Eppure sei ancora qui

di PuccaChan_Traduce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~
 
La sua compagna di classe roteò gli occhi. “Ovvio che Nishinoya-kun ti ha chiesto di andare da lui stasera.”
Asahi batté le palpebre. “Beh... ha trovato un video sull’allenamento della squadra olimpica giapponese e vuole–”
La ragazza si alzò in piedi con un sospiro esasperato. “Sa benissimo della festa del dipartimento di atletica. Il campus è tappezzato di manifesti da due settimane.”
“Forse... forse non ha voglia di andarci?” provò Asahi. Aveva la netta impressione di dover sapere perché la sua amica fosse arrabbiata. Sfortunatamente, come spesso gli accadeva, era solo confuso.
“Non vuole che ci vada tu, vorrai dire”, borbottò lei, buttandosi il borsone in spalla. “Lascia perdere. Magari avvertilo sulla valanga di messaggi di odio che riceverà domani. Alcune persone mi hanno specificatamente chiesto se ci saresti stato.”
Asahi si alzò rapidamente e prese il proprio borsone. “Messaggi di odio? Perché dovrebbe–?”
“Sai una cosa?” La sua compagna di classe si fermò sulla soglia del laboratorio di informatica e frugò nella borsa. Tirò fuori un pennarello e glielo lanciò. Asahi non ebbe il tempo di compiacersi di averlo acchiappato al volo. “Se quel piccolo libero non ti scrive letteralmente in fronte il suo nome al più presto, non mi riterrò responsabile delle azioni delle mie compagne di squadra. Ci si vede.”
“Ah! Aspetta, Hiyori-san! Il tuo pennarel–”
Ma la porta si richiuse alle spalle della ragazza.
Asahi la fissò.
Poi guardò il pennarello che teneva in mano.
Chiaramente, gli sfuggiva qualcosa.

~
 
“Noya...”
“Mm?” Il ragazzo più basso non alzò gli occhi dal laptop.
Asahi era sdraiato sul divano del suo amico, aspettando che avviasse il video sulla nazionale olimpica che aveva trovato. Devi vedere questo servizio, Asahi-san! E come lo riceve il libero! Non ho mai visto niente del genere in vita mia, devi assolutamente...
E perciò, eccolo là. Nell’appartamento di Noya anziché alla festa non ufficiale del dipartimento di atletica. Si sentiva un po’ in colpa per questo. Quando Hiyori gli aveva detto che la stava organizzando, le aveva risposto che ci sarebbe stato. D’altra parte, però, lui non era proprio un animale da feste; e poi, se Noya restava a casa a guardare un video, quella festa non sarebbe stata nemmeno così divertente.
“Noya”, provò di nuovo.
“Il caricamento va a rilento, scusa.” Nishinoya posò il laptop sul tavolino da caffè e saltò sul divano. Si sedette a gambe incrociate, una posizione in cui Asahi non sarebbe mai stato comodo sul mobilio. “Che c’è?”
“Uhm... non ti andava di andare alla festa di Hiyori stasera?” domandò Asahi. Non era proprio la domanda che avrebbe voluto fargli, ma quella vera sembrava... stupida.
“Bah.” Nishinoya si strinse nelle spalle. “Sarebbe pure stata divertente, forse. Un attimo.” Gli puntò addosso uno sguardo penetrante. “Tu ci volevi andare?”
“Ah. Beh...” Asahi finse di concentrarsi sul laptop. “Ho tipo promesso a Hiyori che sarei andato. Sembrava un po’ incazzata, oggi, quando le ho detto che invece sarei venuto da te.”
Nishinoya socchiuse gli occhi. Senza smettere di fissarlo, mise il video in pausa. “Ah-ah.” Si raddrizzò e incrociò le braccia sul petto.
“Uhm. Non guardiamo il video?”
“Sembra che prima dovremo parlare di questo”, disse Nishinoya, con un tono che Asahi non riuscì a decifrare. “Che vuol dire che era incazzata?”
“Oddio, come s’incazza più o meno per tutto.” Asahi fece spallucce. “Sembra che abbia detto alle sue amiche che ci sarei stato anch’io... voglio dire, magari le scoccia dire una cosa che poi non si avvera. O roba del genere.”
“Mi stai dicendo che Hiyori vuole che tu vada alla sua festa, tu specificatamente?”
“Non penso che le importi cosa faccio o non faccio”, disse rapidamente Asahi. “È solo che aveva detto alle sue–”
“Allora vuole sistemarti con qualcuna”, concluse Nishinoya con tono piatto.
“Senti, non ha detto niente del genere!” Asahi si passò una mano sul viso. “Uff... nessuno ha detto che dovevo andarci per forza. Volevo solo essere sicuro che tu non volessi andarci, e ho pensato di chiedertelo.”
Nishinoya sollevò un sopracciglio. L’espressione del suo volto, insieme ai capelli a punta con la ciocca bionda sulla fronte, faceva pensare ad Asahi a un elfo molto sospettoso. “D’accordo.” Noya si sporse a chiudere il laptop. “Prendi la giacca.”
“Che cosa?” Asahi si mise a sedere, sorpreso. “Ma non intendevo dire... va bene così!”
“Certo, certo.” Nishinoya s’infilò la giacca di pelle. Era nuova. Beh, quasi. Un regalo del diploma. Asahi cercava ancora di non essere invidioso ogni volta che la vedeva. Gli stava benissimo, lo rendeva proprio figo. Nishinoya aggiunse il suo famoso sorriso spavaldo diventando, se possibile, dieci volte più figo. “Sembra che qualcuna voglia farsi un giro nei tuoi pantaloni, Asahi-san. Che razza di amico sarei se invece ti tenessi qui?”
“N-Noyaaaa!”

~
 
“Bene, bene! Guarda chi ha deciso di presentarsi, alla fine!” Hiyori, con una birra in mano, ghignò rivolta ad Asahi.
Asahi alzò le mani in un imbarazzato gesto di resa. Nishinoya lo aveva fatto entrare dalla porta per primo, quel traditore.
“Ho sentito che qualcuno lo stava aspettando.”
Asahi emise un verso di stupore quando Noya gli passò sotto a un braccio ed entrò a sua volta. “Non mi ero reso conto che gli stavo impedendo di venire a spassarsela come si deve”, aggiunse con un sorrisino.
“Noya, vuoi darci un taglio?” sibilò Asahi. Ancora un po’ e gli sarebbe uscito il fumo dalle orecchie, se lo sentiva.
Hiyori batté le palpebre al vedersi entrare in casa il ragazzo, tutto capelli dritti e impettito... e anche un tantino bellicoso. “Mi sorprende che ci sia anche tu”, disse. “Gli hai concesso una serata libera?”
“Avanti, Hiyori.” Nishinoya le mise un braccio sulle spalle. Mossa non facile, pensò Asahi, considerando che Hiyori era il capitano della squadra di pallavolo femminile dell’università e Nishinoya il libero di quella maschile. Un libero di grande talento, certo, ma pur sempre un libero. Era ancora basso com’era stato ai tempi del liceo. Eppure, compì la mossa senza il minimo sforzo. Tutto quello che Noya fa, sembra che lo faccia senza nessuno sforzo. Asahi aggrottò la fronte.
“Hiyori”, continuò Nishinoya, “ogni tanto devo pur far sapere alle fans di Asahi-san che è ancora vivo.”
“Nishinoya Yuu, io non ho fans!” farfugliò Asahi.
Hiyori e Nishinoya gli rivolsero un’identica occhiata piatta.
“Io... io non ho–!”
“Azumane-saaaaaaan!”
Porca vacca!
Una ragazza alta e bruna gli si appese a un braccio, reggendo con fare timido alle labbra un bicchiere di birra. “Hiyori ha fatto una gran confusione per tutta la sera. Azumane viene, Azumane non viene.” Dita snelle gli si aggrapparono al bicipite, lunghi capelli fluttuarono sulla sua giacca. “Stavo quasi per andarmene.”
“E invece sei ancora qui”, disse Nishinoya, impassibile.
Asahi aprì la bocca per... beh, non sapeva cosa volesse dire di preciso, ma Nishinoya sembrava... normalmente Nishinoya diventava molto figo quando faceva il serio, mentre invece adesso sembrava–
“Azumane-san, hai conosciuto Riri?” Hiyori indicò con la propria birra quella specie di fotomodella attaccata al suo braccio.
Asahi deglutì pesantemente. La stretta della ragazza era davvero molto forte, e poteva sentire il suo, ehm, reggiseno push-up attraverso la giacca, e questo era proprio... “È una schiacciatrice, giusto?” Le sorrise con precauzione. “Ho visto qualche vostro incontro.”
“Ooooh.” Riri abbassò le ciglia. “Sei venuto a vedermi giocare, Azumane-san? Sono davvero lusingata.”
“Ehm...?” Asahi cercò di scostarsi leggermente, ma la sua stretta era, beh, forte quanto ci si aspetterebbe da una schiacciatrice. “Anche Nishinoya gioca. E io giocavo una volta, per cui–”
“Davvero?” tubò Riri. “Quale... posizione?”
Nishinoya brontolò tra sé e Asahi ebbe l’impressione che qualcosa gli sfuggisse. Di nuovo.
“Ah... beh, la tua, in realtà”, rispose.
Riri gli strinse ancora di più il braccio mentre Nishinoya e Hiyori trattenevano rumorosamente il respiro. Asahi osservò i tre visi a turno. Riri aveva l’aria di una per cui il Natale è arrivato in anticipo, le sopracciglia di Hiyori erano arrivate fin quasi all’attaccatura dei capelli, e Nishinoya... i suoi occhi sembravano quelli di uno al quale è stato puntato un raggio laser alla testa.
“Intendo dire... anch’io ero uno schiacciatore”, aggiunse Asahi con cautela. “Era... era questo che intendevo.”
“Oh, ma quanto sei carino, Azumane-san”, disse Riri, tutta moine. “Perché non giochi più?”
A volte Asahi avrebbe tanto voluto che Tanaka fosse venuto all’università con loro. Lui era molto più bravo ad analizzare e capire le ragazze; Nishinoya, poi, era del tutto inutile. “Studio medicina dello sport. Voglio impegnarmi nel tirocinio, per questo ho pensato che unirmi alla squadra di pallavolo non fosse l’ideale.” Asahi rise. “E poi, non sono neanche lontanamente bravo quanto Noya. Se sono questi i parametri della squadra, non c’è storia.”
“Ma finiscila!” sbottò Nishinoya. “Nessuno riceve i miei passaggi come facevi tu.”
“Sbaglio o hai detto che giocavi a pallavolo, Azumane-san?” Una mano ferma scivolò nell’altro suo braccio e, wow, le ragazze della squadra di pallavolo erano veramente alte viste da così vicino. La bionda appena arrivata lo era quasi quanto lui. Asahi abbassò lo sguardo. Ah. Indossava i tacchi, ma comunque era alta lo stesso. “Sommetto che doveva essere figo vederti.”
Nishinoya borbottò qualcosa tra i denti.
È invidioso? Asahi non era un perfetto idiota, era consapevole di avere due ragazze appiccicate addosso. Probabilmente ce n’era abbastanza perché un altro ragazzo volesse mollargli un cazzotto in faccia, anche se era un amico. Forse potevano andare a cercare la squadra di calcio femminile. Almeno qualcuna di loro doveva essere alla festa, e di certo sarebbero state più vicine a Noya in altezza.
“Era divertente giocare, ma fidati, Noya era molto più figo da vedere di me” disse con lealtà. “È solo alla prima stagione con la squadra ed è già titolare.”
Riri non batté ciglio (cosa che Asahi trovò leggermente irritante. Insomma, non avrebbe dovuto essere interessata alla pallavolo?), ma l’altra ragazza abbassò lo sguardo su Nishinoya, sorpresa.
“Oh! Tu sei il nuovo libero!” disse, con una certa riverenza nella voce. “Io sono Shizuku. Sono un’alzatrice. Ho visto la vostra ultima partita, e devo ammettere che ti ho guardato praticamente per tutto il tempo!”
Nishinoya alzò gli occhi su di lei, sospettoso. “Hai guardato per tutto il tempo il libero? E sei l’alzatrice?”
“Oh, sono solo un’alzatrice, non la titolare”, disse Shizuku, un po’ mortificata. “E tu sei, ecco, veramente dinamico in campo, sai.”
“Uffa, non parliamo di pallavolo stasera.” Riri strattonò il braccio di Asahi. “Lasciamoli ai loro discorsi, Azumane-san. Hiyori, dove sono le altre ragazze?”
Hiyori, che fino a quel momento era rimasta tranquillamente in disparte a sorseggiare la sua birra, si staccò dal muro. “Ho sentito che uno dei ragazzi della squadra di basket stava cercando di mettere in funzione la vecchia vasca idromassaggio sul retro. Scommetto che stanno tutti ridendo di lui.”
“Andiamo anche noi, Azumane-san. Voglio farti conoscere il resto della squadra.”
Asahi lanciò un’occhiata a Nishinoya, sperando di riuscire a comunicargli con discrezione il proprio panico. Le persone gli piacevano. Di solito. Ma francamente, Riri era un po’ intimidatoria e Nishinoya ci sapeva fare con le persone intimidatorie.
Adesso il suo amico e l’altra ragazza, Shizuku, erano impegnati in un’animata conversazione. Asahi sentì gli angoli delle proprie labbra sollevarsi. Nishinoya sembrava tornato ai tempi del liceo, a discutere di una partita con Tanaka o Hinata, gli occhi dorati che brillavano e il sorriso disinvolto.
Hiyori assestò ad Asahi una forte pacca sulla schiena. “Se la caverà. Lascia che Riri ti conduca al tuo destino, su.”
“Ah! Ma...” Asahi guardò ancora Nishinoya. Beh... se è a suo agio. Il suo amico adorava parlare di pallavolo, e anche Shizuku sembrava piuttosto coinvolta. Chissà, magari non le dispiacevano i ragazzi più bassi di lei.
Riri lo trascinò attraverso la casa, con Hiyori alle calcagna.
Come pensavano, la maggior parte delle ragazze della squadra di pallavolo e un bel po’ dei ragazzi di quella di basket erano radunati in cortile. La serata di inizio primavera voleva dire che i più scemi si riconoscevano da chi non portava la giacca.
“Signoooooooreeeeee!” trillò Riri. “Guardate cosa vi ho portato!”
Asahi spalancò gli occhi, e sentì Hiyori ridacchiare alle proprie spalle.
“Riri, dove l’hai trovato quello?”
“Azumane-san, credevo che non saresti venuto stasera!”
“Ehi, ricordi che mi hai fasciato la caviglia due settimane fa? Posso prendere un’altra storta?”
“Uffa, perché non c’è mai quando mi faccio male io?”
“Perché tu non fai mai niente!”
Qualcuno gli ficcò una birra in mano, e poi ci furono... braccia e facce e... un sacco di capelli e profumo.
Asahi era un po’ fuori dal proprio elemento. Perciò sorrise a tutti, commentando quello che capiva e ridendo quello che non capiva, scherzando con i ragazzi  e facendo complimenti alle ragazze, e in generale cercando di sopravvivere.
Chissà se torneremo troppo tardi per guardare quel video.
...
Chissà se a Nishinoya piacciono le ragazze alte?

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Capitolo 2
*** 2 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

“Sì, d’accordo. Cercherò di esserci alla prossima partita.” Asahi si tolse dal collo il braccio di Riri. Chissà che ora era.
“Ooooh, Azumane-san, quanto sei dolce.” La ragazza gli si appoggiò pesantemente addosso. Non era un grosso problema, anche se una delle sue compagne di squadra gli stava appoggiata all’altro fianco. Era strizzato tra le due come in un sandwich.
Asahi spinse via con delicatezza l’altra ragazza, facendola appoggiare allo schienale del divano. Si è... addormentata? O magari era addirittura svenuta. Alcuni tizi della squadra di basket, intanto, stavano svuotando il contenuto dei rispettivi stomaci nel cortile. “È ora che torni a casa, Riri”, disse con un sorriso di scuse.
“Sai che puoi restare qui stanotte, vero?” biascicò lei. Asahi non era certo se tenesse gli occhi mezzi chiusi perché aveva sonno o perché era ubriaca. “La mia stanza è giusto di sopra.”
“Oh, ma allora la maggior parte delle ragazze della squadra abita qui?” Non ne aveva idea. Immagino abbia senso. In fondo era stata Hiyori a organizzare la festa, e lei era il capitano.
Riri gli sorrise. I capelli scuri le ricadevano su un occhio. “Ma come sei subdolo, Azumane-san. Cambiare argomento in quel modo!”
In che senso avrei cambiato argomento? Comunque sì, era decisamente ubriaca. Asahi si alzò in piedi. “Sì, beh, devo trovare il mio amico. Non lo vedo da... un po’.” Da ore? Strano. Di solito, in eventi come quello, Nishinoya sbucava fuori almeno un paio di volte per controllare dove lui fosse.
“Azumane.” Riri aveva abbassato la voce. Gli mise una mano sul braccio e Asahi deglutì. La ragazza si alzò a sua volta, strusciandoglisi praticamente contro nel mentre. “Non capisco se sei solo un bravo attore o che altro, ma...” Le labbra di lei sfiorarono il suo collo quando si sporse a sussurrare. “Starò al gioco. Se ti va di divertirti stanotte... io posso fare in modo che accada.”
Questo lo capì perfino Asahi. La fissò, con occhi spalancati, guance arrossate, labbra strettamente chiuse. “I–io... Riri.” La prese per le spalle e la fece sedere di nuovo sul divano. “Sei ubriaca”, bisbigliò, inorridito. “Dovresti andare a dormire.” Le batté sulla testa con una mano, imbarazzato. “E bevi dell’acqua, prima. Ti sentirai meglio domani.”
Si raddrizzò, non del tutto certo se lei avesse afferrato le sue parole. La bocca di Riri era semiaperta e lo guardava come se non lo avesse mai visto fino a quel momento.
Asahi sorrise, incerto. “Bene. Ehm? È stato un piacere conoscerti. Ci vediamo alla partita.” Girò sui tacchi e andò a cercare Nishinoya e un orologio, non necessariamente in quest’ordine.
Aggirò una coppia, le cui bocche sembravano incollate tra loro, per poter leggere l’orologio del forno. Le due. Di notte. Asahi gemette. Era contento di aver cominciato a svuotare il proprio bicchiere di birra in cortile ore prima. Odiava restare alzato fino a tardi. Voleva tornare nel suo appartamento, lavarsi la faccia, sciogliersi i capelli e collassare sotto almeno cinque coperte.
Grazie al cielo, qualcuno aveva abbassato un po’ il volume della musica; Asahi si fece strada attraverso la casa, soprassando un ragazzo svenuto sul pavimento e un’altra coppia che a quanto pareva non aveva potuto aspettare di arrivare in camera da letto.
“Noyaaaa”, chiamò a bassa voce. “Sei ancora qui?” Sarà meglio che tu ci sia. Se te ne sei andato senza di me, giuro solennemente che–
“Eeeeeehiiiii, ecco l’ASSO!”
Asahi restò a bocca aperta.
Nishinoya era raggomitolato vicino alla porta, sul pavimento, fra le toniche e graziose braccia di Shizuku. Era rosso in viso, gli occhi un po’ vitrei, e i capelli più dritti di quanto Asahi li avesse mai visti, perfino dopo un allenamento. Forse perché Shizuku continuava a passarci in mezzo le dita.
“Asahiiiii.” Nishinoya cercò di mettersi in piedi, ma era evidente che l’alcol aveva già avuto la meglio su di lui.
Ridacchiando, Shizuku provò ad aiutarlo spingendolo via dal proprio grembo. Ma riuscì solo a farlo precipitare sul pavimento.
“Asahi-saaaaaan, ti ho cercato daaaaappertutto!” esclamò Nishinoya, rivolgendogli un sorrisone.
“Davvero?” Asahi deglutì rumorosamente. “E pensavi che fossi in braccio a Shizuku?” Forse non aveva smesso di bere abbastanza presto. Era accaldato sotto la giacca.
Nishinoya batté le palpebre. “No...?” tentò.
“Ce ne andiamo.” Asahi afferrò il ragazzo più basso e lo rimise in piedi con uno strattone. Avrebbe potuto essere più delicato, forse, ma al diavolo. Era stanco e voleva tornare subito a casa sua.
Nishinoya gli si schiantò addosso come una bambola. “Ops”, borbottò. I suoi occhi erano al livello del petto di Asahi; vi poggiò una mano sopra. “Sei proprio grosso, Asahi-san, accidenti.”
Shizuku ridacchiò di nuovo e si mise in piedi, barcollando. “Ci hanno beccati”, disse, anche se la sua voce suggeriva piuttosto il contrario. “Lascia che lui ti riporti a casa, Noya-chan. Ci vediamo domani.”
“Giusto!” Nishinoya si girò in qualche modo tra le braccia di Asahi e sorrise tutto contento all’alta ragazza bionda. “Shizuku, sono prooooprio felice di averti conosciuta stasera!”
Lei arrossì – Asahi la fissò. Merda, era proprio arrossita – e si ravviò i capelli. “Sì, ok. Adesso va’ a casa, scemo.”
Nishinoya continuò a schiamazzare mentre Asahi era mezzo costretto a trascinarlo alla porta.
“Ehi. Ehi. Asahi-saaaaan. Ehi. Ehi! Ehi.”
Asahi si passò una mano sul viso. La mano libera. L’altra era strettamente intrappolata da Nishinoya, come se senza di essa non riuscisse a camminare. “Stasera sei piuttosto... rumoroso, Noya.”
“Io sono sempre rumoroso”, ribatté questi con orgoglio.
“Beh.” Asahi sospirò. “Non hai torto.”
“Ehi. Ehi, Asahi-san.”
“Sì, Noya, accidenti, sono qui, mi vedi? Dio, domani ti sentirai di merda.”
“Ma la vera domanda è...” Nishinoya lo fissò, gli occhi dorati improvvisamente attenti. “Come ti senti tu adesso?”
Asahi sollevò un sopracciglio, ricambiando il suo sguardo. “Non bene quanto te, ci scommetto.”
“Mm. Io mi sento piuttosto bene”, concordò Nishinoya. “Ma è per la birra. Solo per la birra. NIENTE SESSO PER ME STASERA!” strillò nella tranquilla via residenziale.
Ommioddio Noya!” Asahi gli premette una mano sulla bocca.
“Mmf?” Gli occhi di Nishinoya sembravano enormi al di sopra della sua mano. Alzò lentamente la sua e ve la poggiò sopra. Era più piccola. Asahi si domandò brevemente se fosse anche più callosa, in quei giorni.
“Devi...” Asahi si leccò le labbra. “Devi fare silenzio. Non sei ancora a casa tua, d’accordo? Perciò fai silenzio finché non saremo arrivati.”
Nishinoya gli allontanò di colpo la mano e trattenne rumorosamente il respiro, con affettazione. “Perché, Asahi-san? Mi riaccompagni a casa? Sei veramente un gentiluomo.”
“Noya, giuro su Dio che–”
“Allora com’è stato?”
Asahi tacque, confuso. “Cosa? La festa? È andata bene, immagino. La birra faceva schifo.”
“Ha smesso di esserlo dopo la quindicesima.”
Hai bevuto quindici birre?”
Nishinoya ghignò. “Magari no. Troppo giovane per quella merda.”
Asahi aggrottò la fronte, dubbioso. Probabilmente, con i suoi muscoli, lui era in grado di reggere l’alcol meglio di altre persone della sua stazza.
“Non mi riferivo alla festa, però.” Nishinoya inciampò accanto a lui, ma riuscì a restare in piedi. “Com’è stato... come si chiama? La ragazza. Sì.”
“...Stai parlando di Riri?”
“Eeeeccolo qua. Riri.” Nishinoya sorrise, ma non somigliava a nessuno dei sorrisi cui Asahi era abituato. “Sembrava... carina.”
Immagini della festa fluttuarono alla mente di Asahi. Affamata era la parola che lui avrebbe scelto. “Suppongo di sì.”
Erano arrivati alla scalinata che conduceva all’appartamento di Nishinoya. Il quale inciampò sul primo gradino e per poco non cadde trascinandosi dietro l’amico. “Ehi!” Asahi rise piano. “Hai proprio bisogno di bere dell’acqua, ragazzo. Forza.” Si mise il suo braccio in spalla e gli fece scivolare l’altro intorno alla vita. Era una posizione un po’ scomoda, ma tanto era solo per poco.
Nishinoya si frugò in tasca cercando le chiavi, e Asahi le pescò per lui. Quindi aprì la porta, ma Nishinoya restò là impalato senza entrare.
“Noya?” Asahi mosse un passo all’interno. “Su, amico, dobbiamo–”
“Perché non sei rimasto con lei?”
Asahi si bloccò e abbassò gli occhi su Nishinoya.
“Cioè, ti ha chiesto lei di andartene o cosa?” La voce di Nishinoya era bassa. “Non credevo che fossi quel tipo di persona.”
Asahi rimosse il braccio dalla vita di Nishinoya. “Ok. Di che parli? Io non–”
“Lei abita là, amico, lo so per certo. Come ci abitano un sacco di altre ragazze della squadra.” Nishinoya non staccava gli occhi dal pavimento. “Saresti dovuto rimanere.”
“Aspetta. Aspetta un momento, un momento. Cosa?” Asahi chinò il busto in avanti per cercare di guardare in faccia l’amico. “Tu pensi... pensi che sia andato... a letto con Riri? È questo che pensi?” Il viso gli andava a fuoco, se lo sentiva.
Nishinoya distolse lo sguardo. Asahi non riuscì a vedere i suoi occhi. “Quindi l’hai fatto con qualcun’altra?”
“Noya, ma che dici?” ripeté Asahi. Non sapeva se essere... arrabbiato, o infastidito o imbarazzato, o che altro. “Credi... credi che mi s... scoperei una ragazza appena conosciuta a una festa?”
A queste parole, Nishinoya alzò la testa di scatto.
Asahi si raddrizzò, la mandibola contratta. “Te l’ha detto qualcuno? Per questo non sei venuto a cercarmi?”
Nishinoya aprì le labbra un paio di volte, ma non ne uscì alcun suono.
“Te l’ha detto Shizuku?” mormorò Asahi, cercando di non far vedere quanto questo gli facesse male. Ma perché male? Non era così! Quell’intera faccenda era... stupida. Nishinoya era stupido!
“Lei... ha detto che Riri voleva–”
“Sì, ok, ma chi è che mi conosce? Tu o Shizuku?” chiese Asahi a denti stretti.
“Tu... avevi una dozzina di ragazze appiccicate addosso!” sbottò Nishinoya alla fine. “Cos’avrei dovuto pensare? Volevi andare a quella dannata festa, ci siamo andati, ti sei fatto uno stramaledetto harem, e io che avrei dovuto pensare? Che non ti piaceva? Ovvio che ti abbia lasciato per conto tuo!”
Non avevo dodici ragazze appiccicate addosso!”
“Ti sei preso il disturbo di contarle?” ribatté Nishinoya.
“Ah, sì? Bene, allora parliamo di te”, replicò Asahi con voce dura. “Dovresti guardarti in uno specchio. Sembra che tu e Shizuku siate arrivati a conoscervi piuttosto bene. I tuoi capelli vanno da tutte le parti!”
Nishinoya si portò una mano alla testa. “...Guarda che sono sempre così.”
“No, niente affatto. Non sono per niente sempre così.”
“I–io... Shizuku–”
“Noya.” Asahi gli porse le chiavi. “Senti, è... si è fatto tardi. Io sono stanco, tu sei ubriaco, e... ci vediamo domani, d’accordo?”
“Asahi-san...”
“Su, avanti.” Asahi gli diede una spintarella alla spalla. “Scrivimi quando ti svegli. Così possiamo guardare quel video. E fare colazione. O qualcosa del genere.”
Nishinoya aveva ancora le mani tra i capelli, e fissava il pavimento come se avesse appena detto qualcosa di scortese su sua madre. “Sì. Ti... ti scrivo.” Si volse, entrò nell’appartamento, e richiuse la porta senza degnare Asahi di un solo sguardo.
Asahi restò a fissare la porta in malo modo per dieci secondi buoni prima di girare sui tacchi e scendere le scale.
Io non avevo dodici ragazze appiccicate addosso.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Bzzzt. Bzzzt. Bzzzt.
“Mmf.”
Asahi rotolò sul letto e strusciò il dito sullo schermo del cellulare. Grazie a Dio era solo un sms. Aveva l’impressione di avere la bocca foderata di cotone.

Noya
Colazione?

Tu
Ok. Dove?

Noya
Casa tua? Sono andato a correre e il negozio di ciambelle le aveva appena sfornate

Tu
E hai finito la corsa?

Noya
Ho finito la corsa........

Asahi sorrise tra sé. “Accidenti a te e alla tua passione per i dolci, Noya.”

Tu
Ok. 15 min.

Noya
Posso entrare intanto? Fa un freddo cane qua fuori

“Cosa?” Asahi fissò il telefono.

Tu
Sei qua fuori?
Tipo adesso??
Sei fuori dal mio appartamento adesso???

Noya
Siiiiì. Te l’ho detto, sono andato a correre e ho trovato ciambelle calde
Ma lo saranno ancora x poco se non tiri fuori il culo da sotto le coperte e non apri questa dannata porta


Asahi scostò le coperte. Afferrò la maglietta della sera precedente, che aveva lasciato cadere sul pavimento, e l’annusò. ...Vabbè. Quella e i pantaloncini da basket, sempre della sera precedente, potevano andare. Mentre si dirigeva alla porta, si passò le mani tra i capelli. Sperava di dar loro un effetto da ‘finto-spettinato’ e non da ‘ho dormito su questo lato della testa per tutta la notte’.
Spalancò la porta. “Ma che cavolo, Noya?!”
Nishinoya era appoggiato alla ringhiera del terzo piano e teneva tra le mani una scatola bianca. “Ehm.” Si udì un suono accartocciato e Asahi si rese conto che aveva stretto la scatola. Con forza. “Ciao?”
“Ciao”, gli fece eco Asahi, asciutto. Aveva tutto il diritto di essere seccato con qualcuno che veniva a svegliarlo di prima mattina dopo una festa. Di merda, fra l’altro.
Sfortunatamente, Nishinoya non collaborava. Non collaborava mai, lui. Occhioni dorati, capelli tutti per aria, pantaloni da corsa neri, una felpa troppo grande per lui... e una scatola di ciambelle calde, per l’amor del cielo.
“Come cavolo fai a essere già in piedi?” domandò Asahi. “Ieri sera eri ridotto a uno straccio totale quando ti ho riportato a casa.”
Nishinoya si raddrizzò. “Mica sono tutti vecchi come te, Asahi-san.” Finalmente il solito sorriso spavaldo era tornato al suo posto.
“Tu–! Guarda che hai solo un anno meno di me!” bofonchiò Asahi.
“Un bravo senpai mi toglierebbe subito da questo freddo.” Nishinoya gli mise in mano la scatola. “Se non altro per le ciambelle.”
“Beh.” Asahi provò a sembrare accigliato, fallendo miseramente. “Solo per le ciambelle.”
Nishinoya balzò – balzò! – nel piccolo appartamento. “Asahi-saaaaan, voglio il caffè.”
“Oh, mi spiace.” Asahi tornò in cucina, per prendere dei piatti ma anche per nascondere il proprio sorriso. “Un certo cretinetto mi ha svegliato di soprassalto, perciò non ho ancora avuto il tempo di prepararlo.”
Lo squittio offeso di Nishinoya valse la pena di essere in piedi così presto.
“Non posso credere–” Nishinoya infilò la testa in cucina. “–che un amico ti porta le ciambelle e tu lo chiami cretino.”
“Cretinetto.” Asahi mise l’acqua sul fuoco, sempre restando di schiena.
“Ciambelle calde, per di più.”
Asahi rise. Impossibile non farlo.
“Finalmente.” Nishinoya si appoggiò al bancone della cucina mentre Asahi lavorava. “Di solito non sei così scontroso al mattino.”
“Scontroso?” Asahi sollevò le sopracciglia, sinceramente sorpreso. “Trovi?”
“A dire il vero, ho pensato che potessi essere arrabbiato con me.”
Asahi, che stava versando il caffè nel filtro, si fermò. “Cosa? Davvero?” Ero arrabbiato? Non ero arrabbiato. Immagini della sera precedente gli si affacciarono alla mente. Ero... stanco. Molto stanco.
“Beh.” Nishinoya si passò una mano sulla nuca e fissò i fondi di caffè. “Insomma, sì. Pensavo ti fossi arrabbiato perché, non lo so... mi ero comportato da stupido alla festa, capisci?”
Oh. Il cervello di Asahi si focalizzò su un’immagine in particolare: Nishinoya seduto in grembo a un’alta ragazza bionda. Che gli passava le dita fra i capelli.
“È così, vero?” Nishinoya si sporse in avanti. “Ah, merda, ho fatto qualcosa di molto stupido, eh? Lo sapevo.”
“No, no, è... è tutto ok.” Totalmente ok. Asahi versò l’acqua calda sui fondi. Lentamente. Un po’ alla volta, poi mescolò in senso antiorario. Concentrato. È tutto ok. In fondo non l’hai visto andare effettivamente a segno.
Nishinoya gli si era praticamente ripiegato addosso mentre lui lavorava. “Che cosa ho fatto? Ho... cazzo, ho detto qualcosa?”
“Eh?” Finalmente, Asahi lo guardò. Gli occhi di Nishinoya erano enormi, e aveva le guance arrossate. Sembrava che il cuore gli si dovesse fermare da un momento all’altro. “No, non hai detto niente. Beh...” Asahi inclinò la testa di lato e si nascose il sorriso con una mano. “Mentre andavamo verso casa tua, hai gridato in mezzo alla strada e penso che i vicini ti abbiano sentito forte e chiaro. Ma non mi sono arrabbiato.”
A questo punto, Nishinoya sbiancò. “Che–” Si leccò le labbra. “Che cosa ho detto?” Aveva la voce roca.
“Ah.” Asahi si concentrò sul versare il caffè per nascondere un altro sorriso. “Qualcosa sul non fare sesso ieri sera?”
Nishinoya sparì dalla sua visuale. Dita si arrampicarono sul bancone e una voce si alzò dal pavimento. “Nooooo. No. No. Dimmi che non l’ho detto.”
Asahi tolse il filtro dal bricco. “L’hai detto. Come io e i tuoi vicini possiamo confermare, nostro malgrado.”
Ci fu un istante di silenzio. Poi: “Beh, suppongo ci fossero cose molto peggiori che avrei potuto dire.”
“Ad esempio?” Asahi gli porse una tazza di caffè. “Che altro avresti potuto strillare in una strada deserta alle due di notte?”
Nishinoya prese la tazza e si rialzò con un gemito. “Qualcosa mi sarebbe venuto in mente.” Fissò il suo caffè. “Uhm... perché stavamo parlando di... di sesso?”
“Ah, giusto.” Asahi si staccò dal bancone. “In realtà ho un buon motivo per avercela con te.” Era quasi arrivato in soggiorno quando si rese conto che Nishinoya non lo seguiva. Si girò a mezzo. “Noya?”
Nishinoya era in piedi in mezzo alla cucina e lo fissava come se vedesse un fantasma. Aveva la bocca aperta, era impallidito, stringeva la tazza con tanta forza che gli erano sbiancate le nocche. Era un miracolo che la tazza non fosse ancora andata in pezzi. “Lo sapevo”, ansimò. “Lo sapevo. Ho mandato tutto a puttane, vero? Oddio, Asahi, mi dispiace tantissimo, non avrei dovuto dire–!”
“Ehi, ehi, ehi!” Asahi stese una mano verso di lui. “Ehi! Non sono davvero arrabbiato. Cioè, sì, ci sono rimasto un po’ male ieri sera, ma adesso è passato. È tutto ok.”
Nishinoya inclinò lentamente la testa di lato. Come un cagnolino dei cartoni animati. “È tutto... ok?”
Asahi entrò in soggiorno e si sedette al tavolino davanti alla tv. “Ma sì. E poi, in fondo ha un senso, no?”
Nishinoya lo seguì, ma non si sedette. Sembrava... beh, piuttosto confuso. “Tu pensi che abbia un senso?”
“Uff.” Asahi si passò una mano sul viso. “Probabilmente sono stato un verme, eh? Tutte quelle ragazze e il resto... e Riri. Dio.”
Nishinoya si sedette dall’altro lato del tavolo. Lentamente. Con cautela. Sorseggiò il proprio caffè allo stesso modo affettato di un avvocato che chiede al suo cliente se ha commesso o no il crimine del quale è accusato. “Di che... stai parlando?” riprese.
Asahi batté le palpebre. “Di come mi hai praticamente accusato di aver partecipato a un’orgia con l’intera squadra di pallavolo femminile! Tu di che stai parlando?”
Se mai c’era stato un volto in grado di non mostrare la minima emozione, era quello di Nishinoya in quel momento. Il che era a dir poco sconvolgente, visto che di solito gli si leggeva in faccia tutto quello che pensava. “Non... di quello”, ammise alla fine.
“Beh, è stato subito dopo che mi hai sgridato per aver lasciato sola Riri invece di passare la notte con lei”, aggiunse Asahi, sentendosi di nuovo seccato.
Nishinoya inclinò la tazza di qua e di là, fissando il caffè che andava prima da una parte e poi dall’altra. “Perciò non hai concluso con nessuna, ieri sera?”
“No!” Asahi sbuffò. “Accidenti, è come se non mi conoscessi affatto! Non ho iniziato a entrare nelle mutande altrui solo perché sono arrivato qui un anno prima di te!”
“Scusa tanto, ma sei tu che hai detto ‘tutte quelle ragazze e il resto’ un attimo fa”, puntualizzò Nishinoya. “E ricordo benissimo che–”
“Oh, certo, dimmi cosa ricordi benissimo.” Asahi gli rivolse un’occhiataccia. “Perché per tutto quello che tu ricordi benissimo, io me ne ricordo ancora meglio.”
“Ok.” Nishinoya alzò una mano. “Io mi trovo su una giostra emozionale dal momento in cui sono arrivato qui. Perciò questa dovrai spiegarmela.”
“Shizuku”, disse secco Asahi.
Nishinoya batté le palpebre.
“Non te la ricordi?” proseguì Asahi. “Alta, bionda, schiacciatrice di riserva? Le piace infilare le dita tra i capelli dei libero ubriachi?”
Finalmente Nishinoya parve riacquistare la memoria. E subito sul suo viso si dipinse un’espressione orripilata. “Oh. Mio. Dio”, sussurrò.
“Ah-ah.” Asahi sorseggiò il suo caffè, sentendosi leggermente vendicato.
“Questo... lei... senti, non è–”
“Amico, non so cosa sia successo tra voi e non ho bisogno di saperlo.” Io sono il senpai qui. Anch’io sono stato così ubriaco. Posso essere comprensivo. “Il punto è che... tra noi, non sono certamente io che me la sono spassata ieri sera.”
Nishinoya si lanciò ad afferrargli un braccio, e quasi saltò sul tavolo. “È impossibile che sia successo quello che pensi tu.” I suoi occhi castano dorato erano frenetici. “Impossibile, mi hai capito? Devi credermi, non lo farei mai e poi mai!”
Asahi s’irrigidì al suo tocco. Aveva visto Nishinoya diventare serio prima, ma quell’intensità era qualcosa di nuovo. “O–ok.”
“No. No, non è ok.” Le dita di Nishinoya si strinsero intorno al suo avambraccio. “È stato divertente parlare con Shizuku e... e sì, mi ero un po’ incazzato dopo che te ne sei andato con un battaglione di ragazze, ma non potrei mai–”
“Ehi.” Asahi gli batté sul braccio con fare imbarazzato. “È tutto ok, Noya, davvero. Me ne sono andato proprio perché sembravate a vostro agio a parlare tra voi.”
“Cosa?” Nishinoya lo guardò con un’aria a metà tra l’irritazione e il sollievo. “Avresti potuto unirti a noi!”
“Vuoi scherzare?” Asahi provò a ridere. Gli uscì un suono orrendo. “Lei era completamente presa da te. Non ti avrei mai fatto una cosa del genere.”
Nishinoya ritirò la mano. “Farmi che cosa, esattamente?”
“Oh, ma dai.” Asahi strinse la tazza di caffè con entrambe le mani, cercando di scrollarsi la tensione di dosso. “Se devo essere sincero, non avevo mai visto una ragazza più presa da te di lei. Eh! Nishinoya comincia l’università e le ragazze alte e bionde lo trovano irresistibile. Chi se lo immaginava?”
“Oddio.” Nishinoya si prese il viso tra le mani. “Asahi. Azumane Asahi, sei un idiota.”
“Eh?” Asahi alzò gli occhi dalla tazza. “Perspicace, semmai, scusa tanto.”
Ommioddio”, ripeté Nishinoya, con più enfasi. “Devo... devo chiamare Tanaka.” E si alzò in piedi.
“Oh. Sì.” Asahi annuì. “Probabilmente lui avrà dei consigli migliori dei miei per te su quale dovrà essere la tua prossima mossa con lei.”
Nishinoya si passò una mano tra i capelli e sospirò rumorosamente. “Già. Sì, Tanaka se la cava decisamente meglio di te con le sottigliezze. Il che è tutto dire.”
“Beh, ma non essere troppo sottile. Altrimenti lei potrebbe non recepire il messaggio.” A proposito, Tanaka? Sottile? In quale universo?
“...Devo proprio andare.”
“Come?” Asahi si rimise in piedi. “Ma non le vuoi le ciambelle?”
“Tienile tu.” Nishinoya era già arrivato alla porta.
“Non ho intenzione di mangiare una mezza dozzina di ciambelle da solo, Noya, è proprio sbagliato.” C’era qualcosa che non andava. Quella situazione non andava. Nishinoya non andava. Insomma, quelle erano ciambelle appena sfornate. Asahi sarebbe stato fortunato se gliene fosse toccata una. “Porta quel video olimpico, più tardi. Le mangeremo mentre lo guardiamo.”
Nishinoya si bloccò sulla soglia. “...Vuoi che venga da te più tardi?”
“Beh, certo.” Asahi fissò la sua schiena. Le spalle strette del suo amico non sembravano rilassate come al solito. “Voglio guardarlo. E posso riscaldare un po’ le ciambelle, dovrebbero essere buone lo stesso.”
Nishinoya emise un sospiro distinto. “Ok. Ripasso dopo l’allenamento.”
“D’accordo.” Asahi si sentì marginalmente meglio. Anche se Nishinoya non si era girato. “Ehm, ecco, se... se ti ho offeso prima, per quello che ho detto... su Shizuku. Beh, mi dispiace.”
Nishinoya si girò a mezzo e lo guardò.
“È solo che...” Asahi si passò una mano sulla nuca, con aria mortificata. “Sembra davvero una brava ragazza. Non voglio che pensi che... che io penso che non sia giusta per te o qualcosa del genere. Ehi! Perché non la porti stasera, così guardiamo quel video insieme? Eh?”
“...Ci penserò. Ci vediamo.” Nishinoya uscì e richiuse la porta con fermezza.
“Certo.” Asahi restò un momento a fissare la porta con una mano sulle labbra. “È andata... bene.”
Non era però del tutto sicuro del perché non fosse andata così bene.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Mentre fasciava una caviglia alla partita di basket del pomeriggio, Asahi ripensò a come Nishinoya avesse lasciato il suo appartamento con una certa fretta, quella mattina.
Aiutando il capitano della squadra ad allungare il muscolo del polpaccio irrigidito, ripensò a come Nishinoya si fosse comportato in modo così strano a proposito di Shizuku.
E quando diede una mano a preparare degli impacchi di ghiaccio per tutta la squadra (dopo una sconfitta cocente), pensò a come fosse sollevato che Nishinoya sarebbe venuto da lui dopo l’allenamento serale.
In pratica, Asahi pensò a Nishinoya per tutto il giorno.
Il che non era tanto insolito. Pensava sempre molto a Nishinoya. Erano grandi amici fin dai tempi del liceo e, dato che si comportava in modo strano da ben due giorni di fila, era ovvio che occupasse i pensieri di Asahi più del consueto.
Ciò che era insolito, forse, era che Asahi si accorse di ondeggiare mentre dal campo di allenamento andava al centro di atletica. Aveva sistemato le attrezzature nella sala della medicina sportiva (pensando a come Nishinoya tendesse sempre a strafare quando era molto concentrato su qualcosa), e adesso era lì.
Si fermò sulla soglia. Sembrava che stessero rimettendo tutto in ordine. Nishinoya gli aveva detto che solitamente concludevano l’allenamento con una breve partitella di simulazione.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che Asahi lo aveva visto giocare. Correre di qua e di là a prendere le attrezzature e a occuparsi degli infortunati non era il modo migliore di seguire una partita. E sicuramente non era come stare in campo insieme a Nishinoya.
Asahi notò che irradiava energia a profusione quella sera. Era tutto ordini secchi, movimenti rapidissimi, salvataggi spericolati. Trattenne il respiro quando Nishinoya si tuffò a recuperare una palla respinta dal muro, a braccio teso. Si romperà un polso se non sta attento.
Nishinoya e l’attenzione erano molto raramente sinonimi, soprattutto non sembravano esserlo in quel momento. Non esisteva nient’altro per lui al di fuori del campo di gioco se non la palla, soltanto la palla. Tenerla lì dove lui voleva che fosse, rifiutando di lasciarla cadere a terra, ancora e ancora. Nessun movimento superfluo, nessun senso troppo lento. Era chiaro che i suoi compagni sapevano di poter rischiare tutto con lui nella retroguardia, a giudicare dal modo in cui si lanciavano in un attacco dopo l’altro. Durante il liceo, Nishinoya conosceva il gioco della pallavolo; adesso lo padroneggiava.
“È impressionante, vero?”
Asahi sussultò, trattenendo a malapena un urlo. “I–Iwaizumi!”
“Asahi.” Il ragazzo dai capelli scuri tentennò il capo solennemente. Poi tornò a guardare il campo. “Nishinoya sembra in eccellenti condizioni stasera. Sei a portata di mano in caso di infortuni?”
Il cuore di Asahi rallentò i battiti. “Ah. No. Cioè, sì, Noya sembra un po’... più incline all’infortunio del solito, ma mi sono fermato giusto un attimo mentre andavo via. Ero alla partita di basket.” Notò il borsone da ginnastica di Iwaizumi. “E tu, ehm, stai andando ad allenarti, per caso?”
Il giovane indossava ancora gli abiti da esterno. Si buttò il borsone in spalla. “Oikawa mi rompe perché lo aiuti con un po’ di palleggi extra. Ogni tanto mi adeguo.”
“È... gentile da parte tua.” Asahi lanciò un’occhiata al campo. Ancora non si era del tutto abituato a vedere gli ex rivali del liceo nella stessa squadra di Nishinoya. Oikawa Tooru era in campo con lui. E Kuroo Tetsuro. E anche Aone Takanobu.
“Hai tempo per farlo, con i tuoi studi di ingegneria?” domandò Asahi.
“Mm.” Iwaizumi si sedette sul pavimento per cambiarsi le scarpe. “Se non mi tengo in movimento, finisco per star seduto dodici ore al giorno. Perciò, va bene così.”
Asahi fece una smorfia. Non riusciva a immaginare di restare fisso al computer per tanto tempo. La medicina dello sport era già un’occupazione abbastanza sedentaria.
Una botta che risuonò in campo – e non una di quelle buone, Asahi sapeva distinguerle bene – gli fece alzare gli occhi. Nishinoya era disteso sulla schiena, la palla che rotolava via da lui e i suoi compagni che gli facevano capannello intorno.
“Noya-san!”
“Nishinoya!”
“Amico, ma che stavi guardando?!”
Oh. Mikoto, prendi un asciugamano...”
“Bleah, mi stai macchiando tutto!”
Asahi non ricordava di aver deciso di farsi largo sul campo, ma all’improvviso si ritrovò a spingere spalle a destra e a manca. “Fatemi passare, sono il medico sportivo, permesso, scusate...”
Nishinoya aprì un occhio lacrimoso. “Ehi, Asahi.” Sorrise; il sangue gli colò sul labbro.
“Noya.” Nell’ultimo anno, Asahi era diventato molto bravo a non reagire alla vista del sangue al di fuori della propria sede naturale. “Hai un ottimo aspetto. Tirati su.” Gli premette delicatamente una mano sulla nuca, facendogli abbassare la testa tra le ginocchia. Nishinoya gemette e un rivolo di sangue colò dal suo naso al pavimento.
“Dov’è quell’asciugamano?” Asahi stese una mano in fuori senza staccare gli occhi dal viso solcato di lacrime e insanguinato di Nishinoya. Qualcuno gli mise un panno tra le dita e lui lo allargò sul pavimento. “Dimmi se ti faccio male”, disse, pizzicandogli la radice del naso. Gli appoggiò l’altra mano sulla nuca. “Tutto ok?”
Nishinoya annuì lentamente.
“Ti fa male da qualche altra parte?”
Un cenno di diniego.
“Hai preso una pallonata in faccia?”
“Avresti dovuto vederlo!” Uno dei compagni di squadra di Nishinoya si accoccolò accanto ad Asahi. “Era un tiro di Kuroo!”
Asahi alzò lo sguardo, aggrottando la fronte. L’ex centrale del liceo Nekoma era in piedi vicino a Nishinoya, e sembrava del tutto indifferente a quanto era appena accaduto; d’altra parte, l’espressione consueta di Kuroo era quasi sempre di tranquillo divertimento.
Alzò le mani. “Ehi, la palla era già in viaggio quando mi sono reso conto che Noya non stava neanche guardando.”
“Certo che guardavo!” protestò Nishinoya con voce nasale.
“Oh, non fare il timido.” Kuroo gli batté leggermente un ginocchio sulla schiena. “I tuoi occhi non erano per niente sul campo. Non sapevo che Iwaizumi fosse tanto irresistibile.”
“Senti un po’–” cominciò Asahi.
Nishinoya gli schiaffeggiò via la mano dal naso e balzò in piedi come un fulmine. “Chiudi quella bocca!” gridò, stringendo nel pugno la maglietta di Kuroo.
Asahi si alzò in piedi, ma Aone fu più veloce. Il silenzioso gigante biondo avvolse le braccia come tubi d’acciaio sotto quelle filiformi di Nishinoya e lo sollevò di peso. Oikawa scelse quel momento per affiancarsi a Kuroo e mettergli un braccio sulle spalle.
“Cielo”, tubò, “che maniera eccitante di concludere l’allenamento. Azumane, porta il tuo libero a darsi una bella ripulita, ti spiace? E, Kuroo.” Diede una sberla sulla testa al centrale ghignante. “Se c’è qualcuno che ha il permesso di fissare Iwa-chan, quello sono io, chiaro? Non ti confondere.”
“Sei tu che ti confondi”, disse gentilmente Iwaizumi, vicino ad Asahi. “Li facciamo questi palleggi o no?”
“Iwa-chan!” Oikawa si staccò immediatamente da Kuroo. “Non far caso a tutto questo macello.”
Aone depose Nishinoya di fronte ad Asahi con la massima cura. “Ecco a te”, brontolò. “E grazie.” Finito il suo compito, si diresse alla panchina per togliersi le scarpe.
Kuroo scompigliò i capelli a Nishinoya prima di lasciare il campo a sua volta. “Non fargli far tardi, pulcino.”
Nishinoya gli sferrò un calcio, riuscendo a beccargli un ginocchio con la punta del piede. Asahi immaginava che il tutto sarebbe stato molto più soddisfacente se Kuroo non avesse ridacchiato fino alla panchina.
Anche gli altri membri della squadra tornarono alle rispettive faccende; Nishinoya li guardò male per tutto il tempo. Infine, gli occhi dorati si posarono su di lui, con l’espressione di chi sa di averla fatta grossa. “Ehi, Asahi-san.” Nishinoya arricciò le labbra, il sangue gli macchiò i denti.
Asahi sospirò. “L’hai già detto. Su, andiamo.” Gli batté una mano sulle esili spalle e lo sentì incespicare appena.
“Dove andiamo?”
“In un posto dove ci siano sapone, acqua calda e possibilmente alcol denaturato”, rispose Asahi. “Hai un aspetto di merda.” Il che non era del tutto vero, e probabilmente non lo sarebbe mai stato.
Nishinoya si coprì naso e bocca con una mano. “Oh. È così brutto, eh?” Lanciò un’occhiata alla panchina. “La mia roba...”
“La prendiamo quando ripassiamo”, promise Asahi. “Tanto non sembra che Oikawa e Iwaizumi se ne andranno tanto presto.”
“Scommetto quello che vuoi che invece non li troveremo”, borbottò Nishinoya.
Asahi si fermò. “Tu credi? Oh, beh.” Girò sui tacchi e si diresse alla panchina, trascinandosi dietro l’altro ragazzo. “Qual è il tuo?”
“Quello. E le scarpe.” Nishinoya si sedette sulla panchina per cambiarsi le scarpe, e Asahi si accorse che un’altra goccia di sangue era caduta sul pavimento.
“Mm.” S’inginocchiò di fronte a lui. “Premiti il naso come ti ho mostrato. Qui ci penso io.”
Nishinoya spostò i piedi sotto la panchina. “Ho appena finito l’allenamento! I miei piedi fanno schifo!”
Asahi gli lanciò un’occhiataccia e gli afferrò una caviglia. “Pensi che non veda piedi schifosi tutto il giorno? Vedi solo di non sanguinarmi addosso.”
Nishinoya deglutì. “Uhm. O–ok. Ho... dei calzini puliti nel... nel borsone.”
Asahi lo prese. “Premiti il naso.” Gli sciolse una scarpa e gliela sfilò. “Caspita. Non mi ero mai accorto che i tuoi piedi fossero così piccoli.”
Nishinoya emise un verso acuto e nasale.
“Scusa, amico, non volevo prenderti in giro.” Asahi gli lanciò un sorriso rapido prima di togliere il calzino. Era un po’ sudato, ma aveva sicuramente visto di peggio. Prese un asciugamano lì vicino e cominciò a strofinare il piede di Nishinoya. Non c’era niente di peggio che un piede sudato in un calzino pulito.
Quando passò il telo sulla pianta, Nishinoya sussultò.
“Scusa, scusa”, disse Asahi con voce rassicurante. “Farò attenzione, promesso.” Gli infilò il calzino pulito, quindi passò all’altro piede. Ma nonostante i suoi sforzi, Nishinoya sussultò di nuovo quando vi passò l’asciugamano.
“Wow.” Asahi sorrise. “Certo che sei proprio–”
Si bloccò. Nishinoya si era coperto il viso con la t-shirt.
“Accidenti.” Asahi alzò una mano e gliela scostò. Il volto di Nishinoya era rosso fuoco. “Uhm. Tutto bene? Non lo sto facendo apposta, giuro.”
Nishinoya si riportò la t-shirt sul naso. “...Oikawa mi tormenterà a vita per questa cosa.” La sua voce era un po’ stridula.
“Eh?” Sempre inginocchiato, Asahi si girò a mezzo. Effettivamente Oikawa e Iwaizumi erano in piedi in mezzo al campo da gioco, e li osservavano. Iwaizumi sembrava infastidito, mentre Oikawa aveva l’aria di un padre che sta assistendo allo spettacolo di Natale del suo primogenito.
Asahi li salutò con la mano, quindi si voltò. “Il tuo naso sanguina ancora. Tieni le dita là, così.” Sollevò la mano di Nishinoya fino a mettergliela a livello del naso, e con l’indice e il pollice gli fece premere la cartilagine. “Non smettere finché non lo dico io.”
Nishinoya gemette. Asahi avrebbe voluto alzare lo sguardo, ma non voleva causargli ulteriore disagio. Era chiaro che quella situazione era super imbarazzante per lui.
“Fatto.” Gli allacciò anche l’altra scarpa e gli abbassò il piede. “E adesso, occupiamoci del tuo viso.”
Nishinoya squittì, e stavolta Asahi lo guardò. “Tutto ok, Noya?”
Nishinoya aveva ancora il naso stretto fra due dita, ma riuscì ad annuire. “Solo... andiamocene da qui”, sussurrò. Stese una mano per prendere il borsone, ma Asahi lo fermò.
“Non ci pensare. Se sollevi qualcosa di pesante, potresti riprendere a sanguinare. Lo prendo io.” Asahi si buttò il borsone in spalla e s’incamminò all’uscita. “Ciao, Oikawa! Ci vediamo, Iwaizumi!”
“Torna quando vuoi, Azumane-saaaan!” canterellò Oikawa.
Accanto ad Asahi, Nishinoya fece una smorfia.

~
 
“Bene.” Asahi batté la mano su una delle panchine del centro medico sportivo. “Siediti qui.”
Nishinoya spiccò un balzo e si sedette, il viso ancora arrossato e striato di sangue, muto come una tomba.
“Sai”, cominciò Asahi, preparando un panno caldo e bagnato e dell’antisettico, “ti è andata bene che il naso non è rotto. Le schiacciate di Kuroo non sono uno scherzo. Che stavi facendo?”
“Che... che vuol dire che stavo facendo?” La voce di Nishinoya era cauta.
Asahi si strinse nelle spalle e tornò da lui con il panno. “Qualcuno ha detto che non guardavi l’azione. Non è proprio da te. Non penso di averti mai visto prendere una pallonata in faccia, se devo essere sincero.”
Nishinoya non rispose nulla. Si limitò a guardarlo mentre Asahi gli passava delicatamente il panno sul naso e sul mento.
“Immagino che tutti abbiamo giorni buoni e giorni cattivi”, disse, più che altro per riempire il silenzio. Gli occhi dorati di Nishinoya erano grandi in maniera sconcertante visti da così vicino. Gli strofinò una guancia sudicia.
Il viso di Nishinoya aveva assunto un colorito roseo, ma poteva essere dovuto alla frizione del panno. Asahi gli strofinò la mandibola e poi il collo. Nishinoya s’irrigidì, poi alzò un po’ il mento. A quanto pareva il sangue gli era colato anche dentro la t-shirt, ma... oh, beh. Asahi si schiarì piano la gola. Nishinoya poteva occuparsene più tardi.
“Voglio solo dire che mi ha ricordato più Hinata che te, ecco.” Asahi si avvolse un lembo del panno intorno al pollice e lo passò sul labbro inferiore di Nishinoya. Il sangue si era raccolto in ogni piega della pelle. Nishinoya distolse lo sguardo e aprì la bocca, espirando leggermente. Asahi sentì il suo respiro sulla mano.
L’altra mano gliela teneva sulla nuca. Con due dita gli sfiorava i capelli, folti e umidi. Asahi si fermò, il panno ancora contro le labbra di Nishinoya. Uhm. Questa situazione è strana? Sono strano io? Certo che no, faccio cose del genere ogni giorno. Ma questo non è un gioco. Non è che ti pagano per farlo. A lui non serve che tu faccia questo.
“Hinata.”
Asahi batté le palpebre. “Come?”
Nishinoya lo guardò. “Davvero? Ti ricordo Hinata?”
“...L’ho detto io?”
“Hai detto che stasera, in campo, ti ho ricordato Hinata.” Nishinoya gli spinse via la mano dalla bocca. “Mi becco un pallone in faccia e all’improvviso sono uno schiacciatore esagitato che non sa ricevere in nessun caso.”
“Cosa?” Asahi rafforzò la stretta sulla nuca di Nishinoya. “Sei stato fantastico. Come sempre.”
“...Davvero?”
“Solo che non è da te distrarti, perciò ho detto–”
“Beh, se ero distratto è stato perché–” Nishinoya si bloccò. “È stato un caso. Non mi sono distratto. Certo non perché tu sei entrato in palestra.”
“Ti sei preso una pallonata in faccia perché guardavi me?” ripeté Asahi, con una certa angoscia.
“Ho appena detto di no, mi stavi ascoltando?”
“Mi hai visto entrare in palestra, poi Kuroo ti ha colpito in faccia. È questo che hai detto.”
“Come se quello che fai tu potesse distrarmi dalla pallavolo!” Nishinoya balzò giù dalla panchina.
“Dove stai andando?” Asahi strinse il panno insanguinato. “Non ho ancora fini–”
Io”, disse Nishinoya con una certa enfasi, “sto tornando nel mio appartamento, dove mi farò una doccia. E mi riprenderò da questo piccolo incidente. E poi tu”, e battè un dito sul petto di Asahi, “verrai nel mio appartamento e guarderemo quel maledetto video. Finalmente.”
“Il tuo appartamento?” Asahi si strofinò il petto dove Nishinoya lo aveva colpito. “E le ciambelle?”
“Portale.” Nishinoya afferrò il borsone e marciò deciso verso la porta. “E porta pure il caffè.”

~
 
La caffetteria del campus non era proprio di strada per la casa di Nishinoya, ma i prezzi erano onesti. Asahi tirò fuori il portafogli e attese che la ragazza davanti a lui completasse la propria ordinazione. Alla fine, lei si girò con un bicchiere di carta in mano.
“Ah! Azumane-san!”
Asahi granò gli occhi. Oh. Caspita.
Shizuku, alta e bionda, gli rivolse un sorriso smagliante. “Come stai?” si guardò intorno. “Uhm, Noya-san è con te?”
Asahi deglutì. “Shizuku! N–no, Noya non–”
“Giusto, giusto!” Shizuku agitò una mano per aria con una risatina di biasimo. “Scusa, wow, che maleducata. Non intendevo dire, tipo, che non sono contenta di vedere te. Perché lo sono, ovviamente! È che... intendevo... sai cosa, ti lascio ordinare.” Cominciò a oltrepassarlo; il suo viso era completamente rosso. “Ci vediamo!”
Normalmente gli ingranaggi del cervello di Asahi non giravano a velocità supersonica, ma stavolta riuscì ad acchiappare per la coda una certa idea prima che gli sfuggisse del tutto. “Shizuku!” Stese una mano e afferrò la manica della ragazza. “Aspetta un momento, ti spiace? Dammi solo un secondo...” Ordinò rapidamente, macchiato per sé, nero per Nishinoya.
Quando si girò, Shizuku stringeva nervosamente il suo caffè tra le dita. Capelli biondi che scendevano in onde morbide oltre le spalle, camicia di flanella, giacca di pelle corta, stivaletti, curata nell’aspetto, fisico atletico... Noya si meritava una chance con lei.
“Hai da fare stasera?” le chiese a bruciapelo.
Per poco Shizuku non fece cadere il caffè. “Eh? Uhm, beh, stavo andando in biblioteca, ma... uhm, Azumane-san, non credo che...” S’interruppe, fissando il pavimento come se contenesse tutti i segreti dell’universo.
Una lampadina si accese nella testa di Asahi. “Oh! Oh, no, no, non per me”, disse con enfasi. “Stavo andando a casa di Nishinoya a guardare un video e mi chiedevo se volessi venire anche tu.”
Shizuku alzò la testa di scatto. “Stai andando da Noya-san?” La sua voce era soffusa di interesse, e Asahi si rese conto che sarebbe stato il peggior amico del mondo se non le avesse fatto quella proposta. “Oh. Ma non dovrei. Noya-san non si aspetta che vada, perciò...”
“Ne sarà entusiasta”, disse Asahi con fermezza.
“Lo... lo credi davvero?”
“Il video è sulla pallavolo”, aggiunse lui, cercando di essere persuasivo. “Qualcosa sulla squadra olimpica giapponese.”
“Ooh.” Gli occhi di lei s’illuminarono.
“Quindi sarebbe quasi come studiare, no?” disse Asahi con un sorriso.
Anche Shizuku sorrise. “Eh, già. Sì, vero?”
“Fantastico.” Asahi batté le mani. “Prendo i caffè e poi–”
“Azumane?”
Asahi alzò gli occhi. “Kuroo!”
Il ragazzo dal ciuffo a punta spostò lo sguardo da lui a Shizuku. “Deve essere la serata dei pallavolisti. Che ci fate voi due qui?” Sollevò un sopracciglio osservando Asahi. “Senza Noya?”
“Stavamo giusto andando da lui”, disse allegramente Shizuku. “Dovresti venire anche tu!”
Kuroo sollevò entrambe le sopracciglia. “Vai a casa di Noya? Con Azumane?” Lanciò un’altra occhiata ad Asahi. “Beh, per quanto mi piacerebbe assistere alla scena, ho un esame lunedì. Ero solo venuto a prendere qualcosa da mettere sotto i denti.”
“Giusto.” Asahi fece un passo indietro permettendogli di avvicinarsi alla cassa. “Ehm. Ci vediamo.” Era vero che Kuroo era sempre un po’ strano, ma avrebbe potuto mettere Shizuku a disagio.
Faceva un po’ freddo mentre si dirigevano verso l’appartamento di Nishinoya, ma niente cui i caffè non potessero far fronte. Sorseggiarono le rispettive bevande, godendosi per qualche minuto il piacevole silenzio.
“Azumane-san”, disse Shizuku dopo un po’, infrangendo la quiete. “Uhm... Noya-san sta... sta frequentando qualcuno, al momento?”
La domanda così diretta lasciò per un istante Asahi senza fiato. “Ah. Ehm? No, non credo... no, sono piuttosto sicuro di no.” Me lo direbbe. Giusto? Me lo direbbe senz’altro, impossibile che non me lo direbbe.
Shizuku emise un lieve sospiro. “Ah. Grazie. So di essere stata un po’ troppo diretta, ma... immagino che qualsiasi mia domanda lo sarebbe.”
Asahi rise. “Cos’altro vorresti sapere?” Probabilmente quella ragazza aveva un sacco di domande su Nishinoya. Il che... andava bene. E probabilmente lui conosceva tutte le risposte. In fondo era questo il compito del gregario, no?
Shizuku gli sorrise, ma le sue labbra tremarono un po’. “Ti ha... ti ha mai detto se... beh. Se gli piacciono le ragazze alte?”
Asahi bevve un altro sorso di caffè, riflettendo. L’unica ragazza che si era mai reso conto piacesse a Nishinoya era stata Kiyoko, al liceo. Era più alta di lui? Forse sì. Ogni volta che lei era nei paraggi, Nishinoya cominciava a saltellare da tutte le parti, perciò era difficile dirlo. Quindi decise di rispondere con un, “Forse?”
Shizuku aggrottò la fronte. “Direi che... anche se gli piacessero... un conto è piacergli, un conto è uscire con una di loro, eh?”
“Oh, non lo so. Scommetto che starebbe benissimo insieme a una persona molto alta.” Nishinoya stava sempre bene, in qualsiasi circostanza, perciò su questo non poteva sbagliarsi.
Shizuku rise. “Sei troppo gentile, Azumane-san.”
Asahi sorrise. Glielo dicevano in tanti.
Tuttavia, quando Nishinoya aprì la porta del suo appartamento, qualcosa nella sua espressione gli disse che lui non gliel’avrebbe detto tanto presto.
Nishinoya rimase a bocca aperta, il che andò a rinforzare un quadro già di suo allarmante. Il suo occhio destro cominciava ad annerirsi, sembrava che avesse un taglio sul labbro superiore, e Asahi era piuttosto sicuro che ci fossero un paio di macchie di sangue fresco sulla sua maglia altrimenti immacolata.
Shizuku ritrovò la voce per prima. “N-Noya... san? Stai bene?”
Le labbra di Nishinoya si distesero in una linea truce. “Asahi-san. Giuro che ti ammazzo.”

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Capitolo 5
*** 5 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

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Shizuku mosse lentamente un passo indietro. “Forse dovrei andare...”
“Che? No, non essere sciocca”, disse in fretta Asahi. “Noya ha semplicemente avuto un allenamento un po’ duro, l’avevo dimenticato, scusa, ma sta benissimo, sul serio!”
“Hai dimenticato che Kuroo mi ha tirato una pallonata in faccia?” Nishinoya alzò gradualmente la voce. “Ma se mi hai ripulito tu! Mi hai pure tolto le scarpe!”
“Cosa?” Shizuku guardò prima l’uno, poi l’altro. “Noya-san, ti hanno colpito al viso durante l’allenamento di stasera?” Fece un passo avanti e stese una mano a toccargli una guancia. “Oddio, sembra doloroso.”
La percezione del tempo di Asahi rallentò fino a scorrere a passo d’uomo. L’espressione di Nishinoya passò dalla suprema incazzatura concentrata al cento per cento su di lui allo stupore più totale. Fissò la ragazza mentre lei gli prendeva il viso tra le mani snelle, i pollici che gli sfioravano i lividi. I lunghi capelli biondi le scivolarono su una spalla quando si chinò per guardare più da vicino.
Merda. Bene, ora sì che Asahi si sentiva il terzo incomodo. Non si era proprio aspettato che... cioè, diceva sul serio quando le aveva proposto di guardare il video tutti e tre insieme, ma adesso–
“Wow, ti si sta gonfiando anche il labbro”, mormorò Shizuku, meravigliata. “Dev’essere stato un colpo bello forte. Ci hai messo del ghiaccio?”
“S–sì”, gracchiò Nishinoya. Si schiarì la voce. “Sì, Asahi mi ha rattoppato ben bene dopo che è successo, perciò. Perciò non preoccuparti.” Le battè le dita su una mano, con fare imbarazzato.
Shizuku ritirò subito le mani. “Ah... ma certo!” Si girò a guardare Asahi, con un lampo che gridava ‘aiuto’ negli occhi.
“B–beh”, provò Asahi. “Io... sai una cosa? Ho dimenticato le ciambelle, che scemo! Scusa, Noya, vado subito a–”
La mano di Nishinoya scattò in avanti e si chiuse sull’orlo della giacca di Asahi. “No.” Prese un respiro profondo e alzò la testa. Asahi vide che il suo sorriso era un po’ incerto. “Che diavolo?” La sua voce era ironica. “Fa un freddo cane qua fuori. Volete decidervi a entrare, sì o no?”
“Uhm.” Entrando nell’appartamento, Shizuku si torceva le mani. “Azumane-san ha detto... che avreste guardato qualcosa insieme? Sulla squadra olimpica giapponese?”
“Già.” Nishinoya andò al divano e recuperò il laptop, volgendo loro la schiena. “Vi siete incontrati al campus, voi due, per caso?”
Asahi sedette al tavolino da caffè. “Ho dimenticato le ciambelle, ma non il caffè.” Cercava di mantenere un tono allegro. Porse a Nishinoya uno dei bicchieri di carta. “Le ho detto che poteva venire anche lei invece di starsene da sola a studiare.”
“Se... se per te va bene”, aggiunse Shizuku.
“Ma certo!” Nishinoya si voltò rapidamente. “Assolutamente, come no! Va benissimo!” Le rivolse un gran sorriso. “Mi fa piacere che tu sia qui.”
Il rossore di lei fu immediato. Asahi notò che sospirava leggermente.
“È che... scusa se mi presento così, ecco." Nishinoya si indicò il viso. “Sembra molto peggio di quel che è. Mi è uscito il sangue dal naso eccetera, facevo schifo.”
“È successo anche a me.” Shizuku annuì. “L’occhio nero ti farà figo per un paio di giorni, però. Tosto, direi. È buffo.” Spalancò gli occhi. “Ah, non che... voglio dire, tu sei f-figo comunque, perciò–!”
“Tosto, eh?” Nishinoya lanciò un’occhiata ad Asahi. “Mi fa sembrare figo, Asahi-san?”
Asahi ridacchiò. “Tu sei sempre figo. Non ti serve un occhio nero per dimostrarlo.”
Nishinoya aggrottò la fronte e si lasciò cadere sul divano. “Ma così sembro più figo, no?”
“Per favore, Noya, cerca di non guadagnarti altri occhi neri”, lo rimproverò Asahi, sempre seduto al tavolino da caffè. “Già così mi accorci abbastanza la vita.”
“Ooh.” Nishinoya si sporse in avanti. “Come sei dolce a preoccuparti per me.”
E ti pareva. Asahi sorrise. “Mi preoccupo perché ci tengo molto a te. Quindi cerca di stare attento durante gli allenamenti.”
Il sorriso sfrontato di Nishinoya scomparve. I suoi occhi erano diventati enormi. “...Certo”, disse piano.
Asahi stese una mano verso di lui e gli prese il mento, facendogli inclinare il viso. “Quell’occhio non ha un bell’aspetto, però. Se domattina si sarà gonfiato, mettici un impacco freddo.”
Nishinoya rimase perfettamente immobile. Strano fenomeno, per quel che riguardava Asahi. Lasciò ricadere la mano. “A qualcuno serve niente prima che mettiamo su il video?”
Shizuku teneva la bocca leggermente aperta. “Oh”, sussurrò.
“Mm? Vuoi dell’altro caffè, Shizuku?” Asahi si alzò. “Posso–”
“No!” La ragazza balzò in piedi di colpo. “No, no, sono a posto, il caffè... ne ho bevuto a sufficienza. E adesso che ci ripenso, ehm, devo proprio andare a studiare...”
“Cosa?” Aggrottando la fronte, Asahi la seguì alla porta d’ingresso. “Non vuoi guardare il video? Noya dice che fanno vedere un servizio da paura.”
Shizuku si bloccò, lasciando una scarpa mezza infilata al piede. “Non saprei”, disse lentamente. “Sembra forte, però–” Lo guardò, un sorriso luminoso e falso sulle labbra. “Dovrei veramente studiare.”
Asahi aprì la bocca, ma sinceramente non sapeva cosa dire. Non c’era voluto molto per convincerla a venire, e adesso non vedeva l’ora di andarsene? Si girò a guardare Nishinoya. Possibile che la mettesse tanto in soggezione?
Nishinoya stava componendo un qualche numero sul cellulare. Fece l’occhiolino a entrambi prima di portarselo all’orecchio. “Ehi, Tanaka! Porta il culo qui.”
Asahi batté le palpebre. Tanaka?
“Non te lo chiederei se fossi impegnato, ma non lo sei, giusto?” Ci fu una pausa, poi Nishinoya si mise a ridere. “Voglio farti vedere una cosa. Ma piantala, vivi tipo a due minuti da qui, non farla tanto lunga! C’è anche Asahi-san.”
Asahi non sapeva cosa stesse dicendo Tanaka, ma il viso di Nishinoya divenne rosso fuoco. “Chiudi il becco, scemo! Io ti invito da me per puro e semplice buon cuore ed è così che mi ripaghi?”
Un lento sorriso si diffuse sul suo volto, tenero e autentico e solo per Tanaka. Beh. Asahi non lo aveva mai visto diretto a nessun altro.
“Già, qualcosa del genere.” Nishinoya si alzò e andò in cucina. “Due minuti, o mando Asahi-san a prenderti. Seee seee, metto su il caffè.”
Shizuku e Asahi lo fissarono. Poi si scambiarono un’occhiata confusa.
“Viene Tanaka?” riuscì finalmente a dire Asahi.
“Mm!” Nishinoya rumoreggiava in cucina. “Non ci credo che mi sono scordato che avrebbe potuto interessare anche lui.”
Asahi alzò un sopracciglio. “Il video sulla pallavolo?”
“Certo! Gioca ancora con l’associazione sportiva del quartiere.” Il suono dei chicchi che venivano macinati mise fine alla conversazione dalla cucina.
Asahi guardò Shizuku. Cercò di sorriderle, sperando che non risultasse imbarazzante. “A quanto pare, stai per conoscere un altro di noi. Tanaka è un bravo ragazzo.” Magari appena un po’... rumoroso. E questa serata è già abbastanza strana per lei.
Sperava che tutti e tre insieme non la facessero scappare a gambe levate. Ma che gli era saltato in mente a Nishinoya, comunque? Per quanto ne sapeva Asahi, Tanaka non frequentava nessuno al momento, il che voleva dire solo una cosa: non si poteva prevedere come avrebbe reagito in presenza di una nuova ragazza.
Nel frattempo, Shizuku sembrò giungere a una decisione. Si tolse l’unica scarpa che era riuscita a infilarsi e andò a inginocchiarsi davanti al tavolino da caffè. Poi prese la propria bevanda e ne bevve un sorso. Aggraziata e composta.
Asahi si rilassò un po’. Ok. Ok, non abbiamo ancora rovinato nulla. La raggiunse e si sedette a sua volta, sorridendole sopra il bicchiere del caffè. “Scusa se davvero ti stiamo impedendo di studiare”, le disse, più che altro per spezzare il silenzio.
Lei scosse la testa, senza guardarlo. “Tanto sono sicura che non avrei combinato un granché. Azumane-san...”
“Mm?”
Shizuku alzò lo sguardo su di lui. Il suo volto appariva stranamente determinato. “Azumane-san, tu... prima mi hai chiesto se avessi altre domande su Noya-san, e io... beh.”
Asahi raddrizzò la schiena, cercando di sembrare composto. “Chiedimi quello che vuoi, Shizuku. Farò del mio meglio per risponderti.”
Lei gli rivolse un’occhiata scrutatrice, incrociando le braccia sul tavolo. “Se Noya-san... fosse interessato a qualcuno in particolare...” Fece una pausa. “Potrei sbagliarmi di brutto, ma tu sei il suo migliore amico, giusto?”
Asahi sorseggiò il caffè. Si stava raffreddando. “Io... credo di sì. Beh. È molto amico anche con Tanaka, perciò forse anche lui–?”
“Ah-ah. Quindi è possibile che tu non abbia, diciamo, la certezza assoluta che a Noya-san piacciano o non piacciano... ecco... le ragazze.”
Asahi inclinò la testa di lato. Lentamente. “Cosa?”
BAM! BAM! BAM!
“Oè, Noyaaaa! Apri ‘sta porta, bello, mi sto congelando le chiappe qua fuori!”
Shizuku sobbalzò e si portò una mano al petto, socchiudendo gli occhi.
“Io, ah, ehm...” Asahi si alzò in piedi. “Questo probabilmente è Tanaka.” Cosa? CHE COSA? MA CHE– “Tanaka. Mi fa piacere vederti, amico.”
“Asahi-san!” Tanaka, imbacuccato in un piumino rigonfio, lo avvolse in un abbraccio da orso. “Ti ha tirato fuori anche stasera, eh?”
“Mah, ero di turno durante una partita, perciò non è troppo tardi per me.” Asahi fece un passo indietro. “Hai lavorato oggi?”
“Tzè! Ero già al ristorante quando tu stavi ancora nel mondo dei sogni. Sei fortunato che avessi ancora le energie–” Tanaka s’immobilizzò e i suoi occhi scivolarono oltre la spalla di Asahi. “–per... uscire. Uhm.”
Bingo. Asahi represse un sospiro. Spero tu sappia quel che fai, Noya. “Tanaka, questa è Shizuku.” Si fece da parte, ma l’allampanato ragazzo era già a mezza strada verso il tavolino.
“Shizuku?” Tanaka si sedette e si sporse sul tavolino. Asahi era contento che non si fosse seduto direttamente sopra la povera ragazza. “Tanaka Ryuunosuke. Conosco questi due fin dal liceo.”
“Shizuku è un’amica di Noya”, disse Asahi raggiungendoli.
“Ma davvero?” Tanaka non le staccava gli occhi di dosso. “Quel piccolo bastardo.”
“Uhm.” Shizuku lanciò un’occhiata ad Asahi, poi a Tanaka, poi di nuovo ad Asahi.
“A chi hai dato del piccolo bastardo?” Nishinoya uscì dalla cucina reggendo un vassoio con sopra la caffettiera e quattro tazze.
“A te, in caso ti fosse sfuggito.” Tanaka puntò un pollice verso di lui. “Allora, Shizuku, com’è che conosci il libero più geniale di tutta l’università? E quanto te ne sei pentita?”
Un piccolo sorriso nacque sulle labbra di Shizuku. “Ah. Beh, ci siamo appena conosciuti, in realtà. Ero a una festa e–”
“Festa in cui sono stato crudelmente e insolitamente abbandonato da Asahi-san.” Nishinoya si lasciò cadere sul pavimento, vicino ad Asahi. “Si è dileguato nella notte in compagnia di una ventina di donne.”
“...Già.” Shizuku fissò il tavolo.
“Così Shizuku ha avuto pietà di me”, proseguì Noya, “e mi ha tenuto compagnia.”
“E avete bevuto”, borbottò Asahi.
Nishinoya fece spalluce. “Forse un po’.”
“Appena un po’”, precisò Shizuku, sorridendo di nuovo.
“Oh, andiamo, eravate ubriachi fradici”, protestò Asahi.
“E poi, Ryuu! È l’alzatrice della squadra femminile di pallavolo dell'università.” Nishinoya aveva fatto ballare le sopracciglia in su e in giù, Asahi avrebbe potuto giurarlo.
“No.” Tanaka non avrebbe potuto apparire più interessato di così alla bella bionda. “Dannazione, perché non sono andato all’università?”
Asahi e Nishinoya si misero a ridere, mentre Shizuku fece il sorriso da ‘non-capisco-cosa-succede-ma-mi-adeguo’ tanto usato dagli outsider di tutto il mondo. “E quindi, perché non ci sei andato?” domandò infine.
“Ah.” Tanaka si passò una mano sul cranio rasato. “Dico la verità, ero una frana con lo studio.”
“Comunque.” Nishinoya sollevò leggermente il mento. “Questo qui è un cuoco eccezionale, Shizuku. Fatti preparare una cena, una volta o l’altra, non sto scherzando. La sua famiglia possiede un ristorante fantastico e lui ne è praticamente il manager.”
Tanaka arrossì leggermente. “Se deve restare in famiglia, dovrei sapere come funziona il tutto, no?”
Asahi continuò a sorseggiare il caffè mentre Ninshinoya e Tanaka illustravano a Shizuku i propri rispettivi punti di vista.
Ok. Allora. Ok. Nishinoya aveva chiesto a Tanaka di venire solo per presentargli Shizuku, questo ormai era certo. Il che voleva dire che Asahi, presumendo che anche Nishinoya fosse interessato, o almeno potenzialmente interessato, a Shizuku, aveva completamente frainteso i segnali. Beh, ma chi non l’avrebbe pensato? Asahi si accigliò tra sé. Shizuku era in gamba, carina e ovviamente interessata al suo amico.
Però, sul serio: fatti preparare una cena? Asahi lanciò un’occhiata a Nishinoya. Non si dice una cosa del genere se si vuole fare colpo su una ragazza.
Nishinoya colse il suo sguardo e gli fece l’occhiolino di straforo. Shizuku rise cautamente a una battuta di Tanaka.
“Secondo me–” Nishinoya batté leggermente le mani sul tavolo e si alzò. “–è arrivata l’ora di passare alla birra. Dammi una mano, Asahi-san.”
“Oh, ma...? D’accordo.” Asahi si alzò e lo seguì in cucina. Lanciò un’ultima occhiata alle proprie spalle.
Tanaka si sporgeva sul tavolo, ovviamente cercando di reprimere un sorrisone. Shizuku sedeva eretta, forse non del tutto a suo agio, ma il suo sorriso voleva essere amichevole. Grazie al cielo, Tanaka sembrava essersi cambiato dopo il turno di lavoro al ristorante. Indossava dei jeans scuri puliti e una t-shirt a maniche lunghe, che aveva arrotolato sui gomiti.
Asahi annuì tra sé. Non sarebbe mai apparso figo senza il minimo sforzo come Nishinoya, ma certo dai tempi della scuola Tanaka aveva fatto progressi.
“Vuoi una birra?” Nishinoya chiuse lo sportello del frigo con un piede e gli porse una lattina.
“Aiuterà qualcuno di noi a concentrarsi meglio sul video?” Ma Asahi l’accettò comunque.
Nishinoya si strinse nelle spalle. “Possiamo sempre guardarlo subito. Oppure tu e io possiamo guardarlo più tardi.” Aprì la sua lattina e bevve un lungo sorso, distogliendo lo sguardo da lui.
Asahi lo osservò bere. “Immagino di essermi sbagliato su te e Shizuku, eh?”
Nishinoya si bloccò. Abbassò la lattina. “Sapevo che sarebbe stata perfetta per Tanaka.”
Con quel commento, Asahi pensò di lasciar perdere tutta la storia. Invece si ritrovò a rispondere: “Non ti ha mai interessato. Fin dall’inizio, non sei mai stato interessato a lei.”
Nishinoya si leccò le labbra. I suoi occhi corsero su quelli di Asahi. “Dai, amico. Non ho mai detto di esserlo.”
Per poco Asahi non sbatté la propria birra sul bancone della cucina. Un ragazzo con meno autocontrollo lo avrebbe fatto. “Le sedevi in grembo a quella festa. Ed eravate ubriachi persi.”
Nishinoya era rimasto a bocca aperta. “Sei arrabbiato? Ti arrabbi con me perché non... non ti lascio fare il cupido del cazzo?”
Asahi fece due passi verso di lui. “Le sei stato addosso per tutta la sera”, sibilò. “Giusto ieri sera! Non ti è venuto in mente che potesse fraintenderti? Che quella situazione potesse esserle piaciuta?”
“Che–che cosa? Eravamo semplicemente seduti a bere e a parlare.” Nishinoya lo guardò, infuriato. “E tu non hai il diritto, nessun diritto, di rimproverarmi per questo.”
“Ah, no? Invece ce l’ho, eccome.” Asahi incrociò le braccia sul petto, rivolgendogli un’occhiata fulminante. “Tu capisci le persone mille volte meglio di me. Non può esserti sfuggito che le piaci. E non merita che tu ti prenda gioco di lei.”
Qualcosa di rapido e sottile balenò sui lineamenti di Nishinoya. “Wow. Tu dici questo a me?”
Asahi socchiuse gli occhi. “E questo cosa vorrebbe significare?”
Nishinoya gli mise una mano sul petto, come a spingerlo via ma senza farlo del tutto. “Non sono stato io a invitarla a casa mia stasera. Hai fatto tutto tu, amico. E sì, penso davvero che lei e Tanaka starebbero bene insieme, e a quanto pare sta funzionando, ma sei stato tu a spingerla dove tu vorresti che fosse, non te lo dimenticare.”
Asahi strinse i denti. E fece un passo indietro. “Scusa. È solo che... dopo Kiyoko non ti sei più interessato a nessuna, perciò ho pensato... beh.” L’imbarazzo cominciava ad affacciarglisi a un angolo della mente, e proprio non voleva imboccare quella strada. Si girò e aprì la propria birra. “Comunque il mio aiuto non ti serve, hai ragione.”
“...Asahi-san.”
Asahi s’irrigidì quando una piccola mano gli si posò sul braccio. Esitante all’inizio, poi gli strinse il bicipite. Nishinoya sbirciò nella sua direzione.
Asahi cercò di sorridere, sperando di riuscire a nascondere l’imbarazzo. Accidenti, come faceva Nishinoya a sembrare sempre tanto figo? Non fraintendeva mai nessuno, lui. “Non lo farò più”, promise. “Scusa se ti ho messo in una situazione imbarazzante.”
Nishinoya continuava a guardarlo. “Ehi. Asahi-san.”
Asahi si passò una mano sulla nuca. Era davvero difficile restare calmi quando Nishinoya diventava così serio. “Mm?”
“Sai... non devi sforzarti di sistemarmi con nessuna”, disse cautamente Nishinoya.
“Beh. Sì, lo so, ma Shizuku–”
“È carina e davvero fantastica, e perfetta per qualcuno che non sono io.”
Asahi aggrottò la fronte. “È perché è alta? Non pensavo che sarebbe stato un problema.”
Nishinoya restò a bocca aperta. “Alta?”
“Oh.” Aveva frainteso di nuovo. “Lascia stare.”
“Asahi-san.” Nishinoya si pizzicò la radice del naso con due dita. “Non sono interessato a Shizuku perché mi piace–”
“Allora, arrivano questa birre o no?”
Asahi e Nishinoya si girarono simultaneamente a guardare Tanaka. Che subito indietreggiò sulla porta della cucina. “Oh. Ah. Ops.”
“Ma porca puttana”, borbottò Nishinoya. “To’.” Ficcò due lattine in mano a Tanaka. “Vai.”
“Certo. Vado. Sì.” Tanaka girò sui tacchi e tornò in soggiorno.
Asahi tornò a guardare Nishinoya. Teneva le braccia incrociate sul petto, con la lattina in una mano, e fissava il pavimento, accigliato. Asahi odiava quella situazione. Odiava il fatto di continuare a fraintendere le cose e che Nishinoya fosse turbato, che lo fosse stato. “Noya...” Stese una mano verso di lui, ma poi la ritirò.
Nishinoya alzò gli occhi su di lui. Sembrava quasi che non stesse respirando.
“Tu puoi dirmi tutto, lo sai, vero?” disse Asahi, cercando di adottare un tono leggero e amichevole. “Anche, tipo, ‘vattene a ‘fanculo’, oppure...” Oppure che non ti piacciono le ragazze? Ma lo so che ti piacciono. Eri così preso da Kiyoko, e io non ho fatto nulla per aiutarti. “...quello che vuoi”, concluse.
Gli occhi di Nishinoya diventarono enormi. Si morse un labbro. “Non voglio che tu te ne vada.” Era quasi un sussurro.
Asahi si sentì travolgere da un’ondata di calore. Sul serio, cominciò dalle sue viscere per poi diffondersi al petto, alle braccia, al viso, persino alle orecchie. Che cosa... sta succedendo? Era come se il suo cervello cercasse di elaborare la persona che era Nishinoya tutto in una volta: i capelli sparati per aria, le lunghe ciglia che contornavano gli occhi grandi, il corpo sottile. E– Shizuku aveva ragione: gli si stava gonfiando il labbro.
Neanche in un milione di anni Asahi si sarebbe sognato di fare quel che fece in quel momento. Con il pollice sfiorò la bocca di Nishinoya. Le sue labbra erano morbide. Avrebbe scommesso che la sua mandibola sarebbe entrata perfettamente nel palmo della sua mano.
Cosa. Diamine. Che cosa stai facendo?
Nishinoya era immobile, lo fissava dritto negli occhi, il viso rosso fuoco.
Oddio. Asahi ritirò immediatamente la mano. “S–scusa. Il tuo... non sapevo... che ti fossi tagliato il labbro. È, uhm, è bello.”
Nishinoya si portò le dita alle labbra. “...Bello?” La sua voce sembrava come mezzo addormentata.
Asahi inspirò profondamente. “Ha un bell’aspetto. Si sta rimarginando. Guardiamo quel dannato video.” Strinse la lattina di birra e uscì dalla cucina.
“No, te lo dico io, il katsudon di mio padre è un’esperienza mistica”, stava dicendo Tanaka. “Ci sto ancora lavorando. Sono sicuro che c’è qualcosa che non vuole dirmi solo per restare un passo avanti a me.”
Per qualche motivo, Asahi sentiva che la propria fronte si aggrottava. Tanaka stava avendo gioco facile, a quanto pareva. Fin troppo. Come suo amico, avrebbe dovuto essere esaltato per lui. Il problema era che le sue emozioni erano tutte un guazzabuglio distorto al momento e non voleva sentire nient’altro, evidentemente.
“Non mangerò due pietanze in una volta, Tanaka-san”, disse Shizuku, e Asahi ebbe voglia di applaudirla.
“Finirò io quella che ti piacerà di meno. Una soluzione perfetta.” Tanaka bevve un sorso di birra, chiaramente compiaciuto da se stesso.
“Non decidere da solo come andrà l’appuntamento, Ryuu”, disse ironico Nishinoya. Si era seduto sul divano vicino ad Asahi. Tranquillamente. Come sempre. Come se Asahi non gli fosse quasi saltato addosso in cucina.
“Wow. Grazie, Noya-chan. Questo mi è molto di aiuto, sono veramente felice che tu l’abbia detto.” Ma Tanaka non sembrava troppo seccato.
Shizuku, dal canto suo, era arrossita vistosamente. “Appuntamento?” squittì. “Era... era di questo che stavamo parlando? Io credevo–”
“Ah, Noya stava solo scherzando!” si riprese in fretta Tanaka. “Sono secoli che mi assilla perché cucini per lui. Facciamo che vi invito tutti e tre, che ne dite? La settimana prossima, vi preparo la cena nel mio ristorante. Eh, Noya?” Stese un braccio e diede una sberla al ginocchio del ragazzo.
“Settimana prossima?” Noya prese il laptop e cliccò sull’icona del video. Quel maledetto video, pensò con rabbia Asahi. “Sono libero martedì dopo le 19. Asahi-san?”
“Uhm.” Che sta succedendo. “Sì? Cioè, sì, io– ci sarò.”
“Fantastico. E questo, Tanaka bello, è un appuntamento.”
Tanaka si limitò a portarsi una mano dietro la testa, a palmo in su. Nishinoya gli batté un sonoro cinque.
Shizuku sembrava confusa tanto quanto Asahi. “O–ok. Ci sarò anch’io, direi.”
“Grande.” Tanaka appoggiò la schiena al divano. “Noya e Asahi-san passeranno a prenderti alle sette, e io vi preparerò la cena dei vostri sogni. Dove abiti, a proposito?”

~
 
Mentre gli altri erano assorbiti dal video, ad acclamare i talenti sullo schermo, Asahi si lasciò sprofondare tra i cuscini del divano. Nishinoya si era appoggiato al suo ginocchio piegato e ogni tanto beveva un sorso di birra, senza avere la minima idea del calore che scatenava nella sua gamba. Tanaka, seduto sul pavimento accanto a Shizuku, aveva appoggiato con noncuranza un braccio sul divano alle loro spalle. Non la abbracciava, ma di sicuro le stava piuttosto vicino.
Asahi trascorse il resto della serata a domandarsi come fosse possibile sentirsi tanto confusi e a proprio agio al tempo stesso.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

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Con un grugnito, Asahi riappoggiò il bilanciere sui sostegni lentamente, con movimenti controllati. Poi, anche se secondo il galateo delle palestre non stava bene, si sdraiò sulla panca per alcuni secondi, lasciando che il battito del suo cuore rallentasse e facendo vagare la mente.
Erano le cinque passate di un martedì pomeriggio. Un orario strano per la palestra secondo quelle che erano le sue abitudini. Di solito preferiva allenarsi di mattina, ma... Asahi aggrottò la fronte. Finché non avrebbe fatto chiarezza in certe faccende, quell’opzione era da scartare.
Sabato sera era tornato nel suo appartamento perplesso, confuso e con ancora la sensazione di calore addosso. Nishinoya gli era rimasto appiccicato per tutta la serata mentre Tanaka testava il livello di flirteraggio che Shizuku era disposta a tollerare.
Domenica, era andato a correre sulla pista coperta per scaricarsi un po’. Nishinoya stava giocando a basket in uno dei campi sottostanti. Asahi aveva quasi urtato tre persone prima di rendersi conto che era concentrato sulla partita.
Lunedì mattina, era arrivato in palestra proprio mentre la squadra maschile di pallavolo terminava gli ultimi giri di riscaldamento. Nishinoya indossava una maglietta a compressione stretta che, durante la sessione di addominali inversi, gli evidenziava ogni singolo muscolo del busto. Per poco Asahi non si era lasciato cadere su un piede il peso da 10 kg che stava sollevando.
Secondo lui, le squadre avrebbero dovuto riservarsi la sala pesi quando la usavano. Occupavano tutto lo spazio, comunque, nessuno altro poteva usarla. Era fastidioso.
E così, si arrivava al martedì. Giornata odierna. Asahi aveva controllato il programma della squadra di pallavolo sulla bacheca della sala di medicina sportiva. Erano informazioni che avrebbe dovuto tenere a mente in ogni caso. Come trainer. E poi non gli avrebbe fatto male un po’ di allenamento più leggero.
Purtroppo, la sua concentrazione andava ancora di merda. Fissò il bilanciere sopra la sua testa.
Qualcuno tossicchiò. “Ehm, hai fatto, amico?”
“Ah! Scusa!” Asahi balzò su dalla panca, quasi dando una craniata al bilanciere. Sul serio, pensò mentre si cambiava le scarpe, niente Nishinoya finché non avrai capito che cacchio sta succedendo.
Grande piano.
Il cellulare gli vibrò in tasca.

Tanaka
Pronti ragà? Fate il tifo per me stasera!

Oh. Asahi emise un gran sospiro. Scrisse come risposta un rapido ‘Contaci!’ per buona volontà.
Beh. Sarebbe stato un grande piano. Se non stesse praticamente andando a un appuntamento doppio con Nishinoya giusto quella sera.

~
 
Era in ritardo.
Asahi lanciò un’occhiata stressata all’orologio da polso e iniziò a correre. Mancavano pochi metri all’appartamento di Shizuku, non avrebbe sudato con quel freddo. Se la sarebbe cavata.
Non voleva assolutamente che Nishinoya arrivasse prima di lui e pensasse che stava di nuovo giocando al cupido arrivando casualmente in ritardo.
Asahi fece una smorfia. Comunque era tutta colpa di Nishinoya. Aveva fatto tardi – e odiava far tardi – perché era rimasto a fissare il proprio armadio pensando a cosa indossare. Lui! Asahi! E poi sul serio, che sperava di escogitare mettendoci tutto quel tempo? Il suo intero guardaroba consisteva in jeans scuri, scarponcini, una gran varietà di t-shirt molto tranquille, maglioni, e abbigliamento sportivo. Aveva un paio di jeans aderenti color rosso scuro che aveva indossato una volta sola (e mai più), e quelli restavano ben sepolti nelle profondità dell’armadio. Anzi, se li era quasi messi, prima di decidere che così sarebbe stato fin troppo ovvio.
“Ehi! Pisellino, stavo parlando con te?!”
Asahi rallentò immediatamente il passo impostandolo su una cauta camminata, e si guardò intorno per capire da dove provenissero quelle urla furibonde. Non conosceva nessuno in quella zona – a parte Shizuku, adesso – ed era difficile individuare–
“Adesso sì, stronzo!” gridò una seconda voce. Una voce familiare. Asahi si sentì il cuore in gola.
Nishinoya.
Poi li vide. Nishinoya, Shizuku e – merda – un tizio molto alto dalle spalle larghe quanto un armadio. Erano sul secondo piano di un palazzo a forse un cinquecento metri da dove si trovava lui. Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. Asahi riprese a correre.
“Vuoi che parli con te? Va bene, parlo con te”, disse lo spilungone. Con voce alta e strafottente. Asahi sentì qualcosa ruggirgli dentro. “Ho fatto una domanda a Shizuku e, a meno che pensi che lei ti appartenga o qualcosa del genere, non mi interessa quello che hai da dire tu!”
“Fottuto bastar–!”
“Noya-san!” La voce di Shizuku era spaventata, ma chiara.
Asahi stava svoltando tra le basse siepi del palazzo, la scalinata era davanti ai suoi occhi.
“Cos’è, non vuoi che si metta nei guai?” Una risata sguaiata. “Te la fai con questo microbo, per caso?”
Nishinoya ringhiò. “E se anche fosse?”
“Non stiamo insieme!” gridò Shizuku. “Noya-san, non c’è bisogno che tu menta!”
L’altro ridacchiò. “Tanto, chi ci crederebbe? Tu, insieme a una come lei? Figuriamoci. Ti servirebbe qualcun altro se anche solo volessi prendermi a calci in culo. Ovviamente, se Shizuku volesse...” Lasciò di proposito la frase in sospeso.
Asahi strinse i denti e afferrò la ringhiera delle scale.
“Non ti preoccupare per me”, ribatté Shizuku. “Ma io mi guarderei dal ragazzo di Noya-san se fossi in te.”
“C–cosa?” La voce di Nishinoya sembrava essersi alzata di qualche ottava.
“Chibi-chan ha un ragazzo?” Ogni parola trasudava gioioso interesse. “Santo cielo, e chi è?”
Asahi comparve sull’ultimo gradino, irradiando rabbia a ondate. “Salve”, ringhiò.
Il ragazzo si girò, e Asahi lo riconobbe. Kibikino. Playmaker della squadra maschile di basket. Primo anno. Un fanfarone. Che al momento apriva e chiudeva la bocca come un pesce fuor d’acqua.
A volte Asahi sentiva che il proprio enorme corpo valeva tutti i problemi che gli causava per il resto del tempo. Sovrastava quel ragazzo di almeno un paio di centimetri e di svariati chili.
Kibikino fece un passo indietro. Guardò Nishinoya. Poi di nuovo Asahi. “Uhm”, disse.
“Che succede?” Asahi cercò di adottare un tono cortese. Ci provò davvero. Ma aveva sentito abbastanza, e aveva già sentito parlare quel tizio e non era proprio dell’umore, se doveva essere sincero.
Il giocatore di basket arricciò le labbra. “Che tempismo. Tu devi essere il suo ragazzo.”
Asahi incrociò le braccia sul petto, scegliendo di ignorare quell’ultima frase come se non avesse saputo che farsene. La ficcò nel cassetto mentale delle  ‘cose da controllare più tardi’. “Volevi chiedere qualcosa a Shizuku?” domandò. Il suo tono era ancora troppo aggressivo.
“Nah.” Kibikino si lanciò un’occhiata fugace alle spalle, come se tutto il suo interesse fosse svanito. “Non ne vale proprio la pena.”
Asahi gli girò intorno, frapponendosi tra lui e Nishinoya e Shizuku. “Bene.” Si erse in tutta la sua altezza di fronte agli altri due. “Ci vediamo alla partita della prossima settimana.”
Kibikino sostenne il suo sguardo senza vacillare. “Ah, sì. Adesso ti riconosco. Azumane. Quello che mette i cerotti.”
“Ehi–!” Nishinoya si preparò a scattare in avanti, ma Asahi gli sbarrò di nuovo la strada.
“Sono anche quello che sa alleviarti i crampi ai polpacci in sette secondi.” Asahi sogghignò. “Dovresti bere più acqua.”
Il giovane strinse i denti. Gli rivolse un sorriso tirato. “Allora.” Agitò una mano verso di loro. “Cos’è, te lo scopi? O magari vi scopate lei tutti e due?”
Vabbè. Tanto mi hanno già sospeso una volta. Asahi fece un passo avanti. Non ebbe bisogno di guardare per sapere che Nishinoya era dietro di lui.
“Ooookaaay!” Shizuku lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla. “Noi dobbiamo proprio andare, siamo in ritardissimo, non so cosa diremo a Tanaka, accidenti.” Vi batté sopra la mano con un po’ troppa energia. “Siamo pronti ad andare? Io sì. Andiamo, Noya-san.”
Asahi si sentì trascinare oltre il playmaker, verso le scale. “Ciao, Kibikino-san!” canterellò Shizuku. Asahi si guardò alle spalle giusto in tempo per vedere che Nishinoya alzava il dito medio in faccia all’altro ragazzo. L’effetto però fu un po’ rovinato da Shizuku che lo tirava giù per le scale stringendogli il polso.
La ragazza infilò le braccia in entrambi i loro gomiti e marciò decisa lungo il marciapiede. Asahi notò che camminava in fretta. Per lui non era un problema, ma Nishinoya doveva fare due passi per ognuna delle sue falcate.
“Uhm.” Asahi si schiarì la gola. “State bene tutti e due?”
“Ancora un po’”, bisbigliò Shizuku. “Ho bisogno... ho bisogno di camminare ancora per qualche minuto. Poi collasserò per terra e voi due potrete sgridarmi, ok?”
“Sgridarti?” ripeté Noya, incredulo. “Sei stata magnifica! Probabilmente gli hai salvato la vita a quel tizio.”
Shizuku ebbe un leggero sorriso. “La sua vita? Ho salvato i vostri culi dalla sospensione. E forse anche da una denuncia.”
“Sì, beh.” Nishinoya tirò su col naso.
“E comunque, la star dello show è stata Azumane-san. SALVE”, disse Shizuku facendo la voce grossa. “SONO VENUTO A SPACCARE QUALCHE MUSO.”
Asahi gemette. Il cuore aveva cominciato a galoppargli in petto, adesso. Che cavolo gli era saltato in mente?
Nishinoya annuì. “È andata esattamente così! Asahi-san fa veramente paura quando si arrabbia.”
Shizuku trattenne rumorosamente il fiato. “È già successo prima?”
“Asahi-san arrabbiato è uno spettacolo raro”, le assicurò Nishinoya con aria da intenditore. “A Tanaka spiacerà esserselo perso.”
“Noyaaaaa”, si lagnò Asahi. “Avremmo potuto metterci in guai seri! Siamo stati incredibilmente stupidi. È un miracolo che Shizuku sia intervenuta in tempo per tirarci la testa fuori dal culo!”
“Sì, sì. Comunque”, Nishinoya roteò gli occhi, “sei stato sexy!”
Il silenzio cadde su di loro come neve. Come tre metri di neve tutta in una volta. Quindi, non in maniera delicata né piacevole.
Shizuku fece schioccare piano la lingua. “Già. Infatti.”
Asahi le era grato per il braccio che continuava a stringergli. In caso contrario... beh... con ogni probabilità si sarebbe lasciato cadere nel bel mezzo della strada. Lanciò un’occhiata a Nishinoya, del tutto incapace di controllarsi.
Nishinoya teneva lo sguardo fisso a terra. Gli occhi spalancati, il volto arrossato, una mano sulla bocca.
“Uhm”, riprese Shizuku con una certa esitazione. “A proposito, scusa per quel commento sul fatto del, ehm, del ragazzo. Sai, prima. È stato... cioè, non volevo che mentissi su noi due ma non avrei dovuto– cioè, io non so se tu sei... uhm. Scusami.”
Asahi non sarebbe riuscito a staccare gli occhi da Nishinoya neanche se l’avessero pagato.
Nishinoya fece un sorriso, debole e lieve. “Non preoccuparti. Voglio dire, non è mica un problema per me. La gente può pensare quello che vuole.” Sollevò il capo e guardò risolutamente avanti a sé. “Non che abbia intenzione di dirlo a tutto il mondo, però.”
“Sì. Certo.” Shizuku sospirò. “Mi dispiace tanto. Dio, e proprio davanti a quello stronzo, poi. Sono veramente–”
“Sapete, mi sa che abbiamo preso la strada più lunga per il distretto delle izakaya”, disse Nishinoya all’improvviso. “Asahi-san, perché non avverti Tanaka che stiamo arrivando?”
“Eh?” Asahi si riscosse. “Oh. Certo.” Mentre componeva il messaggio, tenne stretto il cellulare con entrambe le mani.

~
 
L’izakaya della famiglia Tanaka non era molto lontana dal campus. Dato che erano le 19 di un giorno feriale, al bancone del bar c’era solo una manciata di salarymen. Asahi riconobbe un paio di professori, ma sembrava proprio che sarebbe stata una serata tranquilla.
“Ehi, ragazzi, ce l’avete fatta!” li salutò Tanaka da dietro il bancone. Poggiò davanti a un uomo calvo in abito scuro un piatto con sopra qualcosa di caldo e sfrigolante. “Siamo al tavolo qua dietro, vengo tra un secondo.”
Uno dei tavoli nella sala da tè, notò Asahi. Tanaka aveva intenzione di giocarsi l’asso quella sera. Scosse il capo. Giusto. Quella serata era per Tanaka e Shizuku. Il suo confuso quello-che-era avrebbe dovuto aspettare il proprio turno.
Mentre tutti si sedevano sui cuscini intorno al tavolo, Tanaka vi appoggiò sopra un piatto con delle noci di ginko arrostite. “Cominciate con queste”, disse loro. “Ciao, Shizuku.” Le rivolse un sorriso smagliante.
Il sorriso di risposta di lei fu cauto. “Sembrano ottime, grazie. Ciao.”
Nishinoya si sporse in avanti. “Allora, prendiamo la birra oppure...?”
“Tutto quello che vuoi tu, Noya-chan.” Tanaka gli batté un colpetto sulla testa. “Per voialtri?”
“Avete dello shochu?” chiese Shizuku.
Tanaka si raddrizzò. “Sicuro. Con ghiaccio?”
“Liscio, grazie.”
Il ragazzo sollevò un sopracciglio. “Ok. Asahi-san?”
Asahi doveva assolutamente bere. “Birra anche per me.”
Nishinoya aprì una noce di ginko mentre Tanaka tornava al bar. “Asahi-san che beve in mezzo alla settimana?”
“Sono ancora un po’ scosso, grazie mille.” Asahi si sistemò alcune ciocche di capelli, sfuggite al suo codino, dietro le orecchie. “Le liti non sono la cosa che preferisco.”
“Nemmeno io.” Shizuku si mise le mani dietro al collo e poggiò i gomiti sul tavolo. “È stato... spiacevole.”
“Ma che voleva Kibikino, comunque?”
Nishinoya si accigliò. “Lo stronzo ci ha visti uscire da casa sua insieme e le ha chiesto se le piacessero piccini.”
Asahi strinse i denti. “Ah.”
Shizuku sospirò senza alzare la testa. “Sta quattro porte sotto di me. Ha sempre qualche commento da fare, anche se di solito non sono così cattivi.”
“Che coglione”, disse Nishinoya convinto. “Hai pensato di trasferirti da un’altra parte?”
“Non è questa gran cosa, davvero!”
Asahi prese lo schiaccianoci e si dedicò ad aprirne qualcuna. In quel momento c’erano parecchie cose che non gli piacevano. Non gli piaceva che qualcuno si rivolgesse agli altri in quel modo. Soprattutto non gli piaceva che un cazzone come Kibikino parlasse in quel modo a una persona carina come Shizuku. E sicuramente non gli piaceva pensare a Nishinoya che si ritrovava coinvolto con un tizio grosso il doppio di lui che con ogni probabilità poteva ridurlo molto male, volendo.
“Dovresti passare più tempo con noi”, disse Nishinoya. “Non ti romperà più le palle se sa che stai con noi.”
Shizuku rise. “Credi che funzionerà?”
“Senza dubbio.” Nishinoya si puntò un pollice sul petto. “Pallavolo contro basket? I miei pugni sono di gran lunga più letali.”
Asahi immaginò Kibikino che sferrava un pugno in faccia a Nishinoya e – crack! – riuscì a fracassare sia il guscio sia la noce. Gettò tutto nel mucchio crescente dei rifiuti.
Shizuku fece schioccare la lingua. “Il tuo occhio sta molto meglio, Noya-san. Non è proprio il caso che te ne procuri un altro così presto.”
“Ehi, di che state parlando?” Tanaka tornò con le loro bevande. “Che è successo?”
“Ma niente. Un certo coglione è stato sgarbato con Shizuku quando siamo andati a prenderla”, brontolò Nishinoya. “Ma niente paura, Asahi-san e io lo abbiamo fatto scappare.”
Tanaka rimase con un boccale di birra a mezz’aria. “Uhm. Ok, cosa?” Fece scorrere lo sguardo da Nishinoya ad Asahi a Shizuku. “Chi era? Che ha detto?”
Asahi alzò una mano prima che Nishinoya rivelasse il nome del tizio. “Solo un idiota. Non c’è bisogno che tu vada a cercarlo, Tanaka, per favore.”
“Non faccio promesse.” Tanaka sorrise a denti stretti. “Ma che vuol dire che lo avete fatto scappare?”
“Ooooh!” Nishinoya si sporse sul tavolo. “Asahi-san è stato intenso. In pratica non ha dovuto fare altro che starsene lì e guardarlo malissimo. Com’è che fai tanta paura quando sei così gentile?”
Asahi si passò una mano sul viso. “Seee, altro che gentile. Sono stato un cretino, puro e semplice.”
“Uffa!” Tanaka si raddrizzò. “Perché non mi riesce mai di recitare la parte di quello figo? Shizuku, ti riaccompagno a casa io.”
La ragazza arrossì leggermente. “Io... non è il caso. Voglio dire, Asumane-san e Noya-san sanno già–”
“Niente da fare. Tocca a me. Loro possono andare affanculo.” Le fece l’occhiolino. “Torno subito con la cena.”
Accidenti. Asahi guardò Tanaka sparire in cucina. Quando è diventato così sicuro del fatto suo?
“Ti sta bene?” Nishinoya sbirciò Shizuku. “Possiamo riaccompagnarti io e Asahi-san, se preferisci. So che lo hai appena conosciuto.”
“E ho conosciuto voi, quando, l’altro ieri?” Ma Shizuku sembrava compiaciuta. “No, va bene così. Voi due tornate pure a casa per conto vostro.” Bevve un sorso di liquore, senza guardarli.
Fu il turno di Asahi di arrossire. “T–Tanaka è un bravo ragazzo”, farfugliò. “Si comporterà bene.”
“Tanaka è un angelo”, insistette Nishinoya. “Kibi-come-cazzo-si-chiama farà meglio a starsene chiuso in casa per tutta la notte.”
“Queste due frasi non stanno esattamente bene insieme”, puntualizzò nervosamente Asahi.
Shizuku batté le palpebre. Poi si mise a ridere, una risata chiara e allegra.
“E che cavolo, ragazzi.” Tanaka tornò al loro tavolo con un grande vassoio pieno di pietanze fumanti. “Niente più storie divertenti finché non mi siedo anch’io, ok?”

~
 
Asahi agitò una mano in segno di saluto, ma Tanaka e Shizuku non gli stavano prestando molta attenzione. Shizuku perché era concentrata sul camminare, e Tanaka perché era concentrato su di lei.
Quanto a lui, non si sentiva poi troppo meglio. Abbassò lo sguardo su Nishinoya e gli rivolse un sorrisone. “Dove si va adesso?” disse allegramente. Era proprio brillo. Forse un pochino. Vabbé. La cena era stata davvero buona, e il papà di Tanaka non aveva fatto altro che portare loro altra birra. Il papà di Tanaka era grande.
Nishinoya sollevò un sopracciglio. “Adesso? Vuoi andare a bere da un’altra parte?”
“Vorrei.” Ma Asahi diresse i propri piedi verso il suo appartamento. Dopotutto, quella vocina che per tutta la sera aveva insistito affinché stesse alla larga da Nishinoya si faceva ancora sentire. Prima devo capire che cacchio succede. Devo capire. Che cacchio. Succede. Wow sono proprio bevuto forte.
Nishinoya lo seguì, camminando goffamente. “Forse possiamo trovare una festa in cui imbucarci.”
“Mm.” Altra gente gli sembrava meno divertente. Nishinoya era divertente. Altra gente non così tanto.
“Io non ho più niente da bere a casa”, precisò Nishinoya. “Ci siamo scolati tutto sabato sera.”
“Mm.” Peccato. Sarebbe stato divertente. Sabato sera era stato divertente. Quella serata era stata divertente.
“Tu ne hai?” chiese Nishinoya dopo un po’.
“Mm... sì!” Asahi s’illuminò in volto. “Ho del whiskey.”
“Whi– perché?”
“Un regalino di Daichi.”
“Buon vecchio Daichi”, intonò Nishinoya. “Andiamo a bercelo.”
“Mm.”
“Asahi... san. Ce l’hai ancora con me?”
Asahi abbassò lo sguardo su Nishinoya. Accidenti, era così... piccolino ed era arrossito e i suoi occhi erano davvero belli. Però era comunque molto muscoloso per uno del suo fisico. La maglia a compressione dell’allenamento di lunedì gli fluttuò alla mente.
“Chissà se mi arrivi al petto?” si domandò.
Noshinoya batté le palpebre. “Uhm. Beh.” Gli si portò avanti di un paio di passi e guardò in su. “No.”
Asahi sorrise. “Con i capelli ci arrivi.”
“Chiudi il becco”, si accigliò Nishinoya. “A te piacciono i miei capelli.”
“Sì.” Asahi vide la propria mano stendersi e le dita intrecciarsi con le ciocche nere e bionde. “È vero.”
Nishinoya spalancò gli occhi. Poi la sua fronte fece di nuovo quella cosa carina... quando la aggrottava. E chiuse di colpo gli occhi. E – Asahi si chinò per guardare più da vicino – si stava mordendo il labbro? “Non fare così”, sussurrò. Gli premette delicatamente il labbro inferiore con il pollice fino a fargli aprire un po’ la bocca.
Le sue labbra erano morbide. Avevano un sapore morbido. Una bocca poteva sapere di morbido? La bocca di Nishinoya sapeva un po’ di noci di ginko e un po’ di birra e un bel po’ di paradiso.
Nishinoya sospirò sulle sue labbra, e Asahi sentì che gli afferrava il davanti del giubbotto. Com’era carino. E dolce. Piccolo, dolce Nishinoya. Asahi spalancò gli occhi quando sentì la sua lingua sfiorargli l’angolo delle labbra. Altro che dolce. È sexy da morire, cazzo.
Cosa?
Cosa?
Tolse le mani dai capelli di Nishinoya. Cercò di alzare la testa per schiarirsela dalla nebbia di alcol e panico che la avviluppava, ma Nishinoya lo afferrò alla nuca e lo costrinse a riabbassarla.
“No”, bisbigliò il ragazzo. “Ti prego, solo per un po’. Ti giuro che non–” Si tagliò le parole in bocca da solo e premette di nuovo le labbra contro le sue.
Le sue mani erano bollenti sul suo collo, la sua bocca si muoveva su quella di Asahi. Decisa. Calda. Nishinoya era così caldo. Com’era possibile? Aveva il giubbotto aperto, e faceva freddo là fuori. Le mani di Asahi gli scivolarono sulle costole, dentro il giubbotto. Nishinoya ansimò, e Asahi sentì un’esplosione di meraviglia diffondersi dal suo cuore in tutto il petto.
Gli girava la testa. Era troppo e non abbastanza al tempo stesso, aveva foglia di fare molto di più e molto molto di meno così forse poteva rimettersi a posto il cervello. Lasciò cadere la testa sulla spalla di Nishinoya, preoccupandosi appena di poterlo schiacciare.
Nishinoya gli appoggiò una mano sul viso, girò la testa nell’incavo del suo collo, e subito dopo Asahi sentì le sue labbra calde contro la gola. Restò senza fiato. “N–Noyaaaa”, sibilò. Porca puttana. La lingua di Nishinoya sul suo collo non... non gli era per niente di aiuto. “Merda.”
Nishinoya s’immobilizzò, mani, bocca, tutto.
Il mondo era silenzioso sotto la luce dei lampioni. Tutto ciò che Asahi sentiva era il proprio sangue che gli rimbombava nelle orecchie.
“Sei molto più ubriaco tu di quanto lo sia io. Vero?” sussurrò Nishinoya.
Com’è possibile? Asahi lo strinse forte alla vita. Era il doppio di Nishinoya, forse letteralmente. Non avrebbe dovuto essere lui quello più fuori tra loro due. Avrebbe dovuto essere lui... a prendersi cura di Nishinoya. “Noya”, fu tutto quello che riuscì a dire.
“Cazzo.” La voce di Nishinoya risuonò bassa. Esalò un sospiro profondo e fece un passo indietro. Mise le mani sulle spalle di Asahi e lo spinse via con delicatezza.
Asahi lo guardò con occhi annebbiati. “Voglio stare così”, borbottò. “Fa freddo.”
“Oddio.” Era poco più che un sussurro. “Non mi rendi le cose facili.” Nishinoya gli si mise accanto e si portò il suo braccio sulle spalle. “Riporto il tuo culo a casa tua. Dove certamente io non resterò.”
“Potresti.” Asahi cercò di tenere gli occhi aperti abbastanza da vedere il marciapiede davanti a lui. Nishinoya era caldo, e il suo appartamento sarebbe stato freddo. E buio. L’idea era tanto deprimente che aveva voglia di piangere.
“...Asahi-san.” Nishinoya sembrava esasperato.
“Dovevamo continuare a bere. Pensavo”, tentò di protestare Asahi.
Nishinoya gli fece scivolare un braccio intorno alla vita, e Asahi sorrise al calore dei loro corpi premuti insieme. “Se ti lasciassi bere ancora stasera, non mi parleresti mai più”, ribatté Nishinoya.
Asahi riconobbe vagamente gli scalini che stavano salendo. “Casa mia.”
“Già. Dammi le chiavi.”
Ridacchiando, Asahi pescò le chiavi dalla propria tasca. E le lasciò cadere per terra. “Settimana scorsa ho dovuto farlo io per te.”
“Wow.” Nishinoya si chinò e recuperò le chiavi. Aprì la porta. “Non ero ridotto così male. Non esiste.”
“Esiste, esiste”, insistette Asahi mentre Nishinoya lo spingeva all’interno dell’appartamento. Una mano forte lo fece girare su se stesso, e riuscì a malapena a reggersi contro lo stipite.
Gli occhi di Nishinoya lo fissarono ferocemente, le sue mani si artigliarono al suo giubbotto. “Non esiste.” E gli tirò giù la testa.
Asahi si aggrappò allo stipite, cercando di non perdere l’equilibrio mentre la lingua di Nishinoya assaggiava la sua. Inspirò profondamente: voleva di più, voleva troppo, voleva voleva. Finì troppo presto, e quando Nishinoya si scostò da lui, gli andò appresso col viso.
“Tu–” Nishinoya gli puntò una mano sul petto. “–Farai meglio a ricordarti tutto questo domani mattina.” Si girò e cominciò ad allontanarsi. “Tutto.”
Asahi rimase a guardare finché i capelli a punta non sparirono giù dalle scale. Chiuse la porta del suo appartamento, vi si appoggiò contro e si lasciò scivolare a terra.
...E come avrebbe mai potuto dimenticare?

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Capitolo 7
*** 7 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Asahi si svegliò con un gemito. Era sdraiato a pancia sotto sul pavimento dell’ingresso di casa sua. Quando si mise a sedere, la sua guancia si staccò dal pavimento di linoleum con uno squish.
“Bleh.” Si passò una mano sulla bocca. Aveva sbavato, si sentiva freddo e viscido e... si piegò da un lato per poter guardare dalla finestra della cucina. Era ancora buio fuori.
“Santo cielo, ma che ore...?” Tirò fuori il cellulare e fissò lo schermo con occhi annebbiati.

Tanaka
Amiciiiiiii, me la sposerò questa ragazza
Giuro. È fantastica
Niente mi fermerà. Siamo fatti l’uno x l’altra
È troppo bella. E sexy. Chissà se mi avrebbe permesso di baciarla
Dite ke avrei dovuto provarci?
Forse no. Troppo presto? Nn so, è ke nn mi sembra ke sia tanto presa da me
Voi ke dite? Non sono stato figo?
Ragaaaaaazziiiiiii
Ditemi 1 balla, dite ke ero figo


Noya
MA KE CAZZ RYUU SN LE 2 DI NOTTE VA A DORMIRE

Tanaka
Ehi bello! Cm è andata la tua serata? ;)
Tutto ok cn Asahi-san? ;) ;) ;)


Asahi fece scorrere i messaggi fino all’inizio e poi di nuovo fino in fondo. Tutto lì. Una raffica di messaggi dalle 2:06 fino all’improvviso silenzio delle 2:08.
Noya non aveva mai risposto. Asahi deglutì. Avrebbe dovuto rispondere qualcosa lui? Adesso erano le cinque passate. Probabilmente erano a letto tutti e due. Stringendo in mano il cellulare, si mise in piedi e incespicò fino in bagno.
“Oddio.” Sembrava un cadavere. Un cadavere spettinato e con i postumi di una sbronza. Quasi tutti i capelli gli erano sfuggiti dal codino e gli pendevano sul viso, occhiaie violacee gli cerchiavano gli occhi, sentiva in bocca un sapore disgustoso, e– che cazzo era quello?
Asahi si sporse verso lo specchio. Inclinò il collo, si passò una mano sotto l’orecchio. Che strano, avere un livido proprio lì–
Oh. DIO.”
Si batté una mano sul collo, ormai completamente sveglio. Fissò con orrore il proprio riflesso. I denti serrati, gli occhi spalancati, trasse dal naso respiri brevi e terrorizzati. Immagini della sera prima, di poche ore prima, cominciarono a balenargli in testa come pagine di un libro a colori. Un libro disegnato da qualcuno con un orribile, orribile senso dell’umorismo.
Asahi si accasciò sul pavimento del bagno, stringendo con le mani il lavandino sopra di lui. “No. No no nononono no.”
Come aveva potuto baciare Nishinoya?! Baciarlo, siamo onesti: avevano praticamente pomiciato per strada! Asahi aveva un anno in più, avrebbe dovuto guidarlo ed essergli di sostegno e badare a lui, non... non... qualsiasi cosa fosse stata quella!
Si portò una mano tremante sulla bocca. Aveva baciato Nishinoya.
E poi.
Nishinoya lo aveva baciato a sua volta.
Asahi si risollevò e si guardò di nuovo allo specchio. Poi tornò ad inginocchiarsi a terra. È proprio un succhiotto. Oddio, Noya mi ha fatto un succhiotto. Ok, ok, sta’ calmo. Se mi ha fatto un... allora vuol dire che... non fai un succhiotto a una persona se non ti piace quel che state facendo. Giusto?
Respira a fondo.
Alzati.
Lavati i denti.
Asahi fece scorrere solennemente l’acqua sullo spazzolino. Aveva un test di anatomia di lì a quattro ore. Se puntava la sveglia per le otto, avrebbe dovuto cavarsela. In fondo aveva studiato.
ODDIO, a Noya è piaciuto baciarmi?!
Sta’ zitto. Sta’ zitto. Smettila di pensarci, ci sono troppe cose che ancora non sai, santo cielo, vai... va’ a letto! Come una persona normale.

Asahi si trascinò al futon. Si tirò le coperte fin sul capo, lentamente. Svenire sul pavimento, che vergogna; come se non avesse alcun controllo di sé. Puntò la sveglia.
E adesso che diavolo faccio?


~
 

Asahi si mise una sciarpa (leggera, perfetta per la primavera, nessuno avrebbe avuto niente da ridire) e si dibatté a lungo nell’incertezza sul mandare o meno un sms a Nishinoya prima del test. Giusto per comportarsi da adulto e riconoscere la situazione. Non erano più al liceo. Non sarebbe più fuggito.
Non gli scrisse.
Concentrati sulla scuola. Scuola prima, relazioni dopo.
Non che questa sia una Relazione.

Asahi pensò di nuovo di scrivergli dopo il test, mentre studiava in biblioteca. Ma, dopotutto, era andato lì per studiare. E sapeva che entrambi avevano la giornata piena il mercoledì.
Finita l’ultima lezione, diede un’occhiata all’orologio da polso, anche se sapeva benissimo che erano già le tre. Le tre di pomeriggio, e ancora non aveva avuto il fegato di provare a contattare Nishinoya in nessun modo.
Ma nemmeno lui lo ha fatto. Smettila. Non preoccuparti di cosa stia o non stia facendo. Tu... pensa prima alle tue cose.
Asahi strinse i denti e cercò il contatto di Nishinoya sul cellulare. Per poco non gli cadde di mano quando si mise a vibrare.

Tanaka
Lo faccio, ragazzi. Le chiederò di uscire. Ho il suo num, lo farò alla vecchia maniera
Adesso la chiamo. Sta x succedere
Oddio sto sbroccando. Dovrei fare finta di niente? Oppure no?


Asahi sollevò il mento e fissò lo schermo del cellulare. Se poteva farlo Tanaka...

Tu
Vai così. Tifo per te!

Tanaka
Ok! Grazie 1000 amico! Vi faccio sapere!
Vengo da voi se dovesse andare di merda, sappiatelo


Asahi non si disturbò a rispondere. Tanaka avrebbe invitato Shizuku a uscire, lei avrebbe risposto (presumibilmente) di sì, e poi Tanaka avrebbe cominciato a stressarli sull’appuntamento invece che sul fatto se piacesse o meno a Shizuku. Una situazione di gran lunga preferibile.
Emise un breve sospiro. Ci siamo. Avviò la chiamata.
“......”
“......”
“...Ehi, Asahi-san!”
Asahi chiuse gli occhi e deglutì rumorosamente. Nishinoya sembrava quello di sempre. Non sarebbe stato difficile. “Ehi”, riuscì a rispondere. Purtroppo, questo fu tutto ciò che il suo cervello gli consentì prima di abbandonarlo completamente.
“Uhm.” Stavolta Nishinoya sembrava un filino meno sicuro di sé. “Allora. Come ti senti?”
Asahi si aggrappò alla domanda come un uomo che sta per annegare. “Bene! Bene. Mi fa un po’ male la testa.”
“Ancora?” Nishinoya ridacchiò, e Asahi si rilassò un pochino. “Dovrebbe esserti passata ormai. A meno che... uhm. Tu, ecco, ricordi quanto hai bevuto ieri sera?”
Asahi si morse il labbro. Che domanda cauta. “Sì, ehm. Penso di ricordare... tutto.”
“Ah.” Nishinoya non disse assolutamente nient’altro.
“Già”, disse ancora Asahi. “Uhm. Potremmo–?”
“Senti, ti va–?”
“Scusa, stavi dicendo?”
“No, vai tu, scusa, non volevo...”
Asahi si coprì il viso con una mano. “Ti va di incontrarci da qualche parte?”
“Sì. Sì, mi va.”
Asahi cercò di non deglutire troppo rumorosamente. Nishinoya sembrava determinato. Il che poteva voler dire davvero di tutto. “Che ne dici del bar del campus? Sai, ci sono quelle belle poltroncine sul retro.”
“Ah. Le poltrone della rottura.”
Asahi sentì lo stomaco precipitargli sotto ai piedi. “C–cosa?”
“Oh! Uhm. No, è solo il modo in cui le chiamano... cazzo... quelli del primo anno perché, hai presente come sono fuori vista?” Nishinoya aveva cominciato a parlare rapidamente. “Però sempre in evidenza, così puoi andarci a parlare quando, ahah– sai una cosa? Vediamoci là e basta. Va bene tra dieci minuti?”
Santo Dio. Asahi strizzò forte le palpebre. “Certo! Ci sarò.” Chiuse la comunicazione.
Dieci minuti. Ce ne volevano solo quattro per raggiungere il bar dalla biblioteca. Era sollevato di aver trovato quella scrivania un po’ isolata in fondo agli scaffali. Era praticamente certo che la faccia gli andava a fuoco.
Si passò una mano sotto la sciarpa, sul collo. I succhiotti non sparivano dalla sera alla mattina, lo sapeva.
Nishinoya gli aveva volontariamente fatto un succhiotto.
Gli aveva lasciato un marchio fisico che diceva, sì, ho baciato questa persona e in tutta sincerità mi è piaciuto.
Il che era... beh.
Nishinoya era... figo, naturalmente. Questo era ovvio. Lo era sempre stato, anche al liceo.
Asahi si passò le dita sulle labbra, senza rifletterci. Aveva baciato Nishinoya...
“Oddio.” Si alzò di scatto e si buttò lo zaino in spalla. Che problema c’era se arrivava in anticipo?


~
 

Nishinoya però era già lì.
Raggomitolato in una delle grandi poltrone sul retro del bar, in una posizione fetale che Asahi non avrebbe mai potuto sperare di emulare. Indossava una giacca leggera in denim, jeans scuri ripiegati sulle caviglie, e... oh, merda. Occhiali da lettura.
“Ehm, scusa. Stai bloccando il passaggio...?”
Asahi si spostò di soprassalto, borbottando delle scuse incoerenti. Cazzo. Lanciò un’altra occhiata a Nishinoya. Che adesso lo stava guardando fisso. CAZZO.
Si sistemò nervosamente la sciarpa e si passò una mano tra i capelli mentre s’incamminava verso di lui. Gli si fermò di fronte, imbarazzato. “C–ciao.” Il suo cuore accelerò i battiti quando Nishinoya lo guardò da sopra gli occhiali.
“Perché porti la sciarpa?”
Asahi sgranò gli occhi. “Uhm...”
“Porca puttana”, ansimò Nishinoya. “Non ci credo.” S’inginocchiò sulla poltrona e gli tirò la sciarpa. Mentre questa scivolava via, spalancò la bocca. “Porca puttana.”
Asahi si prese il viso con entrambe le mani.
Nishinoya tornò a sedere, stringendo la sciarpa in mano. “È così che te ne sei ricordato?”
“No! No, io...” Asahi si portò una mano al collo. “Beh. Diciamo di sì.”
Nishinoya si sistemò gli occhiali sul naso e abbassò lo sguardo sul raccoglitore che teneva in grembo. “Sei arrabbiato?” gli chiese con voce tranquilla.
Asahi si sedette velocemente nell’altra poltrona. “Cosa? No! No no no, certo che no. Io... tu dovresti essere arrabbiato”, finì con una smorfia.
“Ommiod–” Nishinoya chiuse il raccoglitore di colpo, e una penna cadde per terra. “Perché dovrei essere arrabbiato?”
“Perché io– Noya, ero ubriaco”, bisbigliò Asahi. “Mi dispiace così tan–”
“Se cominci a chiedermi scusa, giuro che ti faccio un occhio nero uguale al mio.” Nishinoya lo fissò con durezza. “Abbiamo solo pomiciato un po’. Niente per cui perderci il sonno.”
“Non l’ho perso, in realtà. Mi sono addormentato sul– aspetta, come sarebbe abbiamo solo pomiciato un po’?”
“Succede di fare cazzate quando si è ubriachi. Non ho intenzione di farne un caso nazionale visto che la cosa ti mette tanto a disagio.”
Asahi inclinò la testa di lato. “A disagio? Cioè , ok, un po’ lo sono ma... dovremmo parlare di questa cosa.” Si schiarì la gola.
Nishinoya rise, senza alcuna allegria. “Che vorresti dirmi, Asahi-san? Che sei pentito di quello che è successo ieri sera?”
“Io–!” Un’immagine fluttuò alla mente di Asahi. Le sue dita infilate in capelli neri e biondi. Il modo in cui Nishinoya aveva chiuso gli occhi e si era morso il labbro. Cercò di reprimere il rossore che sentiva sul viso. Sei tu che hai cominciato il tutto. Ammettilo e assumitene la responsabilità.
Asahi si piegò in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia. “Non me ne pento”, disse con voce seria. “Però devo sapere se tu invece sì.”
Le guance di Nishinoya si colorarono di rosa, ma non distolse lo sguardo. “No”, disse rocamente.
“Ah.” Asahi lo guardò come ipnotizzato. Nishinoya che arrossiva era... nuova. “Ti è piaciuto?” Porca vacca, e questa da dove ti è venuta?!
Nishinoya inspirò brevemente. “Eh. C’è da chiederlo? Voglio dire, guarda il tuo collo, santo cielo.”
Stavolta Asahi dovette guardare il pavimento. “Beh. Eri ubriaco anche tu.” La sua voce era poco più che un sussurro. Azzardò un’altra occhiata a Nishinoya.
Questi si portò le ginocchia vicino al petto e gli rivolse un lento sorriso. “Mi stai chiedendo se l’avrei fatto se fossi stato sobrio?”
Asahi non aveva idea di cosa dicesse la sua faccia in quel momento, ma qualcosa dentro di lui urlava BEH L’AVRESTI FATTO? PERCHÈ, ANDIAMO.
Nishinoya sospirò. “Non per metterti una tonnellata di pressione addosso – e non te lo avrei mai detto se non fosse successo niente – ma mi sarebbe stato bene se tu mi avessi baciato due anni fa.”
Asahi si passò una mano sulla bocca. Oh merda.
“Però ieri è successo quello che è successo, e hai cominciato tu.” Nishinoya represse un sorriso. “Mi hai detto che potevo venire a casa con te.”
Con un gemito, Asahi si prese di nuovo il volto tra le mani. Se lo ricordava, ovviamente, ma in un certo senso sperava che Nishinoya l’avesse dimenticato. “Che fine ha fatto tutto quel tuo ‘sono cazzate da ubriachi-niente per cui perderci il sonno’, eh?” borbottò.
Nishinoya tossicchiò. “Già, beh. Era prima che tu dicessi– era prima.” La sua voce tornò seria. “Voglio dire, è piaciuto anche a te. Vero?”
Il suo viso stava per andare a fuoco, se lo sentiva.
“E dai, Asahi-san.” La risata di Nishinoya risuonò nervosa. “Insomma, sono qui, vulnerabile e tutto il resto.”
“Mi è piaciuto”, borbottò Asahi. La sua voce uscì soffocata, ma dannazione, era davvero difficile.
“Come?” Nishinoya gli abbassò le mani. Il modo in cui quegli occhioni dorati apparivano da dietro gli occhiali era veramente ingiusto.
“Mi è piaciuto”, ripeté Asahi, un po’ più forte. Strinse i denti e cercò con tutte le sue forze di non guardare da un’altra parte, i muri, il pavimento, qualsiasi cosa. Ma era vero che gli era piaciuto, e Nishinoya sembrava voler...
Nishinoya lo stava guardando con un’espressione veramente difficile da decifrare. Qualcosa in quegli occhi luminosi, nelle guance arrossate e nel sorrisino orgoglioso spinsero Asahi a chiedergli: “Vuoi andare a cena da qualche parte?”
“Se voglio–?” Nishinoya balzò su dalla poltrona e cominciò a ficcare le proprie cose nella borsa. “Se voglio andare a cena alle 3:30 di pomeriggio? Assolutamente sì. Andiamo. Tieni, rimettiti questa.” Gli porse la sciarpa.
“Ah!” Asahi l’afferrò. “Non mi ero reso conto–! Cioè, non dobbiamo andarci adesso... possiamo aspettare!”
Nishinoya si buttò lo zaino in spalla. “Perché sei ancora seduto lì?”
Asahi batté le palpebre, poi ridacchiò. “Lo sai che sono più lento di te.” Alzandosi in piedi, si girò la sciarpa intorno al collo.
Nishinoya lo prese per un braccio e marciò verso la porta, borbottando qualcosa di sospettosamente simile a ‘scioccante’.


~
 

Presero il ramen, perché il locale era vicino, perché costava poco, e perché Asahi era deciso a pagare per Nishinoya. Solo che anche Nishinoya voleva pagare per lui, cosa che non si era aspettato, e andò a finire che l’imbarazzato cassiere prese la sua carta di credito a occhi chiusi.
“Questo si chiama imbrogliare”, gli disse Nishinoya, dandogli una spallata mentre andavano alla porta. “Gliel’hai praticamente ficcata in mano.”
“Non avresti dovuto insistere tanto”, rispose Asahi, conciliante. Si sentiva meglio adesso. Più rilassato. Certo, era un po’ strano cenare alle 3:30 di pomeriggio, però–
“Sì, ok, ma avresti potuto lasciar pagare me per il nostro primo appuntamento visto che il primo bacio l’hai cominciato tu”, sbuffò Nishinoya.
Asahi incespicò sul marciapiede. “Uhm. B–beh, tu puoi... puoi avere il secondo, allora. Uhm.”
Nishinoya gli lanciò un’occhiata, mentre un lento sorriso gli si diffondeva sulle labbra. “Sì? Quindi questo era proprio un appuntamento, eh?”
Nishinoya aveva un sorriso davvero bellissimo. Asahi udì se stesso sospirare. “Certo. Possiamo... possiamo dire così.” Oddio, ho appena avuto un appuntamento con Nishinoya. ODDIO.
“Perciò questo vuol dire...” Nishinoya si fermò e si guardò intorno. Prese Asahi per un braccio e lo trascinò dietro l’angolo del ristorante. Lo appiattì contro il muro, si alzò sulle punte dei piedi e lo afferrò ai bicipiti. “...che posso iniziare io il secondo bacio.”
Asahi lo fissò. Il viso gli andava a fuoco. Il muro era freddo contro la sua schiena, ma quasi non se ne accorse. Nishinoya aveva l’aria di volerlo divorare. “È, uhm, è così che funziona?”
“Premio di consolazione”, sussurrò Nishinoya. “Non sei tu che guidi sempre le danze.” Gli mise una mano dietro al collo, e Asahi dovette reprimere un’esclamazione.
“Uhm, ok, per quanto mi piacerebbe avere il pieno controllo, mi serve una mano qui”, borbottò Nishinoya, rivolgendogli un’occhiataccia.
“Oh! Oh, ehm.” Asahi abbassò la testa e, mentre Nishinoya accorciava la distanza, gli parve la cosa più semplice del mondo chiudere gli occhi.
Le dita di Nishinoya si piegarono sul suo collo, mentre l’altra mano gli stringeva il bicipite. Sospirò contro la bocca di Asahi. Fu molto meno umido della sera precedente, un po’ più controllato e caldo e delicato; gli piaceva il modo in cui Nishinoya muoveva dolcemente le labbra sulle sue. Giusto una leggera pressione sul labbro inferiore, niente di impegnativo, solo un piccolo riposizionamento qui e là.
Asahi inclinò la testa di lato per avere un’angolazione migliore – sì, il sapore del ramen si sentiva, e si chiese come sarebbe stato con i denti appena lavati, ma non aveva intenzione di lamentarsi. Strinse le mani sul colletto di quella piccola giacca sexy e tirò Nishinoya più vicino.
“Woah”, fece Nishinoya. Gli tolse la mano dal collo per poggiargliela sul petto. Rimise lentamente i piedi a terra e abbassò gli occhi sul marciapiede.
Asahi lo osservò con lieve sgomento. “S–scusa! Ho esagerato, vero?” Lo sostenne per le spalle, incerto su tutto.
“Mm.” Nishinoya gli batté il petto con la mano. Finalmente alzò la testa ed emise un gran sospiro dal naso. “Perché non, uhm.”
Asahi era preoccupato. Nishinoya non era mai a corto di parole. Era così brutto quando erano sobri? “Noya?” riuscì a dire, cercando di non lasciar trapelare il panico che avvertiva.
“Sì?” Nishinoya si passò la lingua sulle labbra. Sembrava completamente esausto.
“N–non è stato... come te lo aspettavi?” Asahi sentì che il proprio cuore cedeva un po’.
“Mm. Non direi, no. Vogliamo, uhm, andare?”
Cazzo. Asahi tentò di sorridere. “Certo, sì, nessun problema. Casa tua è di strada per la mia, ti accompagno fin lì?”
“Ah-ah.” Nishinoya si voltò lentamente.
Asahi s’incamminò accanto a lui, cercando di dissipare l’ansia. Allora. Non è andata bene. Perciò... niente più appuntamenti? È stato solo uno stupido esperimento? Quel pensiero era sorprendentemente orribile.
Camminarono in silenzio per alcuni minuti. Asahi non riusciva quasi a sopportarlo.
Finalmente, Nishinoya riprese: “Asahi-san...”
, sì, che c’è?”
“Uhm. Vuoi–? Che ne diresti...?”
“Noya”, disse Asahi dopo l’ennesima frase lasciata in sospeso. “Mi stai tipo uccidendo così. Che succede? Cosa c’è che non va? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“Ah.” Nishinoya si passò le dita sugli occhi da sotto gli occhiali. “No. Sei dannatamente perfetto. Purtroppo.”
Purtroppo? Sconsolato, Asahi abbassò lo sguardo su di lui. “Non ho idea di cosa vuoi dirmi.”
“Asahi-san, vuoi... senti, non lo so se è una buona idea perché non abbiamo ancora, ecco, parlato di un sacco di cose, e io non so davvero come, uhm... come la pensi tu su questa storia, però...”
Noya!” Asahi aveva quasi urlato.
“Vuoivenireunpo’sudame?”
Asahi smise immediatamente di camminare. Nishinoya si fermò lì accanto, imbarazzato a morte. “Se voglio–?”
“Non sei obbligato! È una cosa grossa, ed è ancora presto, lo so! Puoi tornare a casa tua, va bene così, ci vediamo dom–”
“Sì.” Asahi strinse i denti e annuì con decisione. “Sì, voglio venire da te.”
Nishinoya lo fissò, la bocca leggermente aperta. “Davvero? Cioè, sì! Grande!” Si voltò rapidamente e riprese a camminare.
Salirono le scale che conducevano all’appartamento di Nishinoya in un imbarazzato silenzio. Il cervello di Asahi non la smetteva di mormorare una litania di paranoie senza fine.
Porca puttana sto andando a casa di Noya. Sono già stato a casa sua. Molte volte. Allora perché adesso è così strano?! Ah, giusto, avete pomiciato due volte all’aperto e adesso state per entrare in un posto molto privato e, ommioddio, ti prego cerca di essere un gentiluomo. Solo... presta attenzione. A tutto. Ogni cosa. Qualunque cosa accada, cerca solo di–
Nishinoya aprì la porta senza dire una parola e si fece da parte per lasciar passare prima lui. Asahi si tolse la sciarpa con mani tremanti, aspettando il click che indicava che erano soli. Nishinoya alzò gli occhi su di lui, mordendosi nervosamente il labbro, e si appoggiò alla porta.
Asahi si sentì enorme e lento e anche un po’ stupido.
“Uhm.”
“Allora...”

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Capitolo 8
*** 8 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Asahi vide che Nishinoya strofinava gli alluci sul tappeto consumato e si stropicciava la t-shirt tra le mani. Era strano che il creatore del Rolling Thunder! fosse incapace di guardarlo in faccia. Strano. E degno di una piccola indagine.
Asahi incrociò le braccia sul petto in quella che sperava fosse una mossa calma e indifferente. Se non altro avrebbe nascosto il suo tremore. “E adesso?” lo sfidò.
Nishinoya continuò a fissare il pavimento, sgranando gli occhi. “E–e adesso?” ripetè con voce strozzata.
“Sei tu che mi hai invitato qui”, disse Asahi, sperando di risultare in pieno controllo della situazione. Era certo che se avesse alzato appena un po’ la voce, questa si sarebbe spezzata.
Nishinoya sembrava sul punto di avere un attacco di panico. Si portò le mani sulla nuca e finalmente alzò gli occhi su Asahi. Per poi riabbassarli sulle sue scarpe. Per poi alzarli fino alle sue braccia. Quindi si morse la lingua.
Che strano.
Beh, se Nishinoya non aveva intenzione di dire nulla, Asahi ce l’aveva una cosa in mente.
Si tolse le scarpe usando gli alluci e si diresse verso il divanetto di seconda mano. Nishinoya si era messo in bocca un lembo della giacca e lo osservava. Gli occhiali gli erano scivolati un po’ sul naso.
Asahi si accomodò nel suo solito posto, tra i cuscini bitorzoluti, accavallò una caviglia su un ginocchio e si strinse uno dei cuscini al petto.
“Noya.”
“Hm?” Nishinoya non si era tolto il lembo della giacca di bocca. Era rimasto nell’ingresso, e lo fissava. Era sconcertante.
“Che cosa intendevi quando hai detto che mi avresti permesso di baciarti due anni fa?” Asahi era molto fiero di se stesso per non aver incespicato nella frase nemmeno un po’.
Nishinoya si coprì la bocca con la giacca. “Io non l’ho detto”, borbottò.
Asahi aggrottò la fronte. “Sono piuttosto sicuro di sì, invece. Nel bar, prima di cena, ricordi?” D’accordo, gli era passato di mente per un minuto durante il loro appuntamento (appuntamento!), ma Asahi era praticamente certo che non avrebbe mai più scordato quell’informazione.
Nishinoya si lasciò cadere sul divano. “Perché me lo chiedi proprio adesso?” si lagnò. “Non potremmo passare alla parte dove tu baci me?”
Il volto di Nishinoya era rosso come un pomodoro, ma Asahi avrebbe scommesso che il suo lo era anche di più. “N–Noya!”
Nishinoya rise, ed era una risata chiara e familiare. “Non lo so. Tu eri al terzo anno ed eri così figo, e io–” Tacque di colpo e si raggomitolò nel lato opposto del divano. “Ero veramente felice che fossi tornato in squadra. Lo sai? E poi hai cominciato a fare tutte quelle cose stratosferiche. Come il tuo servizio, hai presente? Cioè, wow!” Ondeggiò sulle ginocchia, gli occhi brillanti. “Dovremmo fare un po’ di pratica qualche sera! Tu servi e io ricevo. Vieni qualche volta dopo il mio allenamento, dirò al capitano che la rete la metto a posto io.”
Asahi sorrise. “Il che vuol dire che dovrò metterla a posto io.”
“Ehi! Quell’affare è dannatamente pesante, ok?”
“Tutto quell’allenamento intensivo con la squadra e ancora non riesci a sollevarla da solo?”
Nishinoya gli tolse il cuscino dalle braccia e cercò di colpirlo sulla testa con esso. “Mica tutti quanti hanno due tronchi al posto delle braccia!”
Asahi gli afferrò il polso e Nishinoya provò a cambiare mano, ma lui gli intrappolò facilmente anche l’altra. “Pessima idea prendersi gioco di uno che ha i tronchi al posto delle braccia”, lo rimproverò. “E hai cambiato argomento. Non credere che non me ne sia accorto.”
Le punte delle orecchie di Nishinoya si colorarono di rosa. “Sì, beh”, borbottò. “Non è da te notare tutte queste cose.” Diede uno strattone di prova.
Asahi rafforzò la stretta delle dita. “Come la cotta che a quanto pare avevi per me al liceo?” Non ci credo che gli sto chiedendo questo, non ci credo che–
“Io– non ho mai detto di avere una cotta per te!” farfugliò Nishinoya.
“Hai detto che mi avresti permesso di baciarti.” Asahi era certo di quel fatto.
“Lo... lo avrei permesso a un sacco di gente se me l’avessero chiesto!” Nishinoya diede un altro strattone e stavolta Asahi lo lasciò andare, sbigottito.
Un attimo.
Che?

Asahi emise un sospiro, sperando di farlo passare per una risata. “Oh già, mi ero scordato di Kiyoko.” Me n’ero scordato davvero. Dannazione. Se fraintedere le cose fosse stato uno sport olimpico, lui avrebbe preso la medaglia d’oro.
Mise i piedi sul pavimento e poggiò i gomiti sulle ginocchia. E se adesso ci fosse Kiyoko al mio posto...? Forse non importava chi ci fosse sul divano quella sera.
Il pensiero lo fece quasi star male.
“Uhm.” Nihsinoya cambiò posizione. “Penso che– ok, mi sa che mi è uscita male...”
“No, lo capisco.” Asahi pensò di andarsene, ma si costrinse a restare seduto. Andarsene sarebbe stata la soluzione facile e lui stava cercando di crescere, grazie tante. “Tutti sono arrapati a scuola.”
“...Anche tu?”
Asahi alzò la testa di scatto, la bocca un po’ aperta.
Nishinoya si accoccolò sui talloni e si passò una mano sulla nuca. “È solo che non sembravi... non sembravi mai interessato a nessuno, perciò...”
Perchè era difficile anche solo pensare di combinare qualcosa con qualcuno se trovavi tutti vagamente spaventosi. “Immagino che sono dovuto crescere riguardo a questo.”
Nishinoya sembrava un piccolo soldatino sull’attenti. “Quindi adesso– uhm. Sei a tuo agio con le persone? Da quando sei entrato all’università?”
Asahi si passò una mano sul viso. Se sono a mio agio con le persone. Che cazzo di domanda... “Sono a mio agio con le persone, Noya.” Era con i baci casuali che non si sentiva a suo agio, ma ormai, dopo due– no, tre baci, gli pareva inutile puntualizzare la cosa.
Nishinoya mise una mano sullo schienale del divano e gli si avvicinò avanzando sulle ginocchia. “E allora?” La sua voce era tranquilla, le sopracciglia sollevate.
Asahi lo guardò. Quindi, se a Nishinoya piaceva pomiciare... e lì c’era lui... ‘fanculo, adesso voleva proprio baciarlo.
Rimase immobile, lasciando che Nishinoya testasse l’ampiezza del suo spazio personale. In quei due anni di università, si era reso conto che alla gente piaceva qualcosa del suo corpo. Forse anche a Nishinoya? Questo pensiero gli scatenò tutta un’altra serie di emozioni. E se fosse stato solo un altro corpo che a Nishinoya piaceva?
Nishinoya gli mise cautamente una mano sulla spalla.
Però... cazzo, se a lui piaceva il suo corpo...
Prima fu il respiro di Nishinoya a sfiorargli il collo, poi sentì le sue labbra morbide sulla pelle. Asahi aprì la bocca, e si sentì piuttosto fiero di sé per esser riuscito a non emettere alcun suono. Era sorprendentemente facile restare immobile, mentre Nishinoya gli appoggiava le mani sulle ginocchia, gli deponeva baci sul collo, si faceva strada lungo la sua mandibola. Fu solo quando prese a succhiargli la giugulare che Asahi si lasciò sfuggire un lievissimo sospiro.
“Asahi-san...” Nishinoya lo spinse leggermente sulle spalle, e Asahi si reclinò all’indietro sui cuscini del divano. L’altro ragazzo lo seguì, sedendosi sui suoi addominali. Gli scostò i capelli dal viso, cercando di infilarli nella fascia che portava, e Asahi chiuse gli occhi al tocco delicato.
Nishinoya emise un versetto di meraviglia a quella scoperta e gli tolse del tutto la fascia, intrecciando le dita nei suoi capelli. Asahi lasciò cadere la testa sul bracciolo del divano perché accidenti se era piacevole. Nessuno aveva mai giocato con i suoi capelli prima d’allora.
Le unghie di Nishinoya gli sfregavano il cuoio capelluto, separando a ciocche i capelli lunghi fino alle spalle. Asahi sentiva la pelle formicolare a ogni passaggio delle dita. Gli ci volle un secondo prima di rendersi conto che quei sospiri strascicati provenivano dalla sua stessa bocca.
Batté le palpebre, imbarazzato.
Nishinoya lo stava guardando con un’espressione affascinata. “Vorrei proprio averlo saputo prima che ti piaceva questo.”
Tossicchiando, Asahi cercò di tirarsi su. Nishinoya non si mosse dal suo grembo e approfittò dell’occasione per buttargli le braccia al collo. Una delle sue mani risalì dalla nuca di nuovo nei capelli. “Scommetto che al liceo ti avrei fatto addormentare in un batter d’occhio”, sussurrò.
“Non–” Asahi si schiarì la gola. “Non così facilmente.” Oddio sta’ zitto, per piacere, sta’ zitto.
Nishinoya sollevò un sopracciglio; strinse la mano che gli teneva tra i capelli e tirò.
Stavolta il sospiro di Asahi fu solo un po’ meno imbarazzante e solo perché ci si era impegnato, dannazione.
“Oddio.” Nishinoya affondò il viso nell’incavo del suo collo. “Sei così sexy che è davvero ingiusto.”
Ingiusto? Vagamente, Asahi si rese conto di non stare toccando Nishinoya per niente. Forse questo era un po’ ingiusto. Quel genere di cose doveva funzionare in entrambi i sensi. Si tirò indietro fino a trovarsi seduto con la schiena appoggiata al bracciolo del divano. Infilò le mani sotto la giacca di jeans di Nishinoya e gliele fece scorrere sulle costole.
Nishinoya inarcò la schiena, Asahi lo sentì, e gli si strinse più forte al collo. Emise un gemito basso ma chiaro, proprio nel suo orecchio, ed era bello quasi quanto sentire le sue dita tra i capelli.
I bordi dei suoi occhiali gli graffiavano le tempie. Asahi alzò una mano e glieli sfilò. “Questi li togliamo”, sussurrò, sporgendosi ad appoggiarli sul tavolino. Studiò per un momento il viso di Nishinoya. Passò il pollice sul livido che aveva su uno zigomo. “L’occhio nero è quasi svanito.”
“S–sì.” Nishinoya si morse il labbro, le mani poggiate sul suo petto.
Asahi gli premette il labbro inferiore con il pollice. “Ti ho detto di non fare così.” Con una mano fermamente appoggiata tra le scapole del ragazzo, lo tirò a sé per baciarlo.
Gli prese il mento con l’altra mano, allargò le dita dell’altra sulla sua schiena, e approfondì il bacio. Nishinoya stava così bene tra le sue braccia, nel suo grembo, che era proprio strano che non avessero mai provato una cosa del genere prima. Stupido, persino...
Nishinoya gli fece scorrere le unghie sulla nuca e Asahi rabbrividì. “A–accidenti.”
Nishinoya rise, e Asahi sentì il suo respiro sulle labbra. “Adoro le tue reazioni.”
“Uhm... già.” Ma cosa piaceva a Nishinoya? Non glielo poteva mica chiedere così. Giusto? “Noya?”
“Mm?” Nishinoya stava provando a baciarlo da un’altra angolazione.
“Ehm. Cosa... cioè, tu cosa... uhm”, annaspò Asahi.
“Io cosa...?” lo incoraggiò Nishinoya, facendo scorrere una mano sul suo sterno. Cazzo, anche questo era piacevole.
“Tu che cosa... uhm. Vuoi?”
Nishinoya si fermò. Poi si fece un po’ indietro e lo guardò. “Cosa voglio, nel senso, cosa facciamo adesso? O...” Distolse gli occhi, tornò a puntarli nei suoi. “ O nel senso, tu ed io?”
Asahi piegò la testa da un lato, non molto sicuro circa le due opzioni. “Adesso?” provò. “È solo che...” Nascose il viso nella spalla di Nishinoya, imbarazzatissimo. “Mi piace un sacco quando mi tocchi i capelli. Perciò, a te cosa piace?”
Nishinoya inspirò ed espirò profondamente. “Come puoi essere così carino?”
Augh. Asahi odiava sentirsi dire che era carino. Lui era enorme, e le persone enormi non erano carine, e ogni volta gli sembrava che lo stessero solo prendendo in giro. Inclinò ancora di più la testa e diede un morsetto di avvertimento all’orecchio di Nishinoya. “Non dirlo.” Era contento di avere ancora la faccia nascosta, così l’altro non avrebbe potuto vedere quant’era rosso.
Nishinoya strillò.
Si dimenò, cercando di spostarsi, ma adesso Asahi voleva risentire quel verso. Si chinò in avanti, ribaltando l’equilibrio di Nishinoya e facendolo stendere sul divano. Gli catturò di nuovo l’orecchio tra i denti, e di nuovo Nishinoya si dibatté, premendogli forte le mani sul petto.
Asahi gli prese i polsi e glieli bloccò tra i loro due corpi, chinandosi per mordicchiarlo sul collo. Appena sotto l’orecchio, poi più in basso verso le spalle, quindi più in alto sotto il mento... ovunque, solo per farlo strillare.
Augh!” Nishinoya si dibatteva a più non posso sotto di lui, rideva, ansimava, e strillava. “Asahi-san, questo si chiama IMBROGLIARE! To... togliti!”
Asahi si sedette all’istante sui talloni, un po’ spaventato. Si accorse di avere l’affanno, i capelli gli erano caduti sugli occhi e andavano in su e in giù ad ogni respiro.
Le mani di Nishinoya scesero sul petto e giacque lì, ansante, il volto quasi viola. Gli sfuggì una risatina debole, e Asahi abbassò le spalle, sollevato.
“S–scusa”, ansimò. “Una piccola vendetta, credo.” Gli sorrise con fare di scuse. “Non lo farò più.”
“Vendetta?” Nishinoya si tirò su puntellandosi sui gomiti. “Per... averti detto che sei carino?”
Asahi si scostò i capelli dal viso, di nuovo super imbarazzato, e non disse niente.
“Perciò... questo è quel che devo aspettarmi se ti dico che sei carino.”
Asahi socchiuse le palpebre.
Nishinoya si tirò su ulteriormente fino a trovarsi quasi seduto. “Asahi-san.”
“Noya, no.”
“Sei carino.”
Noya, adesso sei tu che imbrogli, così non vale.”
“Carino! Asahi-san è trooooooppo cariiiiiino!” Nishinoya si lasciò cadere all’indietro con fare melodrammatico, alzando le braccia sulla testa. “È un rotolino alla cannella, un orsacchiotto coccoloso, e–”
Asahi gli piazzò una mano sulla bocca e si chinò su di lui. “Shhh! Sei scemo, cazzo, qualcuno potrebbe sentirti”, sibilò. Dovette reprimere un sorriso, anche se si sentiva bruciare dalla vergogna.
“Mmmmm! Mm mmm mmm!” cercava di gridare Nishinoya da dietro la sua mano.
“Noya, ti avverto, se non stai zitto...” Asahi si chinò in avanti, mettendo ancora un po’ di pressione sulla mano.
Qualcosa di nuovo lampeggiò negli occhi di Nishinoya. Gli afferrò la mano e se la scostò dalla bocca. “Non starò mai zitto”, disse. La sua voce era bassa e piuttosto strafottente. “Che cazzo pensi di fare, eh?”
Asahi sapeva riconoscere quando Nishinoya lo sfidava. Solo perché in quel momento non c’era nessuna palla in giro non voleva dire che non fosse ovvio. Gli rimise la mano sulla bocca. Si chinò fino a sfiorargli l’orecchio con le labbra, e lo sentì trattenere il respiro.
“Vuoi scoprirlo?”
Si sentì un po’ sciocco a pronunciare quelle parole. Se Nishinoya si metteva a ridere...
Gli occhi di Nishinoya erano diventati enormi, e lo fissava da sopra le sue dita. Dal naso gli uscivano respiri brevi e accelerati. Asahi tolse la mano per permettergli di respirare meglio.
“S–sì.”
Asahi non lo sentì quasi. Ma quando registrò quel che aveva detto... abbassò la testa, e Nishinoya inarcò il collo.
Era piacevole, riflettè Asahi, tenere le mani di Nishinoya sopra la sua testa e puntellarsi su un gomito. L’incavo tra il suo collo e la sua spalla era caldo. Asahi inspirò a fondo, assaggiando con le labbra la pelle salata. Se era questo che Nishinoya voleva, potevano pomiciare anche per tutto il giorno, al diavolo gli scrupoli.
Nishinoya sospirò forte e inclinò la testa per incoraggiarlo a muoversi altrove. Il fatto che non avesse l’uso delle mani non sembrava importargli, anche se per un attimo Asahi si preoccupò se quella posizione non potesse risultare dannosa per le spalle di un libero, a lungo andare. Ma poi sentì la lingua di Nishinoya guizzargli all’angolo delle labbra e dimenticò cosa fosse la pallavolo.
Aprì la bocca un po’ di più, lasciando che il labbro inferiore di Nishinoya scivolasse sopra il suo. Fece di nuovo scorrere la mano libera sotto la sua giacca, saggiando il tessuto della t-shirt che il ragazzo indossava. Al di sotto di essa riusciva a sentire tutto, ogni costola, ogni singolo muscolo.
Nishinoya aprì a mezzo gli occhi. Brillarono nella luce soffusa dell’appartamento. “Asahi-san”, sussurrò, sfiorandogli le labbra con le proprie. “Ho sempre vo–”
Bang! Bang!
“Noyaaaaaa! Noya, bello, sei in casa?”
Asahi e Nishinoya si fissarono.
Bang! Bang! BANG!
“Ehi! Amico, se ci sei apprezzerei davvero del tè e un po’ di comprensione. Il tuo ragazzo sta passando un brutto momento.”
Nishinoya piegò il collo e, al rovescio, fissò la porta dell’appartamento. Asahi seguì il suo sguardo, a bocca aperta.
“Merda.” Adesso che non urlava più da farsi sentire in tutto il palazzo, la voce di Tanaka giungeva smorzata. “Perché non risponde nessuno al telefono?”
Nishinoya guardò Asahi. “Dovremmo, ehm... tu pensi–?”
No. Cazzo, no, voglio scoprire come sei sotto quella t-shirt. “Sì. Sembra che abbia qualche problema.”
Nishinoya emise un gran sospiro e alzò gli occhi al soffitto. “Fammi alzare.”
Arrossendo, Asahi gli lasciò andare i polsi. Nishinoya rotolò giù dal divano, sussultando appena, e si diresse alla porta.
“Aspetta!” Asahi afferrò i suoi occhiali e glieli porse. “Un attimo.” Mentre Nishinoya li indossava, lui gli sistemò il collo della giacca e gli allisciò la t-shirt. “E io?” bisbigliò.
“La tua fascia!” sibilò Nishinoya.
“Merda! Dov’è finita?”
“Che ne so, guarda tra i cuscini.”
“Uff! Va’ da Tanaka, qua ci penso io.”
Nishinoya si fiondò alla porta mentre Asahi scannerizzava l’appartamento.
Luce. Doveva accendere qualche luce. Due ragazzi che passavano un po’ di tempo dopo la scuola non se ne stavano al buio. E– Asahi afferrò il telecomando. Ci voleva anche un po’ di tv. Il canale della fantascienza, andiamo sul sicuro. Dio, che razza di film era quello? Il divano... era un casino. Sprimacciò i cuscini e recuperò quello che era finito sul pavimento. Almeno, la sua fascia era lì sotto.
Si stava giusto risistemando i capelli, seduto sul pavimento davanti alla tv con tutta la calma possibile, quando Nishinoya si riaffacciò in soggiorno. “E insomma, sì, io e Asahi stavamo, ecco–” Lanciò un’occhiata allo schermo. “–Guardando questo film, è un vero spasso! C’era un bel po’ di casino, scusa se non ti abbiamo sentito subito!”
Tanak si trascinava dietro di lui; Asahi dimenticò all’istante la paura di poter essere sorpreso a pomiciare con Nishinoya.
Le spalle di Tanaka, normalmente alte e dritte tanto da rasentare l’arroganza, erano afflosciate. Asahi avrebbe potuto sintonizzare la tv su un canale di giardinaggio e Tanaka non l’avrebbe neanche notato. Si tolse gli scarponcini da lavoro, a testa bassa, e con un sospirone si lasciò cadere seduto al tavolino da caffè.
Asahi lanciò un’occhiata a Nishinoya, che si strinse nelle spalle.
“Ehm, birra non ce n’è, amico, ma... vuoi dell’acqua o altro? O posso fare del tè?”
“Tè, sì.” Tanaka appoggiò la guancia sul tavolo. “Grazie, bello.”
Asahi studiò l’espressione di Tanaka mentre Nishinoya si dava da fare in cucina. “Allora...”
Tanaka lo guardò. “Ma dai, è ovvio, no? Vi avevo detto che avrei chiesto a Shizuku di uscire.”
Oh. Asahi fece una smorfia. Quei messaggi risalivano solo a un paio di ore prima. Come aveva potuto dimenticarsene? Andava detto però che Nishinoya era una distrazione piuttosto efficace.
“Quindi, uhm, ha detto di no, eh?”
Un altro sospirone. “Non... esattamente. Amico, ma tu lo sapevi che è interessata a Noya?”
Asahi batté le palpebre. “Uh, beh...”
Merda.

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Capitolo 9
*** 9 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Asahi si sedette al solito tavolo nella piccola area ristoro del dipartimento di atletica. Dopo l’allenamento cercava sempre di stare lontano dal bar, e la roba dei distributori automatici là non era male.
Oggi era il giorno del ramen. Se ne concedeva uno a settimana, e non sarebbe stata una bugia troppo grossa dire che non era particolarmente entusiasta di quella porzione di carboidrati semplici e super salati.
“Accidenti, mangi ancora quella merda?”
Con aria colpevole, Asahi alzò lo sguardo: Hiyori era in piedi davanti a lui, con indosso la tuta da ginnastica, e gli sorrideva. “Beh”, riuscì a rispondere, “non dovrebbero tenerli nei distributori del dipartimento di atletica se fanno così male alla salute.”
Hiyori si mise a ridere e si sedette sulla sedia di fronte ad Asahi. “Se mai beccassi una delle mie ragazze a mangiare quella roba, le farei fare dieci giri di campo extra.”
“Meno male che non sono una delle tue ragazze, allora.” Asahi succhiò rumorosamente una manciata di noodles; pazienza se aveva le orecchie rosse.
Hiyori sporse le labbra in fuori, occhieggiandolo. “Già. A questo proposito...”
Asahi si bloccò nel mezzo di un altro boccone e alzò gli occhi su di lei.
“Sembra che la maggior parte delle ragazze della mia squadra potrà andare avanti con la propria vita. Finalmente.” Hiyori puntò un gomito sul tavolo e appoggiò il mento sopra la mano.
Asahi spalancò gli occhi. “Mi fa... piacere?”
“Sì, Azumane-san, questa è ciò che noi chiamiamo una buona notizia.” Hiyori tirò fuori una bottiglietta d’acqua e ne bevve un sorso. “È stato un sollievo sapere che Noya ti ha finalmente reclamato come si deve. A proposito, posso riavere il mio pennarello?”
Asahi inghiottì rumorosamente il boccone prima di strozzarsi. “I–il tuo pennarello?” farfugliò.
“Quello che ti avevo lanciato un paio di giorni fa. O forse la settimana scorsa? Non mi ricordo.” Hiyori sospirò. “Era il mio preferito. Dovrei proprio sforzarmi di non essere tanto melodrammatica.”
Asahi la fissò. “Hiyori-san? Che... che cosa?” domandò, impotente.
La ragazza roteò gli occhi. “Ho sentito che tu e Noya vi frequentate. Congratulazioni, a proposito.”
“L’hai sentito.” Asahi si appoggiò all’indietro sullo schienale della sedia, sbigottito. Ci frequentiamo? Che cavolo vuol dire? “Da chi?”
“Andiamo, pensi davvero di poterlo nascondere?” Hiyori indicò il suo collo.
Prima di potersi fermare, Asahi ci si premette forte una mano sopra. Aveva dimenticato di essersi legato i capelli per l’allenamento.
Hiyori ridacchiò brevemente, poi gli rivolse un’occhiata più seria. “Comunque, noi ragazze della squadra ci sosteniamo a vicenda. E Shizuku era ridotta uno straccio.”
Asahi sentì tutto il sangue defluirgli dal viso. “Oh.” Adesso la sua voce era poco più che un sussurro.
“Già, oh”, ripeté Hiyori. “È tutta cuore, quella ragazza. Lunedì è venuta all’allenamento praticamente distrutta perché aveva scoperto che Noya-chan non era esattamente nella posizione di poterla notare. Ha pianto per tutto il tempo, diceva di aver fatto la figura dell’idiota. È stato triste.”
Asahi ebbe voglia di nascondersi sotto il tavolo. “Oddio.” Si passò una mano sul viso e guardò Hiyori. “Ma sta bene?”
Lei non rispose subito, e lui si gettò quasi sopra il tavolo. “Hiyori-san...”
“Ti vuoi rilassare? Gigante paranoico.” Hiyori si poggiò la bottiglia d’acqua sulla fronte. “Shizuku si è presa una cotta bella tosta per Noya, ma... se la caverà. Prima o poi.”
“Prima o poi?” Asahi ebbe l’impressione di avere un macigno nello stomaco. “Ma se l’ha conosciuto una settimana fa. Nemmeno!”
Hiyori fece spallucce. “È tutta cuore quella ragazza, te l’ho detto. E a proposito, puoi smettere di sbatterle in faccia il tuo amico dalla testa rasata come premio di consolazione. Non funziona così con lei. Forse con Riri potrebbe funzionare, ma non con Shizuku.”
Asahi aggrottò la fronte e se la strofinò con una mano. “Tanaka non è un premio di consolazione”, borbottò. “Anzi, per vostra informazione, è un ragazzo fantastico.”
“Shizuku non ha mica detto il contrario. È solo che non è ancora pronta a saltare su quel treno. Il tuo uomo deve raffreddare i motori.”
Asahi cercò con tutte le sue forze di non irritarsi a quelle parole. Non dubitava che Shizuku ci stesse male, e si sentiva una merda per questo, ma aveva visto Tanaka l’altra sera. Il poveretto aveva proprio l’aria di uno al quale i motori erano stati raffreddati suo malgrado.
Tornò a concentrarsi sul ramen, che si stava raffreddando. Se non altro, pensò, andava riconosciuto a Shizuku di essere stata onesta con Tanaka.
Piantò le bacchette nei noodles. E lui e Noya? Shizuku pensava che stessero insieme, adesso lo pensava anche Hiyori, ma che Asahi fosse dannato se sapeva che cavolo stesse succedendo tra loro. A parte il fatto che gli sarebbe piaciuto un sacco pomiciare ancora con lui. Ma chi poteva dire cos’avesse in mente Noya?
Hiyori sollevò il mento dalla mano. “Accidenti, che faccia cattiva stai facen–”
“Hiyoriiii, come osi fraternizzare col nemico?”
Asahi alzò gli occhi, trasalendo, mentre Hiyori si girava sulla sedia. Riri, i capelli bruni ondeggianti e la falcata impressionante, marciava decisa in direzione del loro tavolo. Trascinava con sé una Shizuku dal volto incredibilmente rosso.
Riri si fermò accanto alla sedia di Hiyori e fece sporgere un fianco all’infuori. “Azumane-san, stai cercando di spezzare il cuore di un’altra ragazza?” Ma lo disse sorridendo, con le ciglia abbassate. “Con Hiyori-san però stai abbaiando all’albero sbagliato, sai.”
Hiyori le diede una manata su una gamba. “Sta’ zitta.”
“I–io non stavo–!” annaspò Asahi.
“Mio Dio, ti vuoi rilassare?” Hiyori fece roteare gli occhi. “Riri sta solo facendo finta che le freghi qualcosa.”
“Questo è falso, capitano.” Riri mise il broncio e strinse a sé la ragazza bionda. “Shizuku è ridotta all’ombra di se stessa fin dalla settimana scorsa, ed è tutta colpa di questo tipo.”
“R–Riri!” Shizuku aveva l’aria di volersi ficcare sotto il pavimento; Asahi non poteva biasimarla.
“Guardalo”, le bisbigliò l’altra in un orecchio. “Lo sfasciafamiglie.”
Asahi rimase a bocca aperta. Shizuku si nascose il volto in una mano.
“Immagino comunque che questo risponda al perché tu non sia voluto restare a dormire da me sabato scorso”, proseguì Riri.
A quelle parole, Sia Asahi sia Shizuku restarono senza fiato.
“Tutto sommato, non mi dispiace perdere contro Noya-chan.” Riri si avvolse una ciocca di capelli intorno a un dito. “È uno svergognato anche lui, a suo modo.”
Asahi lanciò un’occhiata a Hiyori. Gli occhi di Shizuku erano diventati enormi.
“Deve esserlo, se è riuscito a far girare la testa a Shizuku.” Riri, solidale, carezzò i biondi capelli dell’amica. “Sono stata io a convincerla a venire a quella festa, e cosa doveva trovare? Un libero gay.” Sospirò con fare melodrammatico. “Mi spiace, piccola. Hai davvero una sfiga nera.”
Shizuku si districò dalla sua stretta. “I–io non penso proprio.” Si erse in tutta la sua altezza; si vedeva benissimo che stava cercando di ricomporsi. “Ho avuto modo di conoscere Azumane-san e Noya-san e... e Tanaka-san.” Era ancora rossa come un pomodoro, ma la sua voce era tornata alla tonalità consueta.
“Tanaka-san?” Riri arricciò il naso. “Il tizio con la testa rasata che hai nominato a cena ieri sera?” Socchiuse le palpebre e fissò Asahi. “Sarà mica gay anche lui?”
Riri!” strillò Shizuku. “Sta’ zitta!”
Asahi si schiarì la gola. “Ehm, senti, Shizuku–”
“Bene bene, guarda chi c’è. Azumane e il suo piccolo harem.”
Hiyori, Riri e Shizuku si girarono, ma Asahi vedeva lo stesso quella chioma decolorata torreggiare sopra di loro. Si accigliò.
Kibikino gli rivolse un ghigno, ignorando le ragazze. “Espandiamo il territorio, Azumane?”
“Cosa vuoi, Kibikino.” Asahi cercò di mantenere un tono cortese, ma il ricordo dello scorso martedì sera fuori dall’appartamento di Shizuku era ancora fresco nella sua mente.
“Il tuo ragazzo non c’è oggi?” Il giocatore di basket avanzò alla sua volta, troppo alto, troppo grosso, e le ragazze si fecero da parte per non essere spintonate.
Asahi odiava con tutto il cuore i tizi che facevano cose del genere. Balzò su dalla sedia.
“Ti alzi in piedi per parlare con me?” Kibikino si arrestò all’altro capo del tavolo. “Quale onore.”
“Kibikino–” cominciò Hiyori, ma il giovane la mise a tacere agitando una mano.
“Un momento, capitano. Stanno parlando gli uomini.” Si volse a mezzo e fece l’occhiolino a Shizuku. “Sarò da te fra un secondo.”
Asahi cominciava a vedere rosso. “Non credo proprio.” Tieni basso il tono. Non c’è alcun bisogno di urlare.
“Come?” Kibikino si rivolse a lui. “Hai qualcosa da dire?”
“Dio mio, quanto sei stronzo”, sibilò Riri, restando però in disparte. Hiyori era davanti a lei e a Shizuku, le labbra tirate. Gli occhi di Shizuku erano ardenti, ma era impallidita e tremava leggermente. Asahi aggrottò la fronte. Doveva proprio fare schifo abitare accanto a un tipo del genere.
Questa situazione deve finire.
Raccolse il borsone da ginnastica e se lo buttò in spalla. Girò intorno al tavolo, oltrepassò Kibikino, e senza dire una parola offrì il braccio a Shizuku. Lei alzò gli occhi su di lui, confusa, ma lo accettò immediatamente.
Poi Asahi lanciò un’occhiata a Riri. Nonostante la tensione del momento, la ragazza fu svelta a muoversi. “Sul serio”, tubò lei, gettandosi i capelli sopra una spalla. “Dov’è il mio, bell’uomo?”
Asahi non sorrise, non ci riusciva ancora, ma le porse l’altro braccio. Riri si aggrappò al suo bicipite tipo boa constrictor. Gli poggiò l’altra mano sull’avambraccio. “Hiyori, tesoro”, disse al suo capitano, strizzandole un occhio. “Non so dove stiamo andando, ma dovresti venire a scoprirlo.” Rivolse poi a Kibikino un’occhiata fulminante. “Tu resta pure qui.”
Asahi emise un lento sospiro. Il cielo fosse ringraziato per la bocca di Riri. S’incamminò, e le ragazze si misero al passo come modelle.
Sentì Hiyori ridacchiare dietro di loro. “Ci si vede, Kibikino.” Le sue scarpe da ginnastica stridettero sul pavimento mentre li raggiungeva.
Nessuno disse una parola finché non uscirono. Quando ebbero oltrepassato la porta del dipartimento di atletica, Asahi si fermò e restarono tutti e quattro lì, alla luce del sole pomeridiano.
Asahi iniziava a sentirsi abbastanza stupido. Forse aveva esagerato. Andarsene via tutto impettito con un trio di ragazze al seguito era proprio una cosa da fighetti. Un caldo e pesante imbarazzo cominciò a farsi strada nella sua gola.
“Bene!” Hiyori gli batté una pacca sulla schiena talmente forte da farlo incespicare in avanti. “È stato eccitante. Riri.” Gli tirò via la bruna dal braccio. “Noi dovevamo andare in biblioteca, ricordi? Dopo l’allenamento, biblioteca, tu e io.”
“Non te ne sei dimenticata?” si lagnò Riri.
“I tuoi voti fanno pena, ragazza. Non ho intenzione di perdere la mia schiacciatrice migliore solo perché non riesce a stare al passo con lo studio.”
Asahi osservò le due ragazze che si allontanavano finché non girarono l’angolo e furono fuori vista. Quindi abbassò gli occhi su Shizuku, che era ancora attaccata al suo braccio.
Lei alzò lo sguardo. “Oh! Ah. Scusa”, borbottò, ritirando immediatamente la mano e facendo un gran passo laterale.
“No, no!” disse in fretta Asahi. “D–dovrei essere io a scusarmi. Davvero. Non avrei dovuto trascinarvi fuori in quel modo.” Ridacchiò, ancora un po’ imbarazzato. “Ho veramente esagerato.”
Shizuku si strinse le braccia intorno al corpo. “No, non credo. Dio sa se io non sapevo proprio cosa dire.”
Asahi si riaggiustò il borsone in spalla. “Le cose con lui sono peggiorate da martedì?”
La ragazza sporse le labbra in fuori. “Non direi. Mi ignora, in realtà. Non che me ne lamenti.”
C’erano molte cose che Asahi avrebbe voluto dirle. Mi dispiace che Kibikino sia un coglione. Hai mai pensato di trasferirti da Hiyori e Riri? Perché non ti piace Tanaka? Perché ti piace Noya? E a me, piace Noya? Nel modo in cui tu piaci a Tanaka, voglio dire? Pensi che–
“Ti va di fare un po’ di schiacciate con me?”
Asahi la guardò, sorpreso.
Shizuku si studiava le scarpe da ginnastica. “C’è un campo di allenamento che dovrebbe essere aperto a quest’ora. Potremmo montare una rete.”
Qualcosa di piccolo e caldo fiorì nel petto di Asahi. Allenamento? Schiacciate? “Non... non schiaccio una palla da–”
“Ta... Tanaka-san mi ha detto che eri l’asso della squadra del vostro liceo”, disse rapidamente Shizuku.
“Io–” Asahi sapeva di essere arrossito, e molto. Sollevò il mento. “Sì. Sì, lo ero.”
La ragazza lo guardò con una certa eccitazione negli occhi. “Sai, uhm. Non ho quasi mai la possibilità di allenarmi con le prime schiacciatrici della mia squadra...”

~
 
Shizuku era un’alzatrice metodica. Era competente e prevedibile, nulla di troppo appariscente o fantasioso. Non era Kageyama, che riusciva ad alzare una palla ogni volta e per ogni schiacciatore con precisione chirurgica. Non era come Oikawa, che sapeva affinare ogni alzata per tirare fuori il meglio dallo schiacciatore. Era come... era come se Daichi fosse stato un alzatore invece che un ricevitore.
Per Asahi era bellissimo.
Alla prima schiacciata andata veramente a segno, Shizuku era rimasta a bocca aperta. Quando i piedi di Asahi avevano toccato di nuovo terra e si era girato verso di lei, si era portata le mani sulla bocca e lo aveva fissato con due occhi grandi come piattini.
“Uhm”, aveva detto Asahi. “È molto più facile senza il muro, eh?”
Con un urletto di eccitazione, lei si era tirata più vicino il carrello delle palle. Gli aveva lanciato un’altra palla, con un enorme sorriso. “Un’altra! Più in alto, stavolta!”
Dopo tre passaggi così-così, si erano regolati quel tanto che bastava perché la palla si adattasse perfettamente alla sua mano. Asahi si abbandonò all’azione con trasporto e con intento assassino, la tensione di pochi minuti prima svanita nei muscoli sciolti e nella concentrazione.
Il carrello era quasi vuoto quando rifiutò l’ennesima palla, agitando una mano. Entrambi erano coperti di sudore e respiravano affannosamente.
“Devo fare una pausa”, ansimò Asahi. “Mi si sta staccando il braccio.”
“Oh? Oh, se ne sei certo.” Shizuku rilanciò la palla nel carrello.
“È passato giusto un minuto dalla mia ultima volta.” Le rivolse un sorriso. “Sei decisamente in condizioni migliori delle mie.”
Shizuku tirò su col naso. “Vorrei vedere.” Spalancò gli occhi. “Ah! Cioè! Faccio parte di una squadra, faccio questo tutti i giorni mentre tu, ehm, no, perciò sarebbe veramente terribile se non–!”
Asahi rise e si afflosciò sul pavimento. Pensò di mettersi seduto, ma invece si ritrovò sdraiato sullo stomaco. Stese le braccia in fuori, appoggiò la guancia a terra, e gemette.
“Stai, ehm, stai bene, Azumane-san?” indagò Shizuku.
“Mm. Me ne starò disteso qui a morire tranquillo, se non ti dispiace.” La sentì correre verso la panchina dove avevano lasciato le loro cose. Decise che non valeva la pena alzare la testa.
“Questa è tua?” Una bottiglia d’acqua comparve nel suo campo visivo. Shizuku si sedette per terra a gambe incrociate, bevendo dalla sua. “Credo che dovresti fare un bel pasto abbondante stasera.”
Chissà se Noya è libero. È da un po’ che non torniamo in quel ristorante thailandese. Asahi tossicchiò, sorpreso dei suoi stessi pensieri, e si tirò su per bere.
“Allora.” Shizuku si schiarì la gola nervosamente. “Uhm. Scusa per... per tutto quello che ha detto Riri prima.”
Mentre beveva, Asahi sollevò un sopracciglio.
“Io non credo che tu– lei ha detto che tu– uff!” Shizuku si sciolse i capelli e cominciò a rifarsi la coda. “Io non ce l’ho con te, o con Noya-san. Ovviamente. Siete due ragazzi fantastici e sono contenta di avervi conosciuto, e mi di–dispiace di aver... frainteso il vostro... rapporto all’inizio. Non intendevo combinare casini.”
Asahi la guardò a bocca aperta. “Cosa... cosa pensi di aver frainteso?”
Shizuku aggrottò la fronte. “Come sarebbe? Che state insieme. No?”
Asahi tossì. Sapeva di essere rosso come un pomodoro. “Noya? E io?”
La ragazza si accigliò. “Oh, ma dai. Non è così?”
“Io...” Asahi inspirò a fondo. “N–non abbiamo mai parlato di... di niente del genere. Uhm.”
“Mi stai– mi stai prendendo per il culo?” La voce di lei si alzò. “E quello che diavolo è, allora?” Indicò il suo collo.
Per la seconda volta in quel giorno, Asahi ci si premette forte la mano sopra. “Uhm!”
“Lui ti fa i succhiotti, e ti guarda come se... come se fossi fatto di sesso, e non sai se state insieme?” Shizuku stava praticamente urlando.
“I–io non sono fatto di sesso!” ribatté stupidamente Asahi, mezzo sussurrando e mezzo gridando.
Non ho detto che lo sei!” Shizuku chiuse gli occhi e sospirò forte. “Devi parlare con quel ragazzo. Seriamente. Confessagli il tuo amore o dagli la possibilità di dirti quello che è palesemente ovvio per tutto il resto del campus, ti prego, per l’amor del cielo.”
Asahi la fissò, sbalordito.
“Lui ti piace. È evidente.” Non era una domanda.
Asahi deglutì. “E... e a te no”?
Le guance di Shizuku si colorarono di rosa. “Io–! Può darsi.” Abbassò lo sguardo sulla sua bottiglia d’acqua, passandosela di mano in mano.
“Perché?” Questa è troppo personale, amico, non si tratta di te. “Lo hai conosciuto a una festa. Eravate ubriachi.” E stavate così bene insieme, e io ero così geloso.
Shizuku sorrise appena. “Abbiamo parlato di pallavolo. Lui ama questo sport. Lo ama sul serio, non perché lo fa apparire figo o perché pensa di essere il migliore di tutti in campo. Ama la pallavolo. E non gli importa che io non sia altrettanto brava.”
“Shizuku, tu sei molto brava–”
Lei alzò una mano. “Me la cavo, e se questo vuol dire che posso continuare a giocare, ne sono felice. Ma Noya-san è...” Sospirando, si appoggiò all’indietro sulle mani. “Lui ti fa sentire bene. In quello che fai. È bello avere accanto qualcuno così, sai?”
Sì. Sì, è proprio vero. Asahi sospirò. “Ma tu starai bene? Riguardo lui e... e tutto il resto?”
Shizuku inclinò la testa all’indietro e fissò il soffitto. “Io sono una scema. Ma lui ha occhi solo per te.”
“Questa, ehm, non è proprio una risposta”, le fece notare pacatamente Asahi. Però... sul serio? Oddio, ma da quando? E COME?
Lei sorrise, sempre guardando il soffitto. “Perché non potevi essere un bastardo? O non poteva esserlo Noya-san? Tutta questa storia sarebbe molto più semplice per me.”
“Sai cosa penso?” Asahi si leccò le labbra, ignorando l’avvertimento che gli aveva dato Hiyori prima. “Penso che, ehm, dovresti dare a Tanaka una possibilità.”
Shizuku s’irrigidì.
“Perché, uhm... ascoltami un momento!” Dovresti proprio farti i fatti tuoi, amico, hai già combinato un casino la prima volta che hai provato a sistemarla con qualcuno. “È un bravissimo ragazzo, e sa incoraggiare le persone quanto Noya! Forse... forse parla un po’ troppo, il che è tutto dire adesso che ci penso, ma non ti farebbe mai stare male. Mai. E, e poi, anche lui ama la pallavolo!” Oddio, sei proprio una frana in questo.
Shizuku risollevò lentamente la testa e lo fissò a bocca aperta.
“E poi. È veramente un cuoco eccezionale”, concluse Asahi, con una vocina piccola piccola.
Shizuku batté le palpebre un paio di volte. Un lento sorriso spuntò sulle sue labbra, quindi iniziò a ridere. Una risata chiara e accattivante. “Santo Dio, Azumane-san! Siete proprio i più grandi fan l’uno dell’altro!” Si rimise in piedi scrollando le spalle. “Aiutami a tirare giù la rete.”
“Oh.” Asahi balzò in piedi. “Abbiamo finito?”
“Abbiamo finito.” Girandosi a mezzo, Shizuku gli rivolse un sorriso. “Hai un ragazzo da invitare stasera.”
Asahi deglutì rumorosamente.
Già. Sì, lo... lo inviterò a uscire. Come si deve. Sarà un autentico, sincero appuntamento, e poi gli dirò...
Merda.
Che cosa gli dirò?!

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Capitolo 10
*** 10 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Asahi lasciò cadere il borsone sul pavimento accanto al divano. Tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca e lo fissò.
Chiamalo. Adesso, subito, più ci pensi più sarà penoso.
Selezionò il numero di Nishinoya. Fissò quel ciuffo bruno con la ciocca bionda e il solito sorriso spavaldo. I suoi occhi si concentrarono sulle labbra di Noya. Erano sul suo collo solo la sera pri–
Asahi gettò il cellulare sul divano e si precipitò in bagno. Quella telefonata poteva aspettare. Meglio fare prima una doccia. Senza dubbio gli sarebbe venuto qualcosa di geniale da dire al telefono mentre era sotto il getto dell’acqua.
Avrebbe preparato la cena, decise insaponandosi i capelli. Doveva solo andare a comprare patate e carote, e avrebbe messo insieme un curry decente.
“Ehi”, provò mentre si asciugava. “Ehi, ho della roba che dev’essere consumata. Dovresti venire a mangiare un po’ di curry, ne ho fatto decisamente troppo.”
E poi – Asahi tornò al divano, con l’asciugamano intorno ai fianchi. E poi, forse posso prendere della birra. E poi gli dirò, ecco...
Strinse il cellulare tra le dita.
Sai... noi...
...
Io...

“Aaaaaaughhh!” Asahi compose il numero di Nishinoya e si portò il telefono all’orecchio, fissando il soggiorno con uno sguardo truce. Si morse il labbro mentre il telefono squillava. E squillava. E continuava a squillare.
E cazzo, no, non lascio un messaggio. Asahi cominciò a camminare avanti e indietro, strattonandosi i capelli umidi. Non sono assolutamente pronto a lasciare un messaggio. Adesso riattac–
“Asahi-san!”
“N–Noya!” Asahi si lasciò cadere seduto sul bracciolo del divano. “Io... hai risposto!” Ma che bravo, Capitan Ovvio.
“Già, ero tipo a lezione”, ridacchiò Nishinoya.
Asahi socchiuse le palpebre. “Eri a lezione?”
“Beh, non posso mica rispondere mentre sono in aula! È da cafoni, Asahi-san.”
“Sei uscito per rispondere al telefono.”
“Mm. Il prof sembrava un po’ incavolato, ma ho detto che era il mio medico e così sono uscito.”
Asahi si passò una mano sul viso. “Il tuo medico. Noya, non ci crederà nessuno.”
“Ma in un certo senso è vero”, protestò Nishinoya. “Tu sei una specie di medico, no?”
“Non sono per niente un medico! La medicina sportiva è una disciplina molto–”
“Sì, vabbé, per quale motivo mi hai chiamato?”
“...Oh.”
“Voglio dire, mi sentirei un po’ stupido ad aver piantato la lezione solo per sentirmi dire che hai trovato un video su un gatto o qualcosa del genere.”
“Non ti chiamerei mai solo per questo.” Asahi sentì un sorriso nascergli sulle labbra.
“Ma se mi hai mandato un link giusto la settimana scorsa.”
“Esatto. Io mando solo link dignitosi.”
“Asahi-saaaaaannnnn.”
Asahi deglutì. “Giusto. Ehm.” Si passò le dita fra i capelli, che restarono impigliate in alcuni nodi. “Vuoi, uhm, vuoi venire a cena stasera?”
Nishinoya restò in silenzio più a lungo del normale. Nel suo caso, circa tre secondi. “Beh, certo! Che ti va di fare?”
Asahi riprese a respirare. Questo era normale. Andavano sempre a cena loro due, poteva essere tutto normale. Almeno fino al dopo cena. Quando sarebbe accaduta la cosa più anormale che lui avesse mai– “Preparo il curry.”
Oh.” Nishinoya tacque di nuovo. “Ceniamo a casa tua, allora? Uhm. Sembra... fantastico! Uhm, devo portare qualcosa?”
Non è normale. Questo non è assolutamente normale, lo sa, cazzo, lui sa. Asahi chiuse gli occhi e alzò la testa al soffitto. “Uhm? Pensi di volere la birra?”
“Sì. È un sì. La porto io.” Un’altra pausa. “Oppure... uhm. Forse preferiresti il vino?”
Oddio. “Purché sia secco e rosso”, riuscì a rispondere Asahi.
“Grande.” Adesso la voce di Nishinoya sembrava più cauta del solito, ma c’era definitivamente un sorriso in essa. “Grande. Allora ci vediamo, ehm– a che ora?”
“Ah.” Asahi guardò velocemente l’orologio sul cellulare. “Alle sette?”
“Alle sette! Fantastico! Perfetto! Sono eccitatissimo, non vedo l’ora, meglio che torni in classe, a dopo!”
Asahi fissò il telefono. Non aveva mai dovuto spingere un masso su per una collina, ma immaginava che facendolo ci si doveva sentire come si sentiva lui in quel momento.

~
 
Nel tempo che Asahi passò a contemplare la cassetta delle patate, i suoi capelli si asciugarono completamente.
Patate, carote. Il riso ce l’ho. Non ho visto se ho il latte di cocco, forse dovrei prenderlo– aspetta, ce l’ho la carta igienica?
Girò un angolo e andò a sbattere contro una dura spalla.
“Azumane!”
“Kuroo! Scusa, ero, ehm. Un po’ distratto.” Asahi sorrise, imbarazzato.
Kuroo aveva una cassa di birra sotto un braccio e nell’altra mano una grossa busta di patatine. Sorrise indicando con la testa il cesto di Asahi. “Verdure fresche, eh? Noya è super eccitato per la serata.”
Asahi sentì il rossore risalirgli lungo il collo. “Tu, ah... te l’ha detto?”
Il sorriso di Kuroo si fece ancora più malizioso. “Vuoi scherzare? L’ha scritto a tutta la squadra. Credo che Oikawa gli abbia consigliato di mettere una cravatta. Non c’è di che.”
“Una cravatta.” Asahi si guardò i jeans. C’era un buco in entrambe le ginocchia.
“Ehi”, disse Kuroo, tornando serio. “Non arrovellarti troppo. Stai da Dio.”
“Indosso una felpa.”
“Ma è pulita, no?”
Asahi sospirò. “Che sto facendo?”
“Prepari una cenetta per un ragazzo che è cotto di te. Adorabile. Guarda, mi hai ispirato.” Kuroo sollevò le patatine e le birre.
Asahi alzò un sopracciglio. “Quella non è la tua cena.”
“Uhm?” Kuroo occhieggiò le patatine. “Beh, intendevo tenerle da parte per il weekend, ma in tutta onestà mi sa che non arriveranno all’ora di pranzo di domani.”
Asahi sorrise suo malgrado. “Che succede di tanto speciale nel weekend?”
“Oh-oh.” Kuroo si sporse verso di lui con fare cospiratorio. “Una giovane e promettente recluta sarà ospite della nostra squadra. Forse lo conosci – alto, biondo, occhiali, odia il mondo?”
Asahi rimase a bocca aperta. “Tsukishima? Voi ospitate Tsukishima. Questo weekend.”
“In effetti, ho detto ‘odia il mondo’ ma in tutta onestà è un errore imperdonabile”, rifletté Kuroo. “Più che altro, ‘ crede che il mondo sia stupido e cerca di tollerarlo’.”
“Voi... siete rimasti in contatto?” farfugliò Asahi. Tsukishima, che stava da Kuroo. Per il weekend. Al campus. Decise fermamente che per quel weekend non sarebbe assolutamente andato a nessuna festa.
“No, no.” Kuroo si appoggiò la cassa di birre su un fianco. “Il coach ha chiesto se c’erano volontari per ospitare la recluta, ho riconosciuto il nome e non ho saputo resistere. Per questo sto facendo provviste.”
“Ah.” Asahi si inumidì le labbra. “Uhm. Sai, forse dovresti aggiungere delle fragole o roba simile? Cibo vero, insomma.”
“Ooh.” Kuroo gli scoccò un’occhiatina di sbieco. “Consigli da un vecchio senpai, eh? Le fragole sono di qua, giusto?” S’incamminò verso la corsia. “In bocca al lupo per stasera, Azumane! I preservativi sono sullo scaffale quattro!”
Asahi si disse che non avrebbe avuto problemi a guardare in faccia la cassiera quando sarebbe venuto il suo turno di pagare, ma venne fuori che si sbagliava.

~
 
Asahi assaggiò il curry per la decima volta. Era buono, buonissimo. Si costrinse a non aggiungere altre spezie. Se s’innervosiva troppo, lo avrebbe rovinato.
Si era già arrovellato abbastanza sulla musica. Non ne aveva mai messa durante le visite di Nishinoya, ma aveva letto che della musica di sottofondo durante una festa aiutava a dissipare i silenzi imbarazzati. Quella non era una festa, ma quasi sicuramente ci sarebbe stato dell’imbarazzo, no?
Gli ci erano voluti solo venti minuti per decidersi sulla stazione. E aveva trascorso la successiva mezz’ora a spegnere e riaccendere lo stereo prima di alzare le mani e lasciarlo acceso.
Si era tenuto i jeans strappati, ma aveva cambiato la felpa con una camicia a tessuto scozzese. Gli sembrava più sicura.
Si aggrappò al bancone della cucina e fissò la pentola fumante. Non sopravviverò a questa cosa. Di sicuro non sopravviverò a–
Una bussata entusiastica alla porta gli scatenò un brivido in tutto il corpo.
“Asahi-saaaaaan!”
Asahi deglutì rumorosamente, si passò le mani nei capelli – li aveva lasciati sciolti – e si affrettò alla porta.
Nishinoya non indossava una cravatta. Grazie al cielo. Probabilmente però era opera del diavolo se indossava una t-shirt con sopra stampato il logo di una band sotto una giacca attillata e calzoni di tela neri.
Era troppo tardi per rifugiarsi in camera sua e cambiarsi i jeans, vero?
Nishinoya sollevò una bottiglia di vino come fosse stata un trofeo. “Uno dei ragazzi mi ha consigliato questo! Ha detto che è eccezionale, così ho pensato che avremmo dovuto provarlo.” Entrò nell’appartamento e si tolse gli stivaletti come fosse la cosa più naturale del mondo.
Asahi si aggrappò a quel frammento di conversazione. “Fammi indovinare: Oikawa?”
“No.” Gli occhi di Nishinoya si accesero. “È stato Aone-san. Vuoi farlo parlare? Vai sul cibo, cibo buono intendo. Diventerà rapsodico su umami-questo e besciamella-quest’altro e sous-vide-come diavolo si chiama.”
“Rapsodico?” Asahi non riusciva neanche a immaginare quel gigante dire qualcosa di più di un saluto formale.
“Almeno due frasi, non scherzo.” Nishinoya gli mise in mano la bottiglia di vino ed entrò in cucina. “Wow, amico, che profumino!”
“Il riso sarà pronto fra un paio di minuti”, promise Asahi. Lo seguì, posò la bottiglia sul bancone e si mise a cercare il cavatappi. Sapeva di averlo, solo non apriva una bottiglia di vino da–
Due esili braccia gli si avvolsero intorno allo stomaco. Le mani di Asahi si immobilizzarono dentro il cassetto; sentì che Nishinoya gli appoggiava la fronte sulla schiena.
Ci fu un istante di attesa. Un istante in cui Asahi seppe che nessuno di loro sapeva cosa sarebbe successo dopo. Sentiva il sangue ruggirgli nelle orecchie.
Le dita di Nishinoya si flessero, la stretta delle braccia si allentò. Asahi vi poggiò sopra una mano per impedire loro di lasciarlo.
Nishinoya si appoggiò alla sua schiena con tutto il peso, sospirando. “Mi sei mancato”, mormorò.
Ad Asahi venne da ridere. “Ci siamo visti appena ieri.” Si girò nel suo abbraccio e si appoggiò al bancone. “Tipo, per ore.” Intrecciò le dita dietro la schiena di Nishinoya e wow, sembra così facile.
Nishinoya si aggrappò alla parte anteriore della sua camicia. Non lo guardava negli occhi, il che era insolito per lui. “Lo so”, borbottò.
Andrà... bene. Asahi non sapeva ancora a cosa Nishinoya stesse pensando. Non ne aveva la più pallida idea. Ma all’altro quella situazione sembrava star bene, perciò...
E se questo fosse tutto ciò che vuole? No, smettila, non puoi pensare a questo, devi prima chiederglielo. Ma chiedere fa schifo! Ommioddio, Asahi, vuoi deciderti una buona volta a–
Nishinoya si scostò da lui e Asahi lasciò ricadere le braccia, sorpreso. “Allora!” disse allegramente il ragazzo. “Mangiamo, eh? E voglio un bicchiere di quello, tipo, adesso.”
Asahi batté le palpebre. Aveva pensato – beh, era a tanto così dall’aver– “Sì. Sì, prendi le ciotole, ti spiace?”
Tornò a cercare il cavatappi, lo trovò e si volse per prendere il vino. E rimase lì impalato.
Nishinoya, in punta di piedi, cercava di raggiungere la mensola su cui Asahi teneva la sua modesta collezione di stoviglie. Con un ringhio di frustrazione, il ragazzo si riabbassò, si tolse la giacca e riprovò. La t-shirt gli si tirò su mostrando una schiena muscolosa. Le sue braccia erano sottili ma accidenti che bicipiti...
Asahi si morse un labbro per impedirsi di scoppiare a ridere mentre Nishinoya tirava giù le ciotole, con un sorriso soddisfatto. Doveva essergli sfuggito qualche suono, però, perché la testa di Nishinoya scattò dalla sua parte.
“Ehi! Avresti anche potuto aiutarmi invece di star lì a ridere, eh! Gigante del cavolo”, brontolò.
“Non voglio che tu mi tenga intorno solo perché sono alto”, lo prese in giro Asahi. Andò in soggiorno con il vino e due bicchieri per dissipare il rossore.
Nishinoya lo seguì in silenzio. Mise giù le ciotole e due cucchiai e si sedette al basso tavolo. Bevve cautamente un sorso del vino che Asahi aveva già versato.
Quel silenzio improvviso era pesante e anche un po’ snervante. Asahi si passò le mani sui jeans. “Vado a prendere il cur–”
“Asahi-san.”
Asahi, che era già arrivato alla porta della cucina, si girò.
Nishinoya strinse le mani a pugno sulle ginocchia e tirò le labbra in una linea sottile. “Potresti, uhm. Prima. Potresti sederti un attimo... per favore?”
Asahi non riusciva a dire se quel che sentiva nello stomaco erano farfalle svolazzanti o un macigno pesante una tonnellata. Si schiarì la gola. “C–certo.”
“Sul divano va bene”, suggerì Nishinoya.
Asahi si leccò le labbra e sedette sul bordo del divano, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani incrociate. Sta’ calmo, calmo, per l’amor del cielo, stai calmo.
Nishinoya gli si avvicinò camminando sulle ginocchia, riducendo un po’ la distanza fra loro. Sembrava impallidito, gli occhi enormi, le spalle tese. Tornò a sedersi sui talloni, in quella stessa posizione stranamente formale.
“Asahi-san, io– non voglio incasinare qualunque cosa tu abbia in mente per, uhm, per questo.” Gesticolò verso il tavolo apparecchiato per la cena. “Ma–” Si lasciò sfuggire una risatina nervosa. “Devo dirti una cosa e se non te la dico adesso sento che esploderò. Oppure Tanaka entrerà correndo da quella porta o qualcosa del genere.”
Asahi si strofinò le mani, cercando di cancellare la sensazione di appiccicaticcio.
“Tu mi piaci un sacco.” Nishinoya sostenne il suo sguardo e deglutì rumorosamente. “Cioè, proprio un sacco, ok? Mi piaci da tanto, tantissimo tempo e non avevo intenzione di dire niente, avevo intenzione di lasciarti... sperimentare le tue preferenze, quali che fossero, solo che non sapevo proprio quali fossero queste preferenze perché tu non avevi mai detto se ti piaceva qualcuno, perciò io... gah, ero felice anche solo che tu avessi voglia di passare del tempo con me, ma poi ho vinto una borsa di studio per questa università e ho cercato di esserne contento comunque, solo che poi–” Trasse un respiro profondo e lo rilasciò. “Sono arrivato qui e tu eri... ancora più... beh, è stata dura, ok? Ma ho cercato di fare in modo che tutto fosse come prima tra noi, e poi tu...” Nishinoya sorrise, un sorriso piccolo, felice e bellissimo. “Tu mi hai b–baciato. E così ho pensato che. Uhm. Forse dovevo. Dirtelo. Finalmente.” I suoi occhi corsero sul pavimento, poi su Asahi, poi di nuovo sul pavimento. Dove rimasero.
Asahi inspirò a fondo. E si prese il ragazzo tra le braccia, sdraiandosi sul divano con lui in un unico movimento fluido. Serrò le palpebre e si concentrò sulla respirazione.
Nishinoya emise un urletto di stupore.
Asahi lo abbracciò più stretto e immerse il naso nei suoi capelli. Avevano un profumo come di colonia. Frondoso e fresco. Accidenti. Accidenti, è molto più figo lui di me. Sentì un bruciore negli occhi e si sforzò di non mettersi a piangere. Non credeva di riuscirci.
“Asahi... san?”
“Non ho mai avuto preferenze.” Asahi odiava che la sua voce tremasse. “Non ho mai... v–voluto nessuno... beh, non così.” Mise una mano sulla spalla di Nishinoya, vagamente sorpreso a come la contenesse per intero. “Amo stare  con te.” Questo lo sapeva. Era facile. “Voglio stare con te.” Anche questo era facile. “Per favore.”
Dio, suona così patetico dopo il discorso di Noya–
Nishinoya si agitò nel suo abbraccio finché Asahi ritirò le mani, sorpreso. Il ragazzo gli si mise a cavalcioni, lo afferrò per il colletto della camicia e poggiò la fronte contro la sua. Asahi chiuse un occhio per focalizzarlo meglio. Il sorriso di Nishinoya era enorme.
“Per favore è la formula magica”, disse a voce bassa. “Azumane Asahi, mi duole informarti che da questo momento in poi sei mio.”
Asahi trattenne il respiro. “O–ok”, gracchiò.
Con un sospiro, Nishinoya gli prese il viso con entrambe le mani. “”, e coprì la sua bocca con la propria.
Asahi cercò di ingoiare il resto delle lacrime – alcune erano scappate fuori, dannazione – e appoggiò le mani sui fianchi dell’altro ragazzo. Amava anche solo stare con lui ma, cazzo, amava anche questo. Le labbra di Nishinoya contro le proprie, il suo respiro sulla sua bocca. Il lieve sapore del vino era molto meglio di quello del ramen dei baci della sera prima. E di quelli della sera prima ancora.
Asahi inclinò la testa per avere un’angolazione migliore e fece scorrere le dita sulla maglia di Nishinoya, avvertendo al di sotto i muscoli compatti e la spina dorsale flessuosa. Con un lieve gemito, Nishinoya strinse le ginocchia contro le sue costole.
Tenendo una mano sulla sua schiena – ma dove le trovava quelle t-shirt così morbide? – Asahi gli fece sollevare il mento con l’altra e poggiò le labbra sul suo collo. Aveva un profumo fantastico.
Nishinoya rabbrividì e strinse la sua camicia tra i pugni. “Asahi”, sospirò. Allargò un po’ le gambe, appoggiandosi con tutto il peso sul suo inguine.
Asahi gemette contro il suo collo, e premette la mano sulla parte bassa della sua schiena. Non troppo forte, solo... se Nishinoya voleva stargli più vicino, allora...
Nishinoya restò senza fiato. “Caaaaazzo.” Lo afferrò per i capelli e lo tirò a sé per un altro bacio.
Asahi non credeva che sarebbe riuscito a riaprire gli occhi almeno per una settimana. Si stava sciogliendo, stava trasformandosi in una pozza di miele, una pozza di miele che andava a fuoco. Le sue mani continuarono a scendere, le dita trovarono l’orlo di quella maglia così morbida. Wow, la pelle di Nishinoya era... beh, com’era una pelle di solito, calda e liscia e tutto il resto, ma era la pelle di Nishinoya ed era incredibile. Le dita di Asahi cominciarono a tracciare il profilo di quella spina dorsale così sexy.
Woah, ok, ah.” Nishinoya interruppe il bacio e gli afferrò la mano.
Asahi sentì una fitta di panico farsi strada nella nuvoletta soffice che lo avviluppava. “Che c’è? Non è... n–non ti piace?”
“Un secondo.” Nishinoya appoggiò di nuovo la fronte contro la sua. “Scusa, io–” Rise tra un ansito e l’altro. “Asahi. Forse dovremmo... uhm.” Chiuse gli occhi. “Non voglio affrettare troppo le cose, capisci? E, uhm, dovremmo. Fermarci. Probabilmente dovremmo, ehm. Sta diventando un po’...” Lasciò l’ultima frase in sospeso.
Una parte di Asahi – una in particolare – urlava di voler continuare, grazie tante. I pantaloni aderenti di Nishinoya, quella sua t-shirt così morbida, i suoi occhi dorati che lo guardavano in quel modo. Cazzo, no, Asahi non voleva fermarsi.
Un’altra parte – una parte molto grande, ben nascosta dentro di lui – si dibatteva e diceva, sì ti prego, ci stiamo facendo trasportare e sta diventando un po’ troppo in una volta sola, perciò, sì, se non ti dispiace.
Con un gemito, Asahi prese il volto di Nishinoya tra le mani. Lo baciò ancora una volta, dolcemente. “Sei troppo intelligente; lo odio.” Ma ritirò del tutto le mani e osservò Nishinoya che si rimetteva seduto sui talloni.
Nishinoya inclinò il capo e lo guardò. Sulle sue labbra aleggiava un piccolo sorriso. “Dio, sei così– ehi.” Si raddrizzò, annusando l’aria. “Non senti odore di bruciato?”
“...Oh, MERDA!”
Riuscirono a salvare buona parte del curry. Abbastanza per la cena, almeno. Ma la pentola, francamente, era rovinata. Nishinoya lo convinse a buttarla via e a non pensarci più.

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Capitolo 11
*** 11 ***


Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Asahi aggrottò la fronte. O almeno ci provò. “È un’idea orribile. Io non vengo.”
Nishinoya aggrottò la fronte a sua volta e si lasciò cadere sul suo grembo con fare melodrammatico. Asahi pensò che fosse un po’ ingiusto. “Sarà fantastico”, insistette il ragazzo. “Te l’immagini?”
“Immaginare Tsukishima e Kuroo a una festa? Insieme?” Asahi era contento che la sua voce non tradisse le farfalle che sentiva nello stomaco. Avere un sexy libero in grembo era qualcosa a cui non era ancora abituato. Dopotutto, faceva parte della sua vita da un giorno appena. “Mi sembra un disastro.”
Nishinoya mise il broncio, e anche questo era ingiusto. “Forse volevi dire ‘sembra un venerdì sera divertentissimo’.”
Asahi chiuse gli occhi e gemette. “Tsukishima troverà il tizio più insicuro e imbottito di testosterone là dentro e se lo farà nemico in circa venti secondi. E Kuroo gli darà manforte.”
“Lo so!” Nishinoya saltellò un poco e Asahi strinse i denti. “Come puoi non aver voglia di essere lì a vederlo?”
“Noya, non lo so–”
“Ok, il fatto è questo.” Nishinoya si passò una mano nei capelli. La ciocca bionda restò su un po’ più delle altre. “Dobbiamo tipo uscire dal mio appartamento.”
Asahi girò lo sguardo nel piccolo soggiorno. Era venuto lì dopo l’allenamento di Nishinoya, avevano mangiato una pizza, e al momento lui stava pensando a come fare in modo di indulgere in pomiciate più lunghe del giorno precedente. Fino a un paio di giorni prima, non aveva mai dato troppo peso a quell’attività. Adesso non riusciva a pensare ad altro.
“Dobbiamo proprio?” tentò.
”, ribatté Nishinoya con fermezza.
“Perché?” Asahi non aveva intenzione di arrendersi.
Nishinoya gli rivolse Lo Sguardo. Che dapprima si focalizzò sui capelli raccolti di Asahi, scese giù lungo il suo maglione dallo scollo a V, indugiò un po’ sulle sue cosce, e infine terminò con un sospiro frustrato e le palpebre abbassate. Nishinoya strisciò via dal suo grembo.
“Perché dobbiamo.” Raccolse i piatti e il cartone vuoto della pizza e li portò in cucina.
Asahi si appoggiò allo schienale del divano e incrociò le braccia sul petto. Non voleva andare a una festa. Voleva pomiciare con Nishinoya.
Nishinoya uscì dalla cucina e si fermò accanto al divano, ma non si sedette. Restò in piedi a passarsi le mani sulle cosce, senza guardare dalla sua parte.
Asahi inclinò il capo, la schiena ancora poggiata al divano. Nishinoya agitato era un po’ sconcertante, ma anche piuttosto carino. Asahi cominciava a sospettare che forse, ma solo forse, ne conosceva il motivo. Dopotutto non era completamente stupido.
Si morse l’interno della guancia per impedirsi di sorridere. Si alzò in piedi. Gli occhi di Nishinoya seguirono i suoi movimenti. “A–Asahi-san?”
Asahi lo oltrepassò e prese il giubbotto dall’attaccapanni vicino alla porta. Quindi lanciò a Nishinoya la sua giacca di pelle. “Hai vinto. Andiamo.”
“Oh. Uhm. Ok.”
Asahi attese finché Nishinoya si fosse infilato la giacca, ebbe preso chiavi e cellulare e si fosse avvicinato alla porta. “Un momento.”
Nishinoya si voltò, con aria interrogativa, e Asahi appoggiò un avambraccio sullo stipite sopra la sua testa. Non aveva mai pensato di essere grato della propria altezza, ma ovviamente Nishinoya stava cambiando anche questo.
L’altro ragazzo si appiattì contro la porta. Gli sfuggì un sospiro, così flebile e pieno di voglia che Asahi sentì il rossore risalirgli lungo il collo. Si chinò su di lui, mentre Nishinoya abbassava le ciglia sulle guance.
Non appena le loro labbra si sfiorarono, Nishinoya emise un cazzo di gemito, ma non staccò le mani dalla superficie della porta. Ad Asahi non sarebbe dispiaciuto se quelle mani gli si fossero attaccate al giubbotto o lo avessero stretto alla vita o qualsiasi altra cosa, davvero, ma c’era qualcosa di... nuovo ed eccitante nel non toccarsi da nessuna parte eccetto le labbra.
A giudicare dal modo in cui Nishinoya apriva la bocca e si lasciava sfuggire piccoli gemiti, Asahi immaginò che non sarebbe stato troppo difficile convincerlo a restare. Chinò la testa e gli mordicchiò la mandibola, contemplando quell’idea; sentì le unghie di Nishinoya graffiare la porta.
Asahiiii, ma che cazzo.” La sua voce suonava stridula, e Asahi chiuse gli occhi.
Si raddrizzò con un sorrisetto. “Sempre deciso ad andare?”
“Cos–” Nishinoya tacque e lo osservò con sospetto. “L’hai fatto apposta.”
Asahi sollevò le sopracciglia. “Cosa ho fatto apposta?”
“Tu–” Nishinoya gli puntò un dito sul petto. “Andiamo. Rimettitelo nelle mutande, Azumane.”
Asahi diventò rosso come un pomodoro. “Io... non sono mica l’unico”, ribatté, piuttosto assurdamente.
Nishinoya aprì la porta di scatto e, dall’espressione del suo viso, Asahi capì di non essersi sbagliato.

~
 
Non fu difficile trovare Kuroo. Non era mai difficile trovare Kuroo. Non perché fosse particolarmente rumoroso o ciarliero, ma perché era...
Asahi cercò la parola giusta.
Carismatico.
Seguì Nishinoya mentre il libero si faceva strada a gomitate tra i giovani corpi alla ricerca del compagno di squadra.
Kuroo era circondato da giocatori di pallavolo, di basket, calciatrici, e tutti gli altri nel mezzo. Sorrideva a chiunque, e Asahi era sicuro che tutti si sentissero un po’ più speciali solo per questo.
Sensazione probabilmente mitigata dall’espressione glaciale dell’alto ragazzo biondo che si trovava accanto a lui.
“Tsukkiiii!” Nishinoya si cacciò nel crocchio e venne fagocitato in mezzo ai due allampanati giganti.
“Non chiamarmi così, per favore”, disse Tsukishima con un elegante sospiro. Inclinò appena il capo. “È un piacere rivederti, Nishinoya-san.”
“Lo hai sentito chiamarti così per due anni interi, Noya?” ridacchiò Kuroo. “Io sono Kuroo-san già da cinque ore!”
Asahi sorrise. “E sei contento?”
“Come un bambino a Natale!” Kuroo batté una manata sulla schiena a Tsukishima, e il giovane incespicò appena in avanti. Dal modo in cui strinse le labbra, era evidente che per lui non era affatto Natale.
“Allora, stai pensando di unirti alla squadra?” gli chiese Nishinoya con occhi brillanti. Asahi sorrise. Accidenti, era proprio figo quando si animava tutto a proposito della pallavolo.
“Chi è che si unisce alla squadra?” Shizuku scivolò accanto ad Asahi. Sorrise, con un certo imbarazzo, e gli diede un colpetto con la spalla.
“Shizuku–!” Ma l’allegro saluto di Nishinoya fu interrotto quasi immediatamente.
“Porca vacca.” Riri si affiancò a Shizuku e le mise un braccio intorno alle spalle. Quindi squadrò Tsukishima da capo a piedi. “Era per caso obbligatorio essere sexy per giocare nella vostra squadra, Azumane-san?”
“Ehi, andiamo.” Kuroo si mise davanti a Tsukishima e allargò le braccia. “Giù le mani. Cattiva, Riri. Cattiva.”
La ragazza si gettò i capelli vaporosi dietro le spalle e gli mostrò la lingua. “Quanto sei palloso”, protestò, ma Asahi sapeva che la sua era tutta scena. Tsukishima si sistemò gli occhiali sul naso, ma le sue guance si erano colorite leggermente. Quando voleva, Riri sapeva essere intensa.
“Shizuku, Riri”, riprese la parola Asahi. “Tsukishima era uno dei migliori giocatori a muro–”
“Già, perché gli ho insegnato io”, s’intromise Kuroo, gettando un braccio intorno alle spalle di Kirishima. “E adesso diventerà il secondo miglior giocatore a muro della mia squadra. Finalmente.”
“Kuroo-san, non ho ancora–” cominciò Tsukishima.
Kuroo si portò una mano alla fronte e fece finta di perdere i sensi. “’Kuroo-san’! Non mi stancherò mai di sentirlo.”
Tsukishima si tolse di dosso la sua mano prendendola tra pollice e indice. La lasciò ricadere platealmente. “Sono certo che potrai addestrare qualche altro kohai sprovveduto perché assecondi le tue inclinazioni.”
Asahi arrossì alla parola ‘inclinazioni’, ma Kuroo non batté ciglio. “Non è la stessa cosa, Tsukki, proprio no.”
“Me ne vado domenica mattina. Dovrai trovare un’alternativa.”
Kuroo aprì la bocca, ma Asahi non sentì la sua risposta. Nishinoya si appoggiò contro di lui, premendo con decisione la schiena sul suo addome. Gli prese le braccia e se le portò sul petto, incrociandole; Asahi trattenne il respiro. Quindi appoggiò la testa contro il suo mento. Come se si mostrassero così tutti i giorni in pubblico.
Asahi deglutì rumorosamente.
Kuroo lanciò loro un’occhiata laterale, ma non ebbe alcuna reazione a parte il sorriso un po’ più largo. Tsukishima s’interruppe nel mezzo di una tirata glaciale per osservarli da sopra gli occhiali. “Bene”, disse lentamente. “Vedo che finalmente è successo. Congratulazioni.” E riprese a parlare.
Oh merda oh merda oh merda. Asahi si leccò le labbra. Smancerie. Stava indulgendo pubblicamente in delle smancerie, nel bel mezzo di una festa del college, con Nishinoya Yuu. Guardò lungo il corridoio, ricordando vagamente la scalinata anteriore della casa. Stando alle sue (certamente incomplete) conoscenze, le smancerie a una festa potevano significare– oddio, vuoi stare zitto? Ti sta solo abbracciando, mica ti sta abbassando i pantaloni. Questo pensiero non lo aiutò neanche un po’. Era proprio un idiota.
Nishinoya tirò fuori di tasca il cellulare e iniziò a scrivere un messaggio. Non faceva niente per essere discreto e Asahi era letteralmente sopra la sua testa, perciò...
“Tanaka?” disse sorpreso. La musica giungeva più alta attraverso la casa, quindi dubitava che qualcun altro avrebbe sentito quello che gli diceva all’orecchio.
Nishinoya alzò il viso e gli fece l’occhiolino. “Non lavora stasera.”
“Ma–” Asahi lanciò un’occhiata a Shizuku. Stava ridendo a una qualche battuta sconcia di Riri. “Sicuro che vada bene?”
Nishinoya si accigliò brevemente, poi scrollò le spalle. “Non ha mai detto di non voler avere più niente a che fare con lui, no? Non gli sto mica organizzando un appuntamento al buio. Si troveranno solo per caso alla stessa festa.”
Asahi sporse le labbra in fuori, ma alla fine annuì. “D’accordo... però teniamola d’occhio quando si accorgerà che lui è qui, ok? E se non vuole vederlo, cerchiamo di fare in modo che non diventi troppo imbarazzante.”
“Oddio”, bisbigliò Nishinoya, “lo fai passare per uno stalker, da come ne parli.”
“Noya, è costretta ad avere a che fare con una specie di Psyco da chissà quanto tempo”, ribatté duramente Asahi. “È una brava ragazza.”
Anche Tanaka!” sbuffò Nishinoya. “Comunque ok, teniamoli d’occhio.”
“Bene.” Soddisfatto, Asahi tornò ad appoggiare il mento sulla testa di Nishinoya. “Finisci il messaggio.”

~
 
Un buon numero di fans di Kuroo iniziò ad allontanarsi quando divenne chiaro che i vecchi legami del liceo si stavano ricomponendo. Asahi si sedette sul pavimento con Nishinoya in grembo, Kuroo si appoggiò contro un muro e Riri si reclinò sulle gambe incrociate di Shizuku, che era seduta sul tappeto relativamente pulito. Persino Tsukishima alla fine si adattò a sedersi per terra, con una birra ancora in mano.
Sinceramente, Asahi era un po’ stupito che Riri fosse ancora insieme a loro. Era piuttosto sicuro che non fosse interessata a Shizuku, anche se lui non era il miglior giudice in faccende del genere. Ma la musica era forte, diversi ragazzi ballavano in soggiorno ed era iniziata anche la danza dei flirt. Il fatto che Riri non fosse in mezzo alla calca – o non stesse cercando di portarsi dietro qualcuno – era quantomento strano.
Comunque, lungi da Asahi l’escludere chicchessia. Si assicurò di sorridere alla ragazza come sorrideva a tutti gli altri, mentre lei si accontentava di scherzare con Shizuku, provarci sfacciatamente con Tsukishima e rispondere a tono alle battute di Kuroo. Andava tutto bene.
Finché a quel ‘tutto bene’ spuntarono un paio di ali e volò fuori dalla finestra del soggiorno.
Asahi vide Riri cambiare di colpo espressione. Poi Shizuku si raddrizzò stringendo le labbra. Entrambe le ragazze fissavano un punto oltre la sua spalla. Notò che Tsukishima e Kuroo alzavano lo sguardo, a vari livelli di disinteresse.
“Guarda un po’ quante belle vagine addormentate ci sono qui.”
Nishinoya s’irrigidì in grembo a lui. Asahi chiuse gli occhi. Cazzo. Era riuscito a eludere Kibikino già due volte. Ma stavolta c’era molta più carne al fuoco e non credeva che Nishinoya sarebbe stato in grado di conservare il sangue freddo ancora per molto.
“Ooh, e cos’altro abbiamo qui?” Kibikino si piegò sopra loro due. “Azumane ha finalmente deciso chi scoparsi del suo harem? Ma che dolce, sul serio.”
“Oh, ma vaffanculo”, sbottò Riri, sebbene la sua voce tremasse un po’. “Lasciali in pace.”
“Impossibile, tesoro.” Kibikino allargò le braccia. In una mano teneva mollemente una bottiglia di birra. Asahi non era in grado di valutare correttamente il suo livello di sobrietà, ma molto probabilmente quello non era il suo primo drink. “Bisogna esplorare il territorio, bisogna fare domande. A meno che...” Le rivolse un sorriso osceno. “Non voglia rispondere tu a tutte?”
“D’accordo, Kibikino, l’ora delle stronzate è finita.” Kuroo agitò una mano. “Ma in cortile dovrebbe esserci l’after-hour, perché non vai a dare un’occhiata?”
“Fai parte dell’harem anche tu, Kuroo?” Kibikino si coprì la bocca con una mano, fingendosi scandalizzato. “Oh, no, aspetta.” I suoi occhi si spostarono su Tsukishima. “Sembra che stasera abbia provveduto tu stesso. D’altra parte, come si dice, c’è chi preferisce le bionde.”
“Beh, questo posto mi piace già.” Tsukishima si alzò in piedi. Finalmente era all’ultimo anno del liceo, e con ogni probabilità sfiorava i due metri di altezza. Asahi e Nishinoya si sporsero in avanti senza ritegno, per assistere alla reazione di Kibikino.
Tsukishima si allontanò dal gruppo e si fermò vicino a lui. Il capitano della squadra di basket cercò di mantenere un ghigno strafottente, ma era difficile quando avevi accanto una persona che ti sovrastava di parecchi centimetri.
“È divertente quando gli stronzi strisciano fuori dal loro buco per rivelare chi sono esattamente.” Tsukishima rivolse a Kibikino un sorrisetto rapido e pungente. “Vado a prendere un’altra birra. Qualcuno vuole qualcosa? No?” Si allontanò senza voltarsi indietro.
Il silenzio regnò per almeno tre secondi. E venne interrotto, naturalmente, da Kibikino.
“Wooow!” Si ficcò le mani in tasca e si girò in maniera esagerata a guardare la figura del ragazzo che si allontanava. “Ma dove l’hai trovato quello, Kuroo? Facciamo a metà? Lascia perdere. A più tardi, coglioni.”
E, strattonandosi la collottola con fare teatrale, seguì Tsukishima in cucina.
Kuroo si reclinò contro il muro e si portò una mano sul cuore. “Cazzo, mi sono innamorato.” Poi si alzò in piedi. “Non mi aspettate, bambini.”

~
 
Hiyori si lasciò cadere seduta vicino a Riri. Asahi non sapeva con certezza da quanto non si vedessero più Tsukishima e Kuroo, ma aveva cominciato a misurare il tempo dalle birre di Nishinoya. Era già alla terza e a ogni sorso si accoccolava sempre più in grembo a lui.
“Sono passata dal garage”, disse Hiyori a mo’ di saluto. “Dove credo che Mister Merdoso stia avendo una specie di epifania.”
“Mister...?” Shizuku sollevò le sopracciglia.
“Scommetto un burrito che è Kibi-cazzone-kino”, borbottò Riri nel proprio bicchiere di birra.
“Dieci punti a Grifondoro.” Hiyori fece scorrere una mano tra i capelli bruni dell’amica. “È raggomitolato in un angolo, con una birra in mano, e chiede a chiunque passi di lì perché i giocatori di pallavolo sono tutti così belli.”
Asahi, Nishinoya, Shizuku e Riri alzarono la testa all’unisono e la fissarono.
“No”, sussurrò Riri. “Non può essere– si è comportato da perfetto stronzo con ogni ragazza che– Kibikino?” terminò con voce un po’ stridula.
“Kibikino”, ripeté Shizuku con tono piatto. “Lo stesso Kibikino che sta all’appartamento accanto al mio. Che negli ultimi tre mesi mi ha chiesto almeno un milione di volte di succhiarglielo.”
Asahi la fissò, inorridito. “Cos’ha fatto?”
La ragazza si scostò i biondi capelli da una spalla e roteò gli occhi. Nishinoya ringhiò qualcosa tra i denti.
“Non è mica il primo ragazzo in conflitto che cerca di ripiegare sulla mascolinità di basso livello.” Hiyori annuì convinta. Lanciò un’occhiata ad Asahi, ancora abbracciato a Nishinoya. “E... voi due avete risolto tutti i vostri... malintesi, mi pare di capire?”
Nishinoya si divincolò nel suo abbraccio e nascose il viso sotto il suo mento, lasciandosi sfuggire un verso soffocato.
Asahi rivolse un sorrisone all’amica. Si rendeva conto di apparire probabilmente un idiota, ma al diavolo. “È il mio ragazzo”, disse. Stupidamente. Scioccamente. Gioiosamente. Qualunque avverbio andava bene, tranne forse intelligentemente.
Nishinoya s’immobilizzò tra le sue braccia.
Shizuku si portò le mani alla bocca; Riri squittì; Hiyori sorrise e si tolse qualcosa di tasca. “Prendi.” Porse un pennarello a Nishinoya. “Prima regola del college: scrivere sempre il tuo nome sopra le cose che non vuoi gli altri tocchino.”
Hiyori”, protestò Asahi mentre Nishinoya afferrava avidamente il pennarello. Per poco non ingoiò la lingua quando il ragazzo lo baciò sotto la mandibola.

~
 
Riri era appena riuscita a trascinare Hiyori in pista quando comparve Tanaka, proprio vicino a dove si trovavano Asahi e Nishinoya. Teneva ancora in mano le chiavi. Asahi notò che aveva la maglia al rovescio e si chiese come avrebbe potuto dirglielo.
“Scusa, Noya, non sono riuscito ad arrivare prima.” Tanaka sembrava un po’ sfiatato. “Papà ha voluto che rifornissi il frigo dei liquori al ristorante. Ciao, Shizuku!”
Punti bonus per la calma. Asahi cercò di non fissare troppo Shizuku. Era arrossita, ma era anche vero che stava bevendo. E poi, bisognava dire che quella ragazza arrossiva parecchio in generale.
“Hai cavato qualcosa di interessante dall’ultima spedizione?” chiese Nishinoya. Asahi era fiero di lui. Conversazione casuale, tienili occupati, teniamoci leggeri–
“Lo stesso di sempre. Ho cercato di convincere papà a provare qualcosa di nuovo, ma dice che la clientela non è pronta.” Tanaka si strinse nelle spalle e sorrise. “Non so perché non vuole mollare. Tanto accadrà comunque.”
Asahi e Nishinoya annuirono. C’erano alcuni fatti inevitabili nella vita: la morte, le tasse, e poi c’era Tanaka che ogni tanto se ne usciva con roba nuova.
“Sul serio, dopo che hai seguito quel corso di ballo latinoamericano per tre mesi, non so proprio perché non vuole lasciarti fare le tue cose.” Nishinoya incrociò le braccia sul petto.
“Tu hai preso lezioni di ballo latinoamericano?” Shizuku si raddrizzò, puntando le mani sul pavimento.
“Accidenti a te, Noya.” Ma Tanaka la guardò risoluto. “La musica è forte, perciò... ho pensato di provare.”
“Come no!” esclamò Nishinoya. “Hai preso lezioni solo perché quella ragazza–!”
Asahi gli chiuse la bocca con una mano e sorrise a Shizuku, sollecito. “Ti interessa la musica latinoamericana, Shizuku?”
“Oh.” La ragazza si riaccoccolò sui talloni, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Beh, io... ascolto un sacco di roba diversa, e la settimana scorsa sono stata a una specie di, uhm, lezione di salsa.”
Asahi e Nishinoya si girarono a spiare la reazione di Tanaka. Povero ragazzo.
“Hai mai–” Tanaka si leccò le labbra e si schiarì la gola. “Hai mai ascoltato della bachata?”

~
 
“Il mio ragazzo.”
Asahi si girò a guardare Nishinoya da sopra una spalla. A quanto pareva il suo limite era cinque birre, e in quel momento era costretto a portarlo sopra la schiena.
“Tu sei il mio ragazzo”, insistette Nishinoya.
Asahi inspirò profondamente per calmare le farfalle che gli svolazzavano nello stomaco. Era una fresca nottata primaverile. Dopo essersi accorto che letteralmente tutti i loro amici se l’erano svignata in silenzio, aveva deciso che era tempo anche per loro di levare le tende. Ovviamente, a quel punto, Nishinoya era bello che cotto e qualunque immagine di pomiciate appassionate era tristemente scivolata via dalla mente di Asahi.
“Giusto, Asahi-san? Noi stiamo insieme.” Il respiro di Nishinoya era caldo vicino al suo orecchio.
“Mi sembra corretto.” Asahi raddrizzò la presa e spinse il ragazzo un po’ più su lungo la propria schiena.
“Sembra cazzutamente perfetto. Ecco come sembra.” Nishinoya emise un singhiozzo. Restò in silenzio per un minuto, poi riprese: “Casa tua o casa mia?” E ridacchiò come un dodicenne che dice ‘pene’ per la prima volta.
Asahi sorrise suo malgrado. “Casa tua. E poi io tornerò a casa mia.”
“Cheeeee?” Nishinoya si reclinò all’indietro e Asahi incespicò sotto il nuovo baricentro dell’equilibrio. “Cazzate sono queste?”
“Noya...”
“Tu resti da me.”
“Noya, sul serio, sei ubriaco. Di nuovo–”
“Le scuse non ti salveranno stavolta, bomba sexy.”
Noya!” Mordendosi un labbro, Asahi si guardò intorno. Come sempre alle due di notte, il quartiere era deserto e silenzioso.
“Dico sul serio!” Nishinoya cercò di fare il duro, fallendo miseramente grazie alle cinque birre. Si riappoggiò pesantemente contro la schiena di Asahi e gli buttò le braccia al collo. “Tu resti con me stanotte, cazzo.” Le sue labbra si muovevano contro la sua pelle.
Asahi rallentò. Chiuse gli occhi e alzò il viso al cielo. Quindi sospirò. “Hai uno spazzolino extra?”
Nishinoya non aveva, come scoprì più tardi, uno spazzolino extra.
Asahi occhieggiò l’unico spazzolino nel bicchiere sopra il lavandino. Era ancora bagnato. Guardò attraverso la porta del bagno nella camera da letto, delle dimensioni di un francobollo. Vedeva a malapena un piede di Nishinoya che spenzolava fuori dal letto nell’oscurità. Però lo sentiva russare chiaramente.
Tappi per le orecchie. Se questa cosa del dormire insieme si ripeterà, mi serviranno tappi per le orecchie. Asahi stese con determinazione una mano verso lo spazzolino di Nishinoya. E uno spazzolino.
Quando spense la luce del bagno, si rese conto che quella notte avrebbe dormito nello stesso letto con Nishinoya. Non sapeva bene come comportarsi in proposito. Supponeva di poter dormire anche sul pavimento. Asahi sollevò un sopracciglio. Peccato che non sapesse dove teneva le coperte in più, per non parlare del fatto che con ogni probabilità non c’era un futon extra e che Nishinoya era un pessimo padrone di casa.
No, non avrebbe dormito sul pavimento.
Asahi strinse fra le dita un angolo del piumone di Nishinoya e inspirò il più profondamente e silenziosamente possibile. Bene. Si sdraiò sul materasso. Nishinoya restò immobile come un morto. Sempre che i morti russassero e odorassero di birra.
Sospirando, Asahi lo spinse con tutta la delicatezza possibile verso il lato opposto. Non era così che aveva immaginato la sua prima notte insieme al suo nuovo ragazzo. Tuttavia – si raggomitolò dietro Nishinoya, a un capello di distanza da lui ma senza toccarlo – anche così non era tanto male.
Subito prima che i suoi occhi si chiudessero, Asahi si accorse quanto era rilassante sincronizzare il proprio respiro con quello di Nishinoya.

~
 
“Porca puttana.”
Asahi aprì gli occhi a fatica, incerto se il buio che vedeva era perché era ancora notte o teneva le palpebre abbassate. “Mmf?” riuscì a mugugnare.
Nishinoya era seduto nel centro del letto e lo fissava. “Merda”, ansimò.
“Noya?” Asahi si scostò i capelli dagli occhi e cercò di metterlo a fuoco.
Ommioddio.” Nishinoya si schiarì la gola. “C–ciao! Asahi... san.” Un angolo della sua bocca si contrasse in quello che probabilmente voleva essere un sorriso.
“Ciao.” Asahi tossicchiò, cercando di parlare con tono normale. Lanciò un’occhiata alla finestra della camera. Anche con gli scuri abbassati, si capiva che fuori era ancora molto buio. “Qualcosa ti ha svegliato?”
“Uhm?” Nishinoya si tirò il collo della t-shirt che indossava con entrambe le mani. “Non proprio. Forse? Vado a prendere un po’ d’acqua. Vuoi dell’acqua?” Saltò giù dal letto e corse fuori dalla porta prima che Asahi riuscisse a elaborare la domanda. Qualunque risposta gli venisse alla mente evaporò come neve al sole non appena notò che oltre alla t-shirt Nishinoya indossava solo un paio di boxer azzurri.
Asahi si risistemò il piumone addosso. Lui non era conciato molto meglio – maglietta, c’era, boxer, c’erano. Grazie al cielo sono quasi nuovi...? Non gli era sembrato un grosso problema mentre Nishinoya era praticamente svenuto e lui si preoccupava dello spazzolino da denti. Ma adesso...
La stanza diventò ancora più buia; Asahi alzò lo sguardo e vide la sagoma di Nishinoya che si stagliava contro l’ingresso. Reggeva in mano due bicchieri d’acqua e gliene porse uno senza dire una parola.
Asahi si mise seduto e ne bevve la metà, pensando a cosa diavolo poteva dire. Nishinoya vibrava quasi di energia nervosa. “Noya–”
“Mi dispiace!”
Asahi batté le palpebre. Nishinoya si strinse al petto il proprio bicchiere e fece un goffo inchino.
“Non faccio che combinare stronzate, e tu devi riportarmi a casa, e adesso sei–” Nishinoya gli lanciò un’occhiata, e Asahi sentì i suoi occhi vagare su di sé prima che li chiudesse, strizzando le palpebre. “Sei qui così, e io–”
“Noya.” Asahi posò il bicchiere d’acqua per terra e gli tese una mano. “Shh.”
Shh?!” Ma Nishinoya accettò la sua mano e si lasciò trascinare a letto, sistemandoglisi in grembo. “Scusa tanto, eh, stavo un attimino sclerando.”
“L’ho notato.” Asahi lo strinse tra le braccia e gli appoggiò il mento su una spalla. “Perché?”
“Io... io.” Nishinoya si dibatté un po’, testando la sua stretta. “Mi ero completamente scordato che eri qui, d’accordo? È stato tipo uno shock svegliarmi e trovarti lì.”
“Svegliarti accanto a me è uno shock?” disse Asahi con ironia. “Questa è la cosa peggiore che tu mi abbia mai detto, Noya.”
“Svegliarmi accanto a te dopo essermi ubriacato vergognosamente non era proprio la mia idea di come dovevamo fare questa cosa, scemo”, borbottò Nishinoya, dando un altro strattone alle sue braccia.
Asahi non si spostò. Poggiò le labbra sul collo del suo ragazzo, sperando con tutto se stesso che non si accorgesse di quanto gli batteva forte il cuore. “Come volevi farlo”? sussurrò.
Nishinoya s’irrigidì.
Forse sto correndo un po’ troppo. Asahi allentò la stretta.
Nishinya si girò nel suo abbraccio, puntò le mani sulle sue spalle e lo spinse all’indietro. Con un sussulto, Asahi si ritrovò premuto sul materasso, la testa che rimbalzava sul cuscino sottile e le braccia al di sopra.
Nishinoya montò su di lui a cavalcioni, con un ginocchio contro ciascun fianco. “Coglione”, ringhiò. “Come volevo farlo? Sei proprio un cretino.” Con una mano gli afferrò i capelli, con l’altra un bicipite. Asahi chiuse di scatto gli occhi quando sentì i suoi denti sul collo.
“Avevo intenzione di aspettare un altro paio di settimane.” Le labbra di Nishinoya si spostarono sulla clavicola di Asahi. “Ti avrei portato a cena fuori. Vino, candele, tutto il fottuto pacchetto.” Succhiò la curva tra il collo e la spalla e Asahi si lasciò sfuggire un gemito. “E sarei stato super disinvolto ed elegante su tutta la linea.” La sua lingua guizzò sul lobo dell’orecchio di Asahi, scatenandogli un brivido. “E poi–”
“E come– come sarebbe un Noya disinvolto ed elegante?” Asahi cercò con tutte le sue forze di non gemere più forte.
Nishinoya si fermò, probabilmente non prima di avergli lasciato un altro segno sul collo. Si raddrizzò, sedendosi sui talloni. “Che stai cercando di dirmi, Asahi-san?” Sollevando un sopracciglio con aria di sfida, si sfilò la t-shirt dalla testa. Ad Asahi occorsero un paio di secondi prima che il suo cervello elaborasse un accidenti...
Nishinoya tornò a sdraiarsi su di lui, premendogli le spalle contro il materasso. Asahi colse l’occasione per ammirare il suo corpo snello e agile. I muscoli compatti rispondevano a ogni suo movimento – trapezio, deltoide, pettorale, addominale, obliquo, persino l’anteriore, che cazzo, questo era ridicolo. Che razza di allenamento faceva la squadra di pallavolo in quel periodo?
“Mi stai fissando, Asahi-san”, sussurrò Nishinoya.
Gli occhi di Asahi tornarono di colpo nei suoi. “N–non è vero.”
“Voglio fissare anch’io.” Nishinoya infilò una mano sotto la sua t-shirt. Fece scorrere il pollice giusto sopra la fascia dei boxer.
Asahi premette la testa sul cuscino, mentre la maglia gli veniva sollevata sopra le costole. Appoggiò le mani sui fianchi di Nishinoya. “Non sono messo bene come te”, mormorò. “Scusa in anticipo.”
“...Non ti degnerò neanche di una risposta.” Nishinoya sollevò completamente la t-shirt. Asahi alzò appena la schiena dal materasso e se la sfilò.
Nishinoya la prese, deglutendo rumorosamente. “Ah. Sì, è... davvero deludente.”
Asahi riabbassò la testa sul cuscino, seguendo con lo sguardo la traiettoria della sua t-shirt che cadeva a terra per non dover guardare Nishinoya. “Pensavo che non volessi degnarmi di una risposta.”
“Già, beh, ho cambiato idea. Certe volte le cavolate che dici sono troppo stupide.” Nishinoya piantò le mani sui suoi addominali, e Asahi si lasciò sfuggire un grugnito involontario. Le mani di Nishinoya risalirono lungo i suoi fianchi, passarono sullo sterno e sul petto. “Sì.” La sua voce era bassa. “Sei un idiota.”
Asahi avrebbe voluto registrarlo come insulto, ma era troppo distratto dalle sue mani. “Sai proprio come adularmi, tu.”
Chiuse gli occhi e si concentrò su quel che sentivano le proprie mani. I fianchi ossuti di Nishinoya, la sua pelle calda. Il modo in cui la sua cassa toracica si espandeva leggermente al suo tocco. Fece scorrere le mani alla cieca lungo la schiena di Nishinoya, sul suo collo, sulle sue spalle. C’erano curve lisce e muscoli sodi ovunque e, cazzo, Asahi voleva sentire tutto.
“Io... oddio. Asahi?”
Asahi aprì un occhio. Poi tutti e due. Li spalancò.
Nishinoya si sorreggeva sopra di lui, le braccia bloccate, la testa reclinata all’indietro fra le scapole. Gli occhi strettamente chiusi. Di nuovo, si stava mordendo il labbro inferiore. “Asahi”, sussurrò ancora. Era quasi un gemito.
Asahi alzò una mano verso la sua bocca e con il pollice gli tirò in basso il labbro. Nishinoya girò il viso nel palmo della sua mano, morse il pollice nella parte più carnosa, e gemette. Un verso che andò dritto all’uccello di Asahi.
Merda.
MERDA.
Questa cosa non sarebbe finita in fretta come le altre volte, vero? “Noya...?”
Nishinoya si sedette sul suo stomaco senza aprire gli occhi. Gli baciò il palmo, stringendogli il polso per tenerlo fermo. Prese l’altra mano di Asahi, che era sempre sul suo fianco, e se la portò sul petto, inarcando la schiena e guidandola poi lentamente verso il basso, lungo lo sterno. Per poco Asahi non schizzò su dal materasso. Di nuovo Nishinoya si portò la sua mano sul petto e poi, dondolandosi piano, la guidò giù verso l’orlo dei suoi boxer.
Cazzo, adesso Asahi riusciva a sentirlo. Lo sentì quando inarcò la schiena, lo sentì quando rifece quella dannata cosa con i fianchi.
Asahi si rizzò a sedere, togliendosi di dosso Nishinoya. Si fissarono entrambi, con il respiro affannoso, in ginocchio sul letto disfatto di Nishinoya.
“Noya...” Asahi gli prese il viso tra le mani. Sentì quanto erano umidi i suoi capelli, vide quanto erano diventati profondi quegli occhi dorati. Nishinoya gli afferrò i polsi, le sue mani erano calde.
Aggrottò la fronte. “S–scusa, io... volevo solo–”
“Dimmi che cosa vuoi, Noya.” Asahi passò il pollice su un sopracciglio, cercando di spianargli la fronte. “Perché io... io voglio–” Le parole erano stupide. Non funzionavano mai. Con un sospiro impotente, Asahi lo baciò su una guancia. “Solo... dimmi se vuoi che mi fermi”, sussurrò.
“Fermarti?” Nishinoya si scostò e lo fissò. L’incredulità era evidente sul suo viso. “Che... che cosa di quanto ho appena fatto ti fa credere che voglio che ti fermi?” Il suo petto si alzava e si abbassava rapidamente, il suo respiro era ancora affannoso.
“Ok, sì, beh.” Asahi sporse le labbra in fuori. “Argomentazione valida. Ma volevo solo–”
Nishinoya gemette ad alta voce. S’inginocchiò di nuovo e gli mise le mani sulle spalle, rivolgendogli un’occhiata fulminante. “Tu vuoi fermarti?” domandò a voce bassa.
Lo sguardo di Asahi corse dalle ginocchia di Nishinoya fino ai suoi occhi, con una pausa piuttosto lunga sul rigonfiamento nei suoi boxer. “No”, gracchiò.
“Già.” Nishinoya gli prese il mento con una mano. Si mise a cavalcioni di una delle sue cosce e avvicinò le labbra alle sue. “E se non mi tocchi al più presto... giuro che ti vengo sulla gamba.”
Asahi si lasciò scappare una risatina, un suono molto poco elegante durante un bacio. “Le tue minacce sono penose.” Lasciò scorrere le dita giù lungo l’anca di Nishinoya. Oltrepassarono i boxer di un azzurro sbiadito, si fermarono sull’orlo, dove s’intrufolarono. Dio, la coscia sembrava andare a fuoco. Il calore gli riempiva la mano e Asahi voleva toccarlo, voleva ascoltarlo.
Non appena le dita di Asahi lo sfiorarono, Nishinoya trattenne rumorosamente il respiro. Scivolò giù dalla sua coscia, allargando le ginocchia sul materasso. La mano di Asahi lo seguì, lo palpò sul tessuto dei boxer; si godette i suoi brevi sussulti. Nishinoya gli afferrò i bicipiti, e Asahi sentì le sue unghie graffiargli la pelle.
Non era proprio sicuro al cento per cento di come dovesse andare la cosa, ma cominciò ad abbassare i boxer di Nishinoya. Poi lo aiutò a toglierseli, un ginocchio alla volta, e porca puttana. Adesso sorreggeva gran parte del suo peso e aveva una visuale chiara della sua schiena. Il sedere di Nishinoya era la perfezione
“Oddio, Asahi.” Nishinoya strinse i denti. “Che cosa stai facendo?” Allargò le gambe ancora di più, ansimando, e piantò le unghie nelle spalle di Asahi.
Borbottando delle scuse incoerenti, Asahi premette una mano sulla parte bassa della sua schiena. Mentre con l'altra mano riduceva Nishinoya a una massa informe di mugolii, allargò le dita dell’altra sul suo sedere. I muscoli erano sodi, resistevano alle sue dita, e Asahi si accorse con imbarazzo di aver cominciato a unire anche la sua voce ai gemiti di Nishinoya.
“Asah... sì, cos–” Nishinoya tirò indietro i fianchi, aggiungendo tensione ai movimenti di Asahi. Questi chiuse gli occhi e avvertì il cambiamento, seppe che ci era vicino. Noya. Noya, avanti, lascia che lo faccia bene per te, ti prego. Continuò a muovere la mano, passò il pollice sulla punta; le dita di Nishinoya erano come sbarre d’acciaio piantate nei suoi bicipiti.
Nishinoya puntò con forza la fronte contro il suo petto ed emise un verso strozzato e acuto. Asahi lo sostenne per le spalle, sentì il suo sudore sotto i palmi. Era praticamente certo che gli sarebbe occorso un niente per seguirlo, ma adesso...
Adesso.
Chiuse di nuovo gli occhi e affondò il naso nei capelli di Nishinoya. Avvertì odore di sudore e letto non rifatto e niente di particolarmente intrigante né sexy; ma era l’odore di Nishinoya. E lui gli aveva appena fatto–
Oddio. Asahi strizzò forte le palpebre e cercò di impedirsi di arrossire. Avevano appena– beh, Nishinoya per lo meno... uhm.
“Asahi?” Nishinoya alzò la testa, respirando forte dal naso. “Come... ok, oddio, vedo ancora tanti puntini luminosi.” Scosse il capo. Si risollevò di nuovo sulle ginocchia, puntellandosi sulle spalle di Asahi.
Questi lo sostenne per i gomiti, un po’ preoccupato. Era la loro prima volta, dubitava fosse andata così bene. “Noya, va tutto–?”
“Voglio succhiartelo, ok?”
Asahi spalancò gli occhi. Era quasi certo che tutto il colorito gli fosse sparito dalla faccia; il suo pisello, invece, prese nota della richiesta con un certo entusiasmo. “Uhm. Eh?”
Nishinoya lo spinse leggermente per le spalle, e Asahi si lasciò cadere sul materasso. Non si era reso conto di aver sudato tanto finché le lenzuola non gli si appiccicarono alla pelle.
“Ok, dunque.” Nishinoya gli puntò un avambraccio sul petto mentre con quello libero armeggiava per sfilargli i boxer. “È l’ora delle confessioni.”
Asahi deglutì. La voce di Nishinoya era ancora un po’ roca e, con le sue mani che vagavano dappertutto, non era sicuro di poter prestare attenzione a cose come le confessioni per molto.
“Da circa, ah, due anni ormai, ho sempre, sempre voluto–” Nishinoya si sedette sui talloni e gli sfilò del tutto i boxer. “Uhm. Wow.” E restò là incantato.
Asahi si leccò le labbra. “W–wow? È una... cosa buona, no? È un wow buono?”
Nishinoya sollevò un sopracciglio e inclinò la testa di lato. “Scusa. Mi ero distratto. Sì. Stavo dicendo, uhm. Dannazione, Asahi, se non vuoi che lo faccia, farai meglio a dirlo subito. Perché, cazzo.”
Asahi torse il collo all’indietro e si coprì gli occhi con un braccio. “Accidenti, Noya, vedi di–” Sentì le mani di Nishinoya sulle cosce e deglutì rumorosamente.
“Vedi di...?” lo incoraggiò il ragazzo.
Asahi non si fidava a parlare. Annuì. Rapidamente, con le braccia che gli coprivano il viso. Sentì Nishinoya prendere un sospiro profondo e rilasciarlo con una risatina.
“Sì, ok.” La sua voce suonava pericolosamente vicina al suo bacino. “Non l’ho mai fatto prima, perciò, ecco, dimmelo se qualcosa non ti piace.”
“Noyaaaaaaah–” Asahi inarcò la schiena, cercando di tenere il sedere sul materasso. Oh cazzo, oddio, non durerò un cazzo. Oh merda, merda, oh merda. Caaaaaazzo, questo è–
Asahi ebbe circa due secondi (o almeno fu questa la sua impressione) per riflettere su quanto sarebbe stato umiliante venire così in fretta.
Poi ci fu un momento di breve eternità in cui ebbe la sensazione che nel suo petto si stesse creando un nuovo sistema solare.
E poi ci furono quei tre secondi in cui sentì il bisogno di avvertire i vicini che stava facendo sesso alle cinque di mattina.
E infine, sperimentò almeno venti minuti di imbarazzo travolgente e infernale.
Quando il suo respiro scese di nuovo al di sotto di un ritmo non-olimpionico, e dopo che fu più o meno certo che la sua faccia non rilucesse nell’oscurità, Asahi sbirciò da sotto un braccio. Nishinoya era tornato a sedere sui talloni, a cavalcioni delle sue cosce, e si passava il dorso di una mano sulla bocca. Fissandolo come se fosse stato una specie di trofeo nazionale.
“Augh.” Asahi afferrò un cuscino e lo usò per coprirsi la faccia.
“Che? No, no, no.” Il cuscino gli venne strappato dalle mani e Nishinoya si gettò sul suo petto. Inducendo Asahi ad emettere un grugnito molto poco sexy.
Asahi abbassò lo sguardo su di lui. Quegli occhi color castano dorato, quel sorrisone assurdo che lo faceva sentire come se fosse alto quanto una montagna. In senso buono. Sentì un certo calore pungergli gli occhi (no. Non adesso, accidenti. No) e fece scorrere le dita tra i capelli sconvolti di Nishinoya. “E adesso?” sussurrò.
Sul volto di Nishinoya si diffuse un lento sorriso. Asahi lo osservò. Quattro anni di amicizia, due giorni che stavano insieme, un incontro sessuale; ormai aveva imparato a diffidare di quel sorrisino.
Nishinoya si contorse all’improvviso e gli si arrampicò sul petto, stendendo un braccio fuori dal letto e armeggiando come alla ricerca di qualcosa.
“Noya?” Era un po’ scomodo, ma Asahi non aveva intenzione di lamentarsi, visto che al momento aveva una visuale da prima fila del sedere di Nishinoya.
“Trovato!” Nishinoya si issò in posizione verticale, in uno sfoggio niente affatto spiacevole della tonicità dei suoi muscoli. Stringeva in mano un pennarello.
“Cosè?” Asahi si tirò su puntellandosi sui gomiti. “Non sarà–?”
“Ho pensato di dover seguire il consiglio di Hiyori-san.” Nishinoya tolse il tappo al pennarello con un gesto plateale. “Asahi, il tuo braccio, prego.”
“Il mio braccio. Vuoi scrivere il tuo nome sul mio braccio come se fossi una scatola per il bento o roba simile?”
“Preferisci che te lo scriva sul pisello?” Gli occhi di Nishinoya lampeggiarono. “O sul culo?”
Asahi lo fissò a bocca aperta. Poi, con un sospiro, gli porse il braccio. L’odore del pennarello riempì la piccola camera, insieme alle risatine divertite di Nishinoya.
“Ma si vedrà da sotto i vestiti”, obiettò Asahi, incerto.
“E che fa? Al limite puoi sempre lavarlo via, domattina.”
Dormirono stretti l’uno all’altro come cucchiai sudati in un cassetto minuscolo. Al risveglio trovarono nei rispettivi cellulari cinque chiamate perse, ventidue sms e tredici emoji oscene da parte di Tanaka, Shizuku e Kuroo. Cominciarono la giornata con baci lenti, cattivo alito mattutino...
...e la scoperta che il tratto di pennarello non si lava via tanto facilmente.

FINE

~~~
 
(nota della traduttrice) Grazie per avermi seguito in questa piccola incursione nel fandom di Haikyu!, dedicato alla coppia AsaNoya. È la mia otp, li adoro proprio questi due *-*
Dopo questa fiction ho intenzione di tradurre anche il suo seguito, che sarà incentrato su TANAKA e SHIZUKU. Eh sì, non posso proprio lasciare che le cose tra loro restino in sospeso! Se anche voi siete curiosi di sapere com’è andata a finire, non vi resta che seguire la mia prossima traduzione! ;)

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