This Unruly Mess I've Made

di paoletta76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Mi chiamo Brian Finch; ero il classico ventottenne incasinato, poi ho preso una pillola chiamata NZT, e improvvisamente.. beh, il resto credo lo sappiate già. Quello che non sapete, ma che fino a poco tempo fa non avrei creduto nemmeno io, è che esiste qualcuno, sul pianeta terra, che crede in me. No, non nel genio pazzesco che divento ogni giorno per dodici ore, dopo aver assunto la mia dose giornaliera di NZT. E nemmeno nel super agente dell’FBI che divento.. vedi sopra. In me. Intendo.. in me. In quello che ero prima, in quello che sono sempre stato. Senza se e senza ma.
 
E quella persona non sono io.
 
Bene; allora, visto che anche se è davvero tardi io non ho minimamente sonno, vi racconterò una storia.
 
Vi starete chiedendo cosa diavolo ci faccio, in un letto d’ospedale. No. Non mi sono rotto di nuovo una caviglia prendendo a calci un pallone imbottito di sassi dai miei simpatici fratelli maggiori. Non ho più sei anni. E sì, il dolore adesso è atroce.
Niente in confronto, comunque, con quello che sento dentro. Qui, sul petto, a sinistra.
Lei ha creduto in me. Senza condizioni. E io sono qui perché ho fatto una pazzia, pur di salvarle la vita.
Ci sono riuscito.
 
Ma non volevo che finisse così.

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


DAYS LEFT: 269
 
- Io dico che è una bastardata.- Jason incrociava le braccia, fissando il collega con uno sguardo obliquo ed una smorfietta sulle labbra.
- Perché? Sono perfetti.- replicò Mark, indicando a mano tesa la ragazza che, poco più in là, tanto per cambiare, aveva scontrato un plico di documenti facendoli volare a terra in ordine sparso, per la gioia del suo vicino di scrivania.
 
Uno scambio di sguardi.
 
Finch stava facendo il proprio ingresso, in ritardo e vestito in modo strambo come al solito. Cuffie da dj calate sulle orecchie ed aria spavalda, accennava saluti in giro sotto forma di sorrisi che s’illuminavano in maniera quasi assurda al solo individuare loro due.
 
Gli uomini assegnati alla sua scorta.
 
I suoi schiavi in –quasi- tutto.
 
Jason emise un sospiro, pesantissimo.
- OH. Mi dai ragione, sono felice.- replicò l’altro, sollevando un sopracciglio, notando come la risorsa salutasse la recluta.
 
Buongiorno, Skipper!
 
Buongiorno, Winnie Pooh!
 
Jason trattenne a stento una risata, piegando il viso e nascondendosi dietro ad un pugno.
- Io te l’ho detto, dal momento in cui la Carlson ha messo piede qui dentro. Sono anime gemelle. E’ la Finch femmina.
- Sarà.
- Cosa vuol dire, sarà? Guardala – Mark la indicò di nuovo a mano tesa – hai mai visto un agente dell’FBI con i capelli bicolori? E poi è schizzata, imbranata, si muove come un elefante in un negozio di cristalli.
- Gli ha appioppato un soprannome.
- Ecco. E’ perfetta.
- Non possiamo agganciarglielo con l’obbligo di essere a sua disposizione anche di notte.. sì che l’ultima arrivata, ma continuo a dire che è da bastardi.
Tu lascia parlare me replicò Mark, mano sul cuore, lasciandolo roteare gli occhi e seguire i suoi passi.
 
- Sara.
- Ciao, boys..- sospirò la ragazza, di nuovo alle prese con fogli che non volevano sentirci a restare buoni ed in ordine sulla scrivania.
- Dovresti sculettare di meno, sai. Magari loro non li scontri, e..
- E a voi non cadono gli occhi, ok. Ricevuto.- replicò la ragazza, raccogliendo la poltroncina ed appoggiandocisi sopra con un piccolo tonfo.
- Io.. a dire il-
 
Jason adesso rideva sul serio, braccia incrociate sul divisorio fra le scrivanie e cravatta a penzoloni.
- Cosa c’è? – fece lei.
- Sei forte.- Mark prese la parola, appoggiandosi accanto al collega – è per questo che abbiamo deciso di.. reclutarti.
- EH?
- Abbiamo bisogno del tuo aiuto.- mordicchiandosi appena le labbra, l’altro si rimise in sesto – per stare dietro a Finch. Non ce la facciamo, da soli, a gestirlo, con le pastiglie e tutte le sue strambaggini. Tu gli tieni testa, sei l’unica che gli risponde a tono.
- E non gli lasci mai l’ultima parola.
- E gli hai appioppato un soprannome.
- Lo può fare solo lui? – quella mise su un minuscolo broncio.
- Ecco.- il giovane la puntò con l’indice – gli tieni testa. Noi non ci riusciamo; abbiamo bisogno di un terzo, o non arriveremo a fine incarico sani di mente. Abbiamo anche provato a reclutare altri agenti, ma-
- Sono scappati tutti a gambe levate.
- Uno è rimasto anche senza mutande – Mark sollevò le mani, al suo sgranare gli occhi – non chiedermi altro, è una scena che non credo dimenticherò facilmente.
- Ci stai? A darci una mano, intendo. Puoi chiedere in cambio quello che vuoi.
- Beh..- uno sguardo intorno, poi Sara raccolse un elastico e si legò quegli strani capelli bicolori in una lunga coda alta sulla nuca – ok. Ad una condizione, però – sollevò l’indice, alzandosi dalla poltroncina.
- Vai.
- Ogni volta che supererà il limite di rispetto per uno qualsiasi dei tre, mi vendicherò. E vi voglio miei complici.
 
Uno scambio di sguardi, ed i due accettarono, con una salda stretta di mano.
 
Avevano appena incominciato a giocare uno scherzo ad uno dei due.
 
Per la precisione, a Brian.

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


DAYS LEFT: 250
 
Mark sorrise di sottecchi, notando come la nuova arrivata avesse copiato la sua idea, posizionando una lavagnetta, appiccicandoci una foto di Brian e smarcando i giorni che restavano alla fine di quell’incarico lungo ormai poco meno di un anno.
Ma soprattutto osservando come la fissava il diretto interessato.
 
- Buongiorno! – tese la mano, mostrando la dose quotidiana di NZT.
- ‘Ngiorno.- quello lo guardò male, da sotto in su, tendendo le dita, raccogliendo la pastiglia e buttandola giù con un sospiro.
- Non mi dirai che sei già stanco dell’incarico.
- No..- il giovane lanciava un’occhiata alle proprie spalle, assicurandosi che la ragazza fosse distratta, e si avvicinò assottigliando la voce – si può sapere perché diavolo ho la recluta appiccicata alle chiappe tutto il giorno?
- Ordini superiori – quello sollevò le spalle.
- Sì, certo. – bofonchiò Brian, tornando a lanciarsi un’occhiata veloce oltre la propria schiena. La ragazza stava cercando qualcosa, tirava su e giù le scatole e le spulciava. Una le cadde a terra, costringendola a riordinare tutto con un pesante sospiro. E una logica tutta sua.
 
Sara si sedeva a terra, incrociava le gambe mostrando come indossasse scarpe da tennis sotto giacchetta da completo e jeans. Raccoglieva fogli e scatole fra le cosce, e cominciava a riordinare il casino appena fatto.
- Lo fa almeno una volta al giorno.- Brian la osservava, facendosi improvvisamente serio.
 
Ecco. L’NZT sta facendo effetto. Pensò il collega, replicando con un leggero cenno a dire sì.
- Casino? Lo fa anche più di una volta al giorno. Ormai ce la chiamano tutti, Finch femmina.
Brian riduceva gli occhi a fessura, voltando poi la poltroncina per osservarla senza torcere il busto.
- Cerca. Cerca e annota. Sì, qualche volta le finisce tutto a terra, ma poi fa così. Sembra lo faccia apposta. E il contenuto delle scatole torna in ordine perfetto. Forse migliore del mio. E’ sotto NZT anche lei, vero?
- Non che io sappia.
- Forse dai piani alti stanno cercando di capire l’effetto che può fare ad un team. O forse è stata infiltrata da Washington per capire perché io non ho effetti collaterali. Chissà se lei li ha.
- Dovresti chiederglielo.
- Non confesserà mai, se è una talpa, Mike. Dovremo scoprirlo da soli.
 
Adesso gli scappava davvero da ridere. Se ci fosse stato Jason.. avrebbe finito per confessare lui.
Ce l’abbiamo messa noi, con te. Per romperti le scatole come fai con noi da tre mesi e mezzo.
 
- Senti; fai così. E’ a tua disposizione anche nelle ore notturne, quindi.. chiamala e chiedile qualcosa, qualsiasi cosa. Che so, i vermi gommosi. Una cartina dell’Alaska. Quello che ti pare. Le dai appuntamento da qualche parte, e la metti alle strette. Usa qualche trucchetto dei tuoi.
 
Adesso Brian sollevava un sopracciglio. Poi tese l’indice come gli fosse appena venuta un’idea.
 
Bravo. Abboccato in pieno. NZT o meno, resti sempre quell’idiota di Finch.
 
- Grazie, fratello.
- E di che.

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


DAYS LEFT: 249 e1/2
 
Il cellulare squillava insistente, sulla mensolina dell’unico ambiente di cui era composta la sua microcasa. Sullo schermo, campeggiava la foto di Brian che faceva la linguaccia.
 
Quella che gli aveva scattato meno di sei ore prima, al termine di uno dei chilometrici scambi di battute di cui erano protagonisti ormai tutti i giorni.
 
Argomento di discussione, la pasticchetta trasparente che lui ingeriva ogni mattina alle otto, trasformandosi in una specie di genio stratega dell’FBI.
Fin dal primo giorno, dopo aver ascoltato con pazienza tutta la storia –Brian aveva saltato qualche riga, qua e là, ne era sicura dal modo in cui i suoi occhi scappavano via ogni volta che si sfiorava la domanda magica che lo metteva a tacere, quel e tu come diavolo fai ad essere immune agli effetti collaterali? E non inventarti balle-, Sara aveva sostenuto che quella roba, oltre che altamente nociva fosse del tutto inutile.
Lui aveva replicato iniziando a scaldarsi un tantino.
- Non è assolutamente vero.
- Scusa, invece lo è. Che.. che diavolo di effetto fa, dico, oltre a farti dare di schizzo?
- Non capisci niente; con l’NZT riesco a fare cose che non potrei mai fare, sono in grado di connettermi con angoli del cervello che normalmente non saprei neanche-
- Che di solito non hai assolutamente voglia di usare.- lei aveva messo su una smorfia, piegando le labbra e sollevandosi a sedere sul bordo della scrivania.
- Parla per te!
- Io non sono sotto NZT.
- Sì, dillo ad un altro. Ti ho visto, sai, tirare giù tutta quella roba ed esaminarla come se stessi memorizzando i documenti con lo sguardo. Le volte che non butti tutto in terra.
Sara aveva incrociato le braccia, continuando a fissarlo con quell’aria scocciata.
 
- Questa è come una confessione. Anzi, sai che ti dico, credo che tu sia stata mandata dai piani alti, magari da Washington, per capire come funziona l’NZT.
- Assolutamente no.
- HA. Non mi fai fesso.- l’aveva imitata, incrociando le braccia e mettendo su un broncio uguale.
- E questo prova come quella roba sia I-NU-TI-LE. Farai anche centomila calcoli al minuto, imparerai sei lingue contemporaneamente, ma non ti fa diventare meno imbecille.
- Che-?
- I-NU-TI-LE.- era scivolata via, sculettando verso gli scaffali.
- Come mi avresti chiamato, Skipper?
- IM-BE-CIL-LE. Se vuoi lo scrivo sulla lavagna.
 
Le aveva risposto con la linguaccia, lei aveva contrattaccato. Altra linguaccia, lei aveva sfoderato il cellulare e l’aveva immortalato, tanto per aggiungere qualcosa alla scritta imbecille sulla lavagnetta.
- Ah, sì? Come ti permett-? – lui l’aveva caricata a testa bassa, andando ad acchiapparla per i fianchi e tirandola su come un sacco. Smettendola solo quando uno strillo di più gli buttò il cuore in gola.
- Sei matta? – la mise a terra, trattenendola per le spalle ed assottigliando la voce - cosa strilli? Lo sai, che siamo al lavoro, che se ti sentono di sopra ti buttano fuori dall’FBI?
 
Aveva risposto facendo spallucce, srotolando l’elastico via dal polso per raccogliere quegli strani capelli bicolori.
- Ah, già. Forse non sei nemmeno un agente dell’FBI.
- Che cosa te lo fa pensare, Sherlock?
- Cosa fai, cambi soprannome, adesso?
- Io ti do il soprannome che mi pare.
- Ma brutt-
- Non è mica un tuo diritto in esclusiva, e io non mi chiamo Mike & Ike. Ho notato che però a Rebecca non l’hai dato, il soprannome. Che c’è, le vai dietro?
 
Adesso Brian era rosso, rosso fosforescente. E non muoveva un muscolo né pronunciava una sillaba.
- Prova schiacciante B. Intuizione. Basta leggere il corpo, la tua schifezzina quotidiana NON-SERVE-A-NIENTE.
- Sara.
- Ah. Già. Neanche a Boyle hai dato un soprannome. Non ti piacerà lui, eh? Dimmi di no..- la ragazza congiungeva le mani, fingendo disperazione – è il mio uomo ideale, non puoi cercare di rubarmelo così.. è un colpo basso, Brian, io mi fidavo, di te..
- Piantala! Ma-
L’aveva acchiappata di nuovo, stavolta senza sollevarla ma trattenendola schiena contro il proprio petto. Sara rideva, il cuore le batteva a mille.
 
E stranamente, la stessa cosa la stava facendo il suo.
 
- Sul serio, Skipper. Sei sotto NZT, vero?
Lei scosse appena quegli strani capelli a far segno di no.
- Non raccontare bugie. Lo sai, che sono in grado di vederlo nei..- adesso lei si voltava, restando stretta nel perimetro delle sue braccia e finendo naso contro naso – tuoi..
- E cosa ci vedi, nei miei occhi?
 
Ecco. Di nuovo. Lo faceva di nuovo; apriva bocca e gli toglieva qualunque parola.
Forse aveva davvero ragione, l’NZT non aveva alcun potere.. o forse era lei, a saper maneggiare qualche trucco più potente?
 
- No, decisamente non sei sotto NZT.- l’aveva sciolta dall’abbraccio, tornando a farsi più serio.
- Da cosa si capisce? – adesso era seria anche lei. Seria, e stranamente intensa.
- Non emetti quella luce. Quel bagliore, negli occhi. Non c’è. Però.. però mi devi spiegare come fai.
- Come faccio a fare che?
- Le intuizioni. Sei veloce quasi quanto me, per questo ero convinto che-
- Non sono un esperimento come te, non sono una spia dei pezzi grossi. L’idea di appiopparmi il tuo culo peloso anche di notte è stata dei tuoi amici Mike & Ike. Io ho accettato a patto che se tu ti fossi comportato da coglione privo di rispetto, mi avrebbero aiutato a giocarti uno scherzo di quelli che ti saresti ricordato per mesi. E sono capace di cose cattive, io. Loro credono ancora che sia una recluta.
- E non lo sei?
- Ma come, genio dell’NZT.. non hai mai letto il mio file?
 
Il cellulare squillava a vuoto, Brian si stava seriamente cominciando a preoccupare.
Non era normale che un agente assegnato alla sua custodia giorno e notte non rispondesse dopo il terzo squillo.
 
Aspetta, però. Hai davanti il suo file.- si disse, chinandosi verso il tavolino del soggiorno e sfogliando un paio di pagine, sempre col cellulare all’orecchio – ecco. OH..
 
Sei mesi di servizio. L’agente Carlson aveva soltanto sei mesi di servizio, e poco meno di metà delle notizie sul suo conto erano state classificate.
Un profiler. Sara era un profiler di alto livello, una di quelle che vedono, interpretano, capiscono al volo. Una di quelle capaci di dare il massimo in tempi ristrettissimi, prendendoci tutti per il culo con quell’aria da sbadata, le scarpe da tennis con i jeans sulla giacca da completo e i capelli bicolori a far storcere il naso a colleghe più tradizionali come Rebecca.
Sicuramente non lo sapeva nessuno. Forse Naz.
Ecco perché giudicava inutile l’NZT. Ma questo non spiegava le scarpe da tennis.
- Già. Perché le scarpe da tennis?
 
Hai provato a fare un inseguimento col tacco dodici, Brian?
La sua voce appariva divertita, dall’altro capo del telefono. E l’aveva sorpreso, di nuovo, levandogli tutte le parole. E la punteggiatura.
- Oh. Ciao.- le rispose, grattandosi un po’ la nuca con la mano libera.
- Scommetto che stai guardando il mio file.
- Non ti chiedo come lo sai. Comincio a sospettare che tu mi abbia piazzato le microcamere in casa.
- Se l’avessi fatto, saprei che sei vestito solo di un asciugamano.
 
Brian saltò via dal divano, scattando come un gatto verso la camera da letto e chiudendo di corsa la porta.
- Ehi? Finch! Che succede?
- Come.. come diavolo-? Dove l’hai messa, la telecamera!?
- Ma perché, sei nudo per davvero?
 
La risata cristallina della ragazza lo abbatté schiena contro il letto, lasciandolo arricciare sotto le lenzuola.
- Voglio la verità, Sara. Voglio sapere come diavolo fai.
- Stavo scherzando, Brian. Ho tirato ad indovinare..
- Scusa, ma non ti credo – lui si fece improvvisamente scuro – anzi, penso che questa cosa debba finire. Subito.
- Quale cosa? Brian, piantala.. hai preso pastiglie anche fuori orario?
- No. Io.. voglio che.. io voglio..
- Non smozzicare. Se vuoi imparare due trucchi da profiler, basta chiederlo. Potresti anche chiedermi due pizze e due birre, da portarti a casa al volo perché hai una fame marcia, che stamattina preso com’eri non hai messo niente nello stomaco a pranzo né a colazione. E casomai ne possiamo parlare.
- Ti staresti autoinvitando a casa mia?!
- No.- lei fece spallucce, quasi convinta che la potesse vedere – era solo un’idea. Così per fare qualcosa. O anche no. Va bè, non ci vengo, a casa tua; oltre tutto, sembra stia iniziando anche a piovere. Ci vediamo domani, per la droga. OH. Che discorsi. Sembro davvero un pusher. Va bè, buonanotte.
- No, aspe-
 
Brian era rimasto a fissare il telefono fra le proprie dita, aspettandosi –e sì, ok, anche sperando- che lo richiamasse. Un minuto, due. Niente.
Un sospiro, scivolando via dalle lenzuola e decidendosi a cercare qualcosa da mettersi addosso.
 
Il –clack!- della porta, improvviso, gli fece fare un balzo spalle al muro.
 
Brian! Sei in casa?
 
Il cuore tornò al proprio posto, sentendo la voce di sua sorella.
- Rachel! Che ci fai-? - fece capolino, ancora più nudo che vestito.
- Ho le chiavi, ricordi? – la ragazza aggrottò le sopracciglia, puntando il pollice verso le proprie spalle e la porta d’ingresso – e mi hai promesso asilo politico.
Una mano a sollevare la borsa che teneva fra le dita, e lui sospirò, pesante, piegando la testa e chiudendo la porta della camera da letto.
- Che c’è? – la ragazza avanzò, facendosi peperina, andando a raccogliere l’anta e tirandola di lato, sorprendendo il fratello alle prese con una sessione piuttosto acrobatica di infilamento calzoni.
- Cosa diav-? Ma perché vi prendete la libertà di sforare nel mio perimetro personale? Uffa! – lui protestava, agitando le braccia. Rachel piegò appena la testa da un lato.
- Prendete chi?
- Lascia stare.- il campanello squillava, lui piegò le labbra in una smorfia e si affrettò a cercare anche una maglietta. Non sapeva che quell’appartamento avesse anche un citofono. Di solito, si presentavano tutti all’improvviso, aprendo la porta e basta. Tutti, compreso Sands.
 
Occazzo. Sands.
 
E se fosse stato lui?
 
Levò il passo, ma Rachel fu più leggera e più veloce.
- Sì?
- Pizza.- replicò la voce oltre il citofono.
- UH! Che gentile! Grazie, fratellone! Avevo proprio voglia, di una bella pizza..– Rachel fece scattare la serratura, aprendo leggermente la porta e preparandosi all’arrivo del pony express, mentre a lui congelavano i peli delle braccia.
Oddio.. speriamo che non sia una trappola, o qualcosa del genere.. Rachel, sei proprio una-
 
Il cuore tornò per la seconda volta in sede, al vedere la figura di Sara comparire da oltre l’angolo del corridoio. Per perdere un battito, allo sguardo che sollevò sulla biondina sorridente sulla porta.
- Grazie! Quant’è? – Rachel tese le braccia, e Sara esitò per un lunghissimo istante, prima di cederle i due cartoni e il sacchetto con le birre.
- Diciotto dollari..
- Fai tu? – una carezza alla spalla ancora nuda del fratello, e la biondina era lontana, oltre la porta.
- Perdonami. Non sapevo che sarebbe venuta. E tu avevi detto che-
- Fa niente.- Sara tese la mano, ed aspettò il pagamento spostando lo sguardo e mordicchiandosi leggermente il labbro inferiore.
- Non è come credi.
- A me non frega assolutamente nulla, della tua vita, Brian.- lei sollevò le spalle, priva di qualunque accenno di sorriso, e nascose i soldi nella tasca dei jeans – buona serata.
- Asp- aspetta! – lui scivolò fuori, provando a trattenerla – puoi restare, che oltre tutto sta veramente diluviando, e..
A quel suo indicare a mano tesa ciò che della città frustata dalla pioggia si inquadrava nella finestra del soggiorno, Sara sollevò di nuovo le spalle:
- E a fare che?
 
Ecco. Fatto. Era scomparsa così com’era arrivata, e non riusciva a muovere un passo per fermarla.
Eppure bastavano solo tre parole, per spiegare.. è mia sorella. E’.MIA.SORELLA.
 
Non l’hai letto il mio fascicolo? Non.. non t’interessa davvero, della mia vita?
 
Aspetta un attimo, Brian. Perché adesso ti stai facendo tutti queste seghe mentali? MAH.
 
Un sospiro, prima di chiudere la porta, sentendosi precisamente come quando doveva risolvere un problema e gli sembrava di sdoppiarsi e darsi domande e risposte da solo.
 
E no, non era sotto NZT. 

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


DAYS LEFT: 220
 
Sì, li aveva contati.
Sara non gli parlava da quasi un mese, se non di lavoro e se non strettamente necessario. Ma nessuno se n’era accorto, dato che in quella manciata di giorni era successo tutto ed il contrario di tutto.
 
Non c’era tempo, per rilevare anomalie nelle pulsazioni di quella parte del suo cuore.
 
Beh, forse Mike e Ike qualcosa l’avevano capito, dato che sembrava avesse preso una pausa dal rompere le scatole a quella nuova, dato che le lanciava occhiate molto, molto eloquenti ma non osava emettere un fiato in proposito, e dato il totale ed improvviso cessate il fuoco delle reciproche battutine al pepe.
 
E poi aveva cominciato a dar loro la sveglia con richieste sempre più assurde.
 
Chiedere spiegazioni a lui, no. Era come battere la testa contro il muro per fare la prova rimbalzo.
Chiedere spiegazioni a lei, meglio evitare. Jason aveva provato a tastare il terreno in via informale ed era andato ad un passo dall’essere morso. Meglio tacere ed assecondare, smarcando i giorni che mancavano alla fine di quell’anno.
 
Devi trovare lo spirito zen, in quest’incarico, amico.. è temporaneo..
 
Vedi.. è temporaneo per te.. a te hanno detto che se lo farai per un anno, avrai un posto fisso al CJC. A me non l’hanno detto, quindi per me.. questo potrebbe essere definitivo.
 
Un giorno, due tre. La sveglia, accontentare l’ennesima assurda richiesta, passare dal dispensario medico di Brooklyn per la dose giornaliera di NZT da portare alla risorsa.
Fino a quando, una mattina, avevano trovato la porta insolitamente aperta ed un silenzio totalmente sospetto. Evelyn, l’infermiera, giaceva morta lungo il corridoio.
 
Chiama la Harris, chiedi rinforzi. Dì che il dispensario è stato scassinato.
 
Un uomo. Un uomo era ancora nel magazzino, raccoglieva qualcosa e lo ficcava in una borsa sul pavimento.
All’annunciarsi del collega come FBI, aveva accennato ad estrarre un’arma. E quella di Mark s’era bloccata.
Una manciata di secondi, non ci aveva neppure pensato. Jason s’era messo in mezzo ed ora riposava in una stanza d’ospedale, con un buco in un polmone e la prognosi riservata.
 
Oggi è quasi morto per colpa tua e della tua droga..  potresti almeno chiamarlo con il suo vero nome.
 
Mortificato. Le parole del collega, venate di rabbia, avevano letteralmente mortificato Brian.
Fortuna che la pastiglia aveva un effetto pressoché immediato, e che c’erano un milione di cose da esaminare, per le indagini.
 
Questa è per te.
Aveva raccolto l’ennesima, di fronte al letto in cui il collega –amico, adesso non sentiva di sbagliare, nel chiamarlo così- restava immobile, con gli occhi chiusi e circondato da flebo e tubi dei respiratori.
Mike lo osservava, assorto, come stesse temendo di perdere l’esatta metà di sé stesso.
Quello che sentiva d’aver provato anche lui, per un unico e scomodamente lunghissimo istante, entrando nell’archivio che da quasi quattro mesi gli faceva da quartier generale e non trovando più traccia di Sara né della sua chioma bicolore.
 
Shatush. Si chiama shatush, deficiente.
La voce di Sara gli risuonava in testa, con la risposta dotata di linguaccia che gli aveva dato all’ennesima presa per il sedere.
La voce di Sara che suonava divertita, nonostante tutto. La voce di Sara che gli sarebbe mancata da morire, dato che aveva smesso di abitare quella stanza.
 
Ascolta.. da questo momento in poi, comincio a trattarvi con più rispetto. Sul serio; non vi chiederò più di portarmi i vermi gommosi.. anzi, i vermi gommosi ve li chiederò, ma vi tratterò come gli agenti addestrati che siete. Ok?
L’aveva chiesto in quel modo, aiuto a Mike. Dal dispensario erano state rubate, fra le altre cose, più di seimila pillole di NZT. La maggior parte già recuperate, grazie al suo acume ed al solito aiutino. Ma ne mancavano ancora ottanta.
 
E cominciava a sentire davvero il bisogno di quella falsa pasticciona fra i piedi.
 
Il collega era stato comunque utile, nel consultare internet alla ricerca di avvenimenti strani tali da far pensare all’uso dell’NZT. E non era servita più di una manciata di minuti, per arrivare ai quattro agenti della squadra tattica. E poi..
 
Silenzio. Ora quello che restava era solo silenzio, dopo il colpo di pistola che aveva rubato la vita ad uno dei loro. Silenzio, i rimorsi di Boyle per aver premuto il grilletto, le lacrime ingoiate da Rebecca.
 
Le spalle della nuova arrivata, che non accennavano a voltarsi neanche se la voce gli usciva disperata, nel chiamarla.
- Sara..
- Non smetterò, Brian.
- Lo so, come la pensi.. è che io-
- Avevi in corpo quella roba, come ce l’aveva lui. Non è stata una pastiglia, a farti capire che ci poteva essere un’altra soluzione. E’ questo.- la ragazza ora si voltava, senza alcuna paura di guardarlo in faccia, né di nascondere gli occhi arrossati dal pianto né di puntargli l’indice dritto sul petto – non è stata colpa tua, se nessuno ti ha ascoltato.
- Lui..
- Amplifica solamente quello che hai già, Brian. L’NZT non può creare qualcosa che non sei.
- Non dire nulla. Non dire più nulla, per favore.- sollevò le mani, prendendo il respiro.
- Ok.
 
La vide raccogliere i capelli, legarli in quella coda che più di una volta aveva preso in giro. La vide voltare le spalle, e per l’ennesima volta non ebbe il coraggio di fare qualcosa per evitare di vederla scomparire.
 
Forse è questo. Forse è questo, che mi fa paura.
Scoprire che hai ragione.

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