Cronache del Regno di Fuoco.

di Mordekai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Madre del Globo. ***
Capitolo 2: *** Reminiscenze. ***
Capitolo 3: *** La Città Desolata. ***
Capitolo 4: *** Presagio oscuro. ***
Capitolo 5: *** Eclissi. ***
Capitolo 6: *** Vorshan. ***
Capitolo 7: *** Assalto. ***
Capitolo 8: *** Rinascita del Sole. ***
Capitolo 9: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Madre del Globo. ***


Tempo fa le antiche valli verdeggianti del Nord erano ricoperte dal manto bianco della temibile Regina Tyrahieh, una spregevole donna accecata dalla vendetta nei confronti di suo figlio. Il Grande Gelo, così lo chiamavano i suoi abitanti, è durato per due decadi interminabili strappando centinaia di anime da Huvendal e dai suoi confini. Questo flagello fu contrastato dall’Araldo della Luce, una prode ragazza che ha combattuto fino allo stremo delle sue forze contro la Regina di Ghiaccio e le sue creature. Lo scontro fu uno dei più grandi, adrenalinici e letali che l’intero regno di Huvendal e il Nord potessero affrontare; quasi cinquecentomila soldati contro cento Taurus Iglis e Nòr. La spregevole e meschina donna, dopo aver distrutto le sue creature, perso i suoi generali contro i protettori del regno ed essere stata ferita, immobilizzò il vasto esercito per uccidere l’Araldo ma volle farla soffrire strappandole le persone più care. L’odio, la vendetta e la malvagità le fecero dimenticare che la giovane ragazza possedesse un potere immenso e non restò terrorizzata quando fu investita da esso, restandone deturpata e mutilata.
‘’P-pensi che sia finita qui? No, moscerino. Finché avrò ancora fiato, tu non vedrai la prossima alba!’’
Furono le sue parole prima di essere trafitta da una nebbia brillante che le squarciò il petto, lasciando un grosso cratere al suo centro. Quella guerra terminò con la vittoria del popolo huvendaliano e il sole tornò a scaldare con il suo magnifico torpore la terra, le pietre, gli abitanti e gli animali, ridonando vitalità e colori a un luogo imprigionato dal bianco. Il castello, sulla cima del Picco, privato dell’essenza che aveva la Regina, crollò e piombò nella vallata sottostante, provocando enormi fossati che si riempirono d’acqua, una volta che gli immensi blocchi gelidi si sciolsero. Giunsero nel regno nuovi popoli che non osarono fin d’allora di varcare le montagne innevate, portando nuove conoscenze e condividendo il loro sapere, la loro cultura, strategie militari, tessuti e magie; uno in particolare, cupo e misterioso offrì alle Guardie del Regno l’Epteti, una forma avanzata di potere che permetteva di compiere più azioni e diventare letali. Il popolo si chiamava Vadmadra e quel che li rendeva misteriosi erano gli abiti completamente neri, dalla testa ai piedi; il loro volto era coperto da una maschera di colore diverso in base al grado, ed era proprio la maschera a renderli così.
Con il passare del tempo, il regno di Huvendal divenne meta di ogni viaggiatore o esploratore perso in cerca di ristoro, condividendo con il Re ciò che avevano visto nei loro tortuosi e impetuosi viaggi. La conoscenza e le storie erano l’unica moneta che il benigno sovrano accettasse. Ne oro o argento o oggetti di valore, solo le mete visitate e le storie su di loro.
Nonostante la quiete e la brezza primaverile del nuovo ciclo, qualcosa di molto potente si nasconde nelle ombre impenetrabili.  Qualcosa che va ben oltre il comune gelo o la semplice neve.

Il sole sta per spegnersi, ma nessuno ancora l’ha notato.

E forse, non molto tardi, il buio tornerà. Più forte di prima.
 
♦§♦

La luce del sole, che sorgeva lentamente dalle montagne, baciava con i suoi caldi raggi dalle varie sfumature il cielo, gli alberi e la radura sottostante, dipingendola di un tenue rosa e scarlatto. Le chiome dei pini danzavano con leggerezza accompagnate dalla fresca brezza del mattino, mentre nei campi gli agricoltori erano impegnati con il raccolto di grano e cereali, pronti per il commercio ed essere trasformati in pane o prelibati biscotti. Nel regno di Huvendal, invece, i cittadini dormivano ancora eccetto che per i Merfolk che eseguivano l’ultima ronda notturna, con nuove divise resistenti e leggere, permettendo loro di muoversi senza difficoltà e sopportare di più il caldo di metà mattina. Le vetrate del castello, illuminate dalla luce del sole, creavano disegni astratti variopinti sulle colonne, le arcate e le volte sembrando piene di vita.

Qualcuno era già sveglio e nella sala Antares risuonavano colpi metallici, simili a quelli di una spada contro il ferro. Una ragazza dai lunghi capelli rossi, vestita di una tuta verde scuro e pantaloni grigi, colpiva dei fantocci, scheggiandoli e graffiandoli senza che la sua spada subisse danno. Il fulgore che pian piano assumeva il colore dell’oro, illuminava le gocce di sudore che rigavano la fronte e il collo della giovane mentre i colpi si facevano più forti. D’un tratto la sua ‘’furia’’ si arrestò, avvertendo qualcosa di pericoloso pronto ad aggredirla alle spalle. Con un rapido movimento del piede, la ragazza eseguì un montante perfetto ma fu contrastata da un’altra lama lucente e nera.

‘’I tuoi sensi si sono affinati Arilyn. Complimenti.’’- disse Darrien, brandendo la spada con la lama rivolta verso il basso. La ragazza osservò i muscoli del ragazzo contratti sotto la canotta, l’espressione quieta e gli occhi azzurri penetranti e arrossì. Indebolì la presa sulla spada e abbassò l’arma:

‘’Perché devi manifestarti alle mie spalle vestito così?’’

‘’Ormai sono due anni che siamo compagni e vedere il mio corpo ti causa ancora imbarazzo?’’- domandò lui, brandendo le spade e posandole nei foderi appesi al muro. Tornò da Arilyn e le cinse il volto con una mano, scrutando nei suoi occhi smeraldi quel piccolo guizzo di desiderio represso.

‘’Tu non mi provochi imbarazzo, Darrien. E’ solo che…’’

‘’Che vestito con una canotta che lascia scoperte le mie spalle e braccia scolpite suscita in te quel desiderio represso?’’- domandò lui, con un piccolo sorriso. La ragazza annuì debolmente, ancora rossa in viso e con le braccia conserte.

‘’Anche tu susciti in me questa sensazione di desiderio.’’- rispose lui, baciandola e tirandola dolcemente a sé. Si scambiarono lunghi e lenti baci, mentre il sole li avvolgeva nel suo confortevole abbraccio. Erano realmente passati due anni da quell’estenuante e devastante scontro che aveva mietuto vittime, ma aveva concesso la libertà a Huvendal, grazie ad Arilyn, diventata più forte e agile nel combattimento a corpo a corpo e con la spada, eguagliando il suo amato. Continuavano a scambiarsi baci con desiderio, finché la ragazza non si scostò brevemente per sussurrare:

‘’Ti amo.’’

‘’Ti amo anch’io.’’- rispose il ragazzo dagli occhi azzurri e le morse il collo; quel morso era un misto tra dolcezza e desiderio. Le loro labbra si scostarono per riprendersi da quell’intimità travolgente e si scambiarono dei sorrisi, quando udirono dei passi provenire dall’ingresso. Un uomo dai capelli biondi, barba leggermente corta e con indosso un lungo abito blu e bianco che si divideva a lingua di serpente verso le ginocchia comparve brevemente sull’uscio, prima di tornare indietro:

‘’Oh, già svegli?’’- domandò l’uomo entrando con un sorriso sereno.

‘’Non riuscivamo a dormire e pensavamo di allenarci, per restare in forma.’’- rispose il ragazzo, mentendo e sorridendo alla sua giovane amata. L’uomo aprì le finestre, permettendo al vento di rinfrescare la stanza e agli odori della primavera di impregnarsi sulla stoffa, sulle colonne e nei corridoi. Il sole era ormai alto nel cielo azzurro e il regno brulicava finalmente di vita, le urla dei venditori nel mercato sottostante e i bambini che giocavano a rincorrersi erano musica gioiosa. Quell’uomo sorrideva, ascoltando e osservando le persone, prima di essere destato dai suoi pensieri:

‘’Searlas, perché sei qui?’’

‘’Oh, già è vero. Oggi verrà a trovarci una vecchia conoscenza. Devo preparare e organizzare un mucchio di cose, ma quest’aria di allegria mi distrae di continuo.’’

‘’Vecchia conoscenza?’’-domandò perplessa Arilyn, sistemandosi i capelli dietro le orecchie e appoggiandosi al ragazzo dai capelli corvini.

‘’La primavera ha strani effetti, devo dire. La vecchia conoscenza di cui parlo è la Regina degli Ellsanoris. Viene a trovarci dopo molto tempo. E’ curiosa di vedere il nostro regno dopo che i vari popoli hanno saputo della nostra esistenza e hanno condiviso con noi le loro storie e la loro cultura. Anche lei ha buone notizie per noi.’’- rispose Searlas, pulendosi la spallina ricoperta di fuliggine lasciata da una delle tende. Il sorriso che si era formato sulle sue labbra annunciava qualcosa di meraviglioso, ricco di momenti spensierati e allegri.

‘’Che fate ancora qui, datevi una rinfrescata e preparatevi. Ho già chiesto a Nima di portare gli abiti e ciò che serve per oggi. Su, svelti!’’- esortò Searlas battendo le mani allegramente e dirigendosi a svegliare i pochi membri del castello rimasti ad alloggiare, compresi Nestor, Niveral, Aithwen e Sivaln. I due giovani si scambiarono un bacio e si diressero nei rispettivi alloggi. Nei corridoi si respirava un dolce e pizzicante odore di bacche di ginepro, ciliegie e altre erbe aromatiche che rendevano invitante il luogo e ben accogliente. Quando la giovane dai capelli scarlatti era a pochi passi dal suo alloggio, comparve Nima; la domestica era in sovrappensiero e non si rese conto di lei fin quando non venne chiamata:

‘’Nima, tutto bene?’’

‘’Signorina Arilyn! Mi perdoni, non mi ero resa conto della sua presenza e..’’

‘’Non c’è bisogno di scusarsi. Come mai così agitata?’’

‘’Il Re vuole che partecipi anche io al banchetto con la Regina degli Ellsanoris. E’ la prima volta che accade in questi miei cinque anni di servizio. Nemmeno al Gran Galà partecipai. Oh, per il sole, che cosa faccio?’’

La domestica era leggermente scossa e continuava a torturarsi il labbro con i denti e a muovere il piede a destra e a sinistra; Arilyn prese gli abiti che aveva ancora la ragazza tra le braccia e con un sorriso le chiese:

‘’Vieni, puoi indossare qualche mio vecchio abito. Da quando i popoli sono venuti a trovarci, ci hanno donato l’impossibile senza volere monete o oggetti preziosi. Alcuni di questi abiti sono abbastanza larghi per la mia corporatura, ma su di te saranno perfetti. Un po’ come te.’’
Nima si sentì le guance avvampare, imbarazzata e lusingata allo stesso tempo e abbassò leggermente il capo. Quando vide l’alloggio pulito, fresco e che profumava di essenza di cedro, restò sbalordita; gli armadi erano rimasti gli stessi e il forziere, dove un tempo era conservato l’abito militare della ragazza, era aperto lasciando intravedere una camicia di seta rosa con ricami color crema che s’incrociavano, si separavano o si univano in spirali vertiginose.

‘’Prego, è tuo.’’

‘’Cosa? No! Non posso prenderlo. Il mio ruolo me lo impedisce.’’

Arilyn le sorrise, prendendo tra le mani l’abito, che si rivelò essere, in realtà, un lungo abito che terminava in sottili balze sfumate sul bianco, con piccole perle legate da fili d’oro. Glielo porse insieme alle scarpe che si intonavano con l’abito e le disse di provarlo dietro il separé di legno. Quando l’abito di seta sfiorò la sua pelle, Nima provò un brivido piacevole che partì dalla testa e scivolò per tutta la schiena; indossare un abito diverso dalla sua divisa di domestica  la rendeva euforica, quasi da provocarle le vertigini. Una volta pronta uscì dal separé, con le guance rosee e un sorriso timido. Un rumore di acqua corrente nella stanza accanto significava che Arilyn si stava ripulendo dal sudore e dalla sporcizia che i fantocci di ferro le avevo lasciato sulla pelle. Passati alcuni minuti, dove Nima continuava a specchiarsi e a domandarsi se fosse realmente lei, comparve Arilyn, vestita con un abito bordeaux, ricami in argento sul colletto, sui polsini e sulla prima fila di bottoni neri. Il pantalone nero, dalle fattezze militari, scivolava nei lunghi stivali con eleganza da sembrare un tutt’uno con la pelle della ragazza. I capelli erano perfettamente pettinati e il viso aveva un leggero accenno di trucco, fatta eccezione per gli occhi e le labbra.

‘’Sei magnifica.’’- dissero all’unisono le due ragazze, scoppiando poi una risata.

‘’Nima, sei splendida. Oh, però la cuffia va tolta.’’

‘’Non posso, devo portarla sul capo per far ricordare che sono una domestica. Nulla di più. Stesso per i capelli, legati in uno chignon impeccabile.’’- rispose Nima cercando di giustificarsi, ma sapeva di non poterlo fare. Arilyn le tolse dolcemente la cuffia dal capo e disse di sciogliersi i capelli. Quando lo chignon perse la sua forma, i capelli castani della ragazza si posarono dolcemente sulle sue spalle in morbide onde, il che la rendevano ancora più bella di quel che sembrava.
‘’Proprio come la prima volta che ci siamo conosciute. Eri splendida quel giorno e anche oggi.’’

Tutti quei complimenti le fecero avvampare nuovamente le guance ma si riprese subito quando udì altre voci provenire dal corridoio. Entrambe uscirono e si diressero nella nuova sala adibita ai pranzi e alle cene: una sala spaziosa a semicerchio, con drappi di seta color vinaccia con lo stemma del regno cucito egregiamente appesi alle colonne. Davanti alle colonne che sorreggevano il soffitto della stanza c’erano diversi piedistalli in basalto che sostenevano delle anfora di diverse dimensioni e materiali: alcune erano in rame decorate da effigi in bronzo, altre lunghe e dalla base sferica con incisioni dei popoli confinanti e altre così strane da non comprendere quale fosse la loro forma, una in particolare era quella donata dai Vadmadra che sembrava essere costruita da un unico blocco di onice con dettagli in oro e bronzo. Al centro della stanza, invece, c’era un lungo tavolo in quercia che poteva contenere fino a dodici persone, già imbandito con porcellana splendente, bicchieri in vetro colorato, caraffe d’acqua e una di estratto di pompelmo misto a zucchero, miele e liquore. Vicino al tavolo, eretto e immobile come una statua, c’era un uomo con una lunga divisa bianca, con i polsini azzurri e la cuffia dello stesso colore; il dettaglio erano i suoi occhi, freddi e inespressivi.

Arilyn riconobbe l’uomo:

‘’Ryre? Sei tu?’’

‘’Oh, signorina Arilyn, vedo che è in forma. Bella giornata, non crede?’’- domandò lui, con un tono lievemente infastidito e ironico dalla presenza della ragazza.

‘’Sì, è una bella giornata, ma perché indossi quell’abito?’’

‘’Questa ridicola divisa? Sono stato degradato dal mio ruolo di medico scelto e ora devo solo sorridere e dare il benvenuto agli ospiti. In questa ridicola divisa. Che amara umiliazione. Non avete di meglio da fare?’’

Arilyn restò infastidita dal quell’arroganza e a stento tratteneva il fulgore dorato nelle sue mani, facendole brillare. Prontamente Nima la prese sottobraccio e la condusse all’ingresso del palazzo; in poche ore Searlas aveva aperto l’enorme portone dai battenti in ottone, decorato l’effige con lunghi nastri bianchi fin sopra i bordi, steso un lungo tappeto all’entrata decorato da petali di buganvillea e ai lati di esso c’erano cinque soldati ognuno con una mansione specifica: due soldati si sarebbero inchinati alla Regina reggendosi con la spada, altri due avrebbero preso gli abiti da viaggio degli ospiti e l’ultimo li avrebbe condotti da Ryre, addetto a sistemare i loro posti. La luce illuminava il corridoio creando una sfera luminosa sui muri dipinti e riflettendosi sulla corona che aveva tra le mani. Sindar era appoggiata al muro, con le mani intrecciate e lo sguardo rivolto verso il Re, sorridente e che impartiva con gran cortesia le diverse mansioni ai Navra che erano rimasti al suo fianco; la maggior parte dei Navra erano ormai tornati nella loro terra natia, ma altri non avendo luogo dove poter vivere, restarono al fianco di Searlas e di Huvendal.
Arilyn e Nima si avvicinarono alla neo Regina, radiosa e con i capelli biondi perfettamente legati in trecce sul capo, una leggera tonalità di rosa sulle labbra e sulle guance, il vestito verde smeraldo che risaltava il suo fisico tonico terminava in piccole balze con merletti bianchi cuciti all’interno.
‘’Sindar, o meglio Mia Regina, è un piacere rivederti.’’- disse Arilyn comparendo al suo fianco.

‘’Arilyn, mia fedele allieva. Lo stesso vale per me e…’’ Sindar si interruppe quando vide Nima illuminata dalla luce soffusa del sole.

‘’Nima? Sei incantevole mia cara. Quel colore si intona alla tua carnagione.’’

‘’Mia Regina io.. La ringrazio.’’- rispose con un inchino, nonostante si sentisse goffa e imbarazzata nel ricevere complimenti dalla Regina in persona.
D’un tratto, dall’alto delle mura risuonarono tre lunghe note emesse da un corno; Thessalia e le sue figlie erano finalmente giunte, in netto anticipo. Il Re si sistemò la lunga divisa attese al centro dell’ingresso, sorridente e a testa alta. Nella piazza si sentivano applausi e cori di benvenuto per la Regina alleata, giunta con un piccolo plotone dei suoi migliori soldati e le sue due bellissime figlie: Shenyra e Eileen. La primogenita, Eileen, indossava una divisa militare lunga bordeaux, con i passamani argentei e un elegante cappuccio nero con il sigillo dei Custodi sulla punta, il suo viso delicato e i capelli neri la rendevano incantevole. Shenyra, invece, indossava un lungo mantello a mezza ruota di seta nera con cappuccio che le ricadeva sulle spalle, coprendo leggermente una camicia di seta antracite, chiusa sul colletto da tre bottoni in ottone mentre il pantalone, nero e in cuoio ricadeva a sbuffo sugli stivali dello stesso materiale e colore, tranne per il tacco damascato. I suoi capelli erano legati in una lunga treccia a spina di pesce, arruffata e legata da un nastro viola, lasciando ricadere due ciocce sulle tempie. Un particolare interessante erano gli occhi di colore diverso: uno nero e l’altro viola. Una eterocromia affascinante, ma il suo animo non era solare o amichevole come quello della sorella, più serio e distaccato. Dal sigillo che aveva sul mantello, era un Custode delle Stelle Nere; da secoli gli Ellsanoris si erano distinti in due gruppi, le Stelle Protettrici e le Stelle Nere. Thessalia era una Stella Protettrice, come la primogenita. Il loro poteri si basavano sulla cura, meditazione, migliorare le capacità sensoriali e la magia bianca di cui la loro anima era intrisa. Shenyra invece una Stella Nera, dedita a comunicare con le Anziane e a migliorare la magia oscura. Questi due gruppi avevano una sola cosa in comune: la salvezza e protezione degli afflitti.
Come previsto, le tre donne vennero accolte dal saluto militare delle Guardie e da un solenne inchino di Searlas ma non si sarebbe aspettato un inchino dalle figlie di Thessalia.

‘’Mia cara Thessalia, bentornata nel nostro regno. Sei in anticipo, è grandioso.’’

‘’Ti ringrazio Searlas, è stato un viaggio abbastanza lungo e faticoso. Sono affascinata e sorpresa da come il tuo regno si sia espanso così in fretta e abbiate ricevuto visite da popoli di mia conoscenza. I miei complimenti.’’- rispose lei, con un caldo sorriso, mentre si toglieva il mantello e lo consegnò con calma ai due soldati addetti ai loro bagagli. Il viso della donna non mostrava nessuna ruga, solo i capelli avevano assunto una tonalità più opaca e tendenti all’argento. Le figlie fecero lo stesso, finché Eileen non si rese conto della salvatrice di Huvendal, Arilyn:

‘’Per ogni cometa che ho visto, lei è l’Araldo della Luce? E’ magnifica.’’- disse con energia, tanto da provocare una risata ai presenti.

‘’Ti ringrazio, sono onorata. Io sono Arilyn, lieta di far la tua conoscenza. Al mio fianco c’è Nima, una mia fedele amica.’’

‘’Lieta…di conoscerti.’’- si unì alla conversazione la ragazza, imbarazzata e sorpresa di essere stata nominata.

‘’Il piacere è mio Arilyn. Io sono Eileen. Lei è mia sorella, Shenyra. O meglio, la stella sempre imbronciata.’’- affermò con tono da sfottò, poggiandole una mano sulla spalla.

‘’Onorata di conoscervi. Sorella, gradirei di non essere toccata dalle tue manacce.’’- rispose con un sorriso freddo, generando un piccolo luccichio violaceo nelle mani. Tutti si diressero nella nuova sala, accolti da Ryre con un sorriso e un benvenuto privo di gioia, ma forzato, cercando di essere il più gentile possibile. Eileen e Nima durante il tragitto si scambiavano qualche sorriso, arrossendo entrambe. Mancava però Darrien, che ritardava la sua presentazione. Quando ognuno fu al proprio posto, la Regina degli Ellsanoris notò una delle sedie vuote, proprio vicino ad Arilyn:

‘’Arilyn, il tuo compagno dov’è?’’

‘’Vogliate perdonare l’attesa, ho avuto difficoltà nell’indossare gli stivali nuovi donati dal mio Re. Perdonatemi.’’

La comparsa di Darrien pietrificò i presenti: la postura eretta, lo sguardo penetrante, le mani congiunte dietro la schiena, i capelli, seppur lunghi, pettinati all’indietro e lucenti lo rendevano simile ad una opera d’arte. La sua divisa nera splendente, aperta sul petto da lasciar intravedere una camicia bianca con decorazioni rosse, i polsini in argento e la ‘’coda’’ della divisa che terminava in una lingua serpentina consentiva alle gambe di muoversi con fluidità. Sulle sue spalle, invece, c’erano dei piccoli merletti blu notte cuciti in modo da non strapparsi e da non essere ingombranti. Arilyn arrossì violentemente nel vederlo in tutta la sua bellezza e il suo fascino, ma cercò di mascheralo coprendosi con i lunghi ciuffi rossi.

Dal corridoio giunsero diverse Guardie con enormi vassoi in ceramica, sotto l’attenta guida di Ryre, che con sospiri faceva comprendere la sua enorme frustrazione. Le pietanze variavano di grandezza e di gusto, dall’agrodolce al salato: riso con crema di radicchio, manzo ripieno di noci, pesce arrostito con patate a fette, formaggio con miele e, come dolce, una crostata con glassa alla ciliegia. Tra una portata e l’altra ognuno dei presenti raccontava le sue avventure negli ultimi due anni dalla liberazione del gelo: Thessalia raccontò di come ricostruì il suo regno, pietra per pietra, vetro per vetro e dell’esilio del figlio per alto tradimento verso le Stelle e la Dea del Cosmo; fece ricostruire la sala dove un tempo lei e suo marito ricevevano ospiti, questa volta con un solo trono al centro e alle sue spalle una immensa statua fatta di bronzo, ottone e vetro. Quest’ultimo venne scelto solo per gli occhi della statua, così che il sole potesse illuminarli e renderla quasi viva e maestosa a tutti i visitatori. Searlas, invece, raccontò dei popoli oltre le montagne innevati, delle loro storie e della vasta conoscenza che ognuno di loro possedesse. Raccontò della visita del popolo mascherato, i Vadmadra:

‘’Si presentarono un giorno davanti alle nostre mura, tutti schierati in perfetto ordine in base al loro ‘’grado’’. Credo, ognuno di loro indossava una maschera di colore diverso e occupavano posti in base a ciò.’’

‘’E cosa vi hanno donato o hanno condiviso con voi? Qualcosa di utile spero.’’- esordì Shenyra, affascinata dal nome del popolo e dalla particolarità.

‘’Come avete visto all’ingresso di questa stanza, c’è quello stranissimo vaso che durante la notte brilla di varie tonalità d’azzurro e blu e fluttua a pochi centimetri dalla sua base. La cosa strana è che solo uno di loro poteva parlare e condividere con me l’arte dell’Epteti, che ha permesso ai miei soldati di sfruttare maggiormente il potere del fuoco o dell’elettricità senza alcuno sforzo. Il resto di quelle figure mascherate restava in silenzio, come se fossero fantasmi. Popolo davvero interessante, anche se inquietante.’’- terminò di dire con una piccola risata. L’atmosfera era un misto di sorrisi, risate e racconti incredibili, anche le figlie di Thessalia avevan vissute grandi avventure, per questo non si sono mai fatte vedere al primo incontro con Arilyn e Darrien. D’un tratto il Predone dell’Oscurità aggrottò la fronte e sentì un vociferare fuori la porta della sala:

‘’Darrien? Qualcosa non va?

Il ragazzo restò con lo sguardo fisso sulla porta e questa, improvvisamente, si spalancò con un assordante rumore di legno e ferro, alzando una nube di polvere e rivelando due soldati armati di lance che cercavano di afferrare una bambina vestita di stracci logori e sporchi di fango.

‘’Soldati, fermi!’’- ordinò Darrien alzandosi e facendosi come scudo per proteggere la bambina.

‘’E’ entrata di soppiatto da una finestra del corridoio. Non sappiamo da dove viene o se è un nemico mandato dai vecchi ladri della foresta.’’
La ragazzina si strinse alla divisa di Darrien, impaurita dalla ferocia che avevano i soldati, come avvoltoi affamati. Le lacrime le rigavano il viso e non riusciva a parlare, ma con una carezza sulla testa della bambina riuscì a tranquillizzare il suo animo irrequieto.

‘’Comandante, ci consegni la bambina. Dobbiam-‘’

‘’Dobbiamo, soldato? Vorresti imprigionare una bambina che cerca riparo?’’- domandò irritato il ragazzo, mentre dalla sua mano si sprigionava il suo oscuro potere, suscitando la sorpresa dei soldati e delle figlie di Thessalia. Il comandante riusciva perfettamente a controllare il suo potere e a prolungarne l’uso, senza rischiare di sfregiarsi le braccia o ricorrere a continue cure da parte di Nestor.

‘’Io…’’

‘’Riposo soldati. Ce ne occuperemo noi.’’- intervenne Arilyn, avvicinandosi alla bambina sorridendole appena per poi essere ricambiata. I due soldati si inchinarono e se ne andarono, amareggiati per il loro comportamento e timorosi di venir degradati. Il Re si avvicinò con un piatto pieno di avanzi del pranzo, un po’ di formaggio e dell’acqua. La trovatella ringraziò con uno splendido sorriso, ma Thessalia impallidì nel vedere sulla sua mano un antico simbolo dei Custodi.

‘’Bambina, perdonami se interrompo il tuo pasto, ma da dove provieni?’’

‘’Io…dalla Città Desolata, signora.’’

‘’E quel simbolo disegnato sulla tua mano chi te lo ha fatto?’’- domandò indicando una stella a dieci punte disegnata sulla mano, circondata da una sfera e con una runa al suo interno.

‘’Non lo so, mi sono svegliata nel cuore della notte un giorno e mi sono ritrovata questo disegno sulla mia mano.’’- rispose la piccola tra un morso di formaggio e un bicchiere d’acqua. La Regina delle Stelle si alzò lentamente dalla tavola e si diresse verso la finestra, tenendosi il petto con le mani. Searlas si avvicinò e domandò preoccupato se stesse bene:

‘’Pensavo fossero solo leggende sulla sua esistenza o storielle per bambini, ma mi sono sbagliata.’’

‘’Thessalia, di cosa parli? C’entra qualcosa la bambina?’’- domandò Searlas, osservando la trovatella che si toglieva il cappuccio rivelando dei capelli biondo perlacei luminosi e perfettamente in ordine, nonostante gli abiti sporchi. La Regina dei Custodi sì voltò leggermente, notando le sue figlie parlare con la bambina e notava che il simbolo sulla sua mano luccicava impercettibilmente e, deglutendo rumorosamente, si diresse da lei, cercando di mascherare il suo nervosismo.

‘’Bambina, perdonami nuovamente, potresti dirmi il tuo nome?’’

‘’Io mi chiamo Narwain, signora.’’

‘’Il tuo popolo pregava la religione delle Stelle e la Dea del Cosmo?’’

‘’Sì, nella mia città pregavamo le Stelle Primordiali per protezione e prosperità. Perché?’’- domandò con innocenza e un sorriso luminoso.
‘’Nulla, ero curiosa, mia cara bambina.’’- rispose carezzandole una guancia e alzandosi per invitare Darrien, Arilyn e il Re Searlas a seguirla. Non appena furono abbastanza lontani da non essere sentiti, il giovane comandante domandò il motivo del suo pallore e tremore alle mani:

‘’La bambina si chiama Narwain. Lei e il suo popolo pregavano le Stelle Primordiali. E…’’

‘’Cosa sono queste Stelle Primordiali Thessalia? E Narwain cosa c’entra con loro?’’- domandò Arilyn, scrutando dall’uscio della porta la bambina che danzava e faceva sorridere Eileen e Sindar. La Regina dei Custodi fece un lungo respiro e cercò di tranquillizzarsi, ma inutilmente. La scoperta di una Primordiale era segno di un evento di grande importanza e, in parte, cupo:

‘’Secondo l'Antico Libro del Cosmo, le Primordiali erano le prime vere Stelle generatesi nel cielo. Da esse son nate le varie costellazioni e galassie. Una di queste Primordiali era conosciuta come Madre del Globo. Può assorbire, generare, moltiplicare o addirittura distruggere le altre stelle. Il simbolo che ha sulla mano appartiene solo a questa tipologia di stella e lei ne fa parte.’’

‘’Dunque la bambina non sa di essere la Madre del Globo?’’- domandò Searlas.

‘’No, ma dovete riportarla nella sua città. Non può restare ad Huvendal, se qualche sciacallo venisse a sapere della sua ‘’rarità’’ potrebbe venderla come merce o sfruttare il suo potere per sottomettere altri popoli. Solo che mi sfugge il motivo della sua venuta nel vostro regno.’’- rispose Thessalia sistemandosi una ciocca di capelli. La Regina dei Custodi, ancora una volta si diresse dalla bambina, ma Searlas la bloccò sull’uscio:

‘’Mia amica, sei ancora agitata dalla scoperta. Lascia che sia io a parlare.’’

E così fece il buon Searlas, avvicinandosi e sedendosi a pochi centimetri dalla pargola che rideva per la buffa posa assunta, tanto da farle tingere di rosa le guance:

‘’Piccola Narwain, ricordi come e perché sei venuta qui?’’- domandò con calma, nonostante una nota di serietà. La piccola lo guardò negli occhi e capì di dover rispondere e si sforzò nel ricordare il suo viaggio:

‘’Io…Io…’’

Non ci volle molto, dato che i suoi ricordi iniziarono a manifestarsi con violenza tale da cancellare la sua allegria. Le sue mani tremavano e lentamente gli occhi si riempirono di lacrime. Qualcosa di inspiegabile e terrificante doveva essere accaduto nella sua città natale.:
‘’Io ricordo solo che c’erano fiamme…Urla ovunque, pianti, la mamma stava male e non si muoveva dall’uscio della casa, e poi occhi rossi che divampavano come lucciole e un uomo dai lunghi capelli bianchi camminava con un sorriso malefico sul suo volto. Ricordo poi una luce abbagliante che mi ha guidato fin qui e mi diceva…diceva di trovare gli eroi di Huvendal e…’’- il pianto le impedì di proseguire. Searlas le carezzò la testa, tentando di tranquillizzarla come meglio poteva.

‘’Quanto tempo hai impiegato per giungere da noi?’’

‘’Quasi un mese, sono stata ospitata da qualche viandante prima di raggiungere il vostro regno.’’- disse singhiozzando e pulendosi con un lembo del mantello che aveva sulla schiena. Searlas guardava la sua compagna e i suoi amici, notando in tutti uno sguardo preoccupato per le imprese della piccola.

‘’Un ultima domanda e poi uno dei miei soldati ti accompagnerà in un alloggio dove potrai pulirti e riposare. Ricordi il nome dell’uomo che ha attaccato la tua città?’’

‘’Mia madre, prima di sentirsi male, disse di fuggire da…da…’’

‘’Sì? Come si chiama?’’

‘’Gallart.’’-rispose con un sospiro.

Il Re sbiancò nel sentire quel nome: ‘’Non è possibile.’’


 

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Capitolo 2
*** Reminiscenze. ***


Il Re restò in silenzio per il resto della giornata, facendo preoccupare la sua compagna e i suoi amici, mentre Narwain riposava in un alloggio, sorvegliato da una Guardia Navra. Nel suo studio, Searlas studiava le vecchie mappe del padre, dai bordi bruciacchiati e ammuffiti e con tratti d’inchiostro sbavati e consumati. Ogni mappa mostrava vecchi luoghi di Huvendal con nomi diversi da quelli attuali, fiumi essiccati e sentieri completamente franati.

‘’Queste mappe non mi diranno nulla, sono così vecchie che bassa una folata di vento per sbriciolarle.’’- disse il re, scompigliandosi i capelli e continuando ad osservare i possibili sentieri alterni sulla carta ingiallita dal tempo, fin quando non bussarono alla porta.

‘’E’ aperto, prego.’’

‘’Searlas? Tutto bene?’’- domandò un uomo dai capelli e barba grigi, con degli abiti da viaggio sgualciti e leggermente impolverati.

‘’Vorshan, amico. Dove eri finito? Ti stavamo aspettando per il grande pranzo. Penso tu abbia saputo della nuova arrivata e del tiranno e-‘’

‘’Sì, sono già al corrente della situazione. Io conosco qualcuno che sa come arrivare alla Città Desolata.’’- ripose Vorshan, poggiando la sua sacca vicino la porta e sedendosi sulla sedia, osservando le mappe. Searlas rimase impietrito da quella risposta.

‘’Non fare quell’espressione da stoccafisso, non è da te. E, inoltre, credo che odi il tuo albero genealogico.’’

‘’Tralasciando questo particolare, come si chiama questa persona?’’

‘’Ti dice nulla Morghull?’’- domandò lo stratega, prendendo la caraffa di thè che era sulla scrivania e versò un po’ del contenuto in una tazza lì vicino. Attese risposta da parte del suo amico, cercando di non ridere per l’espressione intontita.

‘’Sì, l’ho congedato io dopo la battaglia contro mia madre. Mi disse che voleva vivere una vita nella natura, costruendosi una villetta e ospitare i viaggiatori stanchi e aiutarli. Una sorta di ‘’pellegrino’’. Quando lo hai incontrato e come ha-‘’

‘’Due giorni prima di ritornare qui ad Huvendal. Ha un gruppo di messaggeri prescelti che raccolgono varie informazioni ai confini delle montagne innevate e nel Deserto dell’Epirdo. Sì, è lì che si trova la Città Desolata.’’- terminò lo stratega, svuotando la sacca con nuove mappe ben disegnate, dettagliate e con i nomi di ogni nuovo territorio. Vorshan salutò il suo amico dandogli una pacca sulla spalla e lasciandogli osservare quel ‘’regalo’’ utile per il futuro viaggio.
Nel frattempo, in un regno dove la roccia scura si ergeva minacciosa verso il cielo, un uomo dai lunghi capelli bianchi si destò dal suo bagno di latte di riso. Il suo fisico scolpito era illuminato da piccole torce poste sui bordi della vasca, ignorando completamente di essere nudo. Si asciugò il corpo e si avvolse in una lunga camicia da notte di seta, respirando odore di incenso e zolfo.

Si avvicinò alla finestra e osservò il suo immenso regno: torri alte come giganti, costruite completamente in ossidiana e roccia lavica, con venature rosso brillante. Ogni torre era collegata da ponteggi in ferro nero che brillavano grazie alle venature della roccia e su ognuno di essi era appostato un soldato di granito e ossidiana dall’aria minacciosa, alimentato solo da una brace. La più alta, dove l’uomo dalla capigliatura lucente e bianca viveva, raggiungeva quasi il sole vista dal basso, tagliandolo in due. All’esterno delle mura, c’erano case diroccate, rase al suolo da un grande incendio e resti di cadaveri carbonizzati ovunque. La Città Desolata, la stessa distrutta da Gallart:
‘’Che capolavoro. Tutto grazie al potere della fiamma. Plebei inutili che usano il fuoco per cibarsi quando non comprendo il suo nefasto potere.’’- disse tra sé e sé generando una fiammella sul palmo della mano. D’un tratto bussarono alla sua stanza e una voce quasi gutturale esordì:
‘’Sire, il Duca vuole parlare con lei.’’
‘’Fallo entrare.’’- rispose sorridendo mentre prese un calice e lo riempì di vino.
‘’Entra, seghivvc.’’- intimò la creatura d’onice, insultandolo. Seg equivaleva a sangue, mentre hivvc a verme succhiatore. Entrò un uomo molto giovane, con una grossa ustione su buona parte del volto e una lunga dalmatica bordeaux, bruciata e consumata sulle spalle e sul bavero:
‘’Mio Signore Gallart.’’- esordì l’uomo inginocchiandosi, con un leggero tremore nelle mani e il fiato corto. Il Re non lo degnò di uno sguardo, mentre assaporava rumorosamente il vino dalla coppa.
‘’Abbiamo un…problema mio Sire. E il problema è…Beh sì…’’
‘’Smettila di indugiare ed essere così barbaro. Parla.’’- ripose Gallart, posando la coppa d’avorio sul bracciolo del suo trono.
‘’Uno dei prigionieri è scappato. Da quando abbiamo attaccato il villaggio, lo scorso mese, abbiamo risparmiato la vita a pochissimi abitanti, così come il Re Desolato e quella ragazzina particolare..’’
‘’Vorresti dirmi che Narwain, una delle Madri del Globo è scappata senza destare sospetti?’’
‘’Sì, mio signore.’’
Gallart venne avvolto da delle fiamme, afferrò la coppa e la scagliò con violenza contro la testa del Duca, rompendosi come se fosse vetro. Il suo corpo tremava dal dolore, mentre il Re del Fuoco lo afferrò per il collo e lentamente gli bruciò la pelle:
‘’Razza di incompetente. Comprendi la gravità della situazione?’’- domandò l’uomo adirato, mentre il corpo si rivestiva di una possente armatura scarlatta lucente e i suoi occhi divampavano come lanterne. Più la stretta diventata asfissiante, più la pelle del Duca bruciava.
‘’Mio signore, la prego! Farò…il possibile per portarla indietro, ma la prego mi lasci vivere.’’
‘’La tua inutile esistenza da barbaro insignificante è viva solo grazie a me. Ricordatelo, misero scarafaggio.’’- rispose Gallart sferrandogli un gancio nello sterno, mozzandogli il fiato. Con un cenno della mano, ordinò ai suoi soldati di portare via il Duca, sofferente e piangente. Il disgusto si dipinse sul suo viso, osservando la saliva e il sangue che macchiavano il suo pavimento:
‘’Ho sprecato il mio calice migliore per quell’insulso essere. Non ha importanza, presto sarò un Re invincibile.’’
E con quella frase, il suo corpo divenne una torcia vivente, ridendo sommessamente e illuminando la sala di una accecante luce arancione. Ad Huvendal, nuovamente, l’ospite dormiva ancora, sorvegliata da Arilyn, che le carezzava dolcemente il viso, con uno sguardo malinconico. Sapeva cosa significasse perdere i propri genitori, sentirsi isolati e considerati un pericolo per gli altri. Nella stanza, troppo grande per una bambina, si sentiva un profumo agrodolce ed era molto silenziosa dovuto ai grandi arazzi che ricoprivano le pareti. La porta della stanza si aprì nuovamente, lasciando entrare un leggero spiffero d’aria e Darrien con un grande libro:
‘’Questa situazione ha dell’incredibile. Searlas è piombato in una ‘’crisi’’, Thessalia sta cercando di convocare la Dea delle Stelle per informarla e…’’
‘’Quel libro da dove viene?’’
‘’L’ho preso in prestito dai bagagli di Thessalia per comprendere meglio le caratteristiche di una Madre del Globo ed ho trovato cose interessanti ed inquietanti, principalmente. Narwain non si è ancora svegliata?’’- domandò il ragazzo poggiando con cautela il libro sul comodino della stanza, permettendo ad Arilyn di osservare la lucida copertina con disegni di stelle, comete e parole in rilievo.
‘’No, la bambina dorme beata. Dopo quasi un mese di cammino, con la fame e la stanchezza che la divoravano lentamente, credo si meriti tutto ciò. Tornando al libro, cosa hai scoperto?’’
‘’Le Madri del Globo si manifestano in un determinato ciclo stellare e temporale, ma non si può prevedere quando accadrà. Neanche le Anziane Stelle, come le descrive il libro, sono in grado di farlo perché il loro potere è come un granello di sabbia rispetto a quello della Madre. Si reincarnano nel corpo di una bambina ‘’prescelta’’ da migliaia e migliaia di anni prima e conducono una vita mondana tranquilla.’’- rispose lui, girando diverse pagine ingiallite, scritte con una calligrafia indecifrabile e sbiadita. C’erano meravigliosi disegni o iconografie di diverse costellazioni in forma corporea o come nubi, ognuna con il proprio nome e compito. Una pagina più grande colse l’attenzione dei due giovani e, dopo averla vista, strabuzzarono gli occhi: una grande iconografia che mostrava un sole in eclissi, un cono di luce che avvolgeva una donna e successivamente quella luce si riversava su un uomo con una grossa armatura. A fine pagina c’era scritto, con un linguaggio che tutti potessero comprendere:
‘’Eclissi del Sole Arcano. Ogni mille anni la Madre si reincarnerà e il cavaliere scarlatto la catturerà. L’eclissi avverrà e la brace vivente tornerà. L’oscurità regnerà sovrana e nulla più vivrà.’’
Una filastrocca in rima che presagiva un terrificante evento. Il libro venne chiuso con lentezza per non svegliare la bambina, ma si resero conto che i suoi occhi azzurri li stava scrutando:

‘’Che…che cosa ci fate nella mia stanza e con quel libro?’’

‘’Il libro ci servirà per condurti a casa e comprendere quali sentieri sono sicuri e altri tortuosi. E siamo nella tua stanza perché ho concesso alla guardia che ti sorvegliava di riposarsi un po’.’’

‘’Oh, è stato cortese da parte tua. Io ricordo solo un sentiero che passa oltre la montagna innevata, ma ci sono animali selvaggi e per evitarli mi sono dovuta arrampicarmi sugli alberi.’’- rispose Narwain, mettendosi a sedere e sistemandosi i nuovi abiti donati dal Re. Era tardo pomeriggio e il sole iniziava a tingere di colori intensi il cielo, con un misto di sfumature invidiabili. Searlas si svegliò nel suo studio su una pila di scartoffie e mappe tutte stropicciate e sporche di saliva:

‘’E’ quasi sera. Devo essermi addormentato mentre studiavo i possibili pericoli dei sentieri.’’- disse mentre cercava di togliersi la stanchezza dagli occhi strofinandoli, quando bussarono nuovamente alla sua porta facendolo sobbalzare:

‘’E’ aperto, prego.’’

‘’Searlas, perdona il disturbo, ma devo tornare assolutamente a Darnassea e…Stai bene?’’

‘’No. Quella bambina ha detto che l’uomo che ha distrutto il suo villaggio si chiama Gallart. E Gallart è mio zio. Lui, come mio padre, ha sempre bramato il potere e sono sicuro che Narwain è l’obiettivo principale se ha distrutto parte della Città Desolata.’’

‘’E’ proprio per questo motivo che sto tornando nel mio regno. Devo informare le Anziane e i popoli a noi alleati nei confini. Ho ordinato alle mie figlie di aiutare i Merfolk e il popolo in caso il potere di quell’uomo si estenda fin qui. Riguardo la bambina, invece?’’- domandò Thessalia posando la mano su una delle mappe della scrivania. Ne prese una che non avesse i bordi e i disegni danneggiati e la condusse verso la luce per osservarla meglio. Sfiorò i disegni in rilievo con i polpastrelli, percorrendone la forma fin quando non si sentì osservata:

‘’Searlas? Cos’è quello sguardo da folle?’’

‘’La mappa che hai preso mostra un disegno contro luce.’’ Il Re continuò ad analizzare il disegno, prendendolo con delicatezza dalle mani di Thessalia e poggiò il foglio sulla vetrata per poi esclamare con euforia:

‘’E’ il vecchio sentiero che passa tra le montagne innevate! E’ una mappa disegnata da mio padre, quindi lui sapeva già delle varie strade per evitare il Picco…Che tu sia maledetto in eterno. Oh, tu mi avevi chiesto una cosa su Narwain. Chiederò ad Arilyn e Darrien di ricondurla nella sua città. Vado ad avvertirli.’’- rispose Searlas uscendo dal suo studio e correndo nei corridoi trovando Darrien che usciva dall’alloggio della bambina con il libro tra le mani:

‘’Figliolo, sei qui. Ho scoperto come condurla nel suo regno.’’

‘’Attraverso un sentiero a nord est delle montagne innevate, passando nell’ormai decaduta foresta dei ladri.’’

Il Re restò a bocca aperta, con la mappa aperta a metà nella mano e osservava sconcertato suo figlio per aver scoperto prima di lui la strada da intraprendere:

‘’Chi ti ha dato tale informazione così dettagliata?’’

‘’La bambina, non ha memoria del resto del suo viaggio ma di come è arrivata a noi sì. Noto che sei sorpreso.’’

‘’Lo sono dato che anche io ho scoperto il sentiero. Qui, su una vecchia mappa di mio padre.’’- rispose Searlas consegnandogli la mappa; il ragazzo la prese e restò sorpreso dai dettagli e dai vari simboli che ci circondavano i confini. Ogni colore sulla mappa rappresentava un determinato luogo: dei triangoli rossi per evidenziare fosse letali, tre onde blu per evidenziare i fiumi o un cerchio dello stesso colore per i laghi e il resto che variava dall’oro all’argento per i sentieri principali e secondari. Nonostante il padre di Searlas fosse una carogna, era abile nel disegnare mappe utili per i soldati e per le sue ‘’scappatelle’’.Darrien piegò con cura la mappa e la mise nel taschino della sua divisa:

‘’Ci sarà utile per evitare qualsiasi pericolo nascosto.’’

‘’Vi conviene partire in serata o domani mattina all’alba.’’

‘’Io ultimamente non ho sonno, quindi potremmo partire stanotte e ci accamperemo dopo aver superato i monti.’’

Il Re annuii e si diresse dalla sua compagna, preoccupata. Dall’alloggio della bambina, Arilyn osservava Thessalia andarsene accompagnata dai suoi uomini armati fino ai denti. Il sole, rosso come il rubino, stava per lasciare il posto alla luna mentre il cielo si tingeva di sfumature tenue e calde. Il giovane comandante era insieme ad alcuni soldati a preparare il carro per lasciare Huvendal, legando le casse e i sacchi con le varie provviste e, infine, il cavallo al braccio del carro. Le porte del regno erano rimaste aperte dopo che la Regina delle Stelle era andata via, facilitando il viaggio dei prodi eroi.

‘’Comandante, ci siamo occupati di perlustrare parte del sentiero che conduce ai monti. Nessuna minaccia.’’

‘’Grazie soldato.’’- rispose Darrien stringendogli la mano, per poi salire ingroppa al suo fidato destriero. Con l’aiuto di una lanterna, un altro soldato aiutava la compagna di Darrien e Narwain a raggiungere il carro per poi patire immediatamente. Searlas si avvicinò al ragazzo, comparendo come un’ombra:

‘’Per le stelle, mi hai spaventato.’’

‘’Perdonami, volevo solo augurarvi buon viaggio. Tieni questo rotolo di pergamene. Sono impregnate di una antica magia, ogni cosa che vedrete o vi sarà detta si materializzerà sul foglio. E’ un regalino da uno dei popoli che venne a visitarci. Tornate presto.’’- rispose il Re, stringendo le briglie del cavallo e andando all’enorme cancello delle mura. Tutto era pronto e Darrien spronò il cavallo a partire, trascinando l’enorme carro dietro di sé e superando il cancello. L’aria era fresca, grazie alla brezza dell’imminente primavera, l’erba danzava al suo passaggio e tra i rami dei vari alberi cinguettavano ancora pochi uccelli prima del loro riposo. Alle loro spalle si allontanavano Huvendal e i suoi abitanti che li salutavano, augurandogli un viaggio tranquillo e fortuna per la nuova avventura che li attendeva.

Le ombre avanzavano come serpenti minacciosi sui ragazzi, ma la lanterna montata sul palo del carro rendeva visibile parte del sentiero; Narwain si era nuovamente addormentata tra i vari sacchi e coperte. Arilyn le carezzava la testa con dolcezza, evitando di svegliarla:

‘’Si è addormentata, vero?’’

‘’Sì Darrien, da un po’ ormai. Di preciso sai dove ci troviamo?’’- domandò Arilyn, controllando le provviste e le armi, se necessarie ad uno scontro. Il ragazzo prese dalla sua sacca la mappa donata da Searlas e iniziò a studiarla aiutato dalla luce della lanterna. In contro luce si potevano notare il sentiero, la foresta e qualche laghetto, gli stessi che Darrien a malapena riusciva ad osservarli. D’un tratto il cavallo arrestò la sua lenta avanzata, intimorito da qualcosa o qualcuno. Il ragazzo posò la mano sulla cintola dei pugnali, pronto a scagliarli; dall’ombra comparvero due cavalieri con spalliere e gambali simili a scaglie di drago verde acqua. Erano un uomo e una donna, una coppia visto che si tenevano per mano. Un particolare che notò il ragazzo fu una maschera dorata che copriva metà volto dell’uomo:

‘’Non siete di queste parti viaggiatori?’’- domandò la donna, osservando il carro e il giovane comandante.

‘’No, proveniamo da Huvendal e ci stiamo dirigendo nella Città Desolata.’’

‘’La Città Desolata? Siete in un viaggio suicida miei cari.’’

‘’Abbiamo affrontato la Regina di Ghiaccio e il suo esercito, nulla ci spaventa.’’- rispose il ragazzo, con una nota provocatoria. L’uomo restò a bocca aperta quando sentì nominare la Regina e si avvicinò per vedere meglio Darrien:

‘’Tu sei…il comandante dei Merfolk di Huvendal? Il cavaliere delle tenebre Darrien! Sì, sei tu!’’

‘’Non sono l’unico ad averla fronteggiato, anche la mia compagna ha affrontato la Regina ed è stata proprio lei a sconfiggerla.’’- rispose Darrien. Contemporaneamente dalle sue spalle comparve Arilyn, leggermente imbarazzata e con un movimento della mano salutò i cavalieri:

‘’L’Araldo della Luce esiste! Perdonateci se vi abbiamo mancato di rispetto. Tenete questo, vi aiuterà durante il viaggio verso il valico delle montagne. E’ il nostro modo per scusarci.’’- rispose la donna, rendendosi anche lei conto della sua sfacciataggine nei loro confronti e donando ai ragazzi un cristallo triangolare.

‘’Oh beh…Vi ringraziamo per il dono e vi perdoniamo per il fraintendimento.’’- rispose Arilyn chinando il capo in segno di riconoscimento. Quando la coppia di cavalieri si allontanò, Darrien spronò il cavallo a proseguire e, dopo essersi lasciati la foresta alle spalle, i piedi rocciosi della montagna iniziavano a mostrarsi. Era notte fonda e decisero di accamparsi lì per la notte, cambiando la tabella di marcia originale. Dopo aver permesso al cavallo di riposarsi sotto un grande albero ed aver acceso il fuoco, i due giovani potevano riposarsi sul manto d’erba.

La pergamena donata da Searlas non smetteva di brillare dal breve incontro con i cavalieri. Ogni cosa vista e sentita si impregnava nella carta, in modo dettagliato anche; il primo popolo che lì visitò aveva un nome impronunciabile e il capo dell’esercito che giunse ad Huvendal disse che erano discepoli di Dylneas, la Dea dei tuoni, così consentendo al Re di ricordarlo meglio. Dopo essersi rifocillati con del pane, manzo speziato ed essiccato e una borraccia d’acqua, potevano godersi il silenzio del luogo circostante:

‘’Ti sei affezionata a lei, vero?’’- domandò improvvisamente il ragazzo. Arilyn distolse lo sguardo dalla piccola Narwain che dormiva beata avvolta dalle coperte.

‘’E’ che...mi ricorda di quando ero bambina. Innocente ed indifesa contro le insidie del mondo. Non so se un giorno ritroverò i miei genitori, ma Vorshan, Huvendal e tu…siete la mia casa adesso. E io proverò ad esserlo per lei fin quando non troverà la sua famiglia.’’

Il ragazzo si alzò e si andò a sedere al suo fianco, dandole un bacio sulla fronte e stringendola a sé: ‘’Non sarai da sola.’’ Si strinsero ed entrambi decisero di addormentarsi vicino il falò. Il crepitio del fuoco, il frinire dei grilli e il volteggiare delle lucciole erano i protagonisti indiscussi di quel riposo agognato. Mentre i giovani eroi dormivano, Narwain si svegliò con la sensazione di essere osservata da qualcosa di minaccioso. Osservò, nonostante il sonno atroce, la foresta che li circondava e riuscì a distinguere nettamente la ‘’creatura’’ che era appoggiata ad un tronco. Alta, magra, con un cratere al centro della ‘’faccia’’ con un flebile luce al suo interno ed sembrava completamente fatto di pietra con striature bianche.

‘’Padroncina. Grazie alle stelle lei è ancora viva.’’- esordì la creatura, sgusciando dall’ombra e mostrandosi nella sua grandezza.

‘’Orphen? Sei tornato!’’- rispose Narwain sprizzante di gioia nel rivedere quello strano essere privo di volto.

‘’Abbassi la voce padroncina. Sono qui per portala via dai suoi rapitori.’’- rispose Orphen osservando i ragazzi. La luce al centro della sua testa divenne rossa, come se stesse provando rabbia.

‘’No Orphen, non sono rapitori. Sono i miei ‘’salvatori’’. Mi stanno riportando a casa. Resta con me fino all’alba e vedrai. E’ la pura verità.’’- disse la bambina guardandolo con occhi innocenti. L’essere di pietra non poté rifiutare la richiesta, era la sua padroncina dopotutto e il bagliore tornò ad essere bianco. La notte passò lenta, il falò si era spento già da un po’ e i raggi del sole baciarono la fronte dei ragazzi, destandoli dal loro torpore. Quando notarono Narwain dormiente e in braccio a quella creatura misteriosa, scattarono in piedi risvegliando i loro poteri.

‘’Che diavolo sei e cosa hai fatto alla bambina?’’- domandò Darrien furioso, impugnando una spada corta dalla sua cintola.

‘’Non agitatevi prodi guerrieri. Sono lieto che abbiate avuto cura di lei in mia assenza. Io sono Orphen, e sono l’angelo custode di Narwain. Forza padroncina, si svegli. I suoi amici vogliono parlare con lei.’’

Controvoglia la bambina si svegliò e sbarrò gli occhi non appena vide Darrien e Arilyn con i loro poteri che si sprigionavano dalle mani:

‘’Non fategli del male. E’ qui per proteggermi.’’

‘’Come possiamo fidarci?’’- domandò Arilyn posando una mano sulla spalla del suo compagno che brandiva ancora il pugnale. D’un tratto, la cenere del falò e la polvere sotto i piedi dei giovani iniziò a turbinare, come se avesse preso vita. La creatura simile all’onice aprì leggermente le mani in direzione della cenere e, con movimenti circolari delle dita, creò una sfera e la terra si unì ad essa, formando cinque punte:

‘’Questa che vedete è la Stella d’Onice. Io, i miei fratelli e le mie sorelle proveniamo dalla sua luce creatrice. Siamo i Titani d’Onice, protettori dei discepoli di stelle riconosciute dalla Dea del Cosmo, ma veniamo assegnati principalmente a tre tipi: Le Anziane Stelle, I Custodi e le Madri del Globo. Solo pochi di noi vengono assegnate a loro. Il sigillo inciso sul mio petto vuole dire che sono un suo protettore e, dai vari graffi che ho sul corpo, ho affrontato molte peripezie per raggiungerla. Ad ogni ciclo, noi Titani ci dissolviamo come questa cenere per poi essere ricreati. La luce che è al centro del nostro volto viene nuovamente rimessa all’interno e torniamo ad essere vivi, ma la sua posizione dipende da come veniamo rigenerati dalla Stella d’Onice.’’- disse il Titano, mentre riproduceva con la fuliggine e il fango i suoi fratelli e sorelle e i simboli dei Custodi, delle Madri e delle Anziane. D’un tratto il miscuglio fluttuante cessò la sua danza e cadde ai piedi di Orphen; la luce al centro del volto del titano divenne flebile e cadde sulle ginocchia con un gemito sommesso:

‘’Orphen, stai bene?’’- domandò Narwain avvicinandosi al suo amico; notò sul suo corpo nerastro diversi graffi e una profonda fenditura nella spalla. Il Titano era ferito, esausto e debole.

‘’Padroncina, non si preoccupi. Dobbiamo solo superare questi monti e giungere da un ex discepolo del nostro credo. Lui dispone di vari frammenti magici che permetteranno al mio corpo di riprendersi. Se le stelle sono dalla nostra parte, dovremmo raggiungere la sua dimora per mezzodì.’’- rispose il Titano alzandosi senza difficoltà e carezzò la testa di Narwain. Arilyn osservò la preoccupazione negli occhi della bambina e Darrien che la osservava, in attesa di una risposta:

‘’D’accordo Orphen, ti aiuteremo. Permettimi di presentarmi. Io sono Arilyn e lui è Darrien, il mio compagno di vita. Proveniamo da Huvendal e proteggeremo Narwain e te.’’

‘’Onorato.’’- ripose il Titano, chinando il capo leggermente.

‘’Io sono ancora scettico. Difficilmente mi fido di qualcuno che conosco appena, specialmente di una creatura che non ha volto.’’- disse Darrien salendo sul cavallo; il suo tono era freddo come il ghiaccio.

‘’E’ vero, ma avrai modo di ricrederti Darrien.’’- rispose il Titano, stando dietro il carro ad osservare la sua padroncina. Il sole era alto nel cielo e il viaggio proseguiva senza problemi, con la montagna che iniziava a mostrarsi nella sua grandezza e al centro di essa un vasto portone in alabastro, con due statue minacciose ai suoi lati. Il comandante dei Merfolk fu il primo a notarle e, controvoglia, domandò ad Orphen per quale motivo fossero lì:

‘’Quelle statue sono a guardia di ogni confine dei regni. Le mura rocciose si estendono per chilometri e chilometri e l’unico passaggio è protetto da loro: gli Haerel, dette anche Stelle Distanti o Fredde. I primi popoli che lo costruirono furono i Thandulircath e i Varg e, successivamente, i Custodi delle Stelle crearono diverse chiavi per permettere ai viaggiatori di attraversarla.’’

I giovani, sentendo i nomi dei loro popoli ormai perduti, si voltarono di scatto verso il Titano:

‘’Quindi i nostri popoli collaboravano nella costruzione di immensi cancelli per delimitare i confini, oltre al loro lavoro principale?’’- domandò Arilyn.

‘’Confermo. I Varg costruirono il cancello in alabastro e i Thandulircath le due immense statue.’’- rispose Orphen, togliendosi della polvere dalla spalla; il vento primaverile stava aumentando la sua intensità, alzando piccoli cumoli di polvere, terra e sassolini. Mancavano quasi trecento passi al giungere dell’enorme porta ma qualcosa rese irrequieto il Titano, tanto da farlo fermare:

‘’Orphen, qualcosa non va?’’- chiese Narwain osservandolo. Quel comportamento allertò Darrien che fermò il cavallo e poggiò la mano sul pugnale nella cintola.

‘’Non le so dire padroncina, ho l’impressione che qualcuno o qualcosa ci stia osservando.’’- disse il Titano osservando il luogo semi deserto. I giovani e il protettore della bambina restarono in silenzio aspettando che quel qualcosa o qualcuno li attaccasse, mentre il vento aumentava. Il Titano, alla fine, scosse la testa rendendosi conto che le ferite sul suo corpo e la mancanza di energie lo stavano rendendo paranoico e si scusò per aver perso tempo. Continuarono a camminare per altri cento passi prima di giungere ai piedi delle gigantesche statue guardiane del confine: entrambe le statue avevano diverse rune incise sulla parte piatta della spada, laccate in oro e anche i vari dettagli dell’armatura, tranne l’elmo e il cristallo che vi fluttuava davanti, di un blu quasi accecante.

Sull’immensa porta di cedro c’era uno spazio vuoto di forma triangolare e fu proprio in quel momento che la tasca di Arilyn iniziò a vibrare e ad illuminarsi di rosso: la chiave donata dai cavalieri il giorno prima aveva la stessa forma. Quando quel piccolo artefatto triangolare sbucò dalla tasca, andò ad incastonarsi nel legno creando venature rossastre. Le statue iniziarono ad alzare le spade dalla pedana e contemporaneamente il cancello si aprì con un assordante rumore di ingranaggi e catene:
‘’Il mio popolo era capace di creare tali meccanismi? Affascinante.’’- esordì Darrien osservando come le spade giunsero all’altezza del bacino delle statue e si arrestarono con un colpo sordo. I ragazzi, la bambina e il Titano superarono lentamente in cancello, ammirando la complessa costruzione, lucida e priva di graffi o urti nonostante fossero passati anni dalla scomparsa dei Varg e dei Thandulircath.

Quella gigantesca costruzione e i due eroi di Huvendal erano le reminiscenze di quei popoli ormai scomparsi. Appena superato il portone, esso cominciò a richiudersi mentre la chiave triangolare tornò tra le mani di Arilyn: il paesaggio che si presentò ai viaggiatori era lugubre; rovi secchi, resti di ossa, un vento di terra arido che, a giudicare dalla violenza con cui soffiava in distanza, significava sofferenza e disidratazione.

Con fatica e il nitrire costante del cavallo, attraversarono quella distesa deserta, affrontando il vento che frustava violento e incessante. Per fortuna Darrien aveva riempito il carro con teli e coperte in abbondanza da proteggere il carico, la sua compagna e la bambina; non voleva che quella brezza di fuoco colpisse i suoi occhi, i cristalli dei Taurus erano sufficienti come ricordo. Orphen osservò il sole e cercò di concentrare l’ultima scaglia di potere per entrare in contatto con la stella dei viaggiatori. La risposta giunse istantaneamente e una luce rossa solcò il cielo, formando una lunga linea orizzontale:

‘’Seguiamo la stella e giungeremo da…da…’’- le forze abbandonarono il Titano che cadde sul terreno arido. Arilyn balzò dal carro e notò subito come la luce nel suo volto si affievolisse, come se stesse per morire. Darrien arrestò il cavallo e si diresse ad aiutare la sua compagna:

‘’E’ un Titano d’Onice, come facciamo ad alzarlo? Peserà quasi quanto il trono di Searlas. Ci sono voluti circa sette uomini per alzarlo, compreso me.’’

‘’Proviamoci, la luce che ha nel volto sta svanendo e dobbiamo seguire la stella!’’- disse Arilyn alzando la mano del titano. Con loro sorpresa, Orphen pesava come un sacco di farina e fu facile metterlo sul carro. Narwain stava per piangere nel vedere il suo amico ridotto in quello stato immobile freddo legno e, per cercare di tenere vivo il bagliore lo abbracciò, posando la mano con il simbolo della Madre del Globo sul petto. Il comandante dei Merfolk ordinò alla sua compagna di reggersi a lui e spronò il cavallo a correre con tutta le energie disponibili. Il terreno secco e arido lasciò spazio ad una piccola vallata di pietra e una cascata di acqua limpida sgorgava da una catena rocciosa, simile al granito rosso, tramutandosi poi in fiume che si estendeva per chilometri e chilometri. Il luogo era avvolto da una penetrante nebbia, ma lo scrosciare dell’acqua servì ai ragazzi per ambientarsi e, come se qualcuno avesse ascoltato l’aiuto di Orphen, la luce guida aumentò il suo bagliore, consentendo di intravedere il tetto di una baita. All’esterno di essa c’era un uomo in una divisa sporca di polvere, con una sciarpa a proteggergli la bocca e un mantello corto sulla spalla sinistra:

‘’Abbiamo bisogno del vostro aiuto!’’- esordì Darrien, arrestando il cavallo e balzando dalla sella.

‘’Avete il Titano D’Onice Orphen con voi ed ha esaurito le forze per condurvi fin qui?’’- domandò l’uomo inespressivo.

‘’Sì e temiamo che possa morire.’’- disse Arilyn, prendendolo da una spalla e scendendo con cautela dal carro. La nebbia s’infittiva sempre di più e a malapena si riusciva a vedere il terreno.

‘’I Titani non possono morire, si rigenerano se non curati. Portatelo dentro.’’- rispose l’uomo muovendosi per primo e aprendo l’uscio di casa sua; l’interno emanava odore di incenso, c’era un paiolo di rame a riscaldare sul fuoco con uno strano miscuglio che ribolliva. Il tavolo al centro della stanza venne sgomberato rapidamente da un altro uomo, più giovane e dalla pelle olivastra.

‘’Come conosce Orphen?’’- domandò Arilyn osservando il povero titano ferito e con la luce nel suo volto pronta a svanire. L’anziano uomo si tolse la sciarpa dal volto, ordinò al ragazzo olivastro di prendere un  mestolo, polvere di pirite e una scaglia d’onice dalla credenza.

‘’E’ l’unico che è in grado di alterare il colore della stella dei viaggiatori e reindirizzarla nella mia baita. E sono sicuro che quello che sto per fare ricambierà il favore fattogli in passato. Arneb quanto ci vuole per…’’-il ragazzo dalla pelle olivastra era già vicino il tavolo, sull’attenti e lo sguardo rivolto verso di lui.

‘’Oh, vedo che il suo nome deriva da una stella e significa lepre.- esordì Narwain osservandolo con curiosità, ma la voce era ancora rotta dal pianto.

‘’Esattamente, piccola Madre del Globo. Non sorprendetevi, conosco ogni cosa. Se un Custode delle Stelle resta scioccato dalla sua reincarnazione, io no. Neanche la comparsa dei titani protettori mi sorprende più di tanto.’’- disse l’uomo affondando il mestolo nel paiolo e tornò fuori tinto di nero, gocciolante e fumante. Versò il miscuglio puzzolente sulla fenditura, fece cadere diverse manciate di pirite sui graffi e poi, con uno schiocco delle dita una lingua di fuoco si materializzò sulla mano e bruciò le sostanze sul corpo di Orphen.

‘’Un momento…Morghull?’’- chiese Darrien osservando le fiamme danzare nella mano dell’uomo che impallidì quando sentì pronunciare il suo nome. L’anziano osservò il ragazzo con sguardo torvo, finché non notò che sul colletto della camicia c’era il sigillo dei Merfolk, una spada avvolta da fiamme e la miniatura della corona di Searlas:

‘’Tu sei il figlio di Searlas e l’eroe di Huvendal. Darrien. Sono sorpreso dalla tua presenza e, la ragazza al tuo fianco è l’Araldo della Luce Arilyn. I miei omaggi e perdonatemi se sono sembrato freddo ma pochi passano di qui e la maggior parte sono banditi. A causa della mia disabilità non posso fronteggiarli da solo, quindi Arneb mi aiuta.’’- disse Morghull imbarazzato e fece svanire le fiamme. La luce nel volto di Orphen esplose in un bagliore accecante e si alzò di scatto con un respiro lungo.
‘’Non ci tenevo a rigenerarmi. Ma manca qualcosa.’’- esordì il Titano e, non appena vide il recipiente con le scaglie d’onice, prese tre scaglie ed esse si dissolsero nella sua luce.

Le forze ritornarono come una tempesta e prese in braccio la sua padroncina, felice di rivederlo come prima. Morghull, dopo aver pulito il tavolo, condusse i suoi ospiti nel salone adiacente adornato da piccole lanterne ad olio, arazzi e diverse armature, divise e mantelli perfettamente poggiati sui loro supporti con accanto diverse armi. Sulle colonne portanti della stanza erano incise e laccate in bronzo diverse rune mai viste prima d’ora.

‘’Suppongo che la bambina che avete con voi debba tornare nel suo regno e protetta, vero?’’- domandò Morghull sistemandosi sulla poltrona di pelle e prese un bicchiere già pieno di un liquore agrodolce.

‘’Sì, dobbiamo proteggerla da un uomo chiamato Gallart. La bambina ci ha detto che ha impiegato quasi un mese per arrivare ad Huvendal, ma noi non conosciamo bene la strada e non abbiamo una mappa che possa condurci lì e…’’- Darrien venne interrotto da una gesto della mano di Morghull che sentenziò:

‘’La reincarnazione di una Madre del Globo si dirige solo dove c’è del bene e, dato che la Città Desolata è stata rasa al suolo dall’incendio di un mese fa, Huvendal era l’ospite per chiedere aiuto. Io non posso aiutarvi a causa del mio trauma.’’- terminò amareggiato.

‘’Quale è il tuo trauma?’’- domandò Arilyn, curiosa come i felini. Dalla stanza adiacente al salone, giunse a testa alta un lupo dal manto grigio antracite, con magnifici occhi ambrati e l’andatura da alfa.

‘’Ho…sacrificato il mio braccio sinistro per proteggere il mio lupo cacciatore, vero Siffer?’’- disse spostando il mantello che copriva il segno della sua sconfitta. Anche nello scontro contro la Regina di Ghiaccio aveva la stessa fasciatura nera con il guanto in velluto.

‘’Un demone di fuoco oscuro stava per trafiggere il mio amico e, istintivamente, mi sono fatto scudo con il braccio. I suoi artigli mi hanno ustionato la carne fino all’osso e il dolore è stato così forte da farmi perdere i sensi per ore. Ma questo sacrificio, oltre che sconfitta, andava fatto. Per il suo bene.’’- terminò, accarezzando la testa del lupo, anziano come il suo padrone ma pieno di fierezza. 





vvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvvv

E per festeggiare il mio 3° anniversario sue EFP, ecco a voi il secondo capitolo delle Cronache del Regno di Fuoco.
Buona lettura e grazie per il supporto.

-Mordekai.

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Capitolo 3
*** La Città Desolata. ***


Dall’alto del suo castello, il Re del Fuoco osservava il legno annerito della Città Desolata e dei pochi abitanti rimasti, compresa l’immensa dimora del secondo Re. Una struttura rettangolare lunga venti passi circa e alta dieci, con quattro colonne portanti ai lati del palazzo, ormai privato della sua magnificenza, sporco, i vetri infranti, con rami di rovi che si estendevano in spirali minacciose sulle colonne e battenti fino ad entrare al suo interno. Dalla morte della compagna del re, la solitudine e la tristezza avevano trovato spazio nel suo animo e il vigore che emanavano lui e il palazzo si erano spenti come una candela sotto la pioggia. Gli occhi di Gallart restarono ad osservare quella malinconica testimonianza della Città all’esterno del suo impero; una parte di lui sentiva quella negatività, l’altra parte desiderava distruggerla per dimostrare il suo vasto potere. Un Guardiano d’Ossidiana, anche lui alimentato da una brace, si presentò al cospetto del Re:

’Sire, l’altare per l’Eclissi è quasi terminato.’’

‘’Ottimo direi, ma dalla tua voce credo tu mi stia nascondendo qualcosa.’’- rispose Gallart, distogliendo lo sguardo e posandolo sulla creatura. La sua mano si strinse in un pugno infiammandosi, attendendo risposta dal soldato:

‘’Sì. Serve il suo sangue e quello della Madre del Globo per permettere all’Eclissi di conferirle potere assoluto.’’

‘’E suppongo che il mio sangue e quello della Madre devono essere uniti nello stesso recipiente per permettere il collegamento.’’

‘’A malincuore sì, mio Signore. Il Duca è scomparso e della bambina ancora nessuna traccia.’’- rispose il soldato, temendo di essere prossimo alla morte. Gallart sospirò esasperato mentre le fiamme divampavano dalla sua mano incontrollate. Sferzò l’aria con essa, emanando una falce di fuoco verso alcune case distrutte. Il Re del fuoco congedò il soldato con un gesto della mano, mentre il suo volto era in preda a spasmi nervosi.

‘’Se quell’inutile essere non riesce a trovare la mocciosa, sarò io a farlo.’’- sentenziò Gallart volgendo lo sguardo all’altare che era sul retro delle mura: al centro c’era un letto di pietra, scolpito rozzamente e con strani simboli dipinti sulla base e sugli angoli. Ai lati della base circolare, invece, si ergevano tre colonne che sembravano artigli di una grande aquila, aguzze e anche loro dipinte dagli stessi marchi. Incuteva timore ed emanava una intensa energia oscura al suo interno. L’unico modo per ottenere il potere supremo che agognava da anni, lo stesso che si spingeva oltre la semplice vendetta della sciocca sorella.

Nella baita nebbiosa, invece, gli eroi di Huvendal riposavano nella stanza adibita ai viaggiatori stanchi; Narwain dormiva vicino Arilyn, Darrien dormiva su una poltrona abbastanza grande per donargli conforto e Orphen dormiva in posizione di meditazione. La nebbia all’esterno della casa era così fitta che il sole a malapena riusciva ad illuminare il tetto legnoso. L’ex soldato di Huvendal andò a bussare alla loro porta, destandoli bruscamente dal loro sonno:

‘’Svegliatevi dormiglioni. Avete dormito fin troppo. Raggiungetemi nel mio salone.’’- sentenziò l’uomo con freddezza per poi andarsene. Dopo lo scossone ed essersi ripresi dal sonno pesante, uscirono dall’alloggio e ad attenderli c’era Siffer che li guidò dal suo padrone. Nuovamente il sentore di zolfo, carbone e altri aromi investirono le loro narici, eccetto per il Titano che non volle impregnarsi di quegli odori e decise di fermarsi sull’uscio. Morghull prese una grossa mappa e la srotolò sul tavolo vuoto:

‘’Questa mappa che vedete è la più grande che esista, perfettamente dettagliata e priva di fori o sporcizia come quella che vi siete portati da Huvendal. Sì, ho dato una sbirciata alla mappa donatavi da Searlas e la calligrafia del padre era caotica. Come potete vedere dalle due linee nere, esistono due sentieri per giungere alla Città Desolata. Il primo è a trecento passi dal retro della baita e bisogna superare una zona paludosa, mentre il secondo sentiero non è nient’altro che il fiume che vi ha condotto qui. Io vi consiglio di seguire il sentiero secondario, dato che per attraversare la palude ci vuole circa un giorno.

Nel tardo pomeriggio arriverete alla Città se seguite le indicazioni.’’- disse l’uomo mostrando il percorso con una bacchetta, evidenziando anche la legenda in fondo alla mappa dove venivano segnati con diversi colori i punti cardinali, strade, pericoli e molto altro. Arneb prese la mappa e la richiuse in modo impeccabile in un contenitore e lo donò a Darrien, sorpreso del gesto. Il ragazzo con rapidità prese anche un baule e lo portò fuori, dove c’era il carro.

‘’Perché stai facendo questo? Perché noi?’’- domandò Arilyn, osservandolo con curiosità.

‘’Perché…quel luogo è pieno di brutti ricordi. E sono proprio loro la peggior forma di tortura. Ho sacrificato il mio braccio e il mio esercito per poter salvare l’unico mio compagno, ma tanto era una guerra già persa in partenza. Vi dono quel baule con qualcosa di molto utile e quella mappa perché in voi rivedo il mio spirito combattivo di un tempo.’’- rispose, portandosi la mano sul braccio diventato ormai fardello della suo passato.

‘’Il capo medico, quando ha constato che ormai il tuo braccio era ustionato gravemente, perché non ha deciso di amputarlo?’’- domandò Darrien, legandosi per bene il contenitore al schiena.

‘’Perché ho impedito all’infezione di propagarsi e Morghull ha deciso di tenersi quel ‘’flagello’’. Per questo il suo braccio sinistro è avvolto da fasce nere. Io l’ho aiutato e lui ha aiutato me, questo era il favore che andava portato a termine.’’- esordì Orphen, toccandosi il sigillo sul petto. L’uomo annuì e si diresse alla porta, seguito dal suo fedele lupo. Darrien restò nuovamente sorpreso dalla risposta del Titano, restando senza parola, finché non si scosse:

‘’Andiamo, ho ricevuto fin troppe sorprese adesso. Non voglio riceverne altre.’’

Tutto era pronto per l’imminente partenza, il cavallo era ben legato al braccio del carro, la sella legata e i paraocchi sistemati a dovere. Il Titano d’Onice salutò Morghull e si incamminò per primo.

‘’Sei proprio sicuro di non voler combattere un’ultima volta?’’- domandò Darrien.

‘’L’ultima volta è stata due anni fa, ora sono in pensione e mi godo quel che mi rimane da vivere.’’- rispose l’anziano, dando una pacca sulla groppa del cavallo, incitandolo a partire. Poco prima di allontanarsi, Narwain salutò con la mano i due uomini, ricevendo solo un inchino da parte di Arneb mentre il vecchio soldato rientrava in casa, deludendo le aspettative della bambina. In poco tempo, Darrien riuscì a raggiungere il titano che si era allontanato solo di cento passi e proseguirono insieme aiutati dallo scrosciare incessante del fiume.

‘Orphen, posso domandarti una cosa?’’- chiese Arilyn osservandolo. Il Titano si voltò verso di lei, curioso:

‘’Sì, nessun problema.’’

‘’Questo demone di cui parlava Morghull, lo hai mai visto?’’

‘’Di persona non ho mai avuto l’occasione, ma ho visto varie rappresentazioni iconografiche di coloro che hanno avuto la spiacevole ‘’visita’’. ‘’- rispose il Titano, distogliendo lo sguardo da Arilyn per poter consolare Narwain, ancora offesa dal comportamento dell’uomo. Più si allontanavano dalla baita, più la nebbia s’infittiva e bisognava restare vigili in ogni momento dato che quel luogo era nuovo e ricco di sorprese spiacevoli. Giunti in un punto dove la luce del sole sembrava più intensa del solito, il Titano si fermò immediatamente:

‘’Non proseguite oltre. Avverto che la terra si interrompe qui, come se dovessimo scendere una parte molto ripida.’’

Il ragazzo scese dal cavallo, coprendosi il capo con il cappuccio dato che un vento polveroso stava per investirli. L’intuizione di Orphen era esatta, qualche altro passo e la Tenebra si sarebbe cibata delle loro anime. Ispezionando il dirupo, il ragazzo notò che la parete rocciosa si estendeva alla loro sinistra, diventando una discesa perfettamente sicura. Nonostante il vento stesse aumentando la sua nefasta furia, riuscirono a scendere senza intoppi ma qualcosa fece imbizzarrire il cavallo, portandolo a rompere il braccio del carro e disarcionando il povero Darrien, che imprecò aspramente ma allo stesso tempo si voltò verso la sua compagna:

‘’Stai bene Arilyn?’’- domandò leggermente dolorante.

‘’Sì, io sto bene..’’- rispose lei, con in braccio Narwain, mentre il Titano manteneva un lato del carro evitando così che i suoi amici si ferissero. Il nitrire e il galoppare del cavallo cessò d’un tratto, sostituito dal disgustoso rumore di ossa spezzate e carne strappata con violenza imparagonabile. Una minaccia celata dalla nebbia aveva appena sventrato il cavallo senza pietà e si stava avvicinando rapido, grugnendo ed emettendo gemiti acuti. Non era una creatura, ma era un bambino dalla carnagione cremisi, vischiosa e squamata, occhi ambrati e unghie lunghe e annerite.

‘’Orphen, proteggi la bambina.’’- disse Darrien, sfoderando la sua spada, avvolta dall’oscurità. Quel movimento fece scattare quello strano essere in un’altra direzione: Narwain. Il comandante, notando il suo interesse per la bambina, sfruttò ancora una volta il suo potere proibito e lo immobilizzò con una fascio di tenebra:

‘’Non provarci.’’- disse lui, tirandolo a sé con uno strattone e lo trafisse con la lama della spada, bruciando la carne della creatura istantaneamente. Le urla assordanti di quella bestia dimostrarono che, oltre i regni del Nord, di umano era rimasto ben poco. Darrien estrasse la lama dalla schiena di quel ‘’bambino’’ e lo vide lentamente ridursi in cenere, la pelle staccarsi e la testa aprirsi mostrando il bianco del cranio. Una scena disgustosa. Quando restò solo cenere nera, il comandante tornò indietro al carro dove lo stavano attendendo Arilyn, la bambina e il Titano. Il ragazzo conficcò la spada nel terreno e si inginocchiò vicino ad essa:

‘’Ho affrontato tori feroci, gli Sciacalli di Darnassea, gli Iglis e i Taurus normali ma…ma mai un bambino, o almeno quello che ne restava. Questo regno è intriso di malvagità e va ben oltre ciò che ha fatto la Regina. E’ pura crudeltà.’’- disse coprendosi gli occhi. Quel momento delicato venne interrotto da altre urla: altri bambini cremisi stavano per giungere, ma una sfera incendiaria li precedette e andò a schiantarsi su quello che restava del carro, bruciando le provviste e le coperte. Il contenitore e il baule, invece, per via dell’urto vennero sbalzati a pochi metri da Orphen che si accinse a recuperarli:

‘’Padroncina, venga con me!’’- disse il Titano, prendendo con sé Narwain.  I due ragazzi brandirono le loro spade e si accinsero a combattere contro le creature che li stavano attaccando:

‘’Arilyn, sfrutta il tuo potere contro quei bambini mentre io mi occupo dell’incendiario.’’- disse il ragazzo afferrando la spada e dirigendosi diretto verso il suo obiettivo; la stazza sembrava quella di un soldato normale, ma quando notò la brace che ardeva nell’elmo fatto d’ossidiana, il corpo fatto di roccia lavica e le venature sul petto che brillavano ed emanavano un bagliore rossastro fecero comprendere al comandante che i nemici non erano solo quei bambini.

‘’Inchinatevi alla forza del Re Gallart o soccomberete.’’- esordì rabbioso il soldato di pietra, incendiandosi di nuovo e pronto a colpire.

‘’Sarai tu a soccombere se non mi dai delle risposte. Perché tramutare dei bambini in creature mostruose?’’- domandò Darrien, avvolgendo la lama nella più tetra oscurità. La bestia di pietra rideva, mentre i bambini cremisi attendevano un passo falso di Arilyn, che brandiva la sua spada pronta a sferzare la polvere con una falce di luce. La ragazza, stanca di attendere una loro mossa, scattò in avanti. Le creature balzarono in aria con le fauci spalancate, ma la giovane sfruttò il loro errore per scivolare tra lo sporco e il terreno e quando si ritrovò alle loro spalle colpì le creature con un affondo e un montante, squarciando il loro petto che si riempì di venature giallastre che si estesero ai loro occhi fino ad avvolgere la loro testa per poi ridurla in cenere.

Come accaduto a Darrien, anche Arilyn in quel momento sentì un grosso peso sul petto misto al senso di colpa:

’Ora comprendo il dispiacere negli occhi di Darrien.’’- pensò la giovane, rinfoderando la spada, mentre le sue mani continuavano a brillare come il sole.

Il soldato di pietra era inarrestabile, veloce e stava mettendo a dura prova il ragazzo con diversi fendenti, montanti e affondi e il calore di certo non piacevole. La Guardia d’Ossidiana soffiò un gettò di lava incandescente dal suo elmo, andando a scontrarsi contro la lama del ragazzo. L’oscurità e la lava crearono una sfumatura violacea, mentre la spada sembrava non subirne gli effetti. L’Araldo della Luce generò uno scudo di luce su Darrien, proteggendolo dal violento fendente:

’Che bamboccio. E tu ti definisci un prode guerriero facendoti aiutare dalla magia di quell’insulsa ragazza. Permettimi di mostrarti cosa sa fare un vero soldato.’’
La creatura di pietra caricò la sua spada conficcandosela nell’elmo incendiato per poi estrarla e sferrare un possente affondo che distrusse lo scudo di luce e andò a conficcarsi nella spalla di Darrien che urlò per il dolore lancinante, mentre Arilyn venne sbalzata via con un calcio.

‘’Hai voluto fare il gradasso e ora soccomberai alla potenza del Fuoco.’’- disse la pietra vivente pronta a sferrare un secondo affondo con un’altra spada generatasi nella sua mano. La presa sulla spada nella spada di Darrien si arrestò di colpo, permettendogli di estrarla e stringerla per il dolore. Orphen aveva afferrato il soldato di pietra per l’elmo e, con l’altro braccio prese la gamba dell’essere e con un solo movimento lo distrusse, ‘’sventrandolo’’ e scagliando le rocce lontano, mentre la lava che scorreva nelle venature cadde sulla terra. Il Titano si diresse rapido da i suoi amici e constatò che Darrien era il più grave rispetto ad Arilyn, ancora stordita dal sonoro colpo inferto:

‘’Dobbiamo sbrigarci a giungere nella Città, altrimenti la ferità rischierà di infettarsi. Cercherò di rallentarla e lenire almeno le tue ferite.’’- disse il titano, posando la mano sulla ferita e illuminandola appena con un leggero fulgore bianco. Il ragazzo riprese a respirare con regolarità e iniziò a rilassarsi:

‘’Troviamo…quel maledetto Re e liberiamo…la città dalla sua tirannia.’’- esordì il comandante a fatica, mentre la sua spalla era in preda a spasmi e del fumo continuava ad uscire dalla profonda ferita. Il Titano prese tra le sue braccia il ragazzo, continuando ad emanare la luce curativa sulla spalla. Senza perdere altro tempo, si incamminarono alla ricerca della Città. L’aria era scarsa, il calore aumentava sempre di più accompagnato da vapori sulfurei; quell’intera valle deserta dove si trovavano i giovani avventurieri era una trappola vivente che poteva nascondere altri soldati di pietra o bambini cremisi. Il fato volle che uno dei raggi del sole riuscì a penetrare la fitta nebbia, andandosi a scontrare con qualcosa di luccicante che fluttuava sulle loro teste, permettendogli di comprendere dove proseguire:

‘’Un riflesso del genere solo una campana può farlo. La campana della Chiesa Bianca del confine!’’- disse Narwain, con uno sprazzo energico anomalo ma forse era solo il caldo asfissiante a darle alla testa. Con gli ultimi sforzi, giunsero davanti le rovine della Chiesa Bianca, chiamata così per il marmo bianco con cui venne costruita e a pochi metri più avanti, c’era la Città Desolata.

‘’Forza, ci siamo quasi, cercate di resistere ancora un po’.’’- disse Orphen, osservando Darrien ormai privo di sensi e le due ragazze che stavano per accasciarsi nell’arido terreno di quel regno infame. Il Titano scorse oltre la fitta e arida nebbia un grande palazzo diroccato e incoraggiò i suoi amici ad avanzare ancora per qualche centinaio di metri; fortuna volle che parte del muro era crollato e permise agli avventurieri di entrare e trovare ristoro.

‘’I miei amici hanno bisogno di aiuto, c’è qualcuno in questo palazzo? Vi prego di aiutarci.’’- esordì nuovamente il Titano a gran voce che echeggiava lungo le colonne crepate e decadenti. Dei passi abbastanza pesanti s’udirono arrivare dalla loro destra , accompagnati da una sfera luminosa che fluttuava a mezz’aria. Era una lanterna che veniva sorretta da un bastone brandito da un’anziana donna: capelli lunghi e argentei legati in una treccia a spiga di pesce, occhiali piccoli da vista e delle rughe profonde sugli zigomi e sotto gli occhi:

‘’Voi viaggiatori non dovreste essere qui. Questo regno non è più ospitale e le uniche persone che vi abitano, sono barricate in casa. Vi consiglio vivamente di lasciare la Città Desolata.’’- esordì la donna con calma anomala mentre si avvicinava agli sventurati.

‘’La prego di aiutare i miei amici e la mia padroncina. Siamo stati attaccati da creature feroci e da un soldato di pietra e…’’

‘’Il ragazzo da quanto tempo è in quello stato?’’- domandò la donna osservando Darrien che respirava a fatica, sudava senza sosta e la ferita aveva assunto un colorito violaceo.

‘’Credo da una ventina di minuti se non di più. La prego, ci aiuti.’’- rispose Orphen, esasperato e preoccupato per la sorte dei suoi amici. La donna, ancora sotto la luce della lanterna, li osservava perplessa e con sguardo torvo, come se si fidasse poco. Notando poi la gravità del giovane comandante e della disidratazione delle ragazze, scacciò via quel pensiero e invitò a seguirla. Attraversarono il corridoio da dove giunse la donna, venendo investiti da un tanfo di muffa, umidità e altri odori sgradevoli, le pareti erano sgretolate e fatiscenti, l’acqua stagnava sul pavimento polveroso e l’echeggiare dei passi nel silenzio tombale era l’unica cosa udibile.

‘’Attenti alle scale, l’oscurità regna di qui ormai da sempre.’’- disse la donna con un sospiro, allungando l’asta della lanterna in avanti per mostrare gli scalini che sembravano intatti e non logorati dal tempo. Giunti alla fine della rampa di scale, c’era una immensa porta di pietra con l’effige di un leone. L’anziana donna inserì la lanterna all’interno della bocca del leone, illuminandone gli occhi e le scanalature sulla criniera.

La porta si aprì senza emettere cigolii e mostrò una grande sala con una grande vasca al centro di essa, con acqua corrente e limpida, piccole torce bianche luminose e diversi disegni o incisioni sulle pareti.

‘’Immergi il ragazzo in quella vasca, mentre le ragazze dovranno seguirmi nella stanza adiacente. Ho sempre una scorta di medicinali contro i colpi di calore e febbre causati da questo regno dimenticato dagli dei.’’- disse lei, precedendo le ragazze e Orphen che immerse Darrien nell’immensa vasca bianca, attendo almeno un segno di ripresa. Arilyn e Narwain debilitate si diressero lentamente nella sala adiacente e con delicatezza vennero fatte sedere su due sedie, mentre l’anziana preparava un infuso inodore. Dopo aver preparato il tutto, riempì due tazzine in terracotta con esso;  aveva un colorito simile ad acqua paludosa e, senza domandare alle due giovani se riuscissero a berlo da sole fu talmente rapida da aprire loro la bocca e versare il liquido caldo che non si resero conto di cosa fosse accaduto fin quando non riacquistarono il loro colore originale e le forze con un gemito energico tanto da far cadere le sedie:

‘’Gradirei il silenzio da parte vostra. Questo posto non deve conoscerlo nessuno, nemmeno il Re Malinconico.’’- disse la donna, sistemando le sedie e cercò di udire se ci fossero suoni strani all’esterno della porta del salone. Tirò un sospiro di sollievo e si diresse dal Titano e dal ragazzo, febbricitante e tremante nell’acqua; dalla sua ferità continua ad uscire del fumo nero, mentre le vene sul collo pulsavano e si gonfiavano.

‘’Tienigli fermo la testa e attendi che dalla ferita si generi una piccola scintilla. Quest’acqua ha un grande potere curativo e non dovete proferir parola con altri. E voi sarete i primi e gli ultimi ad usarla.’’- disse nuovamente la donna prima di andarsene in una sala opposta alla vasca. Arilyn, notando il suo compagno sofferente nell’acqua corse da lui, chiamandolo:

‘’Darrien? Rispondimi, ti prego.’’ – disse la ragazza tenendogli il viso tra le mani, mentre dalla spalla del ragazzo fuoriusciva ancora fumo e iniziavano a notarsi le prime scintille; l’acqua stava curando la ferita, anche se assurdamente. Il giovane aveva il volto contratto dal dolore, le guance arrossate e gli occhi lucidi, ma non distoglieva mai lo sguardo dalla sua amata. Cercò di sorridere ma inutilmente e d’un tratto l’acqua divenne completamente bianca, generando un bagliore accecante. Passarono pochi secondi e il fulgore svanì, l’acqua tornò cristallina e Darrien restò immobile nella vasca, dormiente.

‘’Per tutte le stelle, cosa è stato?’’- domandò Orphen, avvicinandosi cautamente al comandante, constatando che la ferita alla spalla era guarita, il volto rilassato e il respiro regolare.

‘’Quest’acqua scorreva da secoli e secoli sotto il nostro regno, dotata di un potere curativo che deriva dalle Creature Celesti, o come le chiamano loro le Madri del Globo. Ho fatto in modo di sfruttare queste tre caverne per ricavarne una sala di guarigione, adibita solo per me. Il tempo scorreva troppo velocemente per me e, con la mia cagionevole salute, non sarei vissuta ancora a lungo per stare al fianco del re.’’- rispose l’anziana donna, questa volta senza cappuccio e con un vestito porpora logorato e strappato sulle maniche che trasportava indumenti puliti per Darrien, che sembrava essere guarito.

Il Titano lo estrasse dall’acqua e accompagnato dalla donna nella stanza adiacente alla vasca, si ritrovarono una piccola camera con cinque brandine bianche e grigie, sospese a mezz’aria da corde variopinte. Il ragazzo venne poggiato su una di esse, permettendogli di riprendersi e riposare. Arilyn preferì restare al suo fianco, mentre la donna condusse con sé il Titano e la ragazzina nel suo studio.

‘’Darrien…Ti prego svegliati. Non un’altra volta…’’-disse la ragazza stringendogli la mano e posandosi sul suo petto. Regnava il silenzio in quella stanza dalle pareti sterili, dalle brandine sgualcite e dal tempo che sembrava ormai fermo da secoli. Le ore passavano e il povero ragazzo restava tra le braccia del dio del sonno, con i vestiti ancora umidi e strappati dal precedente scontro, il viso pallido e leggermente arrossato sulle gote per i residui della febbre. Una scena straziante per la povera paladina di Huvendal. Nel frattempo che gli avventurieri recuperassero le loro forze, Il Re Gallart diventava sempre più irrequieto, girovagando per le sale del suo castello in ossidiana lasciandosi dietro piccole vampate incendiarie:

‘’Dov’è finito? Se sta perdendo tempo ancora in quel regno, giuro riduco la sua pelle in polvere e uso le sue ossa per decorare il mio letto.’’

‘’Sire. Son qui. Le chiedo umilmente perdono per l’attesa, ma la situazione nel mio regno è…’’ L’uomo atteso da Gallart fu interrotto da una sfera di lava incandescente che lo mancò di pochi centimetri ma bruciò parte della spallina del suo abito sgualcito. Il Re del Fuoco scese dalla pedana del trono e, con sguardo torvo gli rivolse parole intrise di odio:

‘’Ascoltami Ryre. Avresti dovuto fare rapporto qualche giorno fa. Cosa c’è? Huvendal continua a piacerti? Mi ricordo che quando chiedesti il mio aiuto, hai descritto il luogo come una fogna fatiscente e disgustosa. Mi spieghi questo  tuo inaccettabile ritardo?’’

‘’Huvendal resterà una fogna. Il Re non fa altro che darmi compiti e commissioni da portare a termine e non ho avuto modo di raggiungere il portale in tempo.’’- rispose Ryre, leggermente impallidito e con il groppo alla gola. Gallart si avvicinò e poggiò la mano sulla spalla ustionata dell’uomo, stringendo la pelle scottata e facendolo urlare leggermente dal dolore: ‘’Ti ricordo che hai una missione da svolgere e, se vuoi ancora vivere la tua insignificante vita, portala a termine. Hai compreso?’’- chiese il Re, con tono accigliato seppur il suo volto era impassibile rendendolo terrificante.

‘’Sì…sì mio Signore.’’- rispose Ryre tentennando e deglutendo rumorosamente, cercando di liberarsi dalla stretta del suo signore ma più provava, più la mano si stringeva sull’ustione. D’un tratto la stretta si interruppe e il traditore huvendaliano tornò al portale dal quale era giunto.

Che cosa aveva in mente Ryre? Perché schierarsi dalla parte del nemico, nonché zio di Searlas?

Quando il portale si dissolse, il capo sala lasciò subito lo sgabuzzino da dove era entrato e si diresse a passo svelto nel suo alloggio, senza rendersi conto che da dietro un angolo c’era nascosta una ragazzina dalla capigliatura riccia e folta: Aithwen.

‘’Per le stelle, che cosa starà tramando Ryre?’’- si chiese la ragazza. La curiosità stava avendo la meglio, fin quando non sentì nuovamente dei passi e andò a nascondersi; l’adrenalina le scorreva impetuosa nelle vene e pregava per non esser stata vista da qualcuno. Qualcosa di losco si stava annidando ad Huvendal.
La notte ormai era calata sulla Città Desolata, il vento sabbioso aveva calmato la sua furia e, nel mentre Arilyn era piombata in un sonno profondo su un’altra brandina lì vicina tenendo la mano del suo compagno, Orphen vegliava su di loro stando sull’uscio della stanza, mentre cercava di entrare in contatto con i suoi fratelli.

La piccola Narwain girovagava per la sala principale e lo studio della donna, osservando le gigantesche pergamene che pendevano precariamente su un tavolo, le incisioni su un bastone in avorio con due nastri rossi sui bordi e un sul muro alla destra della scrivania era appeso un grande arazzo: in basso a sinistra erano elencati i nomi di civiltà antiche o ormai estinte e di quelle attuali, tra le quali Huvendal, i Vadmadra e i Navra. La piccola era così affascinata da quell’arazzo che non si rese conto della donna alle sue spalle:

‘’Quelli troppo curiosi mi infastidiscono, ma dato che sei una Madre del Globo devo rispettare le tue decisioni. Soprattutto se sei ancora in un corpo di una bambina.’’

‘’Questo arazzo da quanto tempo è qui?’’- domandò la bambina, tornando ad osservare quell’opera logorata dal tempo e non curante dello sguardo inquisitorio della donna. Con un sospiro d’esasperazione, l’anziana disse:

‘’Questo arazzo è qui da diverse generazioni, circa cinque. Se noti, in fondo a destra, c’è la firma del Re e dell’artista. Il Primo re della Città Desolata è il trisavolo di quell’attuale. Il suo trisavolo aveva una conoscenza spropositata di ogni popolo, di ogni cultura o creature esistente nel regno e i suoi confini. Era molto stimato per la sua freddezza in combattimento e pacatezza nelle trattive. Sono state scritte storie su di lui, costruite statue o santuari che…’’- s’interruppe improvvisamente, con le mani che tremavano. La bambina si rese conto dell’improvvisa tristezza che s’impossessò di lei e si avvicinò:

‘’Che venissero distrutti? Da quell’uomo che mi vuole rapire?’’- domandò Narwain avvicinandosi e poggiando la testa sul grembo della donna.

‘’Sì. Il Re Gallart. Lo stesso uomo che ci attaccò un mese fa e lui ora sa che sei qui. Titano! Vieni qui!’’

Orphen scattò subito dalla sua postazione e giunse dalla donna:

‘’Mi ha chiamato, Signora?’’

‘’Proteggi questa bambina. Gallart sarà a conoscenza del suo arrivo. L’energia delle Madri è inconfondibile e un Re con il potere del fuoco…’’

‘’Sono a conoscenza di quello che può fare e, a costo di distruggere il mio corpo, la proteggerò finché i Titani d’Onice avranno vita.’’- rispose Orphen, con la luce nel suo volto che aumentava d’intensità e le venature che erano nelle sue braccia si tinsero di viola. Quello stesso bagliore assunse una forma cilindrica e tra le mani del titano si materializzò lama aggraziata e dal filo letale, con il sigillo della stella inciso a mano:

‘’Orphen, da quanto tempo possiedi quella spada?’’- chiese Narwain avvicinandosi cautamente a quell’arma che sembrava viva nelle mani del suo titano, vedendo anche una nebbiolina violacea che si propagava dall’elsa.

‘’Sono l’unico tra i miei fratelli e le mie sorelle ad averla. E, nonostante non sia umano, provo le stesse vostre emozioni. Padroncina, giuro sull’onore dei Titani di proteggerla.’’

Da sopra le loro teste si sentì un acuto sibilo accompagnato da un fragoroso suono di calcinacci, ingranaggi e uno scrosciare intenso di acqua, accompagnato poi da passi e un suono quasi impercettibile, simile ad un bastone che toccava un bordo in pietra. La donna impallidì nuovamente, turbata:

‘’E’ tornato. Il Re Malinconico è tornato. Devo andare, immediatamente!’’

Come un felino terrorizzato, la donna corse fuori dalla stanza e salì in fretta le scale che conducevano al salone lugubre. Nelle pareti vibravano delle voci, coperte in parte dallo scrosciare dell’acqua, ma era quasi impossibile ascoltare cosa si dicessero. Il Titano, di soppiatto salì le scalinate chiedendo alla piccola padrona di sorvegliare i giovani eroi. Appena salì, notò che la sala era cambiata drasticamente: il pavimento era diviso in tre lunghi rettangoli simili a fossati ben lineari, profondi almeno quanto lui e pieni d’acqua cristallina che sgorgava dalle pareti ai suoi lati, accompagnato da un sinistro fulgore bluastro in tutta la stanza:

‘’Quante volte devo dirti che quando senti chiamare il tuo nome devi già essere qui? Cosa stavi facendo?’’- domandò una voce inespressiva ma che a tratti tradiva dell’astio nei confronti del suo interlocutore, che cercava di parlare ma la voce dell’uomo sovrastava anche il silenzio immonde:

‘’Ascoltami Helartha, non è la prima volta che scompari nel nulla e, quando ti convoco, impieghi un po’ ad arrivare. Voglio la verità, cosa stavi facendo?’’- domandò di nuovo quella voce. Orphen osservò cauto la scena che gli si parava davanti: la donna che li aveva aiutato nelle ultime ore era inginocchiata davanti a quel che doveva essere il suo Re, un uomo alto, robusto, barba folta e dalla mascella squadrata. Indossava vesti dai colori autunnali, con preziosi ricami in oro sul colletto e sui bordi del mantello che gli scendevano con poca grazia sulle spalle. Quello che colpì maggiormente il Titano fu l’assenza dell’anulare destro dell’uomo, sostituito da un ditale in argento:

‘’Sarà una usanza di questo luogo a me sconosciuta?’’- domandò Orphen tra sé e sé, ascoltando ancora la conversazione.

‘’Mio Sire, uno sciacallo ha cercato di rubare le vesti della sua defunta consorte insieme alla corona reale. Sono riuscita a recuperare gli oggetti, ma il ladro è scappato.’’- rispose la donna che li aveva aiutati. La fronte corrugata del Re sembrava tradire perplessità mista a poca fiducia, finché non rispose con un sospiro:
‘’Ecco spiegato il rossore sul tuo volto e il fiato corto. D’accordo. Puoi andare.’’- rispose il Re Malinconico mentre poggiava la schiena sul suo trono.

Il Titano ritornò scattante nel sotterraneo dai suoi amici, nascondendo ciò che aveva scoperto fino al momento opportuno. Quando fu ormai notte fonda, tutti dormivano ancora tranne per Darrien che si svegliò di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore e gli abiti incollati sulla pelle. La testa gli stava esplodendo e la spalla sembrava essere divorata da migliaia di insetti mentre cercava di alzarsi lentamente dalla brandina ed esplorare il luogo che lo circondasse. Uscendo dalla stanza, si guardò alle spalle vedendo la sua amata compagna dormire e Orphen che cingeva tra le braccia Narwain, seduti vicino al muro.

‘’Noto che il dio del sonno ti ha finalmente liberato dalla sua prigionia. E’ tutto il giorno che dormi.’’- disse una voce in modo sarcastico. Darrien si girò di scatto e si tenne all’uscio per non cadere sulle ginocchia, ancora debole; la donna che li aveva aiutati era lì, immobile che lo osservava senza meravigliarsi delle sue condizioni fisiche:

‘’Il dio del sonno poteva anche tenermi prigioniero, ho messo in pericolo la vita dei miei amici e della mia compagna per la mia troppa audacia.’’ La risposta a tale autocommiserazione non si fece attendere. Un colpo ben assestato sulla spalla ancora dolorante del ragazzo lo fece cedere:

‘’Ora ti chiederai perché io lo abbia fatto. Odio coloro che si autocommiserano e si ritengono i responsabili di un pericolo velato. Tu, ragazzo, hai fegato e voglia di vivere, sei sopravvissuto ad una delle ferite letali che i soldati del Re del Fuoco sono capaci di infliggere, e nessuno prima di te è sopravvissuto a lungo per potersi rialzare.’’

Una smorfia indecifrabile comparve sul viso del comandante, un misto di rabbia, vergogna, stupore mescolati insieme che lo fecero restare immobile:

‘’Che fai ancora lì? Mettiti i vestiti nuovi che sono su quello strano baule.’’- disse Helartha, indicandolo vicino il grande legno della stanza.

‘’Baule? Come hai fatto a recuperarlo?’’- domandò Darrien, osservandolo e avvicinandosi lentamente per evitare di cadere. Non erano abiti cuciti su misura, ma doveva accontentarsi. Non appena si tolse la maglia, la donna osservò le diverse cicatrici sul suo avambraccio:

‘’Ragazzo, quelle ferite che hai sul braccio come te le sei procurate?’’

Quella domanda gli provocò un fremito che si propagò su tutta la schiena. Erano ormai anni che nessuno gli chiedeva più l’origine di tale flagello e fardello che doveva sopportare:

‘’Sono un Predone dell’Oscurità. Uno di quelli buoni da quello che ho letto su un libro che elencava le origini di poteri come il mio. La maggior parte di questi predoni tendeva ad essere malvagio e assetato di potere. Io l’ho sfruttato per difendere mio padre e la mia amata.’’- rispose infastidito, indossando cautamente una camicia beige, un pantalone nero e stivali di pelle scura. Sembrava un venditore di libri piuttosto che un comandante. La curiosità gli ordinò di aprire il baule e osservare gli oggetti al suo interno; dall’esterno sembrava un comune baule, ma l’interno era pieno di oggetti insoliti e dalle forme bizzarre, piccoli fagotti, contenitori e molto altro ancora. Con calma ne esaminò uno per uno e scoprì che nelle prime tre sacche piccole c’erano pugnali da lancio, all’incirca quindici e tutti con lo stesso colore e materiale, con un manico avvolto da uno spesso spago bianco. Le sorprese non erano ancora finite, infatti in quel che doveva essere una coperta in tela, c’erano due paia di guanti e bracciali di cuoio, rossi e neri: i colori di Arilyn e Darrien.

 ‘’Morghull, hai esagerato con i doni.’’- disse con una leggera imprecazione, mentre sistemava quello che aveva visto finché non notò una piccola pergamena. Quello che lesse lo lasciò interdetto:

‘’Mio caro Re Vraekhar,
Quando leggerai questa lettera, sono sicuro che avrai già conosciuto alcuni miei amici. Ti prego, ti prego di non cacciarli. Provengono da Huvendal, un regno a te noto. Sono i salvatori di esso e sono coloro che hanno sconfitto la Regina di Ghiaccio con estrema audacia. Donagli ospitalità, nonostante le condizioni del tuo palazzo e del tuo animo.
Con estremo affetto,
Morghull.’’

Il ragazzo ripose la pergamena e gli oggetti al loro posto e decise di tornare a dormire nuovamente, attendendo l’alba di un nuovo giorno e decidere se fosse il momento opportuno di incontrare il Re. Prima di chiudere gli occhi, incrociò la mano della amata nella sua e le sorrise:

‘’Darrien…’’- disse con un sospiro Arilyn, chiudendosi quasi a riccio nella brandina e avvicinandosi al corpo del ragazzo, cercando il calore che quella stanza non poteva offrire. Mentre tutti dormivano, il Re Malinconico osservava dalla finestra l’enorme Torre del suo nemico, illuminata dalle lugubri torce. Osservava come quel Re, più giovane di lui, lo avesse sconfitto con un solo attacco alla sua città ed averlo umiliato. Ad averlo indebolito. Sapeva che Gallart era lì, a scrutare dall’alto del suo potere il palazzo e di come provasse odio per tutti coloro che non accettassero la Fiamma come unica religione.

‘’Gallart, perché mi hai risparmiato?’’- si domandò il Re Malinconico, picchiettando le nocche sul vetro fin quando un impeto di rabbia guidò la sua mano a sferrare un pugno contro la finestra, rompendola e ferendosi. Andò a sedersi sul suo spoglio trono, freddo e umido mentre la mano sanguinava. La osservava con indifferenza, vedendo come quel liquido scarlatto strisciasse come un serpente sul freddo marmo, cadendo in piccoli rivoli nelle scanalature delle incisioni del trono.

‘’Mia amata, a breve le stelle mi accoglieranno e potremmo vivere ancora insieme. E avverrà presto.’’- disse il Re, stringendo la mano ferita e facendo sgorgare copiosamente il sangue ovunque. Un dolore amaro.


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Capitolo 4
*** Presagio oscuro. ***


Un nuovo sole sorse sulla Città Desolata, illuminando la distesa sabbiosa e il legno nero delle baracche, rendendo il paesaggio bello e lugubre allo stesso tempo. I granelli di sabbia sembravano piccole gemme incastonate nel vetro opaco, risplendendo sotto i raggi del nuovo mattino. L’oscurità svanì e il torpore accolse le gelide mura spoglie del palazzo, i quadri scoloriti e strappati, le colonne crepate e il soffitto che trasudava di muffa e umidità. Nel rifugio nascosto agli occhi del Re Malinconico, la donna andò a svegliare gli ospiti ma ne contò solo tre:

‘’Dov’è finito quel ragazzo?’’- domandò a gran voce svegliando di soprassalto tutti. Spaesati e con occhiate rapide si domandavano cosa volesse la donna.

‘’Ragazzo? Intendi Darrien? E’ lì che…Oh per le Anziane!’’- imprecò Orphen osservando la brandina vuota. L’anziana donna corse verso il portone della stanza, ma era chiuso dagli immensi cardini, seguita da Arilyn allarmata per l’improvvisa scomparsa del suo amato. Neanche nello studio c’era, come se si fosse volatilizzato nel buio.

La donna stava per togliere il catenaccio e aprire gli immensi lucchetti, finché un sinistro rumore di pietra che batteva contro l’altra la fece girare di scatto e brandire il bastone, come arma di difesa. Anche il Titano evocò la sua spada. Si aprì un porta secondaria vicino l’immensa vasca e dalla penombra uscì Darrien, con un grosso fagotto di lana tra le mani:

‘’Placate le vostre armi, sono io. Ho scoperto delle varie provviste nella cucina del palazzo. Non so come sia stato possibile, ma è come se le mie gambe si muovessero da sole. Come se conoscessi già il luogo.’’- disse il ragazzo posando il fagotto sul bordo della vasca. Arilyn gli corse contro e lo strinse forte a sé, un gesto che venne ricambiato dal ragazzo e accompagnato da un lungo bacio sulle labbra:

‘’Ragazzo, posso vedere la ferita che hai sulla spalla? Quella provocata dalla creatura che vi attaccato intendo.’’- esordì la donna anziana avvicinandosi. Il giovane, un po’ perplesso abbassò il colletto della camicia fino alla spalla ferita e mostrò un taglio verticale con tre punte sui lati, ormai cicatrizzato. La donna osservò ancora per qualche secondo quel bizzarro taglio per poi sospirare spaventata:

‘’Non è possibile. Non può essere!’’

‘’La ferita è guarita in meno di un giorno ed è straordinario, perché affermare il contrario?’’- chiese la ragazza incerta sul comportamento della donna.

‘’Quel particolare tipo di taglio potevano farlo solo poche persone ed erano le nostre Guardie Reali. Questo significa che i soldati di pietra che ha il Re Gallart sono tutti i nostri soldati al suo servizio. Forse qualcosa del soldato che avete sconfitto si è posata sulla pelle squarciata e, durante la tua convalescenza, deve essersi fusa con te e…’’

‘’Ma tutto questo è insensato e praticamente impossibile. Come possono dei resti di un soldato fatto interamente di pietra e alimentato dalle fiamme a fondersi con il mio corpo?’’- domandò il comandante donando dei pezzi di formaggio e dei datteri alla sua amata e a Narwain.

‘’Perché la maggior parte di loro erano creature impressionanti e potevano donare parte della loro anima a coloro che erano in grave difficoltà o sul baratro dell’oscurità.

Forse è per questo che riesci ad ambientarti così nel palazzo senza averti fatto da guida.’’- replicò la donna grattandosi la tempia. Il ragazzo sospirò confuso e si sedette, prendendo una manciata di datteri e mangiandoli uno per uno; fin troppe sorprese avevano ricevuto i giovani guerrieri e questa aveva dell’incredibile, se non assurda per dei comandanti. Nel mentre, Huvendal venne avvolta da un misterioso alone di nervosismo tra i soldati e Aithwen era sempre più strana, portandola a distrarsi o non rendersi conto di quello che la circondava. Searlas, notando quello stato di allerta costante, le chiese di seguirla nel suo studio per discutere. Dopo essersi messi comodi sulle poltrone imbottite, il Re esordì:

‘’Aithwen, mia cara allieva, ultimamente sto notando strani comportamenti da parte tua. Sei sempre vigile, in allerta. Come se ci fosse un pericolo dietro l’angolo nonostante viviamo in pace da due anni. Cosa ti turba così tanto?’’
La bambina scrutò con la coda dell’occhio se la porta fosse chiusa saldamente, così da non poter essere interrotti da ospiti indesiderati e con un sospiro disse:

‘’Mio Signore, credo che Ryre nasconda qualcosa di losco. Dubito che le sia ancora fedele dopo esser stato degradato da capo medico a capo sala. Ho il sospetto che si sia alleato con…come si chiamava l’uomo che avete nominato giorni fa?’’

‘’Intendi Gallart.’’- sentenziò Searlas all’udir di quel nome.

‘’Esatto. Un paio di giorni fa, se non di più, l’ho visto uscire dal vecchio sgabuzzino dove custodiamo provviste in eccesso e aveva la spallina della divisa strappata e bruciata, mentre la sua spalla era completamente rossa e piena di vesciche. Inoltre sentivo un pungente odore di zolfo, legno bruciato e stoffa. Giuro sul mio onore che quello che ho visto è vero.’’- finì di dire Aithwen portandosi le mani sul cuore, con gli occhi lucidi e l’espressione innocente. Il Re si lisciò la barba sul mento, riflettendo sul possibile tradimento reale di Ryre. Il suo labbro inferiore tremava e sentiva torcersi lo stomaco dal disgusto e il sangue ribollire, come se mancasse poco ad esplodergli nelle vene. Si tolse la corona dal capo, diventata improvvisamente pesante da sorreggere e disse:

‘’Non posso prometterti nulla ma vedrò di attirarlo in una trappola e di fargli dire la verità. A costo anche di rimetterci la mia vita.’’

La ragazzina dalla chioma riccia si alzò, fece e un lieve inchino e ringraziò il Re, avviandosi verso la porta per uscire. Searlas poggiò la fronte contro il freddo vetro della finestra e chiuse gli occhi. Un turbine vorticoso di pensieri oscuri gli affliggevano la mente, si sentiva mancare e salirgli la bile per il tremendo fastidio che Ryre potesse essere un vile traditore. La porta del suo studio si aprì nuovamente, mostrando una figura femminile poggiata sull’uscio e vestita in un abito comune, fatta eccezione per la corona: Sindar.

‘’Qualcosa ti tormenta, Searlas?’’

‘’Per anni mi sono fidato di Ryre ma…credo che il suo rancore nei miei confronti sia diventato un tutt’uno con la sua anima. Aithwen mi ha detto tutto sul suo conto. Alto
tradimento. Chi lo avrebbe mai detto…’’

L’amata consorte si avvicinò cauta al suo Re, al suo grande amore e compagno tormentato da quella nube di delusione. Gli prese la mano e la portò sul cuore, cercando di infondere calore al solo sentir il battito. La mano di Searlas tremava al contatto con la pelle fresca della sua consorte, mentre nei suoi occhi balenava il bagliore di terrore:

‘’Non temere. Qualsiasi cosa riservi il futuro, io resterò al tuo fianco. Un semplice traditore non potrà dividerci.’’- disse la donna stringendogli la mano e guardandolo negli occhi, rassicurandolo, proprio come la prima volta contro la Regina di Ghiaccio. Searlas sorrise debolmente e sostenne il suo sguardo:

‘’Un traditore non potrà dividerci.’’- ripeté l’uomo, prendendo la sua corona e posandola sul capo. Prima di uscire dal suo studio, un pensiero si fece largo sventrando quell’oscurità che lo affliggeva poco prima:

‘’Spero che quei due ragazzi stiano bene.’’

Dai corridoi immensi del castello nero di Gallart si potevano udire dei lamenti di dolore e rumore di carne strappata insieme a della stoffa; quei lamenti erano così forti che attirarono persino il Re e alcune Guardie verso l’alloggio del Duca. Senza alcun permesso, la creatura di pietra e fuoco sfondò la porta rivelando una scena disgustosa: quel vecchio uomo aveva la schiena ricoperta di squarci che sanguinavano copiosamente, mischiandosi al pus di vesciche grosse quanto un occhio umano che erano esplose dalla nuca e dalla zona lombare. Gallart, disgustato perché il suo prezioso pavimento era stato sporcato dal quel sudicio essere, gli sferrò un poderoso calcio sul fianco, facendolo rotolare sulla schiena e lo vide boccheggiare mentre della schiuma usciva dalla bocca:

‘’Non hai scelto un momento opportuno per suicidarti, che cosa ti prende?’’- domandò digrignando i denti il Re del Fuoco afferrandogli il bavero della tunica ormai sporca di sangue raggrumato.

‘’L’ho vista…Lei…La bambina…’’- replicò boccheggiando il Duca, cercando di tenersi alla veste del Re, imbrattandogliela. Gallart gli sferrò un potente gancio sul naso facendolo svenire:

‘’Portatelo nella sua residenza sul confine e sapete cos’altro fare.’’- disse lui alzando il corpo del Duca privo di sensi come se fosse un sacco di patate e lanciandolo contro i suoi soldati. Dalle sue mani divampavano lingue di fuoco che colpivano il pavimento e bruciavano la pozza di sangue scuro, andando poi a scontrarsi contro i brandelli della veste e poi schiantarsi contro il vetro della finestra, spaccandolo e facendo piovere schegge trasparenti:

‘’La Madre del Globo è qui e quel lurido cane cerca di suicidarsi. Una volta compiuto il rituale, sarò contento di ridurlo in comuni ceneri.’’- sentenziò il Re del Fuoco, mentre la sua lucente armatura veniva avvolta da possenti lingue di fuoco, alimentate anche dalla rabbia e dal disgusto, che si riversarono sulla pozza di sangue e sui frammenti della finestra esplosa precedentemente.

L’Eclissi era imminente e il catalizzatore per attingere ad un vasto e infinito potere era ormai realtà per Gallart, sempre più nervoso e con la brama di potere che gli divampava negli occhi. Il bagliore delle sue fiamme fu così accecante da poter essere visto anche dal palazzo dove i giovani avventurieri erano rifugiati. Darrien era nello studio della donna che li ospitava, intento a studiare l’immenso arazzo dettagliato e colorato; quel che lo sorprese maggiormente era vedere la vastità di fiumi che un tempo riempivano tutta la terra del Nord e adesso ridotti a piccoli ruscelli e laghetti. Mentre i suoi occhi vagavano per l’enorme mappa, le sue dita sfioravano le fredde impugnature dei pugnali che aveva sulla cintura, quasi ansioso di lanciarli contro il primo nemico che lo avrebbe sorpreso. Fato volle che l’anziana donna entrò nella sala senza annunciarsi e il giovane comandante sferrò il primo pugnale con un movimento così rapido che ad occhio nudo non poteva essere visto; il pugnale si conficcò nella parete di fianco invece che andare sul bersaglio:

‘’Hai una mira pessima con le armi da lancio, ma il tuo istinto è impressionante.’’- esordì la donna facendo cadere il pugnale dal legno della credenza con un movimento del bastone, cercando di trattenere una risata. Si riprese e continuò a dire:

‘’Toglimi una curiosità ragazzo.’’

‘’Parla.’’- replicò freddo Darrien, posando il pugnale nel fodero, sentendo le gote incendiarsi per l’umiliazione. La donna, una volta sedutasi sulla sua poltrona chiese:

‘’Perché l’avete riportata indietro? Lo spirito della Madre l’ha guidata fin nel vostro regno e voi la riportate dai suoi futuri carnefici? In questo regno Gallart e quel maledetto Duca dei Bambini Scarlatti vogliono a tutti i costi rapirla per usarla come…’’

‘’…Catalizzatore per l’Eclissi del Sole Arcano. Sono a conoscenza di quel rituale e dell’immenso potere che ha Narwain, ma anche a costo della vita la proteggeremo. E ora, concedi a me una domanda.’’

La donna rimase alquanto stupita dalla freddezza del giovane e gli concesse l’opportunità:

‘’Ho notato che c’è uno strato secondario sul bordo di questo arazzo, come incollato. Sapresti spiegarmi il perché?’’

‘’Oh…Quell’arazzo è stato in realtà cucito su un vecchio ritratto reale. Due formidabili artisti di strada vollero ritrarre il Re e la Regina perché emanavano energia positiva ed erano soggetti adatti per le loro opere. E devo ammettere che il talento non gli mancava.’’

‘’Ricordi i loro nomi?’’- domandò Darrien iniziando a togliere lo spago che legava le due tele; con la lama del pugnale tagliava con un colpo secco il materiale e lentamente l’arazzo venne giù, mostrando un dipinto maestoso e un Re e una Regina che esprimevano serenità e fierezza, nella loro semplicità. Colori magnifici, sfumature ben definite e quello che colpì il ragazzo fu il colore degli occhi dei regnanti: un verde smeraldo splendente per la Regina e una sfumatura azzurra nel grigio del Re. I loro abiti sembravano quasi fuori uscire dalla tela, da poter sfiorare e sentirne la morbidezza. In basso a destra c’erano le iniziali dei due artisti:

‘’L’espressione di stupore che hai sul volto la fecero tutti molti anni fa, soprattutto la mia Signora che si commosse. Vennero pagati profumatamente nonostante quella coppia rifiutasse perché il denaro storpia l’arte. E l’arte è felicità. Oh, è vero i nomi. Galaverth Joenos Arlar e Allin Tylledha Saavick. Nomi del popolo dei…’’

‘’…Thandulircath! Un momento, Arlar e Allin… Arilyn.’’

‘’Darrien che succede?’’- domandò la ragazza sentendo nominare il suo popolo. Entrò anche lei nella stanza e, come ipnotizzata, si avvicinò all’immenso dipinto.

‘’Questo dipinto! Sono stati i tuoi genitori a farlo. Galaverth Joenos Arlar e Allin Tylledha Saavick erano i tuoi genitori. Il tuo nome è parte dell’unione di Arlar e Allin, Saavick è il cognome di tua madre. Loro sono stati qui anni e anni fa. ’’- esordì il comandante stupefatto. Quando non erano impegnati in allenamenti, Arilyn e Darrien parlavano delle loro discendenze e la ragazza pensava che il ciondolo al collo fosse l’unica prova dell’esistenza della sua stirpe, ma ora con la scoperta del quadro tutto cambiava.

‘’Quando è stato fatto questo ritratto?’’- chiese la ragazza trattenendo la commozione e stringendosi il medaglione che aveva al collo. Per anni quel medaglione è stato il suo unico ricordo e testimonianza di un popolo ormai scomparso. La donna dalla chioma argentea strofinò il legno del suo bastone, sforzandosi di ricordare quando fu dipinto, ma le labbra serrate e il movimento della testa indicarono un vuoto di memoria. Seppur il periodo fosse ignoto, la ragazza si sentì sollevata nel sapere di essere nata da genitori con un talento straordinario.

‘’Credevate che i Thandulircath e i Varg fossero dei comuni popoli come descritti dagli antichi e perduti tomi di storia? Qualcuno invidioso deve averli scritti, dato che nel corso della mia vita ho conosciuto
menestrelli, cavalieri, negromanti e anche i più umili contadini che provenivano da questi due regni. E ora che ci penso, sono stata fin troppo scortese con voi ospiti.’’
Con quelle parole, si tolse il cappuccio che le aveva coperto il capo per troppo tempo e, sorreggendosi con il legno freddo si alzò dalla sua poltrona:

‘’Io sono Helartha, consigliera del Re Malinconico della Città Desolata. Vi prego di perdonare la mia insolenza nei vostri confronti, ma nelle ultime settimane i pochi abitanti hanno cercato in tutti i modi di derubarci per poter guadagnare qualcosa dai mercanti erranti. Ma il Titano? Dove è?’’- domandò Helartha, constatando che per tutto questo tempo c’erano solo i due ragazzi e la piccola Narwain. Impallidì quando un cupo pensiero le si materializzò nella mente: il Titano doveva essere nel salone principale del palazzo. Corse scattando e imprecò quando notò la grande porta spalancata e il lucchetto sul pavimento:

‘’Quell’impiccione di un Titano!’’- disse rabbiosa la donna mentre corse sulla scalinata seguita dai giovani. Una volta all’esterno, nella sala centrale le piccole cascate continuavano a far fluire acqua nei fossati rettangolari, illuminati da alcune luci blu rimaste accese tutta la notte e che, ormai con il chiarore del sole, avevano perso il loro alone spettrale. In lontananza si scorgeva il piccolo bagliore del Titano d’Onice, intento ad osservare curioso il Re che dormiva sul suo spoglio e pietroso trono.

‘’Orphen!’’- esclamò Narwain sotto voce, ma da poter essere udito. Il Titano si voltò di scatto ma si rese conto troppo tardi di aver urtato dei frammenti di vetro e ciò destò il Re Malinconico dal suo sonno. La paura e lo stupore erano ben visibili sul suo volto:

‘’Che cosa sei e come hai fatto ad entrare qui, immonda bestia?’’- chiese il Re cercando la sua spada. Il Titano indietreggiò:

‘’La prego, non sono qui per farle del male, cerchi di star calmo.’’- provò a dire il povero Orphen, ma il Re trovò la sua spada e cercò di colpirlo in tutti i modi. Una lingua di fuoco nera si riversò sulla spada dell’uomo iracondo, distruggendola. Darrien aveva difeso il suo compagno da un poderoso fendente.

‘’Traditrice!’’- sbraitò il Re, gettando via la spada e osservando Helartha con i ragazzi e il Titano al loro fianco. ‘’Hai tradito il tuo Re. Come hai potuto?’’- continuò a chiedere il Re allontanandosi dal suo trono e mettendosi spalle alla colonna.

‘’Mio Signore, mi lasci spiegare. Sono solo dei giovani avventurieri in missione per conto del loro Regno.’’

‘’E quell’oscurità che ha distrutto la mia fedele spada? Se invece della spada ci fossi stato io?’’

‘’Non sia così egocentrico. Un vero Re non lo farebbe e se ci crede degli sciacalli non avremmo già depredato questo fatiscente luogo?’’

‘’Come posso fidarmi di voi viandanti? Non avete l’aspetto di avventurieri o prodi cavalieri.’’- rispose il vecchio malinconico cercando la spada ormai distrutta per non perderla. In quel momento, il silenzio fu la risposta a quella domanda, ma poi Darrien si ricordò della pergamena donatagli da Morghull e corse a prenderla, seguita da Arilyn.

‘’Cos’è quel contenitore?’’- chise la ragazza con il fiatone.

‘’Qui dentro c’è la nostra salvezza da quel Re scellerato. La sua malinconia potrà anche mutarsi in rabbia cieca, non potrà rifiutarsi di leggere un documento importante. Ricordi quello che mi dicesti due anni fa?’’

‘’Qualunque cosa accada, resteremo insieme. Questo è quel che conta. Lo ricordo.’’- rispose lei sorridendogli e stringendogli la mano. Il giovane ricambiò il sorriso e poi tornò dai suoi amici in difficoltà. Il Re sembrava più iracondo non appena lo rivide, ma gli porse quella pergamena sigillata.

‘’E’ uno scherzo spero? Vorresti evitare la morte effimera usando solo un semplice pezzo di carta? Sei stupido o cosa, ragazzo?’’- domandò stupefatto ancora, prendendo quella pergamena e togliendo il laccio che la legava. Quando lesse il contenuto della lettera la strinse tra le dita talmente forte da sgualcirla e stropicciarla:

‘’Aveva previsto tutto, vero?’’- domandò Darrien, quasi a volerlo schernire ed imbarazzarlo. Il Re strappo con rabbia la lettera; qualcosa che aveva letto provocò la sua ira:

‘’Odio rileggere il mio nome ovunque venga scritto. Sono anni ormai che il mio titolo è solo Re Malinconico.’’

‘’E questo suo nomignolo è in vigore da quando la sua consorte è defunta?’’- domandò il Titano, ma si rese conto tardi dell’errore per zittirsi e imprecò sottovoce. Lo sguardo del Re tornò ad essere torvo:

‘’Tu mi stavi già spiando. Come tutti voi!’’- urlò immediatamente, tanto far echeggiare la sua voce nelle gelide mura. Narwain lo guardò perplessa e Orphen distolse lo sguardo per evitare ramanzine dalla padrona.

‘’La colpa è mia.’’- esordì Helartha sbattendo l’asta sul pavimento. Nella sua voce c’era fierezza e non temeva la punizione del suo Signore. ‘’Li ho ospitati io e ho nascosto il tutto per evitare che venissero sbranati dai Bambini Cremisi o morissero per la febbre del deserto. Il Titano deve essere sgattaiolato dal mio rifugio dove curo i viandanti ed evito che muoiano anche per colpa vostra.’’

Quell’ultima parola provocò un sospiro di sorpresa nel Re. Lo sguardo vitreo e le mani tra i capelli avvizziti come paglia significavano solo pura confusione: ‘’Segreti, tradimenti e ora mi accusi anche di aver fatto morire delle persone.’’

‘’Il nostro popolo contava su di lei, ma dalla morte dell’amata Regina, si è rinchiuso nel suo animo oscuro, alimentando ogni giorno il suo dolore e dimenticandosi delle persone che l’hanno sostenuta e amata. Dunque non nasconda la verità e non usi la scusa della sua consorte defunta, perché lei avrebbe fatto lo stesso per gli ospiti e con il sorriso.’’

Quelle parole furono come una tempesta, così forti da farlo indietreggiare verso il trono:

‘’Io…è assurdo. Come tutto questo può accadere a me…E’ qualche punizione divina o degli astri?’’

‘’Nessuna divinità o stella. E’ solo la verità.’’- lo interruppe Helartha, impassibile. I giovani, la piccola bambina e il Titano rimasero in silenzio quando la consigliera parlò; nonostante l’età, la tenacia è ancora palpabile. Con un gesto scortese, il tristo Re invitò i presenti a lasciarlo solo a riflettere sul da farsi. Non appena quell’uomo iracondo e colmo di tristezza si alzò dal trono, al centro della sala si sprigionò una possente ondata di calore seguita da un bagliore accecante e tanfo di zolfo; da quella sfera luminescente comparve un elegante uomo dai lunghi capelli bianchi come la neve, viso seducente ma trionfante e una grande armatura rossa splendente:

‘’Non di nuovo tu. Ho già troppe cose da risolvere e non ho voglia di scontrarmi nuovamente con te.’’- esordì il Re afferrando la lama spezzata più per timore che per coraggio. Il cavaliere in armatura rossa rispose divertito:

‘’Una spada spezzata è utile quanto un coltello per affettare il pane durante una guerra. Non preoccuparti, non sono qui per ucciderti o distruggere questo bellissimo palazzo. Quel lurido cane del mio Duca mi ha riferito, tra il boccheggiare dei suoi disgustosi fluidi corporei, che una certa bambina è qui. Sai dove di preciso?’’
Il Re Malinconico esitò nel rispondere, ricordandosi che trai i giovani viandanti c’era anche lei:

‘’No Gallart, non so dove sia e non mi interessa. Perché? E’ così importante quella bambina per te?’’

‘’Mio caro Vraekhar non fare l’ingenuo. Sai benissimo che quella bambina è una Madre del Globo, una delle creature celesti più potenti che esista e sai anche che io voglio il suo potere. Senza di lei, l’Eclissi non potrà avverarsi. Dunque se non vuoi che quelle belle vesti che indossi vengano incenerite, dimmi dove si trova e ti lascerò in pace.’’- rispose Gallart con un sorriso diabolico, mentre le fiamme avvolgevano la sua mano.

‘’Non osare chiamarmi per nome!’’

‘’Non siamo così diversi dopo tutto. In noi c’è rabbia per qualcosa che abbiamo perso. Io ho perso mia sorella anche se la detestavo e tu hai perso la tua consorte. Era una bella donna e potevi sfruttarla a dovere, invece l’hai persa. Prole sprecat…’’- fu interrotto da un pugno sul naso sferrato da Vraekhar.

‘’Non parlare così di mia moglie! Non è un oggetto da sfruttare per le proprie pulsioni.’’
Gallart si pulì il sangue che usciva dal suo naso con due dita e sorrise con cinismo a quelle parole ma non fece attendere la sua risposta: un colpo di frusta incendiaria colpì l’uomo al torace, strappando e bruciando le sue vesti e facendolo urlare atrocemente. Il baccano fece allarmare gli eroi di Huvendal che corsero nella sala. Il cavaliere rubino, quando sentì i loro passi si voltò e fu sorpreso nel riconoscerli:

‘’Bene, bene. Gli eroi di Huvendal nella Città Desolata. Quindi siete stati voi a riportarla qui. Consegnatemela.’’

‘’Come fai a conoscerci e di chi stai parlando?’’- chiese Arilyn, fingendosi confusa, mentre le sue mani iniziarono a brillare con vigore. Anche Darrien permise al suo potere di sprigionarsi.

‘’Fingersi stupidi è una caratteristica di voi huvendaliani? Non importa. La Regina di Ghiaccio vi dice qualcosa? La madre di Searlas? Bene, io sono il fratello maggiore e zio del vostro re.’’- disse lui ridendo. Arilyn e Darrien si scambiarono una rapida occhiata e fecero fatica nel trattenere lo stupore; quel giorno dall’arrivo di Narwain e dalla rivelazione del Re del Fuoco, il Re huvendaliano era sempre irrequieto e nervoso.

‘’Sorpresi vero? Tu sei Arilyn, l’Araldo della Luce e tu Darrien, il Predone dell’Oscurità. Vi ho osservato combattere contro la creature di mia sorella e sono rimasto impressionato dalle vostre doti, ma non crogiolatevi con i miei complimenti. Datemi la bambina e nessuno si farà male.’’- riprese Gallart allargando le mani in segno di finta resa, attendendo che la bambina le venisse consegnata. Un fischio leggero e il rumore di carne lacerata fu la risposta. Vraekhar aveva conficcato la sua spada spezzata nel polpaccio del Re del Fuoco, tramutando l’espressione di felicità assassina in un ghigno di rabbia ardente:

‘’Maledetto ingrato.’’- disse imprecando Gallart e gli sferrò un calcio contro il mento facendolo rotolare verso il trono di pietra. Quel momento fu propizio per Arilyn che lo colpì con una falce dorata, distruggendo parte dell’armatura splendente del nemico, mentre Darrien sfruttò i suoi pugnali per farli diventare dardi oscuri ma la frusta incendiata dell’uomo li parò rapidamente:

‘’Lo ammetto, questo evento non lo avevo predetto. Per questa volta vincete voi, ma sappiate che la vera guerra giungerà a breve.’’- disse l’uomo ignorando il sangue che colava dalla sua gamba e scomparve, tramutandosi in cenere e lingue di fuoco. Il Re Vraekhar si alzò a fatica, mentre rivoli di sangue gli scivolavano dal petto e dal naso:

‘’E non mi ha ucciso nemmeno questa volta. Cosa devo fare per potermi ricongiungere alla mia amata consorte…?’’- domandò imprecando e dirigendosi al suo alloggio accompagnato dalla consigliera. Darrien andò a recuperare i suoi pugnali e nel suo sguardo c’era qualcosa di diverso: quell’azzurro che lo rendeva così attraente era spento. Si avviò verso l’alloggio segreto, ma Arilyn lo bloccò afferrandogli la mano:

‘’Cos’hai?’’

‘’Io? Nulla, sto bene.’’

‘’Cos’hai ho detto.’’- la voce di Arilyn si fece seria, così come la stretta sulla mano.

‘’Con le parole di Vraekhar, ho immaginato la stessa situazione con te Arilyn. Lui amava la sua consorte e, da quando è defunta, si è rintanato nella sua oscurità, facendo poi germogliare un fiore di negatività. Quello che è adesso infatti.’’

La ragazza lo baciò forte, stringendogli il viso tra le mani e avvolgendolo con un leggero bagliore dorato, quasi a volerlo riscaldare nonostante il luogo. Fu un lungo bacio che li tenne senza fiato per un po’ finché la ragazza non si scostò e poggiò la fronte alla sua, respirando come se fossero una creatura sola:

‘’Non osare più dire quelle cose Darrien. Ho rischiato di perderti numerose volte e non voglio che accada più.’’- proferì la ragazza aumentando di poco lo splendente bagliore nelle mani, portandole ad incrociarle con quelle del suo amato compagno.

Un mezzo sorriso fu la risposta ed entrambi si diressero nell’alloggio, in attesa della consigliera e di buone notizie sulle condizioni del Re. Nel Palazzo Nero, Gallart comparve davanti ai suoi soldati che si resero conto della lama ancora nel polpaccio e si avvicinarono per aiutarlo ma vennero bloccati da un gesto pacato del Re, nonostante la rabbia facesse divampare di più le fiamme sulla sua armatura lucente. La spada spezzata iniziò a fondersi per via del calore e con un semplice movimento Gallart la estrasse dalla ferita che si richiuse con un leggero sfrigolare.

‘’Portatemi dal Duca. Adesso.’’- proferì il Re sibilando e venne condotto dal Duca dei Bambini Scarlatti. Le enormi rovine di marmo bianco che si trovavano al confine erano la sua dimora da molto tempo. Giunto lì, spintonò una delle sue Guardie e sfondò la porta della stanza:

‘’Tu, lurido cane, dove si trova di preciso la Madre?’’- domandò con voce fredda e sibilante. Il Duca era terrorizzato, con diverse fasciature sporche di sangue e pus e il sudore gli rigava la fronte e il collo; ai due lati del letto c’erano le creature che attaccarono gli eroi di Huvendal qualche giorno fa; i loro occhietti correvano rapidi dal Re del Fuoco alle sue Guardie di ossidiana per poi terminare sul loro protettore.

‘’Mio Sire, la bambina è qui. Nella Città Desolata.’’

‘’Dove, ho chiesto e non provare a suicidarti. Mi servi ancora per il rituale e poi vedrò cosa farmene di te.’’

‘’Mio Sire, la scongiuro di risparmiarmi! Le assicuro che la bambina è qui, in questo luogo ma è tenuta nascosta. Avverto la presenza, ma qualcosa disturba la sua energia celeste e…’’

‘’Basta sudicio essere, so di cosa è capace quella bambina e ho bisogno del suo potere. Mancano pochi giorni all’Eclissi e se voglio essere il Re della Prima Fiamma, devo trovarla a tutti i costi. Hai tempo fino all’alba del terzo sole a partire da ora e se non la trovi, ti farò scuoiare vivo dai miei soldati e userò le tue ossa per decorare la mia vasca.’’- lo interruppe con un ghigno malefico e si avviò nuovamente al castello. Il Re del Fuoco ordinò ai soldati di sorvegliare il Duca affinché si mettesse alla ricerca
della bambina e non indugiasse oltre e l’uso della forza bruta era consentita.

Nel mentre, il Re Malinconico era disteso agonizzante nella sua stanza, mentre la sua consigliera curava le ustioni sul torace e sul ventre e diminuiva la perdita di sangue dal naso con un panno umido. Nella penombra comparve Orphen, il Titano d’Onice:

‘’L’anulare mancante è tradizione di questo paese o le mie conoscenze sono errate?’’

‘’Oh, sei tu. No, non è tradizione del nostro popolo. E’ stato il Re che, dopo la morte della sua amata consorte, ha voluto amputarsi il dito e metterlo nell’urna sacra. Gesto di fedeltà all’unica donna che abbia mai amato.’’- rispose Helartha riprendendosi dal leggero spavento e ripulendo il sangue rappreso sulla pelle.

‘’Un gesto nobile da parte sua, lo ammetto. Quanto tempo ci vorrà prima che possa riprendersi?’’

‘’Caro Titano, non lo so. Sto usando parte dell’acqua curativa che ho usato sul Predone, ma avendo tale potere è guarito in meno di un paio di giorni. Il Re è un comune uomo e ha bisogno di riposo. Probabilmente una settimana o due. Dispiace lasciarmi da sola con lui? Vorrei solo concentrarmi nel richiudere le ferite.’’- rispose la donna pacatamente, immergendo il panno umido nell’acqua e strizzandola per far uscire quella superflua.

‘’Certo. Che le stelle possano vegliare su di lui.’’- replicò il Titano uscendo con un lieve inchino. Davanti ai suoi amici, disse che il Re avrebbe impiegato tempo per riprendersi e che le ferite erano piuttosto gravi dal suo punto di vista. Inoltre racconto dell’assenza dell’anulare e del gesto di fedeltà alla consorte.

‘’Siamo in un luogo sconosciuto e in più abbiamo un nemico potente da affrontare e l’unica persona che conosce qualche tecnica in più di combattimento è lì. Se solo Arcal fosse qui.’’- disse con amarezza il comandante dei Merfolk, sospirando.

‘’Non è detto. Nel corso dei miei anni da Titano, prima di essere affidato alla padroncina Narwain, ho visto diversi popoli con diversi stili di combattimento. Alcuni semplici e rapidi da imparare, mentre altri un po’ più impegnativi. Potrei offrirmi io come vostro istruttore, sarebbe onorevole da parte mia.’’- replicò Orphen inchinandosi al ragazzo e il bagliore nel suo volto si intensificò, significando la sua ulteriore felicità. Arilyn, che era al fianco del suo amato rispose:

‘’Credo che più tecniche conosciamo, più diventeremo inarrestabili contro Gallart e porteremo di nuovo stabilità in questo regno. Io direi di cominciare adesso.’’- concordò con un sorriso e si diresse a prendere le armi nell’alloggio per tornare subito dopo con i due foderi. Quando il comandante dei Merfolk estrasse la sua spada constatò che la punta della spada era spezzata e la scanalatura scheggiata:

‘’Credo che in queste condizioni non posso battermi. La mia spada deve essersi danneggiata nello scontro contro uno di quegli esseri.’’ Il Titano prese tra le sue mani la spada danneggiata, con l’altra mano fece comparire tre piccoli frammenti triangolari neri:

‘’Mi sono concesso di prendere qualche frammento d’onice in più. La tua spada è dei Custodi, e loro hanno usato un materiale simile a quello di cui son fatto io. Ammira.’’- disse Orphen mentre avvolgeva la spada del ragazzo in una brillante luce bluastra. Quando il bagliore si dissolse, fluttuavano a mezz’aria due splendide spade nere, entrambe con il doppio filo e questa volta c’era una effige in più:

‘’Ora dovrò abituarmi a brandire due armi. Prima solo con il mio potere, poi con la spada e adesso doppia. Altre sorprese da quando siamo partiti?’’- domandò ironicamente e con una leggera risata.

‘’Sì. La spada con l’effige del lupo ti consente di essere più veloce e quella del leone, piccola mia creazione durante il bagliore, ti consente di essere distruttivo contro il nemico. Ma per poterlo essere, la spada del lupo va brandita con la sinistra e quella del leone nella destra. Fai una prova.’’- replicò Orphen consegnandogli le spade e sfoderò la sua. Nell’istante in cui Darrien brandì le due lame entrambe vennero avvolte dal suo potere:

‘’In guardia, Predone dell’Oscurità.’’

Il viso del comandante si fece spigoloso e si mise in posizione di difesa, ma non appena incrociò le sue spade, il Titano era già davanti al ragazzo e puntava la spada dritta al suo cuore. Darrien ebbe pochissimo tempo per deflettere il colpo con la spada del leone e colpire la gamba del titano con la spada del lupo:

‘’Ti sei abituato subito vedo. Ammirevole.’’- disse Orphen scivolandogli di lato e colpendolo con l’elsa del suo spadone. ‘’Ammirevole ma devi perfezionare ancora la tua difesa. Lasci troppo scoperti i fianchi e le gambe devono essere piegate quando attacchi e difendi, avrai maggior tempo di ripresa e i tuoi attacchi saranno più veloci. Devi impedire al nemico di avere tempo.’’- constatò il Titano d’Onice puntando il dito contro di lui. Darrien si mosse così rapido e scivolò sotto di lui per poi rialzarsi con una spinta ed eseguire un fenomenale affondo incrociato che fece perdere l’equilibrio alla creatura.

‘’E questa? Chi te l’ha insegnata?’’- domandò l’essere celeste sorpreso e un po’ dolorante. Il ragazzo sorrise e guardò Arilyn:

‘’Volevo provare anche io la tua mossa, ma non è così stupenda come la tua.’’- disse lui, facendo spallucce. Era la stessa mossa fatta dall’Araldo della Luce contro i Bambini Scarlatti incontrati la prima volta al confine del regno.

Fu il turno di Arilyn contro il Titano che le impedì di usare il suo potere, voleva uno scontro pulito: la ragazza dovette concentrarsi per tenere a bada la spada che richiamava a sé il potere della luce. Il rumore delle lame che si scontravano tra i due combattenti provocavano scintille, nonostante la magia di cui erano impregnate e più i colpi aumentavano, più il potere di Arilyn diventava instabile e così la spada della ragazza cominciò a brillare. Un poderoso colpo dato dalla ragazza sprigionò una falce luminosa che fece svanire la spada di Orphen e andò a schiantarsi contro la colonna, lasciando un grosso solco fumante:

‘’Per le Anziane. Questo sì che era un colpo formidabile.’’- disse Orphen osservando la fenditura nella colonna crepata. ‘’Per fortuna non era una colonna portante.’’- sentenziò infine il Titano, battendo le mani. Dopo aver preso in considerazione le loro abilità, ordinò ai ragazzi di sedersi sul pavimento, chiudere gli occhi e lasciare che i sensi prendessero il controllo del loro corpo:

‘’Fate tacere qualsiasi pensiero vi offuschi la mente e lasciate che siano i vostri sensi a guidarvi.’’

I respiri dei ragazzi erano profondi, la loro concentrazione invidiabile e il Titano osservava attento a qualsiasi evento bizzarro. Arilyn sapeva sfruttare egregiamente la tecnica di suo padre e si sentì orgogliosa d’un tratto. La luce che le scorreva nell’animo vibrava insieme al suo istinto ed era pronto ad essere scatenato dalla ragazza. Orphen scattò in avanti e con la spada nuovamente tra le mani eseguì un montante.

‘’Adesso.’’- esordirono l’istinto e la luce: un immensa barriera dorata contrastò il colpo della creatura d’onice che osservò come quell’onda brillante iniziò ad accecarlo; qualcosa simile ad una densa cortina di fumo nero iniziò a serpeggiare a mezz’aria per poi abbattersi sul Titano, scaraventandolo lontano, quasi vicino uno dei fossati d’acqua. Quell’immenso frastuono fece perdere la concentrazione dei due ragazzi:

‘’Mai perdere la concentrazione, miei giovani eroi. Noto che le vostre anime erano unite e usavate i vostri poteri insieme. Ottimo lavoro di squadra, ma ciò vi indebolirà rapidamente. Gah, la mia schiena, dovrei essere un titano e non provare dolore, ma mi sento come un essere umano.’’- sentenziò il Titano mentre si alzava faticosamente, togliendosi la polvere da dosso.

I ragazzi si scambiarono rapide occhiate, notando che i loro poteri li avvolgevano come se fossero mantelli fatti di pura energia e sembravano aver vita propria. Orphen si grattò la testa cercando di ricordare quali fossero le altre tecniche di combattimento finché, amareggiato, si rese conto che servivano dei fantocci da difesa:

‘’Non posso insegnarvi le tecniche avanzate perché non abbiamo dei fantocci con degli scudi. E quelli servivano nel caso il nemico avesse fanteria pesante.’’

‘’Non importa Orphen, non devi insegnarci tutto ma solo quello che reputi opportuno.’’- disse Darrien, facendo svanire il suo potere e massaggiandosi la spalla che ogni tanto gli causava fitte dolorose e il suo orgoglio era troppo forte per cedere a smorfie di debolezza.

Dalla stanza del Re uscì Helartha, incuriosita dal frastuono e si adirò nel vedere il caos provocato dai giovani ragazzi e dal Titano:

‘’Se dovete allenarvi, fatelo almeno fuori. La tempesta di sabbia si è diradata e non dovreste avere problemi con quei mostriciattoli. Adesso andate, devo ripulire questo disordine!’’

Una volta all’esterno dell’edificio, l’aria era secca, intrisa di zolfo e legna bruciata ma la tempesta di sabbia si era ormai placata. Se il cielo splendeva di uno strano azzurro opaco, la città invece era cupa, polverosa, grigia e semi distrutta: travi spezzate, muri di pietra abbattuti, detriti, cenere e il resto di alcuni cadaveri carbonizzati erano ancora presenti in quello scenario di abbandono. Determinati cadaveri avevano ancora le braccia alzate, come in cerca di aiuto e la bocca spalancata nel tentativo di urlare, ma il fuoco e la cenere li aveva divorati e tramutati in nere statue prive di vita. Un brivido di terrore scosse Arilyn, che strinse l’elsa della spada nel vano tentativo di calmarsi e dal fodero qualche raggio di luce trovava via di fuga. Il suo compagno, Darrien, le strinse la mano così forte che le nocche divennero bianche e un calore innaturale si propagò nei due giovani, un calore causato anche dal contatto con i due poteri. Qualcuno era nei paraggi, i suoi passi pesanti, lo sfrigolare di lava rovente sulla sabbia e degli urletti acuti presagivano l’arrivo di qualche creatura letale:

‘’Presto, dietro quel muro.’’- disse Darrien senza alzare troppo la voce. Da dietro uno spiraglio apertosi nella parete dove erano rifugiati, il comandante poté osservare diversi Bambini Scarlatti cercare come forsennati tra le macerie e il legno nero, mentre due grosse creature d’ossidiana che emanavano bagliori arancioni facevano da scorta ad un vecchio uomo, emaciato, pallido e livido.

‘’Cosa vedi Darrien?’’- domandò sussurrando il Titano, cercando anche lui di sporgersi e vedere.

‘’I Bambini Scarlatti, come li ha chiamati Helartha, i soldati del Re e un vecchio uomo dalla tunica logora, di un rosso sbiadito e con un glifo religioso, ma è molto consumato.’’- constatò il ragazzo mentre osservava i movimenti del gruppo.

‘’Glifo? E’ lui! E’ il Duca.’’- disse Orphen, mentre la luce nel suo volto iniziava a sfumare sull’arancione, la stessa tonalità avuta la prima volta con l’incontro degli eroi considerati criminali. Il Duca, chiamato così dal Titano, aveva le mani protese verso i detriti mentre pronunciava varie parole come se fossero una cantilena ma uno dei soldati lo colpì duramente nello sterno, producendo un fastidioso e aberrante rumore di costole rotte:

‘’Ne abbiamo abbastanza dei tuoi giochetti, Duca. O trovi quella bambina o useremo il tuo flaccido corpo come fantoccio per le spade. Il Re tiene molto a trovare la Madre, quindi datti da fare.’’- disse il soldato di pietra lavica, mentre le fiamme divampavano dal suo corpo. Per qualche strano motivo, il soldato scaricò la sua frustrazione su uno dei Bambini sventrandolo, decapitandolo e lanciando i suoi resti a pochi metri dal nascondiglio dei giovani eroi e infine bruciarli.

‘’Placa la tua ira. A breve quando questo verme avrà trovato la Madre del Globo, Gallart ci renderà invincibili. Tutti noi.’’- disse l’altro soldato con voce gutturale e stranamente pacata. Senza rendersene conto, il soldato d’ossidiana si ritrovò trafitto da parte a parte, mentre la lava sgorgava dal collo:

‘’Ve lo impedirò.’’- disse la figura alta e snella, mentre affondava di più la sua lama nella creatura, fino a farlo esplodere in vari frammenti incandescenti. Darrien imprecò quando constatò che Orphen era lì, a fronteggiarli da solo in preda alla rabbia e ignaro che l’altro Bambino Scarlatto stava per saltargli addosso. Fu per il volere del fato che il comandante dei Merfolk, con un movimento rapido riuscì a scagliare uno dei tanti pugnali dalla sua cintola e a colpire con precisione il collo della creatura.

‘’Dunque siete qui. Re Gallart ci aveva avvertiti del vostro soggiorno. Consegnateci la bambina e sarete ricompensati.’’- esordì la Guardia d’Ossidiana avvolta dalle fiamme e con una lunga spada tra le mani.

Orphen corse contro di lui, proprio mentre stava per eseguire un affondo rovente, ma lo afferrò per la visiera dell’elmo e lo scagliò contro un muro, per poi decapitarlo con forza disumana. Darrien, invece, usò le sue spade contro l’altro Bambino, sventrandolo e incenerendo i resti con il suo potere. Il Duca estrasse una piccola campana dalla sua tasca e iniziò a suonarla con violenza prima di ritrovarsi con il naso rotto da un pugno di Arilyn e la punta della spada sul pomo d’Adamo:

‘’Maledetta screanzata, toglimi questa sudicia spada dal collo se non vuoi che…’’

‘’Se non vuoi che cosa Duca?’’- domandò il Titano avvicinandosi al vecchio uomo e afferrandolo per il colletto della tunica.

‘’Se non vuole che venga punita come merita.’’- rispose il vecchio ringhiando e colpendo con diversi calci il petto di Orphen.

‘’La bambina non sarà mai vostra, Gallart non dovrà posare le sue luride mani sulla mia padrona e rubarle la purezza.’’- sentenziò con freddezza il Titano, prima di lanciarlo lontano nella sabbia rovente. Delle grida acute si udirono a pochi metri dalla loro posizione: decine di Bambini Scarlatti erano lì, con i loro occhi ambrati che brillavano di diabolica sete di sangue e gli artigli neri come la pece che contrastavano la loro pelle li rendevano terrificanti, nonostante la loro anima fosse quella di pargoli innocenti.

‘’Avanti, figli miei. Uccideteli e divertitevi con i loro cadaveri.’’- urlò il Duca alzando le braccia quasi ad esultare, ma il Titano d’Onice infuriato più di prima andò contro di lui e lo ferì brutalmente con la spada, trapassando la gamba come se fosse semplice burro, mentre il sangue zampillava copioso.

Quel gesto scatenò l’onda scarlatta: il comandante dei Merfolk scambiò un’occhiata rapida con Arilyn e entrambi corsero con le loro spade sguainate e il loro potere che veniva incanalato in esso. Quando la ragazza eseguì un tondo, dalla lama si sprigionò una lama di luce dorata e il suo compagnò sembrò quasi cavalcarla e fu solo in quell’istante che la luce e l’oscurità si unirono per falciare un gran numero di nemici senza l’aiuto di un vasto esercito: Darrien eseguiva con rapidità e forza devastante dei mulinelli dall’alto, falciando le creature con le sue spade, mutilandoli o bruciandoli con il suo potere. Non provava pietà per il Re Gallart per aver commesso tale abominio, ma sopravvivere era fondamentale. Arilyn, intanto, sentiva il suo potere aumentare senza sosta, sentiva di dover compiere qualcosa con la spada, un colpo devastante che avrebbe ridotto in cumuli di cenere quelle creature affamate; notava come la sua spada iniziasse ad emanare lingue di luce e a brillare sempre di più.

‘’Conficca la spada nella sabbia, giovane guerriera. Ora.’’- disse la voce dell’istinto. La stessa voce che l’aveva aiutata contro le peripezie e la Regina di Ghiaccio. Portò la punta della spada sulla sabbia e con tutta la rabbia la conficcò nel manto rossastro.

La terra sotto i suoi piedi iniziò a tremare, la sabbia a cristallizzarsi e a crepare. Delle gigantesche onde di luce si riversarono sui Bambini Scarlatti, riducendoli in cumoli di cenere: altri che cercavano di scappare vennero trafitti dalle lame di Darrien, scagliate come se fossero arpioni e successivamente per essere riprese dal suo potere. Il terremoto di luce di Arilyn permise di incendiare le prime file nemiche e al ragazzo di infliggere gravi perdite tra quelle bestiacce. La ragazza estrasse con fierezza la spada ed esegui un’altra incredibile mossa con essa: un Bambino scarlatto era sopravvissuto, seppur mutilato in parte dal collo e spalla, e stava per affondare i suoi artigli nel collo della ragazza se non fosse stato per la spada che trapasso l’esile corpo della creatura da parte a parte e lo ridusse in cenere dal busto al ventre, lasciando solo le gambe paralizzate come resti.

‘’E’ stato uno scontro formidabile. Darrien i tuoi mulinelli e affondi sono precisi ma non devi mai tenere scoperti i fianchi. Arilyn, quella mossa chi te l’ha insegnata?’’

‘’Possiamo rimandare le domande e gli elogi a dopo, Orphen?’’- chiese Arilyn con un leggero sorriso stanco: quell’immenso colpo l’aveva prosciugata delle sue energie e faticava a stare in piedi. Darrien domandò ad Orphen se il Duca andava catturato o lasciato nelle mani del fato:

‘’Che questo deserto rovente lo anneghi. ‘’- fu la risposta del Titano, osservandolo da lontano mentre scappava sanguinante verso il castello, incrociando lo sguardo dell’uomo adirato per tale affronto. Il sole sulle loro teste, dal caldo giallo iniziò ad assumere una bizzarra tonalità d’arancione e l’afa del deserto iniziava a diminuire. Anche nel regno di Huvendal si poteva osservare tale fenomeno, tanto da allarmare Shenyra che cercava di entrare in contatto con le Stelle Nere ma l’agitazione glielo impediva:

‘’Questa non è la normale Eclissi che i tomi antichi riportano. Dove è finito il libro?’’- si domandava la ragazza mettendo sottosopra il suo alloggio in cerca dell’oggetto.

Tirò un sospiro di sollievo dopo averlo trovato e sfogliò le varie pagine per giungere a due completamente nere, con due disegni in inchiostro bianco e rosso. Quest’ultimo rappresentava l’Eclissi del Sole Arcano e di come il Re del Fuoco diventasse il Signore della Prima Fiamma, ma l’iconografia dipinta in bianco fece impallidire la giovane Stella Nera:

‘’No. Non può essere. La Figlia della Luna. Devo avvertire mia madre.’’- disse, mentre scriveva una lettera con una calligrafia sconosciuta ai soldati, ma non alla Regina degli Ellsanoris. Raggiunto uno dei soldati del suo regno, gli ordinò di dirigersi immediatamente a Darnassea e di far recapitare il messaggio urgente. La
sorella maggiore Eileen, invece, era occupata ad affinare le sue tecniche di combattimento con diversi tipi di armi, come le spade bastarde, falcioni, flamberghe, alabarde e le sue preferite: la spada ad anello e gli artigli di falco. La prima era una spada lunga e sottile, con un grosso anello fuso al pomolo che tenuto con la mano sinistra consentiva maggior rapidità negli attacchi. Gli artigli di falco, invece, erano due manganelli in ferro con diverse piccole lame che partivano dal manico e giungevano sulla punta creando una spirale affilata. Dopo aver distrutto per l’ennesima volta i suoi fantocci da allenamento, riposo tutte le armi nei loro foderi e successivamente in una grande cassa. I muscoli erano tesi, il sudore le imperlava la fronte e, con i riflessi del sole in fase dell’imminente eclissi, sembrava avesse la testa coronata di piccole pietre preziose.

‘’Signorina Eileen, mi scuso per averle interrotto l’allenamento serale, ma una persona gradirebbe parlarle.’’

‘’Odio le formalità e puoi darmi del tu, grazie. Prego, lasciala passare.’’- rispose Eileen sorridente e congedò il soldato con un cenno della testa. Alle spalle del giovane uomo in tenuta nera e verde comparve Nima, con i capelli legati nel suo chignon impeccabile e la divisa da lavoro, leggermente sgualcita. Entrambe le ragazze arrossirono imbarazzate:

‘’Perdonami se ho interrotto il tuo allenamento, ma pensavo gradissi un piccolo dolce fatto da me.’’

‘’Nima, è gentile da parte tua ma non dovevi, non ho nulla con cui ricambiare.’’
‘’Non importa. Lo faccio per coloro che trovano spazio nel mio cuore.’’- disse Nima, rendendosi conto troppo tardi di aver detto qualcosa che avrebbe interrotto quel momento. Eileen la osservava dubbiosa, ma il sorriso sulle sue labbra non svanì e si avvicinò alla ragazza.

‘’Dunque…nonostante sia passato solo un mesetto da quando sono qui, ho trovato spazio nel tuo cuore?’’- domandò la guerriera dei Custodi. Come risposta, ricevette un cenno con la testa da parte della giovane domestica che rimase lì, immobile mentre Eileen le carezzava una guancia. C’era qualcosa in quel contatto che le univa, qualcosa che le spingeva a volerne di più. La giovane custode tenne il viso della domestica tra le sue mani e frenava in tutti i modi l’impulso di baciarla e stringerla a sé:

‘’Eileen io…’’

‘’Non una parola Nima, non è il luogo e il momento lo so, ma presto giungerà.’’- rispose lei, chiudendo gli occhi e poggiando la fronte alla sua, unendo i respiri e le mani. Si salutarono e fu difficile distogliere lo sguardo per entrambe, ma quando Nima scomparve nel corridoio, la ragazza sentì un grosso peso posarsi sulle sue spalle e colpì un fantoccio per scaricare la tensione fin quando una voce familiare non la distolse dalla sua ira:
‘’I miei sospetti erano fondati allora. Sono contento che Huvendal faccia unire due persone, che siano dello stesso sesso oppure il contrario. L’importante è che entrambe siano felici.’’

‘’Re Searlas, perdoni la mia condotta, non volevo lo scoprisse in questo modo.’’

‘’No, no, assolutamente. L’amore, anche in tempi avversi, è sempre forte. Cara Eileen, voglio solo dirti questo. Sei una prode guerriera di due regni ora ma dovrai anche esserlo per Nima. Proteggila con tutta te stessa perché l’amore che provi per lei ti renderà inarrestabile. Promettilo sul tuo onore.’’- disse Searlas con un sorriso a trentadue denti e inchinandosi, reggendo la corona che fuggiva sempre dal capo.

‘’Oh, che sbadato. Perdonami tu, ero entrato per avvertirti che tua sorella ti cercava ma mi sono reso conto che disturbare un momento intimo tra due persone risultava molto sgarbato e quindi ho atteso. Se dovessi aver bisogno di altro, io sarò nel mio studio. O nei corridoi del castello per parlare con gli ufficiali.’’- disse per poi svanire anche lui dietro le mura del corridoio. Eileen si sentiva sollevata per le parole del re, ma quel peso restava ancora lì, come un avvoltoio affamato.

Il peso dell’amore.

Nel Castello Nero, Gallart gioiva per l’imminente rituale ma la sua gioia durò poco quando entrò il Duca, sanguinante e strisciante, come fa un verme. Il Re del Fuoco sospirò innervosito dalla sua presenza:

‘’Che cosa vuoi, maledetto verme? Finché non trovi la bambina, non riceverai le mie grazie o quello che desideri. Ma se è la morte, posso accontentarti subito.’’- disse sfoderando una lunga spada, sottile e affilata in ambo i lati e con piccoli sprazzi di fiamme che lambivano il ferro della lama.

‘’Non è la morte che desidero, ma desidero che mi ascolti. La bambina è qui, nella Città. Due ragazzi e un Titano la conoscono e la stanno proteggendo e sono sicuro che si trovano nella dimora del Re Malinconico.’’

Il Re Gallart restò in silenzio a riflettere e si voltò verso la finestra, dove oltre il vetro la Città Desolata si poteva ammirare. Non appena il suo sguardò si posò sulla dimora del Re Malinconico, una rabbia cieca si manifestò come una grossa fiamma che lo avvolse dalla testa ai piedi e la spada si ricoprì di lava incandescente che colò sul pavimento. L’uomo dai lunghi capelli argentei si voltò lentamente e nei suoi occhi brillava la luce del desiderio di potere:

‘’L’altare è pronto?’’- domandò con uno strano tono di voce, simile ad un suono cavernoso. Il Duca tentennava nel rispondere, finché una Guardia d’Ossidiana non lo colpì sulla testa con l’asta della sua lancia come a punirlo per l’insolenza:

‘’Sì, Sire. L’altare è pronto, manca solo la bambina e l’Eclissi potrà conferirle tutto il potere che tanto agogna.’’

‘’Perfetto. Ho una domanda: non sarò l’unico nel futuro scontro contro gli eroi di Huvendal, vero?’’

‘’Siamo stati creati dalla vostra fiamma, la nostra lealtà è forte e combatteremo con lei.’’

‘’Intendo che questa Eclissi non è quella che avviene con regolarità, ma nasconde qualcosa di diverso. Portatemi il libro sul rituale.’’- ordinò il Re, posando la spada nel fodero con lentezza. Quando uno dei suoi soldati tornò con il libro, il Re sfogliò rapidamente le pagine e quando giunse a metà di esso, le due pagine nere con le iconografie dell’Eclissi lo fecero sorridere:

‘’La Figlia della Luna. Una creatura celestiale che si manifesta in un determinato anno dell’Eclissi Arcana. Magnifico. Avrò un degno alleato in guerra contro quei ragazzi e, inoltre, raderò al suolo una volta per tutte questo inutile regno.’’- disse richiudendo il libro e porgendolo al suo soldato.

Un sorriso di pura perfidia solcò il suo viso, il calore delle fiamme che ardevano sul suo corpo fecero crepare parte del vetro della finestra. Il suo corpo venne nuovamente avvolto dalle fiamme, più scure del solito e più luminose: ogni centimetro del fisico tonico si ricoprì di una spessa armatura, fatta eccezione per il volto. I bracciali, il pettorale e parte dei gambali terminavano in spuntoni acuminati e sottili che brillavano di una strana tonalità violacea. Con un ghigno sadico, Gallart si avvicinò al Duca e con un movimento rapido gli ruppe la gamba ferita:

‘’Queste urla accompagneranno la sinfonia di morte che porterò in ogni regno confinante.’’


 

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Capitolo 5
*** Eclissi. ***


Era sera nella Città Desolata, la temperatura era scesa bruscamente nonostante il luogo e la campana echeggiava con i suoi rintocchi cupi e tenebrosi. Arilyn riposava, stanca dallo scontro avuto in precedenza, mentre Darrien e Orphen studiavano diverse tattiche per eliminare grandi quantità di nemici senza consumare troppe energie: la chiave era nelle due spade del ragazzo e sul suo potere ma bisognava comprendere come. Un rumore di calcinacci li fece sobbalzare e il giovane, prontamente, sfoderò le sue spade pronto a colpire. Si rese conto che era Helartha che lo invitava a seguirla:

‘’Il Re vuole parlarti. Gli ho raccontato dello scontro avuto contro il Duca e i soldati di Gallart e voleva aver un dialogo con te. Un consiglio: parla lentamente e non alzare troppo la voce.’’- disse la donna, sistemandosi con mano tremante gli occhiali sul naso e precedendo il ragazzo. Giunti nella sua stanza, il Re Malinconico era steso ancora sul letto, gli abiti strappati poggiati su una sedia e sul comodino c’era una piccola bacinella di ceramica con l’acqua curativa intrisa dal sangue delle ferite. Vraekhar respirava faticosamente e proferì parola sentendo chiaramente il rumore delle spade del giovane:

‘’Ragazzo, Helartha mi ha detto del vostro estenuante scontro. Come vi sentite?’’- domandò lui, tossendo successivamente. L’astio iniziale aveva lasciato il posto all’umanità fragile di un uomo solo da anni.

‘’Bene, nonostante il luogo insolito e insidioso. Lottare sulla sabbia ardente non è semplice, quasi quanto la neve.’’

‘’Ogni regno sconosciuto ai viaggiatori lo è, ma il vostro coraggio vi rende forti. Ho ripensato alle parole di Morghull e, forse, aveva ragione. Non devo negare l’ospitalità ai puri di cuore. Avete libero accesso ad ogni stanza del palazzo d’ora in poi, compresa l’armeria…’’- l’ultima parola uscì dalle sue labbra come un sospiro e cadde in un lungo sonno nuovamente. Darrien si sentì strano in quel momento, confuso soprattutto e uscì dalla stanza in silenzio. Il Titano gli chiese cosa avesse e il ragazzo raccontò tutto con uno strano tono di voce:

‘’In quelle condizioni mi ha ricordato mio padre quando si ammalò e ciò non fa che peggiorare il mio passato burrascoso.’’

‘’Mi dispiace Darrien. A volte il passato è difficile da dimenticare e continua a fare male, ma è questo che ci rende umani. ‘’- rispose Orphen alzandosi e posando il tomo delle arti della guerra.

‘’Tu non sei umano, caro Orphen.’’

‘’Lo so.’’- rispose lui coinvolgendo il ragazzo in una bella risata. Le loro risate s’interruppero quando udirono un suono avvicinarsi nella loro direzione: il suono era simile a quello di piccoli piedi che si avvicinavano rapidi, come se qualcuno o qualcosa stesse correndo. Quando si udì una risata giocosa, Orphen fece svanire la sua spada e riconobbe la sua padroncina Narwain:

‘’Padroncina, dove era finita? Erano ore che la cercavamo prima di focalizzarci sulle tecniche di combattimento.’’

‘’Ero nella biblioteca del palazzo a leggere la storia del mio regno. La mia curiosità ha avuto la meglio sul raziocinio e volevo conoscere il più possibile.’’

‘’Cosa hai scoperto dunque?’’- domandò Darrien sorridendo, nonostante il suo sguardo volgesse alla sua amata che dormiva su una delle tante coperte salvate dopo lo scontro con le Guardie d’Ossidiana.

‘’Nella biblioteca ci sono diversi tomi e al centro della stanza vi è un grande leggio di marmo con sopra uno dei libri più grandi che avessi mai visto. La pagina iniziale mostrava un dipinto della Città Desolata, con le sue enormi case, i suoi mercati e ho scoperto che questo palazzo aveva una torre da dove si poteva ammirare tutto il paesaggio e, inoltre, il suo vero nome era Gaelia, in onore della sua dea e stella ma purtroppo non c’è altro se non storie di battaglie vinte contro invasori feroci, barbari o le storie del Re e della sua consorte.’’- replicò Narwain grattandosi la nuca provando a ricordare altro.

Il Titano d’Onice, notando lo sguardo di Darrien fisso sulla sua amata, poggiò la mano sulla spalla e con un cenno lo invitò a restare al suo fianco mentre lui avrebbe visitato la biblioteca insieme a Narwain. Il ragazzo sorrise e andò a sedersi vicino la colonna restando vigile su Arilyn e sull’ambiente che lo circondava: alcune finestre erano rotte e parti delle mura presentavano grosse aperture da dove i nemici sarebbero potuti entrare. Le mani erano ben salde sulle else delle spade, pronte ad essere sguainate e scontrarsi in battaglia ma nulla se non la brezza inusuale che creava strane sinfonie tra le crepe e i vetri rotti. Lentamente il corpo iniziava a rilassarsi e uno strano torpore si insediava in lui, rendendogli gli occhi pesanti. La stanchezza si stava annidando nel suo corpo, rendendolo sempre meno vigile finché non si addormentò vicino alla colonna dai capitelli decorati con immagini floreali. Un piacevole e meritato sonno dopo le lunghe peripezie dell’ultima settimana.

Nel mentre i giovani eroi riposavano, il Titano rimase incantato nell’osservare quantità spropositata di libri dalle grandezze più strane e dai grandi scaffali con diverse incisioni runiche o diversi drappi strappati che pendevano ai lati. Al centro della stanza c’era il leggio con il grande libro aperto al centro, come detto da Narwain, ma quello che attirò maggiormente fu il piccolo altare dietro di esso, rettangolare e bianco con sopra poggiate due corone: una grande in argento con fili d’oro intrecciati sui bordi e una piccola bianca con un piccolo sole inciso sulla parte frontale.

‘’La corona della consorte e questa bianca? Il Re aveva un figlio?’’- si chiese Orphen, prendendo la piccola corona, leggera e priva di graffi. La riposò quando la sua padroncina lo richiamò per fargli leggere l’antico tomo e la creazione del regno. Le iconografie, le varie divisioni che ha subito il regno, le invasioni, i diversi periodi e di come Gaelia giunse al culto delle Stelle affascinarono il Titano che rimase a leggere fin quando il suo sguardo cadde sulla pagina dell’Eclissi del Sole Arcano e chiuse con violenza il libro facendo echeggiare come un tuono il rumore prodotto:

‘’Orphen, stai bene? Qualcosa ti ha turbato?- domandò la bambina guardando il libro e poi il Titano. Per un breve momento ci fu il silenzio ma la risposta non si fece attendere:

‘’Una esecuzione in pubblico di alcuni ladri. La visione del sangue mi provoca ribrezzo.’’- rispose, mentendo per non terrorizzare la povera bambina che lentamente andava incontro ad un tragico destino. Quando varcarono la soglia della biblioteca, Helartha era lì con lo sguardo torvo ad attenderli:

‘’Chi vi ha dato il permesso di entrare in quella stanza?’’- domandò fredda e avvicinandosi lentamente, picchiettando rumorosamente il bastone sul pavimento.

‘’La mia padroncina mi ha invitato a vedere la biblioteca e la vasta quantità di tomi, libri e mappe. Ma quelle due corone che sono dietro il leggio? Il Re aveva anche un figlio?’’- domandò Orphen poggiando la sua mano sulla testa della piccola Narwain, quasi a volerla tranquillizzarla per la comparsa della donna.

Helartha sospirò, tenendo a bada la lingua e evitando di riversare sul titano il suo nervosismo: ‘’Ascoltami…Orphen. Quelle corone non doveva vederle nessun’altro a parte me. Se solo il Re venisse a sapere che quelle due corone sono rimaste qui nonostante lui volesse cancellare i suoi terribili ricordi, non esiterebbe oltre e mi ucciderebbe così in fretta che non capirete quando il colpo fatale è stato scoccato e come.’’- disse con un solo respiro, chiudendosi la porta alle spalle e girando la chiave nel lucchetto. Dopo essere rimasta appoggiata alla porta, Helartha indietreggio lentamente e ritornò dal Re senza proferire parola, lasciando il Titano e la piccola bambina perplessi.

Nella baita dove il buon vecchio Morghull viveva, nel frattempo, Arneb attendeva il resto dei messaggeri inviati nei regni lontani dove si professava la religione delle stelle per avere aggiornamenti sull’imminente eclissi: il primo a giungere quasi muovendosi come un danzatore fu Errakis, un giovane dalla carnagione pallida, occhi smeraldini e un sorriso spavaldo. La tunica giallo ambra si muoveva sinuosa insieme a lui:

‘’Se ti chiedi delle mie movenze strane, ho freddo perché il sole sembra essersi dimenticato di scaldarci e devo muovermi in modo ridicolo, quindi non ridere.’’- disse il ragazzo mentre eseguiva diverse piroette sull’uscio della baita e arrossendo per il primo calore che si espandeva nel suo corpo e per l’imbarazzo.

‘’Cosa dicono i religiosi dell’Orsa Maggiore?’’- chiese Arneb, cercando di scrutare l’orizzonte scuro, in attesa di vedere le altre torce dei messaggeri. Il messaggero danzatore, dopo essersi rannicchiato in un angolo, rispose:

‘’Tra meno di due settimane l’oscurità calerà su tutti i regni, fatta ad eccezione per i popoli del Sud, la Terra dei Re Esiliati e quelli che professano la religione della terra. Ho cercato di ottenere più informazioni da parte del loro sovrano, ma nulla di nuovo. Chi manca ancora all’appello?’’

‘’Dubhe, Hemal, Lesath, Mirzam, Celaeno e non ricordo mai l’altra messaggera più giovane di noi.’’- replicò Arneb grattandosi la nuca nervosamente.

‘’Hatysa. E’ la più giovane, ma anche la più rapida a volte.’’- rispose nuovamente Errakis. Il fato li ascoltò e in lontananza si notarono tre fiamme che si muovevano in una sequenza triangolare:

‘’Mi chiedo ancora perché tu sia nato sotto la stella detta ‘’Danzatore’’ mio caro amico.’’- esordì Arneb, aspettando l’arrivo della giovane.

‘’Hatysa, novità dal popolo dei Tre Archi?’’

‘’Una oscura presenza calerà su tutti i popoli, tranne a sud, nella terra degli esiliati e della religione terrestre.’’- rispose la ragazza, togliendosi il mantello grigio, mostrando dei lunghi capelli biondi che le ricadevano sulle spalle. Successivamente anche gli altri messaggeri giunsero alla baita e tutti riferirono lo stesso messaggio, ma mancava ancora Hemal. In lontananza, una grande sfera azzurra risplendeva nell’oscurità e un’ombra si muoveva sotto di essa.

‘’Il messaggero dell’ariete è tornato, finalmente.’’- disse Celaeno sistemandosi il cappuccio blu sulla testa e coprendosi parte del volto con una sciarpa. Quando il messaggero mancante si fermò a pochi metri da loro, Arneb domandò:

‘’Hemal, qualcosa non va?’’

‘’Perdonate la mia assenza, ma sono stato nel regno della stella Anser e da lì, grazie ad una specie di portale comunicativo siamo riusciti a parlare con ogni popolo di ogni costellazione. Lei sta tornando.’’- disse l’uomo, con indosso una tunica nera ed una pelliccia scura sulle spalle e un elmo con corna d’ariete saldate sulla base.

‘’Lei?’’- domandò Lesath, fermandosi all’entrata con la porta spalancata e un leggero torpore che usciva dall’interno. L’uomo sospirò ma nulla gli impedì di replicare:

‘’La Figlia della Luna sta tornando.’’

Un silenzio, inquietante e assordante allo stesso tempo, piombò sui messaggeri che riuscivano solo a scambiarsi rapide occhiate di stupore misto a terrore. Lo stesso silenzio che avvolgeva le mura del palazzo dove gli eroi huvendaliani dormivano, con le loro mani intrecciate e un bagliore dorato con sfumature nerastre che si muovevano sinuose in ogni direzione. Erano ormai ore che la giovane coppia dormiva e all’esterno si notava flebilmente la luce del sole, quando dei passi pesanti risuonarono nel cupo salone che si avvicinavano lenti ai due ragazzi, come fa un predatore feroce. Darrien si destò piano piano nel sentire la presenza sconosciuta farsi strada e giungere da loro nell’oscurità, mentre quella sfera luminosa che avvolgeva la sua mano con quella di Arilyn continuava a brillare e ad emanare sinuose ombre su di essa da permettere di avere luce. Quando lo sconosciuto entrò nel campo visivo del giovane, la sfera dorata esplose e lo investì, accecandolo e paralizzandolo per un breve periodo:

‘’Siete impazziti?’’- domandò lo sconosciuto con voce stanca e gracchiante. I suoi abiti erano logori, strappati in più punti e anneriti sul petto, come se qualcosa li avesse bruciati. Il ragazzo riconobbe quegli strappi e fece cenno alla sua compagna di diminuire l’intensità del bagliore: era il Re Vraekhar lo sconosciuto che vagava nell’ombra.

‘’Perdonate la nostra insolenza, ma con quest’imminente eclissi cerchiamo di essere il più vigili possibile.’’- rispose Arilyn, sgranchendosi le gambe e scusandosi con un leggero inchino. Il Re annuì e si diresse nella direzione opposta ai giovani, nell’ombra come se conoscesse già la strada: un rumore metallico, delle catene iniziarono a vibrare e parte del pavimento venne avvolto da un leggero fulgore bianco e rosato, illuminando un semicerchio posto dietro il trono di pietra.

‘’Nonostante il passato ferisca più di una spada, non ho saputo dire addio a quell’arco luminoso. Nei momenti bui, come questo, illumino la notte con quei colori per sentirmi più vicino alla mia amata. Non è solo per indicare la strada per gli alloggi, ma è per dare speranza a coloro che si sentono abbandonati. Ma vi prego, seguitemi.’’- disse l’uomo, precedendoli con passo lento. I ragazzi lo seguirono, restando vigili ad ogni rumore sospetto nella sala. Percorsero un corridoio, anche esso solcato da leggeri sprazzi di luce rosata e, giunti ad una porta bianca, il Re Vraekhar si fermò:

‘’Prego, questa era una vecchia stanza dove un mio servo dormiva ma ormai la sua anima è con i suoi avi.’’- disse aprendola, rivelando una accogliente camera da letto con un singolo letto matrimoniale e un armadio dove poter posare gli abiti. I due eroi huvendaliani ringraziarono il re per la sua generosità, ma prima ancora di poter superare l’uscio, una voce attirò la loro attenzione:

‘’Padroncina? Padroncina Narwain?’’

Era Orphen che cercava la sua padroncina, ma sembrava essere scomparsa dal palazzo. I due ragazzi si precipitarono dal Titano che chiese loro se avessero visto la bambina e, quando risposero entrambi di no, un pensiero oscuro si annidò nella mente dell’essere d’onice: Gallart era riuscito a rapirla. Come un lampo, il Titano corse all’esterno del palazzo, brandendo la sua spada e illuminando l’oscurità con la sua luce in cerca della padroncina; a nulla servirono i richiami da parte dei due ragazzi che, costretti dalla fatele ed incombente minaccia, si armarono anche loro per difenderlo. Quando il titano giunse ad una casa che si reggeva ancora nonostante il legno annerito, riconobbe il simbolo delle Stelle Creatrici e sfondò la porta: Narwain era immobile al centro della stanza, illuminata da una luce biancastra, mentre ai suoi piedi c’erano due corpi che tendevano le braccia l’una verso l’altra, come a volersi tenere per mano. Il titano si avvicinò per primo e, non appena vide gli anelli dei due corpi esanimi, comprese il motivo della presenza di Narwain.

‘’Padroncina…’’- riuscì a dire Orphen posando una mano sulla spalla della bambina, singhiozzante e con il volto solcato dalle lacrime. Il titano la prese tra le sue braccia e tornò al palazzo cercando di calmarla come meglio poteva, lasciandosi alle spalle i ragazzi. Darrien trovò una coperta e, con gentilezza, unì i corpi e posò su di loro la coperta, cercando di cancellare quella visione orribile di morte e solitudine. Un gorgoglio attirò nuovamente l’attenzione dei due giovani, soprattutto Arilyn che sentì quel verso a pochi metri da lei; scostò una trave di legno e trovò un Bambino Scarlatto trafitto da un paletto di legno, la pelle si staccava lentamente dalle sue braccia e perdeva molto sangue. L’Araldo della Luce, nel vedere quella creatura soffrire, sfoderò la sua spada e senza guardarla la trafisse al cuore mettendo fine alla sua sofferenza:
‘’Lo sconfiggeremo, vero?’’- domandò Arilyn con voce fredda, posando i suoi occhi smeraldo sul compagno. Il ragazzo, sorpreso dalla freddezza, annuì e si avvicinò:
‘’Percepisco il tuo odio e il desiderio di vendicare la morte dei suoi genitori, ma Arilyn ricorda: non lasciare che la rabbia offuschi il tuo raziocinio. Non commettere il mio errore.’’- rispose, posando una mano sulla spalla. La ragazza la strinse forte e la incrociò, annuendo ed estrasse la spada dalla creatura diventata ormai una statua di cenere.

Ad Huvendal, invece, la tensione era alta tra i soldati che continuavano ad assistere allo svanire del calore e della luce dell’amato sole, temendo il ritorno del gelo. Da Darnassea giunse un plotone di soldati ben armati: indossavano maglie verde bosco con una lunga tunica grigia che ricadeva su un pantalone di cuoio nero e stivali dello stesso materiale e colore. Nessuna presenza di spalliere, pettorali o ginocchiere di metallo a proteggerli da colpi diretti, solo uno scudo di forma ellittica con il simbolo dei Custodi inciso sopra e lunghe spade e lance. Eileen attendeva con pazienza all’entrata del castello insieme a Searlas. La primogenita guerriera degli Ellsanoris era lì, con indosso un lungo mantello nero tendente sul viola scuro, una maglia, pantaloni e stivali dello stesso colore; l’unico accessorio che risaltava la fierezza erano degli avambracci e gambali forgiati con un materiale di origine celeste.

All’esterno del palazzo giunsero anche gli altri soldati huvendaliani ed ellsanoridi, preceduti da Shenyra.

‘’Allora è tutto vero. La Figlia della Luna sta tornando.’’- disse a malincuore la guerriera, osservando la corona di luce bianca intorno il sole, ormai diventato color della ruggine. Il vice generale del plotone annuì rumorosamente e voltò lo sguardo ad un orizzonte invisibile, illuminato scarsamente.

‘’Ho un brutto presentimento, generale Eileen.’’- disse il vice generale, estraendo un cannocchiale dalla tasca della sua divisa e lo porse alla guerriera. Quando il suo occhio vide ciò che l’orizzonte celasse, ordinò ai suoi uomini di dirigersi alle mura, tenendo gli scudi ben alzati e invocare l’aiuto della Dea del Cosmo.

‘’Che accade?’’- domandò Searlas, preoccupato per la decisione improvvisa della ragazza.

‘’Centinaia di creature, miste a Guardie d’Ossidiana e Bambini Scarlatti sono al confine della foresta pietrificata. Devono aver usato un portale per arrivare qui in poco tempo, ma…Shenyra, non avresti dovuto avvertirne la presenza?’’- domandò Eileen alla sorella, impassibile ma i suoi occhi tradivano preoccupazione.

‘’Non ho percepito nessuna energia. Qualcosa lo protegge.’’

‘’Ryre! Maledetto traditore. Guardie Merfolk, cercate il capo sala Ryre in tutto il castello e, una volta fatto, rinchiudetelo nella sala del trono. Sbarrate ogni porta, finestra o accesso ai corridoio. Qualsiasi via di fuga. Aithwen aveva ragione.’’- sentenziò il buon re, stringendo forte la ringhiera della scalinata. Nell’oscurità, senza essere vista, c’era la piccola Aithwen che sorrideva compiaciuta; i suoi sospetti su quell’uomo così cinico e rozzo erano concreti e il Re lo aveva appena confermato. Eileen afferrò i suoi artigli di falco e si diresse verso i suoi soldati. Nel mentre Huvendal si apprestava a respingere la prima ondata di nemici, a Gaelia la giovane coppia si concesse un breve momento di riposo, con una lunga doccia e abiti puliti. Arilyn tornò nell’alloggio con una camicia da notte, lasciando scoperte le spalle e il collo, tenendo i capelli legati in una coda alta. Darrien, invece, era seduto sul letto con le spade tra le mani e il suo volto si rifletteva nella lucentezza del metallo nero, ma i suoi occhi zaffiro sembravano nuovamente spenti. La ragazza si mise alle sue spalle e cinse il collo con le braccia, facendo sentire il suo calore:

‘’Cosa ti affligge Darrien? Da quando siamo qui sei diverso. Non percepisco più quell’alone di fierezza, coraggio e mistero che ti distingueva dagli altri soldati.’’

‘’Hai ragione. Dopo lo scontro con quel Guardiano d’Ossiadiana, mi sono reso conto che non sono più quel prode cavaliere che sbaragliava i nemici più temibili.’’- rispose il ragazzo, sospirando mentre rinfoderava le spade e le sistemava sul comodino. Quella risposta lasciò sorpresa Arilyn, ma le parole lasciarono spazio ad un abbraccio ancora più stretto e intimo. Un flebile fulgore si manifestò dalle mani della ragazza, cercando di infondere fiducia nel suo compagno. I loro sguardi si incrociarono e, più i secondi passavano, più qualcosa nel loro animo riaccendeva quella scintilla di desiderio che c’era tra loro. Iniziarono a scambiarsi baci intensi, accompagnati da fugaci carezze. Si tolsero quegli abiti ingombranti e Darrien, con gentilezza, sfiorò le femminilità di Arilyn, provocandole sospiri di piacere. La passione li travolse come una tempesta, incontrollata e sensuale allo stesso tempo. I loro corpi si cercavano continuamente, le loro mani strette e incrociate l’una all’altra nell’amplesso dell’amore che li univa. Quando giunse il culmine per entrambi, i loro sospiri si tramutarono in lunghi gemiti che sfinirono entrambi.

‘’Ti amo.’’- disse il giovane comandante, mentre le baciava il collo e le cingeva il corpo con le sue braccia, quasi a voler tenere vivo quel calore e quel momento così intimo.

‘’Ti amo anche io.’’- rispose lei, affondando le dita nei suoi capelli e respirando profondamente. Si addormentarono così, mano nella mano e stretti l’un l’altro.
 In un’altra stanza poco distante dalla loro, Narwain dormiva, con le guance ancora arrossate dal pianto e il buon Orphen che la cullava: scoprire la morte dei suoi genitori l’aveva straziata così tanto da stancarla e farla addormentare. Nel mentre vegliava sul suo sonno, il Titano cercava di tenere a freno la rabbia, emozione insolita per lui; la luce che brillava al centro del suo volto assunse una tonalità di rosa acceso ma tornò a calmarsi scuotendo la testa. Decise di contattare i suoi fratelli e sorelle ed informarli degli ultimi eventi:

‘’Vyd idhersat Draan wyv Seeyr, meyferad vhetyd neji iln lokves. Vi invoco Fratelli e Sorelle, affinché possiate ascoltare la mia voce.’’- disse Orphen generando piccoli globi di luce variopinta che si librarono al centro della stanza. Tutte le sfere avevano sfumature di celeste e azzurro, tipico dei Titani evocatori e guerrieri, mentre due erano diverse; quella dei Protettori della Madre del Globo era nera con sfumature argentee e la Sfera del Primo Titano era bianca con venature bordeaux. Quest’ultima rappresentava il primo titano creato dalla stella ed è in grado di mutare il suo aspetto di continuo.

‘’Ti ascoltiamo Orphen.’’- disse una voce femminile proveniente da una delle sfere azzurre.

‘’La mia padroncina in questo momento dorme, ma il suo animo è afflitto per la perdita dei genitori. L’Eclissi è quasi completa. Ho conosciuto due valorosi combattenti di un regno nell’estremo nord di Gaelia e credetemi quando vi dico che sono degni di essere nominati tali.’’

‘’Chi sono questi due cavalieri che hai incontrato?’’- domandò una voce più cupa provenire dalla sfera bianca e rossa.

‘’Arilyn e Darrien.’’- rispose il Titano.

‘’L’Araldo della Luce e il Predone dell’Oscurità? Non ti stai prendendo gioco di noi vero?’’- chiese di nuovo la voce dal globo bianco, esterrefatto per la rivelazione.

‘’Noto che anche voi conoscete i loro ruoli. C’è altro. Un paio di giorni fa abbiamo avuto uno scontro diretto con il Duca e il suo esercito. Quest’ultimo è stato annientato dalla ragazza con una devastante esplosione di luce ma ho timore fratelli e sorelle.’’- affermò con amarezza.

‘’Ti riferisci all’imminente venuta della Figlia della Luna?’’- domandarono due voci dal globo nerastro, fluttuando vicino la spalla di Orphen.

‘’Sì, e temo anche che sia più forte di prima.’’

‘’Non temere, a breve giungeremo sulla terra per aiutarti. Ossequi, caro titano.’’- esordì l’ultimo globo azzurro prima di dissolversi, seguito dagli altri e dalla sfera bianca. Solo quella nera rimase a fluttuare sulla Madre del Globo per alcuni secondi, prima di scomparire. Orphen restò in silenzio a lungo e si diresse nel salone, assicurandosi che l’aura celeste proteggesse l’alloggio di Narwain; una luce rosata illuminava la sala del trono, creando giochi di luce ed ombre incantevoli sulle colonne e nei fossati artificiali della stanza. Il bagliore nel volto del titano, invece, assunse una tonalità grigia come se fosse triste o scoraggiato e volse la sua attenzione all’esterno del castello, dove l’unica finestra dai vetri rotti lo permettesse. Restò ad osservare come il cielo mattutino si fosse fuso con quello notturno, nonostante l’amato sole fosse lì privato del suo splendido colore oro. Il castello di Gallart si stagliava contro quel manto oscuro, illuminato da fioche torce e da una opaca colonna di luce che proveniva dal sole ramato, segno che l’Eclissi era quasi completa.

Ad Huvendal, invece, imperversava un feroce scontro con l’esercito del Re del Fuoco e l’esercito di Searlas e dei Custodi. Dall’alto delle mura venivano scoccati gli arpioni usati anni prima contro i Taurus, permettendo ai Merfolk di colpire con violenza i Bambini Scarlatti, riducendoli in cumuli di pietra incandescente. Il plotone degli Ellsanoris invece, guidati da Eileen e dalla sorella, colpivano con rapidità il nemico strappando loro le braci dall’elmo incuranti delle ferite che potevano procurarsi. Sembravano avere la meglio finché non sopraggiunsero decine di Guardiani d’Ossidiana dall’armatura pesante e con enormi spade e asce fiammeggianti. La guerriera degli Ellsanoris non si fece intimorire e corse verso di loro sbaragliando i Bambini Scarlatti.

Gli artigli di falco si scontrarono con le asce e le spade del nemico, ma la ragazza era in preda ad una furia cieca e riusciva a distruggere con colpi precisi il loro cranio e la brace al centro. Uno di loro riuscì ad evitarla e le fece perdere l’equilibrio colpendo con un fendente pesante il terreno sotto i suoi piedi:

’Marcirai nel fuoco.’’- furono le parole del Guardiano d’Ossidiana, caricando come un toro. Un bagliore violaceo e un fischio acuto investirono le creature di pietra, riducendoli in pezzi. Eileen si voltò per comprendere chi o cosa avesse provocato quel bagliore e aver scagliato uno degli enormi arpioni scoccati precedentemente. Scrutò attraverso il fumo e la polvere un’altra figura femminile a pochi metri da lei che muoveva le braccia in movenze quasi ipnotiche e con un sinistro fulgore viola: era Shenyra, sua sorella.

‘’Grazie, sorellina.’’- disse la guerriera avvicinandosi a lei, standole di spalle e con i manganelli serrati.

‘’Nonostante detesti il tuo rozzo comportamento a volte, sei mia sorella. E nessuno deve farti del male.’’

Alcuni Guardiani d’Ossidiana accerchiarono le due giovani e attendevano solo la loro distrazione per sferrare il colpo fatale e invadere il regno di Huvendal: Eileen perse le forze nelle gambe per il troppo sforzo e fu quello il momento propizio per loro di attaccare. Quando le loro scure fendettero l’aria, rimasero bloccate a mezz’aria da alcune catene con due spade all’estremità, che vennero avvolte da fiamme bordeaux prima di abbattersi su di loro come se nulla fosse ed essere ridotti in pietra.

‘’Non voglio che venga sparso altro sangue. Tornate al castello, Nestor vi curerà.’’- disse il soldato mentre recuperava le sue spade, una delle quali completamente danneggiata e ricoperta di ruggine.

‘’La ringrazio, signor…?’’

‘’Comandante d’élite Niveral e ora andate.’’- rispose lui, freddamente. Le ragazze obbedirono e corsero al castello.

Nella Baita di Morghull, invece, i messaggeri delle stelle attendevano il ritorno del loro maestro osservando il cielo mutare i suoi colori di continuo, venir solcato da sottili linee bianche e rosse, nuvole arancioni che vorticavano e si squarciavano. Caeleno e Hemal erano di vedetta all’ingresso quando qualcosa attirò la loro attenzione all’orizzonte, qualcosa di luminoso e biancastro. Il messaggero dell’ariete colpì la porta tre volte per far accorrere gli altri all’esterno della struttura e si ritrovarono, in un batter d’occhio, una creatura umanoide alta sei passi, snella ed era simile ad Orphen, fatta eccezione per il bagliore rossastro al centro del viso, le mani artigliate e le gambe erano come quelle di un cervo, ricurve verso l’interno. Dietro quell’enorme creatura comparve Morghull:

‘’Miei allievi, vi presento Minrad, uno dei Titani d’Onice e fratello di Orphen. E’ qui per aiutarci nell’imminente battaglia contro Gallart.’’

Il Titano fece un leggero inchino con il busto e permise ai messaggeri di essere osservato meglio. Non furono i piccoli aculei che gli spuntavano dal capo o dalle spalle ad incutere timore ai giovani ma la sua voce profonda, quasi demoniaca:

‘’Il problema non è Gallart, ma l’Eclissi e quello che cela.’’

‘’Ti riferisci alla Figlia della Luna?’’- domandò rapido Hemal, suscitando curiosità nella creatura e nel suo maestro, ricevendo uno sguardo truce. Il titano si avvicinò con lentezza al messaggero e domandò:

‘’Tu come fai a sapere del suo arrivo?’’

‘’Sono stato nel regno che professa la Stella di Anser e da lì, con il suo re, abbiamo aperto dei portali comunicativi verso tutti i regni delle stelle. Ognuno di loro annunciava il suo ritorno.’’

‘’Allora bisogna prepararsi. I miei fratelli e sorelle a breve saranno qui. Sapreste indicarmi la strada per Gaelia, pellegrino?’’

‘’Segui il corso di questo fiume e arriverai a destinazione.’’- rispose Morghull, impassibile alla sua voce profonda e inquietante. Il Titano ringraziò e si avviò verso la Città Desolata a grandi falcate. Il pellegrino, invece, continuò ad osservare Hemal con rabbia. Con il suo bastone, lo colpì duramente al piede:

‘’Parla solo quando sei interpellato.’’- disse, quasi bisbigliando nel suo orecchio. Hemal digrignò i denti per il dolore, ma nessun gemito fuoriuscì dalla sua bocca. I messaggeri tornarono all’interno della baita, mentre l’ariete restò nella tetra penombra dell’eclissi. A Gaelia, i due giovani eroi si svegliarono da loro torpore e si vestirono per raggiungere gli altri quando sentirono due persone dialogare in un linguaggio sconosciuto:

’Maetsev ra'di yeae phenna' e kaeoitkisi e Geiraee?’’

’Esa' loirre nisse kaeà ve da'rna' iv isa' e va'ryae ryaera'dinsae joietva' rae yeae ra'tnennenae.’’

Darrien impugnò la spada del lupo e, evitando di provocare rumori, scrutò una creatura alta, dalla pelle biancastra con venature rossastre che teneva le sue mani poggiate sulle spalle di Orphen. Il ragazzo, non sapendo le sue intenzioni si diresse verso di loro con rapidità ma il Titano d’Onice sentì i suoi passi e disse:

‘’No Darrien, è un nostro alleato. E’ un Titano come me. Lui è Minrad.’’

‘’Mi sorprende che tu sia riuscito a sentire i suoi passi nonostante il suo abbigliamento comune.’’- rispose il Titano bianco, evidenziando gli abiti del comandante.

‘’In realtà io sarei un comandante d’élite, ma la mia divisa è stata distrutta contro una delle Guardie d’Ossidiana e ho rischiato di morire per un violento affondo nella mia spada.’’- replicò il ragazzo, rinfoderando la spada.

‘’Perdona il mio cinismo, ma sono su questo pianeta da qualche mese e ho incontrato solo spavaldi cavalieri, ladri, ubriaconi e menestrelli fastidiosi. Sei sopravvissuto ad un loro attacco dunque, sei duro come la roccia allora.’’

Darrien stava per manifestare il suo potere ma la sua compagna Arilyn lo fermò, iniziando civilmente una conversazione con il Titano bianco. Si presentò ai giovani come il Primo dei Titani d’Onice, incaricato di proteggere i suoi fratelli e di essere il generale della legione titanica. Il predone dell’oscurità si tenne la testa con entrambe le
mani, come se volesse far passare una imminente emicrania:

‘’Doveva essere una missione semplice e si è rivelata una guerra tra creature celesti e Re del Fuoco.’’- disse tra sé e sé, stando poggiato alla finestra. Minrad continuava a raccontare delle sue avventure in regni sconosciuti, di quello che poteva fare con il suo potere delle guerre avute insieme ai suoi fratelli e sorelle secoli prima che Gaelia fosse costruita sulla terra dove erano, di come ogni figura celestiale avesse una forma fisica prima di diventare solo polvere stellare fatta eccezione per la Dea del Cosmo. Un luccichio sinistro attirò l’attenzione di Darrien portandolo a girarsi verso la finestra: dall’altro lato del vetro, dozzine di occhi luminosi e ambrati che scrutavano lui e i suoi amici, mentre dall’alto giungevano diverse lingue di fuoco.

‘’Indietro!’’- urlò il comandante correndo verso il centro della stanza e facendo da scudo alla sua compagna. Il muro e la finestra esplosero con un gran fragore, avvolgendo il salone con una nube di polvere e versi acuti e terrificanti. I due titani d’onice non si fecero sorprendere dall’attacco a sorpresa e iniziarono a massacrare senza sosta l’orda infinita di Bambini Scarlatti. Arilyn e Darrien, invece, respingevano i Guardiani d’Onice con le loro armi intrise dei loro poteri con falci di luce e affondi penetranti. La spada dell’Araldo di Luce colpiva quelle creature rossastre con rabbia repressa, eseguendo affondi, mulinelli o li colpiva con poderosi calci, riuscendo a spezzare loro arti o costole; Darrien, invece, perforava le loro gole o usava il cadavere come scudo contro le fiamme dei Guardiani. Quando tutto sembrava finito e il sangue mischiatosi alla polvere trasudava dalle rovine, dei passi lenti echeggiarono dalla parte opposta:

‘’Avete massacrato le mie creature e i miei soldati. Una perdita inaccettabile. Ma io ho qualcosa di inestimabile valore per voi quattro.’’- disse una voce familiare alle orecchie dei combattenti. Era Gallart, con in braccio Narwain livida e priva di coscienza. Orphen scattò in avanti, con la luce nel suo volto color magenta ma Minrad lo fermò all’istante.

‘’E’ questo che mi fa ardere d’orgoglio, ma deduco dai vostri sguardi che non apprezzate l’umorismo. Vogliate scusarmi, ma il rituale dell’Eclissi non può avere luogo senza questa reliquia.’’- proseguì il Re del Fuoco, schernendoli e facendosi spazio tra i resti pietrificati del suo esercito. Non appena mise piede sulla sabbia incolore, la corona del sole assunse una tonalità biancastra e lentamente un cono di luce iniziò a discendere sull’edificio oscurò di Gallart. Arilyn, in preda ad un eccesso di ira, permise al suo potere di prendere il comando: i suoi occhi divennero come il sole del mezzodì, la spada iniziò a brillare intensamente e un affondo pesante sprigionò una falce dorata che si diresse verso quell’avido e meschino essere. Senza battere ciglio, l’uomo dall’armatura cremisi parò il colpò con l’avambraccio.

‘’Oh, quanta rabbia. Ma rispondi alle mie domande, giovane Arilyn: chi è l’artefice di tutto questo? Chi mi ha concesso un futuro potere inarrestabile? E, soprattutto, di chi è la colpa?’’
La ragazza si destò da quell’eccesiva scarica incontrollata, restando ad osservare quell’uomo che sorrideva. Un sorriso freddo, quasi gelido. Nessuno rispose, nemmeno
Darrien.

‘’Esatto. Voi.’’- furono le sue ultime parole, prima di scomparire in una abbagliante fiamma. Il Titano d’Onice, adirato, iniziò ad inferire sui cadaveri dei Guardiani e dei Bambini Scarlatti, riducendoli in polvere o scagliandoli lontano fin quando Minrad non lo colpì al volto:

‘’Placa la tua ira, fratello. Siamo caduti in una trappola ben escogitata e la colpa non è di nessuno. Avete compreso?’’

Arilyn si inginocchiò, come se tutte le forze l’avessero abbandonata e la spada era l’unico appiglio che potesse reggerla. Tutto quel caotico baccano fece correre il Re Vraekhar nel salone, accompagnato da Helartha; entrambi restarono in silenzio di fronte al tramestio, alla moltitudine di cadaveri e alla parete crollata e ancora in fiamme. Claudicante, il vecchio re si avvicinò a Darrien e a Orphen e chiese:

‘’Gallart è stato qui, vero?’’

‘’Sì, e l’esercito di soldati e bambini era solo un diversivo per catturare Narwain. Noi non potevamo saperlo.’’- rispose Darrien, osservando la sua compagna con aria affranta. Vraekhar spostò lo sguardo sul Titano bianco:

‘’Tu c’entri qualcosa con tutto questo?’’

‘’Hai intenzione di scaricare la colpa su di me, Vraekhar?’’- rispose il titano con un’altra domanda. La risposta fu solo un grugnito di rabbia da parte del Re che si allontanò, ignorando le ferite appena cicatrizzate sul petto e i consigli di non fare movimenti bruschi. Minrad iniziò a ripulire il salone, sfruttando il suo potere per ridurre in cenere i cadaveri ancora nel castello e spostare i frammenti del muro esploso; successivamente il titano spiegò che lui e il Re si conoscevano già da molto, ma lo accusa di non aver salvato la sua consorte quando era malata e da allora l’odio per qualsiasi Titano si fece largo nel suo cuore. Ad Huvendal, invece, l’assalto del nemico aveva stremato gli eserciti di entrambi i regni e ferito la maggior parte, compresa anche Eileen, seduta su una brandina di fortuna. Il nuovo capo medico Nestor e alcuni nuovi apprendisti si occupavano di loro e, nella stanza, c’era anche Nima confusa e con lo sguardo alla ricerca di qualcuno.

‘’Nima, cosa ci fai qui? Sei ferita?’’- domandò Nestor, poggiando una mano sulla sua spalla e controllando che non avesse escoriazioni o ferite gravi.

‘’Non sono ferita, cerco Eileen. E’ qui?’’

‘’Sì, è seduta su quella brandina. Non preoccuparti, è una roccia.’’- rispose Nestor, dando una leggera pacca d’incoraggiamento alla sua amica. Nima corse da Eileen che, non appena la vide, il suo malumore scomparve e si abbracciarono con forza. La guerriera degli Ellsanoris sussultò leggermente per le ferite ma rivedere colei che la faceva sorridere e far tremare il cuore era la miglior cura che leniva il dolore.

‘’Perdonami, è stato d’istinto.’’- disse la ragazza, restando a testa bassa e con le guance rosse. Eileen sorrise e, prendendola per mano, la portò in un corridoio comunicante con la stanza dove erano per poi poggiarla al muro e tenerle il viso con una mano. Le loro labbra si sfiorarono leggermente per poi incontrarsi. Si baciarono con grande desiderio, quasi a fondersi. La guerriera dei Custodi spostò i suoi baci sul collo di Nima, provocandole dei lunghi sospiri. Le loro mani si incrociarono, mentre Nima veniva pervasa da brividi di piacere causati dai morsi della ragazza.

‘’Sei riuscita a mandare il mio cuore in tempesta dal primo momento che sono venuta in questo regno. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da te Nima e tutte le volte che venivi a vedere gli allenamenti o passavi solo per un saluto, sentivo sempre qualcosa opprimermi e mancarmi. Ora sono certa che quella cosa che mi mancava eri tu e ciò che mi opprimeva era non potertelo dire. Mi dispiace che…’’- fu interrotta da un altro bacio di Nima che, quasi con frenesia, le morse e tirò il labbro inferiore.

‘’Tu parli troppo.’’

‘’E io amo la tua spavalderia.’’

Entrambe risero e restarono in silenzio, a godersi quel breve momento di affetto dopo una tentata invasione nel regno. Nella sala del trono, Searlas aspettava adirato la comparsa di Ryre. Quando la grande porta di legno si aprì di scatto, il Re osservò entrare l’ospite che correva impaurito e con il fiato corto:

‘’Quegli sciocchi non mi troveranno mai qui.’’- disse l’uomo in divisa azzurra e bianca, sporca di terra.

‘’Ne sei convinto, Ryre?’’- domandò Searlas alzandosi piano dal suo trono decorato, avanzando lentamente verso di lui.

‘’Mio Signore, sono felice di rivedervi sano e salvo. Quelle sciocche bestie non mi troveranno mai qui.’’- rispose Ryre, sorpreso dalla presenza del suo Re e impallidito. Il sorriso dell’uomo lo confuse, non sapendo se fosse di felicità o un sorriso nervoso. Un violento gancio investì Ryre, spaccandogli il labbro che iniziò a sanguinare.

’Sei solo un traditore.’’- disse Searlas con freddezza, afferrandolo e sferrandogli una dura ginocchiata nello sterno per poi lanciarlo contro il muro. Sferrò altri due pugni contro il suo naso, tumefacendolo. Il sangue macchiava il pavimento, colando copiosamente dalle ferite.

‘’Traditore. Sì, e l’ho fatto per una giusta causa. Personale ovviamente.’’

‘’Risparmiami la tua storia, sono già a conoscenza di tutto. E non ti perdonerò mai per questo.’’

‘’Perdonare è per i deboli, come te. Il Re Gallart ha più fegato di quanto pensassi, ha il potere. E con il potere si ottiene tutto. Soldi, gioielli, donne. Non come quella lurida stratega che hai al tuo fianco.’’

La rabbia di Searlas giunse al limite sentendo quel commento aberrante e, afferrando il pugnale che aveva nella sua divisa, trafisse la gola del traditore:

‘’La donna che tu hai osato insultare è mia moglie.’’- disse a denti stretti, per poi sgozzarlo con un movimento rapido da parte a parte. Ryre cercò di afferrare Searlas per la gola, mentre il sangue cadeva sul pavimento facendolo scivolare varie volte finché la sua avanzata non si arrestò con un tonfo. Il suo cadavere, successivamente, iniziò ad ardere come un tizzone rovente fino a ridursi in cenere lasciando solo la divisa annerita e strappata in più punti.

‘’Mio Signore, il traditore Ryre dov’è?’’- domandò uno dei soldati, entrando nella sala allarmato dal trambusto. La risposta del Re fu solo puntare il dito verso gli abiti bruciati, mentre il suo sguardo era perso nel vuoto. Una mano si posò delicata sulla sua spalla e, quando alzò lo sguardo per comprendere di chi fosse, il sorriso luminoso della sua compagna Sindar gli provocò una tempesta di emozioni contrastanti.

‘’Avrò fatto la cosa giusta?’’- domandò il Re, socchiudendo gli occhi e inspirando. Quella mano così leggera si posò sul suo volto, carezzandolo con calma quasi angelica:

‘’Marito mio, un traditore non è degno di far parte di un regno pacifico come il nostro. Lui ha scelto un sentiero intriso solo di odio, potere e vendetta. Ma a volte i sentieri sbagliati nascondono insidie letali.’’- rispose alla domanda, per poi baciargli la nuca e stringendolo a sé.

‘’Dunque ho fatto la cosa giusta…’’- confermò l’uomo, anche se in cuor suo sentiva di aver commesso qualcosa di atroce.

A Gaelia, nel mentre, i giovani eroi pianificavano diverse strategie per salvare la piccola Narwain, ma tutte sembravano non avere esito positivo. In quattro non potevano fronteggiare il vasto esercito di Gallart e non avevano più indumenti adatti, ormai andati distrutti nella prima imboscata. Arilyn era ancora amareggiata e le parole del nemico continuavano ad offuscarle la mente, rendendola nervosa. D’un tratto si ricordò che il Re aveva concesso l’uso dell’armeria e dei suoi abiti usati nelle varie battaglie e scattò in su con la testa:

‘’L’armeria e la sala delle uniformi. Vraekhar, qualche giorno fa ci ha dato il permesso di usufruirne. Io e Darrien le abbiamo trovate ma…’’

‘’Senza le chiavi non possiamo entrarci. E dato l’umore del Re adesso, dubito fortemente che voglia prestarcele.’’- rispose Darrien, sospirando infastidito dall’ennesimo ostacolo.

‘’E se la chiave piramidale che abbiamo usato per varcare il confine più di un mese potesse aiutarci?’’- domandò Orphen, cambiando argomento. Quella domanda sorprese suo fratello che era lì a pochi metri, mentre recuperava le energie spese per ripulire tutto il palazzo.

‘’Chiave piramidale? Orphen, intendi la chiave che apre il Grande Cancello costruito dai Varg e i Thandulircath? Quella è una chiave che solo determinati Custodi delle Stelle o soldati fedeli possono…Accidenti. Eileen deve averla data a voi per errore.’’

‘’No. Durante il viaggio due cavalieri con una maschera dorata e una divisa verde acqua ci hanno riconosciuto e, per scusarsi della loro sgarbatezza, ci hanno donato la chiave per il confine.’’- affermò Arilyn. Darrien confermò annuendo.

‘’Non è possibile! Quella coppia di cavalieri era fedele alla Regina Thessalia ma in combattimento erano delle pecore smarrite e, dato la scarsa destrezza, sono stati scelti come maestri dell’occultamento. L’uso di abiti dai colori scuri o caldi e coprirsi il volto per essere un tutt’uno con quello che ti circondava era il loro punto forte. Maledizione, proprio loro dovevano avere quella chiave.’’

‘’Che importa Minrad, ora è nostra. Proviamo come suggerito da Orphen.’’- ribatté Arilyn, con voce ferma. Si recarono tutti verso l’armeria, posta quasi vicino l’alloggio del Re e provarono ad avvicinare, ad appoggiare o ad inserire uno degli spigoli del manufatto nella serratura della porta. Nessun cigolio. Darrien si allontanò di pochi passi dalla porta, guardò in su, proprio sulla parete e notò un cunicolo che aveva la stessa forma della chiave. Non appena l’alzò, il manufatto andò ad incastonarsi istantaneamente.

‘’Non chiedetemi come abbia fatto a saperlo. Da quando siamo qui, è come se il mio corpo conoscesse già il luogo.’’

La porta si aprì e un odore di muffa, acqua rancida mista ad altri odori sgradevoli fuoriuscirono dalla stanza, disgustando i presenti. Al suo interno c’erano decine di scaffali, armadi e bauli ricoperti di polvere e ruggine, fantocci di legno scheggiati, pezzi di metallo che pendevano minacciosi dal soffitto e ragnatele. Arilyn sfruttò il suo potere per fare luce nell’oscurità della stanza; aprì i vari armadietti trovando solo qualche pugnale avvolto da uno straccio lercio e una sfera di metallo con una miccia. Darrien e Orphen, invece provarono le poche armi rimaste come spadoni, flamberghe o stocchi ma erano danneggiate gravemente e prive di filo:

‘’E’ un peccato che armi così belle siano state abbandonate.’’- affermò il ragazzo, amareggiato dall’insuccesso della scoperta.

‘’Non è tutto perduto. Tieni, dalle cuciture e dal materiale usato, è molto resistente come cinturone. Potrai usarlo per trasportare quei pugnali che hai nel baule datoti da Morghull.’’- rispose il Titano, porgendo al ragazzo l’oggetto trovato. Un lungo cinturone di cuoio nero, con dieci fodere per i pugnali sul lato destro tutte evidenziate da un bottone argentato. Arilyn consegnò al suo compagno le armi trovate, tenendo per se la sfera di metallo. Restava solo la sala delle uniformi da visitare ma il Titano bianco constatò l’assenza della serratura sopra la porta e il robusto catenaccio la teneva sigillata da qualsiasi intruso. Nel mentre escogitavano un piano per togliere la catena dalla porta, l’Araldo della Luce studiò ogni minimo dettaglio della sfera che aveva recuperato: su entrambi i lati c’erano due fori bianchi, mentre il resto era solo un rivestimento di placche di metallo triangolari. Era simile ad una bomba fumogena che aveva già visto da un gruppo di armaioli, viaggiatori di regni per condividere le loro invenzioni e armi. Tirando la miccia, azionò il meccanismo della sfera che iniziò a vibrare. La scagliò contro una colonna e una cortina di fumo biancastro invase l’intera sala del trono, ostacolando la vista; utile per gli attacchi a sorpresa.

‘’E’ una bomba fumogena ad impatto.’’- esordì la ragazza continuando ad osservare la nube che si espandeva fino a quando qualcosa sembrò assorbirla con furia. Una volta svanita, la sfera di metallo vibrò nuovamente per poi arrestarsi. Il secondo foro serviva per rinchiudere nuovamente il fumo e poter essere usato in più occasioni, una scoperta sensazionale ed unica.

‘’Ed è anche molto pericolosa nelle mani nemiche.’’- rispose Helartha, comparendo alle spalle della ragazza spaventandola. Si diresse a recuperarla e tornò severa:

‘’Usala solo in caso di estrema necessità. Non è un giocattolo. Aspetta, dove l’hai presa?’’

‘’Nell’armeria, insieme a qualche pugnale e un cinturone di cuoio.’’- rispose la ragazza, nascondendo il nervosismo.

‘’Due chiavi possono aprire quella porta. La mia che ho sempre al collo e una chiave data ai Custodi delle Stelle. E suppongo che sia stata quella ad aprirla. Non voglio sapere come hai fatto ad ottenerla, ma giovane Thandulircath devi stare attenta. Può aprire qualsiasi porta che abbia un sigillo di magia celeste, anche quella oscura. Il nostro regno ha già subito funeste sciagure e questa è…’’

‘’Helartha non devi temere. Abbiamo protetto il nostro regno con tenacia e, anche se il nemico è più forte di noi, vi libereremo. Abbiamo aiutato molti popoli, piccoli o grandi negli ultimi anni e non abbiamo chiesto nulla. Solo la loro libertà e il vostro si unirà a loro.’’- la interruppe, posandole una mano sulla spalla rincuorandola. La donna sospirò, come se qualcosa non la convincesse. Un rombo di tuono allarmò le donne che corsero verso la finestra: nel cielo la corona di luce bianca assunse una tonalità cremisi luminoso. Il Rituale era nella sua fase iniziale. I cadaveri che erano all’interno del palazzo emanarono un sinistro fulgore arancione e, come trucioli infuocati, si librarono in aria, attraversando le pareti crepate e in vetri infranti. Anche ad Huvendal si manifestò lo stesso evento, fatta eccezione per alcuni Guardiani che si ravvivarono e furono avvolti dalle fiamme più intense che l’uomo avesse mai visto.

Nel Castello Nero, Gallart posizionò la piccola Narwain al centro della lastra, terrorizzata da quel che stava accadendo. Si avvicinò a lei con inespressività e iniziò a marchiare a fuoco la sua pelle. Nessun ferro rovente e pugnale, solo le sue dita lasciarono dei segni ben visibili che partivano dai polsi, si estendevano per le braccia e giungevano sul cuore. La sofferenza era tale da indurla a piangere e ad urlare:

‘’Dovrei tagliarti la lingua e strapparti le corde vocali a mani nude, piccola mocciosa.’’

‘’Se mi uccidi non potrai ottenere quel che desideri, non è così?’’- domandò con provocazione la bambina cercando di liberarsi dalle catene che la bloccavano.

‘’Voi Madri del Globo avete sempre qualcosa da dire. Considera ciò che hai detto le tue ultime parole.’’- rispose con serietà il Re del Fuoco, prima di tagliarle un polso e permettere al sangue di colare sulla pedana sottostante. Prima che potesse tagliare anche l’altro, gli occhi di Narwain si illuminarono e un movimento della sua mano catapultò Gallart dalla parte opposta dell’altare. D’un tratto la furia cessò, sostituita da gemiti di dolore; il Duca aveva posato il suo indice sulla fronte della bambina, come se fosse un uncino e premeva con forza.

‘’Stupido verme, cosa stai facendo? Così alteri solo il Rituale.’’- urlò Gallart, avvicinandosi rabbioso. Il Duca era in trance, le pupille dilatate, la fronte imperlata di sudore e le vene sul suo collo sembravano quasi per esplodere. Gallart sospettava un tentativo di suicidio, ma quando la pelle iniziò a riempirsi di rughe e assunse un colore grigiastro il Re restò affascinato. Il corpo dell’anziano si pietrificò per poi sbriciolarsi e lasciare spazio ad una figura femminile. Alta, snella, capelli argentei a caschetto con due lunghe ciocche che sfumavano sul nero, viso dolce ma che tradiva fredda spietatezza, occhi eterocromi. Indossava un lungo abito che terminava in falci di luna sulle spalline e sul bacino, bianco e nero come le fasi del plenilunio.

‘’Sei giunta prima del previsto e non sei discesa dall’Eclissi come narrava la profezia.’’- disse il Re del Fuoco osservando la fredda bellezza della donna.

‘’A volte sfrutto un essere umano per guadagnare forze. Il tuo Duca aveva molta linfa vitale e purezza d’animo, quindi per me è stato facile manifestarmi.’’- rispose la donna, togliendosi i residui di pelle pietrificata dalla spalla.

‘’Aata, la Figlia della Luna finalmente al mio cospetto. Io sono Gallart, incantato.’’- disse l’uomo, con un leggero inchino, cercando di ammaliare la donna celeste, inutilmente.

‘’Invece di tentare inutili lusinghe e di insultare una donna, preparati per il rituale, futuro Re della Prima Fiamma.’’- rispose la donna, con un sorriso malvagio, mentre portava alla fronte della piccola Narwain l’indice e il medio, facendo pressione provocandole urla di dolore e il corpo si ricoprì di venature violacee. L’uomo dalla lucente armatura scarlatta si denudò, incurante della presenza di due figure femminili. Prese il pugnale che gli era caduto precedentemente e lo usò per tagliare il polso destro della bambina. Successivamente tagliò anche i suoi, strinse i pugni e il sangue zampillò fuori, unendosi a quello della bambina con un suono simile al crepitar del fuoco. Gallart riprodusse i disegni che aveva la bambina sul suo corpo con il sangue. La colonna di luce cremisi si riversò con violenza su Narwain, procurandole un dolore insopportabile che la costrinse ad urlare d’agonia. Un fulgore bianco si unì al rosso dell’Eclissi e con rapidità il Re del Fuoco venne colpito dal fascio di luce, avvolgendolo in una gigantesca fiamma scura. Un ruggito cavernoso provenne successivamente dal Re incendiato, incuriosendo i Guardiani d’Ossidiana che si avvicinarono cauti con le armi sguainate. Una frusta lavica comparve dal nulla e colpì uno dei due soldati, distruggendolo e la sua brace venne assorbita istantaneamente, facendo scomparire il fuoco splendente e rivelando una creatura mostruosa e deforme. Tutto il corpo era di pietra attraversata da venature di lava, il volto era in parte deformato, la corona che indossava sempre Gallart era fusa con la testa, dando l’impressione di essere aculei letali, sul petto e sulle braccia erano presenti gli stessi simboli che aveva la Madre del Globo sul suo corpo. I suoi occhi risplendevano come due rubini illuminati dal sole. La creatura abominevole si avvicinò al soldato ancora l’arma sfoderata e con un semplice tocco sulla brace che aveva nell’elmo, l’arancio delle fiamme assunse la tonalità dell’eclissi per poi trasformarlo in una bestia di pietra rovente:

‘’Convoca anche gli altri soldati per ricevere questo dono da parte del Re della Prima Fiamma.’’- disse la creatura con voce profonda, congedando il suo uomo con un gesto della mano. Quella creatura mostruosa si avvicinò al corpo esanime della piccola Narwain, osservando la flebile luce che l’avvolgeva e sorrise diabolicamente. Ruppe le catene che la tenevano ferma e disse:

‘’Gli eroi di Huvendal sono qui. Avranno una spiacevole sorpresa quando l’Eclissi giungerà alla terza fase. Vai da loro e invitali a venire qui da me.’’

‘’Sì, mio Re.’’- rispose Aata, inchinandosi per breve tempo e scomparve in una nube oscura. Nel mentre, tutti i soldati d’ossidiana e i Bambini scarlatti si riunirono nella sala del treno, in attesa del loro Signore. Quando comparve dal nulla, uno dei Bambini lo considerò come una minaccia e lo attaccò, ma si ritrovò sospeso a mezz’aria con una mano che gli stringeva il collo. Un movimento rapido e il collo si ruppe con un disgustoso schiocco.

‘’Coloro che diserteranno il proprio Re, riceveranno solo la morte come dono. Vi offro l’opportunità di rinascere dalle ceneri e di avere un nuovo potere. Lasciate che la Prima Fiamma scorra in voi, rendendovi inarrestabili.’’- disse Gallart, lasciando cadere il cadavere dalle sue mani, per poi schiacciare la sua testa sotto il suo piede.

Andò a sedersi sul suo immenso trono e invitò i suoi soldati ad avvicinarsi uno alla volta per diventare creature mostruose e assetate di sangue. Quando tutti i Guardiani d’Ossidiana e i Bambini Scarlatti furono mutati, il Re della Prima Fiamma sorrise nel vedere il suo nuovo esercito che riempiva l’intera sala e ardeva come un fuoco fatuo, più intenso e violento. Il suo sguardo volse poi al corpo esanime di Narwain, lentamente illuminato da un nuovo sole. Afferrò la sua spada, sfoderandola e si specchiò, osservando come la sua bellezza e sensualità erano svanite, lasciando il posto ad un orrendo essere malvagio:

‘’Questo volto sarà l’ultima cosa che vedranno. Vi attendo, figli di Huvendal.’’

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Capitolo 6
*** Vorshan. ***


Ad Huvendal imperversava una nuova e sanguinosa battaglia tra i due eserciti alleati contro i Guardiani d’Ossidiana, diventati più forti e resistenti di prima; la pioggia di arpioni non ebbe effetto contro il loro corpo lavico, le fiamme erano così intense che sciolsero il metallo di cui erano fatti. Nonostante le ferite, Eileen era in campo a proteggere il suo plotone e colpiva con tutta la sua forza gli elmi dei Guardiani, spaccandoli e successivamente mandare in frantumi la loro brace. Il plotone dei Custodi era stato decimato senza possibilità di attaccare, mentre la guerriera riusciva con difficoltà a tenere testa a quelle creature inferocite. Uno dei Guardiani che brandiva un pezzo d’arpione fuso, iniziò a percuoterlo sul terreno alzando cumoli di terra e pietre e cadaveri.

La ragazza indietreggiò, con le sue armi distrutte e con il fiatone:

‘’E tu ti consideri una guerriera? Sei solo un coniglio.’’- disse il soldato, lanciando l’arma inutilizzabile e pronto a travolgere la ragazza con tutto il suo peso. Una coltre di polvere si alzò improvvisamente, offuscando la vista della giovane. La creatura di pietra grugniva, mentre qualcosa di pesante e metallico la colpiva senza sosta. La brace che era nel suo elmo rotolò ai piedi della guerriera, che si affrettò a distruggerla con il pomolo della sua arma. Dalla nube comparve una creatura alta il doppio di Eileen, snella, il corpo era di granito con una luce bianca che brillava al centro del petto e tra le mani reggeva due mazze ferrate con rifiniture dorate. Quel genere di armi si potevano brandire con una sola mano, ma bisognava avere molta resistenza e forza nelle braccia e il Titano che ne brandiva due faceva sembrare tutto un gioco.

‘’Grazie Titano.’’- disse la ragazza alzandosi, mascherando il dolore. Non era il dolore per le ferite inferte, per i lividi e i muscoli indolenziti, ma era il dolore della sconfitta.
‘’Hai dato il meglio di te, ma i Guardiani Arcani sono molto forti per dei mortali. Ad ogni modo, io sono Exnera, Titano della Battaglia.’’- rispose la creatura con tono dolce ma fermo.

‘’Un titano femmina?’’- domandò stupita la ragazza, mentre si ripuliva della terra che la ricopriva dalla testa ai piedi.

‘’Noi titani non abbiamo sesso, è in base alla luce celeste che ci alimenta a decretare che tono di voce avere, se femminile o maschile.’’

‘’E’ tutto strano.’’- ribadì Eileen, restando in all’erta. Il Titano cambiò colore della sua luce celeste dal bianco al grigio ardesia e con una rotazione eseguì un poderoso montante ad un Guardiano Arcano ancora vivo, fracassando l’elmo e la brace con un solo colpo.

‘’Ci farai l’abitudine. Sono qui con i miei fratelli e sorelle per aiutarvi contro l’esercito del Re della Prima Fiamma.’’

‘’Gallart è divenuto il Re della Prima Fiamma? Non starai scherzando vero?’’- domandò chiaramente stupita la guerriera dei Custodi. Quando il Titano annuì, la paura si insidiò nel cuore della ragazza. La bellezza dei campi di Huvendal, con i suoi alberi verdeggianti e i fiumi cristallini, era stata deturpata dal violento attacco nemico. Il sangue si era mescolato con il fango, il terreno era spaccato in due e molti soldati erano stati smembrati o morti schiacciati dal peso dei Guardiani. Il cielo, precedentemente oscurato, assunse lo stesso colore che aveva l’Eclissi nella fase della mutazione.

Le nuvole nere facevano da contrasto al rosso sangue che assunse il firmamento. Nel palazzo di Vraekhar, Arilyn continuava ad allenarsi imperterrita con la spada, accompagnando ogni fendente, montante o affondo con un flebile fulgore dorato. Il sudore le imperlava la fronte e il respiro si accorciava sempre di più ma lei continuava a ripetere gli stessi attacchi o sfruttava un fantoccio di fortuna per colpire con la spada o con i pugni, incurante dei rischi se sforzava troppo il suo corpo. Quando le forze iniziarono ad abbandonarla, strinse i denti e continuò, spinta da un’insolita rabbia che iniziava a crescere nel suo cuore. Davanti a lei si materializzava sempre il volto sorridente di Gallart, un sorriso di pura perfidia. Alzò la spada, pronta per l’ultimo fendente ma la presa debole fece cadere l’arma dalle mani e le ginocchia divennero molli.

‘’Figlia dei Thandulircath, per quale ragione hai sforzato inutilmente il tuo corpo?’’- domandò la voce cavernosa di Minrad, osservando curioso la spada della ragazza e di come il suo corpo cercasse di recuperare le energie.

‘’Nessun sforzo è inutile…se serve per salvare qualcuno…’’- rispose adirata e con l’affanno. Il Titano d’Onice si avvicinò, incurante che la ragazza potesse colpirlo con il suo potere, posò la mano sulla fronte e pronunciando parole in una lingua sconosciuta, riuscì a farle recuperare le forze.

‘’Perché lo hai fatto?’’- domandò la ragazza, respirando a pieni polmoni e constatando che i suoi muscoli erano ben riposati, come se tutto lo sforzo fatto precedentemente fosse svanito.

‘’Voi umani avete la capacità di sentire solo quel che volete e tutto il resto è insulso. Sono un Titano d’Onice curatore anche, se ricordi. E nonostante il mio cinismo, tendo lo stesso a curare coloro che sono deboli dopo allenamenti o scontri.’’- rispose il Titano, con un verso simile ad un gorgoglio. La gamba della creatura venne afferrata da un raggio di luce nera e la tirò, cercando di farlo cadere inutilmente. Un colpo singolo di una lama che si materializzò nella mano di Minrad distrusse il fascio.

‘’Il mio potere non è ancora forte come dovrebbe.’’- constatò amaramente Darrien, rinfoderando anche una delle sue spade. Il Titano stava per replicare ma un bagliore nero e bianco attirò l’attenzione di tutti, pronti ad estrarre le loro armi e ad attaccare il prossimo invasore.

Quando le fiamme scomparvero, una donna sensuale ma dal sorriso crudele avanzò verso di loro. I suoi passi erano leggeri, come se non emettesse alcun suono. Lo sguardo di quella creatura così aggraziata e fatale si posò su Darrien e Arilyn:

‘’E così, voi sareste i prodi eroi di Huvendal? Sembrate dei miseri straccioni con quegli abiti.’’

‘’Tu saresti la Figlia della Luna, alleata del Re del Fuoco. Che cosa vuoi?’’- domandò il ragazzo, tenendo la mano salda sul manico della sua spada.

‘’Prima Fiamma,  ti correggo. Il mio Re vorrebbe parlarvi di cose importanti e, cortesemente, siate eleganti in Sua presenza.’’- rispose, con un sorriso di scherno prima di svanire e di essere colpita dalla spada di Orphen. Suo fratello volse lo sguardo su di lui, scuotendo la testa in segno di disapprovazione. Era stata una mossa sleale e vigliacca, un Titano fronteggia sempre il nemico faccia a faccia. Il trambusto provocato dalla spada fece accorrere Helartha che notò tutti i presenti nervosi, dall’umore nero e rabbia repressa:

‘’Cari guerrieri, sono al corrente della situazione ma non potete crucciarvi fino a consumarvi come una candela. Siete così presi da questa battaglia che avete smesso di dormire, di mangiare e di pulirvi. Come pretendete di affrontare qualcuno di così forte ridotti in questo stato? Soprattutto voi due ragazzi.’’

Quelle parole furono d’ammonimento per loro, facendoli piombare in un silenzio profondo mentre i loro occhi tradivano l’amarezza. Che cosa gli era successo? Anche la Regina di Ghiaccio dimostrava di essere un temibile nemico, ma per loro non era nulla in confronto a Gallart, un Re bramoso di potere e spinto dalla sete di conquista. I ragazzi si ritirarono nel loro alloggio, mentre i due Titani discutevano dell’arrivo dei loro fratelli e uno di loro era già giunto ad Huvendal:

‘’Exnera è giunta nel regno dei due ragazzi e mi ha informato che l’esercito dei Custodi è stato decimato, alcuni di loro sono divenuti ciechi a causa della polvere pirica, altri invece sono mutilati e quelli più esperti sono impazziti. Il loro capo medico, Nestor si fa chiamare, li ha dovuti legare e sedare con un medicinale ricavato da una pianta o simile. Non sono un medico o un botanico.’’- sentenziò Minrad, osservando il cielo scarlatto che veniva solcato da saette nere come gli abissi profondi. Orphen annuì solamente, pulendo la spada e riparando le scheggiature. I due ragazzi, invece, erano nel loro alloggio in silenzio. Arilyn si stava ripulendo dal sudore e dalla polvere con un bagno caldo mentre Darrien attendeva il suo turno quando qualcuno bussò alla porta:

‘’Helartha, sei tu. Cosa ti serve?’’- domandò il ragazzo stanco e infastidito dalla sua presenza. La donna si limitò a porgere una piccola chiave arrugginita e senza proferire parola si diresse nella stanza del Re. Darrien era confuso da quel gesto e, soprattutto, da quella chiave. Quando Arilyn uscì dal bagno, avvolta da asciugamani di seta e con i capelli raccolti in una coda alta, notò il suo compagno con una chiave:

‘’Quella chiave chi te l’ha data?’’

‘’Helartha me l’ha appena consegnata, senza dirmi cosa farcene o a cosa serva.’’

‘’Credo di saperlo. Prima della seconda fase dell’eclissi, lei mi aveva detto di possedere un’altra chiave che poteva aprire la sala degli abiti e forse è proprio quella che stai stringendo tra le dita.’’- rispose lei, avvicinandosi a Darrien, che arrossì violentemente nel vederla così, facendola sorridere. Dopo essersi ripuliti e cambiato gli indumenti sporchi con alcuni di fortuna nell’armadio della loro stanza, si diressero alla sala degli abiti, dove Helartha li stava aspettando. Quando la donna invitò il ragazzo ad aprire la porta, questa scomparve insieme alle catene e al lucchetto stupefacendo i giovani:

‘’Non c’è mai stata una vera porta. E’ un incantesimo di difesa contro sciacalli e mercenari. Se la persona che ha formulato tale incantesimo usa una qualsiasi chiave, essa scompare. Una è mia e l’altra ce l’avete voi. Ora, basta dilungarsi ed entrate.’’

L’intera stanza era ampia e i passi echeggiavano ma l’oscurità ne era padrona da tempo immemore. La donna, simile ad un felino che vede nella notte, precedette si mosse alla loro destra di qualche passo prima di colpire tre volte il pavimento di pietra con la parte piatta del suo bastone. L’abisso nero venne infranto da un bagliore accecante variopinto che rivelò centinaia di abiti di entrambi i sessi perfettamente puliti e sistemati sui busti di manichini. Ognuno di loro aveva diverse forme e grandezza, variando da abiti normali, da cerimonia o militari. Tutti quegli abiti condividevano dei colori in comune: il nero e l’arancione. Arilyn ne restò affascinata, ma quando stava per sfiorare il tessuto di una lunga giacca avvertì una dolorosa fitta al petto che le fece tremare le gambe.

‘’Arilyn, cos’hai?’’- domandò il suo compagno allarmato dalla situazione.

‘’Vorshan…gli è successo qualcosa…’’- rispose lei, boccheggiando. Darrien ordinò ad Helartha di convocare il Titano curatore per alleviare la sofferenza della sua amata.
Ad Huvendal, i soldati erano nervosi e terrorizzati da un’altra possibile invasione mentre altri erano entrati in uno stato di profondo silenzio, con gli occhi fissi nel vuoto e sbarrati. Nestor e i suoi allievi cercavano in tutti i modi di far recuperare loro le forze, fallendo miseramente. Il generale Niveral si rese conto della frustrazione del suo compagno e lo incitò a non arrendersi così facilmente:

‘’Nestor, è vero che tempo fa avrei preferito morire piuttosto che farmi curare da te perché ero orgoglioso e testardo, ma ti sei arreso davanti a difficoltà di questo genere? No. Sei un eccellente capo medico e dai del tuo meglio fino allo stremo delle forze.’’- disse il generale, prendendogli la mano e stringendola. La porta alle loro spalle si aprì, interrompendo quel breve momento d’affetto; era Searlas, pensieroso che scrutava tutta la stanza:

‘’Sapete dov’è Vorshan?’’- domandò il Re.

‘’Ha detto che andava a riposarsi qualche ora, lo scontro lo aveva stancato e sentiva tutti i muscoli indolenziti per l’estrema fatica.’’- rispose con innocenza Nestor, cercando di mascherare anche l’imbarazzo per la comparsa del Re. Nestor e Searlas si scambiarono una rapida occhiata di stupore che si tramutò in altro. I tre uomini corsero verso l’alloggio dello stratega, al piano superiore del castello e sfondarono la porta; il letto era in perfette condizioni, così come la scrivania e il resto dell’arredamento, mentre la porta del balcone era aperta ed una figura maschile era seduta al centro di esso.

‘’Vorshan? Stai bene?’’- domandò preoccupato Niveral, avvicinandosi cauto. Posò la mano sulla spalla dello stratega, scuotendolo con delicatezza, pensando realmente che stesse dormendo. Quando il corpo dell’uomo cadde dalla sedia senza emettere gemiti di dolore, il panico li attanagliò. Il viso dell’uomo era rilassato, sorridente, come se la morte non gli avesse fatto alcun male. Sul fianco e sull’addome, nascosti dal grande cappotto, c’erano bende sporche di sangue ormai secco e una strana sostanza giallastra che impregnava il resto del tessuto. Il Re Searlas osservò la scrivania intatta e una lettera attirò la sua attenzione; c’erano piccole gocce di sangue che sporcavano i bordi ma era ben leggibile il contenuto:

‘’Da questa lettera potete ben capire che il mio tempo è ormai giunto. Vi chiederete del perché io sia coperto da bende sporche e unguenti maleodoranti. Ho combattuto al vostro fianco l’invasione dell’esercito del Fuoco, fingendomi un soldato qualunque. Nessuno, nel caotico scontro, avrebbe dato peso ad uno stile di combattimento diverso. Con le ultime forze che mi rimangono, sto scrivendo queste parole amare per alcuni, soprattutto per mia figlia Arilyn. Vi prego di proteggerla a costo della vostra stessa vita e di chiederle perdono se non sono stato al suo fianco fino ad adesso, ma tutti hanno una seconda opportunità. Vi ringrazio. Il tramonto mi attende.
Vorshan.’’

Searlas strinse la lettera tra le mani, così forte da far diventare le nocche bianche e cercava in tutti i modi di mascherare l’affranto. Vorshan era un amico di lunga data e adesso, con la sua morte, sentiva un vuoto. Interminabile e opprimente vuoto che aveva iniziato a divorargli l’anima. Le lacrime caddero su quella lettera d’addio come pioggia. Il generale dei Merfolk e il Capo Medico erano ancora increduli per quell’improvvisa dipartita e un turbinio di pensieri strazianti affliggeva le loro menti.
Un gemito straziante, forte e assordante, echeggiò ovunque nel regno.

A Gaelia, Arilyn si era ripresa dall’improvvisa fitta al petto ma sapeva che qualcosa di orribile era appena accaduto a suo padre; il Titano Minrad stava comunicando con una delle sue sorelle ad Huvendal e il prolungato silenzio della creatura non presagiva nulla di buono:

‘’Beghev. Valas Moyrse, te’rhef.’’- disse Minrad, facendo svanire il portale comunicativo con la sorella. Rimase immobile per un paio di secondi prima di avvicinarsi alla ragazza; la luce oscura del titano sembrava diminuire d’intensità:

‘’Figlia dei Thandulircath…Mi dispiace…’’- riuscì solamente a dire, tenendo la testa bassa ed evitando di incrociare il suo sguardo. Come vetro che si infrange durante una tempesta, anche il cuore di Arilyn fece lo stesso. La persona che le era rimasta vicino per molto tempo, cresciuta, educata, addestrata e amata non c’era più. Vorshan non c’era più. Suo padre non c’era più. Pianse così tanto da consumare le lacrime, urlò così forte da far tremare le mura e rimbombare nelle orecchie dei presenti. Darrien la strinse sé, cercando di confortarla ma inutilmente, non riusciva a lenire il dolore della sua amata.

Nella Baita, il pellegrino Morghull era seduto sulla sua poltrona a sorseggiare del liquore dal sapore pungente, mentre gli occhi erano fissi sui ceppi di legno che ardevano nel camino. Ai suoi piedi Siffer dormiente, fino a quando non rizzò le orecchie e sentì avvicinarsi qualcuno:

‘’Che cosa vuoi Arneb?’’- domandò istantaneo l’uomo, riconoscendo il rumore di passi rapidi che faceva il messaggero quando aveva notizie o aiuto.

‘’Maestro, tramite altri messaggeri sparsi nelle terre del Nord e al confine, ci è giunta la notizia della grande perdita avvenuta ad Huvendal.’’

‘’Di chi si tratta?’’- domandò l’uomo, corrugando la fronte mentre sporgeva la testa dallo schienale. Il messaggero riprese il paragrafo della pergamena che aveva ricevuto e rispose:

‘’ Vorshan Kohde, eccellente stratega militare al servizio del Re Searlas.’’

Il bicchiere nella mano del pellegrino cadde rovinosamente dalla poltrona, infrangendosi in mille pezzi e macchiando il tappeto. Restò fermò, in silenzio ad osservare come il fuoco danzasse senza sosta e divorasse il legno. La mano strinse la pelle della poltrona in preda ad uno spasmo nervoso:

‘’Come è morto?’’

‘’Io non so se sia il caso di…’’

’Come è morto ti ho chiesto, non divagare e rispondi!’’- replicò furioso Morghull, sbattendo il pugno sul bracciolo infastidito dal tentennamento del giovane.

‘’Dopo la seconda invasione delle truppe di Gallart. Si è finto un soldato Merfolk e si è unito al plotone di difesa, riuscendo con difficoltà a respingere il nemico. Senza l’intervento del Titano della Battaglia, sarebbero tutti morti atrocemente. Mi scuso per l’insolenza, era un suo amico questo stratega?’’- domandò rischiando una severa punizione. L’uomo sospirò e alzandosi faticosamente dalla poltrona avanzò verso il messaggero; con il fuoco alle sue spalle, Morghull sembrava più robusto del solito e allo stesso tempo inquietante tanto fare impallidire Arneb.

‘’Lui era più di un amico. Abbiamo combattuto innumerevoli lotte per Huvendal quando eravamo dei semplici ragazzi prossimi all’età adulta. A quel tempo Searlas era un ragazzino poco loquace ma nei suoi occhi brillava una luce di speranza per quel regno prossimo a soccombere alla negligenza, al menefreghismo e alla corruzione del padre. Una volta raggiunta la mezz’età decidemmo di cambiare approccio verso la vita militare. Io divenni comandante di un plotone ormai estinto e lui stratega militare. Ora ricordo che in quella ragazza, Arilyn, c’era qualcosa di molto familiare.’’- replicò nuovamente.

‘’Qualcosa di familiare? Sarebbe a dire, Maestro?’’

‘’Coraggio. Senso del dovere. Rispetto. Onore. Adesso basta con le domande, andate ad allenarvi. Presto andremo a Gaelia per aiutare quei due ragazzi.’’- terminò di dire l’uomo, carezzando la testa del suo fedele lupo prima di ritirarsi nella sua camera. Arneb restò ad osservarlo perplesso; come poteva incutere terrore e allo stesso tempo provare malinconia? Una domanda che non ebbe risposta.

Nel palazzo del Re Malinconico i giovani eroi erano nella loro camera che condividevano una grande perdita. Arilyn era silenziosa, con gli occhi arrossati dal pianto che fissavano il soffitto e la mano stretta al ciondolo, mentre il suo compagno affilava le armi ed entrambi  attendevano che la consigliera li chiamasse per mostrare loro le nuove uniformi. Dopo aver affilato le spade, il giovane comandante andò a sedersi vicino la sua amata in lutto:

‘’Come ti senti?’’- domandò lui posando una mano sulla sua, che venne immediatamente stretta.

‘’Non sento più nulla se non un incolmabile vuoto.’’- furono le uniche parole della ragazza, rotte dal pianto. Il suo potere si manifestò senza preavviso, non violento e distruttivo come in guerra ma quasi a voler confortare ulteriormente l’eroina. Il suo compagno posò le labbra sulla sua fronte e quasi sussurrando:

‘’Ti ricordi cosa ci dicemmo al Grande Ballo dopo aver vinto contro la megera di Ghiaccio?’’

‘’Siamo qui, più uniti e innamorati che mai. E’ questo ciò che conta? Sì, lo ricordo perfettamente ed sempre un mio promemoria.’’- replicò la ragazza, incrociando quegli occhi zaffiro che riuscivano sempre a disarmarla.

‘’E ciò che conta è anche quello di vederti sorridere e reagire. Se c’è una cosa che ho capito nei miei venticinque anni di vita, colui o colei che hai sempre amato non è mai scomparso del tutto. E’ sempre lì con te, a guidarti e a donarti forza.’’

 Arilyn si strinse a lui, chiudendo gli occhi e lasciandosi abbracciare nuovamente. Si sentiva debole dopo aver pianto a lungo, nonostante la sua luce dorata brillasse ancora. Bussarono alla porta e il ragazzo comprese che era il turno di provare la nuova divisa:

‘’Cercherò anche la più bella e adatta a te. Adesso riposati. Torno subito.’’- disse lui, carezzandole il viso. L’Araldo della Luce si addormentò stanca per aver consumato le lacrime, stringendo ancora il ciondolo che portava al collo. Il suo potere restò lì, come se avesse vita propria, a proteggerla da nemici invisibili. Ma gli unici nemici che nessun potere poteva battere erano gli incubi che ogni essere umano provava. Così lugubri e contorti da far gelare il sangue;  Arilyn sognava di essere di nuovo nella sua casa, al di fuori delle mura di Huvendal. Il sole splendeva alto nel cielo, odori intensi di fiori appena sbocciati e il cinguettio degli uccelli che procuravano il buon umore. Uscì dalla sua casa e trovò un uomo robusto ed alto, coperto da un giaccone e un pellicciotto sulle spalle, fermo ad osservare l’orizzonte:

‘’Papà? Sei vivo!’’- urlò dalla gioia la ragazza, ma quando si avvicinò il suo istinto le ripeteva ‘’Scappa. Scappa. Adesso!’’ Cercò di comprendere meglio e si avvicinò ancora. Fu allora che comprese che quell’uomo era solo una statua. Il cielo perse quell’azzurro allegro, diventando un misto di colori raccapriccianti e confusionari. Una grande, famelica e distruttiva bestia infuocata attendeva alle spalle della giovane pronta a sbranarla. Il suo ringhio era così forte da far tremare la terra e le sue fiamme emanavano un calore intenso da far stare male anche a distanza. Quella vorace bestia erano i suoi sensi di colpa, la sua rabbia e la sua tristezza fuse in un abominio deforme. Quando ruggì, dalle sue fauci si sprigionarono vampate di fuoco che abbracciarono la ragazza, bruciando la sua pelle senza dolore. Una voce provenne da quella creatura simile ad un rantolo d’agonia:

‘’Il vero dolore non è la tua carne che brucia, ma è quello che ti logora e ti consuma dall’interno prima di fuori uscire e avvolgerti nel suo abbraccio mortale.’’

Arilyn si svegliò con un gemito, la fronte imperlata dal sudore e il respiro corto. Nella stanza vigeva un angosciante silenzio, interrotto a tratti dal breve fruscio delle tende sospinte da un venticello anomalo. La ragazza prese la sua spada e si diresse da Darrien, ancora nella sala delle uniformi intento a provare una possibile divisa militare che soddisfacesse il requisito da comandante. Alcuni erano troppo lunghi e pieni di accessori inutili ed ingombranti per poter lottare e altri avevano più l’aspetto da cerimonie e feste. Dietro una tunica ocra, qualcosa attirò l’attenzione del ragazzo; una divisa perfettamente ordinata che terminava in coda di rondine, il colletto aveva cuciture di varie sfumature arancioni, i polsini erano piegati verso l’esterno mostrando vari disegni astratti che sembravano raffigurare migliaia di piccole fiammelle:

‘’E’ la vecchia divisa di Vraekhar nella sua prima campagna militare. Hai occhio per queste cose.’’- disse Helartha, avviandosi verso la parte interna della stanza intenda a trovare altro.

‘’Dal costante rumore che stai facendo, stai cercando anche il resto della divisa vero?’’

‘’Perspicace.’’- rispose la donna, schioccando le dita non appena trovò un pantalone dello stesso colore e stivali scuri in pelle con il tacco in ferro.  Dopo essersi cambiato ed aver constatato che quella divisa era comoda e perfetta sul suo corpo, provò qualche scatto in avanti e varie finte per confermare la resistenza del tessuto.

‘’I miei complimenti, ben cucita, resistente e comoda. L’unico problema è che gli stivali sono stretti sulla punta.’’

‘’In combattimento comprenderai il motivo. Tieni, questi guanti serviranno ad aver più presa con le tue spade e…Arilyn ben sveglia. Per il Sole, qualcosa ha turbato il tuo sonno ristoratore?’’- si interruppe per salutare la ragazza, visibilmente stanca e allo stesso tempo imbarazzata da quella visione del suo compagno.

‘’Non preoccuparti, è tutto passato. Perdonami se ti ho fatto attendere troppo. Che divisa mi aspetta?’’- chiese la ragazza, avvicinandosi a Darrien e poggiando la testa sul suo petto cercando un contatto reale. Il giovane comandante l’abbracciò forte:

‘’La divisa che ho scelto per te è molto speciale. Il Re mi ucciderà quando te la vedrà indosso.’’- replicò la donna, prendendo un baule dall’armadio; era particolare dato che era privo di incisioni o placche di metallo. Una volta aperto, Arilyn trovò al suo interno una camicia a mezze maniche di seta giallo ocra, un corsetto marrone scuro, una divisa che terminava in coda di rondine anch’essa e le maniche terminavano all’altezza dei gomiti permettendo maggior movimento delle braccia, un pantalone color terra d’ombra e stivali di cuoio. Una volta indossato tutti gli indumenti, i due ragazzi erano pronti ad affrontare Gallart ma mancava ancora qualcosa per poter dirigersi al Castello Nero: una strategia.

‘’Se è solo un pretesto per trarci in una imboscata? Gallart è astuto e la sua richiesta mi è sembrata sospetta fin da subito.’’- constatò Darrien, prendendo un paio di guanti che gli sarebbero serviti in battaglia. Arilyn pensava ad un possibile piano, ma tutto quello che turbinava nella sua mente erano solo le immagini della fiera famelica e di lei che bruciava tra le fiamme.

‘’Se vuole tenderci in una imboscata, noi saremo pronti.’’- rispose Mindrad comparendo dal corridoio. Dietro di lui c’era Orphen, con il bagliore nel suo volto più flebile del solito e privato dalla voglia di dialogare. Era evidente che il Titano provasse delusione per non aver mantenuto la promessa fatta alla Madre del Globo e a nulla furono utili i tentativi del fratello di rincuorarlo. Aveva fallito come Protettore. Come Titano.

‘’Orphen, caro fratello, smettila di crucciarti. Sei stato uno dei migliori tra i Titani protettori e…’’- si interruppe Minrad osservando la luce del fratello cambiare colore, simile al fuoco di un falò. Helartha, notando la tensione degli ospiti, li invitò ad uscire dalla stanza e a recarsi nella sala del trono, dove l’aria era più fresca. Dei cupi suoni provenivano da essa, che si alternavano da un disgustoso gorgogliare ad un gracchiare più acuto; erano i Bambini Scarlatti, orripilanti e più ossuti rispetto al primo incontro.

‘’Il Re della Prima Fiamma vuole a tutti i costi la vostra presenza al castello. Credo che questo sia un perfetto allenamento per testare le nuove divise.’’- proferì la consigliera, invitando i due giovani eroi ad attaccare. Fu Arilyn a sferrare il primo colpo, lanciando la bomba fumogena al centro del gruppo, impendendo loro la vista e Darrien con maestria li mutilò usando il suo potere oscuro: uno per uno caddero sotto i suoi colpi, diventando pietra e poi cenere. L’istinto del giovane comandante lo portò ad arretrare verso una colonna e, non appena volse lo sguardo sul soffitto, decine di altri Bambini erano lì ad osservare con i loro occhi luminosi la preda da sventrare. Scagliò alcuni pugnali contro di loro, che finirono in diversi punti del corpo ferendoli o uccidendoli sul colpo; uno di loro gli saltò addosso cercando di morderlo al collo e il ragazzo si sforzò il più possibile per non farsi azzannare fin quando Arilyn non afferrò il Bambino per la spalla e lo trafisse alla gola con la spada, facendo zampillare sangue e cenere. Alla carneficina del nemico si unirono anche i due Titani che li schiacciarono, mutilarono e fracassarono i loro corpi come fuscelli secchi. Lo scontro, seppur breve, terminò con lo spargimento di cadaveri in tutta la sala; un lamento sofferente provenne dal trono.

‘’Helartha, no!’’- esclamò Darrien, correndo da lei. La donna era ferita gravemente, con un grosso squarcio sul fianco che continuava a grondare sangue e diversi morsi sul braccio e sulla spalla. La sua anima stava lasciando il suo corpo, tingendo i suoi occhi di grigio pallido:

‘’Sapevo che un giorno l’Oscura Signora sarebbe venuta a prendermi…ma non in questo modo. Non soffrendo…’’- disse lei, accasciandosi sul bracciolo del trono ed esalando l’ultimo respiro. Dei passi pesanti giunsero dal lato opposto del trono, rivelando Vraekhar ferito anche lui ad una gamba e al fianco: trasalì nel vedere il cadavere della donna.

‘’Perché non l’avete salvata?’’- domandò senza distogliere lo sguardo. L’uomo gettò via la spada e, claudicante, prese tra le sue braccia la donna anziana. I ragazzi osservarono quel gesto di premura che assunse il Re nei confronti della donna e il comandante domandò:

‘’Lei…non è una semplice consigliera, vero?’’
Vraekhar sospirò, bloccandosi sotto l’arcata del corridoio con il corpo esanime della donna tra le braccia. Senza voltarsi, illuminato a malapena dalla luce emessa da alcune candele, rispose con malcelata tristezza:

‘’Consigliera, balia e madre. Mia madre. Come ogni membro di stirpe reale, merita di essere seppellita vicino la mia consorte. Gallart la pagherà per tutto il male che mi ha causato.’’

Ad Huvendal, nel frattempo, l’affranto Re salutava per l’ultima volta un suo fedele soldato e amico nel cimitero dei guerrieri, che sembrava comunicare il suo dispiacere: nessun fiore si muoveva con il vento, gli alberi sembravano essiccarsi come le lacrime versate dall’uomo. Alcuni soldati che lo conoscevano e combatterono al suo fianco, conficcarono le loro spade davanti la tomba inginocchiandosi. Dopo qualche secondo, ogni Guardia Merfolk, Navra e l’Élite dei Custodi delle Stelle salutarono il loro compagno caduto e ritornarono in città, lasciando Searlas da solo, distrutto dal dolore.

‘’Perché ti sei sacrificato Vorshan? Perché hai voluto fare questa follia?’’- chiese l’uomo al suo defunto amico, come se potesse ancora parlargli e ricevere una risposta. Nulla, se non quel silenzio così assordante che lo feriva ulteriormente. Strinse forte i pugni, tanto da far diventare le sue nocche pallide. Una mano leggera gli si posò sulla spalla, simile ad una piuma: Sindar.

‘’Uomini valorosi si sacrificano per il bene del loro regno e per gli altri. Lui non cercava gloria o riconoscimenti, ma solo che il regno prosperasse in tranquillità. Si è sacrificato anche per sua figlia e non tutti lo farebbero, mio amato.’’- disse lei, cercando di placare quella tristezza che continuava ad opprimerlo. Come uno spettro, il Titano della Battaglia si inchinò con riverenza a Searlas:

‘’Sono dispiaciuta per la sua perdita, nonostante io sia un titano privo di emozioni. Si sarà domandato il perché della mia presenza in questo regno. Protezione, ecco il perché del mio arrivo. Minrad, mio fratello mi ha ordinato di giungere qui. Conosciamo molte cose su di voi, Re Searlas e sui suoi protettori.’’

‘’Protezione? Quale protezione se uno dei miei migliori amici è morto in una guerra che non doveva accadere?’’- domandò con freddezza l’uomo.

‘’Comprendo la sua rabbia, ma siamo stati traditi dalle fasi dell’Eclissi. Troppo rapide nel manifestarsi e noi non potevamo giungere così rapidi dal Regno Celeste.’’
Le vene sul collo di Searlas stavano per esplodere, tanta la rabbia repressa per una simile baggianata. La sua amata gli strinse la mano e quasi istantaneamente la calma ritornò in lui, sorprendendosi con quanta facilità il suo cuore riuscisse a frenare il suo batter frenetico e la sua ragione funzionare nuovamente. Il Re si scusò, assumendo un tono di voce più pacato e invitò il Titano a seguirlo e a parlare di tutti gli eventi riguardante la Madre del Globo:

‘’I due eroi di questo regno devono presentarsi al cospetto di Gallart. Credo voglia affrontarli faccia a faccia…E non è da solo. Non percependo più l’energia celeste della bambina, il Rituale dell’Eclissi ha avuto luogo. Se la ragazza che si fa chiamare Arilyn è così forte come dite, speriamo che riesca a liberare il Sole dalla sua prigionia e quel che ne resta di Gaelia.’’- spiegò Exnera, pulendo la mazza ferrata dai residui incandescenti dei soldati.

‘’Se non dovessero liberare i regni sotto l’influenza di questa eclissi?’’- domandò l’uomo, stanco di un’altra guerra sanguinosa.

‘’Allora tutto quello che è stato generato verrà spazzato via e consumato da un potere instabile, corrotto e oscuro. Questo Regno, quello dei Custodi e i regni dei tre Estremi verranno spazzati via. Sopravvivranno solo quelli della Terra, dei Re Esiliati e quello delle Costellazioni.’’

‘’Perché loro no?’’- chiese Sindar, stupita che i regni nominati per ultimi non verranno coinvolti nella devastazione del Fuoco.

‘’Regina, questi regni dispongono di una magia diversa dalla nostra e l’effetto della Prima Fiamma non può giungere fin lì. Noi Titani sappiamo solo questo e null’altra, per volere della Dea.’’- rispose la creatura che, sfruttando i materiali nello studio di Searlas riprodusse i regni superstiti e con la luce della candela la magia di cui eran impregnati. Era a dir poco assurdo che solo questi pochi regni potessero cadere vittima di un Re avido di potere, ma erano le Stelle a decidere le sorti di ogni popolo:

‘’Mi auguro che quei ragazzi riescano a sconfiggerlo. La calma e la pace iniziano a mancarmi…’’- replicò Searlas, togliendosi la corona dal capo. La porta del suo studio si aprì di scatto, rivelando una figura femminile visibilmente agitata: Thessalia era tornata ad Huvendal.

‘’Quando è successo?’’- chiese la donna, cercando di riprendere fiato. La notizia della morte di Vorshan si era sparsa a macchia d’olio ovunque nei regni confinanti e alleati.

‘’Ti riferisci alla morte del buon vecchio Vorshan? Quasi due giorni fa. Giorni per modo di dire, dato che l’eclissi non cessa e il buio e il giorno si confondono spesso.’’- rispose Searlas, sprofondando nella poltrona, affranto. Thessalia era sconvolta, conosceva lo stratega e le sue abilità invidiabile a volte.

‘’Ha saputo sfruttare le doti di mimetismo tra i plotoni e nessuno ha badato al suo stile di combattimento basato su un vecchio codice militare.’’- esordì qualcuno fermo sull’uscio. Un piccolo scudo argentato brillava di un cupo colore rosso, evidenziando a malapena gli stivali di pelle nera dove era poggiato. Il Re riconobbe la forma dello scudo e la corporatura dell’uomo misterioso e sorpreso disse:

‘’Eloy? E tu cosa ci fai qui?’’

‘’Per volere del destino ero nei dintorni e ho sentito della triste perdita. Non verrà dimenticato, era un uomo d’onore. Inoltre, c’è altro per cui son qui. Arilyn e Darrien hanno conosciuto un vecchio comandante delle truppe che ora addestra messaggeri. Morghull ti suona familiare?’’

‘’Sì, è andato in pensione subito dopo la sconfitta della Guerra d’Inverno, ma perché me lo chiedi?’’

‘’I tuoi ragazzi hanno fatto una breve sosta nella sua baita accompagnati da una creatura simile a quella che hai difronte e da una bambina. Erano in salute fin quando ho avuto modo di seguirli di nascosto.’’- replicò Eloy, lisciandosi la folta barba grigia. Represse un colpo di tosse, ma Searlas notò il suo malessere:

‘’Vai da Nestor e fatti dare del muschio essiccato curativo. Lenirà quella tosse e ti sentirai un po’ meglio.’’

Il Cacciatore Notturno restò sbalordito, era infallibile nel nascondere dolori fisici o ferite e il Re di Huvendal se ne rese conto solo con un semplice sguardo. Scosse la testa incredulo e andò via, posando sul fianco lo scudo argentato. Thessalia, nel mentre che aveva recuperato fiato e lucidità, si avvicinò alla finestra osservando la tempesta di fulmini che imperversava nel firmamento. Uno di questi fulmini, grosso quanto un tronco d’albero, si abbatté a pochi passi dalle mura del castello e il rombo che lo seguì risuonò come il ruggito di una belva famelica. Nello studio giunse anche Shenyra, sporca di fuliggine da capo a piedi:

‘’La causa del disturbo è stata eliminata. La piccola Aithwen mi ha aiutato a trovare il portale che consentiva al traditore di spostarsi da un regno all’altro e alle creature di Gallart di giungere qui indisturbate.’’

‘’E questo portale dove era?’’- domandò la creatura d’onice, sorpresa anche lei da non aver avuto problemi durante la discesa sul mondo terrestre.

‘’Il ripostiglio, dietro la sala dei banchetti. È stato molto astuto Ryre a costruirlo lì. Nessuno sarebbe mai entrato in quel luogo e tutti lo avrebbero considerato solo un piedistallo di pietra lasciato lì a prendere polvere.’’- rispose la ragazza, togliendosi il mantello e poggiandolo su una sedia. Nessuno prima d’ora, eccetto sua madre, aveva visto il corpo snello e tonico. Era simile alla sorella, ma fin da bambina prediligeva la magia delle stelle e il potere celeste.

‘’Dobbiamo solo attendere la decisione delle Stelle…’’- disse Thessalia, stringendosi in preghiera alla Dea.

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Capitolo 7
*** Assalto. ***


All’esterno del palazzo del Re Malinconico, Darrien era inginocchiato nella sabbia mentre una sinistra luce oscura la faceva volteggiare in piccoli turbini. Il respiro era lento e regolare, il volto concentrato e le mani protese verso l’alto. L’oscurità si posò sulle sue mani e si estese lungo il corpo, diventando simile ad una armatura di metallo nero lucente, lasciando solo due pupille bianche. Il ragazzo brandì le sue due spade e fulmineo eseguì un mulinello che provocò delle falci di energia, così forti da demolire delle colonne che sbucavano dal terreno. Cumoli di sabbia e polvere si propagarono ovunque e il fracasso allarmò i presenti nel palazzo.

‘’Sei impazzito ragazzo? Vuoi che altri di quelle creature vengano qui ad ucciderci?’’- domandò furioso e contrariato Minrad, dando l’impressione che la sua voce echeggiasse nell’aria. L’armatura oscura si dissolse dal corpo del giovane con un suono simile a schegge di vetro e sorrise:

‘’Mi parli di pazzia quando non sai cosa è realmente la follia di un uomo, caro Minrad.’’

‘’Sei troppo testardo Darrien, e un giorno te ne renderai conto.’’- replicò il Titano, scrutando in tutte le direzioni se qualche Bambino Scarlatto si fosse incuriosito troppo. Non appena il suo sguardo si volse a sinistra delle colonne ormai demolite, un denso fumo grigio si librava nel cielo rosso cremisi e lui era in grado di vederlo nonostante si confondesse facilmente con il resto dello scenario: un falò. Quando giunsero lì, fatta ad eccezione di Orphen, i ragazzi e Minrad notarono il Re Malinconico inginocchiato ad un falò che ardeva alto, ma le fiamme erano bluastre simili a quelle dei fuochi fatui.

‘’Ogni nobile che si rispetti ha la propria pira funeraria. Per Helartha il fuoco blu rappresentava premura, amore verso il figlio, disciplina…E sono stato io a scegliere tale colore per lei, rispetto alla mia amata consorte e…al mio defunto primogenito. Per loro il colore bianco era purezza d’animo.’’- esordì Vraekhar, voltandosi verso i suoi ospiti, con gli occhi rossi e umidi da un pianto silenzioso.

‘’Quale dovrebbe essere il tuo di colore invece?’’- domandò Arilyn, anche lei affranta per la perdita di suo padre, ma la voce era piatta come se non provasse più emozioni.

‘’Ho fatto un patto con il mio popolo. Semmai una sciagura si fosse abbattuta sul regno, massacrando tutti, il rosso sarebbe stato perfetto. Rappresentando la sofferenza patita e il sangue sparso sulla sabbia dorata con una pira funerarie dalle fiamme cremisi.’’- rispose il Re, lanciando una manciata di rena tra i ceppi e i drappi infuocati. Una volta alzatosi, osservò i ragazzi nelle loro nuove divise e le riconobbe. Ridacchiò con amarezza nel rivederle:

‘’L’ultima volta che l’ho indossata quella divisa è stata quasi venticinque anni fa, prima che la mia consorte si ammalasse gravemente. Fu da allora che Gaelia cessò di risplendere di vita. Ma oggi farò in modo di redimere me stesso. Troppo tempo son stato nell’oscurità tanto da diventarne parte ed oggi sarà l’ultima mia battaglia contro quel maledetto e spregevole essere.’’

Si lasciarono alle spalle la pira che scoppiettava, mentre le fiamme danzavano sotto quel cielo insanguinato. Rientrati nel palazzo, videro diversi lampi di luce provenire dalla sala del trono, seguite da tonfi e rumori metallici. Darrien sfruttò nuovamente il suo potere per confondersi con le ombre del corridoio, lasciando basita Arilyn: una nuova abilità che si rivelava dal nulla. Di fronte al loro amico Orphen si stagliavano altri due Titani che parlavano una lingua incomprensibile, la stessa che udì la prima volta. Entrambe le creature erano fatte d’onice, alte cinque passi, snelle e braccia larghe due palmi. Il comandante restò incuriosito dal vedere che le braccia del Titano di destra erano di due colori. Il sinistro era nera con riflessi di rosso granata mentre il destro bianco come la neve e, cosa ancora più affascinante fu nel constatare che avesse degli occhi diversamente dai suoi fratelli. L’altro, invece, sembrava indossasse un mantello fatto puramente d’ombre e il centro del suo petto era illuminato da una luce violacea: come quella di Orphen e Minrad solo più densa, come se fosse nebbia.

‘’Darrien cosa vedi?’’- domandò Arilyn, che lentamente sfoderava la sua spada, pronta ad attaccare.

Il ragazzo richiamò il suo potere, sgusciando fuori dall’oscurità e alzò la mano, indicando che non c’era alcun pericolo:

‘’Sono giunti altri due Titani, come Orphen e Minrad, ma sono alquanto bizzarri. E, devo ammetterlo, anche interessanti. Pensavo fossero tutti uguali tra loro.’’

Il Titano d’Onice bianco sembrava incuriosito dalle sue parole, finché si rese conto che presto sarebbero giunti due dei suoi fratelli a Gaelia e sapeva che non sarebbero potuti partire senza l’arrivo degli altri. Senza dire nulla si diresse nella sala del trono e con fare minaccioso esordì:

‘’Vi siete decisi a discendere su questo Regno, razza di lumache pietrose.’’

‘’Frena la tua lingua Minrad. Un portale interferiva con l’energia per la discesa sul regno, ma adesso una delle Stelle Nere lo ha distrutto e siamo qui, nonostante il ritardo.’’- replicò sibilando il titano con il mantello di ombre.

‘’Confermo ciò che dice Amdros. Quel portale si trovava in un regno alleato ai Custodi ed era protetto da un incantesimo che ci impediva di trasportarci qui in vostro aiuto. La nostra cara sorella ci ha informato che questo regno è stato attaccato due volte dagli scagnozzi di Gallart e solo il suo intervento è stato utile. Egocentrica come al solito.’’- concluse l’altro Titano.

Arilyn ebbe un lieve scatto d’ira che si manifestò con diversi lampi di luce, che attirarono l’attenzione del Titano delle ombre Amdros. Il suo compagno cercò di calmarla, ma quella luce comunicò con l’oscurità che gli apparteneva, manifestando diversi sprazzi di fulgori, varie lingue luminose che si propagavano dalla spalla della ragazza giungendo al braccio del ragazzo.

‘’Sono loro Orphen? Sono i due eroi di quel regno?’’- domandò il Titano dalle braccia bicolore, indicando i giovani con un cenno del capo.

‘’Sì, sono loro. Arilyn e Darrien, eroi di Huvendal e coloro che hanno sconfitto la sorella di Gallart.’’- rispose il Titano d’onice, mentre il bagliore del suo volto divenne bianco: era sorpreso.

‘’Ammirevole. Ad ogni modo, io sono Vidthar e lui è Amdros. Siamo entrambi Titani d’Onice, ma differiamo per molti aspetti e ruolo. Il mio compito è quello di donare la vita e la morte alle persone o alle creature di questo mondo. Mentre mio fratello Amdros manipola l’oscurità per intrappolare e uccidere i nemici o gli intrusi.’’

I ragazzi ricambiarono il saluto non appena i loro poteri smisero di comunicare. Arilyn rimase sorpresa nel notare che lui era l’unico della sua stirpe ad avere degli occhi, seppur avessero un qualcosa di rettile. Vidthar sospirò sorpreso: ormai erano anni che nessuno gli chiedeva il perché di quegli occhi.

‘’Io non sono nato come i miei fratelli. Minrad, Orphen, Rae e tutti gli altri sono figli della Stella Creatice, mentre io…ero umano.’’- s’interruppe notando lo stupore dei due giovani, increduli a quella rivelazione. Riprese con un altro sospiro:

‘’Umano. Già. Ho fatto cose tremende in vita e ora ne porto il fardello. Ho strappato la vita ad innumerevoli persone e creature con queste braccia. Quando la mia saccenteria e spavalderia mi condussero ad una violenta morte, la mia anima vagò per le costellazioni in cerca di pace finché un torpore così forte e magnetico mi attirò a sé. La Stella Creatrice aveva osservato tutto quel che la mia anima nascondeva e mi ha offerto una seconda occasione di vita, ma pagandone il prezzo. Gli occhi da rettile e le braccia bicolore sono le punizioni che mi ha inferto. Viscido e a sangue freddo per gli omicidi, vita e morte sono i colori che impregnano le braccia.’’- terminò il Titano, osservando i ragazzi incuriositi dalla sua storia ma dovettero interrompere lo stupore per una improvvisa luce alle loro spalle, così chiara e brillante da contrastare i riflessi cremisi dell’eclissi. Da quel portale comparvero due lunghe braccia sottili e pallide come la neve. Le dita artigliate affondarono nel duro pavimento e trascinarono il resto del corpo della creatura fuori dal portale.

‘’Finalmente il Custode Rae si decide a presentarsi. Doveva essere il primo, oltre Orphen, a giungere su questo mondo e su Gaelia.’’- ringhiò Amdros, mentre l’ombra che lo circondava iniziava ad aumentare e ad assumere strane forme. Quella creatura celestiale si liberò dai filamenti bianchi del portale che gli ostacolavano il cammino, mostrandosi in tutta la sua temibile bellezza. Era alto otto passi, avvolto da una lunga veste cerimoniale porpora con intarsi bianchi tenuta ferma una spilla sul collo. La testa del Titano aveva la forma di una falce di luna, nel centro brillava una luce variopinta che batteva come un cuore. Il portale si richiuse e il rosso tinse di nuovo le mura del palazzo.

‘’E così, loro sono gli eroi di Huvendal. La Dea della Cosmo mi ha parlato di voi e delle vostre abilità. Sono scettico dato che vi acclama come prodi condottieri dalle capacità invidiabili, ma finché non sarò testimone di tale diceria...’’- esordì senza presentarsi con la sua moltitudine di voci profonde e sibilanti, fermo come una torre di vedetta. Sul volto del Titano si materializzò una nube oscura che gli impedì di vedere ciò che lo circondava e tentò di strappare via la cortina d’ombra inutilmente. La luce che fluttuava sulla sua testa esplose in un accecante bagliore, riuscendo a neutralizzare il potere del ragazzo:

‘’Dovrai fare meglio di così, giovanotto.’’- ridacchiò divertito, ma non sapeva che alle sue spalle Arilyn stava concentrando il suo potere incanalandolo nella spada.

‘’Il meglio arriva ora, caro Rae.’’

Il Titano in alabastro restò confuso nel sentire pronunciare il suo nome da quel ragazzo che lo aveva appena visto e fu tardi quando, alle sue spalle si sprigionò una raggiante luce bianca che si tramutò in un fendente devastante. Provò a pararsi, ma il colpo fu più forte di lui e si ritrovò con il corpo incastrato nella pietra gelida delle mura.

‘’Sorprendente, lo ammetto. Ma non crogiolatevi sugli allori. Gallart ha i suoi segreti e, nonostante le vostre abilità, potrebbe ridurvi in cenere con un solo colpo.’’- disse severo il Titano, staccandosi dalla parete crepata. Mentre si dirigeva al centro della sala, i detriti della parete distrutta fluttuarono da lui riducendosi in polvere. Con movimenti eleganti delle braccia, il Custode riprodusse il Castello del Re della Prima Fiamma:

‘’Il suo Castello è una delle strutture più invalicabili mai costruite. Ogni torre di vedetta è collegata alla centrale, dove lui risiede. Con il rituale quasi completo, sarà arduo superare le sue mura brulicanti di Bambini Scarlatti. Dunque, dobbiamo trovare un modo per evitarli e...’’

‘’Il Re ci vuole al suo cospetto, dunque le entrate furtive non servono.’’- lo interruppe Arilyn, rinfoderando la spada e avvicinandosi al suo compagno. Il Titano si ammutolì e scagliò lontano ciò che aveva creato con la sua magia.

‘’Se Gallart vi vuole al suo cospetto, spiegatemi perché siete ancora qui?’’

Quella domanda posta da Rae restò senza risposta per un breve lasso di tempo, nonostante sembrasse eterno quel silenzio inquietante.

‘’Perché attendiamo ancora la venuta di Aaldir e Yvara.’’- rispose Orphen, osservando suo fratello e i suoi amici. Sapeva che suo fratello era facilmente irascibile nonostante il suo compito. Il bagliore che fluttuava sulla sua testa assunse diverse sfumature di rosso, dal rubino al magenta finché restò solo il rosso granata. Un lungo sospiro provenne dall’essere, che senza preavviso scomparve in un bagliore accecante.

‘’Si è offeso. Tipico di un Titano Custode.’’- sibilò Amdros.

Il silenzio ritornò nella sala, interrotto solo dai passi delle creature celesti e dei due giovani eroi. Il Sole si stava spegnendo nella morsa di quel folle rituale compiuto da un Re avido di potere. Il suo sguardo ardente poteva essere percepito anche dietro mura di solida pietra. Anche ad Huvendal il silenzio regnava supremo, con i suoi abitanti in attesa, nelle loro case, che il cielo tornasse limpido e azzurro. I Merfolk e l’élite dei Custodi eseguivano ronde di controllo, alternandosi i luoghi più esposti ad attacchi diretti. La Stella Nera Shenyra meditava e comunicava con le Anziane, chiedendo consiglio su come proteggere il regno alleato:

‘’Mia cara Stella Nera, hai già fatto molto per quel regno dimostrando il tuo potenziale.’’- disse una delle donne, nonostante la sua voce tradisse la sua giovane età.

‘’Ma non ho percepito il grande potere della Fiamma a causa di un portale e…’’

‘’E con la sua distruzione hai contribuito ad evitare un’altra invasione.’’- la interruppe un’altra Stella Nera, con dolcezza tale da stupire la ragazza, tanto da non riuscire a replicare.

‘’Avvertiamo il tuo stupore, ma non dovresti esserlo. Ogni Stella Nera, soprattutto giovane d’età come te, ha affrontato varie sfide come questa. Vedrai che con il tempo la percezione della magia oscura sarà più forte. Quello che hai fatto fino ad ora ci ha reso fiere di te e di tua madre.’’

‘’Anche di mia sorella che protetto la sua compagna?’’- domandò la ragazza, nuovamente sorpresa.

‘’Compagna? Il suo cuore si è unito a quello di una donna di Huvendal? Beh, se il loro amore è forte e sono state le stelle a volerlo, non possiamo che esserne contente. Ora dobbiamo andare, fedele Shenyra.’’

Il legame comunicativo si dissolse, lasciando la giovane nei meandri dei suoi pensieri, avvolta da un’aura violacea. Si sentiva diversa, quasi in conflitto con sé stessa. Una parte di lei era contenta di aver protetto Huvendal e il suo re, ma l’altra invece era delusa da non aver scoperto subito che il potere di Gallart era molto forte, così forte da riuscire a non essere percepito. Restò in meditazione, chiedendo anche il conforto della Dea del Cosmo. Il suo animo tornò sereno e riuscì ad aumentare la sua aura, illuminando la stanza con un sinistro bagliore porpora. Nel mentre, all’esterno del castello, Searlas osservava impotente le tenebre che divoravano il suo amato regno e, all’orizzonte, brillavano fiamme gigantesche. Nonostante l’immensa distanza, il fuoco del potere di Gallart si stagliava contro tutti e contro il firmamento. Il suo sguardo, lucido per le lacrime, si posò sul cielo tinto di scarlatto e le nubi nere sembravano trasformarsi nel freddo velo della Tenebra, pronta a posarsi su di loro.

‘’Non sono un re. Sono un debole. Il mio regno, il mio popolo, i miei soldati…Tutti soffrono e temono la fredda mano della tenebra e io sono qui, incapace di trovare una soluzione. Questa corona è solo un fardello. Un asfissiante ed opprimente fardello.’’- disse, togliendosela dal capo e lanciandola contro il parapetto con rabbia repressa.

‘’Tutti temono la morte Searlas. Ma, prova a riflettere solo per un minuto. Pensi realmente che il tuo popolo ti abbandoni? Che i tuoi soldati disertino il loro Re e il loro regno? Pensi che tutto questo sia solo un fardello asfissiante? Hai fatto grandi cose per molte persone e in cambio desideravi solo che stessero bene, senza chiedere oro o gioielli e ti autocommiseri.’’- disse una voce familiare ma inumana e dal tono gelido. Searlas volse lo sguardo verso il Titano:

‘’Tu non conosci il mio passato Exnera. Non sai perché agisco in questo modo e perché considero essere Re un peso.’’

‘’Per secoli, se non addirittura millenni, noi Titani abbiamo visto Re e Regine tramutare il loro regno in un cimitero angosciante, mentre loro erano corrotti dall’avidità e tu consideri questo privilegio un peso? Un fardello? Tu non immagini quel che abbiamo visto noi e, posso dire, che tu sei uno dei migliori Re che abbia incontrato fino ad ora. Hai una splendida regina al tuo fianco, due prodi eroi stanno rischiando la loro vita per salvare la loro casa e te, i tuoi soldati non tradirebbero mai la tua fiducia.’’

‘’Eppure uno lo ha fatto.’’

‘’Lui era intriso d’odio e non c’entra con questo. Sto dicendo che il tuo regno ti ama e supporta nonostante le peripezie. Indossa la corona Searlas e smettila di piangerti addosso.’’- replicò autoritaria Exnera, prendendo la corona e porgendogliela con serietà. Il Re si sentiva terrorizzato lievemente dal cambio repentino del Titano e obbedì.

‘’Ora rifletti sulle mie parole e non autocommiserarti. Usa la forza di volontà che non scarseggia mai nel tuo cuore.’’- disse Exnera prima di scomparire nell’ombra.
Nel mentre, nei corridoi del palazzo, Niveral eseguiva la ronda di turno per controllare se tutto fosse in ordine fino a che non trovò il suo compagno vagare avanti e indietro davanti il suo alloggio:

‘’Nestor cosa fai qui?’’- domandò il comandante, distogliendolo dal suo stato di trance.

‘’Devo dirti una cosa che mi opprime da troppo tempo.’’- rispose il capo medico, con evidente esitazione.

‘’Ti ascolto.’’

‘’Io sono felice di stare con te, ma so perfettamente che una parte di te è ancora legata a Rhakros. Tu lo hai amato e, nonostante il tuo grado e impegno, lasciavi che quel piccolo spazio di tempo libero potesse usufruirne anche lui.’’

‘’Cosa stai cercando di dirmi?’’- chiese l’uomo, perplesso e nervoso.

‘’Quello che voglio dirti è che io so che non potrò mai sostituirlo. Mi sento solo un verme ad aver usurpato il suo posto. Ma io non controllo l’amore…’’- replicò, con un luccichio di tristezza negli occhi. Niveral si avvicinò al suo compagno, prendendogli il viso tra le mani e poggiando la fronte alla sua, chiuse gli occhi e restò in silenzio con lui, che cercava di non piangere:

‘’Se c’è una ragione per la quale ho deciso di trascorrere la mia vita con te è perché comprendo e sento cosa è l’amore che si prova per qualcuno. Tu non hai usurpato il suo posto e non sei nemmeno un verme. Sei un formidabile capo medico che tutti apprezzano. Non nego che mi sento ancora legato…ma lui avrebbe desiderato solo la mia felicità e non che mi consumassi nel mio lutto. Io ti amo e lo farò sempre. Con tutto il mio cuore.’’- disse, per poi passare le dita tra i capelli del compagno e baciarlo con tutto l’amore possibile. Nestor lo strinse e lo abbracciò forte.

‘’Ti amo anche io Niveral.’’

Nella baita di Morghull, invece, il terrore sembrava non essersi insediato nei messaggeri che erano pronti a raggiungere Gaelia e unirsi agli eroi huvendaliani. Ognuno di loro indossava la propria uniforme con il colore e il simbolo della stella alla quale appartenevano e Arneb comandava il gruppo. Morghull, invece, era chiuso nella sua baita:

‘’Il Maestro non viene con noi?’’- domandò Hatysa, finendo di affilare la sua spada con una pietra cote. Il messaggero della Lepre osservò la baita con sguardo pensieroso, sapendo di essere visto dietro le tende sbiadite della sala. Il ragazzo scosse il capo per poi abbassarlo successivamente:

‘’Che vigliacco. Manda noi in una missione suicida e lui resta comodo sulla sua poltrona.’’

‘’Frena quella lingua biforcuta Hemal, è sempre il tuo Maestro e va rispettato.’’- esordì Errakis, rimasto in silenzio per troppo tempo.

‘’E un Maestro rispetta il proprio allievo, invece di pestargli il piede con il bastone perché non ha rispettato un volere.’’- rispose con accidia il messaggero. Arneb digrignò i denti nel sentire quel futile litigio tra i suoi compagni e, all’apice della pazienza, urlò così forte da sembrare una creatura famelica. Le vene sul suo collo sembravano pronte ad esplodere e il viso era rosso:

‘’Sono stanco di sentire continue discussioni futili. Hemal, se provi ancora rancore per il nostro Maestro perché non hai preso i tuoi abiti e oggetti e te ne sei andato? Anche io prima di te ho ricevuto bastonate sulle gambe e dietro la schiena ed eccomi qui. Senza una ferrea disciplina, non saresti nessuno. Morghull ti ha colpito per farti comprendere che non devi parlare senza il consenso di un tuo superiore o senza essere interpellato da una creatura celeste.’’- rispose con un luccichio furioso nei suoi occhi scuri, tanto da terrorizzare il messaggero scorbutico.

Una risata di puro divertimento risuonò nella loro testa: inumana e appartenente ad una creatura celeste. Dei passi alle loro spalle annunciarono l’arrivo del Titano d’Onice, ma il colore rosso-marrone con bande bianche non sembrava coerente con il materiale creato mentre il piccolo globo di luce che avevano i suoi fratelli era posto a sinistra del petto e brillava come il sole del primo mattino e le spalle erano avvolte da alcune cinghie di cuoio che reggevano due spade ben affilate.

‘’Sei sicuro di essere uno dei fratelli di Orphen?’’- domandò Celaeno, osservandolo da sotto il suo cappuccio azzurrino.

‘’Non sei il primo che mi porge questa domanda buffa. Sì, lo sono, ma non sono propriamente d’onice, ma della sua variante. Sardonice per essere precisi.’’- rispose il Titano, abbassandosi all’altezza del messaggero. Hemal, ancora scorbutico, domandò al Titano:

‘’Tu saresti?’’

‘’Irdar, Titano della Caccia. Sono qui per condurvi a Gaelia per raggiungere i miei fratelli e gli eroi del regno alleato ai Custodi. In riga soldati.’’- rispose il Titano, precedendoli per primo.

‘’Quello che dà gli ordini sono io.’’- replicò Arneb, stringendo i pugni tentando di contenere la rabbia per tale insolenza e saccenteria. La creatura celeste arrestò la sua avanzata istantaneamente, ma volse la testa lentamente verso il capo messaggero. La luminescenza cremisi del cielo che si rifletteva sulla pelle del Titano, e il bagliore nel suo petto che faceva da contrasto, gli donavano un aspetto terrificante:

‘’Non parlare se non sei interpellato. È ciò che il vostro Maestro vi insegnato, vero? Sono un Titano che ha pazienza, potrò essere insolente, ma tu non sei da meno. E ora, in riga.’’

Il capo messaggero digrignò i denti, ma dovette obbedire. Hemal incrociò il suo sguardo che comunicava ciò che aveva provato lui: vergogna, rabbia, tristezza…Tutti sentimenti che Arneb non aveva mai provato ma che ora percepiva chiaramente. Si sentiva ferito nell’orgoglio. Una ferita dolorosa che superava quelle fisiche. Muto, ma con il viso contorto dall’accidia seguì i messaggeri in silenzio.

Nel Palazzo di Vraekhar, nel frattempo, Rae continuava ad andare avanti e indietro per l’immenso salone, nervoso e ansioso nell’attesa do Aaldir e Yvara, ma il suo comportamento innervosiva Darrien che stringeva le else delle sue spade nel tentativo di calmarsi. Più il tempo passava e più le probabilità di recuperare la Madre del Globo svanivano come cenere al vento. Il Titano d’Onice imprecava e si chiedeva dove potessero essere finiti gli altri due. Arilyn invece riposava e, di tanto in tanto, il suo potere si manifestava con sprazzi di luce. Il suo compagno sapeva che stava avendo degli incubi e sfruttò il potere per calmarla e starle vicino. D’un tratto una risata gutturale allertò tutti i presenti che sfoderarono le loro armi. Il Titano Custode strinse i pugni rabbioso:

‘’Aaldir, maledetto, smettila di nasconderti nell’ombra ed esci allo scoperto. Anche tu, Yvara.’’

Dall’ombra delle colonne, i due Titani si mostrarono nella loro eleganza e possente stazza. Aaldir sembrava essere stato plasmato dalla forma di un tronco di quercia, mentre la luce vitale era al centro del petto. Yvara, invece, era completamente nera e il bagliore, posto sulla fronte, brillava come se fosse oro fuso.

‘’Un Titano del Giudizio e uno dell’Odio che si riducono a questi ridicoli scherzi. Siete delle creature celesti create per uno scopo preciso.’’- disse Minrad con la sua voce demoniaca, rimproverando i fratelli.

‘’Sappiamo per quale motivo siamo qui ma non volevamo che questo evento pesasse su tutti noi e una banale burla potesse aiutare.’’- rispose il Titano dell’Odio con voce piatta, ma l’umore dei presenti la convinse dello sbaglio e il bagliore vitale sfumò sul grigio. Il Custode, ormai stanco di attendere l’arrivo dell’altro fratello, ordinò ai presenti di pulire ed affilare le loro spade, prendere ogni provvista e, soprattutto, concentrati. Arilyn e Darrien si diressero nel loro alloggio e sistemarono le cinture con i pugnali, la bomba ad impatto ed erano pronti. Ma la ragazza rimase ad osservare il letto davanti a sé in silenzio, con la mano tremante sull’elsa della spada.

‘’Arilyn, tutto bene?’’- domandò il suo compagno, preoccupato fin da prima per il suo stato emotivo.

‘’Se non dovessimo farcela? La Regina era forte, ma Gallart con il potere dell’Eclissi adesso sarà inarrestabile.’’

‘’Tu perché ti sei unita all’esercito di Searlas?’’- domandò il ragazzo assumendo una postura più autoritaria, ignorando completamente la domanda di Arilyn.

‘’E questo che c’entra? Io temo per la nostra vita e tu mi chiedi...’’

‘’Rispondi.’’- la interruppe con freddezza.

‘’Per proteggere il mio regno, Searlas e tutte le persone a me care. Aithwen, Sharal, Sivaln e tutti gli altri allievi. Proteggere quello che è stato costruito con impegno. E soprattutto…mio padre.’’

‘’E ti sei mai posta questa domanda prima d’ora?’’- chiese avvicinandosi e posando una mano sulla sua spalla, addolcendo il tono di voce. L’Araldo della Luce sospirò sentendo la mano del suo compagno:

‘’No, perché il mio cuore, il mio istinto e la mia volontà mi rendevano coraggiosa e l’amore che provavo per te, per mio padre e miei amici mi spingeva ad affrontare a testa alta i nemici.’’

‘’Dunque sfrutta di nuovo questi sentimenti per affrontare Gallart. Non lasciare che la paura soggioghi la tua mente e ti paralizzi. Io l’ho fatto e ho rischiato troppe volte di non rivedere te e mio padre, ma tutto parte da qui. Dal cuore. Raccogli ogni frammento di forza interiore, incanalane nel cuore e usale per terrorizzare il nemico. Sei in grado di farlo, mi fido ciecamente di te.’’

Quelle parole furono come pioggia primaverile che lenirono l’animo irrequieto della ragazza. Non si aspettava un cambiamento evidente. Dimostrava di essere un comandante d’élite a tutti gli effetti. Annuì ed entrambi si diressero dai Titani che attendevano all’uscita, ma qualcuno mancava all’appello: il Re Vraekhar.

‘’Partiremo lo stesso. Con o senza di lui. Ne ho abbastanza adesso.’’- ribadì il Titano Custode, avvolto da uno strano fulgore scuro e andò per primo. D’un tratto, un pugnale argentato si conficcò nel cancello con un tonfo sordo. Il Re Malinconico era fermo al centro della sala, con una spada dalla lama piatta e dalla doppia filatura mentre l’impugnatura era ricurva e il pomolo in acciaio. Un’arma molto insolita per un Re.

‘’Titano, sei nel mio palazzo e segui le mie regole. Non puoi prendere tu le decisioni come se nulla fosse.’’

‘’Osi darmi degli ordini, Vraekhar? Sei buffo, mio caro.’’

Quella risposta ironica provocò un leggero sorriso nel Re, ma era un sorriso freddo e a tratti sadico. La lama, stretta nelle mani, provocò piccole scintille quando toccò il pavimento pietroso:

‘’Sai cosa mi fa ridere? Che una creatura celeste, come te, venga nel mio regno e come se nulla fosse comanda tutti. Potrei comprendere i due ragazzi che, essendo dei cavalieri, obbediscono. Ma voi altri Titani? Minrad, non sei il Titano più anziano? Dovresti essere tu a guidare questo piccolo esercito. Oppure tu Darrien. Ad ogni modo, io ho rispettato tutte le creature celesti, anche Gaelia quando discese sul regno per diffondere i suoi insegnamenti e il suo amore. E tu, in questo istante, non stai rispettando un Re, ma soprattutto la tua Stella Creatrice.’’

Il Titano Custode non rispose, restò in assoluto silenzio, sapendo di aver commesso il primo sbaglio della sua vita eterna. Il Titano d’Onice bianco, esitante, si diresse alla porta seguito dai fratelli e dai due giovani ragazzi e il Re. L’ultimo a varcare la soglia fu Orphen:

‘’Rae, mi dispiace per questo. Vraekhar è un Re che ha conosciuto Gaelia e…’’

‘’Non una parola Orphen. Per favore. Vai.’’- lo interruppe, posandogli una mano sulla spalla e spingendolo ad uscire dal palazzo. Il cielo vibrava di colori scuri, lasciando il rosso predominare su tutto. Il caldo opprimente del deserto era stato sostituito da un freddo innaturale e la sabbia, trasportata dal vento, colpiva i giovani come fossero centinaia di fruste. Qualcosa arrestò Aaldir, il Titano del Giudizio. Il suo sguardo volse verso la Torre Nera in lontananza e un luccichio arancione presagiva qualcosa di pericoloso in arrivo. Un fischio acuto, una lunga coda infiammata solcò il cielo e iniziò a precipitare verso di loro. Quella coda luminosa si divise in più parti, continuando la sua discesa.

’Ripiegare!’’- urlò la creatura celeste, allontanandosi dalla traiettoria e facendo da scudo al Re, che ignorava l’imminente morte. Una pioggia di sfere di metallo e pietra infuocata caddero sul piccolo esercito, esplodendo successivamente con forti boati. Cumuli di sabbia rovente si innalzarono e, per l’elevato calore, si cristallizzarono, divenendo colonne di vetro. La minaccia sembrava non arrestarsi: alcune di quelle sfere liberarono alcuni Bambini Scarlatti mutati dall’Eclissi. Arilyn estrasse la sua spada e fu lei ad attaccare per prima le bestie con affondi, montanti e mulinelli. La rabbia per quello che le era stato tolto, l’amore che provava ancora per suo padre, per i suoi amici e per Darrien sembravano renderla instancabile:

‘’Voglio sgranchirmi anche io. Sono secoli che non combatto contro qualcosa.’’- esordì Vidthar, correndo a grandi falcate verso la ragazza che stava decimando i nemici. La sua pelle risplendeva come il suo potere. Il Titano della Vita e della Morte afferrò uno dei Bambini per la gola con la mano sinistra e, osservandolo negli occhi privati dell’umanità, la strinse forte e con l’altra tirò le gambe scheletriche fino a spezzarlo in due e lanciando le parti mutilate contro gli altri. La ragazza non badò molto al Titano e continuò a falciare i Bambini Scarlatti, finché non ne rimase uno solo, debole e ferito. Senza alcuna pietà, Arilyn lo decapitò con un singolo colpo.

‘’Muoviamoci.’’- disse la ragazza, rinfoderando la spada e dirigendosi a passo veloce verso i suoi amici, mentre il potere restava vivo sulle mani. I suoi occhi trasmettevano tutto l’odio verso Gallart e i suoi scagnozzi, lo riteneva responsabile per il suo dolore, per la sofferenza e le difficoltà che il suo amato e i suoi amici stavano affrontando. Darrien, vedendo nei suoi occhi quella scintilla di rabbia tenuta a bada per troppo tempo, annuì solamente facendole comprendere ciò che desiderava.
Dalla Torre Nera, invece, il Re della Prima Fiamma distrusse due dei suoi soldati, strappando senza un briciolo d’umanità le loro braci incastonate nell’elmo:

’Che sia di lezione anche a voi Guardiani d’Ossidiana. Disobbedite ad un mio ordine e la vostra brace verrà strappata e distrutta dalle mie mani. Avete compreso?’’- chiese, osservando i soldati arretrare di qualche passo dai cadaveri di pietra. Osservava ai piedi del suo impero l’avanzata dei Titani, di Vraekhar ma ciò che lo fece sorridere era vedere i due ragazzi di Huvendal camminare a testa alta:

‘’Quanto ci vuole, Re della Prima Fiamma?’’- domandò la Figlia della Luna, usando una delle pietre dei Guardiani per affilare la lama.

‘’In guerra serve pazienza. Saper aspettare. Anche io fremo dalla voglia di combattere contro di loro, ma l’attesa verrà ripagata. E presto anche.’’- rispose Gallart, sorridendo diabolicamente nel vedere anche il corpo esanime della piccola Narwain, gettata in un angolo come ciarpame. Un gesto del Re e avanzò uno dei Guardiani che sembrava non aver paura di lui:

‘’Sì, mio Sire?’’

‘’Vai alle mura del regno e apri il portone. Una volta fatto, torna qui e attendi istruzioni.’’- ordinò la creatura che un tempo era umano. Lo stridore di metallo era segno che le porte erano aperte per i due ragazzi e i Titani, ma Gallart aveva sempre un asso nella manica: non appena il soldato tornò sulla torre, gli ordinò di radunare i Bambini Scarlatti, seppellirli sotto la sabbia rovente e attendere che uno dei ragazzi o Titani mettesse piede per primo all’interno del regno.

‘’È sicuro di questa strategia, mio Sire?’’

‘’Un lupo non attacca mai senza aver teso l’imboscata perfetta. Un passo falso e la morte poserà su di loro il velo della notte.’’- rispose, mentre piccole fiammelle divampavano dalle sue spalle e dagli occhi. Represse una risata di puro sadismo e si diresse verso il suo trono, in attesa che quella porta si aprisse rivelando dei guerrieri stanchi, assetati e indeboliti.

‘’Ho un ultimo incarico per te. Raduna tutti i Guardiani e portali al Deserto dell’Epirdo, il più lontano possibile da questo castello e regno.’’- esordì nuovamente il Re parlando con il soldato precedente. Rispose con un inchino e un colpo di spada sul pavimento, per poi scomparire in una accecante fiamma rossa carminio. La Figlia della Luna ricomparve davanti al Re, con la sua spada lucente e si avvicinò al trono:

‘’Noto con piacere che il desiderio di combattere contro quegli insulsi scarafaggi si addice al tuo essere.’’

‘’Mi stai adulando, Figlia della Luna?’’- domandò il Re, osservando nei suoi occhi un luccichio di malizia. La donna sorrise e lo baciò avidamente sulle labbra, producendo piccole scintille. Dopo quel bacio, Gallart sorrise, mostrando una fila di denti bianchi e affilati.

‘’Lo considero un sì. Ma ti chiedo un solo favore. Arilyn lasciala a me. Gradirei scoprire cosa è in grado di fare senza l’aiuto del suo compagno e quanto forte è il suo potere.’’- proferì l’essere malvagio mentre il suo corpo si ricopriva di una leggera armatura, donandogli quell’aspetto di un essere sgusciato dai meandri infuocati della terra.

‘’Sì, mio Re Gallart.’’- rispose Aata, rinfoderando l’arma sul fianco e sistemandosi il vestito bianco e nero che, nonostante il firmamento cremisi, brillava di un intenso fulgore bianco che metteva in risalto le pareti della sala.

Nel mentre il Re della Prima Fiamma e la Figlia della Luna condividevano il loro folle, spietato e innaturale amore, gli eroi di Huvendal erano a pochi passi dalle mura del regno nemico. Il caldo della sabbia, il vento e la fatica era visibile sui loro volti; piccole gocce rigavano la loro fronte, come rugiada all’alba imperlava il verde della terra. Le mura estese, in basalto e ossidiana, erano imponenti e i piccoli palchi posti sui bordi dalle forme triangolari gli conferivano l’aspetto di una gigantesca bocca di una famelica belva infernale. Orphen avanzò per primo verso le mura e, sfoderando la sua spada, proferì parola dopo molto tempo:

‘’Ricordate che dopo queste mura, non si torna più indietro. Io combatto per salvare la mia padroncina Narwain, non per altro. E adesso avanziamo.’’

‘’Non senza di noi, caro fratello!’’- rispose un’altra voce, profonda e terrificante come quella di Minrad. Tutti si voltarono verso quella creatura, fiancheggiata da alcune persone.

‘’I messaggeri di Morghull e…Irdar? Tu? Che ci fai qui?’’

‘’Che domande sono Orphen. Siamo qui per aiutarvi a sconfiggere Gallart e la Figlia della Luna. Mettiamo fine una volta per tutte alla rinascita del Re della Prima Fiamma e spegniamo la sua brace.’’

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Capitolo 8
*** Rinascita del Sole. ***


I Titani d’Onice, i Messaggeri di Morghull, Vraekhar e gli eroi huvendaliani erano tutti uniti contro un unico nemico, pronto a spargere su ogni regno confinante con il suo il seme d’odio, potere e ridurre in cenere ogni ostacolo. I messaggeri scambiarono un breve saluto presentandosi ai ragazzi e al resto delle creature celesti, prima di sfoderare le loro armi e attendere un futuro ordine. Nelle retrovie, però, uno dei messaggeri era ancora astioso nei confronti di Irdar tanto da essere notato da Darrien.

‘’Arneb.’’

‘’Che vuole, comandante Darrien?’’- domandò lui, con una nota di sarcasmo.

‘’L’astio che provi nei confronti di uno dei Titani sta accecando il tuo raziocinio. Ogni emozione negativa danneggia solo il tuo corpo e il tuo animo e farà in modo di renderti debole durante lo scontro.’’

‘’Debole? Io non ho nessun potere che mi renda forte, oscuro o di luce. Non sono una creatura celeste come loro. Sono solo un semplice messaggero, capo messaggero per la precisione. E mi sono sentito dire: ‘’Non parlare se non sei interpellato’’ da un Titano che sbuca dal nulla e viene a dirmi cosa fare. Per favore comandante, vada dalla sua compagna e dai suoi amici e non cerchi di dirmi cosa ho sbagliato.’’- rispose aspramente Arneb, con le gote rosse e le vene sul collo pulsanti.

‘’Non lo farò. È tempo perso con una persona che non cerca di rimediare.’’- rispose Darrien, scuotendo la testa in segno di disapprovazione e delusione. Il piccolo esercito attraversò il cancello, ritrovandosi d’innanzi alla Torre Nera, la dimora di Gallart. Nessuna abitazione, animale o schiavo del Re del Fuoco che potesse attaccarli. Avanzarono per pochi passi, fin quando i due eroi di Huvendal e uno dei Titani si fermarono:

‘’Qualcosa di pericoloso è nascosto sotto i nostri piedi.’’- disse Arilyn, affidandosi al suo istinto. Sfoderò la spada, impregnata del suo potere che sembrava infinito e, caricando il colpo, eseguì un mezzo mulinello spazzando via cumuli di sabbia e rivelando il pericolo. Era una trappola ben escogitata ma aveva fallito. Darrien scattò fulmineo, avventandosi su quelle creature senza pietà. Li trafisse, ruppe loro gli arti, mutilò e decapitò ma più ne uccideva, più aumentavano. Fu allora che i Titani, Arilyn e Vraekhar corsero verso di lui, fronteggiandone decine e decine.

I messaggeri, invece, attendevano un segnale di Arneb ma nulla sembrava smuoverlo. Hemal, stanco di aspettare afferrò il suo martello e corse urlando contro i Bambini Scarlatti. Il loro sangue bagnava la sabbia di nero, i loro arti sparsi ovunque e il tanfo di morte era nauseabondo. Tutto sembrava essere tornato alla normalità ma il Guardiano d’Ossidiana piombò sui cadaveri ammassati, scaraventandoli ovunque.

‘’Sei in inferiorità numerica, lasciaci passare.’’- esordì Vraekhar, puntandogli la spada contro. La creatura di pietra fu avvolta da fiamme lucenti e corse verso di loro, tenendo il busto basso e la sua lancia dritta. Tutti si misero in posizione difensiva ma Aaldir, il Titano del Giudizio, sorprese tutti scagliandosi sul soldato e ostacolandogli l’avanzata, afferrandogli l’elmo e lanciandolo sulle mura interne.

‘’Voi andate. Baderò io a lui per un po’. Muovetevi.’’- furono le sue parole, invitando i suoi fratelli e amici a proseguire verso la torre. Dalla nube di polvere il Guardiano d’Ossidiana comparve nuovamente e, incendiando la sua arma, la lanciò come una saetta. Un bagliore, un fruscio simile a foglie secche e una lunga lingua di fiamme brune che schivarono il Titano di pochi centimetri. La lancia, con un tonfo sordo accompagnato da carne che veniva lacerata, terminò la sua corsa conficcandosi nel corpo di Vraekhar, trapassandolo da parte a parte e iniziando a bruciare la carne. La sua spada volò ai piedi di Darrien.

‘’L’Oscura Signora ha deciso di punirmi prima…di prendersi la mia anima. Darrien, prendi tu quella spada.’’ L’uomo osservò il cielo terso di nubi scure e sorrise: ‘’Ora potrò ricongiungermi con la mia adorata consorte e…’’- ma non riuscì a terminare la frase e, avvolto dalle fiamme, cadde esanime nella sabbia. Il soldato d’ossidiana approfittò della loro esitazione per sferrare un altro attacco, ma Aaldir lo afferrò per l’elmo deforme e lo strappò con forza, scoprendo la sua brace.

‘’Andate!’’- urlò il Titano, tenendo per l’armatura la creatura e bloccandogli ogni tentativo di raggiungere i suoi amici. I Titani d’Onice, i Messaggeri e gli eroi di Huvendal correre verso il portone della Torre. Mentre all’esterno imperversava la lotta tra due rivali, all’interno della dimora del Re il caldo intenso sembrava non esistere. Gelo, tanfo di legno bruciato e decomposizione impregnavano le mura. Appesi alle pareti, c’erano altri Bambini Scarlatti terribilmente deformati e con le loro fauci già spalancate. Il Predone dell’Oscurità afferrò la spada del Re defunto e, impregnandola di potere, eseguì un mezzo mulinello generando una imponente falce nera di energia che ridusse in cenere gli avversari:

‘’Troppo semplice.’’- disse Arilyn, osservando come i corpi mutilati si muovevano in preda a spasmi e spargevano il sangue ovunque. Dall’alto della torre iniziarono a cadere schegge di pietra, mista a polvere e trucioli di metallo. Decine di lunghe braccia ricoperte di pustole violacee e grondanti liquido fetido sgusciarono dall’oscurità che li sovrastava, lamenti di dolore penetrarono nei timpani dei ragazzi, causando angoscia nel loro cuore. Quando il gigantesco ammasso di corpi fusi, ustionati e deformi restò appeso a mezz’aria, tenendosi aggrappato con alle pareti, una voce gutturale e gorgogliante attirò la loro attenzione:

‘’Che cosa ci fate in questo luogo, giovani viandanti?’’

‘’Gallart ha richiesto la nostra presenza. Facci passare, orrenda creatura.’’- rispose Arneb, quasi sibilando come il più vile dei serpenti. Darrien volse il suo sguardo intriso d’oscurità dritto nei suoi occhi, paralizzandolo dalla paura.

‘’Perdona il mio amico, la paura soggioga il suo raziocinio. Come detto, Gallart ha richiesto la nostra presenza, dunque lasciaci passare, qualunque cosa tu sia.’’- disse il comandante, tentando di rimediare alla mancanza di rispetto di Arneb.

‘’Perdono? Noi non conosciamo perdono. Siamo il popolo di Gaelia e a causa sua siamo diventati questo ammasso deforme e sofferente. Ci ha…tramutati per difendere questa torre da eventuali trasgressori e abbiamo fatto il possibile per ucciderlo, ma lui…è forte anche per noi. Non vi chiediamo di combattere per passare ma mettere fine alle nostre pene. Siamo stanchi di tutto questo e vogliamo avere pace...’’- rispose rantolando e allungando una delle braccia tremanti. Il portone si spalancò con forza, lasciando intravedere sulla soglia due creature giunte allo stremo delle loro forze: Aaldir, con pezzi d’onice mancanti e il Guardiano d’Ossidiana con la brace esposta. Il Titano era ormai soggiogato dal soldato, pronto a trafiggerlo nella luce vitale, ma venne bloccato dal braccio tremante della bestia deforme, afferrandolo e chiudendo la mano con forza fino a sbriciolarlo.

‘’Una delle tante cause della nostra sofferenza sono anche loro.’’- disse nuovamente la creatura. Nei molteplici occhi vitrei c’era un luccichio che chiedeva di mettere fine alla sofferenza una volta per tutte.

Arilyn si mosse, sfoderò lentamente la spada che si illuminò di una luce molto diversa. Non aveva una tonalità dorata o argentea, ma era pallida, come se rispecchiasse l’animo della giovane: indebolita, stanca e con il cuore ridotto in cenere. La sua mano alzò la spada, tremando.

‘’Non sentirti in colpa, giovane condottiera. È difficile dover commettere tale azione, lo sappiamo, ma ve lo chiediamo con cortesia. Liberateci da questo dolore.’’

Arilyn, con un singolo colpo, squarciò la gola del mostro, provocando altri rantoli e facendo sgorgare il sangue come un fiume dalla ferita. Le braccia deformi e il resto dei corpi vennero avvolti da piccole fiamme scure che si estesero rapidamente e piccoli pezzi di carne si staccarono dal cadavere, volteggiando nell’aria come foglie. Quando il guardiano scomparve in una nube di cenere, i messaggeri, gli eroi di Huvendal e i Titani proseguirono la loro ascesa verso il punto più alto della costruzione. Arilyn osservava la spada sporca del liquido scarlatto di una creatura innocente. Si sentiva in colpa per aver commesso un qualcosa che considerava riprovevole, nonostante fosse stato espresso il desiderio del guardiano di essere liberato da quella tortura.

‘’Gallart deve pagarla. Ogni sofferenza che ha causato dovrà patirla sul suo corpo.’’- disse la ragazza, serrando i denti e osservando il suo compagno che concordava.

‘’Uniti possiamo farcela.’’- esordì per la prima volta la messaggera più giovane del gruppo, cercando di donare un briciolo di calma in quel clima di tensione e odio che aleggiava sulle spalle di ognuno. Giunti a metà della torre, le scale si interrompevano e al loro posto c’era un ascensore abbastanza larga da contenere i messaggeri, Arilyn e Darrien. L’ascensore era un quadrato largo tre passi e lungo quattro, con cinque catene che sorreggevano la cupola di ferro, sormontata su quattro pilastri di legno. Quando furono tutti all’interno, Arilyn posò il piede sulla pedana dell’ascensore azionandola con un rumore di ingranaggi arrugginiti. Orphen osservò che le catene avevano anelli abbastanza larghi e le sfruttò per essere trasportato al piano più alto con i suoi amici, lasciando i suoi fratelli ad attendere che l’ascensore tornasse giù.

Quando tutti furono giunti a quella che sembrava essere l’entrata per la sala del trono, ognuno afferrò la propria arma pronti ad un eventuale attacco a sorpresa. Quando sfondarono la porta, ad attenderli c’erano due Guardiani d’Ossidiana Arcana in posizione d’attacco e ai loro lati altri Bambini Scarlatti, deformati e alcuni privati della mandibola. I messaggeri attaccarono il fianco destro, mentre i ragazzi e Orphen si occuparono del fianco sinistro. Il Titano d’Onice usò la sua spada contrò i due Guardiani, riuscendo ad avere la meglio per un po' prima che questi contrattaccassero con forza inaudita, bloccandolo in un angolino. Darrien notò il Titano in difficoltà e sfruttò il suo potere oscuro per afferrare il piede del soldato di pietra e staccandogli la gamba, per poi distruggere la brace che rotolò via dal corpo. Arilyn, invece, trafiggeva con sadismo quelle bestie più e più volte. Rompeva loro le ossa e successivamente trafiggeva punti non vitali usando la spada e lasciando che il potere della luce li bruciasse lentamente.

‘’Giovane condottiera, ora basta. La rabbia, l’odio che stai provando per Gallart non deve avere la meglio su di te. Controlla le tue emozioni.’’- disse la sua Coscienza, con serietà. La ragazza notò il massacro che aveva commesso e si mise da parte, tenendo sempre la spada serrata tra le dita.

I messaggeri erano accerchiati dai Bambini Scarlatti; Hemal era ferito alla spalla, Arneb al polpaccio e sul petto, mentre Caeleno zoppicava per il duro impatto ricevuto da uno delle creaturine voraci. Hatysa, la più giovane, con il cuore che batteva come un tamburo di guerra, sfoderò i suoi pugnali migliori e si scagliò all’attacco con furia cieca, sgozzandone e trafiggendone il più possibile. Errakis strinse meglio i suoi oxýs e si unì alla lotta, riuscendo anche lui a fracassare le loro fragili teste. Quando il sanguinolento scontro terminò, rimase in vita solo il Guardiano d’Ossidiana, con parti del corpo ormai distrutte e la brace che brillava dall’elmo deforme:

‘’Dicci come raggiungere la sala del Trono. Adesso!’’- ordinò Amdros, sibilando e avvolgendo con il suo potere la brace che permetteva la vita alla creatura.

’Credi di spaventarmi con questo misero ordine? Ah, Gallart incute maggior terrore di te.’’- rispose con provocazione il soldato, mettendosi a sedere mentre piccoli rivoli di lava gli colavano dalle crepe. D’un tratto un altro tipo di oscurità serpeggiò sulla brace vitale del soldato, stringendola forte e provocandogli atroci dolori:

‘’Parla, altrimenti la tua sofferenza sarà la mia melodia preferita di questo intero scontro.’’- esordì Darrien, con il viso solcato da sottili linee scure e, dalle sue mani, fuoriuscivano lunghe lingue nere che si muovevano come se avessero vita propria, muovendosi in varie direzioni con estrema e ipnotica lentezza.
‘’Costringimi, sciocco Predone dell’Oscurità. Se il potere del tuo amico Titano non è riuscito a spaventarmi, cosa pensi che possa farlo il tuo?’’

Un rapido movimento della mano del ragazzo e diverse parti di pietra del Guardiano si staccarono, facendo sgorgare liquido giallastro. La brace vitale del Guardiano venne afferrata da uno dei serpenti e stretta con forza da farla scricchiolare come se fosse vetro.

‘’Gah, sei più forte di quell’imbecille di un Titano.’’

La stretta si fece più forte e la brace iniziò a rompersi, facendo gemere di dolore il soldato. Il ragazzo, invece, lasciò che l’oscurità lo avvolse come una impenetrabile armatura lasciando visibili i suoi occhi zaffiri:
‘’Non te lo ripeterò un’altra volta.’’- disse il ragazzo, poggiando la sua spada contro la brace. La lama, entrando in contatto, produsse un sibilo acuto simile al metallo quando viene raffreddato per essere temprato.
 
‘’Per raggiungere la sala del trono dovete usare il ponte…che è all’esterno di questa torre di vedetta.’’

‘’Stai dicendo che questa non è la torre principale?’’

‘’Il nostro Re è stato astuto. Quando l’Eclissi Arcana si manifesta, le torri assumono la stessa forma e grandezza della principale, confondendo…il nemico. Dal basso non sembra, ma fidatevi…è puro ingegno.’’- terminò di dire la creatura, mentre il liquido dorato continuava a sgorgare dalle ferite e dalla brace crepata. Un fischio e la brace venne frantumata da una lama nera: Orphen aveva distrutto la creatura.

‘’Abbiamo ottenuto ciò che volevamo, farlo soffrire era troppo. Non siamo senza cuore e non giova al nostro ruolo. Proseguiamo.’’

Arilyn era ancora ferma, ad osservare il suo riflesso nella spada: non vedeva sé stessa, ma un ghigno sadico di un mostro dagli occhi verdi, il luccichio che la brama di sofferenza creava. Una mano dal leggero torpore sfiorò la guancia della ragazza, riportandola alla realtà:

‘’Tutto bene Arilyn?’’- domandò Darrien, preoccupato e allo stesso tempo incuriosito.

‘’No. Ho permesso alla mia rabbia di prendere il sopravvento per un breve istante e, osservandomi nel piatto della spada, non vedevo me stessa ma un mostro. Un famelico mostro.’’

‘’Non sei un mostro. La tua rabbia è giustificata da questi immani sforzi ma non appena sarà tutto finito, avremo il meritato riposo. Ne ho avuto abbastanza di questo luogo e dei suoi misteri.’’- rispose lui, carezzandole il viso e rincuorandola con un sorriso. Lo scontro li aveva sfiniti, ma era solo l’inizio. Gallart, con il suo potere ormai all’apice dall’essere distruttivo, era seduto nella sua sala ghignando e attendendo con ansia quel piccolo esercito, desideroso di fronteggiarsi contro di loro.

’Mio Signore, il nemico è sul ponte della prima torre di vedetta. Procediamo con l’attacco a sorpresa o consentiamo loro di giungere nella sua sala?’’

‘’Lasciamoli venire fin qui. Ho in mente qualcosa che li porterà alla follia.’’- rispose il Re, osservando il cadavere di Narwain steso nell’angolo della stanza.

‘’Vuole davvero sfruttare la bambina, mio Signore?’’

‘’Esatto. Non sei stupido come quegli insulsi Bambini dopotutto.’’- replicò con una risata malefica.

Dall’alto del ponte, il vento soffiava violento trasformando la sabbia in fruste spinate che ferivano i giovani sul volto e corpo, rendendo quasi impossibile vedere la Torre e il ponte. Orphen sfruttò, dopo molto tempo, la stella dei viaggiatori. Un luccichio rosso accesso e una minuscola colonna di luce si riversò sulla Torre Nera e consentì ai giovani di proseguire senza difficoltà. Quando mancavano pochi passi alla meta, la porta si aprì improvvisamente. Tutti entrarono e la porta si richiuse con un tonfo sonoro. C’era solo una scala a chiocciola in pietra bianca che si estendeva fin sopra la punta.

‘’Ricordate che tutto quello che osserviamo, è una delle tante illusioni causate dall’Eclissi.’’- disse Darrien, stringendo la spada in una mano e uno dei pugnali nell’altra, osservando ogni angolo della stanza alla ricerca di eventuali trappole o imboscate. Sulle pareti erano appesi dei porta candele che si accesero per tutta la lunghezza della scala, illuminando il percorso con un sinistro fulgore bluastro:

‘’Che accoglienza incantevole.’’- proferì Yvara, colpendo uno dei porta candele e deformandolo. Quel gesto di rabbia fece tremare le pareti, accompagnate dal fragoroso rumore metallico di catene e contrappesi. Le pareti iniziarono ad aprirsi, creando varie fenditure verticali, abbastanza larghe da far entrare una mano. Ci furono dei vari scoppiettii e, in un batter d’occhio, si generarono delle fiamme da quelle fenditure che sembravano essere senzienti.

‘’Sulle scale, ora!’’- disse Arilyn, sfruttando il suo potere per creare uno scudo di luce per proteggere i messaggeri e il suo compagno, mentre i Titani proteggevano la loro luce vitale da quei colpi incandescenti. Hatysa, la messaggera più giovane venne colpita alla gamba da una di quelle lingue infuocate che subito divorò parte del pantalone. Il messaggero dell’Ariete strappò via il mantello per spegnere subito le fiamme voraci. La giovane stringeva i denti per il bruciore improvviso e l’ustione era terrificante.

‘’Vidthar, puoi curarla? Hai detto di essere un Titano della Vita.’’- domandò Darrien, preoccupato per le condizioni della ragazza.

‘’E della Morte. Io non ho mai curato una persona e non credo di essere capace. Posso farlo con creature della terra, del mare o dell’aria ma con un umano è…diverso.’’- rispose il Titano, osservando anche lui la sofferenza che stava affliggendo Hatysa. D’un tratto, il Titano della Vita e della Morte si sentì afferrare per il braccio sinistro da qualcuno e restò sorpreso dal non avvertire l’anima del folle sfidante abbandonare il suo corpo. Uno dei messaggeri, il più silenzioso, teneva stretto il polso della creatura celeste a mani nude:

‘’Caeleno, cosa stai facendo?’’- urlò Arneb nel notare il gesto sciocco commesso dal suo compagno di squadra. Il messaggero dal mantello blu incrociò gli occhi del Titano sorpreso da ciò che stava succedendo:

‘’Ascoltami Vidthar. Non mi interessa quanto tempo ci vorrà, tu la guarisci. Non sopporto vedere soffrire una persona a me cara.’’- rispose con tono gelido, mentre strinse la presa sul polso della creatura. Il Titano riconobbe nel ragazzo quel luccichio di tenacia che aveva una creatura celeste e più quegli occhi ambrati si riflettevano nei suoi, più si rendeva conto che quel giovane messaggero non era un comune mortale.

‘’Sei suo figlio vero?’’- domandò il Titano. La risposta fu un semplice sorriso e la stretta diminuì d’intensità.

‘’Guariscila.’’- ribadì il ragazzo, asciandogli spazio per consentirgli di raggiungere Hatysa. Tutti stavano osservando quella scena increduli. Vidthar poggiò la mano destra sulla gamba ustionata della ragazza, sprigionando un bagliore perlaceo che causò diverse e minuscole crepe luminose sulla ferita.

‘’Il dolore è placato, ma non so quanto ci vorrà per la guarigione. E tu non hai mai detto a nessuno di essere suo figlio?’’

‘’Di Gaelia? No, ma non c’è tempo per il mio passato, abbiamo un Re sadico da sconfiggere. Darrien, comandante, la prego di proseguire.’’- rispose il messaggero, portandosi alle spalle del piccolo esercito e aiutando Hatysa ad alzarsi. Darrien scosse la testa, nuovamente incredulo:

’Troppi eventi sorprendenti in poco tempo. Mettiamo fine a tutto questo.’’- pensava mentre il suo volto era rigido e serio. Sotto i loro piedi, il rumore deli scalini di pietra che echeggiavano nel tetro silenzio della Torre.  Mancavano pochi scalini dalla porta del Re della Prima Fiamma quando una luminosa fiammata bloccò la loro avanzata. Dal suo interno, un corpo di una persona familiare ai giovani di Huvendal, con un profondo squarcio sulla gola e la pelle carbonizzata si manifestò:

‘’Che sorpresa rivedervi qui. Darrien. Arilyn. Una spiacevole sorpresa.’’- disse l’entità con profondi rantoli nauseabondi.

‘’Ryre? Che cosa ci fai qui e cosa ti è successo?’’- domandò Darrien, serrando la presa sulla spalla. Il suo istinto fremeva: il pericolo era davanti a loro. Lo spettro del loro vecchio amico era fermo sullo scalino principale, che li osservava con occhi che brillavano di un oscuro rosso, risaltando le crepe che aveva sulla pelle nera. Lo squarcio sulla gola deformò la sua risata spregevole:

’Cosa mi è successo? Il vostro Re mi ha ucciso in preda ad uno scatto d’ira, sgozzandomi come un lurido maiale. E cosa ci faccio qui? Siete davvero due sciocchi a non comprendere. Sono diventato un servo del possente Re della Prima Fiamma da mesi e senza di me, questa porta non si aprirà. Come sperava il suo esercito ad attaccare il vostro regno senza un aiuto? Mi fate ridere per la vostra cecità e mancanza di materia grigia.’’- sentenziò ridendo nuovamente, mentre zampilli di sangue raggrumato gli cadevano sul corpo.

Arilyn sentendo quelle parole, si paralizzò. Uno dei motivi principali della morte di suo padre, della quasi distruzione della sua terra natia e del ferimento dei suoi amici era lì davanti. Ryre, un capo medico rispettato da tutti che si è rivelato per quel che era veramente. Avido di potere e meschino. La ragazza si mosse, in silenzio e con la testa abbassata: i capelli le coprivano lacrime di rabbia che le rigavano le guance.

‘’Oh, che terrore. Testa bassa, mano stretta sua una spada di poco valore, prestanza di una sciatta vagabond...’’- Non ebbe l’occasione di terminare quella frase intrisi d’odio dato che il pomolo della spada andò a colpirlo con forza nello stomaco. Le mani di Arilyn brillavano più di prima:

‘’Non servi più a nulla. Hai fallito. Sia come servo, come alleato e come amico.’’

‘’Io ambivo al potere, alla gloria. Essere amico di una vagabonda e di un comandante che ha il viso di un bimbo in fasce? Meglio annegare nei fiumi degli inferi che stare con voi.’’

‘’Perfetto.’’- ribadì Arilyn. Le mani della ragazza afferrarono il collo dell’uomo e con un rapido movimento, lo spezzarono. Un disgustoso suono di carne tranciata e ossa rotte echeggiarono quando il corpo dell’uomo cadde giù, decapitandosi sugli scalini e finendo nell’inferno che imperversava alla base. Dietro quella porta li aspettava un destino incerto e solo pochi sarebbero vissuti. Il potere di Arilyn non accennava a svanire e, come se la guidasse per propria volontà, riuscì a infrangere quell’ostacolo solo poggiandoci le mani. Il legno, duro e scuro, si spezzò, esplose in migliaia di schegge e bruciò al tocco di quella luce così accecante. I supporti in metallo tenevano ancora ferma la porta danneggiata e fu Minrad a sfondarla definitivamente con una spallata. In piedi al centro della stanza, di spalle, vi era una grossa creatura avvolta da una armatura scarlatta brillante, con le spalliere appuntite e piccole fiammelle che fluttuavano sul suo capo. Quando si voltò, tutti riconobbero quel sorriso gelido.

‘’Finalmente ho l’onore di incontrarvi senza interruzioni, giovani eroi. Noto che abbiamo anche ospiti, che piacere.’’- esordì divertito, mentre osservava i Messaggeri e i nuovi Titani. Il Re andò a sedersi sul suo trono e fu lì che uno dei messaggeri commise il primo errore: Lesath, tenendo il pugnale verso il basso si apprestò a sferrare un montante ma Gallart era più agile e preparato agli attacchi a sorprese. Bloccò l’attacco afferrandogli il polso saldamente, con l’altra mano lo alzò dall’ascella e lo scaraventò verso uno dei Titani che riuscì a salvarlo da un fatale schianto sul muro.

‘’Attaccare alle spalle è da vigliacchi, ragazzo. Il tuo maestro non te lo ha mai insegnato questo?’’

‘’Parli tu di vigliaccheria quando hai attaccato il nostro Regno pacifico senza un motivo logico.’’- ribatté Darrien, digrignando i denti.

‘’Mia sorella non è stata in grado di infliggere le immense perdite che il mio esercito è riuscito in poco tempo. E poi Searlas si meritava tale punizione per averci sfidato. E senza l’aiuto di quel patetico di Ryre, non sarei riuscito a far marciare il mio esercito sulla vostra terra. Infine anche un altro soldato di Searlas ci stava intralciando. Quale era il suo nome? Oh, Vorshan. Lo stratega. Ti dice nulla, cara Arilyn?’’- domandò, sorridendo diabolicamente. Più la ragazza sentiva il nome del padre, più la sua rabbia e disprezzo per quell’uomo aumentava. Il suo potere cercava di liberarsi, ma non doveva cedere alle provocazioni.

‘’Esatto. È proprio quello che desideravo. In quegli occhi percepisco la rabbia, l’odio e quel desiderio di potere di sottomettere il nemico. Nessuno è diverso e nessuno è un buon samaritano. Ognuno di noi ha mostri che nasconde dentro di sé e tu Arilyn ne nascondi uno che voglio vedere.’’

‘’No! Non vedrai alcun mostro. Tutto quel che vedrai sarà solo il tuo regno di terrore crollare e ridursi in cenere. Troppe persone sono morte a causa tua e della tua bramosia. Ma adesso è finita Gallart.’’- rispose Arilyn, con le vene gonfie di rabbia sul collo e il suo potere che emanava sprazzi di luce dalle mani o da dentro il fodero della sua spada. Il Re della Prima Fiamma iniziò a ridere, alimentando le fiamme che gli scorrevano nelle vene. Non appena smise di ridere, un nuovo sorriso gli si dipinse sul volto:

‘’Finita, hai detto? Finché non è il destino a deciderlo, tutto è ancora possibile.’’- rispose, allargando le braccia e rinchiudendo i giovani e i Titani in una gigantesca sfera arancione per poi, con una batter di mani, la fece comparire oltre le mura del castello: erano stati catapultati nel Deserto dell’Epirdo.

Tale fu la rapidità di quel gesto che stordì il gruppo, disorientandoli. Una vasta distesa di sabbia, con il sole paralizzato al centro del cielo e, all’orizzonte, migliaia di fiamme viventi di varie grandezze. Bambini Scarlatti e Guardiani d’Ossidiana erano divisi come una legione, mentre alcuni nelle retrovie sembravano esser stati fusi con parti di cadaveri carbonizzati. Al comando di quell’esercito vi era Aata, la Figlia della Luna, l’unica a risplendere di un bianco spettrale in un quadro di sfumature rosse. Gallart comparve nuovamente a pochi centimetri dai giovani cavalieri e dai Titani; sorrise nel vederli così stanchi, disorientati ma soprattutto di averli feriti nell’orgoglio.

‘’Miei cari ospiti, vi do il benvenuto nel Deserto dell’Epirdo. Ammirate finché potete questo meraviglioso spettacolo, perché sarà l’ultima cosa che i vostri occhi vedranno. Oh, dimenticavo. C’è una persona che voleva porgervi un augurio.’’- disse, battendo le mani e facendo comparire da un’altra fiamma il corpo della piccola Narwain. Esanime, con la pelle bordeaux e il sigillo Arcano che riprese a brillare non appena si ritrovò a contatto con quel mostro senza scrupoli. Lasciò cadere la bambina ai loro piedi e scomparve in un turbine infuocato, per poi ricomparire con il suo esercito nella distanza. Orphen sembrò perdere il controllo di sé stesso, la luce vitale sembrò spegnersi e il corpo muoversi, ma Minrad e Amdros furono più rapidi e riuscirono a bloccarlo prima di commettere una follia.

La bambina era lì, ricoperta di ferite atroci, ricoperta di polvere e sabbia e il viso, un tempo sereno, era contratto in una smorfia di dolore represso. Arilyn era su di lei, incredula. Aveva creduto fino alla fine che Narwain fosse sopravvissuta, ma nel vederla immobile davanti ai suoi occhi, la paralizzò. Le lacrime che sembravano esser svanite, tornarono nuovamente a rigarle il viso e caddero come gocce di pioggia sulla bambina.

‘’No…’’- fu in grado di dire la ragazza. Tremava mentre la stringeva a sé e le stringeva le mani. Quella sofferenza faceva solo sorridere e compiacere quel malvagio re che aveva strappato la vita ad una povera bambina per ottenere il potere assoluto. Non doveva cedere, ma più ci provava, più le lacrime scorrevano sul suo viso. Anche Darrien sentì una stretta al cuore; sapeva quanto importante fosse per la sua compagna quella bambina, quanto si somigliassero e l’affetto che condividevano. Sapeva anche cosa significasse essere l’ultimo della sua stirpe. Arilyn smise di piangere, ma le sue mani erano serrate sul corpo della bambina, come a volerla proteggerla da quelle di Gallart. Il Titano d’Onice non si dava pace e quei lamenti di dolore echeggiarono nelle orecchie di tutti, persino della ragazza. Non aveva più voce. Non aveva più lacrime.

Solo un immenso tormento nel suo animo.

‘’Giovane Thandulircath, dovresti reagire adesso. Comprendo la tua ennesima perdita, ma essendo il tuo Istinto non posso far altro che metterti in guardia dall’imminente attacco. Consumarsi nel dolore è una tortura per te stessa e io ti conosco. Non ti sei mai arresa, giovane Thandulircath. Alzati e lotta.’’- disse la voce dell’Istinto, come se le sue parole fossero un ammonimento e allo stesso tempo un consiglio, ma non erano sufficienti.

Le nubi nel cielo si diradarono, mostrando il sole nella sua oscura nuova forma. Un cono di luce si riversò sulla mano del Re della Prima Fiamma, generando scintille e una intensa luce che si unirono creando una gigantesca sfera di indomabile fuoco arcano. Sorrise ancora una volta prima di scagliarla con violenza contro Arilyn, ignara del pericolo che stava per piombare su di lei. Darrien e i messaggeri cercarono di creare uno scudo insieme alla magia dei Titani, ma quel potere andava oltre le loro capacità e la loro difesa venne infranta. Un boato e un lampo accecante investì il piccolo esercito che venne avvolto da esse.

‘’Cosa…è successo? Sono morta?’’- si domandò Arilyn, osservando ciò che la circondava. Bianco luminescente ovunque, come il Nulla.

’Non sei morta. Non è ancora il tuo momento. Non hai voluto ascoltare il tuo Istinto, ma adesso ascolterai me, Thandulircath.’’- rispose una voce pacata, troppo anche per essere umana.

‘’Tu…saresti il mio potere? Sono impazzita. La morte di mio padre e di Narwain mi hanno…’’

’Paralizzato e fatto entrare in una spirale di negatività così forte da renderti ignara dell’attacco a sorpresa fatto da Gallart. Ma adesso, smettila di piagnucolare e darti la colpa per quello che è successo. Ascolta le mie parole e ti guiderò finché posso in questa battaglia. In piedi, soldato.’’- rispose. Il suo potere aveva assunto una silhouette umana, ma l’aura eterea che lo circondava lo rendeva simile ad una creatura o messaggero celeste. Quando quel fulgore bianco si diradò, Darrien, i messaggeri e i Titani notarono una nube di polvere splendente dove si trovava Arilyn. Il suo corpo splendeva ardentemente, come se il suo potere si fosse tramutato in una possente armatura. Anche i suoi occhi brillavano, come nello scontro tra lei e la Regina di Ghiaccio due anni fa. Uno dei Titani cercò di avvicinarsi, ma il Predone dell’Oscurità lo fermò e, con un cenno, gli fece comprendere che solo lui poteva avvicinarsi.


‘’Darrien, avevi ragione. Mi sono lasciata consumare dal mio dolore e stavo perdendo il raziocino. Se non dovessi tornare da questa battaglia, ricorda che ti amo. Ed è ciò che conta.’’- disse baciandolo. Era un bacio che sapeva di tristezza, amore, rabbia e malinconia.

‘’Aspetta, che hai intenzione di fare?’’- domandò prendendole il braccio. Ci fu un momento di esitazione da parte della sua compagna. Non appena si voltò verso di lui, il viso era sorridente ma una lacrima stava rigando la sua guancia.

‘’Lottare fino allo stremo delle mie forze e mettere la parola fine.’’- rispose la ragazza, prima di sorridere e dirigersi verso un minaccioso esercito che li attendeva. Gallart sorrise e con uno schiocco di dita ordinò ai Bambini Scarlatti e ai Guardiani di avanzare. Quando la ragazza era a metà del campo, scagliò la granata ad impatto che rilasciò subito il denso fumo e con un fascio di luce generato dalla sua mano, incendiò la nube e coloro che ne entrarono in contatto. Le prime vittime della sua spada furono decine di Bambini Scarlatti che vennero immediatamente sventrati dalla potenza dei colpi che infliggeva la ragazza.

‘’Comandante, cosa facciamo?’’- domandò Hemal, serrando con forza le dita attorno il suo martello da guerra. Una domanda che sembrava essere quella di tutti i messaggeri, pronti ad unirsi allo scontro. Come due anni prima, Darrien permise al suo potere di avvolgergli il corpo, tramutandolo in una armatura vivente, con grossi aculei che gli spuntavano dalla schiena, sinuosi e letali. Solo gli occhi e la bocca erano scoperti:

‘’Quello che fanno tutti i cavalieri. Attaccare il nemico.’’- disse, sfoderando le sue due spade e correndo per raggiungere la sua compagna. Orphen, il Titano d’Onice, afferrò la sua spada e si rimise in piedi. Strinse così forte l’elsa da far tremare l’arma ed esordì nella lingua dei suoi fratelli:

‘’Ter va Hyfen fud Ethov!’’

Quell’unica frase alimentò la luce vitale dei suoi fratelli e coinvolse anche i Messaggeri, come il mare in tempesta. Caeleno scambiò un rapido sguardo con Hatysa per accertarsi che stesse bene e, con sua sorpresa, riusciva a tenersi in piedi. I Titani, al grido di guerra del fratello, risposero:

‘’Ter va Dae Gaeliae!’’

Scattarono all’unisono verso la battaglia, con le loro armi sguainate e il coraggio ritrovato. L’Araldo della Luce, nel mentre, continuava a massacrare i Bambini Scarlatti e i Guardiani con estrema facilità: uno di loro cercò di morderle il braccio, ma venne trafitto alla gola dalla lama e, con un mulinello luminescente, usò il cadavere come estensione della spada per stordire i restanti e farli cadere nella sabbia. Uno dei Guardiani d’Ossidiana era riuscito ad evitare il colpo e stava per contrattaccare alle spalle la ragazza ma Orphen lo trafisse con la sua spada distruggendo anche la brace che lo alimentava.

‘’Tutto bene Arilyn?’’- domandò il Titano, mentre schiacciava i nemici feriti sotto i suoi piedi.

‘’Mai stata meglio.’’- rispose lei, bloccando il colpo d’asta di un altro Guardiano e contrattaccò con un fendente dritto sul punto debole della creatura. Pochi metri più lontano, il Predone dell’Oscurità, Hemal e Caelano fronteggiavano decine e decine di Bambini Scarlatti massacrandoli senza pietà, mentre Arneb e i restanti messaggeri aiutavano i Titani nello scontro.

In lontananza, nonostante le creature di Gallart continuavano a moltiplicarsi senza sosta, il Re sorrideva compiaciuto:

‘’Aata, ascoltami bene. Non appena sono a metà del campo, occupati di Darrien e dei suoi amici. Arilyn è mia.’’

‘’Sì, mio Signore.’’- rispose la donna, preparando le sue armi e sorridendo diabolicamente.

Mentre lo scontro imperversava, Minrad si rese conto che più loro contrattaccavano l’avanzata nemica, più questi aumentavano: in lontananza notò una grossa fiamma che fluttuava a pochi centimetri dalla sabbia e, dal suo interno, sgusciavano i Bambini e i Guardiani.

‘’Amdros, riusciresti ad eliminare quella fiamma creatrice?’’- domandò al Titano delle Ombre, mentre sventrava con piacere alcune di quelle creature disgustose e usò parti del loro corpo per rallentare l’avanzata degli altri. Un movimento del braccio sprigionò un fascio di densa oscurità che si abbatté sulla fiamma, soffocandola fino a farla spegnere.

‘’Richiesta esaudita.’’- rispose con il suo tono sibilante.

Uno dei messaggeri cadde nella sabbia e venne immediatamente accerchiato da alcuni Guardiani e bloccato nella sabbia: una delle lance era conficcata nel suo mantello e gli impediva di muoversi. Altre lance stavano per trafiggerlo, ma una falce dorata li decapitò facendo volar via il loro ‘’cuore’’.

‘’In guardia Dubhe. Non sono ammessi errori in questa guerra.’’- sentenziò Arilyn, aiutandolo ad alzarsi.

‘’Perdonatemi.’’- replicò imbarazzato, strappandosi il mantello da dosso e recuperando la sua spada. Proprio in quell’istante, un altro Guardiano d’Ossidiana stava per abbattersi su di loro ma il Titano dell’Odio lo placcò e strappò via la brace distruggendola. Con la rabbia che le scorreva impetuosa, afferrò i resti della creatura e le usò come armi di fortuna per fracassare le teste dei Bambini.

L’Araldo della Luce e il Predone dell’Oscurità si ritrovarono spalla a spalla a fronteggiare orde di nemici, e i loro poteri che si fusero in un fulgore argenteo erano così forti da cristallizzare la sabbia sotto i loro piedi:

‘’Arilyn, hai la visuale libera per colpirlo. Prendi uno dei miei pugnali, caricalo con la tua luce e scaglialo più forte che puoi.’’- disse il ragazzo, prendendo l’arma e consegnandola nella mano della sua compagna.

‘’Non ho mai lanciato un pugnale, come pensi che possa farlo ora?’’- domandò stupita.

‘’Ho fiducia in te. Con l’aiuto del tuo Istinto, ci riuscirai.’’- rispose, mostrando un sorriso di fierezza nei suoi confronti. La ragazza strinse il pugnale così forte da ricoprirlo di un pallido bianco, piegò il braccio verso l’interno e con tutta la forza lo scagliò verso Gallart. Il Re della Prima Fiamma notò il minuscolo luccichio, prese la sua frusta infuocata e con un singolo colpo deviò la traiettoria del pugnale:

‘’Sfruttare il caotico scontro per colpirmi di sorpresa. Astuto direi, ma dovrai fare di meglio Arilyn.’’- disse sorridendo e incrociando lo sguardo della ragazza. In quel momento, un secondo pugnale lo colpì alla mano, provocandogli un lungo taglio sul dorso. Come uno spettro che ritorna dal regno dei defunti, Morghull era lì fermo con la una spada arrugginita e scheggiata nella mano.

‘’Avevo giurato che lo scontro con la Regina di Ghiaccio fosse il mio pensionamento, ma con la morte di Vorshan le cose sono cambiate. Mi dispiace per la tua perdita Arilyn, ma lui adesso sarebbe fiero di te nel vederti lottare con così tanto coraggio.’’- esordì l’uomo, non badando alla splendente luce che circondava la ragazza.

Un Guardiano d’Ossidiana approfittò del momento di distrazione dei due cavalieri per attaccare, ma il Titano Custode comparve alle sue spalle e gli staccò la brace vitale trapassandolo da parte a parte; non appena la lancia cadde dalle mani, l’afferrò e successivamente la scagliò in direzione del Re della Prima Fiamma. Senza muoversi dalla sua posizione, ruppe la lancia usando nuovamente la sua frusta. Sorrise, divertito da quello spettacolo, ma aveva ancora un asso nella manica: allungò le braccia in direzione della battaglia, fece brillare le sue mani e, improvvisamente, parti dei Guardiani d’Ossidiana si fusero con i Bambini Scarlatti, dando vita a creature ripugnanti molto più resistenti e veloci. Iniziarono ad attaccare selvaggiamente, fendendo l’aria e alzando cumuli di sabbia.

‘’Voglio che capiscano che combattere contro di me non sarà facile.’’- sentenziò il Re della Prima Fiamma, restando con gli occhi fissi sul campo da battaglia.

Arilyn stava per sferrare un montante ma venne anticipata da un colpo stordente del nemico, che la fece indietreggiare di qualche metro. Sentiva la testa leggera e le orecchie fischiare, mentre sotto di lei la terra tremava. Vide la sua spada brillare ancor di più e d’un tratto si ricordò di quell’attacco fatto tempo fa. Afferrò la lama, volse la punta verso il basso e con ferocia trafisse la sabbia. Darrien avvertì l’intensa energia e ordinò ai Titani e ai Messaggeri di allontanarsi dalla lotta immediatamente; colonne di luce vibranti e accecanti si sprigionarono da sotto la rena rossa, investendo le creature abominevoli e mutilandole mortalmente. Quel devastante colpo fece svanire l’aura dorata che la proteggeva, stancandola e lasciandola con il fiatone.

In lontananza, quasi impercettibile, si udì un lento ed ironico applauso da parte di Gallart:

‘’I miei sinceri complimenti. Mi avete deliziato con questo spettacolino, ma se mi è concesso vorrei divertirmi personalmente.’’

Da sotto il velo dorato dell’Epirdo, quattro mura semicircolari si ersero nella loro grandezza e inquietante bellezza: alte quasi quanto una quercia secolare, con minacciosi spuntoni posti ai piedi di ogni lato la rendevano inaccessibile dall’esterno. Arilyn si alzò brandendo la spada e corse verso Gallart e Aata, pronta a fronteggiarli entrambi. Con un cenno della mano, il Re della Prima Fiamma ordinò alla Figlia della Luna di avanzare: obbedì e fulminea si diresse in direzione dell’Araldo della Luce.
Arilyn stava per compiere il primo attacco ma Aata scomparve come uno spettro per apparire nuovamente alle sue spalle e correre verso i suoi compagni. Cercò di raggiungerla, ma si ritrovò imprigionata in una sfera di vetro: la stessa che aveva trasportato lei e i suoi amici sul campo di battaglia.

‘’Hai un’altra battaglia da fronteggiare Arilyn.’’- disse il Re della Prima Fiamma, portandosi al lato della sfera e sorridendo alla ragazza. Posò la mano sul globo trasparente che rinchiudeva la ragazza, avvolgendola in un fuoco luminoso e ardente. Quando la bolla scomparve, la ragazza si ritrovò all’interno dell’arena, circondata dalle imponenti mura che sembravano piegarsi su di lei. Prontamente brandì la spada che irradiava ancora luce ed eseguì un fendente, sprigionando una falce luminosa che si infranse come il vetro non appena colpì la parete.

‘’Credi che queste gigantesche mura cadranno come cartapesta sotto i tuoi colpi di spada?’’- domandò Gallart, comparendo alle sue spalle. Arilyn sferrò un successivo colpo, ma venne deviato da una piastra dell’armatura dell’uomo.

‘’Se non saranno loro a cadere, sarai tu!’’- rispose la ragazza, colpendo la pettorina con un fascio di luce accecante e scaraventando lontano il nemico. Il rumore metallico e di cinghie strappate fecero intuire che l’armatura era ormai distrutta e inutilizzabile.

‘’Finalmente. Mi ero quasi stancato di aspettare.’’- replicò lui, evocando le sue fruste e iniziando a colpire in diverse direzioni. Per un breve lasso di tempo, Arilyn riuscì a deflettere i colpi con la parte piatta della sua spada, ma non appena una di loro avvolse l’intera arma l’altra frusta la ferì al fianco, strappando la divisa. Un altro movimento e la ragazza venne disarmata e fatta cadere sulla sabbia.

‘’Dove è finita quella scarica di energia che mi hai mostrato prima? Quell’appagante rabbia che ha sterminato il mio esercito? Dove?’’- domandò il Re della Prima Fiamma, trascinando a sé la ragazza usando la frusta. L’Araldo della Luce usò il suo potere per bruciare il tessuto e liberarsi dalla presa. Raggiunse la sua spada e la brandì di nuovo, pronta a fronteggiarsi contro un temibile nemico. Gallart stava per colpire ancora, ma non appena alzò la frusta anticipò la ragazza e le comparve davanti colpendola alla gamba e allo stomaco. Questo non fu sufficiente a rompere la guardia dell’Araldo e contrattaccò con un montante sul petto dell’uomo, riuscendo a ferirlo.

’Non così in fretta, Arilyn.’’- disse Gallart, sorridendo con sadismo mentre sanguinava. Afferrò la spada dal filo e con un semplice movimento riuscì a spezzarla in due.
All’esterno dell’arena, nel mentre, Darrien e i suoi amici erano in difficoltà contro la Figlia della Luna: agile come un ghepardo, riusciva a schivare i colpi avversari e ad infliggere devastanti attacchi che li portava a stancarli rapidamente.

‘’Darrien, ho un piano. Ricordi quella bomba fumogena usata dalla tua compagna?’’

‘’Arriva al dunque Caeleno, non abbiamo molto tempo prima di un successivo attacco.’’

‘Prendila e ascoltami bene.’’- replicò il ragazzo, porgendogli l’arma. Avvicinò la bocca al suo orecchio e sussurrò qualcosa che non poteva essere udito dalla donna celeste.

‘’Tu dovresti far parte dell’unità tattica, non il messaggero.’’- rispose Darrien, constatando che era ottimo e stupendosi del poco tempo impiegato dal ragazzo per pianificare un attacco a sorpresa. Non appena la Figlia della Luna avanzò verso di loro, il Predone dell’Oscurità scagliò la bomba fumogena contro di lei: immediatamente un cumolo denso di sabbia la ostacolò.

‘’Pensate che questi banali trucchetti possano salvarvi? Che sciocchi.’’- disse Aata, osservando rapidamente tutte le direzioni alla ricerca degli avversari. Non appena udì i passi di qualcuno, volse lo sguardo davanti a sé e Darrien comparve dalla nube sabbiosa. Stava per eseguire un fendente, ma la donna fu rapida e lo trafisse dritto allo stomaco.

‘’Sei stato un degno avversario, ma lento.’’- esordì lei, mentre teneva ferma la spada nel corpo del ragazzo.

‘’Anche tu.’’- rispose una voce alle sue spalle. Una voce familiare che la raggelò. Il ‘’cadavere’’ esanime di quel ragazzo si dissolse nel nulla. Due lame la trafissero e, come se non pesasse nulla, venne alzata e scaraventata al suolo. Comparve il vero Darrien, avvolto nuovamente nella sua armatura oscura che lo rendeva un demone della notte. Le crepe sulla schiena della donna le conferivano un aspetto simile alla porcellana. Il Predone dell’Oscurità la lasciò dolorante e preda dei suoi amici pronti ad eliminarla. Iniziò a correre verso l’arena di Gallart, dove la sua compagna era imprigionata.

‘’Pensavi che quella spada potesse durare per sempre? Prima o poi si sarebbe dovuta rompere, ho solo anticipato i tempi.’’- disse l’uomo, ammirando l’incredulità sul volto della ragazza. Non si perse d’animo e brandì quell’infranto pezzo di spada e cercò di colpirlo dritto alla gola ma l’uomo riuscì a bloccarle le mani e stringerle sul filo della lama, così forte da farle sanguinare. Prontamente colpì lo stomaco con una poderosa ginocchiata da farle cedere le gambe dal dolore. Gallart si allontanò di qualche passo, sospirando contrariato da quel combattimento; si aspettava qualcosa di adrenalinico ma ottenne l’opposto. Il silenzio vigeva nell’arena, mentre all’esterno lo scontro tra Aata e gli amici dell’Araldo della Luce imperversava.

‘’Perché?’’- domandò il Re della Prima Fiamma improvvisamente, dandole le spalle. La ragazza si teneva le mani, ferite e sanguinanti.

‘’Perché cosa…?’’

‘’Perché non combatti come farebbe un degno cavaliere?’’- chiese nuovamente l’uomo, voltandosi verso Arilyn. Nonostante la calma, gli occhi del Re tradivano varie emozioni: dalla rabbia alla delusione alla voglia di lottare. La ragazza restò nel più assoluto silenzio, con la testa bassa e con le ginocchia nella sabbia mentre osservava il sangue scivolare dalle mani come un piccolo ruscello scarlatto. Il Re della Prima Fiamma sospirò prima di ripetersi:

‘’Perché non combatti Arilyn? Rispondi, per favore. Non hai dimostrato nulla se non debolezza e un qualcosa che ti tormenta.’’

‘’Che senso avrebbe combattere quando l’unica cosa che ottieni è il fallimento? Ho lottato fino a trovarmi qui, in ginocchio nella sabbia rovente, sconfitta. Uccidimi e mettiamo la parola fine a questo ridicolo spettacolo…’’- replicò la ragazza, lanciandogli la lama spezzata della spada ai suoi piedi. L’uomo la prese e restò ad osservare come quelle minuscole crepe continuavano ad emanare piccoli sprazzi di luce. Volse lo sguardo alla ragazza che attendeva il colpo mortale stando ferma in ginocchio. Gallart gettò via quell’arma danneggiata e disse:

‘’Gradirei che tu la smettessi di piagnucolare, di desiderare così tanto la morte perché ti senti fragile e incapace di reagire. Sarò anche il tuo nemico, spregevole e avido di potere, ma quando un avversario si dimostra alla mia altezza, non rinuncio mai ad uno scontro e, se mi è concesso, combatto fino a non reggermi più in piedi e a sentire il cuore quasi esplodermi. Tu ora dimmi perché non vuoi farlo? Per un semplice fallimento?’’

‘’Perché non riesco a combattere, non ho le forze.’’- rispose la ragazza, digrignando i denti.

‘’Perché non vuoi.’’- replicò con freddezza l’uomo. Arilyn socchiuse gli occhi, cercando di reprimere la scarica di rabbia e odio che stava provando. Il potere attraversò le sue mani e trasformò la sabbia in vetro, che continuò ad espandersi sotto di lei. Gallart si avvicinò, sicuro di sé e delle sue parole, incurante della rena cristallizzata che si infrangeva sotto i suoi passi.

‘’Non vuoi combattere perché hai perso tuo padre, la piccola Madre del Globo, quei pochi alleati che avevi e ti senti responsabile di tutto questo. Invece di reagire, sei qui a subire e a tormentarti. Troppe emozioni contrastanti e vita mondana ti hanno reso quel che sei ora. Ciarpame.’’

La rabbia di Arilyn esplose: afferrò una manciata di sabbia che, non appena scagliata contro il Re della Prima Fiamma, si tramutò in uno scudo vitreo. Non ebbe tempo di reagire, venne colpito al viso da un calcio della ragazza, lacerandogli il labbro e mandandolo contro la barriera cristallina. Un secondo calcio dritto allo stomaco lo fece cadere all’indietro, portandolo a distruggere quella lastra opaca in centinaia di frammenti. Gallart si alzò sorridendo, soddisfatto del suo operato:

‘’Finalmente questa fiamma sopita ha deciso di ardere. Perfetto.’’- esordì, pulendosi il sangue usando il dorso della mano. Il sorriso che solcava il suo volto si tramutò in un ghigno di pura perfidia, mentre dalla sua mano si generava un’altra frusta infuocata. Arilyn brandì un pugnale e caricò verso di lui, pronta a sferrare fendenti al petto e alla gola; il Re colpì per primo, ma mancò la ragazza per pochi centimetri. L’Araldo della Luce approfittò di quell’errore per lacerare la frusta usando un fascio di luce e scagliò il pugnale contro il ginocchio dell’uomo. Schivò prontamente il colpo e si preparò a bloccare i successivi pugni e calci della ragazza. Con uno sgambetto, l’Araldo della Luce riuscì a fargli perdere l’equilibrio per un breve lasso di tempo e lo colpì dritto alla spalla facendolo arretrare di qualche passo.

‘’Ho sottovalutato il tuo potenziale. Ma adesso basta giocare.’’- disse Gallart, riuscendo a rimettere in sesto la spalla slogata. Dalle sue mani si propagarono diverse lingue di fuoco e, con brutalità, iniziò a fendere l’aria nel tentativo di colpire la giovane. Alcune di esse colpirono parzialmente Arilyn, lacerando la divisa in diversi punti, ma nulla le impedì di contrattaccare con un poderoso calcio al fianco e un pugno diretto al naso. In preda all’adrenalina, la ragazza afferrò il braccio e portò la mano sotto l’ascella del Re scaraventandolo al suolo: stava per schiacciargli il viso con lo stivale, ma Gallart bloccò il piede con una sola mano e la tenne in equilibrio precario non appena riuscì nuovamente ad alzarsi. La colpì allo stomaco con un calcio, mozzandole il fiato. Afferrò con entrambe le mani la caviglia e la lanciò sul manto dorato.
La ragazza rimase immobile nella sabbia, cercando di respirare profondamente ma il dolore allo stomaco era forte da farla boccheggiare. Il Re della Prima Fiamma usò una lingua di fuoco come frusta per afferrarle la gamba e attirarla a sé:

‘’Alzati.’’- disse lui, afferrandole il colletto e sollevandola come un cuscino di piume. La ragazza intensificò il suo potere in una mano e con tutta le sue energie, sferrò un gancio destro sulla mandibola dell’uomo riuscendosi a liberare dalla presa. D’un tratto Arilyn provò un dolore atroce alla mano: si rese conto di essersela rotta e che era in preda a diversi spasmi che aumentavano la sofferenza.

Il Re della Prima Fiamma si voltò, con la mandibola slogata, deformando il suo ghigno diabolico. Come per la spalla, riuscì con un singolo movimento a rimettere al suo posto la mandibola ed esordì con insolita felicità:

‘’Un colpo così perfetto quanto doloroso. I miei complimenti, ma non è abbastanza.’’

Darrien era quasi giunto alle mura dell’arena, ma qualcosa gli afferrò il colletto della divisa e venne scaraventato indietro, rotolando nella sabbia con violenza. Un bagliore biancastro penetrava attraverso la nube sabbiosa; il ragazzo volse rapidamente lo sguardo alle sue spalle e notò che tutti i suoi amici erano stati sconfitti.

‘’Non ti è concesso disturbare il Re mentre è impegnato con l’Araldo della Luce. Colpirmi alle spalle è stato da vigliacco, ma ti perdonerò non appena vedrò la vita lasciare il tuo corpo e renderti freddo come una statua.’’- disse la Figlia della Luna, puntando la lama della sua spada alla gola del ragazzo. Prontamente la deviò e afferrò la caviglia, ma la donna riuscì a liberarsi e a ferirlo sulla gamba con un fendente. Darrien contrattaccò sfruttando il suo potere: un fascio di densa oscurità strinse la gola di Aata e creò altre spaccature sulla pelle pallida. La Figlia della Luna digrignò i denti rabbiosamente e usò la sua spada per liberarsi dal potere del ragazzo, tagliando quel fascio come se fosse burro. Colpì Darrien al petto, allo stomaco e al viso più e più volte usando calci, pugni e ginocchiate.

‘’E tu saresti un comandante di un esercito? Guardati, sei debol-‘’- non riuscì a terminare la frase che uno dei pugnali del ragazzo si conficcò nel petto fino al braccio di guardia e un altro nella clavicola, fino a scendere sul fianco, squarciandolo.

‘’Mai sottovalutare il nemico.’’- rispose Darrien, con un luccichio di freddezza nei suoi occhi celesti. Le due lame conficcate nel corpo di Aata iniziarono a risplendere e a far incrinare la pelle e a sgretolarla come se fosse gesso.

‘’Per uccidere una creatura celeste serve un’altra creatura celeste oppure un pugnale che derivi da essa.’’- continuò il ragazzo, osservando la lenta morte della Figlia della Luna.

‘’Il pugnale conficcato nel mio…petto è il Suo. Pensavo fosse morta, trascinando con sé ogni oggetto. Già dal quell’attacco a sorpresa dovevo comprendere qualcosa…’’- rispose lei, osservando come la lama creasse profondi solchi sul suo corpo e facendone cadere grossi pezzi che si dissolvevano.

‘’Non ha portato con sé suo figlio, Caeleno. Gaelia era ricca di sorpresa da quel che mi ha detto.’’- replicò nuovamente Darrien.

Aata rise, divertita ma allo stesso tempo amareggiata e delusa per aver perso la sua battaglia e la possibilità di regnare una volta per tutte con il Re della Prima Fiamma. Il viso della donna si ruppe completamente, lasciando solo gli occhi brillanti fluttuare. Successivamente anche altre parti caddero e si dissolsero, lasciando un piccolo tintinnio simile alla porcellana. La spada della Figlia della Luna cadde nella sabbia cristallizzandola mentre l’intera lama si ricoprì di pietra nera.

‘’Complimenti, mi hai sconfitto. Come hai detto tu, ti ho sottovalutato. È un peccato sai? Potevi far parte di un esercito migliore di quello, con le tue capacità e il tuo potere saresti stato uno tra i soldati migliori di Gallart. Ma a quanto sembra, la tua oscurità è solo per proteggere i deboli.’’

‘’Nessuno è debole. Ognuno è forte e protegge chi ama con tutte le sue forze.’’- rispose il ragazzo, passandole di fianco e riprendendo il cammino verso l’arena. La donna ridacchiò sommessamente, scuotendo la testa in disaccordo.

‘’Il più forte protegge chi ama dici? No. L’essere umano è solo un mostro sotto mentite spoglie, Darrien. Questo, però, non lo hai ancora compreso.’’- furono le ultime parole di Aata, prima di dissolversi nel nulla. Il ragazzo, in silenzio, proseguì.

Lo scontro tra Gallart e Arilyn, nel mentre, era in stallo; nessuno dei due combattenti sembrava voler attaccare per primo e ciò infastidiva il Re della Prima Fiamma. La ragazza, con i muscoli doloranti, cercò di reggersi in piedi e colpirlo con diverse sfere d’energia ma tutte mancarono il bersaglio, alzando solo cumoli di sabbia.

‘’La stanchezza si sta impadronendo di te, così come il tuo dolore.’’- disse lui, avvicinandosi e afferrandole la mano fratturata, facendola urlare per il supplizio che la affliggeva. L’Araldo della Luce tentò di colpirlo al volto con la sinistra, avvolta da un bagliore dorato, ma Gallart evitò il colpo afferrandola per la gola e scaraventandola sul manto sabbioso e calpestandole la mano con forza. Più la mano affondava nella sabbia sotto lo stivale del Re, più l’agonia della giovane aumentava, fino a farla lacrimare:

‘’O combatti il dolore oppure io continuerò a rendere questa tua agonia…eterna.’’- disse Gallart, schiacciando ancora e ancora la mano della povera Arilyn. La ragazza, agonizzante, tentò un’ultima mossa: affondò la mano sinistra nella sabbia, fece esplodere il suo potere e rapidamente la mosse verso lo sterno del nemico. La rena dorata si cristallizzò fino a formare uno spuntone trasparente che andò a conficcarsi nel corpo dell’uomo, facendo sgorgare copiosamente il sangue.

‘’Questa è una bella mossa.’’- disse il Re della Prima Fiamma, cercando di spezzare quell’arma vitrea che gli impediva di muoversi. Arilyn, stremata per le ferite riportate, provò ad allontanarsi di qualche metro per potersi riposare. Un fragoroso rumore di vetro infranto destò la ragazza: Gallart si era liberato da quella trappola. Dalla ferita non sgorgava più sangue, ma ardevano cocenti fiamme scure che si propagavano per tutto il corpo, rendendolo quasi un demone degli inferi. Il corpo di Arilyn venne avvolto da una abbagliante luce celeste, lasciandola stupita da quell’improvviso cambio repentino:

‘’E così, la Dea del Cosmo vuole aiutarti? Servirà altro per sopravvivere, giovane Thandulircath.’’- proferì il Re, concentrando il potere della fiamma tra le sue mani e generando una sfera rovente. Prima che quella gigantesca sfera di fuoco potesse abbattersi sulla giovane, il fulgore celeste si unì a quello dorato sprigionando un vento tempestoso; la voce della Dea echeggiò nelle orecchie della ragazza, donandole il coraggio di migliaia di guerrieri e creature celesti. Gallart scagliò la palla infuocata che si abbatté con violenza sul suo nemico, provocando una esplosione fragorosa. La sabbia, alzatasi per l’impatto si cristallizzò istantaneamente:

‘’Mediocre. Dopo tutte quell’improvvise scariche di energia feroce, il combattimento termina in modo mediocre. Che quella lapide di vetro sia l’ultima testimonianza della razza Thandulircath.’’

Non appena terminò la frase, il monolito vitreo esplose, liberando sinuosi lampi di luce arancione e dorata. La ragazza, come nell’efferata battaglia, tornò ad indossare quell’armatura splendente che l’aveva resa inarrestabile; nei suoi occhi smeraldo si percepiva la voglia di vincere quello scontro e di dimenticarsi dei momenti di debolezza avuti. Gallart, sicuro di sé, scagliò diversi turbini di fiamme contro l’Araldo della Luce che restava immobile e a testa alta. Quando quegl’incessanti attacchi si placarono, il Re della Prima Fiamma restò sorpreso nel vedere il suo potere serpeggiare sullo scudo dorato che proteggeva la ragazza:

‘’Questo non te lo concedo. Solo una persona è degna di domare il fuoco, elemento così selvaggio e distruttivo.’’

‘’Non più.’’- replicò Arilyn, iniziando a fendere l’aria con falci di luce splendenti che colpirono duramente il Re, lasciandogli sul corpo evidenti ferite che brillavano pallide; era sconcertato da tanta violenza nei colpi della ragazza. Il Re della Prima Fiamma reagì facendo divampare il fuoco sulle sue braccia e iniziò a sferrare diversi globi incandescenti contro l’Araldo della Luce. Il bagliore dorato era più forte della fiamma arcana, così forte da ridurre le sfere incandescenti in semplici serpenti scarlatti che si unirono a quel fulgore così abbagliante. Come un colpo di cannone, l’energia concentrata nella mano della giovane venne rilasciata con violenza, investendo Gallart e sbriciolando parti della sua pelle rocciosa. L’impatto fu distruttivo: il Re della Prima Fiamma era immobile, a testa alta e con un braccio che gli faceva da scudo, sotto i suoi piedi la sabbia si era nuovamente cristallizzata creando quel che sembrava un ventaglio semiaperto e, infine, alcuni pezzi delle mura erano crollati.

‘’Sorprendente…questo è il tuo vero potenziale. Mia sorella non ha compreso nulla, così accecata dalla sua vendetta. Sono contento di essere stato testimone…di questa lotta.’’- disse l’uomo, incrociando i suoi occhi rubino con quelli smeraldini di Arilyn, avvolta ancora da quell’aura variopinta e nella mano quel frammento della sua spada spezzata precedentemente. Gallart sorrise e sferrò un altro attacco contro la ragazza, ma la mancò di pochi centimetri, subendo una pugnalata sul fianco e sul polpaccio. Evocò nuovamente il potere della fiamma, ma essendo lievemente debole anche l’energia incandescente lo era. Generò un globo di fuoco e lo scagliò contro una lastra delle mura, caduta nella sabbia precedentemente, speranzoso che colpisse la ragazza.

‘’Non è ancora finita.’’- replicò Arilyn, sapendo dell’imminente impatto. Come due anni fa, si tramutò in una nube dorata, ma questa volta al suo interno aleggiavano anche le fiamme arcane e il potere donato dalla Dea del Cosmo; tre forze in una sola persona.

Il Re della Prima Fiamma non fu sorpreso da quella nube e aprì le braccia, attendendo il colpo finale e la sconfitta. La nube di accecante luce variopinta lo colpì con forza, trapassandolo da parte a parte. Nel petto dell’uomo era piantata la lama spezzata della ragazza, sul Sigillo del Rituale. Si tolse quel pezzo di metallo dalla ferita, si voltò verso Arilyn e sorrise:

‘’L’ultima dei Thandulircath ad aver sconfitto un Re della Prima Fiamma. E senza sortilegi…’’- disse, sputando un piccolo grumo di sangue.

‘’Perché non hai cercato di bloccare quel colpo come tua sorella Tyrahieh?’’- domandò la ragazza, osservando il sangue nero scorrere sul corpo di Gallart, rendendolo simile ad una creatura notturna.

‘’Perché un vero nobile accetta la sconfitta a testa alta. Sarò egocentrico nel dirlo, ma è così che ho vissuto. E adesso non temo la morte. Mia sorella era troppo stupida e annebbiata dall’odio che aveva nei vostri confronti. Che marcisca nella sua fossa.’’- replicò con disprezzo, tossendo e barcollando, pulendosi un rivolo di sangue con il dorso della mano. Ci fu un breve attimo di silenzio prima che l’ormai morente Re della Prima Fiamma scoppiò in una fragorosa risata, quasi isterica.

‘’Prima che muoia e abbandoni questo sciagurato mondo, voglio rivelarti del perché quella lancia era indirizzata a Vraekhar e del vostro amico Morghull. Il Re Malinconico mi chiese di mettere fine alla sua esistenza non appena…fosse giunto il momento. Era ormai stanco, ammalato…quasi l’ombra di sé stesso…’’- si interruppe Gallart, tossendo violentemente e inginocchiandosi nella sabbia. Si rialzò a fatica, digrignando i denti e imprecando aspramente: le forze lo stavano abbandonando lentamente. Si schiarì la voce e riprese a parlare:

‘’Quello era l’unico momento propizio per esaudire la sua richiesta. Per quanto riguarda Morghull, invece, credo vi abbia raccontato del suo passato e del trauma. Sono stato io ad eliminare il suo esercito, più di tre decadi fa, e sono sempre stato io ad avergli carbonizzato il braccio. Tutto per salvare la vita al suo lupo. Ammirevole, lo ammetto, ma è da folli sacrificare i propri compagni per un lupo…’’

‘’Perché mi stai dicendo tutto questo Gallart?’’- domandò la ragazza, sorpresa dall’innaturale comportamento dell’uomo.

‘’Volevo che qualcuno sentisse gli unici due segreti della mia esistenza, ma questo solo se fossi stato sconfitto. E il destino ha deciso. Ma non piangerò e non mi metterò in ginocchio d’innanzi alla Tenebra. Questo Re della Prima Fiamma muore a testa alta.’’- rispose lui, sorridendo. D’un tratto le gigantesche mura oscure iniziarono a sprofondare, inghiottite dalla sabbia famelica. Non appena il fracasso metallico cessò e l’arena scomparve, Darrien con i suoi amici corsero verso Arilyn:

‘’Arilyn, stai bene?’’- domandò il ragazzo, baciandole le labbra e la fronte.

‘’Forse. L’adrenalina acceca il mio raziocinio.’’- rispose lei, osservandosi il corpo pieno di ferite, lividi e graffi; la mano rotta aveva assunto una colorazione violacea che non prometteva nulla di buono. L’Eclissi stava svanendo lentamente, permettendo al cielo di tornare al suo colore naturale. Il Sole si stava liberando dalla sua prigione oscura lentamente, facendo risplendere i suoi raggi. Morghull, osservando il Re della Prima Fiamma rivolto al Sole, decise di andare da lui in silenzio. Lo stupore di tutti non impedì al vecchio pellegrino di continuare la sua avanzata.

‘’Gallart.’’- esordì l’uomo, stringendo i denti per una improvvisa fitta al braccio, al suo ‘’tormento’’.

‘’Oh, Morghull. Dopo più di tre decadi riesci ancora a reggerti in piedi. Non mi aspettavo di rivederti.’’- rispose l’uomo, voltandosi e mostrando parte del volto già ricoperto di roccia bianca.

‘’Un giorno ci saremmo incontrati nuovamente, ricordi? O la tua sete di potere ti ha annebbiato la memoria?’’

‘’Bada a quel che dici, serpe. Ricordo, ma ero convinto di rivederti una volta diventato il Re di tutto il continente oltre le mura, e farti diventare uno schiavo vacuo e senza raziocinio. Ma tu…non sei qui per questo, devi dirmi altro, non è così?’’- domandò l’uomo, sorridendo con freddezza.

‘’Ti perdono. Per quello che è successo più di trent’anni fa, per avermi reso un mezzo storpio e per aver massacrato i miei uomini.’’- rispose Morghull, osservandolo impassibile, cercando di trattenere il tremolio nella sua voce.

Gallart rise sommessamente e scosse la testa. Quel gesto fece innervosire il Pellegrino che stava per replicare all’offesa, ma si trattenne quando l’uomo rispose:

‘’Perdono? L’essere umano non conosce perdono. Nonostante le buone azioni che compi, tutti guarderanno solo il lato negativo. È come se, dentro di te, ci fosse un qualcosa che marcisce inesorabilmente. Nessuno sente il tanfo, ma tutti lo vedono e ne restano disgustati. Potete cambiare, smussare quei bordi appuntiti che vi siete costruiti per difendervi, ma alla fine siete sempre gli stessi. Maschere viventi che nascondono il mostro che siete in realtà.’’

Morghull, non sapendo cos’altro dire, restò in silenzio e tornò indietro. Quelle parole lo avevano colpito stranamente, lasciandolo perplesso e sorpreso allo stesso tempo: pensava fosse identico alla Regina di Ghiaccio, ma si sbagliava. Volse un ultimo sguardo a quel vecchio ‘’amico’’, tramutatosi ormai in una statua di marmo volta al sole.

‘’Maestro, si sente bene?’’- domandò Hemal, posando una mano sulla spalla. Tutti i messaggeri impallidirono per quell’improvviso gesto da parte di Hemal che temevano un rimprovero.

‘’Sì, sto bene. Torniamo a casa. Rae ci sta attendendo al portale che gli ho chiesto di evocare. Saremo più veloci nel rientro.’’- rispose il Pellegrino, dando delle leggere pacche sul braccio di Hemal e avanzando per primo. Tutti abbandonarono quella distesa di sabbia, dilaniata dai colpi e dai cadaveri carbonizzati e pietrificati, come Gallart, simbolo di quella fine. I segni di quel faticoso quanto estenuante duello erano ben evidenti sui ragazzi e sui Titani; ognuno di loro aveva una parte del corpo mancante, ma il loro orgoglio era più forte delle ferite che avevano.

‘’Darrien, tutto bene? I tuoi occhi tradiscono le tue emozioni.’’- disse Arilyn, osservando il suo compagno con la fronte corrugata.

‘’Ripensavo alle parole dette da Aata, prima che si dissolvesse. L’essere umano è solo un mostro sotto mentite spoglie…’’

‘’Simile a quel che mi ha detto Gallart, solo in modo poetico. E forse ha ragione. Cerchiamo di smussare quei bordi acuminati che abbiamo costruito con le nostre esperienze, ma alla fine la parte crudele e bestiale tornerà sempre.’’- si intromise Morghull, sentendo il discorso del ragazzo e puntualizzando ciò che stavano per negare tutti. Hatysa, tenendosi a Caeleno sotto braccio per la stanchezza, esordì nuovamente:

‘’Tutto questo è da vedere, maestro.’’

Il Pellegrino annuì solamente, restando in silenzio e rimuginando su quanto accaduto: lo stupore non sembrava voler scomparire. In lontananza il portale del Titano Custode era ben visibile e, a giudicare dal continuo movimento del piede, era innervosito dalla estenuante lentezza:

‘’Vorreste aumentare il passo o devo chiamare una carrozza?’’- domandò ad alta voce, incrociando le braccia. Quando ormai mancava poco all’arrivo, la terra iniziò a tremare con violenza, a spaccarsi ed alzarsi senza sosta. L’enorme castello, la Torre Nera e le mura del Regno di Gallart crollarono, sparpagliando la loro polvere e i loro detriti sula manto sabbioso e terminando la loro corsa nel baratro abissale.

‘’Orphen, che diavolo sta succedendo?’’- domandò l’Araldo della Luce, osservando quell’inumano putiferio mentre correvano.

‘’Non lo so, non è mai accaduto un qualcosa di così catastrofico prima d’ora. E abbiamo combattuto Re della Prima Fiamma per secoli, ma questo…questo è diverso.’’- rispose lui, fermandosi per un breve istante ad ‘’ammirare’’ quello spettacolo. Una luce rossastra si stava avvicinando con rapidità fulminea verso di loro, simile alla stessa che usava Orphen per comunicare con la Stella dei Viaggiatori, ma molto più sottile e abbagliante: era così veloce che la sabbia sotto di lei turbinava come piccoli mulinelli, finendo per poi implodere.

‘’Dove conduce il portale?’’- domandò Morghull prima di entrarci.

‘’Huvendal. Lì c’è Exnera ad aspettarci.’’- rispose il Titano, spingendolo all’interno. A seguirlo ci furono i Titani e i Messaggeri. Gli ultimi furono Arilyn e Darrien, che rimasero stupiti da quel che videro: una gigantesca colonna di pietra, terra, sabbia e radici aveva fatto innalzare il cadavere pietrificato di Gallart al cielo.

’Muovetevi.’’- li rimproverò il Titano, afferrandoli per le braccia e spingendoli al sicuro. Restò anche lui affascinato e terrorizzato da quel che vedeva e pregò la Dea Gaelia per la protezione. Raggiunse i suoi amici e per pochi centimetri la luce rossastra non lo colpì, evitando di scomparire o peggio. Quell’abbagliante sfolgorio impediva di vedere chiaramente ciò che li circondava, i suoni sembravano tante urla acute e distorte, quasi rimbombanti. Lo sfolgorio del portale cambiava colori di continuo, senza sosta e sembravano essere passate ore da quando erano entranti all’interno, ma non appena i viaggiatori sentirono le loro orecchie otturarsi e una fastidiosa sensazione di freddo sotto i loro corpi, compresero che erano finalmente usciti, riaprirono gli occhi. Attorno a loro molte persone, tra Guardie Merfolk, Navra, le figlie di Thessalia, il Re con sua moglie e, infine, Exnera. L’ultimo ad uscire e a chiudere il portale fu Rae, visibilmente scosso.

‘’Non ho mai visto nulla di così…terribile e affascinante allo stesso tempo. Per millenni aspettavo qualcosa che mi provocasse queste sensazioni.’’- esordì quasi euforico, ma durò poco non appena si rese conto che qualcuno mancava all’appello.

‘’Dove sono?’’

‘’Chi?’’- domandò Mirzam, alzandosi con difficoltà e tenendosi la testa dolente.

‘’Arilyn e Darrien.’’- replicò il Titano, restando ad osservare il gruppo alla quale mancavano i due giovani. Rae unì le mani e cercò di sentire l’aura dei ragazzi, ma nulla.

Non sentiva nulla.

‘’Io non…non comprendo. Non sarebbe dovuto accadere nulla del genere lì dentro. Dannazione!’’- disse il Titano Custode, maledicendosi per aver fallito nel suo compito. Searlas si mosse e andò ad alzare Morghull, per poi allontanarsi da lui e fermarsi sul caposcala. Cadde in ginocchio fino a rannicchiarsi su sé stesso: ci fu un lungo sospiro tremolante che si tramutò in un lungo e dolente gemito:

‘’Non di nuovo. Non loro. Non lui!’’- disse, per poi sedersi e coprirsi il viso tra le mani, nascondendo il pianto. Tutti i presenti restarono in silenzio, mentre il Sole tramontava lentamente, come se riuscisse a percepire la disperazione del Re e l’unico conforto che potesse dargli erano i suoi raggi. Sindar, la sua compagna si diresse da lui e lo strinse tra le sue braccia, sussurrandogli che sarebbero tornati presto e sani e salvi.
Tutti si domandavano cosa fosse accaduto in quel portale e dove fossero finiti i due giovani eroi, soprattutto Rae che non riusciva ancora a comprendere il motivo della
loro improvvisa scomparsa.

‘’Rae, sei sicuro di averli visti entrare?’’- domandò Exnera, avvicinandosi a lui e parlandogli con calma.

‘’Vuoi mettere in discussione il mio ruolo di Titano, sorella? Sono stato l’ultimo ad entrare in quel maledetto portale e l’ultimo ad averlo chiuso, o sbaglio? Per amor di Gaelia e della Stella d’Onice, lasciami in pace. Ho bisogno di riflettere ora, non delle tue prediche.’’- rispose adirato il Titano Custode, prima di scomparire in un flebile fulgore bianco.

Il Titano della Battaglia cercò di fermare suo fratello, ma una mano la bloccò subito: era Caeleno, che con lo sguardo riuscì a farle comprendere che quella era l’unica cosa sensata da fare.

‘’Searlas cosa succede? Dove sono i ragazzi?’’- domandò una voce familiare. La Regina degli Ellsanoris, Thessalia, era ferma sugli scalini e osservava incuriosita quella scena. La sua curiosità, tuttavia, si tramutò in angoscia quando Orphen, il Titano e protetto della defunta Madre del Globo rispose:

‘’Sono scomparsi. Nessuno di noi riesce ad avvertire la loro energia e nessuno di noi sa come sia potuto accadere questa…sciagura.’’

La reazione della donna, come di tutti i presenti, fu quella di volgere lo sguardo al tramonto e pregare per la loro salvezza.

Pregare per il loro ritorno.

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Capitolo 9
*** Epilogo. ***


Una leggera brezza primaverile trasportava, con delicatezza, centinaia di petali colorati attraverso campi verdeggianti e creando piroette nel cielo. Un petalo di buganvillea solitario andò ad adagiarsi sul viso di una ragazza che dormiva nel manto erboso. Quel leggero contatto la destò dal suo sonno, confusa e disorientata:

‘’Dove sono?’’- si chiese la giovane, osservando quel posto idilliaco e quasi innaturale per lei. Si alzò in fretta e si incamminò, cercando qualcuno per avere spiegazioni. Il sole splendeva nella sua elegante grandezza, nessun pericolo e nessun caotico scontro; solo pace e silenzio. Continuò a camminare finché non notò qualcuno osservare la vallata sottostante: indossava un lungo cappotto grigio, le mani dietro la schiena avvolte da guanti bianchi, un pantalone nero come la sua maglia e stivali con la punta in metallo. Non appena si voltò verso la ragazza, l’uomo fu sorpreso dalla sua presenza e disse:

‘’Arilyn?’’

‘’Padre!’’- rispose la ragazza non appena riconobbe l’uomo che l’aveva accudita fin da piccola e addestrata. Gli corse incontro e andò ad abbracciarlo, incurante delle ferite che erano sul suo corpo. L’uomo le carezzò la testa, mentre lei piangeva e si stringeva di più nelle sue braccia, cercando di colmare quel sentimento di vuoto che la stava affliggendo da giorni.

‘’Non mi aspettavo di rivederti dopo tanto tempo, figlia dei Thandulircath.’’- ruppe il silenzio una voce conosciuta dalla ragazza e dallo stratega: Bregoldir.

‘’Bregoldir? Che cosa ci fai tu qui?’’

‘’Potrei farti la stessa domanda. Sei in un limbo, più o meno. Qui i defunti scelgono se unirsi ai grandi spiriti o restare nella quiete e pace. Io e tuo padre abbiamo scelto quest’ultima. Ma tu non dovresti essere qui.’’- disse l’uomo, guardandola preoccupato. Il rancore da scagnozzo della regina di ghiaccio era del tutto svanito, lasciando spazio ad un inusuale approccio amichevole.

‘’Che intendi?’’- domandò Arilyn, ancora confusa.

I due uomini si scambiarono un rapido sguardo, e quello di Bregoldir fu convincente per Vorshan:

‘’Figlia mia…non puoi restare in questo luogo. A malincuore devi tornare indietro. Solo i defunti possono stare qui e tu sei ancora in vita, lo percepisco. Gli dei e le stelle hanno deciso di condurti qui per…rivedermi un’ultima volta.’’- disse lo stratega, asciugando le lacrime della ragazza. Sapeva benissimo che sua figlia non avrebbe mai voluto farlo, ma doveva.

‘’Non voglio andarmene e lasciarti qui. Ho già fatto un errore del genere e mi pento amaramente di averlo commesso ma…’’- si interruppe la ragazza al gesto di suo padre. Lo stratega sorrise e rispose:

‘’Lo so, anche io vorrei poter tornare indietro, ma se il mio destino era stato già scritto, io non potevo fare nulla per cambiarlo. Sono felice di averti cresciuto, addestrato, ma soprattutto sono felice di averti avuto come figlia. Sono fiero di te, Arilyn.’’

‘’Io, invece, ti sono grato per avermi liberato da quel flagello gelido della Regina e di aver combattuto un valoroso scontro.’’- aggiunse Bregoldir, facendo un leggero inchino. Tutti quei complimenti sorpresero la ragazza, con il viso e gli occhi arrossati dal pianto. Ci fu un breve attimo di silenzio, prima che la ragazza chiese:

‘’Posso…restare finché non sarà il momento di andarmene?’’

‘’Sì, ma solo per pochi minuti. Quando sentirai un leggero torpore e formicolio su tutto il corpo, vuol dire che il momento di tornare nel regno dei vivi è giunto. Però questo tuo rientro avrà conseguenze sulla tua psiche. Essendo ancora viva, perderai parte della memoria e solo uno shock improvviso permetterà di riacquistarla. Mi dispiace, figlia dei Thandulircath. Ci rivedremo un giorno.’’- disse Bregoldir, svanendo nel nulla. Vorshan, era preoccupato per sua figlia e per le ripercussioni.

‘’Non mi importa di quello che mi accadrà.’’- disse la ragazza, convinta delle sue parole. Padre e figlia si sedettero sull’erba, con le gambe che ciondolavano nel vuoto; la ragazza restò con la testa appoggiata sulla spalla di Vorshan, con gli occhi chiusi e che si godeva quei brevi istanti mentre il sole le illuminava il viso. Lo stratega si scusò per averla lasciata da sola e che avrebbe voluto vivere di più per poterla vedere diventare una donna forte che avrebbe comandato eserciti interi con l’aiuto del suo compagno.

‘’Ho commesso azioni riprovevoli, soggiogata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta. Come potrei essere una donna forte e comandare eserciti se…la bestia che è in me prende il controllo?’’

‘’Tu prenderai il controllo di lei. Ognuno di noi ha un proprio demone che, una volta liberato, è difficile tenerlo a bada. Il mio era il passato, frenetico e doloroso che mi impediva di vivere la mia vita, ma una volta controllato, sono diventato ciò che tu vedi. Calma, impegno e molto tempo.’’- rispose Vorshan, sereno, mentre alcuni petali si posavano sulle gambe per riposarsi e riprendere il volo. Ritornò il silenzio, Arilyn sembrava quasi addormentata sulla spalla del padre, sorridente. L’uomo notò piccoli sprazzi di luce comparire sul corpo della figlia, ma non volle svegliarla.

Dei passi, quasi impercettibili, fecero comprendere allo stratega la presenza di un'altra persona, se non due. Un uomo e una donna, molto giovani, si fermarono a pochi centimetri da Vorshan; indossavano abiti semplici, con qualche piccola decorazione per dare loro un tocco di eccentrica follia.

‘’È lei?’’- domandò l’uomo, pacato mentre la donna andò dal lato opposto, per poterla osservare meglio.

‘’Sì, è lei.’’- rispose Vorshan, volgendo lo sguardo su Arilyn e sulla donna che le era vicino. Erano due gocce d’acqua, entrambe belle e con lo stesso colore di capelli.

‘’È meravigliosa e allo stesso tempo tenace. Unica figlia e discendente del nostro popolo. Senza di te non sarebbe quel che è adesso. Sei un buon padre.’’- disse la donna, sfiorando le guance della ragazza.

‘’Io non ho fatto nulla. Solo…non volevo che morisse nelle fauci dell’inverno.’’

‘’E l’hai salvata e accudita come se fosse tua figlia. Chiedemmo a Bregoldir di risparmiarla e lo fece. Era solo un brav’uomo imprigionato dal maleficio del Ghiaccio. Siamo lieti che sia cresciuta con te.’’

L’uomo chiuse gli occhi, per nascondere le lacrime che gli stavano solcando le guance. Per la prima volta in vita sua, pianse. Promise che nessuna emozione, eccetto l’affetto per sua figlia, lo avrebbe intralciato con il suo ruolo. Gli sprazzi di luce aumentarono d’intensità, sembrando lucciole posate sul corpo di Arilyn:

‘’Che cosa le accadrà, non appena tornerà nel regno dei vivi? Intendo oltre alla perdita di memoria parziale…’’- domandò lo stratega, stringendo la mano di sua figlia. I genitori di Arilyn si scambiarono lo sguardo, perplessi e incapaci di rispondere.

‘’Resterà in uno stato di sonno profondo per qualche giorno. Al suo risveglio, si sentirà disorientata e dolorante per le ferite riportate in guerra. Soprattutto per la frattura alla mano.’’- disse un’altra voce, dal tono gelido.

‘’Tu sei Gallart, Re della Prima Fiamma, vero?’’- chiese la madre di Arilyn, incuriosita da come un essere così spregevole come lui potesse trovarsi nel limbo.

‘’Sì, e tolgo subito il vostro dubbio. Mi è stato concesso di porgere un saluto alla prode condottiera di Huvendal. Mai, prima d’ora, un Re della Prima Fiamma è stato sconfitto con onestà. Ora, perdonatemi, ma l’abisso mi attende.’’- rispose, prima di voltarsi e andarsene. Qualcosa strinse la sua caviglia, bloccandolo: lo stratega lo aveva fermato. Gallart, incuriosito, si voltò e attese le parole dell’uomo:

‘’Potresti ancora redimerti, non sei costretto a dover-‘’

‘’No, Vorshan. Prima di me, ogni Re della Prima Fiamma Arcana ha voluto ‘’redimersi’’ perché terrorizzati da quel che gli aspettava. Io non sono come loro e accetto il mio destino. Ti ringrazio lo stesso.’’- lo interruppe, liberandosi da quella stretta e svanendo come faceva quando era vivo: tra le fiamme.

Non appena Gallart svanì, dalla polvere comparve un uomo in uniforme bordeaux, leggermente stropicciata e strappata su più punti. Non disse nulla, nemmeno una parola. Preferì il silenzio, inchinarsi e poi avvicinarsi alla ragazza e a Vorshan. Gli diede dei leggeri colpi sulla spalla, come a complimentarsi e, successivamente strinse le mani ai genitori della ragazza. Il bagliore bianco aveva ormai avvolto interamente il corpo, lasciando solo visibile il viso della giovane, dormiente e serena:

‘’Fin da subito ha dimostrato di avere il potenziale di un vero cavaliere. E in quest’ultimi due anni è maturata così tanto da riuscire ad attirare la simpatia di molte persone. Però, noto che non sono stato l’unico ad averla salutata, vero?’’

‘’Vero, Rhakros.’’- rispose lo stratega, posando leggermente la testa di Arilyn sull’erba fresca e allontanandosi da lei. Era giunta l’ora di tornare a casa, nel suo mondo. Una figura, vestita di bianco con ornamenti dorati comparve davanti ai presenti, porgendo un saluto di rispetto. Si inginocchiò, osservò brevemente la ragazza per poi aprire le mani e permettere al fulgore di ricoprirla interamente:

‘’Starà bene, verrà ritrovata su una piccola zattera a pochi metri dall’argine. Gli dei vogliono che sappia trovare il suo equilibrio, per questo non è destinata ancora a tornare ad Huvendal.’’- disse il giovane mentre il corpo di Arilyn scompariva dal limbo. Successivamente svanirono i genitori della ragazza, il messaggero e Rhakros. Vorshan preferì restare lì, ad osservare la sua nuova casa, con il vento che soffiava dolcemente e trasportava il profumo primaverile con sé.

‘’Fai buon viaggio Arilyn, cercherò di proteggerti anche in questo regno. E dimostra a tutti il tuo valore.’’

E così sistemandosi il mantello, lo stratega si incamminò verso la vallata, mentre il sole del mezzodì risplendeva nuovamente nella sua incredibile eleganza. Per Arilyn non era ancora il momento di tornare a casa. Doveva controllare le sue emozioni. Doveva trovare l’Equilibrio della sua anima.

Che il Sole e le Stelle possano proteggerla.





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La battaglia contro il Re della Prima Fiamma è giunta al termine.
Il viaggio continua.
Grazie per aver letto questo romanzo.

-Mordekai.

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