Carta canta di pi8f (/viewuser.php?uid=942766)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. La poésie est dans la rue ***
Capitolo 3: *** 2. Shootout at the University (book) fair ***
Capitolo 4: *** 3. Tonight, baby girl, we'll have a party ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Carta morts
Carta
canta
Prologo
C'è
vento oggi. La città cambia volto e ha una colonna sonora
inedita. Giornate come questa sono il riscatto delle cose leggere, che
si fanno sentire e si fanno vedere. Le vetrine tintinnano, argentine. I
cancelli che non sono stati legati a dovere sbattono e sbattono per
richiamare l'attenzione dei loro sbadati proprietari. Il vento stesso
gioca a fare la voce grossa tra i rami degli alberi.
Le foglie ingiallite vorticano nell'aria, in una coreografia
casualmente armonica. Sembrano posarsi, e subito riprendono il volo
fino a sparire dalla vista. Danzano senza bisogno di un
pubblico.
Meglio essere ignorati
quando si
è finalmente felici che continuare a essere calpestati nella
posizione più bassa che si può toccare.
E poi a ben vedere qualcuno che le guarda c'è.
Un ragazzo appoggiato al parapetto. Tutto in lui evoca delicatezza: la
statura, piccola; gli arti esili; le dita rapide e affusolate con cui
arrotola la cartina attorno al tabacco, e scosta un ricciolo ribelle
ricadutogli sulla fronte. Anche nell'accendere la sigaretta sembra
danzare, come le foglie da cui ha staccato gli occhi solo per cercare
l'accendino: le mani con cui avvolge la fiamma sembrano volerla
proteggere da qualcosa di più del vento dispettoso che in
questa
fresca mattinata si diverte a mettere sottosopra le acconciature e le
vite degli abitanti della città.
Lexie è un tipo sottosopra per natura. Cammina pe le strade
con
un passo decisamente troppo svelto per la pila di libri che regge
davanti a sè, e le copre il viso. Fanno capolino soltanto i
suoi
occhi, rapidissimi nell'individuare eventuali ostacoli, e un cappello
color vinaccia. Abbiamo detto che questa è la
giornata
delle cose leggere. Una pagina, scollata, deve ricordarsi
all'improvviso di essere stata un tempo una foglia, perchè
sfugge dalla copertina e si libra nell'aria.
Il suo folle volo è però breve. Viene interrotto
dal viso
del ragazzo sul ponte, che con un gesto calcolato e rapido, felino, la
afferra. Quando si gira per vedere a chi appartenga quel foglio, vede
solo un'ombra che si dilegua dietro un angolo. Decide allora di aprire
il pezzo di carta per scoprire cosa vi sia scritto.
"Qualunque cosa sia, può aspettare che io abbia finito la
mia
sigaretta". Il fuoco consuma, il fumo si alza verso il cielo che fa da
coperchio alla città.
F's
spot
Buonsalve mondo! Chi di voi
è curioso di sapere che cosa è scritto nella
pagina
fuggitiva? Quanti di voi hanno capito chi è il ragazzo? Be'
scommetto tutti, chi potrà mai essere un adorabile nanetto
coi
capelli ricci?
Fatemi sapere che ne pensate di questo prologo, e come pensate che
continuerà la storia... a presto!
P.S so che il prologo è corto, ma il primo capitolo non si
farà attendere molto... e il titolo è atroce sorry
'^_^
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Capitolo 2 *** 1. La poésie est dans la rue ***
Carta canta cap.1
Carta
canta
La
poésie est dans la rue
Matty
aveva sempre
pensato che per sentirti a casa tu debba trovare un posto che ti
è affine. Per questo non aveva avuto dubbi nel consigliare
Adam:
quel che faceva al caso suo era un appartamento in quell'edificio un
po' all'antica ma non vecchio, nel pieno centro della città
ma
introvabile a chi non vi si recava apposta. E proprio
lì stava andando lui, la seconda sigaretta della
giornata
stretta tra le
dita. Entrò sotto il grande gazebo che dava accesso
al
cortile interno del complesso, e come sempre indugiò qualche
minuto a guardare i giochi di luce in cui si cimentavano i raggi del
sole tra le foglie, che erano già diventate dorate ma non
avevano ancora spiccato il volo.
Si ritrovò a canticchiare pensoso mentre suonava il
campanello,
tanto che in un primo momento non sentì la voce dell'amico
che
chiedeva chi fosse.
"Ehi, c'è nessuno lì sotto?" chiese appena
più forte una voce calma e profonda.
"Oi Hann, ce li hai dieci minuti per una consulenza letteraria?"
Di tutte le richieste con cui il riccio si era presentato alla sua
porta a tutte le ore del giorno e della notte, quella era senza dubbio
la più strampalata, e non pensava che avrebbe mai potuto
battere
quella volta che era arrivato con una ragazza chiedendogli se gli
lasciava la casa per qualche ora (e Dio solo sa perchè aveva
detto di sì).
Appena questi fu entrato nell'appartamento, Adam lo squadrò
da
capo a piedi, sospettoso, ma non disse nulla e si preparò
mentalmente a qualsiasi storia il suo amico stesse per tirare fuori.
Non che sembrasse intenzionato a farlo a breve: si era
infatti
accomodato sul divano di pelle marrone del salotto, coi piedi sul
tavolino da caffè, e fissava il soffitto come in cerca di
ispirazione.
"Matty, tu mi preoccupi. Non rispondi subito al citofono, poi spari una
domanda assurda e ora stai lì a fissare il soffitto. Si
può sapere che hai fatto stanotte?"
L'altro sembrò riprendere vita. Posò lo sguardo
su di lui
e rispose con tutta calma: "Andando con ordine: grazie di preoccuparti
per me, anche io ci tengo a te ed effettivamente è inusuale
che tu pronunci una
frase così lunga, sicuro di sentirti bene? Per quanto
riguarda il citofono, a mia discolpa posso dire che la tua voce,
sebbene io adori la sua soavità, rasenta la soglia
dell'udibile
dall'orecchio umano medio. Per il seguito versami un bicchiere di
rosso, grazie."
Adam sospirò, ma sapeva come era fatto Matty, quindi si
alzò e tornò con il calice di vino. "Sei
consapevole del
fatto che siano appena le nove del mattino, vero?"
"L'ora esatta vi è stata offerta da: Adam Hann, un uomo, una
garanzia." Buttò giù un sorso, poi sorrise
all'amico, che
non aveva raccolto la provocazione.
"Torniamo a noi prima che tu mi mandi al diavolo. Sei troppo buono con
me, Hann. E sei anche la persona più colta che conosca. Per
cui,
quando sulle ali del destino mi è volato in faccia questo,
ho
subito pensato a te." Mentre parlava, mise sul tavolino un foglio
sgualcito dal vento e dalla breve permanenza nella tasca del suo
cappotto rosso.
Adam lo prese delicatamente, e lo aprì. A un primo sguardo,
capì subito che era la pagina di un'antologia universitaria,
con
in particolare una poesia; alcuni versi erano stati sottolineati con
mano tremante, e a fianco vi erano scritte alcune parole in una grafia
senza dubbio femminile.
I
lunghi singulti
dei
violini
d'autunno
mi
lacerano il cuore
d'un
languore
monotono.
Pieno
d'affanno
e
stanco, quando
l'ora
batte
io
mi rammento
remoti
giorni
e
piango.
E
mi abbandono
al
triste vento
che
mi trasporta
di
qua e di là
simile
ad una
Sono una foglia
morta e neanche per qualcosa di utile come della carta .
foglia
morta.
Dimmelo
tu perchè mi hai uccisa, io devo ancora capirlo.
Il
tempo
che Adam impiegò a leggere quelle tre strofe, che lui aveva
già imparato a memoria, sembrò a Matty
interminabile. Lo
fissava impaziente, aveva fatto crollare la sua maschera di apparente
calma e disinteresse per il foglio. Non sapeva perché, ma si
sentiva particolarmente attratto da quel pezzo di carta, come se
avessero un legame speciale.
Più di tutto, lo avevano trafitto come una lama le parole
scritte a margine di quei versi struggenti. "Allora? La conosci?"
incalzò il suo pacifico amico.
Adam non resistette alla tentazione di punzecchiarlo: "La poesia o la
ragazza che ha scritto la nota a margine? Perché per le
perizie
calligrafiche devo ancora attrezzarmi".
Matty non fu da meno: "Non sapevo frequentassi essere umani, di sesso
femminile per di più, per cui non mi sarebbe venuto in mente
di
chiedertelo".
Adam alzò le mani in segno di resa: "Touchè.
Tornando a
noi, giurerei che è uno dei poeti maledetti francesi,
vediamo...
Verlaine? Dovrebbe essere lui. Fammi controllare".
Dette queste parole, si alzò e andò a colpo
sicuro a
prendere un libro vecchissimo, ma tenuto con la cura di chi ama i libri
più di ogni altra cosa. "Ecco qui. Paul Verlaine, Chanson
d'automne. Tratta dai Poemi Saturnini, composti nella prima stagione
poetica dell'autore, che risentiva ancora dell'influsso di Charles
Baudelaire e dei parnassiani."
"E dunque?" chiese il riccio impaziente.
"Dunque cosa? Vuoi informazioni sulla metrica?"
"Intendo, che cosa mi consigli di fare di questo foglio?"
"Non so, mi sembra di capire che la poesia ti piaccia, e non sono certo
il tipo che ti consiglierebbe di gettare via della carta stampata,
quindi mi pare sottinteso che tu debba tenerlo, se vuoi."
"Solo tenerlo?" Matty aveva uno sguardo strano nel pronunciare queste
parole, vi era una punta di delusione, ma era principalmente un lampo
di malizia che lo illuminava.
Adam lo squadrò, preoccupato. "Che ti frulla per la testa,
Matthew Timothy Healy? Sono quelle parole scritte a matita il motivo
per cui ci tieni particolarmente a questo foglio, vero?"
"Si, e vorrei rintracciare chi le ha scritte, insomma magari per lei
questo foglio è importante e..."
"E vuoi scoprire che cosa l'ha spinta a scrivere quella nota
straziante, sbaglio?" Adam sospirò. "L'unico indizio che hai
è che è una studentessa universitaria, e non
saprei
ricavarne altri se non che probabilmente studia lingue e letterature
straniere".
"Be', è un inizio, no?"
"Matty, hai una vaga idea di quante persone siano iscritte
all'università? Per di più sfortunatamente questo
non
è un libro preso dalla biblioteca, cosa che avrebbe reso
molto
più semplice la ricerca, ma appartiene proprio alla tua
misteriosa fanciulla, oppure potrebbe averglielo prestato una compagna
di corso... capisci in che impresa ti stai andando a impelagare?"
"Oh si, e so anche chi è perfetto per mettersi in questo
casino
con me" pensò Matty mentre un sorriso si dipingeva sul suo
volto.
Lexie
attraversava il
giardino dell'ateneo con il suo solito passo scattante e la sua
precaria pila in braccio, e intanto pensava che quel giorno il campus
si era dato da fare per apparire esattamente come lo stereotipo da film
di ogni università inglese, complice il tappeto di
foglie
che ricopriva completamente il prato. In giornate come quella, le
sembrava di vivere in una brochure, e se il mondo intorno a lei era
bello, si sentiva bella anche lei. È probabilmente l'unica
forma
giusta di egocentrismo, quella di considerare ciò che di
più bello il mondo come una cornice per i nostri
occhi e
per la più bella curva del corpo, quella delle labbra.
Il suo sorriso poi era ancora più radioso
perchè
quella mattina aveva la sua materia preferita, di cui non si perdeva
una lezione nonostante non avesse obbligo di frequenza per quel corso e
il docente fosse la persona più sgradevole che avesse mai
incontrato.
Stranamente in orario, entrò nell'aula del corso
di estetica, e si accomodò su uno dei sedili di
legno
pieghevoli delle file centrali.
Mancavano dieci minuti all'inizio della lezione; la ragazza aveva
così tutto il tempo di rendere meno pericolante sul banco la
sua
inseparabile torre di Babele di carta, portatile ma non troppo. Prese
in mano il primo libro della pila, e lo guardò con gli occhi
sognanti e un sorriso di tenerezza e malinconia sul volto.
"Non ci credo! Davvero sei riuscita a non perderlo!" una voce
squillante fece rimbalzare queste parole per tutta l'aula, facendo
voltare incuriositi gli studenti delle prime file. Lexie
lanciò
un'occhiataccia alla sua migliore amica di una vita, mentre si
nascondeva dietro la catasta di libri che per fortuna non aveva ancora
smontato.
"Sei dello stesso colore del tuo cappellino" la punzecchiò
Libby. L'altra fece cenno all'amica di sedersi, decisa a non parlare
finché non avesse visto nuovamente le nuche dei compagni di
corso.
"Accidenti Libby, sembra che tu sia una matricola che non conosce le
regole dell'università! Lo so che questa antologia
è
preziosissima per te, ma non potevi aspettare il nostro appuntamento
per pranzo per riaverla? L'ho trattata benissimo, tranquilla, e avevo
bisogno di un paio d'ore in più per abituarmi all'idea di
dovermi staccare da lei" Lexie era così, non riusciva a
stare
arrabbiata più di un minuto, e finiva ogni frase sorridendo.
"Te l'ho lasciata UN GIORNO INTERO, penso possa bastare; e poi volevo
accertarmi che sia tutto in ordine, voi laureandi in filosofia avete la
testa tra le nuvole e tu in particolare..." replicò l'amica
con
tono canzonatorio. "Esaminiamo il corpo del delitto..." disse poi con
voce impostata.
Lexie rise: "Dai, te l'ho trattato benissimo! Ovviamente è
tutto
perfetto, no?" Lo sguardo dell'amica però diceva il
contrario.
"Be', che c'è che non va?" le chiese un po' preoccupata.
"Alexandra. Il tuo stramaledetto vizio di aprire i libri fino a piegare
la costa. SI È STACCATA UNA PAGINA".
Lexie, rassicurata, mise su un faccino buffo per farsi perdonare: "Era
già staccata, e ho pensato fosse destino perchè
mi sono
innamorata di quella poesia sai? Non temere, mia paladina della carta
stampata, l'ho diligentemente messa nella fasciatura della copertina
per non perderla. Vedi, proprio qu.." Dal vinaccia del cappellino la
ragazza diventò pallida come il suo colletto.
"Diamine Libby, ti giuro che la avevo messa qui apposta, te lo giuro
Betty.. Betty, mi parli? Betty? Beth? Elizabeth? Liza? Liz? Lizzie?
Libby?"
L'altra prese un lungo respiro: "Ti credo, Alexandra. E nella mia
magnanimità voglio concederti un'altra
possibilità. Oggi
pomeriggio ripercorreremo esattamente
il tragitto che hai fatto stamattina per venire qui. Portati parecchie
paia di occhi, ne avremo bisogno per trovare quel foglio".
Molto più silenziosamente di come era entrata, l'esuberante
ragazza uscì, lasciando la sua migliore amica ad avere
giusto il
tempo di pensare che era stata la scelta giusta quella mattina mettere
addosso praticamente tutta la lana che aveva nell'armadio, prima che
facesse il suo ingresso in aula il professore.
F's spot
Ecco
qui il primo capitolo :) rileggendolo ho notato che Lexie, la nostra
protagonista, ride e sorride un sacco, ma a me piace così.
Fatemi sapere che ne pensate del capitolo e se vi piacciono i
personaggi finora, ogni critica e ogni consiglio sono ben accetti :)
Prometto di aggiornare il prima possibile! A presto. F.
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Capitolo 3 *** 2. Shootout at the University (book) fair ***
Carta canta cap.2
Carta
canta
Shootout
at the university (book) fair
"Ripetimi
qual
è il piano" disse George. Matty avrebbe potuto giurare che
fosse
la settima volta in mezz'ora che sentiva quella frase, pronunciata ora
dal suo migliore amico, ora da Ross.
"Va bene, mi arrendo. Non abbiamo un vero e proprio piano: vedremo cosa
ci riserverà la sorte una volta arrivati là".
Là
designava il campus universitario della città, che Matty non
sapeva bene con che nome indicare, e dunque, dopo averlo menzionato una
sola volta, ometteva di riferirvisi esplicitamente, nascondendolo
dietro il generico avverbio di luogo.
Il quadretto che vi si sarebbe potuto parare davanti quella mattina per
le strade della città è il seguente : tre ragazzi
camminavano col passo lento e incerto di chi si guarda intorno per
controllare dove stia andando; uno di loro, biondino, coi capelli in
perenne disordine, prestava particolare attenzione a non sbattere la
testa a ogni passo, visto che con la sua altezza mastodontica sembrava
fuori misura nel paesaggio urbano; problema che in parte riguardava un
altro dei tre, che sembrava il più pacato e rassicurante,
coi
suoi profondi occhi, scuri come i capelli portati insieme a una folta
barba da filosofo; al loro fianco, il terzo ricordava terribilmente uno
shampoo in formato da viaggio, e il groviglio che sovrastava la sua
testa rifletteva la scena all'interno di essa e al contempo sembrava un
tentativo in extremis del suo corpo di guadagnare qualche centimetro di
altezza. La gente si girava a guardarli, incuriosita, e alcuni si
chiedevano se i due maciste non fossero le guardie del corpo del
più piccolo; certo è che il loro abbigliamento
non
sembrava affatto suggerire questo scenario: il loro stile era alquanto
bislacco, sembrava che pagassero volutamente i loro abiti una fortuna
per poi sembrare scappati di casa. A questo garbuglio generale, seguiva
la loro camminata fuori sincrono: paradossalmente, i due giganti
arrancavano dietro l'amico, che sembrava determinato a raggiungere un
preciso obiettivo pur non sapendo come; questo, unito alla statura e al
colore scarlatto del suo cappotto, lo facevano assomigliare a un
soldatino a molla: scattava, camminava speditissimo per un po', poi
senza preavviso si arrestava a pensare sul da farsi, col rischio di
essere travolto più di una volta dai suoi amici. La sua
carica
era un calore strano che si sentiva addosso, che sembrava essere
sprigionato dal foglio che da due giorni non abbandonava mai la sua
tasca, come una sorta di talismano.
E a ogni passo che sentiva portarlo un po' più vcino alla
meta, il cuore di Matty prendeva a battere di un ritmo nuovo.
La sorte aveva in serbo un'opportunità per il trio quella
mattina: il bel giardino dell'ateneo, immerso nell'aurea luce delle
foglie autunnali, era reso ancora più suggestivo da alcune
piccole, polverose, romantiche bancarelle di libri, riempendo l'aria di
quel profumo di carta stampata che Adam se avesse potuto avrebbe
imbottigliato e usato come colonia. Grazie al cielo la vista dei libri
evocò nella mente di Matty l'assennato amico, suggerendogli
un'idea ben meno sconsiderata di quella dai contorni vaghi che aveva in
mente quando qualche giorno prima lasciava l'appartamento di
quest'ultimo. Se fosse stato necessario, avrebbe tentato in seguito di
intrufolarsi in segreteria per avere accesso alla lista degli studenti
iscritti al corso di laurea di Lingue e Letterature straniere con la
complicità dei due amici; per il momento, fece loro cenno di
seguirlo tra i banchi dell'esposizione, e iniziò a cercare
quello di cui aveva bisogno.
Di che cosa aveva bisogno? Di preciso, non lo sapeva neppure lui, ma
quella mattina sentiva di avere la buona stella dalla sua parte. Mentre
camminava nelle strettoie del mercatino, faceva scorrere una mano sui
libri esposti, sfiorandoli coi polpastrelli, come a cercare di capire
quale fosse la sezione giusta non leggendo i titoli ma cercando di
percepire una vibrazione particolare in quel mare di carta stampata. Si
fidava da sempre dei suoni e delle vibrazioni più che
dell'aspetto delle cose, perché poche persone erano in grado
di coglierli. E Matty era sicuro che la ragazza del mistero era una di
quegli eletti.
"Libby, ti ho già detto che mi dispiace per quello che
è successo vero?" Lexie proprio non riusciva a darsi pace
per quella pagina che era volata via. I suoi grandi occhi erano
sinceramente mortificati sotto la cuffia di lana gialla che le
incorniciava il viso. Approfittando della svendita di libri di quella
mattina, aveva accompagnato l'amica a perlustrare i banchi, fermamente
decisa a trovare un'edizione in buone condizioni dell'antologia
incriminata, e a ricomprarla per lei. La sua amica, che la precedeva
col solito cipiglio battagliero, si fermò di scatto e si
voltò a guardarla. "Per quanto mi piacerebbe continuare
ancora a lungo a tormentarti con questa storia, sono tua amica e
detesto vederti con quello sguardo. Tranquilla, Lex, mi hai chiesto
scusa diecimila volte e il fatto che tu continui a preoccuparti
è più che sufficiente, okay?" Sorrise con fare
rassicurante all'amica. "E poi, hai perso una sola pagina di un INTERO
libro, è un risultato di molto migliore di quanto mi sarei
mai aspettata da te, sai?" Lexie rise, rassicurata, e prendendo a
braccetto l'amica la condusse verso la sezione delle antologie in
lingua straniera, schivando pile di libri e angoli di tavoli. Mentre
camminava, pensava che l'amicizia, almeno la loro, era proprio quello,
farsi un po' più strette quando si rischiava di sbattere
contro un ostacolo.
"Giù le mani!" A Lexie servì qualche minuto per
realizzare quello che stava succedendo. D'impulso, la sua amica si era
all'improvviso staccata da lei e si era diretta di corsa verso un
ragazzo che toccava distrattamente i libri in vendita. Quest'ultimo la
guardava ora confuso e un po' spaventato, e si era immobilizzato. Lexie
si avvicinò in fretta ai due, mentre la sua amica urlava
addosso al malcapitato. "Giù le mani, ho detto! Non so per
quale motivo tu sia interessato a questa antologia, ma io e la mia
amica giriamo questo posto da ore per scovarla e questa sembra l'unica
copia in vendita! Sono sicura che serva più a me che a te,
di certo un tipo come te non studia all'università,
perciò gira al largo perché non ho intenzione di
concedertela!".
Lexie afferrò il braccio della sua sanguigna amica, cercando
di farla ragionare "Libby, andiamo, non puoi aggredirlo
così, non sta facendo nulla di male! Scusala tanto" aggiunse
rivolta ora al ragazzo che le stava di fronte "ma effettivamente per
lei sarebbe davvero importante comprare questa antologia, per cui a
meno che non ti sia assolutamente indispensabile, ti spiacerebbe se la
comprassimo noi? Saresti davvero gentilissimo". Il riccio intanto si
era riavuto da quella aggressione inaspettata, e sorrideva alla
stravagante coppia di ragazze.
"Nessun problema, non avevo neanche fatto caso a che libro stessi
toccando. Ve lo 'cedo' senza problemi. Però..." - un lampo
malizioso attraversò il suo sguardo- " mi sembra di capire
che per te questo libro sia piuttosto importante, giusto piccola
hooligan? Penso di meritare di sapere perché, vista questa
aggressione che non meritavo, no?".
Le due ragazze a questo punto erano entrambe paonazze, Lexie per
l'imbarazzo, Libby per la rabbia. Stavolta però la prima
ebbe i riflessi abbastanza pronti da aprire bocca prima dell'amica, che
già era pronta a riempire di insulti quel tipo
così bizzarro.
"Ecco vedi lei tiene un sacco ai suoi libri, e la sua copia di questa
antologia ha perso una pagina, quindi siamo venuti qui sperando di
trovarne un'altra in buone condizioni e completa. Davvero, ci terrebbe
molto, e io con lei, ad acquistare questo libro, se per te non
è un problema":
Il cuore di Matty aveva perso un colpo. Non aveva dovuto cercare la sua
ragazza del mistero, perché era stata lei a trovarlo. Ora ne
era certo: le vibrazioni nell'aria e in tutto quello che lo circondava
la avevano portata da lui. Mentre formulava questi pensieri, rapida la
sua assalitrice gli aveva sfilato il libro da sotto il palmo.
"Problema o non problema per te, non è un problema mio di
sicuro! Andiamo, Lexie".
Matty guardò le due allontanarsi, mentre la gentile
accompagnatrice del suo enigma si voltava un'ultima volta, il fondo dei
suoi occhi limpidissimi che sussurava timidamente l'ennesimo "Scusa",
ignara che per lui quell'incontro era stato tutt'altro che spiacevole.
F's spot
Ebbene
si... chi non muore si rivede! Non aggiorno da più di un
mese, lo so, sono imperdonabile... se casomai ci fosse qualcuno che
ancora segue questa storia, o lo abbia mai fatto, GRAZIE e spero che
questo capitolo vi piaccia! Se vi va, fatemi sapere che ne pensate,
anche solo due parole. A presto, o almeno al prima possibile! F.
|
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Capitolo 4 *** 3. Tonight, baby girl, we'll have a party ***
Carta canta cap.3
Carta
canta
Tonight,
baby girl, we'll have a party
A tutte le ragazze
che nascondono un mondo dietro la maschera che il mondo le costringe a
indossare per sopravvivere...
La
lancetta era ancora
una volta arrivata in cima al quadrante, e di nuovo si rituffava per un
altro giro. Lexie la fissava intensamente, sperando forse di far
scorrere più in fretta i minuti, ma il percorso di quella
semplice stanghetta in grado di governare le nostre vite sembrava
rallentare sempre più sotto il suo sguardo. Dentro di lei,
era
in corso un complicato subbuglio di emozioni: sensibile com'era,
continuava a rivoltarsi in testa, battuta per battuta, il dialogo con
il ragazzo alla bancarella dei libri, e si sentiva così in
colpa
per non aver avuto il coraggio di scusarsi come si deve con lui per
come l'aveva trattata Libby. Era buffo, quel ragazzo; le era sembrato
dolce anche quando voleva fare lo spaccone con la sua amica. Lexie era
così: una bella persona che a causa della sua insicurezza
coglieva questa bellezza solo negli altri, che molto spesso erano resi
migliori proprio dalla luce che incontrarla accendeva su di loro. Tutti
per lei erano degni della sua attenzione e del suo affetto,
perché ciascuno possedeva qualcosa che lo rendeva un essere
speciale. Perciò, si colpevolizzava fin troppo facilmente
quando
le sembrava di non essere stata sufficientemente gentile e attenta nei
confronti degli altri. Era sempre tutta tesa a cercare di essere una
persona che rendesse felici gli altri; questo la stritolava anche in un
rigido senso del dovere, che se da un lato la rendeva molto resistente
alla fatica e all'impegno, dall'altro la rendeva fragilissima ai
fallimenti e agli errori, totalmente umani e che per altro raramente
aveva provato; per lei però "raramente" non era abbastanza,
avrebbe preferito di gran lunga "mai" come avverbio di frequenza.
Questa intransigenza verso se stessa, in quel momento in cui era
già agitata per l'incontro della mattina, aggiungeva alla
matassa di emozioni che le si agitava dentro anche delle fitte acute di
senso di colpa, quando attraversava la sua mente il pensiero che non
stava ascoltando una parola della lezione. Decise di cominciare da
quelle per sbrogliare quella massa che le pesava dentro: con uno
sforzo, spense la luce sul misterioso ragazzo dei libri e si
concentrò sul suo dovere.
Fresco, esattezza e trasparenza. Proprio quello di cui aveva bisogno
Lexie mentre appoggiava la fronte contro l'enorme vetrata della porta
finestra ad arco del corridoio dell'ateneo. Chiuse gli occhi,
lasciandosi cullare da quella sensazione. In quel momento del cristallo
sentiva di avere soltanto la fragilità, mentre il mondo
continuava a scagliarle contro sassolini. Sollevò a poco a
poco
le palpebre, in modo che i raggi di luce si facessero via via
più intensi. Un sorriso schiuse le sue labbra: il sole
inondava
le foglie gialle che riempivano il giardino sotto di lei, sui rami
degli alberi e ai loro piedi, creando un'atmosfera soffusa e
dorata. Lexie amava l'autunno perché le dava la
sensazione
di vivere tutto il giorno in un tramonto, c'erano la stessa
frizzantezza e la stessa dolcezza nell'aria, quelle che ti fanno
percepire delle vibrazioni nell'aria, create da un equilibrio magico.
Osservando di sotto, all'improvviso lo scorse: seduto su una panchina,
in compagnia di altri due ragazzi che la ragazza non aveva mai visto
prima, c'era il distratto compratore di libri, in attesa. Le gambe di
Lexie furono più veloci della sua mente: prima di rendersene
completamente conto, stava volando, la solita pila di libri stavolta
più bassa e stretta al cuore, sui gradini dello scalone
principale dell'ateneo; ma per quanto i piedi andassero veloci, non si
libravano tanto leggeri quanto il suo cuore in quel momento.
"Non
siamo stati qui abbastanza, Matty?" si decise finalmente a chiedere
George, guardando il cielo attraverso la nuvola di fumo che aveva
appena espirato.
Erano seduti su una panchina del campus universitario da dopo
l'incontro con la ragazza del mistero.
"Non pensavo sarebbe stato così facile trovarla" fu l'unica
risposta che ottenne dal suo migliore amico.
George si scambiò uno sguardo un po' preoccupato con Ross,
che aprì le braccia, rassegnato.
"Neanche noi, ma ora che si fa? Non penso che tu voglia accontentarti
di averla vista, giusto? Perché non l'hai fermata, allora?
Non le hai chiesto neppure come si chiama, sai di lei sì e
no quanto prima" rispose George con cautela, per non spezzare
l'incantesimo in cui sembrava immerso il riccio; infatti, quest'ultimo
si girò verso di lui con aria trasognata e un po' confusa.
"Be'... ora almeno le ho dato un volto, no? Non sarà
difficile rincontrarla qui all'università, o anche se lo
fosse, almeno non sarò tormentato dal pensiero che potrebbe
nascondersi dietro uno qualsiasi dei volti delle persone che passano di
qui in continuazione, senza che io sappia quale, giusto?".
George alzò le mani in segno di resa: "Hai ragione, meglio
un volto senza nome che un nome senza volto. Dunque siamo ancora qui
perché aspettiamo di vederla passare per fermarla?".
"Precisamente" replicò Matty, con un largo sorriso.
"Quindi, tu sai per certo che non è quella deliziosa ragazza
che si avvicina timidamente a noi, come a volerci parlare?".
Era stata la voce di Ross a pronunciare quella frase, perché
era stato l'unico a notare Lexie, che li osservava da qualche minuto
senza decidersi a farsi avanti. Quando Matty la vide, d'un tratto si
fece rossa e accennò un timido gesto di saluto, pensando a
quanto le sarebbe piaciuto in quel momento sprofondare sotto il
tappetto giallo e croccante su cui poggiavano i suoi piedi.
Il ragazzo le si avvicinò, sorridendole e cercando di
metterla a suo agio: "Ehi" le disse, fermandosi davanti a lei.
"Ehi" replicò a sua volta con voce flebile Lexie. Poi si
lanciò come un treno nella sua spiegazione; prese un gran
respiro e: "Non so se ti ricordi ci siamo visti prima alle bancarelle
con la mia amica e io ti volevo chiedere ancora scusa per come ti ha
trattato cioè anche per come ti ho trattato io
perché insomma avrei dovuto chiedere scusa subito invece di
scappare via e quindi quando ti ho visto dalla finestra ho pensato di
venire a chiederti scusa e oddio quante volte ho detto chiedere scusa
però ecco...".
Pronunciata tutta d'un fiato, senza pause, questa frase confusa, Lexie
si bloccò senza sapere cosa aggiungere e per maledire la sua
dannata parlantina a mitraglietta.
Matty parlò con calma a quella ragazza così
buffa, che gli ispirava tenerezza: "Meno male che ti sei fermata, non
sapevo se sarei mai riuscito a risponderti". E Lexie diventò
fucsia.
"Mi sembra di aver capito che vuoi chiedermi scusa, sbaglio?"
scherzò. E ora Lexie era color vinaccia.
Poi si fece serio: "Certo che mi ricordo, è stato un
incontro abbastanza indelebile, non trovi? Ma credimi, è
stato piuttosto piacevole, al contrario di quanto tu possa pensare;
infatti ero qui perché anche io volevo chiarire meglio, ma
la tua amica è scappata via in un baleno". Mentre le
parlava, le aveva afferrato una mano, e ormai la ragazza era viola.
"Ascolta...
Lexie, giusto?". Lei annuì, abozzando un sorriso a labbra
chiuse.
Proseguì: "Ok, Lexie. Io sono Matty. Stasera io e i miei
amici diamo una festa a casa mia.Ti va di venire, e ovviamente di
portare quel piccolo troll della tua amica? Giuro che non mordiamo, a
differenza sua, e siamo anche piuttosto simpatici. Almeno, io; per quei
due non mi sento di garantire". Finalmente la aveva fatta ridere; si
sentiva orgoglioso. Le lanciò uno sguardo speranzoso.
"D'accordo, Matty. Ti prometto che anche Libby è simpatica,
solo che deve volerlo, ed è piuttosto impulsiva. Ci saremo".
Il ragazzo aveva sorriso, e si era voltato per andare via.
"Matty?" lo richiamò lei. "Non mi hai detto dove abiti"
aggiunse arrossendo nuovamente. Improvvisamente le punte delle sue
scarpe erano diventate interessantissime.
Matty le scrisse il suo indirizzo sul dorso della mano, facendola
ridacchiare per il solletico.
Prima di lasciarlo andare, Lexie ebbe l'inusuale audacia di chiedergli:
"Posso sapere che cosa ti ha spinto a volerci rivedere?".
La mano di Matty era corsa rapidamente alla tasca dove teneva la sua
preziosa pagina, ma si fermò; non se la sentiva di rivelare
subito il suo segreto, e pensava di doverlo fare prima di tutto con la
legittima proprietaria del foglio. Così rispose: "Non lo so,
il caratterino della tua amica mi ha colpito molto; non sono tanti
quelli che riescono a mettermi soggezione".
Si separarono: Matty tornò alla panchina; Lexie, non appena
fu fuori dalla sua visuale, si mise a correre a perdifiato, sorridendo
da guancia a guancia.
"Giuro che non ti capisco, amico. Spendi un'intera mattinata in un
campus alla ricerca di una ragazza, e appena un'altra ti mostra un po'
di attenzione ne approfitti per parlarle, farle cambiare colore con la
frequenza di un semaforo e poi scappare via? Si può sapere
che vi siete detti?" disse George affannato, camminando a fianco
dell'amico.
"E sopratutto, perché dopo essertene stato immobile su
quella panchina per un'intera mattinata all'improvviso ti stai
allenando per la maratona di New York?" gli fece eco Ross; i due,
nonostante la lughezza chilometrica delle gambe, faticavano a tenere il
passo con il loro basso amico.
Matty sorrise malizioso a entrambi, senza smettere di camminare: "Ogni
cosa a suo tempo, ora dobbiamo preoccuparci di organizzare una festa
per stasera".
George e Ross si rivolsero l'ennesimo sguardo rassegnato della
mattinata, rinunciando a fare altre domande, forse preferendo non
sapere.
Matty intanto con la mente galoppava ancora più veloce che
con i piedi: "Sarà una serata da ricordare, ne sono sicuro".
F's spot
Ehi! Per farmi
perdonare del fatto che sono sparita per più di un mese,
ecco qui un altro aggiornamento poco dopo il capitolo precedente, ed
è anche bello lungo. Sono felice, perché mi
è tornata la voglia di portare avanti questa storia! Fatemi
sapere se anche a voi sta piacendo, o anche se non vi sta piacendo, le
critiche sono bene accette :) E la festa di Matty, sarà
davvero così memorabile? Lo sapremo presto :) Al prossimo
capitolo! F.
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