Carta canta

di pi8f
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. La poésie est dans la rue ***
Capitolo 3: *** 2. Shootout at the University (book) fair ***
Capitolo 4: *** 3. Tonight, baby girl, we'll have a party ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Carta morts

Carta canta

Prologo

C'è vento oggi. La città cambia volto e ha una colonna sonora inedita. Giornate come questa sono il riscatto delle cose leggere, che si fanno sentire e si fanno vedere. Le vetrine tintinnano, argentine. I cancelli che non sono stati legati a dovere sbattono e sbattono per richiamare l'attenzione dei loro sbadati proprietari. Il vento stesso gioca a fare la voce grossa tra i rami degli alberi.
Le foglie ingiallite vorticano nell'aria, in una coreografia casualmente armonica. Sembrano posarsi, e subito riprendono il volo fino a  sparire dalla vista. Danzano senza bisogno di un pubblico.
Meglio essere ignorati quando si è finalmente felici che continuare a essere calpestati nella posizione più bassa che si può toccare. E poi a ben vedere qualcuno che le guarda c'è.
Un ragazzo appoggiato al parapetto. Tutto in lui evoca delicatezza: la statura, piccola; gli arti esili; le dita rapide e affusolate con cui arrotola la cartina attorno al tabacco, e scosta un ricciolo ribelle ricadutogli sulla fronte. Anche nell'accendere la sigaretta sembra danzare, come le foglie da cui ha staccato gli occhi solo per cercare l'accendino: le mani con cui avvolge la fiamma sembrano volerla proteggere da qualcosa di più del vento dispettoso che in questa fresca mattinata si diverte a mettere sottosopra le acconciature e le vite degli abitanti della città.

Lexie è un tipo sottosopra per natura. Cammina pe le strade con un passo decisamente troppo svelto per la pila di libri che regge davanti a sè, e le copre il viso. Fanno capolino soltanto i suoi occhi, rapidissimi nell'individuare eventuali ostacoli, e un cappello color vinaccia. Abbiamo detto che  questa è la giornata delle cose leggere. Una pagina, scollata, deve ricordarsi all'improvviso di essere stata un tempo una foglia, perchè sfugge dalla copertina e si libra nell'aria.

Il suo folle volo è però breve. Viene interrotto dal viso del ragazzo sul ponte, che con un gesto calcolato e rapido, felino, la afferra. Quando si gira per vedere a chi appartenga quel foglio, vede solo un'ombra che si dilegua dietro un angolo. Decide allora di aprire il pezzo di carta per scoprire cosa vi sia scritto.
"Qualunque cosa sia, può aspettare che io abbia finito la mia sigaretta". Il fuoco consuma, il fumo si alza verso il cielo che fa da coperchio alla città.

F's spot

Buonsalve mondo! Chi di voi è curioso di sapere che cosa è scritto nella pagina fuggitiva? Quanti di voi hanno capito chi è il ragazzo? Be' scommetto tutti, chi potrà mai essere un adorabile nanetto coi capelli ricci?
Fatemi sapere che ne pensate di questo prologo, e come pensate che continuerà la storia... a presto!
P.S so che il prologo è corto, ma il primo capitolo non si farà attendere molto... e il titolo è atroce sorry '^_^

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Capitolo 2
*** 1. La poésie est dans la rue ***


Carta canta cap.1

Carta canta

La poésie est dans la rue


Matty aveva sempre pensato che per sentirti a casa tu debba trovare un posto che ti è affine. Per questo non aveva avuto dubbi nel consigliare Adam: quel che faceva al caso suo era un appartamento in quell'edificio un po' all'antica ma non vecchio, nel pieno centro della città ma introvabile a chi non vi si recava apposta. E proprio lì stava andando lui, la seconda sigaretta della giornata stretta tra le dita. Entrò sotto il grande gazebo che dava accesso al cortile interno del complesso, e come sempre indugiò qualche minuto a guardare i giochi di luce in cui si cimentavano i raggi del sole tra le foglie, che erano già diventate dorate ma non avevano ancora spiccato il volo.
Si ritrovò a canticchiare pensoso mentre suonava il campanello, tanto che in un primo momento non sentì la voce dell'amico che chiedeva chi fosse. 
"Ehi, c'è nessuno lì sotto?" chiese appena più forte una voce calma e profonda.
"Oi Hann, ce li hai dieci minuti per una consulenza letteraria?"

Di tutte le richieste con cui il riccio si era presentato alla sua porta a tutte le ore del giorno e della notte, quella era senza dubbio la più strampalata, e non pensava che avrebbe mai potuto battere quella volta che era arrivato con una ragazza chiedendogli se gli lasciava la casa per qualche ora (e Dio solo sa perchè aveva detto di sì).
Appena questi fu entrato nell'appartamento, Adam lo squadrò da capo a piedi, sospettoso, ma non disse nulla e si preparò mentalmente a qualsiasi storia il suo amico stesse per tirare fuori. Non che sembrasse intenzionato a farlo a breve:  si era infatti accomodato sul divano di pelle marrone del salotto, coi piedi sul tavolino da caffè, e fissava il soffitto come in cerca di ispirazione.
"Matty, tu mi preoccupi. Non rispondi subito al citofono, poi spari una domanda assurda e ora stai lì a fissare il soffitto. Si può sapere che hai fatto stanotte?"
L'altro sembrò riprendere vita. Posò lo sguardo su di lui e rispose con tutta calma: "Andando con ordine: grazie di preoccuparti per me, anche io ci tengo a te ed effettivamente è inusuale che tu pronunci una frase così lunga, sicuro di sentirti bene? Per quanto riguarda il citofono, a mia discolpa posso dire che la tua voce, sebbene io adori la sua soavità, rasenta la soglia dell'udibile dall'orecchio umano medio. Per il seguito versami un bicchiere di rosso, grazie."
Adam sospirò, ma sapeva come era fatto Matty, quindi si alzò e tornò con il calice di vino. "Sei consapevole del fatto che siano appena le nove del mattino, vero?"
"L'ora esatta vi è stata offerta da: Adam Hann, un uomo, una garanzia." Buttò giù un sorso, poi sorrise all'amico, che non aveva raccolto la provocazione.
"Torniamo a noi prima che tu mi mandi al diavolo. Sei troppo buono con me, Hann. E sei anche la persona più colta che conosca. Per cui, quando sulle ali del destino mi è volato in faccia questo, ho subito pensato a te." Mentre parlava, mise sul tavolino un foglio sgualcito dal vento e dalla breve permanenza nella tasca del suo cappotto rosso.
Adam lo prese delicatamente, e lo aprì. A un primo sguardo, capì subito che era la pagina di un'antologia universitaria, con in particolare una poesia; alcuni versi erano stati sottolineati con mano tremante, e a fianco vi erano scritte alcune parole in una grafia senza dubbio femminile.

I lunghi singulti
dei violini
d'autunno
mi lacerano il cuore
d'un languore
monotono.

Pieno d'affanno
e stanco, quando
l'ora batte
io mi rammento 
remoti giorni
e piango.

E mi abbandono
al triste vento
che mi trasporta 
di qua e di là
simile ad una         Sono una foglia morta e neanche per  qualcosa di utile come della carta .
foglia morta.               Dimmelo tu perchè mi hai uccisa, io devo ancora capirlo.

Il
tempo che Adam impiegò a leggere quelle tre strofe, che lui aveva già imparato a memoria, sembrò a Matty interminabile. Lo fissava impaziente, aveva fatto crollare la sua maschera di apparente calma e disinteresse per il foglio. Non sapeva perché, ma si sentiva particolarmente attratto da quel pezzo di carta, come se avessero un legame speciale.
Più di tutto, lo avevano trafitto come una lama le parole scritte a margine di quei versi struggenti. "Allora? La conosci?" incalzò il suo pacifico amico.
Adam non resistette alla tentazione di punzecchiarlo: "La poesia o la ragazza che ha scritto la nota a margine? Perché per le perizie calligrafiche devo ancora attrezzarmi".
Matty non fu da meno: "Non sapevo frequentassi essere umani, di sesso femminile per di più, per cui non mi sarebbe venuto in mente di chiedertelo".
Adam alzò le mani in segno di resa: "Touchè. Tornando a noi, giurerei che è uno dei poeti maledetti francesi, vediamo... Verlaine? Dovrebbe essere lui. Fammi controllare".
Dette queste parole, si alzò e andò a colpo sicuro a prendere un libro vecchissimo, ma tenuto con la cura di chi ama i libri più di ogni altra cosa. "Ecco qui. Paul Verlaine, Chanson d'automne. Tratta dai Poemi Saturnini, composti nella prima stagione poetica dell'autore, che risentiva ancora dell'influsso di Charles Baudelaire e dei parnassiani."
 "E dunque?" chiese il riccio impaziente.  
"Dunque cosa? Vuoi informazioni sulla metrica?"
"Intendo, che cosa mi consigli di fare di questo foglio?"
"Non so, mi sembra di capire che la poesia ti piaccia, e non sono certo il tipo che ti consiglierebbe di gettare via della carta stampata, quindi mi pare sottinteso che tu debba tenerlo, se vuoi."
"Solo tenerlo?" Matty aveva uno sguardo strano nel pronunciare queste parole, vi era una punta di delusione, ma era principalmente un lampo di malizia che lo illuminava.
Adam lo squadrò, preoccupato. "Che ti frulla per la testa, Matthew Timothy Healy? Sono quelle parole scritte a matita il motivo per cui ci tieni particolarmente a questo foglio, vero?"
"Si, e vorrei rintracciare chi le ha scritte, insomma magari per lei questo foglio è importante e..."
"E vuoi scoprire che cosa l'ha spinta a scrivere quella nota straziante, sbaglio?" Adam sospirò. "L'unico indizio che hai è che è una studentessa universitaria, e non saprei ricavarne altri se non che probabilmente studia lingue e letterature straniere".
"Be', è un inizio, no?"
"Matty, hai una vaga idea di quante persone siano iscritte all'università? Per di più sfortunatamente questo non è un libro preso dalla biblioteca, cosa che avrebbe reso molto più semplice la ricerca, ma appartiene proprio alla tua misteriosa fanciulla, oppure potrebbe averglielo prestato una compagna di corso... capisci in che impresa ti stai andando a impelagare?"
"Oh si, e so anche chi è perfetto per mettersi in questo casino con me" pensò Matty mentre un sorriso si dipingeva sul suo volto.




Lexie attraversava il giardino dell'ateneo con il suo solito passo scattante e la sua precaria pila in braccio, e intanto pensava che quel giorno il campus si era dato da fare per apparire esattamente come lo stereotipo da film  di ogni università inglese, complice il tappeto di foglie che ricopriva completamente il prato. In giornate come quella, le sembrava di vivere in una brochure, e se il mondo intorno a lei era bello, si sentiva bella anche lei. È probabilmente l'unica forma giusta di egocentrismo, quella di considerare ciò che di più bello il mondo come una cornice per i nostri occhi e per la più bella curva del corpo, quella delle labbra.
 Il suo sorriso poi era ancora più radioso perchè quella mattina aveva la sua materia preferita, di cui non si perdeva una lezione nonostante non avesse obbligo di frequenza per quel corso e il docente fosse la persona più sgradevole che avesse mai incontrato.
Stranamente in orario, entrò nell'aula del corso di estetica, e si accomodò su uno dei sedili di legno pieghevoli delle file centrali.
Mancavano dieci minuti all'inizio della lezione; la ragazza aveva così tutto il tempo di rendere meno pericolante sul banco la sua inseparabile torre di Babele di carta, portatile ma non troppo. Prese in mano il primo libro della pila, e lo guardò con gli occhi sognanti e un sorriso di tenerezza e malinconia sul volto.
"Non ci credo! Davvero sei riuscita a non perderlo!" una voce squillante fece rimbalzare queste parole per tutta l'aula, facendo voltare incuriositi gli studenti delle prime file. Lexie lanciò un'occhiataccia alla sua migliore amica di una vita, mentre si nascondeva dietro la catasta di libri che per fortuna non aveva ancora smontato.
"Sei dello stesso colore del tuo cappellino" la punzecchiò Libby. L'altra fece cenno all'amica di sedersi, decisa a non parlare finché non avesse visto nuovamente le nuche dei compagni di corso.
"Accidenti Libby, sembra che tu sia una matricola che non conosce le regole dell'università! Lo so che questa antologia è preziosissima per te, ma non potevi aspettare il nostro appuntamento per pranzo per riaverla? L'ho trattata benissimo, tranquilla, e avevo bisogno di un paio d'ore in più per abituarmi all'idea di dovermi staccare da lei" Lexie era così, non riusciva a stare arrabbiata più di un minuto, e finiva ogni frase sorridendo.
"Te l'ho lasciata UN GIORNO INTERO, penso possa bastare; e poi volevo accertarmi che sia tutto in ordine, voi laureandi in filosofia avete la testa tra le nuvole e tu in particolare..." replicò l'amica con tono canzonatorio. "Esaminiamo il corpo del delitto..." disse poi con voce impostata.
Lexie rise: "Dai, te l'ho trattato benissimo! Ovviamente è tutto perfetto, no?" Lo sguardo dell'amica però diceva il contrario. "Be', che c'è che non va?" le chiese un po' preoccupata.
"Alexandra. Il tuo stramaledetto vizio di aprire i libri fino a piegare la costa. SI È STACCATA UNA PAGINA".
Lexie, rassicurata, mise su un faccino buffo per farsi perdonare: "Era già staccata, e ho pensato fosse destino perchè mi sono innamorata di quella poesia sai? Non temere, mia paladina della carta stampata, l'ho diligentemente messa nella fasciatura della copertina per non perderla. Vedi, proprio qu.." Dal vinaccia del cappellino la ragazza diventò pallida come il suo colletto.
"Diamine Libby, ti giuro che la avevo messa qui apposta, te lo giuro Betty.. Betty, mi parli? Betty? Beth? Elizabeth? Liza? Liz? Lizzie? Libby?"
L'altra prese un lungo respiro: "Ti credo, Alexandra. E nella mia magnanimità voglio concederti un'altra possibilità. Oggi pomeriggio ripercorreremo
esattamente il tragitto che hai fatto stamattina per venire qui. Portati parecchie paia di occhi, ne avremo bisogno per trovare quel foglio".
Molto più silenziosamente di come era entrata, l'esuberante ragazza uscì, lasciando la sua migliore amica ad avere giusto il tempo di pensare che era stata la scelta giusta quella mattina mettere addosso praticamente tutta la lana che aveva nell'armadio, prima che facesse il suo ingresso in aula il professore.

F's spot

Ecco qui il primo capitolo :) rileggendolo ho notato che Lexie, la nostra protagonista, ride e sorride un sacco, ma a me piace così. Fatemi sapere che ne pensate del capitolo e se vi piacciono i personaggi finora, ogni critica e ogni consiglio sono ben accetti :) Prometto di aggiornare il prima possibile! A presto. F.

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Capitolo 3
*** 2. Shootout at the University (book) fair ***


Carta canta cap.2

Carta canta

Shootout at the university (book) fair

"Ripetimi qual è il piano" disse George. Matty avrebbe potuto giurare che fosse la settima volta in mezz'ora che sentiva quella frase, pronunciata ora dal suo migliore amico, ora da Ross.
"Va bene, mi arrendo. Non abbiamo un vero e proprio piano: vedremo cosa ci riserverà la sorte una volta arrivati là". Là designava il campus universitario della città, che Matty non sapeva bene con che nome indicare, e dunque, dopo averlo menzionato una sola volta, ometteva di riferirvisi esplicitamente, nascondendolo dietro il generico avverbio di luogo.  
Il quadretto che vi si sarebbe potuto parare davanti quella mattina per le strade della città è il seguente : tre ragazzi camminavano col passo lento e incerto di chi si guarda intorno per controllare dove stia andando; uno di loro, biondino, coi capelli in perenne disordine, prestava particolare attenzione a non sbattere la testa a ogni passo, visto che con la sua altezza mastodontica sembrava fuori misura nel paesaggio urbano; problema che in parte riguardava un altro dei tre, che sembrava il più pacato e rassicurante, coi suoi profondi occhi, scuri come i capelli portati insieme a una folta barba da filosofo; al loro fianco, il terzo ricordava terribilmente uno shampoo in formato da viaggio, e il groviglio che sovrastava la sua testa rifletteva la scena all'interno di essa e al contempo sembrava un tentativo in extremis del suo corpo di guadagnare qualche centimetro di altezza. La gente si girava a guardarli, incuriosita, e alcuni si chiedevano se i due maciste non fossero le guardie del corpo del più piccolo; certo è che il loro abbigliamento non sembrava affatto suggerire questo scenario: il loro stile era alquanto bislacco, sembrava che pagassero volutamente i loro abiti una fortuna per poi sembrare scappati di casa. A questo garbuglio generale, seguiva la loro camminata fuori sincrono: paradossalmente, i due giganti arrancavano dietro l'amico, che sembrava determinato a raggiungere un preciso obiettivo pur non sapendo come; questo, unito alla statura e al colore scarlatto del suo cappotto, lo facevano assomigliare a un soldatino a molla: scattava, camminava speditissimo per un po', poi senza preavviso si arrestava a pensare sul da farsi, col rischio di essere travolto più di una volta dai suoi amici. La sua carica era un calore strano che si sentiva addosso, che sembrava essere sprigionato dal foglio che da due giorni non abbandonava mai la sua tasca, come una sorta di talismano.
E a ogni passo che sentiva portarlo un po' più vcino alla meta, il cuore di Matty prendeva a battere di un ritmo nuovo.

La sorte aveva in serbo un'opportunità per il trio quella mattina: il bel giardino dell'ateneo, immerso nell'aurea luce delle foglie autunnali, era reso ancora più suggestivo da alcune piccole, polverose, romantiche bancarelle di libri, riempendo l'aria di quel profumo di carta stampata che Adam se avesse potuto avrebbe imbottigliato e usato come colonia. Grazie al cielo la vista dei libri evocò nella mente di Matty l'assennato amico, suggerendogli un'idea ben meno sconsiderata di quella dai contorni vaghi che aveva in mente quando qualche giorno prima lasciava l'appartamento di quest'ultimo. Se fosse stato necessario, avrebbe tentato in seguito di intrufolarsi in segreteria per avere accesso alla lista degli studenti iscritti al corso di laurea di Lingue e Letterature straniere con la complicità dei due amici; per il momento, fece loro cenno di seguirlo tra i banchi dell'esposizione, e iniziò a cercare quello di cui aveva bisogno.
Di che cosa aveva bisogno? Di preciso, non lo sapeva neppure lui, ma quella mattina sentiva di avere la buona stella dalla sua parte. Mentre camminava nelle strettoie del mercatino, faceva scorrere una mano sui libri esposti, sfiorandoli coi polpastrelli, come a cercare di capire quale fosse la sezione giusta non leggendo i titoli ma cercando di percepire una vibrazione particolare in quel mare di carta stampata. Si fidava da sempre dei suoni e delle vibrazioni più che dell'aspetto delle cose, perché poche persone erano in grado di coglierli. E Matty era sicuro che la ragazza del mistero era una di quegli eletti.



"Libby, ti ho già detto che mi dispiace per quello che è successo vero?" Lexie proprio non riusciva a darsi pace per quella pagina che era volata via. I suoi grandi occhi erano sinceramente mortificati sotto la cuffia di lana gialla che le incorniciava il viso. Approfittando della svendita di libri di quella mattina, aveva accompagnato l'amica a perlustrare i banchi, fermamente decisa a trovare un'edizione in buone condizioni dell'antologia incriminata, e a ricomprarla per lei. La sua amica, che la precedeva col solito cipiglio battagliero, si fermò di scatto e si voltò a guardarla. "Per quanto mi piacerebbe continuare ancora a lungo a tormentarti con questa storia, sono tua amica e detesto vederti con quello sguardo. Tranquilla, Lex, mi hai chiesto scusa diecimila volte e il fatto che tu continui a preoccuparti è più che sufficiente, okay?" Sorrise con fare rassicurante all'amica. "E poi, hai perso una sola pagina di un INTERO libro, è un risultato di molto migliore di quanto mi sarei mai aspettata da te, sai?" Lexie rise, rassicurata, e prendendo a braccetto l'amica la condusse verso la sezione delle antologie in lingua straniera, schivando pile di libri e angoli di tavoli. Mentre camminava, pensava che l'amicizia, almeno la loro, era proprio quello, farsi un po' più strette quando si rischiava di sbattere contro un ostacolo.

"Giù le mani!" A Lexie servì qualche minuto per realizzare quello che stava succedendo. D'impulso, la sua amica si era all'improvviso staccata da lei e si era diretta di corsa verso un ragazzo che toccava distrattamente i libri in vendita. Quest'ultimo la guardava ora confuso e un po' spaventato, e si era immobilizzato. Lexie si avvicinò in fretta ai due, mentre la sua amica urlava addosso al malcapitato. "Giù le mani, ho detto! Non so per quale motivo tu sia interessato a questa antologia, ma io e la mia amica giriamo questo posto da ore per scovarla e questa sembra l'unica copia in vendita! Sono sicura che serva più a me che a te, di certo un tipo come te non studia all'università, perciò gira al largo perché non ho intenzione di concedertela!".  
Lexie afferrò il braccio della sua sanguigna amica, cercando di farla ragionare "Libby, andiamo, non puoi aggredirlo così, non sta facendo nulla di male! Scusala tanto" aggiunse rivolta ora al ragazzo che le stava di fronte "ma effettivamente per lei sarebbe davvero importante comprare questa antologia, per cui a meno che non ti sia assolutamente indispensabile, ti spiacerebbe se la comprassimo noi? Saresti davvero gentilissimo". Il riccio intanto si era riavuto da quella aggressione inaspettata, e sorrideva alla stravagante coppia di ragazze.
"Nessun problema, non avevo neanche fatto caso a che libro stessi toccando. Ve lo 'cedo' senza problemi. Però..." - un lampo malizioso attraversò il suo sguardo- " mi sembra di capire che per te questo libro sia piuttosto importante, giusto piccola hooligan? Penso di meritare di sapere perché, vista questa aggressione che non meritavo, no?".
Le due ragazze a questo punto erano entrambe paonazze, Lexie per l'imbarazzo, Libby per la rabbia. Stavolta però la prima ebbe i riflessi abbastanza pronti da aprire bocca prima dell'amica, che già era pronta a riempire di insulti quel tipo così bizzarro.
"Ecco vedi lei tiene un sacco ai suoi libri, e la sua copia di questa antologia ha perso una pagina, quindi siamo venuti qui sperando di trovarne un'altra in buone condizioni e completa. Davvero, ci terrebbe molto, e io con lei, ad acquistare questo libro, se per te non è un problema":
Il cuore di Matty aveva perso un colpo. Non aveva dovuto cercare la sua ragazza del mistero, perché era stata lei a trovarlo. Ora ne era certo: le vibrazioni nell'aria e in tutto quello che lo circondava la avevano portata da lui. Mentre formulava questi pensieri, rapida la sua assalitrice gli aveva sfilato il libro da sotto il palmo.
"Problema o non problema per te, non è un problema mio di sicuro! Andiamo, Lexie".
Matty guardò le due allontanarsi, mentre la gentile accompagnatrice del suo enigma si voltava un'ultima volta, il fondo dei suoi occhi limpidissimi che sussurava timidamente l'ennesimo "Scusa", ignara che per lui quell'incontro era stato tutt'altro che spiacevole.



F's spot

Ebbene si... chi non muore si rivede! Non aggiorno da più di un mese, lo so, sono imperdonabile... se casomai ci fosse qualcuno che ancora segue questa storia, o lo abbia mai fatto, GRAZIE e spero che questo capitolo vi piaccia! Se vi va, fatemi sapere che ne pensate, anche solo due parole. A presto, o almeno al prima possibile! F.

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Capitolo 4
*** 3. Tonight, baby girl, we'll have a party ***


Carta canta cap.3

Carta canta

Tonight, baby girl, we'll have a party

A tutte le ragazze che nascondono un mondo dietro la maschera che il mondo le costringe a indossare per sopravvivere...

La lancetta era ancora una volta arrivata in cima al quadrante, e di nuovo si rituffava per un altro giro. Lexie la fissava intensamente, sperando forse di far scorrere più in fretta i minuti, ma il percorso di quella semplice stanghetta in grado di governare le nostre vite sembrava rallentare sempre più sotto il suo sguardo. Dentro di lei, era in corso un complicato subbuglio di emozioni: sensibile com'era, continuava a rivoltarsi in testa, battuta per battuta, il dialogo con il ragazzo alla bancarella dei libri, e si sentiva così in colpa per non aver avuto il coraggio di scusarsi come si deve con lui per come l'aveva trattata Libby. Era buffo, quel ragazzo; le era sembrato dolce anche quando voleva fare lo spaccone con la sua amica. Lexie era così: una bella persona che a causa della sua insicurezza coglieva questa bellezza solo negli altri, che molto spesso erano resi migliori proprio dalla luce che incontrarla accendeva su di loro. Tutti per lei erano degni della sua attenzione e del  suo affetto, perché ciascuno possedeva qualcosa che lo rendeva un essere speciale. Perciò, si colpevolizzava fin troppo facilmente quando le sembrava di non essere stata sufficientemente gentile e attenta nei confronti degli altri. Era sempre tutta tesa a cercare di essere una persona che rendesse felici gli altri; questo la stritolava anche in un rigido senso del dovere, che se da un lato la rendeva molto resistente alla fatica e all'impegno, dall'altro la rendeva fragilissima ai fallimenti e agli errori, totalmente umani e che per altro raramente aveva provato; per lei però "raramente" non era abbastanza, avrebbe preferito di gran lunga "mai" come avverbio di frequenza. Questa intransigenza verso se stessa, in quel momento in cui era già agitata per l'incontro della mattina, aggiungeva alla matassa di emozioni che le si agitava dentro anche delle fitte acute di senso di colpa, quando attraversava la sua mente il pensiero che non stava ascoltando una parola della lezione. Decise di cominciare da quelle per sbrogliare quella massa che le pesava dentro: con uno sforzo, spense la luce sul misterioso ragazzo dei libri e si concentrò sul suo dovere.

Fresco, esattezza e trasparenza. Proprio quello di cui aveva bisogno Lexie mentre appoggiava la fronte contro l'enorme vetrata della porta finestra ad arco del corridoio dell'ateneo. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quella sensazione. In quel momento del cristallo sentiva di avere soltanto la fragilità, mentre il mondo continuava a scagliarle contro sassolini. Sollevò a poco a poco le palpebre, in modo che i raggi di luce si facessero via via più intensi. Un sorriso schiuse le sue labbra: il sole inondava le foglie gialle che riempivano il giardino sotto di lei, sui rami degli alberi e ai loro piedi, creando un'atmosfera  soffusa e dorata. Lexie amava  l'autunno perché le dava la sensazione di vivere tutto il giorno in un tramonto, c'erano la stessa frizzantezza e la stessa dolcezza nell'aria, quelle che ti fanno percepire delle vibrazioni nell'aria, create da un equilibrio magico. Osservando di sotto, all'improvviso lo scorse: seduto su una panchina, in compagnia di altri due ragazzi che la ragazza non aveva mai visto prima, c'era il distratto compratore di libri, in attesa. Le gambe di Lexie furono più veloci della sua mente: prima di rendersene completamente conto, stava volando, la solita pila di libri stavolta più bassa e stretta al cuore, sui gradini dello scalone principale dell'ateneo; ma per quanto i piedi andassero veloci, non si libravano tanto leggeri quanto il suo cuore in quel momento.



"Non siamo stati qui abbastanza, Matty?" si decise finalmente a chiedere George, guardando il cielo attraverso la nuvola di fumo che aveva appena espirato.
Erano seduti su una panchina del campus universitario da dopo l'incontro con la ragazza del mistero.
"Non pensavo sarebbe stato così facile trovarla" fu l'unica risposta che ottenne dal suo migliore amico.
George si scambiò uno sguardo un po' preoccupato con Ross, che aprì le braccia, rassegnato.
"Neanche noi, ma ora che si fa? Non penso che tu voglia accontentarti di averla vista, giusto? Perché non l'hai fermata, allora? Non le hai chiesto neppure come si chiama, sai di lei sì e no quanto prima" rispose George con cautela, per non spezzare l'incantesimo in cui sembrava immerso il riccio; infatti, quest'ultimo si girò verso di lui con aria trasognata e un po' confusa.
"Be'... ora almeno le ho dato un volto, no? Non sarà difficile rincontrarla qui all'università, o anche se lo fosse, almeno non sarò tormentato dal pensiero che potrebbe nascondersi dietro uno qualsiasi dei volti delle persone che passano di qui in continuazione, senza che io sappia quale, giusto?".
George alzò le mani in segno di resa: "Hai ragione, meglio un volto senza nome che un nome senza volto. Dunque siamo ancora qui perché aspettiamo di vederla passare per fermarla?".
"Precisamente" replicò Matty, con un largo sorriso.
"Quindi, tu sai per certo che non è quella deliziosa ragazza che si avvicina timidamente a noi, come a volerci parlare?".
Era stata la voce di Ross a pronunciare quella frase, perché era stato l'unico a notare Lexie, che li osservava da qualche minuto senza decidersi a farsi avanti. Quando Matty la vide, d'un tratto si fece rossa e accennò un timido gesto di saluto, pensando a quanto le sarebbe piaciuto in quel momento sprofondare sotto il tappetto giallo e croccante su cui poggiavano i suoi piedi.
Il ragazzo le si avvicinò, sorridendole e cercando di metterla a suo agio: "Ehi" le disse, fermandosi davanti a lei.
"Ehi" replicò a sua volta con voce flebile Lexie. Poi si lanciò come un treno nella sua spiegazione; prese un gran respiro e: "Non so se ti ricordi ci siamo visti prima alle bancarelle con la mia amica e io ti volevo chiedere ancora scusa per come ti ha trattato cioè anche per come ti ho trattato io perché insomma avrei dovuto chiedere scusa subito invece di scappare via e quindi quando ti ho visto dalla finestra ho pensato di venire a chiederti scusa e oddio quante volte ho detto chiedere scusa però ecco...".
Pronunciata tutta d'un fiato, senza pause, questa frase confusa, Lexie si bloccò senza sapere cosa aggiungere e per maledire la sua dannata parlantina a mitraglietta.
Matty parlò con calma a quella ragazza così buffa, che gli ispirava tenerezza: "Meno male che ti sei fermata, non sapevo se sarei mai riuscito a risponderti". E Lexie diventò fucsia.
"Mi sembra di aver capito che vuoi chiedermi scusa, sbaglio?" scherzò. E ora Lexie era color vinaccia.
Poi si fece serio: "Certo che mi ricordo, è stato un incontro abbastanza indelebile, non trovi? Ma credimi, è stato piuttosto piacevole, al contrario di quanto tu possa pensare; infatti ero qui perché anche io volevo chiarire meglio, ma la tua amica è scappata via in un baleno". Mentre le parlava, le aveva afferrato una mano, e ormai la ragazza era viola.
"Ascolta... Lexie, giusto?". Lei annuì, abozzando un sorriso a labbra chiuse.
Proseguì: "Ok, Lexie. Io sono Matty. Stasera io e i miei amici diamo una festa a casa mia.Ti va di venire, e ovviamente di portare quel piccolo troll della tua amica? Giuro che non mordiamo, a differenza sua, e siamo anche piuttosto simpatici. Almeno, io; per quei due non mi sento di garantire". Finalmente la aveva fatta ridere; si sentiva orgoglioso. Le lanciò uno sguardo speranzoso.
"D'accordo, Matty. Ti prometto che anche Libby è simpatica, solo che deve volerlo, ed è piuttosto impulsiva. Ci saremo". Il ragazzo aveva sorriso, e si era voltato per andare via.
"Matty?" lo richiamò lei. "Non mi hai detto dove abiti" aggiunse arrossendo nuovamente. Improvvisamente le punte delle sue scarpe erano diventate interessantissime.
Matty le scrisse il suo indirizzo sul dorso della mano, facendola ridacchiare per il solletico.
Prima di lasciarlo andare, Lexie ebbe l'inusuale audacia di chiedergli: "Posso sapere che cosa ti ha spinto a volerci rivedere?".
La mano di Matty era corsa rapidamente alla tasca dove teneva la sua preziosa pagina, ma si fermò; non se la sentiva di rivelare subito il suo segreto, e pensava di doverlo fare prima di tutto con la legittima proprietaria del foglio. Così rispose: "Non lo so, il caratterino della tua amica mi ha colpito molto; non sono tanti quelli che riescono a mettermi soggezione".
Si separarono: Matty tornò alla panchina; Lexie, non appena fu fuori dalla sua visuale, si mise a correre a perdifiato, sorridendo da guancia a guancia.

"Giuro che non ti capisco, amico. Spendi un'intera mattinata in un campus alla ricerca di una ragazza, e appena un'altra ti mostra un po' di attenzione ne approfitti per parlarle, farle cambiare colore con la frequenza di un semaforo e poi scappare via? Si può sapere che vi siete detti?" disse George affannato, camminando a fianco dell'amico.
"E sopratutto, perché dopo essertene stato immobile su quella panchina per un'intera mattinata all'improvviso ti stai allenando per la maratona di New York?" gli fece eco Ross; i due, nonostante la lughezza chilometrica delle gambe, faticavano a tenere il passo con il loro basso amico.
Matty sorrise malizioso a entrambi, senza smettere di camminare: "Ogni cosa a suo tempo, ora dobbiamo preoccuparci di organizzare una festa per stasera".
George e Ross si rivolsero l'ennesimo sguardo rassegnato della mattinata, rinunciando a fare altre domande, forse preferendo non sapere.
Matty intanto con la mente galoppava ancora più veloce che con i piedi: "Sarà una serata da ricordare, ne sono sicuro".


F's spot

Ehi! Per farmi perdonare del fatto che sono sparita per più di un mese, ecco qui un altro aggiornamento poco dopo il capitolo precedente, ed è anche bello lungo. Sono felice, perché mi è tornata la voglia di portare avanti questa storia! Fatemi sapere se anche a voi sta piacendo, o anche se non vi sta piacendo, le critiche sono bene accette :) E la festa di Matty, sarà davvero così memorabile? Lo sapremo presto :) Al prossimo capitolo! F.

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