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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Strani incontri *** Capitolo 2: *** Se nessuno ha nulla in contrario... *** Capitolo 3: *** Sempre più inquieto *** Capitolo 4: *** Mostruosamente in crescita *** Capitolo 5: *** Per essere un vero Drago *** Capitolo 6: *** La promessa *** Capitolo 7: *** Quello che si credeva dimenticato ***
In un
mondo tranquillo, dove gli abitanti cercano di vivere le loro vite serenamente,
la pace è messa in pericolo da uno spietato demone e da continue voragini che
si spalancano nel terreno.
Queste
persone non sospettano nemmeno di vivere in un mondo costruito a partire dai
sogni e dai ricordi di altre persone, di essere loro stessi dei sogni, ma
vivono le loro vite esattamente come le loro controparti nel mondo reale. Solo
un gruppo di eroi, scelto dalla Dea, è in grado di viaggiare fra questi due
mondi a suo piacimento per affrontare i demoni e salvare i propri cari. Le loro
straordinarie imprese hanno permesso di richiudere le voragini e di far tornare
al loro posto luoghi quasi dimenticati, ormai leggende nel mondo reale, ma veri
e reali nel mondo dei sogni: Zenithya, il regno del
sovrano dei sogni; Encantya, la città della magia; il
castello del re Medoro, il famoso e generoso collezionista di minimedaglie che, munifico, elargisce ricompense a chiunque
lo aiuti a completare la sua raccolta; l’Abbazia Mutationis,
dove ognuno può trovare la sua vocazione e imparare i segreti di ogni
professione. Guerriero, lottatore, mago, sacerdote, ladro, mercante, ballerino,
domamostri, giullare sono le più comuni, ma, con l'esperienza
e la pazienza di imparare più vocazioni, anche attività come gladiatore,
maestro d’armi, paladino, saggio, esploratore, artista diventano accessibili
persino a chi non pensava di avere alcun talento. Quello che invece pochi sanno
è l'esistenza di alcune vocazioni speciali, ottenibili solo con alcuni
particolari criteri.
Questo è
il segreto che svelerà questa storia.
Il
ragazzo alzò lo sguardo, incantato dalla bellezza di quel luogo. Gli avevano
raccontato della magnificenza dell’Abbazia Mutationis,
ma vederla di persona era tutta un'altra cosa. Una forte emozione gli strinse
la gola, quasi commosso ricordando i racconti dei nonni, che avevano visto quel
luogo da giovani prima che svanisse inghiottito dalle forze dell'oscurità. Non
avrebbe mai pensato di poterlo vedere davvero, si era quasi convinto che quei
racconti fossero solo delle belle favole. Invece, quando la notizia della
ricomparsa della basilica era giunta anche al suo villaggio, non aveva resistito
alla tentazione di vederla e si era messo in viaggio. E ne era valsa la pena,
assolutamente. Gli dispiaceva solo che suo nonno non avesse potuto
accompagnarlo. Timoroso, salì i gradini lentamente. Cosa avrebbe trovato al suo
interno?
Il
portone era aperto, spalancato, come a voler invitare quanta più gente
possibile ad entrare. Il ragazzo non ebbe quasi il tempo di mettere un piede
all'interno della sala che rimase senza fiato: gli altissimi soffitti
sovrastavano la stanza più grande che il giovane avesse mai potuto vedere,
occupata per buona parte da tre enormi arcate che incorniciavano altrettante
scalinate, due che portavano verso il basso, una verso l'alto, dove un uomo
vestito con abiti insoliti sembrava essere in perenne attesa; sulla destra era
possibile notare numerosi scaffali di libri a cui si accalcavano persone prese
in quelle che sembravano essere importanti discussioni, e un banchetto occupato
da una suora dall'aria gentile, che pareva dare informazioni a chiunque le
richiedesse. Sulla sinistra invece c'era un piccolo altare, occupato da un
sacerdote e, ad un altro banchetto, una signora anziana, vestita con tipici
abiti da chiromante, lungo vestito viola e cappello a punta, davanti a una
sfera di cristallo. Un'enorme frenesia caratterizzava quel luogo pieno di
persone in continuo movimento. Il ragazzo si guardò intorno frastornato. Non
aveva la più pallida idea di dove cominciare la sua visita.
«Posso
aiutarti?»
Il
ragazzo si voltò spaventato. A rivolgergli la parola era stata proprio la suora
dietro al banchetto.
«Ehm, sì,
magari... vorrei sapere... cos'è che si fa qui. Cos'è questo posto, ecco.»
La donna
gli sorrise dolcemente: «L’Abbazia Mutationis
permette a chiunque lo desideri di assumere una vocazione a sua scelta. Se
vuoi, posso spiegarti le vocazioni disponibili qui.»
«Magari,
grazie.»
La suora
iniziò una lunga spiegazione su tutte le vocazioni esistenti, che se
inizialmente interessò il ragazzo, dopo un po' di tempo iniziò ad annoiarlo e
alla fine si ritrovò più confuso di prima. La donna, però, se ne accorse e
intenerita gli propose: «Se sei così indeciso potesti provare ad andare dalla
signora qui a fianco. È una donna di grande esperienza, ha visto così tante persone
nella sua lunga carriera che è in grado di stabilire solo guardandoti negli
occhi quale sia la vocazione più adatta a te. Ti conviene approfittarne, non è
un'occasione che capita tutti i giorni!»
Il
ragazzo sembrò risvegliarsi dal torpore e si diresse verso l'altro tavolo: «La
ringrazio!»
Il
giovane, ad essere sinceri, era un po' confuso da tutte queste storie sulle
vocazioni. Aveva solo capito che in quel luogo potevano insegnargli cose che
non avrebbe appreso altrove, e sperava di trovare un modo per aiutare la sua
famiglia e, chissà, magari scoprire qualcosa di interessante!
Si
avvicinò al banchetto, un po' insicuro: la donna gli trasmetteva una sensazione
di timore reverenziale; aveva degli occhi così vividi che sembrava fossero in
grado di leggergli direttamente l'anima. Il ragazzo strinse con forza la
tracolla della borsa violetta che aveva con sé, deglutendo. Forse doveva
tornarsene a casa: in fondo, la curiosità se l'era tolta, aveva visto
l'Abbazia, che altro doveva fare lì?
Fece per
girare i tacchi e uscire dall’edificio, quando una voce innaturalmente acuta e
gracchiante lo richiamò: «Giovanotto, dove stai andando? Il mio banco ora è
libero, sto aspettando proprio te! Perché non ti avvicini? Eppure sento che il
tuo cuore freme per ascoltare le mie parole.»
Il
ragazzo si immobilizzò sul posto, colto di sorpresa. Se da una parte gli era
sembrato stupido avere paura di quella donna, ora invece gli sembrava
perfettamente sensato. Ma forse non ce l'aveva con lui, in fondo quel posto era
pieno di gente...
La
vecchia insistette: «Sì, parlo con te, ragazzo vestito di verde!»
Trasalì.
No, invece ce l'aveva proprio con lui, era l'unico là dentro con maglia e
pantaloni verdi. Si voltò lentamente e rispose con voce innaturalmente acuta:
«Pensavo fosse stanca, e volevo farla riposare...»
La donna
ridacchiò, e al ragazzo sembrò proprio una di quelle vecchie streghe delle
favole: «Alla mia età, ragazzo, ci si riposa direttamente nella tomba! Allora,
fammi indovinare... sei qui perché vuoi sapere quale sia la vocazione più
adatta a te?»
Il
giovane sbarrò gli occhi: «E lei come fa a saperlo?»
La
vecchia ridacchiò di nuovo: «Potrei dirti che l'ho visto qui, nella mia sfera
di cristallo... ma la verità è che ti ho visto aggirarti confuso qui intorno,
poi parlare con la suora e avvicinarti per un attimo al mio banchetto prima di
andartene... ho solo fatto due più due.»
Il
ragazzo si guardò i piedi imbarazzato: «Ah, capisco...»
«Ma non
siamo qui per parlare di me... parliamo di te, piuttosto! Qual è il tuo nome,
ragazzo dagli abiti verdi?»
«Jared,
mi chiamo Jared.»
«Bene,
Jared, guardami fisso negli occhi, così che io possa vedere la tua anima...»
Il
ragazzo deglutì rumorosamente: «Anche se si ferma un pochino prima mi va bene
lo stesso...»
La donna
si limitò a sorridere, ma non socchiuse neanche per un momento le palpebre, i
suoi occhi ben fissi nelle pupille nere del ragazzo. L'espressione del volto
della vecchia si fece dapprima curiosa, poi interessata, infine seria. Quando
chiuse gli occhi, sembrò che il peso del mondo intero le fosse ricaduto sulle
spalle.
Jared si
preoccupò: «Non si sente bene? Vuole che vada a chiamare aiuto?»
La
vecchia scosse la testa: «No, ragazzo no. È solo... solo che era tanto tempo
che non vedevo nulla di simile...»
Il
giovane iniziò preoccuparsi, ma la donna continuò: «Dentro di te ho visto la
predisposizione perfetta per una vocazione antica quanto complessa e potente.
Ma ormai è andata perduta, e anche volendo dirti di seguire il tuo destino non
potrei dartene i mezzi. Se solo me ne fosse rimasta ancora una...»
Jared la
guardò perplesso: forse non si era sbagliato, forse era davvero solo una vecchia
pazza.
«E
cos'avrebbe visto di così... particolare?»
La
vecchia sembrò agitarsi: «No, non te lo dirò. Non mi crederesti, e anche se lo
facessi rischieresti di metterti nei guai. No, non voglio avere un altro
ragazzo sulla coscienza. Per favore, vai, l'Abbazia non ha nulla da offrirti,
purtroppo.»
Jared non
sapeva davvero che cosa dirle, ma in fondo andava bene così. Era meglio che
tornasse a casa, i nonni avevano bisogno di lui. Si voltò e si avviò verso
l'uscita, ma la vecchia lo richiamò un'ultima volta: «FERMO! Fermati ancora un
momento, Jared!»
Il
ragazzo si fermò sospirando: «Abbia pazienza, ma io adesso devo davvero andare,
mi stanno aspettando a casa...»
«Cos'è
quello che ti spunta dalla borsa?»
Jared
prese la sua tracolla e notò che un pezzo di carta ne era uscito parzialmente:
«Questo? In realtà non ho ben capito neanche io...»
Dalla
tracolla violacea fece uscire quella che aveva l'aria di essere un'antica
pergamena arrotolata, un po' rovinata dal tempo, e la porse alla vecchia: «Me
l’ha data mio nonno prima di partire, mi ha detto che forse qui poteva essermi
utile, ma non mi ha voluto dire perché, né a cosa servisse...»
La donna
la srotolò, ammirando le antiche parole vergate con inchiostro rovinato, e
soprattutto l'antico sigillo in ceralacca verde.
«Una Pazienza del Drago... non credevo che ne
avrei mai più vista una...»
Jared la
guardò perplesso: «Una che?»
La
vecchia alzò lo sguardo e il ragazzo rimase sorpreso nel vedere i suoi occhi
improvvisamente lucidi: «Deve essere un segno. Un segno del destino, non vedo
altra spiegazione... vai, sali quelle scale e parla al sacerdote stringendo in
mano questa pergamena.»
«E poi?»
«Poi
potrai ottenere la vocazione che ti è destinata, quella di Drago.»
Jared
alzò un sopracciglio: «Drago? Non
ricordo di averla sentita dalla suora...»
«Solo
perché è estremamente rara, per poterla ottenere è necessario questo documento,
chiamato Pazienza del Drago. Credevo che fossero andati tutti distrutti quando
l’Abbazia è precipitata nella voragine e che quindi per te non ci fossero
speranze... invece...»
«E in
cosa consiste la vocazione di... Drago?»
«Ti
permetterà di essere il punto d'incontro fra gli esseri umani e quelle creature
che il mondo troppo semplicemente classifica come mostri.»
Jared
scosse la testa: «Io non voglio essere un mostro!»
«E non lo
sarai, se non lo vorrai essere. Ma ti permetterà di proteggere le persone che
ami in un modo completamente nuovo, irripetibile, inimitabile.»
Jared
rimase con la pergamena in mano, pensieroso. Per quanto la ragione gli dicesse
che tutta quella storia era solo un'enorme sciocchezza, qualcosa, nel profondo
della sua anima, gli stava impedendo di girare i tacchi e tornarsene a casa.
«Se... se
non mi piace posso sempre tornare indietro, vero?»
La
vecchia annuì: «Certo, ti basterà tornare dal sacerdote e in qualunque momento
quello che hai fatto potrà essere annullato. Però ti avverto, questa vocazione
è diversa dalle altre: ci vorrà molto tempo e molta, molta pazienza prima che
tu possa apprenderne appieno i segreti, molto più che per le altre vocazioni.»
Jared
alzò le spalle: «Non ho mai avuto fretta...»
La donna
gli sorrise: «Bene, allora cosa stai aspettando? Va’ incontro al tuo destino!»
Il
ragazzo fece una smorfia: «D'accordo, vado, ma se posso permettermi un
consiglio... usi un linguaggio meno ansiogeno con i suoi futuri clienti!»
La
vecchia si limitò a sorridere e il giovane si ritrovò a salire le scale verso
l'uomo vestito con quegli strani abiti che avevano attirato la sua attenzione
fin da subito.
Il
sacerdote, nel vederlo, allargò le braccia per accoglierlo: «Benvenuto
all'Abbazia Mutationis, giovane.»
Jared lo
guardò perplesso: «Ehm... grazie...»
L'uomo
continuò: «Questa abbazia è un luogo di meditazione, un'oasi su cui riflettere
sui propri destini e vocazioni. Qualcuno di voi desidera cambiare vocazione?»
Jared era
sempre più attonito: «Voi chi? Sono
da solo...»
«Oh,
perdonami giovane, sono abituato a gruppi numerosi, ormai vado in
automatico...»
Il
ragazzo lo fissò attonito: «Capisco...»
«Ma questo
non cambia il senso della mia domanda: desideri cambiare vocazione?»
Jared
aveva un'aria poco convinta: «Sì, penso...»
«Pensi o sei sicuro? Questa non è una
scelta da sottovalutare!»
«No!
Cioè, sì, sono sicuro!»
«E quale
vocazione desideri assumere?»
Il
ragazzo porse la pergamena, che il sacerdote lesse con molta attenzione,
apparentemente impassibile.
«Drago,
sì?»
«Eh sì,
direi proprio di sì...»
L'uomo
alzò gli occhi e impose le mani sulla testa del ragazzo: «Molto bene. Allora...
scusa, come hai detto di chiamarti?»
Il
giovane si limitò ad alzare gli occhi al cielo, rassegnato alle stranezze del
luogo: «Jared.»
«Allora,
Jared, chiudi gli occhi e visualizza il mestiere di Drago nella tua mente.»
Il
ragazzo obbedì, ma non riuscì a togliersi dalla faccia quell'espressione
perplessa che non lo aveva più abbandonato da quando aveva parlato con la
vecchia. Ma si poteva considerare “Drago” come un mestiere? E che cosa
intendeva con “visualizzare il mestiere
nella mente”?
Il
sacerdote, intanto, aveva appoggiato la pergamena sulla testa di Jared e
rivolse lo sguardo verso il cielo.
«Oh, Dea
buona e onnipotente... ti preghiamo di condurre Jared verso una nuova
vocazione!»
Mentre
una musica di organo proveniente da chissà dove sottolineava la solennità del
momento, con grande sorpresa del ragazzo il documento improvvisamente scomparve
dalla sua testa.
L'uomo
abbassò le mani, con solennità: «Ora Jared seguirà il mestiere di Drago. Che
possa addestrarsi con diligenza e trovare grandi soddisfazioni in questa nuova vocazione.»
Il
ragazzo riaprì gli occhi e l'uomo lo congedò: «Uhm... allora, tutto a posto?
Molto bene. Allora andate, giovani.»
Jared
sospirò rassegnato: «Continuo ad essere da solo... ma va bene, arrivederci!»
Sempre
poco convinto, il giovane discese le scale, al termine delle quali la vecchia
lo stava attendendo.
«E
dunque?»
«Ho fatto
come mi ha detto, ma non mi sento molto diverso da prima...»
La donna
ridacchiò: «Oh, te ne accorgerai, te ne accorgerai eccome... scoprirai le prime
differenze non appena avrai l'occasione di affrontare un combattimento. E
ricordati: battendo nemici deboli non si ottiene esperienza. Bisogna impegnarsi
per fare progressi!»
«Se lo
dice lei... ma mi può ancora togliere una curiosità? L'organista nascosto
dietro le tende è proprio necessario? D'accordo, farà anche atmosfera però...»
La
risposta fu una risata di gusto: «Lo sapevo, hai davvero tutte le potenzialità
per essere un ottimo Drago! Vedi ciò che gli altri non notano...»
Jared
alzò un sopracciglio: «Vuole forse dirmi che in tanto tempo nessuno ha mai
notato l'organista là dietro?»
«La gente
nota solo quel che vuol vedere... e tu vuoi vedere la verità.»
«Ok...»
La
vecchia gli diede una pacca sulle spalle, con una forza inaspettata: «E quando
avrai raggiunto il massimo livello come Drago, ricordati di tornare da me.
Terrò in serbo una bella sorpresa, se te ne mostrerai degno. Ora vai e dai il
tuo meglio.»
Jared si
avviò per il corridoio ancora più confuso di com'era entrato. Era stata una
giornata pesante e confusionaria, forse era giunto davvero il momento di
tornare a casa.
«Ehi,
tu!»
Sospirò.
Aveva evidentemente parlato troppo presto.
Alle sue
spalle era arrivato un ragazzo molto ben piantato, dai capelli biondi e gli
abiti un po' da attaccabrighe, che stonavano incredibilmente con i suoi occhi
profondi e il suo sorriso gentile.
«Scusami,
ma non ho potuto non assistere alla tua vocazione. E così, tu saresti un Drago,
vero?»
Jared
fece un mezzo sorriso imbarazzato: «Così pare...»
Il
ragazzo gli allungò una mano: «È un onore per me conoscere un vero Drago! Il
mio nome è Jan, e ho appena ottenuto la vocazione di
Guerriero.»
Il
giovane ricambiò il gesto cordiale: «Io mi chiamo Jared.»
Jan lo
invitò a seguirlo al piano inferiore, dove erano presenti alcuni negozi e una
locanda nella quale alcuni avventori riposavano dalle loro fatiche. Jared,
però, venne condotto ai tavoli di un bar, e precisamente a quello dove erano
sedute due belle signorine. La prima aveva uno sguardo severo e dei lunghi
capelli rossi legati in una coda di cavallo; la seconda aveva un'aria
decisamente più gentile e bonacciona, e a Jared piacquero subito le piccole
treccine bionde che ornavano la sua capigliatura.
Jan fece le
presentazioni: «Ti presento Mako, neo Maga, e Conny,
neo Sacerdotessa. Ragazze, lui è Jared, ed è un Drago.»
Mako alzò un
sopracciglio, perplessa: «Nel senso che è molto bravo?»
Jan rise:
«Nel senso letterale! Ha appena ottenuto la vocazione di Drago.»
Conny
sorrise, con un sorriso che Jared trovò molto bello: «Non sapevo nemmeno che
esistesse!»
«Nemmeno
io, fino a stamattina...»
Jared si
accomodò al tavolo, gli venne versato da bere e poi Jan
si decise a spiegargli perché lo avesse condotto lì: «Hai sentito parlare
qualche volta dei misteriosi eroi che di tanto in tanto salvano qualche villaggio
in giro per il mondo?»
«Sì,
certo, bisognerebbe vivere con i tappi nelle orecchie per non averlo
sentito...»
«Oggi
sono venuto qui per realizzare un sogno: vorrei poterli aiutare nella loro
missione. Insomma, pensaci un attimo: saranno bravi, sì, ma non possono essere
ovunque contemporaneamente! Penso proprio che una mano sarebbe comoda persino a
loro! Così oggi sono venuto all'Abbazia Mutationis
per radunare una squadra. Io sono un Guerriero, e abbiamo già una Maga e una
Sacerdotessa. Stavo giusto scervellandomi per capire cosa potesse mancare a una
squadra del genere, quando ho assistito alla tua cerimonia. Ti andrebbe di
unirti a noi, Jared?»
Il
ragazzo rimase spiazzato dalla proposta: «Non saprei... mi sembra che siate
simpatici e mi piacerebbe molto poter esplorare il mondo, ma i miei nonni mi
aspettano a casa... non posso sparire così...»
Mako sbuffò
annoiata, ma Conny propose gentilmente: «E allora perché non andiamo a chiedere
loro il permesso?»
Jared la
guardò perplesso, ma prima che potesse dire qualunque cosa Jan
si era alzato e aveva sbattuto le mani: «Bene, allora è deciso! Jared, verremo
con te, accompagnaci a casa tua!»
Il
ragazzo si limitò a sospirare. Cos’altro poteva capitargli in una giornata del
genere?
Ciao a tutti!
È da quasi un anno che questa povera storia attende una
pubblicazione, e direi che è giunto il momento. Come avete potuto notare, i
personaggi sono completamente originali, e così lo è anche la trama. Mi sono
ispirata esclusivamente a una delle ultime vocazioni sbloccabili nel gioco Dragon Quest VI -
Nel regno dei sogni. A differenza delle altre vocazioni, che riguardano
bene o male mestieri umani, la vocazione Drago si riferisce a un mostro, ma è
acquisibile da un essere umano. Mi sono chiesta quali potessero essere le
conseguenze pratiche di questa vocazione, ed ecco qua questa storia!
Nel prossimo capitolo conosceremo la famiglia di Jared e
capiremo se questo neo drago è davvero pronto a gettarsi all’avventura!
Capitolo 2 *** Se nessuno ha nulla in contrario... ***
Se nessuno ha nulla in contrario...
Jared non
aveva ancora ben chiaro come fosse arrivato a tornare verso casa con tre
persone che conosceva appena. Era stato tutto così veloce e improvviso da
rendersi a malapena conto di tutti gli eventi della giornata: l’Abbazia, la
vecchia, la pergamena, la vocazione di Drago, Jan e
le due ragazze...
Non
vedeva l’ora di arrivare a casa, stendersi sul letto e dimenticare tutta quella
storia.
Fu la
voce di Mako a risollevarlo dai suoi pensieri:
«Attenti! C’è un mostro!»
Jared si
trovò un po’ impreparato. Sì, sapeva che sul percorso potevano esserci dei
mostri, ma all’andata era stato molto fortunato e non ne aveva incontrati. Con
un po’ d’impaccio prese dalla sacca la sua fionda. Il mostro che aveva di
fronte non aveva un’aria molto aggressiva, ma era meglio non sottovalutarlo:
aveva l’aspetto di una pecorella verde e pelosa, che stava in piedi solo su due
zampe.
Jan tirò
fuori la spada, mentre sia Mako che Conny si
procurarono sul momento dei bastoni. Il mostro non era molto potente, ma
giocava a loro sfavore la quasi totale inesperienza in combattimento.
Nonostante tutto, mettendoci più di quanto avrebbero voluto, il mostro fu
sconfitto.
Jan ruotò la
spada: «Sapete, forse ho capito come fare una mossa con la spada...»
Mako sorrise
soddisfatta: «Io credo di aver imparato un nuovo incantesimo!»
Conny
annuì: «Anch’io. Ecco come funzionano le vocazioni! E tu, Jared?»
Il
ragazzo fece una smorfia: «Mi dispiace, ma io non ho avuto illuminazioni divine
e...»
«Jared?»
Il
ragazzo era sbiancato di colpo, con gli occhi sbarrati, tenendosi il petto.
«Jared,
stai bene?»
Il
ragazzo non aveva il fiato per rispondere. Era piegato in due e si sentiva
soffocare: qualcosa sembrava premergli sui polmoni, e la sua cassa toracica
spingeva come se volesse allargarsi, facendogli male. Avrebbe urlato dal
dolore, se avesse potuto, ma non ci riusciva, al massimo poteva rantolare.
Vedeva le persone intorno a lui agitarsi, ma quasi non le udiva. Poi cominciò a
tossire, disperatamente, litigando con i suoi stessi polmoni per riuscire a
prendere fiato. Un colpo di tosse, un altro ancora e poi...
Jan, che gli
era di fronte, fece un balzo indietro. Jared tossì ancora un paio di volte e
poi, finalmente, si sentì meglio. Con un po’ di affanno, si sedette a terra
cercando di riprendere un ritmo di respiro normale. Aveva ancora un po’ di
fastidio in gola e la sensazione di dover tossire, ma almeno ora riusciva a
prendere fiato.
«S-scusate...
non so cosa mi sia preso...»
Jan lo stava
guardando un po’ spaventato e Jared iniziò a preoccuparsi.
«Che
c’è?»
Il
guerriero lo squadrò preoccupato: «Non te ne sei reso conto?»
«Di
cosa?»
Jan si
limitò a indicare a terra. Un ciuffo d’erba era abbrustolito.
«In mezzo
a tutti quei colpi di tosse, hai sputato una fiammella!»
«Eh?»
Jared si
rialzò in piedi e guardò quel ciuffetto d’erba nero. Sentiva ancora il bisogno
di tossire e ad ogni respiro uno strana sensazione di calore sembrava
rinvigorirsi nel suo petto. Provò a soffiare lentamente e una piccola fiammella
uscì dalle sue labbra senza ferirlo. Lo stesso Jared balzò indietro dalla
sorpresa.
«Che
cosa...»
La tosse
sembrò placarsi del tutto. Il ragazzo rimase incredulo a guardare il fumo che
gli usciva dal naso. Era questo che intendevano con la vocazione di Drago?
Conny gli
mise una mano sul petto e gli chiese di respirare lentamente. Rimase così per
un po’, al punto che il ragazzo iniziò a sentirsi imbarazzato, poi la ragazza
lo guardò con aria perplessa: «So che sembra strano, ma... Jared, tu hai tre polmoni!»
Il ragazzo
rispose con voce stridula: «CHE???»
«E uno è
straordinariamente caldo, probabilmente è qui che produci il fuoco.»
«Io... io
non credevo di subire anche delle mutazioni fisiche...»
Jan era
ancora sconvolto: «In effetti è la prima volta che sento una cosa del genere
con una vocazione... ma tu sei anche il primo Drago con cui ho a che fare...»
Mako lo
squadrò come se ne stesse valutando il prezzo: «Gli scienziati farebbero la
fila per vivisezionarti...»
«CHE???»
«Scherzo,
sciocchino. Ormai quel che è fatto è fatto, quando te la senti riprendiamo il
viaggio, o non ce la faremo ad arrivare prima di sera.»
Jared,
ancora scombussolato, annuì. Non avrebbe mai più scordato quella giornata, poco
ma sicuro.
Prima di
arrivare al suo villaggio, il gruppo dovette affrontare ancora quattro mostri,
ma Jared si guardò bene dall’usare ancora il fuoco. Lo sentiva come una cosa
estranea, che si era infilata a forza nel suo petto e su cui non aveva il
minimo controllo. Senza contare che, probabilmente, quella piccola scintilla
non avrebbe poi fatto un granché...
Il sole
aveva già iniziato a calare quando il villaggio comparve all’orizzonte. Il
cuore di Jared si scaldò per un attimo. Quanto era stato via, mezza giornata?
Eppure gli sembrava un secolo, per la quantità di eventi che gli erano capitati
e che gli avevano sconvolto l’esistenza.
«E questo
sarebbe il tuo villaggio? È ancora più squallido di quanto immaginassi...»
Conny la
sgridò immediatamente: «Mako!»
«Che c’è?
È vero!»
Jared
sorrise: «Hai ragione, non è una reggia, ma è pur sempre casa mia. Dai, venite,
vi presento ai nonni.»
Il
ragazzo attraversò velocemente il villaggio semideserto. Lui era abituato alle
case di legno e paglia, agli orti e alle stalle che circondavano ogni
abitazione, alla quasi totale assenza dei normali servizi che si trovavano
nelle normali città. Lì c’era a malapena una signora che in caso di necessità
si adattava a fare la locandiera; niente negozi, nemmeno la chiesa. Erano
abituati, in caso di una confessione urgente, ad attraversare la valle per
giungere al più vicino villaggio. Un posto tranquillo, anche troppo alle volte
per un ragazzo della sua età. Ma era pur sempre la sua casa, come aveva detto
poco prima.
Il gruppo
si fermò di fronte alla porta di una delle ultime case del villaggio. Aveva
l’aria di essere stata una bella casa, un tempo, ma ormai era un po’ rovinata.
Sicuramente era più grande di quanto fosse necessario per tre persone.
Jared
aprì la porta: «Nonno! Nonna! Sono tornato!»
Una
nonnina piccola, curva, con i capelli ormai grigi acconciati in una crocchia
sulla nuca e vestita con un abito marrone lungo con cinto alla vita un
grembiule bianco, gli corse incontro.
«Jared!
Oh, piccolo, iniziavo ad essere preoccupata, è tardi ormai!»
Il
ragazzo sorrise imbarazzato: «Ehm... scusa, nonna, ho avuto un po’ di...
imprevisti, oggi.»
La
signora sbarrò gli occhi: «Imprevisti? Che
ti è successo, qualcosa di grave? Stai bene?»
«Sì, sì,
tranquilla nonna...»
Solo a
quel punto la donna si accorse delle tre figure che attendevano sull’uscio. Immediatamente
si sbarrò di fronte al nipote, con aria combattiva: «Chi siete? Lontani da
questa casa, non abbiamo nulla da darvi, ladri!»
Jared
immediatamente cercò di calmarla: «No, nonna, non sono ladri! Sono amici che ho
incontrato per strada! Non vogliono farci del male, davvero!»
Una voce
maschile si udì in lontananza: «Insomma, che maniere sono? È vero che è tanto
che non riceviamo visite, cara, ma hai forse dimenticato le regole
dell’ospitalità?»
Accompagnato
dal suono ritmico del bastone, un signore si avvicinò lentamente dall’ombra
della stanza illuminata debolmente solo da qualche candela. Anche lui era curvo
almeno quanto la moglie, vestito di blu con una mantella marrone sulle spalle.
Era completamente calvo, ma aveva in compenso un grosso paio di folti baffoni
bianchi.
«Benvenuti,
viandanti, vogliate scusare l’accoglienza di mia moglie, l’isolamento ci ha
resi un po’ scontrosi, ma spero che questo non vi impedisca di averci come
ospiti per questa notte.»
Conny
s’inchinò: «No, anzi, scusate voi se ci siamo presentati così
all’improvviso...»
L’uomo
rise di gusto: «Scusarvi? Era ora che ci fosse un po’ più di gioventù in questa
casa! Stando sempre solo con noi Jared invecchierà prima del tempo... avanti,
avanti, entrate!»
Con
timidezza, ad esclusione dell’esuberante Mako, il
trio entrò e venne fatto accomodare di fronte al caminetto, in parte seduti per
terra per mancanza di sedie, dove venne servita della zuppa di verdure
bollente, consumata facendo un po’ di conversazione. Solo quando la nonna andò
a lavare le stoviglie, il nonno, seduto sulla sedia e chino verso i ragazzi
seduti a terra aiutandosi col bastone, sorrise con aria complice: «Allora,
allora, raccontatemi un po’, com’è avere una vocazione?»
Il volto
di Jared attraversò varie sfumature di colore, mentre Jan
rispondeva con sicurezza: «Fantastico!»
Il
nonnino continuò a sorridere: «Siete d’accordo anche voi, ragazze?»
Conny e Mako annuirono, poi il vecchio si rivolse al nipote:
«Jared?»
Il
ragazzo valutò bene la risposta: «... particolare...»
Con sua
grande sorpresa, il nonno rise: «Allora avevo conservato bene quella Pazienza
del Drago... meno male, temevo che col tempo fosse diventata illeggibile...»
Jared
sbarrò gli occhi: «Nonno! Tu... sapevi?»
«Certo,
credevi che ti stessi dando roba sconosciuta e pericolosa? Conosco benissimo a
cosa serve una Pazienza del Drago... avevo faticato tantissimo per ottenerne
una, tanti anni fa...»
«Nonno...
tu volevi diventare un Drago?»
«Sssh! Abbassa la voce, che tua nonna è sorda sì, ma fino a
un certo punto! Certo che volevo diventare un Drago, chi non avrebbe voluto
all’epoca? Mi ci vollero mesi per trovare quella pergamena, ma quando mi
presentai all’Abbazia... puf! Sparita, svanita, al
suo posto solo un gruppetto di gente spaventata e un’enorme voragine. Anni di
ricerca buttati al vento...»
L’uomo si
concesse un sospiro, poi continuò: «Mi era rimasto solo un pezzo di carta ormai
inutile. Potevo rivenderlo, sì, i collezionisti me lo avrebbero pagato bene...
ma una parte di me ha sempre sperato che prima o poi, così come era sparita,
l’Abbazia tornasse. Così l’ho tenuta e ho aspettato. Poi, sapete com’è... passa
il tempo, si conosce una donna, si costruisce una famiglia... ho pensato tante
volte di rivenderla, a quel punto, per mantenervi... e poi sei arrivato tu,
tutto entusiasta, a darmi la notizia che avevo atteso per decenni. Sono corso
subito a prendere quella pergamena dal suo nascondiglio ed ero pronto a
partire... ma ho guardato le mie mani e il mio bastone e ho capito che era
troppo tardi. Ma per te no, Jared, tu sei proprio nell’età giusta! Quando mi
hai detto che volevi andare fin là... come potevo non dartela? Almeno tu potevi
continuare il mio sogno...»
Jared
abbracciò il vecchio: «Oh nonno... e dirmi tutto questo prima che partissi?»
Il nonno
lo guardò come se avesse detto un’ovvietà: «E tu mi avresti creduto se ti
avessi spiegato cos’è la vocazione di Drago?»
Il
ragazzo sorrise: «Vero anche questo.»
Il
vecchio guardò gli altri: «Voi siete venuti per portare Jared in giro per il
mondo, vero? Lo speravo, lo speravo con tutto il cuore... non voglio che il mio
nipotino passi la vita in questo mortorio, circondato da vecchi, a invecchiare
prima del tempo... vai, ragazzo, esplora il mondo e trova il posto giusto per
te! E se poi deciderai che il tuo posto è davvero questo, allora ci troverai ad
accoglierti, come sempre... ma devi decidere tu della tua vita!»
«E la
nonna?»
«Glielo
spiegherò io... se non mi uccide prima. Ora andiamo a dormire, presto, ma
all’alba, prima che si svegli, partite subito!»
I ragazzi
si avviarono verso i giacigli che erano stati allestiti per loro e dormirono
tutta la notte. Solo poco prima dell’alba il vecchio li svegliò, diede loro un
po’ di provviste, un bacio sulla fronte al nipote e li spedì fuori di casa.
«Caro... ho
sentito la porta... che succede?»
«Nulla,
cara, torna pure a dormire, è ancora presto...»
«Jared?»
Il
silenzio del marito fece svegliare completamente la donna: «Dov’è Jared?»
Le
sillabe biascicate dell’uomo non furono una risposta sufficiente.
Jared sbadigliò,
mezzo addormentato. Non poteva fare a meno di chiedersi come se la sarebbe
cavata il nonno. Ebbe la sua risposta poco dopo.
«Avete
sentito?»
Jan gli
rispose con un mezzo sbadiglio: «Cosa?»
Jared
aguzzò l’orecchio, improvvisamente sveglio. Non sapeva se l’essere un Drago lo
avesse dotato di un superudito o se più semplicemente
conosceva la nonna abbastanza bene da essere praticamente certo che quell’urlo
in lontananza dicesse più o meno: «TU
HAI DETTO A MIO NIPOTE DI FARE COSA? SCIMUNITO DI UN VECCHIO, TI SI È
COMPLETAMENTE RIMBAMBITO IL CERVELLO CON L’ETÀ?»
Jared
ridacchiò, poi scosse la testa: «Nulla. Andiamo.»
Sì,
sarebbero stati bene anche senza di lui.
Passarono
i due giorni successivi a viaggiare. Come se i mostri avessero avuto un radar che
li identificava come persone dotate di vocazioni, ebbero una ventina d’incontri
poco piacevoli. Mentre i suoi compagni combattevano con le loro armi e
imparavano nuove mosse, Jared si sentiva sempre uguale: combatteva con la
fionda, qualche volta, per prendere di sorpresa l’avversario, provava anche a
sputare qualche fiammella, che però era sempre troppo debole per poter davvero
ustionare qualcuno. L’unica vera utilità della sua nuova abilità era il poter
fare a meno della pietra focaia alla sera, quando accendevano un falò per
scaldarsi.
Fu solo
verso mezzogiorno della terza giornata che qualcosa cambiò. Alla fine
dell’ennesimo combattimento, Jared sentì nuovamente qualcosa di strano nel suo
petto e riprese nuovamente a tossire. Tutti fecero preventivamente due passi
indietro, mentre il copione si ripeteva quasi uguale alla prima volta. Jared si
sentiva soffocare e continuava a tossire. Cosa sarebbe uscito quella volta
dalla sua bocca? Una fiammata così forte da incendiare tutto?
Quando
riprese di nuovo fiato, si permise un mezzo sorriso: «Allora? Vi ho fatto male?
Cos’ho bruciato questa volta?»
Jan si
limitò a indicare il terreno, dove questa volta l’erba, invece che essere
bruciata, era coperta da una leggera brina. Jared, titubante, soffiò
leggermente creando una piccola condensa.
«Ghiaccio? Stavolta ho sputato ghiaccio?»
Conny gli
appoggiò nuovamente le mani sul petto: «Mi sa che questa volta ti è cresciuto
un polmone freddo...»
Jared
deglutì: «Spero che non andremo avanti così, non credo di avere posto per molti
altri organi aggiuntivi...»
Jan lo
guardò incuriosito: «Ma riesci ancora a sputare fuoco?»
Il
ragazzo fece un passo indietro, poi sparò, una dietro l’altra, una fiammata e
una piccola ventata gelida.
«Ehi, è
più facile di quanto pensassi!»
Mako sospirò:
«Ottimo, potenzialo un pochino, così ci conserviamo il cibo durante il
viaggio...»
Il gruppo
rise e si avviò nuovamente, mentre Jared riprendeva la sua sacca e correva loro
dietro: «Ehi, ma per cosa mi avete preso? Io sono un Drago, mica una pietra
focaia o una ghiacciaia!»
Ma rise
anche lui con i compagni. Quello strano viaggio si stava rivelando più
avventuroso di quanto mai avrebbe potuto immaginare.
Ciao a tutti! Volevo pubblicare già qualche giorno fa, ma visti
i problemi di EFP ho preferito aspettare.
Dunque, ecco che Jared inizia a rendersi conto delle vere
conseguenze della sua vocazione... i vari cambiamenti che avverranno sono
ripresi in parte dalle mosse che si potevano apprendere nel gioco, e in parte
sono inventati.
Ringrazio Kunieda per aver messo la
storia nelle seguite, al prossimo capitolo!
La
ragazza si sedette al suo fianco: «Volevo solo chiederti come stai. Non hai
l’aria di essere molto in forma…»
Il Drago
scosse la testa, tenendosi una mano sugli occhi: «In effetti no… è più di una settimana
che dormo poco… e che ho sempre la nausea…»
Conny gli
sorrise: «Se dormi poco è normale che tu sia nervoso, non preoccuparti. C’è
forse qualche cosa che ti agita? Con me puoi parlarne.»
Jared le
restituì uno stanco sorriso: «No, nulla di particolare… forse è legato ai nuovi
polmoni, non so…»
La
sacerdotessa infilò una mano nella sacca, per poi tirare fuori un frutto:
«Prova a mangiare una mela, dicono che aiuti contro la nausea.»
In quel
momento Mako gridò: «Conny! Vieni qui un attimo!»
«Scusa, torno
subito.»
Sospirando,
Jared aspettò che la ragazza si allontanasse per mettere la mela nella borsa,
con l’intenzione di donarla al primo cavallo che avessero incontrato. Nel
vedere Conny così preoccupata per lui non aveva avuto cuore di dirle che in realtà
solo la vista di quel frutto gli aveva fatto venire su il pranzo. Un paio di
giorni prima erano riusciti a comprare un po’ di carne, e per quel pranzo Jared
era stato decisamente meglio. Tuttavia, non aveva il coraggio di chiedere agli
altri di ripetere l’esperimento: i soldi scarseggiavano e la carne costava
cara. Così si era ritrovato a buttare giù minestre e verdure varie, che ogni
volta gli causavano un’acidità di stomaco sempre maggiore. Era quasi come se il
suo corpo le stesse rifiutando, ma Jared non capiva perché. Era cresciuto in
una famiglia di contadini, aveva mangiato verdure e cereali per tutta la vita,
perché ora sembravano dargli così fastidio? Si portò una mano al petto. Che
c’entrasse davvero la sua nuova vocazione?
Jan assestò
il colpo di grazia al mostro che avevano incontrato sul cammino: «Ed ecco
fatto!»
Jared non
ebbe il tempo di esultare che sentì di nuovo qualcosa di strano al petto. Era
così tanto tempo che non gli capitava che proprio non aveva più pensato che
potesse accadere nuovamente. Fece segno agli altri di allontanarsi e subito gli
amici ubbidirono.
Era
diverso dalle volte precedenti. Non gli veniva da tossire, innanzitutto, e di
questo la sua gola ringraziava. Non poteva fare a meno di respirare
profondamente e con una frequenza sempre maggiore, come se avesse corso per
miglia e miglia. Nella parte sinistra del suo petto qualcosa stava cambiando,
ne era sicuro: sentiva la cassa toracica allargarsi leggermente, con un forte
dolore intercostale, e avvertiva distintamente crescere in lui un nuovo calore,
violento e allo stesso tempo rassicurante. Improvvisamente, così com’era
venuto, sparì. Questa volta, però, non aveva bisogno di Conny per capire
cos’era accaduto, perché lo aveva avvertito distintamente. Prese un profondo respiro
e sputò fuoco. La fiammata fu molto più potente, in grado già di arrostire un
cosciotto di carne o di causare piccole ustioni.
Jan
applaudì: «Accidenti, fai progressi! Questa sì che era una fiammata come si
deve!»
Mako annuì:
«Eh sì, forse adesso ci possiamo già combinare qualcosa…»
Conny si
limitò a sorridere incoraggiante e Jared avvertì per la prima volta
distintamente che qualcosa nella sua anima stava cambiando. Fino a poco prima
era certo che a tutte quelle attenzioni sarebbe arrossito, si sarebbe sentito
in imbarazzo e preoccupato per queste sue nuove capacità. Ora invece sosteneva
tranquillamente lo sguardo dei suoi amici e non era affatto a disagio, anzi, si
sentiva orgoglioso di sé, di quello che stava diventando e non era
assolutamente preoccupato di quello che gli stava accadendo.
Jan sorrise:
«Dobbiamo festeggiare! Vado nel villaggio più vicino e mi procuro un paio di
costolette. Che dici, Jared, ce le cuoci tu, oggi?»
«Volentieri!»
Jan non
poteva sapere quanto quella proposta lo aveva fatto felice. Jared infatti
avvertiva distintamente i morsi della fame e l’idea di mettere i denti su un
qualunque pezzo di carne lo rendeva felice ed euforico come non gli capitava da
tanto. Sorrise.
«Vi
aspetto qui, faccio un po’ di pratica con le mie nuove fiamme, così non
rischierò di ustionarvi per errore durante un combattimento.»
«Va bene,
a dopo.»
Nel bel
mezzo della notte, Jared spalancò gli occhi e si mise seduto, perfettamente
sveglio. Guardò i compagni placidamente addormentati e sorrise. Era stata una
gran bella serata, una delle migliori che ricordasse di aver mai passato. Jan e Mako avevano fatto la gara
a chi riusciva ad arrostire più carne alla fiamma viva di Jared, e lui si era
divertito da morire a vederli in lotta. Avevano riso e scherzato tutti insieme.
Com’erano lontani i tempi noiosi e sempre uguali passati a casa dei nonni…
Jared si
alzò. Per la prima notte dopo tanto tempo, non aveva fame. Era stata una
soddisfazione molto più grande di quanto avesse mai potuto immaginare mangiare
della carne cotta con le sue stesse fiamme. Gli era sembrata infinitamente più
buona di qualunque cosa avesse mai mangiato prima d’allora.
Neanche
così era riuscito a dormire, ma per la prima notte da più di una settimana non
aveva importanza. Si sentiva bene, perfettamente riposato, nonostante non
avesse dormito più di quattro o cinque ore. Anzi, aveva una gran voglia di
camminare. Si mise in marcia, facendo attenzione a non allontanarsi troppo, nel
caso i suoi compagni si fossero svegliati. Dove poteva andare? In una città?
Rabbrividì all’idea. No, troppa gente, troppa confusione. E poi non era ancora
sorto il sole, non gli avrebbero aperto le porte…
Mentre
rifletteva, un mostro gli si parò davanti. Jared imprecò. Aveva lasciato la
borsa con la fionda al campo, ed era solo. Era stata una pessima idea
avventurarsi di notte. Forse poteva cercare di fuggire, ma se il mostro
l’avesse inseguito avrebbe rischiato di portarlo proprio dove giacevano i suoi
amici addormentati. Ne sarebbe valsa la pena?
Oppure…
Un’idea strana
e assolutamente folle fece capolino nella sua mente, un’idea di cui Jared
stesso si stupì per un secondo, ma che una volta pensata non poté fare a meno
di accarezzare dolcemente, come un gattino.
Dopotutto
lui non era disarmato, anzi. Aveva un’arma che era sempre con
lui e da cui nessuno avrebbe mai potuto separarlo. Uno strano sorriso gli
comparve in volto, un sorriso che non sapeva quasi di poter fare, pieno di
strafottenza, mentre una strana luce gli danzava negli occhi, come una fiamma
ardente e inestinguibile. Sentiva in lui una sicurezza mai provata prima
d’allora. Era l’occasione giusta per mettersi alla prova come Drago. Avrebbe
combattuto solo con le sue nuove fiamme.
Il mostro
era debole. Avrebbe vinto. Era sicuro.
Era certo. Era scritto.
Conny si
stiracchiò alle prime luci dell’alba.
«Buongiorno!»
La
ragazza si voltò. Jared stava preparando la colazione davanti a un falò acceso
probabilmente da lui stesso. Aveva un’aria rilassata e allegra, come non gliela
vedeva da un po’.
«Buongiorno!
Da quanto sei sveglio?»
«Da un
pochino.»
Subito
dopo anche Jan si svegliò: «Cos’è questo profumino?»
«Uova. Ho
trovato una contadina, poco più in là, che soffre d’insonnia come me e che me
ne ha venduta qualcuna a buon prezzo.»
Mako si
sedette attorno al falò: «Ottimo. Se ci fai tutte le mattine un servizio così,
ti assumiamo subito come addetto alla prima colazione.»
Jared
ridacchiò: «Per me va bene.»
Il
ragazzo si sentiva sollevato. I suoi amici non si erano accorti della sua
scappatella notturna e, soprattutto, dei cinque mostri che aveva affrontato e
battuto con le sue sole fiamme mentre dormivano. Anche se non si sentiva
particolarmente preoccupato, non sapeva spiegarsi cosa gli fosse preso quella
notte. Per un attimo, ne era certo, non era stato più il solito Jared. L’unica certezza era che aveva scoperto che anche a
sputare fiamme a ripetizione non si stancava per nulla. Il fuoco nel suo petto
sembrava inestinguibile e il suo calore gli dava una sicurezza mai provata
prima d’allora. Sorrise, mentre serviva le uova ai suoi compagni.
In fondo,
cosa c’era di male se occupava le sue notti insonni facendo pratica con le sue
nuove capacità?
Mako lo
guardò annoiata, mentre gli altri si allontanavano lentamente: «Allora, ci
aspetti qui?»
Jared le
sorrise: «Sì, se non vi dispiace.»
La maga
sbuffò: «Figurati, lo fai sempre ultimamente, ci sto facendo il callo. Ti serve
qualcosa in città? Equipaggiamento, erbe medicinali, ali di fenice…»
«Se ne
trovate a buon prezzo, mi prendete un po’ di carne per cena?»
«Va bene.
Ultimamente non chiedi altro… non scappare che torniamo a prenderti.»
Jared
sorrise intenerito. Anche Mako, a modo suo, si
preoccupava per lui, e la cosa non poteva che fargli piacere. Si sedette per
terra, abbracciandosi le gambe. A pensarci bene, era strano. Quando viveva con
i nonni, non vedeva l’ora di andare in città, per poter finalmente vedere un
po’ di vita. Il suo piccolo villaggio, dopotutto, era un mortorio. Forse, ora
che aveva degli amici, non aveva più questo bisogno. L’idea di andare in una grande
città, anzi, lo infastidiva non poco. Troppa gente, troppa confusione, troppo… tutto! Preferiva rimanere lì, a godersi
l’aria pura e i luoghi incontaminati. Doveva ammetterlo, stava decisamente
meglio. Era riuscito a convincere gli amici ad alternare con più frequenza la
carne alla solita verdura, e anche se dormiva di meno sembrava non soffrirne,
anzi. La notte sembrava quasi elettrizzarlo. Aveva cominciato sempre più spesso
ad aggirarsi intorno al campo anche senza fionda, nella speranza di incontrare
qualche mostro ed allenarsi. Quattro o cinque per notte, non di più, abbastanza
per fargli passare un po’ di tempo e farlo sentire vivo. Aprì e chiuse le mani
più volte, stringendo i pugni con forza. Si sentiva decisamente più forte di
quando era partito, anche se non ancora ai livelli di Jan,
decisamente più muscoloso di lui. Stava crescendo, a modo suo. Il nonno ne
sarebbe stato felice? Ridacchiò. La nonna sicuramente no.
Da
lontano sentì la risata di Jan e sorrise. Stavano
tornando. Prese la sua borsa e andò loro incontro. Sorrise nel vederli carichi.
«Avete
fatto buon viaggio?»
Conny
sorrise dolcemente, come sapeva fare solo lei: «Oh, sì! Abbiamo trovato un
sacco di cose interessanti e…»
«Attenta!»
Jared si
parò davanti a lei. Non sapeva esattamente dire come, ma aveva sentito con un paio di secondi di
anticipo l’arrivo di due mostri con intenzioni poco amichevoli.
Jan sbuffò:
«Nemmeno un attimo di tregua… e vediamo di toglierci dai piedi anche questi.»
I due
mostri erano abbastanza tosti, più di quelli che avevano affrontato fino a quel
momento, e Jared fu ben felice di essersi allenato all’insaputa dei compagni. I
risultati si vedevano eccome: riusciva a tendere l’elastico della sua fionda
con più forza e a colpire con più precisione. Senza contare le sue fidate
fiamme, che colpivano implacabili anche se, se ne rese subito conto, erano
ancora un po’ troppo deboli per avversari come quelli. Sentì risvegliarsi in
lui come un moto d’orgoglio. Improvvisamente l’idea di sentirsi debole suscitava in lui un profondo
senso di fastidio. Strano, perché prima di quel momento non gliene era poi
importato molto…
Alla
fine, un incantesimo ben assestato di Mako ebbe la
meglio sui loro avversari e Conny poté concedersi un sospiro di sollievo.
«Fiù… stavolta c’è mancato poco… fortuna che avevamo appena
comprato le erbe medicinali!»
Jan annuì:
«Già… se i mostri che ci aspettano sono tutti così, forse converrebbe tornare a
prenderne ancora qualcuna e…»
«Attenti!
Drago in crescita!»
All’avvertimento
di Mako, tutti indietreggiarono in fretta, mentre
Jared non riuscì a trattenere un sorriso di pura soddisfazione. Oh, sì, per la
prima volta si rese conto di aver aspettato con ansia e impazienza quel
momento. Nel suo cuore non c’era la minima traccia di paura, solo pura eccitazione.
Il suo respiro si fece di nuovo profondo e affannoso, mentre stavolta furono le
costole di destra ad allargarsi con un dolore quasi piacevole. Una gradevole
sensazione di freddo, perfettamente equilibrata a quella di caldo che aveva
provato in quei giorni, lo pervase dalla testa ai piedi e, prima ancora che il
processo si fosse totalmente concluso, Jared prese un profondo respiro e
soffiò, creando una corrente d’aria gelida.
Jan lo
guardò con ammirazione: «Uao, diventi sempre più
bravo!»
Jared
rispose con un mezzo sorriso soddisfatto: «Grazie.»
Lo
avvertiva con una chiarezza disarmante, questo cambiamento era stato ancora più
radicale. Era mutato proprio il suo modo di respirare, più profondo, in grado
di incamerare una quantità d’aria inimmaginabile prima di diventare un Drago.
Gli era ormai impossibile prendere fiato senza utilizzare interamente il
diaframma, e avvertiva chiaramente l’aria dentro il suo corpo dividersi fra i
suoi quattro polmoni, l’ossigeno alimentare le sue fiamme e il vapore acqueo
rinvigorire il suo ghiaccio. Fece un respiro ancora più profondo, ad occhi
chiusi, sforzando fino al limite estremo il suo costato, con una sete e una
fame insaziabile di aria, di vita. Il calore e il freddo nel suo corpo gli
davano per la prima volta nella sua esistenza la sensazione di essere davvero vivo. Vivo e potente, rinato a nuova
vita, come se fino a quel momento non fosse stato che un inconsapevole uovo sul
punto di schiudersi. Un uovo di Drago.
Mako alzò un
sopracciglio: «Non ci hai messo meno dell’altra volta?»
Jared
rispose con sicurezza: «Non credo, il tempo mi sembra più o meno lo stesso.»
Mentiva,
mentiva spudoratamente. La sua crescita non dipendeva dal tempo, ma dalla
quantità di combattimenti, ora lo sapeva, e i suoi compagni non erano a
conoscenza di quelli che aveva effettuato di notte. Non sapeva precisamente
perché lo stesse nascondendo agli amici, ma sentiva
che era giusto così. Loro non
potevano capire.
Conny
rovistò per un po’ nella borsa: «Accidenti, non pensavamo di usarlo così
presto…»
Jared
alzò un sopracciglio: «Usare cosa?»
Jan sorrise:
«Il nostro regalo per festeggiare il tuo aumento di vocazione!»
Il Drago
si ritrovò fra le mani delle zanne di oricalcum, uno
dei metalli più resistenti al mondo.
Mako alzò gli
occhi al cielo: «E non fare quella faccia! Non puoi continuare a combattere con
quella stupida fionda, e visto che non vuoi più entrare in città tocca a noi
pensare al tuo equipaggiamento.»
Ecco
perché stavano risparmiando i soldi! Fino a qualche giorno prima, Jared avrebbe
pianto a quel gesto. I suoi occhi, invece, rimasero perfettamente asciutti, non
più commosso ma fiero di quegli amici che nei modi più svariati pensavano
sempre a lui. Quasi senza preavviso, tirò fuori la fionda dalla borsa, la
lanciò in aria e la incenerì con una potente fiammata.
Jan lo
guardò sorpreso: «Ci hai pensato bene? Fino adesso hai combattuto a distanza,
con quell’arma non potrai non avvicinarti al nemico. Ti senti pronto?»
Jared
guardò prima la sua nuova arma, poi i suoi compagni negli occhi, uno per uno.
«Sì. Come
mai prima d’ora.»
E dunque rieccoci qua! L’evoluzione
di Jared avanza a ritmi sempre più sostenuti... dove lo porterà?
Ringrazio NEON GENESIS KURAMA
per aver messo questa storia fra le preferite, vi aspetto al prossimo capitolo!
Jared
aprì gli occhi ancora prima del solito. Quanto aveva dormito? Tre ore? Forse
persino meno…
Scattò in
piedi, pieno di energie. Durante il giorno riusciva a mantenersi
sostanzialmente tranquillo, ma l’eccitazione che lo prendeva appena sveglio, in
piena notte, era praticamente incontrollabile. Silenziosamente, si allontanò
dal campo, con sé solo le zanne. Le guardò alla luce della luna. Gli piacevano
da morire. Erano state studiate per essere usate come una sorta di pugnale, ma
era davvero felice che gli avessero comprato quelle al posto di una normale
lama. Gli sembravano più adatte a lui.
Sollevò
lo sguardo. Senza neanche rendersene conto, i suoi piedi lo avevano portato al
limitare di una foresta. Ne aveva sentito parlare da Conny, gli era stata
descritta come pericolosa e selvaggia, abitata da mostri ferocissimi,
soprattutto di notte. A quel pensiero sentì un brivido attraversargli la
schiena. Non era un brivido di paura, ma di eccitazione. Senza pensarci due
volte, ne varcò il confine e, subito, sentì di essere entrato in un mondo
totalmente nuovo: gli alberi, i sentieri, i cespugli… persino l’aria lì aveva
un sapore… diverso. La respirò a
pieni polmoni, come aveva imparato a fare da mezza giornata, e si sentì subito
rinvigorito, come se insieme all’ossigeno avesse aspirato una qualche magia di
guarigione allo stato puro, insieme a qualcosa che faticava a definire, ma che
poteva sicuramente chiamare... selvaggio.
Spalancò
gli occhi e fu come se li avesse aperti per la prima volta. Il buio e la quasi
mancanza di colori non sembravano più essere un ostacolo, anzi, vedeva quasi
più chiaramente che con la luce del sole, senza quel riverbero accecante e
fastidioso. Era come se quell’aria avesse sbloccato di colpo i suoi sensi: le
sue orecchie e il suo naso sembravano essersi spalancati tutto d’un tratto,
donandogli sensazioni nuove ed eccitanti. Persino la sua pelle sembrava in
allerta, pronta a percepire il minimo spostamento d’aria. Passò la lingua sulle
labbra, sentendo gusti nuovi, non solo di quello che aveva mangiato a cena, ma
di sensazioni a cui era facile dare dei nomi: eccitazione e gioia selvaggia,
con qualche retrogusto più leggero di paura, tensione e sensi di colpa. Quel
sapore sembrò spalancargli la sua stessa anima e finalmente ebbe l’impressione
di aver capito molto di più su se stesso in quei pochi secondi che in anni e
anni.
Avanzò
passo dopo passo, chinandosi leggermente. Conny aveva ragione, quella foresta
pullulava di mostri, li poteva percepire chiaramente, con tutti i sensi. Poteva
quasi calcolarne il numero e la tipologia. Incuriosito, si avvicinò a una
radura circondata dagli alberi e, nascosto fra i cespugli, rimase a guardare.
Erano riunite alcune femmine di mostri di specie diverse, con dei cuccioli. I maschi
erano a caccia, Jared ne era certo, anche se non sapeva perché. Istinto, forse.
Annusò leggermente l’aria. Sia le madri che i cuccioli erano affamati, lo
sentiva nell’aria. Si allontanò, prima che si accorgessero di lui. Non aveva
nulla contro di loro, al contrario. Dovette ammettere di sentirsi felice nel
vedere delle nuove vite, anche se si trattava di mostri. La sua curiosità
sembrava inarrestabile. Dov’erano i maschi? Voleva vederli, osservarli,
studiarli.
Si aggirò
fra i cespugli per un po’, fino a trovarne un paio. Erano di specie diverse e
lottavano fra loro. Si accucciò, pregando che non sentissero il suo odore. Non
aveva mai visto due mostri lottare senza che ci fossero di mezzo degli esseri
umani.
I due
mostri si squadrarono per un po’, aspettando il momento buono, poi,
improvvisamente, in un istante che persino Jared giudicò essere il migliore,
attaccarono. Il giovane Drago non si perse un istante di quella lotta, non
osando neppure sbattere gli occhi. Era straordinario, completamente diverso
dalle battaglie a cui aveva partecipato. I mostri fra loro non rispettavano i
turni, come invece era abituato, ma attaccavano a ciclo continuo, mordendo,
graffiando, usando la magia. Non c’era galanteria, non c’era attesa, non c’era
quella stupida regola non scritta di dover aspettare l’attacco avversario prima
di contrattaccare. C’era solo la legge del più forte, la più corretta e
naturale, che gli uomini sembravano aver perso a favore di battaglie artefatte,
a cui persino i mostri si erano adattati di fronte a loro. Ma una lotta così,
allo stato selvaggio, così… mostruosa,
Jared non l’aveva mai vista.Da quando
era entrato in quella foresta, si sentiva in contatto empatico con tutto ciò
che lo circondava, con la natura stessa che gli permetteva di assistere a
quello spettacolo fornendogli una nicchia naturale fra le foglie dei cespugli,
come a invitarlo. Per la prima volta, Jared capiva
i mostri, senza bisogno di imparare linguaggi particolari, perché fra loro
non ne usavano. Erano in grado di capirsi fra specie totalmente diverse perché
a legarli c’era un unico istinto mostruoso. Era un mondo semplice, senza le
ipocrisie che tanto caratterizzavano i rapporti umani. Non c’era bisogno di
mentire, perché condividevano alcuni semplici bisogni fondamentali e tanto
bastava. Fame. Sete. Sonno. Procreazione.
Cura dei piccoli. Soprattutto, bisogno
di crescere.
Esattamente
quello che provava con tutto il suo cuore.
Si passò
ancora la lingua sulle labbra, alla ricerca di nuovi sapori, di nuove
sensazioni, di nuovi sentimenti che la sua mente, da sola, senza l’influenza di
quell’ambiente, avrebbe impiegato molto tempo ad accettare, ma che nel suo
cuore ribollivano da moltissimo tempo, fin da quando aveva sceso i gradini
dell’Abbazia Mutationis.
Bisogno di crescere.
Non come uomo.
Come Drago.
Come mostro.
Era
quello il suo ambiente, lo stava capendo di più ogni secondo che passava.
Niente ipocrisie, niente bugie, nessuna discriminazione, un mondo chiaro e
semplice, dove l’unica cosa che importava era la forza, quella che sentiva crescere dentro di lui ogni giorno di
più. Non sopportava più di entrare nelle città perché la puzza di esseri umani
gli dava sempre più fastidio. Ecco cosa stava cambiando in lui. Nella sua anima
stava crescendo un mostro, letteralmente, e la sua parte umana gli stava
lasciando rapidamente e volentieri il posto. Dopotutto, cosa gli aveva dato la
sua vita umana? Nulla, solo noia, e Jared era stufo di essere annoiato, di
sopravvivere a malapena. Lui voleva vivere,
e aveva capito che poteva farlo solo da mostro. Accucciato, afferrò con le
mani una manciata di terra con tutte le sue forze, mentre nella sua gola
sentiva crescere una sensazione nuova. Fece per aprire la bocca, ma un timido
raggio di sole lo bloccò sul posto, facendolo scappare.
Che stava facendo?
Che stava facendo?
Era l’alba e ancora non era tornato
all’accampamento!
Corse,
corse con tutte le sue forze attraverso gli alberi, uscì dal bosco e raggiunse
i suoi amici, prima ancora che si svegliassero. Si sedette di colpo e cercò di
fare il punto della situazione. Doveva ringraziare solo la sua nuova capacità
polmonare se dopo una corsa del genere non aveva il fiatone, anche se era
sudato. Quanto ci aveva messo a tornare? Qualche minuto, non di più. Cos’era
successo alle sue gambe? Si tastò un polpaccio. Come aveva fatto a correre così
veloce? Non ricordava di esserci mai riuscito prima di allora…
Un
sorriso soddisfatto gli attraversò il volto, mentre i suoi occhi si accendevano
di una strana luce. Perché se lo stava
ancora chiedendo, non era ovvio? Aveva avuto la sua risposta nella foresta.
Stava crescendo! Più velocemente di
quanto potesse immaginare, il suo corpo stava seguendo la sua mostruosa
crescita. Si passò ancora la lingua sulle labbra. Anche se i suoi sensi al di
fuori della foresta si erano attenuati nuovamente, non aveva perso del tutto le
sue nuove capacità. Sentiva ancora i sapori delle sensazioni che stava
provando. Eccitazione, impazienza e, soprattutto, un forte senso di fastidio
per essere stato così debole, per essersi
costretto a tornare. Non era ancora abbastanza forte per abbandonare
definitivamente la vita umana, aveva preferito tornare dai suoi amici. Sulle
sue labbra c’era ancora quel retrogusto di paura. Evidentemente non era pronto
a lasciare le sue sicurezze, ma qualcosa quella notte era cambiato
definitivamente, aveva abbandonato ogni ipocrisia ed era pronto a vedere se
stesso e il mondo così com’erano. Osservò i suoi amici svegliarsi e s’impose di
rimanere calmo e comportarsi come al solito.
Aveva
scelto di tornare nell’ipocrita mondo umano, e doveva affrontarne le
conseguenze.
I giorni
sembravano non passare mai. Jared cercò di fare finta di nulla, di non fare
trapelare nulla delle sue avventure notturne e degli enormi cambiamenti della
sua anima e del suo corpo, ma non poteva fare a meno di essere più silenzioso
di prima. Ascoltava molto, e non solo le parole. Annusava spesso l’aria, alla
ricerca di mostri o, quando parlava con le persone, di quello che provavano.
Col passare dei giorni aveva scoperto che spesso le persone dicevano una cosa e
ne sentivano tutt’altra, facendo accrescere in lui il sentimento di disprezzo
verso l’ipocrisia umana. Con Jan, Mako
e Conny, però, questo non accadeva. Loro erano sinceri, esprimevano esattamente
quello che provavano. Certo, Conny cercava di nascondere la sua preoccupazione
nei suoi confronti e Mako l’affetto amichevole che
provava per lui, con piccole prese in giro, ma Jared capì presto che era nella
natura umana. Almeno loro erano figure positive, ed era solo per loro che Jared
tornava indietro ogni mattina dalle sue scappatelle notturne nei luoghi più
selvaggi e infestati da mostri che riusciva a trovare. Non faceva nulla, si
limitava ad osservare, a confrontare i comportamenti di mostri diversi in
luoghi diversi e a riflettere su quello che gli stava accadendo.
Quanto
avrebbe potuto continuare così?
Jared
spalancò gli occhi, sveglio come sempre. Si alzò e si guardò intorno, annusando
l’aria alla ricerca di tane di mostri. I suoi occhi si fermarono sull’ingresso
di una grotta sotterranea. Era il luogo giusto, lo sentiva. Fece per
avvicinarsi, ma quasi subito si arrestò, con una smorfia. Quel pomeriggio erano
stati costretti a condividere parte del cammino con una carovana di mercanti e
si rese conto che gli era rimasta addosso la puzza di tutti quegli umani.
Schifato, si tolse gli abiti. Con quell’odore così forte i mostri lo avrebbero
individuato subito. Si avvicinò alla fonte vicino alla quale si erano accampati
e si lavò, poi, senza asciugarsi né rivestirsi, entrò nella grotta, stringendo
in mano le sue zanne. Non sentiva freddo, le fiamme nel suo petto provvedevano
a fornirgli il calore necessario. Silenziosamente, si addentrò nella caverna,
fino a trovare quello che stava cercando. Si acquattò ancora, fino quasi a
rimanere a quattro zampe. Si sentiva meglio in quella posizione. Mostri, almeno
una quarantina, erano pronti ad affrontarsi in una lotta senza quartiere. Jared
avvertì chiaramente la loro voglia di combattere. Molti erano giovani, ed erano
spinti come lui dall’istinto di crescere. L’aria era intrisa di quei
sentimenti, e il giovane Drago si sentiva a sua volta fin troppo eccitato,
condividendo in pieno quelle sensazioni con tutto il suo cuore. Senza quasi
rendersene conto, infilò in bocca le zanne di metallo, scoprendo con stupore
che gli si adattavano perfettamente, come se fossero state un’estensione
naturale dei suoi veri denti. Fece scattare un paio di volte le sue nuove
zanne, sentendosi pienamente soddisfatto. Ci passò sopra la lingua, saggiandone
la spietata affilatezza. Non aveva bisogno di controllare il sapore delle sue
labbra per sapere cosa stesse provando, perché il suo istinto di mostro, per la
prima volta, aveva preso totalmente il sopravvento sulla sua parte umana.
Quella sensazione che la prima volta nella foresta gli aveva solo grattato la
gola si espresse finalmente per quello che era, un ringhio profondo e spietato.
Voleva combattere. Voleva solo
combattere, come tutti i giovani mostri presenti, per crescere, per diventare
forte, sempre di più, sempre di più. Perché lui era un mostro, esattamente come
loro.
Balzò in
mezzo al campo di battaglia con gli occhi iniettati di sangue. Gli altri mostri
lo guardarono sorpresi per un attimo, lo annusarono un pochino e poi gli
risposero con lo stesso sguardo e gli stessi ringhi. Era uno di loro,
pienamente e completamente, e come loro aveva pieno diritto di partecipare alla
battaglia.
Si
squadrarono tutti per un tempo indefinito, poi attaccarono tutti insieme. Era
una battaglia feroce, combattuta con ogni mezzo. Jared si ritrovò in un vortice
di pura violenza, dove non aveva importanza nulla se non attaccare, attaccare
con qualunque mezzo qualsiasi cosa si fosse parata davanti. I colpi subiti
erano secondari, lui era lì per ferire. Era l’unico pensiero che gli era
rimasto, perché non avvertiva più alcuna sensazione che si potesse definire
anche solo vagamente umana. Era un tutt’uno con il suo corpo, i suoi sensi, i
suoi muscoli e i riflessi. Combattendo scopriva movimenti che fino a poco prima
non avrebbe creduto di poter fare, le sue mascelle si serravano in morsi
potenti e le sue fiamme e il suo ghiaccio avevano ritrovato la loro vera
ragione d’esistere, ovvero ustionare nel peggior modo possibile l’avversario.
Non seppe
dire quanto durò, ma alla fine furano solo quattro i contendenti in piedi, di
quattro specie diverse. Gli altri avversari giacevano feriti sul terreno, in
maniera più o meno grave. Un paio forse non respiravano neppure, ma per nessuno
aveva importanza. Fra i mostri non esisteva la pietà e neppure Jared in quel
momento sembrava ricordare il significato di quella parola. Gli interessavano
solo i tre avversari rimasti. Si squadrarono negli occhi, camminando in
cerchio. I loro sguardi erano così intensi che sembravano potersi leggere le anime
a vicenda, e nessuno di loro rimase deluso da quel che vide: orgoglio, forza,
un desiderio di violenza solo parzialmente soddisfatto e, soprattutto, ancora
quell’insopprimibile bisogno di crescere. Non potevano restare così, no, era
troppo poco per loro quattro che avevano dimostrato di essere dei futuri maschi
alfa, i più potenti delle loro rispettive specie. Il meglio doveva ancora
venire. Chinarono tutti la testa, in segno di rispetto, e si dileguarono. La
battaglia era finita, con quattro vincitori, e Jared era uno di loro. Uscì
dalla caverna ancora accovacciato. Aveva ancora tempo prima dell’alba e,
nonostante la durissima lotta, non si sentiva affatto stanco. Fu tentato di
andare a caccia di nuovi avversari, ma invece tornò verso la fonte e si ripulì
nuovamente, mettendosi interamente sotto l’acqua. Si tolse le zanne dalla bocca
e sputò, più e più volte, risciacquandosi la bocca. Gli era piaciuto da morire
il combattimento, ma il gusto del sangue di mostro era orrendo, la cosa più
disgustosa che avesse mai assaggiato. Nel fervore della battaglia quasi non ci
aveva fatto caso, ma non appena si era rilassato un attimo quel sapore l’aveva
completamente nauseato. Guardò il suo corpo. Era pieno di graffi e lividi,
nulla che una buona magia di guarigione non potesse sistemare, ma non avrebbe
mai e poi mai chiesto a Conny di farglieli sparire. Erano le sue medaglie, la
prova che aveva combattuto con onore, che, soprattutto, era stato accettato nel
mondo dei mostri come un loro pari e nulla poteva renderlo più felice e
orgoglioso. I vestiti avrebbero coperto senza problemi le ferite e nessuno si
sarebbe accorto di nulla. Si limitò a soffiare fuoco sui tagli più grossi e
ancora aperti per cauterizzarli, accorgendosi con immenso piacere che il
contatto con le sue stesse fiamme era tutt’altro che doloroso, anche in una
situazione del genere. Se avesse avuto una fiamma più potente, ne era certo,
avrebbe potuto completamente avvolgercisi, e gran parte delle ferite sarebbero
guarite. Sbuffò contrariato. Non era ancora un vero Drago, e il pensiero lo
faceva quasi impazzire. Quanto avrebbe dovuto ancora attendere?
Controvoglia,
tornò al campo e rindossò quegli abiti che puzzavano ancora di essere umano.
Aveva ancora una mezz’oretta prima che i suoi compagni si svegliassero, tutto
il tempo necessario per preparare loro la colazione.
Non si
sarebbero accorti di nulla, neanche questa volta.
Erano
passati un paio di giorni dal combattimento della caverna e Jared era rimasto
piacevolmente sorpreso nel scoprire che le sue ferite guarivano molto più
velocemente del previsto. Non sapeva se fosse dipeso dal suo corpo in
cambiamento, dalle fiamme con cui le aveva cauterizzate o cos’altro, ma di una
cosa era certo: era sull’orlo di un nuovo cambiamento. Le fiamme e il ghiaccio
danzavano nel suo petto con maggiore forza dopo ogni combattimento ed era
sempre più inquieto e impaziente. Proprio mentre stava meditando di passare la
notte a cercare mostri per crescere più in fretta, alla fine di una lotta che
aveva messo in seria difficoltà il gruppo, Jared avvertì qualcosa al petto e
sussurrò con un sadico sorriso: «Ci siamo!»
I suoi
compagni si allontanarono, come ormai d’abitudine, ma non poterono non
preoccuparsi notando l’espressione sul volto del ragazzo mentre si piegava su
se stesso. Jared si era infatti accucciato con le mani al petto, mentre si
mordeva le labbra per trattenere un urlo di dolore, ma con negli occhi una
strana luce.
Il
giovane Drago si stava imponendo di essere forte. Sapeva cosa stava accadendo
dentro il suo corpo, lo sentiva chiaramente, e non era affatto piacevole. Uno
dei suoi polmoni umani e quello del fuoco si stavano unendo in un solo organo.
Era un dolore atroce, tanto che una parte di lui stava per urlare con quanto
fiato aveva in corpo, ma era necessario e inevitabile. Un Drago respirava solo
per produrre fuoco e ghiaccio, non per vivere. Quella era solo una debolezza
umana, quella debolezza che da giorni voleva sradicare dal suo corpo a morsi,
se necessario. Proprio per questo non avrebbe urlato, anzi, avrebbe ascoltato
con attenzione tutto quello che stava avvenendo nel suo corpo, perché
lentamente e implacabilmente stava avvicinandosi alla perfezione e lui non
voleva perdersi neanche un istante di quel meraviglioso evento. Non appena i
due organi conclusero la loro fusione, in un processo non meno doloroso, il
nuovo polmone fu avvolto da una sostanza radicalmente diversa dalla carne e dal
sangue che componevano il resto del suo corpo. Jared chiuse gli occhi e quasi
gli parve di poter vedere il processo. Sapeva che il nuovo polmone stava
ricoprendosi di una sostanza nera e resistente, come l’onice o la pietra
lavica, e nel momento in cui se ne rese conto, sentì cambiare anche le sue
fiamme, che si trasformarono in parte in qualcosa di liquido e ustionante, di
un calore che non aveva mai provato prima e che sentiva scorrere dentro di lui
come sangue, come se fosse un’altrettanta fonte di vita. Sul suo volto chino,
cosicché gli altri non potessero vederlo, si allargò un sorriso orgoglioso e
soddisfatto, forse persino sadico.
Magma.
Ecco per
cosa si stava preparando il suo corpo. La più grande fonte di calore esistente
avrebbe fatto parte di lui, sarebbe stato il suo stesso sangue, in un’unione
perfetta con la terra stessa e la natura di cui si sentiva sempre più far
parte, e nessun dolore l’avrebbe fatto indietreggiare di fronte a questo. Era
semplicemente magnifico crescere.
Jan si
avvicinò cauto: «Jared? Come va?»
Il
ragazzo rimase ancora chino su se stesso per un istante, cercando di trattenere
il ringhio ferino che sentiva grattagli la gola, ma anche così la voce che uscì
dalla sua bocca fu decisamente più bassa del solito.
«Alla
grande.»
Jan sussultò
sorpreso: «Bene! Ehm... devi sputare qualche fiamma?»
Jared non
trattenne più l’espressione di puro sadismo che sentiva nascere in sé: «Due
passi indietro non basteranno stavolta.»
Mako sembrò
cogliere il messaggio con più prontezza di Jan,
perché afferrò l’amico dalla maglia e lo trascinò indietro, mentre Jared faceva
ribollire nel suo nuovo polmone il magma e, reclinando la testa, sputava in
aria una fiammata spaventosa, in grado d’incendiare un’intera foresta. Jan lo guardò con un po’ di spavento.
«Accidenti!
Questa sì che è potenza di fuoco!»
Jared
interruppe di colpo l’esibizione e lo guardò ridacchiando: «E aspetta che il
polmone del fuoco sia completo! Lì ci sarà da divertirsi...»
Mako alzò un
sopracciglio, sconvolta quanto gli altri: «Più di così? Sarai...»
«Dillo,
dillo pure.»
«... un
mostro.»
Jared si
voltò verso Conny, che aveva completato la frase titubante: «Già. E ora scusate, ma direi che è quasi
sera ed è meglio accamparci. Io ho un po’ di fame, voi no?»
Gli altri
si guardarono preoccupati, per poi seguirlo con un po’ di titubanza.
Jared non
provò neppure ad addormentarsi, sarebbe stato perfettamente inutile. Era una
fase temporanea, lo sentiva, ma per qualche tempo il sonno per lui sarebbe
stato solo un lontano ricordo. Non appena fu sicuro che tutti stessero
dormendo, balzò in piedi in un modo strano, quasi acrobatico, di sicuro non
umano. Già, perché quella notte Jared non sentiva in sé davvero più nulla di
umano, nemmeno la fame. Quel pezzettino di carne che gli avevano dato era stato
meno di un antipasto per le sue nuove esigenze. Aveva fame, una fame mai provata prima d’allora, una fame mostruosa. Annusò l’aria. Non c’erano
mucche nei dintorni, peccato. Forse tre o quattro di quelle grosse bestie gli
avrebbero placato un po’ l’appetito. Meglio sei o sette, però.
Annusò
ancora. C’erano mostri però, in gran quantità. Storse il naso. Aveva già provato
il gusto di quelle creature, era schifoso. Però in quel momento non riusciva a
pensare ad altro che a quella sensazione di vuoto in corpo. Aveva fame. Il suo corpo stava cambiando
e aveva bisogno di nutrimento, molto nutrimento, più di quanto avrebbe potuto
ottenerne con metodi umani. Il suo corpo non gli stava dando scelta, doveva
comportarsi da mostro, anzi, da Drago. E così avrebbe fatto.
La caccia
fu entusiasmante. Niente fuoco o ghiaccio, uccise le sue prede solo con la sua
rinvigorita forza fisica e con le sue zanne. C’era più soddisfazione, in quel
modo. Le inghiottì una per una, appena uccise, cercando di sopportare il gusto
orrendo. Mentre ingoiava la seconda, però, sentì il magma crescergli in corpo e
le fiamme diffondersi in gola e in bocca. Poteva cuocerle direttamente dentro
di lui, non male, il gusto migliorava leggermente, anche se continuavano ad
essere tutt’altro che buone.
Dopo aver
ucciso la sua quinta preda, però, fu costretto a fermarsi. Era strano, molto
strano. Avvertiva ancora quella sensazione di vuoto allo stomaco, di fame, ma
si rendeva anche conto di essere completamente pieno e di non poter più
ingoiare un solo boccone. Perché quelle sensazioni contrastanti?
Buttò via
la sua preda con disgusto. Meglio, da una parte, non sarebbe stato costretto a
sentire ancora una volta quel gustaccio. Alzò gli
occhi al cielo. La luna non era nemmeno al suo apice. La notte sarebbe stata
ancora lunga, cosa poteva fare un giovane Drago insonne per passare il tempo,
digerire il suo pasto e distrarsi dalla sua finta fame che ancora lo opprimeva?
Un sorrisone crudele gli attraversò il volto.
Ovvio, combattere! Un Drago
viveva solo per quel motivo, dopotutto, e lui non voleva nient’altro di più. Il
suo passo si fece lento, quasi possente. Jared si concentrò completamente sui
desideri più oscuri e profondi della sua anima.
Forza.
Violenza.
Sete di sangue.
Sì, si
sentiva pronto a uccidere. Fino a quel momento non aveva fatto sul serio, ma
ora non c’era più nulla a trattenerlo. I suoi più ardenti e perfidi desideri
s’impossessarono di lui, presero il controllo sul suo corpo e sulla sua mente,
mentre sentiva una forza nuova attraversarlo, rendere i suoi muscoli più
scattanti e il suo istinto combattivo più aggressivo, al punto che Jared
avvertì distintamente qualcosa di
potente e maligno che, dopo averlo colmato, incapace di trattenersi
ulteriormente dentro di lui, si diffondeva fuori dal suo corpo. Era una sorta
di vibrazione, di effluvio, che si spandeva nei dintorni, in grado di
risvegliare gli stessi sentimenti nei mostri che lo percepivano. Ed ecco,
decine di mostri, maschi e femmine, persino cuccioli, anche diurni, si
svegliarono dal loro torpore, dimenticarono le loro faccende, negli occhi e nel
cuore un’inusitata sete di sangue e di violenza, e come ipnotizzati, si
diressero verso la fonte di quel richiamo.
Jared
sorrise. Questa non era una capacità comune a tutti i mostri, lo sapeva, li
aveva osservati troppo a lungo per non saperlo. Erano i poteri di un mostro di
altissimo livello, o forse, meglio ancora, di
un demone. Poteva diffondere i suoi sentimenti ai mostri nei dintorni,
contagiarli con le sue sensazioni, come la peggiore delle pestilenze. Era solo
agli inizi, doveva imparare ad usarla al meglio, ma il potere che aveva a
disposizione era meraviglioso e, soprattutto, era giusto. Se aveva voglia di
combattere, tutto il mondo doveva essere pronto a rispondere alla sua chiamata
e ad affrontarlo.
Era
circondato da una cinquantina di mostri più che aggressivi, incuranti della
loro incolumità, pronti a mettere a repentaglio le loro vite per una sete di
sangue che non apparteneva neanche a loro. I loro occhi erano strani, rossi e
completamente spalancati, incapaci di sbattere le palpebre. Jared si passò la
lingua sulle labbra, mentre anche i suoi occhi cambiavano, le pupille
diventavano sottili come quelli delle vipere e sembravano ardere, come se anche
lì il fuoco avesse preso il sopravvento. Come ubbidendo a un segnale comune, i
mostri attaccarono, tutti insieme, mentre Jared si sentiva in paradiso.
Questa
era la vita che aveva sempre sognato.
Tornò
all’accampamento appena prima dell’alba, ancora piacevolmente eccitato. Si
sedette vicino ai compagni, mentre le sue ferite guarivano a vista d’occhio
dall’interno, come se il magma le stesse velocemente saldando. Si guardò
indietro e sorrise con un nuovo e giustificato sadismo. Se qualche umano fosse
entrato nel bosco probabilmente si sarebbe chiesto il motivo di quell’eccidio
di mostri, ma non gli importava. Gli umani erano stupidi, sarebbero stati
capaci di attribuire una così grande quantitàdi cadaveri squartati a qualche nuova malattia in grado di far impazzire
i mostri e farli attaccare fra loro, e forse non avrebbero nemmeno avuto tutti
i torti. Jared in fondo quella notte si era sentito esattamente così, una
pestilenza ambulante, violenta, crudele, implacabile, viva. L’idea di poter infettare altri mostri con i suoi sentimenti
peggiori lo rendeva folle di eccitazione, non vedeva l’ora di riprovarci, di
allenarsi, di scoprire quanti mostri potesse contagiare, e se potesse
allargarsi ad altre creature. Guardò i compagni di sottecchi. Magari anche agli
umani, perché no... gli sarebbe piaciuto una volta affrontarli, da mostro. Come
un demone potente, però, uno di quelli che se ne fregava dei turni e li attaccava
senza pietà. Erano rari, ma ne aveva sentito parlare, e in Jared stava nascendo
il desiderio di diventare uno di loro. Ci sarebbe voluto ancora tempo, però, e
tanti, tantissimi combattimenti. Un’attesa meravigliosa.
S’immaginò
i compagni rivoltarglisi contro e attaccarlo, a quel punto. L’immagine gli
generò sensazioni ambivalenti, da una parte di dispiacere, e dall’altra di pura
gioia. Forse sarebbe stato il modo migliore per troncare definitivamente la sua
esistenza umana...
Rimase
lì, a cullare quei contrastanti pensieri, fino al loro risveglio.
La vocazione di drago sta
mostrando i suoi effetti più imprevisti... Jared si trasformerà veramente in un
mostro o in demone?
Jan scese i
gradini della scalinata stiracchiandosi: «Sono davvero curioso di vedere cosa
potrò imparare con la vocazione di Lottatore!»
Mako annuì:
«Anch’io, con quella di Guerriera. E tu, Conny?»
La
ragazza non sorrise: «Avrò tempo di scoprire cosa posso fare da Maga, ora sono
più preoccupata per Jared.»
«Solo
perché non è voluto entrare con noi all’Abbazia Mutationis?
Dopotutto, non ha ancora concluso la sua vocazione di Drago, e dovresti aver
imparato che non gli piacciono i luoghi affollati, che problema c’è?»
Conny
scosse la testa. Come aveva fatto Jan a non vedere
quello sguardo così diverso da quando l’avevano conosciuto? Non c’era giorno
che la ragazza non si ripetesse di andare da Jared e chiedergli di tornare
all’Abbazia per interrompere la sua vocazione, perché qualcosa non stava
andando per il verso giusto, ma alla fine non trovava mai il coraggio né le
parole.
Jared li
stava aspettando al fondo della scalinata, con aria annoiata. Stava affilando
le sue zanne con una pietra.
Jan gli si
avvicinò: «Tutto bene?»
Jared
annuì, soffiando sulla sua arma: «Tutto liscio come l’olio.»
«Ti sei
annoiato?»
«Per
nulla. Anzi, siete proprio sicuri di non volervi fermare una notte?»
«Tu sei
disposto ad entrare?»
«No. Ho
detto alla vecchia che non ci saremmo più visti fino a che non fossi diventato
un vero Drago e non è ancora giunto il momento.»
Jan gli
diede una pacca sulla spalla: «E allora non ti lasceremo solo. In marcia,
abbiamo molta strada da fare!»
Non
appena i suoi compagni crollarono dal sonno, sul volto di Jared apparve un
sorriso crudele. Annoiato, lui? Se
solo avessero saputo cosa aveva davvero
fatto mentre loro erano nell’Abbazia...
Rovistò
nella sacca fino a tirare fuori il frutto delle sue macchinazioni. Gli altri
non sapevano nulla dei contatti che aveva avuto recentemente con un mercante
errante senza scrupoli, un tipo poco raccomandabile con cui aveva solo una cosa
in comune, l’avidità. Lui di combattimenti e l’altro di soldi, ovvio, ma
avevano capito quasi subito che erano fatti per intendersi e il patto che
avevano stretto era stato così conveniente da fargli sopportare persino la
schifosa puzza di quell’individuo. In fondo era un buon accordo per entrambi:
il mercato richiedeva merce rara come pelli e artigli di mostri, e per Jared
non era affatto un problema procurarseli; in cambio si era fatto costruire su
misura un paio di artigli. Li rimirò alla luce della luna per un istante. I
guanti dotati di artigli erano un’arma comune per i lottatori, ma l’affilatura
speciale che aveva specificatamente richiesto era a dir poco illegale. Li
indossò estasiato e li strinse con cura con le cinghie, per poi provarli contro
un albero. Un grosso ramo venne tranciato in due senza particolare sforzo. Un
luccichio si accese negli occhi del giovane Drago. Ora poteva affrontare i mostri ad armi pari, da Drago. Rise
soddisfatto, non preoccupandosi affatto di poter essere sentito. Il mercante,
prima di dirsi addio, gli aveva dato un extra che aveva apprezzato non poco e
che aveva sperimentato subito. Ripose con cura la potente polvere sonnifera che
aveva sparso sul cibo dei compagni. Adesso poteva essere sicuro che fino a
mattina inoltrata non si sarebbero svegliati e lui avrebbe avuto tutto il tempo
di dedicarsi all’unica cosa che dava senso alla sua vita. Il solo pianificare
tutto quel piccolo imbroglio aveva fatto aumentare a dismisura la sua voglia di
combattere, e con quegli artigli si sentiva sempre più un vero Drago. Chiuse
gli occhi e si concentrò. Quella notte non voleva avere alcun limite, voleva
dare il peggio di sé. Il suo effluvio
malefico si sparse per chilometri, risvegliando centinaia di mostri.
Si
sarebbe divertito, senza alcun dubbio.
Mako aprì gli
occhi in una fessura piccolissima, rimanendo quasi subito abbagliata. Impiegò
un pochino a capire che il sole era sorto da un pezzo, poi balzò subito a
sedere. Quanto aveva dormito?
«Buongiorno.»
La
ragazza non sorrise: «Cos’è successo?»
Jared
alzò le spalle: «Nulla di che. Ieri dovete esservi stancati più di quanto
pensaste e avete dormito un po’ di più, tutto qui.»
Mako non
rispose, ma il ragazzo non l’aveva convinta neanche un po’. Se si fosse
trattato solo di lei poteva anche starci, ma anche gli altri avevano l’aria di
essersi svegliati da poco. Possibile che fossero crollati tutti e tre
contemporaneamente?
Non lo
aveva mai ammesso, ma la ragazza era un po’ spaventata dai repentini
cambiamenti di quel ragazzo. Le dava sempre più spesso l’impressione di
guardarli con odio e disprezzo, se non proprio con cattiveria. E non aveva
dimenticato la sua espressione di folle gioia alla battuta che gli era stata
fatta sul fatto che si stava trasformando sempre più in un mostro...
Mako non
perse mai di vista Jared, per tutta la giornata, cercando prove di un
cambiamento nel suo comportamento tali da farle temere per la propria
incolumità, ma senza trovare nulla. Almeno fino quasi al calar del sole, quando
al termine di un combattimento Jared si chinò in un modo che ormai conoscevano
tutti benissimo.
«Via,
via, via!»
Oh, non
immaginavano nemmeno quanto rendessero felice il ragazzo fuggendo da lui con
quell’aria così spaventata. Era prontissimo a passare alla fase successiva, a
diventare ancora più forte. Questa volta il dolore, seppur forte come la prima
volta, non lo spaventava neanche un po’, e neanche per un istante pensò di
urlare, se non dalla gioia. I due suoi polmoni destri si unirono in uno solo e
si avvolsero di una sostanza fredda e solida, dura come la pietra e gelida come
il peggiore degli inverni nel punto più glaciale di un mondo che non aveva mai
conosciuto la luce del sole. Era il ghiaccio più resistente mai esistito, tanto
da far fronte al magma al suo fianco senza dare il minimo segno di
scioglimento. Al suo interno si riempì di acqua e di vapore e Jared si sentì
immediatamente meglio, più equilibrato. La folata gelida che soffiò congelò sul
posto alcuni alberi e animali.
«Caspita,
migliori di giorno in giorno, Jared!»
«Grazie!»
Jan si
avvicinò per congratularsi con lui: «Quanto ti manca per concludere la
vocazione?»
«Un paio
di aggiustature ai miei polmoni e dovrei esserci, stavolta.»
«Bene.»
Le due
ragazze si guardarono di sottecchi. Loro non erano certe che fosse davvero un
bene.
Jared
aspettò che tutti si addormentassero. Non aveva potuto usare nuovamente il
sonnifero, Mako lo sorvegliava con troppa insistenza
e non voleva rischiare di far saltare la sua copertura a un passo
dall’obiettivo.
Si alzò e
si stiracchiò. La nuova trasformazione lo faceva sentire un po’ strano. Un paio
di volte, durante la cena, aveva avuto l’istinto di spostare una mosca che gli
ronzava intorno non con la mano, ma con... cosa?
Non aveva saputo spiegarselo, ma alla fine aveva preferito la più drastica
soluzione d’incenerire direttamente il fastidioso insetto. Eppure la sensazione
non gli era passata del tutto. Doveva per forza fare un qualcosa che non
riusciva a capire.
Nell’attesa
di chiarirsi un po’ le idee, si diede alla caccia. La sensazione di appetito
era aumentata, ma la quantità di carne che era in grado di inghiottire era
sempre la stessa. Era come se il suo corpo e il suo istinto stessero crescendo
improvvisamente a velocità diverse...
Buttò via
i resti della sua ultima preda con stizza e cercò di attirare a sé qualche mostro
per combattere, ma quasi subito il suo naso venne attirato da un odore nuovo,
che non ricordava di aver mai sentito. Iniziò a correre verso quella direzione
a gran velocità, preso dall’eccitazione, con il cuore che gli batteva
fortissimo nel petto. Corse ancora e ancora, fino a giungere a una rupe
scoscesa. Le sue gambe non rallentarono neanche un pochino, la sua mente
completamente occupata da un pensiero strano, labile e sfuggente, ma
irresistibile...
Fu solo
quando si trovò davvero al bordo del precipizio che le mani di Jared si
artigliarono al terreno, lasciando i piedi penzolare nel vuoto.
Cosa... cosa stava facendo?
Con un
piccolo sforzo, si tirò su, cercando di capire cosa gli fosse preso. E allora
capì.
Un grido
di dolore e disperazione si diffuse nei dintorni, spaventando i piccoli
animali, mentre, senza quasi rendersene conto, Jared usava la sua stessa
capacità per allontanare da sé
qualunque mostro. Voleva restare solo nella sua disperazione.
L’aveva
capito, ora l’aveva capito. Lui non era
un Drago e non lo sarebbe mai stato. Era un umano
con vocazione di Drago, e questo cambiava tutto. Provava tutto ciò che
avrebbe provato un cucciolo di Drago, e questo spiegava il perché della fame
continua. Un piccolo Drago avrebbe provato ancora fame, ma il suo stupido corpo
umano non era in grado di assimilare la stessa quantità di cibo. Ma se
quell’ostacolo si era dimostrato abbastanza aggirabile, il successivo risultava
essere insormontabile. Come poteva, infatti, scacciare le mosche con una coda,
se una coda non l’aveva? E come poteva tentare di volare, se il suo corpo non
avrebbe mai avuto un paio di ali?
Era stata
quella briciola umana che ancora non era riuscita a distruggere dentro di lui a
farlo aggrappare all’ultimo secondo, perché lui era perfettamente pronto a
buttarsi, senza pensarci due volte, come un vero cucciolo di Drago avrebbe
fatto, senza badare alla propria incolumità. Si sentiva un Drago, ma non era
un Drago.
Pianse
quasi ogni lacrima che aveva in corpo, in una disperazione più umana che mostruosa,
per poi, rimasto senza forze, addormentarsi sull’orlo del precipizio.
Jared si
svegliò di scatto, come se avesse appena fatto un incubo che non ricordava già
più. Si guardò intorno. Era quasi mattino, ed era ancora sull’orlo del
precipizio. Non aveva sognato, purtroppo. Sospirò, fece per alzarsi e tornare
sui suoi passi, ma quasi subito si fermò.
Aveva dormito.
Quanto
tempo era che non lo faceva? Quasi non riusciva a ricordarselo. Scosse la
testa. Era come se la parte umana della sua anima fosse ritornata
prepotentemente in superficie, per salvarlo da fine certa, e che stesse
cercando di riconquistare lentamente il suo spazio. Anche se per mesi aveva
odiato la sua umanità, si rese conto che doveva esserle grato. Era solo per lei
che era ancora vivo, e solo in quel momento si rese conto della vera
pericolosità della sua vocazione, e del perché la vecchia la sconsigliasse.
Probabilmente la maggior parte si lasciava prendere dalla foga del
combattimento, come era capitato anche a lui, e perdeva la vita lottando.
Oppure, se superava quella fase, si buttava giù dal primo precipizio nel
disperato tentativo di volare.
Per
sopravvivere a quella vocazione, era fondamentale addentrarsi nel mondo dei
mostri senza perdere completamente la propria umanità, ora gli era chiaro.
Aveva cercato per mesi di uccidere la sua unica possibilità di salvezza. Quanto
era stato stupido...
Dovette
ammettere che dopo un buon sonno, anche se breve, si sentiva più leggero. Tornò
dai suoi compagni e li guardò per un po’ dormire. Forse loro erano la sua unica
possibilità di non impazzire, se non commetteva errori. Era stato abbastanza
cauto da mantenersi la loro amicizia, sarebbe stato da sciocchi giocarsela ora.
Sempre
che non fosse già troppo tardi.
Conny
ansimava. Il percorso di montagna su cui si erano addentrati era troppo
impervio e pericoloso. Troppi mostri, troppo forti. Aveva già quasi finito la
magia, non avrebbe potuto curare gli amici ancora per molto. Senza contare il
baratro sulla loro destra, che la rendeva ancora più inquieta...
Jared le
prese un braccio e se lo mise sulle spalle: «Ti aiuto, sei troppo stanca.»
La
ragazza lo guardò sorpresa. Era un gesto che si sarebbe aspettata da lui
qualche tempo prima, ma non negli ultimi tempi.
«Grazie...»
«Quanta
magia ti resta ancora?»
«Molto
poca. Non resisteremo a un altro combattimento come l’ultimo.»
«Capisco...»
Jared
chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, ignorando l’istinto che lo aveva
tormentato per tutto il percorso e che cercava costantemente di farlo buttare
nel vuoto. Anche se non l’aveva mai fatto volontariamente, doveva provarci,
doveva tentare di allontanare da sé ogni mostro nei dintorni. Rimase
concentrato per un po’, ma quasi subito si rese conto che alcuni dei mostri in
quella zona erano più forti di lui e sembravano resistere al suo influsso. Si
morse un labbro imprecando fra sé e sé. Per una volta che voleva usare le sue
nuove capacità per aiutarli davvero,
e non per affrontarli, forse queste non sarebbero bastate...
Un mostro
dall’aspetto di un centauro dalle corna di montone si parò loro davanti. Jared
si rese quasi subito conto che lottando normalmente non avevano speranze, erano
già sfiniti dagli scontri precedenti. Si voltò. La cengia su cui erano saliti
era stretta e ripida, non potevano fuggire abbastanza velocemente da scampare
il combattimento. Non c’era apparente via di scampo.
Jan venne
abbattuto quasi subito da un poderoso colpo di corna al petto. Rimase a terra,
ansante, e sembrava avere a malapena le forze per potersi rimettere in piedi
una volta. Anche Mako subì la stessa sorte. Conny
provò a guarirla, ma prima che potesse anche solo lanciare l’incantesimo, venne
sbattuta a terra, battendo la testa. Jared provò a concentrarsi al massimo per
scacciarlo, ma ciò che ottenne aggravò solo la situazione: il mostro ignorava
lui per concentrarsi sugli altri. Si buttò in avanti per intervenire,
approfittando del turno favorevole, ma Jan fu più
veloce, trovando ancora la forza di lanciargli la sua ascia in testa, ma
mancando la mira. Jared l’avrebbe insultato. Aveva sprecato l’ultimo turno e
ora il mostro, secondo le regole umane, aveva diritto di attaccare. Nessuno di
loro avrebbe retto un altro attacco del genere. Se non faceva qualcosa, uno di
loro avrebbe perso la vita. E lui non voleva.
Senza
pensare, fece la cosa che più gli era venuta meglio in quei mesi: si cacciò in
bocca le zanne e si avventò sulla bestia prima che potesse farlo lui.
Jan e Mako lo guardarono inorriditi: «Jared! Cosa fai? Non tocca
a te!»
Ma Jared
li ignorò deliberatamente e morse la bestia con tutte le sue forze. Seguendo le
regole umane erano indubbiamente spacciati, ma secondo quelle dei mostri
avevano ancora una speranza. Concentrò ogni goccia del suo effluvio sul mostro
per attirarlo verso di lui. Doveva riuscire a scatenare in lui una voglia
irresistibile di affrontarlo, o sarebbe stata la fine. Certo, un mostro adulto
di quella potenza e di quelle dimensioni, infuriato e portato fino all’estrema
voglia di combattere, era pericoloso anche per lui, non se la sarebbe cavata
lottando bestialmente come al solito. Doveva attirarlo in una trappola, non
aveva altra scelta per salvare i suoi compagni.
Il mostro
si voltò verso di lui con gli occhi rosso sangue. A Jared sfuggì un piccolo
sorriso di soddisfazione: ci era riuscito. Balzò giù dalla bestia a quattro
zampe e rispose con un ringhio basso e minaccioso, attirandolo verso di lui.
Non appena il mostro cercò di saltargli addosso, lo distrasse con una potente
fiammata, per poi ghiacciare il terreno ai suoi piedi per farlo scivolare. Mentre
il mostro perdeva per un attimo l’equilibrio, Jared fece un balzo verso la
parete rocciosa e di rimbalzo gli diede una spinta per buttarlo giù dal
precipizio. Fece appello a tutta la sua umanità per trovare la forza di
aggrapparsi e non lasciarsi andare. Si lasciò cadere a terra, ansante, per poi
sputare le zanne e, con quelle, il gusto schifoso di mostro che gli era rimasto
in bocca. C’era riuscito, l’aveva battuto, ancora non ci credeva, ed erano
ancora tutti vivi.
Non
appena riprese il controllo del suo respiro, si alzò per controllare come
stessero tutti.
«Tutto
bene?»
Ma nei
loro occhi lesse ciò che più aveva temuto, sorpresa e, soprattutto, paura. Mako, ancora a terra, teneva fra le braccia il corpo di
Conny, ancora svenuta, in un gesto di protezione. Di protezione da lui. Quella vista diede a Jared
un’insopportabile stretta al cuore. Jan lo guardava
incredulo, ancora incapace di accettare quello che aveva visto.
«Cosa...
cosa hai fatto?»
Jared
abbassò lo sguardo imbarazzato: «Tutto quello che era in mio potere per
salvarvi.»
«Ma hai
combattuto come...»
Fece una
smorfia: «Come un mostro? Io sono un Drago, te lo sei scordato?»
Provò ad
avvicinarsi, ma Mako si ritrasse cercando di
proteggere la compagna. Jared alzò le mani in segno di resa, arretrò di qualche
passo, si sedette in terra a gambe incrociate e lanciò lontano da sé le zanne,
per poi attendere un segnale per poter continuare. Jan
annuì e Jared prese un profondo respiro.
«La mia
vocazione ha preso... una strada molto diversa da quella che avevo immaginato,
l’ammetto. La cosa mi ha preoccupato, mi ha anche eccitato in qualche momento,
ma soprattutto... mi ha spaventato, per quello che potevate pensare se vi
avessi detto che avevo iniziato a... capire
il mondo dei mostri.»
Jan lo
guardò sorpreso: «Capire i mostri?
Cosa c’è da capire? Insomma... sono mostri!»
Il
ragazzo sentì salirgli un attimo di rabbia, ma s’impose la calma: «È la visione
che hanno tutti...»
Inghiottì
con la rabbia le parole “gli umani”.
«... ma
credo che sia proprio il punto della mia vocazione. La vecchia l’aveva detto,
sarei diventato il punto d’incontro fra il mondo degli umani e dei mostri.»
Jan fece una
smorfia: «Insomma, sei in grado di... “parlarci”?»
Jared
rise: «I mostri non parlano. Hanno una forma di comunicazione più semplice,
basata sull’istinto, una forma atavica che l’uomo ha dimenticato da eoni...
l’ho riscoperta pian piano, notte dopo notte, ho scoperto nuove capacità, ho
capito come attirare e allontanare i mostri, ed è quello che ho provato a fare
quando ho visto che eravamo in difficoltà, ma con quello non ci sono
riuscito... e a quel punto ho combattuto da mostro, sì, ma solo perché non
avevo altra scelta! Se avessi rispettato i turni uno di noi a quest’ora non ci
sarebbe più. Preferivi così?»
Jan si alzò
per prenderlo dalla maglietta: «Avrei preferito che ce l’avessi detto!»
Jared
distolse lo sguardo, ma Jan non si fermò: «Sono mesi
che Mako mi avverte che in te c’è qualcosa di strano,
ma io non le ho dato retta, ho voluto avere fiducia in te... sono stato uno
stupido... ma non accadrà di nuovo.»
Lo lasciò
andare e prese l’ascia: «Avanti, allora. Se sei diventato un mostro risolveremo
la questione qui e ora.»
Jared
sbarrò gli occhi. Per mesi non aveva aspettato altro, tuttavia ora che
l’occasione si presentava non ne era felice. Era terrorizzato.
«No, Jan, non farlo. Non voglio farlo. Sei quasi esausto e...»
«E tu sei
quasi un mostro. È mio dovere fermarti prima che inizi ad attaccare le
persone!»
Non
poteva crederci. Ora che davvero era
tornato in sé, dopo mesi di delirio mostruoso, stava per affrontare quello che
prima era un sogno e che nel giro di qualche ora si era trasformato in un
incubo.
«No... Jan, no...»
L’amico
sembrava dispiaciuto quanto lui.
«Mi
dispiace, credimi. Mi sento in colpa, sono io ad averti trascinato in giro per
il mondo, quindi sono io ad averti ridotto così. Se non mi avessi incontrato,
saresti ancora con i tuoi nonni, tranquillo, e forse non avresti nemmeno
iniziato la vocazione. Ma proprio per questo è mio il dovere di...»
Non riusciva
nemmeno a pronunciare la parola. Jared era disperato. Cosa poteva fare?
«Fermo!»
Una
figura esile si mise in mezzo, una figura dalle trecce bionde.
«Conny,
cosa...»
«Fermo, Jan. Lui è nostro amico, non ricordi?»
Il
ragazzo fece una smorfia: «Tu eri svenuta, non hai visto...»
«Ma ho sentito. Jared ci ha salvato la vita,
non puoi negarlo. Se davvero fosse un mostro, come dite voi...»
E si
voltò anche verso Mako.
«Ci
avrebbe già ucciso approfittando della nostra debolezza, non credete? Che
motivo avrebbe di stare qui a parlare?»
Jan non
rispose, ma abbassò l’ascia. Sinceramente, aveva sperato davvero in un
qualunque motivo per poterlo fare. Jared tirò un sospiro di sollievo.
«Grazie.»
Conny
tuttavia si voltò verso di lui arrabbiata e gli pizzicò il naso.
«Ahi!»
«Questo
non significa che ti perdono per averci nascosto tutto per così tanto tempo!»
Jared
arrossì: «Mi... mi vergognavo... e temevo che non mi poteste capire... ahi!»
La
ragazza era ancora in posizione da pizzicotto: «Siamo tuoi amici. Di noi ti potrai
sempre fidare. Vero, ragazzi?»
Jan e Mako non risposero.
«Ho
detto... vero, ragazzi?»
Jan alla
fine sorrise: «Vero.»
Conny
guardò l’amica: «Mako?»
La
guerriera guardò in alto e sbuffò: «Solo per questa volta. Ma ti tengo
d’occhio, sappilo.»
Jared
quasi non poteva crederci. Sembrava che il cuore potesse scoppiargli di
felicità. Cercando di non far tremare la voce, disse: «Scendiamo per curarci,
allora. Farò del mio meglio per allontanare i mostri.»
E se non
fosse stato sicuro che fosse anatomicamente impossibile, avrebbe giurato che il
magma dei suoi polmoni se ne fosse andato in giro per il suo corpo e lo stesse
lentamente sciogliendo dall’interno, quando Conny lo prese a braccetto e si
strinse al suo fianco per tutta la discesa.
Ci
vollero un paio di giorni prima che la situazione potesse definirsi nuovamente
“tranquilla”. Mako trovò il sacchetto di sonnifero
nella borsa di Jared, ma il ragazzo riuscì a giustificarsi senza problemi
dichiarando che aveva provato a prenderlo per cercare di guarire dalla sua
innaturale insonnia. Quella notte stessa provvide a fondere con il magma i suoi
artigli artificiali. Non gli sarebbero più serviti, perché non aveva più
intenzione di combattere in quel modo animalesco. Diede il sonnifero a Conny,
perché potesse usarlo contro altri mostri in qualche scontro e con quel gesto
ritenne di essersi pulito la coscienza. Fu come un’ulteriore liberazione che
accolse il nuovo passaggio di vocazione.
Fu la
fase più indolore che ricordasse di aver mai subito. Semplicemente, la quantità
di magma nel suo polmone crebbe e Jared ebbe l’intima certezza che non avrebbe
mai più sentito freddo, in qualunque ambiente si fosse venuto a trovare. Il suo
polmone del fuoco era completo.
Jan fece
capolino da dietro una roccia: «Allora?»
Jared gli
rivolse un sincero sorrisone: «Guardate e stupitevi. Questa sarà la fiammata
definitiva.»
Reclinò
la testa sputò una fiammata enorme, che si alzò in cielo così alta da essere
visibile per miglia e miglia. Senza mai smettere, si mise anche a creare giochi
di luce, fontanelle, schizzi artistici, per lo stupore dei suoi amici. Smise
dopo più di un quarto d’ora. Sentiva di aver recuperato il pieno controllo di
sé.
«Solo più
una fase e la mia vocazione sarà completa.»
Fu il
periodo più lento e allo stesso tempo più veloce della sua vita. Lentamente,
Jared recuperò tutti i piaceri umani: ridere, scherzare con gli amici, mangiare
un po’ di tutto, anche se la carne ben al sangue rimase la sua preferita,
dormire almeno quattro ore per notte, rientrare nelle città umane non solo
sopportando l’odore, ma persino con piacere. Era anche una grande liberazione,
di tanto in tanto, potersi avvicinare senza doversi nascondere. Aveva mostrato
ai suoi compagni che i mostri non erano così crudeli come pensavano, aveva
preso fra le mani i più mansueti e li aveva persino fatti accarezzare a Conny.
Era bello averla parte del suo mondo, e fare nuovamente parte del suo.
Passarono mesi tranquilli, dove il gruppo continuò a rinforzarsi attraverso
mille combattimenti. E alla fine il momento venne.
Per
l’ultima volta, Jared avvertì un cambiamento in lui. Il suo polmone del
ghiaccio divenne ancora più freddo e fu certo che non avrebbe mai più provato
caldo. Ma, soprattutto, Jared si sentì finalmente completo, come uomo e come mostro. Non era più il ragazzino timido
e impacciato che era partito, non era più un mostro sanguinario. Era un uomo
forte e coraggioso, senza paura, in grado di combattere e comunicare come uomo
e come Drago, senza incertezze, senza ombre. Era cambiato. Era migliore.
I giochi
che concesse ai suoi amici furono spettacolari. Sculture di ghiaccio illuminate
da fuochi che non le scioglievano rimasero per giorni nello spiazzo dove era
avvenuta la sua vocazione completa.
Jared
ringraziò i suoi amici per averlo sostenuto fino a quel punto e fu con molta
gentilezza ma con ferma decisione, che osò fare la sua richiesta.
«Avrei
solo un ultimo favore da chiedervi.»
«Va bene,
di che si tratta?»
«Vorrei
tornare un’ultima volta all’Abbazia Mutationis. Ho
una promessa da mantenere.»
Alla fine Jared ha recuperato
la sua umanità, ma la sua storia non è ancora conclusa. Cosa avrà in serbo per
lui il destino?
La donna
sospirò, congedandosi dall’uomo che aveva richiesto i suoi servigi. Era stanca,
per tutta la mattina non aveva fatto altro che consigliare ai pellegrini
dell’Abbazia la vocazione più adatta a loro e il peso dell’età iniziava a farsi
sentire sulla sua povera schiena. Fino a qualche anno prima sarebbe stato uno
scherzetto rimanere incurvati sulla sfera di cristallo tutto il giorno, ma
ormai la vecchiaia incideva a fuoco sulle sue ossa le tacche dello scorrere del
tempo.
Stava già
pensando di lasciare il suo banchetto e di cercare ristoro nella locanda al
piano sottostante, quando un brivido le percorse interamente la sua dolorante
schiena ridestandola del tutto. Non era il freddo, oh no, e neanche la paura.
Era solo l’intima certezza che qualcuno la stesse fissando con insistenza, come
per chiamarla, e il messaggio era giunto forte e chiaro a destinazione. Non
avrebbe neanche avuto bisogno di alzare lo sguardo per controllare, ma per
scrupolo lo fece. Un ragazzo dagli abiti verdi, appoggiato allo stipite del
portone con una gamba alzata e le braccia incrociate, le stava puntando gli
occhi addosso, in un richiamo fermo e vigoroso, ma tuttavia non aggressivo.
Sarebbe stato disposto ad attendere a lungo, lo sentiva, ma la vecchia aveva
invece il terrore di non avere tutto quel tempo.
«Mi
dispiace, signori, per oggi ho finito.»
Cori di
protesta si levarono dalla gente ancora in fila di fronte al banchetto, ma la
donna zittì tutti alzando le mani: «Lo so, lo so, avete atteso a lungo il
vostro turno per potermi parlare e io ora vi lascio così. Ma credetemi... c’è
qualcuno che ha avuto più pazienza di
voi.»
Non
appena la donna si avvicinò a lui, Jared fece un gentile cenno con la testa, ma
la signora lo afferrò per un braccio e lo trascinò con sé senza troppi
convenevoli.
«Abbiamo
molto di cui parlare, figliolo, ma questo non è il luogo adatto. Seguimi.»
I suoi
compagni vedendolo allontanarsi lo seguirono, ma giunti al limitare di un bosco
la vecchia si voltò verso di loro.
«Fermi!
Non un passo di più! Questo è un discorso privato fa me e il ragazzo!»
Jan fece un
passo avanti: «Ma...»
La donna
sorrise, ma in modo quasi inquietante: «Lo riavrete indietro, non temete, ma è
una prova che deve affrontare da solo e che voi non potete capire. Aspettate qui,
potrebbe volerci un po’ di tempo ma se le cose vanno come spero ne varrà la
pena, credete alle parole di questa povera vecchia...»
E senza
aggiungere altro trascinò Jared fra gli alberi, schivando rami bassi, cespugli
e buche di animali, fino a giungere a una piccola radura. Solo lì lasciò andare
il braccio del ragazzo e lo guardò negli occhi.
«Sei
cresciuto dall’ultima volta che ci siamo visti, Jared, e non solo fisicamente.
L’ultima volta avevo di fronte a me un ragazzino timido e impacciato, ora vedo un
uomo forte e sicuro di sé.»
Il
ragazzo annuì: «Grazie.»
«Se sei
tornato da me è perché hai completato la tua vocazione, lo sento senza nemmeno
bisogno della sfera di cristallo. Sapevo che eri in grado di completarla.»
«Ma non è
stato per niente facile.»
«Mai
detto che lo fosse. Per poter completare la vocazione di Drago bisogna toccare
il più basso e oscuro grado della propria personalità e saper risalire. Ma la
maggior parte delle persone non è in grado di reggere lo sforzo e periscono nel
tentativo. È il motivo per cui quelle pergamene erano così rare.»
Jared
sospirò: «Ora lo capisco. Anch’io ci sono andato molto vicino.»
«Ma ora
sei qui e io manterrò la mia promessa. Ti darò ciò che più il tuo cuore anela,
se supererai un’ultima prova.»
«Ovvero?»
Sul volto
della donna comparve un ghigno, per poi esclamare: «Pof!»
Il suo
corpo venne avvolto dal fumo. Jared cercò di stringere gli occhi per
distinguere la figura della vecchia, ma non appena riuscì a vederla rimase
senza fiato. Dell’anziana donna non c’era più traccia, ma di fronte a lui si
ergeva un imponente drago verde.
Il drago
rise: «Questa non te l’aspettavi, eh?»
Jared
rimase senza fiato nel riconoscere quella voce femminile: «Ma cosa...»
«Il Pof è un incantesimo di alto livello. Normalmente lo conoscono
solo i Saggi e i Paladini, ma per te potrei fare un’eccezione e insegnartelo.
Se hai superato la vocazione Drago dovresti avere in te abbastanza magia per
poterla compiere, anche se probabilmente non l’hai mai usata.»
Jared si
sentì infiammare il petto dall’eccitazione. Aveva la possibilità di ottenere
quello a cui ormai aveva rinunciato da tempo, diventare un Drago in tutto e per
tutto!
«Non è
una magia semplice e ha parecchie controindicazioni. Saputo questo, hai ancora
intenzione di accettare la mia sfida?»
Il
ragazzo si accucciò, tirando fuori le sue zanne dalla tasca e mettendosele in
bocca: «Assolutamente.»
Il drago
verde lesse l’eccitazione selvaggia negli occhi del suo avversario: «Bene,
buona fortuna, allora. Io non mi risparmierò.»
Jared
sorrise: «Non chiedo di meglio.»
E rotolò
su un fianco per schivare una fiammata. Il cuore non gli era mai battuto così
forte nel petto. Per la prima volta poteva affrontare un drago, e il premio in
palio era un incantesimo di cui non avrebbe mai immaginato l’esistenza, ed era
esattamente quello che poteva farlo felice. Con agilità balzò da una parte
all’altra della radura per saggiare le mosse della sua avversaria. Era potente,
sì, ma lenta. Probabilmente l’età avanzata giocava a suo sfavore. Lui non aveva
la sua forza fisica, ma la sua velocità era nettamente superiore e le sue
fiamme e il suo ghiaccio non erano inferiori. Doveva solo fare attenzione a non
subire colpi fisici e la vittoria sarebbe stata facilmente sua.
Il drago
diede un possente colpo di coda nella sua direzione. Jared saltò, ma così
facendo gli fu impossibile schivare il colpo di zampa che calò su di lui
dall’alto. Per un momento il mondo si fece nero e confuso. Cercò di
allontanarsi e di rifugiarsi in mezzo agli alberi per riprendersi.
Non aveva
calcolato l’enorme differenza di peso fra loro. Un errore fatale.
Conny
sospirò: «Secondo voi cosa stanno facendo là dentro?»
Mako sbuffò:
«Non so, ma spero si diano una mossa, mi sto davvero annoiando a stare qui
senza fare niente...»
La frase
della ragazza fu interrotta dal rumore di uno schianto.
«Cos’era?»
Jan balzò in
piedi: «Sembrava un albero abbattuto.»
Lo
schianto si ripeté, ancora e ancora.
Conny
deglutì: «Si sono messi a fare i boscaioli?»
Jan scosse
la testa, serio: «Non credo. Mi sembra qualcosa di più pericoloso...»
Mako si
scrocchiò le dita: «Benissimo. Andiamo a vedere, allora. Qua mi stavo
decisamente annoiando.»
Ma non
appena misero un piede dentro i confini della foresta, la voce della vecchia,
potente e cavernosa, gridò: «STATENE FUORI, HO DETTO! SIETE STATI AVVERTITI DI
NON INTERVENIRE! ALLA PROSSIMA VIOLAZIONE RICEVERETE UNA FIAMMATA CON I
FIOCCHI!»
A tutti e
tre i guerrieri si drizzarono i capelli in testa e immediatamente arretrarono.
Conny
guardò gli alberi sconvolta: «Era... era la stessa nonnina dolce e carina di
prima?»
Jan
balbettò: «N-non so se prima fosse dolce e carina, ma ora sembrava che volesse
divorarci tutti interi!»
Mako assunse
un’aria sospettosa: «Ma come ha fatto a urlare così forte?»
Conny
scosse la testa: «Non lo so, ma ora vorrei davvero sapere cosa stanno facendo
là dentro...»
Jared si
rese immediatamente conto che non avrebbe potuto nascondersi ancora a lungo. La
vecchia stava abbattendo gli alberi intorno a loro per trovarlo, ma lui aveva
avuto bisogno di un po’ di tempo per riprendersi da quel colpo e per poter
pensare un piano efficace. Sentì ribollire il magma e il ghiaccio nei suoi
polmoni e pregò che fossero sufficientemente potenti per la pazzia che stava
per compiere. Dopo un ultimo istante di esitazione, si buttò. Prendendo la
spinta sui tronchi abbattuti, si lanciò direttamente sulla coda del drago,
risalendo sulla sua schiena a piedi nudi. Incredibilmente, stare in equilibrio
gli veniva facile, quasi naturale. Era meraviglioso il contatto con quella
pelle a scaglie, ruvida, bollente e gelida allo stesso tempo, resistente a
tutto. La parte più selvaggia e mostruosa della sua coscienza la invidiava
profondamente. Risalì velocemente la schiena del drago, fino a giungere sulla
sua testa. Il drago si dimenava nel tentativo di colpirlo o buttarlo giù, ma
inutilmente. Jared si teneva con tutte le sue forze e si preparava alla
prossima mossa. La pelle del drago era invulnerabile alle sue armi, ma un punto
debole doveva averlo per forza, e il ragazzo era convinto di averlo trovato.
Non appena fu pronto e il drago si fu leggermente calmato, si sporse dalla nuca
e ricoprì gli occhi della belva con uno spesso strato di ghiaccio, per poi
scivolare sul suo muso e tornare a terra. Il drago si dimenava cercando un modo
per tornare a vedere, ma Jared non aveva ancora finito. Corse sotto il suo
corpo spuntando fiamme non per ferirlo, ma per attirare la sua attenzione. Il
drago ci cascò, cercò di seguirlo e di prenderlo, ma il risultato fu solo un
grosso capitombolo che lo stese definitivamente.
Il
ragazzo si fermò a controllare lo stato del suo avversario. Dopo qualche
istante, il corpo del drago fu avvolto dal fumo e al suo posto tornò l’anziana
donna, che ancora litigava con il ghiaccio sui suoi occhi. Jared si affrettò a
raggiungerla.
«Stia
ferma, glielo scioglierò subito.»
La donna
attese che il ragazzo concludesse la sua operazione, poi chiese: «Perché non me
li hai bruciati? Sarebbe stato più efficace.»
«Volevo
disorientarla, non ferirla. Ho fatto attenzione a non creare uno strato di
ghiaccio troppo spesso per non danneggiarle definitivamente gli occhi.
Dopotutto era un sfida, non un combattimento all’ultimo sangue.»
La
nonnina sorrise: «Sei un bravo ragazzo, Jared. Penso di potermi fidare di te.
Ti insegnerò questo incantesimo, come promesso, dammi solo il tempo di
riprendermi.»
Jared
sorrise: «Tutto il tempo che le serve!»
«Ma non
sarà tempo perduto. Devo farti alcune raccomandazioni di estrema importanza,
prima di tenere fede alla mia promessa.»
Il
ragazzo si sedette per terra e ascoltò con attenzione tutto ciò che la donna
aveva da dirgli.
«Innanzitutto,
questo non è un incantesimo facile. Non basta avere un po’ di magia, serve
moltissima concentrazione, e non devi essere agitato o di malumore.»
Jared
sollevò un sopracciglio: «Perché?»
«Il Pof attinge la forza e la potenza del tuo incantesimo anche
dalle tue emozioni. La specie del drago in cui ti muterai dipenderà da esse e
sarà probabilmente ogni volta diversa. Richiede anche molta energia magica, ma
calcolando la tua forza direi che dovresti essere in grado di effettuare
l’incantesimo una decina di volte consecutive. Tieni bene in conto che
l’incantesimo ha durata limitata e che dovrai fare una pausa tra due
trasformazioni consecutive.»
Il
ragazzo annuì.
«E ora, l’ultima
raccomandazione. Anzi, una promessa.»
«Ancora?»
«Sì,
ancora. Il Pof ti renderà un Drago in tutto e per
tutto, ma manterrai coscienza umana. Potresti trovarti comunque a dover gestire
esigenze più mostruose.»
«L’ho già
fatto, non mi fa paura.»
«Hai
anche mangiato dei mostri?»
«Sì, ma
solo in caso di necessità.»
«E
com’erano?»
«Disgustosi.»
La
nonnina sorrise: «Bene. Se un giorno ti dovesse capitare ancora e dovessi
invece trovarli buoni, vienimi subito a trovare, d’urgenza. Quello sarebbe un
brutto segnale.»
«Quanto
brutto?»
«Potresti
iniziare a trovare appetitosi anche gli esseri umani.»
Jared
sbiancò: «Ah...»
«Bene,
detto questo... cominciamo.»
Jan si stava
ormai appisolando, quando una figura minuta uscì dal bosco.
«Finalmente,
signora!»
Conny corse
subito verso di lei: «E Jared?»
La
signora ridacchiò: «Lo vedrai presto. Ha superato la prova.»
«Cosa...»
Ma Mako non ebbe il tempo di finire la sua domanda che un
possente drago bianco uscì volando dal centro della foresta e atterrò proprio
di fronte a loro. I ragazzi arretrarono spaventati, ma la vecchia si avvicinò e
accarezzò il mostro.
«Il Drago
bianco, simbolo della felicità e della gioia... bravo, Jared, ottimo lavoro!»
Jan lo
guardò sorpreso: «J-Jared?»
«Ha
superato la mia prova e gli ho mostrato l’ultimo segreto. In questo stato gli è
difficile parlare, ma ovviamente capisce tutto. Tra un pochino si scioglierà
l’incantesimo e tornerà come prima. Ha solo una possibilità in più.»
Conny si
avvicinò titubante, ma Jared abbassò la testa, invitandola gentilmente ad
accarezzarlo. Anche Mako e Jan
la seguirono, mentre la donna, silenziosamente, si allontanava.
«Buona
fortuna, Jared. Spero con tutto il cuore di non doverci più rincontrare.»
Ed ecco qua! Finito? E invece no... c’è ancora un capitolo.
Capitolo 7 *** Quello che si credeva dimenticato ***
Quello che si credeva dimenticato
Fu un
periodo di pura felicità. Finalmente Jared poteva coordinare perfettamente la
sua vita umana e i suoi istinti mostruosi. Nessuno del suo gruppo di amici
aveva problemi se spariva per qualche ora o per un paio di giorni; si
trasformava in drago e andava a conoscere meglio altre comunità di draghi, o
anche a combattere con loro. Poteva vantarsi di essere entrato nel cratere di
un vulcano e di esserne uscito indenne e allo stesso tempo di aver contribuito
efficacemente con i suoi amici alla salvaguardia degli abitanti dei paesi che
attraversavano. Se la trasformazione gli donava anche un paio d’ali poteva
anche andare a trovare i suoi amati nonni e tornare dagli amici in mezza
giornata, ovunque fossero.
Si
riteneva la creatura più felice sulla terra, almeno fino al giorno in cui Jan tornò da loro con una faccia molto scura.
«Ragazzi,
il problema stavolta è serio.»
Mako lo
guardò dritto negli occhi: «Cosa succede?»
«I
villaggi qua intorno non sono stati attaccati solo da mostri. Questa volta
abbiamo a che fare con un demone. Uno vero.»
Jared
s’incupì. Un demone era tutt’altra cosa rispetto ai mostri. Era una creatura
completamente diversa, dotata di razionalità simile a quella umana e di un
istinto totalmente malvagio e distruttivo, pronto ad assoggettare sia umani che
mostri. Il suo nemico naturale, in poche parole.
Conny
abbassò lo sguardo, preoccupata: «I demoni sono potenti. Non rispettano i turni
come i mostri, attaccano fino allo stremo. Non sono sicura che possiamo
batterne uno.»
Jan
s’inalberò: «E allora dovremmo andarcene e lasciare che uccida tutta questa
gente? Sarebbe questo il comportamento degno di un eroe?»
Jared
scosse la testa: «Assolutamente no. Io dico che insieme ce la possiamo fare.»
Mako annuì:
«Non sarà semplice.»
Il Drago
sospirò: «Neanche un pochino. Dovremo presentarci al massimo delle forze,
allenati, addestrati e ben equipaggiati. E se qualcuno non se la sente, deve
dirlo ora. Non possiamo permetterci ripensamenti.»
Si
voltarono tutti verso Conny. Lei lesse una muta preghiera nei loro occhi, e
faticosamente annuì.
«Sarò con
voi, come sempre. Ma non riesco a togliermi di dosso una brutta sensazione.»
Jan le diede
una pacca sulla spalla: «È la tensione, è normale!»
Conny
sospirò: «Spero sia come dici tu...»
Dopo una
settimana d’intensi preparativi, il gruppo si avventurò nella tana del demone.
Mako guardò
perplessa le pareti della caverna in cui si stavano addentrando: «Non vi sembra
un po’ strano?»
Jared,
che stava illuminando i dintorni con la sua fiamma si voltò verso di lei: «Cosa?»
«Insomma...
è un demone potentissimo, no? Allora perché rifugiarsi qua dentro come un
animale?»
Jan, che
guidava la spedizione, si fermò di colpo e rispose: «Forse per nascondere
quello...»
Tutto il
gruppo si affrettò incuriosito, per poi rimanere a bocca aperta. Al fondo di un
piccolo precipizio si ergeva una sorta di castello di pietre trasparenti, quasi
cristalli, di colore verde e blu, che emanavano una tenue luce rischiarando
l’ambiente e donandogli un’aria spettrale. Jared spense immediatamente la sua
fiamma.
Mako
ridacchiò: «Ora sì che si ragiona. Questa
è la casa di un cattivone con i fiocchi!»
Conny
scosse la testa spaventata: «Io non ci trovo nulla di divertente. È
spaventosa.»
«E
brulica di mostri.»
Tutti si
voltarono verso Jared, che stava guardando l’edificio con aria serissima: «Ne
sento l’odore, è quasi insopportabile. E sono sicuro siano tutti sotto
l’effetto di qualche... controllo.»
Jan si
avvicinò: «Come quello che fai tu?»
Jared
scosse la testa: «No. Io al massimo posso agitarli o tranquillizzarli... posso
cercare di spingere il loro istinto in una direzione, ma non posso controllare esattamente il loro comportamento. Questa
è un’ipnosi di alto livello... sta spingendo a collaborare razze che
normalmente sono avversarie, e sento la loro contraddizione interna, cercano di
ribellarsi senza riuscirci... credo che se volesse chi li controlla potrebbe
anche spingerli a ballare, io non sono in grado di fare nulla di simile. È un
potere nettamente superiore.»
Conny
sussurrò spaventata: «È il potere di un demone.»
Jan rimase
serio: «Qual è l’ordine che è stato dato loro?»
«Non ne
sono sicuro, credo di sorveglianza. Se entriamo là dentro ci attaccheranno in
massa.»
«E riesci
anche a sentire lui? È la dentro?»
Jared
indicò una torre: «Sì. L’odore dei mostri non riesce a coprire totalmente la
sua puzza, è là sopra.»
Jan strinse
le sue armi: «Non credo abbiamo molta scelta. O rischiamo o ci ritiriamo.»
Mako annuì
convinta: «Rischiamo.»
Jared
annuì, ma Conny pareva immobilizzata.
«Conny?»
La sua risposta
fu un inudibile sussurro, mentre un paio di lacrime le rigavano il volto.
«So che
non finirà bene. Ma so anche che è inevitabile.»
Fu
fisicamente e psicologicamente estenuante. Un’orda di mostri fuori controllo li
assaltarono con brutale crudeltà, cercando di annientarli. Jared provò in ogni
modo a usare le sue capacità per calmarli, ma il potere che li controllava era
enormemente più forte del suo. Conny e Mako fecero
sfoggio di ogni incantesimo di guarigione di loro conoscenza per fare fronte all’attacco,
e in qualche modo riuscirono a superarlo, seppur a carissimo prezzo. Quando
giunsero di fronte alla porta dietro la quale si rifugiava il demone, erano
ormai quasi senza magia.
Jan si
avvicinò a Mako: «Come va?»
«Male,
grazie. E se penso che l’avversario più duro è ancora da affrontare...»
Conny non
aveva smesso un momento di piangere, anche se silenziosamente. Il suo volto era
una maschera di composto dolore, come se si stesse preparando in ogni modo a un
difficilissimo addio.
Jared
l’abbracciò: «Andrà tutto bene.»
Conny
sorrise tristemente: «Sei un buon bugiardo, Jared. Io so cosa succederà.»
«Vedi nel
futuro? E da quando?»
La
ragazza scosse la testa: «Non è preveggenza. È solo un presentimento, ma è
forte, il più forte che abbia mai avuto in vita mia.»
«Il
presentimento che le cose andranno male?»
«Il
presentimento che oggi il mio respiro si fermerà. Prego che sia solo il mio.»
Jared la
scosse, quasi con violenza: «Non dire una cosa del genere! Mai più!»
Conny
abbassò lo sguardo: «Puoi fuggire dalle mie parole, ma non dalla realtà. Io
sono una sacerdotessa, per me è più facile sentire il soffio della Dea nel
petto delle persone. Il tuo è potente, il mio è sempre più debole... lo avverto
da giorni.»
«Non
succederà. Lo impedirò!»
«Vuoi
forse opporti alla Dea?»
«Alla Dea
forse no, ma al demone qua dentro di sicuro.»
Jan spalancò
la porta con un calcio. I ragazzi si guardarono intorno smarriti: sapevano di
essere in una torre, tuttavia davanti a loro si dipanava un lungo corridoio, al
fondo del quale una figura li attendeva, seduta su un trono.
Mako
sussurrò: «Magia d’alto livello. Può alterare lo spazio a suo piacimento.»
Jan sospirò:
«Andiamo di bene in meglio...»
Il demone
si alzò dal suo seggio e in un paio di secondi fu di fronte a loro. I ragazzi
sussultarono. Non aveva camminato, aveva semplicemente fluttuato, a una
velocità tale da sembrare che si fosse teletrasportato. Conny, al vederlo, fu
certa di stare fissando l’incarnazione stessa della morte. Era una figura
umana, ma innaturale, come se una pelle verdognola e malata fosse stata
applicata a forza su uno scheletro, senza muscoli. In alcuni punti, come sul
suo petto, le ossa erano addirittura a vista. Indossava quello che pareva
essere un abito cerimoniale, nero, consunto, stracciato, con molte frange
costantemente svolazzanti, anche senza un filo d’aria. Aveva indosso monili, la
parte superiore di un’armatura e alla vita teneva appese molte armi,
soprattutto coltelli. Stringeva fra le mani un bastone cerimoniale avvolto in
un’aura bluastra, un bastone tuttavia che assomigliava pericolosamente a
un’ascia. L’impressione totale fu quella di un sacerdote guerriero morto e
ritornato a camminare innaturalmente sulla terra.
«Benvenuti,
eroi. Siete venuti per me, immagino.»
Il gruppo
sussultò. Se il suo aspetto era quello di un cadavere, la sua voce era calda e
profonda, quasi affascinante.
«Siete
stati bravi ad arrivare fin qui, devo ammetterlo. Siete il primo gruppo che
riesce in questa impresa. Siete forti, e quindi prima di cominciare quello che
sarebbe un inutile combattimento, viste le vostre attuali condizioni, vi
propongo un’offerta. Unitevi a me.»
Jan urlò:
«MAI!»
Il demone
scosse la testa: «Umani... così testardi... così... morti.»
E attaccò
senza preavviso. Fu un inferno, vero e proprio. Il demone eresse fiamme verdi e
blu per separare i guerrieri e affrontarli singolarmente, un colpo dietro
l’altro, senza tregua. Ognuno poteva attaccare il demone al massimo una volta,
prima di subire quattro o cinque colpi consecutivi, senza riuscire a parare o
nemmeno a curarsi. Per di più, nessuno riusciva a vedere gli altri, e
continuavano a gridare, nella speranza di sentire le loro voci. Erano insieme
ed erano soli.
Jared
urlava, colpiva e parava al massimo delle proprie capacità, in uno scambio
continuo e senza tregua, tanto che quasi si convinse che sarebbero andati
avanti così per sempre. E invece a un certo punto l'urlo di Jan
cambiò.
«Mako? Mako? Rispondimi
per favore, non ti sento più! Mako! MAKO!!!»
L'ansia
assalì anche l'animo di Jared. Mako era principalmente
una maga, e gran parte della sua magia l'aveva già usata per affrontare i
mostri precedenti.
E se...
Niente,
quelle maledette fiamme demoniache coprivano l'olfatto, oltre che la vista. Non
riusciva a sentire l'odore dei suoi amici.
«Jan! Jan! Senti almeno me?»
«Sì,
Jared, ma non riesco a sentire le ragazze! E questo attacca come un
forsennato!»
Jared
s'irrigidì di colpo. In effetti era da un po' che non udiva neanche...
«Conny!
Conny! CONNY!»
L'unica
risposta che ottenne fu un grido maschile che gli fece raggelare il sangue.
«JAN!!!»
Decise di
rischiare il tutto per tutto. Jared si avvolse completamente nella sua stessa
fiamma e, cercando di farsi scudo con quella, si buttò fra le spire demoniache.
Non ne uscì indenne, ma quello che vide una volta oltrepassato il muro di fuoco
blu-verdognolo gli fece completamente dimenticare qualunque ferita. Lì, a
terra, giacevano i corpi dei suoi amici, inermi, pallidi, morti. Le parole di
Conny gli rimbombarono in testa come un avvertimento tardivo.
«So che non finirà bene.
Ma so anche che è inevitabile.»
«No...»
Il demone
lo fissò sorridendo: «Non dolerti, tra poco li raggiungerai. A meno che tu non
voglia unirti a me... sei ancora in tempo...»
Jared era
sconvolto, come mai in vita sua. Aveva di fronte a lui una creatura
potentissima pronta a ucciderlo e lui era assolutamente impotente. Non era
abbastanza forte per affrontarlo, né lui, né tantomeno lo erano stati i suoi
amici. Erano stati degli sciocchi, e loro avevano pagato il prezzo più alto.
Non era ancora finita, poteva portarli da un sacerdote e tentare una
resurrezione, ma doveva uscire di lì vivo e con i loro corpi e fra lui e tutto
questo si frapponeva un demone invincibile.
Sarebbe
stato abbastanza forte per riuscirci?
Cercando
di trattenere le lacrime e il dolore, prese un profondo respiro e si preparò a
dare la sua risposta al demone.
«Pof.»
Quasi
subito Jared si rese conto di aver perso il controllo del suo stesso
incantesimo. La magia prese come base il suo dolore, la sua tristezza e il suo
desiderio di potere, amplificandoli all’inverosimile. Non solo. Scavò a fondo
nella sua anima, cercando i sentimenti più negativi che un uomo potesse
provare. Una rabbia disumana s’impossessò del ragazzo, e si ritrovò a
desiderare ancora più potere per poter distruggere l’essere che lo stava
facendo soffrire in quel modo. E l’incantesimo, ubbidiente, scavò ancora, fino
a ritrovare gli istinti mostruosi che Jared credeva di aver rimosso
completamente dalla sua coscienza, quei pensieri a dir poco oscuri che lo
avevano animato nei momenti peggiori della sua vocazione, e li riportò alla
luce, con la stessa potenza e con lo stesso fascino di allora. Solo in quel
momento iniziò davvero la mutazione, il tentativo della magia di dare una forma
all’abominio da lei stessa creato.
Il demone
osservò impotente quello che fino a poco prima era un piccolo, insignificante
umano, crescere a dismisura, diventare enorme, colossale, più grande di
qualsiasi cosa avesse mai visto o immaginato. La sua magia di modificazione
dello spazio non resse, e tutto il castello cadde a pezzi sotto il peso di
quello che a tutti gli effetti pareva essere un drago demoniaco, se mai fosse
potuta esistere una tale creatura.
Un drago
nero, nero come una notte senza luna e senza stelle, o forse anche di più,
completamente ricoperto di scaglie sporgenti, pronte a ferire. Il suo peso
aveva trascinato tutto e tutti giù, verso il centro della terra, impossibile
stabilire quanto in profondità. I suoi arti, possenti e potenti, incapaci di
qualunque pietà, si erano in qualche modo ricavati lo spazio necessario a
contenerlo, e i suoi occhi... i suoi
occhi...
Il demone
rimase a fissarli, impietrito. Benché il drago fosse molto più alto del suo ex
palazzo, poteva vederli distintamente, due tizzoni rossi risplendenti non di
odio o rabbia, come si sarebbe aspettato, ma di pura, semplice malvagità. Se
anche avesse saputo come scappare, quegli occhi glielo avrebbero impedito.
Jared
fissò quella briciola ai suoi piedi che era stato la causa di tutto e, senza
preavviso, si avventò su di lui. Le sue fauci si chiusero sul demone e lo
masticarono, ancora vivo, a lungo, con gusto, per assaporare fino a quando
possibile quel magnifico sapore. Non ricordava di aver mangiato niente di così
buono in vita sua e fu quasi dispiaciuto quando dovette deglutirlo. Quasi, perché quando lo fece tutto
cambiò. Una forza nuova, squisitamente malvagia e potente, s’impadronì di lui,
che null’altro voleva che il potere, anche se non ne ricordava più il motivo.
Qualcosa che assomigliava alla magia, ma la cui potenza era nettamente
superiore e che poteva essere usata, lo sentiva chiaramente, solo a fini
sacrileghi e malvagi. Emise una potente fiammata, che invece di rischiarare la
grotta in cui si trovava con colori caldi, emise un’aura spettrale. Le sue
fiamme erano diventate blu e verdi. Sorrise, un sorriso malvagio in cui espose minacciosamente
tutte le sue zanne.
Fiamme demoniache.
Immensamente più potenti del suo normale fuoco, inestinguibili, in grado di
bruciare persino la morte.
Meravigliose.
Non
sapeva come, non era stato lontanamente il suo obbiettivo, ma pareva aver
acquisito i poteri di quel demone. Aveva desiderato il potere e lo aveva
ottenuto. Aveva realizzato il suo sogno segreto di diventare un demone e si
sentiva scoppiare dalla gioia, dalla felicità di poter compiere qualunque
malvagità senza poter essere fermato. Con un pensiero modificò lo spazio
attorno a sé per renderlo ancora più ampio, poi alzò il muso ed emise un
ringhio sordo, unendo la sua naturale capacità di attirare mostri con i suoi
nuovi poteri demoniaci. Non voleva semplici mostri. Voleva i draghi più potenti
esistenti sulla faccia della terra, li voleva lì, tutti insieme, li voleva
furiosi come non mai, e questi apparvero in pochi minuti.
Il
combattimento fu breve ma intenso. Jared provò una gioia indescrivibile a
strappare brandelli di carne ai suoi simili, a sentire le loro urla di dolore,
a mangiarseli ancora vivi, pezzo per pezzo, mentre ancora cercavano di
combattere. La carne di drago era ottima, seppur non al livello di quella
demoniaca. Non rimase nulla di loro, neanche un ossicino. Jared perlustrò ben
bene ogni anfratto e si assicurò di aver divorato ogni cosa. Era stato
fantastico, aveva assaporato insieme alla loro carne la stupenda sensazione di
commettere un atto puramente sacrilego come divorare i membri più nobili della
sua stessa razza, ed era pronto a ripetere l’esperienza. Era perfettamente
consapevole di essere insaziabile, e non voleva che la sua fame fosse mai
pienamente soddisfatta, a costo di alimentarla con la magia, perché mangiare
era la cosa che più lo rendeva felice. Forse poteva richiamare altri demoni...
sarebbero stati buoni e lui forse sarebbe diventato ancora più potente... abbastanza potente da divorare il mondo
intero... e forse anche di più...
Un
leggero odorino appetitoso attirò la sua attenzione. Scostò le rocce, fino a
trovarne la fonte. Erano tre minuscoli esseri umani, già morti. La loro carne,
però, lo attirava irresistibilmente. Ne prese uno con la coda e lo portò
all’altezza dei suoi occhi. Era una femmina, con i capelli biondi legati in
piccole trecce. Jared le fissò intensamente, come se dovessero ricordargli
qualcosa. Improvvisamente sbarrò gli occhi, un nome sulla lingua ancora
impiastricciata di sangue.
«Conny...»
Il drago
si guardò intorno. Cosa gli era successo?
Non aveva avuto la minima impressione di fare tutto quello, ma non appena aveva
lanciato l’incantesimo...
«Innanzitutto, questo non
è un incantesimo facile. Non basta avere un po’ di magia, serve moltissima
concentrazione, e non devi essere agitato o di malumore.»
Altro che
malumore, l’aveva lanciato in un momento di pura disperazione e dolore! Ecco
cos’era successo... e la nonnina l’aveva avvertito...
Prima di
perdere nuovamente il controllo di sé, afferrò con la coda con quanta
delicatezza gli fu possibile i corpi dei suoi compagni e, spaccando la volta
della grotta, volò fuori.
La
popolazione avrebbe ricordato e narrato a lungo dell’enorme ombra che coprì il
sole, e i frequentatori dell’Abbazia Mutationis mai e
poi mai avrebbero potuto dimenticare l’abominio che atterrò di fronte
all’edificio. La vecchia era già lì, il volto pieno di dolore e rassegnazione,
come se avesse saputo tutto da sempre.
«Jared...»
Il drago
lasciò delicatamente i tre corpi, dopodiché l’incantesimo si sciolse e Jared
tornò umano. Piangeva disperatamente.
«Mi
dispiace... mi dispiace... mi creda, mi dispiace... quando li ho visti, lì... morti... volevo solo avere un paio d’ali
per scappare via con loro e portarli da un sacerdote, mi creda... e invece...
invece...»
La
vecchia lo guardava incredula: «Cosa hai fatto?»
Jared
rispose piangendo: «Ho... usato il Pof e...»
La
nonnina lo interruppe: «No. Non dicevo quello. Tu... non te ne sei ancora
accorto?»
«Accorto
di cosa?»
Accorgendosi
degli sguardi della gente intorno a loro, con un rapido gesto la donna teletrasportò tutti nel boschetto dove si erano scontrati
mesi prima.
«Cosa...»
«Guardati,
Jared.»
Con
movimento secco del braccio, la donna fece apparire una lastra di ghiaccio dove
il ragazzo potesse specchiarsi. Jared gridò terrorizzato.
«No!
NO!!!»
La donna
continuò a scorrere il suo sguardo preoccupato sui vestiti demoniaci che il
ragazzo indossava: «Te lo ripeto, Jared... cosa hai fatto?»
Ma lui
non l’ascoltava più, cercava disperatamente di togliersi il pezzo di armatura
dalla sua testa: « NO! NON VOGLIO AVERE GLI ABITI DEL DEMONE CHE LI HA UCCISI!
NO, NO, NO!!!»
Nonostante
tutti i suoi sforzi, però, non riusciva a togliersi nulla di tutto quello.
Sembravano essere stati cuciti direttamente sulla sua stessa pelle, anzi,
sembravano essere diventati la sua
stessa pelle.
Alla fine
si arrese e riuscì a rispondere alla domanda che gli era stata posta: «Quando
ho perso il controllo... l’ho mangiato.»
«E ne hai
preso il posto.»
Jared
provò a soffiare una fiammella, pregando di tutto cuore fosse rossa, ma i
riflessi verdi e blu fecero scorrere lacrime sul suo viso.
«L’hai
trovato buono?»
Il
ragazzo annuì: «Era squisito, lui, come gli altri draghi che ho divorato.
Ammetto che una parte di me vorrebbe mangiarne ancora... può fermarmi?»
«Posso
annullare la tua vocazione di Drago, ma per quanto riguarda la parte demoniaca...»
La donna
scosse la testa e Jared non riuscì più a trattenere le lacrime. La vecchia
continuò ad osservarlo incuriosita, poi chiese: «Cos’hai intenzione di fare,
adesso? Parla liberamente, non aver paura di spaventarmi.»
«Voglio
solo che i miei amici tornino in vita. E poi, quando sarò sicuro che siano
salvi e stiano bene... non so... troverò un modo per non far del male a
nessuno. Forse posso imprigionarmi in qualche maniera.»
«Un
curioso modo di ragionare, per un demone.»
«Io non
sono un demone. Non saprei dirle cosa sono, ma di certo non quel... quel....»
La
vecchia annuì, togliendo il ragazzo dall’imbarazzo di trovare una definizione:
«Lo vedo. Se vuoi posso occuparmi io di loro. Conosco l’incantesimo Resurge.»
Jared la
guardò con gratitudine negli occhi: «Grazie, grazie! Quanto...»
«Non mi
devi nulla. Li teletrasporterò fuori da questo
boschetto e li rianimerò lì.»
«Io
aspetterò qui.»
«Lo
sospettavo. Cosa devo dire loro?»
Il
ragazzo sospirò e ci rifletté per qualche secondo.
«Che sono
morto sotto forma di drago nel tentativo di riportarli indietro e che per me
non c’è nulla da fare.»
«Ne sei
sicuro?»
Il nuovo
demone annuì: «Il ragazzo che conoscevano è morto nel tentativo di salvarli. È
la verità ed è la morte più onorevole che potessi desiderare.»
Jared
attese, nel silenzio più assoluto, di udire nuovamente le voci dei compagni.
Seduto, abbracciandosi le gambe, attendeva solo di udire quel suono,
trattenendo le lacrime.
Dopo
minuti che parvero eoni, il miracolo avvenne. La voce potente di Jan risuonò fra i rami, seguiti da quelle più flebili di Mako e di Conny. Jared prese un profondo respiro,
rendendosi conto solo in quel momento di aver trattenuto il fiato. Erano salvi.
Era troppo lontano per capire cosa stessero dicendo, ma erano salvi, ed era la
cosa più importante. Le lacrime tornarono a sporcargli il viso. Non aveva mai
pianto così tanto, si chiese per un attimo quante lacrime potessero contenere i
suoi occhi. Non aveva importanza, le avrebbe usate tutte, perché non c’era
null’altro che potesse fare. I suoi stessi singhiozzi gli riempirono le
orecchie, rendendolo sordo a null’altro che il suo dolore. Se si fosse
trasformato in quel momento sarebbe ritornato quell’abominio, ma non avrebbe
mai più commesso quell’errore. Non era più un essere umano. Non era un mostro.
Non era un demone. Non esisteva definizione per lui, per un errore che non
sarebbe mai dovuto esistere. Sarebbe rimasto per l’eternità a piangere fra gli
alberi.
«Asciuga
quelle lacrime, Jared. Gli eroi non piangono, e che io sappia nemmeno i mostri
o i demoni.»
Alzò lo
sguardo sorpreso da quella voce gentile. Vide prima un fazzoletto, e poi la
mano e il volto di chi glielo porgeva. Balzò in piedi arretrando di parecchi
passi.
«Conny!!!»
La
ragazza si limitò ad annuire, e Jared gridò: «Vattene! Allontanati da me! Non
voglio farti del male!»
«Lo so.»
«Cosa ci
fai qua?»
Conny
sorrise dolcemente: «La storia della vecchia non mi ha convinto. Ho aspettato
che Jan e Mako si
allontanassero e ho insistito finché non mi ha detto la verità.»
«Cosa ci
fai qui? Non vedi cosa sono diventato?»
La
ragazza si avvicinò e lo accarezzò dolcemente, con gli occhi lucidi e la voce
rotta dall’emozione: «Io vedo solo una persona che è stata in grado di
mantenere fede alla parola data. Ti sei opposto al volere del demone, al volere
della Dea, per noi.»
Jared
cercò di far uscire due parole dalle sue labbra, ma nemmeno il suo immenso
potere poteva fare nulla per aiutarlo in una situazione del genere.
Conny,
invece, gli sorrise: «Vedo solo la persona che amo, che ho sempre amato,
indipendentemente dal suo aspetto.»
Il
ragazzo l’abbracciò con tutte le sue forze, senza trovare modo per rispondere.
Rimasero lì, uniti, per un secondo o forse per un secolo, fino a che un battito
di mani li interruppe.
«Ecco
perché non sei diventato un demone, Jared. Non può esistere un demone che ama.»
La
vecchina li aveva raggiunti e li guardava da lontano.
«Ragazza,
se sceglierai di seguirlo, ti aspetta una vita di isolamento. Lui non può
andare nelle città, tutti lo identificherebbero come demone e cercherebbero di
ucciderlo.»
Conny gli
strinse un braccio: «Non mi serve nient’altro che lui.»
«Accetti
dunque di essere la sua sposa e la sua valvola di sicurezza.»
«Sì.»
E per
confermarlo si voltò e lo baciò, del tutto di sorpresa. Una luce iridata li
avvolse completamente, e quando i due si staccarono, Conny si fissò le mani,
perplessa.
«Cos’è
successo? Mi sento... diversa.»
La
vecchia sorrise: «La Dea approva il tuo proposito e il vostro amore. Ti ha
donato una vita longeva almeno quanto quella del tuo sposo. Non sprecarla.»
Conny
cadde in ginocchio, in una lode di ringraziamento alla Dea. Jared si voltò a
fissare la donna.
«Grazie
per quanto ha fatto per noi. Non lo dimenticheremo.»
«Persisti
nei tuoi propositi e saremo pari. Vi auguro una vita di felicità e serenità,
ragazzi.»
I due
novelli sposi salutarono e scomparvero in una fiammata verde e blu. Solo a quel
punto la donna si concesse un profondo sospiro, mentre il suo sguardo, di
colpo, s’induriva.
«Jared,
Jared... se solo tu sapessi ciò che a quasi tutti qui è precluso. Avevi paura
di distruggere il mondo intero, o di diventare chissà quale mostro... se anche
fosse accaduto, non sarebbe successo nient’altro che un risveglio affannato da
un brutto incubo. Siamo tutti solo sogni inconsapevoli di qualcuno che forse è
completamente diverso da quello che siamo qui, o che forse non esiste nemmeno
più... la nostra esistenza è legata a un piccolo, misero raggio di sole che
sveglierà la nostra controparte, prima o poi, e noi svaniremo nel nulla, come
dal nulla siamo stati creati. Ma finché quel raggio non arriva ai vostri veri
occhi, Jared e Conny... siate felici.»
Fine
Ed eccoci dunque alla conclusione di questa storia. Il piccolo
imbroglio si celava nell’introduzione, dove già specificavo che tutta questa
avventura si svolge, canonicamente, all’interno di un sogno. Spero che vi sia
piaciuta, ringrazio NEON GENESIS KURAMA per aver messo questa storia fra le
preferite e Kunieda per averla inserita nelle
seguite. Non so se scriverò ancora in questo fandom,
forse se mi verrà ancora l’ispirazione...