Masque sans visage

di Francy_Kid
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 ***
Capitolo 18: *** Cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***
Capitolo 20: *** Cap. 20 ***
Capitolo 21: *** Cap. 21 ***
Capitolo 22: *** Cap. 22 ***
Capitolo 23: *** Cap. 23 ***
Capitolo 24: *** Cap. 24 ***
Capitolo 25: *** Cap. 25 ***
Capitolo 26: *** Cap. 26 ***
Capitolo 27: *** Cap. 27 ***
Capitolo 28: *** Cap. 28 ***
Capitolo 29: *** Cap. 29 ***
Capitolo 30: *** Cap. 30 ***
Capitolo 31: *** Cap. 31 ***
Capitolo 32: *** Cap. 32 ***
Capitolo 33: *** Cap. 33 ***
Capitolo 34: *** Cap. 34 ***
Capitolo 35: *** Cap. 35 ***
Capitolo 36: *** Cap. 36 ***
Capitolo 37: *** Cap. 37 ***
Capitolo 38: *** Cap. 38 ***
Capitolo 39: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Cap. 1


Adrien sbadigliò dopo aver spento la sveglia, stirandosi e alzandosi di malavoglia dal suo comodo letto.

Subito dopo, scrisse un messaggio di buongiorno a Marinette e poi si diresse in bagno per farsi una doccia rinfrescante: era inizio Agosto e l'afa estiva si sentiva maggiormente, più soffocante dei mesi precedenti.

Accese l'acqua fredda, sicuro che, oltre che rinfrescarsi, si sarebbe svegliato più in fretta.

Intanto Plagg fluttuò pigramente verso la scrivania, dove il suo portatore teneva il Camembert per lui, prendendone una fetta e iniziando ad accarezzarla, dandole il buongiorno.

«Seriamente: tu mi preoccupi.» esclamò Adrien dopo essere uscito dalla doccia, coperto attorno alla vita da solo un asciugamano bianco.
«Che c'è? Anche tu hai dato il buongiorno alla tua amata poco fa.» borbottò in risposta il kwami, aggrappandosi gelosamente al formaggio.
«Sì, ma Marinette è una persona vera, non cibo.»
«Lo dici solo perché io posso abbracciare il mio amore mentre tu non puoi perché è al mare.» rinfacciò Plagg, che ricevette uno sguardo gelido dal ragazzo.

Dopo che i due eroi ebbero sconfitto Papillon, si erano presi una vacanza dalle lotte: Marinette era andata in Corsica per una settimana in vacanza con i suoi genitori, mentre Adrien era rimasto a casa per via del suo lavoro da modello e per controllare che suo padre non combinasse altri casini, quali riprendere ad akumatizzare le persone.

Parigi era finalmente al sicuro, se non fosse stato per Volpina: la mora era riuscita a rubare il Miraculous della volpe da Fu ed ora era più forte rispetto alla sua forma di akuma.

Malgrado non si era ancora fatta viva, né nelle sue vesti civili né trasformata, Adrien e gli altri portatori erano preoccupati.

Ad interrompere i pensieri del biondo fu un tonfo proveniente dalla finestra, che teneva aperta per far girare l'aria nella stanza –anche se non ce n'era– e, per sua più grande sorpresa, vide l'eroina dalla tuta rossa a pois neri che lo guardava sorridente.

«Marinette? Che ci fai qui?» domandò sgranando gli occhi, visibilmente sorpreso.
«Una ragazza non può far visita al suo ragazzo?» ribatté provocatoria, avvicinandosi lentamente.
«Credevo fossi ancora in Corsica.»
«Sono tornata ieri sera tardi.» rispose, finalmente abbastanza vicina a lui per sfiorarlo.
«Potevi anche avvisarmi, sarei venuto io.»
«Dopo quel servizio fotografico a Reims non volevo che ti stancassi ulteriormente: il tuo ultimo accesso su Whatsapp era alle dieci di ieri sera, ciò significa che sei crollato subito dopo aver messo piede in camera.» ridacchiò la coccinella, disegnando una linea con l'indice da un pettorale all'altro del biondo, che prese un respiro profondo.

A Marinette piaceva stuzzicarlo e sapeva che influenza aveva su di lui Ladybug: ne era stato innamorato per un po' di tempo e, anche dopo che ebbe scoperto che era sotto al maschera c'era la sua compagna di classe, lo rendeva docile come un gattino.

«E poi, direi che sono arrivata al momento giusto: sei appena uscito dalla doccia; sei a petto nudo e ancora tutto bagnato.» ridacchiò lei, andando alle sue spalle e soffiandogli tra le scapole, facendolo rabbrividire.
«My Lady, mi vuoi uccidere...» disse nervoso, voltandosi con la testa verso destra, guardando la sua ridente ragazza con la coda dell'occhio.
«Io non voglio farti niente, Gattino, solo stuzzicarti e vedere fino a dove si spinge il tuo autocontrollo.»

Ladybug, a quel punto, gli si mise davanti, premendo il suo corpo a quello di Adrien, sfiorandogli la punta del naso con il suo.

Sentiva il suo respiro caldo sulle labbra, capendo quanto si trattenesse dal farle ciò che voleva.

«Sei un bravo gattino, lo sai?» canticchiò 
«Farei di tutto per la mia lady.»

Finalmente, la corvina baciò Adrien, che restituì voglioso quel bacio tanto desiderato da diversi giorni, abbracciandola per sentire le curve del suo corpo sotto le mani.

Le braccia di Ladybug erano sul petto del biondo, accarezzandolo e, qualche volta, graffiandoglielo leggermente, sentendo il peso di una settimana senza alcun contatto fisico.

L'asciugamano attorno alla vita di Adrien si era allentato e se la ragazza si fosse staccata da lui sarebbe sicuramente caduto.

«Puoi annullare la trasformazione? Voglio sentire il tuo corpo.» chiese, quasi pregandola, inspirando il suo profumo nell'incavo del collo.
«Ma con il costume lo senti meglio che con i vestiti.» ribatté, giocando con una ciocca di capelli biondi già asciutti, arricciandoglieli leggermente.
«Per quanto questo costume evidenzi le tue curve perfette, voglio poterti toccare la pelle e baciarti tutta.» mormorò il ragazzo, baciandole gli angoli della bocca, per poi passare al naso e alle guance.

Senza rispondere, in men che non si dica, davanti a lui non c'era più Ladybug ma Marinette, che lo fissava ghignando.

Adrien la guardò sorridendole: grazie al sole estivo si era abbronzata, anche se non di parecchio, ma i suoi occhi azzurri risaltavano maggiormente grazie anche ai capelli neri.

«Buongiorno, Principessa.» la salutò, poggiando la fronte contro la sua.
«Buongiorno, Gattino.» sorrise lei. «Buongiorno anche a te, Chat Jr.» esclamò nuovamente la ragazza, facendo arrossire il biondo.

I due ridacchiarono, tornando a baciarsi.

«Per favore, trovatevi una stanza!» esclamò Plagg, ancora seduto sulla scrivania.
«Per la verità questa è la mia stanza, sei tu che dovresti andartene.» ribatté il suo portatore, sbuffando.
«Buongiorno Plagg.» aggiunse Marinette, guardandolo dalla spalla del suo ragazzo, mettendosi in punta di piedi per poterlo vedere.
«Ciao cara.» ripose sorridendole, per poi rivolgersi di nuovo al suo portatore. «Siamo coinquilini da quasi un anno intero, questa è anche camera mia ora. E copriti un po'!» brontolò.
«Plagg, sei sempre il solito.» sbuffò Tikki, volando accanto al suo amico pluricentenario, sedendosi a sua volta.
«Ciao Tikki, come va?» chiese il modello, ancora abbracciato alla sua ragazza.
«Bene grazie.» rispose con un sorriso gentile. «Belle chiappette, comunque.»

Il biondo abbassò lo sguardo, scattando con le mani per chiudersi l'asciugamano al posteriore, facendo ridere le due ragazze e sbuffare Plagg.

Marinette, dopo aver dato un biscotto che teneva nella borsetta al suo kwami, andò a sedersi sul letto di Adrien, incrociando le gambe dopo essersi tolta le infradito: «Come l'ha presa tuo padre il fatto di essere il nuovo Grande Guardiano?» chiese incuriosita.
«Vuoi davvero parlare di mio padre o vuoi fare qualcos'altro?» domandò lui, fiondandosi accanto a lei subito dopo essersi messo un paio di pantaloncini della marca "Agreste", cingendole i fianchi con il braccio.
«Adrien, sono seria: mi preoccupo per tuo padre; insomma dopo parecchio tempo passato ad akumatizzare persone ora dovrà prendersi cura dei kwami e scegliere i prossimi portatori. Non è una passeggiata!»
Il biondo si raddrizzò, sdraiandosi a braccia larghe sul materasso: «Lui è ancora parecchio scettico, come me del resto, ma due volte alla settimana va dal Maestro Shifu per imparare un po' di cose e studiare il libro che aveva trovato –ed io rubato–»
Marinette si voltò verso di lui, alzando un sopracciglio: «Maestro Shifu?»
«Non potevo chiamarlo Oogway perché non ci assomiglia per niente, quindi mi è rimasto quello.» rispose con nonchalance.

Marinette alzò gli occhi al cielo, per niente sorpresa dal nome datogli al Grande Guardiano, malgrado gli avesse spiegato più volte che Fu non praticava il kung-fu da anni.

«Come va con tuo padre?» chiese la corvina, volendo spostarsi dall'argomento "Shifu".
«Sembrerà strano, ma, piano piano, sta tornando ad essere il padre di quand'ero piccolo: ora è un po' più permissivo e meno acido; ha persino dato una vacanza a Nathalie e ha accettato la mia scelta di continuare il mio percorso scolastico, anche se ci stiamo lavorando sull'indirizzo da scegliere.» spiegò malinconico, comunque felice dei miglioramenti del genitore.
«Cosa intendi?» domandò crucciata.
«Io vorrei studiare fisica e diventare un insegnante, siccome è la materia in cui eccello e che mi piace, ma mio padre vorrebbe che continuassi nel ramo della moda per mandare avanti il rinominato "Impero degli Agreste".» spiegò, portando la mano destra verso l'alto e fissando l'anello argentato che portava sull'anulare.

La ragazza gli sorrise tristemente. Poteva soltanto immaginarsi quanto fosse dura per Adrien dover scegliere, poiché la scuola che avrebbe deciso avrebbe segnato il suo futuro: se avesse scelto la fisica, probabilmente il marchio Agreste sarebbe sparito, ma se avesse scelto la moda, allora sarebbe continuato e, così, avrebbe riallacciato i rapporti con suo padre, ma lui non sarebbe stato felice.

La ragazza, capita la sua situazione e non potendo fare nulla, decise di distrarlo da qualunque cosa riguardi Gabriel, la famiglia e la scuola nel l'unico modo che conosceva e che funzionava sul suo ragazzo: si mise a cavalcioni sopra di lui, puntandosi con le braccia sul materasso, accanto alla sua testa.

«Sai che mi piace tantissimo vederti a petto nudo?» sussurrò ghignando, vedendosi restituita l'espressione.
«Ho scelto questo outfit apposta per te, My Lady.»

Marinette si chinò su di lui, baciandolo.

Adrien inspirò: era da una settimana che non vedeva l'ora di risentire il sapore delle sue labbra ed il suo corpo premuto contro il suo; era una sensazione che gli era mancata parecchio.

«Che bello poterti riabbracciare ancora.» sussurrò abbracciandola, facendola sdraiare accanto a lui.
«È passata solo una settimana.» ridacchiò, solleticandogli il petto. «Chissà che avresti combinato se fossi stata in Corsica per tre settimane.»
«Mi sarei trasformato in Chat Noir e sarei venuto da te.»
«Ma c'è il mare in mezzo.» ribatté lei.
«Nuoterei per chilometri per te.» ripose, prendendole la mano e baciandole il dorso.

Gli venne in mente di tutte quelle volte di allontanava ogni volta che provava a farlo, ma ora era diverso: lo aveva scoperto in una brutta situazione che Marinette era Ladybug –durante la lotta contro Lila e suo padre– ed era rimasto a dir poco sconvolto, ma era felice che si trattasse di lei.

«Io credevo che i gatti avessero paura dell'acqua.» esclamò con aria di sfida, ma con una nota di divertimento.
«Ma non questo bel gattone.» sussurrò sensuale.
«Come siamo sicuri di sé.» ribatté facendogli una linguaccia.

La ragazza sorrise malignamente quando il ragazzo invertì le parti: ora era lui ad immobilizzarla sul materasso, torreggiando sopra di lei.

«Devo ammetterlo: mi era mancata questa prospettiva.» disse, incrociando le braccia dietro al collo del biondo.
«Io me la sono sognata parecchie volte, con l'unica differenza che nessuno dei due indossava i vestiti e tu gemevi il mio nome.» sussurrò avvicinandosi al suo volto, vedendola arrossire in men che non si dica.
«Adri–»

Il modello fermò le urla della ragazza con un bacio, iniziando una nuova lotta per il predominio tra i due che, ovviamente, venne vinta da Adrien.

«Lo urlavi anche il mio nome, ma non era in questo contesto.» ridacchiò, tornando a baciarla prima che potesse ribattere.

La corvina lo tirò maggiormente verso di sé, incrociando le gambe attorno al bacino del ragazzo quando lui le sollevò i fianchi, causando ai pantaloncini di scivolare leggermente lungo le gambe, lasciando vedere i boxer neri con la marca della sua famiglia.

Adrien le accarezzò la pelle delle gambe, salendo fino a quella dell'addome, volendo continuare per la sua strada verso i seni.

«Adrien, sveglia...»

I due ragazzi guardarono verso la porta della camera accanto alla scrivania, trovando Gabriel Agreste con gli occhi sgranati e Nooroo che cercava di trattenere le risate.

«Questa situazione mi ricorda qualcosa.» ghignò Tikki dalla scrivania.
«Anche a me: se non erro agli inizi del 1900; con l'unica differenza che i due ragazzi erano nudi ed era il padre della ragazza ad essere entrato. L'avevo detto che facevano troppo casino, ma nessuno ascolta più un dio quantistico.» sbuffò Plagg, tornando a mangiare il formaggio.

«Padre! Ma sai cosa significa "bussare"?» chiese Adrien rosso in volto, alzandosi di scatto per sistemarsi i pantaloncini.
«Scusa, credevo stessi ancora dormendo siccome la sveglia è suonata da ormai venti minuti.» spiegò lo stilista ancora sullo stipite della porta. «Salve Marinette.» la salutò, guardandola seduta sul letto del figlio.
«B-Buongiorno S-Signor Agreste...» balbettò, sistemandosi il top nero, coprendo la pelle che venne esposta dal biondo.
«Ti aspetto tra dieci minuti per la colazione.» esclamò rivolgendosi al figlio, che si era messo una maglietta, per poi tornare a guardare la ragazza. «Sei la benvenuta anche tu, Marinette.» aggiunse uscendo dalla camera, venendo ringraziato dalla ragazza.

Adrien sbuffò, sistemandosi i capelli sulla fronte, mentre la corvina ridacchiò.

«Non avrei mai pensato di dirlo, ma: grazie Papillon che mi hai evitato l'ennesima scena di due giovani in calore.» disse Plagg, volando assieme a Tikki verso i loro portatori.
«Arrivare ad elogiare il nostro più grande nemico pur di non vedere due giovani innamorati riuniti? Sei crudele.» lo rimproverò il kwami della coccinella, pur mantenendo una nota di divertimento.
«Esatto Plagg: sei crudele.» ripeté il modello, fingendosi offeso.

I quattro scesero nel salone dove i due Agreste erano soliti fare colazione, smettendo di parlare quando videro Master Fu salutarli con un gesto della mano, seduto accanto a Gabriel

«Che ci fa qui il Maestro Shifu?» domandò Adrien, sedendosi di fronte a suo padre, mentre si mise accanto a lui, davanti al guardiano.
«Master Fu.» lo corresse; sapeva che era la prima di quel giorno e ormai si era arreso dal continuare a farlo. «Comunque, sono qui perché dovevo parlare con tutti voi.»
«E perché non nel tuo centro massaggi?» disse curiosa Marinette.
«Dobbiamo abituare il nuovo Grande Guardiano alla situazione, inoltre qua c'è l'aria condizionata.» aggiunse, facendo annuire i quattro kwami. «Chi l'avrebbe mai detto: Papillon che chiama Ladybug, l'unica capace a neutralizzare il suo potere, per una riunione.» lo schernì il vecchio.
«Ho dovuto cambiare il mio stile di vita, a quanto pare.» ribatté lo stilista, sorseggiando il caffè dalla tazza.
Adrien sgranò gli occhi: «Quindi l'hai chiamata tu Marinette: non è entrata lei di sua spontanea volontà dalla mia finestra.»
«Per la verità, il fatto che sia entrata dalla tua finestra l'ha deciso lei. Io credevo usasse la porta d'ingresso.» rispose Gabriel con nonchalance, finendo la bevanda calda.

La corvina arrossì, sorridendo nervosamente al padre del suo ragazzo, che la guardò trattenendo un ghigno.

«Allora –s'intromise Plagg– di cosa vogliamo parlare?»
«La "Squadra Miraculous" si riunisce solo per un motivo: brutte notizie.» disse Adrien.
«Ma trovargli un nome più bello no? Tipo: "Puzzolenti ma buoni" o "I cavalieri del formaggio rotondo" oppure ancora "Forma miracolosa".» esclamò entusiasta il kwami nero, ricevendo da tutti i presenti uno sguardo crucciato.
«Sei serio?» domandò il biondo. «Sono tutti nomi che riguardano il formaggio!»
«Non so voi, ma "I cavalieri del formaggio rotondo" mi piace.» rispose Marinette, riflettendoci.
«Concordo.» confermò il suo kwami, seduta sul tavolo tra Nooroo e Plagg, che guardò le due ragazze con occhi luccicanti.
Adrien inspirò: «Ma vi divertite farmi arrabbiare?»
«Parecchio anche.» ammiccò la corvina, facendo ridere le piccole divinità; compreso Wayzz sorrise e lui era il più serio tra loro.
«Ma tu sei la mia ragazza, dovresti rendermi felice.» mugugnò, incrociando le braccia al petto, offeso.
«Non hai ancora capito che non sono come tutte le altre ragazze?» ghignò, facendogli la linguaccia.

Gabriel si schiarì la gola, attirando l'attenzione dei due adolescenti su di lui: «Ascoltate ciò che Fu ha da dirvi molto attentamente, credo che interesserà a tutti. Sopratutto a te, Adrien.»

 

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Ormai non so più che entrata fare, quindi ne faccio una parecchio classica.

*agita la mano stile Elisabetta regina d'Inghilterra* Bon Jovi bella gente :3

Questo è il terzo libro della serie, siete felici?

Non ditelo a me :D

Non sto a dirvi che succederà perché sennò spoilero e non va bene U^U

Capitolo abbastanza lunghino, ma è la giusta introduzione a cosa accadrà ;)

Mi sento parecchio malvagia per questo libro, preparatevi perché mostrerò il peggio di me MUAHAHAHAHA >:3

Siccome aggiorno tutti i mercoledì perché così ho anche il tempo di ricontrollare le castronerie che scrivo (che mi sfuggiranno) e perché ho tempo per sistemare e rielaborare robe, ci vediamo al prossimo mercoledì :D

Francy_Kid

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Cap. 2


«Adrien, tua madre era una portatrice di Miraculous, quello del pavone per l'esattezza. —iniziò Fu, notando subito lo sguardo scioccato del ragazzo— aveva dodici anni quando è divenuta la prescelta. È stata la più giovane a possedere un Miraculous sotto la mia carica di Grande Guardiamo ed era dotata di straordinarie capacità, sia intellettuali che fisiche. Era l'eroina perfetta. Ai tempi stavamo indagando su una società segreta che voleva rubare tutti i Miraculous per studiarli e usare i loro poteri per scopi malvagi, così diedi la collana della volpe, la spilla della farfalla, il fermaglio dell'ape e la spilla del pavone ad altri quattro ragazzi, i più adatti per padroneggiare i poteri del Miraculous assegnatogli. Le ricerche andarono avanti per anni, ed anche quando tua madre ebbe te continuò ad aiutarmi, mentre gli altri possessori lasciarono proprio quando ebbero dei figli, spaventati per la loro vita e per quella della loro famiglia, restituendomi i gioielli. Però, tua madre non si diede per vinta e, circa due anni fa, aveva scoperto che la sede principale dell'organizzazione era in un tempio di monaci tra le catene montuose dell'Himalaia e decise di partire da sola senza dirmi nulla.»

Tra i presenti ci fu silenzio, intenti ad ascoltare ogni minimo dettaglio della storia.

Solo Adrien era sconvolto e pieno di collera, serrando i pugni sotto il tavolo, e tenendo lo sguardo puntato sulla superficie piana, con le immagini di ciò che sentiva che gli scorrevano in testa come un film, mentre Marinette cercava di calmarlo, accarezzandogli il braccio.

«Se avessi saputo che era incinta non l'avrei lasciata partire.» aggiunse il Grande Guardiano più dispiaciuto che mai, chinando il capo.
«Cosa?» domandò il biondo, tornando a guardare l'anziano. «Era incinta?»
«Sì Adrien, aspettava il nostro secondo bambino. Tuo fratello.» rispose Gabriel, con le mani intrecciate davanti al viso, coprendogli la bocca.
«E perché non l'hai fermata? Sapevi di tutto questo!» esplose il ragazzo, alzandosi di scatto e battendo la mano sul tavolo.
«Sapevo che era incinta, ma non sapevo che era una portatrice. All'epoca non sapevo nemmeno cosa fosse un Miraculous.» spiegò lo stilista, non cambiando la sua espressione seria.
Adrien chinò il capo: «No... Non ci credo.» esclamò. «Che altro non mi hai detto? Quali altre bugie hai raccontato per tenermi "al sicuro"?» ringhiò un'altra volta; gli occhi gli si fecero lucidi e un groppo gli serrava la gola, impedendogli di dire altro.

Erano passati due anni dalla scomparsa di sua madre e sentire parlare di lei in quel modo lo facevano sentire inutile, come se lui non fosse riuscito a proteggere lei ed il bambino che portava in grembo.

Il ragazzo si voltò, correndo verso camera sua, ignorando Marinette e Plagg che lo chiamavano.

«Vai da lui. Sono sicuro che ti ascolterà.» disse Gabriel, ad occhi bassi e voce flebile.

La ragazza annuì, correndo da Adrien, seguita dai kwami del gatto nero, che era più veloce, e quello della coccinella.

«Credevo fosse pronto ad ascoltare tutta la storia.» sospirò lo stilista, poggiandosi stancamente contro lo schienale della sedia.
Fu sorseggiò dalla tazza con espressione seria: «È appena venuto a sapere una parte di storia che collega la morte di sua madre alla sua vita attuale, è normale che sia rimasto sconvolto.»




Marinette entrò in camera del biondo, vedendolo sdraiato supino sul letto, con il braccio a coprirgli il viso, mentre respirava profondamente, singhiozzando qualche volta.

La ragazza si sedette accanto a lui, aspettando che si calmasse abbastanza perché potesse risponderle, mentre i due kwami andarono verso la scrivania, non volendoli disturbare.

Marinette gli accarezzò la mano, facendolo inspirare, stringendogliela quando lui lo fece.

«Non pensavo che la mia famiglia fosse così conosciuta, oltre che nel mondo della moda, tra gli dèi quantistici.» disse Adrien, sorridendo tristemente. «Ed io che credevo che essere figlio di uno stilista avrebbe comportato una vita un po' più normale.»
«Ma tu eri stufo della tua vita da modello.» ribatté la corvina.
«Infatti sono parecchio grato di aver conosciuto Plagg.» rispose. «Ma conoscere la verità su mia madre è dura, soprattutto mentre credevo fosse morta per un incidente...» sospirò, baciando la mano della sua ragazza.

Gli faceva bene parlare con qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era Marinette.

Dopo aver scoperto che lei era Ladybug, superata la sorpresa dell'essere stato innamorato della stessa ragazza senza mai capirlo per tutto quel tempo, sentiva che il loro legame era cresciuto ed era diventato più saldo; persino durante le ronde notturne, che erano diventate principalmente corse tra i tetti di Parigi a rincorrersi, i due ridevano e scherzavano, baciandosi all'ombra di qualche camino o vicolo.

Prima, se provava soltanto a baciare la mano alla coccinella, la corvina si allontanava appena prima che la sfiorasse, facendolo rimanere dispiaciuto.

Poi conobbe meglio Marinette ed il fatto di averla aiutata con Nathanaël, anche se poi era stato "mollato", come Adrien, gli aveva permesso di avvicinarsi di più come Chat, innamorandosi di lei e diventare ciò che erano ora.

Casini a parte.

«È normale che provi tutto questo. Ti serve del tempo per accettarlo, tutto qui.» disse la ragazza, cercando di confortarlo.
«Non posso accettare il fatto che mia madre è stata uccisa perché i precedenti portatori del Miraculous della volpe e dell'ape l'hanno abbandonata. Anche lei aveva una famiglia.» disse acido, voltandosi su un fianco e dando le spalle alla corvina, sentendo gli occhi pungere di lacrime nuove.
«Ed è stata lei a voler continuare la sua missione.» rispose lei, sfiorandogli la spalla. «Non so il motivo preciso per cui ha deciso di andare fino in fondo e rischiando tutto, ma penso l'abbia fatto per te, perché se avesse sconfitto quelle persone allora tu saresti stato al sicuro.»
Adrien sospirò, sentendo le lacrime bagnargli nuovamente il viso, voltandosi verso Marinette: «Tu ed i tuoi discorsi motivanti.» ridacchiò, tirando su con il naso.
«Sempre a tua disposizione, Gattino.»




Master Fu era tornato a casa da una ventina di minuti ormai e Gabriel non ne poteva più di sentire parlare dei Miraculous per quel giorno.

Lo stilista salì le scale, seguito da Nooroo, dirigendosi verso la camera di suo figlio per controllare se stesse bene, ma quando arrivò alla porta sentì le urla divertite di Marinette e Tikki, seguita da quelle di Adrien e dalle minacce di Plagg per riavere il suo pezzo di formaggio.

L'uomo stette qualche minuto ad ascoltarli, sorridendo quando sentì ridere i due ragazzi; più Marinette stava a casa loro, più la villa era allegra e movimentata.

«Maestro, cosa vuole fare ora?» chiese Nooroo, volteggiando accanto alla spalla del suo guardiano.
Lo stilista sospirò, per poi rispondere: «Riposare. Ora voglio solo riposare.»




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Che bello che Gabriel fa come noi pigri: dorme!

Mi raccomando, non sognare akuma che dopo mi fai un pasticcio, Farfallone...

Amyway, il nostro Adrien ha scoperto altro sulla vita della madre, ma non tutto🌚

Alla prossima :3


Francy_Kid

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Cap. 3



Marinette si alzò al suono della sveglia, stirandosi non appena ebbe spento l'allarme fastidioso.

Tikki, anche lei assonnata, fluttuò fino alla scrivania, dove si sedette aspettando che la sua portatrice si preparasse per la giornata che doveva affrontare.

«Ricordami quello che dobbiamo fare, Marinette.» sbadigliò lo spiritello, osservando la corvina sistemarsi i capelli nei suoi soliti codini.
«Dobbiamo andare con Alya a controllare le scuole su cui sono indecisa. Dobbiamo scegliere l'università da fare e manca meno di un mese all'inizio della scuola! Ormai non ho più tempo!» rispose, dandosi un'ultima sistemata alla frangia.
«E non potevi farlo prima?»
«L'ho fatto, solo che vorrei rivedere tre università: l'istituto Marangoni, l'IFA e l'IFM.»
«L'istituto Marangoni non è il più prestigioso o roba simile?» chiese Tikki, ricordandosi di averne sentito parlare.
«Sono tutti e tre molto famosi ed importanti, ma il Marangoni ha sede anche in Italia ed in Inghilterra.» spiegò la sua portatrice, dandosi un'ultima sistemata prima di afferrare la borsetta ed il cellulare.
«Allora niente Adrien oggi.» ridacchiò il kwami, fluttuando sin dentro la borsetta rosa, sbucando con la testa.
«Oggi no, magari stasera.» ammiccò Marinette, scrivendo un sms alla sua migliore amica per avvisarla che stava scendendo.




Adrien stava facendo colazione con suo padre, uno seduti di fronte all'altro e con i rispettivi kwami che mangiavano il loro cibo preferito.

Un dolce odore di croissant caldi sovrastava la puzza del Camembert dello spiritello nero, che lo assaporava come fosse uno spuntino di alta qualità.

«Padre.» esclamò il ragazzo, richiamando la sua attenzione. «Come ben sai tra un mese inizia la scuola ed io dovrei scegliere l'università da frequentare.» iniziò, leggermente titubante.
«Lo so figliolo e faresti meglio a sbrigarti a scegliere.» rispose l'uomo, sorseggiando il caffè dalla tazza.
«Io vorrei frequentare lo scientifico per studiare fisica e le materie scientifico-matematiche, ma non smetterò i miei impegni: il lavoro da modello, piano, cinese, scherma... Prometto che continuerò!» esclamò Adrien, cercando di convincerlo.
Gabriel mantenne il suo tono severo: «Adrien, ne abbiamo già parlato. Per il futuro degli Agreste è meglio che tu scegli una scuola che riguardi la moda.»
«Ma padre, io non voglio diventare stilista! Faccio pena nel disegno e nell'inventare abiti.» esplose il biondo, battendo il palmo della mano sul tavolo e facendo sobbalzare i due kwami.
«Non posso permettere che il marchio degli Agreste sparisca per un tuo capriccio. Il tuo dovere è tenere alto il nostro nome.» rispose per l'ennesima volta lo stilista, sorseggiando il caffè dalla tazza bianca, segno che quelle conversazione era chiusa.
Adrien si fece più serio: «Tutta la mia vita si è basata su doveri che tu mi hai assegnato. Ora vorrei avere la possibilità di essere un po' più libero di vivere il resto della mia vita.»

Il ragazzo si alzò, posando il tovagliolo sul tavolo, accanto al piatto ricoperto di briciole del croissant che aveva mangiato, dando un'ultima occhiata al padre, quasi supplicandolo di ascoltare le sue parole, per poi dirigersi verso la sua stanza.

Plagg restò seduto al suo posto, guardando l'ex nemico con i suoi occhi da felino, che ricambiò, sospirando, e poi seguire il suo portatore con ancora una fetta di formaggio tra le zampe.

«Secondo me tuo figlio ha ragione.» commentò Nooroo, dopo che il kwami nero fu abbastanza lontano.
«Lo so che ha ragione, ma io non riesco ancora a lasciarlo andare malgrado tutto quello che ho fatto, e malgrado lui sia il protettore di Parigi –e sono orgoglioso di lui– ho ancora paura di perderlo.» spiegò l'uomo, osservando il fondo della tazza, ormai vuota, perdendosi nelle strane forme che i rimasugli del caffè aveva lasciato.
«Questo è un ragionamento totalmente sbagliato, Gabriel.» rispose, tenendo lo spicchio di mela tra le zampette. «Ti ricordi alcune persone che hai akumatizzato? Anche se erano sotto il tuo potere riuscivi a sentire i loro sentimenti, sia quelli cattivi che quelli buoni. Anche nel loro stato di schiavitù chiedevano di essere liberati, volendo lasciar perdere il loro sentimento di vendetta.»

Gabriel ricordava perfettamente ogni persona che aveva akumatizzato.

Ciò che il suo kwami stava dicendo era vero: molte persone volevano lasciar perdere, cercando di lottare contro di lui, ma i loro sentimenti negativi erano amplificati dal potere di Nooroo, impedendo loro di fuggire da quello stato, almeno finché Ladybug e Chat Noir non lo facevano.

«È come se tu facessi la stessa cosa con Adrien, solo che lui è akumatizzato da quasi diciotto anni ed ora il suo desiderio di libertà è più forte del tuo volere.» continuò la divinità, non notando alcun cambiamento nell'espressione del suo portatore. «Per tutti questi anni ha subìto la tua influenza perché non voleva deluderti e perché non voleva perderti, siccome sei l'unico genitore che gli è rimasto. Ma ora dovresti lasciarlo libero, Gabriel.»

L'uomo posò la tazza sull'apposito pattino, facendola tintinnare; si alzò dal tavolo e si diresse verso l'uscita della sala da pranzo, fermandosi sull'uscio: «Vieni ad aiutarmi a cercare l'università più adatta a mio figlio.»




Marinette si abbandonò sul divano in salotto, ringraziando le sue gambe, che ora formicolavano, per non averla abbandonata a metà strada mentre tornava a casa.

«E dopo mesi di indecisioni finalmente ti sei decisa!» esclamò Alya, seduta dall'altro lato del mobile, togliendosi le scarpe per rimanere più comoda.
«Già. Sono sicura che il Marangoni sarà perfetto. O almeno, il suo programma mi è piaciuto di più rispetto a quello dell'IFA e dell'IFM. Ora devo solo aspettare la risposta per l'accettazione.» spiegò, stirandosi.
«Vedrai che ti accetteranno; le tue opere sono fantastiche.» inspirò la mora, per poi raddrizzarsi sul divano, con un'espressione maligna sul volto. «Hai detto che i tuoi genitori sono fuori fino a domani sera, giusto?» domandò con un luccichio negli occhi.

«Sì, e allora?» rispose, guardando l'amica al contrario.
«Oh nulla, ho solo mandato un messaggio a Nino e Adrien di fare un salto per una seratina a quattro.» ammiccò, notando quanto tempestivamente la corvina si mise a sedere.
«Alya! Sai come finiscono le nostre "normalissime seratine a quattro".»
La ragazza la guardò, ghignando: «Infatti, questa sarà un'"alcolica seratina a quattro".»
«Alya!»




«Ti dico che è stata una pessima idea.» mormorò Marinette con le braccia incrociate al petto.
«Strano, solo tre secondi fa stavi sbavando dietro al tuo ragazzo.» bofonchiò Alya leggermente brilla, mentre filmava Adrien che tentava di togliersi la maglietta.

La corvina non si era mossa dal divano per quasi tutta la serata; da quando i suoi amici avevano iniziato a bere lei aveva azionato i suoi occhi vigili, controllando che nessuno rompesse nulla o che sparissero nelle camere, soprattutto Alya e Nino.

«Stranamente mi ricorda la scena allo skate park abbandonato.» sospirò Marinette, trattenendo una risata nel vedere l'espressione soddisfatta del suo ragazzo quando riuscì a levarsi la maglietta.
«Dai Mari! Divertiti anche tu!» rise Alya, porgendole una bottiglia piena di Vodka alla fragola.
L'adolescente la guardò, alzando gli occhi al cielo: «So già che sarà una lunga serata...» esclamò, sorseggiando dalla bottiglia.




Era mattina, questo era poco ma sicuro: la luce fioca del sole filtrava dalle tende del salotto, dando fastidio agli occhi di Marinette, che, gemendo, cercò di mettersi a sedere, non riuscendoci per una pressione che sentiva sull'addome.

La vista era offuscata e le ci vollero diversi minuti prima di abituarsi all'ambiente illuminato, sentendo già i postumi della sbornia della sera precedente.

Non si ricordava granché della serata, ma sapeva che aveva bevuto. E tanto anche.

Da quando Adrien e Nino avevano iniziato a ballare il valzer a petto nudo, con Alya che li riprendeva e lei che rideva come una matta, i suoi ricordi si fecero offuscati.

La ragazza tentò nuovamente di mettersi a sedere, cercando di ignorare la nausea ed il dolore alla testa, ma il peso all'addome non glielo permetteva; spostando lo sguardo verso il basso notò una massa di capelli bionda, capendo immediatamente che Adrien si era addormentato su di lei, sistematosi tra le sue gambe e abbracciandola alla vita, mentre lei aveva le gambe intrecciate al suo corpo.

La corvina sorrise, accarezzandogli la testa e facendolo agitare leggermente; ben presto, il suo sorriso divenne uno sguardo di puro terrore: entrambi erano in intimo ed i vestiti erano spariti.

Subito si guardò in giro, per quanto poteva, notando Alya sdraiata a terra accanto a loro e Nino era sparito nel nulla.

Facendo più piano possibile sgusciò via dalla presa di Adrien, che si sdraiò pienamente sul divano, mentre lei iniziò a cercare freneticamente i vestiti, trovandoli sparsi per il salotto.

«Ma che diamine è successo ieri sera?» domandò subito dopo essersi vestita, afferrandosi la testa pulsante.
«Diciamo che avete messo in piedi un bel spettacolino tu ed il tuo ragazzo.» rispose Plagg, sbucando dal nulla.
«Che tipo di spettacolino?» chiese iniziando a recuperare le bottiglie di vodka vuote, buttando le nel bidone del vetro.
«Lo vedrai tu stessa.» ridacchiò la piccola divinità, mangiando una fetta di Camembert che, a quanto pareva, aveva recuperato dalla borsa di Adrien.

Marinette trattene un conato di vomito all'odore nauseante del formaggio, decisa a riordinare un po' il salotto: il divano era completamente in disordine, i cuscini sparsi per la stanza ed i vestiti di Adrien –che era in mutande– erano finiti sulle scale che portavano alla sua stanza, tranne per la maglietta che era sulla televisione.

E in tutto questo, Nino era ancora introvabile!

«Dio quanto odio queste serate... Solo perché devo riordinare io.» specificò sbuffando, guardando i due collassati in salotto e pensando ad un modo per svegliarli il più delicatamente possibile.




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Ma buon mercoledì :D

Che dire: evviva le serate ubriache(?) ahahaha

Vi dico solo una cosa: nel prossimo capitolo, Adrien non farà una bella figura con suo padre :3

Byeee :D

Francy_Kid

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Cap. 4


 

Alya accese il suo cellulare dopo averlo attaccato alla sua batteria portatile perché si era spento, visto che la sera precedente, anche se era ubriaca, si era messa a guardare più volte i video e le foto che aveva fatto dei suoi amici.

Per fortuna non aveva postato nulla su internet.

Dopo che Marinette svegliò Adrien per farlo vestire, andò a cercare Nino, trovandolo abbracciato al gabinetto anche se non era stato male, e subito dopo che il biondo fu presentabile svegliò Alya.

I quattro, ora stavano per vedere cos'era successo la sera precedente, curiosi di sapere che avevano combinato.

La mora selezionò l'ultimo video che aveva in galleria e iniziò con Marinette che stava bevendo da una bottiglia di vodka alla fragola, seduta sul divano, mentre Adrien cercava di togliersi i pantaloni.

«Partiamo già male...» mormorò la corvina, imbarazzata per il suo ragazzo, che continuò ad osservare incuriosito lo schermo.

Subito dopo essere rimasto in intimo, si sentì l'urlo estasiato di Marinette, che lo invitò verso di sé con sguardo provocante, posando l'alcolico sul tavolino; Adrien si avvicinò lentamente e, quando le fu davanti, iniziò a spogliarla e a baciarle il collo.

Poi il video si interruppe.

Alya fece scorrere le immagini che c'erano subito dopo, che inquadravano dei selfie provocanti di Marinette in intimo.

«La mia reputazione è distrutta...» sospirò la ragazza, poggiandosi contro lo schienale del divano.
«Peccato che quel video dura solo qualche secondo...» mormorò ghignante Alya, mettendo il cellulare sul tavolino, spostandosi per sistemarsi tra le braccia di Nino.
«Solo io non mi ricordo nulla?» domandò il moro, abbracciando la sua ragazza.
«No amico, nemmeno io. Eppure volevo sapere come continuava il video: mi piaceva l'idea di vederti mentre ti spogliavo.» ammiccò provocante alla corvina, che arrossì violentemente.
«N-Nessuno dei due era nudo!» esclamò lei, alzandosi di scatto per preparare un caffè per sé e per gli altri.
«Alya, mi manderesti il video e le foto di Marinette?» domandò il modello, facendo annuire l'amica.
«Non ci provare nemmeno!» urlò la corvina appena aprì l'anta della dispensa.
«Mandameli.» sussurrò Adrien, in modo tale da non essere sentito dalla sua ragazza.

Alya, dopo aver inviato i file all'amico, borbottò qualcosa sul fatto di aver mal di testa, spostando gli occhiali per sfregarsi gli occhi stanchi.

Adrien, invece, era ancora intontito per l'alcool e la nausea era l'unica cosa a cui riusciva a pensare, oltre al filmato visto poco fa per cercare di ricordarsi il seguito.

«Chi vuole del caffè?» domandò Marinette dalla cucina.
«Passo.» esclamarono in coro i tre, facendo alzare le spalle alla ragazza.
«Mari, com'è che tu stai bene e noi siamo... in coma?» domandò curioso Nino, non volendo voltarsi per la testa che ancora gli girava.
«Non so.» ripose semplicemente, accendendo il gas.

Marinette tornò dai suoi amici, decisa a far loro uno scherzo: «Allora, –disse davanti a loro– chi vuole un croissant?»
«Ti prego Mari, non parlare di cibo...» mugugnò Adrien sentendo lo stomaco sottosopra.
«Ci sono alla marmellata, al cioccolato, alla crema...»

La corvina iniziò ad elencare le varie brioche che aveva in negozio, ridendo quando il biondo si alzò di scatto per correre in bagno, mentre Nino e Alya diventarono pallidi e gemettero.


 

Gabriel si abbandonò contro lo schienale della sedia da ufficio, godendo della morbida imbottitura per la sua schiena dolorante.

Dalle sette di mattina si era messo alla scrivania per compilare scartoffie riguardanti il lavoro e, subito dopo, continuò la sua ricerca per un'università per suo figlio.

Ora, però, ci voleva un attimo di pausa; prese il cellulare, notando solo ora quattro messaggi su Whatsapp di Adrien.

Aprendo la chat notò che erano audio, tutti inviati intorno alle due di mattina; decise di ascoltarli.

«Buona sera padre.» iniziò l'audio il ragazzo, cantilenando ubriaco.
«Non di nuovo...» esclamò lo stilista, sollevando gli occhiali e pizzicandosi il ponte del naso.
«Anzi, buon giorno siccome è già domani... Ma credo sua più notte... Comunque, passo la notte da Marinette e tornerò a casa tardi, domani... cioè oggi... Dio quanto sono ubriaco.»

Il primo audio s'interruppe in quel modo, e Gabriel voleva già chiamare il figlio per sgridarlo, ma la curiosità per gli altri audio ed il fatto che era un adolescente lo trattennero; premette play sul secondo messaggio.

«Signor Agreste, mi dispiace disturbarla a quest'ora, ma Adrien mi ha costretta a farle un audio per salutarla.» fu il messaggio nervoso di Marinette.
«Dai Principessa, sii più realistica!» mugugnò Adrien in lontananza.
«E come faccio ad essere realistica mentre tu mi stai schiacciando con il tuo "dolce peso"?» chiese sarcasticamente la corvina, mentre un sottofondo si sentivano risate e urla di divertimento di un altro paio di ragazzi.
«Se vuoi posso farti sentire un altro peso, Mari.»
«Adrien! Spegni l'audio!»

Gabriel si dispiacque subito per la povera giovane, immaginandosi la scena, e decise di ascoltare il prossimo audio, inviato un'ora e mezza più tardi.

«Buona serata signor Gabriel.» urlò Marinette dall'altro capo del telefono.
«Perfetto, anche lei è ubriaca.» commentò Nooroo, che aveva ascoltato anche i precedenti.
«C'è suo figlio che ha davvero un corpo mozzafiato, ma lei lo sa di già. Cioè... Fa il modello... È normale che abbia un fisico da Dio greco già all'età di diciassette, quasi diciotto, anni.»

Le urla di una ragazza in sottofondo si fecero più forti, e subito anche Marinette urlò di gioia.

«I nostri ragazzi ci fanno lo spogliarello!» esultò una voce femminile a qualche metro di distanza.
«Le mutande di Adrien s'intonano con il mio reggiseno!» esclamò stupita la corvina, per poi interrompere bruscamente l'audio.

«Perché?» domandò sconvolto il kwami viola, lasciando lo spicchio di mela.
«E lui vorrebbe frequentare un'università con materie scientifiche.» commentò sarcastico l'uomo, premendo il pulsante play sull'ultimo audio.

«Papillon, ti prego: rispondimi!» disse sconvolto Plagg.
«Plagg, smettila.» rispose la vocina acuta di Tikki, esasperata, poco distante rispetto a quella del felino.
«No! Devo mandare una richiesta per farmi akumatizzare o per cavarmi gli occhi!» disse, urlando troppo vicina al microfono, tant'è che Gabriel dovette abbassare il volume del cellulare di un paio di tacche.
«Dai Plagg, hai visto di peggio!»
Plagg la ignorò: «Ci sono Adrien e Marinette che sono avvinghiati da più di mezz'ora e non vogliono staccarsi! I loro amici sono collassati da un po' così ho potuto fare un audio per avvertirti.» 
«Ma perché gli dici ogni cosa che fa Adrien? Razza di rovina momenti!» lo sgridò Tikki, ora più vicina all'apparecchio.
«Solo perché mi diverto quando si prende una sgridata. Lo so che non sono nudi, non del tutto almeno, ma volevo far prendere un colpo a Gabriel, del tipo che Marinette è incinta e Adrien è scappato perché non voleva diventare padre.»
«Plagg!» urlò il kwami della coccinella interrompendo l'audio.

Nooroo si voltò, fissando il suo portatore, che fece lo stesso.

Ci fu un silenzio imbarazzante, per qualche secondo, mentre i due cercarono di rielaborare la caduto, interrotto dalla piccola divinità quantistica: «Io farei disinfettare tutte le superfici su cui Adrien ha dormito con Marinette.»
«Avviso la donna delle pulizie.»



 

Adrien rientrò a casa poco prima di mezzogiorno, cercando di ignorare il mal di testa martellante e la nausea che  non era ancora passata, imbattendosi in suo padre, che torreggiava sulle scale quasi come un cane minaccioso.

«Ti sembra questa l'ora di rientrare?»
«Tecnicamente è presto. Manca un quarto all'ora di pranzo.» rispose con nonchalance il biondo, riponendo il cellulare in tasca.
«Ho sentito "pranzo".» esclamò Plagg uscendo dal taschino della maglietta.
«Certo, ma non sei rientrato la sera precedente.» disse Gabriel, ignorando il kwami nero.
«Credo di averti avvertito ieri sera... Non mi ricordo, ero ubriaco...»

Lo stilista sbuffò.

Non era realmente arrabbiato con lui: era giovane e doveva vivere una vita da adolescente, ma quello che lo preoccupava era il fatto che se avrebbe potuto, per sbaglio, svelare la sua identità, o fatto qualcosa che avrebbe messo in cattiva luce il nome degli Agreste.

«Vai a farti una doccia e poi raggiungimi nel mio ufficio. Vorrei parlarti di una cosa.»


 

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Evviva le serate ubriache! :D

Dai, ho fatto di peggio.

Cioè, ho assistito a cose peggiori, ma la figura che fa Adrien le batte tutte LOL

Al prossimo capitolo la reazione di Adrien alla notizia della scuola scelta per lui :D

Bye :3

Francy_Kid

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Cap. 5


 

«Di cosa volevi parlarmi?» domandò Adrien, sedendosi stancamente sulla sedia davanti alla scrivania del padre.
«Per prima cosa vorrei informarti che non sono molto contento riguardo agli audio che mi hai inviato ieri sera.» iniziò lo stilista, guardando il figlio dritto negli occhi.
«Sono più che sicuro di averti avvertito sul fatto che non sarei tornato a casa.» rispose il ragazzo, riflettendo sul come glielo aveva detto. «Non mi ricordo molto bene le mie parole o l'orario, siccome ero ubriaco.»
«Tralasciamo l'argomento, per ora.» esclamò serio, sistemandosi gli occhiali sul ponte del naso, chinandosi leggermente in avanti è poggiando i gomiti sulla scrivania. «Ho riflettuto sull'università che frequenterai...»
«Padre, te l'ho già detto: io non voglio fare lo stilista!» lo interruppe, pentendosi quasi immediatamente per le fitte alla testa.
«Fammi finire.» disse Gabriel, alzando la mano «Ho riflettuto sul tuo futuro, pensando a cos'è meglio per te. Il marchio Agreste andrà avanti finché il mio corpo e la mia mente me lo permetteranno, ma non posso costringerti a fare ciò che non vuoi.»
«Davvero?» domandò Adrien strabuzzando gli occhi, come a riprendersi da un sogno.
Gabriel annuì: «Ho cercato tra le varie università di fisica e scienze matematiche e credo che l'istituto "Pierre et Marie Curie" faccia al caso tuo.» concluse, porgendo al biondo dei fogli con il programma e la spiegazione delle materie.
«Oh mio Dio. Grazie, grazie mille.» esclamò felicemente, alzandosi dalla sedia con l'intenzione di andare ad informarsi sulla scuola.

Adrien fu quasi alla porta, quando il padre lo chiamò.

«Un'ultima cosa. –disse– Riguarda uno degli audio che mi hai inviato stanotte, più precisamente l'ultimo.» iniziò, notando lo sguardo crucciato del figlio mentre prendeva il cellulare dalla tasca. «Volevo chiederti se tu e Marinette avete rapporti sicuri. Voglio dire: siete fidanzati da diversi mesi ormai ed è normale che a abbiate gli ormoni a mille; sono stato giovane anch'io, ma l'importate è che voi siate protetti.»
«Io non centro nulla.» mormorò Plagg, volando fuori dalla borsa del suo portatore e trapassando la porta chiusa.
«Che intendi dire? Padre, sii più diretto.» rispose Adrien, non capendo.
Gabriel si schiarì la gola: «Usate gli anti contraccettivi?»

Il ragazzo dopo aver sentito la domanda, divenne tutto rosso: ora capiva come si sentiva Marinette quando i suoi le chiedevano come andava il rapporto con lui.

Aprendo la chat del padre, selezionò l'ultimo audio inviato, notando che era stato ascoltato; subito dopo averlo sentito, ringhiò minaccioso il nome del suo kwami.

«Puntualizzo subito dicendo che per mia sfortuna -e sfortuna di Mari, per un certo verso- io e la mia ragazza non abbiamo ancora "consumato" la nostra relazione. Credo che verrei a dirtelo, visto che ora non akumatizzi più nessuno e visto che sono cose tra uomini.» spiegò dopo essersi calmato, aprendo la porta dell'ufficio con la mano libera. «Ora, se vuoi scusarmi, devo nascondere tutto il Camembert che abbiamo, perché il mio kwami ne resterà senza per un bel po'.»
«Oh sì, certo. Vai pure.» si schiarì la gola l'uomo, ancora leggermente a disagio di dover parlare di queste cose con il figlio.

Ma d'altronde aveva quasi diciotto anni, doveva pur informarlo, e lui doveva prepararsi psicologicamente a domande riguardo l'argomento.

Adrien ringraziò nuovamente il padre per l'università, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta.

Gabriel si abbandonò contro lo schienale della sedia, sospirando di sollievo: per un certo verso aveva appena sviato da un discorso parecchio imbarazzate.

Un sorriso gli comparve sulle labbra quando sentì il figlio urlare il nome del suo kwami e la porta della sua stanza sbattere.


 

Il tempio buddista sconsacrato e abbandonato era una fabbrica perfetta: lontana da occhi indiscreti e con tutto lo spazio a disposizione degli scienziati.

Luci a led e schermi attaccati alle pareti fornivano luce agli uomini che lavoravano sopra i lunghi banconi bianchi, circondati da materiali da laboratorio; bocce e fiale piene di intrugli gorgoglianti di vari colori erano esaminate dagli uomini in camice bianco, muniti di guanti, mascherine e occhiali protettivi, mentre altri camminavano avanti e indietro nella stanza, uscendo e rientrando per comunicare novità o portare nuovi oggetti utili agli esperimenti dei loro colleghi.

Il Dr. Mark Julien Kaizen era il capo di tutte quelle persone ed il proprietario della struttura.

Aveva impiegato tutta una vita per mettere da parte il denaro necessario per mandare avanti i suoi esperimenti, trasformando radicalmente ciò che prima apparteneva al padre, Hiro Kaizen.

Inizialmente, quegli scienziati si occupavano di medicina, per trovare cure a malattie ancora incurabili e mortali, ma Mark cambiò tutto quando venne a conoscenza dell'esistenza dei Miraculous e dei poteri che si potevano trarre da essi.

L'uomo camminava verso il suo ufficio con passo svelto: una stanza isolata da tutte, nella quale nessuno, tranne sua moglie, poteva entrare.

La porta metallica si chiuse alle sue spalle, sorridendo alla donna sdraiata sulla chaise longue in pelle nera sulla sua destra, per poi andare a sedersi alla sua scrivania.

Dal suo posto riusciva a vedere l'intera stanza: i muri erano totalmente bianchi, che contrastavano con il pavimento grigio scuro; alla sua sinistra c'era una porta marrone con una targhetta con scritto "WC" in nero; accanto alla porta c'era una libreria alta quanto tutta la parete –circa tre metri e mezzo– piena di libri scientifici, davanti alla quale la chaise longue era sistemata per quei pochi momenti di relax; la parete destra era completamente spoglia, tranne per una porta in metallo che sembrava nascondere una stanza nella quale era vietato entrare.

La donna gli sorrise in maniera seducente, alzandosi dalla chaise longue per raggiungerlo, camminando lentamente, facendo sì che il rumore dei tacchi rimbombasse nella stanza.

Sua moglie era una di quelle donne uniche al mondo: un corpo da capogiro, con curve perfette, e una mente davvero vasta, che le ha permesso di diventare una di quelle scienziate con vari riconoscimenti e premi.

I suoi capelli rosso fuoco erano raccolti in uno chignon ordinato, dal quale non fuoriusciva nessuna ciocca ribelle; i suoi occhi azzurri trasmettevano un senso di superiorità a chiunque si imbattesse in lei, facendogli chinare il capo per timore di essere pietrificato; le gambe magre erano coperte da calze a maglia color carne e da una gonna a tubo nera che risaltava le sue curve; la parte superiore del suo corpo era coperta da una camicetta rossa, sovrastata da un camicie bianco con un cartellino appeso alla tasca sinistra su cui era riportato il suo nome –Catherine Collins– con tanto di logo dell'azienda: una sorta di occhio stilizzato con al centro lo yin e lo yang.

Sin da quand'era piccola, si era interessata alle materie scientifiche ed i suoi genitori, seppur non era ben messa in fatto di soldi poiché la madre era una casalinga ed il padre lavorava in fabbrica, l'aiutarono e la sostennero nei suoi studi, venendo ripagati con ottimi voti ed, in seguito, con un lavoro come stagista di uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi: il Dottor Hiro Kaizen, suo futuro suocero.

Anche il figlio aiutava il padre, ed era proprio grazie a quel lavoro di stagista –che agli inizi corrispondeva a portare il caffè ai due o di compilare alcuni fogli– che le permise di conoscere meglio Mark; presto i due si innamorarono e la sua vicinanza con il figlio, e, sopratutto, il suo talento nelle materie scientifiche, permisero a Catherine di avanzare molto velocemente di ruolo, finendo per divenire l'assistente personale di Hiro.

Ma dopo che Mark e Catherine si sposarono, il dottore morì per un infarto, e il figlio ereditò l'intera azienda.

Ripresosi dalla morte del padre, il giovane mise tutto se stesso per migliorare i suoi studi e completare i suoi esperimenti, fallendo miserabilmente.

I mesi passarono e Mark si era arreso all'idea che non avrebbe mai portato a termine i progetti del padre, quando venne a conoscenza di piccoli spiritelli con poteri divini: i kwami.

Mark passò un paio di anni a fare ricerche a riguardo, aiutato dalla moglie.

Non poteva nemmeno immaginare che la fortuna sarebbe stata dalla sua parte.

«Come sta andando di là?» chiese Catherine, posando le mani sulle spalle del marito.
«Tutti lavorano senza sosta. Ora che sappiamo dove si trovano i Miraculous e a chi appartengono possiamo attuare il nostro piano.» rispose l'uomo, sfiorando le dita della mano destra della donna con le proprie con affetto.
«Allora libero la donna.» disse lei, prendendo il suo cellulare dalla tasca e digitando un testo per un SMS. «La porterò personalmente a Parigi e spierò i portatori come da programma.» aggiunse poco dopo, riponendo l'apparecchio al suo posto.



 

I macchinari erano accesi e producevano un costante e fastidioso ronzio sordo.

In quella stanza regnava il buio più totale, se non fosse per la decina di schermi accesi e per uno strano liquido di colore ambra contenuto in un'enorme pilastro di vetro, altro circa sei metri e largo due; tutti questi erano collegati ad una strana macchina quadrata, grande quanto un furgone posta ad alcuni metri di distanza.

Al centro, tra i computer e la boccia, c'era una sedia imbottita, simile ad un trono reale, e seduto su di essa una creatura dalle fattezze di donna, ma mostruose, osservava annoiata le immagini al computer.

La sua coda nera appuntita dondolava a destra e a sinistra e le ali del medesimo colore, simili a quelle di un demone, erano ripiegate dietro la schiena; la pelle del corpo era illuminata dagli schermi accesi, rendendo visibili le squame nere; capelli biondi, lunghi fino alla schiena, le coprivano il lato sinistro del volto, mentre sul lato destro spiccava un occhio dall'iride e dalla sclera rossa, con una pupilla verticale nera, estremamente sottile; un paio di corna marroni scuro le spuntavano dai capelli, appena sopra delle orecchie a punta del medesimo colore della pelle; la cosa che si notava immediatamente quando parlava erano le zanne al posto dei denti, appuntiti come quelli di un drago.

Chiunque l'avrebbe vista si sarebbe sicuramente spaventato, ma non Mark.

«Sono stanca di aspettare, Dottore.» sbuffò con voce sibilante e penetrante, come se fosse mischiata a quella di una donna ed a quella di un demone. «Voglio quei kwami.»
«Abbiamo individuato la posizione di sette kwami.» rispose l'uomo con tutta calma, non scomodandosi neppure quando il mostro gli fu davanti al viso, con un'espressione irata.
«Non m'interessano gli altri kwami! Io voglio quelli della Creazione e della Distruzione!» sbottò, sguainando gli artigli appuntiti e sfiorandogli la guancia, procurandogli un taglio superficiale sullo zigomo.
L'uomo ridacchiò, pulendosi il sangue con un fazzoletto bianco che aveva in tasca. «Ci sono anche loro. Sono tutti a Parigi.»



 

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Ehi, ehi, che ne pensate?🌚

QUANTO MI SENTO MALVAGIA MUAHAHAHAHAHAH!

Abbiamo fatto una prima conoscenza di tre nuovi personaggi: uno scienziato pazzo successore di Frankenstein, la moglie sexy e l'amica con benefici... e una coda...

Presto vedrete che ci combineranno🌚

A mercoledì prossimo :D

Francy_Kid

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Cap. 6



Ladybug saltava tra i tetti di Parigi, sorridendo al senso di libertà che provava mentre l'aria le scompigliava i capelli, non pensando minimamente ai compiti da terminare.

L'eroina atterrò agilmente nella piazza davanti al Louvre, ammirando la piramide in vetro illuminata; le piaceva un sacco visitare Parigi a notte fonda, e malgrado ci vivesse da quand'era nata la Ville Lumiere la lasciava sempre senza fiato.

La calma regnava –siccome erano le tre e mezza di mattina– e lei aveva bisogno solo di quello: calma.

Calma dai compiti, calma da Tikki che l'assillava a riguardo, calma dall'ansia da università, calma dalle serate ubriache, ma soprattutto calma dalle battute di...

«My Lady!»

La corvina non fece in tempo a voltarsi che si ritrovò a terra, sdraiata sotto un biondo dalle orecchie da gatto nere, ricordandosi di quante volte le era già accaduto durante gli attacchi akuma.

Notò immediatamente l'espressione entusiasta del ragazzo, facendo persino ondeggiare la coda del costume alle sue spalle.

«Chat, ma sei impazzito?!» sbottò poco dopo, ripresasi dallo spavento.
«Principessa, non ci crederai mai.» sorrise lui.
«Cosa? Finalmente ti sei deciso di smetterla di assillarmi con le tue battute o parlare di cose perverse?» chiese, incrociando le braccia al petto, con un sorriso divertito.
«Quello mai.» rispose, agitando la testa.
«Infatti non ci credevo...»
«Comunque –esclamò, tornando sull'argomento iniziale– indovina chi frequenterà un'università sulle scienze matematiche.»
Ladybug si portò le mani alle labbra, coprendosi la bocca spalancata: «Davvero?»

Chat annuì, sorridendo ampiamente.

Subito le posizioni s'invertirono: il felino era a schiena a terra, mentre la corvina era sopra di lui che lo abbracciava.

«Sono felice per te. Davvero tuo padre ha accettato?» chiese, alzando la testa per guardarlo negli occhi.
«Sì, tra qualche ora -siccome sono quasi le quattro- vado con Nino a dare un'occhiata alla scuola. Vuoi venire anche tu?»
«Mi piacerebbe, ma devo restare tutto il giorno in negozio a dare una mano ai miei: abbiamo una valanga di dolci da preparare per un matrimonio.» rispose lei, con un sorriso per chiedere scusa. «Ma mi devi raccontare tutto.»
«Certamente, My Lady.» disse, portando la sua mano guantata alla bocca e baciando le nocche.

I due si sedettero l'una davanti all'altro, guardandosi negli occhi e sorridendo.

Il ragazzo le accarezzò la guancia e le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio; poi Ladybug si alzò, porgendo una mano al suo compagno, che la strinse e si aiutò a mettersi in piedi, tornando ad essere il più alto.

«Torniamo a casa, Gattino, prima che il signor Raincomprix ci arresti per schiamazzi notturni.» disse la corvina, prendendo il suo yo-yo e facendolo oscillare all'altezza della caviglia.
«Va bene. Non vogliamo finire in gatta buia, giusto?» ammiccò lui, facendole alzare gli occhi al cielo.
«Vai a casa, Chat.» sospirò, trattenendo un sorriso divertito.

Ladybug si voltò per lanciare la sua arma verso un cornicione per librarsi in aria, dando le spalle al suo compagno, ma qualcosa le cinse la vita; spostò lo sguardo verso il basso, scoprendo che la cosa che la tratteneva era la coda del costume del felino, che la faceva premere contro di lui.

«Chat, lasciami!» esclamò cercando di liberarsi, ma la stretta del biondo attorno alla cintura era salda, impedendole di spostarsi.
«Non finché la mia Principessa non mi avrà dato un bacio.» rispose lui, sussurrandole nell'orecchio.

La corvina rabbrividì; era incapace di resistergli ogni volta che le parlava in quel modo: con voce bassa e seducente.

Sentiva il corpo diventarle gelatina, ipnotizzata da quel tono.

In risposta, lei vi voltò, guardandolo negli occhi.

I loro corpi erano premuti l'uno contro l'altro e quelle tutine attillate non aiutavano di certo la mente della ragazza a restare pulita.

«Stai pensando alle cose che piacciono a me.» ridacchiò Chat, chinandosi verso di lei e sfiorandole le labbra con le proprie.
«A-Assolutamente no!»
«Oh sì invece. Sei diventata tutta rossa ed i tuoi occhi non si staccano dal mio corpo.» sussurrò nuovamente, baciandole la punta del naso.

Cavolo, la conosceva troppo bene.

«Tieni in mente quei pensieri per quando saremo nudi sotto le coperte, My Lady.» le ammiccò, facendola arrossire violentemente.
«Chat Noir!» squittì.

Il biondo rise, poi la baciò per impedirle di urlare nuovamente, ma sopratutto perché voleva darle una bella immagine per quando sarebbe andata a dormire.

Quando si staccò, l'eroina era rossa quanto il suo costume e un'espressione di puro imbarazzo le era stampata sul volto.

«Buona notte, Principessa. Fai sogni d'oro.» la salutò, dandole un leggero bacio sulla guancia, per poi saltare sul tetto dell'edificio e sparire.

Ladybug era rimasta ancora in silenzio, incapace di muoversi.

Appena rielaborò il tutto –dopo circa tre minuti– si voltò in direzione di casa sua, lanciando il suo yo-yo su una sporgenza, che la usò come rampa di lancio per un secondo salto verso il suo prossimo appiglio.

«Quel maledetto pervertito.» mormorò, tirando leggermente il filo e ritrovarsi, così, in cielo. «Com'è possibile che fino a qualche mese fa era carino e gentile quand'era Adrien e spara-flirt quand'era Chat Noir, ed ora pensa solo ad infilarsi nei miei pantaloni?!» si chiese rossa come un peperone.

Certo, lei si era innamorata di Adrien perché era gentile, ma poi aveva finito per essere diventata la ragazza di Chat Noir, colui che detestava per il suo carattere; che poi erano la stessa persona faticò a crederlo persino quando lo vide con i suoi occhi, ma sí ricredeva ogni volta che Adrien flirtava con lei anche in pubblico o faceva battute pessime.

Sì, lo sapeva, presto avrebbe messo a tacere quel gatto.


 

Erano le otto del mattino e Adrien non era riuscito chiudere occhio dopo essere tornato a casa dal Louvre.

Uscito di casa vide Nino davanti al cancello, che lo salutò con la mano, per poi sbadigliare.

Il biondo, dopo aver restituito il saluto, fece cenno all'amico di salire in macchina, ferma accanto al marciapiede.

«Non credevo tuo padre ti lasciasse scegliere la a scuola che farai. Sono davvero felice per te.» disse Nino una volta che Adrien salì in macchina accanto a lui.
«La scuola l'ha scelta lui, ma ha accettato il fatto che non farò lo stilista, e questo mi basta.» spiegò lui. «Grazie per essere venuto con me, e mi dispiace per averti fatto svegliare presto durante le vacanze.»
«No problem, bro.» disse in inglese, pur mantenendo l'accento francese. «Mi fa piacere accompagnarti.»

Il modello ringraziò l'amico, non nascondendo l'entusiasmo di andare ad informarsi personalmente su cosa farà.


 

Gabriel si asciugò il sudore dalla fronte, tenendo gli occhi fissi sulla pagina per non perdere il segno; solo una persona gli fece alzare lo sguardo: Master Fu: seduto comodamente dall'altra parte della scrivania mentre sorseggiava una tazza di tè verde.

«Non si potrebbe accendere il climatizzatore? Sto morendo di caldo!» si lamentò Nooroo, facendosi aria con le piccole ali.
«Chiedilo al Maestro.» rispose lo stilista, staccandosi dalle innumerevoli carte riposte sulla scrivania per assorbire meglio le informazioni.

Quella mattina, il Grande Guardiano era andato a Villa Agreste per continuare con la traduzione del libro sui Miraculous; nei mesi precedenti si era impiegato parecchio per studiare per diventare il successore di Fu, imparando la lingua con la quale era stato scritto il libro, chiedendo il significato delle parole ogni cinque minuti.

«Il freddo non è adatto alle articolazioni di un povero vecchio.» si giustificò l'anziano, sorseggiando dalla tazza.
«E allora mi spiega come mai ha il ventilatore alla massima potenza puntato su di lei?» chiese lo spiritello viola con una nota acida, dando un'occhiataccia al suo compagno kwami, seduto sulla spalla del suo portatore.
«Una dolce brezza non può che far bene.» rispose Fu, sistemandosi la barba che svolazzava all'aria delle pale.
«Ma è alla massima potenza!» ripeté Nooroo seccato, per poi volare direttamente davanti al ventilatore.
«Che significa questo segno?» domandò Gabriel, girando il libro in direzione dell'anziano.
«È un nome. Null.» rispose lui, notando lo sguardo crucciato dell'uomo al suono di quel nome. «Bene, direi che oggi può bastare.»

Lo stilista si abbandonò contro lo schienale della sedia, rilassando i muscoli doloranti delle spalle.

Fino ad ora era riuscito a tradurre le prime venti pagine, quelle che trattavano della nascita dei kwami.

«Difficile il lavoro da Grande Guardiano, no?» ridacchiò Fu, riponendo la tazza vuota sulla scrivania.
«Sarebbe meno difficile se lei mi spiegasse il contenuto del libro.» rispose lo stilista, riordinando i figli degli appunti e riponendoli in un quaderno ad anelli.
«Mica si diventa guardiano da un giorno all'altro.» disse l'ometto, prendendo il libro e sfogliandolo distrattamente.
«Disse colui che scelse il nemico di Parigi, voglioso di impossessarsi dei Miraculous della coccinella e del gatto nero che appartenevano a suo figlio e alla sua ragazza.» s'intromise Nooroo con voce tremolante per l'aria del ventilatore.
«Non sapevo che erano loro Ladybug e Chat Noir.»
«Ma neanche quando avevi scoperto che Marinette era Ladybug ti eri fermato nel tuo giochetto "il cattivo e l'ostaggio" con lei.» continuo il kwami, guardando storto il suo padrone. «Vorrei mettere in chiaro una cosa: sei fortunato che i kwami non si possano ribellare al proprio portatore, altrimenti avrei annullato i tuoi poteri sin dal primo akuma che lanciasti.»

"Da quando in qua Nooroo è così diretto?"si chiese lo stilista, pur sapendo che aveva ragione.

L'uomo fu invaso dal senso di colpa: sin da quando aveva scoperto che Chat Noir era in realtà suo figlio si era sentito male per tutto quello che gli aveva fatto, ed ora, ripensando anche ciò che aveva fatto a Marinette, si sentiva a terra.

Nooroo aveva ragione: quello che aveva fatto era terribile, sia a suo figlio, che a Marinette, che al suo kwami.

«Te l'avevo detto che saresti stato invaso dal senso di colpa.» disse Nooroo, risvegliandolo dai suoi pensieri.
«E avevi ragione.» sospirò.
«Bene.» esclamò Master Fu, alzandosi in piedi. «Ora devo andare. Ho il pomeriggio pieno di persone che chiedono il mio aiuto nella lotta contro il mal di schiena e nel karma che è contro di loro. Per problemi di ogni tipo chiama pure.» concluse, per poi salutarlo ed uscire dall'ufficio, lasciando Gabriel con un'espressione abbattuta.



 

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*inizia a cantare*

A Natale puoi, aggiornare anche se non è mercoledì.
È Natale a Natale puoi aggiornare un capitolo in più!
È Natale a Natale puoi aggiornare un capitolo in più!
Per chi legge, a Natale puoi.

Tecnicamente, questo capitolo doveva uscire a Natale, ma il nostro caro amato EFP non me l'ha pbblicato ed io me ne sono accorta stamattina per pubblicre il nuovo capitolo...

Grazie...

Beh, alla prossima :3

Francy_Kid

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Cap. 7



Adrien tornò a casa al settimo cielo.

L'università era perfetta e voleva ringraziare il padre per avergli permesso di frequentare ciò che voleva.

Il ragazzo camminò fino all'ufficio, bussando prima di entrare ma notando che la stanza era vuota; decise allora di provare nella camera da letto, bussando nuovamente.

«Vieni.» esclamò la vocina di Nooroo, vedendolo seduto sul letto, troppo grande per lui. «È in bagno.» rispose il kwami prima che il biondo gli chiedesse qualcosa.
«Allora lo aspetto fuori.» disse Adrien, aprendo la porta.
«Non so quando uscirà. È da quasi un'ora che sta facendo la doccia.»

Il ragazzo iniziò a preoccuparsi. Se si fosse sentito male?

«Se è come il figlio allora puoi capirmi.» bofonchiò Plagg, sedendosi accanto al suo compagno.

Il ragazzo lanciò un'occhiataccia allo spiritello nero, per poi bussare alla porta del bagno e chiamare il padre.

«Perché? Che fa Adrien in bagno?» chiese Nooroo, ascoltando interessato ciò che Plagg gli stava spiegando nell'orecchio.
Il biondo bussò nuovamente: «Padre? Padre, tutto bene?»

La porta si aprì subito dopo, rivelando Gabriel in accappatoio, con i capelli bagnati e senza occhiali.

«No, nulla va bene.» mormorò.
«Wow, hai un aspetto orribile!» esclamò Adrien, vedendo subito quanto fosse a terra. «Cos'hai? Ti sentì male?»
«Mi sento uno schifo... per quello che ho fatto a te e a Marinette.» rispose con voce roca, chiudendo la porta del bagno dietro di sé.
Adrien lo guardò crucciato: «Padre, hai bevuto?»
«No, ma sto affogando nel se so di colpa. Mi dispiace figliolo.» rispose lo stilista, abbracciando senza alcun preavviso il figlio, che si irrigidì. «Scusami.»
«Padre, per quando mi piacciono gli abbracci, e per quanto questo mi ricorda vagamente quello di Jackady, vestiti prima! Sei nudo sotto l'accappatoio!» urlò il ragazzo, agitandosi per essere liberato.

I due kwami osservarono la scena disgustati.

«Non guarderò gli umani mai più come prima...» esclamò Nooroo.
«Tranquillo, ci farai l'abitudine.»



 

Catherine era a bordo del jet privato di suo marito verso Parigi, i capelli rosso fuoco sciolti, facendo sì che le onde date dai riccioli cadessero leggiadramente sulle spalle; indossava un paio di occhiali da sole con le lenti scure, che ora teneva sopra la testa, siccome il finestrino era coperto dalla tendina.

«Spiegami ancora una volta di chi ti occupi.» esclamò la donna, guardando gli occhi spenti di Nathalie.
«Mi occupo degli Agreste, una delle famiglie più ricche di Parigi.» iniziò meccanicamente Nathalie, in trance. «Gabriel Agreste è uno stilista di fama mondiale e suo figlio, Adrien, è uno studente che tra poco inizierà l'università, in più, lavora per il padre come modello; della signora Agreste, purtroppo, so solo che è deceduta in un incidente.»
«Adrien?» chiese Catherine, come se quel nome l'avesse risvegliata.
«Sì, signora.»

La rossa fissò nuovamente la segretaria, schioccando le dita e facendola cadere addormentata in un nano secondo.

Se realmente Adrien Agreste era un possessore di Miraculous, era arrivato il momento per lei di saldare un vecchio debito.


 

Marinette stava aspettando Adrien in camera sua.

Le aveva mandato un audio su Whatsapp dove le diceva –o meglio, le urlava– che sarebbe venuto da lei per levarsi un'immagine traumatizzante dalla testa.

La ragazza stava lavorando agli ultimi schizzi che aveva ideato il giorno precedente, con Tikki che sorrideva mentre la guardava concentrarsi; le due sentirono il campanello suonare e, con estrema velocità, il kwami si nascose tra i capelli sciolti della ragazza, che scese in salotto giusto in tempo per sentire la voce del biondo mentre si chiudeva la porta.

«Marinette ci ha detto che hai deciso l'università che frequenterai. Francamente, non ci capisco molto di fisica.» borbottò Tom, facendolo accomodare in salotto.
«A tua figlia piace fare spoiler allora.» rispose lui, ridacchiando quando la corvina gli fece una linguaccia da sopra le scale.
«Ciao Adrien, congratulazioni per la tua scelta universitaria.» sorrise Sabine, uscendo dalla camera.
«Grazie mille Sabine.»

I quattro si sedettero in salotto, iniziando a parlare del più e del meno, mormorando ogni qual volta che i due uomini facevano battute pessime.

«Adrien, perché non chiedi a tuo padre se vuole venire a cena da noi? È da Natale scorso che non passiamo una serata assieme.» rifletté la donna, posando sul tavolino la tazza da tè vuota.
«Solo perché Nathalie vi ha invitati, sennò l'avrei passato da solo.» rispose con un triste sorriso, ricordando il suo primo Natale senza la madre. «Comunque, ora chiedo a mio padre.»

L'attenzione di Marinette andò sul suo cellulare che stava vibrando in tasca, facendo cenno ai suoi di abbassare la voce dopo aver letto il nome sul display.

«Signor Agreste.» esclamò lei per far sapere agli altri di chi si trattava. «Tutto bene? Mi fa piacere. Anch'io sto bene, grazie. Un attimo che glielo passo.» rispose, per poi tendere il cellulare al suo ragazzo: «Tuo padre dice di accendere il cellulare.»
«Ecco qua il mio genitore preferito. Stavamo giusto parlando di te, sai?» domandò, facendo cenno di scusa ai Dupain-Cheng per poi alzarsi dal divano e andando verso l'angolo cottura.

«Non vedo l'ora di conoscere meglio il Signor Agreste, a Natale non parlò molto.» disse Sabine, poggiandosi contro il marito, che le cinse le spalle con il braccio.
«Aveva perso la moglie da poco e si era preso uno spavento per la scomparsa del figlio, era normale il suo comportamento.» rispose Tom, stringendo leggermente la moglie.
«Povero ragazzo, se l'è vista davvero brutta.»

Adrien comparve nuovamente in salotto, con un luccichio agli occhi: «Tom, Sabine, domani sera non è un problema per voi?»
«No, nessun problema.» rispose la donna con un dolce sorriso.
Il ragazzo si portò l'apparecchio all'orecchio, rivolgendosi all'uomo all'altro capo: «Padre, appuntati questo: domani sera cena dai Dupain-Cheng.»



 

Lila era sdraiata sul divano, indossando un paio di pantaloncini corti e un top nero, pigiando annoiata sul bottone del cambio canale, sbuffando.

Il suo kwami era appisolato sul cuscino accanto a lei, con il respiro regolare e una zampetta posteriore che si agitava per un sogno che stava facendo.

La ragazza fermò sul notiziario locale, volendo sentire ciò che assillava la città parigina; parlava di Ladybug e Chat Noir.

«Quale novità.» sospirò l'italiana, ma ciò che attirò la sua attenzione fu il titolo: "Ladybug e Chat Noir. Eroi o seguaci di Papillon?"

Sul volto della mora comparì un ghigno divertito: presto si sarebbe divertita.

 

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Salve cari lettori :D

So che oggi non è mercoledì, ma siccome a Natale EFP non mi aveva pubblicato il capitolo, vi auguro un buon anno in questo modo :D

Anche perché così sono alla pari con Wattpad e non mi confondo con la pubblicazione LOL

Scusate se il capitolo è corto, ma vedrete che le cose si faranno presto interessanti :3

Lila spera sempre nella sua vendetta e Nathalie è in viaggio con Catherine...

Chissà che accadrà🌚

Lo scoprirete la prossima volta, magari con capitoli più lunghi🌚

A mercoledì :D

Francy_Kid

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Cap. 8

 

Nathalie respirò l'aria famigliare del salone degli Agreste, dopo aver raccontato la sua vacanza ad Adrien, siccome era interessato a com'era andata.

Gabriel, dopo aver parlato un po' con lei mentre si riposava dal suo lavoro, le assegnò gli incarichi di cui doveva occuparsi, per poi tornare nel suo studio.

La donna, non ancora abituatasi dal nuovo carattere permissivo e libero del suo capo, si sedette alla sua postazione di lavoro, scrivendo al computer gli impegni del ragazzo e del Signor Agreste, cercando di ignorare il mal di testa che l'assillava da quella mattina.

Avrà preso un colpo di sole, pensò lei, massaggiandosi le tempie.

I suoi pensieri sull'emicrania e su quanto fosse stato bello il mare italiano si interruppero quando sentì il suo cellulare di lavoro suonare nella borsa.

Quasi meccanicamente, trovò il telefono in meno di due secondi, guardando crucciata lo schermo notando che era un numero che non aveva salvato e che si trattava di un contatto straniero.

Pensando che fosse un cliente del Signor Agreste o una casa di moda che voleva fare affari; aprì la chiamata, sentendo immediatamente uno strano ronzio che disturbava la linea.

«Pronto?» domandò titubante.
«Prendilo

E tutto fu buio.


 

I quattro portatori erano riuniti nel piccolo appartamento di Master Fu.

Dopo l'irruzione di Lila, l'anziano ne approfittò per fare le "pulizie di primavera", buttando cose che non servivano e sostituendo quelle rotte con alcune nuove.

Si era persino preso una televisione per vedere il notiziario o per fare zapping tra i canali per quando non aveva nessun cliente.

Ora stava guardando gli altri tre portatori inginocchiati al tavolino basso con fare di rimprovero e che, a sua volta, lo guardavano crucciati, mentre i loro kwami erano seduti beatamente sulla superficie di legno.

«Immagino che nessuno di voi abbia visto il notiziario ultimamente.» esclamò il vecchietto.
«Compiti.» si giustificò immediatamente Marinette, alzando le spalle.
«Lavoro.» rispose a sua volta Gabriel.
Adrien tacque per qualche secondo, per poi dire non molto convinto: «Motivi personali?»
«Se intendi cazzeggio totale e tentato furto con scasso della verginità della tua donna, allora hai proprio ragione.» sbuffò Plagg, facendo subito arrossire la ragazza.
«Plagg!» urlarono in coro il biondo e la piccola coccinella, mentre Nooroo scoppiò a ridere.

Fu rimase in silenzio davanti alla scena che aveva davanti agli occhi: Adrien e Tikki che rimproveravano Plagg, che li ignorava beatamente, Wayzz e Gabriel che inspirarono esasperati, Nooroo che continuava a ridere e Marinette che si copriva il viso per non far vedere quanto fosse rossa.

L'anziano cercò di richiamare l'attenzione, non riuscendoci, così prese il suo bastone e lo picchiò –non molto forte– sulla testa di Adrien, che smise di litigare con il suo kwami e tornò a guardare il Guardiano.

«Perché l'ha fatto?!» domandò, massaggiandosi la testa dolorante.
«Se lo picchiavo sulla testa di Plagg non faceva il tuo stesso rumore.» rispose lui, riponendo il bastone di legno dove l'aveva preso.

Quegli adolescenti ed i loro kwami –che si comportavano come loro– gli avrebbero fatto venire un esaurimento, ne era certo.

Anche Gabriel.

Ora che ebbe l'attenzione di tutti, Fu si schiarì la gola per riprendere il discorso.

«Ovviamente non sapete cosa è successo a Parigi nel mentre che voi eravate "occupati", giusto?»
«Mio padre si è rimesso ad akumatizzare persone?» domandò il biondo, indicando il genitore con un cenno del capo.
«No.» rispose lo stilista. «Ora le uniche farfalle che vedo sono quelle sugli abiti.»
«Perché le "farfalle" di quei video non le citi?» ghignò Plagg, facendo arrossire sia il suo portatore che Marinette.
«Se quelle le guarda mio figlio non lo so, ma quei video io non li guardo.» disse in tutta tranquillità, pulendosi gli occhiali con il panno che teneva in tasca.
«Padre!» squittì il giovane, notando che la sua ragazza lo stava fulminando con lo sguardo. «Principessa, non ascoltarli, non è vero!» cerco di giustificarsi, ma la corvina guardò oltre, incrociando le braccia al petto.
«Certo, certo, perché ci sono le foto di Marinette della vostra serata ubriaca che ti ha inviato Alya.» borbottò annoiato il kwami nero.
«Cosa?!» esclamò imbarazzata e arrabbiata la giovane, arrossendo più di prima.
«PLAGG!»

Fu colpì nuovamente la testa di Adrien.

«Io penso che non avrei dovuto ascoltare questa conversazione.» si schiarì la gola Gabriel, cercando di evitare il contatto visivo con il figlio o con la povera Marinette.
«Non vi ho chiamati qua per parlare del più e del meno. Questa cosa riguarda tutti e tre.» spiegò il Guardiamo irato, accendendo la televisione sul notiziario locale.

Un uomo sulla trentina, con occhiali quadrati e un taglio di capelli disordinato, stava presentando un reportage dal titolo: "Che fine hanno fatto Ladybug e Chat Noir?"

«Questi due ragazzini sono stati visti l'ultima volta al Louvre nel bel mezzo della notte ad amoreggiare anziché fare la loro ronda.» disse il giornalista, mentre stava andando in onda il video dei due che si baciavano nell'angolo destro in alto.
«Come hanno fatto ad avere quel video?!» urlò Marinette con misto di rabbia e di imbarazzo, battendo le mani sul tavolino.

Come se non bastassero già le provocazioni di Plagg e Adrien, ora ci si metteva anche quel tizio.

«Ora che non si sa che fine ha fatto Papillon, questi due credono di poter andare in giro a sbaciucchiarsi quando ne hanno voglia! Sapete che vi dico? Combattete il crimine e pensate ai flirt nella vostra vita privata, razza di scostumati
«Abbiamo un hater, My Lady.» disse il ragazzo come se nulla fosse.

Fu spense la televisione non appena il servizio finì, poggiando sul tavolino il giornale del giorno precedente; in prima pagina c'era un articolo che spiegava dei furti in un paio di gioiellerie.

«"La ladra, sorpresa dalle videocamere di sicurezza, è una delle commesse della gioielleria della famosissima catena Agreste, ma lei continua a dichiararsi innocente".» lesse Marinette.
«Hanno già catturato il colpevole, visto?» sbuffò annoiato il biondo, volendo alzarsi per tornare a casa, ma la sua ragazza lo fermò, pur non staccando gli occhi dalla pagina. «Non vedo come questa cosa ci possa interessare.»
«La vostra reputazione sta vacillando tra "i mitici eroi parigini" e "coloro che preferiscono sbaciucchiarsi al Louvre" per le immagini che vengono trasmesse in televisione. Io vi consiglierei di ascoltare con attenzione la donna incarcerata per furto, così da sapere qualcosa e riscattarvi.» disse Fu.
«Va bene, ma andiamo domani. Stasera c'è la cena a casa di Marinette.» rispose il biondo, alzandosi e stirandosi i muscoli degli arti e della schiena.



 

I tre, dopo aver salutato il Grande Guardiano, uscirono per andare alla macchina –una Fiat 500 Abarth nera– con cui erano arrivati, guidata da Gabriel.

Anche se era uno stilista famoso non significava che doveva possedere una macchina di lusso per i piccoli spostamenti, come una Ferrari, una Jaguar, un'Aston Martin o una Porsche.

L'ultima volta che era salita su quella macchina era subito dopo la battaglia contro Papillon per portare Plagg dal Grande Guardiano, in pericolo di vita poiché Chat Noir aveva utilizzato due volte il Cataclisma.

E successe tutto un mese fa, rifletté malinconicamente Marinette.

«Signor Agreste.» lo chiamò la corvina non appena ebbero raggiunto l'autovettura.

Lo stilista alzò lo sguardo dalle chiavi, spostando gli occhi su di lei.

«L'avevo già chiesto ad Adrien, ma vorrei chiederglielo di persona per sicurezza: soffre per caso di qualche allergia o intolleranza alimentare, prima che i miei la avvelenino col cibo?» ridacchiò nervosamente, grattandosi la nuca.
«No, non soffro di nulla.» rispose, sentendosi leggermente imbarazzato non appena la sua conversazione con Nooroo su cosa le aveva fatto pur di avere il suo Miraculous gli tornò in mente.
«Perfetto, allora la aspetto stasera alle sei e mezza a casa mia.» disse, per poi salutare i due Agreste e rifiutando il passaggio poiché prima doveva fermarsi in sartoria, ringraziandoli.

Da come la ragazza si comportava sembrava che fosse spaventata da lui, che non avesse ancora dimenticato ciò che era successo il mese passato.

Ma come biasimarla: era pronto ad ucciderla pur di avere ciò che desiderava.

Preso dalla foga, tese la mano e le afferrò il polso, fermandola.

«Aspetta un secondo.» esclamò Gabriel, sorpreso anche lui dalla necessità con cui lo disse.

La ragazza di voltò, incuriosita e sorpresa.

«Io... Io... –iniziò l'uomo, balbettando– Io volevo... Volevo... Ma perché deve essere così difficile dirlo?!» sibilò a denti stretti, lasciando andare il polso della corvina e voltandosi di lato.
«Nemmeno io fui così impacciato quando mi dichiarai.» commentò Adrien, comodamente appoggiato al tettuccio della macchia mentre osservava la scena divertito.

Il padre lo fulminò con lo sguardo ed il biondo levò gli occhi al cielo, iniziando a fischiettare innocentemente; nel mentre, Plagg era poggiato sulla sua testa, ghignandosela sotto i baffi.

Gabriel tornò a guardare Marinette, che si portò le mani al petto con fare nervoso, iniziando a giocherellare con il ciondolo che Adrien le aveva regalato durante il loro quarto mese, e riuscì ad intravedere la leggerissima e pallida cicatrice procuratale dalle corde con cui Volpina l'aveva legata percorrerle i polsi, visibile solo perché si era leggermente abbronzata durante l'estate.

L'uomo inspirò profondamente, facendosi coraggio, poi espirò.

«Volevo chiederti scusa per ciò che ti ho fatto: ero pronto a sacrificare tutto pur di avere i Miraculous della creazione e della distruzione, anche mettere a repentaglio le vostre vite per raggiungere i miei sporchi fini.» disse tutto ad un fiato, sorprendendo Marinette, persino Tikki che guardava tutto dalla borsetta.

La ragazza gli sorrise dolcemente, rilassandosi e avvicinandosi di un passo.

«Non deve chiedermi scusa. L'ha fatto perché voleva riunire la sua famiglia.»
«Ma vi ho quasi uccisi...» esclamò Gabriel, invaso nuovamente dal senso di colpa.
«Ma non l'ha fatto ed ora siamo tutti qua: lei, Nooroo, Adrien, Plagg, Tikki ed io. Tutti qui a sostenerla per quando diverrà il prossimo Grande Guardiano.» spiegò lei, avvicinandosi ancora di un passo.

L'uomo la guardò stupito, incapace di parlare: quella ragazza aveva davvero un cuore d'oro.

«Ora la nostra famiglia è riunita. Certo, la mamma non c'è più, ma questo non significa che dobbiamo vivere nel terrore puro o, sopratutto, cercando di akumatizzare gente.» disse Adrien, mettendosi accanto alla sua ragazza, ricevendo uno sguardo di ghiaccio dai due. «Gli Agreste fanno coppia fissa con i Dupain-Cheng, e stasera ne avremo piena certezza.» continuò il biondo come se nulla fosse.
«Ah certo, perché così ti puoi ingozzare di croissant quando vuoi.» commentò acidamente Plagg.
«Quello è un dettaglio minore che conta ben poco.» rispose il portatore, liquidando la frase con una sventolata della mano.
«Gabriel dovrà cucire abiti per taglie forti allora.»

Il giovane iniziò a discutere con il felino nero e Nooroo guardava la scena con Tikki, dopo che uscì dalla borsetta della giovane, ridacchiando alle frecciatine che si lanciavano.

Marinette sbuffò, per poi tornare a sorridere a Gabriel, che spostò la sua attenzione nuovamente su di lei.

«Quello che Adrien ha detto è vero riguardo le nostre famiglie. In futuro se le servirà qualcosa, qualsiasi cosa, può venire alla nostra pasticceria, anche solo per un caffè o una semplice chiacchierata: la accoglieremo a braccia aperte.» disse, allargando le braccia come a fare un abbraccio.
«Due famiglie in una. Una famiglia allargata!» esclamò Adrien dopo aver zittito il suo kwami con una fetta di Camembert. «Io, mio padre, Marinette, Tom e Sabine. Sarà perfetto.»
«Hei, e noi?» ridacchiò Tikki volando dal tettuccio della macchina fin davanti ai portatori.
«Ci siete anche voi.» rispose la ragazza, dando un bacio sulla testa del suo kwami.

Gabriel aveva le lacrime agli occhi.

Non solo Marinette l'aveva perdonato, ma presto la sua famiglia sarebbe stata ancora più numerosa.


 

Erano le sei e venti di sera e Catherine scrutava da lontano le porte del cancello dell'immensa villa che si aprivano, vedendo uscire l'Abarth nera con a bordo i due Agreste.

Sapeva che suo marito avrebbe attuato il piano non appena ci fosse stata occasione e doveva tenere d'occhio il ragazzo per entrare in azione prima che sia troppo tardi.


 

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Chissà che cosa ci vorrà fare lo scienziato pazzo🌚

La gentilezza di Marinette e le frecciatine di Adrien non hanno limiti.

Povero Master Fu.

Anyway, vedrete cose interessanti dal capitolo 10, ve lo assicuro🌚

A mercoledì prossimo con il capitolo 9😘

Bye ;)

Francy_Kid

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Capitolo 9
*** cap. 9 ***


Cap. 9



Gabriel era rigido sulla sedia, con le mani sudate poggiate sulle gambe per asciugarsele –anche perché tenere i gomiti sul tavolo rappresentava maleducazione; una parte dell'etichetta che suo figlio non considerava nemmeno–

I cinque avevano appena terminato di cenare ed ora stavano prendendo un po' di tempo per digerire il buon pasto, bevendo del tè o del caffè.

«Signor Agreste, vorrei dirle che ci fa molto piacere conoscerla personalmente.» sorrise Sabine, sistemandosi sulla sedia dopo aver versato del caffè nella tazza dell'ospite.
«Vero. Siamo felici di conoscere il padre di Adrien e l'artista che ha ispirato nostra figlia.» aggiunse Tom, facendo arrossire la figlia.
Adrien la guardò fingendosi offeso: «E che credevo di essere io la tua ispirazione.»
«Il mondo non gira tutto in torno a te, Mister Sono-Il-Più-Figo.» rispose la ragazza, scompigliandogli giocosamente i capelli.
«E pensare che in camera tua ci sono appesi fogli che mi rappresentano.»

La corvina si voltò dall'altra parte, facendo per alzarsi.

«Torno tra qualche minuto, giusto il tempo di ritagliare la faccia di Adrien dai poster.» spiegò, venendo immediatamente bloccata dal suo ragazzo, che mise il broncio.

Gabriel sorrise, tornando a rivolgersi ai Dupain-Cheng: «Sono io a dovervi ringraziare, per la cena e per sopportare mio figlio quando viene a farvi visita.»
«Non è per nulla di disturbo, anzi, siete e sarete sempre i benvenuti entrambi, anche per venire a mangiare i dolci che prepariamo o per fare una semplice chiacchierata.» rispose Sabine, sorridendo dolcemente.
«Non vorrei disturbare.» si affrettò a dire lo stilista.
«Si figuri. Sa cosa dico di solito?» chiese Tom ammiccando all'ospite.
«Papà, no.» mormorò Marinette, coprendosi il viso con la mano.
«Se vuoi del pane, vieni dai Dupain.» concluse l'uomo, gonfiando il petto per mostrare il suo orgoglio.

Le due donne gemettero esasperate al gioco di parole, mentre Gabriel nascose il sorriso bevendo il caffè.

«Questa me la devo segnare. Tom, sei un grande.» esclamò entusiasta Adrien, battendo il cinque con il padre di Marinette. «Ti prego, insegnamene altre, oh grande maestro.» aggiunse, facendo un semi-inchino.

I due iniziarono a parlare, raccontandosi barzellette e inventando giochi di parole, mentre Sabine li ascoltava ridacchiando.

Lo stilista rimase a guardare la scena: suo figlio si stava proprio divertendo, anche se le sue battute erano davvero pessime.

«Ora capisco perché ad Adrien piace venire qui.» sospirò l'uomo, provando malinconia al ricordo che anche casa sua una volta era così animata, attirando su di sé l'attenzione di Marinette. «Questo è esattamente il tipo di famiglia di cui Adrien ha bisogno, non un padre scorbutico, assente e che ha messo a repentaglio la vita di tutti per i propri scopi personali.»

La corvina si spostò più vicino a lui, capendo che aveva bisogno di essere ascoltato e capito.

Delicatamente gli posò una mano sulla spalla e gli sorrise.

«Lei è la persona più importante di tutte per Adrien. Le vuole un mondo di bene e non ce l'ha con lei per essere divenuto Papillon.» spiegò, notando un cipiglio crucciato sul volto dell'uomo come a chiederle se fosse vero. «Non ditegli che gliel'ho detto, ma lui mi ha confessato che è orgoglioso di lei per essere il prossimo Grande Guardiano e che è più che sicuro che sarà un degno successore di Fu.» sussurrò, non volendo essere sentita dai suoi.

L'espressione di Gabriel si illuminò, non riuscendo a reprimere un sorriso non appena i suoi occhi si posarono su suo figlio mentre continuava a ridere, per poi tornare a guardare la ragazza seduta accanto a lui, facendole un sorriso di ringraziamento.

«Bene, chi vuole un po' di quiche?» chiese Sabine, alzandosi anche per sfuggire da quella gabbia di battute pessime. «L'ha preparata Marinette.»

Tutti annuirono e nel mentre che la donna si recava verso il piano cottura per prendere la torta, Adrien si voltò verso il padre.

«Padre, è molto probabile che domani salterò il servizio fotografico.»
«Perché scusa?» domandò incuriosito.
«Perché sarò in ospedale per intossicazione alimentare, visto che la torta l'ha fatta Marinette.»
La corvina gli lanciò un'occhiataccia: «Guarda che mi sono allenata parecchio solo per soddisfare la tua fame di dolci.»
Il biondo si avvicinò alla sua ragazza, chinandosi verso il suo orecchio a sussurrarle: «Tu puoi soddisfarmi in un altro modo, My Lady.»
«Adrien!» squittì lei, allontanandolo per poi coprirsi il viso rosso dall'imbarazzo.

Sabine si avvicinò al tavolo con i primi pezzi di torta, mantenendo il suo gentile sorriso nel mentre che poggiava la fetta di quiche davanti al suo ospite.

«Ecco a lei, Signor Agreste.»
Fu la volta di Gabriel a sorridere: «Grazie mille. E chiamatemi pure Gabriel, per favore.»



 

«Sembra che là sotto se la stiamo spassando parecchio.» sbadigliò Plagg, comodamente seduto su un piccolo cuscino fatto su misura per lui da parte di Marinette.
«E dovresti esserne felice: finalmente Adrien e suo padre si sono riuniti del tutto.» esclamò Tikki, sollevata del fatto che la loro battaglia tra il bene ed il male era finalmente finita.
«Senza contare il fatto che la famiglia si è ingrandita. Anche se la Signora Agreste non c'è più Gabriel ha trovato conforto nei Dupain-Cheng.» aggiunse Nooroo, prendendo un altro morso della sua fetta di mela.

Nel mentre che nel piano inferiore si svolgeva la cena tra gli umani, la camera di Marinette era diventata il rifugio momentaneo dei tre kwami.

La corvina aveva creato dei cuscini per tutti e tre per farli stare comodi –per Nooroo ne aveva creato uno qualche giorno prima, siccome Tikki e Plagg li avevano già: era quadrato, dai lati lunghi circa quindici centimetri; era di un colore viola con raffigurate da entrambe le parti una farfalla stilizzata lilla, simile a quella che compariva sul volto delle perone che venivano akumatizzate– e aveva preparato tre piatti con il cibo per il piccolo trio, in più aveva spiegato a Tikki come fare se avessero voluto guardare qualcosa al computer, a patto che il volume non fosse stato troppo alto.

«Avete capito voi chi vuole mettere in cattiva luce Ladybug e Chat Noir?» domandò Plagg in tono annoiato.
«Io ho già un'idea.» rispose seria Tikki, guardando Nooroo.
«Anch'io. Quando era akumatizzata Lila desiderava molto vendicarsi e avere parecchio potere, tanto che i suoi sentimenti erano oscurati da questo suo obiettivo. Ora che è riuscita a rubare il Miraculous della volpe può fare di tutto.»
«Noi conosciamo i poteri di Trixx e credo che anche i nostri portatori debbano saperli, così potranno prepararsi al meglio.» esclamò il kwami rosso, raddrizzando la schiena.
«Noi sappiamo anche che a compiere quelle rapine è stata Lila utilizzando i suoi poteri visto che ce l'ha detto Wayzz, e mi chiedo come mai il Maestro non l'abbia riferito pure ai marmocchi.» disse Plagg, divorando un'altra fetta di Camembert
«Perché vuole che si preparino, come ha detto Tikki. Vuole che siano loro a scoprire chi è il vero responsabile senza che gli venga sempre detto. Dopo tutto, Fu resterà in carica ancora per poco.» spiegò la divinità della farfalla.
«Un ottimo esercizio pre-università.» ridacchiò il felino, leccandosi i baffi.



 

Lila era sdraiata sul suo letto ad ammirare i magnifici gioielli che aveva rubato qualche giorno fa, facendo scorrere le notizie sul suo cellulare.

Il LadyBlog era suddiviso in due: la maggioranza –circa il novantotto percento delle persone– era rimasto fedele al duo di eroi, proteggendoli e dicendo che loro non stavano dalla parte di Papillon; il resto, che stava poco a poco crescendo, si chiedeva che fine avesse fatto Papillon e iniziava a dubitare di Ladybug e Chat Noir.

Nemmeno Alya, l'amministratrice del blog, riusciva a tenere a bada i ribelli, cercando di far cambiare loro idea.

"Hanno protetto la nostra città per un anno intero." scrisse. "Loro sono in due, non riuscirebbero a fermare tutti i criminali in una sola volta neppure se lo volessero. Sono pur sempre esseri umani."

Per quanto sostenessero questo suo pensiero, c'era anche chi le era contro, dicendo che almeno avrebbero dovuto iniziare dalle rapine che stavano avvenendo di recente o che almeno avrebbero potuto iniziare a setacciare la zona più colpita.

L'italiana ghignò, uscendo dalla pagina internet e premendo il pulsante di blocco del cellulare, tornando con l'attenzione sui gioielli sparsi sul materasso davanti a lei.

Si infilò un paio di anelli sulle dita, guardando quale le stesse meglio, sorridendo quando ebbe deciso: era un anello in oro bianco con un piccolo diamante arancio incastonato.

Persino alla luce della luna brillava, pensò mentre lo fissava ammaliata, ridacchiando.

Trixx era seduto sul davanzale della finestra mentre scrutava l'orizzonte.

Riusciva a vedere le luci della Tour Eiffel –anche se abbastanza lontana– e lo spicchio della luna che sembrava un sorriso.

Il piccolo kwami sospirò.

Non aveva mai immaginato che tornare a servire qualcuno fosse così catastrofico.

Forse aveva soltanto immaginato le avventure che aveva avuto con i suoi possessori precedenti.

Forse, creare illusioni gli aveva fatto dimenticare qual era realtà.


 

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Bentrovati a tutti :D

La battuta che fa Tom «Se vuoi del pane, vieni dai Dupain», in francese c'è il gioco di parole tra pane (pain) e Dupain; quindi, tradotta in francese sarebbe: «Si tu veux du pain, venez chez Dupain.» una cosa del genere xD

Il povero Trixx e le crisi d'identità –dovrebbe essere il kwami di AWED dopo questa affermazione–

Comunque, l'anello di Lila è questo:

Fu che gioca a

Fu che gioca a "Io sono il Maestro e so tutto, ma siccome mi scartavetrate i Miraculous con i vostri ormoni giovanili vi lascio risolvere il mistero in stile Scooby-Doo". Caro Maestro Shifu, non ti smentisci mai.

Ci vediamo mercoledì prossimo con un nuovo capitolo :D

Le cose si fanno interessanti😏

Au revoir ^^

Francy_Kid

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Cap. 10


 

Adrien si era appena alzato, sbadigliando e trascinandosi con i piedi verso il bagno per lavarsi il viso ed i denti.

Quella mattina non aveva tempo per fare colazione, ma doveva almeno rendersi presentabile per la sua Lady, farle capire che la cena della sera precedente non l'aveva per nulla stancato.

Subito dopo aver finito di mangiare il dolce, i cinque avevano fatto uno di quei classici giochi per famiglie, dovendo indovinare il personaggio che gli altri avevano scelto per una persona facendo domande alle quali si poteva rispondere solo "sì" o "no"; successivamente, Adrien, Marinette e Tom si parcheggiarono sul divano, iniziando a giocare ai video games, ma entrambi gli uomini vennero battuti dalla ragazza, che gioiva ad ogni partita vinta.

Provò anche Gabriel a giocare, ma non era portato per questo genere di cose, come disse lui, così restò a parlare con Sabine mentre guardavano i tre divertirsi.

Solo verso mezzanotte passata, quando le acque si calmarono, lo stilista chiese a Marinette di farle vedere le sue ultime opere tanto per curiosità, aiutandola a correggere alcuni dettagli e dandole consigli utili su come migliorare lo stile di disegno e la creazione oggettiva dell'abito.

Quando i due Agreste tornarono a casa –intorno all'una di notte– Adrien non perse tempo a punzecchiare la sua ragazza, dicendole che la cena era andata molto bene e, approfittando del fatto che erano da soli nelle proprie stanze, mandarle foto di lui in varie pose a petto nudo, includendo anche Plagg che lo guardava con un'espressione disgustata; per conto suo, invece, non ricevette alcuna foto dalla sua principessa, se non un paio di normalissimi selfie con Tikki.

Parlarono fino all'una e mezza di notte, poi Marinette spense il cellulare –dopo aver augurato la buona notte sia a lui che al suo kwami– anche se Adrien continuava a mandarle messaggi, poi si arrese.

Solo alla mattina se ne pentì di questo suo "star sveglio fino a tardi per punzecchiare la sua Lady", poiché ora era distrutto e faticava a tenere gli occhi aperti.

Il ragazzo fece scorrere l'acqua fredda dal lavandino, per poi sciacquarsi il viso; appena spense l'acqua alzò lo sguardo per vedersi allo specchio, notando le scure occhiaie dovute a notti insonni trascorse a guardare anime, parlare con Marinette ed a farsi film mentali degni della sua ragazza per l'università.

«Sei uno schianto, Agreste.» sbuffò con ironia, scompigliandosi i capelli disordinati per il sonno e sistemandoseli nella sua solita pettinatura.

Quel pomeriggio avrebbe avuto un servizio fotografico; per le occhiaie c'era sempre il correttore, ma il vero problema stava nell'affrontare due ore e mezza sul set con la stanchezza attaccata alle ossa.

Sbadigliando, il biondo si asciugò il viso, tornando in camera e accorgendosi all'ultimo momento che Ladybug era seduta sul suo letto, facendo scorrere il dito sul suo cellulare.

«Questo è esattamente come iniziava uno dei miei sogni più intimi. Ti prego, My Lady, dimmi che non è un sogno ma che lo farai avverare.» disse lui, unendo le mani come una sorta di preghiera, ricevendo un'occhiata gelida da parte della sua ragazza.
«No, non è un sogno e no non lo faccio avverare -non ancora almeno-. Dobbiamo andare in carcere ad interrogare la donna della gioielleria.» spiegò, tornando a guardare il cellulare di Adrien.
«Cosa stai facendo, Principessa?» chiese curioso, avvicinandosi a lei e guardando ciò che stava facendo.
«Sto guardando le foto. Ne hai alcune che non mi hai inviato. E altre che preferivo non guardare.» aggiunse, soffermandosi a guardare un'immagine di Adrien in boxer davanti allo specchio.
«Questa te la volevo inviare ieri sera, ma tu avevi spento il cellulare.» rispose, coccolandosi esattamente come un gatto nell'incavo del collo della coccinella, annusando il suo dolce profumo.
«Allora ho fatto bene a spegnere il cellulare. Forza, trasformati e andiamo a riprendere la nostra dignità.» esclamò, spostando il biondo e alzandosi, visibilmente scocciata.
Adrien la guardò inclinando la testa. «Mestruata, Buginette?»
L'eroina si voltò, rossa in viso: «No! Sono arrabbiata!»

Marinette camminò verso la finestra da cui era entrata, saltando prima sul bordo poi sul tetto di fronte a Villa Agreste.

Il ragazzo sospirò, ordinando al suo kwami di trasformarlo e seguire così la sua Principessa irata.


 

«Signorina Caroline, ha visite.» disse l'ispettore Riencompris, facendo alzare la donna dalla sua cella e portandola nella stanza che veniva utilizzata per gli interrogatori.

Appena là donne vide Ladybug e Chat Noir, i due eroi parigini, si bloccò dalla paura, ma si sedette sulla sedia davanti alla coccinella e attese l'inizio dell'interrogatorio.

Un altro.

Anche se erano ragazzini di circa diciotto anni -e lei ne aveva quasi quaranta- non riusciva a nascondere la paura, data dal motivo per cui erano lì, e l'ammirazione che provava per loro per l'ottimo lavoro svolto nel proteggere Parigi ed i suoi abitanti.

Aveva sempre sognato di poter essere a meno di cinque metri di distanza da almeno uno di loro, ed essere nella stessa stanza con entrambi era più che un onore.

Se, però, fosse stata una situazione diversa.

«Non si deve preoccupare, vogliamo farle soltanto un paio di domande.» disse Ladybug cercando di tranquillizzarla.
«Mi sembra di star giocando al poliziotto buono ed al poliziotto cattivo.» commentò Chat, in piedi dietro alla sua partner. «Ovviamente io sono il buono, perché la mia Lady qua non è di buon umore.»

La ragazza si voltò di scatto verso il biondo, mandandogli uno sguardo glaciale.

A quel punto, Chat fece segno di una zip che percorreva la linea delle labbra, segno che sarebbe rimasto zitto.

«Caroline, noi non siamo qua per condannarla o cose così. Siamo qui per chiederle che cos'è successo realmente. Abbiamo parlato con i suoi colleghi e tutti hanno detto che lei non è una ladra, ed anch'io ci credo. Per favore, ci racconti tutto e non tralasci i minimi dettagli.»
La donna annuì, ancora agitata: «Ero stata al lavoro nel mio solito orario: dalle due del pomeriggio alle sette di sera, l'ora in cui siamo soliti chiudere e siccome si tratta di una gioielleria -di marca Agreste, per giunta- chiudiamo piuttosto presto rispetto gli altri negozi. Di solito chiudo il negozio, ma quella sera dovetti correre a casa perché mio marito mi aveva chiamata dicendomi che aveva dimenticato il gas acceso prima di uscire di casa, così chiesi alla mia collega di chiudere lei per questa volta. Poi, la mattina seguente, mi sono ritrovata la casa piena di poliziotti e tutta sottosopra perché cercavano la refurtiva che io non ho mai visto. Vi prego, voi due siete gli unici che potete credetemi.» esclamò la donna tirando su con il naso, asciugandosi le lacrime con la manica della tuta.
«Noi le crediamo Caroline, ed anche i suoi colleghi e suo marito lo fanno.» sorrise dolcemente Ladybug, stringendo una mano della donna per confortarla.
«Non ha visto nulla di strano? Una persona sospetta o una tentata effrazione recentemente?» domandò Chat Noir, in piedi poggiato al muro.
«Nessuna effrazione o tentato scasso, ma c'è stata una persona che mi ha dato dei sospetti. Una ragazza, per l'esattezza.»
«Che aspetto aveva?»
«Aveva la carnagione scura, i capelli marroni e gli occhi verdi, era alta poco meno di Chat Noir e aveva un accento straniero. Italiano, penso.» rimuginò la donna.
«Altri segni che le sono sembrati strani?»
«No, non ce ne sono altri.» rispose, cercando di ricordarsi ancora qualcosa. «Poi, non credo questo possa essere d'aiuto, ma indossava una collana della nostra gioielleria, lì per lì ho pensato che era tornata per prendere qualcos'altro, ma dava un'occhiata alla merce, spiando anche i movimenti di noi commesse e poi usciva. È stato così per due giorni, poi questo.»
«Che collana era? Se lo ricorda?»
«Sì, ha la catenella d'oro e il ciondolo a forma di coda di volpe. Fa parte della collezione "Renarde".»

Ladybug, sentendo quelle parole, guardò negli occhi il suo compagno, come a chiedergli se stava pensando alla sua stessa cosa, ricevendo un cenno positivo della testa.

«Grazie mille signora, ci è stata di molto aiuto. Le prometto che presto verrà liberata, intanto parliamo noi con il signor Riencompris per limitarle la prigionia.»
«Grazie a voi.» disse con un groppo alla gola.



 

Adrien era stanco, sia che fisicamente che mentalmente.

Mentre tornavano a casa, lui e la sua Lady non avevano parlato molto: lei stava pensando a quello che Clarisse aveva detto loro su quella strana ragazza.

Marinette aveva perino faticato a dargli il bacio dell'arrivederci poiché voleva tornare a casa per svelare quella sorta di mistero.

Personalmente, a lui non importava molto di tutta questa faccenda, soprattutto non ora che era più addormentato che altro.

Il ragazzo si lasciò cadere sul suo letto, chiudendo gli occhi pesanti, ignorando il suo kwami che gli chiedeva del Camembert.

Voleva soltanto dormire.

«Signorino Adrien.»

Il biondo aprì un occhio, notando Nathalie sulla porta, con un'espressione di pura indifferenza sul suo volto.

«Tra poco ha il servizio fotografico al a Montmartre. È meglio che ci incamminiamo siccome suo padre ha preso l'auto di servizio per andare ad un colloquio.»
«Va bene.» sbadigliò lui in risposta, dicendo alla donna che sarebbe uscito tra cinque minuti, il tempo di sistemarsi.

Dieci minuti più tardi, i due erano già fuori da Villa Agreste, camminando per le vie parigine con la luce del sole pomeridiano che splendeva su di loro.

Adrien seguiva pigramente Nathalie, non accorgendosi che erano entrati in un vicolo abbastanza stretto.

«Non mi piace questa storia.» commentò Plagg con un sussurrò. «C'è qualcosa che non va.»
«Sarà una scorciatoia. E poi non ti lamenti più per il sole.» rispose il portatore.
«Adrien, stai attento. Sento che sta per accadere qualcosa di brutto.»

Se Plagg diceva così allora c'era da crederli.

Dopotutto era una divinità quantistica, e se anche era pigro, rompiscatole ed ingordo, se avvertiva un pericolo bisognava stare allerta.

Come a far avverare le preoccupazioni del piccolo kwami, Nathalie si fermò di colpo, dando le spalle al biondo, che stava a circa cinque metti di distanza.

«Nathalie, va tutto bene?» domandò, ma quando vide la segretaria voltarsi capì che non c'era nulla che andasse bene.

La donna aveva un ghigno malefico stampato sul volto e la sclera degli occhi era di colore rosso, contrastando con il suo naturale verde acqua.

«Nathalie.»
«Dammelo ragazzo. Dammi ciò che cerco!» ringhiò lei, avvicinandosi barcollando ad Adrien.
«Adrien, ti devi trasformare!» sussurrò Plagg nella tasca della camicia.
«No, non posso rivelare la mia identità a Nathalie.» rispose a tono basso il portatore, mantenendo una posizione d'attacco, stando pronto anche per darsi alla fuga se fosse stato necessario, con le gambe flesse e le braccia alzate, per poi tornare a rivolgersi a Nathalie: «Che cosa vuoi? Che hai fatto a Nathalie?»
«Io voglio i tuoi poteri, voglio ciò che hai al dito. Voglio il tuo Miraculous, Chat Noir!»

Quella che doveva essere Nathalie si fiondò verso Adrien, che si preparò a scansarsi non appena fosse stata abbastanza vicina per schivarla, ma qualcuno gli sfrecciò affianco, fermandosi accanto alla segretaria e colpendola alla nuca, stordendola e prendendola sotto le braccia appena prima che cadesse a terra.

Il ragazzo rimase senza parole, non solo perché non l'aveva sentita arrivare, ma anche perché la donna che all'improvviso era apparsa gli ricordava qualcuno.

«Tu chi sei?» domandò, nuovamente in posizione d'attacco, anche se sapeva che se non si sarebbe trasformato non avrebbe vinto, viste le capacità di quella persona,

La donna spostò lo sguardo da Adrien al corpo senza coscienza di Nathalie che teneva tra le braccia, chinandosi verso il suo orecchio per sussurrarle qualcosa in una lingua che il bho di non aveva mai sentito.

«Te lo chiedo un'ultima volta: chi sei?»
«Non posso dirtelo, ma posso dirti che conoscevo tua madre e che tutto quello che voi sapete su di lei è falso.» rispose la donna, in piedi accanto a Nathalie.
Adrien sbiancò: «C-Cosa?»
«Tua madre non è morta, è ancora viva ed è sotto la nostra custodia.»

Il biondo si sentì improvvisamente debole, come se avesse combattuto contro trenta akuma tutti assieme, ed un senso di nausea gli serrò lo stomaco.

«C-Come è ancora viva? Mio padre ha detto che è morta in Tibet...» disse con un filo di voce, chiedendosi se quella persona l'avesse sentito.
«Vi sono state date informazioni false per impedirvi di cercarla.» riprese la donna, camminando verso di lui. «Non posso dirti molto, ma sappi solo che questa è la prima e l'ultima volta che corro in tuo aiuto.»
«Perché mi hai aiutato?» esclamò, sentendosi in collera.
«Perché le avevo fatto una promessa.»

La donna gli passò accanto, fermandosi a pochi passi da lui.

«Sarebbe davvero orgogliosa di te, Adrien.» aggiunse, poco prima che i suoi passi si mescolassero al rumore della città.

Adrien rimase pietrificato, in piedi in quel vicolo.

Spostò lo sguardo da Nathalie alle mura che lo circondavano ai lato, sentendosi schiacciare da esse.

Il ragazzo cadde sulle ginocchia, sentendo la nausea aumentare; mise una mano sulla bocca, trattenendo i conati di vomito.

«Adrien...» lo chiamò preoccupato Plagg, volando accanto al suo viso per vedere se stesse bene.

Persino il piccolo kwami rimase senza parole davanti all'espressione del suo portatore: era pallido come un cencio, gli occhi sbarrati e lucidi dalle lacrime ed il suo corpo era percorso da brividi.

Il biondo deglutì, poggiando la mano a terra e respirando affannosamente.

Si sentiva intrappolato tra quelle due mura, come se i mattoni continuassero ad avvicinarsi per schiacciarlo.

Prima credeva che sua madre fosse sparita, addossandosi una parte della colpa per la sua sparizione, poi suo padre e Master Fu che gli dissero che in verità era morta ed ora che in realtà era viva.

Tutte queste informazioni gli riempivano la testa, provocandogli un forte capogiro.

A chi doveva credere ora?


 

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La lezione di questo capitolo è: non chiedere alle donne se sono mestruate, potrebbero menarti.

Non so se provate un senso di odio per me dopo questo capitolo, anche perché non è per nulla finita qui, anzi, è appena iniziata🌚

A mercoledì prossimo con "Maestro Shifu passione medico di famiglia" :D

Bye :3

Francy_Kid

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


Cap. 11



Nathalie aprì gli occhi, cercando di combattere il capogiro ed il senso di nausea che la assalì non appena riprese conoscenza.

Malgrado la vista offuscata, la donna riuscì a riconoscere i due Agreste ed un'altra figura, più minuta rispetto alle altre.

«Adrien, il suo servizio fotografico...» mugugnò lei, cercando di mettersi a sedere.
«Non ti preoccupare per il servizio. Piuttosto, tu come stai?» domandò il ragazzo togliendole il panno umido dalla fronte.
«Sto bene, grazie. Cosa mi è successo?» chiese.

La segretaria cercò di mettersi a sedere, ma la figura più piccola la fece rimanere sdraiata.

«Non ti conviene alzarti per un po'. Sei svenuta per un colpo di sole.» spiegò l'anziano, mettendole una mano sulla fronte per sentirne la temperatura.
«Chi è lei?» disse con espressione preoccupata, non riuscendo ad allontanarsi.
«È uno zio medico di Marinette. Credimi Nathalie, le sue erbe sono magiche.» rispose Adrien per tranquillizzarla, notando subito i suoi lineamenti rilassarsi.
«Ora riposati, verremo a controllarti di nuovo più tardi.» esclamò Gabriel, facendola annuire.

I tre uscirono dalla stanza, chiudendo la porta, per poi tornare nello studio dello stilista.

Adrien era tornato a casa dopo essersi ripreso dalla notizia che quella strana donna gli aveva dato, coricando Nathalie sulle spalle e venendo subito soccorso dal padre non appena ricevette la chiamata di suo figlio, aiutandolo a portare la segretaria in una delle camere per gli ospiti e poi chiedere aiuto a Master Fu, siccome il ragazzo diceva che le avevano fatto qualcosa.

«Era stata ipnotizzata, non c'è alcun dubbio.» disse l'anziano subito dopo essere entrati nella stanza.
«Come? È rimasta tutto il tempo in casa dopo che è rientrata dalle ferie.» rispose preoccupato Adrien, poggiato contro la porta chiusa.
«Il come non lo so, ma col quando ti sei risposto da solo.» sospirò il Maestro, strofinandosi le tempie. «Ho sentito che la sua mente ha come un blocco per non farle ricordare cos'è avvenuto in vari momenti che vanno dalla sua vacanza in Italia fino ad oggi, come se qualcuno avesse messo in pausa il suo cervello per non farle ricordare ciò che le stava facendo è ciò che stava facendo lei.»

Il biondo rimase ad ascoltare con estrema attenzione, ma la sua mente tornò alle parole di quella donna.

"Conoscevo tua madre e che tutto quello che voi sapete su di lei è falso. È ancora viva ed è sotto la nostra custodia. Le avevo fatto una promessa. Sarebbe davvero orgogliosa di te, Adrien."

L'ultima frase lo fece sbiancare di nuovo.

Non solo il perché quella donna sapeva il suo nome, ma anche perché, a quanto pareva, conosceva abbastanza bene sua madre.

Oppure era tutto un complotto per avere i Miraculous, pensò lui.

«Adrien.»

La voce del padre lo risvegliò dai suoi pensieri, accorgendosi solo ora che aveva gli sguardi dei due uomini e dei tre kwami puntati addosso.

«Scusate, non stavo ascoltando. Dicevate?»
«Master Fu voleva sapere cos'era successo da quando eravate usciti di casa.»

Il biondo spiegò loro tutto per filo e per segno, tralasciando il dettaglio della donna misteriosa e dicendo che era riuscito a tramortire Nathalie colpendola alla testa senza trasformarsi in Chat Noir.

«Vado a dare un'occhiata a Nathalie. Adrien, verresti con me a darmi una mano?» domandò Fu, uscendo dall'ufficio del signor Agreste accompagnato dal giovane e dai loro rispettivi kwami.

Adrien sapeva che non voleva controllare Nathalie. Aveva capito che stava nascondendo qualcosa.

«Dimmi tutto. Anche perché l'ha già fatto Plagg.» lo incitò l'anziano dopo essersi allontanato abbastanza dalla stanza.

Il ragazzo lanciò un'occhiata gelida al suo kwami che sorrise, per poi sospirare esasperato.

Orami conosceva Plagg, e poi aveva intenzione di dire al Guardiano la verità di cos'era successo in quel vicolo.

«Una donna è sbucata dal nulla ed ha fermato Nathalie appena prima che fosse abbastanza vicina per attaccarmi. Subito dopo aver tramortito Nathalie mi ha detto che in verità mia madre è viva e che è sotto la loro custodia.» spiego brevemente il giovane, con il senso di nausea che lo assillava nuovamente.
«Loro? C'entra qualcun altro in questa storia.» riflette l'anziano.
«Purtroppo non ho nessun altra informazione. La prego Master Fu, mi aiuti a trovare mia madre.» esclamò il biondo sul bordo delle lacrime.

Fu guardò Adrien con una stretta al cuore, sorridendogli gentilmente.

«Se hanno osato farle del male giuro che... che...»
«Non ti disperare. Tua madre è sempre stata una grande donna. Sono più che sicuro che è sana e salva.» lo consolò il Guardiano, accarezzandogli il braccio –data la sua altezza–
«Lo spero.» sospirò lui in risposta. «Vado nella mia stanza a riposare un secondo. Conto sulle tue droghe per far star bene Nathalie.»
«Ringrazia le proprietà terapeutiche della cannabis.» ammiccò l'anziano, camminando verso la stanza degli ospiti per controllare come stesse la donna.

Adrien si trascinò in camera sua, chiudendo entrambe le porte a chiave e buttandosi sul letto, sospirando quando il suo corpo spossato toccò il materasso morbido.

«Intendi dirglielo a Marinette?» domandò Plagg, sedendosi sull'altro cuscino. «Di tua madre intendo.»
Il biondo sospirò. «Non credo. Sai com'è fatta Marinette: appena viene a sapere che qualcuno è in pericolo si lancia in suo soccorso.»
«D'altronde è un'eroina. Ed anche tu lo sei.»

Il ragazzo stette per un secondo in silenzio, girando la testa di lato per non guardare più il suo kwami.

Voleva andare a salvare sua madre dopo la notizia che gli era stata data? Sì.

Voleva prendere a calci quella donna finché non gli avrebbe rivelato tutto? Eccome.

Però non aveva abbastanza prove.

Certo, aveva liberato Nathalie dal controllo della mente che qualcuno esercitava su di lei, ma gli aveva anche detto che sarebbe stata l'ultima volta che sarebbe corsa in suo aiuto; ciò significava che era una cattiva.

E lei sapeva dov'era sua madre.

Adrien sospirò di nuovo, chiudendo gli occhi per cercare di addormentarsi.

Tutto il suo corpo implorava un sonno ristoratore di almeno tre o quattro ore e, dato che il suo servizio fotografico fu cancellato per ovvi motivi –al fotografo fu detta la scusa che il modello era stato poco bene–, si concentrò sulle cose più belle che potevano venirgli in mente in quel momento.

La sua famiglia era più grande, suo padre sarebbe diventato un eccellente Guardiano, Marinette era diventata finalmente la sua ragazza –orami da qualche mese– e...

Sua madre era viva.

Malgrado non sapesse dove si trovava, né se stava bene, né se era ferita in quel che modo, il pensiero che prima o poi avrebbe rivisto sua madre lo rincuorava parecchio.

Un sorriso comparve sulle sue labbra non appena lunghi capelli biondi e occhi verdi apparvero nella sua visione; riusciva persino a sentire il profumo di rose fresche che emanavano i suoi abiti ed il calore del suo abbraccio.

«Aspettami mamma, verrò a salvarti.» sussurrò Adrien, mentre una lacrima scivolò sul cuscino, per poi addormentarsi.


 

Lila era seduta ad un tavolo abbastanza isolato nel bar La Coquille.

Il posto ideale per chi voleva ascoltare la musica rock di Jagged Stone e di altri gruppi stando in compagnia.

Per quanto la ragazza fosse isolata, invece, le piaceva quell'atmosfera, dando il due di picche a tutti i ragazzi che provarono ad avvicinarsi, lasciandoli delusi o atterriti.

L'italiana stava bevendo il caffè dalla tazzina, rimpiangendo quello italiano, ma gustandoselo come se fosse ancora nella sua patria.

Aveva chiesto se poteva avere anche una ciotola di arachidi da sgranocchiare, anche se erano per il suo kwami.

Come poteva una volpe andare matta per le arachidi? Si chiedeva la mora mentre prevedeva un'altra arachide per darla allo spiritello, nascosto nella borsetta, senza farsi vedere.

I suoi occhi caddero su una donna dai capelli rossi che stava camminando verso il suo tavolo, sedendosi davanti a lei e guardandola attraverso gli occhiali da sole.

«Scusi, ma quel posto è occupato.» disse Lila cercando di non sembrare scocciata.
«So perfettamente che non è così.» rispose la donna, togliendosi gli occhiali e rivelando un paio di occhi azzurri e freddi come il ghiaccio.

Non voleva ammetterlo, ma quello sguardo la intimoriva parecchio.

«Allora perché si è seduta qui? Ci sono altri tavoli liberi.» esclamò la mora seccata.

Odiava sentirsi debole, sopratutto davanti a persone che non conosceva.

«Perché volevo parlare con te, Lila.»
«Come sa il mio nome?» domandò socchiudendo a gli occhi.
«Non solo so chi sei. So tutto su di te, anche che possiedi un gioiello in grado di darti poteri fantastici.»

L'italiana trasalì, senza darlo a vedere.

«È inutile che cerchi di nasconderlo. So anche che hai un kwami.»
«C'è qualcosa che le tue fonti non ti hanno detto?» sibilò a bassa voce, sfiorando con la mano la borsetta.
«Effettivamente no.» rispose con nonchalance. «Sono qua perché vorrei che ti alleassi con noi.»
«Noi?»
«Faccio parte di un'organizzazione che vuole ottenere il potere assoluto grazie ai poteri dei Miraculous della creazione e della distruzione. No, non siamo una brutta copia di Papillon, –aggiunse appena Lila aprì bocca– noi siamo più forti: predisponiamo di macchinari in grado di estrarre la forza vitale, nonché i poteri, dei kwami ed utilizzarli per governare sul mondo intero. Se ti unirai a noi ne trarrai dei benefici: ricchezza, gloria, potere e vendetta.»

Se la ragazza era già interessata prima, ora ne era totalmente ammaliata.

Anni di bugie le avevano insegnato a vedere se l'interlocutore stesse mentendo, è quella donna non era una bugiarda.

«Ci stai?» chiese porgendole la mano.
Lila ghignò, stringendogliela. «Ci sto.»



 

Mark adorava quel posto.

Stare a contatto con quella creatura dalle fattezze mostruose, seppur sapeva che sarebbe stata in grado di ucciderlo in meno di un secondo, lo intrigava e gli faceva scorrere l'adrenalina in tutto il corpo.

Lo scienziato faceva scorrere le notizie sugli schermi dei computer, abbandonandosi contro la sedia quando apparvero due immagini: una di un certo Gabriel Agreste, famoso stilista parigino, e l'altra di Adrien Agreste, suo figlio.

«Che stai cercando?» domandò la voce distorta del mostro, seduto su quella specie di trono che era stato messo lì per lei.
«Informazioni sulle persone di cui Catherine mi ha scritto. Dovrebbero essere Papillon -l'ex cattivo di Parigi- e Chat Noir -l'eroe che lo combatteva con un'altra ragazza, Ladybug-. Sono i possessori del Miraculous della farfalla e del gatto nero.» rispose, scivolando di lato per far sì che la creatura potesse vedere.

Mark fissò la donna mostruosa assumere un'espressione di pura sorpresa, mentre si alzava dal suo giaciglio e camminava verso gli schermi.

L'uomo si spostò ancora, non volendo essere colpito dalle sue ali demoniache.

Alla luce degli schermi riusciva a vedere la sua pelle squamosa di colore nero e l'occhio rosso farsi lucido.

La donna sfiorò con l'artiglio l'immagine del ragazzino dai capelli biondi, sussurrandone il nome.

«A-Adrien...»

All'improvviso, la vista della creatura si fece offuscata e, con il dito indice, si asciugò una lacrima che le scorreva lungo la guancia.

Fissando il dito bagnato, un ghigno spaventoso comparve sulle sue labbra, ridendo con voce gutturale e distorta.

«Perfetto.»


 

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*li guarda con un sorriso* Ehi :3

Lascio a voi i commenti :3

Adrien lo dirà a Mari ciò che è venuto a sapere o sarà Plagg a dirglielo?

Plagg che non tiene mai la bocca chiusa quando ha davanti del formaggio LOL

Le cose belle stanno venendo tutte a galla *pervy face*

A mercoledì :3

Francy_Kid

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Capitolo 12
*** cap. 12 ***


Cap. 12



Marinette sbucò dalle scale della metro per finire nella via parallela alla sua meta.

Camminò schivando i passanti che erano troppo impegnati a guardare il cellulare per scostarsi o quei gruppi di ragazzi che avevano quelle manie di grandezza ed occupavano l'intero sentiero pedonale.

Sentiva persino alcune ragazzine sussurrare tra loro che lei era la ragazza di Adrien Agreste e che, per questo, erano invidiose, aggiungendo che poteva scegliersi una ragazza come lui, piuttosto che lei.

C'era abituata a quei commenti, ma lei era l'unica ragazza al mondo a conoscere Adrien fino in fondo, arrivando a capirlo ed a sostenerlo, sia nei momenti più bui sia quando era a corto di battute pessime da fare.

Quelle ragazzine erano invidiose di lei perché stava con il "ragazzo più sexy di Parigi", ma sarebbe stato così anche se fosse stato il fidanzato di qualcun'altra.

"Nessun attacco di depressione. Stai reagendo bene Marinette, complimenti." si complimentò con se stessa, continuando a camminare e sorridendo, non volendo più ascoltare ciò che le fan di Adrien avevano da dire sul suo conto.

Però, ora che ci pensava, le erano già capitato episodi strani: come quella volta che, poco più di un mese prima, dopo la sfilata dove i capi firmati Agreste avevano vinto, una ragazza di circa vent'anni si era avvicinata a lei ed a Adrien per chiedere loro un autografo ed un selfie.

Imbarazzata per quella strana richiesta –e sollecitata da Adrien– accettò, cercando sembrare il più naturale possibile e senza apparire come se una persona invisibile le avesse tirato i lati delle labbra per farla sorridere.

Ci riuscì, per sua fortuna.

Successivamente, una cosa simile capitò altre volte, ma era più rilassata.

Senza nemmeno accorgersene, Marinette arrivò davanti alla porta dello studio massaggi di Master Fu; bussò, sorridendo quando Tikki volò fuori dalla sua borsetta e, insieme, 
dopo aver sentito "avanti", entrarono.

Un lieve odore di incenso solleticava il naso della corvina, minacciando di farla starnutire, ed il fischio di una teiera sul fuoco era udibile dalla cucina.

«Buona sera Marinette, Tikki.» la salutò Wayzz, volando loro incontro e venendo salutato a sua volta. «Accomodatevi. Il Maestro arriverà tra poco.»
«Grazie.» risposero in coro le due.

Marinette si inginocchiò davanti al tavolo basso, mentre i due kwami si sedettero sopra, iniziando a chiacchierare con la portatrice del più e del meno.

«Buona sera ragazze.» disse Master Fu, entrando nel salotto con un vassoio; sopra di esso c'erano due tazze di tè verde ed il cibo per i kwami –biscotti per Tikki e qualche foglia di lattuga per Wayzz–

Marinette si era offerta più volte di aiutare il Guardiano, ma lui rifiutava poiché "era ancora un giovincello" –malgrado avesse cento ottantasei anni!–

L'anziano si accomodò di fronte alla corvina, porgendole una tazza fumante di tè caldo.

Malgrado fosse agosto, il tè che preparava Master Fu era molto più buono caldo.

«Allora, avete scoperto qualcosa chiedendo alla donna in prigione?» domandò l'ometto, vedendola annuire mentre soffiava sul liquido.
«Ho un potenziale sospettato.» Lo sguardo di Marinette scivolò sulla superficie liscia del tavolino, seria. «Master Fu, quali sono i poteri del Miraculous della volpe?»
«Chiunque possegga il Miraculous della volpe può ottenere tutto ciò che vuole con l'astuzia e la furbizia: può creare un'immagine alternativa della realtà, annullabile solo quando lo decide il possessore o annulla la trasformazione; inoltre, crea illusioni semi reali, cioè che può materializzare una specie di ologramma solido di una persona o di una cosa per un determinato periodo di tempo.» spiegò, guardando la sua allieva.
«Questo potere è simile a quello che Papillon aveva donato a Lila, solo che le sue illusioni sparivano se toccate.»
«Papillon può donare poteri per creare i suoi campioni, ma quei poteri, in confronto a quello dei Miraculous, non sono nulla. Per questo tu e Chat Noir avete sempre vinto contro gli akuma senza molte difficoltà.»
Marinette ridacchiò. «Mi creda, alcuni non erano per nulla facili. Lila, per esempio, era quasi riuscita a convincermi di darle i miei orecchini.»
«Come farti colpa: pensavi fosse il vero Adrien quello in pericolo.» rispose Fu con un sorriso confortante.
«Quando ci penso, non riesco a credere quanto sia stata stupida quella volta: era impossibile che fosse Adrien, ed i non sono riuscita a riconoscere una maledetta illusione dalla persona vera.» disse con un groppo alla gola.

Quel giorno aveva messo a rischio la sua vita, oltre che la sicurezza del suo kwami, volendo rinunciare ai suoi orecchini e darla vinta a Papillon, oltre che a Lila.

«Mari, eri nel mezzo di una battaglia. Volpina sapeva che avresti rischiato di tutto -sopratutto il Miraculous- pur di salvare qualcuno e non sapevi nemmeno che il vero Adrien ce l'avevi accanto. Non le hai dato il Miraculous, non devi sentirti in colpa.» esclamò Tikki, volando all'altezza del viso della sua portatrice e accarezzandole lo zigomo per confortarla.

A quanto pare funzionò, perché la corvina le sorrise.

«Comunque.» si schiarì la gola l'anziano. «Quegli akuma ti erano sembrati più difficili perché devi sviluppare ancora tutti i poteri.» aggiunse, intanto immediata e te l'espressione crucciata della giovane.
«I-Io... Tikki avrebbe degli altri poteri oltre al Lucky Charm?» domandò sbalordita.
Fu annuì, sorseggiando dalla tazza. «Così come li hai tu, li ha anche Chat Noir. Però, siccome quello della coccinella è il Miraculous della creazione, per suo contrario, il Miraculous del gatto nero è quello della distruzione. Il primo è utilizzato principalmente per il bene, mentre il secondo, se dato al portatore sbagliato, potrebbe causare più male di quel che pensi.»

Marinette deglutì.

«È già capitato in passato che ci siamo stati danni a città o Paesi per colpa del potere della distruzione dell'anello, ma la colpa era dei possessori, coloro che hanno visto nella distruzione la possibilità di governare il mondo con la forza e la paura, non utilizzandolo per il quale è stato creato: fare del bene.»
«Lo trovo un ossimoro: il Miraculous della distruzione che può fare del bene. Suona maledettamente strano.»
«Se Adrien volesse potrebbe distruggere l'intera città di Parigi e installare un regime di puro terrore, grazie ai suoi poteri. Eppure, anche grazie a Ladybug, colei che bilancia i suoi poteri distruttivi, eccolo qua a fare il bene della gente. Non sempre distruggere è un male. Bisogna distruggere per ricostruire qualcosa di bello.»

La ragazza ne rimase affascinata, ma la curiosità la stava divorando.

«Vuoi sapere in che circostanze i poteri di Chat Noir hanno fatto il male, vero?» domandò Tikki, notando l'espressione della sua portatrice, che annuì.
«Hai presente il terremoto in Cina del 1976? Quello a Tangshan?»

La corvina annuì ancora, incapace di parlare, ricordando quante vittime e danni aveva fatto quello che credeva essere un terremoto.

«In quel momento, il portatore dell'anello dell'epoca ebbe uno scatto d'ira. Puntò il Cataclisma a terra e provocò una scossa sismica con conseguenze devastanti. Degli altri esempi sono la formazione di alcuni incendi o della distruzione di alcune zone boschive, rendendole desertiche.»
«Non credevo che Plagg avesse tutti questi poteri.»

L'uomo posò la tazza sul tavolino, alzandosi e dirigendosi verso la finestra, inspirando l'aria estiva che caratterizzava quel mese.

«Come ben sai, i Miraculous della distruzione e della creazione sono tra i più potenti che esistono, e la peculiarità che li differisce dagli altri Miraculous sono i poteri: sia Tikki che Plagg hanno poteri sopiti, ma spetta al portatore attivarli e decidere cosa fare.» spiegò l'anziano.

Marinette si portò la mano al mento, iniziando a pensare a tutto ciò che le era stato detto.

Sia lei che Chat avevano dei poteri sopiti, attivabili sono in determinate circostanze.

Poi, si ricordò di un episodio.

«Ma allora quando Adrien ha usato il Cataclisma una seconda volta, quello è uno dei poteri di Plagg?»
Fu scosse la testa. «No. Fino ad ora, si sapeva che il potere del Miraculous del gatto nero si poteva soltanto intensificare, distruggendo qualunque cosa si trovasse nel suo raggio d'azione da cinque a dieci chilometri. Quello che ha fatto Plagg, di attivare il Cataclisma una seconda volta è, diciamo, contro natura.»
«In che senso?»
Fu Tikki a rispondere: «Il Cataclisma ed il Lucky Charm devono essere usati solo una volta. Se si provasse ad evocarli una seconda volta, c'è il rischio che... –fece una pausa, guardando verso il basso– il kwami esaurisca tutti i suoi poteri e la sua forza vitale... Plagg sarebbe dovuto morire quel giorno.»

A Marinette si gelò il sangue e fu sicura che impallidì parecchio, notando lo sguardo preoccupato di Wayzz.

«Se tu non avessi usato il Lucky Charm per salvare Nooroo, a quest'ora Chat Noir sarebbe stato solo un ricordo.» continuò il piccolo spiritello rosso.

Si sentiva una nota di malinconia nella sua voce e la capiva benissimo.

Non solo lei si sarebbe incolpata per non aver aiutato il suo compagno, ma Adrien non si sarebbe mai dato pace.

«Quali sono le conseguenze di tale azione? Che succederà ora a Plagg?» domandò incuriosita la giovane, decisa ad aiutare i due al meglio che poteva.
«Finché Adrien si limita a trasformarsi non succede nulla, ma se usasse ora il Cataclisma avrebbe dei fanno più gravi: se prima poteva formare delle crepe nel terreno, ora potrebbe creare un cratere di qualche metro; potrebbe persino uccidere una persona.»

In un certo senso, Marinette si pentì di aver fatto quella domanda, ma doveva sapere.

Finché i loro nemici erano ladri non c'era nessun problema, ma presto si sarebbero dovuti scontrare con Lila, una posseditrice come loro e che, come loro, possedeva poteri.

Doveva trovare il modo per impedirgli di usare il Cataclisma.

«Non prendere decisioni avventate.» disse Fu risvegliandola dai suoi pensieri. «Non impedire a Chat di usare il Cataclisma, ma aiutalo a controllarlo.»
Marinette si alzò di scatto, ignorando le gambe formicolati per essere rimasta ferma per svariati minuti. «Ma l'ha detto anche lei che potrebbe uccidere qualcuno! Io non posso riportare in vita le persone!»
Il Grande Guardiano la guardò con un sorriso rassicurante: «Il tuo potere è molto più grandioso, Marinette. Abbi fiducia in Tikki e, sopratutto, in te.»



 

Trixx stava sgranocchiando un'arachide, seduto sul comodino mentre la sua portatrice era sdraiata nel letto mentre faceva zappino tra i canali della televisione, guardano la mora con curiosità ed un pizzico di malinconia.

«Mia signora, intendi davvero aiutare quell'organizzazione?»

Lila non sapeva il perché quel kwami la chiamasse "mia signora", ma non l'aveva mai corretto.

«Farà del male a noi kwami se riuscisse ad ottenere i Miraculous di Ladybug e Chat Noir, ed io non voglio che sia fatto del male a Tikki ed a Plagg.» continuò lo spiritello abbassando le orecchie.

La ragazza sbuffò ma non rispose.

Non sapeva cosa sarebbe accaduto a quei due kwami, ma una cosa era certa: voleva vendetta e potere e se avessero fatto del male ad Adrien e, sopratutto, a Marinette non gliene importava molto.


 

«Dura tornare a studiare, vero?»

Gabriel alzò la testa dai fogli che aveva davanti, allontanando di poco il libro di Master Fu, notando il figlio sullo stipite della porta.

«Pensa che io dovrò riprendere tra meno di un mese.» ridacchiò stancamente, camminando fino alla scrivania e mettendosi accanto al padre, sorridendo quando vide Nooroo dormire beatamente sul cuscino che Marinette aveva fatto apposta per lui.
«Che ci fai sveglio? Sono le tre del mattino.» esclamò l'uomo con un tono di rimprovero.
«Restare sveglio durante la notte è il mio hobby ormai, ed essere andato a dormire il pomeriggio non ha aiutato molto.» rispose sbadigliando, portandosi una mano davanti alla bocca. «E tu che ci fai ancora sveglio? Non hai fatto i compiti che ti aveva dato Shifu?»
«No, è che mi è venuta voglia di disegnare, tutto qua.» disse, finendo le ultime righe di rifinitura di un bozzetto di un vestito da donna in tema Klimt, con quadrati, occhi e cerchi raffigurati sulla gonna lunga.
Adrien osservò curioso, quando gli venne in mente il motivo per cui si era svegliato. «Come sta Nathalie?»
«Sta bene. L'ho mandata a casa, ma ha insistito di tornare domani a lavorare. Ha detto che aveva già fatto le ferie e non voleva prenderne altre.»
«Quella donna a volte mi fa paura.» esclamò il ragazzo, pensando realmente che fosse una sottospecie di robot o androide. «Va bene, torno i camera a fare il gufo, sperando che Plagg non si svegli perché vuole del Camembert. Chiamami se ti serve qualcosa. E vai a dormire anche tu, hai bisogno di riposo.»
«Il mio cervello lavora meglio di notte.» rispose Gabriel, tornando a lavorare ai bozzetti. «Ma grazie per l'interessamento, tra poco andrò a dormire anch'io.»

Il ragazzo, salutando il padre, uscì dall'ufficio, chiudendo la porta alle sue spalle.

Lo stilista guardò il figlio uscire, sospirando non appena spostò gli occhi sulla pagina del libro che riguardava Chat Noir, soprattutto dopo ciò che aveva letto sul potere speciale di chi possedeva l'anello.


 

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Ma buon mercoledì ragazzuoli :3

Marinette scopre di avere poteri sopiti e che Adrien potrebbe combinare un grande casino se qualcuno gli dice qualcosa. LOL.

Ci vediamo mercoledì con un nuovo capitolo :D

Francy_Kid

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


Cap. 13

 

Adrien spense la televisione, guardando l'orario sul cellulare.

Erano le otto passate del mattino e non era riuscito a dormire dopo che era uscito dallo studio del padre: era preoccupato per Nathalie e per tutto ciò che sarebbe accaduto in seguito.

Lila era ancora libera e, in più, ora c'era quella donna che aveva informazioni su sua madre.

Tutto questo lo stressava parecchio.

Con uno sbuffo, volendo pensare ad altro, si alzò dal divano bianco, volendo andare in bagno a farsi una doccia fresca.

Anche di notte faceva terribilmente caldo e non gli piaceva essere sudato.

«Niente visita alla tua amata, ragazzo in calore?» domandò divertito Plagg, guardando il suo portatore mentre prendeva un paio di bermuda ed una canottiera nera dall'armadio, rotolandosi sul cuscino morbido.
«Forse più tardi. Ora ho voglia di farmi una doccia.» rispose, recuperando anche l'intimo.
«Almeno il suo corpo sarà inviolato. Anche se ancora per qualche ora.» aggiunse con un sospiro.
«Ma perché tu parli solo di queste cose?» domandò curioso e allo stesso tempo preoccupato. «Non dormi che ti sta iniziando a piacere il corpo femminile.»
«Cosa?! No! È solo che volevo iniziare un discorso con qualcosa che ti piace, tipo cercare di avere fisicamente la tua ragazza.»

Adrien spalancò la bocca, non sapendo cosa rispondere.

Certa volte quel kwami lo preoccupava.

«Se vuoi parlare di qualcosa di serio allora fai pure, ma non ti intromettere nei discorsi tra uomini.»
Il felino sbuffò. «Sei un verginello in piena crisi ormonale, non ti definirei mai un uomo. Non ancora almeno.»

Il biondo lo fulminò con lo sguardo e, sbraitandogli contro, entrò in bagno, accendendo l'acqua e cercando di sbollire l'arrabbiatura.

Plagg lo fissò mantenendo un'espressione annoiata, ma solo quando chiuse la porta abbassò le orecchie ed i suoi occhi si riempirono di preoccupazione.

Non era riuscito a dirglielo nemmeno ora.


 

La doccia era stata davvero utile.

Ora aveva le idee più chiare, anche se il problema di Lila e la donna misteriosa rimanevano comunque.

Con un sospiro, si buttò sul letto, l'asciugamano ancora legato attorno alla vita ed il corpo umido d'acqua.

Non aveva più sentito il suo kwami.

A quanto pare si era spostato su qualche mobile a mangiare Camembert.

Meglio per le sue orecchie.

Sentendosi stanco per la notte in bianco, chiuse gli occhi e spalancò le braccia per sentire più fresco possibile, ma le sua mano si posò su qualcosa di morbido.

Credendo fosse il cuscino, strinse leggermente, ma aveva una forma strana per essere un cuscino.

Sembrava un...

«A-Adrien...»

Uno squittio lo costrinse a spalancare gli occhi, voltandosi verso la cosa morbida che aveva in mano e accorgendosi solo ora che la sua mano era sul petto di Marinette e le stava stringendo...

«Scusami!» urlò staccando la mano e mettendosi a sedere, divenendo rosso quasi quanto la sua ragazza, mentre dalla scrivania udì Plagg ridere a crepapelle.
«Te l'avevo detto che non se ne sarebbe accorto!»
«Plagg. Quanto ti odio...» gemette Tikki frustrata, portandosi una zampetta alla fronte.

Adrien tornò a guardare Marinette, che era sdraiata sull'altro fianco, raggomitolata nel suo imbarazzo.

«M-Mari, mi dispiace... Non ti avevo vista.» disse, sfiorandole la spalla.

La corvina non disse nulla, invece si voltò e lo guardò, deglutendo.

«Mari...»
«N-Non fa niente...» sussurrò dandogli ancora la schiena. «Comunque, ero venuta per vedere come stava Nathalie...»
«Entrando dalla finestra della camera di Adrien.» puntualizzò il kwami nero.
«E poi tuo padre voleva vedermi.» continuò la corvina, ignorando il commento.
«Ma sei comunque entrata dalla finestra della camera di Adrien piuttosto che dalla porta principale.»
«Plagg! Dacci un taglio!» esclamarono in coro Tikki e Adrien, ma il felino di tappò le orecchie con le zampe, non cambiando minimamente espressione.
«Nathalie sta bene, almeno è quello che mi ha detto mio padre stanotte. Ieri non ho avuto possibilità di salutarla perché ho dormito tutto il pomeriggio.» ridacchiò nervoso il biondo.

Marinette si voltò verso di lui e si mise a sedere, sorridendo con aria di sfida.

La sua Lady aveva imparato a superare l'imbarazzo più velocemente: era rimasta voltata solo cinque minuti.

«Sei sicuro che Plagg è un gatto e non un gufo?»
«Se fosse stato un gufo avrei lanciato il Miraculous lontano: non voglio starnutire per il nonnulla.»
«Avresti potuto volare.» disse Tikki, volando sulla spalla della sua portatrice.
«Tu sei una coccinella eppure Ladybug non può volare. Come me lo spieghi?» ribatté Plagg, sbucando sull'altra spalla.
«Posso sempre usare lo yo-yo.» rispose la corvina, accarezzando la testa di entrambi i kwami.
Adrien guardò storto il felino. «Perché non sei salito sulla mia spalla?»
«Perché non voglio puzzare di ormoni, razza di gatto in calore.»
«Tranquillo, io non ho la minima intenzione di avvicinarmi a lui oggi.» disse scuotendo la testa.

Il biondo si alzò in piedi sul materasso, flettendo i muscoli delle braccia e assumendo varie pose.

«Che stai facendo ora?» domandò schifato Plagg.
«Tanto lo so che la mia Principessa non può fare a meno di godere dello presenza di una divinità greca quando è accanto ad una.»
«Noi siamo dèi quantistici e Mari vuole più bene a noi che a te.» commentò divertito il kwami nero, facendo ridacchiare le due ragazze.
Adrien continuò con le varie pose: «Però, voi ragazze, non riuscite a staccarmi gli occhi di dosso. Sono o non sono ultra sexy?»
Tikki fissò il biondo, per poi spostare lo sguardo su Marinette, che ricambiò. «Io vedo solo un umano.»
«Anch'io.» confermò la giovane portatrice.

Il ragazzo le guardò offeso, squadrando i tre che si erano messi a ridere.

Un bussare alla porta richiamò l'attenzione dei presenti nella stanza, ma nessuno –tranne che per i due kwami– fu in grado di muoversi.

«Adrien, il servizio fotografico è tra...»

Nathalie rimase ferma sulla porta e a bocca aperta nel vedere la scena: il giovane Agreste in piedi sul letto con solo un asciugamano, che si stava per slacciare, attorno alla vita e la signorina Marinette seduta davanti a lui.

Come aveva fatto ad entrare?

«Nathalie... non è come sembra...»
«S-Scusate... sono arrivata nel momento sbagliato... Ehm. Marinette, i-il signor Agreste vorrebbe vederla. Ora devo andare.» aggiunse, non riuscendo più a controllare il rossore e uscendo dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

La donna cammino verso la sua postazione di lavoro, cercando di farsi più aria possibile con dei fogli che aveva poggiato sulla scrivania, non riuscendoci.

Ma doveva ammetterlo: Marinette era davvero una ragazza fortunata.


 

«Signor Agreste, voleva vedermi?» domandò Marinette entrando nello studio dello stilista, per niente sorpresa di trovare lì anche Master Fu.
«Sì, è una questione di massima urgenza. Ho preferito che Fu ascoltasse visto che riguarda mio figlio.»

La ragazza si sedette su una sedia messa lì apposta per lei, sentendosi improvvisamente stanca, capendo di che argomento si trattava.

«Ho letto sul libro dei Miraculous, nella sezione riguardante i poteri dei gioielli, che cosa potrebbe accadere al possessore dell'anello e mi sono preoccupato.»
«Ma finché Adrien non userà il Cataclisma andrà tutto bene, vero?» chiese, rivolgendosi ad entrambi.
«Chat Noir deve soltanto imparare ad usare i suoi poteri. Una situazione come questa non era mai capita prima d'ora, ma siccome il potere distruttivo del Miraculous è alimentato sopratutto dalla rabbia del possessore bisognerebbe evitare di farlo arrabbiare.»
«Potrebbe fare la fine di Hulk: diventa un mostro verde e distrugge tutto se si arrabbia.» osservò Nooroo entusiasta, agitando le piccole ali dietro la schiena.

I tre portatori ed i due kwami lo guardarono confusi.

«Ho guardato gli Avengers mentre Gabriel stava disegnando. È l'unico paragone che mi è venuto in mente.» disse facendo spallucce.
«Potrebbe accadere una cosa del genere, ma Adrien non diventerà un mostro verde, per la gioia delle sue fan.» spiegò l'anziano, annuendo.
«E per la gioia di Marinette.»
«Tikki!» la rimproverò la corvina, facendola ridere. «Comunque, dobbiamo trovare una soluzione. Impedirgli di usare il Cataclisma -come mi ha già detto Master Fu- non è la cosa giusta, ma non credo riuscirà a controllarlo.» aggiunse Marinette, tornando seria.
«Non so nemmeno io cosa sarà in grado di fare per l'esattezza,  ma Adrien non deve lasciarsi sopraffare dalla collera e dal sentimento di vendetta, sentimenti che alimentano la distruzione.» disse il cinese, per poi tornare a guardare la posseditrice del Miraculous della fortuna. «Tu, invece, devi potenziare i tuoi poteri se vuoi sconfiggere Lila e Tikki è l'unica che può aiutarti.»



 

Gabriel rimase nello studio anche dopo che Marinette ed il Grande Guardiano se n'erano andati, continuando a leggere le parole che aveva studiato per diversi giorni scritte nel libro.

Come se non bastasse la preoccupazione che provava per il figlio, c'era sempre quella parola, anzi, quel nome ad assillarlo, come se ne fosse attirato.

«Null.» sussurrò, leggendo i segni.

Nessuna figura, nessuna illustrazione.

Sapeva che era un kwami, ma perché allora non aveva un gioiello come tutti gli altri?


 

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Ed è la seconda volta che troviamo Null🌚

Curiosi?🌚

Nathalie è davvero sfortunata: appena "guarita" si ritrova un Adrien semi nudo che fa le sexy pose a Marinette...

Povera donna.

Capitolo cortino, ma è perché le cose si faranno interessanti >:)

A mercoledì :3

Francy_Kid

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Capitolo 14
*** Cap. 14 ***


Cap. 14



Adrien tornò a casa dal servizio fotografico stanco morto.

Certo, già stare sul set a posare, cambiare abito ogni dieci minuti o un quarto d'ora e fare più scatti per gli stessi abiti non era facile; in più, essere stato in piedi tutta notte perché aveva dormito il pomeriggio aveva gli aveva sballato il normale "fuso orario".

Il biondo crollò sul letto, mugugnando di protesta quando sentì il cellulare vibrare, disturbandolo.

Aprendo un occhio, vide che era la chat di gruppo tra lui, Marinette, Alya e Nino, dove chiedevano se volessero andare a fare un giro tutti assieme.

I tre avevano accettato, mancava soltanto il modello.

Pensandoci un attimo, prese il cellulare e aprì il gruppo, accettando di andare con loro, pensando che non dormendo il pomeriggio avrebbe dormito la notte ed il suo organismo avrebbe ripreso a funzionare correttamente.

LadyBlogger: "Era ora che rispondessi! Che fine avevi fatto?!"

Fu il messaggio di Alya.

Tu: "Servizio fotografico... ora sono nel mio bel lettuccio morbido."

Rispose lui, digitando stancamente sulla tastiera.

Bro: "Allora svegliati amico. Dobbiamo essere a Place des Vosges tra un quarto d'ora."
Princesse: "Ecco, svegliatevi! Che non voglio aspettarvi ancora tanto!"
LadyBlogger: "Taci che tu sei a casa..."
Princesse: "Vero ;)"

Le due migliori amiche continuarono con lo scambio di messaggi, mentre il ragazzo, ridacchiando, si cambiò i vestiti, indossandone altri più puliti e più comodi.

Infilatosi un paio di blue jeans strappati ed una maglietta bianca, uscì da camera sua dopo aver preso il cellulare ed il portafogli, facendo cenno a Plagg si seguirlo.


 

Gabriel guardò il figlio uscire dal cancello con le cuffie nelle orecchie.

Fino a qualche mese prima non gli avrebbe mai permesso di uscire di casa senza scorta, se non per i servizi fotografici o le lezioni di scherma, limitando al minimo le uscite con gli amici.

Più ci pensava più capiva di aver esagerato: per quanto fosse bella e spaziosa la villa, per Adrien "casa" equivaleva a "gabbia"; era stato difficile per entrambi, ma il figlio era colui che ne aveva risentito di più.

Adrien rischiava di perdere anche suo padre oltre che alla madre; anzi, Gabriel pensava di aver perso il figlio, ma era stato proprio il giovane ad essere rimasto aggrappato a lui ed a non volerlo lasciare anche se lo trattava come un figlio non doveva mai essere trattato: una persona qualunque e un dipendente.

Per un certo senso, l'uomo era felice che, malgrado tutto, il figlio avesse provato in tutti i modi di averlo vicino, ma era arrabbiato con se stesso per non averlo accolto.

Nooroo volò accanto alla spalla del suo portatore, guardandolo con i suoi grandi occhi viola.

«Gabriel, quello è passato. Ora pensa a costruire un futuro con lui.» sorride gentilmente.
«Ci proverò.» sospirò Gabriel, poggiando la mano sulla finestra. «Anche se non so come sarà il nostro futuro per quello che sta accadendo.»

Il kwami gli rivolse uno sguardo compassionevole, poi si adagiò sulla sua spalla, poggiandosi contro il collo del padrone in quello che doveva essere un abbraccio; lo stilista sorrise, accarezzandogli la testa per restituire il gesto.

Quante volte quel piccolo spiritello viola l'aveva confortato?

Tante, senza contare tutte quelle in cui l'aveva fatto ragionare.

Ma questa volta, nemmeno Nooroo era sicuro su cosa dire.


 

Alya arrivò a Place des Vosges in poco tempo grazie alla metropolitana; si sedette sul bordo della fontana, sperando che un getto d'acqua le desse un po' di sollievo dal caldo d'agosto, e sperava bene: piccole gocce fresche caddero sulla pelle scoperta ed una dolce brezza che si sollevava dal getto le fecero quasi dimenticare l'estate.

La mora prese il cellulare dalla tasca appena prima di incrociare le gambe per mettersi più comoda, controllando il gruppo per sapere a che punto fossero i suoi amici.

«Certo che Marinette potrebbe pure scendere.» commentò seccata, notando quanto l'amica si divertiva nel farli aspettare.
«Già, ci ha abbandonati al nostro destino.»

Alya alzò la testa, accorgendosi solo ora di Nino ed Adrien in piedi davanti a lei.

«E voi quando siete arrivati?»
«Proprio ora. Ti abbiamo visto sederti alla fontana appena prima di entrare nel parco.» spiegò Adrien, sedendosi accanto alla ragazza.
Nino si sedette dall'altro lato, salutando Alya con un bacio. «Davvero Marinette è ancora in casa?» domandò poco dopo, abbracciando la mora ai fianchi.
«Sì, e non è online.» rispose lei, rimettendo il cellulare in tasca. «Ma che sta combinando?!»
«O che si è addormentata -cosa molto probabile- o stava aiutando i suoi in pasticceria.» azzardò Adrien alzando le spalle.

I tre tennero d'occhio la porta d'ingresso dell'appartamento di Marinette, aspettando che si aprisse.

Dopo cinque minuti, durante i quali Alya provò ad alzarsi per andare a prendere l'amica per conto suo, videro la corvina uscire dalla porta del negozio, chiudendola a chiave.

«Era ora signora ritardataria!» esclamò la mora, alzandosi di scatto per abbracciare l'amica.
«Scusate, ma ho dovuto aspettare che i miei uscissero per chiudere casa ed il negozio.» rispose, restituendo l'abbraccio, per poi salutare Nino con un cinque.
«Come mai? Dove sono andati i tuoi?» chiese il moro, alzandosi a sua volta.
«Hanno preso un paio di giorni di ferie per dedicarsi a loro. Era da anni che non facevano un viaggio per conto proprio ed oggi volevano fare un giro sul battello. E no, non useremo casa mia per un gioco alcolico.» aggiunse, mettendo subito in chiaro le regole.
«Peccato, ed io che volevo sballarmi e continuare quello che avevamo iniziato l'ultima volta.» ammiccò Adrien, alzandosi con i suoi amici.
Marinette lo squadrò: «A te non ti saluto.»
«Ma... Principessa.» piagnucolò il biondo, mettendo il broncio.
Nino ridacchiò. «Ehi Bro, anche stavolta rimani a bocca asciutta.»
«Nino!»



 

Catherine era seduta sulla poltrona dell'appartamento di Lila, osservando incuriosita il kwami mentre sgranocchiava delle arachidi.

Quegli esserini erano davvero carini e faticava a credere che, in realtà, erano piccole divinità con grandi poteri.

Era affascinata dal comportamento del kwami e, come scienziata, le venne voglia di fare esperimenti su di lui.

Tanto lei doveva impossessarsi di quelli della creazione è della distruzione, no?

«Allora, sentiamo che dovrei fare.» disse Lila, sedendosi sul sofà dall'altro capo del tavolo, risvegliando la donna dai suoi pensieri.
«Devi soltanto aiutarci ad ottenere il Miraculous della coccinella e del gatto nero, non importa delle conseguenze.»
«Quindi, se ferisco gravemente qualcuno non ha alcuna importanza, giusto?»
Catherine rimase in silenzio per qualche attimo, per poi rispondere con risolutezza. «Sì.»

La mora ghignò e solo la donna si accorse del kwami che abbassò le orecchie, spaventato.

«Ho già in mente qualcosa che potrebbe farmi ottenere il Miraculous della farfalla.» rimuginò Lila, potandosi l'indice alle labbra per pensare.
«Gli altri gioielli non mi interessano. Io voglio soltanto i kwami della fortuna è della sfortuna. Nessun altro.» ripeté la rossa, comunque curiosa per quello che aveva in mente.

Seppur Lila fosse una ragazza giovane –di quasi diciannove anni– aveva una mente parecchio sviluppata quanto malvagia.

Era curiosa di sapere che avrebbe fatto e non le importava delle conseguenze.

«Ti prego... proteggili... Proteggi la mia famiglia...»

Catherine deglutì, cercando di sciogliere il groppo che aveva in gola. "Scusami, ma non credo di poter mantenere la promessa."

Trixx fissò la scienziata con la coda dell'occhio, notando in lei il cambiamento d'umore.

Forse, non era vero che non le importava.


 

Il Dr Mark esaminò le informazioni che aveva salvato al pc.

In un paio d'anni aveva fatto varie ricerche sul mondo dei kwami, scoprendo solo lo strato superiore delle piccole divinità quantistiche, ma grazie alla creatura aveva imparato altre cose.

Grazie a Null, sarebbe riuscito ad ottenere ciò che voleva: conquistare il mondo e diventare lo scienziato più grande di tutti.


 

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Dai dai, nel prossimo succedono cose belle🌚

Vi aspetto mercoledì🌚🌚

Francy_Kid

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Capitolo 15
*** Cap. 15 ***


Cap. 15



Era difficile svegliarsi presto la mattina se si era andati a dormire alle due del mattino perché la giornata consisteva nel lavorare ai modelli per le sfilate e, in più, continuare a tradurre il testo su tutto ciò che riguardava i Miraculous perché si era il prossimo Guardiano in carica, pensò stancamente Gabriel mentre scendeva le scale verso il salone per fare colazione e dare da mangiare anche a Nooroo.

Nathalie era già alla magione, intenta a lavorare al computer per stabilire la tabella lavorativa di Adrien durante i mesi successivi, tenendo conto, ovviamente, dell'università.

Dopo averla salutata, lo stilista si diresse verso la cucina per tagliare uno spicchio di mela al suo kwami e, siccome lui non aveva molta fame, mangiare il restante.

Nooroo uscì dal suo nascondiglio –dietro il colletto della camicia– per fiondarsi sul piano cottura e mangiare il suo cibo preferito.

L'uomo lo guardò mentre si riempiva il pancino, tagliando a sua volta una fetta di mela per avere qualcosa nello stomaco.

Pochi secondi più tardi, il kwami viola si fermò, rimanendo con il frutto tra le zampe e guardando preoccupato Gabriel.

«Gabriel...»
«Gabriel

Una voce sinuosa lo chiamava dall'altra stanza.

L'uomo si pietrificò, riconoscendo a chi apparteneva quella voce.

«Gabriel, non andare.» disse Nooroo, alzandosi a mezz'aria all'altezza del viso col suo portatore. «Non ascoltare.»

«Gabriel

No, non era possibile.

«Gabriel, dove sei? Oh, eccoti qui.»

L'uomo si voltò verso la porta della cucina con il cuore che batteva all'impazzata e tutti i sensi amplificati.

La voce gli morì in gola non appena la vide.

Era bellissima, esattamente come la prima volta da quando le aveva messo gli occhi addosso.

I suoi capelli biondi, solitamente raccolti in una coda bassa laterale, ora scivolavano liberi lungo la schiena, arrivando a poco più di metà di essa; i suoi splendidi occhi verdi lo guardavano inteneriti, ed un sorriso le ornava il viso.

Era lì.

Martine.

Sua moglie era lì.


 

«Ciao Gabriel.»

L'uomo fissò la moglie a bocca semiaperta, incapace di respirare correttamente.

Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, a quando erano ancora una famiglia unita e, qualche mattina –quando lui non lavorava– quando si ritrovavano loro due in cucina a preparare la colazione per loro due ed Adrien.

A volte, malgrado le sue negazioni, includevano anche Nathalie nei loro giochi mattutini.

Era così fino ad un paio di anni fa, poi lei sparì e la casa divenne fredda, esattamente come una prigione, anche se era ben arredata e piena di colori.

«È rimasto tutto esattamente come ricordavo.» sorrise, entrando nella stanza e camminando verso l'uomo, che non si era ancora mosso. «L'atmosfera è sempre la stessa: è casa

Gabriel rimase in silenzio per tutto il tempo, ancora scosso dalla persona che aveva davanti; poi, deglutendo, parlò.

«Ma tu dovevi essere morta... Gli stessi medici mi hanno detto che non ce l'avevi fatta. Ho visto io stesso il tuo corpo...» disse l'uomo con un groppo alla gola, cercando di capire cosa avesse visto.
La bionda si fermò a qualche passo da lui, chinando il capo. «Quello che hai visto, ero io, vero: degli scienziati che lavoravano per la società segreta su cui stavo indagando aveva scoperto che io ero una portatrice e, decisi a scoprire di più sui Miraculous, mi catturarono, simulando la mia morte e, dopo avermi fatta riprendere, studiando me ed il mio kwami.»
«Ma allora perché il tuo Miraculous è qua?» domandò con la mente confusa.
«Perché, sapendo contro cosa stavo andando, ho scelto di proteggere il mio kwami, lasciandolo al sicuro a casa.»
«E non hai pensato a noi? Alla tua famiglia?» ringhiò Gabriel, arrabbiato per i suoi ragionamenti.

Martine, tenendo basso il capo, si avvicinò di un paio di passi al marito, giocando nervosamente con le dita.

«Non hai pensato che ci saresti mancata?» la rimproverò, serrando i pugni. «Comunque, come hai fatto a liberarti senza il tuo kwami? Non ti avevano catturata?»
Alzò lo sguardo, sorridendo. «Ehi, sono una guerriera. Ho aspettato il momento giusto e sono fuggita.»

Gabriel la guardò senza dire nulla; sembrava che c'era qualcosa che non andava, come se fosse tutto fuori posto.

Scacciando quel brutto pensiero, osservò Martine avvicinarsi con un dolce sorriso sulle labbra; quel sorriso di cui si era innamorato.

«Mi sei mancato tanto, e voglio riabbracciare sia te che Adrien. Sono felice di essere di nuovo qui.»
«Anch'io sono felice che tu sia tornata.» sospirò lui, accarezzandole la guancia. «Ti ricordi i vecchi tempi? Quando Adrien era piccolo e giocavamo al suo gioco preferito? A nascondino.» continuò, scendendo ad accarezzarle le braccia.
«Sì, mi ricordo perfettamente.»

Gabriel sorrise e le afferrò i polsi, tenendoglieli fermi.

«Gabriel, cosa...»
«Bel tentativo Lila, ma ad Adrien piaceva giocare ai ninja quand'era piccolo. Solo Martine mi avrebbe corretto, siccome ci giocava anche lei.»

All'improvviso, un ghigno apparve sul volto gentile della moglie, per poi, subito dopo, sparire in una nuvola di fumo arancio.

«Sei perspicace, Monsieur Agreste.» ghignò Volpina, entrando in cucina. «Lo ammetto: ti avevo sottovalutato.»
«Ho più esperienza di te, non mi lascio fregare su cose del genere.»
La ragazza ridacchiò. «Oh... Adrien non ti ha detto nulla della donna che gli ha fatto visita? Su quello che gli ha detto?»

L'uomo tacque, sapendo che stava mentendo.

«Non ti ha detto che la tua dolce mogliettina è ancora viva? Ancora per poco.»
«Smettila!» sbottò lui, digrignando i denti. «Dimmi cosa vuoi.»
«Vendetta. Vendetta su di te, tuo figlio e Marinette.»

L'uomo si voltò verso il piano cottura solo per vedere Nooroo mentre lo guardava spaventato, annuendo con la testa.

In quel momento, Lila si lanciò contro di lui.

«Nooroo, trasf—»
«Resta ferma, Volpina.»

Gabriel si voltò nuovamente, vedendo Lila tenuta ferma dal filo di uno yo-yo.

«Ladybug?» domandò sorpreso.
«Salve Signor Agreste. È un piacere vedere che sta bene.» sorrise la ragazza, tenendo stretto il laccio attorno al corpo della mora.
«Lasciami andare!» si dimenò l'italiana, sentendo stringere sempre di più, mentre il suono dello scadere del tempo proveniva della sua collana.
«Marinette, che ci fai qui?» chiese lo stilista, sentendo Nooroo che si sistemava sulla sua spalla.
«Ero venuta qua per salutare Nathalie, quando ho sentito delle voci provenire dalla cucina, ma c'è un problema...»

Lasciando in sospeso la frase, notò Lila lanciarsi contro di lei, costringendola a mollare la presa attorno al filo.

La ragazza, ora libera, ringhiò, controllando il suo Miraculous e contando il tempo che le restava: due minuti.

«Non è finita qui! Avrò i vostri Miraculous e la vendetta che ho sempre aspettato!»

Detto ciò, Volpina venne circondata da una volta cortina di fumo, per poi sparire nel nulla.

Ladybug ritrasse la sua arma, sistemandoselo attorno alla vita e, con passo spedito, avvicinarsi a Gabriel, soccorrendolo. «Tutto bene?» chiese, posando una mano sull'avambraccio dello stilista, notando quanto fosse teso.
«Sì, tutto bene. Grazie.» deglutì, accorgendosi solo ora di avere il fiatone.
«Siediti. Ti do un po' d'acqua.» disse la ragazza, aiutandolo a sedersi su una sedia.

Gabriel le sorrise in un ringraziamento silenzioso.

La testa gli girava per l'accaduto, maledicendosi mentalmente sul fatto che doveva esserci abituato a tutto quello, ma tutto quello che aveva sentito poco fa gli era rimasto impresso.

«Ecco l'acqua.» esclamò la corvina, porgendogli un bicchiere pieno fino a metà del liquido trasparente.
«Grazie mille, Marinette.» rispose, osservando Nooroo scendere verso il tavolo e sedersi.

Il silenzio, ora, regnava nella stanza, quando l'uomo, dopo che ebbe bevuto, poggiò il bicchiere sul tavolo, girando la testa verso Ladybug.

«Avevi detto che c'era un problema. Quale?»
La corvina si grattò la nuca. «Beh... venendo qua mi ha accompagnata Nathalie, ma quando io ho visto Lila l'ho fatta subito allontanare anche se lei non voleva- e, quando ho visto Lila attaccarti, Nathalie ha...»
«Ha?» la incitò a continuare, vedendola chinare il capo, ritrovandosi costretto a sporgersi leggermente dalla sedia per sentirla.
«Ha visto mentre mi trasformavo in Ladybug.»

Lo stilista sgranò gli occhi, poggiandosi nuovamente allo schienale.

Questo sì che poteva essere un problema.


 

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E boh, Marinette si è fatta beccare e Lila è fuggita lel

Ma le cose non sono finite qui🌚

Altre cose accadranno nel prossimo capitolo e, presto, dovremmo avere a che fare con una Nathalie sconvolta xD

Perché il nome Martine per Mama Agreste? Semplice. Sin da quand'ero piccola, mia nonna mi regalò una bambola che chiamai con il mio nome preferito dell'epoca: Martina. Che poi io l'abbia mal cagata 'sta bambola perché preferivo Spiderman o le macchinine radiocomandate è un dettaglio LOL

Eh già, ero un maschiaccio sin da piccola xD

A mercoledì prossimo :3

Francy_Kid

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


Cap. 16



Adrien corse giù dalle scale, seguito a ruota dal suo kwami, arrivando nel salone principale, respirando a fatica per la corsa.

Non appena vide Nathalie seduta al tavolo con suo padre e Master Fu non poté fare meno che chiedersi cosa fosse successo.

Pochi minuti prima era entrata Marinette nella sua stanza, avvisandolo dell'aggressione di Lila a suo padre.

La presenza di Nathalie in quel momento poteva essere un problema, ma doveva sapere cos'era successo, e l'espressione sbigottita della donna lo lasciava confuso.

«Adrien, va tutto bene. Lo sa.» disse lo stilista facendo un cenno positivo con il capo.
«In che senso "lo sa"?» domandò il biondo ancora più confuso di prima.
«Ha visto mentre mi trasformavo in Ladybug per soccorrere Gabriel.» rispose Marinette entrando nella stanza dopo che il ragazzo l'ebbe lasciata indietro.
Adrien si sedette su una sedia libera, fissando i presenti mentre cercava di capire. «Quindi, Lila è entrata in casa, ha aggrediti mio padre e Nathalie ha visto te mentre ti trasformavi?» domandò, guardando le persone mah mano che parlava.

La giovane annuì, abbassando il capo.

«Ed immagino che ora sappia tutto.» continuò il biondo, ora guardando Master Fu.
«Esatto.»

Non solo Lila era riuscita ad entrare in casa ed aveva aggredito il padre, ma era successo tutto nel mentre che lui era in camera a giocare ai videogiochi; più ci pensava più si sentiva inutile.

Marinette, come se avesse letto nei suoi pensieri, si mise dietro di lei e gli strinse le spalle, pur sapendo che non sarebbe servito a molto.

«Non rimproverarti, Adrien, Marinette che ha scacciato Lila.» tentò di dire Gabriel, ma notò subito lo sguardo arrabbiato del figlio.
«E se lei non fosse arrivata? Che avresti fatto?»
«Mi sarei trasformato in Papillon.»

Nell'udire quel nome, Nathalie abbassò il capo, mordendosi il labbro.

Molto probabilmente doveva ancora abituata a tutta questa situazione, pensò Marinette, volendo darle un sostegno, ma credeva che l'avesse scacciata.

«È colpa mia se Nathalie ha visto Marinette trasformarsi, dovevo essere lì con te.» soffiò il giovane, stringendo i pugni.
«Così avrebbe visto te trasformarti in Chat Noir per salvare tuo padre e, se la sua allucinazione avesse funzionato su di te, avrebbe preso il tuo Miraculous. Fidati Adrien, è stato meglio così.» rispose Fu in tono severo.

Adrien voltò il capo dall'altro lato, ancora arrabbiato con se stesso.

«Adrien. –fu Nathalie a parlare, attirando la sua attenzione– Hanno ragione entrambi: avrei visto almeno uno di voi trasformarsi e, sinceramente, ora mi sento più sollevata.»

Il ragazzo la guardò confuso e anche Marinette, ancora dietro di lui, restò crucciata.

«Sentivo che ultimamente nascondevate qualcosa e immaginavo c'entrasse Master Fu,» spiegò, facendo cenno con il capo all'anziano. «poi, l'altro giorno, sono svenuta e questa sensazione è aumentata. Pensavo che il signor Gabriel volesse licenziarmi perché non ero in grado di svolgere il mio lavoro, ma poco fa, Master Fu ed il signor Gabriel mi hanno raccontato la verità ed ora mi sento meglio, come se mi fossi liberata da un macigno.» sorrise imbarazzata, arrossendo leggermente.
«Ti sei persino perso la parte in cui tuo padre le diceva che non l'avrebbe assolutamente licenziata perché sennò non c'era nessuno che ti avrebbe buttato giù dal letto.» intervenne Nooroo con un sorriso divertito.

La segretaria sgranò gli occhi e trattene un urlò di terrore, tappandosi la bocca con una mano.

«Bravo Nooroo, fatto scoprire così!» lo rimproverò Tikki, sbucando da dietro alla spalla di Marinette.
«Sentì chi parla.» sbuffò Plagg a sua volta, sedendosi sul tavolo davanti al suo portatore. «E tu mi avresti svegliato perché la donna-robot ha scoperto le vostre identità? Ora voglio del Camembert extra.» aggiunse, mentre il biondo lo fulminò con lo sguardo.

Nathalie guardava i quattro esserini –un altro simile ad una tartaruga era uscito dal taschino del cinese– senza parole, fissandoli con estremo interesse e preoccupazione.

Gabriel spostò lo sguardo su Master Fu, che annuì, per poi tornare a guardare la donna. «Nathalie, credo che sia giunto il momento delle presentazioni.»


 

Lila tornò nel suo appartamento appena prima che la trasformazione si annullasse, vedendo la sua tuta da Volpina sparire per lasciare spazio ai suoi abiti da civile ed al suo kwami esausto.

Fortunatamente per Trixx, c'era una manciata di arachidi già pronta sul tavolo della cucina; fluttuò stanco fino al mobile, sedendosi davanti al cibo e iniziare a mangiare di gusto, sentendo le forze aumentare.

La ragazza, invece, camminò verso camera sua, trattenendosi dal prendere a pugni qualunque cosa incontrava per la strada –anche i muri– per recuperare il suo cellulare.

Doveva avvisare Catherine dell'accaduto, come avevano deciso: ad ogni missione di Lila per prendere i Miraculous della fortuna e della sfortuna doveva farle un resoconto anche dei fallimenti.

I fallimenti sono un bel modo per conoscere i punti di forza degli avversari e, di conseguenza, anche le debolezze, le spiegò la donna mentre erano ancora sedute al bar, appena dopo il loro incontro.

L'italiana compose il numero di Catherine, sedendosi sul letto ed aspettando che dall'altro capo dell'apparecchio ci fosse una risposta.

«Pronto?»
«Ho fallito. Non sono riuscita a prendere il Miraculous a Gabriel.» ringhiò la mora, evitando di stringere troppo il cellulare.
«Non mi interessa il Miraculous della farfalla,» ripeté. «voglio solo quello della creazione e della distruzione, quando me li avrai portati poterai attuare la tua vendetta in ogni modo possibile. Cos'è successo?» chiese con un sospiro.

Avevano ideato insieme il piano per attaccare il signor Agreste per fare in modo che Marinette ed Adrien consegnassero di loro spontanea volontà i propri gioielli, ma tutto era andato a rotoli.

«Gabriel ha scoperto che non ero la vera Martine Agreste -cosa che avevamo ritenuto possibile-, ma la cosa che più fa perdere le staffe è stato l'arrivo di Ladybug.» spiegò a denti stretti. «È riuscita ad immobilizzarmi, ma sono riuscita a fuggire appena prima che la trasformazione si annullasse.»
Catherine, che rimase ad ascoltare attentamente, dopo qualche secondo di silenzio, prese parola. «Ricordami: Ladybug è Marinette Dupain-Cheng e Chat Noir è Adrien Agreste e stanno insieme, giusto?»
«Giusto.» confermò la mora.
«Allora non ti resta che sfruttare questo loro sentimento. Sta a te a decidere ora: prenderai prima gli orecchini o l'anello?»

Lila ghignò, capendo il piano che aveva ideato la scienziata; riattaccò e posò il cellulare sul comodino, per poi prendere l'agenda che usò per spiare i due eroi parigini e sulla quale aveva annotato ogni singola loro azione.

Avrebbe attuato il piano tra qualche ora, giusto il tempo che serviva al suo kwami per ricaricarsi e per rifinire qualche dettaglio.


 

Adrien tornò in camera sua dopo un paio d'ore –forse anche più di un paio– passate a spiegare vagamente a Nathalie la questione dei kwami, di Ladybug, di Chat Noir, di Papillon, di tutto; ovviamente non entrarono troppo nel dettaglio poiché, teoricamente parlando, lei non doveva sapere nulla.

Il biondo porse una fetta di Camembert al suo kwami per starsene zitto, mentre si trascinò verso il letto e si abbandonò prono, con il viso che affondava nel cuscino; ma, visto che aveva bisogno di ossigeno per sopravvivere, girò la testa di lato quel tanto che bastava per respirare.

Tutta quella situazione lo aveva distrutto.

Dopo che Nathalie ebbe recepito tutte le informazioni datale –per quanto fosse incredula che Papillon fosse realmente Gabriel Agreste anche dopo che si era trasformato davanti ai suoi occhi– il ragazzo ebbe dovuto rispondere anche alle domande del padre, dopo che venne a sapere da Lila che Catherine, la donna dai capelli rossi che l'aveva "salvato" dalla segretaria dopo essere stata ipnotizzata, gli aveva anche parlato di sua madre, rivelandogli che era viva.

Non sarebbe dimenticato molto facilmente l'espressione sollevata e affranta di suo padre mentre gli rivelò quel piccolo ma importantissimo dettaglio.

Si chiese se avesse fatto bene ad averlo tenuto segreto, ma non voleva che il suo unico genitore rimasto rischiasse la propria vita per andare a cercare una donna che non si pensava fosse ancora a Parigi per una manciata di informazioni che, forse, erano anche false.

Non era ancora l'ora di pranzo e si sentiva stanco come se fosse mezzanotte.

La mezzanotte di un giorno passato a combattere eserciti interi di akuma.

Sì, forse era esattamente quella la spiegazione più adatta.

Sentendo il suo cellulare dall'altra parte del letto vibrare per un messaggio ricevuto, allungò il braccio e tastò con la mano finché non trovò l'apparecchio, guardando con un sorriso il portafortuna che Marinette aveva fatto per lui qualche mesa fa, il giorno in cui Max venne akumatizzato in Le Gamer.

Ricordò ancora l'espressione dolce della ragazza quando glielo donò, ridacchiando per il fatto che, all'epoca, era innamorato di Ladybug, il suo alter ego e ragazza che ammirava.

Era talmente accecato dall'amore che provava per la corvina con la tuta a pois che non vedeva nessun'altra ragazza; poi conobbe meglio Marinette come Chat Noir, finendo per innamorarsene e lei si innamorò dell'eroe gatto che salvava Parigi.

Era stato proprio uno stupido a non accorgersi prima di quanto Marinette significasse realmente per lui, poi, dopo lo scontro con Papillon, la doppia rivelazione lo lasciò confuso e disorientato, ma era sempre la stessa ragazza che amava da mesi.

Anzi, a settembre –quando sarebbe iniziata l'università– era l'anniversario del loro primissimo incontro come Ladybug e Chat Noir.

Doveva iniziare a pensare a qualcosa, anche perché era pessimo nell'organizzare le cose.

Lasciando da parte quei pensieri al momento inutili, si concentrò nuovamente sul cellulare, spostando lo strap e inserendo la password per aprire la chat.

Marinette gli aveva scritto un messaggio per farsi forza, dicendogli che, se voleva parlare o sfogarsi, poteva farlo con lei; aveva allegato anche un suo selfie dove sorrideva e in cui aveva il dito indice sulla guancia come ad indicare il sorriso.

Adrien sentì gli angoli della bocca alzarsi leggermente; salvò la foto della sua ragazza nella galleria appositamente riempita di sue foto, per poi risponderle con un grazie è qualche battuta alla Chat Noir.

Apparvero le spunte blu e tre punti di sospensione come risposta alla freddura.

Gli piaceva istigarla anche in chat.

Peccato che non poteva vedere la sua espressione.


 

La creatura fissò lo schermo che raffigurava il ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi verdi ormai da ore.

Si sentiva come attratta da quella rappresentazione su schermo di quello che era un essere umano; trovandosi per un paio di volta a sfiorare lo schermo come ad accarezzarlo.

Era una strana sensazione, una che non aveva mai provato con nessuna delle persone acuì si era legato.

Eppure, quel ragazzo doveva significare molto per la donna di cui controllava corpo e mente.

Ed era quello che gli serviva.


 

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Ma buonsalve!

Come avete passato questi due giorni di vacanza? Come avete passato Carnevale?

Che poi, io mi sono accorta che siamo al capitolo 16 ma non credo di aver raggiunto nemmeno la metà LOL

Mi sa tanto che dovrò togliere un po' di cose dai miei schemi... Anche perché sono monotone :P

Comunque, grazie mille a tutti per le letture, i commenti e per aggiungere la storia tra i preferiti ^^

A mercoledì prossimo :3

Francy_Kid

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Capitolo 17
*** Cap. 17 ***


Cap. 17



Suo padre non aveva cenato con lui quella sera: era rimasto rinchiuso nel suo ufficio da quando, quel pomeriggio, si era congedato da Nathalie, Master Fu e Marinette.

Non aveva ancora digerito la notizia che sua moglie fosse ancora in vita e, sopratutto, il fatto che il figlio gli avesse mentito.

Ma, infondo, gli aveva mentito per circa un anno per il fatto di essere Chat Noir e anche lui gli aveva mentito sul fatto di essere Papillon, pensò il biondo sbuffando.

Erano circa le dieci di sera e la camera era avvolta dell'oscurità del momento subito dopo il crepuscolo, proiettando ombre degli oggetti presenti nella camera.

Adrien era seduto sul sofà mentre faceva una partita ai videogiochi per distrarsi da tutta l'ansia accumulata e dai sentimenti che lo logoravano: colpa, egoismo e rabbia nei propri confronti, tutto unito da una strana sensazione, come se qualcosa fosse sbagliato.

Cercando di scacciare quell'ennesimo sentimento negativo, il biondo spense la tv, dirigendosi verso il letto con l'intenzione di passare il tempo a tormentare la sua ragazza nell'attesa che il sonno l'avvolgesse; si levò la maglietta, rimanendo a torso nudo, per poi cambiarsi i jeans in un paio di pantaloncini corti di colore blu scuro che arrivavano appena sopra le ginocchia, abbastanza leggeri da essere usati per dormire.

Un tonfo di qualcuno che saltava dalla finestra attirò la sua attenzione, riconoscendo immediatamente la grazia e la leggerezza della persona che amava.

«Mari, che ci fai qui?» domandò, allacciandosi i pantaloncini.
La ragazza, detrasformatasi, si avvicinò a lui, sorridendogli dolcemente. «Volevo stare un po' con te dopo quello che è successo con tuo padre e tutto il resto.»

In effetti, subito dopo aver dato spiegazioni a suo padre Adriensi si era rintanato in camera sua, chiedendo di non essere disturbato da nessuno, e Marinette aveva rispettato il suo desiderio.

«In effetti, ora avrei proprio bisogno di un po' di conforto, My Lady.» sospirò lui, portandosi la mano alla fronte con fare drammatico.

La ragazza mantenne il suo sorriso, continuando a camminare verso di lui finché non si trovò a mezzo metro di distanza.

Adrien le cinse la vita, chinandosi per baciarla.

«Allontanati subito da lei!» ringhiò Plagg mettendosi tra i due.
Il suo portatore lo guardò stranito. «Cosa c'è ora? Stai tranquillo che non intendevo dar libero sfogo ai miei istinti animaleschi, come dici tu.» sbuffò.
«Non è quello. E credimi, preferirei sentire l'odore dei tuoi ormoni piuttosto a quello che ho davanti.» rispose non togliendo lo sguardo dalla corvina. «Non è lei. Non è Marinette.»

Il ragazzo si allontanò di un passo dalla corvina, guardando il suo kwami: aveva i denti digrignati e le pupille ridotte a due fessure verticali tra il colore verde.

Non aveva mai guardato Marinette in quel modo.

«Plagg, sono io, Marinette. Ricordi? La ragazza di Adrien, colei che è fissata con la moda e portatrice del Miraculous della coccinella?» disse la giovane cercando di convincerlo, indicandosi gli orecchini.
«E allora dov'è la tua kwami?»
L'esserino rosso comparve da dietro le spalle della portatrice. «Sono qui, gattaccio scorbutico.»

Adrien era ancora più confuso di prima.

Perché Plagg si comportava in quel modo? Erano Marinette e Tikki.

«Plagg...»
«Non lasciarti ingannare. Sono un dio quantistico, so quando qualcosa non va e lei non è Marinette.»

Il biondo guardò nuovamente la ragazza, che tentava di convincere il felino del fatto che era realmente lei.

Non poteva non essere lei.

Il corpo, la voce, il comportamento, tutto diceva che quella ragazza era Marinette.

Eppure...

La ragazza si rivolse al biondo. «Insomma, Gattino, credi più a lui che a me? La tua partner, la tua ragazza. Togliti il Miraculous e non ascoltarlo.» esclamò, incrociando le braccia al petto.
«Non starla a sentire!»
«Adrien, sono la ragazza che ami.» continuò lei, portandosi la mano destra al collo per mostrargli il ciondolo a forma di zampa di gatto di smeraldi. «Visto? È la collana che mi hai regalato tu. Solo io potrei averla.»

Adrien si avvicinò a lei, prendendo il kwami tra le mani per spostarlo, per poi accarezzare la guancia alla corvina.

«Adrien...»
«Plagg, lasciala stare. Ti starai sbagliando perché avrai fame, come sempre. Il tuo Camembert è sulla scrivania.» esclamò senza staccare gli occhi da quelli di Marinette, chinandosi leggermente. «My Lady...»
«Sì, Gattino?»
«"Quando due anime si sono trovate, si sono scoperte compatibili e complementari, hanno compreso di essere fatte l'una per l'altra, di essere simili. Si stabilisce tra loro, per sempre, un legame, ardente e puro, proprio come loro. Un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli..."» recitò in un sussurrò, accarezzandole le spalle.
La ragazza sorrise. «È proprio una bella poesia, Adrien.»
«Vero.» concordò, aprendo il gancetto della collana e allontanandosi subito da lei, facendo oscillare la catenella a mezz'aria. «Peccato che non l'avevo finita, e solo la vera Marinette, o chi conosce i versi, sarebbe stata in grado di terminarla.» ghignò, guardando la ragazza venire avvolta da una nuvola arancio e tramutare in Lila, che lo fissava senza parole mentre cadde in ginocchio. «E poi, Marinette non mi avrebbe mai detto di togliermi il Miraculous: lei e Plagg formano una squadra perfetta contro di me.» continuò, spostando lo sguardo dal Miraculous della volpe al suo kwami.

Il biondo mantenne il ghigno di trionfo mentre si avvicinava alla mora per afferrarla –senza troppa forza– per un braccio e farla alzare in piedi.

Per una volta era lui ad aver capito che c'era qualcosa che non andava.

«Plagg, vai da mio padre. Digli che abbiamo recuperato il Miraculous della volpe.»


 

Lila era seduta davanti a Gabriel Agreste ed a Master Fu, con sguardo che lasciava intendere che non avrebbe detto nulla nemmeno sotto tortura.

Si erano sistemati nel grande salone dove gli Agreste erano soliti mangiare, poiché lo spazio era abbastanza grande anche in caso di una possibile lotta.

«Sputa il rospo, volpetta. Chi è in realtà quella donna e dov'è ora?» domandò duro Adrien alle sue spalle –messosi una maglietta appena prima di scendere– per l'ennesima volta in mezz'ora, ma l'italiana si rifiutava di parlare, girandosi per congelarlo con lo sguardo.
«Adrien–» lo chiamò il padre.
«No! Lei sa dov'è. Sa dov'è l'unica persona che sa di mia madre.» ringhiò il giovane, interrompendolo.

Come dal nulla, Marinette entrò nel salone correndo, fermandosi di colpo non appena vide Lila.

«Mari. Che ci fai tu qui?» chiese Adrien sorpreso, rilassandosi per un momento.
«L'ho chiamata io.» rispose il Guardiano. «Almeno così potrai mantenere il controllo, oltre il fatto che anche lei doveva sapere.»

La corvina si avvicinò, facendo cenno ad Adrien di stare calmo e di lasciare fare a lei.

Lila la guardò furiosa, come se potesse saltarle addosso e strapparle il Miraculous da un momento all'altro, ma era circondata da possessori ed era in svantaggio numerico, oltre che in fatto di poteri.

L'eroina tirò indietro la sedia proprio accanto alla mora, che non staccò gli occhi da lei, sedendosi.

«Allora, Lila. Che cosa vuoi?» domandò con estrema calma, cosa che fece irritare ancora di più l'italiana.
«Davvero non lo sai? Voglio il potere. Voglio vendicarmi per tutto quello che mi hai fatto passare, per avermi umiliata davanti a colui che amavo, per avermi fatta apparire una debole davanti a tutti.» ringhiò serrando i pugni.
Marinette non cambiò espressione. «Sei sicura di volere tutto questo?»
«Sì! Catherine mi ha promesso che mi darà ciò che voglio appena riuscirò a strapparvi i Miraculous. I kwami servono a loro

A quelle parole, Tikki rabbrividì, notando Plagg mettersi davanti a lei per fare da scudo umano, soffiando come un felino arrabbiato verso Lila.

«Loro? Loro chi?» chiese Adrien, raggiungendo il fianco della sua partner.
«Non lo so, ma pagano bene.» ridacchiò, poggiandosi allo schienale della sedia.

Il ragazzo fece per muoversi verso di lei, volendo strapparle quell'informazione, ma la mano di Marinette lo fermò.

«Ti ripeto la domanda: che cosa vuoi in realtà?»
«Te l'ho già detto! E non starò qua a ripeterlo perché tu non ti lavi le orecchie.»
La corvina continuava a parlare con voce calma, quasi ipnotica, rivolgendosi al Guardiano. «Master Fu, mi dia il Miraculous della volpe, per favore.»
«Marinette, cosa...» tentò di dire Adrien, ma venne interrotto dal vecchio che passò la collana alla corvina.

Marinette la prese tra le mani, porgendola a Lila.

«Mettitela.»

L'italiana fece come le era stato detto, ed il kwami della volpe apparì da una sfera arancio.

«Trixx! Stai bene.» disse felice Tikki, librandosi in volo.
«Hei arancino. Stai una favola.» commentò Plagg con un ghigno, seguendo la coccinella.
Trixx li guardò con le lacrime agli occhi. «Ragazzi, sono così felice di vedervi.»

Tutte e cinque le piccole divinità si abbracciarono –convincendo a fatica il povero Wayzz, siccome lui era più da parole che da abbracci–, ridendo per aver ritrovato un compagno, pur sapendo che potrebbero perderlo ancora.

Lila li guardò, sentendo una fitta al cuore.

Scuotendo la testa, si alzò in piedi, notando immediatamente i due Agreste scattare sull'attenti.

«Perché l'hai fatto? Ora potrei trasformarmi e cercare di rubare i vostri Miraculous.»
«Cercare, appunto.» puntualizzò la corvina ancora seduta. «Ma da quanto tu stessa hai potuto notare, noi siamo in maggioranza, sia numericamente che in fatto di poteri. Non credo ti convenga.» spiegò, non interrompendo il contatto visivo.
«E allora cosa vuoi da me?» domandò a denti stretti, riconoscendo la sconfitta.
«Voglio farti capire ciò che vuoi realmente. Gabriel voleva il potere assoluto per riavere la moglie e riunire la sua famiglia, ma così facendo la stava distruggendo lentamente.»

Gabriel non accennò a nessuna emozione tranne che il consenso: Marinette aveva ragione a dire così, poiché era la verità, pentendosi ogni giorno che passava delle sue azioni.

«Ma io ce l'ho già una famiglia!» esclamò seccata, incrociando le braccia al petto.
«Infatti era un esempio. Tu vuoi qualcosa che hai cercato di ottenere con le bugie, e che ora gli altri rifiutano di darti perché ti credono inaffidabile.» disse, alzandosi in piedi e trovandosi faccia a faccia –seppur fosse poco più bassa– all'italiana.
«E sarebbe?»

La corvina sorrise.

Era un sorriso gentile, che non aveva ombra di giudizio nei suoi confronti.

«Tu stai cercando l'amore
Le sue labbra si ridussero ad una linea sottile. «Non è vero.»
«Sin da quando sei qua hai tentato di diventare amica dei ragazzi, raccontando che eri amica di Ladybug o dicendo loro cosa volevano sentirsi dire, ma quando la verità è venuta a galla ti hanno voltato le spalle.» continuò.

La mora si fece più nervosa, serrando i pugni lungo i fianchi.

Sapeva che aveva ragione, ma l'amore era per persone deboli. E lei non era debole.

«Ti ricordi la prima volta che sei stata akumatizzata? Io ti avevo chiesto se volevi diventare mia amica. Beh, quella mia richiesta non è mai scaduta. –ridacchiò.– Ero sincera e lo sono anche ora. Sono disposta a dare tutta me stessa per le persone che amo, sia come Marinette che come Ladybug.»
«C-Cosa...» tentò di dire Lila, ma un gruppo le serrava la gola, impedendo alle parole di uscire.
«Vorrei che tu fossi realmente mia amica, Lila. Esattamente come lo sono Alya, Nino, Adrien, i kwami e tutti i miei compagni di classe. Non è giusto che tutte le altre persone ricevano amore e tu no. Per questo ti sto dicendo questo: ti do il mio amore.» sorrise, porgendole la mano per essere stretta.

L'italiana la fissò senza parole, sentendo le lacrime agli occhi.

Nessuno mai le aveva parlato così: con sincerità e volontà d'animo.

Si sentiva in colpa per tutto quello che aveva fatto –pensando che Gabriel doveva sentirsi esattamente così–, volendo tornare indietro nel tempo per cancellare tutto quello che aveva detto e fatto.

«Anch'io sono disposto a darti il mio amore.» disse Adrien, mettendosi accanto alla sua ragazza. «Ovviamente non quel tipo d'amore, quello spetta solo alla mia Lady. Ma vorrei essere anch'io tuo amico e scommetto tutto il Camembert del mondo che sei una persona splendida.» 
«Ehi! Scommetti i tuoi videogiochi piuttosto.» si lamentò Plagg, facendo ridere i presenti.

Lila guardò i suoi coetanei, incapace di trattenere le lacrime.

La sua attenzione fu richiamata da Trixx, che fluttuava a qualche centimetro di distanza da lei.

«Anch'io voglio essere tuo amico, ed intendo perdonarti per quello che hai fatto. So che non era tua vera intenzione.»
«Cosa? Consegnare me e Tikki ad una pazza stramboide?» commentò lo spiritello nero.
«Plagg!» lo ripresero Adrien e Tikki, facendolo sbuffare.

La mora guardò il suo kwami, alzando le mani per prenderlo; Trixx si sedette sui suoi palmi, guardando la portatrice con un dolce sorriso.

«S-Scusami...» sussurrò con vece incrinata e gli occhi lucidi.
Il kwami scosse la testa. «Ora vai dai tuoi amici. Ti stanno aspettando.»

Appena Trixx tornò tra gli altri kwami, Lila guardò Marinette ed Adrien attraverso le lacrime, tirando su con il naso.

La corvina le porse nuovamente la mano, ma si ritrovò tra le braccia della ragazza.

Ripresasi dalla sorpresa, Marinette restituì l'abbraccio, accarezzando la schiena della sua nuova amica in maniera confortante mentre singhiozzava sulla sua spalla.

Fu, che rimase in silenzio tutto il tempo, sorrise, rivolgendosi a Gabriel. «Che ne dici di dare il via alla tua vita da Grande Guardiano?»

Lo stilista sorrise a sua volta, aspettando finché Lila non fosse abbastanza calma da potersi staccare da Marinette.

«Lila Rossi.» la chiamò, facendola voltare verso di lui.

Tutti i presenti spostarono la loro attenzione su Gambriel, scambiando sguardi di assenso, sapendo che da quel momento tutto sarebbe cambiato.

«Ti nomino ufficialmente posseditrice del Miraculous della volpe.»


 

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Voi non avete la minima idea di quanto sia felice per aver scritto questo capitolo *^*

Lila è sempre stata considerata cattiva perché dice bugie, ed un motivo doveva pur esserci.

Io la considero una brava ragazza, ed anche Chloé lo è, ma entrambe hanno bisogno di un incentivo per essere buone :3

Quindi, Lila è passata dai buoni :D

E festeggio l'8 Marzo con la patente *^*
Esatto, un pericolo in più per le strade ahahahahahahah

Buon 8 Marzo a tutte e al prossimo capitolo ;)

Francy_Kid

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Capitolo 18
*** Cap. 18 ***


Cap. 18




Dopo che si era chiarita la loro situazione, i portatori decisero di spostarsi i un luogo un po' più comodo: nel salotto accanto.

La stanza era poco più grande della sala da pranzo.

Aveva un'enorme finestra che affacciava sul cortile dell'abitazione, posta sulla parete opposta all'entrata; sulla destra vi erano un sofà per quattro persone e davanti ad esso due poltrone, tra i quali vi era un tavolo basso fatto di legno e, malgrado fosse stato un regalo per il matrimonio di Gabriel e Martine, sembrava nuovo di zecca; appeso alla parete c'era una televisione di circa novanta pollici, con schermo piatto ed al plasma; nella zona sinistra c'era un camino, che gli Agreste, solitamente, usavano per quando passavano le notti d'inverno in compagnia, raccontandosi storie dell'orrore o avventure di eroi inventati.

Purtroppo era inutilizzato da più di un anno.

Il resto della stanza era arredato di mobili classici: vetrine decorative, copie di quadri famosi e altri mobili.

Davano un senso di solennità alla stanza, facendo sentire Lila fuori posto.

«Per favore, potresti spiegare come hai conosciuto Catherine?» domandò Fu, sorseggiando il tè dalla tazza, accomodato su una poltrona, mentre Gabriel era seduto sull'altra.

La ragazza aveva raccontato solo pochi dettagli, ancora incredula per quello che le era accaduto, ma ora era pronta a dire tutto ciò che sapeva.

«Catherine mi si è avvicinata mentre ero al bar, presentandosi e offrendomi di lavorare per l'associazione per cui era stata mandata. Mi ha offerto potere, vendetta e protezione nei confronti della polizia in cambio dei Miraculous della creazione e della distruzione.»
«Un Papillon sotto forma di scienziati pazzi, insomma.» commentò Adrien, seduto sul sofà tra lei e la sua ragazza.
«Una specie. Solo che la sua è un'organizzazione vera e propria, con a capo una persona e vari sottoposti al suo comando. Sono loro che hanno ipnotizzato Nathalie per attaccare Adrien.»
«Ed ora dov'è Catherine?» chiese facendosi serio, irrigidendosi.

Marinette lo notò, ma decise di restare ferma.

«Credo sia ancora al mio appartamento. Starà aspettando che torni per portarle i vostri Miraculous...»

Senza aggiungere nient'altro, Adrien si alzò di scatto, ordinando al suo kwami di trasformarlo.

«Devo andare da lei. Devo avere risposte su mia madre e su tutta questa storia.»
«Adrien, fermati.» esclamò Gabriel, alzandosi a sua volta. «Chi ci dice che quella donna non è armata o ha in mente qualcosa in caso di attacco?»
Il ragazzo ringhiò. «So difendermi benissimo.»
Marinette si alzò a sua volta, facendo qualche passo verso di lui. «Le nostre tute non sono impenetrabili, Adrien. Se quella donna ti spara potresti morire!» disse preoccupata, avvicinandosi fino a quando non fu a pochi centimetri di distanza da lui. «Non voglio perderti, Adrien, così anche come tuo padre e Plagg.»

Adrien annullò la trasformazione, buttando un occhio sul suo kwami solo per vedere la sua espressione di dissenso nella sua azione.

Il biondo alzò la testa di scatto verso la sua ragazza, sentendo la rabbia crescere dentro di lui.

«Anche tu avresti fatto lo stesso. Anche tu ti saresti trasformata pur di avere più informazioni su tua madre che credevi morta.»
«È vero, l'avrei fatto, ma tu mi avresti fermata dicendo le mie stesse parole. Se pensi di essere l'unico preoccupato per la vita di tua madre allora sei un egoista, perché anche tuo padre è preoccupato come te.» lo rimproverò, alzando la voce.
«Potrei usare il Cataclisma.» disse, pensandoci su.
«Per fare cosa? Ucciderla? Così, se non rimani ucciso tu, la gente penserà che Chat Noir è passato dalla parte del male e avrà paura di te. Però tu vuoi essere l'eroe di turno che rischia la propria vita senza tener conto delle conseguenze. Sei un egoista se la pensi in questo modo.» sbottò la corvina con voce tremante, sentendo le lacrime pungere gli occhi.
«Allora potresti venire con me. La fermeremo con il Lucky Charm.»
Marinette scosse la testa, sentendo le prime lacrime scendere lungo le guance. «Io non verrò con te.» rispose, tirando su con il naso. «Per quanto io voglia aiutarvi a trovare Martine, non posso rischiare che Catherine rubi i nostri Miraculous.»
Adrien fece un passo indietro, serrando i pugni. «Ora sei tu l'egoista.»

A quelle parole, il biondo camminò verso l'uscita del salotto senza guardare nessuno, per poi raggiungere camera sua.

Appena chiuse la porta dietro le sue spalle, Adrien si appoggiò con la schiena, tenendosi una mano tra i capelli.

La rabbia ribolliva dentro di lui, impedendogli di pensare correttamente.

Sua madre era così vicina, eppure sembrava irraggiungibile.

Sferrò un pugno contro la rampa dello skateboard; non sentiva alcun dolore fisico, ma soltanto rabbia che continuava a crescere.

Ne sferrò un altro, poi un altro è un altro ancora.

Non seppe di preciso quanto tempo rimase a prendersela con la rampa in legno, ma ora aveva il fiatone e la mente un po' più lucida.

Un dolore pungente gli invase le mani, notando la zona che aveva preso a pugni sporca di sangue; abbassò lo sguardo, capendo che il sangue proveniva dalle sue nocche spaccate e piene di lividi.

In quel momento non diede troppo peso alla situazione e, ignorando le gocce di sangue che sporcavano il pavimento, camminò fino al letto, sdraiandosi e scivolando nel sonno non appena la sua testa toccò il cuscino.



 

Non seppe per quanto tempo ebbe dormito, ma venne svegliato dal bussare alla porta di camera sua.

Mugugnando un "avanti", fece per mettersi a sedere, sibilando dal dolore non appena mosse le mani.

Lila entrò nella stanza con un sorriso di compassione sul volto.

«Ti ha mandato mio padre o Marinette?» domandò seccato, mettendosi pigramente a sedere.
La ragazza scosse la testa. «Sono qua di mia spontanea volontà.» rispose, spostando lo sguardo sulle sue mani piene di sangue non seccato. «Dov'è la cassetta del pronto soccorso?»
«Sotto il letto.» disse, guardando fisso un punto sulle coperte.

Si sarebbe curato lui da solo, ma non credeva di poter fare molto con le mani gonfie, doloranti e che faceva fatica a muovere.

Lila prese la cassetta bianca da sotto il letto, poggiandola a terra e sedendosi accanto al ragazzo con del disinfettante è un paio di garze in mano.

«Sai, dovresti dare ascolto a Marinette.» commentò dopo qualche secondo di silenzio, iniziando a curare la mano destra del biondo, che sibilò al primo contatto con l'alcool.
«Lo so. Ha ragione a dire che sono un egoista, e mi dispiace per quello che ho detto, ma nel sapere che Catherine è qui a Parigi mi fa venire voglia di correre là e farmi dire tutto.» rispose, cercando di tenere la mano più ferma possibile mentre gliela puliva dal sangue secco.
«Non ti preoccupare, le strapperò io qualche informazione. –ammiccò.– E smettila di serrare i pugni. Stai facendo uscire ancora il sangue.» lo rimproverò.

Non se ne era nemmeno accorto.

Rilassandosi, lasciò che Lila gli bendasse la mano destra, notando che qualche goccia di sangue sporcava di rosso la medicazione, ma si fermò qualche secondo dopo.

«Sai cosa dovresti fare?» riprese l'italiana dopo essere rimasta in silenzio, occupandosi della mano sinistra. «Dovresti andare da lei è chiederle scusa. Magari senza prendere a pugni nessuno mentre fai la strada da camera tua al salotto.»
Adrien ridacchiò. «La rampa è messa peggio.»
«Ne sono sicura.»

Adrien sospirò, sentendo le mani pulsargli per le ferite ancora aperte ed i lividi che si stavano formando, creando un dolore sordo.

Ma, in fiondo, se lo era meritato.

«Non credo che ora voglia vedermi. Credo che sia già tornata a casa...»
Lila chiuse la cassetta del pronto soccorso dopo aver riposto le bende non usate ed il disinfettante, rimettendola al suo posto. «Primo: potresti uscire e camminare fino a casa sua o trasformarti.» rispose, dandogli un colpetto sulla mano appena curata, facendolo sussultare. «Secondo: è ancora qua. Solo Fu se n'è andato.»

Adrien si morse il labbro, sentendo che Lila si era alzata dal letto per buttare le garze sporche nel cestino che teneva sotto la scrivania.

«E poi, come fai a sapere che non vuole vederti se non ci provi? Massimo ti becchi un calcio nei gioielli di famiglia.»
«Così non aiuti, Lila.» rabbrividì, sapendo che la sua ragazza ne era perfettamente capace.
«Adrien, Marinette ti ama, e se ha detto quelle cose è perché non vuole che tuo padre perda anche te: ha già perso sua moglie, pensa a quanto rimarrebbe distrutto anche per la tua di perdita.»

Adrien annuì: aveva ragione.

«Come ti sentiresti se foste andati e Marinette fosse rimasta ferita o, addirittura, uccisa?» continuò lei.
«Sarei morto anch'io...»
«E così è come si sentirebbero tutti se tu dovessi fare la stessa fine.»

Detto ciò, Lila camminò verso la porta della camera, aprendola e fermandosi appena prima di uscire.

«Ora voglio che scendi e chiedi scusa a tuo padre, a Marinette ed al tuo kwami. Capito?»

Il ragazzo annuì, facendola sorridere appena prima di uscire.

Prendendo un respiro profondo, si alzò dal letto, gonfiando il letto e sorridendo fiducioso.

Doveva chiedere scusa a tutti.



 

Adrien uscì dall'ufficio di suo padre.

Aveva speso circa venti minuti per preparare il discorso di scuse per tutti, uscendo dalla sua stanza anche se non era ancora pronto.

Dopo che Fu se n'era andato, Gabriel si era rifugiato nel suo ufficio, lasciando Marinette in compagnia di Lila.

Lo faceva spesso quand'era scosso o preso da un'idea geniale, ma ora era sopratutto scosso.

Era riuscito a farsi perdonare dal padre, dicendo anche che avrebbe pulito tutto lui il casino che aveva fatto in camera non appena il dolore alle mani si sarebbe attenuato; subito dopo, trovò Plagg, rimasto con i kwami seduto al tavolino in salotto.

Con lui era bastata soltanto una fetta di Camembert ed una promessa di cibo extra per un mese dopo le trasformazioni.

Sapeva che era stato persuaso dai suoi compagni a perdonarlo e, già che era lì, chiese scusa anche a Tikki, non pensando al fatto che sarebbe potuta cadere nelle mani dei nemici.

Ora era il turno di Marinette.

Adrien seguì le risate delle ragazze fino alla cucina, dove le due stavano parlando del film che era uscito il mese passato e su quanto fosse carino il protagonista.

Lila era di fronte a Marinette e poteva vedere l'entrata della cucina; appena notò Adrien, prese la scusa di dover andare in bagno e, scusandosi, uscì dalla stanza, alzando i pollici al biondo.

Adrien, senza fare rumore, si avvicinò alla corvina, che prese il cellulare e scrisse un messaggio a Sabine; spiò l'orario, notando che erano le undici e mezza passate.

Il biondo lesse: "Scusa mamma, ma sono a casa di un'amica che non vedo da parecchio. Tornerò tardi. Ho le chiavi per entrare."

«Due cose non sono esatte in quel messaggio.» disse lui, facendola sobbalzare. «Primo: sono un maschio; secondo: non è vero che non mi vedi da parecchio.»

Il cellulare iniziò a saltare tra le mani di Marinette, che cercava in tutti i modi di non farlo cadere, ma la mano veloce di Adrien lo afferrò.

La corvina si voltò verso il ragazzo con gli occhi sgranati. «A-Adr-Adrien...»
«Ed io che pensavo che avessi smesso di balbettare quando eri con me.» ridacchiò, porgendole il cellulare.
«Che cos'hai fatto alle mani?!» chiese preoccupata, sfiorandogli la mano destra dopo aver posato l'apparecchio sul tavolo.
«Nulla di che. Ho solo preso a pugni la rampa dello skateboard.» rispose.

La corvina continuò a guardate le sue mani, faticando ad incontrare i suoi occhi.

«Ehi Mari.» la chiamò, facendola irrigidire. «Ti volevo chiedere scusa. Ho reagito nel modo più sbagliato possibile.»
La giovane alzò lo sguardo, scuotendo la testa. «N-No. Non dovevo darti dell'egoista.»
Adrien le prese il viso tra le mani. «Se questa è una gara a chi ha più colpa allora tu perdi in partenza, Principessa. Stavo per agire senza riflettere, ma tu mi hai fatto ragionare. Poi ho preso a pugni un muro, ma sono dettagli irrilevanti.» aggiunse, guardando le quattro piccole macchie rosse sulle nocche. «Credevo fossi arrabbiata con me.»

Marinette sorrise, alzandosi in piedi, per poi assumere un'espressione irata.

Gli ricordava parecchio il momento in cui le aveva rivelato che Chat Noir, con cui si era fidanzata quasi cinque mesi prima, in realtà, era Adrien Agreste.

«Sono arrabbiata con te! Non solo non te n'è fregato nulla del fatto che potevi rimanere ucciso, ma non te n'è fregato nemmeno di quello che avrebbero provato Plagg e tuo padre, ti sei fatto male alle mani, mi stavi per fare cadere il cellulare, poi–»

Adrien la zittì baciandole le labbra, sapendo che l'avrebbe calmata.

«Anche questo mi fa arrabbiare.»
«Non è vero. Questo ti piace.»




 

Era mezzanotte passata da un bel po', ormai; Lila sorrise al suo kwami, facendogli cenno di uscire dalla borsa non appena aprì la porta di casa.

Ancora faticava a credere a tutti quelli che era successo nelle ore precedenti e sapeva che doveva riferirglielo.

La ragazza notò immediatamente Catherine seduta sulla poltrona mentre faceva scorrere il dito sullo schermo del cellulare.

«Allora, sei riuscita a prendere i Miraculous?» domando la donna, alzando un sopracciglio.
L'italiana si sedette sul sofà, stirandosi braccia. «No. –rispose con nonchalance.– Ma non passerà molto prima che saranno in mano tua.»

Catherine la guardò con un pizzico di curiosità non appena ghignò.

«Mi credono loro amica.»



 

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Vi dico solo una cosa: non tutto è ciò che sembra.

Tranne Adrien che si spacca le mani prendendo a pugni il muro. Quello è esattamente come sembra.

Ora sta a voi a riuscire a capire a ciò che mi riferisco :3

Ovviamente non vi darò alcuna risposta se chiedete perché lo scoprirete moooolto più avanti xD

Scusate per il ritardo, ma ero in vacanza e sono tornata stanotte tardi, quindi ho aggiornato di giovedì :3

I've terminato U^U

A mercoledì prossimo ;)

Francy_Kid

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Capitolo 19
*** Cap. 19 ***


Cap. 19



Marinette era appoggiata  con la testa sul petto del suo ragazzo e le loro gambe erano accavallate l'una sull'altra.

Ascoltava il suo petto alzarsi ed abbassarsi a ritmo regolare ed il cuore che batteva lento; sentiva il suo forte braccio tenerla teneramente dalle spalle, mentre l'altra mano era poggiata sulla sua.

Aveva cambiato le bende meno di mezz'ora prima poiché erano sporche di sangue ed aveva messo il ghiaccio per diminuire il gonfiore dovuto ai colpi dati alla rampa dello skateboard in un momento di rabbia.

Sia lei che Gabriel si erano raccomandati che sarebbe andato all'ospedale per controllare che non si fosse rotto qualcosa e, dopo varie lamentele del ragazzo, erano riusciti a convincerlo, sennò non avrebbe più potuto mangiare i croissant del papà di Marinette durante tutta la convalescenza, oltre che non potersi trasformare se non per casi gravi.

La corvina alzò la testa per guardare il ragazzo sotto di lui, osservandolo mentre dormiva.

«Mi stai osservando, Principessa.»

Ok, non stava per niente dormendo.

«C-Cosa?!»
«So che mi stai guardando. Sento il peso del tuo sguardo su di me.» ripeté aprendo un occhio e sorridendole. «La mia bellezza ti impedisce di dormire?»

Marinette gli soffiò sul volto per zittirlo, per poi tornare ad appoggiarsi sul suo petto, sospirando.

«Cosa ti preoccupa?» domandò lui, accarezzandole il braccio con la mano che aveva attorno alle spalle.
«Tutto. Catherine, i tuoi genitori, Lila... tu.» aggiunse a bassa voce, ma il silenzio nella stanza e la loro vicinanza non gli impedì di sentire.
«Mari, ti prometto che non farò nulla di avventato. Non ho più la minima intenzione di andare a caccia di Catherine.»

Marinette alzò la testa ed incurvò verso l'alto un sopracciglio.

«Ok, stavo mentendo sull'ultima parte, ma ascolterò te e mio padre, te lo prometto.» disse, per poi baciarle la punta del naso.
La ragazza si accoccolò contro l'incavo del suo collo, solleticandogli la pelle col fiato. «Non oso immaginare cosa potrei diventare se ti dovessi perdere...» sussurrò.
«Probabilmente diventerai la donna falena che vuole rubate i Miraculous a Catherine per riportarmi in vita perché non puoi restare senza di me.»
«Probabile.»

Adrien la strinse a se, facendola finire sopra di lui con tutto il corpo.

«Ma mi vuoi far dormire?» chiese con un sorriso, sbuffando.
«Non dirmi che sei uscita da camera tua, all'insaputa dei tuoi genitori, solo per dormire con me.» rispose, fingendosi sorpreso.
«Teoricamente volevo controllare come stavano le tue mani per poi andarmene come sono arrivata, ma vederti a torso nudo mi fa uno strano effetto.» sussurrò provocante, percorrendo con l'indice la linea dei pettorali.
«Hai un secondo fine, vero? Principessa?»
«Assolutamente no.»

Adrien le prese le labbra in un bacio, sentendola ridacchiare mentre stringeva le mani sul suo petto, facendole scorrere lungo la pelle calda fino ai capelli biondi.

Il ragazzo scese ad accarezzarle la schiena, seguendo la spina dorsale, stringendole leggermente i glutei, per quanto poteva.

«Ahi...» gemette, sentendo una fitta alle mani.

La corvina si staccò dalle sue labbra, sfiorandogliele, prendendo il respiro.

«Non fai più tanto il pervertito con le tue mani distrutte.»
«Posso sempre parlare.» ribatté. «Sento il mio Chat Jr fremere ai soli pensieri che ho in questo momento.» ridacchiò, guardandola provocante.

Marinette arrossì di colpo, prendendo il cuscino accanto a lei per colpirgli il volto.

«Mari! Non respiro!» rise divincolandosi.
La ragazza glielo tolse, guardandolo con le guance gonfie. «Altro che ospedale. Io ti mando all'obitorio.»
«Ma dopo ti mancherei.»
«Questo è quello che pensi tu, Gattino.»




 

Il giorno successivo, Adrien si alzò prima del solito per andare a farsi controllare le mani.

Aveva promesso a suo padre ed a Marinette che sarebbe andato e, in compenso, aveva guadagnato un periodo di ferie dal lavoro come modello –anche se si trattava di due settimane, ma era meglio di nulla–

Salì in macchina con Nathalie, con il Gorilla che guidava in estremo silenzio e con la sua solita espressione seria; la segretaria premette un pulsante che alzò il vetro protettivo che separava la zona del guidatore da quella dei passeggeri.

Solo Nathalie sapeva la verità e faceva di tutto pur di mantenere il segreto ed aiutare i due Agreste con tutta la faccenda.

«Suo padre si è raccomandato di andare anche a casa di Master Fu per chiedergli scusa della tua reazione.» disse la donna con serietà, scrivendo qualcosa sull'agenda.
«Era mia intenzione di andare subito dopo il dottore.» rispose lui, trattenendo uno sbadiglio. «Allora, come ci si sente ad essere la segretaria del grande Chat Noir?» domandò gonfiando il petto e tirandosi indietro i capelli.
Nathalie arrossì. «Estremamente strana. Non avrei mai pensato che lei fosse l'eroe di Parigi. Per non parlare del signor Gabriel. Certo, era cupo ed estremamente distaccato...»
«...cattivo, sfruttatore, sempre arrabbiato, indelicato ed il padre che nessun ragazzo vorrebbe avere. Certo, posso continuare se vuoi.» esclamò, contando sulle dita gonfie.

Plagg sbuffò da sopra la spalla del suo portatore, facendo sobbalzare la segretaria.

«Volevo dire, –di schiarì la gola.– che dal vostro carattere non immaginavo minimamente che lei, signorino Adrien, è lui
«Un ragazzo-gatto in una tuta di spandex nera che tenta in ogni modo di saltare addosso alla sua ragazza perché ha gli ormoni a mille?» si intromise il kwami nero, fluttuando beatamente davanti al volto del biondo.
«Ti sei dimenticato una cosa.»
«Ah già, che fa battute talmente squallide da rendere triste ogni pagliaccio.»

Nathalie rimase in silenzio, non ancora abituata a quella specie di gatto volante.

Sembrava un po' scorbutico, ma si vedeva lontano un miglio che gli piaceva stuzzicare il suo protetto su vari argomenti.

Guardando i due discutere, sorrise scommettendo mentalmente su chi avesse perso la discussione su che cibo fosse migliore.



 

Il Dottor Lucas alzò la cornetta del telefono, premendo sui tasti per comporre il numero del suo laboratorio.

Dopo che sua moglie Catherine lo aveva avvisato del piano che aveva ideato con Lila Rossi, la posseditrice che lavorava per loro, aveva ordinato ai suoi sottoposti di creare dei nemici che potevamo eguagliare i poteri dei Miraculous.

Per ogni mostro che avrebbe mandato, avrebbe scoperto nuovi modi per impossessarsi dei Miraculous del gatto nero e della coccinella.

Attese per qualche secondo, il tempo necessario che uno dei suoi lavoratori rispose.

«È pronta la "Bestia Z"?» domandò in tono serio, facendo capire all'uomo dall'altro capo del telefono che non avrebbe accettato un no.
«È già sull'aereo. Attendiamo un suo ordine per decollare.»
Il dottore ghignò. «Partite.»

Detto ciò, Mark riattaccò, poggiandosi soddisfatto allo schienale della sedia.

Era disposto a tutto pur di veder realizzato il suo piano, anche ideare nuove creature.



 

Adrien salì le scale verso lo studio di Master Fu.

Dalla visita si era venuto a sapere che, per fortuna, non aveva alcun osso rotto o lesionato, ma solo forti botte che avevano causato grandi e dolorosi lividi.

Gli avevano fasciato le mani e messo dei tutori per impedirgli movimenti troppo bruschi, siccome Nathalie, per conto del Signor Agreste, si era raccomandata una guarigione più che rapida.

Aiutata dalla donna a bussare alla porta, entrò poco dopo aver ricevuto l'assenso di Fu, salutandolo.

«Ecco il mio Maestro Shifu.»
«Sono Fu. Lasciamo stare.» sbuffò l'anziano, sedendosi al tavolino basso.

La conversazione tra i due durò poco perché un ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi azzurri sbucò da dietro una tenda.

«Christian?!» esclamò sorpreso.
«Guarda chi si vede. Adrien. Come stai amico?» domandò con un sorriso felice, alzando la mano per fare il batti cinque.
«Potrebbe andar meglio.» rispose lui, mostrando le mani con un po' di imbarazzo.
«Che hai combinato? Hai fatto a pugni con un altro modello su chi era più figo?»
«Nessuno può battermi in bellezza.» rispose vantandosi. «No, ho solo dato sfogo alla mia rabbia repressa. Contro il muro.» precisò, facendo ridere il corvino.
«Il muro è un nemico parecchio duro da mettere a ko. Che ci fai qui?» chiese dopo essersi asciugato una lacrima.
«Sono venuto a parlare con Fu per una piccola questione da risolvere. E tu?»
«I suoi massaggi sono fantastici. Fa sparire come per magia la fatica di dieci servizi fotografici! È fantastico!»
«Almeno qualcuno apprezza le mie dita.» si intromise l'anziano, sorridendo innocentemente al biondo.
Adrien lo guardò storto. «Ora nella mia testa albergano pensieri tutto tranne che puliti. Grazie.» rabbrividì, tornando a guardare l'amico. «Che ne dici di andare a fare un giro più tardi? Così lo chiedo anche ai miei amici di raggiungerci e ti faccio conoscere le persone che mi sopportano da più di un anno.»
«Non vorrei disturbare...» disse Christian arrossendo.
«Se disturbassi non te l'avrei nemmeno chiesto. Aspettami in macchina con Nathalie, parlo con Shifu e scendo.»
«Shifu?»
«È troppo tardi per farmi cambiare opinione sul suo nome.»




 

Christian era seduto sul bordo della fontana di Place des Vosges tra Adrien e Nino –il migliore amico di quest'ultimo–, parlando del più e del meno mentre che aspettavano le ragazze.

Sapevano che Marinette abitava a meno di cinquanta metri dall'entrata del parco, eppure era in ritardo; e come biasimarla, pensò Christian, dato che l'avevano avvista meno di dieci minuti prima del loro arrivo al parco e lei si era appena svegliata.

Si ricordava di Marinette dalla sfilata del mese passato, quella vinta da Gabriel Agreste e dove la ragazza aveva avuto il grande onore di far sfilare alcune delle sue creazioni, poi aveva avuto occasione di parlarci quando andava a trovare Adrien durante i servizi fotografici.

Era rimasto colpito dal suo talento, dalla sua bellezza e dalla sua gentilezza; Adrien era un ragazzo davvero fortunato ad averla accanto.

Ad interrompere i suoi pensieri, fu l'arrivo di una ragazza dalla pelle scura e dai capelli mori, che li salutò con un sorriso sghembo.

«Tu devi essere Christian. Adrien ci ha parlato di te.» disse porgendogli la mano. «Io sono Alya. Migliore amica di Marinette, compagna di classe -ormai ex siccome è finita la scuola- di codeste persone e fondatrice del LadyBlog.»
Il corvino le strinse la mano ed i suoi occhi si illuminarono all'ultima frase. «Non ci credo! Ti avevo visto in alcuni video sul LadyBlog, ma non credevo di poterti incontrare di persona! Sono uno dei più grandi fan del tuo blog: lo guardo tutti i giorni.»
«Visto Alya, hai un fan.» ammiccò Nino, prendendole la mano.
«Ne sono lusingata. Oltre ad Adrien c'è un altro ragazzo famoso, che conosco, che segue il mio blog. Sono felicissima.» esclamò trattenendo un urlo di gioia.
«Per la verità lo seguono solo perché pubblichi robe interessanti su Ladybug.» puntualizzò Adrien.
«Sei solo geloso perché il mio blog ha superato i tuo follower su Instagram, carino.»

Nino, a quelle parole, scoppiò a ridere e persino Christian fece fatica dal trattenersi, mentre il biondo la guardava con offesa.

«Ciao ragazzi.»

Marinette apparve alle spalle dell'amica, che restituì il saluto, ma si fermò dall'abbracciarla non appena vide da chi era accompagnata: Lila Rossi, la ragazza che si era meritata il titolo di bugiarda patentata.

Adrien si alzò da dov'era seduto, volendo far capire agli altri che dell'italiana ci si poteva fidare, che era cambiata.

«Ehi Mari, era ora!» disse, salutandola con un casto bacio sulle labbra.
«Mentre mi stavo asciugando i capelli ho detto a Lila di venire a casa mia, così saremmo venute assieme all'incontro. Ed eccoci qua.» sorrise nervosa, sentendo il peso dello sguardo di Alya e Nino su di sé.
Adrien si rivolse a Lila: «Ti ha fatto aspettare tanto? Ti ha ingozzata di croissant nel mentre?»
«No, no. Ma sono affogata in tutto quel rosa. La sua stanza è troppo... femminile.» rabbrividì.
«A me piace.» sbuffò lei.

Alya e Nino si scambiarono sguardi complici, capendosi al volò sul fatto che avrebbero testato se fidarsi di Lila nel mentre che passavano il tempo insieme.

Marinette fece un sorriso a trentadue denti. «Christian! Ci sei anche tu!» esclamò sorpresa, avvicinandosi per salutarlo.
«Già. È un piacere incontrarti di nuovo, Marienette.» ripose lui, alzandosi a sua volta per abbracciarla.
«Cavolo, sono una stupida. –la ragazza prese Lila per un polso e la avvicinò a sé.– Lei è Lila Rossi, e anche lei è italiana.» precisò, agitando le sopracciglia.
Christian sbarrò gli occhi. «Davvero? Di che zona?» domandò rivolto alla mora.
«Un piccolo paesino della Toscana. E tu?»
«Io ho origini lombarde. E dimmi, ti sei trasferita per motivi famigliari o per lavoro?»
Lila guardò con la coda dell'occhio Marinette, poi sorrise. «Diciamo un po' per entrambi, già.»

La corvina si allontanò dai due quasi di soppiatto, volendo lasciarli conoscere meglio e sorridendo quando sentiva qualche scambio di parole in italiano.

«Non so te, ma io ho solo capito "pizza". Andiamo a prenderla a Le Caruso?» chiese Alya saltellando sul posto.
«Non hanno nemmeno nominato il cibo... almeno credo.» disse Nino tra sé e sé, venendo sentito dalla sua ragazza e coprendosi il viso per non essere colpito.
«Alya, ma sono le quattro del pomeriggio.» commentò Marinette alzando gli occhi al cielo.
«Con la storia della dieta di mia madre anche in famiglia siamo costretti a mangiare insalata, verdura e frutta tutti i giorni. Ho carenza di carboidrati!» esclamò la mora in risposta, prendendo sottobraccio la corvina e trascinandola verso l'uscita del parco. «Volete venire? Sto morendo di fame!»

I quattro, rimasti a fissarla senza parole, si scambiarono sguardi di consenso, per poi seguire le due.

Adrien fece respirare le mani, che aveva tenuto in tasca fino a quel momento, godendo dell'attimo di frescura dato dall'aria fresca; Nino abbassò lo sguardo, sbarrando gli occhi.

«Amico, che hai combinato?»
Il biondo si grattò la nuca. «Nulla di grave. Ho fatto a pugni con un ladro che tentava di rapinare la mia dolce metà.» rispose, sistemandosi i capelli con fare vanitoso.
«Ha fatto a botte con la rampa dello skateboard.» ribatté Marinette ad un paio di metri di distanza, facendo ridacchiare Lila.
«Principessa! Non dovevi dirglielo!»
«Ed immagino che non devo aggiungere che ha vinto la rampa, vero?» continuò a schernirlo, guardandolo con la coda dell'occhio ed un ghigno divertito sul volto.

Adrien corse verso di lei, ridendo non appena iniziarono una gara ad acchiapparello, mentre i loro amici li guardavano con espressioni divertite.

«Dai Adrien, si sa che Mari ti straccia!» urlò Alya per stuzzicarlo, ricevendo una linguaccia da parte del citato.

All'improvviso, delle urla di terrore arrivarono dal centro del parco e molte persone iniziarono a correre verso le uscite.

Lila raggiunse Marinette ed Adrien, mettendosi sulla difensiva e cercando di avvistare chi terrorizzava il parco attraverso la marmaglia che correva.

Solo quando la folla si fu diradata i sei notarono una creatura dalle fattezze mostruose che si guardava intorno in cerca di qualcosa.

«Ragazzi, forse è meglio fuggire.» disse Nino, afferrando per il polso la sua ragazza appena prima che le venisse in mente di prendere il cellulare ed iniziar a documentare tutto per il LadyBlog.
«Voi uscite da qua, noi vi seguiamo.» disse Marinette cercando di convincere i suoi tre amici.
«Io credevo che Papillon avesse smesso di akumatizzate le persone. Che cosa sta succedendo?» chiese Alya sorpresa, indietreggiando di qualche passo.
«Non credo che quella cosa sia un akuma.» rispose Adrien serio, registrando ogni minimo dettaglio della creatura.

Un ringhio minaccioso uscì dalle fauci di quello che sembrava essere un un mostro dalle fattezze umanoidi: era in piedi su due zampe muscolose, mentre gli arti superiori –anch'essi parecchio sviluppati– terminavano con artigli accumunati e sporchi di terra; folti peli ricoprivano il corpo, non lasciando intravedere il minimo segno di pelle umana; gli occhi gialli fissavano i ragazzi come se li stesse studiando in ogni minimo dettaglio, mentre con il naso giurava l'aria; brandelli di stoffa pendevano da parti casuali del corpo, facendo pensare a Marinette che si trattava dei vestiti che indossava precedentemente.

La corvina faticava a credere che quella creatura era un fosse stata umano.

Assomigliava in tutto e per tutto ad un licantropo.

Con un ululato, si lanciò verso di loro, fermandosi a pochi centimetri da loro, poi aprì le fauci: «Ḳh̀ā c̄hạn

Adrien fissò sbigottito la creatura, riconoscendo la lingua straniera; aveva sentito suo padre leggerle dai libro dei Miraculous.

Tailandese, pensò lui.

«Ḳh̀ā c̄hạn.» disse nuovamente il licantropo, inondando col suo fiato fetido i tre portatori.

Christian, senza farsi vedere, trascinò fuori dal parco Alya e Nino, facendoli nascondere nella pasticceria dei Dupain-Cheng, per poi tornare nel parco e nascondersi dietro ad un albero.

«Che sta dicendo?» sussurrò Lila, trattenendosi dal fuggire.
«Non lo so, ma posso immaginarlo.» rispose risoluta Marinette, guardandosi cautamente intorno. «Dobbiamo trasformarci ed allontanarci da qui prima che–»

Le parole della ragazza furono interrotte da delle braccia umane che si allacciarono attorno al collo del mostro, che indietreggiò e ringhiò contro il suo aggressore.

«Fuggite! Mettetevi in salvo!» urlò Christian, avvinghiato al licantropo. «Cercherò di trattenerlo fino all'arrivo di Ladybug e Chat Noir. Correte!»

Guardandosi preoccupati, i tre annuirono, correndo verso il nascondiglio più vicino per ordinare ai loro kwami di trasformarli, per poi lanciarsi subito all'attacco.

Appena tornarono nel parco, videro Christian a terra contro la statua eretta in onore dei due eroi parigini, mentre si sorreggeva una spalla destra ed un rivolo di sangue colava dal sopracciglio destro.

Il licantropo stava per staccare il corvino, quando Ladybug, aiutata dal suo yo-yo, gli immobilizzò il braccio, catturando la sua attenzione.

«Volpina, vai a portare il ragazzo al sicuro.» grugnì, facendo forza contro il mostro.

La mora annuì e, con un agile scatto, fece come le era stato detto, portandolo nella pasticceria dei genitori di Marinette.

«Non credevo che Jacob fosse così arrabbiato con Edward per Bella.» commentò sarcastico Chat Noir, mentendo la posizione d'attacco.
«Ḳh̀ā c̄hạn.» ripeté il mostro, muovendo alcuni passi verso i due eroi.
«Non credo provenga dal mondo di Twilight. A meno che non sia stato doppiato in un'altra lingua.» ribatté Ladybug, facendo roteare il suo yo-yo a lato.
«Allora dici che Luke Garroway è venuto a salvare Jocelyn?»
«Chat, la vuoi smettere con le battute per un secondo? Dobbiamo capire cos'è questa cosa.» gemette la corvina, chiudendo gli occhi e pizzicandosi il ponte del naso.

Il felino non fece in tempo a ribattere che l'ululato del mostro strappò l'aria, per poi vederlo tenersi la testa tra gli artigli affilati.

«Che sta succedendo?» chiese Lila, raggiungendoli.
«Non lo so, ma approfittiamo della sua distrazione.» rispose Ladybug, osservando il licantropo mentre barcollava. «Volpina, confondilo con le tue proiezioni, io lo immobilizzerò con il mio yo-yo.»
«Ed io che faccio?» domandò il biondo guardando la sua ragazza, confuso.
«Tu hai le mani distrutte. Resta qua e non osare metterti in mezzo.»

Chat la guardò sbarrando gli occhi, mettendosi dritto sulle gambe e chiedendo con lo sguardo il perché a Ladybug, ma lei si era voltata verso il loro nemici non appena un altro ululato catturò la sua attenzione.

«Ḳh̀ā c̄hạn! Ḳh̀ā c̄hạn! Ḳh̀ā c̄hạn! Ḳh̀ā c̄hạn!» urlò, lanciandosi verso gli eroi, che schivarono l'attacco.

Chat Noir, seppur contro la sua volontà, diede ascolto alla sua Lady, atterrando agilmente sulla statua di bronzo eretta un anno prima in onore dei due eroi parigini; osservò il licantropo, ascoltando l'unica frase che ripeteva in continuazione.

Poi, notò una cosa che lo lasciò senza parole.

Lacrime.

Il licantropo stava piangendo.


 

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Le cose strane succedono.

Dai, il prossimo capitolo sarà... ok. Non c'è lo dico perché sennò vi rovina tutto :3

A mercoledì :D

Francy_Kid

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Capitolo 20
*** Cap. 20 ***


Cap. 20



Ladybug evitò l'ennesimo attacco da parte del licantropo, schivando per un pelo i lunghi artigli con un agile balzo all'indietro seguito da un paio di capriole per allontanarsi al meglio.

La strategia della distrazione non aveva funzionato: il lupo mannaro aveva annientato le illusioni di Volpina con un forte ululato, che generò un'onda d'urto tale da distruggerle in tante nuvole di fumo arancio; anche alcuni alberi fecero la stessa fine, crollando a terra dopo essere stati spezzati a metà dalla forza dell'impatto.

Chat rimase ad osservare tutto il tempo, tentando più volte di soccorrere le sue compagne, ma Ladybug gli urlava di restarne fuori.

Si sentiva inutile, impotente, nel guardare le sue partner venire colpite ed essere scaraventate a terra con forza devastante.

Serrò i pugni, sentendo gli artigli conficcarsi nei palmi ed il sordo dolore dovuto ai lividi sulle nocche.

Il nemico continuava ad attaccare le due portatrici mentre cercavano di elaborare una strategia per batterlo, ma non avevano nemmeno il tempo per riprendere fiato che si ritrovavano costrette a dover difendersi o ad evitare sferzate su sferzate.

Era un essere assetato di sangue che non dava tregua ai suoi nemici; totalmente diverso da ogni akuma. 

Il felino si guardò intorno freneticamente, in cerca di un'idea che le aiutasse a vincere contro quel bestione, finché i suoi occhi non si soffermarono su Volpina.

«Volpina!» la chiamò a gran voce, facendola voltare. «Usa il tuo potere speciale per confonderlo. Ladybug! –si voltò anche lei, dopo essersi allontanata con un salto– Immobilizzalo con il tuo yo-yo appena puoi.»

Le due annuirono, mettendosi in posizione d'attacco.

Schivata l'ennesima onda d'urto, Volpina suonò una dolce melodia col flauto, diversa da quella che suonava quando creava le copie delle cose o delle persone, ed il licantropo si bloccò di colpo; senza aspettare un secondo di più, la coccinella avvolse il filo attorno al nemico, imprigionandolo e facendo sì che non potesse nemmeno muoversi.

Appena la mora annullò il suo potere, il lupo iniziò a dimenarsi per liberarsi dalla trappola, invano, ringhiando contro i portatori.

Chat balzò accanto alle ragazze, guardando per un secondo il casino che avevano combinato: la fontana di Place des Vosges era completamente distrutta e l'acqua zampillava dai detriti a terra; gli alberi erano quasi tutti sradicati o spezzati; buchi nel terreno erano sparsi qua e là nel parco; le panchine erano state lanciate contro le sbarre di metallo che recintavano la zona, tranciandone la maggior parte.

Quel bestione doveva provenire da qualche parte, pensò il biondo, e se Place des Vosges era ridotta in quello stato non osava immaginare com'era ridotto il percorso da lui preso.

Osservò dritto negli occhi il nemico, cercando di leggere attraverso l'iride color ambra e le pupille verticali, chiedendosi se, poco prima, aveva visto realmente le lacrime.

«Hai avuto una bella idea, Micio.» si congratulò Volpina, dandogli una pacca sulla spalla.
«Ora che ne facciamo di lui? Non è un akuma da purificare, ed io non ho usato il Lucky Charm per fermarlo.» commentò Ladybug, tenendo stretto il filo tra le mani.
«Ḳh̀ā c̄hạnḲh̀ā c̄hạn!» ringhiò il licantropo, dimenandosi per l'ennesima volta.
«Me che lingua è?» domandò la corvina tirando la corda.
«Non saprei. Non capisco ciò che dice.» rispose la volpe, chinandosi per osservarlo meglio.

Chat sbarrò gli occhi, notando i suoi occhi ambrati farsi lucidi.

«Ḳh̀ā c̄hạnḲh̀ā c̄hạnḲh̀ā c̄hạn!» ripeté, scoppiando in lacrime.

Ladybug assunse la stessa espressione del suo compagno, senza però abbassare la guardia.

«Sta piangendo...» osservò la portatrice della volpe, cercando di autoconvincersi che quella scena non era frutto di una sua illusione; poi la sua collana suonò, facendole capire che le restavano quattro minuti.
«Ḳh̀ā c̄hạn...» sussurrò, abbassando lo sguardo, capendo che nessuno parlava la sua lingua. «Kill me... Please... Kill me!»

Il sangue si gelò nelle vene dei tre ragazzi, incapaci di dire o fare qualsiasi cosa.

«Kill me! Kill me!»

Ecco cosa stava dicendo sin dall'inizio, pensò tristemente la coccinella, ma nessuno era lì per uccidere.

La ragazza tentò di dire qualcosa, ma il fischio di qualcosa che le sfiorò l'orecchio la interruppe, lasciandola a bocca aperta.

Subito dopo, il licantropo era col viso a terra ed il sangue che usciva da un buco nella testa.

Gli avevano sparato.

Ladybug si voltò, in cerca di un probabile cecchino, e così fecero gli altri due, senza ancora aver elaborato l'accaduto.

«Esci fuori, assassino! Fatti vedere!» urlò la corvina a squarciagola, serrando i pugni lungo i fianchi. «Fai vedere la tua brutta faccia!»
«Ladybug, se ne sarà andato ormai, oppure sarà ancora nel suo nascondiglio.» osservò Chat, mettendole la mano sulla spalla.
La coccinella se la scrollò di dosso, voltandosi di scatto verso il felino. «Come si fa ad uccidere così qualcuno?» chiese con le lacrime agli occhi.
«Io non lo so... ma quel licantropo avrà ferito un sacco di persone prima di ventre qui...»
«Ma era sempre un essere umano! So che era umano e che non voleva fare nulla di tutto questo... lui... lui era...»

Chat strinse la ragazza in un abbraccio, lasciando che si sfogasse.

Volpina fece cenno al ragazzo che doveva andare, visto che le restavano poco più di due minuti prima che si detrasformasse, saltando agilmente tra i tetti dopo aver ricevuto un cenno positivo.

La coccinella rimase a piangere contro il petto del biondo anche dopo che la polizia arrivò per capire cos'era successo; il corpo venne portato via in ambulanza e, sicuramente, l'avrebbero studiato per sapere di che cosa si trattasse in realtà.

Svariati minuti dopo, Ladybug si scostò da Chat, osservando la folla di curiosi e di paparazzi che stavano fotografando la zona, cercando di ignorare i mormorii delle persone e non volendo incontrare lo sguardo spaventato dei suoi amici e dei suoi genitori, che avevano visto tutta la scena dalla finestra del loro appartamento.

I primi giornalisti erano già all'entrata del parco, ormai distrutto, aspettando che Ladybug e Chat Noir rilasciassero risposte sulla battaglia e sulla nuova compagna.

Con gli occhi ancora lucidi, dopo il consenso della polizia, la corvina evocò il Lucky Charm per sistemare il parco ed eventuali danni a strade o edifici, osservando la pozza di sangue lasciata dal licantropo sparire come se non fosse mai stata lì.

Senza aggiungere altro, l'eroina lanciò il suo yo-yo su una sporgenza di un tetto vicino, saltando per allontanarsi da lì.

Chat la seguì con il suo bastone, tenendosi a debita distanza.

Quando era sconvolta in quel modo preferiva restare da sola per qualche minuto, ma era meglio non perderla di vista.

Arrivata alla Tour Eiffel si poggiò con la schiena contro una trave di metallo, lasciandosi lentamente scivolare finché non era seduta con le gambe tirate al petto; si ritrovò incapace di versare altre lacrime, nemmeno quando la sua trasformazione giunse al termine, lasciando Marinette a fissare il vuoto con occhi spenti.

Tikki rimase appoggiata sulla sua testa per tutto il tempo, accarezzandole i capelli con la sua piccola zampetta per cercare di confortarla; nemmeno lei sapeva cosa dire in una situazione del genere.

Le era già capitato anche di peggio e con diverse Ladybug, ma ogni volta era rimasta in silenzio.

Chat si sedette sulla stessa trave a gambe incrociate, davanti alla ragazza, osservando l'azzurro del cielo.

«Chat...» lo chiamò la corvina, continuando a fissare un punto qualsiasi del metallo.
«Lo prenderemo. Non so chi sia stato, il perché l'abbia fatto è come faremo a prenderlo, ma ti prometto che lo prenderemo. Nessuno può uccidere senza rimanere impunito.» rispose serrando i pugni, anche lui senza incontrare il suo sguardo.

Marinette spostò gli occhi su di lui, notando quanto fosse teso ed irato; ma la cosa che più preoccupava era il fatto che era ancora trasformato.

Stando attenta a non cadere, si avvicinò a lui, sedendosi accanto e poggiandosi contro la sua spalla.

Rimasero entrambi in silenzio ad aspettare che le acque si calmassero, quando la corvina sentì il braccio del ragazzo serpeggiarle attorno alla vita per stringerla a sé, per poi farle appoggiare le gambe sulle proprie.

La ragazza si accoccolò contro l'incavo del colo dell'eroe, sentendolo fare le fusa. «Questo tuo essere gatto mi inquieta e mi intenerisce ogni giorno di più.» ridacchiò, facendo tintinnare la campanella che aveva al collo.
«Ma sopratutto ti fa eccitare, vero?» domandò con un ghigno, sentendola irrigidirsi tra le sue braccia.
«Ma perché tu devi sempre fare il pervertito? Perché?» piagnucolò, rossa come un peperone.

Prima che potesse aggiungere altro, gli tappò la bocca con la mano, per poi dargli un pizzicotto sulla guancia.

«Ahi!»
«Se osi dire qualcosa che riguardano gli apparati genitali femminili o maschili in generale, il tuo Chat Jr, o spari qualche battuta pessima giuro che ti butto di sotto.» lo minacciò, guardandolo storto.

Il felino fece il segno della zip che chiudeva le sue labbra, facendole capire che non avrebbe aggiunto altro. Per ora.


 

Gabriel spende la TV nel momento stesso in cui Chat Noir seguì Ladybug mentre, sconvolta, uscì dal parco.

Aveva visto tutta la diretta mentre veniva trasmessa dalle telecamere dall'elicottero del telegiornale, che aveva seguito il licantropo dall'Arc du Triomphe fino a Place des Vosges, dove poi si era scontrato con i tre portatori; sin da quando i tre, ancora nelle vesti civili, stavano cercando di far scappare i loro amici era rimasto colpito dal coraggio del ragazzo dai capelli neri.

Era molto simile a Marinette, in tutto e per tutto, e si era persino lanciato contro il mostro nell'attesa di Ladybug e Chat Noir.

«L'hai notato anche tu, vero?» chiese Fu apparendo dal nulla.

A quanto pare, Nathalie l'aveva fatto entrare.

«Quel ragazzo è stato davvero coraggioso, non c'è che dire.» sospirò lo stilista spegnendo la TV. «So perché sei venuto, Fu.»
L'anziano gli sorrise. «Sei pronto al tuo primo incarico da Grande Guardiano?»

Gabriel guardò la scatoletta sul tavolino basso con nostalgia, per poi spostare lo sguardo sul suo kwami, che gli fece un cenno positivo con il capo.

Era dura per lui dividersi da quel gioiello, ma era già arrivato il momento di dover lasciare il passato e guardare al futuro.

L'uomo si alzò, prendendo il portagioiello e raggiungendo Fu alla porta.

«Andiamo.»


 

Christian entrò nella sua stanza con il braccio destro avvolto da bende ed un cerotto bianco sul sopracciglio sinistro, senza contare gli innumerevoli lividi sulle scapole e le ginocchia.

Aveva sempre desiderato poter aiutare in qualunque modo possibile i due eroi parigini in qualche modo, ma scontrarsi contro un lupo mannaro, o qualunque cosa esso era, non fu una buona idea, soprattutto se non si possedevano superpoteri come Ladybug, Chat Noir e la nuova eroina.

Era stato soccorso dai medici sotto consiglio dei genitori di Marinette –delle persone stupende, doveva ammetterlo– e, anche se erano preoccupati su dove fosse la figlia, non avevano smesso di tenere d'occhio le sue ferite e di curare quelle che sembravano più gravi.

Sdraiatosi sul letto, prese il cellulare con il braccio non ferito, controllando le notizie del LadyBlog, sperando che Alya, dopo che se n'era andato, avesse postato qualche notizia sull'eroina volpe, ma anche lei non aveva alcuna idea su chi fosse, elogiandola solo per la grande battaglia fatta e descrivendo ai seguaci le impressioni che le aveva dato, con allegato il video da lei registrato dalla finestra del salotto dei Dupain-Cheng.

Con un sibilo di dolore dovuto alle ferite –seppur non gravi– al braccio, posò il cellulare sul comodino alla sua destra, notando solo in quell'istante una scatolina nera.

Si mise a sedere, incuriosito, chiedendosi come quella scatola fosse finita lì.

Con cautela, e pensando che potesse essere un regalo di sua madre, la aprì, fischiando per la meravigliosa spilla a coda di pavone adagiata al suo interno.

Improvvisamente, una sfera azzurra uscì dal gioiello, lasciandolo, in un primo momento, abbagliato, poi gli occhi gli si sbarrarono da soli alla vista della creatura blu, simile ad un piccolo pavone che fluttuava davanti a lui.

«Ma cosa...»
L'esserino gli sorride dolcemente, aprendo gli occhi e rivelando la sclera completamente nera e l'iride rossa. «Ciao.»
«Perfetto. Gli antidolorifici iniziano a fare effetto...» borbottò il corvino, sedendosi sul letto e portandosi una mano alla testa.
Il piccolo pavone lo guardò incuriosito. «Ti assicuro che sono vero, Christian.»
«E come sai il mio nome?»
«Io sono una divinità quantistica e tu sei stato scelto dal Grande Guardiano per essere il portatore del Miraculous del pavone per sconfiggere il male.» spiegò lentamente, facendo sì che il ragazzo digerisse le informazioni.
Il ragazzo annuì. «Ok. Quindi un esserino volante mi sta dicendo che è un dio e che io sono stato scelto per essere un bird-sitter... Mi hanno drogato all'ospedale...» ridacchiò, dandosi un pizzicotto alla gamba e sussultando quando si accorse che quella cosa non si era nemmeno spostata.
«Non sei sotto effetto di droghe e non è un sogno. È tutto vero.» disse in maniera confortante il kwami.
Christian sospirò sconfitto. «Allora dimmi, come ti chiami?»
Il piccolo pavone blu sorrise: «Io sono Duusu, il tuo kwami.»



 

Lila rientrò a casa appena prima che la trasformazione si annullasse, per nulla sorpresa di trovare Catherine seduta sulla poltrona mentre parlava al telefono in americano.

Mentre aspettava che che terminasse, diede da mangiare al suo kwami, ascoltando ciò che stava dicendo senza farsi vedere.

Si sedette sul sofà facendosi aria con il ventaglio che aveva poggiato sul tavolino davanti alle sue gambe, sospirando per il caldo.

«Allora, piaciuta la prima battaglia dalla parte dei buoni?» domandò Catherine divertita, riponendo il cellulare nella borsa.
«Non male. Mi piace di più essere portatrice che akumarizzata: il Miraculous è più potente.» rispose con un'alzata di spalle, tornando seria poco dopo. «Non vedo come mai quella persona sia dovuta morire.»

La rossa si sistemò i capelli raccogliendoli in una coda di cavallo, e Lila non poté fare a meno di pensare che sembrava molto più giovane.

«Non potevamo permettere che qualcuno riuscisse a capire da dove proviene quella cosa e a cosa serve.» disse come se nulla fosse, non lasciando trapelare il minimo risentimento nelle sue parole. «Dopo tutto, la "Bestia Z" è solo uno degli esperimenti che Mark sta ideando per sapere come si sconfiggono Ladybug e Chat Noir. Non ti preoccupare, a te non verrà fatto del male.» aggiunse, notando lo sguardo scioccato della mora.
«Ma l'esercito francese ha preso il cadavere per esaminarlo. Non è che vi farete scoprire?»
«Impossibile. È stato iniettato in lui un siero che fa decomporre il corpo dopo un'ora dalla morte. Tra poco resterà poco e niente del licantropo.»

Trixx raggiunse la portatrice, sedendosi sulla sua spalla e poggiandosi contro il collo in cerca di conforto.

Era spaventato e Lila lo sentiva.

Sollevò la mano, accarezzando il kwami dietro l'orecchio per dirgli che andrà tutto bene.

Purtroppo, però, nemmeno lei ne era molto sicura.


 

«Ormai doveva essere qui. Perché non sta arrivando?» domandò nervoso Adrien, facendo avanti ed indietro nella stanza.
«Adrien, stai tranquillo, dovrà ancora capacitarsi di quello che gli -o le- sta accadendo.» rispose Marinette, poggiata alla scrivania. «Io, la prima volta, ho creduto che Tikki fosse un ibrido tra un insetto ed un topo.» continuò con un'alzata di spalle.
«Adrien credeva fossi un genio della lampada, dimmi tu.» sbuffò Plagg, seduto sul tavolo con i suoi compagni kwami.

Adrien stette per ribattere, quando il suono del campanello lo interruppe.

«È arrivato.» osservò agitato il biondo.
«O "arrivata".» sbuffarono in coro Lila e Marinette.
«Bambini, non litigate.» disse Gabriel con estrema tranquillità, sistemandosi sulla sedia.
«Facile per te dirlo. Tu ed il maestro Shifu sapete chi è.»
«Master Fu.» lo corresse l'anziano, in piedi accanto allo stilista.

I passi di Nathalie che accompagnava una persona fuori dalla porta dell'ufficio di Gabriel si sentivano anche se la stanza era chiusa a causa del silenzio di tomba venuto a crearsi.

La porta si aprì, rivelando l'ultima persona che credevano di vedere.

«Benvenuto, Christian Rizzini.» disse solenne Gabriel, cercando con la coda dell'occhio il cenno positivo di Fu.

I ragazzi spostarono il loro sguardo sconvolto dal loro amico all'uomo, per poi tornare su Christian a bocca aperta.

«Ragazzi, lui è il nuovo Peacock.»


 

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Nuovo eroe! E chi se non il nostro Christian?

Un personaggio di cui non si sa praticamente nulla a riguardo. Magari, più avanti, ci farò una one-shot su di lui.

Le cose iniziano a farsi interessanti e l'associazione di Papillon pazzi sembra più agguerrita che mai.

Cavolo, da una semplicissima storia d'amore tra un eroe ed una civile si finisce con persone morte. Tutti molto normale.

Ci si vede mercoledì prossimo :D

Francy_Kid

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Capitolo 21
*** Cap. 21 ***


Cap. 21


 

Christian era seduto sulla sedia che avevano portato apposta per lui, facendo un resoconto di quello che era accaduto fino a quel momento: un pavone blu che fluttuava in aria –Duusu, se non ricordava male– era apparso da una spilla e gli aveva detto che sarebbe diventato un portatore, poi lo guidò fino a Villa Agreste, dove il più grande stilista di tutti i tempi gli aveva detto che si chiamava Peacock.

Guardando le persone presenti si stupì nel vedere Lila ed il vecchietto del salone dei massaggi; per i due Agreste era normale essere lì, e pensò lo stesso di Marinette.

«Io non ci sto capendo più nulla. Potete spiegarmi tutto?» domandò il corvino alzando la mano timidamente.
«Io gli ho spiegato, ma pensa che siano i medicinali a dargli alla testa.» esclamò Duusu sbucando da dietro le sue spalle, facendolo sussultare.

Si sarà mai abituato a quella creatura?

«Oh tranquillo, pure io ho dovuto spiegarlo mille volte a Marinette prima che capisse.» rispose Tikki dalla scrivania, guardando la sua portatrice farle la linguaccia.
«Tikki, da quanto tempo.»
«Ehi pennuto, ben uscito dal Miraculous.» esultò Plagg facendogli cenno di saluto. «Spero soltanto che quel ragazzo non sia come Adrien, sennò ti conviene cambiare portatore finché sei in tempo.»
«Ehi!» esclamò il biondo, guardandolo male.
«Avete tutti il portatore. Wow, che bello poter volare ancora.» aggiunse, iniziando a fare delle capriole a mezz'aria fino a raggiungere i suoi compagni per parlare con loro.

Christian rimase a bocca aperta tutto il tempo, spostando lo sguardo dai kwami alle persone.

«Ehi? Tutto a posto?» chiese Adrien sventolando la mano davanti al suo viso.
«No, ora dovete spiegarmi tutto. Cosa sono quelle cose? Perché ne avete uno anche voi? Chi è lui? Chi siete voi?» terminò indicandoli uno ad uno.
Marinette si fece avanti, sorridendogli in maniera confortante. «Christian, per prima cosa calmati e respira.» si raccomandò, facendogli cenno di inspirare ed espirare. «Ora ti spiegheremo cos'è successo, ok?»

Il corvino annuì lentamente, guardando spaventato il signor Agreste mentre si alzava.

«Tutti noi siamo dei portatori: persone che posseggono un Miraculous e si impegnano a sconfiggere il male.»
«Anche se prima eri tu il male– Ahi!» gemette Adrien dopo che Marinette lo colpì al braccio.
«Lui è Master Fu, il Grande Guardiano.» rispose con aria solenne, come se volesse far capire l'importanza del maestro.
«Ok... se lui è il Grande Guardiano, voi chi sareste?»
«Io sono la posseditrice del Miraculous della volpe, Volpina. La tizia in arancio che ti ha portato dentro dai genitori di Marinette.» precisò, facendolo annuire. «Il mio kwami è Trixx.»

Subito, l'esserino arancio che assomigliava ad una volpe gli fece un cenno di salutò con la testa, sorridendogli.

Gabriel prese la parola subito dopo. «Io sono il possessore del Miraculous della farfalla, Nooroo, e sono più comunemente conosciuto come Papillon.» il ragazzo impallidì di colpo.
«Tranquillo, è innocuo come una farfalla.» scherzò Fu, ammiccando.
«Maestro, penso che il giovane Chat Noir l'abbia influenzata.»
«Questo non accadrà mai, Wayzz.» rispose scuotendo la testa. «Lui è il mio kwami. Oltre che essere il guardiano posseggo anche il Miraculous della tartaruga.» spiegò l'anziano, notando lo sguardo del corvino spostarsi sui suoi due amici.
«Q-Quindi... voi due...»
«Già, hai davanti a te il grande Chat Noir e la piccola ragazza in tuta rossa a pois neri.» rispose Adrien, ricevendo subito un'occhiataccia da parte della sua dolce metà.
Il corvino sbarrò gli occhi e la bocca. «Voi due siete davvero Ladybug e Chat Noir?!»
«Sì Christian, siamo noi.» ridacchiò Marinette, facendo cenno al suo kwami di avvicinarsi. «Lei è Tikki, la mia kwami.»
«Invece quella specie di gatto nero ingordo di Camembert è Plagg, quello che mi fa impazzire ogni giorno.» spiegò il biondo, indicando lo spiritello nero che lo guardava con occhi glaciali.

Christian si sentiva la testa girare.

Non solo conosceva tutti portatori di persona, ma ora era uno di loro.

«Christian, so che tutto questo può essere assurdo per te, ma sei stato scelto per aiutarci nelle nostre missioni, sopratutto ora che le cose sono parecchio strane anche per noi. Ci vuoi aiutare ed essere uno di noi?» domandò gentilmente Marinette porgendogli la mano.
Il ragazzo si alzò in piedi di scatto, fissando la corvina con occhi luminosi. «Sì! Vi aiuterò! Ho sempre sognato di poter almeno stringere la mano a Ladybug, ma aiutarla, per me è un grande onore!» rispose quasi urlando, arrossendo di colpo e scusandosi non appena si accorse della sua reazione.
Marinette sorrise. «Allora, benvenuto tra noi, Peacock.»

I due si strinsero la mano e Christian dovette trattenersi dall'abbracciare la sua eroina preferita.

«Un altro combattente è entrato a far parte dei Cinque Cicloni. Ci manca solo il Guerriero Dragone ora -anzi, quello sono io-. Che ne dite di festeggiare?» chiese entusiasta Adrien, evitando di battere le mani per richiamare l'attenzione.
«Per te niente alcool.» esclamarono in coro Gabriel, Marinette e Plagg, lasciando il diretto interessato senza parole.
«Voi tre dovete smetterla di vedervi. State andando troppo d'accordo.»
«Per me è indifferente se beve o meno. L'importante è che faccia qualcosa di imbarazzante così che io possa catturare il momento è ricattarlo quando voglio.» canticchiò l'italiana, agitando il cellulare.

Adrien rimase in silenzio, mordendosi il labbro, non potendo risponderle siccome era in presenza di suo padre.

«Aspettate un secondo.» li interruppe Plagg, volteggiando al centro per avere tutta l'attenzione su di sé. «Se volete dare da bere a quel ragazzo, mettete al sicuro la povera Marinette o tenterà in tutti i modi di impossessarsi del suo corpo.»
«PLAGG!» urlarono all'unisono Adrien, Marinette e Tikki, mentre Lila, Nooroo e Trixx si misero a ridere e gli altri quattro sospirarono.

Christian li guardò sorridendo.

Certo, era uno strano gruppo, con persone e kwami totalmente diversi l'uno dall'altro, ma si sarebbe sentito bene con loro.



 

Mark aveva previsto una simile reazione da parte della Bestia Z, ma, dopotutto, era solo un esperimento mal riuscito.

Utilizzare diverse formule per creare sieri gli aveva dato la possibilità di avvicinarsi a creare l'esperimento perfetto, un ibrido tra essere umano e animale; anche se era un passatempo temporaneo, giusto il tempo di impossessarsi dei Miraculous.

Sì alzò pigramente dalla sedia, dirigendosi verso la stanza buia in cui Null era nascosto dagli occhi dei suoi impiegati, sentendo la pesante porta automatica scivolare alle sue spalle per chiudersi.

Gli fece cenno, come un saluto –che venne prontamente ignorato– per poi andare a sedersi sulla sedia girevole e iniziare a digitare i dati che Catherine gli aveva fornito.

«Immagino la tua Bestia Z sia stata terminata.» la voce distorta di Null gli arrivo all'orecchio con una nota di scherno, ma lui non diede peso. «Te l'ho detto che un semplice cane non avrebbe fatto granché.»
«Lo so.» ribatté Mark con tranquillità. «Questi sono soltanto piccoli soldati mandati di pattuglia per raccogliere dati sul nemico, nulla di più.» Il dottore si staccò dalla tastiera, alzandosi subito dopo e camminando verso la porta da cui era arrivato. «Vado a controllare una cosa. Tu non toccare nulla.»
«Come al solito, dottore.» ghignò la creatura, facendogli un cenno annoiato con le dita.

Appena la porta si richiuse, gli occhi rossi di Null si abituarono nuovamente all'oscurità, sbuffando annoiato.

Tornò a guardare gli schermi del pc, dove venivano trasmesse immagini di una sorta di un contenitore di vetro alto circa due metri e con un corpo di un ragazzo che galleggiava in un liquido verde, con dei cavi e dei tubi che collegavano i suoi arti ad un macchinario che monitorava ogni sui nervo, mentre il dottor Kaizen –appena entrato– scrisse su una cartelletta i dati dei risultati.

Gli dava il voltastomaco vedere le persone giocare a fare Dio, sperimentando su esseri viventi e modificando le cose presenti in natura.

Ma quella era la sua parte umana che pensava quelle cose.

Con un ghigno spaventoso continuò a fissare il ragazzo all'interno dell'enorme urna trasparente, con gli occhi rossi caratterizzati da un luccichio malizioso. «Dopotutto, io sono una divinità.»



 

Marinette si gettò a terra stremata, respirando affannosamente in cerca di più aria per i suoi polmoni vuoti.

«Principessa, forse dovresti moderare la tua furia.» disse Adrien guardandola dall'alto in basso, porgendole la borraccia piena d'acqua fresca.

Il giorno precedente, dopo che Christian ebbe realizzato di essere il nuovo eroe, e avendo fatto un paio di selfie con lui trasformata in Ladybug, Marinette tornò a casa decisa di dover migliorare parecchio per impedire che la scena di quel pomeriggio si ripetesse.

Sarebbe diventata più forte.

Aveva chiesto a Master Fu come poteva migliorare e far crescere i suoi poteri, ma le era stato detto che l'avrebbe capito da sola come fare.

Rispondeva sempre per dilemmi, quell'uomo.

Così, decise di usufruire della palestra degli Agreste -messa a disposizione anche per Lila e Christian- il più spesso possibile.

«Io non mi calmo. Non posso calmarmi.» rispose la corvina dopo aver preso abbastanza fiato per rispondere.
«Quattro ore di corsa la mattina; flessioni, addominali, sollevamento pesi e rafforzamento glutei il pomeriggio. Anche se, soprattutto, durante l'ultimo esercizio mi è piaciuto un sacco guardarti. Se continui così avrai un collasso.» osservò il biondo, allungando la mano fasciata per aiutarla ad alzarsi.
«Stai zitto e vieni al sacco. Ho bisogno di picchiare qualcuno.» commentò acida lei, afferrando l'avambraccio del ragazzo, accettando il suo aiuto.
Adrien la guardò dirigersi allo strumento. «Mari, sono serio, calmati un attimo. Fai una pausa.»
«Non posso!» esclamò votandosi di scatto. «Non posso permettere che un'altra persona -anche se tramutata in un essere mostruoso in qualche modo- venga uccisa. Durante il mio anno di servizio non è mai stato ucciso nessun akuma perché era diventato cattivo, non posso permettere che succeda ancora.»
«Ma questi non sono akuma, lo vuoi capire?»
«So che non sono akuma, ma sono sempre persone.» Marinette sospirò, passando una mano tra la frangia sudata. «Mi sono sentita malissimo vedendo quella persona venire uccisa così a sangue freddo. Non voglio che succeda ancora... Non posso...» singhiozzò con le lacrime che le rigavano le guance arrossate dal caldo e dallo sforzo degli esercizi.

Il ragazzo si avvicinò a lei, abbracciandola teneramente e facendole scaricare la tensione accumulata fino a quel momento.

Pianse per circa cinque minuti, non volendo apparire debole, visto il suo ruolo da eroina, e sentendosi già meglio rispetto a prima.

«Vuoi ancora picchiare qualcuno o preferisci fare un po' di coccole con me?» chiese sorridendole, asciugandole le lacrime dalle guance con i pollici, avvicinandosi al suo viso.
«Voglio mangiare una vaschetta di gelato alla vaniglia. È ora di merenda.» borbottò mugugnando, tirando su con il naso.
«E tutte le calorie perse durante la giornata? Non siete voi ragazze quelle fissate con la dieta, di solito?»
«La mia dieta comprende uno sgarro che va dalle quattro del pomeriggio alle sei dove posso mangiare quello che voglio. Tu che sei un modello non credo proprio.» ridacchiò, facendogli la linguaccia.

Il giovane restituì la smorfia, per poi baciarle la punta del naso.

«Questo momento mi ricordano un sacco gli allenamenti di Jace e Clary quando lei inizia gli allenamenti per diventare una Shadowhunter a tutti gli effetti: lui la allena, ma finisce sempre con dei flirt da parte di entrambi e scambi di baci.» commentò lui con aria divertita, sorridendo quando la vide alzare gli occhi.
«Ora hai la fissa per Shadowhunters. Almeno sono riuscita a farti passare quella degli anime hentai.» rispose Marinette, staccandosi da Adrien per andare verso il sacco da boxe.
«Ma quelli possiamo vederli assieme, mia dolce succube.» ghignò divertito, leccandosi le labbra.
«Non ti sento! Tu non stai parlando! Ti riferisci ancora a Shadowhunters, non a quella cosa! No, no!» urlò la corvina, tappandosi le orecchie e arrossendo al ricordo dell'ultimo anime di quel genere che le aveva fatto vedere.

Si divertiva a stuzzicarla, e anche tanto.



 

Plagg sbuffò per l'ennesima volta, girandosi su se stesso in cerca di sonno, per poi guardare con la coda dell'occhio la sua compagna coccinella. «Ok! Cos'hai?» domando seccato, mettendosi a sedere.
«Sto pensando di dire a Marinette tutto sui suoi poteri. Voglio dire, dopo tutto lei è la mia protetta.» sospirò Tikki con malinconia, disegnando una figura a caso sulla superficie liscia del cuscino del letto di Adrien.
Il kwami nero inspirò. «Io non posso dirti di no. Sei tu che devi decidere. E credo proprio sarà necessario dato il mio stato...» rispose tristemente, guardandosi le piccole zampe.
«Anche se i tuoi poteri sono aumentati considerevolmente dopo la tua stupidata, Adrien è un ragazzo buono, non farà del male a nessuno.»
«Ma con tutto quello che sta accadendo è molto facile che perda il controllo. Ho sentito il nostro legame vacillare quando si è trasformato l'altra volta.»

Tikki annuì, ricordando la sera che Lila era passata dalla loro parte, quando Marinette ed Adrien avevano avuto una discussione.

«È stata una vera fortuna il fatto che abbia annullato la trasformazione, altrimenti ora al posto delle mani rotte aveva un buco al posto della casa.» aggiunse il micio.
«Allora dirò a Mari di andare da Master Fu domani. Avendo il mio consenso credo la aiuterà.»
Plagg annuì in accordo, sdraiandosi nuovamente sul fianco. «Torna a dormire, coccinella. Mi metti ansia.»
«Gatto rompi scatole.» commentò Tikki, sdraiandosi anche lei è dandogli la schiena.

Il felino era preoccupato, non poteva negarlo.

Era meglio per tutti se Marinette avesse imparato tutto sui suoi poteri il prima possibile.



 

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Le cose si fanno intriganti🌚🌚

E anche strane...

I nuovi poteri di Ladybug. Poteri sopiti in lei è che occorreranno nella battaglia finale.

E sì, sto anche pensando di fare il 4º libro, anche se ho in mente soltanto la trama generale e basta lel

Mi dispiace per tutto quello che sto facendo accadere ai poveri personaggi della storia... MA COSA?! AHAHAHAHAH! SOFFRITEEEEEH!

Mi dispiace se c'è qualche errore di battitura, ma il T9 non collabora molto ^^'

Beh, ci si vede mercoledì :3

Francy_Kid

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Capitolo 22
*** Cap. 22 ***


Cap. 22



Marinette spense la sveglia, mugugnando contraria al fatto di doversi alzare alle sei per i suoi allenamenti giornalieri; ma dovevano pur essere svolti da qualcuno.

Scese le scale e si cambiò il pigiama in un paio di pantaloncini corti e canottiera rossa prima che la calamita che l'attraeva verso il suo comodo letto si mettesse in funzione; si legò i capelli in una coda di cavallo alta, si infilò sul braccio sinistro la fascia per contenere il cellulare per ascoltare la musica e si allacciò le scarpe da ginnastica, pronta ad altre quattro ore di corsa.

Aveva i muscoli doloranti per il giorno precedente, che le chiedevano una pausa di minimo un giorno per recuperare, ma la sua volontà —che Adrien chiamava testardaggine– del diventare più forte batteva il dolore fisico.

"Il dolore fisico è necessario per diventare più forte", si era detta lei.

«Mari, più tardi dovremmo andare da Master Fu.» disse Tikki, fluttuando accanto a lei mentre scendeva dalle scale per andare a fare colazione e per preparare la sua bottiglia d'acqua.
«Oggi pomeriggio andremo, ok?» rispose prendendo un bicchiere e dirigendosi verso il frigo, aprendo l'anta e cercando la spremuta d'arancia avanzato il giorno precedente.
«No, è urgente. Prima gli parlo meglio è.» ribatté con voce acuta, afferrando un biscotto al cioccolato datole dalla sua portatrice.
«Ok, ok. Finita la corsa andiamo al suo studio, va bene?» sbuffò, per poi premere un sorso dal bicchiere.

La kwami annuì, avendo la bocca piena, sgranocchiando il suo cibo preferito.

Marinette finì la spremuta al terzo sorso, recuperando la bottiglietta di plastica vuota per riempirla d'acqua fresca; attese che Tikki finisse di fare colazione, per poi, con le cuffie nelle orecchie, scese le scale per uscire dalla sua abitazione, prendendo un respiro profondo dell'aria mattutina.

Era estate inoltrata, ormai, e non c'era fresco come in primavera, ma un filo d'aria della notte precedente era appena percettibile.

«Quanto vorrei che inizi a piovere...» mugugnò sconsolata, iniziando a camminare per scaldare i muscoli.

Parigi di mattina era bellissima: i primi raggi del sole che si riflettevano sulle acque calme della Senna, le ombre degli edifici che si allungavano man mano che sorgeva ed i colori dell'alba davano a chiunque si guardasse intorno la sensazione di essere in un dipinto.

La ragazza pensò di trasformarsi solo per vedere tutto da in cima alla Tour Eiffel, ma doveva allenarsi.

Selezionò la nuova canzone di Jagged Stone e partì con una leggera corsa, inspirando dal naso ed espirando dalla bocca, come le avevano insegnato a scuola.

Passò di fronte al suo ex-liceo, sorridendo tristemente nel vedere le porte chiuse.

Per un secondo rivide tutti i suoi compagni di classe che parlavano sulle scale mentre aspettavano il suono della campanella per entrare: vide Rose e Juleka che commentavano una foto del Principe Alì; Kim e Alix che si sfidavano in un'altra scommessa, mentre Max li monitorava; Ivan e Mylène che si tenevano teneramente la mano; Nathanaël che disegnava qualcosa sul suo blocco da disegno; Chloé che si guardava le unghie, infastidita, e Sabrina che le spiegava i compiti che aveva fatto per quel giorno; persino Alya, Nino e Adrien c'erano, parlando tra loro e dando un pugno giocoso alla spalla del biondo dopo che aveva fatto una battuta.

Era una classe meravigliosa, anche se c'erano degli alti e bassi -per lo più bassi- e mentirebbe se dicesse che è felice di lasciare il liceo per andare all'università.

Con un sospiro di malinconia tornò a guardare in avanti, accorgendosi troppo tardi che c'era una persona sulla sua strada; per sua solita fortuna, lei e la persona che aveva urtato caddero a terra in un tonfo sordo.

«Mi dispiace! Scusami! Non stavo guardando dove andavo. Christian?!» esclamò sorpresa senza prendere fiato, sopra l'amico.
«Ciao Mari.» la salutò con un sorriso divertito. «Non dovresti cadere ai piedi di Adrien? Penso sarebbe geloso della nostra storia.»
La ragazza lo guardò storto. «Ti avverto: se farai battute pessime come quelle di Adrien anche da trasformato giuro che userò il mio yo-yo contro di te.» gli sorrise, alzandosi non appena vide la sua espressione spaventata. «Comunque, scusami ancora. Sono sbadata come pochi...»
«Non ti preoccupare, non ci siamo fatti nulla.» rispose, muovendo avanti ed indietro il braccio che si era ferito due giorni prima. «Che ci fai in giro a quest'ora? Anche se ti facevo esattamente una tipa mattiniera visto che sei Ladybug.»
Marinette aprì la bocca per rispondere, ma Tikki la precedette, poggiandosi sulla sua spalla: «Se dovessi scegliere il suo animale guida sarebbe un gatto. È solo da ieri che si alza prima per allenarsi.»
«Grazie, Tikki.» disse con sarcasmo, sentendo ridere il corvino.
«Allora, visto che siamo qua, che ne dici di fare quello per cui ci siamo alzati presto?»
«Va bene. E tu perché sei in piedi a quest'ora?» domandò curiosa.
«Sai, le solite cose da modello. E anche perché mi piace vedere le strade di Parigi la mattina, quando non c'è nessuno che intasa le vie e si respira aria fresca. Anche se fresca molto non è.» ridacchiò, asciugandosi le prime gocce di sudore dalla fronte, per poi iniziare a correre a ritmo lento.




 

Marinette salì le scale che ci conducevano allo studio di Master Fu sbuffando, pregando che le sue gambe non l'abbandonassero proprio ora che era arrivata.

Mentre correva con Christian avevano parlato del più e del meno, rischiando di venire lasciato indietro ad ogni sua battuta pessima.

Era amico di Adrien, e si vedeva.

Le aveva anche spiegato che grazie a Master Fu il dolore al braccio era quasi sparito del tutto, oltre che aneddoti sui suoi genitori, interessata a conoscerlo meglio.

Marinette si scostò i capelli dalla fronte, sospirando non appena raggiunse la vetta della rampa di scale, esausta sopratutto per il caldo afoso.

Aveva anche finito l'acqua, pensò sconsolata, bussando alla porta e sperando che fosse in casa.

Erano le dieci passate di mattina, era impossibile che fosse ancora a dormire, pensò lei, sorridendo non appena udì la chiave girare nella toppa; la porta si aprì, rivelando l'anziano nei suoi soliti vestiti a tema hawaiano ed il suo kwami che le dava un sorriso di benvenuto.

«Ciao Marinette, sta piovendo fuori?» domandò il cinese, facendole cenno di entrare.
«No, sono soltanto uscita a correre. Inutile dire che ho già espulso tutta l'acqua bevuta e buona percentuale dei liquidi che avevo in corpo.» ridacchiò stancamente, sedendosi al tavolino basso.
«Come mai sei qui?»
«Tikki le voleva parlare.» disse, ringraziando il Maestro non appena le porse un asciugamano per asciugarle il sudore da buona parte del corpo.
La piccola kwami volò verso il tavolo, sedendosi e guardando il guardiano. «Credo che dovrebbe dire a Mari tutto quello che riguarda i poteri del mio Miraculous.»
Fu strinse gli occhi. «Ne sei sicura?»
Tikki annuì. «Ne ho parlato con Plagg, e anche lui pensa che sia meglio per tutti se Mari impari a controllare i suoi poteri, nell'evenienza che Adrien perda il controllo e visto tutto quello che sta succedendo ora.» spiegò tristemente, guardando con la coda dell'occhio la sua portatrice, che restituì lo sguardo.
Fu sospirò. «E va bene, ti insegnerò tutto su quello che riguarda i tuoi orecchini. Però dovrai essere molto attenta d'ora in poi, perché i tuoi poteri possono essere tanto pericolosi quanto quelli di Chat Noir.»

Marinette annuì decisa.

«Perfetto. Domani a quest'ora vieni qui ben riposata, perché devi essere in piena forza per sostenere il legame che verrà a crearsi tra voi.»
«Grazie, maestro.» sorrise, chinando la testa. «Ehm, posso chiederle una cosa? Christian mi ha detto che gli ha fatto guarire i dolori che aveva dallo scontro contro il licantropo grazie a dei massaggi, non è che me li farebbe anche a me?» domandò gentilmente, unendo le mani quasi per pregarlo.
«Ma non sei stata tu a dire che il dolore fisico è necessario per diventare più forte?» la sfidò la piccola kwami, istigandola.
«Io? Ti sembra che io possa aver detto una cosa del genere?» rispose con sarcasmo, facendo sorridere divertiti Wayzz ed il suo portatore.



 

Adrien aprì un occhio svogliatamente, sentendo sulla palpebra il peso di una giornata passata ad allenarsi con la sua ragazza e di notte trascorsa a guardare anime.

Avrebbe dovuto smetterla di fare le maratone, sopratutto con serie animate lunghissime; anche se gli mancavano soltanto venti episodi di HunterxHunter.

Con l'aspetto peggio di uno zombi di High School of the dead, pensò lui, si mise seduto sul materasso, guardando la stanza immersa nell'oscurità attraverso la palpebra semichiusa, per poi girare il capo verso il comodino per controllare l'orario: le due e tredici di pomeriggio.

Gemendo, si lasciò cadere sul materasso, intenzionato a tornare nel mondo dei sogni per ancora un paio d'ore.

Esatto, ne aveva l'intenzione, ma la porta di camera sua si spalancò rumorosamente ed i passi di una ragazza felice riecheggiavano nella stanza.

«Buon giorno, bell'addormentato.» ridacchiò Marinette, dirigendosi verso il pulsante che serviva per aprire i teli che fungevano da tapparelle.
«Sono bello e sono addormentato. Ora, per favore My Lady, se non vuoi dormire con me esci da questa stanza.» mugugnò, rigirandosi prono sul materasso e coprendosi la testa con il secondo cuscino non appena la stanza iniziava ad illuminarsi.
«Ma che razza di modello sei? Alzati!» lo spronò la corvina correndo verso il letto dove il suo ragazzo era ancora sdraiato, levandogli il guanciale e strappandogli un gemito di disaccordo. «Non stai facendo un servizio fotografico per indumenti intimi. Vestiti che usciamo con i nostri amici.»
«Ed io che mi ero messo in mutande solo per farti piacere, Principessa...» sbadigliò, stropicciandosi gli occhi intriso di lacrime.
«Ma a che ora sei andato a dormire?!»
Adrien guardò un'altra volta la sveglia. «Circa sette ora fa...»

La ragazza lo guardò storto, per poi sospirare esasperata.

«Dove sono Tikki e Plagg? Non ho sentito il piccoletto lamentarsi per mangiare.» aggiunse, iniziando a stirarsi per svegliarsi un po'.
«Sono in cucina con Nooroo a mangiare qualcosa. Nathalie li ha presi in simpatia e stanno assillando Gabriel su diverse serie televisive.» rispose divertita, guardando il biondo alzarsi per infilarsi un paio di pantaloncini larghi rossi ed una canottiera nera, camminando verso il bagno per sciacquarsi il viso e lavarsi i denti.

Marinette attese finché non tornò in camera, guardandolo sedersi accanto a lei con aria beffarda.

«Non osare pensare di fare quello che sto pensando io.» lo ammonì, alzandosi in piedi di scatto.
«Per la prima volta mi hai beccato in un momento in cui la mia mente non aveva ancora raggiunto i pensieri sporchi.» rispose lui, tirandosi indietro i capelli biondi leggermente umidi sulle punte, facendo in modo che non dessero fastidio ai suoi occhi verdi.

Aveva preso l'abitudine di farseli crescere, intenzionato a cambiare pettinatura non appena avrebbe trovato l'ispirazione; Marinette, per conto suo, aveva iniziato a fargli piccoli treccine con i ciuffi più lunghi quando dormiva.

Adrien protese la mano destra verso di lei per essere afferrata, notando il suo sguardo andare sulle ferite non ancora guarite sulle nocche ed il dorso, gonfiatosi all'uscita dei lividi.

L'unguento che Master Fu aveva dato loro per curare le ferite subite durante lo scontro con Volpina e Papillon aveva fatto miracoli per le escoriazioni, facendole sparire quasi del tutto; per i lividi ci sarebbe voluto più tempo.

Marinette gli afferrò il polso, tirandolo verso di sé e facendolo alzare in piedi, permettendo ai loro corpi di combaciare perfettamente.

«Certo che questi due giorni di allenamento ti sono serviti, ma il più forte rimango io.» la canzonò, baciandole la mano.
«Davvero?» lo sfidò ghignando e alzando un sopracciglio.

Il ragazzo non disse nulla, ma restituì il ghigno e con estrema velocità –oltre che facilità– se la coricò a spalle.

«Adrien! Ma che stai–» le sue parole furono interrotte dallo stesso biondo, che iniziò a camminare con passo svelto fuori dalla sua stanza e giù per le scale, ignorando le urla di terrore e le minacce della corvina.

Pochi secondi più tardi, raggiunsero il salone dove erano soliti pranzare, attirando l'attenzione di Gabriel, Nathalie e dei tre piccoli kwami.

«Non farlo mai più! Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò col fiatone, portandosi una mano al petto come a controllare che il cuore le battesse ancora.
«Eppure eccomi qua, senza il minimo segno di stanchezza dopo due rampe di scale con te sulle spalle. Chi è il più forte?»
«Sarai il più forte, ma sei anche il più stupido.» s'intromise Plagg, fischiettando non appena il suo portatore lo guardò male.
Adrien sorrise, facendo un buffetto sulla testa del suo kwami. «Lo so che i tuoi insulti sono un modo per esprimere quanto in realtà tu mi vuoi bene, Plaggino mio
«Plaggino mio?! Oh ora hai davvero esagerato!»

I due iniziarono una nuova discussione, mentre Marinette, sospirando, si sedette accanto a Nathalie.

«Oggi niente allenamento?» domandò la segretaria, accarezzando con l'indice la testolina di Nooroo.
«No. Devo essere in piene forze per domani: Fu mi aiuterà con i miei poteri.» spiegò brevemente, non sapendo nemmeno lei cosa avrebbe fatto.
Nathalie annuì, porgendo metà biscotto a Tikki, che la ringraziò.

In un certo senso, quegli esserini rispecchiavano la personalità, oltre che i pregi ed i difetti, dei loro portatori: Tikki gentile e metteva in riga il suo compagno di avventure, Plagg, che invece era esattamente come un gatto, tranne che per il fatto che parlava e gli piaceva stuzzicare gli altri, mentre Nooroo era docile e, come Tikki, gentile, ma quando si arrabbiava riusciva a farsi ascoltare da tutti.

I difetti preferiva non elencarli, soprattutto quelli dei due Agreste, che di quelli ne sans a a bizzeffe.

Fu aveva proprio scelto le persone adatte, pensò Nathalie mentre cercava di trattenere le risate nel vedere un Adrien ridente correre attorno al tavolo inseguito da un Plagg arrabbiato.



 

Non passarono nemmeno trenta minuti che i due ragazzi erano già per strada per andare allo skate parla abbandonato, esattamente quello dove, qualche mese fa, Adrien e Nino si erano ubriacati.

Marinette sperò che né Alya né Lila, che –per sua più grande sorpresa e piacere, stavano andando parecchio d'accordo– non avessero preso nessun tipo di alcolico per farle uno scherzo o altro.

Cioè, si potevano divertire anche senza cadere a terra collassati per l'alcool, giusto?

Evidentemente, alcuni non la pensavano in quel modo.

«Ho portato le birre!» esultò Nino alzando all'aria due bottiglie di vetro Verdi.
«Nino, ti amo.» esclamò Alya prendendone una.
«Chissà il perché me lo dici solo quando porto da bere o da mangiare.»
«Perché lo stomaco è la via più diretta per raggiungere... tu sai quello che intendo io.» commentò Adrien, prendendone una a sua volta.

Marinette lo guardò male, prendendo la bottiglia dal moro.

Era sicura che gliel'avrebbe picchiata in testa prima di fine uscita.

«Adrien, Mari ti sta lanciando sguardi assassini.» disse Christian con tono basso, indicando la corvina.
Il biondo le sorrise innocentemente, rivolgendosi all'amico. «È normale, tranquillo. Tanto so che vorrebbe saltarmi addosso da un momento all'altro ma si trattiene.»
«Ma intanto sei tu quello frustrato nelle zone basse.» commentò con nonchalance Lila, bevendo un sorso di birra.

Subito, Nino, Christian e Alya si misero a ridere, trattenendosi lo stomaco con il braccio e piegandosi in due, mentre Marinette batté il cinque con la mora.

Il giovane li fissò con il broncio, bofonchiando qualcosa e iniziando a sorseggiare la bevanda.

«Va bene, ora parliamo d'altro e non di cose che riguardano l'intimità. Siamo d'accordo?» disse Marinette sedendosi al centro della pista con gli altri cinque.
«Comunque, ti stai perdendo il meglio degli Agreste, Principessa.» aggiunse Adrien, trovando gusto a stuzzicarla. «Mio padre sarà famoso per come usa la matita, ma se vuoi posso mostrarti io per cosa sono famoso.» ammiccò, sollevandosi la maglietta quel tanto che bastava per far vedere l'addome.
La corvina sorrise. «Christian, sei single?» Il ragazzo annuì. «Vorresti uscire con me domani? Sai, da oggi sono libera.»
«Per me va benissimo.»
«Ehi!» esclamò il biondo guardandoli male, scatenando le risa degli altri.

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Capitolo 23
*** Cap. 23 ***


Cap. 23


 

Era una situazione parecchio strana, pensò per l'ennesima volta Marinette aprendo un occhio solo per vedere la piccola Tikki seduta a zampe incrociate sul cuscino davanti a lei.

Quella mattina era quella decisiva: Fu le avrebbe spiegato tutto -o almeno le cose più importanti- sui suoi poteri. O forse era quello che sperava.

Una volta entrata nel suo centro massaggi, l'anziano fece accomodare le due su un tappetino bianco grande abbastanza da farci stare sdraiate cinque persone, facendo sistemare a gambe incrociate sia Marinette che Tikki.

La piccola kwami era immersa nella meditazione, con gli occhi chiusi e l'espressione concentrata sul volto, esattamente il contrario della sua portatrice.

Fu sospirò, afferrando il suo bastone e picchiando il manico sulla sommità della testa di Marinette, che si portò le mani dov'era stata colpita sibilando di dolore.

«Concentrati.» le sussurrò l'anziano, riprendendola.

La ragazza gli fece un cenno di consenso, massaggiandosi il cuoio capelluto e sperando che non le comparisse un bernoccolo, per poi rimettersi a schiena diritta e ad occhi chiusi, cercando di fare ciò che le aveva detto inizialmente il maestro: svuotare la mente e cercare un legame con Tikki.

Come se fosse semplice, sbuffò mentalmente la giovane, trattenendo un gemito d'esasperazione per il dolore alla schiena dovuto a quella scomoda posizione: preferiva di gran lunga restare sdraiata che seduta.

Cercando di ignorare il fastidio, scacciò ogni tipo di pensiero dalla testa, visualizzando soltanto il vuoto.

Sentì il suo respiro farsi regolare assieme a quello di Tikki e sì concentrò sull'aria che entrava ed usciva dai polmoni; sentì il suo corpo farsi più leggero ed una strano senso di attrazione verso la sua kwami, e quando riaprì gli occhi si ritrovò a galleggiare in uno spazio completamente nero.

Si guardò attorno per capire se ci fosse qualcuno, ma no vide nessuno.

«Master Fu? Wayzz? Tikki?» li chiamò a gran voce. «C'è qualcuno?» aggiunse, sperando di ricevere risposta, invano.
«Mari...»

Dietro di sé udì la flebile voce di Tikki chiamarla e, senza pensarci una seconda volta, si mosse verso la fonte, notando una luce rosa a qualche metro di distanza.

Portando il peso del corpo in avanti, si spostò sempre più vicino alla luce, dandole la conferma che si trattava di Tikki.

«Tikki, che posto è questo?» domandò curiosa, indicando con le braccia il luogo.
«Diciamo che è il nostro inconscio.»
«Nostro?» domandò inarcando un sopracciglio.
«Ora noi siamo collegate anche spiritualmente e questo è il primo passo per capire qualcosa di più sui tuoi poteri.»

Marinette rimase in silenzio per qualche secondo.

«Non hai capito nulla, vero?» sorrise divertita la kwami, incrociando le braccia al petto.

La corvina annuì in imbarazzo ed il piccolo spiritello rosso sospirò.

«Devi capire che cosa significa essere Ladybug, essere colei che ha il potere di creare senza l'uso del Lucky Charm.»
«E come faccio? Il Lucky Charm è l'unico potere che mi consente di creare oggetti per sconfiggere i nemici.»
«Non posso dirti come fare, ma sei tu che devi riuscire a trovare il modo. Il Lucky Charm, come già sai, serve soltanto a rallentare o fermare i nemici e nient'altro.» spiegò cautamente la piccola kwami. «Il potere della creazione è più grande, è qualcosa che va ben oltre al Lucky Charm e tu devi trovare quel qualcosa che ti permette di sbloccare il tuo vero potere.»
«Significa che potrei creare qualcosa dal nulla... senza usare il Lucky Charm?» domandò Marinette ancora incredula.
Tikki annuì. «Potresti addirittura salvare una vita.»

La corvina sbatté le palpebre: tutta quella faccenda era parecchio assurda.

Non aveva mai salvato nessuna vita senza il suo potere speciale è solo l'idea che una cosa del genere era possibile la lasciava stranita. Soprattutto se a farlo era lei.

«E noi siamo in questo posto solo perché tu mi dovevi dire una cosa del genere? Non potevamo farlo anche "fuori"?» domandò mimando il segno delle virgolette con l'indice ed il medio.
Tikki scosse il capo. «Siamo qui perché dobbiamo diventare tutt'uno. Un po' come quando ti trasformi in Ladybug.»
«Ok, è come dovremmo fare?»

La kwami si avvicinò a lei, facendo sì che le loro fronti si toccassero.

Marinette venne accecata da una fortissima luce bianca che la costrinse a chiudere gli occhi, e quando li riaprì si ritrovò nello studio di Master Fu.

«Allora, com'è andata?» domandò l'anziano con aria felice.
«Grazie a questo viaggio spiritico ho più domande che risposte.» commentò stordita la ragazza, cercando di alzarsi, ma si bloccò subito. «Oltre che un gran mal di schiena...»
«Forse non avrai ancora capito cosa devi fare, ma Master Fu può sistemarti la schiena.» ridacchiò Wayzz, facendo sospirare il suo portatore.
«E va bene. Ma solo perché mi stai simpatica.»
«E perché avere problemi alla schiena a diciott'anni non è un granché.» commentò la giovane con tono di rimprovero, non nascondendo il divertimento.

Fu alzò le spalle con aria vaga, sistemando il materassino per la ragazza.



 

Catherine passeggiava beatamente immersa tra la natura del Jardin du Luxembourg.

I francesi avevano un buon stile sin dall'antico 1600, anche se furono i Medici a volere quel capolavoro di giardino.

Passeggiò ammirando la fantastica fontana dei Medici ed ogni singola statua, soffermandosi sulla piccola Statua della Libertà, riproduzione dell'originale donata agli Stati Uniti.

Rimanendo a guardare quella statua sentì come se il cuore le mancasse di un battito: vedere qualunque cosa le ricordasse la sua città natale –New York– le dava un senso di nostalgia.

Si portò una mano al petto sentendo sotto il palmo la presenza della fede che, come abitudine, portava al collo spesa ad una catenella dorata.

Un po' per il suo lavoro da scienziata, ma sopratutto perché aveva paura che si rovinasse con le sostanze chimiche, aveva deciso di usare come ciondolo l'anello che lei e Mark di si erano scambiati come simbolo del loro amore.

Con un leggero tintinnio, lo tirò fuori dalla scollatura della camicia bianca che aveva indosso, sorridendo non mentre leggeva il nome del marito stampato a mano nel suo interno con la data del loro matrimonio.

"Mark Julien Kaizen ~ 17/05/2009"

Con un sospiro risistemò la fede sotto la camicia, dando un ultimo sguardo alla statua prima di voltare le spalle e andare verso l'uscita dell'enorme giardino.

Non si ricordava l'ultimo anniversario che avevano festeggiato, ma era da parecchio che non passavano un po' di tempo insieme come una coppia di sposi; sembravano più colleghi che altro.

A volte si chiedeva se tutto quello che faceva era ciò che voleva lei o era soltanto per restare vicino a Mark: dopo la morte del padre era crollato emotivamente e, come sua moglie, si sentiva in dovere di stargli vicino, ma ora sentiva come se avesse fatto la scelta sbagliata.

Si portò nuovamente la mano al petto.

No, era sicuramente la scelta giusta.


 

Christian si sedette a terra stravolto, seguito da Adrien e da Lila.

Allenarsi in palestra era sempre appagante per lui, ma non quando c'erano quaranta gradi e si soffocava!

«Devo dire a mio padre che si è rotto il climatizzatore...» sospirò pesantemente il biondo, cercando di prendere aria per quanto poteva.
«Dov'è Marinette? Non doveva allenarsi con noi?» chiese sfinita l'italiana, sdraiandosi a terra e rilassando i muscoli contratti per lo sforzo.
«Stamattina era andata da Fu per la questione dei poteri... ora credo sia a casa a dormire.» rispose facendo lo stesso dell'amica. «Non la sento da dopo pranzo, deduco quindi che stia facendo il gatto di turno.»
«Dai Adrien, mostrale chi è il vero felino nel vostro rapporto.» fece il tifo il corvino pompando il pugno in aria.
«Vince lei di sicuro. Quando si addormenta è difficile svegliarla.» disse alzandosi solo per togliersi la maglia e buttarla a lato sperando in un po' di respiro, per poi recuperare la sua bottiglietta d'acqua e bere un bel sorso.

Lila rimase a bocca aperta.

Doveva ammetterlo: allenarsi gli aveva soltanto giovato ai muscoli che già aveva: ora gli addominali erano più marcati e le spalle più sviluppate, senza contare i muscoli delle braccia e delle gambe; per non parlare di quella dannatissima V che aveva ai fianchi.

«Calmati ragazza, lui è fidanzato.» ridacchiò Christian chiudendole la mascella.
«Ehi, guardare ma non toccare, no? E poi, ho superato la mia cotta per il biondino qui presente.»
«Impossibile. Io sono difficile da dimenticare.» ribatté il diretto interessato gonfiando i muscoli delle braccia.
«Credimi, più passo il tempo con te più perdi punti.»

Adrien la guardò male, poi la sua attenzione fu attirata dall'entrata in scena della sua ragazza, che rischiò di cadere a terra se non fosse stato per il suo scatto felino.

«E con questo abbiamo appurato che il gatto sono io, Chris.» scherzò Adrien, vedendosi alzare il pollice dal corvino mentre beveva.
«Cosa?» chiese Marinette, staccandosi dal biondo per via del sudore.
«Oh nulla Principessa, credevamo che fossi rimasta a casa a dormire.»
«No, ma Master Fu mi ha fatto un massaggio alla schiena e mi ero talmente rilassata da essermi... addormentata là da lui.» arrossì grattandosi la nuca.
Adrien fece un'espressione sconvolta. «Così tu vai a dormire da un altro uomo? Mi tradisci così?» recitò. «E per di più con uno più vecchio di te di cento ottant'anni!»
La ragazza lo guardò storto. «Parla quello che fa la passerella a petto nudo per gli altri.»
«Sapete che a me non da per nulla fastidio. Il contrario.» commentò Christian alzando le mani in segno di non colpa.
«Oh la mia Lady è gelosa?» ghignò il biondo avvicinandosi a lei e agitando le sopracciglia.
Marinette si rivolse agli altri: «Se lo volete è tutto vostro.»
«Oh andiamo!» mugugnò Adrien abbracciando la ragazza.
«Adrien! Sei tutto sudato!»

Lila si mise a sedere, guardando i due presi dal loro "bisticcio" .

«Ora la palestra è diventata un nido d'amore.» commentò sarcastico Christian. «Andiamo a picchiare il sacco prima che si mettano a farlo sul pavimento.»
«Oh tranquillo, raggiungere la purezza di Mari è un'impresa ardua ed un traguardo non ancora raggiunto dal nostro latin lover.» ridacchiò la mora quando lo vide sbarrare gli occhi.
«Davvero?!» Christian li guardò nuovamente mentre Adrien cercava di baciare la corvina, che gli poggiava le mani sul petto per tenerlo lontano, poi si alzò, avvicinandosi ai due. «Mari, cara mia, sai cosa ti conviene fare?» disse mettendole un braccio attorno alle spalle.
«Cosa?»
«Secondo me, se ora andate in camera sua e date sfogo ai vostri ormoni Adrien, dopo, sarà più calmo.»
«O ne vorrò di più.» puntualizzò il biondo con un'alzata di spalle.
Marinette guardò i due sbuffando rossa come un pomodoro. «Siete proprio amici voi due: pervertiti come pochi.»
«E a guardare te e Christian si direbbe che siete fratelli.» si rivolse al ragazzo. «Ti prego amico, tingiti i capelli o inizierai a piacermi.»
Christian agitò le sopracciglia. «Ma se vuoi portare me in camera tua anziché lei mi va più che bene.»
«Perfetto, Adrien, da questo momento sei single.»
«Ma... Principessa!»
«Visto che ora sei single, Mari, che ne dici di uscire con me?» domandò il corvino come se nulla fosse, ancora con il braccio attorno alle spalle della ragazza.
«Ma tu ci provi prima con me e poi con lei?! Doppiogiochista. Mi sono offeso.» sbuffò Adrien incrociando le braccia al petto.
«Allora un'uscita a tre.»

Nel mentre, Marinette si allontanò furtiva da quei due pervertiti, sedendosi accanto a Lila, che era rimasta a terra, non staccando gli occhi di dosso dai ragazzi mentre discutevano.

«Che coppia di bambini...» sospirò l'italiana, ricevendo un cenno positivo da Marinette, che si asciugava il sudore di Adrien dalle braccia con il panno che aveva preso.



 

Il rumore dei motori dell'aereo era insopportabile per chiunque non avesse un paio di cuffie insonorizzate, ma pur di portare a casa il pane quotidiano bisognava apportare.

«La "Bestia Y" è imbarcata. Attendiamo un suo ordine, signore.» esclamò il cadetto al telefono, annuendo con la testa non appena ricevette risposta. «Sarà a Parigi tra circa dieci ore.»

Detto ciò, chiuse la chiamata, facendo cenno al suo superiore che era tutto pronto.

L'uomo corse a far sgombrare la pista per far decollare l'aereo, osservando le numerose persone che avevano trasportato la bestia sul velivolo correre per mettersi al riparo.

Questa volta fu più difficile mettere l'esperimento sull'aereo: nel mentre che veniva sistemato nella scatola di metallo che serviva per il trasporto, l'anestesia non bastò e, dopo aver sfondato la porta di metallo, attaccò chiunque si trovava sulla sua strada, infilzando le persone con i suoi aculei.

Solo uno dei soldati fu abbastanza veloce da sparare due dardi sonniferi, facendo in modo che la bestia fosse rinchiusa è caricata sull'aereo.

Erano morti circa nove soldati e quattro scienziati.

Mark, che osservò tutto dalle telecamere a circuito chiuso ghignò.

Questa volta, Ladybug e Chat Noir avrebbero avuto parecchio filo da torcere.



 

---------------------------------------
Mark è fissato con l'alfabeto al contrario.

Ah beh, che aspettarsi da uno scienziato pazzo?

Ora, devo mettermi a ripassare tutto che domani ho la simulazione e della terza prova con 4 materie dentro... help me...

Godetevela finché non siete in 5ª superiore! T^T

Un po' come Catherine che passeggia per Parigi :3

A Mercoledì con il capitolo 24 ;D

Bye bye :3

Francy_Kid

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Capitolo 24
*** Cap. 24 ***


Cap. 24


 

Cristian osservò la città dall'alto della Tour Eiffel, inspirando profondamente e senza badare alle vertigini.

Non era mai stato così in alto prima d'ora e, se doveva essere sincero, gli creava un senso di vuoto nella pancia che gli dava la nausea; ma doveva soltanto abituarsi.

Il suo sguardo cadde verso il basso, stringendo la mano a pugno e poi riaprire le dita, osservando i guanti.

Il tessuto del suo costume era leggero e comodo, ma sperava ugualmente che d'inverno non soffrisse le intemperie: la parte sotto gli occhi della maschera era di un colore blu scuro, mentre quella superiore di color nero e il prolungamento sul ponte del naso dava l'impressione che fosse realmente il becco del volatile; il torso era caratterizzato da una specie di corpetto color blu e le braccia erano nere, fino alle mani, dove le dita erano blu; la vita era adornata da una cintura di penne in metallo blu con l'occhio rosso, ed il Miraculous fungeva da fibbia; le gambe erano blu fino al ginocchio, dove poi il materiale tornava nero.

Erano colori scuri, ma gli piacevano molto, e si era chiesto come sarebbe stato il suo mantello se ne avesse avuto uno.

Mezzanotte era passata da poco e la città era tranquilla.

Era il momento ideale per testare i suoi poteri.

Ma forse era meglio scendere sulla piattaforma, pensò con un sorriso imbarazzato, aiutato dalla sua agilità a raggiungere il luogo diventano solite le persone radunarsi ad osservare il panorama.

Sembrava che fosse diventato leggero come un volatile e, anche se non poteva volare, poteva pur sempre combattere in maniera aggraziata come un pavone: scoccando frecce grazie al suo arco!

Aveva sempre desiderato un arco e ringraziava il fatto di non aver dimenticato le lezioni al corso estivo di tiro al bersaglio fatto a dodici anni.

Guardando l'arma che aveva in mano, si accorse solo in quel momento che non aveva alcun tipo di faretra dove contenere le frecce, e, di conseguenza, nemmeno alcuna freccia; osservò meglio l'arco, notando il filo che collegava le due estremità essere fatto di un materiale luminoso e parecchio rigido.

Sarebbe servita parecchia forza per tenderlo, ma mancavano i dardi.

Forse era meglio chiedere a Master Fu come funzionava...

Tralasciando l'arma, era arrivato il momento di provare il suo potere speciale.

Chiuse gli occhi, aprendoli subito dopo aver pronunciato il nome del suo potere: «Eyesight

L'iride azzurra divenne dorata e davanti a lui vide lo stesso paesaggio in cui si trovava ma durante il mattino; l'immagine di un aereo che volava a bassa quota –tanto da sfiorare la punta della Tour Eiffel– gli sferzò davanti e lo vide sganciare dal vano una sorta di enorme scatola di metallo che andò a schiantarsi verso la strada che conduceva al Trocadero.

Dall'enorme foro venuto a crearsi per lo schianto, vide uscire una strana creatura ricoperta di lunghissimi aghi accumunati, mentre le persone che avevano assistito alla scena –fortunatamente tutte indenni– corsero il più lontano possibile per nascondersi, urlando in preda al panico.

Le immagini dell'atterraggio divennero sbiadite, e davanti al corvino si presentò un altro momento: Ladybug, Chat Noir, Volpina e lui che combattevano quella creatura.

Volpina cercava di stordirlo con le sue illusioni, ma non funzionava, vedendole tutte sparite dopo essere state colpite dagli enormi aghi.

All'improvviso, il mostro puntò su Ladybug, che si reggeva a stento in piedi per la fatica dovuta allo scontro.

Lanciando uno spillo dalla coda, la creatura sembrò ringhiare di dolore mentre si copriva il volto con le enormi zampe.

Sia Chat che gli altri due erano troppo lontani per spostarla o deviare il colpo, e Ladybug era troppo stanca per potersi muovere.

Christian vide l'aculeo avvicinarsi sempre di più alla coccinella, immobile ad attendere il suo destino, quando la visione si interruppe di colpo, lasciando il ragazzo con un mal di testa tremendo ed il corpo che tremava.

Doveva avvisare Fu in tutta fretta, non era importante l'orario.

Consapevole del fatto che gli restavano cinque minuti prima di detrasformarsi, saltò tra le travi della Tour Eiffel per raggiungere il centro massaggi del Grande Guardiano.

Non sapeva di preciso quando sarebbe successo, ma doveva avvisare del pericolo imminente e, soprattutto, doveva evitare che Marinette venisse uccisa.




 

Marinette sbadigliò girandosi dall'altro lato soltanto per trovare un corpo caldo accanto a lei.

Non riconoscendo chi fosse, iniziò ad accarezzare la superficie liscia di quello che doveva essere un materiale simile a lattice, quando con la mano urtò una specie di campanella, che produsse un tintinnio acuto.

Sbuffando, la ragazza si mise a sedere, guardando male il biondo sdraiato accanto a lei.

«Buongiorno, Purr-incipessa.» ghignò Chat Noir con un sorriso divertito stampato sul volto.
«Adrien, quando sei entrato?» sospirò la corvina stirando gli arti superiori e la schiena indolenziti.
«Adrien? Chi è questo Adrien?» chiese con finta curiosità il felino. «Tu ti svegli con un ragazzo ultra sexy nel letto e la prima cosa che dici è il nome di un altro -anche lui parecchio figo, devo aggiungere-? Sono profondamente offeso, Principessa.»
«Oh scusa, Gattino mio.» ridacchiò lei, decisa di stare al suo gioco poiché, dopo tutto, a lei non dispiacevano per niente questi momenti di flirt. Marinette si mise a cavalcioni sopra di lui, lasciandolo sorpreso. «È vero, sono stata proprio crudele.»
«Già, sei stata una ragazza cattiva, ed ora devo punirti.» ridacchiò provocante il felino, solleticandole le braccia con gli artigli affilati.

La ragazza rabbrividì, pensando ad ogni modo possibile per torturarlo e a come non arrossire come un pomodoro.

Quanto sperava che, prima o poi, non avrebbe più provato tale imbarazzo a fare tali cose, ma per ora era meglio prepararsi psicologicamente.

«E cosa vorresti farmi, oh grande Chat Noir?» chiese, sfiorandogli la punta del naso con la propria.
«Grande Chat Noir, eh? Mi piace.» annuì riflettendoci, prendendo una ciocca di capelli corvini e facendola girare tra le dita. «Magari posso perdonarti se fai qualcosina che mi piace.»
«C'entra per caso il tuo Chat Jr?» ridacchiò lei, arrossendo leggermente.
Il felino alzò le spalle mantenendo il suo ghigno. «Può darsi.»

Marinette sorrise innocente, per poi iniziare a muovere i fianchi lentamente, sentendolo sospirare.

Chat si sporse a reclamare la sua bocca, muovendo le sue labbra voraci contro quelle della ragazza, volendo in ogni modo possibile farle capire quanto la desiderava; spostò le sue mani ad accarezzarle il corpo, stando attento a non andare oltre alle zone che sapeva metterla a disagio: certo, voleva andare ben oltre alla situazione del momento, ma non voleva fare qualcosa che andava contro alla volontà di Marinette.

Per contro, la ragazza, ghignò, intrecciando le dita tra i capelli biondi del felino –stando attenta alle orecchie da gatto– e aumentando i movimenti del bacino.

Chat gemette nel sentire i movimenti ipnotici della corvina sopra di lui, aiutandola a mantenere il ritmo lento con le mani.

All'improvviso, tutto il piacere del momento fu distrutto da un dolore acuto al labbro inferiore e dal volto spaventato di Marinette.

«Mari, il telefono!» esclamò Sabine dalla botola aperta. «È Lila, dice che è importantissimo.»
«O-Ora scendo.» disse la giovane cercando di essere il più addormentata possibile.

Marinette fece cenno a Chat di rimanere in silenzio, mimando con le labbra la parola "scusa", per poi scendere dal soppalco per rispondere al telefono.

«Grazie mamma, ora puoi tornare giù, credo mi rimetterò a dormire ancora per un paio d'ore.» sbadigliò, per poi dare un bacio sulla guancia alla madre.
«Dovresti smetterla di passare la notte a disegnare, poi ti sconvolge tutta la giornata.» si raccomandò Sabine, iniziando a scendere le scale.
«Ok, lo farò. Ciao mamma, e grazie.» disse chiudendo la botola e rispondere al cellulare. «Dimmi Lila.»
«Smettila di fare quello che stavi facendo e vieni subito al Trocadero, c'è una cosa abbastanza importante che richiede l'aiuto di noi eroi.» rispose la mora dall'altro capo del telefono, cercando di tenere a bada il fiatone per la corsa.
«Che cos'è successo?»
Lila non rispose, impegnata a urlare qualche imprecazione in italiano ad un autista che non l'aveva fatta passare sulle strisce pedonali, per poi rimettere l'apparecchio vicino all'orecchio e rispondere così a Marinette: «È apparso un altro mutante.»





 

Ladybug atterrò sul tetto della piccola torre destra del Trocadero, esattamente accanto a Volpina, seguita da Chat.

«Era ora che arrivaste! Non sapete... Che ti è successo al labbro?» domandò incuriosita la mora, allungando la mano per controllare meglio.
«Diciamo che c'entra la signorina qua presente.» sbuffò il felino lasciando che l'amica sfiorasse il taglio che aveva al labbro inferiore.
«Ti ho già chiesto scusa, ma mia madre era salita in camera e non sapevo cosa dirle se si avesse visto. "Ehi mamma, ah ti stai chiedendo come mai stavo sbaciucchiando Chat Noir? Semplice, lui in realtà è il mio ragazzo Adrien ed io sono Ladybug, ma tu non devi dirlo a nessuno perché potrebbe mettere a repentaglio la vostra vita".» recitò la corvina con tanto di moventi delle mani.
«Almeno potevi evitare di staccarmi le labbra!» esclamò indicando la propria bocca. «Mi sono appena guarite le mani e già devo preoccuparmi di un'altra ferita...»
Lila sospirò. «Ragazzi, siamo qua per una cosa più grave, lasciate i bisticci a dopo, ok?»

Senza permettere a nessuno dei due di rispondere, i tre udirono uno stridio provenire da sotto di loro; sporgendosi videro una creatura con la schiena totalmente rivestita di aghi accumunati, che venivano scagliati ad estrema velocità contro i pilastri che circondavano la piazza.

La lunga coda, anch'essa provvista di aghi, si agitava a destra e a sinistra facendo capire a Ladybug che se avesse colpito qualcuno con quell'affare sarebbe stato spedito lontano almeno una ventina di metri.

La pelle squamosa sul davanti era marrone scuro e, pensò la coccinella, quello fosse il suo punto debole.

Le braccia lunghe fino a terra erano ricoperte di aghi più corti e le mani erano sostituite da quelli che sembravano artigli lunghi circa una ventina di centimetri.

Il volto era completamente piatto, se non fosse stato per un paio di luminosi occhi gialli ed una bocca dalla quale colava bava viscida.

«Diciamo che abbiamo a che fare con una situazione spinosa.» commentò Chat Noir agitando le sopracciglia alle due partner.
«E ti pareva che non facesse nessuna battuta...» sospirò Ladybug portandosi una mano alla fronte.
«Oh andiamo, My Lady, lasciati andare. Non stare sulle spine.»

La corvina prese dei respiri profondi, dando le spalle ai suoi compagni ed iniziando a contare fino a trenta.

«Dov'è finito Peacock? Quel coso inizia ad arrabbiarsi.» disse Chat Noir indicando la creatura che colpiva le colonne con sferzate potenti.

Pochi secondi più tardi, un ragazzo in tuta azzurra e blu atterrò accanto al felino.

«A parlare del diavolo.» esclamò Volpina divertita, facendo un cenno di saluto all'amico.
«Scusate, ero lontano da qua.» si scusò, irrigidendosi non appena vide Ladybug.
«Certo che fai il tuo figurino in questo costume. Sembri un dark e mi piace.» si complimentò lei, facendolo arrossire. «Pronto per la tua prima missione? O sei nervoso?» gli chiese la coccinella, mettendogli una mano sulla spalla.
«Tutto bene, ora andiamo a sconfiggere quel... coso.» rispose con risolutezza, spostando l'attenzione su Chat. «Che hai combinato al labbro?»
«Dopo te lo spiego, ora dobbiamo agire prima che qualcuno si faccia male.»

I tre annuirono, osservando ancora una volta la creatura da sopra il tetto.

«Qual è il piano, My Lady?» domandò l'eroe vestito in nero, preparando il suo bastone.
«Allora, ho visto che il maggiore Raincomprix ha chiuso le vie per entrare al Trocadero e alla Tour Eiffel, questo ci da la possibilità di attaccare senza preoccuparci dei civili. Ma prima dobbiamo vedere che cosa sa fare. Volpina, usa le tue illusioni.» spiegò la corvina facendo annuire l'italiana che, dopo aver suonato il flauto, fece comparire una decina di Volpina che circondavano la bestia.

Il mostro ringhiò minaccioso, agitando la coda a destra e a sinistra per sparare degli aculei che completino in piano tutte le figure, che sparirono in un secondo.

«Ok, lo voglio nella mia squadra di freccette.» commentò Chat, stringendo la presa sul suo bastone, preparando a saltare.
«Resta qui. Hai visto cosa può fare?! Se ti colpisce con uno di quei cosi ti ritrovi con un buco in pancia.» lo fermò Ladybug prendendolo per il braccio.
«Vorrà dire che Plagg mangerà solo Emmental.» ammiccò lui, riponendo il bastone nella ceretta dietro la schiena.

La corvina lo guardò storto tentò di dire qualcosa, ma venne interrotta da Peacock.

«Chat, Ladybug ha ragione: potresti finire male. E Ladybug –si voltò verso di lei– tu è meglio se resti qui.»
«Che intendi dire?»
«Se entri in battaglia con noi, non solo perderemo perché siamo troppo deboli, ma tu rimarrai uccisa...» spiegò con più fermezza possibile, notando subito l'espressione spaventata di Chat.
«Come uccisa? E tu come fai a dirlo?» gli domandò Lila incredula.
«L'ho visto col mio potere: io riesco a prevedere le cose prima che accadano ed ho visto Marinette che veniva colpita da uno di quegli aghi e noi che eravamo troppo lontani e stanchi per aiutarla.» rispose, raccontando la sua visione, ancora impressa nella mente.
«Questo è fuori discussione! Io sono l'unica che può ripristinare i danni causati dal mutante.» esclamò irata Ladybug portando le mai ai fianchi con fare autoritario.

Christian aprì la bocca per aggiungere altro, ma Chat gli mise la mano sopra la spalla.

«Non so cosa tu abbia visto, ma so di per certo che Ladybug non è una che perde facilmente. Si è addirittura fatta mangiare da un t-rex per salvare un povero akumatizzato!»
«Peacock, sin dal primo akuma mandato da Papillon, io ho promesso che avrei protetto la città anche a costo della mia stessa vita da qualunque nemico l'avesse minacciata. A sconfiggere Papillon siamo riusciti, ora tocca a tutto quello che ci mandano contro gli altri.» esclamò lei con determinazione, alzando la mano e aspettando che venisse stretta.

Christian fissò la ragazza con ammirazione: sapeva di che pasta era fatta Ladybug, ma vederla rifiutare di fuggire malgrado l'avesse avvisata gli fece venire i brividi lungo la spina dorsale: era come se lei gli desse la carica di combattere.

Certo, aveva paura, ma quegli occhi azzurri gli trasmettevano la fora necessaria e vedeva quanto amava la sua città e le persone che la abitavano.

Sorridendole, le strinse la mano.

Era pronto ad aiutarla ed a fare in modo che quella visione non diventi realtà.



 

----------------------------------------------------------------------------------------------
E abbiamo un pavone spaventato, una coccinella determinata (Frisk confirm), una volpe pensierosa ed un gatto che fa il cabarettista contro un porco spino gigante.

Tutto normale.

Anyway, lo stile del costume di Peacock è ispirato a questo, solo senza coda e senza ventaglio (dato che la sua arma è l'arco):

Anyway, lo stile del costume di Peacock è ispirato a questo, solo senza coda e senza ventaglio (dato che la sua arma è l'arco):

Che succederà a Ladybug se combatte? Aspettate e lo scoprirete ;3

(Le immagini non appartengono ovviamente a me, ma a Tides su Tumblr)

Che succederà a Ladybug se combatte? Aspettate e lo scoprirete ;3

A mercoledì prossimo ^^

FrancescaAbeni

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Capitolo 25
*** Cap. 25 ***


Cap. 25




Chat Noir fece roteare il suo bastone per contrastare le enormi schegge che il nostro gli lanciava contro, proteggendo così sia Ladybug che Volpina.

Peacock, era alle spalle del mutante a scoccare numerose frecce in cerca di possibili punti deboli, ma sembravano non fargli nulla.

Quell'arco era fantastico: gli permetteva di creare frecce azzurre, che sembravano essere fatte di elettricità, dal nulla soltanto tendendo il filo.

«Volpina, devi usare il tuo potere speciale per confonderlo.» esclamò Ladybug accanto a lei, osservando preoccupata Chat che cercava di tenere il ritmo.
«Non posso! Per farlo devo rimanere concentrata per tutta la durata dell'illusione. Se lo faccio ora rischio di venire colpita.» spiegò, per poi creare altri due Ladybug e Chat Noir per far spostare l'attenzione sui falsi e, così, allontanarsi quanto bastava.

Subito, il felino e le due ragazze andarono a ripararsi dietro i detriti di quello che prima era un monumento di pietra lì nel Trocadero, permettendo così al biondo di recuperare le energie.

«Cavolo, ho le braccia a pezzi...» gemette Chat facendo roteare le spalle doloranti.
Ladybug strinse i denti. «Chat, resta qua con Volpina e fai in modo che usi il suo potere speciale. Io vado ad aiutare Peacock.»

Senza nemmeno dare il tempo ai due di ribattere, la corvina di lanciò un battaglia, schianto con salti e capriole i numerosi aghi che le venivano lanciati contro.

Ladybug fu abbastanza vicina per sferrare un calcio al volto del mutante, ma il mostro fu più veloce di lei: fece una rotazione del corpo e finì per colpire la ragazza con la coda, scaraventandola contro il muro del Trocadero.

La forza dell'impatto creò un solco nei mattoni e le tagliò il fiato nei polmoni, facendola restare senz'aria per qualche secondo e facendole offuscare la vista.

Con un forte inspiro, seguito da una tosse violenta, rialzò il capo, vedendo i suoi partner lottare con tutte le loro forze ed i loro poteri per vincere.

Le forse la stavano abbandonando, ma doveva lottare per i suoi compagni, per i suoi amici, per i suoi genitori, per il bene di tutti i parigini, per se stessa.

Con gambe tremanti, si alzò in piedi, scuotendo la testa per pulirsi dalla polvere e per recuperare più lucidità possibile.

Con un urlo di dolore, si lanciò nuovamente in battagli; si convinse che il suo corpo non era pesante per i danni subíti da tale scontro, ma era leggero e carico d'adrenalina, iniziando a colpire con violenti calci e pugni il muso del mutande.

Sentì la creatura grugnire davanti a lei e subito dopo iniziò il contrattacco: con le grosse mani –che erano solo artigli– le lanciò contro sferzate potenti, ma lei le evitò con un paio di salti indietro.

«Trovato il suo punto debole?» domandò ad alta voce la corvina esausta, respirando affannosamente ed ignorando il dolore pulsante alla schiena ed alla cassa toracica.
«Purtroppo no, questo ci lancia addosso continuamente spilli peggio di una madre sarta arrabbiata con suo figlio.» rispose Chat, evitando un ago.
«Dobbiamo colpirlo all'addome: è l'unica parte non ricoperta da aculei!» osservò Volpina, saltando di lato per non venir colpita da un'enorme zampa.

Peacock osservò la scena a distanza, studiando la situazione.

Quella specie di istrice gigante si basava sopratutto sulla vista, inquadrando il bersaglio per colpirlo con i suoi aghi accumunati.

All'improvviso, gli venne un'idea.

Si posizionò sopra le scale del Trocadero, quelle che davano sulla Tour Eiffel, tendendo il filo del suo arco e creando due frecce luminose.

«Ragazzi! Sposatevi da lì!» urlò il ragazzo attirando l'attenzione dei suoi compagni.

Senza farselo ripetere una seconda volta, i tre saltarono a debita distanza, ma Ladybug si separò da Chat Noir e da Volpina poiché dovette evitare la coda all'ultimo secondo, finendo ad una ventina di metri di distanza, mentre gli altri due, esausti, si nascosero dietro ad un muretto di pietra.

Peacock mantenne il contatto visivo con il mutante, osservando i suoi occhi rossi, prendendo la mira ed aspettando che smettesse di muoversi per colpirlo.

Le frecce scoccate viaggiarono ad estrema velocità, colpendo il bersaglio.

Il mutante inizio ad urlare in preda al dolore non appena le due frecce gli si conficcarono negli occhi, facendo sgorgare sangue caldo dalle orbite ferite.

Peacock sorrise per essere riuscito nel suo intento, ma alla sua espressione di vittoria si trasformò in puro terrore non appena vide il guaio che aveva combinato: il mostro si fece più agitato, lanciando aculei accumunati dove capitava, il volto coperto dalle sue enormi zampe ed un ringhio di dolore che usciva dalle sue fauci.

Il corvino si paralizzò: la visione che aveva avuto quella notte si stava avverando.

Osservò dove si trovavano Chat Noir e Volpina e, malgrado il felino si fosse già messo a correre, un aculeo accumunato era a pochi metri di distanza da Ladybug.

La coccinella tentò di schivarlo, ma cadde in ginocchio esausta, tossendo.

Era la fine.

Aveva fallito sin dalla sua prima missione e, soprattutto, non credeva di essere lui la causa della morte di Marinette.

All'improvviso, una figura prese al volo Ladybug e, con estrema velocità, la spostò dalla traiettoria dell'aculeo, mettendola al riparo dietro le macerie dell'ex monumento.

Era una ragazza dal costume completamente nero, se non fosse per un motivo a ragnatela su tutto il corpo; aveva i capelli rosso fuoco ed una maschera dello stesso stile del costume.

La coccinella la guardò sorpresa.

Una nuova posseditrice?

Impossibile. Gli unici Miraculous che conosceva e che erano ancora inutilizzati erano quello dell'ape e della tartaruga.

«Chi sei tu?» le domandò la corvina, inginocchiata a terra per il dolore tremendo alla schiena.
«Chiamami pure Spider, ora, però devo fare una cosa.»

Detto ciò, la ragazza saltò dove si trovava prima Ladybug e, evitando con estrema agilità tutti gli aculei del mutante, iniziò a sparare ragnatele dai polsi, immobilizzando il nemico in un enorme bozzo appiccicoso.

Il mostro continuava a ringhiare ed a dimenarsi, ma presto venne circondato dai quattro eroi.

«Ok, lei chi è?» chiese sorpreso Chat Noir, indicando la ragazza vestita in nero.
«Non può essere una nuova posseditrice.» commentò Volpina fissandola con occhio indagatore.
«Perché infatti non lo è.»

I quattro si voltarono, vedendo Papillon avvicinarsi con passo solenne e puntando il bastone a terra ad ogni passo.

«Non dirmi che...» iniziò il felino.
«Sì, è un'akumatizzata.» rispose l'uomo in viola, facendo cenno alla ragazza di avvicinarsi. «Sapete, il mio Miraculous non solo permette di creare campioni che provano sentimenti negativi, ma posso usufruire di ogni tipo di stato d'animo. Ovviamente, la collera li rende più forti.» spiegò.
«E allora lei chi è? Una ragazza fan di Spiderman?» ridacchiò Chat indicandola.
Papillon annuì. «Hai indovinato.»

Ladybug continuò ad osservare in giro in cerca di un possibile cecchino, ma non vide nessuno: nessuna figura in cima alle due torri, nessuno sulle scale e nessuno dietro agli alberi.

La creatura sbuffò, arresa al fatto che non si sarebbe liberato.

«Ladybug, tocca a te.» disse Volpina, facendo cenno alla compagna dei danni che li circondavano.

La ragazza annuì, evocando il Lucky Charm: un cellulare.

«Come mai un cellulare?» chiese la volpe incuriosita.
«Non so, ma c'è un numero sullo schermo.»

Ladybug premette il tasto di avvio alla chiamata sentendo il segnale di linea del cellulare.

Chat raddrizzò le orecchie da gatto, facendo cenno agli altri di restare in silenzio. «C'è qualcuno. Sento un cellulare suonare.»

Subito si diresse verso la fonte del rumore, seguito da Peacock.

«Sarà una coincidenza.» osservò Volpina, punzecchiando il mutante con il flauto, ricevendo una risposta affermativa da Ladybug, che chiuse la chiamata.

Subito, i due ragazzi tornarono.

«Sembra un cellulare usa e getta, ma ha smesso di suonare non appena l'ho preso in mano ed ho visto qualcuno allontanarsi di tutta fretta. Per fortuna non era nessun civile ferito.»
La corvina lo guardò. «Hai detto che ha smesso di suonare appena l'hai preso?»
«Sì...»
«Aspetta.»

Ladybug premette nuovamente il tasto di avvio alla chiamata e, dimostrando che la sua tesi era corretta, il cellulare che Chat aveva trovato riprese a squillare.

«Ok, questo telefono c'entra qualcosa. Direi di prenderlo e analizzarlo.» commentò Volpina, avendo il consenso di tutti.
«Dove vai ora?» chiese Chat a suo padre, vedendolo allontanarsi.
«È meglio che me ne vada. La gente ancora non sa che sto dalla vostra parte.» disse Papillon, facendo cenno alla ragazza-ragno di seguirlo, per poi dirigersi verso l'uscita del Trocadero.

Non passarono molti minuti prima che la polizia entrò nell'area con un furgone per il trasporto dei prigionieri, seguita da una trentina di giornalisti –prima tra tutti Alya, osservò Ladybug con un sorriso– desiderosi di intervistare gli eroi e, soprattutto, le due nuove reclute.

La ragazza vide Peacock camminare da parte, allontanandosi da tutti e andarsi a sedere verso le scalinate; facendo cenno a Chat di occuparsi lui e Volpina dalla situazione, seguì il corvino e si sedette accanto a lui.

«Se non vai Chat si prenderà tutta la gloria.» disse per rompere il ghiaccio.
Peacock gemette. «Ma quale gloria? La mia visione si stava avverando. Ho visto te che stavi per essere colpita da quell'aculeo e noi che non potevamo fare nulla, ma non credevo di essere io la causa di tale... cosa.» esclamò, lanciando il suo arco a terra. «Non so il perché Fu mi abbia scelto. Sono un buono annulla.» continuò, portandosi le mani al viso.

Ladybug si sporse per recuperare Parma dell'amico, ammirando in un primo momento i lineamenti leggeri e armoniosi, poi, ricordandosi di un episodio simile della sua vita, iniziò a ridere.

«Sai, anch'io alla prima missione ho toppato alla grande. Per me e Chat fu il nostro primo nemico: un nostro -ormai ex- compagno di classe che si era tramutato in un gigante fatto di pietra con il nome di cœur de pierre.» iniziò a raccontare con un sorriso. «Trovato l'oggetto in cui risiedeva l'akuma è una volta liberato il ragazzo dal potere di Papillon, entrambi tornammo a casa con la certezza che tutto fosse finito, ma tante altre akuma s'impossessarono dei parigini, tramutandoli in tanti cœur de pierre. Quel giorno rischiai di far cadere una mia amica dalla Tour Eiffel, senza contare la figlia del sindaco lanciata ad alta velocità contro suo padre, ma sono dettagli. –ridacchiò sventolando la mano.– Quel giorno, se non fosse stato per Chat non credo avrei continuato ad essere Ladybug, ma ho imparato dai miei errori.»
Il ragazzo la guardò con occhi lucidi. «Ma io sono stato colui che ha rischiato di farti ammazzare!»
«Nella tua visione mi avevi per caso vista con un aculeo che mi perforava il corpo?» domandò abbozzando un sorriso, ricevendo una risposta negativa. «Allora, a quanto pare, hai saltato la parte in cui arrivava Papillon.» Ladybug poggiò l'arco sulle ginocchia, prendendo le mani al corvino. «A quanto pare le tue visioni mostrano ciò che deve accadere per forza, anche se si tenta in ogni modo possibile di cambiare il futuro, ma almeno sappiamo ciò che accadrà. E non ti devi preoccupare o farti abbattere da questa cosa, era la tua prima missione e stai ancora imparando. Ed ora –si alzò in piedi, prendendo l'arco e porgendoglielo.– voglio che tu capisca che non hai fatto nulla di sbagliato e che vai subito a rispondere alle domande di quelle persone con un bellissimo sorriso e capendo che sei stato grande, ok?»

Christian osservò i suoi occhi azzurri, incapace di interrompere il contatto visivo.

Marinette aveva ragione: dopotutto non era andata malissimo.

Voleva diventare un eroe come lei e Chat Noir, deciso più che mai di proteggere Parigi e di dare tutto l'aiuto possibile si suoi compagni.

«Ok, lo farò.» sorrise lui prendendo l'arco.

Ladybug gli rivolse un sorriso, per poi alzare il pugno.

Peacock rimase senza parole a quel gesto, ma poggiò le nocche contro le sue, nel classico gesto di fine battaglia tra lei e Chat Noir.

«My Lady, il pubblico la reclama.» disse il felino comparendo alle spalle della ragazza, che annuì.
«Ti voglio là con noi tra venti secondi. Chiuderemo il tutto con un grande botto.» ammiccò mostrando il Lucky Charm.

Ladybug corse verso la folla di giornalisti, scusandosi per il ritardo e che non aveva tempo di rispondere alle domande poiché sarebbe tornata normale tra tre minuti.

«Sa motivare, vero?» disse Chat camminando a fianco del corvino.
Peacock sospirò. «Ora capisco il perché ti sei innamorato di lei.»
«Non ci pensare nemmeno, Chris.» lo ammonì il felino. «Lei è mia.»
«Fino a prova contraria non è ancora "tua", fisicamente parlando.» ridacchiò lui, dandogli una pacca sulla spalla,
«È mia sentimentalmente.»
«Tranquillo, non te la rubo.» Peacock si mise a correre, per poi voltarsi verso il biondo con una linguaccia. «Almeno per ora.»

I due corsero verso le loro compagne, unendosi per delle foto di gruppo ed inaugurare, così, il nuovo team di eroi.




 

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Dai, cose tenere :3

Alla fine è finito tutto per il meglio ^^

E scusate, non so descrivere molto bene le scene di lotta😅

Beh, a mercoledì :D

Francy_Kid

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Capitolo 26
*** Cap. 26 ***


Cap. 26


 

Marinette uscì dal negozio dei suoi genitori dopo averli salutati con un bacio sulla guancia, camminando verso villa Agreste per sapere com'era andata con il cellulare trovato la battaglia precedente.

Passando di fronte ad un negozio di elettronica vide le TV esposte mandare in onda il momento in cui il gruppo di eroi, riunito per celebrare la vittoria, era circondato dalle migliaia di coccinelle del Lucky Charm, che riportavano il Trocadero al suo stato originario –oltre che dare un tocco artistico ai quattro–

Era proprio una bella immagine, quasi quasi l'avrebbe presa da internet per usarla come salva schermo del cellulare.

Continuò a guardare gli schermi, presa dalle immagini della notizia successiva, dove si vedeva un furgoncino blindato della polizia capovolto e l'ambulanza a soccorrere i due poliziotti feriti ed il prigioniero.

Improvvisamente, una brutta sensazione la assalì ed il titolo servì per esserne certa.

"Feriti gli agenti. Ucciso il mutante."

Stringendo i pugni, iniziò correre verso villa Agreste, rispondendo al citofono e aspettando che Nathalie le aprisse.

Salutando la donna all'ingresso, la seguì fino al salotto, dove erano riuniti tutti tranne Lila.

«Avete sentito le notizie?» domandò di tutta fretta, ignorando i saluti di tutti.
«Quali notizie?» rispose Adrien. «Quelle dove si racconta quanto siamo stati grandi?» ridacchiò subito dopo, battendo il cinque con Christian, seduto accanto a lui.
«No! Hanno assalito il furgone che trasportava il mutante, uccidendolo e ferendo i due agenti che lo controllavano e l'autista. Credo centri qualcosa il telefono che abbiamo trovato con il Lucky Charm.» disse la corvina indicando l'apparecchio nero sul tavolino. «Qualcuno l'ha già guardato?» aggiunse subito dopo.
«È un cellulare usa e getta ed abbiamo trovato solo un numero salvato in memoria, immagino sia di colui che dirige tutto.» spiegò Gabriel sistemandosi gli occhiali sul ponte del naso.
«Altro?»
«No, nient'altro. Il registro delle chiamate e dei messaggi sono stati puliti e non siamo in grado di recuperarli.» disse l'uomo con calma, rivendendo una risposta affermativa da parte di Fu.
«Non siamo mica degli hacker.» commentò Adrien con un'alzata di spalle.
«E soprattutto non lo è Marinette.» la schernì Tikki, volando fuori dalla borsetta della sua portatrice per raggiungere i suoi compagni. «Non ti ricordi quando hai "preso in prestito" il cellulare di Alya perché avevi per sbaglio cancellato un video, o con quello di Adrien per cancellare un messaggio lasciatogli nella segreteria telefonica?»
«Tikki!»
«Eri stata tu a prendermi il cellulare? Come? Quando?» domandò sorpreso il biondo.
Marinette arrossì, grattandosi la nuca. «Quando tu stavi facendo la conferenza stampa per l'inaugurazione della statua in onore di Ladybug e Chat Noir. Sono sgattaiolata in palestra e Tikki mi ha aiutata ad aprire l'armadietto.»
«Ed il povero Theo, accecato dalla gelosia per il nostro amore, venne akumatizzato.» sospirò il giovane.
«All'epoca non ero innamorata di Chat Noir...» puntualizzò la corvina a bassa voce, ma fu abbastanza alta da essere udita dal diretto interessato, che scelse di ignorare quel dettaglio.
«Ed io che credevo di averlo perso. Ecco perché poi era di nuovo nella mia borsa: ce l'ho hai messo tu.»
«Scusa, ma ne andava della mia persona.»
«Ti aveva chiamato "splendore".»
«Tikki!»

Plagg scoppiò a ridere, seguito da Duusu e dal suo portatore, mentre Marinette si coprì il volto imbarazzata.

«Insomma, ne andava della mia dignità! Non potevo invitare Adrien al cinema in quel modo!»
«Ok ragazzi, se i vostri cellulari spariscono sappiamo chi è stato.» la schernì Adrien, ricevendo in risposta un'occhiataccia da parte della sua ragazza.
«Comunque, dobbiamo soltanto chiamare per sapere a chi appartiene questo numero.» osservò Plagg annoiato, sdraiato a pancia in giù sul tavolino. «Non vi costa nulla, no?»
«Tanto vale provare.» concordò Christian con un'alzata di spalle.

Gabriel prese il cellulare nero, selezionando il numero e premendo il tasto verde, mettendolo poi in viva voce.

Nessuno sapeva chi avesse risposto, ma una cosa era certa: squillava.




 

Lila bevve il tè dal bicchiere che aveva in mano mentre guardava il telegiornale locale.

Sapeva come sarebbe andato a finire con il mutante: dopo che il Lucky Charm aveva fatto sparire le ragnatele, gli eroi avevano aiutato ad incatenate il mostro con corde in acciaio per evitare che si liberasse, ma qualcuno –colui che era incaricato di eliminare quegli esperimenti in caso di fallimento– aveva intercettato il furgone della polizia dopo essere fuggito per essere quasi stato scoperto.

L'italiana guardò Catherine con la coda dell'occhio mentre era occupata a scrivere al portatile.

Occhiali dalla montatura nera le incorniciavano gli occhi grigi ed un'espressione concentrata le faceva capire quanto fosse professionale.

All'improvviso, la suoneria del cellulare della scienziata squarciò la tranquillità nell'aria, e Lila si voltò del tutto.

Catherine guardò il numero sul display, ignorando volontariamente la chiamata per tornare a scrivere al portatile.

«Non rispondi?» le chiese la mora, cambiando canale subito dopo.
«Non è più necessario. Le cose sono andate come avevo pianificato in caso di attacco fallito, anche se c'è stato un piccolo disguido alla fine.» rispose, sistemandosi gli occhiali sul naso.

Lila alzò le spalle, cercando di ignorare la suoneria che, dopo un minuto, non aveva ancora smesso.

Trixx osservò la sua portatrice da sopra il guanciale che Marinette gli aveva fatto, facendole cenno con la testa.

«Che noia, non c'è nulla di bello in TV.» mugugnò Lila alzandosi in piedi. «Vado a farmi una doccia fresca, e metti in silenzioso il cellulare, sta diventando snervante.» commentò, venendo ignorata dalla donna.

La ragazza entrò in bagno, chiudendo la porta a chiave alle sue spalle; accese l'acqua della doccia e, nel mentre che attendeva, prese il cellulare dalla tasca, sbloccando l'apparecchio sul contatto già selezionato.

Certa che non fosse una coincidenza, digitò due semplici parole nello spazio dedicato al testo del messaggio, muovendo le dita velocemente.

Fu un messaggio breve, ma erano parole riguardanti ad una cosa che solo lei ed il suo destinatario sapevano.

"È lei."




 

Null camminò fino allo schermo dove venivano trasmesse le immagini del dottore che camminava per il corridoio per entrare nel suo ufficio, seguito da una figura più piccola che non riusciva a vedere per il cappuccio che gli copriva il volto.

Tornò a sedersi annoiato, attendendo l'entrata dei due.

Erano parecchio fragili gli umani, seppur la loro mente ed i loro sentimenti erano plasmabili da chiunque: il loro corpo resisteva a stento per pochi anni –pochi in confronto alla sua immoralità– ed il loro spirito moriva quando morivano loro.

Per questo motivo, si sentiva via via più debole mano mano che i giorni passavano.

I suoi pensieri vennero interrotti dalla luce dell'altra stanza che gli colpì l'occhio scoperto dai capelli biondi, facendogli capire che, come aveva previsto, i due umani erano entrati nella stanza.

Null lo accolse con un ghigno, scoprendo leggermente i denti accumunati come quelli di uno squalo.

«È lui?» domandò con la sua voce distorta, vedendo che la persona sotto la mantella non si mosse di un millimetro; non sussultò nemmeno.
«Sì, lui è Dagon.» rispose lo scienziato, facendo cenno di avvicinarsi a quello che sembrava un demone.

La figura si avvicinò a Null, inginocchiandosi non appena fu a meno di un metro di distanza.

«Sarò felice di servirla, mio signore.» esclamò con voce calma e giovanile di un ragazzo.

Null alzò la lunga coda con sotto il suo mento sotto il cappuccio, tracciando i lineamenti della guancia e degli zigomi, fin sopra i capelli quando, con un leggero scatto, fece cadere la stoffa sulle spalle, rivelando dei capelli bianchi ed arruffati.

«Alzati, fammi vedere il tuo viso.» sibilò il demone, incuriosito.

Il ragazzo fece come gli era stato detto, mostrandogli il volto candido di un sedicenne che nona aveva mai visto la luce del sole e che non aveva mai avuto possibilità di ferirsi: era pallido quasi come un cencio, e la pelle era liscia, perfetta; i capelli bianchi gli davano l'aria da adolescente ribelle, come se se li fosse tinti per ribellarsi ai genitori; gli occhi erano policromatici: grigi e senza vita all'interno, intorno alla pupilla, e verdi come i prati immacolati verso la sclera.

Erano due colori che insieme non stavano bene, ma creavano un contrasto mai visto prima.

Null si meravigliò quanto la scienza degli esseri umani potesse essere così ingegnosa ed innovativa man mano che il tempo passava.

Aveva atteso due anni prima che quel ragazzo –cresciuto in provetta attraverso sonde e strane pozioni colorate– crescesse abbastanza, sia fisicamente che spiritualmente, per sopportare il peso di ciò a cui era designato.

L'aveva visto crescere giorno per giorno: da un piccolo e fragile feto, a ciò che era ora.

Null fece cenno ai due di allontanarsi, volendo essere lasciato di nuovo da solo.

I due fecero come gli era stato detto, facendo rimbombare i loro passi nel mentre che uscivano da quella stanza buia per tornare al lavoro.

Il demone sogghignò, alzandosi dal suo piccolo trono per andare verso uno schermo spento.

Grazie alle luci degli altri schermi riusciva a vedere l'immagine riflessa, quasi come fosse uno specchio convesso.

Si specchiò il viso, facendo passare gli artigli affilati sulla pelle coriacea scura, spostando i capelli biondi dal lato destro del volto, rivelando l'altra parte della sua faccia e mostrando l'asimmetria della sua immagine: l'occhio sinistro era di colore rosso, ma si vedeva lo stacco tra sclera ed iride, anch'essa rossa, mentre la pupilla nera era verticale; l'occhio destro, invece, era completamente rosso e non mostrava alcuna pupilla o iride, era presente solo la sclera rossa sangue; sopra di esso erano presenti altri due occhi più sottili, anch'essi rossi.

Le fattezze aggraziate da donna erano rovinate dalle squame nere di cui era ricoperto il corpo, e la figura magra era incorniciata dalle grandi ali nere e dai capelli biondi che arrivavano fino ai fianchi; la lunga coda nera riposava a terra, venendo trascinata ogni volta che camminava; le mani terminavano con minacciosi artigli accumunati, affilati come i suoi denti; i piedi erano l'unica cosa rimasta di umano, seppur la pelle coriacea delle squame ricopriva anche quella parte.

Le due lunga corna appuntite erano alte circa una trentina di centimetri, ed uscivano dai lati della testa, appena sopra le orecchie appuntite.

Era un mostro, dal punto di vista degli umani, anche se a nessuno ora importava di chi era prima.

Null ringhiò, sentendo le gambe tremanti e la testa girare.

Era quasi arrivato il momento di cambiare "possessore", come lo chiamavano gli altri kwami.




 

«Marinette, sei sicura di andare avanti con questa faccenda?» le domandò Tikki, poggiata sul cuscino accanto a lei.
«Sì, ne sono sicura. Ma dobbiamo fare in modo che Adrien non lo vanga a sapere.» rispose la corvina, alzandosi per poggiare il cellulare spento sulla scrivania e dando un'occhiata all'orario scritto sulla sveglia: le due del mattino passate. «Ho archiviato le chat per questo.»
«E se ti chiede di fargli vedere il cellulare?» domandò Plagg, seduto accanto a Tikki.
«Massimo può ingelosirsi per i miei amici maschi che mi scrivono, ma non è mai andato a vedere tra le chat archiviate perché non se n'è mai accorto che esistono.»
La kwami rossa ridacchiò. «Mi ricordo ancora quando lui ha tentato in tutti i modi di non farti leggere la chat con una modella con cui lavora.»
«L'importante è che lui non si faceva foto come le sue.» sbuffò, rossa per il ricordo delle immagini fatte al momento della ragazza in intimo o appena coperta.
«Tranquilla, quelle le invia solo a te.» la tranquillizzò il felino nero. «Anche se i miei occhi soffrono per ogni strato di pelle che mette in mostra.»
«Oh andiamo Plagg, la tua è tutta gelosia.» esclamò Adrien ai piedi del letto, passandosi una mano tra i capelli umidi. «E poi, riguardo alla questione Nicole, non scorderò mai il vocale che le hai inviato, con tanto della mia foto del profilo cambiata.» ridacchiò, raggiungendo la ragazza e affiatandosi accanto a lei.
«Mi aveva fatta arrabbiare. Sapeva che eri fidanzato, eppure continuava ad inviarti immagini del suo corpo perfetto ed abbronzato per conquistarti... Temevo che mi avresti lasciata per lei o una come lei...» mugugnò, giocando con un lembo della sua maglietta.

Adrien ridacchiò, ignorando il pizzicore al labbro tagliato, e stringendo la giovane a sé in un abbraccio, baciandole la fronte.

Aveva passato un intero anno scolastico a cercare di capire se anche lui la amasse –anche se poi le cose furono andare in maniera diversa– aiutata da Alya per quanto poteva, ed ora che era felice con entrambe le parti di lui non voleva che un'altra rovinasse tutto.

«Se mi lasci giuro che ti uccido, hai capito?» aggiunse in un mugolio, punzecchiandogli il petto con l'indice.
«Tranquilla, My Lady, questo cavaliere dal labbro tagliato resterà per sempre fedele alla sua principessa. E so che anche tu non mi lascerai mai.» aggiunse con un sorriso, giocando con una ciocca dei suoi capelli.
Marinette si accoccolò contro di lui, inspirando l'odore del sapone usato durante la doccia. «Vero.»
«Siete diabetici.» commentò aspramente Plagg sull'altro cuscino.
«Allora vai a mangiare il tuo Camembert, così stai zitto.» sbuffò il suo portatore.
«Stai scherzando?! Marinette ti stava stracciando a Pokémon. Non iniziare a fare lo smielato per distrarla dal gioco!»
La corvina sciolse l'abbraccio, recuperando i due Nintendo DS Lite neri. «È vero!»
Adrien sbuffò, prendendo il suo e aprendolo. «Comoda lottare con cinque Pokémon leggendari.»
«Ehi! C'è sempre il mio fidato Empoleon a fare da apri fila.»
«Adrien, ti sta stracciando, ammettilo.» sospirò divertita Tikki, poggiandosi sulla spalla del biondo per guardare i suoi progressi di gioco.
«Ah certo. Perché non è lei ad aver battuto la Lega con Dialga, Giratina, Cresselia ed i tre guardiani dei laghi.» cantilenò ironico.
«Infatti Cresselia l'ho catturato dopo.» ammiccò la giovane sferrando un attacco al Pokémon avversario, che andò a K.O. «E siamo a due Pokémon battuti dal mio Empoleon!» esultò subito dopo.
«Comodo sconfiggere un tipo fuoco con un tipo acqua.» si lamentò l'altro, selezionando il prossimo suo lottatore.
«Impari a non fare una squadra di soli tipo fuoco piuttosto che una mista.»

Adrien sbuffò, concentrandosi al meglio per cercare di vincere contro la sua ragazza; anche se era impossibile data la sua maestria in ogni tipo di videogioco.

Ma, almeno, avrebbe perso contro un'avversaria temibile.



 

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E dopo un miscuglio tra Miraculous, Maximum Ride e Pokémon, siamo giunti alla fine del capitolo :3

Mi dispiace per i vari errori che troverete e per il ritardo nel pubblicare, ma è da sabato che non sto molto bene e la scuola non aiuta...

Chiedo venia anche per il capitolo 10 di "Monster" (l'altra fic su Miraculous, obv) che uscirà questo venerdì.

Appena starò meglio e sarò ben concentrata riguarderò entrambi i capitoli ^^

A mercoledì prossimo :)

E scusate ancora ^^

Francy_Kid

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Capitolo 27
*** Cap. 27 ***


Cap. 27




«Vorrei farti una domanda, se è possibile.» iniziò Lila dopo aver mandato giù il suo boccone di pasta.
«Dipende. Cosa vuoi sapere?» rispose Catherine infilzando il cibo con la forchetta.
«Ma per chi starei lavorando? E come mai tutti questi mutanti? Non potrei recuperare direttamente io i Miraculous, come si era progettato all'inizio?»
La donna poggiò la posata nel piatto vuoto, pulendosi la bocca col tovagliolo. «Ora che i portatori sono aumentati di numero non è saggio mandarti da sola contro loro, per questo ti sto tenendo: per le informazioni che solo tu conosci e che solo tu puoi darci.»

Lila annuì, mangiando l'ultimo boccone di pasta.

«Invece, riguardo per chi stai lavorando non posso dirti nulla.»
«Oh andiamo. Ti ho detto tutto quello che sapevo e sto andando in giro con persone che non sopporto nemmeno. Qualcosina dovrò pur sapere.» esclamò nervosa. «So che siete scienziati e robe varie, ma perché dovreste passare il vostro tempo a stare incollati a due ragazzini?»
«Va bene.» sospirò esasperata Catherine. «Noi "stiamo incollati a due ragazzini" semplicemente perché posseggono un immenso potere. Essere in grado di creare e di distruggere lo desiderano in tanti, soprattutto le persone idealiste, e se hanno i mezzi che gli occorrono per fare in modo che ciò accada, allora il mondo che conosciamo finirebbe.»
«Meno male allora che nessuno possiede questi mezzi.»
La donna scosse la testa. «Noi lo possediamo il mezzo per cui possiamo sfruttare al meglio i poteri della creazione e della distruzione, anche se per farlo dobbiamo collaborare con un vero e proprio mostro.»
«Stai parlando come se sei contraria a tutto questo.»
Catherine ridacchiò, giocherellando con il tovagliolo di carta che teneva in mano. «Infatti è così. Fu una donna che, due anni fa, mi fece venire dei dubbi su quello che stiamo facendo. Ma poi l'ho tradita e pensavo che quei dubbi se ne andassero una volta compiuto il lavoro, invece erano più di prima.» spiegò con malinconia, poggiata allo schienale della sedia con aria stanca.
A Lila si gelò il sangue nelle vene. «Quella donna era per caso...»
«Sì, era la posseditrice del Miraculous del pavone. La mamma di Adrien Agreste.»

La mora strinse i pugni sotto il tavolo, cercando di non lasciar trasparire la tensione.

«Venne in Tibet per indagare su di noi, ed io fui mandata da mio marito per spiarla, spacciandomi per una guida turistica. Restai con lei una settimana, ma mi bastò per conoscerla meglio. Solo quando venne catturata scoprì che aspettava un bambino, che le venne strappato dal grembo a soli due mesi di vita.» Catherine aveva gli occhi lucidi nel raccontare quella storia, immersa nei brutti ricordi ancora vivi nel suo inconscio. «Le promisi che avrei protetto suo figlio, ma persi il feto. Mio marito mi disse che è morto, che non serviva a nulla. Nessuno lo sa, ma piansi per molte notti. E quando venni a sapere che aveva un altro figlio, credevo che il buon Dio mi volesse dare un'altra chance, ma il destino voleva che lui fosse il possessore del Miraculous della distruzione, l'oggetto che stiamo cercando. Ed ora Null si sta facendo più impaziente...»
«Null? Chi è?» chiese di botto Lila.
La donna aprì la bocca per poi richiuderla, alzandosi in piedi ed accorgendosi solo in quel momento che aveva le lacrime agli occhi. «Ho già detto troppo.» si asciugò una lacrima, camminando verso la porta che conduceva in salotto. «Buona la pasta, comunque.»






 

Marinette si svegliò sentendo un peso sulla fronte ed un altro sul petto, facendole risultare difficile respirare.

Aprendo un occhio, notò dei capelli biondi riposare all'altezza dei seni, ed un corpo caldo avvolto al resto si lei.

Toccandosi delicatamente la fronte, sentì la presenza di un esserino dalle orecchie appuntite russare comodamente e scivolare verso il suo occhio sinistro.

Sbuffando, prese delicatamente Plagg e lo sistemò sul cuscino, dove non rischiava di essere schiacciato o di cadere; alzò il collo al meglio che poteva, notando solo in quel momento che era totalmente scoperta e che il suo pigiama –una maglietta di suo padre– era totalmente scivolato verso l'alto, lasciando in mostra tutto da appena sotto il seno in giù.

La corvina squittì, venendo stretta dal ragazzo, ancora avvinghiato a lei.

Almeno non permetteva alla maglietta di salire ulteriormente, pensò imbarazzata la ragazza, cercando di divincolarsi.

La notte precedente aveva battuto Adrien ad una partita a Pokémon Diamante e poi, trasformatasi in Ladybug, era tornata a casa per dormire, ma il suo ragazzo l'aveva seguita e si era "vendicato" per la sconfitta.

Almeno i succhiotti sulla pancia non li vedrà nessuno finché indosserà magliette o canottiere, pensò amaramente, ghignando non appena si ricordò della seconda vittoria: lasciare Adrien a bocca asciutta.

Ormai si divertiva parecchio a stuzzicarlo e, se doveva essere sincera, ora capiva ciò che provava lui quando era lei che subiva; tranne per il fatto che lui si stava trattenendo con tutte le sue forze.

«Mai sfidare Marinette se ne vuoi uscire indenne...» gemette Adrien poco prima che lei si addormentasse, voltandosi a darle la schiena almeno finché non si fosse calmata la situazione nelle sue parti basse.

Marinette sospirò, punzecchiando la guancia del ragazzo. «Adrien, voglio alzarmi.»
«Ma perché alzarti se puoi dormire accoccolata a me?» mugugnò, strofinando il viso sui suoi seni, facendola arrossire ulteriormente. «E poi, questi cuscini sono morbidissimi.» ghignò, stringendola ulteriormente.

La corvina so portò le mani al volto, gemendo di frustrazione il nome del biondo, che ridacchiò divertito.

«Adoro passare dei momenti da soli, io e te, senza nessuno che ci rompe, senza alcun nemico...» elencò il giovane, solleticando la pelle esposta della ragazza.
«Ehi, non dirmi che ti sei già scordato di noi.» sbuffò divertito Plagg, volando sin sopra il soppalco accompagnato da Tikki.
«Ma veniamo perennemente interrotti...» sbuffò subito dopo, accoccolandosi ancora contro Marinette.
«Un nemico l'abbiamo affrontato l'altro ieri, rischiando di perdere, poi i nostri kwami sono onnipresenti.» ridacchiò. «Ora, per favore, ti staccheresti da...»
Adrien alzò lo sguardo, sorridendole. «No.» rispose, accomodandosi nuovamente sui seni.

La corvina sbuffò nuovamente.

«Come va la tua schiena? Hai preso una bella botta l'altro giorno.» commentò il giovane con una nota di preoccupazione.
«Tutto bene. Solo ieri mi faceva un po' male, ma oggi sono come nuova.» rispose, accarezzandogli nuovamente la chioma anche per tranquillizzarlo.

Adrien si mise a sedere, passandosi una mano tra i capelli scompigliati dal sonno.

«Adrien, smettila di preoccupati: stiamo tutti bene.» sorrise Marinette confortante, mettendosi a sedere a sua volta e poggiando una mano sulla sua. «Beh... un po' meno gli agenti in ospedale ed il mutante ucciso, ma Lila, Christian, tuo padre e noi due stiamo bene.»
Il ragazzo poggiò la fronte sulla sua spalla. «Ho rischiato di perderti... E non è stato come contro quel t-rex o contro ogni altro akuma che abbiamo sconfitto... Questa volta stavi veramente rischiando grosso, ed io non sono stato abbastanza veloce per poterti salvare.»
«Stai parlando come se io fossi un fantasma.» gli fece un buffetto. «Ed io che ho temuto di perderti per tutte quelle volte che mi hai protetto dagli akuma?»

Adrien mugugnò, abbracciandola alla vita, vedendosi restituito l'abbraccio subito dopo.

«Siete diabetici!» commentò Plagg sulla piccola credenza nel muro.
«E tu sei un rompiscatole.» ribatté il suo portatore subito dopo.
«Ancora con questa storia. Ma la smetterete mai voi due?!» si lamentò Tikki accanto al suo compagno.
«È Plagg che ha iniziato!» esclamò il biondo cercando di giustificarsi.
«Ma state andando avanti in due. Ora tacete che ho sonno.» disse Marinette sdraiandosi nuovamente, coprendosi il volto con un cuscino.

Adrien ghignò nel vedere la maglietta cadere morbida appena sopra l'ombelico, leccandosi le labbra al suo lampo di genio.

Si chinò sulla pancia della sua ragazza, alzandole la maglia solo per infilarci sotto la testa.

«Adrien!» squittì la corvina presa alla sprovvista, cercando di fermarlo non appena lo sentì salire.
«Oh andiamo Mari, non riesco a vedere nulla.» rispose con una nota di delusione, baciandole l'addome.

Marinette sistemò il cuscino sul petto, coprendole i seni, così il suo ragazzo non poteva andare più in alto.

«Ma perché a me?» chiese più a se stessa che ad altri, ma la risposta di Adrien le giunse allo stesso alle orecchie.
«Perché mi attrai come una calamita, soprattutto quando sei in intimo.»

La corvina arrossì di colpo, allacciando le gambe attorno alla schiena del ragazzo, impedendogli di continuare la sua strada oltre il bassoventre.

Adrien sbuffò. «Ho capito che non vuoi divertirti.»
«Ho altri modi per farlo.» ribatté lei guardando storto il bozzo sotto la maglietta.
Il giovane uscì dal suo nascondiglio, poggiandosi con la guancia sulla pancia calda di Marinette. «Ma farlo da sola non rende come quando sono io a farti "divertire".»

La corvina gli colpì il volto con il cuscino, arrossendo peggio di prima.

«E pensare che dovrebbero cercare qualcosa su Catherine o su quei mutanti, eppure eccoli lì l'una a bloccare gli istinti animaleschi dell'altro.» bofonchiò Plagg, sospirando.
«Però sei felice per loro, non è vero?» sorrise Tikki, guardando il micio nero girarsi dall'altra parte.
«Probabile.»

La kwami lo guardò intenerita, dandogli una leggera pacca sulla spalla destra.





 

Mark portò il ragazzo nella sala di allenamento per controllare i suoi progressi, comunicandogli da lontano cosa avrebbe dovuto fare.

Dagon si spogliò del mantello nero e lo poggiò sulla panchina, rivelando un fisico pallido da sedicenne e camminò fino al centro della stanza; aveva i muscoli ben marcati e disegnati alla perfezione, che si contraevano al minimo movimento che faceva.

Era perfetto.

La sua pelle pallida lo faceva sembrare quasi etereo, puro, ma enormi cicatrici che nemmeno la sua capacità di guarigione istantanea segnavano il suo corpo.

Dagon pensava ad ognuna come un trofeo della sua vittoria, di essere riuscito a migliorare ed a diventare più forte.

La stanza era una palestra che i monaci tailandesi usavano per gli allenamenti ancora quando il vecchio tempio era abitato, attrezzata di ogni genere di utensile.

Mark aveva fatto installare nuovi attrezzi per testare il suo corpo e per misurare il suo limite di resistenza, rischiando, a volte, di ucciderlo; con un cenno della testa, uno scienziato che misurava l'andamento della simulazione premette un pulsante rosso su un telecomando, attivando il meccanismo che regolava gli utensili.

Da dietro le spalle del ragazzo comparve una lastra di legno, che subito spaccò con un pugno.

Un'altra lastra sbucò sulla sua sinistra è anch'essa fece la fine di quella precedente.

Una decina di altre lastre apparvero dal terreno e vennero tutte distrutte, una dietro l'altra, senza la minima esitazione.

Mark osservò il ragazzo per nulla stanco malgrado la velocità e la potenza dei suoi colpi, accennando all'altro scienziato di premere il secondo pulsante.

Dall'altra parte della stanza si aprirono le pesanti ante di una porta metallica, rivelando graffi e scalfitture fatti da qualunque cosa essa nascondeva.

Un ringhio sordo provenì dal buio ed un paio di occhi color magenta risplendevano minacciosi.

Dagon rimase immobile in attesa che quello che c'era oltre l'oscurità si facesse avanti, pronto a qualunque cosa.

All'improvviso, una creatura umanoide alta circa tre metri scattò in avanti: aveva la pelle grigia coriacea ed un lungo corno affilato gli sbucava al posto del naso.

Il ragazzo attese all'ultimo secondo prima di scansarsi, notando come il mostro continuava la sua corsa verso Mark ed i suoi aiutanti.

Nessuno si mosse, ma quella specie di rinoceronte si schiantò contro una parete invisibile, producendo un forte rimbombo.

Dagon ne approfittò per afferrare un pezzo di legno scheggiato che aveva spaccato poco prima, correndo verso il mutante con l'intento di colpirlo.

I suoi occhi policromatici analizzarlo velocemente la pelle che faceva da armatura per tutto il suo corpo in cerca di punti deboli.

Come se li avesse individuati, scattò a lato prima che il poderoso pugno del rinoceronte lo compisse e, usando il pezzo di legno, lo trafisse nel retro del ginocchio destro, facendo una capriola in avanti per allontanarsi e cercare un'altra arma.

I mutante ringhiò di dolore e rabbia, caricando verso il suo nemico.

Dagon afferrò un altro pezzo di legno, più piccolo e meno affilato del primo, utilizzando la stessa tattica di poco prima.

Il mutante faticava a reggersi in piedi per i pali di legno conficcati nelle gambe, ma attaccò nuovamente ghignando nel vedere Dagon con le spalle contro il muro.

Sbuffò dalle poderose narici appena sotto il corno, e riprese a correre contro il ragazzo.

Dagon rimase immobile, attendendo il momento giusto.

Mark osservava tutto da fuori, protetto da vetro indistruttibile, sorridendo quando vide il suo esperimento colpire il suo bersaglio e lasciando un profondo solco nel muro.

L'uomo pigiò il pulsante per far alzare il vetro, camminando verso il mutante.

La nube di polvere si diradò, rivelando il rinoceronte con una lunga scheggia di legno conficcata nel collo.

Dagon era spostato leggermente a lato, con il volto sporco di sangue ed un enorme livido viola sul lato destro della cassa toracica, dove il mutante l'aveva colpito appena prima di venire trafitto.

Doveva essersi spezzato quasi tutte le costole, pensò Mark raggiungendo il ragazzo, che fissava il suo nemico rimasto infilzato con il corno nel muro provo di vita.

«Gli hai colpito la giugulare al primo colpo.» analizzò lo scienziato senza alcuna sorpresa.
«La prossima volta scegli qualcuno con più cervello. Magari mi divertirò di più.» esclamò l'albino passando oltre Mark.

L'uomo fece un cenno con la testa ai suoi aiutanti, che chiamarono qualcuno usando il cerca persone; subito dopo seguì Dagon, che si stava rimettendo la mantella nera senza alcuno sforzo malgrado le costole spezzate.

Era difficile combattere a mani nude, soprattutto contro gli esperimenti mutanti del dottore, che lottavano per la sopravvivenza; ma lui combatteva perché voleva vincere, perché voleva diventare più forte e servire il suo padrone.






 

Christian aprì gli occhi, guardando Fu con un'espressione quasi sconvolta.

«Cos'hai visto?» gli domandò l'anziano non appena il corvino annullò la trasformazione.
Christian deglutì. «Ladybug deve assolutamente imparare a padroneggiare i suoi poteri al più presto possibile.» rispose col fiato mozzato. «Altrimenti sarà la fine di tutto ciò che conosciamo.»






 

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Cose felici :D

Chiedo scusa se non è uscito molto bene e non è soddisfacente, ma purtroppo non ho più molto tempo per scrivere e sto facendo di tutto pur di non mettere in pausa il tutto...

A mercoledì :'3

Francy_Kid

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Capitolo 28
*** Cap. 28 ***


Cap. 28



 

«Ok. Chi è Null?» domandò Adrien interrompendo Lila, che lo guardò storto.
«Non lo so, non me l'ha detto.» rispose l'italiana leggermente seccata.

I due iniziarono a bisticciare, scatenando l'esasperazione di Marinette e Gabriel, mentre Christian e Fu rimasero a guardare.

Tikki scambiò sguardi intimoriti con gli altri kwami, posando il biscotto che stava mangiando nel piatto che Nathalie aveva predisposto per evitare di fare troppe briciole.

Fu Wayzz ad annuire alla piccola coccinella, che, tremante, richiamò l'attenzione della sua portatrice.

«Mari, noi sappiamo chi è Null.» sussurrò Tikki con aria preoccupata.
La corvina, sorpresa, guardò la sua kwami. «Spiegati meglio.»
«La storia di Null risale ai tempi della creazione dei kwami.» iniziò Wayzz. «Noi siamo dèi quantistici millenari e così è anche Null.»
«Solo che se noi siamo i buoni lui è il cattivo.» esclamò Plagg senza mezzi termini.
Christian prese parola, confuso. «Ma io credevo che i vostri poteri dipendessero da come il possessore li utilizza.»
«Infatti è così. Ma per Null non è così: se i nostri poteri sono stati concepiti per fare del bene -e ovviamente dipende dalla persona che li usa-, quelli di Null fanno solo il male.» rispose Dusuu.
«Mi ricordo di aver letto più volte di Null nel libro sui Miraculous, ma non spiegava granché.» disse Gabriel riflettendoci.
«Questo perché la storia di Null precede la creazione del libro. Quando i Grandi Maestri del passato scrissero il manoscritto tennero nascosta la sua esistenza perché era una creatura malvagia e temevano che chi venisse a conoscenza dei suoi poteri potesse usarli per distruggere il mondo.» esclamò Fu accarezzandosi la barba che aveva sul mento. 
«Null proviene dalla stessa energia dalla quale siamo nati noi kwami, un'energia che nemmeno i più grandi scienziati sono riusciti a spiegare. I primi furono Tikki e Plagg, che rappresentavano il perfetto bilancio tra bene e male, fortuna è sfortuna, creazione e distruzione, e gli uomini li veneravano esattamente come divinità.» riprese Wayzz fermandosi non appena le risate di Adrien coprirono la sua voce.

Tutti si voltarono verso il biondo.

«Cosa c'è? Non riesco ad immaginarmi Plagg venire venerato da qualcuno. Camembert di qua, Camembert di là. Povera umanità.» sogghignò asciugandosi le lacrime.
«Per tua informazione era proprio così.» rispose il felino nero gonfiando il petto. «Anche se il formaggio migliore che abbia mai mangiato è stato in Svizzera.»
Wayzz si schiarì la gola, richiamando l'attenzione su di sé. «Null, invece, è la divinità del caos. Tutto accadde alla comparsa del primo uomo e quando nacquero le prime società, i kwami vivevano a contatto con l'umanità e li aiutavano nella loro evoluzione. Ma quando vennero creati i kwami da quell'energia se ne separò un'altra: una forma di energia impura che racchiudeva soltanto il male.»
«Immagino si tratti di Null.» ipotizzò Christian.

Dusuu annuì.

«All'epoca noi kwami eravamo a migliaia, ce n'era uno per ogni dieci uomini e, anche se all'inizio la Terra non era popolata come ora, vivevamo pacifici, ma Null era sempre pronto ad attaccare, distruggendo tutto ciò che gli umani ed i kwami avevano creato insieme.»
«In cosa consistono esattamente i poteri di Null?» chiese Marinette, sporgendosi leggermente verso il tavolino dove le piccole divinità erano sedute.
«Null è pur sempre un kwami, ma differenzia da noi sotto molti punti di vista: non ha un oggetto in cui risiede, non ha poteri speciali come il Lucky Charm o il Cataclisma e si impossessa del corpo e della mente del suo portatore risucchiando la sua energia vitale.» spiegò Trixx lasciando i presenti a bocca aperta.
«Quindi la persona di cui ora ha preso il controllo è in pericolo di vita.»

Lila si morse il labbro inferiore a quella frase, stringendo i pugni senza farsi vedere.

«Tutti noi siamo in pericolo di vita ora che Null è libero.» rispose Dusuu abbassando lo sguardo rosso sul tavolo.
Fu Plagg a prendere la parola. «Null è sempre stato una minaccia per l'umanità è per noi kwami. Dopo che ebbe trovato l'ennesimo successore, rischiando di distruggere un'altra società e di far cadere il mondo nella guerra, i Cinque Grandi Guardiani del tempo -uno per ogni continente- presero una decisione drastica: attaccarlo utilizzando tutti i kwami che avevano a disposizione. Organizzarono un enorme esercito per combattere Null, utilizzando i poteri dei kwami, ma anche Null aveva un esercito e, dopo aver dato loro un po' del suo potere, iniziarono una guerra sanguinolenta. Persero la vita molti uomini e molti kwami e Null si ritirò. Anni passarono e le guerre contro Null erano sempre più numerose, così come il numero dei kwami e dei possessori che persero la vita.»
«Ma voi non siete creature immortali?» domandò Adrien alzando un sopracciglio, ricordandosi che lo stesso Plagg gli aveva detto così.
«Lo siamo in fatto di età, ma se noi esauriamo la nostra energia allora non siamo più in grado di esistere.» disse Trixx, stringendo la sua coda tra le piccole zampette.
«Un esempio è stato il nostro Plagg quando ha utilizzato il Cataclisma una seconda volta. Quel giorno ha utilizzato una gran quantità di energia, rischiando di esaurirla del tutto.» lo ammonì Tikki guardando storto il suo compagno di battaglia, che rispose con uno sbuffo.
«E se Plagg fosse morto l'equilibrio del mondo intero sarebbe crollato.» aggiunse Dusuu con un pizzico di rimprovero.
Wayzz riprese a raccontare, volendo cambiare argomento. «Le battaglie imperversavano in varie zone della Terra e si cercava ogni volta di arrivare a Null, ma i suoi soldati parevano infiniti mentre i kwami ed i portatori erano man mano sempre di meno. Un giorno, quando Null si ritirò per l'ennesima volta, Minh, uno dei Cinque, -il più giovane- capì il perché. I kwami e Null provenivano dalla stessa forma di energia ed erano in qualche modo legati, è l'unico modo per battere definitivamente Null era eliminare tutti i kwami.»

Tutti i portatori –eccetto Fu– rimasero a bocca aperta, sentendo il sangue raggelasti nelle vene.

«Ma questo è un abominio!»
«Ed era ciò che pensavano anche gli altri sei guardiani. Sapevano che l'equilibrio del mondo dipendeva dall'esistenza dei kwami, soprattutto da Tikki e Plagg, ed eliminarli voleva dire distruggere il mondo.»
«Minh organizzò all'insaputa degli altri, persino del suo stesso kwami, una specie di crociata per cacciare tutti i keamj esistenti con la scusa di organizzare un esercito più numeroso per attaccare Null e di sconfiggerlo solo per uccidere i loro portatori e privarli della loro energia. Il piano funzionò e rimasero soltanto una centinaia di kwami.»
«Subito dopo, i Grandi Guardiani vennero a sapere del genocidio che il loro fratello stava attuando. Lo spogliarono del Miraculous e lo uccisero, per poi nominare un altro guardiano con la speranza di aver risolto la questione. Ma i seguaci di Minh erano numerosi e continuavano a dare la caccia ai kwami senza che nessuno potesse fare molto.»
«Intanto si combatteva anche contro Null e la battaglia serviva soltanto a creare altre morti.»
«Null venne indebolito parecchio e si ritirò per l'ennesima volta, e solo allora si poterono contare i sopravvissuti: i Sette Guardiani ed un'altra decina di possessori. I seguaci di Minh trovarono il covo dei Sette e degli altri portatori, attaccandoli per mettere fine a quelle guerre ed al controllo di Null.»
«Purtroppo, tutti ed i Sette Guardiani erano troppo anziani e deboli per continuare a lottare e decisero di chiudere tutta la faccenda. Dopo essere fuggiti dallo scontro decisero di affidare i kwami rimanenti alle uniche due persone di cui fu fidavano: Hiro, il discepolo del Guardiano della farfalla, e Fu, il discepolo del Guardiano della tartaruga.»
«Quindi Master Fu c'era al tempo.»
L'anziano annuì con sguardo triste. «Avevo dieci anni all'epoca.» sospirò, mentre il fiume dei ricordi scorreva ininterrotto nella sua mente.
«I due decisero che si sarebbero divisi i kwami in questo modo: i cinque gioielli dei Grandi Guardiani più altri due li avrebbe tenuti Fu, mentre i rimanenti li avrebbe tenuti Hiro, siccome era più esperto ed il più grande, portandoli tutti al sicuro.»
«Ma degli scagnozzi di Minh intercettarono Hiro, lo uccisero e fecero lo stesso con i kwami che stava proteggendo.» aggiunse subito dopo Tikki, con il capo che si chinava ai fratelli scomparsi.
Marinette deglutì. «Quindi, ci state dicendo che...»
«Sì Mari. Io, Plagg, Dusuu, Wayzz e Noroo siamo i cinque kwami dei Grandi Guardiani, ed insieme a Trixx ed al kwami dell'ape siamo gli ultimi della nostra specie.»





 

Null si coprì l'occhio destro, iniziando a sudare, mentre un sordo dolore al petto lo trafisse, mozzandigli il fiato.

Fu un momento breve, ma non era ancora l'ora di abbandonare quel corpo.

Mark entrò nella stanza guidato dalla luce dei monitor per arrivare davanti alla creatura, notando il suo stato attuale.

«Dagon è pronto, ed è più forte della donna che stai controllando ora.» lo informò il dottore portandosi lo stetoscopio all'orecchio.
«Non cambierò corpo finché resterà la minima traccia di energia. Può non sembrare, ma costei è proprio forte.» ghignò con la sua voce distorta, riprendendosi. «E allontana quel coso da me.»

L'uomo riporse l'oggetto nella tasca del camice, alzando le spalle.

«Come procede la cattura dei kwami?»
«Non bene come pensavo: i portatori ora sono cinque e battono molto facilmente i miei esperimenti.» rispose con un sospiro seccato sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Vorrà dire che affronteranno me.»
«Il macchinario che occorre per raccogliere la loro energia non si può trasportare e tu sei troppo debole per affrontare un viaggio fino a Parigi, figuriamoci combatterli.»
Null fissò lo schermo sul quale erano rappresentati i quattro ragazzi che avevano sconfitto l'ultimo mutante di Mark, poi sfoderò un sorriso spaventoso, mostrando i denti aguzzi. «Allora verranno loro qui.»




 

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Le cose si fanno interessanti 😏

Manca poco alla fine del libro e l'avventura dei nostri eroi sta per giungere al termine!

Volevo postare un disegno di Null che avevo fatto, ma non lo trovo più lel...

Appena lo trovo lo metto, giuro U^U

È un capitolo corto, ma perché è servito per la spiegazione di chi fosse Null.

A mercoledì con il resto :D

Francy_Kid

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Capitolo 29
*** Cap. 29 ***


Cap. 29




Marinette fissò Adrien mentre faceva una delle sue solite battute a Nino e Christian, alla quale rise soltanto lui.

Lila le aveva raccontato l'ultima conversazione avuta con Catherine per intero, mentre con gli altri aveva detto loro che aveva sentito il nome di Null.

«Che hai ragazza? Non ti vedo menare Adrien per le sue battute.» le disse Alya seduta accanto a lei, per poi sorseggiare dal bicchiere che aveva in mano.
«Nulla. Sono solo un po' stanca, tutto qua.»

Effettivamente era così. Quel pomeriggio tutti i portatori vennero a conoscenza del nemico contro cui, sicuramente, avrebbero avuto a che fare e che Catherine era in combutta con un essere potente; in più, c'era un dettaglio che non poteva dire né a Gabriel né, soprattutto, ad Adrien.

Arrivata la sera, siccome i suoi erano andati fuori a cena, ne aveva approfittato per organizzare una piccola festa, in cui vi erano due amici in più –inutile dire che avevano portato anche l'alcool–, ma la cosa non aveva funzionato molto.

«Adrien è già alticcio, vero?» domandò Lila, indicando il biondo che si allungava a prendere un'altra bottiglia di birra.
«È solo un po' brillo. Se vuoi realmente vederlo ubriaco allora fagli una bottiglia di vodka.» rispose la mora aprendo la borsa e mostrando due bottiglie di alcolici.
«Dategli la mia. Io non ho molta voglia di bere.» disse Marinette, alzandosi per andare in bagno.

Lila seguì la corvina con lo sguardo, cercando di mostrarsi il meno coinvolta possibile, non volendo far capire che lei sapesse il motivo del suo stato d'animo.

Fu Christian che, scusandosi, la seguì fino al bagno, bussando alla porta quando la trovò chiusa.

La ragazza aprì la porta, evitando di guardare l'amico dritto negli occhi. «Scusa, avevo occupato il bagno senza motivo.» esclamò la ragazza con voce tremante cercando di uscire, ma Christian la bloccò sulla soglia, per poi portarla nuovamente dentro e chiudere la porta a chiave. «Chris...»
«Non usciamo da qua finché non mi dici cos'hai.» disse lui prima che potesse finire la frase.
«E se gli altri devono entrare?»
«Aspettano.»

La corvina sospirò, poggiandosi contro il lavandino.

Ora il ragazzo vedeva il suo sguardo: aveva gli occhi umidi e arrossati, ed alcune lacrime le bagnavano ancora le guance.

«Ha a che fare con quello che hanno spiegato i kwami oggi pomeriggio?»
Marinette annuì. «Fino all'anno scorso mi ritenevo una ragazza normale -anche se imbranata cronica-, con una vita normale. Poi Parigi è stata attaccata da un mostro di pietra ed io, assieme ad un ragazzo in una tuta da gatto, mi sono ritrovata a proteggere la città da queste persone corrotte da Papillon. Dopo mesi di dure battaglie abbiamo sconfitto il nostro nemico e siamo tornati a vivere tutti in pace, come se nulla fosse successo, tranne che ora ho una piccola coinquilina di cui nessuno sa l'esistenza.» ridacchiò, per poi tornare seria. «Quello che voglio dire è... fino ad ora abbiamo affrontato nemici del nostro stesso livello, se non inferiore, e tutto tornava normale dopo aver usato il Lucky Charm.»

Christian le si mise accanto, ascoltandola fino all'ultima frase.

«Ma ora dobbiamo affrontare persone che hanno subìto strane mutazioni genetiche ed il nostro nemico principale è il kwami del caos. Non sarò mai all'altezza di una cosa del genere...»
«Come hai detto tu, hai vissuto molte avventure con Adrien, avete sempre vinto anche dopo alcune sconfitte. Non devi preoccuparti finché accanto a te ci sarà lui.»
«Ci siete anche tu e Lila accanto a me.» lo corresse tirando su con il naso.
«Ah non ti ho detto che domani parto per il Messico?» scherzò, facendola ridere. «Certo che puoi contare anche su di me -anche su Lila, immagino- e credimi, tu farai grandi cose.» sorrise, mettendole il braccio attorno alla spalla.
«Ora stai dicendo questo per tirarmi su di morale.» disse con una risata triste, poggiando la testa contro la sua spalla.
«No, lo sto dicendo perché lo so. Sai, il mio potere.» ammiccò, strofinandole il braccio con fare rassicurante.

Marinette non volle sapere altro.

Non sapeva bene cosa sarebbe accaduto in futuro, ma sapeva che poteva contare sui suoi amici e compagni di lotte.

Se avrebbero dovuto scontrarsi contro Null allora avrebbe usato tutte le sue forze per batterlo.




 

Adrien si diresse verso il bagno, cercando di non cadere.

Aveva visto Christian seguire Marinette ed erano là dentro da ormai un quarto d'ora, e l'alcol non aiutava a farlo ragionare razionalmente.

Sapeva che la corvina era rimasta sconvolta da ciò che era venuta a sapere e sapeva che nessuno dei due stava combinando nulla in quella stanza.

Vero?

«Mari, tutto bene?» domandò Adrien bussando alla porta chiusa.

Subito la chiave che si girava nella toppa lo fece indietreggiare di un passo, osservando la porta che si apriva per rivelare Marinette con gli occhi lucidi e Christian che le teneva una mano sulla spalla in maniera confortante.

«Vi lascio soli. C'è bisogno di una figura sexy di là.» scherzò il corvino, per poi fare cenno al portatore del gatto nero che non era al massimo delle forze.
«La figura più sexy sarò sempre io, Rizzini, non dimenticartelo.» rispose lui con aria di sfida, battendogli il pugno.

Christian tornò in salotto, lasciando solo i due e Mari si poggiò contro lo stipite della porta.

«Scusami se non sono venuti io... ma pensavo volessi rimanere un po' da sola...» si scusò Adrien, grattandosi la nuca.

Il ragazzo non fece in tempo ad aggiungere altro che la ragazza gli catturò le labbra in un bacio, restando abbracciata a lui anche subito dopo.

«Mari...»
«So che ti sto chiedendo tanto. So che tutta questa situazione è particolarmente stressante per te e per tuo padre, ma resterai al mio fianco anche contro questa minaccia?» domandò con gli occhi lucidi.
Adrien sorrise. «Mi stai chiedendo l'ovvio, My Lady.» rispose lui, dandole un bacio sulla sommità della testa, restituendo l'abbraccio.

Odiava chiedere aiuto agli altri, visto che ci metteva tutta se stessa per superare gli ostacoli, ma sapeva anche quando non poteva farcela da sola.

«Vuoi tornare di là con gli altri o preferisci passare del tempo con me, preferibilmente nudi e abbracciati dopo aver passato le ore più belle di sempre.» ammiccò il biondo provocante e la ragazza gli diede una pacca sul petto, rossa come un peperone.
«Adrien! Smettila!»
«Oh andiamo Principessa, non puoi dire di non volere questo bel bocconcino se prima non lo provi.»
«"Bel bocconcino" non si usa da decenni, Gattino.» rispose facendosi coraggio e sfiorandogli il naso con il proprio, ancora con le guance velate di rosso.
«Dettagli irrilevanti, Purr-incess.» fece le fusa lui, strofinandosi contro il suo collo. «Allora? Cosa preferisci fare?»
«Torniamo di là, gli altri potrebbero pensar male.»
«Devono pensar male!»
«Ma se non stiamo facendo nulla?»
«Potremmo farlo, ma tu non cedi al fatto che io vorrei poter liberare Chat Jr e—»
«Ok! Ora basta!» squittì Marinette correndogli la bocca, mettendosi dietro di lui per spingerlo verso il salotto. «Stai parlando troppo.»
«Ho già in mente un modo in cui potresti farmi dire soltanto il tuo nome, Principessa.»
«Adrien!»






 

Catherine chiuse la chiamata con un sospiro, sistemando il cellulare sul comodino.

Lila era uscita con i suoi amici –i tre portatori ed altri due suoi coetanei– ed in quel momento l'appartamento era così vuoto.

Restare in quella stanza da sola le fece rivivere i momenti in cui Mark conduceva ricerche sui poteri dei Miraculous, e tutto peggiorò quando trovò Null.

Strinse le coperte tra le mani, girandosi sul fianco sinistro e cercando di pensare ad altro, ignorando i capelli che le solleticavano la guancia.

La fede d'oro bianco brillava per via dei raggi della luna che entravano dalla finestra, risvegliandole ricordi di quel giorno felice.

Senza pensarci una seconda volta, si tolse l'anello e si voltò verso il comodino per poggiarlo e non guardarlo, trovando insopportabile la vista di quel simbolo.

Era l'una passata e sentì la porta  d'ingresso aprirsi, segno che Lila era rientrata a casa.

Sospirò nuovamente, sentendosi più sollevata, ma il senso di colpa la invase nuovamente all'idea che tra pochi giorni tutto sarebbe finito.




 

Gabriel mise il cellulare in carica, dando un'ultima occhiata al blocca schermo: una foto della sua famiglia, quando era ancora unita.

Spegnendo l'apparecchio si sistemò sotto le coperte, dando la buona notte a Nooroo, che dormiva sul cucino fattogli da Marinette in cassetto aperto del comodino.

Aveva da sempre dormito lì dentro poiché non voleva occupare il cuscino che usava la moglie, trovandolo irrispettoso.

Erano ormai le tre passate e aveva lavorato sin a mezz'ora prima su una nuova collezione che avrebbe dovuto presentare tra un mese durante una sfilata di inaugurazione ed i proprietari del negozio volevano che anche i vestiti di Marinette avessero una loro parte.

È come biasimarli? Marinette era una grande artista e si meritava un'opportunità del genere.

Aveva pensato di dire ad Adrien di riferirglielo, siccome era a casa della ragazza, oppure di chiamarla, ma preferiva avvisarla di persona, sorridendo al pensiero di vedere il suo volto illuminarsi.

Più il tempo passava più le somiglianze con Martine erano visibili.

Le sarebbe piaciuta com'era piaciuta a lui, ne era sicuro.

Si girò sul lato, guardando malinconicamente lo spazio vuoto del materasso, facendo scorrere le dita sulle coperte.

Si sistemò nuovamente supino, incapace di sopportare tale sentimento, restando a fissare il soffitto per molti minuti, finché le palpebre non si fecero pesanti e con l'immagine di sua moglie che sorrideva si addormentò.




 

Dagon colpì violentemente il sacco da boxe con un forte pugno, seguito da un altro ed un altro ancora, facendo ondeggiare lo strumento davanti a lui.

Il respiro era pesante ed il ritmo del suo cuore era accelerato, i capelli albini erano incollati alla sua fronte e del sudore gli ricopriva il corpo.

I suoi occhi bicromici erano concentrati sul bersaglio davanti a lui, calcolando dove si sarebbe spostato e l'intensità del pugno con cui avrebbe dovuto colpire.

"Sei l'essere più potente che abbia mai creato." gli disse Mark con orgoglio mentre controllava le ferite subìte dall'allenamento contro quella specie di rinoceronte umanoide.

Lui sapeva di essere forte, ma voleva raggiungere la perfezione.

Ringhiando, caricò il colpo, per poi sfoderare un potentissimo pugno esattamente al centro del sacco, facendolo staccare dai ganci a cui era appeso e facendolo volare dall'altra parte della stanza.

I muscoli bruciavano e dolevano sotto la sua pelle, ma non poteva permettersi di fermarsi, non ora che Null aveva bisogno di lui.





 

Marinette sospirò, incapace di ignorare il leggero russare del ragazzo avvinghiato a lei.

Doveva mettere una barriera tra loro quando dormivano assieme: Adrien aveva il vizio di abbracciare qualunque cosa e sbavare; era una cosa che aveva sempre desiderato, dormire teneramente abbracciata ad Adrien con il sorriso sui loro volti.

Tranne per il fatto che era estate –e di conseguenza faceva un caldo soffocante– e per il suo pigiama o il suo cuscino bagnati di bava.

Almeno Tikki si era addormentata sulla piccola credenza nel muro.

«Mi dispiace per te, ragazza. Non hai fatto nulla di male per meritarti tutto questo.» sussurrò dispiaciuto Plagg tra i suoi capelli corvini, accarezzandole dei ciuffi della frangia.
«E come fa quando dorme nel suo letto da solo?» chiese seccata, anche lei a tono basso.
«Lui non è coerente: o abbraccia un cuscino o si spaparanza sull'intero materasso. Ed il suo letto non è piccolo...» aggiunse.
«Almeno non mi butta di sotto.»
«Sei tu che dovresti buttarlo di sotto, cara. Lo dico per il tuo sonno.»
«Tanto non avrei dormito nemmeno... Non riesco ad addormentarmi a differenza di Tikki e del koala bavoso.» sbuffò, incapace di muoversi per via della presa attorno al suo corpo. «Sto morendo di caldo... E tu perché non dormi?»
Plagg sospirò. «Per le tue stesse ragioni e... per riflettere un po'.» rispose con un sospiro. «Abbiamo combattuto contro Null per eoni ed eoni e tutto quello che abbiamo ottenuto sono soltanto state sconfitte, morte di molti portatori e la quasi estinzione di noi kwami. Fa schifo come cosa...» mugugnò l'ultima parte.
Marinette non disse nulla; dopo qualche secondo di silenzio, con l'unica mano libera, prese Plagg in mano e lo portò sul petto, appena sopra il braccio di Adrien, per poi dargli un bacio sulla testa. «Non ti preoccupare Plagg, troveremo un modo per batterlo.»

Il kwami guardò da un'altra parte, non del tutto convinto.

Con sguardo triste restituì il suo bacio con una piccola leccata sulla punta del naso, per poi accoccolarsi nell'incavo del suo collo.

«Non voglio perdere anche voi due...»
La ragazza sentì il cuore stringersi in una morsa, accarezzando le orecchie del felino. «Non accadrà. Io ed Adrien abbiamo la pellaccia dura.» ridacchiò, sentendo il corpicino dell'esserino farsi più piccolo contro di lei.

Capiva come si sentiva Plagg, anche lei aveva paura.

Paura di fallire, paura di non essere abbastanza per Tikki e per gli altri, paura di morire.

Combattere contro Null era l'unico modo per dare fine a tutto ciò ed aveva bisogno dei suoi compagni per vincere.




 

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Dai che siamo quasi giunti alla fine, dai dai.

Ancora, credo, cinque capitoli o giù di lì. Devo vedere bene la lunghezza dei capitoli e tutto il resto.

Comunque, Dagon è questa persona:

Ho provato a modificare l'immagine al meglio, sorry XD

Ci vediamo mercoledì prossimo :D

Francy_Kid

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Capitolo 30
*** Cap. 30 ***


Cap. 30




Adrien si svegliò sentendo delle persone al piano di sotto parlare.

Non erano i suoi amici poiché erano andati via all'una, poco prima che i genitori di Marinette rientrassero a casa, pensò lui, e mise a fuoco l'udito per capire chi fosse.

«Sono venuto a prendere Adrien.»

Era soltanto la voce di Nathalie.

«Nathalie?!» esclamò mettendosi a sedere di scatto facendo sobbalzare Marinette ed il kwami nero, addormentatosi tra la sua spalla ed il collo.
«Che succede?» sbadigliò la ragazza, sentendo il letto muoversi e guardando Adrien scendere il più veloce possibile dal soppalco.
«C'è Nathalie qua sotto! Dove sono i miei pantaloni?!» domandò preso dalla frustrazione, cercando dietro la chaise longue.

Marinette si stropicciò gli occhi, per poi recuperare l'indumento che Adrien stava cercando, appesi alla sbarra di ferro del letto, gettandoglieli in testa.

«Non è una novità vederti in mutande per lei.» commentò Plagg con una nota acida. «Anzi, non lo è per nessuno...»
«Solo perché entra in camera mia d'estate.» puntualizzò il ragazzo saltellando su una gamba sola mentre si infilava i jeans. «Non posso farmi trovare in questo stato dai genitori di Marinette. E non sapevano nemmeno ci fossi! Ok, ora, fate tutti come se avessimo dormito separati.»
«Tu pensi che le persone siano stupide, vero?» chiese Marinette ancora semi addormentata.
«Sicuramente è stupido lui.»

Adrien andò a sdraiarsi sulla chaise longue non appena finì di vestirsi, facendo finta di dormire quando la botola si aprì ed il volto di Sabine fece capolino, guardandosi attorno e sorridendo non appena notò il biondo –apparentemente– addormentato sulla chaise.

«Ciao mamma.» la salutò la corvina da sopra il suo letto, sbirciando dalle scale.
«Ciao tesoro, potresti svegliare Adrien e dire che è arrivata la signorina Nathalie a prenderlo? Intanto torno di sotto.»

Dopo l'assenso della figlia, la donna tornò in salotto, chiudendo la botola.

«È scesa?» chiese impaurito il ragazzo.
«Sì, puoi alzarti.»

Adrien si mise a sedere, tirando un sospiro di sollievo.

«Hai un portatore davvero stupido.» commentò con atonia Marinette, guardando il biondo stirarsi.
«Ehi, è anche il tuo ragazzo.» rispose lui allo stesso modo. «E comunque è proprio vero: Tikki si prende sempre i migliori.»
«A proposito, dov'è Tikki?»
«Sta ancora dormendo nella tua borsetta. E, più tardi, ricordale chi dovrebbe essere il gatto tra noi due.»





 

Christian si sedette di peso sul suo comodo divano e accese la TV, asciugandosi i rivoli di acqua della doccia che scivolavano lungo la sua pelle.

L'estate era davvero insopportabile.

Fece scorrere i canali in cerca di qualcosa di interessante, fermandosi sul notiziario locale.

Da quando era diventato un eroe cercava di restare al passo con i tempi in caso fosse successo qualcosa.

Dusuu mangiava beatamente il riso soffiato che Christian aveva comprato apposta per lui, chiedendosi come avrebbe fatto ad andare in giro con quel tipo di cibo tutti i giorni senza rischiare di spargerlo per la borsa o per le tasche, scatenando così l'ira della madre.

Non c'era più stato nessun attacco da parte dei mutanti, il che era un bene, ma ciò le immagini della visione che aveva avuto quand'era da Master Fu erano ancora chiare nella sua mente.

Rabbrividendo, spense la televisione, andando a gettare nella cesta dei panni sporchi la salvietta che aveva attorno al collo.

La vibrazione del cellulare servì per distrarlo un momento da quei pensieri, leggendo il testo del messaggio.

Adrien: "Riunione a casa mia. Questione urgente."

Christian fece cenno al suo kwami di andare, notando la sua espressione preoccupata prima di volare sulla spalla del suo portatore.

«Sei pronto?»
«Fammi soltanto salutare mia mamma. So che farlo di persona non è il massimo, ma prenderò una scusa per ma mia assenza.» rispose, per poi comporre il numero di sua madre sulla tastiera e pigiare il tasto verde.

Se doveva essere sincero avrebbe voluto abbracciarla, dirle che le voleva bene, così come a suo padre, ma non poteva for loro che avrebbe rischiato la vita poiché è diventato un eroe e lotta al fianco di Ladybug, Chat Noir e Volpina.

Restio sul cosa dirle di preciso, chiuse la chiamata dopo solo due squilli, decidendo di scriverle un messaggio.

Una scusa innocente per salvare il mondo ed il destino dei kwami.




 

Lila arrivò a Villa Agreste, suonando al citofono e vedendosi aperta i cancelli da Nathalie.

Attraversò la porta di legno e venne scorta dalla segretaria del signor Agreste fino all'ufficio di quest'ultimo, dove erano riuniti tutti e cinque –con lei sei– i portatori.

Si sedette su una sedia sistemata apposta per lei e attese che Gabriel iniziasse a parlare.

«Vi ho chiamati qui per un buon motivo.» iniziò autoritario. «Catherine ci ha contattati stamattina. Vuole che la raggiungiamo questa sera all'aeroporto Charles de Gaulle per partire con lei.»
«Per dove?» domandò Adrien serio.
«Non si sa, ma dobbiamo decidere ora. Se accettiamo, allora dobbiamo prepararci subito.»
«E se non accettiamo?»

Lo stilista spostò lo sguardo su Master Fu, che guardava i ragazzi con estrema serietà.

Nessuno di loro l'aveva mai visto così.

«Allora preparatevi a vedere Parigi immersa nel caos.»




 

Marinette parlava al cellulare con sua mamma, cercando di mantenere la voce più ferma possibile, pre senso come scusa il fatto che avrebbe passato qualche giorno da Lila nella sua casa in montagna e che i vestiti glielo avrebbe prestati lei siccome era stata una decisione presa sul momento ed erano già in viaggio.

Sapeva che era una scusa inefficace, soprattutto perché non sapeva cosa sarebbe accaduto e se non sarebbe tornata a casa.

Adrien la guardò restando in silenzio, leggendo ogni suo minimo movimento ed ogni sua parola.

Sapeva quando odiava mostrarsi debole e chiedere aiuto agli altri, ma non poteva di certo dire ai suoi genitori che lei era Ladybug e che doveva partire per una destinazione ignota e per un periodo di tempo indeterminato.

Anche se sperava fosse per massimo un paio di giorni.

Adrien sospirò. Sicuramente se Catherine li aveva mandato a chiamare c'era qualcosa che aveva a che fare con Null e tutta la situazione dei mutanti, ma, forse, avrebbe saputo qualcosa su sua madre.

Sentì il letto muoversi e, girando la testa, vide Marinette sdraiarsi accanto a lei

«Stai bene?» gli chiese, intrecciando le dita con le sue.
«Mi sento come se avessi mangiato un kilo di camembert.» rispose, facendola sorridere. «Tu invece?»
«Idem.» sospirò. «Non ti devi preoccupare, salveremo tua madre.»
«Salveremo il mondo, My Lady. Vinceremo contro Null e metteremo fine a questa faccenda.»
«Saremo all'altezza di questa situazione. So che con te, Christian, Lila, tuo padre, Master Fu ed i nostri kwami lo batteremo.» sorrise la ragazza, accarezzando i capelli morbidi del giovane.

I due si baciarono, abbracciandosi e mescolando a quel

Sapevano che rischiavano di poter perdere i loro poteri e sapevano che quel loro momento poteva essere un addio, che sarebbero potuti addirittura morire.

Ma non sarebbero morti senza lottare.





 

Tikki guardò i due ragazzi con malinconia mentre parlavano tra loro, raccontando tutti i bei momenti vissuti insieme e tutte le scene divertenti con i loro amici come protagonisti.

Plagg, invece, era sdraiato sul cuscino del divano osservando le zampette, come se potesse vedere l'aura dei suoi poteri che gli fluttuava nel palmo, sentendone però la forza distruttiva.

Serrò le dita, guardando da un'altra parte.

«Non ti preoccupare. Adrien sarà in grado di gestirli.» esclamò il kwami rosso da sopra il poggiaschiena.
«Vorrei tu avessi ragione...» sospirò lui malinconico, coccolandosi contro il cuscino.

Tikki lo guardò dall'alto con preoccupazione, per poi raggiungerlo sul cuscino.

«Mi da fastidio quando mi consoli.» mugugnò Plagg, nascondendo il muso tra le zampe.
«Sempre meglio di quando fai lo scorbutico.» ridacchiò la coccinella mettendogli un braccio attorno Ale spalle. «Adrien è un bravissimo ragazzo, non gli succederà nulla.»

Il kwami restò in silenzio.

«Ascolta Plagg, sappiamo entrambi di cos'è capace Null ed è per questo che partiamo avvantaggiati.»
«Ma anche lui conosce i nostri poteri ed ha ucciso già tutti i nostri fratelli.» rispose secco, agitando le spalle per far cadere il braccio di Tikki.
La coccinella lo guardò strabuzzando i suoi occhioni azzurri, per poi tornare sorridere tristemente. «Sai, anch'io ho paura. La lotta contro Null va avanti da millenni ormai e lui è parecchio potente, ma io ho fiducia in questi ragazzi, come l'avevo riposta nei miei precedenti portatori.»
«Eppure non abbiamo mai vinto e Null ora sta controllando un'altra persona innocente. Voglio che tutto questo finisca...»
«E finirà, Plagg. Marinette e tutti gli altri sono molto forti e, anche se Master Fu non può combattere vedrai che ce la faremo.»
Plagg di alzò di scatto con gli occhi verdi che luccicavano. «Tikki, abbiamo visto troppi portatori perdere la vita per colpa di Null e non credo nemmeno che ce la faremo questa volta. Tu dirai che siamo divinità kwantistiche, che vediamo gli umani morire ogni volta, ma io sono stufo di tutto questo. Sono stufo di vedere le persone a cui mi affeziono morire.»

Tikki rimase a bocca aperta davanti a quello sfogo, ma non poteva negare che anche lei si sentisse così.

«Sono abituato alla morte, ma non posso sopportarlo, non più. Adrien morirà, così come Marinette, e noi saremo ancora vivi. Tranne se Null ci prende, ovvio.» puntualizzò, asciugandosi le lacrime.
La kwami rossa lo fissò, sentendo una lacrima rifarle la guancia. «Anch'io mi sento esattamente come te, ma sai benissimo che siamo immortali, siamo destinati a questa cosa...»
«A cosa? A soffrire in eterno?» chiese con voce spezzata da un singhiozzo, per poi tornare a rannicchiarsi sul cuscino. «Non voglio che Adrien sia schiavo dei poteri della distruzione e non voglio essere la causa di altre morti. Senza contare Null...»
La coccinella si sistemò cauta accanto a lui, rannicchiandosi contro la sua schiena. «Lo batteremo e libereremo la persona che sta controllando, se non è troppo tardi. Credimi Plagg, smetteremo di soffrire per mano sua.»





 

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I momenti Plakki, anche se tristi, non devono mancare!

Comunque, dovete sapere che avevo disegnato Null in versione umana, ma come per la versione kwami non trovo più il disegno.

Brava me.

Così, in un momento di noia, mi sono messa a disegnarlo... in versione chibi!

Ed ecco come Null dovrebbe essere:

Ed ecco come Null dovrebbe essere:

Lasciamo perdere, che è meglio...

Alla prossima :D

Francy_Kid

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Capitolo 31
*** Cap. 31 ***


AVVISO: mercoledì 21 e giovedì 22 non credo sarò in grado di aggiornare ne questa ne Monster per via degli esami. Ho preferito avvisare ora ^^
Buona lettura :3
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Cap. 31



 

Gabriel si sistemò gli occhiali da sole dopo essere sceso dal taxi, per poi pagare l'autista ringraziandolo per la corsa e vederlo sfrecciare verso un altro cliente.

«Certo che tuo padre fa invidia ad Horatio Caine con quegli occhiali.» sussurrò Christian, sperando di non farsi sentire.
«Se ora spara una battuta è perfetto.» rispose l'altro, sperandoci.
«Dove dobbiamo andare ora?» domandò Marinette, guardandosi intorno.
«Catherine ha detto che ci avrebbe atteso davanti all'entrata dell'aeroporto, ma non so chi sia.» affermò con un'alzata di spalle, scrutando tra la folla in cerca di qualcuno di sospetto.
«È quella donna dai capelli rossi.» disse Lila con un cenno della testa.

Subito gli sguardi degli altri cinque portatori si spostarono verso una donna dal fisico slanciato e dai capelli rossi che sembravano quasi essere tinti; dei pantaloni neri le rendevano le evidenziavano le gambe, sopra indossava una camicia a maniche lunghe bianca, un paio di occhiali da sole le nascondevano gli occhi e le labbra carnose erano evidenziate da un rossetto rosso acceso, che richiamava il colore dei capelli.

«Meno male che avete deciso di seguirmi con le buone o avremmo sguinzagliato un bel po' di mutanti, questa volta.» disse la donna con estrema monotonia, fermandosi davanti ai portatori.
«Sì, lo hai lasciato detto nel messaggio.» esclamò Adrien a denti stretti.

Catherine fece scorrere lo sguardo su tutti i portatori, notando i loro kwami sbucare dalle borse o dal colletto delle magliette, non lasciando trasparire il suo stato d'animo quando osservò Adrien.

«Bene, seguitemi allora.» disse dopo qualche secondo, girandosi di spalle e iniziando a camminare lungo la sala dell'aeroporto.

I sei la seguivano senza dire una parola, scrutando ogni suo movimento e tenendosi pronti in caso attaccasse.

Arrivarono al check-in, camminando fino all'ultimo metal detector della lunga serie, dove tre uomini li stavano attendendo.

Catherine passò senza venire controllata, fermandosi dall'altra parte del metal detector. «Seguite quest'ordine: possessore della tartaruga, della farfalla, della volpe, del pavone, della coccinella e del gatto nero.»
«Facevi prima a dire in ordine d'età.» sbuffò Adrien, mettendosi in fila.
«E quindi sei il più piccolo?» ridacchiò Christian, facendo capolino da davanti la corvina.
«Solo perché sono nato a novembre non significa che puoi prendermi in giro.» mormorò seccato, incrociando le braccia al petto.
«Lascialo perdere Chris, gli brucia il fatto che siamo tutti più grandi di lui.» disse Marinette agitando la mano.
«Mari, hai portato il ciuccio per il piccolino?» scherzò Lila da davanti, notando l'espressione irata del diretto interessato.
«Muoviti signorina.» sbuffò la guardia, facendo cenno alla mora di passare.
«Villani.» esclamò con una nota di finta offesa, facendo ondeggiare i capelli.

Marinette ridacchiò a quel gesto e la vide sorridere quando l'omone sbuffò nuovamente, serrando i pugni.

«Il prossimo.»
«Piano con il mio bel corpo da modello, mi raccomando.» disse Christian civettuolo, aprendo le braccia per dare possibilità ad una guardia di controllare che non portasse nulla.
«Rizzini, perdi in partenza contro di me.» mormorò Adrien da dietro il metal detector, aspettando il suo turno dopo che Marinette fu passata.
«Contaci, Agreste.» gli fece la linguaccia, per poi passare anche lui sotto lo strumento.
«Ditemi, come fanno a scherzare in un momento simile?» domandò Gabriel accanto a Master Fu.
«Non ne ho la minima idea, ma uno è tuo figlio, un paio di domande me le farei.»






 

Adrien si guardò intorno, scrutando con occhio attento ogni minimo dettaglio del jet privato su cui viaggiavano.

Dopo i controlli i sette portatori seguirono Catherine fino alla casella d'imbarco, anche lì vegliata da due guardie che poi, dopo un cenno della donna, li seguirono, sistemandosi in piedi uno davanti alla cabina di pilotaggio e l'altro accanto al portellone d'uscita.

«E ditemi, madame, dove siamo diretti?» domandò cortesemente Gabriel, seduto su una di quelle comode poltrone davanti a Catherine, accanto a Master Fu.
«Lo vedrete di persona, ora vorrei chiedervi un paio di cose.»
«Non avrai alcuna informazione da noi, sappilo.» ringhiò Adrien sul lato opposto del corridoio, mentre Marinette gli sussurrò di calmarsi.

La donna dai capelli rossi fece scorrere il suo sguardo su Christian, seduto accanto a Lila e davanti ad Adrien.

Non aveva una bella cera.

«Tutto a posto, ragazzo?» gli chiese cortesemente, notando la sua fronte sudata ed il viso pallido.
«P-Potrebbe andare meglio...»
«Ma guardate, un volatile che ha paura di volare.» lo schernì Lila, ridacchiando.
«Per tua informazione i pavoni, così come gli struzzi e le galline, non possono volare. Non vuol dire che se il mio Miraculous è un uccello allora non possa aver paura degli aerei.»
«Spero di non essere l'unico ad aver pensato male...» esclamò Adrien con aria colpevole, ricevendo un pugno sul braccio da parte della sua ragazza.
«Perché pensi sempre a queste cose?» chiese lei rossa in viso.
«My Lady, non farmi iniziare un discorso perverso qua davanti a tutti. Se vuoi c'è il bagno pe— AHIA!» squittì dopo il secondo pugno.

Gabriel sospirò, pizzicandosi il ponte del naso, ignorando lo sguardo divertito di Catherine.

Tikki osservava la donna da sopra le ginocchia di Marinette, fluttuando con Plagg fin davanti a lei.

La rossa rimase per qualche secondo senza parole, fissando stupefatta i due kwami.

«Quello sguardo mi ricorda troppo Adrien quando mi vide per la prima volta...» sussurrò il felino nero alla sua partner, rabbrividendo leggermente.
«Mi sorprende solo come due esseri i così piccoli possano controllare l'equilibrio del mondo. Il kwami della creazione ed il kwami della distruzione. Affascinante.» disse con un sorriso, continuando a guardarli.
«Ok, lei è più inquietante di Adrien...»
«So perché ci ha contattati e so anche che a Null non interessano gli altri kwami. Perché ha messo in mezzo anche Nooroo, Duusu, Wayzz e Trixx?» domandò Tikki con risolutezza, entrando il peso degli sguardi di tutti i suoi compagni su di sé.
«Io sto solo eseguendo gli ordini. Mio marito mi ha esplicitamente detto che vi voleva tutti e non posso andare contro il suo volere.»
La coccinella la guardò con estrema serietà. «Sei consapevole che porterai sulla coscienza le vite di tutte queste persone?»
Questa volta fu Catherine a guardarla con serietà, mantenendo la sua voce ferma. «Lo so, come sono consapevole del fatto che nella mia vita ho fatto moltissimi errori. Ma dita in poi non sbaglierò più, da oggi farò la cosa giusta.» aggiunse sorridendo.

Tikki non aggiunse altro e tornò dalla sua portatrice, sistemandosi contro il suo collo.

Nel jet venne a crearsi un'atmosfera di tensione e tutti non seppero cosa dire, rimanendo in silenzio per tutta la durata del viaggio.






 

Adrien guardò fuori dal finestrino, annoiato.

Lila si era addormentata, ma si svegliava ogni volta che qualcuno tentava di farle uno scarabocchio sul viso.

Marinette aveva accompagnato Christian in bagno, assicurandosi che la sua paura di volare non lo facesse stare male, mentre Fu, Gabriel è Catherine sì fissavano a vicenda senza dire una parola.

Sembrava un mortorio lì dentro.

All'improvviso, una brutta sensazione avvolse il biondo e si irrigidì quando riconobbe la catena montuosa da delle foto che aveva visto parecchie volte.

«Dimmi che è uno scherzo.» esclamò a denti stretti, girandosi verso la donna. «Ho capito dove stiamo andando.»

Catherine rimase impassibile e Fu abbassò lo sguardo per compassione.

«Dove stiamo andando?» chiese Gabriel incuriosito, non notando l'atteggiamento del Guardiano.
«Stiamo andando in Tibet, non è così?»
«Sì, è esatto.» rispose lei annuendo, per poi tornare a guardare fissa davanti a sé.

Adrien serrò i pugni.

Sarebbe andato nel paese in cui sua madre era sparita, l'ultimo posto che si sarebbe aspettato di visitare.




 

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Un capitolo abbastanza corto, ma è solo perché serve da introduzione a ciò che accadrà.

Tenetevi pronti! Anche perché nessuno lì dentro lo è MUAHAHAHAHAH!

Alla prossima :'3

Francy_Kid

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Capitolo 32
*** Cap. 32 ***


Cap. 32





Il jet privato era fermo sulla pista di atterraggio e, malgrado fossero su una montagna della catena dell'Himalaya non c'era nessuna bufera di neve e nessuno yak ad attenderli per accompagnarli nel covo del cattivo come nei film americani; solo una forte corrente d'aria fredda, e nessuno aveva portato abiti pesanti.

Persone in divisa correvano avanti ed indietro sulla pista, ma ad Adrien saltarono all'occhio due uomini che si stavano avvicinando a loro con lunghe falcate, tenendo sotto braccio quelli che sembravano giacche a vento.

«Mettetevi questi.» esclamò uno dei due, porgendo i giacconi ad ognuno dei portatori, che emanarono un sospiro di piacere quando il caldo li avvolse.

Erano tutti a taglia unica, poiché stavamo parecchio enormi a Marinette e Lila, senza contare che quello di Master Fu strisciava per terra, scatenando le risa dei quattro ragazzi.

«Non è divertente.» esclamò seccato l'anziano, cercando di sistemare l'enorme indumento.
«Invece lo è.» rispose Adrien tra le risate. «È come far indossare ad un bambino di sei anni la giacca di suo padre.»
«Quello che facevi tu, Adrien.» disse con nonchalance lo stilista, camminando non appena Catherine fece loro cenno di seguirla. «Non sai quante giacche o quante camice ritrovavo in salotto o per terra. Ricordo ancora quanto io e tua madre correvamo per casa cercando di prenderti e Nathalie che tentava di bloccarti. Era un periodo di costante movimento.»
«Mi sto immaginando un mini Adrien inseguito da una folla di persone...» disse Plagg, sbucando dal colletto della giacca.
«Era così, infatti.»
«Poveri esseri umani, costretti a stare dietro ad una peste.»
«Il karma mi ha punito con te.» ribatté il ragazzo stringendosi al cappotto in cerca di caldo.
«Ehi, vacci piano!» esclamò offeso il kwami. «Ricordami, chi ti fa i poteri e che ti faceva uscire di nascosto da casa?»
«Tu.» sospirò.
«Bravo.»

Marinette e Tikki alzarono gli occhi al cielo.

Era normale che i due discutessero sulla più piccola delle cose, ma sapevano entrambi che si volevano molto bene.

Tikki cambiò espressione subito dopo, pensando che, visto ciò che li aspettava, discutere sulle piccolezze e ricordare così i bei momenti era la cosa più felice da fare.




 

La prima cosa che Marinette notò dipinto sulle enormi porte di metallo furono due linee curve a formare quello che sembrava un occhio e con lo yin e lo yang a rappresentare la pupilla.

La ragazza ne rimase incuriosita, ma non fece nemmeno in tempo a chiedersi cosa rappresentasse che le ebbero oltrepassate.

Le enormi porte di metallo alle loro spalle si chiusero con un sonoro "clank" una volta entrati e l'aria calda dei termosifoni accesi li invase quasi immediatamente.

Catherine fu la prima a levarsi il cappotto pesante, porgendolo alla guardia che li stava seguendo, per poi fare cenno ai suoi "ospiti" di fare lo stesso.

Non appena l'uomo ebbe recuperato tutti e sette i cappotti si allontanò, sparendo in uno dei vicoli che caratterizzavano quell'enorme e lungo corridoio, dove decine di persone dai camici bianchi camminavano a passo spedito.

Adrien si guardò intorno, con Plagg che sbucava dal colletto della maglietta nera.
«Non mi piace questo posto.» sussurrò il kwami, soffiando come un vero felino.
«Nemmeno a me.» concordò il ragazzo, guardandosi attorno con sospetto.

I portatori seguivano in silenzio Catherine, che parlava con chiunque dei camici bianchi le si avvicinava, dando loro informazioni sul loro lavoro e dove si trovavano determinate stanze. O almeno era quello che Adrien riuscì a tradurre dall'americano.

Senza nemmeno accorgersene, sentì un portellone di metallo chiudersi alle sue spalle, per poi fermarsi di colpo con tutti i suoi compagni.

Quel corridoio era la rappresentazione della casa degli orrori: centinaia di gabbie racchiudevano quelli che sembravano dei mutanti, esattamente come quelli che avevano dovuto combattere a Parigi, ma questi sembravano più deboli e malridotti, come se fossero stati scartati.

Sentì Marinette poggiarsi contro il suo corpo in cerca di sostegno, per poi intrecciare le dita con le sue; sapeva come si sentiva ed era troppo per chiunque vedesse quell'orrendo spettacolo: esseri, un tempo umani, a cui hanno modificato il DNA per ottenere un ibrido perfetto tra uomo e animale.

Queste persone erano davvero malvagie.

Rantoli di agonia e altri suoni tutto tranne che umani rimbombavano in quello spazio che sembrava infinito.

«Continuate a camminare.» esclamò seria Catherine a qualche passo di distanza.

Adrien strinse leggermente la mano della sua ragazza, mescolando la sua espressione di determinazione con quella di terrore e pietà di lei.

Odiava vederla in quello stato e si promise che avrebbe preso a calci nel sedere qualunque mente malvagia che c'era dietro a quell'inferno.

Era una promessa.




 

Null ghignò nel vedere il portatore dell'anello è la portatrice degli orecchini entrare con altre persone, anche loro portatori.

Riusciva a percepire il loro potere malgrado metri di corridori e mura li separassero ed era più che certo che anche i due kwami lo sentivano.

I denti aguzzi sembravano brillare per via della luce degli schermi e, leccandosi le labbra, puntò il suo sguardo sui due piccoli kwami che sbucavano dagli indumenti dei loro padroni.

Sì alzò dalla sedia e, con passo lento ed elegante, ma allo stesso tempo che incuteva timore, camminò verso la porta che conduceva alla stanza in cui si sarebbero incontrati.

«Finalmente è arrivata l'ora della resa dei conti, Portatori.» ghignò, voltandosi per dare un ultimo sguardo agli schermi. «Vediamo chi vincerà oggi.»




 

Catherine si fermò per l'ennesima volta.

Dopo aver Attraversato altro corridoi, i sei portatori si trovarono davanti ad un'altra porta di metallo, non volendo immaginare cosa avrebbero trovato dall'altra parte.

Attraversare una stanza piena di mutanti in agonia e altre dove i camici bianchi effettuavano esperimenti in provetta, mescolando vari intrugli colorati aiutati da sonde e altri utensili che nessuno aveva mai visto.

C'era solo una parola per descrivere ciò che avevano visto: malato.

Malato era chiunque aveva costruito quell'impero della scienza è malato era chiunque lavorava con lui.

La porta davanti a loro si aprì, rivelando un'enorme stanza che sembrava essere un deposito vuoto; il freddo glaciale penetrava dalle pareti spesse e la vernice grigia si staccava dalle pareti per l'umidità del luogo.

Il rumore di passi riecheggiò nella stanza e, dietro di loro, apparve un uomo dai capelli neri spettinati, un paio di occhiali e, anche lui, un camice bianco, che copriva camicia azzurra chiara, cravatta nera e pantaloni neri.

Appena entrò, la porta si richiuse, isolando gli otto in quell'enorme stanza fredda.

Marinette, pensando che lui doveva essere colui che aveva macchianti tutto quanto, digrigno i denti e serrò i pugni, lasciando che Tikki uscisse dal suo nascondiglio assieme a tutti gli altri kwami.

L'uomo sorrise. «Piacere di conoscervi, portatori. Io sono il dottor Mark Julien Kaizen, scienziato capo è proprietario della struttura. È un piacere fare la vostra conoscenza di persona.»
«Meno lo è per noi, mi creda.» esclamò secco Adrien, facendo annuire il suo kwami.
Mark spostò lo sguardo su di lui. «Hai un bel caratterino, Adrien, esattamente come tua madre.»

Il ragazzo sentì il sangue gelarsi nelle vene a quella frase e subito venne fermato da suo padre, che lo afferrò per le spalle.

«Cosa le hai fatto?! Parla maledetto bastardo!» urlò dimenandosi, volendo liberai dalla sua presa per fronteggiare il dottore.
«Martine è ancora viva, anche se per poco.» rispose con nonchalance, notando immediatamente lo sguardo sconvolto dei due Agreste. «E non temere, presto la incontrerai.»

Adrien era impietrito. Non solo era certo del fatto che sua madre era viva, ma era in quel posto spaventoso.

Iniziò a temere che avesse fatto la fine di qualche loro esperimento visto poco prima, che non c'era più modo per farla tornare come prima.

«Noi siamo qui, Mark, ora dicci dov'è Null.» disse Tikki con risolutezza, facendo annuire anche i suoi compagni.
Mark li osservo visibilmente affascinato. «E così voi siete i kwami. E pensare che esseri così minuscoli hanno il potere di decretare l'equilibrio del mondo, dipendendo soltanto dal loro portatore. Fantastico.» aggiunse con un ghigno.
«I nostri portatori sono sempre stati buoni e non hanno mai fatto del male a nessuno!»
«Tranne il Farfallone qui dietr– AHI!» urlò Plagg quando Dusuu gli diede uno scappellotto.
«Sappiate solo questo, piccoli dèi quantistici: d'ora in poi non dovrete più portare quel fardello sulle spalle e potrete finalmente riposare in pace.»
Trixx rabbrividì. «Col cavolo! Noi combatteremo!»
«Combatteremo per proteggere i nostri protetti!» aggiunse Nooroo con determinazione.
«Combatteremo per i nostri fratelli caduti!» pronunciò Wayzz a gran voce, seguito poi da Duusu.
«Combatteremo per ciò che è giusto!»
«Combatteremo per l'equilibrio del mondo e sconfiggeremo Null una volta per tutte!» concluse Tikki stringendo i denti, per poi voltarsi verso Marinette ed annuire con la testa.

«Trasform—»

Le parole dei portatori furono interrotte da un applauso sarcastico proveniente da una specie di balcone a pochi metri di altezza.

Una creatura nera, di cui si vedevano gli occhi rossi, ghignava mentre li guardava dall'alto verso il basso.

«Com'è commovente: i piccoli kwami che fanno discorsi di incoraggiamento. Patetici!» esclamò subito dopo, saltando dalla piattaforma e atterrando in piedi, aiutata dalle sue possenti ali nere.
«Null...» sussurrò Tikki leggermente intimorita, pur mostrando risolutezza.
«Tikki, Plagg, è da tanto che non ci si vede.» ghignò leccandosi le labbra.
«Non ho sentito per niente la tua mancanza, maledetto demone.» sputò Plagg, tirando indietro le orecchie.

Null non aggiunse altro e, con nonchalance, si voltò verso i portatori, mantenendo il suo sguardo divertito.

Adrien fissò la creatura digrignando i denti e serrando i pugni, pensando che la sua voce distorta poteva far rabbrividire chiunque.

«Gabriel e Adrien Agreste. È un piacere conoscervi di persona.»
«Cosa vuoi da me e mio figlio?» ringhiò arrabbiato Gabriel, mettendosi davanti ad Adrien per proteggerlo.

Fu sgranò gli occhi, assumendo un'espressione sorpresa, ed il biondo fu l'unico ad accorgersene.

«Come cosa voglio? Solo rivedervi un'ultima volta.» rispose morbida, famigliare.

L'uomo rimase sulla difensiva, ma Adrien continuava a non capire ciò che stava succedendo, e perché Fu era rimasto così sconvolto.

«Non ci credo...» sussurrò, ma Null lo sentì e lo guardò divertito.
«Il Guardiano ha capito tutto, a quanto pare.» rise malignamente, spostandosi i lunghi capelli biondi dal viso. «Andiamo Gabriel, non riconosci la persona che hai amato?»
Gabriel sentì il sangue raggelasti nelle vene e le gambe cedergli, ma rimase in piedi, combattendo anche il forte capogiro. «Martine






 

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E SI TORNA ALLA GRANDE!

Finalmente ho finito le superiori! Ed ora si parte per l'università! YEY!

Scusate per le due settimane senza aggiornamento, ma sapete in che condizioni ero e vi ringrazio un casino per avermi capita, sostenuta, minacciata anche ahahahahah.

Grazie mille a tutti ^^

Chiedo subito perdono per non aver aggiornato prima, ma ero a Milano con amiche e non ho usato molto il cellulare *risata nervosa*

QUINDI! MERCOLEDÌ SI TORNA AD AGGIORNARE QUESTA FIC E VENERDÌ MONSTER! SONO STRA GASATA! :D

Bene, a venerdì con Monster :3

Ciao ciao :D

Francy_Kid

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Capitolo 33
*** Cap. 33 ***


«Di' "mamma". Dai un piccolo sforzo. "Mam-ma".» esclamò la donna, scandendo bene le lettere.

«Pappa...»

«No. "Mam-ma".»

«Pappa!» esclamò felicemente il bambino comodamente seduto nel seggiolone, mentre guardava la madre con luminosi occhi verdi.

«È inutile Martine, sono io il suo preferito.» esclamò trionfante Gabriel, entrando in cucina con un sorriso divertito.

La donna mise il broncio. «Comunque dice "pappa". Preferisce il cibo a noi...» mugugnò offesa, mettendosi dritta per essere circa allo stesso livello del marito.

«Ma sono io che gli do gli omogeneizzati e le pappette per i bambini, ergo si riferisce a me.» puntualizzò Gabriel con una nota d'orgoglio, avvicinandosi alla moglie.

«Chi lo ha allattato fino alla settimana scorsa?» lo sfidò lei, incrociando le braccia al petto.

«Beh, io no di certo.» ridacchiò, tastandosi il petto. «Dai, a volte ti cerca ancora per un po' di latte materno.»

«Ecco, quindi "pappa" è per me. Vuole me.» disse vittoriosa, puntando con l'indice il naso dell'uomo.

 

Gabriel rise e abbracciò la moglie alla vita, facendo ridere anche il piccolino.

 

«Guardalo, si diverte.» disse sorridendo Gabriel, ancora abbracciando la moglie.

«Perché sa che siamo una famiglia felice, e sempre lo saremo.»

 

I due si baciarono, sorridendo nel sentire il loro pargoletto ridere un'altra volta.

 

 

 

 

 

 

Mattine rientrò a casa con un sorriso smagliante, salutando Nathalie, la nuova segretaria del marito, assunta poiché malgrado Gabriel fosse diligente ed un grande lavoratore, non aveva tempo materiale per occuparsi di tutto lui –il lavoro e la famiglia– e rischiava di scordarsi alcuni incontri se non li scriveva sull'agenda del cellulare.

 

Mattine selezionò le persone migliori, ma stava a Gabriel decidere chi l'avrebbe seguito nel suo lavoro e non poté fare scelta migliore di Nathalie Sancœur: una giovane donna intraprendente e diligente, che non sbagliava mai nulla e che, molte volte, si offriva anche di aiutare ad amministrare la giornata lavorativa e dell'educazione del figlio.

 

Martine non aveva mai immaginato che potessero esistere persone del genere, ma si doveva ricredere.

 

Salì le scale che conducevano all'ufficio del marito, bussando un paio di volte prima che Gabriel le disse l'ok per entrare.

 

Sapeva quanto indaffarato fosse, ma c'era una cosa urgente che doveva riferirgli.

 

«Ciao Tesoro.» esclamò felice Gabriel dalla sua scrivania, interrompendo il lavoro per parlare con lei.

«Ciao.» rispose semplicemente, dandogli un bacio sulle labbra. «Come va il lavoro?»

«Potrebbe andare meglio. Ho inviato la scaletta degli abiti da presentare alla sfilata, ma quello stupido di Pierre l'ha persa, quindi ho dovuto rifarla, e poi mi hanno chiesto di disegnare degli abiti estivi basandomi sugli scacchi. Ora dimmi come posso fare a trasformare il cavallo e la torre in dei costumi da bagno?!» esclamò esasperato l'uomo, lasciando andare la matita sul tavolo.

Martine sorrise dolcemente, baciandogli la guancia. «Tranquillo, so che ce la farai. Ora vado a controllare Adrien, è da stamattina che non vedo il mio bambino.»

«Ha quindici anni, ormai è un adolescente.»

«Ma rimarrà sempre il mio bambino.» rispose lei risoluta, uscendo dall'ufficio del marito.

 

La donna si poggiò contro la porta appena chiusa, accarezzandosi il ventre.

 

Chissà come Gabriel avrebbe reagito alla notizia, pensò divertita, per poi portare la mano all'altezza del cuore, sfiorando il gioiello che usava come spilla a forma di coda di pavone.

 

Glielo avrebbe detto appena sarebbe tornata dalla sua missione, appena avrebbe reso il mondo un posto più sicuro per suo figlio.

 

 

 

 

 

Il campanello di Villa Agreste riportò alla realtà Gabriel mentre tentava di creare l'ennesimo capo d'abbigliamento dopo aver trovato l'ispirazione grazie ad uno strano libro trovato nel cassetto della moglie insieme alla sua sulla a forma di coda di pavone.

 

L'aveva lasciata a casa poco prima di partire per un viaggio di piacere in Tibet, un Paese che lei aveva sempre desiderato visitare.

 

Sapeva che non doveva sbirciare nelle sue cose, soprattutto perché rispettava la sua privacy, ma quel libro aveva acceso la sua curiosità.

 

Una volta aperto aveva trovato solo segni incomprensibili seguiti da delle immagini di quelli che sembravano persone con dei strani costumi.

 

Il leggero tocco di Nathalie che bussò alla porta del suo ufficio attirò la sua attenzione e, dopo il suo consenso ad entrare, notò che era seguita dal commissario della polizia, entrambi con sguardo dispiaciuto e triste sul volto.

 

«Buongiorno, è successo qualcosa?» domando curioso, preoccupato degli occhi lucidi dell'assistente.

«Signor Agreste, si tratta di sua moglie.» disse con calma, non volendo metterlo in allarme prima della notizia.

«Martine? Cosa le è successo?» rispose incaricato, alzandosi dalla scrivania.

«Ci è giunta notizia dalla polizia in Tibet che non ha preso il volo prenotato. Hanno tentato di contattarla e cercarla nell'hotel in cui era...»

«Vada al punto.»

«Ha avuto un incidente. Un ubriaco l'ha investita.»

 

Il sangue di Gabriel si gelò nelle vene e sentì le gambe cederli; crollò sulla sedia, sentendo come se un treno merci lo avesse appena investito.

 

L'ispettore lo salutò, immaginando il suo stato d'animo e, dopo che Nathalie lo accompagnò fuori, la donna tornò nello studio, trovando Gabriel ancora con lo sguardo fisso sulla spilla della moglie, unico oggetto lasciatogli prima di sparire.

 

Non poteva credere a quelle parole, sembrandogli tutto un incubo, eppure era successo realmente.

 

La sua famiglia era distrutta, tutto da quello stupido viaggio.

 

Strinse il gioiello tra le dita, volendo sentire almeno la sua presenza in quel piccolo oggetto.

 

«Nathalie, di' all'ispettore Raincomprix di mobilitare tutti i poliziotti in Tibet per trovare quel maniaco.» esclamò in tono serio. «E chiama Adrien.»

«Vuole dargli la notizia?» esclamò sorpresa, asciugandosi una lacrima che le ricava la guancia.

 

Anche lei era rimasta scossa dalla scomparsa della signora, essendoci affezionata per il suo buon cuore.

 

«Deve sapere, non gli ho mai mentito. E d'ora in poi cambieranno parecchie cose.»

 

 

 

 

 

 

 

«No! È impossibile! Tu non sei mia madre!» urlò scioccato Adrien, stringendo i pugni.

«Eppure è così, moccioso.» ghignò Null, guardandosi le unghie affilate con nonchalance. «Stai tranquillo. Lo sarò ancora per poco.»

«Cosa intendi?»

«Adrien.» lo chiamò Wayzz attirando la sua attenzione. «Ti ricordi cos'acevamk detto dei poteri di Null?»

«Lui prende il possesso del corpo e della mente della persona, esaurendo la sua energia vitale.» spiegò nuovamente Nooroo vedendo lo sguardo scioccato del ragazzo.

«No... non è possibile...»

«Eppure è così, ragazzino. Tua mamma è davvero una donna forte, ma non invincibile.» puntualizzò il mostro sempre con un ghigno.

 

Adrien scattò in avanti, ma, nuovamente, il padre lo fermò, tremando per la collera.

 

«Mi consolo con un esperimento del signor Mark.» aggiunse. «Fai entrare il ragazzo.»

 

Lo scienziato annuì e prese un telecomando, premendo il pulsante al centro e facendo aprire le porte alle sue spalle, rivelando un ragazzo pallido dai capelli bianchi.

 

Il ragazzo camminò con passo lento e sicuro fino a raggiungere il fianco di Null.

 

La creatura sorrise. «Ecco qua il degno successore di tua madre. Lui è Dagon.» lo presentò, mettendogli una mano sulla spalla pallida.

 

Rutti rimasero senza parole. Il suo sguardo emanava pura cattiveria, malgrado il suo viso era calmo ed i suoi lineamenti erano rilassati.

 

Marinette sentì un brivido percorrerle la spina dorsale nel vedere quegli occhi policromatici.

 

«Bell'entrata, ma noi siamo in sei, mentre voi in tre. Che sperare di fare contro di noi?» esclamò Christian, applaudendo in modo sarcastico.

«Sicuro?» chiese Null inclinando la testa di lato.

 

Catherine camminò verso di loro, sistemandosi sul lato destro del marito, per poi guardare Lila.

 

La ragazza si mosse, dirigendosi verso il nemico.

 

«Lila! Che storia è questa?» urlò Marinette indignata, oltre che sorpresa.

«Semplice, voglio il potere.»

«Io credevo che fossimo diventati amici. Ci fidavamo di te.» esclamò Adrien.

«Mi dispiace per te, carino, ma il potere mi stuzzica di più degli amici, di cui non so di che farmene!» esclamò la mora con divertimento, mettendo la mano sul fianco.

Null ghignò. «Bene, ora direi che siamo noi in maggioranza. Senza contare che non credo il vecchietto combatterà.» disse indicando Master Fu.

«Beh, non ha tutti i torti...» rispose con imbarazzo, grattandosi il collo.

«Non importa, la proteggeremo noi.» esclamò determinata Marinette. «Null, faremo di tutto pur di sconfiggerti. Tikki, trasformami!»

 

I quattro portatori arrivarono i loro Miraculous, ed ora, Null, poté vedere con i suoi occhi la Ladybug e lo Chat Noir del ventunesimo secolo.

 

La creatura si leccò le labbra, scattando con la testa e rivelando l'intero volto, facendo irrigidire gli eroi.

 

«Bene.» ghignò. «Diamo inizio ad un'altra battaglia. Vediamo chi sopravviverà questa volta.»

 

 

 

 

 

 

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ZAN ZAN!

 

Prossimo capitolo battaglia! :D 

 

Tenetevi pronti🌚🌚🌚

 

Sorratemi, ma ho i pittori in casa... ma almeno camera mia è più figa U^U

Perdonatemi anche se la pubblicazione fa schifo, ma non avendo ancora montato il computer devo fare tutto da cellulare. Sistemerò il capitolo domani ^^

 

A mercoledì prossimo :D

 

Francy_Kid

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Capitolo 34
*** Cap. 34 ***


Volpina fu la prima ad attaccare, lanciandosi contro Ladybug e cercando di colpirla con il suo flauto, mentre gli altri tre portatori stavano combattendo contro le guardie che il dottor Mark aveva fatto entrare dopo aver premuto lo stesso pulsante sul telecomando.

 

Gli uomini erano abbastanza facili da sconfiggere, armati solo di manganelli per colpire il nemico senza danneggiare il Miraculous.

 

«Tutto qui il tuo esercito? Un po' scardino, devo dire.» lo schernì Chat Noir, scaraventando un uomo addosso ad un altro dopo averlo preso per un braccio.

Mark ghignò. «Quello contro cui andrete non è nulla in confronto a questo.» rispose, per poi fare cenno ad un suo collaboratore dall'altra parte della stanza di aprire un'enorme porta in acciaio.

 

Il cigolio inquietante degli enormi sportelli fece voltare i portatori, per poi farli rabbrividire quando dall'oscurità sbucarono due mutanti dalle sembianze metà feline e metà umane: avevano il corpo ricoperto di peli marroni chiaro, la schiena arcuata, dita di mani e piedi fatti di artigli accumunati, denti affilati in grado di lavorare la carne e occhi felini.

 

«Oh guarda Chat, abbiamo trovato il tuo vero padre.» sdrammatizzò Peacock preparando arco e freccia.

 

Tutti sapevano quale fosse l'unico modo per fermare i mutanti, ed a nessuno piaceva.

 

«Io sono sicurissimo di essere figlio di mio padre.» ribatté lui, camminando a fianco dell'amico e facendo roteare il bastone tra le mani.

«Questo lo dirà il test del DNA che ho richiesto quando scoprii il tuo vero carattere.» rispose Papillon, per poi fare cenno a Master Fu di allontanarsi il più possibile, sapendo che non avrebbe potuto proteggerlo al meglio vista la ferocia dei mutanti ed il fatto che alle sue spalle vi erano altri nemici.

«Stai dicendo che sono figlio dell'idraulico?»

«O magari del postino.» disse il corvino, prendendo la mira e scoccando una freccia, che andò ad impiantarsi bella spalla sinistra della bestia, facendola ringhiare di dolore.

 

La battaglia tra i mutanti ed i tre portatori iniziò, ma l'unica cosa che si riusciva a fare fu tenerle lontani con il bastone di Chat o con un muro di farfalle bianche di Papillon mentre le freccine di Peacock li ferivano.

 

«Di cosa sono fatti? Le mie frecce non gli fanno nulla!» esclamò il corvino, saltando per schivare un colpo di uno dei mutanti.

«Non lo so, ma dobbiamo trovare un modo per batterli prima che loro battano noi.» disse il felino, colpendo al petto l'altro nemico.

 

Papillon osservò i due mutanti, percependo in loro sentimenti negativi: malgrado la loro situazione erano pur sempre umani e la loro mente, anche se corrotta, era quella di un uomo.

 

A quel punto, poiché poteva liberare un'akuma alla volta, scelse di rendere suo schiavo quello che aveva recepito meno colpi, facendo andare la farfalla nel bracciale da laboratorio nel polso destro e riuscendo ad ottenere il controllo del mutante.

 

«Il tuo nemico non siamo noi, ma colui che ti ha fatto tutto questo: il dottor Mark. L'unico modo che hai di tornare libero è sconfiggere l'altro mutante e portarmi quell'uomo vivo, capito?» esclamò con risolutezza, mentre la bestia era a pochi metri di distanza da lui.

 

Il felino annuì e si voltò verso l'altro mutante, ringhiando ferocemente prima di lanciarsi contro di esso ed attaccarlo con potenti sferzate.

 

«Intanto che i micioni sono occupati direi di occuparsi degli altri.» esclamò Chat, correndo in aiuto a Ladybug, che stava ancora lottando contro Volpina.

«Allora direi di passare alle maniere forti. Catherine, vai.» disse il Dottor Mark con un cenno della testa.

 

La donna annuì e si avvicinò a Papillon con sguardo minaccioso, mettendosi in posizione d'attacco.

 

L'uomo la guardò serio, circondato da un'ora di farfalle bianche, anche lui pronto ad attaccare.

 

«Cosa c'è? Non puoi fare nulla senza le tue farfalle?» domandò provocante la donna, lanciandosi contro di lui e sferrando dei pugni all'altezza del viso, che vennero fermati dal portatore con facilità.

«Non so fare molto, è vero, ma posso fermarti.»

 

Entrambi si scambiarono potenti colpi, ma nessuno dei due era in vantaggio.

 

Null ghignò in disparte, leccandosi le labbra mentre assaporava la vittoria.

 

Certo, non era un esercito grande quanto quello dell'epoca precedente, ma era intenzionato più che mai a vincere e, finalmente, di governare sul mondo.

 

 

 

 

 

 

Ladybug evitò il colpo del flauto della mora, che saltò subito all'indietro mentre schifava il bastone di Chat Noir.

 

«Due contro uno, non è scorretto?» ghignò divertita.

«Io e Chat siamo una squadra, combattiamo insieme.» rispose con un ringhio.

 

Volpina ridacchiò, suonò il flauto e delle sagome della portatrice, che si mescolò tra esse.

 

«Perfetto. Il suo solito trucco.» sbuffò il felino seccato.

 

Ladybug sospirò e lanciò il suo yo-yo; il filò tagliò a metà le sagome, facendole sparire in una nuvola di fumo arancione.

 

Lila rise. «E tu ci caschi sempre.» La volpe saltò addosso alla alla corvina, scaraventandola a terra e immobilizzandola al terreno. «Bene, ora dammi il tuo Miraculous.»

«Mai. Chat Noir!»

 

Il biondo la afferrò da dietro e la strinse al torso, tenendole le braccia ferme e facendo sì che potesse spostarla dalla sua ragazza.

 

«Perfetto volpe, direi che non sei così furba quanto si dice.» ridacchiò lui.

 

Volpina ghignò, per poi sparire in una nuvola di fumo.

 

«Era una trappola!»

 

Chat venne attaccato alle spalle e cade rovinosamente a terra, ma si rialzò subito dopo per prepararsi all'attacco.

 

«Io ti credevo un'amica! Perché ci hai tradirò in questo modo?»

«Io non sono mai stata vostra amica. Ho recitato una parte tutto il tempo e dovevo trattenermi dal vomitare. Mi facevate pena!» ringhiò tentando di liberarsi, invano.

«E pensare che mi stavi anche simpatica.» esclamò, per poi andare a colpire la ragazza al petto con un calcio.

 

Una freccia sfiorò la mora al viso, passandole a qualche centimetro dallo zigomo.

 

Peacock, a qualche metro di distanza, si preparava a scoccare un'altra freccia, fissando la ragazza con estrema attenzione.

 

Un mutante era morto per via degli attacchi dell'altro, morto anche lui dopo che Christian usò una freccia, colpendolo direttamente al cuore e liberandolo dalla sua akuma.

 

«Siamo in tre contro una, volpe.»

 

 

 

 

 

Dagon stringeva i pugni mentre guardava gli altri combattere.

 

«So che sei impaziente, ragazzo, ma tu servi a Null per quando abbandonerà il corpo della donna. Devi essere in piene forze per quel momento.» spiegò Mark con le mani dietro la schiena, guardando fisso davanti a sé.

 

Non gli importava nemmeno del fatto che i suoi mutanti si stavano uccidendo a vicenda.

 

«Per cosa mi avresti allenato allora? Per starmene in disparte tutto il tempo?»

«Te l'ho già spiegato il perché è non ti permetto di contestare i miei ordini.»

Null gli mise una mano sulla spalla, attirando la sua attenzione. «Ascolta ciò che ha da dirti il dottore. Tu sei una fonte troppo preziosa per essere sprecata e le tue capacità vanno ben oltre quelle che tu immagini. Grazie a te creerò il mio impero.» esclamò con voce distorta e Dagon non poté fare a meno che annuire, quasi ipnotizzato dai suoi occhi spaventosi.

 

Se quello era il desiderio del suo padrone allora avrebbe atteso.

 

 

 

 

 

Catherine colpì Papillon alla mascella, ma l'uomo non si scompose e riprese ad attaccare, aiutato anche dalle sue farfalle bianche per cercare di rallentarla.

 

«Ho notato che ascolti parecchio gli ordini di tuo marito. Hai paura di fargli un torto?» chiese prendendo fiato l'uomo, asciugandosi il rivolo di sangue che volava dal labbro tagliato.

«E tu che ne sai?» ribatté lei risoluta, per niente stanca.

«Conosco bene quell'espressione: mio figlio faceva tutto quello che gli dicevo malgrado andava contro la sua volontà e tu stai facendo esattamente come lui.»

«Non è vero! Io amo mio marito e lui non mi abbandonerebbe per nulla al mondo!» ringhiò, attaccandolo nuovamente, ma il colpo venne prontamente parato.

«Eppure ha mandato te a fare tutto il lavoro, mentre lui rimane in disparte, ed immagino che è così da parecchio tempo.»

 

La rossa sbarrò gli occhi. Era così evidente?

 

«Lui ti usa solo come uno strumento, come una pedina per arrivare al suo obiettivo.»

«No... non è vero...» sussurrò, sentendo un forte dolore alla mascella quando Papillon la colpì con un pugno, facendola cadere a terra.

«Guardalo. Non si preoccupa nemmeno se vieni ferita. Che uomo è uno che non si cura nemmeno della propria metà?» chiese, alzandole il mento con il bastone.

 

Catherine lo guardava tra lo spavento e la frustrazione.

 

Sapeva che Gabriel aveva ragione, ma non si capacitava del fatto che aveva fatto molti sacrifici pur di stare insieme ad un uomo che, alla fine, non la considerava nemmeno.

 

Papillon sorrise, sollevando la mano e rivelando una farfalla nera.

 

«Vai mia piccola akuma, ed oscura il suo cuore.»

 

 

 

 

 

 

 

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Hello :D

 

Non so quando questo capitolo si pubblicherà poiché sono in montagna e la rete va e viene, ma l'importante è che vi piaccia ^^

 

Comunque, lo dico anche qua: ho aperto una pagina Instagram dove potrete seguire il corso delle storie, chiacchierare con me (se volete), avere qualche spoiler (eheheheh) è molto altro ^^

Si chiama: _francescaabeni_

 

 

 

A mercoledì :3

 

Francy_Kid

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Capitolo 35
*** Cap. 35 ***


Cap. 35






 

Mark rimase pietrificato alla vista della donna che ora era al posto di sua moglie: i capelli rossi che, poco prima, le arrivavano alle scapole, ora erano lunghi fino al bacino, ornati di una piccola coroncina nera; i vestiti che indossava erano sostituiti da una tuta in spandex aderente formata da quelli che sembravano un paio di stivali bianchi che arrivavano sin alla coscia, un corpetto rosso con scollo a cuore, dei guanti uno nero e l'altro rosso che le coprivano le mani ed una pelliccia nera che le copriva le spalle e le lasciava libero il collo; i suoi occhi grigi erano truccati con un eye-liner nero, ombretto bianco e rosso, mentre le labbra erano colorate totalmente di nero tranne che per il labbro inferiore, il quale aveva una sfumatura di rosso; sulla gota destra un cuore spezzato rosso ornava il viso, ed un'espressione di puro risentimento era fissa su Mark.

 

«Regina di cuori, io ti ho dato il potere necessario per vendicarti di chi ti ha fatto un torto. Usalo con discrezione.» recitò Papillon con voce severa, guardando la sua guerriera.

«Sì, Papillon.» esclamò con monotonia, per poi lanciarsi contro il marito.

 

Dagon le fu davanti, proteggendo il dottore senza alcuna fatica, scaraventando la donna ad un paio di metri di lontananza.

 

«Non metterti tra me e lui! Mark è mio!» urlò, facendo comparire dal nulla quattro cuori rossi dai bordi affilati e lanciandoli contro il ragazzo, che li evitò per un pelo.

«Dottore, che devo fare?» chiese l'albino senza staccare gli occhi dal suo bersaglio.

Mark guardò la donna con espressione spenta. «Sei libero di farle ciò che vuoi.»

 

L'uomo spinse un'altra volta il pulsante rosso sul telecomando ed altri due mutanti dalle fattezze mostruose presero il posto dei due senza vita, anch'essi con degli enormi e pesanti collari al collo.

 

Dagon annuì e si lanciò contro la donna, colpendola con calci e pugni, mentre lei li parò e li schivò con maestria, lanciando qualche volta i suoi cuori taglienti.

 

Intanto, dall'altra parte della stanza, Ladybug stava ancora lottando contro Lila, che riusciva a tenerle testa, mentre gli altri due si occupavano dei due mutanti.

 

«Avere vissuto con voi è servito qualcosa. Ho imparato le vostre mosse ed i vostri trucchi, senza contare i vostri poteri speciali.» ghignò, guardando la ragazza coccinella.

«Ho sbagliato a consegnarti il Miraculous della volpe. Dovevo togliertelo quando ne avevo la possibilità.» ringhiò Ladybug, lanciando contro la mora il suo yo-yo, facendolo girare attorno al suo flauto.

«Avresti dovuto, vero. Non hai un bel tempismo, mia cara Ladybug.»

 

La corvina di voltò verso Peacock, che annuì poco prima di scoccare una freccia e sfiorare la spalla del mostro, imprecando subito dopo.

 

Ladybug diede uno strappone al filo, facendo avvicinare a sé Volpina, colpendola con un calcio al petto e facendola volare verso Mark; l'uomo si spostò, evitando la ragazza, che sbatté contro il muro, ma si rialzò immediatamente e ringhiò contro l'eroina.

 

«Torna a combattere, Volpina.» disse serio il dottore, guardando la ragazza.

Lila si voltò verso di lui, tenendo il flauto in mano. «Subito.» rispose, per poi ghignare. «Oppure posso fare questo.» con la sua arma colpì la mano dell'uomo, che gemette dal dolore e lasciò andare il telecomando, facendolo cadere a terra. «Marinette, prendilo!» urlò, dandogli un calcio per mandarlo verso Ladybug, che lo raccolse subito dopo.

«Grazie Lila.» sorrise, premendo il pulsante rosso e facendo ringhiare i mutanti, che fermarono il loro attacco in seguito ad una scossa data dal collare, subito abbattuti da una freccia di Peacock.

 

Mark fissò la portatrice del Miraculous della volpe correre verso la sua compagna, battendole il cinque con un sorriso trionfante sul volto.

 

«Che sta succedendo?» domandò Chat con il fiatone, massaggiandosi il braccio in seguito ad un colpo infertogli dal mutante.

«Diciamo che Lila non stava realmente con loro.» rispose Marinette distruggendo il telecomando.

Il biondo sbarrò gli occhi. «Cosa?! Era tutta una montatura?!»

«Te lo spiego dopo gattino. Ora abbiamo delle persone da battere.» disse la mora, venendo affiancata da Peacock.

 

Null li guardò infuriato, sfoderando i denti aguzzi.

 

«Cosa c'è? Ci sei rimasto male?» ghignò, facendo roteare il flauto tra le mani.

«Ora vieni qui e fatti sotto. Non mandare gli altri a combattere al posto tuo.» disse Ladybug, preparando il suo yo-yo.

 

La creatura mosse dei passi avanti, per poi fermarsi nuovamente a circa tre metri di distanza dai portatori.

 

Solo in quel momento potevano ben vedere la collera che i suoi occhi trasmettevano; sentivano i brividi lungo la schiena per il suo sguardo minaccioso e le ginocchia deboli per la paura che incuteva.

 

 Null ghignò, battendo le mani sarcastico. «Bello lo scherzetto, ma il vostro finto combattimento poteva ingannare soltanto degli stupidi.» sibilò, indicando con un cenno della testa il Dottor Mark che si teneva la mano ferita con l'altra.

«Allora perché non sei intervenuto prima?» chiese Ladybug con disprezzo.

Il demone alzò le spalle con nonchalance. «Assistere ad un teatrino prima della dipartita degli attori mi ha divertito un po'. Ma adesso veniamo ai fatti.»

 

Null si librò in aria, dandosi una spinta con le poderose ali nere, per poi lanciarsi in picchiata contro Ladybug, che scansò l'attacco e lanciò lo yo-yo verso il suo nemico, facendolo attorcigliare attorno alla sua caviglia e tirando; ma la forza della creatura era nettamente superiore e la trascinò per un paio di metri, per poi frenare di colpo e farla schiantare contro il muro, lasciandola senza fiato.

 

Master Fu la accorse quasi immediatamente, impotente per via del suo vecchi corpo.

 

 Chat digrignò i denti, arrabbiato del fatto che qualcuno avesse fatto del male alla sua Lady, aiutandosi con il bastone per arrivare appena sopra Null e colpirlo con un calcio, facendolo cadere a terra.

 

Il ragazzo preparò il pugno per un altro attacco, ma il demone guardò il felino: «Devo forse ricordarti contro chi stai lottando, felino?» ringhiò, notando subito la mano tremare.

 

Con la coda colpì il fianco sinistro di Chat, scaraventandolo a lato e lasciandolo senza fiato dopo avergli colpito le costole.

 

Peacock su il prossimo ad attaccare, scoccando una freccia dopo l'altra per cercare di colpirlo, ma Null le schivò tutte, per poi evitare all'ultimo secondo anche lo yo-yo di Ladybug, proveniente dalle sue spalle.

 

«È troppo forte per noi...» ansimò Adrien ancora a terra, cercando di alzarsi malgrado il dolore lancinante che gli impedì di parlare correttamente.

«Noi lotteremo finché avremo le forze! Non ti lasceremo vincere!» urlò Volpina, tentando un attacco con il suo flauto, ma la coda di Null bastò a fermarla.

«E voi credete che voi quattro pivellini riuscirete a fermarmi? Povero illusi.» sbuffò, facendo uno scatto verso Peacock e colpendolo allo sterno, facendolo volare a dei metri di distanza prima di farlo cadere a terra.

 

Ladybug ringhiò, tornando all'attacco con calci e pugni, ma nessuno andò a buon fine e Null, approfittando della vicinanza con la posseditrice del Miraculous della coccinella, la afferrò alla gola, sollevandola da terra.

 

La figura di Ladybug scomparve poco dopo in una nuvola di fumo arancio, lasciando sorpreso il mostro, e la vera Ladybug ne approfittò per attaccare alle spalle con un calcio, facendola cadere in ginocchio.

 

«Arrenditi Null.» esclamò con il fiato corto la ragazza, facendo roteare il suo yo-yo in attesa di un suo attacco.

Null rise. «Sei ti quella che si deve arrendere, ragazzina.»

 

Il demone si alzò di scatto, trovandosi faccia a faccia con Marinette, colpendola con un pugno al mento e subito dopo un altro allo stomaco, lasciandola senza fiato; senza farle tregua, la afferrò per la gola, stringendo per controllare che non si trattasse di un'illusione, ghignando quando ebbe la certezza che si trattava della vera Ladybug.

 

«Finalmente è mio. Il Miraculous della creazione è mio!» esclamò, per poi levare un orecchino alla ragazza, stringendo ancora quando tentò di divincolarsi, e toglierle così l'altro, guardandola dettasformarsi davanti a lei. «Ora non fai più tanto la gradassa, vero Ladybug?» ghignò, sembrando sputare con disprezzo il suo nome.

 

La ragazza non poté rispondere, tradendo l'aria nei polmoni.

 

Null la guardò, spostandole leggermente la frangia, sorridendo divertito. «Peccato che non possa rimanere molto in questo corpo. Mi sarebbe piaciuto continuare a divertirmi ancora un po'.»

«Lasciala stare!» urlò Chat Noir, alzatosi in piedi e sostenendosi con il suo bastone, ignorando il dolore pungente alle costole.

 

Dovevano essere sicuramente rotte, pensò per un secondo, per poi tornare a concentrarsi su Marinette.

 

«Chissà il perché Chat Noir si è sempre preoccupato per Ladybug. Erano destinati a stare insieme, continuavano a dire, eppure per voi non sarà così.»

 

Null si voltò, tenendo sempre Marinette per il collo, sorridendo divertito quando una freccia trafisse il petto della ragazza, facendo sbarrare gli occhi a tutti i presenti.

 

Peacock, a diversi metri di distanza, aveva il braccio rilassati dopo aver scoccato una freccia, il volto pallido come un cencio; Papillon si girò per controllare come andasse il combattimento, trovandosi pietrificato per l'accaduto, esattamente come Fu; Volpina aveva la mano sollevata, come a voler impedire a Christian di attaccare, mentre Chat Noir aveva un'espressione scioccata oltre che di puro terrore sul volto.

 

Marinette aveva la bocca aperta, dalla quale fuoriusciva un rivolo di sangue mentre tentava di prendere fiato, inutilmente.

 

Il corpo inerme della ragazza venne gettato malamente a terra e, come in un brutto sogno, le urla di Adrien squarciarono il silenzio venuto a crearsi al momento, per poi divenire tutto nero.

 

 

 

 

 

 

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Mi sento doppiamente male per ciò che è successo: prima Wattpad che mi cancella tutto, poi io che non so rispettare i tempi e poi Mari che muore.

 

Mi sento in colpa farvi aspettare una settimana, ma è necessario, vedrete che saranno andare avanti. Farò anche un disegno di Catherine in versione akuma, tanto per rendere l'idea.

 

A mercoledì ^^

 

Francy_Kid


 

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Capitolo 36
*** Cap. 36 ***


Cap. 36




 

«MARINETTE!» urlò Chat Noir con gli occhi pieni di lacrime, ignorando la ditta alle costole.

Null esplose in una sonora risata, per poi gettare il corpo inerme della ragazza a terra, voltandosi verso il biondo. «Ed ora tocca a te, Chat Noir.»

 

La creatura camminò verso il ragazzo, ancora inginocchiato a terra, incapace di muoversi.

 

I suoi occhi erano ancora fissi sul corpo della corvina, a una decina di distanza da lui, sbattendo le palpebre solo per liberare la vista dalle lacrime.

 

Prima quel mostro gli aveva portato via sua mamma ed ora anche Marinette.

 

Doveva pagare per questo.

 

«Adrien, non farlo!» urlò Papillon senza distogliere lo sguardo dal combattimento tra Dagon e la Regina di cuori. «Non usare il Cataclisma, non farti sopraffare dalle emozioni negative!»

 

Il biondo strinse i pugni, alzandosi barcollando e tossendo per il fiato corto, trovandosi faccia a faccia con Null mentre ghignava.

 

«Ti farò pentire di tutto. Di aver decimato i kwami ed i loro portatori, di aver preso il corpo di mia madre e di aver ucciso Marinette. Giuro che mi vendicherò.» ringhiò, usando gli artigli per colpire la creatura al volto, facendolo sussultare ed indietreggiare, prima che lo colpisse con un pugno allo stomaco.

 

Null rimase sorpreso da quella sua reazione, si aspettava che, date le emozioni che provava, si sarebbe arreso senza batter ciglio, ma non fu così.

 

Era proprio il figlio di sua madre: l'ottava fino all'ultimo.

 

Il demone sorrise malignamente, bloccando il pugno del felino e parando il calcio con la coda, guardandolo dritto negli occhi, sfidandolo.

 

Una fitta al petto, facendolo rimanere senza fiato e facendolo barcollare.

 

Il tempo per rimanere in quel corpo stava per scadere. Doveva terminare lo scontro il più velocemente possibile e dominare del corpo di Dagon, per poi impossessarsi del potere assoluto.

 

Chat ne approfittò e lo colpì allo stomaco con una ginocchiata, successivamente allo sterno con il palmo della mano, facendolo tossire.

 

Null era in difficoltà, doveva ammetterlo, ma non avrebbe perso; con uno scatto della coda fece inciampare il felino, per poi bloccarlo al terreno premendo sulle costole ferite con il piede, ghignando nell'ascoltare le sue urla di agonia.

 

«Dammi il Miraculous o farai la stessa fine della tua ragazza.» ringhiò minaccioso, premendo sul petto.

«Mai.» sputò lui, incapace di girare il collo per vedere un'altra volta Marinette a terra.

 

Null spinse di nuovo, sentendo le costole rotte dell'eroe incrinarsi, sorridendo nel vedere le lacrime di dolore che gli rigavano i lati del viso.

 

«Non ti darò mai il mio Miraculous, nemmeno se il mio corpo si spezzasse!» continuò.

«Adrien, dagli il Miraculous.» disse Papillon a qualche metro di distanza, per poi dare un ordine a Regina di cuori. «Ho già perso mia moglie, non voglio perdere anche te.» aggiunse subito dopo.

 

Chat fissò il padre con gli occhi sbarrati, tossendo non appena tentò di dire qualcosa.

 

«Se non mi darai il tuo Miraculous allora tuo padre assisterà alla dipartita di suo figlio e, per te, se c'è solo un modo per salvare la tua ragazza, la stai sprecando. Preferisci che io prenda il Miraculous con la forza, quindi morire e raggiungere Marinette, o sopravvivere, consegnandomi di tua spontanea volontà il Miraculous e magari far sopravvivere anche lei?» chiese Null spazientito, sentendo il petto del ragazzo scosso da spasmi per la tosse.

 

Il biondo si voltò verso Marinette, notando solo in quel momento che, a malapena, stava ancora respirando, ma il sangue continuava ad uscire copioso dalla ferita che aveva nel petto ed il suo bellissimo viso che si faceva sempre più pallido.

 

Alzò le braccia a fatica, togliendosi l'anello e tornando ad essere Adrien, trattenendo un gemito di dolore per aver annullato la trasformazione.

 

Null sorrise trionfante, strappandogli l'anello dalle dita tremanti, per poi levare anche il piede dallo sterno, scoppiando in una sonora risata che fece accapponare la pelle delle persone presenti, osservando i gioielli nelle sue mani.

 

Adrien strisciò fino a raggiungere Marinette, sputando a lato il sangue che aveva in bocca. «M-Mari... Dimmi che sei ancora viva... Ti prego...» sussurrò senza ricevere risposta.

 

Il demone strinse i gioielli nel pugno, sentendo il potere che essi emanavano; ma una fitta al petto glieli fece quasi cadere di mano ed il corpo fu scosso da violenti spasmi.

 

Il tempo che aveva era giunto al termine.

 

«Volpina ora!»

 

La voce di Marinette rimbombò nelle sue orecchie come un eco e la vista si fece distorta.

 

Incapace di bruschi movimenti osservò la scena cambiare davanti ai propri occhi ed un'espressione di pura sorpresa gli mutò i lineamenti: Ladybug, ancora trasformata in piedi davanti a lui, con Chat Noir, Volpina e Peacock dietro di sé, con sorrisi trionfanti a schernirlo.

 

«C-Com'è possibile? Io vi ho preso i Miraculous...» disse a fatica. «E tu! Tu eri ormai in fin di vita!» aggiunse indicando la corvina, che mosse un paio di passi verso il demone.

Ladybug sorrise. «Era un piano che io e Volpina avevamo studiato sin dall'inizio.»

«Non ci hai mai preso i Miraculous anche se la mia Lady ha rischiato parecchio quando l'hai presa alla gola.» esclamò Chat, poggiando il braccio sulla spalla della ragazza, per poi sibilare dal dolore alle costole.

 

Null guardò i quattro ragazzi con espressione indecifrabile, ormai troppo debole per combattere e Dagon era impegnato, oltre che esausto, per via del combattimento contro uno stupido burattino.

 

Ma cosa doveva aspettarsi da un fallimento di quello stupido umano?

 

Quegli stupidi esseri umani gli avevano teso una trappola, ma l'avrebbero pagata cara.

 

Null si mise in ginocchio per via delle gambe tremanti, scoppiando in una risata maligna. «Se non posso ottenere il potere con le mie mani, provate ad immaginare cosa potrei fare se prendessi il controllo del portatore dell'anello della distruzione.» ghignò.

 

Il corpo inerme di Martine cadde a terra con un tonfo, mentre una massa nera si librò sopra di lei, iniziando a zigzagare in cerca di una preda.

 

«Mamma!» urlò Chat, venendo fermato da Peacock.

 

La massa nera si scagliò subito addosso ad Adrien, volendo impadronirsi di lui, ma Chat venne spinto a lato appena prima che Null potesse colpirlo, cadendo a terra e gemendo di dolore.

 

Appena si mise a sedere vide Volpina e Peacock con le bocce spalancate, immobili sul posto, Tikki a terra e Marinette in piedi, braccia tese in avanti dopo averlo spinto, gli occhi totalmente rossi e lo sguardo vuoto.

 

«Marinette!»

 

Chat si alzò e si mosse verso la ragazza, ma Peacock lo fermò un'altra volta, resistendo al suo tentativo di liberarsi dalla sua presa.

 

«Adrien, rimani fermo!»

«Dobbiamo fare qualcosa! Marinette è in pericolo!» esclamò, venendo tenuto fermo anche da Volpina.

«Non lo capisci che ora dipende tutto da lei?» disse la mora, stringendo la presa.

«È Marinette che deve lottare contro Null. Noi non possiamo fare nulla.»

 

Adrien smise di divincolarsi e crollò a terra, stringendo i pugni.

 

Non era possibile...

 

Prima sua madre ed ora Marinette.

 

«Ti prego Principessa... So che puoi farcela.» 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dagon evitò nuovamente i taglienti cuori dell'akuma, ma le forse iniziavano a mancargli.

 

Doveva diventare più forte. Per se stesso e per il suo padrone.

 

Prendendo un profondo respiro, si fiondò contro la donna, che parò tutti i suoi colpi senza fatica, costringendolo ad allontanarsi.

 

Doveva pensare ad un modo per sconfiggere l'akuma, ma senza sprecare altre energie preziose.

 

Si guardò attorno, vedendo il vecchietto che aveva accompagnato i portatori in un angolo della stanza, troppo vecchio ed indifeso per combattere; corse verso destra, recuperando una lastra di metallo spezzata dopo il combattimento tra i mutanti, per poi lanciarla verso Fu.

 

Come aveva previsto, la Regina di cuori si fiondò a proteggerlo in seguito ad un ordine di Papillon, distraendo il portatore dal suo vero obiettivo.

 

L'uomo venne scaraventato a terra in seguito ad un pugno alla mandibola, ma si rialzò immediatamente, pulendosi il sangue dal labbro tagliato.

 

«Comodo nascondersi dietro ad una ragazza, vero?» ghignò l'albino, mettendosi in posizione d'attacco.

«Non lo so. Come si sente il Dottor Mark a nascondersi dietro ad un ragazzino?»

 

Dagon ringhiò, lanciandosi nuovamente contro Papillon, ma il suo attacco venne sventato dal calcio di Regina di cuori, tornata all'attacco dopo aver salvato Fu.

 

«Tutto bene Maestro?» domandò Gabriel, voltandosi verso l'anziano che alzò il pollice in risposta.

 

Papillon diede un veloce sguardo a come stava andando con i ragazzi, vedendo che Null aveva abbandonato il corpo della moglie, riversa a terra e pallida come un cencio, mentre i ragazzi erano fermi a guardare Marinette.

 

«Che sta succedendo?»

Mark rise. «Null ha preso il controllo del corpo di Ladybug. Tra poco potrà assorbire il potere della creazione dagli orecchini.»

 

 

 

 

 

 

 

 

Fu accorse in aiuto ai suoi allievi, rimandando scioccato non appena capì l situazione.

 

«Null è...»

«Sì.» rispose Christian. «La mia predizione si è avverata.»

Chat, nell'udire quelle parole si alzò di scatto e afferrò il corvino al colletto, ringhiando. «Mi stai dicendo che tu lo sapevi ma non l'hai impedito?! Perché?!»

«Era inevitabile. Io non posso cambiare ciò che avviene.»

«E perché non me l'hai detto? Le avrei impedito di fare una cavolata del genere!»

Fu prese la parola, inginocchiandosi accanto a Martine per controllare come stava. «Adrien, se Null si fosse impadronito del tuo corpo a quest'ora saremmo tutti morti. Il tuo potere è più pericoloso rispetto a quello di Marinette e dovevamo impedire che potesse accadere, per questo ti abbiamo tenuto all'oscuro.»

Chat lasciò la presa, sbuffando. «E cosa le accadrà?»

Peacock scosse la testa. «Non lo so... questo non l'ho visto...»

«E non potresti usare il tuo potere speciale? Voglio sapere se si salva o no!»

«In più restare trasformati e meglio è per noi. Presto dovremmo fuggire da questo posto e senza i vostri poteri non ce la faremo.» rispose Fu, chiudendo gli occhi e posando le mani sul petto della donna.

 

Adrien sospirò nel sentire il rumore che delimitava i munti restanti a Lila –solo tre– prima di detrasformarsi; raggiunse Tikki, sollevandola da terra e tenendola tra le mani, per poi sedersi a terra, sul lato destro di sua madre.

 

Era rimasta la stessa bellissima donna che ricordava, ma il viso pallido la faceva sembrare un cadavere.

 

«Come sta?» domandò, accarezzando il capo di Tikki.

Fu scosse la testa. «Non molto bene. Il suo cuore è debole e le forze la stanno abbandonando poco a poco... Se non faremo presto qualcosa allora morirà.»

 

 

 

 

 

 

 

 

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Lo ammetto: sono cattiva con i personaggi MUAHAHAHAHAH!

 

Ho letto i commenti su Instagram è solo una persona si era avvicinata, anche se non ha indovinato nessuno xD

 

Ci vediamo mercoledì prossimo per un nuovo aggiornamento. Chissà, magari ce la faranno🌚

 

Alla prossima >:3

 

Francy_Kid

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Capitolo 37
*** Cap. 37 ***


Cap. 37






 

Marinette aprì gli occhi e si mise a sedere malgrado il martellante mal di testa.

 

Si guardò attorno, notando solo in quel momento che l'enorme stanza in cui stavano combattendo Null era sparita e tutti i suoi compagni –oltre che i nemici– avevano fatto la stessa fine, trovandosi in uno spazio che sembrava infinito e completamente grigio.

 

Si alzò in piedi, camminando dritta davanti a sé e rielaborando cos'era successo poco prima: lei, Lila, Christian, Gabriel e Adrien stavano combattendo contro Null e la sua squadra di scienziati malvagi, quando, dopo che illusione dell'italiana funzionò, erano riusciti a far uscire il kwami del caos dal corpo di Martine; volendo impadronirsi di Chat, lei annullò la trasformazione poco prima di prendere il posto del suo partner e finire così lei impossessata da Null.

 

Aveva impedito che il kwami facesse un vero e proprio disastro con i poteri di Chat, ma ora era lei nei casini, non avendo pensato a come liberarsi del nemico.

 

Bella pensata Marinette, disse tra sé e sé continuando a camminare.

 

Percorse decine di metri e la via d'uscita sembrava essere inesistente, iniziando a pensare di arrendersi e aspettare che qualcuno venisse a soccorrerla.

 

«Peccato che qui sei completamente sola, Ladybug.» ghignò la voce distorta di Null, che sembrò provenire da ogni direzione attorno a lei.

Marinette si girò su se stessa in cerca del kwami. «Fatti vedere Null! Non mi fai paura!»

 

Senza aggiungere altro, una creatura dalle fattezze demoniache atterrò davanti a lei, guardandola ghignando; di primo impatto le sembrava che da prima non fosse cambiato, ma i lunghi capelli biondi erano diventati corri fino a poco sotto le spalle ed erano corvini, mentre una frangetta incorniciava un volto mostruoso caratterizzato da due lucenti occhi completamente rossi e denti aguzzi.

 

Era lei, solo in versione demone.

 

«Dove siamo?» domandò la corvina in posizione d'attacco.

Null rise. «Diciamo che è la tua testa. Ed ora che siamo tutt'uno è la nostra.»

Marinette si guardò attorno. «Si è svuotata dopo che sei entrato tu?»

«Questa freddura me la fece anche l'altra donna.» rispose seccato, sbuffando poco dopo.

«Ed in due anni non hai pensato ad una battuta per ribattere? Mi deludi Null.» esclamò incrociando le braccia al petto, guardando l'essere con aria di sfida.

«Peccato che da ora non ti libererai di me tanto facilmente, se è quello che hai pensato quando sei saltata davanti al portatore dell'anello.»

«E sentiamo. C'è un altro modo per liberarsi di te oltre a quello di morire dopo che tu mi avrai prosciugato Lila vita dal corpo?» domandò. «Visto che ora siamo qui tanto vale chiacchierare.»

Null ghignò divertito. «Diciamo che ora non ho pieno controllo di te, poiché tu –che sei lo spirito di Marinette– mi stai ostacolando. L'unico modo che ho per poter comandare il tuo corpo è sopraffarti.»

«In caso contrario?»

«In caso contrario, se vincessi tu, cosa impossibile, potresti anche riuscire a liberarti di me. Ma il tuo spirito è debole in confronto ad una divinità millenaria.» rispose, sorridendo malignamente. «Chissà come combatti senza i tuoi poteri, ragazzina.»

 

Marinette non ebbe il tempo di prepararsi che sentì una fitta dolorosa allo zigomo e si ritrovò subito a terra.

 

Appena alzò lo sguardo vide Null torreggiare sopra di lei, bloccandola al pavimento con un piede sul petto.

 

«Sei lenta.» disse, premendo sul torace e lasciandola senza fiato. «Oltre che fragile.»

 

La corvina tossì, dimensioni e riuscendo a liberarsi, per poi mettersi in piedi ignorando il giramento di testa.

 

Il demone rise. «Voi umani siete deboli. Sia dentro che fuori.» esclamò, dandole un calcio alle costole, lasciandola nuovamente senza fiato.

 

Null non le diede tregua e la colpì nuovamente, facendola voltare per un paio di metri di distanza in seguito ad un calcio nello stomaco.

 

Marinette si mise a carponi, tossendo e sputando sangue, per poi rimettersi in piedi a fatica, in posizione d'attacco.

 

Null rise di nuovo. «Deboli e testardi.»

 

Colpì nuovamente la ragazza con la coda, gettandola a terra per l'ennesima volta.

 

«P-Puoi continuare a colpirmi, ma io non mi arrenderò finché non ti sconfiggerò.»

«Allora sarà una permanenza davvero lunga.» ghignò.

 

 

 

 

 

 

 

Tikki volò davanti al volto della sua portatrice, accarezzandolo con le lacrime agli occhi, chiamando il suo nome.

 

Chat era rimasto a sorvegliare le due donne con Fu, mentre Volpina e Peacock stavano combattendo a fianco della Regina di Cuori contro Dagon, orami sfinito, mentre Papillon teneva a bada lo scienziato, controllando che non chiamasse qualcun altro.

 

«Arrenditi e metti fine a tutto questo. Ormai ti abbiamo sconfitto.» disse l'uomo con solennità.

«E chi ti dice che sono stato sconfitto? Dagon, vieni!»

 

Al suo segnale, il ragazzo scansò i suoi nemici e, spingendo Papillon da parte, corse con il dottore fuori dalla porta di metallo da cui erano entrati, per poi chiuderla a chiave.

 

«Se la sono data a gambe.» commentò Christian riponendo l'arco.

«Diciamo che è una fortuna. Mi mancava un minuto prima di tornare normale.» disse Volpina, annullando la trasformazione e prendendo al volo Trixx, dandogli delle arachidi da mangiare.

 

Papillon si voltò verso il figlio, potendo ora vedere la moglie a terra e Fu che tentava di captare quanta energia le restasse in corpo, raggiungendo il fianco del foglio.

 

«Papà... Non sono stato in grado di fare nulla...» sussurrò Chat con voce spezzata, gli occhi verdi colmi di lacrime. «Mamma sta per morire e Marinette è stata posseduta da Null... Io non posso combattere contro di lei...»

«La speranza è l'ultima a morire, Adrien.» disse Tikki, seduta sulla testa della sua portatrice. «Ora sta lottando contro il potere di Null per il predominio del suo corpo, ma a giudicare dalla sua trasformazione credo non stia andando molto bene...»

 

Papillon osservò la ragazza: le sue mani da artista erano tramutate in affilatissimi artigli neri e le squame nere stavano lentamente sovrastando la sua candida pelle, ferita in vari punti dopo l'attacco.

 

Gabriel si inginocchiò accanto al figlio, cercando con lo sguardo Fu, che annuì leggermente.

 

«Adrien, Marinette e tua madre sono grandi combattenti, sono sicuro che ce la faranno entrambe.» cercò di rassicurarlo, ma il biondo non accennò ad assentire.

«È solo colpa mia... Dovevo essere io impossessato da Null, non Marinette.»

«Credimi Adrien, nella condizione in cui ti ritrovi è meglio così.» disse Fu.

«Ti ricordi quando usasti il Cataclisma per la seconda volta contro tuo padre? Da allora il potere della distruzione è divenuto meno controllabile.» spiegò Wayzz, scatenando la curiosità del ragazzo. «Plagg ha sprigionato così tanto potere che ora non è più in grado di controllare. Diciamo che prima c'era una sorta di imbuto che riduceva il tuo potere, ma dopo aver usato il Cataclisma una seconda volta è come se il collo dell'imbuto si fosse allargato, se non distrutto, ed ora anziché distruggere una porta rischi di far crollare l'intero edificio.»

Adrien sbarrò gli occhi. «Quindi... se Null si fosse impadronito del mio corpo...»

«Avrebbe potuto ucciderci tutti.» terminò Gabriel, posando il bastone a lato.

 

Adrien sentì il sangue nelle vene, immagini di lui che colpiva i suoi amici con il suo potere distruttivo e li lasciava senza vita a terra.

 

Fu, Lila, Christian, suo padre, sua madre e Marinette, per poi guardare i loro occhi spenti con sguardo sorridente.

 

Lo stomaco gli si rivoltò e le mani iniziarono a tremare, immaginandosele ricoperte del sangue di quelli che aveva ucciso.

 

Malgrado rimpiangesse il fatto di non essere riuscito ad aver impedito a Marinette di venire posseduta da Null, iniziava a pensare che, forse, era davvero meglio che fosse andata così.

 

Alzò lo sguardo, osservando Marinette, ancora in ginocchio e senza dare alcun cenno, mentre la trasformazione aveva raggiunto le spalle.

 

«Combatti Principessa.» sussurrò, continuando a guardare la ragazza.

 

 

 

 

 

 

 

 

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ORMAI MANCA POCOH! SIAMO QUASI ALLA FINEH!

 

Ancora 3 massimo 4 capitoli (contando l'epilogo). Mi sono divertita, devo ammetterlo.

 

MA NON È ANCORA FINITA!

 

Ci vediamo mercoledì :3

 

Francy_Kid

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Capitolo 38
*** Cap. 38 ***


Cap. 38





 

Marinette cadde rovinosamente a terra per l'ennesima volta, ormai stravolta è quasi senza energie.

 

La vista iniziava ad essere offuscata e la testa le girava, ma non voleva attendersi e, barcollando, si rimise in piedi, asciugandosi il sangue che le usciva dal labbro tagliato con il braccio.

 

Null ghignò, avvicinandosi per colpirla alla spalla con la coda, facendola cadere nuovamente a terra.

 

«Non vuoi ammettere che sono io il più forte? Perché ti ostini a sopportare i colpi senza attaccare o, meglio ancora, arrenderti?» domandò abbassandosi al suo livello, sospirando annoiato quando lei tentò di rialzarsi.

«P-Perché le persone credono in me... ed io non voglio deluderle...» rispose con il fiato mozzato.

 

Il demone sospirò, alzandosi nuovamente in piedi e aspettando che la sua nemica di alzasse, per poi colpirla con un pugno al volto, segnandole lo zigomo già ferito.

 

Marinette rimase in piedi, non riuscendo però a schivare o parare l'attacco successivo, ma non cadde.

 

Null ringhiò, iniziando a stancarsi: quel combattimento era senza alcun divertimento e questo lo innervosiva.

 

Perché certi umani dovevano essere così testardi?

 

«Scommetto che gli altri hanno perso contro Dagon e le creature del dottore. Arrenditi anche tu e presto li raggiungerai.»

Marinette ghignò. «Si vede che tu non conosci i miei compagni. Scommetto invece che loro hanno vinto e che tu farai la fine dei tuoi leccapiedi.»

 

Il demone ringhiò, colpendo la ragazza con un violento calcio allo stomaco, che la fece tossire e sputare sangue; subito le fu davanti e la prese per il collo, sollevandola con estrema facilità malgrado avesse la sua stessa altezza.

 

La corvina aveva smesso di dimenarsi e lottare per l'aria: era completamente sfinita e non ce la faceva più.

 

«Le tue ultime parole, Ladybug?» sorrise malignamente, stringendo ancora di più attorno alla sua gola.

 

Marinette aprì la bocca, ma da essa uscì solo un filo d'aria.

 

Null strinse ancora e lei tossì, ma un ghignò le ornò di nuovo le labbra rotte «Tikki trasformami...»

 

Un lampo rosa avvolse il corpo tumefatto della ragazza e si ritrovò presto ad essere il suo alter ego nel costume rosso a pois.

 

Null la lasciò andare, storcendo le labbra. «Come fai ad avere ancora energie?!»

«Non ne ho, ma io sono Ladybug e farò di tutto pur di batterti.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutti i portatori erano fermi ad attendere che la situazione potesse cambiare, ma tutto era rimasto come poco fa: Marinette ancora ferma immobile, mentre, lentamente, si trasformava; Tikki che pareva essersi addormentata tra le sue mani e Martine ancora sdraiata a terra, mentre Fu tentava qualche sorta di incantesimi cinese senza successo.

 

Il silenzio sembrava anormale visto lo scontro avvenuto fino a dieci minuti prima.

 

Come a sentire i pensieri dei portatori, una sirena assordante spezzò il momento di calma e tutti tornarono all'erta.

 

«Che sta succedendo?» domandò Lila, mentre Trixx andò a nascondersi sotto i suoi capelli mori.

«Hanno attivato l'autodistruzione. Mark vuole distruggere le prove sulla mutazione umana ed impedire che qualcuno trovi questo posto.» rispose la Regina di cuori –o meglio dire Catherine– «Dobbiamo andarcene da qua entro dieci minuti.»

«Come facciamo con mamma e Marinette?» domandò Chat impanicato, alzandosi in piedi. «Non possiamo lasciarle qui.»

«Dove siamo atterrati ci dovrebbe essere ancora il jet con cui siamo arrivati. Nessuno ha accesso ad esse al di fuori di me e Mark.» rispose la donna.

«E se l'ha preso tuo marito?»

«Impossibile. Ho io le chiavi.» disse con sicurezza.

 

Avevano il tempo contato e la tensione non aiutava di certo a pensare.

 

Papillon passò in rassegna le persone davanti a sé, pensando cosa potevano fare. «Christian, aiutami a caricare Martine sulle mie spalle. Adrien, tu prendi Marinette e dai Tikki a Lila.»

 

I ragazzi annuirono, facendo come era stato loro detto, ma c'era un dettaglio.

 

«E Fu? Non ce la fa a correre.» osservò Chat, sistemando la ragazza quasi del tutto trasformata in modo tale che non cadesse.

«Lo prendo a spalle io. Ora però andiamo.» rispose Christian, mettendosi in ginocchio in modo tale che il Guardiano si aggrappasse a lui.

 

Non appena furono tutti pronti, Catherine aprì la porta aiutandosi con i suoi cuori, che, a sorpresa di Chat, potevano anche esplodere, per poi guidare tutti fuori dalla costruzione prima che il tempo fosse scaduto.

 

Arrivarono tutti all'esterno, mentre l'altoparlante segnava che mancavano poco meno di cinque minuti.

 

La Regina di cuori aprì il portellone e fece salire tutti i portatori, per poi chiuderlo e mettersi ai comandi non appena erano tutti assicurati ai sedili.

 

«Non so se c'è abbastanza benzina per arrivare fino a Parigi, quindi ci dovremmo accontentare di allontanarci da qua e trovare un luogo per un atterraggio di fortuna.» disse la donna accendendo i motori.

«Contattare un aereo porto no?» mormorò nervoso Peacock, aggrappandosi con le unghie ai braccioli del sedile non appena il jet si mosse.

«Dovevo avvisare prima. Ora tenetevi forte!»

«Non aiuta questa cosa...»

«Un uccello che ha paura di volare. Questa cosa la troverò sempre divertente.» commentò Lila ridacchiando, ricevendo uno sguardo tagliente da parte del corvino.

 

L'aereo accelerò sull'asfalto ghiacciato, con i motori che si giravano e la pista di decollo che stava per finire.

 

A quel piccolo dettaglio, Christian trattenne uno squittio spaventato, che divenne un sospiro di sollievo non appena il jet decollò senza alcun problema.

 

Il problema, ora, stava in quanto tempo potevano volare prima che il serbatoio fosse vuoto, oltre che non sapevano quanto potevano resistere Martine e Marinette nel loro stato.

 

Chat guardò prima sua madre e poi la sua ragazza, poi viceversa, sperando in un miglioramento di entrambe o di una delle due, ma nulla.

 

Il rumore di una lontana esplosione risuonò nell'abitacolo e Lila guardò fuori dal finestrino, notando una colonna di fumo nero salire da dietro delle montagne.

 

«E così possiamo dare addio alle prove per incastrare Mark.» sospirò sconfitto il felino, lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona.

 

Nel jet tornò il silenzio, tutti preoccupati per Marinette e la sorte di Martine, arrivando addirittura a pensare che, forse, non ce l'avrebbero fatta a tornare a casa in tempo.

 

 

 

 

 

 

 

Null schivò appena in tempo lo yo-yo di Ladybug, che contrattaccò subito dopo con un calcio, ma il demone era troppo forte e rimase in piedi.

 

Il combattimento sembrava andare avanti da delle ore e Marinette era sempre più sfinita; sembrava che essere diventata Ladybug non le avesse dato alcun vantaggio.

 

Null la attaccò per l'ennesima volta, facendola cadere rovinosamente a terra.

 

Era troppo forte anche per i suoi poteri.

 

Ora sapeva come mai era sempre riuscito a farla franca: nessun portatore fino a quel momento era mai riuscito a sconfiggerlo, perché doveva farlo proprio lei?

 

«Mi stai stancando, mocciosa.» ringhiò il mostro, sorprendentemente per Marinette, con il fiato corto. «Ed io che mi stavo divertendo ora che sei riuscita a trasformarti in qualche modo. Beh, avrò modo di farlo dopo che avrò preso pieno possesso del tuo corpo.» ghignò, caricando il calcio.

 

Marinette fissò quegli occhi rossi pieni di odio e collera.

 

Riusciva a vedere solo malvagità e capì il motivo per cui veniva soprannominato il "kwami del caos"; dov'era passato aveva lasciato solo distruzione tra i popoli e le terre che aveva comandato e, soprattutto, negli animi delle persone che aveva posseduto, uccidendoli.

 

Sapeva che era il suo turno e, anche se aveva impedito che fosse Chat a venire posseduto, salvando così Adrien, lei non aveva pensato ad un piano per uscire da quella situazione o per vincere contro un avversario contro cui non si era mai scontrata.

 

Aveva perso.

 

All'improvviso, lo yo-yo si illuminò di un'accecante luce rosata e Null venne costretto a coprirsi gli occhi, perdendo così l'equilibrio e costringendosi ad indietreggiare.

 

Marinette si rimise in piedi, guardando sorpresa la sua arma e sentendosi irradiata di un'energia nuova.

 

Il demone ringhiò. «Come fai a possedere tale potere?! Io dovevo averlo! Io dovevo impadronirmene!»

«Io sono Ladybug. La paladina che lotta contro il male e che si impegna a proteggere Parigi, ed ora anche tutto il mondo.» disse la ragazza, lanciandosi contro il suo nemico e colpendolo con lo yo-yo.

 

Per sua più grande sorpresa, l'arma sembrava passargli attraverso, come se Null fosse un ologramma o fatto di fumo, ma lo stava colpendo, poiché diventava sempre più debole.

 

«Io dovevo vincere! Io dovevo accedere al potere della creazione! Non una stupida ragazzina!» usrlò il demone agonizzante, cadendo in ginocchio.

Ladybug alzò le spalle. «Si vede che non sei stato abbastanza fortunato, Null.»

 

La ragazza riprese ad attaccare, finché Null non sparì, con tanto di "puff" e di fumo nero come nelle serie animate che Adrien le faceva vedere.

 

Aveva vinto? O Null si era solo ritirato per tornare più forte di prima?

 

I poteri di Ladybug la abbandonarono, così come le poche forze che le erano rimaste; Marinette crollò sulle ginocchia, esausta, con la vista che le si faceva più offuscata ed il respiro più lento.

 

Tenne gli occhi aperti con estrema fatica, finché non cedette alle palpebre troppo pesanti, e la coscienza che scivolava via.

 

Si sdraiò supina, guardando in alto è una luce bianca sembrava accoglierla.

 

Era morta? Stava per andare in paradiso?

 

Quelle domande e mille altre le turbinavano in testa, e per un secondo le sembrò di vedere molte figure con indosso quelli che sembravano costumi di varie epoche mentre sorridevano.

 

"Che buffo..." pensò con un sorriso, chiudendo gli occhi "Sono tutti in tema Ladybug..."

 

 

 

 

 

 

 

 

Chat osservò il volto di sua madre, accarezzandole la guancia pallida.

 

Il suo battito cardiaco si faceva sempre più debole, da quanto constatato da Fu, ed il suo viso pallido non gli ricordava affatto la bella donna sorridente di solo un paio di anni prima.

 

Vide suo padre, ormai tornato normale, mentre le teneva la mano, mentre Nooroo era poggiato sulla sua spalla con un'espressione triste.

 

Vederlo in quello stato gli faceva male: era stato scosso da troppe emozioni in poco tempo e trovare la moglie in quello stato lo aveva come ucciso.

 

E Adrien questo lo capiva bene.

 

Si voltò verso Marinette, vedendola riposare contro il sedile di pelle, quando iniziò ad agitarsi ed urlare in preda al dolore.

 

I portatori si alzarono in piedi, per quanto lo spazio di un jet privato potesse permetterlo.

 

«Che sta succedendo?» domandò Lila, allontanandosi di un paio di passi poiché non era trasformata.

«Non ne ho idea.» rispose Christian preparando una freccia, tendendola e prendendo la mira.

 

Adrien sbarrò gli occhi: Marinette non poteva aver perso contro Null...

 

Tentò di avvicinarsi a lei, ma il padre lo afferrò per un braccio, facendogli cenno di stare attento.

 

Nessuno sapeva cosa fare e combattere in un piccolo aereo non era mai una buona idea.

 

Marinette lanciò dei ringhi mostruosi insieme a delle urla, quando Tikki venne risucchiata nel Miraculous.

 

Tutti, persino Fu, rimasero impietriti dell'accaduto, ma lo rimasero ancora di più quando videro che la pelle della ragazza stava lentamente tornando normale, mentre il potere malvagio del kwami sembrava raccogliersi tutto in un unico punto.

 

«La collana! Levatele la collana!» esclamò il Grande Guardiano, indicandola.

 

Chat annuì e strappò la collana con estrema velocità, notando il colore dell'oggetto mutare, da oro bianco la catenina divenne totalmente nera mentre lo smeraldo divenne rosso, sembrando addirittura pulsare.

 

Quando Adrien alzò lo sguardo dalla collana, seduta sulla poltroncina del jet non c'era più una specie di demone nero, ma c'era Ladybug.

 

Ognuno nell'abitacolo era rimasto incredulo e senza parole dall'accaduto.

 

Chat si avvicinò alla ragazza, volendo controllare come stesse, quando, lentamente, mosse il capo e strizzò gli occhi, segno che stava per svegliarsi.

 

«Mari...» la chiamò lui, accarezzandole il volto.

 

Gli occhi cerulei della ragazza si aprirono ed incontrarono i suoi versi pieni di lacrime, mentre un sorriso comparve sulle labbra di Adrien.

 

«Hei.» sussurrò la ragazza senza energie, sorridendo a malapena.

«Hei.» mormorò Chat, tirando su con il naso. «Sapevo che avresti vinto.»

«Il mio spirito è a pezzi. Letteralmente.» aggiunse piano, girando la testa per incontrare gli sguardi sorpresi e pieni di lacrime dei suoi due amici. «Dov'è Null?»

Adrien alrì la mano e guardò la collana. «Da oggi non credo ci darà fastidio.»

 

Ladybug sorrise ed il suo sguardo andò a posarsi su Martine, seduta sul sedile dall'altra parte del corridoio centrale.

 

Con fatica, la ragazza si alzò, soccorsa da Adrien che le diceva di restare seduta e riposarsi, ma la testardaggine della sua partner e la curiosità lo spinsero a vedere cosa aveva in mente di fare.

 

Ladybug camminò fino a raggiungere la donna, prendendo il suo yo-yo e aprendolo come se stesse per catturare un akuma.

 

La stessa luce rosata che l'aveva salvata da Null comparve nuovamente e, come se il suo corpo avesse il pilota automatico, sistemò lo yo-yo sul petto della donna, mentre la luce si faceva più intensa.

 

Qualche secondo più tardi, lo strumento della ragazza tornò normale e lei lo ripose attorno alla vita; la trasformazione si annullò subito dopo, preceduta dal classico suono agli orecchini e Lila si precipitò ad afferrare al volo Tikki, priva di sensi.

 

Altri secondi passarono e Martine iniziò a muoversi e mugugnare, strizzando gli occhi.

 

Gabriel cadde in ginocchio, sorpreso, mentre Adrien assistette alla scena con le lacrime agli occhi.

 

La donna aprì gli occhi, stropicciandoseli subito dopo per abituare la vista alla luce.

 

«Gabriel... Che succede? Adrien è già in piedi?» mugugnò con voce roca, sorpresa di trovare il marito a terra.

 

Gabriel si fiondò ad abbracciarla, singhiozzando di felicità nel riabbracciare la moglie.

 

«E-Ehi, che ti prende?» ridacchiò lei.

«Non ti ricordi cos'è successo?» chiese l'uomo, staccandosi solo per poter vedere il volto –confuso– di Martine.

 

Lei si guardò in giro, notando che non si trovava a casa ma in un aereo –dedotto dal rumore– e vide un ragazzo biondo con una tuta da gatto, mentre teneva la mano sulla vita di una ragazza stravolta, un altro ragazzo vestito in modo strano ed una ragazza mora, entrambi senza parole.

 

Martine scosse la testa.

 

«Non ti ricordi del viaggio da te intrapreso, Paon?» domandò Fu, comparendo nella sua visuale.

La donna sbarrò gli occhi, coprendosi la bocca con la mano. «Maestro Fu... Null ha...» sussurrò, per poi tornare a guardare i ragazzi. «Così siete voi i portatori che mi hanno liberata. Ve ne sono eternamente grata.»

«No mamma, devi ringraziare Marinette, lei ti ha guarita.» disse il ragazzo con la strana tuta da gatto.

«Mamma?» domandò, per poi sbarrare gli occhi. «A-Adrien?»

 

Chat annuì e annullò la trasformazione, tenendo sempre salda la vita della ragazza.

 

Martine si alzò, camminando verso di lui. «Sei davvero tu.»

«Sì mamma... sono io.» singhiozzò il biondo, guardando per un secondo Marinette mentre si staccava da lui per andare a sedersi.

 

Martine lo abbracciò senza pensarci una seconda volta, piangendo più volte il suo nome, per poi trascinare anche Gabriel nell'abbraccio, lasciandolo sorpreso in un primo momento.

 

Adrien sorrise, stringendo a sé i suoi genitori: sia mamma era viva e la sua famiglia si era finalmente riunita.

 

Gli altri portatori sorrisero nel vedere la gioia dei tre, asciugando anche qualche lacrima di felicità.

 

«Mi dispiace rovinare un momento bello come questo, ma ho una cattiva notizia.» disse la Regina di cuori dalla cabina pilota.

Christian, dopo aver annullato la trasformazione, accorse dalla donna. «Che sta succedendo?»

«Abbiamo finito il carburante.»

 

 

 

 

 

 

 

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Ecco un bel capitolo lungo come piace a voi.

 

Mi dispiace che la battaglia Mari VS Null non fosse stata chissà che cosa, ma mi devo ancora allenare bene nel descrivere le battaglie... perdonatemi ^^'

 

Il prossimo dovrebbe essere l'epilogo, se non erro.

 

Già, siamo arrivati alla fine. Mi mancherà scrivere questa storia :')

 

Dopo l'episodio vi dico già subito che farò ancora un "Question & Answer" e poi farò un capitolo dedicato ai ringraziamenti, perché ve lo meritate tutti!

 

Beh... ho già il magone ahahahahahah

 

Ci vediamo mercoledì con... la conclusione.

 

Alla settimana prossima :)

 

Francy_Kid

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Capitolo 39
*** Epilogo ***


Epilogo





Marinette si svegliò, cercando di stirarsi e pentendosi immediatamente di averlo fatto, poiché i suoi muscoli erano tutti doloranti; la strana sensazione di aver fatto un incubo ancora presente.

Un forte odore di incenso la svegliò completamente e, a fatica, aprì un occhio, accorgendosi solo in quel momento che non si trovava in camera sua.

Si guardò attorno, non riconoscendo la stanza e cercò di mettersi a sedere, ma la mano di Master Fu la fermò poco prima.

«Resta sdraiata ancora un po'.» sussurrò lui, sorridendo dolcemente.
«Dov'è Tikki?» chiese la corvina con voce roca dovuta alla gola secca.
«Sono qui Marinette.» rispose la piccola kwami comparendo dalla sua destra.

La ragazza la accarezzò non appena lei le sì poggiò sulla guancia, felice di rivederla.

«Come sta Martine?»
«Si è completamente ripresa grazie a te. Ancora non ho capito bene cosa tu le abbia fatto, ma le hai salvato la vita.» spiegò.
«E tutti gli altri?»
«Lila, Christian e Gabriel erano solo un po' ammaccati, invece Adrien aveva una bruttissima lesione alle costole. L'ho rispedito a casa un'oretta fa per farsi una doccia e perché riposare per bene senza preoccuparsi. È rimasto tutto il tempo accanto a te, per tutti e otto questi giorni.»
Marinette sbarrò gli occhi. «Otto giorni? Ed i miei genitori?»
«Lila ha detto loro che avevate prolungato la vostra gita in montagna di qualche giorno e che il tuo cellulare non prende, quindi non potevi contattare con loro. Ha funzionato, devo dire, anche se si aspettano un'abbronzatura da montagna piuttosto che qualche graffio sul volto.»
«Dirò loro che ho preso un ramo in faccia.» ridacchiò esausta, la fila troppo secca per formulare una frase lunga.
«Aspetta, ti do da bere.» esclamò aiutandola a mettersi a sedere, per poi porgerle il bicchiere che aveva già preparato poco prima.
«Cos'è successo? Mi ricordo di aver usato il potere dello yo-yo su Martine e poi nulla...»
«L'aereo aveva finito benzina e stavano praticamente precipitando, ma la Regina di cuori -cioè Catherine- è riuscita a far atterrare il jet in campo d'orzo ed appena tutti fummo fuori per cercare aiuto tu sei svenuta, ma Adrien e Christian ti hanno presa appena in tempo. Per fortuna il contadino aveva un cugino che lavorava in aeroporto e ci ha assicurato dei posti per Parigi.» spiegò brevemente.
«E Catherine?»
«Si è pentita. È rimasta accanto agli Agreste per un paio di giorni, aiutando Martine a guarire totalmente grazie alla sua conoscenza del mondo della medicina, ma poi è partita per l'America per tornare dai suoi genitori e farsi una nuova vita.»

Marinette annuì, girandosi quando sentì la porta dello studio aprirsi e Adrien brontolare a Plagg qualcosa riguardo il formaggio.

Ad un tratto, appena entrò nella stanza, le parole del biondo si fermarono ed un sorriso di sollievo e felicità gli adornò il viso.

«Ehi.» la salutò, avvicinandosi ed inginocchiandosi accanto a lei, facendo cenno a Master Fu quando uscì per lasciarli soli.
«Ehi.» rispose lei allo stesso modo, sorridendo.
«Tutto bene? Ti fa male da qualche parte?»
La ragazza scosse il capo. «Quello dovrei chiedertelo io. So che hai qualche costola incrinata.»
«Sette incrinate e tre rotte. Non ti dico che tortura è ridere, tossire o, a volte, respirare.»
«Immagino...» esclamò, per poi rimanere in silenzio.
Adrien si sedette accanto a lei, accarezzandole la guancia. «Ehi, cosa c'è? Stai poco bene?»
«No, sono solo a pezzi. Mi sento come se avessi fatto a pugni con The Rock o un treno merci mi sia passato sopra otto volte...» disse poggiandosi contro la sua mano.

Le mancava il suo contatto.

«Immagino. Master Fu ha detto che hai avuto una specie di lotta interiore contro Null e che si meraviglia del fatto che tu fossi ancora viva o compatibile con Tikki.»

La ragazza collegò la risposta del ragazzo a quello strano sogno che aveva fatto ed, effettivamente, si ricordava tutto l'accaduto.

«Però hai salvato tutti. Se non fosse stato per te ora saremmo tutti morti... Soprattutto perché Null puntava a me.» aggiunse tristemente, lasciando cadere la mano con una smorfia di dolore.
La corvina lo guardò scuotendo il capo. «No, non è vero. Anche tu l'avresti sconfitto.»
«Marinette, sappiamo entrambi che non è vero. Tu sei più forte di me sotto ogni punto di vista e se Null si fosse impadronito del mio corpo ora al posto del Tibet ci sarebbe stato un cratere...»

Marinette si morse il labbro. Non voleva dirgli che cosa gli era accaduto dopo la lotta con Papillon.

«Tranquilla, lo so. Lo so che se avessi usato il Cataclisma il cratere l'avrei formato allo stesso.» ridacchiò nervoso. «Master Fu mi ha spiegato cos'è successo al mio Miraculous ed io mi sono ripromesso che non userò mai più il mio potere.»
«Adrien, devi solo imparare a controllarlo, non è nulla di grave.» disse lei cercando di confortarlo, posandogli una mano sulla guancia, ma il ragazzo si spostò quasi subito.
«Non è vero che non è grave. Posso uccidere qualcuno, posso distruggere la città in qualunque momento... Ed io non voglio... Non voglio, non ora che tutto si è sistemato.» rispose con voce incrinata.
Marinette si avvicinò a lui e lo abbracciò. «Troveremo un modo per sistemare la faccenda, va bene? Con l'aiuto di Master Fu potrai padroneggiare i tuoi poteri.»
«Lo spero... Non voglio fare del male a nessuno.» esclamò, restituendo l'abbraccio al meglio che poteva, ignorando momentaneamente il dolore alla gabbia toracica.

Tikki osservava i due portatori dall'altra parte della stanza, voltandosi con espressione preoccupata verso Plagg.

«Non voglio essere causa di altre stragi...» mormorò con voce bassa, venendo sentito solo dalla sua partner.

La kwami annuì, appoggiandosi contro di lui.

Plagg non amava molto il contatto fisico, nemmeno quando la situazione richiedeva un abbraccio confortante; era più un lupo solitario, che preferiva isolarsi piuttosto che stare con qualcuno, ma in quel caso, il corpicino di Tikki che poggiava contro il suo era più che gradevole.






 

Marinette tornò a casa dopo qualche ora, successivamente a vari controlli effettuati da Master Fu e dopo che era riuscita a trasformarsi in Ladybug, confermato il fatto che non aveva subìto alcun effetto collaterale dallo scontro.

Per sua più grande tristezza, il Guardiano le disse che la collana ora era diventata la sede di Null, esattamente come se fosse un Miraculous, ma che a differenza degli altri chiunque l'avrebbe indossata sarebbe divenuto schiavo del kwami del caos.

Adrien le aveva persino promesso che le avrebbe preso un'altra collana, ma lei si era rifiutata, avendo già discusso con lui l'argomento "regali e/o sostituzione di uno di essi dopo che un kwami pericoloso per l'intera umanità si era appropriato dell'oggetto".

Questione a cui Adrien fu incapace di ribattere.

Era ormai sera inoltrata e la ragazza, malgrado la stanchezza, non riusciva a dormire.

Guardò Tikki, che annuì e la corvina si trasformò nel suo alter ego Ladybug; saltò tra i tetti di Parigi, salutando i parigini che la chiamavano, per poi raggiungere la sua destinazione: Villa Agreste.

Atterrò agilmente sul tetto appena sopra la camera di Adrien e si calò con l'aiuto del suo yo-yo, sbirciando dalle enormi finestre se il ragazzo fosse lì dentro; non trovando nessuno –e con la finestra aperta– entrò, saltando con agilità e facendo forza sulle gambe tremanti.

Annullò la trasformazione, porgendo un biscotto a Tikki e facendola riposare nella sua borsetta a tracolla.

Si sedette sul letto del ragazzo, guardandosi attorno e perdendosi nei vari ricordi di tutte le volte che era stata lì prima di divenire la sua ragazza, ridacchiando a quante figuracce aveva fatto.

Non che fosse migliorata in quello, penso subito dopo.

Risvegliata dalla porta del bagno che si apriva, si alzò in piedi con uno scatto, arrossendo quando vide Martine uscire seguita da Adrien, coperto solo dall'accappatoio, visibilmente sorpresi di vederla lì.

Come mai ogni volta che lei entrava nella sua stanza lui doveva aver appena finito di fare la doccia?

«Marinette, come stai?» domandò la donna con un dolce sorriso.
«Ehm... B-Bene... Lei?» balbettò, notando Adrien ridacchiare accanto alla madre.
«Benissimo, grazie. E ti prego, dammi del tu.» rispose, andando a recuperare le bende da cambiare per Adrien ed il tutore per aiutarlo a tenere le braccia ferme per quando dorme.
La corvina di avvicinò al ragazzo. «Credevo l'avessi fatta oggi la doccia.»
«No, ero uscito dallo studio di Master Fu solo perché mi ha obbligato, poi ho aspettato per un po' fuori. Non volevo allontanarmi da te.» disse, sorridendo non appena vide la corvina arrossire.
Martine tornò accanto al figlio. «Mi dispiace disturbarvi, ma Adrien devi metterti le bende, il tutore, vestirti e poi riposare.»
Marinette avvampò. «O-Oh sì... vestirsi, giusto... Io uscirò dalla stanza, intanto...»
Adrien ghignò. «My Lady, tu puoi vedere tutto se vuoi.»
La ragazza lo fulminò con lo sguardo, mentre Martine ridacchiò. «Tranquilla, ha già sotto i boxer.»
«Ora che sei fuori fai il duro, vero? Prima ti sei fatto lavare dalla mamma come un bambino.» lo schernì Plagg, fluttuando a mezz'aria accanto a Tikki.
«Mi ha aiutato solo perché faccio fatica.» sbuffò il portatore, allargando le braccia con una smorfia di dolore quando la madre gli levò l'accappatoio.

La ragazza notò subito gli ematomi su tutto il suo corpo, soprattutto nella zona del torace, che aveva preso colori che andavano dal viola scuro al giallo.

Una vista che la fece rabbrividire.

Lo scontro contro Null fu davvero devastante, soprattutto per Adrien, e si sentiva in colpa per non essere riuscita ad impedire che lo colpisse.

«Marinette, dovevi sentire quanto urlava quando Martine gli sfiorava il costato e quanto era rosso quando doveva lavargli appena sotto.» continuò Plagg risvegliandola dai suoi pensieri, alzando la voce abbastanza da essere sentito bene, facendo ridacchiare le due donne ed arrossire violentemente Adrien.
«Plagg!» urlò imbarazzato il biondo, pentendosi immediatamente quando una fitta lo colpì al torace.

Marinette e Tikki scoppiarono a ridere, asciugandosi le lacrime che iniziavano a bagnare i loro volti.

«Perché mi metti sempre in imbarazzo davanti alla mia ragazza?» sbuffò Adrien, ancora rosso.
«Mi diverto.»
«Dai Adrien, ti vedevo già nudo quando eri piccolo, qualche centimetro in più non mi scandalizza mica.» ridacchiò Martine, notando il figlio irrigidirsi. «Rimani rilassato. Devo fare in modo che la fasciatura non sia troppo stretta.»
«Preferisco smettere di respirare a questo punto...» bofonchiò.

Marinette calmò il respiro, avvicinandosi al suo ragazzo non appena la fasciatura fu completata, baciandogli la guancia per cercare di confortarlo.

«Ora so come ti senti quando qualcuno dice qualcosa di pervertito.»
«Soprattutto quando lo fai tu, stupido gatto.» ridacchio, scompigliandogli i capelli biondi.
«Marinette, vuoi farmi una mano a vestirlo?» domandò Martine, recuperando una camicia leggera ed un paio di pantaloni.
«Ma Marinette vuole spogliarmi, non vestirmi.» ghignò lui, leccandosi le labbra provocante.
Marinette avvampò. «Io ti uccido.»

I due kwami continuarono a fluttuare ad un paio di metri di distanza, godendosi la scena di Martine che cercava di infilare i pantaloni al figlio e Marinette che cercava di non arrossire quando Adrien faceva qualche battuta.

«Sai, forse ho capito da chi ha preso Adrien. Il suo carattere intendo.» specificò Plagg con aria divertita.

Tikki lo guardò confusa, per poi posare gli occhi sui tre.

«E dai Adrien! Ho già visto quello di tuo padre, non devi fare tutte queste scenate!» esclamò Martine, mentre Marinette si coprì gli occhi.
«MAMMA!»

Il kwami rosso sospirò, scuotendo il capo.

«Tale madre, tale figlio.» disse il felino, volando accanto alla corvina per sostenerla moralmente.





 

La stanza era buia malgrado la lampadina appesa al soffitto, ma il dottore non voleva essere disturbato per nessun motivo ed il più piccolo movimento avrebbe potuto scatenare la sua ira.

Non sapeva dove si trovava esattamente e non sapeva cosa ci faceva  in quel posto.

Dopo la fuga dai portatori lui e Mark raggiunsero un posto sperduto per continuare gli studi dello scienziato, anche se non andava da nessuna parte.

«Giuro che mi vendicherò. Mi vendicherò su ognuno di loro. Voglio quel potere, voglio ottenere il potere assoluto!» urlò in preda alla rabbia Mark, gettando a terra gli ogni oggetto che aveva sul tavolo, per poi picchiare i pugni sulla superficie liscia.

Dagon lo guardò con aria di sufficienza, tornando a fissare il vuoto non appena recuperò l'ennesimo foglio bianco è una matita per fare calcoli, a suo parere, inutili.

I Miraculous. Oggetti potenti che chiunque ne sia in possesso otteneva dei poteri.

Li aveva visti all'opera, ma chissà come sarebbe stato possederne uno.





 

FINE


 

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Lo ammetto, mi sento un po' crudele terminare in questo modo, ma ormai mi conoscete xD

Per primissima cosa, come in ogni finale, è d'obbligo ringraziarvi tutti: grazie, grazie, grazie infinite di cuore!

Grazie a voi che avete letto questa fanfiction; grazie a voi che l'avete recensita; grazie a voi che l'avete aggiunta ai vostri elenchi lettura; grazie a voi che, per merito di questa serie, avete iniziato a seguirmi; grazie a voi che aspettavate un'intera settimana per gli aggiornamenti, grazie anche ai "lettori silenziosi" xD

Grazie mille ancora ^^

È grazie a voi che continuo a scrivere, anche se non farò mai la scrittrice come lavoro ma vbb lel

Grazie!

Siamo giunti al termine di "Masque sans visage", terzo libro di "The masked serie"

Ora vi tocca spettare il quarto libro! Sì! Ci sarà il quarto, quindi basta chiedermelo😂😂

Il prossimo vi spoilero già che sarà incentrato(?) su Dagon e sulla sua vera natura. E Dio quanto mi odierà ahahahahah😂

Ma prima voglio finire "Monster", finire di tradurre "Turn loose the mermaid" e rivedere un progetto che ho in parte per una nuova fanfiction che, spero, vi piacerà🌚

L'emoji della pedoluna dice molto🌚🌚

Ora la smetto di stufarvi e vi saluto xD

Ah già, domani inizierà il secondo "Question&Ask", preparate tante domande :3

Ancora una volta un enorme GRAZIE!

Ci vediamo alla prossima :D

Francy_Kid

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