa e in pochi secondi la percepì: una presenza umana. «Chi diamine c’è assieme a Masky?»
«Non lo so. Ma almeno non è pericoloso. Ciò che mi preoccupa è…»
«Cazzo… c’è anche Jeff» disse allarmato Liu. «E non ha buone intenzioni nei confronti dell’ospite.»
 
Se l’esterno dell’enorme magione aveva stupito Annabelle, l’interno non era da meno. La prima cosa che attirò l’attenzione della ragazza, fu l’enorme quercia al centro dell’ingresso circolare, che a prima vista sembrava essere il pilastro principiale di sostegno dell’intera fortezza, dato che gli enormi rami nodosi erano saldamente conficcati nel soffitto, affrescato da splendidi paesaggi naturali. Ai lati dell’arbusto, vi erano due rampe di scale in marmo bianco che portavano ai piani superiori e seguivano perfettamente le pareti rivestite di velluto rosso bordeaux. Il parquet, perfettamente lucido, rifletteva l’immagine del proxy e della ragazza così nitidamente da sembrare irreale.
«Ma… come è possibile…»
«Questa è l’unica zona, diciamo, decente. Il signor Slenderman ama questo albero» iniziò a raccontare Masky. «Nessuno, a parte lui e le Creepypasta più anziane, sa il perché. Non ce l’hanno mai voluto dire.»
«È davvero bello» disse Annabelle accennando un sorriso.
«Sì, lo è» Masky si avvicinò all’albero. «Di tanto in tanto il signor Slenderman rimane qui fermo o a fissarlo o ad accarezzare la corteccia. Spesso, quando rimango in contatto con lui, sento una profonda tristezza.»
«Tristezza?»
«Sì. Evidentemente questa quercia è carica di ricordi, per lui.»
Sorpresa e confusa, Annabelle si mise al fianco del proxy, immaginando il padre delle Creepypasta ai piedi dell’albero per contemplarlo, da solo. «Io… non avevo idea che le Creepypasta potessero provare emozioni.»
«Annabelle, tu sai come noi CRP siamo nati, vero?»
«Sì. Successe cinquant’anni fa, dopo un fatto assolutamente incredibile: il ritrovamento del corpo di Slenderman» disse lei con sicurezza.
«Esatto. Decisi a scoprire la verità, diversi scienziati lo esaminarono, ma un semplice taglio fu fatale per l’intero pianeta. Un virus sottoforma di gas si confuse con l’ossigeno e fu così che il genere umano venne infettato, virus che prese il nome di CRP. Da allora, dopo la morte di una Creepypasta originale, essa rinasceva in qualunque individuo e in qualunque momento.»
«Sì, lo so.»
«Allora se lo sai, hai già capito la risposta al tuo dubbio.»
«Come?»
«È vero, noi siamo tutti degli assassini. Noi uccidiamo, ma siamo pur sempre stati degli esseri umani e quindi non abbiamo dimenticato cosa significa provare emozioni. O almeno… questo vale per noi.»
«Che vuoi dire?»
Realizzato che stavano perdendo troppo tempo, Masky prese le valige e iniziò a salire le scale, seguito da Annabelle. «Vi sono delle eccezioni.»
«Di che tipo?»
«Noi Creepypasta che viviamo nella Black Forest assieme a Slenderman, siamo stati fortunati, poiché grazie a lui abbiamo imparato a seguire un determinato codice di comportamento, che ci permette di vivere al meglio.»
«Cioè… in che senso?»
« Ovviamente qui non vivono tutte le Creepypasta. Nel mondo ve ne sono altre, qui ci sono solo quelle che Slenderman riesce ad ospitare.»
Arrivati al primo piano, Annabelle rimase incantata dai due eleganti corridoi, in cui le pareti erano tempestate da splendidi quadri di famosi artisti di almeno duecento anni fa, che mai si sarebbe sognata di poter vedere dal vivo. Difatti, non potendo uscire dal campo, Annabelle doveva accontentarsi dei libri o delle visite guidate online, ogni volta che veniva programmata una gita. Gli enormi specchi antichi con le cornici in avorio e i mobili di legno, trasportarono momentaneamente la giovane soldatessa al tempo a cui essi appartenevano; era decisamente meglio degli occhiali della realtà virtuale.
«Diciamo che esistono due tipi di Creepypasta.» riprese il proxy. «Da una parte ci siamo noi, che siamo coloro che hanno avuto la possibilità di scampare al rigetto del CRP e al tempo stesso di controllarlo. Dall’altra, coloro che superano il rigetto, ma non hanno il pieno controllo di loro stessi. Mi segui?»
«No. Non molto» disse Annabelle, visibilmente infastidita, ma ancora ammaliata da quella bellezza antica. «Perché voi dovreste essere diversi? Uccidete lo stesso.»
«Sì, noi uccidiamo, ma lo facciamo con moderazione, secondo ciò che ci ha insegnato e tuttora ci insegna il signor Slenderman. Devi sapere, che uccidere per noi è come la necessità di mangiare e di bere. Se non lo facciamo, moriamo.»
«È… assurdo. Non è quello che mi hanno insegnato.»
«Be’, il signor Slenderman non si aspetta di certo che tu ci comprenda già dal primo giorno. Bene, credo che oggi questa infarinatura di base possa bastare. Avrai molte domande, ma per le risposte dovrai aspettare.»
«Di base, dici? Per me… è stato più un brainstorming.»
«Chiamalo come vuoi. Eccoci, siamo arrivati.»
Senza accorgersene, Annabelle si trovò davanti alla porta dell’ultima stanza del corridoi, posta vicino ad una splendida vetrata con motivi floreali. Diversamente dagli altri usci color panna, quello che stava per aprire il proxy, era di un bel viola acceso.
«E questa sarebbe…»
«La tua stanza, da oggi in poi» girata un’ultima volta la chiave, un delicato profumo di lavanda investì la ragazza che la calmò incondizionatamente. L’enorme camera era arredata con armadi che ricoprivano un’intera parete, una spaziosa scrivania e uno splendido letto a baldacchino che lasciò senza parole Annabelle, sicché non ne aveva mai visto uno di persona. L’ipnotico mandala raffigurato sulla finestra accanto ad esso, le diede un’inaspettata sensazione di sicurezza e di serenità.
«È… bellissima.»
«Ti piace, vero? È stato il signor Slenderman a scegliere tutto. Compresa la decorazione della finestra.»
«È davvero magnifica. Sai cosa significa?» chiese Annabelle, senza volgere lo sguardo dalla complessa figura geometrica e multicolore.
«Spiacente. Non lo so.»
«Posso chiederti una cosa, Masky?»
«Se non c’entra con tutto ciò che siamo appena detti, sì.»
«Perché io… mi sento al sicuro?»
Masky soffocò una risata davanti all’innocenza della ragazza e le posò una mano su una spalla.«Ribadisco il per le risposte dovrai aspettare. Oh, prima di lasciarti riposare un po’, devo fare un’ultima cosa.»
«Eh?»
Per l’ennesima volta, la ragazza venne colta di sorpresa ritrovandosi improvvisamente tra le braccia di Masky. «Da parte del signor Slenderman», iniziò a sussurrare lui,«buon quindicesimo Compleanno. Annabelle.»
Lei arrossì, incapace persino di ringraziare, lasciando che la sua bocca farfugliasse solo frasi incomprensibili.
«Bene. Sarà il caso che tu ti riposa. Sei fortunata, sai? A quanto pare siamo solo io e te. Il resto della famiglia deve essere uscito per un’escursione.»
«Famiglia?»
Staccatosi da Annabelle, Masky annuì. «Sì. È questo che siamo. Una famiglia. Ti ci abituerai.»
«Che… cosa devo fare, ora?»
«Penso che loro non torneranno prima di cena. Riposati, sentiti a casa. Verrò io stesso a chiamarti appena sarà pronto. A dopo.»
Non appena il proxy uscì dalla stanza, la prima cosa che fece Annabelle fu inginocchiarsi sul pavimento rivestito di velluto rosso. Le girava la testa per quante informazioni aveva ricevuto nel giro di una ventina di minuti e per un momento, anche se per poco, pensò che tutto ciò che aveva appreso al campo era tutta una farsa. Una villa? Un codice di comportamento? Come poteva credere a tutto questo? Ma d’altronde… come poteva anche negare l’evidenza?
Annabelle inspirò profondamente, cercando di rimanere calma e razionale, pur avendo assistito a qualcosa fuori dal comune. «È tutto così… anormale.»
«Anormale? Tu… ci definisci anormali… quando tu stessa sei anormale?»
Un brivido di freddo percorse la schiena di Annabelle fino alle ossa, non appena sentì una voce profonda alle sue spalle e, assieme ad esso, il terrore le accelerò il battito cardiaco in un istante. Nessun campanello da parte del suo istinto, nessuna percezione del pericolo imminente: chiunque fosse, era riuscito a non farsi sentire.
«Ma… chi?» per Annabelle fu inutile girare di scatto, poiché la sua bocca venne subito bloccata da una mano sporca di fango e sangue, mentre l’altra le agitava davanti al viso un coltello. Del tutto paralizzata, Annabelle non riuscì a sfuggire alla presa e ad evitare quegli occhi alienati privi di palpebre, che la fissavano assetati di sangue.
Pelle biancastra e deturpata, capelli corvini lunghi fino alle spalle e un innaturale sorriso scarlatto, intagliato e largo fino agli zigomi: tutto corrispondeva a Jeff the Killer, una delle Creepypasta più temute dai soldati, e Annabelle si trovava proprio nelle sue grinfie, impotente.
«Anormale… Anormale…. Sì, noi lo siamo. LO SIAMO TUTTI!» la folle risata del ragazzo graffiava le orecchie della povera Annabelle che, schiava della paura, iniziò a piangere e ad urlare attraverso la mano sudicia dell’assassino.
 
Aiuto Masky! Aiuto! 

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Capitolo 6
*** La peggior accoglienza di sempre ***


«Honey, I’m home» cantò Hoodie appena entrò nella cucina. Il proxy inspirò a pieni polmoni il profumo dei trenta arrosti appena tolti dal forno, riuscendo a distinguere alla perfezione tutte le spezie usate per insaporire gli squisiti filetti di manzo.
Ogni utensile presente sul piano di lavoro non aveva segreti per Masky, sicché la cucina era uno dei suoi punti forti: i coltelli danzavano sulle sue mani come un giocoliere con le sue fidate clave e la precisione con cui tagliava sia la carne che i vari ortaggi poteva invidiare un qualsiasi chef stellato.
«Uuuuuh, lo speciale arrosto dello zio Masky. Lo aspettavo da una settimana» disse Hoodie con l’acquolina in bocca.
«Vedi di non sbavare sul pavimento e dammi una mano con le patate» lo ammonì Masky alle prese con il frullatore. «Sto ancora preparando i frullati di frutta e non posso fare avanti e indietro da qui alla friggitrice.»
«Non dirmi che mi hai chiamato per questo? Insomma, ho lasciato il capo da solo, sai?»
«E per cos’altro se no? Tutti sono andati a fare un’escursione e fra poco faranno ritorno. Il signor Slenderman deve solo riportare il vestito al vecchio rifugio, perciò tu puoi benissimo aiutarmi.»
«Non poteva darti una mano la ragazzina?»
«Stai scherzando, vero? Dopo tutto quello che ha passato? Sta riposando.»
Hoodie schioccò la lingua scocciato.«Capirai… sapeva già che era stata adottata. L’unica cosa nuova per lei è vivere con noi.»
«E dici poco?»
«Comunque non sono andati a fare un’escursione. Stanno cercando Jeff.»
«Che cosa?» chiese Masky allarmato, deconcentrandosi di conseguenza dai frullati di frutta.
«E di cosa ti meravigli, scusa? Lui scappa sempre dopo l’ennesimo tentativo di iniezione.  Dov’è la spatola?»
Masky spense il frullatore e si avvicinò all’amico allarmandosi. «Io ero convinto che fosse in camera sua a dormire! Arrivato qui ho sentito solo la sua presenza!»
«Ma se ti ho detto che è scappato?!»
«Idiota! Ti sarai concentrato sul tuo stomaco! Controlla!»
«Ok, come vuoi!» sicuro di non essere nel torto, Hoodie si limitò a verificare senza alcuno sforzo, ma dovette ricredersi, non appena avvertì quello che era il CRP di Jeff. «Ma… non può essere. Ero convinto che fosse…»
«Se lui è qui, significa che…»
«Annabelle!» urlarono all’unisono i due proxy, che subito lasciarono la cucina e salirono le scale per raggiungere l’ultima stanza del primo piano.
 
 
Più Annabelle cercava di opporre resistenza, più Jeff premeva la mano sulla sua bocca impedendole di respirare. La povera quindicenne si divincolava intenta a liberarsi, ma senza riuscirci. Era goffa e incapace di agire come le era stato insegnato al campo; era come se si fosse dimenticata di punto in bianco tutto l’addestramento, dagli insegnamenti del padre sin da piccola a quelli dei suoi superiori. La sua mente si svuotò completamente non appena i suoi occhi incontrarono quelli del killer psicopatico.
«Uuuuh, belli i tuoi occhi. Sembrano… sembrano pietre preziose, sai?» disse il ragazzo in preda alla follia. «Posso prenderli, vero?!»
Annabelle tentò nuovamente di fuggire, ma la lama del coltello appoggiata sul suo ventre, la punzecchiò obbligandola a stare ferma.
«Anormali… Sì, mi piace come suona. Anormali. Però… noi non lo siamo. Voi… voi là fuori lo siete! VOI!»
«Annabelle! Annabelle, stai bene?!»
Jeff si girò verso la porta, avendo riconosciuto la voce di Masky.
Annabelle ne approfittò per liberarsi finalmente dalla mano di Jeff. «Masky! Aiuto! Ti prego!»
«ZITTA! DEVI STARE ZITTA! Anormale, eh?! ANORMALE!»
Il segnale era stato lanciato a dovere, come previsto da Liu e Jane. Non appena Jeff alzò il suo braccio, pronto ad accoltellare Annabelle, i due killer fecero irruzione nella stanza entrando dalla finestra; il biondo si occupò di attaccare il fratello, mentre la mora ad allontanare Annabelle da morte certa.
«Lasciami! Lasciami andare, ti ho detto!» urlò Jeff, rivolto al fratello maggiore.
«Oh, Jeff. Quando ti comporti così mi viene proprio voglia di uc-…» Liu si bloccò, maledicendosi a denti stretti, mentre Jane scosse la testa adirata.
Annabelle, ancora scossa, non si scansò e lasciò che la giovane assassina la spingesse verso il letto, ma senza distogliere lo sguardo dal suo aggressore ancora molto agitato.
«Allora… fallo» mormorò Jeff, con gli occhi fissi in quelli del fratello. «Che cosa aspetti? FALLO!»
Un colpo ben assestato dietro alla nuca bastò a tramortire Jeff, prima che Liu potesse rievocare controvoglia quelle terribili notti.
Masky e Hoodie entrarono nella stanza per ultimi, spalancando la porta. «Annabelle! Va tutto bene?!»
«M-Masky…» la voce gentile e preoccupata del proxy aiutò Annabelle a svegliarsi dal suo momentaneo coma e subito si precipitò verso di lui, inginocchiandosi.
«Oh Annabelle! Non sei ferita, vero? No, per fortuna. Cazzo! Avrei dovuto controllare prima di farti entrare!»
«Uuuuh. Masky che dice le parolacce! Che rarità!»
«Non è il momento di fare gli spiritosi, Hoodie» lo ammonì Liu visibilmente irritato. «Ora che sei qui mi darai una mano ad iniettargli la quantità di Dose necessaria» indicò Jeff.
«Veramente io dovevo aiutare Masky a cucinare.»
«Ci penso io» si offrì volontaria Jane. «E mi occuperò anche della ragazza.»
Annabelle reagì allo sguardo assente della maschera di Jane con una stretta al braccio di Masky, comunicando a quest’ultimo la sua paura.
«Non ti devi preoccupare, Annabelle. Jane non ti farà del male. Nessuno lo farà.»
Nonostante le premure di Masky, Annabelle sembrava come regredita ad uno stato infantile a lei sconosciuto. Mai in vita sua aveva provato così tanto terrore, nemmeno all’età di cinque anni, forse perché per tutta la vita era riuscita a fare in modo che nessuno la potesse avvicinare grazie agli innumerevoli allenamenti. Nessuno, prima di Jeff, era mai riuscito a metterla alle strette, a renderla vulnerabile. Solo il pensiero della sua mano sulla sua bocca e della lama del coltello vicino al suo ventre, la mente di Annabelle si svuotò ulteriormente.
«Ti chiami Annabelle.»
Dolce e rassicurante. Annabelle venne attirata da quella voce dal tono materno, non preoccupandosi che fosse di una Creepypasta al di fuori di Masky.
Jane le si avvicinò, allungando piano la mano. «Dico bene?»
Senza accorgersene, Annabelle rimase incantata dalla bellezza dei capelli corvini della giovane assassina e dalla perfezione della sua maschera in ceramica minuziosamente decorata. Pur non vedendo il suo viso, poteva benissimo percepire il suo sorriso. «S-Sì…» rispose.
«Bene, allora possiamo andare. Più tardi metteremo a posto anche la finestra» annunciò Liu.
«Perché non lo facciamo fare ad EJ?» ridacchiò Hoodie.
«Credo che oggi lo abbiamo fatto arrabbiare abbastanza» prima di prendere in spalla Jeff, Liu notò Annabelle ancora sconvolta e le si avvicinò per accarezzarle la testa, cogliendola di sorpresa. «Mi dispiace per quello che ti ha fatto Jeff, ma non è colpa sua. Non è in sé.»
«Lui non è mai in sé» si intromise Hoodie.
«Quello che voglio dire, è che non era sua intenzione aggredirti, credimi.»
Inaspettatamente Liu sembrò aver calmato del tutto la ragazza, che subito apparve meno tesa da come abbassò le spalle, dopo aver ricevuto un sorriso dall’assassino.
«Ok. Te l’affido, Jane.»
«Stai tranquillo.»
Issato Jeff, Liu e Hoodie uscirono per primi dalla stanza, mentalmente pronti per le conseguenze che li attendevano.
«Bene. È meglio che vada anche io. Non ho ancora finito di preparare la cena» disse preoccupato Masky.
«Appena avrò sistemato i vetri rotti e la ragazza, vengo ad aiutarti» lo tranquillizzò Jane.
«Grazie mille. Allora io vado» con il pensiero di dover preparare una torta al cioccolato con le pere, il proxy corse in tutta fretta verso la cucina, lasciando Annabelle nelle mani della sorella maggiore.
«Ok, prima di tutto… dobbiamo sistemare te. Oh diamine…» Jane analizzò dalla testa ai piedi Annabelle. Il bel vestito color del cielo che aveva addosso era imbrattato di sangue di animale e terra e una delle maniche sbracciate era strappata. «Che peccato. È un così bel vestito. Ma… penso che si possa salvare. Lo metto bene a mollo nell’acqua e…»
«Apparteneva alla mia madre adottiva» mormorò Annabelle con la testa bassa. «Lo metteva sempre quando aveva la mia età.»
«Oh capisco. È un oggetto prezioso, me ne rendo conto, ma stai tranquilla! Con me è in buone mani.»
«Inutile…»
«Come scusa?»
Con le mani chiuse a pugno e i denti stretti, Annabelle urlò tutta la sua frustrazione addosso alla Creepypasta; un vero e proprio sfogo represso. «Tutto ciò che mi è stato insegnato fino ad ora è stato tutto inutile! Io… non sono stata capace di avvertire la sua presenza, di neutralizzare la sua arma e i suoi attacchi! A COSA È SERVITO L’ADDESTRAMENTO ALLORA?!» assieme alla frustrazione, anche la rabbia iniziò a ribollire nelle vene, assorbendo ogni goccia di paura accumulatasi in precedenza. Si vergognò di se stessa, si scusò con suo padre e i suoi magnifici insegnanti, che credevano in lei e nelle sue capacità. «Fanculo…» Annabelle tirò su col naso, trattenendo il più possibile le lacrime.
Jane si limitò a rimanere in silenzio. Una giovane poacher, proprio come aveva pensato. Ritornati alla villa, a differenza di Liu, aveva notato una presenza estranea priva di CRP: un animale, aveva inizialmente pensato, ma poiché non si trovava in cucina assieme a Masky, l’unica soluzione era un essere umano. Come faceva a sapere che era una poacher? Sulla valigia di Annabelle vi era cucito una toppa dello stemma del campo d’addestramento Menschen Sieg, il campo al di là della Black Forest.
Jane sospirò, concedendosi quei pochi secondi di silenzio per riordinare le idee e mettere a fuoco la situazione. Slenderman aveva portato nella villa un essere umano, un soldato per giunta. L’umano in questione era una ragazzina di quindici anni spaventata e inconsapevole del suo arrivo tanto quanto lei e Liu. All’arrivo di tutti gli altri, le cose potrebbero prendere una brutta piega se il capofamiglia non torna prima di loro. In conclusione: se Slenderman aveva deciso di portarla con sé senza dire nulla, allora doveva essere sicuramente qualcosa di serio e molto importante.
«Ora ascoltami. So bene che ti senti in qualche modo frustrata, ma… ormai sei qui. Non ci puoi fare niente.»
«Posso scappare» l’anticipò la ragazza.
«Io non credo che Slenderman te lo permetterà» Jane guidò Annabelle verso il letto per farla sedere, così da poterle togliere il vestito; aveva già in mente come sistemarlo.«Facciamo così. Tu raccontami tutto e io vedrò come posso aiutarti. Va bene?»
Ammaliata una seconda volta dalla sua voce, Annabelle annuì all’assassina, mostrandosi nuovamente fragile.
 
Dopo aver accuratamente eliminato ogni traccia di sporco, Slenderman ripose il completo nero nell’armadio di legno di cedro. Chiusa l’anta, l’accarezzò prima di uscire dalla stanza e raggiungere quello che un tempo era il salotto.
La nostalgia penetrò nelle profondità della Creepypasta ad ogni suo passo e ad ogni suo sguardo lanciato sulle vecchie cornici appese alle pareti, ormai prive di carta da parati e invase dalla muffa. Dietro ai vetri pieni di crepe, le foto ritraevano lui stesso assieme ai suoi adorati figli nei primi giorni in cui li prese con sé, ancora confusi e incapaci di capire il concetto di famiglia; quattro foto più avanti, i primi cenni di sorriso, seguiti dai tanto attesi abbracci amorevoli. Milioni di ricordi vissuti in quella casa, costruita interamente con le sue mani, risollevarono notevolmente il suo umore.
Slenderman si fermò all’ultimo scatto, ma distolse lo sguardo, poiché incapace di guardarlo, e sospirò pesantemente. Invano fu cercare di non rievocare le urla di rabbia, di dolore e di disperazione di quel tremendo giorno di quindici anni fa, marchiate a vita sul ritratto di famiglia. La Creepypasta senza volto sfiorò con le dita le bruciature, al tatto ruvide, fermandosi più a lungo su quella che copriva il volto di una donna al suo fianco.
«Cosa sarebbe successo se non ti avessi lasciata andare, eh?» disse Slenderman scuotendo la testa, mortificato.
«Sarebbe sicuramente viva.»
Slenderman si voltò lentamente verso la porta d’ingresso in fondo al corridoio. Era Hoodie, ricoperto di sangue infetto a lui familiare.
«Oh, vedo che lo avete trovato.»
«La prego, signore, non si sforzi. La telepatia la indebolisce» disse il proxy apprensivo nei confronti del padrone.
«Non dire sciocchezze. Posso usarla senza problemi. Puoi stare tranquillo. Come sta Jeff?»
«Al solito. Nonostante fosse svenuto ha fatto resistenza, ma io e Liu siamo riusciti lo stesso ad iniettargli la Dose.»
«Molto bene. Che mi dici della finestra?»
« Se ne sta occupando Liu. Ero sicuro che l’avrei trovata qui, dal momento che tardava ad arrivare. Sono venuto a prenderla.»
«Ho solo riportato il vestito. Non avevi motivo di essere preoccupato.»
«Ora è lei che dice sciocchezze. Ha funzionato, eh? Quello stupido generale. Ci credeva degli allocchi» sogghignò il ragazzo soddisfatto.
«L’ha fatto per precauzione. È comprensibile
«Be’, si troverà una bella sorpresa. Perlomeno potremo stare tranquilli.»
«Come sta la ragazza
Hoodie scrollò le spalle indifferente. «Se ne sta occupando Jane. Abbiamo avuto un piccolo incidente, ma si è sistemato tutto.»
«Oh sì. Ho visto.»
«Bene. Non avevo proprio voglia di raccontarle com’è andata.»
«Questa notte voglio che Jeff venga con noi
«Eh? No, signore! Gli abbiamo appena iniettato la Dose! Deve stare a riposo o altrimenti…»
«È verrà anche Annabelle.»
Il povero proxy iniziò ad agitare le mani e a borbottare confuso, senza riuscire ad esprimere a pieno il suo disaccordo dell’improvvisa decisione del padre delle Creepypasta.
«Non ho mai detto che Annabelle sarebbe rimasta con noi gratis. Deve meritarselo il posto.»
«Ma perché portarla durante le missioni? È umana! Manderà a monte tutto! Scapperà o peggio: potrebbe ucciderci!» disse Hoodie adirato, ma soprattutto preoccupato. «A meno che… non saremo noi a farlo per primi.»
«Non lo farà e non lo farete nemmeno voi.»
«Come fa ad esserne sicuro?»
Slenderman allungò una mano all’ultima foto da lui contemplata. «Se dimostrerà di essere degna, allora potrà restare. In caso contrario… sarò costretto a cacciarla.»
«E per cacciarla intende…» iniziò Hoodie quasi cantando, ma purtroppo per lui, il padrone non sembrò volerlo assecondare.
«Forza. Torniamo a casa.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Prima di tutto… mi scuso per il ritardo… Sono veramente mortificata, ma dopo aver iniziato la scuola non mi sono potuta avvicinare al pc… Chiedo venia. Ad ogni modo: ecco qui. Che dire… chiamiamolo capitolo di passaggio, perché ancora non ho fatto emergere nulla (credo) e magari risulta anche noioso, rispetto agli altri, ma…. vi assicuro che il bello deve ancora venire.
Cercherò di aggiornare più spesso ( lo so che lo dico sempre, ma farò del mio meglio :’( ) grazie dell’attenzione e ci vediamo alla prossima.
 
Cassandra 

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Capitolo 7
*** L'ora della cena ***


«È tutta colpa mia» Masky sospirò pesantemente accompagnandosi con la schiena, ingobbendola. «Se solo avessi controllato prima Jeff, Annabelle non avrebbe rischiato di morire.»
«Dai Masky, non farne un dramma. Non è stata affatto colpa tua. E comunque ora sta bene» lo consolò Jane, alle prese con gli ultimi cesti di frutta.
«Ti ringrazio, Jane. Se non ci fossi tu» la elogiò il proxy. « Dopo che sono ritornato qui in cucina ho sentito il cuore di Annabelle riprendere a battere regolarmente. Grazie a te.»
«Ma piantala. Non ho fatto nulla di che» ridacchiò la giovane assassina.
«Tu sei sempre stata così.»
«Adesso non esagerare. Ho semplicemente fatto la cosa che sembrava giusta. Poco importa che è una soldatessa, quindi un nostro nemico. Rimane sempre una ragazzina di quindici anni a cui sono stati portati via casa e famiglia.»
« Hai un istinto materno invidiabile» Masky non osò aggiungere altro e riprese a sistemare gli ultimi ritocchi aggiungendo del pepe su ogni piatto per insaporire il tutto. Il silenzio che calò tra le due Creepypasta diede l’occasione a Jane di ripensare alla chiacchierata fatta con la nuova coinquilina umana, finendo con l’intristirsi: i ricordi si erano fatti largo nella sua mente, ricordi che risalivano ai tempi in cui lei era ancora Caroline Skie.
Era un giorno qualiasi per la famiglia Skie, in quanto da lì a poco sarebbe nato il fratellino di Caroline, Dereck, ma quel lieto momento venne stroncato improvvisamente dal virus che infettò la povera quindicenne in meno di ventiquattro ore. L’insaziabile CRP distruggeva ogni cellula, tessuto e organo del suo corpo, la razionalità cedeva il suo posto alla follia e la sua memoria veniva intasata e alterata da falsi ricordi e emozioni. Jane rievocò anche a malincuore come quel parasita prese il controllo delle sue azioni, inducendola a prendersi fuoco da sola davanti ali suoi genitori, causando uno shock per questi ultimi e l’inevitabile perdita del figlio tanto atteso. I soldati anti-CRP non tardarono ad arrivare dopo l’immediata segnalazione dei vicini di casa, ma grazie all’ultimo gesto paterno da parte di Arnold Skie, Caroline poté scappare verso la Black Forest, la sua unica speranza.
Stanca e ancora succube di un dolore indescrivibile, Caroline, ormai consapevole della sua nuova identità di Jane the Killer, camminò per diverse ore nella sua nuova casa, fino a quando qualcosa, o meglio qualcuno, non le tese la sua enorme mano bianca: era Slenderman, in tutta la sua grandezza e magnificenza, il suo indiscusso salvatore che la indirizzò sulla retta via. Era pronta ad abbracciare il suo destino e quindi a morire da sola, ma per sua fortuna la Speranza si era presentata a lei per salvarla.
«Ho imparato dal migliore» disse Jane sorridendo e scacciando ogni pensiero che non fosse sistemare gli ultimi cesti sui tavoli della sala da pranzo.
 
La saliva colava in modo incontrollato dalle fauci di Smile Dog, eccitato per ciò che avrebbe messo sotto i denti arrivati a casa. «Arrosto! Arrosto di Masky! »
«Hai ragione, Smiley! È proprio lo speciale arrosto al forno del nostro Masky!» lo assecondò altrettanto contenta la piccola Sally.
Clockwork si avvicinò a Smiley per calmarlo, lasciando che la sua mano accarezzasse il suo pelo morbido. «Certo che è curioso. Di solito Masky non lo prepara per delle occasioni speciali?»
«Ma come? Non festeggiamo la dipartita di Jeff?» ridacchiò Laughing Jack.
«Non dirlo neanche per scherzo, Jack! E poi è in casa» lo ammonì la castana, squadrandolo con l’unico occhio buono.
«Ci sono anche EJ e Liu con lui»aggiunse Ben fiero di essere riuscito a percepirli.
«Jane e Masky sono in cucina, ma… chi c’è lì?» Rake allungò il suo indice destro artigliato verso l’ultima finestra del primo piano a destra, visibilmente perplesso.
Una ad una, tutte le Creepypasta si accorsero della presenza estranea nella loro adorata villa e iniziarono a preoccuparsi.
«Non è per allarmare tutti, ma… questa sensazione… è possibile che sia…» iniziò Clockwork.
«È un umano» concluse LJ con un inquietante ghigno sul volto.
«Ha ragione Jack… È un umano» disse Sally con la voce tremante e aggrappandosi alla giacca di Clockwork.
«Cosa diamine ci fa uno sporco umano in casa nostra?» ringhiò Smiley a denti stretti.
«State tranquilli. Ci deve essere per forza una spiegazione» li tranquillizzò Rake.
«Infatti c’è
L’inconfondibile voce profonda dell’indiscusso padre delle Creepypasta, si fece strada tra la famiglia e si mise davanti ad essa. Slenderman, accompagnato dal suo fidato proxy Hoodie, venne salutato da tutti all’unisono.
«Non dovete preoccuparvi di Annabelle. Lei non è assolutamente una nostra nemica.»
«Ma è un’umana, vero?» chiese indeciso Ben.
«Sì. È umana.»
Fratelli e sorelle iniziarono a bisbigliare fra di loro sempre più perplessi e confusi, ma non irrispettosi al cospetto di Slenderman.
«E possiamo almeno sapere di chi si tratta?» osò chiedere Rake.
Slenderman sogghignò e allungò una mano verso suo figlio per accarezzargli la testa :«Durante la cena in suo onore, ve la presenterò.»
 
Annabelle quasi si commosse davanti a tutti quei vestiti nuovi: camicie, t-shirt, pantaloni e felpe erano stati ben nascosti dalle sue divise e oggetti personali. Quella pazza di Itaca, pensò la ragazza mentre li ammirava distesi sul letto. Tra essi riconobbe alcuni modelli che aveva visto assieme a lei su delle riviste e non poté fare a meno di sorridere.
Quasi indisturbata, una busta sigillata scivolò dalla tasca dell’ultima felpa da tirare fuori e si adagiò vicino ai piedi di Annabelle, che avendola notata la raccolse. Per Annabelle, così recitava il retro. La giovane soldatessa riconobbe la calligrafia del suo capitano e la aprì subito.
 
Cara Annabelle,
Ti auguro di nuovo un buon quindicesimo compleanno. Spero che questi vestiti ti piacciano. Avrei tanto voluto darteli di persona, ma purtroppo non ne ho avuto l’occasione, poiché il destino ha voluto che tu incontrassi il tuo vero padre proprio quest’oggi. Sto scrivendo questa lettera mentre parli con lui nell’aula magna, lo sto facendo di fretta per cui perdona la pessima scrittura e gli errori di ortografia.
Come ben sai, io non sono smielata o romantica quando si tratta di queste cose, ma con te farò uno sforzo e lo sai perché? Perché da quando ne ho memoria tu sei sempre stata una figlia per me. Voglio che tu sappia che è stato un onore essere il tuo capitano e che io non mi dimenticherò mai di te. Qualsiasi cosa accada, sii forte, Annabelle. Non sottovalutarti. Questa sarà una nuova vita per te, ma non ti devi spaventare. Essere una ragazza “normale” non sarà poi così male.
Ricordati, mia cara Annabelle, che io ti vorrò sempre bene. Qualsiasi cosa tu deciderai di fare, di essere io ti appoggerò. Sempre.
Questo non è un addio, ma un arrivederci.
 
Itaca Martinez

 
Le lacrime rigarono inevitabilmente le guance di Annabelle, ma presto un sorriso prese il loro posto.
«È stata un vero tesoro, non trovi
Profonda e calda. Annabelle non si stupì più di quella voce ormai divenuta familiare. La ragazza si asciugò il viso con i dorsi delle mani e forzò un sorriso. Con la coda dell’occhio riconobbe la figura slanciata di Slenderman e Hoodie.
«La cena è pronta in tavola» disse con tranquillità l’uomo senza volto.
«Ok. Grazie.»
«Permettimi di accompagnarti
Annabelle si voltò verso Slenderman lanciandogli uno sguardo di terrore.
«Non ti devi preoccupare, mia cara», le prese la mano il più delicatamente possibile, « fai parte della famiglia. Ricordi?»
La ragazza deglutì senza riuscirci e si limitò a spostare lo sguardo sul pavimento rivestito di velluto. L’idea di dover affrontare chissà quanti CRP la stava spaventando ed era proprio quello che temeva. Quella paura da lei mai provata la stava mettendo in una scomoda situazione di rabbia e ansia, rendendola incapace di prendere una decisione definitiva e razionale. Che cosa doveva fare? Lasciarsi guidare dall’istinto e scappare o restare ad ascoltare l’inaspettato lato paterno di Slenderman?
«Be’, se fossi in te opterei per la seconda possibilità.»
Annabelle ritrasse velocemente la mano e squadrò l’uomo senza volto irritata. «Così è scorretto»
Slenderman ridacchiò riprendendole la mano. «Te l’ho detto e te lo ripeto. Non hai nulla di cui aver paura. Io non ti farò nulla. Nessuno ti farà del male qui.»
«E… chi me lo dice?» chiese Annabelle con un filo di voce.
«Se mai qualcuno dovesse provare anche a torcerti un solo capello, dovrà vedersela con me.»
Quelle parole, che risuonarono nella sua testa più e più volte, la fecero sentire al sicuro. Come quando entrò in quella che da quel giorno sarebbe stata la sua stanza.
«Forza, è il momento di andare. Avrai fame, giusto? »
La ragazza arrossì violentemente inumidendosi le labbra. Effettivamente non aveva ancora mangiato da quando aveva lasciato il campo.
«Lo sospettavo
Hoodie si apprestò ad aprire la porta e la coppia CRP-umana uscì mano nella mano, per raggiungere la sala da pranzo, dove la famiglia attendeva il loro arrivo.
 
Urla e schiamazzi erano di consuetudine nella villa durante ogni pasto, specialmente il pranzo, ma quel giorno, l’inaspettato ospite aveva fatto perdere la voglia di scherzare e di mangiare ad ogni singola Creepypasta. La presenza di tovaglie sui tavoli di acciaio e dei cesti di frutta decorativi disturbava non poco, facendo venir voglia a chiunque fosse vicino a questi ultimi di lanciarli.
«Ma si può sapere cos’hanno tutti? Di solito questo posto nel giro di venti minuti è un vero caos» si lamentò Eyeless Jack, imboccandosi con una bella forchettata di arrosto. «Per non parlare della favolosa cucina di Masky. Anche Smiley non si sta abbuffando come al solito.»
«Credo che sia abbastanza evidente»,sbuffò Jane,«sono tutti preoccupati per Annabelle.»
«Oh, è così che si chiama la nuova arrivata? Più tardi la saluto.»
«Come fai ad essere così tranquillo, EJ? Non ti preoccupa il fatto che abbiamo un umana in casa?» si intromise alterata Laughing Jill storcendo il naso dal disgusto.
EJ alzò le spalle. «Sinceramente non mi fa né caldo né freddo.»
«Jill, credimi. Lei non è quello che sembra. È una ragazzina di quindici anni normalissima.»
«Sì, Jane. Normalissima! Tanto è solo un soldato pronto ad ucciderci. Slenderman deve avere qualche rotella fuori posto.»
«Slenderman sa cosa fare. Non dobbiamo dubitare delle sue decisioni» disse Liu ordinando a Jill con lo sguardo di abbassare la voce.
«Oh, andiamo Liu! Pure tu?! Lo so che consideri il vecchio Slendy come un padre, ma…»
«Lui è nostro padre. E ora smettila di borbottare e mangia.»
La giovane clown era intenta a rispondere, ma gli occhi glaciali del biondo la zittirono, come sempre. Pur essendo teoricamente più vecchia di lui, Jill non era mai riuscita a contraddirgli o anche semplicemente rispondergli. Davanti al ragazzo lei era vulnerabile.
Sconfitta, Jill abbassò lo sguardo sul polpettone e iniziò a punzecchiarlo con la forchetta.«Borbottare? E chi borbotta? Tanto lo fanno tutti… stupido Liu…»
«Stanno arrivando» annunciò EJ, allarmando l’intera mensa.
Gli inconfondibili passi del padre delle Creepypasta riecheggiavano nell’enorme stanza ancor prima di entrare.
«Ora ne vedremo delle belle», sogghignò il mangiatore di reni, «sei ancora in tempo per la scommessa, Liu.»
«Chiudi il becco, Jack.»
«Come preferisci.»
All’ingresso di Slenderman, la famiglia si alzò in piedi per salutarlo con un profondo inchino.
«Vi prego. Alzatevi. Non ce ne bisogno. Perché quest’oggi non è me che dovrete salutare
Bisbigli e ringhi riempirono la mensa, manifestando la loro disapprovazione nei confronti dell’ospite speciale.
Ignorando il comportamento infantile dei suoi figli, Slenderman si spostò leggermente vicino alla porta per rivelare finalmente il nuovo membro della famiglia.
Titubante, Annabelle avanzò accompagnata da Hoodie che la prese sottobraccio per tranquillizzarla.
«Devi calmarti, ok? », le disse sottovoce, «Qui nessuno ti farà del male.»
La ragazza deglutì più volte e cercò di camminare la più disinvolta possibile, senza preoccuparsi delle occhiate di quelli che una volta considerava nemici mortali. Fratelli? Era così che da quel giorno li avrebbe dovuti chiamare? Tutte quelle creature che la stavano fissando con odio dovrebbe comporre la sua nuova famiglia? Se solo avessi le mie armi, pensò lei, potrei benissimo ucciderli uno per uno.
«Ne dubito fortemente, sai?»
Annabelle sobbalzò finendo con lo staccarsi dal proxy. «Tu… c-come?»
Hoodie si indicò la testa con un indice. «Sono mentalmente collegato a Slenderman. In sintesi, posso leggere nella mente.»
La ragazza spalancò gli occhi allarmata.
«Tranquilla. Farò finta di non aver sentito. Dopotutto, è il tuo primo giorno. Continua a camminare.»
Le Creepypasta scrutarono Annabelle fino all’arrivo del tavolo di Slenderman e la loro attenzione si posò sul particolare colore dei suoi occhi.
«Uuuuh. Però! Che occhi particolari. Non ho mai visto un umano con gli occhi di quel colore» disse EJ annuendo.
«Solo perché ha gli occhi diversi, non significa che lei lo sia» ringhiò Jill.
«Ad occhio… penso sia una ragazza interessante» disse Clockwork.«Che sia a causa di quegli occhi che Slenderman abbia deciso di prenderla con sé?»
«A quanto pare se ne stanno accorgendo tutti» bisbigliò Jane a Liu.
«Purtroppo però non sono ancora convinti. Perlomeno hanno smesso di guardarla male» rispose il giovane.
«Il suo nome è Annabelle. Da oggi in poi, vivrà con noi» annunciò Slenderman.
Arrivati all’ultimo tavolo della sala, Hoodie lasciò Annabelle nelle mani di Masky che allungò subito un braccio verso la ragazza sollevata di vedere il gentile proxy.
«Sono felice di vedere che stai bene» le disse il ragazzo mascherato.
«E io sono felice di vedere te» gli rispose lei prendendogli la mano.
Masky accompagnò Annabelle al suo posto vicino ad un’enorme sedia di legno verniciata di nero. Slenderman, pensò subito lei, ma il delizioso profumo del piatto fumante davanti a sé la invitò ad ignorare totalmente tutti gli occhi puntati su di lei.
«Spero ti piaccia. È una mia ricetta speciale » le si sedette accanto Masky.
«Ha un profumo delizioso» disse Annabelle entusiasta, assaporando le fette di arrosto con gli occhi.
«Bene, figli miei. Mangiate, prima che tutte queste leccornie diventino fredde.»
Tutte le Creepypasta ritornarono ai loro posti obbedienti.
«Forza, cara» prima di sedersi, Slenderman si avvicinò ad Annabelle per passarle le posate «Non è solo bello da vedere, è anche buono. È stato fatto apposta per te. »
Annabelle annuì e un po’ titubante prese forchetta e coltello e iniziò. La carne era così morbida che pareva burro e il purè di patate era di un bel giallo oro. Alla prima forchettata Annabelle assaporò il tutto con estrema calma e dopo aver preso confidenza con quel gusto paradisiaco, la fame la indusse a mangiare senza esitazioni o preoccupazioni. Almeno per un po’.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: sono veramente dispiaciuta. Non so cosa dire riguardo il mio ritardo… anzi, in realtà sì. Chiedo di nuovo scusa, ma subito dopo aver iniziato la scuola non ho avuto davvero un attimo di pace. Torno a casa sempre esausta (intorno alle 20 e 30 di sera, per intenderci) e la mia testa non ragiona più… Cerco sempre di avvicinarmi al pc per scrivere, ma ogni volta… crollo dal sonno…
Sto veramente facendo del mio meglio… e spero che nessuno mi odi per questo e che possiate capire.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento! Scusate ancora e grazie per la pazienza!
 
Cassandra


 

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Capitolo 8
*** Esperimento ***


«Marcus ti prego, fermati! Mi stai facendo venire mal di testa!» ringhiò Thomas, che cercava di leggere in santa pace il suo fumetto preferito da una ventina di minuti. «Questo tuo andare avanti e indietro mi sta facendo impazzire!»
Marcus ignorò totalmente il compagno di stanza e continuò a camminare davanti al suo cellulare, lanciando di tanto in tanto uno sguardo sul display, nella speranza che si illuminasse. «Accidenti… deve esserle successo per forza qualcosa. Perché non mi chiama? Un messaggio lo poteva scrivere, no?» si disse il giovane soldato in ansia.
«Falla finita, Marcus. Devi solo avere pazienza. Probabilmente Annabelle è impegnata a conoscere i suoi genitori e i suoi fratelli.»
Per la gioia di Thomas, Marcus si fermò e lo squadrò perplesso. «Fratelli? Ha dei fratelli?»
L’indiano alzò le spalle senza distogliere lo sguardo dal fumetto. «È probabile. Ammetto che non mi aspettavo che quel Kuro avrebbe potuto avere una famiglia.»
«E perché no?»
«Da come si atteggia» Thomas prese al volo la coperta più vicina e un piatto di plastica da mettere davanti al viso. «Sii sincero. Un tizio che se ne va in giro vestito di nero e una maschera da oni non è proprio normale. Per me la moglie va in giro con una maschera in ceramica come Jane the Killer.»
«Avrà i suoi buoni motivi» giustificò Marcus, concedendo comunque all’amico il beneficio del dubbio.
«Sta di fatto che Annabelle non doveva andarsene così» si rattristò Thomas. «Avrebbe potuto avvertire tutti, così la salutavamo come si deve con una bella festa.»
Marcus annuì prendendo in mano il cellulare. «La vita è la sua. Noi non potevamo di certo intralciarla. Probabilmente dirlo a tutti l’avrebbe resa incapace di prendere una decisione definitiva.»
«Forse hai ragione, grande saggio Marcus. Dopotutto, chi meglio di te conosce Annabelle?»
«Scusa, con questo cosa vorresti dire?»
«Oh andiamo. Lo sai benissimo cosa intendo. Arrivati qui tu sei stato il primo ad aver fatto amicizia con lei e quindi ad aver instaurato un bel rapporto.»
«E questa dovrebbe essere una spiegazione?» arrossì Marcus.
«Non vedo perché non dovrebbe. È palese e lo sanno tutti.»
«Lo sanno tut-… cosa sanno?!» urlò Marcus imbarazzato. «Sputa il rospo, Thomas!»
«Non se ne parla! Sei tu che lo devi capire! E se non lo hai ancora capito, be’… sei davvero un tonto!»
«Tu piccolo bastar-… vieni qui! Non puoi scappare!»
«Vedo che le energie non vi mancano. Marcus e Thomas.»
Prima che Thomas venisse sopraffatto da una micidiale presa di wrestling da Marcus, Itaca entrò nella loro stanza senza farsi notare. I due ragazzi si staccarono e si misero in piedi davanti al loro capitano.
«Mi spiace disturbare la vostra lieta serata, ma è stata richiesta una riunione speciale in aula magna e comprende anche voi giovani cadetti.»
«Come? Ma non siamo tutti nel campo» obbiettò Thomas.
«Sono stati richiamati tutti con urgenza. Forza, andate.»
«Sissignora!» urlarono all’unisono i due soldati.
Il primo ad uscire fu Thomas, mentre Marcus venne fermato da Itaca, che gli appoggiò una mano sulla spalla. «Hai avuto sue notizie?» chiese Itaca.
Marcus scosse la testa con la delusione negli occhi.
«Anche io non ho ricevuto nulla, ma non stare a preoccuparti. Vedrai che si farà sentire molto presto.»
«Lo spero» bisbigliò Marcus con lo sguardo basso.
«Dai. Non è il momento di pensarci. Il generale ci sta aspettando.»

 
«È stata di tuo gradimento la cena, mia cara? » chiese Slenderman.
«Oh, sì. Era tutto buonissimo» rispose con un sorriso Annabelle, mentre leccava soddisfatta la cannuccia del suo frappé al cioccolato. In meno di venti minuti aveva spazzolato via tutto, dolce compreso, finendo così di mangiare prima di chiunque altro nella mensa. La tensione sembrò essersi sciolta dopo che Slenderman si era seduto a tavola. Nessun CRP si preoccupò più della nuova presenza, o almeno così aveva percepito la ragazza.
«Bene. Vedo con piacere che hai ripreso colorito. Eri visibilmente debole» annuì Slenderman.
«La cena di Masky mi ha ridato le forze.»
«Ne sono felice» disse il proxy facendo un leggero inchino. «L’ho fatto con piacere.»
«Masky è un così caro ragazzo. La cucina è la sua passione» lo elogiò Slenderman.
«È un hobby un po’ insolito per un killer» disse ridacchiando Annabelle.
«Be’, non hai tutti i torti» Masky si grattò la nuca nervosamente.
«Non è poi così strano», si intromise Hoodie dopo aver finito di bere il suo frullato, «in passato ha vissuto come un qualsiasi ragazzo. Come tutti, del resto. È un problema se a Masky piace cucinare?»
Annabelle avvertì una nota di rabbia nelle parole di Hoodie, che subito la portò a scuotere la testa.«Io non intendevo assolutamente offenderlo. Semplicemente io non pen-… »
«Tutti coloro che vedi qui ai tuoi occhi possono sembrare mostri, mutanti, chiamali come ti pare, ma non l’hanno voluto loro. Nessuno di noi l’ha voluto.»
«Hoodie, calmati ora. Stai esagerando» cercò di calmarlo Masky.
«Se questo fottutissimo virus non avesse infettato Masky, a quest’ora lui sarebbe ad una prestigiosa scuola di cucina. Un’occasione più unica che rara, che avrebbe giovato alla sua famiglia!»
«Hoodie!» Lo chiamò l’amico, senza farsi notare dal resto delle Creepypasta. «Adesso basta. Stai spaventando Annabelle.»
Accortosi dell’imbarazzante situazione, il proxy inspirò profondamente e finse di sistemarsi il cappuccio della felpa. «Mi dispiace. Credo… di essere stanco. Se permettete, io mi alzo per primo.»
Slenderman acconsentì con un cenno del capo e Hoodie poté lasciare il tavolo e quindi uscire dalla mensa.
«Io… non volevo farlo arrabbiare» disse Annabelle con lo sguardo basso. «E non volevo offenderti, Masky. Davvero.»
«Non ti devi preoccupare, Annabelle. Gli passerà. È solo un po’ lunatico. Inoltre è molto emotivo quando si tratta di noi. Non lo da’ molto a vedere, ma è così.»
«Sii più preciso, Masky.» disse Slenderman telepaticamente. «Lui è molto emotivo quando si tratta di te.»
«Signor Slenderman, questo non è affatto vero» si giustificò il proxy leggermente alterato.
«In che senso?» chiese Annabelle curiosa.
«Masky e Hoodie erano amici prima di diventare quelli che sono. Senza contare che senza Hoodie a quel tempo Masky non avrebbe preso la decisione di frequentare una scuola di cucina a Parigi.»
«Parigi?! Così lontano?»
Masky annuì imbarazzato. «Frequentammo la stessa scuola fino al liceo, finché poi non vinsi una borsa di studio grazie ad un concorso. Ma adesso basta parlare di me, Hoodie ha esagerato a prescindere. Dovrebbe capire che sei qui con noi da nemmeno un giorno, non può pretendere che tu capisca subito.»
«Capire cosa?» chiese la giovane soldatessa.
«Ricordi cosa ti ho detto arrivati a casa? Noi prima di essere dei CRP eravamo degli esseri umani e grazie al signor Slenderman non abbiamo perso del tutto la nostra umanità. Col tempo vedrai che capirai chi siamo veramente.»
Per un attimo ad Annabelle parve che quelle labbra disegnate del proxy gentile, si fossero allargate in un leggero sorriso. Forse era la superficie liscia della maschera a dare quell’effetto, ma stava di fatto che grazie ad esse la ragazza si era tranquillizzata per l’ennesima volta. Alla fine, si limitò a ricambiare quel sorriso immaginario.
«La confusione sarà tua compagna ancora per un po’, temo» disse Slenderman ad Annabelle accarezzandole i capelli. «Ma rimedieremo molto presto. Ora è meglio se ritorni nella tua stanza. Masky, accompagnala.»
«Come desidera, signore.»
Proxy e umana si incamminarono fianco a fianco ripercorrendo la stessa strada tra i tavoli. Improvvisamente sulla mensa, calò il silenzio fino all’uscita dei due.
«Bene, Slenderman. Ora puoi darci delle spiegazioni» iniziò a nome di tutti Laughing Jack. «Cosa diamine ci fa un’umana in casa nostra? Soldatessa, per giunta.»
«È… una soldatessa?» chiese Sally impaurita stringendo il suo orsacchiotto di peluche.
«Emana lo stesso odore» spazientito, il clown salì sul suo tavolo e raggiunse quello di Slenderman saltando sugli altri. Con uno sguardo severo, squadrò il padre. «Allora? Rispondi?»
«Non vedo come possa recarti qualche problema il fatto che abbia deciso di portare qui Annabelle» si giustificò l’uomo senza volto con estrema calma.
«Chi cazzo è Annabelle?»
«Vedi di darti una calmata, Laughing. Non puoi rivolgerti così a Slenderman» lo ammonì Liu.
«Abbassa la cresta, Liuccio. Lascia agli adulti queste faccende» faccia a faccia con il capo, Jack si portò alla sua altezza allungando il collo. «Ci vuoi dare una spiegazione plausibile?»
Ignorando totalmente il figlio bianco e nero, Slenderman mise da parte le posate e si aggiustò la cravatta. «Mi congratulo con voi per lo splendido lavoro fatto questa mattina. Come sempre, del resto. Nonostante il loro improvviso attacco, i poachers non sono stati in grado di sorprenderci.» disse alzandosi.
«Mi stai prendendo in giro? In questo momento me ne frego dei tuoi elogi!»
«Laughing Jack, hai così tanta poca fiducia in me?»
«Qui non si tratta di fiducia. È un dato di fatto. Un’umana non dovrebbe essere qui.»
«La sua presenza è di vitale importanza. Vi basta sapere questo, per ora.»
«Vitale in che senso?! Perché abbiamo bisogno di un’um-…» prima ancora che potesse finire di parlare, Slenderman alzò Laughing Jack prendendolo per il collo. Quest’ultimo, respirò a fatica in cerca di aria.
«Mio caro Jack. Tu sei uno dei primi, nonché il più anziano membro della mia famiglia, perciò speravo più comprensione da parte tua» la voce di Slenderman riecheggiava cupa nella mensa, incutendo terrore. «Io non tollero che le mie decisioni vengano respinte. Specialmente da te. Sono stato abbastanza chiaro?»
Dopo pochi secondi di ripensamenti, Jack acconsentì e venne liberato.
«Che vi piaccia o no, Annabelle resterà qui. Se mai qualcuno dovesse pensare di farle del male, se la vedrà con me.»
Tutte le teste dei CRP annuirono con il terrore negli occhi.
«Molto bene. Fra poche ore vi chiamerò per organizzare la prossima caccia» alzatosi dalla tavola, Slenderman si fece strada tra i tavoli ammutoliti e uscì chiudendo le porte dietro di sé. Sally e Ben furono i primi a precipitarsi dal clown.
«Jack! Jack! Va tutto bene?» chies preoccupata la bambina insanguinata.
«Sì… tranquilla. Non è niente.»
«Papà è strano ultimamente. Cosa ci trova in… lei?» disse Ben con la fronte aggrottata.
«Lei si chiama Annabelle», lo corresse Jane prendendolo in braccio, « e non è pericolosa. Puoi stare tranquillo.»
«E tu come lo sai?»
«Lo so perché ci ho parlato. Lei è spaventata quanto te. Quanto noi.»
«Tutte stronzate» disse L.J. massaggiandosi il collo. «Quella non appena ne avrà l’occasione chiamerà i suoi e ci farà uccidere.»
«Lo sai che non può farlo. Dalle tregua, ha solo quindici anni.»
«Quindici anni o no, è pur sempre un soldato. E sai cosa fanno i soldati, Jane. No?»
«Io dico che dobbiamo darle una possibilità» si intromise Liu. «Slenderman è sempre consapevole di quello che fa. Basta guardare noi. Se non fosse stato per lui noi saremmo tutti spacciati e… »
« Sì va bene, Liuccio. La conosco la storia. Cristo… odio quando mettete in ballo le grandi gesta del capo… »
Liu sorrise e tese la mano a Jack per aiutarlo a rialzarsi. «Forza, mentore. Diamo una pulita a questo posto. »
 
Il rumore di piatti frantumati attirò l’attenzione di Annabelle che subito si girò verso la porta della sua stanza. «Cos’è stato quel rumore?»
«Oh, sarà Laughing Jack che sale sui tavoli. Lo fa spesso» le rispose Masky.
«Capito. Devo… aver shockato tutti.»
«Be’, è andata meglio del previsto in realtà. Mi aspettavo un putiferio» la consolò Masky. «Si abitueranno. Vedrai.»
«E se la mia presenza spezzerà l’equilibrio? Inoltre… non so ancora a cosa servo…»
«Servo. Non sei mica un oggetto. Devo ribadire il discorso della pazienza?»
«Scusami Masky, ma ancora non ci capisco niente! Lo so che è il primo giorno eccetera, ma… perché di tanto in tanto mi sento come se… se stessi bene qui?»
Masky soffocò una risata e si sedette sul letto vicino ad Annabelle. «Non ti dico che sia normale, perché in effetti non lo è. Penso che inconsciamente tu ti stia rilassando e stia abbandonando la tua natura di soldato.»
«Sì, è probabile… Ora che cosa devo fare?»
«Be’, direi dormire. Anche se ho sentito che il signor Slenderman ha intenzione di portarti con noi, questa notte. Ma non ti preoccupare. Gli parlerò per farti restare a casa.»
«Portarmi con voi? Per cosa?»
Masky sospirò profondamente prima di prendere le mani di Annabelle. «Ascoltami, Annabelle. Parto subito col presupposto che non ti andrà a genio questa cosa, ma… come ben sai noi…»
«Per la nostra caccia quotidiana. È ovvio.»
«Hoodie!»
Senza che i due se ne accorgessero, Hoodie entrò nella stanza accompagnato da un Husky siberiano dal pelo bianco e nero e gli occhi azzurri.
«Caccia quotidiana?» ripeté Annabelle confusa.
«Immagino che voi soldati le chiamate missioni o qualcosa del genere, ma per noi è una caccia» si spiegò il proxy. «Anche se tecnicamente ad iniziare siete sempre voi.»
«Che ci fai con Smiley?» chiese sospettoso Masky.
«Oh, niente. Volevo semplicemente fare un piccolo esperimento» rispose Hoodie alzando le spalle.
«Che cosa hai in mente?»
«Stai calmo, Masky. Ti prometto che se succederà qualcosa mi prenderò tutta la responsabilità.»
«Annabelle, mi raccomando. Rimani dietro di m-… ah!» colto alla sprovvista, Masky venne bloccato a terra da Hoodie.
«Spiacente, Masky. Ma ora devi startene buono. Smiley. Attacca.»
«Con piacere» rispose Smile Dog.
«Oddio… ma quel cane ha parlato!» disse allarmata Annabelle.
«Annabelle scappa! Non aspettare che cambi forma! Vattene!» le urlò Masky .
«Come?»
Quel bel Husky puro inizialmente calmo iniziò a ringhiare ad Annabelle e a mostrare due file di denti aguzzi, che pian piano si allargarono per formare un enorme sorriso. I suoi occhi azzurri divennero bianchi e il suo pelo si tinse di rosso sangue.
«Non è… possibile» sussurrò la ragazza terrorizzata, mentre Smiley prese a correre verso di lei.
 
«Ho richiesto questa riunione generale in modo tale che tutti potessero sapere la situazione attuale. Giovani cadetti inclusi. Mi spiace avervi richiamati nonostante la giornata di riposo, ma purtroppo per noi il riposo non è ancora concesso.»
L’annuncio del generale Cherubi preoccupò non poco tutti i presenti nell’aula magna, che iniziarono a bisbigliare fra di loro, coscienti della criticità della situazione.
«Come ben sapete, quest’oggi l’attacco mattutino alla Black Forest non ha avuto un grande successo, anzi: è stato un completo disastro. Abbiamo perso più soldati oggi che in cinque anni. Questo significa che i CRP stanno diventando sempre più forti. Ma questo non ci deve demoralizzare.»
Con un semplice comando vocale, il generale Cherubi attivò le immagini olografiche dell’intera Black Forest evidenziando una determinata zona che era il centro di essa. «Perlomeno, abbiamo localizzato la tana dei CRP. L’unico problema è la presenza di una forza sconosciuta che ci impedisce di avvicinarci.»
«Una forza?» chiese Thomas a Marcus. «Come tipo una barriera?»
«Molti soldati hanno provato diverse volte ad entrare in quella zona, ma c’è sempre stato qualcosa che li bloccava» gli rispose Itaca. «Anche se io credo poco in questa storia della tana.»
«E perché?» chiese Marcus.
«Perché lì non c’è nulla. E per nulla intendo dire che è solo distesa di erba in mezzo alla foresta. Un po’ come la brughiera.»
«E se i CRP avessero fatto qualcosa in quel punto? Insomma, parliamo della Black Forest dopotutto. Cresciuta in neanche due anni grazie al grandeSlenderman. Tutto è possibile.»
«Concordo con Thomas. Potrebbe essere stata opera dei CRP stessi.»
«Pensate davvero che i cervelloni di cui disponiamo non avessero già pensato a questa ipotesi?»
«Se questi cervelloni di cui parli l’hanno già capito, qual è la soluzione al riguardo?»
Itaca alzò le spalle scuotendo la testa. «Questo non te lo so dire. È ancora un mistero, persino per lo stesso generale Cherubi.»
«Ora come ora, non possiamo fare altro che attendere informazioni a noi utili per il suddetto attacco alla zona», continuò Cherubi, «e dobbiamo inoltre lavorare sodo, affinché possiamo distruggere quelle immonde creature!»
L’urlo di incoraggiamento innalzato dal generale riuscì a risanare gli animi dei soldati. Pugni al vento e urla erano tutto ciò che potevano fare, in attesa del totale sterminio di quegli esseri che stavano invadendo l’intero pianeta.

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Capitolo 9
*** Risveglio inaspettato ***


«Annabelle, scappa!» la voce di Masky sembrava non raggiungere la giovane soldatessa che, in preda al panico, rimase immobile davanti alla creatura a quattro zampe.
Smile Dog ringhiò aggressivo, lasciando che la bava gli colasse dalle enormi fauci taglienti, ormai a pochi metri dalla sua preda.
«Questa me la paghi, Hoodie» disse Masky a denti stretti, intento a liberarsi invano.
«Te l’ho detto. Questo è un esperimento e credimi. Spero davvero che vada a buon fine» disse l’amico con tono tranquillo.
Prima Jeff e adesso Smile Dog, pensò Annabelle, solo che questa volta non c’era Masky o Homicidal Liu a salvarla. Cosa poteva fare? Come avrebbe potuto affrontare una bestia di quel calibro? L’insicurezza, ma soprattutto il terrore provati quella mattina impedirono alla ragazza di agire e pensare razionalmente, rischiando di ritornare a quello stato infantile.
«Annabelle!» la chiamò disperato l’amico proxy, riuscendo finalmente a risvegliare la ragazza dall’inconsapevole sonno, ma fu troppo tardi.
Annabelle cercò di reagire il più velocemente possibile, ma tutto ciò che riuscì a fare fu indietreggiare fino a raggiungere il letto di schiena, mentre Smiley si accanì su di lei.
«NO! ANNABELLE!» urlò a perdifiato Masky liberandosi da Hoodie. «Smiley fermati, ti prego! Non farlo! Smiley no-…» Masky si precipitò subito da Annabelle e proprio mentre stava per colpire Smile Dog, ogni suo muscolo contratto si rilassò all’istante, appena vide la lingua del canide leccare felice la faccia della ragazza, soffocata dalle sue stesse risate.
«Ehi! Adesso basta! Mi stai facendo il solletico!Basta ho detto!»
Eccitato e scodinzolante, Smiley riprese rapidamente le sembianze di un husky senza smettere di fare le feste. «È divertente vero? Mi sto divertendo anche io! Continuiamo a giocare, dai!»
Sotto la maschera di ceramica, Masky spalancò gli occhi incredulo, lanciando uno sguardo a Hoodie, perfettamente tranquillo.
«Esperimento riuscito» rispose semplicemente all’amico confuso.
«Spiegazioni. Ora.»
«Che spiegazioni vuoi che ti dia? Chi meglio di Smiley poteva darci la conferma che Annabelle è innocua?» Hoodie si avvicinò con le mani nelle tasche della felpa. «Forza, amico. Ora lasciala respirare.»
«Ma… ma io volevo ancora giocare…» disse Smiley abbassando le orecchie.
«Annabelle! Va tutto bene?!» chiese Masky preoccupato.
«Sì, è tutto a posto. Sono solo un po’ bagnata di bava.»
«Bene. Ora ho anche io la conferma che non ci farai del male» annunciò con fierezza Hoodie. «Colgo anche l’occasione di scusarmi per la pessima figura che ho fatto durante la cena. Sono stato davvero uno sciocco.»
Annabelle si alzò dal letto scuotendo la testa. «No, è stata colpa mia. Ho… esagerato» si giustificò.
«Non hai bisogno di scusarti, Annabelle. Perché è qualcun altro ad aver esagerato.»
«Non c’era bisogno di accentuare la cosa, Masky. So bene di aver esagerato.»
«Ma io non parlo solo di ciò che è successo a tavola» i due proxy si voltarono verso l’umana rossa dall’imbarazzo. «So… che eri arrabbiato anche per quello che ho pensato
«Ti cosa stai parlando?» chiese Masky.
Hoodie scosse la testa ridacchiando e si avvicinò ad Annabelle per darle due buffetti sulla testa «Lo apprezzo molto. Ti ringrazio.»
Smiley attirò l’attenzione di Hoodie sedendosi sulle sue scarpe, ansimando.
«Bene, visto che l’esperimento è andato a buon fine, posso tranquillamente andarmene. Oh, avviserò io Slenderman che per te è troppo presto venire con noi, Annabelle. Pensa solo a riposare.»
La quindicenne si limitò solo ad annuire e a increspare un leggero sorriso.
«Ora scusatemi, ma ho un po’ di fretta. A presto.»
«Ehi Annabelle! Poi giocheremo ancora insieme, vero?» chiese Smiley con la lingua a penzoloni.
«Be’ ecco… sì, mi farebbe molto piacere» rispose lei.
«Che bello! Non vedo l’ora!»
Dopo un ultimo saluto, il ragazzo incappucciato uscì dalla stanza assieme a Smile Dog e, chiusa la porta dietro di sé, sospirò profondamente. «C’è mancato davvero poco. Per un attimo pensavo che non ti saresti fermato, sai?» disse Hoodie sollevato.
«Io invece non credevo mi sarebbe piaciuta! Eppure è un’umana! Ma… mi piace!» scodinzolò felice.
Hoodie si abbassò all’altezza del cane per accarezzargli la testa. «Dimmi, Smiley. Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
Smile Dog ci rifletté su e rispose convinto:«Il suo odore!»
«Il suo… odore?» ripeté Hoodie perplesso.
«Sì! Il suo odore! Mi piace il suo odore! »
«Ah be’», disse Hoodie alzando le spalle, «Mi basta come prova. Così Masky capirà.»
«Hoodie! Abbiamo un grosso, anzi, un grossissimo problema!» agitando a più non posso le braccia, Eyeless Jack corse verso l’amico felpato di giallo.
«Jack, che hai da allarmarti tanto? Cos’è successo?»
Piegato in due per riprendere fiato, Jack cercò di spiegare tra un sospiro e l’altro. «La Dose. Non ha avuto effetto. Sta perdendo il controllo. Di nuovo.»
Come un rebus da risolvere, Hoodie mise insieme quelle quattro frasi per formularne una di senso compiuto. Dose. Di certo si trattava di un CRP. Se non aveva avuto effetto significava che il CRP in questione era l’ultimo ad averla presa. Se aveva perso nuovamente il controllo, allora significava solo una cosa: che Jeff si era svegliato prima del previsto.
 
Aiuto. Ho bisogno di aiuto. Non ce la faccio più.
Perché? Perché fa così male? Perché quella dannata formula non funziona? Il sangue ribolle nelle vene e continuo a sentire atroci dolori su tutto il corpo. La mia pelle. I miei muscoli. Tutti gli organi interni. Sento persino le mie ossa che si rompono. Basta! Fermate tutto!
Urlare è inutile. Rompere tutto è inutile. Uccidere… è inutile.
Non vedo nulla, nonostante i miei occhi non siano chiusi. Non vedo dove corro e non vedo dove vado a sbattere. Io voglio solo che tutto smetta, ma senza fare del male a nessuno. Come? Come posso farlo? È impossibile. Il mio destino è segnato e dovrò vivere con questo fardello per il resto della mia vita. La mia vita.
La dovrei chiamare vita questa? Vivere nella pazzia di qualcun altro è vita? Cosa ho fatto per meritarmi questo? COSA?! Qualcuno me lo dica! È perché ho smesso di andare in chiesa? È perché ho copiato svariate volte in classe?Mamma, che cosa ho sbagliato? Perché proprio io? Perché?!
No. Eccole di nuovo: rabbia e follia. Sono tornate a farmi visita. In un attimo sverrò e lascerò fare tutto a loro. Non ce la faccio più. Sono stanco.
Qualcuno mi aiuti. Qualcuno… mi uccida.
 
Uscita dal bagno, Annabelle si buttò a peso morto sul letto assaporando il momento del riposo tanto atteso. Inspirato profondamente, li lasciò trasportare dal dolce profumo di shampoo che le regalò Slenderman. Pesca e mandorle.
«Su quel letto ci sarai salita almeno tre volte. Ma solo ora te lo puoi godere a pieno» ridacchiò Masky.
«Già» rispose di rimando Annabelle. «Finalmente.»
«Cara la mia Annabelle. Da quando ti ho conosciuta questa mattina, non smetti di stupirmi.»
Senza lasciare la sua posizione confortevole, Annabelle inclinò la testa di lato in modo da poter almeno intravedere la nuca di Masky, che intanto ripiegava i regali di compleanno di Itaca. Nonostante gli avesse detto che non doveva disturbarsi, il proxy insistette per sistemarli.
«Che cosa vuoi dire?» domandò la ragazza.
Riposto l’ultimo paio di jeans, Masky chiuse l’armadio per poi sedersi ai piedi del letto. Annabelle fu costretta a rialzarsi.
«Ti ricordi quello che ti ho detto questa mattina?»
«Riguardo al fatto che devo stare tranquilla e abituarmi all’idea di vivere qui? Non l’hai detto solo questa mattina, comunque sì. Tu e Slenderman non avete smesso nemmeno un secondo di ripetermelo.»
«Esattamente. Ora vorrei che ascoltassi con attenzione ciò che voglio dirti» Masky afferrò con cautela le mani di Annabelle, accarezzandole i dorsi, quasi con dispiacere.
«Masky, mi devo preoccupare?» osò chiedere Annabelle forzando un sorriso.
«Annabelle, so bene quello che ho detto e non mi rimangio nulla, ma… mi devi promettere una cosa. Non abbassare mai la guardia» la serietà con cui vennero pronunciate quelle parole, confuse non poco la ragazza, che rimase a fissare le loro mani intrecciate, rimanendo in ascolto.
Ciò che Masky vide negli occhi di Annabelle fu un barlume di terrore e un finto coraggio. Segni per nulla rassicuranti per ciò che il proxy gentile stava per dirle.
«Grazie a questo assurdo esperimento di Hoodie ho finalmente capito dove voleva andare a parare.»
«Ovvero?»
«Tutto ciò che ha fatto Smiley è stato seguire il suo istinto. Nonostante sapesse che tu eri un’umana il tuo odore lo ha fermato in tempo.»
«Il mio… odore?» ripeté Annabelle confusa.
«Sì. Il tuo odore. Vedi, noi CRP nella foresta capiamo chi è umano in base all’odore, ma non solo. Noi seguiamo anche la nostra sete di sangue.»
«Spiegati meglio.»
«Come ti ho detto, noi uccidiamo per poter vivere. Alla minima presenza umana automaticamente noi uccidiamo. È più forte di noi, ma con te è diverso.»
Annabelle ritrasse le mani lentamente. «Quanto diverso?»
Il proxy si avvicinò al viso di Annabelle, che subito incrociò gli occhi color ametista non appena incontrarono la punta del naso della maschera in ceramica. «Con te, noi non avvertiamo il nostro istinto omicida. Io stesso non l’ho avvertito in aula magna. In poche parole, in mensa tutti ti guardavano male non solo perché eri umana, ma anche perché stranamente nessuno avvertì il desiderio di ucciderti» Masky si allontanò, dando così spazio ad Annabelle di sbattere le palpebre e raddrizzare gli occhi.
«Cosa intendevi dire con non abbassare la guardia?»
«Hai visto come si è comportata con te Jane, no? Be’, sappi che non tutti sono come lei. Non tutti purtroppo riescono a giudicare in base a ciò che sentono. Molti di loro si ostinano ad ignorare la sensazione di non pericolo e a mantenere per buono il falso istinto omicida.»
«Quindi mi stai dicendo di difendermi da loro.»
«Esattamente.»
In quel momento Annabelle capì che da quel giorno in poi avrebbe dovuto segnare tutte le informazioni sui CRP raccontate da Masky, ma senza dimenticare tutto ciò che aveva imparato al campo per neutralizzarli. Proprio come le aveva detto Slenderman, la confusione l’avrebbe tenuta vicina a sé ancora per un po’, dandole comunque la possibilità di mettere in chiaro la posizione in cui si trovava. Non avrebbe fatto più domande, non si sarebbe più lamentata; tutto ciò che doveva fare era aspettare che le risposte le venissero incontro da sole.
«Va bene» disse semplicemente Annabelle. «Per ora, rispetterò la tua richiesta.»
Masky tirò un sospiro di sollievo, rilassando le spalle. «Bene. Per me è più che sufficiente. Vorrei dirti un’ultima cosa.»
«Che sarebbe?»
Il CRP mascherato si portò le mani al petto, imbarazzando non poco la ragazza. «Se mai qualcuno dovesse farti del male, non esitare a chiamarmi. Io correrò subito da te.»
Dopo un istante di esitazione, Annabelle annuì, senza incrociare gli occhi dipinti di nero.
«Masky! Masky! Emergenza!» tra un guaito e l’altro, Smile Dog fece improvvisamente irruzione nella stanza correndo poi tra le braccia di Masky.
«Smiley? Che cosa succede?»
«Succede che c’è un enorme problema» gli rispose Hoodie con il fiatone e ricoperto di sangue nero. «Biancaneve si è svegliato.»
Masky si alzò velocemente stringendo i pugni. «Maledizione. L’effetto della Dose è svanito prima del previsto.»
«Dose?» ripeté Annabelle convinta di averla già sentita. Involontariamente, si portò una mano al collo, rievocando lo spiacevole ricordo di quella mattina con Jeff the Killer.
«È ancora nella sua stanza?» chiese Masky anticipando la ragazza.
Hoodie annuì. «EJ sta cercando di tenerlo a bada, ma è sempre più incontrollabile. Abbiamo bisogno della tua agilità.»
«Ok, ho capito. Dobbiamo avvertire Slenderman.»
«Masky, ragiona. Pensi che il capo non sappia che sta succedendo? È ovvio che vuole che ce ne occupiamo noi da soli. Lo sai com’è fatto.»
Masky schioccò la lingua consapevole che l’amico non aveva torto. «Ok, d’accordo. Allora andiamo. Annabelle, stammi vicino.»
«Aspetta un attimo! Non vorrai portarla con noi?!»
«Non ho alcuna intenzione di lasciarla da sola di nuovo» prese la mano di Annabelle. «Non perdiamo altro tempo.»

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Capitolo 10
*** Inizia il secondo round ***


Avendo fatto cadere una decina di piatti a terra, Liu non poté far a meno di attirare l’attenzione su di sé.
«Liu! Santo cielo, stai bene?» gli chiese Jane vedendolo frastornato.
«Cazzo…» disse quasi sussurrando. «Cazzo, non va bene.»
«Ehi Liuccio. Che diamine combini?» si intromise Laughing Jack forzando un sorriso.
«Jeff. Si è svegliato» rispose il biondo più allarmato che mai.
Chiunque fosse lì vicino iniziò ad attivare i propri sensi e a verificare personalmente. Era vero. La Creepypasta fuori controllo si era svegliata prima del previsto.
«Merda. Ha ragione» disse Clockwork accogliendo gli sguardi di Toby e the Puppeteer.
«Oh! C’è anche Eyeless Jack!» aggiunse Nina the Killer preoccupata. «Ed è ferito!»
«Sì. Credo che sia il momento di intervenire» Slenderman si avvicinò al gruppetto che circondava Liu e si avvicinò a quest’ultimo. «Pensavo che te ne saresti accorto solo uscito da qui, ma… vedo che stai migliorando.»
Liu sgranò gli occhi incredulo scuotendo la testa. «Perché lo hai fatto? Che motivo c’era di celare la presenza?»
«Figlioloadesso non credo sia il momento di discuterne. Va’ da tuo fratello.»
Senza nascondere il suo disappunto, Liu uscì dalla mensa correndo per raggiungere la sua stanza seguito da Laughing Jack e Jane.
«Clockwork e voi altri. Andate con loro» ordinò l’uomo senza volto.
«Non crede di star esagerando?» obbiettò Clockwork.
«Be’, Jeff non è facile da gestire, mia cara.»
«Sa bene che non parlavo di lui» la ragazza squadrò con il suo occhio buono gli occhi di Slenderman, severa. «Tutto questo in un giorno? Sul serio?»
«Oh, vedo che anche tu non scherzi in fatto di miglioramenti. Ottimo, Clockwork.»
«Senta. Non trovo ancora nessun senso logico. Mi infastidisce il fatto che qui ci sia un’umana, ma poiché è stata una sua decisione la rispetto. Penso solo che se fossi in lei sarei impazzita.»
«Se dovesse davvero impazzire, allora significa che dovrà andarsene.»
Clockwork inarcò un sopracciglio e tirò fuori un coltello. «In tal caso. Spero davvero che impazzisca» e uscì per raggiungere gli altri assieme a Toby.
 
Dolorante, Eyeless Jack scivolò sulla parente premendo sulla ferita al petto ancora sanguinante. Il liquido denso e impuro sgorgò fino a raggiungere il pavimento. Vedere la moquette macchiata era persino più atroce per il mangiatore di reni. «Cazzo. Questa volta mi ha fatto terribilmente male. Sta diventando più forte. E pensare che dovevo semplicemente pisciare. E invece… Mi sono dovuto accorgere di te!» alzato lo sguardo verso la porta della stanza davanti a lui, Jack lanciò un coltello sull’uscio. «Dillo che ti sei innamorato di me e che ti diverti a prendermi a calci in culo! Maledetto sadico!»
«Vaffanculo! Fammi uscire! Testa di cazzo!» gli rispose dall’altra parte Jeff a suon di calci.
«E falla finita! Per fortuna i vetri che ho messo questa mattina sono rinforzati e infrangibili. Col cavolo che questa volta scappi dalla finestra!»
«Fottiti, puffo di merda! »
«Puf-… che cazzo hai det-…?!»
«Non devi farti provocare così. Sai bene che non è colpa sua.»
Jack alzò lo sguardo e tirò un sospiro di sollievo. «Masky, sei arrivato. Ti prego pensaci tu. Questa volta mi ha proprio steso.»
Smiley si avvicinò all’amico ferito per leccare via il sangue.
«Grazie mille, amico» notata Annabelle, Jack inclinò la testa per poterla vedere meglio. «Ma guarda, c’è anche la nuova arrivata.»
D’istinto Annabelle si nascose dietro ad Hoodie non appena vide la pozza di sangue nero su cui era seduto EJ e deglutì.
«La useremo come scudo?» chiese Jack divertito, mentre Annabelle trattenne il respiro. «Non guardarmi così, ragazzina. Stavo scherzando.»
«Umano… C’è un umano lì, vero? Umano. Umano. UMANO! » urlò Jeff più eccitato che mai.
«Be’, non hai fatto da scudo, ma da esca non sei niente male» riprese un po’ le forze, Eyeless si appoggiò a Smile Dog per rialzarsi. «È più agitato del solito. La quantità di Dose che gli diamo ogni giorno non basta più» spiegò.
«Capisco. Be’, è il caso di darci una mossa. Sono pronto» Masky invitò i suoi amici ad allontanarsi e si mise davanti alla porta. Concentrato il suo potere, in un attimo svanì.
«Dov’è andato? Che è successo?» domandò stupefatta Annabelle.
«Abilità da proxy. Risparmiami tutta la storia, sarebbe troppo lunga, credimi.»
Annabelle osservò le ferite ancora aperte del mangiatore di reni. «Fa… male?» chiese.
Jack volse la maschera verso la ragazza. «Se venissi accoltellata, morsa e presa a calci ti farebbe male?»
Annabelle annuì debolmente.
«Ecco. Direi che ti sei risposta da sola.»
Intanto nella stanza di Jeff, a giudicare dalle sue urla di dolore, Masky aveva la meglio.
«Masky è davvero forte!» esultò Smiley scodinzolando.
«Eccoli! Sono lì!» dal fondo del corridoio, si avvicinarono correndo diverse Creepypasta, di cui Annabelle ne conosceva solo due.
«Mio fratello?» chiese affannato Liu a Jack.
«Sì, io sto bene. Grazie. Comunque se ne sta occupando Masky.»
«Bene. Il rifiuto umano è qui.» disse Laughing Jack con odio. «Ci farai da spuntino?»
Annabelle aggrottò la fronte in segno di sfida. Non le erano mai piaciuti i clown, ma non per questo ne aveva paura. Ricordava bene il suo settimo compleanno: l’intrattenitore non uscì illeso dal campus.
«Piantala, Jack» Jane si avvicinò ad Annabelle e appoggiò le sue mani sulle spalle di lei. «Non ti è bastata la ramanzina di Slederman?»
LJ la squadrò, mentre Toby ridacchiò alle spalle del clown.
«Ehi ciao! Io sono Nina! Nina the Killer!» Una ragazza tutta pepe e vestita con dei colori insoliti e sgargianti si presentò all’improvviso ad Annabelle. «Adoro il viola, le calze a righe – come puoi vedere ne porto un paio rosse e nere – e anche le meches! Guarda? Oggi le ho fatte verde fluo! Sono fighissime! Sai, se diventeremo amiche le potrei fare anche a te!»
Annabelle cercò di non rimanere inquietata dalla ragazza biancastra e di restare al passo a ciò che stava dicendo, per quanto ne fosse in grado, e sorrise di tanto in tanto per risponderle.
«Oh! So che sei umana, ma chissene importa! Non sento nessun pericolo, sai? Sei strana! Sai, penso che tu sia…»
«Nina, credo che così possa bastare» la fermò Jane, sorridendo alla confusione di Annabelle. «Avrai il tempo di parlarle dopo che avremo finito con Jeff.»
«Oh, certo certo sorellona Jane! Hai ragione! Bene, dov’è sta latticino Jeff?»
«Masky è dentro» Hoodie si armò di ago e filo per richiudere le ferite di Jack. «Ma ho paura che non resisterà a lungo.»
Così come preannunciato, la porta si disintegrò nel momento in cui Masky venne lanciato su di essa fino a sbattere contro il muro.
«Come non detto.»
«Masky!» Annabelle era pronta ad avvicinarsi, ma si fermò appena vide che era tutto sporco di sangue nero.
«Maledizione… è diventato più forte. Sono riuscito a conficcargli un ago, ma non l’ho solo rallentato.»
«Vado io» si fece avanti Liu, tirando fuori i suoi coltelli corti.
Senza la porta che faceva da barriera, tutti poterono vedere lo stato pietoso in cui era ridotta la stanza. La carta da parati era imbrattata di sangue e quasi del tutto distrutta, così come lo erano la moquette e i mobili. Le uniche cose intatte erano le finestre.  Barcollante e ansimante, Jeff era al centro di quel disastro, con gli occhi furenti e diretti verso suo fratello maggiore Liu.
«Ti diamo una mano anche noi» si offrì Jane a nome di tutti.
«No. Voglio pensarci io.»
«Ed eccolo di nuovo. Liuccio si sta comportando da eroe» canticchiò Laughing Jack.
Liu ignorò il clown e avanzò nella stanza.«Jeff. È il momento di prendere la medicina» alzata la manica della felpa, prese una siringa che era attaccata ad un cinturino di pelle attorno al braccio. «Dopo una dormitina ti sentirai meglio.»
Controllato dalla follia, Jeff non rispose e caricò per attaccare. Liu parò ogni colpo con estrema facilità, in quanto i movimenti del fratello minore erano sconnessi e privi di tecnica, era tutto concentrato sulla forza bruta. Masky e EJ rimasero impressionati dalla leggerezza con cui combatteva Liu, ma ipotizzarono che vivendo assieme a Jeff da sempre, di fatto sapeva già come agire.
Perfino Annabelle ne rimase incantata. Seguì ogni singolo spostamento del biondo, che fossero i piedi o le braccia, tutto il corpo in sé si muoveva in armonia e con precisione. Poi guardò le espressioni: gli occhi di Liu erano concentrati sull’avversario incontrollato che aveva di fronte, ma non davano segno di cedimento, di preoccupazione o di paura. Paura. Con rammarico Annabelle ricordò nuovamente il suo scontro con Jeff e strinse con forza i denti e i pugni. Pur avendo promesso di non pensarci, provò vergogna e rabbia per la sua condotta e non poté far altro se non provare invidia e ammirazione davanti all’impeccabile stile di combattimento di Liu.
«Che cosa vedi, Annabelle?» l’arrivo di Slenderman fu una sorpresa per tutti, poiché nessuno sembrò aver avvertito la sua presenza.
«In che senso?» mentì.
«Come combatte ai tuoi occhi Liu
Annabelle osservò un ultimo attacco e rispose:«Liu non ha paura.»
Slenderman annuì. «Capisco. Quindi tu sei convinta che tutto sta nel non avere paura?»
«Non c'è altra soluzione.»
«E invece ti sbagli» toccata la spalla di Annabelle, Slenderman si mise in contatto telepaticamente con lei, trasmettendole ciò che sentiva.
La ragazza sussultò quando all’improvviso avvertì dei battiti di cuore che sovrastavano i suoi. Erano molto veloci. Fin troppo veloci. «Che cos'erano?» chiese non appena cessarono.
«Quello era il cuore di Liu che sta battendo in questo preciso istante
Incredula, Annabelle verificò osservandolo combattere.«Ma non è possibile. Non da segni di nervosismo o simili.»
«Solo perché non si vede, non significa che non lo sia. Ora,rispondi alla mia domanda» Slenderman si avvicinò al viso di Annabelle. «Pensi davvero che Liu non abbia paura?»
Annabelle lasciò che quella domanda si ripetesse nella sua testa, ma senza trovare una risposta. Abbassò lo sguardo, indicando la sua incomprensione.
«Prima che il loro CRP si risvegliasse erano veramente fratelli. Ironia della sorte, direi. Perciò, per forza di cose Liu è molto legato a Jeff.» Liu lasciò passare un attacco a vuoto e colpì il fratello sullo stomaco. «Liu teme per l'incolumità di Jeff. Non vuole fargli del male. Sta trattenendo tutta la sua forza. Ma come puoi vedere…»
Annabelle guardò in direzione del dito di Slenderman. Liu stava iniziando a sudare e a dare segni di stanchezza, a differenza di Jeff che sembrava essere più agguerrito di prima.
«Non resisterà a lungo.»
«Potranno fermarlo gli altri» rispose lei velocemente.
«No. Sarai tu a farlo
Annabelle si preparò a girarsi per opporsi, ma Slenderman le porse una siringa. L’etichetta recitava DOSE.
«Slenderman, cos’hai in mente?» intervenne Jane. «Annabelle non è pronta ad affrontare Jeff.»
«Sì che lo è
«Adesso ragioniamo, capo» si aggiunse Laughing Jack eccitato. «Così vedremo di cosa è capace la mocciosa e lasceremo che Jeff ce la tagliuzzi per bene prima del barbecue.»
«Taci, Laughing» gli ringhiò Jane.
«Sono d’accordo anche io» alzò la mano Clockwork.
«Clockwork!»
«Pensaci, Jane. Sempre meglio che portarla in missione con noi» lanciò uno sguardo a Slenderman che acconsentì. «Lì sì che non sopravvivrebbe.»
«Ma cosa vuole dimostrare, signor Slenderman?» chiese visibilmente in disaccordo Masky.
«Avere paura non significa non poter combattere» il padre delle Creepypasta si abbassò all’altezza di Annabelle. «Non basta aver imparato Aikido, Krav Maga e Taekwondo per essere forti.»
Un urlo di Liu fece voltare tutti quanti verso la stanza. Il giovane assassino era a terra con uno dei suoi coltelli conficcati nella spalla. Era arrivato al limite.
«Sta a te decidere. O rimani nella tua cosiddetta paura oppure dimostrami che al campus hai davvero imparato qualcosa.»
Annabelle si trovò nuovamente nella scomoda posizione di dover decidere. Quel primo giorno nella casa dei CRP sarebbe stato per lei indimenticabile. La testa le pulsava più forte del cuore e ogni arto tremava a sua insaputa. Non sapeva cosa fosse peggio: combattere con la bestia selvaggia o mantenere un profilo basso e quindi sopravvivere.
Avere paura non significa non poter combattere. Improvvisamente Annabelle si ricordò che anche suo padre, il generale Cherubi, glielo diceva ogni volta che si rifiutava di combattere contro un ologramma durante una simulazione di combattimento. Quel momento non era la stessa cosa, pensò, non si trattava più di un programma di allenamento, bensì della realtà. Ma d’altra parte, se un giorno avesse dovuto seriamente affrontare un CRP, come si sarebbe comportata? Come quel pomeriggio? No. Non poteva.
«Ok.» rispose semplicemente Annabelle.
«Annabelle, non andare!» si oppose Masky. «Ragazzi, andate voi!»
«Slenderman ha deciso così.» lo zittì Clockwork. «Così come abbiamo accettato la sua presenza, accettiamo il suo volere di questa prova.»
«Ho già detto che vado.» insistette Annabelle. «Andrà tutto bene.» sorrise a Masky.
L'ennesima caduta di Liu fu il segnale che aspettava la ragazza per poter entrare. Il giovane assassino al suo arrivo farfugliò qualcosa che Annabelle non capì e quindi ignorò, mentre l’assassino ribelle sogghignò divertito.
«Eccolo… l’essere umano. Oh, tu… sei l’essere umano anormale. Me li vuoi dare quegli occhi?» rise di nuovo.
Incontrare Slenderman. Lasciare il campus per sempre. Fare amicizia con un proxy. Entrare nella tana dei CRP. Cenare in mezzo ai CRP. Ad ogni passo Annabelle elencò tutti i momenti della giornata che superarono il limite dell’impossibile. Non era un modo per richiamare la frustrazione e la rabbia, ma era un modo per capire che la sua vita era ormai destinata a cambiare veramente, senza alcuna scusa. Piangere e rimpiangere non erano più ammessi.
Se è così che convinci le persone allora sei veramente un mostro, pensò Annabelle sorridendo e sperando che Slenderman potesse sentirla.
«Touché.» gli rispose nella mente l’uomo senza volto.
«Bene, Jeff. Sei pronto per il secondo round?»

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Capitolo 11
*** Il ritorno di Jeff ***


Annabelle tenne la siringa di Dose stretta tra le dita, concentrandosi sul soggetto, mentre il pensiero di quest’ultimo era solo di scuoiare viva l’ospite indesiderata.
Jane e Nina entrarono velocemente per aiutare Liu ad alzarsi e quindi medicarlo. «Liu, riesci a muoverti?» chiese preoccupata Jane.
«Sì, più o meno. Dovete fermare la ragazzina. Non ha nessuna possibilità contro mio fratello.»
«So sorry, Liu. Grande Capo non volere» disse mortificata Nina.
«Non riuscirà mai a batterlo! È imprevedibile.»
«Io confido nelle capacità di Annabelle.»
Liu squadrò grave Slenderman, accentuando il suo disappunto con uno sbuffo.
«Ragazzo mio. Credi in me come hai sempre fatto. So quel che faccio» cercò di consolarlo l’uomo senza volto.
«Ho altra scelta?» disse il biondo a denti stretti.
Intanto nella stanza, I due camminarono lateralmente uno nella direzione opposta all’altra. Annabelle studiò a fondo il campo di battaglia per evitare ostacoli inutili e assicurarsi punti a suo favore. Inspirato profondamente, la ragazza cercò di assimilare tutto ciò che aveva imparato. Fino a quel momento.
«Occhi belli… SARAI MIA!» in un impeto di euforia, Jeff corse con la lingua a penzoloni in direzione di Annabelle, che con un movimento fluido si scansò, lasciando che lui andasse contro i pezzi di legno dell’armadio distrutto.
«Caspita. Non male la ragazzina» annuì the Puppeter.
«Però c’è qualcosa di strano nei suoi movimenti.»
Incuriositi dall’affermazione di Eyeless Jack, tutti quanti si concentrarono su Annabelle. Braccia e gambe si muovevano ad un ritmo sostenuto. L’intero corpo era in armonia e ben adattato ad ogni singolo movimento. Ogni colpo di Jeff veniva perfettamente schivato e gli attacchi erano precisi ed efficaci. Nell’insieme, a tutti ricordava lo stile impeccabile di Liu.
«Amico! Ti sta copiando! Ha copiato il tuo stile!» urlò Toby arrabbiato, quantomeno sorpreso.
«È incredibile. Sembra davvero di vedere Liu combattere.»
«Ti sbagli, Clockwork. Lei è decisamente più veloce di me. Guardate.»
Jeff sembrava essere in difficoltà, poiché non riusciva a seguire al meglio le intenzioni di Annabelle o almeno ad intercettarle. Qualsiasi cosa facesse, la ragazza lo fermava con estrema facilità.
«In pochi minuti è riuscita a disorientarlo. Avrà anche copiato i miei movimenti, ma ci sta mettendo anche del suo» disse Liu sorridendo. «È formidabile.»
«Immagino che tu lo sapessi.»
Slenderman annuì a Jane. «L’ho osservata a lungo nei giorni in cui facevo visita al campo. La sua specialità è proprio riuscire a riprodurre lo stile di qualcun altro dopo un’attenta osservazione.»
«Come sempre hai un’ottima capacità di giudizio.»
«Ne dubitavi, mia cara?»
«Brutta stronzetta… Fermati, dannazione! FERMATI!» Jeff iniziò a perdere la pazienza e quindi a ad attaccare col coltello a vuoto, senza mai riuscire a colpire Annabelle.
«Temo che dobbiamo farla finita qui» disse la ragazza aggrottando la fronte.
«Sono io che lo devo dire! IO! HAI CAPITO?!» con tutto il fiato che aveva, Jeff urlò e si preparò per un affondo, ma venne preceduto da Annabelle che agilmente salì sulle sue spalle. Con una sforbiciata di gambe lo buttò a terra.
Jeff cercò invano di liberare dalla presa il collo dimenandosi. «Lasciami andare! Maledetta! LASCIAMI!»
«Non finché non avrai preso la tua medicina» facendo bene attenzione a non toccarlo e di non farsi toccare dal sangue infetto, Annabelle preparò la siringa e, aspettato il momento giusto, conficcò l’ago nella carne.
Jeff innalzò un urlo così forte, che Annabelle fu costretta a liberarlo. Aspettatasi un attacco improvviso alzò la guardia, ma abbassò le mani non appena vide che Jeff era ancora a terra in preda al dolore.
«Oddio, ce l’ha fatta. Ce l’ha fatta davvero!» esultò Jane incredula.
Tutte le Creepypasta presenti, eccetto Laughing Jack, si congratularono con Annabelle avvicinandosi a lei.
«Sei stata davvero formidabile! Credo proprio che inizierò ad abituarmi alla tua presenza» le disse Clockwork sorridendo.
«Lo sapevo che saremmo diventate amiche! Non vedo l’ora di giocare con te!» Nina saltellò emozionata.
«No! Annabelle deve giocare con me!» si intromise Smiley.
Un ulteriore urlo di Jeff fece ricordare a tutti che non era ancora finita. Liu subito si avvicinò al fratellino per soccorrerlo. «Ehi Jeff! Tranquillo. Ci sono qui io!»
«Fatelo smettere! Brucia! Non resisto!» implorò Jeff tenendosi le mani sul collo. «Non voglio! Fa male!»
Liu gli bloccò le braccia prendendolo per i polsi. «No, devi resistere! Lascia che la Dose faccia effetto!»
Jeff scosse più volte la testa piangendo: era un dolore insopportabile.
Slenderman intanto si era avvicinato ad Annabelle posandogli una mano su una spalla. «Ben fatto, Annabelle. Era proprio quello che volevo vedere.»
Malgrado la mancanza di un volto, Annabelle poté percepire un sorriso da parte di Slenderman. D’impulso ricambiò.
Il respiro di Jeff, inizialmente affannato, iniziò pian piano a rallentare, così anche i lamenti. Dopo qualche secondo Liu poté lasciare i polsi. «Jeff?»
Al suono del suo nome, Jeff si rivolse a Liu sorpreso, ma anche terrorizzato.«Che… cosa è successo?» chiese con un filo di voce.
Liu non poté non sorridere. Era finalmente tornato in sé. «Bentornato fratellino.»
Jeff vagò con lo sguardo per capire dove fosse, finché non incrociò gli occhi verdi del fratello. «Liu. Sei davvero tu?»
Annuì felice.
Finalmente libero dall’agonia, dagli occhi di Jeff scesero lentamente delle lacrime e lasciò che la sua bocca emettesse dei piccoli lamenti straziati. «Io continuavo a chiedere aiuto. Ho cercato di fermarmi, ma il mio corpo agiva da solo! E io vedevo. Ho visto quello che ho fatto in missione l’altro giorno, cosa ho fatto a EJ, tutto! Vedevo tutto contro la mia volontà!»
Quelle parole colpirono nel profondo sia Liu che tutti i presenti, persino Annabelle, che poté finalmente conoscere il vero Jeff.
«Urlavo a squarciagola, ma tutto ciò che usciva dalla mia bocca erano orribili risate! Io… io non ce la faccio più, Liu» con le forze che gli rimanevano, Jeff si alzò per prendere le spalle del fratello maggiore con le mani che gli tremavano. «Mi capisci? Non ce la faccio più! Uccidimi, ti prego! UCCIDIMI!»
Insostenibile per il suo cuore, Liu abbracciò Jeff forte a sé, che subito si lasciò andare in un pianto disperato affondando il volto nella sua spalla. «Devi smetterla di chiedermelo, stupido. Sai che non potrei mai farlo.»
Nella stanza calò il silenzio, di tanto in tanto spezzato dai singhiozzii del povero Jeff, mentre tutti gli altri abbassarono lo sguardo impotenti.
«Liu, c’è una stanza vuota in fondo  nell’altro corridoio. Potete stare lì» Ruppe il ghiaccio Slenderman.
«Grazie, Slenderman» preso in braccio Jeff, Liu si incamminò per uscire. Arrivato alla porta si girò verso Annabelle e disse con un sorriso:«Grazie per aver salvato mio fratello» e si avviò.
Per qualche strano motivo Annabelle si sentì lusingata e felice. Aveva veramente salvato la vita a qualcuno? Liu l’aveva veramente ringraziata? Più ci pensava, più non riusciva a smettere di sorridere.
«Cavoli,che giornata» tentò di sciogliere la tensione Eyeless Jack. «Non vedevo il nostro Jeff da un sacco di tempo.»
«La Dose ha finalmente fatto effetto. Nonostante i diversi sforzi precedenti il suo corpo si rifiutava sempre di riceverlo» Hoodie si avvicinò ad Annabelle.«Fino a quando non sei arrivata tu.»
Non sapendo cosa rispondere Annabelle si limitò  a rimanere in silenzio.
«Già. Ogni volta che gli iniettavamo la Dose lui la respingeva. Qual è il tuo segreto,bimba?» disse incuriosito Toby.
«Ecco… io non lo so. L’ho punto con la siringa come normalmente si dovrebbe fare. Tutto qua» rispose imbarazzata.
«Be’, sappi che quel Tutto qua dovrai usarlo almeno tre volte a settimana» ridacchiò Masky.
«Che vuoi dire?»
«Significa che da ora in poi dovrai iniettargli tu la Dose» annunciò Slenderman.
«Io cosa?!»
«Stai tranquilla. La Dose di questa sera basterà per tre giorni. Perciò» approfittando della vulnerabilità di Annabelle, Slenderman le sfiorò la fronte. La ragazza svenne tra le sue braccia, serena in volto. «Ora puoi pure riposarti
«Wo, hai usato la tecnica per far addormentare Sally e Ben» ridacchiò Masky.
«Conoscendola, non sarebbe riuscita a dormire. Tanto valeva darle una spintarella» con l’aiuto dei suoi tentacoli, Slenderman sollevò Annabelle, che già sonnecchiava. «È ufficiale. Da ora in poi Annabelle vivrà qui con noi.»
 
Il giovane soldato correva a perdifiato tra i cespugli lanciando un’occhiata dietro di sé ogni quindici passi. Era stanco ed assetato, se non anche impaurito dalla bestia che era sulle sue tracce.
La missione era iniziata da due ore e diversi suoi compagni erano già stati feriti, ma lui riuscì a sfuggire all’imboscata dei CRP, illeso. Nelle vicinanze, poté benissimo sentire le urla di altri soldati.
«Dannazione! Dove sono finiti tutti quanti?! Mi hanno lasciato da solo! Che vigliacchi!»
«Veramente il vigliacco qui sei tu.»
In preda al panico, il soldato alzò il fucile e sparò in direzione degli alberi.
«Dove cavolo miri?» Jeff arrivò alle spalle del ragazzo senza che se ne accorgesse e lo ferì sui polsi per fargli perdere l’arma.
«Ah! Bastardo!» gli urlò il poacher.
Pulita la lama del coltello con la felpa, Jeff lo puntò nuovamente al soldato ferito.«Mai quanto te. Ti ho visto, sai? Mentre Rake e Seed Eater si stavano divertendo con la tua squadra, tu hai pensato bene di metterti in disparte e scappare. Vigliacchi loro? Ma non farmi ridere» Jeff allargò il suo sorriso scarlatto divertito.
«Stai zitto!» come ultima risorsa, il soldato iniziò ad attaccare il CRP con calci veloci, ma senza raggiungerlo.
«Non te la cavi male, sai? Lo devo ammetter.» con un salto leggero, Jeff salì su un ramo. «Ma non sei pronto per un simile scontro» ritornato giù con un balzo, piazzò un bel calcio sulla mascella del soldato che svenne sul colpo.  «E con questo siamo a dieci Innocenti
«Quanti Colpevoli?» Liu sbucò da dietro un albero con uno sguardo di sfida verso il fratellino.
«E tu?» chiese di rimando Jeff.
«Ventuno.»
Jeff imprecò a bassa voce. «Mi hai battuto di due!»
«Be’, che ci vuoi fare. Sono più esperto di te.»
I due fratelli si diedero un cinque ridendo.
«È bello vederti sul campo come te stesso.»
«Anche per me. Sono felice di essere tornato. Penso… che dovrò ringraziare la marmocchia» Jeff si grattò la nuca. «Dopotutto è grazie a lei se sono qui. Ieri al mio risveglio dormiva ancora.»
«Temo che dovrai aspettare fino a dopodomani. Slenderman ha voluto farla riposare per tre giorni.»
Jeff alzò le spalle. «Pazienza. Vorrà dire che aspetterò.»
«Bene. Sarà il caso di raggiungere gli altri.»
«Aspetta, Liu» Prima che potesse iniziare a correre, Jeff lo prese per il polso. «Senti. È vero che a causa mia tempo fa hai smesso di… cacciare per un po’?»
Liu fissò Jeff negli occhi per poi distogliere lo sguardo.
«Liu, sai bene che non puoi farlo. Per molti CRP rimanere senza uccidere per un giorno equivale alla morte.»
«Be’, io sono leggermente diverso. Sono consapevole delle mie azioni. Uno come Laughing Jack potrebbe perdere il controllo, non di certo io.»
«Sai bene che non è così» Jeff sospirò prima di continuare. «Io so che lo hai fatto per quello che ti dicevo, ma… se mai dovesse succedere di nuovo non dimenticare chi sei, ma soprattutto cosa sei. Ok?»
Liu rifletté a lungo e, appoggiate la mani sulle spalle del fratello, disse:«È ovvio che so chi sono. Sono tuo fratello. CRP o meno. E questo non cambia.»
Jeff annuì allargando un sorriso imbarazzato, ma felice. Felice di poter combattere quella battaglia al fianco del suo unico vero fratello.
«Forza, fratellino. Torniamo a casa.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Ebbene, Jeff è tornato! Io sto cercando di tornare pian piano, anche perché ormai sono arrivata alla parte più bella e interessante a parer mio! E non vedo l’ora di continuare!
Spero che, per coloro che seguono la storia, stia piacendo e che continui a piacere!
Come sempre, segnalatemi qualsiasi tipo di errore che io subito lo correggerò!
Grazie mille!
A presto!

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Capitolo 12
*** Verità nascoste ***


Numerose barelle iniziarono a riempire l’infermeria. Un centinaio di soldati riportarono semplici ferite superficiali, mentre i restanti trecento diverse fratture. Quella notte medici ed infermieri lavorarono più di quanto non avessero fatto in un mese.
«Ma cosa succede oggi?!» si lamentò il dottor Dallas. «I CRP ci hanno dato dentro.» In mezzo a quella frenesia, il trentenne cercò di visitare più soldati possibili urlanti di dolore, ma felici di essere ancora vivi.
«Dottore! Dia un’occhiata!» una giovane infermiera volontaria chiamò Dallas agitando una mano. «La prego, venga qui!»
Facendosi largo, l’uomo si avvicinò alla donna ansiosa. «Che cosa succede?»
«Mi hanno detto di avvisarla appena li avessi visti e mi hanno assicurato che li avrebbe riconosciuti.»
Dallas si inforcò gli occhiali per analizzare per bene i profondi tagli indicati dall’infermiera, per poi toglierli e fissarla negli occhi. «È uno scherzo, vero?»
Lei scosse la testa confusa.
«Nervo mediano, ulnare e radiale. Tutti e tre recisi. Di entrambe le braccia!» disse il dottore in un impeto di eccitazione. «E la tecnica con cui sono stati fatti i tagli… è quella di Jeff. Jeff the Killer.»
«Davvero? Come fa a saperlo?»
«È tornato. Ed è anche migliorato. Quel bastardo!» sogghignò Dallas ignorando la donna.
«Dottore?» chiese lei spaventata.
«Fai portare tutti coloro che hanno questi tagli nel laboratorio numero sei. Mi raccomando! Devono essere gli stessi» ordinò l’uomo ancora sorridente.
L’infermiera obbedì chiamando i suoi colleghi tramite uno speciale comunicatore olografico da polso e subito diverse barelle si mossero.
«Dottor Dallas, posso sapere perché è così contento?» domandò l’infermiera seguendolo.
«Col tempo ho iniziato a registrare tutte le modalità di combattimento di tutte le Creepypasta o almeno le principali» si fermò da un soldato ferito, consigliando all’infermiere una fasciatura migliore. «E ho scoperto una cosa interessante.»
«E sarebbe?»
Tessera magnetica e furono dentro il laboratorio numero sei, dove una cinquantina di soldati si lamentava sul lettino.
«Ancora non so in base a cosa agiscano così, ma secondo una mia teoria loro uccidono chi ritengono che debba essere ucciso e feriscono chi deve essere risparmiato.»
«Non capisco» ammise la donna.
«Questo perché sei rimasta nell’ottica che i CRP vogliano solo uccidere. Preparate i laser medici!»
Tutti gli infermieri si prepararono ad indossare dei guanti specializzati nella riparazione di vasi sanguigni, tendini e nervi. Posizionati di fianco ai propri pazienti, posarono le mani sui polsi di questi ultimi. In pochi secondi, dei piccoli fasci di luce color indaco agirono sui nervi lesionati. Tutti i presenti, meno il dottor Dallas, rimasero shockati dalla velocità con cui vennero riparati, volgendo sguardi attoniti verso Dallas per avere la certezza del loro operato.
«Ma come è possibile? Non sono nemmeno passati dieci secondi! Il tempo minimo è di una quindicina di minuti!» urlò la donna.
«Come ti stavo dicendo, i CRP sanno chi uccidere e chi no, ma ci sono particolari CRP che feriscono in modo preciso e impeccabile, quindi facile da guarire. In questo caso abbiamo Jeff che mira perlopiù ai polsi» con un comando vocale ordinò che venissero mostrati i laboratori numeri otto e undici tramite ologrammi. «Poi abbiamo Homicidal Liu e Jane the Killer, che attaccano rispettivamente i tendini delle caviglie e dietro il collo per farli svenire. I proxy Masky e Hoodie, che si occupano di incrinare qualche costola e così via.»
«È incredibile.»
«Ce ne sono altre che lavorano in questo modo e altre no, ma gli obiettivi sono sempre quelli.»
«Ma questa è una teoria sbalorditiva! Allora è vero quel che si dice di lei!» esultò la giovane infermiera.
Dallas inarcò un sopracciglio. «E cosa direbbero di me, se posso permettermi?»
«Che oltre ad essere un medico molto stimato è anche un uomo capace di trovare soluzioni che smentiscono ogni pregiudizio. Ho letto il suo articolo dell’anno scorso e…»
«Questi elogi sono privi di senso. Chiunque sarebbe capace di esporre un’ingiustizia e quindi la sua relativa difesa, solo che non tutti hanno il coraggio di farlo» rispose seccato Dallas.
Il dottor Gregory Dallas non era modesto, ma non si era mai vergognato del suo lavoro o modo di fare e non si preoccupava di certo di ciò che la gente pensava di lui o dei suoi pensieri. Era sempre stato così, sin da quando entrò nella facoltà di medicina all'università, rivoluzionando quel campo con numerose teorie e invenzioni, tra cui i guanti sanitari laser, alla sola età di vent'anni.
Durante la sua carriera di medico e chirurgo ha continuato ad espandere la sue capacità fino al limite del possibile. Insoddisfatto dello studio del semplice corpo umano, si interessò ai CRP, decidendo così di lavorare per il campo militare. Scoprire la vera origine del mortale CRP era diventato il suo nuovo obiettivo.
«Sa, dovrebbe mostrare questa teoria ai generali! Per quale motivo ha rivelato tutto questo a me?»
«Sei Angela McCurry, dico bene?»
Annuì sorpresa.
«Tirocinante e volontaria al campus. Il motivo per cui io ti ho detto tutto è che sei inesperta, giovane e quindi facile da abbindolare. Non è una cattiva cosa, sia chiaro, ma semplicemente sei facile da far ragionare o comunque riflettere.»
Ricevute tutte le cartelle dei soldati appena guariti, Dallas le allungò ad Angela che per poco non cadde per il loro peso. Dottore e infermiera uscirono fianco a fianco per ritornare all’infermeria principale.
«Tutti i generali di ogni stabilimento hanno solo in testa la guerra e il concetto di CRP come nemici. Non si scomodano a pensare che dietro al loro operato ci sia ben altro.»
«Se ne parla così, significa che ci ha già provato.»
«Precisamente.»
«Assurdo. Come possono non approvare una simile teoria? Anche se ammetto di essere ancora perplessa. Infatti mi rimane un’ultima domanda.»
«Dimmi pure.»
«In base a cosa scelgono di uccidere?»
Il dottor Dallas si portò una mano fra i capelli ricci e rossi e sospirò. «È quello che voglio scoprire continuando a lavorare qui. Il campus nasconde un segreto e io voglio scoprirlo.»

Pur sentendo le palpebre pesanti, Annabelle si sforzò di aprire gli occhi, poiché la luce filtrata dalla finestra la invitava a svegliarsi. Il calore della trapunta la abbandonò non appena si alzò dal letto e un leggero brivido lungo la schiena la obbligò a strofinarsi le braccia con le mani.
Dopo qualche minuto, balzò giù dal letto disorientata, cercando di capire com’era arrivata nella sua stanza, ma soprattutto chiedendosi come si era messa il pigiama. L'unica cosa che riusciva a ricordare era Liu che la ringraziava per aver salvato Jeff, il resto era oscurità. Quanto aveva dormito? Chi l'aveva accompagnata quella notte? Più Annabelle se lo chiedeva, più il vuoto la irritava al punto da ignorare la cosa.
Arresasi, la ragazza si cambiò velocemente e, con la mano appoggiata sulla maniglia, prese tutto il coraggio che aveva per uscire.
Il corridoio era vuoto e silenzioso. Di tanto in tanto Annabelle si avvicinava alle porte sperando in un qualche sussurro, ma nulla. Arrivata alle rampe di scale, scese i gradini lentamente così da poter ammirare l'enorme quercia, il luogo segreto di Slenderman.
D'istinto Annabelle si toccò la fronte e ricordò ciò che le successe dopo aver miracolosamente salvato Jeff.
«Se stai pensando a quel che è successo tre giorni fa, è tutto vero.»
Annabelle riconobbe la voce, ma non volentieri, e alzò la guardia saltando gli ultimi cinque gradini.
«Oh, ma che bel salto felino. Vuoi un po' di latte, micetta?» Laughing Jack allargò un sorriso mostrando due file di denti perfettamente affilate. Al suo fianco ridacchiavano Laughing Jill.
«Che cosa volete da me?» chiese Annabelle diretta.
«Abbassa la cresta, umana» gracchiò Jill puntandole l’ombrello.«Solo perché sei sotto l’ala di Slenderman non significa che tu possa fare quello che vuoi.»
«Mi dispiace se la cosa non ti va a genio, ma non ci puoi fare niente» rispose la ragazza ironica.
«C’è qualcosa che puzza qui» disse alterato Jack. «Com’è che non hai paura di noi? Noi siamo i CRP. Il peggior incubo dell’intero pianeta. Smettila di fare la finta coraggiosa!»
«Non fingo di fare la coraggiosa. Inoltre, di che incubo parli? Io l’unica cosa che vedo sono due pessimi clown.»
«Chi hai chiamato clown?!» Jill caricò per attaccare Annabelle, ma i suoi calci non la raggiunsero, sicché la ragazza si era già spostata senza che se ne accorgesse. Tutti gli attacchi di Jill furono prontamente anticipati da Annabelle, sfoggiando le sue abilità, ma senza mai attaccare la CRP.
Laughing Jack, invece, era rimasto ad osservare attentamente ogni movimento di Annabelle: ne rimase veramente colpito. Quella notte, durante il combattimento contro Jeff, aveva avuto modo di ammirarla, ma non così da vicino. Ora ne era convinto. Slenderman aveva in mente qualcosa di grosso in serbo per lei.
«Tu piccola… se non avessi lasciato la mia motosega nella mia stanza a quest’ora ti avr-…»
«Avresti fatto cosa, Jilly cara?» sorprendendo i tre, Jeff si presentò uscendo dal suo nascondiglio che era l’albero.
Jill si allontanò per ritornare al fianco di Jack, mentre Annabelle abbassò i pugni, rimasta sorpresa per non aver avvertito la sua presenza, ma soprattutto il senso di pericolo del loro primo incontro.
Con le mani nelle tasche della sua felpa bianca, Jeff si mise davanti ad Annabelle sussurrandole di stare bene dietro a lui.
«Ma guarda. Jeffrey caro, sei mattiniero» Laughing gli si avvicinò per accarezzargli i capelli. «Sai, è così strano vederti con i capelli puliti tre giorni di fila. Di solito te ne fregavi.»
«Non ero me stesso» gli rispose il ventenne con calma. «E tu lo sai.»
«Balle. Il Jeff originale non si laverebbe mai» prese tra le dita nodose le guance di Jeff, Jack le fece passare sulle ferite. Il sangue fresco gli sporcò le bende bianche di nero e rosso. «Di conseguenza dovresti farlo anche tu.»
«E qui ti correggo io» disse Jeff cercando di allargare un sorriso. «Io non sono Jeffrey Woods. Io sono Alan Gaver.»
Jack abbassò gli zigomi, trasformando il ghigno in una smorfia di rabbia. Allungato il suo arto, sbatté Jeff sulla corteccia dell’albero facendogli sputare sangue. «Sai, eri molto più divertente quando eri fuori di testa. Almeno non rompevi le scatole.»
«Jack smettila! Non puoi rovinare l’albero di Slenderman così!» lo ammonì Jill spaventata. «Si arrabbierà!»
«Che si arrabbi pure. Tanto lo è già. Non c’è due senza tre, no?» Jack abbassò la mano per afferrare il collo di Jeff.
Avvertite le unghie del clown, il giovane killer provò a liberarsi invano. «Che sia chiaro, io credo in ciò che mi ha insegnato Slenderman finora, ma confido anche nel fatto che purtroppo noi non siamo più esseri umani.»
«Lascialo stare!» gli urlò Annabelle.
«Siamo CRP» continuò Jack ignorandola. «Tutti quei bei discorsi sulle emozioni e sul codice per me diventano stronzate ad un certo punto. Non so se mi spiego.»
«Tutte le cose che hai detto finora sono stronzate» disse Jeff con un filo di voce.
Pochi secondi di silenzio divisero i due, finché Laughing Jack non iniziò a ridere, ritornando ad essere il clown euforico e psicopatico di sempre. «Oh, my little Jeff. Ogni giorno sei una sorpresa, lo ammetto. Mi mancava sentirti parlare come Liu.»
Lasciato libero, Jeff scivolò sulla corteccia fino ad arrivare a terra, tenendosi una mano al collo.
«Va bene. Per questa volta la finiamo qui. Mi sono divertito abbastanza» Jack si voltò verso Annabelle, che subito lo squadrò grave. «Sai, Annabelle. Hai davvero dei bellissimi occhi e lasciatelo dire: sei veramente una ragazza molto forte.»
Annabelle rilassò i muscoli della faccia e fissò Jack incredula.
«Benvenuta nella famiglia, sorellina» disse il CRP bianco e nero, prima di andarsene portando via con la forza Jill, ancora iraconda nei confronti dell’umana.
Rimasti soli, Annabelle si avvicinò a Jeff. «Stai bene?» gli chiese.
«Sì… Non ti preoccupare» Non appena i loro occhi si incontrarono, Jeff rimase incantato davanti al colore particolare della ragazza. Ne aveva visti di occhi viola tra i suoi coetanei, ma per qualche strana ragione su Annabelle era di tutt’altro effetto. Non era un semplice viola fisso, era come se milioni di sfumature danzassero intorno alla pupilla, costringendo chiunque la guardasse negli occhi a fissarli. Che sia questo il motivo per cui Slenderman l’ha portata qui? Pensò Jeff. «Hai… veramente dei bei occhi.»
Annabelle distolse lo sguardo imbarazzata. «Grazie.»
Jeff tossicchiò due volte prima di alzarsi in piedi. «Non preoccuparti per Laughing Jack. In realtà lui ti ha già accettato. Questo è solo il suo modo di accoglierti. È lunatico.»
«Ah, capisco» rispose senza guardarlo.
«In quanto a Jill, be’… credo ci vorrà un po’ di tempo. Un po’ come altri. Porta pazienza, dopotutto sono passati solo tre giorni.»
Inconsciamente Annabelle si voltò verso Jeff. «Come sarebbe a dire tre giorni? Vuoi dirmi veramente che io… »
Annuì. «Hai proprio dormito tre giorni.»
«Ma come è possibile?»
«È opera di Slenderman. Ha voluto che tu ti riposassi dopo… » s’interrupe brevemente «avermi salvato.»
Imbarazzati, entrambi si lanciarono sguardi di sfuggita, non sapendo cosa dire.
«Di nulla. È stato un piacere.»
«No, non lo è stato. Ti faccio paura.»
«Ora non più.»
«Come fai ad esserne sicura?»
Annabelle avvicinò piano la mano verso la corteccia e chiuse gli occhi. Si ricordò della prima volta che vide l’albero assieme a Masky, mentre le raccontava di Slenderman che era solito contemplarlo. Alla fine, sorrise e disse:«Lo so è basta.»
Jeff la fissò coi suoi occhi privi di palpebre e ridacchiò divertito.« Oddio. Sei un soldato davvero interessante.»
«Ormai io non sono più un soldato. Faccio parte dei CRP. Credo.»
«Credi? Diventi sempre più divertente! Sei sopravvissuta per quattro giorni, direi che lo sei a tutti gli effetti.»
Un profondo brontolio fece arrossire violentemente Annabelle. Era il suo stomaco.
Jeff non riuscì a trattenersi e si lasciò andare ridendo a più non posso.
«Non c’è niente da ridere! Non tocco cibo da tre giorni, no? Mi sembra normale!» si arrabbiò Annabelle, ancora rosso in volto.
«Scusa! Ma davvero non ce la posso fare! Sei un vero spasso!» Jeff si tenne una mano sullo stomaco, mentre l’altra la mise su una spalla di Annabelle. «Forza, signorina Non-sono-più-un-soldato. Andiamo a fare colazione.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Capitolo un po’ corto, ma… serviva giusto per introdurre il personaggio di Gregory Dallas che… be’, niente spoiler! :)
Bye bye!
 
Cassandra

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Capitolo 13
*** Iniziazione ***


Annabelle non si lasciò sfuggire neanche una briciola delle frittelle. Il succo d’arancia, fresco e dolce, scivolava liscio come l’olio in gola fino all’ultima goccia. Era proprio quello di cui aveva bisogno: una bella colazione sostanziosa.
«Piaciute?» chiese Jeff sogghignando. «Masky ne sarà felice.»
La ragazza si irrigidì di colpo, non appena si accorse che stava pulendo il piatto con le dita. Imbarazzata, ritrasse la mano.
«Oh, andiamo. Eri di una tenerezza infinita.»
«Smettila» mormorò Annabelle.
«Giusto, scusa. Non è così che si fanno nuove amicizie. Ricominciamo da capo. Vuoi?»
«Posso farti una domanda?»
Il CRP allargò le braccia. «Spara.»
Guardatasi attorno, Annabelle scrutò perplessa i tavoli vuoti e spogli e domandò:«Come mai ci sono solo io a far colazione?»
Jeff alzò le spalle. «Semplice. Perché tutti gli altri l’hanno già fatta. Si sono svegliati presto perché oggi è il giorno degli allenamenti.»
«E perché non sei con loro?»
Jeff allungò  una mano verso il piatto per finire le ultime ditate di sciroppo d’acero. «Ordini del capo. Voleva che mi occupassi di te. E direi che ha fatto bene» schioccò la lingua irritato. «Dannato Laughing Jack. Ti aveva proprio messo gli occhi addosso. Comunque non penso che ti creerà altri problemi.»
Annabelle forzò un sorriso,ricordando il complimento inaspettato del clown. «Mi chiedo… se mai andrò a genio a tutti gli altri.»
«Be’, non contando Slenderman vai a genio a Masky e Hoodie. Poi ci sono Liu, Jane, Smile Dog e Sally. Forse anche Eyeless Jack, ma lui è indifferente. Si adatta a qualsiasi cosa» all’ultima leccata Jeff si schiarì la voce. «E… vai a genio anche a me.»
Annabelle addolcì il sorriso e annuì. «Grazie.»
«E di che? Sono io che ti devo ringraziare. Mi hai davvero salvato la vita.» Jeff superò il tavolo con un salto per sedersi vicino ad Annabelle e prenderla per il collo con un braccio. «Stai tranquilla. Ora il numero di persone che ti considerano parte della famiglia sta sulle dita di due mani, ma col tempo vedranno il tuo potenziale e ti accetteranno. Senza fare storie.»
«Il mio potenziale?»
«Oh, tu ne hai da vendere, ragazzina. Fidati.»
Quella pelle biancastra, i bulbi oculari fuori dalle orbite e quel sorriso scarlatto che avevano terrorizzato Annabelle tre giorni fa erano diventati nel giro di un’ora la migliore compagnia che potesse desiderare in quel momento. Dopo aver lavato i piatti, Jeff mostrò alla nuova sorellina le altre stanze comuni a tutti, tra cui l’enorme soggiorno, la sala dei giochi dei ragazzi posta nel secondo corridoio del primo piano e la mansarda. Il resto delle stanze venivano usate per tenere alcuni computer o come librerie.
«Non sarà come la tecnologia sofisticata del campo, ma per noi questa è casa» annunciò Jeff fiero.
«Io la trovo fantastica» rispose entusiasta Annabelle. «C’è altro da vedere?»
Jeff ci pensò su. «Ci sarebbero i sotterranei, ma non spetta a me mostrarteli. È compito di Slenderman. Io ti ho mostrato solo la casa di giorno, non so se mi spiego.»
«I sotterranei?» ripeté curiosa la ragazza. «E cosa c’è lì?»
«Te l’ho detto. Non spetta a me farteli vedere. È… complicato.»
«Come se tutta questa faccenda non fosse abbastanza complicata» rise quasi sofferente.
«Senti, te l’avrà detto Slenderman o anche Masky un sacco di volte, ma c’è un motivo se tu ti trovi qui. Non è stato un caso.»
«Fin qui c’ero arrivata» disse lei ironica.
Jeff le prese la mano, sorprendendola. «Bene. Allora non farti troppe domande.»
«Dove andiamo ora?» chiese Annabelle. La mano di Jeff tremava. «Jeff?»
«Ecco… l’effetto della Dose finirà fra qualche ora» rispose lui grave. La ragazza si zittì all’istante. «Avrei bisogno che me la iniettassi.»
Annabelle annuì, ripetendo tra sé e sé le parole di Slenderman di quella notte. «Certamente.»
 
Masky alzò gli occhi al cielo e sospirò per la quinta volta. La sua attenzione, che doveva essere tutta rivolta a Slenderman, era invece attirata all’idea che Annabelle si fosse finalmente risvegliata.
«Terra chiama Masky. Non è il momento di pensare alla tua bella, la potrai rivedere a lavoro finito.» lo ammonì Hoodie sventolandogli una mano davanti agli occhi.
«Ma di quale bella parli?»
«Sì, nega pure. Tanto ho capito che sei attratto da lei. Peccato che verresti considerato un pedofilo.»
Sotto la maschera nera Masky arrossì violentemente dalla vergogna.
«Oh, amico. Quel rosso buca la maschera, lo sai?»
Involontariamente,  Masky si portò le mani al volto. «Smettila, Hoodie!»
«Vedete di calmarvi, voi due. Rimanete concentrati.» ordinò Slenderman attraverso la telepatia. I due proxy obbedirono, riportando gli occhi sui nuovi arrivati al campus.
Come ogni settimana, Slenderman, sotto le vesti del signor Kuro, accompagnato dai due servitori vestiti di bianco, si occupava dell’accoglienza di soldati molto speciali da lui stesso selezionati.
«Signor Kuro, vedo che questa volta ha aumentato il numero» dichiarò il generale Cherubi al suo fianco. «Posso sapere perché?»
«Inutile lasciarli dov’erano. Almeno qui potranno sfogarsi o comunque rendersi utile. Non trova?»
Annuì massaggiandosi il mento. «Se è un inferno lì, qui non è poi così diverso. Concordo in pieno con lei.»
«Inoltre, loro sono sacrificabili» disse Slenderman sicuro di sé.
«Sa, le devo confessare che quando una decina di anni fa mi aveva proposto questa soluzione, non ero molto d’accordo.» disse Cherubi portandosi le mani dietro la schiena. «Trovavo l’idea eticamente scorretta.»
«E come mai ha cambiato idea?»
Una lunga pausa separò i due uomini. «Perché anche noi siamo eticamente scorretti.»
Slenderman volse la maschera oni verso Cherubi. «Si spieghi meglio.»
«Lei non trova questa battaglia, questa guerra… inutile?»
Silenzio.
«Cosa ci porta ad attaccare i soggetti infetti quando loro in realtà non hanno colpa? Delle volte ci penso e me ne vergogno. Decisi di mia spontanea volontà di entrare nel campo, ma di certo non per uccidere i CRP solo per il gusto di farlo.»
«E allora perché l’ha fatto? Se posso permettermi» chiese Slenderman.
«Io credo che ci sia un’altra soluzione oltre alla violenza» si interruppe.« È palese che loro non lo facciano perché vogliono, bensì perché ne sono costretti.»
Masky e Hoodie, pur essendo girati verso la folla di nuove reclute, poterono sentire la conversazione e percepire lo stato d’animo di Slenderman.
L’uomo senza volto era rimasto colpito dalle parole del generale, provando anche ammirazione nei suoi confronti. Tuttavia, si accorse che stava per esultare troppo presto.
«Ho sempre pensato questo e lo faccio tuttora, ma poi… se ripenso a quel giorno...» Cherubi strinse i pugni fino a sbiancare le nocche. Il ricordo di quella notte ritornò vivido nella sua mente, amaro e con il sapore ferroso in bocca. La sensazione della pelle fredda della sua amata Stephanie tra le sue braccia rievocò quella insana rabbia e il profondo odio che provò verso i CRP. Aveva quasi perso del tutto la ragione, poiché tutto ciò che pensava in quel momento era eliminare chiunque avesse fatto quell’atrocità, ma subito rilassò i muscoli, appena il suono del pianto della speranza riecheggiò dai ricordi. Annabelle. La sua piccola Annabelle avvolta in un lenzuolo bianco e abbandonata nei pressi del campo, chiamava lui, con tutta la voce che il suo corpicino esile aveva.
Con cautela, Slenderman aveva usato le sue abilità per poter intercettare i pensieri del generale. Gli si strinse il cuore.
«Purtroppo siamo esseri umani. Ipocriti fino al midollo» riprese Cherubi sorridendo. «Non ci è facile dimenticare un torto subito, ma nemmeno un dono dal cielo.»
«Presumo si riferisca ad Annabelle» disse Slenderman con falsa ingenuità.
Annuì, intristendosi. «Posso chiederle una cosa?»
«Mi dica.»
«Annabelle. Come sta?»
«Si è ambientata bene. Ha ancora qualche difficoltà a fare nuove amicizie al collegio, ma ci sta lavorando.»
Con le mani dietro alla schiena, Cherubi gonfiò il petto per nascondere la sua felicità e, senza scomporre la sua immagine di generale, disse:«Bene. Ne sono felice.»
«Ora è abbastanza impegnata con lo studio. Dopotutto deve recuperare non poche materie, ma appena ne avrà occasione chiamerà.»
Gli occhi dell’umano si illuminarono dalla felicità. «Non vedo l’ora.»
«Anche lei.»
Tra i due uomini calò un breve silenzio, spezzato dai brusii dei nuovi ospiti. «Mi deve promettere una cosa.» parlò Cherubi. «La prego di essere un buon padre. È stato difficile per me separarmi da lei, ma d’altra parte sarebbe stato ingiusto nei suoi confronti, dato il suo passato, signor Kuro.»
Slenderman annuì, volgendo lo sguardo verso gli ultimi dieci neo-soldati.
 «Se scopro che le fa del male, giuro sulle mie medaglie che non la passerà liscia.»
Slenderman sogghignò divertito. «Me lo ricorderò, generale.»
 
Arrivati nella stanza di Jeff, Annabelle iniziò subito a prepararsi per l’iniezione. Diversamente da quella sera, questa volta si assicurò di avere tutto l’occorrente necessario: disinfettante, siringa e cosa più importante la fiala di Dose.
Jeff sussultò, appena Annabelle tirò su lo stantuffo e vide salire il liquido giallastro. «Sembra piscio.» cercò di nascondere la sua preoccupazione.
«Cos’è, hai paura?» chiese la ragazza mentre tirava fuori l’aria in eccesso.
«Se ti dico di sì cambia qualcosa?»
Annabelle non rispose e si limitò a sorridergli dolcemente. «Stai tranquillo. Sarò la più delicata possibile.»
Agli occhi del giovane killer quella minuscola siringa appariva come l’arma bianca più letale di sempre, vogliosa solo di tagliare la sua carne. Nonostante ormai fosse ritornato alla normalità, quell’immagine era rimasta impressa nella sua mente. Il panico iniziò a manifestarsi attraverso un violento attacco di tachicardia. «Annabelle, non credo di essere pronto. Possiamo…»
«Poche storie, Jeff. Se aspettiamo oltre potrebbe succedere di nuovo. E tu non vuoi, vero?» Annabelle si sedette sul letto vicino al ragazzo spaventato, fissandolo dritto negli occhi.
Di nuovo Jeff si incantò davanti a quel viola danzante, a quei vortici irreali, ma meravigliosi e il suo cuore riprese a battere regolarmente.
«Si tratta di una questione di pochi secondi. Non te ne accorgerai nemmeno» gli disse Annabelle facendolo ritornare alla realtà.
«Ne dubito. Il tempo da battere è di un’ora.»
«Ti sbagli. Il tempo da battere è di dieci minuti. Ricordi il nostro scontro?» Annabelle sorrise soddisfatta. «E… credo proprio di averlo appena battuto.»
«Cosa?»
Annabelle divise il loro contatto visivo portando davanti agli occhi di Jeff la siringa completamente vuoto.
«Ma… non è possibile.» balbettò confuso lui. «Non ho sentito niente!»
«Te l’avevo detto di stare tranquillo.» con lo sguardo indicò il punto in cui aveva iniettato la Dose. Un piccolo foro nero sull’avambraccio sinistro attirò l’attenzione di Jeff.
«È incredibile. Ma come hai fatto?»
«È una semplice iniezione sottocutanea.» rispose lei semplicemente.
«Se lo dici agli altri con lo stesso tono sarcastico, ti ucciderebbero di sicuro.» ridacchiò Jeff.
«Poco ma sicuro.»
I due ragazzi ridacchiarono divertiti, lasciando che il ricordo dell’iniezione passasse in secondo piano, ma l’arrivo di Liu zittì bruscamente quel liete momento fra i due.
«Liu, ciao!» lo salutò Jeff agitando un braccio. «Che si dice?»
Il biondo alzò un sopracciglio, e scosse la testa ridendo. «Ma bene. Vedo che gli hai dato la Dose» osservò la manica della felpa del braccio sinistro arrotolata del fratello. «Ben fatto, Annabelle.»
«Di niente.» rispose la ragazza semplicemente.
«Be’, direi che hai finito di fare colazione. È il momento di un buon allenamento.» Liu sorrise allargando le suture oltre gli zigomi. «Anche se dubito che ti serva.» si rivolse verso Annabelle.
«Liu, lei ha bisogno di memorizzare i nostri percorsi.» si intromise Jeff grave. «Potrebbe anche essere una valida combattente, ma sarebbe completa conoscendo la Black Forest.»
«Rilassati fratellino. Scherzavo. »
«Bene. È deciso. Annabelle, è il momento di renderti ufficialmente una CRP. Sei pronta?»
Annabelle annuì decisa. «Sì, Jeff. Sono pronta.»
«Non così in fretta, little Jeff.» occhiali da sole alla John Lennon, un boa di piume fucsia e trucco mal assortito. Nina the Killer entrò in scena saltando su un tavolo, con la bocca a papera e una ridicola posa da pseudo-detective.
«Nina… Cosa cavolo stai facendo?» chiese Jeff inorridito. «Dove hai trovato quel boa?»
«L’ho preso in prestito da Toby» rispose Nina abbassando gli occhiali dal ponte con un indice e sogghignando davanti all’incredulità dei due fratelli. « Prima che sorella Annabelle si alleni a diventare una CRP, deve innanzitutto sembrare una CRP. Non so se mi spiego.»
Annabelle guardò prima Jeff e poi Liu, confusa. «Devo… travestirmi?» osò Annabelle.
«Bingo
«Parli sul serio?» domandò Liu squadrando la CRP pazzerella.
«Oh andiamo! È una cosa importante, no? Non deve essere riconosciuta! È Annabelle! A-N-N-A-B-E-L-L-E! Mi spiego?»
«Veramente no.»
«Concordo con Liu» ne convenne Jeff.
«Maschi» disse Nina con falso disgusto. Superati i due, prese per mano Annabelle. «È il momento di farsi belle, bella.»
 
Le dita del dottor Dallas scorrevano veloci sulla tastiera virtuale, quasi anticipando le parole stesse. Annuendo e ridendo, non si lasciò sfuggire nessun particolare di quei tre giorni. Finalmente, dopo diverse settimane, poteva aggiornare il suo diario riguardante i CRP.
«Dottor Dallas, vuole del caffè?» chiese gentilmente Angela.
«Decaffeinato?»
«No.»
«Zucchero?»
«No.»
«Perfetto. Sul tavolo.»
Spostati diverse scartoffie, l’infermiera appoggiò con cautela la tazza fumante, buttando un occhio sullo schermo. «Sta ancora scrivendo il fatto che Jeff sia ritornato?»
«Assolutamente sì.»
«Ma perché è così importante?»
Gregory allungò una mano verso la tazza e bevve un sorso bollente. «È una domanda retorica, vero?»
Angela scosse la testa. «Temo di no.»
Dallas scivolò con la sedia sbuffando per raggiungere un'altra postazione. Digitati tutti i codici di sicurezza aprì una finestra proprio davanti alla donna. Una serie di filmati registrati da diversi soldati mostrarono un Jeff violento e assetato di sangue. Lei ne rimase inorridita.
«Questo è Jeff diverse settimane fa, mentre questo»,aprì l’ennesima finestra che proiettò un Jeff sano di mente e con il pieno controllo del suo corpo,«è quello della notte scorsa.»
«Ma… sembrano due persone completamente diverse.»
«Almeno su questo siamo d’accordo entrambi. Ora. Il motivo per cui Jeff è così importante è perché a differenza di molti altri CRP lui reagisce in un modo diverso nei soggetti infetti. Mi spiego meglio.» stoppati i filmati, il dottor Dallas aprì una nuova finestra, illustrando diverse foto con tanto di biografia. Angela ne contò ad occhio un centinaio, se non di più.
«Chi sono tutti questi ragazzi?» chiese lei sorpresa.
«Quelli che vedi sono i Jeff precedenti a partire dal 2016.»
«Oddio. Ce ne sono  stati così tanti?»
«Ci ho messo molto a raccogliere tutte queste informazioni, che fortunatamente ho preso legalmente e indovina perché?»
Angela ci pensò su . «Perché… a loro non interessa?» rispose insicura.
Gregory schioccò le dita. «Un po’ vaga, ma ci sei andata vicina. Ovviamente non è perché è Jeff, ma perché è un CRP. A nessuno importa - e sottolineonessuno – chi fosse o per meglio dire quanti fossero le vittime del virus.»
«Tutti tranne lei.»
«Precisamente.» con un indice fece scorrere le foto, evidenziando le date di nascita e di morte.
«Oddio. Sono… sono tutti dei quindicenni.» disse Angela portandosi le mani alla bocca incredula. «È orribile!»
«Così narra la leggenda. Jeff the Killer era un quindicenne quando perse la ragione e di conseguenza lo erano anche loro.»
«La prego, mi dica che c’è un errore. Loro non possono essere morti… nel giro di pochi anni se non anche mesi.» disse la donna con la voce tremante.
Il dottor Dallas si girò verso Angela. Gli occhi di quest’ultima erano lucidi davanti a quelle foto. L’idea che quei poveri ragazzi avessero perso la vita così giovani le si stringeva il cuore. Senza indugio l’uomo le si avvicinò, consolandola con un bacio sulla fronte. «Vorrei tanto dirlo, ma sarebbe una bugia.» con un pollice le asciugò una lacrima.
«Perché?» chiese l’infermiera scuotendo la testa. «Perché è successo tutto questo? Che cos’hanno fatto di male?» singhiozzò appoggiandosi al dottore.
«Come ho detto, il CRP di Jeff reagisce in modo diverso. È molto probabile che tutti questi ragazzi avessero rigettato il virus e di conseguenza siano morti. Non hanno sopportato la sua insanità mentale.» rispose lui dandole delle pacche sulle spalle.
«Non è giusto.» disse lei stringendo i denti. «Non è giusto…»
Gregory si staccò da Angela e si abbassò alla sua altezza. «Ora come ora non esiste il giusto e il sbagliato. Dipende tutto dai punti di vista. Non lo dico per cattiveria, semplicemente sono realista. È successo, punto. Tutto ciò che possiamo fare è andare avanti, ricordandoci sempre di non fare dell’erba un fascio. Mi spiego?»
Angela si asciugò le lacrime con i palmi delle mani. Nonostante fosse freddo e severo, sapeva che il dottor Dallas aveva ragione. «Non fare dell’erba un fascio. Sì, ho capito.» tirò su col naso.
«Bene. E visto che sei ufficialmente la mia assistente, diamoci da fare.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Mi dispiace per l’ennesimo ritardo, ma purtroppo sono successe delle cose molto spiacevoli che mi hanno e tuttora stanno segnando. Non sono molto in vena di scrivere, ma facendolo almeno evito di pensarci.
Scusate ancora.
Alla prossima!
 
Cassandra

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Capitolo 14
*** Nulla è dato per scontato ***


«Perché ci mettono tanto?» chiese Jeff a denti stretti e visibilmente arrabbiato. «Fra poco gli allenamenti finiranno e ancora non si sono fatte vedere.»
Liu controllò per la quinta volta il suo orologio. Erano passati ben quarantacinque minuti. «Concordo, fratellino.»
«Quella pazza di Nina. Che ci vuole a vestirla?! Basta qualcosa che non mette di solito,no?» borbottò Jeff.
«Ovvero qualunque cosa meno una divisa da poacher» ridacchiò Liu.
«Sempre che non decida di fargliela indossare.»
«Improbabile. Nina è pazza, non stupida.»
Jeff sbuffò per l’ennesima volta e iniziò a camminare avanti e indietro, finché il fratello non ruppe il ghiaccio. «Che ne pensi?»
«Riguardo a cosa?»
«Annabelle.»
Il ventenne incrociò le braccia al petto. «Che è una ragazza molto forte.»
Liu sogghignò divertito. «In effetti. Te le ha suonate.»
«Non parlavo di questo.»
Il fratello maggiore fece sparire all’istante il sorriso, poiché l’espressione preoccupata del fratellino lo contagiò.«E allora di cosa?»
«Come può una ragazzina così decidere di punto in bianco di venire a vivere con noi? È assurdo. A meno che Slenderman non l’abbia…»
«Ricattata? È così che è successo.»
Jeff sgranò gli occhi, per quanto lo fossero già fin troppo, gli occhi incredulo. «Che cosa?! Ma andiamo! Slenderman non lo farebbe mai!»
«E invece è così. Me lo ha detto Masky ieri. E se lo dice lui, allora è così.»
«Pazzesco… E perché?»
Liu fece spallucce. «Questo non lo sa nemmeno lui. Ma dopo la dimostrazione delle sue capacità di tre giorni fa è ovvio che Annabelle è qualcosa di veramente speciale.»
«E su questo non ci piove!» Nina balzò da un albero con un salto felino, atterrando sulla schiena di Jeff.
«Ma che caz-… Nina! Scendi subito!»
«Uuuuh, come siamo scorbutici. Presa la Dosetta, little Jeff?» la ragazza iniziò a giocare con i capelli di Jeff e, evitando i colpi a vuoti del ventenne, lo bloccò coprendogli la testa con il cappuccio della sua felpa.
«Dannata, se ti prendo!»
«Hai tutto il tempo per giocare con me, Jeffrey. » Nina si alzò dal ragazzo e si schiarì la voce. «Ora ti invito a concentrarti sulla nostra piccola Annabelle. O vorrei dire…»
Dallo stesso albero scese una ragazza della medesima agilità, forse più aggraziata, che i due ragazzi faticarono a riconoscere a prima vista.
Alzatasi in piedi, l’occhio sinistro dorato attirò la loro attenzione, seguito dalla mezza maschera in ceramica che copriva una buona parte del lato destro del viso, con l’occhio tappato di tessuto nero. Mani e piedi erano fasciati con bende bianche. Portava un paio di leggings neri, una maglia rossa attillata a maniche lunghe e una lunga sciarpa gialla che partiva da collo per poi formare una X sul busto e attorcigliarsi alla vita.
«Zoe the Copycat!» presentò Nina agitando le braccia.
«Annabelle?» sbottò Liu incredulo.
La ragazza arrossì violentemente, coprendosi il più possibile con le braccia e annuì.
«Wow. Sei praticamente irriconoscibile» le si avvicinò Jeff. «È una parrucca questa?»
«È… di Nina» rispose Annabelle timida. «Che… cosa ne pensate?»
I due fratelli si guardarono in silenzio ed annuirono. «Per me può andare» confermò Liu.
«Già. La lente dorata poi è un tocco di classe. Nina’s style
«Modestamente» Nina s’inchinò davanti a Jeff.
«Mi da un po’ fastidio» si lamentò Annabelle strizzando l’occhio. «Ma credo che mi ci abituerò.»
«Giusto. La cosa più importante è che conciata così nessuno ti riconoscerà» le disse Liu sorridendo. «Bene. Purtroppo gli altri faranno ritorno a casa adesso, ma noi abbiamo tempo fino all’ora di cena per illustrarti i nostri percorsi e allenarci. Bastiamo noi tre. Che ne dici, Zoe
Al richiamo, Annabelle alzò la testa ed annuì. «Certo. Sono pronta.»
«Perfetto. Allora stacci dietro» disse Liu, per poi iniziare a correre.
Il primo ad accorgersi delle quattro presenze che si addentravano nella Black Forest fu Masky, che subito si girò adocchiando un caschetto argentato sparire tra i cespugli. «Ma quella parrucca… è di Nina» si disse insicuro. «E quella mezza maschera…»
«È una delle tue vecchie maschere» continuò Slenderman al suo fianco. «Nina ha avuto la brillante idea di usarla per il travestimento di Annabelle
«Oh, quindi era Annabelle. Non l’avevo proprio riconosciuta.»
«Come è giusto che sia
«A giudicare da dove corrono le stanno facendo vedere i nostri percorsi.»
«È un buon inizio
Il proxy sospirò prima di iniziare a parlare.«Signor Slenderman, in questi giorni fatico a capirla, lei prima…»
«So a cosa stai pensando. Ti ho appena letto nella mente. Ho semplicemente compreso di essermi lasciato trasportare dall’emozione. Aspettavo tanto questo momento
«Annabelle ha quindici anni. Tecnicamente è ancora una ragazzina. Tutta questa storia per lei deve essere una follia! Ha corso un po’ troppo!»
«Ipocrita» si intromise E.J. grave. «Quello che stai dicendo non ha alcun senso.»
«Dicevo solo che…»
«Ciò che abbiamo dovuto passare noi non conta? Non pensi a Sally o a Ben? Come hai detto lei ha quindici anni, non ha dovuto lasciare casa all’età di otto o dieci e combattere contro il CRP. Puoi dire quello che vuoi, ma non puoi negarlo.»
Masky si zittì, sapendo che l’amico mangia-reni aveva ragione. «Non sono ipocrita. Solo che io…»
«Masky, io so che tu sei un ragazzo molto sensibile e questo lo apprezzo. La penso come te e per questo ho deciso di rallentare, ma è abbastanza grande e matura per capire. Dopotutto, lei è vissuta in un campo miltare, che non è una cosa da poco
Masky annuì, in silenzio.
Slenderman si voltò verso Jack, che intanto fingeva di non averlo visto. «Jack caro, il peso delle responsabilità e del dolore dipendono  dai punti di vista, perciò considero la tua affermazione una mezza verità» accortosi di un rametto fiorito, Slenderman allungò uno dei suoi tentacoli per raccoglierlo. «Non ho intenzione di ritornare su questo argomento, perciò ti devi accontentare
«Ibisco!» urlò tutta contenta Sally, con gli occhi che le brillavano.
«Deduco che questo non ce l’hai, vero piccola
La bambina annuì, desiderosa di avere tra le mani quei fiori dall’ipnotico rosso acceso.
«Ricordati di farli resinare. Così li potrai mettere nella tua collezione» disse Slenderman porgendo il rametto a Sally.
«Sì! Ci penserà Jack! Vero?»
«Certo, piccola» annuì il mangiatore di reni.
«Evviva!» la bambina saltellò per raggiungere Ben e mostrargli il fiore esotico.
«Non mi piace» sbiascicò EJ.
«Jack, è solo un fiore. O è il colore che ti preoccupa
«Non è il fiore, Slenderman. È questa situazione. Non mi piace per niente.»
Slenderman avvicinò una mano alla testa del suo figlio per arruffargli il ciuffo di cappelli che gli usciva dalla maschera. «Oggi hai fatto un buon allenamento, Jack. Stai migliorando tantissimo
Jack accolse il gesto del padre, ma non abbandonò la sua opinione durante il tragitto di ritorno. «Ti capisco benissimo» Hoodie gli posò una mano sulla spalla. «All’inizio anche io ero contrario, ma fidati. Ti ci abituerai. Anzi, a dire il vero credevo l'avessi già accettata.»
«Non è una questione di abitudine» insistette E.J. «Non lo trovo… giusto.»
«Nei confronti di chi? Slenderman?»
Dissentì.«Nei confronti di noi stessi. Nei confronti del nostro mondo.»
 
Per quanto i fratelli e Nina fossero veloci, Annabelle riuscì a star dietro a loro in brevissimo tempo, grazie alle sue abilità. Il percorso nella Black Forest era ormai diventato suo, trappole e ostacoli compresi, e per qualche strana ragione trovava quel tipo di allenamento stimolante e liberativo; forse perché per la prima volta nella sua vita poteva muoversi in uno spazio che fosse al di fuori del campus.
«Come volevasi dimostrare» disse Liu saltando da un ramo all’altro. «È davvero impressionante.»
«È come se avesse vissuto sempre qui» lo assecondò Jeff, ormai senza fiato. «Come diamine fa?»
«Era una poachers, che cosa ti aspettavo?»
«Vai Zoe! Sei grande!» urlò Nina entusiasta. «Brava la mia sorellina Zoe!»
Annabelle si voltò solo dopo il secondo richiamo. Doveva assolutamente abituarsi a quel nuovo nome. «Ehi! Così può bastare! Fermiamoci là!» urlò Liu, indicando con un braccio una collina che era visibile solo dagli alberi. Umana e CRP aumentarono il passo e, arrivati ai piedi della collina, corsero tutti allineati.
«Però. È parecchio ripida» osservò Annabelle. «Ed è anche alta. Com’è che non l’ho vista arrivata qui?»
«Oltre alle torri vicino alla villa questo è il punto più alto per osservare la foresta» spiegò Jeff. «È quasi impercettibile grazie a Slenderman e i poachers non sono mai riusciti ad avvicinarsi per via delle trappole.»
Arrivati finalmente in cima, Liu e Nina si sdraiarono sull'erba incredibilmente morbida, mentre Annabelle poté tirare un sospiro di sollievo. Era un po’ affaticata e indolenzita, ma era più che soddisfatta del risultato e ciò che si trovò davanti fu la sua ricompensa: la Black Forest appariva come un grosso letto verde a prima vista sofficissimo grazie alla forma delle chiome, che ricordava il cotone. Il cielo chiaro e privo di nuvole era la cornice perfetta.«È… bellissimo» bisbigliò incredula, facendo scorrere lo sguardo.
«Qua su ti dimentichi che si tratta di una foresta creata dal sangue di Slederman» le si avvicinò Jeff.
«Allora è vero che è stata opera sua.»
Annuì.«Si è dissanguato con l'unico scopo di creare una zona sicura per tutti noi. O perlomeno è quello che mi hanno raccontato.»
Annabelle riportò la sua attenzione sulla foresta, guardandola con occhi diversi e immaginando, per quanto le fosse possibile, il CRP benevolo che compiva l'impresa.«Ha... Un enorme responsabilità sulle spalle.»
«Più di quanto immagini.» quando il giovane assassino si sedette, Annabelle fece lo stesso, togliendosi la mezza maschera per poter vedere meglio. «È un peccato che tu debba nascondere i tuoi occhi. Hanno un così bel colore.»
Sebbene lo avesse sentito più volte, Annabelle rimase ugualmente spiazzata da quel complimento, imbarazzando non poco il ventenne.«Voglio dire... Per essere un'umana.»
La ragazza si intenerì e forzò un sorriso.«Ti ringrazio. Io invece... Li odio.»
Jeff si voltò verso una Annabelle malinconica e impaurita.«Senti... Mi spiace che Slenderman ti abbia costretta a stare con noi.» Annabelle lo guardò con la coda dell'occhio, per poi voltarsi del tutto. «Insomma... Quello che voglio dire è...»
«Ormai non importa più.»
«Come, scusa?»
«Ho avuto tempo per pensare.»
Jeff si assicurò che Liu e Nina fossero impegnati a fare altro per potersi avvicinare ad Annabelle.«A cosa, se posso chiedere?»
«Vuoi sapere perché odio tanto i miei occhi?» Il CRP esitò prima di annuire. «Io sono stata adottata dal generale a capo del campo. Mi ha trovata nella brughiera quando ero ancora una neonata. Sai cosa hanno pensato dopo aver visto il colore dei miei occhi?»
Jeff ci rifletté su e subito abbassò lo sguardo, dispiaciuto.
«Proprio così. Erano sul punto di uccidermi fino a quando mio... Il generale Cherubi non mi fece fare dei test, scoprendo così la mia natura umana.»
«È una cosa positiva» disse Jeff cercando di alleggerire la conversazione.
«Sì, ma è durato per dieci anni» Annabelle si fece coraggio strappando dei fili d'erba.«Una sera uscì indiscretamente dalla mia stanza, perché avevo sentito le urla dei soldati feriti ritornare da una missione e mi imbattei per caso in uno di essi. Era gravemente ferito e impaurito, tanto quanto me, ma il suo era puro e vero terrore nei miei confronti. Così mi attaccò, urlando che ero un mostro.»
«Aspetta, non capisco» la fermò stizzito Jeff. «Ma se ormai era chiaro che sei un'umana... Perché? Perché chiamarti mostro?»
Annabelle inspirò profondamente .«Le luci erano spente e nell’oscurità i miei occhi brillavano di un viola acceso, quasi fluorescente, e  provocarono al cadetto delle allucinazioni. Quest’ultime durarono per tre giorni» a fine racconto, Annabelle prese a strappare altri fili d’erba, mentre il giovane CRP rimase a dir poco spiazzato.
«Oh» iniziò insicuro.«Questo… cambia le cose.»
«Hai mai sentito parlare di un essere umano in grado di fare certe cose?»
«È una domanda a trabocchetto?»
«No, cercavo di essere sarcastica» le risate improvvise di Nina concessero ai due una piccola pausa e di godersi per qualche minuto le follie della ragazza usando rami secchi. Annabelle sorrise divertita prima di riprendere. «Quella stessa notte il generale mi confessò che non ero veramente sua figlia, ma che mi avrebbe sempre trattata come tale. Inoltre nascose al campo questa mia… capacità, salvo qualche subordinato a lui fedele.»
«Per questo non ti ha mai fatto uscire dal campo. Me lo ha detto Liu.»
«Esatto. Non voleva rischiare che venissi uccisa.»
Jeff sbuffò esausto.«Porca miseria. Devo dire che anche tu non te la sei passata così bene. Voglio dire… Non deve essere stato facile.»
Annabelle accennò un sorriso.«Non direi. Se non fosse stato per il generale a quest’ora sarei morta. Un po’ come per voi con Slenderman.»
Il ragazzo concordò annuendo. «Non hai tutti i torti. Quindi, in sostanza, è questo che ti ha fatto cambiare idea? Il colore dei tuoi occhi?»
Annuì. «Forse in un certo senso è meglio così. Forse… Slenderman sa meglio del generale Cherubi che cosa sono veramente.» Anabelle avvicinò le ginocchia per appoggiarsi con il mento. «Forse… sono una CRP.»
Jeff scosse la testa confuso. «Aspetta un attimo, non farai sul serio?»
«È  più che plausibile» Liu si intromise ricoperto di erba e terra. «E’ un’idea che balenava a molti di noi. Me compreso.»
«E Nina?! Nina non la conti?!» sbucò Nina altrettanto sporca.
«Sì, Nina. Anche tu.»
«Cos’è, stavate origliando?» domandò infastidito Jeff.
«Sai com’è, fratellino. La collina non è insonorizzata.» si rivolse ad Annabelle, visibilmente assorta nei suoi pensieri. «Scusaci, Annabelle. Non era nostra intenzione.»
La ragazza scosse la testa.«Oh, non ti preoccupare.»
«Ad ogni modo, credo sia il momento di tornare indietro. Per oggi va bene così. Nina, mostra ad Annabelle la strada del ritorno.»
La giovane assassina balzò in piedi e si mise all’attenti. «Sissignore! Forza Zoe! Andiamo!» presa per mano Annabelle, Nina la trascinò giù per la collina, costringendola a rotolare.
«Asp-… Nina! Fai attenzione!» urlò Liu.
«Roger, capo!» rispose a tono, per poi sparire del tutto nella Black Forest.
«Povera Annabelle. Nina non cambierà mai. Eppure… dovrebbe avere più di trent’anni.»
«Lo credi davvero?» chiese Jeff avvicinandosi al fratelli. «Credi che Slenderman l’abbia portata da noi perché sta per diventare una CRP?»
«Hai altre alternative?»
«Non hai visto che era scossa quando lo ha detto a me?»
«Lo era già quando tu l’hai attaccata» Liu si morse il labbro inferiore, accortosi troppo tardi dell’errore che aveva appena commesso. «Scusami, Jeff. Io non…»
«Tranquillo. Non hai tutti i torti.»
«Non l’ho detto di certo per metterle paura, ma a conti fatti ormai nulla può sorprenderla. Un po’ come tutti noi, se ci pensi, arrivati qui.»
«Nel suo caso è diverso» borbottò Jeff.
«Dopotutto parliamo di Slenderman, potrebbe aver sviluppato qualche abilità nell’anticipare il CRP o robe simili.»
Il ventenne accolse quell’affermazione con un verso di approvazione. Odiava quando suo fratello aveva ragione.«Parliamo d’altro. Non dovevamo allenarci con lei?» Liu tirò fuori il suo palmare e fece leggere al fratellino il messaggio: Slenderman chiedeva un rientro immediato. «Ok. Afferrato.»
«Se ha richiesto anche Annabelle deve essere importante. Andiamo.»
 
Gregory non si stupì più di tanto del richiamo del generale. A differenza di Angela, che era al dir poco eccitata all’idea di poter entrare nel suo ufficio. «Vedi di controllarti. Mi dai sui nervi.»
«Mi spiace, dottore. Ma è la prima volta che cammino per questi corridoi. Lei invece deve averli attraversati svariate volte.»
«Sì. Per complimenti e robe simili» rispose svogliatamente. «E vani tentativi di farlo ragionare.»
Per tutto il tempo che Angela passò con Gregory, lei poté comprendere a pieno il pensiero di lui. Sebbene le fosse ancora poco comprensibile, era convinta di essere di parte.«Chissà cosa vorrà.»
Gregory sbuffò.«Ennesimi complimenti.»
«E non solo» lo corresse il capitano Itaca con un sorriso. «Vuole proporle un lavoro.»
«Quello che faccio non è già un lavoro?»
«Dottor Gregory Dallas, non è solo un medico, dico bene?»
L’uomo alzò un sopracciglio. «Così dice il mio Curriculum Vitae. Dove vuole arrivare?»
«Il generale ha un progetto per lei» arrivati alla porta, Itaca bussò tre volte e aprì solo al comando del generale Cherubi. «Signore, le ho portato il dottor Dallas.» annunciò.
«Grazie mille, capitano Itaca. Puoi andare.»
Fatti passare Gregory e Angela, Itaca uscì dalla stanza. Nel silenzio che seguì, il dottore osservò serio il generale seduto alla sua scrivania, mentre la giovane infermiera rimase incantata dalla maestosità di quell’ufficio tempestato da numerosi attestati e medaglie, per non parlare della libreria e l’enorme finestra ad arco.
«Felice di rivederla, dottore» salutò Cherubi.
«Generale» fece un leggero inchino. «Che cosa voleva dirmi?»
L’uomo si alzò dalla sua poltrona e avanzò con le braccia dietro alla schiena. «Ho saputo dei suoi straordinari guanti. Hanno aiutato parecchi soldati. Volevo ringraziarla per il lavoro che sta svolgendo qui da noi.»
«È il mio lavoro. Sono felice di essere d’aiuto.»
«Modesto come sempre. È quasi un peccato che lei debba sprecare un talento come il suo in questo modo.»
«Sprecare?» domandò, senza nascondere il suo disappunto.
«Mi spiego meglio. Lei, dottore, è un medico di tutto rispetto, ma è anche un brillante inventore. Perciò le propongo un progetto che la entusiasmerà di certo.»
Gregory alzò le spalle e allargò le braccia. «Allora mi stupisca.»
Il generale sogghignò e attivò il proiettore di ologrammi per mostrare una serie di progetti ben dettagliati. Gregory se avvicinò per osservarli più attentamente e ciò che vide lo sorpresa a tal punto da sgranare gli occhi. «Ma queste… sono armi.»
Il generale Cherubi annuì compiaciuto. «Non sono meravigliose? Con i dati raccolti da lei e dai miei soldati siamo riusciti a sviluppare queste armi letali anti-CRP. Con queste non saremo inarrestabili.»
Angela dissentì, portandosi le mani alla bocca. Venticinque. La donna contò ben venticinque armi diverse e tutte mortali.
«Allora, dottor Gregory Dallas. So bene che lei è contrario dal punto di vista etico. Me lo hanno raccontato in molti, ma senza di lei noi non possiamo andare avanti» Cherubi pose una mano sulla spalla di un Dallas allibito. «Che mi dice. È con noi?»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Nove mesi. NOVE. Nonostante fossi entusiasta di questa storia, ho aspettato nove stramaledetti mesi per aggiornarla. Non so che dire se non: MI DISPIACE.
Che cosa è successo? Volete la verità? Ho avuto un enorme blocco. Non sapevo come andare avanti. Sebbene avessi già scritto tutti i passaggi della storia (tranne il finale. Ancora ci sto pensando) ogni qualvolta cambiavo idea e non mi piaceva nulla. NULLA. Questo povero capitolo l’avrò riscritto un trilione di volte, perché non mi convinceva. In realtà neanche questa versione finale mi convince, ma non saprei cos’altro inventarmi, davvero.
Io non ho assolutamente abbandonato questa storia. E non lo farò. Riuscirò a finirla ad ogni costo.
Detto questo… scusate ancora e ogni critica e ben accetta, soprattutto ogni sorta di segnalazione per quanto riguarda grammatica e punteggiatura, che, poco ma sicuro, non mancano di certo.
Grazie a tutti e alla prossima.
 
Cassandra 

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