Missione Voynich

di Lady Five
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove eravamo rimasti ***
Capitolo 2: *** Un'aliena tra noi ***
Capitolo 3: *** Ricordi di scuola ***
Capitolo 4: *** Clarice ***
Capitolo 5: *** Spiegazioni ***
Capitolo 6: *** Tra pettegolezzi, interrogatori e sospetti ***
Capitolo 7: *** Incontri ravvicinati ***
Capitolo 8: *** Ipotesi e scoperte ***
Capitolo 9: *** Caccia al ladro ***
Capitolo 10: *** Allarme! ***
Capitolo 11: *** La clandestina ***
Capitolo 12: *** Una voce dal passato ***
Capitolo 13: *** Su Ades ***
Capitolo 14: *** Duello verbale ***
Capitolo 15: *** La risposta ***
Capitolo 16: *** Il velo del passato si squarcia ***
Capitolo 17: *** Fuori la verità! ***
Capitolo 18: *** Senza meta ***
Capitolo 19: *** Vecchi nemici ***
Capitolo 20: *** Sulla Dorcas ***
Capitolo 21: *** Vita da pirati ***
Capitolo 22: *** La nave del tesoro ***
Capitolo 23: *** Sotto attacco ***
Capitolo 24: *** Alto tradimento ***
Capitolo 25: *** Indagini, complotti e bizzarre teorie I ***
Capitolo 26: *** Indagini, complotti e bizzarre teorie II ***
Capitolo 27: *** Contatti ***
Capitolo 28: *** Doppio o triplo gioco ***
Capitolo 29: *** Le due regine ***
Capitolo 30: *** Il castello gemello ***
Capitolo 31: *** La profezia ***
Capitolo 32: *** Codici, leggende, castelli e scrittori ***
Capitolo 33: *** Il Consiglio Supremo decide ***
Capitolo 34: *** Preparativi e partenza ***
Capitolo 35: *** Su Fanauraa ***
Capitolo 36: *** Il responso ***
Capitolo 37: *** Il cerchio si chiude ***
Capitolo 38: *** Epilogo - Il ritorno ***



Capitolo 1
*** Dove eravamo rimasti ***


Premessa dell'autrice

Una long, molto diversa da quelle che ho scritto finora, dove ho voluto far confluire un po' delle mie passioni e il cui unico intento è l'intrattenimento puro. Con l'augurio quindi di aver centrato l'obiettivo, do il benvenuto a chiunque vorrà salire “a bordo”!

Un doveroso ringraziamento va a Innominetuo, che, con la sua fanfiction “Cedant arma togae - (che) le armi cedano alla toga” mi ha indirettamente ispirato l'idea per il mio nuovo personaggio (anche se di tutt'altro genere).

 

La maggior parte dei personaggi di questa storia, scritta senza scopo di lucro, appartengono al loro creatore, Leiji Matsumoto. I personaggi originali e la trama sono invece proprietà dell'autrice.

 

 

Una cosa buona quel maledetto essere l'aveva fatta.
Li aveva rimessi insieme. Come ai vecchi tempi. Come se non fosse cambiato nulla. Beh, in effetti non era cambiato nulla. Quasi nulla.
Lui ci aveva creduto davvero, che i suoi uomini potessero contribuire alla ricostruzione della Terra dopo la guerra contro Mazone. Che potessero rifarsi una vita sul loro pianeta d'origine. Una vita normale. Qualsiasi cosa significhi.
Ma non era andata così. Anzi... Il nuovo regime si era rivelato anche peggiore del precedente. Oh, certo, era molto più serio. Ed efficiente. Troppo efficiente. Si era rimangiato le promesse e aveva cominciato a dare la caccia a chiunque avesse un passato non proprio immacolato. Come gli ex pirati dell'Arcadia. Non avevano importanza quelle due piccole lettere: ex. La feccia, presente, passata e futura, doveva essere eliminata. Un criminale rimane sempre un criminale. Così la pensavano gli inflessibili custodi del nuovo ordine universale.
Così a lui era toccato tornare. E salvarli da un'esecuzione sommaria.
Si era sempre chiesto perché l'avesse fatto. Quale fosse la vera ragione. Perché a lui non piaceva pensare di essere buono, o generoso, o altruista. Aveva bisogno di loro, si era quindi detto, per combattere Noo, il nuovo pericolo che minacciava l'umanità. Quell'umanità che lui continuava a disprezzare. Ma glielo aveva implicitamente chiesto il suo Amico, e lui non aveva mai rifiuto niente, a quel suo Amico. Anche se stavolta sapeva che sarebbe stato diverso. Che quella cosa non era un nemico come gli altri, non avrebbero potuto spazzarlo via con armi e sistemi convenzionali. Si era quindi posto il problema se fosse giusto salvare i suoi uomini da morte certa per poi mandarli allo sbaraglio contro un simile mostro. Ma poi l'aveva fatto. Semplicemente perché così aveva deciso. Del resto, lui non dava mai spiegazioni.

E così adesso erano di nuovo tutti insieme. Avevano ricacciato Noo da dove era venuto, avevano ancora una volta salvato l'ingrata Terra e avevano ricominciato a vagabondare nello spazio, abbordando astronavi e facendosi beffe del Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale. Yattaran, Maji, Meeme (beh, in realtà lei era sempre rimasta sull'Arcadia), il dottor Zero... perfino la vecchia Masu aveva insistito per partire ancora con loro. “Chi penserà a riempire le vostre pance?” aveva detto con il suo consueto spirito battagliero.
E Kei...
Già, Kei.
Harlock distolse la mente dai suoi ricordi e lo sguardo dallo spettacolo sempre ammaliante che ammirava ogni giorno dalla vetrata della sua cabina, per spostarlo sui capelli biondi della ragazza addormentata nel suo letto, sulla sagoma esile che si indovinava sotto le coperte.
Alla fine, non aveva potuto fare altro che cedere.
Quando era finito tutto, ormai quasi due anni prima, Kei era andata da lui, e, con una determinazione che non le conosceva, guardandolo dritto in faccia con i suoi meravigliosi occhi blu, gli aveva confessato di amarlo, di averlo sempre amato, di non avere mai smesso di pensare a lui, negli anni in cui erano stati lontani. Di averci provato, a dimenticarlo, ma senza riuscirci. E voleva una risposta. Voleva che la convincesse di non provare nulla per lei.1
E lui, questa volta, non ci aveva nemmeno provato, a mentirle.
Perché tutti gli scrupoli che si era sempre fatto in passato non avevano più ragione di esistere. Il fatto che fosse troppo giovane per lui... il fatto che fosse una sua sottoposta... la convinzione che sarebbe stata meglio sulla Terra con un bravo ragazzo, piuttosto che a vagare per l'universo con uno come lui...
In realtà, era sempre giovane, più giovane di lui, ma non era più una ragazzina. E, tornata sull'Arcadia, sarebbe stata ancora un suo ufficiale... ma per anni aveva comandato un'astronave pirata... in pratica, era ormai una sua pari. E aveva avuto la possibilità di diventare una donna come tante altre, sul suo pianeta natio, ma aveva scelto liberamente di tornare a essere una fuorilegge, come lui.
Infine, anche Harlock non aveva mai smesso di pensare a lei, ogni giorno, in quegli strani anni in inattività, di oblio, di quasi assoluta solitudine, nella Foresta di Macerie. E poi, quella cosa l'aveva quasi uccisa, e lui si era scoperto terrorizzato all'idea di perderla per sempre... Quindi, che senso aveva continuare a far finta di niente? A mentire, a se stesso, prima che a lei?
Da quel discorso, Kei non era più uscita dalla sua cabina. E dalla sua vita. Riempiendogliela di luce e calore, di un nuovo significato, di inaspettata pienezza, di una felicità che continuava a pensare di non meritarsi.
Lo sapeva, di non avere un bel carattere. Di essere troppo silenzioso, a volte scostante, di non essere esattamente un tipo allegro, di avere spesso bisogno di starsene da solo, immerso nei suoi pensieri... Perciò, per un bel po' di tempo, aveva creduto, anzi temuto, che un giorno Kei si sarebbe stancata. Non aveva però messo in conto che lei lo sapeva già molto bene, com'era fatto. E non le importava. Non le interessava nemmeno tentare di cambiarlo. Era lui, in realtà, che, lentamente, impercettibilmente, involontariamente, stava cambiando...

Poi, aveva recuperato anche Mayu.
Nell'euforia del momento, finita la guerra contro le Mazoniane, si era convinto che anche la bambina avrebbe vissuto molto meglio senza di lui. Per colpa sua era sempre stata maltrattata, ricattata, rapita... tutti, terrestri e aliene, non si erano fatti scrupoli a usarla come un'arma contro di lui. E lei non glielo aveva mai rinfacciato, aveva sempre sopportato tutto in silenzio e con il sorriso sulle labbra. Non era giusto. Ora la Terra era di nuovo un posto sicuro... sarebbe stata bene, con Kei, Tadashi, Zero, Masu... tutti loro le erano affezionati e si sarebbero presi cura di lei. Era certo che Tochiro avrebbe approvato la sua scelta.
Ben presto però dubbi e rimorsi avevano cominciato ad assediarlo. La piccola mancava anche a lui, certo, ma quello sarebbe stato il meno, l'avrebbe sopportato, se fosse stato per il suo bene. Solo che cominciava a chiedersi se davvero quello fosse il suo bene. D'accordo, lui era un fuorilegge e per una ragazzina non era il massimo avere come tutore un criminale. Ma i suoi genitori era a lui che l'avevano affidata. E lui, per quasi tutta la vita di Mayu, era stato la sua unica famiglia. Gli altri le volevano bene, ma in fondo erano degli estranei. Perché avrebbero dovuto sobbarcarsi quell'impegno? E Mayu, come si sentiva, ad essere stata abbandonata, di fatto, anche da lui?
Poi, aveva saputo (perché queste cose tra pirati si vengono a sapere) che Kei aveva lasciato la Terra ed era tornata nello spazio al seguito di un'altra astronave corsara. Si era preoccupato subito per Mayu: chi si stava occupando di lei adesso? Così, era tornato sulla Terra in incognito per verificare la situazione. Che era peggio di quanto avesse immaginato. Ancora prima che iniziassero gli arresti, lentamente, l'antico equipaggio dell'Arcadia si era disperso. Qualcuno era tornato nella sua città d'origine, o alla sua vecchia famiglia.2 Masu aveva avuto problemi di salute ed era stata a lungo in ospedale. Il dottor Zero, chissà perché, si era messo a gestire un locale di dubbia reputazione su un pianeta dal nome poco accattivante... “Cumulo di rifiuti”. E Tadashi da solo non era in grado di badare a Mayu. Lavorava molto per il nuovo governo e non aveva né il tempo né l'esperienza per seguire adeguatamente una creatura di nove anni. Così, scoprì Harlock con disappunto, l'aveva messa in un collegio. Un ottimo collegio, ma così la piccola si era ritrovata nella stessa condizione di prima: un'orfana senza amici. Per di più, senza la speranza che il suo padrino andasse almeno ogni tanto a trovarla.
Così, aveva cambiato la sua decisione. Scoprì che legalmente era ancora il suo tutore. Nessuno aveva avanzato la richiesta di assumerne la tutela al suo posto. Quindi in quella veste si era presentato alla direttrice del collegio e si era accordato con lei come aveva fatto ai tempi con la direttrice dell'orfanotrofio, per le visite, le vacanze e tutte le esigenze della bambina. Fortunatamente, questa era un persona molto più ragionevole e disponibile di quella vecchia befana, e poi non c'erano di mezzo personaggi del governo o della polizia, che sembrava proprio l'avessero persa di vista. Fece avvisare direttamente dal collegio il signor Tadashi Daiba della sua decisione. Se con Mayu aveva ceduto, con gli altri ex membri della sua ciurma non intendeva tornare sui suoi passi.
La felicità che si dipinse sul volto di Mayu quando lo vide dopo tutto quel tempo spazzò via l'ultimo barlume di incertezza rimasto a offuscare il suo cuore. Come aveva potuto pensare di abbandonarla?
Così, tutto tra loro tornò come prima.
E, dopo la brutta storia di Noo, che lo aveva riunito con tutti i suoi vecchi compagni, sembrava davvero che nulla fosse mai cambiato. Tutti? Non proprio tutti. Tadashi li aveva aiutati, ma poi era tornato sulla Terra.3 Lui sembrava l'unico che si sentisse ancora a suo agio, laggiù. E Harlock non se l'era sentita di insistere e coinvolgerlo di nuovo nella sua vita vagabonda. Averlo a bordo, visto il suo attuale rapporto con Kei, sarebbe stato un po' imbarazzante. Era a conoscenza che sulla Terra per un po' avevano vissuto insieme. Poi, tutto sommato, sapere che lui abitava nella stessa città di Mayu lo rendeva più tranquillo. Non rinfacciò mai, nemmeno a Kei, il fatto che nessuno di loro avesse tenuto con sé la bambina. Loro erano persone libere. Era stato un suo errore. Non avrebbe dovuto addossare loro una responsabilità che era solo sua.
Ciò che non aveva assolutamente messo in conto era che Mayu presto non sarebbe stata più una bambina. E avrebbe squassato le loro vite peggio di una tempesta solare.

 

 



 

1 Da “Ora che è tutto finito”, di me medesima.

2 Ancora da “Ora che è tutto finito”

3 Qui, come in altre parti della storia, ho provato a “cucire” insieme e dare una vaga coerenza alle varie serie animate... non so con quali esiti (visto che nemmeno il Maestro l'ha mai fatto).

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Capitolo 2
*** Un'aliena tra noi ***


Il primo scoglio per Harlock fu mettere al corrente Mayu del suo nuovo rapporto con Kei. Decise così di invitarla a trascorrere qualche giorno sull'Arcadia, così avrebbe potuto dirglielo con calma, con le parole giuste... non sapeva nemmeno perché si sentisse così a disagio. Probabilmente perché non era abituato a esprimere i suoi sentimenti, a parlare di certi argomenti, men che meno con una ragazzina, che non era più una bambina, ma nemmeno ancora una donna.
Invece Mayu lo scoprì da sola, e nel modo peggiore.
Fece irruzione nella sua cabina, come era solita fare da piccola.
Solo che lui e Kei si erano lasciati travolgere da un momento di passione... “fuori programma”, e non avevano sbarrato la porta. Tanto, nessuno si permetteva di entrare non invitato nelle stanze del capitano, soprattutto senza bussare.
Nessuno. Tranne Mayu, appunto. Che così aveva sorpreso lui seduto a bere davanti alla vetrata, a torso nudo, e Kei che usciva dal bagno avvolta in un accappatoio. E tutto sommato poteva andare pure peggio! Ad Harlock andò subito per traverso il vino, mentre gli occhi spalancati della ragazzina correvano dall'uno all'altra, colmi di sorpresa, per poi indugiare un istante sul letto disfatto... e, visto che non era una sprovveduta, aveva mangiato la foglia, aveva fatto dietrofront ed era fuggita a gambe levate nel corridoio.
Harlock balzò in piedi.
“Maporcaput...!” borbottava mentre si rivestiva in fretta e furia, sudando freddo all'idea di che cosa avevano rischiato.
Le corse dietro fino alla sua camera e dovette supplicare a lungo per convincerla a dargli il permesso di entrare. La trovò seduta sul letto con il muso lungo e le braccia incrociate.
Si sedette a sua volta accanto a lei. Perché all'improvviso gli sembrava tutto così maledettamente difficile? Certo, la consapevolezza di essere stato beccato in quella situazione non facilitava le cose.
“Perché non me l'hai detto?” gli chiese lei.
“L'avrei fatto oggi stesso... ma non me ne hai dato il tempo... se non fossi entrata in quel modo!”
Lei sospirò con aria contrita.
“Hai ragione. Scusami, sono stata molto maleducata... non succederà più.”
Harlock si azzardò a farle una lieve carezza sui capelli, che portava sempre a caschetto.
“Lascia stare...Beh, allora, visto che ormai lo sai... che ne pensi?”
“Io? Ha importanza?”
“Certo che ce l'ha, per me...”
“Ok... Beh... sono... felice per te. Insomma, non potevi fare lo scapolo a vita, prima o poi dovevi mettere la testa a posto! E poi Kei mi piace... Quindi... vi sposerete?”
Harlock rise, più che altro per mascherare l'imbarazzo.
“Ma... è un po' presto per parlarne... non lo so, ma non credo sia necessario... vedremo. Comunque ci tenevo a dirti che non cambia nulla. Tra te e me resterà tutto come prima.”
La ragazzina annuì.
“È tutto a posto, allora?”
“Certo, tutto a posto.”
Mayu gli sorrise e Harlock se ne andò soddisfatto e sollevato, ripromettendosi che d'ora in poi la porta della sua cabina sarebbe stata sempre accuratamente sprangata!

Ma... tutto a posto un accidente! E il capitano se ne rese conto ben presto.
Mayu, che in effetti in passato aveva sempre avuto un ottimo rapporto con Kei, cominciò a comportarsi malissimo con lei. Nella migliore delle ipotesi la ignorava, quando invece era in vena non le risparmiava battute sarcastiche e commenti velenosi. La povera ragazza, mortificata, non sapeva come reagire e tutti i suoi tentativi di rientrare nelle grazie della fanciulla sortivano l'effetto contrario.
Harlock, invece, era sbalordito. Dove era finita la sua piccola, dolce Mayu? Era la stessa persona che diceva quelle cose terribili? si chiedeva angosciato, ritrovandosi a volte a fissarla come un'estranea, anzi, come un'aliena. Visto che la situazione non migliorava, cercò di parlarle, ma Mayu ogni volta negava l'evidenza oppure prometteva di stare più attenta, per poi continuare esattamente come prima, se non peggio. Una volta che, a cena con loro, aveva davvero esagerato e lui l'aveva rimproverata, si era rinchiusa nella sua stanza per giorni.
E fosse stato solo quello! I suoi sbalzi di umore erano all'ordine del giorno. Un attimo prima era allegra e affettuosa, un attimo dopo diventava scontrosa e taciturna, apparentemente senza motivo.
Poi, a un certo punto erano cominciate anche le richieste assurde. Una volta avevano litigato furiosamente perché lei voleva a tutti i costi organizzare la festa per i suoi quindici anni sull'Arcadia, invitando tutti i suoi amici e compagni di scuola. Sì, perché, a differenza di quanto accadeva all'orfanotrofio, in quel collegio avere un pirata come tutore era considerato molto... cool! E, di fronte alle obiezioni del suo padrino, che tentava di farle capire quanto fosse folle quell'idea (un tempo non sarebbe stato necessario...), aveva fatto una scenata.
Anche sul look il capitano avrebbe avuto qualcosa da dire, ma lì più di tanto non osava. Quelle gonne erano decisamente troppo corte e quei pantaloni (come diavolo li chiamava lei? leggins o qualcosa del genere...) troppo aderenti per i suoi gusti... per non parlare delle pettinature improbabili con cui ogni tanto si presentava.
L'unica persona che sembrava saperla prendere era Masu: con i suoi modi un po' rudi, ma diretti, riusciva a contenere le sue intemperanze. Mayu, per contro, ostentava dei modi impeccabili con Meeme, anche se Harlock sospettava che lo facesse soltanto per mortificare Kei.
Il capitano si confidava con la compagna, che tentava di consolarlo.
“Cerca di capirla, Harlock, sta attraversando un'età difficile, si sente disorientata, sta cercando la propria identità... Ricordati che non ha né padre né madre a guidarla...”
“Avrebbe potuto trovare in te un'amica, se non avesse deciso di farti la guerra.”
“Mmmh... non credo di essere proprio un modello da seguire, considerando la vita che faccio e le cattive compagnie che frequento!” commentò Kei fissandolo con aria ironica.
“Comunque, tu non avevi molti anni più di lei, quando ti ho preso a bordo, ma non ti sei mai comportata così...”
“Veramente mi hai tirato fuori da una cella... proprio un angioletto non ero!”
“Ma... che c'entra? Ti stavano trattenendo ingiustamente. E comunque, sull'Arcadia non hai mai dato problemi!”
“Non me lo potevo permettere... tu e questa nave eravate tutto ciò che mi era rimasto... non potevo certo rischiare che tu mi mollassi su qualche asteroide!”
In un momento di sconforto, aveva chiesto consiglio anche al dottor Zero. Forse Mayu aveva qualche disturbo psicologico e doveva essere aiutata.
“Nooo, nessun disturbo psicologico! L'unico problema di Mayu si chiama adolescenza. Deve solo portare pazienza, capitano. Passerà tutto, all'improvviso come è cominciato. Poi, certo, questo cambiamento nella sua vita può averla destabilizzata.”
“Quale cambiamento?”
“La sua nuova situazione sentimentale... Mayu forse si sente minacciata, magari è un po' gelosa...”
“Gelosa? In che senso, scusi?”
“Non nel senso che vorrebbe essere al posto di Kei... non credo, almeno. Ma ci pensi, capitano, per tutta la vita Mayu è stata al centro dei suoi affetti, ora deve dividerla con un'altra persona. Con la prospettiva, magari, che un giorno vogliate allargare la famiglia... teme di essere abbandonata di nuovo.”
Allargare la famiglia?!? Ma quando mai? Forse parlare con il dottore non era stata una buona idea...
“Ma tra noi non è cambiato nulla! Gliel'ho anche detto chiaramente.”
“Non lo metto in dubbio... è tutto a livello inconscio, e anche i suoi comportamenti stravaganti sono solo un modo per attirare l'attenzione.”
“D'accordo, non ci si può fare nulla, mi pare di capire. E... quanto durerebbe questa famigerata adolescenza?”
“Ma, è un po' difficile da dire, non c'è una regola valida per tutti. Diciamo che con la maggiore età le cose dovrebbero decisamente migliorare, almeno un po'...”
“Cosa??? Altri quattro anni così? Ma io mi sparo!”
Harlock lasciò l'infermeria più abbattuto di prima.
C'era un'altra questione che lo preoccupava. Ma di quella non faceva parola con nessuno, si sentiva ridicolo.
Si rese conto che Mayu era diventata decisamente carina. Cioè, lo era sempre stata, solo che ora non era più una bella bambina, ma una bella ragazza. Stava diventando simile a sua madre, alta e snella. E, come se n'era accorto lui, di sicuro se ne erano accorti anche altri. E, da quel poco che aveva captato, qualcuno che le ronzava intorno già c'era. E la cosa non gli piaceva affatto!
Aveva espressamente richiesto alla direttrice del collegio di tenerla d'occhio, ma in realtà a scuola Mayu si comportava bene, studiava sodo e non dava problemi di nessun tipo.
Se usciva con dei ragazzi? La direttrice era perplessa di fronte a quella domanda un po'... demodé.
“Ma... non mi sembra con uno in particolare. Esce in compagnia, con gli amici... e... sì, ci sono anche dei ragazzi... ma rientra sempre all'orario stabilito, non si preoccupi. Le nostre regole sono molto precise.”
Queste parole avrebbero dovuto rassicurarlo. Invece si sentiva più inquieto di prima. E i fatti successivi alimentarono la sua agitazione.
Un giorno, passando davanti alla stanza di Mayu, la sentì singhiozzare senza ritegno. Si preoccupò, perché era già la seconda volta in pochi giorni. Bussò discretamente ed entrò. La ragazzina era buttata sul letto a pancia in giù, con la testa nascosta tra le braccia incrociate sul cuscino. Le fece tenerezza, sembrava tornata la piccola Mayu.
“Ehi! Che succede ancora?”
Dopo qualche minuto, lei si mise seduta e, tirando su con il naso, si decise a parlare.
“Han ha detto che non vuole più avere niente a che fare con me... mi ha dato della bugiarda!” disse, indicando il portatile aperto sulla scrivania.
Han? Harlock ricordava una scena simile qualche giorno prima, appunto, ma avrebbe giurato che il nome fosse un altro...
Si schiarì la voce.
“Han? Ma... non si chiamava...”
“Chi? Luke? No... cioè, sì, ma non è lui che mi interessa davvero!”
“Ah! - commentò il capitano con un filo di voce - E... perché ti avrebbe dato della bugiarda?”
“Non crede a quello che gli ho detto riguardo a te!”
“Me? Perché, cosa c'entro io? Che cosa gli hai detto?”
Harlock era stranamente teso. Quella storia gli piaceva sempre meno.
“Che non sei il mio tutore o padrino o quello che è...”
“Ah! E... chi sarei?”
“Il mio fidanzato!”1
Al capitano per poco non venne un colpo.
“Cosacosacosa!?! Ma dico, sei impazzita!?! Vuoi mettermi nei guai con la legge?”
Mayu allargò le braccia.
“È una vita che sei nei guai con la legge! Che differenza vuoi che faccia un reato in più?”
“Eh no, cara mia! C'è una grossa differenza! Io sono un pirata con una reputazione! Non faccio... certe cose! Santo cielo, sei una ragazzina! Si può sapere come ti è saltato in testa di dire una cosa simile? E per quale motivo, poi?”
“Perché quello lì mi tratta come una mocciosetta! Dovevo dimostrargli il contrario! Eddai, Harlock, reggimi il gioco! Almeno fino alla festa di fine anno!”
“Ma non se ne parla nemmeno! Ma a te poi cosa interessa come ti considera questo qua? Lascialo perdere, no? E poi senti chi parla, sarà un moccioso pure lui, o sbaglio?”
“Sbagli! È due classi avanti a me ed è il più f..., cioè, il più carino della scuola! Sono sicura di piacergli, ma lui continua a prendermi in giro dicendo che sono una bambina... devo rendermi interessante, capisci? O lui non mi inviterà mai al ballo della scuola, e la mia, di reputazione, quella sì sarà rovinata per sempre!”
Mayu si ributtò sul letto e ricominciò a piangere.
Harlock era impietrito. Era molto peggio di quanto avesse immaginato. Decise di fare quattro chiacchiere con questo Han alla prima occasione. Era certo che, dopo, il ragazzo avrebbe girato alla larga dalla sua bambina! Intanto anche Mayu andava rimessa al suo posto.
“Basta così, signorina! Questa storia deve finire. Dì al tuo amico che scherzavi, che non è vero niente. Altrimenti glielo dico io, e non te lo consiglio. Tu devi pensare solo a studiare, altro che feste e balli, Luke, Han e chissà chi altri! O mi costringerai a dire alla direttrice di non farti più uscire, oppure, in alternativa, a spedirti in un collegio tutto femminile, dove non avrai più distrazioni di sorta!”
Harlock lasciò la stanza in preda a una leggera vertigine, cercando di ignorare i singhiozzi ancora più forti di Mayu. Era sicuro di aver agito per il meglio, ma si sentiva anche vagamente in colpa. Il ruolo del padre severo non gli si addiceva... e se avesse esagerato? Se adesso Mayu lo avesse odiato? Se fosse scappata dal collegio? Questa prospettiva lo terrorizzava.
Si decise a parlarne con Kei. Da donna, forse ci avrebbe capito qualcosa di più... e poteva essere anche una buona occasione perché le due si riavvicinassero.
Aveva sperato di trovare un'alleata. Kei, invece, rise fino alle lacrime al resoconto di Harlock. Lo guardò con tenerezza, scuotendo la testa.
“Sembri proprio venuto fuori da un altro millennio... nemmeno mio nonno si comportava così!”
Lui rimase un po' interdetto.
“Ma... ammetterai che l'ha fatta grossa! Insomma, inventarsi una storia così assurda! Se venisse alle orecchie della direttrice... magari mi toglierebbero la sua tutela! E poi quel ragazzo... è più grande di lei di ben due anni! Insomma, dopotutto è ancora una bambina! Non dovrebbe pensare a... queste cose!”
“Lo credi tu, che è ancora una bambina! Insomma, è normale che a quell'età ci si cominci a interessare all'altro sesso... Le ragazze poi sono più mature, ed è inevitabile che si trovino meglio con i ragazzi un po' più grandi... Sono dei passaggi obbligati, ed è meglio che ti abitui all'idea, tesoro, e in fretta. Soffrirai di meno, dai retta a me.”
Harlock ebbe la netta impressione di aver fatto un passo falso, coinvolgendo Kei. Quelle due adesso si sarebbero alleate contro di lui!
Kei andò a parlare con Mayu quella sera stessa. La ragazzina era talmente giù di morale che depose le armi e, da quel momento, le cose tra loro andarono un po' meglio.
La bionda la convinse a far credere ad Han di aver equivocato, di essersi bevuto una panzana.
“Ma guarda che non è vero, non ci ha mica creduto, sai?” obiettò Mayu.
“Lo so, ma tu devi convincerlo del contrario. Impara, cara: in tutti i campi, la miglior difesa è l'attacco!”

Per farla breve, Mayu andò al ballo di fine anno con Han e con un vestito nuovo scelto insieme a Kei. Poiché erano invitati anche i famigliari degli studenti, decise di andarci anche Harlock, con la complicità della direttrice, e volle andarci con la sua compagna. In realtà, furono loro la coppia più ammirata della festa. Fece finalmente conoscenza con l'amico di Mayu, che tutto sommato gli sembrò un bravo ragazzo. E non lo tranquillizzò affatto la raccomandazione di Kei, di non affezionarcisi troppo, perché tanto, tempo massimo sei mesi, ci sarebbe stato qualcun altro.




Note dell'autrice

Per il personaggio di Mayu adolescente mi sono ispirata, nemmeno tanto liberamente, alla figlia di una mia cara amica. Lo so, sono pessima: lei disperata mi raccontava le prodezze della fanciulla, e io intanto, fingendo partecipazione, prendevo appunti... (In realtà, poi ho confessato tutto!)

Per ora ci siamo solo divertiti... dal prossimo capitolo si comincerà a entrare nella vicenda.


 

 

1Questa l'ho rubata paro paro da un film, leggero ma divertente: “Mio padre, che eroe!” (1991), con Gérard Depardieu e Marie Gillain (no copyright infringement intended).

 

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Capitolo 3
*** Ricordi di scuola ***


“Capitano, è arrivato un messaggio per te... - comunicò Yattaran - Che strano... arriva dal canale che usavamo per comunicare con il professor Daiba... ma è senza ologramma.”
Era parecchio tempo, dalla vicenda di Noo, che nessuno usava più quella frequenza per mettersi in contatto con loro.
Harlock era stupito, ma anche felice. Si stava un po' annoiando, in quel periodo... Pochi arrembaggi, e tutti troppo facili. Un diversivo era quello che ci voleva!
“Di chi è il messaggio?” chiese al primo ufficiale.
“Ma... di una certa... Clarice Jones... dice che desidera incontrarti... Ma tieni, ecco tutto il testo stampato.”
Clarice Jones? si domandò il capitano tra sé e sé. Quel nome...
Improvvisamente l'occhio del pirata si illuminò. Afferrò il biglietto che Yattaran gli porgeva e lo lesse avidamente, mentre la bocca, sempre di preferenza imbronciata, si apriva in un largo sorriso, quasi sbarazzino.
“Clarice Jones! - si lasciò sfuggire imprudentemente - Non posso crederci, dopo tutti questi anni!”
Il sorriso e le parole gli morirono sulle labbra appena incrociò lo sguardo furioso di Kei.
Harlock sapeva quanto fosse gelosa, anche del suo passato. Era più forte di lei. Si era messa in testa che lui avesse avuto chissà quali avventure romantiche nel corso della sua vita... come se non sapesse che metà di quella vita lui l'aveva trascorsa lassù, tra le stelle, dove le occasioni di fare nuove conoscenze non è che proprio abbondassero... Aveva faticato anche non poco a convincerla che tra lei e Meeme non c'era mai stato nulla, a parte una tenera amicizia e un affetto fraterno. Gli rinfacciava di aver concupito Raflesia... e aveva fatto delle insinuazioni perfino su Esmeralda! No, dico, la moglie del suo migliore amico! Per chi lo aveva preso? Ma non c'era nulla da fare, su questo argomento lei perdeva proprio la testa.
Quindi riassunse d'istinto la sua solita aria seria e distaccata.
Yattaran si era accorto di tutto e decise di divertirsi un po'.
“Allora, capitano? Che cosa rispondiamo a questa signorina?” gli chiese con fare ammiccante.
Harlock lo gelò subito con lo sguardo.
“Accetto l'incontro, è ovvio. Chiedile dove e quando, e noi ci saremo” tagliò corto.
Aveva visto Kei lasciare la sua postazione con grandi falcate nervose e si preparava mentalmente a una sfuriata. Lui detestava dare spiegazioni, ma con lei era proprio impossibile sottrarsi. E poi, in quel caso specifico, Kei non aveva proprio nulla da temere, ancora meno delle presunte altre volte!
Le andò dietro sospirando e la raggiunse nella sua cabina, che ormai da tempo divideva con lei.

Sentì scorrere l'acqua della doccia dietro la porta del bagno. Considerò per un attimo la possibilità di raggiungerla, ma poi decise saggiamente di soprassedere. In quelle situazioni Kei non era molto accomodante. Quindi preparò due calici di vino e si sedette sulla solita poltrona ad aspettarla.
La sua gelosia per un verso lo indisponeva, per l'altro lo lusingava. Questa volta decise di tenerla un po' sulla corda...
Kei uscì da una nuvola di vapore, avvolta nell'accappatoio. Non lo degnò di uno sguardo e, dandogli le spalle, indossò una felpa e dei pantaloni larghi. Harlock la osservava con un sorrisetto appena accennato e, quando finalmente lei si girò nella sua direzione, la invitò a bere con un gesto della mano. La ragazza si avvicinò, ma non si sedette. Afferrò uno dei bicchieri e lo vuotò tutto d'un fiato.
Lo fissò con aria di sfida. Kei aveva di buono che non girava intorno ai problemi, non aspettava che gli altri indovinassero che cosa le passava per la testa. Probabilmente vivere così a lungo in un ambiente prettamente maschile le aveva insegnato a essere esplicita e diretta.
“Allora, capitano? Non hai niente da dirmi?”
“A che proposito?” chiese lui, portandosi l'altro calice alle labbra con studiata lentezza e guardando oltre la vetrata.
“Lo sai benissimo, a che proposito!”
Harlock alzò le spalle, con l'aria di dire “scusa, cara, ma non ne ho proprio idea!”.
“Questa... Clarice Jones, che è riuscita a farti sorridere in quel modo in tre secondi... quando io ci ho messo anni... chi diavolo sarebbe? E soprattutto che cosa vuole da te?”
“Ah, ti riferivi a quello... - Harlock si abbandonò del tutto sullo schienale e allungò pigramente le lunghe gambe sotto il tavolino - Che cosa voglia, non ne ho idea... ma lo scopriremo presto. Ho detto a Yattaran di risponderle che accetto l'incontro...”
Kei strinse i pugni, rossa di rabbia.
“Ah! Pure! Quella schiocca le dita e tu ti precipiti! Esigo una spiegazione!”
Harlock decise che si era divertito abbastanza. La afferrò per un polso e la attirò sulle sue ginocchia. Colta di sorpresa, la bionda non poté opporre resistenza e si ritrovò stretta tra le sue braccia, con la testa imprigionata tra la spalla e il mento.
“Mi farai impazzire, con questa tua assurda gelosia! Comunque, vuoi davvero sapere chi è Clarice Jones?”
“Certo che voglio saperlo! E guai a te se scopro che mi hai mentito o mi hai nascosto qualcosa!”
“La signora Clarice Jones, anzi, la professoressa Jones, era la mia insegnante di storia alle scuole superiori.”
Kei ebbe un moto di sorpresa. Ma allora...
Harlock continuò.
“Suo marito era un alto ufficiale dell'esercito terrestre e in quegli anni era di stanza nella base dove io frequentavo il liceo aeronautico. Lei era, appunto, specializzata in storia antica e aveva avuto l'incarico nella mia scuola. Era una donna molto in gamba e un'insegnante eccezionale, riusciva a comunicarci una grande passione e ad affascinare anche quelli meno interessati all'argomento. In realtà, il suo vero campo era l'archeologia, era un'esperta di antiche civiltà terrestri. Un suo antenato era un famoso archeologo dell'inizio del XX secolo, una figura semi leggendaria, di cui si racconta che avesse ritrovato oggetti quasi mitologici, come l'Arca dell'Alleanza e il Sacro Graal...1 Anch'io sono sempre stato attratto da queste cose. Eravamo diventati amici, spesso mi invitava ad andare a casa sua a vedere la sua collezione di reperti, mi parlava delle sue spedizioni e delle sue ricerche... Lei non aveva figli e io avevo perso mia madre quando ero piccolo2... forse era anche per questo che eravamo così in sintonia... Poi io mi sono diplomato, sono passato all'Accademia vera e propria... e suo marito è stato trasferito altrove, quindi dopo un po' ci siamo persi di vista...”
Kei si era calmata. Ascoltava, come ipnotizzata, Harlock raccontare di quella parte del suo passato che lei ignorava, con la sua voce pacata e profonda, con lo sguardo perso nei ricordi. Era così raro che ne parlasse. Faceva sempre fatica a pensare che anche lui era stato un ragazzo come tutti gli altri. Beh, forse non proprio come tutti...
“Però per un bel pezzo ho continuato a pensarci, a lei e a suo marito... Mi chiedevo che cosa fosse stato di loro, con tutto quello che è successo sulla Terra dopo pochi anni... E ora è stata lei a trovarmi. Non è strano? In realtà, non riesco proprio a immaginare che cosa possa volere da me... da me, che non sono più lo studente modello che conosceva - aggiunse con una punta di amarezza, come se parlasse a se stesso - ma un fuorilegge con tanto di taglia sulla testa! Comunque, non so esattamente quanti anni avesse a quell'epoca... ma non credo meno di 40-42. Sono passati più o meno 20 anni da quando ci siamo visti l'ultima volta... fa' un po' tu i conti. Quindi, ha minimo una sessantina d'anni, forse anche di più. Potrebbe essere mia madre. Direi proprio che non hai nulla da temere, non credi?”
Kei avrebbe voluto continuare a fare la sostenuta, ma non riuscì a reprimere un sorriso.
“Non si può mai sapere, visto il tuo interesse per le antichità!”3
Gli fece una carezza, dichiarando così chiuse le ostilità. Non gli chiedeva mai scusa e non prometteva che non si sarebbe più comportata così. Perché tanto sapeva che non ce l'avrebbe fatta.
“Bene, allora approfitterò di questa signora per diradare le nebbie che aleggiano sul tuo passato... sarà molto divertente! Tu che ti lamenti tanto di Mayu... voglio proprio vedere come ti comportavi tu alla sua età” disse in tono scherzoso.
Harlock ricambiò il sorriso, ma nel suo sguardo era rimasta un'ombra di malinconia, che la stupì. Un rimpianto della giovinezza ormai lontana? No, lui non era il tipo. Forse la perdita dell'innocenza, che quella donna aveva evocato? Lei, in fondo, era forse l'unica testimone rimasta degli anni spensierati e leggeri della sua adolescenza. Quando tutto era ancora possibile. Quando il futuro profumava ancora di buono. Quando ogni cosa era pura e incorruttibile. Quando lui non era ancora il pirata dal volto sfregiato e dalla pessima fama. Kei sapeva che ad Harlock non era mai importato nulla del giudizio degli altri... Ma forse, pensò, in questo caso era diverso... come se davanti alla sua antica e stimata insegnante un po' si vergognasse di quello che era diventato, come se gli dispiacesse averla delusa …
“Bene, ora che è tutto chiarito e ti sei tranquillizzata, che ne dici di fare un bello scherzo alla ciurma? Soprattutto a Yattaran, che fa sempre lo spiritoso su affari che non lo riguardano!”
Harlock era così: chiudeva un occh.... cioè, lasciava correre su molte questioni, ma diventava intransigente se qualcuno osava anche lontanamente alludere alla sua sfera privata.
Kei scoppiò in una risata. Riempì di nuovo i due calici.
“Tu che fai uno scherzo? Questa novità deve averti dato alla testa! E cosa hai in mente?”
“Facciamo credere loro che la nostra Clarice Jones sia una giovane e …. disponibile fanciulla!”
“Sei davvero crudele!”

 



 

 

1 Devo specificare di chi si tratta? Naaa!

2 Questo particolare di Harlock orfano di madre in tenera età c'è anche nella fanfiction “Space cowboys” di Divergente Trasversale (purtroppo non ricordo il capitolo). È uno di quei casi che io chiamo “comune sentire” su un personaggio particolarmente amato, perché, quando ho letto quella parte, avevo già scritto questa. E mi aveva fatto piacere che qualcun altro la pensasse come me, perché a mio parere quella malinconia, quel temperamento così empatico eppure così introverso, partono da lontano, sono tipici di chi ha cominciato a soffrire molto presto. Mi sembrava giusto sottolineare che non è un'idea solo mia.

3 A questo proposito c'è una battuta divertente che dice che il marito ideale è un archologo: più tu invecchi, più lui ti trova interessante!

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Capitolo 4
*** Clarice ***


 

Il giorno dopo arrivò la risposta della professoressa Jones.
Diceva che avrebbe aspettato Harlock su Tortuga1, dove lei già si trovava. Toccava a loro, adesso, comunicare quando sarebbero arrivati, in modo da poter combinare l'incontro.
Harlock sulle prime rimase stupefatto. Si sarebbe aspettato che Clarice fosse sulla Terra, o al limite su qualche sperduto pianeta a caccia di antiche civiltà... non in un covo di delinquenti di ogni risma!
Poi però capì...
Clarice non poteva non sapere che lui era un ricercato. E che sarebbe stato troppo rischioso per lui incontrarla in un luogo controllato dal Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale. Aveva quindi scelto un posto sicuro. Come avesse scoperto dell'esistenza di Tortuga, restava per lui un mistero, visto che la gente onesta difficilmente viene a conoscenza di certe cose. Ma Clarice Jones non era una persona comune... E quell'attenzione che aveva avuto nei suoi confronti ne era l'ennesima dimostrazione. Harlock ne fu quasi commosso.
Yattaran e il resto della ciurma, invece, interpretarono quel fatto come una conferma che Clarice fosse una bella piratessa o qualcosa del genere, con cui il loro capitano in passato avesse avuto una liaison. E il capitano glielo lasciò credere.
Poi però iniziò a preoccuparsi. Si chiese se Clarice si trovasse lì da sola o in compagnia del marito. In ogni caso, a causa sua, una signora perbene di una certa età era costretta a soggiornare in mezzo a contrabbandieri, ladri, donne di malaffare e furfanti di ogni tipo! È vero che lei non era una sprovveduta, durante le sue spedizioni, secondo quanto gli aveva raccontato, si era trovata spesso in situazioni difficili e se l'era sempre cavata. Ma ora non era più tanto giovane! Decise di chiedere al suo amico Jack2 di tenerla d'occhio, senza farsi beccare, naturalmente. Lei non avrebbe gradito essere trattata così.
Prima di fare rotta su Tortuga, però, dovevano fare una scappata sulla Terra a recuperare Mayu. Erano iniziate le vacanze estive, la sua figlioccia era stata promossa a pieni voti, riempiendolo di orgoglio. Ma poi avevano litigato di brutto (che novità!), perché lui non le aveva dato il permesso di andare in campeggio con alcuni suoi amici della scuola (tra cui il famoso Han!), ritenendola ancora troppo piccola per quel tipo di esperienza. Kei aveva perorato la causa della ragazza, ma Harlock era stato irremovibile. In realtà, l'età c'entrava poco o nulla. Il vero motivo era che non intendeva lasciare la sua bambina tutto quel tempo a contatto con quel bellimbusto, e senza alcun controllo! E i suoi timori riguardavano ben altro genere di esperienze! Era riuscito a rabbonirla soltanto promettendole di portarla per almeno due settimane su Ombra di Morte. E ora, come avrebbe preso quel cambio di programma? In più, non è che Tortuga fosse proprio un posto adatto a una ragazzina! Anche se sospettava che le sarebbe piaciuta molto, purtroppo.
Kei glielo fece notare.
“Avevi detto a Mayu che l'avresti portata in vacanza, non a incontrare una vecchia sconosciuta” lo ammonì con voce severa.
“Lo so. E manterrò la promessa. Si tratta solo di rimandare di qualche giorno. Anzi, credo che a Mayu farebbe bene conoscere una persona come la professoressa Jones! Scoprirebbe che esistono altre cose, oltre alle feste, ai vestiti e ai... ragazzi!”
L'ultima parola l'aveva pronunciata a denti stretti e Kei non poté fare a meno di sorridere. Però poi tornò alla carica.
“Sei ingiusto con lei! Mayu è una bravissima ragazza, ha sgobbato tutto l'anno sui libri, e comunque è giusto anche divertirsi un po', alla sua età! Sei tu che sei un troglodita e non hai fiducia in lei! Non oso pensare a come la tratteresti se fossi davvero suo padre!”
Kei aveva ragione, lo sapeva benissimo anche lui. Ma proprio ancora non ce la faceva ad accettare quella specie di distacco, anche se era consapevole della sua ineluttabilità.

“Se sono al corrente dell'arrivo di una terrestre di una certa età? Diavolo se lo sono! Quella matta ha messo sottosopra mezza Tortuga!”
Harlock era nella sua cabina e stava parlando con Jack sul suo canale privato. Sorrise tra sé e sé. Le sue preoccupazioni si erano rivelate del tutto superflue.
“Dovevo sospettarlo, che era amica tua! - continuò il vecchio filibustiere - Beh, allora, che cosa vuoi che faccia?”
“Volevo chiederti di controllare che fosse tutto a posto e di metterti a sua disposizione se avesse avuto bisogno di aiuto, ma... vedo che non è necessario. Comunque tra pochi giorni arriveremo noi.”
“E meno male! Non intendo averci a che fare, con quella lì!”
“Ma cosa avrà mai fatto di così terribile?” chiese Harlock sempre più divertito all'idea di una matura signora che metteva in riga un'intera comunità di delinquenti.
“Beh, è arrivata con una serie infinita di valigie e bauli, ha sbraitato subito perché non riusciva a trovare un mezzo di trasporto adatto, poi perché nessun albergo qua aveva camere abbastanza grandi da contenere tutto... sai, non è che su Tortuga arrivino molti turisti! Alla fine, con grande sollievo di tutti, ha affittato una piccola casa in periferia... Ha preso anche una guida perché l'accompagnasse in giro alla ricerca di non si sa bene cosa, si è scandalizzata perché qui non ci sono biblioteche e archivi... no, dico, dove pensava di essere? Insomma, si può sapere chi cavolo è e che cosa c'entra con te?”
Il capitano registrò che Clarice era lì da sola. Si chiese perché, con una punta di inquietudine.
“È una lunga storia, Jack. Te la racconterò quando ci vediamo. Forse. Stammi bene, vecchio mio!”
“Vecchio sarai tu!” si congedò Jack con uno sberleffo.
Harlock chiuse la comunicazione scuotendo la testa.
Cara professoressa Jones... vedo con piacere che non sei cambiata affatto!

Dopo la veloce sortita sulla Terra per prelevare Mayu, l'Arcadia si diresse verso Tortuga in modalità in-skip.
Mayu non ce l'aveva più con Harlock per la storia del campeggio... ma non per i motivi che sperava lui. In realtà, gli raccontò Kei con l'aria di sottintendere “io te l'avevo detto”, aveva litigato con Han perché l'aveva beccato a fare il cascamorto con altre ragazze, e intendeva fargliela pagare, anche se non aveva ancora deciso come. Intanto, si erano leggermente lasciati3 e, per tutta l'estate, aveva deciso che avrebbe scritto solamente a quell'altro, che le stava ancora appresso...
“Cosa vorrebbe dire leggermente lasciati?” chiese preoccupato. Non era sicuro di voler sapere la risposta.
“Ah, non ne ho idea! Dovresti chiederlo a lei!”
Lui si passò le mani tra i capelli, sconsolato, e aprì la seconda bottiglia della serata. Non voleva sentire altro. Anzi, chiese a Kei di non toccare più quell'argomento con lui d'ora in poi. Non lo reggeva! Che se la sbrigassero loro due, visto che ora sembravano intendersi a meraviglia! Quasi quasi rimpiangeva quando le sue due donne non si sopportavano!
Come se non bastasse, come Harlock aveva temuto, quando la ragazzina seppe della loro prossima meta, manifestò un entusiasmo che lui giudicò eccessivo... Ma avrebbe dovuto aspettarselo: era da tempo che gli chiedeva di portarla lì e lui aveva sempre accampato un sacco di scuse per evitarlo... Doveva assolutamente fare in modo che non se ne andasse a zonzo da sola e si cacciasse in qualche guaio... tipo invaghirsi di un avanzo di galera...
Quando l'Arcadia atterrò nell'astroporto di Tortuga, Harlock mandò un messaggio a Clarice sul solito canale per avvisarla del suo arrivo. La professoressa gli spiegò dove si trovava la sua abitazione e gli disse che l'avrebbe atteso lì.
La ciurma avrebbe avuto la libera uscita, a turno, come al solito. Il capitano affidò Mayu a Kei, Meeme e Masu (l'unica che gli dava qualche garanzia, in verità), con l'ordine tassativo di non perderla mai di vista e di portarla in giro esclusivamente nei quartieri frequentabili della città. Speriamo bene, si diceva, mentre, con una navetta, si dirigeva all'appuntamento con la sua vecchia amica.

Il navigatore lo condusse facilmente all'edificio indicato da Clarice, appena fuori dal centro abitato. Scese dal mezzo e osservò preoccupato una specie di catapecchia di legno dall'aria precaria, in stile vecchio Far West terrestre, come molte costruzioni su Tortuga, chissà perché4.
Salì rapidamente i pochi gradini scricchiolanti che conducevano al portico e bussò all'uscio, augurandosi che non crollasse al semplice tocco della sua mano. Era stranamente emozionato e non riusciva a capire bene la ragione. Forse perché, di tutte le persone care del suo passato, Clarice era l'unica sopravvissuta?
La porta si spalancò quasi subito e lui si ritrovò all'improvviso stretto in un abbraccio a cui non era affatto preparato.
“Franklin!5 Ragazzo mio! Come stai?”
Clarice si staccò da lui e gli sorrise.
“Fatti guardare! Ehi, non mi ricordavo fossi così alto!”
Harlock le sorrise a sua volta, posandole le mani sulle spalle.
Non era cambiata poi molto, Clarice. Non era mai stata una bellezza in senso classico, ma aveva un fascino tutto particolare, dato probabilmente da un'intelligenza fuori dal comune, dalla vivace curiosità, dal suo carattere forte e deciso, ma nello stesso tempo dolce e femminile. Era abbastanza alta e, con l'età, si era solo leggermente arrotondata. I capelli erano grigi, tagliati in un corto caschetto dall'aria sbarazzina, e i suoi scintillanti occhi grigioverdi, dietro gli stravaganti occhiali, erano quelli di sempre. Dimostrava meno anni di quelli che doveva avere.
“Io sto bene - rispose Harlock con la sua voce profonda e gentile, appena venata di commozione - E lei come sta, professoressa?”
“Oh no, ti prego, non chiamarmi così! Non sono più la tua professoressa da un pezzo! Sono Clarice, e basta! Ma entra, caro. Posso offrirti un caffè?” gli chiese strizzandogli l'occhio.
Entrarono in una specie di soggiorno ampio e luminoso, anche se malridotto e ammobiliato alla meno peggio. Ma Clarice non pareva curarsene e si diresse verso la piccola cucina a vista, mettendosi ad armeggiare con una vecchia moka, che Harlock riconobbe subito. La donna aveva compiuto numerose spedizioni e viaggi di studio in Italia, piccolo Paese dove però era concentrata una notevole quantità di siti archeologici e opere d'arte, e, tra le altre cose, si era innamorata del caffè del posto. Così, aveva comprato quella caffettiera e se la portava dietro ovunque, insieme a pacchi di miscela, per non restarne sprovvista nemmeno nei posti più assurdi. Ed evidentemente aveva mantenuto quell'abitudine. Il capitano si intenerì, perché aveva imparato da lei ad apprezzare quella bevanda particolare, il cui profumo lo accoglieva sempre appena entrato nella sua bella casa. Si sentì come se si fossero incontrati il giorno prima.
“Eh, come vedi qui è molto diverso da dove eri abituato a vedermi - esclamò, come se gli avesse letto nel pensiero - Ma va bene così, il posto è tranquillo e spazioso, e soprattutto costa poco. E poi è solo per breve tempo! Prova a sederti su quella poltrona, dovrebbe reggerti! Sei proprio diventato un gran bel pezzo d'uomo!”
Harlock divertito si sedette lentamente ma, malgrado il sinistro cigolio, la poltrona rimase integra.
Avrebbe voluto chiederle molte cose, ma non sapeva da dove cominciare. Si guardò in giro. Ovunque erano accatastati libri, fotografie, cartine, quaderni... Clarice era una studiosa vecchio stampo, diceva che le piaceva toccare le cose, che l'archeologia si fa sporcandosi le mani, affondandole nella terra, che gli oggetti possono raccontare la loro storia solo se li puoi osservare direttamente... quindi usava poco computer, tablet e altri mezzi altamente tecnologici, se non era necessario. Anche in questo non sembrava cambiata. E anche in questo era simile a lui.
Harlock, ricordando anche quanto gli aveva detto Jack, si chiese perché avesse portato con sé tutta quella roba, se non aveva intenzione di fermarsi a lungo.
La donna posò su un basso tavolino sbilenco due tazzine spaiate e una zuccheriera e si sistemò su una sedia di fronte a lui.
“Mi 'spiace, non ho niente per correggerlo.”
“Non fa nulla, grazie. Il profumo è sempre delizioso.”
Bevvero il caffè in silenzio, assaporando l'aroma e i ricordi che inevitabilmente evocava. Rammentò che anche sull'Arcadia per un po' avevano avuto una caffettiera di quel tipo6, ma poi un giorno si era rotta e nessuno si era preoccupato di ricomprarla.
“Dov'è tuo marito?” le chiese a un tratto Harlock. Aveva quella domanda in testa da troppo tempo.
Clarice sospirò e un'ombra di tristezza oscurò i suoi occhi chiari.
“Mio marito è morto molti anni fa, caro.”
Il capitano trasalì.
“Mi dispiace davvero. Com'è successo?”
“Disperso in missione. È stato poco dopo la fine della guerra contro gli Illumidas. Lui e altri ufficiali avevano deciso di restare nell'esercito. Credevano che così sarebbero riusciti a proteggere meglio la popolazione dai soprusi di quei disgraziati. Ma naturalmente sono andati subito in rotta di collisione con i vertici umanoidi e... guarda caso, un bel giorno sono stati spediti in un posto lontanissimo chiamato, mi pare, Strega dello Spazio7, per una missione segreta. Da cui nessuno di loro è più tornato.”
Harlock era scioccato. Sarebbe potuto capitare a lui, se fosse rimasto.
“Ma è terribile! Conosco quel posto. È un vero e proprio inferno, è quasi impossibile uscirne vivi! Ma.. cosa hanno detto le gerarchie?”
“La versione ufficiale è che l'astronave ha avuto un guasto tecnico sulla via del ritorno ed è esplosa. Naturalmente né io né le mogli degli altri militari coinvolti ci hanno creduto. Cioè, forse è andata così, ma non si è trattato certo di un incidente. Beh, mi conosci, non ho lasciato nulla di intentato, ho rotto le scatole al mondo intero, ma non c'è stato nulla da fare. C'era il segreto militare, ho sempre sbattuto contro un muro di gomma. Quando c'è una dittatura, non hai sponda da nessuna parte. Non esiste libertà di parola, di stampa, di opinione. La polizia non è dalla tua parte. E i politici terrestri erano soltanto dei tappetini degli Illumidas! A nessuno importava sapere la verità!”
Clarice aveva abbassato lo sguardo e stretto i pugni.
“Il mio Hector non meritava quella fine!”
Harlock le prese le mani tra le sue. Anche lui si sentiva ribollire dalla rabbia.
“No. Non la meritava. È stata un'orribile ingiustizia! Non c'era nessun bisogno di sabotare l'astronave. Aver mandato lui e gli altri ufficiali laggiù è stato condannarli a morte certa.”
Avrebbe voluto chiederle perché non si era rivolta a lui, ma si rese conto subito che era una domanda stupida. Avevano già perso i contatti tra loro da un pezzo, e lui a quel tempo era già un disertore, un fuorilegge, e si trovava lontano dalla Terra, chissà dove... Se avesse solo potuto immaginare...
“Cosa hai fatto dopo? Come te la sei cavata?”
Clarice alzò di scatto la testa.
“Mi sono dovuta rassegnare. Ormai Hector non c'era più. Mi sono dedicata al lavoro. In università avevo ancora degli amici, e così ho potuto proseguire le mie ricerche. Quelle non davano fastidio a nessuno. E mi hanno salvato dalla disperazione.”
Ad Harlock si strinse il cuore. Sapeva che Clarice era una donna forte e coraggiosa, ma doveva aver comunque passato dei momenti molto bui.
“Dimmi di te” gli disse a bruciapelo. Lei era così: in qualsiasi situazione, aveva la rara capacità di interessarsi alle persone, di ascoltare davvero e di entrare in sintonia con gli altri, chiunque fossero.
Harlock rimase un po' spiazzato. Lo imbarazzava sempre parlare di se stesso.
“Beh, chi sono e cosa faccio immagino tu lo sappia già...”
“Certo che lo so! Ma so anche quello che hai fatto per proteggere la Terra dalla minaccia delle Mazoniane, mentre il nostro governo fantoccio pensava solo a giocare a golf e riempirsi la pancia! Perfino gli Illumidas, appena hanno fiutato il pericolo, se ne sono andati in tutta fretta, abbandonandoci al nostro destino! Penso si siano pentiti abbastanza presto di aver conquistato un pianeta ormai senza più risorse e abitato da gente senza spina dorsale! E pensare che i nostri politicanti da strapazzo si sono pure presi il merito della loro partenza!8 Franklin, io non ti ho mai biasimato per la tua scelta, anzi, ti ho ammirato. Sei sempre stato uno spirito libero. Se Hector e io avessimo potuto immaginare come sarebbero andate le cose, avremmo seguito il tuo esempio. So anche quello che è successo alla tua ragazza e immagino abbia avuto un peso non indifferente nella tua decisione. Ora sai che ti posso capire profondamente.”
Harlock era sempre più colpito. Clarice sapeva di lui molto più di quello che credesse, e molto più di quanto lui sapesse di lei. Entrambi avevano perso tragicamente il compagno della propria vita. Un'altra cosa che li accomunava.
“Ma ora? Ti sei sposato? Hai dei figli? O... hai una donna su ogni pianeta? Non so come vive un pirata dello spazio, in verità, quindi perdonami se ti faccio delle domande un po' sciocche.”
Clarice probabilmente voleva solo distogliere i loro pensieri dai ricordi tristi, ma il risultato fu che il suo antico allievo arrossì come uno scolaretto.
“No... cioè, sì... Insomma, da qualche tempo ho una compagna, un ufficiale del mio equipaggio. Non ho figli miei, ma una specie di figlia adottiva... è la bambina di una coppia di miei carissimi amici rimasta orfana da piccola. Mi sono sempre occupato io di lei, quindi... è un po' come se fosse davvero mia. Ecco... mi piacerebbe fartele conoscere.”
“Ma certo! Bene, sono contenta che tu non sia rimasto solo! È importante avere accanto qualcuno che ci vuole bene.”
Harlock fece uno dei suoi sorrisi a mezza bocca. Ma ora c'erano ben altre questioni di cui gli premeva parlare.
“Clarice, mi hai contattato su un canale che un tempo usavo per comunicare con un vecchio amico … Qualcosa mi dice che non è un caso, ma... perché mi hai cercato proprio ora? Non che mi dispiaccia, beninteso, ma mi chiedo a che cosa ti serva un vecchio fuorilegge come me.”
La donna intanto si era alzata portando via le tazzine, poi era tornata a sedersi, guardando Harlock con aria molto seria. I convenevoli erano finiti. Era giunto il momento di rivelare il motivo del loro incontro.

 




 

 

1 Tortuga è una luna artificiale,una specie di “porto franco”, diventata punto di ritrovo per tutti i criminali del cosmo. C'è in quasi tutte le mie fanfiction sul Capitano.

2 Anche lui è ormai una presenza fissa nelle mie storie, mi ci sono affezionata!

3 Sms realmente ricevuto dalla mia amica da parte della figlia... a tutt'oggi ce ne sfugge il significato.

4 In effetti molti pianeti dove finiscono i Nostri hanno questa ambientazione... sarà la nostalgia di Matsumoto per “Gun Frontier”?

5 Sì, lo so che questo nome non c'entra con questo Harlock...ma lasciatemi divertire un po'!

6 In “SSX - Rotta verso l'infinito” compare più volte, già a partire dalla prima puntata.

7 “Arcadia della mia giovinezza”

8 Questo è uno dei miei tentativi (non so quanto riusciti) di collegare le varie serie animate.

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Capitolo 5
*** Spiegazioni ***


 

“Daiba... immagino quindi che il nome ti dica qualcosa” esordì Clarice.
“Certo... ma ti riferisci al professore o a Tadashi, il figlio, che ha fatto parte del mio equipaggio per un po'?”
“A entrambi, in realtà. Il professor Daiba era per me uno stimato collega e un caro amico, purtroppo morto alcuni mesi fa, come credo tu sappia...”
Harlock sobbalzò sulla poltroncina, che gemette pietosamente. Un doloroso ricordo lo colpì a tradimento.
Daiba, diversi anni prima, gli aveva fatto giurare che, se fosse stato sul punto di tradire l'umanità, lo avrebbe dovuto fermare. In pratica, ucciderlo. Harlock, vista la sua insistenza, aveva accettato, con la convinzione che non sarebbe mai stato necessario. Sapeva che il professore era uno degli uomini più retti e onesti che avesse mai conosciuto. Non aveva nemmeno ben capito che cosa intendesse con “tradire l'umanità”. Invece, un giorno lo aveva contattato, ricordandogli la sua promessa... ma lui non ce l'aveva fatta. Forse per la prima volta in vita sua, era venuto meno alla sua parola.1 Aveva anche cercato di farlo ragionare, ma inutilmente. Da allora, i loro rapporti si erano deteriorati. Daiba non aveva più voluto avere nulla a che fare con lui. Finché suo figlio, Tadashi, era stato a bordo dell'Arcadia, il capitano aveva la certezza che fosse vivo, che non avesse trovato nessun altro per portare a termine il suo piano nefasto, e nemmeno l'avesse fatto lui stesso. Poi, più nulla.
“No, non ne sapevo niente! Mi dispiace molto! Come è successo?”
Era sempre più colpito dai misteriosi e sotterranei legami che avevano continuato a unirlo a quella donna a loro insaputa. Ma perché Tadashi non li aveva avvertiti?
“È stato assassinato, ma non si è mai scoperto da chi e perché. E temo che la colpa potrebbe essere mia, indirettamente. Vedi, il professor Daiba era uno studioso dai molteplici interessi, per cui spesso lo interpellavo per le mie ricerche. Poco prima della sua scomparsa, stavamo entrambi lavorando su un documento storico molto antico e controverso, un codice scritto in una lingua sconosciuta, che nessuno è mai riuscito a interpretare. È noto come Codice Voynich.2 Dell'originale si sono perse le tracce da tempo, ma ne esistevano diverse riproduzioni presso l'Accademia del Sapere Universale, prima che... Ecco... questa chiavetta contiene tutto quanto lo riguarda, ma qui non ho a disposizione un computer abbastanza potente per mostrarti il contenuto...”
Il capitano la seguiva con attenzione. Clarice aveva ancora intatto il dono di rapire gli ascoltatori, quando parlava dell'oggetto dei suoi studi. Però continuava a non capire che cosa c'entrasse lui con tutto ciò.
“Sull'Arcadia abbiamo sicuramente i mezzi adeguati. Il mio primo ufficiale, Yattaran, è un genio dell'informatica, sarà felice di aiutarti...” si limitò a dire.
Gli occhi cerulei della donna si illuminarono.
“Oh, bene, speravo proprio di sentirtelo dire! Vedi... all'inizio del XXI secolo dei ricercatori italiani avanzarono un'ipotesi un po' azzardata, ma interessante. Misero in relazione il codice con un edificio, anch'esso abbastanza misterioso, detto Castel del Monte, costruito in una zona del Sud d'Italia circa a metà del 1200 dall'imperatore Federico II Hohenstaufen3. Come vedi, stiamo parlando di eventi davvero remoti. Beh, l'idea mi intrigava parecchio, così mi sono recata in loco. Del castello ormai sono sopravvissuti solo dei ruderi, ma sono riuscita a ottenere il permesso di fare qualche saggio di scavo... e ho avuto un colpo di fortuna di quelli che capitano una sola volta nella vita!”
Clarice andò a prendere una specie di teca trasparente e la mostrò ad Harlock. All'interno era contenuto quello che sembrava un antichissimo libro, un po' malconcio, insieme a un piccolo igrometro, evidentemente per proteggerlo dall'ambiente esterno. “L'ho trovato sotto una lastra di pietra pavimentale, chiuso in un sacco di cuoio. È un miracolo che si sia conservato pressoché intatto per tutto questo tempo! L'ho riconosciuto subito! Era il Codice Voynich, ma apparentemente una copia molta più antica dell'unico esemplare di cui si era a conoscenza, datato ai primi decenni del 1400!4 Se fosse venuto fuori che era contemporaneo alla costruzione del castello, l'ipotesi degli studiosi italiani avrebbe potuto essere confermata! Ciò avrebbe posto altri interrogativi, naturalmente... Per esempio, se quella copia era rimasta nascosta lì per secoli, significa che in giro ce ne erano altre, altrimenti nessuno avrebbe potuto produrne una nel 1400! E poi, chi e perché l'aveva nascosta proprio lì? Ma questo è il bello del mio lavoro, no? Così ho chiesto l'autorizzazione a poterlo analizzare e me lo sono portato via... Dalle varie prove di laboratorio, di cui oggi fortunatamente disponiamo, il documento è risultato ancora precedente, di oltre due secoli, alla costruzione di Castel del Monte. Ma soprattutto quello che è emerso dall'analisi dell'inchiostro mi ha sconvolto...”
Harlock amava l'antichità, ma non era uno specialista e si stava un po' perdendo in tutti quei dettagli tecnici.
“La pergamena su cui il testo è scritto è databile intorno all'anno Mille... ma il testo non è manoscritto, come quello del 1400, è una copia anastatica! Una specie di fotocopia, o di fotografia, in un'epoca in cui non esisteva alcuna tecnica di riproduzione di questo genere! Non era nemmeno ancora stata inventata la stampa a caratteri mobili! Un assurdo, capisci?”5
“E... che cosa potrebbe significare?”
Clarice era ormai un fiume in piena.
“Oh, le interpretazioni potrebbero essere molteplici... Daiba aveva già ipotizzato, per esempio, che i caratteri e la lingua sconosciuti in cui è redatto il codice potessero essere di origine non terrestre... Al mio ritorno, cercai di contattarlo per metterlo al corrente del mio ritrovamento, ma scoprii con sommo dispiacere che, mentre ero via, era stato ucciso! All'inizio non ho collegato quel fatto alla nostra ricerca, poiché sapevo che lui era un personaggio scomodo per molti, soprattutto nel governo, per altre ragioni... Poche settimane dopo, però, scomparvero improvvisamente dall'Accademia del Sapere Universale tutte le riproduzioni e tutto quanto riguardava il Codice Voynich... per istinto, andai a riprendermi il volume dal laboratorio dell'università dove era custodito, e partii subito dopo, portandomelo dietro, alla volta dell'Italia per continuare le ricerche e gli scavi al Castel del Monte. Ma questa volta mi fu impedito di farlo. Ovunque andassi, con qualunque ente o autorità cercassi di parlare, mi scontravo contro un muro di omertà, quando non di vera e propria ostilità... Così scoraggiata tornai a casa... E la trovai messa sottosopra, così come il mio ufficio all'università... Ricevetti anche sulla mia posta elettronica privata un messaggio anonimo, dal tono minaccioso, con cui mi si ingiungeva di lasciare il codice presso il deposito bagagli della stazione ferroviaria ... Insomma, troppo cose non quadravano... Perché un testo appartenente a un'epoca tanto antica creava tutto questo scompiglio? Così cominciai a temere anche per la mia incolumità...! Dovevo far perdere le mie tracce per un po'... e mettere in salvo il codice! Ma non sapevo dove andare... fu a quel punto che mi ricordai che Daiba aveva un figlio, con cui aveva però un rapporto difficile6. Gli spiegai la situazione e lui mi diede un microchip con tutti gli studi del padre sul codice, e mi consigliò di rivolgermi a te, dandomi le coordinate per mettermi in contatto con l'Arcadia e suggerendomi di venire a incontrarti su questo assurdo pianeta. Ti confesso che rimasi molto sorpresa nell'apprendere che voi due, anzi, voi tre, foste amici... non avevo mai avuto occasione di parlarne con il professore... ma ne fui anche molto contenta.”
Clarice tacque, per lasciare al suo interlocutore il tempo di metabolizzare la massa di informazioni con cui l'aveva investito. La cosa più immediata che Harlock registrò fu che Clarice era nei guai, per ragioni ancora sconosciute ma che avevano evidentemente a che fare con la sua ultima scoperta, e aveva bisogno del suo aiuto.
“Hai fatto bene! Sei la benvenuta sulla mia astronave, naturalmente. Ma devo anche avvertirti che, come tu sai, siamo pirati... la nostra è una vita precaria e piena di insidie...e la mia ciurma... bravi ragazzi, per carità, ma... non è composta esattamente da raffinati nobiluomini...”
“Lo immagino, mio caro. Ma non ho intenzione di darti troppo disturbo. Voglio solo capire che cosa c'è sotto e, quando tutto sarà chiarito, spero di potermene tornare a casa oppure trovarmi un posto sicuro dove stare. Intanto, ti ringrazio dal profondo del mio cuore!”
Gli espressivi occhi di Clarice brillavano di commozione e riconoscenza.
“Pensi di essere pronta per domani? In realtà, contavo di fermarmi qui qualche giorno, ma non voglio che tu rimanga in questa catapecchia più a lungo. Intanto, vorrei avere l'onore di invitarti a cena stasera sull'Arcadia, così puoi cominciare ad ambientarti...”
“Sono stata in posti peggiori... Ma grazie, sei davvero un tesoro! Non so come farò a sdebitarmi!”
“Veramente, Clarice, sono io in debito con te, per tutto quello che mi hai dato quando ero ragazzo...”
La donna se ne andò in camera a prepararsi, prima che le emozioni sopraffacessero entrambi. Lui si rese conto che in realtà per Clarice lui non era affatto il temibile fuorilegge, ma ancora il suo allievo prediletto.
Nel frattempo, Harlock si mise in comunicazione con l'Arcadia per chiedere a Masu di cucinare qualcosa di speciale per la sua ospite. Avrebbero cenato nella sua cabina insieme a Kei e Mayu. Clarice avrebbe fatto conoscenza con il resto dell'equipaggio un po' per volta, decise. L'equipaggio che credeva ancora che lei fosse una avvenenente e spregiudicata piratessa! In quel momento l'idea dello scherzo gli sembrò un po' puerile... Si informò anche, non senza una certa apprensione, se le “ragazze” fossero già rientrate sull'astronave dalla loro passeggiata.
“Sì, capitano, credo abbiamo svaligiato metà negozi della città, ma sono tornate, stia tranquillo!” ridacchiò la vecchia cuoca.
Harlock allora parlò anche con Kei, preannunciandole l'arrivo di Clarice.
“Ceneremo insieme con lei nella nostra cabina. Avvisa Mayu, mi fa piacere che ci sia anche lei. E che si vesta in modo decente, per una volta!”
“Eccomi qua!”
La voce di Clarice lo distolse dall'immagine preoccupante del suo alloggio, l'unico locale presentabile dove era possibile ricevere visitatori, invaso dalle compere di Kei.
Aveva indossato una specie di lunga tunica, di foggia un po' orientale, con uno scialle colorato e una collana di gusto etnico, una delle sue passioni, come lui rammentava bene.
“Te la ricordi, questa?” gli chiese la donna indicandola.
“Sì, certo che me la ricordo...”
Gliel'aveva regalata lui, dopo il diploma e poco prima di andare all'Accademia. Una specie di dono d'addio. La commozione gli chiuse un'altra volta la gola, al pensiero che, dopo tanti anni, la portasse ancora.
“Vorrei portare con me il codice e lasciarlo già sulla tua astronave, se non ti dispiace. Mi sento più tranquilla.”
“Ma sì, è una buona idea. Qui su Tortuga non dovrebbero esserci problemi, ma... non si sa mai.”
Nel breve tragitto sulla navetta fino all'Arcadia, Clarice gli chiese informazioni su Tortuga e sui suoi bizzarri abitanti, divertendosi un mondo alle spiegazioni e agli aneddoti che le riferì il capitano.
Prima di uscire dal mezzo, Harlock le fece una richiesta. Era molto imbarazzato, ma doveva farla.
“Ehm... devo chiederti un piccolo favore personale, Clarice...”
“Tutto quello che vuoi, Franklin!”
“Ecco, appunto, si tratta proprio di questo. Nessuno mi chiama così... Anzi, nessuno sa che mi chiamo così... è un nome che appartiene alla mia vita precedente, al mio passato, che non amo ricordare.”
La donna era un po' interdetta.
“Come ti devo chiamare allora?”
“Harlock. Solo Harlock. Come tutti.”
“D'accordo... se è questo che vuoi. Spero di non sbagliarmi. Sai, l'abitudine... e poi ormai sono vecchia e smemorata!”
“Adesso stai proprio dicendo una sciocchezza!”
Harlock l'aiutò a scendere dalla navetta e la precedette fuori dall'hangar, attraverso la via più breve e diretta che conduceva alla sua cabina, reggendo la piccola teca con il codice. Doveva anche trovarle un alloggio adeguato... soprattutto come dimensioni, per poter contenere tutte quelle casse e quei bauli. Clarice intanto si guardava intorno come incantata. I suoi occhi sempre acuti e attenti scrutavano ogni angolo, ogni particolare di quell'ambiente totalmente nuovo per lei, così diverso da quelli che era abituata a frequentare. Eppure, il futuro sembrava incuriosirla quanto il passato, la tecnologia avveniristica dell'Arcadia la interessava quanto i suoi amati reperti archeologici.
“È... è un posto incredibile - commentò - Non ho mai visto nulla di simile... c'è qualcosa... si percepisce qualcosa di unico, ma che non ti riesco a descrivere a parole!”
“Lo so. L'Arcadia fa sempre questo effetto a tutti.”
“Arcadia... Chissà perché il fatto che tu abbia scelto questo nome non mi stupisce affatto!”
“In realtà non l'ho scelto io... è una lunga storia. Un giorno te la racconterò.”
Intanto erano arrivati davanti alla cabina del capitano. Harlock spinse la porta e cedette il passo a Clarice, che avanzò lentamente nella stanza, se possibile ancora più meravigliata di prima. Lui era certo che avrebbe trovato di suo gusto l'arredamento decisamente arcaico del suo alloggio.
La tavola era già apparecchiata con il servizio migliore e anche le vivande erano già pronte sul carrello.
Kei, che era seduta in poltrona, un po' in penombra, tanto che né Harlock né Clarice si erano accorti subito della sua presenza, si alzò e venne loro incontro. Per l'occasione aveva indossato un semplice tubino nero e aveva raccolto i capelli in un morbido chignon, da cui sfuggivano alcuni riccioli. Era molto raro che si presentasse così, con la vita che conducevano, e il capitano la trovò incantevole. Avrebbe dovuto fare lui le presentazioni, ma le due donne furono più veloci.
La ragazza tese la mano a Clarice.
“Kei Yuki. Benvenuta a bordo!”
Clarice capì al volo di chi doveva trattarsi e le rivolse uno dei suoi caldi sorrisi.
“Clarice Jones. Lietissima di fare la sua conoscenza.”
In quel momento entrò Mayu. Harlock constatò con sollievo che, almeno per quella sera, aveva rinunciato alle sue stravaganze e aveva optato per un vestitino a fiori che le stava molto bene.
“E lei è Mayu Oyama, la mia figlioccia” riuscì a dire questa volta.
“Piacere, cara. Ma che ragazze deliziose! Sei un uomo fortunato … Harlock!” commentò Clarice con entusiasmo, evitando per un pelo di usare il solito nome.
“Vogliamo accomodarci?” li invitò Kei, cominciando a portare in tavola i vari piatti. Si sentiva investita del ruolo di padrona di casa, e in effetti lo era.
Harlock andò a prendere da uno scaffale un paio di bottiglie di vino della sua riserva speciale, e ne approfittò per riporre la teca con il codice in un armadio. Non sapeva se Clarice avesse voglia di parlarne quella sera.
Curioso, sembriamo quasi una famiglia normale! commentò tra sé, osservando le tre donne sedute a tavola e già intente a chiacchierare.

 

 

 

 

1 Quell'episodio di “Endless Odyssey” non mi è mai andato giù... così l'ho corretto a modo mio (avremo modo di ritornarci più avanti).

2 Il Codice Voynich esiste davvero e l'unica copia esistente è attualmente conservata presso l'Università di Yale. Non starò a tediarvi con lunghe spiegazioni, anche perché molte cose le racconterà Clarice stessa nella storia. Di volta in volta vi indicherò quello che è vero e quello che mi sono inventata a mio uso e consumo.

3 Vero. “Puglia/Castel del Monte. Nuova ipotesi comparata sull'identità del monumento” di G. Fallacara e U. Occhinegro, Gangemi Editore (2012). Una sintesi ben fatta di questo studio si può vedere in un video, della durata di circa 20 minuti: http://www.parcheggiocasteldelmonte.it/il-manoscritto-voynich-e-castel-del-monte-due-opere-accomunate-dal-mistero/

4 Vero. La datazione della pergamena è stata fatta nel 2011 con il metodo del carbonio 14. Il che non ha risolto un granché, come si vedrà.

5 Questa parte me la sono inventata. Non si ha notizia di copie più antiche (anche se non si può escludere che ce ne fossero) e al momento non è possibile datare l'inchiostro, perché comporterebbe una procedura troppo invasiva.

6 Il Tadashi di EO aveva in effetti un rapporto turbolento con il padre. Ho fatto un po' un mix con il Tadashi della serie classica.

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Capitolo 6
*** Tra pettegolezzi, interrogatori e sospetti ***


 

La cena si svolse in un'atmosfera rilassata e cordiale. Tutti si sentivano a proprio agio, perfino Harlock. Mayu era visibilmente su di giri per la passeggiata in città e raccontò eccitata di tutti gli strambi personaggi che aveva incrociato e degli acquisti che aveva fatto insieme a Kei e Meeme.
Clarice ascoltava divertita e raccontò a sua volta le sue esperienze appena atterrata in quel posto così pittoresco. Racconti che coincidevano alla perfezione con quanto Jack aveva riferito al capitano, parlando di lei.
La donna impose a tutti di darle del tu e di chiamarla per nome. Ben presto monopolizzò l'attenzione. Al suo carisma del resto era impossibile sfuggire. E ben presto, come Harlock aveva temuto, Kei e Mayu si scatenarono.
“Com'era Harlock... intendo, da ragazzo?” chiese la bionda, non riuscendo più a frenare la curiosità.
Clarice sembrava aspettarsi quella domanda.
“Oh, era il mio studente migliore. Sempre attento, educato, diligente. Uno dei pochi che amava la mia materia. Capirete, in quel tipo di scuola... Ma lui era proprio appassionato e curioso. Spesso ero costretta a invitarlo a casa mia il pomeriggio, per rispondere a tutte le sue domande! Sfortunatamente per me, amava molto di più volare tra le stelle e quindi, dopo il diploma, è andato all'Accademia e io l'ho perso! Me l'aspettavo, è ovvio, sapevo che sarebbe andata così... ma mi è dispiaciuto lo stesso!” concluse guardandolo con affetto.
“E... come si comportava con le ragazze?” intervenne Mayu, guadagnandosi un'occhiataccia da parte del capitano e anche di Kei.
Nonostante i loro rapporti fossero migliorati, ogni tanto la ragazzina non resisteva alla tentazione di punzecchiarla e soprattutto di aizzare la sua gelosia. Inoltre, sperava, in quella circostanza particolare, di scoprire qualche altarino, da sfruttare a suo vantaggio, la prossima volta che il padrino avesse avuto qualcosa da ridire sul suo comportamento. Ma rimase molto delusa.
Clarice alzò le mani scuotendo la testa.
“Ah, no, di questo non so nulla. Quella era una scuola tutta maschile. Di ciò che succedeva fuori da lì, sono totalmente all'oscuro!”
Harlock guardò Mayu con un sorrisetto, sottintendendo ben ti sta!
La ragazzina si rannuvolò, ma il suo malumore scomparve all'istante quando venne a sapere che Clarice sarebbe stata con loro per un po'. La donna l'aveva già conquistata, e Harlock ne fu molto soddisfatto. Era sicuro che avrebbe esercitato un'influenza benefica su di lei, come a suo tempo l'aveva avuta su di lui.
Le tre donne si congedarono con grandi abbracci, anche se sapevano che si sarebbero riviste il giorno dopo, e Harlock riaccompagnò a casa Clarice, dicendole che sarebbe tornato a riprenderla il pomeriggio seguente con tutti i suoi bagagli. Prima di allontanarsi con la navetta, guardò ancora una volta la vecchia casa e si chiese se Clarice fosse al sicuro. Su Tortuga, in realtà, pur essendo (o, meglio, proprio perché era) un covo di briganti, non accadeva mai nulla. Ma forse questa volta c'era in ballo qualcosa di diverso. Chi dava la caccia a quel codice non era certo un delinquente comune. Forse avrebbe dovuto convincerla a passare la notte sulla sua astronave, ma non aveva voluto spaventarla... Nonostante l'ora tarda, chiamò Jack.
“Ehi - sbraitò subito il pirata - Ti sembra l'ora di scocciare la gente?”
“Non mi dirai che eri già a letto a dormire! - lo provocò Harlock - Stai proprio diventando vecchio!”
“Sono, anzi, ero, a letto, ma chi ti dice che non fossi in dolce compagnia? Beh, ormai mi hai disturbato, quindi... che vuoi?”
“Vorrei che mandassi qualcuno a sorvegliare la casa della signora Jones. Solo per questa notte, e senza farsi vedere, lei non sa nulla e non voglio che si preoccupi. E voglio essere avvisato subito se nota qualcosa di anomalo. Pagherò il disturbo, naturalmente.”
“Sorvegliare? Da quando qui facciamo sorvegliare case, di anziane signore, per di più? Io starò diventando vecchio, ma tu stai diventando paranoico!”
“Domani mattina vengo a trovarti e ti spiego tutto. Adesso però fammi questo favore!”
“Ma non puoi mandare uno dei tuoi uomini? O sono diventati una manica di rammolliti pure loro?”
“Preferisco di no. Voi conoscete tutto e tutti a Tortuga, siete in grado di individuare al primo sguardo se un brutto ceffo non è dei vostri. E poi in questo momento non voglio scatenare pettegolezzi sulla mia astronave.”
Sentì un rumoroso sospiro.
“E va bene, vedo di trovare qualcuno che non sia troppo ubriaco!”
“Ti ringrazio. A domani!”
Harlock ritornò sull'Arcadia. Sapeva che Jack sarebbe stato di parola. Sicuramente era una precauzione inutile, ma così si sentiva più tranquillo.
Kei lo aspettava a letto, ancora sveglia.
“Donna notevole - commentò mentre Harlock si preparava a raggiungerla - Intelligente, colta, brillante... Ma sospetto che delle tue attività extra scolastiche sappia molto più di quello che vuole lasciar credere...”
Il capitano sorrise sornione. Clarice non l'avrebbe mai tradito, di questo era certo. E comunque, per quanto fossero in confidenza, non andava certo a raccontarle le sue esperienze sentimentali!
“Ma si può sapere perché tu e quell'altra siete così ossessionate da cosa facevo più di vent'anni fa?”
“Oh, non temere... parlerà, prima o poi. Basteranno pochi giorni in mia compagnia... la complicità femminile ha un grande potere!”
“Non ne sarei così sicuro, al tuo posto!”
Harlock le chiuse la bocca con un bacio, mettendo così fine alla conversazione.

Il mattino dopo, Harlock fece un giro della nave insieme a Maji e Yattaran, per valutare le eventuali riparazioni da attuare, approfittando di quella sosta. Poi chiamò Clarice per assicurarsi che fosse tutto a posto e infine, quando giudicò che l'ora fosse ragionevole, andò a trovare Jack.
Il suo vecchio amico aveva scelto Tortuga come base ormai da molti anni ed era diventato un punto di riferimento per tutti. Di qualunque cosa (o persona) uno avesse bisogno, Jack era in grado di procurarla. Dietro adeguato compenso, beninteso. Del resto, doveva pur campare! Gestiva tutti i suoi traffici da una specie di ufficio, polveroso e caotico, in uno dei tanti edifici un po' cadenti della città. In realtà, il capitano voleva vedere Jack non soltanto perché gli aveva promesso una visita, ma anche per sottoporgli i suoi dubbi in merito alla vicenda di Clarice. Alcune cose non gli tornavano.
Davanti a una bottiglia di rum, nonostante l'orario poco consono, si scambiarono notizie e battute salaci, poi Jack affrontò l'argomento.
“Allora, mi vuoi dire una volta per tutte che cosa hai a che fare tu con quella vecchia pazza?”
“Smettila di chiamarla così! Non è così vecchia e soprattutto non è affatto pazza! È una mia cara amica e gradirei che tu la trattassi con rispetto!”
“Mmmh, i tuoi gusti in fatto di donne sono decisamente peggiorati con il tempo! Ma... contento tu!”
“Non fare l'idiota! La conosco da oltre vent'anni, sì, anche se avevamo perso i contatti da tempo. Era una mia insegnante alla scuola superiore.”
Harlock gli raccontò brevemente la storia di Clarice e del perché si trovasse lì. Jack era un filibustiere, ma di lui ci si poteva fidare. Soprattutto perché sapeva che Harlock lo avrebbe fatto a fette con la gravity-sabre, se avesse sgarrato.
“Ora - cominciò a ragionare ad alta voce il capitano, esponendo le sue perplessità - non sappiamo chi vuole mettere le mani su questo codice e perché. Ma non si tratta certo di sprovveduti o di delinquenti comuni. Sapevano dove abitava Clarice e qual era il suo ufficio in università. Quindi, è anche probabile che la sorvegliassero. Lei è una donna in gamba, ma mi sembra strano che quelli non siano riusciti a seguirla fin qui... Anche perché una persona che viaggia con tutto quel bagaglio difficilmente passa inosservata! Per questo ti ho chiesto di far sorvegliare casa sua stanotte. Temo che in realtà siano qui e stiano solo aspettando il momento propizio per agire... Oggi pomeriggio Clarice si trasferirà sull'Arcadia e sarà definitivamente al sicuro, ma quelli potrebbero darci comunque delle noie...”
“Capisco i tuoi dubbi, Harlock, ma... non hai chiesto direttamente a lei come è arrivata fin qui, e che precauzioni ha usato per far perdere le proprie tracce?”
“No, non ne ho ancora avuto l'occasione, ma lo farò.”
Jack si appoggiò con i gomiti sulla scrivania e si sporse verso di lui, fissandolo nell'occhio.
“Ti farò una domanda scomoda, Harlock, ma, con la vita che facciamo, del tutto lecita. Ti fidi di quella donna? Sei assolutamente sicuro che non sia lei ad averti attirato in una trappola o qualcosa di simile? In fondo, non la vedi da molti anni...”
Harlock scosse la testa con convinzione.
“No, questo non è possibile. Clarice non farebbe mai nulla di simile!”
Il vecchio pirata ritornò ad appoggiarsi allo schienale della poltrona.
“Bene. Meglio così. Ma... che cosa ti aspetti che ti dica? Vuoi sapere se nei giorni scorsi è arrivato su Tortuga qualcuno di sospetto? Non mi risulta, ma posso informarmi meglio. Dammi al massimo 24 ore, e ti richiamo.”
Harlock si alzò e gli porse la mano.
“Grazie, Jack. Sei un vecchio bastardo, ma sei sempre un amico!”
“Bel modo di ringraziarmi! Beh, tu salutami tutti. E la prossima volta vieni a trovarmi con Kei, almeno avrò qualcosa di interessante da guardare, mentre tu spari le tue stronzate!”
Il capitano si portò due dita al sopracciglio e uscì ridacchiando. Il loro rapporto era fatto così. Se ne dicevano di tutti i colori, ma si stimavano e si rispettavano a vicenda.

Harlock rientrò sull'Arcadia appena in tempo per beccare Kei e Mayu che invece stavano per scendere.
“Ehi, voi due! Dove state andando?” chiese severamente.
“Kei mi porta fuori a pranzo!” trillò la ragazzina.
La bionda invece gli sorrise con aria innocente, e il capitano ebbe la netta sensazione che gli stessero nascondendo qualcosa, ma non aveva argomenti per trattenerle. Quindi le incastrò in un altro modo.
“Beh, visto che manca ancora un po' al mio appuntamento con Clarice, vi accompagno. Dove si va?”
Prese alla sprovvista, nessuna delle due osò replicare. La delusione che per un istante si dipinse sul loro volto, però, lo convinse del tutto che ne stavano per combinare una delle loro. Probabilmente non avrebbe mai scoperto di cosa si trattasse, ma non aveva importanza.
Pranzarono in una specie di tavola calda tutto sommato decente, poi il capitano fu trascinato in giro per negozi e botteghe stravaganti, dove le ragazze entravano e uscivano, spesso senza aver comprato nulla. Il sospetto era che stessero cercando di esasperarlo o di prendere tempo. E in effetti si avvicinava l'ora di andare da Clarice.
“Vai pure, Harlock - gli disse Kei con voce flautata - Noi finiamo il nostro giro e tra poco rientriamo anche noi, non temere.”
Il capitano si era già stancato di fare il cane da guardia, in più odiava la confusione e quindi fu in realtà sollevato di avere una scusa per andarsene lontano da lì.
Aveva fatto preparare una navetta di quelle adibite al trasporto merci e aveva chiesto a Yattaran di mandargli un uomo che lo aiutasse a caricare i bagagli di Clarice.
“Ah! - commentò il pirata, fregandosi le mani - La signorina allora entrerà a far parte della ciurma!”
“Questo lo vedremo” tagliò corto il capitano.
Yattaran si chiese come l'avrebbe presa Kei, ma non si azzardò a esprimere questo pensiero ad alta voce.
Clarice era pronta. I bagagli più leggeri erano già accatastati sotto il portico, e lei era seduta sui gradini, con dei fogli in mano e l'aria assorta. Quando sentì arrivare la navetta, si alzò in piedi agitando la mano felice. Harlock balzò elegantemente a terra, mentre Ryo, il pirata che lo aveva accompagnato, fissava la donna con gli occhi spalancati e non accennava a muoversi. Con i compagni aveva fantasticato per giorni su questa cara amica del capitano... ma quella poteva essere sua madre!
Il quale capitano aveva intuito benissimo quali pensieri stessero passando per la testa del suo sottoposto e se la rideva tra sé e sé.
“Ehi, Ryo! Che fai, lì imbambolato? Dobbiamo caricare tutti i bagagli della signora!”
L'uomo si riscosse e scese a sua volta dal mezzo.
Clarice si presentò dandogli la mano e sorridendogli con gentilezza. Un altro aspetto del suo carattere che Harlock aveva sempre ammirato era proprio il suo modo di trattare tutti con la medesima cortesia, dall'illustre accademico al fattorino.
“Piacere, Clarice Jones. Prego, da questa parte. Ci sono ancora un paio di bauli.”
Il paio di bauli si rivelarono in realtà una mezza dozzina, per di più pesantissimi, senza contare un numero imprecisato di borse di varie dimensioni. Alla fine, come il cielo volle, tutto fu stipato sulla navetta. Clarice lasciò le chiavi nella toppa della casa, secondo le indicazioni del proprietario, e i tre partirono alla volta dell'Arcadia. Quando entrarono nell'hangar e scesero, Clarice e Ryo erano già diventati buoni amici.
“Ti accompagno nel tuo alloggio - le disse Harlock - Ho scelto la cabina più spaziosa, ma... per il resto, temo dovrai accontentarti. Ma puoi personalizzarla come vuoi, naturalmente!”
“Ma, caro, lo sai quante volte ho dormito in una tenda o in baracche peggiori di quello che ho appena lasciato, no?”
Ryo era sempre più sbalordito. Ma chi era questa strana signora, che tra l'altro trattava il capitano con tanta familiarità?
“Farò trasportare lì tutti i tuoi bagagli più tardi” continuò il capitano facendole strada.
La cabina destinata a Clarice era situata a poppa, in un piccolo corridoio tranquillo non lontano dall'alloggio di Harlock. Era spartana, come tutte le altre, ma era più ampia e aveva anche la doccia privata. Di fianco, c'era un altro piccolo locale inutilizzato, che Clarice avrebbe potuto adibire a studio, se la sua stanza non fosse bastata a contenere tutte le sue scartoffie. La donna ne fu subito entusiasta e non smetteva di ringraziarlo. Il capitano, imbarazzato, la invitò a bere qualcosa nella sua cabina, in attesa che gli uomini portassero i bagagli. Così avrebbe anche potuto controllare se Kei e Mayu fossero rientrate. Ma di loro non c'era traccia, e Harlock cominciava a innervosirsi.
Un'ora più tardi, si sentirono le loro risate dal fondo del corridoio e le due ragazze fecero irruzione nella cabina, bloccandosi di colpo appena videro Clarice seduta alla scrivania insieme al capitano. La donna le accolse con un sorriso, e Mayu andò addirittura ad abbracciarla, lasciando i presenti piacevolmente stupiti.
“Cos'avete combinato, voi due?” chiese Harlock con aria indagatrice.
“Oh, niente di che. Abbiamo solo comprato dei costumi da bagno nuovi - rispose la ragazzina con noncuranza - A proposito, quando si va su Ombra di Morte?”
Non ne avrebbe parlato in presenza di un estraneo, ma aveva ormai compreso che Clarice era una dei loro, e che il capitano si fidava di lei.
“Ombra di Morte?” chiese Clarice un po' perplessa da quel nome poco invitante.
“Ho promesso a Mayu che l'avrei portata un po' al mare e … beh, è inutile che ti spieghi di cosa si tratta, lo vedrai presto.”
Harlock pensò che in realtà quel soggiorno su Ombra di Morte cascava a meraviglia: così i misteriosi inseguitori di Clarice non li avrebbero trovati per un bel pezzo, e loro avrebbero potuto studiare meglio la situazione. E Yattaran, che non sapeva stare troppo a lungo senza fare nulla, avrebbe potuto dare una mano alla studiosa a esaminare il codice in tutta tranquillità.
“Ah, prima che mi dimentichi - esclamò Clarice battendosi una mano sulla fronte - Ho sentito il giovane Daiba, per rassicurarlo. Ero rimasta d'accordo con lui che lo avrei avvertito quando fossi riuscita a incontrarvi.”
Kei trasalì quasi impercettibilmente, ma Clarice se ne accorse.
“Sta bene - proseguì, come anticipando una domanda - E vi manda i suoi saluti.”
Anche Harlock si era accigliato.
Clarice si alzò.
“Bene! Credo sia ora che vada a prendere possesso della mia stanza! Kei, cara, mi accompagneresti? Così ti chiedo alcune spiegazioni sugli aggeggi che ci sono dentro, non vado troppo d'accordo con la tecnologia...”
“Ottima idea - le incoraggiò il capitano - Ci vediamo per cena, signore!”
Anche Mayu se la filò in camera sua e lui rimase da solo a finire il suo vino.
Tadashi... Era stato l'unico a non voler tornare sull'Arcadia, l'unico che era riuscito ad adattarsi a una vita normale. A volte gli mancava, quella testa calda. Si augurava solo che fosse davvero felice.

Clarice aveva davvero bisogno di aiuto per imparare a gestire i benefits tecnologici della sua cabina, dove intanto era già stata trasferita la maggior parte del suo bagaglio, ma in realtà voleva anche avere l'opportunità di parlare con Kei da sola.
Dopo le spiegazioni della bionda, la guardò con simpatia.
“Kei, ho un altro messaggio da parte di Tadashi, questa volta destinato soltanto a te.”
Kei arrossì suo malgrado, e Clarice ebbe così conferma di quanto sospettava. Quella bella ragazza, con il suo legame con Harlock, doveva essere la principale ragione per cui il giovane aveva deciso di non riunirsi ai suoi amici e di restare sulla Terra.
“Mi ha chiesto prima di tutto come stavi, come ti avevo trovato... secondo le mie impressioni, almeno, visto che non ci conoscevamo. E poi mi ha detto di portarti i suoi saluti e di perdonarlo per non essere riuscito ad aiutarti quando eri in prigione... aveva mosso tutte le sue conoscenze, ma non era venuto a capo di nulla... Ma poi ha avuto la certezza che Harlock sarebbe venuto a liberare te e i vostri compagniOh, tesoro, non volevo turbarti!” esclamò la donna quando vide l'espressione contrita sul viso di Kei.
“È... è una lunga storia...”1 mormorò.
“Ma non c'è bisogno che mi racconti i fatti tuoi, ci mancherebbe! Tadashi mi ha chiesto di fare questa ambasciata, e ho capito che non era necessario che Harlock ne fosse al corrente.”
“Sì, grazie, sei stato molto gentile... Harlock sa tutto, in realtà...”
“Ma la decisione di condividere con lui questa cosa spettava solo a te.”
“Ma... lui come sta?”
“Bene... almeno, credo. Non abbiamo avuto il tempo di conoscerci a fondo. Ero amica di suo padre, ma non ho mai saputo molto di lui, in effetti...”
“Harlock mi ha detto che suo padre è mancato in circostanze tragiche, mi dispiace molto... Ma... sai se... sta con qualcuna? Se ha una fidanzata?”
“Non lo so, cara, mi dispiace. Le poche volte in cui ci siamo incontrati era da solo, ma questo non significa nulla... Ma sono sicura che se la sta cavando benissimo!”
“Sì, lo credo anch'io. Grazie, Clarice. Ci vediamo più tardi. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamami pure con l'interfono.”
Kei si avviò lentamente verso la cabina di Harlock. Sua e di Harlock.
Tadashi mancava anche a lei, a volte. Le mancava come amico, però, e quindi era meglio che le cose restassero com'erano. Era sicura che Harlock lo avrebbe accolto ancora a bordo a braccia aperte, pur essendo a conoscenza della loro relazione. Era un uomo estremamente razionale e non soffriva certo di gelosia retroattiva. Ma lei si sarebbe sentita troppo a disagio. Non andava fiera di come si era comportata con lui, anche se non aveva potuto fare diversamente.

 

 

 

 

1 Vd. “Ora che è tutto finito”

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Capitolo 7
*** Incontri ravvicinati ***


La sera del suo arrivo sull'Arcadia, il capitano aveva invitato a cena (si fa per dire, visto che lei si nutriva solo di alcool) anche Meeme. C'era stato un momento di imbarazzo quando l'aliena si era presentata nel suo solito modo: “Sono la donna che ha dedicato la sua vita ad Harlock” e Clarice, che pure era di larghe vedute, aveva sollevato appena un sopracciglio, gettando nello stesso tempo un'occhiata interrogativa a Kei, la quale però non aveva tradito la minima emozione. Ma si era ripresa subito e aveva ricominciato a chiacchierare amabilmente con tutti. Harlock aveva però capito l'equivoco e si era ripromesso di chiarire al più presto con la vecchia amica che era sì un poco di buono, ma non era bigamo.
L'altra persona che il capitano volle che Clarice incontrasse subito dopo era la vera istituzione dell'Arcadia, ovvero Masu. Dovevano avere suppergiù la stessa età, anche se in realtà nessuno sapeva con certezza quanti anni avesse la cuoca di bordo. Eppure, senza sapere bene perché, Harlock non si sentiva tranquillo e volle quindi preparare il terreno. Prima di cena, quindi, si recò nelle cucine, cosa che non faceva quasi mai, tanto che Masu si allarmò.
“Capitano! È accaduto qualcosa?”
“No, nulla, Masu-san.”
“La cena di ieri non è stata di gradimento della sua... ospite?”
Aveva pronunciato la parola “ospite” con un tono sarcastico.
“No, era tutto perfetto. Proprio di lei volevo parlarle... Clarice starà con noi per un po'...”
“Lo so, l'ho sentito dire dagli uomini, con commenti annessi che non sto a riferirle.”
Harlock pensava che Ryo avesse ormai divulgato la vera identità di Clarice, ma evidentemente si era sbagliato. Forse anche il giovane pirata voleva godersi le facce dei compagni quando l'avessero conosciuta.
Masu si piantò davanti a lui con le mani sui fianchi.
“Capitano, non sono fatti miei, ma... le sembra il caso di tenere a bordo una sua ex fidanzata? Sono sicura che lei è animato dalle migliori intenzioni, ma … non mi pare rispettoso verso Kei, ecco! E non è nemmeno un buon esempio per Mayu!”
Harlock capì che le congetture dell'equipaggio erano andate oltre le sue previsioni e si lasciò andare a una sana risata. Era un evento così raro che Masu temette seriamente che stesse capitando qualcosa di grave.
“Masu, Clarice non è una mia ex fidanzata! È stata una mia insegnante quando andavo a scuola, eravamo buoni amici. In questo momento ha bisogno del nostro aiuto. Tutto qui.”
“Ah! Beh, in tal caso... meglio così. Quindi sarà una signora... di una certa età - Masu parve riflettere tra sé per qualche istante, poi lo fissò di nuovo con aria sospettosa - Non è che vorrà insediarsi qui in cucina? Lo sa che non voglio estranei tra i piedi, quando lavoro!
Ecco, come pensavo.
Harlock sorrise.
“Non ha nulla da temere da questo punto di vista, Masu-san. Credo che Clarice non abbia mai cucinato più di un uovo sodo in vita sua, e non penso intenda darsi alla gastronomia proprio adesso.”
Era vero. Clarice e suo marito erano dei buongustai, ma, quando vivevano alla base militare, avevano una cuoca, e poi andavano spesso al ristorante. Harlock non aveva mai visto la sua insegnante trafficare con pentole e padelle, ma solo con la sua amata caffettiera.
“Vorrei presentargliela. Quando ha tempo, naturalmente.”
“Mmmh... Sì, certo. Magari domani mattina, dopo la colazione della ciurma, potrei avere 5 minuti.”
“Bene, grazie. A domani, allora.”
Harlock ritornò in cabina divertito. Aveva la netta sensazione che Masu fosse un po' gelosa della nuova arrivata. Ma era sicuro che Clarice avrebbe conquistato anche lei.
Nemmeno Masu disse nulla al resto della ciurma. Forse voleva punirli per i loro commenti, che lei giudicava immorali.
L'incontro tra le due donne andò benissimo. Clarice dissolse la diffidenza di Masu facendole i complimenti per la sua cucina e dichiarando, nello stesso tempo, la sua totale inettitudine nelle attività domestiche di qualsiasi tipo.
Harlock la accompagnò poi all'infermeria, augurandosi che il medico di bordo non fosse già troppo sbronzo. Il dottor Zero potrebbe essere suo coetaneo, rifletteva intanto... e Clarice è vedova da tanto tempo... chissà che non possa nascere qualcosa... Ma che diavolo vado a pensare? - si rimproverò subito dopo - Mi metto a fare il paraninfo adesso? Mi ci manca solo quello!
Per sfortuna il dottore stava dormendo della grossa su uno dei lettini, abbarbicato a una bottiglia, e Harlock non se la sentì di svegliarlo, per non rischiare di peggiorare la situazione.
“Malgrado le apparenze - tentò di giustificarlo, imbarazzato - è un ottimo medico, sa risolvere qualsiasi problema!”
Clarice annuì, chiaramente poco convinta. Il capitano si insultò mentalmente per non aver organizzato l'incontro per tempo, come con Masu... conoscendo il soggetto!

Il prossimo sarebbe stato Yattaran. E con lui il capitano era sicuro che la notizia avrebbe fatto il giro dell'astronave, vista l'incapacità del suo primo ufficiale di tenersi un cece in bocca.
Il capitano lo convocò nel suo alloggio e, contrariamente al suo solito, lui arrivò subito, nascondendo a stento la curiosità. Clarice non c'era ancora, e quindi Harlock lo invitò a sedersi, con l'idea di chiedergli come procedevano gli interventi di manutenzione dell'Arcadia. Ma Yattaran continuava a dimenarsi sulla sedia e quasi non lo ascoltava.
Perché diamine è così agitato? Sembra un adolescente in calore! Forse è il caso che si trovi una compagna anche lui!
Poi se ne venne fuori con una domanda che lo lasciò di stucco.
“E... com'è il tatuaggio di Kei?” gli chiese strizzandogli l'occhio.
Adesso sta esagerando! Da quando si permette tutta questa confidenza?
Harlock aggrottò le sopracciglia. Era assolutamente certo che Kei non avesse alcun tatuaggio, in nessuna parte del corpo. Sapeva benissimo, tra l'altro, quanto lui detestasse i tatuaggi.1 Ma, in ogni caso, la faccenda non riguardava né Yattaran né nessun altro e il capitano decise di farglielo capire una volta per tutte. Lo fissò con aria truce.
“Che ne sai tu?” gli chiese severo.
L'ufficiale capì di aver osato troppo.
“No... niente... è che - cominciò a balbettare - uno dei ragazzi ha visto Kei e Mayu entrare nel laboratorio di un tatuatore e allora...”
Ecco dove avevano intenzione di andare, quelle due!
Ma, se non era stata Kei a farsi un tatuaggio, l'alternativa era una sola... Harlock inorridì dentro di sé all'idea e si ripromise di dare una bella strigliata a entrambe. Ma cosa aveva fatto di male?
Con grande sollievo di Yattaran in quel momento qualcuno bussò e subito dopo entrò Clarice, trafelata.
“Eccomi eccomi! Scusate il ritardo, ma non ricordavo più il codice per aprire la porta, me lo dovrò scrivere da qualche parte...”
“Ti presento la professoressa Clarice Jones” disse Harlock con chiara soddisfazione.
All'ufficiale, che si era alzato meccanicamente appena aveva sentito aprire la porta, cadde la mascella. Si mise a fissare impietrito e a bocca aperta la matura signora che gli porgeva la mano.
“Clarice Jones” ripeté la donna, un po' perplessa da quello strano atteggiamento.
“Ya... Yattaran” fu solo in grado di farfugliare con un filo di voce.
“Yattaran e....?”
“Solo Yattaran.”
Che strano posto, pensò Clarice. Nessuno, a parte Kei e Mayu, sembra avere un nome e un cognome... o l'uno o l'altro... e chi ha entrambi, non vuole usarli......
“Yattaran è il mio primo ufficiale e, malgrado le apparenze, è un vero genio nel campo meccanico e informatico - proseguì Harlock, che se la stava spassando un mondo - Bene, ora che avete fatto le presentazioni, devi sapere, Yattaran, che la professoressa Jones è una stimata ricercatrice e archeologa. In particolare adesso si sta occupando di una certa questione, di cui ti parlerà lei stessa appena potrai. Vorrei che tu le fornissi un computer un po' più potente rispetto a quello che ha potuto portare con sé, e ti mettessi a sua disposizione per qualsiasi esigenza. Adesso che staremo qualche giorno su Ombra di Morte dovresti avere un po' di tempo da dedicarle, no? Sono sicuro che le sue ricerche intrigheranno parecchio anche te!”
“Ma certo! Nessun problema, madame! Sarà un piacere. Anzi, se permettete, vado subito a cercare un computer adatto. Capitano, signora Jones, i miei saluti!”
Yattaran saltò su dalla sedia, fece un frettoloso cenno di commiato all'indirizzo dei suoi interlocutori e sparì come se fosse stato inseguito da tutti i diavoli dell'inferno.
Clarice rivolse un'occhiata perplessa ad Harlock, che si strinse nelle spalle.
“È un ottimo elemento - lo giustificò - Non potrei fare a meno di lui, ma è un po'... originale. Poi, come ti dicevo, qua non siamo molto abituati a trattare con le signore. Devi scusarlo.”
In realtà, si stava chiedendo anche lui che cosa gli avesse preso per filarsela in quel modo. Forse la delusione?
Clarice non era certo una che si formalizzava, anzi, l'idea di potersi avvalere dell'aiuto di un esperto informatico la stuzzicava molto, era sicura che avrebbe potuto raggiungere ottimi risultati e molto più rapidamente che non da sola.

Yattaran percorse i corridoi che conducevano al suo alloggio imprecando tra sé e sé e senza degnare di uno sguardo chiunque incontrasse. Non solo l'amica del capitano si era rivelata una vecchia carampana, rifletteva, ma gli toccava pure occuparsi di lei! Finalmente poteva godersi un po' di riposo su Ombra di Morte e dedicarsi ai suoi modellini, e invece avrebbe dovuto lavorare! Ma purtroppo erano ordini del capo... non era possibile sottrarsi, non senza un valido motivo! Intanto, però, l'avrebbe fatta pagare a Ryo, e anche molto cara, per non avergli detto la verità,!

Quella sera cenarono ancora tutti insieme, lui, Clarice, Kei, Mayu e Meeme. Non parlò molto (tanto le altre sopperivano abbondantemente alla sua scarsa loquacità), ma fissò per tutto il tempo con aria severa ora Kei ora Mayu, con il malcelato intento di innervosirle. Le due probabilmente se ne accorsero, ma fecero finta di nulla e, appena finito di mangiare, la ragazzina sparì in camera sua con una scusa. Anche Clarice si ritirò, lamentando una certa stanchezza, in realtà per non fare il terzo incomodo.
Harlock e Kei andarono a letto.
“Vediamo un po' questo tatuaggio...” la provocò lui, tirandole la succinta camicia da notte.
“Quale tatuaggio?” strillò lei di rimando.
“Dimmelo tu...”
“Non ho nessun tatuaggio, e tu lo sai benissimo!”
“Ma... Yattaran mi ha chiesto com'era e io non ho saputo rispondergli...”
“E ci mancherebbe altro! Come si permette, poi, quello là? Non l'hai sbattuto in cella?”
“Per così poco... Il fatto è che qualcuno ha visto te e Mayu entrare nel laboratorio di un tatuatore...”
“I tuoi uomini sono diventati più pettegoli di una manica di bottegaie! Dovrebbero vergognarsi, oltre a imparare a tenere il becco chiuso!”
“Non cambiare discorso - Harlock si fece d'improvviso serio - Se non l'hai fatto tu, il tatuaggio, evidentemente l'ha fatto quell'altra! Che, ti ricordo, ha appena 15 anni e non può fare certe cose senza il MIO permesso! Quante volte te lo devo ripetere?”
“Ma quanto sei antiquato! E tutto per un tatuaggio? Ancora un po' e quella poverina dovrà chiedere l'autorizzazione pure per respirare!”
“Senti, mi fa piacere che voi due siate tornate amiche, davvero, ma la sua tutela ce l'ho io, nel bene e nel male. Cerca di tenerlo bene a mente, per favore. E ora, dimmi, dove se l'è fatto fare 'sto tatuaggio, quella sciroccata?”
Kei incrociò le braccia, offesa. Fu tentata di non rispondergli per ripicca, ma non voleva mettere ulteriormente nei guai Mayu.
“Da nessuna parte. Siamo andate lì solo a prendere qualche informazione. Abbiamo guardato dei disegni e poi ce ne siamo andate. Dillo a quel ficcanaso di Yattaran!”
Harlock si sentì sollevato... sempre che quella fosse la vera versione dei fatti!
“E comunque non puoi dirle sempre di no su tutto, su qualcosa devi cedere, altrimenti si metterà a fare le cose di nascosto!”
“Da quando sei un'esperta di educazione e psicologia?”
“Uso solo il buonsenso e un po' di sensibilità. Poi, dopotutto, non è passato così tanto tempo da quando avevo la sua età...” aggiunse con aria dispettosa.
“Sì, certo, come no? E adesso fammi controllare se davvero non hai nessun tatuaggio, neppure piccolo piccolo!”

Il giorno dopo Harlock decise di lasciare Tortuga. Prima che a Mayu venisse in mente qualche altra bella pensata. Lo sapeva, che sarebbe stato un errore portarla lì! Avrebbero completato la manutenzione della nave su Ombra di Morte.
Mentre a bordo fervevano i preparativi per la partenza, contattò Jack per sapere se aveva saputo qualcosa sui misteriosi persecutori di Clarice.
“Non mi risulta alcun tipo sospetto - fu la risposta - La tua amica è arrivata con un cargo spaziale... Conosco il comandante, e non c'era nessuna recluta tra l'equipaggio, quindi tutto regolare. Come poi abbia fatto a scovarlo e convincerlo a prenderla a bordo, per me è un mistero, lui non me l'ha voluto dire! Quando l'avrai scoperto, fammelo sapere, che voglio farmi quattro risate!”
“Noi stiamo per ripartire, Jack. Ma se vieni a sapere qualcos'altro, ti prego di riferirmelo, anche se magari a te non sembra importante.”
“Te ne vai di già? Peccato, non ho avuto modo di salutare la tua signora... Allora buon viaggio e... alla prossima!”
“A presto, Jack. E... grazie di tutto.”

Una volta nello spazio, abbastanza lontani da Tortuga e da ogni altro luogo abitato, furono attivate le consuete procedure per avvicinare Ombra di Morte. Clarice era molto incuriosita da tutto ciò e Harlock le spiegò a grandi linee di che cosa si trattasse.
“Trascorreremo lì qualche giorno di vacanza... e nello stesso tempo nessuno ci troverà, se qualcuno ti avesse per caso seguito dalla Terra... A proposito, non mi hai ancora raccontato come sei arrivata fino a Tortuga...”
“Oh, è stato determinante l'aiuto del giovane Daiba. Mi ha procurato un biglietto per Neoterra a nome di Clarice Jones... mentre io in realtà, con dei falsi documenti d'identità, mi sono diretta su Ermete, dove ho cercato un tuo amico2, il quale a sua volta mi ha trovato un passaggio su un cargo merci diretto a Tortuga... Non erano persone dalle facce raccomandabili, ma ho capito presto che in questo ambiente basta fare il tuo nome e nessuno ti torce un capello...”
Harlock socchiuse l'occhio sorridendo tra sé. Aveva pensato che Clarice si sarebbe trovata a disagio su una nave pirata, ma ancora una volta si era sbagliato... sembrava che lei non avesse alcun problema a raggirare la legge e ad avere a che fare con avanzi da galera ben più pericolosi della ciurma dell'Arcadia.
Restava però il problema di come gestire la vita quotidiana. Non era pensabile che Clarice, per quanto fosse alla mano, prendesse i pasti alla mensa comune, dove regnava sempre una confusione indescrivibile e poco adatta a una signora. E lui e Kei, quando erano in servizio, spesso mangiavano in modo veloce e informale... e, a volerla proprio dire tutta, per quanto fosse affezionato alla sua vecchia amica, Harlock non amava molto avere estranei nel suo alloggio. In quel caso avrebbe potuto fare uno sforzo, ma non sapeva se ci sarebbe riuscito. E Kei, poi, come l'avrebbe presa? Già avevano così poco tempo per starsene da soli in santa pace! Mayu non faceva testo, visto che raramente stava a bordo per periodi lunghi, e non era prevedibile: a volte cenava con loro, a volte in mensa con gli altri, a volte preferiva starsene da sola in camera sua.
Alla fine si risolse a parlarne con lei, appena entrati dentro il finto asteroide. Clarice aveva assistito alle manovre di atterraggio dalla plancia ed era rimasta a bocca aperta davanti all'incredibile visione che si era offerta ai suoi occhi. Si era rivolta al capitano.
“Ma... è pazzesco! E tutto questo è davvero... finto?”
Harlock annuì compiaciuto.
“Un giorno ti racconterò anche questa storia. Intanto, puoi fare quello che vuoi... puoi andare al mare, se ti fa piacere, o restare qui e dedicarti ai tuoi studi... gli uomini sono in libera uscita, ma la mensa e gli altri servizi funzionano regolarmente. Io poi non mi allontano mai a lungo dall'Arcadia. Se preferisci pranzare con Kei e me, sappi che non c'è alcun problema, ma se decidi diversamente ti farò portare i pasti nella tua cabina...”
“Grazie, siete davvero tanto carini, ma io sono una vecchia signora e sono ormai abituata a stare da sola, quindi... accetto volentieri il servizio in camera!”
Harlock non seppe mai se Clarice davvero preferisse quella soluzione o il suo fosse un atto di discrezione verso lui e Kei, ma comunque gliene fu grato.
“Bene, darò disposizioni in merito. È probabile che i ragazzi organizzino qualche festa sulla spiaggia, in questi giorni, in tal caso ti consiglio di partecipare, perché sono molto divertenti.”
“Lo farò con piacere!”
La ciurma dell'Arcadia si era già rumorosamente riversata sulla spiaggia. Kei gli si presentò davanti in canottiera e shorts. Lei adorava il mare e prendere il sole... tanto quanto lui detestava spogliarsi in pubblico e starsene per ore immobile ad abbronzarsi. Al massimo si concedeva qualche nuotata solitaria.
“Mi raggiungi più tardi?” gli chiese.
“Sì, può darsi” rispose lui distratto, perché intanto aveva visto Mayu scendere dall'Arcadia con un costume da bagno... assolutamente inappropriato!
Se la prese con Kei.
“Ti sembra il modo di vestirsi, anzi, di non vestirsi?” sibilò, indicandole la ragazzina.
La bionda alzò gli occhi al cielo.
“Ah, ma sei fissato! È un due pezzi, mai visto uno?”
“Due centimetri quadrati di stoffa cuciti insieme me lo chiami costume tu?”
Kei sbuffò.
“Esagerato! Sei davvero insopportabile! Beh, io vado. La cosa non mi riguarda, l'hai detto tu stesso, se ben ti ricordi! Ci vediamo dopo!”
Harlock cercò di calmarsi. Quasi quasi rimpiangeva l'epoca lontana in cui le donne non mettevano piede a bordo delle navi pirata, in quanto considerate portatrici di sventura!





 

 

 

1 Allora, spiego il motivo di questa mia idea della fobia di Harlock per i tatuaggi (c'era anche in “Fuorilegge”, cap. 12). I tatuaggi sono qualcosa che facilmente si associa ai pirati. A (quasi) tutti i pirati. Ma non ad Harlock. E non sono evidentemente l'unica a pensarla così, perché non ho mai visto un disegno o una fan-art in cui lui ne abbia uno. Cicatrici sì, tante, ma tatuaggi zero. Ma lui è un pirata “di buona famiglia”, con dei trascorsi militari ecc. ecc. (Poi magari ci sbagliamo e là sotto c'è di tutto, chi può dirlo?).

2 “Legami di sangue”, cap. 27

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Capitolo 8
*** Ipotesi e scoperte ***


Yattaran fu di parola e, prima di scendere dall'astronave insieme ai compagni, consegnò a Clarice un portatile di ultima generazione. Lo installò nella sua cabina e le spiegò come usarlo.
“Grazie, molto gentile - disse la donna, affabile come sempre - Poi, quando vuole, le posso illustrare quello che sto studiando in questo momento... sempre che le interessi, beninteso. Ma, visto che è la ragione per cui vi sto dando tanto disturbo... magari mi può dare una mano...”
Yattaran, che la ascoltava un po' distrattamente mentre armeggiava ancora con il computer, a quell'ultima frase drizzò le orecchie. In effetti, il capitano non aveva spiegato a nessuno per quale motivo avesse preso a bordo la sua vecchia amica, e in quale genere di guai si trovasse. Si ripromise di chiederglielo alla prima occasione. Se voleva la sua collaborazione, doveva dirgli come stavano le cose.
“Certo, se posso... molto volentieri.”
Il primo ufficiale si congedò, ma ormai Clarice aveva stuzzicato la sua curiosità.
La donna bussò poi alla cabina di Harlock per riprendere il codice.
Il capitano tolse la piccola teca dall'armadio in cui l'aveva riposta e gliela porse.
“Posso... vederlo?” chiese un po' titubante. Chissà perché, gli sembrava di osare troppo.
“Ma certo, caro! Sono stata scortese, avrei dovuto mostrartelo subito! Ecco qua!”
Clarice indossò i guanti protettivi di cotone che aveva portatò con sé, poi lo prese delicatamente e cominciò a sfogliarlo sotto lo sguardo affascinato di Harlock.
“Il codice sembra diviso in quattro parti, ognuna dedicata a un argomento diverso: botanica, astronomia-astrologia, biologia, farmacologia... Lo si deduce dai disegni, perché, come ti dicevo, il testo non è mai stato interpretato. Alla fine c'è una specie di indice. Ma si tratta di una suddivisione grossolana, adottata più che altro per motivi pratici... anche perché pure i disegni sono di difficile comprensione.”1
“Che cosa potrebbe essere, a cosa poteva servire, secondo te?”
Clarice scosse la testa sconsolata.
“Una sorta di enciclopedia? Un manuale scolastico? Sono state fatte innumerevoli ipotesi, ma nessuna soddisfacente. Purtroppo finché non si riuscirà a capirne la scrittura e la lingua, il mistero è destinato a rimanere. Per molti studiosi del passato si tratta di un falso creato ad arte per truffare qualche ricco sprovveduto amante delle antichità2, ma questa teoria non mi ha mai convinto. Si è poi sempre pensato che ne esistesse un'unica copia, che fu conservata per molti anni presso l'università di Yale, allora negli Usa, e di cui poi a un certo punto, circa un secolo fa, si persero le tracce. Ma ora che ho trovato questa, è chiaro che potrebbero esisterne altre, più antiche, e tutte le teorie precedenti sono messe in discussione...”
Harlock aggrottò la fronte davanti a una serie di disegni che rappresentavano delle figure femminili nude, immerse in strane vasche, collegate da tubi, contenenti un liquido in alcuni casi azzurro e in altri verdastro. Molte sembravano incinte, ma non si capiva assolutamente che cosa stessero facendo.3
“Hai detto che il professor Daiba riteneva che la scrittura e la lingua potessero essere di origine aliena...”
“Sì, ne era sempre più convinto. Io sono più scettica. Sono più propensa a ritenere che il testo contenga un messaggio in codice, che insomma si tratti di un linguaggio artificiale, che solo determinate persone erano in grado di comprendere, quelle che ne possedevano la chiave. Ma la mia è solo un'ipotesi come un'altra. Oltretutto, la tecnica con cui è stato prodotta questa copia, sconosciuta a quell'epoca sulla Terra, potrebbe dare ragione a Daiba.”
Harlock rifletteva a occhi chiusi e braccia conserte, come suo solito.
“C'è un'altra cosa che non continuo a non capire... Perché un volume che nessuno è mai riuscito a leggere, che non si sa di che cosa parli, di cui in fondo pochi addetti ai lavori sono a conoscenza, abbia causato tanti danni: forse la morte di Daiba, le minacce contro di te, i boicottaggi ai tuoi scavi ...”
“È quello che intendo scoprire, Harlock. Evidentemente in realtà il testo cela delle informazioni che qualcuno vuole continuare a tenere nascoste. Sono sempre più convinta che la soluzione dell'enigma sia tra le rovine di Castel del Monte, dove infatti, guarda caso, mi è stato impedito di proseguire gli scavi. E non può essere una coincidenza!”
“Ti daremo tutto l'aiuto necessario, Clarice. Puoi lasciarmi una copia di questo volume su un supporto elettronico? Vorrei guardarlo con calma, senza disturbarti.”
“Certo, ne ho diverse. Te ne darò una.”
La donna andò nella sua cabina e tornò poco dopo con una chiavetta.
“Ecco qua. Ti sei convertito anche tu alla tecnologia, eh?”
“Lo stretto indispensabile.”
Evitò di raccontarle che Kei gli aveva fatto una testa così, dicendogli che un uomo nella sua posizione non poteva permettersi di non saperlo nemmeno accendere, un computer. Alla fine lui aveva ceduto per sfinimento, e in effetti gli si era aperto un mondo... ma non amava pubblicizzare la cosa, e soprattutto non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
“Ah, c'è un'altra cosa curiosa che non ti ho detto - proseguì Clarice - Il volume del XV secolo, quello che è andato perso, era incompleto. In base alla rilegatura, si ritiene mancassero 14 pagine.4 Bene, invece il codice che ho trovato io ha anche quelle pagine, che però sono molto differenti dal resto: non hanno disegni e sono scritte con altri caratteri, sempre sconosciuti, ma comunque diversi. Un ulteriore rompicapo, non trovi? Bene, vado a lavorarci, ti ho rimbambito abbastanza con le mie chiacchiere! E tu approfittane per stare un po' all'aria aperta... sei troppo pallido! E poi la tua ragazza ti aspetta, è così adorabile!”
Clarice gli strizzò l'occhio e si dileguò prima che lui potesse replicare.

Rimasto solo, Harlock si girò e rigirò la chiavetta tra pollice e indice. Poi si decise a inserirla nel suo portatile. Non sapeva bene nemmeno lui perché avesse chiesto di averla. Chissà che cosa pensava di trovarci. Non era così presuntuoso da credere di capirci più di Clarice o del professor Daiba. Non era certo un esperto, e a prima vista quella non era altro che una sterile diatriba tra studiosi, fine a se stessa... sì, se non fosse con tutta probabilità costata la vita a un uomo e non avesse costretto una pacifica e anziana professoressa ad abbandonare la sua vita e a scappare nel cosmo con una banda di pirati. Evidentemente, come pensava Clarice, il contenuto del codice interessava anche a qualcun altro... qualcuno senza scrupoli, che non si fermava davanti a nulla pur di ottenere il proprio scopo.
La chiavetta conteneva tutto il codice, oltre agli appunti di Clarice e alla bibliografia relativa alla copia del XV secolo, quella perduta. La studiosa non aveva certo avuto tempo di pubblicare nulla sul volume da lei ritrovato tra le rovine del castello... quindi, in teoria, solo poche persone dell'ambiente accademico e scientifico ne erano a conoscenza... era una di loro che voleva impadronirsi del libro misterioso? Magari soltanto per invidia o per prendersi il merito della scoperta? Poteva essere... Ma gli sembrava una spiegazione troppo semplicistica. O forse quella persona era in contatto con qualcun altro... con entità occulte... con poteri superiori...
Calma, Harlock, stai correndo troppo. Attieniti ai fatti.
Scorse lentamente le pagine, osservando soprattutto i disegni, e li trovò davvero strani, sembravano quasi eseguiti da una mano infantile. Si soffermò sulla parte astronomica, ma anche lì, che pure era il suo elemento naturale, non riuscì a raccapezzarsi, non riuscì a identificare una costellazione, un pianeta, una galassia... E poi, quelle figure femminili che ritornavano ossessivamente, sempre collegate con l'acqua o qualcosa di simile... come le piante...
Alla fine del libro, dopo le pagine che Clarice aveva indicato come un indice, c'erano quelle mancanti, prive di disegni e compilate con un'altra scrittura. Harlock sgranò l'occhio. Un flash esplose nella memoria. Lui quei caratteri li aveva già visti... ma dove, e quando? In realtà un'idea si era subito affacciata alla sua mente. Ma sperava tanto di sbagliarsi.
Spense il computer e si lasciò andare sullo schienale della poltrona. Doveva riguardare quel codice insieme a Kei e a Yattaran, oltre che con Clarice. E magari interpellare anche Tochiro...
Spinse lo sguardo fuori dalla vetrata, dove i suoi uomini si stavano divertendo e rilassando sulla spiaggia, e si rassegnò a raggiungere Kei... sennò chi l'avrebbe sentita, quella sera?

Harlock lasciò trascorrere alcuni giorni prima di tornare sull'argomento. Clarice sembrava essersi perfettamente ambientata sull'Arcadia. Passava molto tempo nella sua cabina, assorbita dalle sue ricerche, ma la sua porta era sempre aperta a chiunque volesse fare quattro chiacchiere con lei, che fossero Harlock, Kei, Meeme o il dottor Zero, con cui aveva finalmente fatto conoscenza e con cui sembrava trovarsi molto a suo agio. Perfino Mayu era incuriosita dagli studi di quell'effervescente signora e passava spesso a trovarla, con grande soddisfazione del capitano.

Come Harlock ben sapeva, Yattaran non riusciva a stare lontano dall'Arcadia troppo a lungo. Anzi, spesso approfittava della tranquillità che vi regnava in quei giorni di vacanza per fare alcuni “lavoretti”, come li chiamava lui. Ma non erano affatto cose da nulla: erano invenzioni geniali, sistemi o strumenti volti a migliorare sempre di più le prestazioni dell'astronave.
Il capitano non ci capiva granché, ma si fidava ciecamente del suo primo ufficiale, sapeva per certo che i risultati finali sarebbero stati eccellenti.
Però ogni tanto gli piaceva andare a curiosare nel suo studio-laboratorio, dove, in un caos totale, i suoi amati modellini si mescolavano a oggetti misteriosi, progetti, attrezzi da lavoro più “seri”.
Fu in una di quelle occasioni che Yattaran gli chiese di Clarice.
“Come si trova la professoressa qui con noi?” chiese con noncuranza.
“Bene, direi... Perché me lo chiedi?”
Il primo ufficiale alzò la testa da un ammasso di fili, circuiti e altri marchingegni.
“So che dovevo aiutarla in qualcosa, ma... non mi ha più chiesto niente...”
“Tranquillo, Yattaran, quando avrà bisogno si farà viva lei.”
“Sì, ma... non mi hai mai detto perché si trova qui. Lei ha accennato al fatto che le sue ricerche sono la ragione per cui ci sta dando tanto disturbo... beh, mi sono incuriosito. In più, se devo collaborare con lei, tanto vale che sappia tutta la verità, no?”
“Ma certo, non intendevo tenerti all'oscuro, ma a essere sincero non ci ho capito molto nemmeno io...”
Harlock gli illustrò brevemente le circostanze che avevano spinto Clarice a chiedere il loro aiuto.
“Accidenti, Daiba è morto e noi non ne sapevamo nulla!” commentò il pirata, colpito dalla notizia.
“Già... non siamo sicuri che la sua uccisione sia collegata con questo codice e con gli studi che stavano conducendo insieme... ma giustamente Clarice non ha aspettato di scoprirlo a sue spese! Comunque, volevo proprio chiederle se uno di questi giorni ci spiega meglio tutta la faccenda e mi farebbe piacere se ci fossi anche tu. Magari possiamo usare i computer in plancia e le proiezioni tridimensionali, e ci darai anche il tuo parere. Perché - aggiunse abbassando la voce - io l'ho sfogliato quel codice... e c'è effettivamente qualcosa di strano!”
Harlock non aggiunse altro e se ne andò, roteando il mantello e lasciando Yattaran ancora più interdetto.

Clarice fu felice di tenere una piccola “conferenza” sulle sue ricerche in plancia, sfruttando, grazie all'aiuto di Yattaran, le avanzate tecnologie della sala comando. Ad assistere furono però ammesse poche altre persone: Kei, Mayu, Meeme e il dottor Zero. Masu preferì declinare l'invito. Harlock per il momento non voleva divulgare troppe informazioni, non prima di averci visto un po' più chiaro.
Clarice ripeté quanto aveva già detto ad Harlock, aggiungendo però altri particolari, mentre sui grandi schermi comparivano le riproduzioni del codice e, al centro del grande ambiente, le immagini olografiche di Castel del Monte, come doveva essere in origine, prima del suo progressivo decadimento. Lo spettacolo era sicuramente affascinante e Clarice sapeva come inchiodare il suo pubblico alla sedia.
“Il fatto che una copia più antica del codice sia stata trovata tra le rovine del castello conferma che probabilmente c'era un legame, come ipotizzarono gli studiosi italiani. Ma in realtà, purtroppo, non aggiunge nulla a quanto sappiamo dell'edificio, che è molto poco. Non si sa nemmeno esattamente quando fu costruito, si presume che i lavori siano iniziati intorno al 1240, dieci anni prima della morte del committente, l'imperatore. E non si è nemmeno certi che lui vi abbia mai soggiornato... Quanto alla sua funzione... L'interpretazione ufficiale è che si trattasse di una dimora di caccia, di cui Federico, come quasi tutti i nobili del tempo, era grande appassionato, oppure una costruzione difensiva... ma la sua ubicazione così isolata, la sua struttura, la mancanza di zone di servizio adeguate (cucine, magazzini, stalle, cantine...), i numerosi simbolismi, hanno fatto dubitare molti di questa teoria. Senza peraltro trovarne altre più convincenti...”
“E che cosa potrebbe essere, allora?” chiese Kei.
“Oh, se ne sono dette di tutti i colori: che fosse un laboratorio alchemico, un osservatorio astronomico, un luogo per lo svolgimento di riti magici ed esoterici, la sede dove era custodito il Sacro Graal, una reliquia cristiana preziosissima di cui Federico sarebbe venuto in possesso durante la sua crociata... I ricercatori italiani di cui vi dicevo ritenevano fosse una sorta di edificio termale, un luogo dedicato alla rigenerazione del corpo e dello spirito, e al culto della bellezza. Edifici con questo scopo sono documentati in Oriente, dove l'imperatore viaggiò a lungo, ma anche in Europa, già qualche secolo prima, e anche nel regno di Sicilia, proprio in epoca federiciana. Secondo questi studiosi, l'imperatore era ossessionato dalla giovinezza e dalla forma fisica e cercava in ogni modo di procurarsi l'immortalità.5 E, in effetti, alcune parti del codice potrebbero avvallare questa teoria: ci sono disegni di piante curative, ci sono molti riferimenti all'acqua e alle stelle... In quell'epoca si pensava che il cosmo influenzasse in modo determinante la vita degli uomini...”
“E tu cosa pensi, Clarice?” chiese Harlock, che fino a quel momento non aveva fiatato.
La donna scosse la testa.
“Io sono una scienziata. Nessuna di queste teorie è supportata da prove inconfutabili. Potrebbero essere valide tutte, o nessuna. Manca sempre l'elemento decisivo. Anche su Federico II fiorirono molte leggende, addirittura si diceva che fosse immortale e che un giorno sarebbe tornato a riportare ordine e pace nel mondo... Era un fine politico, un abile diplomatico, un guerriero, e sicuramente un uomo colto, curioso e intellettualmente aperto. Ma non c'è nessun documento storico che dica chiaramente che si dedicasse, per esempio, all'esoterismo. E dubito avesse il tempo e la testa per pensare all'eterna giovinezza, era alle prese con ben altri problemi!”
“Quello che non capisco, Clarice - si intromise il dottore - è che cosa abbia a che fare tutto questo con te, tanto da metterti in pericolo. Insomma, sono cose accadute migliaia di anni fa! A parte per meri motivi di studio, a chi possono interessare? Che minaccia possono costituire?”
La professoressa alzò le spalle.
“È quello che sto cercando di capire.... ma purtroppo non ho avuto alcuna illuminazione... Anche Daiba non era giunto ad alcuna conclusione definitiva... Ho i suoi vecchi appunti, ma non emerge nulla di nuovo. E lui non ha avuto il tempo di visionare la copia che ho trovato io!”
Mayu osservava affascinata le immagini del castello, risalenti a quando era ancora intatto, in cui si vedevano chiaramente la sua struttura ottagonale, le torri, i particolari architettonici e decorativi.
“Hai parlato di simbolismo... che cosa significa esattamente?” chiese la fanciulla.
“L'edificio è costruito seguendo rigorose regole geometriche e matematiche, addirittura vi ricorre il numero aureo.6 E c'è una ripetizione ossessiva del numero otto: la pianta è ottagonale, ci sono otto torri, otto sale per ogni piano e una vasca a otto lati nel centro del cortile... L'otto è un numero altamente simbolico in molte civiltà, rappresentava l'eternità e la rinascita. In più, si sa che gli interni erano decorati con marmi e mosaici di grande bellezza, di cui non è rimasto nulla, purtroppo.7 Insomma, è tutto un po' troppo complesso e studiato per essere una semplice dimora di caccia, men che meno una fortezza. Ma anche questo non fa luce sul mistero... un mistero ben custodito per millenni, se ci pensate, visto che siamo ancora qui a parlarne...”
“Yattaran, ingrandisci per favore le immagini delle donne dentro quelle vasche...” chiese Harlock, riportando l'attenzione sul codice.
Quando le immagini furono visibili con più chiarezza, il capitano esternò finalmente i suoi pensieri.
“Ecco, guardatele bene... sono figure femminile, nude, e sono immerse in specie di vasi con un elemento liquido, collegati tra loro...”
Kei impallidì.
“Come se fossero piante...” mormorò.
“Già. E ora, Yattaran, vai alle ultime pagine del volume ritrovato da Clarice. Come vedete, sono scritte in caratteri diversi rispetto al resto... e noi quei segni li abbiamo già visti...”
Calò sui presenti uno strano silenzio, che Clarice non capiva. Guardava i suoi interlocutori con aria interrogativa, ma tutti loro fissavano lo schermo con le mascelle serrate.
Fu Yattaran a riportarli alla realtà.
“Mazone!”




 

 

 

 

1 Vero.

2 Vero. La prima volta viene nominato in una cronaca del '600, a Praga, quando viene acquistato a peso d'oro dall'imperatore Rodolfo II d'Asburgo, appassionato di alchimia, che lo credeva opera di Bacone (1214-1294). Poi il codice è rispuntato nel 1912, in un collegio gesuita vicino a Frascati, dove fu comprato da un antiquario, Wilfrid Voynich, da cui il nome con cui il codice è attualmente noto.

3 Vero.

4 Vero.

5 Anche tutte queste teorie su Castel del Monte sono state proposte da vari studiosi. Quella dell'edificio termale è la più recente.

6 Spiegare che cosa sia esattamente il numero aureo (o “sezione aurea”) è davvero complicato, almeno per me, che non ho mai capito un'acca di matematica e geometria! In soldoni, è un rapporto tra grandezze, che corrisponde circa a 1,61803398875... In architettura, sembra essere il rapporto più estetico fra i lati di un rettangolo. Oltre che in geometria e architettura (le piramidi egizie, il Partenone...), è utilizzato anche in pittura (l'Uomo Vitruviano di Leonardo), musica, fisica... ma si ritrova anche in natura (tanto che viene chiamato anche “proporzione divina”). È anche legato alla famosa serie di Fibonacci, che si compone di una sequenza di numeri (1,1,2,3,5,8,13,21,34…) in cui ogni termine è la somma dei due precedenti. Il rapporto tra due termini successivi tende al valore della sezione aurea. Leonardo Pisano detto il Fibonacci (1175-1235 circa) è considerato il più grande matematico del medioevo e fu a lungo in contatto con Federico II. Un caso?

7 Vero.

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Capitolo 9
*** Caccia al ladro ***


Tutta la ciurma dell'Arcadia era tornata a bordo. Harlock in sala comando riassunse la situazione e diede l'ordine di trovare il clandestino, ma di prenderlo possibilmente vivo. Voleva interrogarlo. Voleva delle risposte, e le avrebbe avute, a qualunque costo. Poi avrebbe deciso che cosa fare di lui. Yattaran aveva ragione. Aveva scoperto il loro segreto, l'esistenza di Ombra di Morte, e loro non potevano permettersi di avere punti deboli.
Mentre gli uomini si armavano e si sparpagliavano per la nave e per l'asteroide (non si poteva escludere che l'intruso si fosse nascosto là fuori, in attesa del momento propizio per fuggire), il capitano chiese al primo ufficiale di attivare la linea di comunicazione speciale. Ombra di Morte, infatti, era schermata e nessun segnale esterno poteva arrivarvi. Soltanto loro potevano, all'occorrenza, comunicare con l'esterno, attraverso un complesso sistema messo a punto da Tochiro, come ulteriore misura di sicurezza. Voleva parlare con Jack e sapere se nel frattempo avesse scoperto qualcosa. Si rimproverò tra sé per non averlo fatto prima. Aveva agito con leggerezza, aveva di fatto sottovalutato la faccenda.
Jack rispose subito, ed era visibilmente alterato, fatto piuttosto insolito per lui, che accentuò l'inquietudine di Harlock.
“Harlock, porca puttana! Dove ti eri cacciato? Sono giorni che cerco di contattarti! Per fortuna che mi avevi detto di avvisarti per qualsiasi novità!”
“Scusami, Jack, hai ragione... siamo in una zona non facilmente raggiungibile... Ma, è successo qualcosa?”
“Eh certo che è successo qualcosa, altrimenti non mi sarei preso il disturbo, no? Pochi giorni dopo che ve ne eravate andati, nella zona desertica di Tortuga qualcuno ha notato una navetta spaziale monoposto abbandonata, un modello sconosciuto, senza insegne o altri segni di riconoscimento. Nessuno ne sapeva nulla e in giro non si sono viste facce nuove, come ti dissi. Questo tizio non può essersi volatilizzato, quindi... stai all'erta, Harlock!”
Il capitano sospirò. I suoi timori si stavano rivelando più che fondati.
“Purtroppo è già accaduto l'irreparabile. Abbiamo appena scoperto che qualcuno si è introdotto sull'Arcadia. Lo stiamo cercando. Come abbia fatto a salire a bordo e a restare nascosto tutto questo tempo senza che ci accorgessimo di lui, è un enigma, ma me ne preoccuperò dopo. Per caso avete delle immagini di questa navetta? Potrebbero aiutarci...”
“Sì, certo, te le mando subito.”
“Grazie, Jack. Se mi fossi fatto vivo prima, non ci troveremmo in questa situazione...”
“Tienimi informato, mi raccomando! Nemmeno a noi piace che gente non identificata vada e venga su Tortuga...”
Harlock attese le foto della navetta misteriosa, ma non gli suggerirono alcuna idea. Le mostrò a Yattaran e Kei, ma anche loro trovarono il mezzo assolutamente anonimo. Del resto, se qualcuno vuole celare la propria identità e la propria provenienza, sta ben attento a non mostrare alcun segno di riconoscimento. Un'altra conferma che non avevano a che fare con uno stupido.
Per non pensare, chiamò con l'interfono Mayu e Clarice. Aveva disposto che Meeme stesse con loro, visto che almeno lei all'occorrenza sapeva usare una cosmo-gun, ma voleva comunque essere rassicurato sul fatto che stessero bene.
Gli rispose Mayu, che, ben lungi dall'essere spaventata, lo fece se possibile innervosire ancora di più.
“Sì sì, stiamo bene! Ma non mi piace stare chiusa qua dentro! Posso uscire a partecipare alle ricerche? Starò insieme a Kei, non mi succederà niente! Dai, Harlock, non sono più una bambina...”
Harlock ingoiò a fatica gli improperi che stavano per venirgli alle labbra e si limitò a un perentorio:
“Non se ne parla neanche! Meeme, impediscile di uscire e ti autorizzo a usare la forza, se necessario!”
Si mise in contatto con le varie squadre che stavano perlustrando l'Arcadia e Ombra di Morte, ma per il momento senza risultato. Intanto cercava di capire come poteva essersi introdotto un intruso a bordo. Non era mai successo, anche quando atterravano su Tortuga non lasciavano mai incustodita la nave, c'erano sempre dei turni di guardia... qualcuno era forse stato negligente? Avrebbe dovuto anche occuparsi di questo. Detestava assegnare punizioni, ma in certi casi si rendeva necessario... Erano un equipaggio, erano fuorilegge, non erano ammesse disattenzioni, o ce ne sarebbero andati di mezzo tutti.
E come mai il computer centrale non aveva rilevato alcuna anomalia? Anche questo era un fatto molto strano. Si assicurò di avere addosso tutte le sue armi e si diresse nella grande sala. Tochiro era costernato e stupito, perché in effetti nemmeno i suoi sensibilissimi circuiti in tutti quei giorni avevano percepito presenze estranee. Il fatto inquietò ancora di più il capitano... questo qualcuno avrebbe potuto essere a conoscenza anche del segreto del computer centrale e aver preso delle contromisure adeguate? Si recò in plancia torvo e di pessimo umore.
Yattaran stava visionando tutti i filmati girati dalla loro partenza da Tortuga in poi dalle telecamere di sorveglianza interne, che per fortuna restavano sempre accese, anche se su Ombra di Morte nessuno le controllava costantemente. Queste però erano posizionate solo in alcuni punti strategici dell'astronave, non dappertutto. Gli alloggi, per esempio, ne erano esclusi, e quindi non avrebbero mai potuto scoprire da lì chi si fosse introdotto nella cabina di Clarice. Ma non dovevano lasciare nulla di intentato.
Harlock si affiancò al primo ufficiale e cominciò a osservare attentamente anche lui le immagini. Anche se aveva un occhio solo, o forse proprio per quello, aveva uno spirito di osservazione non comune. E infatti il suo sguardo catturò presto un'ombra fugacissima che spariva dietro la svolta di un corridoio particolarmente buio. Chiese a Yattaran di tornare indietro più volte con la registrazione, finché anche lui la vide.
“Perbacco, capitano, complimenti, che occhio!” esclamò, mordendosi subito dopo il labbro per la gaffe.
Ma Harlock era troppo concentrato per farci caso.
“Di quando è questo filmato?”
“Di ieri sera. Quando noi eravamo tutti in spiaggia.”
“Quello è il corridoio che porta al magazzino! Ma certo, il posto ideale per nascondersi! Blocca tutte le vie di fuga, avverti la squadra più vicina di aspettarci lì e andiamo a vedere!”
Yattaran eseguì gli ordini, afferrò le sue armi dalla spalliera della poltrona e seguì il capitano. Prima di lasciare la sala comando, Harlock avvisò Kei e le chiese di continuare a coordinare le altre pattuglie in ricognizione sull'Arcadia e sull'asteroide, perché non si poteva escludere che il ladro si trovasse in realtà da qualche altra parte. E che magari avesse pure dei complici.
Arrivarono abbastanza in fretta nei pressi dell'enorme ambiente che fungeva da magazzino attraverso una serie di scorciatoie. Un gruppo di pirati si trovava già davanti all'ingresso principale sbarrato, con le cosmo-gun spianate, in attesa di ordini.
“Non siamo sicuri che quello sia qua dentro, ma è molto probabile. Entriamo per primi Yattaran e io - dispose Harlock - Voi copriteci le spalle e attendete il nostro segnale per entrare anche voi, ma pochi alla volta, dobbiamo cercare di coglierlo di sorpresa. Due rimangano a sorvegliare la porta, non deve uscire di qui. Chiamate anche i rinforzi, senza fare troppo clamore. E ricordatevi: chiunque sia, lo voglio vivo!”
Detto questo, il capitano e Yattaran si introdussero guardinghi nell'ambiente semibuio, camminando lentamente rasente alle pareti, in due direzioni opposte, scrutando nell'oscurità. Non sarebbe stato affatto facile trovare l'intruso, tra casse, container e vecchi macchinari in disuso... Chiamarono gli altri attraverso le microricetrasmittenti e in breve il magazzino fu pieno di pirati che lo perlustravano palmo a palmo. Forse l'operazione avrebbe richiesto ore, ma tutti gli accessi erano sbarrati o sorvegliati, il clandestino non aveva scampo, prima o poi avrebbe tradito la sua presenza e, anche se fosse stato armato e avesse sparato loro addosso, non sarebbe mai riuscito a fuggire da lì.
La tensione era palpabile. Ogni anfratto, ogni possibile nascondiglio fu rivoltato a fondo, furono spostati vecchi mobili, aperti armadi polverosi, a volte rovesciandone il contenuto per terra... ma tutto sembrava inutile. Proprio quando Harlock stava perdendo le speranze, temendo di aver preso una cantonata, sentì un certo trambusto non lontano dal punto in cui si trovava lui, seguito da grida concitate. Stava per precipitarsi in quella direzione, ma lo voce di Yattaran alla ricetrasmittente lo precedette.
“Capitano! L'abbiamo presa!”






Nota dell'autrice
Visto che siamo già arrivati al decimo capitolo, colgo l'occasione per ringraziare chi continua a seguire la storia e chi la commenta sempre con fedele puntualità! Siete bellissimi e preziosissimi!
Buon ponte dell'Immacolata a tutti!

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Capitolo 10
*** Allarme! ***


Aggiornamento un po' anticipato, causa impegni.




Clarice continuava a non capire.
“Mazone? Ma che cosa significa?”
Harlock fu il primo a riprendersi. Ci aveva rimuginato sopra per giorni, ma avere ora la conferma di quello che lui sospettava lo aveva destabilizzato. Credeva di essersi lasciato alle spalle per sempre quel pezzo della sua vita, invece... dopo tutto quel tempo, era tornato a cercarlo!
“Se il professor Daiba avesse visto quei fogli, se ne sarebbe accorto subito. Sono gli stessi caratteri presenti sul pennant che venne lanciato dalla Mazoniane sulla Terra prima dell'invasione. Le autorità terrestri avevano fatto di tutto per tenere nascosta o minimizzare la vicenda, ma noi li avevamo visti... e gli stessi caratteri erano anche riportati su una piramide... una piramide che si trovava in fondo al mare, all'interno della quale era sepolta una Mazoniana... e dove noi eravamo entrati...”1
Clarice era esterrefatta.
“Daiba non te ne aveva parlato?” le chiese Kei.
“No... veramente no, parlavamo di altre cose e ultimamente solo del codice.”
“Mi hai detto che Daiba aveva ipotizzato che la lingua e i caratteri del Voynich potessero essere extraterrestri...” le ricordò Harlock.
“Sì, è vero. La teoria che fa risalire le origine della nostra civiltà agli alieni non è nuova, se ne parlava già diversi secoli or sono. E non mi ha mai convinta, come sai. Ma... da qui a essere mazoniana!”
“Ma è così, Clarice - proseguì il capitano, stupito che davvero lei fosse all'oscuro di tutto - Fu Mazone a colonizzare la Terra in epoche remote, i suoi discendenti hanno continuato a vivere qua, mescolandosi alla razza umana. Quando decisero di conquistare il nostro pianeta, in realtà intendevano semplicemente riprendersi ciò che era già loro.”
“Ma... voi come fate a sapere queste cose?” balbettò la donna sconvolta.
“Abbiamo combattuto Mazone per molto tempo, come sai, e così abbiamo visto tante cose... e abbiamo parlato con loro... Strano che Daiba non te ne abbia nemmeno accennato” insistette Harlock. Uno strano disagio si impadronì delle sue viscere, ma non voleva credere che Clarice stesse mentendo e l'avesse ingannato... a quale scopo?
“Forse perché sapeva che io non credevo molto a queste teorie. O forse non ne ha avuto il tempo. In fondo, era poco che lavoravamo insieme sul Voynich, e lui non ha mai visto i fogli mancanti con i caratteri che voi dite essere mazoniani. Il resto del codice è scritto in tutt'altro modo, e anche questo è curioso, no? Perché non usare la stessa scrittura per l'intera opera?”
“Ma insomma... - intervenne Kei - che cosa porta tutto ciò? Ammettiamo che questo codice sia un antico testo mazoniano, risalente alla prima colonizzazione della Terra...perché volerlo a tutti i costi? Ormai le Mazoniane se se sono andate da anni...”
“Già... - rifletté a voce alta Clarice, la cui mente stava già elaborando quel nuovo dato - E a questo punto possiamo davvero pensare che Castel del Monte fosse un osservatorio astronomico, o un trasmettitore per lanciare segnali nello spazio... insomma, sia collegato alle nostre origini extraterrestri!”
“Ma Clarice - osservò Zero - hai appena detto che non credi a queste storie...”
“Ho detto che sono scettica, ma, a differenza di molti altri, io non ho paura di cambiare punto di vista, se qualcuno mi offre delle prove. E voi l'avete appena fatto! Ora ho una nuova ipotesi su cui lavorare!” esclamò tutta eccitata.
“In effetti, se ci pensate... - disse Yattaran - le Mazoniane erano tutte giovani, oltre che gn... ehm, belle! Magari avevano davvero scoperto il sistema di prolungare la vita e questo codice insegna come fare. Però non volevano che lo scoprissero tutti e hanno scritto parte del manuale in una lingua criptata, il che spiega i caratteri diversi...”
“Ecco, questo dato sulle Mazoniane io non lo conoscevo! Grazie, Yattaran! Ma... lei sarebbe in grado di tradurre il testo scritto in mazoniano?”
Il primo ufficiale si grattò la testa.
“Così sui due piedi, non saprei. Non avevamo avuto tempo per dedicarci a questo, allora, eravamo in guerra, e poi, a pericolo scampato, non ci abbiamo più pensato... ma ci posso provare.”
“Sì, grazie, Yattaran - disse Harlock - Forse il computer centrale ci può dare una mano...”
Intervenne Kei.
“Vi ricordate che Tadashi ci disse che un amico e collega di suo padre aveva decifrato le scritte sul pennant caduto sulla Terra? Le stesse che erano riportate sulla piramide... Kuzuko, mi pare si chiamasse... Anche lui fu ucciso, subito dopo questa scoperta. Forse si possono recuperare i suoi studi...” 2
“Il professor Kuzuko... - esclamò Clarice - Ma certo, era un esperto di antiche lingue precolombiane! Vi sono davvero grata per il vostro aiuto! Per me sarebbe un ottimo punto di partenza!”
Di sicuro l'archeologa non si aspettava di trovare così tante informazioni interessanti su una nave pirata!
Se Clarice pensava al nuovo impulso che avrebbero avuto le sue ricerche, il capitano era preoccupato per ben altro. Se qualcuno voleva impadronirsi di quel codice, significava che Mazone stava per tornare alla carica? O qualcun altro era interessato ad appropriarsi a qualunque costo del segreto dell'eterna giovinezza? Sempre che fosse davvero quello il contenuto del testo misterioso...

Per alcuni giorni non accadde nulla. Clarice rivedeva le sue teorie alla luce della illuminante discussione avuta in sala comando, Yattaran tentava di tradurre il testo in mazoniano, ma incontrava grandi difficoltà, perché gli studi di Kuzuko concernevano esclusivamente le lingue maya e inca, e di quanto aveva scoperto riguardo al pennant non era rimasta alcuna testimonianza. Il governo della Confederazione terrestre dell'epoca aveva insabbiato anche quella scoperta, insieme a tutto il resto. Nessun altro sembrava essersene occupato. E sulla Terra non c'erano (o erano ormai scomparsi da tempo) monumenti, edifici o manufatti che riportassero qualche scritta, tanto per avere un punto di partenza. Perfino il computer centrale non aveva ancora prodotto alcun risultato.
Harlock aveva sperato in una rapida soluzione dell'enigma, ed era piuttosto scoraggiato. Clarice gli ripeteva che spesso occorrono anni di studio per una piccola, a volte insignificante, scoperta, e il capitano sapeva che loro non ce l'avevano, tutto quel tempo. Che ne sarebbe stato, poi, di Clarice? Quanti mesi sarebbero passati, prima che ne avesse abbastanza di loro e della vita vagabonda nello spazio? E dove sarebbe potuta andare, in quel caso?

Una sera la ciurma organizzò la famosa festa sulla spiaggia e Harlock, Kei e Mayu alla fine riuscirono a convincere Clarice a partecipare.
“Ma sono cose da giovani - tentò una debole protesta - io ormai non ho più l'età per queste cose...!”
“Ma va'! Ci vengono tutti! Anche Masu e il dottor Zero!” trillò Mayu.
La festa fu molto divertente. Dopo la cena, innaffiata da generose dosi di vino, partirono musiche e danze indiavolate. Harlock osservava sempre tutto un po' in disparte, compiaciuto, ma senza partecipare attivamente. Kei gli sedeva accanto. Aveva rinunciato da tempo a indurlo a ballare, aveva capito che era una causa persa. Del resto, non si può sempre averla vinta su tutto e quello in fondo era solo un particolare senza importanza. Però da quando stavano insieme non aveva mai più danzato con nessun altro, a rimarcare la sua rinuncia per amor suo.
Quella sera però c'era uno spettacolo insolito: Clarice, forse con al complicità di un bicchierino di troppo, si scatenava con il dottor Zero. Chi se lo sarebbe mai aspettato? Anche Mayu, issata su una vecchia cassa di whisky, si esibiva come una ballerina professionista. Era davvero brava, e Harlock si chiese dove e come avesse imparato a muoversi così... ma decise di non fare il solito guastafeste... invitato in questo da un'occhiataccia di Kei, che ormai evidentemente gli leggeva nel pensiero.

Ovviamente la mattina dopo si alzarono tutti molto più tardi del solito. Kei se ne andò in spiaggia e Harlock rimase in cabina a esaminare per l'ennesima volta il codice sul suo portatile. Ormai quella storia l'aveva intrigato e non riusciva più a pensare ad altro.
La porta della stanza si spalancò di botto e qualcuno fece irruzione all'interno. Il capitano alzò di scatto la testa e stava per rimproverare aspramente chi aveva osato tanto, quando si rese conto che a essere entrata in quel modo era Clarice, sconvolta e affannata.
“Clarice! Che cosa succede?” le chiese Harlock, visto che la donna non sembrava in grado di esprimersi.
“Il codice! - quasi gridò - È sparito!”
“Il codice? Quale codice?” chiese il capitano, sperando che alludesse a qualche file ingoiato dal computer, perché in tal caso Yattaran l'avrebbe recuperato senza problemi.
“La copia cartacea! Era nella sua teca fino a ieri, e ora non c'è più!”
Harlock si alzò.
“Andiamo subito a vedere!”
Nella camera di Clarice, nell'armadio giaceva la piccola teca, aperta... e vuota!
“Quando l'hai visto l'ultima volta?”
“Ieri pomeriggio... di solito non lo tocco, preferisco lavorare sui file, per non rovinarlo, ma controllo ogni giorno che sia tutto a posto, che la temperatura e l'umidità all'interno della teca siano sempre corretti.”
La porta non presentava segni di effrazione. Chi era entrato, o era in possesso del codice d'ingresso o aveva la possibilità di manomettere il meccanismo senza lasciare tracce.
“Non è che l'ha preso in prestito Yattaran?” chiese poco convinto. Sapeva che il primo ufficiale non avrebbe mai fatto niente del genere, non senza permesso.
“Ma no!” confermò infatti Clarice.
Harlock impallidì. La festa! Qualcuno aveva approfittato del fatto che l'Arcadia fosse completamente deserta, per agire e impadronirsi del prezioso documento!
Era inutile girarci intorno. Era escluso che qualcuno dell'equipaggio fosse interessato al reperto. La maggior parte di loro, poi, ne ignorava perfino l'esistenza. C'era un'unica spiegazione.
Avevano un clandestino a bordo! Qualcuno era riuscito a infiltrarsi su Ombra di Morte!
Chiamò subito Yattaran all'interfono.
“Yattaran, abbiamo un problema!”

Pochi minuti dopo Yattaran e Kei erano nella cabina di Harlock, sorpresi per quella convocazione improvvisa.
“Che succede, capitano?” chiese il primo ufficiale.
Kei notò con stupore la presenza di Clarice, insolitamente triste e taciturna.
Il capitano li aggiornò in poche parole sull'accaduto. Mentre parlava, però, gli venne un'illuminazione. Una debole speranza, in verità, ma valeva la pena tentare. Mayu... era l'unica, con i suoi 15 anni, che avrebbe potuto commettere una leggerezza, senza pensare tanto alle conseguenze... Ma quando e come? Aveva ballato come una forsennata tutta la sera!
“Kei, sai dov'è Mayu?”
“Credo stia ancora dormendo... Perché me lo chiedi, cosa c'entra lei con questa storia?”
“Niente, probabilmente... ma potrebbe aver avuto voglia di guardarsi il codice da vicino, senza preoccuparsi di creare tanto scompiglio...”
Clarice scosse la testa.
“Ma non credo proprio che...” protestò Kei.
“Sì, lo so. Sto solo valutando un'altra possibilità, prima di pensare al peggio. Puoi andare a chiederglielo, per favore?”
La ragazza uscì dalla cabina.
Intanto, Harlock e Yattaran cercavano di mettere a fuoco la situazione. Si sentivano disorientati. Su Ombra di Morte si erano sempre sentiti al sicuro, era sempre stato l'unico posto dove potevano rilassarsi e vivere per un po' senza guardarsi continuamente le spalle. Il fatto che qualcuno fosse riuscito a entrarvi a loro insaputa, restando nascosto fino quel momento, senza che nessuno se ne fosse accorto... beh, era davvero grave. 3 Erano preoccupati. Molto preoccupati.
Kei ritornò dopo qualche minuto. Naturalmente Mayu non aveva preso il codice, non le era mai nemmeno passato per la testa. Ed era anche parecchio scocciata che qualcuno l'avesse pensato, e intendeva fargliela pagare. Ma questo per il momento la bionda se lo tenne per sé.
Harlock riassunse la situazione.
“In realtà è accaduto esattamente quello che temevo quando ancora eravamo su Tortuga. Qualcuno ha seguito Clarice con il preciso intento di prendersi il codice. Per qualche strano motivo non l'ha fatto lì... Ma su Tortuga c'è una situazione particolare, avrebbe rischiato di farsi notare... e poi una notte, per sicurezza, feci sorvegliare la sua casa, prima che lei si trasferisse sull'Arcadia...”
Clarice trasalì, e anche gli altri si stupirono, perché Harlock non aveva detto niente a nessuno.
“Da chi, scusa?” chiese Yattaran.
“Mi sono rivolto a Jack... ma non ha importanza adesso. Il problema è che questo qualcuno è riuscito a nascondersi sulla nostra astronave, è qui su Ombra di Morte... e ha sicuramente approfittato della festa di ieri per agire... Come ci è riuscito? Come è possibile che non ce ne siamo accorti? Come è possibile che il computer centrale non abbia rilevato una presenza estranea?”
Yattaran era terreo.
“Ha scoperto il nostro segreto, Harlock - disse con un tono grave, insolito per lui - Quando lo troveremo dovremo...”
Harlock lo fulminò con lo sguardo e l'uomo ammutolì. Non parliamone qui, non davanti a Clarice...
“Suona l'allarme, Kei. Dobbiamo informare tutti dell'accaduto e metterci alla ricerca del clandestino. E, per favore, fai in modo che Mayu non esca dalla sua stanza... e anche tu, Clarice, è meglio se rimani con lei. Chiudetevi dentro. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare.”
Non ci voleva, non ci voleva proprio! Una situazione di emergenza con due civili a bordo, di cui una ragazzina!
E se il ladro fosse anche riuscito a fuggire? Harlock non voleva nemmeno pensarci.
Andarono in plancia, mentre tutti gli altri componenti della ciurma, sentito l'allarme, lasciavano le loro occupazioni e si dirigevano lì. Yattaran cominciò subito a monitorare le attività di Ombra di Morte delle ultime ore, e non sembrava che qualcuno avesse lasciato l'asteroide. Era già qualcosa.

 

 

 

 

1 Episodio 7 della serie classica.

2 Episodio 4 della serie classica.

3 Nel manga due Mazoniane in realtà riescono a introdursi su Ombra di Morte, e non fanno una bella fine, poracce! Ma non mi pare che questo episodio sia ripreso anche nell'anime (ma correggetemi se sbaglio!).

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Capitolo 11
*** La clandestina ***


Harlock accelerò il passo. Era sollevato perché erano riusciti a catturare l'intrusa senza colpo ferire, ma nello stesso tempo preoccupato per ciò che avrebbe scoperto, e per le decisioni che avrebbe dovuto prendere a riguardo. Poi il fatto che Yattaran avesse usato il femminile... non gli faceva presagire nulla di buono.
Gli venne incontro uno Yattaran gongolante, seguito subito da un gruppetto di pirati che conduceva, debitamente immobilizzata, una figura femminile, mentre a poco a poco tutti gli altri componenti dell'equipaggio che si trovavano nel magazzino si avvicinavano, incuriositi.
“Si era ben nascosta, ma non abbastanza. Non aveva scampo e non ha nemmeno sparato!”
La prigioniera non opponeva resistenza. Man mano che si avvicinava, il cuore di Harlock batteva furiosamente. Perché notò subito che era alta, esile, chiusa in una strana corazza, piuttosto robusta ma che non le intralciava i movimenti. La testa era protetta da un casco che ne nascondeva il volto.
“Abbiamo anche recuperato la refurtiva” esultò Yattaran, mostrandogli il codice, all'apparenza intatto.
“Ottimo lavoro, ragazzi!” si complimentò il capitano, cercando di tenere a bada l'inquietudine crescente.
Quando la donna fu a pochi passi da lui, recuperò il suo autocontrollo e la squadrò con aria severa.
“Chi sei? Chi ti manda?” l'apostrofò con voce fredda e dura.
Quella non proferì verbo.
Harlock fece un cenno e uno dei pirati le strappò il casco senza tanti complimenti. Una cascata di capelli scuri e lisci le piovve sulla schiena, mentre si svelava anche il suo volto, un volto molto attraente, come Harlock temeva.
“Cosa ne facciamo di lei?” chiese il primo ufficiale con un'occhiata eloquente. Ha scoperto il nostro segreto, forse anche più di uno....
“Portatela nella camera blindata e sorvegliatela a vista. Guai a voi se commette qualche sciocchezza. Più tardi mi occuperò personalmente di lei.”
Sapeva benissimo che, se l'aliena fosse davvero stata una Mazoniana e avesse voluto innescare il processo di autocombustione, loro non avrebbero potuto farci nulla, ma dovevano comunque almeno tentare di impedirglielo.
Mentre i pirati la trascinavano via, Yattaran gli si avvicinò.
“È una di quelle, vero?”
“Io... temo di sì... Ne ha tutta l'aria. Dobbiamo evitare a tutti i costi che si faccia fuori da sola, come hanno fatto parecchie sue socie prima di lei... Voglio scoprire perché a Mazone interessa tanto quel maledetto codice! Devo convincerla a collaborare.”
Yattaran si allontanò scuotendo la testa. Da quelle creature non erano venuti fuori altro che guai!
Invece Harlock era del parere che, eliminata lei, prima o poi si sarebbe fatto vivo qualcun altro, e sarebbero stati al punto di prima. Clarice si sarebbe trovata sempre in pericolo. E senza sapere perché.
Chiamò Kei e la aggiornò sull'esito della vicenda.
“Lascia comunque qualcuno di pattuglia - le disse - Non sappiamo se questa tizia fosse sola o meno”.
In realtà, dentro di sé era convinto che lo fosse. Se la sua missione era solo recuperare il codice, doveva muoversi agevolmente e cercare di passare il più inosservata possibile. E c'era quasi riuscita, accidenti a lei!
Quello che invece non capiva era cosa pensasse di fare, una volta entrata in possesso del Voynich. Come poteva credere che non se ne sarebbero accorti e di conseguenza messi in allarme? Che non le avrebbero dato la caccia?
Era sempre più convinto che la permanenza su Ombra di Morte avesse scombussolato i piani della ladra. Per agire aveva dovuto aspettare più a lungo del previsto, approfittando della prima occasione propizia, e in questo modo si era esposta a un maggiore rischio di essere scoperta. Adesso veniva il difficile: conoscendo il fanatismo e la dedizione dei soldati mazoniani, sarebbe stato molto arduo farla parlare... nemmeno con la promessa di risparmiarle la vita...
Intanto decise di dare la buona notizia a Clarice. Aveva chiesto a Yattaran di portare il codice nella sua cabina. Passò a prenderlo e poi raggiunse la stanza di Mayu. Meeme gli aprì.
“Pericolo cessato. Abbiamo recuperato il codice, Clarice. Mi sembra intatto, ma controlla anche tu.”
“Sia ringraziato il cielo!” esclamò la donna al colmo della felicità, prendendo delicatamente in mano il volume.
“Sì, mi sembra tutto a posto... Grazie, Harlock! Ma... chi l'aveva rubato? E perché?”
“Abbiamo catturato la ladra... ma non l'abbiamo ancora interrogata. Ti farò sapere. L'importante è che ci siamo ripresi il maltolto.”
Prima di uscire, Harlock lanciò un'occhiata a Mayu, che l'aveva deliberatamente ignorato, continuando a tenere gli occhi fissi sul suo portatile. Ma ormai la conosceva bene: ce l'aveva con lui per averla tenuta chiusa là dentro e per averla anche sospettata di “furto”. Pazienza, le sarebbe passata, prima o poi.
In sala comando incontrò Kei.
“Ho messo una squadra a fare la ronda sull'Arcadia e un'altra giù a terra...”
“Perfetto.”
La ragazza lo guardò preoccupata.
“Pensi davvero che sia una Mazoniana?”
“Non ne sono certo... fisicamente sembra una di loro... e poi ci sono tutti i collegamenti con il codice, i disegni, i caratteri mazoniani... Troppe coincidenze, non trovi? Dobbiamo cercare di saperne di più, ma non sarà affatto facile. L'ho fatta mettere nella camera blindata. Vieni con me, magari con un'altra donna sarà meno reticente.”
Si diressero nella zona dove si trovavano la camera blindata e le cabine adibite a “prigione”. Poche, per la verità. Non si ricordavano nemmeno più quando fossero state usate l'ultima volta. Due pirati erano di guardia davanti alla camera blindata. Harlock sbirciò dentro attraverso una specie di spioncino. La prigioniera era seduta su una branda, con mani e piedi immobilizzati. Sembrava tranquilla, quasi rassegnata.
“Forse non era necessario legarla così...” obiettò il capitano. Non gli piaceva trattare la gente in quel modo, chiunque fosse.
“Capitano, l'avevi detto tu di impedirle a tutti i costi di fare sciocchezze...”
“Sì, è vero. Beh, facci entrare.”
La donna al loro ingresso alzò su di loro due occhi strani... inespressivi e inquietanti. Non ricordava che le Mazoniane avessero occhi così... ma era passato tanto tempo.
“Prima non hai voluto rispondere alle mie domande. Ma ti sei introdotta clandestinamente sulla mia astronave e hai rubato qualcosa che non ti apparteneva. Potrei farti fucilare in questo preciso momento, ma in fondo non conviene a nessuno dei due. Dicci chi sei, chi ti manda e perché volevi quel volume e ti risparmierò la vita. Diversamente, abbiamo i sistemi per farti parlare, e poi toglierti comunque di mezzo. Pensaci! La mia è una proposta più che generosa. Ti do tempo fino a domattina.”
Harlock uscì a passo marziale. Kei rimase invece ancora un attimo.
“Ti consiglio di fare come ti dice il capitano... Hai solo da perderci, se non collabori. Intanto ti farò portare qualcosa da mangiare” disse semplicemente. Era per quello che Harlock l'aveva portata con sé. Poliziotto cattivo, poliziotto buono... funziona quasi sempre.
Lui invece era rimasto piuttosto turbato. Quello sguardo così freddo e vuoto... In quel momento Yattaran lo chiamò con il comlink.
“Capitano, vieni subito in plancia. Devo mostrarti una cosa!”
Che altro succede? Ma non doveva essere una vacanza questa?
Il primo ufficiale stava osservando la prigioniera attraverso la telecamera di sorveglianza. O almeno, così sembrava. Indicò lo schermo.
“Guarda, questo è l'interno della camera blindata, dove abbiamo messo la presunta Mazoniana.”
“Ci dev'essere un errore. Questa cella è vuota, non si vede nessuno...”
“E qui ti sbagli. La cella è quella giusta... ma la telecamera non rileva alcuna presenza. Esattamente quello che è accaduto in questi giorni.”
“Senti, Yattaran, è stata una giornata pesante, non sono in vena di indovinelli. Vieni al punto, per piacere.”
“Io credo che quella donna abbia addosso un sistema che le permette di sfuggire ai nostri sistemi di rilevamento, anche quelli del computer centrale. Forse per via di quella strana armatura...”
“Un momento, però noi l'abbiamo vista, qualche ora fa, in quella registrazione! È così che ci siamo accorti di lei.”
“È ciò che ho pensato subito anch'io. Ma c'è una possibile spiegazione. Mi sono ricordato che quella telecamera poco tempo fa si è rotta e quindi è stata sostituita con una di ultima generazione... l'avevo fatto io stesso. Le altre sono piuttosto vecchie e probabilmente superate... ma in fondo a noi servono a poco, quindi non ce ne siamo mai preoccupati più di tanto.”
Male! pensò il capitano.
“Forse è il caso di sostituirle tutte... Abbiamo avuto solo una gran botta di fortuna. Beh, cerchiamo di capire cosa ha permesso a quella di ingannarci per così tanto tempo... e vorrei anche tanto scoprire come ha fatto a salire indisturbata sull'Arcadia.”
Il mattino dopo Harlock tornò dalla prigioniera, questa volta da solo, per chiederle cosa avesse deciso di fare. Ma la donna rimase chiusa nel suo mutismo. Lui notò anche che non aveva toccato cibo, nonostante l'avessero legata in modo da potersi muovere a sufficienza. Vuoi il gioco duro? Tranquilla, lo avrai! pensò indispettito uscendo.

Ma il motivo di quel comportamento era ben altro, e fu il primo ufficiale, autorizzato il giorno dopo a entrare nella cella della prigioniera con le sue attrezzature per esaminarne l'armatura, a scoprirlo.
Arrivò in sala comando trafelato.
“Capitano! Come abbiamo fatto a non pensarci prima?”
Harlock, Kei e gli altri lo guardarono con aria interrogativa.
“Non è una Mazoniana! Non una vera, perlomeno!”
“E quindi?”
“È un robot... un replicante!”
Tutti sgranarono gli occhi. Questa poi... non se l'aspettavano proprio! Però in effetti ora i conti un po' tornavano... Probabilmente, anche se avesse voluto parlare... non era programmata per farlo. Doveva solo portare a termine la missione e, se avesse fallito, tacere. E poi, quegli occhi così strani... e il fatto che non avesse mangiato... anzi, che probabilmente non avesse mangiato e bevuto per giorni e giorni. Non avrebbero cavato nulla da lei.
Harlock era scoraggiato.
“Possiamo almeno sapere se è di provenienza mazoniana?”
Nessuno gli avrebbe tolto dalla testa che in quella contorta vicenda ci fossero di mezzo loro.
Yattaran si grattò la testa.
“Non abbiamo mai saputo molto della loro tecnologia... solo qualcosa di quella bellica. Posso provare a esaminarla... dovrò smontarla, però, e non so se poi sarò in grado di rimetterla insieme...”
“Certo che sarai in grado. Fallo subito, per favore! Avrai tutto il supporto di cui hai bisogno. Anche i macchinari del dottor Zero forse possono esserti utili. Vorrà dire che le ferie arretrate ve le pagherò, per questa volta!”

Harlock aveva deciso di restare comunque su Ombra di Morte, anche se l'atmosfera vacanziera era ormai compromessa. Lo doveva a Mayu, e poi lì avrebbero potuto svolgere le loro indagini con più tranquillità. Clarice era appagata dal fatto di aver recuperato il suo prezioso reperto e di poter riprendere le sue ricerche. Sapeva che di tutto il resto si sarebbero occupati Harlock e i suoi uomini, e lei non voleva essere d'intralcio con le sue domande.
Yattaran e il dottor Zero si stavano dedicando con molto impegno al loro compito. Riuscirono a disattivare la replicante e quindi poterono analizzarla a fondo. Era un robot molto sofisticato, in effetti, e non si stupirono del fatto che avesse potuto sfuggire tanto facilmente ai loro sistemi di sicurezza. Ma la sorpresa più sconvolgente la ebbe Yattaran dopo qualche giorno. Scoprì, in una minuscola scatola all'interno della testa, un oloregistratore!
Avrebbe dovuto avvertire subito il capitano, ma non resistette alla curiosità e lo attivò. Ciò che vide e udì lo lasciò senza parole.
Chiamò immediatamente Harlock.
“Capitano! Vieni subito da me. Da solo, preferibilmente. Ho scoperto qualcosa che non ti piacerà affatto!”

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Capitolo 12
*** Una voce dal passato ***


Harlock lasciò il ponte di comando in preda a un brutto presentimento.
Le parole di Yattaran lo avevano ulteriormente convinto che presto si sarebbero di nuovo trovati invischiati in una situazione poco piacevole.
Eppure, nello stesso tempo, si rendeva conto che una piccola parte del suo animo desiderava che fosse proprio così... La conosceva bene, quella sensazione: il gusto della sfida, il richiamo della lotta, l'istinto di misurarsi sempre con qualcosa di più grande, di superare i propri limiti... Lui era fatto così, non poteva farci nulla. Era anche per quello, in fondo, il motivo per cui aveva combattuto contro Mazone e contro Noo, ben sapendo che non ne avrebbe ricevuto nulla in cambio.
Il primo ufficiale lo attendeva impaziente nel suo laboratorio.
“Che cosa succede, Yattaran?”
“Siediti, è meglio. Nella testa della replicante c'era un oloregistratore. So che avrei dovuto aspettarti, ma l'ho azionato subito e... beh, guarda tu stesso”.
Così dicendo, toccò qualcosa e dalla piccola scatola uscì un fascio di raggi luminosi, che andarono a comporre, quasi al centro della stanza, una figura umana... una donna... bellissima, dai lunghi capelli corvini, dalla pelle di porcellana azzurrina e dagli occhi color della notte... una donna che lui ricordava anche troppo bene.
Raflesia!

Harlock sgranò l'occhio, sconvolto. Allora il suo istinto non lo aveva ingannato nemmeno stavolta! Tutta quella storia aveva davvero a che fare con le Mazoniane!
L'ologramma parlò, con quella voce un po' roca, calma e inquietante che non aveva mai dimenticato.
“Chiunque tu sia, se stai sentendo questo messaggio, significa che il mio inviato ha fallito la sua missione e tu sei ancora in possesso di un antico manoscritto. Sappi che quel codice appartiene al mio popolo, all'onnipotente Mazone, e contiene segreti in grado di sconvolgere l'intero universo, se cadesse nelle mani sbagliate. Per questo, all'epoca delle colonizzazioni mazoniane, alcune copie furono date in custodia a persone fidate. Poi tutto cadde nell'oblio, fino a poco tempo fa, quando siamo venuti a sapere che qualcuno sta cercando di entrare in possesso del codice per oscuri piani. Abbiamo dovuto sottrarre le copie e gli studi esistenti dall'Accademia del Sapere Universale e cercato di recuperare tutti i volumi cartacei rimasti nel cosmo... Li abbiamo trovati tutti. Tranne uno. Quello che hai tu. Chi gli sta dando la caccia è determinato e letale. Non si fermerà davanti a nulla. Tu sei in pericolo. L'intero universo è in pericolo. Ti chiedo dunque di consegnarci il codice. Con noi sarà al sicuro e così anche voi. Ti sto dando una grande prova di fiducia, quindi anche tu devi fidarti di me, Raflesia, la regina di Mazone. Non so dove ti trovi, perciò recati, appena ti è possibile, su Ades. Cerca una grande grotta di cristallo scavata nel picco più alto del pianeta, non ti sarà difficile individuarla, e lì troverai un trasmettitore con cui potrai avvertirci del tuo arrivo. Non c'è tempo da perdere. Intanto, stai molto in guardia.”
L'ologramma scomparve, lasciando Harlock e Yattaran attoniti e scombussolati.
La storia raccontata da Raflesia era pazzesca, eppure non priva di logica.
Loro sapevano che Mazone aveva davvero colonizzato la Terra e altri pianeti in epoche remote. La regina aveva parlato di “persone fidate” a cui erano state affidate copie del codice, anche se non aveva chiarito per quali ragioni. Una di queste persone poteva essere il famoso imperatore Federico II, di cui gli aveva parlato Clarice? Harlock non ne sapeva granché, ma sembrava essere un personaggio di una certa caratura. Il testo era dunque volutamente oscuro, perché doveva custodire dei misteriosi e pericolosi segreti. Anche su questi Raflesia non si era sbilanciata. Del tutto comprensibile, dato che non sapeva in realtà con chi stesse parlando.
“Cosa ne dici? - chiese Yattaran, spezzando il silenzio - Potrebbe essere una trappola.”
Harlock si passò nervosamente le mani tra i capelli. Con Raflesia tutto era possibile. Perfino che avesse detto la verità.
“No, non credo. Il messaggio è generico, non è rivolto a noi...”
“Potrebbe essere voluto, per trarci in inganno...”
“Mi sembra una storia abbastanza assurda da mettere in piedi, nella vaga speranza che noi abboccassimo. Dopo tutto questo tempo, dai, non è credibile...”
“La vendetta è un piatto che si consuma freddo...” osservò il primo ufficiale.
“E poi Raflesia non può sapere del mio legame con Clarice... Non può averla usata come esca...”
“Però forse sapeva del tuo rapporto con Daiba e Daiba guarda caso è stato assassinato... In più, scusa se mi permetto, ma... per quanto ne sappiamo, Clarice potrebbe anche essere loro complice... magari perché ricattata in qualche modo. Ricordati che gli studiosi sono una strana razza... sono spesso disposti a tutto per le loro ricerche!”
“Tu ne sai qualcosa, eh?” cercò di sdrammatizzare Harlock. Era già la seconda persona che metteva in dubbio la buona fede di Clarice, e la cosa lo infastidiva e lo agitava al tempo stesso. Lui si era sempre fidato del suo istinto e non aveva mai sbagliato. Ma... sarebbe stato così per sempre o prima o poi avrebbe preso un abbaglio? Forse, decise dentro di sé, ma non questa volta.
“C'è solo un modo per scoprirlo, Yattaran...” disse in tono grave.
“Ecco, lo sapevo! Ma perché? Perché vuoi di nuovo scornarti con quelle? Perché non crederai mica che Raflesia ti accoglierà a braccia aperte, vero? Vuoi davvero rischiare la pelle per quell'anticaglia? Quanto a Clarice... basta non dirle nulla di questo messaggio...”
“Forse non ti è chiara la situazione. Clarice è in pericolo, e non soltanto lei!”
“Insomma, ti sei bevuto la storia di Raflesia come niente fosse? Già, ma che parlo a fare? Tanto hai già deciso, vero, e nulla ti farà desistere?”
“Proprio così” disse Harlock alzandosi e avviandosi alla porta.
Prima di uscire si girò.
“Ti sarei molto grato se per il momento non facessi parola con nessuno di questo messaggio.”
Il che, come Yattaran sapeva benissimo, equivaleva a un ordine tassativo. Annuì, sconsolato, ma quando il capitano ebbe richiuso la porta, afferrò un pezzo qualsiasi dell'androide e lo scagliò contro la parete. Non era da lui comportarsi così, ma era davvero esasperato. Non aveva nessuna voglia di ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con quelle aliene, dal momento che, secondo lui, non era affatto necessario. Subodorava una marea di guai. Pensò che Kei fosse l'unica persona in grado di farlo ragionare... ma forse in quella circostanza non ci sarebbe riuscita nemmeno lei.

Harlock andò in cabina e si chiuse dentro. Doveva riflettere. E prendere la decisione giusta. Una decisione che in realtà sapeva benissimo, dentro di sé, di aver già preso. Analizzò di nuovo mentalmente, parola per parola, il messaggio olografico.
Certo, poteva essere benissimo una trappola. Un po' troppo elaborata, però. E poi il codice era autentico. Almeno, così diceva Clarice. Se anche lei avesse mentito, come avevano insinuato prima Jack e poi Yattaran? Ma a che scopo? Raflesia avrebbe potuto arrivare a lui in mille altri modi molto più semplici e diretti... Le sarebbe bastato rapire di nuovo Mayu, tanto per dirne una... o Kei...
Si ripeté che c'era un solo modo per scoprirlo. Andare a quell'appuntamento, con le dovute precauzioni, e sentire quello che Raflesia aveva da dire. Probabilmente lei stessa sarebbe rimasta sorpresa di ritrovarselo davanti, dopo tutti quegli anni... O magari sapeva già tutto e lo stava aspettando: prima di arrivare su Ombra di Morte, il robot avrebbe potuto benissimo mandare un messaggio per informarla. Lo odiava ancora? Certo, c'era anche la concreta possibilità che quella non fosse nata come una trappola, ma che la regina non si sarebbe comunque lasciata sfuggire l'occasione di vendicarsi di lui! Doveva correre il rischio.
Pensò che avrebbe dovuto riportare Mayu sulla Terra, non poteva coinvolgerla nelle sue follie. Anche se così avrebbe perso del tempo prezioso. E poi, temeva che il collegio fosse chiuso in quei giorni di piena estate... Avrebbe dovuto accompagnarla da Tadashi, che non sapeva neppure se fosse disponibile... oppure in quel maledetto campeggio, alla mercé di quel bellimbusto e di chissà chi altri! Non poteva nemmeno lasciarla su Ombra di Morte con Masu e qualcuno dell'equipaggio... lui avrebbe avuto bisogno di tutti i suoi uomini sull'Arcadia. Sospirò. Forse sarebbe stato meglio tenerla a bordo e sperare che non combinasse danni.
E, poi, bisognava parlarne con Kei... e sapeva già come sarebbe andata a finire!

Kei aveva ascoltato tutta la storia spalancando sempre di più gli occhi cerulei, prima per lo stupore, poi, quando intuì le prossime mosse di Harlock, per la rabbia. Si alzò di scatto, rovesciando la sedia.
“Non dirmi che hai intenzione di andare dietro ai deliri di quella là?” gridò con tono volutamente provocatorio.
Lui non rispose.
La ragazza cominciò a camminare avanti e indietro davanti a lui, stringendo i pugni con forza.
“Ma è così evidente che è una balla! È solo un modo per attirare la tua attenzione e farti la pelle! Le Mazoniane sono false di natura! Te lo sei dimenticato, quante volte ci hanno ingannato e ricattato?”
“Non è affatto evidente, secondo me, invece, per tutti i motivi che ti ho elencato” replicò il capitano impassibile, come solo lui sapeva essere in certe situazioni.
Kei si fermò davanti a lui, sconsolata. Tanto lo sapeva, che era una causa persa.
“Perché vuoi rischiare tanto? Ammettiamo pure che la storia di Raflesia sia vera... Non pensi che, quando saprà che il codice l'abbiamo noi, ne approfitterà per farcela pagare?”
“Credi che non ci abbia già pensato? Non farò correre a nessuno rischi inutili, me la vedrò io con lei...”
La bionda si infuriò un'altra volta.
“Adesso sì che mi sento tranquilla! Se quella ammazza solo te, il problema non esiste, vero? Ma come cavolo ragioni?”
“Raflesia non ammazzerà proprio nessuno. Devi fidarti di me, Kei.”
“Tu... tu muori dalla curiosità di incontrarla... è questa la verità! Non vedevi l'ora di avere un pretesto per correre da lei!”
Kei stava per mettersi a piangere.
Ecco, ci siamo!
“E perché, di grazia, dovrei morire dalla voglia di incontrare quella donna dopo più di sette anni, e dopo quello che ci ha fatto passare?”
Harlock si stava alterando. Il momento era delicato, c'era in gioco ben altro che la sua assurda gelosia. Aveva bisogno del suo appoggio, non delle sue scenate, che lui reputava illogiche, infantili e assolutamente indegne di lei.
“Perché... perché è così, sei sempre stato attratto da lei... credi che non me fossi accorta?”
“Basta, Kei, ti prego...stai diventando ridicola, e stai facendo un torto alla tua intelligenza... Dobbiamo decidere come muoverci nel modo migliore...”
Ma la ragazza uscì sbattendo la porta. Harlock sapeva che per quella sera non l'avrebbe rivista. Quando litigavano di brutto (per fortuna, non capitava spesso), lei tornava a dormire nella sua vecchia cabina. Qualche volta lui la raggiungeva e la rabboniva, ma quella sera non l'avrebbe fatto. Aveva altro per la testa e l'avrebbe lasciata sbollire da sola.
Si concentrò sul problema.
Ades... Ne aveva sentito parlare, chissà quando, e, a quanto ricordava, era un minuscolo pianeta, poco più grande di un asteroide e disabitato. Almeno fino a quel momento. Non era tanto sicuro della sua collocazione, però, e consultò le sue vecchie mappe stellari, per cercare una conferma. Si trovava in un'area dell'Universo molto lontana dalla Terra, poco conosciuta e frequentata dai terrestri, perché non offriva luoghi interessanti da sfruttare.
Si chiese se Raflesia avesse condotto il suo popolo da quelle parti, dopo la sconfitta. Si domandò anche, non senza una certa inquietudine, quanto quella sconfitta le bruciasse ancora... Aveva compreso troppo tardi che la sua decisione di risparmiarle la vita aveva in realtà profondamente ferito l'orgoglio della regina... e una femmina ferita nell'orgoglio può essere molto pericolosa, anche a distanza di anni.
Non c'erano alternative. L'unico modo per saperne di più era andare su Ades e incontrare lei o un suo emissario. Raflesia voleva il codice Voynich, e il codice l'avevano loro. Questo dava loro un certo vantaggio. Harlock era anche disposto a consegnarglielo (non sapeva se Clarice lo fosse altrettanto... probabilmente no), in cambio di informazioni sul pericolo misterioso che minacciava l'intero cosmo. Mazone li avrebbe aiutati a combatterlo?
Harlock si versò un bicchiere di vino e si ritrovò a sorridere. Era davvero una situazione paradossale. Rischiava di allearsi con il suo antico nemico. Ma quante volte era già successo, nella Storia?






Nota dell'autrice
Ecco, alla fine c'è LEI dietro tutto questo! O almeno così sembrerebbe. Quindi, caro Florestan, avevi visto giusto (e forse un po' ci speravi, confessa...)!

Auguro a tutti un sereno Natale! A presto!

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Capitolo 13
*** Su Ades ***


Il giorno dopo Harlock ordinò a Yattaran di raggiungerlo sul ponte di comando con l'oloregistratore e convocò tutto l'equipaggio. All'apparire dell'ologramma di Raflesia, nessuno di loro riuscì a trattenere un'esclamazione di rabbia o di indignazione. Il capitano sapeva che i suoi uomini l'avrebbero seguito ovunque, ma era anche consapevole che questa volta avrebbero disapprovato la sua decisione.
O no?
Qualcuno, infatti, dopo aver sentito il messaggio della regina di Mazone, esclamò che sì, era ora di fargliela pagare una volta per tutte a quella strega e alle sue degne compagne. Harlock non se l'aspettava. E non era esattamente quello che lui aveva in mente. Ma, per il momento, era meglio che la pensassero così.
“Lasceremo Ombra di Morte oggi stesso e ci recheremo subito su Ades - comunicò il capitano dal suo scranno - e per prima cosa cercheremo di capire quanto ci sia di vero nelle parole di Raflesia. Poi deciderò cosa fare. Kei, imposta le coordinate di Ades e i parametri per la navigazione in-skip. Secondo i miei calcoli, dovremmo arrivare in una decina di giorni.”
Kei eseguì l'ordine senza neppure guardarlo, ma lui non fece una piega. Le loro faccende private non erano mai entrate in quella stanza, e così doveva continuare a essere.
Harlock lanciò un'occhiata fuori dalla grande vetrata dell'Arcadia. Mayu era in spiaggia con Meeme. Purtroppo avrebbe dovuto dirle che la loro vacanza era finita prima del previsto. Pensò ancora che sarebbe stato molto più saggio riportarla sulla Terra, prima di affrontare di nuovo un nemico ignoto. Ma Ades era troppo lontano e qualcosa gli diceva che non avevano tempo di andare e venire da un capo all'altro dell'Universo. L'ammonizione finale di Raflesia lo aveva messo in allarme, suo malgrado. Si rassegnò quindi a parlare con la ragazzina e a subire le sue rimostranze. Ma stranamente Mayu non protestò, anzi, si tranquillizzò quando Harlock le disse che l'avrebbe tenuta comunque con loro sull'astronave, insieme a Clarice, a patto che non facesse di testa sua e si attenesse ai suoi ordini come tutti gli altri. Le accennò solo vagamente ai motivi che li costringevano a lasciare Ombra di Morte, promettendole che le avrebbe spiegato tutto in un momento più tranquillo. Bene - pensò tra sé - evidentemente non ci tiene poi così tanto a 'sto campeggio... e forse nemmeno a quello là... Han o come diavolo si chiama.
“Stai in guardia” aveva detto Raflesia... Finché erano su Ombra di Morte, erano al sicuro. Ma ora là fuori c'era un potenziale pericolo, di cui loro nulla sapevano... Che cosa dovevano aspettarsi?
Harlock attese sul ponte di comando che l'Arcadia fosse uscita dall'asteroide artificiale e avesse completato il salto nell'iperspazio, poi si alzò, si fece dare da Yattaran l'oloregistratore e andò da Clarice. Doveva metterla al corrente della situazione e cominciare a prepararla all'idea che forse avrebbe dovuto separarsi dal suo amato codice, per il bene suo e di tutto l'Universo. La reputava una persona ragionevole, ma non era così sicuro che in questo caso si sarebbe lasciata convincere tanto facilmente.
Clarice ascoltò con attenzione il messaggio di Raflesia, poi guardò Harlock con aria interrogativa.
“Non capisco, Harlock. Chi è questa donna? E che cosa ha a che fare con il Voynich?”
Il capitano ebbe l'ennesima conferma che i terrestri, all'epoca del tentativo di invasione delle Mazoniane e anche in seguito, avevano ricevuto ben poche informazioni in merito, e non si erano minimamente resi conto del pericolo corso.
Dovette spiegare a Clarice chi fosse Raflesia e le confermò che lui e i suoi compagni avevano visto con i propri occhi le prove che il popolo di Mazone era stato sulla Terra diversi millenni prima. Il codice Voynich probabilmente era una di quelle. Valeva la pena capire di che cosa si trattasse davvero, chi altri lo stesse cercando e come potesse essere neutralizzato.
“Capisci, Clarice, la regina potrebbe svelarci una volta per tutte il contenuto e il significato del codice... e tu saresti l'artefice di questa scoperta!” cercò di indorare la pillola.
Ma la donna era in realtà preoccupata per ben altro.
“Harlock... se tu hai sconfitto questa regina, se hai mandato a monte i suoi piani... non credo proprio che ci rivelerà un bel nulla! Anzi... potrebbe ucciderti, e io questo non lo posso permettere!”
“Lo so benissimo che c'è questo rischio... ma io non posso lasciare nulla di intentato. Ho intenzione di chiedere a Raflesia di aiutarci a combattere questa misteriosa minaccia, se sarà necessario. Fidati di me, Clarice, andrà tutto bene. Potrei anche convincerla a lasciarci il codice. In fondo, con te è in buone mani...”
“Ma... come intendi procedere, una volta arrivati su questo... Ades? Un nome che non mi fa presagire nulla di buono, tra l'altro!” 1
“Non lo so ancora... Ho un po' di tempo per rifletterci, prima del nostro arrivo.”
Clarice si alzò con aria determinata.
“Qualunque cosa tu decida, verrò con te! Ne so abbastanza del codice da capire se quella ti sta ingannando!”
“Vedremo” disse Harlock laconico congedandosi. Dopo aver affermato che non c'era alcun pericolo, non poteva certo dirle che era troppo rischioso per lei...

A fine giornata, dopo aver verificato che tutto stesse procedendo secondo le sue disposizioni, Harlock si ritirò nella sua cabina. Dove trovò Kei, seduta al suo tavolo, con un bicchiere e una bottiglia di vino già per metà vuota davanti. Uno dei miei migliori rossi, constatò il capitano con un certo rammarico. Malgrado i lunghi anni vissuti tra i pirati e il suo ammirevole impegno, lei non aveva mai imparato a reggere l'alcol come avrebbe voluto. Harlock le si avvicinò di spalle e le tolse delicatamente dalle dita la bottiglia, con uno dei suoi sorrisi sghembi.
“Ciao, Kei, felice di vederti. Per stasera direi che hai bevuto abbastanza.”
Kei cercò di trattenerla con la mano, ma era ormai più che brilla e non riuscì a opporre resistenza
“Perché? Non sono in servizio...”
Per tutta risposta Harlock si riempì un bicchiere e poi fece sparire la bottiglia in un mobile della stanza.
“Cattivo!” protestò debolmente la bionda.
Il capitano finì il suo vino, poi prese in braccio la ragazza, ignorando le sue lamentele.
“Su, da brava... è ora di andare a nanna. Mi servi lucida nei prossimi giorni!”
Appena messa a letto, Kei parve addormentarsi di colpo. Ma, quando dopo mezz'ora anche lui si coricò, si girò e si raggomitolò contro di lui. Harlock la cinse con un braccio e sorrise. Come al solito, lei aveva trovato il modo di fare pace, senza più alludere alla loro litigata.
Harlock doveva decidere come agire, una volta arrivati nei pressi di Ades.
Yattaran aveva scoperto che il piccolo pianeta era in pratica un ammasso di rocce e non aveva un'atmosfera compatibile con la vita umana, quindi sarebbero state necessarie le tute pressurizzate.
Il capitano si chiedeva come avrebbero reagito le Mazoniane alla vista dell'Arcadia. Se come prima mossa avessero sparato loro addosso? Forse avrebbe fatto meglio a lasciare l'astronave a una certa distanza dal pianetino, nascosta da qualche parte, e andare a cercare la grotta con una navetta. Da solo.
Intanto era divorato dalla curiosità. I segreti del codice, il castello misterioso, Mazone... che cosa avevano a che fare gli uni con gli altri? E chi voleva impadronirsi del manoscritto e per quali scopi? In che modo avrebbe potuto nuocere all'intero universo?
Raflesia di sicuro aveva tutte le risposte. Ma perché avrebbe dovuto rivelarle proprio a lui? Non sarebbe stato affatto facile convincerla... Sì, lui aveva fisicamente il codice e avrebbe potuto rifiutarsi di consegnarglielo. Ma non avrebbe risolto nulla, e Raflesia a quel punto avrebbe potuto benissimo farlo prigioniero e ricattare l'equipaggio dell'Arcadia.
La loro meta si avvicinava e Harlock si arrovellava tra mille ipotesi. Di solito lui sapeva sempre che cosa fare, ma quella era una situazione insolita e particolare, che richiedeva delle doti diplomatiche che lui non possedeva. Alla fine decise che avrebbe offerto il suo aiuto a Raflesia contro il loro nemico comune, chiunque fosse, e poi avrebbe atteso le prossime mosse della regina di Mazone. Sempre ammesso che fosse arrivato vivo alla fine del loro primo colloquio, s'intende...
Parlò ancora a lungo con Clarice del codice. Voleva conoscere più particolari possibile. Se necessario, avrebbe tentato un bluff per far credere a Raflesia che loro avessero molte più informazioni di quanto pensasse.
Clarice aveva comparato i dati in suo possesso con l'ipotesi che il codice avesse un'origine extraterrestre e come questa si potesse collegare a Castel del Monte.
“Come già ti ho accennato, Harlock, se prendiamo per buona l'ipotesi dei ricercatori italiani, questo edificio non è un unicum a quell'epoca. A parte le terme romane, esistevano edifici con strutture simili sia in Oriente, nel mondo arabo musulmano, sia in Occidente, nel mondo cristiano. Ed erano tutti edifici che avevano a che fare con l'acqua, quindi con il benessere del corpo, se si trattava di terme, o dello spirito, se si trattava di battisteri. Ciò che li accomuna è la forma ottagonale: cioè la congiunzione tra il cerchio, che simboleggia l'infinito e la sfera celeste, e il quadrato, i cui quattro angoli rimandano ai quattro elementi base dell'Universo, terra, aria, acqua e fuoco. In quasi tutte le civiltà antiche il numero otto rappresenta la rinascita, l'eternità... il cosmo spirituale e astronomico...2 Quindi il collegamento di questo castello con lo spazio non è così strampalato... non è chiaro però lo scopo ultimo... Perché, vedi, edifici simili ne sono documentati diversi, appunto... e l'imperatore Federico ha fatto costruire moltissimi castelli, ma solo Castel del Monte ha suscitato tante interrogativi e tante interpretazioni diverse... quindi deve avere qualcosa di differente dagli altri, qualcosa che però è sempre sfuggito a chi l'ha esaminato. Il codice trovato tra le sue rovine lo conferma, secondo me, ma aumenta anche il mistero, finché non sarà interpretato. Guarda - Clarice mostrò un'immagine sul suo computer - tra i disegni del codice c'è la pianta di un edificio ottagonale, che sembra coincidere con quella del castello3. Ma non ho idea di che cosa significhi...”
Harlock rifletté a lungo, prima di parlare.
“Clarice, so che sto per chiederti un grosso sacrificio... ma potrebbe essere necessario restituire il Voynich ai suoi legittimi proprietari, per così dire, perché così tu saresti al sicuro, e anche noi...”
Gli espressivi occhi chiari della donna non seppero nascondere il disappunto, e il capitano se ne accorse, ma proseguì deciso.
“... ma voglio chiedere qualcosa in cambio alla regina di Mazone... le chiederò di spiegarci ogni cosa, di svelarci i misteri del codice e del castello, e tu così potresti concludere i tuoi studi e pubblicare le tue scoperte, diciamo, in esclusiva! Diventeresti famosa nel mondo accademico! Che ne dici?”
Clarice fece un sorriso forzato.
“Caro, a me ormai della fama importa ben poco! Ovviamente mi dispiacerebbe molto se dovessi davvero rinunciare al manoscritto che ho trovato, ma lo farò volentieri, per salvare te, Kei, Mayu e tutti gli altri. Purtroppo qualsiasi ricerca ha poco valore, se non si può esibire la documentazione... anzi, rischia di essere controproducente...E poi, scusa, non hai detto che queste Mazoniane stanno facendo sparire tutte le copie e gli studi esistenti? L'ho verificato io stessa, quando li ho cercati nella Accademia del Sapere Universale. Quindi, non credo che farebbero un'eccezione per me. Perché dovrebbero, se c'è in gioco la sicurezza addirittura dell'universo? Però... però mi piacerebbe sapere come stanno le cose... per mia conoscenza personale, s'intende...”
“Vedrò cosa posso fare, Clarice... Aspettiamo di vedere cosa succede...”
“Sei molto ottimista riguardo a questa regina, vedo...” commentò la donna, osservandolo di sottecchi.
Harlock si alzò e uscì senza aggiungere altro. Ha ragione lei... sono troppo ottimista. È molto più probabile che Raflesia mi punti una pistola alla testa e prema il grilletto...

Come Harlock aveva calcolato, dopo dieci giorni di navigazione giunsero in vista di Ades. Il computer di bordo confermò che si trattava di un pianeta roccioso, freddo e del tutto privo di vita, dove alti rilievi dai fianchi scoscesi si alternavano a profondi burroni e aridi pianori spazzati da forti venti. Una piccola stella assicurava l'alternanza del giorno e della notte. Gran bel posto hai scelto, Raflesia!
Harlock però non vi fece atterrare l'Arcadia, anzi, ordinò che si mantenesse al di fuori dell'atmosfera. I radar non rilevarono la presenza di altre astronavi nei dintorni, per il momento.
In ogni caso le Mazoniane non hanno alcun interesse a distruggerci, per ora, pensò il capitano, non prima di aver messo le mani sul codice.
Decise che per la prima discesa su Ades avrebbe potuto farsi accompagnare, visto che si trattava soltanto di comunicare il loro arrivo, quindi in teoria non c'erano rischi, non più che in altre missioni. Lo chiese a Kei, sapeva che le avrebbe fatto piacere. Non amava sentirsi esclusa, e in più così non sarebbe stata in ansia per lui.
Ordinò al primo ufficiale di individuare la grotta di cristallo. In effetti, si sarebbe probabilmente potuta vedere anche a occhio nudo, perché spiccava sul fianco della montagna più alta, emanando un'intensa luce. Non avrebbero nemmeno dovuto arrampicarsi a piedi, perché proprio davanti all'ingresso si apriva uno spiazzo sufficientemente largo da contenere comodamente una loro navetta. Il capitano affidò il comando della nave a Yattaran e, con la ragazza e altri due uomini, atterrò davanti alla grotta. Chiusi nelle loro tute, sfoderando le cosmo-gun per precauzione, si addentrarono nella caverna. Ai loro occhi si offrì uno spettacolo davvero affascinante: le pareti della grotta erano completamente ricoperte da formazioni simili a calcite, che però brillavano di luce propria, visto che l'interno era buio, e rendevano inutili le loro torce. Camminarono per diverse decine di metri, finché su un lato, in una piccola nicchia, Harlock notò una specie di tablet. Lo indicò ai suoi compagni. Lo prese delicatamente con la mano guantata, lo studiò per pochi secondi e poi sfiorò lo schermo con un dito. Trascorsero alcuni istanti, prima che comparisse il messaggio di risposta. Il capitano lo lesse velocemente e, dopo aver inviato il segnale di “ricevuto”, ripose il tablet al suo posto e fece segno che potevano rientrare.
“Che cosa diceva il messaggio?” chiese Kei con impazienza. Aveva la netta sensazione che Harlock le stesse nascondendo qualcosa.
“Fissava l'incontro tra 24 ore standard da adesso.”
“Incontro... con chi?”
“Questo non era indicato” tagliò corto il capitano laconico, mettendosi ai comandi della navetta. Contattò l'Arcadia per sapere se c'erano stati problemi, e, appurato che lassù era tutto tranquillo, rientrò subito.
“Non credo che le Mazoniane attaccheranno... non subito, almeno - disse Harlock alla ciurma riunita in plancia - Ma è meglio essere preparati, quindi stabiliremo subito dei turni di guardia per tutto il periodo in cui staremo in orbita intorno ad Ades.”

Tre ore dopo, mentre l'Arcadia era sprofondata nell'oscurità e nel silenzio del riposo notturno, un'ombra scivolò silenziosa per i corridoi e si diresse all'hangar. Poco dopo, una navetta lasciava l'astronave, diretta su Ades.




Buon anno a tutti!



 

1 Ades, secondo la mitologia greca, era il dio del regno dei morti. Il termine spesso indicava anche il regno dei morti stesso (nota superflua, probabilmente).

2 Vero.

3 Vero.

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Capitolo 14
*** Duello verbale ***


Harlock aveva mentito. L'incontro non era fissato per il giorno dopo, ma soltanto per quattro ore dopo, il che significava che le Mazoniane non erano molto lontane. Stava andando di nascosto, anche se non era nel suo stile, perché non voleva doversi scontrare con Kei, Clarice e chissà chi altri, che avrebbero insistito per accompagnarlo o, peggio, avrebbero cercato di impedirgli di recarsi all'appuntamento.
Aveva avvertito soltanto Yattaran, che stava facendo il primo turno di guardia.
“Se tra poco vedi sul radar un veicolo che si avvicina ad Ades, non ti allarmare: è sicuramente la persona che devo incontrare. Tieni gli occhi aperti e, se fra tre ore non sono di ritorno o non hai mie notizie, venitemi a cercare su Ades. Ma se le Mazoniane attaccano e vedete che non riuscite a contrastarle, disimpegnatevi e andatevene subito, senza preoccuparvi per me. È un ordine.”
Il primo ufficiale si era limitato ad annuire e a lanciargli un'occhiata di disapprovazione. Tanto sapeva che qualsiasi cosa avesse detto o fatto sarebbe stata fatica sprecata. Aveva valutato anche l'idea di seguirlo a distanza, ma era praticamente impossibile che il capitano non se ne accorgesse.
Aveva però notato, con sollievo, che Harlock era armato.
“Sii prudente, capitano” aveva detto semplicemente.

Harlock atterrò con la navetta all'imbocco della grotta, come prima. Ma questa volta buona parte dello spiazzo antistante era occupato da una piccola astronave, una specie di capsula tondeggiante. Non aveva mai visto un mezzo del genere nella flotta mazoniana.
Sono già arrivate, pensò.
In quel momento su un fianco dello strano veicolo si aprì uno sportello, da cui fu calata una specie di passerella mobile. Il capitano vi salì, con i sensi all'erta.
Si trovò in un ampio ambiente, una via di mezzo tra la sala comandi di un'astronave e un salotto. Dalle vetrate si poteva osservare lo squallido paesaggio di Ades. Apparentemente non c'era nessuno, ma l'uomo sapeva che non poteva essere così e continuava a guardarsi intorno, pronto a prevenire qualsiasi mossa avversaria.
“Vieni avanti, Harlock. Ti stavo aspettando.”
Quella voce inconfondibile l'avrebbe riconosciuta tra mille.
Era lei. Era venuta lei in persona!
Una poltrona girevole ruotò verso di lui. Raflesia indossava un'attillata tuta color argento ed era senza casco. Contrariamente al suo solito, a quanto almeno ricordava, aveva i capelli raccolti. Il tempo non aveva minimamente scalfito la sua algida bellezza. Che le Mazoniane avessero davvero scoperto il segreto dell'eterna giovinezza?
Raflesia lo stava fissando con un'espressione indecifrabile. Possibile che fosse venuta da sola? Eppure non sembrava esservi traccia di altre persone a bordo.
“Puoi toglierti il casco, Harlock. Così possiamo parlare meglio” lo invitò.
Il capitano esitò un attimo, poi fece come diceva lei, sempre senza perderla di vista. Osservò che non era (o pareva) armata. E non sembrava disturbata dal fatto che lui invece lo fosse. Appariva rilassata. Troppo rilassata.
“Accomodiamoci qui” proseguì la regina. Si alzò e andò a sedersi su una poltrona con un alto schienale e dei braccioli, sicuramente più comoda della precedente, e indicò ad Harlock una poltrona simile di fronte a lei. Tra loro, solo un basso tavolino.
Harlock non era per nulla suo agio, ma non aveva motivi per rifiutare.
“Posso offrirti qualcosa da bere?” chiese, premendo un pulsante, che aprì un armadietto.
Le dita affusolate di Raflesia si strinsero intorno al collo di una bottiglia piena di un liquido violaceo.
“Ti ringrazio, ma preferisco non bere quando sono in servizio.”
La regina di Mazone scoppiò in una risata. Probabilmente si era accorta che Harlock era sulla difensiva e si stava divertendo un mondo.
Prese la bottiglia e ne versò il contenuto in un calice, che si portò alle labbra.
“Capisco. Come vuoi...”
“Dunque sapevi già da tempo che il codice Voynich ce l'avevamo noi?” chiese Harlock senza tanti preamboli.
“Da non molto, per la verità. Sapevamo che ce l'aveva la dottoressa Jones e siamo riusciti a seguire le sue tracce fino a Tortuga. Lì il mio androide non ha potuto agire, probabilmente perché eravate arrivati voi, e quindi è dovuto salire sull'Arcadia. Ha fatto in tempo a comunicarcelo, dopodiché abbiamo perso i contatti... Ti puoi immaginare la mia sorpresa nell'apprendere che la Jones era tua ospite! Dopo tutti questi anni, il destino metteva ancora sul mio cammino il pirata dello spazio!”
Quell'ultima affermazione suonò piuttosto sinistra, ma Harlock non si scompose.
“Più o meno è quello che ho pensato io, quando ho sentito il tuo messaggio olografico!”
“Già, le cose sono andate così e non possiamo farci niente. Ma ora parliamo d'affari: hai portato con te il codice?”
“Certo che no! Davvero credevi che te l'avrei consegnato così, senza nessuna spiegazione da parte tua?”
Raflesia ebbe un moto di stizza.
“Che cosa vuoi, Harlock? Soldi? Sappi che non ho intenzione di trattare con te. I motivi per cui voglio quel manoscritto li ho già spiegati nel mio messaggio!”
“No, tu non hai spiegato un bel niente, in quel messaggio! Facevi solo riferimento a misteriose minacce, senza ulteriori delucidazioni...”
“Temo che dovrai fartelo bastare. Credimi, meno cose conosci, meglio è. Non mi interessa nemmeno sapere perché ora hai tu quel codice...”
“Il codice non è mio. È sempre stato della dottoressa Jones, che l'ha trovato tra le rovine di un antico castello sulla Terra.”
“Beh, di qualunque natura siano i tuoi rapporti con la Jones, dovrai convincerla a restituircelo. Credi che il mio sia un capriccio? Non costringermi a usare la forza, Harlock. Sappi che non ho cattive intenzioni verso di te, malgrado tutto. Sono passati molti anni, la guerra appartiene al passato e la vendetta non mi interessa. Ho ben altre priorità. Tra cui salvaguardare il mio popolo. E per farlo devo rientrare in possesso di quel volume. Se collabori, sarà tutto più semplice. Le nostre strade si divideranno adesso per non rincontrarsi, spero, mai più. Altrimenti non esiterò a ricorrere a qualsiasi mezzo.”
Harlock era stupito. Raflesia sembrava sincera, quando diceva che non aveva intenzione di vendicarsi. Ma con lei non si poteva mai sapere...
“Siete state voi a uccidere il professor Daiba?” chiese a bruciapelo.
“No. Perché avremmo dovuto?”
“Era l'unico in grado di collegare voi e il codice... Stranamente è stato assassinato poco prima di venire a conoscenza della scoperta della Jones... Una curiosa coincidenza, no?”
Raflesia fece spallucce.
“E se anche l'avesse fatto? Non sarebbe cambiato niente per noi, visto che la Terra non ci interessa più da un pezzo.”
“Ma siete state voi a minacciare la dottoressa Jones!”
“Le abbiamo mandato un messaggio ingiungendole di consegnarci il codice, sì, dopo che avevamo perquisito casa sua... Ma lei non si è spaventata abbastanza... Comunque, non le avremmo mai fatto del male...”
“Sì, certo, come no! Pensi che me la beva?”
“Non siamo state noi a uccidere Daiba, ti ripeto. È molto più probabile che siano stati gli altri. E questo dovrebbe metterti in allarme...”
Harlock la interruppe, spazientito.
“Basta fare la misteriosa, Raflesia, con la scusa di proteggerci! Sappiamo badare a noi stessi. Chi sarebbero questi altri? E perché vogliono il codice?”
La regina si alzò di scatto.
“Guarda che non hai il diritto di sapere tutto! Se ti dico...”
Anche Harlock si alzò, fronteggiandola. Non erano più stati così vicini, dai tempi del loro duello.
“Sì, invece, se c'è di mezzo la pelle mia e del mio equipaggio! Chi mi garantisce che, una volta che ti avrò consegnato il volume, questi non cercheranno di ammazzarci lo stesso? Sempre che prima non lo faccia tu, beninteso...”
Raflesia sbuffò spazientita.
“Sei sempre stato dannatamente testardo, Harlock, e vedo che non sei cambiato affatto... Cerchiamo di recuperare la calma. Avanti, che cosa vuoi per darmi il codice?”
Aveva detto che non avrebbe trattato... è troppo arrendevole... o sta architettando qualcosa o quel codice è davvero troppo importante per lei... ma perché?
Harlock si risedette. Si ricordò della richiesta di Clarice.
“Voglio sapere tutto. Clar... cioè, la professoressa Jones è una studiosa molto interessata ai misteri del Voynich, su cui gli esperti terrestri hanno indagato per secoli senza venire a capo di nulla. Per lei sarebbe un bel colpo scoprirli tutti in una volta sola... gioverebbe molto alla sua carriera, capisci?”
Non era quello il vero motivo, ma riteneva fosse l'unico che Raflesia avrebbe capito.
La regina di Mazone socchiuse gli occhi, fissandolo con curiosità.
“Quali sono i tuoi legami con quella donna, Harlock? Perché ti dai tanto da fare per lei?”
Lui rispose in modo evasivo. Non voleva dare troppe armi in mano a una persona di cui continuava a non fidarsi fino in fondo.
“È una vecchia amica. Mi ha... aiutato quando ero molto giovane e sono in debito con lei.”
Raflesia scosse la testa con un sorriso ironico e bevve l'ultimo sorso dal suo bicchiere.
“Voi terrestri siete degli inguaribili sentimentali. È questo che vi metterà sempre nei guai.”
“Non tergiversare, Raflesia. I tuoi giudizi sui terrestri li conosco già e non mi interessano affatto. Questa è la mia condizione.”
“E tu? Tu che cosa vuoi, Harlock?”
“Io voglio sapere chi sono e che cosa vogliono questi fantomatici personaggi di cui continui a vaneggiare... Magari potremmo, per questa volta... allearci, combattere dalla stessa parte...”
La donna proruppe in una risata sarcastica.
“Tu e io... alleati? Il grande Mazone e un pugno di pirati cenciosi dovrebbero combattere insieme? Sei proprio pazzo, Harlock! Non abbiamo nessun bisogno di voi!”
Il capitano sapeva che per prudenza avrebbe dovuto tacere... fino a quel momento Raflesia non si era mostrata apertamente ostile e non era il caso di provocarla... ma di fronte a quell'offesa non seppe trattenersi.
“Ti ricordo, regina, che quel pugno di pirati cenciosi ha cacciato il grande Mazone dalla Terra... nel caso te ne fossi dimenticata...”
Gli occhi di Raflesia mandarono un lampo di puro odio e il capitano istintivamente portò una mano al fianco, sfiorando la pistola. Ma si mantenne freddo.
“... comunque, se non vuoi il nostro appoggio, per me non c'è problema. Ma esigo di sapere che cosa ci minaccia. Anche noi abbiamo il diritto di difenderci.”
“E se rifiutassi? In fondo, potrei farti benissimo catturare dai miei soldati e ricattare il tuo equipaggio: la tua vita per il codice. Lo sai che ne sarei capace... e non credo proprio che i tuoi uomini ritengano una vecchia pergamena più importante di te!”
“Sì, ma vedi, purtroppo solo io so dove si trova. Dopo che era stato rubata, ho dovuto metterla in un posto sicuro...”
“Oh, ma che peccato! Così sarò costretta a farti parlare... con i miei metodi, naturalmente...”
Harlock decise di cambiare strategia... in effetti come bluff non era granché... e non aveva dubbi che Raflesia e le sue accolite avrebbero tratto estremo piacere nel torturarlo per bene. No, bisognava puntare su qualcos'altro... il suo fascino malandrino, per esempio... Raflesia era pur sempre una femmina, possibile che solo su di lei non avesse alcun effetto?
Le sorrise sornione.
“Raflesia, ma perché devi sempre essere così violenta? In fondo che cosa ti sto chiedendo? Solo di condividere delle informazioni...”
Lei si alzò di nuovo di scatto, furiosa.
“Ma davvero credi, Harlock, che, dopo aver custodito i nostri segreti per secoli, io venga a spiattellarli a te e alla prima venuta? Per la carriera accademica della tua amica? Sei decisamente fuori strada! Non se ne parla! Questo incontro finisce qui. Mi costringi ad agire in un modo che avrei tanto preferito evitare... ma non mi lasci scelta... Mi basta distruggere l'Arcadia, e con essa il codice! Noi abbiamo le altre copie, e ci importa solo che non cadano nelle mani sbagliate!”
Harlock avrebbe tanto voluto ribadire che contro l'Arcadia avrebbe perso anche questa volta, ma per il momento tenne per sé quella constatazione.
“Non puoi sapere se il codice sia davvero sull'Arcadia... potrei averlo nascosto altrove...”
Lo sguardo di Raflesia lasciò trapelare una lieve incertezza. Fu un attimo, ma Harlock lo colse.
“Ce l'hai una scelta, invece... - continuò - Non conviene a nessuno ingaggiare una nuova guerra, con tutto quello che comporta in termini di perdite di vite, per una vecchia pergamena, come la chiami tu. In realtà, non ti ho proprio detto la verità, prima, a proposito di Clarice...”
“Ah, mi sembrava! Vuota il sacco una volta per tutte, Harlock, il mio tempo è piuttosto prezioso!”
“La dottoressa Jones sa che, senza la possibilità di esaminare il reperto originale, le sue relazioni non valgono nulla davanti ad altri studiosi. Nonostante ciò, è disposta a consegnarvelo. A lei non importa nulla della sua carriera, vuole solo sapere la verità...”
Raflesia era chiaramente perplessa.
“Perché, Harlock?”
“Per semplice sete di conoscenza, Raflesia. La dannazione dell'umanità fin dalla sua comparsa sulla Terra... e anche ciò che più la avvicina al divino. Almeno questo riesci a capirlo?”
La donna sembrò colpita.
“No... non molto. Come faccio a fidarmi?”
“Se tu la conoscessi, non avresti dubbi sulla sua onestà. Sulla mia - aggiunse ironico - non dovresti averne più da tempo...”
Raflesia gli volse le spalle per alcuni minuti. Sembrava osservare l'aspro paesaggio del pianeta, ma probabilmente stava riflettendo.
Harlock era nervoso. Sapeva che tutta quella storia era un azzardo. In pratica, aveva proposto a Raflesia di incontrare Clarice. Lui aveva capito che la sua amica era disposta a tutto pur di saziare quella famosa sete di conoscenza, ma aveva lui il diritto di esporla così a un potenziale pericolo, mortale per di più? Ovviamente, poi, lui l'avrebbe accompagnata. Immaginava già le scenate di Kei...
C'era un solo modo per aggirare l'ostacolo.
In quel momento Raflesia si volse di nuovo verso di lui.
“E sia. Incontrerò questa Jones e poi valuterò che cosa fare. Non l'avrai vinta tanto facilmente.”
“Bene! Non te ne pentirai. Ma sarai tu a venire sull'Arcadia.”
“Cosa?!?”
La regina mazoniana questa volta era davvero scandalizzata, la proposta l'aveva talmente presa in contropiede che non riusciva quasi a parlare.
“Puoi portare le tue guardie del corpo, se lo ritieni necessario” continuò Harlock in tono conciliante, facendola infuriare ancora di più.
“Ma come puoi pensare che accetti una simile proposta? Io sono la regina di Mazone! Non posso rischiare la mia incolumità! E il tuo equipaggio mi detesta, non vedrà l'ora di farmi fuori...”
“Mi 'spiace deluderti, ma ai miei uomini di te non importa proprio nulla - mentì - ... E comunque nessuno ti torcerà un capello, senza un mio ordine. Ordine che sai benissimo non darò, se non si renderà necessario.”
In realtà, Kei ti caverebbe volentieri gli occhi... ma è meglio che tu non lo sappia.
Si avvicinò ancora di più a lei.
“Lo so che muori dalla curiosità di vedere finalmente l'Arcadia, di scoprire i suoi segreti” le sussurrò all'orecchio.
La regina alzò le spalle.
“Se ti riferisci al misterioso quarantaduesimo membro del tuo equipaggio, ti puoi risparmiare il disturbo, so già tutto” 1 commentò ironica.
Harlock sussultò appena. Come aveva fatto a scoprirlo? O stava bluffando?
“Ma davvero? - contrattaccò - E chi sarebbe?”
Raflesia si girò appena e gli lanciò uno sguardo fugace, in cui però Harlock lesse un lampo di trionfo.
“Il vostro computer centrale. Si comporta quasi come un essere senziente.”
Accidenti, lo sapeva davvero! Ma sicuramente le mancava un dettaglio. Doveva puntare su quello, se non voleva perdere terreno in quella trattativa.
“Ah, certo. Ma non sai tutto... non sai chi è veramente...” insinuò.
Raflesia si scostò bruscamente e tornò a sedersi. Harlock si rese conto di aver colto nel segno. Era molto vicino alla vittoria. Si sedette anche lui.
“Me lo sono domandato spesso, in questi anni. Che cosa avete fatto, dopo che avete... rinunciato alla Terra?”
Raflesia lo guardò un po' sorpresa.
“Che t'importa? Ce la siamo cavata” rispose con una punta di stanchezza nella voce.
“Avete raggiunto un altro pianeta, lo avete colonizzato, oppure...?”
“Non devi saperlo! Nessuno deve saperlo!”
“Scusa, era semplice curiosità... Vedi, conviene anche a te salire sull'Arcadia piuttosto che il contrario... Se dovessimo venire nella tua nuova patria o sulla tua ammiraglia, qualcosa finirebbe per trapelare... Così invece nessuno verrebbe a sapere nulla...”
“Che c'entra? Potremmo anche incontrarci qui, in territorio... diciamo neutro” obiettò Raflesia.
“Sì, potrebbe essere un'alternativa ragionevole.”
Ma Harlock percepiva che la donna era troppo ingolosita dalla prospettiva di vedere finalmente da vicino l'astronave che l'aveva tenuta in scacco tanto tempo.
“Faremo così - sospirò Raflesia - Mi consulterò con i miei consiglieri e ti farò sapere. Se andrà male, ti ho già detto qual è l'alternativa...”
Harlock non seppe trattenere un sorrisetto soddisfatto.
“Bene. Credo che accetterò quel liquore adesso...”

 


 

 

1 Sono quasi sicura che Raflesia avesse scoperto questo segreto (tant'è che Namino ha il compito di distruggere il computer centrale), ma non ricordo l'episodio. Se qualcuno volesse venirmi in aiuto... gliene sarei grata!

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Capitolo 15
*** La risposta ***


Dopo aver dato a Raflesia le coordinate per contattare l'Arcadia (sarebbe stato molto imbarazzante se il suo ologramma, come era capitato talvolta in passato, fosse comparso all'improvviso nella sua cabina in presenza di Kei!) e comunicare la sua decisione, Harlock risalì sulla navetta e avvisò Yattaran che stava rientrando.
Il pirata era stato sulle spine per tutto quel tempo e non riuscì a nascondere il sollievo. Anche Harlock fu lieto di constatare che le Mazoniane non avevano attaccato l'astronave in sua assenza, e questo era un buon segno.
Fu anche sollevato nel trovare l'hangar deserto... si vede che Kei non si era accorta della sua assenza o comunque non si era insospettita. Andò subito in plancia dal suo primo ufficiale.
“Tutto bene qui, Yattaran?”
“Sì, capitano, nessun movimento sospetto. E su Ades?”
Harlock si lasciò andare sul suo scranno. Avvertiva la tensione, di cui non si era reso pienamente conto, allentarsi pian piano, lasciandogli addosso un senso di spossatezza.
“Sì, tutto bene. Non crederai mai con chi ho parlato fino adesso...”
“Non dirmelo! Raflesia!”
Il capitano annuì.
“In persona.”
Gli raccontò brevemente la loro conversazione, e concluse dicendo che in pratica l'aveva invitata a incontrare Clarice sull'Arcadia. Yattaran era allibito, eppure comprendeva le ragioni di Harlock. Raflesia così sarebbe stata molto più controllabile. In teoria.
“Ci possiamo fidare, capitano?” chiese ugualmente.
“Credo di sì. Non ha nessun interesse né convenienza ad attaccarci. Vuole il codice a tutti i costi e noi possiamo anche considerare di darglielo, ma solo dopo che ci avrà rivelato ogni cosa... Se c'è una nuova minaccia per l'universo, lo voglio sapere. Ora, se non ti dispiace, andrei a dormire un po'. Ne riparleremo con calma domani.”
“Tranquillo, capitano. A domani.”
Harlock si avviò alla sua cabina con il suo caratteristico passo cadenzato. Era stanco, sì, ma anche carico di adrenalina... L'incontro con Raflesia aveva risvegliato in lui ricordi sopiti, sensazioni dimenticate... all'epoca della guerra la odiava e la ammirava al tempo stesso. Un'ambivalenza che in realtà non aveva mai risolto. Anche perché, dopo averla sconfitta e umiliata, lei giustamente era sparita per sempre dalla sua vita... fino a quel momento. Ma lui ogni tanto si chiedeva che fine avesse fatto. Il suo popolo le aveva perdonato di averlo trascinato in quell'impresa immane, e di aver fallito?
Kei dormiva profondamente, per fortuna. Avrebbe spiegato tutto anche a lei, l'indomani. Ma lei non l'avrebbe presa bene come Yattaran, di questo era certo. Con lei purtroppo sarebbe stata necessaria un'altra strategia.

Mentre facevano colazione, Kei gli chiese come intendesse affrontare l'incontro con Raflesia o chi per essa.
“Ho già parlato con Raflesia - rispose il capitano con voce incolore, ma ferma - Stanotte.”
La ragazza rimase talmente scioccata da non riuscire nemmeno ad articolare parola. Restò con la tazza di tè a mezz'aria, fissandolo incredula.
“Come... stanotte?” balbettò dopo parecchi secondi.
“Sì, l'incontro era fissato 4 ore dopo l'invio del messaggio. Su Ades c'era Raflesia in persona. Abbiamo contrattato parecchio, e alla fine spero di averla convinta ad accettare di parlare con Clarice, prima di consegnarle il codice. Qui, sull'Arcadia.”
Kei d'istinto avrebbe fatto una scenata: per lo spavento, per la rabbia di essere stata esclusa, per la gelosia, per tutta l'assurdità di quella situazione... ma non fiatò. In quel momento non stava parlando il suo compagno, ma il capitano dell'Arcadia, le cui decisioni non erano soggette ad alcun tipo di discussione, nemmeno con lei. L'aveva imparato, spesso a sue spese, nel corso degli anni, e ormai era in grado di capirlo solo dal tono di voce, dallo sguardo o dalla postura che assumeva. Finì in fretta di fare colazione e si recò al suo posto in plancia, ignorando il nodo che le chiudeva la gola. Se c'erano delle comunicazioni ufficiali, le avrebbe ascoltate là, insieme a tutti gli altri.
Ma Harlock non andò subito in sala comando. Si recò invece a parlare con Clarice, per metterla al corrente del suo incontro con la regina di Mazone.
“E secondo te ci sono concrete possibilità che accetti di parlare con me?” chiese speranzosa.
“Raflesia è una creatura imprevedibile, ma... io credo di sì. Però è bene che tu sappia una cosa, Clarice: rivuole il Voynich a tutti i costi. Ma non penso si tratti di un capriccio, bensì di una questione di sicurezza, anche se non ho ancora capito come e perché. Spero che ce lo dica lei.”
Clarice chiuse gli occhi pochi secondi.
“Va bene. Se tu ritieni giusto e necessario restituire il codice a questa persona, lo farò.”
“Vediamo prima come si muove lei. Perché io voglio delle risposte concrete, prima. Ma non ti nascondo che sì, fondamentalmente penso sia giusto consegnarglielo, anche se mi dispiace molto chiederti questo.”
Harlock era davvero rammaricato.
Clarice scosse la testa.
“Non ti preoccupare. Piuttosto sono molto curiosa di conoscere finalmente la verità su quel codice, anche se dovrò tenermela per me. Quando verrà questa Raf... come si chiama?”
“Raflesia. Non so ancora se accetterà. Soprattutto non so se acconsentirà a salire sull'Arcadia. Ti avvertirò appena avrò la risposta, stai tranquilla.”
Il capitano si congedò con un sorriso e andò finalmente in plancia. Già dal corridoio poté sentire distintamente le voci alterate di Kei e Yattaran. Non stava bene origliare, ma … lui era il capo e poteva farlo, pensò. E poi quei due stavano urlando. Quindi si bloccò prima di entrare e tese l'orecchio.
“Insomma, tu lo sapevi e non l'hai fermato?” gridava Kei.
“Secondo te qualcuno riesce a fermare il capitano quando si mette in testa qualcosa?”
“Scommetto che non ci hai nemmeno provato! Potevi almeno avvertirmi!”
“Sì, certo, così finivo in cella di rigore a pane e acqua per un mese! E poi, cosa avresti fatto tu, sentiamo?”
Kei stava per replicare, ma il rumore della porta che si apriva e il suono inconfondibile del passo di Harlock la fecero desistere.
“Che cosa succede qui?” chiese con la sua voce severa, anche se in realtà un po' gli veniva da ridere.
I due tornarono subito alle loro postazioni, come due monelli colti in fallo.
“Niente niente, capitano - disse Yattaran serafico - Solo uno scambio di vedute tra colleghi...”
Kei invece gli lanciò uno sguardo triste, prima di girarsi verso la sua consolle.
Harlock decise che più tardi le avrebbe parlato e spiegato ogni cosa. Aveva stabilito che alla ciurma, invece, non avrebbe rivelato nulla prima della risposta di Raflesia.
Si accomodò quindi sul suo scranno.
“Qualche novità, Yattaran?”
“No, capitano. Là fuori non c'è assolutamente nulla. Che cosa facciamo ora?”
“Niente. Aspettiamo qui. E continuiamo con i turni di guardia, non si sa mai.”
Più tardi chiese a Kei di pranzare con lui in cabina, per parlarle con calma.
La ragazza lo ascoltò senza mai interromperlo.
“Non vi ho detto nulla per non farvi preoccupare...”
“Sì, e per non intralciare i tuoi piani!”
“Certo, anche.”
“Hai corso un rischio altissimo. Se fosse stata una trappola... non avremmo potuto fare nulla per aiutarti!”
“Non è vero, avevo dato precise istruzioni a Yattaran. E poi Raflesia non ha alcun interesse a farmi fuori... non finché abbiamo noi il codice.”
“Già... e se glielo daremo, invece? Che cosa farà? A quel punto, perché non vendicarsi?”
“Lo so che ti sembra impossibile, ma... da quello che ha detto, a me non è sembrato affatto che avesse questa intenzione. Intanto Raflesia verrà qua e, finché sarà a bordo, nessuno oserà farci nulla. E, se decideremo di consegnarle il Voynich, appena se ne sarà andata ce ne andremo subito anche noi.”
“Come fai a essere tanto sicuro che verrà a bordo?”
“Non lo sono. Lo spero, più che altro. Ma sono ragionevolmente ottimista.”
Kei annuì poco convinta.
“Cambiando discorso... hai notizie di Mayu? Le avevo promesso che le avrei dato delle spiegazioni, glielo devo, visto che le ho rovinato le vacanze, ma non ho ancora trovato il tempo per farlo.”
“Non è il caso di preoccuparsi. Proprio ieri mi ha detto che avrebbe approfittato del cambiamento di programma per fare i compiti di scuola... e poi va spesso a parlare con Clarice. È una ragazza in gamba, lo è sempre stata.”
Meglio di quanto mi aspettassi!
“Bene, così si fa. Vado subito da lei.”

La risposta di Raflesia arrivò dopo tre giorni. Lei in persona comunicò ad Harlock la sua decisione.
“Verrò sull'Arcadia tra due giorni. Mi accompagnerà una delle mie consigliere, Lavinia. Ma parlerò soltanto con te e la dottoressa Jones. Nessun altro dovrà essere presente e sentire quello che ci diciamo. Quindi, niente telecamere nascoste o registratori, intesi?”
“Hai la mia parola, Raflesia. Ci vediamo tra due giorni.”
Harlock si lasciò andare sulla poltrona della sua cabina con un sorriso soddisfatto. Ce l'aveva fatta!
Convocò subito la ciurma e comunicò la novità. I pirati restarono a dir poco attoniti. Ma come, non dovevano dargliene di santa ragione, a quelle lì? E invece, accoglievano la loro regina a bordo con tutti gli onori? Forse il capitano non stava tanto bene...
Harlock intuì facilmente i loro pensieri e aggiunse che la situazione era mutata, che le Mazoniane avevano notizia di un pericolo imminente per tutto l'universo e che quindi dovevano collaborare con loro. Il che era in gran parte vero. Sempre ammesso che Raflesia dicesse la verità...

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Capitolo 16
*** Il velo del passato si squarcia ***


 

Durante le 48 ore che precedettero l'arrivo di Raflesia, sull'Arcadia regnò una strana atmosfera. Buona parte dell'equipaggio disapprovava, ma si guardava bene dal mettere in discussione gli ordini del capitano. Yattaran non aveva più aperto bocca e trascorreva il tempo con i suoi amati modellini. Kei aveva tentato di ribellarsi, quando aveva saputo che sarebbe stata esclusa dal colloquio, ma Harlock, pur dispiaciuto, era stato irremovibile. Anche Mayu si era incupita. Non poteva dimenticare quando era stata tenuta a lungo prigioniera di quelle aliene, rischiando la vita propria e dei suoi amici.
“Meglio per lei se non la incontro - dichiarò bellicosa - potrei non rispondere delle mie azioni!”
L'unica al settimo cielo era ovviamente Clarice.
“Ma... pensi che possa farle tutte le domande che voglio? Sai, sono tante...” chiedeva eccitata come una bambina davanti a un giocattolo nuovo.
Harlock aveva sorriso. Era sicuro per perfino l'altera regina di Mazone avrebbe subito il fascino e la simpatia di Clarice.
“Ma... credo di sì... Lo vedremo al momento.”

Finalmente giunse il grande giorno. Una piccola navetta si avvicinò all'Arcadia e si identificò, secondo le procedure, chiedendo il permesso di salire a bordo. Fu fatta entrare nell'hangar e ne scesero le due occupanti, accolte da Harlock, da uno Yattaran alquanto malmostoso e da una Kei rigida come un pezzo di legno. Il capitano non pensava fosse una buona idea che le due si incontrassero, ma non aveva trovato valide ragioni per impedirlo. Temeva, in realtà, che Raflesia, con il tipico intuito femminile, capisse come stessero le cose tra loro e potesse, all'occorrenza, sfruttare la situazione.
Raflesia indossava la stessa tuta argentata che aveva nel loro precedente incontro, l'altra aliena, alta e slanciata come lei, ne portava una scura, più simile a un'uniforme. Harlock si chiese se fosse lei ad aver preso il posto della defunta Cleo.
Le due donne si tolsero il casco.
“Benvenute sulla mia astronave - le salutò il capitano - Vi presento i miei ufficiali, la signorina Kei Yuki e il signor Yattaran.”
Raflesia li salutò con un quasi impercettibile cenno del capo, i due si limitarono a un saluto militare.
A sua volta la regina presentò la sua accompagnatrice, Lavinia, membro autorevole del suo Consiglio, che portava con sé una piccola valigia.
“Mi dispiace, maestà, ma dobbiamo perquisirvi” disse Yattaran con malcelata soddisfazione.
Raflesia lo fulminò con lo sguardo.
“Non oserete mettermi le mani addosso...?” esplose.
“No, regina - intervenne Kei, mostrando una specie di scanner - Lo farò io.”
La donna sbuffò, ma si sottopose al controllo senza protestare ulteriormente, come anche la sua accompagnatrice.
A un cenno di Kei verso Harlock, il gruppetto si diresse verso la cabina del capitano, dove li aspettava Clarice e dove Yattaran aveva predisposto uno dei suoi computer. I corridoi dell'Arcadia erano deserti. Nonostante Harlock non avesse dato alcuna disposizione in merito, sembrava proprio che i pirati non avessero nessuna voglia di incontrare le due Mazoniane. E forse era meglio così.
Kei camminava silenziosa. Non aveva mai incontrato Raflesia di persona. Aveva visto delle sue immagini nel computer di Yattaran, molti anni prima, e ricordava quanto fosse bella e altera. Dal vivo, però, emanava anche un'aura particolare, un misto di sicurezza e regalità. Nonostante non indossasse abiti sfarzosi né gioielli né altri segni della sua condizione, non si poteva non restare soggiogati dal suo fascino. Quanti anni potrà avere? si chiese. Ogni tanto la ragazza scrutava Harlock, che procedeva davanti a tutti con la sua solita espressione impenetrabile. In realtà, malgrado fosse irrimediabilmente gelosa, lei non aveva mai avuto motivo di dubitare dei suoi sentimenti e della sua fedeltà. Era un uomo tutto d'un pezzo, dall'animo puro e leale, e aveva una sola parola. Era di Raflesia, che non si fidava affatto. Chissà che cosa aveva in mente... La rincuorava un po' il fatto che in quella stanza non sarebbero mai stati soli.
Giunti davanti alla cabina, Harlock introdusse all'interno le due donne e congedò Kei e Yattaran.
“Mi raccomando, capitano - gli sussurrò il primo ufficiale - se quelle due si comportano in modo strano premi il pulsante che ho inserito sotto la tua scrivania e saremo da te in un baleno.”
Kei si limitò ad accarezzargli un braccio.
“Mi dispiace,non ho potuto fare diversamente...” le ripeté Harlock, prima di richiudere la porta dietro di sé.
Clarice si era alzata, emozionata e anche, contrariamente al suo solito, un po' in imbarazzo.
“Raflesia, ti presento la dottoressa Clarice Jones. Clarice, la regina di Mazone.”
Clarice aveva pensato a lungo su come comportarsi con Raflesia e aveva optato per una stretta di mano.
“È un piacere conoscervi... maestà” disse.
“Il piacere è mio, dottoressa Jones” rispose Raflesia dopo un attimo di esitazione.
“Accomodiamoci” le invitò il capitano indicando tre poltrone intorno alla sua scrivania, su cui era stato sistemato da Masu un piccolo rinfresco.
“Non ti dispiace, vero, Harlock, se prima facciamo anche noi un piccolo controllo?” chiese la regina con una punta di sarcasmo nella voce.
“No, non mi dispiace, fate pure.”
Lui si sarebbe comportato allo stesso modo, in una situazione analoga.
Lavinia tirò fuori dalla valigetta un piccolo rilevatore e lo puntò in varie direzioni nella stanza. Con un cenno del capo rassicurò la sua regina: non c'erano telecamere o microregistratori nascosti.
Così tutti poterono sedersi.
“Qualcosa da bere?” chiese Harlock, cercando di distendere un po' l'atmosfera.
Ma tutte e tre le donne rifiutarono.
“Per ora no, grazie, magari più tardi - disse Raflesia - Bene, dottoressa Jones, sono a sua disposizione. Prima, però, se non le dispiace, vorrei vedere il codice.”
Harlock fece un impercettibile segno di assenso.
“Ma certo, eccolo!”
Clarice aprì la piccola teca e porse il prezioso volume alla regina.
Kei stava per avviarsi verso la sala comando, ma Yattaran la fermò.
“Vieni un attimo nel mio laboratorio. Devo mostrarti una cosa.”
Il primo ufficiale non diede altre spiegazioni, ma la ragazza decise di seguirlo. Ma sì, stare in compagnia mi farà bene.
Era di pessimo umore. Riprese il filo delle sue riflessioni. D'accordo, Harlock era un uomo sincero e leale... ma come si sarebbe comportato se un giorno si fosse reso conto di non amarla più? Sarebbe potuto capitare, non è questione di cattiveria... Sarebbe rimasto con lei solo per mantenere fede alla parola data? Lei non l'avrebbe mai potuto accettare. E dunque? Cosa avrebbe fatto? Accidenti a te, Raflesia, che mi fai pensare a queste cose!
Intanto erano giunti nel regno di Yattaran. Entrando, Kei sentì il bisogno di sfogarsi ad alta voce.
“Quella stronza di aliena, quella...!”
“Ssssh!” le intimò l'uomo indicando con la testa un angolo della stanza.
Mayu, Meeme e il dottor Zero erano comodamente seduti davanti a un piccolo schermo e le fecero un cenno di saluto.
“Tranquilla, Kei, la penso esattamente come te! Le farei volentieri un gavettone di letame, a quella là!” disse allegramente Mayu.
“Ehi! Cosa ci fate qui? E cosa state guardando?”
“Accomodati e guarda anche tu!” la invitò Yattaran.
Nello schermo era inquadrata la cabina di Harlock, e si vedevano e si sentivano chiaramente tutti gli occupanti.
Kei era stupefatta.
“Ma... come hai fatto?”
“Secondo te potevo lasciare il capitano e Clarice da soli in balia di due Mazoniane? Ho installato una microcamera, tutto qua.”
“Ma... Harlock lo sa? Aveva dato la sua parola a Raflesia che nessuno avrebbe sentito quello che si dicevano...”
“Certo che lo sa! Il capitano è un gentiluomo, ma anche un pirata, e soprattutto non è mica fesso! L'importante è che le due Mazoniane lo credano... e infatti hanno subito controllato, ma il mio gioiellino è praticamente invisibile e irrilevabile! In più, sotto il piano della scrivania ho sistemato un pulsante collegato all'allarme generale. Se quelle due fanno un passo falso, in un nanosecondo si troveranno addosso tutta la ciurma dell'Arcadia. Nessuno può farla al vecchio Yattaran!”
Kei sorrise scuotendo la testa. Diavolo di un pirata, Harlock riusciva sempre a sorprenderla!
“Godiamoci lo spettacolo, ragazzi!” concluse compiaciuto il primo ufficiale.

 

Raflesia prese in mano il codice con delicatezza, quasi con reverenza. Nei suoi occhi - parve ad Harlock, che la osservava con attenzione - sembrava brillare una sincera commozione. Strano, in fondo questa non è l'unica copia rimasta, se è vero che sono riuscite a recuperare tutte le altre...Che cosa ha di speciale?
La risposta arrivò indirettamente, quando la regina, dopo aver sfogliato qualche pagina, andò subito in fondo al volume, alla parte scritta in caratteri mazoniani, e sembrò tirare un sospiro di sollievo.
“Dove ha trovato questa copia, dottoressa Jones?”
“Sotto una pietra pavimentale tra i ruderi di un antico castello... Castel del Monte, per la precisione. Immagino che voi sappiate di che cosa si tratti.”
Raflesia annuì soddisfatta, come se quella notizia confermasse in qualche modo una sua idea.
Clarice proseguì.
“Alle analisi il volume è risultato molto più antico dell'altra unica copia di cui si era a conoscenza, andata perduta molto tempo fa. È databile per la precisione intorno all'anno 1000. Quindi anche precedente al castello stesso, costruito oltre 200 anni dopo. Non solo: risulta stampato con una tecnologia che a quell'epoca non poteva esistere. Ma, se è opera vostra, almeno questo fatto ha una spiegazione.”
“Vedo che sa già molte cose, dottoressa...”
“Non abbastanza. Le mie deduzioni non hanno trovato una risposta alle domande più importanti: che cosa è esattamente il codice Voynich? E qual è il suo legame con quell'edificio misterioso? E, ancora, a che cosa serviva Castel del Monte? Ci sono innumerevoli teorie a riguardo, ma nessuna convince fino in fondo e nessuna è supportata da prove o documenti inconfutabili...”
Clarice si era lasciata trasportare dal suo solito entusiasmo. Tacque di colpo, temendo di aver osato troppo.
Ma Raflesia sembrava averla presa in simpatia e la incoraggiò a continuare.
“Nel vostro messaggio olografico dicevate che alcune copie erano state date in custodia a persone fidate ... A che scopo? Una di queste era forse Federico II, colui che fece costruire il castello?”
“Non lui direttamente... ma sua madre” si decise finalmente a parlare Raflesia.
“Costanza d'Altavilla?”
“Esatto. Come suppongo già sappiate, Mazone colonizzò la Terra molti millenni fa, portandovi la civiltà come voi la conoscete e fondendosi con le popolazioni terrestri. Alcune persone, in tutte le epoche, furono designate a mantenere segretamente i rapporti con la madrepatria. La nostra, come penso abbiate notato, è una società matriarcale. Il potere e la conoscenza si tramandano in linea femminile. Molte vostre famose regine, per esempio, sono in realtà di antica origine mazoniana1. Come Costanza d'Altavilla, la quale però morì prematuramente, lasciando un solo figlio maschio, Federico, appunto, erede di due corone. Ignoro come Costanza sia riuscita a istruirlo sulle sue origini e sui suoi compiti, visto che era un bambino di appena quattro anni e per di più già orfano di padre.2 Probabilmente scelse qualcuno di cui si fidava ciecamente e, tra le altre cose, gli affidò la copia del Voynich di cui era in possesso, ereditata a sua volta dalle sue antenate.”
Raflesia fece una pausa. Clarice ascoltava a bocca aperta e anche Harlock era chiaramente molto colpito da questa versione del tutto inedita della storia terrestre. Riempì i quattro bicchieri di vino e questa volta tutte accettarono.
“E veniamo alle sue altre domande, dottoressa: che cosa è il Voynich e quale legame ha con Castel del Monte. Vede, si tratta esattamente di un manuale di istruzioni. Fornisce indicazioni su come costruire un edificio con caratteristiche ben precise e su come usarlo. Naturalmente è scritto con un linguaggio in codice, che soltanto alcune persone sono in grado di decriptare.”
“Ma questa copia contiene anche una parte scritta in caratteri mazoniani. Perché usare due linguaggi diversi?” la interruppe Clarice.
“Per sicurezza: se anche qualcuno fosse riuscito a scoprire la chiave per decodificarlo, difficilmente sarebbe stato in grado di capire i caratteri e la lingua mazoniani. Avrebbe quindi scoperto a che cosa servisse l'edificio, ma non sarebbe stato in grado di costruirlo, e viceversa.”
“Deduco che le indicazioni per l'edificazione siano nelle ultime pagine... Perché erano assenti nell'altra copia, quella del 1400, il Voynich vero e proprio?” chiese ancora Clarice.
Raflesia scosse la testa.
“Questo non lo so. L'altra copia era un manoscritto realizzato dai terrestri, non da noi.”
“Quanti volumi come questo c'erano sulla Terra?” intervenne Harlock.
“Solo questo.”
“Ma nel tuo messaggio parlavi di altre copie...”
Raflesia sospirò.
“La Terra non è l'unico pianeta che abbiamo colonizzato. Ognuno era in possesso di un'unica copia.”
“Perché quella terrestre è così importante?” la incalzò ancora Harlock. Sentiva che Raflesia non stava dicendo tutto. Infatti trasalì quasi impercettibilmente, ma lui se ne accorse benissimo e comprese di aver toccato il tasto giusto.
“Perché era l'unica che non avevamo ancora recuperato.”
“No, non credo... Prima sei andata subito a guardare in fondo, come per controllare se mancasse o meno qualcosa...”
La donna sospirò. Con quello lì non si poteva proprio bluffare!
“... e perché è l'unica completa, come speravo. Alle altre mancano le ultime pagine, quelle in mazoniano, tutte o quasi tutte.”
“Perché, secondo te?”
“Non ne ho idea. Sono passati millenni, potrebbe essere successo di tutto. Si vede che la copia terrestre è stata custodita meglio.”
Clarice rifletteva. Quanto stava rivelando Raflesia in realtà le suscitava mille altre domande.
“Già, Federico potrebbe aver deciso di nasconderla proprio lì... Ma quando e perché? Anche lui è morto abbastanza all'improvviso3... Forse, presagendo la fine, ha affidato il suo segreto a qualcuno...?”
“Purtroppo dalla sua morte prematura - proseguì Raflesia - i contatti con quella dinastia si interruppero.”
“Già - si intromise ancora Harlock - ma voi avevate altri emissari sulla Terra, come hai detto tu stessa. Perché dunque c'era solo una copia del codice su tutto il pianeta?”
“Non tutti avevano gli stessi compiti, Harlock. E non erano in contatto tra loro. Ma questo è irrilevante adesso.”
“Giusto. Veniamo a Castel del Monte. Che cosa era davvero?”
“Nel caos che seguì la morte di Federico, del codice si smarrirono le tracce e il castello fu praticamente abbandonato, comunque perse la sua funzione originaria...”
“Che era... quale?”
Harlock stava cominciando a perdere la pazienza. Gli sembrava che tutte quelle chiacchiere non aggiungessero nulla di sostanziale a quello che già sapevano.
“Era un edificio dedicato al benessere del corpo, alla rigenerazione fisica e mentale, alla cura delle malattie, al prolungamento della giovinezza e della vita, principalmente attraverso l'acqua.”
Certo, in quanto piante... pensò Harlock.
Clarice batté le mani.
“Allora è vero! I ricercatori italiani avevano visto giusto!” esclamò.
“Nel codice - proseguì Raflesia - si insegna come conseguire questo scopo, come usare l'acqua, quali erbe dalle proprietà benefiche, quali medicamenti, e con quali congiunzioni astrali potenziarne l'efficacia.”
“Affascinante! - commentò Clarice con entusiasmo - e... funzionano?”
Raflesia alzò un sopracciglio, ma Harlock intervenne.
“In quei disegni si vedono degli esseri con fattezze femminili, immerse in vasche piene di liquido e in stato di gravidanza... l'edifico era una specie di culla della vita?”
“Non esattamente. Tra le varie pratiche, però, ne conosciamo alcune per il benessere delle puerpere e dei nascituri.”
“A chi era destinato questo edificio? Solo ai discendenti di Mazone o anche ai terrestri?” chiese ancora Harlock.
“Ai possessori del codice, al loro entourage e a chiunque loro volessero.”
“Quindi, ricapitolando: un solo codice e un solo edificio di questo tipo per l'intero pianeta... Perché, se il codice risale all'anno Mille, il castello è stato costruito oltre 200 anni dopo?”
Raflesia alzò le spalle.
“Non conosco la storia di Mazone e della Terra così nel dettaglio... si vede che bisognava aspettare il momento giusto...”
“Secondo alcuni ricercatori - li interruppe Clarice - il castello era un osservatorio astronomico e un laboratorio alchemico...”
Raflesia sorrise.
“Era anche tutto questo. Come vi dicevo prima, alcuni personaggi erano scelti per mantenere i contatti con Mazone. Avrete notato che l'architettura di Castel del Monte segue uno schema ben preciso, con sequenze strutturali e numeriche che si ripetono... Beh, tutto ciò non è casuale. Permetteva, a chi sapeva comprenderli e usarli, di osservare gli astri non soltanto per scopi terapeutici, ma anche per comunicare con la madrepatria. Quanto all'alchimia - Raflesia fece un gesto vago con la mano - non non c'entriamo, è stata un'idea dei terrestri...”
Clarice rifletteva ad alta voce.
“Certo, certo, i vari usi dell'edificio in effetti non sono incompatibili tra loro... Alla corte di Federico poi erano presenti scienziati delle più diverse discipline, come il matematico Fibonacci e Michele Scoto, che era anche astrologo e alchimista4. ma che era già morto, all'epoca della costruzione del castello... potrebbe aver partecipato al progetto, però...”
Ad Harlock quelle elucubrazioni da scienziati interessavano molto poco. A lui mancava sempre la risposta al quesito più importante: a chi altri interessava quel codice, tanto da indurlo a uccidere? E solo per costruire un edificio termale? No, non era credibile.
Stava per chiederlo direttamente alla sua regale ospite, quando il suono acuto dell'allarme generale fece sussultare tutti per la sorpresa.

 



 

 

 

1Questa “teoria” l'avevo già inserita nella mia fic “Legami di sangue”... e aveva avuto un certo successo, quindi ho pensato di riproporla!

2Vero.

3Federico morì il 13 dicembre 1250, pochi giorni prima di compiere 56 anni, pare per una patologia addominale, che probabilmente diede il colpo di grazia a una salute ormai cagionevole.

4Vero.

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Capitolo 17
*** Fuori la verità! ***


 

Nel laboratorio di Yattaran, dei cinque spettatori “abusivi” solo due sembravano interessati a quanto Raflesia andava raccontando: il primo ufficiale e Mayu. Meeme e Zero si erano attaccati alla bottiglia di saké ed erano ormai persi nel loro mondo, mentre Kei si stava palesemente annoiando. A lei interessava soltanto che quella tenesse le mani a posto, di quel vetusto codice e di quell'antico rudere importava il giusto, cioè poco o nulla.
La voce di Erik, uno dei pirati rimasti di guardia sul ponte di comando, facendo irruzione dall'interfono, spezzò l'atmosfera di pacata rilassatezza che aleggiava nella stanza.
“Primo ufficiale, abbiamo rilevato una squadriglia di navette che si sta avvicinando rapidamente all'Arcadia.”
“Ah! Avete già chiesto di identificarsi?”
“Sì, più volte, ma non rispondono.”
“Di che tipo di veicoli si tratta?”
“Sembrano... sembrano dei piccoli caccia.”
“Suona l'allarme. Io avverto il capitano e arrivo subito in plancia! E puntate immediatamente i cannoni pulsar... non credo abbiano intenzioni pacifiche!” ordinò Yattaran con voce preoccupata.
Kei si era alzata in piedi di scatto.
“Quelle vipere! Ma io stavolta le cavo gli occhi...”
“Calmati, Kei. Non possono essere Mazoniane, non attaccherebbero mai l'Arcadia, sapendo che la loro regina è ancora a bordo.”
Attivò l'interfono collegato alla cabina di Harlock, mentre la sirena riecheggiava per tutta l'astronave.
“Capitano, un gruppo di piccoli caccia si sta avvicinando all'Arcadia. Non si sono identificati, ma temo vogliano attaccarci...”
“Arrivo subito! Voi - disse rivolto alle tre donne - non muovetevi da qui!”
“No, Harlock - gridò Raflesia, scattando in piedi - Io devo tornare dalla mia gente!”
“Non se ne parla, non prima di aver capito chi sono quelli e che cosa vogliono.”
“Allora lasciami venire con te sul ponte... vorrei anch'io sapere di chi si tratta...”
Harlock rifletté un istante. Sospettò che Raflesia ne sapesse più di loro, sull'identità dei loro possibili aggressori. Ma con lei avrebbe fatto i conti dopo, adesso la sua presenza era richiesta altrove.
“D'accordo, tu e Lavinia potete venire. Clarice, è meglio se tu rimani qui. Ti manderò Mayu e Meeme.”
“Va bene, Harlock” disse docile la donna.
Almeno una che non discute sempre i miei ordini!
Il terzetto arrivò rapidamente in sala comando, dove già si trovavano Yattaran e Kei. Tutti i presenti rimasero spiazzati dalla presenza delle due Mazoniane, che si misero in un angolo, cercando di dare nell'occhio il meno possibile. Kei tentò di restare impassibile, ma con scarso successo. Volse le spalle sdegnosamente alle nuove venute, facendo finta di non vederle.
“Com'è la situazione?” chiese il capitano, incrociando le braccia sul petto, come suo solito.
“Non siamo ancora nel loro raggio d'azione, ma lo saremo presto... hanno una velocità spaventosa, in più sono veicoli piccoli e agili...”
“Non hanno nessuna possibilità contro l'Arcadia. Ma mi sembrano un po' troppo sicuri di sé, quindi non perdiamoli di vista e teniamo tutte le armi pronte all'uso. Kei, per favore, chiama Mayu e Meeme e mandale nella mia cabina, insieme a Clarice.”
“Subito, capitano.”
Nel frattempo la squadriglia aveva assunto una formazione a cuneo e le prime navette cominciarono a sparare, per poi, subito dopo, disimpegnarsi e fuggire verso l'alto, per evitare l'eventuale fuoco nemico. Il tutto a una velocità davvero impressionante. Piccole raffiche colpirono l'astronave, senza però provocare alcun danno. Nello stesso tempo, però, i primi colpi sparati dall'Arcadia in risposta andarono a vuoto. I piccoli caccia si misero di nuovo in formazione e ricominciarono con la stessa tattica. Ma non avevano fatto i conti con le capacità strategiche di Harlock, che, capito ormai il loro gioco, non diede loro scampo.
“Tenetevi forti!”
Si mise al timone e lo fece ruotare con violenza di quasi 180°, facendo scartare all'improvviso l'Arcadia di lato e disorientando la squadriglia.
“Fuoco alla massima potenza a 22 gradi a dritta, adesso!” gridò contemporaneamente.
I colpi sparati dai cannoni pulsar falcidiarono il gruppo e le poche navette superstiti batterono in ritirata, scomparendo presto dalla loro vista. Erano troppo veloci per tentare un inseguimento.
I pirati sul ponte esultarono, mentre Harlock era perplesso. Per quanto ben orchestrata, quella era stata soltanto un'azione suicida. Forse gli assalitori non potevano conoscere nel dettaglio le potenzialità dell'Arcadia, ma era comunque impossibile, per dei piccoli caccia, avere la meglio su un'astronave di quella stazza. Era un diversivo? Una mossa per distrarli da qualcosa?
“Yattaran, sei riuscito a capire chi diavolo fossero quelli?”
Il primo ufficiale era riuscito a catturare delle immagini con il computer e le proiettò sullo schermo grande.
“No, Harlock. Sono caccia di un modello piuttosto vecchio, saranno più di dieci anni che non ne vedo uno... Ma non hanno alcun segno di riconoscimento.”
“Eppure erano molto veloci e facilmente manovrabili... Chi li aveva in dotazione, in passato?”
“Oh, un po' tutti, compreso l'esercito terrestre. Per questo è molto difficile capire da dove arrivino.”
In quel momento, il capitano si ricordò di Raflesia. Si volse a guardarla: aveva l'aria tesa e gli sembrò, se possibile, ancora più pallida.
Le si avvicinò con aria minacciosa.
“Adesso, Raflesia, mi dirai tutto” disse a voce molto bassa, ma per questo ancora più spaventosa.
La donna però non si fece intimorire.
“Di che cosa parli, pirata?”
Per tutta risposta Harlock la prese per un braccio e indicò la porta.
“Andiamo a parlare da un'altra parte!”
Lavinia fece per intervenire, ma lui la bloccò con un'occhiata di fuoco.
“La tua presenza non è necessaria. E non ti preoccupare, te la restituirò tutta intera, la tua preziosa regina!”
“Ma... come osi? Lasciami andare immediatamente!” urlò la Mazoniana, scandalizzata e furiosa.
Malgrado la donna cercasse di opporre resistenza, la presa del capitano era una morsa d'acciaio e le fu presto chiaro che non sarebbe riuscita a liberarsene. Non le rimase che seguirlo fuori dalla sala comando.
Dato che la sua cabina era occupata, e anche troppo lontana, Harlock la fece entrare in un minuscolo locale poco distante, appena più grande di un ripostiglio, e solo allora lasciò andare il suo braccio. Raflesia si guardò intorno leggermente disgustata.
“Scusa se non dispongo di una stanza adeguata al tuo rango, ma qui potrai parlare liberamente, ci siamo solo io e te.”
“Io non ho niente da dirti!”
“Smettila di prendermi in giro! Tu sai benissimo chi ha mandato quei caccia! Perché volevi andartene subito? Perché hai chiesto di venire in plancia con noi? Ho visto la tua faccia quando se ne sono andati, sai? Eri chiaramente molto preoccupata! Sono quelli di cui parlavi nel tuo olomessaggio, vero? Sono quelli che vogliono il Voynich? Perché lo cercano? Non vorrai farmi credere che ne hanno bisogno per costruirsi le terme! E nemmeno un osservatorio spaziale, avanti! Poteva avere un senso nel XIII secolo, non certo adesso! Quindi te lo chiederò una volta sola, Raflesia: che cosa era Castel del Monte? Che cosa era VERAMENTE, intendo.”
Raflesia era in difficoltà. Si sentiva in trappola. Harlock non era uno stupido, come lei ben sapeva, e non avrebbe rinunciato a conoscere la verità per nulla al mondo. Mai come in quel momento capì di aver pagato molto cara la sua curiosità di salire sull'Arcadia. Sospirò. Avrebbe tentato di fare appello al suo senso dell'onore.
“Non posso dirtelo, Harlock. È un segreto che il mio popolo ha custodito gelosamente per millenni... non posso rivelarlo a nessuno. Credimi, come ti ho già detto, è meglio per tutti voi.”
“Non l'avete custodito tanto bene, mi pare, se quelli evidentemente ne sono a conoscenza...”
“Ci sono cose che tu non sai...”
“No, appunto. Devi dirmele tu. È la mia nave che è stata attaccata, e, per quanto ne so, là fuori potrebbe esserci un intero esercito pronto ad aggredirci, di cui quei caccia erano solo le avanguardie... Ho il diritto di sapere!”
Raflesia strinse le labbra.
“D'accordo, l'hai voluto tu. Ti posso tenere qua dentro finché non ti deciderai a parlare...”
La donna lo guardò stizzita, ma non riuscì a mascherare del tutto il panico che si stava impadronendo di lei.
“Avevi giurato che non mi avresti mancato di rispetto...”
“E tu che mi avresti rivelato ogni cosa!”
“Le mie guerriere verranno a prendermi, cosa credi?”
Harlock aveva già aperto la porta. Voltò appena la testa verso di lei.
“Vi abbiamo sempre battuto, Raflesia, e lo faremo anche questa volta!”
Fece per uscire.
“Aspetta! Ti dirò quello che vuoi sapere... Ma non te la prendere con me se dopo ci saranno delle conseguenze!”
Harlock richiuse la porta e la guardò serio.
“Questo non è affar tuo, non ti preoccupare.”
La donna esitò ancora qualche secondo.
“Il castello era una specie di macchina... per trovare... un aleph.1
“Un aleph? E che cosa è?”
Il capitano era sinceramente stupito. Non aveva mai sentito quella parola.
“È difficile da spiegare... soprattutto per chi, come me, non l'ha mai visto. So solo quello che si tramanda da regina a regina... È... è un punto dello spazio che racchiude tutti i punti... un luogo minuscolo dove è contenuto tutto l'universo, vi sono presenti ogni cosa, ogni forza, ogni elemento e contemporaneamente il suo opposto...”
Harlock sgranò l'occhio. Faticava a comprendere.
“Non capisco... che significa?”
“Credimi, è difficile da capire anche per me. Non ha nulla a che vedere con la scienza, come la si intende comunemente, è qualcosa di trascendentale, quindi sfugge a una definizione precisa... Come posso dirti, è più un'esperienza, che un oggetto vero e proprio. So che è stato l'ossessione di mistici, alchimisti, filosofi di tutti i mondi... e si dice anche che chi lo vede rischia di perdere la ragione.2
“Ma qualcuno sapeva come trovarlo, se ha costruito Castel del Monte a quello scopo!”
“Così si dice... Ma non sappiamo se in effetti qualcuno ci sia riuscito. Come sai, pochi anni dopo che furono terminati i lavori, l'imperatore morì... Probabilmente il castello non è mai stato usato per quello...”
“Hai detto che ogni pianeta da voi colonizzato aveva la sua copia del codice... quindi, in teoria, aveva anche un edificio simile...”
“Sì, in teoria... ma non ne è rimasta traccia. Se furono costruiti, ora non esistono più. In realtà, abbiamo il forte sospetto che nessuno abbia mai trovato un aleph... E, se vuoi sapere come la penso io, per me è soltanto una leggenda.”
“E ti daresti tanto da fare per una leggenda?”
“Le mie opinioni personali non contano nulla, Harlock. Perché, se per caso mi sbagliassi, le conseguenze potrebbero essere devastanti. Te lo puoi immaginare da solo, che cosa potrebbe succedere se un simile potere finisse nelle mani di qualche pazzo...”
“In verità, no, faccio abbastanza fatica a concretizzarlo...”
“Nessuno lo sa con esattezza, ma avere a disposizione un aleph potrebbe significare avere potere di vita e di morte su tutto l'universo, potrebbe voler dire distruggerlo in un attimo o manipolarlo o dominarlo...”
Harlock tacque a lungo, elaborando quelle informazioni. Sembrava tutto così assurdo... Era una storia difficile da credere... forse aveva ragione Raflesia, era soltanto una leggenda... Ma evidentemente qualcuno ci credeva.
“Quindi nella copia del Voynich trovata da Clarice non c'è scritto soltanto come costruire il castello, ma anche come trovare questo aleph...”
“Presumiamo di sì...”
“E chi sono quegli altri? Come hanno fatto a scoprire il vostro segreto?”
Un'ombra di tristezza attraversò lo sguardo della regina.
“Perché sono Mazoniani... anche loro.”
Il capitano era sempre più stupefatto. Quella vicenda sembrava un gioco di scatole cinesi...
“Accadde moltissimo tempo fa... Ci fu una cospirazione ai danni della regina in quel momento al potere, ma fu sventata per tempo. Alcuni ribelli però riuscirono a fuggire e a far perdere le proprie tracce. Non se ne seppe più nulla per secoli, non ci diedero più fastidio... e così ci dimenticammo di loro. Fino a poco tempo fa, quando i nostri scienziati per caso monitorarono strani movimenti nell'Accademia del Sapere Universale. Qualcuno si stava interessando di nuovo al codice Voynich. Due erano il professor Daiba e la professoressa Jones, ma la cosa non ci stupì più di tanto, anche in passato i terrestri se ne erano occupati. Altri non erano identificati, ma scoprimmo che provenivano da un pianeta lontanissimo e a noi sconosciuto. Ci insospettimmo e, a furia di indagare, scoprimmo che questi individui comunicavano in una lingua simile al mazoniano antico. A quel punto, era molto probabile che si trattasse dei discendenti di quegli antichi ribelli. Secondo me, anche loro si sono accorti per caso delle ricerche che stavano portando avanti Daiba e la Jones e ne hanno approfittato. Dovevamo intervenire, quindi per prima cosa abbiamo forzato il sistema e fatto sparire dall'Accademia tutto ciò che riguardava il Voynich, abbiamo cominciato a cercare le altre copie del codice sparse per l'universo, per non farle cadere nelle loro mani. E in alcuni casi ci siamo riusciti per un soffio. Siamo quasi certi che siano stati loro a uccidere Daiba... anche se ignoro il perché, forse pensavano che avesse delle notizie in più, o forse credevano che il codice lo avesse lui. Poi venimmo a sapere, dai nostri... contatti sulla Terra, che la Jones stava facendo degli scavi a Castel del Monte e che sembrava aver trovato una copia molto antica del Voynich. Ci dispiaceva molto, ma abbiamo dovuto impedirle di proseguire le ricerche tra le rovine e abbiamo cercato di recuperare il volume... per la sua stessa sicurezza, capisci? Beh, il resto più o meno lo sai. Abbiamo agito a fin di bene, come vedi.”
Harlock ascoltava accigliato. La storia di Raflesia completava quanto gli aveva raccontato Clarice. Decise di ignorare per il momento il fatto che ci fossero ancora dei contatti mazoniani sulla Terra...
“Come fate a essere così sicuri che questi vostri cugini stiano cercando il codice per scopi malvagi? E ci sono altre cose che non mi tornano. Se non ho capito male, il segreto del Voynich non era noto a tutti. Come fanno loro a conoscerlo, per di più a distanza di migliaia di anni?”
“Una delle cospiratrici era il braccio destro della regina... probabilmente ne era a parte e in qualche modo l'ha tramandato alla sua discendenza. Quanto ai loro scopi... quali altri potrebbero essere?”
Harlock fece una pausa studiata.
“Insomma, in realtà non sapete un bel niente. E se foste voi, invece, ad avere altri intenti? Se fosse il grande Mazone a volere un... aleph o come diavolo si chiama, per ritornare ai suoi antichi splendori?”
Raflesia lo guardò sdegnata.
“Come osi?”
“È un dubbio lecito, no? E non mi stupirei nemmeno se fosse così. Insomma, sei una regina, è legittimo che aspiri a espandere il tuo dominio... Hai scoperto per caso che era stata trovata un'altra copia del manoscritto perduto e hai colto l'occasione... Ma, se è così, non contare sul mio aiuto. E, soprattutto, scordati che io ti consegni il Voynich!”
Raflesia cominciava a essere stanca. Stavano in piedi in quello stanzino maleodorante da troppo tempo, e le mancava l'aria. In più, non le piaceva per niente la piega che stava prendendo la conversazione. Aveva sperato, parlando con sincerità, di tirare Harlock dalla sua parte e invece stava accadendo l'esatto contrario. Non andava affatto bene.
“Ti sbagli, Harlock! Non ci è mai interessato dominare l'universo. Dovresti ricordarti la nostra storia e perché stavamo tornando sulla Terra... Se non mi credi, non posso farci nulla...” aggiunse con aria stanca.
Ci fu un lungo momento di silenzio, in cui Harlock sembrava soppesare le ultime parole di Raflesia.
“E c'è un'altra cosa...” aggiunse la donna esitante.
“Un'altra? E cosa aspettavi a dirmela? Come faccio a fidarmi di te, se tiri fuori le cose solo quando ti metto con le spalle al muro?”
Raflesia ignorò la provocazione.
"Nelle pagine che negli altri volumi sono sparite, secondo la nostra tradizione potrebbe esserci una... sorta di profezia... qualcosa che riguarda il futuro di Mazone e forse non solo... ma non si sa con precisione di cosa si tratti, anche questa potrebbe essere una leggenda. Ma non lo sapremo mai, se non possiamo leggere che cosa c'è scritto!”
La situazione si ingarbugliava sempre di più. Harlock non sapeva più cosa pensare. Istintivamente, però, credeva che Raflesia fosse sincera. E lui si era sempre fidato del suo istinto. In fondo, farle leggere il Voynich lì sull'Arcadia, in sua presenza, non avrebbe comportato alcun pericolo... forse... Poi avrebbe deciso se consegnarglielo definitivamente o no.
“Ti prego, Harlock, lasciami tornare dalla mia gente... potrebbe essere in pericolo.”
L'altera regina di Mazone che lo supplicava... questa sì era una novità! Ma lui non era il tipo d'uomo che si esaltava per un fatto simile. Non ne aveva alcun bisogno.
“Se te ne vai con la tua navetta e quelli tornano, sarai tu in pericolo. Ti faranno a pezzi appena metti il naso fuori. Ti ci accompagniamo noi, con l'Arcadia. È molto più sicuro.”
Raflesia esitava e Harlock si ricordò che, nel loro incontro su Ades, lei non aveva voluto rivelare nulla su di sé e sul suo popolo, sulla loro nuova vita...
“Su, Raflesia, non è il caso di fare la misteriosa ormai, no? Mi hai rivelato tutti i vostri segreti, o almeno così pare... Se non vuoi che io sappia dove si trova il vostro nuovo pianeta, fatti venire a prendere da una tua astronave dove vuoi. Con la tua navetta non ti lascio uscire. Alla luce di quanto è successo dopo, è già stata una pazzia venire fin qui con quella!”
Soprattutto, rifletteva il capitano, quell'attacco improvviso significava che probabilmente i ribelli mazoniani li stavano tenendo d'occhio da chissà quanto tempo... ma perché attaccare l'Arcadia proprio ora? Sapevano che Raflesia era a bordo? Qual era il loro vero scopo? Rubare il Voynich o eliminare la legittima regina? Intendevano portare a termine il piano fallito dai loro antenati?
Raflesia chinò il capo.
“D'accordo. Lascia che mi consulti con Lavinia su come è meglio procedere.”

 

 

 

 

1 Prima idea davvero bislacca di questa fic (purtroppo per voi non sarà l'unica!). L'ispirazione è partita dal racconto omonimo di Jorge Luis Borges (1949). Ulteriori delucidazioni saranno date nel corso della storia, ma comunque sul web si trova un'ampia documentazione in proposito, è inutile che vi tedi con troppe spiegazioni.

2 Queste cose invece me le sono inventate, non ci sono nel racconto di Borges.

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Capitolo 18
*** Senza meta ***


 

Harlock e Raflesia tornarono in plancia. Il capitano appariva piuttosto incupito, mentre la Mazoniana sembrava stravolta e pensierosa. Kei lanciò loro un'occhiata ansiosa e colma di interrogativi, a cui lui cercò di rispondere con uno sguardo rassicurante. La cosa non sfuggì a Raflesia e Harlock se ne accorse. Ecco, tutti i miei tentativi di non farle capire come stanno le cose tra me e Kei andati in fumo in un attimo! Ma sapeva anche che la regina aveva ben altri problemi in quel momento.
Le due Mazoniane si appartarono in un angolo e confabularono a lungo. Il capitano nell'attesa si era sistemato sul suo scranno e ogni tanto le osservava. Raflesia si accalorava e gesticolava, fatto insolito per una fredda e compassata come lei, mentre Lavinia scuoteva continuamente la testa. Yattaran fingeva di occuparsi dei fatti propri, ma era chiaramente nervoso, oltre che torturato dalla curiosità. Soprattutto non capiva perché Harlock non dicesse qualcosa o non desse nuovi ordini... Insomma, che diamine si erano detti quei due?
Finalmente Lavinia si avvicinò al capitano.
“Sua Maestà ha deciso di accettare la sua proposta di accompagnarci dalla nostra gente, capitano. Le fornirò le coordinate per raggiungere velocemente la nave ammiraglia, in modalità in-skip.”
“Saggia scelta” commentò Harlock, che subito dopo si rivolse ai suoi due ufficiali.
“Yattaran, Kei, ci dirigiamo alla Dorcas con la navigazione in-skip, perché le nostre ospiti possano ricongiungersi al loro popolo senza pericoli. Comunicatelo al resto dell'equipaggio, che tutti siano ai propri posti. Lavinia vi darà le istruzioni necessarie e al momento opportuno comunicherà con l'astronave per annunciare il nostro arrivo.”
I due trasalirono, stupefatti, ma eseguirono senza fiatare.
Harlock si avvicinò di nuovo a Raflesia, che se ne stava piuttosto mogia in un angolo.
“Ti ricordavi il nome della mia nave...” sussurrò meravigliata.
“Ho buona memoria.” E la tua maledetta nave mi ha ossessionato per mesi! Ma questo non lo disse.
“Intanto possiamo tornare nella mia cabina a occuparci del Voynich, se vuoi. Tu saresti in grado di leggere le pagine in mazoniano?”
“Leggerle sì, capirle e interpretarle non lo so. Saranno scritte in mazoniano antico, che io non credo di poter comprendere. I caratteri sono rimasti gli stessi, ma la nostra lingua si è evoluta nel tempo, come tutte.”
“E quindi, come possiamo capire quello che c'è scritto?”
“Tra i nostri ricercatori ci sono esperti capaci di tradurlo.”
“Bene...”
“Harlock... Vorrei che non riferissi il nostro colloquio alla dottoressa Jones, per il momento, e nemmeno agli altri tuoi compagni. Non è che non mi fidi di voi, ma... meno gente sa di questa storia e meglio è... Quei tipi sono pronti a tutto, lo hai visto anche tu...”
“Capisco. Hai la mia parola.”
Harlock stava per aprire la porta della sua cabina, quando sentì la voce squillante di Mayu e raggelò. Si era completamente dimenticato di averla mandata lì e ora era troppo tardi per evitare l'incontro con Raflesia. Pregò mentalmente Tochiro di tenere a bada in qualche modo la sua vivace figlioletta ed entrò con passo deciso. La ragazza era ben accomodata sulla sua poltrona e discuteva con Clarice, china sulla scrivania, mentre Meeme suonava l'arpa seduta sul suo letto. Doveva essere un ben strano spettacolo per la Mazoniana! Al loro ingresso, le tre si volsero verso di loro e il sorriso di Mayu svanì all'istante, mentre il suo sguardo esprimeva aperta ostilità.
“Tutto a posto, Harlock?” chiese subito Clarice.
“Sì, per ora sì. Ora faremo un salto nell'iperspazio per accompagnare la regina alla sua astronave senza pericolo...”
Mayu si alzò di scatto.
“Me ne posso tornare in camera mia allora?” chiese gelida.
“Sì, certo. Grazie per aver tenuto compagnia a Clarice...”
La ragazzina uscì senza degnare di uno sguardo Raflesia, che rimase un po' spiazzata.
“Chi è quella ragazza?”
“È Mayu, la mia figlioccia” rispose Harlock asciutto. Non intendeva rivangare il ricordo del suo rapimento, ma la Mazoniana comprese al volo le ragioni di tanta freddezza.
“Ah! Non l'avrei mai riconosciuta. Capisco che ce l'abbia con me...” aggiunse con amarezza.
Ed è andata ancora bene! pensò con sollievo il capitano, che aveva temuto seriamente una scenata di quelle epiche.
Si sedettero di nuovo alla scrivania. Harlock porse il codice a Raflesia.
“Clarice, Raflesia ha detto che tra gli studiosi mazoniani ci sono alcuni in grado di tradurre le ultime pagine, che sono in mazoniano antico.”
“Ecco - esclamò Raflesia - È come pensavo: posso leggere le singole parole, ma non ne capisco il significato. Dottoressa Jones, ho bisogno che lei mi lasci il codice, almeno per un po' di tempo, in modo che i miei scienziati possano studiare l'ultima parte.”
“Sì, certo... io capisco benissimo le vostre necessità...”
In realtà, non le era chiaro il motivo per cui fosse così importate tradurre subito il codice... Harlock le aveva detto che le Mazoniane lo rivolevano soltanto per questioni di sicurezza. Ma non osò contraddire la regina.
Harlock non credeva che Raflesia avrebbe lasciato il volume a Clarice, anche dopo averlo fatto esaminare e copiare. A quanto aveva capito, Mazone voleva riappropriarsi di tutte le copie, in modo che non cadessero in mani sbagliate. E probabilmente aveva ragione.
Clarice intanto proseguiva con le sue domande, ormai rapita dalla nuova direzione che avrebbero potuto prendere le sue ricerche.
“Voynich è il nome che è stato dato a questo testo all'inizio del XX secolo, dal nome del suo scopritore. Ma immagino che il suo nome fosse un altro...”
“Sì, infatti. Noi lo chiamiamo in un altro modo... nella vostra lingua suonerebbe come Libro della Vita.”
“Libro della Vita.... Affascinante! Ma anche altri edifici terrestri misteriosi, come le piramidi egiziane o quelle mesoamericane o gli ziggurat mesopotamici... sono sempre opera vostra? Osservatori astronomici, generatori di energia e... cos'altro?”
“Non tutti... ma sì, i terrestri hanno potuto costruirli grazie alla nozioni che noi avevamo loro trasmesso. Conoscere i movimenti astrali è stato di grande aiuto nello sviluppo delle civiltà...”
Mentre le due donne parlavano, Harlock rifletteva sulle prossime mosse da fare.
In realtà, si chiedeva se stesse agendo per il meglio. Una volta che Raflesia fosse definitivamente entrata in possesso del Voynich, sarebbe potuto accadere di tutto. Avrebbe potuto far costruire un nuovo edificio simile a Castel del Monte e trovare l'aleph... e poi, che cosa ne avrebbe fatto? Era saggio dare un potere simile a qualcuno? No, in base alla sua personale esperienza non lo era affatto! La cosa più sensata sarebbe stata portare Raflesia sulla Dorcas, andarsene il più velocemente possibile e distruggere per sempre quel maledetto codice. Così anche gli altri Mazoniani avrebbero smesso di darvi la caccia e li avrebbero lasciati in pace...
Sì, avrebbe fatto così... Prima di sapere di che cosa si trattasse realmente, per lui il Voynich non era che un reperto di un'antica civiltà, che avrebbe ceduto a Raflesia senza problemi... ma ora era diverso, quello era una vera e propria arma, che lui non avrebbe messo nelle mani di un terrestre, figuriamoci di un'aliena, che per giunta aveva inutilmente tentato di conquistare la Terra! Gli accordi con Raflesia non avevano più senso, ormai. Bisognava solo studiare il modo di sbarcarla sulla sua astronave senza sospetti e soprattutto senza il volume...
Ma tutti i suoi propositi erano destinati a essere spazzati via dalla visione che si presentò al suo sguardo, attraverso la grande vetrata della sua cabina, appena l'Arcadia fu uscita dall'iperspazio.
Il tragitto era stato molto breve, evidentemente la Dorcas aveva l'ordine di non essere visibile, ma anche di non allontanarsi troppo da dove si trovava la regina.
Ma nessuno era preparato a quello spettacolo.
Davanti a loro apparve non soltanto l'imponente ammiraglia di Raflesia... ma anche una immensa carovana di navi, militari e civili, di varie forme e dimensioni, quasi a perdita d'occhio...
Fu come fare un salto indietro nel tempo. Harlock era incredulo, non riusciva a capacitarsi. Solo allora gli fu tutto chiaro.
Si volse verso Raflesia, che a sua volta osservava quella scena con un'espressione di profonda tristezza dipinta sul volto.
“Tu... voi non avete mai trovato un altro pianeta su cui stabilirvi!”
La Mazoniana scosse la testa.
“Avete... avete continuato a viaggiare nel cosmo... per tutto questo tempo, senza una meta!”
“È così, Harlock.”
Ora capiva perché lei non aveva voluto rivelare nulla sulla loro attuale situazione. E capiva anche quanto dovesse essere disperata, per essersi ora risolta, di fatto, a manifestarlo a tutti loro. A rendere palese il suo fallimento. Un'umiliazione terribile, per una come lei, molto più della sconfitta nel loro duello finale.
“Ma... com'è possibile? L'universo è grande!”
“Ma non abbastanza, evidentemente, Harlock. Non è stato possibile trovare un pianeta o un sistema in grado di ospitarci tutti, uno che fosse disabitato o quasi, intendo. Non eravamo più nelle condizioni di sostenere un'altra guerra, sia militarmente sia soprattutto psicologicamente. Ora ti sembriamo ancora tanti, ma molti gruppi se ne sono andati, nel corso degli anni, e io questa volta non li ho fermati. Con che coraggio avrei potuto? Avevo fallito nel mio progetto, non ero riuscita a dar loro una nuova patria... Avrei voluto abdicare, ma il Consiglio Supremo me lo ha impedito... Capisci ora perché ci serve quel codice, Harlock?”
No, quell'ultimo collegamento in realtà gli sfuggiva. Forse era troppo sconvolto per ragionare con lucidità. E si sentiva anche vagamente in colpa...
Raflesia abbassò la voce, in modo che soltanto lui potesse udirla.
“Perché abbiamo disperatamente bisogno di un aleph. È la nostra unica speranza. Forse è solo una leggenda, forse non ci porterà a nulla, ma a questo punto non posso lasciare niente di intentato. Nessuno se ne ricordava più, ma quando abbiamo saputo delle ricerche di Daiba e della dottoressa Jones, ho pensato che fosse la nostra ultima occasione. Stiamo finendo i viveri, le medicine, le astronavi sono ormai vecchie e malandate... Ho dato fondo a quasi tutti i miei beni personali... E mandare in giro delle squadre per recuperare i vari codici ha richiesto ulteriori risorse. Non credo che potremo andare avanti così ancora per molto. Se c'è un posto per noi nell'universo, dopo tutti questi anni, ce lo può rivelare soltanto lui.”
Ad Harlock sembrava un piano assurdo e visionario.
“Però... Castel del Monte è solo un cumulo di rovine... Dovreste costruirne un altro... e dove lo farete, se non avete un luogo in cui vivere?”
“Sì, dovremo costruirne uno, non so come né dove, in qualche modo faremo... Forse non è nemmeno necessario che sia così grande, forse basta un modello in scala... non lo so, ci penseranno i nostri scienziati. Ma tu devi aiutarci, Harlock! Devi lasciarci il codice!”
Seguì un lungo silenzio. Si sentivano soltanto le voci appena sussurrate di Clarice e Meeme: la jurana stava evidentemente spiegando all'archeologa il significato di quella scena.
Nell'animo del capitano si combattevano sentimenti contrastanti: poco prima aveva deciso di non collaborare con Raflesia e di tornarsene alla sua solita vita, ma ora sentiva di non poter ignorare la sua accorata richiesta di aiuto. Era tutto vero, era lì davanti ai loro occhi: in quella immensa carovana c'erano anche vecchi, donne, bambini... stremati da anni di vagabondaggio nello spazio, con la speranza che si affievoliva sempre di più...
“Va bene, Raflesia - disse piano, continuando a guardare fuori dalla vetrata - Vi aiuteremo.”
“Ci darai il codice?”
“Vi aiuteremo a trovare la vostra nuova patria.”
Forse Raflesia intuì che, dietro questa offerta, poteva nascondersi anche la volontà di controllare che lei non li stesse ingannando, ma non lo lasciò trasparire. In fondo, capiva benissimo che Harlock e i suoi non si fidassero del tutto di lei.
“Grazie” disse semplicemente.
Alzò verso di lui uno sguardo indecifrabile, ma in cui Harlock credette di vedere l'accenno di un sorriso. Poi gli posò delicatamente una mano sul braccio, facendolo sussultare per quel gesto del tutto inaspettato.
In quel momento Kei spalancò la porta.

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Capitolo 19
*** Vecchi nemici ***


“Harlock, ma hai visto che roba? Sono ancora...” quasi gridò Kei precipitandosi all'interno della cabina. Le parole le morirono sulle labbra, mentre nello stesso tempo spalancava gli occhi incredula. Forse si era dimenticata della presenza di Raflesia.
La quale d'istinto ritirò la mano e tornò a fissare lo spazio.
Harlock si girò appena.
“Sì, ho visto, Kei. Torna pure alla tua postazione. Tra poco vi raggiungo. Devo fare una comunicazione a tutto l'equipaggio.”
Kei avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma si rese conto che non erano né il momento né il luogo per fare una scenata di gelosia. Girò sui tacchi e tornò in plancia. Aveva un gran brutto presentimento.
Si avvicinò a Yattaran, che fissava anche lui stupefatto quello spettacolo che, dopo tanti anni, aveva dell'incredibile.
“Siamo sicuri che non sia un trucco?” gli chiese a voce bassissima.
“Non credo, Kei.”
“Non possono essere ologrammi o qualcosa del genere?”
“No, i radar lo avrebbero già rilevato. Temo sia tutto vero... Perché dici questo?”
“Non vorrei che Raflesia stesse cercando di manipolare Harlock e tutti noi. Ho paura che il capitano si lascerà commuovere dalle condizioni di questa gente, conoscendolo...”
“Già... e, conoscendolo, se ha deciso di aiutarli, nessuno riuscirà a distoglierlo da questo proposito...”
Harlock si rivolse a Raflesia e a Lavinia.
“Aspettatemi qui. Devo parlare con il mio equipaggio. Devo portarlo dalla mia parte. Non sarà facile, come potete immaginare.”
“Tu sei il loro comandante, Harlock - osservò la regina - Devono seguirti.”
Harlock fece un mezzo sorriso.
“Questo non è un regno, Raflesia, ma una nave pirata. Le cose non funzionano proprio così. Ma non mi aspetto che tu capisca... Meeme, per favore, accompagnami.”
L'aliena lo seguì in corridoio. Percepiva la sua lotta interiore, i suoi dubbi e il suo timore di sbagliare, di trascinare i suoi uomini in una trappola.
“Sto facendo la cosa giusta, Meeme?” le chiese.
“Stai seguendo il tuo cuore, Harlock. Non puoi sbagliare.”
“Forse sono soltanto un gran presuntuoso... Come posso pensare di risolvere i loro problemi, se non ci sono riusciti da soli in tutti questi anni?”
“Almeno ci avrai provato. Là in mezzo ci sono soprattutto civili inermi... persone che stanno soffrendo... Non è nella tua natura abbandonarli al loro destino.”
“L'ho già fatto una volta, invece” constatò con amarezza.
“No, non è vero. La situazione era completamente diversa, allora. Hai dovuto scegliere tra il tuo pianeta e loro... Ma adesso il destino ti ha messo ancora sulla loro strada... Io non credo sia un caso. E sento che anche Raflesia è cambiata.”
“No, non penso sia cambiata. Lei ha sempre fatto ciò che doveva... Comunque sia, spero che gli altri siano comprensivi come te... E Clarice? Dovrò chiederle di rinunciare al suo codice! Non ne avrei alcun diritto!”
“È una donna intelligente e dall'animo buono. Capirà. Anzi, sono sicura che sarà felice di aiutarli con le sue conoscenze!”
Erano arrivati davanti alla sala comando. Meeme gli sorrise per rincuorarlo. Sapeva di essere l'unica testimone di certe sue debolezze e l'unica in grado di incoraggiarlo.
“Ti abbiamo sempre seguito ovunque, Harlock. Lo faremo anche questa volta. Lo faremo sempre.”
“Grazie, Meeme. Ora, per favore, torna da Clarice. Non credo che Raflesia farà un'azione di forza con lei, ma... non si sa mai...”
Harlock entrò con il suo consueto incedere solenne. Nessuna incertezza traspariva più dalla sua persona. Si sedette sullo scranno e chiese a Yattaran di attivare il canale per comunicare nello stesso momento con ogni settore dell'astronave (tranne la sua cabina, naturalmente). La sua voce profonda e carismatica si diffuse anche nei più piccoli recessi dell'Arcadia.
“Pirati dell'Arcadia, quello che avete davanti ai vostri occhi è ciò che rimane del popolo di Mazone. Un popolo che non ha più trovato una patria ed è allo stremo delle forze. So ciò che state pensando: che quelli sono i nostri vecchi nemici e che la loro sorte non ci riguarda. Ma vi prego di considerare che là in mezzo ci sono anche vecchi, donne, bambini, malati... Innocenti. Le nostre strade si sono incrociate ancora, in circostanze del tutto diverse, e io non posso ignorare la loro richiesta di aiuto. La dottoressa Jones, che voi tutti avete conosciuto, è in possesso di un oggetto, un antico libro, che forse può fornire indicazioni per trovare un pianeta abitabile per tutti loro. Non so ancora come procedere, lo valuterò insieme alle autorità e agli scienziati mazoniani. Non pretendo che comprendiate subito, vi chiedo solo di fidarvi di me.”
In sala comando regnava un silenzio assoluto. Mentre Harlock parlava, Kei aveva lanciato un'occhiata allusiva a Yattaran... Cosa ti avevo detto?
Il capitano spese anche qualche parola sull'attacco che avevano subito da parte dei misteriosi caccia.
“Raflesia ha motivo di pensare che si tratti di discendenti di antichi Mazoniani, fuggiti un tempo dal loro pianeta di origine in seguito a una congiura di palazzo. Probabilmente vogliono anche loro il libro della dottoressa Jones... Al momento non sappiamo se costituiscono una seria minaccia per noi, conto di scoprire qualcosa di più nelle prossime ore. Dopo il salto nell'iperspazio, però credo che almeno per ora li abbiamo seminati. Per il momento è tutto, continuate con le vostre consuete occupazioni, fino a nuovi ordini.”
Il capitano tacque e parve immergersi in chissà quali riflessioni. Kei si avvicinò allo scranno.
“Che cosa intendi fare, capitano?” chiese esitante.
“Prima di prendere qualsiasi decisione devo capire com'è realmente la situazione. Raflesia e Lavinia intanto possono tornare sulla Dorcas. Poi chiederò un incontro con i loro esperti... Venite nella mia cabina tra un'ora, tu, Yattaran, Maji e il dottor Zero. Vi spiegherò ogni cosa.”
Si alzò e tornò rapidamente nei suoi alloggi.
Si era preparato mentalmente a convincere Clarice a lasciare il Voynich a Raflesia, ma quando entrò fu lei stessa a venirgli incontro, con uno sguardo raggiante dietro i bizzarri occhiali.
“Raflesia mi ha raccontato tutto! Le ho chiesto di poter collaborare con i suoi esperti all'interpretazione del codice e lei ha accettato! Posso portare io stessa il Voynich sulla sua astronave, appena tu lo permetterai!”
Harlock fu preso un po' alla sprovvista, ma in realtà era piuttosto sollevato. Clarice era riuscita a conquistare perfino l'altera regina di Mazone!
“Certo, non c'è alcun problema. Dobbiamo solo organizzarci. A questo proposito, Raflesia: quali sono le necessità più impellenti per la tua gente?”
La donna rifletté un attimo.
“I malati... sì, ci sono alcuni malati gravi per cui abbiamo finito le medicine.”
“Bene. Vi metterò a disposizione il nostro medico di bordo e le nostre attrezzature. Non so se abbiamo tutti i medicinali che vi servono, ma intanto vediamo cosa si può fare... In caso, andremo a procurarceli. Se volete tornare sulla Dorcas, credo che non ci siano pericoli, almeno per il momento. Poi, appena possibile, vorrei venirci anch'io... e valutare insieme che cosa fare.”
Per la seconda volta in poche ore, Raflesia lo ringraziò.
“Certo, Harlock. Credo che sia fondamentale prima leggere il codice... Vi contatteremo al più presto. Comunque - aggiunse prima di uscire dalla cabina - lo capisco benissimo come ti senti. Anche io dovrò convincere il mio Consiglio a sostenermi...”
Raflesia sapeva che poi la decisione finale sarebbe spettata a lei, ma era consapevole anche di quanto fosse importante avere la collaborazione di tutti. E nemmeno per lei sarebbe stato semplice convincere i suoi ad accettare l'aiuto dei loro vecchi nemici.
In quel momento, nessuno dei due si ricordò di uno dei termini del loro accordo: far visitare a Raflesia l'Arcadia e rivelarle chi fosse davvero il quarantaduesimo membro dell'equipaggio.

Un'ora più tardi, nella cabina di Harlock si ritrovarono Kei, Yattaran, Maji e Zero, oltre a Meeme e Clarice, che non si erano mai allontanate.
Per prima cosa il capitano chiese al medico se e come fossero in grado di fornire assistenza ai malati. Zero si grattò la testa, riflettendo.
“Dipende da quanti sono e di che cosa hanno bisogno... I primi soccorsi possiamo senz'altro darli, ma poi devo avere un quadro preciso della situazione...”
“Credo che la cosa migliore sia questa, se lei è d'accordo, dottore: chiedere a Raflesia di radunare tutti i casi più gravi sulla Dorcas, in modo che lei possa cominciare a visitarli, poi decideremo come procedere.”
Si rivolse poi a Maji, il capo ingegnere.
“È probabile che ci sia bisogno anche del tuo lavoro. Dopo tutto questo tempo, i mezzi saranno usurati... Chiederò a Raflesia di stilare una lista degli interventi più urgenti.”
“Sì... ma io non conosco la tecnologia mazoniana...”
Harlock sapeva quanto dovesse costare al suo capo ingegnere aiutare quelle creature, che lo avevano così profondamente ferito anche nella vita privata1. Glielo disse.
“Sei uno dei miei uomini migliori, Maji, e te la caverai alla grande. Ma se non te la senti, ti capisco e lo chiederò a qualcun altro, anche se non sarà la stessa cosa...”
Maji lo fissò con sguardo fermo.
“No. Farò quello che mi chiedi, capitano. Come tutti i miei compagni. Non mi tirerò indietro.”
Harlock manifestò la sua approvazione con un semplice cenno del capo.
“La dottoressa Jones ha già offerto la sua collaborazione per la decifrazione del codice.”
“E noi? - chiese Yattaran - Kei e io, intendo? Come pensi di... utilizzarci nella tua nobile missione?”
Ad Harlock non sfuggì il tono leggermente polemico del primo ufficiale, ma decise di non cogliere la provocazione, per il momento. La situazione era molto delicata e sarebbe bastato poco per rompere il precario equilibrio che era riuscito a creare.
“Ancora non lo so. In realtà, mi manca ancora un quadro completo. Uno di voi mi accompagnerà sulla Dorcas, dove spero di avere tutte le informazioni che ci servono, soprattutto per sapere come agire sul lungo periodo. Sicuramente, una volta interpretato il codice, ritengo che il tuo apporto sarà fondamentale per aiutare le Mazoniane a raggiungere la loro nuova patria... Ma non voglio essere precipitoso. Personalmente, sono piuttosto scettico sulla faccenda. Una cosa però mi è abbastanza chiara: quella gente non ha quasi più nulla da mangiare, oltre che per curarsi. Credo quindi che saranno necessari un po' di arrembaggi... extra. Come vedi, ci sarà da fare per tutti.”
Harlock sapeva che questo avrebbe tirato su il morale della ciurma.
“Certo che Raflesia deve essere proprio disperata, per affidarsi a un'anticaglia sepolta da millenni, pur di salvare il suo popolo...” constatò Kei.
“Lo è, credimi.”
“C'è una cosa che proprio non capisco - insisté la ragazza - Come ha potuto una tale quantità di astronavi passare del tutto inosservata per anni? Insomma, possibile che nessuno le abbia mai incrociate?”
In realtà, anche Harlock se l'era chiesto, ma poi quella domanda nella sua testa era passata in secondo piano.
“Le ragioni possono essere tante. Magari si sono tenute lontane dalle rotte più frequentate. O forse qualche mezzo terrestre le ha anche viste, ma la notizia non è trapelata. Ricordiamoci che, ai tempi della guerra, sulla Terra hanno sempre negato non solo il pericolo, ma perfino l'esistenza delle Mazoniane. Comunque, ti prometto che lo chiederemo a Raflesia alla prima occasione. Credo che per il momento sia tutto. Aspettiamo che Raflesia si faccia viva e poi ci organizzeremo di conseguenza.”
Tutti uscirono dalla cabina del capitano, tranne Kei. Non avevano più avuto modo di parlare solo tra loro di quanto stava succedendo. Per Harlock non era sempre facile conciliare con lei il suo ruolo di comandante e di compagno insieme. Del resto, l'aveva sempre saputo, che sarebbe stato complicato. Con il tempo, le cose erano migliorate, avevano imparato a mediare, ad accettare dei compromessi, ma, in situazioni particolari come quelle, il conflitto latente rischiava di ripresentarsi.
Harlock sapeva anche che spesso toccava a lui fare il primo passo. Si avvicinò a Kei e la strinse in un abbraccio, a cui lei si abbandonò senza protestare.
“Sei certo di quello che fai?” gli chiese dopo un po'.
“Sì. O meglio, sento che è giusto. Lo so che razionalmente dovremmo mettere più chilometri possibile tra noi e quelle creature... ma ho parlato a lungo con Raflesia e ho visto una persona davvero preoccupata. Lei ha sempre avuto a cuore soltanto la salvezza del suo popolo, e non essere riuscita nel suo intento l'ha minata psicologicamente. Quando l'ho incontrata la prima volta su Ades era la solita regina arrogante e superba, ma era solo una posa, un modo per mascherare la sua fragilità. Hai ragione tu: interpretare il codice è la sua ultima speranza, e questo dice tutto, non credi?”
“Spero tanto che tu abbia ragione. Spero che, una volta che l'avremo aiutata a risolvere i suoi problemi, non cambi atteggiamento e ce la faccia pagare... E naturalmente spero, per la tua incolumità, che in quello stanzino vi siate limitati a parlare!”
Harlock suo malgrado sorrise.
“Credo che Raflesia abbia ben altri pensieri in testa che quello di sedurre il sottoscritto! E poi non è il mio tipo, lo sai che a me piacciono le bionde!”
Si chinò a baciarla, spingendola intanto dolcemente verso il letto, e questo mise fine alla discussione.

 




 

 

1 Episodio 17 della serie classica.

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Capitolo 20
*** Sulla Dorcas ***


 

Harlock pensò che la situazione dovesse essere davvero grave, perché a Raflesia bastarono meno di 48 ore per convincere il suo Consiglio ad accettare l'aiuto dei “cenciosi pirati”.
Il capitano procedette secondo il programma di massima che aveva concordato con i suoi ufficiali. Chiese alla regina di radunare sulla Dorcas tutti i malati più gravi e di fargli avere una lista dei generi di prima necessità nonché degli interventi tecnici più urgenti.
“Ho capito che ci manderete il medico di bordo e i tuoi meccanici... ma... come farete per i viveri e i medicinali che eventualmente ci occorreranno?” chiese Raflesia un po' perplessa.
Harlock fece uno dei suoi sorrisi a mezza bocca.
“Siamo pirati, maestà. Non fare domande di cui preferisci non sapere la risposta.”
La regina di Mazone capì e non indagò oltre, chiudendo il collegamento.
Nel giro di poche ore, il dottor Zero era già pronto con le sue attrezzature di emergenza e partì subito su una navetta diretto alla nave ammiraglia, insieme a Meeme e altri due pirati in veste di assistenti.
Yattaran e Kei stavano invece pianificando una serie di attacchi a cargo che eventualmente incrociavano nelle vicinanze. Il primo ufficiale era in grado di introdursi in qualunque sistema informatico per carpire rotte, coordinate ed entità dei carichi. Il problema era che si trovavano in una zona dell'universo poco battuta e, per procacciarsi ciò di cui avevano bisogno, avrebbero dovuto allontanarsi di parecchio con l'Arcadia. Anche con la navigazione in-skip, le operazioni avrebbero potuto richiedere giorni.
Harlock era combattuto. Gli arrembaggi avrebbero sicuramente giovato al morale della ciurma, ma, per essere sicuri della loro riuscita, dovevano essere tutti presenti e operativi. Poi, non voleva lasciare Zero, Meeme e altri suoi uomini sull'astronave di Raflesia, mentre loro erano così lontani. Per quanto si sforzasse, non riusciva ancora a fidarsi di lei e delle Mazoniane fino in fondo. Sì, aveva promesso di aiutarle, ma voleva avere comunque la situazione sotto il suo pieno controllo. Dall'altro lato, cosa avrebbe pensato Raflesia, vedendoli partire, senza averle consegnato il codice? Anche lei, giustamente, avrebbe preteso delle garanzie circa il loro ritorno. Harlock pensò di chiederle dei contingenti di soldati mazoniani, come rinforzo. Ma loro erano addestrati per la guerra, non per gli arrembaggi. Ed erano addestrati a uccidere.
Sull'Arcadia, poi, c'era Mayu. Non era il caso di coinvolgerla in azioni di quel genere, non l'aveva mai fatto prima e non intendeva cominciare ora. Lo stesso valeva per Clarice. Forse sarebbero state più al sicuro sulla Dorcas... e Raflesia avrebbe avuto la certezza della loro lealtà. Eppure... poteva mettere a rischio due donne indifese, usandole, in pratica, come ostaggi? Due tra le persone che più amava al mondo tra l'altro? La regina non aveva alcun motivo di far loro del male, è vero, eppure...
Si tenne costantemente in contatto con il dottore e con Meeme, che gli davano sempre delle risposte rassicuranti: sì, il lavoro era tanto, ma le Mazoniane erano collaborative e avevano fino a quel momento soddisfatto ogni loro richiesta.
Harlock decise di prendere tempo e di attendere il rapporto definitivo che gli avrebbero fatto Zero prima e Maji, che stava organizzando a sua volta la trasferta sulla Dorcas, dopo.
Roso dall'indecisione, si risolse, un po' a malincuore, a mettere Kei al corrente dei suoi dubbi.
“La mia preoccupazione principale - concluse - è Mayu. È solo una ragazzina, e ho promesso a suo padre di non coinvolgerla mai in questo genere di azioni. Ma forse l'alternativa è peggio...”
Kei non riuscì a evitare una battuta.
“Per le Mazoniane di sicuro.... Mayu le odia e, quando ci si mette, è davvero una iena, quindi... povere loro, se decidi di lasciarla qui!”
Harlock suo malgrado sorrise. Kei non aveva tutti i torti... ma i suoi dubbi rimanevano. Avrebbe dovuto riportarla sulla Terra quando era il momento, ora era troppo tardi!
Per completare il quadro, Raflesia non lo aveva ancora convocato sulla Dorcas, e lui cominciava a innervosirsi. Voleva rendersi conto personalmente della situazione, ma, nello stesso tempo, era cosciente che la sua presenza sulla nave ammiraglia, se non invitato, avrebbe creato troppo scompiglio.
Intanto, decise di sondare le intenzioni di Clarice. La trovò letteralmente sommersa dalle sue carte: libri, appunti sparsi, piantine, fotografie, erano accatastati in ogni angolo della sua cabina.
Lo salutò allegramente, come al solito.
“Oh, caro! Come va?”
Quella donna aveva il potere di metterlo di buon umore e anche, in qualche strano modo, di rasserenarlo.
“Io bene, ma tu... che cosa stai facendo?”
“Devo decidere che cosa portarmi sull'astronave della regina... non vorrei dimenticare qualcosa di fondamentale!”
“Non ti devi preoccupare di questo. Noi resteremo nei paraggi, più o meno, e, se ti serve qualcosa, te lo possiamo portare, o puoi mandare qualcuno a prenderlo.”
Clarice lo guardò con gratitudine.
“Grazie, questo mi conforta molto. Sei sempre così gentile! Tutti lo siete, veramente. A proposito... ho sentito dire in giro che dovrete fare degli arrembaggi!” aggiunse con apparente noncuranza.
Harlock si sentì improvvisamente in imbarazzo. Ma perché i suoi pirati non sapevano tenere chiuse le loro boccacce?
“Beh, sì, forse.. per aiutare quella gente avremo bisogno di molti viveri e medicine e... non c'è altro modo di procurarceli...”
“Ma naturalmente! Ma... pensi che Raflesia mi chiamerà prima? Non vedo l'ora di cominciare a lavorare con i suoi studiosi! Chissà quante cose mi potranno insegnare!”
“E tu a loro!” commentò Harlock. Clarice aveva l'entusiasmo di una ragazzina alla vigilia della gita scolastica. E, senza saperlo, gli stava fornendo la soluzione.
“Senti, Clarice - aggiunse facendosi di colpo molto serio - Non ne siamo ancora sicuri, ma probabilmente per queste... sortite, dovremo allontanarci per qualche giorno. Non voglio esporti ai rischi che queste azioni comportano, tenendoti sull'Arcadia, ma non mi piace nemmeno l'idea di lasciarti da sola sulla Dorcas...Ma sarò sincero: ritengo che tu sia l'unica persona, tra noi, di cui le Mazoniane hanno davvero bisogno. Loro possono tradurre il codice e provare a interpretarlo, ma nessuno conosce bene come te Castel del Monte e la storia di quel periodo. Sono convinto che Raflesia non abbia cattive intenzioni verso nessuno di noi, ma verso di te meno di tutti. E, se tu rimani sulla Dorcas, lei non avrà dubbi sul nostro ritorno... Ma, se non te la senti, io non ti forzerò, e troveremo un'altra soluzione.”
Clarice ascoltava attentamente.
“Andrò sulla Dorcas, Harlock, a collaborare con loro, come avevo promesso. Se questo poi servirà anche a rassicurare la regina sulla vostra piena disponibilià, tanto meglio. Anch'io non credo che qualcuno mi farà del male. Ma, in ogni caso, io non ho paura. Partite tranquilli per le vostre... sortite.”
Harlock respirò più sollevato. Quella donna era davvero incredibile. Le prese una mano e se la portò alle labbra, sfiorandola appena. Un gesto davvero inusuale per lui.
“Grazie, Clarice. So che posso sempre contare su di te. Naturalmente, se quelle oseranno torcerti un solo capello, dovranno vedersela con me, e lo sanno!”
Ritornando in plancia, prese altre due decisioni. Innanzitutto, Mayu sarebbe rimasta sull'Arcadia. Così l'avrebbe tenuta meglio sotto controllo. In fondo, le sortite che si accingevano a compiere non erano pericolose. Di solito. Gli equipaggi delle navi cargo raramente opponevano resistenza, anche perché solitamente i carichi erano assicurati. Il rischio maggiore era quando si scontravano con qualche altra nave pirata. Ma in quel caso, stabilì, si sarebbero ritirati.
La seconda decisione riguardava il Voynich.


Finalmente, arrivò la tanto attesa chiamata di Raflesia, che gli comunicava il giorno del loro incontro sulla sua nave.
“Pensi che la dottoressa Jones sia pronta per cominciare a lavorare al codice con i nostri esperti?”
“Sì. Abbiamo deciso di comune accordo che lei resterà sulla Dorcas mentre noi compiremo le nostre... spedizioni. Ma il Voynich lo terremo noi, ve lo consegneremo a tempo debito. Per la sua sicurezza, capisci. Voi avrete comunque accesso alle copie digitali, ma l'originale... beh, potrebbe interessare ai vostri cugini!”
Raflesia strinse le labbra, contrariata. Ma, in fondo, li poteva capire.
“La cosa non mi rende felice, ovviamente, ma immagino di non avere scelta. Sarà meglio, però, per il futuro, fidarci un po' di più gli uni degli altri.”
“Sono d'accordo. Ma diamoci tempo. La presenza di Clarice garantisce a te il nostro ritorno, e il codice garantisce a noi che nessuno le... diciamo... mancherà di rispetto. Ci vediamo sulla Dorcas.”
Harlock chiuse la comunicazione. Tenersi il Voynich era stata una mossa vincente. Finché fosse rimasto nelle loro mani, avrebbero avuto anche il coltello dalla parte del manico.
Poco dopo, il dottor Zero e Meeme rientrarono sull'Arcadia. Il medico era stravolto. Doveva aver lavorato per ore senza sosta. Avrebbe voluto fare subito la sua relazione, ma Harlock lo spedì in cabina a riposare un po'.
Meeme, invece, appariva fresca e serafica come al solito e il capitano ne approfittò per interrogarla sulla situazione. Che era davvero drammatica.
“Ci sono parecchie persone, soprattutto anziani, con varie malattie, alcune che non conosciamo nemmeno. Ma tutti appaiono stanchi e denutriti. Il dottore ha visitato anche alcuni piccoli... insomma, bambini, e ha riscontrato ritardi nello sviluppo, sono sottopeso e soffrono di varie carenze nutrizionali. I medici mazoniani lo hanno confermato. Ho paura che, se non interveniamo rapidamente, per alcuni sarà troppo tardi.”
Harlock considerò che, in quella carovana, non c'erano soltanto gli antichi abitanti di Mazone, che erano mezzi imparentati con i vegetali e chissà cosa mangiavano per vivere e di che malattie soffrivano, ma anche i loro coloni, appartenenti a popoli e razze diversi. Aiutarli tutti sarebbe stata un'impresa colossale, perfino per uno in gamba come Zero.
E anche dando fondo alle riserve dell'Arcadia non sarebbero riusciti a sfamare e curare tutta quella gente. Dovevano partire al più presto.
Quanto gli riferirono Maji e la sua squadra di tecnici non fu più rassicurante. Ma forse le riparazioni delle astronavi potevano aspettare ancora un po'.
“Non so, capitano. In alcuni settori non funzionano più bene gli impianti di aerazione e riscaldamento, e questo sta creando non pochi problemi agli occupanti. Sono costretti ad ammassarsi in aree ristrette, con le conseguenze che si possono immaginare.”
Il capitano annuì. Si chiese come se la sarebbe cavata Raflesia, se non li avesse di nuovo incrociati sul suo cammino.
Quando Zero si fu ripreso, confermò ad Harlock tutto quello che aveva detto Meeme, aggiungendo, ovviamente, molti più dettagli scientifici e dipingendo un quadro che definire fosco sarebbe stato troppo ottimistico.
“Quella gente è allo stremo delle forze - concluse - Non hanno solo bisogno di cibo e cure mediche adeguati, ma anche di luce e aria. Stanno continuativamente nello spazio da troppo tempo. Persino noi ogni tanto scendiamo sulla Terra o su qualche altro pianeta!”
“D'accordo, una cosa per volta. Mi prepari una lista con i medicinali e le attrezzature che le servono.
Intanto, attinga pure alle scorte dell'Arcadia per i casi più gravi. Noi ce la caveremo.”
“Capitano, le chiedo il permesso di restare sulla Dorcas a prestare assistenza, mentre voi sarete impegnati negli abbordaggi.”
“Ma... potremmo aver bisogno anche noi di cure... se qualcuno viene ferito?”
“Può bastare Meeme: ormai è un'infermiera esperta. E io le posso dare ulteriori istruzioni anche a distanza, se fosse necessario.”
Harlock valutò un attimo quella proposta. Sicuramente quelle persone avevano più bisogno di loro delle prestazioni di Zero. E sicuramente l'idea che Clarice non fosse completamente da sola in mezzo alle Mazoniane lo allettava.
“D'accordo, dottore. Faremo così.”
E che il Cielo ce la mandi buona!

 

Il giorno fissato la delegazione pirata era pronta a imbarcarsi alla volta della Dorcas.
Clarice sarebbe poi rimasta sull'ammiraglia e quindi era partita con la sua solita sfilza di borse e bauli. Harlock aveva fatto caricare su una navetta non soltanto un bel po' di medicinali, ma anche la metà delle scorte alimentari dell'Arcadia. Non erano di certo sufficienti, ma erano meglio di niente e, opportunamente razionate, avrebbero tamponato l'emergenza. Aveva dovuto usare tutto il suo ascendente per convincere Masu a rinunciarvi. Per darle alle Mazoniane, poi!
Era stata dura anche rassicurare Mayu. La ragazzina si era presentata la sera prima nella sua cabina, quasi in lacrime. Harlock si era sentito in colpa. Preso da tutti i problemi di quei giorni frenetici e dagli ultimi preparativi, l'aveva trascurata.
“Allora andrete proprio tutti sulla nave di quella là?”
“No, non tutti...”
“Beh, quelli che contano più di tutti per me... tu, Kei, Clarice...”
“Ma torneremo subito! Solo Clarice resterà con loro, sai, per via del codice...”
Mayu aveva fatto una pausa, come se stesse valutando se dire quello che aveva in mente o meno.
“Ho paura, Harlock.”
“Paura? Ma no! E di che cosa?”
“Ma come di che cosa? Quelle sono Mazoniane! Te lo sei scordato? Ti sei dimenticato quello che ci hanno fatto?”
“No, certo che no. Ma le cose sono cambiate...”
Le riferì quello che gli avevano raccontato Zero e Maji.
“Non ci faranno nulla di male, se non altro per interesse. Fidati di me!”
Mayu scosse il capo, niente affatto convinta.
Harlock esitò un attimo. Era un azzardo, ma forse....
“Vuoi... vuoi venire anche tu domani? Così ti renderai conto tu stessa.”
La ragazzina lo guardò stupita. Lì tutti si preoccupavano solo di proteggerla, trattandola in pratica ancora come una bambina. Il fatto che Harlock invece volesse coinvolgerla, da un lato la lusingava e dall'altro la rassicurava: lui non l'avrebbe mai esposta a un pericolo, quindi, se la portava con loro, significava che non c'era davvero nulla da temere.
“Sì, d'accordo. Vengo volentieri. Grazie, Harlock!”
Gli aveva dato il bacio della buonanotte, gesto che ormai faceva molto di rado, e se n'era andata, più tranquilla.
Il capitano sperò di non aver agito con avventatezza.
Sarà meglio, per il futuro, fidarci un po' di più gli uni degli altri, aveva detto Raflesia. E lui stava andando nella tana del lupo con le tre donne della sua vita. Se non era una prova di fiducia questa... o forse no, era soltanto una prova della sua pazzia.
Sapeva che Yattaran, a cui aveva lasciato il comando dell'Arcadia, e il resto dell'equipaggio sarebbero stati pronti a intervenire in qualsiasi momento. Il primo ufficiale aveva dato a lui e a Kei uno dei suoi gioiellini tecnologici, simile a quello che aveva nascosto nella cabina del capitano durante l'incontro con Raflesia: un minuscolo microfono schermato, che non sarebbe stato rilevato da alcuna attrezzatura e che avrebbe permesso a Yattaran di sentire tutto quanto accadeva sulla Dorcas e a loro di comunicare con lui in tempo reale. Harlock e Kei se lo appuntarono addosso, camuffato tra i teschi delle tute e, insieme a Mayu e Clarice, salirono su due space-wolf, diretti alla Dorcas. Il dottore, invece, pilotava la navetta con i medicinali e i viveri.
Nel gigantesco hangar li accolse Raflesia, insieme a un gruppo di Mazoniane, in mezzo alle quali riconobbero Lavinia. Probabilmente si trattava delle consigliere o delle più strette collaboratrici della regina.
“Benvenuti sulla mia nave” disse la sovrana. I suoi occhi si soffermarono un attimo in più su Mayu, tradendo un certo stupore di vederla lì.
“Andiamo nella sala del Consiglio Supremo - proseguì Raflesia, invitandoli a seguirla - Abbiamo molte cose di cui discutere.”
“Maestà - intervenne Zero, come aveva prima concordato con Harlock - con il vostro permesso, vorrei continuare il mio giro di visite tra i malati. La signorina Oyama ha espresso il desiderio di aiutarmi.”
“Ma certo, dottore. Vi siamo grati per quanto state facendo. Sapete già dove andare.”
“Su quella navetta - disse Harlock - ci sono alcuni medicinali e viveri. Al momento non possiamo fare di più, purtroppo...”
Raflesia era sempre più meravigliata.
“Grazie, Harlock” riuscì soltanto a mormorare.
Zero e Mayu si diressero verso l'area della nave dedicata agli ammalati. Il dottore aveva rassicurato Harlock sul fatto che non ci fossero pericoli di contagio per loro umani.
Il resto del gruppo raggiunse invece un'ampia sala dove, intorno a un tavolo rotondo situato nel centro, erano sedute diverse persone in attesa. All'ingresso della regina, si alzarono tutti in piedi. Raflesia, con un gesto della mano, li invitò a sedersi di nuovo e presentò gli ospiti, che si accomodarono a loro volta ai posti loro assegnati.
Mai nella vita Harlock avrebbe pensato che un giorno si sarebbe trovato seduto al tavolo del Consiglio Supremo mazoniano! E non come nemico, ma come loro collaboratore! La strana atmosfera che gravava su tutti loro, un misto di imbarazzo e curiosità, fu presto dissipata da Raflesia stessa, che affrontò subito le questioni pratiche di cui dovevano occuparsi. L'approvvigionamento di viveri e altri generi di prima necessità, innanzitutto. Gli ingegneri mazoniani consegnarono ai pirati una lista con gli interventi più urgenti e i pezzi di ricambio di cui avevano assolutamente bisogno. Harlock la scorse velocemente e chiese loro qualche chiarimento, poi illustrò a grandi linee che cosa intendesse fare nei prossimi giorni. Non era necessario che quella gente sapesse proprio tutto. Del resto, nessuno di loro fece domande.
Poi fu il momento di Clarice. Alcuni dei presenti, tre donne e due uomini, si rivelarono essere gli studiosi con cui lei avrebbe collaborato da quel momento in poi. Dovevano essere già al corrente del fatto che non avrebbero potuto avere in mano l'originale del Voynich. Clarice aveva fatto preparare da Yattaran delle stampe del codice e delle chiavette con tutti i suoi appunti, e li distribuì ai sui colleghi.
“Le sarà assegnato un alloggio qui sulla Dorcas, dottoressa Jones - disse Raflesia - e lei e gli altri studiosi qui presenti avrete a disposizione dei locali per i vostri studi e ogni altro mezzo di cui avrete bisogno. Il futuro di Mazone è nelle vostre mani, non dimenticatelo.”
“Il dottor Zero - intervenne Harlock - mi ha chiesto l'autorizzazione a restare su questa nave, per prestare il suo aiuto, e io gliel'ho accordata. Se per voi va bene, naturalmente...”
“Ma certo, per noi non c'è alcun problema, anzi...”
Alla fine della riunione, presi gli ultimi accordi, Harlock salutò Clarice.
“Non sarai sola, Clarice. Il dottor Zero resterà qui e potrai rivolgerti a lui per qualsiasi cosa. E poi anche noi saremo raggiungibili. Tieni - le porse una mini ricetrasmittente, sempre datagli da Yattaran apposta per lei - basta premere questo pulsante azzurro e noi, ovunque saremo, riceveremo il segnale e saremo di ritorno. Ma non credo che sarà necessario.”
“Lo credo anch'io, Harlock. Te l'ho già detto, non devi preoccuparti per me. Andrà tutto bene. Voi, piuttosto, cercate di tornare tutti interi!”
La donna si riunì ai suoi nuovi colleghi e sparì in un corridoio dell'astronave, dopo avergli rivolto un ultimo saluto con la mano.
Harlock e Kei si diressero di nuovo all'hangar, scortati questa volta soltanto da Raflesia e Lavinia.
“Credo tu lo sappia molto bene, Raflesia - disse Harlock a voce bassa - ma te lo ribadisco: se capita qualcosa a Clarice o a Zero, dovrai vedertela con me per il resto dei tuoi giorni... che a quel punto saranno molto pochi, te lo garantisco!”
La regina si irrigidì.
“Vedo che continui a non fidarti di me...”
“Ti sbagli, Raflesia. Ma la prudenza non è mai troppa.”
In quel momento, comparvero in fondo al corridoio il dottore e Mayu... la quale stava amabilmente conversando con un giovane aitante dalla pelle azzurrognola. Al capitano non sfuggì il suo sguardo trasognato, che gli fece venire subito il nervoso. Mentre Zero si avvicinava a lui e Kei, sventolando dei fogli, i due si erano fermati a poca distanza, continuando a chiacchierare.
“Ecco l'elenco che mi ha chiesto, capitano! L'ho potuto completare grazie all'aiuto dei medici mazoniani...”
“Sì, grazie - Harlock prese l'elenco e lo scorse con aria distratta - Mmmh... chi è quello?”
“Chi? - Zero seguì lo sguardo corrucciato del capitano - Ah, quello! È un giovane infermiere mazoniano. È molto in gamba, mi è stato di grande aiuto e...”
“Mayu - tuonò Harlock con voce severa - Sbrigati, è ora di tornare sull'Arcadia!”
La ragazza sapeva che quando il suo padrino usava quel tono conveniva ubbidire e subito, così si congedò dal ragazzo alieno con una stretta di mano e un sorriso, che ad Harlock non piacque per niente, e si affrettò a raggiungere la navetta.
Non bastavano i corteggiatori terrestri, mi ci mancavano pure quelli alieni!
Se ancora avesse nutrito qualche dubbio se tenere o meno Mayu sull'Arcadia, ora erano spariti tutti come per incanto.






Note dell'autrice
.... e visto che abbiamo tagliato anche il traguardo del capitolo 20, ne approfitto per ringraziare chi segue la storia, chi l'ha messa tra le seguite/preferite, e soprattutto chi continua fedelmente a lasciare i suoi commenti, che denotano grande attenzione, acume e sensibilità: (in rigoroso ordine alfabetico) Briz65, Divergente Trasversale, Florestan e Innominetuo! Grazie ragazzi! ***

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Capitolo 21
*** Vita da pirati ***


 

Sull'Arcadia fervevano i preparativi per i futuri arrembaggi. Consultando le liste fornite da Zero e dalle Mazoniane, Yattaran e Kei individuarono le rotte che potevano fare al caso loro, dove erano sicuri di trovare i carichi di cui avevano bisogno. Per soddisfare le loro esigenze, questa volta di assalti ne avrebbero dovuti fare parecchi in più del solito. Ma questo non era certo un problema per loro, anzi... la ciurma, annoiata per la forzata inattività degli ultimi tempi, era decisamente euforica.
Harlock, però, non voleva assentarsi per troppo tempo, quindi decise che ne avrebbero fatti pochi per volta, per tornare, con il bottino raccolto, nel settore dello spazio dove stazionava la carovana mazoniana. E controllare che lì tutto procedesse secondo i piani. Come del resto gli assicuravano sia Zero sia Clarice, che lui, in attesa della partenza, contattava quotidianamente.
Lo preoccupava anche la gestione di Mayu durante gli arrembaggi. La ragazzina aveva ricevuto l'ordine tassativo di stare chiusa nella cabina del capitano, che aveva dei sistemi di sicurezza ancora più efficaci del resto dell'astronave, insieme a Meeme.
Il giorno stabilito, l'Arcadia fece il salto nell'iperspazio e viaggiò alcuni giorni in modalità in-skip, per raggiungere il loro primo obiettivo. Yattaran e Kei, come al solito, avevano fatto un ottimo lavoro e avevano individuato un cargo che trasportava un grosso carico di derrate alimentari e medicinali a una colonia terrestre. L'equipaggio non oppose resistenza e i pirati si presero soltanto quello che effettivamente sarebbe loro servito. Ordinaria amministrazione, insomma.
Compirono con pieno successo altri quattro abbordaggi, in punti diversi dello spazio e anche piuttosto distanti tra loro, per evitare il più possibile che qualcuno potesse prevedere le loro mosse. Quando tornarono alla base, le stive dell'Arcadia traboccavano di cibo, medicine, carburante e attrezzature mediche, che furono subito trasferiti sulla Dorcas dai pirati stessi.
Anche in quell'occasione Harlock e Kei furono accolti da Raflesia, che questa volta era da sola. Indossava una semplice tuta nera, senza trucco né orpelli. Non sembrava affatto una regina. Il suo sguardo stanco si illuminò nel vedere le numerose casse che venivano scaricate dalle navette che facevano la spola tra le due astronavi.
“L'avete fatto davvero...” mormorò a voce così bassa che sperò che Harlock non avesse udito.
“Certo, perché, ne dubitavi forse?” la punzecchiò il capitano con un sorriso ironico.
“Non volevo dire questo!” si ricompose subito la Mazoniana.
“Come vanno le cose qui?”
“Molto meglio! Già con le scorte che ci avevate lasciato abbiamo fatto molto e ora le cose cambieranno ulteriormente. E l'aiuto che ci sta dando il dottor Zero è davvero prezioso. Noi... non potremo mai sdebitarci...” aggiunse con una punta di imbarazzo.
“Aspetta a dirlo, non si può mai sapere, la vita è imprevedibile, no?”
Ricevere i ringraziamenti della sua vecchia nemica lo faceva sentire troppo strano. Probabilmente la stessa cosa doveva provarla Raflesia.
“E con il Voynich? È venuto fuori qualcosa di utile?”
“Ci stanno lavorando tutti con molto impegno, ma pare che la sua interpretazione sia ancora più complicata del previsto...”
“Vorrei vedere la dottoressa Jones. È possibile?”
“Credo di sì. Ti accompagno da lei.”
Kei rimase un attimo indecisa se seguirli o restare a sovraintendere alle operazioni di scarico. Poi decise di mettere da parte la sua istintiva rivalità verso quell'aliena e onorare il suo ruolo di ufficiale dell'Arcadia.
“Io rimango qui a controllare che tutto proceda, Harlock, se non ti dispiace.”
“D'accordo, grazie, Kei. Non starò via molto.”
“Salutami Clarice.”
“Non mancherò.”
Raflesia ricevette una chiamata sul comlink, così lo lasciò davanti all'alloggio della donna e si congedò. Clarice fu naturalmente molto felice di vederlo. Nonostante fosse il suo turno di riposo, come al solito la sua mente continuava a lavorare senza sosta.
“In effetti, siamo riusciti, cioè, gli studiosi mazoniani sono riusciti a tradurre le ultime pagine del codice. Ma chi le ha scritte ha usato un linguaggio volutamente oscuro, ha inserito qua e là delle frasi apparentemente senza senso. Non sarà facile venirne a capo, ma io sono fiduciosa che prima o poi ce la faremo!”
“Come ti trovi qui? Ti trattano bene?”
“Oh sì, benissimo! E poi non hai idea di come sia stimolante per me confrontarmi ogni giorno con queste persone! Sto scoprendo cose sulla storia terrestre e sull'origine della nostra civiltà che non avrei mai sospettato! E tutto questo grazie a te. È per merito tuo se ho potuto fare questa esperienza!”
Com'è che oggi non fanno altro che ringraziarmi? Si sono messi tutti d'accordo?
Harlock era in imbarazzo, come sempre in quelle situazioni.
“Un giorno mi racconterai tutto.”
“Certo! E voi come state? È andato tutto bene?”
“Sì, tutto bene. Credo che basteranno poche altre... spedizioni per risolvere tutti i loro problemi.”
“Oh, bene, sono contenta! Salutami Kei e Mayu.”
“Grazie. Anche loro ti salutano tanto. Magari uno dei prossimi giorni potresti venire per un po' sull'Arcadia... non so, per una cena, così ci aggiorni.”
“Con piacere. Ma ora devi scusarmi, ho un appuntamento con il dottor Werner per un tè, o qualcosa di simile, voglio parlargli di una mia teoria, prima di esporla agli altri...”
“Nessun problema. Ci vediamo presto.”
Clarice raccolse le sue carte e imboccò il corridoio nella direzione opposta a quella di Harlock, incontro a un distinto e maturo signore, il cui volto severo si rischiarò in un aperto sorriso nel vederla arrivare.
Harlock sorrise a sua volta tra sé e andò a cercare il dottor Zero. Anche lui era indaffaratissimo, ma sembrava entusiasta di quella nuova esperienza. Il capitano notò che il numero degli ammalati era parecchio diminuito da quando erano partiti.
“Sì, una volta nutriti e reidratati, la maggior parte di loro si è ripresa molto in fretta. So cosa la preoccupa, capitano, ma... no, non ci sono stati decessi, stia tranquillo.”
Mentre i due parlavano, Harlock notò, nel gruppo di medici e infermieri impegnati nel loro lavoro, l'amico di Mayu. Il ragazzo si guardava intorno, come se cercasse qualcuno, e non seppe nascondere la delusione quando capì che questa volta il pirata terrestre era solo. Il quale pirata se ne accorse e gli rifilò un'occhiataccia truce, con il risultato che il poveretto abbassò gli occhi tristemente su quanto stava facendo e non li rialzò più, almeno finché Harlock si trattenne lì.

Poche ore dopo, Harlock e Kei, in attesa dell'ora di cena, erano nella loro cabina a pianificare già la prossima spedizione.
Harlock aveva raccontato alla ragazza di Clarice e delle difficoltà interpretative del Voynich.
“Ho una domanda in testa da un bel po', se permetti... - chiese lei - Non hai mai pensato di sfruttare il computer centrale per risolvere tutti questi enigmi? Potremmo risparmiare un bel po' di tempo...”
“Sì, certo che ci ho pensato... ma per il momento ho deciso di non farlo. Primo perché non voglio che i Mazoniani scoprano le capacità del computer centrale... stiamo collaborando con loro, ma questo non significa che non dobbiamo stare lo stesso all'erta. E poi... forse questo ti sembrerà un po' sciocco, ma... non voglio privare Clarice del piacere e del merito della scoperta. Dovrà probabilmente rinunciare al codice, non potrà divulgare i suoi studi... che almeno si goda questo momento. Devi vedere con quanto entusiasmo e quanta passione si sta dedicando alla sua ricerca!”
“Conoscendola, me l'immagino.”
“Comunque, giocherò questa carta come ultima possibilità, se non si riuscirà a venire a capo della faccenda in altro modo.”
Harlock si immerse di nuovo nell'esame delle nuove rotte sul suo portatile. Un particolare attirò la sua attenzione.
“In questa lista c'è indicato un cargo con un carico di oro e altri metalli preziosi... ma non lo avete inserito nell'elenco dei possibili obiettivi.”
Kei lo guardò un po' stupita.
“Di solito non ci interessano queste cose...”
“È vero, ma ora è diverso. Raflesia ha bisogno anche di denaro, non ci saremo sempre noi a rifornirla di quello di cui ha bisogno. E a maggior ragione se e quando troverà un nuovo pianeta. Quindi ci prenderemo quel carico. Sarà un attacco più rischioso degli altri, di solito questo genere di merci è scortata da molti uomini armati, spesso mercenari senza scrupoli.”
Kei prese nota sul suo tablet.
In quel momento bussarono alla porta. All'invito di Harlock, Mayu fece capolino dalla porta.
“Posso entrare? Avrei bisogno di parlarti...”
“Sì certo, vieni pure.”
Kei si alzò. Aveva capito dallo sguardo della ragazzina che lei era di troppo in quel momento. Per quanto andassero più d'accordo, il suo punto di riferimento restava sempre il suo tutore. Giustamente.
“Vado a comunicare a Yattaran questo cambio di programma. Ciao Mayu. Ceni con noi dopo?”
“Sì, volentieri!”
“A più tardi allora”.
“Di che cosa volevi parlarmi?” chiese il capitano, non appena la bionda fu uscita.
“Ecco... io... volevo chiederti... se posso restare sulla Dorcas, mentre voi siete impegnati negli arrembaggi.”
Harlock si sentì subito a disagio. Era evidente il motivo che la spingeva a fare quella richiesta. Perché doveva toccare proprio a lui parlare di certe cose? Eppure, non poteva continuare a ignorare quel nuovo aspetto della personalità e della vita di Mayu. Tanto valeva affrontarlo una volta per tutte. Apprezzava, in fondo, che avesse scelto di parlarne con lui direttamente, anziché con la mediazione di Kei o di qualcun altro.
“È per via di quel ragazzo mazoniano, vero?”
La ragazzina avvampò, ma assentì con un cenno del capo. Del resto, sarebbe stato inutile nascondere il vero nocciolo della questione a uno come Harlock.
“Lo conosci appena... e poi come la mettiamo con quel tuo amico della scuola... Han, giusto? Pensavo che ti interessasse sul serio...”
Harlock, sei un bugiardo! Speravi che non fosse affatto una cosa seria, invece!
“Oh, guarda, Han, Luke e tutti gli altri miei compagni in confronto a Darragh sono degli stupidi ragazzini viziati! Lui è così serio e si impegna così tanto per gli altri...! Sua madre fa parte del Consiglio Supremo della regina, e lui potrebbe godersi tutti i privilegi del suo rango, invece ha scelto di imparare a curare la gente ed è diventato pure bravo, anche se non ha potuto studiare in modo regolare, date le circostanze!”
“Non discuto che sia una persona degnissima, ma... è mazoniano. Tra non molto, appena ricomincerà la scuola, dovrò riportarti sulla Terra e lui non potrà seguirti... insomma, vi dovrete separare, prima o poi...”
“Lo so. Ma non m'importa. E poi anch'io potrei rendermi utile... insomma, potrei aiutare il dottor Zero...!”
“Sto solo cercando di evitarti una situazione che potrebbe causarti un dolore, Mayu, solo questo. Ma ti prometto che ci penserò su e ti darò una risposta entro stasera.”
“Va bene, grazie, Harlock. E... non devi preoccuparti per me, io sono una forte, lo sai!” aggiunse con un sorriso un po' triste.
Rimasto solo, Harlock si lasciò andare sulla poltrona e chiuse l'occhio sano. Certo che lo sapeva, quanto fosse forte! Fin da piccola aveva affrontato situazioni durissime, aveva sperimentato l'abbandono e la solitudine, e malgrado tutto si era conservata allegra, buona e ottimista. E lui? Lui aveva cercato per metà della sua vita di evitare di affezionarsi troppo a qualcuno, pur di non soffrire... e cosa ne aveva ricavato? Aveva sofferto di meno? No di certo. Perché la vita è imprevedibile, è fatta di incontri e di separazioni, è intessuta di gioie e di dolori... Mayu, alla sua età, l'aveva capito molto meglio di lui ed era pronta ad affrontarla e viverla giorno per giorno.
Harlock mise da parte queste riflessioni un po' amare e cercò di guardare la cosa da un punto di vista più pratico e razionale. In realtà, con la prospettiva di assaltare quella nave carica di preziosi, era molto meglio che la ragazzina non fosse a bordo. Sulla Dorcas c'erano anche Clarice e Zero, li aveva visti sereni e tranquilli, quindi era ragionevole pensare che Mayu sarebbe stata molto più al sicuro lì che sull'Arcadia. Anche le circostanze, dunque, lo spingevano verso una decisione ben precisa.
Ne parlò con Kei, prima che Mayu li raggiungesse per la cena. La ragazza lo guardò con tenerezza e gli passò una mano tra i capelli.
“Non puoi proteggerla per sempre.”
“Lo so. Ma per me è ancora una bambina e non sopporto l'idea di vederla soffrire.”
“Ma prima o poi succederà comunque, e tu non potrai farci niente. È così che si matura e si diventa adulti, è inevitabile, purtroppo.”
“Sì, ma... insomma, mi ci devo abituare, ecco. Speravo che lontana dalla Terra si togliesse dalla testa quei due tipi... ma non per prendersi una cotta per un altro, per di più alieno!”
“Pensa, ti potresti ritrovare un genero mazoniano!” lo canzonò Kei.
“Ma...non dirlo neanche per scherzo!”
“Dai, dovresti averlo capito perfino tu che, alla sua età, si cambia idea con estrema facilità!”
L'arrivo di Mayu fece cambiare loro di colpo discorso.
Alla fine della cena, Harlock comunicò alla ragazzina che l'avrebbe lasciata sulla Dorcas. Doveva chiedere il permesso a Raflesia, naturalmente, ma non credeva che ci sarebbero stati problemi.
Mayu lo abbracciò.
“Grazie, Harlock! Ti prometto che farò la brava! Sarai fiero di me!”
“Ci conto!”
E farò anche due chiacchiere con il giovanotto in questione. Giusto perché si regoli di conseguenza...

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Capitolo 22
*** La nave del tesoro ***


Harlock pochi giorni dopo chiese un colloquio con Raflesia. Voleva prima di tutto parlarle di Mayu, ma anche sapere come stavano andando le cose e come fossero usate le risorse che lui e il suo equipaggio avevano procurato.
Questa volta la regina era accompagnata da una dignitaria mazoniana che a lui sembrava di non avere mai visto prima. Si chiamava Gudrun e Raflesia la presentò come un membro del Consiglio Supremo. Probabilmente si erano già incontrati in occasione della sua prima visita sulla Dorcas, ma il capitano non aveva memorizzato il suo volto.
Le due donne lo accompagnarono in varie parti dell'immensa astronave, mostrandogli i lavori di riparazione che fervevano un po' ovunque, le mense che avevano ricominciato a funzionare regolarmente, e la zona ospedale, sempre meno affollata, su cui regnava ormai incontrastato il dottor Zero.
Harlock era molto soddisfatto. Chiese a Raflesia se poteva ospitare Mayu durante le loro spedizioni.
“Ma sì, certo... Posso sapere il motivo di questa richiesta? Non credo di esserle molto simpatica... visti i nostri trascorsi.”
Harlock sospirò.
“Ormai è acqua passata. La ragione è principalmente... diciamo sentimentale, e la cosa non mi fa molto piacere, visto che ha soltanto 15 anni, ma in questo momento fa comodo anche a me e...”
“Cosa significa sentimentale?” chiese la regina perplessa.
Ah già, che ne sa lei di sentimenti umani?
“Quando è stata qui, ha conosciuto un ragazzo dei vostri, uno che lavora come infermiere... Darragh, mi pare si chiami...”
L'accompagnatrice di Raflesia a quel nome sussultò appena. Harlock la guardò.
“Lo conosce?”
“È mio figlio.”
“Ah, bene - commentò Harlock, imperturbabile - Mayu mi ha parlato in modo molto lusinghiero di lui. Insomma, credo che i due si siano presi in simpatia. Spero di lasciare Mayu in buone mani e conto sulla sua collaborazione, signora.”
La Mazoniana annuì, ma il pirata ebbe la sgradevole sensazione che non avesse affatto colto l'allusione. Probabilmente pure lei, come Raflesia, non conosceva le dinamiche dei comportamenti umani e non aveva capito che la collaborazione richiesta consisteva nel controllare che il suo rampollo tenesse le mani a posto. Dovrò inventarmi qualcos'altro e chiedere l'aiuto di Clarice... che sarà impegnatissima con i suoi studi!
Raflesia lo distolse dalle sue preoccupazioni.
“Cosa intendevi dire che in questo momento ti fa comodo che Mayu stia sulla Dorcas?”
“Perché stiamo per affrontare una missione un po' più rischiosa delle altre e preferisco che lei non sia a bordo.”
Si erano intanto ritirati in un piccolo studio e Harlock illustrò brevemente alla regina e alla sua collaboratrice il loro prossimo obiettivo.
“Di solito non ci interessano carichi del genere, ma ho pensato che a voi potrebbero fare comodo in futuro.”
“Infatti... ormai le nostre casse sono vuote da tempo ed è questo che mi ha impedito di provvedere alle necessità del mio popolo come avrei dovuto.”
“Bene, allora siamo d'accordo - si congedò Harlock - Prima di partire accompagnerò qui Mayu. Ora vado a salutare Clarice. Non è necessario che mi accompagniate, ormai conosco la strada. Gudrun, è stato un piacere conoscerla.”
La Dorcas era enorme, ma Harlock aveva un ottimo senso dell'orientamento ed era allenato a registrare nella mente ogni possibile punto di riferimento. Trovò facilmente l'alloggio-studio di Clarice, ma lei non c'era. Domandò a una Mazoniana che passava di lì dove potesse trovarla e quella gli indicò come raggiungere la sala dove si riuniva l'equipe di studiosi. Harlock si chiese che cosa la gente comune sapesse della faccenda del Voynich. Nulla, verosimilmente. Di sicuro Raflesia non voleva creare pericolose illusioni.
Il capitano bussò discretamente, sperando di non interrompere qualche importante riunione. Ma, entrando, scoprì che nella grande stanza, ingombra di scrivanie ricoperte di volumi e computer, c'erano soltanto Clarice e lo scienziato con cui l'aveva vista andare via la volta precedente, intenti a consultare delle carte.
“Harlock, ragazzo mio, che bella sorpresa! Vieni, vieni pure avanti. Ecco, ti presento il dottor Werner, esperto di storia mazoniana antica.”
I due uomini si strinsero la mano.
“È un piacere conoscere di persona il nostro salvatore!”
Harlock si schermì.
“Beh, mi pare un po' eccessivo... Come vanno le vostre ricerche?” chiese, per cambiare argomento.
Ma quello non mollò.
“Oh no, lei è un doppio salvatore, perché ci ha anche portato questa perla meravigliosa!” disse indicando Clarice, che arrossì come una ragazzina.
Ma che vogliono questi Mazoniani? Giù le zampe dalle mie donne!
“No, davvero, le conoscenze di Cla... della dottoressa Jones su Castel del Monte e sulla storia terrestre di quel periodo sono state preziosissime! Secondo me siamo a un passo dalla verità, e senza di lei non ce l'avremmo mai fatta!”
“Oh, Werner, sei un adulatore!”
Harlock si sentì improvvisamente di troppo.
“Bene... allora io vado. Buon lavoro! A presto, Clarice! Ah, dimenticavo: volevo anche avvisarti che Mayu starà qui sulla Dorcas per un po' e ti chiederei se puoi darle un'occhiata, ogni tanto...”
“Certo, caro, stai tranquillo.”
Ma lui non si sentiva affatto tranquillo. Clarice, come sospettava, aveva altro per la testa, e forse non soltanto riguardo ai suoi studi.

Rientrato sull'Arcadia, Harlock si dedicò a pianificare, con i suoi ufficiali, l'assalto alla “nave del tesoro”, come era stata battezzata da Yattaran. Approfittò di un momento di calma, in cui si trovò da solo con Kei e Meeme, per fare una domanda che aveva sul groppo da un po'.
“Quando eravate sulla Dorcas, per caso qualcuno vi ha importunato?”
Le due donne lo scrutarono perplesse.
“Qualcuno chi?” chiese Kei. In tanti anni Harlock non si era mai preoccupato di questo aspetto. Tanto non ce n'era bisogno. Sull'Arcadia nessuno si sarebbe mai nemmeno sognato di fare qualcosa del genere.
“Qualche Mazoniano o alieno che dir si voglia. Insomma, qualcuno vi ha fatto delle avances o dei complimenti fuori luogo... cose così?”
“A me no” dichiarò Meeme.
“Nemmeno a me - aggiunse la bionda - Ma... perché questa domanda?”
“No, così... questi Mazoniani mi sono sembrati un po' troppo... intraprendenti per i miei gusti.”
“Se ti riferisci al nuovo amico di Mayu, sei il solito esagerato!”
“No, non mi riferivo solo a quello! - replicò il capitano indispettito - Bah, lasciamo perdere e rimettiamoci al lavoro!”
Più tardi, in cabina, Harlock raccontò a Kei della sua visita sulla Dorcas e del suo incontro con il collega di Clarice. Come al solito, la ragazza cercò di sdrammatizzare.
“E che cosa ci sarebbe di male? Clarice è maggiorenne e vaccinata da un pezzo, è una donna intelligente e affascinante... saprà quello che fa, no? Magari il loro è solo un sodalizio intellettuale!”
“Mmpf... Per te non c'è mai problema, eh? Mayu perché è giovane e leggera, Clarice perché è matura... Ma questi sono alieni! Non ragionano e non sentono come noi!”
“Solo perché Raflesia sembra fatta di ghiaccio non significa che siano tutti così! Piuttosto, io non pensavo nemmeno esistessero, dei Mazoniani maschi. E se tutte le femmine sono come la regina e le sue accolite, ci credo che si rivolgono alle terrestri! Almeno noi siamo un po' più gentili!”
“Proprio non ce la fai, a prendermi sul serio? Però è vero, non ne avevamo mai visti, di uomini, all'epoca della guerra. Del resto, Raflesia ce l'aveva confermato, che la loro è una società matriarcale.”
“Quasi quasi mi trasferisco...”
“Ehi, di che cosa ti lamenti tu?” chiese Harlock, puntandole contro l'indice e fingendosi offeso.
“Di nulla, capitano, scherzavo! Nessun alieno sarà mai magnanimo e seducente come te!”
“Volevo ben dire!”

Il giorno prima della partenza, Harlock accompagnò Mayu sulla Dorcas. Quando scesero dallo space-wolf, Darragh e sua madre andarono loro incontro. I due ragazzi si sorrisero, ma non osarono rivolgersi la parola, intimiditi dalla presenza degli adulti.
Harlock, dopo aver salutato Gudrun, si avvicinò al giovane e gli strinse vigorosamente la mano, fissandolo dritto negli occhi. I suoi avevano un curioso color ametista, ma lo sguardo gli parve limpido e onesto.
“Felice di fare la tua conoscenza, Darragh. Mayu mi ha parlato molto di te.”
“Grazie, signore.”
“Mayu vorrebbe rendersi utile in infermeria, ma non ha alcuna esperienza. Conto su di te perché il suo soggiorno qui sulla Dorcas sia positivo per tutti...” aggiunse con aria severa.
“Sono onorato della sua fiducia e farò del mio meglio, signore.”
Il ragazzo sembra beneducato...
Dentro gli risuonavano le parole di Kei “Non potrai proteggerla per sempre”.
Per sempre no, ma nell'immediato farò di tutto!
Intanto erano arrivati alla cabina assegnata a Mayu. Con sollievo del capitano, era accanto a quella di Clarice e comunicante con essa. La donna la stava aspettando e la ragazzina le corse incontro e la abbracciò.
“Mi raccomando, ascolta sempre Clarice e il dottor Zero e non fare colpi di testa. Non starò via molto, comunque.”
“Sì, Harlock, stai tranquillo!”
Nel frattempo li aveva raggiunti anche Raflesia. Non senza imbarazzo, si rivolse a Mayu.
“Benvenuta a bordo, Mayu. Spero che ti troverai bene qui con noi.”
La ragazzina si limitò a un cenno del capo. Ma nessuno si aspettava che il suo atteggiamento verso le Mazoniane cambiasse radicalmente dall'oggi al domani.
Harlock salutò tutti i presenti e si avviò nuovamente verso l'hangar.
Raflesia lo seguì per qualche passo.
“Harlock!” lo chiamò poco prima che scomparisse dietro la curva del corridoio.
Lui si fermò e volse solo il capo verso di lei.
Raflesia parve esitare.
“Stai attento!”
Il pirata fece uno dei suoi mezzi sorrisi, portando due dita al sopracciglio, e continuò a camminare con il suo inconfondibile passo cadenzato.

 

Il salto nell'iperspazio avvenne senza problemi, come al solito. I primi giorni di navigazione scorsero tranquilli. Yattaran seguiva sul computer di bordo la rotta della “nave del tesoro”. Secondo le informazioni che avevano intercettato, gli addetti alla sicurezza erano una ventina. Loro erano il doppio, avrebbero avuto facilmente ragione di loro. L'effetto sorpresa sarebbe stato determinante, come sempre.
Poche ore prima dell'abbordaggio, però, Yattaran chiamò urgentemente Harlock sul ponte di comando.
“Che cosa succede?”
“Non lo so ancora, capitano, ma la rotta di quella nave sta facendo delle strane deviazioni... forse ha semplicemente incontrato una fascia di asteroidi, ma in quella zona non mi risulta.”
Harlock e il primo ufficiale fissarono il tracciato per alcuni minuti. La rotta parve poi stabilizzarsi.
“Sembra che sia andato tutto a posto. Qualunque cosa sia successa, lo scopriremo presto, ormai manca poco. Prepariamoci.”
L'Arcadia abbandonò la navigazione in-skip e comparve all'improvviso di fianco all'astronave, sparando nello stesso tempo le capsule di abbordaggio, attraverso le quali i pirati penetrarono all'interno con le armi spianate. Era una tattica che mettevano in atto da anni e, come al solito, l'equipaggio dell'Arcadia diventava un'unica, inesorabile macchina da guerra.
Fu presto chiaro, però, che quella volta c'era qualcosa di anomalo. Non incontrarono alcuna resistenza. Avanzarono con cautela, coprendosi le spalle a vicenda. Harlock aveva tutti i sensi all'erta.
“Non abbassate la guardia. Potrebbe essere una trappola” comunicò ai suoi.
Si diressero, sempre senza incontrare anima viva, verso l'area dell'astronave dove, secondo la planimetria trovata da Yattaran, dovevano essere ubicate le stive con il loro prezioso contenuto.
E lì capirono tutto.
Davanti ai portelloni spalancati giaceva un mucchio di cadaveri: le guardie erano state trucidate senza pietà. Alcuni pirati si aggirarono tra loro, controllando se ci fosse qualcuno ancora in vita, ma purtroppo dovettero constatare che non era così.
“Ecco la ragione di quella rotta anomala! Stavano cercando di fuggire!” esclamò Yattaran.
Kei era inorridita.
“Ma... chi può aver fatto questo?”
“Purtroppo non siamo gli unici pirati nell'universo. E spesso gli altri non agiscono come noi - commentò Harlock con amarezza - Piuttosto, cerchiamo di capire che fine ha fatto il resto dell'equipaggio, anche se non sono molto ottimista. Non credo che gli assalitori siano ancora a bordo, ma... non si sa mai, quindi… occhi ben aperti!”
“Le stive sono completamente vuote, capitano. Hanno portato via tutto” lo informò uno degli uomini.
Si diressero verso la plancia di comando. Lungo il tragitto, trovarono i segni di una furiosa battaglia: lamiere contorte, fili scoperti, vetri infranti. E altri morti. Lo stesso lugubre scenario li accolse anche sul ponte. Quello che doveva essere il capitano era stato sorpreso al suo posto, con una mano protesa verso il computer di bordo, in un estremo e inutile tentativo di chiedere aiuto. Se loro fossero già stati nei paraggi, forse avrebbero potuto soccorrerli e non ci sarebbe stata quella carneficina.
Chi aveva assalito il cargo non si era limitato a prendersi il suo carico: non aveva voluto lasciare testimoni. Non si spiegava diversamente tanta ferocia. Ma perché? si chiese Harlock con angoscia.
“Cerchiamo nel resto della nave se c'è qualche sopravvissuto.”
Ma non trovarono nessun altro, né vivo né morto.
“È strano però - disse Yattaran - Secondo i miei dati su questa nave dovevano esserci almeno una sessantina di persone, ma, tolte le guardie e i morti che abbiamo visto, qui manca un sacco di gente!”
Harlock fece una smorfia.
“Gli altri potrebbero essere stati fatti prigionieri...”
“A che scopo?” chiese Kei.
“Traffico di schiavi.”
Proseguirono il giro, si azzardarono anche a chiamare, se per caso qualcuno si fosse nascosto, ma senza risultato.
“Che cosa facciamo, capitano?”
“Rientriamo sull'Arcadia. Non abbiamo più niente da fare qui. Andate avanti. Vi raggiungo subito.”
“Vengo con te” disse Kei con decisione.
Mentre i pirati tornavano verso le capsule, lui e la ragazza si diressero di nuovo verso la sala comando.
Harlock digitò qualcosa sul computer davanti al capitano.
“Cosa fai?”
“Ho lanciato un segnale di SOS. Spero che qualcuno lo senta e possa dare degna sepoltura a quei poveretti. Qualcuno la starà aspettando, questa astronave...”
“Daranno la colpa a noi.”
“Non sarebbe certo la prima volta. Anche se noi non uccidiamo nessuno. Sbrighiamoci adesso.”
Imboccarono il corridoio che conduceva alla loro capsula, quando Harlock ricevette una chiamata da Yattaran.
“Capitano, rientrate immediatamente! Ci stanno attaccando!”

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Capitolo 23
*** Sotto attacco ***


Harlock afferrò la mano di Kei e iniziò a correre il più velocemente possibile verso la capsula.
“Che cosa succede?”
“Qualcuno sta attaccando l'Arcadia!”
“Ma... chi?”
“Non lo so. So solo che dobbiamo rientrare prima che quelli si accorgano della capsula!”
Sapevano entrambi molto bene che, una volta rinchiusi lì dentro, non avrebbero potuto difendersi e, se qualcuno avesse reciso il cavo di collegamento, per loro sarebbe stata la fine.
Per fortuna, i misteriosi nemici non si erano ancora accorti di nulla e l'Arcadia, con una manovra provvidenziale, riuscì a ridurre la distanza con la “nave del tesoro” per facilitare il recupero della capsula.
Harlock e Kei corsero subito in plancia.
Dalla vetrata era possibile avere una visuale completa della situazione. Il capitano spalancò l'occhio.
“Chi diavolo sono quelli?”
Un'enorme astronave di foggia sconosciuta si stagliava imponente e minacciosa di fronte a loro. Era dotata di innumerevoli file di cannoni che sparavano senza sosta contro di loro.
Yattaran era al timone e intanto impartiva ordini all'equipaggio di rispondere al fuoco con tutte le dotazioni dell'Arcadia.
“Bentornato a bordo, capitano! - gridò con voce tesa - Non ho idea di chi siano, ma non mi sembrano nostri colleghi!”
Harlock prese il suo posto al timone e Yattaran tornò alla consolle accanto a Kei. Soprattutto in quelle situazioni, nessuno come il capitano sapeva governare l'Arcadia. Tutti, ancora dopo tanti anni, restavano ammaliati da come la nave rispondesse docile al minimo spostamento del timone, come se fosse un prolungamento del suo corpo. Yattaran cercava spasmodicamente sul suo computer gli eventuali punti deboli di quella specie di mostro che li aveva aggrediti sbucando quasi dal nulla.
“Sono sicuro di non aver mai visto un'astronave come quella, eppure nello stesso tempo ha qualcosa di famigliare...” commentava intanto.
All'improvviso, la nave nemica vomitò fuori a velocità impressionante una miriade di agili navette, che in men che non si dica circondarono da ogni lato l'Arcadia. Si muovevano rapidissime ed era difficile centrarle.
“Ma questi..” esclamarono quasi all'unisono Harlock e Yattaran - questi sono i caccia che ci hanno attaccato quando Raflesia era a bordo!”
“Allora sono i mazoniani cattivi! Quelli che stanno cercando di prendersi il Voynich, che forse hanno ucciso Daiba e che con tutta probabilità hanno depredato l'oro e ammazzato quelle persone!” gridò Harlock.
“È un po' strano incontrarli di nuovo, e così lontano...” osservò Kei.
“Già... infatti io penso che non sia affatto casuale. Ci stavano aspettando!”
La battaglia durò a lungo, senza che nessuno dei due contendenti prevalesse sull'altro. Harlock non riusciva a capire quale fosse lo scopo degli aggressori, quindi per lui quel combattimento era un inutile spreco di risorse ed energie. In più, l'Arcadia stava riportando diversi danni, non gravi, ma comunque fastidiosi. E sembrava che anche gli altri fossero nella loro stessa situazione.
Il capitano aveva ordinato a Yattaran di provare a mettersi in contatto con loro e capire che cosa volessero, ma nessuno aveva risposto. A un certo punto avrebbe voluto disimpegnarsi e fare il salto nell'iperspazio, ma, come se avessero intuito le sue intenzioni, i piccoli caccia non davano loro tregua. Sembrava uno sciame di zanzare. La maggior parte di loro veniva falcidiata dai loro colpi, senza arrecare danni seri, ma dall'astronave madre ne continuavano a uscire di nuove. Parevano non finire mai, costringendoli a difendersi senza sosta e impedendo loro, di fatto, di allontanarsi e mettere in atto le procedure per passare alla navigazione in-skip. I suoi uomini erano sfiniti e lui sempre più furioso. Bisognava sottrarsi a tutti i costi a quell'assedio.
Ma, proprio in quel momento, ricevettero un messaggio: qualcuno chiedeva di comunicare con loro. A un cenno affermativo di Harlock, Kei aprì il canale. Una voce metallica, non si capiva nemmeno se fosse maschile o femminile, o addirittura di un robot, parlò usando la lingua intergalattica:
“Non avete scampo. Consegnateci il codice detto Voynich e non vi sarà fatto alcun male.”
“Ma con chi credono di avere a che fare questi? - sghignazzò Yattaran - Siete voi a non avere scampo, bellezze!”
Harlock gli fece cenno di tacere. La nave nemica aveva cessato di bersagliarli e aveva anche smesso di vomitare fuori i piccoli caccia.
“Chi siete? Perché volete il Voynich?”
Ma la voce misteriosa ripeté la richiesta, nello stesso identico modo.
“Sembra una registrazione” osservò Kei.
Anche Harlock rifece la domanda, ma sempre senza ottenere risposta.
“Basta! - tuonò Harlock - Non ha senso tutto questo! Motori a tutta forza, anche quelli ausiliari, e tenetevi forti! Ce ne andiamo!”
Harlock, con una delle sue tipiche manovre, impresse al timone un violento movimento rotatorio. L'Arcadia deviò all'improvviso, approfittando di quella breve tregua, e riuscì così ad allontanarsi finalmente dal campo di battaglia.
Yattaran e Kei erano già pronti a dare le coordinate e in pochi istanti l'Arcadia entrò nell'iperspazio.
Harlock si lasciò andare sul suo scranno.
“State tutti bene?”
“Sì, Harlock. Non ci sono feriti, solo qualche contuso” lo aggiornò Kei, controllando sul monitor le informazioni che via via arrivavano dai diversi settori dell'Arcadia.
“Bene. Danni alla nave?”
“Ci sono due cannoni fuori uso, uno dei motori ausiliari danneggiato e qualche squarcio nei settori K1 e K6, ma comunque niente di serio. Possiamo ripararli subito senza problemi.”
“Ecco cosa mi ricordava quell'astronave! - esclamò Yattaran, proiettando delle immagini sullo schermo grande - È una versione diversa, forse più arcaica, della Dorcas!”
“È un'ulteriore conferma dell'identità dei nostri aggressori - rifletté il capitano - Sapevano qual era il nostro obiettivo ed erano pronti ad accoglierci. E, già che c'erano, hanno depredato il cargo e ammazzato quella gente senza pietà. E sapevano anche che il Voynich ce l'abbiamo noi! Ora, solo altre due persone, oltre a noi, erano a conoscenza della nostra missione: Raflesia e l'altra mazoniana..., quella Gudrun... che, tra l'altro, è la madre del ragazzo che ora sta frequentando Mayu! Devo parlare con Raflesia, subito! Tra i suoi collaboratori c'è un traditore!”
“Posso provarci, capitano - disse Yattaran grattandosi la testa - Ma lo sai che, quando si viaggia nell'iperspazio, le comunicazioni sono spesso disturbate. E soprattutto non sono sicure, perché le onde di trasmissione non seguono le solite leggi fisiche...”
“Tu tenta lo stesso, correremo il rischio! Mayu, Clarice e Zero potrebbero essere in pericolo, e forse l'intero popolo di Raflesia! E cerchiamo di aumentare il più possibile le velocità!”
In quel momento, anche i pochi giorni di viaggio gli sembrarono un'eternità.
“Ci sono altre cose che non mi quadrano... - proseguì Harlock - Io ho parlato con Raflesia e Gudrun della nostra intenzione di abbordare la nave del tesoro... ma non ho detto dove si trovava. Come hanno fatto quelli a scoprirlo? E poi... ci hanno tenuti impegnati in un combattimento lunghissimo... ma è come se non volessero davvero annientarci... avevano una potenza di fuoco impressionante, ma ci hanno fatto solo dei graffietti! Perché? Potevano farcela subito, la loro richiesta! Volevano spaventarci, per indurci a consegnare il codice? Mandarci un avvertimento? O forse volevano tenerci impegnati, mentre altri... magari attaccavano la Dorcas?”
Più ci pensava, più l'intera faccenda gli puzzava. E il fatto di non poter fare nulla lo faceva sentire impotente e furibondo.
Kai cercò di calmarlo.
“Forse Gudrun non c'entra... Lei o Raflesia potrebbero averne parlato con qualcun altro, magari nel Consiglio Supremo...”
“In ogni caso, devo mettere in guardia Raflesia il prima possibile. Rimane un mistero di come abbiano fatto a scoprire la posizione e la rotta del cargo... le conoscevamo soltanto noi!”
“Sì, però nello stesso tempo erano facilmente deducibili, per qualcuno con le stesse abilità di Yattaran. Una volta saputo il giorno in cui saremmo partiti, calcolando i tempi con la navigazione in-skip... non ci saranno state decine di navi in circolazione in questi giorni con quel carico!”
“Mmmh... il margine di errore era troppo grosso, non mi convince.”
“Magari erano appostati in più punti dell'universo... noi in fondo non sappiamo nulla di quella gente, di quali risorse dispongano...”
“Proprio così... per quanto ne sappiamo, possono essere anche in grado di introdursi nel nostro sistema informatico.”
“Ma sicuramente il computer centrale se ne sarebbe accorto!”
“Anche questo è vero...” assentì Harlock, un po' rassicurato.
“C'è un'altra possibilità...” aggiunse Kei dopo qualche secondo di riflessione.
“E sarebbe?”
“Che in realtà sia tutta una manovra di Raflesia per venire in possesso del Voynich senza perdere la faccia con te.”
“Cioè che quelli siano suoi complici?”
“Sì, o mandati direttamente da lei.
Harlock scosse la testa.
“No, io non credo... Non ha le risorse per organizzare una spedizione del genere...”
“È quello che ci sta facendo credere, ma non è detto che sia davvero così... Avanti, Harlock, lo sai anche tu che ne sarebbe capace! Vuole a tutti i costi quel maledetto codice, ma nello stesso tempo ha bisogno di noi, di Clarice, di Zero, quindi non può minacciarci direttamente!”
Per quanto gli costasse ammetterlo, Kei aveva ragione. Non si poteva escludere a priori uno scenario simile. Tutta quella storia era stata un gioco d'azzardo fin dall'inizio. Eppure...
“In realtà Raflesia ce l'ha già ciò che le serve: Clarice ha tutto il testo del codice in formato digitale e lo sta studiando con gli scienziati mazoniani. La regina può farselo consegnare in qualsiasi momento. Lei vuole la copia originale solo per impedire che finisca nelle mani sbagliate, e finché ce l'abbiamo noi questo non accadrà. E poi c'è il fatto dei caccia... sono gli stessi che ci hanno attaccato quando Raflesia era a bordo, ed era evidente che lei non se l'aspettava. Ma l'unico modo per scoprire come stanno le cose è affrontare la questione direttamente con lei.”

Finalmente, dopo diversi tentativi infruttosi, Yattaran riuscì a stabilire un contatto, abbastanza stabile e sicuro, con la Dorcas.“Non so per quanto tempo reggerà, quindi fai in fretta, capitano!” si raccomandò.Appena l'immagine tremolante di Raflesia apparve sullo schermo della sala comando, Harlock andò subito al punto.“Tutto bene, Harlock?” chiese la donna, un po' perplessa per quella chiamata inaspettata.
“No, non molto. Non posso parlare più chiaramente, perché la trasmissione potrebbe essere intercettata. La nostra missione è fallita. Stiamo cercando di arrivare lì il prima possibile, ma ci vorrà comunque qualche giorno. Intanto, non prendere alcuna decisione e non ti fidare di nessuno! Come stanno Mayu e gli altri?“Stanno bene, stanno lavorando tanto... ma... che cosa sta succedendo, Harlock?” chiese la donna, preoccupata.“Non lo so ancora e comunque non è il caso di parlarne adesso. Ti spiegherò ogni cosa quando ci vedremo di persona, e da soli.”Harlock a malincuore chiuse la comunicazione. Avrebbe voluto essere più esplicito, ma la possibilità che il nemico li stesse ascoltando era concreta, ed era meglio non correre rischi inutili. Contava sul fatto che Raflesia fosse abituata a gestire situazioni di pericolo. Anche se in quel caso il pericolo era vicino a lei, e non aveva volto!

Il viaggio proseguì senza incidenti. Appena usciti dall'iperspazio, Harlock prese una navetta e raggiunse la Dorcas. Ormai la sua presenza a bordo non era più un problema per nessuno e non ritenne necessario farsi annunciare. Nel breve tragitto che lo separava dalla nave di Raflesia, passando in mezzo alle astronavi piccole e grandi che formavano la carovana mazoniana, non notò alcuna anomalia. Eppure si sentiva inquieto. Se quelli avevano trovato così facilmente l'Arcadia a migliaia e migliaia di chilometri spaziali di distanza, quanto ci avrebbero messo a trovare loro? Anzi, come mai non li avevano ancora trovati, se davvero avevano un infiltrato o un traditore tra le file di Raflesia? Era molto più probabile che conoscessero benissimo la loro posizione, e stessero solo aspettando il momento più propizio per agire. Sì, ma per fare cosa?
Appena sceso dal veicolo nell'immenso hangar della Dorcas, chiese a uno degli ufficiali di guardia di annunciare a Raflesia il suo arrivo.
Ma, prima di incontrarla, decise di andare a salutare Mayu. Si recò nella zona ospedale, la vide... e per poco non gli venne una sincope. La ragazza si aggirava tra i lettini con un fagottino in braccio... un fagottino da cui spuntavano un visetto e due manine paffute. Ebbe una specie di mancamento... Per un attimo credette di essere finito in uno di quei tunnel spazio-temporali di cui parlavano gli antichi romanzi e film di fantascienza, e che in realtà fosse stato via non pochi giorni, ma alcuni mesi.... Io quello lo ammazzo! Ebbe appena il tempo di formulare questo pensiero, quando una giovane donna si avvicinò a Mayu, prese il piccolo in braccio, sorridendogli teneramente, e se lo portò via. Harlock riprese a respirare, sentendosi improvvisamente un po' stupido, mentre lei, avendolo notato, gli correva incontro e gli saltava al collo, come quando era piccola. Forse, in cuor suo, sperava di essere ancora il suo preferito, se non proprio l'unico... almeno per un altro po'.
“Harlock, sei tornato!”
“Sì, sono tornato! Tutto bene, piccola?”
Gli occhi di Mayu scintillavano.
“Sì, tutto benissimo! Sto imparando un sacco di cose, e qui sono tutti gentili con me e...”
“Clarice come sta?”
“Oh, anche lei sta bene, non è che la veda spesso, è sempre chiusa in quella stanza con tutti i suoi libri e quegli strani tipi!”
“E Darragh?” non poté fare a meno di chiedere.
“Oh, è in giro da qualche parte... Si dà sempre un sacco da fare. Vuoi salutarlo?”
“Ora non posso, magari più tardi. Salutamelo tu, intanto.”
“E voi? Com'è andata?”
Harlock ebbe un attimo di esitazione.
“Ci sono state delle... complicazioni, ma stiamo tutti bene.”
“Siete tornati per restare?”
“Non lo so ancora, ma probabilmente per un po' sì. Ma puoi rimanere qui sulla Dorcas ancora per qualche tempo, se ti fa piacere” aggiunse, avendo intuito le intenzioni della ragazzina.
“Oh sì, grazie, Harlock! Ora vado, il dottor Zero mi sta aspettando!”
Mayu lo abbracciò di nuovo e si allontanò trotterellando.
Harlock avrebbe voluto chiederle qualcosa anche di Gudrun, ma non voleva allarmarla, magari inutilmente. Si chiese se, alla luce dei nuovi avvenimenti, non fosse il caso di riportarla sull'Arcadia. Ma qualunque mossa avrebbe potuto insospettire il traditore. Mentre era essenziale che si sentisse al sicuro e non prendesse ulteriori precauzioni.
Si diresse verso la sala del trono, sperando di incontrare Raflesia. Si rese conto di non essersi accordato con lei su dove incontrarsi. Ma la sua intuizione si rivelò esatta, perché la incrociò poco dopo lungo il tragitto. Era sola.
“Eccomi” disse semplicemente. Non era mai stata un tipo espansivo. Come lui, del resto.
“C'è un posto dove possiamo parlare al riparo da orecchie indiscrete?”
“Ma... possiamo andare nella sala del trono o nei miei alloggi.”
“No, potrebbero non essere sicuri. Ho un'idea migliore.”
Se davvero il nemico si annidava tra i collaboratori di Raflesia, quelli erano i primi posti da evitare.
Raflesia alzò appena un sopracciglio, perplessa, ma lo seguì docilmente.
“Andiamo nell'hangar” le spiegò Harlock
“Nell'hangar? Ma c'è sempre una confusione, e poi il rumore...!”
“Appunto. Nessuno baderà a noi e nessuno riuscirà a sentire quello che ci diciamo.”
Camminarono in silenzio fino all'hangar e si appartarono in un angolo relativamente tranquillo.
Il capitano raccontò alla Mazoniana quello che era accaduto e le espose i suoi sospetti sulla presenza di un possibile traditore, o forse anche più di uno. Omise, naturalmente, di riferirle le considerazioni di Kei. Anche perché si era convinto che in tutto questo la regina non c'entrasse nulla.
Raflesia gli parve sinceramente costernata.
“Con chi altri hai parlato della nostra spedizione?”
“Solo con Lavinia... lei è il mio braccio destro, le dico sempre tutto...” quasi si giustificò.
“E cosa mi dici di Gudrun? Se non è direttamente coinvolta, anche lei potrebbe averne parlato con qualcun altro...”
“L'ho sempre considerata una persona assolutamente fidata, ma... a questo punto non so più che cosa pensare! Una congiura... Mi stai dicendo che potrebbe esserci una congiura ai miei danni, in combutta con i discendenti dei congiurati di allora... Ma perché? Come hanno fatto a entrare in contatto?”
“Purtroppo noi possiamo soltanto fare delle congetture. Ora la priorità è capire chi è, o chi sono, le persone coinvolte e neutralizzarle. Sono propenso a pensare che sia qualcuno molto vicino a te, o che ha facilmente accesso a certe informazioni. Quelli che ci hanno attaccato, oltre a sapere dove trovarci, sapevano anche che noi avevamo il codice. A questo punto, temo che Clarice e i tuoi studiosi possano essere in pericolo. Potrebbero rapirli e costringerli a lavorare per loro. Bisogna proteggerli, a tutti i costi. Poi do per certo che loro sappiano benissimo la vostra posizione e non siano lontani... stanno aspettando qualcosa, forse solo il momento propizio per attaccare o per ricattarti. Sinceramente, non riesco bene a capire che cosa abbiano in mente. Perché il Voynich è così importante anche per loro?”
Mentre lui parlava, Raflesia appariva sempre più cupa e preoccupata. Aveva tenuto duro per tutti quegli anni, aveva superato lo smacco della sconfitta, era rimasta alla guida della sua gente, malgrado tutto... e ora si sentiva improvvisamente stanca e sfiduciata. Stava perdendo la voglia di lottare.
“Noi... non siamo più in grado di difenderci, in caso di attacco... e non posso più permettermi la perdita di civili innocenti...”
“Non è vero! Intensificheremo i lavori di manutenzione, concentrandoci ora sulle armi e sui mezzi militari. Ti manderò tutti i miei uomini, se necessario. E faremo nuove spedizioni. Quel cargo ci è sfuggito, ma ce ne saranno altri e...”
“Ma se ci attaccano mentre voi siete lontani, per noi non ci sarà scampo!”
Harlock a quelle parole ebbe come un'illuminazione. E se fosse proprio quello lo scopo? Costringere l'Arcadia ad allontanarsi per poter attaccare indisturbati? Ma, se le cose stavano davvero così, erano finiti in un circolo vizioso. Qualsiasi scelta avessero fatto, i loro nemici ne avrebbero tratto vantaggio.
“Dobbiamo scoprire chi è la talpa - concluse gravemente - È più che mai necessario. Solo così capiremo le loro vere intenzioni. Intanto sfrutteremo al massimo le risorse che abbiamo. Parlerò con il mio capo ingegnere e ti sottoporremo un nuovo piano di lavori. Ce la faremo, vedrai!”
“C'è un particolare che proprio non capisco: come facevano quelli a sapere esattamente dove eravate diretti, dal momento che non l'avevi detto nemmeno a me?”
“Questo destabilizza anche noi... Abbiamo delle ipotesi, ma in realtà non ne siamo venuti a capo.”
“Forse sono riusciti ad accedere ai vostri dati, al vostro sistema informatico...”
“Sì, ci abbiamo pensato, ma ci sentiamo di escluderlo.”
“E perché?”
“Il nostro computer centrale avrebbe rilevato l'anomalia.”
“Non puoi conoscere il loro livello di tecnologia, potrebbe essere superiore perfino al nostro.”
Il capitano suo malgrado sorrise. Raflesia pensò che si stesse burlando di lei e reagì indispettita.
“Che hai da sorridere? Ti sembra il caso?”
“Sto solo pensando che, quando è cominciata questa storia, avevamo fatto un patto. E io ti avevo promesso di dirti tutta la verità sul nostro computer centrale... così capiresti perché sono convinto che nessuno abbia violato il nostro sistema.”
La donna fece un gesto con la mano.
“Non me ne ricordavo nemmeno più... con tutto quello che è successo dopo, ti assicuro che è l'ultimo dei miei pensieri. Rimandiamo a quando ne saremo fuori. Intanto io scoprirò il traditore, non ti preoccupare. Siamo piuttosto bravi in queste cose...”
Harlock vide di nuovo nei suoi occhi lo stesso sguardo gelido e spietato che aveva imparato a conoscere ai tempi della guerra.
“Come pensi di fare?” chiese, improvvisamente allarmato.
Raflesia fece un sorriso che gli procurò un brivido lungo la schiena, e non di piacere.
“Tu hai i tuoi metodi, io ho i miei. Non fare domande di cui preferisci non sapere la risposta...” rispose con le stesse parole che aveva usato lui prima di partire per la prima spedizione. Poi fece un cenno di saluto e si allontanò verso il cuore della Dorcas.

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Capitolo 24
*** Alto tradimento ***


“Insomma, stai dicendo che adesso dovremmo procurarci non più viveri e medicine, ma armi, munizioni e mezzi militari?” chiese Kei incredula.
Appena rientrato sull'Arcadia, Harlock era andato a controllare i lavori nei settori danneggiati nel corso dell'ultima battaglia e poi aveva chiesto a Maji di raggiungerlo in plancia appena possibile.
Intanto, aveva aggiornato Kei e Yattaran sul suo incontro con Raflesia.
“Sì - rispose alla ragazza - Sarebbe l'ideale, ma, nello stesso tempo, se ci allontanassimo per più giorni, ed è inevitabile che sia così, la carovana di Raflesia potrebbe essere attaccata e, ora come ora, non possono difendersi in modo efficace.”
“Non possiamo essere le balie delle Mazoniane per sempre! Dobbiamo scegliere: o continuiamo gli arrembaggi o restiamo qui a fare i cani da guardia!”
“Per ora restiamo qua e cerchiamo di ripristinare il più possibile i sistemi di difesa con i mezzi che abbiamo. Ritengo che la nostra presenza in qualche modo funzioni da deterrente. Poi si vedrà. Se Raflesia riesce davvero a scoprire chi è la talpa, potremo avere più informazioni e regolarci di conseguenza.”
“E ci riuscirà a breve, secondo te?” chiese Yattaran, armeggiando intanto con uno dei suoi modellini.
Harlock ripensò allo sguardo di Raflesia e rabbrividì ancora.
“Credo che non si fermerà finché non lo avrà trovato, è poco ma sicuro. E non vorrei essere nei suoi panni!”
Kei diede un'occhiata sconsolata alla lista degli obiettivi dei loro prossimi arrembaggi... era tutta da rifare!
“Assaltare delle navi che portano armi è molto più complesso. E come facciamo a caricare anche navette e caccia? E poi siamo lontanissimi da tutte le rotte più battute. Quella più vicina richiede comunque giorni di navigazione in-skip...”
“Lo so, Kei. Adesso vediamo di cavarcela come possiamo, poi ci penseremo.”
“Non capisco che cosa stiano aspettando quelli là. Avrebbero potuto attaccare in qualsiasi momento” osservò Yattaran.
“Non lo capisco nemmeno io. Comincio a pensare che non sia questa la loro intenzione, che mirino a qualcos'altro. D'accordo, sappiamo che vogliono il Voynich, ma non è tutto, secondo me...”
“Harlock - lo interruppe Kei - C'è una chiamata dalla Dorcas... ma non da Raflesia. È il canale di Clarice... Vuoi che te la passi in cabina?”
“No, la prendo qui.”
Ma quella che si diffuse sul ponte non fu la voce di Clarice, bensì quella disperata di Mayu.
Harlock sobbalzò sullo scranno.
“Harlock, devi venire subito!” singhiozzava la ragazzina.
“Che cosa succede, Mayu?” le chiese cercando di dissimulare l'ansia. Forse dopotutto lasciarla sulla Dorcas era stata un'imprudenza.
“Hanno preso Darragh! Lo hanno portato via e non so che cosa vogliono fargli! Nessuno ci dice niente! Ho tanta paura!”
Tu hai i i tuoi metodi, io i miei... Ecco, evidentemente Raflesia non aveva perso tempo e aveva iniziato subito la sua indagine. E, come aveva lasciato intendere, non stava andando troppo per il sottile. Era partita da Gudrun, forse perché l'idea che Lavinia, il suo braccio destro, fosse in combutta con il nemico era inaccettabile anche per lei. E aveva scelto la via più odiosa, colpendo il figlio... o forse stava solo tentando un metodo per farla parlare senza ricorrere alla tortura. Il solo pensiero gli diede la nausea.
“Calmati! Raccontami bene quello che è successo.”
Con il respiro che quasi le si spezzava in gola, Mayu raccontò che si erano presentate all'ospedale due guardie e avevano dichiarato Darragh in arresto, lo avevano ammanettato e lo avevano trascinato via, senza spiegargli il motivo. Le avevano impedito in malo modo di seguirlo. Nemmeno il dottor Zero era potuto intervenire. Lei era subito corsa da Clarice, che aveva interpellato tutte le sue nuove conoscenze, senza sapere altro se non che il ragazzo era stato rinchiuso in una cella, come anche sua madre. A quel punto Mayu aveva capito che non poteva trattarsi di un malinteso e si era spaventata a morte.
“Mayu, ho ragione di credere che al tuo amico non sarà fatto alcun male. In ogni caso, vengo subito. Clarice è lì con te?”
Si sentì la voce della donna.
“Sì, sono qui, Harlock, non ti preoccupare, starò con lei finché non arrivi.”
“Grazie. Parto subito.”
Harlock si alzò di scatto e si avviò rapidamente verso l'hangar. Kei lo seguì.
“Vengo anch'io. Posso stare con Mayu, mentre tu parli con quella... con Raflesia.”
Il capitano assentì. Alla ragazzina avrebbe fatto bene vedere un altro volto amico.
Cercava di comprendere il comportamento della regina: dalle sue decisioni dipendeva la sopravvivenza del suo popolo. Nondimeno, non avrebbe mai approvato certi metodi. Doveva cercare di farla ragionare, anche se sapeva benissimo che non sarebbe stato affatto facile.
Mentre stava per salire su uno space-wolf, un uomo lo chiamò.
“Capitano! Aspetti un momento, devo farle vedere una cosa!”
Il pirata gli mostrò un oggetto, una specie di piccola scatola ovale... Harlock sgranò l'occhio e chiamò subito Yattaran con il comlink, intimandogli di raggiungerlo nell'hangar.
“Dove l'hai trovato?”
“Stavo facendo la revisione periodica delle navette e per caso ho notato questo appiccicato su una tubatura, laggiù - indicò un punto poco distante - Sono sicuro di non averlo mai visto prima e ho pensato che forse era importante che lei lo vedesse.”
In quel momento arrivò Yattaran trafelato, e anche un po' agitato. Era insolito che Harlock rivolgesse un ordine così perentorio, quindi evidentemente c'era qualcosa di serio in ballo.
Harlock gli mise in mano l'oggetto.
“Che cos'è secondo te?”
L'uomo lo rigirò osservandolo con attenzione.
“Dovrei fare un esame più approfondito, ma ha tutta l'aria di essere un mini localizzatore. Ma non è nostro! Dove l'avete trovato?”
“Ecco come facevano a sapere la nostra posizione! Come abbiamo fatto a non pensarci prima?”
“Beh, avremmo dovuto ispezionare l'Arcadia da cima a fondo... Ci avremmo impiegato settimane! Ma come è finito lì?”
“Solo due estranei sono saliti sull'Arcadia di recente: Raflesia e... Lavinia! Questa è la prova che stavamo cercando!”
Harlock balzò sulla navetta e la pilotò alla massima velocità fino alla Dorcas. In realtà, altre due persone avrebbero potuto posizionare l'oggetto: Clarice e l'androide mazoniano. Ma ormai Harlock si era convinto che l'archeologa non avesse nulla a che fare con quella storia, se non come vittima: il Voynich era sempre stato in suo possesso, avrebbe potuto consegnarlo a chiunque in qualsiasi momento, senza bisogno di coinvolgere loro. Quanto all'androide, secondo lui il suo incarico era recuperare il codice e tornare alla sua base, nient'altro. Certo, poteva anche sbagliarsi, ma il suo sesto senso gli suggeriva che non era così.
Per prima cosa si diresse all'alloggio di Clarice: voleva tranquillizzare Mayu. La trovò ancora in lacrime e quando lo vide gli si buttò letteralmente addosso. La cotta è più seria di quanto pensassi...
“Stai tranquilla, Mayu, ora parlerò con Raflesia. Vedrai che si aggiusterà tutto.”
La lasciò, apparentemente più calma, con le due donne e, per la seconda volta in poche ore, andò in cerca della sovrana. Si fermò davanti alla porta della sala del trono, presidiata da due guardie armate, dal che dedusse che si trovava lì dentro.
“Dite alla regina che devo parlarle con estrema urgenza.”
“Sua maestà non concede udienze oggi e ha detto di non disturbarla.”
“Ho delle informazioni della massima importanza. Non credo che sarebbe contenta di sapere che mi avete impedito di riferirgliele.”
Le guardie apparvero subito meno decise. Funziona sempre! pensò il capitano con soddisfazione.
Una delle due entrò e ricomparve poco dopo, facendogli segno di passare.
Raflesia era seduta sul trono, gelida e altera, e stava leggendo dei rapporti. Sembrava tornata la regina distaccata e senza debolezze di un tempo. Alzò appena lo sguardo su di lui e andò subito al punto.
“Vieni avanti, Harlock. Quali sono queste informazioni così fondamentali?”
Harlock non si fece intimidire per nulla dall'atteggiamento di superiorità che la donna aveva assunto di nuovo nei suoi confronti.
“Prima dimmi che cosa sta succedendo! Ho saputo che hai fatto arrestare, oltre a Gudrun, anche suo figlio... Che cosa c'entra lui?”
Raflesia lo fissò visibilmente seccata.
“Non ti immischiare, Harlock, i miei metodi non ti riguardano!”
“Eh no, io mi immischio eccome! Ti ricordo che la mia astronave è stata attaccata due volte a causa tua, sono io che sto mettendo a rischio l'incolumità mia e del mio equipaggio per te, mentre me ne potrei andare tranquillamente per la mia strada, lasciando te e la tua gente al vostro destino, visto che quello sì, non ci riguarda affatto!”
Il capitano era furioso e Raflesia sospirò, ma assunse un tono più accondiscendente.
“Non faremo nulla al ragazzo, è ovvio. Mi serve solo per sciogliere la lingua a sua madre, se è coinvolta in questa storia. Allora, sei venuto qui solo per dirmi questo?”
“No. Per avvisarti che Gudrun non c'entra. Guarda qui.”
Le mostrò il localizzatore, raccontandole dove lo avevano trovato.
“Questo spiega come facevano quelli a sapere dove eravamo diretti. Ora, come ci è arrivato sull'Arcadia questo oggetto? È semplice: o ce lo hai messo tu... o ce lo ha messo Lavinia!”
Raflesia si irrigidì, mentre nella sua mente si delineavano pian piano le conseguenze di quella sconvolgente scoperta.
Harlock la incalzò.
“Dove si trova ora Lavinia?”
Questa volta la donna lo guardò sgomenta.
“Mi ha chiesto di essere lei a interrogare Gudrun ... Mi dispiace, io... non potevo immaginare.”
“No! La ucciderà e farà in modo di dare la colpa a lei! Bisogna fermarla!”
Harlock si catapultò fuori dalla sala, ma si bloccò sulla soglia. Non aveva idea di dove fossero le prigioni. Raflesia lo raggiunse.
“Per di qua!”
Mentre correvano verso quell'area, Raflesia parlava in una piccola ricetrasmittente con l'ufficiale di guardia, ordinandogli di bloccare Lavinia o di farla uscire dalla cella in cui si trovava Gudrun, e di trattenerla fino al suo arrivo.
Ma quando giunsero sul posto, trovarono il medesimo ufficiale esanime a terra e la porta della prigione di Gudrun spalancata. E nessuna traccia di Lavinia. Un'altra prova della sua colpevolezza.
“Oh no - gemette Raflesia - Siamo arrivati troppo tardi!”
Harlock si chinò sull'ufficiale.
“È solo tramortita, per fortuna.”
Poi entrò nella cella. La prigioniera giaceva anch'essa sul pavimento. Doveva esservi stata una lotta tra le due donne. Per terra, Harlock notò una piccola siringa, ancora mezza piena. Si trattava di una specie di siero della verità? O quella bastarda aveva cercato di avvelenarla? Qualcosa però era andato storto, forse Gudrun aveva capito le sue intenzioni e si era difesa con tutte le sue forze.
“Respira ancora! Presto, chiama il dottor Zero!”
Raflesia aveva già ordinato di sbarrare l'hangar, di non far allontanare nessuno dalla Dorcas e di fermare a ogni costo Lavinia, accusata di alto tradimento. Poi chiamò i soccorsi per Gudrun e per l'ufficiale svenuto.
In attesa dell'arrivo dei medici, Harlock cercò la cella di Darragh. Raflesia gli disse che era in un altro settore e gli indicò come raggiungerlo. Sempre con la ricetrasmittente, ordinò alle guardie di liberare il prigioniero e consegnarlo ad Harlock.
Il ragazzo era seduto in un angolo e appariva molto prostrato. Non capiva perché si trovasse lì e non sapeva nemmeno dell'arresto di sua madre. Ad Harlock fece tenerezza.
“Coraggio, è finita!” lo rassicurò.
“Ma... perché tutto questo?”
“C'è stato un... equivoco, ti spiegheremo tutto. Ma ora devi essere forte...”
Gli dovette dire di Gudrun e, man mano che parlava, Darragh passava dallo spavento all'incredulità e alla rabbia.
“Appena puoi vai da Mayu e tranquillizzala. Era molto preoccupata per te.”
Ad Harlock era costato non poco fargli quella raccomandazione. Ma era giusto così. Gli parve anche che le guance di Darragh assumessero una colorazione più accesa.
“Lo farò senz'altro, signore. Grazie.”
Quando tornarono alla prigione di Gudrun, il dottor Zero con due aiutanti stava caricando la donna su una barella, mentre un altro infermiere si stava occupando della guardia tramortita.
“Madre!” gridò il ragazzo.
“Stai tranquillo, caro! Si riprenderà presto. Anzi, già che sei qui, dacci una mano a trasportarla all'ospedale.”
Harlock e Raflesia si scambiarono un'occhiata... Appena in tempo!
“Dobbiamo trovare Lavinia adesso!” disse Harlock, dirigendosi velocemente verso l'uscita, seguito da Raflesia, che in tutto quel tempo era stata costantemente in contatto con il personale di sorveglianza.
“L'hanno individuata! - gridò - All'hangar, presto!”
“Probabilmente ha capito che eravamo arrivati a lei e stava cercando di raggiungere i suoi complici!”
Era successo tutto troppo in fretta, pensò il capitano. Forse sarebbe stato meglio spiare le mosse di Lavinia e sarebbe stata lei stessa a condurli ai loro nemici. Ma una persona innocente era in pericolo e avevano dovuto agire tempestivamente.
La Dorcas era enorme e, anche se Raflesia conosceva tutte le scorciatoie possibili, impiegarono comunque parecchio tempo per raggiungere l'hangar. Durante il tragitto avevano appreso con angoscia che Lavinia aveva ingaggiato uno scontro a fuoco con i soldati di guardia, ma che ormai la Mazoniana era in trappola, non sarebbe riuscita ad abbandonare l'astronave.
Quando finalmente giunsero sul luogo, il combattimento sembrava terminato. C'erano alcuni soldati feriti in modo non grave.
“State attenta, maestà - gridò un ufficiale - Potrebbe sparare ancora.”
“Devo parlarle - disse invece Raflesia, avanzando nell'enorme antro - Anche se è una traditrice, non oserà sparare sulla sua regina.”
Ma che sta facendo? È pazza? si chiese Harlock, che però non poteva fare a meno di ammirare il suo coraggio. D'istinto le andò dietro.
“Arrenditi, Lavinia, non hai scampo! Se mi racconterai ogni cosa ti risparmierò la vita, te lo prometto!” gridava intanto la regina.
La donna emerse dalla semioscurità. Aveva ancora in mano la pistola e la puntò su Raflesia, con un ghigno sinistro sul viso.
“Hai finito di trascinarci inutilmente per tutto l'universo, Raflesia!” gridò.
Harlock, che era a qualche passo di distanza, ebbe una frazione di secondo per agire.
Con un balzo raggiunse Raflesia e la spinse violentemente per terra, proprio nel momento in cui Lavinia faceva fuoco sulla regina. Il raggio laser andò a colpire la parete metallica e i soldati ripresero a sparare contro di lei, che però si riparò subito dietro a una navetta.
“No! La voglio viva!” gridò la regina, cercando di riprendere fiato. Era caduta piuttosto malamente, ma era incolume e ancora lucida, malgrado la situazione. Si rese conto che Harlock, che era finito semisdraiato su di lei, si stava rialzando, impassibile come sempre, da quella incomoda posizione. Ma non era il caso di fare commenti.
Ci fu un lungo momento di silenzio. Tutti sperarono che Lavinia avrebbe accettato la proposta di Raflesia. Ma rimasero molto delusi.
Lavinia uscì effettivamente dal suo nascondiglio. Ma alzò le braccia, in un gesto che Harlock conosceva fin troppo bene.
Afferrò Raflesia per le spalle, ignorando le sue proteste.
“Sta per autoincendiarsi!” gridò, cercando freneticamente con lo sguardo un riparo a portata di mano. Finire bruciacchiato per salvare la pelle a quell'incosciente non rientrava nei suoi programmi!
Intanto la Mazoniana cercava di liberarsi dalla sua presa.
“Lasciami! Devo fermarla!”
“Non ci riuscirai! Vuoi farti ammazzare? Perché questo invece ti riuscirà benissimo!”
Dietro di loro c'era una specie di armadio di metallo. Sollevò Raflesia come un fuscello e la spinse all'interno senza tanti complimenti, entrando poi a sua volta e chiudendo le ante. Lo spazio era molto ristretto e lui, con la sua mole, ci stava a malapena, schiacciando quasi la donna contro il fondo. Meno male che non c'è Kei! non poté fare a meno di pensare.
In quell'istante, dal corpo di Lavinia si sprigionò un'enorme fiammata, che la consumò in pochi istanti.
Poco prima di uccidersi, però, aveva urlato una strana frase:
“Sia gloria all'onnipotente vero Mazone!”
Dopo alcuni secondi, quando apparve chiaro che era ormai tutto finito, Harlock aprì lentamente l'anta. Un fumo dall'odore acre stagnava ancora nell'ambiente. Uscì dal rifugio e si avvicinò a ciò che rimaneva della ribelle, seguito subito da Raflesia.
“Perché? Perché l'ha fatto, maledetta?”
La donna sembrava aver perso il suo consueto autocontrollo. Camminava avanti e indietro, stringendo i pugni e mordendosi le labbra.
“Ti riferisci al fatto che ha preferito uccidersi piuttosto che farsi torturare da te?”
“No, quello lo posso capire. Perché mi ha tradito? Era la mia consigliera, mi fidavo ciecamente di lei! Perché era in combutta con altri? Che cosa sperava di ottenere?”
Un gruppo di soldati si avvicinò guardingo.
“State bene, maestà?” chiese uno di loro.
“Sì, sono incolume. Voi? Ci sono ustionati?”
“No, regina.”
Raflesia prese atto in quel momento che Harlock le aveva salvato la vita due volte nel giro di pochi minuti. La cosa era piuttosto seccante. Si volse verso di lui.
“Suppongo di doverti ringraziare per quello che...”
Harlock alzò le spalle.
“Dovere. La tua gente ha ancora bisogno di te - disse asciutto - E la tua indagine deve continuare: devi capire se Lavinia avesse dei complici e quale fosse il suo scopo... avrà pure lasciato qualche traccia!”
Raflesia sospirò.
“Certo, lo farò. Intanto andiamo a vedere come sta Gudrun. Qui non abbiamo più nulla da fare.”
Mentre si dirigevano verso l'ospedale, dopo essersi assicurato che nessuno potesse sentirli, Harlock le chiese a bassa voce:
“Hai sentito quello che ha detto Lavinia prima di uccidersi?”
Raflesia gli lanciò un'occhiata preoccupata.
“Sì, l'ho sentito. E non ho la più pallida idea di che cosa possa significare!”

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Capitolo 25
*** Indagini, complotti e bizzarre teorie I ***


Giunti nel settore medico, Harlock e Raflesia furono informati dal dottor Zero che Gudrun aveva ripreso conoscenza e che si sarebbe ristabilita presto. Insieme a un collega, aveva esaminato il contenuto della siringa trovata nella cella e aveva appurato che si trattava in effetti di una sostanza neurotossica, usata come “siero della verità”, ma che, in alte concentrazioni, poteva portare alla paralisi del sistema nervoso e alla morte. Per fortuna, Lavinia non era riuscita a portare a termine il suo piano criminale. Per precauzione, a Gudrun era stato somministrato un antidoto e ora stava riposando.
“Possiamo vederla?” chiese Raflesia.
“Sì, ma non affaticatela, è ancora molto debole.”
Sedute fuori dalla piccola stanza dove si trovava Gudrun c'erano Kei e Clarice, piuttosto angosciate. Quello che era successo alla madre di Darragh le aveva allarmate, in più non avevano saputo più nulla di Harlock, avevano sentito soltanto delle voci, per di più contraddittorie e confuse, su quanto stava avvenendo nell'hangar.
Kei scattò subito in piedi e gli andò incontro, infischiandosene del loro tacito accordo, di non mostrare mai in presenza di estranei il loro legame.
“Harlock!”
Lui si limitò a metterle una mano sulla spalla.
“Sto bene! Lavinia è morta. Ti racconterò tutto più tardi.”
Kei non poté fare a meno di notare che Raflesia, di solito impeccabile, aveva gli abiti stropicciati e sporchi di grasso e i capelli arruffati... che cosa diavolo era successo in quell'hangar?
Harlock e Raflesia entrarono nella camera. Accanto al letto, c'erano Darragh e Mayu. Lui dovette rassicurare anche la ragazzina circa la sua incolumità.
Gudrun accolse la regina con un debole sorriso.
“Maestà... quale onore! Non dovevate...”
“Sì, invece - disse Raflesia prendendole una mano, in un gesto del tutto inaspettato per lei - Ti devo delle scuse per aver dubitato di te...”
“No, voi avete agito nell'interesse del popolo, come sempre.”
“Ora pensa solo a riprenderti. Poi...poi avrò bisogno del tuo aiuto. Sei l'unica persona di cui posso ancora fidarmi completamente.”
La donna annuì.
Poi Raflesia si volse verso Darragh.
“Chiedo scusa anche a te, Darragh, per averti coinvolto, in nome della ragione di Stato.”
Il ragazzo era così sbalordito che non riuscì nemmeno ad aprire bocca e fece solo un lieve cenno con il capo, abbassando gli occhi.
Harlock e Raflesia uscirono. La tensione delle ultime ore cominciava a farsi sentire.
“Vai a riposare anche tu - disse Harlock alla Mazoniana - Non è finita qui, lo sai. Ma ora abbiamo un vantaggio: i nostri nemici non hanno più il loro contatto, o perlomeno quello più importante. Saranno disorientati, dovranno inventarsi una nuova strategia e credo che per un po' staranno buoni. Non sappiamo, poi, se Lavinia abbia fatto in tempo ad avvertirli che era stata scoperta. E devi pensare bene di chi ti puoi fidare.”
“Di nessuno, ormai, mi pare evidente. Solo di Gudrun: visto che Lavinia ha cercato di farla fuori, è chiaro che non faceva parte del complotto. Ma per il resto non sappiamo se lei abbia agito da sola o abbia coinvolto qualcun altro...”
“Bisogna poi capire il senso delle ultime parole di Lavinia...”
Raflesia si passò una mano sul volto.
“Una cosa per volta. Ma ora hai ragione: dobbiamo riprenderci da tutto questo. Ci aggiorniamo domani.”
“Se possiamo fare qualcosa...”
Raflesia fece un sorriso tirato e si allontanò. Ad Harlock in quel momento sembrò immensamente sola. Come forse era sempre stata.

“Vieni, Kei, torniamo sull'Arcadia” disse Harlock con voce stanca.
“Signore... capitano!” si sentì chiamare.
Era Darragh.
“Io... volevo ringraziarla. Senza il suo intervento, probabilmente ora mia madre...”
“Devi ringraziare innanzitutto Mayu. È stata lei a chiamarmi subito e a raccontarmi che cosa era successo. Per il resto... abbiamo avuto una gran fortuna!”
“Ehm... Harlock!”
Ma che volevano tutti da lui?
Questa volta era Clarice.
“Scusa... quando puoi... ecco, io avrei bisogno di parlarti. Ho delle ipotesi di lavoro che vorrei sottoporti. Ma preferirei farlo sull'Arcadia.”
“Capisco. Magari possiamo organizzare la nostra famosa cena. Domani ti andrebbe bene?”
“Sì, certo! A domani allora!”
“Dillo anche a Mayu, se le fa piacere, e al dottor Zero. E a Darragh... anche se credo che preferirà restare accanto a sua madre.”
Darragh? Kei spalancò gli occhi incredula. Il capitano doveva aver preso una bella botta in testa!

Sull'Arcadia, Harlock si concesse una lunga doccia e Kei fece preparare una cena sostanziosa, durante la quale si fece raccontare tutto quello che era successo da quando si erano separati sulla Dorcas.
“Tu credi che Lavinia avesse dei complici?”
“Non mi sento di escluderlo. È vero che nessuno è intervenuto per aiutarla, ma questo potrebbe far parte della loro strategia, per non farsi scoprire anche loro. Non so come farà Raflesia a condurre le indagini. Di fatto, chiunque, anche le persone più insospettabili, potrebbero far parte della congiura.”
“E quella frase detta da Lavinia? Che idea ti sei fatto?”
Harlock allargò le braccia.
“Credo che, per qualche strano motivo, lei ritenesse gli altri i veri legittimi Mazoniani. Ma questo non ci aiuta molto, e forse non ha nemmeno tanta importanza. Chiunque organizzi una rivolta, in fondo, spesso ha le stesse convinzioni, no?”
Harlock, nonostante la stanchezza, faticò a prendere sonno. Avere a che fare con un nemico senza volto e dagli obiettivi oscuri lo inquietava. Avrebbe preferito di gran lunga affrontarlo a viso aperto, anziché aspettare le sue prossime mosse. E poi, quanto era estesa la ribellione tra le file mazoniane? Come si sarebbe mossa Raflesia? Era opportuno continuare a lasciare Mayu, Clarice e Zero sulla Dorcas? Si sentiva indeciso e impotente... due condizioni che proprio non sopportava.
Si alzò di pessimo umore. Raflesia non si fece viva tutto il giorno, e questo aumentò il suo nervosismo. Maji era in partenza con la squadra di pirati incaricata di continuare le riparazioni sulla ammiraglia, e lui per un attimo meditò di andare con loro, giusto per avere una scusa per presentarsi alla regina e sapere come stava gestendo quella crisi. Ma poi cambiò idea. Non voleva dare l'impressione di essere invadente, o di volerla controllare. In fondo, la regina era lei. Quindi vagava per l'Arcadia, distribuendo rimproveri e consigli non richiesti a chiunque gli capitasse a tiro. Andò perfino nelle cucina a concordare con Masu il menù per quella sera. Non era abituale per lui, quel comportamento, quindi tutti avevano capito che era alterato per qualcosa e nessuno se la ebbe a male. Perfino Kei e Yattaran, comunque, preferirono stargli alla larga.
Finalmente arrivò l'ora dell'appuntamento e Harlock mandò una navetta a prelevare gli ospiti, che si rivelarono essere solo Mayu e Clarice. Zero non aveva voluto lasciare i suoi pazienti e Darragh sua madre, che per fortuna stava molto meglio.
La cena trascorse tranquilla e piacevole, e per un po' fece dimenticare ad Harlock le sue preoccupazioni.
“Allora, Clarice - chiese il capitano versando del cognac in tre bicchieri - Di che cosa volevi parlarmi?”
Mayu colse l'occasione per andare in camera sua a prendere degli effetti personali da portare sulla Dorcas.
“Si tratta delle conclusioni a cui siamo giunti con i miei colleghi mazoniani...”
“Allora siete riusciti a decifrare tutto il codice?”
“In realtà no, non del tutto. Come ti accennavo, la traduzione letterale l'abbiamo completata... ma l'interpretazione ci risulta ancora in gran parte oscura. Più che un'archeologa, ora servirebbe un'equipe di ingegneri: ci sono calcoli matematici piuttosto complicati per costruire un edificio uguale a Castel del Monte...”
“Sono sicuro che Yattaran e Maji sarebbero felici di aiutarvi.”
“Sì... grazie, in effetti ci farebbero molto comodo dei tecnici! In parte potrebbero esserci utili gli antichi studi fatti sul castello originale, che già avevano rilevato le proporzioni geometriche e la ripetizione di certi moduli... Ma dal codice sembrerebbe di capire che non è sufficiente... L'edificio deve avere un preciso orientamento rispetto al cosmo. Ma, per calcolarlo, occorre uno strumento particolare... un astrolabio...”
Gli occhi di Clarice, di Harlock e di Kei si posarono contemporaneamente sull'imponente sfera armillare che stava da sempre nella cabina di Harlock.
“... ormai sono oggetti introvabili - proseguì Clarice - pare che l'imperatore Federico stesso ne possedesse uno,1 che naturalmente non si sa che fine abbia fatto...”
Il capitano rifletteva sulle implicazioni pratiche del discorso della donna.
“Mi stai dicendo che bisogna necessariamente costruirlo in grandezza naturale, quell'edificio... non basta un modellino in scala, come si era sperato.”
“Temo di no, Harlock.”
Siamo perduti! Non saremo mai in grado di farlo! Non abbiamo nemmeno un pezzo di terra su cui edificarlo!
“Per Federico - proseguì Clarice - l'astronomia e l'astrologia, che a quei tempi erano strettamente legate, erano fondamentali. Non solo per interesse intellettuale. Non prendeva mai alcuna decisione, in nessun campo, se la posizione degli astri non era favorevole: non promulgava leggi, non intraprendeva viaggi né guerre... e non iniziava a costruire edifici. È ragionevole supporre che anche per Castel del Monte sia andata così, e quindi che l'orientamento e la planimetria dell'edificio rispecchino una qualche congiunzione astrale... come sembrano suggerire alcune formule del Voynich. Si sapeva già dei fenomeni che avvenivano in corrispondenza dell'equinozio d'autunno e di altri periodi dell'anno, quando il sole proiettava ombre particolari.2 Ma non è tutto. Abbiamo dedotto che in due date precise nell'arco di un anno, nel castello succede qualcosa di particolare... ma non abbiamo capito cosa, purtroppo...”
Harlock e Kei erano un po' frastornati. Non era semplice per loro immedesimarsi in fatti e credenze così lontani nel tempo.
“Devo chiederti un favore, Harlock. Permettimi di portare con me sulla Dorcas il tuo astrolabio. Anche se non è della stessa epoca di Federico, forse può aiutarci a capire qualcosa di più. Ti prometto che ne avrò cura come del più prezioso dei miei reperti archeologici!”
Harlock guardò perplesso l'astrolabio. Non se ne era mai separato, in realtà. Da quando esisteva l'Arcadia, era sempre stato lì, nella sua cabina. Ma non se la sentì di deludere Clarice.
“Sì, non c'è problema, se pensi che sia importante... Lo farò imballare e caricare sulla navetta.”
Gli occhi della donna brillarono commossi.
“Grazie, Harlock.”
Si avvicinò all'oggetto e lo sfiorò con reverenza.
“Sembra comunque un oggetto piuttosto antico... sai a che epoca risale?”
“Veramente no. So che è un cimelio di famiglia, apparteneva a qualche mio antenato, ma non so chi fosse e quando ne venne in possesso, mi dispiace.”
“Oh, beh, la mia è semplice curiosità o, meglio, deformazione professionale. Ormai è sempre più raro imbattersi in oggetti così antichi e preziosi, se non in qualche museo. Ma con questo forse riusciremo a interpretare le indicazioni astronomiche contenute nel codice.”
“Lo spero davvero... Si è fatto tardi. Forse è meglio che tu e Mayu vi fermiate a dormire qui qualche ora. Vi riaccompagnerò io sulla Dorcas, insieme all'astrolabio.”
“Sì, è una buona idea. Grazie ancora di tutto, Harlock.”
Clarice si ritirò per la notte e Kei andò a riferire a Mayu il cambio di programma, ma la ragazzina dormiva già profondamente. Beata gioventù! pensò la piratessa con un sorriso, sistemandole addosso una coperta.
Harlock intanto rifletteva. Quel “qualcosa” di misterioso che accadeva nel castello era forse l'apparizione del famoso aleph? Erano finiti in un circolo vizioso: l'aleph avrebbe dovuto aiutare i Mazoniani a trovare la loro nuova patria... ma, perché esso si palesasse, avevano bisogno di un posto in cui costruire un palazzo uguale a Castel del Monte... e poi, con quali risorse? Quanto tempo avrebbe richiesto? Non era da lui rassegnarsi a una sconfitta, ma in quel caso non riusciva proprio a essere ottimista.
Forse era giunto il momento di rivelare agli scienziati tutta la verità, ma non poteva farlo lui, soprattutto senza l'autorizzazione di Raflesia. Già... Raflesia. Che cosa stava facendo? Ed era prudente rimandare Mayu sulla Dorcas, almeno finché la regina non avesse scoperto tutti i traditori e rinsaldato il suo potere?

La mattina dopo, Harlock aveva preso la sua decisione.
Dopo aver incaricato due pirati di imballare a dovere il suo amato astrolabio e caricarlo su uno space-wolf, andò da Mayu e le disse che per il momento sarebbe rimasta sull'Arcadia.
“Quello che è successo è molto grave e io non voglio che tu ti trovi in mezzo. Sarà solo per poco, spero. Lascia che mi renda personalmente conto della situazione e parli con Raflesia, poi valuteremo.”
La ragazzina era chiaramente dispiaciuta, ma non protestò. Capiva molto bene le ragioni di Harlock.
“Lo dirò io stesso a Darragh, non ti preoccupare. Ma comunque puoi comunicare con lui. Chiedi a Yattaran di aprirti un canale privato. Tornerò presto.”
Appena arrivato sulla Dorcas con Clarice, mentre la donna faceva trasportare l'astrolabio nella sala studio, lui andò subito a sincerarsi delle condizioni di salute di Gudrun.
Fuori dalla sua stanza c'era Darragh, a cui riferì la sua decisione relativa a Mayu.
“Ha fatto bene, signore - disse il ragazzo - Anch'io mi sento più tranquillo così.”
Harlock fece un cenno di assenso e bussò leggermente alla porta.
Gudrun era seduta sul letto, a colloquio con Raflesia, e sembrava essersi ripresa del tutto.
Harlock rimase invece colpito dall'aspetto della regina. Appariva pallidissima, smunta, con delle profonde occhiaie.
“Non volevo interrompervi, signore. Volevo solo sapere come stava Gudrun e sono felice di vederla ristabilita. Ma più tardi vorrei parlarti, Raflesia.”
“In realtà stavo per andarmene. Zero è inflessibile quando si tratta dei suoi pazienti. Accompagnami.”
In corridoio, per un po' camminarono in silenzio.
“Hai l'aria stravolta, Raflesia” le disse il capitano in tono grave.
“Lo so. È che... non ho dormito molto, come immaginerai...”
“Lo immagino sì. Quindi ora te ne vai a riposare. Farò io la guardia davanti alla tua stanza.”
Il tono autoritario gli era uscito così, senza volerlo. Ma la donna colse una sincera preoccupazione nelle sue parole.
“Ma... non mi sembra il caso... e poi non posso mettermi a dormire ora, ho da fare...”
“Invece devi. Devi essere lucida, o non riuscirai a prendere le decisioni giuste, e non te lo puoi permettere. Parleremo dopo.”
Raflesia era davvero troppo stanca per ribattere, e l'idea di un sonno ristoratore, senza la paura di essere aggredita o assassinata nel suo letto, la tentava molto. Era proprio buffo che a proteggerla ora sarebbe stato l'uomo con cui aveva combattuto per anni senza esclusione di colpi.
Arrivata ai suoi appartamenti, davanti a cui c'erano sempre due guardie armate, la regina lo fece entrare prima in un piccolo vestibolo, poi in una specie di salotto.
“Puoi stare qui, così sarai più comodo... Quella è l'unica porta della mia camera. Nessuno può entrare senza che tu lo veda.”
“Bene” disse Harlock laconico, sedendosi su una poltrona.
Raflesia era un po' interdetta.
“Ma... come passerai il tempo?”
“Tu non ti preoccupare di questo. Buon riposo.”
La regina non aggiunse altro e sparì dietro la porta.
Harlock era abituato a usare le lunghe ore di navigazione nello spazio per pensare, ponderare, elaborare strategie. Avrebbe fatto lo stesso anche lì. Ma non poté fare a meno di sorridere tra sé.
Chissà cosa si staranno immaginando, quelle guardie là fuori!

 

 

 

 

 

 

 

1 Nelle biografie “serie” su Federico II (almeno, nelle due che ho letto) non si parla di queste cose. La notizia che l'imperatore possedesse un astrolabio l'ho trovata sul sito www.castellodelmonte.it e non so quanto sia attendibile. Mi tornava utile per la mia storia e me ne sono appropriata. Federico era però un uomo estremamente colto e curioso, quindi non è un'ipotesi così campata per aria. Il suo astrolabio, secondo il sito, sarebbe però di un altro tipo, cioè un disco metallico, e non sferico come quello del nostro capitano. Mi sono presa una piccola licenza.

2 Vero. Avremo modo di tornarci sopra più avanti.

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Capitolo 26
*** Indagini, complotti e bizzarre teorie II ***


 

Raflesia ricomparve poco più di tre ore dopo. Si era cambiata d'abito e appariva molto più rilassata.
Harlock, che stava fissando lo spazio in piedi davanti a una grande finestra, si voltò.
“Ti sei già alzata? Hai riposato abbastanza?”
La regina accennò un sorriso un po' imbarazzato. Non era avvezza a quelle attenzioni... non da parte di una persona non addetta al suo servizio, perlomeno.
“Mi basta poco per ricaricarmi. Però adesso ho fame... Mangiamo qualcosa.”
Che cosa mangiano i Mazoniani? si chiese Harlock con una certa inquietudine.
Raflesia prese da un armadietto una scatola, una bottiglia e due bicchieri.
“Non è un gran pranzo, ma al momento preferisco non farmi preparare nulla dalle cucine... non si sa mai.”
Nella scatola c'era qualcosa di simile a delle gallette e nella bottiglia una specie di vino. Ma Harlock era un tipo di poche pretese. Povera Raflesia! Non può né dormire né mangiare tranquilla!
“Hai della musica?” le chiese.
Raflesia lo guardò di traverso.
“Cos'hai in mente?”
“Niente di romantico, stai tranquilla. Voglio neutralizzare eventuali cimici nascoste. Con la musica alta, nessuno potrà sentirci.”
La donna sospirò, schiacciò un piccolo pulsante sul bracciolo della poltrona e subito nella stanza si diffuse una dolce melodia, a un volume tale da confondere eventuali ascoltatori non invitati, ma da permettere a loro due di parlare.
Harlock le riferì le ipotesi di Clarice.
“Allora l'aleph potrebbe esistere davvero...” mormorò la regina.
“Non lo sappiamo. La mia è solo un'idea. Mi preoccupa di più il fatto che, per avere una minima speranza di trovarlo, dobbiamo costruire un palazzo di quelle dimensioni!”
Raflesia si abbandonò sullo schienale e chiuse gli occhi. Rimase alcuni secondi in quella posizione.
“Ce ne preoccuperemo quando sarà il momento... Aspettiamo di avere qualche conferma dalla dottoressa Jones e gli altri...”
Harlock cambiò argomento.
“Tu invece che cosa hai scoperto a proposito di Lavinia?”
“Non molto, per la verità. Secondo Gudrun, nel suo piano, qualunque fosse, non è coinvolto nessun altro. Ho perquisito personalmente il suo alloggio, ma non ho trovato nulla di sospetto. Ho preso il suo computer e questo piccolo comlink... ma non sono in grado di accedere ai dati e al momento non mi fido di nessuno.”
Raflesia si alzò e porse i due oggetti ad Harlock.
“Il mio primo ufficiale è un hack..., cioè, è un asso in queste cose. Non credo sarà un problema per lui scoprire che cosa c'è dentro. Se tu ci autorizzi, ovviamente...”
“Certo che vi autorizzo, che domande! Per quanto possa sembrare assurdo, siete gli unici amici fidati che ho!”
Harlock non seppe trattenere un sorrisetto.
“Perché stai facendo tutto questo? - chiese la regina con sincero stupore - Insomma, tu e i tuoi uomini ci state aiutando rischiando anche la vita, tu sei rimasto qui per delle ore, adesso ti prendi quest'altro incarico... e quando parli del castello dici che dobbiamo costruirlo... insomma, perché?”
Il capitano alzò il bicchiere nella sua direzione.
“La risposta l'hai data tu un po' di tempo fa, non ti ricordi? Noi terrestri siamo degli inguaribili sentimentali e questo ci mette sempre nei guai... La verità, Raflesia, è che ho fatto una promessa e non ho posto condizioni. Faremo tutto quello che possiamo perché tu e il tuo popolo troviate un posto dove stare. E questo è tutto. Ma ora vorrei andare un attimo da Clarice... sono preoccupato per il mio astrolabio!” aggiunse, per alleggerire un po' la tensione.
“Vengo anch'io. Speriamo ci siano novità positive.”
Davanti alla porta del quartier generale degli scienziati, c'era Kei, che si irrigidì nel vederli arrivare.
Ancora insieme! Cosa stanno combinando questi due?
All'uomo non sfuggì il lampo di contrarietà che attraversò per un attimo i suoi occhi cerulei.
“Kei! Che cosa ci fai qui?”
“Eravamo preoccupati! Avevi detto che saresti tornato presto, invece sei sparito da ore e non abbiamo più avuto tue notizie! Temevamo ti fosse successo qualcosa!”
“Non era il caso di agitarsi! Comunque puoi tranquillizzare il tuo collega. Anzi, anticipagli che avrà del lavoro extra da fare!”
Avrebbe voluto aggiungere che nessuno doveva lasciare l'Arcadia senza la sua autorizzazione e che lui invece poteva fare quello che gli pareva, senza rendere conto a nessuno, ma decise di non infierire. Non adesso, perlomeno.
In quel momento si spalancò la porta e sulla soglia apparve una Clarice più euforica del solito.
“Harlock! Ho sentito la tua voce! Meno male che sei già qui! Vieni subito, abbiamo fatto una scoperta sconvolgente a proposito del tuo astrolabio!”
Entrarono tutti e tre.
Al centro della stanza, su un grande tavolo, era posto l'antico strumento, circondato dagli altri studiosi, che lo osservavano parlottando tra loro.
“Abbiamo trovato un'incisione, lungo uno dei cerchi … Non si vede a occhio nudo, è troppo rovinata, ma abbiamo esaminato l'oggetto con il macroscopio a scansione elettronica e l'abbiamo letta senza ombra di dubbio!”
“E che cosa dice?” chiese Raflesia con impazienza.
Il dottor Werner proiettò su uno schermo un'immagine ingrandita dell'iscrizione:

                                Friderico II Imperatori a Constantia   

“È in latino, la lingua della cultura del tempo. Dice A Federico II Imperatore da parte di Costanza - tradusse Clarice - che potrebbe essere la madre, ma più probabilmente la prima moglie1 (avevano lo stesso nome), di Federico, autrice del dono. Ma la presenza di questa dedica dimostra un fatto inequivocabile!”
Poiché tutti continuavano a tacere, senza capire la portata della notizia, la donna gridò trionfante:
“Il tuo astrolabio, Harlock, è proprio quello di Federico! È incredibile, ma è così, non c'è ombra di dubbio!”
Tutti i presenti volsero lo sguardo sul capitano, che non riusciva ancora a capacitarsi di quanto stava ascoltando.
“Ma... non potrebbe trattarsi di una copia più recente? O un falso? Succedeva, no?” balbettò incredulo.
“Possiamo fare ulteriori verifiche sulla datazione del metallo, certo. Ma io non credo, Harlock, io penso proprio che sia l'originale! In fondo, hai detto tu stesso che questo oggetto appartiene da sempre alla tua famiglia, no?”
“Sì, ma... non so da quanto tempo esattamente. Stiamo parlando di millenni fa... Non credo sia possibile risalire a fatti così distanti nel tempo...”
Clarice tacque qualche istante, come folgorata da un pensiero improvviso.
“Tu sei di origine tedesche, no?” gli chiese.
“Sì... alla lontana... Ma cosa c'entra ora?”
Il capitano si rese conto che gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di lui.
“Federico, tra legittimi e illegittimi, ebbe una ventina di figli...”
“Sono felice per lui... ma continuo a non capire che cosa questo abbia a che fare con me... Ehi, non starai mica insinuando che....?”
“Perché no? Potresti essere un suo discendente... Sarà praticamente impossibile dimostrarlo, ma... non è un'ipotesi così assurda, no?”
Harlock era strabiliato. Di stranezze ne aveva viste e sentite tante nella sua vita, ma quella decisamente le batteva tutte! Ma non doveva perdere la testa. Stava per dire qualcosa, quando Raflesia spiazzò tutti:
“La profezia...” mormorò guardandolo, non meno sconvolta di lui.
“Che cosa? - intervenne subito Clarice - Quale profezia?”
“Secondo una nostra antica tradizione, nel codice c'è una specie di profezia... qualcosa che riguarda la salvezza di Mazone... Nel caso in cui ci fossimo trovati in grave difficoltà, sarebbe giunto qualcuno ad aiutarci... qualcuno che non apparteneva però al nostro popolo... Ho sempre pensato fosse solo una leggenda, ma ora... Non avete trovato nulla in proposito?”
“No, ma in realtà molte frasi del Voynich ci sono ancora piuttosto oscure... Però ora le esamineremo in quest'ottica... magari diventeranno più chiare... possiamo leggerle insieme, maestà, il vostro aiuto ci sarebbe prezioso!”
“Sì, volentieri. Mettiamoci subito al lavoro!”
Harlock recuperò rapidamente lucidità. Quando Raflesia gli aveva accennato alla profezia, non gli aveva detto tutto... forse perché allora non ci credeva più di tanto. Ora, velatamente, gli aveva fatto intendere di pensare che il salvatore di Mazone fosse lui... No no, qua bisognava subito correre ai ripari!
“Un momento, vediamo di darci tutti una calmata! I miei antenati potrebbero essere venuti in possesso dell'astrolabio per mille altre vie! Potrebbero averlo acquistato, trovato o perfino rubato! Non significa che avessero legami di parentela con l'imperatore!”
Il capitano appariva piuttosto alterato.
“Ma certo, Harlock - intervenne Clarice in tono conciliante - È solo una delle tante possibilità, è ovvio. Ma la cosa davvero importante per il nostro scopo è che questo sia proprio l'astrolabio di Federico! Ti avvertiremo subito se scopriremo qualcosa di nuovo.”
L'uomo decise che era meglio tornarsene sull'Arcadia e dare a Yattaran il portatile e il comlink di Lavinia. Ma prima prese un attimo in disparte Raflesia.
“Credo che con loro sarai al sicuro. Ma più tardi posso mandarti un paio di miei uomini a sorvegliare il tuo alloggio, quando vai a riposare.”
“No, meglio di no. Non voglio attirare troppo l'attenzione e non voglio mandare dei segnali di debolezza. Anzi, devo rischiare e coinvolgere qualcun altro nelle mie indagini, da sola non ne verrò mai a capo. Me la caverò, non preoccuparti per me. Piuttosto fammi sapere se trovate qualcosa di utile nel computer di Lavinia.”
“Lo farò. A più tardi.”

I due pirati tornarono sull'Arcadia, ognuno con la propria navetta. Harlock andò subito da Yattaran e gli consegnò i due oggetti che gli aveva affidato la regina, spiegandogli la situazione.
“Mi metterò subito all'opera, capitano! Sarà un gioco da ragazzi! Finalmente sapremo chi c'è davvero dietro tutta questa storia!”
Harlock si ritirò nella sua cabina e si versò subito un bicchiere di vino, che bevve tutto d'un fiato. Non capiva perché si sentiva così confuso e preoccupato. Se anche la bizzarra teoria di Clarice fosse stata giusta, per lui non sarebbe cambiato assolutamente nulla. Anche se lui fosse risultato essere il “bis bis bis nipote” dell'antico imperatore... cosa sarebbe cambiato nella sua vita? Nulla. E quanto avrebbe inciso questo fatto sulla situazione che stavano vivendo in quel momento? Zero. Eppure il suo istinto gli suggeriva che quel dettaglio gli avrebbe portato un mare di guai.
Kei lo raggiunse.
“Non lasciare mai più l'Arcadia senza avvertirmi. Soprattutto per andare in un posto dove c'è un potenziale pericolo” le disse con voce severa.
Ma la ragazza non si lasciò intimorire.
“E tu non lasciarci per ore senza tue notizie! Sei il nostro capitano, non puoi sparire così! Per fare cosa, poi?”
“Non che la cosa ti riguardi, ma sono andato a trovare Gudrun, poi ho fatto la guardia a Raflesia mentre dormiva...”
“Cosa?!?”
“Era sfinita, non sa più di chi fidarsi e la sua gente ha bisogno di lei. E speriamo che nel portatile e nel comlik di Lavinia Yattaran riesca a trovare qualche informazione utile.”
Kei capì che, ancora una volta, doveva mettere da parte la sua gelosia. Anche se, con Raflesia, le riusciva molto difficile.
“Ti sento teso... c'è qualcos'altro che ti preoccupa vero?”
Harlock non rispose.
“Questa storia della discendenza da quel tipo ti ha turbato...”
“Sì, e non capisco perché. Non dovrebbe importarmene nulla, eppure c'è qualcosa che non mi lascia tranquillo...” confessò.
Kai lo abbracciò da dietro, poggiando la guancia tra le sue scapole.
“Se questa storia fosse vera... io dovrei sentirmi onorata!”
“E perché?”
“Vado a letto nientemeno che con il discendente di un imperatore!”
“Kei, per favore, non ti ci mettere anche tu!”

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice

Questa della possibile discendenza di Harlock da Federico II era l'altra idea bislacca di questa fic, che mi si era piantata in testa un po' di tempo fa e, nonostante il mio impegno (giuro!), non se n'era più andata da lì. A quel punto non mi restava che assecondarla e vedere dove mi portava... Ma se volete chiamare la neurodeliri... vi capisco!

 

 

 

 

1 Federico ebbe tre mogli legittime, tutte morte prima di lui. La prima, Costanza d'Aragona, aveva 10 anni più di lui e si dice che sia stata l'unica che lui avesse amato, o almeno stimato. Rimane il fatto che lei è sepolta nella Cattedrale di Palermo, come Federico, mentre le altre due riposano nella cattedrale di Andria. Forse ebbe anche una moglie morganatica, Bianca Lancia, madre del prediletto Manfredi. I legittimi eredi al trono morirono anch'essi piuttosto giovani. L'ultimo fu l'infelice Corradino, nipote di Federico, fatto decapitare da Carlo d'Angiò appena sedicenne, nel 1268. La discendenza dell'imperatore è molto complessa. Di fatto, il sangue di Federico si è trasmesso in linea femminile: fu infatti una figlia di Manfredi, che si chiamava (tanto per cambiare!) Costanza, sposata al re d'Aragona, a rivendicare il regno dei suoi avi, riuscendo a riprendere il controllo della Sicilia (attraverso il marito). La storia di quel periodo è tanto affascinante quanto complicata! Spero di non avervi annoiato!

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Capitolo 27
*** Contatti ***


 

La questione della profezia aveva tormentato Harlock tutta la notte. Soprattutto era irritato con Raflesia, che non gli aveva rivelato subito di che cosa si trattasse. Era irragionevole prendersela con lei, ne era cosciente, ma, nonostante questo, decise di tornare appena possibile sulla Dorcas e parlarne di nuovo con la regina. Per non fare troppo viaggi avanti e indietro, però, volle aspettare che Yattaran avesse finito di esaminare il computer e il comlink di Lavinia. Forse ricorrere all'aiuto del computer centrale avrebbe accelerato le cose, ma non voleva offendere il suo primo ufficiale. Andò nel suo laboratorio e si rese conto di averlo sottovalutato.
Yattaran non era nemmeno andato a dormire e così aveva già i risultati.
“Buongiorno capitano! - lo salutò allegramente - Nel computer della Mazoniana non mi sembra ci sia nulla di rilevante. In ogni caso, ho riversato tutti i file in questa chiavetta, così puoi mostrarli a Raflesia, se vuoi, sicuramente lei è in grado di valutarli meglio di noi. Nel comlink invece sono rimaste in memoria le ultime chiamate. Di solito questi trasmettitori hanno un raggio relativamente modesto, questo invece era molto sofisticato. La maggior parte, infatti, sono comunicazioni interne alla Dorcas, ma ce ne sono alcune che provengono da una frequenza esterna e molto lontana, non proveniente da un'altra nave mazoniana, per intenderci... ecco, ti ho segnato i codici.”
“Vuoi dire che, attraverso questi codici, si può provare a comunicare con i presunti mandanti di Lavinia?”
“In teoria sì.”
“Perfetto! Forse ci siamo, finalmente! Sei il solito geniaccio, Yattaran! Vado subito sulla Dorcas. Tu invece vattene a dormire, lascio il comando a Kei.”
Mentre compiva l'ennesimo viaggio verso l'ammiraglia di Raflesia, Harlock elaborò un possibile piano per far uscire allo scoperto i loro nemici.
Quando chiese di poter incontrare Raflesia, gli fu risposto che la regina aveva convocato da poco il Consiglio Supremo e non voleva essere disturbata per alcun motivo.
Così ha deciso di esporre al Consiglio Supremo la situazione... pensò.
In fondo, non le restava molto scelta... poteva anche essere un modo per scoprire eventuali complici della traditrice. Si trovò a pensare che la Raflesia di un tempo sarebbe ricorsa subito ad arresti di massa e torture... forse l'errore commesso con Gudrun l'aveva frenata. O forse, come sosteneva Meeme, era davvero cambiata. Già, Gudrun.
Il capitano, anche per ingannare l'attesa, andò a trovare il dottor Zero. Lo trovò occupatissimo, come al solito, ma molto felice. Forse perché, finalmente, dopo tanto tempo, faceva davvero il medico e non si limitava a ricucire ferite di pistole laser.
“Oh, capitano! Quale buon vento!” lo salutò.
“Sono passato a salutarla. Come va qui?”
“Tutto benissimo! A proposito, quando torna Mayu? Il suo aiuto mi era davvero utile!”
“Presto, spero... Appena la situazione qui si sarà chiarita... Vorrei vedere Gudrun, se possibile...”
“Ormai stava bene, l'ho dimessa stamattina. Darragh l'ha accompagnata nel loro alloggio.”
Harlock si fece indicare dove si trovava. Anche se aveva già parlato con Raflesia, voleva farle alcune domande.
La donna lo accolse con grande cordialità, mentre Darragh chiese subito di Mayu.
“Lei sta bene... Appena qui sarà tutto sistemato, potrà tornare. Intanto... ehm... se vuoi, puoi venire a trovarla sull'Arcadia. Lei ne sarebbe molto felice.”
Al ragazzo si illuminarono gli occhi.
“Anch'io! Grazie, signore!”
Ad Harlock era costato parecchio fare quell'invito. Continuava a pensare che non fosse una buona idea incoraggiare un affetto destinato a finire molto presto... ma Mayu ci teneva tanto, e lui non era più capace di negarle nulla che potesse renderla felice. L'aveva già fatto troppe volte in passato...
“Vorrei parlare un attimo con lei di quello che è successo, Gudrun.”
Darragh capì al volo e tornò al suo lavoro all'ospedale.
La Mazoniana fece accomodare Harlock su una poltrona e si sedette di fronte a lui.
“Non credo di avere avuto ancora l'occasione di ringraziarla per avermi salvato la vita, capitano. Senza il suo tempestivo intervento non sarei qua a parlare con lei.”
“Mi sono solo trovato nel posto giusto al momento giusto - si schermì Harlock come al solito - Piuttosto, Gudrun: perché, secondo lei, Lavinia ha cercato di ucciderla?”
“Mi creda, ci ho pensato a lungo... e ne ho parlato molto anche con sua maestà. Ma l'unica spiegazione che mi sono data è che volesse in qualche modo far ricadere la colpa di tutto su di me, e farsi passare per colei che aveva sventato una pericolosa congiura, allontanando così ogni sospetto e aumentando ulteriormente il suo prestigio e il suo potere.”
“Certo, è molto probabile che sia così... Lei invece non aveva mai sospettato di Lavinia? Non era a conoscenza di qualcosa che potesse nuocerle o smascherarla?”
“No, assolutamente. Era la più intima collaboratrice della regina, era impensabile anche solo immaginare che … Sono rimasta anch'io scioccata da quanto ha fatto.”
Harlock tacque per alcuni secondi, riflettendo.
“Raflesia mi ha detto che, secondo lei, Lavinia non aveva complici interni... Perché è giunta a questa conclusione?”
“Io e lei lavoravamo spesso a stretto contatto. Ho cercato di riportare alla mente tutto quello che avevo visto fare o dire da Lavinia negli ultimi tempi, le decisioni prese, le persone con cui interagiva... ma non ho ricordato nulla di strano. Potrei sbagliarmi, naturalmente. Potrebbe essere stata solamente molto abile e astuta.”
“Raflesia si è decisa a convocare il Consiglio Supremo. Anche se potrebbe essere rischioso, non potevate pensare di gestire la situazione da sole. Ed è importante che la regina dimostri pubblicamente di avere tutto sotto controllo. Non l'avrà avvertita perché probabilmente la crede ancora in ospedale. Non ho ancora avuto modo di parlarne con lei, ma un mio ufficiale ha analizzato il contenuto del computer e del comlink trovati nell'alloggio di Lavinia e … potrebbero esserci sviluppi interessanti.”
Gudrun avrebbe voluto saperne di più, ma era giusto che Harlock riferisse prima alla sovrana.
“Lo spero tanto! Quest'ultimo evento è stato davvero un brutto colpo per la nostra regina, come se non avessimo già abbastanza problemi!”
“Lo posso immaginare... Ora vado a vedere se Raflesia ha finito... vorrei che fosse presente anche lei, Gudrun, al nostro colloquio. Non credo che sua maestà avrà nulla in contrario.”
Harlock tornò alla sala del Consiglio Supremo. Le consigliere stavano uscendo in quel momento, parlando tra loro con aria grave. Qualcuna gli rivolse perfino un cenno di saluto.
Chiese il permesso di entrare.
“Vieni avanti, Harlock...”
Raflesia era ancora seduta sul suo scranno, a capo della lunga tavola. Aveva un'aria piuttosto afflitta.
“Che cosa è successo?”
“Il Consiglio Supremo ha deliberato una serie di arresti: a parte Gudrun, chiunque abbia avuto a che fare con Lavinia dovrà essere imprigionato e interrogato. In quest'ordine. Purtroppo non avevo argomenti per oppormi... ne va della nostra sicurezza, capisci?”
“Mi aspettavo che potesse succedere... ma ho delle novità! Yattaran ha scoperto qualcosa che potrebbe farci fare dei grossi passi in avanti, ma dobbiamo giocarcela bene! Andiamo a parlarne nell'alloggio di Gudrun... Zero l'ha dimessa e lì è più probabile che non ci senta nessuno. Ma prima vorrei chiederti una cosa, Raflesia... Quella profezia... perché non mi hai rivelato prima che cosa dicesse esattamente?”
Raflesia lo guardò perplessa.
“Non lo ritenevo importante... è solo una diceria che si tramanda da secoli, forse millenni... appartenente a un'epoca dominata dalla superstizione e dall'irrazionalità... non ho mai creduto che fosse vera... fino all'altro giorno, di fronte alle parole di Clarice... per la prima volta ho pensato che il nostro salvatore potesse esistere davvero... e che fossi tu, Harlock! In fondo... è quello che stai facendo, no?”
“No! - esclamò lui con voce insolitamente dura - Io vi sto aiutando, non vi sto salvando! E l'ho deciso io, non qualche stupida profezia del passato!”
“Ma se pensi alle circostanze che ci hanno fatto incontrare di nuovo... non sono incredibili? Tu non credi nel destino, Harlock?”
L'uomo tacque. Gli tornarono in mente le parole di Meeme: “Ma adesso il destino ti ha messo ancora sulla loro strada... Io non credo sia un caso.”
Il destino... Non ci aveva mai pensato davvero, o forse sì, ma lo aveva sempre percepito come ostile... qualcosa che lo aveva strappato alla sua vita precedente, costringendolo a vagare nello spazio senza meta per poter essere libero... e gli aveva portato via Maya, Tochiro, Esmeralda...
“Avete scoperto qualcosa ieri, in proposito, leggendo il codice?”
“No... ci sono solo frasi apparentemente senza senso. Nulla che possa identificare il nostro eroe.”
Meno male!
“Però Clarice ha detto che, dopo la morte dell'imperatore, per molto tempo circolò la leggenda che un giorno sarebbe tornato per riportare ordine e pace nel mondo...” *1
“Sì, me ne aveva parlato... Ti rendi conto anche tu che è un'assurdità, vero?”
“Magari non lui direttamente... magari un suo discendente...”
Ancora?
“Raflesia, io ho fatto di tutto, tranne che portare ordine e pace nel mondo, ti assicuro! Questa storia ha dato alla testa a tutti quanti! Faremmo meglio a concentrarci sui problemi reali, che sono parecchi. Andiamo da Gudrun!”
Nell'alloggio di Gudrun, Harlock consegnò a Raflesia il comlink di Lavinia e la chiavetta che gli aveva dato Yattaran.
“Qui ci sono i file presenti nel computer di Lavinia. Secondo il mio primo ufficiale, non hanno nulla di sospetto, ma naturalmente voi siete in grado di valutarlo meglio. Nel comlink, invece, sono rimaste tracciate alcune comunicazioni esterne alla Dorcas. Con i codici che ha copiato Yattaran possiamo provare a fare quelle chiamate... sperando che siano dirette a coloro che stiamo cercando... Ma dobbiamo pianificare bene le nostre mosse.”
Negli occhi di Raflesia si accese una nuova luce.
“Come pensavi di agire?” chiese.
“Noi non sappiamo se loro siano a conoscenza della sorte di Lavinia. Quindi la mia idea è questa: fingere che uno di noi sia un suo complice. È meglio che Raflesia non si esponga, almeno per il momento. Quanto a me, capirebbero facilmente che non sono Mazoniano...” oltre al fatto che da voi i maschi contano quanto il due di picche... ma questo non lo disse.
“Gudrun... se la sentirebbe di farlo lei? So che è ancora convalescente, ma purtroppo dobbiamo agire il prima possibile... Prepareremo un piano dettagliato, cercando di prevenire ogni loro possibile domanda od obiezione, e noi saremo qui, pronti a intervenire in qualunque momento. Cosa ne pensate?”
Le due donne si scambiarono uno sguardo e Gudrun fece un cenno di assenso.
“Non si preoccupi per me. Lo farò, capitano” disse semplicemente.
“Bene. Per prima cosa dobbiamo imbastire una storia credibile. Abbiamo da scrivere?”
Gudrun prese il suo tablet e, per prima cosa, scaricarono il contenuto della chiavetta.
Raflesia vi diede una rapida scorsa.
“Bisognerebbe esaminarli con più calma, ma al primo colpo d'occhio mi pare che non ci sia nulla di strano... si tratta di documenti ufficiali, che riguardano l'organizzazione della Dorcas e dell'esercito... insomma, relativi ai compiti principali di Lavinia. Comunque mi riservo di controllarli uno per uno più tardi.”
Harlock e le due Mazoniane trascorsero le due ore successive a ipotizzare tutti gli scenari che si sarebbero potuti aprire facendo quelle chiamate. Alla fine, sembrò loro di aver tracciato un quadro abbastanza realistico. Gudrun studiò per bene la sua parte e, dopo diverse prove e continui perfezionamenti, decisero che era giunto il momento. Finalmente avrebbero scoperto la reale identità e gli intenti dei loro nemici senza volto!
“Bene, signore, siamo pronti? - Harlock attese un cenno di assenso da parte delle due donne - Procediamo!”
Il capitano digitò sul comlink uno dei codici scoperti da Yattaran. Dopo un'attesa carica di tensione, che a loro parve lunghissima ma che non durò più di alcuni secondi, una voce femminile rispose, nella lingua intergalattica:
“Qui Alphaville. Parla pure, agente Edera”.

 

 

 

 

1 Vero. Cioè, è vero che circolò a lungo questa voce.

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Capitolo 28
*** Doppio o triplo gioco ***


 

Le parole dell'interlocutrice dimostravano che non sapeva della fine di Lavinia. Ma i tre, vagliata quella eventualità, avevano scartato subito l'idea che Gudrun si spacciasse per lei, sarebbe stato troppo rischioso.
“Non sono l'agente Edera - disse la Mazoniana, come concordato - Edera purtroppo è stata scoperta e si è uccisa per non cadere nelle mani di Raflesia. Sono una sua collaboratrice...”
Dall'altra parte ci fu un lungo silenzio.
“Infatti ci chiedevamo come mai non si facesse più sentire. Ma non eravamo al corrente che avesse dei collaboratori...”
Il tono era sospettoso, ma anche questo era stato messo in conto.
“Lo so. Ma negli ultimi tempi Edera temeva che stessero per scoprirla e si era decisa a chiedere il mio aiuto. Temo però che non abbia fatto in tempo a rivelarmi tutto... Sono comunque a vostra completa disposizione. Il mio nome in codice è Armida.”
Ci fu un'altra pausa. La notizia doveva aver spiazzato la donna all'ascolto.
“Devo riferire alle autorità. Ci faremo vivi noi.”
La comunicazione venne chiusa bruscamente.
Raflesia era delusa. Sperava che da quel contatto avrebbero potuto evincere qualche informazione in più, invece, di fatto, erano allo stesso punto di prima.
“Mi dispiace - disse Gudrun - Non devo essere stata abbastanza convincente...”
“No, non è colpa sua - intervenne Harlock - La loro diffidenza è pienamente comprensibile. Adesso però sappiamo che Lavinia non aveva fatto in tempo a contattarli prima di morire, e questo è un punto a nostro favore. Inoltre, ora è dimostrato che Lavinia non aveva complici, altrimenti quelli non si sarebbero stupiti così. La sua intuizione quindi, Gudrun, si è rivelata esatta. Non ci resta che aspettare le loro prossime mosse... E temo che dovremo attenderle tutti e tre insieme, sperando che si spiccino...”
“Potete accomodarvi qui - disse Gudrun - Se vi accontentate...”
Raflesia assentì con gratitudine. L'alloggio non era enorme, ma confortevole e, soprattutto, provvisto anche di una piccola cucina. Forse così avrebbero potuto permettersi un pasto decente, e senza paura di finire avvelenati, e magari, a turno, un po' di riposo.
“Avviso i miei ufficiali della situazione” disse semplicemente Harlock uscendo nel corridoio.
prima che mi piombi qui di nuovo Kei e mi veda dividere la cabina con due Mazoniane!
In effetti la bionda piratessa non fu affatto contenta della novità e si sfogò con Yattaran.
“Non vedo l'ora che tutta questa maledetta storia sia finita!”
Yattaran se la rideva sotto i baffi.
“È meglio se ti armi di pazienza, mia cara: credo che siamo solo all'inizio!”

Gudrun si offrì di preparare qualcosa da mangiare e Raflesia volle a tutti i costi aiutarla.
Harlock era stupefatto. Non avrebbe mai nemmeno immaginato di vedere, un giorno, l'altera regina di Mazone trafficare ai fornelli! Ma qualcosa doveva saper fare, perché si mise a pelare e tagliare delle strane... cose, simili a verdure, con insospettabile abilità.
Anche lui avrebbe voluto rendersi utile, anche se non sapeva come, ma, con suo sollievo, le due donne lo cacciarono dalla cucina.
“Tu fa' la guardia al comlink - gli ordinò Raflesia - Quelli potrebbero chiamare da un momento all'altro.”
In poco tempo poterono mettersi a tavola. Nelle ciotole fumava una specie di zuppa, i cui ingredienti Harlock non seppe identificare, ma che aveva comunque un profumo invitante. La situazione era alquanto insolita, per tutti loro, quindi aleggiava un certo imbarazzo. Dopo gli apprezzamenti di rito e i complimenti alle cuoche, nessuno parlò per un po'.
“Darragh non ci raggiunge?” chiese il capitano, per spezzare il silenzio, proprio lui che non era certo un chiacchierone!
“No, a pranzo preferisce mangiare qualcosa di veloce e tornare subito al lavoro. A cena qualche volta mangia con me, quando non è di turno, o preferisce stare con i suoi amici.”
“Qui abbiamo cercato, per quanto possibile - intervenne Raflesia - di creare delle condizioni di vita normali, soprattutto per i più giovani. Abbiamo delle scuole, delle sale giochi, dei luoghi di incontro... Loro sono il nostro futuro.”
“Già. Deve essere molto fiera di lui, Gudrun.”
“Infatti, sì, è così” disse la donna con un sorriso che rispecchiava tutto il suo orgoglio materno.
Harlock avrebbe voluto chiedere notizie del padre di Darragh, ma non voleva essere indiscreto. Ricordava poi, vagamente, che le Mazoniane avessero sistemi riproduttivi … diversi da quelli terrestri, ma ne ignorava il meccanismo preciso, e non gli sembrava opportuno affrontare l'argomento proprio ora. In passato, aveva anche sospettato che i maschi non nascessero o venissero soppressi... Ma la presenza di Darragh e degli studiosi che stavano lavorando con Clarice, per fortuna, dimostrava il contrario. Semplicemente, a differenza che sulla Terra, non si occupavano di politica e di arte militare. E forse, visti i risultati laggiù, era meglio così...
Gudrun le chiese a sua volta di Mayu e di Clarice, e così, un po' per volta, l'atmosfera si fece più distesa e quasi familiare. Nessuna gli domandò nulla di Kei... non seppe dire, però, se fosse per discrezione o perché non ce n'era bisogno, essendo la situazione più che chiara.
“Come fate ad avere cibo fresco?” chiese il capitano, indicando i piatti, ormai vuoti.
“Non è proprio fresco - spiegò la regina - È stato raccolto in grandi quantità su Mazone, prima della nostra partenza, e conservato con metodi che ne mantengono a lungo le caratteristiche, come se lo fosse davvero. Per un po' abbiamo anche avuto delle serre, sulla Dorcas, ma poi... consumavano troppa energia e abbiamo dovuto chiuderle...” aggiunse con amarezza.
Harlock pensò che probabilmente presto si sarebbe reso necessario qualche altro arrembaggio. Le risorse depredate nelle precedenti sortite non sarebbero durate per sempre, le bocche da sfamare erano davvero tante. Ma finché non avessero risolto l'enigma dei “cugini” mazoniani, era fuori discussione che l'Arcadia si allontanasse da lì.
Mentre Gudrun versava nei bicchieri un liquore dai riflessi violacei, del tutto simile a quello che Raflesia gli aveva offerto su Ades, il capitano non resistette alla curiosità.
“E tu dove hai imparato a cucinare, Raflesia?”
“Guarda che io ho ricevuto una durissima educazione militare... ho fatto corsi di sopravvivenza e campi di addestramento, so cavarmela in ogni situazione. E poi a palazzo era mio compito approvare i menù dei pranzi ufficiali, quindi dovevo per forza capirci qualcosa...”
Per un attimo la mente di Raflesia sembrò vagare tra i ricordi di un passato glorioso, in cui era la potente sovrana di un florido regno... e anche più giovane e piena di speranze... Ma la donna si riprese subito e si mise a sparecchiare per darsi un contegno.
“Visto che non sappiamo quanto dovremo aspettare, propongo di fare dei turni di riposo. Gudrun, cominci lei, che è convalescente. La sveglieremo, se quelli dovessero chiamare.”
Gudrun esitava, ma Raflesia la incoraggiò con un cenno del capo e così si convinse ad andare a distendersi un attimo.
Rimasti soli, Harlock e Raflesia si sentirono entrambi inspiegabilmente a disagio. Era come se, dopo aver condiviso dei momenti di vita quotidiana, i ruoli si fossero confusi. La regina era scesa dal piedistallo e gli appariva ora solo come una donna qualunque. Eppure, in quelle settimane, l'aveva vista spesso aggirarsi per l'astronave, quasi in tuta da lavoro, in mezzo ai suoi sudditi, a condividere i loro bisogni. E solo il giorno prima aveva vegliato il suo sonno nei suoi appartamenti...
Harlock cercò di scuotersi di dosso quelle sensazioni, che non giovavano certo alla loro concentrazione, e di riacquistare freddezza e lucidità. Le propose di rivedere ancora una volta il piano.
Quando Gudrun prese il posto di Raflesia, Harloch altrettanto inspiegabilmente si rilassò. Provava un'istintiva simpatia per lei: non parlava molto, come lui, ma era molto attenta e le sue osservazioni erano sempre acute e preziose. Nel suo legame con il figlio, poi, così insolito ai suoi occhi, per una Mazoniana, vedeva un punto di incontro con lui. Fu lei stessa a parlare del padre di Darragh. Non era Mazoniano, ma apparteneva a un popolo alleato con Mazone, i Corelliani1. Era un militare di alto rango e purtroppo era morto in uno scontro contro una colonia ribelle, quando Darragh era molto piccolo. Poco dopo avevano cominciato a organizzare la loro migrazione. Si poteva dire che il ragazzo non avesse conosciuto altra realtà al di fuori della Dorcas e di quell'interminabile viaggio senza meta. Questo rendeva ancora più ammirevole la sua decisione di dedicarsi ai più deboli e nello stesso tempo spiegava quel suo sguardo limpido e un po' malinconico. Harlock osò allora, vergognandosi un po', fare a Gudrun la famosa domanda su come le Mazoniane si procurassero una discendenza. La donna arrossì lievemente.
“Beh, dipende... Le Mazoniane pure, che hanno una fisiologia simile a quella delle piante, possono scegliere: chi non ha o non vuole un compagno, può ricorrere alla partenogenesi. Ma molte di noi discendono da incroci con altre popolazioni e hanno perso questa facoltà.”
Harlock si concesse una battuta maliziosa.
“Meglio per loro, no?”
Gudrun, che evidentemente apparteneva alla seconda categoria, rise di gusto. Harlock si trovò a pensare che probabilmente la stessa cosa valeva per Raflesia, e che prima o poi la regina avrebbe dovuto pensare alla successione. Ma non fece in tempo a domandarlo a Gudrun, perché proprio in quel momento il comlink prese a squillare. La donna corse a svegliare Raflesia e poi rispose.
“Qui Alphaville. Puoi parlare, Armida?”
“Sì, posso parlare.”
“Zenobia2, sovrana dell'onnipotente Mazone, ha deciso di fidarsi di te.”
A quelle parole, i tre all'ascolto trasalirono e gli occhi di Raflesia si riempirono di sdegno. Stava per dire qualcosa, ma Harlock con un gesto secco della mano le intimò di tacere. Per quanto furibonda, lei comprese che non poteva permettersi di rovinare tutto. Si limitò quindi a stringere i pugni con rabbia e ad ascoltare il resto.
“Finora la vostra regina ha respinto tutte le nostre proposte. Edera non è riuscita a convincerla ad accettare un colloquio con la nostra.”
Harlock guardò seccato Raflesia con aria interrogativa. Proposte? Colloquio? Perché nessuno me ne ha parlato?
Ma l'altra cadeva dalle nuvole esattamente come lui e alzò le spalle scuotendo la testa. Non ho assolutamente idea di cosa stiano dicendo!
Non avevano contemplato quella possibilità nel loro piano. Ma Gudrun, pur agitata, mantenne la freddezza necessaria a rispondere.
“Me ne rammarico. Lasciate che ci provi io. Non conosco però i particolari dei vostri precedenti abboccamenti con Edera...”
“Non è necessario che li conosca! Quello che vogliamo ormai è ben chiaro a tutti, compreso quel pirata spaziale che si ostina a mettersi in mezzo! E, visto che abbiamo bisogno della stessa cosa, ci conviene trovare un punto d'incontro. Tu provvedi a convincere Raflesia, il resto non è un problema tuo.”
“Farò tutto il possibile. Vi chiamerò io appena avrò notizie.”
“Cerca di fare in fretta. Non ci rimane molto tempo!”
Con queste oscure parole Alphaville chiuse la comunicazione.
I tre si guardarono sgomenti. Harlock era a sua volta abbastanza irritato da come era stato definito …quel pirata spaziale che si ostina a mettersi in mezzo! Ma come si permettevano quelli?
Ora però i problemi da affrontare erano ben altri!
Raflesia prevenne le sue domande.
“Ti assicuro, Harlock, che nessuno mi ha riferito le loro proposte o mi ha chiesto di parlare con la loro sedicente regina!”
“È così, capitano!” confermò Gudrun.
“Secondo loro, è Lavinia che avrebbe dovuto farlo. O meglio, loro si aspettavano che lo facesse. Ma così non è stato, giusto?”
“No, assolutamente! Nessuno di noi sapeva che lei avesse contatti con loro!”
“La domanda allora è: perché Lavinia, che lavorava chiaramente per loro, non ha eseguito i loro... chiamiamoli ordini? Perché ha permesso che si arrivasse a questo stato di caos e tensione?”
Le due donne erano troppo scioccate per cercare una spiegazione a un comportamento incomprensibile. E mille altre domande si affastellavano nelle loro menti: come aveva fatto Lavinia a entrare in contatto con loro? Perché aveva deciso di fare da intermediaria? E perché non aveva detto niente a Raflesia o al Consiglio Supremo? Domande che probabilmente non avrebbero mai trovato risposta.
“Temo che Lavinia facesse una sorta di doppio gioco, o forse anche triplo. Alla fine non ha fatto né i loro interessi né i vostri, come se perseguisse un terzo fine... Ma quale? Ha impedito che voi vi parlaste, come se temesse che trovaste un accordo...”
Alla luce di quella rivelazione, molti altri particolari assumevano un altro significato.
“Raflesia - proseguì Harlock - nel tuo messaggio olografico dicevi che queste persone erano violente, pericolose e senza scrupoli... come facevi a esserne così sicura?”
“Io... io mi basavo sui rapporti e sui documenti che mi forniva sempre... Lavinia! Lei, tra le altre cose, si occupava di servizi segreti, quindi aveva accesso a informazioni riservatissime. Non avevo alcun motivo di dubitare di lei.”
“Abbiamo sempre pensato che fossero stati loro ad assassinare il professor Daiba e a massacrare l'equipaggio del cargo... ma in realtà non ne abbiamo nessuna prova.”
“Sì, però in ben due occasioni hanno attaccato l'Arcadia, e una volta sia io che Lavinia eravamo a bordo!” obiettò Raflesia.
“Sì, è vero. Ma quegli attacchi mi hanno sempre lasciato perplesso... non avevano alcuna speranza di avere la meglio su di noi, era come se non volessero davvero colpirci.”
Dopo alcuni minuti di silenzio, durante i quali ognuno cercò di elaborare per proprio conto la situazione, Raflesia parlò:
“Continuare a rimuginare tra di noi non ci porterà da nessuna parte. Dobbiamo parlare con loro. Gudrun, devi chiamarli e dire loro che accetto di parlare con questa Zenobia!”
“Aspetta, non così in fretta - la interruppe il capitano - altrimenti sospetteranno che eravate già d'accordo! Aspettiamo un po'...”
“Hanno detto una strana frase, prima di chiudere - osservò Gudrun - Hanno detto di sbrigarci, perché non rimane molto tempo... Cosa avranno voluto dire?”
“Glielo chiederemo, ma a questo punto non credo che qualche ora in più o in meno faccia una grande differenza. Piuttosto, stabiliamo le modalità del colloquio. Non ritengo prudente che vi incontriate di persona, per ora.”
“No, infatti - sospirò Raflesia - Nella sala del trono ho il mio... canale di comunicazione privato. Parlerò lì con Zenobia. Ma solo in presenza di voi due, nessun altro. Voglio capire che cosa vogliono, prima di coinvolgere il Consiglio Supremo.”
“Cosa vogliono lo sappiamo: il Voynich. Però è significativo che abbiano parlato di un punto di incontro. Evidentemente pensano si possa arrivare a un accordo e quindi sono disposti a dare qualcosa in cambio...”
“Non cederò il Voynich a degli sconosciuti, lo sai!” scattò Raflesia.
Intanto il codice fisicamente ce l'ho ancora io!
“No, certo che no. Comunque, sono ragionevolmente sicuro che tu non corra più alcun pericolo sulla Dorcas, Raflesia. Io vado a vedere che cosa sta combinando Clarice. Ci rivediamo qui tra... facciamo tre ore?”
Le due donne annuirono e Harlock imboccò il corridoio.

 

 

 

 

Nota dell'autrice
Colgo l'occasione per augurare a tutti una Pasqua serena!


 

 

 

 

1 Omaggio ad Han Solo. Un paio di estati fa ho fatto delle buone letture: la trilogia di Han Solo (di A.C. Crispin, Multiplayer edizioni), che consiglio alle fan dell'affascinante contrabbandiere e ribelle (vero, Briz65?). Beh, insomma, lì ho scoperto che lui è originario del pianeta Corellia (non so se anche nei film si fosse accennato a questa cosa).

2 Omaggio alle grandi regine terrestri (di origine mazoniana, secondo la tradizione, ormai consolidata, delle mie storie). Zenobia fu regina del regno di Palmira dal 267 al 272 d.C. Proclamò l'indipendenza del suo regno, rendendolo ricco e potente, e diede parecchio filo da torcere ai Romani, finché fu sconfitta dall'imperatore Aureliano e condotta a Roma prigioniera (fonte Wikipedia). Non si sa poi che fine abbia fatto. Un tipino tosto, comunque.

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Capitolo 29
*** Le due regine ***


Clarice era ancora alle prese con i misteri del Voynich. Chiese ad Harlock il permesso di sottoporre l'astrolabio a ulteriori esami per stabilirne la datazione esatta: avrebbe dovuto però prelevarne un pezzettino... piccolo piccolo, anzi, avrebbe preso soltanto un po' di limatura da un angolino...
Harlock non fu capace di dirle di no, ma non poté fare a meno di lanciare un'occhiata di rimpianto all'amato oggetto.... Si sarebbe salvato dal ciclone Clarice? Chissà se ti rivedrò tutto intero...
Mancava un sacco di tempo all'appuntamento e lui non sapeva cosa fare. Chiamò Kei con la ricetrasmittente appuntata sul bavero del mantello e la aggiornò sulla situazione, ma senza entrare troppo nei dettagli. Il nemico poteva avere occhi e orecchie ovunque... Ma si trattava davvero di un nemico? Sembrava proprio che Lavinia avesse alterato i fatti, facendo credere a Raflesia quello che voleva lei... Ma perché? Le ragioni potevano essere tante... una di queste era che alla cospiratrice facesse comodo mettere in grandi difficoltà la sua stessa gente e di conseguenza Raflesia e il Consiglio Supremo... Per scatenare una ribellione più vasta? Per deporre la regina e magari prenderne il posto? Come responsabile dei servizi segreti probabilmente era entrata in contatto con gli altri Mazoniani.... e forse aveva pensato di sfruttare la situazione a suo vantaggio. Era uno scenario plausibile. Da quanto tempo aspettava la sua occasione? Possibile che avesse potuto organizzare tutto da sola? Era in pieno delirio di onnipotenza o contava di farsi degli alleati in un secondo momento? E che cosa significava la strana frase che aveva pronunciato prima di uccidersi?
Harlock si era fatto l'idea che gli altri Mazoniani non sapessero nulla del piano di Lavinia. Ma presto lo avrebbe scoperto. Non aveva intenzione di fare sconti a nessuno, e voleva delle risposte soprattutto in merito alla morte di Daiba e al massacro dell'equipaggio del cargo.
All'ora convenuta, raggiunse Raflesia e Gudrun nella sala del trono. Le due Mazoniane erano già lì.
Gudrun chiamò Alphaville con il comlink e comunicò che la sua regina accettava un colloquio con Zenobia, su un canale riservato, il prima possibile.
Non dovettero attendere a lungo la risposta. Anche l'altra sovrana doveva avere una fretta indiavolata, perché poco dopo, nella grande sfera trasparente davanti al trono di Raflesia, si materializzò lentamente l'immagine di una donna.
Harlock la osservò incuriosito. Era seduta su uno scranno. Aveva la fisionomia e la figura tipiche delle Mazoniane, con occhi gelidi e capelli lunghissimi e lisci, di un biondo così chiaro, da apparire quasi bianchi. Era molto avvenente, come tutte, e poteva essere un po' più giovane di Raflesia. Parlò per prima, con una voce grave e profonda.
“Sono Zenobia, regina dell'onnipotente Mazone.”
“Sono Raflesia - rispose l'altra con tono altrettanto solenne, che non riusciva a mascherare però una vena di sfida - regina dell'onnipotente Mazone.”
Il capitano non sapeva se ridere o preoccuparsi: era già complicato gestirne una, di sovrana di Mazone... figuriamoci due!
Le due donne sembrarono ignorare le questioni dinastiche. Almeno per il momento.
“Hai accettato un colloquio con me, finalmente. Perché?”
“Purtroppo non ero a conoscenza di questa tua richiesta.”
L'altra spalancò gli occhi, e sembrava sinceramente stupita.
“Com'è possibile? Il nostro contatto ha sempre giurato che tu ti rifiutavi anche solo di parlare con noi!”
“Non è così. Abbiamo motivo di credere che Lavinia, o Edera, come la chiamavate voi, per tutto questo tempo abbia mentito a entrambe, per motivi che ignoriamo, e che ormai probabilmente non conosceremo mai.”
Zenobia parve riflettere. Quella notizia sicuramente cambiava parecchio il suo punto di vista.
“Ora che ho chiarito la mia posizione - proseguì Raflesia - possiamo parlare. Ma prima ho bisogno di sapere alcune cose. Innanzitutto chi siete veramente? Hai parlato di Mazone, ma di onnipotente Mazone ce n'è uno solo!”
Ecco, ti pareva che rinunciasse a puntualizzare la questione! Non mi sembra proprio il caso di far infuriare subito quella là! pensò Harlock allarmato.
Zenobia, per fortuna, non perse la calma. Forse si aspettava una reazione del genere.
“Invece siamo Mazoniani. Esattamente come voi. I nostri antichi antenati dovettero lasciare il loro pianeta d'origine e si rifugiarono in una galassia molto lontana...”
“... in seguito a una congiura di palazzo. La so anch'io quella storia. Per molti secoli non si è saputo più nulla di voi. E ora rispuntate fuori all'improvviso e volete anche voi a tutti i costi la nostra copia del Libro della Vita, che i terrestri chiamano Voynich. Perché?”
A questo punto neppure Harlock si trattenne.
“Già! A tutti i costi! È per questo che avete ucciso il professor Daiba? E perché, prima di attaccarci, avete massacrato l'equipaggio di quel cargo, che non c'entrava nulla?”
Zenobia sussultò e si volse verso la direzione da cui proveniva la voce. Harlock allora fece due passi in avanti, per entrare nella sua visuale. Lo sguardo della regina si incupì. Evidentemente non si aspettava che qualcun altro fosse presente al loro colloquio.
“Ah, ecco il nostro pirata dello spazio! Non mi avevi detto che ci sarebbe stato anche lui!”
“È un mio alleato. E, visto che le tue truppe lo hanno attaccato più volte, mi sembra evidente che voglia sapere con chi ha a che fare” replicò Raflesia.
“Contenta tu... Allora sappi, pirata, che noi non c'entriamo nulla con l'assalto a quel cargo. Non siamo predoni, noi. Stavamo aspettando la tua nave, non ci interessava nient'altro. Quando siamo arrivati sul posto, era già tutto finito, non avremmo potuto fare nulla comunque. Sarà stato qualche tuo collega.”
Harlock era piuttosto irritato dal tono ironico, anzi, strafottente, della regina numero due.
Questa, se possibile, è ancora più antipatica della Raflesia dei vecchi tempi!
“Quanto a Daiba... è stato un incidente. Non avevamo nessuno intenzione, e nemmeno alcun motivo, di ucciderlo.”
“Sì, certo, e sperate anche che ci creda?” sbottò Harlock, che detestava essere menato per il naso.
“Ti assicuro che è andata così. Volevamo soltanto qualche informazione sul Voynich, ma lui ci ha aggredito all'improvviso con una pistola... Non abbiamo potuto fare altro che reagire... Solo dopo ci siamo accorti che era un'arma finta. Ci è dispiaciuto, davvero... anche perché così non abbiamo avuto le risposte che cercavamo.”
Harlock chiuse l'occhio. Raflesia e Gudrun non capirono perché all'improvviso sul suo volto si fosse dipinta quell'espressione di dolore.
Alla fine ce l'hai fatta, vecchio testone! Hai trovato il modo di portare a termine il tuo assurdo progetto di morte! Ma perché... perché?
Ma purtroppo non c'era tempo per rimpiangere un caro amico... l'avrebbe fatto dopo, in solitudine, scrivendo il suo nome accanto a quelli di tutti gli altri che lo avevano lasciato prima di lui.
“Insomma... Non hai risposto alla mia domanda: perché anche voi volete il Voynich?”
“Non ti ho risposto perché il tuo amico mi ha interrotto... Lo vogliamo per lo stesso motivo per cui lo volete voi...”
“No, non credo.”
“E voi cosa ne sapete?” ribatté Zenobia stizzita.
Quel duello verbale tra le due primedonne rischiava di non portare da nessuna parte. Nessuna delle due voleva scoprire per prima le carte. Era comprensibile, non si fidavano l'una dell'altra, almeno per ora.
“Signore, per favore! - intervenne Harlock con tono conciliante - Cerchiamo di essere costruttivi. Qua dobbiamo ripartire da capo, perché Lavinia ha talmente confuso le acque che ormai è difficile capirci qualcosa. Cosa sapevate del Libro della Vita?”
Zenobia esitò un attimo prima di rispondere.
“Quello che più o meno sapevano tutti” rispose evasiva.
Raflesia strinse i pugni.
Harlock stava cercando di capire se anche loro volevano il codice per via dell'aleph... ma era praticamente certo che fosse così: per quale altro motivo darsi tanto da fare?
“Avete attaccato due volte la mia astronave, ma con delle mosse chiaramente suicide. Qual era il vostro vero scopo?”
“Sapevamo che il codice era sull'Arcadia. Edera... cioè, Lavinia, ci ha suggerito di attaccarvi, per spaventarvi e farvi capire che facevamo sul serio... a voi del Voynich non importava nulla, quindi ce lo avreste consegnato senza opporre troppa resistenza. Quando abbiamo capito che le cose non stavano affatto così, era troppo tardi....”
Harlock scosse la testa, incredulo. Potevano essere all'oscuro della fama dell'Arcadia, d'accordo... ma questi sembravano essere digiuni di qualsiasi strategia militare! Oltre a essere molto ingenui: si erano lasciati manipolare da Lavinia come ragazzini. Zenobia non sembrava avere nemmeno un decimo dell'intelligenza e dell'esperienza di Raflesia.
“Lavinia ha ingannato tutti con grande spregiudicatezza, vedo - si limitò a constatare - Ma, malgrado questo, penso che voi sappiate molto bene il motivo per cui Raflesia e il suo popolo hanno bisogno di quell'antico testo, perché questo sicuramente Lavinia ve l'ha detto. E mi riesce difficile credere che voi siate nella stessa situazione.”
Zenobia fece una pausa. Alla fine quel pirata era riuscita a portarla esattamente dove voleva lui.
“Invece sì” ammise con un sospiro.
Raflesia e Gudrun sgranarono gli occhi. Questo non se lo aspettavano proprio. Harlock invece si mantenne freddo. Poteva essere un bluff. C'era sempre la concreta possibilità che il vero motivo fosse scoprire l'aleph per dominare l'universo, come temeva Raflesia.
“Che cosa intendi?” chiese Raflesia senza tanti preamboli.
“Anche il nostro pianeta attuale sta morendo. Esattamente come il vostro. Lavinia ci aveva raccontato tutto. Il clima è cambiato, i terreni si stanno inaridendo e presto non ci sarà più cibo a sufficienza per tutti. Dovremo abbandonarlo e cercare un altro posto dove stabilirci. Ma non sappiamo dove andare. La Terra è troppo lontana per noi. E poi noi siamo un popolo pacifico, non abbiamo la vostra forza militare, non avremmo nessuna possibilità, se i terrestri dovessero opporre resistenza. I nostri studiosi conoscevano la storia dell'aleph... forse è soltanto una leggenda priva di fondamento, ma è la nostra unica speranza, se non vogliamo continuare a vagare senza meta per anni, come voi.”
“Questa storia è incredibilmente simile alla nostra, Zenobia. Forse un po' troppo, per risultare credibile... ”
“Non so cosa dirti. Purtroppo è così. Ed ecco la mia proposta, regina Raflesia: uniamo le nostre forze e cerchiamo insieme la nostra nuova patria. Apparteniamo alla stessa stirpe, possiamo convivere in pace e costruire un mondo nuovo.”
La sovrana dai capelli biondi aveva deposto la sua alterigia e aveva parlato con grande calore. Ma Raflesia era un osso duro.
“Perché dovrei fidarmi della tua parola? Sì, è vero, apparteniamo alla stessa stirpe. Ma i vostri antenati tradirono Mazone, come posso dimenticarlo?”
“Sono fatti accaduti migliaia di anni fa! Da allora non vi abbiamo più dato alcun fastidio, e avremmo continuato a condurre la nostra vita, se non fosse successo quello che ti ho raccontato. Puoi venire a vederlo con i tuoi occhi, se non mi credi.”
“Certo, e così rischiare di cadere in una trappola! Mi dispiace, ma dovrai trovare degli argomenti più convincenti...”
Harlock capiva le ragioni di Raflesia, ma cercava anche di mettersi nei panni di Zenobia. Se fosse stato vero quello che diceva... la sua era una richiesta di aiuto per la sua gente. Che diritto avevano loro di negarglielo? Ma, si rese conto, lui ragionava da terrestre... incosciente, idealista e sentimentale, per giunta... e non aveva la responsabilità di un intero popolo sulle spalle.
Zenobia strinse nervosamente le mani sui braccioli del suo trono.
“Quando i nostri antenati lasciarono Mazone, si portarono via una copia del Libro della Vita... Per secoli ce ne siamo dimenticati... solo quando abbiamo capito che la situazione era davvero drammatica e senza via d'uscita, qualcuno se n'è ricordato, insieme al mito dell'aleph. Ma la nostra copia non è completa... e poi, non sappiamo a quale pianeta fosse destinata in origine e quindi presenta delle difficoltà di interpretazione. Ci mancano dei dati fondamentali...”
“E cosa vi fa pensare che noi li abbiamo?”
“Perché voi avete la copia sicuramente destinata alla Terra... è ragionevole sperare che comparando i due testi si possa arrivare a una soluzione... e poi voi avete a disposizione delle conoscenze che noi non abbiamo, grazie alla dottoressa Jones. Il suo apporto ci sarebbe davvero prezioso.”
A quel nome Harlock trasalì. Zenobia era davvero troppo ben informata! Ma lui non avrebbe permesso che Clarice si trovasse in pericolo a causa delle sue competenze di studiosa.
“Può darsi che noi abbiamo tutto quello che dite... Ammesso pure che si accetti di condividerlo con voi, c'è un grosso problema: per trovare l'aleph, quasi certamente sarà necessario costruire un edificio simile a un castello presente sulla Terra e ormai distrutto... ci vorranno anni, oltre a risorse di cui noi al momento non disponiamo...”
Zenobia sorrise.
“Ma noi non abbiamo nessun bisogno di costruire un edificio così. Noi ce l'abbiamo già.”

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Capitolo 30
*** Il castello gemello ***


Quelle parole ebbero l'effetto di una bomba fotonica.
Raflesia, Gudrun e Harlock si guardarono, increduli e incapaci di articolare un pensiero di senso compiuto.
La regina fu la prima a riprendere la padronanza di sé. Anche perché quella notizia, se vera, cambiava tutto.
“Cosa significa che avete già quell'edificio?”
“Quello che ho detto. Qualcuno, non si sa quando, ma sicuramente in un'epoca molto remota, ha costruito un palazzo seguendo, pare, le indicazioni del Libro della Vita. Non sappiamo per quale scopo, non sappiamo se sia mai stato usato per trovare l'aleph, non sappiamo nemmeno se le coordinate e l'orientamento siano quelli giusti... Per molti secoli l'edificio è caduto in disuso, era considerato niente più che un monumento antico. Sono stati alcuni nostri storici a recuperare dagli archivi la copia del Libro della Vita e a rileggerla alla luce dei nuovi avvenimenti. Se unissimo le nostre conoscenze, sono sicura che potremo davvero salvare i nostri popoli dalla distruzione.”
Harlock pensò terrorizzato a come Clarice avrebbe accolto la notizia... sarebbe partita all'istante, a costo di rubare e pilotare lei stessa uno space-wolf!
“Hai delle prove concrete di quello che dici? Delle immagini, dei documenti...?” chiese Raflesia, la cui diffidenza però si stava lentamente sgretolando.
“Sì, certo. Non le ho con me al momento, ma te le posso far avere quanto prima.”
“Bene. A questo punto devo riferire la questione ai miei consiglieri. La mia assistente Gudrun ti fornirà le coordinate del canale di telecomunicazione su cui inviare il materiale. Quando avremo preso una decisione ti contatteremo. I miei saluti.”
Gudrun digitò qualcosa su una piccola tastiera collegata alla sfera. Poi la sagoma di Zenobia pian piano si dissolse e un silenzio quasi irreale calò nella sala.
Questa volta fu Harlock a spezzarlo.
“Che cosa ne pensate? Potrebbe essere tutto vero?”
Raflesia si passò una mano sul viso.
“Sì, potrebbe. Come potrebbe anche non esserlo. O meglio: loro potrebbero davvero avere un edificio simile, ma volerlo sfruttare per scopi diversi da quelli dichiarati...”
“Come trovare il famoso aleph, ma per dominare l'universo?”
“Esatto.”
Il capitano rifletté un attimo.
“C'è un solo modo per scoprirlo...”
“Lo so. Andare sul loro pianeta a verificare di persona. Con tutti i rischi che questo comporta...”
“C'è un'altra possibilità. Zenobia ha dichiarato che loro non hanno la vostra potenza militare e, da alcune cose che hanno fatto, come aggredire l'Arcadia in quel modo stupido, sono propenso a crederle. Quindi, possiamo benissimo tenerci il Voynich e dileguarci... non riuscirebbero a fermarci e non penso proprio reggerebbero un nostro eventuale contrattacco.”
Raflesia lo guardò sorpresa. Non era da lui fare simili discorsi! O forse la stava solo provocando?
“Ti ricordo che anche il mio esercito al momento non è messo benissimo...”
“Ma ci sarebbero la mia astronave e i miei uomini a proteggervi!”
“Molto gentile da parte vostra! Ma c'è un altro problema... Se agissimo così... perderemmo la possibilità di avere un castello già bello costruito! Ti ricordo che anche a noi serve l'aleph, ci serve davvero e in fretta!”
“E allora devi convincere il tuo Consiglio Supremo ad aiutare Zenobia e i suoi. Qualcuno dovrà andare sul loro pianeta... di cui peraltro ignoriamo tutto, perfino il nome...”
“Prima di prendere qualunque decisione dovremo avere tutte le informazioni necessarie, è ovvio. Quando arriverà la documentazione che ci ha promesso Zenobia, vorrei che la dottoressa Jones la esaminasse. Nessuno conosce Castel del Monte come lei. Le parlerò subito. E vorrei anche che tu e lei siate presenti alla riunione del Consiglio Supremo.”
Harlock era stupefatto. La sua antica nemica lo stava coinvolgendo perfino nelle questioni più delicate... Si chiese fino a quando il suo entourage avrebbe sopportato la sua presenza...
“D'accordo. Ma aspetterò sull'Arcadia la tua convocazione: manco da molte ore ormai e devo farmi vivo. Gudrun, vorrei il suo permesso di portare Darragh con me. Credo che Mayu sarebbe felice di vederlo. Lo riaccompagnerò quando tornerò sulla Dorcas per il Consiglio Supremo.”
Gudrun lo guardò un po' stupita, ma con simpatia.
“Certo, sono sicura che anche lui lo sarà.”
“Bene, allora vado a chiamarlo. Sempre che il dottor Zero me lo lasci portare via...”
Harlock si incamminò verso l'ospedale, cercando di ignorare l'allarme che risuonava nel suo cervello di vice padre: la paglia vicino al fuoco brucia... Ma aveva deciso che non avrebbe più interferito con certe scelte di Mayu... o, almeno, ci avrebbe provato... ma quant'era difficile!
Inutile sottolineare che Darragh fu entusiasta all'idea di incontrare la ragazza, per giunta sulla mitica nave pirata. Non sapendo quanto si sarebbe protratta l'attesa della chiamata di Raflesia, Harlock lo invitò a portare con sé qualche effetto personale. Mentre il giovane andava, anzi, volava, nel suo alloggio, Zero tentò una debole protesta, che Harlock ignorò ostentatamente. Anche se il dottore era in prestito sulla Dorcas, lui restava sempre il suo capitano!
Sulla navetta, Harlock cercò di fare un po' di conversazione con Darragh, che sembrava sempre essere molto in soggezione con lui. Chissà se era per timidezza o perché lui era, in pratica, il padre di Mayu. Si rese conto di non averlo mai osservato con attenzione, preso da altre preoccupazioni e, di sicuro, dall'istinto di proteggere la sua figlioccia. Si sorprese a chiedersi che cosa la attraesse tanto di lui. Naturalmente, non aveva la minima idea di quali potessero essere i gusti di una quindicenne in fatto di uomini. Aveva i lineamenti regolari e, per quanto ne capiva lui, gradevoli. Gli occhi erano scuri, con delle sfumature viola, e i capelli neri corvini, un po' lunghi sulle spalle. Poi capì. Aveva lo sguardo buono, un sorriso timido e dei modi gentili. Doveva essere questo, che piaceva a Mayu. Quanti anni poteva avere? Diciotto? Calcolò che doveva essere poco più che un bambino all'epoca della guerra. Glielo disse.
“Sì, ero piuttosto piccolo. Con i miei amici giocavano spesso a ingaggiare battaglie tra pirati e Mazoniani... Io... ecco... il più delle volte interpretavo lei, capitano.”
Ma tu guarda il caso...!
“È la prima volta che mi dicono una cosa simile. Suppongo dovrei sentirmi lusingato... Perché sceglievi di immedesimarti nel nemico? Capisco che qualcuno doveva pur farlo, ma sono curioso di saperlo.”
Il ragazzo arrossì leggermente.
“Beh... lei era l'unico tra i terrestri che aveva il coraggio di opporsi al grande Mazone, con un piccolo gruppo di uomini... e poi l'Arcadia era... terribile, ma affascinante. So che non dovrei pensare queste cose, ma ero solo un ragazzino, avevo un'idea piuttosto romantica della guerra. Le confesso che ancora adesso sono molto emozionato all'idea di salire sulla sua astronave, capitano.”
“Bene, allora dirò a Mayu di accompagnarti a fare un giro turistico...”
Harlock comunicò a Kei il loro arrivo.
“Non dire niente a Mayu. Ho una sorpresa per lei.”
Dall'hangar, il capitano accompagnò Darragh davanti alla cabina di Mayu e si allontanò. Sorrise, quando sentì risuonare in corridoio la risata argentina e le grida di felicità della ragazza.
In sala comando c'erano solo Kei e Yattaran, così si azzardò a cingere con un braccio la vita della piratessa e a darle un lieve bacio dietro l'orecchio.
“Finalmente ti degni di tornare sulla tua astronave! - lo canzonò la bionda - Ormai ti daranno la cittadinanza mazoniana!”
“Sarei propenso ad accettarla, visto che quella terrestre me l'hanno tolta!”
“Scherzi a parte, che si dice laggiù (o lassù)? Sei stato via un sacco di tempo...”
“Quando avete finito il turno, raggiungetemi in cabina e vi racconto.”
“Ah! Qual era la sorpresa per Mayu?”
Harlock sospirò, mentre si avviava all'uscita.
“Le ho portato il suo spasimante mazoniano...”
Kei e Yattaran si scambiarono un'occhiata esterrefatta.
Non solo il capitano si era lasciato andare a delle effusioni in pubblico, ma aveva invitato a casa sua un potenziale fidanzato di Mayu!
“Secondo me Raflesia gli somministra delle sostanze stupefacenti!” commentò il primo ufficiale.
“Beh, ricordiamoci di farcene lasciare una scorta, quando ce ne andremo!” aggiunse la bionda.

Più tardi, nella cabina del capitano, davanti all'immancabile bottiglia di vino, Harlock raccontò gli ultimi avvenimenti ai suoi due ufficiali e a Meeme, sempre più strabiliati.
“Immagino che tu abbia già deciso cosa fare” fu il commento di Kei.
“In realtà, no. Cioè, non del tutto...”
“Andrai sul quel pianeta...” disse soavemente Meeme, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Sì. E Clarice dovrà necessariamente far parte della spedizione. Come anche Raflesia. Ma i rischi e le incognite sono tanti... E quindi confesso che non ho ancora deciso se andare con l'Arcadia, che è il mezzo più sicuro in qualunque situazione, ma mettere comunque a repentaglio la vita di tutti voi... oppure andare con un'astronave mazoniana.”
“Io vengo con te” disse Kei con un tono che non ammetteva repliche.
“Anch'io” aggiunse Meeme.
“Vedremo - tagliò corto Harlock - Al momento mi mancano ancora troppi elementi per valutare alcunché.”
Il capitano si rese conto che l'ultima cosa che aveva messo nello stomaco era quella specie di pasto mazoniano, e così trovò il sistema per cambiare argomento.
“Che ne dite, intanto, di chiamare Mayu e Darragh e farci portare la cena?”
I due ragazzi accettarono volentieri l'invito. Yattaran e Kei fecero di tutto per mettere a proprio agio il giovane ospite e la cena si svolse in un clima abbastanza rilassato e amichevole, considerate le circostanze.
In realtà, Harlock era parecchio inquieto. Gli sembrava che, qualunque strada avessero deciso di intraprendere, avrebbe potuto trasformarsi in una catastrofe. Non soltanto la storia raccontata da Zenobia avrebbe potuto rivelarsi una trappola, ma, in assenza di Raflesia, avrebbe potuto verificarsi un colpo di Stato... E poi, cosa ne avrebbe fatto di Mayu? Portarla con sé era pericoloso, ma anche lasciarla sulla Dorcas... affidata a chi? A Zero? A Gudrun e Darragh? Chi l'avrebbe riportata sulla Terra e si sarebbe occupato di lei, se a loro fosse successo qualcosa?
“Bene, credo sia meglio riposarsi un po'... Yattaran, avvisa chi c'è di turno in plancia di chiamarmi in qualunque momento, se si fa vivo qualcuno dalla Dorcas. E accompagna il nostro giovane amico nella cabina degli ospiti, per favore.”
Il primo ufficiale colse al volo l'intenzione insita nella richiesta del capitano.
“Ma certo, con vero piacere!” disse con il suo sorriso più smagliante, artigliando nello stesso momento con la sua grande mano la spalla di Darragh, che sussultò. Il ragazzo ebbe appena il tempo di balbettare la buonanotte, mentre il corpulento uomo1 lo accompagnava , o, per meglio dire, lo trascinava fuori dall'alloggio.
La stanza a cui alludeva Harlock si trovava esattamente dalla parte opposta dell'Arcadia, e abbastanza vicino alla cabina di Yattaran stesso. Se anche avesse avuto l'insana idea di raggiungere Mayu, si sarebbe sicuramente perso nel dedalo di corridoi dell'astronave pirata.
A quel punto, la ragazzina se ne andò nella sua stanza con il broncio e anche Meeme lasciò la cabina del capitano.
“Certo che sei proprio un cerbero!” commentò Kei quando furono soli.
Harlock alzò le spalle con aria innocente.
“Guarda che il tuo piano potrebbe anche non funzionare... Darragh non conosce l'Arcadia, ma Mayu sì. Potrebbe essere lei ad andare nella sua stanza...”
“Non credo che lo farà... Ha capito l'antifona...”
La bionda scosse la testa divertita.
“Harlock, sei proprio un ingenuo! Ti illudi di poterla controllare... quando lei vive 11 mesi all'anno da sola, sulla Terra, libera...”
La sicurezza del capitano cominciava a vacillare, ma lui non voleva darlo a vedere.
“Beh, almeno ci provo...”
“Magari quello che tu temi è già successo... Vuoi sapere quanti anni avevo io quando...”
“No! Non mi riguarda, grazie!” rispose secco Harlock. Ma perché Kei si divertiva tanto a tormentarlo?
“Okay, come vuoi. Lo dicevo solo per il tuo bene. Io vado a farmi una doccia...”
La ragazza si chiuse in bagno ridacchiando.
Pochi secondo dopo suonò il suo comlink. Era Raflesia.
“Zenobia ha mandato il materiale relativo al castello. L'ho già fatto avere alla dottoressa Jones e a tutta l'equipe, spero ne ricavino qualcosa...”
“Puoi mandarne una copia anche a me? Sul solito canale. Le coordinate le hai.”
“Sì, certo, provvedo subito. Ah, mi ha anche detto il nome del loro pianeta: Fanauraa2. A più tardi!”
Harlock stava per andare in plancia a farsi dare i file mandati da Raflesia, ma incontrò lo sguardo di Kei uscita dalla doccia, e decise che la sua pelle vellutata e le sue forme sinuose in quel momento gli interessavano di più.
Il gemello di Castel del Monte poteva aspettare ancora un po'.





Nota dell'autrice
Avviso che nei prossimi giorni sarò via e non potrò rispondere subito a chi gentilmente vorrà lasciare un commento. Ma intanto, ringrazio di cuore chi continua a seguire fedelmente la storia e non mi fa mai mancare il suo parere!

 




 

 

1 Mi sono resa conto che tutti i personaggi sono quelli delle serie animate, ma Yattaran invece me lo immagino visivamente come quello del film, che è in effetti un po' meno caricaturale.

2 Fanauraa significa “rinascita” in lingua Maori. Che c'azzecca la lingua Maori con questa fic? Assolutamente niente! Avevo scelto questo nome per il pianeta di Zenobia e mi piaceva come suonava.

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Capitolo 31
*** La profezia ***


 

Trascorsero alcune ore, in cui tutti poterono riposarsi, senza che accadesse nulla.
Harlock si palesò in plancia e trovò Yattaran già al suo posto.
“Dov'è Darragh?” chiese per prima cosa.
“L'ho accompagnato in mensa a fare colazione e l'ho affidato a Masu. Credo che la nostra cuoca preferita l'abbia preso in simpatia! Finalmente un ragazzo bene educato, ha strillato” rispose il primo ufficiale, esibendosi in una perfetta imitazione della donna.
Il capitano fece un sorrisetto, in un certo modo si sentì tranquillizzato. Di solito Masu ci azzeccava, nel giudicare le persone.
Chiese a Yattaran di scaricare il materiale inviato da Raflesia. Visto che la situazione era tranquilla, lo proiettarono sullo schermo grande, per analizzarlo insieme più comodamente.
In effetti l'edificio era la copia precisa di Castel del Monte. L'unica differenza consisteva nel materiale: per quello “alieno” era stata usata una pietra con sfumature dorate, mentre l'edifico terrestre tendeva al bianco-rosato. Ma per il resto erano uguali: stessa planimetria, stessa struttura in alzato... Anche la posizione era molto simile, poiché sorgeva su una piccola altura isolata.
Harlock era curioso anche di scoprire qualcosa di più sul pianeta di Zenobia. Da quel poco che si riusciva a scorgere dalle immagini in cui era ritratto il castello, non sembrava molto diverso dalla Terra.
Gli sorse all'improvviso un'altra domanda: perché su Mazone non c'era un edificio come quello? Perché, se ci fosse stato, Raflesia glielo avrebbe sicuramente detto... Era un fatto piuttosto curioso. C'erano davvero ancora tanti punti oscuri in quella vicenda... troppi, per i suoi gusti.
Mentre si arrovellava su questo e altri interrogativi, arrivò un'altra chiamata dalla Dorcas. Yattaran, a un cenno affermativo di Harlock, rispose. Era Clarice. Doveva aver trascorso le ultime ore a studiare la nuova documentazione sul castello, eppure appariva fresca come una rosa. E pericolosamente su di giri.
“Clarice! Come stai?”
“Benissimo, Harlock! Questa notizia è... è incredibile! Un altro Castel del Monte, ma perfettamente conservato! Oh, andremo a vederlo, vero? Non sto nella pelle!”
Harlock si chiese se non fosse giunto il momento di rivelare alla donna il vero motivo per cui quel palazzo era tanto importante.
“Non è così semplice, ma sì, credo che dovremo proprio andarci. Per quanto riguarda il Voynich, invece, avete qualche novità?”
“È anche di questo che volevo parlarti, infatti... Abbiamo cambiato approccio: traducendo semplicemente il mazoniano antico in quello attuale, come ti dicevo, ne venivano fuori frasi senza senso e completamente slegate tra loro. Invece, traslitterando i caratteri mazoniani in quelli terrestri, si riconoscono delle parole in latino. Abbiamo compreso che siamo a tanto così da una scoperta importante, ma non riusciamo a compiere l'ultimo passo... Provo a spiegartelo con parole semplici... Vedi, era già stato osservato che Castel del Monte aveva un orientamento tale per cui due volte all'anno, l'8 aprile e l'8 ottobre, si verificava un fenomeno particolare: un raggio di sole attraversava esattamente una finestra e una porta finestra di una sala posta al primo piano, andando a illuminare un bassorilievo posto sulla facciata del cortile interno1, che naturalmente ora è andato perso. Non c'è nulla di strano in questo, negli edifici antichi spesso si ritrovano eventi simili... Ma abbiamo capito che solo l'ottavo giorno dell'ottavo mese (cioè, appunto, l'8 di ottobre, secondo il calendario in vigore all'epoca di Federico) e solo in circostanze ben precise, si mostrerà qualcosa... qualcosa di molto importante, raro e prezioso... Ma non siamo riusciti assolutamente a scoprire che cosa si mostrerà e quali siano queste circostanze... Secondo noi la risposta è nascosta in una specie di schema ad anagramma, in cui abbiamo riconosciuto soltanto gli epiteti con cui veniva indicato l'imperatore, Stupor mundi e Puer Apuliae2... Ma non siamo riusciti a ricavare altro...”
Harlock aveva ascoltato attentamente. Era forse l'aleph la cosa misteriosa che si sarebbe svelata? Più che probabile. Ma bisognava capire quali fossero le condizioni necessarie a questa apparizione, o sarebbe stato tutto inutile. Ma come poteva lui aiutare Clarice in questo?
“Cosa posso fare per te?”
“Ecco... Il dottor Zero mi ha detto che il vostro computer centrale è fenomenale e forse potrebbe aiutarci a risolvere l'enigma...”
Già... il computer centrale. Aveva evitato finora di coinvolgerlo, ma forse ora il momento era arrivato.
“D'accordo, Clarice. Provare non ci costa nulla. Puoi mandarmi il testo?”
“Sì, certo. Ancora una volta devo ringraziarti, Harlock!”
“No, non è il caso. Secondo te, dunque, la cosa potrebbe valere anche per questo nuovo castello? Anche se non si trova sulla Terra e verosimilmente avrà dei riferimenti temporali e cosmici diversi?”
“Io credo di sì... Forse sarà sufficiente comparare l'antico calendario giuliano con quello del pianeta per trovare la nuova data in cui avverrà questo fatto misterioso... Però sono solo ipotesi, bada bene.”
“Me ne rendo conto... Ma dobbiamo battere tutte le strade possibili. Aspetto quella frase e, quando il computer mi darà i risultati, te lo farò sapere immediatamente. Comunque, ci vedremo presto. A breve tornerò sulla Dorcas.”
Harlock era stranamente turbato. Lo aveva colto la stessa inquietudine provata quando Raflesia aveva parlato della profezia. E temeva che in quel testo oscuro fosse contenuta la stessa cosa.
Appena giunse il messaggio di Clarice, si fece caricare il file su una chiavetta da Yattaran e se ne fece stampare una copia per sé. Il testo era inserito in una casella quadrata, in cui le parole erano incrociate tra loro, come una specie di cruciverba. Non essendo un esperto di enigmistica e soprattutto non conoscendo il latino, sapeva già in partenza che non ci avrebbe capito nulla, ma la curiosità era stata più forte. Andò nella sala del computer centrale e spiegò brevemente a Tochiro, anche se sapeva che era in gran parte superfluo, di che cosa si trattasse. Dopodiché, inserì la chiavetta nel corpo metallico e ritornò verso la sala comando.
Lungo il percorso incontrò Mayu e Darragh.
“Buongiorno! - li salutò quasi allegramente - Dove ve ne andate di bello?”
“Stavo venendo a chiederti il permesso di accompagnare Darragh a fare il giro dell'Arcadia.”
“Sì, in realtà glielo avevo promesso. Venite con me in plancia, cominciamo da lì.”
I due ragazzi lo seguirono e il capitano fu un perfetto cicerone, mostrando le dotazioni della sua nave al giovane mazoniano, a cui brillavano gli occhi per la felicità. Si mostrò particolarmente affascinato dalla ruota del timone, perché naturalmente non aveva mai visto niente di simile.
Mentre Darragh lo osservava da vicino, Harlock ne approfittò per raccomandare a Mayu di non portarlo, per il momento, nella sala del computer centrale.
“Lo so, Harlock, ci avevo già pensato. Io credo che possiamo fidarci di lui, ma so che per te è importante custodire il segreto dell'Arcadia.”
“Sei una ragazza saggia. Presenterai Darragh a tuo padre un'altra volta.”
“In verità c'è un'altra cosa che vorrei chiederti: posso tornare sulla Dorcas? Darragh mi ha detto che non c'è più pericolo...”
In effetti non c'era più motivo di trattenere lì Mayu...
“D'accordo, quando arriverà la convocazione di Raflesia vi riporterò entrambi sulla Dorcas.”
La ragazzina gli sorrise con gratitudine e corse a strappare Darragh dal timone per proseguire il tour. Da soli.

 

A scadenze regolari, Harlock tornava nella sala del computer centrale nella speranza che Tochiro avesse già trovato la soluzione dell'enigma. Ma evidentemente la questione era ostica anche per lui... e come dargli torto? Si trattava di fatti accaduti migliaia di anni fa! Ma lui era nervoso e impaziente, e non sapeva spiegarsi il perché. Temeva anche che Raflesia lo chiamasse prima che lui avesse in mano il risultato.
Finalmente, trovò una stampata: a una prima occhiata, gli parve una frase in latino. Stranamente, Tochiro non l'aveva tradotta. Riprese anche la chiavetta, tornò in plancia e fece inviare il contenuto a Clarice.
“Grazie! Ah, prima mi sono dimenticata di dirti una cosa importante! Dall'analisi del tuo astrolabio è risultato che è proprio dell'epoca di Federico II!3 A presto, caro!”
Quella rivelazione aumentò la sua ansia. Si ripeté che si trattava solo di una coincidenza... che probabilmente significava semplicemente che i suoi antenati erano amanti delle antichità quanto lui...
Non resistette oltre. Tornò nella sua cabina e chiamò Raflesia con il comlink.
“Credo che tra poco avremo delle risposte da parte di Clarice - le disse senza tanti preamboli - Ma credo sia arrivato il momento di spiegarle ogni cosa. Di dire, a lei e anche agli altri scienziati, se lo ritieni opportuno, a che cosa serve davvero quell'edificio... È una questione di correttezza... ma sono convinto che così anche il loro lavoro sarà facilitato.”
“Sì, penso che tu abbia ragione. Forse avremmo dovuto farlo prima.. se non fosse accaduto tutto quel macello con Lavinia! Ti aspetto sulla Dorcas, appena puoi. Parleremo con la dottoressa Jones e gli altri. Poi convocherò il Consiglio Supremo.”
“D'accordo. Arrivo subito. Riporto Darragh e anche Mayu sulla Dorcas: sono ansiosi di riprendere il loro lavoro con Zero. E mi accompagnerà anche Kei Yuki.”
Raflesia assentì e chiuse la comunicazione.


Un'ora dopo una navetta con a bordo Harlock, Kei, Mayu e Darragh lasciava l'Arcadia alla volta della Dorcas.
Mentre i due ragazzi raggiungevano l'ospedale, il capitano e Kei si diressero alla sala delle ricerche, dove la regina aveva già radunato tutti gli studiosi che lavoravano al Voynich. Era presente anche Gudrun, ormai diventata a tutti gli effetti il braccio destro di Raflesia.
Appena entrato, Harlock percepì chiaramente una strana atmosfera. Gli sembrava che tutti lo stessero osservando con eccessivo interesse. Ma si disse che di certo era soltanto una sua impressione... era ormai troppo suggestionato da quella strana storia. Ma anche Clarice, di solito allegra ed espansiva, aveva un'espressione seria e grave, che non gli piacque per niente. Si chiese con inquietudine se fosse dovuta alla traduzione del testo trovato da Tochiro...
Raflesia prese la parola. Spiegò ai presenti per quale motivo l'antico edificio costruito da Federico II e il suo presunto “gemello” su Fanauraa fossero così importanti per la loro sopravvivenza. Gli astanti a quella rivelazione rimasero a lungo senza parole. Kei fissò Harlock con aria interrogativa, chiedendosi se fosse già al corrente di tutto. Ma lui rimase impassibile.
“Noi... - intervenne il professor Werner - … conosciamo la leggenda dell'aleph... ma non avevamo idea che fosse collegata a Castel del Monte. E io, personalmente, ritengo si tratti soltanto di un antico mito, senza alcun fondamento nella realtà.”
Gli altri studiosi approvarono con un cenno del capo.
Raflesia si preoccupò. Senza l'appoggio dei loro scienziati, sarebbe stato molto difficile per lei convincere il Consiglio Supremo ad allearsi con Zenobia... e ammettere davanti alle consigliere che la loro sovrana aveva affidato le sorti di Mazone a una leggenda... sarebbe stato molto rischioso per lei.
A quel punto Clarice, che fino a quel momento era rimasta in silenzio a fissare alcuni fogli che aveva in mano, parlò.
“Come fate, VOI, a conoscere l'aleph?”
Harlock trasalì. Lui non aveva mai sentito quella parola, prima che gliene parlasse Raflesia, mentre Clarice evidentemente sapeva molto bene cosa fosse. Il fatto, in realtà, non avrebbe dovuto stupirlo più di tanto.
La donna proseguì.
“L'aleph è la prima lettera dell'alfabeto ebraico. Si usa anche per indicare il numero uno, quindi Dio e l'Eterno. Secondo la Cabala, l'insieme di insegnamenti esoterici e mistici propri dell'ebraismo, ma non solo, le lettere hanno il potere di veicolare energia e luce divina. L'aleph, in particolare, ha molteplici significati: rappresenta il principio, la potenza, l'unione degli opposti, la duplicità che si trasforma in unicità e viceversa.4 E in questo è molto simile alla vostra leggenda, maestà: un unico punto che racchiude il tutto. Secondo alcune interpretazioni, l'aleph sarebbe in realtà di origine fenicia, quindi appartenente a una delle più antiche civiltà terrestri. E qui potrebbe stare il collegamento con Mazone: i Fenici, a loro volta, potrebbero averlo mutuato da voi, agli albori della nostra storia ...”
Clarice spiegò poi quanto aveva già riferito ad Harlock, cioè come, in base alla loro interpretazione del Voynich, in una data precisa del calendario terrestre presso il castello si sarebbe verificato un evento straordinario, ma solo in determinate circostanze.
“A questo punto, è ragionevole pensare che questo evento straordinario sia la manifestazione dell'aleph, non credete?”
Raflesia era forse la più scioccata di tutti. Nonostante avesse portato avanti con determinazione quel progetto, si rese conto che in realtà fino a quel momento non ci aveva creduto davvero. Era l'estrema illusione a cui si era aggrappata, non sapendo più a quale speranza rivolgersi. L'idea che invece potesse essere tutto vero, da un lato la esaltava, dall'altro la turbava profondamente.
“E... - chiese con un filo di voce - quali sarebbero queste circostanze?”
“Ecco, ci sarei arrivata adesso. Non ne avevamo la minima idea, fino a poco fa, quando abbiamo avuto in mano la soluzione di quella specie di giochetto enigmistico inserito nell'ultima parte del Voynich... Una serie di frasi in latino, che tradotte, si riferiscono, a nostro parere, esattamente a questo evento, che avverrà nell'ottava sala, nell'ottavo giorno dell'ottavo mese dell'anno. Ma non è finita: le frasi si rivolgono a un filius del Puer Apuliae e Stupor mundi, i due epiteti con cui veniva indicato l'imperatore Federico... un suo discendente, quindi. Ma non uno qualsiasi... la parola usata è praedo aëris... - a questo punto gli occhi cerulei di Clarice si posarono su Harlock - ... solo in sua presenza si manifesterà ciò che lui stesso cerca.”
“Che... cosa significa praedo aëris?” chiese timidamente Kei, quasi temesse la risposta.
“Letteralmente predone dell'aria... le conclusioni traetele pure voi.”
“Pirata dello spazio... - mormorò Raflesia con gli occhi sbarrati - La profezia! Abbiamo la prova!”




 

 

1 Vero.

2 “Puer Apuliae” (= fanciullo della Puglia) perché Federico fin da giovanissimo manifestò una particolare predilezione per quella terra, in cui infatti ristrutturò e costruì moltissimi palazzi e castelli (tra i quali, ovviamente, il nostro Castel del Monte); “Stupor mundi” (= meraviglia del mondo) lo defininì Matteo da Parigi (1200-1259), monaco benedettino inglese, autore di numerose cronache: Federico, del resto, non era tipo da lasciare indifferenti, nel bene e nel male.

3 Attualmente è piuttosto difficile datare i metalli antichi, ma possiamo supporre che nel XXX secolo questo sia diventato possibile.

4 A quanto ho capito, la questione è piuttosto complessa e le interpretazioni non sono univoche, ma sostanzialmente il concetto è questo.

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Capitolo 32
*** Codici, leggende, castelli e scrittori ***


Nella sala calò il gelo.
Harlock era pietrificato. Si sentiva prigioniero di un immenso complotto ordito millenni prima... Lui non credeva, poi, a profezie, previsioni del futuro, magie ed esoterismo... era un uomo pragmatico, e ogni cosa, anche la più strana, secondo lui aveva sempre una spiegazione logica e razionale. Aveva sempre pensato che Castel del Monte potesse essere, al massimo, un catalizzatore di energia, un collettore di forze celesti, una sorta di portale spazio-temporale... il frutto, insomma, di conoscenze scientifiche superiori trasmesse agli antichi abitanti della Terra...
Ma ora la vicenda stava prendendo tutt'altra piega, e lui si sentiva a disagio. Come all'epoca della lotta contro le forze soprannaturali scatenate da Noo.
Kei espresse ad alta voce la domanda che lui in quel momento non era in grado di formulare.
“E che cosa dovrebbe fare, il discendente dell'imperatore, perché questo... aleph si manifesti?”
“Questo non lo so. Il testo non lo dice.”
“Ma... potrebbe essere pericoloso?”
Kei era spaventata e non faceva nulla per nasconderlo.
“Vorrei poterti rassicurare, cara, ma davvero non ne ho idea. Io credo di no, parrebbe che sia semplicemente richiesta la sua presenza, ma è soltanto un mio parere.”
Raflesia fissò Clarice.
“Sarebbe disposta, dottoressa Jones, a ripetere davanti al Consiglio Supremo quello che ha detto qui?”
“Certo, maestà. Sosterrò la vostra causa con tutti i mezzi a mia disposizione.”
Raflesia si volse poi verso Harlock, un po' sorpresa dalla sua apparente apatia.
“Harlock... tu... tu sei disposto a collaborare perché possiamo evocare l'aleph? Hai sentito tu stesso: la tua presenza è essenziale.”
“Un momento! - gridò Kei scattando in piedi - A parte il fatto che qui si stanno dando per scontate troppe cose... Chi vi dice che sia proprio Harlock la persona di cui parlano il Voynich e la vostra profezia? E poi noi vogliamo delle garanzie... sul fatto che sia un compito privo di rischi! Altrimenti non se ne parla!”
Finalmente il capitano sembrò riprendersi dallo shock.
“Adesso calmati, Kei” disse con la sua voce pacata e profonda, che aveva il potere di rassicurare anche gli animi più tormentati.
“Ma Harlock, qui stanno prendendo delle decisioni che ti riguardano senza interpellarti...!”
“Veramente l'ho appena fatto - intervenne Raflesia - E non è stata presa alcuna decisione... si pronuncerà il Consiglio Supremo in merito. E non devo certo rimarcarvi l'importanza di questa missione. In ogni caso, adotteremo ogni precauzione perché nessuno si faccia male.”
“E come, se non sappiamo nemmeno che cosa dobbiamo fare?” chiese Kei lasciandosi cadere sulla sedia e scuotendo la testa. Le sembrava impossibile che, in pieno XXX secolo, si desse credito a storie simili... Perfino gli scienziati mazoniani non ci credevano! Non capiva, poi, in quale modo l'aleph, qualunque cosa fosse, avrebbe rivelato proprio quello che loro volevano sapere, cioè dove si trovasse un pianeta abitabile adatto al popolo di Mazone... anzi, due popoli di Mazone! Perché Harlock le aveva tenuto nascosto il vero nocciolo della questione? Le avrebbe dovuto dare un bel po' di spiegazioni!
Clarice interruppe il corso dei suoi pensieri.
“Io non so se sia proprio Harlock la persona indicata dal Voynich e dalla profezia. Ma ci sono parecchi elementi... pirati dello spazio di origini germaniche non ce ne saranno molti in circolazione... Ma soprattutto il fatto che l'astrolabio di Federico II sia in suo possesso... è un po' troppo per essere una semplice coincidenza, no?”
Harlock scosse la testa. Continuava a essere scettico.
“Non capisco - proseguì Kei - Come potevano parlare di predoni dell'aria nel Medioevo?”
“Ricordiamoci - spiegò Clarice - che questo testo non è medievale, è molto più antico... e, soprattutto, non è di origine terrestre. Gli uomini di quelle epoche non potevano conoscere l'esistenza di pirati spaziali, ma chi veniva dallo spazio, come gli antichi Mazoniani, sì.”
La ragazza, che, se possibile, era ancora più pragmatica di Harlock, si rifiutava di accettare quel ragionamento secondo lei privo di logica.
“D'accordo... ma da qui a prevedere il futuro... insomma, una profezia che si realizzerebbe millenni dopo...”
“Le antiche civiltà credevano molto nelle profezie. Pensavano che gli eventi futuri si potessero prevedere, anche se spesso in modo confuso e impreciso, e avevano elaborato diversi metodi per farlo.”
“Beh, il fatto che ci credessero non vuol dire che poi ci riuscissero davvero...”
“Io sono una scienziata, Kei, e dovrei credere soltanto a ciò che è dimostrabile in modo inoppugnabile. Eppure ti assicuro che ho visto cose che all'apparenza sfuggono a qualunque spiegazione logica, ma non si possono negare... sono lì, sotto i nostri occhi. Come già vi dissi una volta, non bisogna avere paura di cambiare punto di vista. Nonostante tutti i nostri progressi, noi continuiamo a conoscere una minima parte di ciò che ci circonda.”
Harlock si disse che un esempio delle teorie di Clarice lui ce l'aveva davanti tutti i giorni, da anni: il suo Amico.
Raflesia cominciava a dare segni sempre più evidenti di insofferenza. Di quella discussione filosofica a lei non importava un bel niente. Non è con quella che avrebbe sfamato il suo popolo.
“Scusate se mi intrometto... non mi hai ancora risposto, Harlock.”
Il capitano volse lentamente lo sguardo su di lei, che lo fissava con impazienza.
Il buon senso gli suggeriva che avrebbe dovuto farsi una bella risata, risalire sull'Arcadia e riprendere la sua vita da pirata, lasciandosi alle spalle quelle assurde storie di codici, castelli, profezie e apparizioni.
Ma c'era un'altra spinta, molto più potente, che lo trascinava dalla parte opposta e che già in passato lo aveva messo nei guai: la sua curiosità... o, meglio, la sete di conoscenza, o forse lo spirito di avventura, che in fondo sono un po' la stessa cosa. La stessa forza che induceva i suoi antenati a cercare sempre di superare il limite.
“Lo farò, Raflesia” disse semplicemente. Anche se non so ancora cosa, avrebbe voluto aggiungere.
Kei chiuse gli occhi un istante. Come aveva potuto illudersi che avrebbe dato una risposta diversa?
Raflesia invece parve respirare più sollevata, mentre Clarice si sfregava le mani manifestando la sua gioia senza ritegno.
“Convocherò immediatamente il Consiglio Supremo - disse la regina - Dobbiamo ottenere il consenso a organizzare la spedizione su Fanauraa, entrare nel castello e...”
“Però ci mancano ancora parecchi dati, maestà. Dobbiamo, per esempio, comparare il calendario terrestre con quello del pianeta, per vedere in quale data si verificherà l'evento. Che, ricordiamoci, è una sola volta all'anno... potremmo dover aspettare mesi...”
“Correremo il rischio... non abbiamo scelta.”
“E poi - rimarcò Kei - dobbiamo capire che cosa deve fare Harlock!”
Clarice rimase un po' soprappensiero.
“Molti scrittori hanno fantasticato sull'apparizione dell'aleph... uno in particolare1... Andrò a rileggere il suo racconto, anche se si tratta di finzione letteraria, forse ci può essere d'aiuto...”
Sempre meglio! Dopo pergamene ammuffite, leggende e profezie, ci affidiamo agli scrittori adesso! I membri del Consiglio Supremo ci butteranno fuori a pedate, altroché! fu il pensiero di Harlock.
Clarice chiese qualche ora di tempo per preparare, con l'aiuto di Werner e degli altri colleghi, una relazione dettagliata, e soprattutto convincente, da presentare al Consiglio Supremo. Raflesia acconsentì e uscì con Gudrun per inviare le convocazioni.
Harlock e Kei rimasero nella sala, ma si ritirarono in un angolo, per non disturbare gli studiosi.
“Perché non mi hai detto niente di questa storia?” chiese Kei. La voce era bassa, ma non per questo meno carica di rabbia.
“Raflesia mi aveva chiesto di mantenere il segreto, per prudenza. Vedi, nemmeno Clarice lo sapeva.”
“E tu fai sempre tutto quello che ti dice quella, vero?”
“Sì, se lo ritengo ragionevole” tagliò corto lui, con il tono di chi non intende discutere oltre.
“Non capisco che bisogno ha Raflesia di convocare il Consiglio Supremo? Insomma, è una regina, può fare quello che vuole, no? Non mi è mai sembrata molto democratica!”
“Invece proprio per quello lo fa, sulle questioni vitali. Ha la responsabilità di un popolo, prima di rischiare in prima persona deve avere l'autorizzazione.”
“Già... Ma... e se qualcuno approfittasse dell'assenza della sovrana per prendere il potere?”
“Non credo che in questo momento qualcuno abbia voglia di prendersi una grana simile...”
“E... se Lavinia avesse dei complici? Se fosse tutto un piano architettato con Zenobia per allontanare Raflesia? Non è un'idea così assurda, ammettilo!”
“Certo, lo so benissimo. Tutta questa storia presenta così tante incognite... a fronte di una speranza così labile... che non so nemmeno quanta ne valga la pena...”
Harlock era sinceramente preoccupato. Ma aveva già maturato una decisione: se il Consiglio Supremo avesse negato a Raflesia il permesso di andare su Fanauraa, ci sarebbe andato lui. In fondo, a quanto pareva, era lui la pedina indispensabile in quell'intrigo! E in tal caso l'eventuale trappola di Zenobia ai danni di Raflesia non avrebbe potuto scattare.
Se invece fosse stata organizzata una spedizione ufficiale... era molto combattutto, tra l'idea di recarsi su quel pianeta sconosciuto con l'Arcadia e il suo equipaggio, oppure aggregarsi a una nave mazoniana, portando con sé soltanto qualcuno dei suoi. E Mayu? A malincuore, l'unica soluzione sensata gli sembrava quella di lasciarla al sicuro sulla Dorcas, affidata a Zero, Gudrun e ... Darragh, con la clausola di riportarla sulla Terra in caso qualcosa fosse andato storto. Avrebbe preparato una delega per Tadashi, perché potesse occuparsi di lei nel migliore dei modi. Al pensiero che Mayu potesse di nuovo trovarsi da sola gli si strinse il cuore. Ma ormai era andata così... e in fondo la ragazzina quel rischio lo correva sempre, considerata la vita che facevano tutti loro.
Cercò di concentrarsi sulle prossime mosse. Aveva in testa mille domande, a cui però avrebbe poturo rispondere soltanto Zenobia. Non sarebbe stata una cattiva idea invitare anche lei, in collegamento, al Consiglio Supremo. Sospettava che le consigliere di Raflesia avrebbero avuto un bel po' di cose da chiederle, prima di prendere una decisione così importante e delicata. Si augurò che la regina ci avesse pensato per conto suo. Lui non era nella posizione di darle suggerimenti in merito. Per la verità, si chiedeva anche perché Raflesia ci tenesse così tanto alla sua presenza.
Di lì a poco, la sovrana di Mazone rientrò nella sala e confabulò a lungo con Clarice e gli altri studiosi. Poi si rivolse ad Harlock.
“Ho contattato ancora Zenobia e le ho chiesto di tenersi pronta a intervenire alla nostra riunione, se le consigliere lo richiederanno.”
“Ottima idea. Mentre io... esattamente che cosa vuoi che dica o faccia?”
“Tu sei il nostro salvatore, non dimenticarlo.”
“Raflesia... davvero pensi di convincere il Consiglio Supremo con questa argomentazione? Un'antica profezia?”
“Con questa e con quello che dirà Clarice. E poi tu e il tuo equipaggio potete darci supporto tecnico e logistico... Ti ricordo che le nostre risorse sono agli sgoccioli e le consigliere saranno molto restie ad autorizzare un'ulteriore dispersione di mezzi e persone.”
“Ecco, già questo mi sembra un discorso più accettabile. Per quando hai convocato l'assemblea?”
“Tra un'ora esatta.”
“Può essere presente anche Kei?”
Raflesia lanciò un'occhiata alla ragazza poco distante, che fingeva di non ascoltare, mentre era chiaro che non si perdeva una sola parola. Harlock dava ormai per scontato che la regina avesse capito perfettamente la natura dei loro rapporti, e riteneva inutile continuare a fingere.
“D'accordo, ma solo come spettatrice. Preferirei che non intervenisse. È troppo emotiva e la situazione è davvero delicata.”
“Hai la mia parola. Ci vediamo tra un'ora nella sala del Consiglio Supremo.”
E che il cielo ce la mandi buona!
Uscita Raflesia, si avvicinò Clarice, salvando il capitano da una probabile e imminente discussione con Kei.
“Ho riletto il racconto di quello scrittore, ma... all'apparenza chi ha la fortuna di vedere l'aleph non deve fare nulla... deve solo stare lì ad aspettare...” disse imperturbabile.
“Speriamo che sia davvero così... ma io continuo a non capire in che modo la mia presenza possa scatenare questo... fenomeno.”
Harlock non si dava pace.
“Piacerebbe saperlo anche a me... Forse si tratta di energie psichiche che soltanto i discendenti di Federico possiedono, anche se non ne sono consapevoli, che sono attivate grazie alla particolare struttura del castello e a determinate congiunzioni astrali. Questa è l'idea che mi sono fatta, anche se non ho prove, ovviamente. Il solo modo per scoprirlo... beh, lo sai qual è.”
Harlock annuì e la fissò gravemente.
“Tu sei cosciente dei rischi, vero? Potrebbe essere tutto un bluff... una trappola per eliminare Raflesia, e noi ce ne andremmo di mezzo. Noi siamo pirati, siamo abituati al pericolo, sappiamo che la nostra vita è precaria, ma tu... non sei tenuta a fare nulla. Puoi esporre la tua relazione, spiegare tutto quello che dobbiamo sapere e restare qui, al sicuro, fino al nostro ritorno.”
Clarice gli sorrise e gli prese le mani tra le sue.
“Harlock, sono abbastanza in là con gli anni da non avere paura di... sì, anche di morire. Ma questa per me è un'occasione unica di conoscere cose straordinarie e, qualunque cosa succeda, ne sarà valsa la pena. E poi io sono fiduciosa che andrà tutto bene!”
Harlock ricambiò il sorriso e la stretta di mano. Sapeva che con Clarice non c'era bisogno di insistere. Entrambi avevano detto ciò che avevano da dire e non era necessario aggiungere altro.
“Sta bene. E ora... andiamo in scena!”

 



 

 

1 Sempre Borges, nell'omonimo racconto. So che ne ha scritto anche Paulo Cohelo (2011), ma io non ho letto il romanzo.

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Capitolo 33
*** Il Consiglio Supremo decide ***


 

Per la seconda volta dunque Harlock si trovò seduto al tavolo del Consiglio Supremo. Clarice era accanto a lui, mentre Kei era stata fatta accomodare alle loro spalle.
Raflesia, che ora appariva perfettamente sicura di sé, illustrò la situazione, annunciando che avevano finalmente scoperto le intenzioni dei loro presunti nemici e che questi avevano proposto un'alleanza al fine di trovare una nuova patria per entrambi i popoli, che erano in realtà uno solo. Poi passò la parola a Clarice, che spiegò le conclusioni a cui era giunta con i colleghi mazoniani, con il supporto di immagini proiettate su un grande schermo al centro del tavolo.
Harlock intanto scrutava i volti delle consigliere, che però non lasciavano trasparire alcuna emozione. Soltanto quando Clarice pronunciò il suo nome, indicandolo come colui che avrebbe reso possibile la manifestazione dell'aleph, tutte si volsero a guardarlo.
Sia Raflesia che Clarice avevano parlato con grande convinzione ed entusiasmo, ma alla fine dei loro discorsi i membri del Consiglio Supremo erano ugualmente perplessi. E Harlock non se la sentiva di dar loro torto.
Parlò quella che sembrava la consigliera più anziana.
“Questa vicenda presenta molti punti oscuri. Maestà, voi ci chiedete di fidarci di gente di cui non sappiamo nulla, e di affidare la nostra sorte a... delle antiche leggende... Perdonateci, se siamo un po' scettiche.”
“So di chiedervi molto. E sono consapevole dei rischi e me ne assumo la responsabilità. Se lo ritenete opportuno, la regina Zenobia è disposta a intervenire a questa riunione e rispondere a tutte le vostre domande.”
“Scusate se mi permetto - intervenne ancora Clarice infervorata - ma devo sottolineare che, se ci sono molti punti oscuri e molte incertezze, ci sono però altrettanti elementi che vanno tutti nella stessa direzione... e non possono essere semplici coincidenze.”
Le consigliere si consultarono brevemente, poi parlò ancora la più anziana.
“Siamo curiose di sentire cos'ha da dire questa Zenobia.”
“Bene, la possiamo contattare subito. L'unica precauzione che vi chiedo è di non rivelare quale sia il ruolo del capitano in questa vicenda.”
Gudrun schiacciò una serie di pulsanti davanti alla sua postazione e nello schermo centrale apparve Zenobia.
Dopo i convenevoli di rito, la consigliera che aveva parlato prima invitò la nuova arrivata a rendere edotto il Consiglio Supremo sulla situazione del suo pianeta e sul misterioso castello.
“Il nostro pianeta, Fanauraa, presenta condizioni molto simili a quelle di Mazone e della Terra. È ricco di acque e di vegetazione, i terreni sono quasi tutti fertili, insomma, l'ideale per ospitare varie forme di vita. Riceve luce e calore da due stelle, più o meno equidistanti. Circa una cinquantina di anni fa, i nostri osservatori astronomici cominciarono a registrare una serie di anomalie nella loro attività: a periodi di intense radiazioni si alternavano momenti in cui queste sembravano rallentare fino quasi a cessare del tutto.1 Il clima, prima sempre costante (non abbiamo quattro stagioni, come sulla Terra, ma soltanto due, e con pochissime differenze l'una dall'altra) cominciò a cambiare, alternando, in modo del tutto imprevedibile, periodi di caldo insopportabile ad altri molto freddi. Capite bene che cosa questo ha comportato: non soltanto disagi alla popolazione, ma soprattutto alla vegetazione e alle nostre colture. Intere aree del pianeta sono diventate aridi deserti, altre si sono trasformate in distese di ghiaccio, che però a volte si sciolgono all'improvviso, con conseguenti inondazioni. E le cose sono andate sempre peggio, senza che i nostri scienziati abbiano potuto trovare una soluzione. Si ritiene che le nostre due stelle siano entrate nell'ultima fase del loro ciclo e che un giorno si spegneranno del tutto, rendendo a questo punto impossibile la vita su Fanauraa. Non siamo in grado di prevedere quando ciò avverrà, ma temiamo presto, vista l'accelerazione che gli eventi hanno avuto negli ultimi anni. Le nostre riserve di cibo ed energia si assottigliano ogni giorno di più... Non abbiamo scelta, dobbiamo andarcene al più presto.”
Le parole di Zenobia erano supportate da immagini, grafici e tabelle, che scorrevano sullo schermo, mostrando un pianeta, prima verde e prospero, ridotto a un ammasso discontinuo di sabbia, roccia o ghiacci, con poche zone ancora coltivate.
“Il problema è che non sappiamo dove andare... l'universo è sì immenso, ma ormai ogni pianeta abitabile conosciuto è già stato occupato. Noi non siamo in grado di portare avanti un'invasione armata, non ne abbiamo i mezzi e le competenze, oltre a non ritenerlo giusto. Non abbiamo nemmeno né il tempo né le risorse per mandare degli esploratori in giro per il cosmo... Ci servono risposte e riscontri più immediati. Per questo abbiamo pensato di ricorrere all'antica leggenda dell'aleph. Secondo la nostra mitologia, i nostri antenati lo utilizzarono per trovare Fanauraa. Se ha funzionato quella volta... perché non dovrebbe funzionare ancora?”
“Come? - chiese Raflesia - Come hanno potuto evocare l'aleph senza aver costruito l'edificio?”
“Questo non lo sappiamo. Forse su Mazone ne esisteva uno...”
La regina e le consigliere si guardarono perplesse.
“Non ci risulta sia mai esistito un edificio simile su Mazone...”
“Ne siete sicure?” intervenne Clarice.
“Ne avremmo sentito parlare, ce ne sarebbe traccia da qualche parte.”
L'archeologa rifletté qualche istante.
“In effetti è strano che ce ne fosse uno su tutte le colonie e nessuno sul pianeta madre... A meno che, visto che la Terra era da voi considerata la vostra seconda patria, l'edificio pertinente a Mazone fosse considerato Castel del Monte. Sì, credo che questa sia l'unica spiegazione logica.”
“E quindi si può ipotizzare che qualcuno di quegli antichi fuggiaschi abbia fatto una capatina sulla Terra per andare a Castel del Monte, evocare l'aleph e raggiungere il nuovo pianeta...” concluse Raflesia, un po' scettica.
“Sì, potrebbe essere, perché no? Oppure sono andati su qualche vostra colonia, più vicina... ” disse Clarice.
“Non lo sapremo mai, probabilmente - concluse Zenobia - E temo che ormai anche saperlo non servirebbe a molto. L'unica certezza che io ho è che l'aleph è la nostra ultima speranza, esattamente come per voi. Ora, a entrambi i nostri popoli serve una nuova patria. Noi abbiamo il castello e voi avete gli strumenti per scoprire come evocare l'aleph. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Una volta che sapremo dove andare, possiamo unire le nostre forze e rifondare il grande, glorioso Mazone!”
I presenti tacquero a lungo, come ponderando tra sé quanto avevano visto e ascoltato.
“Regina Zenobia - disse la solita consigliera - Vi ringraziamo per la vostra disponibilità e la vostra illuminante testimonianza. Vi comunicheremo quanto prima la nostra decisione.”
L'immagine di Zenobia si dissolse.
Le consigliere cominciarono a confabulare tra loro, mentre Raflesia appariva sempre più nervosa.
Si rivolse a Clarice.
“Zenobia non ci aveva mai detto di quella leggenda e non capisco perché... Che cosa potrebbe significare?”
“Se fosse vero, sarebbe senz'altro un punto a nostro favore, una prova che l'aleph esiste e funziona. Ma sarà difficile stabilirlo... potrebbe essere anche un semplice mito di fondazione.”
“Che cosa significa?”
“In tutte le civiltà antiche il racconto della nascita di una città importante è spesso legato a imprese straordinarie, a un eroe o una divinità. Come Roma, tanto per fare un esempio. Ma si sa che le leggende contengono sempre una parte di verità... basta saperla trovare.”
La consigliera anziana interpellò Harlock, spiazzandolo del tutto.
“Lei che cosa ne pensa, capitano?”
“Io... per quello che può valere il mio parere... date le circostanze, credo che non si debba lasciare nulla di intentato. Prenderemo ogni precauzione per ridurre al minimo i rischi, che, non possiamo nascondercelo, ci sono.”
“E come ritiene sia meglio agire, in base alla sua esperienza?”
“In questi giorni ho riflettuto a lungo. La mia proposta è di far partire per primi Zenobia e i suoi. La sua astronave è simile alla Dorcas, quindi è grossa, pesante e di conseguenza più lenta. Noi li seguiremo dopo qualche giorno con l'Arcadia, con a bordo la regina Raflesia e qualche sua collaboratrice, se lo vorrà. Una volta avute le coordinate di Fanauraa, sarò in grado di calcolare quanto tempo ci impiegheremo, con la navigazione in-skip. Prima di tutto, però, propongo che i nostri studiosi possano esaminare i due calendari e capire quale sia la data giusta... è inutile andare su Fanauraa con troppo anticipo. E poi intendo fare ancora un po' di... rifornimento, sia per noi sia per la popolazione di Mazone.”
I membri del Consiglio Supremo si consultarono ancora per alcuni minuti.
“Il Consiglio Supremo accorda il permesso di compiere questa spedizione. Chiediamo alla regina di lasciare precise istruzioni su come gestire le cose in sua assenza, indicando una o più persone di riferimento. Affidiamo a lei, capitano, la sicurezza della nostra sovrana e il buon esito dell'impresa.”
Harlock non credeva alle sue orecchie.
“Sono onorato dalla fiducia accordatami e farò tutto quanto in mio potere per esserne all'altezza.”
Le consigliere si congedarono con un inchino e abbandonarono la sala.
Raflesia si lasciò andare sullo schienale del trono con un sospiro di sollievo.
“Clarice, Harlock, vi ringrazio davvero dal profondo del cuore. Senza il vostro contributo non so se questa riunione avrebbe avuto l'esito che speravo.”
“Non c'è di che. Ora però abbiamo parecchio da lavorare. Dobbiamo procurarci il calendario in vigore su Fanauraa all'epoca della costruzione del castello. Se sarà necessario, per accorciare i tempi utilizzeremo il computer dell'Arcadia. Intanto, noi faremo qualche spedizione per procurarci viveri, medicinali e carburante per il viaggio, e anche per la Dorcas. Tu, Raflesia, devi lasciare tutto in mano a una persona fidata. Qualcuno potrebbe approfittare della tua assenza per sottrarti il potere, lo sai bene. Devi prodisporre ogni cosa per limitare il più possibile questo rischio.”
“Perché vuoi andare lì con l'Arcadia? Potremmo utilizzare i nostri mezzi...”
“Perché l'Arcadia è l'astronave più sicura che conosco. E io mi fido soltanto del mio equipaggio - disse Harlock lapidario - So che non è all'altezza di ospitare una regina del tuo rango, ma... faremo del nostro meglio per rendere il tuo soggiorno se non piacevole, almeno accettabile”.
Non aveva resistito.
Raflesia arrossì di sdegno.
“Sai benissimo che non è quello il problema!”
Harlock poteva soltanto immaginare la faccia di Kei all'idea di avere Raflesia che girava per l'Arcadia... ma anche i suoi uomini non avrebbero certo fatto i salti di gioia.
“Vorrei che Mayu e il dottor Zero restassero qui, sulla Dorcas, fino al nostro ritorno. E ora, credo sia arrivato il momento di comunicare a Zenobia la decisione del Consiglio Supremo e di chiederle quelle informazioni. Gudrun, quando ha un attimo vorrei parlarle. La aspetto nell'area ospedale.”
“Certo, capitano. La raggiungo appena possibile.”
Harlock uscì dalla sala con il suo passo cadenzato, seguito da Kei e da Clarice. Quest'ultima era al settimo cielo e cercava di coinvolgere la giovane nel suo entusiasmo, ma lei non l'ascoltava nemmeno,e teneva lo sguardo incupito rivolto a terra. Avrebbe dovuto immaginarlo, si diceva. Sapeva che Raflesia avrebbe dovuto andare su Fanauraa insieme a loro, ma da lì ad averla tra i piedi per un viaggio che, per quanto ne sapevano, avrebbe anche potuto durare mesi... Sapeva anche che la sua ostilità non aveva nulla a che vedere con la guerra passata e con il fatto che fosse mazoniana. Ma non aveva motivi concreti per protestare né contestare le decisioni di Harlock, che si era sempre comportato in modo impeccabile. Forse era lei a dover cambiare strategia... forse sarebbe stato meglio farsela amica, capire finalmente che cosa le passasse davvero per la testa... e trovare un po' di pace. Oppure approfittare della situazione per farla fuori... dopotutto, un incidente nello spazio può sempre capitare... Ma quello che non le perdonava davvero era di aver trascinato Harlock e tutti loro nel suo folle piano... e Harlock, da parte sua, ci si era buttato dentro a capofitto con mantello, stivali e tutto il resto...
La voce del capitano la distolse dalle sue meditazioni.
“Dei futuri arrembaggi ve ne occuperete tu e Yattaran, come l'altra volta. Cose poco impegnative e non troppo distanti da qui. Appena avrò parlato con Gudrun torneremo sull'Arcadia e cominceremo a organizzare questa spedizione... la cosa più assurda e irrazionale che abbia mai fatto” ammise.
“Ma... hai appena detto al Consiglio Supremo che non bisogna lasciare nulla di intentato!”
“Ed è quello che penso. Ciò non toglie che tutta questa storia sia semplicemente pazzesca e senza alcun fondamento che non siano antichi testi di dubbia interpretazione, leggende e profezie... Con l'età, probabilmente, comincio ad avere seri problemi di equilibrio mentale... Scusa lo sfogo, tientelo per te, per favore. In fondo, nella peggiore delle ipotesi si rivelerà un buco nell'acqua e torneremo al punto di partenza.”
“... oppure ci ritroveremo prigioneri di Zenobia su un pianeta sconosciuto...”
“Certo, anche. L'unica che sembra crederci ciecamente è Clarice, il che un po' mi conforta.”
Intanto, erano arrivati nella zona dell'ospedale. Informarono Zero e Mayu della decisione del Consiglio Supremo. La ragazzina si allarmò.
“Ma... sarà pericoloso?”
“No, abbiamo buoni motivi per credere che non lo sia. Non sappiamo però quanto tempo ci vorrà e tra un mese ricomincia la scuola... Mi dispiace, tesoro, non averti riportato subito sulla Terra” aggiunse Harlock con rammarico.
“Oh, non ti preoccupare di questo! Recupererò!”
E certo, adesso i tuoi interessi sono qua!
Quasi si augurò che alla data fatidica mancasse abbastanza tempo da permettergli di riaccompagnare Mayu in collegio.
Arrivò Gudrun.
“Eccomi, capitano! Di che cosa voleva parlarmi?”
“Si tratta di Mayu. Per ovvi motivi, dovrà restare qui, al sicuro. Non so se Raflesia le abbia chiesto di venire con noi...”
“No, ha deciso di dare a me tutte le deleghe per governare in sua assenza.”
“Allora affido Mayu a lei, oltre che al dottor Zero. Con un'unica condizione: se qualcosa dovesse andare storto e io non dovessi tornare, lei deve essere riportata sulla Terra. Io disporrò che il mio equipaggio non sbarchi su Fanauraa e torni qui, anche senza di me. Ma, se anche loro non dovessero farcela, dovrete provvedere voi. Ve lo chiedo come favore personale. Laggiù c'è qualcuno che può occuparsi di lei.”
“Certo, capitano, non si preoccupi. Ma io sono fiduciosa che andrà tutto bene!”

 



 

 

1 Non so se questo scenario sia scientificamente plausibile... abbiate pietà e prendetelo per buono!

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Capitolo 34
*** Preparativi e partenza ***


 

I giorni successivi furono piuttosto frenetici.
Zenobia era stata informata della decisione del Consiglio Supremo e aveva acconsentito a precedere la spedizione di Raflesia con la sua nave ammiraglia e la sua flotta. La loro presenza lì in effetti non aveva più ragione di essere. Fornì le coordinate per raggiungere Fanauraa, ma disse che avrebbe lasciato a far loro da guida una sua navetta. Raflesia non apprezzò affatto quella che le appariva come una mancanza di fiducia, ma Harlock la convinse ad accettare: loro non avevano nulla da nascondere e avere un appoggio avrebbe potuto invece fare comodo.
Maji calcolò che l'Arcadia, viaggiando nell'iperspazio, avrebbe impiegato poco meno di tre settimane per arrivare a destinazione.
Zenobia aveva anche fatto avere a Clarice il calendario in uso su Fanauraa: diversamente che sulla Terra, loro avevano sempre avuto un unico sistema per scandire il tempo, lo stesso da sempre. Naturalmene non avevano alcuna certezza che le indicazioni contenute nel Voynich riferite a Castel del Monte potessero essere applicate anche all'edificio gemello su Fanauraa. Era necessario poi comparare l'orientamento dei due edifici rispetto al sole... che nel caso di Fanauraa erano due. Insomma, lo studio si prospettava ancora lungo e complesso, ma questa volta Harlock decise che, visto che non avevano più tempo, sarebbero ricorsi subito all'aiuto del computer centrale. Fece quindi inserire immediatamente tutti i dati di cui disponevano.
Intanto, Kei e Yattaran avevano individuato un'altra serie di navi da carico particolarmente interessanti e facili da raggiungere. Il capitano ne scelse una decina e organizzò gli arrembaggi, con somma soddisfazione della ciurma, che cominciava a non poterne più di quell'ozio forzato. E anche Harlock si rese conto di essere euforico, all'idea di tornare finalmente alla sua solita vita, dimenticando per un po' la surreale vicenda in cui si era trovato coinvolto.
Mancavano soltanto i risultati elaborati dal computer centrale, che tutti attendevano con impazienza crescente. Ma Tochiro anche questa volta non li deluse. Harlock li consegnò direttamente a Clarice.
“Siamo fortunati, Harlock! Sembrerebbe che, siccome su Fanauraa ci sono due soli, lì l'evento si potrebbe verificare due volte all'anno, e una è esattamente tra un mese!”
A quel punto, non c'era più un minuto da perdere e si intensificarono gli sforzi per poter partire al più presto. Il margine di tempo era esiguo, considerata la durata del viaggio, e dovevano fare in modo che non ci fossero contrattempi.
Le spedizioni dell'Arcadia erano state come al solito coronate da successo e avevano permesso di riempire le stive e di lasciare consistenti rifornimenti per il popolo mazoniano.
Sull'astronave pirata si imbarcarono Raflesia, una giovane assistente tuttofare, Talia, e un ufficiale medico di nome Ipazia, visto che Zero sarebbe rimasto sulla Dorcas. Harlock dubitava che i suoi pirati si sarebbero fatti curare da una Mazoniana... o forse sì, considerata la sua avvenenza... In ogni caso, poiché temeva che la regina si sarebbe portata dietro molta più gente, ne fu sollevato. Imporre la presenza di troppe Mazoniane al suo equipaggio avrebbe potuto essere problematico, tre tuttosommato erano gestibili. Anche se una era nientemeno che la sovrana!
All'ultimo momento, Clarice chiese che potesse accompagnarli anche il professor Werner, per il supporto scientifico che avrebbe potuto fornire. Il capitano ritenne fosse una richiesta più che ragionevole e accordò il permesso.
Fece anche sistemare al meglio quattro cabine in un'area abbastanza appartata dell'astronave, più una stanza comune dove avrebbero potuto riunirsi. I Mazoniani avevano portato con sé anche dei viveri, visto che la loro dieta era diversa da quella umana, così non avrebbero nemmeno dovuto condividere i pasti con i pirati. Insomma, in teoria avrebbero potuto compiere l'intero viaggio senza dover interagire in alcun modo con loro. La più felice di tale prospettiva fu Kei, mentre Harlock sapeva che non avrebbe potuto evitare di discutere con Raflesia le mosse da compiere, una volta arrivati a Fanauraa. Dovevano valutare ogni possibilità, prevedere ogni eventualità, non potevano permettersi, insomma, di farsi cogliere impreparati.
Prima di partire, Harlock consegnò a Zero, senza farsi scorgere da Mayu, una busta.
“Sono delle disposizioni per Tadashi... nel caso non dovessimo fare ritorno... affido a lui la tutela di Mayu. Ma non lo dica a lei, per favore, si angoscerebbe, mentre è soltanto una precauzione, un modo per farmi partire tranquillo.”
Ma, in realtà, lui tranquillo non lo era affatto.

I primi giorni di navigazione scorsero senza problemi.
L'amato astrolabio era tornato sano e salvo sull'Arcadia, con grande sollievo del capitano, anche se non nella sua cabina: Clarice aveva chiesto e ottenuto di poterlo tenere nel suo alloggio.
La donna si incontrava spesso lì con il professor Werner e talvolta Harlock partecipava alle discussioni, anche se soltanto come spettatore. Sperava che, prima del loro arrivo, si riuscisse a chiarire il suo ruolo nella faccenda. Temeva che la sua presunta capacità di evocare l'aleph fosse collegata esclusivamente a Castel del Monte, in virtù della sua discendenza da Federico II, mentre su Fanauraa fosse richiesta un'altra persona. Oltretutto, l'edificio costruito su quel pianeta era, in un certo senso, “abusivo”... A quale luogo era destinato veramente il Libro della Vita sottratto dagli antichi cospiratori mazoniani? Più ci pensava, più il capitano si convinceva che la loro speranza fosse pura e semplice follia... ma ormai c'erano dentro fino al collo e non era più possibile tirarsi indietro. La probabilità di andare incontro a una cocente delusione, però, a suo giudizio era molto alta...
Raflesia invece i primi tempi stette per conto suo, con l'unica compagnia delle sue collaboratrici, e Harlock decise di lasciarla in pace. Poteva capire il suo disagio nel trovarsi a bordo dell'astronave che aveva sconfitto il suo agguerritissimo esercito e distrutto il suo sogno. Ma era deciso a mantenere fede alla sua promessa e così un giorno andò a bussare alla porta della sua cabina.
Dopo qualche frase di circostanza, il capitano le ricordò il patto stretto tra loro su Ades... sembrava una vita fa. La regina parve un po' sorpresa che, dopo tutto quanto era accaduto, lui se ne ricordasse ancora e soprattutto intendesse davvero onorare quell'accordo, ma accettò di buon grado. In fondo, cambiare un po' ambiente le avrebbe fatto bene.
“Non sappiamo cosa succederà dopo il nostro arrivo su Fanauraa... quindi ti conviene approfittare di questi giorni tranquilli” le disse Harlock con un sorriso.
Nella sua cabina, nell'hangar e in sala comando Raflesia era già stata durante la sua visita precedente, quindi Harlock la condusse direttamente al cuore stesso dell'Arcadia: il computer centrale.
Se, durante il lungo percorso attraverso i bui corridoi della nave, la regina non aveva manifestato particolari emozioni, davanti all'enorme macchinario non riuscì a dissimulare lo stupore. Dopo averlo osservato in silenzio alcuni minuti, si rivolse ad Harlock.
“Mi è venuto in mente ora un dettaglio: quando abbiamo parlato del computer centrale, su Ades, tu promettesti che mi avresti svelato chi fosse veramente... non che cosa fosse. Non ci avevo fatto caso, finora. Che cosa intendevi dire?”
Lui si aspettava quella domanda e si era preparato accuratamente la risposta, anche se non era affatto sicuro che una Mazoniana fosse in grado di comprenderla.
“Come avrai intuito, questo non è semplicemente un computer molto sofisticato. È vero, si comporta come un essere senziente... perché lo è. Vedi, l'Arcadia fu progettata e costruita da un uomo fuori dal comune, un vero genio, sotto ogni punto di vista, professionale e umano, che mi onorava della sua amicizia: Tochiro Oyama.”
“Oyama... ma...?”
“Sì, il padre di Mayu. Morì prematuramente e all'improvviso, ma non volle abbandonare coloro che amava... Raflesia, non so come sia per voi Mazoniani, ma secondo noi terrestri l'essere umano ha in sé una parte che non è riconducibile alla mera fisicità: un insieme di intelligenza, sentimenti, aspirazioni, ideali... qualcosa che ci accompagna per tutta la vita e che non viene mai meno, nemmeno quando il corpo si ammala o invecchia. Noi la chiamiamo di solito anima... e per molti di noi, soprattutto per chi professa una qualche religione, essa non muore con il corpo, ma gli sopravvive per l'eternità, anche se nessuno sa esattamente dove vada. Beh, Tochiro è riuscito a infondere la sua anima in questo computer ed è diventato l'anima stessa dell'astronave. Di solito la governiamo noi, ma a volte essa è come se vivesse di vita propria. E lui... lui parla ancora con me... mi sostiene, mi consiglia, comprende i miei sentimenti e le mie angosce... anche se non posso più vederlo, lui è sempre rimasto con me. Non so se riesci a capire, Raflesia...”
Harlock aveva iniziato a parlare con crescente calore, tradendo la commozione che lo coglieva sempre quando pensava al suo amico, anche se la regina non poteva saperlo.
“Non... non so se ho capito tutto, Harlock. Ma credo di aver compreso quanto questa persona fosse importante per te... Vedi, non è vero che noi non proviamo sentimenti... conosciamo l'amicizia e anche l'amore... quando ce li possiamo permettere. L'unica differenza con voi umani è che noi non lasciamo mai che prevalgano sulle priorità. Io... io ho dovuto mettere tutto questo da parte, negli anni dell'esodo e della guerra... e anche ora, ho la responsabilità e il dovere di portare in salvo il mio popolo. Null'altro conta per me.”
“Lo so. Non ho mai approvato certe tue decisioni, ma capivo che erano fatte nell'interesse della tua gente, o almeno così era nelle tue intenzioni. Ti posso augurare solo che tu abbia un giorno la possibilità di essere felice.”
Raflesia sorrise amara.
“Felicità? Che cosa è la felicità per te, Harlock?”
“È una domanda difficile, regina.”
La conversazione stava prendendo una piega inaspettata. E anche troppo personale.
Harlock aveva sempre pensato che la felicità non fosse concessa agli esseri umani, e sicuramente non a lui... eppure, con il tempo e la maturità, si era reso conto che non era proprio così. Lui, per esempio, l'aveva trovata nell'Amore, in tutte le sfaccettature in cui lui l'aveva incontrato: verso la libertà e la giustizia, verso la Terra, verso Tochiro ed Esmeralda, verso la sua nave e il suo equipaggio, verso Mayu e Kei... alla fin fine, dava un senso alla sua vita, la rendeva piena e degna di essere vissuta.
Ma non poteva certo andare a raccontare queste cose a una donna che aveva dimostrato di non tenere in gran conto i sentimenti. Come del resto aveva appena ammesso...
Il trillo della ricetrasmittente lo salvò da quella situazione imbarazzante. Clarice gli chiedeva di raggiungere lei e il dottor Werner nel suo alloggio: avevano fatto delle scoperte interessanti e volevano comunicargliele subito. Il capitano pensò che i due non avrebbero avuto nulla in contrario se fosse stata presente anche Raflesia e così la invitò a seguirlo.

“Come sapete, il dottor Werner è un esperto di storia mazoniana - esordì Clarice - In questi giorni abbiamo cercato di comparare la cronologia del Voynich e dell'epoca di Federico, in particolare con l'edificazione di Castel del Monte, con la congiura che portò alla creazione di questa civilità mazoniana alternativa. Ci mancano parecchi riscontri, naturalmente, perché non conosciamo la storia dei Mazoniani di Fanauraa, ma secondo noi le cose sono andate così: l'epoca del tentato colpo di stato, dai dati in nostro possesso, coincide più o meno con l'anno Mille terrestre e quindi, come ricorderete, con la redazione della nostra copia del codice Voynich, o Libro della Vita che dir si voglia. Quindi, si può ipotizzare che i cospiratori abbiano rubato il volume destinato alla Terra, altrimenti non si spiega come mai Castel del Monte e l'edifico su Fanauraa siano praticamente uguali... I Mazoniani probabilmente hanno dovuto successivamente produrre un'altra copia e consegnarla agli antenati di Federico.”
“Ma - intervenne Raflesia - noi sappiamo che anche altre colonie mazoniane avevano una copia del Libro della Vita e quindi quasi di sicuro un edificio simile, anche se non ne sono rimaste tracce. Magari erano tutti uguali!”
“Sì, certo, questo è soltanto uno degli scenari possibili. È la coincidenza temporale che ci ha fatto giugere a questa ipotesi. Questo però esclude che i fuggiaschi abbiano usato Castel del Monte per evocare l'aleph e trovare la loro nuova patria, perché all'epoca l'edificio non era ancora stato costruito. A meno che non abbiano vagato nello spazio per 250 anni... cosa che appare improbabile. Oppure magari prima si sono stabiliti per un po' da qualche altra parte... Secondo me, è molto più probabile che abbiano trovato Fanauraa per qualche altra via, magari per caso, e poi abbiano creato la leggenda dell'aleph. Però sembrerebbe proprio che Fanauraa sia incredibilmente simile alla Terra... Abbiamo verificato la struttura dei due edifici e coincidono alla perfezione. Abbiamo anche pensato quindi che qualche Fanauriaano abbia effettivamente visto Castel del Monte, in una qualche epoca. Però contiamo di poter fare altre verifiche sul posto. Insomma, tutto questo per dire che secondo noi ci sono buone possibilità che la cosa funzioni” concluse Clarice con un sorriso rassicurante.
“Bene. Ce lo auguriamo tutti. Avvertiteci se fate altre scoperte e ancora grazie per il vostro lavoro” aggiunse Harlock prima di congedarsi. Avrebbe tanto voluto condividere l'ottimismo di Clarice.
Appena fuori nel corridoio, il capitano si rivolse a Raflesia.
“Prima del nostro arrivo su Fanauraa, vorrei incontrarmi con te, le tue collaboratrici e i miei ufficiali. Dobbiamo approntare una strategia. Non sappiamo che cosa ci aspetta davvero laggiù e dobbiamo essere pronti ad affrontare qualsiasi situazione.”
“Sì, Harlock, sono d'accordo con te. Decidi tu quando e fammi sapere.”

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Capitolo 35
*** Su Fanauraa ***


 

La meta si avvicinava rapidamente. Erano riusciti anche a recuperare qualche giorno sulla tabella di marcia. La navetta mazoniana, che prima li precedeva, ora li seguiva a brevissima distanza.
Harlock aveva organizzato la riunione con Raflesia, Ipazia, Kei, Yattaran e Maji. Discussero a lungo su come affrontare ogni possibile difficoltà. Harlock fu irremovibile su un punto: su Fanauraa sarebbero sbarcati con lui Clarice, Kei, Meeme, Raflesia, Ipazia e il dottor Werner. L'Arcadia sarebbe rimasta in orbita intorno al pianeta, restando in contatto con loro, pronta a intervenire o ad andarsene immediatamente, secondo gli ordini che il capitano avrebbe impartito.
Quando Clarice, Kei e i Mazoniani se ne furono andati, Yattaran e Maji protestarono: secondo loro era un'imprudenza bella e buona andarsene a spasso, senza un'adeguata scorta, per un pianeta sconosciuto tra gente sconosciuta. Ma Harlock fu irremovibile.
“Ne abbiamo già parlato. Se qualcosa va storto, soltanto se voi sarete a bordo dell'Arcadia potrete fare qualcosa per aiutarci. Se qualcosa va irrimediabilmente storto, dovete tornare subito sulla Dorcas, recuperare Zero e Mayu e riportarla sulla Terra.”
“E... dopo? Che cosa faremo, eh, senza di te?” chiese Yattaran esasperato.
“Oh, avanti, siete grandi ormai! Siete perfettamente in grado di cavarvela da soli! E ricordatevi sempre, soprattutto, che siete uomini liberi, con o senza di me!”
“Ma perché ti porti dietro le ragazze? Clarice capisco, non puoi farne a meno, ma Kei e Meeme... perché correre rischi inutili?”
Il capitano allargò le braccia. Quelle due sapevano essere più testarde di lui.
“Vuoi parlarci tu e convincerle? Te lo sconsiglio. Io ci ho rinunciato. Ci tengo alla mia incolumità!”

Finalmente giunsero nei pressi di Fanauraa e poterono abbandonare la navigazione in-skip. La navetta mazoniana si posizionò di nuovo davanti a loro, indicando la rotta che li avrebbe condotti nell'astroporto della capitale, dove risiedeva Zenobia.
Yattaran trasferì le immagini del pianeta sullo schermo grande in plancia e ne rilevò i parametri. Era poco più grande della Terra, ricco di acque e di vegetazione, con due soli. Ma, man mano che si avvicinavano, apparivano sulla superficie anche delle vaste zone aride. Finora, quindi, tutto sembrava coincidere con quanto aveva mostrato loro Zenobia.
“Fermiamoci qui” stabilì Harlock, appena furono entrati nell'orbita del pianeta.
Una grossa navetta era già equipaggiata nell'hangar e anche tutti i partecipanti alla spedizione erano pronti per la partenza.
“Gli ordini li avete - disse il capitano, laconico come sempre - Ci terremo in costante contatto con le ricetrasmittenti. Io terrò addosso anche quella invisibile che mi aveva dato Yattaran, così voi saprete sempre che cosa sta succedendo. A presto!”
“Buona fortuna!” disse Yattaran, guardando allontanarsi il gruppetto, con aria di disapprovazione.

Raflesia aveva disposto che Talia restasse sull'Arcadia. Mentre raggiungevano l'hangar, Harlock le chiese la ragione di quella scelta.
“Se non dovessi tornare, deve riferire i miei ordini a Gudrun e al Consiglio Supremo” rispose la Mazoniana impassibile. Se fosse in ansia, non lo dava assolutamente a vedere, e il capitano si ritrovò a pensare a quanto in realtà loro due fossero simili.
L'unica che non sembrava avere alcun timore, anzi, non vedeva l'ora di mettere piede su Fanauraa, era Clarice. Parlò quasi intinterrottamente per tutto il tragitto, e finì per contagiare i suoi compagni di viaggio con il suo ottimismo e il suo entusiasmo.
All'astroporto di Ataahua1 trovarono ad attenderli una delegazione inviata dalla regina Zenobia. Appena scesi dalla loro navetta, li investì una ventata di aria molto calda, quasi soffocante. Furono fatti salire su una grossa automobile volante, dagli interni comodi e lussuosi, e soprattutto freschi, che li condusse al palazzo reale. Harlock guardava fuori dagli ampi finestrini, cercando di imprimersi nella memoria quanti più particolari possibili. Osservava con attenzione gli edifici, le strade e gli abitanti, intenti alle loro faccende quotidiane. All'apparenza, la vita scorreva senza problemi, in quella che sembrava una città prospera e tranquilla. Ma in effetti, il capitano aveva notato subito l'aria arroventata che li aveva accolti: per loro, abituati al gelo siderale, era certo più difficile da sopportare, ma comunque non era normale. Aveva qualcosa di malsano. Quanto tempo restava a quel pianeta, prima di diventare invivibile?
Il palazzo reale era una severa costruzione di pietra nera e lucida, dagli alti soffitti sorretti da colonne. Ad Harlock ricordò certe antiche cattedrali terrestri.
Zenobia li ricevette nella sala del trono, insieme ad alcuni dignitari. Harlock notò, non senza una certa soddisfazione (e anche sollievo), che tra loro c'erano anche individui di sesso maschile. Evidentemente, la civiltà mazoniana bis aveva seguito un'evoluzione un po' diversa... più equilibrata.
Dopo che si furono accomodati e i servitori ebbero offerto loro da bere, Zenobia parlò.
“Vi sono stati assegnati degli alloggi qui nel palazzo, per tutto il tempo che vi servirà. Ho convocato per domani i massimi esperti della storia antica di Fanauraa e di Whare Koura2, come noi chiamiamo il nostro antico castello: sono a vostra totale disposizione. Se ora volete andare a riposarvi...”
Harlock scambiò un'occhiata veloce con Clarice.
“Se possibile, maestà, vorremmo fare subito un sopralluogo preliminare sul sito. Mancano pochi giorni al fenomeno che aspettiamo e ogni minuto è prezioso.”
“Certo, capisco. Sarete accompagnati subito lì. Il castello si trova fuori città, ma con i nostri mezzi sarete lì in poco più di un'ora. Ci rivediamo qui stasera. Ci sarà un banchetto in vostro onore.”
“Un banchetto? In una reggia? - pensò subito Kei con sgomento - Ma io non ho portato niente da mettermi!”
Il gruppetto risalì subito sullo stesso veicolo che li aveva condotti lì, che ripartì a gran velocità. In pochi minuti si ritrovarono in aperta campagna. Una campagna coltivata con cura, ma dove qua e là si intravedevano chiari segni di sofferenza: ogni tanto, all'improvviso compariva un campo ingiallito, un gruppo di alberi secchi, un bacino d'acqua quasi prosciugato... Harlock ne approfittò per comunicare a Yattaran che stavano bene e tutto procedeva senza intoppi.
Il castello apparve da lontano, in cima a una collina, in tutto il suo fascino misterioso. Clarice batté le mani, al colmo della felicità.
“È proprio lui, è uguale! Voi non potete capire... sulla Terra ho potuto studiare solo ruderi, ma qui... qui è tutto intero, ed è meraviglioso!”
L'auto volante li lasciò poco distante dall'ingresso. Uno degli accompagnatori spiegò ai custodi chi fossero quelle persone e che cosa dovessero fare, per incarico della regina in persona. Il palazzo, infatti, era considerato un monumento storico ed era aperto al pubblico, con orari di visita ben precisi.
Varcarono il portale quasi in religioso silenzio. Il vento soffocante era un po' calato, forse perché ormai si approssimava la sera. Clarice li guidava, indicando loro le varie parti.
“Sto usando una piantina di Castel del Monte, in realtà. Coincide tutto in modo impressionante...”
“Avremo modo di visitarlo con calma domani - disse Harlock - Ma ora credo che non ci rimangano molte ore di luce, quindi ci conviene andare subito a vedere il luogo dove ... - si interruppe di colpo, temendo che qualche estraneo potesse sentire - il luogo che ci interessa.”
“Sì, hai ragione. Allora, dobbiamo andare nell'ottava sala, che dovrebbe essere - l'archeologa indicò un punto sulla piantina - proprio qui! Dobbiamo salire al piano superiore.”
Si inerpicarono per la stretta scala di pietra e percorsero diversi ambienti, riccamente decorati con mosaici e dipinti, prima di giungere all'ultima sala, rivolta a sud-est. Si assicurarono che non ci fosse nessuno nei paraggi e Harlock si mise di guardia vicino alla porta, per controllare che non si avvicinasse qualche visitatore tardivo o qualche custode troppo curioso.
“Ecco - sussurrò Clarice, indicando la bifora esterna che illuminava l'ambiente - Da lì dovrebbe entrare il raggio di sole che, attraversando la porta-finestra sulla parete opposta, andrà a illuminare un bassorilievo scolpito sul muro ovest del cortile. Dovremmo andare a controllare anche lì se si vede qualcosa. Come vi ho detto, il bassorilievo di Castel del Monte non solo è andato perduto, ma non se ne ha alcuna testimonianza, né una descrizione né un disegno.”
Harlock si guardò intorno. La sala, tolte le decorazioni e le elaborate sculture sulle pareti e sul soffitto, era completamente spoglia, non aveva mobilio né arredi di alcun genere. Si affacciò alla porta-finestra che dava sul cortile e scrutò il muro di fronte. A quella distanza, però, non era possibile distinguere con precisione alcunché.
“D'accordo. Qua per ora abbiamo finito. Scendiamo in cortile.”
Sulla parete interna del cortile, in realtà, di bassorilievi e iscrizioni ce n'erano parecchi. Era impossibile stabilire quale sarebbe stato illuminato dal sole in quella data fatidica. Clarice scattò molte fotografie.
“Secondo quanto sappiamo, il raggio dovrebbe colpire la parte centrale del muro. Spero che gli studiosi di Fanauraa sappiano dirci qualcosa su queste sculture e sul significato delle iscrizioni... sono in alfabeto mazoniano, suppongo.”
Il dottor Werner, che da quando erano arrivati non aveva mai smesso di osservare e prendere appunti, assentì.
“Sì, i caratteri sono mazoniani. Ma le abbreviazioni usate non mi sono note3. Dovremo chiedere ai nostri colleghi di illuminarci.”
“Guardate! Quelle figure... Sì, mi sembrano proprio riproduzioni di alcuni disegni del Voynich! Piante, fiori, stelle... Dovrò verificarle, ma ne sono quasi sicura!”
Tutti si chiedevano soprattutto, però, dove e in che modo sarebbe apparso l'aleph... non sapevano nemmeno che aspetto avesse... Raflesia aveva detto che era più un'esperienza, che un vero e proprio oggetto fisico, ma sapere questo non era di alcun aiuto. Probabilmente, considerò Harlock, non c'era nient'altro da fare se non raccogliere più informazioni possibili e aspettare il giorno giusto.
Fecero così ritorno alla reggia e furono accompagnati nelle stanze loro assegnate.
Kei storse la bocca, quando si rese conto che lei e Harlock avrebbero avuto camere separate, e glielo fece notare, contrariata. Soprattutto la irritava la tranquillità con cui lui aveva preso la cosa.
“E perché avrebbero dovuto fare in un altro modo? Zenobia evidentemente ignora, almeno lei, che tu e io sull'Arcadia viviamo nel peccato!”
“Stupido!”
“Puoi sempre raggiungermi nottetempo...” aggiunse il capitano ironico.
“Potresti farlo tu - ribatté la bionda piccata - E non è affatto detto che ti lasci entrare!”
Il malumore di Kei svanì all'istante quando nella sua stanza trovò tre bellissimi vestiti, destinati alla cena di quella sera. Zenobia doveva aver previsto che loro non si fossero portati abiti eleganti, ma l'etichetta di corte imponeva un certo decoro per tutti.
Kei si divertì a provarli, sorridendo all'immagine che le restituiva lo specchio. Con la vita che faceva, e che adorava, non aveva molte occasioni per indugiare alla frivolezza e spesso lei stessa dimenticava di essere pur sempre una donna, giovane e bella. E innamorata. Era sicura che Harlock non badasse a queste cose... però, invece, magari qualche volta gli avrebbe fatto piacere vederla così... A proposito, pensò divertita, chissà se anche lui si sarebbe adeguato al dress-code della serata...

Com'era prevedibile, Harlock aveva tranquillamente ignorato il dress-code della serata! Bussò alla porta di Kei fresco di doccia e di barba, ma vestito come al solito. Restò a bocca aperta quando Kei gli comparve davanti con l'abito che aveva scelto, che esaltava la sua figura longilinea: lungo e azzurro, con un piccolo spacco laterale e una scollatura appena accennata. Aveva i capelli raccolti e un filo di trucco.
“Sei bellissima!” non poté fare a meno di esclamare, sinceramente ammirato.
Kei arrossì di piacere... forse era davvero il caso di sorprenderlo più spesso.
“E tu? Non sei stato omaggiato di abiti adeguati?”
“Io? Boh, sì, forse c'era qualcosa, ma non era di mio gusto!”
Le porse il braccio, spiazzandola ancora di più, lui che in pubblico non si lasciava mai andare a gesti del genere.
Lungo il corridoio, seguendo una specie di maggiordomo che li scortava verso la sala del banchetto, si unirono a loro gli altri compagni, tutti agghindati per l'occasione. Raflesia, Ipazia, Meeme e Clarice non erano da meno, quanto a eleganza.
“Lei e io saremo gli uomini più invidiati della serata, capitano” lo apostrofò il dottor Werner, indicando le cinque affascinanti signore che li accompagnavano.
“Sì, lo credo anch'io” rispose Harlock, a cui non era sfuggito lo sguardo di ammirazione del professore rivolto a Clarice.
Il banchetto si rivelò una cena abbastanza ristretta, con non più di una trentina di partecipanti oltre a loro, per lo più ministri e consiglieri della regina. Raflesia ebbe il posto d'onore, di fronte a Zenobia, a sottolineare il suo alto rango, pari a quello della sovrana di Fanauraa.
Superati i primi momenti di imbarazzo, la serata fu piacevole, ma soprattutto istruttiva, perché tutti gli invitati erano al corrente del motivo per cui gli ospiti si trovavano lì, e sia Raflesia che Harlock ne approfittarono per saperne di più sulla situazione del pianeta.
“Siete in grado di fare qualche previsione riguardo alla sopravvivenza di Fanauraa? - chiese il capitano - Insomma, sapete quanto tempo avete prima che diventi impossibile restare?”
“In realtà, no - rispose una donna piuttosto matura - L'andamento climatico è molto irregolare, come già sapete. Stiamo già razionando il più possibile i viveri e attuando un rigido programma di risparmio energetico, e questo ci darà qualche vantaggio, ma i nostri esperti stimano che ci possano restare ancora cinque anni, otto al massimo, se non cambia qualcosa. Ed è molto improbabile che accada, non in meglio.”
Harlock calcolò mentalmente che otto anni erano molto pochi, per organizzare un esodo di massa come quello che aveva affrontato Raflesia. La situazione era davvero difficile per quella gente.
Clarice e il dottor Werner furono invitati a illustrare ai convitati le loro teorie su Whare Koura, di cui intendevano discutere il giorno seguente con i loro colleghi. Le perfette corrispondenze tra il palazzo e Castel del Monte facevano ben sperare in un esito positivo.
Se i presenti avessero delle perplessità sulla faccenda, non le lasciarono trasparire. Probabilmente ne avevano già parlato a lungo con Zenobia, prima del loro arrivo su Fanauraa.
Concluso il banchetto, Zenobia comunicò a Clarice e Werner che l'appuntamento con gli studiosi era alle nove del mattino seguente, presso l'archivio storico del palazzo. Naturalmente, tutti loro avrebbero potuto partecipare all'incontro, se avessero voluto. Dopodiché, augurò ai presenti la buonanotte e si ritirò.
Anche loro cominciavano ad accusare una certa stanchezza e ognuno raggiunse la propria stanza. Harlock accompagnò Kei davanti alla sua camera, con tutta l'intenzione di seguirla all'interno. Ma la ragazza gli diede un bacio sulla guancia e gli sbatté la porta sul muso.
“Ehi, ma che modi!” protestò offeso e soprattutto meravigliato da quel comportamento.
Rimase alcuni secondi indeciso sul da farsi, combattuto tra la tentazione di insistere e quella di vendicarsi, andandosene a dormire per conto suo, quando la porta si spalancò di colpo e una mano gentile lo artigliò per il bavero del mantello.
“Dove credevi di andare tu?” chise Kei divertita, trascinandolo dentro e incollandogli subito le labbra sulle sue.

 




 

 

1 Bellezza, in lingua maori.

2 Casa dorata, sempre in lingua maori.

3 Anche nelle iscrizioni antiche, per esempio in latino e greco (tipo lapidi, stele funerarie ecc.), ma anche nei codici medievali), sono usate delle abbreviazioni, con delle regole ben precise.

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Capitolo 36
*** Il responso ***


La mattina seguente, dopo la colazione servita direttamente nelle camere (non è dato sapere se Harlock avesse o meno già lasciato quella di Kei...per non compromettere la sua reputazione), si recarono tutti nei locali dell'archivio storico, scortati dal solito maggiordomo.
Qui trovarono l'equipe di esperti convocati da Zenobia, che si dimostrarono subito molto cordiali. Probabilmente erano curiosi quanto loro e desiderosi di accrescere le loro conoscenze. Clarice li tempestò subito di domande, soprattutto relative alle origini della loro civiltà, nella speranza di chiarire il ruolo avuto dal Voynich e da Castel del Monte o da qualche altro suo gemello sparso nell'universo. Gli studiosi fanauriaani avevano portato anche una copia del Libro della Vita, preciso identico al codice Voynich, tranne per l'ultima parte.
Emerse che, secondo le antiche cronache, da Mazone erano fuggite poco meno di un migliaio di persone, che, non si sapeva dopo quanto tempo, erano giunte su Fanauraa. Il pianeta non era disabitato, ma la popolazione locale, divisa in piccoli gruppi, era piuttosto primitiva, soprattutto rispetto ai molto più evoluti Mazoniani, e li accolse come semidei.
Questa storia mi pare di averla già sentita... commentò Harlock tra sé, ricordando alcuni fatti storici terrestri.
La colonizzazione quindi era avvenuta senza violenza e senza traumi, il pianeta aveva risorse in abbondanza per tutti e le due popolazioni avevano convissuto senza problemi, anzi, a un certo punto si erano anche fuse e avevano occupato tutte le aree abitabili.
Il palazzo che loro chiamavano Whare Koura era stato costruito molto tempo dopo l'arrivo dei Mazoniani, sulla base della copia del Libro della Vita sottratta alla madrepatria, ma non si sapeva esattamente quando. La parte del codice relativa alla costruzione, però, era andata perduta, e con essa probabilmente molte altre informazioni riguardanti la sua vera funzione.
“Certo che è curioso che a tutte le copie manchino esattamente quelle pagine - osservò Harlock - tranne a quella terrestre.”
“Sì, è strano, ma non è casuale, secondo me - rifletté Clarice a voce alta - Ci ho pensato a lungo e la mia ipotesi è che i costruttori, una volta portata a termine l'opera, avessero l'ordine di distruggere quella parte. Perché questo non sia avvenuto per il Voynich, lo ignoro. Però è stato nascosto con molta cura, tanto che non è stato ritrovato per millenni! Un altro fatto per me di difficile spiegazione è la perfetta corrispondenza dei due edifici, malgrado siano stati costruiti su due pianeti diversi, in condizioni astronomiche differenti... tanto che mi è venuto il sospetto che chi ha progettato questo avesse visto e studiato quello di Castel del Monte, così bene da riuscire a replicarlo esattamente... Ma senza sapere l'esatta datazione di Whare Koura sarà difficile stabilirlo.”
“È strano anche che entrambi gli edifici siano stati costruiti molto tempo dopo la stesura dei due libri, no?” osservò Raflesia.
“Sì, anche questo è strano... se scoprissimo che i due edifici sono contemporanei, significherebbe che non è un caso, ma una precisa scelta... ma perché? Sappiamo che l'epoca in cui regnò Federico fu contrassegnata da frequenti fenomeni celesti, soprattutto apparizione di comete ed eclissi di sole e di luna.1 Fu per questo che si decise di iniziare a costruire Castel del Monte? Come se i tempi fossero finalmente maturi... E lo stesso può essere accaduto qui?”
Clarice sembrava piuttosto frustrata dal fatto di non riuscire ad avere le risposte a tutte le sue domande.
“Ma com'è possibile che non ci sia nessuna testimonianza, nessuna ipotesi, sulla costruzione di Whare Koura? Nemmeno una datazione approssimativa?” proseguì la donna.
“ È così, purtroppo - intervenne uno degli studiosi di Fanauraa - Non c'è alcuna fonte storica su Whare Koura... Si è dedotto da alcuni particolari geomorfologici che è di molto posteriore alla colonizzazione di Fanauraa, ma a parte questo non si sa altro. Infatti si ipotizza che tutti i documenti siano stati deliberatamente distrutti...”
“In effetti, anche le testimonianze contemporanee su Castel del Monte sono piuttosto scarse... Però si sa esattamente quando si iniziò a costruirlo. Bisognerebbe forse fare dei saggi di scavo, ma purtroppo non ne abbiamo il tempo...” sospirò Clarice.
“In fondo, questo palazzo è abusivo - notò Kei - Forse hanno voluto far sparire le prove, e infatti non ci sono più nemmeno le pagine del codice relative.”
“Giusta osservazione, cara - approvò Clarice - Ora propongo di andare tutti insieme al castello e proseguire là le nostre discussioni.”
Harlock esultò dentro di sé. Non aveva manifestato alcun segno di insofferenza, per educazione, ma riteneva che tutte quelle diatribe fossero oziose e fondamentalmente ininfluenti ai fini della loro missione. Ma sapeva che in fondo era stato lui a trascinare la sua vecchia amica in quell'assurda avventura, con la promessa che avrebbe potuto approfondire le sue conoscenze. Forse però qualcosa di utile alla fine sarebbe saltato fuori. Dopotutto, loro non sapevano nulla di quello che li aspettava... quindi, più informazioni avessero avuto, meglio avrebbero saputo come agire.
Due auto volanti accompagnarono il gruppo fino a Whare Koura. La giornata, con loro grande sollievo, sembrava meno calda della precedente.
Questa volta Clarice si concesse una visita più approfondita, con la guida dei due studiosi che li accompagnavano. Harlock e Kei, non sapendo bene che cosa fare, si aggregarono e trovarono tutto sommato interessanti le spiegazioni che venivano date.
“Ma... a che cosa serviva questo edificio? Non mi pare che qualcuno l'abbia detto...” chiese Kei.
“Ci sono molte ipotesi - disse uno dei due esperti - Un edificio termale, un osservatorio astronomico, la sede di una setta segreta...”
“... o un mezzo per trovare l'aleph...” concluse Harlock.
“Ma la verità è che non si sa... - proseguì l'uomo - non si sa se sia mai stato usato per qualcuno di questi scopi. Si sa che a un certo punto è rimasto abbandonato per decenni... finché il governo lo ha dichiarato monumento di interesse artistico.”
“Esattamente come Castel del Monte! - esclamò Clarice - La differenza è che qua il bellissimo apparato decorativo è rimasto intatto, mentre laggiù è stato depredato quasi subito... A proposito, andiamo a vedere le iscrizioni e i bassorilievi in cortile!”
Era abbastanza inquietante, considerò Harlock, che della gente, su Fanauraa come sulla Terra, avesse messo tante energie e risorse per costruire un palazzo che poi forse non aveva mai utilizzato... tanti, troppo misteri aleggiavano ancora su quella vicenda, e sembrava che loro fossero ancora ben lontani da sciogliere l'enigma.
Si trasferirono in cortile, davanti al muro che avevano già esaminato il giorno prima.
Clarice tolse dalla sua borsa alcuni fogli.
“Avevo ragione! Guardate questi disegni, presi dal Voynich, e guardate quei bassorilievi. Sono identici! Le iscrizioni, invece, mi risultano nuove... Voi sapete che cosa significano?” chiese Clarice.
“No. Nessuno è mai riuscito a decifrarle. I caratteri sono mazoniani, ma le parole non corrispondono alla nostra lingua, nemmeno nella versione più arcaica.”
Clarice parve riflettere, colpita sicuramente da qualcuna delle sue intuizioni.
“Dopo vorrei che mi convertiste le lettere in caratteri terrestri... vorrei verificare un'ipotesi...”
Harlock guardò Clarice con sincera ammirazione. Quella donna valeva da sola più di tutti quegli esperti messi insieme! Ma forse non era tutta colpa loro... avendo vissuto così isolati e senza alcun rapporto con la civiltà terrestre.
Tornarono a palazzo. Clarice, Werner e gli altri studiosi si chiusero di nuovo nell'archivio a proseguire le loro elucubrazioni.
Raflesia, che in tutto quel tempo non aveva parlato granché, limitandosi a osservare e ascoltare, si rivolse ad Harlock.
“Che cosa pensi?”
“Di che cosa?”
“Di tutto questo. Castelli, iscrizioni, disegni... Mi è venuto il mal di testa a star dietro ai discorsi di quelli... che non mi sembrano saperne molto più di noi!”
“Nemmeno io ci ho capito molto, se devo essere sincero. Ma dobbiamo apprezzare gli sforzi che i Fanauriaani stanno facendo per aiutarci.”
“E aiutare se stessi...” concluse Raflesia.
“Sì, certo, ovviamente. Mancano pochi giorni a quel... fenomeno. Poi sarà tutto finito, in un modo o nell'altro.”
Raflesia e Ipazia si ritirarono nelle loro stanze. Kei e Harlock si guardarono.
“Vuoi andare a riposare anche tu?” le chiese.
“No. Preferirei fare un giro in città, se possibile.”
“Buona idea. Non credo ci siano limitazioni ai nostri movimenti, ma è meglio informarci prima.”
Cercarono il maggiordomo, come lo chiamavano loro, ma questi rispose gentilmente che loro erano ospiti e non prigionieri, quindi potevano andare dove volevano.
Prima di lasciare il palazzo, Harlock contattò l'Arcadia e riferì a Yattaran le novità.
“Lì come va? Avete qualche notizia dalla Dorcas?”
“Qua tutto bene, capitano. Le comunicazioni con la Dorcas sono difficoltose, visto che siamo lontanissimi, ma abbiamo ricevuto un messaggio del dottor Zero: lui e Mayu stanno alla grande, non ti preoccupare!”
I due uscirono e iniziarono a passeggiare senza una meta precisa. Harlock osservava e annotava mentalmente ogni particolare. Ataahua non era molto diversa da qualsiasi città terrestre, a parte il fatto che era pulita e ordinata. Le strade erano ampie, ombreggiate da grandi alberi, e i palazzi ben tenuti. I Fanauriaani erano simili ai Mazoniani, alti e slanciati, con la differenza che avevano quasi tutti la pelle chiara e parecchi erano biondi o rossi di capelli, mentre gli altri erano tendenzialmente mori. Non sembravano preoccupati della catastrofe incombente su di loro. Ma, d'altro canto, che cosa avrebbero potuto fare?
Kei invece camminava con il naso all'insù, godendo della luce e dell'aria aperta. Harlock indugiò a guardarla con tenerezza mentre si fermava davanti alle vetrine dei numerosi negozi. Dopo tanto tempo, ancora non si capacitava di come una ragazza come lei, che avrebbe potuto essere tutto ciò che voleva, avere qualunque uomo desiderasse, avesse scelto una vita raminga e precaria, accanto a un fuorilegge, con ben poche occasioni di indulgere a una legittima vanità.
“Perché non ti compri qualcosa di carino?” le chiese.
Kei scoppiò a ridere.
“E per farci cosa? No, ho smesso da tempo di riempire l'armadio di cose inutili! Mi piace guardare, tutto qua.”
“Ma adesso siamo ben introdotti in ambienti di un certo livello... Magari Raflesia, quando avrà trovato il suo nuovo pianeta, ci inviterà a corte...”
“Quando questa storia sarà finita, non voglio più vedere Raflesia in vita mia! Piuttosto, cerchiamo un posto dove mangiare qualcosa... ho una fame da lupi!”
Scelsero una specie di ristorante in cui sembravano servire cibi commestibili anche per loro e trascorsero il resto della giornata come una qualunque coppia in vacanza. In fondo, se l'erano meritato. L'apprensione e la diffidenza con cui erano sbarcati su quel pianeta stavando lasciando il posto a una moderata tranquillità. Nessuno lì sembrava intenzionato a far loro del male.
La mattina dopo, Harlock decise di cercare Clarice per sentire se ci fossero novità. Convinse Kei a poltrire ancora un po'.
“Approfittane, no? Quando ti ricapita, di essere servita e riverita come una principessa, senza doverti preoccupare di niente!”
“Eh sì, in effetti il mio capo è un vero schiavista, mi costringe sempre a dei turni massacranti... per non parlare degli straordinari notturni...non pagati!” disse la ragazza con voce piagnucolosa.
Harlock la colpì con un cuscino.
“Ma sentila! Come se la cosa ti dispiacesse...!”
Kei si riavvolse nelle coperte, ridendo, e il capitano si diresse all'archivio, dove era sicuro di trovare Clarice e i suoi colleghi.
Infatti. Come lo vide, la donna gli corse incontro.
“Harlock! Ma dove ti eri cacciato ieri? Abbiamo fatto una scoperta straordinaria! Sai le iscrizioni del muro interno del palazzo? Ecco, abbiamo applicato lo stesso metodo usato per il Voynich, e ... indovina? Sono le stesse frasi! Si parla di Federico II e del suo discendente, il praedo aëris! Oh, caro, tutto torna! Sento che siamo sulla buona strada, che riusciremo nel nostro intento! Oh, tranquillo, non ho detto a nessuno che il praedo aëris probabilmente sei tu...”
Harlock era un po' frastornato.
“Ma... come sono arrivate fin qui quelle iscrizioni?”
“Quasi sicuramente erano nelle pagine perdute della loro copia. O forse si può ipotizzare che davvero qualcuno dei Fanauriaani abbia visto personalmente Castel del Monte, in un'epoca imprecisata. Forse non lo scopriremo mai... Adesso non ci resta che attendere il giorno giusto! Abbiamo chiesto la collaborazione di un astronomo esperto, per controllare ancora i calendari e non rischiare di sbagliare. ”
“Ottimo. Tenetemi informato.”
Il capitano si trovò a pensare che, in tutto questo, nessuno sembrava preoccuparsi di come si sentisse lui. Per la verità, non lo capiva nemmeno lui stesso. Essere l'elemento catalizzatore di un fenomeno sconosciuto non era mai stata la sua aspirazione. Avrebbe dovuto sentirsi eccitato? Lusingato? In realtà, era piuttosto preoccupato. Gli tornarono in mente ancora una volta le parole che Raflesia aveva detto la prima volta che gli aveva parlato dell'aleph... “si dice anche che chi lo vede rischia di perdere la ragione.
Un'idea cominciò a farsi strada nella sua mente.

I giorni che seguirono furono molto strani per il capitano dell'Arcadia. Tutto era come sospeso, come la calma prima della tempesta. Gli mancava la sua astronave, ma non osava allontanarsi dal pianeta. Di fatto, però, lì si sentiva inutile. Non era abituato all'inattività. Raflesia e Ipazia si incontravano spesso con Zenobia e i suoi collaboratori... quasi di sicuro per organizzare il probabile esodo futuro. Clarice e il dottor Werner stavano sempre immersi nei loro studi, da soli o con i colleghi fanauriaani. Qualche volta, con Kei e Meeme, Harlock li accompagnava al castello, ma senza un vero scopo, se non quello di ammazzare il tempo.
Si diceva che doveva prendere quel periodo come una vacanza e cercare di rilassarsi, ma proprio non ci riusciva. In città non mancavano gli svaghi, volendo: c'erano piscine, palestre, sale da gioco, centri commerciali... ma lui non era più tipo da frequentare quegli ambienti. Forse non lo era mai stato.
Alla fine decise di chiedere in prestito un mezzo veloce per spostarsi ed esplorare altre zone di Fanauraa. A volte andando solo con Kei, a volte anche con Meeme, scoprì che il pianeta aveva ancora delle bellezze naturali notevoli: fitte foreste, laghi dalle acque cristalline, montagne, ampie pianure... Un vero peccato dover abbandonare tutto questo, e a tratti ci si poteva dimenticare quale fosse la reale situazione. In alcuni giorni, però, lo stesso vento soffocante che li aveva accolti al loro arrivo ricordava loro che la fine si avvicinava inesorabile.

Due giorni prima dell'evento, Harlock chiese un colloquio blindato a Zenobia e Raflesia.
Le due regine lo ricevettero nello studio privato di Zenobia.
“È tutto pronto, capitano” volle rassicurarlo la sovrana di Fanauraa.
“Lo so. Abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre mani, ora possiamo soltanto attendere. Ma avrei una richiesta, maestà. Visto che non sappiamo che cosa succederà davvero e se ci saranno pericoli o meno, ritengo che sia inutile esporsi tutti. Basterò io.”
Le due donne si guardarono e si scambiarono un cenno d'intesa.
“No, capitano. Dobbiamo essere presenti anche noi due. In fondo, la cosa ci riguarda molto da vicino, ed è giusto che ce ne assumiamo i rischi. I nostri collaboratori sanno già come agire in caso... succeda qualcosa di irreparabile.”
Harlock annuì. Se quelle due incoscienti volevano finire nei guai, non era affar suo.
“Sta bene. Vi chiedo però di fare in modo che... le persone che sono venute con me non ci accompagnino al castello quel giorno. Credo che sarà necessario usare... diciamo dei metodi forti per trattenerle.”
Zenobia sorrise.
“Capisco. Darò ordine alle mie guardie di non lasciare uscire nessuno dal palazzo fino al nostro ritorno.”
“Vi ringrazio.”
Harlock sapeva che quella decisione gli sarebbe costata una litigata furibonda con Kei e forse avrebbe compromesso la sua amicizia con Clarice... ma non aveva alcuna intenzione di tornare sui suoi passi.

La mattina dell'ottavo giorno del mese di Urria2, dunque, Harlock si alzò molto prima dell'alba. La sera prima, a cena con gli altri nella sala da pranzo a disposizione degli ospiti, era stato più taciturno del solito, e Kei aveva subodorato che stava rimuginando qualcosa. Forse per questo aveva tutti i sensi all'erta e, quando sentì Harlock muoversi nella semioscurità, fece per alzarsi anche lei.
“Tu non vieni” disse lui con il solito tono di quando dava un ordine che non poteva essere discusso nemmeno da lei.
La ragazza scattò in piedi.
“Cosa?!? Non se ne parla!”
“Infatti. Ci andremo soltanto io, Raflesia e Zenobia...”
“Non erano questi i patti!” sussurrò con rabbia.
“I patti erano che tu e Meeme mi avreste accompagnato su Fanauraa e così è stato. Ma questa... questa cosa che deve succedere potrebbe essere pericolosa. Non voglio che altri corrano rischi inutili. Se non dovessimo fare ritorno, sarete riaccompagnati sull'Arcadia e ve ne andrete da qui.”
“Ma... non puoi farmi questo...” bisbigliò Kei con le lacrime agli occhi. Sapeva che in quei casi nulla avrebbe fatto cambiare idea ad Harlock.
Il quale, già vestito, le prese il viso tra le mani e la guardò intensamente negli occhi.
“Andrà tutto bene. Ma, se così non fosse, sappi che gli anni che ho trascorso con te sono stati i più belli della mia vita.”
“Harlock... io...” balbettò la ragazza commossa.
Lui la baciò sulla bocca e se ne andò senza voltarsi.
Fuori da un'uscita secondaria lo attendeva una navetta, su cui erano già salite le due regine. Non aveva avuto il tempo di avvertire anche gli altri. Era sicuro che ci avrebbe pensato Kei. Ovviamente anche Clarice si sarebbe risentita non poco...
Giunsero sul posto prima del sorgere del sole, anzi, dei soli, e andarono subito nel cortile interno, la cui parete avrebbe dovuto essere colpita dal raggio rivelatore. Non sapevano a che ora sarebbe successo, quindi per sicurezza erano partiti con così grande anticipo.
Le due regine si erano fatte consegnare tutti i risultati degli studi compiuti da Clarice, Werner e dagli altri esperti, i quali naturalmente non avevano potuto rifiutarsi. Li lessero ancora una volta, nell'attesa, anche se ormai non potevano fare altro che aspettare. Era difficile per tutti e tre mascherare il nervosismo.
I due soli sorsero lentamente dall'orizzonte. Era un fenomeno affascinante e insolito, a cui Harlock non aveva mai assistito. Per circa un'ora non accadde nulla. Poi, videro che la luce nell'ottava sala stava lentamene aumentando.
“Ci siamo, credo!” esclamò Harlock indicando la porta finestra.
In quel momento, esattamente come si aspettavano, un raggio la attraversò e andò a illuminare la parete opposta, ma, in apparenza, senza colpire alcuno dei bassorilievi e delle iscrizioni, lasciandoli in un primo momento molto delusi. Finché una pietra liscia e apparentemente insignificante cominciò ad arrossarsi, fino a diventare quasi incandescente.
Harlock agì per puro istinto. Prese le due donne per un braccio e le spostò violentemente di lato, proprio un istante prima che un altro raggio di luce, bianca e accecante, partisse dalla pietra, andando a rimbalzare, più volte e in diverse direzioni, sui muri del castello e del cortile, creando una sorta di reticolo... I tre assistevano attoniti alla scena, cercando di capire le traiettorie di quelle lame luminose, per evitare di esserne colpiti. Ma non accadde nulla di tutto ciò.
Finché lo videro...
Al centro del cortile e di quella specie di ragnatela si materializzò una minuscola sfera luminescente, che si ingrandì a poco a poco, diventando traslucida, fino a esplodere come una bolla di sapone.
Harlock, Raflesia e Zenobia si sentirono trascinati in una specie di vortice. Furono investiti da miliardi di immagini e suoni, provenienti da tutti i punti e da tutte le epoche dell'universo, indistinti eppure chiarissimi, in una sequenza così rapida da togliere loro il fiato.3
L'aleph... Non poteva che essere lui... quell'incredibile esperienza, impossibile da raccontare a parole, corrispondeva alla descrizione che ne avevano dato Raflesia e Clarice. Davvero la ragione umana, incapace di contenere e comprendere una simile immensità, poteva smarrirsi.
Non avrebbero saputo dire dire quanto tempo fosse durato quella specie di folle viaggio, se pochi minuti o ore. In modo repentino, come era cominciato, finì. Si ritrovarono nel cortile del castello, da cui in realtà non si erano mai mossi, e davanti a loro c'era ancora quella piccola sfera luminosa, che ora sembrava galleggiare nell'aria.
“Ma... non è servito a niente! Non ci ha indicato nessun pianeta...” gridò Raflesia con una vena di disperazione nella voce.
Harlock si sentì in colpa. Doveva fare qualcosa... sì, ma cosa?
Si avvicinò alla piccola sfera, titubante, allungò una mano verso di essa e la sfiorò. Nello stesso momento, si concentrò mentalmente su se stesso, sulla sua identità, su chi fosse il suo illustre antenato secondo l'ipotesi di Clarice, su quello che avevano bisogno di sapere... e funzionò.
La sfera ricominciò a ingrandirsi e a cambiare colore... Diventò di un bel colore azzurro... apparvero oceani e continenti... forme e paesaggi che lui conosceva molto bene.
Per averli visti milioni di volte dalle vetrate dell'Arcadia.

 







 

 

 

1 Vero. Per approfondire, “Federico II: il Governo, la Scienza e l'Astronomia” di Adriano Gaspani (Osservatorio Astronomico di Brera), su www.duepassinelmistero.com.

2 Ottobre, questa volta in basco, perché in maori suonava malissimo!

3 Per sapere come un VERO scrittore descrive l'aleph, rimando all'omonimo racconto di Borges (http://www.criticaletteraria.org/2012/11/pillole-dautore-l-aleph-jorge-luis.html).

 

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Capitolo 37
*** Il cerchio si chiude ***


Non appena Kei fu sicura che Harlock si fosse allontanato abbastanza, corse in camera di Meeme e, visibilmente alterata, la mise al corrente della decisione del capitano.
“Ma tu non l'avevi capito, che cosa aveva in mente di fare?” le chiese in tono leggermente accusatorio.
L'aliena non si scompose.
“No. Percepivo la sua preoccupazione e la sua ansia di proteggerci, nient'altro...”
“Beh, io non ho intenzione di mollare! Ora vado a svegliare Clarice, ci prendiamo una navetta o qualsiasi altro mezzo e andiamo a Whare Koura... tanto, ci siamo state abbastanza volte da ritrovare la strada!”
“Ma Harlock si arrabbierà...” obiettò Meeme.
“E allora? È stato lui a venir meno alla parola data!”
Kei andò a bussare alla stanza di Clarice, che era già sveglia e si stava preparando per la spedizione. Rimase così costernata quando Kei le raccontò tutto da non riuscire quasi a parlare.
“Ma... Harlock non può farci questo! Ci aveva promesso di portarci con lui...”
“A sentire lui, no! Ma non preoccuparti, Clarice, finisci di prepararti e poi raggiungimi alla solita uscita. Cerchiamo di prenderci la macchina volante che usavamo di solito... non credo che l'avranno usata loro, avranno sicuramente scelto un mezzo più... regale!”
“Vado a chiamare anche Werner...”
“Sì, ma fai in fretta!”
Poco dopo, Kei, Clarice, Meeme e Werner si ritrovarono nel piccolo vestibolo dove si davano solitamente appuntamento per andare a Whare Koura o in giro per il pianeta. Ma si accorsero con disappunto che il portone questa volta era presidiato da quattro guardie armate. Harlock aveva pensato proprio a tutto, pensò Kei con rabbia.
La piratessa non si lasciò spaventare e si diresse verso di loro con passo deciso.
“Dobbiamo uscire” asserì perentoria.
“Non potete. La regina Zenobia ha disposto che nessuno lasci il palazzo fino al suo ritorno.”
“Ma non capite! - si alterò la ragazza - Noi...”
“Ci dispiace, signorina, ma questo sono gli ordini.”
Kei era frustrata. In altre situazioni, avrebbe estratto la cosmo-gun e messo fuori combattimento le guardie senza tanti complimenti, ma lì non era proprio il caso. C'era il rischio che qualcuno si facesse male sul serio... e poi chi l'avrebbe sentito, Harlock?
Ritornò verso il gruppetto, che aveva assistito alla scena con una certa apprensione.
“Andiamocene da qua. Ostentiamo rassegnazione e cerchiamo un'altra via di fuga.”
Ma la loro ricerca fu infruttosa. Ogni uscita del palazzo, anche la più piccola e insignificante, era o guardata a vista o chiusa da pesanti catenacci, che resistettero a ogni tentativo di effrazione.
Mentre, sempre più esasperati, meditavano il da farsi, si resero conto che i loro movimenti non erano passati inosservati. Il comandante della guarnigione reale, infatti, si parò loro davanti quasi all'improvviso, accompagnato da un manipolo di soldati. Evidentemente Zenobia (e Harlock!) aveva previsto anche questo.
“Signori - li ammonì severamente - Devo chiedervi di tornare nei vostri appartamenti e non uscirne fino a nuovo ordine!”
“Perché, se no, cosa succede?” li apostrofò la bionda con aria di sfida.
“Dovremo rinchiudervi nelle segrete del palazzo.”
“Cosa?!? Questa poi...!”
I quattro erano sempre più spiazzati. Ma non c'era molto che potessero fare e, scortati dai nuovi arrivati, se ne dovettero tornare mogi mogi alle loro stanze.
In realtà, Kei era furiosa.
“Harlock, questa me la paghi, brutto figlio di....” si lasciò andare appena entrata nella sala studio. Si trattenne soltanto perché incrociò lo sguardo di Clarice. La donna, più che arrabbiata, pareva disperata. Sembrava addirittura sul punto di piangere.
“Perché l'ha fatto?” si chiedeva sconsolata scuotendo la testa.
Meeme si sentì in dovere di rincuorarla.
Si sedette accanto a lei e le mise un braccio intorno alle spalle.
“Lui è così. Si preoccupa sempre di proteggere le persone che ama...”
“Ma io gli avevo detto che non avevo paura, che non m'importava di correre rischi... data anche la mia età. Ma volevo conoscere la verità, ci tenevo tanto, e lui lo sapeva!”
“Harlock ha perso tante persone a cui voleva bene, in passato. E ha giurato a se stesso che non sarebbe dovuto più accadere.”
“Vieni Clarice - intervenne Werner premuroso - Ti preparo una delle mie tisane, vedrai che ti farà bene ...”
“Grazie, Werner, sei tanto caro, ma... ma sì, va bene, accetto volentieri.”
La donna si alzò stancamente e seguì il professore mazoniano fuori dalla stanza.
Rimaste sole, le due ragazze si guardarono. Kei si rese conto che, per qualche strana ragione, le parole di Meeme avevano fatto bene anche a lei.
“Mi sono procurata un liquore locale... ce l'ho di là, in camera mia - disse la yurana - È un po'... strano, ma non è male, alla fine...”
“D'accordo... beviamoci su” acconsentì Kei, sorvolando sul fatto che stava quasi albeggiando e quella era una ben strana colazione.

Sulla navetta che riportava Harlock, Raflesia e Zenobia a palazzo nessuno parlò. Tutti sembravano immersi in cupi pensieri.
Avevano atteso che la sfera dell'aleph cambiasse colore e aspetto... che desse un'alternativa, indicasse un altro pianeta... Invano. Quello che avevano davanti agli occhi era inequivocabilmente l'unico luogo che non avevano mai preso in considerazione. La Terra!
La sfera lentamente aveva assunto di nuovo la sua luminosità lattescente ed era rimpicciolita via via fino a dissolversi. I fasci di luce nel centro del cortile erano scomparsi e le pietre dei muri erano tornate grigie e fredde. Lasciandoli increduli e sgomenti. Per un secondo Harlock aveva sperato che le due regine non avessero visto... non si chiese che cosa avrebbe fatto, in quel caso, se sarebbe stato capace di mentire... ma lo sguardo preoccupato di Raflesia gli aveva tolto ogni illusione.
“Andiamocene - aveva detto il capitano dopo un po' - Non abbiamo più niente da fare qui.”
E ora? si chiedeva con angoscia. Che cosa avrebbero fatto Raflesia e Zenobia? Entrambe avevano detto di non essere in grado di intraprendere una guerra. Ma lo erano prima di incontrarsi. Adesso avrebbero potuto benissimo unire le loro forze e tentare un'altra volta di conquistare la Terra.
E lui, loro, i pirati dell'Arcadia, che cosa avrebbero fatto?
Si sentiva beffato dal destino. Aveva deciso, in assoluta buona fede, di aiutare la sua antica nemica... ed ecco cosa era successo! Si era reso complice di una potenziale catastrofe. Non poteva nemmeno partirsene abbandonando Raflesia su Fanauraa... il suo senso dell'onore non glielo avrebbe permesso. Oltre al fatto che sulla Dorcas c'erano ancora Mayu e Zero, in mano alle Mazoniane. Che non avrebbero preso bene il fatto che la loro regina fosse stata lasciata su un pianeta lontano milioni di miglia spaziali.
Anche Zenobia, e soprattutto Raflesia, non gli sembravano affatto entusiaste del responso dell'aleph. Ma probabilmente si rendevano conto di non avere altra scelta. Non si poteva sfuggire a certe verità, pensò amaramente il capitano: la Terra era l'unica vera seconda patria di Mazone. Avrebbe cercato di dissuadere Raflesia, appellandosi alla parola data dopo il loro duello... Ma lo sapeva anche lui, che questa volta le cose sarebbero andate diversamente. La regina era a capo di un popolo disperato, che non sapeva dove altro andare.
Arrivati a palazzo, fu Harlock a rompere l'imbarazzo.
“Dobbiamo parlare” disse rivolto a Raflesia. Era chiaro che sarebbe stata lei a prendere la decisione. Zenobia si sarebbe adeguata.
“Lo so - sospirò la Mazoniana - Lasciami prima parlare con Zenobia e Ipazia.”
Il capitano assentì con un cenno del capo. Anche lui doveva parlare prima con Kei, Meeme e Clarice. E non sarebbe stato facile.
Trovò le prime due nella stanza di Meeme. La bionda piratessa gli corse incontro. Pensava che lo avrebbe preso a male parole, invece lo abbracciò.
“Harlock! Tutto bene?”
“Sì, stiamo bene...” rispose Harlock, un po' interdetto. La ragazza emanava inequivocabilmente un forte odore di alcol... che cosa avevano combinato quelle due, in sua assenza?
Kei, nonostante fosse un po' brilla, notò la sua faccia tirata.
“È... è successo qualcosa?”
Il capitano non poté fare altro che raccontare l'accaduto.
“Ma non è possibile! Non può ricominciare tutto da capo! Tu non lo permetterai, vero?” esclamò fuori di sé.
“Ci proverò. Ma non credo che ci riuscirò...”
“Ma lei ti aveva dato la sua parola!”
“Ma questo è stato prima. Prima che trascinasse per anni la sua gente a patire fame e privazioni in giro per lo spazio.”
“Avevi detto - intervenne Meeme - che loro non sono più in grado materialmente di sostenere una guerra e che il popolo di Zenobia non ha esperienza...”
“Infatti. Ma se si mettono a collaborare... Fanauraa ha ancora le risorse per ricostituire un esercito e le Mazoniane hanno le conoscenze militari e strategiche... Non sarà né domani né tra un mese... magari ci vorranno alcuni anni, ma ... questa volta ci saranno non uno, ma due popoli, a viaggiare alla conquista della Terra.”
“Lo sapevo che non dovevamo aiutarli!” si lasciò sfuggire Kei in preda alla rabbia.
“Abbiamo impedito che dei civili morissero di fame e malattie, e di questo non mi pentirò mai. Quanto al resto... chi se lo poteva immaginare? Io ero convinto che l'aleph fosse solo una leggenda!”
“E noi? Che cosa faremo?” chiese di nuovo Meeme.
Il comlink cominciò a squillare, togliendolo d'impiccio.
“È Raflesia. Vado a parlare con lei. Teniamoci pronti a partire. La nostra presenza qui è ormai inutile. Come sta Clarice?”
“Beh, ci è rimasta parecchio male quando ha scoperto che l'avevi esclusa... come tutti noi, del resto!” sottolineò la bionda.
Povera Clarice! Ecco come l'aveva ripagata per la sua dedizione e il suo aiuto! Si sarebbe scusato con lei più tardi. Ora lo attendeva un colloquio che si prospettava lungo e difficile.

Raflesia lo stava aspettando in un piccolo studio attiguo alla sala del trono, seduta rigidamente a una scrivania di legno scuro. Gli indicò una sedia davanti a lei, ma Harlock preferì restare in piedi, a braccia conserte. Lei andò subito al punto.
“Sappiamo entrambi che cosa significa quello che abbiamo visto... Naturalmente, sarà il Consiglio Supremo a decidere, quindi per ora...”
Il capitano la interruppe.
“Andiamo, Raflesia, lo sappiamo benissimo già adesso che cosa deciderà il Consiglio Supremo! Ma noi due avevamo stretto un patto!”
La donna scattò in piedi.
“Che io ho rispettato! L'ho rispettato, sì, anche se mi è costato la perdita di quasi metà della mia gente! Ma adesso le cose sono cambiate: l'hai visto con i tuoi occhi. Anzi, è proprio grazie a te che ora sappiamo la verità: non c'è un'altra patria per Mazone, se non la Terra! Non possiamo farci niente!”
Harlock avrebbe voluto replicare, ma nel profondo di sé sapeva che Raflesia aveva ragione. Tuttavia non si arrese.
“Eppure ci deve essere un modo...”
Raflesia cominciò a camminare nrvosamente per la piccola stanza.
“Credi che mi renda felice ritrovarmi al punto di partenza, dopo tutto quello che abbiamo patito? Ricominciare tutto da capo? Ne farei volentieri a meno, credimi!”
Seguì un lungo silenzio. Del resto, non c'era molto altro da dire. Dopo tanti anni, si ritrovavano di nuovo su due fronti opposti.
“Anch'io - proseguì la sovrana - non avevo minimamente messo in conto che avrebbe potuto esserci quella possibilità. Avevo davvero sperato che l'aleph ci indicasse un altro posto, dove saremmo potuti andare senza guerre e senza altro sangue...”
“Quand'è così, non c'è null'altro da dire. Ritorneremo sulla Dorcas, dopodiché riprenderò con me Mayu e il dottor Zero e poi... ognuno per la sua strada... Ho solo una richiesta.”
“Ti ascolto.”
“Il Voynich... vorrei che la lasciassi a Clarice. Ormai non ci sono più pericoli e lei... direi che se l'è meritato. Voi avete comunque le copie digitali.”
Raflesia rifletté un istante.
“Sia. La professoressa Jones è stata un aiuto prezioso per noi. È... una persona davvero speciale.”
“Grazie” rispose semplicemente il capitano, dirigendosi verso la porta.
Ma la voce della regina lo fermò poco prima che uscisse.
“Harlock!”
Lui si girò a metà e la guardò con aria interrogativa.
La donna sembrò esitare.
“Perché... perché non ti unisci a noi questa volta? O almeno non ti fai da parte. Insomma, è qualcosa che non ho mai compreso... che cosa ti importa dei terrestri? Non vi hanno mai dimostrato gratitudine, vi hanno sempre trattato come dei reietti, se vi catturano vi ammazzano... Con noi... sarebbe diverso! Potreste andare e venire sulla Terra a vostro piacimento, stabilirvi lì, insomma... fare quello che volete! Voi ci avete aiutato quando eravamo in difficoltà e io questo non lo dimenticherò mai. Ma se cercherete ancora di ostacolarci... noi vi combatteremo con tutte le nostre forze e senza pietà, lo sai!”
“Lo so. Ma vedi, Raflesia, noi siamo pirati, fuorilegge, anarchici... ma non siamo traditori. Quella è la nostra gente, quello è il nostro pianeta natale... non permetteremo che diventino schiavi di nessuno!”
Raflesia scosse la testa. Come aveva potuto illudersi di tirarlo dalla sua parte?
“C'è una cosa che invece tu non capisci. Noi amiamo la Terra. Non vogliamo distruggerla. Vogliamo anzi che ritorni a essere il pianeta meraviglioso che era quando i nostri progenitori lo elessero a loro seconda patria!”
“Quel pianeta non esiste più da un pezzo, Raflesia. Il passato non può tornare. Rischi di inseguire un sogno e di avere un risveglio molto amaro... Intendo andarmene il prima possibile, quindi, se devi prendere degli accordi con Zenobia, fallo in fretta!”
Detto questo, Harlock uscì risoluto. Ora doveva occuparsi di Clarice, e poi avrebbe contattato Yattaran per comunicargli che presto sarebbero tornati sull'Arcadia.

Clarice era nell'archivio, insieme a Werner. Appena lo vide, gli venne incontro.
“Harlock! Grazie al Cielo stai bene!” esclamò sollevata.
Il capitano le prese le mani tra le sue.
“Sì, Clarice, stiamo tutti bene... Ti chiedo scusa per non avervi portato con me, ma... l'ho fatto per proteggervi.”
La donna scosse la testa. Se si era arrabbiata, ora le era passata.
“Non pensarci più... Dimmi, piuttosto... Com'è stato? E avete avuto le risposte che cercavate?”
Harlock lanciò un'occhiata al dottor Werner, che, per discrezione, era rimasto in disparte. Come poteva dire a Clarice che presto sarebbe diventato un loro nemico?
“Sì, le abbiamo avute... Ti racconterò ogni cosa a suo tempo, ma ora dobbiamo prepararci a partire. Però ho delle buone notizie per te: Raflesia ti ringrazia per il tuo aiuto e ha deciso di lasciarti il Voynich. E poi non corri più pericoli, potrai tornare a casa tua, nessuno ti minaccerà più.”
“Oh, bene! Mi dispiace un po' lasciare questo pianeta. Il castello... mi sarebbe piaciuto studiarlo ancora... Ma sono contenta per il Voynich! Immagino ci sia dietro il tuo zampino...”
“No no, io gliel'ho soltanto domandato. Quanto al castello... chiederemo a Zenobia che tu possa recarti ancora là, finché non partiamo.”

Dopo aver parlato con Yattaran, Harlock decise che entro due giorni al massimo avrebbero lasciato Fanauraa. Il ritorno sarebbe stato un viaggio molto più difficile e pesante dell'andata.
Il capitano aveva poi raccontato tutto l'accaduto anche a Clarice, lasciandola sgomenta e preoccupata. Nondimeno, l'archeologa occupò quei due giorni a fare altri sopralluoghi sul sito del castello, insieme a Werner. Harlock non seppe mai se anche lui sapesse e se tra loro avessero parlato della nuova situazione. Forse, si disse, gli scienziati - beati loro - si sentono al di sopra di queste cose. Ed era giusto così.
Prima di partire, il capitano andò a congedarsi da Zenobia. In fondo, li aveva ospitati con tutti gli onori, e anche dopo il responso dell'aleph il suo atteggiamento non era mutato. Ma non ci fu nessuna festa o cena d'addio... non c'era nulla da festeggiare, purtroppo...
Durante quelle tre settimane sull'Arcadia i contatti tra i Mazoniani e l'equipaggio furono praticamente inesistenti. Harlock raccontò per il momento soltanto a Yattaran l'esito della loro missione. Il primo ufficiale non fece commenti, ma il capitano sapeva benissimo che cosa stava pensando... che cosa avrebbero pensato tutti, una volta saputa la verità: dalle Mazoniane non potevano venire altro che guai! Eppure, malgrado tutto, come aveva detto anche a Kei, non era pentito di averle aiutate.
Il suo pensiero andò anche a Mayu e a Darragh. Il loro allontanamento sarebbe stato in ogni caso inevitabile, ma, con la nuova situazione, mantenere dei contatti in futuro sarebbe stato impossibile. E Mayu ne avrebbe sofferto.
Il capitano dava per scontata la decisione del Consiglio Supremo. Non avevano altra scelta.
Quindi stabilì che avrebbero fatto subito rotta verso la Terra. Prima che Raflesia cambiasse idea e decidesse di rendere loro impossibile intralciare i suoi piani. Sarebbe stato un gioco da ragazzi per lei farli prigionieri. O peggio.
“Che cosa faranno adesso, secondo te?” gli chiese Kei.
“Credo che andranno tutti su Fanauraa per un po'. Si rimetteranno in forze, ricostituiranno la flotta, addestreranno i Fanaauriani alla guerra... e poi partiranno alla volta del pianeta azzurro.”
“Mi chiedo come farà Fanauraa, un pianeta morente, di fatto, a reggere l'urto di tutta quella gente. Insomma, a sentire Zenobia non hanno quasi da mangiare per loro... come faranno a sfamare il doppio della popolazione, se non di più?”
“Ma ora hanno un obiettivo. Hanno detto di avere risorse per 8 anni al massimo. Dimezzeranno i tempi. Tanto sanno che appena saranno pronti potranno lasciare Fanauraa.”
“Pensi di avvertire le autorità terrestri del nuovo tentativo di invasione?” gli chiese ancora la ragazza.
Harlock fece roteare il vino nel bicchiere panciuto e osservò per qualche istante gli archetti formati dal liquido scuro.
“La prima volta non è servito a nulla.Tu credi che ne valga la pena?”
“Ma... il governo ora è cambiato. Sono sicuramente più stronzi, ma anche più seri. Ed efficienti, nel bene e nel male.”
Harlock si portò il bicchiere alle labbra.
“Già... Allora faremo un tentativo. Forse saranno interessati a sapere che sulla Terra si aggirano ancora delle Mazoniane, da anni” concluse, prima di vuotarlo d'un fiato.
“Delle Mazoniane? Ma come è possibile?”
Harlock le raccontò quello che gli aveva rivelato Raflesia a proposito dei loro contatti. Con una nuova guerra alle porte, questo sarebbe stato un bel problema.
“E noi...? Che cosa faremo?” chiese ancora la ragazza, esitante. Forse questa volta la risposta non era così scontata.
Lui fece una smorfia.
“Raflesia mi ha chiesto perché non ci alleiamo con loro...”
“Cosa?!? Ma... per chi ci ha preso? Per mercenari?”
“Beh, da un punto di vista razionale non ha torto. Laggiù ci odiano a morte... perché dovremmo aiutarli? Anzi, sarebbe un'ottima occasione per vendicarci di tutto il male che ci hanno fatto in tanti anni.”
Kei era perplessa.
“E tu... che cosa le hai detto?”
“Che non siamo traditori.”
La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Non le sorrideva l'idea di ricominciare una guerra contro le Mazoniane, ma ancora meno la prospettiva di combattere al loro fianco, contro i loro compatrioti. Anche se questi ultimi non se lo meritavano affatto, il loro aiuto.

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Capitolo 38
*** Epilogo - Il ritorno ***


 

Alla fine del viaggio in modalità in-skip e arrivati in prossimità della carovana, Harlock riaccompagnò personalmente i Mazoniani e Clarice sulla Dorcas. L'archeologa, infatti, doveva radunare tutte le sue scartoffie.
Il capitano voleva avvertire Zero e Mayu che sarebbero ripartiti presto. E soprattutto parlare con la ragazzina, senza nasconderle che cosa avrebbe implicato la nuova situazione. Sudava freddo solo all'idea, visto che le cose si erano messe ancora peggio di quello che temeva.
Una volta giunti nell'enorme hangar della Dorcas, Raflesia aspettò che tutti si fossero allontanati e che anche Harlock fosse sceso dalla navetta.
L'uomo la fissò con aria interrogativa.
“Vattene, Harlock. Prendi Mayu, Zero e la dottoressa Jones, torna subito sull'Arcadia e sparisci. Prima che si sparga la notizia e qualcuno decida di fare quello che in realtà spetterebbe fare a me.”
Harlock sapeva benissimo a che cosa si riferiva la regina. Chissà da quanto tempo desiderava pronunciare quella frase, praticamente la stessa che le aveva rivolto lui tanti anni prima, dopo averla sconfitta e umiliata... ma forse no, lei probabilmente pensava che non lo avrebbe rivisto mai più.
“Avevo già deciso così.”
Il capitano fece per andarsene. La situazione cominciava a diventare delicata. Ma Raflesia non aveva ancora finito.
“Potrei trattenervi qui, per sempre... per impedirvi di difendere la Terra...”
“Lo so.”
“Ma non lo farò. Non sono quel mostro senza cuore che pensi!”
“Non ho mai pensato questo.”
“Oh sì che lo hai pensato! Ma hai aiutato la mia gente, mi hai salvato la vita proprio qui, in questo hangar, e poi, se non fosse stato per te, non avremmo mai trovato l'aleph e avremmo continuato a vivere così, senza speranza, e saremmo morti tutti nello spazio, uno dopo l'altro. È per tutto questo che vi lascio andare... Non sono un'ingrata.”
Harlock ascoltò senza battere ciglio.
“Addio, Raflesia. Ti auguro buona fortuna. La prossima volta ci incontreremo probabilmente ai lati opposti di un cannone pulsar.”
Si voltò e si diresse verso l'uscita dell'hangar.
“La mia proposta sarà sempre valida!” gli gridò dietro la regina.
Il capitano si fermò un istante. Poi riprese a camminare, senza rispondere nulla e senza voltarsi.

Andò subito nella zona ospedale. Aveva dato appuntamento a Clarice alla navetta dopo un'ora. Non aveva molto tempo. Ma fu fortunato: sia Zero che Mayu erano lì a lavorare. La ragazzina gli corse incontro e lo abbracciò.
“Finalmente sei tornato! Siete stati via un sacco di tempo! È andato tutto bene, allora!”
“Sì... abbastanza... senti, tesoro, ora non ho tempo per darti troppe spiegazioni, ma... dobbiamo andare via.”
Mayu lo guardò un po' stupita.
“Sì, lo so che al vostro rientro saremmo dovuti ripartire. Ma quando?”
“Subito. Immediatamente. Vai a prendere le tue cose, saluta chi devi salutare e raggiungimi nell'hangar tra un'ora esatta.”
Il sorriso della ragazza si spense all'istante. Harlock sapeva benissimo a chi stava pensando.
“Ma... così presto?”
Harlock fece un cenno al dottor Zero di avvicinarsi e spiegò brevemente a entrambi la situazione.
Anche il medico fu preso alla sprovvista.
“Ma... i miei pazienti...”
“Ha già fatto moltissimo per loro... Ora dobbiamo andare. È un ordine.”
Harlock in certe circostanze odiava comportarsi così. Ma non era il momento di perdere tempo in discussioni, e quindi aveva fatto ricorso alla sua autorità di capitano.
Tornò nell'hangar e attese. Sapeva che tutti sarebbero stati puntuali.
La prima ad arrivare fu Clarice, preceduta da tutti i suoi bauli, trasportati da due gentili addetti al carico merci mazoniani, che li stiparono, non senza una certa difficoltà, nella navetta, sotto lo sguardo preoccupato del capitano.
Poi giunse il dottor Zero, un po' trafelato. E infine Mayu, accompagnata da Darragh e Gudrun. La ragazzina aveva gli occhi rossi. Darragh le teneva un braccio intorno alle spalle, come per infonderle coraggio, ma il suo sguardo, già malinconico, era terribilmente triste.
Mayu salutò per prima Gudrun, che la abbracciò con tenerezza, sussurrandole all'orecchio qualcosa a cui lei rispondeva con dei cenni affermativi del capo.
Harlock pensò che forse, in quelle settimane, Mayu aveva per la prima volta capito che cosa significasse avere una madre, o qualcosa di simile. Kei era troppo giovane e priva di esperienza per sostituire davvero quella figura, mentre Gudrun era una madre, ed evidentemente tra loro si era stabilito un buon rapporto. Il che significava che la sua figliocca avrebbe sofferto due volte.
Poi venne il momento di salutare Darragh, e Mayu scoppiò in lacrime. Il giovane la stringeva tra le braccia, dicendole qualcosa che Harlock non riuscì, e non volle, sentire. I due poi, incuranti della loro presenza, si scambiarono gli ultimi, appassionati baci, e non sembravano avere alcuna intenzione di lasciarsi.
Harlock decise che era meglio non prolungare oltre quell'agonia, ma non sapeva come fare. Non era avvezzo a gestire simili situazioni. Lanciò uno sguardo disperato a Clarice, che colse al volo la sua muta richiesta. Si avvicinò e prese Mayu per le spalle, con dolce fermezza.
“Vieni, cara, è ora di andare...”
La ragazzina si sciolse a malincuore dall'abbraccio di Darragh e si lasciò condurre sulla navetta, cercando coraggiosamente di dominare i singhiozzi.
Il capitano salutò e ringraziò Gudrun per quanto aveva fatto per Mayu in sua assenza.
“ È stato un piacere averla con noi. È una ragazza in gamba. Abbia cura di lei.”
“Lo farò.”
Poi Harlock strinse la mano a Darragh.
“È stato un onore conoscerti. Mi dispiace davvero che le cose siano andate così.”
Ed era sincero.
Il ragazzo ricambiò la stretta.
“L'onore è stato mio, capitano.”
Non c'era più nulla da dire o da fare lì.
Harlock si mise ai comandi e in pochi secondi la navetta fu fuori dall'hangar, abbandonando per l'ultima volta l'astronave ammiraglia mazoniana.
L'atmosfera a bordo era piuttosto cupa. Clarice cercava di distrarre e consolare Mayu, ma al capitano sembrò che anche la donna avesse gli occhi lucidi. Si chiese se anche lei avesse dovuto dire addio a qualcuno allo stesso modo... se tra lei e il dottor Werner si fosse stabilito un legame non soltanto professionale... non l'avrebbe mai saputo, e di certo non gliel'avrebbe mai domandato.
Appena giunti a bordo dell'Arcadia, Harlock si recò subito in plancia, dicendo a Mayu e Clarice che le avrebbe raggiunte poco dopo. Lì trovò Yattaran e Kei, a cui diede ordine di prepararsi a passare immediatamente alla navigazione in-skip e di fare rotta verso la Terra.

Harlock raggiunse poi Clarice nella sua cabina. Era sola.
“Dov'è Mayu?”
“Ha preferito andare in camera sua. Masu sapeva tutto e le ha portato qualcosa da mangiare. Ma era molto abbattuta, povera creatura!”
“Lo so. Ci stiamo dirigendo verso la Terra, Mayu deve riprendere la scuola e spero che ritrovare i suoi amici la aiuti a superare tutto questo. Tu che cosa hai deciso di fare?”
“Tornerò a casa mia e alla mia solita vita, ora che non c'è più alcun pericolo.”
“Grazie alla copia originale del Voynich, sconvolgerai il mondo accademico!”
Clarice fece uno dei suoi sorrisi pieni di entusiasmo, quasi infantili.
“Grazie a te, caro. Ho fatto un'esperienza straordinaria, ho scoperto più cose in questi mesi che in tutto il resto della mia vita, ho conosciuto mondi e popoli che non avrei mai immaginato di incontrare... Non lo dimenticherò mai!”
“Ti chiedo soltanto... ehm, di non divulgare la mia parentela con Federico... preferirei continuare a essere soltanto il pirata più ricercato dell'Universo...”
“Ma certo, non ti preoccupare, ci avevo già pensato! Ma tu promettimi solo una cosa...”
Harlock si fece di nuovo serio.
“Promettimi che non ci perderemo più di vista... che ogni tanto verrai a bere un caffè dalla tua vecchia prof!”
“Non conosco nessuna vecchia prof, ma ti prometto solennemente che, ogni volta che verrò a trovare Mayu, verrò a bere un caffè da te, Clarice! Parola di pirata!”

Il capitano ritornò in sala comando e chiese a Kei, dopo averle illustrato la situazione, di andare a vedere come stava Mayu. Forse la ragazzina preferiva, in quello stato d'animo, la presenza di una donna.
Ma si sbagliava.
Kei tornò poco dopo.
“Vuole te, Harlock” gli comunicò semplicemente.
Harlock si alzò dallo scranno con un sospiro. Non è che non volesse starle vicino, ma proprio non sapeva come comportarsi, cosa dire... Lui lo aveva saputo fin dall'inizio, che quella storia le avrebbe spezzato il cuore, ma, nonostante tutto, non era preparato.
Prima di andare da lei, passò in infermeria e si fece dare dal dottor Zero qualcosa che la aiutasse a dormire. Sarebbe stata la cura migliore. Tanto per iniziare.
Come entrò nella sua cabina, Mayu gli si attaccò letteralmente al collo, ricominciando a singhiozzare. O forse non aveva mai smesso. Harlock si sedette sul letto, se la prese sulle ginocchia e la lasciò sfogare, stringendola a sé, come quando era piccola. Vide che la buona Masu le aveva preparato i suoi piatti preferiti, ma la ragazzina non aveva toccato nulla.
“Perché non possiamo nemmeno mandarci dei messaggi, magari con un oloregistratore? Yattaran potrebbe aiutarci...” gli chiese, quando si fu un po' calmata.
“Vedi, Mayu, se davvero ci sarà un'altra guerra, Darragh potrebbe essere accusato di contatti con il nemico. Non lo penserà sua madre, e nemmeno Raflesia, ma altri potrebbero fargli passare dei guai. Sarebbe troppo rischioso per lui. E tu non vuoi che lui si trovi in pericolo, no?”
Mayu scosse la testa e non disse più niente. Harlock riuscì finalmente a convincerla a mangiare qualcosa e a prendere il medicinale di Zero. Attese che si addormentasse, poi andò direttamente nella sua cabina, pensando che, nel disgraziato caso in cui le Mazoniane fossero riuscite a conquistare la Terra, almeno lei sarebbe stata al sicuro. Ben magra consolazione!
Kei lo stava aspettando.
“Come sta?”
“Come vuoi che stia? È distrutta.”
“ È una ragazza forte. Se la caverà.”
“Certo certo.”
Harlock si lasciò andare sulla poltrona, passandosi una mano sulla fronte. Di questa storia che Mayu era forte, però, la Vita se ne stava approfittando un po' troppo.
Decise che qualche altro giorno di vacanza su Ombra di Morte non le avrebbe fatto altro che bene. La scuola... anche se era assolutamente contrario ai suoi principi, poteva aspettare. Avrebbe trovato lui una scusa con la direttrice.

Sull'Arcadia nei giorni successivi si stabilì un'atmosfera quasi euforica. Nonostante il capitano avesse informato tutto l'equipaggio di quello che era successo su Fanauraa (omettendo qualche particolare...) e del nuovo potenziale pericolo che incombeva sulla Terra, i pirati non sembravano per nulla spaventati. Anzi, forse, si sentivano più a proprio agio nel pensare ai Mazoniani come agguerriti nemici, piuttosto che come bisognosi di aiuto. Era più naturale, per loro, ecco.
Tutto a bordo era tornato come prima. Quella strana storia appariva ora come una specie di sogno, qualcosa di staccato dalla realtà.
Lo stato d'animo di Mayu pian piano migliorò. Lui cercava di trascorrere più tempo possibile con lei e lei era più affettuosa del solito, come quando era bambina. La ragazzina, notò il capitano, amava però anche molto la compagnia di Clarice. Spesso le trovava intente a chiacchierare nella cabina dell'archeologa, e ne fu felice. E la vacanza fuori programma su Ombra di Morte fu un ulteriore balsamo per il suo piccolo cuore ferito.
Arrivati in prossimità dell'orbita terrestre, Harlock, Kei e Ryo accompagnarono prima Clarice a casa sua, rinnovando la promessa di rivedersi presto, e poi Mayu al collegio. I corsi erano cominciati soltanto da pochi giorni e la direttrice non fece alcuna questione. L'accoglienza che manifestarono tutti i compagni a Mayu confortò Harlock, che si sorprese ad augurarsi che Han, o uno qualsiasi dei suoi amici, riuscisse a farle dimenticare il giovane Mazoniano dagli occhi viola.
“Harlock - gli chiese Mayu al momento di salutarsi - credi che a mio padre dispiacerebbe molto se facessi l'archeologa, anziché l'ingegnere come lui?”
Lui le scompigliò i capelli.
“Sono sicuro che tuo padre vorrebbe che tu facessi ciò che ti rende felice, nient'altro.”
La ragazzina sorrise soddisfatta, gli stampò un bacio sulla guancia e corse verso un gruppo di amiche che la stavano aspettando davanti al portone d'ingresso. Kei gli fece notare, non senza un certo fastidio, che quelle se lo stavano letteralmente mangiando con gli occhi, ridacchiando e dandosi di gomito.

Tornati sull'Arcadia, Yattaran li accolse giulivo.
“Si riparte, capitano?”
“Non subito. Dobbiamo avvisare i terrestri del prossimo probabile tentativo di invasione, no? Non credo che la cosa potrà essere risolta per via amichevole, purtroppo... anche perché i nostri compatrioti non molleranno nemmeno un asteroide, per aiutare i Mazoniani!”
“E come pensi di fare?”
“Un contatto con quelli del governo ce l'abbiamo. Cominceremo da lì.”
I due ufficiali rimasero un attimo interdetti, non capendo a chi si stesse riferendo Harlock. Poi la ragazza realizzò.
“Tadashi!”
“Già. Yattaran, cerca un canale sicuro di comunicazione e fammi parlare con lui.”
Magari sarebbe stata la volta buona che il ragazzo decidesse di tornare sull'Arcadia...tanto lui non era mica geloso!

 

 

FINE

 

 

 

Note finali

E così siamo arrivati alla fine... che non è quella che molti di voi speravano! Quindi, sento di dovervi delle spiegazioni.
Quando ho iniziato a scrivere questa storia, in effetti avevo in mente un lieto fine: i due popoli mazoniani trovavano un bel pianeta tutto per loro e si trasferivano a vivere lì, felici e contenti, con i pirati dell'Arcadia liberi di andare e venire a loro piacimento... ma, sapete quando vi si insinua in testa un tarlo?... ecco, con il passare del tempo ne ero sempre meno convinta... A quel punto, avevo due possibilità:

1) grazie al castello su Fanauraa, si apriva un portale spazio-temporale, in modo che i due popoli mazoniani potessero tornare indietro nel tempo, dando inizio alla prima colonizzazione della Terra. Sarebbe stato un finale perfetto... Senonché, questa idea è stata davvero troppo usata e abusata, in questo fandom e altrove, quindi l'ho scartata quasi subito;

2) un finale un po' stile tragedia greca (che, purtroppo per voi, io ADORO!): un destino ineluttabile costringe i personaggi a percorrere strade impreviste. Se Raflesia non tenterà di conquistare di nuovo la Terra (difficile ipotizzare una soluzione pacifica...), il suo popolo perirà. Se Harlock non farà di tutto per difenderla ancora, si sentirà un traditore. E proprio lui è stato lo strumento inconsapevole che rende possibile tutto questo.

Secondo me, questa era l'unica alternativa plausibile e così ho scelto. Avrei potuto cambiarlo per venire incontro alle vostre aspettative, ma ho preferito restare coerente con le mie scelte.
Oltretutto, se ci pensate, il finale è abbastanza aperto: non è detto che le Mazoniane facciano davvero la guerra: è probabile, ma magari non riusciranno a organizzare di nuovo un'impresa così grossa... E poi, chissà, potrebbe esserci un seguito (al momento non credo, ma io non ho mai posto limiti all'ispirazione...).

Qualcuno si dispererà anche per la fine del flirt tra Mayu e Darragh... che era comunque destinato a finire... insomma, è difficile mantenere i contatti con il ragazzino conosciuto al mare...figuriamoci con un alieno! Sono crudele? No, solo realista. C'è di buono che gli adolescenti soffrono terribilmente, ma si riprendono anche in fretta. È tutta esperienza!

Intanto, per farmi perdonare, vi preannuncio che, appena avrò un attimo di calma, scriverò una delle mie one-shot demenziali estive, collegata a questa fic!

 

Ringraziamenti

Ringrazio davvero dal profondo del cuore chi ha condiviso con me questa avventura, sia in modo silenzioso, sia, soprattutto, soffermandosi a lasciare commenti e osservazioni che mi hanno riempito di gioia e di orgoglio. Insomma, fa piacere sapere di aver fatto un buon lavoro, di aver coinvolto e divertito dei lettori così attenti ed esigenti!
Un abbraccio particolare ai fedelissimi Briz65, Divergente Trasversale, Florestan, FoolThatIam, Innominetuo e Jose, che non mi hanno mai fatto mancare la loro affettuosa presenza. Ragazzi, è stato un piacere e un onore avervi a bordo!

 

Bibliografia

Oltre alla sempre preziosa Wikipedia, ecco i principali testi, articoli e siti che mi hanno aiutato a mettere insieme questa storia (alcuni li ho già citati):”

  • David Abulafia, “Federico II, un imperatore medievale”, ed. Einaudi

  • A. Gaspani, “Federico II: il Governo, la Scienza e l'Astronomia” (su www.duepassinelmistero.com)

  • G. Fallacara - U. Occhinegro, “Castel del Monte, nuova ipotesi comparata sull'identità del monumento”, Gangemi Editore

  • https://www.youtube.com/watch?v=cSu-b7w-Mmg

  • www.castellodelmonte.it

  • A.L. Bonfranceschi, “Svelati i primi segreti del manoscritto Voynich”, su www.wired.it

  • E. Sherwood Ph. D, “Il manoscritto Voync decifrato?”, su www.liutprand.it

  • T. Toniutti, “Voynich, il manoscritto del mistero” su www.repubblica.it

  • “Il mistero del manoscritto Voynich, l'unico codice mai decifrato”, su www.invasionealiena.com

  • “Il manoscritto Voynich”, su www.psicosi2012.wordpress.com

  • S. Della Valle, “Il manoscritto Voynich”, su http://wpage.unina.it/dellaval/Voynich.pdf

  • J.L. Borges, “L'aleph”

 

(Sul web si trova molto altro materiale, soprattutto sul Voynich)

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