Il talismano di Sol

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 31 ***
Capitolo 32: *** 32 ***
Capitolo 33: *** 33 ***
Capitolo 34: *** 34 ***
Capitolo 35: *** 35 ***
Capitolo 36: *** 36 ***
Capitolo 37: *** 37 ***
Capitolo 38: *** 38 ***
Capitolo 39: *** 39 ***
Capitolo 40: *** 40 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Era una notte tranquilla. La pallida luna illuminava un piccolo villaggio. Non c’era nessuno a girare per le sue strade tranne che per un ragazzo nei pressi della stalla di proprietà dell’unica locanda del villaggio.

Aveva corti capelli dorati molto arruffati, gli occhi di colore verde acqua e la sua pelle era abbronzata dal sole per via dei lunghi giorni di viaggio che aveva affrontato.

Una volta assicuratosi che i cavalli si stessero rifocillando si diresse verso l’ingresso illuminato della locanda, dove ad aspettarlo c’era il suo vecchio compagno di viaggio.

Dentro la tiepida locanda individuò senza problemi il suo amico visto che era circondato da un gruppetto di bambini.

Il ragazzo accennò un sorriso. Era sempre così con Bog, che ovunque andasse non perdeva tempo a fare amicizia con le persone che incontrava e le intratteneva con i suoi racconti. Era chiaro che quella sera il suo pubblico fossero i bambini del villaggio.

Il ragazzo si appoggiò al muro della locanda rimanendo in disparte con lo sguardo rivolto al suo amico che si stava grattando la lunga barba grigia con fare pensoso.

“ Vediamo un po’. Che storia potrei raccontare…”

Un bambino prese la parola “ Il mito dell’Origine”

“ Oh, ma certo. È una storia interessante” rispose Bog “E va bene. Ti accontenterò”

I bambini si sedettero in semicerchio davanti al vecchio in attesa del suo racconto.

“ In origine non c’era nulla, solo il silenzio. Ma poi comparvero Sol, la divinità della luce ed Umbra, quella del buio. I due si sentivano soli e così decisero di unire le forze per creare un mondo, il nostro mondo. Insieme eressero montagne, crearono fiumi, laghi, mari e rigogliose foreste e tutta la natura. Infine crearono gli animali.

Ben presto però si resero conto di non essere ancora soddisfatti e così decisero di mettersi nuovamente all’opera e crearono gli uomini e gli spiriti elementali.

I primi non erano dotati di grandi capacità fisiche, ma sopperivano alla mancanza con il loro ingegno.

I secondi erano esseri pacifici che presto si elessero a custodi della natura.

Solo allora le due divinità si ritennero soddisfatte del loro operato e presero a vegliare sulle loro creazioni, Sol illuminando le loro giornate e facendo crescere le piante ed Umbra portando la notte e il riposo.

Sol aveva notato che rispetto a tutte le altre creature l’uomo era quello dalla minore forza e ne ammirava le capacità con cui, nonostante le avversità, loro non perdessero mai la speranza. Così decise di premiarli e insegnò loro i rudimenti della magia.

Sol era molto amato dalle sue creazioni, specialmente da uomini e spiriti, che accorrevano numerosi al suo cospetto, ma per quanto riguardava Umbra la situazione era diversa.

Sol con la sua luce aveva catturato l’attenzione di tutti mentre lei era stata quasi del tutto dimenticata.

Così, furente e accecata dall’invidia, si recò nel centro esatto del mondo e dalle profondità del terreno fece sorgere l’incubo peggiore che questo mondo abbia mai visto, l’Oscurità…”

“ Perché si chiama così?” lo interruppe uno dei bambini.

“ Perché si chiama così  e basta” gli rispose una bambina bionda con le trecce.

“ Ma io lo trovo un nome stupido e banale” le rispose il bambino e prima che la situazione potesse sfociare in un litigio Bog riprese la parola.

“ Beh, devi sapere che umani e spiriti erano ai loro inizi e non avevano ancora inventato tutte le parole che ci sono ora. Scelsero di chiamarla così perché era l’unico termine che avevano per descrivere ciò che li aveva colpiti”

Il bambino parve soddisfatto della risposta e Bog riprese il racconto.

“ Dov’ero rimasto? Ah sì. L’Oscurità si propagò su tutto il mondo e le persone caddero nella disperazione in preda dei loro incubi peggiori. Ora nessuno avrebbe più potuto ignorare Umbra.

Sol, vedendo quello che stava succedendo, decise di intervenire e imbrigliò l’Oscurità creando un potente talismano su cui riversò parte dei suoi poteri e con cui la sigillò nelle profondità della terra. Nel luogo in cui era sorta non rimaneva altro se non una roccia su cui Sol incastonò il talismano. Su di essa si propagarono delle venature dorate a formare un sigillo contenitivo. L’Oscurità era stata contenuta ma non debellata perché Sol sapeva che tutte le creature di quel mondo erano una sua creazione tanto quanto di Umbra e che quindi possedevano luce ed oscurità in egual misura.

Per evitare che un’altra tragedia come quella potesse succedere di nuovo decise che era tempo per lui e Umbra di sparire dalle vite delle loro creazioni, ormai in grado di andare avanti da soli. Prese dalla roccia il talismano, che ormai aveva adempito al suo scopo, e lo consegnò agli uomini e agli spiriti avvertendoli che se avessero ceduto all’oscurità nei loro cuori allora anche l’Oscurità sarebbe tornata. Così prese Umbra e sparirono per non tornare mai più.

Con la scomparsa delle due divinità l’Oscurità e il talismano persero la loro forza ma le persone non scordarono l’avvertimento di Sol e tramandarono questa storia fino ad oggi a monito per le generazioni future.

Ancora non sappiamo dove siano andati Sol e Umbra ma pensiamo che ovunque siano ancora ci osservino”

Bog concluse la sua storia ed i bambini tornarono dalle loro famiglie così il ragazzo decise di avvicinarsi al suo compagno, ma lungo la strada un uomo lo urtò facendolo quasi cadere.

“ Attento a dove metti i piedi, ragazzo” gli disse minaccioso l’uomo. Aveva un mantello nero a coprirne il resto degli abiti e alla sua destra si trovava un altro uomo con lo stesso tipo di mantello.

Il ragazzo si scusò e raggiunse il vecchio Bog che non aveva perso di vista neanche per un secondo i due uomini.

“ Mangia in fretta, ragazzo mio. Non penso che rimarremo qui stanotte” gli disse Bog porgendogli una ciotola di zuppa e un pezzo di pane.

Il ragazzo non protestò. Sapeva perché Bog non voleva rimanere più nella locanda e sapeva che non si fidava di quei due uomini.

Una volta finito di mangiare i due si incamminarono fuori e il giovane si diresse verso la stalla dove aveva lasciato i cavalli.

“ Aspetta. Prendi questa. Solo per precauzione” lo trattenne Bog e tirò fuori da sotto il suo mantello un pendente con una pietra lucente incastonata. Il ragazzo fece come voleva l’amico e cominciò a preoccuparsi seriamente. Non gli avrebbe affidato la pietra se non fosse stato quasi del tutto certo di una possibile minaccia.

Aveva appena finito di sellare i loro cavalli quando udì il suono inconfondibile di uno scontro provenire dall’esterno.

Quello che vide una volta accorso alla finestra delle stalla gli gelò il sangue nelle vene.

I due uomini nella locanda avevano circondato Bog e non erano soli visto che altri tre uomini si erano uniti a loro. Quegli uomini pensavano di aveva di fronte un debole vecchio, non sapevano di essere al cospetto di un Maestro nell’arte della stregoneria e il fendente della spada che uno di loro aveva rivolto verso di lui si infranse contro le barriera che il vecchio aveva prontamente eretto. Quando la lama cozzò contro la barriera l’area circostante fu temporaneamente avvolta dalla luce, abbastanza a lungo per notare che l’uomo portava un’armatura e al centro della sua parte superiore c’era inciso il disegno di fiore di camomilla dai petali cremisi. Era ciò che i due amici temevano. I soldati del regno di Anthemis li avevano trovati.

“ Dacci la pietra vecchio” intimò uno dei soldati.

“ Mai!” Dalla mano destra di Bog si generò un luce abbagliante che si trasformò in un raggio di energia una volta che lui protese il braccio verso i soldati più vicini.

Caddero in due ma ne rimanevano ancora tre.

“ La pagherai per questo” gli urlò uno dei tre rimasti e i quattro ingaggiarono uno scontro.

Il giovane rimase impietrito a guardare mentre i quattro combattevano. Sapeva che doveva fare qualcosa ma aveva troppa paura. La fama dei soldati di Anthemis li precedeva.

Il vecchio mago intanto stava combattendo valorosamente ma ben presto la sua età si fece sentire e la sua velocità di reazione cominciò a risentirne. Ciò non si poteva dire dei tre soldati che erano nel pieno della loro forza.

Colto dalla stanchezza Bog barcollò e perse l’equilibrio offrendo un’apertura al soldato più vicino che ne approfittò trafiggendolo all’altezza dello stomaco con la sua spada.

Nel vedere quella scena scorrere davanti ai suoi occhi il ragazzo non si rese neanche conto di essersi messo ad urlare, attirando così l’attenzione dei soldati su di lui. Adesso era lui il bersaglio.

I soldati cominciarono a muoversi verso la stalla minacciosi, ma ben presto si ritrovarono la strada bloccata da una barriera.

Il giovane, che fino ad un attimo prima era rimasto impietrito a fissare i soldati, spostò lo sguardo verso il punto in cui si trovava il suo vecchio amico.

Bog, a terra nella pozza formata dal suo stesso sangue, una mano protesa per tenere eretta la barriera, lo stava fissando.

“ Scappa! Devi proteggere la pietra. Ne va del futuro di tutti” gli intimò il mago.

“ Bog…” il ragazzo era sull’orlo delle lacrime.

“ Và. Ora”

Così il ragazzo salì in groppa al suo cavallo, appena in tempo poiché in quel momento la barriera cedette e i tre soldati furono liberi.

Prima che potessero alzare le spade contro di lui, il giovane li travolse con il cavallo per poi proseguire spronando l’animale ad andare sempre più veloce verso la foresta, la sua unica possibilità di fuga, lasciando una scia di lacrime sul suo cammino.

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Capitolo 2
*** 2 ***


2
 
Era buio e la terra tremava. No, il ragazzo sapeva che c’era qualcosa di strano.
Aprì gli occhi. Il sole era alto nel cielo e a giudicare dalla sua posizione doveva essere metà mattina. Guardandosi intorno capì che la terra non stava tremando ma che si trovava disteso a pancia in giù su un cavallo in movimento e aveva le mani legate.
Improvvisamente i ricordi della notte precedente riaffiorarono nella sua mente.

Era riuscito ad addentrarsi nella foresta, ma i soldati lo avevano raggiunto in fretta. Dovevano aver recuperato dei cavalli perché sentiva il rumore di zoccoli in lontananza ma sempre più vicini.
Così, prima che diventasse troppo tardi, raggiunta una zona abbastanza fitta della foresta, era sceso da cavallo e, dando al cavallo una pacca sul posteriore, lo aveva fatto partire al galoppo.
Lui invece si era diretto in un’altra direzione e, trovato un buon punto, aveva nascosto la pietra per poi continuare a scappare. Aveva sperato di riuscire a cavarsela e di poter tornare per la pietra una volta al sicuro ma quello non era il suo destino a quanto pare.
I soldati lo avevano trovato e il giovane aveva messo subito in chiaro che non avrebbero mai trovato la pietra senza di lui. Così i tre uomini avevano deciso di catturarlo ma non prima di essersi sfogati su di lui.

Ricordava di aver perso i sensi per le botte e da ciò che poteva vedere i suoi vestiti erano praticamente da buttare. Sapeva che lo avrebbero portato nelle prigioni del castello di Anthemis e che una volta lì lo aspettavano solo torture inimmaginabili ma era ancora troppo debole per tentare la fuga. Anche se fosse riuscito a gettarsi dal cavallo la caduta lo avrebbe ridotto peggio di quello che già era.
Stava ancora cercando una soluzione quando il cavallo rallentò la sua corsa.
Era troppo tardi. Avevano raggiunto il castello. I soldati dovevano aver spronato i cavalli a correre per tutta la notte e la mattina, facendo solo delle brevi soste per farli riposare così da riuscire a raggiungere quel luogo nel minor tempo possibile.
Arrivati alle porte del castello i soldati si fecero identificare e subito dopo si diressero verso una serie di corridoi che dovevano portare alle prigioni. Il ragazzo capì che non sarebbe stato in grado di ricordarsi il percorso tra l’ingresso del castello e la prigione. Doveva essere stato fatto apposta così, per scoraggiare i prigionieri.
Una volta giunti alle prigioni i tre uomini si rivolsero ad una guardia.
“Abbiamo carne fresca” disse uno dei tre.
“Bene. Il torturatore di corte si stava annoiando in questi giorni. Seguitemi” rispose la guardia e prese un mazzo di chiavi dalla sua cintura con cui aprì la porta che portava alle celle. Erano due file di celle in pietra separate da un corridoio.
La cosa che colpì il giovane era che tutte le celle che passavano erano vuote ma si potevano vedere diverse macchie scure al loro interno. Si rattristò per il destino dei precedenti inquilini di quelle celle ma allo stesso tempo temette per ciò che lo attendeva.
Infine giunsero davanti all’ultima cella sul lato sinistro del corridoio. La guardia ne aprì la porta e, preso il giovane in consegna dai soldati, lo gettò sul freddo e umido pavimento  senza tanti complimenti. Prima di richiudere la cella la guardia prese il ragazzo per quello che rimaneva della sua camicia e gli disse “Benvenuto nella tua nuova casa”
Il suo alito puzzava di vino.
Prima di andarsene si rivolse verso la cella di fronte rispetto a quella in cui aveva appena lasciato il giovane.
“Ti  ho portato un amico, strega. Poi non dire che ti trattiamo senza riguardo” e se ne andò.
Il ragazzo non perse tempo a sciogliere il laccio che gli teneva legate le mani.
 Fu allora che notò che non era il solo inquilino della prigione.
Nella cella di fronte a lui si trovava una donna seduta a terra. Poteva essere sulla ventina, aveva lunghi capelli castano scuro, gli occhi nocciola ed era magra; indossava una tunica logora e sopra di essa portava un mantello, anch’esso in pessime condizioni.
Il ragazzo notò che la cella della donna non era normale poiché le sbarre e le pareti emanavano un tenue colore azzurrino. Dopotutto la guardia la aveva chiamata strega, quindi quella doveva essere una cella in grado di bloccare la magia. Ricordava di averne sentito parlare ma non ne aveva mai vista una prima.
La donna alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò torva.
“ Non ti hanno mai insegnato che fissare è maleducazione?”
Al suono della sua voce il ragazzo si riscosse. Non si era reso conto di essere rimasto imbambolato a fissarla.
“ Mi dispiace” le rispose.
“ Fa niente” la donna prese a guardarlo incuriosita “ Piuttosto, che ci fa qui un Darman come te  tutto solo? Di solito vi spostate in gruppo”
“ Come?” il ragazzo rimase spiazzato. Non comprendeva come lei avesse capito cos’era.
La donna se ne accorse perché indicò la zona tra il pettorale e la spalla sinistra del ragazzo dove la camicia gli si era stappata. La poca luce della prigione le aveva permesso di vedere il marchio che si trovava proprio in quel punto.
Il marchio dei Darman, segno indelebile del popolo a cui il ragazzo apparteneva suo malgrado. Gente odiata da tutti per la loro natura. Coloro che non sarebbero dovuti esistere. Il giovane si affrettò a coprire il marchio che possedeva dalla nascita, visibilmente a disagio.
“ Va bene. Non vuoi dirmelo, ma almeno dimmi come ti chiami” riprovò la donna.
“Sandir” le disse, dando risposta anche alla sua prima domanda.
“Mi dispiace” la donna ora lo guardava con un’espressione sul volto che voleva dire solo una cosa. Pietà.
Sandir era il termine con cui la sua gente definiva chi era troppo debole, chi non era nemmeno degno di un nome. Infatti Sandir significava proprio quello: senza nome. Lui aveva scelto di usare quel termine come nome nonostante tutto. Quelli come lui venivano abbandonati dalla sua gente al loro triste destino quando erano solo dei bambini. Tutti erano a conoscenza di  quella crudele usanza. Se non fosse stato per Bog…
No, non doveva pensarci.
“ E tu, come ti chiami?” le chiese cercando di allontanare i suoi tristi pensieri.
La donna sembrò pensarci su ma alla fine gli rispose “Ilia”
“Piacere di conoscerti Ilia. Hai idea di come uscire da qui?” le chiese, senza troppi giri di parole.
“Certo, con la magia. Ma purtroppo sono chiusa in questa cella che blocca i miei poteri, altrimenti sarei evasa da molto tempo, non trovi?” lo guardò alterata la maga.
Sandir non sapeva più che dire quando la donna sospirò e riprese a parlare “ In due credo che possiamo farcela. Se collaboriamo bene, si intende”
“Va bene. Sono tutto orecchi”
“ Ascoltami bene. Tu ti occuperai della fase uno e cioè tramortire la guardia”
“Ma come faccio?” la interruppe Sandir.
La maga per tutta risposta gli indicò il punto in cui si trovava una panca di legno, unico giaciglio nella cella del ragazzo.
“ Sotto la panca troverai un mattone di pietra leggermente scostato in avanti rispetto agli altri. Il precedente inquilino della tua cella era riuscito a trafugare una lima ed a staccare dal muro uno dei mattoni. Il poveretto pensava di riuscire a scappare prima o poi ma lo hanno giustiziato.
Prendi il mattone, distenditi a terra e non muoverti. La guardia che hai avuto modo di conoscere prima viene a controllare la situazione nelle celle mezz’ora prima della fine del suo turno. Siamo fortunati, ci è capitato lo stupido ubriacone, quindi non dovresti avere problemi a metterlo fuori gioco. Gli dirò che hai smesso di respirare così aprirà la tua cella, tu lo colpirai  e, una volta prese le sue chiavi, mi libererai. Al resto ci penso io”
“ Pensi che ci cascherà sul serio?” il giovane era diffidente.
“ Tu fidati di me” gli disse la maga.
Sandir non sapeva se fidarsi o meno ma doveva assolutamente andarsene da lì il più presto possibile e Ilia gli aveva offerto una possibilità di fuga. Così fece ciò che lei gli aveva chiesto.
La guardia si presentò a controllare le celle come Ilia aveva detto. Sandir era a terra, pronto ad eseguire il piano.
Sentì Ilia dire alla guardia che il prigioniero della cella accanto non respirava e la guardia imprecare “Maledizione, ci serve vivo”
La guardia aprì in fretta la cella e si accucciò alle spalle del ragazzo, che si mosse fulmineo, colpendolo alla testa con il mattone.
La guardia cadde a terra privo di sensi.
“ Visto? Tutto secondo i piani” gli sorrise Ilia “ Ora liberami”
Sandir prese le chiavi dalla guardia e trovò subito quella giusta. Anch’essa emanava una debole luce come la cella che apriva.
Una volta libera, la maga fece cenno al ragazzo di seguirla.
I due uscirono dalle prigioni e, risalita una rampa di scale, si ritrovarono in un corridoio del castello.
Sandir notò che Ilia procedeva con passo sicuro fermandosi nelle intersezioni dei corridoi per controllare che la via fosse libera. Se stavano per incrociare dei soldati li faceva addormentare usando un incantesimo del sonno.
Gli fu presto chiaro quanto lei fosse pratica delle vie del castello e che fosse una maga di grande talento, visto che non l’aveva sentita pronunciare nessun incantesimo a voce, come aveva visto fare solo da maghi esperti. Ma le domande che voleva porle avrebbero dovuto aspettare. Ora dovevano concentrarsi sulla fuga.
Finalmente Ilia lo condusse all’esterno attraverso un’uscita secondaria del castello, continuando a far addormentare le guardie sul loro cammino.
“ Dobbiamo allontanarci prima che qualcuno dia l’allarme” gli disse la maga ma proprio in quel momento Sandir udì il suono di una campana.
“Dicevi?” le disse, sull’orlo di un attacco di panico.
“Maledizione. Corri!”
E ancora una volta Sandir fece come lei aveva detto, ma poco dopo, guardandosi indietro, vide che degli uomini a cavallo li stavano inseguendo.
“Ora che facciamo?” era completamente nel panico. Non poteva finire così.
In quel momento Ilia si girò verso di lui e disse con un ghigno sulla faccia “Ora usciamo di scena con stile”
Sandir la vide afferrare il suo braccio destro e poi tutto divenne buio.
Nel punto in cui i due si trovavano un attimo prima non rimaneva più nulla.

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Capitolo 3
*** 3 ***


3
 
 
La luce tornò di colpo facendo lacrimare gli occhi di Sandir per lo sbalzo improvviso di luminosità.
Non era l’unica cosa a dargli fastidio: il suo stomaco non aveva apprezzato il repentino spostamento da un luogo ad un altro e così si ritrovò carponi a terra. Ringraziò Sol di non avere niente nello stomaco dalla sera precedente, altrimenti sarebbe stato molto peggio.
Aveva sempre detestato le magie di teletrasporto, specialmente se lo coinvolgevano, e Bog lo aveva imparato a caro prezzo.
Era una magia potente che, una volta visualizzata nelle mente la propria destinazione, permetteva di raggiungere all’istante il luogo desiderato. Era l’ideale per spostarsi ma, come tutti gli incantesimi, la distanza percorribile dipendeva dall’energia e dal talento del mago.
Una volta smesso di ansimare a terra, alzò la testa. Si trovava nei pressi di un villaggio e, da dove era, riusciva a scorgere una foresta. Non aveva idea di dove fosse.
“Tutto bene?” Ilia, che si trovava vicino a lui, si era chinata per controllare le sue condizioni.
“Direi che il teletrasporto non è decisamente la tua magia preferita” gli disse con un sorrisetto furbo stampato in volto.
“Ma non mi dire…” le rispose Sandir “comunque, dove siamo? E perché non hai usato la magia di teletrasporto prima, se ne sei capace?”
“ Siamo nei pressi di un villaggio, dall’altro lato della foresta di Shan, rispetto al castello di Anthemis. Questo villaggio in linea d’aria si trova più a nord-ovest rispetto al castello”
Sandir aveva capito dove si trovava: ironicamente era la meta successiva del suo viaggio. Quel villaggio, nel regno di Anthemis, era a due giorni di cavallo a nord del villaggio in cui si trovava la sera prima, ma lui era stato costretto ad andare ad est nella foresta, avvicinandosi inevitabilmente al castello, a solo una giornata da esso.
Il suo problema più grande era che ora non aveva più la pietra con sé.
“E per rispondere alla tua seconda domanda” continuò Ilia “ i maghi del castello hanno eretto una barriera in grado di interferire con questo tipo di magie, a meno che non si abbia l’artefatto giusto, ovvio. Volevo essere il più lontana possibile dal perimetro del castello prima di tentare l’incantesimo, per ridurre i rischi…”
Sandir i rischi li conosceva bene e scoppiò “ Mi stai dicendo che potevamo finire chissà dove, o in due luoghi diversi o addirittura finire con metà corpo da una parte e metà da un’altra?”
“Esatto. Vedo che hai capito” gli rispose Ilia imperturbata.
Sandir rimase senza parole. Non sapeva come prendere quelle informazioni e soprattutto come prendere la maga.
Ilia gli porse una mano e lui la prese per aiutarsi ad alzarsi e si accorse che lei lo stava fissando pensierosa.
“Cosa c’è?” le chiese.
Lei si sfilò il mantello e glielo porse “È meglio se indossi il mio mantello. I tuoi vestiti sono in condizioni decisamente peggiori della mia tunica. Non penso che tu voglia che qualcun altro sappia che sei un Darman. Alcune persone non sono ben disposte nei confronti della tua gente”
Non aveva tutti i torti, così Sandir si mise il mantello sulle spalle e si assicurò di coprire bene i suoi vestiti strappati. Non fu difficile: il mantello era ampio ed era munito di due tasche esterne. Per fortuna non era messo così male come aveva pensato inizialmente.
“Andiamo alla locanda del villaggio. Forse riusciremo a suscitare la pietà di qualche anima pia” disse la maga e si mise in cammino con Sandir subito dietro di lei.
Una volta entrati nella locanda, la donna dietro al bancone si accorse subito di loro; in fondo all’interno c’era solo un altro cliente.
La donna, con un’espressione preoccupata in volto, si rivolse a loro “Per Sol, che cosa vi è successo?”
“Siamo due poveri viandanti e lungo la strada siamo stati attaccati da una banda di briganti. Ci hanno preso tutto, tranne i nostri vestiti” le rispose prontamente Ilia, con una scusa pronta.
La locandiera li guardò con compassione “ Viaggiare è diventato sempre più pericoloso di questi tempi, nessuno è più al sicuro con tutte queste guerre fra regni. Vi porto subito qualcosa da mettere sotto i denti; non vi preoccupate per il conto, offre la casa”
“Per fortuna esistono ancora brave persone come lei” le disse Ilia, con un sorriso sulla faccia.
La maga fece cenno a Sandir di seguirla verso il bancone. I due si sedettero, e Sandir prese posto vicino all’unico altro cliente, un uomo alto, con capelli castano chiaro di media lunghezza, raccolti in una coda, e gli occhi azzurri.
Ben presto la locandiera portò loro due ciotole di zuppa fumante. Sandir non si era reso conto di avere fame fino a che non sentì il profumo della pietanza e ci si avventò contro come se nulla fosse più importante.
Ne aveva passate tante negli ultimi due giorni e stava ancora cercando di digerire tutto quello che era successo. I soldati, la pietra, le prigioni, Ilia… ma il suo viaggio non era finito, aveva ancora una missione da compiere.
Una volta finito di mangiare Ilia si rivolse a lui sottovoce “ Bene, direi che qui le nostre strade si dividono. Addio” quindi si alzò e si diresse verso la porta della locanda, senza dare a Sandir il tempo di replicare.
Il ragazzo non poteva lasciarla andare: non aveva più niente, e da solo non sarebbe riuscito a riprendere la pietra e a portarla dove doveva; lei era l’unica che poteva aiutarlo. Così si alzò per raggiungerla ma non fece molta strada poiché le sue gambe cedettero. Le ferite che gli avevano inferto i soldati il giorno prima si stavano facendo sentire, ma per fortuna l’uomo seduto vicino a lui si mosse fulmineo e arrestò la sua caduta.
“ Tutto bene, ragazzo?” gli chiese.
“Sì, tutto a posto. Ora devo andare” gli rispose lui, sperando che il suo volto non facesse  trapelare le emozioni che lo stavano attraversando.
Fuori dalla locanda raggiunse la maga e richiamò la sua attenzione.
“Aspetta, non andartene! C’è una cosa di cui voglio parlarti”
“Sii breve” gli disse lei, fermandosi per ascoltarlo.
“Il motivo per cui mi hanno messo in prigione… Io ed il mio compagno di viaggio stavamo trasportando un oggetto di grande valore ed è della massima importanza che giunga a destinazione. Non posso dirti di che cosa si tratta, posso solo dirti che Anthemis voleva impossessarsene e io l’ho nascosto. Quindi ti prego, aiutami a recuperarlo, poi non ti chiederò più altro” le disse.
La maga lo guardò e gli rispose “ Io ho già fatto abbastanza per te. Sei fuori di prigione, ti basti questo” e fece per andarsene, ma Sandir la bloccò afferrandole un braccio.
“La persona che viaggiava con me ha dato la vita per far sì che quell’oggetto giungesse a destinazione. Era come un padre per me…” era sull’orlo delle lacrime. Ricordava tutto quello che Bog aveva fatto per lui. Non poteva deluderlo.
“Ti prego, aiutami” e si inginocchiò davanti a lei, supplicandola.
Dopo un silenzio che a Sandir parve infinito, la maga gli rispose “ E va bene, hai vinto. Ma sia chiaro che questa è l’ultima volta che ti aiuto”
Sandir si tirò su con un sorriso sulle labbra.
“Dove hai lasciato quello che cerchiamo?” gli chiese lei sbrigativa.
“Nella foresta qui vicino” le rispose lui.
“Ti ricordi bene come è fatto il punto in cui si trova?” chiese Ilia.
“Sì, perché?” Non capiva dove volesse andare a parare.
“Perfetto. Mi basterà guardare nella tua mente e poi trasportarci lì. Ora rilassati e pensa a quel luogo”
Sandir fece come lei gli aveva detto e vide Ilia protendere una mano verso la sue fronte.
“Ora chiudi gli occhi” aggiunse lei e Sandir obbedì.
Non ci volle molto perché avvertisse la mano della maga allontanarsi dal suo volto e prendergli la mano.
Stavolta era pronto per il teletrasporto.
 
Una volta che aprì gli occhi si ritrovò nella foresta, nel punto esatto in cui aveva nascosto la pietra. Si rese conto che la notte precedente non aveva notato uno strapiombo che dava su un fiume vicino a dove Ilia lo stava aspettando, e si ritrovò a ringraziare nuovamente Sol per non essere andato incontro ad una morte prematura.
Senza perdere tempo si prodigò per recuperare la pietra. L’aveva nascosta sotto un albero dal fondo cavo, circondato da cespugli di rovi.
Facendo attenzione a non tagliarsi, fece scivolare una mano sotto l’albero dove, guardando con attenzione, riusciva a scorgere una flebile luce.
Finalmente la sua mano raggiunse la catena del pendente in cui era incastonata la pietra e riuscì a tirarlo fuori.
La pietra era di nuovo nelle sue mani e si permise di sentirsi ottimista. Poteva farcela, poteva compiere la missione, anche per il suo amico.
Sorridente si voltò verso la maga con l’intenzione di ringraziarla, tenendo il pendente per la catena, ma quando lei scorse l’oggetto che il giovane teneva in mano, si fece scura in volto.
“No…” mormorò lei.
“Come?” le chiese Sandir e cominciò a muoversi verso di lei.
Ma per ogni passo che faceva verso la maga, lei ne faceva uno indietro, verso lo strapiombo.
“Tieni quella cosa lontana da me! Non voglio…” Ilia aveva alzato la voce e lo guardava spiritata.
“Non capisco… Che ti prende?” lui non riusciva a capire il motivo della sua reazione.
“Stammi lontano! Agh…”
Ilia, che stava lentamente arretrando, improvvisamente si bloccò.
La mente di Sandir non riuscì a processare quello che i suoi occhi stavano vedendo: sul petto di Ilia si stava allargando una macchia rossa e lei cominciò a tossire sangue dalla bocca, ma non capiva come fosse possibile.
Un unico pensiero gli attraversò la mente: non di nuovo.
 
Lentamente, sul petto della maga, si materializzò una spada. Era quella che le aveva inferto la ferita, realizzò Sandir.
Ben presto sull’elsa della spada comparve una mano e a seguire un braccio fino a che, dove fino ad un attimo prima non c’era niente, si trovava un uomo.
Era girato verso Ilia e così Sandir non riuscì a vedere altro se non i suoi capelli, di un biondo quasi bianco, e le sue vesti, di evidente pregiata fattura.
L’uomo si rivolse alla maga “ Sei stata scortese ad andartene senza salutare, mia cara” e sfilò la spada dal petto di Ilia, che cadde a terra.
Era morta, Sandir era certo di quello. L’aveva trafitta al cuore, nessuno avrebbe potuto sopravvivere ad una ferita del genere.
L’uomo si voltò verso di lui, così da permettergli di vederlo bene: era giovane, occhi azzurro ghiaccio accompagnavano capelli chiari e una pelle così bianca da sembrare diafana. Alle dita della mano destra si potevano vedere diversi anelli con pietre preziose, ma uno in particolare colpì il giovane. Su di esso era inciso lo stemma della casata reale di Anthemis.
Sandir si bloccò dov’era. Aveva capito chi si trovava di fronte: l’uomo che era il terrore di tutti i regni, il sanguinario conquistatore, il sovrano di Anthemis in persona.
Il re mosse un passo verso Sandir, che arretrò. Purtroppo per lui il mantello che portava si impigliò su un ramo, il che lo fece cadere a terra, riaprendo una sua ferita, che macchiò il mantello del suo sangue. Provò a tirare il mantello per liberarlo dalla presa del ramo ma alla fine si arrese e se lo sfilò di dosso, continuando ad arretrare carponi, cercando di ritardare il suo inevitabile destino.
“Come…?” si ritrovò a chiedere, anche se non si era accorto di aver aperto bocca.
“Come ho fatto a trovarvi?” disse il re “è semplice. Mi è bastato questo” e da una tasca tirò fuori un pezzo di stoffa.
Il ragazzo non poteva credere ai suoi occhi: quello che il giovane re teneva in mano era un brandello dei suoi vestiti, che doveva essersi staccato mentre era in prigione.
“È bastato questo ai miei maghi per localizzarvi. Devo ammettere che non mi aspettavo una fuga, in futuro starò più attento a non circondarmi di incompetenti. È proprio vero che se si vuole un lavoro ben fatto, bisogna farlo da soli. Se te lo stai chiedendo, la guardia è stata punita per la sua inadempienza, e ha pagato con la sua vita”
Il re stava avanzando verso di lui “per quanto riguarda il mio essere qui e l’essere invisibile, mi è bastato avere gli artefatti giusti” e sollevò una mano, alle cui dita brillavano pietre che evidentemente erano molto più che semplici gioielli.
Il re aveva ormai raggiunto Sandir, che si trovava con la schiena contro un albero, senza via di fuga.
“Dammi la pietra, e la tua sarà una morte rapida e indolore” disse il re, sollevando la spada.
Sandir strinse la pietra tra le mani e chiuse gli occhi.
“Come preferisci” sentì dire il re.
Il ragazzo sentì l’ arma fendere l’aria, ma il colpo non arrivò. Udì il suono della spada del re che cozzava contro qualcosa, quindi aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu una altra spada, a bloccare quella del re.
Spostò lo sguardo lungo il braccio del suo salvatore fino ad arrivare al suo volto. Occhi azzurri e capelli castano chiaro raccolti in una coda. Era l’uomo della locanda.
“E tu chi saresti?” sentì dire il re “No, non ha importanza. Chiunque si frapponga tra me e la pietra andrà incontro alla morte!”
I due ingaggiarono battaglia e il ragazzo rimase a fissarli. Non riusciva a muoversi, le sue gambe erano paralizzate dal terrore. Stava succedendo tutto troppo in fretta.
Il re e l’uomo della locanda si scambiarono colpo su colpo ma, poco a poco, il re  iniziò ad  avere la meglio, e infine, con un colpo ben assestato, riuscì a spezzare la lama del suo avversario.
Sembrava che ormai il re avesse vinto lo scontro quando venne sbalzato via da una forza invisibile e sbattuto contro un albero.
Era stata una magia, non c’era alcun dubbio, ma chi poteva essere stato a salvarli questo Sandir non lo sapeva.
“Da questa parte, presto!”
Sandir riconobbe quella voce. Era quella di Ilia, ma non riusciva a capire come fosse possibile. La sua ferita era mortale.
Alzò lo sguardo ed era dove l’aveva vista l’ultima volta, ma in piedi, e stava guardando con insistenza il ragazzo e l’uomo che lo aveva salvato.
Sandir sentì l’uomo afferrargli un braccio, tirarlo in piedi, e correre verso Ilia. Stringeva ancora il pendente in una mano.
“Fermi!” gridò il re, ancora accasciato a terra, ma che si stava riprendendo.
Ilia lo guardò, il suo era uno sguardo triste e carico di significato, che il re ricambiò con la stessa intensità. Poi la maga afferrò i due che aveva chiamato a sè e si lanciò nel vuoto, trascinandoli con lei nel fiume.
L’ultima cosa che Sandir udì fu un grido di rabbia.
 
Prima di colpire la superficie dell’acqua, i tre furono avvolti da una barriera che la maga aveva eretto intorno a loro.
Una volta nel fiume, vennero trascinati dalla corrente in un altro punto della foresta, per poi fermarsi, sempre grazie alla magia di Ilia, e riemergere.
Appena fuori, completamente asciutti grazie alla barriera ora dissoltasi, Sandir e l’uomo si accasciarono a terra mentre ilia si mise in disparte, evitando di incontrare il loro sguardo.
Ripreso fiato, il giovane si assicurò che il pendente fosse al sicuro e si rivolse all’uomo.
“Grazie, mi hai salvato, ma come sei arrivato lì e perché?”
L’uomo si alzò in piedi, lo guardò e gli rispose “sono un cavaliere appartenente alla Resistenza. Sono stato incaricato di assicurarmi che la pietra che hai in mano arrivi a destinazione. Dovevo incontrarmi con un mago anziano e un ragazzo in quella locanda domani. Non mi aspettavo una maga, ma tu corrispondevi alla descrizione che mi era stata data del ragazzo e,  viste le condizioni in cui sei arrivato alla locanda, mi sono insospettito. Così, quando ho arrestato la tua caduta, ti ho infilato di nascosto un artefatto localizzatore nella tasca del mantello”
L’uomo tirò fuori da una tasca dei pantaloni un pendolo con una pietra trasparente.
“Quando l’artefatto gemello di quello che ti avevo nascosto addosso ha cominciato a brillare di luce rossastra ho capito che eri in pericolo, così ho usato un altro artefatto per trasportarmi nel luogo in cui si trovava il localizzatore, e inevitabilmente tu”, continuò il cavaliere, poi mise per terra il pendolo e, con quello che rimaneva della sua spada, lo distrusse.
“Meglio essere prudenti. Non vorrei che ci localizzassero anche quelli di Anthemis”
Sandir pensò che finalmente le cose cominciavano ad andare per il verso giusto: la Resistenza era la sua destinazione; ma aveva ancora delle domande, e non erano per l’uomo.
Guardò Ilia e le disse serio “Come fai ad essere ancora viva? Sei stata colpita al cuore. E quell’uomo, era il re di Anthemis, ho visto il sigillo reale. Ti ha chiamata mia cara, perché? Che cosa ti lega a lui e al suo regno?”
Ilia lo guardò, sembrava combattuta, ma alla fine disse “Tempo fa ero la sua tutrice”
Sandir non poteva crederci “Come può essere? Sembrate avere quasi la stessa età”
“Sono più vecchia di quello che sembro” Rispose secca la maga a denti stretti, distogliendo lo sguardo “ma ora basta domande, tanto non otterrai altre risposte da me”
Sandir sapeva che esistevano maghi vanitosi che alteravano il loro aspetto per apparire più giovani, ma non pensava che quello fosse il caso di Ilia, e quello che aveva visto poco prima non faceva altro che alimentare i suoi sospetti su quale fosse la sua vera identità, perché ormai gli era chiaro che lei non poteva essere una maga qualunque. Comunque, vista la sua reazione decise di non indagare ulteriormente, almeno per il momento.
Improvvisamente Ilia si allontanò da loro.
“Aspetta, dove vai?” le chiese Sandir.
“Me ne vado. Ho fatto ciò che mi hai chiesto, quindi non ho più alcun motivo di restare in tua compagnia” rispose la maga.
Sandir stava cercando , senza grandi risultati, di pensare ad un modo per fermarla, quando l’uomo si rivolse a lei.
“Aspetti, perché non viene con noi? La base della Resistenza verso cui siamo diretti io ed il ragazzo non è molto distante. È all’incirca ad un giorno e mezzo di cammino da qui, dobbiamo ringraziare il fiume che ci ha portato nella direzione giusta. Lì potrà riposare e cambiarsi d’abito. In più non sarà localizzabile da chi la sta cercando”
Ilia si bloccò e sembrò riflettere sull’offerta del cavaliere; alla fine rispose “E va bene. Ma non mi tratterrò a lungo”
I tre si incamminarono, ognuno perso nei propri pensieri.
 

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Capitolo 4
*** 4 ***


4
 
16 anni prima
 
In una splendida mattina di sole una figura si stava avvicinando alle porte di un castello.
Era incappucciata e, arrivata davanti all’ingresso protetto dalle guardie, fu costretta a fermarsi.
“È necessario un lasciapassare o un invito per entrare nel castello. Se è in possesso di uno di essi è pregato di mostrarmelo” disse una delle guardie.
La figura non esitò a tirare fuori dalla sua sacca una lettera che consegnò alla guardia. Una volta letto il contenuto della missiva la guardia si rese conto di chi si trovava davanti a lui ed era evidente la curiosità sul suo volto. Si rivolse ad un’altra guardia che subito si allontanò per tornare poco dopo con le informazioni di cui aveva bisogno il suo collega.
“La stavamo aspettando. Il re la riceverà nella sala del trono” disse infine la guardia lasciando passare la figura incappucciata.
Al suo passare lei notò che le guardie le rivolgevano un breve inchino. Dopo tutto quel tempo le faceva ancora uno strano effetto vedere come la gente reagiva quando la riconosceva; questo era uno dei motivi per cui preferiva indossare vestiti in grado di mascherare la sua identità quando si recava in luoghi in cui poteva essere riconosciuta. La popolarità non faceva proprio per lei.
La figura si ritrovò a percorre i lunghi corridoi del castello: era un luogo imponente, costruito per durare nei secoli. Era dotato di alte torri, sopra le quali dei soldati controllavano la situazione nelle vicinanze. Ma il castello era anche dotato di meravigliose vetrate e ampie finestre per far entrare più luce possibile. L’interno era ben curato, non si riusciva a trovare neanche un granello di polvere, si potevano vedere svariate composizioni floreali, meravigliosi arazzi e splendidi tappeti.
Era uno dei castelli più belli che avesse mai visto, e lei ne aveva visti molti.
Arrivata davanti alla sala del trono le guardie al suo esterno aprirono le pesanti porte e la figura si ritrovò a camminare lungo un tappeto, sul quale era intessuto un fiore di camomilla dai petali bianchi, fino ad arrivare davanti ad un trono sul quale sedeva un uomo alto, con chiarissimi capelli biondi e occhi scuri, una pesante corona sul capo. Leggere occhiaie segnavano i suoi occhi, la sua schiena era incurvata: sembrava che il peso che gravava sulle sue spalle cominciasse a pesare sulla sua salute, come spesso succedeva alle persone che ricoprivano il suo stesso ruolo.
Re Frederick di Anthemis alzò la testa e guardò la figura davanti a lui abbassare il cappuccio dalla sua testa e inchinarsi davanti a lui. Era una donna.
Si alzò rapido “Non c’è alcun bisogno che lei si inchini davanti a me, anzi dovrebbe essere il contrario, dovrei piegarmi io al suo cospetto” e le fece un rapido inchino.
La donna allora gli disse “Come desidera. Ora, perdoni i miei modi diretti, ma potrei sapere il motivo per cui mi ha convocata qui nel suo castello?”
“Certamente. Devo dire che la sua presenza qui mi ha sorpreso. Non pensavo si sarebbe scomodata, ma ho voluto fare un tentativo, a quanto pare fortunato” osservò il re.
Nemmeno lei sapeva perché fosse venuta. Forse era troppo annoiata, o aveva paura di diventare troppo apatica nei confronti del mondo che la circondava. Così si era ritrovata lì, al cospetto del re.
“La ho chiamata qui oggi per una questione delicata e a me molto cara” le disse il re risedendosi sul suo trono.
“La ascolto” disse la donna.
“Una persona dotata della sua conoscenza e con la sua esperienza del mondo è ideale per l’ incarico che vorrei affidarle” e la guardò fisso negli occhi “La ho chiamata qui per chiederle di diventare la tutrice di mio figlio” le confidò il re.
La donna rimase senza parole: era per questo quindi che l’aveva fatta chiamare. In tutta la sua vita non le era mai successo che qualcuno le chiedesse una cosa del genere, ed era decisamente più vecchia di quello che sembrava.
Il re approfittò del suo silenzio per continuare.
“Il suo compito sarebbe occuparsi dell’istruzione di mio figlio. Vorrei che in futuro, quando prenderà il mio posto, conosca bene tutto ciò che è importante sapere sul nostro mondo e le sue genti, e che governi all’insegna della giustizia. Ma vorrei anche che lei svolgesse la funzione di guardiana per lui, una sorta di guardia del corpo. È il mio unico figlio ed erede e non posso permettere che gli accada qualcosa. Non riuscirei a perdonarmelo, ma, come ben sa, è facile che altri regni belligeranti cerchino di colpire regni pacifici come questo puntando contro chi ha, o avrà, posizioni di potere. Mio figlio ha già dovuto affrontare situazioni del genere ed ha solo cinque anni; finora la fortuna gli ha sorriso ma, se posso ridurre al minimo i rischi alla sua incolumità, allora voglio tentare tutto il possibile”
La donna continuava a fissarlo basita “Non so cosa dire…”
“La prego di prendere in considerazione la mia richiesta. So che è chiedere molto ma confido nel suo buon cuore” la implorò il re, andando verso di lei e prendendole una mano tra le sue.
La donna ci pensò su e infine sospirò. Il tempo doveva averla resa più malleabile perché disse
“Non posso darle una risposta affermativa ora. Tuttavia lo stesso vale per una negativa.
Devo incontrare vostro figlio prima di poter prendere una decisione”
Il re parve sollevato e speranzoso “Ma certo. La scorterò personalmente dove si trova”
Il re e la donna quindi si incamminarono, il re guidandola lungo i corridoi del castello, fino ad arrivare all’ingresso di un giardino interno.
C’erano bellissimi fiori dai meravigliosi colori e profumi, tra i quali quelli di camomilla, simbolo di quel regno, e alberi in fiore. Al suo interno si trovavano anche delle panchine, sopra una delle quali era seduta una pallida donna dalle eleganti vesti, i capelli biondo ramato raccolti in un’elegante acconciatura e gli occhi di un azzurro quasi bianco. Sulla sua testa poggiava un diadema dorato. Doveva trattarsi della regina.
Vicino a dove era seduta si trovavano altre due figure: una era una giovane donna che portava semplici vesti e i capelli trattenuti in una treccia appoggiata sulla spalla destra. Stava sorridendo mentre un bambino le metteva un fiore appena colto tra i capelli per abbellirli.
La donna capì quindi che si doveva trattare del principe e di una donna a servizio nel castello; vista la giovane età non poteva trattarsi di una balia.
Quando la regina si accorse di essere osservata si alzò e si diresse in direzione dei due e al suo arrivo spostò lo sguardo prima verso il marito e poi verso la sua ospite, assumendo un’espressione contrariata e guardandola, con il suo naso all’insù, dall’alto in basso per poi tornare a guardare il re.
“Ti ho già detto cosa ne penso al riguardo Frederick. Non penso che lei sia la persona giusta per occuparsi dell’educazione di nostro figlio. Ha bisogno di imparare come proteggere il regno, e di questi tempi la miglior difesa è l’attacco, non la diplomazia. Hai sentito cosa sta succedendo ai regni limitrofi al nostro” disse l’algida regina.
“Isadora, come hai già detto tu, ne abbiamo già parlato e non lascerò che il nostro regno, da sempre baluardo della pace, si pieghi alla guerra, a meno che non sia strettamente necessario. Credo ancora alla diplomazia”  ribadì il re mettendole una mano sulla spalla, cercando di placare l’ira crescente della donna.
Le regina si scrollò di dosso la mano del marito e disse “Non sono d’accordo e non cambierò idea. Non è finita qui” guardò la sua ospite un’ ultima volta e si allontanò irata dal giardino con passo svelto.
Il re si rivolse alla donna “Come avrete capito, lei è mia moglie, la regina Isadora. Non è sempre così, è solo particolarmente nervosa per via di un recente attentato, quasi riuscito, alla vita di nostro figlio. Da allora non sembra tollerare discorsi sulla diplomazia, è convinta che non ci sia modo di trattare con chi attacca persino un bambino”
“Comprendo le ragioni della regina. Non si preoccupi per questo” gli rispose la donna, che poteva solo immaginare l’ ansia che doveva attanagliare la testa della regina.
“Bene, direi che è arrivato il momento di incontrare mio figlio” cambiò discorso il re.
“Certamente” disse lei, e il re si incamminò verso suo figlio e la giovane donna, che si alzò, si inchinò davanti al re ed al principe e poi si diresse verso l’uscita del giardino, rivolgendo un breve inchino anche a lei.
Il re le fece cenno di avvicinarsi e una volta lì disse, rivolto al suo erede: “Figlio mio, voglio farti conoscere una persona speciale. Che ne dici di parlare un po’ con lei?”
Il giovane principe la guardò curioso e rispose “Certamente padre”
Il re si allontanò lasciandoli soli per dargli il tempo di conoscersi.
La donna si chinò verso il bambino che aveva ripreso a giocare con i fiori. Aveva una carnagione chiara come quella della madre da cui aveva anche preso gli occhi. Il colore dei capelli invece lo aveva ereditato dal padre. Le sue manine erano all’opera raccogliendo fiori e assemblandoli in qualcosa di nuovo, ma la donna non poté fare a meno di notare il suo sguardo triste, che tanto le ricordava il suo quando si guardava allo specchio.
“Come mai così triste?” gli chiese lei.
Il bambino la guardò “Mia madre ogni tanto mi fa giocare assieme a qualche addetto alla servitù ma non mi lascia mai solo in quelle occasioni ed è sempre una persona diversa, non si fida di nessuno, non dopo quello che è successo…” La donna notò che il giovane principe si era portato una mano a stringere la spalla destra, su cui immaginava si trovasse una cicatrice, visto ciò che le era stato detto sugli attentati alla vita dell’erede al trono.
“Così nessuno mi è veramente amico, obbediscono soltanto agli ordini” le confidò il principe abbassando il capo “Avere un amico vero è tutto ciò che voglio ma ciò che sono me lo impedisce”
La donna sapeva come ci si sentiva ad essere soli, a non essere come gli altri intorno a te,
non avere nessuno in grado di capire il fardello di ciò che si rappresentava e si era. Era un peso troppo grande per un bambino.
Così prese la sua decisione.
Mise una mano sulla spalla del principe “Beh, da oggi potrai contare su un’amica”
“Davvero? Chi?” le chiese speranzoso il bambino.
“Ce l’hai davanti” gli disse.
“Vuoi davvero essere mia amica?” le chiese nuovamente. Era chiaro che non si fidasse, aveva paura che non fosse sincera.
“Davvero. Sarò un’amica, ma anche la tua tutrice. Tuo padre mi ha chiesto di occuparmi di te, quindi sono venuta a conoscerti. Stava a me  scegliere se restare o meno e ho deciso che resterò al tuo fianco. Passeremo molto tempo assieme, non ti lascerò da solo” gli disse lei sorridendo.
Il bambino la guardò e infine disse “Io mi chiamo Lucien” e le poggiò sulla testa la corona di fiori che aveva intrecciato “Tu come ti chiami?”
“Piacere Lucien. Il mio nome è Iliana”
 

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Capitolo 5
*** 5 ***


5
 
I tre non fecero molta strada prima che Ilia li fermasse.
“ Voi due, venite qui” disse chiamandoli vicino a lei. Sandir la sentì mormorare qualcosa ma non riuscì a capire le parole che stava pronunciando.
“Che cosa hai fatto?” le chiese una volta che lei ebbe finito.
“Un incantesimo di schermatura, così i maghi di Anthemis non potranno localizzarci” rispose lei seccata “ora proseguiamo” e fece cenno al cavaliere di guidarli.
L’uomo ricominciò a camminare e Sandir, visto l’umore della maga, decise di camminare al fianco del cavaliere, con Ilia a debita distanza, avendo appurato che la donna preferiva stare lontana dall’uomo.
“Posso sapere qual è il nome della persona che mi ha salvato la vita?” gli chiese il giovane.
“Leon. E il tuo? Non era tra le informazioni che mi hanno dato…” rispose l’uomo.
“Sandir…” replicò il ragazzo guardando Leon di sfuggita per vedere la sua reazione. Nulla. Sandir si sentì sollevato, non lo stava guardando male come la maggior parte della gente faceva e questo lo rassicurò.
“E la tua accompagnatrice come si chiama, se non sono indiscreto?” chiese Leon.
Sandir guardò la maga, che li seguiva tenendosi ad una certa distanza, evidentemente persa nei suoi pensieri, poi tornò a rivolgersi al cavaliere “Ilia. Eravamo entrambi nelle prigioni del castello di Anthemis ed è solo grazie a lei ed al suo piano se siamo riusciti a scappare”
Al sentire il nome della maga, Sandir vide che per un secondo l’uomo aveva avuto una reazione particolare, come se gli avesse dato conferma di qualcosa; o forse se l’era solo immaginato, si disse tra sé.
Il gruppo procedette senza particolari inconvenienti fino a che non cominciò a calare la notte, quando trovarono un piccolo spiazzo nella foresta per accamparsi.
Sandir si diede da fare per raccogliere della legna per un falò, che Ilia accese tramite la magia, rendendo il fumo rilasciato dal fuoco completamente trasparente e la luce che faceva la fiamma non visibile a distanza, impedendo la sua localizzazione.
Leon invece aveva tirato fuori da una sacca che aveva con sé delle razioni di cibo che distribuì ai suoi due compagni.
Si sedettero intorno al fuoco a mangiare, Sandir e il cavaliere seduti su un tronco trovato lì vicino e spostato lì dall’uomo, mentre Ilia aveva preferito sedersi a terra, dall’altro lato del falò rispetto ai due, ancora non disposta a parlare con loro. Leon aveva tirato fuori dalla sua sacca un libricino su cui cominciò a scrivere. Quello che scriveva scompariva poco dopo, quindi Sandir dedusse che l’uomo stesse comunicando con la Resistenza tramite quel libro; era un metodo sicuro ideato dai maghi, dato che solo chi aveva il libro collegato a quello del cavaliere poteva leggere il messaggio, non era intercettabile.
“Quando arriveremo alla base della Resistenza?” chiese Sandir al cavaliere quando ebbe finito di scrivere, per fare un po’ di conversazione.
“Se procediamo allo stesso ritmo di oggi dovremmo arrivare domani prima del tramonto. La base si trova all’interno della foresta ma si tratta di una base mobile. Ci spostiamo da un luogo all’altro per non farci individuare e allo stesso tempo per mettere in salvo tutte quelle persone che non hanno più niente a causa della guerra o che vogliono unirsi a noi. Ovviamente  abbiamo altre basi fisse e ben nascoste dedite all’addestramento e alla protezione dei profughi, io stesso mi sono addestrato in una di quelle” rispose Leon.
“Da dove vieni, Leon?” gli chiese Sandir incuriosito.
“Dall’ormai caduto regno di Dahlia” gli rispose lui, guardando il falò.
Sandir si pentì della sua domanda, sapeva che la sorte toccata al regno di Dahlia era stata peggiore di quella di altri regni; così si mise a guardare davanti a sé in silenzio e notò che Ilia aveva assunto uno sguardo ancora più cupo di quello che già aveva e stava mormorando qualcosa.
Riuscì solo a sentire una parola: Dahlia…
Evidentemente quel regno doveva significare qualcosa per lei, pensò Sandir, ma non voleva tentare la sorte. Era sicuro che se avesse voluto, Ilia avrebbe potuto mettere facilmente fuori gioco entrambi i suoi compagni di viaggio, e visto il suo già pessimo umore era meglio per lui stare zitto.
Si ritrovò a mangiare in silenzio, i suoi due compagni persi nei loro ricordi.
 
Il mattino seguente i tre ripresero il cammino senza perdersi in chiacchere, a meno che non fossero indicazioni sul cammino date da Leon.
Finalmente, nel pomeriggio, il gruppo raggiunse una zona della foresta in cui Leon si fermò e disse “Siamo arrivati”
Sandir non vedeva altro che alberi davanti a sé e, commentando il suo sguardo confuso, Ilia gli disse in tono di scherno “Ma tu non viaggiavi con un mago? Non dirmi che non hai capito. Devo dire che è un’ottima barriera schermante ma avresti dovuto arrivarci lo stesso”
In imbarazzo, Sandir vide Leon tirare fuori da una tasca della sacca una pietra e tendere la mano con essa davanti a sé. Lentamente vide gli alberi scomparire e uno scenario completamente diverso prendere forma.
Davanti a lui ora c’erano tende da campo in file ordinate, uomini e donne intenti a diversi lavori e bambini che correvano qua e là.
“Seguitemi” disse Leon ai suoi compagni cominciando a farsi strada tra la gente dell’accampamento. Tutti sembravano riconoscerlo, alcuni lo salutavano, ma erano anche incuriositi dai nuovi arrivati, cosa che, notò Sandir, rendeva Ilia irrequieta.
Leon li guidò davanti alla tenda più grande di tutte quelle presenti e gli chiese di aspettare fuori fino al suo ritorno.
Non ci volle molto perché l’uomo riemergesse e facesse loro segno di entrare.
All’interno della tenda si trovava un uomo di mezza età, aveva l’aspetto di chi aveva visto parecchie cose nella sua vita e un portamento elegante. Capelli e barba castano scuro e occhi blu, era seduto dietro una scrivania con sopra una mappa su cui probabilmente stava studiando la situazione dei regni prima della loro visita.
L’uomo si alzò e Leon si affrettò a fare le presentazioni.
“Vi presento re Tyberius del regno di Calendula, capo della Resistenza”
Sandir subito si prodigò in un inchino mentre Ilia restò indifferente.
Il re si rivolse al giovane “Le formalità non sono necessarie, ragazzo. Leon mi ha detto quello che hai passato per portare a noi la pietra, ma dimmi cosa è successo al tuo accompagnatore originario, il Maestro Bog?”
Sandir rispose, cercando di non far trapelare ciò che la menzione dell’ amico caduto gli faceva provare “È caduto per difendere la pietra dai soldati di Anthemis, affidandomi essa e la missione”
Il re parve rattristarsi “Capisco. È una grave perdita per l’ordine dei maghi e per la Resistenza”
Poi si rivolse ad Ilia, che sembrava volesse essere da tutt’altra parte.
“Per fortuna hai incontrato una persona in grado di aiutarti. Ilia, dico bene?”
La maga guardò il re senza dire niente e lui continuò sicuro “O forse dovrei dire Iliana, la maga maledetta”
Sandir si sentì sollevato, qualcuno aveva avuto la sua stessa impressione ma lui non aveva avuto il coraggio di esprimersi. Di certo lei non avrebbe fatto del male al re, o almeno così sperava.
“Vedo che qualcuno ha fatto la spia” disse Iliana guardando di traverso Leon, che di rimando fissò il pavimento.
“Vi prego di non prendervela con Leon, ha fatto solo ciò che riteneva giusto. Non capita tutti i giorni di incontrare una persona come lei. Per noi della Resistenza è un evento” si intromise il re.
“Capisco. La pietra è la portata principale ed io sono il dessert…” rispose lei “bene, appurato questo, vado a procurarmi un cambio d’abiti, non credo che mi tratterrò per molto. I miei ossequi, re Tyberius” Fece una specie di inchino e si incamminò verso l’ingresso della tenda.
Sandir si mosse per fermarla ma il re lo fermò “Non ti preoccupare, lascia che faccia ciò che vuole. Sandir, giusto? Leon mi ha detto che hai tu la pietra, posso vederla?”
“Certamente, sire” e si sfilò il pendente che portava al collo porgendolo al re che, esaminata la pietra, la ripose in uno scrigno che teneva sulla sua scrivania.
“Sei libero di andare. Immagino che anche tu voglia ripulirti e cambiarti, ma non metterci troppo. Vorrei che assistessi al discorso che terrò al tramonto alla presenza di tutti. Lo stesso vale per te, Leon” disse il re congedandoli.
I due, porgendo i loro ossequi al re, uscirono dalla sua tenda.
“Vieni con me. Ti faccio vedere dove starai questa notte. Lì potrai anche rimetterti in sesto” disse Leon a Sandir e lo condusse davanti ad una tenda modesta in cui al momento non c’era nessuno. Sandir si chiese se c’erano altri inquilini o se avrebbe passato la notte lì da solo. Sapeva che era molto probabile che se qualcuno avesse saputo cos’era o il suo nome, i possibili coinquilini della tenda avrebbero chiesto di essere trasferiti ma per il momento decise di attenersi alle istruzioni ricevute.
“All’interno troverai quello di cui hai bisogno. Dovrebbe esserci qualcosa della tua taglia. Ora devo andare, ho delle faccende da sbrigare prima del discorso. A più tardi” Leon si congedò e Sandir entrò nella tenda. All’interno c’erano dei semplici giacigli e, come aveva detto l’uomo, separata grazie ad un divisorio, c’era una tinozza dove si sarebbe potuto lavare e un panno per asciugarsi appoggiato sopra un baule che, appurò poco dopo, conteneva dei vestiti puliti.
L’acqua era fredda ma visto quello che aveva passato non poteva lamentarsi, e compiere gesti semplici e della vita quotidiana come quello gli faceva sembrare quasi di essere tornato ad una vita tranquilla, come quella che conduceva con Bog prima che i maghi della torre gli affidassero la missione della pietra, privandolo per sempre della vita che aveva.
Una volta pulito riuscì a trovare un cambio d’abiti che fosse più o meno della sua taglia e decise di uscire dalla tenda. Il sole stava calando e vide che ormai in molti nell’accampamento si erano recati nella zona centrale dove sorgeva una sorta di palco, dove il re avrebbe fatto il suo discorso, così decise di avvicinarsi anche lui.
Poco dopo praticamente tutte le persone dell’accampamento, tranne chi aveva compiti dai quali non si potevano assentare, si ritrovarono davanti al palco. Sandir riuscì a scorgere tra la folla in un angolo Leon, che risaltava per via della sua altezza; accanto a lui si trovava una giovane donna dalle vesti color crema con cui lui stava parlando. Riuscì anche a scorgere, tra gli ultimi arrivati, Iliana che si era procurata un vestito pulito ed era sempre seria come ormai era abituato a vederla.
Improvvisamente la folla, che fino ad un attimo prima era immersa in un chiacchiericcio continuo, si zittì. Re Tyberius era salito sul palco, lo scrigno contenente il frammento tra le mani, ed era pronto a rivolgersi alle persone davanti a lui.
“Grazie a tutti per esservi riuniti qui con poco preavviso. Oggi è un giorno felice per la Resistenza, una vittoria si può dire, ma lasciatemi ricordare come è cominciato tutto.
Come ben sapete, quando Sol e Umbra hanno abbandonato il nostro mondo hanno lasciato dietro di loro l’Oscurità e il Talismano.
Una parte di noi uomini e gli spiriti si schierarono dalla parte della luce mentre una parte degli uomini si schierò dalla parte di Umbra, cercando di liberare l’Oscurità dalla sua prigione. Dichiaravano che l’Oscurità fosse una degna punizione di Umbra nei confronti delle sue creazioni ma la verità che venne a galla successivamente era che volevano sfruttare il suo immenso potere a loro favore. Portavano il nome di adepti di Umbra.
La guerra che ne scaturì fu devastante, forse la più distruttiva conosciuta a noi fino ad oggi.
Ben presto l’Oscurità cominciò a risvegliarsi e con essa il Talismano. L’ultima battaglia di quella guerra portò incredibile morte e distruzione ma alla fine coloro che erano dalla parte della luce riuscirono a sigillare nuovamente l’Oscurità usando il Talismano di Sol.
Quello che accadde dopo venne considerata una punizione data da Sol stesso. Ci aveva avvertiti di quello che sarebbe potuto succedere ma, nonostante tutto eravamo stati in guerra l’uno contro l’altro, fratello contro fratello; così, dopo che il Talismano ebbe adempiuto al suo compito, la pietra che lo componeva si divise in quattro parti uguali che sparirono in quattro direzioni diverse, impossibili da trovare fino ad una futura minaccia da parte dell’Oscurità…”
Quella era la parte della storia che piaceva meno a Sandir, ed apprezzò il fatto che il re avesse omesso i particolari più odiosi, come anche il resto della sua gente.
“Così passarono secoli ma infine gli adepti di Umbra ancora una volta cominciarono a disseminare disperazione nel mondo, con l’obiettivo di liberare l’Oscurità ancora saldo in loro.
Fu allora che i frammenti del Talismano cominciarono a brillare, riattivando il loro potere.
Cominciò una corsa contro il tempo, adepti contro guardiani della luce, per impossessarsi dei frammenti: gli adepti per prevenire il sigillo sull’Oscurità, gli altri per riunirli e riformare il Talismano. Spuntarono quattro eroi, incaricati di trovare i frammenti e fermare l’Oscurità: uno spirito, un cavaliere, un Darman e una maga, della cui presenza siamo onorati qui oggi…” disse il re spostando lo sguardo su Iliana. Un brusio generale si alzò tra la folla e tutti seguirono lo sguardo del re; la maga non avrebbe avuto un attimo di pace ora che la sua identità era nota a tutti, pensò Sandir vedendo lo sguardo truce che lei rivolse al re.
Era di certo un evento straordinario per quella gente avere lì Iliana, una dei quattro eroi che avevano scacciato l’Oscurità e sconfitto gli adepti di Umbra,
Una volta che la folla si calmò il re continuò il suo discorso.
“ I quattro eroi riuscirono nel loro intento nonostante il loro viaggio fosse irto di pericoli. Il Talismano si divise ancora in quattro parti ma questa volta i pezzi rimasero nel luogo dove l’Oscurità venne sigillata. Senza il suo potere il talismano non si poteva riunire, così gli eroi decisero di affidare la custodia dei frammenti a persone che ritenevano affidabili, visto il pericolo che essi potevano ancora presentare se fossero finiti in mano agli adepti di Umbra. Erano tornati una volta, potevano farlo ancora.
Sono passati ormai mille anni da allora e l’oscurità ci minaccia nuovamente. Le guerre che stanno sconvolgendo il nostro mondo e la disperazione creatasi sono a causa di questo.
I frammenti si stanno risvegliando e oggi, grazie alle persone inviate dai maghi della Torre, il frammento in loro possesso ora si trova qui, in attesa di riunirsi alle sue altre parti. So che la nostra vittoria sembra difficile; ogni giorno le forze di Anthemis si fanno più forti e sempre più regni si stanno piegando al suo volere; molti sono rimasti senza una casa, io stesso ho perso il mio regno, ma non disperate, riusciremo a sconfiggere chi ci ha tolto tutto e a fermare l’Oscurità. La speranza è tornata” e dallo scrigno che aveva tra le mani tirò fuori il pendente  con il frammento, che brillò, rischiarando la folla.
Si alzò un grido di esultanza collettivo dalle persone lì riunite, il re era riuscito a rincuorare gli animi di tutti. Solo una persona sembrava non condividere la gioia di tutti, notò Sandir, e ovviamente si trattava di una certa maga di sua conoscenza. Vide Ilia approfittare della distrazione della gente per allontanarsi non vista ed entrare in una tenda. Per un attimo aveva avuto paura che se ne volesse andare senza preavviso ma, per fortuna, non era quello il caso.
Era certo solo di una cosa: non riusciva proprio a capirla e probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
 
Quando la folla si disperse Sandir decise di fare un giro per l’accampamento. I membri della Resistenza erano tornati alle loro usuali occupazioni: c’era chi stava pensando alla messa a punto di armi, chi alle riserve di cibo e stava preparando la cena per il campo, e chi stava seguendo una certa maga dappertutto. Era il caso di un gruppetto di bambini che doveva aver trovato la tenda dove Ilia si era rifugiata e aveva iniziato a seguirla ovunque. Non poteva biasimarli. In fondo erano al cospetto di una leggenda vivente e non dubitava che fra quei bambini ci fosse qualche Ilia. Dopotutto era un nome che da mille anni non passava di moda tra gli umani ed era anche il motivo per cui non si era fatto domande quando Iliana gli aveva detto di chiamarsi così. Erano in molti i genitori che volevano rendere omaggio alla maga e che speravano in un futuro brillante per i figli, dandogli un nome illustre come portafortuna.
Per quanto riguardava lui invece si accorse che ora erano in molti a guardarlo con diffidenza, mentre altri facevano finta di non averlo visto. Evidentemente quando era arrivato con Leon e Ilia ed i suoi vestiti erano ridotti male, qualcuno doveva aver notato il marchio sulla sua pelle oppure qualcuno doveva aver scoperto il suo nome, probabilmente da Leon o dal re, anche se sapeva che non avevano cattive intenzioni.
Così trovò una panca lontana da sguardi indiscreti, un posto tranquillo dove poteva godersi il tramonto da solo e ripensò al discorso del re.
Era stato un gesto accorto nei suoi confronti non parlare di tutto quello che era successo la prima volta che l’Oscurità si era risvegliata, ma inutile, visto come la maggior parte della gente trattava quelli come lui. Qui al campo almeno non cercavano di fargli del male, ma ora non poteva non ripensare all’origine della sua gente.
La verità era che durante la battaglia finale, prima della vittoria della luce, nella radura al centro del mondo dove sorgeva la pietra da cui sarebbe potuta fuoriuscire l’Oscurità, dove niente cresceva, nemmeno un filo d’erba, erano sbocciati dei fiori mai visti prima. Neri, con dei puntini luminosi come il cielo stellato e con i bordi dei petali cremisi. Una battaglia tremenda aveva avuto luogo in quella radura: uomini e spiriti dalla parte della luce, e gli adepti di Umbra ed i loro alleati dalla parte dell’oscurità. Nessuno dei due lati sembrava in grado di prevalere sull’altro ma all’improvviso la terra si era messa a tremare e subito dopo i fiori, prima chiusi, si erano aperti, rilasciando delle spore. Chiunque si trovava nella radura venne colpito dalle spore e cadde a terra, in preda a dolori insopportabili. Tutti gli spiriti colpiti dalle spore morirono pochi istanti dopo, per quanto riguardava gli uomini invece, alcuni di loro ebbero la stessa sorte degli spiriti mentre altri, dopo il dolore iniziale, vennero colti da violenti spasmi. I loro corpi cominciarono a cambiare, a mutare: chi non era stato colpito dalle spore si trovò davanti non più i propri compagni, ma delle belve simili ad animali, ma più grandi, o per meglio dire, forme aberranti degli animali a cui erano abituati. Quelle belve cominciarono ad attaccare indiscriminatamente chiunque si trovava nelle loro vicinanze fino a che qualcuno non riuscì a porre il Talismano sulla roccia e fermare l’ascesa dell’Oscurità.
Subito le belve tornarono ad essere uomini ma non sarebbero più stati quelli che erano un tempo: sui loro corpi ora c’era un marchio indelebile, un fiore, come quelli che li avevano resi ciò che erano. Quei fiori vennero etichettati come fiori di Umbra e considerati come un’ulteriore punizione, oltre alla rottura del Talismano.
Gli uomini maledetti assunsero quindi la capacità di trasformarsi ognuno in un differente animale, o per meglio dire una creatura con sembianze di un animale ma decisamente più grossa e spaventosa, e ,per via di quello che era successo, nessuno si fidò più di loro. Avevano tutti paura che potessero perdere nuovamente il controllo. I compagni di battaglia, prima loro amici, gli voltarono le spalle e così loro si isolarono dando vita ad una popolazione nomade. Non si sentivano più come gli altri uomini ma non erano neanche completamente diversi da loro, così decisero di assumere un nome tutto loro: i Darman, gli uomini maledetti.
Ancora oggi chi nasceva da un Darman era un Darman a sua volta, non c’era scampo alla maledizione. Ma Sandir era diverso: tra la sua gente si assumeva la capacità di mutare quando si era bambini e si scopriva allora quale fosse la propria forma animale e, a seconda delle caratteristiche possedute, si otteneva un nome.
C’erano però casi come il suo in cui si era troppo deboli per sopravvivere al primo cambiamento. Quelli come lui venivano definiti sandir, senza nome, e abbandonati al loro destino. Per qualche motivo i suoi genitori, forse per pietà, lo avevano abbandonato davanti alla Torre dei maghi, dove Bog lo aveva trovato e in qualche modo era riuscito a sopravvivere. Era l’unico senza nome rimasto in vita: in passato c’erano già stati dei tentativi per salvare la vita dei bambini come lui, ma nessuno con esito positivo.
Lui era un Darman, ma allo stesso tempo non lo era. Un abominio per la sua gente, vista la sua incapacità di essere come gli altri;  e neanche un uomo normale, con il marchio sulla pelle a ricordargli ogni momento della sua esistenza ciò che era.
Seduto su quella panca era talmente perso a rivivere il suo passato che non si accorse di una bambina dalla pelle chiarissima, tratti delicati e capelli e occhi neri che si era avvicinata a lui.
“Scusa, tu sei un Darman vero?” chiese la piccola, facendolo sobbalzare.
Lei fece un passo indietro sorpresa dalla sua reazione e Sandir si affrettò a risponderle cercando di non spaventarla.
“Sì, lo sono”
“Ti chiami Sandir, giusto? Ho sentito qualcuno chiamarti così” disse lei. Quindi il suo nome era già di dominio pubblico.
“Già” si ritrovò a rispondere, ormai certo che tutti sapessero ciò che era.
La bambina, ritrovata la fiducia, gli sorrise.
“La mia mamma mi ha detto che se un Darman ha quel nome non è pericoloso, quindi non devo aver paura…” fece una pausa ed era in evidente imbarazzo, così Sandir le chiese
“Volevi qualcosa da me?”
“Ecco…, veramente mi chiedevo se potevo vedere il marchio sulla tua pelle. È vero che è un fiore?” chiese ardita lei.
Sandir non aveva mai ricevuto una richiesta simile e mai se la sarebbe aspettata, ma decise comunque di accontentarla, almeno lei non lo trattava con diffidenza come tutti gli altri.
Slacciò i lacci della sua camicia e la bambina si avvicinò a lui per vedere il marchio.
Lei guardò con estremo interesse il marchio a forma di fiore sulla sua pelle ma non si limitò solo a quello, addirittura tese la manina fino a toccare il marchio. Nessuno lo aveva mai fatto prima e questo lo sorprese al punto da farlo sobbalzare. Vedendo che era a disagio la piccola indietreggiò ma prima di allontanarsi gli disse “ Lo sai, anche se tutti dicono che è qualcosa di cattivo, è veramente bello” e se ne andò.
Era la prima volta che qualcuno definiva il marchio che aveva sulla pelle in quel modo. Era stato uno strano incontro ma nonostante tutto ora non era più triste come prima e tutto grazie a quella bambina di cui non sapeva neanche il nome.
 
 
 

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Capitolo 6
*** 6 ***


6
 
Dopo il colloquio con il re ed essersi assicurato che Sandir avesse un posto dove stare, Leon si era subito recato nella seconda tenda più ampia dell’accampamento. Era adibita ad infermeria e sapeva che avrebbe trovato lì la persona che cercava.
L’interno della tenda era costituito da brande per i feriti o malati e da alcuni scaffali dove si trovavano dei medicinali, bende e tutto l’occorrente per il pronto soccorso.
La trovò intenta a cambiare le bende ad un paziente, una recluta rimasta ferita in un operazione di salvataggio recente.
Era una giovane donna dai capelli biondo fragola e gli occhi azzurro-verde che a volte sembravano di colore viola a causa della luce,  la pelle chiara, più pallida di quanto fosse abituato a vedere, la lunga veste color crema. Aveva sempre uno sguardo dolce sul volto, uno dei motivi per cui tutti la trovavano subito simpatica.
Leon aspettò che lei finisse di controllare i pazienti vicino all’ingresso della tenda; era talmente assorta che neanche lo aveva notato.
Quando ebbe finalmente terminato, si guardò intorno e si accorse di lui.
“Leon, sei tornato” disse e si avvicinò a lui con passo svelto rivolgendogli un sorriso di sincero sollievo.
“Non dirmi che eri preoccupata per me? Sono così poco affidabile?” le rispose lui ridacchiando.
La donna per tutta risposta gli tirò un pugnetto amichevole sul braccio “Lo sai che non dubito delle tue capacità, ma mi preoccupo lo stesso. Sono fatta così, lo sai” e spostò lo sguardo sul pavimento.
“Devo controllare lo stato della barriera. Vieni con me? Voglio sapere come è andata” chiese lei e Leon acconsentì.
I due si incamminarono lungo l’accampamento fino ad arrivare ad una tenda più piccola, dove lei stessa risiedeva. Dato che era lei ad occuparsi della barriera, metterle a disposizione tutto il necessario per occuparsene il più vicino possibile, era  stata considerata la scelta migliore.
All’interno, su una scrivania, si trovava una sfera di cristallo attraverso la quale la donna poteva controllare lo stato della barriera. Grazie ad essa poteva assicurarsi che tutto l’accampamento fosse accuratamente protetto.
La magia necessaria a creare una barriera schermante di per sé non aveva bisogno di artefatti per funzionare ma ,per una barriera così estesa ed a tempo indeterminato come quella, era necessario un aiuto esterno alla persona che la aveva eretta, una sorta di amplificatore  per la magia dell’utilizzatore, altrimenti lo sforzo avrebbe potuto compromettere seriamente la sua salute, o peggio. Oltretutto la donna non si occupava solo di mantenere la barriera ma anche delle cure dei feriti, che in alcuni casi richiedevano l’uso di magie di guarigione.
Leon sapeva che lei non si considerava una maga a tutti gli effetti: le uniche magie per cui era portata erano quelle di guarigione e le barriere; non aveva avuto la possibilità di approfondire i suoi studi in passato ma era certa di non essere in grado di usare altre magie, il che ne faceva al massimo una Guaritrice. La magia era una cosa complicata, bisognava essere portati e addestrarsi per anni, in più c’erano tipi di magie per cui si poteva essere portati ed altre impossibili da imparare; erano in pochi quelli in grado di padroneggiarne tutti i tipi ed erano chiamati Maestri, con il Gran Maestro al vertice.
Una volta assicuratasi che la barriera funzionasse a dovere, come faceva più volte al giorno, si rivolse a Leon “Allora, raccontami tutto, e non tralasciare alcun dettaglio”
Leon le raccontò tutto, da quando aveva lasciato l’accampamento fino al suo ritorno, e si poteva vedere che la donna era completamente assorta nel suo racconto.
Una volta finito tra i due cadde il silenzio, che venne presto rotto dalla giovane “C’è qualcos’altro che vuoi dirmi” disse risoluta.
“Come?” Leon rimase spiazzato.
“Ti conosco praticamente da quando sono nata, so capire quando cerchi di tenermi nascosto qualcosa per non farmi preoccupare” aggiunse lei.
“È solo che non sono ancora sicuro che la mia sia una scelta giusta…” Leon non riusciva a guardarla negli occhi “Serena…”
“Vuoi offrirti volontario per andare a recuperare gli altri frammenti” lo interruppe lei.
Leon la guardò e Serena gli si avvicinò prendendogli le mani “Leon, se è ciò che ritieni giusto fare, sei libero di andare. Io posso cavarmela anche da sola. So che hai giurato di proteggermi ma sono convinta che il tuo destino sia un altro” lei gli sorrise.
Leon ricordava bene quando aveva incontrato Serena: suo padre, il gran cavaliere di Dahlia, lo aveva portato a palazzo con sé quando era ancora un bambino. Era lì che l’aveva incontrata, una bambina più piccola di lui di qualche anno, che stringeva la gamba di suo padre, il re di Dahlia in persona, dietro il quale stava nascosta.
I loro padri erano grandi amici fin da ragazzi ed era stato deciso che Leon, una volta compiuto il suo addestramento, sarebbe diventato la guardia del corpo della giovane principessa; ma nel frattempo i due erano diventati compagni di giochi.
Purtroppo la spensieratezza di quei giorni finì bruscamente quando un regno belligerante li attaccò e le forze di Dahlia non riuscirono a proteggere il regno.
Ricordava di aver visto suo padre ed il re cadere in battaglia e, durante l’assedio, di aver sentito rimbombare nella sua testa le parole che suo padre gli aveva ripetuto più volte se una situazione del genere si fosse presentata.
Prendere la principessa e scappare, ma soprattutto proteggerla più della sua stessa vita.
Ricordava di aver preso per mano la bambina terrorizzata, di aver fatto di tutto per tranquillizzarla, di essersi fatto strada a colpi di spada cercando di comportarsi come suo padre gli aveva insegnato, e di essere riuscito a metterla in salvo attraverso un passaggio segreto grande abbastanza solo per far passare dei bambini.
Da allora erano passati anni e, per loro fortuna, avevano incontrato la Resistenza e soprattutto re Tyberius, che li aveva trattati come se fossero la sua famiglia, avendo lui stesso perso la propria a causa delle guerre che ancora imperversavano.
Si era addestrato nell’arte del combattimento, portando a termine il percorso iniziato con suo padre, mentre la principessa aveva approfondito gli studi sulla magia, iniziati al castello.
Avevano votato la loro vita alla Resistenza ma per Leon il giuramento fatto a suo padre ed al re di Dahlia di proteggerla era ciò che ancora oggi contava più di tutto il resto.
Serena, come lei aveva insistito per farsi chiamare da lui con il tempo, lasciando perdere le convenzioni sociali, era diventata la sua migliore amica, ciò che gli rimaneva della sua terra e del suo passato e per lui l’idea di lasciarla per un periodo indefinito di tempo era una cosa che aveva ritenuto impensabile fino a quel momento.
Serena stava ancora stringendo le mani del cavaliere, il suo sguardo deciso. Leon però sapeva che lei era preoccupata all’idea di una sua partenza: le possibilità che tornasse vivo non erano fra le più alte, ma nonostante tutto gli stava dando il suo sostegno.
Così prese la sua decisione.
 
Successivamente Leon, in compagnia di Serena, si era recato al discorso di re Tyberius, come tutti nell’accampamento. Non avevano più menzionato quello di cui avevano parlato poco prima e Serena si era messa a raccontare aneddoti su ciò che era accaduto in sua assenza, facendogli completamente dimenticare i pensieri di poco prima, e rallegrandolo fino all’arrivo del re.
Quello che disse il re però lo fece tornare con la mente a ciò che aveva deciso di fare. Serena, alla fine del discorso, si allontanò dicendogli che aveva del lavoro da sbrigare, una scusa per nascondere la preoccupazione evidente nei suoi occhi, la scelta sofferta di lasciarlo andare resa ancora più difficile.
Leon ne approfittò per riflettere facendo un giro dell’accampamento. Fu allora che notò la presenza del suo giovane compagno di viaggio. Sembrava assorto nei suoi pensieri, mentre ammirava il tramonto, completamente ignorato da tutti.
Decise quindi di sedersi vicino a lui “Allora, cosa ne pensi del discorso?” chiese a Sandir dopo averlo salutato.
“Il re sa come catturare l’attenzione delle gente e dirle ciò  che vuole sentire, non sarebbe il capo della Resistenza altrimenti” rispose lui per poi zittirsi.
A Leon sembrò che il giovane avesse qualcosa per la testa e che avesse bisogno di parlarne, così gli chiese cosa stesse pensando.
“Non è niente. È solo che stavo ricordando la persona con cui ho condiviso il viaggio per portare qui il frammento. Non posso credere che non ci sia più, era la mia famiglia e voglio onorare la sua memoria. Portare a termine la sua missione non basta…”
“Vuoi recuperare gli altri frammenti” lo interruppe il cavaliere.
Sandir lo guardò stupito e Leon continuò “Non ti nascondo che anche io ho avuto la tua stessa idea”
L’uomo vide il volto del ragazzo incupirsi “Cosa succede?” gli chiese.
Vide il giovane sospirare “Io non sono in grado di fare ciò di cui la mia gente è capace, non posso imparare la magia perché nessun Darman è in grado di praticarla per via della maledizione, e non so combattere in alcun altro modo. Sono completamente inutile, sarei un peso morto…”
“Ti addestrerò io” si intromise il cavaliere.
“Come?”
“Dico sul serio. Ti insegnerò l’arte della spada, se tu vorrai, naturalmente”
Sandir sembrò pensarci su e infine disse con piglio sicuro “Accetto”
“Comunque, cosa sai del viaggio dei quattro eroi?” chiese Leon al giovane; sembrava che l’uomo volesse cambiare discorso.
“Solo quello che sanno tutti, ciò che ha detto il re. E che Iliana alla fine della sua missione è rimasta vittima di una maledizione, ma non conosco i dettagli. Credo che solo lei li sappia ormai” gli rispose il giovane.
“Io posso anche dirti che il cavaliere che fece parte del gruppo mille anni fa era di Dahlia. Quando ero bambino la sua storia era popolare tra quelle raccontate ai bambini del regno: all’ epoca era  il Gran Cavaliere, ed era riuscito a riunire un gruppo eterogeneo che aveva portato a termine una missione praticamente impossibile”
Leon vide Sandir sorridere all’idea di quell’eroe, ma non aveva ancora finito il suo discorso, così continuò la sua storia.
“Sembra una bella storia se non fosse per il finale” vide il volto del ragazzo farsi improvvisamente serio prima di aggiungere “Non tutti e quattro gli eroi tornarono vivi dal loro viaggio”
Leon guardò Sandir negli occhi “Sei ancora sicuro della tua scelta?”
Il viaggio non sarebbe stato facile e avrebbe capito se il giovane avesse deciso di lasciar perdere. In fondo era per questo che gli aveva raccontato quella storia, per assicurarsi che si rendesse conto di ciò a cui andava incontro.
“Sì” rispose Sandir solenne e i due si strinsero la mano, a suggellare il loro accordo.
 
Poco dopo l’uomo si allontanò. Si stava facendo buio, ma non poté fare a meno di notare una certa figura, semi nascosta, intenta ad osservare il luogo dove fino ad un attimo prima era seduto con Sandir.
“I miei ossequi…” cominciò lui rivolgendosi ad Iliana.
“Lascia perdere i convenevoli. E non è necessario che ti scusi per aver rivelato la mia identità. Tanto lo avrebbero capito comunque. Ma sappi per certo che non mi stai simpatico” lo zittì lei.
“Va bene. Se posso chiederle, perché sta osservando il ragazzo?”
“Sono curiosa. Non so se ne sei a conoscenza ma, secondo gli studi effettuati sui Darman dai maghi, o sono in grado di portare a termine la prima mutazione o muoiono. Nel secondo caso il loro corpo smette di funzionare a dovere, i loro organi smettono di funzionare uno ad uno e per quanto si sia  provato a salvare i bambini da quell’orribile morte, è come se la maledizione stessa impedisse qualsiasi tipo di intervento.
Quindi la mia domanda è: perché lui è vivo?” Detto ciò, la donna si incamminò verso la sua tenda, lasciando da solo l’uomo a fissare la schiena del ragazzo che aveva deciso di addestrare, con nuove domande a cui non poteva dare risposta.

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Capitolo 7
*** 7 ***


7
 
Il giorno dopo il suo arrivo nell’accampamento Iliana si era già pentita di aver accettato l’offerta del cavaliere. Da quando il re aveva rivelato la sua identità non aveva avuto un momento di pace. Tutti la cercavano per porle un’infinità di domande ma c’erano anche quelli che si erano limitati ad osservarla da una certa distanza, troppo intimiditi per rivolgersi direttamente a lei, cosa che non era accaduta per i bambini invece, che non l’avevano lasciata sola fino a quando i loro genitori erano intervenuti, giunta l’ora di coricarli.
Era mattina presto e decise di approfittarne per uscire a prendere una boccata d’aria fresca quando erano solo in pochi ad essere già svegli e al lavoro.
Non stava camminando da molto quando davanti ai suoi occhi si svolse una scena patetica, almeno dal suo punto di vista.
In uno spiazzo adibito a piccola arena di pratica si trovavano Leon e Sandir, entrambi con una spada in mano, uno di fronte all’altro, intenti a scambiarsi colpi di spada, fino a che in pochissimo tempo Leon non disarmò il suo giovane avversario che finì a terra malamente.
Non le parve strano, visto il modo in cui il ragazzo impugnava la spada. Inoltre la sua postura ed il modo in cui si era mosso erano totalmente sbagliati, era pieno di aperture. Aveva parecchia strada da fare se sperava di imparare l’arte della spada, anche lei poteva capirlo visto che nell’arco della sua lunga vita aveva visto tanti cavalieri esperti.
Leon tese una mano verso Sandir per aiutarlo a rimettersi in piedi con parole di incoraggiamento per non abbatterlo. Ma in quel momento il giovane si rese conto che lei aveva assistito alla sua figuraccia e la sua pelle assunse un colorito paonazzo per la vergogna.
Il cavaliere, che aveva seguito lo sguardo del giovane, resosi conto della presenza della maga, si prodigò subito a salutarla.
Iliana non riusciva proprio a trovarlo simpatico nonostante stesse cercando di essere il più cordiale possibile con lei. Non era arrabbiata perché aveva fatto la spia al re sul suo conto, era il suo lavoro e ciò che aveva ritenuto giusto; quello che probabilmente non le andava maggiormente a genio di lui era il luogo da cui proveniva. Anche prima che lui rivelasse il luogo in cui era nato, durante lo scontro contro il re di Anthemis, aveva avuto qualche sospetto, essendo riuscita a vedere il modo in cui maneggiava la spada, simile ma non uguale a quello usato dai cavalieri di Dahlia, ma evidentemente influenzato da esso.
L’ultima volta che lei aveva messo piede a Dahlia era stato per portarci uno dei frammenti del talismano di Sol per affidarlo in custodia alla famiglia reale di allora, dopo aver compiuto la sua missione. Da allora aveva evitato quel regno, lo stesso era stato per i suoi compagni di viaggio, nei limiti del possibile. Vedere quel luogo era doloroso per tutti loro, ma lo era di più per lei.
Leon si avvicinò alla maga “Incontrarla qui mi fa risparmiare tempo. Re Tyberius vuole vederla nel primo pomeriggio. Visto il luogo in cui si trovava vorrebbe sapere tutto quello che può aiutarci nella lotta contro Anthemis” disse e poi si rivolse a Sandir “ Vorrebbe parlare anche con te dopo di lei”
Il giovane annuì, ancora rosso in volto, mentre la maga si limitò a sospirare ed accettare passivamente: visto che si trovava lì e la stavano ospitando poteva anche aiutarli, nonostante le stessero dando sui nervi.
I due ripresero l’allenamento e lei riprese la sua passeggiata.
 
Giunta l’ora di incontrarsi con il re, Iliana si avviò fuori dalla sua tenda in direzione di quella del capo della Resistenza.
Stava per entrare quando dalla tenda uscì una donna dai capelli biondo fragola. Le pareva di averla vista ieri vicina al cavaliere durante il discorso; in più avvertiva che la donna stava usando la sua energia per qualche magia e capì che si doveva trattare della persona che si occupava della barriera dell’accampamento. Non aveva avvertito la presenza di altre persone in grado di usare la magia lì, almeno non con abilità magiche degne di nota. Alcune persone trascorrevano tutta la loro vita ignare del loro potenziale e vista la situazione in cui versava il loro mondo attualmente sarebbe stato ancora più difficile per i maghi individuare le nuove promesse del mondo magico.
Quando la donna si accorse di lei subito arrossì e rimase a fissarla senza parole, completamente imbambolata.
“Salve…” disse Iliana, cercando di ottenere una qualche reazione.
La giovane donna sembrò riscuotersi “Salve. Ecco, come dire…” si sistemò una ciocca di capelli dietro un orecchio “è un onore poterla incontrare di persona e poterle rivolgere la parola. Lei è un’ispirazione per me e per tutte le persone che perseguono lo studio della magia. Anche se sono limitata ad un certo tipo di magie voglio fare del mio meglio per aiutare il prossimo, come lei ha già fatto…”
“Non è necessario essere così formali con me, davvero” la interruppe “piuttosto, sei stata tu ad erigere la barriera attorno al campo, giusto?”
La donna confermò quello che la maga già sapeva con un cenno di assenso.
“Devo dire che è proprio un lavoro eccellente. Io stessa non avrei saputo fare di meglio, la Resistenza è in buona mani” disse Iliana e vide la giovane diventare ancora più rossa in volto se possibile.
“La ringrazio…non so cosa dire” biascicò.
“Beh, potresti invece lasciarmi passare” disse Iliana facendole notare che si trovava proprio davanti all’ingresso della tenda, bloccando l’accesso.
“Oh, che stupida…” disse con un filo di voce la giovane, sempre più in imbarazzo.
“Non è niente, ehm…” Iliana si rese conto di non sapere come la giovane si chiamasse “Scusami, non conosco il tuo nome?”
“Serena” rispose e si spostò liberando il passaggio.
“È stato un piacere, buona giornata” disse la maga offrendo alla giovane un mezzo sorriso per poi entrare nella tenda, lasciando Serena a contemplarne l’ingresso.
Una volta dentro vide che il re la stava aspettando, seduto alla sua scrivania.
“Felice di vedervi. Ha per caso incontrato Serena, la persona che era qui prima di lei?” le chiese subito il re.
“Salve anche a lei. Sì, l’ho incontrata” rispose lei.
“È una cara ragazza, la conosco fin da quando era una bambina, lo sa?
Una cosa che probabilmente non sa è che Serena è la principessa del regno di Dahlia” disse il re, guardandola attentamente per vedere che tipo di reazione avrebbe avuto la maga al nome di quel regno.
Iliana, dal canto suo, fece di tutto per non far trapelare quello che stava pensando in quel momento, con successo. Il re doveva conoscere bene la sua storia o doveva avere un buon intuito per aver capito che quella informazione non era di suo gradimento.
“Buono a sapersi. Allora, cosa voleva sapere da me?” disse senza esitazione.
“Subito al sodo. Bene, concordo.
Quello che mi preme di più sapere è se uno dei frammenti, quello che era custodito a Dahlia, ora è nelle mani di Anthemis” chiese il re.
“Temo di non poterle portare buone notizie. Il frammento è in possesso di re Lucien. E le cattive notizie non finiscono qui…” disse Iliana, in tono decisamente scoraggiante.
Il re la guardò aspettando che lei finisse, lo sguardo sempre più sconvolto.
“I maghi al servizio di re Lucien. Sono adepti di Umbra” finì lei.
“Come temevo. Ne è proprio sicura?” chiese conferma il re.
“Sì. È stato solo grazie al loro intervento se io sono stata catturata e sono finita nelle prigioni di Anthemis. Sanno quello che fanno” disse lei, abbassando lo sguardo.
“La situazione è più grave di quanto pensassi. Se Anthemis è alleato con quei maghi oscuri per noi le cose si complicano ulteriormente…” il re si era fatto pensoso.
“C’era altro che voleva sapere o posso andare?” chiese Iliana; la conversazione la stava mettendo di cattivo umore. Non voleva ricordare.
Il re si riscosse “Effettivamente, avrei una richiesta. Certamente verrà formato un gruppo ristretto, difficilmente localizzabile, con lo scopo di radunare i frammenti rimanenti. Quello che vorrei chiederle è se lei potrebbe…”
“No!” lo interruppe secca lei.
“Ma…”
“La mia risposta è no. Il discorso è chiuso” disse lei e si voltò in direzione dell’ingresso.
Era appena uscita dalla tenda che si ritrovò a sbattere contro qualcuno. Era Sandir.
Il ragazzo provò a salutarla ma Iliana si incamminò subito in direzione della sua tenda, senza fermarsi.
All’interno trovò ciò di cui aveva bisogno: riempì una sacca da viaggio con del cibo, che non le mancava visto tutto quello che le avevano dato per via del suo stato, un cambio d’abito e tutto il minimo indispensabile per qualche giorno di cammino.
Aveva deciso di andarsene da quel luogo. Era troppo per lei. Non voleva ripetere quello che aveva dovuto fare tanto tempo prima. Aveva sperato che non le fosse posta una richiesta simile ma lei stessa sapeva che era praticamente una cosa certa.
Prese un mantello da un baule e, raccolta la sacca pronta per il viaggio, si diresse verso il bordo della barriera.
Dal confine artificiale dell’accampamento  poteva vedere la foresta tutta intorno.
Prima di attraversare la barriera si voltò per osservare un’ultima volta il luogo in cui si trovava: lì c’erano persone innocenti, che credevano nella speranza, credevano in ciò che lei rappresentava per loro. Ma lei non se la sentiva, nonostante fosse pervasa dal senso di colpa. Non capiva neanche lei perché: non aveva già fatto abbastanza? Perché non poteva essere dimenticata da tutti ed essere lasciata in pace?
Fece un respiro profondo e si voltò verso la barriera, decisa ad attraversarla quando udì una voce che la chiamava.
“Iliana! Aspetta, non puoi andartene”
Era Sandir, che a quanto pareva non la avrebbe lasciata andare senza dire la sua.
“Non cercare di fermarmi” gli disse.
“Re Tyberius mi ha detto quello che è successo. La sua richiesta è stata troppo diretta” disse il giovane cercando di recuperare il fiato “volevo dirti che io e Leon abbiamo deciso di partire per radunare gli altri frammenti ed il re ha acconsentito” la guardò dritta negli occhi “so che dev’essere difficile per te ma da soli non ce la faremo mai e con la tua esperienza…quello che voglio dire è che lo hai già fatto in passato…”
“È proprio per questo! Non puoi chiedermelo, non posso affrontare di nuovo tutto quello…tu non hai la minima idea di quello che ti aspetta” lo interruppe lei. Si sentiva sull’orlo delle lacrime.
“Ma se non lo farai tu sarà qualcun altro a prendere il tuo posto, un mago che non ha la tua preparazione e la tua esperienza. Tu sai cosa ci aspetta e so che non vuoi che qualcuno affronti quello che devi avere passato tu se puoi impedirlo” continuò lui afferrandola per un braccio.
“Tu non mi conosci…” disse lei liberandosi dalla sua presa.
“Ti prego. So che farai la scelta giusta” disse lui e la guardò.
Iliana si bloccò. Il suo sguardo le ricordava troppo quello che aveva lui il giorno in cui tutto era cambiato per lei. Quello sguardo che la aveva convinta che niente era impossibile, quello sguardo a cui non poteva dire di no…
Sarebbe stato come insultare tutto ciò in cui aveva creduto.
Chiuse gli occhi. Ricordare le faceva male ma sapeva che il ragazzo non aveva tutti i torti. Sarebbero morti senza di lei. Il giovane era riuscito in poche parole a far leva sulle corde giuste.
Così, senza dire una parola, si incamminò verso la sua tenda, lasciando il giovane lì dov’era.
 
 
 

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Capitolo 8
*** 8 ***


8
 
Seduto sul suo trono re Lucien stava fissando il tappeto intessuto con il simbolo del suo regno ai suoi piedi. Ora i petali del fiore su di esso non erano più bianchi come li ricordava nella sua infanzia, quando suo padre era ancora vivo, ma rossi come il sangue.
Quella non era l’unica cosa che era cambiata da quando era suo padre a regnare: il castello, da luogo pieno di vita e di luce era diventato tetro e buio.
Le ampie vetrate erano state coperte da pesanti tende scure che bloccavano la maggior parte della luce che filtrava dalle finestre, lasciando quasi tutte le aree del castello nella penombra. L’unica fonte di illuminazione del castello era fornita da delle torce alimentate da un incantesimo di cui si occupavano i suoi maghi.
I grandi arazzi e i quadri nei corridoi e nelle stanze c’erano ancora, tranne per tutti quelli che si trovavano lungo il percorso che Lucien faceva abitualmente e le aree del castello che frequentava, che invece erano coperti da tende per quanto riguardava gli arazzi o erano stati rimossi e ricollocati in stanze adibite a magazzini per quanto riguardava i quadri.
Lucien non voleva avere ricordi di quel regno e della sua vita di allora, perché sapeva che nulla sarebbe più stato com’era prima. Il passato non poteva essere riscritto, ciò che era successo e ciò che aveva fatto non poteva essere cancellato. Ma non era pentito, non aveva alcun rimorso.
La sua corte, un tempo felice e senza pensieri, ora era ridotta rispetto a un tempo. Quando Lucien era salito al trono ed ebbe reso chiaro che il modo in cui regnava era diverso da quello del suo defunto padre, alcuni membri della corte avevano provato ad opporsi, ma erano presto stati messi a tacere. Alcuni erano stati giustiziati, altri torturati fino a che nessuno aveva più osato mettersi contro il suo operato, tutti troppo intimoriti da quello che sarebbe potuto accadere a loro o alle proprie famiglie. La servitù non osava prendere la parola o alzare lo sguardo in sua presenza e nelle occasioni in cui il suo umore era peggiore del solito, come in quel momento, evitavano di farsi notare da lui, se possibile.
Non era arrabbiato, era furioso: aveva perso le tracce di Iliana e del ragazzo suo complice nella fuga. Aveva commesso un errore da principiante lasciandosi distrarre dal combattimento con quel cavaliere comparso dal nulla e aveva perso la cognizione del tempo lasciando ad Iliana tutto il tempo di riprendersi dalla ferita che lui stesso le aveva inferto.
Era stato uno sciocco, sapeva bene come funzionava la maledizione da cui la sua ex tutrice era affetta, aveva avuto modo di impararlo con il tempo. Se solo quel cavaliere non si fosse messo in mezzo sarebbe riuscito nel suo intento, avrebbe riportato indietro Iliana e avrebbe avuto un altro frammento…
“Vedo che siete assorto nei vostri pensieri, mio signore. Se preferite che torni in un altro momento non dovete far altro che ordinarmelo” disse improvvisamente una voce, quella di un uomo che il giovane re aveva imparato a conoscere negli ultimi cinque anni, lo stesso tempo in cui aveva regnato su Anthemis.
Il suo interlocutore era di un’ età indefinibile, portava sempre una veste nera sulla quale era visibile sulla parte inferiore il disegno di un fiore di Umbra scarlatto. A coprire il suo volto c’era un cappuccio che faceva parte di un mantello anch’esso nero.
L’unica parte di pelle visibile era la sua mano destra che reggeva un bastone dall’aria antica e potente, di un legno molto scuro quasi nero sulla cui cima si trovava incastonata, tramite un intreccio del legno del bastone, una pietra al momento apparentemente inerte.
La mano dell’uomo aveva un colorito molto pallido, si poteva dire grigiastro ed erano visibili le vene sotto la pelle. Poteva tranquillamente passare per una persona debole e malata, ma il re di Anthemis sapeva bene che la persona davanti a lui era tutt’altro che debole, anzi era il mago oscuro più potente in circolazione nella sua epoca.
“Resta” disse il re “Immagino che tu sia qui per riferirmi ciò che hai scoperto sul mantello che ti ho portato”
“Ovviamente, mio signore” rispose l’uomo “Purtroppo non siamo riusciti a individuare dove Iliana o il ragazzo che era nostro prigioniero si trovino, ma era scontato. Lei non è il tipo di persona che si fa cogliere impreparata due volte, siamo già stati fortunati la prima volta quando abbiamo trovato il lembo di stoffa della camicia del ragazzo…”
Qualunque altra cosa l’uomo volesse dire venne zittito da uno scatto d’ira del giovane re che, estratta la spada da un’elsa collocata sul lato sinistro del suo trono, tagliò in due parti uno stendardo lì vicino.
L’uomo sapeva che non era il caso di continuare a parlare quando il sovrano aveva uno scatto d’ira ma era più saggio aspettare che fosse lui stesso a rivolgergli la parola, quindi attese che si calmasse, senza scomporsi minimamente.
“C’è qualcos’altro?” chiese infine il re con un tono che lasciava trapelare che non si fosse ricomposto del tutto.
“Io e i miei sottoposti abbiamo esaminato le tracce di sangue sul mantello. Non appartengono a Iliana ma al giovane. Da esse abbiamo potuto capire che si tratta di un Darman”
“Un Darman?” il re era stupito. Non sembrava che quel ragazzo fosse pericoloso ma se era veramente un Darman poteva essere un avversario più ostico del cavaliere. Allora perché non lo aveva attaccato? La cosa era strana…
“Questo è tutto quello che siamo riusciti a scoprire dal mantello, ma non è un grosso problema” disse l’uomo allontanando la mente del re da ciò su cui stava riflettendo.
“Continua” disse re Lucien.
“Da quello che mi ha riferito è logico pensare che quel cavaliere faccia parte della Resistenza e che li abbia portati alla loro base più vicina. Quindi si può dire che ora siamo pari: un frammento per la Resistenza e uno per noi.
Il prossimo passo della Resistenza sarà sicuramente quello di cercare di radunare i rimanenti frammenti e sia noi che loro sanno dove uno dei due si trova” continuò il mago.
“Il frammento in possesso degli spiriti elementali” si intromise il re.
“Esattamente. Se non è contro il suo volere, la prego di affidare a me l’onore di occuparmene quando faranno la loro mossa” disse l’uomo.
“Fai quello che vuoi. Ciò che è importante è che vengano recuperati i frammenti e che Iliana ritorni qui, che lo voglia o no. Tutto il resto non ha importanza”
Sentendo le parole del re il volto del mago, nascosto completamente dal cappuccio, si incrinò in un ghigno soddisfatto.
“Non ve ne pentirete, mio signore. Lasciate l’operazione nelle mie mani e non vi deluderò”
“Hai altro da riferirmi?”
“No, è tutto” rispose il mago.
“Bene, allora vai ad occuparti del tuo nuovo incarico”
Il mago oscuro si allontanò dalla sala del trono con un inchino e scomparve in una coltre scura lasciando solo il re che, rinfoderata la spada, risedette sul trono.
Lucien non era contento di ciò che aveva udito dal suo più prezioso alleato. Se nemmeno lui era riuscito a capire dove si trovassero i fuggiaschi ora, allora nessuno ci sarebbe riuscito. Ma era un’eventualità che aveva messo in conto lui stesso quando aveva appreso la notizia della loro fuga, per quanto questo lo rendesse furioso.
Non era la prima volta che Iliana scompariva dalla sua vita ed era già riuscito a trovarla, ci sarebbe riuscito ancora. Non aveva smesso di cercarla allora, non avrebbe smesso adesso.
Perché di una cosa era certo: non avrebbe più permesso a nessuno di portargli via ciò che gli apparteneva.




Salve a tutti i lettori. Sono lost in books, l’autrice che si presenta dopo otto capitoli.
So che questo capitolo è più corto degli altri (motivo per cui ho aggiornato prima del solito) ma ho scelto di finirlo così piuttosto di aggiungere altro perché funge da conclusione della prima parte della storia, che introduce alle vicende dei personaggi.
Il viaggio per recuperare i frammenti mancanti inizia ora, finalmente il gruppo lascerà l’accampamento. Era ora.
Ci saranno nuovi luoghi da vedere e nuovi personaggi da conoscere in futuro, spero che saranno di vostro gradimento.
Cercherò di aggiornare almeno una volta a settimana, salvo imprevisti.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti voi che leggete e al prossimo capitolo.
 

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Capitolo 9
*** 9 ***


9
 
Per Sandir i giorni nell’accampamento trascorrevano lenti.
Passava il suo tempo ad addestrarsi nell’uso della spada sotto lo sguardo attento di Leon e scontrandosi con lui in combattimenti amichevoli. Il resto del suo tempo lo dedicava a potenziare le sue capacità fisiche. Combattere contro il cavaliere gli aveva fatto capire chiaramente che se non avesse migliorato le sue condizioni fisiche assieme allo studio delle tecniche di combattimento non sarebbe riuscito a mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti, così aveva cominciato a correre appena sveglio per migliorare la sua resistenza  e a svolgere vari esercizi per potenziare i muscoli.
Leon era contento di lui, stava migliorando. Ora non finiva più a terra dopo pochi secondi, anche se ci finiva lo stesso, ed i suoi movimenti erano più fluidi.
Molto presto i bambini dell’accampamento, incuriositi dal giovane di cui conoscevano solo la natura di Darman ma non cosa questo implicasse esattamente , avevano iniziato ad osservare i combattimenti tra di lui e il cavaliere e così maestro e allievo si erano improvvisamente  ritrovati con un pubblico. Dopo qualche sessione di allenamento, che tenevano tutte le  mattine e i pomeriggi, alcuni dei bambini avevano cominciato a fare un vero e proprio tifo per lui, lasciandolo completamente di stucco e divertendo il cavaliere.
In quei giorni di duro allenamento, Sandir aveva avuto modo di conoscere Serena, visto che gli capitava spesso di farsi male, specialmente durante le prime sessioni.
La prima volta che si era procurato una brutta ferita al braccio sinistro Leon lo aveva accompagnato dalla donna nell’infermeria, dove Sandir aveva incontrato per la prima volta la migliore amica del suo insegnante.
Era rimasto subito stupito dal modo in cui lo trattava: aveva pensato che anche se i bambini non lo  avevano consideravano come la maggior parte degli adulti dell’accampamento, chiunque altro lo avrebbe trattato come era solito fare con la sua gente. Al contrario, invece di diffidenza e timore, nello sguardo della donna aveva trovato solo un caldo sorriso e gentilezza incondizionata.
Sandir si ritrovò a pensare a quanto fosse fortunato Leon ad avere una persona come Serena accanto, era quasi geloso della loro complicità, lui ormai non poteva più contare su qualcuno allo stesso modo. Quando Serena gli raccontò cosa era successo nel loro passato però qualunque sentimento di gelosia venne spazzato via e capì perché fossero così legati. Ma così venne anche a sapere chi fosse veramente la donna e si ritrovò in un profondo imbarazzo dato che non aveva fatto altro che parlarle in maniera informale da quando l’aveva conosciuta, cosa che però scoprì subito non le arrecava alcun disturbo, visto che, a suo dire, preferiva essere trattata come chiunque altro.
I due divennero presto amici, cosa semplice visto che ormai il giovane era diventato un frequentatore abituale dell’infermeria e, con la sua amicizia con la donna, anche le altre persone dell’accampamento cominciarono a rivolgergli la parola. In fondo Serena piaceva a tutti, per una sorta di sua capacità innata, e visto che lei lo trattava normalmente e addirittura si comportava in modo amichevole nei suoi confronti, allora questo venne visto come una sorta di segnale per gli adulti sul suo non essere pericoloso.
La sua vita era caduta in mille pezzi per colpa della missione ma ora sempre a causa sua aveva trovato due nuovi amici. Era quasi ironico.
 
Gli allenamenti non erano l’unica cosa di cui doveva preoccuparsi. Tutti erano in fibrillazione per i preparativi per la missione che attendeva lui e i suoi due compagni di viaggio.
Mentre lui era occupato ad allenarsi, la gente nell’accampamento si era prodigata a preparare provviste per il viaggio che li aspettava e dei vestiti adatti a svariati giorni di cammino.
In quei giorni non aveva avuto modo di vedere Iliana: lui era impegnato con gli allenamenti mentre lei era intenta ad altre occupazioni. Era sempre nella sua tenda e usciva solo per prendere una boccata d’aria fresca, quindi l’aveva vista solo di sfuggita e se lei si accorgeva di lui tornava subito dentro. Forse ora era lui quello che le piaceva di meno rispetto a Leon.
Aveva scoperto tramite Serena che la maga era intenta a preparare degli artefatti magici per aiutarli durante il viaggio. Aveva inoltre saputo sempre da lei che uno spirito elementale del vento si era recato nel loro accampamento a consegnare oggetti magici e materiali per la creazione di artefatti direttamente dalla Torre dei maghi. Lei gli aveva spiegato che c’erano degli spiriti, anche se pochi, che si erano impegnati attivamente per aiutare la Resistenza e alcuni di loro si occupavano di aiutare a trasportare materiali utili provenienti specialmente dai maghi loro alleati o per altri incarichi come la protezione delle basi fisse della Resistenza. Uno spirito del vento per esempio, era l’ideale per trasportare oggetti senza farsi vedere visto che poteva volare, ed era proprio uno di loro che aveva portato ciò di cui Iliana aveva bisogno per lavorare.
Per la gioia di Serena, Iliana le aveva chiesto se voleva aiutarla per velocizzare i preparativi e la giovane donna non avrebbe potuto chiedere di meglio.
“Anche se io praticamente non sono capace di aiutarla quasi in nulla, cerco di fare del mio meglio. Inoltre posso stare al fianco di una maga del suo calibro. È un’esperienza istruttiva che non ho intenzione di lasciarmi scappare” aveva detto a Sandir dopo la prima volta che aveva aiutato la maga, con gli occhi luminosi per l’eccitazione.
Era contento per lei, anche se non capiva cosa ci fosse di così emozionante nel lavorare con una persona con un caratteraccio come quello di Iliana, ma avrebbe voluto incontrare anche lui lo spirito del vento che però, una volta svolto il suo incarico, aveva subito intrapreso il viaggio di ritorno alla Torre.
Voleva chiedergli cosa stava succedendo alla Torre, come avessero preso la notizia della morte di Bog e della riuscita della missione nonostante tutto, visto che era stato per ordine del Gran Maestro che erano partiti per quel viaggio, richiamandoli in quel luogo quando ormai Bog aveva ormai smesso di insegnare e si era trasferito altrove con lui; ma evidentemente non era destino.
Per quanto riguardava Leon aveva saputo da lui che, assieme a re Tyberius, si stava occupando di studiare la situazione attuale nei vari regni e il percorso migliore da seguire per la buona riuscita della missione.
Quel giorno Leon venne a riferirgli che nel primo pomeriggio lui ed Iliana avrebbero tenuto una riunione con il re per fare il punto della situazione e che ovviamente era richiesta anche la sua presenza.
Così, dopo giorni che non vedeva la maga, sarebbe stato costretto a stare nella stessa tenda con lei. Era nervoso visto il modo in cui era andata la loro ultima conversazione. Era vero che l’aveva convinta a restare e a partire con lui e Leon, anche se non gli era chiaro come gli fosse riuscito, ma era anche palese che ora lei lo evitasse più di come evitava il cavaliere. Si chiedeva come avrebbero fatto a viaggiare assieme se non riusciva nemmeno a sopportare la loro presenza.
Con questi pensieri ad occupare la sua mente aveva deciso di allenarsi la mattina per scacciare le sue preoccupazioni e, dopo essersi dato una ripulita e aver pranzato, si recò alla riunione nella tenda del re.
Tutte le persone convocate erano già arrivate, stavano aspettando solo lui.
Al posto della scrivania si trovava una tavola rotonda più grande, circondata da sedie sulle quali sedevano Leon, il re ed Iliana, posta distante dagli altri due. L’unica sedia vuota era per lui ed era tra Leon e Iliana, cosa che rese ciò che aveva fatto per scacciare le sue preoccupazioni totalmente inutile.
“Finalmente siamo tutti. Siediti, ragazzo” disse il re, indicandogli la sedia.
Iliana continuò a fissare la tavola e lui lo perse come un buon segno, almeno non lo stava guardando male, anzi evidentemente aveva scelto di fare finta che non esistesse.
Una volta seduto guardò bene cosa c’era sulla tavola: una mappa del loro mondo e delle cartine riguardanti delle aree specifiche ad est rispetto a dove si trovavano; dei fogli su cui riuscì a scorgere un elenco di oggetti, cose che probabilmente sarebbero servite per il viaggio e degli oggetti che si trovavano vicino alla maga, che dovevano essere alcune delle cose di cui si era occupata in quei giorni.
“Possiamo cominciare” disse il re “per ricapitolare il vostro obiettivo sarà recuperare i frammenti rimanenti del Talismano di Sol. Un frammento è già in nostro possesso mentre Iliana mi ha confermato che purtroppo un altro è nelle mani del re di Anthemis…”
“Cosa?” Sandir balzò in piedi di colpo. Non era a conoscenza di questo particolare e la cosa lo turbava profondamente. Se un frammento era ad Anthemis non vedeva come fosse possibile per loro riuscire a recuperarlo.
“Purtroppo è così, Sandir. Ora ricomponiti” gli intimò il re e lui fece come gli era stato detto. Era la sua prima riunione tattica e già aveva combinato un disastro.
“Come dicevo. Un frammento si trova ad Anthemis e per la precisione si tratta di quello che originariamente era stato affidato a Dahlia”
Sandir non poté fare a meno di osservare Leon. Non riusciva ad immaginare cosa stesse passando per la sua mente, l’uomo era impassibile. Sapeva decisamente controllare le sue emozioni molto meglio di lui.
“Per quanto riguarda gli altri frammenti può aggiornarci tutti Iliana” disse il re guardando la donna che finalmente spostò lo sguardo dalla tavola e cominciò a parlare.
“Un frammento si trova nelle terre degli spiriti ed è in custodia del loro re. Come pensavo il frammento in suo possesso ha cominciato a risvegliarsi come quello che si trova qui ora. La conferma di ciò è arrivata dal re degli spiriti in persona tramite un libro comunicante che condivide con re Tyberius” disse facendo cenno al re, che aveva vicino a lui un libro come quello che Leon aveva usato per comunicare con la Resistenza quando i tre erano in viaggio verso l’accampamento.
“L’ultimo frammento invece si trova nelle mani dei Darman che come sapete sono una popolazione nomade, quindi al momento nessuno sa dove si trovi esattamente visto che a causa della guerra i Darman evitano di attraversare le terre abitate dagli umani”
Sandir sapeva, quando aveva deciso di intraprendere quel viaggio, che rivedere la sua gente sarebbe stato inevitabile, sapeva che un frammento era in possesso della sua gente, era una delle poche cose che ricordava di quando viveva ancora tra loro.
“Visto che sappiamo dove si trova il frammento in possesso degli spiriti, è lì che ci recheremo per prima cosa. D’altronde gli spiriti non hanno mai nascosto di essere i custodi di uno dei frammenti ed è quindi sicuro che anche ad Anthemis siano a conoscenza della posizione di quel frammento. Anche se ben protetto è necessario recuperarlo il prima possibile così da nasconderlo ai nostri oppositori” concluse la maga.
“Concordo. Vale lo stesso anche per voi?” chiese il re rivolgendosi alle uniche altre due persone nella tenda.
“Sono d’accordo” rispose prontamente Leon “E tu Sandir?”
Il giovane non si aspettava che la sua opinione valesse qualcosa in mezzo a persone come loro ma si rese conto che tutti attendevano una sua risposta.
“C-certamente…” si ritrovò a rispondere con un filo di voce.
“Bene, ora che la destinazione è stata decisa non resta altro da fare che discutere su come stanno procedendo i preparativi” riprese re Tyberius “Leon?”
“ Le provviste necessarie per un viaggio verso le terre degli spiriti sono pronte. Per quanto riguarda artefatti che possono tornarci utili…”
“Ho preparato gli artefatti necessari” si intromise Iliana “adesso vi mostrerò ciò a cui ho lavorato in questi giorni” detto quello la maga prese tra le mani una sorta di spilla con una pietra dal colore giallo pallido “questo artefatto farà in modo per la persona che la indossa di non essere localizzabile da nessun tipo di magia. Funziona allo stesso modo dell’incantesimo che ho usato per renderci irrintracciabili nella foresta” disse rivolta a Sandir e Leon “per quanto riguarda il nostro aspetto ho preparato questi” e sollevò davanti a tutti un anello con una pietra verde “il suo effetto è come quello di una magia per la rifrazione della luce: permette all’utilizzatore di modificare il modo in cui la gente lo vede, rendendolo irriconoscibile. Inoltre la misura dell’anello si adatta automaticamente all’utilizzatore. Con i tipi di materiali che sono arrivati dalla Torre ho potuto preparare solo due spille e due anelli ma non è un problema visto che per quanto mi riguarda posso usare la magia per ottenere lo stesso effetto. Per lo meno dover pensare a mascherare solo la mia presenza e non quelle di tutti e tre alleggerisce la quantità di energia che devo usare in caso di eventuali scontri, quindi siamo stati fortunati per ciò che è arrivato dai maghi della Torre. Detto questo, direi che resta solo da stabilire quando partire ed il percorso da seguire”
“Per quanto riguarda il percorso sarà necessario attraversare le terre del regno di Anthemis sulle quali già ci troviamo ora. Ma grazie agli artefatti preparati da Iliana non sarà impossibile. Basterà evitare il più possibile qualunque contatto con altre persone e non dovrebbero esserci problemi. Superato il regno di Anthemis, le terre degli spiriti non sono lontane” disse Leon “siamo nel regno relativamente più vicino a loro”
“Bene. Non resta che decidere quando partirete” disse il re.
“Dopodomani all’alba” propose Iliana “così avremo il tempo di assicurarci di essere pronti al meglio, ma non oltre. Non possiamo permetterci di aspettare ancora. Un’ultima cosa: mentre siamo in viaggio non chiamatemi mai Iliana ma optate per Ilia se proprio dovete chiamarmi per nome visto che è di uso comune, e naturalmente non siate formali”
Le persone nella stanza concordarono con la sua proposta e infine il gruppo si sciolse, tutti andando ad occuparsi di ciò che gli restava da fare prima della partenza.
 
L’ultimo giorno nell’accampamento trascorse tranquillo. A Sandir neanche pareva vero che il giorno seguente all’alba avrebbe lasciato quel posto che in quei giorni era diventato la sua casa. Niente era diverso, niente stava cambiando nell’accampamento. Era solo lui ad aspettarsi qualcosa, come se la partenza sua e dei suoi due compagni dovesse comportare un cambiamento nelle persone che si trovavano lì, ma nessuno dava a vedere niente.
Anche Serena si stava comportando come al solito, almeno in sua presenza, e lo stesso sembrava valere per Leon.
Una delle cose che  lui e il cavaliere fecero durante il loro ultimo giorno nell’accampamento fu quella di assicurarsi di avere dei medicinali per il pronto soccorso pronti all’uso. Non potevano permettersi di contare solo su Iliana per eventuali cure visto che non sapevano se e quando avrebbero incontrato ostacoli sul loro cammino, ed era certamente una scelta migliore far conservare alla maga più energia possibile per non trovarsi nei guai nel momento del bisogno, che lasciare tutto sulle sue spalle, come aveva già fatto presente lei.
All’ ora di cena alcuni cavalieri, amici di Leon, si fermarono a salutarlo, invece Iliana non si fece proprio vedere, preferendo cenare nella sua tenda come aveva fatto fino a quel momento.
Così giunse il giorno della partenza.
Come concordato, Sandir si svegliò poco prima dell’alba e si assicurò di avere tutto quello che avevano deciso fosse il suo carico di scorte per il viaggio. Si diede una ripulita e si mise i vestiti adatti al viaggio che gli erano stati forniti e, dopo essersi specchiato un’ultima volta sull’acqua della tinozza nella tenda, prese le sue cose e si incamminò verso il punto da cui avrebbero lasciato l’accampamento.
Prima di partire avrebbe voluto salutare la bambina che aveva parlato con lui il giorno in cui era arrivato nell’accampamento, quella che gli aveva risollevato un poco il morale in quello che per lui era stato un brutto momento, ma per tutto il tempo in cui era stato lì non era più riuscito ad incontrarla. Nonostante praticamente tutti i bambini lì presenti avessero assistito al suo addestramento, lei non si era mai fatta vedere. Aveva provato a cercarla anche il giorno prima della partenza ma non aveva avuto fortuna.
Il cielo era ancora abbastanza scuro ma la luce stava cominciando a trapelare quando raggiunse il luogo stabilito, dove i suoi due compagni lo stavano già aspettando in compagnia di re Tyberius e Serena.
Il re stava parlando con Leon e Serena mentre Iliana si teneva in disparte, quando si accorsero di lui.
“Bene, siete tutti pronti?” chiese il re rivolto ai tre.
“Sì” rispose il giovane seguito subito dopo dalla conferma dal cavaliere.
“Un attimo solo” disse invece Iliana “c’è ancora una cosa”
Detto quello da una tasca del suo nuovo mantello da viaggio tirò fuori una sorta di pendolo come quello che Leon aveva usato per sapere dove si trovassero lui e la maga quando li aveva salvati.
“Non ero sicura di fare in tempo quindi non avevo detto niente, ma ci sono riuscita. Così oltre ad un libro comunicante avremo anche un localizzatore su cui contare. Saprete sempre esattamente dove ci troviamo se lo appoggerete ad una mappa”
La maga consegnò il pendolo che aveva tra le mani a Serena e ne tirò fuori un altro che diede a Leon dicendogli “Questo lo affido a te, tanto sai già come usarlo”
Leon era rimasto palesemente stupito dal gesto della donna ma recuperò la parola e la ringraziò.
A quanto pareva, Sandir non era l’unico ad aver notato che, per quanto cercassero di non darlo a vedere, Leon e Serena non erano a loro agio per la partenza e per l’appunto Iliana aveva consegnato a loro due i localizzatori. Così entrambi avrebbero saputo dove si trovavano.
“Ora che ci penso… Serena, avevo pensato di affidare a te il libro comunicante gemello di quello di Leon, naturalmente se un incarico in più non è troppo per te. Se accetti dovrai occuparti di comunicare con il gruppo” disse il re. Se non avesse saputo che non era così, Sandir avrebbe quasi pensato che il re e la maga fossero in combutta.
“M-ma certo, posso occuparmene io” rispose la giovane.
“Perfetto. Allora è deciso, sarà Serena ad occuparsi interamente delle comunicazioni tra voi e la Resistenza. D'altronde è arrivato anche per noi il momento di prepararci ad un viaggio e sarò parecchio impegnato a coordinare i nostri spostamenti” concluse il re.
“Come?” chiese Sandir e questa volta fu Leon a rispondergli.
“Come ti ho già detto questa è una base mobile, non restiamo mai troppo a lungo nello stesso posto. Di solito le persone dell’accampamento partono in piccoli gruppi separati e in momenti diversi con un cavaliere o con soldati con una certa esperienza di combattimento per recarsi dove è più sensato per loro. Ad esempio le famiglie con bambini piccoli si recano in basi ben difese per occuparsi di produrre approvvigionamenti per tutti, mentre chi vuole combattere, dopo una breve preparazione qui, si reca sempre con un cavaliere esperto in una delle nostre basi di addestramento. Ovviamente ogni gruppo ha una copertura per non farsi riconoscere, come far parte di un gruppo di mercanti itineranti.
Le persone che rimangono qui poi si spostano verso luoghi in cui altre persone innocenti hanno bisogno di aiuto; di solito il gruppo che rimane è piccolo. Allo stesso tempo in cui si sposta questa base, altri cavalieri e uomini addestrati si spostano dalle basi di addestramento fisse per sostituire chi sta accompagnando le persone che si dirigono verso le loro nuove case; la destinazione viene decisa in precedenza in base a chi ha più bisogno, e così il ciclo si ripete”
“Capisco”
Ora era tutto più chiaro al giovane e si rese conto anche che il re e Serena facevano parte del gruppo fisso di quella base nomade e quanto fosse importante per il cavaliere sapere dove la base si trovasse. Spostarsi era un’operazione rischiosa e se li avessero scoperti sarebbe stata la fine per loro. Ma capiva anche perché il re facesse parte di quella base: la presenza del capo della Resistenza, sempre in pericolo per chiunque ne avesse bisogno, faceva capire alle persone quanto fosse disposto a rischiare per la causa, mettendosi se stesso in prima linea. Serena invece svolgeva un compito indispensabile rendendo la base irrintracciabile e quindi metteva la sua vita in continuo rischio tanto quanto quella del re.
Sarebbe stato un periodo impegnativo per entrambe le parti e poteva solo sperare che tutto andasse per il meglio.
“È ora” disse Iliana.
Serena si avvicinò a Sandir e fece una cosa a cui lui non era abituato: lo abbracciò.
“Fai attenzione e prenditi cura di Leon anche per me, mi raccomando” gli bisbigliò all’orecchio.
“Va bene” le rispose lui in un sussurro prima di sciogliere l’abbraccio.
Poi Serena spostò la sua attenzione sul cavaliere. Prima si limitò a guardarlo, cosa che fece anche lui di rimando, e poi con gli occhi lucidi lo abbracciò con una prese decisamente più salda rispetto a come aveva fatto con il giovane. Se ci avesse messo la stessa forza anche con lui probabilmente lo avrebbe stritolato.
La giovane salutò anche Iliana ma si limitò ad una stretta di mano, avendo intuito quanto la maga non fosse avvezza alle dimostrazioni d’affetto.
Poi venne il turno del re di salutarli “Fate buon viaggio e che Sol vi protegga”, e li guardò tutti  un’ultima volta.
Così i tre si voltarono a guardare la barriera e mossero i primi passi verso la loro destinazione, pronti ad uscire dalla foresta che li aveva protetti fino a quel momento, verso le terre degli spiriti.
Nascosta dietro una tenda, attenta a non farsi vedere, sbucava appena la testa di una pallida bambina dai lunghi capelli corvini intenta ad osservare la scena, sulla sua bocca un lieve sorriso.

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Capitolo 10
*** 10 ***


10
 
Erano in viaggio da giorni ormai. Quando erano usciti dalla foresta, Leon si era recato al villaggio più vicino per procurarsi dei cavalli mentre Iliana e Sandir lo avevano aspettato appena fuori da esso. Avevano deciso che per ridurre i rischi solo uno di loro alla volta sarebbe andato in luoghi abitati in caso di bisogno e avevano anche stabilito un limite di tempo che, se superato, avrebbe implicato che qualcosa non era andato per il verso giusto e sarebbe stato il segnale per i due che rimanevano di andare a cercare il compagno mancante. Avevano deciso che se la situazione si fosse fatta troppo pericolosa per i due membri del gruppo rimanenti, allora avrebbero dovuto proseguire da soli, abbandonando il loro compagno al suo destino. La missione era più importante di uno di loro, su questo erano tutti d’accordo.
Per loro fortuna il viaggio era proseguito senza intoppi, tutto andava bene, anche troppo.
Sandir aveva notato come Leon e Iliana fossero in agitazione per quella situazione: era tutto troppo tranquillo, questo lo aveva capito anche lui, sapendo contro chi si trovavano. Gli adepti di Umbra erano tutti maghi di grande talento, per quanto dediti allo studio di magie considerate proibite dagli altri maghi, e quindi, nonostante le loro precauzioni, era strano che non fossero stati attaccati finora. Era logico pensare che puntassero alla loro stessa destinazione, allo stesso frammento.
Inoltre, anche se Iliana ci aveva provato, non riusciva a percepire nessuno che li stesse seguendo e per questo non escludeva che gli adepti stessero usando magie di occultamento come loro per non farsi trovare.
Però nonostante tutto non potevano fermarsi, se qualcosa doveva succedere sarebbe successa.
Così continuarono il loro viaggio, fermandosi occasionalmente in zone abitate per ciò che gli poteva servire, fino a che non giunsero nei pressi di una foresta.
I tre avevano precedentemente lasciato i loro cavalli nell’ultimo villaggio sul loro cammino come avevano deciso all’inizio del loro viaggio, poiché la maga li aveva avvertiti che gli animali non nativi di quel luogo tendevano ad agitarsi nel percorrere il tragitto tra quella foresta e le zone abitate dagli spiriti.
“Siamo quasi arrivati” disse Iliana.
“Così è questa…?” disse Leon mentre osservava la foresta che si stendeva davanti ai suoi occhi.
Finalmente erano giunti nel luogo considerato punto di accesso alle terre degli spiriti.
 Tutto quello che Sandir sapeva era che quella foresta veniva comunemente definita dagli uomini la foresta degli spiriti e niente altro, ma giunto lì avvertì una strana sensazione, come se quel luogo non fosse una comune foresta ma nascondesse qualcosa di più.
Il giovane non si rese conto di essersi incantato a contemplarne l’ingresso finché non sentì la voce della maga che lo chiamava.
“Non vieni?”
“Sì, arrivo” le rispose e, risistematosi sulle spalle la sacca che portava con sé, si affrettò a raggiungere i suoi due compagni.
Sandir non ne era certo e in quel momento lo considerò solo una sorta di illusione per la stanchezza ma gli era parso di vedere una luce bluastra apparire e scomparire nel punto che stava osservando prima di ricongiungersi con gli altri.
 
Stavano camminando da un po’ quando la maga disse a entrambi “Mi raccomando non fate niente che possa arrecare danno a questo luogo, specialmente da questo punto in poi”
“Perché?” chiese Sandir incuriosito dalla richiesta della maga.
“Cosa sai di questo luogo?” gli rispose con un’altra domanda la maga “La stessa domanda è rivolta anche a te ovviamente” aggiunse rivolta a Leon.
“So solo che fa parte del territorio degli spiriti” disse Sandir.
“Ho sentito delle voci su questo posto ma niente altro…” disse il cavaliere guardando a terra.
“Che tipo di voci?” insistette Iliana guardando l’uomo con un sorrisetto inquietante.
“Solo che questo luogo è infestato dai fantasmi” disse lui.
Dopo qualche secondo di completo silenzio la donna scoppiò a ridere e Sandir si ritrovò a spostare lo sguardo tra la maga e il cavaliere, che era rimasto impassibile e aspettava che lei si calmasse.
“Ci sono davvero i fantasmi?” chiese il giovane un pochino irrequieto ora. Gli era tornato in mente quello che gli pareva di aver visto prima di avventurarsi nella foresta e, viste le nuove informazioni in suo possesso, stava cominciando a pensare che non fosse stato un effetto ottico dovuto alla luce e alla stanchezza.
“Non preoccuparti. Non hai nulla da temere” gli disse la maga una volta calmatasi “Mi sa che è il caso che vi parli di questo posto, vista la vostra scarsa conoscenza.
Come già sapete questa foresta fa parte delle terre degli spiriti ma non è una semplice foresta.
Immagino sappiate anche che la durata della vita di uno spirito supera di gran lunga quella di un umano”
“Sì. Gli spiriti possono vivere anche per più di mille anni, giusto?” si intromise Sandir.
“Esatto. Nell’arco della mia vita mi è capitato di incontrare spiriti che avevano raggiunto la veneranda età di duemila anni. Anche per loro è un’età avanzata. Ma il punto di tutto questo discorso è che, nonostante vivano molto più a lungo degli umani, anche gli spiriti ad un certo punto cessano di esistere” la maga fece una pausa per controllare che i suoi due interlocutori la stessero seguendo. Entrambi erano seri e attenti, pronti ad ascoltare il seguito del suo discorso “Quando uno spirito passa a miglior vita lascia dietro di sé qualcosa”
“In che senso?” chiese Sandir, la voce bassa. Neanche si era reso conto di aver parlato.
“Immagino che quello che intenda dire sia che anche gli spiriti lasciano una sorta di corpo senza vita come noi, ma questo già lo sapevo. Non ho mai visto uno spirito morire ma mi è capitato di leggerlo su un libro” disse Leon.
“Già, era questo che intendevo. Una volta era una conoscenza comune ma negli ultimi anni non sono molti gli spiriti che si trovano nelle terre abitate dagli umani ed ora questa è una conoscenza che solo alcuni possiedono.
Comunque se degli umani rimane il corpo, per quanto riguarda gli spiriti la questione è un po’ diversa.
Sapete già che ci sono varie categorie di spiriti a seconda del loro elemento. Ad esempio ci sono spiriti del fuoco, dell’acqua, della terra…
A seconda del loro elemento ciò che rimane di loro è diverso: nel caso degli spiriti della terra, alla loro morte quello che accade è che le loro spoglie si trasformino ad esempio in alberi; nel caso degli spiriti dell’acqua quello che rimane è appunto dell’acqua e così via… semplicemente si ricongiungono alla natura, al loro elemento”
“Oh, ora ho capito dove vuoi arrivare” disse improvvisamente il cavaliere; Sandir invece non aveva capito.
“Io no? Potresti spiegarti meglio?”
“Speravo ci arrivassi da solo. Ti ho dato tutti gli elementi per capire…” La donna aveva tutta l’aria di essere delusa, come se il giovane avesse appena fallito un test.
“Questo luogo non è semplicemente una parte del territorio degli spiriti ma un luogo sacro.
Loro stessi lo chiamano la foresta del riposo, è il loro cimitero” concluse la donna.
Sandir rimase immobile per qualche secondo a metabolizzare le informazioni ricevute, per poi esplodere “Mi stai dicendo che tutto ciò che ci sta attorno ora è composto da ciò che rimane di spiriti defunti?! Ad esempio quell’albero lì” e indicò un albero a caso “era uno spirito elementale?”
“Adesso calmati. Non proprio tutto quello che si trova qui era uno spirito. La foresta esisteva già prima che loro la utilizzassero come cimitero. Semplicemente all’inizio è stata questa foresta ad attirare i primi spiriti a farli stabilire qui. A quanto pare l’energia di questo posto ha un effetto positivo su di loro e successivamente è diventato il loro luogo sacro.
Gli spiriti sentono quando sta arrivando la loro ora e ovunque si trovino si sentono attratti da questo luogo. Questo è quanto” gli disse la maga.
“Quindi è per questo che abbiamo fatto scorte di acqua e cibo anche se qui ce né in abbondanza” aggiunse Sandir.
“Già, sarebbe irrispettoso arrecare qualsiasi tipo di danno al luogo sacro di chi ci ospiterà prima del viaggio di ritorno, non credi?”
Eccome se sarebbe stato irrispettoso, si ritrovò a pensare Sandir, che avrebbe preferito sapere tutto quello prima. Fu in quel momento che ripensò di nuovo a quello che gli sembrava di aver visto in precedenza.
“Ora che ci penso, prima di entrare nella foresta mi era parso di vedere una luce bluastra…”
“Come quella?” chiese la maga indicando un punto alla sinistra del giovane che si girò puntualmente dove lei stava indicando e si ritrovò a fissare una sorta di piccolo fuoco bluastro.
Ovviamente la sua prima reazione fu molto eroica: si mise ad urlare e cadde a terra scatenando l’ilarità di Iliana.
Leon si prodigò subito ad aiutare il poveretto che ora era tremendamente rosso in volto, una maschera di imbarazzo.
“Quello viene comunemente definito fuoco fatuo ed è ciò che rimane di uno spirito del fuoco. Di solito compare quando si fa buio. Si può anche dire che è colpa sua se la gente crede che questo posto sia infestato dai fantasmi” disse la donna seguendo con lo sguardo il fuocherello che si stava muovendo tremolante intorno a loro. Sembrava quasi che li stesse osservando con curiosità.
“I fuochi fatui sembrano quasi senzienti ma come vi ho già spiegato non è così. In passato la gente che attraversava questa foresta per recarsi dagli spiriti si è imbattuta in loro e probabilmente si sono fatti suggestionare e li hanno scambiati per dei fantasmi. Alcune testimonianze in passato hanno affermato di aver visto i fuochi fatui cambiare forma e assumere le sembianze di un loro caro estinto ma questo è quanto. Non hanno mai dato segno di poter comunicare, semplicemente stanno immobili senza fare niente, questo è ciò che dicono le testimonianze. Come ho già detto non si tratta veramente di fantasmi, sono solo allucinazioni di gente dalla fervida immaginazione. Tempo fa c’erano persone che addirittura si spingevano fino a qui con lo scopo di incontrare i loro cari, alcuni addirittura ritennero di esserci riusciti.” ora Iliana aveva un’espressione e un tono di voce stizzito.
“Ma tu non ci credi…” interpretò il giovane.
“I fantasmi non esistono. Se esistessero veramente non credi che ne avrei già incontrato uno?”
Questa fu la sua risposta, poi si voltò “Si è fatto tardi. È meglio se ci accampiamo per la notte. Per quanto riguarda il fuoco da campo ci  penso io con la magia per stasera” e si incamminò alla ricerca di un punto adatto per accamparsi, seguita da Leon.
Così Sandir si affrettò a seguirli, il piccolo fuoco fatuo sulla sua scia per poi sparire senza lasciare traccia.
 
Dopo essersi rifocillati il gruppo decise i turni di guardia. Anche se potevano contare sulla  magia di Iliana per scovare eventuali pericoli la prudenza non era mai troppa con chi avevano a che fare. Il primo turno sarebbe toccato a Sandir, per la sua gioia. Era parecchio stanco, erano giorni che non dormiva bene e sperava di non averlo dato a vedere, visto che non voleva far preoccupare Leon e innervosire Iliana.
Quella sera Leon, dopo aver comunicato con Serena tramite il libro ed essersi assicurato che tutto stesse andando come doveva nell’accampamento della Resistenza, si mise subito a dormire, visto che il suo sarebbe stato il turno successivo, lasciando il giovane in compagnia della maga, ancora sveglia.
Quel giorno gli aveva rivolto la parola più di quanto avesse fatto in tutto il resto del viaggio, e si rese anche conto che la donna lo stava osservando.
“Ho qualcosa in faccia per caso?” le chiese; non riusciva a capire perché lo stesse osservando e la cosa lo stava mettendo in agitazione.
“No, è solo che volevo parlarti in privato…” guardò il terreno per poi riportare lo sguardo su di lui “riguardo a quello che è successo quando stavo per andarmene dall’accampamento”
Sandir aveva paura che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Se prima di quel momento già non aveva un’alta stima di lui, dopo lo aveva praticamente estraniato.
Comunque, se doveva essere sincero, per quanto temesse un confronto, sperava di riuscire a chiarire il perché lo stava trattando a quel modo.
“So che non sono la miglior compagna di viaggio che si possa desiderare e non è giusto lasciarti completamente all’oscuro del perché ho reagito in quel modo.
Devi sapere che sono successe tantissime cose nel mio passato, ho incontrato molte persone sul mio cammino e tu in quel momento mi hai ricordato una di esse”
“E immagino sia un ricordo doloroso…”
“È…complicato. Ho visto che eri turbato dalla situazione. Leon non dice niente ed è chiaro che ha deciso di rispettare i miei spazi, non pretende spiegazioni a meno che non sia io a volerle dare. Ma tu non sei come lui. Non ti racconterò quello che mi è successo in passato ma ti volevo dire questo, solo questo. Semplicemente, per un attimo mi hai spiazzata. Ero arrabbiata e mi sentivo in conflitto con me stessa e quando sei arrivato tu, con la tua richiesta, è stato troppo. Avevo bisogno di stare da sola e riflettere, mi dispiace di averti messo così a disagio. Mi hanno già fatto notare in passato il fatto che non sono brava a comunicare con le altre persone, non lo sono mai stata”
Adesso era Sandir quello che era rimasto spiazzato. Si era aspettato di tutto: che si mettesse ad urlargli contro, che gli scagliasse contro qualche magia, tutto ma non quello. Si stava scusando.
“No. Se devo essere sincero ero io quello che si voleva scusare con te. Ti ho chiesto di far parte di questa missione senza dare troppo peso a ciò che devi aver passato. Non posso neanche immaginare quello che devi aver visto e fatto”
“Già, non puoi… Bene, ora che ci siamo chiariti, buonanotte” e si coprì con la sua coperta, lasciandolo l’unico sveglio a sorvegliare il campo.
Era una notte abbastanza calda da poterla passare sotto le stelle, pensò alzando lo sguardo verso il cielo e incontrando le fronde degli alberi.
 
Sandir si svegliò di soprassalto. In un primo momento non capì dove si trovava, ancora intontito dal sonno, ma poi ricordò. Si trovava nella foresta degli spiriti e vicino a lui, addormentati, si trovavano i suoi due compagni, il fuoco magico di Iliana fievole ma ancora presente.
Fu in quel momento che realizzò che si era addormentato durante il suo turno di guardia.
Non era stato in grado neanche di svolgere un incarico semplice ed era stato fortunato che  non fosse successo niente.
Era tutta colpa dei suoi incubi; era da diversi giorni che continuava a fare sempre lo stesso. Quando si addormentava si ritrovava di nuovo nel villaggio dove tutto era caduto a pezzi, dove aveva perso per sempre Bog. Nel suo incubo tutto si ripeteva uguale: lui e il suo padre adottivo uscivano dalla locanda e venivano attaccati dai soldati di Anthemis e anche se voleva salvare Bog per quanto ci provasse non ci riusciva. Delle catene lo bloccavano a terra nel punto in cui si trovava ed era costretto a vedere il ripetersi dell’orribile scena della morte dell’uomo. I soldati poi venivano verso di lui e lo accusavano di essere inutile, che uno come lui non sarebbe mai riuscito a salvare nessuno, poi si svegliava, madido di sudore, e non riusciva più ad addormentarsi per paura di rivedere di nuovo quella scena. Ormai aveva paura di addormentarsi, crollava per sfinimento ed era stato fortunato che i suoi due compagni di viaggio non si fossero ancora accorti di niente.
Quell’incubo ricorrente gli aveva dato da pensare parecchio in quei giorni, sapeva cosa rappresentavano quelle catene: la sua paura che gli aveva impedito di agire quando Bog stava combattendo e anche il suo timore di non essere pronto ad affrontare un vero scontro. Nonostante tutto quello che aveva fatto per cercare di diventare più forte, nonostante la sua scelta, aveva ancora paura. Di non essere all’altezza, di sbagliare, di non essere abbastanza forte, di essere ucciso. Si sentiva debole.
Stava fissando il terreno quando improvvisamente esso si rischiarò di una luce bluastra.
Alzò gli occhi davanti a sé e si trovo davanti al volto un fuoco fatuo. Sandir allungò una mano vicino a quella fiamma, quasi vicino abbastanza da toccarla. Non sembrava emanare calore come il fuoco vero e proprio.
Improvvisamente come era comparso il fuoco fatuo si allontanò da lui fino a fermarsi, come ad aspettarlo.
Sandir sapeva che era una cosa stupida e non sapeva perché sentisse di doverlo fare, ma  decise di alzarsi e seguire quella luce, ovunque lo volesse portare.
Il fuoco fatuo si muoveva rapido per la foresta e Sandir riusciva a seguirlo a fatica ma infine arrivò nei pressi di un piccolo lago. Quel luogo era pieno di fuochi fatui come quello che lo aveva condotto fino a lì. Era un posto bellissimo, i fuochi sembravano danzare tutto intorno a lui. La luce che emanavano era eterea e rischiarava l’area del lago, rendendo la scena davanti a lui magica.
Si sedette a contemplare ciò che aveva davanti e per un attimo sembrò dimenticare i suoi problemi ma la pace non durò a lungo, la sua mente tornò ai suoi incubi.
Si specchiò nell’acqua del lago: vide un ragazzo che pensava che non sarebbe mai riuscito a liberarsi dei suoi incubi, che non sarebbe mai riuscito a combinare niente, una persona inutile…
Colpì l’acqua con una mano, distorcendo l’immagine che aveva davanti e si alzò, incamminandosi per tornare dai suoi compagni.
“È maleducazione andare via senza salutare un vecchio amico”
Quella voce lui la conosceva bene. Credeva che non avrebbe più avuto modo di sentirla.
Si voltò nuovamente verso il lago, con gli occhi che bruciavano e lo vide.
Davanti a lui sospeso sopra il lago, avvolto in una luce bluastra e circondato dai fuochi fatui , la lunga barba e la veste in cui lo aveva visto per l’ultima volta, stava la persona a cui teneva di più al mondo: Bog.
Non riuscì a trattenere le lacrime che cominciarono a scendere copiosamente dai suoi occhi e si mosse verso di lui.
“Bog…” disse con la voce strozzata dal pianto “Mi dispiace…”
“Fai bene a dispiacerti. È solo colpa tua se sono morto”
Sandir si bloccò.
“Mi hai abbandonato, non hai combattuto al mio fianco come sarebbe stato giusto da parte tua. Non ero un padre per te?”
Improvvisamente si alzò il vento tutto intorno, i fuochi fatui cominciarono a muoversi freneticamente, le foglie degli alberi facevano un rumore assordante; Sandir si riparò gli occhi e quando finalmente riuscì a guardare davanti a sé vide che ora all’altezza dello stomaco dell’uomo si trovava una ferita, proprio come quella che lo aveva ucciso.
“Hai ragione. non sono riuscito a salvarti. Sono…”
“Debole!” completò per lui l’etereo Bog.
L’aria intorno all’uomo sembrò tremolare e vicino a lui si materializzarono tre uomini. Erano dei soldati di Anthemis, proprio come quelli dei suoi incubi e stavano venendo verso di lui, le spade sguainate.
Sandir arretrò e cadde a terra. Era come nei suoi incubi, solo che stavolta le catene non erano materiali ma erano le sue paure, invisibili ma presenti.
No, non poteva bloccarsi così. Doveva reagire, non aveva preso lezioni perché finisse in quel modo, lo aveva fatto per reagire, per combattere, per fare in modo che quello che era successo non accadesse di nuovo.
Certo, non sarebbe riuscito a sbarazzarsi di tutti i suoi timori da un giorno all’altro, ma aveva deciso di combattere.
In fondo non era l’unico ad avere paura: Leon aveva paura di perdere Serena e i suoi amici della Resistenza e di non poterli proteggere, Iliana temeva di affrontare il difficile viaggio che aveva intrapreso già una volta in passato, ma ciò che li accomunava era l’aver scelto di affrontare le loro paure. Non poteva essere da meno.
I soldati eterei lo avevano quasi raggiunto ormai. Guardò alla sua destra e vi trovò un bastone, grande quanto la spada che usava negli allenamenti e lo raccolse, sperando di non recare una grossa offesa a quel luogo sacro agli spiriti.
Quando uno dei soldati fu abbastanza vicino agì, le catene invisibili che lo avevano sempre bloccato spezzate.
Il bastone aveva trapassato il soldato etereo all’altezza del cuore. Il soldato sembrò cadere a terra ma prima di raggiungere il suolo si dissolse.
Ora ne rimanevano altri due.
Corse verso di loro e utilizzando le sue nuove conoscenze mise presto fuori gioco uno dei due, restando a combattere con un unico avversario. Si era presto accorto che il bastone sembrava avere la stessa resistenza e forza delle armi dei soldati.
Il suo ultimo avversario era più tenace dei precedenti ma grazie a delle buone parate e allo studio delle sue mosse riuscì a mettere a segno il colpo vincente. Anche quel soldato si dissolse e così rimase da solo con Bog.
Ansimando lasciò cadere il bastone e si diresse verso di lui, che dal centro del lago si era spostato vicino alla riva.
L’acqua gli arrivava ai polpacci quando lo raggiunse.
“Mi dispiace, non sono riuscito a proteggerti. Ma non permetterò più alla paura di fermarmi. Combatterò, anche per te e per tutti quanti” disse solenne.
Bog lo fissò e infine sorrise “Era proprio questo che volevo sentire. Addio Sandir” e si dissolse anche lui lasciandolo completamente da solo.
“Addio Bog” disse calmo, le sue lacrime silenziose a infrangere la superficie dell’acqua.
Ora l’area del lago era tornata calma come prima e Sandir rimase lì per qualche minuto cercando di riprendersi da quanto era successo: secondo quello che gli aveva detto Iliana ciò che aveva visto non doveva essere il vero Bog ma una sorta di allucinazione, però era convinto che non fosse così, d'altronde aveva parlato con lui, cosa che la donna aveva detto non essere possibile.
Per quanto lo riguardava era contento di aver avuto l’occasione di comunicare un’ultima volta con lui, potersi scusare e togliersi il peso del senso di colpa che lo attanagliava. Inoltre, anche se lo aveva attaccato, aveva capito che il suo vero intento era quello di scuoterlo e farlo reagire e per questo gli era grato.
Incamminatosi per tornare dai suoi compagni prima che si accorgessero della sua assenza, decise di tenere quello che era successo per sé, tanto sapeva che anche se avesse raccontato la sua avventura non gli avrebbero creduto comunque, specialmente la maga convinta com’era che quello che gli era successo fosse impossibile.
Arrivò al campo guidato da alcuni fuochi fatui che, una volta arrivato abbastanza vicino da vedere la flebile luce del fuoco magico di Iliana, puntualmente sparirono lasciandolo da solo a percorrere l’ultimo tratto.
Finalmente ricongiuntosi ai suoi compagni, stava fissando il fuoco in attesa che il suo turno di guardia finisse, quando sentì dei lamenti provenire dalla maga.
Probabilmente stava avendo un incubo, si ritrovò a pensare Sandir, che ne sapeva qualcosa.
Sentiva che si stava muovendo nel sonno agitata e così decise di andare a svegliarla.
Si alzò, ma quando spostò lo sguardo verso di lei si bloccò: seduta accanto a dove stava riposando la donna ora si trovava una sagoma, con il capo chino, che lui non riusciva a distinguere. La figura eterea allungò una mano verso il capo della maga e la accarezzò e immediatamente la donna sembrò calmarsi. Come era comparsa la figura scomparì.
Sandir si risedette accanto al fuoco e sorrise: quel luogo gli aveva riservato grandi sorprese e ora era convinto che Bog avrebbe sempre vegliato su di lui e a quanto pare non era il solo a farlo, ma, come aveva già deciso, lo avrebbe tenuto per sé. 
 
 


Salve a tutti, qui lost in books.
Volevo avvisare che la settimana prossima non garantisco ci sarà un capitolo.
Tra pasqua e altri impegni non avrò molto tempo libero ma cercherò di fare il possibile.
Spero passiate tutti un buon fine settimana e una buona pasqua.
Al prossimo capitolo.
 

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Capitolo 11
*** 11 ***


11
 
Il giorno seguente il gruppo proseguì attraverso la foresta senza grandi problemi.
Leon non poté fare a meno di notare che Sandir era di buon umore. Aveva potuto osservare che durante tutto il loro viaggio gradualmente il suo umore e la sua energia erano andati scemando e, anche se non aveva detto nulla fino a quel momento sperando che qualunque cosa fosse ciò che lo stava logorando si risolvesse da sola, aveva deciso di confrontarlo. Per fortuna sembrava che si fosse preoccupato troppo, visto che sembrava stare meglio. Era convinto che una cosa che aveva influito sul suo umore fosse il modo in cui Iliana lo stava trattando e che in qualche modo la situazione si fosse risolta senza che lui dovesse mediare; ma qualcosa gli diceva che non fosse solo quello ciò che aveva turbato il giovane. In ogni caso era contento che stesse meglio, che fosse riuscito a scuotersi in un modo o nell’altro con le sue forze.
Persino la maga sembrava essere di umore migliore del solito: era apparentemente tranquilla e parlava con loro senza che fosse strettamente necessario per il loro viaggio. Certo, non si poteva dire che si stesse aprendo come lui aveva fatto con Sandir, ma era già qualcosa.
Poteva capirla, anche per lui ovviamente c’erano degli eventi del suo passato che erano più difficili da raccontare e aveva deciso che per il momento ne avrebbe parlato solo se si sarebbe presentata l’occasione. Sapeva cosa volesse dire ricordare il passato e non poter fare niente per cambiare ciò che lo aveva fatto soffrire e il rimpianto di ciò che ora non c’era più e poteva solo immaginare quanto dovesse essere difficile per lei, che aveva vissuto più di quanto ogni umano avesse mai fatto.
I tre continuarono a camminare verso la loro meta per tutto il giorno fino a che Iliana, al calare del sole, li fermò “Non manca molto per arrivare a destinazione ma è meglio se ci riposiamo ora e proseguiamo domani mattina così da arrivare in pieno giorno”
Leon e Sandir non ebbero niente da ridire e questa volta il primo turno di guardia sarebbe toccato al cavaliere.
“Bene, sono parecchio stanco” disse Sandir cercando di trattenere uno sbadiglio “svegliatemi quando è il mio turno. Buonanotte”
E come la sua testa si appoggiò a terra si addormentò.
Leon sorrise alla scena per poi tornare a concentrarsi su quello che stava facendo: aveva il libro comunicante tra le mani e stava aspettando che Serena rispondesse al suo messaggio in cui le diceva che tutto stava andando bene. In quei giorni le aveva detto che si era preoccupato per l’umore dei suoi due compagni di viaggio ma lei lo aveva rassicurato, quindi era lieto di poterle dare una buona notizia.
Finalmente cominciarono a comparire delle parole e si sentì sollevato. Aveva sempre il timore che non arrivasse nessuna risposta, che succedesse qualcosa ai suoi compagni della Resistenza, che succedesse qualcosa a lei…
Nel messaggio la donna lo informava di quanto fosse contenta delle notizie che gli aveva dato e che finalmente tutte le operazioni per il trasferimento della loro base erano compiute e tutto era andato bene, senza subire perdite.
Sembrava che il messaggio fosse concluso e Leon stava già chiudendo il libro quando delle altre lettere cominciarono a comparire sulla pagina, facendo fermare Leon di colpo.
Quello che lesse era un breve messaggio indirizzato direttamente a lui dalla donna e non dalla base al suo gruppo: gli aveva scritto che gli mancava e che sperava di rivederlo presto.
Finora nessuno dei due aveva mandato messaggi del tutto personali all’altro, quasi per paura che potesse portare sfortuna.
Ma non era solo quello, almeno non per lui: aveva sempre avuto timore di esprimere quello che provava nei sui confronti.
Per lui Serena era la principessa che aveva giurato di proteggere a costo della sua stessa vita, certo, ma era anche un’amica e con il tempo i sentimenti che provava per lei erano cresciuti. Era sicuro di provare un sentimento più grande dell’amicizia ma pensava anche di non essere alla sua altezza, che non lo sarebbe mai stato.
Aveva potuto crescere insieme a lei, vederla diventare la splendida persona che era oggi, una donna che anteponeva il bene degli altri al suo.
Aveva visto come trattava le persone che le stavano attorno e, anche se aveva un occhio di riguardo per lui a causa del loro passato e della loro lunga amicizia, niente gli faceva pensare che potesse provare nei suoi confronti quello che lui sentiva per lei.
Quindi aveva deciso di tenere quei sentimenti per sé, certo com’era che lei non provasse lo stesso e per non arrecarle un’inutile disturbo.
Questo però non toglieva il fatto che ogni volta che Serena si preoccupava per lui, gli faceva male sapere che, anche se lui era importante per lei, non lo era abbastanza; ogni volta era come se una spada gli si conficcasse nel petto e arrivasse dritta al cuore, ma nonostante tutto era un prezzo che era disposto a sopportare per poterle stare vicino.
Cercando di non dare a vedere quello che gli stava passando per la testa chiuse il libro, per trovarsi faccia a faccia con lo sguardo inquisitorio della maga, ancora sveglia.
“Non hai sonno?” come da sua richiesta aveva iniziato a darle del tu.
“Non dormo molto. Piuttosto, permettimi di darti un consiglio” rispose la donna.
“Non pensavo di starti così simpatico…”
“Oh, tranquillo. Ne hai ancora di strada da fare per entrare a far parte delle persone che mi stanno simpatiche, ma sono stufa di rimanere a guardare”
“Come?” Leon non riusciva a capire di cosa stesse parlando e non gli piaceva visto che di solito non era un problema per lui capire di cosa la gente parlasse e cosa stesse pensando.
“Mentre eravamo nell’accampamento ho visto come guardavi la tua cosiddetta migliore amica e da come osservavi quel libro è chiaro che qualcosa che ti ha scritto ti ha fatto male; inoltre mi pare ovvio che fosse personale altrimenti mi avresti detto se fosse successo qualcosa di importante alla Resistenza”
Leon era rimasto completamente immobile. Era sicuro che la sua fosse una maschera perfetta, aveva anni di allenamento alle spalle nel rendere la sua espressione illeggibile quando necessario, cosa che lo aveva aiutato sul campo di battaglia e non solo.
“Stupito? Bè, cosa ti aspettavi da una persona con poco più di mille anni di esperienza sulle spalle. Quindi accetta il mio consiglio: dille ciò che provi” sulle labbra della donna si fece spazio un breve, anzi brevissimo sorriso malinconico e se non fosse stato allenato a cogliere anche il più piccolo movimento non se ne sarebbe accorto.
Dopo aver dispensato il suo consiglio Iliana si preparò subito per dormire, senza più rivolgergli lo sguardo, tantomeno la parola.
Leon rimase lì, fermo a fissare la donna che ormai si era messa a dormire. Non sapeva più cosa pensare di lei. Un momento faceva finta che i suoi compagni di viaggio non esistessero e un altro dispensava consigli su argomenti per lui delicati. Era ancora stupito dal modo in cui lei lo avesse letto ed era curioso del motivo che la aveva spinta veramente a dargli quel consiglio, ma sapeva che se avesse insistito nell’avere informazioni sulla sua vita e le sue motivazioni avrebbe solo incontrato un muro davanti a sé ed ogni piccolo, piccolissimo progresso che aveva fatto nel farsi accettare da lei sarebbe stato vanificato.
Così rimase sveglio per il suo turno di guardia, vigile come sempre e attento ad ogni minimo rumore, fino a che non finì il suo turno per abbandonarsi a pensare a quello che gli aveva detto la donna e successivamente ad un sonno agitato.
 
La mattina seguente il gruppo riprese il cammino, ormai prossimo ad uscire dalla foresta.
Leon fece del suo meglio per nascondere la sua agitazione, come era solito fare, per non far preoccupare Sandir mentre Iliana badava ai fatti suoi se non per l’occasionale sguardo verso di lui, come a controllare se quello che gli aveva detto avesse sortito qualche tipo di effetto. Era strano per il cavaliere visto che di solito era lui ad assicurarsi che chi gli stava attorno stesse bene, cosa che aveva fatto anche con Sandir, mentre stavolta era lui quello turbato dalle sue stesse emozioni, cosa controproducente. Non poteva lasciarsi distrarre altrimenti avrebbe messo in pericolo l’intero gruppo.
Si erano messi in cammino all’alba e dopo qualche ora, approssimativamente in tarda mattinata, finalmente arrivarono a vedere il limitare della foresta.
La luce filtrava potente tra le fronde e Sandir, che a quanto pare era stanco di stare in mezzo alle foreste, si mise a correre verso di essa.
“Aspetta…” cominciò Leon, pronto a rincorrerlo per venire subito fermato da un braccio di Iliana posto davanti a lui.
“Lascialo fare. Se ci fosse qualche sorta di pericolo da qui all’uscita ce ne saremo già accorti. E poi non credi che abbia imparato qualcosa da te dopo tutti quegli allenamenti? Abbi fiducia nel tuo allievo”
In un primo momento rimase lì, la donna lo fissava aspettando una sua risposta “E va bene. Mi fido”
Lei rimosse il braccio e anche loro si fecero strada fino all’uscita dove il giovane li stava aspettando, intento a fissare il panorama a bocca aperta.
Erano sbucati davanti ad una distesa d’erba verdissima mossa lievemente da un venticello piacevole, campi di fiori qua e là a rendere quel luogo pittoresco oltre che pacifico. C’erano anche alcune rocce disseminate lì intorno grandi abbastanza da creare delle zone d’ombra dove riposarsi nelle giornate più calde. Era il luogo adatto per distendersi e osservare il cielo o per schiacciare un pisolino, senza più alcun pensiero al mondo. Perfetto per creature come gli spiriti, pacifico come veniva descritta la loro natura.
Leon pensò che a Serena sarebbe piaciuto moltissimo e decise di imprimerselo bene nella memoria per poterglielo descrivere al meglio. Forse un giorno lei avrebbe potuto vederlo di persona ma solo se tutto fosse andato per il verso giusto.
“So che è un bel panorama ma gli spiriti ci aspettano” li riscosse entrambi la maga. Era vero, non potevano lasciarsi distrarre.
I tre proseguirono lungo quella distesa d’erba e fiori e tutto stava procedendo tranquillamente quando un’ombra si mosse sul terreno.
Leon la seguì con lo sguardo e vide che anche Sandir faceva altrettanto e infine la loro attenzione si posò sulla cima di una grande roccia sulla cui cima ora si trovava un uomo.
Aveva l’aspetto di un brigante caduto in disgrazia: capelli castani corti e spettinati, la pelle imbrunita dal sole, i vestiti stropicciati e dei pezzi di armatura raccattati chissà dove messi un po’ a caso. Aveva il naso storto, probabilmente per qualche pugno ricevuto di troppo, gli occhi grigi e si poteva dire che neanche il resto del suo volto fosse apprezzabile. Pareva non avere più di trent’anni e teneva in mano una spada, che sembrava aver visto giorni migliori anche lei.
“Datemi tutto ciò che avete di valore e non vi verrà fatto alcun male, viaggiatori sprovveduti”
disse l’uomo.
“Perché dovremmo? Sei un uomo solo contro tre persone” gli fece notare Leon.
“Ti sbagli” rispose l’uomo ghignando e da dietro la roccia sopra la quale si trovava sbucarono altre due persone.
Alla sinistra della roccia rispetto a dove si trovavano i tre compagni c’era un uomo molto alto sulla ventina, anche lui con un ghigno sul volto, i capelli castani leggermente più lunghi e più pettinati dell’uomo sulla roccia, la pelle più chiara dell’altro uomo ma abbronzata; anche i suoi vestiti erano più ordinati e sembrava che almeno lui sapesse come si indossavano le protezioni per il corpo vista la pettorina corazzata che portava in modo corretto. Anche lui aveva gli occhi grigi e, nonostante non brillasse per la sua bellezza, almeno non aveva il naso storto. Tra le mani stringeva una lancia, la punta sembrava fosse stata affilata recentemente.
Alla destra della roccia invece si trovava un ragazzo dalla pelle chiara, decisamente non abbronzata come quella degli altri due, che doveva avere all’incirca l’età di Sandir,  gli stessi occhi grigi e i capelli castani della stessa tonalità degli altri due uomini ma lunghi, tenuti fermi da un laccio in una coda. Rispetto ai suoi due compagni era decisamente più basso, con l’uomo alla sinistra della roccia apparentemente più alto di tutti e l’uomo sulla roccia nella norma. A differenza degli altri due però il suo volto era decisamente apprezzabile e, tempo qualche anno, probabilmente avrebbe fatto girare la testa a parecchie signore. Portava un pugnale assicurato nel fodero su una cintura e i suoi vestiti erano in ordine anche se semplici e non di qualità.
Inoltre se i suoi compagni erano intenti a ghignare verso il gruppo, il volto del giovane brigante era neutro.
L’uomo sulla sinistra parlò “Proprio così, purtroppo per voi siete finiti contro i fratelli Jarrell!”
“Caio! Il maggiore” disse l’uomo sulla roccia.
“Tullio! Il secondo genito” aggiunse l’uomo sulla sinistra.
Il ragazzo invece non disse niente, limitandosi a mantenere il suo sguardo neutro, forse leggermente annoiato.
Caio si colpì sul viso con un mano aperta “e il piccoletto è Emil”
A Leon parve di sentirgli bofonchiare “Eppure l’avevamo provata l’entrata in scena…”
Al cavaliere più che un gruppo di briganti pareva sempre di più solo una banda di disperati.
“Arrendetevi o preparatevi a combattere!” si riprese Caio.
Nessuno dei tre membri del gruppo sembrò reagire alla minaccia del fratello maggiore, ancora basiti dalla loro comparsa, scatenando la sua furia.
“Se è questo che volete, allora…” e si gettò dalla roccia atterrando traballante e rimanendo in piedi solo grazie al sostegno dei fratelli, che non doveva essere la prima volta che si trovano in quella situazione “Fratelli, all’attacco!”
Caio si preparò all’attacco, subito seguito da suo fratello Tullio, mentre Emil non sembrava volersi unire ai fratelli, piuttosto appariva distratto, i suoi occhi stavano guardando altrove, dalla parte opposta da cui Leon e i suoi compagni provenivano.
Il cavaliere seguì lo sguardo del brigante più giovane, incurante degli altri due, e vide del fuoco.
Per la precisione quello che vide era una lingua di fuoco che stava procedendo a tutta velocità verso di loro. Vide Emil appoggiare due dita alla bocca e fischiare, segnalando ai suoi fratelli di rivolgergli l’attenzione e quando i due lo fecero il ragazzo gli indicò ciò che aveva visto, troppo tardi.
La fiamma era giunta fino a lì e prese a girare in aria rapidamente attorno ai tre briganti.
“Accidenti, è di nuovo quella piccola rompiscatole. Fratelli, ritirata!” disse Caio e, come se la fiamma avesse sentito le sue intenzioni, prese a volare sopra di loro lasciandoli liberi di scappare.
Caio cominciò a correre verso la foresta a tutta velocità mentre Tullio prese il fratello minore sottobraccio, neanche fosse stato un sacco di patate, e si prodigò per raggiungere il maggiore. In tutto quello il fratello più giovane non aveva fatto una piega, come se fosse abituato a scene del genere. Leon provò una certa pena per lui.
Prima di essere fuori portata di orecchio, Caio aggiunse “Non è finita qui!” per poi sparire nella foresta.
“Bravi, scappate! E vedete di non tornare un’altra volta” disse una voce che nessuno dei tre aveva mai sentito. La cosa strana era che quella voce non proveniva da una persona ma bensì dalla fiamma che ancora gravitava nel punto in cui si trovavano i tre briganti poco prima.
Lentamente la fiamma si abbassò verso il terreno e gradualmente cambiò forma. Dove prima c’era solo una lingua di fuoco ora c’era una ragazzina minuta dai tratti delicati, la pelle rossastra. Dei piccoli fuochi inizialmente le avevano fatto da occhi mentre stava ancora prendendo forma, per poi essere sostituiti da occhi apparentemente più normali ma completamente rossi su cui del fuoco sembrava danzare, i suoi capelli delle fiamme ardenti. Portava un vestito rosso, della stessa tonalità delle fiamme che aveva per capelli, che dava la sensazione di un fuoco pronto a divampare.
Quando si posò a terra Leon pensò che il terreno avrebbe preso fuoco ma venne subito smentito. L’erba e i fiori che la circondavano erano rimasti completamente illesi, come se una  ragazza fatta di fuoco non fosse stata lì.
“Vi prego di scusare quel trio di idioti. Si sono messi in testa che il mio popolo nasconda chissà quali tesori ed è da due mesi che provano a cercare un modo di entrare nelle terre che abitiamo. Spero che non vi abbiano arrecato troppo disturbo” disse la ragazzina rivolgendo al gruppo un breve inchino.
Leon osservò i suoi compagni: Sandir era nuovamente a bocca aperta, non era sicuro se fosse di più per l’agguato dei tre briganti o per l’arrivo della ragazza, mentre Iliana aveva un’espressione stranita sul volto.
“E io che pensavo di aver visto tutto ciò che la vita aveva da offrire ormai. Non si finisce mai di stupirsi…” osservò la donna e il cavaliere capì che si stava riferendo ai tre fratelli. Uno spirito non doveva essere una novità per lei.
L’uomo prese la parola “Non preoccuparti. Piuttosto, possiamo sapere qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Seraphina, ma potete chiamarmi Sera. E voi dovete essere le persone inviate dalla Resistenza immagino”
“Esatto” confermò Sandir.
“Lo sapevo. Corrispondete alla descrizione: la maga leggendaria Iliana” disse guardando la maga un po’ come la aveva guardata Serena, piena di ammirazione e con un enorme sorriso.
“Un valoroso cavaliere di nome Leon” aggiunse guardando l’uomo con il sorriso ancora presente sul volto.
“…ed un ragazzo qualunque di nome Sandir” concluse rivolgendosi al giovane senza perdere il suo abbagliante sorriso.
“Ehi!” fece per protestare il giovane ma venne subito interrotto dalla maga “Piacere di averti incontrata qui Sera. Quindi quei tre danno fastidio già da un po’?”
“Purtroppo sì. Non riesco a liberarmene nonostante li mandi via tutte le volte. Il maggiore è un’idiota completo, il secondo fa tutto quello che il maggiore gli dice di fare e quindi è un’idiota anche lui. Il più piccolo invece non lo capisco, non lo ho mai sentito nemmeno parlare. Credo che segua gli altri due solo perché sono imparentati” si perse a divagare la ragazza per poi cambiare discorso “Visto che ci siamo incontrati qui direi che possiamo dirigerci insieme verso la mia casa, tanto è anche la vostra destinazione”
“Con piacere” le rispose Leon.
Sandir si limitò a bofonchiare qualcosa che al cavaliere sembrò come la parola qualunque con il volto imbronciato ma seguì ugualmente il gruppo, Sera e Iliana in testa, intente in una conversazione amichevole, e Leon vicino a lui.
Il gruppo con l’aggiunta della giovane, spirito del fuoco, proseguì lungo il vasto manto d’erba che sembrava non avere fine.
“Io non vedo niente in lontananza. Iliana, non avevi detto che eravamo vicini?” chiese il giovane che era evidentemente ancora seccato dal modo in cui Sera lo aveva descritto.
“Siamo quasi arrivati” gli rispose lo spirito.
“Allora perché non c’è nient’altro che una distesa d’erba davanti a noi?”
In quel momento Iliana e Sera si fermarono e, accortosi di quello, Leon fece altrettanto; Sandir che invece era rimasto dietro di lui gli andò distrattamente a sbattere contro la schiena.
Sera allungò una mano davanti a sé e su di essa prese vita una fiammella che la giovane lanciò in aria. La fiammella, una volta raggiunta una certa altezza, allo schioccare delle dita della ragazza, esplose come dei fuochi d’artificio.
All’inizio sembrava non stesse succedendo niente ma poi la scena cambiò, era come se un velo invisibile si fosse sollevato per far vedere cosa era nascosto al suo interno.
Davanti a loro si stagliavano case fatte completamente da rami intrecciati fra loro, dei canali pieni di acqua limpida scorrevano tutto intorno con dei ponti in legno in diversi punti composti anch’essi da rami intrecciati che sbucavano dal terreno . Lungo le strade si trovavano spiriti in una quantità che Leon non aveva mai visto intenti alle loro attività giornaliere. C’erano spiriti dell’acqua che si muovevano lungo i canali, spiriti della terra che facevano crescere piante, spiriti dell’aria che svolazzavano qua e là.
“Benvenuti a Idyll, la casa degli spiriti” disse Sera al gruppo.
“Bello, non è vero?” aggiunse Iliana “Per vostra informazione, hanno usato una magia per la rifrazione della luce per nascondere questo luogo” si rivolse ai suoi compagni di viaggio “ma non è tutto. Se qualcuno entra in contatto con il velo che ricopre tutto questo senza che venga rimosso almeno in parte per farlo passare, viene immediatamente considerato una minaccia e congelato all’istante. Geniale, non trovate?”
“Sì…” rispose Sandir con poco entusiasmo “Specialmente la parte in cui si diventa una statua di ghiaccio…”
Il gruppo procedette lungo le vie della città degli spiriti. Era costituita interamente da ciò che si trovava in natura, usando la magia che contraddistingueva gli spiriti, Leon non riusciva a vedere niente che fosse creato dall’uomo, il che non lo stupì molto visto l’allontanamento di molti spiriti dagli uomini a causa delle guerre, cosa che era contro la loro natura e che evitavano per quanto gli era possibile.
Il gruppo seguì Sera, che era diventata la loro guida a tutti gli effetti, anche se era ovvio che  Iliana non ne avesse bisogno visto il modo in cui si muoveva sicura in quelle strade, come se fosse una sorta di seconda casa. Alcuni degli spiriti che incontrarono sembravano riconoscerla, le sorridevano, alcuni la salutavano. Non era poi tanto strano, lei aveva vissuto a lungo, così a lungo da aver incontrato spiriti sul suo cammino che probabilmente avevano la sua stessa età e anche di più.
La giovane li condusse davanti alla casa, o per meglio dire palazzo, viste le dimensioni, più grande di tutte, nel centro esatto di quella città verde.
“Questo è il luogo dove risiede il nostro sovrano. Vi sta aspettando” detto questo, Sera procedette verso quelle che sembravano pesanti ed imponenti porte in legno inciso, raffiguranti degli intrecci di foglie, e le aprì senza alcuno sforzo.
Una volta dentro le porte si richiusero da sole dietro di loro.
Si trovarono nell’atrio del palazzo, dove potevano vedere davanti a loro delle scale che portavano al piano superiore. Sulla cima di esse era comparsa la figura di un uomo dalla pelle scura, che sembrava quasi la corteccia di un albero. Aveva una barba non troppo lunga composta da vere e proprie foglie di un verde brillante adornata da fiori colorati, anche i suoi capelli erano verdi ma sembravano più dei fili d’erba, dall’aspetto simile al capello umano ma non proprio come quello. Anche i suoi occhi erano verdi ma di un verde più scuro dei capelli e come la loro accompagnatrice erano completamente di quel colore, senza la sclera bianca che contraddistingueva l’occhio umano.
L’uomo portava delle vesti eleganti degne di un re, che sembravano essere di fattura umana, e una corona sul capo composta da dei rami intrecciati di colore dorato sui quali erano incastonate quattro pietre di diverso colore.
Lo spirito, quando vide chi si trovava nell’atrio, scese rapidamente le scale e rivolse un ampio sorriso alla maga “ Ma tu guarda, bisogna che il mondo stia per finire perché tu venga a trovare un vecchio amico”
Il volto della maga si aprì in un sorriso come Leon non le aveva mai visto fare. Non era un sorriso di cortesia o per prendere in giro, no, era un sorriso sincero che proveniva dal profondo del suo cuore. Era felice.
“Florian” disse lei correndo incontro all’uomo e avvolgendolo in un abbraccio che lo spirito ricambiò subito “Scusami, lo sai come sono fatta”
“Già, e ti sopporto lo stesso da mille anni a questa parte”
I due si misero a ridere.
Sentendosi tagliato fuori Sandir si rivolse a Sera sottovoce “Mi puoi spiegare cosa sta succedendo?”
Anche Leon era curioso, aveva intuito di essere al cospetto del sovrano degli spiriti ma non si aspettava che fosse in così buoni rapporti con la loro compagna di viaggio, anche se si era fatto un’idea del perché.
La giovane gli rispose senza indugio “Siete al cospetto di re Florian, sovrano degli spiriti, uno dei quattro eroi che hanno riunito i frammenti del Talismano di Sol mille anni fa. E mio padre”

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Capitolo 12
*** 12 ***


12
 
Il Gran Maestro degli adepti di Umbra era un uomo freddo, calcolatore e adorava avere il controllo di ogni situazione.
Per questo aveva piazzato dei suoi adepti in tutti quei luoghi che aveva ritenuto strategici per la realizzazione dei suoi piani e un gruppo si trovava proprio nei pressi della foresta degli spiriti, abbastanza vicino da riuscire a cogliere chi si avvicinava ad essa ma non abbastanza da essere individuati dagli spiriti.
La sua strategia aveva dato i suoi frutti visto che due degli uomini che aveva piazzato in quel luogo erano ora al suo cospetto per aggiornarlo su ciò che avevano scoperto.
Era stato possibile per i suoi maghi essere lì, al castello di Anthemis, in così breve tempo solo grazie ad una sua invenzione: una particolare forma di magia di teletrasporto.
Aveva scoperto che combinando delle particolari pietre ricettive alla magia insieme nella giusta quantità e con l’ausilio di particolari simboli era possibile costruire delle piattaforme che, collegate fra loro, erano in grado di trasportare persone, anche in grande quantità, da un luogo ad un altro, a patto che a destinazione ci fosse un’altra piattaforma. Per azionarle bastava solo una piccola quantità di energia, nient’altro. Ne aveva fatta costruire una in ognuno dei luoghi strategici e nelle loro basi. I suoi uomini così potevano percorrere distanze che non sarebbero stati in grado di coprire senza esaurire la loro energia, o addirittura troppo distanti, senza grandi sforzi. Tutto procedeva come voleva lui, secondo i suoi piani. Aveva il controllo.
I due maghi erano in ginocchio al suo cospetto in segno di rispetto per il suo ruolo, che si era guadagnato grazie alla sua mente brillante e al suo cuore nero, nella sala che re Lucien gli aveva assegnato per svolgere al meglio il suo lavoro. Il Gran Maestro era alla sua enorme scrivania, seduto su una pomposa e comodissima poltrona.
“Fate rapporto” si rivolse ai suoi uomini, nessun accenno al farli alzare. I suoi maghi sapevano bene che non dovevano fare niente per alterare il suo umore e questo comprendeva anche azioni come l’alzarsi in piedi senza il suo esplicito permesso. Così i due dovettero rimanere in ginocchio nel fare rapporto.
“Gran Maestro, abbiamo tenuto sotto controllo l’area d’ingresso della foresta come ci era stato ordinato e le possiamo confermare che un gruppo di tre persone si è recata al suo interno. Erano una donna, un giovane uomo ed un ragazzo. Abbiamo inoltre rilevato che la donna stava mantenendo attivi alcuni incantesimi, e per evitare di farci scoprire ci siamo dovuti allontanare, ma tutti gli elementi in nostro possesso ci hanno fatto pensare che la donna fosse la maga Iliana. Nessun altro si è avvicinato agli spiriti da quando ci ha chiesto di controllare per persone sospette”
Il potente mago oscuro si alzò in piedi minaccioso “Volete dirmi che questo è tutto quello che siete riusciti a scoprire? Non avete nessuna informazione sull’uomo che viaggiava con Iliana e il ragazzino?!”
L’uomo alzò una mano con fare minaccioso, era pronto a colpire. Il mago che aveva parlato chiuse gli occhi, preparandosi a ricevere una punizione.
“Gran Maestro, aspetti. Non è tutto” parlò improvvisamente il mago che finora non aveva aperto bocca.
“Continua. Spero per te che ne valga la pena, altrimenti…” la minaccia incombeva nell’aria. I due uomini sapevano che se il loro maestro non fosse stato soddisfatto sarebbe stata la fine per loro.
L’uomo che ora aveva preso la parola continuò, teso “Il nostro gruppo ha preso l’iniziativa di introdursi nella foresta conscio dei rischi che poteva incontrare, ma sapevamo anche di dover svolgere al meglio il nostro incarico. Naturalmente abbiamo atteso due giorni prima di recarci nel cuore della foresta con le dovute precauzioni e ci siamo imbattuti in un gruppo di tre briganti. Li abbiamo subito messi fuori gioco e portati nella nostra base per interrogarli.
Sono stati decisamente collaborativi, pur di salvarsi la pelle, e grazie a loro abbiamo appurato che la donna era certamente Iliana. La descrizione della donna che ci hanno dato corrisponde a quella che era in nostro possesso. Deve aver rimosso qualunque incantesimo stesse usando per alterare il suo aspetto, probabilmente si sentiva già al sicuro.
Per quanto riguarda gli altri due possiamo confermare che, dalla descrizione che ci hanno fatto, il giovane del gruppo sembra essere il ragazzo che è scappato dalle prigioni del castello, mentre l’uomo sembra essere lo stesso cavaliere che si è scontrato con re Lucien.
Ora i tre briganti si trovano nelle prigioni del castello se desidera confermare le informazioni che le abbiamo dato”
Il Gran Maestro ponderò le informazioni ricevute, i suoi due sottoposti aspettavano con ansia e terrore di conoscere il suo responso.
“Forse non siete così inutili…Potete andare”
I due non se lo fecero ripetere, si alzarono e uscirono dalla stanza in tutta fretta.
L’uomo si ritrovò così da solo nella sala che usava come ufficio. Ora almeno sapeva che la Resistenza aveva inviato un gruppo dagli spiriti per recuperare il frammento. Come pensava, era solo questione di tempo.
In più, come premio aggiuntivo, la persona che doveva catturare per conto del re si era unita al gruppo. Avrebbe ottenuto tutto ciò che voleva in una mossa sola.
Avrebbe recuperato il frammento, avrebbe riportato la donna al cospetto del re e avrebbe fatto subire uno smacco alla Resistenza.
L’uomo sorrise, il suo era più un ghigno, in grado di creare inquietudine in chi lo guardava.
All’improvviso bussarono alla porta.
“Avanti”
Era un altro dei suoi maghi. “Gran maestro, abbiamo catturato uno spirito complice della Resistenza”
La sua giornata stava migliorando sempre di più.
“Portami dove si trova”
Il Gran Maestro si fece guidare dal suo sottoposto fino ad una sala per le torture che aveva attrezzato con tutto l’occorrente per intrattenere ospiti del calibro degli spiriti.
Una volta all’interno della sala l’uomo vide uno spirito, i polsi e le caviglie costretti in delle restrizioni in grado di impedirgli di cambiare forma così da non permettergli di liberarsi, sdraiato su un’asse di legno inclinata per permettere un dialogo faccia a faccia.
“Ma guarda, guarda cosa abbiamo qui” disse il mago oscuro rivolto allo spirito.
Dall’aspetto si trattava di uno spirito dell’aria: capelli traslucidi talmente leggeri che erano mossi da ogni minimo spostamento d’aria, occhi completamente bianchi, la pelle diafana quasi in trasparenza, i vestiti svolazzanti. Proprio il tipo di spirito che lo stava mettendo in difficoltà portando rifornimenti ai suoi nemici. Non era il primo che catturavano, non sarebbe stato l’ultimo.
“Non riuscirete mai a sconfiggere la Resistenza, non siete altro che mostri!”
A quanto pareva era uno spirito dall’animo combattivo, ma non lo sarebbe stato ancora per molto, pensò l’uomo, non quando avrebbe finito con lui. Il sorriso tornò a fiorirgli sulle labbra, facendo zittire lo spirito.
“Pensi davvero che quella allegra compagnia di illusi che è la Resistenza possa sconfiggere la potenza che siamo noi? Povero sciocco, mi fai quasi pena”
“Lo vedremo” gli rispose lo spirito, trovando in qualche modo la parola, lo sguardo carico d’odio, così strano da vedere sul volto di quella creatura.
“Io sarò certamente lì per vedere la fine di questa storia. Per quanto riguarda te invece…” l’uomo fece un cenno al suo subordinato, che si allontanò brevemente per poi tornare con dei suoi colleghi, tra le mani delle catene con delle manette ed un collare metallico attaccati ad esse, dello stesso materiale delle restrizioni sull’asse.
“…Non credo che sarai lì per vedere come andrà a finire. Mi dispiace” la sua voce lasciava trapelare sarcasmo, ora il suo ghigno era ancora più inquietante.
I sottoposti si fecero strada verso lo spirito, pronti ad ammanettarlo, per permetterne lo spostamento sicuro.
Fu allora che lo spirito comprese cosa gli stava per succedere: il suo volto divenne una maschera di puro terrore.
“No, vi prego. Tutto ma non quello. Vi supplico. No!”
“È inutile. Nessuno verrà a salvarti. Dov’è ora la tua Resistenza?” l’uomo scoppiò a ridere, una risata raggelante; i suoi sottoposti continuarono a svolgere il loro incarico non curanti delle proteste dello spirito.
Una volta pronto per il trasferimento l’uomo si avvicinò allo spirito e gli afferrò il volto con una mano grigiastra “Ritieniti onorato. Aiuterai la nostra causa ora” gli sorrise un’ultima volta prima di lasciarlo andare “Portatelo alla nostra sede a Dahlia e fate ciò che dovete”
I suoi uomini gli rivolsero un breve inchino e trascinarono fuori con loro lo spirito supplicante, che cercava in tutti i modi di salvarsi opponendo resistenza. Prima che chiudessero la porta della sala un ultimo grido risuonò nelle sue orecchie, nient’altro che dolce musica per lui.
Sapeva che il destino che attendeva il poveretto era qualcosa di peggiore della morte, questo perché avrebbe fatto la conoscenza con un’altra delle sue invenzioni. Forse quella che riteneva il suo più grande successo finora.
L’uomo uscì dalla stanza per tornare nel suo ufficio, dove convocò alcuni dei suoi sottoposti che riteneva affidabili. Erano tutti in quello che si poteva definire il rango di maestro, seguendo la classificazione che utilizzavano i maghi della Torre.
Il motivo della convocazione era semplice: era arrivato per loro il momento di agire.
Quello sarebbe stato per loro un grande passo verso la vittoria, ne era certo.
In passato i due uomini che avevano ricoperto il suo stesso ruolo nel momento più propizio per la liberazione dell’Oscurità erano quasi riusciti a realizzare i loro piani ma avevano fallito entrambi ad un passo dalla vittoria. Lui non sarebbe stato come loro, non era un fallito e lo avrebbe dimostrato.
Riteneva che per l’operazione che stava per mettere in atto non sarebbe neanche stato necessario il suo bastone, tramandato di Gran maestro a Gran maestro degli adepti. Era un oggetto potente, il più potente oggetto oscuro di tutti i tempi, e in quel momento si trovava al sicuro in una teca che soltanto lui poteva aprire.
I suoi uomini stavano aspettando che lui parlasse, in ginocchio.
“Vi ho convocati qui oggi per un’importante operazione. Io stesso ne farò parte. Il nostro obiettivo sarà quello di recuperare il frammento in possesso degli spiriti e catturare la maga Iliana. Preparate gli uomini sotto il vostro comando e fatevi trovare pronti alla nostra base più vicina alla loro foresta. È tutto chiaro?”
“Sì Gran Maestro” risposero in coro gli uomini al suo cospetto.
“Potete andare”
I maghi uscirono, pronti ad eseguire gli ordini.
Il mago oscuro era soddisfatto: la sua giornata era andata bene e tutto procedeva secondo i suoi piani. Inoltre quello che lo aspettava lo avrebbe fatto gioire ulteriormente.
Era arrivato il momento di andare a caccia di spiriti.


Salve a tutti, qui lost in books.
Questo non è un capitolo lungo ma così doveva essere. Non voglio rivelare troppo subito. Sono stata un pochino impegnata in questi giorni e lo stesso vale per il resto della settimana ma se tutto va bene il prossimo capitolo verrà aggiunto o questo fine settimana o all’inizio della prossima.
Al prossimo capitolo.
 
 

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Capitolo 13
*** 13 ***


13
 
Sandir si trovava nella stanza che gli era stata assegnata nel palazzo di re Florian, disteso sul letto, intento a ricapitolare gli eventi della giornata: prima lui ed i suoi compagni erano usciti dalla foresta degli spiriti, poi erano stati attaccati, se così si poteva dire, da un trio di strambi briganti ed erano stati salvati da Sera che li aveva portati al cospetto del re degli spiriti per poi rivelare senza tanti complimenti che si trattava anche di uno dei quattro grandi eroi del passato assieme ad Iliana. Inoltre per aggiungere altra carne al fuoco Sera aveva rivelato di essere la figlia di tale eroe.
Era ancora risentito per il modo in cui lei si era riferita a lui, definendolo un ragazzo qualunque mentre aveva avuto solo parole di elogio per i suoi compagni, e non aver svelato prima la sua identità non aveva contribuito a rendergliela molto simpatica.
Aveva scoperto praticamente subito che la maga sapeva già che Sera era la figlia di re Florian poiché quando le aveva chiesto se ne fosse a conoscenza lei gli aveva semplicemente risposto con un sorriso “Certo, Florian mi ha scritto di avere una figlia anche se non l’avevo mai incontrata di persona prima d’oggi”
Così Sandir si era messo a ripensare a ciò che lei aveva detto quando avevano incontrato Sera.
Piacere di averti incontrata qui Sera: era quello che aveva detto, cosa che effettivamente non escludeva il fatto che avesse capito chi fosse la ragazza. Inoltre si era ricordato che la giovane spirito aveva accennato al fatto che la sua casa fosse anche la loro destinazione. Aveva pensato che con quello si stesse riferendo ad Idyll, la terra degli spiriti, ma ora gli era chiaro che la ragazza stesse parlando del palazzo reale, viste le nuove informazioni in suo possesso.
In più Iliana aveva aggiunto alla sua risposta “Volevo vedere che espressione avresti fatto”
Re Florian allora, che era accanto a lei, si era intromesso nella conversazione “Ilia ed il suo caratteraccio…” e aveva scosso la testa “Almeno adesso non sospende più la gente in aria a testa in giù”
Poi aveva cambiato discorso, vista l’espressione scioccata che aveva assunto Sandir, e aveva chiesto a Sera di far accomodare lui e Leon nelle stanze che aveva fatto preparare per loro mentre Iliana era rimasta in sua compagnia.
Ed era proprio nella stanza che gli era stata assegnata che si trovava in quel momento.
Prima di sparire chissà dove Sera gli aveva fatto sapere che poteva fare quello che voleva prima di cena ma tutto quello che voleva fare in quel momento era restare disteso su quel letto incredibilmente morbido. Non aveva idea di come fosse fatto ma non era mai stato così comodo. Pensò alla Resistenza, a tutta quella povera gente costretta ad abbandonare tutto ciò che aveva per salvarsi dalla guerra, mentre lui ora era in un luogo splendido e protetto, al sicuro da tutto e pieno di comodità.
Pensò a quello che potesse passare per la testa di Iliana in quel momento, in compagnia di un vecchio amico con cui aveva condiviso la stessa impresa che ora condivideva con lui e Leon ed infine si addormentò.
 
Sandir si svegliò a causa di un rumore insistente: qualcuno stava bussando alla porta della sua stanza.
Si alzò, si strofinò gli occhi e poi andò ad aprire per trovarsi davanti Leon.
“Stavo cominciando a preoccuparmi. Sono cinque minuti che busso alla porta senza risposta”
“Scusami, mi sono addormentato” si giustificò il ragazzo.
“Lo avevo immaginato. Per tua informazione hai dormito fino all’ora di cena. Ho incrociato Sera mentre stava per venirti a chiamare e le ho detto che lo avrei fatto io”
Sandir ringraziò con lo sguardo il cavaliere: gli mancava solo che la ragazza pensasse che fosse duro d’orecchi o peggio visto quanto ci aveva messo ad aprire la porta.
“Se sei pronto possiamo raggiungere gli altri nella sala da pranzo”
“Mi sciacquo la faccia e arrivo”
Fatto ciò che doveva, Sandir seguì Leon, che a differenza sua sapeva dove stava andando e probabilmente aveva approfittato del tempo libero a loro disposizione per esplorare la dimora del re, fino a delle porte che fungevano da ingresso per un salone al cui interno si trovava una grande tavola rettangolare imbandita con tutto quello che un essere umano potesse desiderare. Appeso al soffitto si trovava un magnifico lampadario fatto di rami intrecciati e illuminato da delle fiammelle sospese su di esso che non ne bruciavano il legno ma creavano dei magnifici giochi di luce grazie a delle gemme incastonate fra i rami.
Già seduti alla tavola ad aspettarli c’erano re Florian con al suo lato sinistro Sera e al destro Iliana.
“Buonasera. Prego accomodatevi. Spero che la cena sia di vostro gradimento” si rivolse a loro il re.
I due si sedettero nelle sedie di fronte ai tre che erano già accomodati, dove la tavola era stata apparecchiata per loro.
“Questa sera saremo solo noi cinque. So quanto Ilia non gradisca la confusione quindi ho preferito optare per una cena più intima di quello che la mia gente avrebbe gradito. Per chi non fosse a conoscenza dei nostri costumi, qui non è usanza farsi servire da altre persone come nei banchetti reali delle corti umane ma ci si serve da soli. Detto questo, servitevi pure”
Sera non se lo fece ripetere due volte, sembrava non stesse aspettando altro vista la foga con cui metteva il cibo nel piatto.
Re Florian invece aveva davanti a sé solo un bicchiere pieno d’acqua da cui sorseggiava ogni tanto mentre era intento a parlare con Iliana.
Sandir ,mentre si stava servendo, era un po’ confuso: fino a quel momento non sapeva neanche se o cosa mangiassero gli spiriti ed ora aveva davanti ai suoi occhi due situazioni diverse fra loro, cosa che non lo aiutava minimamente a trovare una risposta alla sua domanda.
Re Florian, vedendo il modo in cui il giovane stava osservando Sera, decise di offrire una spiegazione “Vedo che sei un pochino confuso dall’approccio diverso che io e Sera abbiamo con il cibo. Devi sapere che noi spiriti non necessitiamo dello stesso cibo di cui vi nutrite voi umani ma questo non vuol dire che ad alcuni non possa piacere e si tratta comunque di una fonte di nutrimento alternativa seppur non la migliore per noi” e guardò la ragazza, che era troppo concentrata sul piatto per accorgersi di essere oggetto di una conversazione, e scosse il capo “Come avrai notato io non sono un grande amante del cibo. Nel mio caso, essendo uno spirito della terra, quello che mi basta è rimanere idratato e assicurarmi di avere a disposizione luce solare. A Sera invece basterebbe rimanere in aree con una buona concentrazione di ossigeno ma come puoi notare anche tu ha un certo amore per il cibo”
“E nessun problema di linea” si intromise la ragazza che finalmente si era accorta di essere stata presa in causa.
“Già, si potrebbe dire che Sera goda di un metabolismo molto rapido” concluse il re.
E Sandir gli credeva. Sera era letteralmente una ragazza di fuoco e di certo non aveva problemi a bruciare i grassi in eccesso. Se fosse stata tra gli umani avrebbe scatenato l’invidia di molte ragazze.
“Perdonate il mio cambiare discorso verso questioni totalmente diverse ma quando sarà possibile vedere il frammento?”
Era stato Leon a parlare. Sul suo piatto non c’era molto, evidentemente non era in vena di festeggiare il loro arrivo ad Idyll ed era chiaro che avesse altri pensieri per la testa e Sandir pensava di sapere di cosa si trattasse.
“Dopo la cena è mia intenzione portarvi nella sala dove custodisco il frammento” gli rispose con un caldo sorriso il re “immagino che tu debba essere preoccupato per i tuoi compagni della Resistenza ma non credo che vorrebbero che tu ti rovinassi la cena a causa loro”
“…Ha ragione” così Leon si permise finalmente di gustare la cena.
Iliana principalmente occupò il tempo a mangiare lentamente ed a parlare con il re e Sera, quando riaffiorava dal piatto.
Si vedeva che era contenta di poter parlare con un suo vecchio amico e lo stesso sembrava valere per il re ma da entrambe le loro espressioni un attento osservatore poteva dedurre che sotto i loro sorrisi si nascondeva anche una certa malinconia. Certo, condividevano sicuramente dei bei ricordi assieme ma era altrettanto vero che allo stesso tempo ciò che avevano dovuto affrontare e ciò che dovevano aver perso riaffiorasse nelle loro menti, anche se era evidente che stessero cercando di focalizzarsi su aneddoti divertenti piuttosto che sui ricordi spiacevoli.
“…Eri proprio un disastro da piccola. Ti ritrovavi sempre nelle situazioni più assurde socialmente parlando e poi ero io quello che doveva mediare” disse re Florian cercando di trattenere una risata.
“Ma poi sono migliorata…” Iliana si mise a fissare il piatto imbarazzata.
Questo discorso aveva catturato l’attenzione di Sandir “…Da piccola?” disse con un filo di voce ma il re evidentemente aveva un buon udito perché si rivolse a lui.
“Ah già, non credo che lei ve lo abbia detto, ma io ed Ilia ci conosciamo da prima di intraprendere il viaggio che ci ha portati ad essere riconosciuti come degli eroi. Siamo amici d’infanzia. Quando ero solo un bambino la mia famiglia era una di quelle che intratteneva buoni rapporti con i maghi della Torre; molte innovazioni magiche sono state raggiunte grazie alla collaborazione nella ricerca tra maghi e spiriti. Per questo c’era sempre un gruppo di spiriti che decideva di rimanere alla Torre per delle ricerche per un tempo indefinito ed io, che inizialmente dovevo solo accompagnare i miei genitori in visita, decisi di rimanere. All’inizio i miei genitori non erano molto d’accordo ma io ho insistito e sono dovuti tornare a casa senza di me. Così io ed Ilia siamo diventati amici. Il resto è storia”
“Oh” fu tutto quello che Sandir ebbe da dire.
Il gruppo continuò a cenare fino a che non furono tutti soddisfatti e venne il momento di vedere dove era conservato il frammento.
Re Florian si alzò “Bene, se ora volete seguirmi…”
Tutti si alzarono e cominciarono a seguire il re degli spiriti attraverso i corridoi del palazzo fino ad arrivare in un corridoio apparentemente come gli altri.
Il re appoggiò una mano alla parete che cominciò a muoversi: i rami che la componevano si spostarono disintrecciandosi fino a creare un ingresso su una rampa di scale che portava verso il basso ed il buio.
“Prima le signore” disse il sovrano e Sera si fece avanti e creò una piccola fiamma per illuminare il percorso agli altri.
Scesero tutti le scale e si fecero condurre dal re e da sua figlia fino a che una luce diversa da quella generata da Sera non rischiarò l’oscurità di quel luogo.
Il gruppo proseguì verso quella luce, che era diventata abbastanza potente da rischiarare ciò che le stava attorno senza l’aiuto della ragazza, che dissolse la fiamma.
Davanti a loro, su di un piedistallo al centro della stanza in cui erano arrivati, si trovava un cuscino dal ricamo elaborato su cui poggiava il frammento del Talismano, protetto da una teca.
Era quello che generava la luce tutto intorno a loro.
“Se emana una luce del genere non è un buon segno” disse Iliana.
“Vuol dire che si è attivato?” le chiese Sandir.
“Purtroppo sì. E questo vuol dire che l’Oscurità si sta risvegliando ed è sempre più forte. I frammenti reagiscono alla loro controparte oscura: più l’Oscurità è forte più il Talismano si rafforza di conseguenza”
“Questo vuol dire che dovrete ripartire presto. Speravo di poter passare più tempo con una vecchia amica ma il dovere la chiama a quanto pare” osservò il re.
“Mi dispiace Florian. Sarà il caso di ripartire entro due giorni al massimo”
“Capisco. Farò preparare l’occorrente per il vostro viaggio…” era rattristato all’idea ma si riprese “Bene, ora che avete visto il frammento siete liberi di fare quello che più vi aggrada per il resto del vostro soggiorno qui. Torniamo in superficie?”
Annuirono tutti quanti e si avviarono, tranne Leon, che stava fissando ancora il frammento.
“Leon?” lo richiamò Sandir che si era accorto della cosa.
Il cavaliere si riscosse “Sì, arrivo” e uscirono tutti dall’area sotterranea.
 
Quella sera Sandir decise che era il caso di familiarizzare con il palazzo o si sarebbe perso continuamente, così cominciò ad aggirarsi nei corridoi per studiare il percorso dalla sua stanza fino alle aree che aveva avuto modo di visitare, per vedere se si ricordava come arrivarci.
Mentre camminava tra i corridoi si fermò spesso per ammirare i bellissimi quadri che li adornavano. Alcuni raffiguravano scene naturali, altri gli ricordarono la Torre dei maghi,  cosa che gli fece pensare che chiunque avesse dipinto quei quadri doveva aver visitato la Torre e, dalla dovizia nei particolari, pareva anche conoscerla bene.
Ma fu un quadro in particolare che infine catturò la sua attenzione: era il ritratto di una donna, uno spirito per la precisione, seduta su un’elegante poltrona. Aveva la pelle chiara, leggermente azzurrina e gli occhi completamente blu, lo sguardo dolce e amorevole. I suoi capelli erano lunghi e sinuosi e il pittore aveva reso magnificamente il fatto che fossero composti da acqua vera e propria, che rifletteva la luce che li colpiva generando magnifici giochi di luce. Era molto bella ed elegante,  portava una lunga veste bianca drappeggiata che dava l’idea del mare mosso leggermente dalle onde.
Era chiaro che fosse uno spirito dell’acqua e che doveva essere una persona importante altrimenti il suo ritratto non sarebbe stato lì nel palazzo ma era sicuro di non averla vista tra la folla di spiriti che aveva incrociato quel giorno, l’avrebbe notata sicuramente. Una persona di quella bellezza non passava inosservata.
“Vedo che quel quadro ha catturato la tua attenzione”
Era stato re Florian a parlare. Lo spirito si avvicinò al giovane “Bella, non è vero?”
“Sì. Di chi si tratta?” chiese il ragazzo per poi pentirsi. Lo sguardo del re si era improvvisamente riempito di tristezza “Questo è un ritratto che ho fatto io stesso della mia adorata moglie Lin. Purtroppo non è più fra noi”
“Mi dispiace, non…”
“Non preoccuparti. Sai, ultimamente vengo spesso a guardare questo ritratto, era proprio quello che stavo venendo a fare quando ti ho incontrato qui.
Le sarebbe piaciuto rivedere Ilia e amava anche fare la conoscenza di nuove persone. Se fosse stata qui ora al posto della cena probabilmente ci sarebbe stata una vera e propria festa con tanto di ballo e sarebbe anche riuscita a convincere Ilia a partecipare. Riusciva a fare tutto”
“Le manca molto” L’osservazione che aveva fatto Sandir non era delle più brillanti, semplicemente aveva scoperto di avere una cosa in comune con il re. Entrambi avevano perso qualcuno di importante per loro.
Lo spirito lo guardò e a Sandir sembrò che avesse capito che anche lui aveva provato un dolore molto simile al suo.
“Ha dipinto lei i quadri che sono nel palazzo?”
“La maggior parte. È il mio passatempo e mi rilassa, anche se ammetto che è passato del tempo dall’ultima volta che ho preso in mano un pennello” rispose il re “mi è mancata l’ispirazione”
“Sono molto belli. Spero riesca a ritrovarla”
“Lo spero anch’io”
 
Non era ancora molto tardi e Sandir non aveva per niente sonno a causa della sua dormita imprevista, così decise di andare a dare un’occhiata all’esterno del palazzo.
Idyll di notte era ancora più bella: su delle alte torce ora splendevano sospese delle fiammelle che illuminavano tutto ciò che le stava attorno e davano un’aria più misteriosa alla città.
Camminò lungo le vie, attraversò dei ponti, completamente assorto in quel luogo  fino a che non sbucò su una piccola piazza. Non c’era molto lì se non per delle panchine, luogo perfetto per sedersi e riflettere nel caso una persona avesse voluto restare in solitudine, cosa che però Sandir non era. Infatti la piazzetta era già occupata: Leon, con indosso solo dei pantaloni, degli stivali ed una camicia leggera e scompigliata stava agitando la spada in una serie di movimenti che lui stesso aveva insegnato al giovane. Sembrava agitato da chissà quali pensieri e che stesse agitando la spada in una serie di fendenti come a volerli allontanare.
Sandir non voleva disturbarlo e, visto che l’uomo non sembrava averlo notato, decise di fare retromarcia.
“Cosa stai facendo? Oh, stai spiando qualcuno? Voglio spiare anch’io!”
Il ragazzo, colto di sorpresa da quella voce, inevitabilmente balzò in avanti, attirando l’attenzione del cavaliere.
“Sandir. Ci sei anche tu, Sera”
“Ciao Leon. Sono appena arrivata e ho visto che Sandir…” quello che la ragazza stava dicendo venne interrotto dell’interessato che provvidenzialmente le mise una mano davanti alla bocca e disse “Quello che Sera intendeva dire è che stavo cercando un bel posto dove sedermi ad apprezzare questo bellissimo posto ma non vogliamo disturbarti quindi ce ne andiamo”
“Oh, non mi disturbate affatto. Potete restare se volete”
“Perfetto! Allora ci sediamo su quella panchina a contemplare ciò che ci circonda” disse la giovane compiendo un ampio gesto con le mani liberatasi dalla presa del giovane. Poi prese Sandir per mano e lo trascinò verso una panchina. Leon riprese il suo allenamento serale.
“Ma cosa ti passa per la testa?” si rivolse sottovoce Sandir alla ragazza.
“Perché?” rispose lei inclinando la testa di lato “Piuttosto perché stavi spiando Leon e perché stiamo sussurrando?”
“Non lo stavo spiando. Stavo girovagando per Idyll e sono capitato qui. Ho visto che c’era già Leon e visto che non mi ha notato e non volevo disturbarlo stavo per andarmene quando sei arrivata tu”
“Però lo stavi osservando da un po’”
“Ma non avevi detto di essere appena arrivata?”
Come risposta Sera si limitò a fargli una linguaccia, le labbra piegate in un sorriso furbetto.
“Hai mentito”
“Già, ora che siamo complici mi dici perché lo stavi guardando?”
“Sono solo preoccupato. Da quando siamo qui si comporta in modo diverso dal solito”
“Oh, probabilmente ha una giornata no. Capitano a tutti: spiriti, umani, anche ai ragazzi qualunque come te”
“Spero tu abbia ragione” poi Sandir registrò la seconda parte di ciò che Sera aveva detto “Ma si può sapere perché insisti nel definirmi una persona qualunque?”
“Perché non c’era niente di particolare sulla descrizione che la Resistenza ci ha fatto di te e non mi hai dato motivo finora di credere che tu abbia qualche particolarità?”
“Sono un Darman!”
Cadde il silenzio fra i due. Sandir ora era in completo imbarazzo: non aveva intenzione di rivelare la sua natura alla ragazza ed era chiaro che re Tyberius, che doveva essere l’artefice delle loro descrizioni, doveva aver pensato al fatto che lui non volesse rendere noto ciò che era, ma il modo in cui lei lo teneva in considerazione rispetto agli altri lo aveva fatto scoppiare ed ora non poteva rimangiarsi quello che aveva detto.
Dal canto suo Sera era rimasta immobile, come se stesse lentamente registrando l’informazione; Sandir era in ansia, aspettava una sua reazione, era pronto al peggio.
Il volto della giovane si illuminò “Per tutti gli spiriti! Sei davvero un Darman?”
Il suo ampio sorriso non era decisamente la reazione che Sandir si aspettava.
“Aspetta, provamelo! Dov’è il marchio?” e la giovane protese le mani verso di lui con l’intento di scostare la sua camicia.
“Aspetta, fermati!” Sandir non era a proprio agio, Sera era decisamente troppo invadente per i suoi gusti.
“Perché? Non mi dire che è in un posto imbarazzante” disse la ragazza portandosi una mano davanti alla bocca e assumendo l’espressione di una persona che sembrava aver capito tutto.
Il volto del giovane divenne talmente rosso che sembrava stesse per prendere fuoco anche senza l’aiuto di Sera “N-no, non è quello. È solo che… lascia perdere. Se volevi vedere il marchio bastava chiedere” e lentamente scostò la camicia fino a rendere visibile il marchio sul suo petto.
“Allora è vero! Oh, oh, trasformati!”
“Cosa?”
“Trasformati! Voglio vedere la tua altra forma. Vediamo, cosa potresti essere… Un lupo, una tigre o forse un’aquila...”
“Io non posso trasformarmi” la fermò Sandir.
“Come? E Perché no?” il tono di Sera era scocciato, sembrava quasi quello di una bambina a cui avevano detto che non poteva avere ciò che voleva.
“Non lo sai? Sandir è il termine che la mia gente dà a chi non è in grado di trasformarsi”
Il ragazzo le spiegò la sua situazione “…Sono fortunato ad essere vivo”
“Mi dispiace, non potevo saperlo. Non ho molta esperienza del mondo, sono uno spirito giovane ma ti prego di scusarmi. Sono stata irrispettosa nei tuoi confronti” ora aveva il capo chino e lo sguardo triste.
Sandir non si aspettava neanche questa reazione ma si riprese in fretta e le chiese incuriosito  “Se non è una domanda troppo personale, mi potresti dire quanti anni hai Sera?”
“Sedici” rispose senza farsi problemi “e tu?”
“Anch’io ho sedici anni” Era leggermente sorpreso, le era sembrata più giovane dall’aspetto, complice la sua scarsa altezza, ma con gli spiriti non sapeva cosa aspettarsi.
“Allora siamo coetanei” il sorriso ora era tornato “…Quindi alla fine sei comunque un ragazzo qualunque”
Sandir sospirò.
“Dai scherzavo!” disse lei ridacchiando.
“Posso farti un’altra domanda?” le chiese.
“Chiedi pure”
“La tua reazione di poco fa quando ti ho detto che sono un Darman era diversa da quello che mi aspettavo. Di solito la gente mi guarda male o peggio. Perché tu no?”
“Beh, punto primo: sono uno spirito e noi spiriti tendiamo a non fare di tutta l’erba un fascio. Non sarebbe corretto trattare male qualcuno solo per quello che è, senza nemmeno conoscerlo. Questo è ciò che mi hanno insegnato fin da piccola ed è ciò in cui credo.
Punto secondo: è da quando ero bambina che mio padre mi racconta dei suoi vecchi amici e compagni di viaggio. Un cavaliere, una maga e una donna Darman.
Mi ha sempre parlato bene di lei. Me l’ha descritta come una donna forte, fiera e che ha lottato costantemente per dare al resto della sua gente un futuro migliore. Era ciò che voleva di più al mondo e da quello che so finché era in vita le cose andavano meglio per la tua gente. Inoltre era speciale anche dal punto di vista dei Darman perché era ed è sempre stata l’unica a potersi trasformare in un drago. Capisci? Un drago. Mi sarebbe piaciuto incontrarla ma la vita dei Darman è come quella umana, breve. Ehi, tutto bene?”
Sandir era rimasto in silenzio senza commentare per tutto il tempo che Sera aveva parlato “Si, tutto bene. Non sono abituato a sentire parlare bene della mia gente, tutto qui”
Sera non sembrava convinta così lui cercò di cambiare discorso.
“E degli altri eroi cosa sai? Voglio dire, il re è tuo padre, Iliana l’hai potuta conoscere, e il cavaliere?”
“Dunque…So che era di Dahlia” cominciò lei.
“Anche Leon viene da lì”
“State parlando di Dahlia?” Era Leon, che aveva interrotto la sua sessione di allenamento, probabilmente perché aveva sentito il nome della sua vecchia casa.
“Sì. Sandir mi ha appena detto che vieni da lì come il cavaliere che ha viaggiato con mio padre ed Iliana” rispose prontamente Sera “stavamo anche parlando di Darman e draghi. A proposito di draghi, è vero che esiste un ordine di cavalieri dei draghi a Dahlia? Almeno questo è quello che mi hanno raccontato”
Questo Sandir non lo sapeva ed era curioso quanto la ragazza.
Qualcosa sembrò passare davanti agli occhi di Leon, qualcosa che solo lui poteva vedere ma rispose alla domanda “Dahlia è famosa per l’odine dei cavalieri di drago, o per lo meno lo era.
Purtroppo quando ero molto piccolo ci fu una tremenda epidemia nel mio regno. Non fu clemente con nessuno: uomini, donne e bambini morivano continuamente, non risparmiava nemmeno gli animali… È il destino che è toccato anche a mia madre, e nemmeno la regina  sfuggì alla malattia”
Sandir non aveva idea che in passato il suo amico avesse perso la madre in questo modo, e lo stesso era capitato a Serena. Aveva dato per scontato che fosse stata la guerra.
“Con la maggior parte delle persone malate nel regno l’unico motivo per cui non venivamo attaccati era solo per via dei cavalieri di drago. Anche se alcuni si erano ammalati e lo stesso valeva anche per i draghi, alcuni di loro erano rimasti illesi, tra di essi c’era mio padre, l’ultimo Gran cavaliere di Dahlia e capo dell’ordine dei cavalieri di drago. Visto che erano in pochi hanno preferito concentrare le difese sulla popolazione ma hanno fatto un grosso errore perché hanno lasciato praticamente indifeso il luogo in cui i draghi si prendevano cura dei loro piccoli. Un regno particolarmente ostile nei nostri confronti chiamato Rafflesia ne approfittò. Indeboliti dalla malattia non riuscirono a proteggersi. Fu una strage e non rimasero più molti i draghi ancora in vita. Nonostante il regno fosse  sopravvissuto all’epidemia ne era uscito tremendamente indebolito e così quello stesso regno che aveva eliminato la maggior parte dei draghi si diede da fare e in pochissimi anni completò l’ opera fino a che non ne rimase solo uno, l’ultimo drago e fedele compagno di battaglie di mio padre.
La battaglia finale portò alla sconfitta del mio regno, alla scomparsa dei draghi e alla perdita del frammento che era in nostra custodia”
I suoi due ascoltatori non sapevano cosa dire, erano scioccati dalla storia di Leon.
Sera fu la prima a ritrovare la parola “Mi dispiace per quello che hai dovuto affrontare”
“Il passato è passato. Non si può riscrivere ma questo non vuol dire che non farò del mio meglio per far sì che nessuno debba sopportare quello che ho passato io. È per questo che combatto”
Sera gli sorrise “Sei proprio forte. Lo siete entrambi” e rivolse il sorriso anche a Sandir “mi ha fatto piacere conoscervi meglio ma adesso è arrivato il momento per me di andare a dormire. Ma prima di andare, tornando al discorso sul cavaliere compagno di avventure di mio padre” disse rivolta a Sandir “so che anche lui era un cavaliere di drago. Buonanotte!” e con un ultimo saluto, sventolando una mano, si trasformò in una fiamma e sfrecciò verso il palazzo.
Sandir sbuffò. Se lei sapeva già che i cavalieri di drago esistevano poteva anche non chiederlo, ma grazie a lei aveva scoperto di più sul suo amico ed il regno di Dahlia.
Leon approfittò del posto che Sera aveva liberato e si sedette vicino a Sandir.
“So che oggi mi sono comportato in modo un po’ strano, scusa se ti ho fatto preoccupare”
“Ma adesso va meglio?” volle sapere il giovane.
“Mi sono sfogato con l’allenamento, mi è sempre di aiuto quando ho bisogno di starmene in pace a riflettere. È una cosa mia”
“Posso chiederti cosa ti ha turbato?”
Leon fissò per un attimo il terreno “Sono solo preoccupato per la gente della Resistenza e specialmente per Serena, non te lo nascondo. Siamo arrivati fino a qui ed ora dobbiamo solo tornare da loro ma non riesco a non pensare che possa succedergli qualcosa e più il tempo passa più mi preoccupo. In più oggi, quando ho visto il frammento in quella teca, ho ripensato a quando mi fu mostrato il frammento custodito a Dahlia quando ero bambino. Il re aveva concesso un favore a mio padre in segno della loro amicizia e così potei vedere il più prezioso tesoro del regno. È un bel ricordo che ho di me e mio padre e mi ha fatto ripensare a lui. Ma adesso sto meglio, giuro. Anzi, è il caso che vada a riposare”
Leon si alzò e si incamminò.
“Leon, hai mai volato a dorso di un drago?” chiese Sandir all’improvviso facendo fermare il cavaliere.
“Mio padre aveva intenzione di farmi provare un giorno ma non c’è mai stata l’occasione”
“È un peccato, sarebbe stato bello”
“Come ho già detto il passato non si può cambiare. Buonanotte Sandir”
“Buonanotte Leon”
Così Sandir rimase finalmente da solo nella piccola piazza, la grande quantità di informazioni che aveva appreso quella sera ad affollare la sua mente.
Alzò la testa a guardare il cielo “Draghi, eh?” disse fra sé e sé.

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Capitolo 14
*** 14 ***


14
 
La mattina seguente il sole splendeva nel cielo, non c’era neanche una nuvola a bloccare la luce che emanava.
Sandir si era svegliato quando ormai era già metà mattina. Non era riuscito ad addormentarsi, almeno non fino al cuore della notte, quindi si era svegliato tardi e nessuno, a quanto pareva, era andato a chiamarlo.
Quando raggiunse la sala dove avevano cenato la sera precedente vide che c’era del cibo ad aspettarlo.
“Ah, vedo che finalmente ti sei svegliato dormiglione”
Sentendo quella voce Sandir si voltò e si trovò davanti Iliana. Portava una veste dalle maniche corte, cosa che non le aveva mai visto indossare. Tutto il suo vestiario fino a quel momento era consistito in lunghe vesti, tutte con maniche lunghe.
Ma la cosa che trovò decisamente strana e fece passare in secondo piano la veste che portava era il fatto che tra la spalla e il gomito della donna si trovasse una cicatrice: sembrava il segno che avrebbe potuto lasciare una coppia di lunghi artigli.
“Pensavo che non potessi avere delle cicatrici per via della maledizione. Non guarisci automaticamente da ogni ferita, anche mortale?”
“Oh, parli di questa?” e la donna si guardò la grande cicatrice “quando sono stata colpita dalla maledizione non mi è rimasto addosso nessun segno o ferita che mi fossi procurata nel tempo, tutto sparito, tranne questa”
“Hai idea del perché?”
“Forse. Ma non mi dispiace che sia rimasta. La considero un ricordo del passato ormai”
Iliana guardò di nuovo la cicatrice e qualunque cosa stesse passando per la sua mente non sembrava essere un ricordo terribile.
In quel momento re Florian fece la sua comparsa nella sala, anche lui indossava abiti  più leggeri rispetto al giorno precedente.
“Buongiorno Sandir. Dormito bene?”
“Sì. Grazie per averlo chiesto” Il re degli spiriti dimostrava sempre grande cordialità, era quasi l’opposto della maga con cui, nonostante tutto, era amico fin dall’infanzia.
La maga si avvicinò alla tavola, prese un piatto e cominciò a riempirlo.
“Perché stai riempiendo quel piatto?” le chiese.
“Io e Florian non mangeremo qui a pranzo. Stiamo lavorando ad un progetto e non abbiamo molto tempo per completarlo dato che dobbiamo ripartire presto. Quindi probabilmente passeremo tutta la giornata a lavorare, ma tu vai pure a divertirti. Approfittane finché puoi”
Il re si avvicinò alla tavola per prendere dell’acqua e Sandir notò che anche lo spirito aveva una cicatrice nello stesso punto in cui si trovava quella della donna. Era praticamente identica alla sua.
“Anche lei ha una cicatrice sul braccio” parlò senza riuscire a frenare la lingua.
Il re rise “Già, io ed Ilia abbiamo cicatrici coordinate, da veri amici per la pelle” poi continuò “è quello che rimane di una vecchia ferita e si può anche dire che sia una sorta di ricordo di una vecchia amica”
“Se hai preso quello che ti serve possiamo tornare a lavorare” disse la maga interrompendolo.
“Arrivo, arrivo. Quando sta lavorando a qualcosa non le piace perdere tempo in chiacchere. A stasera, spero. Non ho idea di quanto ci metteremo” e il re seguì la donna ovunque stesse andando.
Così il ragazzo bevve dell’acqua, prese un pezzo di pane e uscì dal palazzo.
Non c’era niente di particolare che volesse fare e non aveva idea di dove fosse Leon quindi si limitò a curiosare in giro. C’erano spiriti ovunque, intenti alle loro attività quotidiane, sembrava quasi che niente potesse preoccuparli.
Stanco di camminare si sedette su di un tronco sistemato come una sorta di panchina. Lo trovò un po’ strano visto che di panchine ne aveva viste in giro il giorno precedente ma non se ne preoccupò molto.
Alzò il capo. Il sole ora era nel punto più alto del cielo, era così luminoso che dovette chiudere gli occhi.
Si stava davvero rilassando quando avvertì un pizzico su una gamba. Istintivamente aprì gli occhi e controllò per accertarsi della causa. Aveva pensato che lo avesse morso un insetto ma non trovò niente, così richiuse gli occhi, pensando di esserselo solo immaginato, ma poi lo sentì di nuovo.
Si alzò di scatto ma non c’era niente. Era strano e non capiva cosa stesse succedendo. Era forse impazzito?
“ Perché quella faccia perplessa? Che succede?”
Sandir riconobbe la voce di Sera “Non è niente”
Ma la ragazza si accorse subito che stava fissando il tronco in modo strano.
“Oh, ho capito cosa succede. Tranquillo, non sei pazzo se era questo che temevi”
“Cosa vuoi dire?” Voleva una spiegazione e subito.
“Sei solo l’ennesima vittima di Zola. Fa degli scherzi a tutti i visitatori e tu sei il primo a cadere nel suo tranello dopo anni, dato che non se ne vede uno da parecchio qui”
“Il troco è uno spirito” Sandir lo disse con una voce monotona “Mi sono seduto sopra ad uno spirito”
“Non farne un dramma. Lei ed i suoi amici sono rinomati per i loro scherzi. Io li adoro. A dopo Zola!”
Dal tronco spuntò una mano scura che sventolò in segno di saluto.
“Giusto per informazione, tutti i tronchi e le rocce e chissà che altro qui è uno spirito?”
“Non tutto. Ad alcuni spiriti piace mantenere una forma più, come dire, naturale, tutto qui”
Sandir decise di camminare in compagnia della ragazza. Anche se non sapeva se poteva fidarsi di lei totalmente, almeno era un volto noto.
“Quindi quella è una normale roccia?” chiese ad un certo punto indicando una grande roccia.
“Esatto” gli rispose lei.
“E anche quella?”
La ragazza seguì il suo sguardo “No, quello è Eban” poi si rivolse alla roccia “Mi spiace ma Zola ti ha battuto sul tempo!”
La roccia si mosse, sembrò quasi che stesse sospirando.
“Fammi indovinare. È uno degli amici amanti degli scherzi di quella Zola?” chiese Sandir con voce rassegnata.
“Già” fu tutto quello che disse Sera.
“Hai per caso visto Leon oggi?” cambiò discorso il giovane.
“No” gli rispose la ragazza “ma se vuoi ti do una mano a cercarlo”
“Non serve. Probabilmente starà curiosando anche lui in giro oppure si starà allenando”
Continuarono a camminare fino a che il sole non cominciò a tramontare, con Sera che faceva da guida mostrandogli i luoghi più belli di Idyll, ma le gambe di Sandir infine si stancarono e  lei lo condusse in un luogo stavolta provvisto di panchine.
“Posso fidarmi?” chiese il giovane, che ora dubitava di ogni punto in cui si poteva riposare.
“Certo che puoi fidarti”
In tutta risposta lui la fissò non del tutto convinto.
“Ma insomma…” la ragazza si mise una mano sul petto “giuro che è una panchina, altrimenti…
altrimenti sarò costretta ad obbedire ad un tuo ordine”
“Va bene, mi fido” Era convinto che Sera non avrebbe rischiato tanto.
I due si sedettero. Sera fu la prima ad interrompere il silenzio.
“Certo che voi umani vi stancate facilmente” lei aveva deciso di considerarlo come tale, visto che a parte il marchio, lui non possedeva altre facoltà Darman.
“È solo perché tu puoi volare, non è valido” Sandir incrociò le braccia al petto e cambiò discorso “Posso farti una domanda? Mi ronza in testa da ieri ma non ho fatto in tempo a chiedertela”
“Sono tutta orecchi”
“So che tuo padre è uno spirito delle terra ma ho visto un quadro della regina ed è chiaro che fosse uno spirito dell’acqua…”
“Vuoi sapere come è possibile che io sia uno spirito del fuoco” lo interruppe lei.
“Io non ho idea di come funzioniate voi spiriti, scusami in anticipo se la mia è una domanda stupida” cercò di scusarsi lui.
“Non è una domanda stupida. Comunque per rispondere al tuo quesito, se due spiriti appartengono allo stesso macro gruppo, che può essere terra, aria, fuoco o acqua, allora anche il figlio apparterrà a quel gruppo. Invece se due spiriti appartengono a due gruppi differenti allora il figlio apparterrà ad uno dei gruppi dei genitori” Sera guardò in basso, le labbra piegate in un sorriso malinconico “nel mio caso, io sono stata adottata. I miei veri genitori erano entrambi spiriti del fuoco”
Sandir non sapeva cosa dire: aveva pensato a quella eventualità e non voleva turbarla come invece ora era sicuro di aver fatto, ma ora che Sera gli aveva rivelato quell’informazione non sembrava volersi fermare lì.
“Non sono nata qui ad Idyll. Io ed i miei genitori vivevamo in pace in un villaggio umano. I miei facevano quello che noi spiriti dovremmo fare, erano i custodi della natura in quel luogo. Andavamo tutti d’accordo, ogni giorno era meraviglioso, o almeno così era per me.
Non ne ero consapevole allora perché nessuno me lo aveva detto per non spaventarmi, ma dei maghi oscuri avevano ideato una sorta di macchinario in grado di assorbire l’energia di uno spirito e rinchiuderla in degli artefatti speciali, così da sfruttarne il potere visto che, anche se siamo limitati al nostro elemento, la nostra abilità con esso è di gran lunga superiore a quella di un mago. Una volta che l’energia viene assorbita, dello spirito non rimane più niente, è come se fosse cancellato dall’esistenza, ed è il motivo principale del perché non ci sono molti spiriti ora al di fuori di Idyll”. Lei smise di parlare, chiuse gli occhi e con una mano strinse il bordo della panchina, sembrava che le fosse troppo difficile continuare ma poi riprese.
“Era una bella serata. Io, i miei genitori e gli abitanti del villaggio eravamo riuniti per festeggiare la buona riuscita del raccolto quando sono comparsi loro. Gli adepti di Umbra.
Erano in gruppo, attaccarono il villaggio; gli abitanti non erano in grado di combattere contro di loro, ma cercarono di fermarli ugualmente: sapevano che erano lì per un motivo ben preciso, catturare me ed i miei genitori. I miei mi portarono al sicuro e mi nascosero, i maghi oscuri non si erano ancora accorti di me e, a quanto pare, erano a conoscenza della presenza di soli due spiriti nel villaggio.
Gli abitanti stavano soccombendo, riuscivo a sentire le loro urla. I miei genitori, una volta messami al sicuro, andarono ad aiutarli ma fu tutto inutile, i maghi erano preparati ad affrontarli. Combatterono valorosamente assieme a chi era ancora in vita ma l’unica cosa che riuscirono a fare fu scostare il cappuccio di quello che era a capo della spedizione. Non dimenticherò mai il volto di quell’uomo, quel mostro che me li ha portati via. Io li odio, li odio tutti…”
“Sera!”
Il punto in cui stava stringendo la panchina aveva cominciato a fumare. Lei, riscossasi, mollò subito la presa e Sandir fece del suo meglio per estinguere il piccolo fuocherello che si era generato dove prima si trovava la mano della ragazza.
“Mi dispiace, non dovevo chiederti niente”
“Non è colpa tua, non sei stato tu ad ucciderli” Sera si mosse fino ad appoggiare i piedi sulla panchina e strinse le ginocchia al petto “ormai voglio finire di raccontarti la mia storia, dicono che faccia bene parlare con  qualcuno delle proprie sventure e tu ti sei confidato con me ieri quindi così siamo pari”
“Solo se te la senti” le rispose.
La ragazza sospirò e riprese la sua storia “Rimasi nascosta per giorni, paralizzata dal terrore, quando arrivò nei pressi di quello che rimaneva del villaggio uno spirito, conoscenza dei miei genitori. Gli era giunta voce che gli adepti fossero passati in quella zona e aveva sperato che non fosse successo niente ma purtroppo non era stato così.
Uscii dal mio nascondiglio e lei decise di portarmi nell’unico luogo ancora sicuro per uno spirito: Idyll.
Lei però non poteva restare, come i miei genitori, aveva deciso di opporsi alle guerre e proteggere chi ne aveva bisogno, anche con il rischio perenne di essere catturati. Stava cercando qualcuno a cui affidarmi quando incontrai il re: in quel momento non mi importava più di niente, ero come una bambola inerte. Allora lui mi disse che sapeva cosa stavo provando perché anche lui aveva vissuto la mia stessa esperienza. Mi confidò che gli adepti gli avevano portato via la persona a cui teneva di più al mondo, sua moglie. Mi disse che se avessi voluto, mi avrebbe presa con sé, così avremmo potuto affrontare il dolore assieme, sostenendoci a vicenda ed io accettai. Ed ora eccomi qui, a parlare con te”
Sandir poteva capirla, in parte. Sapeva cosa voleva dire perdere qualcuno di importante e ora anche quanto re Florian significasse per lei. Erano l’uno il sostegno dell’altra.
Vedendo come lui la stava guardando lei riprese la parola “Adesso basta parlare di cose tristi. Vatti a dare una ripulita e fatti trovare fra un’ora davanti al palazzo. Io vado a cercare Leon”
Fece per andarsene ma Sandir la fermò afferrandole un polso “Aspetta, perché?”
“È una sorpresa!” e gli fece l’occhiolino. Così Sandir la lasciò andare e si fece strada verso il palazzo.
 
Era passata un’ora e Sandir aveva fatto esattamente quello che Sera gli aveva chiesto. Ora stava solo aspettando che lei si facesse viva.
Non riusciva a togliersi dalla testa quello che la ragazza gli aveva detto: non erano poi tanto diversi. Anche se a causa di circostanze diverse, entrambi avevano perso ciò che avevano di più caro e poi trovato una nuova famiglia. Sperava solo che a lei non dovesse mai capitare quello che era successo a lui di recente, non lo augurava a nessuno.
Se lei non gli avesse rivelato il suo passato non avrebbe mai potuto immaginare che le fosse successa una cosa del genere; le era sembrata una persona allegra e spensierata di natura ma ora sapeva che non era così, anche lei aveva una macchia oscura nel suo passato, un dolore che mascherava con il sorriso.
Di colpo una luce rischiarò l’area attorno a lui e subito dopo Sera si ritrovò al suo cospetto.
“Sei puntuale. Bene, andiamo!” Lo prese per mano e cominciò a trascinarlo solo lei sapeva dove. Sembrava avesse recuperato il sorriso e la spensieratezza ma non aveva idea se fosse veramente così, non poteva esserne certo.
“Dove mi stai portando?” le chiese.
“Te l’ho già detto. È una sorpresa!” e ridacchiò.
Ora era leggermente preoccupato. Lei continuò a trascinarlo fino a che non sbucarono in un grandissimo spiazzo illuminato da una grande quantità di torce. Tutti intorno c’erano moltissimi spiriti e delle tavole piene di cibo. Al centro della piazza si trovava un grande falò, principale fonte di luce, e in un angolo degli spiriti stringevano tra le mani degli strumenti.
“Wow” fu tutto quello che uscì dalla sua bocca.
“Concordo” disse una voce molto vicina a lui.
“Leon!”
Il cavaliere, che doveva essere arrivato lì prima di lui, gli si era avvicinato mentre lui era distratto “Sera ha portato qui anche te, vedo. A proposito, è stata lei ad organizzare tutto questo”
Sandir si voltò verso la ragazza che si era messa a giocherellare con i suoi capelli fatti di fiamme e disse “Non è niente di sofisticato ma visto che partirete presto volevo almeno festeggiare un po’ prima che riprendiate il vostro viaggio. Mio padre era d’accordo”
Lui ripensò a tutti i posti in cui Sera lo aveva portato quel giorno “Ecco perché non mi hai mai portato qui oggi, mi pareva strano”
“Ti saresti rovinato la sorpresa. Stavamo ancora preparando tutto e quando ho visto che eri qui vicino sono venuta a parlarti”
Era stato un gesto davvero carino da parte sua. Era la prima volta che qualcuno organizzava una festa in suo onore, anche se non era solo per lui.
“Ora basta perdere tempo, sbaglio o qui dovrebbe esserci una festa!” Era stata una donna a parlare e subito i musicisti cominciarono a suonare, segnalando l’inizio dei festeggiamenti.
La donna, accompagnata da un altro spirito, si avvicinò a lui, Leon e Sera. Ora che era più vicina poteva vederla meglio: la sua pelle sembrava fatta di terra e i suoi capelli delle foglie, come quelle dei salici, ed erano trattenuti da una fascia per capelli. I suoi abiti erano semplici ma, dal modo in cui stava camminando verso di loro, si capiva quanto fosse sicura di sé. Lo spirito accanto a lei sembrava anch’esso fatto di terra e indossava abiti semplici ma, a differenza della donna, delle piccole pietruzze ornavano i punti attorno alle sopracciglia, la bocca e le orecchie. Era più alto di lei e portava i capelli, dall’aspetto di ciuffi d’erba appena tagliata, corti. Entrambi avevano una corporatura robusta e avevano gli occhi verdi che, come aveva potuto osservare, era lo standard tra gli spiriti della terra.
“Piacere di conoscervi, io sono Sandir” disse quando i due furono davanti a lui.
“Veramente, ci siamo già conosciuti” gli rispose la donna, sorridendo.
Sentì Sera cercare di trattenere una risata coprendosi la bocca con una mano ma decisamente non stava riuscendo nel suo intento.
“Non credo ci abbia riconosciuto, sorella” aggiunse l’uomo accanto a lei.
“Allora forse è il caso di presentarci” decise la donna estendendo una mano verso di lui “ il mio nome è Zola e quello accanto a me è mio fratello Eban”
Sandir aveva già sentito quei nomi, era stata Sera a nominarli. Poi ricordò.
“Sembra che si sia ricordato di noi, sorella” disse Eban visibilmente divertito.
Purtroppo ora ricordava eccome: Eban era lo spirito che aveva incontrato e che aveva assunto la forma di una roccia quel giorno, mentre Zola…
“Lo sai, era da parecchio che non riuscivo a divertirmi in quel modo, a fare scherzi ad un viaggiatore, a festeggiare. Ti ringrazio” gli disse Zola.
“Di niente…” rispose Sandir piano, imbarazzato, cercando di farsi il più piccolo possibile.
In quel momento la melodia suonata dai musicisti cambiò, a loro si era aggiunta anche una donna che cominciò a cantare.
“Adoro questa canzone!” disse Zola e prese Sandir per mano senza tanti complimenti e lo trascinò vicino al falò dove altri spiriti stavano ballando. Non ebbe neanche il tempo di aprire bocca.
Eban invece fece un mezzo inchino e protese una mano verso Sera “Mi concedete questo ballo, signorina?”
Sera fece un inchino degno di una principessa “Con piacere” e insieme raggiunsero Zola e la sua riluttante vittima di quel ballo.
Ben presto anche Leon li raggiunse, una donna spirito dell’aria gli aveva chiesto di ballare, e lui aveva accettato per cortesia. Sembrava che non avrebbe avuto un attimo di pausa però, visto il bel gruppetto di spiriti ad aspettare il suo turno per ballare con lui.  
 
Il palazzo di re Florian era silenzioso, sembrava che nessuno si trovasse lì, invece c’erano ancora due persone al suo interno.
Si trovavano in una stanza dalla temperatura molto alta rispetto al resto delle aree del palazzo, adibita a laboratorio. Al suo interno c’erano degli oggetti di evidente fattura umana,  dal complicato utilizzo; oggetti che venivano usati abitualmente solo dai maghi per i loro esperimenti e creazioni. Sembrava che il re degli spiriti avesse voluto ricreare una piccola porzione del luogo in cui era cresciuto in compagnia della sua amica d’infanzia.
Il re e la maga erano lì praticamente da tutto il giorno, intenti a lavorare instancabilmente; le uniche pause che si erano presi erano state quando si erano recati a prendere del cibo e quando il re aveva desiderato parlare con Leon per una questione importante che non poteva aspettare oltre. Il re aveva preso una decisione che lo rattristava ma che pensava sarebbe stata per il meglio. Continuava a ripeterselo, altrimenti ci avrebbe ripensato.
“Dovremmo esserci finalmente” era stata Iliana a parlare, seduta davanti ad un tavolo nella più totale confusione.
Florian le si avvicinò, il frutto del loro lavoro davanti ai suoi occhi. Sperava solo di non doverlo usare…
“Ora che abbiamo finito qui, che ne dici di raggiungere tutti. La festa organizzata da Sera dev’essere già cominciata”
“Sai che non mi piacciono le feste…” controbatté la donna.
“Volevo fare un tentativo. Comunque non credo che il tuo odio per le feste sia l’unico motivo per il tuo isolamento qui”
“Non sono da sola. Ci sei tu qui con me”
“Sai cosa voglio dire. Stai cercando di evitare i tuoi compagni di viaggio con la scusa della mia presenza”
Iliana cercò di controbattere ma Florian la fermò “Ti conosco bene, forse anche meglio di quanto tu conosci te stessa. So qual è il problema: tu non riesci a fidarti di loro, non completamente”
“Come potrei? Se sapessero quello che è successo mille anni fa…”
Florian si avvicinò a lei e le mise una mano su una spalla “Non credo che ti vedrebbero diversamente per quello. Sera mi ha raccontato quello che ha scoperto sul loro conto. Anche loro hanno sofferto parecchio e capirebbero”
“Nessuno può capire, tranne te ora” lo interruppe lei.
“Io, te ed Akane abbiamo giurato di non raccontare quello che è successo quella notte in cui il nostro viaggio è giunto al termine, ma credo che anche lei sarebbe d’accordo con me. Almeno loro dovrebbero sapere, è un rischio a cui vanno incontro”
“Non permetterei mai che una cosa del genere accada di nuovo!” Iliana si era alzata in piedi di scatto “non potrei sopportarlo”
Florian rivolse uno sguardo pieno di comprensione alla sua più cara amica “È stato doloroso per tutti noi ma sia io che Akane abbiamo fatto del nostro meglio per andare avanti. So che per te è stato peggio, ma non sopporto di vederti così. È come se fossi rimasta a mille anni fa e non mi sto riferendo all’effetto della maledizione”
“Florian…” la donna stava cercando di trattenere le lacrime con tutte le sue forze ma una riuscì a sfuggire al suo controllo e venne catturata da un pollice dello spirito.
“So che è difficile ma prova a fidarti di loro, veramente, come ti fidi di me e come ti sei fidata di Akane… ed Artorius” sentire quel nome pronunciato dopo tanto tempo fece uno strano effetto ad entrambi “Procedi per gradi, vedi come reagiscono e regolati di conseguenza. Almeno provaci, fallo per me. Io non sarò per sempre qui con te…”
“Non dirlo neanche…!”
“È un dato di fatto Ilia” il tono di voce di Florian era calmo. Sembrava che niente potesse turbarlo.
“Ora che ti ho detto quello che volevo, che ne dici ora di andare dove sono tutti quanti?”
“Vuoi fare un altro tentativo?” la donna si asciugò gli occhi e sorrise, anche se flebilmente.
“Non sono uno che si arrende facilmente. Allora, cosa farai?” Florian aspettava una sua risposta.
“Non mi ricordo neanche quando è stata l’ultima volta che ho ballato”
L’amico lo prese come un segno positivo e le offrì il braccio.
La maga, lentamente, accettò l’offerta e insieme, a braccetto, si recarono dove si stavano svolgendo i festeggiamenti.
 
Il mattino seguente Sandir si svegliò, per la prima volta dopo tanto tempo, contento. La festa della sera precedente era stata proprio quello che ci voleva per rimetterlo veramente in sesto. Aveva mangiato, riso e ballato in compagnia degli spiriti, nessuno turbato dalla sua presenza. Aveva avuto modo di conoscere meglio Zola ed Eban, che gli avevano presentato il resto del loro gruppo di amici amanti degli scherzi, e doveva ammettere che gli erano veramente simpatici.
Ad un certo punto, con suo stupore, persino re Florian e Iliana li avevano raggiunti alla festa ed il re era pure riuscito a convincere la donna a ballare con lui.
I festeggiamenti si erano protratti per buona parte della notte e, anche se era assorto nelle danze e le chiacchere, si era accorto che a un certo punto il re aveva richiamato l’attenzione di Sera e poco dopo non li aveva più visti in giro.
Il resto non lo ricordava poi molto, era ancora intontito, ma non poteva rimanere a letto. Una cosa che ricordava era che durante la festa Iliana gli aveva detto di prepararsi per la partenza, Leon era già stato informato.
Così, seppur a malincuore, radunò le sue cose e, una volta pronto, uscì per l’ultima volta dalla sua stanza. Gli sarebbe mancata, come Idyll ed i suoi abitanti del resto.
Iliana gli aveva detto che avrebbero mangiato strada facendo e di presentarsi all’ingresso del palazzo; una volta giunto lì trovò Leon ad aspettarlo in compagnia della donna.
“Buongiorno. Dormito bene?” Leon, sempre cordiale, a differenza di lui sembrava in piena forma, come se non avesse festeggiato per buona parte della notte.
“Buongiorno anche a te. Sì, dormito bene” salutò anche la maga che gli rispose con un cenno del capo.
Stavano aspettando solo che re Florian gli consegnasse il frammento e poi sarebbero ripartiti verso la Resistenza. Sperava che Sera venisse a salutarli, in fondo gli sarebbe mancata.
Sentì dei passi e diresse lo sguardo in direzione del rumore: sulla cima della scalinata comparve una ragazza, la cosa strana era il fatto che fosse umana.
Mentre lei era intenta a scendere le scale poté osservarla per bene: aveva i capelli rosso fuoco e la pelle chiara leggermente arrossata, non era alta ed indossava un abito verde, degli stivali neri adatti a camminare per un lungo periodo di tempo e una sacca sulle spalle. Quando fu abbastanza vicina notò che i suoi occhi erano del colore dell’ambra, non comune ma presente fra gli umani.
Per qualche ragione la ragazza gli parve familiare.
“Siete già tutti pronti. Non sono in ritardo, vero?” chiese lei, anche la sua voce era familiare.
“Non ti preoccupare, anche Sandir è appena arrivato e stiamo ancora aspettando il re” le si rivolse Leon, come se la conoscesse.
“Leon, chi è lei?” gli chiese.
La ragazza si voltò verso Sandir “Non dirmi che non mi hai riconosciuta. Sono io, Sera”
Effettivamente gli era sembrato che la ragazza davanti a lui assomigliasse a Sera ma lei era uno spirito, quindi aveva escluso la possibilità.
“Ma come?” biascicò lui.
“Intendi come mai sembro umana? Oh caspita, forse non ti ho detto che noi spiriti nel tempo abbiamo appreso la facoltà di assumere a piacimento sembianze molto simili a quelle umane, così da passare inosservati all’occhio non attento. Allora, che ne dici?” Sera girò rapidamente su se stessa “per gli occhi non riesco a fare di meglio”
“Va bene così Sera” si intromise la maga.
“Mi potete spiegare come mai Sera ha assunto questa forma e perché nessuno mi dice niente?” Sandir voleva una spiegazione, era stufo di sapere le cose sempre dopo gli altri.
Fu Leon ad intervenire “Ieri re Florian mi ha chiesto se era possibile portare con noi anche Sera, come rappresentante degli spiriti, e dopo aver consultato la Resistenza ho accettato. Per quanto riguarda il non avertelo detto…”
“… volevo che fosse una sorpresa. Adoro le sorprese!” concluse Sera per il cavaliere.
“Ci siete tutti” disse all’improvviso la voce del re, che li aveva raggiunti mentre erano distratti. Tra le mani stringeva il frammento a cui aveva aggiunto una sorta di catenina fatta di legno. Si avvicinò al gruppo e mise la catenina al collo di Sera. La guardò, aprì la bocca per parlare, quando le porte del palazzo si spalancarono violentemente.
Ad aprirle erano stati Zola ed Eban, visibilmente scossi e dal fiato corto.
“Cosa sta succedendo?” chiese il re, preoccupato.
Zola fu la prima a riprendersi “Gli adepti di Umbra. Sono qui!”
 

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Capitolo 15
*** 15 ***


15
 
Sera era forte. La sera precedente il suo padre adottivo aveva chiesto di parlarle. Aveva una cosa importante da dirle e lei lo aveva ascoltato.
Le aveva chiesto una cosa molto importante, non solo per la sua gente ma per tutti quelli che popolavano il loro mondo: assicurarsi che il Talismano di Sol venisse riformato.
Per Sera era un grande onore considerando che la persona che glielo aveva chiesto aveva compiuto quella stessa missione mille anni prima, ma sapeva anche che quella richiesta nascondeva un secondo fine. Sapeva che le possibilità che la sua gente prima o poi venisse attaccata in massa dagli adepti di Umbra, da quei mostri che avevano già distrutto le vite di molti di loro, erano alte e che l’arrivo delle persone inviate dalla Resistenza non faceva altro che aumentare il rischio che correvano. Aveva capito che Florian voleva fare in modo che lei fosse lontana da Idyll in caso di attacco e in quel momento, solo guardandolo, si era resa conto che non avrebbe sopportato un’altra perdita, ma anche che non si sarebbe opposto se lei gli avesse detto che voleva restare.
Per lei prendere la decisione di partire era stata molto difficile: una parte di lei voleva acconsentire alla richiesta ma allo stesso tempo non poteva sopportare l’idea di lasciare Florian, specialmente con la possibilità di un attacco; ma alla fine aveva vinto il re.
Aveva acconsentito alla sua richiesta, anche se la faceva star male. Ad incidere fortemente sulla sua decisione era stato pensare a cosa avevano fatto i suoi genitori in passato. L’avevano protetta e Florian, che l’aveva presa con sé e la considerava come una figlia, non era da meno, voleva proteggerla ad ogni costo come avevano fatto i suoi genitori prima di lui.
Quindi quella notte, in cui era rimasta sveglia incapace di addormentarsi, non aveva fatto altro che ripetersi che quella era la scelta migliore, che avrebbe esaudito il desiderio del suo padre adottivo.
Era sicura di potercela fare, a meno che non fosse stata ancora ad Idyll nel momento di un  attacco.
Aveva sperato che non succedesse, altrimenti era sicura che non sarebbe riuscita a lasciare il re e tutti gli altri, ed ora si trovava lì, all’ingresso del palazzo, in piedi davanti a suo padre e consapevole di un attacco imminente.
Florian, che le aveva appoggiato le mani sulle spalle, la guardò, nei suoi occhi il riflesso dello sguardo angosciato di Sera, da cui riusciva a cogliere tutto il suo conflitto interiore.
Era un momento difficile per entrambi, consci del fatto che quello che temevano stava succedendo proprio in quel momento.
“Seraphina…” cominciò il re.
Sera si scrollò di dosso le mani che aveva sulle spalle e scosse la testa, non riusciva a guardarlo, non voleva. Forse se non lo avesse guardato negli occhi, se non avesse più visto la sua espressione preoccupata, si sarebbe svegliata da quel brutto sogno.
“Guardami, per favore…” la voce del re era quasi supplicante.
Così lei, nonostante tutto, lo guardò: quello che vide davanti a lei era uno spirito che aveva perso troppo e che non avrebbe permesso che gli portassero via un altro dei suoi cari.
Sera capì che non sarebbe stato come la sera precedente; in quel momento anche se lei si fosse opposta alla sua richiesta l’avrebbe costretta a partire comunque, a qualunque costo. Il re era come lei, anzi era ancora più determinato.
Sera era forte. Si sforzò di rivolgere un sorriso a suo padre, per quanto l’idea di lasciarlo la facesse soffrire.
“Va bene. Se è quello che vuoi lo farò. Anche se chiedermi di andare via proprio in una situazione del genere è troppo, lo farò. Ma promettimi di fare tutto il possibile per sopravvivere”
“Te lo prometto” le disse il re e mise una sua mano sopra l’altra. Dai buchi fra le sue dita si poteva intravedere una luce provenire dalle sue mani e quando le aprì scoprì un fiore dagli ampi petali rosa e dal lungo gambo verde.
Florian si avvicinò e intrecciò il fiore tra i capelli rossi di Sera.
“Questo fiore è collegato a me. Finché sta bene allora vorrà dire che anch’io lo sono. Se mi dovesse succedere qualcosa lo saprai” poi si rivolse ai due spiriti che erano venuti ad avvisarlo di ciò che stava succedendo “Zola, porta Sera e i nostri ospiti al passaggio d’emergenza, partiranno da lì. Eban, raduna tutti e assicurati che siano pronti a combattere”
“Sì, sire” risposero in coro i due. Eban uscì di corsa dal palazzo per svolgere il suo incarico mentre Zola aspettò che il gruppo fosse pronto a partire.
Sera abbracciò forte il re, lottava contro le lacrime. Poi venne il turno di Iliana, che era rimasta in silenzio per tutto quel tempo con i suoi compagni.
Anche lei abbracciò il suo migliore amico “Mi raccomando, sii prudente”
Il re quasi si mise a ridere “Senti da che pulpito. Sbaglio o anche mille anni fa ero io quello più prudente tra tutti e quattro”
“Era facile tenendo conto delle persone con cui stavi viaggiando. E ricorda, hai un solo tentativo”
“Lo so. Sii prudente anche tu” Il loro scambio di parole era inteso solo per loro, nessuna delle altre persone presenti riuscì a sentire di cosa stavano parlando.
Una volta che anche Leon e Sandir ebbero salutato velocemente il re, i quattro raggiunsero  Zola. Sera si voltò per guardare un’ultima volta suo padre, che le sorrise cercando di nasconderle quello che stava provando, ma inutilmente, e poi affrettò il passo.
Zola li condusse attraverso i corridoi del palazzo fino a raggiungerne uno che conduceva ad un apparente vicolo cieco. Zola poggiò le mani sul muro di rami intrecciati e quello si aprì lasciando libero il passaggio attraverso un corridoio sotterraneo.
“Seguite il corridoio e alla fine sbucherete all’interno della foresta. Questa è la via più rapida per arrivare lì. Non posso fare altro per voi” disse Zola, poi abbracciò Sera “Che Sol vi protegga” e poi sparì, probabilmente per ricongiungersi ai suoi amici, pronti a combattere.
“Non perdiamo tempo. Andiamo” disse Iliana che fu la prima a scendere attraverso il passaggio. Leon la seguì subito dopo mentre Sandir aspettò che Sera si decidesse a seguirli.
 
Re Florian era preparato a un possibile attacco degli adepti di Umbra, lo era da cinquant’anni. Da quando loro erano diventati una minaccia per il suo popolo non aveva fatto altro che pensare che lo scontro di quel giorno sarebbe stato inevitabile. Per questo aveva adottato, grazie alla complicità dei maghi della Torre, alleati degli spiriti e della Resistenza, delle contromisure adatte al tipo di minaccia che gli adepti rappresentavano. Tutti gli spiriti in grado di combattere si stavano preparando al combattimento, indossando protezioni create dai maghi della Torre appositamente per uno scontro del genere e cercando di raccogliere le energie necessarie ad usare la loro magia elementale.
Tutti loro si stavano radunando al confine tra Idyll e la foresta, nella distesa d’erba e fiori dove ora si trovava un piccolo esercito di maghi oscuri. Non li stavano attaccando, sembrava che stessero aspettando che gli spiriti si radunassero. Di certo non per rendere lo scontro onesto, tutt’altro, stavano aspettavano che gli spiriti fossero numerosi per poterne catturarne in gran numero.
Il Gran Maestro degli adepti di Umbra, a comando dei suoi maghi, non metteva in dubbio la superiorità del suo piccolo esercito, anzi era convinto che sarebbe stata una vittoria facile, d'altronde erano anni che catturavano e sfruttavano gli spiriti per i loro scopi e nessuno di loro era riuscito a sfuggirgli fino a quel momento.
Avrebbe catturato una grande quantità di spiriti, avrebbe distrutto la loro casa e abbattuto il morale della Resistenza. Inoltre tutto questo non avrebbe fatto altro che generare odio e disperazione, esattamente ciò che alimentava l’Oscurità e ne avrebbe velocizzato il risveglio.
Ma una cosa non quadrava al Gran Maestro: gli spiriti erano radunati molto vicino al confine della loro città mentre era più logico pensare che per loro sarebbe stato meglio combattere il più lontano possibile da lì per dare più tempo a chi non era in grado di combattere di mettersi in salvo.
Sembrava che volessero spingerli ad avvicinarsi a loro, dalla distanza in cui si trovavano non sarebbero riusciti a colpirli con le loro magie, ma questo non voleva dire che gli adepti non avessero altri mezzi.
“Preparate i cannoni” ordinò il Gran Maestro ai suoi.
Dalle retrovie si fecero largo dei gruppi da quattro maghi ciascuno intenti a trascinare macchinari dall’aspetto di comuni cannoni, cosa che però non erano.
“Fate fuoco al mio segnale” il Gran Maestro sollevò un braccio ossuto, rendendo visibile la sua  pelle grigiastra. Dietro ad ogni cannone si trovava un mago il cui compito era quello di attivare quei macchinari. Alla vista del braccio sollevato del loro capo, essi appoggiarono le mani su degli appositi pannelli e cominciarono a riversare la loro energia all’interno dei cannoni.
All’abbassarsi del braccio dai cannoni fuoriuscirono a gran velocità dei raggi di luce dalla potenza devastante; i maghi che li avevano alimentati ora a terra completamente prosciugati delle loro forze. Erano stati progettati per distruggere qualunque cosa fosse sul loro cammino. I raggi erano ormai in prossimità degli spiriti, il Gran Maestro stava già pregustando la facile vittoria, quando essi si infransero contro un muro invisibile.
Era impossibile, non esisteva barriera tanto resistente da riuscire a fermare un attacco del genere, avrebbe richiesto una quantità di energia spropositata, che gli spiriti non si potevano permettere, per avere una qualche possibilità di vincere.
Ma le sorprese non erano finite per il grande mago oscuro perché, nei punti della barriera in cui i raggi dei cannoni si erano infranti, si stavano generando rapidamente degli accumuli di energia che si trasformarono rapidamente in raggi del tutto simili a quelli dei suoi cannoni ma stavolta diretti verso i suoi maghi.
La maggior parte dei suoi riuscì a schivare il colpo ma buona parte dei cannoni rimase distrutta dall’attacco.
La rabbia crebbe rapida nel Gran Maestro che aveva solo una spiegazione per tutto quello: Iliana.
Era l’unica in grado di un’impresa simile. Negli anni aveva avuto modo di indagare sul suo conto, sulla donna dietro la leggenda, e aveva scoperto che, fin da quando era una bambina, lei era stata considerata un prodigio nelle arti magiche e, crescendo, non aveva fatto altro che allargare il divario tra lei e gli altri maghi della sua epoca. Ma nonostante il suo talento, invidiabile anche da parte di un mago del suo calibro, nemmeno lei sarebbe stata in grado di una cosa del genere senza l’aiuto di quello che lei stessa definiva una maledizione. Ciò che l’aveva colpita, lui la considerava una benedizione. Aveva il dono di un corpo in grado di sconfiggere la morte. Se non fosse stata per quella facoltà, anche se con il suo talento e forza naturale sarebbe riuscita a generare una barriera di quel calibro da sola, lo sforzo l’avrebbe uccisa quasi sul colpo rendendo vani i suoi sforzi.
Non poteva farsi battere da lei, non dopo tutto quello che aveva dovuto fare per trovarsi nella posizione di comando in cui si trovava. Utilizzò un incantesimo per rendere visibile la barriera ai suoi occhi; se aveva un punto debole lo avrebbe trovato.
Un ghigno si fece strada rapido sul suo volto.
“Voi tre” si rivolse a tre dei suoi maghi nelle sue vicinanze “andate nella foresta”
“Ma signore, per quale motivo?” domandò uno dei tre.
“Osservate la barriera. Notate qualcosa?”
I tre obbedirono e i loro volti si illuminarono.
“Come avrete notato la barriera si sta facendo lentamente più sottile, questo vuol dire che chi la sta generando o sta esaurendo le forze, ma sono sicuro che di questo non si tratta, o si sta progressivamente allontanando da essa, rendendo il suo mantenimento più difficile e quella persona è di sicuro quella che cerchiamo. Gli spiriti devono avere qualche passaggio sotterraneo come via di fuga e l’unico posto dove è possibile far perdere le proprie tracce e dove deve portare il passaggio è di sicuro la foresta. È lì che quella donna si trova per forza. Non può scappare assolutamente. Trovate Iliana e portatela al mio cospetto!”
I tre si inchinarono al loro capo per poi andare ad eseguire l’ordine.
Ora doveva solo aspettare e per gli spiriti sarebbe stata la fine.
 
Iliana si resse al tronco di un albero nella foresta degli spiriti, l’attacco degli adepti alla sua barriera l’aveva provata.
“Iliana, stai bene?” le chiese Sandir. Era visibilmente preoccupato, la tensione per la situazione in cui si trovavano stava avendo effetto su di lui.
“Non è niente” lo rassicurò e si rimise in piedi.
Sera era in testa al gruppo e li stava guidando attraverso la foresta; conosceva quel luogo meglio dei suoi compagni e poteva portarli fuori di lì nel minor tempo possibile.
La maga sperava solo di riuscire a proteggere gli spiriti ancora per un po’. Per ogni passo che faceva la barriera diventava sempre più difficile da mantenere. Era la prima volta che era contenta di essere maledetta. Finalmente le era tornato utile a qualcosa.
D’un tratto sentì un rumore di foglie smosse e davanti al gruppo comparvero tre uomini,  indubbiamente degli adepti.
Leon sguainò la spada e lo stesso fece Sandir ma anche se i due erano armati non erano preparati allo scontro con quei maghi. In due riuscirono a fermare l’avanzata solo di uno di loro, con cui ingaggiarono un combattimento. Un altro si diresse verso Sera che, infuriata, gridò e si preparò a proteggere il frammento che portava con sé. Lanciò delle palle di fuoco in direzione del mago ma fu inutile poiché l’uomo schivò abilmente i suoi attacchi per poi lanciarle contro, una volta che fu abbastanza vicino, un oggetto dalla forma del tutto simile ad un ragno, che si artigliò al bracciò destro della ragazza. Iliana sapeva cos’era, era un oggetto magico a corto raggio in grado di influire sull’utilizzo della magia della persona a cui si attaccava. Ma quell’oggetto in particolare che si trovava ora sulla giovane aveva un effetto superiore alle aspettative. Sera era letteralmente crollata a terra senza forze. L’oggetto doveva essere stato modificato apposta per rendere gli spiriti inerti e non solo per bloccarne la magia. Dalla furia Sera passò al puro terrore, glielo si leggeva in volto. L’unica cosa che poteva fare era trascinarsi a terra e arretrare; Leon e Sandir purtroppo erano ancora impegnati a combattere con il loro avversario.
Iliana invece era occupata a fronteggiare il terzo mago che le lanciò contro dei cristalli di ghiaccio e un oggetto uguale a quello che aveva colpito Sera. Iliana schivò i colpi e si avvicinò all’uomo, cercava di risparmiare le forze per la barriera e per un incantesimo ravvicinato a basso consumo di energia, ma quando gli fu vicino l’uomo sorrise. La donna sentì un dolore al suo braccio sinistro e una volta spostato lo sguardo su di esso vide una sorta di ragno meccanico conficcato sulla sua pelle. Il mago ne aveva più di uno con sé.
“Iliana! Sera!” era stato Sandir ad urlare. Lui e Leon avevano sconfitto il loro avversario che giaceva a terra. Leon aveva raggiunto fulmineo il mago che stava attaccando Sera mentre Sandir stava correndo verso la maga. Era troppo lontano, non sarebbe riuscito ad intervenire in tempo, lo si leggeva dal suo volto.
Iliana agì. Il mago, distratto dalla voce del ragazzo e che un attimo prima pensava di aver vinto ora aveva un’espressione stupita nel volto. Una macchia di sangue si allargò sulla sua tunica all’altezza del cuore, nel punto in cui la maga aveva conficcato un pugnale. L’uomo, appena la donna estrasse il pugnale dal suo petto, cadde a terra senza vita.
Incurante del dolore Iliana utilizzò la lama per staccare il ragno meccanico dal suo braccio, portando con esso anche la pelle e parte della carne del punto in cui si era attaccato. La ferita si richiuse immediatamente.
Poi, senza perdere nemmeno un secondo, si mosse silenziosa fino a dove Leon stava combattendo contro l’unico mago rimasto, che non si rese neanche conto di ciò che successe. Iliana gli tagliò la gola.
Leon e Sandir rimasero entrambi immobili, senza parole.
“Beh, che c’è? Non avrete mica pensato che fossi solo capace di usare la magia per difendermi?” si rivolse a loro la maga che ora era intenta a staccare, in maniera decisamente più delicata rispetto a prima, il ragno sul braccio di Sera, che lentamente si stava riprendendo.
Quando la ragazza fu in grado di camminare ripresero il cammino, Iliana con uno sguardo torvo sul viso. Quando il ragno si era attaccato al suo braccio aveva perso il controllo sulla barriera ed ora era troppo lontana per riuscire a ricrearne una in grado di resistere agli adepti.
Scusami Florian. Non posso fare di più pensò.
 
La barriera che proteggeva gli spiriti lentamente si dissolse.
“Grazie di tutto, amica mia” disse Florian “Ora tocca a me”
Dal lato opposto poteva vedere che i suoi avversari erano intenti a caricare i cannoni che avevano ancora a disposizione. Non sarebbero riusciti a completare l’opera però.
Il re degli spiriti appoggiò le mani a terra e chiuse gli occhi.
La terra lungo tutto il campo cominciò a tremare. Nel punto in cui si trovavano i maghi il terreno cominciò a spaccarsi e dalle crepe fuoriuscirono dei rami che si intrecciarono ai cannoni restanti e, con una stretta devastante, li ridussero a pezzi, rendendoli completamente inutilizzabili.
I maghi oscuri purtroppo erano quasi del tutto illesi, avevano usato un incantesimo di levitazione per togliersi dalla zona pericolosa. Ma il re aveva reso chiaro che gli spiriti non si sarebbero arresi senza combattere. Avevano ancora a disposizione la barriera di Idyll e dovevano assicurarsi che tutti coloro che non erano in grado di combattere raggiungessero i luoghi sicuri stabiliti in caso di emergenza. Non li avrebbero lasciati passare.
Entrambi gli schieramenti si mossero all’unisono, l’uno verso l’altro. Quando furono abbastanza vicini fra loro, fasci di luce, fiamme e ghiaccio vennero scagliati da entrambi i lati.
Gli spiriti schivavano gli attacchi dei maghi e i loro oggetti malefici in grado di metterli fuori gioco e attaccavano con tutte le loro forze; combattevano motivati dai loro compagni, fratelli, genitori, figli, caduti nelle grinfie di quei mostri. I maghi, dal canto loro, non erano avversari facili da sconfiggere.
Per quanto riguardava il re, lui aveva un obiettivo in particolare. E finalmente, dopo cinquant’anni di attesa per quel confronto, lo vide. Era proprio davanti a lui, l’uomo che gli aveva portato via ciò che aveva di più prezioso, il Gran Maestro degli adepti di Umbra. Stringeva nella mano destra un bastone metallico e particolarmente appuntito alle estremità, arma in grado di canalizzare la magia e, Florian ne era consapevole, uccidere uno spirito.
“Darcel” disse Florian rivolto al Gran Maestro.
“Finalmente ci rincontriamo, re Florian. Non ci vediamo da quando ho ucciso tua moglie”
“Maledetto!” Florian stava per attaccare il suo più acerrimo nemico quando l’uomo lo fermò.
“Ma che scortese. Ed io che ti ho pure portato un regalo”
Darcel stava stringendo qualcosa nella mano non occupata dal bastone e lentamente la aprì per mostrare cosa nascondeva.
Se prima sul volto di Florian si poteva vedere tutta la rabbia che covava nei confronti di quell’uomo ora si era fatta strada l’agonia. Darcel rise di gusto.
Nella sua mano sinistra, ora in bella vista, si trovava una gemma azzurrina grande quanto un pugno ma Florian la riconobbe per quello che era veramente.
“Lin” disse il re con voce strozzata.
“È stata il mio primo successo quando ho ideato la mia invenzione più brillante. Avrei potuto utilizzarla fino ad esaurire la sua forza ma l’ho conservata fino ad ora per ricordo. Non sei contento di rivederla?”
“Pagherai per quello che hai fatto”
“Davvero? Tu invece dimmi come ci si sente ad essere attaccati da ciò che ti è più prezioso!” Darcel sollevò la gemma e attinse al suo potere. Enormi cristalli di ghiaccio presero forma sopra la testa del mago, pronto a scagliarli contro Florian.
Il re ritornò con la mente al giorno in cui Lin aveva accettato di sposarlo.
Promettimi che qualunque cosa succeda, anche se la mia vita sarà in pericolo, la salvezza della nostra gente verrà sempre prima. Che li proteggerai sempre. Era stata la richiesta di Lin, sempre pronta a proteggere gli altri senza pensare a sé stessa. Ma era proprio per la sua nobiltà d’animo che si era innamorato di lei.
“Mi dispiace Lin. Non sono riuscito a proteggerti. Non sono riuscito a proteggere tutti noi. Ma io, tutti noi spiriti insieme, combatteremo per fermare chi ci ha fatto soffrire in questo modo, per impedire che accada ancora. Non fallirò, non più” promise il re deciso, gli occhi sulla gemma.
“Staremo a vedere” disse Darcel e scagliò i cristalli contro Florian.
 
Entrambi gli schieramenti stavano subendo perdite: gli adepti che riuscivano a rendere inerte uno spirito, subito si allontanavano con esso per consegnarlo a chi fra loro si occupava del trasporto degli spiriti catturati. Invece gli spiriti, decisamente più motivati a vincere anche per tutti coloro che erano caduti a causa dagli adepti, man mano che lo scontro avanzava, stavano lentamente guadagnando terreno e sfoltendo la quantità di maghi oscuri più di quanto essi stessero facendo con gli spiriti.
Nonostante avessero l’ordine di catturare gli spiriti, per gli adepti l’incarico stava diventando sempre più complicato. Gli fu presto chiaro che gli spiriti avevano intenzione di far sì che quello fosse uno scontro decisivo, volevano annientarli. Avevano sottovalutato quelle creature a causa della loro natura pacifica ma anche la loro pazienza aveva un limite.
Così più passava il tempo dello scontro più i maghi oscuri si stavano facendo prendere dalla paura umana di morire sotto i colpi degli avversari. Non erano più nello stato mentale necessario per riuscire ad eseguire l’ordine così, quelli di loro che avevano con sé armi in grado di colpire ed eliminare avversari ostici come gli spiriti, senza le quali non sarebbero riusciti a danneggiarli facilmente a causa della loro facoltà di cambiare forma, cominciarono ad attaccare con l’intento di uccidere e non catturare.
Con quelle armi erano in grado di danneggiare anche spiriti che avevano assunto consistenze incorporee come le fiamme. Ormai la maggior parte degli adepti, poco lucidi, non si curava più dell’ordine; erano consapevoli che scappare non era un’opzione o il loro Gran Maestro avrebbe avuto la loro testa. Anche se avessero provato a catturare qualche spirito, ora la paura di venire uccisi mentre erano impegnati a trascinare via una possibile cattura offuscava  il loro giudizio. Quindi, vedendola come unica soluzione per salvarsi, molti optarono per l’uccisione dei loro avversari.
Questa decisione sembrò riequilibrare le forze in campo ma gli spiriti erano determinati.
Mentre la battaglia imperversava tra adepti e spiriti, i capi di entrambi gli schieramenti erano impegnati in un combattimento uno contro uno. Nessuno osava mettersi in mezzo tra i due.
Darcel poteva contare sulla sua abilità con la magia, le protezioni dagli attacchi magici e fisici  che indossava nascosti sotto il mantello, e le sue armi. Contava di non dover usare il bastone per uccidere, aveva tutta l’intenzione di catturare e sfruttare il re degli spiriti, la cui forza era immensa; era il più forte fra tutti gli spiriti che aveva avuto modo di affrontare. Ma per quanto riguardava la gemma, il discorso era completamente diverso: aveva intenzione di sfruttare la sua energia fino a consumarla del tutto, vedere la sofferenza sul volto del re, il dolore che avrebbe provato quando non sarebbe rimasta nessuna traccia della persona che amava. Questo era il genere di cose che adorava di più al mondo.
Il re combatteva senza sosta o indugio, sembrava che la sua forza non potesse esaurirsi. Nonostante Darcel avesse tutte le intenzioni di farlo soffrire lui non si sarebbe arreso, doveva fermarlo, lo doveva fare anche per la promessa fatta a Lin.
Si rispondevano colpo su colpo: se Florian faceva tremare la terra, Darcel si sollevava in aria, se Darcel attaccava con la gemma o con qualche incantesimo, Florian sollevava rocce dal terreno come scudo o grandi quantità di rovi per difendersi e attaccare.
Nessuno dei due sembrava voler cedere, Darcel stava cominciando a stancarsi. Aveva anche notato quello che stava succedendo tra i due schieramenti: i suoi uomini stavano perdendo terreno e, se non avesse fatto qualcosa per cambiare la situazione, sarebbero stati sopraffatti.
“I tuoi uomini sono in difficoltà Darcel” anche Florian lo aveva notato.
“Non è un problema. Quando ti avrò sconfitto la tua cara gente perderà il suo re e la fiducia in una vittoria e per i miei maghi sarà il momento della rimonta” Darcel cominciò a raccogliere le energie necessarie ad un attacco di grande potenza, abbastanza da rendere inoffensivo il re degli spiriti. Una magia oscura che gli avrebbe garantito la vittoria, ne era sicuro.
“Facciamola finita. Questo sarà l’epilogo del nostro scontro Florian. Preparati a soccombere!”
Darcel era pronto per scagliare il suo attacco, aveva convogliato l’energia necessaria nel suo bastone, che avrebbe ulteriormente potenziato la forza della sua magia.
Il bastone ora era avvolto da una luce sinistra, Florian sapeva di dover tentare di evitare quell’attacco o per lo meno bloccarne parte della potenza. Aveva preso in considerazione il fatto che se avesse schivato il colpo, quello avrebbe colpito comunque quello che ora era diventato un campo di battaglia e ferito o ucciso spiriti e adepti indifferentemente, cosa che non sembrava preoccupare il suo avversario, che probabilmente puntava sulla sua decisione di bloccare il colpo.
Aveva deciso: avrebbe bloccato il colpo a qualunque costo. Darcel sorrise sotto il cappuccio, tutto stava andando come aveva previsto.
Il mago scagliò la sua magia, Florian generò rovi e rocce in gran quantità tra lui e il mago come scudo, inoltre si chiuse all’interno di una parete circolare di roccia circondato da ulteriori rami a proteggerlo, ma una volta a contatto con la magia oscura le rocce si sgretolarono e i rovi avvizzirono. Tuttavia parte della potenza dell’incantesimo venne così assorbita dagli scudi naturali di Florian, riducendone la forza.
Lo scontro tra le due forze generò un rumore assordante che si propagò per tutto il campo, fino a raggiungere da un lato la città e dall’altro la foresta.
Entrambi gli schieramenti si fermarono. Tutti in attesa dell’esito dell’attacco.
Delle difese di Florian non era rimasto niente. Nel punto in cui il re doveva trovarsi c’erano solo dei rovi avvizziti a circondare quella che ora era roccia sgretolata.
Nessuno parlava, tutti troppo concentrati su quello che gli stava davanti. Sembrava che Darcel avesse vinto. L’attacco lo aveva prosciugato di quasi tutte le sue forze, si reggeva grazie al bastone e intanto riprendeva il fiato con il quale avrebbe ordinato ai suoi di catturare il re. Quando gli spiriti avrebbero visto lo stato in cui era ridotto si sarebbero fatti prendere dalla disperazione e avrebbe ottenuto tutto ciò che voleva da quella battaglia.
Lentamente si avvicinò al punto in cui doveva trovarsi Florian e dischiuse le labbra per dare il suo ordine.
I frammenti di roccia e i rovi si mossero. Seppur provato, Florian saltò rapidamente fuori da quello che era stato il suo scudo e corse rapido verso il Gran Maestro, che non aveva più energia sufficiente per proteggersi con la magia.
Aveva ancora la gemma però, che conteneva energia sufficiente per fermare il re che era troppo provato per schivare l’attacco.
Darcel si preparò ad usarla, avrebbe vinto comunque…
La gemma era inerte. Non era mai successo prima ma era come se si stesse rifiutando di obbedire al suo comando. Dopo tanto tempo Darcel aveva paura di perdere, Florian era quasi di fronte a lui, sarebbe morto. Lo spirito era pronto ad attaccarlo ormai.
No, si rifiutava di morire così…
Adepti e spiriti videro re Florian di fronte al Gran Maestro. Per qualche motivo si era fermato all’improvviso ma fu ben presto chiaro il perché.
“Avrei voluto catturarti e sfruttare il tuo potere ma ti sei rivelato un avversario più ostico di quanto pensassi, Florian. Non mi hai lasciato altra scelta” a parlare era stato Darcel, solo Florian era abbastanza vicino da sentire le sue parole, il bastone metallico ora passava da parte a parte lo spirito.
Florian sapeva che per lui era finita, quel bastone era stato creato per uccidere gli spiriti ma, per lo stupore di Darcel, sorrise.
“Per me è finita ma tu verrai con me” dalla manica ancora intatta della sua camicia tirò fuori una lama e mosse il braccio in un arco.
Dalla bocca di Darcel si levò un grido di dolore: la lama lo aveva ferito al volto, facendo cadere il cappuccio all’indietro a scoprire il capo grinzoso a causa delle magie oscure che lui stesso praticava, rendendolo visibile a tutti. Era stato colpito all’altezza dell’occhio sinistro e sanguinava copiosamente ma il dolore che provava si stava diffondendo in tutto il suo corpo. Non era una lama qualunque. Uno dei suoi maghi più fidati accorse al suo fianco per soccorrerlo e, resosi conto delle condizioni in cui il Gran Maestro versava, ordinò la ritirata e scomparve portandolo con sé.
Florian perse la presa sulla lama che cadde a terra e si ruppe. Si era ricordato delle parole di Ilia, aveva un solo tentativo per usare ciò a cui avevano lavorato e lui aveva colto l’unica occasione possibile.
Cadde in ginocchio e con le poche forze rimaste estrasse il bastone.
Da dove si trovava poteva vedere che gli adepti, i pochi rimasti, si stavano ritirando e che parte dei suoi spiriti stava cercando di bloccarne qualcuno, probabilmente per ricavare informazioni, l’altra parte invece era ancora bloccata sul posto, paralizzata dall’accaduto.
A terra, accanto a lui, scorse un luccichio. Era la gemma di Lin; Darcel doveva averla fatta cadere, in preda al dolore.
La prese fra le mani, era tutto ciò che rimaneva di lei. Pensò che, anche se era la fine per lui,  almeno aveva fatto tutto ciò che poteva per realizzare la richiesta di Lin e se ne sarebbe andato guardando ciò che aveva di più vicino a lei.
Sera si sarebbe arrabbiata con lui invece: alla fine non era stato prudente, aveva scelto di fare tutto quello che poteva per fermare Darcel con quell’ultimo attacco frontale, e questo gli stava costando la vita. Se solo avesse avuto forza sufficiente per attaccarlo a distanza forse sarebbe andata diversamente. D’altra parte era sicuro che Ilia lo avrebbe capito.
La vista gli si stava annebbiando, l’unica cosa che riusciva a distinguere bene ora era la gemma che aveva tra le mani. Pensò a quanto avrebbe voluto rivedere Lin, almeno un’ultima volta.
La gemma improvvisamente si incrinò e infine si ruppe.
Florian non sapeva se fosse a causa delle condizioni in cui si trovava o per altro ma la vide, proprio davanti a lui, esattamente come la ricordava, Lin. Gli sorrise dolce, gli accarezzò il volto con una mano e mosse le labbra senza far uscire alcun suono ma Florian aveva capito cosa voleva dirgli. Grazie.
La gemma, in pezzi, lentamente cominciò a dissolversi in minuscoli frammenti mossi dal vento, sembravano quasi delle gocce d’acqua.
L’immagine di Lin fu l’ultima cosa che vide prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta, il sorriso sulle labbra.
 
Era da quando Sera aveva udito quel rumore assordante provenire dal campo in cui i suoi amici stavano combattendo che l’ansia che già la stava attanagliando non aveva fatto altro che aumentare. Aveva continuato a fare strada agli altri ma aveva un brutto presentimento, come se stesse succedendo qualcosa di brutto.
Ad un certo punto l’ansia ebbe la meglio e si fermò.
“Basta, non ce la faccio. Io torno indietro” si girò e superò i suoi compagni velocemente.
Sandir si mosse per fermarla, era troppo pericoloso, ma non fu necessario.
Sera si era bloccata di colpo, apparentemente senza motivo, così fece qualche passo cauto verso di lei e capì.
Il fiore che fino ad un attimo prima si trovava fra i capelli della ragazza ora si trovava fra le sue mani messe a coppa e stava lentamente appassendo.
Doveva essere scivolato dai suoi capelli per quello e Sera aveva arrestato la sua caduta. Lei era immobile, in silenzio, e non staccava gli occhi dal fiore. Sembrava essere diventata una statua.
Sandir fece per parlare ma Iliana lo bloccò, appoggiandogli una mano sulla spalla e scuotendo la testa. Pareva scossa, anche se cercava di non mostrarlo.
Del fiore ormai rimaneva ben poco, ben presto sarebbe diventato polvere.
D’un tratto Sera sollevò il capo verso l’alto e, come era usanza della sua gente quando la vita di uno spirito giungeva al termine, cominciò a cantare. Era una melodia dolce e delicata.
Anche se Sera non poteva sentirla nel campo di fiori, che fino a poco prima si era trasformato in un campo di battaglia, la sua gente stava intonando la stessa melodia per onorare i caduti della battaglia, radunati intorno al punto in cui fino a poco prima si trovava il loro re.
Proprio in quel luogo, nel centro esatto del campo, ora si trovava un gigantesco e maestoso albero dalla folta chioma di foglie verdi e adornato da bellissimi fiori. Proprio sulle sue foglie, se si osservava bene, si potevano vedere delle luccicanti gocce di rugiada.
Solo quando Sera ebbe finito di cantare, si permise di piangere.



Salve a tutti,
Scusate se mi ci è voluto tanto ma ecco il capitolo, che è leggermente più lungo del solito ma non volevo dividerlo in due parti, per non spezzarne il ritmo.
Il capitolo, come avrete notato, è particolarmente triste.  
Nel prossimo invece si torna alla Anthemis di qualche anno prima.
Al prossimo capitolo. 

 

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Capitolo 16
*** 16 ***


16
 
sette anni prima
 
Gli ultimi nove anni erano passati in fretta per Iliana. Prendersi cura dell’unico erede di Anthemis si era rivelata la cosa migliore che le fosse capitata da molti, moltissimi anni.
Lucien si era rivelato un allievo entusiasta e brillante. Era come una spugna che assorbiva tutto quello che lei gli insegnava.
Dopo l’opposizione iniziale della regina Isadora, Iliana aveva avuto l’idea di integrare nel programma di istruzione del principe delle lezioni di difesa contro la magia, a cui aveva aggiunto delle lezioni sull’uso delle armi da parte di un istruttore approvato dai genitori di Lucien, cosa che aveva contribuito alla tolleranza della sua presenza da parte della regina.
Ormai il giovane principe aveva ottenuto una buona padronanza nell’uso della spada e stava facendo rapidi progressi con la lancia per la gioia di sua madre.
Lucien aveva rivelato alla sua tutrice, la sua migliore amica e confidente da quando si erano conosciuti, che le lezioni del maestro d’armi, e la violenza in generale, non gli piacevano. Non sopportava vedere la gente soffrire e non tollerava quando qualcuno faceva del male volutamente ad un’altra persona. In fondo anche lui stesso era stato oggetto di attentati alla sua vita e proprio per questo la trovava una cosa senza senso.
Iliana gli aveva fatto notare che nel mondo in cui vivevano non tutti la pensavano come lui e che alcune persone erano disposte a tutto pur di ottenere ciò che volevano e quindi era importante sapersi difendere, ma il principe era una sognatore.
“Non sarebbe bello se tutti fossero felici? Nessuno farebbe ricorso alla violenza. È il tipo di società che voglio costruire quando sarò re” Quando Lucien parlava del suo sogno di solito la maga si limitava a scompigliargli i capelli biondi e a dirgli “Forse un giorno ci riuscirai, chissà?” e lui le sorrideva.
Stava anche diventando bravo a difendersi dagli attacchi magici senza l’aiuto di artefatti fatti apposta per quello.
“Non sai mai quando potresti essere attaccato da un utilizzatore della magia, devi essere pronto a tutto” era ciò che il principe si era abituato a sentirsi dire dalla sua tutrice durante le lezioni. Era un’insegnante particolarmente severa, sia quando si trattava di stare davanti ai libri, sia quando doveva ingegnarsi per confrontarsi con i suoi attacchi magici.
Più il tempo passava e più cose Lucien scopriva sulla sua tutrice. Lei non era il tipo che si apriva con gli altri ma in qualche modo lui era riuscito a fare breccia nelle sue difese.
Certo, non gli raccontava tutto, ma fin da quando era ancora piccolo era riuscito a far sì che la donna gli raccontasse alcune delle vicende accadute durante il viaggio per recuperare i frammenti del Talismano. Erano le sue storie preferite: quando ancora era nell’età in cui si faceva raccontare delle storie per addormentarsi, quelle erano le più richieste, anche se era sicuro che Iliana evitasse di raccontargli i particolari più cruenti e si focalizzasse sulle vicende più divertenti. Crescendo non aveva più avuto bisogno della storia della buonanotte ma di tanto in tanto, quando aveva finito di studiare, provava a chiederle del suo passato.
Le cose che gli piacevano di più di quelle storie erano che alla fine gli eroi avevano sconfitto i malvagi e che, dal modo in cui lei dipingeva i suoi compagni di viaggio nelle sue storie, si capiva quanto quel viaggio li avesse uniti.
Aveva notato una cosa però che lo infastidiva, anche se non ne aveva capito il motivo: quando Iliana parlava del cavaliere che faceva parte del gruppo si faceva particolarmente triste. All’inizio aveva pensato che fosse solo per il destino che aveva incontrato e di cui non sapeva niente in particolare. La donna infatti era stata categorica nel tenere per sé i particolari sulla morte dell’uomo e sull’origine della maledizione che l’aveva colpita. Però Lucien sapeva che anche la donna Darman del gruppo era morta per cause naturali da parecchio tempo ormai e rimaneva alla sua tutrice solo il suo vecchio amico spirito; ma quando parlava di quella donna non aveva lo stesso sguardo di quando parlava del cavaliere. Di una cosa era certo però: anche se non sapeva cosa era successo, quell’uomo, il cavaliere, in qualche modo l’aveva fatta soffrire ed era una cosa che non poteva tollerare. Per lui Iliana era la persona migliore di tutte, la persona che lo aveva scosso e salvato dalla tristezza e la solitudine. Non meritava di soffrire.
Una volta, quando aveva da poco notato la sua reazione particolare alla menzione del cavaliere, le aveva chiesto una spiegazione e lei si era limitata a rispondergli cripticamente “Forse un giorno capirai”
Nonostante fossero passati anni ancora non capiva e forse non avrebbe mai capito ma il cavaliere, ne era certo, quello che gli piaceva di meno fra i quattro eroi.
 
Quel giorno Lucien era particolarmente di buon umore: non erano previsti allenamenti o lezioni, aveva la giornata libera e sapeva con chi voleva trascorrerla. Con il passare degli anni i suoi genitori erano diventati più permissivi, visti i suoi progressi nell’uso delle armi e nello studio, e aveva avuto modo di allargare i suoi orizzonti e farsi degli amici suoi coetanei, ma lei era sempre rimasta la persona con cui preferiva passare il tempo. Quello inoltre era un giorno  speciale per lui.
Andò a bussare alla sua porta che si aprì quasi subito “Sbaglio o oggi sei libero? Perché non sei a divertirti con i tuoi amici?” gli disse Iliana.
“Avevo intenzione di recarmi al villaggio vicino e volevo chiederti se volevi venire con me. Con la carrozza andremo e torneremo nel giro di qualche ora”
Dall’espressione che la donna aveva assunto poteva già intuire la sua risposta, così sfoderò il suo vecchio asso nella manica.
“Ti prego, Ilia” aveva detto supplicante, assumendo l’espressione più adorabile che riuscisse a fare.
“Questa tattica non funziona più. Non hai più cinque anni, fare una faccina adorabile non fa più lo stesso effetto”
Lucien passò così al piano b “Sbaglio o sei tu quella che mi dice sempre di fare cose diverse per stimolare la mente e che uscire a prendere una boccata d’aria fresca fa bene alla salute? Non vorrai mica essere un cattivo esempio, vero?”
“Maledizione” la sentì mormorare piano. Aveva vinto.
Mezz’ora dopo erano già in viaggio verso il villaggio, entrambi coperti da pesanti mantelli per nascondere la loro identità. Per andare fuori dal palazzo il principe, per ordine del padre, doveva restare in incognito ed essere accompagnato da qualcuno dalle abilità adeguate in caso di attacco. Sua madre ovviamente non era contenta delle sue uscite da palazzo ma alla fine aveva acconsentito visti gli accorgimenti presi dal re.
Quelle giornate in cui era libero di fare quello che voleva erano quelle che aspettava con ansia ed era ancora più contento se poteva trascorrerle con le persone a lui più care.
Una volta giunti al villaggio, Lucien, entusiasta, cominciò a trascinare la riluttante Iliana di bancarella in bancarella, completamente assorto negli oggetti in vendita, così diversi dalle cose a cui era abituato a palazzo. Alcune bancarelle erano occupate da cibi dagli odori invitanti o da semplice frutta e verdura; altri avevano in bella mostra oggetti dai più svariati utilizzi.
Una bancarella attirò particolarmente la sua attenzione. Vendeva ornamenti dai particolari motivi, a lui non familiari.
“Vedo che è interessato alla merce, giovane signore. Ne approfitti oggi perché domani non sarò più qui. La mia è una bancarella itinerante” gli disse il mercante a cui apparteneva quella bancarella, un uomo corpulento e sorridente.
Iliana intanto si era persa a curiosare fra le bancarelle che dichiaravano di vendere oggetti magici, anche se la maggior parte non lo era affatto. Sarebbe dovuto andare a recuperarla in fretta prima che lei facesse infuriare i mercanti per tutti i clienti che gli avrebbe fatto perdere rendendo nota la truffa. Non era il caso di attirare l’attenzione ma la donna, lo aveva imparato con il tempo, per alcune cose agiva d’impulso senza pensarci su molto.
Stava per andare a riprenderla quando i suoi occhi incontrarono un ornamento per capelli.
Era semplice, niente di particolarmente elaborato, una sorta di lunga forcina con un motivo floreale e decorata da piccole gemme che luccicavano al sole. La prese in mano per osservarla meglio. Era sicuro che non fosse fatto con materiali scadenti: le gemme avevano un certo valore, lo sapeva grazie alle sue conoscenze, e anche il metallo usato era un argento di buona qualità e lavorato bene.
“Il signorino ha buon gusto. Vuole fare un regalo a una persona speciale?” la voce del mercante lo aveva colto di sorpresa, tanto da fargli perdere la presa sulla forcina che ricadde sulla bancarella.
“No, ecco…stavo solo pensando che starebbe bene ad una persona a me cara…” il mercante lo aveva messo in imbarazzo.
L’uomo si strofinò la barba con fare pensoso “Capisco. Deve essere molto affezionato a questa persona”
“È la persona migliore che conosca” rispose Lucien.
“Se è così allora ti vendo la forcina a metà prezzo”
“Non è necessario. I soldi non sono un problema” Lucien si sarebbe sentito in colpa se non avesse pagato l’oggetto a prezzo intero, con tutte le ricchezze di cui la sua famiglia disponeva.
“Insisto” il mercante aveva deciso e così, anche se attanagliato dai sensi di colpa, Lucien  accettò l’offerta e concluse in fretta la transazione, anche perché si era accorto che i mercanti che stavano avendo a che fare con la sua tutrice stavano perdendo la pazienza.
 
Poco distante dal villaggio c’era una collinetta che godeva di un bel panorama e visto che avevano ancora tempo i due ne approfittarono per rilassarsi sulla sua cima.
Non c’era nessuno nei paraggi così si permisero di abbassare i cappucci dei mantelli.
Si stavano godendo la piacevole brezza, seduti uno accanto all’altra, la maga con gli occhi chiusi mentre Lucien stringeva tra le mani, nascoste sotto il mantello, la scatolina dove il mercante aveva messo il suo acquisto.
“Come mai così nervoso? Qualcosa ti preoccupa?” la maga, nonostante avesse gli occhi chiusi, aveva capito che qualcosa non andava.
“Ecco…non so se te lo ricordi ma oggi è l’anniversario del giorno in cui ci siamo conosciuti” cominciò il principe, le mani che stringevano la scatolina stavano cominciando a sudare.
“Certo che me lo ricordo. Allora eri un bambino adorabile. Adesso invece…” lasciò la frase in sospeso.
“Aspetta. Cosa vuoi dire?” l’ansia di Lucien crebbe.
“Che ora sei un ragazzino adorabile” disse la maga ridacchiando.
“Non è proprio l’aggettivo che avrei scelto io. Adorabile va bene per i bambini, io ormai ho quattordici anni…” Lucien, a testa bassa, era un pochino demoralizzato ma ben presto sentì la mano di Iliana scompigliargli i capelli.
“Rilassati. Ti stavo solo prendendo in giro. Dovresti vedere che faccia hai fatto” ora lei stava ridendo così di gusto che anche il principe scoppiò a ridere.
“Cosa stavi cercando di dire prima?” disse la donna quando smisero entrambi di ridere.
“Stavo dicendo che oggi è l’anniversario di quando ci siamo conosciuti e, prima che tu possa controbattere, so che non ti piace quando si spendono soldi per occasioni del genere, ma significherebbe molto se tu accettassi questo da parte mia” Lucien, con un movimento fulmineo, aveva tirato fuori dal mantello la scatolina. Non era mai stato così nervoso in vita sua e non era neanche la prima volta che regalava qualcosa a qualcuno, non capiva perché stava reagendo così.
Iliana guardò la scatolina con fare incerto ma alla fine la prese e la aprì.
“Lucien, è bellissima. Non posso accettare…”
“Sì che puoi” lo sconforto stava per avere la meglio su Lucien ma aveva deciso che avrebbe insistito finché lei non avesse accettato.
“So che pensi che sia troppo ma quando ti ho conosciuta mi hai salvato dallo sconforto, pensavo che niente sarebbe cambiato ma tu mi hai dato la forza che mi serviva per riprendermi. Questo non è niente in confronto a quello che hai fatto per me, quindi ti prego, accetta questo piccolo segno della mia gratitudine”
Iliana rimase in silenzio e dopo un tempo che a Lucien parve infinito parlò “Non ho fatto niente di così speciale ma è anche vero che so bene come ci si sente ad essere isolati da piccoli. Non ho fatto altro che fare per te quello che un mio caro amico ha fatto per me, un gesto semplice ma che ha cambiato la mia vita all’epoca. Quindi…va bene, accetto il regalo”
“Evviva!” Lucien recuperò la forcina dalla scatolina e la mise fra i capelli della maga. Le stava bene addosso come aveva immaginato.
“Allora, come mi sta?” Iliana gli chiese il suo parere.
“È perfetta” il cuore di Lucien accelerò i battiti. Lo trovò strano, quella mattina stava bene.
Cercò di non pensarci e di godersi il resto della giornata.
“Ilia, mi racconteresti di nuovo di quando tu e gli altri eroi avete conosciuto Akane?”
“Di nuovo? Ma si può sapere perché ti piace così tanto?” sbuffò Iliana.
“È divertente” fu la risposta di Lucien.
“Ti assicuro che non è stato per niente divertente. Specialmente quando si è trasformata in drago”
“Da quello che mi hai detto di lei, doveva essere una persona simpatica”
“Per te sicuramente. Era l’idolo dei bambini e dei ragazzi. Avresti dovuto vedere le facce dei genitori mentre i loro bambini giocavano perfettamente a loro agio con una Darman dalle sembianze di un drago, o se lei li portava in giro svolazzando qua e là, ovviamente non così in alto da metterli in pericolo”
“Già, mi sarebbe piaciuto conoscere i tuoi amici” sospirò Lucien.
“Puoi ancora conoscere Florian”
“Mio padre non mi permetterebbe mai di fare un viaggio fino ad Idyll. E quando sarò re non avrò più molto tempo libero” sentiva già l’incombente peso della corona, la già scarsa libertà che aveva ora sarebbe giunta al termine prima o poi.
“Potrei sempre provare a chiedere a Florian di venire a trovarmi”
“Davvero?” forse c’era ancora una possibilità.
“Sì, ma solo se superi a pieni voti i prossimi dieci test”
Lucien si distese completamente a terra sospirando, abbattuto, cosa che fece ridere la donna.
Il principe chiuse gli occhi per il sole; avrebbe dato il massimo nei test.
La risata della maga si interruppe all’improvviso.
Lucien aprì gli occhi e vide che la maga era in piedi e si stava guardando freneticamente attorno. Qualcosa non andava.
“Lucien, ce ne andiamo. Ora”
Sapeva che Iliana non stava scherzando quindi cominciò a tirarsi su quando scorse un movimento improvviso con la coda dell’occhio. Qualcosa stava venendo verso di lui ad alta velocità e non sarebbe riuscito a schivarlo. Chiuse gli occhi preparandosi al dolore imminente.
Cadde a terra, no, era stato spinto a terra. Aprì subito gli occhi e vide che Iliana era sopra di lui…e aveva una freccia conficcata sulla schiena.
“Ilia…” Non capiva perché non l’avesse deviata o bloccata con la magia.
“Maledizione. la freccia era incantata” Iliana provò a muoversi ma ricadde subito fra le braccia del principe “e avvelenata”
“La prossima freccia non sbaglierà il bersaglio, principino. La tua amica non è più in grado di muoversi per il veleno ormai, tantomeno usare la magia” a parlare era stato un uomo dall’aspetto trasandato. Molto probabilmente un mercenario pagato per ucciderlo.
“Dì addio a questo mondo” l’uomo incoccò la freccia.
Anche se aveva un pugnale con sé sapeva che non avrebbe fatto in tempo, era la fine.
Una serie di spuntoni, lunghi e sottili come lame, affiorò dal terreno e trafisse l’uomo.
“Stavi dicendo a proposito della magia?” riuscì a dire Iliana, con una certa fatica.
“Non è possi…bile…” furono le ultime parole del mercenario.
Iliana chiuse gli occhi, non si muoveva.
Lucien era spaventato. Non aveva mai visto la sua tutrice ridotta in quello stato. Il veleno doveva essere tremendamente potente.
“Ilia…Ilia!” per quanto la scuotesse lei non rispondeva.
 
Lucien era tornato al castello. Aveva trasportato Iliana fino alla carrozza ed era tornato a casa il più velocemente possibile.
La donna fu subito portata nella sua stanza e visitata dal medico di corte, che comunicò al principe che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Il corpo della maga stava smaltendo da solo il veleno e presto avrebbe ripreso conoscenza. Gli disse anche che era solo per via della sua condizione se era viva; una persona normale sarebbe morta sul colpo.
Lucien sapeva bene che se non fosse stato per lei ora lui non sarebbe stato lì: l’aveva salvato, di nuovo.
Era sicuro che ora i suoi genitori gli avrebbero tolto la possibilità di allontanarsi dal castello.
Ormai era sera e, una volta deciso cosa dire ai suoi genitori per convincerli a permettergli le sue uscite occasionali, si diresse alla sala del trono dove era sicuro si trovasse ancora suo padre.
Aveva appena cominciato a spingere le porte che portavano alla sala del trono, abbastanza da sentire i suoni all’interno, quando udì la voce di sua madre.
“Non possiamo permettere che accada di nuovo. Quello che è successo è sicuramente opera di Rafflesia”
“Non ne abbiamo le prove, cara. Non posso accusare nessuno senza niente in mano” suo padre stava cercando di ragionare con la regina, come sempre ultimamente.
“È sicuramente opera loro. Sai bene quale destino hanno riservato a Dahlia e a tutti quelli che si sono opposti al suo volere. Ora siamo noi quelli nel mirino e dobbiamo reagire. In fretta. Finché siamo abbastanza potenti da sconfiggerli. Conosci meglio di me i sotterfugi a cui ricorrono per ottenere ciò che vogliono”
“La violenza non è la risposta. Se c’è veramente Rafflesia dietro all’attacco di oggi allora troverò il modo di ragionare con i suoi regnanti senza dover spargere sangue inutilmente”
“È inutile cercare di ragionare con te. Non capisci che nostro figlio, il nostro unico erede, poteva morire oggi?” la voce della regina era sempre più infuriata.
“Lo capisco benissimo. Ma non verrò meno ai principi che fondano il mio regno. Che razza di esempio sarei per lui altrimenti?” il re era calmo, almeno in apparenza.
La regina guardò torva il marito, non gliela avrebbe data vinta.
“Fa come vuoi ma non credere che me ne starò qui a guardare mentre mio figlio rischia la vita”
Detto quello che voleva , la regina si diresse verso le porte della sala, dove Lucien stava spiando la conversazione.
Preso dal panico il principe arretrò e, il più silenziosamente possibile, corse nella direzione opposta a dove si trovava la camera dei suoi genitori, dove sua madre si sarebbe sicuramente diretta.
Era talmente concentrato sull’evitare sua madre che non si accorse della persona che aveva davanti. Riuscì a rallentare abbastanza da attutire lo scontro, così da non far cadere a terra la persona che aveva urtato.
“Buona sera, principe. Siete di fretta?”
Era sicuro di non avere mai visto quell’uomo al castello prima d’ora.
La sua figura era completamente avvolta da un mantello nero tranne che per una mano ossuta e grigiastra che stringeva un bastone elaborato. Quella persona gli metteva i brividi ma si sforzò di chiedere “Voi chi siete?”
“Mi perdoni, non mi sono presentato. Il mio nome è Darcel e sono un amico di vostra madre in visita al castello”
Gli amici di sua madre diventavano ogni giorno più inquietanti, di quello era sicuro.
“Se volete scusarmi, ho un impegno che mi attende. I miei ossequi, principe Lucien. Spero di incontrarla ancora in futuro”
Lucien non poteva esserne certo ma credette che l’uomo gli avesse sorriso da sotto il cappuccio. Era decisamente inquietante e sperava che il desiderio dell’uomo non si avverasse.
Lo vide allontanarsi nella direzione che aveva preso sua madre.
Sperava che quell’uomo se ne andasse al più presto. Inoltre doveva tenere d’occhio sua madre d’ora in poi, aveva paura che la gente a cui si accompagnava non avesse nulla di buono.
 
Per quella sera era inutile tentare di parlare ai suoi genitori, se ne era reso conto velocemente. Forse avrebbe potuto ritentare fra qualche giorno.
Era nella sua stanza disteso sul letto a ripensare a quello che era successo.
Quel mercenario ci era andato vicino, se non fosse stato per Iliana…
Al pensiero delle condizioni in cui la freccia del mercenario aveva ridotto la sua migliore amica ribollì di rabbia.
Quel giorno era la prima volta che aveva desiderato fare del male ad una persona, di ucciderla. Non era da lui ma, quando aveva visto cosa quell’uomo aveva fatto, per un attimo aveva perso la lucidità.
In quel momento aveva capito che non gli importava cosa poteva succedere a lui, l’importante era che Iliana non dovesse più soffrire. Il suo cuore aveva di nuovo accelerato i battiti, forse era il caso di farsi visitare dal medico di corte.
Sentì bussare alla porta.
“Avanti” disse senza neanche curarsi di guardare chi fosse.
“Lucien” il principe scattò in posizione seduta all’istante.
“Ilia. Dovresti essere a letto a riposare!”
“Sto bene. Il mio corpo ha eliminato ogni traccia del veleno. Per fortuna quella freccia ha colpito me e non te. Quel veleno era opera di qualche mago e anche bravo, ne sono sicura. Era troppo potente per essere opera di un mercenario come quello…ehi, non ti metterai mica a piangere?”
Iliana si avvicinò velocemente al letto per sedersi vicino a dove si trovava il principe, che aveva gli occhi un po’ lucidi.
“No, sono solo sollevato di vedere che stai bene” Lo era davvero. Vide che lei portava ancora il suo regalo fra i capelli, ne era felice.
La maga, come ormai era solita fare, gli scompigliò i capelli con una mano “Lo sai che non posso morire. Di che ti preoccupi?” la maga aveva assunto un tono scherzoso, stava cercando di tirargli su il morale ma non sembrava stesse funzionando visto che Lucien continuava a  tenere il capo chino anche se lei aveva tolto la mano dalla sua testa.
“Lucien?” la donna protese lentamente un braccio verso il ragazzo, che le afferrò fulmineo il polso e la trasse a sé in un abbraccio.
“Non permetterò più a nessuno di farti del male, te lo prometto. Diventerò più forte e sarò io quello a proteggerti” la sua stretta si fece più salda. La sua voce determinata.
Iliana rimase immobile e non disse niente ma le parole del principe invece di farla sentire meglio l’avevano turbata.
 
 
 
 Salve a tutti, sono lost in books.
Per chi fosse interessato ho pubblicato una one shot collegata a questa storia. Potrebbero essercene altre in futuro e si tratterà di approfondimenti su alcuni personaggi e su alcuni eventi.
Al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 17
*** 17 ***


17
 
Avevano raggiunto il nuovo accampamento mobile della Resistenza da due giorni ormai.
Durante il viaggio di ritorno Sera non aveva quasi aperto bocca, si era limitata a camminare e a seguirli verso l’accampamento, il frammento del Talismano legato tramite la catena di legno al suo collo. Sandir l’aveva praticamente sentita parlare solo con Iliana durante il viaggio. La capiva, se c’era qualcuno che sapeva come si sentiva era lui, ma proprio per quello se lei non se la sentiva di parlargli allora non l’avrebbe forzata, avrebbe aspettato che fosse lei a cercare il dialogo. Capiva anche perché preferisse parlare con Iliana, era l’unica persona legata profondamente a Florian tra loro oltre a lei; il re degli spiriti era importante per entrambe, anche se in modo diverso.
Una delle cose che Sandir si era chiesto di più durante il viaggio era come Iliana stesse vivendo la morte del suo migliore amico. Aveva ovviamente già perso molte delle persone a cui voleva bene ma da quello che aveva appreso, Florian era sempre stato parte della sua vita, fin da quando era bambina.  Stava male, questo gli fu subito chiaro, ma come lei offriva sostegno a Sera, lei faceva altrettanto con lei.
Leon, come Sandir, si era limitato a proseguire verso la Resistenza e a lasciare in pace sia Iliana che Sera, aspettando che fossero loro a cercare il dialogo. Entrambi ne avevano approfittato per allenarsi, l’esperienza contro gli adepti ancora fresca in loro.
Quando erano arrivati all’accampamento avevano trovato Serena ad attenderli. Sandir era convinto che lei sarebbe riuscita a fare breccia nel cuore di Sera, perché se neanche lei ce l’avesse fatta allora non sapeva chi altro avrebbe potuto riuscirci.
Era ormai giunta la sera nella base della Resistenza e Sandir, dopo essere uscito dalla sua tenda e aver cenato, aveva raggiunto un punto poco frequentato dell’accampamento e si era seduto, la schiena appoggiata ad un alberello. Le persone che si trovavano nell’accampamento si stavano godendo una serata tranquilla, felici di avere un altro frammento in loro possesso ma allo stesso tempo rattristati per il prezzo che quella vittoria sui loro nemici aveva comportato.
“Oh, ti ho trovato. Proprio dove aveva detto lei”
Riconobbe subito quella voce, anche se non si era rivolta a lui per parecchi giorni.
Sera, riprese le sue sembianze abituali dopo essere arrivati alla base, lo aveva raggiunto, una bottiglia scura fra le mani. Si sedette accanto a lui.
“Toglimi una curiosità. Chi è che ti ha detto dov’ero?” le chiese lui, la schiena non più appoggiata all’alberello.
“Una bambina. Capelli neri, occhi scuri, pallida”
Sandir ripensò al giorno in cui aveva messo piede per la prima volta in una base della Resistenza, alla bambina che gli aveva rivolto la parola. Era sicuro che si trattasse della stessa bambina ma da quello che gli era stato detto le famiglie e i bambini erano tutti stati ricollocati in un’altra base, quindi perché era ancora lì?.
“Dove l’hai vista?” le chiese incuriosito.
“Vicino ad una tenda ma se ne è subito andata da un’altra parte. Perché?” Sera sembrava incuriosita.
“No. Non è niente” tagliò corto lui “Piuttosto, cosa ci fai con una bottiglia di chissà cosa in mano?”
Sera spostò lo sguardo dove stava guardando il giovane, alla bottiglia che stringeva tra le mani.
“Ho sentito dire che tra gli umani è tradizione fare un brindisi in occasioni particolari, anche rivolto a persone care che non ci sono più e così… beh, hai capito” teneva lo sguardo basso sulla bottiglia.
“Effettivamente hai ragione” le disse Sandir “allora propongo di brindare ai nostri padri adottivi, che ne dici?”
“Che era quello che volevo proporti io” gli rispose lei.
“A Bog e Florian” disse Sandir.
“A Florian e a Bog” aggiunse Sera e portò la bottiglia alle labbra.
Dopo un piccolo sorso allontanò velocemente la bottiglia dalla bocca, un espressione schifata sul volto.
“Ma come fa a piacervi questa roba a voi umani?” disse porgendo la bottiglia a Sandir, che bevve un sorso della bevanda senza fare una piega.
“Devo dire che non è proprio il massimo ma non è imbevibile”
“Cosa sei? Un intenditore?” Sera non era molto contenta della reazione di Sandir, che tecnicamente l’aveva battuta in qualcosa.
Così Sandir le spiegò “Alla Torre dei maghi, Iridium, fa freddo quasi tutto l’anno e io ci ho passato qualche anno della mia vita assieme a Bog. Lì c’era una persona che si divertiva a prendermi per i fondelli e mi aveva messo in testa che avrei dato troppo fastidio a Bog se avessi chiesto continuamente il suo aiuto con qualche incantesimo per riscaldarmi, visto che ero praticamente il solo che non era in grado di usare la magia lì. Così quella persona mi ha detto che c’era un modo alternativo per riscaldarmi. Ti dico solo che quando Bog l’ha scoperto è andato su tutte le furie. L’unico motivo per cui alla fine ha lasciato correre era perché la persona in questione era una sua cara amica”
“E perché ti ha fatto quello?” chiese Sera incuriosita.
“Voleva vedere quale sarebbe stata la reazione di un Darman alle bevande alcoliche. Non capita tutti i giorni di avere un Darman fra le mani da studiare”
“Davvero?” Sera stava sorridendo.
“Diciamo che ci sono parecchi maghi particolari in circolazione. Bog probabilmente era il più normale che abbia conosciuto”
Sera si mise a ridere, era la prima volta da quando erano partiti da Idyll. Sandir era sollevato.
Riappoggiò la schiena all’alberello.
“Ma allora è un vizio”
Non c’era nessuno nelle vicinanze ma la voce sembrava provenire da molto vicino, così Sandir provò a chiedere “Zola?”
L’alberello si mosse fino ad assumere le sembianze dello spirito della terra di cui aveva fatto il nome, ora schiena contro schiena con lui.
“Ce ne hai messo di tempo a capirlo” gli disse lei.
“Cosa ci fai qui?” le chiese Sandir, che non si aspettava proprio di vederla lì.
“Dopo la battaglia contro gli adepti molti spiriti hanno deciso di combattere attivamente a fianco della Resistenza” a parlare era stato Eban, comparso all’improvviso, almeno per Sandir, dove si trovavano.
“Molti di noi sono già in viaggio verso altre basi della Resistenza, noi e pochi altri ci siamo fermati qui. Io e mio fratello volevamo salutarvi prima di andare” aggiunse Zola “inoltre volevamo dare questa a Sera”
Zola allungò una mano verso quelle di Sera e vi appoggiò sopra una gemma traslucida.
“È…” Sera non riuscì a continuare.
“È caduta ad un adepto durante la battaglia ed è la prima volta che riusciamo ad entrare in possesso di una gemma del genere. Di solito quei mostri ne sfruttano il potere fino a consumarle del tutto. Forse Iliana può capirci qualcosa” disse Eban.
“Inoltre, Sera volevo dirti che poco prima di andarsene lui sembrava sollevato. Era come se ci fosse qualcosa di bello che solo lui poteva vedere” disse Zola che, Sandir aveva capito, si stava riferendo a Florian.
Sera accennò un sorriso spostando lo sguardo alternativamente da uno spirito all’altro ed infine disse “Grazie”
“E di che” dissero fratello e sorella.
“Quando partirete?” chiese Sandir.
“Domattina presto, all’alba. Siamo diretti verso una base tranquilla, contribuiremo alla crescita delle piante per gli approvvigionamenti per il momento” rispose Eban.
“Non abbiamo molta voglia di vedere un altro campo di battaglia, almeno per un po’” aggiunse Zola, lo sguardo basso.
“Adesso dobbiamo andare. C’è un cavaliere che ci aspetta per discutere del viaggio di domani. Accompagnerà noi e altri spiriti a destinazione” disse Eban abbracciando Sera. Zola fece altrettanto e, dopo aver salutato anche Sandir se ne andarono, lasciando i due da soli.
 
Leon aveva passato gli ultimi due giorni a riferire a re Tyberius quello che era successo durante il viaggio e ad assicurarsi che tutto stesse procedendo come previsto nell’accampamento, vista la quantità di profughi che stavano arrivando, sempre più numerosi.
Il resto del tempo che gli era rimasto lo aveva passato ad allenarsi. Aveva sempre pensato di essere in grado di affrontare gli adepti grazie ai rigorosi allenamenti a cui si era sottoposto ma a quanto pareva non era stato abbastanza. Non poteva permettersi di fallire, doveva dare il massimo per tutti quelli che contavano su di lui. Per Serena...
“Finalmente sono riuscita a trovarti in un momento libero. Praticamente non ci siamo parlati da quando sei tornato”
Stava pensando a lei e, come per magia, Serena era apparsa, sempre pronta a rivolgergli un sorriso dolce capace di allontanare tutto ciò che lo turbava.
Era una serata tranquilla e sembrava che nessuno necessitasse dell’aiuto della donna, di solito bloccata nell’infermeria.
Si accorse che Serena lo stava guardando come se volesse rimproverarlo ma Leon sapeva che non faceva sul serio.
“Adesso non provare a sparire da qualche parte. Persino tu hai bisogno di rilassarti ogni tanto” gli disse lei.
“E se avessi un incarico importante da svolgere?”
“Ti direi di riposarti comunque. Per ordine del medico” lei si appoggiò le mani sui fianchi, pronta a controbattere a qualsiasi sua protesta.
“Va bene. Mi arrendo” disse Leon, le mani sollevate in segno di resa.
“Bene” Serena sorrise “perché l’unica tua preoccupazione per questa sera sarà divertirti”
Gli afferrò un braccio e cominciò a trascinarlo per l’accampamento, raccontandogli quello che le era successo mentre lui era in missione. Leon invece le disse dei luoghi che aveva visto, il volto di Serena illuminato per via delle descrizioni che Leon gli forniva.
“Spero di poter vedere quei luoghi di persona un giorno” sospirò lei ad un certo punto.
“Lo farai, te lo prometto. Questa guerra finirà presto e tutto tornerà…” Leon si fermò. Avrebbe voluto dire che tutto sarebbe tornato come prima ma niente lo sarebbe mai stato. Avevano visto troppe cose, troppi orrori, che non se ne sarebbero mai andati dai loro ricordi.
“Leon” al richiamo della voce di Serena alzò lo sguardo che non si era neanche accorto di aver abbassato e la guardò come lei stava già facendo con lui “sappiamo entrambi che è impossibile cancellare il passato, ma è solo grazie a te che ho cominciato a credere in un futuro migliore. Non ti sei mai arreso, hai sempre lottato per me e per tutti quelli che hanno teso una mano bisognosi di aiuto e non hai mai chiesto niente in cambio. Forse non te ne sei reso conto ma hai dato speranza a molti e continui a farlo. Sei la persona più straordinaria che conosca e non smetterò mai di essere grata di averti conosciuto. Grazie di tutto Leon” si fermò, si sollevò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio sulla guancia. Leon era rimasto immobile.
Ora Serena muoveva le mani nervosa, era in imbarazzo “Era da un po’ che te lo volevo dire” si guardò intorno e qualcosa catturò la sua attenzione “quelli sono Sandir e Sera”
Leon seguì il suo sguardo e vide i suoi giovani compagni d’avventura; sembrava che stessero passando una bella serata, persino Sera stava ridendo, era sollevato.
“Andiamo a salutarli” Serena gli diede la schiena e cominciò a camminare in direzione dei due.
Leon la guardò, i suoi capelli che teneva raramente sciolti mossi dal vento.
Rammentò le parole di Iliana: dille ciò che provi.
Leon allungò una mano verso la donna “Serena”
Lei si voltò, incuriosita, aspettava che si decidesse a parlare.
Leon abbassò il braccio teso verso di lei. No, non poteva farlo.
“No, non è niente” disse lui e la donna riprese a camminare verso i due giovani.
Leon non poteva dirle ciò che provava. Non voleva turbarla più del dovuto: non sapeva cosa lei avrebbe risposto e soprattutto era consapevole del fatto che sarebbe potuto morire in missione. Anche se lei avesse provato le stesse cose che lui provava per lei, non poteva fargli quello e non poteva farlo a se stesso. Toccare la felicità con un dito per poi perdere tutto. Sarebbe stata una sofferenza ancora peggiore di quella che provava ora.
“Non vieni?” disse Serena.
Così, dopo qualche secondo, si limitò a raggiungerla.  
 
Poco distante da dove si trovavano la principessa e il cavaliere, ma non visibile ai loro occhi, c’era Iliana. E aveva visto tutto. A quanto pareva il cavaliere aveva deciso di tenere tutto per sé. La maga gli aveva dato un consiglio nella foresta degli spiriti e  lui aveva fatto la sua scelta. Immaginava cosa lo avesse portato a quella decisione e non poteva dire di non averlo capito, in parte.
Per quanto la riguardava invece era ancora arrabbiata.
Perché aveva dovuto proprio morire in quel modo? Ora anche lui, il suo migliore amico di sempre, l’aveva lasciata.
Lo capiva, come suo solito aveva messo il bene degli altri prima di se stesso. Le uniche due volte in cui aveva fatto qualcosa per suo puro interesse erano state la sua decisione di rimanere alla Torre dei maghi quando era un bambino e quando aveva chiesto a Lin di sposarlo, cosa che però gli aveva richiesto parecchio tempo.
Vedere Leon fare la sua scelta le aveva ricordato il suo amico, per certi versi i due erano simili: entrambi pensavano prima al bene più grande piuttosto che alla loro felicità e, come Florian prima di lui, Leon aveva deciso di dare priorità alla missione piuttosto che dichiararsi alla persona amata, probabilmente anche per gli stessi motivi.  
La cosa la irritava, ricordare la irritava. Tirò un calcio ad un barile lì accanto, rovesciandone il contenuto. Guardò a terra.
Dal terreno, dove aveva strisciato lo stivale per tirare il calcio, si era alzata una piccola nube di polvere. 
Quando la polvere si dissolse abbastanza da rendere nuovamente visibile il terreno vide che il movimento che aveva fatto aveva liberato dalla morsa della terra un gambo sul quale si trovava un fiore, non ancora sbocciato.
Procedi per gradi…fallo per me…erano alcune delle cose che le aveva detto Florian l’ultima notte della sua vita.
Iliana guardò il punto in cui si trovavano Sera e Sandir, ora in compagnia di Leon e Serena e poi di nuovo il fiore. Sospirò.
“Lo faccio solo per te…” disse lei e si diresse verso il gruppo. 

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Capitolo 18
*** 18 ***


18
 
La sera precedente Iliana si era unita a Sandir, Sera, Leon e Serena. Si era seduta in loro compagnia e, seppur con grande sforzo da parte sua, aveva cominciato a raccontare.
Gli aveva detto di come aveva conosciuto Lucien, allora solo un bambino destinato a regnare, di come quegli anni trascorsi in sua compagnia fossero stati la cosa migliore che le fosse capitata da tempo. Era strano per Sandir, ma non solo per lui, di questo se ne era accorto osservando le facce degli altri ascoltatori, immaginare il re di Anthemis sotto una luce diversa.
Lui aveva sempre e solo considerato la figura del re come un nemico, colui che aveva mandato dei soldati contro lui e Bog, causandone la morte. Non si era mai fermato a pensare che dietro il tiranno ci potesse essere stato un bambino che aveva sofferto per il semplice motivo di essere nato principe. La persona che era stata colpita di più dal resoconto di Iliana sull’infanzia di re Lucien era stata Serena. Sandir si era accorto della sua reazione, di come lei fosse quella che poteva capire fra tutti loro quello che doveva aver provato Lucien; e di come Leon le avesse messo una mano sulla spalla per confortarla. Serena aveva sempre avuto Leon al suo fianco mentre Lucien aveva avuto Iliana su cui contare. Ma qualcosa era andato storto, questo gli era stato chiaro prima ancora che Iliana proseguisse con il suo racconto.
La maga aveva spiegato di come nell’ultimo periodo che aveva trascorso al castello la situazione complessa in cui si trovava Anthemis non avesse fatto altro che diventare sempre più tesa, di come nell’ultimo periodo il suo rapporto con Lucien si fosse incrinato. Iliana aveva cominciato a considerare come la sua presenza fosse diventata nociva per il principe e per questo aveva deciso di allontanarsi.
Purtroppo il destino aveva voluto che la sera stessa in cui lei se ne era andata dal castello coincidesse anche con la notizia della morte di re Frederick, padre di Lucien.
Dopo la morte del re la situazione del regno era cambiata rapidamente e drasticamente e con esso il suo nuovo sovrano: Lucien, diventato re, aveva messo a ferro e fuoco il regno di Rafflesia, ostile ad Anthemis, ed era entrato in possesso del frammento che Rafflesia aveva rubato a Dahlia. Da allora non aveva smesso di conquistare e distruggere assieme ai suoi nuovi alleati, gli adepti di Umbra. E Iliana aveva capito ben presto che ormai era troppo tardi per cercare di fermarlo, il suo cuore era sprofondato nell’oscurità.
Sandir sapeva perché gli aveva raccontato del tempo che aveva trascorso ad Anthemis: voleva che capissero contro chi si trovavano, vedere oltre il tiranno. Era evidente come parlare di Lucien  la facesse stare male. Nessuno di loro poteva immaginare il dolore che si poteva provare a vedere crescere una persona dall’animo gentile per poi vederla diventare un mostro.
Quando la maga ebbe finito di raccontare si ritirò nella sua tenda, che ora condivideva con Sera, la quale aveva deciso di aspettare prima di raggiungerla per darle un po’ di spazio.
I quattro che erano rimasti non avevano più aperto bocca, scossi dal racconto, fino a che Serena non decise di informarli di voler andare a dormire anche lei, e solo allora gli altri decisero di fare altrettanto.
Era l’alba di un nuovo giorno e una riunione con re Tyberius nel primo pomeriggio aspettava Sandir ed i suoi compagni di viaggio.
Diretto alla zona dell’accampamento adibita all’addestramento Sandir aveva incrociato Sera, che aveva appena salutato Zola ed Eban e gli altri spiriti che stavano partendo. Aveva incontrato Leon dedito, assieme ad altri cavalieri, ad insegnare alle nuove reclute i rudimenti della spada e successivamente Serena, quando aveva accompagnato una delle suddette reclute a farsi medicare per una ferita risultato dell’addestramento.
Iliana non si fece vedere prima della riunione e fu l’ultima a presentarsi.
L’obiettivo della riunione era decidere come procedere ora che avevano due frammenti. Il frammento in possesso di re Lucien sarebbe stato il più difficile da recuperare per via della forza bellica di cui Anthemis disponeva mentre i Darman, in possesso dell’altro frammento mancante, sembravano scomparsi nel nulla, non che Sandir avesse molta voglia di rivedere i suoi simili.
Durante la riunione Sera, che si stava comportando egregiamente per essere la prima riunione militare a cui partecipava, e Sandir erano venuti a conoscenza del fatto che, quando Anthemis sottometteva un regno, faceva radunare ai suoi soldati tutti i giovani che riuscivano a trovare prima che potessero cercare di fuggire e li faceva portare nelle loro varie basi militari sparse per i regni conquistati. Quando ne uscivano non erano più loro, non riconoscevano più nemmeno i loro cari; era come se avessero subito il lavaggio del cervello, sicuramente ad opera degli adepti, e giuravano fedeltà ad Anthemis. In quel momento più che mai compresero quanto il lavoro che la Resistenza faceva con la base mobile fosse importante: se non avessero agito in fretta e messo al sicuro la gente, buona parte sarebbe finita nelle mani degli adepti.
L’ultimo regno vittima di Anthemis era stato Gladiolus, dove ora si trovavano.
La regina di Gladiolus, vecchia amica di re Tyberius, scampata alla morte durante l’assedio al suo castello, ora era già all’opera nell’aiutare la Resistenza come poteva.
“Ora dobbiamo solo capire come entrare in contatto con i Darman” disse re Tyberius.
“Già, ma come?” disse Sera, completamente presa dalla riunione.
Erano tutti in silenzio, nessuno aveva idea di come fare.
“Un modo c’è” disse Iliana, la sua voce a fendere il silenzio.
Sandir si ritrovò, suo malgrado, interessato. Un modo per trovare la sua gente.
“Dopo aver sigillato l’Oscurità, come ben sapete, i frammenti sono rimasti in possesso mio e dei miei compagni. Successivamente abbiamo deciso di assegnarli a persone di cui ci fidavamo.
Un frammento a Dahlia, uno ad Iridium, la Torre dei maghi, uno nelle terre degli spiriti ed uno ai Darman, popolo itinerante.
Akane, la Darman mia compagna di viaggio mille anni fa, aveva messo in conto l’eventualità che la sua gente potesse scomparire dalla circolazione se l’Oscurità si fosse risvegliata, rendendo il frammento introvabile”
“Ma come mai il frammento non reagisce all’Oscurità? In passato sei stata in grado di localizzare i frammenti con i tuoi compagni grazie all’influenza che i frammenti avevano sui luoghi in cui si trovavano”, era stato Leon ad interromperla.
Effettivamente anche Sandir lo aveva trovato strano. Il frammento che avevano recuperato dagli spiriti in fondo era attivo e aveva sprigionato una luce abbagliante quando lo aveva visto la prima volta e non dubitava che presto avrebbe acquistato più potenza. L’unico motivo per cui i due frammenti in loro possesso non erano individuabili dai loro nemici era per via dei particolari scrigni, ora due, in cui erano alloggiati, in grado di confinarne il potere, per il momento.
“Per lo stesso motivo per cui i maghi di Iridium hanno chiesto all’unico mago in compagnia di un Darman di portare il loro frammento alla Resistenza” disse la maga “I Darman, in quanto affetti dalla loro particolare condizione originariamente a causa dei fiori di Umbra, derivato dell’Oscurità stessa, sono in grado di ridurre l’aura dei frammenti in modo da renderne l’individuazione impossibile. L’area di influenza del frammento viene ridotta mentre l’influenza dell’Oscurità sui Darman, maggiore quando essa si rafforza, si riduce. Ovviamente, visto che i frammenti reagiscono alla presenza dell’Oscurità, con il tempo si rafforzano con essa, ma se dovessimo aspettare il momento in cui il frammento in possesso dei Darman diventi individuabile, sarebbe troppo tardi, non riusciremmo a riformare il Talismano in tempo”
“Allora è per questo che hanno chiesto a noi di compiere quella missione” disse piano Sandir, la testa bassa. Quando sollevò lo sguardo vide che tutti lo stavano fissando come se gli fosse improvvisamente spuntata un’altra testa.
“Ma allora perché il frammento ad Idyll brillava a quel modo? Non ha senso” chiese lui.
“Quel frammento ha avuto più tempo per risvegliarsi e accrescere la sua forza e le precauzioni prese da Florian” Iliana fece una piccola pausa prima di riuscire a continuare “non erano più in grado di contenere efficacemente il frammento. Se quando hai visto il frammento nella teca esso brillava, quando siamo partiti la sua luce era decisamente più fievole e questo è stato possibile solo grazie alla tua presenza nelle vicinanze del frammento che ha lentamente ridotto l’aura d’influenza del frammento durante la nostra permanenza, Sandir”
Ora tutto aveva un senso, pensò Sandir. Il perché avessero chiamato lui e Bog quando si erano accorti dei primi accenni di risveglio del frammento dopo anni che non si trovavano più alla Torre, e non qualcun altro. Il perché Bog insistesse nel fare trasportare a lui il frammento durante il viaggio. Tutto per quello…
“Allora ce l’hai anche tu un potere speciale!” disse Sera, cercando di riscuoterlo dal suo torpore.
“È pur sempre un Darman, anche se particolare” disse Iliana.
“Ma allora che precauzione avete preso all’epoca per questa situazione?” chiese re Tyberius.
“Io e Akane abbiamo trovato un metodo per trovare la sua gente ma per riuscirci dovremo recarci ad Iridium”  
“È troppo rischioso. Dovreste passare per Dahlia…” cominciò il re ma Iliana lo interruppe.
“Non sarà necessario. Visto dove ci troviamo passare per Dahlia per arrivare alla Torre ci farebbe perdere troppo tempo. Ma non è l’unica strada percorribile”
“Non vorrai dire il monte Everfrost?”
“Sono in pochi a conoscere le vie di quel monte ma non per questo è impossibile da attraversare. Le ricordo che sono cresciuta alla Torre e mi è stato insegnato fin da piccola come muovermi in quel luogo. Così facendo risparmieremo tempo e saremo più difficili da localizzare”
“Iliana ha ragione. È la nostra opzione migliore e non è l’unica a conoscere bene quel posto” si intromise Sandir “anche io ho passato diverso tempo alla Torre e conosco le strade di quel monte”
Tutti lo guardarono. Aveva parlato in maniera calma e decisa, come se quello che aveva scoperto un attimo prima non lo avesse scosso.
“Allora è deciso” disse Sera alzandosi in piedi e sollevando un mano stretta a pugno in aria  “monte Everfrost, arriviamo!”
 
Ci volle del tempo per riuscire a convincere il re che passare per il monte fosse la scelta migliore ma quando vide che tutti erano d’accordo, soprattutto Leon di cui si fidava, alla fine cedette.
La riunione era finita e i quattro uscirono dalla tenda del re. Sera e Leon stavano parlando fra loro mentre Iliana si stava già allontanando. Sandir però, fra tutto ciò di cui avevano parlato, aveva ancora una cosa che non gli era chiara.
“Iliana, aspetta” le corse dietro “c’è una cosa vorrei capire. Se io sono in grado di rendere il frammento non localizzabile allora perché?” con le mani strinse forte l’orlo della camicia, non riusciva a spostare lo sguardo da terra “Perché sapevano di noi, di me e Bog? Come hanno fatto a trovarci?”
Quella domanda lo stava divorando dentro. Forse lui non era stato abbastanza, forse era colpa sua se li avevano trovati e Bog era morto…
Sentì Iliana sospirare e avvicinarsi a lui e poi una mano tiepida a circondare la sua guancia, la mano di Iliana “Non è colpa tua” gli disse “Non escludo che all’interno della Torre ci fosse una spia che possa aver rivelato la vostra missione e il vostro aspetto ad Anthemis. Certo, non posso dirlo con certezza finché non saremo alla Torre. Lo sai anche tu che non si fidano dei libri comunicanti ma si affidano agli spiriti a loro leali per le comunicazioni, quindi non possiamo chiederglielo ora. Ma quello di cui sono certa è che non devi addossarti una colpa non tua, d’accordo?” la donna poi accennò un sorriso rincuorante. Sandir era rimasto immobile, la mano di Iliana ancora sulla sua guancia, i suoi occhi su di lei.
Era la prima volta che Iliana gli sorrideva in modo sincero come le aveva visto fare solo con Florian, ed era la prima volta da quando si era ritrovato ad avere a che fare con i frammenti che avvertì una sensazione di confortevole calore. Era partita dalla guancia su cui poggiava la mano della maga e si era espansa su tutto il corpo. Improvvisamente era di nuovo bambino, quando, dopo essere stato lasciato alla Torre e aver conosciuto il suo padre adottivo, dopo aver pianto tutte le sue lacrime, si era reso conto che non aveva colpe, che non era da solo, che c’era qualcuno lì per lui.
Ripensò alla storia di Lucien e Iliana: quella che vedeva ora davanti a lui non era la maga della leggenda ma la donna che si era presa cura di un bambino che aveva avuto un disperato bisogno di affetto. Era la vera Iliana, quella nascosta sotto una spessa armatura che la proteggeva dall’essere ferita come doveva essere successo con Lucien e altre volte nel suo passato, e allo stesso tempo nascondeva agli altri il suo cuore.
Sandir chiuse gli occhi e assaporò quella sensazione che non provava da tempo, la testa inclinata verso la mano della donna.
Iliana non accennò a spostarsi, lasciò a Sandir tutto il tempo necessario a riprendersi.
Dopo un tempo che a lui parve breve ma che poteva anche essere stato molto più di quello che pensava aprì gli occhi, lucidi, e annuì deciso guardando Iliana negli occhi.
La donna ritrasse la mano ma ora Sandir stava meglio ed era solo grazie a lei. Non lo avrebbe dimenticato.
Poi, senza dire una parola, la maga si girò e cominciò a camminare in direzione della sua tenda.
Le labbra di Sandir si incurvarono in un mezzo sorriso; in fondo era pur sempre Iliana.
“Aspettami!” vide Sera sfrecciare a tutta velocità verso la donna “Devo farti vedere una cosa! È importante, me l’hanno affidata i miei amici! Perché non ti fermi, uffa!”
Sandir guardò Sera inseguire Iliana, che la stava palesemente ignorando. Leon comparve al suo fianco.
“Va tutto bene?” gli chiese il cavaliere.
“Sì” rispose.
 
“Hai fallito” disse re Lucien.
Al suo cospetto si trovava il Gran Maestro degli adepti di Umbra, o ciò che ne rimaneva, dopo la battaglia contro gli spiriti.
Darcel aveva creduto che per lui sarebbe stata la fine. Il dolore che aveva provato quando la lama di Florian gli aveva sfregiato il volto era indescrivibile. Aveva presto perso conoscenza, certo di non svegliarsi più.
Quello che era successo poi era confuso, tra il sonno e la veglia, delle macchie scure chine su di lui: l’adepto che lo aveva soccorso lo aveva tempestivamente portato in un luogo sicuro e attrezzato per occuparsi delle sue ferite.
I suoi maghi avevano agito subito e se non fosse stato per loro ora lui sarebbe morto. Non dubitava che la lama fosse opera di quella donna, Iliana, e che se lei avesse avuto più tempo per migliorarla lui non avrebbe avuto neanche il tempo di farsi soccorrere. Era una miracolo che fosse ancora vivo.
La sostanza sulla lama però aveva fatto ingenti danni in pochissimo tempo.
Ora, dove prima si trovava il suo occhio sinistro, c’era un incavo vuoto ma il danno non si limitava a quello. Tutto il lato sinistro del suo corpo era stato tremendamente colpito: il suo braccio sinistro ricadeva inerte al suo fianco, inutile e annerito, mentre la sua gamba sinistra, anch’essa ora nera come la pece, aveva perso quasi del tutto la sensibilità. Riusciva a stento a  reggersi in piedi e a trascinarsela dietro reggendosi su di un bastone.
Avvolto completamente da un manto nero, con l’aggiunta di una maschera a coprire la metà annerita e senza occhio del suo volto, era la prima volta che parlava con re Lucien dopo la sua convalescenza. Ed era chiaro che non fosse contento di lui.
“Non fallirò ancora” replicò Darcel, la voce debole e gracchiante, non più forte e minacciosa, a causa della sua condizione.
“Hai avuto la tua occasione e l’hai sprecata sottovalutando il nemico. Adesso ti limiterai ad obbedire ciecamente ai miei ordini, chiaro?”
Darcel sentì la rabbia salire, accecante. Per lui Lucien era sempre e solo stato un ragazzo da sfruttare a suo piacimento, controllabile. Solo ora si era reso pienamente conto che non era così e forse non lo era mai stato. Quando si era avvicinato a lui, giovane principe, cinque anni prima gli aveva mostrato la via che lo avrebbe portato ad ottenere tutto quello che desiderava  e Lucien aveva accettato il suo aiuto e stretto un accordo che tutt’ora li legava. Il loro era un rapporto d’affari, nient’altro. Entrambi volevano raggiungere il loro obiettivo e si sarebbero sfruttati a vicenda pur di raggiungerlo.
Ma ora la situazione si era fatta cupa per il Gran Maestro oscuro. Non poteva permettersi di far infuriare il giovane re, non più. Quindi, per quanto avrebbe voluto opporsi, ingoiò la bile.
“Come desidera, sire” quelle tre parole questa volta gli erano costate parecchio.
“Tu e i tuoi uomini dovrete occuparvi di spostare buona parte dei soldati sotto il vostro controllo mentale dove ti dirò molto presto. Abbiamo una guerra da vincere. Fai anche in modo di avere a disposizione più gemme spirituali possibili. Incrementa la produzione, usa gli spiriti che hai catturato durante la battaglia. È l’unica cosa che sei riuscito a fare”
Darcel non credeva fosse possibile sentire così tanta rabbia come quella che sentiva in quel momento.
“È tutto pronto per procedere con l’esperimento?” continuò il re.
Si riferiva a quello a cui stavano lavorando da anni, qualcosa che poteva addirittura essere superiore al suo macchinario in grado di assorbire l’energia degli spiriti, se avesse funzionato.
“Sì, sire. Siamo pronti a procedere”
“Perfetto. Giusto in tempo” disse fra sé il re, come se fosse stato l’unico presente in quella sala, Darcel un inutile elemento di sfondo.
“Ma cosa ne sarà di Iliana e il suo gruppo? Non vorrà mica lasciarli agire indisturbati?” Darcel non poteva lasciar correre, voleva vendicarsi per quello che gli era successo, far soffrire quella donna.
“Ovvio che non li lascerò stare, ma non sarai tu ad occupartene” rispose il re.
Con l’occhio ancora buono vide che lo sguardo del re si era spostato ad osservare un punto ben preciso dietro di lui.
Si sforzò di voltarsi, gli costò molta fatica, e lì dove si posava lo sguardo del re, appoggiata alle pesanti porte d’accesso alla sala del trono, vide una donna.
Pelle avorio, capelli lunghi e lisci rosso acceso, leggermente scompigliati. Non portava vesti tipiche di una dama di corte ma il suo corpo era avvolto in dei pantaloni aderenti stretti da una cintura di cuoio marrone chiaro, dei lunghi stivali di pelle nera al ginocchio e, sopra una camicia bianca e aderente, una giacca di cuoio dello stesso colore della cintura e lunga fino al ginocchio. Sembrava una donna sulla ventina, non poteva avere che due o tre anni più di Lucien.
Il suo occhio sinistro era coperto da una benda scura mentre il suo occhio destro di colore  marrone era visibile. Anche così, la sua era una bellezza invidiabile, in grado di assoggettare chiunque la guardasse e scatenare l’invidia di qualsiasi dama.
Nonostante l’occhio bendato, il suo era uno sguardo felino, quello di un predatore che aveva avvistato la sua preda e stava pregustando la cattura.
La donna avanzò lentamente verso il punto in cui Darcel si trovava, al cospetto del re.
“Sire” disse lei inchinandosi elegantemente davanti a Lucien per poi rialzarsi leggiadra.
“Sarà lei ad occuparsi dell’incarico che tu non sei stato capace di portare a termine. È la migliore sulla piazza” disse Lucien rivolgendosi a Darcel.
“E vuole affidarsi a questa sconosciuta…” a Darcel morirono le parole in bocca. Quella donna ora era davanti a lui. Si era mossa così in fretta che dubitava sarebbe riuscito a proteggersi in tempo anche se fosse stato nel pieno delle sue forze se lei lo avesse voluto attaccare.
No, non era una persona con cui scherzare.
La donna inclinò le labbra in un sorriso ferino “Come ha già sottolineato il tuo sovrano io sono la migliore sulla piazza per il tipo di incarico che mi è stato richiesto ed il motivo è semplice: la mia politica consiste nel portare a termine un lavoro o morire provandoci. Il mio essere qui non ti dice niente?”
La donna avvicinò il volto a quello del Gran Maestro fin quasi a contatto con la sua pelle, il suo fiato sulla faccia, e disse con voce aggressiva “Io non fallisco mai” per poi allontanarsi di scatto e rivolgere nuovamente la sua attenzione al re.
“Posso sapere quali sono i dettagli dell’incarico, sire?” disse lei con voce ammaliatrice, totalmente diversa da quella che aveva rivolto al Gran Maestro un attimo prima.
“Dovrai trovare delle persone per me, fanno parte della Resistenza. La maga Iliana e il suo gruppo”
“La maga leggendaria. L’incarico si prospetta interessante” un ghigno fiorì sulle labbra della donna, solo per un breve istante.
“Una volta trovati porta Iliana da me. Uccidi i suoi compagni, non mi importa come, basta che te ne liberi. Se hai bisogno di qualcosa per il tuo lavoro fammelo sapere”
“Lo consideri fatto. Per quanto riguarda l’aver bisogno di qualcosa…” sembrò pensarci su, la mente intenta a chissà quali trame “…le farò sapere al più presto”
“Bene. Devi agire il più velocemente possibile. Non posso permettermi di lasciarli in circolazione”
“Non si preoccupi, sire” disse la donna, camminando verso le porte d’ingresso della sala. Una volta accanto alle porte girò la testa verso i due uomini “Non sapranno neanche cosa li avrà colpiti” 
 



Salve a tutti, qui lost in books con un nuovo capitolo e un nuovo personaggio.
Chissà quanti problemi causerà…
Al prossimo capitolo.
 

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Capitolo 19
*** 19 ***


19
 
Erano di nuovo in viaggio da diverso tempo ormai. Sandir aveva perso il conto dei giorni che erano passati da quando avevano lasciato la base della Resistenza. Serena gli aveva detto, poco prima della loro partenza, che anche la base si sarebbe mossa nella stessa direzione che avrebbe preso il gruppo, ma ovviamente i loro spostamenti sarebbero stati più lenti vista la quantità di persone da mettere al sicuro. L’ultima volta che Sandir aveva incontrato re Tyberius lo aveva visto agitato. Anthemis si stava comportando in modo diverso dal solito e il capo della Resistenza era rimasto inizialmente spiazzato, la prossima mossa del suo avversario ignota. La paura di non essere in grado di prevedere le mosse di Anthemis era ogni giorno più forte nel capo della Resistenza.
A quanto pareva re Lucien aveva improvvisamente spostato la sua attenzione verso i regni ad occidente e aveva optato per dividere il grosso del suo esercito in due gruppi: uno dedicato alla conquista dell’occidente e l’altro a continuare la conquista dei regni più a oriente dove stava agendo anche la Resistenza. Era una mossa che comportava un indebolimento della forza di conquista esercitata da re Lucien, ma che si poteva permettere, visto il suo esercito in perenne crescita.
Così alla fine re Tyberius aveva scelto di spostare la sua base verso occidente e intanto sperava in qualche notizia positiva riguardo la situazione delle persone sotto il controllo mentale degli adepti da parte della sua amica di vecchia data Odette, regina del recentemente conquistato regno di Gladiolus. 
La regina di Gladiolus non solo era una reale ma aveva passato gli anni della sua giovinezza alla Torre dei maghi ad apprendere l’uso della magia per cui era molto portata. Aveva dovuto lasciare Iridium suo malgrado per via di un matrimonio combinato voluto dal padre per sancire un’alleanza politica con il regno di cui si era ritrovata regina, ma questo non voleva dire che avesse smesso di nutrire la sua passione. Lei ora si trovava al sicuro in una base della Resistenza a studiare un metodo per salvare tutte quelle persone sotto condizionamento mentale. Loro in fondo non avevano colpe, tutt’altro, erano delle vittime, come le altre persone che la Resistenza stava mettendo al sicuro, e quindi meritavano di essere salvate.
Sandir, Iliana, Leon e Sera invece si erano velocemente attrezzati per il lungo viaggio ed erano partiti. Sera per viaggiare in sicurezza era costretta a mantenere un aspetto umano, cosa che per fortuna non le costava un grande dispendio di energia. L’unico problema consisteva nel  mantenere il controllo di quell’aspetto a cui non era abituata, non lasciandosi distrarre e rimanendo concentrata.
Avevano quasi raggiunto il villaggio più vicino al monte Everfrost ma il clima non sembrava essere dalla parte dei quattro. Una spessa coltre di nubi scure gonfie di pioggia sembravano in procinto di rilasciare tutta l’acqua di cui erano cariche. Spronarono i cavalli ad andare più veloci, Leon in testa al gruppo, a guidarli.
Arrivarono nei pressi del villaggio giusto in tempo poiché, quando Sandir poggiò i piedi a terra, le prime gocce di pioggia cominciarono scendere, picchiettando la terra, e ben presto si trasformarono in un violento acquazzone. Probabilmente non sarebbe durato molto; era il periodo più caldo dell’anno ed era normale per il tempo cambiare in fretta.
Leon li aveva condotti nei pressi di una locanda, alla periferia del villaggio, dove avrebbero passato la notte, la prima dopo parecchi giorni che avrebbero trascorso sotto un tetto. Il cavaliere aveva rassicurato tutti loro sul fatto che quello fosse un luogo sicuro.
Quando entrarono nella locanda furono investiti da una serie di deliziosi profumi: pane appena sfornato, carni, erbe aromatiche. Lo stomaco di Sandir brontolò dalla fame.
“Leon, mio caro ragazzo, sei proprio tu” era stata la donna dietro al bancone della locanda a parlare. Era di età piuttosto avanzata, la pelle olivastra, i capelli grigi stretti in un’elaborata acconciatura, il viso a cuore, gli occhi verdi contornati da rughe d’espressione. Stava sorridendo, la sua attenzione totalmente rivolta al cavaliere.
“Giselle” disse Leon, anche lui aveva un ampio sorriso sul volto.
La donna aggirò il bancone rapidamente e avvolse le braccia attorno al cavaliere che ricambiò la stretta affettuosa della donna.
Giselle prese fra le mani il volto dell’uomo, piena di tenerezza “Ma guarda quanto sei cresciuto. Sei diventato davvero un uomo affascinante. Sembra ieri che eri solo un bambino”
I due sembravano essere in un mondo tutto loro quando una porticina dietro al bancone si aprì. Ne uscì un uomo anziano, dai capelli bianchi, il viso ovale e gli occhi molto scuri, carico di provviste pronte per essere cucinate.
“Giselle, dammi una mano” l’uomo, che non si era accorto dell’arrivo del gruppo, spostò lo sguardo in cerca della donna e, quando vide chi era in sua compagnia, il suo volto si illuminò.
“Per Sol, Leon. Da quanto tempo…” l’uomo appoggiò alla meglio il carico sul bancone e raggiunse la donna e il cavaliere “Come sta Serena?”
“Bene” rispose Leon abbracciando l’uomo.
Sera si schiarì la voce, attirando l’attenzione dei tre verso di lei e inevitabilmente anche verso Sandir e Iliana.
Leon, una volta assicuratosi che i pochi presenti nella locanda non li stessero ascoltando, si affrettò a fare le presentazioni “Giselle, Dennis vi presento Sandir, Sera e…Iliana”
I due rimasero stupidi sentendo il nome della maga ma si ricomposero in fretta e Leon continuò “Giselle e Dennis sono miei cari amici. Hanno dato un tetto e da mangiare a me e Serena quando non avevamo più niente”
“All’epoca gestivamo una locanda al confine con il regno di Dahlia ma è stato necessario traferirci. È diventata una zona troppo pericolosa” disse Giselle, con un braccio ancora avvolto attorno alla vita di Leon.
Dennis tornò verso il bancone per riprendere le provviste e, diretto verso la cucina, disse “In onore della tua visita Leon, vitto e alloggio sono gratuiti per te ed i tuoi compagni”
“Non possiamo accettare…” protestò Leon ma venne subito zittito da Giselle.
“Sì che puoi” disse lei dandogli un leggero colpetto sul braccio per poi rivolgersi agli altri tre “mettetevi comodi. Vi porto subito qualcosa da mettere sotto i denti”
Alla menzione del cibo lo stomaco di Sandir brontolò di nuovo.
Pochi minuti dopo i quattro viaggiatori si trovarono davanti una tavola imbandita di tutto punto. Zuppe calde, carne cotta a puntino, patate arrosto, pane croccante e verdure insaporite da spezie profumate.
Sandir non resistette e si avventò sul cibo come un avvoltoio, Sera non tardò a seguire il suo esempio. L’unica pecca della sua forma umana era la necessità di mangiare lo stesso cibo degli esseri umani per mantenere le forze.
Giselle e Dennis comparivano di tanto in tanto al loro tavolo per portare altro cibo e bevande e per scambiare qualche parola con Leon. Si vedeva quanto fossero affezionati a lui.
Leon, tra un piatto e l’altro, spiegò di essersi imbattuto nella coppia di locandieri quando aveva cercato di rubare del cibo per lui e Serena. Era una cosa di cui non andava fiero ma erano deboli e affamati, non avevano più alternative. Dennis lo aveva inseguito e, quando Leon aveva pensato di averlo seminato, aveva raggiunto Serena. Dopo averlo pedinato senza farsi vedere, Dennis si era reso conto delle condizioni dei due e si era fatto avanti. Una volta  convinto Leon di non avere cattive intenzioni, li aveva portati alla locanda dove la coppia si era presa cura di loro in cambio di aiuto nella gestione della locanda, fino a quando non avevano incontrato re Tyberius.
“Sono simpatizzanti della Resistenza e non sono gli unici locandieri ad esserlo. Anche le persone che gestiscono la locanda dove vi ho incontrato sono simpatizzanti” disse rivolto a Sandir e Iliana “È pericoloso ma il loro aiuto è fondamentale”
“Per curiosità, quanti anni avevate tu e Serena all’epoca?” chiese Sera ad un certo punto.
“Io dieci mentre Serena sette” rispose lui.
“Erano così carini da piccoli…” Giselle era ricomparsa in quel momento al loro tavolo “Leon non perdeva mai di vista Serena e quando lei aveva paura di dormire per paura degli incubi a causa delle cose terrificanti a cui aveva dovuto assistere, Leon le restava accanto e la teneva per mano finché non si addormentava, te lo ricordi Dennis?” aveva parlato a voce un po’ più alta per farsi sentire dall’uomo al bancone.
“Già, è sempre stato un leale cavaliere, fin da piccolo” replicò l’uomo, anche lui a voce alta.
Leon intanto stava cercando di non strozzarsi con l’ultimo boccone preso e di farsi il più piccolo possibile.
La coppia di locandieri aveva parlato abbastanza forte da farsi udire dal resto delle persone riunite a cena, che ora avevano puntato la loro attenzione sul cavaliere, alcuni divertiti, altri, soprattutto donne, stavano bisbigliando, piano ma non abbastanza da non farsi sentire, parole come adorabile e che tenero.
Quella sera Giselle e Dennis erano riusciti nell’impresa di far arrossire Leon violentemente.
Dopo la cena Giselle preparò delle stanze per loro: una per Sera e Iliana e una per Sandir e Leon.
Iliana non aveva parlato molto durante la serata e si ritirò subito nella sua stanza dopo la cena. In realtà, dopo il suo racconto nell’accampamento e i preparativi per la partenza, non aveva rivolto loro la parola molto spesso. Inoltre non sembrava aver riposato bene ultimamente. Forse dormire su un letto vero e proprio le avrebbe fatto bene.
Prima di andare a dormire Leon ne approfittò per scambiare ancora qualche parola con i due locandieri e per rimediare qualche indumento più pesante in vista della scalata che li attendeva. Inoltre aveva promesso ai due di farli parlare con Serena tramite il libro comunicante.
Sandir e Sera erano entrambi soddisfatti della cena e assonnati, ora che avevano la pancia piena. Non passò molto tempo prima che i due si recassero nelle loro stanze.
 
 
Il sole brillava alto nel cielo, l’aria profumava di fiori. Iliana, distesa a terra, riusciva a vedere solo ciuffi d’erba alta, mossi dalla brezza estiva. Si sentiva leggera, serena come non le accadeva da lungo, lunghissimo tempo.
Sollevò il busto fino a ritrovarsi seduta, ora riusciva a scorgere degli alberi in fiore oltre all’erba e le sagome di tre persone in lontananza.
Si alzò e cominciò a muoversi nella loro direzione, dapprima camminando per poi aumentare  gradualmente il passo. Adesso stava correndo, temeva di non riuscire a raggiungerle in tempo, che sarebbero scomparse lasciandola sola…
Si fermò a qualche metro da loro.
Da dove si trovava ora le poteva vedere meglio, non erano persone qualunque ma i suoi compagni. Non quelli con cui stava viaggiando ma quelli di mille anni fa, i suoi amici.
La luce era forte, accecante, non riusciva a vederli bene ma poteva distinguerli.
La figura più a destra era Akane e quella più a sinistra era Florian. Entrambi erano giovani e pieni di vita, come lo erano stati mille anni prima durante il loro viaggio, e in mezzo ai due c’era lui, Artorius. Era proprio come lo ricordava…
I suoi tre amici le stavano sorridendo radiosi e lei non era più la maga maledetta. Lì, davanti a loro, non sentiva più il peso della maledizione. Anche lei era tornata ad essere la se stessa di un tempo, quando era stata felice.
Artorius tese una mano verso di lei, che riprese a correre percorrendo quell’ultimo tratto che la avrebbe ricongiunta a loro. Mancava solo qualche passo, anche lei tese la mano, doveva solo afferrare quella dell’uomo…
La terra tremò e si spaccò sotto i suoi piedi e lei cadde nel vuoto, la mano ancora tesa verso quella di Artorius. Era quasi riuscita a raggiungerli, a sfiorare la mano dell’uomo.
Ora era buio e non si trovava più nello stesso luogo ma, a differenza di prima, sapeva benissimo dov’era.
Era nella radura spoglia dove si ergeva la grossa pietra su cui in passato era stato alloggiato il Talismano, il luogo da cui l’Oscurità avrebbe potuto liberarsi se questa volta avesse fallito. E proprio lì, accanto alla pietra, c’era lui, l’uomo che spesso abitava i suoi incubi, colui che aveva rovinato tutto.
Lui la stava guardando con un’espressione compiaciuta, rideva malignamente. Era colpa sua se era andata a finire in quel modo mille anni prima. Lui, la causa della sua infelicità, colui che aveva infranto i suoi sogni in mille pezzi impossibili da rimettere insieme.
Lei ribollì di rabbia, si mosse rapida verso di lui. Lo raggiunse in fretta e, prima che l’uomo avesse il tempo di opporsi, gli mise le mani intorno alla gola e strinse, forte.
Per quanta forza imprimesse nelle sue mani lui continuava a ridere, si stava prendendo gioco di lei.
Non poteva sopportarlo, non più. Strinse ancora più forte…
“Ilia…na!” era una voce femminile. Mosse la testa in cerca del possessore di quella voce che le sembrava familiare. Non capiva da dove provenisse, sembrava essere intorno a lei, in tutte le direzioni.
Improvvisamente avvertì un forte calore alle mani che ancora stavano stringendo il collo dell’uomo. Lo guardò di nuovo: sfoggiava ancora un sorriso maligno ma c’era qualcosa di strano. Tra le sue mani e il collo dell’uomo ora si levavano delle forti fiamme. Le lambirono le mani, faceva male, stava bruciando.
 
 
Iliana si svegliò di colpo in preda ad un forte dolore alle mani. Le guardò e vide delle bruciature, già in via di guarigione a causa della maledizione. Era consapevole di aver stretto qualcosa tra le mani nel suo incubo, ma non riusciva a credere che lo stesso fosse successo nella realtà. Non aveva il coraggio di guardare chi avesse davanti ma doveva farlo. Alzò lentamente gli occhi dal copriletto e lì, seduta accanto a lei, le mani intente a massaggiarsi il collo, c’era Sera. La ragazza la stava guardando, dolorante, come non aveva mai fatto prima. Sembrava spaventata e preoccupata allo stesso tempo.
Sera si sforzò di parlare, lentamente e a bassa voce “Stavi avendo un incubo. Ho provato a  svegliarti ma non c’è stato verso e poi mi hai…”
La ragazza smise di parlare, le mani ora a ricadere sui fianchi non nascondevano più i segni rossi a forma di dita sul suo collo. Iliana portò le mani al volto, scioccata. Come aveva potuto succedere una cosa del genere, i suoi incubi ora si stavano anche ripercuotendo sulla realtà.
“Iliana, perché non mi dici cosa ti fa stare male? Posso aiutarti…”
“No!” Iliana parlò di colpo, facendo morire in gola le parole della ragazza.
“Perché no?” Sera stava cercando di ragionare con la maga ma qualunque cosa le avesse detto in quel momento non avrebbe riscosso alcun risultato, la donna non l’avrebbe ascoltata.
Iliana scosse la testa “Tu non puoi capire, nessuno può!” la sua voce rimbombò per tutta la stanza.
“Hai ragione, non posso” disse Sera con voce perfettamente calma e composta, l’espressione neutrale, per poi improvvisamente cambiare completamente “Ma è solo perché non mi dai la possibilità di capire!” gridò, seppur con qualche difficoltà. Le urla di Sera paralizzarono Iliana sul posto per lo shock.
“Pensavo che, dopo averci raccontato qualcosa del tuo passato quando eravamo  all’accampamento, ti saresti aperta con tutti noi ma invece ti sei richiusa di nuovo in te stessa” continuò “So che non sono Florian, ma credevo che stessi cominciando a fidarti di me” la voce della ragazza ora incerta, tremolante.
Iliana si accorse, grazie alla luce della luna proveniente dalla finestra della stanza, che qualcosa stava luccicando intorno agli occhi della ragazza. Le lacrime che Sera aveva cercato di trattenere fino a quel momento sfuggirono al suo controllo, disegnando piccoli solchi sulle sue guance.
La giovane spirito avvicinò il volto a quello della maga, non curandosi più di nascondere le sue lacrime, la sua rabbia e frustrazione nei confronti della donna “Beh, allora sai che ti dico? Resta pure qui ad autocommiserarti, io ho smesso di venirti incontro!” e poi la rabbia nella sua voce fece posto al disprezzo “Non so come facesse Florian ad esserti amico!”
Dopo essersi sfogata la ragazza saltò giù dal letto e corse fuori dalla stanza sbattendo la porta alle sue spalle.
Iliana rimase lì, immobile, paralizzata dalle pungenti parole di Sera che la avevano ferita. Ma non rimase così a lungo, non poteva lasciare le cose in quel modo, così corse in direzione della porta e la aprì.
Scese le scale di corsa e notò subito la porta d’ingresso della locanda completamente spalancata, che lasciava l’interno in balia degli agenti esterni. Sera, nella fretta di allontanarsi, doveva averla lasciata aperta.
Iliana si rese conto di essere scalza ma lo stesso doveva valere per la ragazza, che, complice la  forma umana che doveva mantenere in viaggio, non poteva aver fatto molta strada.
Appena fuori dalla locanda cominciò a guardarsi intorno. I suoi occhi incontrarono solo alberi dalle foglie gocciolanti e i suoi piedi terra umida e fangosa; era ciò che aveva lasciato l’acquazzone di qualche ora prima dietro di sé.
Facendosi luce con una fiammella che materializzò sul palmo di una mano osservò il terreno fino a che non trovò quello che stava cercando. Seguì le impronte fresche lasciate da Sera sul terreno umido fino ad uno spiazzo d’erba sulla riva di un fiume. La trovò lì, seduta per terra, rivolta verso la riva, con la testa appoggiata alle ginocchia, le braccia avvolte intorno ad esse. La camicia da notte e le sue gambe erano coperte di fango.
Iliana ora non aveva più bisogno della fiammella per vedere poiché i capelli di Sera risplendevano di luce propria. Sembravano ardere come delle braci, il fuoco sopito tra le ciocche mosse dal vento. Era evidente che avesse perso il controllo per via delle forti emozioni provate poco prima.
Senza annunciarsi, Iliana si sedette accanto alla ragazza che, a parte un piccolo sussulto del corpo, non diede segno di voler riconoscere la presenza della maga.
Rimasero in quel modo per qualche minuto, nessuna delle due sembrava in condizione di  rompere il ghiaccio creatosi fra loro. La maga fu la prima a cedere, il senso di colpa per quello che era successo era già diventato un peso insopportabile nel suo cuore.
“Seraphina, ti chiedo scusa per quello che è successo. È solo colpa mia” disse Iliana.
Sera sollevò la testa dal suo nascondiglio fatto di gambe e braccia e fece segno di no con la testa, per poi appoggiarla sopra le braccia incrociate sulle ginocchia e dire “No, sono io che mi devo scusare. Ho detto quelle cose, su te e Florian, che non pensavo veramente. Ero solo infuriata e sulla difensiva e ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente che sapevo ti avrebbe ferita”
Poi girò la testa verso la maga “Non devi dirmi per forza cosa ti turba. È solo che è frustrante vedere qualcuno a cui tieni soffrire, e non essere in grado di aiutarlo”
Iliana non riuscì a fermare un accenno di sorriso “Su questo siete uguali”
“In fondo mi ha cresciuta. Devo pur aver preso qualcosa da lui” Sera, il sorriso ritrovato, aveva capito subito il riferimento al suo padre adottivo.
Iliana allungò le braccia all’indietro e poggiò le mani a terra, incurante del fango. Tanto ormai sia i piedi che la camicia da notte prestatagli da Giselle ne erano ricoperte, inutile essere schizzinosa ora.
Guardò la luna in cielo e sospirò “Tornare a Iridium mi spaventa. È lì che ho passato la mia infanzia, che ho conosciuto Florian, e dove è cominciato tutto. Ora anche lui non c’è più, li ho persi tutti. L’idea di trovarmi di nuovo lì ha fatto riaffiorare parecchi ricordi del mio passato, di mille anni fa, e questo non fa altro che peggiorare i miei incubi, come se non ne avessi già abbastanza…”
“Anche io avevo degli incubi” la interruppe Sera “su quello che è successo ai miei genitori. Ti  ho parlato di loro sulle strada da Idyll all’accampamento, ricordi?”
“Sì, me lo ricordo” confermò la maga.
“Allora Florian mi confessò che anche lui soffriva di incubi sul suo passato di tanto in tanto e mi disse che quando gli capitava, dopo essersi svegliato, cercava di focalizzarsi solo sui bei ricordi che aveva del passato. Così riusciva a calmarsi” disse Sera, la mente persa in quelli che per lei ora erano ricordi dolceamari “Comunque sappi che se hai bisogno di conforto sono qui, è la stessa cosa che ho detto a lui tempo fa, e che lui diceva a me”
“Apprezzo il gesto ma non ti preoccupare troppo. È solo un brutto momento, passerà quando tutta questa storia del Talismano sarà finita e non dovrò confrontarmi con il mio passato per almeno altri mille anni” disse Iliana senza cercare di nascondere l’amarezza nella sua voce. In quel momento voleva essere totalmente onesta con la ragazza, lo meritava da parte sua.
“C’è una cosa che Florian non mi ha mai detto: che cosa è successo esattamente la notte in cui avete riformato il Talismano?” c’era pura curiosità nella voce di Sera.
“Non me la sento di raccontarlo. Nessuna delle persone coinvolte lo ha mai raccontato a qualcuno, non in tutto e per tutto almeno” la maga cercò di nascondere il leggero panico che la menzione di quel particolare episodio le procurava, ma non fu brava abbastanza per riuscire a  celarlo alla sua attenta interlocutrice.
“Va bene” le disse Sera “se un giorno te la sentirai di parlarne sono qui, ricordatelo, ok?”
Iliana annuì e le accarezzò i capelli, tornati ad avere un aspetto umano, e infine le confessò “Sono contenta che Florian avesse qualcuno come te accanto”
“Ma dai, così mi farai arrossire ed è difficile mantenere il controllo di questa forma già così” disse Sera ridacchiando.
Rimasero lì, ad osservare le stelle in cielo, fino alle prime luci dell’alba, prima di tornare alla locanda.
 
 
Il cielo era limpido quella mattina. Serena sperò che anche dove si trovavano i suoi amici fosse lo stesso. Lei, in compagnia di re Tyberius e un piccolo gruppo scelto di cavalieri, era in viaggio verso il luogo che avrebbe ospitato la nuova sede della loro base. Aveva trascorso le prime ore di viaggio seduta all’interno del carro su cui stavano trasportando oggetti che potevano appartenere a qualunque mercante, la loro copertura. In realtà quel carro celava nel suo doppio fondo qualcosa per loro molto più prezioso: armi, pezzi di armature, il cristallo che aiutava Serena a generare la barriera che li proteggeva, e tutto quello che era necessario nascondere durante i loro spostamenti.
Sia lei che i suoi accompagnatori avevano indossato abiti semplici e comuni per il viaggio, per non attirare l’attenzione, ma gli uomini portavano un’arma di loro scelta nascosta addosso. Non potevano rischiare di essere colti impreparati in caso di scontro. Erano i rischi di cercare di passare per mercanti: anche se riuscivano a superare lo scrutinio dei loro nemici, questo però non escludeva un possibile attacco da parte dei briganti.
Stanca e intorpidita dalle ore sul carro, aveva deciso di scendere a sgranchirsi le gambe e camminare per una parte del tragitto.
Stavano proseguendo indisturbati lungo un sentiero circondato da campi quasi pronti per la raccolta estiva e frutteti i cui alberi erano carichi di frutta succosa dai colori vivaci.
Viste come quella erano fra le sue preferite perché le facevano venire in mente i tempi in cui abitava ancora al castello e lei e Leon passavano la maggior parte del loro tempo nel suo vasto giardino. Ricordava come Leon, con un po’ di persuasione, la aiutasse ad arrampicarsi sugli alberi per raccoglierne i frutti. Non era necessario che lei si arrampicasse, Leon era solito dirle sempre che avrebbe raccolto lui la frutta che desiderava, ma per lei quelli erano momenti di divertimento che non si sarebbe lasciata scappare. E poi la vista del giardino di cui godeva dai rami più alti, per la bambina che era un tempo, era la cosa più bella che potesse ammirare. Ed era ancora più bella se poteva condividerla con Leon.
Con una mano inconsciamente andò a cercare la sagoma rassicurante del pendolo che portava appeso al collo, sotto la stoffa del vestito. Aveva sostituito la catena singola a cui Iliana aveva legato il cristallo che le avrebbe permesso di localizzare Leon e il resto del suo gruppo con un’altra, più leggera e sottile, che poteva tranquillamente indossare.
Avere sempre la possibilità di sapere dove si trovasse Leon quando non era con lei le dava maggiore sicurezza e affievoliva l’effetto della distanza che li separava; quel pendolo assieme al libro comunicante erano le sole cose che la legavano a lui in quei momenti.
Un grido acuto squarciò l’aria. Lo sguardo di Serena si mosse in direzione di quel suono e i suoi occhi si posarono su un gruppo di persone che velocemente stavano procedendo nella loro direzione.
Erano due uomini, uno più alto dell’altro, e un ragazzo di bassa statura. Tutti e tre condividevano gli stessi capelli castani ed erano armati. In fuga dai tre c’era una donna dai capelli rossi, il suo vestito strappato in più punti, il viso contratto in un’espressione di terrore. Ora che era più vicina Serena si accorse che la donna portava una benda di garza sull’occhio sinistro, era ferita. Dovevano aiutarla, non potevano lasciarla finire nelle grinfie di quegli uomini.
Si accorse con piacere che anche il resto del suo gruppo aveva avuto la stessa idea ed erano tutti pronti a sfoderare le armi al momento opportuno.
La donna li aveva raggiunti ma, non avendo più le forze necessarie a reggersi in piedi, barcollò e Serena si mosse rapida per sorreggerla.
Intanto il re e i cavalieri avevano già reso i tre briganti inoffensivi ma, dalle loro facce, Serena colse un certo stupore. I tre non avevano opposto grande resistenza, come se non fossero stati veramente convinti delle loro azioni. Erano stati tutti e tre bloccati rapidamente a terra dai cavalieri. Il più giovane dei briganti sollevò la testa dal terreno. Aveva gli occhi grigi.
Ormai sicura del completo annientamento della minaccia, Serena rivolse nuovamente la sua attenzione alla donna fra le sue braccia.
“Non si preoccupi, adesso è al sicuro. Come si sente?” le chiese.
“Ti ringrazio” disse la donna “povera sciocca”
Quando quelle parole lasciarono la bocca della donna un ghigno selvaggio e crudele incrinò le sue labbra.
Fu talmente veloce che Serena riuscì solo a cogliere un bagliore metallico prima di ritrovarsi stretta nella morsa delle braccia della persona che aveva soccorso, una lama affilata alla gola. La sua presa su di lei  era salda, la mano che reggeva la lama ferma, Serena non poteva muoversi senza rischiare di farsi del male.
I cavalieri che non erano impegnati a trattenere i tre briganti, ora chiaramente complici della donna, si mossero in direzione delle due donne per soccorrere la principessa.
“Fate un altro passo e la ragazza farà una brutta fine” minacciò la rossa.
Serena avvertì la fredda lama sulla pelle e subito dopo un bruciore improvviso al collo. Qualcosa stava bagnando la sua pelle, sentiva un forte odore metallico. Era il suo sangue.
I cavalieri si fermarono all’istante.
“Bravi” disse la donna “sarebbe una morte inutile. In fondo non è lei il mio obiettivo”
Il corpo di Serena fu percorso da un brivido: se non era lei in suo obiettivo, chi allora?
“Che cosa vuoi da noi?” disse re Tyberius con voce imperiosa alla donna bendata; era vicino ma non abbastanza per poter essere di aiuto a Serena.
“Ma che tono minaccioso. Rilassati e non le accadrà niente di male” detto questo l’occhio buono della donna incontrò quelli di Serena “niente di personale” e infilò la mano libera dalla lama sotto il corpetto di Serena.
Lei trattenne a stento il gemito di sorpresa per quello che stava accadendo e ben presto la sua assalitrice ritrasse la mano, il pendolo ora stretto nel suo pugno.
C’era qualcosa di strano. Se fosse stata in pericolo il cristallo avrebbe dovuto brillare di luce rossastra e segnalare il pericolo a Leon e gli altri. Allora perché era inerte nella mano di quella donna? Serena fu avvolta da un’opprimente sensazione di terrore.
“Oh, che espressione adorabile. Davvero pensavi che non avessi preso precauzioni per una cosa del genere?” la donna sghignazzò e Serena sentì montare la rabbia nei confronti di quella persona orribile, un sentimento che non era abituata a provare.
“Perfetto. Ora ho quello che stavo cercando. Proprio come mi hanno detto quei soldati”
“Cosa?” sfuggì a Serena.
“Mi è bastato catturare un gruppetto dei vostri patetici soldatini della Resistenza e fargli assaggiare le mie torture perché mi rivelassero di te, la ragazza con il localizzatore”
Il panico si fece strada nel cuore di Serena, era tutto chiaro ora.
“No, ti prego” sussurrò, la voce bloccata.
“È stato bello, ma ora devo proprio andare” la donna strappò con forza la catenina dal collo di Serena e la spinse violentemente in avanti, facendola finire fra le braccia di re Tyberius, pronto a riceverla, e infine disse “addio” e scomparve nel nulla.
“Maledizione, deve aver usato un artefatto per scappare” disse un cavaliere.
Da terra il brigante di media statura stava blaterando nel panico “vi prego, non fateci del male. È stata lei a costringerci a farlo”
Furono le uniche parole che Serena riuscì a distinguere tra la cacofonia di urla intorno a lei e poi più niente. Le orecchie le fischiarono, la testa le girava e respirare le era difficoltoso.
Quella donna le aveva preso il pendolo in grado di localizzare il gruppo, di trovare Leon.
Non aveva tempo da perdere, doveva metterli in guardia prima che fosse troppo tardi.
Si sciolse dall’abbraccio di re Tyberius e corse, inciampando più volte, verso il carro.
Una volta all’interno spostò una cassa e divelse a forza un’asse di legno assicurata malamente per rivelare il libro comunicante nascosto sotto di essa.
Lo prese e lo aprì. Cominciò a scrivere, la calligrafia incerta per via del tremito che le percorreva le mani. Il suo sangue macchiò la pagina, si era ferita alle dita sollevando l’asse.
Sentì il rumore di qualcosa cadere e urtare il fondo del carro vicino a lei e vide che si trattava di un piccolo drago intagliato. Era stato un regalo che Leon le aveva fatto quando erano ancora dei bambini, lo conservava tutt’ora. Lo raccolse. Nella caduta il legno di un’ala del drago si era scheggiata. Le sue mani vennero scosse da nuovi tremiti ma strinse comunque forte il drago di legno e lo portò al petto. Non riuscì più a trattenersi e si abbandonò ad un pianto sommesso. Sperò con tutto il cuore che il suo messaggio arrivasse in tempo.
 



Salve a tutti, qui lost in books. Due capitoli questa settimana.
È un capitolo piuttosto intenso: si passa da una parte più tranquilla, in cui si scopre di più sul passato di Leon e Serena, all’angoscia, per poi finire con la consapevolezza che una minaccia incombe sul gruppo.
Inoltre in questo capitolo sono ricomparsi i fratelli Jarrell, i briganti non molto brillanti incontrati dal gruppo nei pressi di Idyll, complici loro malgrado, del furto del localizzatore. Almeno ora sono fuori dalle prigioni di Anthemis.
Al prossimo capitolo.
 

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Capitolo 20
*** 20 ***


20
 
La mattina dopo il loro arrivo alla locanda il cielo era limpido, non c’erano più tracce delle nuvole scure del giorno prima.
Quando Leon si era recato a fare colazione, premurandosi di svegliare Sandir che, gli fu subito chiaro dal lamento proveniente dalla sua testa nascosta sotto il cuscino, avrebbe preferito rimanere a poltrire su un letto comodo ancora per un po’, aveva trovato ad aspettarlo Sera e Iliana. Stavano ridendo di qualcosa e persino la maga, apparentemente di buon umore, che non aveva mai visto mangiare molto, sembrava stare apprezzando ciò che Giselle le aveva messo davanti. Notò subito che Iliana aveva i capelli umidi; doveva essersi lavata poco prima della colazione e non essersi curata di asciugarli con la magia. Quando si trattava di Sera invece capire quando si fosse appena lavata era più complicato, visto che aveva avuto modo di notare che le bastavano pochi secondi per far evaporare pentole piene d’acqua. Asciugarsi non era di certo un problema per lei, in nessun periodo dell’anno.
“Leon! Buongiorno” Sera si era accorta di lui “Dove hai lasciato quel dormiglione di Sandir?”
“Sono qui” disse il diretto interessato. Stava scendendo le scale strofinandosi gli occhi, lo sguardo malinconico “mi manca già il letto”
Giselle portò dei piatti anche per il giovane e il cavaliere ma si fermò a guardare in maniera strana le altre due occupanti al loro tavolo per poi andare a prendere da una cassettiera vicino all’ingresso delle mollette per stendere i panni. Sera le aveva rivolto un sorrisetto imbarazzato quando l’anziana l’aveva guardata, come se si sentisse in colpa per qualcosa, ma quando Leon le chiese se era successo qualcosa che doveva sapere ricevette come risposta solo che erano cose fra ragazze.
Dopo la colazione tutti indossarono abiti pesanti, tutti tranne Sera che non aveva problemi a gestire le basse temperature. Sul monte Everfrost avrebbe fatto molto più freddo rispetto a dove si trovavano e avevano deciso di prepararsi bene prima di partire, anche se avrebbero patito il caldo fino al loro arrivo in prossimità del monte.
Dennis si offrì volontario di accompagnarli fin dove gli era possibile con il carro in suo possesso e in breve tempo raggiunsero il punto dove avrebbero cominciato l’attraversamento della montagna. In prossimità dell’Everfrost Leon avvertì un graduale ma rapido abbassamento della temperatura. Se lo era aspettato ma rimase lo stesso affascinato dalla cosa. Non a caso l’Everfrost veniva anche definito il monte dell’eterno inverno.
Salutato Dennis, si prese un attimo per ammirare la roccia del monte, coperta da un manto di neve bianca. Erano fortunati che il cielo fosse sereno o avrebbero potuto ritrovarsi a scalare nel bel mezzo di una nevicata.
Sia Sandir che Iliana erano diventati improvvisamente seri: era chiaro che entrambi, ora che erano così vicini alla Torre, avevano dei sentimenti contrastanti all’idea di tornare dove avevano trascorso parte della loro vita.
Vide Sera prendere da parte Sandir e dirgli a bassa voce che se avesse avuto bisogno di parlare con qualcuno, lei c’era. Non era stata intenzione del cavaliere origliare ma fu contento di sapere quanto la ragazza si preoccupasse per i suoi compagni di viaggio. Per un attimo gli ricordò il modo di fare di Serena.
“Non sarà necessario arrivare in cima. Sfrutteremo delle gallerie create dai maghi per raggiungere la Torre. Io e Sandir ci occuperemo del percorso da seguire” disse Iliana, scuotendolo dai suoi pensieri.
Così cominciò il loro viaggio sul monte Everfrost. Iliana con la magia apriva dei passaggi, nascosti dietro uno strato di roccia artificiale ad opera dei maghi, per permettergli di passare. All’interno delle gallerie create dai maghi, Leon e Sera rimasero incantati dallo spettacolo di giochi di luce creati dal riflesso che le loro torce rendevano possibile incontrando le grandi quantità di pietre preziose e minerali dai vari colori e dimensioni intrappolate nella fredda e grigia roccia del monte. Il tutto per il divertimento di Sandir, per il quale tutto quello era qualcosa di familiare.
“Questo monte è la riserva più importante al mondo di pietre dalle proprietà magiche” spiegò Iliana “I primi maghi si stabilirono nei suoi pressi per essere in grado di raccogliere e studiare le varietà qui presenti e ben presto crearono i primi artefatti e iniziarono la costruzione della Torre verso cui siamo diretti. La cosa straordinaria però è che le riserve in questo luogo sono inesauribili. Quando le pietre vengono raccolte, dopo un certo lasso di tempo, decisamente più breve rispetto al normale, se ne vengono a formare delle altre a prenderne il posto. Secondo alcune fonti l’Everfrost fu un regalo degli dei alle loro creature, ma non possiamo esserne certi. Tenete però presente che a causa di queste pietre il funzionamento degli artefatti e della magia stessa è difficoltosa. Troppe interferenze”
Leon se ne era accorto. Quando aveva preso in mano il libro comunicante durante una breve pausa aveva notato la comparsa e scomparsa di alcune lettere apparentemente casuali sul libro. Ora aveva la spiegazione del perché. Ma non capiva esattamente in che modo l’aura del monte avesse influito sulla maga, che continuava a usare la magia con apparente disinvoltura. Era una prova di quanto Iliana fosse potente, così potente da metterlo quasi in soggezione.
Usciti dall’ennesima galleria e di nuovo all’esterno, il gruppo venne accolto da un accenno di nevicata. Piccoli e sparuti fiocchi di neve candida andarono ad unirsi al resto del manto nevoso sotto i loro piedi.
“Mi stavo chiedendo” disse Leon, affascinato dalle particolarità climatiche del monte “perché qui è sempre inverno?”
“Questo lo so” disse Sandir compiaciuto di se stesso. Finalmente conosceva una cosa che il cavaliere non sapeva.
“Guarda che lo so anche io” disse Sera frenando il suo entusiasmo.
“È una storia che di solito viene raccontata ai bambini” rincarò la dose Iliana.
“Mia madre è morta quando ero molto piccolo e mio padre non era il tipo da favole della buona notte” chiarì Leon.
“Te la racconto io allora” si offrì Sandir e si schiarì la voce “Tanto tempo fa, quando Sol e Umbra ancora vivevano al fianco delle loro creature, c’era uno spirito dell’acqua molto potente, una donna dalla straordinaria bellezza sia interiore che esteriore. Il suo nome era Chione e aveva fatto di questo monte la sua dimora. Un giorno si imbatté in un uomo, un essere umano rimasto senza forze durante l’esplorazione della montagna. Chione allora si prese cura di lui e lo rimise in forze. Rimasta affascinata dall’animo curioso dell’uomo decise di condividere con lui ciò che sapeva sulla montagna. I due trascorsero diverso tempo assieme, esplorando ogni angolo, imparando diverse cose l’uno dell’altra, e infine si innamorarono. Passarono insieme anni felici ma come è ben noto, la durata della vita di spiriti e umani differisce enormemente e venne il giorno in cui l’uomo, ormai vecchio, morì, lasciando la donna da sola. Chione, in preda al dolore per la perdita del suo amato, andò a pregare gli dei di riportarlo in vita. Sia Sol che Umbra gli risposero che non avrebbero acconsentito alla sua richiesta, che la vita dell’uomo aveva fatto il suo corso. Non avrebbero fatto eccezioni per nessuno. Così Chione tornò alla sua montagna, il suo cuore spezzato e gelido come il ghiaccio. Da quel momento in poi l’Everfrost fu completamente avvolto dalla neve, specchio del suo cuore. Lei non voleva più vedere nessuno, così trascorse il resto dei suoi giorni in completa solitudine, a piangere per il suo amore perduto fino a che anche la sua vita giunse al termine. Anche dopo la sua morte l’Everfrost non tornò più ad essere come prima e ancora oggi è sempre inverno. Si dice che quando nevica, i fiocchi non siano altro che le lacrime di Chione, che continua a piangere per il suo amato anche dopo la morte”
“È così romantico” disse Sera alla fine del racconto con sguardo sognante.
“Romantico? È una tragedia!” replicò Sandir, incredulo per le parole della sua amica.
“L’amore che lei ha provato per il suo amato era così forte da aver influenzato per sempre questa montagna!” controbatté Sera.
“Io invece penso che il suo amato non avrebbe voluto che lei passasse il resto dei suoi giorni a piangere e disperarsi per lui ma che cercasse di tornare ad essere felice” disse Sandir. Leon notò un rapido e leggero cambio di espressione in Iliana, il tempo di un battito di ciglia.
I due giovani continuarono il loro scambio di opinioni fino a sfociare in una vera e propria lite. Leon stava per intervenire, si sentiva in colpa per aver dato inizio senza volere al loro battibecco, quando i due dissero in coro “Allora cosa ne pensate voi due?”  i loro occhi si spostavano tra lui e Iliana, nessuno dei due voleva avere torto.
“È solo una storia, talmente lontana dal nostro tempo che non è neanche detto sia accaduta  veramente” disse Leon.
“Come ha detto Leon è solo una storia, una triste favola per bambini ed il messaggio è chiaro e semplice: se uno spirito e un umano si innamorano, questo è quello che può succedere, siete avvisati” disse Iliana e con quello e un suo sguardo raggelante la discussione si concluse senza nessun vincitore. 
Continuarono a procedere spediti, Sera e Sandir ancora si guardavano torvi, fino a che non raggiunsero un luogo che, a detta di Iliana e Sandir, veniva utilizzato dai maghi come punto di ristoro.
Sera si occupò di accendere il fuoco all’interno di una piccola grotta, grande abbastanza per tutti loro.
“Questo punto è uno dei meno influenzati dalle proprietà del monte. Forse sarà anche possibile riuscire a comunicare con la Resistenza” disse Iliana. Era una buona notizia; Leon era stato ansioso tutto quel tempo, senza la possibilità di sapere come stavano andando le cose.
Ormai stava per tramontare il sole e la neve stava cominciando a cadere con più insistenza.
Stavano tutti riposando e Sera aveva tirato fuori dalla sua sacca un libriccino su cui si mise a scrivere concentrata. Era una cosa che le aveva visto fare spesso ultimamente.
Leon rimase a guardarla fino a che lei non si accorse dello sguardo dell’uomo.
“Cosa c’è?” gli chiese.
“Niente. Ero solo incuriosito da quello che stavi facendo” rispose lui.
“Oh, stavo aggiornando il mio diario. Durante il viaggio per recuperare i frammenti Florian ha riempito diversi album da disegno con le cose che vedeva e le persone che ha incontrato lungo il cammino. Siccome io sono totalmente negata per il disegno ho deciso invece di trascrivere quello che ci succede durante il viaggio” c’era una leggera punta di imbarazzo nella sua voce.
“Bella idea” la rassicurò lui.
“Grazie. Stavo scrivendo di tutto quello che abbiamo visto oggi. Però devo ammettere che mi sarebbe piaciuto vedere almeno un giacimento di quarzo. Non ne ho mai visto uno e speravo che fosse la volta buona”
“Ce n’é uno qui vicino, se vuoi” era stata Iliana a parlare. La grotta non era abbastanza grande perché si potesse avere una conversazione  privata senza che tutti gli occupanti sentissero.
Sera chiuse il diario di colpo “Davvero? Allora andiamo!” prese la maga per mano e si diresse verso l’esterno, trascinandola con sé, ma poi si fermò “Per voi va bene?” chiese la ragazza speranzosa al resto del gruppo.
“Andate pure. Ma non  metteteci troppo” disse Leon. Sandir era d’accordo. Così i due rimasero da soli nella piccola grotta.
Era tutto tranquillo e Leon ne approfittò per controllare il libro comunicante. Ancora niente. Decise di lasciarlo aperto sperando che prima o poi comparisse qualcosa di sensato.
Ad un certo punto Sandir, che era seduto accanto al fuoco, si alzò in piedi e storse il naso.
“Lo senti anche tu questo odore?” si rivolse a Leon.
“No, che odore?”
“È strano. È come se ci fosse un altro odore sopra a coprirlo quindi non riesco a capire bene cos’è, ma l’ho sentito”
Sandir uscì appena fuori dalla grotta, portando con se una spada per sicurezza come gli era stato insegnato, e cominciò a guardarsi intorno e ad annusare l’aria, perplesso.
Leon decise di andare a controllare anche lui ma prima voleva chiudere il libro.
Fu quando lo prese in mano che delle parole cominciarono a prendere forma sulle pagine.
Era un messaggio, contornato da macchie scure, come sangue rappreso. Una volta letto quello che c’era scritto agì in fretta. Con il libro ancora in mano prese la sua spada e corse verso il suo compagno.
“Sandir!” gridò Leon.
Il giovane, accortosi che il cavaliere stava venendo rapidamente verso di lui, lo guardò stranito. Non si era neanche reso conto del pericolo che incombeva su di lui.
Un secondo dopo era a terra. Nel punto in cui si trovava un attimo prima, la spada di Leon aveva intercettato una lama corta le cui intenzioni non erano chiaramente amichevoli. La persona che la stava manovrando era una donna dai capelli rossi, liberi di danzare al vento. il libro comunicante era a terra, tranciato in due parti, ora completamente inutile.
“Ottimi riflessi. Se fossi arrivato un secondo più tardi il ragazzino sarebbe morto” disse la donna, ritirando la sua daga.
Leon la osservò per bene: capelli rossi, una benda scura sull’occhio sinistro e un occhio marrone da cui trasudava sete di sangue.
Era vestita in modo pratico, adatto ad un combattimento, ed era chiaro che non fosse lì per chiacchierare amabilmente con loro. Era lì per ucciderli.
“Non è stato facile trovarvi. Dovevate andare proprio sull’Everfrost?  E io che mi ero presa la briga di rubare questo” la mano che non era occupata dalla daga e che fino a quel momento aveva tenuto stretta a pugno si aprì, rivelando un localizzatore. Leon si sentì raggelare, ma non per il freddo. Non doveva farsi prendere dal panico, doveva mantenere la calma.
“Chi sei e perché ci hai attaccati?” chiese il cavaliere impassibile, attento ad ogni possibile mossa della donna.
“Potete chiamarmi Lavi. Rivelo sempre il mio nome alle mie future vittime. E di solito se è possibile chiedo anche i loro di nomi, fa parte del mio codice d’onore. Dunque, il ragazzo biondo si chiama Sandir e tu invece?”
“Leon” rispose senza indugio alcuno il cavaliere.  Sandir nel frattempo si era allontanato di qualche passo e aveva sguainato la spada, pronto a combattere.
“Bene, ora che ci siamo occupati dei convenevoli è arrivato il momento di uccidervi. È un lavoro sporco il mio, ma qualcuno deve pur farlo” sorrise lei malignamente, rivolta a Leon.
Con un grido Sandir corse verso la rossa e mosse il braccio in cui impugnava la spada. Il suo colpo fendette solo aria. La donna  si era spostata lateralmente piroettando con grazia e senza alcuno sforzo lontana dalla traiettoria della spada del ragazzo.
“Vedo che qualcuno ha fretta di morire” sogghignò lei “allora direi di cominciare” sguainò un’altra daga, così da averne una per mano, e con lo sguardo di un predatore disse “balliamo!”
Sia Leon che Sandir le andarono incontro. Era brava a combattere, anche troppo. Tutti i colpi che le scagliavano addosso venivano abilmente parati o schiavati dalla donna con la grazia di una danzatrice. Per tutto il tempo del combattimento lei sembrava divertirsi, sghignazzava, li scherniva.
Sandir si fece prendere dalla rabbia, non sopportava di essere preso in giro, e la sua precisione ne risentì.
“Sandir, non farti distrarre” Leon aveva capito l’intento della donna. Voleva provocarli e spingerli a commettere degli errori che gli sarebbero stati fatali.
Con suo dispiacere, Leon vide che Sandir non sembrava volerlo ascoltare, era troppo preso dall’atteggiamento della donna per ragionare.
La neve ora cadeva più fitta, vedere era più difficoltoso, ma ciò non sembrava aver dato alcun fastidio alla rossa, che approfittò di un’ apertura di Sandir per colpirlo con un calcio sullo stomaco che lo fece finire contro una parete di roccia. L’impatto fu così violento che il giovane perse conoscenza, la spada inerte a terra al suo fianco, e un copioso rivolo di sangue a macchiare il suo volto.
“Fuori uno, ne resta un altro” disse lei canticchiando allegramente.
Leon non ebbe tempo di preoccuparsi dello stato di Sandir poiché Lavi rivolse subito tutta la sua attenzione su di lui.
Una cosa era chiara: non era una persona qualunque. Il calcio con cui aveva colpito Sandir era stato estremamente potente. E non solo quello, tutti i suoi colpi erano dotati di grande forza che però non sembrava influire negativamente sulla sua precisione. Non lo avrebbe mai detto, a causa del suo aspetto ingannevole, ma a quanto pareva aveva dei buoni muscoli.
Anche il suo modo di combattere era particolare: i suoi movimenti erano fluidi e precisi, i suoi passi armoniosi e leggiadri come quelli di una ballerina. La sua era una danza, una danza mortale. Solo uno fra loro ne sarebbe uscito vincitore.
Combattere contro di lei lo stava stancando più di quanto volesse ammettere, così cercò di distrarla parlando “Che cosa ne è stato della persona a cui hai preso il localizzatore?”
“Non ne ho idea” disse lei vaga e tornò ad attaccarlo.
“Perché fai questo? Fra tutto quello che potresti fare, perché dovresti macchiarti di certe azioni?” insistette lui.
“Sono affari miei!”
Fu allora che Leon la vide, un’apertura. Era riuscito ad irritarla e lei per un breve attimo gli  aveva offerto un’opportunità  che lui non si fece scappare.
Una delle daghe di Lavi volò in aria e ricadde al suolo con un tonfo, lontano da lei.
Lavi, che si era subito allontanata di qualche passo dal cavaliere dopo il colpo subito, era ora intenta ad osservare la mano vuota che aveva retto la daga perduta. Sanguinava ma non era niente di grave.
Dopo qualche secondo lei scoppiò a ridere, sempre più forte, la testa rivolta verso il cielo.
Leon rimase impietrito a guardarla. Quella donna era completamente fuori di testa.
Calmatasi, lei rivolse nuovamente l’attenzione sull’uomo “Lo sai, sei il primo che riesce a privarmi di un’arma da moltissimo tempo” il suo volto si spaccò in un ghigno feroce “ti premierò facendo sul serio” e si avventò ferocemente su di lui.
Adesso era ancora più veloce e violenta di prima. Aveva dell’incredibile, Leon stentava a credere che un essere umano potesse essere così forte. Doveva avere dei buoni artefatti con sé, in grado di funzionare bene anche sull’Everfrost, non c’era altra spiegazione.
Lo scontro stava volgendo al peggio per lui ma Leon non poteva permettersi di perdere, così fece appello alle forze che gli rimanevano per un ultimo, potente assalto.
“Sei bravo” ammise la donna, intenta ad affrontare i poderosi colpi di spada del cavaliere “ma io lo sono di più”
Leon la vide sorridere come gatto che finalmente aveva catturato il topo e subito dopo sentì del freddo acciaio affondare nella sua carne. Abbassò lentamente lo sguardo, incredulo, sul suo fianco destro e i suoi occhi incontrarono la daga di Lavi. La donna non perse tempo ed estrasse subito la sua arma dal corpo del cavaliere. Il sangue cominciò a sgorgare copiosamente dalla ferita e Leon cadde sulle ginocchia, non più in grado di reggersi in piedi.
Il dolore non tardò ad arrivare. Leon si sentiva bruciare, una mano a coprire il buco lasciato dalla lama.
“Leon!” era la voce di Sandir, seppur ovattata alle sue orecchie. Lo vide avvicinarsi rapido verso di lui e la sua aguzzina, la spada di nuovo in mano. Lavi ingaggiò subito il combattimento, pronta a completare l’opera.
Da una parte Leon era sollevato dal sapere che il suo amico fosse vivo, dall’altra stava lottando contro il suo stesso corpo per restare cosciente.
La vista gli si annebbiò, stava perdendo troppo sangue.
Pensò che fosse stato un bene non rivelare i suoi sentimenti a Serena all’accampamento, non l’avrebbe fatta soffrire più di quello che già si aspettava. Ma se doveva essere totalmente sincero con se stesso, una piccola parte di lui rimpiangeva non aver detto niente. Per quanto lo spaventasse, avrebbe voluto sapere quale sarebbe stata la risposta della sua migliore amica.
Era sempre più difficile restare vigile. Riusciva a malapena a scorgere le forme di Sandir e Lavi, intenti a combattersi vicino al bordo della montagna, il vuoto poco oltre.
Non aveva più l’energia neanche per restare seduto e finì completamente disteso a terra. Non avvertì alcun dolore quando cadde, non sentiva più il freddo pungente sulla pelle, era come anestetizzato.
Con le ultime forze, sorreggendosi a fatica su un braccio, sollevò la testa verso il punto in cui stavano combattendo i due rivali.
Riuscì a distinguere Sandir, in piedi accanto a Lavi che ora si trovava ad un passo dal vuoto.
Pensò di averla sentita ridacchiare flebilmente e in qualche modo riuscì ad udire alcune delle sue parole “Hai vinto”
La sua vista non gli permise di vedere chiaramente quello che stava succedendo ma comprese che Sandir in qualche modo doveva essere riuscito a trafiggerla. Era strano però. Complice la sua vista  offuscata, non poteva essere sicuro di quello che aveva davanti agli occhi, ma non  era in grado di  distinguere chiaramente l’arma in mano al suo compagno, che però non gli ricordava la spada in possesso del suo amico. Vide la donna cadere all’indietro, nel vuoto, e anche lui cedette.
La sua testa colpì il suolo, l’ultima cosa che vide fu il luccichio di una lama conficcata nella roccia, la neve sempre più fitta, e infine perse conoscenza.



Salve a tutti, qui lost in books.
Probabilmente il modo in cui si conclude il capitolo, con il destino di Leon incerto, farà arrabbiare qualcuno. Cercherò di aggiornare il più presto possibile.
Visto che questa storia ormai ha raggiunto i venti capitoli avrei una curiosità, quindi la parola ai lettori: c'è un personaggio che preferite e uno che non sopportate e perchè? Fatemelo sapere se volete.
Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 21
*** 21 ***


21
 
Stava fluttuando. Intorno a lui c’era solo il vuoto, tutto era silenzio. Non aveva alcun pensiero al mondo, nessuna preoccupazione. Si sentiva in pace come non gli capitava da parecchio tempo, da quando era ancora un bambino.
“…on”
Sentì un rumore, una voce, ma non riusciva a capire cosa volesse dirgli. Si concentrò sul suono.
“Leon” ora la udiva chiaramente. Una voce lo stava chiamando.
Il suo corpo incontrò una superficie solida, chiuse e riaprì più volte gli occhi per mettere a fuoco la scena che stava prendendo vita intorno a lui. Un camino acceso illuminava una stanza ben arredata ed elegante; si trovava in un luogo a lui familiare. Il viso di una bambina entrò nel suo campo visivo. La conosceva bene, era Serena, come la ricordava ai tempi in cui ancora viveva al castello di Dahlia. Lei gli tese una mano, sorridente, per aiutarlo ad alzarsi e solo allora, quando vide il suo stesso braccio teso verso quello di lei, si rese conto che anche lui era di nuovo un bambino e si trovava proprio al castello.
Improvvisamente Serena cominciò a correre e gli lanciò una sfida “Vediamo se riesci a prendermi!” e lui la inseguì lungo gli splendenti corridoi dorati che ricordava dalla sua infanzia.
Serena raggiunse una porta in fondo ad un lungo corridoio, la aprì e la attraversò. Leon non riusciva a vedere altro che luce oltre la porta, ma avrebbe raggiunto Serena anche a costo di andare incontro all’ignoto, così andò verso quella luce.
Adesso si trovava in una base della Resistenza, intorno a lui solo grandi tende e spiazzi pieni di armi e manichini dedicati all’addestramento. Ora era adolescente. Cercò Serena e la trovò accanto all’ingresso della tenda adibita ad infermeria, la sfera di cristallo che utilizzava per mantenere la sua barriera fra le mani. Anche lei era più grande. La vide entrare lentamente all’interno. Leon corse verso la tenda e la seguì senza indugio.
Ora si trovava di nuovo in uno spazio vuoto, avvolto solo da luce bianca. L’unica presenza a fargli compagnia era quella di Serena, tornata alla sua età attuale, come lui. Lei camminò verso il cavaliere guardandolo dolcemente. Ormai di fronte a lui, la donna tese una mano fino a poggiarla delicatamente su una guancia del cavaliere.
“Devi svegliarti” disse lei.
“Come? Non capisco” Era già sveglio. Perché gli stava chiedendo una cosa del genere allora?
“Ricorda quello che è successo. Concentrati” insistette lei.
Leon non capiva ma cercò di fare quello che gli aveva chiesto. L’ultima cosa che ricordava era di essersi avventurato sull’Everfrost ma niente altro. Cominciò a capire, ora non si trovava più lì e non sapeva dove fosse. Non aveva alcun senso.
“Perché sono qui? Dove sono?”
“Ricorda” fu tutto quello che disse lei.
Si sforzò, doveva farlo per capire. Ora ricordava la neve, sempre più fitta, una risata e dei capelli rossi mossi dal vento.
Sentì un dolore acuto al fianco destro. I suoi occhi si spostarono su di esso e incontrarono un foro sanguinante. Ora ricordava, era stato ferito.
“Svegliati!” disse Serena.
 
Leon aprì gli occhi. Quando riuscì a mettere a fuoco quello che gli stava attorno, si rese conto che tutto ciò che lo circondava non gli era familiare. Era disteso su un letto comodo in una stanza decisamente spoglia da quello che riusciva a vedere. Della luce entrava da una finestra di fronte ai suoi occhi.
Provò a mettersi seduto ma appena cominciò a muoversi un dolore acuto al fianco gli impedì di farlo. Ricadde disteso, la testa gli girava.
“Leon!” una testa rossa e occhi d’ambra entrarono nel suo campo visivo. Era Sera e sembrava sul punto di mettersi a piangere.
“Ti sei svegliato” la ragazza gettò le braccia attorno al collo del cavaliere, scatenandogli  un’altra dolorosa fitta al fianco.
“Sera, così lo uccidi” le braccia di Sandir avvolsero la vita della giovane che venne sollevata di peso dal corpo dell’uomo. Osservando i due, Leon si rese conto che ora Sandir era più alto rispetto a quando lo aveva conosciuto. Sera, che non brillava per la sua altezza invece, sembrava quasi un cucciolo fra le sue braccia.
“Cosa è successo?” riuscì a chiedere lui a fatica.
“Quella donna, Lavi, ti ha trafitto al fianco” spiegò Sandir.
“Quando io e Iliana siamo tornate ti abbiamo trovato riverso a terra con Sandir che stava cercando ti tamponarti la ferita con della stoffa. Eri pallido come un cadavere” cominciò a raccontare Sera, la sua voce era incerta per l’emozione “Iliana è intervenuta subito ed è riuscita a stabilizzarti ma avevi perso troppo sangue e non sapeva se ce l’avresti fatta. Anche se era rischioso per via delle interferenze del monte e la distanza ti ha portato alla Torre con la magia di teletrasporto mentre io e Sandir vi abbiamo raggiunti a piedi. Avevo paura di arrivare alla Torre e sentirmi dire che non ce l’avevi fatta e, e…  Per fortuna stai bene” e non trattenne più le lacrime per il sollievo.
“Per quanto tempo sono rimasto incosciente?” chiese Leon.
“Una settimana” rispose Sandir. Improvvisamente Leon lo vide assumere un’espressione preoccupata. Lo vide lasciare la presa su Sera che era ancora fra le sue braccia e andare il più velocemente e silenziosamente possibile verso un grande armadio, uno dei pochi oggetti nella stanza, e nascondercisi dentro. Decisamente uno strano comportamento per cui non aveva una spiegazione.
Sentì dei passi in avvicinamento e poi qualcuno bussare alla porta. Sulla soglia comparve una donna. Sembrava essere sulla trentina, aveva folti capelli neri raccolti in una crocchia ordinata. C’era un’unica ciocca di colore grigio a stonare nel nero lucido dei suoi capelli. Aveva un fisico snello, carnagione lattea e gli occhi di una persona che aveva visto molte cose, di un verde intenso, nascosti da dei piccoli occhiali da vista. Portava una tunica scura, tipico abbigliamento dei maghi, e aveva un portamento elegante.
“Vedo che il bell’addormentato si è svegliato finalmente. I tuoi amici erano molto preoccupati per te” disse la nuova arrivata.
“Ti presento Beatrice, il Gran Maestro di Iridium, la Torre dei maghi” fece le presentazioni Sera.
La ragazza lo aiutò a mettersi seduto, la schiena appoggiata sul morbido cuscino, e gli diede dell’acqua, sollievo per la sua gola secca.
“È un piacere conoscerla. Il mio nome è…”
“Leon. Me lo hanno detto i tuoi compagni. Vieni da Dahlia immagino”
“Sì”
“Lo sapevo. È un’usanza popolare da almeno mille anni fra le famiglie nobili di Dahlia dare ai propri figli nomi che userebbe un Darman in segno dei buoni rapporti tra le vostre genti” disse Beatrice per poi avvicinarsi a lui “ora devo controllare come sta procedendo la tua guarigione”
Beatrice, con l’aiuto di Sera, sfilò la casacca che copriva il busto dell’uomo. Il suo era un corpo allenato e muscoloso, cosparso da numerose cicatrici, la più recente e grossa ancora di un rosa acceso.
La donna cominciò ad esaminare Leon e infine emise il suo verdetto “Stai guarendo bene. La ferita potrebbe farti male ancora per qualche giorno ma con le nostre cure sarai in grado di muoverti, correre e fare a botte in due o tre giorni al massimo. Ora vi lascio, ho cose molto più importanti da fare” si avviò in direzione della porta ma prima di andarsene aggiunse “Sera, fai sapere a Sandir che non potrà evitarmi per sempre” e se ne andò.
Un minuto dopo che Beatrice si fu allontanata Sandir uscì, sospirando, dall’armadio “Se n’è andata finalmente”
Sera si mise a ridere “Da come ti ho visto evitare Beatrice da quando siamo qui deduco che fosse lei quella che non ti lasciava mai in pace, l’amica di Bog. Però non mi sembra una persona così terribile”
“Perché non sei mai stata presa di mira da lei. Mai fidarsi di Beatrice. Neanche del suo aspetto” poi si rivolse a Leon “anche se sembra una trentenne in realtà ha più di settant’anni ma è troppo vanitosa per mostrare la sua vera età”
Leon aveva sentito parlare di maghi che alteravano il loro aspetto ma era la prima volta che ne incontrava uno. Gli unici segni visibili della vera età della donna erano la ciocca di capelli grigi e la saggezza che si raggiungeva solo con l’età a trasparire dai suoi occhi.
“Cambiando discorso, non riesco a ricordare bene i dettagli. Come è finito esattamente lo scontro con quella donna e dov’è ora Iliana?” chiese Leon, ancora a torso nudo.
“Iliana sta lavorando, poi le dico di passare a trovarti così ti aggiornerà direttamente lei sulla nostra situazione” rispose Sera “per quanto riguarda lo scontro invece devi ringraziare questo qui” dette quelle parole lei punzecchiò lo stomaco di Sandir per poi ritirare la mano, stranita.
“Ma che è successo qui?” sollevò senza permesso la casacca del giovane fino a rivelare un fisico allenato “Questi non c’erano quando ci siamo conosciuti” disse indicando gli addominali del giovane.
Sandir la guardò compiaciuto, le mani sui fianchi e il petto in fuori.
“Per un Darman è normale mettere su muscoli in fretta. Fa parte della loro natura” Iliana era comparsa sulla soglia della stanza.
“Ma non eri difettoso tu?” Sera era rimasta contrariata.
“A quanto pare qualche caratteristica della mia gente ce l’ho comunque” le rispose il giovane.
“Sarà…” sbuffò Sera “noi ora ti lasciamo riposare. Ciao Leon, ciao Iliana” e una volta afferrato Sandir per mano lo trascinò fuori dalla stanza, lasciando il cavaliere e la maga da soli.
La donna si avvicinò all’uomo e, una volta presa in mano la casacca abbandonata ai piedi del letto, si rivolse a lui “Immagino ti faccia ancora male. Ti aiuto a rivestirti”
Leon la ringraziò e in breve tempo ebbe di nuovo della stoffa a coprirgli il torso. Era incredibilmente morbida, probabilmente la stoffa era stata migliorata con la magia.
“Credo vorrai sapere cosa è successo mentre eri incosciente” continuò Iliana che, dopo un cenno di assenso dell’uomo, cominciò il resoconto.
“Quando siamo arrivati, dopo essermi assicurata che fossi fuori pericolo, ho chiesto subito del macchinario che avevo costruito per trovare i Darman. Quello che ho ottenuto come risposta non è stato confortante” c’era astio nella sua voce “A quanto pare, qualche tempo dopo la partenza di Sandir dalla Torre, Beatrice ha scoperto che un Maestro di cui si fidava completamente in realtà stava facendo il doppio gioco, ma purtroppo il danno era già stato fatto. Quell’uomo aveva già reso noto ad Anthemis l’aspetto di Bog e Sandir e inoltre era riuscito a manomettere la macchina che ho costruito. Non escludo che abbia anche provato a descriverla agli adepti ma essendo un macchinario molto complesso dubito sia riuscito a comprenderne a pieno le meccaniche. Quando lo hanno scoperto, per assicurarsi che la macchina non venisse mai usata anche se qualcuno fosse stato capace di ripararla, è riuscito a trafugare una fiala contenente il sangue di Akane, l’unica che avevamo. L’avevo conservata qui, tramite la magia perché, per far sì che la macchina funzioni, è necessario un campione di sangue di Darman. Nella colluttazione la fiala è stata distrutta e nessuno dei maghi della Torre è stato in grado di riparare la macchina. Motivo per cui è quasi una settimana che ci lavoro assieme a Beatrice ma ormai ci siamo”
Leon rimase sconvolto dalla notizia di una spia tra i maghi della Torre. Doveva aver causato enorme scompiglio tra i maghi che non sapevano più di chi potersi fidare. E un pesante colpo per il Gran Maestro.
“Bene, ora ti lascio riposare. Ne hai bisogno” Iliana cominciò ad avviarsi verso la porta della stanza ma Leon la fermò.
“Volevo ringraziarti. Se non fosse stato per il tuo intervento ora io non sarei più qui”
“Sei fortunato che le magie di guarigione sono fra quelle che mi riescono meglio da sempre” la donna accennò un sorriso a mezzo volto “Inoltre ho una certa fama da mantenere”
Leon la guardò intensamente “So che non ti sono molto simpatico ma hai fatto tutto il possibile per salvarmi. Significa molto per me. Non so come potrò mai sdebitarmi”
“Comincia non facendoti quasi ammazzare un’altra volta. E poi non l’ho fatto solo per te” Iliana gli rivolse uno sguardo carico di significato “Non volevo che lei soffrisse”
Leon sapeva a chi si stava riferendo ma non pensava che Iliana tenesse Serena in così alta considerazione. Qualcosa gli diceva che c’era dell’altro.
Ormai sulla soglia Iliana aggiunse “Comunque sappi che mi stai meno antipatico rispetto a prima. Ma solo un pochino”
Rimasto solo, Leon si rilassò. Era vivo e nonostante ci fossero stati dei problemi ora avrebbero localizzato i Darman in qualche modo. Lentamente cadde in un sonno senza sogni.
 
Era già pomeriggio. Leon si era svegliato quella mattina per il sollievo di tutti e stava riposando in una stanza negli alloggi dei maghi, poco distanti dalla Torre vera e propria, situata su un bassa collina. Sandir e Sera erano stati entrambi convocati da Iliana nella stanza della Torre dove era conservata la macchina che, a quanto aveva detto lei, aveva appena finito di riparare. Nessuno dei due aveva ben chiaro come funzionasse ed erano parecchio curiosi. Insieme salirono diverse rampe di scale fino a giungere davanti alla porta che li separava dalla maga.
Appena sulla soglia gli occhi di Sandir incontrarono la persona che meno avrebbe voluto vedere fra tutte le persone che frequentavano la Torre: Beatrice. Rimase paralizzato sul posto, bloccando l’ingresso a Sera, che non perse tempo e decise di spingerlo in avanti per scuoterlo.  Non ci aveva messo molta forza però Sandir inciampò e quasi cadde a terra ma riuscì a reggersi in piedi e guardò male la ragazza che per tutta risposta gli rivolse un sorrisetto innocente.
“Eccovi qui. Ora possiamo cominciare” Iliana era sbucata da dietro un grande macchinario dall’aspetto complesso in fondo alla stanza. Era un ammasso di metallo nero e pietre magiche, di diverso colore e funzione, che ricordava vagamente una fornace quadrata. Sulla cima della base cubica poggiava una lastra di colore azzurrino sul cui centro era incastonato un contenitore di vetro dall’aspetto di una fiala. Ai quattro lati si sviluppavano in altezza dei pali, uno per lato, decorati con delle venature trasparenti che, curvandosi, si congiungevano fra loro nel loro punto più alto.
“Scusa la domanda Iliana, ma non capisco perché ci hai chiamati qui” chiese Sera.
“È semplice. Per far funzionare la macchina ho bisogno di voi”
“E cosa dovremmo fare?” disse Sandir perplesso.
“Il tuo aiuto è fondamentale Sandir” prese la parola Beatrice per poi afferrare un coltello affilato, cosa che fece sbiancare il giovane, la cui mente considerò rapidamente ogni possibile motivo per cui sarebbe stato necessario l’uso di quella lama applicata a lui ,“ci serve il tuo sangue”
Beatrice raccolse con la mano libera un’ampolla particolarmente grande e fece qualche passo verso il ragazzo “Ci vorrà solo un attimo. Devo solo riempire questa ampolla”
“Veramente non è necessaria una quantità così grande del suo sangue. Ne basta qualche goccia” si intromise Iliana.
“Meglio prenderne di più in caso sia necessario usare più volte il macchinario” disse Beatrice senza distogliere lo sguardo dal giovane, un sorriso amabile sul volto.
Sandir la guardò male “Non è necessario il tuo aiuto. Se c’è bisogno del mio sangue faccio da solo” tenendo gli occhi sul Gran Maestro della Torre si avvicinò ad Iliana e, preso in mano un coltellino da un tavolo vicino, le chiese “Dove va messo il sangue?”
Iliana gli indicò il punto in cui si trovava il contenitore lungo e sottile come una fiala e, ad un  cenno della donna, si procurò un piccolo taglio sul palmo della mano. Il suo sangue rosso  cominciò a colare all’interno della fiala.
“Può bastare” disse Iliana, prendendo la mano del ragazzo tra le sue. Le mani della donna si illuminarono e in pochi secondi quella di Sandir fu come nuova, non era rimasto neanche un piccolo segno.
Nel frattempo Beatrice aveva rimesso a posto quello che aveva tenuto in mano e si era messa a fissare con insistenza il giovane, che decise di rimanere dove si trovava. Si sentiva più tranquillo vicino ad Iliana, il più lontano possibile da Beatrice. Però qualcosa gli diceva che sarebbe stata dura continuare ad evitarla, sembrava parecchio determinata.
“Sera, ora tocca a te” disse Iliana.
La ragazza si avvicinò ai suoi due compagni “Cosa devo fare?”
“Il tuo compito sarà fornirci l’energia necessaria ad azionare la macchina. Assumi l’aspetto di una fiamma e vai all’interno del macchinario, lì” la donna indicò un punto al centro, nel lato frontale rispetto alla ragazza, del macchinario su cui c’era una sorta di ampio foro sigillato da una superficie semitrasparente “Non correrai alcun rischio, te lo prometto” aggiunse vedendo lo sguardo improvvisamente preoccupato di Sera.
Quando le parole spirito e macchinario venivano associate negli ultimi anni, di solito era perché ci si riferiva a congegni in grado di distruggere la vita degli spiriti, i macchinari degli adepti. Per questo Sera era visibilmente a disagio all’idea del compito affidatogli, ma aveva fiducia nella sua compagna e si fece coraggio.
“Una volta dentro devi sprigionare più energia possibile. Quando avremo ottenuto quello che ci serve ti farò uscire subito”
Ultimate le spiegazioni, Sera cambiò forma e Iliana aprì l’ingresso per permetterle di entrare.
A breve le venature trasparenti sui pali della macchina si illuminarono di luce rossastra, dal basso verso l’alto, e poco dopo anche la lastra azzurrina si illuminò.  
Il sangue nella fiala lentamente cominciò a riversarsi all’interno della lastra e delle parole cominciarono a prendere forma sulla superficie.
“Abbiamo finito” detto quello Iliana riaprì l’ingresso al macchinario per permettere a Sera di uscire. La ragazza assunse le sembianze a cui era più abituata, i capelli infuocati e gli occhi completamente rossi, sospirando per il sollievo di non dover ripetere l’esperienza.
Anche Beatrice si avvicinò al resto del gruppo per vedere cosa il macchinario aveva rivelato.
Sulla superficie della lastra c’era scritto deserto di Kalm.
 
Avevano discusso per qualche tempo, ancora nella stanza del macchinario, sul luogo in cui avevano scoperto si trovassero i Darman. Il deserto di Kalm non era lontano ma era noto a tutti quanto fosse difficile stanziarcisi. Nella stagione calda era abbastanza tranquillo e il problema principale era trovare riserve d’acqua. Nella stagione fredda invece era impossibile riuscire a sopravviverci. In passato un gruppo di umani aveva tentato di insediarsi nei pressi di una grande oasi, non troppo distante dall’inizio del deserto, ma erano stati quasi tutti sopraffatti dal clima impossibile al loro primo inverno. La temperatura scendeva troppo la notte e venti estremamente potenti impedivano di uscire dai luoghi sicuri. I pochi che erano riusciti a tornare indietro dopo quell’esperienza non erano più stati gli stessi, ma ancora restavano i segni del loro tentativo di insediamento. Era lì che dovevano trovarsi i Darman, non c’era altro luogo conosciuto con riserve idriche sufficienti per sostentare un gruppo numeroso come il loro nel deserto. Era stato deciso che si sarebbero diretti lì, sperando di avere ragione; purtroppo la macchina non era stata più precisa di così.
Sandir era sgattaiolato fuori dalla stanza senza farsi notare mentre ancora Iliana, Sera e Beatrice stavano discutendo sul da farsi. Non voleva rischiare di essere fermato da Beatrice. Aveva notato un cambiamento nella donna: l’ultima volta che l’aveva vista i suoi capelli non avevano quella ciocca grigia che ora li contraddistinguevano e i suoi occhi non erano così stanchi. Non doveva essere stato un bel periodo neanche per lei visto quello che era accaduto alla Torre sotto il suo naso. Ma questo di certo non la autorizzava a tormentarlo come faceva quando ancora lui viveva con Bog negli alloggi dei maghi.
C’era ancora qualche lezione in corso nelle classi presenti nella Torre. Le stanze non adibite ad aule erano usate come laboratori e studi. C’era anche una grande biblioteca in cui venivano conservati testi antichi e preziosi.
Alcune delle porte delle classi erano aperte e gli occhi di Sandir, che stava vagando senza meta, caddero inevitabilmente su ciò che si trovava all’interno. Studenti e Maestri erano concentrati sul loro lavoro e Sandir ricordò di come era rimasto affascinato da piccolo dalla dedizione di quelle persone allo studio di un arte così complessa. Quando ancora insegnava alla Torre Bog, che aveva notato quanto la magia stupisse Sandir, ogni tanto lo aveva fatto assistere alle lezioni. Certo, non ne capiva il funzionamento, ma la magia era una sorpresa continua per un bambino come era lui all’epoca, che aveva conosciuto solo la vita girovaga e senza meta del suo popolo a cui il suo destino lo aveva sottratto. Di tanto in tanto aveva incrociato degli spiriti, non quanti era abituato a vedere da piccolo in quel luogo, ma era contento che ci fossero dei simili di Sera lì con cui lei potesse passare del tempo. La giovane  non lo diceva ma non riusciva a nascondere del tutto la nostalgia di casa. Non aveva visto nessun altro spirito del fuoco però. Era stata una fortuna avere Sera con loro o la macchina non avrebbe funzionato.
Improvvisamente udì dei passi in avvicinamento. Istintivamente si girò per vedere chi fosse e ringraziò Sol di averlo fatto. Era Beatrice e aveva lo sguardo di una che non si sarebbe arresa questa volta, lo avrebbe preso.
Cominciò a camminare con passo più svelto; non poteva mettersi a correre o avrebbe attirato l’attenzione su di sé e Beatrice lo avrebbe potuto fermare più facilmente con la complicità degli altri maghi suoi sottoposti.
Sentiva la voce della maga che lo chiamava insistente, sempre più vicina. Era giunto davanti ad un vicolo cieco, solo due porte, chiuse per sua sfortuna, erano davanti a lui. Ma non era ancora detta l’ultima parola: ricordava una fessura, impossibile da notare se non si sapeva che fosse lì, accanto ad una delle due porte, abbastanza grande da riuscire a celare la sua presenza alla donna. L’aveva scoperta per caso girovagando per la Torre anni prima. L’occhio veniva facilmente ingannato ma nell’angolo fra le due porte, vicine fra loro ma in due lati diversi, c’era uno spazio vuoto che permetteva di nascondersi dietro ad una colonna di mattoni di pietra che contornava una delle due porte.
Andò a colpo sicuro ma quando cercò di infilarsi nel suo nascondiglio d’infanzia fece la triste scoperta di essere leggermente troppo ingombrante per riuscire a passarci. Provò a insistere ma non c’era modo di passare. Delle mani si poggiarono sulle sue spalle ma a lui sembrarono gli artigli affilati di un avvoltoio.
“Ti ho preso finalmente” disse Beatrice. Sandir aveva paura di voltarsi a guardarla ma era stufo di quella storia così si fece coraggio e si voltò a sfidarla.
“Si può sapere cosa vuoi da me? Perché mi tormenti?” il tono della sua voce era stato più alto di quello che avrebbe voluto.
Vide la donna ritirare le mani che farle ricadere ai suoi fianchi.
“Non sto cercando di torturarti. Sto solo cercando di parlarti e lo avresti scoperto prima se non avessi passato tutto il tempo a cercare di evitarmi” disse lei.
“Allora perché hai agito in quel modo nella stanza del macchinario?” le parole della donna lo avevano confuso.
“Quello era perché il tuo comportamento mi aveva irritata. Non facevo sul serio ma dovevi vedere la tua faccia” il tono della donna era divertito ma tornò subito seria “Tornando al punto, ho una cosa importante da dirti, riguarda Bog”
Adesso era interessato.
“Seguimi” disse lei e lo condusse nel suo studio privato, in uno dei piani più alti della Torre, stanza appartenuta a tutti i Gran Maestri di Iridium prima di lei.
Era una stanza non molto grande, piena di libri complicati e oggetti che potevano dire qualcosa solo a chi conosceva la magia. Al suo interno c’erano scaffali alti fino al soffitto, una scrivania, delle sedie, una poltrona confortevole dove sedeva il Gran Maestro e un’ampia finestra a illuminare il tutto. 
Beatrice andò a sedersi e fece cenno a Sandir di fare altrettanto.
La donna ora sembrava aver perso la parola di colpo, si limitava a fissare il legno chiaro della sua scrivania, le mani intrecciate sopra di essa.
“Beatrice, cosa devi dirmi?” era ansioso ora.
La donna fece un respiro profondo “Innanzitutto, sappi che non avrei voluto tenerti nascosto il fatto che la tua presenza avrebbe ridotto l’influenza del frammento ma è stata una decisione che ho preso assieme a Bog. Non voleva che sentissi tutto quel peso sulle tue spalle. Visto che c’era la possibilità che tutto andasse bene non voleva che ti sentissi responsabile in caso di intoppi. Purtroppo non è andata come speravamo” strinse le mani a pugno e lo guardò negli occhi “è tutta colpa mia. Se fossi stata più attenta non sarebbe successo… Bog non sarebbe…” portò una mano alla bocca tremante, aveva gli occhi lucidi.
Sandir sapeva che Bog e Beatrice erano amici fin da quando erano stati allievi alla Torre. Entrambi erano dotati di grande talento ma a differenza di Beatrice, Bog aveva capito presto che l’incarico che ora ricopriva la donna non era cosa adatta a lui. Aveva però sempre sostenuto la sua amica, nonostante fosse una persona molto irritante per molti e addirittura per se stessa come aveva sostenuto lei una volta, perché sapeva quanto lei ci tenesse alla Torre e avesse buone intenzioni per renderla un posto sempre migliore. Il senso di colpa per aver fallito doveva star divorando Beatrice anche in quel momento. La sua ciocca grigia e i suoi occhi tremendamente segnati dalla stanchezza avevano un senso ora.
“Era un Maestro di cui anche Bog si fidava. Sarebbe stato quasi impossibile per chiunque accorgersi delle sue azioni in tempo. Hai fatto tutto il possibile” Sandir cercò di riscuoterla ma sapeva che il peso dell’accaduto non si sarebbe mai levato del tutto dalle spalle della donna.
“Ti ringrazio ma non riesco a non pensare che avrei potuto fare di più se solo fossi stata più diligente” sembrava essersi un po’ calmata “ ma andiamo al dunque. Volevo parlarti di una richiesta che mi ha fatto Bog prima di partire. Devi sapere che aveva considerato tutte le opzioni possibili e la sera prima di partire è venuto da me. Era come se se lo aspettasse, come se avesse saputo che non sarebbe sopravvissuto al viaggio. Mi disse che nell’eventualità in cui non fosse tornato, voleva che ti facessi avere una cosa da parte sua. Non aveva fatto in tempo a ultimarla e mi ha chiesto di fargli il favore di completarla per lui” Beatrice aprì un cassetto della scrivania e ne tirò fuori un pacchetto di carta sottile tenuto chiuso da un nastro di stoffa. Lo porse a Sandir che lo prese e si limitò a fissarlo.
Era ancora scioccato da ciò che aveva scoperto su Bog, che aveva pensato a tutto e continuava a preoccuparsi per lui anche dopo la morte.
“Che aspetti, aprilo” intimò la donna.
Sandir  sciolse il nastro e delicatamente svolse l’involucro di carta. Non aveva idea di cosa avrebbe potuto trovare al suo interno. Sollevò la carta e si trovò a fissare dei vestiti. Erano apparentemente abiti semplici e risultavano comodi al tatto. Una camicia beige e dei pantaloni marroni di morbido cotone corredati da una cintura di cuoio nera. Beatrice tirò fuori anche degli stivali neri al polpaccio che erano troppo voluminosi per essere incartati. Bog gli aveva lasciato dei vestiti e non ne capiva il perché.
Vedendo la perplessità negli occhi del giovane Beatrice accorse in suo aiuto “Sono dei vestiti speciali. Sono stati lavorati con la magia per essere molto più resistenti del normale e per proteggerti da eventuali attacchi magici. Inoltre Bog mi ha chiesto di renderli anche in tutto e per tutto simili ai vestiti che normalmente prepariamo per la tua gente”
I Darman, prima di nascondersi a causa degli avvenimenti degli ultimi anni, erano soliti passare per la Torre una volta l’anno per scambiare materiali utili ai maghi in cambio di vestiti in grado di smaterializzarsi e materializzarsi nuovamente addosso a loro dopo una trasformazione. Erano vicino alla Torre proprio per quel motivo anche quando i genitori di Sandir lo avevano abbandonato davanti al suo ingresso prima di ripartire.  Allora i Darman avevano richiesto una quantità decisamente più elevata del solito di vesti magiche ma i maghi non si erano impensieriti. Ora era chiaro il motivo della loro richiesta.
“Aveva preso in considerazione il fatto che avresti potuto unirti alla ricerca dei frammenti e che saresti tornato alla Torre in cerca della tua gente. Probabilmente con questi voleva ricordarti chi sei e che qualsiasi cosa potrà dirti la tua gente, tu non devi sentirti diverso e escluso, ma non è stato troppo specifico. Immagino tu abbia più chiaro il suo intento, in fondo hai vissuto con lui per anni anche lontano dalla Torre”
Sandir strinse la soffice stoffa dei vestiti fra le mani “Grazie. E scusa per averti evitato”
“Acqua passata. E anche se in ritardo di anni, ti chiedo scusa per come ti ho trattato. Ma la possibilità di studiare un Darman così da vicino era così invitante…”
“Sì, lo so. Così invitante che non hai potuto resistere. È tutto perdonato” le sorrise. Non lo aveva mai fatto prima, era una cosa così insolita e prima di quel giorno non pensava sarebbe mai successo.
Lui si alzò, il pacchetto saldo fra le mani, e salutandola si mosse in direzione della porta dello studio ma venne bloccato dalle braccia di Beatrice che lo avvolsero in un abbraccio.
“Comunque vada, sappi che c’è sempre un posto qui per te” disse lei al suo orecchio “e sappi che farò del mio meglio, come stai facendo tu” cominciò a sciogliere l’abbraccio ma tenne le mani appoggiate alle braccia di Sandir ancora per qualche secondo “Chi l’avrebbe mai detto che un giorno tu mi avresti ispirata a fare di più”
 
Quattro giorni dopo il gruppo fu pronto a partire. Leon era di nuovo in forma, la magia aveva fatto miracoli. Beatrice e alcuni dei Maestri e spiriti si erano radunati all’ingresso della Torre per salutare i quattro viaggiatori in partenza. Avevano le provviste necessarie e Iliana aveva fatto scorta di quel materiale che poteva tornare utile e facile da trasportare. Leon aveva ricevuto un nuovo localizzatore con cui i maghi li avrebbero tenuti d’occhio. Sera era di nuovo in forma umana per il viaggio e Sandir aveva riposto con cura i vestiti che gli aveva dato Beatrice nella sua sacca. Era un peso confortante. Aveva scelto di indossare solo gli stivali nuovi e di indossare i suoi normali vestiti per il momento.
Questa volta fu Sandir ad abbracciare Beatrice, per la perplessità di Sera, che non sapeva ancora niente del loro chiarimento, e poi si misero in cammino.
I quattro erano già dei puntini in lontananza ma Beatrice ancora li stava osservando; era rimasto solo un Maestro in sua compagnia.
“Gran Maestro…” cominciò il mago.
“Ho preso una decisione” disse di colpo la donna, facendo sobbalzare l’uomo per la sorpresa.
“Contattiamo la Resistenza” un ghigno di sfida era apparso sul volto della maga, una mano su un fianco “D’ora in poi, se dobbiamo combattere una guerra al loro fianco, lo faremo con stile”



Salve a tutti, qui lost in books.
Innanzitutto mi scuso per averci messo tanto ma in questi giorni ho avuto una serie di impegni imprevisti (perché non vengono mai da soli ma sempre in gruppo, per lo meno è quello che capita a me di solito) 
Vi volevo anche far sapere che durante il resto del periodo estivo molto probabilmente non sarò in grado di aggiornare con regolarità. Potrebbe esserci un capitolo a settimana, come due o niente per due settimane, a seconda del tempo che avrò. Farò il possibile.
Alla prossima!
 


 
 

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Capitolo 22
*** 22 ***


22
 
Qualcosa di tiepido era stato sollevato dalla sua fronte. Sentì il rumore che fa l’acqua quando entra in contatto con un oggetto solido. L’acqua che scorreva. Un peso fresco e leggero incontrò la sua fronte. Sollevò di colpo una mano che si ritrovò ad afferrare il polso di qualcuno e aprì gli occhi.
Lavi non aveva idea di dove si trovasse, sapeva solo che era sdraiata su una branda scadente, ma riconosceva la persona davanti a lei, quella a cui aveva afferrato il polso. Un ragazzo dagli occhi grigi e i capelli castani. Era Emil, uno dei tre che aveva reso suoi complici.
Il ragazzo non fece alcun tentativo di liberarsi dalla presa, come non aveva reagito quando lei lo aveva afferrato, si limitò a fissarla.
“Emil, va tutto bene?”
Il preso in causa voltò la testa in direzione della voce che lo aveva chiamato. Lavi, che ancora stringeva il polso del giovane, inclinò la testa di lato per riuscire a vedere chi fosse e doveva dire che tra tutte le persone che si sarebbe aspettata di trovare, lei non era una di quelle.
Si trattava della donna che lei aveva tenuto in ostaggio e a cui aveva rubato il localizzatore.
La situazione in cui si trovava era a dir poco bizzarra anche per lei così decise di provare a ricapitolare nella sua mente gli ultimi eventi che ricordava.
Dunque, aveva raggiunto i suoi obiettivi e aveva ingaggiato un combattimento con due di quelli che doveva eliminare. Aveva messo fuori gioco il ragazzo biondo e poi aveva ferito a morte l’altro. Il ragazzo nel frattempo si era ripreso ma non era poi così forte. Se aveva fallito era stata tutta colpa sua. Il suo avversario aveva portato il combattimento sul ciglio del monte, cosa che per lei non era un problema, lo aveva lasciato fare. Dopotutto il rischio aggiuntivo avrebbe solo reso il noioso scontro un po’ più interessante. Era stato allora che si era resa conto a sue spese di averlo sottovalutato. Il biondino le aveva giocato un brutto tiro e lei si era ritrovata a cadere in picchiata da un’altezza da cui le sarebbe stato impossibile sopravvivere.
Se fosse stato un altro tipo di morte se ne sarebbe fatta una ragione, d'altronde la sua politica era portare a termine un incarico o morire provandoci, ma non ci stava a morire in quel modo assurdo. Non lo poteva accettare. Così il suo istinto di sopravvivenza aveva preso il sopravvento e con movimenti incerti aveva preso in mano l’unica cosa che avrebbe potuto tirarla fuori da quella situazione: un artefatto in grado di trasportarla ovunque volesse. Aveva ancora energia sufficiente per portarla al sicuro, il problema era l’influenza che il monte avrebbe avuto sull’ artefatto. Era stato un azzardo, un po’ come tutta la sua vita. Per quanto ne sapeva sarebbe potuta finire dove voleva o nelle profondità della terra a fare compagnia all’Oscurità, ma che altra scelta aveva?
Ricordava di aver chiuso gli occhi, di essersi concentrata, per quanto difficile per via del sangue perso, e la sensazione di cadere nel vuoto. L’ultima cosa che ricordava era l’impatto violento, un campo come tanti e poi più nulla.
Pensava di essere spacciata e invece era stata tratta in salvo proprio dalla Resistenza. Ma la domanda era: perché?
“Ti sei svegliata” la donna si avvicinò a lei ed Emil “eri ridotta parecchio male quando ti abbiamo trovata. Devo dire che sei proprio fortunata. Hai ottime capacità di cicatrizzazione, decisamente fuori dal comune” i suoi occhi incontrarono il polso catturato da Lavi, che mollò la presa. Non aveva motivo di preoccuparsi, se avessero voluto farle del male lo avrebbero già fatto. Anzi, la avrebbero lasciata a morire dove l’avevano trovata.
“Ti ricordi di me, vero?” gli chiese la donna. Lavi annuì.
“Il mio nome è Serena, per la cronaca, e sono stata io a curarti” la stava guardando impassibile; “onestamente, nessun altro membro della Resistenza voleva salvarti. Devi ringraziare Emil se sei viva. Ha interceduto in tuo favore e io mi sono offerta di provare a salvarti. Ho dovuto sistemarti in una tenda a parte per la tua incolumità. C’era il rischio che qualcuno tentasse di farti del male in infermeria. Io ed Emil ci siamo dati il cambio per tenerti d’occhio”
“Perché l’hai fatto? Perché salvare una come me?”
“Perché è il mio lavoro salvare le persone, anche quelle come te” la voce di Serena era decisa “Posso sapere qual è il tuo nome?”
A questo poteva anche risponderle “Lavinia, ma preferisco Lavi”
Serena la fissò un attimo, sembrava combattuta.
“Emil, ora devo andare. Fammi sapere se succede qualcosa”
Il ragazzo annuì e Serena se ne andò.
Adesso almeno sapeva dove si trovava: una base della Resistenza, dove tutti la odiavano. La sua giornata era iniziata nel migliore dei modi.
Si guardò intorno: la tenda era piuttosto spoglia. C’era la sua branda, una sedia accanto ad essa dove era seduto Emil e il necessario per prendersi cura delle sue ferite. Le sue cose non erano da nessuna parte, dovevano averle messe dove non poteva vederle.
Non c’era niente che potesse tornarle utile per proteggersi in caso di attacco; andava sempre meglio.
Lavi sospirò e portò una mano all’occhio sinistro. Almeno la benda c’era ancora. Il suo occhio destro incontrò quelli di Emil “Se stai cercando di sdebitarti per aver tirato fuori di prigione te ed i tuoi fratelli, sappi che non è necessario”
Ricordava di quando si era recata nelle prigioni di Anthemis per vedere se valesse la pena portarsi dietro qualcuno per facilitarle il lavoro. Non era necessario, avrebbe potuto cavarsela da sola, ma per fortuna di Emil quel giorno aveva deciso di vedere cosa le prigioni avessero da offrire.
Lei stava camminando, guardandosi attorno annoiata, nel corridoio tra le celle sporche di sangue quando una mano aveva afferrato la sua giacca.
Era stata la prima volta in cui aveva visto quel ragazzo: era ridotto male, non erano stati gentili con lui, ma nei suoi occhi leggeva ancora la determinazione di una persona che non si era arresa e che non lo avrebbe fatto senza lottare.
Non era una persona di molte parole ma in breve le aveva raccontato come lui ed i suoi due fratelli erano finiti lì e di quello che li aspettava se non fossero riusciti a scappare.
Gli adepti presto li avrebbero portati in una delle loro strutture e avrebbero sottoposto i loro corpi ad una serie di esperimenti, della cui natura non era a conoscenza, ma era certo che non ne sarebbero usciti vivi. L’aveva pregata di tirarli fuori di lì e, se non poteva portarli via tutti e tre, almeno di salvare i suoi fratelli. Le giurò che avrebbero fatto qualunque cosa lei avesse voluto e che avrebbe potuto fare ciò che voleva di lui. Quel ragazzo era determinato a sopportare qualsiasi cosa per la sua famiglia, era una cosa che persino lei trovava ammirevole. Stupida, ma ammirevole.
Gli adepti di Umbra non andavano a genio neanche a una come lei, che era disposta ad accettare anche incarichi a dir poco aberranti. Sapeva che Emil aveva ragione, sarebbero morti se fossero rimasti lì. Così lei, per quanto quello fosse contrario alle sue convinzioni, aveva deciso di fare un tentativo. Aveva chiesto a re Lucien di lasciarle avere i tre briganti e, per suo completo stupore, lui aveva acconsentito.
Li aveva portati con sé, Emil ed i suoi ignari e irritanti fratelli, soprattutto Caio, il maggiore dei tre, e li aveva resi partecipi del suo piano. A dirla tutta avrebbe potuto lasciarli andare subito  e risparmiarsi l’emicrania causata dal petulante Caio ma aveva capito dallo sguardo del ragazzo che non si sarebbe messo il cuore in pace finché non si fosse sdebitato in qualche modo. Li aveva lasciati lì, nelle mani della Resistenza, i cosiddetti buoni e difensori dei deboli. Era sicura che Emil sarebbe riuscito a cavarsela in qualche modo, lo aveva letto nei suoi occhi prima di sparire dalla sua vita, o così credeva.
Ora lui era davanti a lei e invece di lasciarla perdere come gli aveva detto e come avrebbe dovuto, invece di andarsene dalla tenda come avrebbe fatto una persona sensata, si limitò a fissarla e a sorriderle come nessuno faceva da molto, moltissimo tempo.
Lei chiuse l’occhio destro e schioccò la lingua “Certo che sei proprio un chiacchierone tu”
Lo sentì ridacchiare brevemente.
 
Quando riaprì gli occhi non sapeva quanto tempo fosse passato. Potevano essere passati  minuti, ore o giorni. Ora non c’era più Emil accanto a lei, ma Serena. Aveva un vassoio con del cibo e dell’acqua fra le mani.
Senza dire niente Lavi allungò una mano e spezzò la pagnotta sul vassoio in due pezzi. Mangiò solo uno dei due ma bevve avidamente tutta l’acqua che Serena le aveva portato.
“Devi mangiare di più per riprenderti…”
“Risparmiati la predica da medico. Non ho mai molto appetito e immagino che i tuoi amichetti non debbano essere troppo contenti di dividere le loro preziose razioni di cibo con me”
Serena guardò in basso, demoralizzata.
Lavi scostò la coperta che la copriva. Solo allora si rese conto dell’orrenda camicia da notte che le avevano messo addosso.
“Cosa fai? Non devi fare sforzi” Serena stava cercando di fermarla in tutti i modi ma non sembrava che Lavi stesse soffrendo per le ferite, o almeno non lo dava a vedere.
“Me ne vado”
“No, non sei nelle condizioni per farlo” Serena aveva deciso di usare le maniere forti pur di fermarla  ma a Lavi sembrò di avere contro una bambina da quanto era debole la forza con cui cercava di rimetterla a letto.
Decise di accontentarla per il momento, in fondo le doveva la vita, ma ora era curiosa.
“Seriamente, perché insisti a tenermi qui quando chiunque altro mi avrebbe lasciata morire?”
“Emil mi ha raccontato di quello che hai fatto per lui e i suoi fratelli” si sedette sulla sedia accanto a lei “avresti potuto lasciarli lì a morire ma non l’hai fatto. Per quanto tu faccia di tutto per nasconderlo, molto , molto in fondo, anche tu hai un cuore”
Era a questo che puntava, era davvero un’illusa.
“Lascia perdere, non funzionerà. Non c’è niente da salvare in me perché la Lavi che vuoi aiutare è morta molto tempo fa”
“Allora perché li hai salvati?”
“E perché tu non mi chiedi quello che vuoi sapere veramente da me?”
Serena rimase completamente immobile.
“Sì, è il tuo compito curare la gente ma non mi hai salvata solo per questo. Una parte di te voleva sapere cosa è successo ai tuoi amici ma hai paura di quello che potrei dirti”
“Non è così…”
“Potrei aver ucciso un tuo amico” le parole successive di Serena morirono prima di lasciare la sua bocca “era ancora vivo l’ultima volta che l’ho visto ma lo avevo ridotto male, dubito che si sia salvato. Era un uomo alto, occhi azzurri e capelli castano chiaro. Mi sembra si chiamasse Leon”
Serena scattò in piedi, la sedia si rovesciò. Il suo respiro era diventato affannoso di colpo. Sì, ora Lavi era sicura di averla ferita. Vide la sua espressione cambiare rapidamente: scorse prima la difficoltà ad accettare ciò che le era stato detto, poi il dolore e, per un attimo, Lavi vide la rabbia che Serena doveva provare nei suoi confronti. Durò poco. Serena aveva distolto lo sguardo da lei, stretto le mani a pugno ed era tornata a respirare quasi del tutto ad un ritmo normale.
Tornò a guardarla ma era chiaro che facesse fatica a tenere un certo contegno “Lo sai, è vero. Una parte di me vorrebbe odiarti ma io non sono così, non voglio odiare o vendicarmi. Leon mi ha detto che il mio animo gentile è la cosa che ha sempre più ammirato di me” si stava sforzando di non far tremare la voce, sempre più alta “Forse per te è una debolezza ma è la mia forza. Non deluderei mai Leon tradendo ciò che sono. Invece io ho sempre ammirato la sua forza e dedizione nel proteggere gli innocenti, il suo sogno di riportare la pace nei regni. È per questo che io lo a…”
Si bloccò di colpo e si voltò, Lavi poteva vedere il bianco delle sue nocche.
La vide fare qualche passo verso l’uscita e poi, prima di andarsene, senza voltarsi a guardarla, aggiunse “So che dietro quella maschera da assassina spietata c’è una persona che deve aver sofferto molto. E non preoccuparti. Il tuo segreto è al sicuro con me”
Lavi era rimasta sola. L’aveva fatta davvero grossa, ma nella sua vita aveva sempre preferito essere dal lato del carnefice odiato che essere debole e impotente contro persone come lei.
Serena le aveva detto che poteva fidarsi nonostante quello che le aveva fatto. Non la capiva, non aveva mai capito le persone così, senza nessuna macchia sul loro animo immacolato. A cosa le era servito essere sempre buona e gentile se l’unico risultato era stata la sofferenza?
Non sapeva se fidarsi di lei, Lavi non si era mai più fidata di nessuno dopo quello che le era successo in passato, non aveva più voluto rischiare. Ma ora quella donna che aveva ferito profondamente le aveva detto che il suo segreto era al sicuro. Ciò che le era sempre stato detto di non rivelare per nessun motivo, ciò che doveva tenere nascosto ad ogni costo, ora lei lo sapeva.
 
Non rimase sola a lungo. Emil aveva preso il posto di Serena e doveva aver dedotto qualcosa di quello che le due si erano dette vista l’espressione di rimprovero con cui non aveva mai  smesso di guardarla da quando era lì.
“Sì, lo so. Sono una persona insensibile e crudele. Non è una novità” sbraitò Lavi incrociando le braccia al petto.
Emil si limitò a sospirare per poi tornare a guardarla come prima.
“Tu lo sai cosa nascondo?” tentò Lavi.
Emil la guardò perplesso. No, lui non sapeva, era un sollievo.
Sapere che qualcuno era a conoscenza del suo segreto le aveva fatto tornare in mente il suo passato, quando aveva ancora una famiglia.
Da quello che ricordava, lei e i suoi genitori erano sempre stati in movimento, mai nello stesso posto per più di qualche mese. Era troppo pericoloso per loro. I suoi non lo dicevano ma Lavi si era resa conto molto presto che era lei la causa principale dei loro problemi. Se non ci fosse stata forse se la sarebbero cavata meglio. Le dicevano sempre che le volevano bene e che non doveva preoccuparsi di niente ma lei si era sempre sentita un peso sulle loro spalle. Nonostante tutto, era quello l’unico periodo della sua vita che ricordava con nostalgia.
Poi li avevano trovati e le avevano portato via le uniche persone che l’avessero mai amata. Si era sentita impotente, totalmente inutile. Non aveva potuto fare niente, indifesa e innocente bambina com’era all’epoca. Era rimasta sola. Quelle persone insensibili e spietate le avevano portato via tutto il suo mondo. Fu allora che prese la decisione che la aveva portata a diventare quello che era: non voleva più essere la vittima, non voleva più soffrire. In quelle persone spietate  non aveva letto nessun rimorso, nessun dolore. Da tutto quello Lavi aveva imparato una lezione: nel loro mondo o si era la vittima o il carnefice. E lei non sarebbe più stata la vittima, mai più. Aveva dedicato il resto della sua vita al suo lavoro, non voleva più soffrire, non voleva sentire più niente, voleva solo diventare una bambola vuota senza sentimenti come quegli uomini e seppellire per sempre la bambina innocente del suo passato.
Caio era comparso sulla soglia della tenda. Camminò con passo svelto e deciso verso il giaciglio di Lavi; Emil provò inutilmente a frapporsi fra i due.
“Aspetta fratello” anche Tullio era entrato nella tenda nel tentativo di fermare il maggiore.
“Cosa hai fatto alla principessa? Lo so che sta piangendo di nascosto per colpa tua”
Principessa? Questo non lo sapeva. Quindi aveva mancato di rispetto non solo al medico della base ma ad una principessa. La sua reputazione peggiorava di minuto in minuto.
“Credo di aver ucciso il suo ragazzo”
“Hai fatto cosa? Aspetta, la principessa non ha una relazione del genere al momento, lo sanno tutti” disse Caio ora leggermente confuso.
“E ti ha anche detto di non chiamarla principessa” puntualizzò Tullio.
“E perché sai che stava piangendo di nascosto? Sei un guardone per caso?” aggiunse Lavi.
“No, volevo solo assicurarmi che tu non le avessi fatto niente e per questo sono andato a cercarla. È solo grazie alla princ…volevo dire Serena se ho visto la luce. Ho deciso di abbandonare il brigantaggio per servire la Resistenza. Quando vedrà di che gesta straordinarie sono capace sarà lei a cadere ai miei piedi” era convinto di quello che diceva.
Emil sospirò e si massaggiò le tempie. Poveretto, non doveva essere facile sopportare Caio tutto il tempo. A Lavi i pochi giorni in sua compagnia erano bastati.
“Davvero? Perché ora come ora posso metterti fuori combattimento anche adesso, completamente disarmata e prima che tu possa dire Resistenza” lo sfidò lei con lo sguardo.
Caio fece un passo indietro, non era più così sicuro di sé ma fece uno sforzo “Sei davvero irritante e piena di te”
“Senti chi parla. Ma ti sei sentito? Se non fosse per il fatto che ho deciso di eliminare solo chi mi viene richiesto per lavoro ed Emil non mi stesse simpatico, tu saresti già morto da un pezzo”
“Tu, razza di…”
Emil aveva rivolto uno sguardo supplicante a Tullio che aveva afferrato suo fratello maggiore per le braccia e lentamente aveva iniziato a trascinarlo fuori dalla tenda prima che la situazione degenerasse ulteriormente.
Adesso dall’espressione del ragazzo trapelava ancora più rimprovero di prima.
Era troppo, Lavi non ce la faceva più a sopportare quella situazione “Si può sapere cosa ci vedi in me? Ti stai solo illudendo! Lasciami perdere, sono una causa persa”
Emil fece cenno di no con la testa e prese qualcosa da una tasca dei pantaloni. Qualunque cosa fosse, era stretta nel suo pugno teso davanti a lei. Una volta assicuratosi che lei stesse guardando la sua mano, la aprì e un anello appeso ad una catenella dondolò davanti al suo occhio marrone, sgranatosi per la sorpresa.
Era suo, ma quando si era svegliata non lo aveva più trovato al suo posto, appeso al suo collo sotto i vestiti.
Era stato lui a prenderlo allora. Doveva aver capito che fosse importante per lei e averlo nascosto quando avevano preso le sue cose.
Era l’unico oggetto che aveva conservato del suo passato, l’anello di sua madre. Per quanto ci avesse provato non era mai riuscita a liberarsene. Rappresentava ciò che era stata prima di diventare quella che era. Era il simbolo del fatto che, per quanto si illudesse e per quanto cercasse di farlo, non era ancora riuscita a liberarsi del tutto del passato e dei suoi sentimenti.
Allungò una mano fino a sfiorare il freddo metallo dell’anello. Emil lo fece ricadere nella sua mano, pronta a riceverlo.
Lei lo guardò, non c’era più nessun filtro a mascherare quello che la rossa stava provando in quel momento.
“Grazie” disse con voce flebile, quasi un sospiro.
Emil le rivolse un sorriso e Lavi capì cosa voleva dirgli. Era stato davvero un colpo basso. Fatto quello che doveva, il ragazzo la lasciò sola.
Lavi, seduta sulla branda, continuò a dondolarsi a lungo davanti agli occhi la reliquia del suo passato, la testa sulle ginocchia. La linea di piccole pietre di acquamarina incastonate nel metallo creava dei giochi di luce tutto intorno a lei.
Forse la bambina del suo passato non era del tutto morta in fondo.
 
Il giorno dopo, quando Emil entrò nella tenda, trovò Lavi distesa a guardare in alto, le mani a giocherellare con l’anello. Rimase così, senza dire niente, per tutto il giorno. Fu così anche per il successivo.
Il giorno seguente invece Emil non era solo, con lui c’era anche Serena che aveva portato con sé quello che avrebbe potuto servirgli per visitarla. Serena non disse niente per tutto il tempo in cui controllò le sue condizioni. Ormai era quasi del tutto guarita, non c’era più bisogno delle sue cure. Stava già uscendo portando con sé le sue cose quando Lavi aprì bocca per la prima volta dopo due giorni di assoluto silenzio “Potrei avere dei vestiti? Ho bisogno di una boccata d’aria fresca”
Serena si voltò a guardarla, sembrava stesse aspettando di sentire qualcosa.
“Sul serio?” sbuffò Lavi “Va bene. Per favore
“Così va meglio” disse Serena per poi aggiungere incerta “Sei sicura di volerlo fare? Non sei molto popolare qui alla base”
“Sono sicura” Serena uscì per andare a recuperarle qualcosa da mettersi. Quella donna non finiva di stupirla: non solo non voleva vendetta ma addirittura si preoccupava per lei. Non aveva mai pensato che un giorno avrebbe potuto incontrare una persona così, pensava  esistessero solo nei libri di favole.
Serena tornò poco dopo con una bacinella con dell’acqua, un asciugamano, dei pantaloni, una cintura, una camicia e delle scarpe “Immaginavo potessi essere più a tuo agio con dei pantaloni”
Aveva ragione, si sentiva svestita e poco pratica con un vestito, anche se non le dispiacevano.
Emil e Serena uscirono per lasciare che si rinfrescasse e cambiasse in privato. Quando Lavi uscì dall’apertura della tenda aveva addosso i vestiti puliti. Le stavano un po’ grandi anche se non era di bassa statura, e aveva acconciato i capelli rossi in una treccia che le ricadeva dietro le spalle fermandoli con un pezzo di benda pulita dimenticata nella tenda. L’anello era di nuovo al suo posto.
Era mattina e l’aria era fresca dopo giorni nella tenda. Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Quando li riaprì poté ammirare da sola gli sguardi carichi di odio rivolti a lei da parte di tutte le persone che le passavano davanti. Nessuno la stava attaccando ma immaginava fosse perché Serena era vicino a lei. Oltre a Serena e ad Emil,  anche Tullio e Caio erano nei pressi della sua tenda. Caio aveva una spada tra le mani e stava facendo pratica, con movimenti del tutto imprecisi e sbagliati, sperando inutilmente di impressionare Serena che non sembrava per niente colpita. Piuttosto, era intenta ad osservare il cielo azzurro, completamente assorta nei suoi pensieri.
Lavi si avvicinò a lei “Sicura che non vuoi neanche colpirmi una volta? Potrebbe farti sentire meglio”
“Offerta allettante, ma va bene così”
Rimasero in silenzio per qualche minuto ma poi Lavi disse “Non riesco proprio a capire come fai”
“A fare cosa?” chiese Serena.
“A non odiarmi”
“L’odio genera altro odio ed è la via più semplice e allo stesso tempo sbagliata da seguire dal mio punto di vista. Non voglio farne parte”
“Già, proprio non ti capisco” si fermò prima di continuare “Ma voglio provare a farlo”
Serena la guardò bene “Davvero?”
“Davvero. Almeno potrò dire di averci provato”
“Serena” disse Caio avvicinandosi alle due “non farti abbindolare da una come lei. È solo una scroccona ingrata”
“Si dà il caso che io abbia delle preziose informazioni invece. Si apprendono parecchie cose interessanti quando si ha un udito fine come il mio e nessuno ti tiene d’occhio”
“Delle cosa?” gli occhi di Serena erano concentrati su di lei.
“Re Lucien ha diviso il suo esercito soltanto per confondervi le idee, farvi sparpagliare ovunque. Non so come ci sia riuscito ma lui sa dove sono i Darman, da parecchio, ed è lì che sta andando”
“Devo avvisare Tyberius, subito” Serena corse via.
Lavi si rivolse a Caio, rimasto basito “Adesso chi è la scroccona ingrata?”
“Scusami tanto” cominciò Tullio “ma se sapevi una cosa del genere, perché non l’hai detto subito?”
“È la prima volta che provo a fare la cosa giusta” con le dita disegnò delle virgolette in aria “non mi hanno mica dato un manuale per dirmi come si fa”
Portò il suo occhio destro su Emil. Le stava sorridendo e questo fece quasi sorridere anche lei.
Fece un respiro profondo, poi afferrò Caio per il collo della camicia e cominciò a trascinarlo via con sé.
“Ehi, ma che fai? Lasciami andare”  protestò lui.
“Andiamo. Ti insegno come si usa veramente quella spada”
“Sicura sia una buona idea piombare nel campo di addestramento? In mezzo a uomini non troppo felici di vederti?” chiese Tullio preoccupato, seguendola con Emil al suo fianco che ora faceva fatica a trattenere una risata.
“Se ne faranno una ragione”
 
Serena entrò di colpo nella tenda di re Tyberius, non annunciata, facendolo trasalire. Con lui c’era uno spirito dell’aria, probabilmente emissario della Torre dei maghi.
“Serena, capiti proprio al momento giusto, stavo per farti chiamare. Ho una bella notizia. Leon sta bene” il re era radioso per la buona notizia. Anche lui era stato molto preoccupato, Leon era come un figlio per lui.
Serena registrò quello che le era stato detto. Leon stava bene. Si sentì improvvisamente come se fosse tornata a respirare dopo una lunga apnea.
Ma aveva delle cose importanti da riferire.
“Lavi ha delle informazioni di vitale importanza. Re Lucien sa dove sono i Darman. Dobbiamo reagire, e subito. Prima che sia troppo tardi”



Salve a tutti, qui lost in books.
Tutto questo capitolo è ambientato nella base mobile della Resistenza seguendo personaggi che non si sono visti molto nella storia ma nel prossimo si torna dai quattro in viaggio verso i Darman.
Spero di riuscire ad aggiungere presto un altro capitolo.
Alla prossima!

 

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Capitolo 23
*** 23 ***


23
 
Avevano ripreso il cammino dopo giorni di permanenza ad Iridium e sembrava che tutto stesse andando meglio del previsto. Avevano messo in conto un aumento delle possibilità di essere attaccati considerando dove si trovavano ora, il regno di Dahlia, ma la fortuna sembrava essere dalla loro parte.
Non avevano tempo da perdere considerando la natura dei Darman, popolo vagante, questo lo sapevano, anche se Iliana dubitava che si sarebbero spostati nel prossimo futuro. I Darman si erano nascosti per un motivo: non avevano dimenticato, come lei. Se ora erano gli spiriti a subire gli attacchi degli adepti, mille anni prima era toccato ai Darman. Era per questo che, quando la situazione era peggiorata, si erano rifugiati dove non sarebbero stati facilmente individuabili. Era chiaro che il loro attuale capo clan non avrebbe permesso al passato di ripetersi se poteva impedirlo.
Ma sempre secondo il giudizio della maga, l’Oscurità stava acquisendo forza troppo velocemente. Non avevano un minuto da perdere se volevano che la loro missione finisse bene, ed era per questo che si erano ritrovati nel regno di Dahlia. Passare di lì, invece di aggirarlo, gli avrebbe fatto risparmiare molto tempo.
Anche se cercava di non darlo a vedere, era chiaro quanto rivedere il suo regno natale avesse colpito Leon, appena scampato alla morte. Non era di certo un periodo fortunato per lui.
Da dove si trovavano, sulla cima di una collina, riuscivano a vedere in lontananza una serie di montagne.
“Quelle che vedete erano il luogo dove un tempo vivevano i draghi” disse Leon sovrappensiero.
“È un vero peccato che non ci siano più. Avrei tanto voluto provare a volare a dorso di drago” sospirò Sera.
“Non è poi così entusiasmante. E non è di certo il modo più comodo di viaggiare” puntualizzò Iliana.
“Ma certo. Il cavaliere che era parte del tuo gruppo mille anni fa, Artorius se non sbaglio,  era un cavaliere di drago di Dahlia, quindi devi aver viaggiato a dorso di drago. E anche Akane poteva trasformarsi in un drago” si entusiasmò Sera “Dimmi di più!”
La maga non sembrò molto entusiasta della cosa, anzi la pelle del suo volto assunse una sfumatura verdognola. Apparentemente non conservava bei ricordi sul viaggiare a dorso di drago.
“Sera, tu puoi volare quando assumi le sembianze di una fiamma. Non dev’essere poi tanto diverso” Sandir corse in soccorso della donna. Sera sbuffò mentre Iliana guardò Sandir sollevata.
“Però c’è una cosa che incuriosisce anche me. Come si diventava cavalieri di drago?” si domandò il ragazzo.
Leon, anche se distratto a fissare l’orizzonte, rispose “Era tradizione dei cavalieri portare sulle montagne i bambini del regno, indipendentemente dalla loro posizione sociale, nelle caverne abitate dai draghi. Non sono mai stati animali ostili nei nostri confronti, abbiamo sempre convissuto in pace. Una volta alle caverne i bambini erano liberi di interagire con i draghi e i loro cuccioli. Dovete sapere che non è l’essere umano a scegliere il drago ma il drago a scegliere il suo compagno umano, e se averne uno. Dopo un lasso di tempo un certo numero di bambini di solito era in grado di stringere un legame con dei cuccioli; da quel momento il loro destino era segnato: dopo un rigoroso addestramento i bambini sarebbero diventati cavalieri di drago. Ovviamente non tutti i cuccioli sceglievano qualcuno e rimanevano a vivere nelle caverne e non tutti i bambini venivano scelti. Anzi, essere scelti da nobili creature quali erano i draghi era un onore per pochi eletti”
“Tempo fa mi avevi detto che tuo padre era un cavaliere di drago” disse Sandir, solo per le orecchie del cavaliere.
“Esatto. L’ultimo Gran cavaliere di Dahlia. Purtroppo io non ho mai avuto l’occasione di andare alle caverne. I draghi erano già stati decimati dalla malattia e mio padre e i suoi compagni cavalieri erano troppo impegnati a cercare di salvare il regno”
Sandir non sapeva cosa dire di più. Dirgli che gli dispiaceva per quello che aveva passato non gli sembrava la cosa giusta. In quel caso era meglio non dire niente, era certo che Leon sapesse che erano tutti e tre lì per lui se avesse avuto bisogno.
“E quelle cosa sono?” chiese Sera indicando la direzione opposta a quella delle montagne, dove si potevano scorgere in lontananza delle altre formazioni rocciose.
“Quelle sono le miniere del regno. Assieme al monte Everfrost sono una delle maggiori risorse al mondo di rocce e minerali per la creazione di artefatti. E anche di pietre preziose, come l’oro” spiegò il cavaliere “Al castello di Dahlia c’era una sala, ben difesa, dedicata ai tesori reali. Come già sapete, uno degli oggetti che venivano conservati lì era il frammento del talismano ora in possesso di re Lucien, ma era una stanza piena di ricchezze di ogni genere” Leon sembrò perdersi nei suoi ricordi “C’erano anche delle armi conservate al suo interno. Armi potenti e antiche”
Gli occhi di Leon caddero sulla maga, di schiena rispetto a lui, che aveva stretto una mano a pugno alla menzione delle armi.
“Immagino ci fosse anche quella” disse lei piano.
“Cosa?” Leon l’aveva sentita nonostante la voce della donna fosse stata quasi un sussurro.
La donna si voltò a guardarlo “Immagino ci fosse anche Aoguard, la spada di Artorius”
“Oh, quella spada? Mio padre me ne ha parlato. Diceva che era unica al mondo” si intromise Sera.
Iliana annuì “Era stata forgiata usando un materiale unico e limitato. Circa mille anni fa una roccia infuocata cadde dal cielo proprio sopra le miniere di Dahlia. L’impatto fece crollare un’intera ala di una miniera. Quando i minatori giunsero sul luogo dell’impatto trovarono una roccia pulsante bluastra e notarono come lì la roccia e i minerali della miniera, a contatto con quella venuta dal cielo, avessero subito una trasformazione. Erano diventati di colore azzurrino. Provarono a staccare un pezzo di roccia dal meteorite ma fu inutile, era troppo dura per qualsiasi loro mezzo. Allora provarono a staccare un pezzo del materiale azzurrino e, con molto fatica, riuscirono nell’impresa. Era un materiale unico e il più resistente che si sia mai lavorato. E le sue proprietà magiche erano straordinarie. Fu con quel tipo di materiale che venne forgiata la spada di cui stiamo parlando”
“Anche la lastra del tuo macchinario era di colore azzurrino. Era lo stesso materiale?” chiese Sandir.
“Esatto. Proprio quello”
“Me la ricordo. La spada era conservata proprio lì, in una teca” disse Leon .
“Perché conservarla in una teca. Se è così speciale perché non usarla?” domandò Sera.
“Dopo Artorius nessuno è più stato in grado di usarla correttamente. È inutile nelle mani sbagliate” tagliò corto la maga. Sembrava particolarmente scossa; ricordare era un fardello per lei, lo avevano capito.
Decisero di non chiedere altro alla donna e di cercare un posto sicuro, lontano da occhi indiscreti, per passare la notte. Sarebbe stata una notte sotto le stelle.
 
Dopo altri due giorni di cammino il gruppo era giunto nelle vicinanze della capitale del regno. Da dove si erano accampati per la loro ennesima notte all’aperto si poteva vedere bene il castello.
Il fuoco magico che avevano usato per cucinare, reso non individuabile da Iliana, scoppiettava ancora. Sandir aveva da poco svegliato Sera per farsi dare il cambio, anche se a dire la verità, non l’aveva svegliata. Era già sveglia, non si era proprio addormentata e aveva solo fatto finta di dormire. Se per Leon essere tornato nel luogo dove era nato era difficile, Dahlia aveva un significato profondo anche per lei, nonostante avesse cercato di comportarsi come al solito.
Poco prima di lasciare l’accampamento della Resistenza, Sera aveva fatto vedere ad Iliana la gemma spirituale che Zola ed Eban le avevano consegnato. Iliana le aveva detto che in quel momento non aveva con sé i mezzi necessari per un analisi vera e propria ma che dove stavano andando, ad Iridium, c’era quello di cui avevano bisogno. A causa di quello che era successo a Leon e della manomissione al macchinario, Iliana non aveva avuto tempo per la gemma ma aveva chiesto a Beatrice e agli altri maghi di fare tutto il possibile. Sera sapeva che era quasi del tutto improbabile riuscire a invertire l’orrore che era stato inflitto a quello spirito, come a tutti gli altri, ma la speranza era l’ultima a morire.
Quando le era stato chiaro che avrebbero dovuto passare per il regno di Dahlia però, mantenere il controllo era stato difficile.
Il castello di Dahlia, che ora poteva vedere con i suoi occhi, il luogo che un tempo era stata la casa di Serena, ora era un  luogo di morte e tormento.
Quando gli adepti erano diventati alleati di Anthemis, re Lucien gli aveva concesso l’uso di quel castello per i loro nefandi scopi, e loro lo avevano trasformato nel laboratorio principale per la creazione delle gemme spirituali. Lì c’era la sua gente.
La pelle di Sera assunse una sfumatura via via sempre più rossastra, la terra dove poggiava una delle sue mani odorava di bruciato. Lei si alzò di colpo. Non ce la faceva più a vedere quel luogo, stava troppo male e se continuava così sapeva che avrebbe perso il controllo.
Chiuse gli occhi e si sforzò di fare respiri profondi. Non funzionava, allora Sera decise di provare qualcos’altro.
Sapeva che era sbagliato e che avrebbe potuto mettere in pericolo i suoi amici, ma non si sarebbe allontanata molto. Prima di andare si assicurò che i suoi tre compagni stessero dormendo. Iliana stava molto probabilmente avendo un incubo da come si muoveva, così Sera si sedette accanto alla maga e le accarezzò la testa per qualche minuto. Si era ricordata di una cosa che le aveva detto Florian, una cosa che faceva quando lui ed Iliana erano ancora dei bambini. Anche allora la donna soffriva di incubi e l’unica cosa che riusciva a calmarla da bambina era accarezzarle la testa; a quanto pareva funzionava ancora. Gettò rapidamente uno  sguardo ai suoi altri due compagni e, appurato che stavano dormendo, cominciò a camminare. Non sapeva dove voleva andare, sapeva solo che non poteva stare ferma. L’aria notturna era fresca, sollievo per i suoi compagni, dopo la calda giornata passata, e profumava di fiori. I grilli frinivano. I suoi piedi l’avevano portata su un piccolo sentiero che lentamente si era allargato. Non stava facendo molto caso a dove fosse, la sua mente  vagava per conto suo, ma non aveva fatto troppa strada, di questo era sicura.
Dopo qualche altro passo si fermò. Non funzionava neanche quello, neanche il panorama calmo e tranquillo tutto intorno a lei non era riuscito a farla stare meglio. I suoi occhi improvvisamente ricaddero sul castello, dritto davanti a lei. C’era qualcosa che non sembrava fare parte del castello originale, che stonava, ma che probabilmente era stata opera degli adepti. Si trattava di un obelisco alto e sottile che si stagliava da quello che doveva essere un giardino interno del castello. Leon e Serena ne avevano nominato uno quando erano alla base, avevano dei bei ricordi di quel posto, doveva essere quello. Vedere quella cosa inquinare il luogo dove dei suoi amici avevano creato dei bei ricordi la fece arrabbiare ancora di più. Fu solo per un attimo ma perse il controllo, i suoi capelli si accesero e delle fiamme danzarono davanti ai suoi occhi ancora del colore dell’ambra. Sospirò e, concluso che tutti i suoi tentativi di calmarsi erano stati inutili, decise di tornare indietro. Almeno adesso dava le spalle al castello e, tenendo gli occhi chiusi e concentrandosi solo su suoni e odori, andava un po’ meglio. Però era strano, non sentiva più i grilli frinire…
Aprì gli occhi e si gettò a terra appena in tempo, una palla scura passò proprio dove si trovava un attimo prima.
“Peccato. Quel colpo ti avrebbe tramortita e non avresti sentito più nulla. Invece l’hai dovuta evitare e resistermi…purtroppo per te ora dovrai soffrire” era una voce fredda e crudele.
Sera girò la testa verso chi le aveva parlato e si trovò davanti un uomo incappucciato, la veste nera con un fiore scarlatto. Era un adepto di Umbra, e non era solo. Vicino a lui c’erano altri suoi compagni, ridevano.
“Devo ammettere che non mi aspettavo proprio di trovare uno spirito qui. Che bella sorpresa” a parlare era stato lo stesso mago che le aveva rivolto la parola per primo; che era contento lo si capiva dal tono divertito della sua voce.
Ancora sdraiata al suolo, Sera strinse le mani a pugno, la terra ancora tiepida per la calda giornata passata le finì sotto le unghie. No, tutto ma non loro, non poteva sopportarlo.
“Siete dei mostri!” gli urlò contro.
“Ma che carina. La piccoletta è arrabbiata con noi” disse uno degli adepti.
“Noi invece vogliamo fare amicizia, non è vero ragazzi?”
Tutti gli adepti scoppiarono a ridere. Era troppo, Sera li attaccò.
Tutto intorno a lei si propagarono delle fiamme, più potenti ogni secondo che passava, e con un urlo lei le scagliò contro al gruppetto di adepti.
Sapeva che non sarebbe bastato, ma sarebbero stati impegnati a evitare il suo primo attacco per pensare al prossimo. Accecata dalla furia, continuò a bersagliare quelli che non riusciva più a considerare uomini ma solo mostri con tutta la sua forza. Si fermò solo per la stanchezza procurata dal dispendio di energia del suo attacco. Non riusciva a vedere più niente davanti a lei; dove si trovavano gli adepti prima c’era una nube di polvere. Sera non sentiva più la voce di nessuno. Cadde in ginocchio ansimando. Ce l’aveva fatta, li aveva sconfitti.
Tutto ad un tratto si sentì mancare il respiro, non sentiva più le gambe. Era come se un peso la stesse schiacciando a terra e privando delle forze.
“Credevi davvero di poterci sconfiggere così? Povera illusa, noi facciamo parte di una divisione che si occupa della cattura degli spiriti. Sappiamo benissimo cosa sapete fare e come mettervi in ginocchio” l’uomo che l’aveva attaccata per primo uscì dalla coltre di polvere, una risata maniacale ad accompagnarlo. I suoi compagni subito dietro di lui.
Con la coda dell’occhio Sera si accorse di una luce a terra vicino a lei, ma fuori dalla sua portata. Si guardò intorno: non era solo una luce ma una serie di pietre luminose incastonate in dei piccoli macchinari a forma di artiglio ancorati al terreno in cerchio attorno a lei. Era stata una sciocca a farsi guidare dalla rabbia che covava e non si era accorta di quello che loro avevano fatto. Ora ne avrebbe pagato le conseguenze. Sentiva le forze che la abbandonavano, era la fine. Perché dovevano sempre vincere loro? Perché lei e la sua gente dovevano soffrire così?
Quell’uomo era di fronte a lei, la guardava dall’alto in basso “Te l’avevo detto che ti avrei fatta soffrire”
Sera chiuse gli occhi ma il colpo che si aspettava non arrivò. Anzi, sentì un mugolio di dolore provenire dal suo aguzzino. Riaprì gli occhi e vide l’adepto cadere a terra, un rivoletto di sangue dalla bocca e uno sguardo incredulo. Era morto.
“La pagherai per questo!” disse uno degli adepti rimasti. Non erano decisamente contenti per l’accaduto ma Sera, ancora intontita e sempre più debole, non aveva idea di chi l’avesse salvata.
Gli adepti attaccarono e la persona che l’aveva protetta si fece avanti. Era Leon.
Il cavaliere ingaggiò una violenta battaglia contro gli adepti: magia contro spada. Era solo contro altri cinque uomini ma era un degno avversario per gli adepti rimasti. Ne abbatté due facilmente, non erano abituati a scontri contro un avversario che non faceva uso della magia ma aveva imparato a fronteggiarla, e questo li aveva messi in seria difficoltà.
Gli altri tre invece si erano rivelati avversari più ostici.
Una magia scagliata da uno dei tre stava per colpire Leon, non sarebbe riuscito ad evitarla.
“Atten…to!” cercò di avvisarlo Sera e, con le poche forze rimaste, cercò di materializzare una palla di fuoco ma fu tutto inutile. Il fuoco si dissolse ancora prima di poter essere forte abbastanza da poter essere d’aiuto.
Il colpo dell’adepto arrivò ma si dissolse come se avesse incontrato una barriera. Il mago, stupito dall’accaduto, non si difese in tempo e la spada del cavaliere piombò su di lui. Ora ne rimanevano solo due.
Ma certo, Sera aveva capito. Leon doveva avere con sé uno degli artefatti a cui stava lavorando Iliana mentre erano in viaggio con i materiali che aveva recuperato ad Iridium. Per fortuna era un uomo previdente.
In preda al panico, uno dei due adepti rimanenti cominciò a bersagliare il cavaliere ma le magie che Leon non schivava venivano rese inutili dall’artefatto in suo possesso. Una volta messo all’angolo, anche per quell’adepto venne la fine.
A Leon era rimasto solo un avversario, che ormai chiaro il suo svantaggio, girò i tacchi e scappò via urlando verso il castello per poi svanire nel nulla.
Leon non perse tempo e con un colpo di spada distrusse uno degli oggetti che stava facendo del male a Sera, che fu così di nuovo in grado di muoversi senza problemi. La ragazza provò ad alzarsi ma non aveva ancora recuperato abbastanza le forze e ricadde fra le braccia, pronte a sorreggerla, del suo amico.
“Non sforzarti. Va tutto bene ora, ci sono qui io” le disse Leon.
Sì, ora Sera si sentiva al sicuro fra le braccia confortevoli del cavaliere ma questo non cambiava la situazione. Strinse il tessuto della casacca dell’uomo “Perché? Non è giusto” lo guardò negli occhi “Tutto questo non è giusto” Non avrebbe dovuto sentire tutta quella rabbia e dolore, non era una cosa che la sua gente avrebbe dovuto provare, loro erano sempre stati un popolo pacifico, non era giusto che soffrissero così.
Lei si sciolse dall’abbraccio e, con passo incerto ma lo sguardo deciso, cominciò a camminare in direzione del castello.
“Sera, cosa fai?”
“La devono pagare per tutto quello che hanno fatto e continuano a fare”
“Sera, adesso basta. Devi calmarti” era come se Leon stesse parlando ad un muro, Sera non si fermava.
“Ora basta!” Leon la afferrò per un braccio e la girò verso di sé poggiando le sue mani sulle spalle della giovane “Credi che non mi piacerebbe marciare al castello e fargliela pagare per tutto quello che hanno fatto al mio regno? Credi che sia facile essere qui per me ora? Perché non lo è. Ma andare al castello ora equivarrebbe ad un suicidio. So che è difficile stare a guardare e non poter fare niente per aiutare i tuoi simili ma in questo momento non ce la potremmo fare” il tono della sua voce si fece più delicato “Vinceremo questa guerra e fermeremo l’Oscurità. Allora quei mostri la pagheranno per quello che hanno fatto”
Sera lo guardò senza dire niente e in un attimo si gettò nuovamente fra le sue braccia, stringendolo forte. Ben presto il cavaliere la udì singhiozzare; era un pianto liberatorio e da cui traspariva tutto il dolore e la frustrazione della sua giovane amica. Leon avvolse le sue braccia attorno a Sera. Era l’unica cosa che poteva fare per confortarla in quel momento.
La lasciò sfogare per un po’ ma non erano in un posto sicuro, quell’adepto sarebbe potuto tornare con i rinforzi.
“Torniamo dagli altri” le disse. Sera annuì e i due si incamminarono, accompagnati dal frinire dei grilli.
 
 
Il sole era sorto da poco più di un’ora. Lucien non dormiva mai molto, aveva sempre avuto il sonno leggero. Le uniche notti in cui si era sentito al sicuro in vita sua erano quelle in cui era ancora un bambino e sapeva che c’era Iliana a vegliare su di lui. Appena sveglio, si era recato in una stanza in cui si trovava un tavolino la cui superficie non era altro che una grande scacchiera. In passato aveva giocato diverse partite con Iliana lì, usando proprio quella scacchiera. Era seduto su una comoda sedia imbottita e si stava rigirando fra le mani uno dei pezzi impiegati per giocare, di colore avorio. Era uno dei pochi momenti in cui era veramente solo e si permetteva di ripensare al suo passato. Sentì bussare alla porta. Poggiò il pezzo sul tavolino.
“Avanti” sulla soglia comparve uno dei suoi soldati.
“Mio signore, ci è giunta una notizia importante da Dahlia”
“Continua”
“Questa notte un adepto si è scontrato con uno spirito del fuoco e un uomo che corrisponde alla descrizione in nostro possesso del cavaliere in viaggio con la maga Iliana. Erano nei pressi della capitale del regno. Siamo ancora in grado di fermarli…”
“Puoi andare”
“Mio signore?”
“Ho detto che puoi andare”  
Il soldato non se lo fece ripetere dopo aver visto lo sguardo freddo che il suo re gli aveva rivolto. Lucien aveva una certa fama per non essere gentile con chiunque non facesse immediatamente come lui richiedeva, anche se si trattava di un suo fedele servitore.
Il soldato richiuse la porta dietro di sé, lasciando il re di nuovo solo.
Lucien poggiò un dito sopra il pezzo avorio che prima aveva avuto fra le sue mani e cominciò a giocherellarci, facendolo dondolare.
“Perfetto” disse fra sé. Quando aveva mandato Lavi contro la sua ex tutrice ed il suo gruppo sapeva che le sue probabilità di riuscita erano molto basse, conosceva bene Iliana. Ma era stato tutto calcolato, l’obiettivo di quell’attacco era semplicemente rallentarli. Stava andando tutto secondo i suoi piani.
Raccolse il pezzo con cui stava giocherellando, aveva l’aspetto di una regina bianca, e la poggiò sulla scacchiera proprio di fronte ad un re nero, un ghigno sul suo volto.
“Quando tutti i pezzi saranno dove io li avrò diretti, quale sarà la tua mossa, Iliana?”
 



Salve a tutti, qui lost in books.
Leon ha potuto rivedere il suo regno e Sera ha fatto un brutto incontro. Lucien ha un piano ben preciso in mente, avrà successo o verrà fermato?
Nel prossimo capitolo il gruppo arriverà al deserto di Kalm alla ricerca dei Darman.
Spero di riuscire a fare prima per il prossimo capitolo.
Alla prossima!
 

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Capitolo 24
*** 24 ***


24
 
“Quanto manca all’oasi?” chiese Sera, per l’ennesima volta.
“Non dovrebbe mancare molto” le rispose Iliana poggiando una mano a terra a toccare della sabbia “Percepisco la presenza di acqua in superficie non molto lontano da qui”
“E cosa intendi con non molto lontano?” si aggiunse Sandir alla conversazione.
La maga guardò male entrambi i giovani “Non molto lontano. Vi conviene risparmiare il fiato come sta facendo Leon invece di sprecarlo inutilmente”
Ad occhio inesperto poteva non sembrare una minaccia ma i due interessati avevano colto il vero messaggio: se avessero provato a chiedere quanto mancava ancora una volta, se ne sarebbero pentiti. A quanto pareva neanche la donna era totalmente immune al caldo e non lo tollerava molto bene vista l’irritazione.
Avevano raggiunto il deserto di Kalm il giorno precedente ed era solo grazie alla maga se non correvano il rischio di un’insolazione o di morire dal caldo di giorno, anche se non li poteva proteggere del tutto da esso. Si erano fermati a riposare solo la notte, dopo aver camminato tutto il giorno, quando la temperatura era scesa ed era intervenuta Sera per riscaldare i suoi compagni non in grado di aiutarsi da soli con la magia. Avevano una scorta di cibo essiccato e una quantità d’acqua sufficiente per il viaggio fino all’oasi, dove si sarebbero riforniti d’acqua e avrebbero cominciato a cercare l’insediamento dei Darman.
Sapevano che l’oasi si trovava vicino a delle formazioni rocciose che smorzavano la forza del vento nei mesi invernali, unica vera e propria difesa da una morte orrenda.
Secondo i loro calcoli sarebbero dovuti arrivare all’oasi nel giro di due o tre ore e solo allora si sarebbero riposati prima di mettersi all’opera.
Sera gettava spesso lo sguardo verso Sandir, cercando di non farsi vedere. Era preoccupata per lui, in fondo sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe rivisto la sua gente, la stessa che lo aveva abbandonato considerandolo una causa persa. Sandir le aveva raccontato la sua storia e, anche se non ne aveva la certezza, pensava che la scelta presa dai genitori del suo amico non fosse stata facile ma molto sofferta. Lo avevano lasciato alla Torre come ultima spiaggia, per cercare di salvarlo, di questo era convinta. Certo, non tutti i genitori avevano buona cura dei propri figli ma quel gesto era importante secondo lei. La notte precedente si era domandata cosa potesse stare passando per la mente di Sandir: se avrebbe rivisto i suoi genitori, se la sua gente lo avrebbe riconosciuto, se lo avrebbero accettato o considerato una sorta di scherzo della natura.
Di certo non era facile per lui concentrarsi sulla missione in quel momento.
Sera frugò nella sua borsa e, recuperata la borraccia all’interno, si avvicinò a Sandir “Mi sembri assetato. Ne vuoi? Tanto io non ne ho bisogno”
La notte precedente lei aveva ripreso le sue sembianze abituali, i suoi capelli erano di nuovo delle fiamme e i suoi occhi completamente rossi, abbandonando la forma umana; lì non correva il rischio di essere individuata, non c’era nessuno.
In questo modo non avrebbe più avuto bisogno di mangiare come un essere umano e i suoi amici avrebbero avuto più risorse. Inoltre trovava il caldo del deserto piacevole.
La borraccia che aveva porto al suo amico non sarebbe bruciata nella sua mano e l’acqua non si sarebbe scaldata più di quanto già non era, era lei a decidere se rendere la sua temperatura e le fiamme da lei generate offensive o meno.
Sandir la ringraziò e prese un sorso d’acqua “So che mi stai tenendo d’occhio ma non devi preoccuparti per me. Sto bene”
“Sicuro?”
“Sicuro”
Quello che lei lesse nel suo sguardo non la convinse delle parole che lui aveva appena detto, ma non insistette.
 
“Non sembra esserci anima viva” disse Leon.
Davanti ai suoi occhi si stagliava un panorama sconfortante: quello che rimaneva del vecchio insediamento umano nel deserto.
C’erano delle piccole casupole a cupola che dovevano essere state costruite velocemente, dall’aspetto e dal degrado in cui si trovavano, a formare una sorta di piccolo villaggio. Con la maggior parte di esse il clima non era stato clemente. Erano state quasi del tutto distrutte: quella che doveva essere la parte superiore in molte casupole non esisteva più, ad altre invece mancavano una o due pareti, mostrando ciò che nella fretta era rimasto all’interno e non era stato ancora portato via dal vento del deserto.
Le sue gambe portarono Leon verso una delle casupole dove aveva visto qualcosa seminascosto dalla sabbia che aveva invaso il pavimento. Scostò la sabbia con le mani e riuscì a dissotterrare ciò che era nascosto sotto. Era una bambola di pezza che doveva essere appartenuta ad una bambina; era tutta sporca di sabbia e in alcuni punti la stoffa si era rotta. Anche se non aveva idea di chi fosse stata la bambina che aveva posseduto quella bambola, si ritrovò a sperare che fosse stata una di quelle persone che si erano salvate; nessuno si meritava di morire in tenera età.
“Non c’è nessuno neanche in quelle ancora intatte” disse Sera uscendo da una casupola in piedi per miracolo.
Avevano incontrato il vecchio insediamento lungo il loro cammino poco prima dell’oasi, secondo i calcoli di Iliana. Avevano quasi sperato di trovare qualche Darman lì, ma non si erano fatti troppe illusioni. Quello che era davanti ai loro occhi era solo il guscio vuoto di quello che doveva essere stato in origine e di certo non si trattava di un grande nascondiglio se ci si voleva nascondere bene da tutti.
“Se avete finito di cercare possiamo ripartire per l’oasi” disse la maga a voce abbastanza alta per farsi sentire da Leon e Sera, distanti da lei. Sandir invece era vicino a lei, gli occhi chiusi come per cercare di concentrarsi.
“Uffa. Mi sa che avevate ragione voi” sbuffò Sera una volta ricongiuntasi con i suoi due compagni; Leon arrivò subito dopo.
“Vi avevo detto che era improbabile trovare qualche Darman qui, li avrei percepiti” spiegò la maga.
“Quindi, se ho capito bene, anche se il frammento e i Darman annullano quasi ogni traccia della loro presenza a vicenda, se sei abbastanza vicina a loro puoi percepire la loro presenza?” chiese Leon.
“Si, con la magia. Ho imparato a farlo quando viaggiavo assieme ad Akane. Anche se avevamo i frammenti con noi, se lei si trovava ad una certa distanza, non troppo lontana da me, e aveva con se un frammento, riuscivo a sentirla” la maga poi guardò Sandir “Mentre per quanto riguarda lui, tutti i Darman sono in grado di percepire la presenza di un proprio simile se si trova nelle sue vicinanze”
“Ho provato a concentrarmi ma non ho avvertito niente. È inutile, non ne sono capace” Sandir era frustrato da tutta quella situazione e non provava neanche più a nasconderlo.
“Non preoccuparti, non è colpa tua. Come ho già detto non li sento neanche io” cercò di rassicurarlo la maga.
“Ma io dovrei riuscirci. Dovrei essere in grado di individuare la mia gente, dovrei riuscire a…” il ragazzo si fermò. I suoi compagni avevano intuito cosa voleva dire. Avrebbe dovuto riuscire a trasformarsi, ad essere come il resto della sua gente e forse, se fosse stato come loro, sarebbe riuscito a trovarli.
Iliana gli mise una mano sulla spalla e con l’altra gli diede un pizzicotto sull’altro braccio “Non è colpa tua” sembrava leggermente spazientita, come se non volesse più sentire discorsi di autocommiserazione.
“Ahi! Ha bene, ti credo, ti credo” la donna mollò la presa sul braccio di Sandir e, spostando lo sguardo in direzione dell’oasi, aggiunse “Andiamo, quando saremo all’oasi decideremo cosa fare”
 
La sacca di Leon aveva un peso in più. Neanche lui sapeva perché ma quando Iliana li aveva richiamati all’insediamento, prima di raggiungere i suoi compagni, aveva riposto nella sua sacca la bambola che aveva trovato. Era stato un gesto quasi involontario, lo aveva fatto senza rendersene conto e aveva realizzato cosa aveva fatto solo dopo qualche minuto, quando erano ripartiti.
Stavano camminando da un po’ ma finalmente, davanti a lui e ad i suoi compagni, comparve l’oasi che stavano cercando.
Era una grande oasi, più grande di quello che si era aspettato di trovare. A proteggerla, non molto distante, si trovava una estesa formazione rocciosa che forniva ombra e bloccava la maggior parte della sabbia che proveniva dalla direzione opposta alla loro.
Sia Sandir che Sera accelerarono il passo fino a mettersi letteralmente a correre, la vista dell’oasi era troppo invitante dopo due giorni in cui il panorama era stato composto solo da sabbia e ancora sabbia. Iliana e Leon li lasciarono fare.
“Finalmente qualcosa che non è sabbia o non ha il colore della sabbia, non ne potevo più, era così noioso” disse Sera.
“A me invece mancava l’acqua non in una borraccia” Sandir aveva raggiunto la riva dell’acqua e stava già riempendo la sua borraccia vuota. Leon e Iliana arrivarono poco dopo.
Sugli alberi dell’oasi cresceva della frutta commestibile, cibo fresco invece di quello essiccato che consumavano da giorni.
Dopo essersi rifocillati, si fermarono a riposare all’ombra delle fronde ma per qualche ragione, anche se avrebbe voluto riposarsi, Sandir si sentiva troppo irrequieto per riuscirci.
Così cominciò a camminare accanto alla riva dell’acqua, facendo attenzione a delle rocce che incontrava sul suo cammino qua e là.
Si trovava dall’altra parte dell’oasi rispetto ai suoi compagni quando si fermò e sospirò. Non capiva cosa aveva, non riusciva a tranquillizzarsi, il battito del suo cuore non voleva tornare ad un ritmo regolare.
Si accucciò davanti all’acqua e si sciacquò la faccia, sperando che l’acqua potesse fare qualcosa per alleviare quella sensazione. Forse, nonostante le precauzioni di Iliana, il sole gli aveva fatto male.
Vide il riflesso del suo volto bagnato nell’acqua. Con una mano la mosse per increspare il suo riflesso e chiuse gli occhi. Non voleva vedersi, quando si specchiava non lo faceva mai per molto. La sua faccia gli ricordava troppo i suoi genitori.
La strana sensazione non se ne andava, anzi era aumentata. Ora la testa gli faceva male.
Quando riaprì gli occhi, ancora puntati sulla superficie dell’acqua, c’erano ancora delle increspature ma era sicuro che la macchia bianca che ora vedeva riflessa sull’acqua davanti a lui prima non ci fosse.
Sollevò la testa di scatto e si trovò faccia a faccia con degli occhi blu, ma non erano occhi umani, erano gli occhi di un animale. Proprio davanti a lui c’era un lupo dal pelo bianco immacolato, gli occhi di un blu intenso e le dimensioni più grandi di quelle di un normale lupo bianco. Inoltre il deserto non era decisamente l’habitat naturale per quel tipo di lupo.
Senza pensare, quasi in trance, allungò una mano verso il muso dell’animale “Tu sei…”
Il lupo sembrò riscuotersi di colpo e, come se si fosse solo in quel momento reso conto di quella situazione, corse via.
“Aspetta, non andartene!” Sandir non rifletté neanche per un secondo e inseguì il lupo. Avvertì le voci dei suoi amici, che dovevano essersi accorti dell’accaduto, provare a chiamarlo, ma lui non aveva intenzione di fermarsi. Doveva vedere dove sarebbe andato il lupo, doveva seguire quel Darman, perché quel lupo bianco non poteva essere nient’altro.
Il lupo era veloce e se non si fosse fermato a breve lo avrebbe perso. Per fortuna gli fu presto chiaro dove la creatura fosse diretta: la formazione rocciosa. Adesso che era più vicino riusciva a vedere che in alcuni punti della roccia c’erano dei buchi, non grossi abbastanza da bucare completamente la roccia e fuoriuscire dall’atro lato, ma grandi abbastanza da poter nascondere una creatura come quella. Vide il lupo entrare in uno di quei buchi e accelerò il passo, non voleva assolutamente perderlo.
Una volta all’interno si rese conto che non si trovava in un vicolo cieco ma all’interno di una galleria vera e propria. Cominciò a correre nell’unica direzione possibile e, poco dopo, raggiunse il lupo, che si era fermato per qualche ragione in una sala più grande, prima di una biforcazione. Voleva che lo seguisse? Se si, allora perché era andato così veloce?
“Aspettaci!” era la voce di Sera, seguita poco dopo dalla ragazza vera e propria in forma di fiamma per andare più veloce. Quando ebbe ripreso la sua forma più usuale, anche Leon e Iliana sbucarono dalla galleria.
Sandir provò ad avvicinarsi lentamente al lupo, le mani bene in vista per far vedere che non aveva intenzione di fare del male a nessuno “Voglio solo parlarti” ma il lupo, vedendolo avvicinare, arretrò.
Il lupo improvvisamente cominciò a girare ripetutamente la testa verso le due biforcazioni alla sua destra e sinistra, vicino ad esso. Qualcosa si stava avvicinando, Sandir arretrò per sicurezza verso i suoi compagni.
Le due biforcazioni si illuminarono e da esse comparvero degli uomini e delle donne, alcuni di loro reggevano delle torce. I loro vestiti avevano visto decisamente giorni migliori, erano bucati e rappezzati alla meglio.
“Guarda, guarda. Abbiamo visite” disse un uomo con una torcia in mano e mezzo volto coperto da una grossa cicatrice. Sembrava essere stata fatta da degli artigli particolarmente affilati.
“Li hai portati tu qui, Snow?” chiese una donna rivolgendosi al lupo di cui ora conoscevano il nome. La donna in questione si avvicinò al lupo e solo allora, quando la luce di una delle torce illuminò il suo avambraccio destro, il gruppo notò il marchio su di esso. Un fiore di Umbra. Tutte quelle persone erano Darman, la gente di Sandir.
“Dite che si arrabbierà?” disse un altro Darman.
“Lo scopriremo quando arriverà qui. Se li considererà una minaccia molto probabilmente li uccideremo” disse un’altra. Parlavano abbastanza forte da farsi sentire dal gruppo, non sembravano curarsi di loro minimamente. 
“Ehi!” disse Sera facendo un passo in avanti “Noi siamo qui. Non fate finta che non ci siamo”
Al movimento di Sera verso di loro,  tutti i Darman si zittirono e i loro occhi si puntarono si di lei. Nessuno di loro aveva uno sguardo amichevole. Iliana tirò indietro Sera “Prima lezione sui Darman: mai fare movimenti azzardati se vuoi andartene con la testa attaccata al collo”
Prima che Sera si muovesse verso i Darman, loro erano sembrati distratti mentre in realtà, se ne era resa conto Sera all’ultimo momento, non avevano mai smesso di tenerli d’occhio.
Nessuno di loro avrebbe potuto fare un passo avanti o uno indietro per scappare, se lo avessero fatto sarebbero stati attaccati. Erano in trappola.
“Sta arrivando” disse la donna che si era rivolta a Snow.
Il gruppetto di Darman si spostò dai due cunicoli e tutti loro, compreso il lupo bianco, si inginocchiarono ai lati della sala.
Subito dopo, dal cunicolo di destra, uscì una donna dallo sguardo minaccioso. Aveva corti  capelli castani con delle sfumature bronzee, probabilmente a causa del sole cocente del deserto, la carnagione dorata ed era alta e dal fisico ben allenato. Sul lato destro del suo collo si poteva vedere il fiore di Umbra che la rendeva un Darman. I suoi vestiti non erano messi meglio di quelli dei suoi simili. Portava dei pantaloni rotti in più punti, quella che prima doveva essere una maglia ora la copriva solo fino all’ombelico e le maniche erano state tolte. L’unica cosa che indossava ancora intatta erano le scarpe.
La donna guardò il gruppo che si era introdotto nelle gallerie, il suo era uno sguardo gelido, di chi non aveva nessuna remora ad uccidere. Era chiaro a tutti, vista la reazione dei Darman al suo arrivo, che fosse lei il capo clan.
Iliana, Leon e Sera la guardarono negli occhi, ricambiando il suo sguardo, mentre Sandir fissò il pavimento di roccia.
“Uno spirito” disse la donna dopo un minuto che li fissava rivolgendosi a Sera, la sua voce era ferma “noi Darman non abbiamo niente contro la tua gente. Siete creature pacifiche e non ci avete mai dato problemi. Non ti faremo del male”
I suoi occhi poi si posarono su Leon “Tu chi sei e da dove vieni?”
“Il mio nome è Leon” rispose lui senza far trasparire il nervosismo dalla voce “e sono nato nel regno di Dahlia”
“Leon? Un nome che sceglierebbe un Darman. Vedo che è ancora usanza celebrare l’amicizia tra Dahlia e il mio popolo anche dopo mille anni, e in nome di essa non ti faremo del male”
La donna guardò Iliana “Tu non hai bisogno di presentazione. Sei la maga maledetta e hai viaggiato con una di noi, una capo clan di mille anni fa entrata nella storia. Sei sempre la benvenuta fra noi”
Infine i suoi occhi si focalizzarono su Sandir e si sgranarono per un attimo “Tu”
Solo allora Sandir la guardò negli occhi e si fece avanti, gesto azzardato.
Anche la donna si avvicinò a lui ed entrambi si fermarono quando furono l’uno davanti all’altra.
“Sei identico a lui quando aveva la tua età, tranne per gli occhi. Quelli li hai presi da lei. Sono come i miei”
Gli occhi verde acqua di Sandir si stavano riflettendo in un paio dello stesso identico colore dei suoi.
“Zia Fang” fu tutto quello che Sandir riuscì a dire.
 
 
 
Tyberius era nella sua tenda seduto alla sua scrivania, un libro comunicante aperto su una pagina in cui c’era scritto un messaggio da parte di Odette, sua amica di vecchia data.
Aveva letto quello che diceva ed era combattuto sul da farsi.
Odette e i maghi di Iridium sembravano essere giunti ad una possibile risoluzione al controllo mentale subito da molte persone da parte degli adepti. Secondo le indagini, la chiave di tutto erano gli obelischi che gli adepti avevano fatto costruire in tutti i regni conquistati da Anthemis, ma che gli obelischi avessero a che fare con quello era una cosa che avevano già considerato da tempo. Quello che finora non erano riusciti a capire era come renderli inutilizzabili e fermarne l’effetto.
Da quello che avevano capito, dopo la conquista, agli uomini catturati veniva fatto qualcosa e veniva velocemente eretto un obelisco. Solo dopo che l’obelisco era stato eretto, gli uomini ora sotto il loro controllo venivano rilasciati. Se quello che Odette e i maghi avevano in mente avesse funzionato, allora avrebbero liberato le persone controllate. Il problema era la rischiosa richiesta che Odette gli aveva fatto.
Dopo aver saputo da Lavi, che si era rivelata inaspettatamente un’importante risorsa, del vero intento di re Lucien, Tyberius aveva dato ordine a tutti i membri della Resistenza di prepararsi a combattere e di muoversi in direzione del deserto, dove Beatrice gli aveva comunicato si trovavano i Darman.
Odette però gli aveva appena chiesto di affidarle per il suo piano una ingente quantità di uomini e, se Lavi aveva ragione, Tyberius si sarebbe ritrovato così ad affrontare un esercito molto più numeroso del suo.
Ma se il piano di Odette avesse avuto successo allora sarebbero stati loro in vantaggio alla fine.
Era una decisione che avrebbe potuto cambiare radicalmente le sorti della guerra, e lui non sapeva cosa fare.
I suoi occhi ricaddero sulle ultime parole scritte da Odette. Ti prego di fidarti di me, come hai sempre fatto. Ne va delle sorti di tutte quelle persone che non hanno più alcun controllo sulle loro azioni. So che è rischioso ma possiamo salvarle, basta solo una tua decisione.
Aveva deciso. Prese una penna e cominciò a scrivere la sua risposta.
 




Salve a tutti, qui lost in books.
Sono finalmente comparsi i Darman, la gente di Sandir. E lui ha appena incontrato una sua parente. Cosa farà la zia di Sandir ora che sa che il nipote è ancora vivo?
Ho trovato lavoro per il resto dell’estate e questo occuperà una buona parte del mio tempo. Farò del mio meglio per aggiornare il prima possibile.
Alla prossima! 

 

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Capitolo 25
*** 25 ***


25
 
Lo schiaffo risuonò per le pareti di roccia. Fang, capo clan dei Darman, colpì suo nipote talmente forte da fargli girare la testa di lato. Sandir si portò una mano sulla guancia colpita e quando la ritrasse trovò del sangue rosso a macchiare le sue dita. L’averlo visto aveva fatto perdere a Fang parzialmente il controllo e le sue unghie si erano allungate più del normale quando lo aveva colpito. Lui non si era aspettato niente di diverso, non da lei. Aveva sempre avuto un carattere particolare a detta di sua madre, la sorella minore di sua zia.
“Tu dovresti essere morto” fu la prima cosa che Fang disse dopo aver avuto conferma da Sandir stesso che quello che si trovava davanti a lei era suo nipote.
Lui si limitò a fissarla. Non pensava l’avrebbe mai rivista in vita sua e non sapeva cosa dire.
Percepì un movimento alle sue spalle e si girò a vedere cosa stesse succedendo: Sera si era mossa verso di lui, un’espressione furiosa sul volto, cosa che poteva essere vista come segno di sfida da sua zia, ma Iliana e Leon l’avevano bloccata. Per fortuna la maga sapeva come comportarsi al cospetto di una capo clan e Leon stava imparando in fretta.
“Voi potete passare” disse Fang rivolta ai compagni di Sandir “per quanto riguarda te invece…” tornò a guardare suo nipote per poi rivolgersi ai due Darman più vicini a lei, l’uomo con mezza faccia deturpata e la donna con il marchio sull’avambraccio “portatelo in cella”
I due non se lo fecero ripetere e Sandir non oppose resistenza, sapeva che sarebbe stato tutto inutile e che non avrebbe giovato alla missione.
“Aspettate” sentì dire Sera, la voce ormai flebile e distante.
 
Mentre lo stavano portando via, dopo aver attraversato diverse gallerie, una volta uscito all’esterno e di nuovo alla luce del sole, Sandir poté constatare che tutte quelle gallerie in realtà nascondevano l’ingresso ad un’area aperta abbastanza grande nella formazione rocciosa stessa da essere abitata dalla sua gente. Un vero e proprio spazio aperto circondato dalla roccia. Vide uomini, donne e bambini fermare le loro attività, curiosi di vedere che cosa stesse succedendo. Alcuni degli adulti che riuscirono ad intravederlo sembrarono intuire chi fosse quindi quello che aveva detto sua zia, sul fatto che assomigliasse molto a suo padre, probabilmente aveva rivelato la sua identità.
In quell’area c’erano delle tende ed il necessario per sopravvivere, cibo che dovevano aver raccolto all’oasi e una sorta di pozzo che dovevano aver costruito per assicurarsi acqua da un bacino sotterraneo senza doverla trasportare dall’oasi. Non c’era solo la frutta che aveva visto lì però, ma anche i resti di quello che dovevano aver incontrato appartenente alla scarsa fauna locale del luogo. Inoltre riuscì ad intravedere una zona adibita alla coltivazione grazie alla quale, probabilmente con molta fatica, si assicuravano altro cibo.
I due Darman lo condussero verso una zona isolata dell’area, in un punto incavato nella roccia, dove era stato costruito una sorta di ingresso non differente da quelli che aveva avuto modo di vedere quando era finito in prigione ad Anthemis e lì venne lasciato. L’uomo con la grossa cicatrice rimase a fare da guardia all’ingresso della cella singola e nessuno sembrava osare avvicinarsi a causa della sua presenza. Doveva essere un Darman molto forte se nessuno degli altri si faceva vedere.
Andò avanti così per ore, nessuno dei due aveva aperto bocca e il sole era ormai prossimo al tramonto. Sandir chiuse gli occhi, appoggiato ad una delle pareti laterali di roccia; l’unica cosa che poteva fare era aspettare.
“Sandir. Sono io, Sera”
Il giovane aprì gli occhi di colpo. Sera era davanti all’ingresso della cella, le mani sulle sbarre.
“Cosa?” lui guardò di sottecchi la sua guardia che sembrava non aver reagito alla presenza della ragazza, sorprendendolo.
“È tutto a posto, il gigante qui non mi farà niente” disse la giovane sorridendo e per avvalorare quello che aveva detto diede anche due colpetti amichevoli ad un braccio dell’uomo, che effettivamente incuteva soggezione anche solo per la sua altezza. Non aiutava a renderlo meno inquietante il fatto che fosse anche molto muscoloso.
Lui per tutta risposta la guardò e fece quello che Sandir si sarebbe meno aspettato: le sorrise e le fece l’occhiolino. Certo, sembrava più un ghigno per come era conciata la sua faccia, ma si capiva dai suoi occhi che non aveva nessuna cattiva intenzione nei confronti della ragazza.
“Gli ordini del mio capo clan sono di non far avvicinare nessuno alla cella se non autorizzato, ma per quanto riguarda gli ospiti… loro sono sempre i benvenuti, in ogni punto del nostro insediamento” la voce dell’uomo era profonda.
Sandir lo guardò riconoscente. Se avesse voluto, avrebbe potuto fermare Sera, ma si era appigliato ad una scappatoia nella regola per lui. Decise che più tardi gli avrebbe chiesto perché si era preso la briga di fare qualcosa per aiutarlo ma ora aveva delle cose da chiedere a Sera.
“Cosa è successo da quando sono qui?” chiese subito lui.
“Tua zia, donna adorabile comunque, ci ha condotti alla sua tenda per discutere del motivo della nostra visita, anche se lo aveva già capito chiaramente da sola. Iliana e Leon sono ancora con lei, stanno anche cercando di tirarti fuori di qui. Io sono appunto venuta ad informarti. E poi perché tua zia ha reagito così? Non dovrebbe essere felice di vederti?”
“Mia zia non ha mai avuto un buon carattere, tutto qua”
“Si ma…”
“Non preoccuparti, va tutto bene. Io sto bene”
“No, non è vero! È da quando abbiamo messo piede nel deserto che menti” lei aveva alzato la voce all’improvviso, sorprendendolo per un attimo.
“Hai ragione” cercò di parlare nel modo più calmo e rassicurante possibile “Non sta andando tutto rose e fiori ma me la caverò, te lo prometto”
“Come fai ad esserne sicuro?”
“Perché ci siete voi. Iliana, Leon e te. Ce la siamo sempre cavata insieme, lo faremo ancora” le sorrise.
Lei sembrò rifletterci un attimo prima di rispondergli “Va bene” e ricambiò il sorriso.
Un ombra si fece avanti. Sandir alzò gli occhi fino ad incontrare una ragazza con in mano un vassoio. Aveva la pelle olivastra, i lineamenti sottili e delicati e i capelli color cioccolata lunghi e leggermente ondulati alle punte. Indossava un vestito di scarsa qualità che sembrava essere di una taglia più grande della sua.
“È arrivato da mangiare” disse l’uomo di guardia e aprì la cella per lasciar entrare la ragazza.
Lei appoggiò il vassoio a terra ma si fermò prima di uscire, sembrava voler dire qualcosa ma non sapere come fare quando finalmente ci riuscì. La sua voce era dolce e delicata, confortante.
“Volevo scusarmi con te di persona. È tutta colpa mia se ora ti trovi qui” la ragazza chinò il capo.
Era colpa sua? Cosa voleva dire?
Poi, quando la ragazza risollevò il capo permettendogli di vedere bene il suo viso, Sandir capì.
I suoi occhi erano di un blu intenso, come quelli del lupo bianco di qualche ora prima.
“Snow, giusto?”
“Esatto” lei accennò un flebile sorriso, era ancora incerta.
“Non è colpa tua” si affrettò a dire lui “è colpa mia. Potevo evitare di inseguirti e invece ho agito d’impulso. Anzi, scusami tu se ti ho spaventata. Non era mia intenzione”
“Ti ringrazio. È carino da parte tua” il sorriso di Snow si fece un po’ più strada sulle sue labbra.
La guardia si schiarì la voce.
“Devo andare” disse Snow e uscì dalla cella.
“Quindi tu sei il lupo di prima” disse Sera rivolgendosi a Snow appena fuori dalla cella, la sua non era una domanda vera e propria e pareva affascinata.
La Darman sembrava essersi del tutto tranquillizzata dopo aver parlato con Sandir e annuì a Sera guardandola con un’espressione del tutto neutra.   
“È la prima volta che vedo un Darman trasformato” la giovane spirito non riusciva a trattenere l’entusiasmo nella voce “ma pensavo che un Darman in quella forma dovesse essere più…come dire…spaventoso. Almeno secondo le storie…”
Snow le rispose con calma, sembrava il tipo di persona che era generalmente in pace con il mondo, pacifica e tranquilla, non proprio quello che ci si aspettava da una persona appartenente a quel popolo “I dettagli della nostra forma animale cambiano a seconda di quanto vicini siamo all’Oscurità. Più essa acquista forza, più la nostra forma si fa più inquietante. L’unico motivo per cui nessuno di noi ha ancora subito le conseguenze della situazione corrente è per la presenza del frammento. Ci protegge”
Snow guardò attentamente Sera prima di continuare “Il nostro aspetto in forma animale non è la sola cosa che cambia però. L’Oscurità rafforzandosi inevitabilmente offusca le nostre menti e ci rende instabili, un pericolo non solo per gli altri ma anche per noi stessi”
Sandir si accorse di come la guardia si toccò brevemente la spalla sinistra, dove sotto la camicia doveva essere nascosto il marchio, lo sguardo serio al suolo.
“Non lo sapevo…” mormorò Sera.
“Non è una cosa che sanno in molti, almeno non di questi tempi. Custodiamo i nostri segreti. Ora devo proprio andare. È stato un piacere conoscervi” detto questo Snow se ne andò.
Sandir la osservò allontanarsi fino a che la cella glielo permise. Adesso poteva associare un volto al lupo, un volto che per qualche motivo gli ricordava qualcosa.
“Carina, non è vero?” Sera lo riportò al presente.
“È una ragazza normale, per gli standard dei Darman” rispose lui senza scomporsi.
“Allora perché prima sei arrossito un pochino?” ribatté Sera come se avesse capito qualcosa.
“Non è vero. Non sono arrossito”
“Sì invece” era stato l’uomo di guardia ad intromettersi.
“Grazie” gli disse Sera. L’uomo le fece cenno con la testa.
“Come volete…” sbuffò Sandir scatenando l’ilarità di Sera.
“Devo ammettere che oggi ho sentito la sua voce più di quanto l’abbia sentita in un mese. Snow non parla mai molto” considerò l’uomo.
Quando Sera si riprese si rivolse nuovamente al suo amico “Ora devo andare anch’io. Ti faccio sapere come va a finire e ti tireremo fuori di qui”
“Non ne dubito” Sera se ne andò lasciandolo in compagnia della guardia.
Cominciò a mangiare quello che gli aveva portato Snow quando ad un certo punto l’uomo parlò.
“Hai dei buoni amici. È una bella cosa e che pochi possiedono”
“Già, sono fortunato. Posso sapere qual è il tuo nome?”
“Horn. Tu invece che nome hai scelto?”
Come da tradizione, ogni Darman sceglieva il proprio nome dopo essersi trasformato per la prima volta.
“Sandir”
Horn rimase in silenzio per qualche secondo come a registrare l’informazione e infine scoppiò in una breve ma sonora risata.
“Scelta interessante ed azzardata, un po’ come quelle di tuo padre. Non gli somigli solo di aspetto allora…” gli occhi e la voce dell’uomo si fecero d’un tratto tristi e Sandir capì.
“Lo…lo conoscevi bene?”
“Abbastanza. Qui ci conosciamo tutti bene o male ma tuo padre era uno di quelli che conoscevo meglio” Horn indicò la sua cicatrice “È stato lui a farmi questa. All’epoca piaceva ad entrambi la stessa ragazza e abbiamo finito con il litigare. Alla fine lei ha scelto lui o adesso non staresti qui”
“Oh…”
Horn scoppiò a ridere vedendo la sua espressione basita.
“Abbiamo fatto pace velocemente. Non credo tu possa ricordarti di me però, eri piccolo ed io vedevo principalmente tuo padre per via dei turni di guardia a cui eravamo spesso assegnati assieme”
“Mi dispiace, non mi ricordo”
“Fa niente”
Sandir si fece coraggio anche se in cuor suo sapeva già la risposta “E mia madre?”
Horn si limitò a guardarlo tristemente, le parole non servivano.
Sandir si appoggiò di nuovo alla parete e sospirò, lo sguardo al soffitto di roccia. Ora aveva capito perché sua zia non era contenta di vederlo, anche se doveva ammettere a se stesso che in cuor suo, quando sua zia lo aveva colpito, aveva già intuito il motivo.
 
Il rumore della porta della cella lo svegliò la mattina seguente.
“Buone notizie. Puoi uscire” disse Horn di buon umore “Mi è stato detto di portarti al cospetto  del capo clan”
Quella invece non era una buona notizia. Qualcosa gli diceva che non avrebbe trovato i suoi amici dove Horn lo stava portando ma solo sua zia.
Quando l’uomo scostò la tenda del capo clan per farlo passare ebbe la conferma della sua ipotesi. Horn gli rivolse uno sguardo il cui scopo era infondergli coraggio prima di sparire ma niente avrebbe reso i suoi prossimi minuti piacevoli, lo sapeva.
Sandir si girò verso sua zia ma non mosse un muscolo; neanche lei parlava, si limitava a fissarlo come se lo stesse valutando.
Era seduta su un sottile cuscino a terra davanti ad un tavolinetto basso, e non poté fare a meno di notare un particolare che il giorno prima gli era sfuggito. Fang portava appeso al collo il frammento che stavano cercando, era la sua custode.
Infine sua zia gli diede un ordine secco “Siediti” e lui obbedì all’istante.
Il volto di sua zia, anche se solo vagamente, gli ricordò quello ormai sbiadito nei suoi ricordi della madre, dal carattere così diverso dalla donna che aveva davanti da rendere difficile credere che le due fossero sorelle.
Di sua madre ricordava le parole gentili che gli rivolgeva, i sorrisi dolci e gli abbracci frequenti, anche se si trattava ormai di lontani ricordi. Di suo padre invece ricordava il carattere forte e deciso ma non per questo rigido o severo come quello della zia, la sua forza d’animo e nel combattimento. Ora che si trovava tra la sua gente e soprattutto davanti a Fang i ricordi della sua infanzia che pensava di aver sepolto erano riaffiorati, travolgendolo violentemente come un fiume in piena. Il suo cuore era stretto in una morsa.
“Ti ho lasciato uscire dalla cella solo per amore di mia sorella e per quello che ha sempre nutrito nei tuoi confronti. Fosse stato solo per me non saresti neanche arrivato alla cella ma saresti già stato giustiziato” le parole di Fang erano come una frustata. Aveva capito cosa l’aveva spinta a trattarlo così, il rancore che doveva provare per lui, ma era un duro colpo. In cuor suo aveva sperato di rivedere i suoi genitori, aveva sperato di essere stretto dalle braccia accoglienti di sua madre. Inutile negare quanto gli erano mancati in quegli anni, anche se Bog aveva fatto del suo meglio per sostituirli e di questo gli sarebbe sempre stato grato.
C’era una cosa che voleva sapere da sua zia, anche se parlare con lei era quasi del tutto impossibile, ma aveva bisogno di sapere, doveva sapere.
“Che cosa gli è successo, ai miei genitori?”
Il palmo della mano sinistra di Fang sbatté violentemente sul tavolinetto basso facendo tremare ciò che si trovava sulla sua superficie. Un bicchiere rotolò fino a cadere dal bordo, rompendosi in mille pezzi al suolo.
“Vuoi sapere cosa gli è successo?” urlò Fang, l’ira prima trattenuta a stento solo alla vista del nipote ora in bella vista.
“Sono morti, ecco che è successo. Ed è solo colpa tua!”
La stretta nel suo cuore si fece più forte ma Sandir si fece coraggio e con una calma che non sapeva di avere chiese “Come?”
“Quando ti hanno lasciato ad Iridium ci siamo spostati qui nel deserto, tornando nelle terre abitate solo in caso di necessità e per breve tempo.
Non ci volle molto perché mia sorella, distrutta dal dolore per la sorte che credevamo tutti  ti fosse capitata e non aver potuto fare niente per salvarti, impazzisse”
Sandir sapeva che per la sua gente le emozioni, specialmente quelle forti, se non controllate, facevano perdere il controllo. Ma non riusciva ad associare la donna che ricordava essere sua madre con i mostri senza alcun controllo che i Darman potevano diventare se si lasciavano andare.
“È stata brava a nasconderlo all’inizio, non mi sono accorta di niente fino a che non è stato troppo tardi. Completamente fuori di sé, si è trasformata, la sua forma era come quelle descritte nel racconto dei primi Darman della storia, a breve distanza dall’Oscurità, aberrante. 
Ha ferito molti di noi, non si è fermata neanche davanti a me. Quando mi sono ripresa mi hanno detto che si stava dirigendo verso le terre abitate, in direzione di Iridium. Nonostante fosse impazzita, nella sua mente c’eri ancora tu, lo capisci?
Mi trasformai subito e la inseguii. Quando li trovai per tua madre era già troppo tardi. Tuo padre la stava sorreggendo, senza vita, era coperta di sangue e quando vidi il braccio completamente rosso di tuo padre capii che era stato costretto ad ucciderla pur di fermarla. Non c’era altro modo e se non lo avesse fatto lui lo avrei fatto io.
A quel punto anche tuo padre, per quello che era stato costretto a fare, stava perdendo il controllo e velocemente. Aveva perso tutto. Mi chiese di porre fine alla sua vita prima che fosse troppo tardi, prima che perdesse il controllo. Ho dovuto farlo. Quel giorno ho perso coloro che consideravo la mia famiglia. Tutti pensavano fossi morto, dovevi essere morto. Che tu sia qui non ha senso, è ridicolo. Sei un debole, un sandir” sua zia lo stava fissando come se si fosse trovata davanti un brutto scherzo del destino “Vuol dire che sono morti per niente, mentre tu sei qui, vivo. Li hai uccisi tu e non ti perdonerò mai per questo!”
Fang si era sporta in avanti verso di lui, l’odio non celato. Sandir chiuse gli occhi, non l’avrebbe fermata, il dolore per le parole della zia lo avevano reso completamente inerte.
La tenda si aprì facendo entrare la luce del sole. Erano i suoi compagni.
“Fang, dobbiamo parlare” disse Iliana. Da come la maga lo stava guardando, Sandir capì che lei aveva sentito abbastanza della conversazione prima di intervenire per proteggerlo.
“Non cambierò idea” disse Fang freddamente, di nuovo composta al suo posto.
“Cambiare idea su cosa?” chiese Sandir. Ora i suoi compagni si trovavano vicino a lui, come a circondarlo per proteggerlo. Non era solo.
“Ti ho fatto chiamare qui per informarti su ciò che ho deciso di fare con te” disse Fang secca “anche se i tuoi compagni possono restare qui, la stessa cosa non vale per te. Il punto più vicino a noi a cui ti è concesso arrivare è l’oasi, non di più. Starai lì finché non ve ne andrete”
“Non lo lasceremo da solo” obiettò Sera “Se lui non può restare allora anche noi resteremo all’oasi” e poggiò una mano su una spalla di Sandir.
“Non è necessario…” cominciò a protestare il ragazzo.
“Non è un problema per noi” lo bloccò Leon.
“E per quanto riguarda il frammento…” cambiò discorso Iliana.
“Come vi ho già detto la mia gente non può separarsene, è troppo pericoloso. Non metterò a repentaglio la salute del mio popolo per nessun motivo. Perché dovrei? Siamo sempre stati trattati alla stregua di bestie da parte della maggior parte della gente, perché aiutarla?” rispose prontamente Fang.
“Akane lo avrebbe fatto” disse la maga.
“Ma io non sono lei” le parole di Fang non facevano pensare a niente di positivo. La tenda si aprì di nuovo e la testa di Horn fece capolino nella tenda “Una situazione necessita della sua presenza”
“Arrivo” Fang si alzò ma prima di andare aggiunse “Voi non muovetevi da qui” e rimasero da soli.
“È ufficiale. Lei non mi piace” furono le prime parole di Sera dopo l’uscita di Fang.
“Cosa facciamo ora? Il frammento è indispensabile” disse Leon.
“Già e rubarlo non è un opzione. Non sopravvivreste ad un orda di Darman inferociti. Sera forse sì ma voi due no di certo” ponderò la maga ad alta voce.
“Molto rassicurante” commentò Leon. Un rumore di passi in avvicinamento gli fece capire che Fang stava tornando.
La maga parve riflettere “Lasciate fare a me. Troverò il modo ma non fate niente di stupido, intesi?”
Annuirono tutti un attimo prima che la tenda si aprì facendo entrare Fang “Dove eravamo? Ah, sì. Il frammento resta qui”
Si erano seduti tutti, la conversazione andava avanti da più di due ore e nessuna delle due parti sembrava volersi arrendere.
In realtà Sandir sapeva che c’era una cosa che poteva fare per loro e anche che era l’unico modo per ottenere quello che volevano.
Non fate niente di stupido, intesi? Le parole di Iliana risuonarono nella sua mente come un monito. Sperò solo che la donna lo perdonasse per quello che stava per fare.
“Agon” la sua voce risuonò nella tenda sopra quelle degli altri.
Si zittirono tutti, gli occhi di Iliana si spalancarono per un attimo, Fang lo fissò come se fosse impazzito.
“Propongo l’Agon. Se vinco io ci darai il frammento, se perdo a te la scelta”
Con la coda dell’occhio vide la maga mettersi una mano a coprire il volto per mantenere una parvenza di controllo e la sentì mormorare “Avevo detto niente di stupido…”
Fang guardò suo nipote come per soppesare le sue parole e un ghigno si fece lentamente strada sul suo volto “E va bene, se ci tieni tanto, perché no? Che Agon sia”
 
 



Salve a tutti, qui lost in books.
In questo capitolo si scoprono un po’ di cose sui Darman e sul destino toccato ai genitori di Sandir. In più alla fine lui ha fatto esattamente il contrario di quello che Iliana aveva chiesto.
Cosa sia l’Agon verrà spiegato bene nel prossimo capitolo ma per il momento sappiate che si tratta di una prova di forza a cui solo i Darman posso partecipare.
Alla prossima!
 

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Capitolo 26
*** 26 ***


26
 
“Che cosa avevo detto?” Iliana si stava massaggiando le tempie, la rabbia mascherata a malapena nella voce apparentemente calma e composta.
“Di non fare niente di stupido” rispose prontamente Sandir.
“Appunto!” esplose lei “e tu hai appena fatto la cosa più stupida che si potesse fare!”
“Avevi qualcos’altro in mente?” ribatté lui; l’espressione di Iliana gli diede ragione.
 “Lo sai anche tu che non c’era altro modo!” continuò lui “Non avrebbe accettato nessun’altra condizione”
“Adesso calmatevi, tutti e due” si intromise Leon cercando di essere la voce della ragione, Sera era appena dietro di lui, pensierosa “Se continuate così non andiamo da nessuna parte”
“Lo so ma Fang ha accettato solo per un motivo” disse la maga a denti stetti.
“Perché è sicura di vincere” finì Sera per lei, facendosi avanti “Qualcuno mi può spiegare cosa è l’Agon esattamente?”
Sandir si mise a fissare il pavimento e Iliana lo prese come un invito a spiegare lei di cosa si trattasse “L’Agon è una prova di forza a cui solo chi è un Darman può partecipare, quindi solo Sandir fra noi è qualificato per quella sfida. Si tratta di uno scontro tra due Darman a cui è concesso di usare ogni mezzo a sua disposizione per prevalere sull’altro. Il vincitore ottiene qualcosa mentre il perdente…di solito non sopravvive per raccontarlo. È una lotta all’ultimo sangue”
Sera in poche ampie falcate si avvicinò a Sandir e lo costrinse a sollevare lo sguardo “Idea più stupida non potevi avere! Cosa ti è passato per la mente?”
Leon sospirò. Era appena riuscito a calmare due dei suoi compagni e ora ci si era messa Sera a sbraitare. Sandir dal canto suo non stava opponendo alcuna resistenza al rimprovero della ragazza, che solo dopo un buon quarto d’ora smise la sua ramanzina per domandare “E ora che facciamo?”
“Voi niente. Tocca a me” disse Sandir risoluto.
“Ma…” Sera non finì la frase, non voleva, anche se tutti sapevano quello che stava pensando: potresti morire.
Leon all’improvviso si fece avanti e poggiò una mano sulla spalla di Sandir “Non è la prima volta che uno di noi rischia la pelle per portare a termine la missione. Il minimo che possiamo fare ora è sostenerti nella tua scelta”
“Grazie Leon” Sandir era grato per le parole del suo amico, non se lo aspettava.
“Ora dimmi” continuò il cavaliere “Cosa posso fare per aiutare a prepararti all’Agon?”
Anche Sera e Iliana, arresasi alla situazione in cui ora si trovavano, lo guardarono con la stessa intenzione di aiutarlo che aveva Leon negli occhi.
Sì, era fortunato ad avere amici come loro.
 
Trascorsero i giorni seguenti principalmente all’oasi passando la maggior parte del tempo a ideare strategie per l’Agon e ad affinare la tecnica di Sandir. Leon stava facendo di tutto per prepararlo a contrastare possibili e molto probabili trucchetti che avrebbe potuto dover affrontare; Sera faceva del suo meglio per aiutare nonostante non fosse esperta in quel tipo di scontri, mentre Iliana aiutava con la sua esperienza acquisita avendo visto diversi combattimenti fra Darman in passato. Non era scesa nel dettaglio ma Sandir sospettava che, durante il suo primo viaggio per riformare il Talismano, la donna avesse assistito a cose accadute alla sua gente che non erano state tramandate fino a loro, la ragione specifica per cui il suo popolo si era nascosto. Sapeva solo, come il resto della sua gente d’altro canto, che gli adepti avevano preso di mira i Darman mille anni prima ma nessuno, come risultava dalle indagini fatte da Leon e Sera nel tempo libero tra un allenamento e l’altro, sapeva cosa fosse successo esattamente. L’unico indizio che avevano trovato era che fosse una cosa rivelata e tramandata solo da capo clan a capo clan, quindi Fang probabilmente era l’unica a sapere a parte Iliana. Era qualcosa di così terribile che aveva spinto persino lei a nascondersi.
Quando una sera Sandir glielo aveva chiesto, Iliana si era sbilanciata soltanto a dire che, anche se cose diverse, quello che era stato fatto ai Darman in passato era sullo stesso piano di quello che stava succedendo agli spiriti, non una parola di più, ma poi si era toccata il braccio, nel punto in cui ad Idyll aveva visto l’unica cicatrice che persisteva nel corpo della maga e che aveva visto anche su re Florian. Decise di non indagare oltre, d'altronde aveva una sfida a cui pensare ed era sicuro che sua zia avrebbe fatto ricorso ad ogni mezzo a sua disposizione per piegare le regole in suo favore.
Dopo poco tempo, incuriositi da quello che dovevano aver sentito dagli adulti origliando su quello che stava per succedere, diversi bambini avevano cominciato ad assistere agli allenamenti. In genere i bambini Darman più piccoli erano affidati durante il giorno ad un bambino o ragazzo più grande già in grado di cambiare forma mentre gli adulti si occupavano delle diverse faccende da sbrigare.
Sandir non aveva capito come ma Leon era diventato parecchio popolare fra i bambini. Lo aveva visto una sera ricucire alla meglio una bambola che non aveva idea dove avesse trovato per poi darla ai bambini il giorno seguente. Non sapeva e non sospettava minimamente che l’uomo sapesse cucire ma lui gli disse che era stata Giselle ad insegnarglielo; era una cosa utile da saper fare quando si viaggiava spesso come lui, anche se non si considerava molto bravo. Leon era pieno di sorprese e risorse.
Man mano che l’Agon si faceva più vicino, Sandir faceva sempre più fatica a dormire e aveva deciso di approfittare dell’insonnia per continuare a fare pratica.
All’inizio solo la luna e le stelle erano spettatori dei suoi allenamenti serali ma ben presto si sentì osservato e, anche se non ne era sicuro, pensò di essere riuscito a scorgere un paio di occhi blu nel buio della notte.
 
Due settimane dopo il lancio della sfida, Horn si presentò all’oasi per annunciare che tutto era pronto e che li avrebbe condotti nel luogo dove si sarebbe tenuto l’Agon. Anche lui sembrava preoccupato, Sandir lo lesse dalla tensione visibile nelle spalle dell’uomo che camminava appena davanti a lui.
Horn li condusse attraverso le gallerie ma non seguì lo stesso percorso che in precedenza li aveva portati all’insediamento bensì uno pieno di curve e biforcazioni. Se avesse dovuto tornare sui suoi passi Sandir era sicuro che si sarebbe perso.
Infine sbucarono in uno spiazzo illuminato dai caldi raggi del sole. Aveva l’aspetto vero e proprio di un’arena circolare dal fondo sabbioso su cui spuntavano pietre qua e là, circondata da grandi rocce dalle superfici levigate sopra le quali erano seduti praticamente tutti i Darman, i pochi che ancora mancavano sarebbero arrivati presto. Era un evento che nessuno di loro si sarebbe perso, probabilmente una delle rare fonti di divertimento che il deserto poteva offrire, per quanto macabra. C’erano anche i bambini e, poco prima di raggiungere il punto in cui si trovava Fang, Sandir scorse con la coda dell’occhio Snow, la sua espressione intelleggibile.
Fang si trovava all’ombra di una roccia sul bordo dell’arena “Eccoti qui finalmente. Ora ti spiegherò le regole che verranno adottate in questo Agon. Se ci saranno obiezioni valide” e guardò i tre alle spalle del nipote “vedrò se sarà il caso di revisionarle”
Ogni Agon aveva regole diverse e ben precise a seconda di chi lanciava la sfida. Per rendere la prova equilibrata era stato deliberato che gli avversari dovessero fronteggiarsi ad armi pari, essere allo stesso livello.
“È stato deciso che ti sarà concesso usare armi di tua scelta nel combattimento, ciò con cui sei più a tuo agio. Chi ti sfiderà invece non ne avrà bisogno”
Già, che bisogno c’era di un’arma quando il proprio corpo era un’arma?
“Siete coetanei. Forse te ne ricorderai al momento della sfida” Fang sembrò soppesare la reazione del nipote a quell’informazione. Forse sperava che lo avrebbe scioccato combattere contro qualcuno che sicuramente aveva conosciuto e con cui aveva giocato assieme in passato ma lui non le diede soddisfazione. La cosa parve colpire la capo clan, piacevolmente, che non si aspettava quel tipo di reazione da un Darman che non era cresciuto fra la sua gente; non pensava avrebbe reagito come uno di loro dopo anni di lontananza. Naturalmente lo nascose subito ma non fu abbastanza veloce da riuscirci anche con il nipote, che però decise di fare finta di niente; era meglio non provocarla soprattutto prima di un Agon.
“Hai già deciso con che arma ti batterai?” chiese Fang.
Sandir sguainò la sua spada, quella che gli avevano dato all’accampamento della Resistenza “Questa andrà bene, non mi ha mai deluso” le sorrise lui.
“Ma avrà anche bisogno di uno scudo” si intromise Iliana.
“Certamente. Ce ne sono alcuni qui, residui del passato che ho fatto preparare apposta per la sfida”. Dietro Fang c’era una piccola serie di scudi che sembravano aver visto giorni migliori, ma ancora decenti “Puoi prenderne uno, ma uno soltanto. Scegli con cura”
Sandir si mosse verso gli scudi ma la voce della maga lo fermò “Aspetta. Ti aiuto”
“Non serve” protestò piano lui.
“Si invece. Potrebbero essere stati manomessi, non pensi?”
Sandir guardò Leon di sfuggita e capì che era della stessa opinione della donna, così acconsentì.
“Un momento. Devo controllare che la maga non faccia niente agli scudi. Non sono consentiti aiuti esterni. Prima di iniziare voglio anche controllare la spada. Se c’è qualche incantesimo sopra me ne accorgerò, statene certi”
Iliana sbuffò piano e Sandir capì che se nessuno la avesse fermata lei avrebbe veramente incantato lo scudo scelto.
“Non ho bisogno di trucchi” le disse in un soffio.
“Pensi che lei non ne abbia in serbo per te?”
“Lo so che ne ha ma voglio combattere lealmente”
La maga sospirò “È solo che non voglio che tu perda la vita per il frammento. Ho visto morire troppa gente per questo, cambiare profondamente, da non riuscire più a capire cosa sia peggio ormai. L’Oscurità stessa o la sofferenza causata dalla ricerca dei frammenti…”
“Iliana…” la donna gli passò rapidamente e con forza lo scudo che stava esaminando mozzandogli il fiato.
“Questo andrà bene. Ora fai vedere a tutti quanto vali” il discorso era chiuso.
“Contaci”
Fang, accertatasi che tutto fosse regolare, si assentò un attimo dicendo “Vado a finire i preparativi. Se non ci sono obiezioni, è concesso usare ogni mezzo a disposizione per vincere. La sfida non verrà interrotta per nessun motivo una volta cominciata, e qualunque intervento esterno avrà come esito la sconfitta per chi verrà aiutato. È tutto chiaro?”
“Si” Sandir guardò i suoi amici per vedere se avessero da obiettare: “Accetto”
“Bene, allora io vado. Tu preparati” e si allontanò, entrando in una galleria. Non aveva ancora visto chi avrebbe affrontato ma immaginava si trovasse dove sua zia era andata, un mistero fino all’ultimo.
“Sandir, ecco…” Sera si era rivolta a lui, l’ansia evidente “volevo chiederti cosa farai. Se tutto va per il meglio, cosa succederà al tuo sfidante?”
“Farò tutto quello che posso per evitare che qualcuno muoia se è questo che ti preoccupa” rispose lui.
“Bene. Ora vado su quella specie di spalti. Sei tutti noi!” Rassicurata, Sera andò assieme a Leon a sedersi mentre Iliana rimase con lui. Voleva aspettare fino all’ultimo.
Fang ricomparve dalla galleria in cui era scomparsa prima e fece un cenno ad Horn, che si avvicinò a Sandir.
“Ci siamo” disse l’uomo.
“Sarai tu a scortarmi?” chiese Sandir. Da tradizione c’era sempre un altro Darman a condurre ogni partecipante all’interno dell’arena. Di solito era una persona fidata e più esperta nella lotta e si approfittava di quel momento per qualche consiglio finale.
“Mi sono offerto volontario” Sandir gli fu grato per quello, avrebbe dovuto incamminarsi all’arena da solo altrimenti, Iliana non poteva, visto che non era un Darman.
“Andiamo” Horn lo condusse verso il centro dell’arena, lo scudo e la spada già saldi nelle sue mani. Faceva molto caldo, il sole era alto. Iliana era ancora a bordo arena, lo stava guardando.
Fang si fece avanti per il discorso introduttivo prima dell’Agon.
“Mio popolo, siamo qui riuniti oggi per presenziare, dopo molto tempo, ad un Agon”
I Darman sugli spalti esultarono.
“Questo ragazzo, un sandir di nome e di fatto ha lanciato la sfida. Se vincerà, il frammento che custodiamo sarà suo” la donna si tolse la rudimentale collana e sollevò il frammento in alto perché tutti lo vedessero brillare “ma se perderà, solo la morte lo attende”
Ovviamente Fang pensava avrebbe perso la sfida e con essa la vita. Era questo che voleva, anche se aveva sperato cambiasse idea.
“Senza ulteriori indugi, vi presento chi si scontrerà con lui”
Dalla galleria da cui era ricomparsa prima, lentamente si fece avanti qualcuno, ma non era da solo, erano in due, un ragazzo e una ragazza. Gli erano vagamente familiari.
Sandir sentì Horn imprecare sottovoce, non era per niente rassicurante.
“Questo è contro le regole! Dovrebbe esserci solo un avversario, non due” Iliana si era fatta avanti fino a dove si trovava Fang al centro dell’arena, lo sguardo furente.
“Le regole non sono state violate. Gli sfidanti sono gemelli, coetanei di Sandir. Sono nati assieme, hanno sempre combattuto assieme, si può dire che siano due metà di un insieme, quindi un solo avversario. Inoltre le regole per questo Agon sono già state approvate”
Fang, come immaginato aveva piegato le regole a suo favore, ma era andata decisamente oltre le loro aspettative. Aveva tenuto segreto il suo asso nella manica, o per meglio dire assi.
“Ma…”
“Va bene” le proteste di Iliana vennero fermate proprio da Sandir “Non è un problema, davvero. Me la caverò, ora raggiungi gli altri. Ci vediamo dopo”
Ancora furiosa e titubante, Iliana si fece strada verso gli spalti, accanto a Sera e Leon. Nessuno dei tre era tranquillo.
“Come stavo dicendo” riprese Fang “gli avversari saranno Beak e Claw, coetanei dello sfidante. A Sandir è stato concesso l’uso di un arma e uno scudo a sua scelta mentre ai suoi sfidanti è concesso solo di trasformarsi, nessun arma in più”
Ultimato il discorso, Fang si rivolse ai gemelli mentre Horn ne approfittò per dare qualche ultimo consiglio a Sandir.
“La loro forma animale è quella di aquila, per entrambi. Sono specializzati in attacchi volanti, una della loro tattiche preferite è che mentre uno attacca, l’altro osserva e aspetta un’apertura dell’avversario. Usalo a tuo vantaggio. Giocano sporco, preparati a parecchi colpi sleali e mi raccomando, proteggiti gli occhi. Non saresti il primo che accecano”
“Horn” se ne stava già andando quando la voce del giovane lo fermò “Grazie”
“E per cosa?”
“Per tutto”
L’uomo scoppiò a ridere “Non ho fatto niente” si rincamminò ma si fermò di nuovo “Ah, Sandir, un’ultima cosa”
“Sì?”
“Non morire. Ho già perso degli amici e mi stai simpatico”
Anche Sandir non trattenne una risata ma nel suo caso nervosa “Ok”
 
I gemelli portavano abiti semplici e rattoppati, come il resto della loro gente. Avevano entrambi occhi grandi verde brillante, bocche sottili, nasi aquilini e capelli castani che la ragazza portava lunghi e spettinati. La loro pelle era abbronzata dal sole del deserto.
Dalla vaga memoria che aveva di loro, ricordava che la gemella era stata una bambina permalosa e impulsiva e che quando voleva una cosa la otteneva, sempre con l’aiuto del fratello, mentre il gemello era una persona apparentemente tranquilla ma capace di ricorrere ad ogni mezzo per farla pagare a chi facesse un torto a lui o alla sorella.  
Beak, la ragazza, e Claw, il ragazzo, i suoi avversari, lo stavano fissando come se si fossero trovati davanti una sorta di nuovo gioco con cui divertirsi. Dal modo in cui lo stavano guardando, Sandir intuì che  stessero studiando il modo per far durare il loro divertimento il più a lungo possibile. Questo voleva dire che non lo avrebbero attaccato con forza dall’inizio e questo giocava a suo vantaggio. Lo stavano sottovalutando per via della sua condizione mentre lui non avrebbe commesso lo stesso errore.
Fang ora si trovava nel centro esatto dell’arena, tra gli sfidanti, pronta a dare il via alla sfida. Prima di parlare guardò un’ultima volta il nipote e a Sandir parve di leggere qualcosa nei suoi occhi, un sentimento a lui familiare visto che lo aveva tormentato per molto tempo e ancora lo faceva soffrire: il senso di colpa.
Provò a dirle qualcosa, ma sua zia si era già voltata e rivolta al pubblico, la sua voce risuonò nell’arena.
“Che l’Agon abbia inizio!”
Appena Fang si fu allontanata dall’arena, i gemelli si misero all’opera.
Il rumore di ossa che si spezzavano e riformavano arrivò alle orecchie di Sandir e in breve sul volto di Beak si fece strada il becco di un’aquila e i suoi occhi divennero quelli di un rapace. Anche gli occhi di Claw cambiarono ma nel suo caso a mutare erano stati i suoi piedi, ora senza scarpe, e del tutto simili alle zampe di un’aquila, gli artigli a graffiare il terreno sabbioso.
I due avevano optato per una trasformazione parziale, cosa che richiedeva un’alta concentrazione e allenamento per imparare a gestirla, e parecchio tempo.
Il fatto che non avessero alterato ulteriormente il loro aspetto confermò la sua teoria; i gemelli non avevano un’alta stima delle sue capacità.
Il giovane alzò lo scudo e la spada, mettendosi in guardia, li sfidò con lo sguardo “Avanti, che aspettate?” voleva che fossero loro a fare la prima mossa e loro lo accontentarono.
Lo attaccarono direttamente, Beak ricorrendo di più all’uso delle braccia e cercando di avvicinarsi abbastanza per colpirlo con il becco, mentre Claw si dedicò ad attacchi basati sui calci, gli artigli la sua arma.
Sandir era concentrato, mantenere la calma e lo studio dei suoi avversari come gli aveva detto Leon, era essenziale. Era talmente concentrato e deciso che in poco tempo fu in grado di leggere il loro schema di attacco coordinato. Prima Claw cercava di aprire una breccia nelle sue difese o di tenerlo occupato a difendersi dai suoi attacchi e poi Beak, una volta individuato un punto scoperto, cercava di portare a segno un colpo.
Il loro piano era chiaro: stancarlo senza fare troppa fatica per poi finirlo e vincere facilmente.
Attacchi del genere non lo avrebbero colto impreparato, non alla velocità dei loro movimenti, e glielo fece capire quando Beak cercò di colpirlo con il becco per l’ennesima volta.
La ragazza schivò il colpo di spada con un movimento decisamente più veloce dei precedenti. Sia lei che il fratello si fermarono. Beak portò una mano su una guancia e se la ritrovò sporca di sangue. Gli occhi di Claw si fecero glaciali mentre Beak, ritrasformando il suo volto per un attimo in quello umano, schioccò la lingua e disse “Ci stavamo andando piano in nome dei vecchi tempi ma adesso mi hai fatta arrabbiare. Preparati, perché adesso ti pentirai di avermi anche solo sfiorata con quella patetica spada”
Il corpo della ragazza cominciò a tremare, le ossa si spezzarono e riformarono ad un ritmo allarmante. Una cosa che tutti i bambini chiedevano ai genitori, quando il tempo della loro prima trasformazione si avvicinava, era se facesse molto male. Anche Sandir ricordava di averlo chiesto ai suoi, e le parole rassicuranti della madre. Suo padre invece, quando la madre si era ritrovata occupata in altre faccende, aveva scelto di non indorare la pillola. Gli aveva detto che la prima volta che si era trasformato completamente era stata la cosa più dolorosa che avesse mai provato e alla domanda del figlio se poi le volte successive il dolore non persistesse, il padre gli aveva semplicemente detto che, gradualmente, ci si abituava al dolore. 
Vedere il corpo di Beak e quello di Claw, a seguire la sorella, trasformarsi a quella velocità lo aveva riportato a quel momento della sua infanzia e per un attimo perse la concentrazione.
Alzò lo scudo appena in tempo per bloccare gli artigli di Claw, ora completamente trasformato, diretti ai suoi occhi.
Ora al posto delle braccia entrambi avevano delle ali ricoperte da morbide piume. Beak ora anche lei trasformata, si stava librando in cielo, pronta a colpire la preda al momento opportuno. La folla esultò, l’Agon cominciava ora.
Entrambi i suoi avversari, dall’aspetto di enormi aquile, stavano volando in circolo sopra la sua testa. Guardare in alto era difficile per via dei raggi del sole ma era chiaro che facesse tutto parte della loro strategia.
Sandir era in difficoltà ora, i gemelli scendevano in picchiata ad una velocità allarmante per colpirlo e per quanto cercasse di evitare i loro colpi alcuni di essi lo colpirono procurando danni lievi ma in quantità sempre maggiore. Se fosse andata avanti così avrebbe perso troppo sangue e sarebbe svenuto perdendo la sfida, ma cosa poteva fare?
Il sole gli faceva troppo male agli occhi e dovette abbassare lo sguardo per un attimo e fu allora, quando vide le ombre dei suoi avversari a terra, che capì cosa doveva fare.
Per gli spettatori dello scontro dovette sembrare  che fosse impazzito ma non era così.
Sandir mantenne gli occhi sul terreno vicino e quando Claw andò in picchiata verso di lui, sfruttando l’ombra dell’aquila, schivò agilmente l’attacco e lo colpì con lo scudo facendolo cadere rovinosamente a terra. Il gemello doveva aver preso un brutto colpo alla testa cadendo perché non si muoveva, sanguinava copiosamente da una ferita alla testa.
Dall’alto si levò un potente grido, quello di Beak, coperto velocemente da quello della folla, in delirio per il colpo di scena.
L’aquila rimasta scese in picchiata verso di lui più volte per poi tornare a librarsi in cielo senza attaccarlo. Erano delle finte, cercava di distrarlo ma fu tutto inutile.
L’attacco di Beak fu rapido e preciso ma Sandir era pronto a riceverlo, si era allenato a mantenere il sangue freddo, cosa che mancava ad entrambi gli impulsivi gemelli.
Se gli attacchi di Claw prevedevano un uso maggiore degli artigli, quelli di Beak erano più focalizzati nell’uso del becco.
Sandir alzò lo scudo un attimo prima di venire colpito e Beak si ritrovò a sbattere violentemente sulla sua superficie. Ma non era finita, perché con la spada il giovane andò a colpire una delle sue ali abbastanza forte da renderle impossibile librarsi nuovamente in volo.
L’impatto dell’aquila sullo scudo lo aveva completamente reso inutilizzabile, cadde a pezzi, ma aveva assolto il suo compito.
Beak era a terra ma ancora cosciente, il sangue scorreva dalla ferita all’ala riversandosi a terra. La sua trasformazione si stava lentamente disfacendo, il suo volto era ormai quasi del tutto tornato quello di una ragazza salvo per occhi e becco, il suo corpo era coperto solo dalle piume, i vestiti ridotti a brandelli quando si era trasformata.
Sandir si fece avanti versi di lei. Beak provò a muoversi, ma con scarsi risultati, sanguinava ed era ancora intontita per il colpo alla testa. Improvvisamente lei lo guardò, dapprima a fatica, ma una volta messo a fuoco, Sandir lesse per la prima volta sul suo volto la paura.
Per la prima volta in vita sua non aveva suo fratello a sostenerla, era da sola e nessuno l’avrebbe aiutata.
Era come lui quando era rimasto solo, quando lo avevano abbandonato, aveva lo stesso sguardo.
La folla voleva altro sangue ma Sandir non aveva intenzione di accontentarla, voleva farla finita lì. Abbassò la spada.
Non si rese conto del suo errore finché non fu troppo tardi, colse solo il cambio rapido di espressione della ragazza. Non era più spaventata, sorrideva inquietantemente.
Degli artigli si conficcarono con forza nella sua schiena, il dolore fu tremendo e finì a terra sbattendo la testa sulla sabbia.
D’istinto rotolò di lato e gli artigli mollarono la presa. Rotolò di nuovo e proprio accanto alla sua testa vide conficcarsi a terra gli artigli ricurvi di Claw. Si era ripreso e mentre lui si era distratto pensando al suo passato ne aveva approfittato per attaccarlo. Era stato uno stupido, se solo fosse stato più attento ora avrebbe vinto.
Sandir sollevò la spada di fronte a sé, unico scudo tra la sua faccia e gli artigli di Claw, ma la pressione esercitata dall’aquila era tremenda, stava perdendo la gara di forza. La schiena bruciava e il suo sangue stava lentamente tingendo la sabbia di rosso.
Riuscì all’ultimo momento a sfruttare la luce del sole riflessa sulla spada per accecare temporaneamente Claw ma non fece in tempo a rimettersi in piedi perché Beak lo attaccò, facendogli perdere la presa sulla spada, che finì fuori portata. Raggiungerla sarebbe stato quasi impossibile se doveva anche resistere agli attacchi.
Claw e Beak lo attaccarono entrambi, Sandir non aveva più né lo scudo né la spada, non poteva fare niente, solo cercare di schivare i colpi.
Riuscì a girarsi di schiena a terra, doveva coprirsi gli occhi a tutti i costi. I gemelli lo stavano bersagliando di colpi, becco e artigli, lo stavano lentamente privando delle forze infliggendo ferite non troppo profonde. Volevano ucciderlo lentamente, gustarsi ogni attimo della sua fine, di questo Sandir era consapevole.
Ma non poteva finire così, non voleva. Con una mano artigliò il terreno, non voleva arrendersi, sentì la rabbia crescere in lui e poi, per un attimo, vide rosso…
No, non doveva farsi prendere dalla rabbia, non era così che si combatteva, doveva mantenere il controllo, doveva mantenere il sangue freddo come gli era stato insegnato, doveva pensare.
Ma era sempre più difficile tenere gli occhi aperti, sempre più difficile sentire le urla eccitate della folla, sempre più difficile sentire il dolore delle sue ferite.
Poi non sentì più nulla, era come se non ci fosse più il peso dei suoi avversari a gravare su di lui, e lentamente sprofondò nell’incoscienza, con la vaga visione della schiena di qualcuno davanti a lui.    
 
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Scusate se ci è voluto tutto questo tempo ma sono state due settimane impegnative e mi è stato impossibile aggiornare prima.
Sandir in questo capitolo ha affrontato l’Agon e si è comportato meglio di quanto i Darman si sarebbero mai aspettati, anche se non è andata a finire proprio per il meglio…
Alla prossima! (spero di metterci meno tempo)
 
 
 
  

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Capitolo 27
*** 27 ***


27
 
Sandir riprese lentamente conoscenza. Prima arrivò il dolore martellante alla testa, che poi si propagò gradualmente al resto del corpo. Cercò più volte di aprire gli occhi ma il massimo che riuscì a fare fu socchiuderli. La luce che i suoi occhi tolleravano era poca e nei brevi intervalli in cui li socchiudeva riuscì a scorgere una figura china su di lui, pur senza capire chi fosse.
Qualsiasi cosa stesse facendo quella persona, lo stava facendo sentire meglio: quando il dolore si intensificava appariva quella figura e dopo il suo intervento il dolore si affievoliva e riusciva a riposare con più tranquillità.
Quando fu abbastanza in forze da essere completamente cosciente non sapeva quanto tempo fosse passato ma sapeva di trovarsi all’oasi, in una delle tende che lui e i suoi compagni usavano per accamparsi.
“Finalmente” disse una voce familiare vicino a lui.
Il giovane si girò verso Iliana che apparve decisamente sollevata nel vederlo cosciente.
“Non farlo mai più” fu quello che aggiunse, seria.
A fatica la sua mente tornò agli ultimi eventi che ricordava: aveva preso parte all’Agon e le cose stavano andando a suo favore fino a che… fino a che non aveva perso.
“Sei stata tu ad intervenire per fermare lo scontro, non è vero?” chiese lui ricordando la figura di spalle che aveva intravisto prima di svenire.
“Non potevo fare altrimenti”
“Mi dispiace, ho perso…”
Iliana lo fermò “Non scusarti. Troveremo il modo di recuperare il frammento, hai fatto anche più del dovuto”
“Non è vero. Ho fallito e tu mi hai dovuto salvare”
“Te l’ho detto. Non voglio che qualcun altro muoia per i frammenti se è una morte evitabile” la donna lo guardò intensamente e Sandir si chiese per un attimo cosa intendesse per morti evitabili e non “adesso preoccupati solo di riposare e riprenderti” poi guardò dietro di lei, dove le teste di Leon e Sera avevano appena fatto capolino all’ingresso.
Avrebbe voluto approfondire l’argomento ma sapeva che aveva perso l’occasione. Era però contento di vedere il resto dei suoi compagni.
Sera corse subito ad abbracciarlo facendo attenzione a non strapazzarlo troppo “Sono contenta che tu ti sia svegliato”
Leon gli diede una leggerissima pacca amichevole su una spalla “Lo stesso vale per me. Adesso posso capire quello che vi ho fatto passare sull’Everfrost”
“Vediamo di non replicare” disse Iliana.
“Aspettate… se prima è toccato a Leon e ora a Sandir e Iliana non può morire…” cominciò Sera.
“Non dirlo” implorò la maga esasperata.
“Vuol dire che la prossima sono io!” finì invece la ragazza facendo sospirare la donna.
“Speriamo di no” aggiunse Leon, ora vagamente preoccupato.
“Ragazzi” li interruppe Sandir “Cosa è successo dopo che sono svenuto esattamente?”
I suoi tre compagni si scambiarono una serie di sguardi ma alla fine fu Iliana a parlare “Come sai ho interrotto lo scontro. Usando la magia, per la precisione un’onda d’urto mirata ai tuoi avversari, li ho allontanati da te. A quel punto Fang ha dichiarato la tua sconfitta ma inaspettatamente non ha fatto storie quando ti ho prestato primo soccorso sul posto e quando poi ti abbiamo portato via” questo stupì il giovane che si aspettava ci fosse stata una qualche forma di protesta da parte della zia “Quindi Fang ha ancora il frammento e tu non sei ancora il benvenuto tra la tua gente. Dovrai restare qui mentre cerchiamo un modo di convincere tua zia a darci il frammento…”
All’ultima parte della spiegazione l’umore già pessimo di Sandir peggiorò ulteriormente e la maga, accortasi di non essere stata troppo delicata, cercò di rimediare “Devi comunque riposare, quindi non preoccuparti. Resterà sempre qualcuno con te”
“Quindi Sera e Leon erano all’insediamento fino a poco fa?” chiese lui.
“Già” confermò Sera “ma non abbiamo avuto fortuna. È inamovibile”
Iliana porse una ciotola con una sorta di brodaglia maleodorante al giovane, che la guardò sospettoso.
“Devi berla tutta e senza fare storie. Ti farà bene anche se non ha un buon sapore” disse lei e continuò a fissarlo fino a che non ebbe finito di berla.
“Ora noi torniamo all’insediamento. Torneremo questa sera” disse Leon.
“A dopo” salutò Sera.
Sandir e Iliana rimasero nuovamente da soli.
“Ti lascio riposare. Se hai bisogno di qualcosa sono qui fuori” disse la donna che si fermò quando aveva già allungato una mano per scostare l’ingresso della tenda “riguardo a quello che è successo durante l’Agon…no, non importa” e uscì dalla tenda senza dare il tempo al giovane di chiedere cosa intendesse.
 
I giorni seguenti trascorsero tutti allo stesso modo: Sandir riposava e uno dei suoi compagni restava con lui a rotazione mentre gli altri si recavano all’insediamento. Fang si stava innervosendo sempre di più invece di cedere e c’era il rischio che non li lasciasse più girovagare a piacimento.
Così quel giorno, il primo in cui Iliana diede il permesso al giovane, ormai quasi del tutto tornato in forze, di restare fuori dalla tenda, decisero di lasciare in pace la capo clan.
Leon, che in quei giorni aveva passato parecchio tempo all’insediamento, era stato circondato a breve dai bambini Darman che, non avendolo visto quel giorno, avevano deciso di essere loro ad andare da lui. Alcuni di loro erano rimasti affascinati dal modo di combattere di Sandir, con spada e scudo, cosa che non avevano mai visto data la natura dei combattimenti nel loro popolo, e avevano chiesto a Leon di mostrargli alcune mosse.
Vedendo quella scena Sandir provò una sensazione dolce amara. Sapeva perché i bambini si erano rivolti a Leon e non a lui: era perché per tutta la sua gente lui non sarebbe dovuto esistere. Ma allo stesso tempo era contento di vedere che i bambini si stessero aprendo con Leon e interessando a cose al di fuori del loro piccolo mondo.
Iliana era sempre all’ombra, intenta a lavorare a chissà quale artefatto. A quanto pareva aveva ancora delle scorte di materiale dalla Torre. Nessuno osò disturbarla, era completamente assorta e sembrava quasi felice occupata a fare una cosa che le piaceva e le riusciva bene.
Sera invece aveva giocato un po’ con i bambini ma poi, accortasi dello stato malinconico dell’amico, gli si era avvicinata.
“Sono adorabili, vero?” chiese Sera riferendosi ai bambini.
“Già, ma prima o poi anche loro cresceranno e cambieranno”
“Non essere così pessimista” sbuffò la ragazza pizzicandogli un braccio “A proposito di pessimi umori, dovevi vedere l’espressione di Iliana quando ha interrotto l’Agon. Questo non te l’ho detto, vero?”
“No” rispose Sandir ora interessato “Continua”
“Ha guardato tutti malissimo, sono rimasti tutti paralizzati dal terrore. Immaginati un’intera platea di Darman spaventata da una sola donna. E quando Fang si stava incamminando nell’arena  verso di te per dichiarare la fine dello scontro, era talmente arrabbiata che ha calciato la sabbia alzando un polverone” alla ragazza scappò una risatina “in effetti ora che non sei più in pericolo e non sono occupata a preoccuparmi per la tua vita, ripensandoci era una scena un po’ comica”
“Ha calciato la sabbia, davvero?” chiese Sandir, come se non fosse sicuro di aver sentito bene.
“Sì, te l’ho detto. Perché? Ha infranto qualche stupida regola dell’Agon che non conosco?” Sera non capiva perché il suo amico fosse improvvisamente così stranito, sembrava assorto in chissà quali pensieri e non reagiva “Sandir? Stai bene? Se ti senti male chiamo Iliana…” era preoccupata ma alla menzione della maga il ragazzo sembrò tornare in sé.
“Non è niente” le disse lui scuotendo la testa e offrendo un sorriso che a lei non sembrò per niente sincero “Mi ha solo stupito quello che ha fatto. Avrei voluto vedere la scena” cominciò anche a ridere ma Sera non era convinta.
Più passava il tempo e più si accorgeva di quanto Sandir e Iliana fossero simili su un determinato aspetto del loro carattere: se qualcosa li turbava molto, tendevano a chiudersi in se stessi e fingevano che tutto fosse a posto quando in realtà non lo era.
Aveva capito a sue spese che insistere era inutile, che li avrebbe solo allontanati così, ma continuava a sperare che con il tempo si sarebbero aperti con lei. Nutriva più speranze nei confronti di Sandir perché avevano la stessa età e sembrava fidarsi di lei più di quanto si fidasse la maga, ma chi poteva dire cosa sarebbe successo in futuro?
Sera ammirò il cielo sereno e senza nuvole del deserto, così tranquillo e senza pensieri, totalmente all’opposto di lei, piena di preoccupazioni, quando le parve di scorgere qualcosa di strano all’orizzonte. Sembrava una sorta di increspatura nell’aria, un fulmine solitario nel deserto. Non era molto vicino però.
“L’hai visto anche tu?” chiese.
“No. Cosa dovevo vedere?” rispose Sandir.
“Un fulmine credo. Era proprio lì” lei indicò il punto dove ora non c’era più nulla.
“Non ho visto niente”
“Forse me lo sono sognato” concluse Sera. Eppure gli spiriti come lei erano noti per avere una vista migliore di quella umana e quello che aveva visto, o pensava di aver visto, la preoccupò.
Per tutto il resto della giornata non riuscì a scrollarsi di dosso la strana sensazione che stesse per succedere qualcosa e che per qualche motivo quello che aveva visto avesse a che fare con quello.
 
Quella notte Sandir non riusciva ad addormentarsi, era troppo irrequieto.
Aveva trascorso praticamente tutto il giorno fuori dalla tenda, cosa che avrebbe dovuto farlo stare meglio, e invece l’ansia lo stava torturando ancora più di prima.
La situazione era seria, se sua zia non avesse dato loro il frammento allora se lo sarebbero dovuto prendere in un modo o nell’altro. Ma per quanto la capo clan avesse cercato di ferirlo, non riusciva a pensare di ferirla. Di ferirla ancora.
Facendo attenzione a non svegliare Leon, con cui condivideva la tenda, uscì fuori, portando con sé uno degli artefatti di Iliana che consisteva in un piccolo ciondolo che si illuminava a piacimento dell’utilizzatore. Forse un po’ d’aria fresca gli avrebbe fatto bene.
Fu quando mise la testa fuori dalla tenda che si accorse di non essere solo lì fuori. Seduta su una roccia dell’oasi, sotto forma di lupo, e con lo sguardo sulla sua tenda, c’era Snow.
Vedendolo, lei dapprima gli si avvicinò ma giunta ad una certa distanza da lui si fermò e girò il muso in un’altra direzione.
“Oh, vuoi che ti segua?” chiese il ragazzo.
A conferma della sua ipotesi, Snow cominciò a muoversi nella direzione in cui stava guardando e Sandir cominciò a seguirla senza farsi domande.
Ormai fuori dall’oasi, il lupo accelerò e per Sandir cominciò ad essere difficile seguirla. Per sua fortuna Snow, quando la distanza che li separava cominciava a diventare eccessiva, si fermava per aspettare che recuperasse terreno per poi ripartire.
Snow si fermò in una zona apparentemente spoglia tranne che per una roccia grande abbastanza da poter nascondere la sua figura. Quando Sandir la ebbe raggiunta infatti, lei si diresse nella parte opposta della roccia rispetto a dove si trovava Sandir, che cominciò a sentire il rumore di ossa che si spezzavano tipico di una trasformazione. Quando Snow riemerse non era più un lupo ma era tornata ad essere la ragazza che gli aveva portato da mangiare quando era in cella.
Aveva addosso un vestito dagli orli sbrindellati che doveva aver messo lì apposta per non ritrovarsi senza vestiti quando si fosse ritrasformata ma era scalza.
Grazie alla luce dell’artefatto riusciva a vederla bene nel buio della notte e per la prima volta vide il marchio sulla pelle della ragazza. Il fiore si trovava sulla sua caviglia destra, nella parte esterna.
“Era da giorni che cercavo di parlarti da solo ma sei sempre in compagnia” disse lei.
“Volevi parlarmi?” non aveva idea di cosa poteva mai volere da lui.
“Beh, diciamo che più che altro volevo mostrarti qualcosa” lo prese per mano, la sua pelle era tiepida “Vieni”
La ragazza si incamminò oltre la roccia e, dopo quelli che gli sembrarono cinque minuti, raggiunsero una zona in cui si trovava una pozza d’acqua. Non era di certo l’oasi, ma non era l’unica cosa lì. Sostenuto dall’acqua della pozza, cresceva un albero e, sotto le sue fronde, si trovavano due lapidi.
Snow lo lasciò andare e i piedi di Sandir si mossero da soli, era come in trance.
Giunto davanti alle lapidi ben curate poté leggere i nomi incisi sulle loro superfici. Erano i suoi genitori.
Le sue mani si sporsero tremanti verso le lapidi ma non riuscì a colmare del tutto la distanza. Si sentiva in colpa per la loro morte ma allo stesso tempo una parte di lui provava rancore nei loro confronti. Se loro non avessero perso la speranza, se non lo avessero abbandonato, tutto quello non sarebbe successo. Ma sapeva perché lo avevano fatto, cosa dovevano aver pensato. E nonostante tutto il dolore che aveva sopportato, se le cose non fossero andate a quel modo, non avrebbe mai conosciuto le persone che lo avevano reso quello che era ora.
Si fece coraggio e riuscì a toccare le lapidi. Erano fredde nel buio della notte.
Grazie alla luce che produceva l’artefatto riuscì a leggere anche le iscrizioni sulla loro superficie. Erano sicuramente state volute da Fang ed era sicuro che fosse lei a mantenerle così ben curate.
Sapeva che non c’erano più, che non potevano veramente ascoltarlo, ma decise di rivolgersi a loro lo stesso.
“Mamma, papà. Io sto bene quindi non avete niente di cui preoccuparvi. E sappiate che farò tutto quello che posso per salvare tutti dall’Oscurità, ve lo prometto”
Non riuscì ad andare oltre, aveva gli occhi lucidi ma non voleva piangere con Snow nelle vicinanze.
La ragazza ora infatti si era avvicinata fino a trovarsi a pochi passi dietro di lui. Aspettava pazientemente che fosse lui a dirgli quando voleva tornare indietro.
“Grazie” disse Sandir una volta voltatosi verso di lei.
“Immaginavo volessi salutarli” rispose lei sorridendogli dolcemente “Fang viene spesso in questo luogo e non è facile trovare il momento giusto per venire qui senza farsi scoprire. Non permette praticamente a nessuno di recarcisi. Però credo che anche Horn ci venga di nascosto”
La ragazza andò verso il tronco dell’albero e con le mani scostò due grossi sassi accanto ad esso.
“Cosa fai?” chiese Sandir ma non ottenne alcuna risposta.
Snow, tolti i sassi, cominciò a scavare con le mani e dal terreno sabbioso tirò fuori uno scrigno.
Lei glielo porse senza dire niente e lui lo aprì, troppo curioso.
All’interno c’erano oggetti che ricordava dalla sua infanzia, appartenuti a sua madre e a suo padre. Uno degli oggetti che ricordava meglio era il braccialetto che ora stringeva in mano. Sua madre non lo toglieva mai, diceva che era un vecchio cimelio di famiglia incantato per farlo resistere nel tempo e per non rompersi quando chi lo indossava si trasformava. Ricordava di essersi chiesto quanto vecchio fosse e che cosa avessero visto le persone che lo avevano indossato prima di sua madre. Non lo seppe mai.
Snow allungò le mani verso lo scrigno ma Sandir non ne capì il motivo.
“Devo rimetterlo a posto o Fang si accorgerà che qualcuno lo ha preso”
“Come sapevi che era lì?”
“Stavo cercando di capire quando sarebbe stato il momento più sicuro per portarti qui e spiandola l’ho vista mentre lo tirava fuori dal suo nascondiglio”
Sandir le porse lo scrigno ma, senza farsi vedere, fece solo finta di riporre il bracciale mentre in realtà se lo mise in tasca quando Snow si girò verso l’albero. Sapeva che era da stupidi ma voleva avere qualcosa che gli ricordasse i suoi genitori e Fang non gli avrebbe dato mai niente di loro, ne era certo.
Rimesso tutto a posto, Snow gli fece cenno di seguirla “Dobbiamo andare. L’alba si avvicina ed è uno dei momenti preferiti da tua zia per venire qui”
Dopo una breve camminata, Snow si diresse verso la roccia, si sarebbe ritrasformata. Prima che potesse farlo Sandir la fermò “Aspetta. Perché stai facendo tutto questo per me?”
La ragazza lo guardò senza mostrare alcuna emozione apparente “Mi incuriosisci”
“Ti incuriosisco?”
“Esatto. Sei l’unico sandir al mondo ad essere sopravvissuto. Sei una sorta di mistero vivente, sei una persona impossibile. L’eccezione ad una delle tre cose considerate delle certezze in questo mondo.
Uno: un Darman che non è in grado di trasformarsi non può sopravvivere se non per qualche giorno prima di incontrare una morte orrenda.
Due: l’unione fra un umano e uno spirito non darà mai frutto.
Tre: il mito che è stato sfatato come quello che riguarda i sandir. Non c’è nessun Darman in grado di trasformarsi in un drago”
“Akane” disse Sandir.
“Lei è stata la prima e unica Darman con quella particolarità. E la prima ad adottare un nome che non avesse a che fare con un tratto animale caratterizzante ma un colore per lei predominante. Il drago rosso. La stimo molto, era rivoluzionaria, ha creato una vera e propria moda all’epoca nella scelta del nome, ed è per questo che ho scelto quello che porto”
Detto ciò si nascose dietro la roccia e quando ne uscì, ora un lupo, teneva il vestito fra le zanne.
Insieme si diressero verso l’oasi, dove Snow lo lasciò per poi dirigersi verso casa sua.
Pensò che forse avrebbe fatto in tempo a dormire un po’. Di nuovo nella tenda, tirò fuori dalla tasca in cui lo aveva messo il bracciale e quando i suoi occhi si chiusero fu l’ultima cosa che vide prima di addormentarsi.
 
La mattina seguente si svegliò con la sensazione di qualcosa stretto fra le mani. Le aprì e trovò il bracciale che aveva rubato la notte precedente. Doveva averlo afferrato inconsciamente mentre dormiva.
Leon non era nella tenda, quindi dedusse che fosse andato dai Darman per tentare un’altra volta di negoziare con sua zia.
Uscì dalla tenda e si diresse nell’area dell’oasi dove di solito mangiavano per fare colazione.
Non c’era un granché ma se lo sarebbe fatto andare bene.
Una volta rifocillatosi rimase seduto su una roccia a rigirarsi il bracciale fra le mani, la mente rivolta ai suoi genitori.
Chissà cosa avrebbero pensato di lui se fossero stati ancora vivi?
“Cos’hai in mano?” la voce di Iliana lo fece sobbalzare. Non l’aveva vista quando era uscito dalla tenda e pensava fosse andata anche lei da Fang ora che lui stava meglio.
Gli occhi della donna caddero sul bracciale e si sgranarono per lo stupore. Era come se avesse visto un fantasma.
“Quello da dove salta fuori? Dove lo hai trovato?” chiese camminando verso di lui, non distogliendo mai lo sguardo dal bracciale.
“Era di mia madre. Diceva che si trattava di un cimelio di famiglia”
“E come sei entrato in possesso di tale oggetto?” la donna lo guardò sospettosa e Sandir non riuscì a nascondere un’espressione colpevole.
“Cosa hai combinato?” insistette la donna.
“L’ho preso da uno scrigno che mia zia ha seppellito dove si trovano le tombe dei mie genitori. E prima che tu me lo chieda, sì, sono stato lì stanotte”
La donna sospirò “Speriamo solo non se ne sia accorta o avrà un motivo in più per non tollerare ulteriormente la nostra presenza. Ma chi ti ha condotto lì visto che non credo proprio tu ci sia arrivato per caso gironzolando nel deserto? È stata quella ragazza, Snow?”
Lo sguardo colpevole di Sandir si tramutò in uno di stupore.
“Ho indovinato, allora”
“E tu invece come mai hai fatto quella faccia quando hai visto il bracciale? E non tentare di fregarmi, tanto l’ho capito che lo hai già visto in passato”
La maga guardò il bracciale e tese una mano aperta verso il ragazzo, che fece scivolare il bracciale, seppur riluttante, su di essa.
“È vero, l’ho già visto in passato. Mille anni fa”
“Apparteneva a qualcuno di tua conoscenza?”
“Diciamo di sì” con le dita accarezzò la superficie dell’oggetto. Si trattava di un bracciale composto da tre file di sottili catenine d’oro tenute insieme da uno smeraldo lavorato in modo da dargli la forma di una piccola biglia e chiuso da un gancino d’argento.
“Non lo vedevo da tantissimo tempo” riprese lei dopo una pausa.
“Quindi, siccome è un cimelio di famiglia, conoscevi qualche mio antenato?” chiese Sandir. Il solo pensare ad una cosa del genere lo aveva lasciato stranito.
“Chi può dirlo. Sono passati mille anni dall’ultima volta che l’ho visto. Può darsi che chi lo aveva prima lo abbia dato a qualche tuo familiare per quanto ne sappiamo”
“Forse. Mille anni sono tanti…” Sandir si accorse troppo tardi di quello che aveva detto, i suoi occhi ricaddero sulla maga, ora malinconica e con lo sguardo perso nel vuoto.
“Già, lo sono…” osservò lei.
“Iliana, scusami, io non…”
“E per cosa?” ora lo stava fissando, aveva tutta la sua attenzione “È solo la verità”
“Siamo tornati!” la voce di Sera li fece girare entrambi. La ragazza in questione, in compagnia di Leon, stava camminando sorridente verso di loro sventolando un braccio.
Iliana restituì il bracciale a Sandir, che se lo mise in tasca velocemente. Non voleva dover rispondere ad ulteriori domande su di esso quel giorno.
“Vi siamo mancati?” chiese Sera, raggiunti i due.
“Mi sono alzato da poco, non mi sono quasi accorto che eravate via” rispose onestamente Sandir, guadagnandosi un pugno da Sera.
“Va tutto bene?” a Leon non era sfuggita la tensione ancora nell’aria, anche se sia Iliana che Sandir stavano facendo del loro meglio per nasconderla.
“È tutto apposto” rispose la maga, non convincente abbastanza per il cavaliere, che però decise di far cadere il discorso.
“Ancora niente” disse l’uomo rivolto a tutti.
“Forse non abbiamo davvero altra soluzione se non rubarlo” tentò Sera.
“Vi ho già detto che non funzionerà” fu la risposta pronta di Iliana.
“Ma se continuiamo così non otterremo nulla” controbatté Sandir.
“Dovete fidarvi” gli rispose lei.
“Come tu ti fidi completamente di noi?” ribatté il giovane.
“E tu invece? Ti fidi veramente di tutti noi?” il tono con cui la donna si rivolse al ragazzo sembrò sottintendere qualcosa, confermato dal cambio di espressione di lui e dal suo silenzio. Ora tutti guardavano Sandir.
“Io…”
Un bagliore improvviso li distrasse. Una sorta di fulmine squarciò l’aria, poi un altro e un altro ancora.
“Sono come quello che ho visto ieri, allora non me lo sono immaginato. E si stanno avvicinando ai Darman” sussultò Sera.
“Andiamo” disse Leon, ma Sandir era già partito a tutta velocità verso l’insediamento lasciandoli indietro.
I tre lo raggiunsero stupendosi del fatto che si ricordasse la strada attraverso le gallerie avendole percorse molte meno volte di loro e, una volta all’insediamento, per poco Sandir non andò a sbattere contro Horn.
“Stavo venendo a prendervi. Non è sicuro all’oasi, sareste scoperti” disse lui, agitato e sollevato allo stesso tempo.
“Scoperti? In che senso?” chiese Leon.
“Venite con me” il Darman li condusse in una galleria che, risalendo la roccia, li portò sulla cima della formazione rocciosa, dove Fang e alcuni Darman stavano osservando dall’alto il lato opposto rispetto all’oasi. I loro volti non facevano presagire nulla di buono.
“Come hanno fatto a trovarci?” sentirono dire a Fang quando furono abbastanza vicini da sentire le sue parole.
Quando la donna si accorse di loro si arrabbiò ulteriormente “E lui cosa ci fa qui?”
“Mi prendo ogni responsabilità” intervenne subito Horn “l’oasi era troppo esposta”
“Sei fortunato che ho questioni più importanti da risolvere” i suoi occhi erano freddi.
“Cosa sta succedendo?” chiese Leon serio, pronto a tutto.
“Guarda tu stesso” Fang indicò la direzione verso cui stavano guardando tutti e il gruppo si avvicinò per vedere.
“Oh no” persino Sera non aveva altre parole per descrivere la situazione.
Comparso apparentemente dal nulla, fra le sabbie del deserto, c’era un enorme esercito dalle intenzioni decisamente poco amichevoli, e si stava avvicinando sempre di più.
Un sussulto improvviso tagliò il silenzio totale calato tra tutti loro. Iliana si era portata le mani alla bocca e stava scuotendo la testa incredula. A comando dell’esercito, i capelli biondo chiarissimo splendenti sotto i raggi del sole cocente, c’era Lucien.
 
  


Salve a tutti, qui lost in books.
La fine del capitolo non fa presagire nulla di buono, Sera aveva ragione.
Nel prossimo si torna nel passato di Anthemis, all’epoca in cui Iliana se ne è andata dal castello.
Mi piacerebbe metterci meno tempo tra un capitolo e l’altro ma sono piena di impegni in questo periodo…
Alla prossima!
 

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Capitolo 28
*** 28 ***


28
 
5 anni prima
 
“Sol vince” la voce allegra di Lucien risuonò per la stanza in cui si trovava in compagnia della sua tutrice, sconfitta per l’ennesima volta al gioco preferito dal principe, lux et tenebris.
Il gioco si svolgeva su una scacchiera dove si trovavano da un lato delle pedine avorio raffiguranti i guardiani della luce e dall’altro delle pedine nere raffiguranti gli adepti di Umbra e i loro alleati. Il gioco era stato creato molto tempo addietro, prima ancora della nascita di Iliana, e voleva rappresentare l’importante evento storico della prima guerra tra i due gruppi rivali, quando l’Oscurità aveva minacciato per la prima volta il loro mondo, dopo la scomparsa degli dei.
Alla fine di una partita si usava proclamare la vittoria di una delle due divinità, Sol o Umbra, invece che dell’esercito specifico, ed era chiaro quale fosse il lato più popolare fra i due. Per decidere quale delle due fazioni muovere durante una partita di solito si lanciava una moneta per decretare chi avrebbe avuto le pedine chiare e chi quelle scure e risolvere le dispute; invece quando Lucien ed Iliana giocavano erano soliti alternarsi a turno nell’uso delle pedine o Iliana faceva scegliere al suo allievo quale lato preferisse. Lucien prediligeva le pedine chiare.
“Ormai sei diventato troppo bravo in questo gioco. E dire che ti ho insegnato io le regole” sbuffò la maga.
“Non è vero. Riesci ancora a battermi…ogni tanto” provò a consolarla il principe.
“Non fare il modesto. Lo sai, mille anni fa ho giocato a lux et tenebris con una persona molto brava a questo gioco. Una sua particolarità era che sceglieva sempre di giocare dal lato di Umbra. Lei ti sarebbe piaciuta e sarebbe di certo stata una sfida avvincente. Mi chiedo chi la avrebbe avuta vinta fra di voi?”
La maga sembrò assorta nella ricerca di una possibile risposta al suo quesito e Lucien decise di restare in silenzio, limitandosi ad osservarla.
Capitava ogni tanto che la donna tornasse con la mente ai ricordi del suo passato ma Lucien aveva capito che era meglio non interrompere il flusso dei suoi pensieri in casi come quello. Era sempre stato curioso della vita della sua tutrice ma in quei momenti, se le chiedeva di raccontargli qualcosa di più, aveva riscontrato come la donna si chiudesse in se stessa e si rattristasse. Le occasioni in cui poteva domandarle del suo passato erano altre ma non poteva fare a meno di chiedersi chi fosse stata quella persona e se fosse stata importante per lei. Avrebbe voluto sapere tutto sulla maga per aiutarla a stare meglio, a lasciarsi il passato alle spalle, ma lei per prima sembrava non volere una cosa del genere. Era come se volesse rimanere nel passato per quanto la facesse soffrire, come se si considerasse un’intrusa in quel tempo, mentre Lucien in cuor suo, per quanto sapesse che era un pensiero egoista, non avrebbe mai potuto ringraziare abbastanza il fatto che la donna fosse stata maledetta, altrimenti non l’avrebbe mai incontrata.
“Lucien, tutto bene?” la voce di Iliana lo riportò alla realtà. Alla fine anche lui si era perso nei suoi pensieri; “ti eri incantato” ridacchiò la maga per poi tornare improvvisamente seria “Sei preoccupato per quello che sta succedendo tra Anthemis e Rafflesia?”
L’argomento tirato in causa dalla donna lo riportò completamente alla realtà. Era per distrarsi dalla situazione precaria in cui si trovava il suo regno che aveva chiesto alla sua tutrice di giocare qualche partita. Negli ultimi due anni il regno di Rafflesia aveva mostrato il suo lato peggiore, conquistando regni e distruggendo chiunque si mettesse sul suo cammino. Il padre di Lucien aveva passato tutto quel tempo a cercare di mediare con i  suoi sovrani e finalmente loro avevano acconsentito ad un incontro formale in un luogo neutrale. Suo padre era partito con la sua scorta da qualche giorno ormai e il giovane principe era preoccupato che potesse succedergli qualcosa, che sua madre avesse ragione e che non ci fosse altra via se non la guerra.
“Non è niente. Oggi voglio solo divertirmi un po’. È da parecchio che non passiamo del tempo assieme” le rispose.
Era vero. Ultimamente si era allontanato dalla donna di sua iniziativa. Temeva il suo giudizio, in fondo lui stesso era spaventato da quanto fosse cambiato negli ultimi due anni. Non voleva che la maschera che ora portava quando era in sua presenza, il Lucien allegro e felice, svanisse lasciandolo inerte sotto lo sguardo della sua tutrice, ma allo stesso tempo non voleva lasciarla andare, aveva bisogno di lei, non poteva perderla.
“Ora devo andare. Mio padre ha lasciato il regno nelle mie mani dopotutto e ho parecchie scartoffie da firmare” Lucien si alzò dalla comoda sedia sulla quale era seduto e, rivolto un sorriso alla donna, uscì dalla stanza.
Iliana, rimasta sola, cominciò a rimettere a posto le pedine. Aveva quasi fatto, mancava solo il re bianco ma, una volta presolo in mano, si fermò. Qualcosa stava turbando il suo allievo e non era solo per via di Rafflesia. Doveva fare qualcosa.
 
La stanza di Iliana al castello era stata spoglia per mesi dopo il suo arrivo. Era stato il principe a convincerla a renderla più vivace un giorno, semplicemente entrando nella sua stanza con un vaso di fiori in mano, quasi più grande di lui all’epoca. Ricordava di essere scoppiata a ridere per la scena comica e di come Lucien le avesse sorriso contento per essere riuscito in quell’impresa. Da allora ne avevano passate tante e nella sua stanza non erano mai mancati fiori freschi e profumati. Con il tempo si erano aggiunti oggetti di vario genere per i suoi esperimenti e libri a volontà, così tanti da riempire un’ intera parete della stanza su cui era stata piazzata un’enorme libreria.
Stava cercando di leggere ma continuava ad essere impensierita dall’atteggiamento del principe. Era sicura che le stesse nascondendo qualcosa e, anche se aveva sperato che lui si aprisse con lei nell’ultimo periodo come aveva sempre fatto, non era stato così. Richiuse il libro di scatto e le sfuggì un breve grido frustrato di cui si pentì subito dopo. Sperò di non aver attirato inutilmente l’attenzione delle guardie un’altra volta, probabilmente non ne potevano più di lei e del suo sbraitare quando il suo umore si alterava.
Dopo qualche minuto e nessuna guardia in vista decise di uscire dalla sua stanza e di andare a cercare il principe. Ora ne aveva avuto abbastanza, se lui non voleva dirle cosa non andava, allora glielo avrebbe chiesto lei di persona.
Non era nella sala del trono e neanche nella sua stanza o in biblioteca. Lo trovò infine nella sala in cui si allenava nell’uso delle armi al coperto. Al suo interno c’erano armi di ogni tipo, tutte tenute con la massima cura e assicurate negli appositi spazi ai muri della stanza.
Nel suo centro si stavano affrontando due ragazzi: uno era Lucien mentre l’atro era un amico con cui era solito allenarsi, un valido avversario.
Lucien era cresciuto molto nell’ultimo anno e spiccava in altezza sul suo avversario, dalla statura nella media.
Rimase ad osservare lo scontro amichevole per un po’, non se la sentì di interromperli mentre erano così assorti. Le fu presto chiaro che, anche se non lo dava a vedere, Lucien aveva il pieno controllo sullo scontro. Il suo avversario lo stava attaccando con colpi dalla grande potenza ed aveva anche un’ottima difesa ma il modo in cui il principe lo stava guardando, lo stesso sguardo che aveva quando stava approntando una strategia durante una partita al suo gioco preferito, le fece capire che aveva calcolato ogni possibile mossa che lo avrebbe portato alla vittoria.
Dopo qualche minuto infatti il suo avversario finì a terra sconfitto, la sua arma toccò il suolo  con un tonfo. Ansimavano entrambi ma Lucien si avvicinò all’amico e gli porse una mano, sorridendogli, per aiutarlo a rialzarsi.
Quella scena scaldò il cuore di Iliana; l’animo di Lucien era sempre stato gentile e sembrava non essere cambiato in quello nonostante il tempo passato e gli avvenimenti correnti. Per un attimo pensò che forse si stava sbagliando e che si era preoccupata inutilmente, ma poi ricordò lo sguardo di Lucien qualche ora prima.
Quando l’amico si prodigò a rimettere a posto le armi usate nel combattimento, la donna si fece avanti. Doveva sapere cosa lo stesse turbando, non era solo per via di Rafflesia, di questo era certa.
“Lucien” lo chiamò, facendolo girare verso di lei di scatto.
“Ilia” il tono di voce del principe era decisamente sorpreso “Che cosa ci fai qui?” sembrava imbarazzato, come se gli importasse il fatto di non essere esattamente presentabile tutto sudato.
“Ho bisogno di parlarti”
“È proprio urgente?” Lucien si guardò, cosciente di necessitare di lavarsi.
“Non ci vorrà molto” Iliana aveva paura che se lo avesse lasciato andare ora avrebbe perso l’occasione, visti i tanti impegni del ragazzo e quanto poco riuscivano a vedersi ultimamente. Ormai le sue lezioni non erano praticamente più necessarie.
“Se ti preoccupa il fatto di farti vedere coperto di sudore, sappi che non mi dà fastidio” continuò.
La sua voleva essere una battuta per metterlo in imbarazzo, ma il principe, dopo essere arrossito più di quanto si era aspettata, sembrò incupirsi.
“Lucien?”
“Va bene” si riprese lui “di cosa volevi parlarmi?” aveva un sorriso tirato sulla faccia, come se sorriderle fosse uno sforzo per lui. Non lo era mai stato.
“Riguarda il discorso di questa mattina. Qualcosa ti preoccupa e non è solo per via di Rafflesia. A me puoi dirlo, lo sai che sono qui per te, vero?”
Il principe la guardò intensamente e rispose “Non è niente. Te lo giuro, sono solo pieno di impegni, nient’altro. Sto bene”
Di nuovo quel sorriso, falso.
“Non mentirmi. È da tempo che mi nascondi qualcosa, da parecchio tempo prima che tuo padre partisse”. Ora sì che si stava arrabbiando.
“Ilia, io…” negli occhi di Lucien si accese improvvisamente la paura “Attenta!”
Il principe la prese per un braccio e la spostò bruscamente di lato facendola cadere al suolo.
Quando lei alzò gli occhi da terra si accorse dell’assurda scena ora di fronte a lei.
Quello che doveva essere un amico per il principe ora lo stava attaccando, e non si trattava più di uno scontro amichevole.
Lucien, schivando i colpi dell’avversario, riuscì a farsi strada rapidamente fino alle armi appese su uno dei muri della stanza e a recuperare una spada.
Lo sguardo calcolatore che aveva prima era tornato ma c’era qualcosa di diverso, era più freddo.
Questa volta lo scontro durò solo qualche secondo, Lucien si mosse più velocemente rispetto alla sessione precedente, stupendo l’avversario con delle mosse che prima non aveva usato o dato segno di conoscere.
Disarmato e con una lama alla gola, l’avversario si arrese, ma nei suoi occhi si poteva leggere un’immensa rabbia.
“Sapevo che eri una spia. Stavo solo aspettando una tua mossa” disse glaciale il principe.
“Maledetto, tu e tutta Anthemis. Rafflesia vi farà vedere di cosa siamo capaci, tutti i regni cadranno al nostro cospetto”
“Lo vedremo” la voce di Lucien era sprezzante, piena di odio “pensavi davvero di potermi uccidere a quel modo? Che fossi così stupido da distrarmi tanto facilmente?” poi guardò a terra, nel punto dove prima si trovava Iliana e lei fece altrettanto.
Lì una pozza scura si stava spandendo sul pavimento “No, tu volevi due cose. Uccidere me e mettere fuori gioco la mia tutrice. Cosa volevi farne di lei? Quali sono i tuoi ordini, parla!” urlò talmente forte che delle guardie, sentendolo, si riversarono nella stanza.
“Guardie, portate questa spia nelle prigioni” ordinò.
“Siete in gamba, principe Lucien. Avevate capito tutto e tenuto le vostre mosse migliori segrete” disse il giovane prima di essere portato via “ma questo non fermerà il mio regno. Ci sarà sempre qualcuno mandato per distruggervi!”
La porta si rischiuse dietro le guardie e la spia.
La spada che Lucien stava ancora tenendo in mano cadde a terra rumorosamente.
Il principe si fece strada verso la maga ancora a terra, la preoccupazione evidente “Ilia, stai bene? Non ti ha colpita con quel liquido, vero?”
La aiutò ad alzarsi, lentamente, le sue mani non lasciarono quelle di lei per tutto il tempo e poi si spostarono sulle sue braccia. Sembrava quasi che fosse lui quello ad avere bisogno di sostegno, la presa delle sue mani tremolante.
“Sto bene Lucien” solo allora lui mollò la presa.  
D’un tratto la preoccupazione svanì dal suo volto e ricompose in fretta la maschera che ormai portava quasi sempre in sua presenza, e dietro la quale si nascondeva.
“Ilia, devo…”
“Andare, lo so” finì lei per lui “parleremo dopo. Intanto analizzerò il liquido”
“Grazie” sorrise lui e uscì dalla stanza, con la donna già intenta a raccogliere un campione della sostanza sul pavimento.
La spia era stata una sciocca. A Lucien non sarebbe importato molto se lo avesse ferito ma quello che non poteva sopportare era il fatto che avesse cercato di fare del male a Iliana. Non lo poteva tollerare, avrebbe pagato per quello.
 
Le analisi fatte da Iliana sul campione di liquido rivelarono quello che in cuor suo aveva già immaginato: era la stessa sostanza usata dall’assassino due anni prima e che l’aveva messa fuori combattimento.
Il risultato non era confortante. Controllò e ricontrollò l’esito delle sue analisi china sui suoi strumenti, non voleva crederci. Era la conferma che Rafflesia fosse l’artefice anche dell’attentato alla vita del principe di due anni prima, ma non solo. Ora sapeva che chi voleva uccidere Lucien in realtà aveva un ulteriore motivo dietro all’attacco. Voleva anche lei.
Portò una mano ai capelli, frustrata dalla scoperta, e le sue dita sfiorarono la forcina che si era messa per tenere le ciocche ribelli lontane dai suoi occhi e lavorare meglio, quella che le aveva regalato Lucien.
Non era passato molto tempo da allora, ma la distanza che si era creata fra lei e il principe era aumentata di giorno in giorno, così lentamente che non se era accorta fino a che non era stato  troppo tardi. Ricordava di come era eccitato quel giorno alla remota possibilità di incontrare Florian; invece, dopo la sua breve convalescenza Lucien non aveva più accennato all’idea.
Aveva pian piano ridotto il tempo dedicato alle loro lezioni teoriche e dato più spazio a quelle con il maestro d’armi dicendole che non voleva mai più trovarsi impreparato. Inizialmente aveva chiesto anche a lei più lezioni pratiche su come affrontare gli attacchi magici al meglio ma, per qualche motivo a lei ignoto, dopo qualche mese aveva ridotto anche il tempo dedicato a quello.
Sembrava quasi non ci fosse più bisogno della sua presenza a corte, il tempo che trascorreva con il principe, in quell’ultimo e delicato periodo, era dedicato ad incontri amichevoli per lo più con lo scopo di svagarlo e confortarlo.
Ma anche in quei casi Lucien, come quel giorno, non si tratteneva mai troppo. Sì, era felice di vederla, questo le era evidente e lo stesso valeva per lei, visto che i giorni spensierati che avevano trascorso assieme le mancavano, però nel giro di poco tempo sembrava rattristarsi o impensierirsi. Era turbato ma per qualche motivo non voleva aprirsi con lei, che avrebbe fatto tutto quello che le era possibile per aiutarlo, se solo glielo avesse permesso.
Le sue dita si chiusero sulla forcina e sospirò. Il sole era da poco scomparso all’orizzonte per dare spazio alla luna.
Risoluta,  guardandosi allo specchio, rimise a posto la forcina sui capelli e andò alla ricerca di Lucien per comunicargli ciò che aveva scoperto. Ormai doveva aver finito ciò che doveva fare. Era sicura che si fosse recato dalla spia ma non pensava fosse riuscito a ricavare qualche informazione; Lucien non aveva mai preso in considerazione la tortura preferendo il dialogo, pacifista come suo padre. Era una delle cose che apprezzava di più del suo carattere. Era sicura che la rabbia mostrata prima fosse dovuta alla preoccupazione e nient’altro.
Vista l’ora decise di provare a cercarlo nella sua stanza, sperando di trovarlo lì.
Giunta a destinazione, dopo aver percorso i lunghi corridoi che separavano la sua stanza da quella del principe, bussò alla sua porta. I rumori provenienti dall’interno le fecero capire che aveva fatto centro. Nel giro di qualche secondo la porta si aprì, rivelando un Lucien dall’aria molto stanca. Aveva ancora addosso i vestiti in cui lo aveva visto prima ma la sua camicia aveva qualche bottone slacciato e i suoi capelli erano bagnati.
“Scusami se ti ho disturbato. Ti stavi rinfrescando?” gli chiese.
“Non preoccuparti” rispose lui, troppo stanco anche per rivolgerle quel falso sorriso che si era abituata a vedere.
“Pensavo avessi intenzione di lavarti…”
“Per via di quello che è successo prima ora mi sono rimaste delle cose da fare quindi ho solo il tempo per una rinfrescata, ma se hai bisogno di parlarmi sono tutto orecchi”
“Posso entrare?” tentò lei.
Lucien sembrò pensarci su, era da un po’ che lei non entrava più lì, cosa che prima faceva spesso e ora così distante da lei.
“Certo” Lucien si scostò dalla porta per farla passare per poi richiuderla una volta che lei fu  entrata.
La stanza non era cambiata molto dall’ultima volta: c’erano il suo letto rifatto, la scrivania di solito in ordine ora coperta di fogli e libri, alcuni aperti e altri no, la sedia scostata. Il rumore che aveva sentito da fuori doveva essere stato per via dello spostamento della sedia.
“Allora, cosa volevi dirmi?” domandò con voce stanca, sedendosi sul letto.
Iliana restò in piedi “Ho analizzato la sostanza” fece una pausa, non sapeva come dirgli quello che aveva scoperto senza farlo preoccupare troppo, ma aveva il dovere morale di dirglielo. Lui la stava fissando, aspettando che lei continuasse, e reggere il suo sguardo si fece così difficile che la donna dovette distogliere il suo e fissare il pavimento.
“Ilia? Che hai scoperto?” ora la voce del principe era agitata, lo sentì rialzarsi in piedi.
Lei sospirò e lo guardò dritto negli occhi quando gli disse “Era la stessa sostanza che mi ha messa fuori gioco due anni fa”
Non serviva altro, lui non era una stupido. Lo vide mettere assieme i pezzi in suo possesso, realizzare che Rafflesia era dietro ad entrambi gli attacchi, che se era così allora suo padre era in pericolo più di quanto già si aspettasse.
“Lucien” Iliana si fece strada verso di lui “tuo padre ha portato con sé i migliori cavalieri di Anthemis, non gli succederà niente. Per quanto speri sempre nel meglio non è uno sciocco ed è preparato all’eventualità di un attacco”
“Lo so bene. Mio padre era cosciente di un possibile inganno ma non poteva lasciar perdere questa opportunità di dialogo. Far finire questa guerra insensata è più importante”
“Sei un bravo ragazzo” gli disse con voce dolce poggiandogli una mano sulla guancia.
Lucien sfuggì al contatto voltando la testa di lato, come se il suo tocco lo avesse scottato, Iliana lesse qualcosa di simile al senso di colpa nei suoi occhi.
Stava per chiedergli una spiegazione quando notò qualcosa sul colletto della camicia del principe, qualcosa che la fece raggelare.
“Che cos’è questo?” la sua mano fu più veloce di una qualsiasi reazione del principe e andò a chiudersi sul colletto, dove si trovava una macchia rossa, come di sangue.
Forse si stava sbagliando, doveva sbagliarsi, Lucien non avrebbe mai fatto quello che stava pensando. Non avrebbe ferito o peggio ucciso nessuno se non in una situazione di vita o di morte. Ma la paura che lesse sul volto del suo allievo, la paura di essere stato colto sul fatto, le confermò il suo timore più grande.
“Che cosa hai fatto? Che ne è della spia?” era incredula, non poteva essere. Sentì le gambe cederle e si ritrovò a fare dei passi indietro distanziandosi dal principe.
Lucien da parte sua rimase immobile. La donna colse l’incredulità e la paura sul volto del principe, così come erano comparse, mutare per lasciare spazio alla calma più assoluta.
“Ha avuto ciò che meritava” la sua voce era salda, senza alcun rimorso. I suoi occhi fissi in quelli della sua tutrice.
“Dimmi che non è vero…” in un attimo Lucien fu di nuovo accanto a lei ma non disse nulla, non si stava rimangiando niente.
“No, tu non sei così. Perché l’hai fatto?”
“Ha cercato di farti del male”
“Lo sai che non posso morire!”
“Non posso vederti soffrire!” se la voce della maga era quasi un grido, quella del principe era un urlo disperato che la zittì all’istante “Non lo sopporto” ora la sua voce era un sussurro.
“Ciò non ti scusa da quello che hai fatto. Che cosa ti è successo?” lei cominciò ad avvicinare una mano al volto del principe ma si bloccò. Le parole che Lucien aveva appena pronunciato, che non poteva vederla soffrire, la fermarono. Era sembrato così disperato, così diverso dal bambino che aveva protetto e cresciuto per anni.
Fu Lucien ad afferrare la sua mano e portarla al suo volto, poggiandola sulla sua guancia e trattenendola lì con la sua.
“Non sono più un bambino Ilia” la voce del principe era stanca ma risoluta, sembrava sfinito, come chi ha lottato a lungo ma alla fine aveva ceduto “quando sei rimasta ferita per proteggermi ho giurato a me stesso che non avrei mai più permesso a nessuno di cogliermi impreparato. Era ciò che mi serviva per svegliarmi e capire che il mondo non è tutto rose e fiori. Che a volte è necessario fare cose spiacevoli per proteggere chi è importante per me”,
la presa sulla mano della donna si fece più stretta.
“Non sono più un bambino” ribadì lui come se volesse assicurarsi che lei avesse chiaro il concetto “e farei qualsiasi cosa per proteggerti, qualsiasi cosa”
La sincerità e risolutezza delle parole del principe la scioccarono, non riusciva a muoversi.
Lo sguardo di Lucien si addolcì di colpo e con la mano libera toccò la forcina sui capelli della donna prima di chiederle “Quanti anni avevi quando sei stata maledetta?”
Non era la prima volta che glielo chiedeva ma questa volta le ci volle un po’ di tempo per ritrovare la parola “Ventun anni”
“Fra cinque anni dimostreremo la stessa età” la mano del principe lentamente si spostò dai capelli fino al volto di lei in una carezza delicata. Era sempre più vicino.
Iliana si liberò di colpo dalla stretta del suo allievo “Devo andare”
Lo guardò come se non riconoscesse più chi aveva davanti prima di aprire la porta e andarsene.
Rimasto solo, Lucien arretrò fino ad incontrare uno dei muri della sua stanza e, in preda alla frustrazione, sbattè la testa contro di esso.
“Stupido…” disse a se stesso.
 
Arrivata nella sua stanza, Iliana si richiuse pesantemente la porta alle spalle prima di crollare a terra, le gambe non la reggevano più.
No, non riusciva a credere che il bambino che aveva praticamente cresciuto fosse capace di atti come la tortura. Avrebbe capito se fosse stata difesa personale ma non quello.
Le lacrime cominciarono a scendere silenziose lungo le sue guance.
Aveva fallito. Tutto quello che aveva fatto per istruirlo alla fine non aveva impedito al suo allievo di sprofondare lentamente nell’oscurità. Aveva sperato che potesse essere diverso, che avesse una possibilità. Ma la cosa che la faceva stare più male era aver saputo dalle stesse parole del principe che ciò che lo aveva spronato a cambiare fosse stata lei, il volerla proteggere.
Se Lucien era cambiato era solo colpa sua e di nessun altro, questa era la sua conclusione ed ora era troppo tardi per sistemare le cose.
Avrebbe dovuto capire tutto, in fondo ne aveva viste tante nella sua lunga vita, ma l’affetto e la totale fiducia che provava nei suoi confronti l’avevano accecata di fronte a ciò che ora era chiaro davanti a lei e lo era sempre stato.
Forse era lei che non aveva voluto vedere, che non aveva voluto credere che potesse essere come gli altri, come lei stessa. Se c’era qualcosa che il suo viaggio di mille anni fa le aveva insegnato era che tutti avevano un lato oscuro e che prima o poi veniva a galla.
Lucien aveva cercato di nasconderlo, per non farla soffrire, e lei ci era cascata. Trovò la cosa ironica e non riuscì a trattenere una risata isterica che ora si era unita alle sue lacrime. Era stata una vera sciocca.
Un tintinnio la riportò al presente. Seguendo il rumore i suoi occhi si posarono sulla forcina che ora era a terra. Le era scivolata dai capelli. Con mani incerte la raccolse e il ricordo del giorno in cui le era stata regalata le ritornò in mente come se fosse successo solo il giorno prima.
La giornata al villaggio, il regalo, l’attacco e le parole di Lucien quando si era ripresa.
Non permetterò più a nessuno di farti del male, te lo prometto. Diventerò più forte e sarò io quello a proteggerti.
Era stato allora che era cambiato, allora che avrebbe dovuto dare ascolto al suo istinto e impedire che Lucien si trasformasse a quel modo.
In quegli ultimi due anni era anche cambiato il modo in cui lui la guardava. All’inizio aveva pensato che fosse perché ormai stava crescendo e non avesse più bisogno di lei ma poi, quando lui la aveva cercata, non aveva potuto fare a meno di notare il suo sguardo, quello di chi aveva un disperato bisogno di lei ma allo stesso tempo doveva starle lontano.
L’ultima cosa che le aveva chiesto quel giorno, quanti anni avesse avuto all’epoca della maledizione, era diventata una domanda sempre più frequente, una fissazione per il principe.
Non sono più un bambino Ilia.
Il modo in cui l’aveva guardata prima, come era prima sfuggito al suo tocco e poi aveva afferrato la sua mano, le sue parole, era quasi come se lui fosse…no, non poteva essere, sarebbe stato tutto troppo assurdo.
Una delle sue lacrime si infranse sulla forcina che teneva in mano.
La situazione era degenerata troppo e, per quanto le spezzasse il cuore, sapeva che c’era solo una cosa che poteva fare per risolverla. Solo lei, che era la causa del problema, poteva fare qualcosa. Richiuse le mani sulla forcina e se le portò al petto. Ormai aveva deciso, non c’era altra soluzione. Si alzò lentamente in piedi e raggiunse la scrivania quando qualcuno bussò alla sua porta.
 
Era passato un giorno dall’ultima volta che Lucien aveva visto Iliana e la notte precedente per lui era stata un incubo. Dopo aver finito di assolvere ai suoi doveri, cosa che gli richiese più tempo del previsto a causa del suo stato emotivo, aveva dovuto lottare contro se stesso. Una parte di lui voleva andare dalla maga, parlare con lei e cercare di riappacificarsi, mentre l’altra, più ragionevole, era consapevole che la donna avesse bisogno di spazio. Alla fine aveva vinto la ragione. Aveva decisamente perso il controllo prima con lei e probabilmente rovinato il loro rapporto, e c’era il rischio che peggiorasse solo le cose. Però, quando aveva provato a chiudere gli occhi, il sonno non era voluto arrivare e solo dopo delle ore crollò per sfinimento, ma c’era sempre lei nella sua mente, anche nei suoi sogni.
Quando si era svegliato si era ritrovato sommerso da mille cose da fare, e parlare con la maga era stato impossibile.
Era ormai giunta la sera e Lucien stava perdendo la pazienza. Voleva parlare con Iliana, doveva, o sarebbe impazzito. I momenti che passava con lei erano diventati per lui sia una gioia che una tortura, ma non poteva farne a meno, lei era una delle sole due persone che gli impediva di impazzire in quel periodo in cui tutto era cambiato per lui. Vedere che cosa Rafflesia, senza rimorso alcuno, fosse capace di fare gli aveva fatto capire quanto si fosse illuso a credere nel suo sogno di un mondo migliore. Ormai solo suo padre, l’altra persona che gli facesse mantenere i piedi per terra, era l’unico a credere in quel sogno e per cui era disposto a tutto. Suo padre, l’idealista.
Finì di apporre la sua firma sull’ennesimo documento per poi decidere che ne aveva avuto abbastanza per quel giorno, qualunque cosa fosse successa.
Non fece in tempo ad alzarsi dalla sedia che una guardia bussò alla porta dello studio in cui stava lavorando e gli chiese di seguirlo.
Lo sguardo dell’uomo gli fece capire che avrebbe preferito trovarsi da qualsiasi altra parte tranne che in sua presenza; non faceva presagire nulla di buono e non poté fare a meno di pensare che fosse successo qualcosa di molto brutto.
Fu quando la guardia lo scortò alla sala del trono e gli aprì le pesanti porte che ebbe conferma dei suoi timori.
All’interno si trovavano sua madre la regina, austera come sempre, e alcuni dei cavalieri che avevano scortato suo padre all’incontro, molti dei quali mostravano ferite più o meno gravi, e lì, proprio al centro della sala, su una bara di legno chiaro, c’era il cadavere di un uomo. Aveva capelli chiarissimi e la sua pelle diafana mostrava i segni della sua età, i suoi occhi erano chiusi. Era suo padre.
“No…” si avvicinò incredulo a ciò che rimaneva del padre. Ora che lo vedeva meglio, se non per il pallore della pelle, sembrava fosse solo addormentato. Era vestito di tutto punto come se fosse pronto per una grande occasione.
“Padre” sfiorò la mano del re con la sua. Era fredda come il ghiaccio, non stava dormendo. Era tutto vero.
Arretrò di colpo, scuotendo la testa. No, non poteva accettarlo, non doveva succedere, non potevano portarglielo via in quel modo. Era un uomo troppo buono per morire così, non era giusto. Voleva solo creare un mondo in cui regnasse la pace.
Corse di scatto verso le porte e le spalancò con forza.
“Lucien!” cercò di fermarlo sua madre, ma fu tutto inutile perché lui stava già correndo verso l’unica persona rimastagli che lo avesse mai compreso. Aveva bisogno di lei.
La strada fino alla sua stanza gli parve infinita, come se i corridoi del castello fossero diventati improvvisamente quelli di un labirinto, ma finalmente raggiunse la porta che cercava.
Cominciò a bussare ma dopo non aver ricevuto alcuna risposta lo fece con più insistenza, disperato.
“Ilia, ti prego apri. Ho bisogno di parlarti…ho bisogno di te”, ancora nessuna risposta “ti prego”, la sua voce ora un sussurro carico di disperazione. Ma nonostante lui la pregasse, lei non dava segno di volerlo far entrare. Distrutto, poggiò la testa sul legno della porta, ormai prossimo alle lacrime, trattenute fino a quel momento, quando per poco non cadde in avanti. La porta era aperta, lo era stata per tutto il tempo, o meglio era stata chiusa malamente.
All’interno lei non c’era, solo dei libri e i mobili a ricordare la sua presenza.
“Ilia?”
Strano, a quell’ora era quasi sempre nella sua stanza. Stava per andarsene quando un luccichio attirò la sua attenzione.
Sulla scrivania si trovava un oggetto a lui familiare, visto che era stato lui a regalarglielo.
Si avvicinò e notò che la forcina era appoggiata sopra un foglietto di carta.
Scattò in avanti e lo afferrò con mani tremanti spostando di lato l’ornamento che lo teneva fermo.
Sul foglio c’erano poche parole ma lo ferirono più di una lama in pieno petto.
Mi dispiace. Addio, Iliana
Il foglio gli scivolò via dalle mani e lui cadde sulle ginocchia ma non provò alcun dolore fisico, quello del suo cuore andato in mille pezzi era stato fin troppo.
Era finita, l’aveva persa, li aveva persi entrambi.
Un grido a metà tra la rabbia e la disperazione uscì dalle sue labbra. Si alzò e, in preda alla frustrazione, gettò a terra i libri che si trovavano sulla scrivania. I suoi occhi ricaddero sulla forcina, il suo regalo che lei aveva abbandonato, così come aveva fatto con lui.
La raccolse e stava per lanciarla con forza contro il muro quando si fermò. Non ci riusciva, non poteva distruggere quell’oggetto. Era l’unica cosa che gli era rimasta che li unisse. Abbassò lentamente il braccio, il pugno ancora stretto sulle forcina.
“Lucien, ecco dov’eri finito” era la voce di sua madre.
Si sforzò di guardarla; non sembrava una donna in lutto, non sembrava provare niente.
“Se stai cercando quella donna sappi che non è più qui. Quando mi è giunta la notizia della morte di tuo padre l’ho sollevata dall’incarico. I suoi servigi non sono più richiesti. Mi sono liberata di lei finalmente”
Le parole della madre furono come sale sulle ferite del suo animo. Sapeva che la donna non aveva mai visto di buon occhio la sua tutrice, ma adesso aveva esagerato.
La regina Isadora si avvicinò al figlio e gli poggiò le mani sulle spalle, guardandolo con rimprovero “Adesso ricomponiti. Sei un re ora e devi comportarti come tale”
La donna poi lasciò la stanza senza chiudere la porta.
Lucien si voltò verso la scrivania, la schiena rivolta all’ingresso. Sul muro, più in alto rispetto ad essa, c’era un’ampia finestra da cui poteva ammirare la luna piena alta nel cielo.
Si chinò a terra e raccolse il foglio con la mano libera per poi stringerla a pugno, accartocciandolo.
Ilia se ne era andata e non sarebbe tornata, ne era certo. Non aveva più nessuno a sostenerlo veramente.
La rabbia di poco prima improvvisamente si tramutò in un sentimento nuovo a cui non riusciva a dare un nome, ma sapeva quello che doveva fare.
Sulla soglia si fece avanti la sagoma di un uomo incappucciato dalle vesti nere, la bocca incrinata in un ghigno compiaciuto.
 
Erano passati giorni ormai dalla morte del re di Anthemis. La notizia della sua morte aveva rattristato tutti gli abitanti del regno, era stato un sovrano molto amato. Il giorno del funerale l’intero regno era in lutto. Il racconto da parte dei sopravvissuti di ciò che era successo durante quello che doveva essere un incontro tra lui ed i sovrani di Rafflesia non stupì Lucien.
I cavalieri gli avevano raccontato di come inizialmente tutto fosse sembrato tranquillo, che fosse possibile negoziare, per la gioia di suo padre. Ma poi le cose erano cambiate e le vere intenzioni di Rafflesia erano venute a galla. Avevano soltanto illuso suo padre, quando in realtà stavano preparando un attacco alle sue spalle. Quello che i cavalieri di scorta ancora in vita non si sarebbero mai perdonati era il fatto di non essersi accorti di niente, se non quando era stato ormai troppo tardi. Erano uomini addestrati a tutto, Lucien lo sapeva, quindi Rafflesia doveva avere dalla sua un alleato potente, qualcuno in grado di creare anche sostanze in grado di mettere fuori gioco un’eroina leggendaria.
Dal giorno del funerale del padre, Lucien, appena incoronato, si era comportato come un re modello, proprio come sua madre voleva. Era compiaciuta per il suo operato, stava facendo esattamente tutto quello che lei desiderava da lui, ma la minaccia di Rafflesia era sempre più incombente e sua madre sempre più irrequieta.
Quella sera Lucien aveva chiesto alla madre di cenare assieme, come una famiglia, e lei aveva accettato. Per lei un ulteriore occasione di convincerlo una volta per tutte allo scontro vero e proprio.
Il novello re aveva fatto allestire una cena sontuosa solo per loro due. Aveva scelto i migliori ornamenti per la tavola, i fiori adorati da sua madre come centro tavola, la tovaglia del colore che lei preferiva e perfino le portate e le bevande che aveva richiesto erano ciò che più apprezzava.
“Ammetto che non mi aspettavo tutto questo” esordì la madre dopo diversi minuti di silenzio in cui i soli rumori erano stati quelli delle posate sui piatti.
“Volevo passare del tempo con voi madre, siamo rimasti soli e non voglio che tra noi ci siano inutili incomprensioni”
“Sono contenta di sentirtelo dire. Ti sei comportato bene finora” il sorriso compiaciuto sulle labbra della regina si trasformò in qualcosa di simile a velato disgusto “non come tuo padre. Lo sai, quando mi sono sposata non pensavo sarebbe finita così. Ero giovane e trovavo tuo padre una persona interessante ma credevo avrebbe abbandonato i suoi ideali irrealizzabili” il suo sguardo si fece triste “Se solo fossi riuscita a convincerlo…ormai è inutile piangere sul latte versato, non credi?”
La malinconia nel volto di sua madre lo stupì. Anche lei aveva un cuore, per quanto lo nascondesse.
“Propongo un brindisi” disse il giovane re “A noi e ad un nuovo inizio”
“Ad un nuovo inizio” fece eco la madre e seguì il tintinnio dei loro bicchieri.
Ciò su cui si concentrò poi la donna fu la necessità di contrastare il loro nemico con la forza e Lucien la ascoltò, non interruppe le sue parole. Si vedeva quanto ciò le facesse piacere, le sue parole interrotte solo da occasionali colpi di tosse.
“Vi sentite bene, madre?” chiese Lucien quando la tosse si fece più insistente.
“Forse tutte le emozioni degli ultimi giorni mi hanno fatto male. Dovrei riposare” il suo colorito era più pallido del solito.
“Ma certo, madre” Lucien si alzò e sua madre fece altrettanto ma non mosse più di qualche passo prima che le sue gambe cedettero. Suo figlio era lì, pronto per sorreggerla. La donna portò il suo fazzoletto alla bocca in preda alla tosse e quando l’attacco si affievolì e guardò il fazzoletto i suoi occhi si fecero glaciali. Il bianco immacolato era ora macchiato di rosso scarlatto.
“Dovevo aspettarmelo” si sforzò di dire lei, la fatica evidente.
“Sapete madre, avevate ragione su una cosa. Non c’è altra via se non la guerra” la guardò serio negli occhi “Ma non posso accettare il modo in cui avete trattato Ilia”
La regina rise, seppure con molta difficoltà, la rabbia a stento trattenuta “Non volevo che lo venissi a sapere, volevo proteggerti dal dolore di sapere” la tosse fermò le sue parole “…ti ho detto di averla allontanata ma in realtà è stata lei a decidere di andarsene. Quando sono andata a parlare con lei aveva già preso la sua decisione. È stata una delle poche volte in cui siamo state d’accordo su qualcosa” rise sprezzante “È stata lei ad andarsene!”
La donna non disse altro, non poteva. Il suo stesso sangue la stava soffocando, i suoi occhi sempre più vacui. Si stava spegnendo tra le braccia del figlio, lentamente. Ormai prossima al suo ultimo respiro, Lucien decise di rivolgerle la parola un’ultima volta anche se non era certo che l’avrebbe sentito.
“Lo so, madre. Addio” gli occhi della regina si sgranarono per l’ultima volta prima che la vita la abbandonasse.
Solo allora Lucien la lasciò cadere a terra, insensibile.
Sì, lo sapeva che la sua tutrice se ne era andata di sua iniziativa perché era stata colpa sua e delle sue parole se lei aveva preso quella decisione, solo sua. L’aveva persa.
Per anni aveva tenuto nascosto ciò che provava nel suo cuore. Se era cambiato lo aveva fatto per lei, per proteggerla, ma quello che le aveva tenuto nascosto l’aveva disgustata ed era scappata prima di potergli dare la possibilità di spiegarsi. Il loro ultimo incontro aveva solo peggiorato le cose.
“Vedo che la cena è finita”
Lucien si voltò in direzione della voce, dove era comparso un uomo incappucciato “Il veleno che vi ho dato ha agito velocemente”
“Darcel” il re si fece strada verso l’uomo e, gettando una breve occhiata al corpo senza vita della madre, disse “non eravate amici? Non provi alcun rimorso?”
“Voi eravate suo figlio” Lucien non disse nulla “e poi non mi era più di alcun utilità. Come da accordi, ora sono ai vostri ordini, sire” Darcel si inchinò lentamente al cospetto del sovrano.
“Tornando al discorso di qualche giorno fa” disse il re avvicinando il volto a quello dell’uomo, nessun sentimento a trasparire sul suo volto “Lo so che l’alleato di Rafflesia sei sempre stato tu”
Darcel sorrise “Non mi aspettavo niente di meno da voi, mio signore. Lo ammetto, ho lavorato per quel regno per anni. Ma come vi ho già detto, i miei alleati si sono rivelati degli inetti, capaci di andare avanti solo grazie a me ed i miei uomini. Quello di cui ho bisogno è un alleato forte e capace. Qualcuno come voi”
Darcel era un approfittatore. Poco male, era quello che voleva fare anche lui. Usare il mago ed i suoi uomini a suo favore.
“Per prima cosa distruggeremo i tuoi vecchi alleati. Prepara i tuoi uomini, io penserò al resto”
“Come desiderate, mio signore” Darcel uscì dalla stanza.
Lucien realizzò che il corpo della regina era ancora a terra. Avrebbe dovuto provare qualcosa: rimorso, tristezza, qualsiasi tipo di emozione. Ma non riusciva a sentire più niente, non da quando Ilia se ne era andata. Il suo cuore era ridotto ad una landa desolata.
Quel giorno in cui lei lo aveva lasciato, un piano aveva preso forma nella sua testa. Avrebbe ottenuto tutto ciò che voleva, a qualunque costo, e soprattutto si sarebbe ripreso Iliana.
 
 
 

Salve a tutti, qui lost in books.
Per prima cosa mi scuso per averci messo più tempo del solito. Dalla prossima settimana dovrei avere più tempo libero.
Credo che questo sia il capitolo più lungo finora ed anche complicato da scrivere.
Nel capitolo successivo si torna al presente ed alla battaglia incombente.
Alla prossima!
 
 

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Capitolo 29
*** 29 ***


29
 
“Sono troppi” disse Sera osservando l’esercito di Anthemis. Notò però che c’era qualcosa di particolare nei soldati: mentre alcuni uomini sembravano presenti e concentrati sul loro obiettivo, una buona parte invece sembrava essere in una qualche sorta di trance, era come se non fossero veramente lì, almeno non con la loro testa.
“Maledetto Darcel…” disse Iliana a denti stretti. L’uomo era lì, accanto a re Lucien, il volto coperto per metà da una maschera, oltre che dalla tunica ed il mantello, e sorretto da un bastone dall’apparenza lugubre. Si capiva dall’espressione della maga quanto avesse sperato nella dipartita del vecchio Gran Maestro degli adepti, ma anche che vederlo ridotto a quel modo, era per lei un risultato soddisfacente.
Sandir spostò rapidamente lo sguardo da un amico all’altro: Sera era visibilmente in ansia, l’idea di una battaglia su larga scala ancora difficile da affrontare dopo quello che era successo ad Idyll; Leon stava già cercando di elaborare una strategia per riuscire ad uscire da quello scontro nel migliore dei modi ma non sembrava aver trovato una soluzione che lo soddisfacesse, dalla rassegnazione sul suo volto si capiva che a qualunque scenario avesse pensato in molti sarebbero morti.  Iliana sembrava concentrata sulla figura del re, assorta in chissà quali ricordi. Il giovane guardò anche sua zia, combattuta tra la rabbia per l’inspiegabile situazione in cui si erano ritrovati e il non sapere come proteggere la sua gente.
Però tutti, nessuno escluso, si stavano chiedendo come quell’esercito li avesse trovati e colti di sorpresa a quel modo.
La presenza degli adepti rispondeva al quesito di come li avessero sorpresi, anche se erano in quantità minore rispetto alla battaglia affrontata ad Idyll. Con l’aiuto della magia dovevano aver nascosto la loro presenza fino a quel momento. Rimaneva ancora da capire come avessero trovato i Darman.
Fu allora che Lucien sembrò incontrare lo sguardo di Iliana e, come se volesse rispondere alla sua domanda, tirò fuori da una sacca assicurata ad un cavallo un pezzo di stoffa malconcio e lo sollevò in alto, di modo che il vento lo facesse sventolare.
Non era un pezzo di stoffa qualunque, realizzò la maga, perché lei lo aveva riconosciuto.
“Quello era il mio mantello…”
“È colpa mia. Li ho condotti io qui” disse Sandir con rassegnazione nella voce “il giorno in cui siamo scappati dalle prigioni di Anthemis ero ferito e quando mi hai dato il mantello per coprire il mio marchio l’ho macchiato di sangue. Devono essere riusciti a creare una copia del tuo macchinario alla fine e aver usato il mio sangue per arrivare fin qui”
“Tu!” urlò Fang, abbastanza vicina da aver udito le parole del nipote. Lo afferrò per il collo della camicia “Sei stato tu! Prima ti fai vivo come se nulla fosse e poi ci metti tutti in pericolo…”
Una mano, quella di Iliana, si chiuse su uno dei polsi di Fang “Inutile piangere sul latte versato. E poi nessuno poteva immaginare che potesse succedere questo”
“Dobbiamo reagire, è l’unica cosa che possiamo fare ora” si aggiunse la voce di Leon.
Fang mollò la presa “Anche se noi Darman siamo più forti di un essere umano normale non siamo abbastanza numerosi per affrontare dei maghi e tutti quei soldati”
“Ci siamo anche noi” obiettò Sera “avete anche uno spirito dalla vostra, un cavaliere, tuo nipote e una maga leggendaria”
Fang non parve convinta “Siete solo in quattro”
“Ho affrontato situazioni disperate in passato e ne sono uscita vincitrice” disse Iliana “Farò tutto quello che è in mio potere per vincere anche questa volta”
“Apprezzo le tue parole ma cosa hai in mente?” chiese Fang.
“Combattiamo” rispose Sandir al posto della maga “Vado a prendere le nostre cose”
“Ci ho già pensato io” lo bloccò Iliana. Tutto quello che avevano lasciato al loro accampamento si materializzò a pochi passi da Sandir allo schioccare delle dita della donna.
“Quindi il vostro piano è semplicemente combattere?” Fang parve incredula alle parole appena udite, mentre Sandir già stava tirando fuori dalla sua sacca gli abiti che gli aveva lasciato Bog. Non c’era occasione migliore di quella per indossarli.
“Esatto. Ma solo chi farà le mosse migliori ne uscirà vincitore, indipendentemente dalle forze messe in campo” confermò Iliana, tornando ad osservare l’esercito “Obiezioni?”
Fang, ricomponendosi all’istante, sorrise ferina “Per nulla. Combattere è quello che i Darman fanno meglio” la capo clan allora si rivolse alla sua gente che era accorsa sul posto “Dite a tutti di prepararsi a combattere. Che indossino i vestiti che abbiamo ottenuto dai maghi di Iridium. Li abbiamo conservati per un’occasione come questa in fondo”
I Darman cominciarono immediatamente i preparativi, c’era sia preoccupazione che eccitazione nell’aria per l’imminente scontro. Sapevano che poteva essere la loro fine ma era anche vero che erano stanchi di rimanere a guardare senza fare niente.
“Si muovono” era stato Horn, intento a tenere d’occhio i soldati nemici, a dare l’allarme all’improvviso.
“Non per molto” accompagnata da un ampio movimento delle braccia, Iliana usò la magia e davanti all’esercito di Anthemis si creò una spaccatura nel terreno da cui si levò un muro di fuoco.
“Per quanto tempo puoi mantenere quell’incantesimo?” le chiese Leon.
“Abbastanza da permettere a tutti di prepararsi. Non sprecheranno le energie dei loro maghi per dissolvere la mia magia, non sono abbastanza numerosi. Ma è anche vero che neanche io posso permettermi di consumare tutte le mie forze così”
Recepito il messaggio, tutti si misero all’opera e in breve cominciarono ad arrivare i primi Darman, per la prima volta da quando il gruppo era arrivato lì, con indosso dei vestiti intatti. Sia Leon che Sandir erano armati e il giovane si era anch’esso cambiato come aveva fatto la sua gente. Sera era sempre più in ansia ma allo stesso tempo determinata a farla pagare agli adepti, visto il modo in cui li guardava, specialmente il loro Gran Maestro. La cosa non era sfuggita ad una certa maga.
“Sera” la ragazza si voltò trovandosi di fronte Iliana “Prendi questo”
La donna le porse un artefatto dall’aspetto di una comune spilla “Ti proteggerà dagli attacchi degli adepti” spiegò vedendo l’espressione perplessa della ragazza.
Iliana poi tornò a fissare l’esercito, o per meglio dire, Lucien.
Quando i soldati si erano mossi prima, lui era rimasto esattamente dov’era. Aveva pianificato tutto, come ricordava fosse solito fare, mai lasciando nulla al caso. Li aveva colti di sorpresa, completamente impreparati, e aveva fatto in modo che lei non avesse altra scelta se non consumare parte delle sue energie ed erigere una qualche sorta di muro fra le due forze opposte per prendere tempo. Tutto quello le ricordò il tempo passato a giocare a lux et tenebris con il suo ex allievo, solo che questa volta le pedine sarebbero state persone in carne e ossa. La loro ultima partita vera e propria stava per cominciare e lui era già in vantaggio.
 
Iliana lo stava guardando. Lucien, a comando del suo esercito, non avrebbe potuto desiderare di meglio. Stava andando esattamente come aveva pianificato. Doveva ammettere che essere entrato in possesso di un campione di sangue Darman per puro caso gli aveva di gran lunga facilitato le cose e datogli la possibilità di far muovere le sue pedine e i suoi avversari esattamente dove voleva lui, con il minimo sforzo.
Una volta capito dove si trovassero i Darman aveva dato ordine di cominciare la costruzione di una grande piattaforma per il teletrasporto nel deserto. Per primi erano arrivati gli adepti che avevano nascosto la presenza della piattaforma e di chiunque si trovasse nell’area circostante con la loro magia, poi, lentamente, erano arrivati gli uomini dell’esercito di Anthemis ed infine il re ed il Gran Maestro.
Erano lì da prima ancora che Iliana e il suo gruppo arrivassero, e la donna non si era accorta di niente. Anche se c’era una considerevole distanza fra loro, Lucien sapeva quanto questo l’avesse irritata. E il suo arrivo a sorpresa era solo l’inizio; aveva delle altre cose in serbo per lei, le avrebbe fatto capire quanto lo aveva fatto soffrire.
Al suo fianco c’era Darcel, determinato come non mai a rifarsi dopo quello che era successo ad Idyll. Fra le mani stringeva il bastone che era appartenuto a tutti i Gran Maestri oscuri prima di lui. Era un oggetto apparentemente semplice ma capace di incutere terrore e far rabbrividire chiunque lo guardasse.
Il bastone era composto da un legno completamente nero sulla cui sommità si trovava una pietra rossa come il sangue.
Quando Umbra aveva generato l’Oscurità e Sol ancora non era intervenuto, tutte le creature del loro mondo erano state in serio pericolo. Allora, il primo re degli spiriti, uno spirito della terra, quando l’Oscurità fu alle porte del suo regno, si oppose con tutte le sue forze all’imminente distruzione della sua gente e, assorbendo una parte dell’Oscurità dentro di sé, riuscì a bloccarne l’avanzata fino all’arrivo di Sol. Il suo gesto gli fu fatale e di lui rimase solo un albero, ma non uno qualsiasi. Il legno della sua corteccia era completamente nero e le sue foglie scarlatte come anche la sua resina.
Divenne presto chiaro che anche dopo la morte, l’Oscurità non aveva abbandonato completamente ciò che rimaneva del compianto re degli spiriti.
Fu quando la guerra fra i guardiani della luce e i primi adepti di Umbra si fece cruenta che il bastone venne creato.
Il primo Gran Maestro degli adepti, dopo un attento studio, fece tagliare l’albero nero e dal suo legno ricavò il bastone. Sulla sua sommità incastonò una pietra realizzata con la resina cristallizzata dell’albero stesso.
L’utilizzo di quell’arma cambiò rapidamente l’andamento della guerra: gli incantesimi oscuri del Gran Maestro erano più potenti ma non solo, l’abilità speciale di quel bastone era ciò che terrorizzava veramente chiunque si frapponesse fra il mago ed il suo obiettivo.
Bastava infatti venire trafitti da quell’oggetto per andare incontro ad un destino peggiore della morte. Il corpo della vittima veniva rapidamente infettato dall’energia del bastone, proveniente dall’Oscurità stessa, e nulla di ciò che era veniva risparmiato. Tutto ciò che prima era stata la vittima, veniva rapidamente consumata e trasformata in pura energia per rafforzare l’Oscurità. Grazie a quell’arma la vittoria degli adepti sembrava inevitabile e la forza dell’Oscurità si stava accrescendo molto più rapidamente del normale.
Fu solo grazie al sacrificio di un gruppo di cavalieri e maghi, con l’aiuto degli spiriti pronti a tutto pur di farla pagare agli adepti per il torto subito, che il Gran Maestro venne sconfitto e l’Oscurità infine fermata quando sembrava ormai troppo tardi.
L’arma che Darcel aveva con sé avrebbe compensato le sue nuove carenze, dato che il suo corpo non si era ripreso dall’attacco di re Florian e mai si sarebbe ripreso del tutto.
Anche lui stava guardando Iliana. Era stata lei in fondo ad aiutare l’ultimo re degli spiriti a creare l’arma che lo aveva ridotto allo spettro di se stesso ma, per quanto il mago avrebbe voluto vendicarsi,  Lucien aveva messo in chiaro da tempo una cosa. Iliana era il suo obiettivo e suo soltanto, se si fosse intromesso sarebbe stato peggio per lui.
 
Dalla posizione sopraelevata di cui godevano rispetto all’esercito di Anthemis, Fang era intenta a dare le ultime direttive alla sua gente. Aveva valutato attentamente le loro possibilità: l’esercito che dovevano affrontare era troppo numeroso, non potevano farcela, ma almeno se i Darman dovevano soccombere, lo avrebbero fatto facendo quello che sapevano fare meglio. Combattere.
I suoi occhi inevitabilmente caddero sul nipote, la persona che non pensava avrebbe rivisto mai più fino a poco tempo prima. Credeva da anni di essere rimasta sola ormai, e aveva dedicato la sua vita a proteggere il suo popolo, come se il suo fosse un modo per rifarsi di non essere riuscita a salvare la sua famiglia dal suo destino, e invece, come uno strano scherzo del fato, lui era ancora vivo e proprio lì, davanti a lei.
Era evidentemente cresciuto da quando lo aveva visto l’ultima volta, pallido e febbricitante, prima che sua sorella e suo cognato lo abbandonassero.
Ormai era quasi un adulto e in lui poteva vedere entrambi i suoi genitori: come sua madre faceva tutto quello che era in suo potere per fare ciò che riteneva giusto, mentre aveva preso la cocciutaggine tutta dal padre.
Le sfuggì un mezzo sorriso ma riuscì a fermarsi prima che potesse diventare uno vero e proprio.
Non avrebbe permesso a degli stupidi sentimentalismi di cambiare la sua opinione, ma non poteva negare il fatto che fosse sempre più difficile provare odio per lui, aggrapparsi a qualsiasi cosa avesse fatto di sbagliato. In quegli anni in cui aveva creduto di essere sola aveva pensato di aver seppellito il suo cuore per sempre, ma erano bastati pochi giorni a farle capire quanto si fosse sbagliata, e si era ritrovata a dover combattere contro quella parte di se stessa che pensava non ci fosse più.
Riuscì a far sparire il mezzo sorriso giusto in tempo, prima che suo nipote incontrasse il suo sguardo: c’era determinazione nei suoi occhi, il desiderio di dimostrare che poteva farcela.
Era lo stesso che aveva lei alla sua età…
Fang distolse lo sguardo e tornò a dare ordini ai Darman, cosciente del fatto che suo nipote la stava ancora osservando.
Per come pensava sarebbero andate le cose, né lei né Sandir sarebbero sopravvissuti quel giorno, ma non sarebbe andata a parlare con lui per cercare di riappacificarsi prima della fine. Non lo avrebbe fatto, per quanto il suo cuore la stesse implorando e stesse soffrendo per quello.
 
I preparativi erano ultimati. I Darman la cui forma animale era quella di un volatile si erano tutti trasformati completamente o quasi, Beak e Claw fra loro.
Era stato deciso che sarebbero stati i primi ad attaccare, colpendo l’esercito dall’alto. Sera avrebbe fornito supporto con le sue fiamme quando sarebbe stato ritenuto necessario.
Fang diede l’ordine e, stringendo fra gli artigli le rocce più grandi che le loro zampe permettessero, i Darman alati spiccarono il volo.
Raggiunsero l’esercito in fretta e una pioggia di rocce si abbatté sui soldati ma l’attacco non ebbe l’effetto desiderato, purtroppo. Dopo la caduta dei primi uomini sotto la pioggia di rocce, il resto dei soldati procedette a coprirsi con gli scudi e fu presto chiaro ai Darman che non si trattava di oggetti qualunque ma che erano stati rinforzati dalla magia.
I Darman non erano il tipo di persone che si arrendeva facilmente e ben presto un’altra pioggia di rocce si abbatté sui soldati, questa volta aiutati anche da Sera, mentre il resto dei Darman stavano attendendo l’ordine da parte del loro capo clan per gettarsi nella mischia.
Le fiamme di Sera, insieme alle rocce, sembrarono inizialmente provocare danni maggiori rispetto all’attacco precedente, ma dopo qualche minuto gli adepti si misero all’opera rendendo quasi del tutto inutile l’intervento della giovane.
“I miei attacchi non hanno più effetto. E adesso?” disse Sera, atterrando vicino ai suoi compagni.
“È del tutto inutile aspettare, Fang” disse Horn.
La donna non gli rispose, combattuta sul da farsi.
“Se non dai l’ordine ora, attaccheremo noi lo stesso” dichiarò l’uomo. Gli sguardi del resto dei Darman diceva tutto. Erano della stessa opinione dell’uomo.
Fang, alla ricerca di una soluzione alternativa fino all’ultimo, spostò rapidamente gli occhi su Iliana che le disse senza indorare la pillola “Continuare a mantenere il muro di fiamme consumerebbe troppo le mie forze. Se vogliamo avere qualche possibilità, questo è il momento per attaccare con tutto ciò che abbiamo”
Fang annuì, rassegnata all’inevitabile “Immagino tu andrai contro il re e il mago accanto a lui”
“Esatto”
“Aspetta, non vorrai mica affrontarli entrambi da sola” obiettò Leon.
“Veniamo con te” aggiunse Sandir; Sera non disse nulla, ma era chiaramente della stessa opinione.
“No”
“Ma…” la giovane cercò di controbattere ma venne subito fermata dalla donna.
“Lo vedete quel bastone che ha in mano Darcel?”
I tre compagni della maga si concentrarono sulla figura incappucciata accanto a re Lucien.
“Se vi colpisce direttamente con quello per voi è la fine” Iliana spostò il suo sguardo lentamente su ognuno dei suoi compagni per essere sicura che avessero colto l’avvertimento.
“È il bastone oscuro, non è vero?” la voce di Sera parve incupirsi mentre pronunciava quelle parole. La triste storia del primo re degli spiriti era una delle più popolari fra la sua gente, e motivo per loro di ulteriore risentimento nei confronti degli adepti.
Dopo qualche secondo di silenzio Iliana si decise a risponderle “Sì e a differenza vostra io ci ho già avuto a che fare in passato. So come contrastare i suoi attacchi mentre voi…”
“Non avremmo possibilità” finì Leon per lei.
“Non c’è niente che possiamo fare per aiutarti?” Sandir non voleva arrendersi.
“No. Se solo ci fossero…” Iliana si fermò di colpo ma i tre capirono. Se solo ci fossero stati i suoi vecchi compagni, allora le cose sarebbero state diverse.
“Va bene. Faremo come vuoi” Leon spezzò il silenzio creatosi, non c’era nessun risentimento in lui.
La maga gliene fu grata e, ormai pronta a far cadere il muro di fiamme, guardò Fang.
La capo clan colse il messaggio silenzioso e, senza perdere altro tempo, ordinò alla sua gente di prepararsi alla carica.
Era rimasta solo Iliana sulla cima della formazione rocciosa, ormai erano tutti pronti, i Darman alati già in volo, mentre tutti gli altri erano scesi attraverso le gallerie.
Con un ultimo respiro profondo, dissipò le fiamme, lasciando solo una voragine nel terreno.
Vide gli adepti mettersi subito all’opera per rendere agibile il passaggio ai soldati e ben presto della voragine rimase solo il ricordo.
I soldati cominciarono ad avanzare e i Darman si lanciarono all’attacco; sarebbe stato un massacro, lo sapeva.
Per la prima volta dopo all’incirca mille anni pregò che accadesse un miracolo.
 
Lucien stava osservando con sempre meno interesse la battaglia in corso davanti ai suoi occhi. I suoi uomini e gli adepti stavano già avendo la meglio nonostante i Darman stessero combattendo ferocemente. Anche se un solo Darman era in grado di abbattere numerosi uomini prima di essere fermato, la schiacciante superiorità numerica del suo esercito non avrebbe lasciato loro scampo.
Era la prima volta che vedeva il popolo maledetto in azione con i suoi occhi. Ne era sempre stato affascinato per via dei racconti di Iliana e, se voleva essere sincero con se stesso, doveva ammettere che un po’ gli dispiaceva. Stavano combattendo valorosamente e non aveva mai incontrato nessun umano con una forza così devastante, non contando la sua tutrice. Si chiese se le cose sarebbero andate diversamente se al loro fianco ci fosse stata la vecchia compagna di viaggio della sua ex tutrice e capo clan di mille anni fa, la donna che poteva trasformarsi in un drago. Di certo sarebbe stata una sfida più stimolante.
Se l’andamento della battaglia non fosse cambiato non ci sarebbe voluto molto per ottenere la vittoria e il frammento, e l’unica persona in grado di cambiare le cose sembrava essere scomparsa nel nulla, proprio come aveva fatto cinque anni prima.
La cercò, osservando ogni angolo del campo di battaglia, ma fra la calca e le grida di lei non c’era traccia. No, non poteva essere scomparsa di nuovo, non gli avrebbe fatto quello, non dopo tutto quello che aveva fatto per essere lì in quel momento.
Finalmente la vide e il suo cuore, che aveva cominciato a martellargli nel petto senza che se ne accorgesse, perse un colpo prima di tornare a battere ad un ritmo regolare. Era lontana rispetto a dove si trovava lui, ancora sulla formazione rocciosa, ma su un punto più basso della cima. Stava parlando con una ragazza avvolta dalle fiamme, uno spirito, e gli parve di vedere la giovane accettare qualcosa dalla donna prima di librarsi alta nel cielo pronta a combattere.
Solo allora lei lo guardò determinata. Sarebbe venuta lei da lui. Non poteva andare meglio di così e non riuscì a fermare il sorriso che si formò sulle sue labbra. Presto avrebbe avuto tutto quello che desiderava, ed era stato più facile del previsto. Mosse un passo in direzione della maga, non riusciva più ad aspettare, quando il suono di un corno squarciò improvvisamente l’aria.
Tutti quelli che stavano combattendo si fermarono, nessuno escluso.
A breve distanza da loro un esercito si stava avvicinando rapidamente al campo di battaglia. Alcuni degli uomini che lo componevano stavano sventolando dei vessilli con il simbolo della Resistenza. Le urla di gioia da parte dei suoi avversari si levarono alte ma Lucien non era impensierito dall’arrivo della Resistenza, tutt’altro. Non avrebbe potuto desiderare di meglio, tanto che non riuscì a trattenere una risata.
Finalmente lo scontro si sarebbe fatto interessante, o almeno così sperava. 
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
La battaglia ha avuto inizio e accadranno diverse cose interessanti ad alcuni dei personaggi nel corso dello scontro.
La Resistenza è arrivata ma sarà in grado di contrastare Lucien?
Alla prossima!
 

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Capitolo 30
*** 30 ***


30
 
L’esercito della Resistenza, comandato da re Tyberius, era composto da cavalieri, da rifugiati dei vari regni, addestrati e desiderosi di poter fare qualcosa per sconfiggere il regno che gli aveva portato via le loro case, da spiriti, decisi a farla pagare agli adepti, e maghi della Torre mandati da Beatrice.
Le persone che lo componevano però non erano abbastanza numerose per affrontare un esercito della portata di quello di Anthemis, Tyberius ne era consapevole.
Aveva fatto la sua scelta e acconsentito alla richiesta di Odette; ora doveva solo sperare che lei facesse la sua parte o quel giorno sarebbe stato ricordato come la fine della Resistenza.
Dovevano solo resistere e se il piano di Odette fosse andato a buon fine, se ne sarebbero accorti immediatamente.  
Il loro arrivo aveva di certo rinvigorito i Darman che ora sembravano combattere con più forza.
Tyberius chiuse gli occhi: era un momento decisivo per tutti loro, quello che aspettavano da molto tempo ormai. Il giorno in cui, nel bene o nel male, tutto sarebbe finito. Fece un ultimo respiro profondo, aprì gli occhi e diede l’ordine che tutti stavano aspettando.
I soldati della Resistenza si lanciarono all’attacco, dalla loro parte la determinazione di vincere quella battaglia a tutti i costi e riprendere in mano le loro vite. Gli spiriti, dotati di artefatti da parte dei maghi alleati in grado di proteggerli dagli attacchi degli adepti, si concentrarono subito sui loro acerrimi nemici mentre i maghi davano sostegno a chiunque ne avesse bisogno e si occupavano dei feriti.
Questa battaglia sarebbe stata difficile per molti di loro poiché gran parte degli uomini dell’esercito di Anthemis non erano altro che i loro cari, catturati dagli adepti ed ora ridotti a dei burattini nelle mani di re Lucien.
Nonostante tutto, stavano facendo la loro parte, nessuno escluso, e di questo Tyberius era grato: aveva temuto che la sua decisione di accogliere la richiesta di Odette non sarebbe stata ben accetta a tutti e invece nessuno si era opposto, avevano creduto in lui.
Lui stesso era il primo a considerarsi imperfetto: per quanto avesse cercato di fare del suo meglio, anche schierandosi in prima linea, sapeva di non essere stato in grado di proteggere chiunque avesse avuto bisogno di aiuto negli ultimi anni in cui da re si era poi ritrovato a capo della Resistenza; ma, nonostante tutto, malgrado a volte si fosse sentito inadeguato nel suo ruolo, i membri della Resistenza avevano sempre creduto in lui.
Era arrivato il momento anche per lui di dimostrare quanto credesse in loro e far sì che tutti i loro sforzi dessero frutto.
Lanciò il suo cavallo al galoppo, i suoi avversari ora di fronte al suo destriero. Sollevò la spada, pronto a colpire.
 
L’arrivo della Resistenza aveva portato un po’ di speranza in quella situazione disperata.
Le sue preghiere sembravano essere state esaudite, pensò Iliana, ma l’esercito di Tyberius non sarebbe stato sufficiente per assicurare loro una vittoria, tutt’altro. Avrebbe solo ritardato l’inevitabile. La potenza messa in campo da Lucien era di gran lunga superiore. Sperava che l’esercito della Resistenza fosse così limitato per una ragione. Doveva fidarsi del giudizio di Tyberius: in fondo, se aveva guidato la Resistenza per anni accrescendone la forza, doveva sapere il fatto suo. L’uomo stava facendo la sua parte, ora toccava a lei fare ciò che doveva.
Riportò i suoi occhi su Lucien, che la stava ancora guardando, la aspettava. Era ora di farla finita, di chiudere quella storia una volta per tutte. Decisa, mosse qualche passo prima di teletrasportarsi vicino al luogo in cui lui si trovava.
Sapeva che Lucien l’aveva persa di vista dopo che aveva usato la magia ma anche che si sarebbe presto accorto di lei man mano che si avvicinava.
L’ultima volta che si era trovata così vicino a lui era stata quando la aveva raggiunta nella foresta dopo la sua fuga dalle prigioni di Anthemis. Non avrebbe mai voluto ferirlo ma nel corso degli anni, senza rendersene conto, lo aveva fatto più volte.
Questa sarebbe stata l’ultima volta in cui lo faceva soffrire. Non poteva più evitarlo, lo aveva imparato a sue spese.
Accanto a Lucien c’era Darcel e un gruppo di adepti che li circondava entrambi, fermando i tentativi di attacco dei cavalieri della Resistenza, che continuavano a subire i loro colpi.
Con un piccolo movimento della sua mano destra, i cavalieri intenti a combattere gli adepti sparirono. Li aveva trasportati in un punto diverso del campo di battaglia, non molto distante ma più sicuro di quello.
Gli adepti, ora accortisi di lei, cominciarono a preparare i loro incantesimi, ma non l’avrebbero fermata. Le bastò schioccare le dita e i maghi caddero a terra, inerti. Non erano morti, li aveva soltanto messi fuori combattimento. Non si sarebbero svegliati per ore.
Lucien e Darcel si erano accorti di lei. Il vecchio mago fece per andare verso Iliana ma Lucien lo fermò ponendo un braccio sul suo cammino. La sua espressione le aveva detto tutto: voleva che fosse lei a venire da loro. La donna non aveva nulla in contrario, questa volta non sarebbe stato lui ad inseguirla.
Percorse gli ultimi metri che la separavano dai due e si fermò. Erano entrambi in piedi, il cavallo che aveva visto prima vicino a Lucien non era più lì. Il re portava legata alla cintura una spada che aveva avvolto, fodero compreso, in delle fasce. Era una cosa strana e a cui non sapeva dare una spiegazione. Era vestito completamente di nero e indossava solo una leggera pettorina come armatura, avendo optato per degli artefatti per difendersi dai possibili attacchi magici.
“Lucien” disse lei.
“Ilia”
Non dissero più niente per un tempo che a lei parve minuti, forse delle ore. Le persone che stavano combattendo intorno a loro ridotti a un rumore di fondo. Nessuno sembrava volersi avvicinare a loro. Mossa intelligente, visto che a breve l’area circostante sarebbe diventata troppo pericolosa.
Ma nonostante Lucien avesse fatto cose orribili negli ultimi anni senza mostrare alcun segno di pentimento, Iliana non voleva lasciare nulla di intentato. Credeva ancora che, nascosto da qualche parte, sotto tutta quella rabbia, odio e rancore, ci fosse ancora il principe gentile e ottimista che aveva visto crescere.
“Lucien, ti prego, puoi ancora fermarti” lo implorò lei “Ritira le truppe e torna nel tuo regno. Posso aiutarti se solo me lo lascerai fare”
“E come? Dicendo a tutti che gli adepti hanno fatto il lavaggio del cervello anche a me?” sorrise sprezzante “Sai bene che non è così e che i tuoi amici non sono così stupidi da crederci. È inutile che provi a farmi cambiare idea, non ho intenzione di rimangiarmi niente”
Il volto di Darcel era coperto in parte dalla maschera e dal cappuccio ma era sicura che stesse sorridendo. Non sopportava quell’uomo e quello che le aveva fatto durante il suo periodo di prigionia ad Anthemis non aveva di certo contribuito a cambiare la sua opinione di lui.
Era rimasta prigioniera per un mese prima dell’arrivo di Sandir e l’uomo ne aveva approfittato per studiare la sua condizione. Non che lei mille anni prima non avesse fatto lo stesso, ma sapere che quell’uomo la aveva esaminata, l’aveva turbata parecchio. Gli unici a cui aveva rivelato i risultati degli esami che aveva svolto su se stessa erano stati Florian ed Akane, le sole persone di cui si fidava ciecamente all’epoca e mai nessun altro.
“Ora se non hai altro da dire, ho una battaglia da vincere e un frammento da recuperare” concluse Lucien.
“Allora non mi lasci altra scelta” era pronta a combattere, era inevitabile ormai.
“Speravo lo dicessi” disse Lucien e, con movimento lento e preciso, recuperò il fodero dalla sua cintura e cominciò a liberarlo dalle bende che lo avvolgevano.
Man mano che le scioglieva, un sorriso sadico si allargò sul suo volto. Voleva che lei guardasse il fodero con attenzione, lo aveva capito, ma fu solo quando poté vedere almeno in parte cosa le fasce nascondessero che capì.
No, non poteva averlo fatto. Sentì una morsa al cuore, lei quel fodero lo aveva già visto.
Era dorato, con piccole pietre turchesi intarsiate sulla parte superiore a comporre il contorno del fiore simbolo del regno di Dahlia.
Ma fu solo quando Lucien estrasse la spada che si sentì crollare la terra sotto i piedi.
Era una lama azzurrina, la cui elsa era dorata come il fodero e con la guardia decorata da sottili lamine dello stesso colore della lama.
Era la spada appartenuta al cavaliere che mille anni prima aveva viaggiato con lei e i suoi altri due compagni: Aoguard, la spada di Artorius.
“Piaciuta la sorpresa?” chiese Lucien.
“Come hai potuto?”
“Quando ho sconfitto Rafflesia e sono entrato in possesso delle loro proprietà mi sono recato a Dahlia ed è stato lì che l’ho vista, in una teca a marcire. Un vero spreco di un’arma entrata nella storia”
Doveva stare calma, quella spada era difficile da controllare. Nessuno a parte Artorius era mai riuscito a sfruttarne a pieno la forza.
Ma Lucien aveva con sé Darcel e un mago era fondamentale per utilizzare al meglio quell’arma, lei lo sapeva bene.
Fu allora che Lucien sollevò la spada in alto e rivolse lo sguardo a Darcel che, puntato il bastone oscuro verso la lama, lanciò un incantesimo.
Dei fulmini si propagarono in direzione di Lucien e colpirono Aoguard e in un attimo sparirono.
Ma la donna sapeva bene che non erano scomparsi nel nulla.
Lucien abbassò la lama, ora quasi bianca, e con un movimento preciso, fendette l’aria in direzione della maga.
L’attacco fu talmente veloce che gli occhi di Iliana non riuscirono a registrarlo. Si voltò di scatto.
A soli pochi metri di distanza da lei, alla sua destra, di tutti quelli che si erano trovati nel raggio di azione della spada, rimanevano solo i corpi bruciati da ciò che doveva essere  stato l’effetto di un potente fulmine.
La donna riportò la sua attenzione su Lucien, era sotto shock. Sentì qualcosa di bagnato scorrere sulla sua guancia. Portò una mano al volto e quando guardò le sue dita le vide macchiate di sangue.
Il giovane re era stato capace di mantenere il controllo della spada. I cavalieri di Dahlia, dopo la sconfitta dell’Oscurità, ci avevano provato in molti ma tutti ne avevano perso il controllo prima di poter scagliare il colpo, anche con incantesimi di potenza decisamente inferiore a quella che aveva visto qualche attimo prima. La maggior parte si era guadagnato brutte scottature, qualcuno aveva perso addirittura la mano. Era per questo che nessuno aveva più provato ad usarla. Invece ora Lucien era riuscito in ciò che solo Artorius era stato in grado di fare.
I ricordi la investirono come un fiume in piena. Mille anni prima, al posto di Darcel, era lei a lanciare incantesimi sulla spada, che ne assorbiva la potenza e, nelle mani di Artorius, era in grado di generare fendenti precisi e di forza addirittura maggiore dell’incantesimo stesso. La spada inoltre era composta da un materiale talmente resistente che nessun’arma era in grado di contrapporvisi.
Doveva inventarsi qualcosa e subito, lei era l’unica a conoscere a pieno le capacità di quell’arma e l’unica che aveva qualche possibilità di vincere.
Quella in cui si trovava era una delle situazioni peggiori che avesse mai dovuto affrontare, doveva ammetterlo. Non solo avrebbe dovuto affrontare il bastone oscuro, arma già da sola difficile da contrastare, ma si sarebbe trovata contro la spada che mille anni prima era sempre stata dalla sua parte.
Ripensò ai suoi vecchi compagni e ai suoi nuovi amici. Non poteva perdere, doveva farlo per loro. La ferita sulla sua guancia si era già richiusa, merito della maledizione.
“Cosa aspettate?” disse lei, pronta a combattere.
I due non se lo fecero ripetere e le si scagliarono contro.
 
Sera stava sorvolando il campo di battaglia, ma non era da sola. Assieme a lei c’erano Darman alati e spiriti del fuoco e dell’aria, arrivati con la Resistenza, tutti intenti ad attaccare i soldati nemici, ma soprattutto gli adepti. Gli artefatti che Iliana le aveva dato si erano rivelati molto utili. Grazie alla spilla, gli attacchi magici scagliati contro di lei e che non riusciva a schiavare, non riuscivano a ferirla e grazie al bracciale, che le aveva dato quando lo scontro era già iniziato, era in grado di oltrepassare le loro difese magiche, qualunque esse fossero.
Aveva sempre avuto paura degli adepti, ma ora erano loro ad avere paura di lei. Vere e proprie colonne di fiamme partivano dalle sue mani e colpivano i suoi acerrimi nemici non lasciando loro scampo. Stava attenta a non colpire i soldati della Resistenza e i Darman, e cercava anche di evitare di ferire i soldati di Anthemis che le sembravano strani, non completamente presenti.
Aveva notato come alcuni dei suoi alleati si erano avvicinati a quei particolari soldati, di come li avessero riconosciuti e avessero cercato di parlarci, farli reagire. Ma era stato tutto inutile, quelle persone non si fermavano davanti a niente o a nessuno. Continuavano a combattere anche se gravemente feriti, finché riuscivano a reggersi in piedi.
Sera si sentì prendere dalla rabbia. Sapeva che era opera degli adepti, quei mostri non avevano il minimo ritegno.
Si scagliò contro ogni mago oscuro riuscisse a vedere, avvolgendoli nelle sue fiamme. Non avrebbe avuto pietà, loro non ne avevano avuta per nessuno.
Sera era forte, era vero e proprio fuoco, pronta a giudicare coloro che avevano portato così tanto male nel loro mondo. Si sentiva invincibile.
Fu allora che vide Iliana. Era a terra, praticamente al centro del campo di battaglia, e stava cercando di rialzarsi a fatica. I suoi vestiti erano pieni di tagli e a circondare il suo corpo c’era una pozza di sangue scarlatto.
La donna stava fissando un punto preciso davanti a lei prima barcollare nuovamente e, quando Sera spostò la sua attenzione dove lei stava guardando, li vide.
Il re di Anthemis si stava avvicinando senza fretta alcuna alla sua amica, sicuro di sé, e con lui c’era anche il Gran Maestro degli adepti, Darcel, l’assassino di Florian.
Si sentì ribollire di rabbia e, senza trattenere un grido, si scagliò contro di loro.
Non avrebbe permesso a quel mostro di fare ancora del male alle persone a cui voleva bene.
Era ancora troppo lontana per riuscire a fare qualche danno e, preoccupata per la maga, riportò i suoi occhi su di lei. La vide alzare la testa, cercare di mettere a fuoco ciò che la circondava, e improvvisamente incontrò il suo sguardo. Vide gli occhi della donna sgranarsi, solo puro terrore in essi. La vide aprire bocca, stava cercando di dire qualcosa ma Sera non riuscì a capire cosa.
Ormai era abbastanza vicina per poter attaccare, a diversi metri di distanza.
Concentrò nuovamente il suo sguardo su Darcel, pronta a colpire.
Successe tutto in un istante. Per prima cosa Sera si rese conto che l’uomo la stava fissando, il suo bastone rivolto verso di lei e poi, prima che potesse fare qualcosa, sentì un dolore tremendo al fianco sinistro. Non era possibile, lei aveva la spilla che le aveva dato Iliana con sé. Sentì un rumore, come di qualcosa di metallico che si spezza, e vide la spilla cadere a pezzi verso il suolo.
Per un attimo la ragazza rimase ferma, sospesa in aria, incredula. Adesso le era chiaro cosa Iliana stesse cercando di dirle: era il suo nome. Portò una mano al fianco, il dolore sempre più forte e, senza più forze, cominciò a precipitare al suolo.
Avrebbe dovuto immaginare che il bastone oscuro fosse in grado di superare le sue difese. Avrebbe dovuto tenere d’occhio il mago e invece si era sentita talmente sicura di sé da abbassare la guardia.
Prima di cadere al suolo ripensò a quello che aveva detto dopo che Sandir si era ripreso dall’Agon.
Aveva ragione, la prossima era stata davvero lei.
 
Leon e Sandir non erano riusciti a fare molta strada. I soldati continuavano ad arrivare numerosi e per quanti ne sconfiggessero, altri ne prendevano il posto.
Erano riusciti a mettersi in una posizione rialzata, sopra uno sperone di roccia sporgente della formazione rocciosa tra le più vicine al suolo.
Da lì potevano vedere Horn, trasformato completamente in un enorme rinoceronte, caricare i soldati nemici senza lasciargli scampo.
Stavano tutti dando il meglio per riuscire a sconfiggere Anthemis, ma la stanchezza stava cominciando a farsi sentire.
I loro colpi diventavano sempre meno precisi man mano che il tempo passava mentre i loro avversari non sembravano accusare segni di stanchezza.
Leon e Sandir stavano combattendo schiena contro schiena, di modo da riuscire a proteggersi a vicenda. Si fidavano completamente l’uno dell’altro.
Sopra di loro, e per tutto il campo di battaglia, c’era un vero e proprio spettacolo di luci. Aveva un certo fascino, pensò Leon, anche se sapeva che in realtà non aveva nulla di ciò, visto che non erano altro che gli attacchi elementari scagliati dagli spiriti e le magie dei maghi.
Improvvisamente, con la coda dell’occhio, si accorse di un bagliore rosso che si stava avvicinando al suolo. Sembrava una stella cadente in pieno giorno.
Ma quando si rese conto di chi si trattava impallidì.
“Sandir” chiamò lui “guarda laggiù”
Il ragazzo fece come richiesto e sussultò “Sera! Dobbiamo andare ad aiutarla!”
Sandir provò a fare qualche passo in direzione della ragazza, decisamente lontana dalla loro posizione, ma non fece neanche in tempo a scendere dalla roccia che venne attaccato dall’ennesima ondata di soldati. Leon e Sandir li affrontarono, ma un nuovo gruppo di avversari si stava già avvicinando.
“Così non va” disse Leon frustrato. Continuava a spostare lo sguardo, dal punto in cui Sera era caduta, ai soldati in avvicinamento. Lei era a terra inerme, preda facile per gli adepti. L’uomo non aveva minimamente preso in considerazione l’ipotesi che non fosse viva, doveva esserlo.
“Maledizione!” gridò Sandir in ansia per la situazione.
“Adesso calmati. La rabbia e la frustrazione sono cattive consigliere”     
Ma la calma di Leon venne messa subito a dura prova poiché vide una donna avvicinarsi correndo a Sera. Era Serena, ed era sola e disarmata, nel bel mezzo di una battaglia.
 



Salve a tutti, qui lost in books.
La battaglia prosegue e i nostri non se la stanno cavando tanto bene.
A quanto pare Serena ha deciso di non rimanere in disparte in questo momento decisivo per la Resistenza, ma riuscirà ad aiutare Sera?    
Alla prossima!

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Capitolo 31
*** 31 ***


31
 
“Sera…” disse Iliana, la voce ridotta ad un sussurro. Lucien e Darcel avevano unito le forze e l’avevano attaccata senza sosta e, per quanto lei si fosse difesa, grazie alla potenza combinata di Aoguard e il bastone oscuro, l’avevano sopraffatta.
Anche se le sue ferite guarivano rapidamente loro non le avevano lasciato il tempo di riprendersi e, quando aveva pensato che ormai fosse tutto inutile, Sera l’aveva vista.
La ragazza si era lanciata a tutta velocità verso di lei per aiutarla.
Era stato allora che lei si era fatta prendere dal panico: aveva provato ad avvisarla, aveva provato all’ultimo momento a impedire a Darcel di farle del male, ma Lucien l’aveva fermata, bloccandola al suolo e impedendole di lanciare qualsiasi incantesimo. E così non era riuscita a proteggerla. L’aveva vista cadere a terra, a diversi metri di distanza. A causa della polvere sollevata dai soldati in battaglia non riusciva più a scorgerla, per farlo avrebbe dovuto usare una magia di levitazione ma i suoi avversari non glielo avrebbero mai permesso.
Grattò la sabbia con le dita fin quasi a chiudere la mano in un pugno “Maledizione”
“Bene, ora che ci siamo liberati della piccola intrusa, direi di continuare” disse Darcel divertito.
“Aspetta” lo fermò Lucien “non è parso anche a te che Ilia sia affezionata a quella ragazzina?”
“No!” la maga provò a liberarsi dalla stretta del re ma riuscì solo a sollevare la testa prima che lui gliela afferrasse e sbattesse violentemente sulla sabbia del deserto.
“Concordo” rispose Darcel “e, se non sbaglio, grazie alle mie fonti, si tratta dello spirito che ha viaggiato con lei”
“Lucien, verrò con te, farò tutto quello che vuoi ma non farle ancora del male. Ti prego…” implorò Iliana mentre delle lacrime cominciavano a solcarle il viso.
Il re la guardò, la disperazione evidente nella donna, e dopo qualche attimo si chinò fino a portare le labbra a pochi millimetri da un orecchio della maga “È troppo tardi. Se volevi che nessuno soffrisse a causa tua saresti dovuta tornare da me molto tempo prima”
Lucien poi guardò Darcel “Va’ da lei e, se non è già morta, finiscila. E mi raccomando, falla soffrire”
“Ma così rimarrete da solo contro Iliana…”
“Credi che da solo non sia in grado di usare Aoguard? Ho con me delle gemme spirituali. Ora va’, non perdere altro tempo”
Trattenendo a stento la rabbia, Darcel cominciò ad incamminarsi verso il punto in cui era caduta Sera. La magia di teletrasporto era fuori discussione visto che non si riusciva a vedere bene la situazione da lì e c’era la possibilità di ritrovarsi sulla traiettoria di un qualsiasi  attacco, amico o nemico. Ci avrebbe messo più tempo ma non avrebbe rischiato.
“Ora siamo solo noi due, Ilia”
Il re la osservò: le sue ferite si erano rimarginate ma per qualche motivo non si muoveva. Sembrava come se avesse perso del tutto la volontà di opporsi a lui. Ma poi la vide, la sua mano aperta stringersi in un pugno.
Si allontanò giusto in tempo per evitare la scarica elettrica che la donna aveva generato dove lui si trovava un attimo prima. Estrasse Aoguard, che aveva riposto nel fodero prima di bloccare la maga al suolo.
Iliana si alzò da terra, lo sguardo furente. Non l’aveva mai vista così. Lucien sapeva che lei avrebbe cercato di inseguire Darcel, il teletrasporto un’opzione che lui avrebbe impedito.
Con un sorriso di sfida si preparò a riprendere il combattimento contro la maga, ignara di ciò che lui aveva ancora in serbo per lei.
 
La vista continuava ad andare e venire, lo stesso per i suoni. Le ci volle del tempo per capire di essere precipitata al suolo e di trovarsi in serio pericolo. Sera cercò con tutte le forze che le rimanevano di muoversi ma, ad ogni tentativo, la ferita infertale dal bastone oscuro le faceva sempre più male. Era una lacerazione profonda, di questo passo per lei sarebbe stata la fine.
A stento riuscì a capire che delle persone la stavano guardando. Si sforzò per riuscire a capire se si trattasse di amici o nemici e, purtroppo per lei, si trattava dei secondi. Era un gruppetto di adepti che, vedendola precipitare, avevano colto l’occasione per una vittoria facile.
Sera era troppo debole anche solo per generare delle fiamme: sconfiggerli nelle sue condizioni attuali era impossibile. Si chiese perché fosse quello il suo destino: ogni volta che provava ad opporsi agli adepti era sempre lei a perdere alla fine. Questa volta si era convinta di riuscire a vincere, stava vincendo, ma come una stupida era stata incauta.
E ora non c’erano i suoi amici ad aiutarla, era la fine.
Nonostante la vista appannata si rese conto che uno degli adepti stava per scagliarle contro una magia. Cercò di concentrarsi. Avrebbe fatto tutto quello che poteva per non dargliela vinta, non si sarebbe arresa tanto facilmente.
L’adepto scagliò il suo attacco. Sera si mosse per schivare il colpo, sfidando il dolore al fianco, che si propagò lungo tutto il suo corpo.
Era riuscita ad evitare l’attacco ma non si era resa conto che un altro adepto ne aveva già scagliato un altro verso di lei.
Non riusciva più a muoversi, evitare il primo colpo la aveva già portata al limite delle sue possibilità, non sarebbe riuscita a schivare anche quello. Ripensò ai suoi genitori e a Florian, che le aveva fatto da padre quando aveva perso tutto. Non era riuscita a fermare gli adepti, non era stata brava abbastanza.
L’attacco  era sempre più vicino ma, quando ormai Sera pensava di non poter fare più niente, si infranse contro una barriera.
Sera sentì delle braccia avvolgerla in un abbraccio.
“Sera, come ti senti?” era la voce di Serena, ne era sicura.
Il sollievo provato dall’aver riconosciuto una voce amica ben presto venne sostituito dalla preoccupazione. La donna non era in grado di affrontare quei maghi, le uniche magie che era in grado di utilizzare erano quelle di guarigione e le barriere, e non era addestrata ad alcun tipo di combattimento.
La ragazza si sforzò di parlare “Serena…vattene. Lasciami qui e scappa”
“Scordatelo. Sono qui per aiutarti, non ti lascio” detto quello, Serena appoggiò una mano sul fianco ferito di Sera, sorreggendola con l’altro braccio, e una luce si sprigionò fra la mano e la ferita.
Gli adepti ovviamente non rimasero a guardare e cominciarono a bersagliare di colpi la barriera che proteggeva entrambe; nessuno accorreva ad aiutarle, troppo occupati a combattere.
Mantenere una barriera in grado di resistere a quei violenti attacchi e curare una ferita di grave entità come quella di Sera era cosa non facile. Inoltre la donna non era abituata a trattare le ferite degli spiriti, danneggiati praticamente solo da armi create apposta per sconfiggerli.
Di questo passo non sarebbe riuscita a resistere a lungo.
 
Leon non riusciva più a scorgere né Sera né Serena. Aveva visto la donna raggiungere la ragazza appena in tempo ma, quando gli adepti avevano cominciato ad attaccarle, si era alzata una nube di polvere nel punto in cui si trovavano, impedendogli di capire cosa stesse succedendo. In ogni caso sapeva che Serena non era addestrata a combattere, poteva solo difendersi. Ma per quanto poteva resistere?
Lui e Sandir erano assediati, non potevano fare nulla se non combattere. Ma le loro forze stavano lentamente diminuendo.
No, Leon non poteva arrendersi. Doveva riuscire a raggiungerle.
Il cavaliere tornò ad attaccare con nuovo vigore e determinazione.
 
I colpi degli adepti diventavano sempre più difficili da bloccare. Serena stava facendo del suo meglio ma non aveva con sé artefatti come la sfera di cristallo che utilizzava per mantenere la barriera all’accampamento; poteva contare unicamente sulle sue forze. Inoltre la ferita di Sera era molto seria: era come se i danni subiti nel punto in cui era stata colpita si stessero pian piano espandendo; doveva essere una magia oscura che lentamente avvelenava ogni parte del corpo in cui si propagava.
Aveva visto tutta la scena dalle retrovie e, andando contro agli ordini di Tyberius, che le aveva concesso di recarsi nel deserto con l’esercito a patto di restare in una zona sicura e di occuparsi solo dei feriti, era corsa subito dalla ragazza. Aveva schivato fendenti e bloccato magie con le sue barriere lungo la strada fra lei e Sera, ed era arrivata giusto in tempo. Nella foga del momento non aveva tenuto conto del fatto che non era in grado di fronteggiare degli adepti, aveva solo pensato ad aiutare la giovane.
Le sue forze si stavano consumando velocemente e la sua barriera stava diventando sempre più debole, ma la ferita di Sera era ciò che la preoccupava di più. Se fosse arrivata solo pochi minuti più tardi, anche senza l’intervento degli adepti, lei sarebbe morta.
Era questo allora ciò che potevano fare i maghi oscuri con le giuste armi e la totale assenza di una coscienza.
Sera sussultò. Continuava a svenire e rinvenire a causa del forte dolore. Serena era riuscita a bloccare l’avanzamento dell’incantesimo, stabilizzandola, ma non era ancora riuscita a capire come annullarne gli effetti.
Un colpo particolarmente violento si infranse sulla sua barriera, facendole quasi perdere il controllo. Doveva resistere, non poteva arrendersi.
“Serena”, Sera, nonostante il suo stato, si era accorta delle pericolosità crescente della loro situazione “Ti prego, lasciami qui e mettiti in salvo”
“Te l’ho già detto. Non ti lascio”
“Non posso muovermi, è tutto inutile…” gli occhi di Sera si chiusero nuovamente.
“Non arrenderti!” le intimò Serena, ma non riuscì a dirle nient’altro. Gli adepti avevano unito le forze e concentrato i loro attacchi in un unico e violento colpo. La barriera, che le aveva protette fino a quel momento, compreso l’ultimo potente attacco, svanì, lasciandole senza difese.
“È la fine per voi” disse uno dei maghi oscuri, pronto a scagliare il colpo di grazia.
L’uomo sollevò il braccio, Serena chiuse gli occhi e strinse Sera a sé, facendole scudo con il suo corpo.
Ma l’attacco non arrivò, invece la donna avvertì un rumore, sembrava quello di una freccia che fendeva l’aria. Aprì gli occhi solo quando sentì il grido di dolore proveniente dalla direzione in cui si trovavano gli adepti.
Era stato l’uomo che stava per ucciderle a gridare; c’era una freccia ora conficcata nella sua  mano.
“La pagherete per questo” disse il mago fissando un punto dietro di lei.
Serena si voltò e, a breve distanza, vide Tullio, armato di arco, ancora in posizione di tiro. Accanto a lui c’era Emil.
“Sarete voi invece a pagarla cara per aver fatto del male alla principessa. Per vostra sfortuna vi siete messi contro gli straordinari Caio, Tullio ed Emil” disse una voce molto vicina alla donna. Alla sua sinistra era infatti comparso come dal nulla il maggiore dei tre fratelli, Caio, la spada sguainata.
“Inoltre dobbiamo farci perdonare anche dalla ragazzina per il nostro comportamento nelle terre degli spiriti” aggiunse.
Sera aveva riaperto gli occhi e, capito chi era accorso in suo aiuto, rimase incredula “Il trio degli idioti?” dalla sua espressione si vedeva che era confusa, non capiva come fossero arrivati lì, ma di una cosa era certa. Non erano in grado di sconfiggere i loro avversari.
I due fratelli minori raggiunsero il maggiore e si prepararono a combattere. Tullio ripose l’arco e optò per una lancia, Emil estrasse un pugnale.
“No” disse Sera “Non mi dovete niente. Andatevene!” una fitta non le permise di dire altro. Ora non solo aveva messo in pericolo Serena ma anche chi meno si sarebbe aspettata di reincontrare sul campo di battaglia. Era abbastanza vicina da poter notare che le gambe di Caio stavano tremando: aveva paura, ma non si sarebbe tirato indietro.
Caio si lanciò all’attacco per primo e gli adepti non persero altro tempo. Per loro i tre nuovi arrivati erano soltanto delle mosche fastidiose. Per il totale stupore di Sera, Caio schivò tutti gli attacchi a lui indirizzati: sembrava un altro rispetto al brigante impavido solo a parole che aveva incontrato mesi prima. Anche Tullio ed Emil se la stavano cavando bene. Il maggiore dei tre fratelli riuscì a raggiungere un adepto, ma quello attivò una barriera proprio quando stava per essere colpito. La spada di Caio, urtando la barriera, sfuggì dalle sue mani.
“Fratello!” urlò Tullio “Attento!”
L’adepto che Caio aveva attaccato infatti aveva un sorriso maligno stampato sul volto e una mano rivolta verso l’uomo ora disarmato.
Tullio ed Emil erano impegnati a fronteggiare i colpi degli altri maghi e Serena era troppo stanca per erigere una barriera attorno a Caio. Sera sollevò una mano, implorando il suo corpo di obbedirle, ma non riuscì a generare nessuna fiamma. Nessuno poteva fare niente per aiutarlo.
La mano dell’adepto era ormai a pochi centimetri dalla testa di Caio, delle scariche elettriche sul suo palmo, quando un coltello fendette l’aria e si conficcò sulla fronte del mago, che cadde a terra morto sul colpo.
“Dovresti vergognarti, Caio. Ti sei fatto mettere subito i piedi in testa. Eppure hai avuto me come insegnante” a pochi passi da dove si trovavano Sera e Serena era comparsa una donna che la ragazza non aveva mai visto. Aveva i capelli rossi legati in una treccia e una benda a coprire l’occhio sinistro.
“Lavi!” Serena tirò un sospiro di sollievo.
Sera, udendo quel nome, pensò di averlo già sentito da qualche parte e poi ricordò: era il nome della donna che aveva quasi ucciso Leon. Ma perché allora Serena sembrava così felice di vederla? E come faceva a conoscerla?
Anche gli adepti parvero capire chi fosse.
“Tu, dovresti essere morta. E invece hai tradito il re” si infuriò uno dei maghi.
La nuova arrivata non parve per nulla impensierita dal tono di voce minaccioso del mago “Non avete ancora capito come funzionano i mercenari? Faccio quello che mi pare”
“Allora morirai qui” disse una voce femminile fra gli adepti.
Lavi sorrise ferina alla minaccia e poi si rivolse ai tre fratelli “Voi proteggete la principessa e la ragazzina. A loro ci penso io”
I tre retrocedettero mentre Lavi si assicurava che nessuno degli adepti tentasse di colpirli a tradimento.
“Ma sono troppi, lascia che ti aiutiamo” la pregò Tullio.
“No, so che vorreste rifarvi per essere finiti in prigione a causa di gente come loro, ma sono troppo per voi”
Caio strinse i denti, ammettere di essere ancora inferiore agli adepti nonostante si fosse messo d’impegno per diventare più forte non era cosa facile da digerire, ma aveva imparato che Lavi sapeva quello che diceva, quindi le obbedì, seppur a malincuore.
“Coraggio, fratelli” disse il maggiore “In posizione!”
I tre si misero davanti a Serena e a Sera, ponendosi fra le due ragazze e i maghi oscuri.
“Sono tutti tuoi” aggiunse Caio, rivolgendosi a Lavi, fra loro e gli adepti.
 
Non contando quello che aveva già eliminato, Lavi avrebbe dovuto affrontare altri dieci adepti. Non aveva artefatti per aiutarla ma questo non era un problema, ciò che la preoccupava era  doversi assicurare che i suoi alleati non venissero colpiti.
Era vero che si era occupata di allenare i tre fratelli non più briganti, ma sapeva anche che non avevano le capacità per fronteggiare le magie di un mago, potevano solo schivarle, esponendo le due ragazze al pericolo, o potevano subire il colpo per proteggerle. Uno scudo non sarebbe stato sufficiente, non contando che loro erano partiti subito all’inseguimento della principessa senza armarsi a dovere.
Ma c’era un motivo se gli aveva chiesto di proteggere le due ragazze. Era perché così lei avrebbe potuto schermare tutti e cinque con il minimo sforzo.
L’assurdità di quella situazione era quasi comica: lei, che per anni aveva combattuto solo per se stessa, ora avrebbe protetto delle persone. Chi l’avrebbe mai detto, lei no di certo.
Gli adepti avrebbero sicuramente giocato sporco, non ne dubitava. Se lei li avesse attaccati, non sarebbe riuscita a finire tutti e dieci i suoi avversari in tempo, almeno uno di loro ne avrebbe approfittato per attaccare le cinque persone che doveva proteggere.
Lavi si grattò la testa e sospirò. Non aveva altra scelta, avrebbe dovuto combattere seriamente, non come aveva fatto sul monte Everfrost, dove aveva fatto credere di essersi messa a combattere usando tutto ciò che aveva nel suo arsenale. In realtà erano anni che non si lasciava completamente andare per sua scelta.
La rossa portò le mani sulla benda che portava all’occhio sinistro.
“Lavi” la chiamò Serena. A tutti gli altri poteva sembrare preoccupazione per il combattimento imminente quella nella sua voce, ma Lavi sapeva che invece la donna era preoccupata per lei e quello che stava per fare.
“Mi sta bene, non preoccuparti” le rispose sbrigativamente senza voltarsi.
Con movimento rapido e preciso Lavi si tolse la benda che cadde al suolo, ciò che prima copriva ora alla luce del sole. Gli adepti sussultarono.
Lavi sorrise “Mai abbassare la guardia con me” e, con velocità decisamente fuori dal normale, si scagliò su di loro.
 
“Razza di mostro!”
Sera sentì urlare un adepto. Dopo che Serena era riuscita a stabilizzarla, la sua vista si era un po’ ripresa. Non aveva una visuale perfetta dello scontro a causa dei tre fratelli davanti a lei ma da quello che poteva vedere, quella donna sapeva il fatto suo.
Schivava i colpi dei maghi con estrema facilità e ne aveva già eliminati due utilizzando una daga, non lasciandogli nemmeno il tempo necessario ad erigere una barriera. Era molto veloce e precisa. Leon e Sandir avevano dovuto affrontarla in passato, solo adesso capiva come mai se la fossero vista tanto brutta.
“Dì addio ai tuoi amichetti!” gridò una voce a lei sconosciuta. Sera cercò di voltarsi in direzione della voce. Un adepto stava per scagliare un incantesimo verso di loro. Vide Lavi raggiungere rapidamente l’uomo, la sua daga trafiggerlo al cuore, e il sorriso dell’uomo prima che la morte lo prendesse.
Era riuscito a lanciare l’incantesimo e per quanto quella donna fosse veloce, non era stato  abbastanza. I tre fratelli si prepararono all’impatto ma non c’era molto che potessero fare.
Poi accadde qualcosa di impossibile. Prima che l’incantesimo potesse colpirli, uno spesso muro di ghiaccio si sollevò da terra. L’incantesimo colpì e il muro di ghiaccio resse il colpo.
“Ma che…!” sbraitò Caio incredulo.
“È arrivato un mago della Torre in nostro aiuto?” si domandò Tullio.
“No” fu la risposta secca di Serena, che mandò ancora più in confusione i due.
L’unico che non aveva fatto commenti era stato il più giovane dei tre, che continuava a guardare dritto davanti a sé, dove ora c’era solo ghiaccio.
Sera lo vide allungare la mano libera fino a sfiorare con la punta delle dita la fredda superficie per poi riportarla lungo il fianco stretta a pugno.
Il ragazzo poi si voltò verso Serena. La guardava come se avesse capito qualcosa, una cosa che doveva già essere a conoscenza della donna, e cercasse una conferma.
Sera vide la donna annuire e capì che il ragazzo aveva visto la stessa cosa che aveva visto anche lei e che agli altri due era sfuggita; allora non era stata un’allucinazione dovuta alla ferita.
Prima che il muro di ghiaccio le impedisse di vedere oltre il combattimento, l’aveva vista, Lavi, poggiare a denti stretti una mano al suolo. Era stata lei a salvarli con quel ghiaccio, ma non era quello che l’aveva veramente stupita, quanto piuttosto ciò che aveva visto sul suo volto all’ultimo istante, prima che il ghiaccio li proteggesse.
L’occhio sinistro della donna era completamente blu, come quelli di uno spirito dell’acqua.
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Serena è arrivata giusto in tempo per aiutare Sera e per fortuna i rinforzi sono arrivati poco dopo di lei.
Caio, dopo aver passato del tempo con la Resistenza, ha cambiato atteggiamento e si è reso conto del suo comportamento assurdo quando voleva arrivare ad Idyll ad ogni costo alla ricerca di ricchezze, causando problemi a Sera prima che lei incontrasse i suoi compagni di viaggio, e attendeva l’occasione per riuscire a scusarsi in qualche modo.
Lavi si è tolta la benda dall’occhio sinistro. Occhio che nascondeva per validi motivi…
Alla prossima!
 
 

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Capitolo 32
*** 32 ***


32
 
Lavi tirò un sospiro di sollievo quando sentì il rumore dell’incantesimo, scagliato dall’adepto che aveva appena ucciso, scontrarsi contro il muro di ghiaccio che aveva eretto.
“Che cosa sei?” gridò nel panico uno degli adepti “Uno spirito? Un’umana? Cosa?”
Lavi si risollevò da terra e si rivolse al mago con un ghigno sul volto “Nessuno dei due”
Con uno scatto fulmineo si portò alle spalle dell’uomo, che ebbe a malapena il tempo di rendersi conto di quello che stava per succedergli, e gli tagliò la gola.
Gli adepti rimasti erano furiosi ma, dal modo in cui la guardavano, Lavi aveva capito che non c’era solo rabbia in loro, ma anche paura.
“Coraggio, fatevi sotto. Chi è il prossimo?” li istigò.
“Maledetta!” urlò una donna che lanciò subito una magia contro di lei. Lavi non ebbe alcuna difficoltà a schivarla, i suoi movimenti erano fluidi, come l’acqua, e i suoi colpi precisi e letali. La donna che aveva provato a colpirla cadde a terra, un coltello da lancio, l’ultimo che la rossa aveva, conficcato all’altezza del cuore.
Ne rimanevano altri cinque.
I suoi nemici, avendo capito di essere di fronte ad un’avversaria ostica, decisero di fare fronte comune e di aiutarsi a vicenda, ma nonostante tutto, lei era troppo veloce, troppo forte e, senza apparente sforzo, era in grado di generare cristalli di ghiaccio a piacimento per attaccarli a distanza. Era tutto inutile.
Ora ne rimanevano soltanto due.
Preso dal panico, uno dei due ancora in vita cercò di scappare ma Lavi, accortasi di ciò, batté il tacco dello stivale a terra. Una scia di ghiaccio si avvicinò rapidamente all’uomo e, una volta raggiunto, lo racchiuse in una morsa ghiacciata, solo la testa libera da essa.
Lavi si avvicinò camminando lentamente, noncurante dell’unico altro avversario ancora libero di muoversi.
“Ti prego, non farlo. Mi arrendo alla Resistenza”
La rossa sollevò la sua daga, stava per colpirlo ma, quando ormai era a solo qualche millimetro dalla sua gola, si fermò.
La vecchia Lavi non avrebbe esitato, lo avrebbe ucciso senza farsi alcun problema, ma l’ultimo periodo passato con Serena, i fratelli Jarrell e la Resistenza l’aveva cambiata.
Abbassò la sua arma, decisa a risparmiarlo, quando vide il volto spaventato dell’uomo tramutarsi in un ghigno vittorioso.
Fu allora che Lavi sentì un dolore alla spalla destra, qualcosa si era attaccato alla sua pelle.
Si voltò e vide l’altro superstite con un braccio teso; era stato lui a colpirla.
Si guardò la spalla e vide una specie di ragno meccanico. Aveva strappato la camicia che portava attaccandosi alla sua carne, tingendola del suo sangue.
“Non so cosa sei esattamente ma visto che il tuo occhio sinistro è come quello di uno spirito ora non dovresti più essere in grado di muoverti. È fatto apposta per metterli fuori gioco”
Lavi era immobile, si fissava la spalla colpita.
L’adepto sorrise, preparandosi a scagliare un attacco abbastanza potente da eliminare la sua avversaria, quando lei scoppiò a ridere.
“Ti è andato di volta il cervello per caso?” la risata senza freno della donna stava facendo innervosire sempre di più l’adepto.
“Si può sapere cosa hai da ridere?” chiese quello ancora incastonato nel ghiaccio.
La risata di Lavi si fermò di colpo e, per lo stupore dell’uomo, lei mosse il braccio in cui stava stringendo la daga, lo stesso su cui era conficcato il ragno meccanico, e gli trapassò la gola.
La donna si voltò verso l’ultimo rimasto.
“Che cosa?!”
“Allora non mi hai proprio ascoltata prima” cominciò a camminare verso il mago, che prese ad arretrare, fino a che la sua schiena non incontrò qualcosa di freddo, il muro di ghiaccio che lei aveva eretto prima.
“Questi cosi non hanno effetto su di me” detto quello Lavi, utilizzando la daga, staccò il ragno dalla sua spalla senza battere ciglio.
“Come è possibile? Che cosa sei!” Lavi era ormai di fronte all’uomo che non aveva più modo di scappare, come un predatore che ha messo all’angolo la preda.
“L’impossibile” gli rispose lei, prima di trapassare il suo corpo con la lama.
 
Il ghiaccio che li aveva protetti fino a quel momento cominciò ad evaporare, rivelando l’esito dello scontro.
Gli adepti che li avevano attaccati erano tutti morti, solo Lavi era rimasta in piedi ed ora si trovava proprio davanti a loro, un braccio teso a toccare ciò che rimaneva del muro di ghiaccio. Era lei che lo stava dissolvendo.
Una volta che il ghiaccio fu completamente sparito, Serena poté osservare bene colei che li aveva protetti.
“Lavi, sei ferita!” la donna si era subito accorta del sangue sulla camicia di Lavi all’altezza della spalla.
“Non è niente” rispose la rossa spostando il lembo strappato per mostrarle la pelle martoriata “non sta già più sanguinando”
Serena si sentì sollevata “Dimenticavo che guarisci più in fretta del normale”
Lavi le sorrise ma ben presto la voce di Caio catturò la sua attenzione.
“Ma che razza di occhio è quello? Non è umano… aspetta, credevo fossi umana. Sei umana, vero?” il maggiore la guardava come se lei gli avesse appena detto che tutte le certezze che aveva nella vita fossero menzogne. Anche Tullio la stava guardando cercando di non far trapelare troppo lo stupore; l’unico dei tre che non la stava osservando come se le fosse spuntata un’altra testa era Emil.
La rossa si grattò la testa “Ora non c’è tempo per le spiegazioni, dobbiamo andarcene da qui” e, con sguardo dubbioso, aggiunse “e poi dubito che Caio sia in grado di capire in ogni caso”
“Ehi!” disse il preso in causa; Serena e gli altri due fratelli riuscirono a stento a trattenere il sorriso.
Lavi li guardò sollevata. Erano tutti sani e salvi, persino la ragazza spirito sembrava stare meglio. Serena era un bravo medico, aveva avuto modo di appurarlo lei stessa.
“Sera, come ti senti? Riesci a muoverti?” chiese Serena.
“Fa ancora male ma posso sopportare il dolore senza svenire” rispose la giovane, poi i suoi occhi rossi incontrarono quelli di due colori diversi di Lavi.
A differenza di Caio e Tullio, lei aveva capito quello che la donna era veramente, anche se era evidente che la cosa aveva stupito anche lei.
“Forza, andiamocene” ribadì Lavi. Erano ancora in un campo di battaglia in fondo, non proprio il posto migliore dove fermarsi.
Emil si avvicinò a Serena per aiutarla a sorreggere Sera ma quando tornò a guardare nella direzione in cui si trovava Lavi, i suoi occhi si sgranarono.
La rossa, vedendo l’espressione del ragazzo, si voltò e i suoi occhi incontrarono un uomo incappucciato, sorretto da un bastone e con metà del suo volto coperto da una maschera.
“Darcel” disse lei.
Il nuovo arrivato stava guardando a terra, dove si trovava abbandonata la benda che Lavi portava di solito sull’occhio sinistro.
“Dovevo capirlo subito. Avevo qualche sospetto quando ti ho vista per la prima volta al castello ma ora ne ho la certezza. Tu sei la figlia della traditrice. Era così ovvio, le assomigli pure”
“Che cosa…” era stata Serena a parlare, la sua voce così bassa che anche Lavi, piuttosto vicina a lei, fece fatica a sentirla.
Lavi non poteva voltarsi per vedere la reazione alle parole del Gran Maestro sul volto di coloro che ormai aveva cominciato a considerare degli amici, sarebbe stato troppo imprudente, ma sapeva che ora, non solo i tre fratelli, ma anche Serena, le avrebbero chiesto delle spiegazioni.
In quel momento aveva altro a cui pensare, come trovare il modo di farli allontanare da lì.
“Lo sai, tua madre mi ha fatto un favore quando è scappata facendo evadere quello spirito dell’acqua.
Suo padre, il mio predecessore, era così infuriato dalla sua fuga e ossessionato dall’idea di fargliela pagare per l’affronto subito che per me è stato più facile del previsto convincere il resto degli adepti a spodestarlo”
“È per questo che hanno smesso di darmi la caccia all’improvviso, allora”
“Esatto. Diciamo che non eri la mia priorità, ma visto che sei qui, ora ne approfitterò per catturarti. Sei la sola mezzosangue, figlia di un umana e uno spirito, mai vissuta, in fondo. Sei unica nel tuo genere, non vedo l’ora di studiarti”
“Aspetta, umani e spiriti non possono avere figli…” era stato Caio a parlare, apparentemente sempre più confuso, dal tono che aveva la sua voce.
“Non è il momento per le spiegazioni!” disse secca Lavi, sempre senza staccare gli occhi da Darcel “Dovete andarvene da qui”
“Mi dispiace contraddirti, ma ho un conto in sospeso con quella ragazzina” si intromise il mago.
“Dov’è Iliana? Che cosa le hai fatto?” disse Sera con il poco di voce che aveva.
“Non preoccuparti per lei. È in compagnia del mio signore”
“Siete dei mostri! Che cosa volete da lei?” Sera provò ad alzarsi, voleva attaccarlo, ma ricadde subito fra le braccia di Serena.
Darcel rimase in silenzio. Sembrò ponderare l’idea di rispondere alla domanda, in fondo non gli costava nulla.
Nessuno si muoveva, tutti aspettavano di vedere chi avrebbe agito per primo, quando Darcel finalmente parlò, la voce flebile a causa della sua salute.
“Siamo entrambi interessati a lei, ma i nostri motivi sono differenti. Quella del mio signore non penso si possa definire in altro modo se non ossessione, almeno per quanto ho potuto vedere. Mentre nel mio caso si è sempre trattato di sete di conoscenza. Volevo capire che cosa nascondeva la sua condizione, capirne a fondo la causa”
Il mago strinse con più forza il bastone oscuro “Sapete, ho sempre visto quello che Iliana definisce una maledizione come un dono. Essere immortale, sopravvivere a qualsiasi cosa, avere tutto il tempo di questo mondo per fare quello che vuole.
Pensate che quando ero solo un bambino lei era per me fonte di ispirazione, volevo diventare un grande mago come lei. L’unica cosa che la mia mente non riusciva a comprendere era proprio il suo modo di vedere il potere straordinario che aveva ottenuto.
Così, con il passare degli anni, ho cominciato a pensare che se lei non riusciva ad apprezzare quel dono, forse ci sarei riuscito io.
Una volta diventato Gran Maestro degli adepti ho tentato e ritentato di catturarla ma ho sempre fallito, fino a che non ho iniziato a lavorare con il mio attuale sire”
L’uomo fece una pausa, la mano che stringeva il bastone ora tremante, ma non per la paura. Quella che pervadeva il suo corpo non era altro che eccitazione.
“È stato solo quando ho potuto studiarla che ho capito il motivo del suo astio nei confronti della sua situazione”
“Che cosa vuoi dire?” chiese Sera, la sua attenzione completamente catturata dal racconto.
“Vedo che ti ho incuriosita, ragazzina” disse Darcel “Allora considera le mie prossime parole un mio dono di addio prima che ti tolga la vita”
La fronte di Sera si aggrottò per la rabbia, il Gran Maestro oscuro era per lei una presenza insopportabile.
L’uomo mosse le labbra, le sue voce flebile fra le tante grida in quel luogo di morte e violenza, ma quando le sue parole finalmente la raggiunsero, il suo volto corrucciato non poté far altro che sgranarsi per ciò che aveva udito.
 
La terra tremò nel punto dove fino a qualche secondo prima si trovava Iliana. Il fendente, caricato dalla magia dell’aria di una gemma spirituale in possesso di Lucien, aveva crepato il terreno e sollevato polvere tutto intorno.
“Non puoi schivare i miei colpi per sempre. Arrenditi e basta!” urlò il re.
Nascosta dalla cortina di sabbia sollevata dall’ultimo attacco, Iliana sapeva che Lucien aveva ragione. Prima o poi avrebbe fatto un passo falso e sarebbe stata colpita e questa volta non le avrebbe dato tempo per riprendersi. Non poteva neanche attaccarlo con la magia finché stringeva Aoguard nelle sue mani, in grado di assorbire l’energia delle magie lanciate su di essa e usarle a proprio vantaggio.
Doveva trovare un modo per togliere la spada dalle sue mani, e in fretta.
Ben presto capì che in quel momento le rimaneva solo un modo di combattere.
Tirò fuori dallo stivale il pugnale che portava sempre con sé. Era suo dal tempo in cui aveva intrapreso il suo primo viaggio per recuperare i frammenti. L’unico motivo per cui non lo aveva perso quando era stata catturata e messa in prigione ad Anthemis era perché, un attimo prima di perdere conoscenza al momento della cattura, aveva usato la magia per trasportarlo in un luogo sicuro. Quando era scappata con Sandir e aveva raggiunto la Resistenza guidata da Leon, una volta da sola, l’aveva fatto riapparire fra le sue mani. Non avrebbe lasciato prendere a nessuno quell’oggetto così importante per lei. Era con quello che aveva imparato a combattere senza usare la magia ed era un regalo di una persona molto importante per lei, la più importante. E quel giorno, la chiave per la riuscita del suo piano.
La polvere stava svanendo e Lucien e Iliana furono di nuovo in grado di vedere chiaramente ciò che stava intorno a loro.
Il re aveva già tirato fuori un’altra gemma spirituale e ne stava drenando l’energia nella spada. Della gemma ben presto non rimase niente.
“Lucien!” gridò la maga, attirando l’attenzione dell’interessato “te lo chiedo un’ultima volta. Ritira i tuoi uomini e farò tutto ciò che posso per rimettere a posto le cose. Ti aiuterò…”
“Smettila, lo sai anche tu che non è possibile. La notte in cui te ne sei andata era già troppo tardi”
C’era dolore oltre alla rabbia negli occhi del giovane re; a quella vista per Iliana fu come se una mano invisibile le stesse stringendo il cuore.
“Dovevo andarmene. Ma non potevo sapere che quel giorno sarebbe anche giunta la notizia della morte di tuo padre. Se lo avessi saputo…”
“Cosa? Saresti restata? E per quanto? Alla fine mi avresti lasciato solo comunque”
“Lucien…”
“Non hai idea di cosa ho provato quel giorno” la interruppe lui, la voce carica di risentimento “Non solo ho perso mio padre, ma anche la persona a cui tenevo di più al mondo. E lo vuoi sapere qual è la cosa più triste…sei ancora la persona a me più cara” i suoi occhi si addolcirono per un istante e, mettendo una mano su una tasca, ne tirò fuori un oggetto. Una volta rivolto il palmo della mano aperta davanti a lei, Iliana si rese conto che non era altro che la forcina che Lucien le aveva regalato anni prima, ancora in perfette condizioni “Anche se ci ho provato più e più volte in questi anni, non sono mai riuscito a liberarmene”
Prima che la maga potesse fare o dire qualsiasi cosa, la mano del re si strinse sull’oggetto che fu presto rimesso al suo posto, gli occhi di Lucien erano di nuovo pieni di rancore “Per me è diventato un promemoria. Ogni volta che lo guardo ripenso a quel giorno in cui te ne sei andata e il solo pensare a quel momento fa male come la prima volta” la mano con cui teneva la spada si strinse intorno all’elsa con più forza “e per farti capire quello che ho provato io, ucciderò tutti i tuoi amici, uno ad uno, fino a che non rimarrai da sola. Mi sembra equo, non trovi?”
“Mi dispiace” fu ciò che uscì dalle labbra della donna.
“Come?” fra tutte le reazioni che il giovane re si aspettava in quel momento, quella non era decisamente ciò che si immaginava.
“Se avessi fatto più attenzione, se fossi stata una persona migliore, tutto questo non sarebbe successo”
“Tutto quello che ho fatto, lo avrei fatto comunque, non capisci? Se non fosse stata Rafflesia, sarebbe stato un altro regno a cospirare contro il mio. Qualcun altro avrebbe cercato di farti del male…”
“Me ne sarei dovuta andare prima ancora”
“Non sarebbe cambiato niente!” la rabbia che il re provava sembrò dissiparsi per essere sostituita dalla rassegnazione “Non ti è ancora chiaro? Niente. Tutto quello che ho fatto era inevitabile. Tutto quello che ho fatto era per te, per proteggerti”
“No” Iliana scosse la testa, le lacrime sul punto di cadere “Non è così”
“È così invece. Lo sai bene anche tu perché sei la persona che mi conosce meglio di tutte e lo stesso vale per me nei tuoi confronti. Ilia, io ti…”
“Basta!” la voce della donna coprì il resto delle sue parole “Smettila” ma Lucien non volle ascoltarla, voleva che lei sapesse quello che provava uscire dalle sue labbra.
“Lo ho sempre fatto. Dal primo giorno in cui ci siamo incontrati, anche se ancora non me ne rendevo conto”
La maga rimase completamente immobile, solo le lacrime a scorrerle sul viso. Lucien mosse un passo verso di lei ma non fece niente per attaccarla, tutt’altro, le tese una mano.
“Adesso sono io che voglio chiedertelo per l’ultima volta. Ilia, vieni con me, torna ad Anthemis. Devi fidarti di me, so quello che sto facendo”
Iliana aveva sentito quello che aveva da dirle ma le parole in risposta non sembravano voler uscire dalla sua bocca. Nella sua mente c’era un unico pensiero: è tutta colpa mia.
Se non avesse accettato l’incarico offertole dal padre di Lucien, se non si fosse affezionata a lui e lui a lei, se avesse svolto il suo incarico con più attenzione…ormai era troppo tardi per cambiare le cose, le loro idee, scelte e azioni troppo diverse.
“Lo sai che non posso farlo” la sua voce usciva a fatica, ogni parola le faceva male, ferirlo gli faceva male, perché, nonostante tutto, teneva a lui.
“Come hai già detto, ti conosco troppo bene per non pensare che tu non abbia un piano diverso da quello dei tuoi alleati, ma io non posso farne parte. Tengo molto a te ma quello che provo non è lo stesso che tu provi nei miei confronti”
“Non mi lasci altra scelta allora” con un’espressione sconfitta in volto, Lucien si preparò ad attaccarla “non ti permetterò di andartene di nuovo, che tu lo voglia o no, anche se dovrò farti del male”
La donna si asciugò velocemente gli occhi e, decisa a fermare il suo vecchio allievo, disse “Non mi aspettavo nient’altro”
 
Senza perdere tempo, Lucien fendette l’aria con la spada, in direzione della maga. Il colpo aveva alzato di nuovo la sabbia, ma non abbastanza da nascondere la donna, che aveva evitato il fendente e stava correndo verso di lui a tutta velocità. Non aveva usato tutta l’energia contenuta nell’arma in quel colpo e così squarciò nuovamente l’aria, ma Iliana sembrava riuscire a schivare ogni attacco che lanciava. Era determinata a vincere tanto quanto lui.
La sabbia sollevata dai colpi ben presto rese impossibile vedere, e non poteva affidarsi all’udito con tutto il frastuono della battaglia intorno a lui.
Pensò di fendere l’aria verso l’alto con la spada per allontanare le sabbia ma non ebbe il tempo di mettere in pratica la sua idea. Aveva percepito la sua presenza all’ultimo istante ma per quanto i suoi riflessi fossero buoni, lei era troppo vicina per riuscire a schivare il pugnale che stringeva saldamente in mano.
 
Come sperava, Lucien aveva sollevato un gran polverone. Si era impegnata per riuscire a  schiavare i suoi attacchi, il suo piano dipendeva da quello. Conoscere il suo modo di combattere, visti gli anni trascorsi in sua compagnia, la aiutò parecchio. Ora che la sabbia nascondeva la sua posizione, doveva approfittarne. Lo localizzò con la magia e, tirato fuori il suo pugnale dalla manica in cui lo aveva nascosto prima, si lanciò all’attacco.
Gli fu presto chiaro dall’espressione stupita di Lucien che non sarebbe riuscito a schivare, lo aveva in pugno.
Stava per colpirlo quando la sua mente fu invasa dai ricordi: quando si erano conosciuti, il tempo che avevano trascorso insieme…
Le sarebbe bastato colpirlo in un punto vitale e quella stupida guerra avrebbe avuto fine. Ma non sarebbe mai riuscita a fare una cosa del genere, non l’avrebbe mai preso in considerazione. Puntò il pugnale verso la mano con cui Lucien stringeva la spada e colpì.
La sua lama incontrò la mano di lui, che mollò la presa sull’arma. Ci era riuscita, ora poteva usare la magia per attaccare. Lo guardò, ma invece di incontrare una faccia sorpresa, lo vide sorridere.
Lucien, incurante del dolore che si sarebbe procurato, afferrò la lama del pugnale e la strinse in un pugno, ferendosi, e con l’altra mano le afferrò il polso della mano libera.
Un dolore acuto si propagò dal suo polso espandendosi velocemente lungo tutto il braccio e poi sul resto del suo corpo.
La maga perse la presa sull’impugnatura e fu solo grazie alla forza che Lucien esercitava sul suo polso se lei non piombò a terra. Il re lasciò cadere il pugnale con un tonfo sulla sabbia e poi lasciò andare anche lei. Le gambe le cedettero e si ritrovò subito sdraiata a terra.
Ancora dolorante, mosse la testa per vedere bene la mano che le aveva stretto il polso: non c’era niente di strano. Lucien non aveva usato un artefatto o qualche altra cosa per ferirla. Quella specie di scossa che aveva pervaso il suo corpo proveniva direttamente dal semplice tocco della mano di Lucien.
La cosa ancora più strana era che lei aveva già provato una sensazione simile in passato e il particolare tipo di energia che aveva percepito nel re aveva qualcosa di familiare.
Mentre lei stava cercando di capire cosa fosse successo, Lucien ne approfittò per guardarla dall’alto in basso, un ghigno vittorioso sul volto.
“Ilia, pensavi davvero che ti avrei lasciato vincere tanto facilmente?” si passò la mano coperta di sangue su una manica e poi la rivolse verso la donna, che sussultò nel vederla guarita completamente. Non rimaneva niente della ferita.
Vedendo lo shock dipinto sul viso della maga, lui scoppiò a ridere “Questo non te lo saresti mai aspettato”
“Come è possibile?” biascicò lei.
“Vuoi sapere come riesco a guarire in fretta come te?”
In cuor suo Iliana aveva un’idea di cosa Lucien avesse fatto ma non voleva contemplare una cosa del genere, perché se lui le avesse dato ragione, allora aveva fatto una cosa davvero irresponsabile, della cui pericolosità si potevano rendere conto solamente lei ed i suoi vecchi compagni.
“Lo sai, è tutto merito tuo se Darcel è riuscito a farmi ottenere questa forza. Ci stavamo lavorando da anni ma è stato solo grazie allo studio della tua particolare condizione se ha funzionato”
A quelle parole, Iliana si morse il labbro inferiore con forza per il nervosismo. Quando era stata catturata, Darcel doveva aver capito cosa le era successo, come temeva, e doveva aver anche rivelato a Lucien l’origine della sua maledizione, non poteva essere altrimenti.
“Quando Darcel mi ha detto cosa ha scoperto, ho finalmente capito perché non riesci ad accettare ciò che ti è successo. Dopo tutto quello che hai fatto per fermare l’Oscurità, sapere che una piccola parte di essa dimora nel tuo corpo dev’essere stato un colpo tremendo”
 
“Non è vero, non ti credo” disse Sera.
“Credermi o no è una scelta tua, morirai comunque” sogghignò Darcel. Poi puntò il bastone oscuro e lanciò un incantesimo verso la ragazza e i suoi alleati.
Un rumore assordante si propagò tutt’intorno. Un muro di ghiaccio molto spesso aveva fermato l’attacco, anche se per un pelo.
“Sei veramente forte, nemmeno uno spirito nel pieno delle forze sarebbe riuscito a bloccarlo” commentò il mago, impressionato.
“Beh, sono una ragazza piena di sorprese” gli rispose Lavi per poi rivolgersi ai suoi “Che aspettate? Andatevene mentre lo tengo occupato”
La rossa sperò che nessuno avesse colto la fatica nella sua voce ma non fu così fortunata. “Lascia che ti aiuti. È troppo forte” disse Serena preoccupata.
“No, tu devi pensare alla piccoletta. Lui è mio” senza che lei lo volesse, un sorriso ferino le increspò le labbra. Sentiva la mancanza di una sfida vera e propria, inutile nasconderlo.
“No”
“Emil!” gridò Lavi.
Il ragazzo colse il suo messaggio senza bisogno di ulteriori parole. Tolse Sera dalle braccia di Serena e la prese in braccio, poi guardò i suoi fratelli. I due mossero qualche passo verso la principessa ma prima che potessero anche solo sfiorarla, lei si alzò in piedi da sola “E va bene, hai vinto tu” disse rivolta a Lavi.
“Fidati di lei, sa quello che fa” la rassicurò Caio.
“Lo spero” concluse Serena.
Il ghiaccio si era appena sciolto del tutto quando i tre fratelli e le due ragazze cominciarono a muoversi.
“Non così in fretta” Darcel puntò il bastone, ma quando stava per lanciare il suo attacco, una freccia fatta di ghiaccio urtò l’oggetto. Non era stata sufficientemente forte da fargli perdere la presa, ma era stato abbastanza da deviare l’attacco, finito a vuoto.
Darcel si voltò verso la figlia della traditrice.
Lei stava sorridendo beffarda e, facendogli segno di no con l’indice, disse “La tua avversaria sono io. Fatti sotto”   
 
Che qualcuno scoprisse ciò che aveva rivelato solo ai suoi vecchi amici e compagni era la sua paura più grande, una cosa che non voleva nessun’altro sapesse, soprattutto persone a cui si era affezionata, persone come Lucien.
“Non sono in molti quelli che capirebbero. La maggior parte ti volterebbe le spalle, si farebbe prendere dal panico sapendo che una parte di ciò che tutti temono è rimasta qui. Ma per me non è un problema, l’Oscurità non mi spaventa” continuò il re.
“Ciò che ha stupito sia me che Darcel era il fatto che tu sia sopravvissuta a quello che ti è successo. Nessuno dovrebbe poter resistere ad una cosa del genere, nemmeno il primo re degli spiriti ci è riuscito. Non so cosa è successo esattamente quando tu e i tuoi compagni avete trionfato, ma hai fatto ciò che nessuno era mai riuscito a fare prima e ne hai anche ricavato un potere straordinario”
“Come puoi pensarlo? Non augurerei a nessuno quello che mi è successo…”
“Questione di punti di vista” la fermò lui “tornando a noi, ti stavi chiedendo come è possibile che io sia riuscito a guarire poco fa. L’Oscurità non è ancora tornata, così abbiamo deciso di optare per una fonte di potere altrettanto forte” mentre parlava, Lucien si era tolto la pettorina e aveva lentamente cominciato a sbottonarsi la camicia, liberando la spalla destra.
Dove un tempo Iliana ricordava esserci una cicatrice dovuta ad un attentato alla vita di Lucien ancora bambino, ora si trovavano una serie di ganci metallici conficcati sulla sua carne, disposti a formare una circonferenza. E al centro di essi, appena visibile nascosto quasi completamente sotto la pelle, si trovava l’unico frammento in possesso del re di Anthemis.
“Hai idea del pericolo che corri! Tenere un frammento all’interno del tuo corpo ti ucciderà!”
Era troppo potente perché un corpo, umano o di uno spirito, potesse sopportarne la potenza, aveva avuto modo di vedere con i suoi occhi il risultato di una follia simile in passato.
“Hai ragione, sarei dovuto morire. Ma è proprio grazie a te se Darcel ha capito come stabilizzare il frammento nel mio corpo, permettendomi di sfruttarne la forza” Lucien sparì dalla visuale della maga ancora a terra per poi ricomparire con Aoguard di nuovo fra le sue mani “E tu lo sai meglio di me che cosa vuol dire tutto questo”
Con le poche forze che aveva recuperato, Iliana cercò di allontanarsi da lui. Lucien aveva ottenuto un potere simile al suo e, a differenza sua, era in grado di usarlo o meno per suo volere. Se solo toccandola direttamente, attingendo al potere del frammento, l’aveva ridotta in quel modo, non poteva permettergli di sfiorarla un’altra volta.
Ma per quanto lei arretrasse, lui era più veloce di lei e ben presto la immobilizzò al suolo.
Vide Lucien sollevare Aoguard davanti ai suoi occhi, la sua lama illuminarsi di bianco, l’energia del frammento.
“Il potere del Talismano contro quello dell’Oscurità”
“Non farlo”
“Sappiamo entrambi che non ti ucciderà, ma farà molto male”
“Lucien”
Ma fu tutto inutile, il braccio del re di Anthemis si abbassò e Aoguard la trafisse.
Un grido squarciò l’aria.
 
“Avete sentito anche voi?” chiese Tullio.
“Sentito cosa?” domandò Caio guardandosi intorno aspettandosi un attacco alle spalle.
“Sembrava un grido” il maggiore colpì il fratello con una manata sulla nuca.
“Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Ma io…” protestò Tullio massaggiandosi il punto colpito.
“È normale che tu abbia sentito un grido. Siamo circondati da gente che urla! Cosa ti aspettavi?”
“Ma ho un brutto presentimento. Come se stesse succedendo qualcosa di molto brutto… E non riguarda la battaglia in generale” si affrettò ad aggiungere prima che il maggiore lo colpisse di nuovo.
“Non preoccuparti e pensa a fare quello che ci ha chiesto Lavi” concluse il maggiore.
Rassegnato, Tullio fece come gli aveva detto Caio.
Mentre Emil stava tenendo in braccio Sera, gli altri due dovevano assicurarsi che tutti loro arrivassero in un luogo sicuro.
Se la stavano cavando bene: dei soldati di Anthemis li avevano attaccati lungo il tragitto ma i due fratelli li avevano combattuti egregiamente, sconfiggendoli. Le tecniche insegnategli dalla loro nuova maestra si erano rivelate decisamente efficaci.
Serena non staccava quasi mai gli occhi da Sera per paura che la sua ferita tornasse a peggiorare; doveva combattere contro il suo istinto per riuscire a distogliere lo sguardo, ma ricordava ciò che Leon non si stancava mai di ripeterle, soprattutto quando lei si spostava da un territorio all’altro con la base: tenere sempre gli occhi aperti per il nemico.
“Ci siamo quasi” disse sollevato Caio.
Serena guardò avanti. Erano ancora circondati da persone nel bel mezzo del combattimento ma da lì riusciva a distinguere in lontananza i maghi della Torre intenti a curare i feriti.
Il buon umore improvviso di Caio sembrò contagiare anche lei. Era riuscita nel suo intento, aveva salvato Sera.
Un rumore improvviso giunse alle sue orecchie, l’avvertimento di Leon risuonò nella sua testa.
D’istinto sollevò una barriera intorno a lei ed i suoi amici ma la fatica di quell’azione la costrinse in ginocchio. Era quasi del tutto senza forze.
Il suo gesto non fu vano visto che qualcosa venne a contatto della sua barriera.
“Guarda, guarda che fortuna” disse una voce poco distante dietro di lei.
La ragazza voltò la testa e si ritrovò a guardare un uomo incappucciato. Portava una tunica tipica degli adepti ma era più elaborata di quelle che aveva visto addosso a quelli che li avevano attaccati poco prima. Doveva quindi trattarsi di qualcuno di un certo livello fra di loro, un Maestro. Vicino all’incappucciato c’era un altro uomo. Il suo volto non era coperto e sembrava piuttosto giovane, la sua veste era come quelle che Serena aveva visto prima. Ciò che la colpì fu lo sguardo basso del giovane uomo, sembrava come se non volesse trovarsi lì in quel momento.
Caio e Tullio si prepararono a combattere, pur sapendo che non sarebbe stato uno scontro a loro favore.
“Dannazione. C’eravamo quasi” Serena sentì mormorare Caio a denti stretti.
L’incappucciato allora spalancò le braccia “Coraggio, che aspettate? Spero che almeno voi mi facciate divertire. Finora questa battaglia non è stata altro che una delusione dopo l’altra”
Infuriato dal tono beffardo dell’uomo, Caio scattò in avanti “Ti faccio vedere io!”
No, pensò Serena. Ma era troppo tardi, non poteva fermarlo.
Vide l’incappucciato dirigere un braccio verso il maggiore, Tullio correre verso il fratello per fermarlo e il giovane adepto chiudere gli occhi e stringere i denti, come se non volesse vedere la scena.
C’era solo una cosa che lei poteva fare e, pur sapendo i rischi che correva, agì senza rimpianti.
L’incantesimo del mago urtò un muro invisibile a pochi millimetri dalla faccia di Caio, che cadde all’indietro malamente.
Serena osservò la scena sollevata. Era riuscita a coprire Caio e tutti loro con una sua barriera, era riuscita a proteggerlo.
Non riuscì a frenare le risa per il sollievo ma quelle furono ben presto interrotte da un attacco di tosse piuttosto violento.
Emil, preoccupato, si inginocchiò mettendo Sera seduta al suolo.
La mano che la donna aveva portato alla bocca quando era stata colta dalla tosse era sporca di sangue.
Il rumore di un applauso riportò l’attenzione di tutti sull’uomo incappucciato.
“Ma che brava”
Non era visibile poiché l’urto fra la barriera e l’incantesimo aveva sollevato la sabbia, nascondendo temporaneamente i due adepti.
Per quanto fosse faticoso e doloroso, Serena stava riuscendo a tenere sollevata la barriera, la loro unica difesa, ma sapeva che a breve sarebbe svenuta o peggio. La sua vista, sempre più appannata, le confermò il suo timore.
La sabbia si diradò e Serena si accorse che qualcosa era cambiato. Il cappuccio del mago si era abbassato, rivelando un uomo di mezza età che la stava fissando.
“Visto che sei riuscita ad abbassarmi il cappuccio, ti lascerò per ultima. Sono o non sono generoso?”
Le parole dell’uomo la fecero arrabbiare ma lei non era stata l’unica ad essere colpita in qualche modo da quel mago.
Sentì Sera sospirare e, quando si voltò verso di lei, non poté fare a meno di rimanere turbata dall’espressione piena d’odio della giovane. Non era il tipo di reazione che aveva avuto con gli altri adepti, era diversa.
Serena non poteva saperlo ma Sera aveva già incontrato quell’uomo in passato. Il suo era un volto che non avrebbe mai potuto dimenticare, il volto dell’uomo a capo della spedizione che gli aveva portato via per sempre i suoi genitori.
 
L’ennesimo soldato cadde sotto la spada di Leon. Il cavaliere era sempre più stanco ma non si sarebbe fermato, non prima di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per riuscire a raggiungere Serena, anche se per farlo avrebbe esalato il suo ultimo respiro. Tra un assalto e l’altro aveva avuto modo di osservare l’andamento della battaglia, ma soprattutto aveva cercato di capire cosa ne fosse stato di Serena e Sera.
Aveva visto la sabbia alzarsi alta, aveva visto un muro di ghiaccio spesso. Ora, nel punto in cui aveva visto le due ragazze, era in corso un violento scontro. Ma quali fossero le parti coinvolte, questo non riusciva a capirlo.
“Maledizione!” gridò, pieno di frustrazione, abbattendo un altro nemico.
“Leon”, l’uomo si rese conto che Sandir lo stava guardando preoccupato.
Il cavaliere stava perdendo il controllo, non poteva più sopportare quella situazione. I due erano rimasti bloccati nello stesso punto praticamente per tutta la battaglia, e sarebbe rimasto così se non fosse successo qualcosa.
“Perdonami, dovrei dare l’esempio” Leon sapeva che il ragazzo nutriva grande stima nei suoi confronti, non stava facendo una bella figura.
“Non preoccuparti” disse Sandir “so che è difficile” poi fu troppo occupato a bloccare gli attacchi degli avversari per parlare oltre.
Nel giro di qualche minuto riuscirono a liberarsi dei soldati che li avevano raggiunti, consapevoli però di avere solo pochi attimi per prendere respiro.
Sandir era in ginocchio, il respiro affannato; Leon invece si stava sorreggendo con la spada.
I suoi occhi tornarono a cercare Serena ma non riusciva a vederla, la battaglia si era fatta sempre più caotica rendendo difficile distinguere qualcuno in quel mare di corpi.
Il cavaliere si rimise in piedi e si avvicinò a Sandir, sul bordo della roccia. Da lì vide che un nuovo gruppo di soldati li stava già raggiungendo.
“È come se ce l’avessero particolarmente con noi” considerò Sandir.
“Se solo ci fosse un modo per spostarci da qui velocemente senza dover passare per i soldati nemici” disse Leon, la sua mano libera stretta a pugno.
Quando il cavaliere rivolse il suo sguardo sul giovane, notò che si era come adombrato alle sue parole. Era come se qualcosa lo stesse turbando. Sembrava combattuto ma Leon non ne capiva il motivo.
Il giovane si alzò di colpo e lo guardò risoluto, c’era qualcosa di diverso in lui rispetto a qualche attimo prima “E se ci fosse un modo?”
Il cavaliere rimase perplesso. Di quale modo stava parlando? Non capiva cosa avesse in mente.
“Leon, allontanati per favore”
Vedendo l’espressione confusa sul volto dell’uomo Sandir aggiunse “fidati di me”
Ancora non aveva capito cosa il ragazzo avesse in mente, ma Leon decise di fare come gli aveva detto. Non aveva motivo per non fidarsi dopo tutto ciò che avevano passato insieme.
Sandir gli dava le spalle, lo sguardo rivolto alla battaglia. Restò così per qualche secondo, poi poggiò la spada per terra e fece un respiro profondo.
Girò il capo verso Leon, lo sguardo malinconico “Mi hai detto che non hai mai avuto occasione di volare a dorso di drago…beh, oggi è il tuo giorno fortunato”
Le sue parole non avevano senso ma poi quello che Leon vide gli mozzo il fiato in gola.
I familiari occhi verde acqua di Sandir stavano lentamente cambiando fino ad assumere un colore dorato, le pupille erano diventate fessure verticali e le sue mani, ora munite di artigli, si stavano riempiendo di scaglie.
“Sandir…?”
Un potente ruggito si propagò per tutto il campo di battaglia.
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Ci è voluto parecchio ma ecco il capitolo. È abbastanza lungo, quasi quanto i due precedenti messi assieme, ed è ricco di avvenimenti.
Chissà cosa succederà ora?
Alla prossima! 

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Capitolo 33
*** 33 ***


33
 
Quando l’aspetto di Sandir aveva cominciato a cambiare, Leon era rimasto paralizzato, completamente spiazzato. Sandir era un Darman ma non sarebbe dovuto essere in grado di trasformarsi, o almeno così aveva pensato fino a quel momento. Se ne era capace allora perché lo aveva tenuto nascosto, specialmente a lui e il resto del gruppo.
Sandir cadde riverso carponi, le mani artigliate a grattare sulla roccia, e qualsiasi cosa stesse tenendo Leon inchiodato sul posto sparì.
Il cavaliere mosse qualche passo.
“No!” quello di Sandir sembrava più un rantolo di dolore che una parola, la voce strozzata “Non ho molto controllo…non avvicinarti finché non è finita…” poi dalla sua bocca non uscì più niente di coerente. Solo urla a stento trattenute mentre le sue ossa si spezzavano e riformavano, la sua pelle si riempiva di scaglie dorate e il suo corpo si faceva sempre più grande.
Era come se all’interno del suo amico ci fosse stato qualcos’altro, finora nascosto, che stava finalmente vedendo la luce dopo un lungo tempo di prigionia.
Infine, al posto del ragazzo che lui stesso aveva addestrato all’uso della spada, ora c’era un imponente drago dalle scaglie dorate che riflettevano la luce del sole, due ali maestose sulla schiena.
Il drago ruggì e Leon dovette portare le mani alle orecchie da quanto forte era il suono.
Poi si voltò verso il cavaliere, i suoi occhi concentrati su di lui e solo su di lui.
Rimasero entrambi immobili a fissarsi l’uno con l’altro, Leon completamente sopraffatto da ciò che aveva di fronte.
Il drago sembrava in attesa di qualcosa, non sarebbe stato lui a muoversi per primo.
Non pareva volerlo attaccare, così Leon mosse lentamente qualche passo verso di lui. Ciò che aveva davanti non era qualcosa di sconosciuto, era Sandir, il suo amico. Si fidava di lui.
Ormai di fronte alla creatura, il cavaliere portò una mano a toccarne il muso. Era ruvido al tatto.
“Sandir…riesci a sentirmi?” tentò Leon.
Il drago sbuffò in faccia al suo amico.
“Lo prendo per un sì” disse sorridendo lui, poi Sandir mosse il muso in direzione del punto dove avevano visto cadere Sera, per poi abbassarsi per permettere a Leon di salire sul suo dorso.
“Vuoi che… Va bene”
Il cavaliere recuperò da terra la spada che Sandir aveva abbandonato “Meglio non lasciarla qui” e salì in groppa senza alcuno sforzo “Andiamo”
Sandir cominciò a sbattere le ali ed infine si alzò in volo.
 
L’aria mossa dalle ali gli scompigliava i capelli. Chi aveva alzato la testa al loro passaggio era rimasto a bocca aperta, e come biasimarli.
Erano finalmente in grado di avanzare e tutto grazie a Sandir. Aveva molte cose da chiedergli ma per prima cosa, quando tutto sarebbe finito, doveva ringraziarlo.
Erano abbastanza in alto da non farsi colpire da incantesimi vaganti ma non troppo da non riuscire a distinguere alleati da avversari.
Leon ne approfittò per controllare la situazione: erano decisamente in inferiorità numerica ma anche molto determinati, la Resistenza non si sarebbe arresa.
Improvvisamente l’attenzione di Leon venne catturata da qualcosa “Sandir! Quella è Snow! È in pericolo”
Una volta localizzata, Sandir si lanciò a tutta velocità verso la ragazza in grande difficoltà.
Snow, completamente umana, aveva la schiena poggiata su una roccia, il respiro affannato e un braccio piegato in una posizione innaturale.
A terra vicino a lei c’erano i corpi di quattro adepti. Li aveva sconfitti ma la sua vittoria aveva avuto un caro prezzo ed ora non era più in grado di difendersi ed era troppo stanca per trasformarsi.
Un gruppo di soldati di Anthemis la stava raggiungendo per finirla ma, prima che potessero avvicinarsi troppo, un getto di fuoco li colpì dall’alto, non lasciando loro scampo.
Leon vide la ragazza alzare lo sguardo, i suoi occhi sgranarsi quando si posarono sulla figura di Sandir, il suo salvatore.
Lei scosse la testa incredula di ciò che poteva vedere con i suoi occhi, come se temesse di essere vittima di allucinazioni, ma poi notò anche il cavaliere a dorso del drago e, ritrovata la voce, domandò stupita “Sandir?”
In quel momento una maestosa pantera si fermò proprio davanti a Snow e, nel giro di pochi attimi, si trasformò lasciando spazio a Fang.
La donna fissò il drago e il cavaliere senza fare una piega e infine disse “Porterò io al sicuro Snow. Voi andate pure” il suo sguardo, rivolto ora interamente a Sandir, si fece più intenso “Ma non credere che sia finita qui”
Solo quando Fang sorresse il corpo di Snow e cominciò a camminare Sandir riprese a muoversi.
 
Iliana aprì gli occhi. Sotto di lei c’era dell’erba fresca. Si trovava su una collinetta nei pressi di Iridium, il suo posto preferito fin da bambina per leggere o rilassarsi.
Il cielo era di un bellissimo azzurro, non c’era neanche una nuvola ma un’ombra comparsa apparentemente dal nulla oscurò improvvisamente la luce. 
“Ecco dove ti eri cacciata” disse una voce allegra.
Iliana sollevò il busto fino a mettersi seduta e girò la testa verso la voce.
Davanti a lei c’era una donna dai folti capelli rossi che le ricadevano sulla schiena in ricci morbidi ma ribelli tenuti a bada da una fascia per capelli. L’unica cosa che a detta sua riusciva a domarli.
Anche i suoi occhi erano rossi, colore insolito per un essere umano, e la pelle dorata.
Il suo era un fisico allenato e pronto ad affrontare qualsiasi battaglia.
Portava dei pantaloni di tessuto leggero al ginocchio e una casacca che le arrivava a metà coscia. Una larga cintura all’altezza dei fianchi e un paio di stivaletti completava il suo abbigliamento. Come ornamento portava una semplice collana su cui era incastonato un frammento del Talismano.
“Akane”
La nuova arrivata si sedette accanto alla maga.
“Perché mi stavi cercando?”
Akane si fece di colpo seria “Domani la mia gente arriverà alla Torre. Ora che ci siamo assicurate che il frammento che custodisco sarà sempre rintracciabile in futuro, io…”
“Tornerai dalla tua gente” finì Iliana per lei “Scommetto che non vedi l’ora di rivedere tuo marito e i bambini” aggiunse prima che la Darman potesse dire qualcosa.
“E va bene, lo ammetto. Anche se mi fanno impazzire, mi sono mancati. Purtroppo hanno preso da me. Non so come faccia mio marito a sopportarci” ridacchiò lei “ma non è di questo che volevo parlarti, non cercare di distrarmi”
Iliana strinse le ginocchia al petto, non voleva sentire, sapeva già cosa le avrebbe detto.
“Non voglio andare via senza prima insistere. Sono preoccupata per te”
“È tutto inutile. La mia situazione non può cambiare”
“Ma…”
“Tutte le analisi che ho fatto hanno portato alla stessa diagnosi. Non capisco neanche io come faccio ad essere ancora viva quando una parte dell’Oscurità è dentro di me”
Akane la punzecchiò ripetutamente con un dito sulla fronte “Eppure ci deve essere qualcos’altro, qualcosa che ci sfugge. Lo penso io e lo pensa anche Florian”
“Non so come facciate a pensare ancora positivo dopo tutto quello che è successo…”
La Darman si tolse la collana che portava e le sue braccia avvolsero il corpo della maga in un abbraccio “Ilia, promettimi che qualunque cosa succeda non perderai mai la speranza. E ricordati che io e Florian siamo qui per te se avrai bisogno di noi”
Iliana strinse la sua amica più forte. Anche se le parole di Akane volevano essere confortanti, lei non poteva non pensare al fatto che un giorno loro non ci sarebbero stati più mentre lei non aveva scelta.
“So a cosa stai pensando” Akane la prese per le spalle e la costrinse a guardarla negli occhi “Che io e Florian non ci saremo per sempre. Ma tu avrai sempre il ricordo dei tempi che abbiamo passato assieme. Quindi quando ripenserai a noi ricorda che non vogliamo che tu ti arrenda alla disperazione. Giuro che se quando non ci sarò più tu ti lascerai andare, uscirò dalla mia tomba per prenderti a calci”
Conoscendo Akane, Iliana pensò che quella poteva anche non essere una minaccia a vuoto.
Senza neanche sapere lei bene perché, la maga scoppiò a ridere “E va bene. Speranza e tutto il resto. Ho capito”
“E tornando a quello che ti è successo, non mi importa quello che dicono quelle tue stupide analisi, i risultati non hanno senso e se non fossi così testarda lo penseresti anche tu”
“Chissà, forse tu e Florian avete ragione…”
“Ma?” si intromise Akane.
“Ma è inutile rimuginarci sopra ora, non mi porterebbe a niente. Quello di cui ho veramente bisogno è un po’ di tranquillità. Voglio prendermi una pausa da tutto quello che riguarda il Talismano e l’Oscurità.”
“Ti capisco” Akane si rimise la collana “ Se cominciano ad assillarti qui, sei la benvenuta fra la mia gente”
“Lo so, grazie. E Florian mi sta già assillando perché lo vada a trovare”
“Bene” Akane si alzò in piedi “io torno alla Torre. Ho promesso ad alcuni giovani aspiranti maghi di fargli fare un ultimo giro a dorso di drago”
“Divertiti!” le sorrise Iliana.
“Certamente!” ricambiò la Darman e si avviò per poi fermarsi e urlare abbastanza forte da farsi sentire “E mi raccomando, ricordati ciò che ti ho detto. Non è come sembra, ne sono sicura!”
La donna si era già allontanata quando la maga le rispose a bassa voce.
“Lo farò”
Una luce accecante la investì e non vide più nulla.
 
Iliana rinvenne di colpo. Non c’era più l’erba sotto di lei ma dei granelli di sabbia. Dopo qualche attimo di confusione ricordò dove si trovava, nel deserto nel bel mezzo di una battaglia. Akane non era con lei, quello che aveva visto era un suo ricordo di molto tempo prima, qualche anno dopo la fine del loro viaggio.
Nonostante tutto il suo corpo fosse pervaso dal dolore, non poteva permettersi di perdere conoscenza un’altra volta. E non riusciva a smettere di pensare alle parole che la sua vecchia amica le aveva rivolto.
Era vero, non aveva senso. Tutte le creature di Sol e Umbra erano composti sia da luce che da oscurità in egual misura ma una forza come quella dei frammenti o dell’Oscurità era troppo perché qualcuno potesse sopportarla. L’Oscurità all’interno del suo corpo avrebbe dovuto portare uno squilibrio di forze troppo grande perché il suo corpo potesse sopportarlo. Ma lei si era fatta prendere dalla tristezza e dalla disperazione fino ad arrivare a credere che non ci fosse altra risposta invece di dare retta alle persone che a lei erano più care.
Per quanto ricordare le facesse male, tornò con la mente al momento in cui tutto era cambiato, alla radura al centro del loro mondo di una notte di circa mille anni prima.
La maga spalancò gli occhi. Non sapeva se quello che aveva in mente avrebbe funzionato, dipendeva tutto da ciò che i suoi ricordi le avevano suggerito.
“Ancora non ti arrendi? Non hai più speranze” il giovane re aveva il respiro affannato, la battaglia lo aveva sfiancato.
“Ti sbagli”
Lucien la guardò come se fosse impazzita.
“Non puoi fare più niente con una parte dell’Oscurità dentro di te. Per via del frammento non riesci neanche più a muoverti”
La donna si sforzò di sorridere “Era quello che pensavo anche io. Per tutto questo tempo ho lasciato che la disperazione avesse la meglio su di me…Ci ho messo mille anni per capire la verità”
La maga si concentrò, i ricordi felici del suo passato a darle forza, il sapere che c’era stato e c’era ancora qualcuno che credeva in lei, e tese una mano verso il suo pugnale.
In un attimo si ritrovò a stringerlo con le dita e, con tutta la forza che aveva, lo conficcò sul braccio con cui Lucien brandiva Aoguard.
La stretta del re sull’elsa si allentò ma non mollò la presa, la spada era ancora conficcata nella spalla della donna.
Ma fu quando Lucien fece per rinforzare nuovamente la presa sulla spada che i suoi occhi, prima completamente concentrati sulla donna, sembrarono perdersi nel vuoto. La sua espressione cambiò in una smorfia di dolore e la mano che non stringeva la spada corse subito alla spalla in cui era incastonato il frammento.
Iliana approfittò della situazione. Mollò la presa sul pugnale, ancora conficcato sul braccio di Lucien, e poggiò la mano su quella con cui lui teneva la spada. Strinse i denti e la estrasse dal suo corpo.
Libera, lo spinse con entrambe le mani. Lui non oppose resistenza, cadde all’indietro di schiena sulla sabbia.
Iliana riuscì a mettersi seduta, Lucien non si muoveva.
Così lei gattonò verso di lui e per prima cosa tolse Aoguard dalle sue mani. Non poteva rischiare.
Lucien aveva gli occhi chiusi, la pelle pallida e sudata, sembrava in preda a degli spasmi e l’unica cosa che usciva dalle sue labbra erano rantoli di dolore.
Istintivamente gli occhi della maga caddero sul frammento nella spalla del re e vide ciò che temeva.
La pelle attorno al frammento aveva completamente perso colore e l’area ridotta in quel modo si stava lentamente espandendo.
L’invenzione di Darcel non era stata abbastanza, Lucien aveva sfruttato troppo l’energia del frammento per fermarla ed ora il suo corpo ne stava pagando le conseguenze. Questa volta non sarebbe guarito, non era come lei, e se non avesse fatto subito qualcosa Lucien sarebbe morto.
“Mi dispiace, non ho altra scelta” con un movimento rapido estrasse il suo pugnale dal braccio di Lucien e lo usò per liberare il frammento dalla spalla. Il re non riuscì a trattenere le grida per il dolore, si contorceva ma la donna fece del suo meglio per tenergli ferma la spalla mentre era all’opera.
Con molta fatica riuscì a liberare il frammento quasi del tutto con la lama ma avrebbe dovuto toccarlo per riuscire nel suo intento. Tese la mano libera verso la spalla di Lucien ma, quando ormai poteva quasi sfiorare il pezzo del Talismano, la sua mano cominciò a tremare. Il dolore che aveva provato prima era ancora vivido.
“Concentrati Iliana. Puoi farcela” si autoconvinse.
Le sue dita si strinsero sul frammento, sentì la pelle bruciare, ma non mollò la presa.
Finalmente riuscì ad estrarre il frammento e il corpo di Lucien smise di tremare.
Aveva perso conoscenza ma il suo petto si alzava e abbassava regolarmente. Stava bene.
Sollevata, Iliana cadde di fianco al re, la mano destra a stringere il suo pugnale e la sinistra, percorsa da bruciature, troppo debole per riuscire a stringere il frammento, che cadde a terra accanto a lei.
Non aveva più forze. Il suo corpo, già ridotto allo stremo dall’ultimo attacco di Lucien, aveva dato tutto per riuscire a salvarlo.
Con occhi già chiusi per metà, si sforzò di guardarlo. Poi cedette alla stanchezza.
 
Lo scontro fra Lavi e Darcel stava andando per le lunghe. Se solo il mago non avesse avuto con sé il bastone oscuro, pensò Lavi, le cose sarebbero andate diversamente. Avvicinarsi a lui era rischioso, un passo falso e sarebbe stata la fine. Era sinceramente stupita dalla resistenza dell’uomo, che nonostante fosse ridotto all’ombra di quello che era un tempo, stava dimostrando perché ci fosse ancora lui a capo degli adepti.
Entrambi accusavano i segni della stanchezza: la donna aveva rischiato di venire trafitta dal bastone due volte per poi riuscire ad allontanarsi all’ultimo momento, mentre la veste di Darcel aveva parecchi tagli procurati dalla daga in mano a Lavi.  
Era una battaglia di logoramento: il primo a fare un passo falso avrebbe perso, l’avversario non si sarebbe lasciato scappare l’occasione.
Dopo aver schivato l’ennesimo colpo dell’uomo, Lavi, riportato lo sguardo sul mago, notò che la pietra incastonata su un anello che Darcel portava si era illuminata, la luce gradualmente più forte, tanto da attirare l’attenzione del suo possessore.
La donna sorrise. Ecco la sua occasione.
Si lanciò a tutta velocità sul mago, che aveva velocemente riportato l’attenzione su di lei.
Era fumante di rabbia, il motivo per cui l’anello si era illuminato non doveva essere nulla di buono per lui, dedusse Lavi.
Poco le importava, lo avrebbe finito prima che lui potesse reagire. Questa volta lo avrebbe colpito a morte.
La sua daga era arrivata ad un centimetro dal petto dell’uomo quando quello gridò, pieno di rabbia, e un turbine di sabbia si sollevò a circondare il suo corpo.
Lavi venne sbalzata all’indietro dalla forza del vento. Dovette creare un muro di ghiaccio dietro di lei per non finire troppo lontana.
“Sei fortunata. Non ho più tempo per giocare con te, sono richiesto altrove” gridò con voce gracchiante l’uomo, che  aveva intenzione di trasportarsi da un’altra parte.
“No, non scapperai!” Lavi congelò la sabbia sotto ai suoi piedi, incastonandoli, e generò una scia di ghiaccio con cui lanciarsi in avanti e raggiungere nuovamente il mago prima che svanisse.
Il vento e la sabbia le frustavano la faccia ma non voleva dargliela vinta. Arrivata a tutta velocità a pochi passi dal mago, cambiò direzione alla scia, puntando verso l’alto.
Sapeva che non sarebbe riuscita a superare il vortice che lo circondava frontalmente, così si era data una spinta verso l’alto, abbastanza da riuscire a superare le sue difese e attaccarlo.
Poteva vederlo, incolume al centro del piccolo vortice. Lo vide osservarla, la metà della sua bocca non coperta dalla maschera sorriderle. Non sarebbe riuscita ad attaccarlo direttamente, non c’era più tempo.
“Maledetto!” lanciò la sua daga con tutta la forza che aveva ma quella colpì il vuoto dove fino ad un attimo prima c’era il suo bersaglio.
Il vortice si dissolse, lei cadde a terra a pochi passi dalla sua arma. Finì carponi sul terreno, il ghiaccio dissolto, tremante di rabbia.
Lo aveva avuto in pugno e le era scappato.
Ma non ebbe il tempo di rimuginare sull’accaduto poiché le sue orecchie avevano captato un suono particolare. Sembrava un battito d’ali, particolarmente grandi dal rumore, e si stavano rapidamente muovendo verso di lei.
Recuperò la sua daga e si rimise in piedi, voltandosi verso ciò che aveva sentito.
 
“Sandir, ci siamo” disse Leon. Avevano raggiunto il punto in cui aveva visto Serena l’ultima volta ma di lei non c’era traccia.
In quella piccola area non stava più combattendo nessuno, l’unica presenza era una donna dai capelli rossi.
Il cavaliere, mentre si stavano avvicinando, l’aveva vista combattere contro un uomo che dall’abbigliamento non poteva essere nient’altro che un adepto, ma non era riuscito a capire chi fosse nella foga del combattimento.
Ora che la vedeva bene l’aveva riconosciuta. Non portava più la benda sull’occhio sinistro, che lo stupì per la sua particolarità, ma non aveva dubbi.
“Lavi”
La donna gli rivolse un sorriso sghembo “Guarda, guarda. Chi non muore si rivede”
“Potrei dire lo stesso di te”
Sandir ruggì. Leon lo vide spalancare le fauci pronto a sputare fuoco.
“Aspetta!”
Sandir si fermò alla voce dell’amico.
“Stavi combattendo contro un adepto, perché? Non eri loro alleata?”
“Ora lavoro per la Resistenza”
Leon aveva parecchie domande per lei, ad esempio come ci era finita fra i ranghi della Resistenza o perché il suo occhio sinistro fosse come quello di uno spirito, ma fece solo in tempo ad aprire bocca che la rossa lo fermò.
“Non hai tempo da perdere. Serena ti aspetta”
“Come fai a…”
Lavi continuò a parlare come se lui non avesse aperto bocca indicando la direzione da cui era arrivato l’esercito della Resistenza.
“Sta portando al sicuro una ragazzina spirito. Sono entrambe sotto scorta”
Leon la fissò. Non riusciva a conciliare la donna che aveva davanti con colei che lo aveva quasi ucciso sull’Everfrost.
“Che aspetti, va!” un soldato nemico aveva deciso di affrontare Lavi da sola e stava correndo verso di lei.
“Io ho da fare” senza perdere tempo la donna si volse verso l’uomo. Sandir stava già prendendo il volo quando Leon si accorse che il soldato aveva cominciato a comportarsi in maniera strana.
Aveva smesso di correre verso Lavi fermandosi di colpo, poi si era toccato la testa come se lo avesse colto un dolore improvviso e infine aveva preso a guardarsi intorno confuso.
“Lavi fermati!”
La lama della donna si fermò ad un soffio della gola dell’uomo che, spaventato, cadde a terra in preda al panico.
“Dove sono? Chi siete voi e cosa ci faccio qui?” l’uomo portò entrambe le mani alla testa “Che male…”
Leon allora vide Lavi accucciarsi di fronte al soldato e guardarlo dritto negli occhi.
“Sai dirmi da dove vieni?” chiese lei.
“Dal regno di Gladiolus” rispose l’uomo dall’aria sempre più spaesata.
Improvvisamente Lavi scoppiò in una risata, sembrava incredula e felice allo stesso tempo “Ha funzionato davvero”
“Che cosa ha funzionato?” chiese Leon.
“Il piano della regina Odette” rispose lei.
“La mia regina?” chiese il soldato.
“Esatto” confermò Lavi per poi rivolgersi al cavaliere “Molti degli uomini qui presenti  a comporre l’esercito di Anthemis sono persone sotto il controllo degli adepti. Re Tyberius ha concesso alla regina di Gladiolus diversi soldati e a loro si sono uniti anche alcuni maghi della Torre e degli spiriti. Mentre noi siamo qui a combattere, loro hanno attaccato divisi in gruppi tutte le strutture a forma di obelisco, con cui gli adepti controllano la gente catturata, sparse per i regni conquistati da Anthemis. Sono ben difesi da adepti e soldati ma a quanto pare stanno avendo successo” il sorriso che ancora increspava le labbra della donna sparì, era di nuovo seria “ora va’ da Serena. Io vi raggiungo”
Leon faceva ancora fatica a fidarsi completamente di lei ma decise di ascoltarla.
Lui e Sandir erano già in movimento quando Lavi riuscì a convincere l’uomo, ora libero dal controllo mentale, a seguirla. La donna sentiva di doversi sbrigare a raggiungere i suoi amici, aveva come la sensazione che stesse succedendo qualcosa di brutto.
 
Caio e Tullio erano presto tornati vicino a Serena e si erano sistemati davanti alla donna, come una sorta di difesa.
Il Maestro degli adepti rideva come se niente potesse renderlo più felice di vedere la barriera della principessa accusare i suoi colpi e il progressivo peggiorare delle sue condizioni.
Serena non aveva intenzione di mollare: le vite dei suoi amici erano in pericolo e l’unica cosa che lei era in grado di fare per loro era proteggerli. Ora, dopo alcuni attacchi del mago, stava sanguinando copiosamente sia dal naso che dalla bocca. Aveva superato il suo limite al primo attacco dell’uomo ed era solo la determinazione a farla resistere. Solo la morte l’avrebbe fatta cedere. Emil era occupato a sorreggere sia lei che Sera, entrambe sedute a terra, una accanto all’altra.
Sera stava facendo del suo meglio per mantenere la calma mentre un tumulto di emozioni la stava attraversando da quando aveva visto il volto di colui che li aveva attaccati.
Gli occhi della ragazza caddero su Serena, sempre più stanca ma decisa a proteggerli. Anche lei voleva fare qualcosa. I Jarell non avevano possibilità contro un avversario del genere. Se solo fosse stata in forze avrebbe potuto fare qualcosa. L’idea di morire per mano di colui che le aveva portato via la sua famiglia le faceva male, ma sapere che anche le persone che avevano fatto tutto il possibile per salvarla subissero la stessa fine, era ancora peggio.
Sentì la presa della mano che Emil teneva appoggiata sul suo braccio sinistro per sorreggerla farsi più forte, ma non così tanto da farle male. Anche se cercava di non darlo a vedere, Sera capì che lui stava provando emozioni simili alle sue.
Lentamente Sera arrivò a sfiorare con le dita la mano sul suo braccio. Il ragazzo, sorpreso dal tocco improvviso, portò gli occhi su di lei. Quello di Sera voleva essere un gesto di conforto in quel momento disperato, il suo modo di dire che lo capiva. Emil le prese la mano e la strinse nella sua, ricambiando il gesto.
Gli attacchi del mago non erano molto frequenti, era come se stesse cercando di prolungare il più possibile il suo divertimento, vedere quanto Serena avrebbe resistito.
Da come era ridotta, Sera capì che poteva reggere ancora un paio di attacchi al massimo e anche che, se l’avesse fatto, le sarebbe costata la vita.
Non poteva lasciarglielo fare. Stava per dire ai tre fratelli di prendere la donna e scappare mentre lei avrebbe attaccato il mago con il poco di forza che aveva recuperato, pur sapendo che, così concentrato com’era su di loro, avrebbe certamente schivato le sue fiamme, quando ciò che meno si sarebbe aspettata di vedere entrò nel suo campo visivo.
Fu allora che le venne un’idea. Forse era folle e azzardata ma era l’unica cosa che avrebbe potuto funzionare.
“Serena” bisbigliò.
La donna ridotta allo stremo mosse appena la testa verso di lei, la stava ascoltando.
“Quando te lo dico, abbassa la barriera”
“Cosa…” la tosse impedì a Serena si parlare.
“Ti prego, fa come ti dico. Ho un piano”
La donna annuì a fatica, aveva scelto di fidarsi.
“Voi due spostatevi” disse ai Jarrell che obbedirono senza farsi domande.
Il mago intanto aveva smesso di ridere e stava preparando l’ennesimo attacco quando, per la gioia di Sera, un potente ruggito arrivò alle orecchie di tutti loro.
L’uomo si voltò verso il suono, dove si trovava un drago che si stava avvicinando, ma che era ancora troppo lontano perché potesse fare qualcosa. Si era distratto, quello su cui Sera contava.
“Ora!” gridò.
Serena lasciò andare la barriera e Sera allungò il braccio in avanti. Una grande fiammata, senza l’ostacolo della barriera di Serena a ridurne la forza, si diresse a gran velocità verso l’uomo.
Grazie alla distrazione fornita dal drago, l’uomo non avrebbe fatto in tempo a schivare.
Sera lo vide piegare le labbra in un ghigno, sicuro che la sua barriera lo avrebbe protetto.
Le fiamme si scontrarono con le difese del mago e fu allora che lei sorrise. Sul suo polso brillava ancora il bracciale in grado di superare le difese magiche degli adepti che Iliana le aveva dato.
Vide gli occhi del Maestro oscuro sgranarsi per la sorpresa e infine il terrore un attimo prima che le sue fiamme lo investissero.
Poi sentì solo le sue urla mentre il suo corpo bruciava. Era la fine dell’uomo che per anni era stato in grado di farla tremare al solo pensiero. Ora non c’era più, in un attimo era sparito per sempre dalla sua vita.
Il drago atterrò e la figura familiare di Leon scese dal suo dorso.
In poche ampie falcate raggiunse il gruppo e i suoi occhi passarono in rassegna tutti quanti, sollevato di vedere Sera ancora viva, prima di cadere su Serena.
“Leon” gli occhi della principessa erano ridotti a due fessure per la stanchezza ma in qualche modo aveva capito chi aveva davanti.
Vederla ridotta così fece sbiancare il cavaliere, colui che aveva giurato di proteggerla.
Serena provò a muoversi verso di lui ma le forze la abbandonarono completamente e cadde in avanti, verso le braccia dell’uomo, pronte a riceverla. Era svenuta ma c’era un sorriso sulle sue labbra.
Un rumore improvviso attirò l’attenzione di tutti. In ginocchio davanti a loro c’era il giovane adepto che era arrivato in compagnia del Maestro che li aveva attaccati.
Si erano tutti dimenticati della sua presenza fino a quel momento, tutti tranne Sera, che aveva il braccio puntato verso di lui. La ragazza aveva il respiro affannato per lo sforzo di poco prima ma i suoi occhi erano pieni di odio, tutto rivolto verso quel mago, intento a fissarla impotente in ginocchio.
Fu allora che il giovane uomo aprì bocca “Grazie”
Quella singola parola pronunciata dall’adepto fu in grado di stupire tutti i presenti.
“Non ho mai voluto fare parte di tutto questo. Io sono nato all’interno dell’organizzazione degli adepti, non ho mai avuto scelta” i suoi occhi si abbassarono fino a fissare il suolo, il suo volto piegato in ciò che poteva essere solo rimorso “No, la verità è che io non ho mai avuto il coraggio e la forza di ribellarmi. Sono un codardo” gli occhi dell’uomo tornarono su Sera “Quindi ti ringrazio. Uccidendo il Maestro mi hai salvato dalla morsa di paura da cui non riuscivo a liberarmi ed è per questo che accetterò qualunque cosa tu decida. Se uccidermi ti renderà felice, allora così sia”
L’uomo non diede alcun segno di volersi muovere, stava aspettando il volere di Sera. Era sincero.
Una fiammella circondò la mano tesa della ragazza.
“Non farlo Sera. Non è un tuo nemico. È una vittima anche lui” la pregò Leon ma la fiamma stava diventando sempre più grossa.
La faccia della giovane era piegata in una smorfia. Era combattuta ma non sembrava volersi fermare, la fiamma era sempre più forte, pronta a colpire…
“Fermati, ragazzina!” quella voce affannata apparteneva a Lavi. Anche lei aveva il braccio teso ma verso Sera, la cui mano era ora circondata da una sfera d’acqua sospesa in aria. Delle sue fiamme, ora sopite, rimaneva solo uno sbuffo di fumo che lentamente stava salendo verso l’alto.
Dietro Lavi c’era il soldato che la donna stava scortando, le mani appoggiate sulle ginocchia e il respiro molto più provato di quello della rossa.
“È uno di loro” le disse Sera.
“Anche mia madre lo era, ma non tutti hanno la forza di ribellarsi. Chi lo fa viene perseguitato e ucciso. È quello che è successo a lei ed è quello che è successo a chiunque ci abbia provato”
Sera non sapeva più cosa fare. Aveva sempre pensato che gli adepti fossero tutti dei mostri e invece ora scopriva che alcuni di loro erano prigionieri, proprio come parte della sua gente.
“Se lo uccidi te ne pentirai. Il senso di colpa per averlo ucciso ti perseguiterebbe per sempre. Fidati, io ne so qualcosa”
“Io…” Sera non capiva più cosa fosse giusto o sbagliato, cosa dovesse fare…
La mano di Emil, che ancora la stava sorreggendo, si chiuse delicatamente sul suo polso. Voltò il capo verso di lui, era chiaro ciò che voleva dirle.
Sera chiuse gli occhi ed infine anche la mano, ancora aperta, circondata dall’acqua.
Lasciò che Emil lentamente le abbassasse il braccio, mentre Lavi fece sparire la sfera d’acqua, e poi si lasciò andare completamente, tutto il suo peso su di lui. Era esausta, non voleva più combattere.
Lavi si fece avanti e alla vista di Serena si fece ancora più seria.  
“Respira a fatica. Deve essere vista da un mago il prima possibile”
Leon non se lo fece ripetere e, presa in braccio Serena come se fosse la cosa più preziosa e delicata al mondo, si diresse verso il drago.
“Qualcuno mi dia una mano con Sera. Anche lei ha bisogno di cure”
Allora Emil prese in braccio la ragazza e lo raggiunse.
Il drago si alzò presto in volo con il suo prezioso carico, diretto verso i maghi della Torre.
 
Dopo aver osservato allontanarsi il cavaliere e il drago per un po’, Lavi andò verso il giovane adepto “Tu vieni con noi”
Il mago annuì “Certo” e si rimise in piedi.
“Ma per essere completamente sicuri” due globi d’acqua circondarono le mani dell’uomo “Se provi a fare il furbo lo saprò e quell’acqua diventerà ghiaccio. E sappi che in quel caso farò in modo che tu non abbia più mani da usare”
Detto questo si rivolse agli altri rimasti con lei “Andiamo anche noi”
Caio, Tullio e il soldato si incamminarono insieme a lei ed al suo prigioniero.
Caio camminava accanto a lei, un’espressione sconfitta sul volto che non sfuggì alla donna.
“Non ho possibilità” lo sentì dire piano “Ho visto l’espressione di Serena quando è arrivato. Non mi ha mai visto così e mai lo farà”
Lavi capì che si stava riferendo a Leon. Doveva ammettere che il maggiore un po’ le faceva pena.
Gli diede una pacca amichevole sulla testa “Quando tutto questo sarà finito, ti offro da bere”
L’uomo sospiro “Va bene”
 
Iliana aprì gli occhi. Non era più a terra, le braccia di qualcuno le stavano sorreggendo il busto, una voce la chiamava.
“Beatrice?” i suoi occhi misero a fuoco il Gran Maestro della Torre. Accanto alla donna c’era Aoguard, che doveva aver recuperato, e i suoi occhi la guardavano con preoccupazione.
“Mi hai quasi fatto prendere un colpo” Beatrice tirò un sospiro di sollievo.
“Il frammento…” Iliana guardò a terra dove per fortuna l’oggetto brillava ancora.
Beatrice lo raccolse e lo strinse in pugno, si guardava attorno con ansia crescente.
“Devo portarti subito via di qui”
“Aspetta” Iliana guardò Lucien, incosciente accanto a lei, non voleva lasciarlo lì. Non poteva permettere che qualcun altro lo portasse via.
“Non c’è più tempo. Lui sta arrivando”
Iliana si dimenò fra le braccia della donna “No, Lucien!”
Una sua mano lo aveva quasi raggiunto ma era troppo tardi. Le due donne scomparvero senza lasciare traccia, con loro il frammento e la spada.
Passò solo qualche attimo e Darcel comparve accanto al re.
Era furioso. Le persone che aveva messo sotto il suo controllo erano state liberate, i suoi obelischi distrutti. Ora erano loro ad essere in netta inferiorità numerica.
Guardò Lucien, svenuto a terra, la spalla insanguinata e priva del frammento. Gridò per la frustrazione ma non aveva tempo da perdere. Si inginocchiò con fatica fino a toccare il re con la punta delle dita per poi scomparire con lui nel nulla.
    
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Anche questo è un capitolo lungo e con esso la battaglia è praticamente conclusa.
Il frammento che aveva Lucien ora è in mano alla Resistenza e sembra che l’esercito di Anthemis abbia subito un brutto colpo, ma basterà per far tornare la pace?
Alla prossima!
 

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Capitolo 34
*** 34 ***


34
 
Persone. Ovunque Leon guardasse c’era sempre qualcuno di indaffarato. Delle tende erano state erette velocemente alla fine della battaglia per accogliere i feriti e le persone, comprensivamente confuse, ora che erano libere dal controllo mentale. Come i feriti, chi era ora decondizionato era stato visitato per accertarsi della sua salute, mentre la maggior parte dei prigionieri, adepti e soldati di Anthemis che non erano riusciti a battere in ritirata, erano stati trasferiti in luoghi sotto il controllo della Resistenza. Questo era stato possibile grazie alla conquista delle basi degli adepti da parte di Odette e dei membri della Resistenza a lei assegnati. Ora le piattaforme che Darcel aveva fatto costruire in quei luoghi erano sotto il controllo dei maghi della Torre.
Ma neanche tutte quelle notizie positive riuscivano a distrarre Leon dalla preoccupazione. Quando aveva lasciato Serena nelle mani dei maghi, gli era stato detto di aspettare, che sarebbero stati loro a dirgli quando poteva vederla, per poi sparire con lei all’interno di una tenda in cui già si trovavano altri feriti. Da allora non si era mosso da lì, restando seduto su una panca di fortuna costituita da un’asse di legno appoggiata su due rocce vicine.
“Ancora niente?” Leon alzò gli occhi dalla tenda. Sandir aveva fra le mani un paio di tazze, una per ognuno di loro.
Il ragazzo ne porse una al cavaliere, che accettò l’offerta di buon grado, per poi sedersi accanto a lui sulla panca di fortuna. L’uomo non si era reso conto fino a quel momento di quanto fosse assetato.
“Possiamo solo aspettare” disse sospirando, rigirandosi il bicchiere fra le dita.
Qualcuno, senza annunciarsi, si sedette accanto a lui, dal lato opposto rispetto a Sandir.
“Che spettacolo deprimente”
“Lavi” disse sorpreso Sandir.
“Indovinato” rispose canticchiando la donna per poi sporgersi verso il ragazzo e, con un movimento fulmineo, gli rubò la tazza di mano e ne bevve il contenuto.
“Ehi!” protestò lui.
“Avevo proprio sete” sorrise lei, facendo finta di niente.
“Come mai qui?” domandò Leon.
“Per lo stesso motivo per cui ci sei tu. Speravo di avere notizie su Serena ma dal tuo atteggiamento da cane bastonato deduco che ancora non si sa niente”
“Cambiamo discorso” disse Leon prima che Sandir potesse attaccare briga con lei “Come hai conosciuto Serena?”
“Dopo che il tuo amichetto mi ha messa fuori gioco, la Resistenza mi ha trovata e Serena si è offerta di curarmi nonostante sapesse che vi avevo attaccato” Lavi poi guardò Sandir facendogli l’occhiolino “Vedo che hai deciso di venire allo scoperto come me”
Leon vide Sandir abbassare lo sguardo.
“Tu sapevi che poteva trasformarsi?”
La donna sollevò un lembo della sua camicia fino a scoprire il punto in cui il suo amico l’aveva ferita.
“Mi hai lasciato una bella cicatrice, biondino” disse rivolgendo un mezzo sorriso a Sandir.
Della ferita sul fianco di Lavi rimaneva una grossa cicatrice. Ma invece di avere la forma che avrebbe dovuto se fosse stata lasciata da un colpo di spada, aveva un aspetto completamente diverso, come una sorta di buco dai contorni imprecisi.
“Lo avevo disarmato ma all’ultimo momento ha trasformato il suo braccio, dandogli l’aspetto di una zampa di drago, e mi ha trafitta con quello. Proprio non me lo ero aspettata” spiegò lei al cavaliere.
Leon ricordò che prima di svenire quel giorno sul monte, i suoi occhi avevano intravisto la lama di una spada lontano dai due impegnati a combattere. Allora quella che aveva visto doveva essere la spada di Sandir.
“Ecco dov’eri finita!”
Ad urlare era stato Caio, seguito da suo fratello Tullio “Oh, bene. Ci sono anche loro. Immagino tu gli abbia già detto di Sera”
“Detto cosa?” chiese Sandir sorpreso. Dalla sua voce traspariva sia speranza che preoccupazione.
“Ah, già. Dovevo dirvi che si è svegliata e sta molto meglio” disse Lavi.
“E cosa aspettavi a dircelo!?” sbraitò il giovane alzandosi in piedi di colpo.
“Ops. Vedervi così depressi me lo ha fatto passare di mente”
Prima che Sandir potesse tentare di strozzare la donna, che aveva tutta l’aria di starsi divertendo parecchio alle sue spese, Tullio attirò l’attenzione di tutti.
“Serena”
La donna stava uscendo da sola con le sue gambe dalla tenda in cui era scomparsa ormai ore prima. Sembrava stare meglio ma era decisamente pallida.
Quando i suoi occhi si posarono su tutti loro, lei non riuscì a trattenere un ampio sorriso e cominciò a camminare per raggiungerli. Ma non riuscì a fare più di qualche passo che barcollò. Accortosi di quello che stava succedendo, Leon si alzò di scatto per arrestare la sua caduta ma Lavi era stata più veloce e la stava già sorreggendo quando lui era solo a metà strada tra la panca e la donna.
“Sbaglio o eri tu quella che insisteva perché restassi a letto quando ero convalescente?” la rossa fece sedere sulla panca la principessa per poi accomodarsi accanto a lei “se non sei neanche in grado di stare in piedi perché ti sei alzata?”
Lavi stava guardando torva la nuova arrivata ma dal suo tono di voce si capiva che non era veramente arrabbiata.
“Sembrate in buoni rapporti” osservò Leon sedendosi dal lato libero accanto a Serena.
Lavi avvolse un braccio attorno alle spalle della principessa “Già. Dopo aver saputo che eri sopravvissuto siamo diventate grandi amiche. Quello che ho fatto è ormai acqua passata”
Serena annuì per confermare le parole della donna accanto a lei, completamente a suo agio.
Una parte di Leon era felice nel vedere che Serena aveva fatto nuove amicizie ma dall’altra faceva ancora fatica a registrare il fatto che Lavi non fosse più una minaccia ma un’alleata.
“A proposito di acqua, adesso ci puoi spiegare per bene perché il tuo occhio è come quello degli spiriti?” chiese Tullio.
“Dopo. Immagino lo voglia sapere anche la ragazzina e non ho voglia di ripetere tutta la storia. Non che trovi l’idea di raccontarci della nostra vita intorno al fuoco allettante, ma immagino vi debba una spiegazione…ora tornando a te” si rivolse a Serena “perché sei in piedi?”
“Uno dei maghi mi ha detto che Sera stava meglio e volevo andare a vederla di persona. Posso farcela, non sto così male. Ho solo un po’ di mal di testa e prometto di andare a riposare il prima possibile”
Lavi sospirò “E va bene. Tanto non riuscirei a farti cambiare idea comunque”
“Leon?” Serena guardò il cavaliere speranzosa. Voleva anche la sua approvazione.
L’uomo le porse una mano per aiutarla ad alzarsi “Perché no? Ma poi dritta a letto”
Non riusciva proprio a dirle di no.
Vederla sorridere era ciò che lo rendeva più felice al mondo, specialmente quando il sorriso era rivolto a lui.
Sorretta da Leon, assieme a Sandir e Lavi, seguirono i due fratelli fino ad una piccola tenda in cui avevano collocato Sera.
La trovarono cosciente, distesa su una branda nella sua forma più consueta e apparentemente in buone condizioni in compagnia di Emil, intento a porgerle un bicchiere contenente qualche sorta di intruglio medicinale.
“Siete qui” disse quando si accorse di tutti loro “state bene, che sollievo” ma poi, quando i suoi occhi si concentrarono su Sandir, il suo sguardo si fece improvvisamente corrucciato e i capelli infuocati si mossero minacciosi “Mi hai mentito!”
Il preso in causa fece un passo indietro.
“Mi avevi detto che non potevi trasformarti e invece ne sei capace”
Gli occhi di tutti si concentrarono su Sandir, che stava cercando di farsi il più piccolo possibile “Mi dispiace. Non è che non mi fidassi di te o degli altri…la verità è che non mi fidavo di me stesso” il giovane strinse le mani a pugno, combattuto, e poi, dopo un respiro profondo, alzò gli occhi verso la ragazza.
“Quando Bog mi ha trovato ero in condizioni pietose. Nemmeno lui pensava sarei sopravvissuto e invece, quando ormai sembrava giunta per me la fine, mi sono trasformato. O almeno questo è quello che mi ha detto lui, io non ne ho il ricordo. Appena ho recuperato coscienza di me avevo solo la sensazione di aver fatto qualcosa di brutto.
Il primo ricordo che ho dopo la trasformazione è di essermi ritrovato all’interno della sua stanza e di aver visto Bog con una mano sul petto, intento a curarsi una grossa ferita per fortuna non letale. C’era sangue ovunque ma anche se ero ancora confuso, io lo sapevo. Ero stato io a ferirlo, avevo perso il controllo e i segni di artigli rimasti sul suo corpo erano e sono sempre stati un triste promemoria per me”
Sandir smise di parlare, sembrava troppo scosso per continuare. Nessuno disse una parola, stavano tutti aspettando che trovasse la forza di proseguire.
“Sapevo di potermi trasformare ma avevo troppa paura di perdere il controllo per farlo ancora. Quel giorno Bog, vedendomi colto dal panico, ha cercato subito di rassicurarmi dicendomi che non dovevo preoccuparmi ma per quanto negli anni abbia cercato di darmi coraggio, ho avuto troppo timore per ascoltarlo. Avevo deciso di non trasformarmi mai più.
Bog ha cercato di trovare la mia gente, io ero solo un bambino e volevo ricongiungermi ai miei genitori. Sperava che loro sarebbero riusciti ad aiutarmi ma la mia gente era già sparita nel nulla.
Da allora ho lasciato che fosse la paura a guidarmi…se solo fossi stato più forte ora lui non sarebbe morto. Ha sempre creduto in me, che potessi farcela. Quando lo hanno ucciso ho deciso di farmi coraggio e diventare più forte, non volevo più essere impotente di fronte all’ingiustizia, ma per quanto il viaggio mi abbia fatto crescere e dato più fiducia in me stesso, la paura di perdere il controllo, di farvi del male se mi fossi trasformato, rimaneva.
È stato solo quando non c’era altra scelta sul campo di battaglia che ho deciso di ritentare. Volevo essere in grado di proteggerti Sera, e anche Serena e tutti quanti. Così ho corso il rischio e ho finalmente superato la mia paura”
Una volta finito il suo racconto, Sandir, che aveva portato lo sguardo a terra sentendo la sua energia completamente drenata, decise di riportare gli occhi su Sera, seppur titubante. La ragazza era scioccata, sembrava quasi sull’orlo della lacrime.
Sandir si avvicinò a lei in poche ampie falcate, non c’era una grande distanza dall’entrata alla branda, per cercare di rassicurarla che era tutto a posto.
“Ora sono io che devo dire mi dispiace. Non avevo idea che ti stessi portando dentro un peso del genere”
“Non preoccuparti. Mi basta che tu ti rimetta presto completamente”
La ragazza annuì.
“Bene, siccome noi siamo di troppo, ora ce ne andiamo” disse Caio sentendosi fuori luogo e in imbarazzo. Ma non riuscì a fare più di qualche passo che la mano di Emil afferrò una manica della sua camicia.
Con l’altra mano il minore aveva afferrato anche il polso di Tullio e li stava guardando come se si fossero dimenticati di qualcosa di importante.
Facendo finta di niente, Caio si scrollò la mano del fratello di dosso e ricominciò a camminare verso l’ingresso della tenda.
“Caio”, il maggiore si fermò, poi mugugnò qualcosa e tornò accanto ai fratelli, Emil nel mezzo.
Era la prima volta che Sera, Sandir e Leon sentivano quella voce.
“Ma tu puoi parlare!” disse sorpresa Sera, rivolgendosi al più giovane dei fratelli.
“Certo che può” disse Serena per niente sorpresa dalla cosa.
“Ma se puoi parlare, perché non hai mai detto una parola quando tu e i tuoi fratelli gironzolavate al confine di Idyll e io vi dovevo cacciare via continuamente. Voglio dire, siete rimasti lì per almeno due mesi e Caio non faceva altro che parlare…”
Al  maggiore sfuggì un grugnito che fece sorridere Tullio.
“Non sono uno di molte parole. Perché parlare quando posso farmi capire lo stesso senza?”
Sera era rimasta leggermente stranita dal ragionamento di Emil “Effettivamente non hai tutti i torti. Ma perché hai fermato i tuoi fratelli?”
“È per quello che è successo nelle terre degli spiriti. Io e i miei fratelli ti vogliamo porgere le nostre scuse ufficiali per il disturbo che ti abbiamo arrecato” alle parole di Emil seguì un piccolo inchino. Tullio fece altrettanto mentre Caio si limitò a fissare il suolo imbarazzato, fino a quando il minore non gli diede una pacca sul braccio convincendolo a fare come loro.
Ora era Sera quella palesemente imbarazzata “Non…non era necessario, davvero. E vi siete già scusati…”
“No. Il nostro è stato un comportamento inqualificabile, soprattutto a causa mia” disse Caio.
“Siete perdonati”
“Bene. Ora se volete scusarci, dobbiamo veramente andare”
“E dove?” chiese Sera.
“A sorvegliare Seth” disse Tullio senza riflettere.
“Chi?” domandò Sera, ma nessuno pareva volerle rispondere. Serena era all’oscuro tanto quanto la ragazza ma gli altri sembravano avere trovato un improvviso interesse per gli oggetti all’interno della tenda.
“L’adepto che hai risparmiato” disse infine Lavi rompendo il silenzio.
“Oh…”, i capelli di Sera si animarono di nuovo, non era per niente contenta della risposta ricevuta.
Era visibilmente ancora combattuta per la scelta che aveva fatto e sapere che quell’uomo era ancora lì non le rendeva le cose più facili. Sperava di non dover avere più a che fare con lui o di sentirne parlare.
Lavi si fece avanti sospirando e si sedette sul bordo della branda “Immagino ora sia il mio turno di raccontare”
“Se non te la senti non sei obbligata a farlo” disse Serena.
“No, va bene così. Ma promettimi di ascoltare fino alla fine, piccoletta”
Sera non parve contenta del modo in cui l’aveva chiamata ma annuì.
“Diversi anni fa, prima che Darcel prendesse il comando, mio nonno materno era a capo degli adepti”
Leon e Sandir, che non erano stati presenti durante la rivelazione di Darcel, sgranarono gli occhi dopo quell’informazione.
“Mia madre è nata in quell’ambiente, tra gli adepti, ma non ha mai condiviso le visioni del padre. Darcel all’epoca era ancora un Maestro ma aveva già riscosso parecchio successo con la sua invenzione, il macchinario in grado di incanalare il potere degli spiriti”
Sera strinse le mani a pugno, tratteneva a stento le sue fiamme.
“Nella sede dove era stanziata mia madre venivano portati gli spiriti catturati prima di andare incontro alla morte. Fu allora che mia madre incontrò uno spirito dell’acqua. Sapeva che non avrebbe dovuto familiarizzare con gli spiriti, avrebbe solo sofferto ancora di più per la loro fine, era più facile guardare dall’altra parte, ma quella volta non riuscì a farlo. Lui la incuriosiva e così i due cominciarono a parlare quando lei era assegnata al turno di guardia. Entrambi trovavano sollievo l’uno nella presenza dell’altra e ben presto cominciarono a nutrire sentimenti più profondi dell’amicizia.
Così mia madre decise di opporsi al padre. Non avrebbe lasciato morire la persona che amava.
Una notte drogò gli altri adepti nella base, liberò tutti gli spiriti intrappolati lì e fuggì con lui.
Sapevano che la loro sarebbe stata una vita in fuga, ma avevano fatto la loro scelta”
Lavi portò una mano al petto e parve afferrare qualcosa sotto il tessuto della camicia per poi continuare.
“Quello che i miei genitori non si aspettavano era la mia nascita. Qualsiasi persona sa che fra umani e spiriti non può nascere niente, ci sono gli studi dei maghi a provarlo, ma eccomi qui.
Dovevano spostarsi di frequente, dopo la mia nascita ancora di più, vista la mia unicità in grado di attirare chiunque fosse in cerca di soldi facili. È per questo che da sempre porto una benda sul mio occhio sinistro, dovevo nascondere ciò che ero, ma nonostante la paura costante di essere catturata, io non ero triste. Però un giorno gli adepti ci trovarono e io rimasi da sola. Decisi di diventare spietata come loro, ero stanca di soffrire, volevo essere io a vincere” la donna poggiò una mano sulla spalla di Sera “per quanto abbia cercato di diventare insensibile a tutto, non ci sono riuscita. Il ricordo delle persone innocenti che ho ucciso non se ne andrà mai via. Volevo che tu sapessi tutta la storia per capire perché ti ho fermata. Se non fosse stato per mio padre, forse mia madre non avrebbe mai trovato la forza di ribellarsi nonostante trovasse i soprusi di mio nonno abominevoli. È stata lei stessa a dirmelo.
Sì, non si può dire che Seth sia del tutto innocente, lo stesso si può dire di mia madre, ma ora sta cercando di fare la cosa giusta, e ti assicuro per esperienza personale che non è cosa facile per chi è nella sua stessa situazione. È ancora sotto sorveglianza ma le informazioni che ci sta fornendo sono di vitale importanza. A quanto pare è stato un ottimo osservatore. Potremmo essere in grado di eliminare per sempre gli adepti di Umbra grazie a lui” 
Sera la guardò negli occhi “Grazie per avermelo detto. Io…,Iliana”
Con la coda dell’occhio la ragazza aveva visto una figura comparire all’ingresso della tenda.
Visto il tono sorpreso della giovane, tutti si girarono verso l’ingresso al nome della maga.
Era proprio lei. Non aveva fatto rumore entrando e si era fermata all’entrata come se avesse avuto paura di disturbare gli altri occupanti.
“Sera, vedo che stai meglio. Volevo solo accertarmi di questo” dalla voce sembrava stanca.
Solo allora Sandir decise di soffermarsi su di lei e non poté fare a meno di notare delle profonde occhiaie intorno ai suoi occhi, le spalle incurvate come se fosse troppo provata per stare dritta e una fasciatura sulla mano sinistra con cui stava ancora tenendo scostato un lembo della tenda.
“Sei ferita…?” gli sfuggì.
La donna si guardò la mano e rapidamente la nascose tirando la manica della veste.
“Non è niente…”
“Ma niente ti può ferire…” constatò Leon.
“Sono contenta che stiate tutti bene” tagliò corto la maga “e abbiamo anche recuperato il frammento in mano ad Anthemis”
“Beatrice mi ha detto che sei stata tu stessa a recuperarlo” disse Leon.
“Ho fatto solo quel che dovevo”
“Sicura di stare bene? Sei strana” Sandir non sembrava voler lasciar correre, era preoccupato.
“Va tutto bene. Ora vado, volevo solo constatare di persona le vostre condizioni” stava già uscendo quando la voce di Sera la fermò.
“È vero?”
“Che cosa?”
“Quello che Darcel mi ha detto sulla tua maledizione. Che…”
“Ora non posso rispondere alla tua domanda”
“Ma…”
“Devo prima accertarmi di una cosa, poi ti prometto che avrai una risposta”
“Aspetta Iliana” ma la voce della ragazza sembrava non riuscire a raggiungerla. La donna era già uscita dalla tenda.
 
“Iliana!” questa volta era stato Sandir a chiamarla. Era uscito dalla tenda anche lui e non sembrava voler smettere di seguirla finché lei non l’avesse ascoltato.
La donna finalmente si voltò verso di lui.
“Tu lo sapevi”
“Sapevo che cosa?”
“Che potevo trasformarmi. E anche che forma avrei assunto, non è vero?”
Un sorriso fiorì sulle labbra della donna e per un attimo gli sembrò tornata quella di sempre.
“Come l’hai capito e da quanto?”
“L’ho capito praticamente subito. Quando viaggiavo insieme ad Akane, lei mi ha raccontato della sua prima trasformazione. Mi ha detto che prima che succedesse, aveva avuto paura di non riuscire a sopravvivere e finire come un sandir. Ci è voluto più tempo del normale e il dolore che ha provato non era paragonabile a come le avevano descritto quello della trasformazione. Ma a differenza tua, lei in quel momento non si trovava assieme alla sua gente e quindi nessuno ha potuto trarre conclusioni affrettate. Le circostanze non sono importanti, ma sapere questo e osservarti per un po’ mi ha fatto capire cosa nascondevi”
“Quando ho perso l’Agon, tu hai calciato la sabbia…”
“Avevo capito che non volevi che qualcuno sapesse. Quando ho visto i solchi che avevi lasciato, sapevo che Fang si sarebbe accorta che non si trattava di segni compatibili con unghie umane”
Sandir ripensò al terreno dell’arena: era sabbioso ma abbastanza compatto da far sì che i segni che aveva lasciato quando aveva quasi perso il controllo rimanessero visibili abbastanza a lungo.
“Iliana…non so cosa dire…”
“Non devi dire niente” la donna chiuse la breve distanza fra loro e gli poggiò una mano sulla spalla “Non eri pronto prima, e io so mantenere un segreto”
“Grazie” le parole che la maga gli aveva rivolto continuavano a ripetersi nella sua mente. Anche lei aveva dei segreti e faceva di tutto per mantenerli tali.
Senza aggiungere altro, lei cominciò a camminare di nuovo.
“Iliana” la donna si fermò un’altra volta e voltò il capo per guardarlo.
“Non so cosa tu stia nascondendo ma aspetterò che tu sia pronta a parlarne prima di trarre qualsiasi conclusione”
Lei gli rivolse un lieve e breve sorriso “Non ci vorrà molto. Promesso”
 
Tornato nei pressi della tenda di Sera, Sandir aveva già allungato un braccio per scostare il telo dell’ingresso quando qualcun altro ci pensò per lui dall’interno.
“Sei ancora qui?”
“Gli altri sono già tutti andati via. Io sono rimasta a parlare un altro po’ con Sera” disse Lavi “Non trattenerti molto. Ha bisogno di riposare”
“Va bene… Ah, Lavi”
“Sì?”
“So che non siamo partiti con il piede giusto e anche se all’inizio non riuscivo a credere che fossi cambiata, ora che ho sentito la tua storia e quello che stai facendo per noi, ho deciso di darti fiducia”
Lavi sbatté più volte le palpebre, come se non si fosse aspettata quelle parole da lui “Che dire…grazie per la fiducia”
“E un consiglio” aggiunse il ragazzo “Vedi quella donna laggiù, quella dai capelli neri con una ciocca grigia?”
Lavi si mise a guardare dove Sandir le stava indicando, nel punto dove si trovava Beatrice “Sì, la vedo”
“È il Gran Maestro di Iridium. Non ha cattive intenzioni ma è una donna molto curiosa e tu sei unica nel tuo genere”
“Capito. Evitare il Gran Maestro” lei gli spettinò i capelli “Ci si vede”
La osservò andarsene evitando senza fatica Beatrice mentre cercava di sistemarsi i capelli ma poi si affrettò ad entrare. Non voleva farsi notare dalla maga. Certo, non era unico come Lavi, ma un Darman in grado di trasformarsi in un drago era comunque una rarità. Inoltre le aveva mentito. Sentì dei brividi corrergli lungo la schiena. Lei avrebbe sicuramente trovato il modo per fargliela pagare.
Sera era ancora sveglia e sembrava assorta nei suoi pensieri fino a che non si accorse di lui.
“Ho incrociato Lavi”
“È rimasta a parlare con me in privato”
Sandir si sedette sul bordo ai piedi della branda “Stai veramente bene? Sembravi parecchio pensierosa un attimo fa”
Sera annuì “Stavo ripensando a quello che è successo durante la battaglia. Ho incontrato l’adepto che era a capo della spedizione che mi ha portato via i miei genitori”
A quelle parole Sandir rimase immobile. Gli ci volle qualche secondo per recuperare la voce “E cosa è successo?”
“L’ho ucciso” dalla voce e dagli occhi di Sera non traspariva alcun tipo di sentimento.
Sandir voleva dirle qualcosa ma non sapeva neanche lui cosa.
“Ho sempre pensato che mi sarei sentita meglio se fossi riuscita a vendicarmi ma non è così” continuò Sera parlando di getto, senza freni “Lavi mi ha detto che farmi guidare dalla rabbia non mi porterà a niente. Che vendicarmi degli adepti mi farà solo perdere me stessa”
“E tu cosa pensi?”
“Che sono stanca di questa guerra. Vorrei che fosse già finita. Non voglio più provare tutta quella rabbia, quell’odio che ho provato durante la battaglia. Quella non sono io. Non voglio più dover uccidere nessun altro, nemmeno gli adepti”
Sandir si lasciò cadere, il busto completamente disteso ai piedi della branda “Anche io sono stanco di questa guerra. Dobbiamo solo portare ancora un po’ di pazienza. Ho la sensazione che non manchi molto e Iliana ha recuperato il frammento più complicato da prendere”
“A proposito di Iliana” Sera pareva decisamente seria e Sandir si rimise seduto.
“L’ho già detto a Leon quando tu sei andato via. E gli altri erano con me quando Darcel mi ha parlato di lei” lo guardò seria negli occhi “mi sembra giusto che anche tu lo sappia. Quello che voglio dirti potrebbe non essere vero” si affrettò ad aggiungere lei “ma spiegherebbe diverse cose”
Sandir ci rifletté, in fondo aveva deciso di aspettare che fosse Iliana quella a parlare, ma alla fine prese la decisione di ascoltare ciò che Sera aveva da dire, visto come era turbata e il suo evidente bisogno di parlarne e, una volta che lei ebbe finito il resoconto, dopo qualche minuto di completo silenzio, le chiese “Tu cosa pensi?”
“Non voglio lasciare che quello che ha detto Darcel influenzi il mio modo di vedere Iliana. Ho avuto modo di conoscerla durante il nostro viaggio, so che è una persona degna di fiducia.  Voglio che sia lei a dirmi la verità”
“Per me è lo stesso” sentirla dire quelle parole lo aveva sollevato “Ora ti lascio riposare”
“Grazie per avermi ascoltata. Mi sento già meglio”
“Figurati”
 
Il giorno seguente sia Serena che Sera avevano ricevuto il permesso ufficiale da parte di Beatrice per potersi alzare, ma con la raccomandazione di non stancarsi.
Sera sembrava già come nuova. In genere se uno spirito veniva ferito, o guariva in fretta o non guariva affatto. Una volta fatto sparire l’effetto dell’incantesimo di Darcel, grazie all’intervento tempestivo di Serena e alle cure dei maghi della Torre poi per chiuderle la ferita, lei pareva già rimessa a nuovo.
Serena invece avrebbe avuto bisogno di più tempo ma aveva Leon, Lavi e i fratelli Jarrell a vegliare su di lei.
Zola ed Eban, venuti a sapere di Sera, erano giunti alla base per vederla, e avevano tirato subito un sospiro di sollievo trovandola già in piedi.
Anche i Darman erano alla base. I maghi avevano offerto i loro servigi per curare i feriti e Fang aveva accettato di buon grado. Sandir non era ancora riuscito a parlare con sua zia, l’aveva solo intravista di sfuggita, ma era sempre indaffarata. Non era riuscito neanche a vedere Snow. Horn, che aveva incontrato in una tenda intento a farsi medicare, gli aveva detto che non doveva preoccuparsi per lei, che stava bene. Nella stessa tenda c’erano anche Beak e Claw che, quando si accorsero di lui, lo fissarono preoccupati, come se si aspettassero un qualche tipo di ritorsione da parte sua per come lo avevano pestato durante l’Agon. Adesso era lui il più forte e loro ne erano consapevoli, come tutti gli altri Darman che aveva incrociato alla base. Il loro atteggiamento lasciò Sandir stranito. Non gli piaceva come veniva trattato prima, ma ora che la situazione si era capovolta completamente, non si sentiva comunque a suo agio. Per fortuna Horn lo stava trattando come al solito e per questo gli fu grato.
Ad un certo punto gli sguardi della sua gente cominciarono a essere troppo per lui, così decise di cercare un luogo isolato da tutto e tutti, ma quando pensava di aver trovato il posto giusto ai confini della base, scoprì che qualcun altro aveva già avuto la sua stessa idea.
Seduta su una roccia c’era Iliana e non era da sola, con lei c’era una bambina dai lunghi e lisci capelli corvini, la pelle candida e gli occhi neri. Era la stessa a cui aveva permesso di toccare il suo marchio quando era giunto per la prima volta in una base della Resistenza.
“Tu” disse Sandir attirando l’attenzione di entrambe.
“Oh, vi conoscete?” domandò Iliana.
“Ci siamo già incontrati una volta. Tu invece?”
“Diciamo che è una mia vecchia conoscenza” gli disse Iliana “Avevo bisogno di parlare con lei in privato”
Sandir fissò la bambina sempre più confuso “Chi sei veramente?”
La bambina portò una mano alla bocca per fermare un accenno di risata. I suoi movimenti erano aggraziati, come anche il suo modo di ridere.
“Chi sono non ha importanza ora. Ci incontreremo di nuovo un giorno. Allora avrai le risposte che cerchi. Arrivederci, fino a che non ci rivedremo” poi, dopo un breve sorriso dolce, cominciò a camminare per andarsene dalla base.
“Aspetta” Sandir mosse qualche passo per inseguirla, non voleva aspettare, voleva delle risposte subito.  
“Lasciala andare” lo fermò Iliana “È enigmatica come sempre. Mai una risposta diretta”
Sandir, attirato dalla voce della maga, aveva distorto l’attenzione dalla bambina solo un attimo ma quando si era voltato di nuovo verso di lei, era già scomparsa nel nulla. Così non ebbe altra opzione se non quella di rivolgersi a Iliana.
“Che cosa le hai chiesto?”
“Volevo che confermasse una cosa per me e, nonostante il suo modo vago di rispondere, penso di aver capito”
“Sandir, Iliana” Sera li aveva trovati e con lei c’erano anche Leon, Serena, Lavi e i Jarrell.
“Oh, giusto in tempo” disse Iliana.
“Per cosa?” chiese Leon.
“Sono pronta a rispondere alla domanda di Sera”
La ragazza si fece avanti lentamente, come se avesse paura di quello che avrebbe sentito, ma alla fine trovò il coraggio di parlare “È vero che una parte dell’Oscurità è dentro di te?”
“Sì” rispose la maga senza un attimo di esitazione. Quella singola parola lasciò tutti i presenti sotto shock. Nessuno aveva voluto credere veramente alle parole di Darcel fino a quel momento.
“In parte” continuò la donna.
“Come?” Sera era confusa come tutti ma riuscì a ritrovare la voce “Che intendi?”
Iliana indicò il suolo davanti a lei “È meglio se vi sedete. Ci vorrà un po’”
“Per cosa?” chiese Sandir.
“Per spiegarvi cosa è davvero la mia condizione. Ma per farlo dovrò partire dal principio” Iliana congiunse le mani sul suo grembo “Vi racconterò cosa è successo quella notte, la notte di mille anni fa in cui la mia vita è cambiata per sempre”
 
     
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Finita la battaglia, era arrivato il momento per alcuni personaggi di dare qualche spiegazione. Sembra che le cose stiano andando per il meglio per la Resistenza e i feriti si stanno a poco a poco riprendendo.
E ora Iliana ha finalmente trovato la forza di condividere il ricordo per lei più triste della sua lunga vita.
Alla prossima!
 

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Capitolo 35
*** 35 ***


35
 
circa mille anni fa
 
Erano finalmente giunti alla meta finale del loro viaggio. Davanti a loro si trovava la roccia nella spoglia radura al centro del mondo su cui avrebbero dovuto porre il Talismano, i cui pezzi avevano faticosamente recuperato.
In quel luogo la luce sembrava non arrivare, l’aria era pesante e persino muoversi affaticava i loro corpi più del normale. Per fortuna avevano i frammenti per contrastare la forza opposta ad essi.
L’Oscurità stava esercitando la sua influenza sulla radura ma non era ancora abbastanza forte da liberarsi completamente. Erano ancora in tempo, seppur di poco.
“Ci siamo” disse Akane.
“Quasi non mi sembra vero…” aggiunse Florian.
Erano entrambi assorti a guardare il macabro panorama che si stagliava davanti ai loro occhi.
“Perché quei musi lunghi? Ce l’abbiamo fatta” Artorius cercò come al solito di sollevare il morale ai suoi compagni, gli occhi azzurri e la bocca incurvati in un’espressione sorridente.
“Lasciali fare. Cose come questa non capitano tutti i giorni” disse Iliana portando una ciocca di capelli scuri dietro un orecchio per incontrare lo sguardo dell’uomo.
I capelli biondi del Gran Cavaliere di Dahlia erano cresciuti rispetto alla loro corta lunghezza abituale, notò lei. Avrebbe presto avuto bisogno di accorciarli un po’.
Akane scosse la testa “Va bene, basta perdere tempo” poi si tolse la collana che portava sempre al collo e liberò il frammento da essa.
Anche gli altri tirarono fuori ognuno il frammento che avevano con sé, uno ciascuno.
“Ehm… ora che facciamo?” domandò la Darman perplessa.
“Credo sia necessario avvicinarli” tentò Iliana per poi cercare una conferma da parte di Florian.
“Non mi viene in mente nient’altro. Non ci resta che provare” concordò lui.
“Allora al mio tre li avvicineremo, siete tutti d’accordo?” chiese Artorius.
Non c’era nessuna obiezione “Bene. Uno, due, tre!”
I quattro avvicinarono le mani in cui tenevano i frammenti e una luce accecante li costrinse a chiudere gli occhi.
Quando li riaprirono nelle mani di Artorius si trovava il Talismano di Sol.
I quattro pezzi si erano riuniti in un’unica pietra la cui luce era in grado di rischiarare una piccola area intorno a loro in quel luogo tetro e buio. La pietra era contornata da un sottile strato all’apparenza dorato da cui partiva una catena dello stesso colore. Anche se quel materiale sembrava oro, nessuno di loro pensava che lo fosse vista la sua capacità di emanare luce propria. Solo Sol, il suo creatore, poteva sapere di cosa si trattasse.
“Ha funzionato” disse Florian sollevato, aveva gli occhi lucidi per il sollievo.
Per arrivare fino a lì avevano tutti perso qualcosa, non era stato un viaggio indolore. Avevano pensato più volte di non farcela o di arrendersi. Si erano tutti ritrovati a chiedersi se tutto il dolore che avevano patito fosse valso la pena, ma il pensiero di coloro che avevano sofferto o perso la vita per la stessa causa li aveva spinti a non darsi per vinti. Lo facevano anche per loro. Sapere che ormai erano giunti al termine del cammino era per loro come togliersi un enorme peso dal cuore.
Però non era stato tutto orribile. In fondo, se non fosse stato per la loro missione, probabilmente non sarebbero mai diventati amici o addirittura non si sarebbero mai incontrati.
Ma se Iliana era già sorpresa di essere riuscita a stringere delle amicizie oltre a quella che già aveva con Florian, visto il suo pessimo carattere, lo era ancora di più del fatto di essersi innamorata.
All’inizio non lo sopportava proprio e pensava che probabilmente lo stesso valesse per lui nei suoi confronti, ma poi tutto ciò che avevano dovuto affrontare li aveva lentamente avvicinati e lei e Artorius avevano cominciato a nutrire dei sentimenti l’uno per l’altra.
Non sapeva neanche lei quando avesse iniziato a provare qualcosa per l’uomo, sapeva solo che quando se ne era resa conto era già troppo tardi. Aveva cercato di fare finta di niente all’inizio, ma il suo cuore alla fine aveva avuto la meglio sulla sua mente, a cui aveva dato sempre ascolto fino a quel momento.
Sapeva cos’era l’amore, lo provava da quando era bambina nei confronti di Florian, ma lo si poteva definire solo come amore fraterno, e ne aveva provato anche nei confronti della persona che l’aveva salvata portandola ad Iridium, dandole la possibilità di studiare le arti magiche, quello che poteva esserci tra un genitore e una figlia. Era la prima volta che provava quel genere di amore, dello stesso tipo che Florian diceva di nutrire nei confronti di Lin.
“Ora non ci resta che apporre il Talismano sulla roccia” disse Artorius.
Akane gli diede una pacca sulla spalla con un ghigno stampato in volto “Direi che l’onore spetta a te. In fondo sei stato tu a convincerci a partire assieme a te in questo folle viaggio”
“Sono d’accordo con Akane” concordò Florian “E convincere Ilia a fare qualcosa quando non vuole è una vera impresa, lo dico per esperienza. Ma tu ci sei riuscito” e si guadagnò uno sguardo torvo da parte della donna in questione.
Sì, lei era stata quella che aveva opposto più resistenza all’idea di quell’impresa, non perché non credesse nella causa, ma perché non pensava di essere la persona giusta per una cosa del genere. Ora era grata ad Artorius per avere insistito fino a convincerla.
La maga si accorse che lui la stava guardando, aspettava il via libera.
“Che aspetti?” ridacchiò lei, facendo affiorare il sorriso sul volto dell’uomo.
Artorius la attirò a sé, poggiò le labbra sulla sua fronte e le sussurrò “Aspettami, torno subito. Ormai non manca molto”
Non appena l’uomo si voltò per avviarsi verso la roccia, le guance della maga si tinsero di un rosso intenso e si accorse degli sguardi maliziosi che i suoi altri due compagni le avevano rivolto.
Li fissò imbronciata incrociando le braccia, specialmente Florian, come per dirgli: anche tu?
Fu Akane a rispondere prontamente prima che lo spirito riuscisse ad aprire bocca “È colpa della mia influenza”
Iliana decise di lasciare correre e si concentrò sulla figura di Artorius. Era un uomo alto, il suo era un corpo allenato e forgiato da innumerevoli battaglie ma allo stesso tempo le sue mani erano in grado di esercitare un tocco delicato e amorevole. Aveva quasi raggiunto la roccia.
Presto sarebbero stati liberi di vivere la loro vita, niente più Talismano o Oscurità.
E il sogno che lei aveva da sempre, e fino a poco tempo fa pensava irrealizzabile, si sarebbe avverato. Avrebbe avuto una famiglia.
La magia era importante per lei ma non era quello che voleva veramente, come aveva avuto il coraggio di confessare solo a Florian, il suo migliore amico, prima di incontrare Akane e Artorius.
Non mancava più di qualche passo, pochi attimi e la loro missione si sarebbe definita compiuta.
Allora perché non riusciva a scacciare l’orribile sensazione che aveva attanagliato il suo cuore?
Il Talismano era a soli pochi centimetri dalla roccia.
“Per Sol” esclamò Akane, indicando un punto dal lato opposto della radura rispetto a loro, dove era comparso un uomo.
Più che un uomo sembrava la pallida ombra di quello che era stato. Avevano davanti agli occhi quello che rimaneva del Gran Maestro degli adepti di Umbra. Avevano tutti pensato che il mago non fosse sopravvissuto al loro ultimo incontro. Era ridotto parecchio male: infatti per rimanere in piedi era costretto a sorreggersi su un bastone, un oggetto che conoscevano bene e in grado di metterli subito all’erta, il bastone oscuro.
Nonostante il modo in cui era ridotto, l’uomo rideva senza freni. Sembrava completamente impazzito, e come dargli torto. Dal suo punto di vista aveva perso tutto e proprio perché non aveva più nulla da perdere era pericoloso. Era pronto a tutto.
Artorius, il più vicino a lui, fece a malapena in tempo ad aprire bocca prima che il mago rivolgesse tutta la sua attenzione su di lui, lo sguardo carico d’odio.
“Non vincerai Artorius, non questa volta”
Con quelle che dovevano essere le sue ultime forze il mago scomparve nel nulla per poi riapparire accanto ad Artorius che, capita l’intenzione di fermarlo, aveva già avvicinato il Talismano alla roccia per chiudere la breve distanza che rimaneva tra loro.
Tutto quello che era successo dopo era accaduto talmente in fretta che gli occhi di Iliana avevano fatto fatica a registrarlo.
Lei aveva cominciato a correre verso i due uomini, una mano tesa verso di loro, ma le braccia di Florian e Akane l’avevano fermata e poi non le era rimasto altro che potesse fare se non urlare a pieni polmoni.
“Nooooooo!”
La mano di Artorius in cui si trovava il Talismano si era fermata ad un soffio dalla roccia.
Il bastone oscuro ora stava trapassando da parte a parte sia il Gran Maestro che il Gran Cavaliere ed era solo grazie alle braccia dei suoi amici avvolte intorno al suo corpo se non era caduta a terra per lo shock.
Iliana non riusciva a distogliere lo sguardo, in un attimo aveva perso tutto.
Vide il mago bisbigliare le sue ultime parole ad Artorius. Parole solo per lui e in grado di far sgranare gli occhi dell’uomo.
Le lacrime scendevano copiose dagli occhi della maga, ancora incredula per l’accaduto.
Sapeva che lui sarebbe morto, non c’era scampo da una cosa del genere e, per quanto le facesse male, non poteva smettere di guardare.
Con estrema fatica, Artorius voltò il capo verso di lei, sembrava che il suo volto fosse l’unica cosa che fosse in grado di vedere ormai, e lei capì ciò che voleva dirgli.
Il Talismano era quasi al suo posto ma lui non era in grado di muovere la mano.
Senza perdere altro tempo, la donna si liberò dalla stretta dei suoi amici e corse verso di lui. Avrebbe realizzato il suo ultimo desiderio prima che l’Oscurità avesse la possibilità di liberarsi, era l’unica cosa che poteva fare ora.
Giunta accanto a lui gli rivolse un ultimo sorriso prima di poggiare la sua mano su quella dell’uomo e finalmente incastonare il Talismano sulla roccia.
L’ultima cosa che vide fu il sorriso affaticato di Artorius e poi solo nero.
Prima di perdere completamente conoscenza però era sicura di averlo sentito pronunciare queste parole, le ultime rivoltele dall’uomo che amava.
Mi dispiace. Ti amo.
 
Quando riaprì gli occhi Iliana non si trovava più nella radura ma su un letto morbido. Akane era accanto a lei, sembrava esausta.
“Florian!” gridò la Darman non appena si accorse che aveva aperto gli occhi “Si è svegliata, corri!”
La porta della stanza in cui aveva ripreso conoscenza si aprì di colpo e sulla soglia comparve lo spirito. Non era in condizioni migliori della Darman ma era evidentemente sollevato nel vederla sveglia.
“Pensavo non ti saresti più svegliata” la voce di Florian era rotta dal respiro affannato per la preoccupazione provata e persino Akane, non dalla lacrima facile, aveva gli occhi lucidi.
I volti sollevati dei due però tornarono subito a farsi seri alla domanda della loro amica.
“Artorius…dov’è Artorius?”
I due si guardarono negli occhi e infine fu Akane a risponderle “Quando il Talismano ha toccato la roccia si è sprigionato un bagliore accecante e poi, una volta che siamo stati in grado di vedere, siamo corsi verso di te. A terra accanto alla roccia c’eri solo tu, il bastone oscuro, i frammenti e…Aoguard. Nessun’altro”
Iliana, sentite le parole della Darman, rimase completamente ferma, lo sguardo perso nel vuoto.
“Mi dispiace” continuò lei “Non siamo riusciti a fare niente” era frustrata e Florian non era da meno.
Infine le lacrime cominciarono a scendere silenziose dagli occhi della maga “No, non è giusto…”
Non riuscì a dire nient’altro. Allora i suoi amici l’avvolsero in un abbraccio e anche loro non trattennero più le lacrime che la tensione ancora non gli aveva permesso di versare.
 
Le ci vollero diversi giorni per uscire dal torpore. Nella sua testa continuavano a ripetersi i ricordi di quella notte. Continuava a chiedersi se avesse potuto fare qualcosa per impedire la morte di Artorius.
Florian non sarebbe stato in grado di fare nulla nella radura. Lì niente di naturale riusciva a crescere, neanche con l’aiuto di uno spirito della terra. Solo i fiori di Umbra generati dall’Oscurità vi erano cresciuti molto tempo prima.
Per Akane invece sarebbe stato troppo rischioso. Così vicina all’Oscurità c’era il rischio che perdesse il controllo se si fosse trasformata anche solo parzialmente, nonostante la presenza del Talismano.
Rimaneva lei. Aveva tentato di usare la magia, di deviare la traiettoria del bastone. Ma il Gran Maestro era stato più veloce di lei. Aveva fatto in tempo solo a sollevare il braccio e puntarlo verso il suo nemico quando lui già aveva colpito.
Non riusciva a smettere di pensare che Artorius avrebbe potuto estrarre subito la spada alla vista del Gran Maestro ma riusciva anche a comprendere perché non lo avesse fatto. Dopo tutto quello che era successo non voleva più combattere con lui, voleva cercare di parlargli e convincerlo a farlo desistere. Era stato tutto inutile, non lo avrebbe mai ascoltato nello stato in cui era ridotto, non c’era la benché minima speranza di riuscirci ma lui lo aveva capito troppo tardi.
Alla fine era riuscita ad accettare quello che era successo e aveva trovato la forza per alzarsi dal letto ma era difficile contenere la rabbia e la frustrazione che la coglievano senza preavviso.
Un giorno, guardandosi allo specchio nella stanza del castello di Dahlia in cui aveva trascorso la maggior parte del suo tempo da quando si era svegliata, non riuscì a trattenersi e con un pugno ruppe il vetro ferendosi e attirando una preoccupata Akane nella stanza. Fu allora che si accorse che in lei c’era qualcosa di strano.  
Appena Akane ebbe tolto i pezzi di vetro dalla sua carne, i tagli che si era procurata sulla mano si chiusero immediatamente.
Ancora incredula per quello che era successo, era tornata ad Iridium e con il supporto di Florian aveva svolto in segreto degli esami su se stessa facendo una scoperta raccapricciante.
Per quanto lo spirito insistesse per ripetere i test, dopo alcuni tentativi Iliana decise di lasciare perdere. Ma né Akane né Florian volevano arrendersi all’evidenza, così lei decise di togliergli ogni dubbio. Provò a toccare un frammento ma quando fu a qualche centimetro da esso il dolore si fece insopportabile. L’argomento era chiuso.
Insieme presero la decisione di non raccontare a nessuno i dettagli di ciò che era accaduto quella notte, non sapevano cosa fare per cambiare le cose. Naturalmente non potevano evitare di raccontare cosa fosse successo ad Artorius. I suoi familiari non sarebbero riusciti a mettersi il cuore in pace altrimenti.
Ben presto si accorsero anche che nonostante il tempo passasse, Iliana non sembrava subirne l’influenza. Dopo ulteriori test fu chiaro che non solo non invecchiava ma non poteva morire. Un’ulteriore beffa dell’Oscurità per la maga. La gente cominciò a farsi domande e allora i tre optarono per una mezza verità. Diventò di dominio pubblico la notizia che, nonostante fossero riusciti nell’impresa, Iliana fosse caduta vittima di una maledizione che l’aveva resa immortale, scaricando la colpa della sua condizione sull’ormai deceduto Gran Maestro degli adepti. Non potevano dire che la causa era l’Oscurità; Akane era convinta che se fosse stato reso noto, la maga avrebbe incontrato un destino peggiore dei suoi simili.
Non sapevano come la loro spiegazione sarebbe stata vista dalla gente comune, ma non avevano scelta.
Quella notizia fece sì che Iliana cominciasse ad essere vista come una sorta di martire. Per salvare ognuno di loro aveva rinunciato ad una vita normale. Inoltre iniziò ad essere considerata da tutti come una sorta di guardiano eterno, colei che avrebbe vegliato per sempre sul loro mondo.
Ma più la gente la elogiava, più Iliana si sentiva sporca.
Una volta assicuratasi che i frammenti fossero in luoghi sicuri, provò a tornare alla vita che aveva prima come insegnante di magia ad Iridium ma, per quanto ci provasse, non riusciva a sopportare gli sguardi ammirevoli che le rivolgevano.
Cominciò a trascorrere parecchio tempo tra i Darman o ad Idyll dove ora viveva Florian. Nessuno la guardava diversamente lì.
Ma il tempo continuava a passare inesorabile per tutti tranne che per lei e arrivò il giorno in cui Akane venne a mancare. Aveva vissuto una vita lunga e invidiabile ma la sua morte mise Iliana davanti all’inevitabile destino che sarebbe toccato anche a Florian prima o poi.
Divenne sempre più difficile per lei andare a trovarlo, si limitava a brevi e sparute visite, non riusciva a smettere di pensare a quello.
Così iniziò a spostarsi di luogo in luogo, non passava mai troppo tempo nello stesso posto e, più il tempo passava, più la gente faceva fatica a riconoscerla.
Un giorno però non poté più evitare le continue richieste di Florian. Aveva bisogno di lei. Si precipitò ad Idyll, di cui ora lo spirito era il sovrano, trovandolo come non lo aveva mai visto.
Stava molto male e Iliana pensò che ora poteva capire come lui e Akane si fossero sentiti vedendo come era ridotta dopo la morte di Artorius.
Gli adepti gli avevano portato via sua moglie Lin per sempre e fu allora, mentre lei cercava di consolarlo, che Florian le disse che solo ora era in grado di capire quello che lei aveva provato ormai quasi mille anni prima.
Quando fu sicura che il re degli spiriti fosse in grado di cavarsela senza di lei, riprese il suo viaggio senza meta. Passava sempre meno tempo in mezzo alle persone, le era difficile ormai comprendere quella gente così diversa da lei, che non avrebbe mai potuto capirla. Poteva ancora definirsi un essere umano?
Non sapeva più cosa pensare ed era per questo, per ricordare come ci si sentiva ad essere umana, che si sforzava di trascorrere del tempo in qualche villaggio di tanto in tanto. Ed era anche un modo per smorzare la noia della sua lunga e monotona esistenza.
Ma proprio quando ormai non riusciva più a trovare un senso alla sua esistenza, un emissario del regno di Anthemis si presentò al suo cospetto. Il re, venuto a sapere della sua presenza nelle vicinanze del suo castello, aveva incaricato un suo messaggero di consegnarle una lettera.
Nemmeno lei sapeva esattamente perché ma accolse la richiesta di incontrarlo, e arrivata al castello conobbe Lucien, ancora solo un bambino ma già con delle esperienze difficili alle spalle.
Nei suoi giovanissimi occhi viveva ancora la speranza nonostante tutto quello che aveva affrontato, una luce in grado di riscaldare il suo corpo ormai freddo da tantissimo tempo. Non poteva deluderlo. In fondo, pensò, cosa poteva mai succedere se fosse diventata la tutrice del principe?
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Iliana ha finalmente raccontato cosa è successo mille anni prima.
Non manca molto alla fine ormai. Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo prima delle feste (impegni permettendo) ma nel periodo tra Natale e Capodanno è tutto da vedere purtroppo. Speriamo bene.
Alla prossima!
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 36
*** 36 ***


36
 
Quando Iliana giunse alla fine del suo racconto cadde il silenzio. Nessuna delle persone che l’aveva ascoltata sapeva cosa dire.
Infine fu Sandir a rompere il silenzio “Iliana…non immaginavo che ti stessi tenendo dentro un segreto del genere”
“Non deve essere stato facile trovare la forza di aprirti con noi, ora lo posso capire” disse Sera.
“Grazie per la comprensione ma…” la maga puntò gli occhi su Leon, intento a fissarla “so che ci sono ancora delle cose che volete chiedermi”
“Hai detto che una parte dell’Oscurità è dentro di te” cominciò Leon senza tanti preamboli “e ci hai raccontato di quando è successo, ma hai anche detto prima del tuo racconto che questo è vero solo in parte. Sai di cosa si tratta anche se immagino tu lo abbia scoperto solo di recente”
Il discorso di Leon venne completato da Serena “Che altro c’è?”
Un sorriso furbo affiorò sulle labbra di Iliana “Non solo posso dirvelo ma posso anche mostrarvi che ciò che dico è la verità” sollevò la mano bendata “però per farlo ho bisogno di darvi una dimostrazione pratica”
Così la maga procedette a slegare le bende che coprivano la sua mano fino a rivelare la pelle sottostante. La sua vista fece trasalire Sandir e Sera, che non si sarebbero mai aspettati di vedere la maga ferita in quel modo.
La mano era coperta di ustioni molto gravi e in alcuni punti era completamente annerita. Come riuscisse a muoverla era un mistero.
“Ora” esordì Iliana “ricordate ciò che vi ho detto. Cosa ho fatto esattamente quella notte? Vi ho dato tutti gli elementi per capire”
“Hai raggiunto Artorius e il Gran Maestro” tentò Serena.
“Hai poggiato il Talismano sulla roccia” si intromise Lavi “ma la tua mano era sopra quella di Artorius che era stato trafitto dal bastone” gli occhi della rossa si illuminarono.
“Sei sulla strada giusta” disse Iliana.
“Ma certo” Leon si alzò in piedi “Il bastone oscuro, il Talismano e la roccia da cui stava per liberarsi l’Oscurità. Eravate tutti connessi. Quando hai messo il Talismano al suo posto l’energia che si è sprigionata apparteneva a entrambe le parti”
“Quindi dentro di te non c’è solo una parte dell’Oscurità ma anche dell’energia del Talismano!” disse Sera con voce esultante congiungendo le mani all’altezza del petto “Lo sapevo che Darcel si sbagliava, me lo sentivo”
L’esuberanza della ragazza venne però smorzata dalle parole di Caio.
“Ma allora perché tutti i test che hai svolto su di te e anche quelli di Darcel hanno rivelato solo l’Oscurità? Non avrebbero dovuto rilevare anche l’energia del Talismano?”
Tutti guardarono il maggiore stupiti dalla valida domanda.
“Che c’è? Non posso fare delle brillanti osservazioni anche io?” l’uomo incrociò le braccia offeso mentre i suoi fratelli lo guardarono ammirati.
“Caio ha ragione. Ci manca ancora un tassello affinché tutto il nostro ragionamento abbia un senso” rifletté Sandir, per poi rivolgere lo sguardo su Iliana, in cerca di risposte.
“Caio ha sorprendentemente sollevato una valida questione” disse Iliana, guadagnandosi un’occhiataccia dall’interessato “e ammetto che durante la battaglia, quando ancora non avevo alcuna certezza che la mia ipotesi fosse vera, ho corso un grosso rischio. Se avessi sbagliato, ora sarei nelle prigioni di Anthemis un’altra volta”
Dopo una breve pausa la donna riprese a parlare “La risposta è più semplice di quello che credete. Provate a pensarci. Cosa accomuna ogni creatura di Sol e Umbra?”
“Che sono tutte formate da luce e oscurità in egual misura” rispose Sera.
“Esatto. Se quella notte non avessi preso anche parte dell’energia del Talismano oltre all’Oscurità, e esattamente nella stessa quantità, avrei fatto la stessa fine di…” non riuscì a continuare ma tutti avevano capito “Da un certo punto di vista si può dire che sono stata fortunata”
Iliana abbassò il capo e le sue labbra si incurvarono in un sorriso malinconico “Florian e Akane hanno sempre dubitato dei risultati dei test per quel motivo. Non aveva senso che fossi ancora viva e anche io non sapevo darmi una risposta ma ero troppo presa dalla mia situazione per ragionare con lucidità”
“Ma allora perché non lo hai capito prima?” chiese Serena.
“Tutti in questo mondo possono scegliere se farsi guidare dalla luce o dall’oscurità nel loro animo, far prevalere una sull’altra è una scelta dell’individuo che ha il potenziale per entrambi ed il libero arbitrio per decidere il proprio destino. Io ho lasciato che lo sconforto e la disperazione prendessero il sopravvento su di me e così facendo ho permesso che l’Oscurità fosse l’unica a venire a galla, nascondendo la luce del Talismano. Non riuscivo più ad essere veramente felice, a lasciar spazio a sentimenti positivi, se non per brevi attimi negli ultimi anni”
“Quindi ha a che fare con le emozioni” disse Sera.
Iliana annuì “Mi basta concentrarmi su dei ricordi che mi rendono felice, attingere all’energia del Talismano e…” la mano martoriata cominciò a guarire. Dove un attimo prima c’erano le bruciature la pelle era tornata al suo stato originario; i tessuti anneriti erano passati gradualmente dal rosso ad un rosa scuro fino ad assumere il loro normale e roseo colorito.
“…i danni arrecatimi dal frammento sono solo un ricordo, guariti dalla loro stessa energia”
Nessuno dei presenti sembrava voler staccare gli occhi dalla mano, meravigliati da ciò che avevano visto.
“Aspetta” si riscosse Sandir “se ho capito bene ora sai come attingere al potere dell’Oscurità o del Talismano che possiedi a piacimento, giusto?”
“Già, ma non posso usarli contemporaneamente, solo uno alla volta”
“Direi che sono parecchie informazioni da digerire” parlò improvvisamente Lavi, per poi alzarsi di colpo “vado a farmi una passeggiata” e senza dire altro se ne andò.
“Aspetta, non andartene via per conto tuo!” Caio la inseguì e con lui i suoi fratelli, che salutarono gli altri prima di andarsene.
“È meglio se vado anche io a riposare” disse Serena alzandosi lentamente.
“Ti accompagno” si offrì Sera.
“Vengo anche io” aggiunse Sandir, abbastanza alto da offrire un sostegno alla donna, a differenza di Sera.
E così, nel luogo dove prima erano tutti riuniti, rimasero solo Leon e Iliana.
La maga sospirò “Coraggio, che aspetti? Se hai ancora delle domande sono qui per rispondere”
Leon si avvicinò alla donna, fermandosi a pochi passi da lei prima di parlare “Quello che voglio chiederti non riguarda ciò che ci hai detto prima, ma è una cosa che mi domando da quando sei arrivata all’accampamento della Resistenza per la prima volta”
“E perché non me l’hai chiesto prima?”
“Non eravamo così in confidenza e non pensavo mi avresti risposto visto che non mi vedevi di buon occhio. Inoltre è una cosa che volevo chiederti in privato” fece una pausa, come per scegliere le parole adatte “Quando ti ho portata alla base, il tuo approccio con le altre persone era diffidente, l’unica con cui non hai avuto alcun problema dall’inizio è stata Serena. Le hai addirittura permesso di aiutarti. Perché? Ha a che fare con il fatto che discende dalla famiglia reale di Dahlia di mille anni fa?”
“Non nego che in parte è per quello, ma ti ricordo che quando l’ho conosciuta non sapevo chi fosse. Quando l’ho vista mi ha subito ricordato il re e la regina di Dahlia dei miei tempi. Anche se quando l’ho incontrata, quella particolare antenata di Serena non si sarebbe mai immaginata di diventare regina” un sorriso si aprì sulle labbra di Iliana “È strano, non è la prima volta che incontro discendenti di persone che conoscevo, ma se a volte non mi colpiscono minimamente, altre mi ricordano i loro antenati per un motivo o per l’altro. Si può dire che Serena ha ereditato i valori dei regnanti di mille anni fa: l’animo gentile del re e la forza d’animo della regina. Erano delle brave persone…”
Vedendo l’espressione sempre più malinconica della donna, Leon decise di intervenire “Ti ringrazio per la risposta onesta. Ma non voglio rattristarti ulteriormente”
La donna scosse il capo “No, mi fa bene parlare del mio passato. Ho dei bei ricordi di Dahlia, è ora che smetta di vedere tutto nero”
“Ora è meglio che raggiunga Serena. A dopo” Leon si voltò e si avviò ma la voce di Iliana lo fermò “Anche tu mi ricordi qualcuno. C’era un ragazzo che Artorius stava addestrando personalmente. Non era un cavaliere di drago e nessuno pensava avrebbe mai fatto strada, ma aveva un sogno e la determinazione a non arrendersi qualunque difficoltà sopraggiungesse”
Leon si girò a guardarla “E alla fine è riuscito nel suo intento?”
“Sì, alla fine ha ottenuto anche più di quello che sperava. E tu? Pensi di riuscire a realizzare i tuoi sogni?””
“Spero di essere altrettanto fortunato” detto questo, Leon si allontanò ed era già troppo distante per sentire le parole che la donna gli rivolse.
“Lo spero anch’io”
 
Quando poco più tardi Iliana raggiunse la tenda in cui alloggiava, scoprì che era già occupata da qualcun altro.
Sandir era seduto sul bordo della sua branda, la stava aspettando.
“Sandir. Come mai qui?”
“Perdona l’intrusione ma c’era una cosa che volevo chiederti” il ragazzo cominciò a giocherellare con un oggetto che aveva tra le mani e solo allora la donna si rese conto che si trattava del bracciale che lui aveva preso di nascosto.
Così la donna percorse la breve distanza dall’ingresso alla branda e si sedette accanto a Sandir “Chiedi pure”
“So che è chiedere tanto ma mi piacerebbe sapere a chi apparteneva questo bracciale, in origine intendo”
Iliana si prese del tempo per rispondere “Apparteneva alla migliore amica di Akane, è per questo che l’ho riconosciuto. Lei però lo portava sulla caviglia visto che la sua forma animale era quella di un volatile. Ma come ti ho detto sono passati circa mille anni e non so, con tutto il tempo che è passato, chi ne può essere entrato in possesso nel frattempo”
Sandir continuava a rigirarsi il bracciale tra le mani “Capisco” poi improvvisamente le chiese “Sei stata tu a incantarlo?”
“Non interamente. L’incantesimo per far sì che non si danneggi a causa delle trasformazioni non è opera mia. Quello per preservarlo nel tempo invece sì”
Sandir stava per chiedere alla maga chi fosse l’altro mago autore dell’incantesimo sul bracciale ma poi si accorse della mano da poco guarita stretta a pugno. Chiunque fosse stato non doveva averle lasciato un bel ricordo, così decise di lasciar perdere.
“Lo sai, quando ho rubato il bracciale ho agito d’impulso. Volevo avere un ricordo dei miei genitori a tutti i costi ora che non posso più vederli in carne e ossa”
La donna parve riscuotersi di colpo e prese a guardarlo intensamente negli occhi, mettendolo in imbarazzo.
“Iliana? Perché mi stai fissando?”
“Chiudi gli occhi”
“Perché?”
“Fallo e basta… Fidati di me” fu quando udì la sua richiesta di fiducia che finalmente si convinse a obbedirle.
Sentì una mano della donna toccare il bracciale tra le sue mani e l’altra poggiarsi sulla sua fronte, poi il nulla davanti ai suoi occhi chiusi si tramutò in un campo di fiori.
Ricordava vagamente quel luogo: era stato uno degli ultimi posti in cui aveva trascorso del tempo con i suoi genitori.
E fu proprio in mezzo alla distesa colorata che li vide. I suoi genitori, in compagnia di un se stesso bambino. Ridevano, suo padre stava giocando con lui mentre sua madre stava creando una ghirlanda di fiori che poi gli poggiò sulla testa. Sul polso della donna si trovava il bracciale che ora sapeva trovarsi fra le sue mani.
Il ricordo di quella giornata felice non durò molto. Ben presto la vista davanti ai suoi occhi si fece man mano più scura fino a svanire nel nulla.
Fu solo quando riaprì gli occhi che si rese conto delle lacrime sul suo volto.
“Non so come hai fatto ma grazie” disse il ragazzo asciugandosi le lacrime.
“È lo stesso concetto del recupero di ricordi dalla mente di qualcuno, come ho fatto per ritrovare il punto in cui avevi nascosto il frammento quando ci siamo incontrati. Solo che con un oggetto è un po’ più complicato che con un persona in carne e ossa”
“Solo un po’?”
“E va bene. Parecchio più complicato, o tutti i maghi lo userebbero. Ho messo a punto questo incantesimo a causa della nostalgia per le persone che ho perso. Basta avere un oggetto che era in loro possesso. Nel tuo caso solo tu, e immagino tua zia, avete toccato il bracciale dopo tua madre. I ricordi che dovevo cercare erano recenti; è più difficile con ricordi più vecchi” Iliana lo punzecchiò sulla fronte “Ora, se non ti dispiace, vorrei riposare”
“Oh, certo. E grazie ancora”
Sandir si diresse a passo spedito all’ingresso ma prima di scostare la tenda per uscire si girò “Iliana?”
La donna era ancora seduta sulla branda “Sì?”
“Prima, quando hai detto che non puoi usare l’energia dell’Oscurità e del Talismano contemporaneamente, dicevi sul serio o in realtà puoi farlo?”
Lei non gli rispose, era come se fosse combattuta sulla risposta da dargli. Si fissava le mani.
“Se usassi la loro energia contemporaneamente cosa succederebbe?”
Allora Iliana lo guardò “Sai già la risposta”
 
 
I passi lenti e affaticati di Darcel rimbombavano nei corridoi del castello di Anthemis. Per camminare si aiutava con il bastone oscuro. Visti gli ultimi avvenimenti era meglio non rischiare e portarlo sempre con sé; poteva essere l’unica differenza tra la vita e la morte.
Il castello era presidiato dai soldati nativi di Anthemis rimasti. Alcuni dei loro compagni erano stati catturati dalla Resistenza, altri erano periti in combattimento. Anche i suoi maghi erano rimasti in pochi. Aveva avuto il mondo sulla punta delle dita e ora, in pochi attimi, aveva perso quasi tutto. E proprio quando l’Oscurità era sul punto di liberarsi.
Si fermò davanti alle porte della sala del trono, dove le guardie poste dinanzi gli aprirono il cammino.
Il re si trovava all’interno, intento a guardare il panorama fuori da una finestra. Era una vista inusuale dato che il giovane sovrano preferiva tenere le finestre coperte da pesanti e scure tende.
Vedere Lucien fece crescere in lui nuovamente la rabbia mai del tutto sopita. Anche se il sovrano di Anthemis aveva fallito, nemmeno lui poteva evitare di ammettere che fosse in parte colpa della sua invenzione. Il Gran Maestro oscuro era stato convinto che ciò che aveva ideato per contenere l’energia del frammento all’interno di un corpo fosse perfetto, ma si era sbagliato. E quell’errore gli era costato caro.
Era troppo orgoglioso per lasciar perdere. Quando aveva riportato il re ad Anthemis, si era messo subito all’opera per migliorare e rendere questa volta ottimale la sua creazione, senza alcuna protesta da parte di Lucien. Ora era certo che sarebbe stata in grado di imbrigliare il potere del Talismano intero o la sua forza opposta.
Adesso dovevano però mettere assolutamente le mani su un frammento per riuscire a recuperare ciò che avevano perduto, l’unico problema era come.
No, non doveva scoraggiarsi. Finora avevano sempre trovato un modo per farcela, lo avrebbero trovato anche questa volta. Dovevano farlo o sarebbe stata la fine.
Lucien ancora non dava segno di essersi accorto di lui, o almeno così voleva far credere. Era sempre davanti alla finestra, il suo corpo completamente investito dalla luce del sole alto nel cielo.
Darcel mosse qualche passo incerto verso di lui ma si fermò quando udì un colpo di tosse provenire dal re.
Si accorse, grazie all’occhio rimastogli, che Lucien aveva subito nascosto la mano che aveva usato per coprirsi la bocca.
Era stato veloce ma il mago lo aveva visto. C’era del sangue. Il corpo del sovrano non si era ancora ripreso del tutto.
Finalmente il re si voltò verso di lui.
“Mio signore”
“Darcel, stavo per mandarti a chiamare”
“Era anche mia intenzione parlare con voi” disse il Gran Maestro per poi non riuscire più a mantenere un tono di voce neutrale, la frustrazione era troppa “Non possiamo più aspettare! Abbiamo perso molto ed è solo questione di tempo prima che la Resistenza marci qui se non facciamo niente per impedirglielo”
Il re non disse niente.
La rabbia di Darcel crebbe. La verità era che in quel momento non sapeva neanche lui cosa fare. Aveva sperato in una qualche idea di Lucien. Era per quello che si era recato nella sala del trono, illudendosi.
“Se non c’è niente che possiamo fare allora abbiamo perso” il mago non voleva accettare una cosa del genere, non dopo tutto quello che aveva fatto, quello che aveva passato, ma cosa poteva fare ora nemmeno lui lo sapeva “Cosa ci rimane? Non c’è più niente che possiamo fare…”
Ormai a capo chino lui, che mai avrebbe pensato di cadere così in basso, si stava facendo prendere sempre di più dallo sconforto.
Un’ombra entrò improvvisamente nel suo ridotto campo visivo e d’istinto sollevo la testa.
Lucien era davanti a lui e lo stava guardando. Sembrava quasi che ci fosse della pietà nel suo sguardo, ma non ne era del tutto certo.
Quella sensazione non durò a lungo poiché in un attimo un ghigno si allargò sulle labbra del re “Povero Darcel, pensavi davvero che non avessi un piano per una situazione del genere?”
“Come?” il vecchio mago era rimasto del tutto spiazzato dal cambiamento improvviso.
“Anzi, ti dirò di più. Tutto questo era il mio piano fin dall’inizio”
“Che cosa state dicendo? Non capisco”
“Sapevo che dopo la fuga di Iliana ottenere frammenti sarebbe stato difficile e avevo anche preso in considerazione la possibilità di perdere quello già in nostro possesso.
Ma è stato proprio grazie alla sua fuga se ho potuto velocizzare il corso degli eventi da me pianificato” Lucien lo guardò come se fosse un povero sciocco, ignaro di ciò che lo circondava veramente “Ottenere i frammenti è stato per me sempre e solo un obiettivo secondario. E tutte queste guerre… sì, erano necessarie ma sapevo che sarebbe stato impossibile conquistare il mondo intero usando ciò che avevo a mia disposizione. Mi hai dato dei buoni mezzi ma non ho mai creduto che sarebbero bastati”
Vista l’aria di sufficienza con cui il re si stava rivolgendo a lui, era sempre più difficile per il mago mantenere il controllo ma non voleva cedere.
“Ma allora perché allearti con me?”
“Non ho mai detto che i tuoi servigi siano stati inutili, solo che non mi avrebbero portato a realizzare il mio vero obiettivo”
“Allora cosa sono io per te?”
“Andiamo Darcel, come tu mi hai sempre visto come una pedina da sfruttare a tuo piacimento, io ho fatto lo stesso. Non fare il finto tonto, sei ben consapevole di questo”
La presa del mago sul bastone oscuro si fece più salda. Detestava ammetterlo ma aveva paura.
“Non hai più niente! Cosa credi di poter fare ora! Senza di me non sei niente!” sfidò il re.
Lucien lo guardò senza dire niente e Darcel pensò di essere riuscito a metterlo in difficoltà.
L’uomo si sentiva già più fiducioso quando il re scoppiò in una fragorosa risata, lasciandolo basito.
“Oh, Darcel. Ti sbagli di grosso. Ma visto che ormai siamo quasi giunti alla fine e ho deciso di essere sincero nei tuoi confronti, ti dirò perché ho scelto di collaborare con te” Lucien lo fissò intensamente “Per prima cosa, grazie al tuo aiuto mi è stato possibile causare una disperazione tale nei cuori delle genti che ora l’Oscurità è in procinto di risvegliarsi.
Poi, quando ti sei offerto di occuparti del frammento in mano agli spiriti, non hai fatto altro che rendermi le cose più facili. Vedi, io speravo in un tuo fallimento. Lo stato in cui sei ridotto ora gioca a mio vantaggio.
Per quanto riguarda la nostra ultima battaglia, vincere o perdere era per me indifferente. Ammetto che riprendermi Iliana in quell’occasione sarebbe stato meglio ma presto riuscirò nel mio intento comunque”. A Darcel le parole di Lucien parvero sincere. Era convinto di quello che stava dicendo, che avrebbe ottenuto ciò che voleva.
“Quello che era veramente importante in quel momento era testare la tua ultima invenzione. Se avesse funzionato, tanto meglio. Se avesse fallito, come è successo, sapevo che ti saresti messo subito all’opera per renderla perfetta”
“È per questo che non ti sei opposto quando ho cominciato a lavorarci nonostante tu non fossi in buone condizioni” il mago ormai aveva abbandonato del tutto le formalità.
“Esatto”, Lucien si portò una mano alla spalla dove si trovava la recentemente affinata invenzione del mago “dovevo essere certo che fosse perfetta in vista di ciò che accadrà fra poco”
“Qual è il tuo vero scopo?”
“Non ti è dato saperlo”
“Che cosa hai intenzione di fare ora?” il modo in cui Lucien lo stava guardando era sempre più allarmante.
“Quanta fretta. Lo scoprirai presto. In fondo, sei esattamente ciò che mi serve”
Darcel non poteva più temporeggiare, il re era un pericolo per lui.
Alla velocità massima che il suo corpo gli consentiva, mosse il bastone per trafiggere il suo vecchio alleato ma, con un movimento fulmineo, Lucien bloccò il suo attacco.
“Sei troppo debole e vecchio. Le tue condizioni, la battaglia e il perfezionamento della tua invenzione ti hanno sfiancato, come avevo previsto”
Le parole di Lucien vennero ben presto seguite da una violenta ma breve fitta allo stomaco.
Non poteva fare più niente ormai, il bastone oscuro che lui voleva usare contro il re ora lo stava passando da parte a parte.
“Non sai da quanto tempo volevo farlo” bisbigliò il re al suo orecchio “ma avevo bisogno delle tue capacità, per questo ho sopportato la tua presenza fino ad ora”; poi si allontanò per guardarlo in faccia, l’odio che provava nei suoi confronti non più celato “Hai usato mia madre per intrufolarti a corte, allontanandola ancora di più da mio padre. Hai reso Rafflesia una minaccia per il mio regno, portando mio padre alla morte. Ma soprattutto, quando ero solo un ragazzo, hai ideato un veleno che ha ferito Iliana”
Darcel si sentiva sempre più debole, era sempre più freddo. Dunque era questo che si provava sulla soglia della morte.
“E ora, da pedina sacrificabile quale sei, mi sarai utile per l’ultima volta andando in pasto all’Oscurità. Sei stato tu stesso a dirmi che ormai era questione di attimi. La tua anima nera e disperata per la sconfitta è perfetta per l’occasione”
Nonostante il dolore, Darcel non riuscì a fermare un ghigno compiaciuto. Lucien lo aveva sopraffatto con una facilità allarmante e lui non si era mai reso conto del suo vero intento. Pensava di essere quello che aveva il controllo ma non era mai stato così.
Comunque, anche se per lui era giunta la fine, se ne andava sapendo che avrebbe portato il mondo intero alla disfatta con sé. Una fine degna di lui…
Lucien lasciò cadere il bastone oscuro a terra. Del Gran Maestro oscuro rimanevano soltanto le vesti.
Il re di Anthemis tornò alla finestra, un sorriso compiaciuto sul volto.
Nei giochi di strategia era sempre stato il migliore, erano quelli che lo divertivano di più, specialmente il suo preferito.
La partita che aveva portato avanti negli ultimi anni era finalmente giunta alle battute finali.
“Umbra vince”
In ogni punto del mondo la terra cominciò a tremare.     
 
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Mi scuso per la lunga pausa ma sono stata parecchio occupata nell’ultimo periodo. Spero che  abbiate tutti passato delle buone feste e riposato.
L’Oscurità è sul punto di liberarsi, riuscirà la Resistenza a fermarla in tempo?
Alla prossima!
 

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Capitolo 37
*** 37 ***


37
 
“È la fine! Siamo tutti morti” gridò Caio “Ahi!”
Lavi lo aveva colpito sulla testa con una manata “Vedi di darti una calmata. Siamo ancora tutti vivi”
“Ma per quanto ancora…” sussurrò Tullio portando gli occhi al cielo.
Quando la terra aveva cominciato a tremare le persone nell’accampamento avevano iniziato a gridare, a correre in preda al panico. Chi era all’interno delle tende ed era in grado di muoversi era uscito all’aperto. Ma la paura provata per la scossa non era nulla rispetto a quella che ora avevano nel vedere il cielo diventare sempre più cupo, specialmente nel punto da cui quell’anomalia aveva avuto origine ed il cielo aveva ormai assunto un colore nero come la pece. Anche se lontani tutti avevano capito: l’Oscurità si stava risvegliando. Non c’era più tempo.
“Mammina, ho paura. Non voglio morire” disse tra le lacrime una bambina, che venne subito avvolta dalle braccia della madre in un abbraccio che doveva essere di conforto per la piccola, ma in quel momento lo era anche per la madre.
“Non fatevi prendere tutti dal panico. C’è ancora tempo. Deve esserci” disse Leon nel tentativo di rincuorare gli animi. Serena era accanto a lui e faceva del suo meglio per apparire tranquilla.
“Leon ha ragione. C’è ancora tempo ma dobbiamo sbrigarci” disse Iliana poco distante. Si stava massaggiando la fronte come per alleviare il dolore di una fitta alla testa.
“Quanto tempo?” chiese Sera preoccupata. Anche Emil, vicino a lei, era pensieroso.
“Due o tre ore al massimo”
“Siamo tutti morti!” Caio si fece riprendere dal panico.
Lavi sbuffò guardando l’ex brigante “E dire che avevo appena cominciato a trovarti sopportabile”
“Non è ancora finita. Possiamo ancora farcela” la voce di Iliana era ferma e sicura “Mille anni fa la situazione non era tanto diversa da oggi”
“E come faremo?” domandò re Tyberius, avvicinatosi alla maga in compagnia di Beatrice.
“È semplice. Tutti i frammenti sono riuniti qui: tre in mano alla Resistenza e uno ai Darman. Ci basterà sfruttare la piattaforma per il teletrasporto che si trova qui e spostarci su quella più vicino alla radura. Conoscendo gli adepti ce ne sarà una nelle sue vicinanze”
“Sì, è così. Per il teletrasporto lasciate fare a me” si offrì Beatrice.
“Una volta lì” Iliana portò lo sguardo su Sandir a pochi passi da lei “Toccherà a te farci arrivare alle porte della radura”
“Capito” le disse il giovane.
“Tutto chiaro? Bene, i frammenti” disse la maga allungando una mano verso il capo della Resistenza.
“Vado subito a prenderli” Tyberius corse verso la sua tenda senza perdere altro tempo.
“Io vado a cercare mia zia invece” disse Sandir con gli occhi rivolti al terreno sabbioso, preparandosi ad un imminente ed inevitabile confronto.
“Non sarà necessario” la voce di Fang lo riscosse. La capo clan si stava già avvicinando al nipote, un gruppo di Darman, tra cui Horn, al suo seguito.
La Darman camminò fino a trovarsi di fronte al nipote e lì si fermò a fissarlo in completo silenzio.
“Zia Fang” cominciò Sandir, sperando di trovare come per magia le parole giuste da dire “Ti prego, affidami il frammento”
“Non devi pregarmi. Il frammento è tuo” disse la donna per poi sfilarsi la rudimentale collana con il frammento e metterla al collo del nipote “e con esso anche il ruolo di capo clan”
“Che cosa?!” Sandir era rimasto completamente spiazzato da ciò che era appena successo. Doveva esserci un errore “Io non capisco…perché?”
“Il ruolo di capo clan è dato al Darman più forte e con esso il dovere di proteggere il frammento. Nessuno di noi riuscirebbe a battere un drago” la donna portò una mano alla bocca, pensierosa “Anche se…forse se avessi dieci anni di meno ci farei un pensierino”
Sandir non mise in dubbio le parole della zia.
“Congratulazioni” continuò lei per poi rivolgersi ai Darman poco distanti “Salutate il vostro nuovo capo”
Tutti i Darman presenti si inchinarono al cospetto di Sandir, Horn contenendo a stento un enorme sorriso, mentre Fang si limitò ad un cenno del capo.
“Zia Fang, io…”
“Parleremo quando tornerai” la donna accennò un sorriso che però si trasformò presto in un’espressione di rabbia a stento contenuta “Anche delle tue abitudini cleptomani”
Allora Sandir capì che Fang era consapevole che il bracciale di sua madre era stato trafugato e soprattutto che era lui il colpevole. Non sarebbe stata una bella chiacchierata, ne era certo.
“E del tuo essere un bugiardo cronico” si intromise Beatrice, le mani sui fianchi e gli occhi ridotti a fessure dietro le lenti degli occhiali.
In quel momento Sandir non sapeva quale delle due opzioni sarebbe stata la peggiore per lui: morire per mano dell’Oscurità o subire l’ira delle due donne.
Re Tyberius lo salvò dalla sua brutta situazione tornando con in mano tre scrigni identici in cui aveva riposto i frammenti.
“Bene. Se avete qualcuno da salutare, fatelo ora. Vi lascio qualche minuto” decretò Iliana spostando lo sguardo sui suoi tre compagni di viaggio.
“Se c’è qualcosa che possiamo fare per aiutare…”
La maga fermò Tyberius prima che potesse finire di parlare “L’unica cosa che potete fare è rimanere qui finché non sarà tutto finito, solo questo” poi si rivolse a Beatrice “Noi andiamo a preparare la piattaforma”
Le due maghe si allontanarono e Tyberius si rivolse alle persone riunite in quel luogo “Avete sentito tutti? Tornate alle vostre occupazioni”
Seppur ancora incerte, le persone pian piano obbedirono. Tyberius stava per tornare a svolgere i suoi doveri quando sentì il peso di una mano poggiarsi sulla sua spalla.
Quando si voltò si trovò di fronte Fang “Visto che rimarrete qui, ci sarebbe una cosa in cui la Resistenza potrebbe essere d’aiuto”
 
“Leon, dove mi stai portando?” chiese Serena.
Non appena Iliana aveva detto a Sera, Sandir e Leon di salutare chi volevano nei pochi minuti a loro disposizione prima della partenza, il cavaliere aveva preso per mano la principessa e, senza dire una parola, aveva cominciato a camminare a passo svelto allontanandosi da tutti.
“Leon?” la donna non lo aveva mai visto comportarsi così, non sapeva cosa aspettarsi. Lui continuava a camminare senza risponderle.
Ormai stanca di tutto ciò era sul punto di puntare i piedi a terra e opporsi quando lui si fermò di colpo e si voltò a guardarla.
L’intensità con cui la stava fissando la colse di sorpresa, bloccando qualsiasi protesta prima che potesse raggiungere le sue labbra. Rimase ferma, rigida come una statua.
“Serena”
La voce di Leon la sciolse dall’immobilità facendola scattare sull’attenti “Sì?”
“Scusami per i miei modi ma volevo parlare con te in privato e non ho molto tempo”
“Non…non preoccuparti” Serena cominciò a giocherellare con la veste, lo sguardo fisso sulla sabbia ai suoi piedi. Era nervosa, sapere che sarebbe partito di nuovo senza di lei non era facile da digerire. Avrebbe voluto almeno avere più tempo.
Infine trovò la forza di tornare a guardarlo negli occhi. Non poteva farci niente, purtroppo.
“Allora, cosa volevi dirmi?” si sforzò di sorridergli.
Non era l’unica ad avere difficoltà in quel momento, poteva vedere quanto Leon fosse agitato, anche se sarebbe stato difficile da capire per chi non lo conosceva bene come lei.
“Serena, negli ultimi mesi non ho adempito al mio compito di proteggerti. Avevo promesso di starti sempre accanto ma tu sei stata comprensiva e mi hai permesso di compiere il viaggio che mi ha portato ad essere qui oggi. Ti sono immensamente grato per questo”
La donna scosse il capo “Non devi ringraziarmi”
“Quando sono partito non avevo idea di cosa sarebbe successo. Mi hai dimostrato ancora di più quanto tu sia coraggiosa, gentile, forte…quanto tu sia una persona meravigliosa. Meriti molto più di quello che hai e un giorno spero di poter farti riottenere ciò che la guerra ti ha tolto. Non posso ridarti la tua famiglia ma come tuo cavaliere farò tutto ciò che è in mio potere, te lo prometto”
“Leon…”
“Io non sono degno di starti accanto ed è per questo che so che quella che sto per farti è una richiesta egoista da parte mia”
“Una richiesta?”
Le mani di Leon avvolsero quelle della donna in una presa salda ma delicata. Non cercò di nascondere le sue emozioni, non quella volta. Tutto quello che provava in quel momento, i sentimenti che aveva provato per anni e tenuto per sé, li lasciò trasparire sul suo volto, di fronte alla sua adorata principessa.
“Serena, aspettami. Ancora una volta, per l’ultima volta, e al mio ritorno, se vorrai ascoltarmi, c’è una cosa molto importante che devo dirti”
Dopo le ultime parole di Leon, Serena non disse nulla. Le guance della donna cominciarono a tingersi di rosso, le sue labbra rimasero leggermente aperte e i suoi occhi sull’orlo delle lacrime. Pensava che il suo cuore sarebbe esploso.
“Certo che ti aspetterò, non devi neanche chiedermelo” disse lei con voce quasi tremante, poi fece un respiro profondo per cercare di calmarsi.
“Ora ho io una richiesta da farti, anzi un ordine” un'altra pausa, un altro respiro “non mi è mai piaciuto darti ordini ma questa volta, solo questa, non ho alcun problema a farlo” Serena fece un passo avanti, era così vicina da poter sentire il respiro di Leon sul suo volto “Torna da me, non azzardarti a morire. È un ordine”
La tensione leggibile sul volto di Leon si dissolse per lasciar posto alla gioia a stento contenuta “Te lo prometto”   
Non le serviva altro. Si buttò fra le sue braccia avvolgendolo in un forte abbraccio. Stava piangendo ma non le importava, le bastava sentire il calore del corpo di Leon, il battito accelerato del suo cuore, confuso con il suo.
Lei avvicinò il volto a quello dell’uomo, le parole uscivano a fatica tra le lacrime “Me lo hai promesso…hai promesso”
Leon si avvicinò ancora di più fino a toccare la fronte di Serena con la sua “Tornerò sempre da te, sempre”
Rimasero così per un po’ ma Leon sapeva di non avere più tempo. Doveva andare. Serena si era calmata quasi del tutto ormai.
Lui sciolse l’abbraccio riluttante “Ora devo andare”
“Lo so”
Così Leon si incamminò in direzione della piattaforma ma non fece molta strada.
Poco distante dal punto isolato in cui aveva parlato con Serena, a braccia conserte appoggiata su una roccia abbastanza grande da nasconderla alla loro vista, c’era Lavi.  
Serena non si era accorta di lei, ancora intenta ad asciugarsi gli occhi e girata dalla parte opposta.
“Glielo hai promesso, non dimenticarlo” disse la rossa rivolgendosi al cavaliere.
“Non lo farò”
“Bene”
“Lavi, prenditi cura di lei”
“Non serve che me lo dici, lo avrei fatto comunque”
 
Poco distante dalla piattaforma, seduti uno accanto all’altra, Sera e Sandir stavano aspettando che Iliana li chiamasse una volta ultimati i preparativi.
Sera non aveva più nessuno da salutare mentre Sandir aveva salutato brevemente sua zia e Horn per poi sentirsi dire da Fang che aveva una cosa urgente da fare. L’aveva vista l’ultima volta in compagnia di re Tyberius.
“È quasi ora” disse Sera di punto in bianco.
Sandir si voltò verso di lei, che stava fissando un punto imprecisato all’orizzonte.
“Già”, non si sentiva in vena di molte parole.
“Hai paura di morire?” domandò lei.
La verità era che se lo era chiesto spesso durante il viaggio, aveva pensato più volte che sarebbe morto lungo la strada, ma ora mancava così poco “Ne abbiamo passate tante per arrivare fino a qui. Supereremo anche questo ultimo ostacolo, vedrai”
“Quando tutto sarà finito immagino tornerai qui e ti occuperai dei Darman, capoclan”, la ragazza si assicurò di enfatizzare l’ultima parola.
Sandir quasi si strozzò con la sua stessa saliva, ancora non riusciva a credere a quello che era successo. La collana sul suo collo era ciò che gli ricordava che le cose erano veramente andate a quel modo.
Lui annuì “E tu? Tornerai ad Idyll?”
“Sì, almeno per un po’. Voglio andare nel punto in cui riposa Florian. Pensavo di chiedere ad Iliana di venire con me”
“Lo sai, anche se sei una rompiscatole, mi mancherai” disse Sandir sincero.
Sera gli pizzicò un braccio “Anche tu mi mancherai. Vieni a trovarmi qualche volta. In futuro mi piacerebbe poter passare del tempo con te, Leon e Iliana di tanto in tanto. E anche con Serena e tutte le persone fantastiche che ho incontrato durante il viaggio”
“Se sei tu ad organizzare il tutto, come la festa che hai preparato per noi ad Idyll, sono sicuro che non mancherebbe nessuno”
Sera, di umore più leggero, cominciò a ridere e ben presto contagiò anche Sandir.
Sì, sarebbe stato strano vedere tutti loro prendere la propria strada dopo il tempo che avevano passato assieme, ma non voleva dire che non si sarebbero mai più incontrati, la giovane spirito lo sapeva.
“Snow!” Sandir si alzò di colpo. Sera poteva vedere il sollievo negli occhi del suo amico mentre la ragazza si stava avvicinando a loro. Gli aveva raccontato che l’ultima volta che aveva visto la Darman era stato sul campo di battaglia. Era molto preoccupato per lei. Gli aveva confessato anche dell’irruzione che lui e la ragazza lupo avevano fatto nel luogo di sepoltura dei suoi genitori e di quanto le era grato per quello che aveva fatto per lui.
Snow li aveva finalmente raggiunti. Aveva un braccio tenuto fermo da una fasciatura.
“Sandir, Sera. Sono felice di vedervi in salute” disse lei.
“Il tuo braccio…” sussurrò Sandir.
“Non è niente di grave. Guarirà in poco tempo. Piuttosto…volevo salutarvi prima della vostra partenza”
“Oh, che cosa carina. Vedrai, saremo talmente rapidi che non ti accorgerai neanche che ci siamo allontanati” prese la parola Sera. Si era accorta, lanciandogli un fugace sguardo, che l’amico sembrava essere a disagio. Qualcosa lo tormentava.
“Ti credo” le rispose Snow.
Scese un silenzio imbarazzante, nessuna delle due sapeva cosa dire e Sandir non sembrava voler essere di alcun aiuto.
“Ehm, allora io…” Snow mosse un passo per andarsene.
“Aspetta” Sandir aveva improvvisamente ritrovato la voce “Snow, posso parlarti un attimo da solo?”
Il giovane guardò Sera per assicurarsi che non ci fossero problemi.
“Ti aspetto qui” disse la ragazza spirito.
“Allora, va bene” acconsentì Snow “Andiamo”
 
Non si erano allontanati poi molto. Da dove si trovavano, Sandir riusciva a vedere chiaramente Sera. Aveva tirato fuori dalla sua sacca un libricino, quello su cui annotava gli avvenimenti del viaggio, e sembrava assorta nella lettura.
Riportò l’attenzione su Snow. Stava aspettando, senza mettergli fretta.
Che Sandir fosse agitato all’idea di parlarle era palese, il solo fatto di essere riuscito a chiederglielo era per lui un miracolo. Ma aveva bisogno di sapere, non poteva tenersi oltre quel peso.
“Snow, ecco…devo essere una delusione. Mi dispiace”
Snow parve confusa “Una delusione?”
“Ti ho mentito facendoti credere di essere quello che non sono” spiegò lui “Non sono un sandir scampato alla morte, non lo sono mai stato” detto ciò cercò di prepararsi alla reazione della ragazza. Era sicuro che fosse delusa, anzi furiosa nei suoi confronti ma si stesse trattenendo.
Era a testa bassa, non riusciva a guardarla per paura di ciò che avrebbe potuto vedere, quando udì qualcosa di inaspettato.
Alzò la testa e trovò la ragazza in preda alle risate.
Non poté fare a meno di arrossire.   
Quando la ragazza si calmò disse “Non sono delusa. È vero che non sei unico nel tuo genere ma questo non ha influito sulla mia opinione di te. Sei una brava persona, è questo ciò che conta”
La ragazza parve riflettere “Aspetta, non dirmi che pensavi che in te vedessi solo il fatto che fossi unico?”
“Tu hai detto che ti incuriosivo per quello…”
“Questo non vuol dire che non ti trovi interessante” disse lei di getto, fermandolo “Da quando sei qui non hai fatto altro che lottare per ciò in cui credi, nonostante quasi tutti i tuoi simili ti guardassero con diffidenza. Ammetto che un po’ ti invidio per questo…” Sandir non ne era sicuro ma gli parve che la ragazza fosse arrossita leggermente “Ma allo stesso tempo ti ammiro”
Snow aveva una così alta stima di lui? Questo proprio non se lo aspettava. La conversazione aveva preso una piega decisamente diversa da come aveva immaginato.
“E anche se non sei unico, sei comunque una rarità. Un Darman drago non si vede tutti i giorni, no?” il tono della ragazza voleva essere rincuorante e riuscì nel suo intento.
Sandir ritrovò il sorriso “Snow, grazie per tutto quello che hai fatto per me”
Era stata lei che lo aveva condotto dalla sua gente, era stata lei a permettergli di visitare il luogo dove riposavano i suoi genitori. Le sarebbe stato sempre grato.
Lei scosse la testa con decisione “Sono io che dovrei ringraziarti. Mi hai salvato la vita e presto salverai anche ognuno di noi. Spero solo che vada tutto bene…”
All’inizio Sandir pensò che la ragazza si riferisse alla sua missione ma qualcosa nel suo sguardo gli fece pensare che ci fosse dell’altro.
“Che intendi?”
Snow si fece seria “Finché i frammenti sono qui noi Darman stiamo bene, ma ora l’Oscurità si è fatta più forte e senza di essi…”
Sandir finalmente capì. Senza i frammenti a proteggerli dall’influenza dell’Oscurità la sua gente avrebbe corso il grosso rischio di perdere il controllo. Anzi, era solo questione di quanto avrebbero potuto resistere prima che succedesse.
“Ma non preoccuparti, ce la caveremo. In fondo è solo per poco. Fang si è già occupata di tutto. Il capo della Resistenza e i maghi di Iridium hanno assicurato che ci terranno sotto controllo se dovessimo dare i numeri”.
Anche se Snow voleva essere rassicurante, Sandir non poteva evitare di pensare al peggio. Fallire non era contemplato ma ora era consapevole che persino un secondo poteva fare la differenza per la sua gente. Inoltre, nonostante avesse passato il suo titolo a lui, sua zia non aveva smesso di proteggere il suo popolo. Aveva molte cose da imparare da lei. In quel momento decise che al suo ritorno avrebbe cercato il suo sostegno. Sarebbe diventato un buon capo. Nonostante avessero avuto delle divergenze e avessero ancora molta strada da fare, glielo doveva.
“Ora dovrei raggiungere gli altri. Tutti noi Darman staremo all’interno di un barriera per precauzione” disse Snow “Vedrai, andrà tutto bene, capoclan”
Sentire Snow chiamarlo in quel modo lo mise ancora più in imbarazzo di quando a farlo era stata Sera, ma si sforzò per lo meno di annuire e sorriderle “Se sei tu a dirlo ti credo”
Senza alcun preavviso la ragazza lo afferrò con decisione per la camicia con la mano buona, lo tirò a sé e poggiò le labbra sulle sue.
Rimase così solo per pochi secondi per poi lasciare la presa sulla camicia.
“Torna presto. Aspetterò il tuo ritorno” e se ne andò lasciandolo da solo e completamente rosso in faccia.
Ripensò alla sua indecisione di poco prima su cosa sarebbe stato peggio per lui: l’Oscurità o la furia di Fang e Beatrice al suo ritorno.
Ora non aveva più dubbi. Sarebbe sicuramente tornato.
Non appena fu certo di aver ripreso un colorito normale si affrettò per raggiungere Sera, ma invece di trovarla intenta a leggere o scrivere come pensava, fu accolto da una scena ben diversa.
La ragazza lo stava guardando furbescamente, le mani a sostenere la testa e i gomiti appoggiati sulle ginocchia.
Sandir capì subito il perché. Aveva visto tutta la scena.
“Non la smetterai di punzecchiarmi mai per questo, vero?”
Sera fece segno di no con la testa, ridacchiando “Vedila dal lato positivo, rubacuori. Se falliamo sarà solo per qualche ora al massimo”
Sandir sospirò esasperato.
 
Sera non era stata l’unica a vedere la scena. Iliana aveva appena finito di mettere a punto la piattaforma assieme a Beatrice, che ora era andata ad informare re Tyberius della loro imminente partenza.
Un lieve sorriso si fece strada sulle sue labbra. Sera stava già prendendo in giro Sandir. Era sollevata. Nonostante la loro situazione, non si stavano facendo prendere dall’ansia o dalla paura. Era fiera di loro.
Ora mancava soltanto Leon all’appello.
“È tutto pronto per la partenza?”
Iliana si voltò. Il cavaliere l’aveva raggiunta senza che lei se ne fosse accorta.
“Sì”
La maga notò subito che c’era qualcosa a impensierirlo ed era sicura che non si trattasse dell’Oscurità.
“Hai detto a Serena ciò che provi?”
Leon non parve del tutto sorpreso dalla domanda. In fondo era sparito trascinando Serena via con sé.
“Non esattamente. È…complicato”
Iliana sospirò “Lo immaginavo”
La maga non riusciva ad escludere la possibilità che il racconto del suo passato avesse influito sulla decisione dell’uomo.
“Dovrò assicurarmi che non ti succeda niente, allora”
“Mi consideri così inaffidabile?” domandò Leon abbozzando un sorriso.
“No. È solo che se c’è una cosa che ho imparato mille anni fa è che tutto può succedere”
La donna fece cenno a Sera e Sandir che, accortisi del gesto, cominciarono a camminare verso di loro.
“Iliana” disse Leon.
La donna riportò l’attenzione su di lui.
“Rimpiangi mai la tua storia con Artorius?”
“No” rispose lei senza esitare “Pur sapendo come è andata a finire, rifarei ogni cosa. Anzi, se potessi, prenderei a calci la me stessa del passato per essere stata così cocciuta da non aver dato ascolto prima al suo cuore”
Sera e Sandir li avevano quasi raggiunti e la maga approfittò degli ultimi attimi in privato con l’uomo per dire “Ecco, se ho un rimpianto è proprio quello” lo guardò negli occhi “Non lascerò che vi succeda qualcosa, a nessuno di voi”
L’intensità delle parole della donna lasciarono per un attimo Leon senza fiato.
“Eccoci!” gridò Sera agitando un braccio.
Leon si ricompose in fretta “Perfetto”
In quel momento arrivarono Beatrice e Tyberius, le loro braccia cariche.
Tyberius consegnò gli scrigni dove erano custoditi i tre frammenti rimanenti a Leon, che li infilò in una sacca.
“Per il momento trasporteremo i frammenti in questo modo se siete tutti d’accordo, mentre Sandir terrà al collo quello in suo possesso fino al nostro arrivo alla prossima piattaforma. Poi decideremo cosa è meglio fare in base alla situazione”
Anche se il piano era di sfruttare l’abilità di Sandir per spostarsi più velocemente, c’era comunque il problema dell’effetto che avrebbe avuto la vicinanza all’Oscurità su di lui.
C’era sempre il rischio di un qualche attacco da parte di Anthemis e celare la presenza dei frammenti negli scrigni, che schermavano anche il loro potere, sarebbe stato meglio, ma se il giovane avesse perso il controllo avrebbero perso tempo prezioso.
Iliana guardò di sfuggita Sandir, senza farsi vedere. Era evidentemente frustrato all’idea di poter diventare una minaccia ma la donna riuscì anche a cogliere la sua determinazione a fare tutto ciò che era in suo potere per la buona riuscita della missione.
Tutti concordarono con la proposta di Leon.
Poi Beatrice porse ad Iliana l’oggetto che aveva in mano. Aveva la forma di un fodero per spade ma era nascosto da delle bende. Era stata lei stessa a chiederle di portaglielo.
“Grazie, Beatrice” disse la maga per poi spostarsi di fronte a Leon e porgergli l’oggetto “Voglio che tu abbia questo”
L’uomo allungò lentamente una mano verso l’involucro e, una volta recuperatolo dalle mani della donna, cominciò a liberarlo dalle bende.
Un fodero dorato, delle pietre turchesi a comporre il simbolo di Dahlia. Aoguard.
“Io non posso accettarla” le braccia di Leon, già in movimento per restituire la spada, vennero fermate delle mani di Iliana.
“Insisto. Aoguard appartiene a Dahlia, il tuo regno, e chi altro c’è di più adatto di te? Non so se sarai in grado di usarla appieno ma so che saprai comunque farne buon uso”
Leon era senza parole. Quello di Iliana era un enorme atto di fiducia nei suoi confronti.
“Io…ti ringrazio. Non ti deluderò”
“Leon” disse Tyberius per poi avvolgerlo in un abbraccio “Sii prudente”
Nonostante non avessero molto tempo, Iliana li lasciò salutare. Per il capo della Resistenza Leon era come un figlio, un figlio il cui destino era incerto e da cui dipendeva quello di tutti loro.
“Bene. È ora di andare” disse, dopo che ebbero finito.
Beatrice e Tyberius fecero qualche passo indietro e i quattro in partenza si posizionarono sulla piattaforma.
“Aspettate!”
Tutti diressero lo sguardo verso il punto da cui proveniva la voce.
“Emil?” disse Sera.
Il ragazzo stava correndo verso la piattaforma e non era da solo. C’erano anche i suoi fratelli e Lavi poco distante, intenta ad assicurarsi che Serena, più lenta degli altri perché ancora debole, non si sentisse male per la fatica di restare al passo.
“Signorina spirito” esordì Emil una volta arrivato, il volto arrossato per la corsa.
“Puoi chiamarmi Sera, davvero” disse lei.
“Sera…noi siamo venuti per un ultimo saluto. Che Sol ti protegga” poi si rivolse anche agli altri “Che protegga tutti voi”
“Grazie” rispose Sera per tutti.
“Ci assicureremo che qui tutto vada per il meglio. Contiamo su di voi” proseguì Emil tenendo gli occhi solo sulla ragazza.
Sentite quelle parole Sera gli rivolse un raggiante sorriso “Ce la faremo”
Emil annuì.
I nuovi arrivati si allontanarono di qualche passo. Era tutto pronto.
“Si parte” disse Iliana attivando la piattaforma. Il deserto scomparve dalla loro vista.
 
“Sandir, sicuro di farcela?” insistette Leon.
Il cavaliere, vedendo la fatica evidente del suo amico per mantenere il controllo, si stava preoccupando.
“Non preoccuparti per me” rispose secco Sandir, cercando di celare il respiro affannoso.
Quando erano arrivati alla loro prima destinazione, la piattaforma più vicina alla radura, Sandir si era tolto la collana e l’aveva riposta in uno degli scrigni già occupato da un frammento. Ne avevano solo tre.
Iliana osservò bene il ragazzo: era provato ma se diceva che poteva farcela, lei gli avrebbe dato fiducia.
“Leon” la maga mise una mano sulla spalla dell’uomo. Bastò questo per farsi capire.
Vide Sandir guardarla con riconoscenza.
“Quando vuoi” disse lei al giovane.
Sandir si trasformò e Leon gli salì in groppa senza esitazione per poi allungare una mano e aiutare una riluttante Iliana a issarsi. Non le era mai piaciuto volare.
Sera si era trasformata in una fiamma, con l’eccezione delle mani che usò per tenersi aggrappata all’amico. Così sarebbe stata più leggera.
Una volta in volo, per quanto fosse una cosa che mai le avrebbe fatto piacere, la maga inevitabilmente si ritrovò a pensare a quando aveva viaggiato allo stesso modo mille anni prima. Il tempo era riuscito a trasformare anche quel ricordo, all’inizio spiacevole a causa del malessere che le procurava, in qualcosa che ora considerava con affetto.
Certo, sarebbe stato meglio se prima di partire avesse fatto in tempo a preparare l’intruglio che aveva ideato mille anni prima per il mal d’aria ma purtroppo non era stato possibile. La sua ricetta era ancora considerata la migliore dopo tutto quel tempo, anche se nessuno sapeva che era stata opera sua.
Questa sua debolezza l’aveva sempre fatta sentire in imbarazzo. Per fortuna era un viaggio breve, riusciva già a vedere dall’alto il boschetto al cui interno si trovava la radura grazie alla luce procurata dalle fiamme di Sera, unica fonte di illuminazione. Il cielo era completamente nero, opprimente.
“Siamo arrivati. Sandir, atterra pure” disse Leon e Sandir obbedì.
Leon fu il primo a scendere, seguito subito da Sera.
“È stato fantastico!” disse la ragazza una volta riacquistate sembianze umanoidi.
Per Iliana era stato esattamente il contrario.
Lentamente, la maga cominciò a scendere ma improvvisamente una scossa percorse tutto il suo corpo, facendole perdere la presa.
Per sua fortuna Leon agì rapidamente, arrestando la sua caduta.
“Iliana, stai bene?” chiese Sera preoccupata.
“Sì, non sono più abituata a volare a dorso di drago, tutto qua”
La maga sperò con tutto il cuore che Sera e Leon le credessero e per sua fortuna fu così.
La verità era un'altra: la vicinanza all’Oscurità aveva interferito sul controllo che aveva della parte di essa all’interno del suo corpo. La parte intrappolata nella radura la stava chiamando, volevano tornare ad essere una cosa sola.
Iliana si focalizzò sull’energia del Talismano per ridurre quella sensazione.
Si sentì subito meglio ma, quando Sandir recuperò sembianze umane, si rese subito conto di come lui la guardasse dubbioso. La sua scusa non doveva averlo convinto.
Iliana tornò a concentrarsi sul boschetto, non avevano tempo per inutili discussioni.
Ciò che si trovò di fronte la gelò sul posto.
Era peggio di quanto pensasse. Il boschetto che circondava la radura era ridotto ad un ammasso di alberi morti o morenti. Era peggio di mille anni prima.
“Non mi sento…tanto bene” disse Sera ansimando “Mi manca…l’aria”
Iliana si voltò verso la ragazza. Era in ginocchio e le fiamme che la contraddistinguevano si stavano via via affievolendo. Non avevano quasi più luce ormai. Stava diventando sempre più difficile distinguere ciò che stava intorno a loro.
Iliana sentì un gemito a stento trattenuto. Era Sandir.
Il giovane era abbastanza vicino a Sera per permettere alla maga di vedere che sulle sue braccia erano comparse delle scaglie e stavano aumentando.
“Non c’è più tempo. Dobbiamo riformare il Talismano ora o non riusciremo nemmeno a raggiungere la roccia per via degli effetti dell’Oscurità”
Leon tirò subito fuori gli scrigni e li aprì.
Una luce abbagliante rischiarò l’area.
“Mi sento già meglio” disse Sera, le sue fiamme ravvivate.
Le scaglie sul braccio di Sandir cominciarono a sparire.
“Prendete tutti un frammento” ordinò Iliana.
Obbedirono. Ora mancava solo lei. La sua mano era quasi sul frammento ancora nello scrigno.
Anche se ora sapeva di poterlo toccare, il ricordo dei tanti anni in cui aveva creduto il contrario la fermarono ad un soffio da esso.
“Iliana, se non te la senti…” cominciò Sera.
“No”, doveva riuscire a superare la paura. Doveva farlo per se stessa.
Le sua dita si chiusero sul frammento. Era tiepido ma non faceva male. Ci era riuscita.
“Ora avvicinateli” continuò lei.
Dovettero tutti chiudere gli occhi per la luce intensa e quando li riaprirono il Talismano era finalmente di fronte ai loro occhi.
I suoi compagni erano rimasti imbambolati di fronte al Talismano vero e proprio, Iliana poteva capirli, ma non potevano perdere altro tempo.
“Sandir, tieni tu il Talismano” disse lei.
“Io?” domandò lui riscuotendosi.
“Vista la tua natura è meglio che ti stia il più vicino possibile”
“Va bene”
“Andiamo. Dobbiamo fare in fretta ma restate tutti vicini al Talismano”
I quattro sparirono all’interno del bosco.
 
Procedevano in fretta. Leon e Sera in testa al gruppo a fare strada, Sandir a seguire, con Iliana al suo fianco.
La donna si era accorta di come il giovane le gettasse delle occhiate sempre più frequenti.
Infine ruppe il silenzio “Prima non era colpa del mal d’aria, almeno non del tutto. Anche all’accampamento non stavi bene. Puoi ingannare Leon e Sera ma non me. L’Oscurità ha un effetto particolare su di me come lo ha su di te, inutile nascondermelo” parlava piano, in modo da farsi sentire solo da lei.
“Hai ragione. Non volevo farli preoccupare” rispose la maga puntando lo sguardo sugli altri suoi due compagni.      
Leon e Sera erano troppo impegnati ad arrivare a destinazione per accorgersi della loro conversazione.
“Ma adesso sto meglio, non è una bugia”
Sandir la osservò come per accertarsi che non stesse cercando di ingannarlo. Quello che vide parve convincerlo.
“Lo sai che puoi fare affidamento su di me, vero?” le mani del giovane strinsero con più forza il Talismano mentre parlava. La luce che emanava l’oggetto che aveva fra le dita impedivano al giovane di nascondere la sua espressione combattuta alla maga.
La donna gli mise una mano sulla spalla “Certo che lo so. Mi fido di te” e in un attimo l’incertezza che aveva letto sul suo volto svanì.
Fu allora che si rese conto in che punto del boschetto si trovavano.
“Ci siamo”
Al suono della sua voce i suoi tre compagni si fermarono.
Iliana mosse qualche passo raggiungendo Leon e Sera, poi nel giro di qualche attimo Sandir la seguì.
La donna li guardò uno dopo l’altro. Prima Sandir, poi Sera e infine Leon.
Ad un cenno di lei, il cavaliere scostò un ramo malandato liberando loro il passaggio.
Erano finalmente arrivati.
Davanti a loro c’era una distesa incolta al cui centro si trovava la roccia, loro obiettivo.
Grazie alla luce fornita dal Talismano potevano vedere che da essa stava uscendo un fumo nero. Se l’Oscurità non era ancora fuoriuscita del tutto era solo grazie alla roccia su cui si trovava il sempre più tenue sigillo contenitivo. Era tutto ciò che rimaneva dell’opera compiuta da Iliana e i suoi compagni di viaggio mille anni prima.
Dopo tutto quello che avevano passato, per Iliana dover vedere il frutto dei loro sforzi ridotto in quel modo sembrava quasi una presa in giro. Almeno Florian non aveva dovuto assistere a tutto quello.
L’aver pensato al suo migliore amico la riportò indietro.
Il ricordo di quando era stata in quel luogo l’ultima volta era impresso per sempre nella sua memoria, nitido come se fosse appena successo.
Ricordava esattamente qual era il punto dove lei, Akane e Florian stavano aspettando mentre Artorius procedeva verso la roccia.
Ricordava le sue sensazioni mentre la persona più importante per lei al mondo stava per portare a termine la loro missione.
Era come se potesse vederli lì assieme a lei ed ai suoi nuovi compagni.
Fu per questo che quando si accorse di un movimento accanto alla roccia per un attimo i suoi occhi videro comparire il Gran Maestro oscuro del suo passato. No, non poteva essere lui. La figura ora era completamente visibile e Iliana poté osservarla bene. Quando finalmente si rese conto di chi si trovasse veramente davanti ai suoi occhi si sentì raggelare.
Era Lucien.
        
   
 
   
Salve a tutti, qui lost in books.
Siamo alla resa dei conti ormai. Il gruppo è riuscito a riformare il Talismano e portarlo a destinazione ma hanno trovato Lucien ad aspettarli.
Mancano solo due capitoli alla fine (o tre se cambio idea all’ultimo momento su come suddividere quello che rimane della storia)   
Alla prossima!
 
 

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Capitolo 38
*** 38 ***


38
 
“Vi stavo aspettando” disse Lucien con un ghigno compiaciuto sul volto “Stavo cominciando a pensare che non sareste arrivati in tempo”
“In tempo per cosa?” chiese Sera.
La ragazza aveva dato voce al pensiero che aveva anche Iliana e, dopo un rapido sguardo al resto del suo gruppo, la maga capì che avevano tutti pensato la stessa cosa. Nessuno di loro era convinto che il re si stesse riferendo alla liberazione dell’Oscurità.
“Per l’evento principale di questa giornata” rispose Lucien “State per assistere a ciò che fino a pochi giorni fa sarebbe stato impossibile. È l’alba di una nuova era”
“Lucien, qualsiasi cosa tu voglia fare, puoi ancora…”
“Non puoi fermarmi, non sono più tuo allievo. Non devo obbedirti” gridò il re fermando l’appello della maga.
I suoi occhi poi si spostarono sulla roccia, dove il sigillo era quasi sparito del tutto “Bene, è sufficiente. È arrivato il momento” la mano destra di Lucien si avvicinò alla cima della roccia, nel punto dove stava fuoriuscendo il fumo nero.
Iliana finalmente capì ciò che voleva fare “Lucien, non farlo!” il suo era un grido disperato.
Troppo tardi. La mano di Lucien si poggiò sulla roccia prima che lei potesse fare anche un solo passo.
I suoi tre compagni tentarono di scattare verso la roccia per fermarlo, il Talismano nelle mani di Sandir aveva preso a brillare intensamente.
“No” la maga allargò le braccia ponendosi davanti a loro. Il ricordo di ciò che era successo mille anni prima nello stesso luogo vivido come non mai “Non c’è più niente che possiamo fare per fermarlo ormai…”
Potevano solo guardare, ed era quello che la donna si costrinse a fare.
L’area nelle dirette vicinanze della roccia era completamente avvolta da una massa scura. Era strano, pensò Iliana, visto che non si trattava di una luce accecante come quella del Talismano, ma i suoi compagni furono costretti a distogliere lo sguardo. Era la forza opposta al Talismano ma era in grado di abbagliare allo stesso modo.
Era come guardare in un abisso senza fondo. Il solo osservarlo dava la sensazione di cadere dentro di esso senza alcuna possibilità di salvezza.
La nube scura pian piano cominciò a ritirarsi fino a che il corpo di Lucien non fu di nuovo visibile.
Sembrava completamente illeso, come se la nube nera di poco prima non lo avesse avvolto. La sua pelle era pallida come sempre, i suoi vestiti erano impeccabili al loro posto, la postura perfetta, persino i suoi capelli erano pettinati alla perfezione. Gli occhi di Iliana raggiunsero quelli di Lucien, incontrando solo le sue palpebre abbassate, ma non per molto.
Dove prima c’erano occhi azzurro ghiaccio ora c’erano solo due pozze nere. L’Oscurità era dentro di lui ora.
“Lucien, che cosa hai fatto…”
Il re non perse tempo a risponderle, piuttosto sembrava occupato ad osservarsi, muovere le dita, le spalle, varie parti del suo corpo.
“Bene, l’invenzione di Darcel ha funzionato correttamente questa volta” disse Lucien.
La sua voce era riconoscibile, familiare alle orecchie di Iliana, ma aveva qualcosa di ultraterreno.
“A proposito di Darcel” continuò Lucien spostando lo sguardo su Sera “mi sono occupato di lui. Non c’è di che” un sorrisetto gli increspò le labbra.
“Perché? Pensavo fosse un tuo alleato” disse Sera.
Il sorrisetto scomparve per lasciare il posto ad un’espressione seccata. Era come se si fosse aspettato che il motivo fosse ovvio.
“Era solo una pedina. E a tal proposito è giunto il momento anche per voi di togliervi di mezzo!”
Lucien allungò il braccio destro verso di loro e, dalla sua mano, fece partire un fascio di energia oscura che si scagliò a tutta velocità sul gruppo.
 
Beatrice si sentì mozzare il respiro.
“Beatrice, va tutto bene?” chiese re Tyberius al suo fianco, la spada sguainata, pronto a proteggerla.
“Sì, possiamo ancora trattenerli” rispose lei, cercando di non far trapelare la stanchezza per lo sforzo.
Lei e i suoi maghi migliori nella generazione di barriere erano occupati a mantenere attiva l’unica cosa che separava i Darman dal resto delle forze della Resistenza riunite nell’accampamento.
Solo i bambini Darman, ancora troppo piccoli per la loro prima trasformazione, non erano con i loro simili ma erano stati posti anch’essi all’interno di una barriera creata da maghi meno abili in quel tipo di magia per precauzione.
I bambini Darman apparivano turbati, come se sentissero che c’era qualcosa di strano, alcuni sembravano non stare molto bene. Per i Darman in grado di trasformarsi invece la situazione era un’altra.
Dal punto in cui si trovava Beatrice, appena fuori dalla barriera, riusciva a vedere chiaramente Fang, la zia di Sandir, seduta a terra, ancora completamente umana ma in evidente sforzo per riuscire a restare tale. Stava ansimando velocemente, il sudore le imperlava la fronte.
Poco distante da lei c’era un Darman robusto che Beatrice ricordava aver sentito chiamare Horn. Anche lui era provato ma, come Fang, se la stava cavando.
Riusciva a vedere anche una ragazza dalla pelle olivastra. Iliana le aveva detto che era una nuova amica di Sandir. Lei era distesa a terra, si contorceva dal dolore, e alcune ciocche dei suoi capelli color cioccolato erano diventate bianche.
Era più giovane di Fang e Horn e aveva meno controllo ma se la stava cavando meglio di altri.
Poco oltre c’erano altri due giovani, un ragazzo e una ragazza della stessa età dell’amica di Sandir, che dalla somiglianza potevano essere gemelli. Anche loro erano a terra, distesi a pancia in giù, uno accanto all’altra. Sulle loro braccia stavano comparendo delle piume e trattenevano a stento i gemiti di dolore. Si stavano tenendo per mano, guardandosi negli occhi come a cercare di sostenersi a vicenda.
Vedere quella gente soffrire così le stava spezzando il cuore.
Beatrice si sentì nuovamente mozzare il respiro. 
Un altro Darman aveva urtato la barriera nel tentativo di romperla.
Aveva fallito ed ora giaceva a terra ma non sarebbe restato tranquillo per molto. Era quasi del tutto trasformato, il suo aspetto deforme ma che a lei ricordava quello di un coccodrillo, un enorme coccodrillo.
Era l’effetto che aveva l’Oscurità, lo aveva reso irriconoscibile e gli aveva decisamente fatto perdere il controllo.
Non era l’unico in quelle condizioni, altri erano come lui o in uno stato ancora peggiore.
Per il momento parevano interessati solo alla barriera, volevano uscire. Non sembravano voler attaccare i loro simili, come nella sua ipotesi peggiore. Forse riuscivano ancora a vederli come loro simili.
I Darman fuori controllo stavano aumentando e mantenere la barriera stava diventando sempre più difficile. Sapeva che i suoi maghi si stavano stancando velocemente e aveva anche capito, dalla stretta più salda sulle impugnature delle loro armi, che i soldati della Resistenza si stavano agitando.
“Mantenete la calma” disse Tyberius ai suoi uomini. Ovviamente anche lui si era accorto di tutto e aveva pensato di agire di conseguenza.
Beatrice gli fece un cenno di assenso prima di tornare a rivolgere la sua completa attenzione alla barriera.
Non avrebbe ceduto.
Purtroppo per lei però, non tutti i maghi impegnati a mantenerla avevano la sua stessa forza e determinazione.
Un Darman colpì violentemente la barriera dalla parte opposta a quella di Beatrice.
La donna vide il mago che si trovava dall’altro lato cadere a terra privo di sensi. Allora un altro Darman approfittò del punto debole creatosi e, partendo alla carica, mandò in frantumi il frutto dei loro sforzi.
In un attimo Beatrice sentì la gente gridare, i soldati partire all’attacco di quei Darman che stavano cercando di allontanarsi. Era il caos.
“No” le sfuggì con voce flebile. Doveva prendere in mano la situazione e subito.
Beatrice mosse un passo ma la stanchezza gli annebbiò la vista e la fece cadere in ginocchio.
Quando riuscì a guardare di nuovo davanti a sé si rese conto che un Darman incombeva su di lei. Tyberius si frappose fra lei e la creatura ma cosa avrebbe potuto fare un uomo da solo contro qualcosa di così potente?
Sandir non l’avrebbe perdonata per questo, pensò la donna arrendendosi all’inevitabile. Non avrebbe fatto in tempo a proteggere nessuno.
Ma l’attacco non arrivò mai. Il Darman venne sbalzato violentemente nell’area dove prima si trovava la barriera. Subito dopo una figura cadde a terra a breve distanza da esso. Era Fang.
Nonostante il suo stato era accorsa in loro aiuto. Riversa a terra, la Darman riuscì a sollevare il capo e a fissarla. Una richiesta evidente per Beatrice, che la colse al volo.
La maga si guardò intorno. Erano scappati solo pochi Darman dall’area.
“Ascoltate! Chi è ancora in forze, mi aiuti a sorreggere una barriera. I soldati vi proteggeranno. Gli altri penseranno a fermare quelli che sono scappati. Non permetterò che nessuno, Darman o membro della Resistenza, muoia oggi” disse Beatrice.
“Avete sentito il Gran Maestro. Forza!” aggiunse Tyberius dando manforte alle parole della donna.
A breve la barriera tornò al suo posto mentre i soldati facevano del loro meglio per cercare di riportare i fuggitivi al suo interno.
Era tutto ciò che potevano fare, il resto era nelle mani di Sandir e i suoi compagni.
“Sbrigatevi” sussurrò Beatrice.
 
Iliana sentì Leon trattenere un lamento a denti stretti.
Quando il fascio di energia aveva lasciato la mano di Lucien, il cavaliere aveva spinto i suoi compagni dietro di lui e, all’ultimo secondo, aveva estratto Aoguard dal fodero e l’aveva conficcata sul terreno.
La lama azzurrina aveva assunto un colore blu notte ma era riuscita ad assorbire il colpo diretto a loro.
Quel gesto però aveva avuto delle ripercussioni sull’uomo. Le sue mani, con cui stava ancora stringendo l’elsa di Aoguard, erano coperte di sangue. Leon era in ginocchio.
Per qualche motivo il Talismano non aveva avuto alcuna reazione all’attacco.
“Perché non morite e basta!” urlò Lucien scagliandogli contro un altro fascio e un altro ancora.
“Lucien!”
Alla voce di Iliana, Lucien cessò l’attacco.
La lama di Aoguard ora era completamente nera e le braccia di Leon coperte di sangue dalle mani ai gomiti. Il cavaliere era allo stremo, ansimava. Sandir e Sera accorsero al suo fianco a sorreggerlo.
“Perché? Perché tutto questo?” chiese la maga.
“Ancora non hai capito?” domandò Lucien sorpreso “Questo è stato il mio obiettivo fin dall’inizio. Ottenere questa forza era indispensabile per realizzare il mio sogno. Te lo ricordi?”
La maga ripensò a quando, anni prima, Lucien era ancora un bambino ai suoi occhi e sognava di creare una società felice, senza più sofferenza.
Intuendo che la maga aveva capito ciò che voleva dirle, Lucien continuò “Sapevo che il mio ideale era irrealizzabile. Anche se fossi riuscito a portare la pace nei regni o ad unificarli in un unico grande regno, non sarebbe durato. La guerra torna sempre ed io ero solo un essere umano senza alcun potere di oppormici.
Questa era l’unica via. Ho fatto quello che ho dovuto per far tornare l’Oscurità ed impossessarmi del suo potere. Chi mai si opporrebbe a me ora. I deboli non verranno più perseguitati, gli avari se ne dovranno fare una ragione. Tutti saranno uguali”
Solo perché avranno paura di te, pensò Iliana. Non sarebbe migliorato niente, non finché poteri come quelli del Talismano o dell’Oscurità esistevano nel loro mondo.
“E ora io sono come te” l’espressione di Lucien si addolcì “Non resterai più sola” poi la guardò deciso “Te lo chiederò un’ultima volta Ilia, regna al mio fianco. Insieme ci occuperemo per sempre di questo mondo. Se proprio ci tieni risparmierò i tuoi compagni”
Iliana puntò gli occhi a terra. Poteva sembrare che stesse valutando l’opzione di Lucien ma non era così. Dopo il suo attacco la maga aveva notato come il corpo di Lucien ne fosse risultato provato. Era evidente che stesse soffrendo per tenere tutto quel potere a bada e non escludeva che prima o poi Lucien impazzisse a causa sua o che ciò che usava per trattenerlo fallisse nel suo compito. Se fosse successo l’Oscurità sarebbe stata libera provocando la morte di Lucien. Inoltre lui non si era ancora reso conto che nel suo corpo da circa mille anni dimorava anche parte del potere del Talismano. Ciò era a suo favore.
Era anche chiaro che da quella distanza il Talismano era inutile. Durante l’attacco non aveva avuto alcuna reazione, quindi era logico pensare che servisse il contatto diretto tra il re, che fungeva da una sorta di involucro protettivo, e il Talismano per adempire al suo compito. Era come nel suo caso: quando credeva di avere solo parte della forza dell’Oscurità poteva stare vicino ai frammenti senza conseguenze ma un solo tocco era doloroso.
Il contatto diretto. La donna alzò la testa. Sapeva cosa doveva fare.
“E va bene, se non vuoi accettare…” Lucien sollevò nuovamente il braccio.
“Aspetta” la maga mosse un passo verso il re.
La mano libera di Sandir afferrò un braccio della donna “Iliana, che cosa…?”   
Dal suo sguardo si capiva chiaramente che si sentisse tradito, che non capisse cosa stesse succedendo, che cercasse una logica a quello che lei stava facendo senza trovarla. Un rapido sguardo agli altri compagni le confermò che era così anche per loro, anche se Leon pareva essere il più tranquillo.
Iliana allora poggiò una mano sulla testa di Sandir scompigliandogli i capelli e, usando la magia, parlò direttamente nella sua mente.
Non devi preoccuparti, so cosa fare. Vedrai, sistemerò tutto.
Sandir la guardò completamente stranito ma non mosse la bocca.
Iliana? Sei nella mia mente? Ma come?
Ci sono già stata per trovare la posizione in cui avevi nascosto il frammento quando ci siamo incontrati, ricordi? Visto che ci conosciamo da un po’ fare quello che sto facendo ormai è facile.
Sandir si fece serio.
Che cosa hai in mente?
Quando te lo dirò tu lanciami il Talismano.
Cosa? Perché? No, io non vedo come possa…
Ti fidi di me?
Iliana gli rivolse un sorriso sincero, che poi estese anche ai suoi compagni e, senza attendere una risposta, cominciò a camminare.
 
Iliana rimpiangeva diverse cose, una di quelle era di non essere stata in grado di aiutare Lucien, di non essere stata il supporto di cui aveva bisogno.
Lui era davanti a lei, una mano tesa per afferrare la sua. Nel suo volto riusciva a leggere l’ansia che aveva provato poco prima, il sollievo nel vederla così vicino a lui, la gioia per averla convinta.
Iliana ignorò la mano tesa, invece poggiò la sua sul viso del giovane re.
“Mi dispiace, avrei dovuto essere un’ insegnante migliore”
Lucien fece cenno di no “Sei perfetta così come sei”
“No, nessuno lo è. Ma sistemerò ogni cosa, Lucien”
Improvvisamente la maga girò la testa verso i suoi compagni “Ora!”
Senza esitare, Sandir lanciò il Talismano verso di lei, sotto gli occhi basiti delle altre persone lì presenti.
Lei lo afferrò e, con un gesto rapido e preciso, lo frappose fra lei e Lucien all’altezza del suo petto, prima di avvolgerlo tra le sue braccia.
Sì, lei aveva dei rimpianti e tra questi c’era anche sapere che non avrebbe potuto salvare la persona che stava stringendo, non poteva più farlo ormai.
Lucien gridò per il dolore. Lo capiva, anche lei stava soffrendo ma non si sarebbe fermata.
Questa volta l’Oscurità non era in procinto di liberarsi, il Talismano non sarebbe servito come sigillo. Iliana sfruttò contemporaneamente entrambe le parti delle forze opposte che dimoravano nel suo corpo, indispensabili per permetterle di portare a termine il suo piano, per far reagire il Talismano e l’Oscurità dentro Lucien e, aiutandosi con la sua magia, si assicurò che i due poteri si scontrassero l’uno contro l’altro, per l’ultima volta.
Sentì Lucien, che fino ad un attimo prima aveva cercato di sottrarsi alla sua stretta, stringersi a lei. La sua era la reazione di chi aveva paura, paura di essere da solo.
Non lo avrebbe lasciato, sarebbe stata con lui fino alla fine questa volta.
Non riusciva a vedere più niente, solo bianco. Non c’era alcun suono.
Poi il nulla intorno a lei cambiò. C’era dell’erba sotto i suoi piedi, l’aria profumava di fiori e una leggera brezza le muoveva i capelli. Riconosceva quel luogo, lo aveva sognato più e più volte.
Sentì delle voci chiamarla, sapeva già senza vederli di chi si trattasse. Si voltò e camminò verso di loro. Come nel suo sogno Florian e Akane la stavano aspettando in compagnia di Artorius. Il cavaliere le stava porgendo una mano sorridendole.
Lei indugiò ma solo per un istante. Allungò un braccio e finalmente la sua mano avvolse quella dell’uomo, che la attirò versi di lui e ai loro amici. Lei non trattenne più il sorriso.
Questa volta era riuscita a raggiungerli, erano di nuovo insieme.
 
Beatrice non aveva più forze. I soldati intorno a lei stavano facendo del loro meglio e lo stesso valeva per i suoi maghi. Un grande contributo nel fermare i Darman fuggitivi lo stava dando la donna mezzo spirito amica della principessa di Dahlia. Beatrice era meravigliata dalle sue capacità. Sperava di riuscire a convincerla a permetterle di esaminarla.
“Non possiamo resistere ancora a lungo” le disse Tyberius.
“Lo so, purtroppo…” rispose lei.
Se Sandir e gli altri non si fossero sbrigati, tutti loro avrebbero fatto una brutta fine.
Anche la donna mezzosangue si stava stancando, due uomini e un ragazzo stavano facendo del loro meglio per aiutarla ma un Darman fuori controllo alla fine riuscì a eludere gli sforzi dei tre fino a raggiungere la donna. Beatrice vide con orrore gli artigli della belva arrivare sempre più vicini al petto della donna, che ormai non avrebbe potuto fare niente per evitarli, quando di colpo il Darman si fermò.
Non era il solo, si erano fermati tutti allo stesso momento, sia quelli ormai fuori controllo sia quelli che ancora resistevano.
I Darman che fino a pochi attimi prima erano intenti ad attaccare tutto ciò che vedevano cominciarono a cambiare aspetto, a tornare umani.
Erano di nuovo completamente lucidi. Ma quello che stupì tutti furono le lacrime nei loro occhi.
Beatrice diresse il suo sguardo nel punto in cui aveva visto Fang per l’ultima volta, all’interno della barriera. La donna si stava lentamente sollevando da terra, fino a mettersi seduta. Anche il suo viso era percorso dalle lacrime, quello di tutti i Darman lo era.
“Non c’è più bisogno della barriera” disse ai suoi maghi e, appena quella si dissolse, andò incontro a Fang.
“Stai bene? Cosa vi sta succedendo?”
La Darman sembrava stupita tanto quanto lei, se non di più. Si era portata una mano sulla guancia e ora stava guardando incredula le dita bagnate di lacrime “Io…non lo so, ma è strano. Mi sento leggera, come se un enorme peso fosse finalmente sparito”
“Stai piangendo” la voce apparteneva al ragazzo che poco prima aveva visto stringere la mano della sorella.
Beatrice vide la ragazza pizzicare con una mano la guancia del fratello mentre con l’altra si asciugava le lacrime che non accennavano a diminuire “Anche tu, fratello”
“Beatrice”
La maga riportò l’attenzione su Fang.
“Ci sono riusciti”
“Hanno sigillato l’Oscurità” disse Beatrice sollevata.
“No”
La risposta di Fang frenò il suo entusiasmo. 
“Come?”
“Non l’hanno sigillata, l’hanno sconfitta per sempre”
Per la prima volta da quando Beatrice l’aveva conosciuta, la Darman sorrise.
La luce improvvisa abbagliò entrambe. Il sole era tornato a spendere.
Per tutto l’accampamento si levarono grida di gioia.
 
Quando Iliana gli aveva chiesto se si fidava di lei, Sandir non aveva avuto più dubbi. Anche se quando l’aveva conosciuta all’inizio ne aveva avuti, ora sapeva che poteva fidarsi. Non era la prima volta che lei gli poneva quella domanda e lui non aveva mai scelto di non fidarsi.
Così, quando la maga gli aveva dato il segnale, lui aveva lanciato il Talismano senza alcuna esitazione.
Non aveva idea di cosa ne avrebbe fatto ma sapeva che aveva un piano.
Non si aspettava che Iliana avvolgesse il re di Anthemis in un abbraccio e di certo non si aspettava quella luce accecante provenire dal punto in cui i due si trovavano.
Da quel momento in poi non era più riuscito a vedere niente, solo bianco. Non sentiva neanche più alcun rumore quando d’un tratto udì una voce nella sua testa. Era quella di Iliana.
Grazie. Addio.
Poi il bianco che lo circondava cominciò a sbiadire per tornare a far posto a ciò che si trovava intorno a lui.
Riuscì finalmente a vedere di nuovo Sera e Leon e dalle loro espressioni intuì che anche loro dovevano aver sentito le stesse parole che aveva udito lui un attimo prima.
Ma non fece in tempo a pensare alle parole della maga che una strana sensazione si impadronì di lui. Cadde in ginocchio.
Istintivamente portò una mano nel punto in cui si trovava il suo marchio.
Non si era mai sentito a quel modo in vita sua. Era come se un peso fosse stato sollevato di colpo dal suo cuore. Era come respirare a pieni polmoni per la prima volta nella sua vita.   
Una goccia si infranse sulla sua mano destra.
“Sandir” Sera aveva poggiato una mano sulla sua spalla, visibilmente preoccupata per lui “Stai piangendo”
Solo allora lui si rese conto delle lacrime che gli stavano scendendo lungo le guance.
“Io…sto bene. Mai stato meglio, credimi” la rassicurò lui asciugandosi il viso dalle lacrime con la manica della camicia.
Sandir poi guardò Leon. L’uomo stava guardando in direzione del punto in cui avevano visto Iliana per l’ultima volta. L’espressione sul suo volto era strana.
Così Sandir guardò nello stesso punto. All’inizio non vide nessuno ma poi si accorse dei due corpi distesi a terra.
“Iliana!” Sandir scattò in avanti fino a raggiungere il punto in cui lei si trovava.
Lucien era a terra accanto a lei, immobile.
Una mano di Iliana stava ancora avvolgendo una di quelle del re.
Sembrava che stessero dormendo.
Sandir scosse una spalla della donna per cercare di svegliarla “Iliana?”
Ma la donna non sembrava volersi destare. Fu allora che cominciò a preoccuparsi. La scosse più forte, la chiamò con più insistenza.
“Iliana!”
Le mani di Leon si chiusero sui suoi polsi. Il cavaliere scosse la testa, il suo modo per dirgli di smetterla. Anche Sera li aveva raggiunti, era in piedi accanto a loro.
Poi Leon si inginocchiò accanto a Lucien e poggiò due dita sul suo collo. Dopo poco li guardò serio “È morto”
Lentamente, come se la cosa lo stesse provando molto, si avvicinò ad Iliana per procedere con lo stesso metodo.
Mentre Leon era sempre più vicino, il cuore di Sandir batteva sempre più veloce. Non voleva pensare, non voleva sapere.
Le dita di Leon toccarono delicatamente il collo di Iliana. L’attesa sembrò infinita ma alla fine Leon li guardò, i suoi occhi erano lucidi “Non c’è battito”
“No” gemette Sera, poi cadde in ginocchio, piangendo senza trattenersi.
No, Sandir non voleva crederci. Iliana non poteva morire quindi non poteva essere vero.
La sua mano destra scattò in avanti fino a toccare la pelle della donna.
Rimase immobile. Era sempre più fredda.
Lentamente e con delicatezza, ritrasse la mano. Leon aveva ragione, non c’era più nulla che potessero fare. Ora le ultime parole che la maga aveva rivolto a tutti loro avevano senso.
Le lacrime tornarono a scendere, questa volta non le avrebbe fermate.
Nonostante la sua vista ora fosse appannata riusciva ancora a vedere il viso della donna.
Sul suo volto rimaneva un leggero sorriso.
 
  
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Siamo arrivati al penultimo capitolo. L’Oscurità è sparita per sempre ma si è trattato di una vittoria a caro prezzo.
Nel capitolo conclusivo si vedrà come se la stanno cavando i vari personaggi dopo la fine di questa lunga vicenda.
Al prossimo e ultimo capitolo!

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Capitolo 39
*** 39 ***


39
 
quattro anni dopo
parte prima
 
Le prime stelle di una tiepida serata di primavera erano apparse da poco nel cielo quando una folata di vento improvvisa mosse le chiome degli alberi. Ciò che aveva causato quello spostamento d’aria non era naturale ma era dovuto allo sbattere di un paio di enormi ali dorate. La creatura che le possedeva era un drago dalle scaglie dorate intento ad atterrare.
I suoi artigli graffiarono il terreno e le sue zampe si poggiarono delicatamente a terra così da permettere alla giovane donna che stava trasportando sul dorso di scendere.
Avvolto intorno al suo torso c’era un piccolo fagotto che lei trattava con molta cura.
La donna aveva la pelle olivastra, capelli color cioccolato e occhi di un intenso blu con i quali era intenta ad osservare la creatura che l’aveva portata a destinazione cambiare lentamente forma.
Al posto del drago ora aveva davanti un giovane uomo alto, dal fisico allenato, corti capelli dorati e occhi verde acqua.
L’uomo porse un braccio alla donna che vi avvolse attorno una mano.
Insieme i due si incamminarono nell’ultimo tratto che li separava dall’ingresso di un maestoso castello. Il castello di Dahlia.
Alla loro vista le guardie poste a presidiare l’ingresso cedettero il passaggio, inchinandosi rispettosamente al cospetto dell’uomo. Non si sarebbe mai abituato al modo in cui ora tutti lo trattavano, così diverso da soli quattro anni prima, quando tutto era cambiato.
I due percorsero con calma una serie di corridoi guardandosi intorno. Il castello era tornato quello di un tempo, se non ancora migliore, sotto la supervisione della nuova regina Serena. E non solo il castello, tutto il suo regno era tornato alla vita.
Svoltato l’ennesimo corridoio i due scorsero una figura all’altro capo di esso.
Si trattava di uno spirito del fuoco dai lunghi capelli infuocati. Indossava un elegantissimo vestito rosso adornato da splendidi ricami floreali che, grazie ad un incantesimo che lo rendeva ignifugo, non si sarebbe rovinato se la donna avesse attinto al suo elemento.
Lo spirito si girò verso di loro e gli sorrise “Sei in ritardo, Sandir. Stavo per venirvi a cercare”
“Lo so, Beatrice ha insistito perché restassimo alla Torre il più possibile” rispose lui ricambiando il sorriso.
“Sei perdonato. Sono felice di rivedere te e Snow. Mi mancavate”
“Anche tu mi sei mancata” disse Snow avvicinandosi a Sera “Come ti trovi nel tuo nuovo ruolo?”
“Benissimo. Devo dire che fare da ambasciatrice mi piace molto e mi riesce anche bene, a detta della regina”
“Io ancora non riesco a credere che abbiate eletto Zola come regina degli spiriti” commentò Sandir.
“Ehi, ha preso l’incarico seriamente. Non avrebbe accettato altrimenti. Il tempo degli scherzi è finito”
Quando l’Oscurità era sparita per sempre, tutti si erano messi d’impegno per far tornare le loro vite alla normalità, anche gli spiriti.
Tornata ad Idyll, Sera aveva subito messo in chiaro che non doveva essere presa in considerazione per un ruolo importante come quello di regina. Si considerava troppo giovane ed inesperta e sperava che anche la sua gente lo capisse.
La scelta degli spiriti era infine caduta su Zola. La donna non era solo rinomata per il suo amore per gli scherzi, era anche una persona su cui si poteva contare nel momento del bisogno e Florian stesso aveva avuto completa fiducia in lei negli anni in cui aveva regnato.
Quando gli spiriti erano ufficialmente entrati in guerra a sostegno della Resistenza, Zola aveva dimostrato davanti alla sua gente e anche alla Resistenza di essere adatta a quel ruolo. Era stata lei a gestire i movimenti degli spiriti tra le varie basi della Resistenza e ad occuparsi delle relazioni fra gli umani e gli spiriti alleati.
Una volta che Zola fu eletta regina, Sera aveva preso la decisione di rimanere ad Idyll, almeno per un po’. Passava le giornate ad aiutare la sua gente ma la sua attività preferita in quel periodo era stata recarsi all’albero al centro del campo che era stato il luogo della battaglia tra la sua gente e gli adepti. L’albero che Florian aveva lasciato. Era solita sedersi all’ombra delle sue fronde, aprire il libriccino su cui aveva annotato le vicende accadute durante il suo viaggio e leggere a voce alta. Florian non c’era più, lo sapeva, ma recarsi lì , anche solo a leggere, la faceva sentire vicina a lui. Dopo qualche tempo i pochi bambini di Idyll avevano cominciato a seguirla quando la vedevano allontanarsi e ben presto Sera si era ritrovata ad avere un pubblico.
In quel periodo non era triste ma neanche felice. Era come se le mancasse qualcosa, non si sentiva veramente soddisfatta.
Era stato allora che aveva preso la sua decisione e aveva chiesto alla regina di diventare un’ambasciatrice. A Zola era bastato uno sguardo per capire che era quello di cui Sera aveva bisogno. Così da allora lei non aveva fatto altro che viaggiare e occuparsi delle relazioni tra umani e spiriti e aveva finalmente trovato il suo scopo.
“Sono felice per te” disse Sandir.
Sera annuì “Pensa che ovunque vado, vogliono tutti sentire il racconto delle nostre vicende”
“Capisco benissimo…” alle parole di Sandir, Snow si coprì la bocca per soffocare una risata.
Anche Sandir, essendo il capoclan di un popolo nomade, ovunque andasse si ritrovava a dover raccontare la sua storia, non c’era scampo.
“Guarda, guarda chi c’è qui”
I tre si voltarono verso chi aveva parlato. Con indosso la divisa delle guardie reali, il simbolo di Dahlia sul petto, Caio stava camminando verso di loro, seguito a ruota dal fratello Tullio.
“Siete arrivati finalmente”
Snow si guardò intorno “Caio, Tullio. Emil non è con voi?”
“È impegnato in questo momento ma arriverà presto. È un gran lavoratore” disse Caio con sguardo orgoglioso.
Serena, prima di fare ritorno a Dahlia, aveva offerto ai fratelli Jarrel di lavorare per lei come guardie al castello e loro avevano accettato. Da allora avevano dedicato la vita al loro compito.
“Ora, se volete scusarmi, la mia signora mi attende. A fra poco” disse Caio prima di sparire oltre il corridoio. A Dahlia l’uomo non aveva trovato solo un nuovo lavoro ma anche la donna che ora era sua moglie.
Anche Tullio li salutò scusandosi per andare a prepararsi per ciò che li attendeva quella sera.
“Non vedo l’ora di conoscere la moglie di Caio. Deve essere una santa o qualcosa del genere” disse Sera “E di rivedere Leon e Serena. L’ultima volta che ci siamo visti tutti insieme è stato alle vostre nozze” e guardò i suoi due amici “Bene, direi che possiamo anche andare alla sala del banchetto”
La spirito fece qualche passo all’indietro senza guardare dove stava andando e non rendendosi conto dell’ostacolo appena comparso sul suo cammino. Sandir aprì bocca per metterla in guardia ma era già troppo tardi. La schiena della ragazza aveva già urtato contro il petto di un uomo con indosso la divisa delle guardie.
Le mani del nuovo arrivato afferrarono prontamente le spalle di Sera, arrestandone la caduta. Lei si riprese velocemente e, voltatasi verso l’uomo per scusarsi, si ritrovò davanti una faccia conosciuta.
Occhi grigi e capelli castani come quelli dei suoi fratelli.
“Emil” disse sorpresa Sera.
Era cresciuto molto in altezza e, nonostante lei ora fosse più alta di quanto fosse stata quattro anni prima, non arrivava alle sue spalle.
“Ambasciatrice, è un piacere rivederla”
“Sera va bene. Non è necessario essere così rispettoso con me, sul serio” Sera si allontanò di qualche passo, era ancora in evidente imbarazzo per la quasi caduta di poco prima, ma non era solo quello il motivo. Nessuno avrebbe potuto negare che Emil fosse diventato un uomo affascinante, cosa che Sera non poté fare a meno di notare.
“Sandir, Snow è un piacere rivedere anche voi” continuò Emil accortosi anche della loro presenza.
“Lo stesso vale per noi” rispose Sandir “Abbiamo incontrato i tuoi fratelli, ci hanno detto che eri occupato”
“Sì, è così. Stavo andando a cercare Leon. Serena ha paura che abbia perso la cognizione del tempo e debba ancora prepararsi”
“Allora ci vedremo al banchetto, immagino” sussurrò Sera.
Emil riportò la sua attenzione sullo spirito “Non vedo l’ora. Spero che tu possa dedicarmi del tempo, mi piacerebbe molto sentire qualche storia sui tuoi recenti viaggi come ambasciatrice, Sera” le rivolse un sorriso abbagliante abbandonando le formalità e spiazzandola completamente.
“Leon mi ha detto che trovi i draghi creature interessanti” continuò lui “Se vuoi, dopo il banchetto di questa sera, posso farti conoscere il mio nuovo amico”
La giovane guardia reale la guardò attendendo una risposta.
Finalmente, dopo qualche secondo di completo silenzio, Sera parve riprendersi “Io…non vedo perché no?”
“Perfetto, a più tardi” Emil le prese una mano e vi poggiò delicatamente le labbra.
Poi riprese il cammino lasciando la giovane spirito completamente immobile.
Fu Sandir il primo ad avvicinarsi a lei “Quello che vedo è un rossore innaturale rispetto a quello che hai naturalmente, o sbaglio?”
Le parole allusive del suo amico la riscossero di colpo e, puntando gli occhi su di lui, lo avvertì “Non una parola di più, o ti faccio arrosto”
La minaccia di Sera non parve spaventare Sandir che scoppiò a ridere “E dai, dopo il modo in cui hai punzecchiato me e Snow per anni, direi che è giunta l’ora della rivincita”
Sera mugugnò qualcosa per poi cominciare a dirigersi in direzione della sala dove si sarebbe tenuto il banchetto, Sandir e Snow al suo seguito.
“Lo sai, quattro anni fa, prima che ognuno andasse per la propria strada, avevo come la sensazione che Emil avesse un debole per Sera. A quanto pare avevo ragione” sussurrò Snow per non farsi sentire dall’interessata.
Sandir annuì.
Qualche tempo dopo la fine del loro viaggio avevano preso tutti strade diverse ma erano rimasti in contatto.
Non ci era voluto molto perché Leon cercasse Sandir per un favore personale.
Anche se il cavaliere era impegnato nella restaurazione del suo regno natale, non aveva mai smesso di credere nel profondo del suo cuore che nascosto da qualche parte ci fosse ancora almeno un drago in vita.
Vista la straordinaria capacità di Sandir di trasformarsi in una di quelle creature, aveva preso la decisione di fare almeno un tentativo.
Era vero che non si era più visto un drago da anni ma l’area in cui un tempo risiedevano era difficilmente raggiungibile se si era sprovvisti di ali. E non c’era nessuno che potesse comprendere quegli esseri meglio di un Darman in grado di trasformarsi in uno di loro.
Insieme Leon e Sandir erano partiti alla ricerca di un qualsiasi segno della presenza di quelle creature.
Non era stata un’impresa facile ma, quando stavano per arrendersi, avevano notato un’area nascosta nell’habitat di quelle creature. Si trattava di una caverna dalla struttura labirintica e, nonostante la difficoltà nell’attraversarla, i due non si erano arresi. Era la loro ultima possibilità e alla fine i loro sforzi non erano stati vani.
Nelle profondità della caverna avevano infine trovato un drago adulto intento ad occuparsi di alcuni cuccioli della sua specie. C’erano anche delle uova ancora non schiuse.
Non era stato facile convincere il drago che non avevano cattive intenzioni ma dopo diversi tentativi la creatura si era tranquillizzata. Così Leon, con la benedizione di Serena, aveva deciso di tentare di riportare i cavalieri di drago alla vita. Si era occupato di accompagnare diversi bambini e ragazzi al cospetto dei cuccioli anche grazie al supporto di Sandir e dei Darman volanti che aveva messo a sua disposizione e, come in passato, alcuni dei giovani draghi avevano preso la decisione di legare la loro vita ad un umano di loro scelta. Uno dei primi ad essere scelto era stato Emil, che Leon aveva convinto a fare un tentativo con fatica. Il più giovane dei fratelli Jarrel non avrebbe mai pensato di essere degno di un onore del genere ma il destino aveva deciso di contraddirlo. Così, oltre al suo ruolo di guardia, Emil si stava anche addestrando, sotto la guida di Leon, memore degli insegnamenti del padre, per il ruolo di cavaliere di drago.
Lo stesso valeva per gli altri giovani scelti e in un certo senso anche per Leon, visto che il drago adulto che si era preso cura dei cuccioli lo aveva preso in simpatia.
Perso nei suoi ricordi, Sandir non si era reso conto di essere quasi arrivato a destinazione quando Snow attirò la sua attenzione. La Darman aveva rafforzato la stretta sul suo braccio ed era intenta ad osservare il punto in cui si trovavano le pesanti e sfarzose porte aperte della sala del banchetto.
“Nike, non correre”
All’altezza delle porte una bambina di circa tre anni dai capelli biondo fragola e gli occhi azzurri stava correndo a tutta la velocità che le sue gambe le consentivano verso di loro.
“Zio Sandir, zia Snow, zia Sera!”
La corsa della piccola venne arrestata da Sera che la prese fra le sue braccia, entusiasta.
“Nike! Quanto sei cresciuta dall’ultima volta che ti ho vista”
Ben presto la donna che aveva detto alla bambina di non correre li raggiunse. Il vestito che indossava era di pregiatissima fattura e sulla sua testa poggiava una tiara d’oro tempestata di pietre preziose. La somiglianza tra le due era innegabile. Avevano lo stesso colore di capelli e lo stesso taglio degli occhi, solo il colore era diverso.
“Sono così felice di vedervi” disse Serena “E grazie per aver fermato quel terremoto che è mia figlia” aggiunse rivolta a Sera.
“Non c’è di che. Io la trovo adorabile” rispose Sera solleticando il nasino della piccola.
La bambina si sporse verso la madre che la prese dalle braccia dello spirito. I suoi occhi poi si concentrarono su Snow o, per essere più precisi, sul fagotto legato alla sua figura.
“Mamma, posso vederlo? Per favore” le sue manine ora erano tese verso il fagottino.
Allora Serena chiese a Snow con lo sguardo se le andasse bene.
“Certo che puoi” rispose la Darman direttamente alla piccola.
Serena si avvicinò piano e, ormai accanto a Snow, Nike si sporse verso il fagotto.
“Si è addormentato” sussurrò Snow scostando il tessuto fino a scoprire la testa di un neonato dalla pelle olivastra.
Quando Nike lo vide il suo viso si illuminò “È così piccolo” disse a bassa voce.
“Anche tu lo eri alla sua età” disse Serena.
“Davvero?” la bambina parve rifletterci un attimo “Anche tu lo eri, mamma?”
“Sì, come tutti”
“Oh” Nike tese una mano fino a sfiorare quella del piccolo che sbucava dal fagotto. Al contatto il piccolo aprì gli occhi, verde acqua come quelli di Sandir.   
Gli occhi dei due bambini si incontrarono e, dopo aver osservato Nike per qualche attimo, la boccuccia del piccolo si aprì in un sorriso.
“Gli piaci” disse Sandir.
Nike ricambiò il sorriso “Come si chiama?”
“Ecco…per la nostra gente il nome di solito viene scelto dalla persona stessa ma per il momento, a meno che non voglia cambiarlo quando sarà più grande, puoi chiamarlo Bog”
“Non vedo l’ora che cresca abbastanza da poter giocare insieme”
“Ma come? Non vuoi più giocare con me e stai già cercando un sostituto?”
Nike si voltò verso la nuova voce nella sala e sgranò gli occhi.
Subito si fece mettere giù e corse fra le braccia di una donna dai capelli rossi e occhi di colore e forma diversi.
“No, giocherò sempre con te, zia Lavi”
“Ci conto” disse la donna facendole l’occhiolino.
Lavi aveva indosso una divisa delle guardie reali ma, a differenza di quella dei fratelli Jarrel, la sua era più elaborata.
Non era stato facile per Serena convincere la donna a rimanere. Quando ormai il ritorno a Dahlia di Leon e Serena era imminente Lavi, assicuratasi che se la stessero cavando, aveva deciso di andarsene. Non aveva mai avuto una vita stabile, era sempre stata in movimento, non restava mai in contatto con nessuno. Non pensava che sarebbe stata in grado di vivere come una persona normale. Ma proprio quando stava per sparire dalle loro vite, Serena, che aveva capito tutto, l’aveva fermata e, con l’aiuto di Emil, l’aveva convinta almeno a restare per un po’. Alla fine aveva accettato l’incarico di capo delle guardie.
Non sapeva neanche lei dove sarebbe andata a finire ora se non fosse restata, ma non si era pentita della sua scelta.
“Quando mi insegnerai a combattere?” domandò Nike speranzosa.
“Quando tua madre ti riterrà grande abbastanza da stare vicino ad oggetti affilati”
La bambina sbuffò “Ma io voglio diventare forte come te”
“A volte penso che tu voglia più bene a Lavi che a me e tua madre”
“Papà!”
Leon era comparso sulla soglia della sala del banchetto. I suoi vestiti erano coordinati all’abito di Serena e sulla sua testa poggiava malamente una corona che sua moglie prontamente rimise a posto.
“Scusate il ritardo”
“E dire che sei stato tu a chiedere a tutti di essere qui prima degli altri invitati per passare un po’ di tempo solo fra di noi…” lo rimproverò Serena.
Dietro Leon c’era un’altra persona. Si trattava di Seth, l’ex adepto che, risparmiato da Sera, aveva contribuito alla definitiva sconfitta dei maghi oscuri.
Il mago aveva trascorso gli ultimi anni contribuendo alla ricerca e allo sviluppo magico ma non solo. Era stato grazie al suo aiuto se i maghi della Torre erano riusciti a comprendere le gemme spirituali.
Dopo un attento studio era stato chiaro che sarebbe stato impossibile far tornare gli spiriti, ridotti in quello stato dal macchinario di Darcel, come erano prima. Una volta ultimato il processo, dello spirito rimaneva solo l’energia. L’unica cosa che era possibile fare era liberarla senza consumarla.
Tutte le gemme erano state portate alla foresta degli spiriti e l’energia liberata, dandogli così una degna sepoltura secondo le tradizioni degli spiriti.
Non era stato facile per Sera fermarsi durante la battaglia finale, presa dalla rabbia, ma era contenta di averlo fatto. Gli sguardi dello spirito e del mago si incontrarono ma non c’era più alcun risentimento negli occhi di Sera.
Ora non vedeva più in lui un adepto ma un mago di talento, una persona a cui poteva sorridere in maniera sincera.
“È colpa mia” disse Seth rivolgendosi a Serena “Ho apportato alcune modifiche per lo spettacolo di questa sera che necessitavano di approvazione”
Seth, dopo essersi occupato delle gemme spirituali, era stato assunto dai nuovi regnanti di Dahlia come mago di corte. E se la piccola principessa avesse dimostrato propensione alla magia come la madre, era dato per scontato che sarebbe diventato anche il suo insegnante. 
“Evviva! Spettacolo!” esultò Nike “Voglio vederlo!”
Vedendo la figlia guardarsi intorno in cerca di qualcosa, Serena scosse la testa divertita.
“Prima ci sarà il banchetto, tesoro”
“Uffa…”
“Non preoccuparti. Se ti addormenti prima dello spettacolo ti sveglio io” le disse Lavi.
“Resto sveglia da sola. Vedrai”
“Certo, piccoletta. Ti credo”
“Non mi credi invece” sbuffò Nike.
“Facciamo così, se resti sveglia convinco i tuoi genitori a darti qualche lezione”
Gli occhi della piccola si accesero di entusiasmo mentre quelli dei suoi genitori si fissarono su Lavi, infastiditi.
La rossa mise a terra la piccola che cominciò a correre per la sala canticchiando “Sono sveglia, resto sveglia”
Il re e la regina sbuffarono nello stesso momento consci che la loro bambina non sarebbe stata tranquilla tutta la sera.
“Rilassatevi, con tutta l’energia che sta sprecando, si stancherà molto prima dello spettacolo” li rassicurò Lavi.
“Spero che tu abbia ragione” disse Leon.
 
La sala del banchetto ora stava ospitando una gran quantità di persone provenienti da tutti i regni.
Era arrivato anche Tyberius che aveva passato gran parte della serata a conversare con Leon e Serena. La regina di Dahlia era concentrata sul neonato in braccio a Snow che, nonostante la confusione, dormiva beatamente. Era meravigliata da quanto si comportasse diversamente da sua figlia quando aveva la stessa età. La principessa era sempre stata un terremoto, vivace e piena di vita.
Anche se in quel momento, proprio come Lavi aveva previsto, tale terremoto si trovava proprio fra le braccia della rossa, dormendo della grossa. Immersi in una conversazione con la donna c’erano Tullio, Caio e la sua consorte, una nobildonna nativa di Dahlia.
Sera, dopo essersi abbuffata come suo solito, era sparita dalla sala assieme ad Emil.
Per quanto riguardava Sandir invece, ora si trovava su uno dei balconi appena fuori dalla sala per una boccata di aria fresca.
Serena gli aveva detto che la sala che li ospitava era sempre stata utilizzata in passato per ricevimenti e cerimonie. Ora, intento ad ammirare il paesaggio, si chiedeva se anche lei avesse messo piede in quello stesso luogo.
Iliana.
Se lui ed i suoi amici si erano riuniti quel giorno in fondo era per ricordare proprio lei. Era l’anniversario della fine della guerra e della sconfitta definitiva dell’Oscurità. Era l’anniversario della sua morte.
Solo con i suoi pensieri e gli occhi rivolti al cielo stellato, tornò inevitabilmente a quel giorno. Non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Una volta chiaro che Iliana non si sarebbe svegliata mai più, né lui né i suoi compagni si erano mossi. Erano stati Tyberius e Beatrice, preoccupati per loro, a raggiungerli. Solo allora, vedendo le loro facce preoccupate, erano tornati a muoversi.
Poi avevano fatto ritorno all’accampamento, dove Serena e gli altri li stavano aspettando. Quando non avevano visto la maga, avevano capito.
Beatrice e Tyberius si erano incaricati di riportare il corpo di Lucien nel suo regno. Nessuno al castello di Anthemis cercò di fermarli, riconosciuto il loro re. Avevano portato lì anche il corpo della maga.
Nonostante Lucien non godesse della simpatia della Resistenza, ascoltato il resoconto di Leon sulle motivazioni che lo avevano spinto a compiere determinate azioni, Tyberius aveva organizzato per lui un funerale e si era assicurato che riposasse nella cripta della sua famiglia.
Il funerale di Iliana non era stato facile per Sandir, Sera e Leon. Era stato deciso che si sarebbe tenuto a Dahlia, al castello. Persone da tutto il mondo erano arrivate per porgere i loro omaggi ma loro tre erano sicuri che tutto quello a lei non sarebbe piaciuto. Gli era stato chiesto, come suoi compagni di viaggio, di parlare alla folla lì riunita e, se erano riusciti a superare quella giornata, era stato solo grazie alla presenza delle persone a loro care.
Ora il suo corpo riposava nei pressi di Iridium, dove era cresciuta.
Dopo era stato tutto un susseguirsi di incontri, trattati e accordi tra i vari regni. Tyberius si era incaricato del difficile compito di ristabilire l’ordine. Odette, sua amica e regina di Gladiolus, era rimasta al suo fianco per aiutarlo, lasciando il suo regno nelle mani della figlia, ritrovata imprigionata nelle celle di Anthemis e liberata dalla Resistenza. Leon e Serena, tornati a Dahlia per restaurare il regno, si erano presto sposati e avevano fin da subito offerto aiuto ai regni più in difficoltà grazie alle immense risorse di cui ora disponevano, alleggerendo il lavoro di Tyberius. C’era stato grande fermento quando era giunto il momento di decidere del futuro di Anthemis ma, nonostante all’inizio la decisione di Tyberius non fosse stata vista di buon occhio da alcuni, alla fine si era rivelata la scelta migliore. Anthemis era un regno dalla lunga e importante storia, assimilarlo all’interno di altri regni non era fattibile, così era stata posta sul trono una cugina di secondo grado dell’ultimo sovrano, figlia del fratello minore del padre di Lucien e rifugiata sotto la protezione della Resistenza quando il regno di cui era principessa era stato attaccato dal suo stesso parente. Il fratello della nuova regina di Anthemis avrebbe governato invece il suo regno nativo. Il capo della Resistenza aveva anche deciso che non sarebbe tornato a regnare ma avrebbe lasciato il suo regno al parente più prossimo degno della sua fiducia. In quei quattro anni tutti i regni si erano ripresi, tutto grazie all’ultimo gesto di Iliana.
Ma anche nella vita dei Darman c’era stato un grosso cambiamento. Tutti loro si erano accorti del momento esatto in cui l’Oscurità era scomparsa per sempre. Lo avevano percepito poiché la sua influenza su di loro era svanita di colpo. L’unica traccia della sua esistenza rimasta su di loro era il marchio sulla loro pelle. Dopo qualche tempo si erano resi conto che, se anche potevano ancora trasformarsi, per farlo consumavano una maggiore quantità di energia e non erano potenti come prima della fine della guerra. In compenso ne avevano il pieno controllo. Inoltre i bambini che ancora non avevano affrontato la loro prima trasformazione, nonostante avessero il marchio sulla pelle, non si sarebbero mai dovuti trasformare. Nessuno sarebbe più stato condannato a quel destino maledetto, i residui della presenza dell’Oscurità e dei suoi derivati sarebbe morta con gli ultimi Darman in grado di trasformarsi. A conferma di ciò c’era il fatto che tutti i bambini nati dai Darman dopo la fine della guerra non presentavano alcun marchio sulla pelle.
Sandir era sollevato. Suo figlio non avrebbe mai dovuto soffrire come lui, era libero.
Ed ora era lì, a commemorare la fine di un’epoca e il nuovo inizio che era stato possibile grazie ad Iliana.
Una piacevole brezza gli mosse i capelli e gli fece abbassare lo sguardo.
I suoi occhi si sgranarono all’improvviso.
Sotto di lui, sul percorso che conduceva ad uno dei giardini esterni del castello, c’era una bambina dalla pelle bianca come la neve, capelli corvini e occhi neri. Era identica a quattro anni prima, quando l’aveva vista per l’ultima volta, e lo stava fissando.
“Tu. Sei…”
La bambina sorrise e si girò camminando verso l’ingresso del giardino per poi fermarsi e rivolgere un fugace sguardo verso di lui.
Infine si mise a correre.
Il messaggio era chiaro: voleva che lui la seguisse.
Senza rifletterci un attimo Sandir si gettò dal balcone.
 
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Mi scuso per il tempo trascorso tra questo e lo scorso capitolo.
Come intuibile dall’inizio del capitolo alla fine ho preso la decisione di spezzare in due quella che originariamente doveva essere un'unica parte.
La seconda e ultima parte verrà aggiunta domani o, in caso di contrattempi, dopodomani.
Alla prossima!
 

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Capitolo 40
*** 40 ***


40
quattro anni dopo
parte seconda
 
Sandir toccò il suolo senza problemi. Le ali che aveva materializzato sulla sua schiena per planare stavano già scomparendo.
Si mise a correre. Non poteva rischiare di perderla.
Lei era veloce, più veloce di quello che le gambe di una bambina della sua taglia avrebbero dovuto concederle.
L’aveva persa più volte ma quando era successo la risata delicata della piccola l’aveva riportato sulla strada giusta.
Alla fine Sandir aveva raggiunto un punto isolato del giardino particolarmente ricco di piante e alberi. Erano solo lui e la bambina.
La fissò per un po’, lei non gli mise alcuna fretta, prima che lui prendesse coraggio.
“Chi sei veramente?”
“Conosci già la risposta” la sua voce era delicata e melodiosa come lui la ricordava “Coraggio, dillo”
“Umbra” disse tutto d’un fiato “Sei Umbra”
La bambina gli sorrise di nuovo “Risposta esatta”
Una strana luce la avvolse e lo costrinse a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, davanti a lui non c’era più una bambina ma una donna dalla straordinaria ed eterea bellezza.
La sua pelle era talmente bianca da risultare luminosa, capelli morbidi e setosi neri come una notte senza stelle le ricadevano lungo la schiena fino al terreno. 
Nei suoi occhi sembrava essere racchiuso il cielo stellato come anche sul suo vestito lungo fino al terreno e che abbracciava perfettamente la sua figura snella. I punti di luce gli sembravano in continuo movimento sul nero dell’abito. Considerando chi aveva davanti non si stupì molto della cosa.
Era rimasto immobile, meravigliato dalla dea di fronte ai suoi occhi che ora non si stava più nascondendo sotto mentite spoglie.
“Beh, non avevi delle domande da pormi? Chiedi pure”
La voce della dea era diversa da quella che aveva sentito quando aveva le sembianze di una bambina. Non aveva parole per descriverla ma il solo ascoltarla lo fece sentire come un bambino cullato dalla voce della madre.
In quel momento era strano per lui pensare che un’entità come l’Oscurità provenisse dalla dea davanti ai suoi occhi, che pazientemente stava aspettando che lui parlasse. 
“Perché sei comparsa davanti a me quattro anni fa? E Iliana? Lei ti aveva già incontrata prima ancora”
“Dritto al sodo” commentò la dea “Il motivo è semplice. Era l’unico modo in cui potevo aiutarvi”
“Se volevi aiutarci perché non far sparire l’Oscurità allora?” la voce di Sandir era sprezzante. Tutta quella sofferenza che avevano patito non solo loro pochi anni prima ma anche le generazioni passate a causa della rabbia della dea poteva essere evitata se solo lei avesse agito.
“Avrei voluto fosse stato così semplice” il volto della dea si fece malinconico “Vedi, subito dopo aver dato vita a ciò che voi chiamate Oscurità, mi sono resa conto di quello che avevo fatto e me ne sono pentita. Mi ero fatta guidare dalla mia stessa ira e ormai era troppo tardi, il danno era stato fatto. Anche se avessi fatto sparire l’Oscurità, le creature che io stessa avevo contribuito a creare non mi avrebbero mai più guardata come un tempo ma con paura e disprezzo, esattamente il contrario di ciò che volevo. Nonostante tutto ciò che posso fare, sapere questo mi impedì di agire.
Quando Sol decise di intervenire, colse l’occasione per portare avanti ciò che ormai aveva in mente da diverso tempo.
Una volta neutralizzata l’Oscurità con il Talismano mi rivelò in privato le sue intenzioni.
Voleva lasciare che tutti voi camminaste con le vostre gambe, che forgiaste il vostro futuro senza il nostro aiuto. Sia uomini che spiriti davano Sol per scontato ma non sarebbero andati avanti se avessero continuato a fare affidamento su di lui. Così mi chiese un favore personale. Non far scomparire l’Oscurità e non cercare di aiutarvi”
“Cosa? Sol ti ha chiesto di…? Perché avrebbe dovuto farlo?” la interruppe Sandir, scioccato da questa rivelazione.
“Anche se non avrebbe migliorato la mia situazione avevo intenzione di eliminare la mia ultima creazione” riprese lei “questo prima della richiesta di Sol. Mi disse che a causa di quello che era successo si erano create le condizioni ideali affinché tutti voi poteste crescere. Avevate un ostacolo da superare e tutto ciò che serviva per farlo da soli se aveste fatto le scelte giuste.
Sol mi confessò che aveva fiducia nelle creature che avevamo creato insieme perché in loro aveva rivisto la stessa passione con cui io mi sono sempre dedicata a tutto ciò che faccio”
“La stessa passione?”
Umbra annuì “Quando qualcuno pensa a me la prima cosa che gli viene in mente oramai è negativa ma devi sapere che quando una persona si appassiona a qualcosa e ci si dedica anima e corpo, la capacità di provare quel sentimento e l’intensità con cui provate qualsiasi emozione, lo avete preso da me”  le labbra della dea si incresparono in un sorriso “ Sol non ha mai smesso di ricordarmi quanto fosse grato di avere accanto qualcuno come me, così diversa da lui, in grado di provare ciò che lui non poteva. Mi ha persino confessato che senza di me non avrebbe mai preso la decisione di creare tutto questo. Io e Sol siamo l’una l’opposto dell’ altro e allo stesso tempo ci completiamo a vicenda. Io, che mi faccio guidare dalle mie emozioni e Sol, talmente calmo e razionale da sembrare quasi incapace di provarne. Entrambi abbiamo qualità che voi considerate positive e negative e lo stesso vale per tutte le nostre creature. Compresi anche l’Oscurità ed il Talismano, anche se ci è voluto del tempo prima che qualcuno lo capisse”
“Iliana…” disse Sandir.
“Lei ha potuto vedere con i suoi occhi ciò che il Talismano poteva fare a seconda dell’intento di chi lo manovrava molti anni prima che tu nascessi e ha potuto testare sulla sua pelle che, nelle mani giuste, l’Oscurità poteva essere usata allo stesso modo”
“Prima hai detto che avremmo superato le avversità se avessimo fatto le scelte giuste” Sandir non disse altro, ma non poteva non pensarci. C’erano altre possibilità?
“Quello che è successo quattro anni fa è solo uno dei possibili risvolti del desiderio di Sol. Sarebbe anche potuto finire in modo completamente diverso. Il vostro mondo sarebbe potuto diventare una landa desolata e senza vita alcuna”
Sandir ancora faticava a metabolizzare le parole di Umbra. Il suo racconto aveva messo sotto una luce diversa le due divinità. Nonostante quello che aveva passato, non pensava ad Umbra in maniera solo negativa. In fondo, prima di farsi prendere dall’ira, si era sempre presa cura delle sue creazioni. Anche il mito dell’Origine, tramandato fino ai suoi tempi, lo confermava. Quello che faceva fatica a comprendere era Sol, che gli sembrava così diverso da quello che si aspettava. Aveva scelto di lasciare il mondo che aveva creato a se stesso sapendo che sarebbe potuto andare incontro alla sua fine.
Come se Umbra gli avesse letto nel pensiero e forse, pensò Sandir, era proprio così, Umbra parlò ancora “So che non è facile capirlo dal tuo punto di vista ma prova a pensarci. Se fossi un essere in vita da migliaia di anni e in grado di vivere per sempre e fossi dotato della capacità di ragionare in ogni situazione in maniera calma e razionale senza farti prendere dalle tue emozioni, cosa avresti fatto?”
Fu allora che Sandir capì. Sol non aveva mai pensato che sarebbero stati in grado di superare ciò che era stato posto sulla loro strada in poco tempo, ma confidava nel fatto che, nonostante ci sarebbe voluto molto perché loro fossero in grado di farcela da soli, avrebbero trionfato. Aveva fatto una scommessa a lungo termine, contando sulla capacità di crescere e migliorarsi da una generazione all’altra, imparando dai propri errori.
Adepti e Resistenza. Anche se in modo diverso avevano entrambi cercato una soluzione al problema. Gli adepti volevano trovare il modo di usare l’Oscurità a loro vantaggio mentre la Resistenza voleva fermarla, ma nessuna delle parti voleva soccombere ad essa.
C’era ancora qualcosa che non gli era chiaro però “Se Sol ti ha chiesto di non aiutarci, allora come mai hai parlato con Iliana? Non è una contraddizione alla richiesta di Sol?”
“Sol mi ha fatto promettere solo di non aiutare, non ha mai detto che non potessi parlare con chiunque volessi. Non ho mai rivelato la mia identità, ho sempre lasciato che fossero le persone con cui ho interagito a trarre le loro conclusioni. E se qualcuno mi rivolgeva delle domande non ho mai dato vere e proprie risposte. Quindi non c’era nulla che potesse vietarmi di parlare con te e cercare di tirarti su di morale quel giorno in cui mi hai incontrata all’accampamento della Resistenza”
Sandir ricordava quell’incontro di quattro anni prima con riconoscenza. Lo aveva fatto sentire meglio e poco dopo, con la mente più serena, aveva preso la decisione di partire per la missione.
“Ho un ultima domanda” disse Sandir, che aveva la completa attenzione della dea.
“Esiste qualcosa dopo la morte?”
Non lo chiedeva per paura, non temeva la morte. Voleva solo sapere se quello che sperava fosse vero e un giorno avrebbe potuto rivedere la persone che amava e non c’erano più.
“Un giorno avrai la tua risposta. Fino ad allora goditi il tempo che hai a disposizione qui”
Immaginava non gli avrebbe risposto, se lo aspettava ma aveva voluto provarci comunque.
In quel momento Sandir si rese conto che per tutto il tempo in cui avevano parlato non si era rivolto a lei con il rispetto dovuto, e andò nel panico.
Umbra portò le mani alla bocca ridacchiando “Te ne sei accorto. Non preoccuparti, se mi fossi arrabbiata te ne saresti reso conto”
Sandir non lo mise in dubbio.
L’attenzione della dea parve improvvisamente catturata da qualcosa ma Sandir non riusciva a sentire o vedere niente di particolare.
“Il tempo è scaduto. È venuto a prendermi”
Prima che Sandir potesse dire qualcosa una luce improvvisa comparve accanto ad Umbra e, come con la dea in precedenza, fu costretto a distogliere lo sguardo.
Quando riportò gli occhi sulla dea, accanto a lei vide che ora c’era qualcuno.
Aveva sembianze maschili, la sua pelle dorata brillava di luce propria, i suoi capelli sembravano essere veri fasci di luce come anche i suoi occhi. I suoi vestiti erano dorati, non avrebbe saputo dire di cosa fossero composti come nel caso dell’abito di Umbra, ma aveva una chiara idea su chi fosse il nuovo arrivato. Sol.
Sembrava guardare tutto ciò che lo circondava senza alcun mutamento nella sua espressione neutrale. Fu solo quando guardò Umbra che Sandir notò un cambiamento quasi del tutto impercettibile sul suo volto, sembrava più sereno.
La dea riportò gli occhi su di lui “Spetta a te decidere se tenere per te quello che ci siamo detti o confidarlo a qualcuno. Sei una persona dall’animo nobile e confido nel tuo giudizio”
Sol porse una mano alla dea in attesa che lei la afferrasse.
“Ora dobbiamo andare. Qualcuno ti sta cercando. Ma sappi che io e Sol veglieremo sempre su tutti voi”
Detto questo, Umbra guardò Sol con affetto e afferrò la sua mano “Andiamo, Sol”
In un lampo di luce le due divinità scomparvero e Sandir fu di nuovo solo.
Ma non lo sarebbe stato per molto, poteva già sentire una voce che lo chiamava.
Si girò appena in tempo per vedere sbucare Sera fra gli alberi “Ecco dov’eri finito. Ti stavo cercando da un pezzo. Lo spettacolo sta per cominciare”
“Scusami, ho perso la cognizione del tempo” si giustificò lui.
“Ero uscita su uno dei balconi della sala per vedere se eri lì e ho notato una luce strana provenire da qui, così sono venuta a controllare e ho trovato te. È strano però, quella luce è sparita di colpo”
Sandir non sapeva cosa risponderle così la prese delicatamente per le spalle e le fece muovere qualche passo in direzione della sala del banchetto con una poco convincente espressione innocente “Lo spettacolo sta per cominciare. Se non ci sbrighiamo non faremo in tempo”
Il suo tentativo di cambiare discorso non sortì l’effetto desiderato. Era chiaro che non l’avesse convinta. 
“Mentre venivo qui ho sentito delle voci, una sembrava la tua. Con chi stavi parlando?”
“Più tardi ti dico tutto, promesso. Ora andiamo”
“Hai promesso, mi raccomando”
“Certo” confermò Sandir.
Finalmente convinta, Sera si incamminò con Sandir fino a raggiungere la sala.
Si diressero entrambi su uno dei balconi dove tutti i loro amici li stavano aspettando. Nike, in braccio a Leon, si era svegliata e anche il neonato fra le braccia di Snow sembrava aver capito che stava per succedere qualcosa.
Sandir raggiunse sua moglie e il figlio e tutti i presenti puntarono gli occhi al cielo.
Una scia luminosa si stagliò nel cielo in lontananza davanti a loro, andava sempre più in alto fino a che, con un potente botto, non si trasformò in un’esplosione di colori.
Altre scie seguirono la prima riempiendo il cielo di luci colorate. Sandir vide suo figlio tendere una mano verso quelle luci, rideva contento. Serena e Leon stavano abbracciando la loro figlia sempre più entusiasta. Vide anche Emil, accanto a Sera, afferrare una mano della giovane donna senza smettere di guardare lo spettacolo e la mano di Sera stringere quella del futuro cavaliere e la sua testa poggiarsi sulla sua spalla.
Sandir avvolse un braccio intorno alla vita di Snow. Di una cosa era sicuro: avrebbe seguito il consiglio di Umbra e vissuto pienamente tutto il tempo che aveva.
In quel momento, in compagnia delle persone a lui più care, poteva dire di essere veramente felice.  
 
 
 
 
Salve a tutti, qui lost in books.
Siamo giunti alla fine di questa lunga storia.
Per prima cosa volevo ringraziare tutti voi che avete letto, recensito, seguito, preferito o ricordato.
Inoltre volevo avvisare che, anche se ora non so dire quando esattamente, ci saranno alcuni capitoli singoli dedicati ognuno ad un personaggio in particolare di quelli presenti in questa storia, come tempo prima avevo fatto per il personaggio di Florian.
Quasi sicuramente ce ne saranno due a breve, poi si vedrà. Molto probabilmente le future one shot saranno tutte aggiunte in una raccolta unica assieme a quella già qui su efp.
L’unico caso in cui non si tratterà di un capitolo singolo riguarda Lavi. Nel suo caso ci sarà quello che si può definire uno spin off in più capitoli riguardante il suo passato.
Ci sarà anche un capitolo a parte dedicato ad un personaggio di cui si è parlato ma si è visto solo in flashback. Si tratta di Akane, una dei compagni del primo viaggio di Iliana.
Questo perché mi piacerebbe in futuro dedicare spazio anche al racconto del viaggio di Florian, Akane, Artorius e Iliana.
Anche se prima voglio riprendere a dedicarmi ad un’altra storia che continuerò oltre ad occuparmi di quello che ho già fatto presente poche righe fa.
Vi ringrazio ancora tutti quanti e, se interessati, spero darete un’occhiata anche al resto di ciò che riguarda questa storia ed i suoi personaggi.
Lost in books

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