Fiori d'arancio e di ciliegio

di Lunemy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amore e timidezza ***
Capitolo 2: *** Sentimenti confusi ***
Capitolo 3: *** Desideri innocenti ***
Capitolo 4: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 5: *** Sorprese sconvolgenti ***
Capitolo 6: *** In tutte le epoche del mondo ***
Capitolo 7: *** Un cuore pentito ***
Capitolo 8: *** Verità dolorose ***
Capitolo 9: *** Uragano ***
Capitolo 10: *** Paure ***
Capitolo 11: *** Il ballo dei fiori di Sakura ***
Capitolo 12: *** Complicazioni ***
Capitolo 13: *** Promesse d'amore ***
Capitolo 14: *** La fidanzata di Hojo ***
Capitolo 15: *** Senza Ombra ***



Capitolo 1
*** Amore e timidezza ***


Fiori d'arancio e di ciliegio


Erano passati due anni dalla guerra contro Naraku. Nell'epoca Sengoku si viveva in pace e tranquillità. Inuyasha passava le giornate ad aiutare i contadini con i lavori pesanti, ma anche a difendere dai soliti attacchi dei demoni malvagi, i vari villaggi. Naraku era morto si, ma il male non era stato estirpato. Kagome passava le giornate con Rin, ormai divenuta una bellissima ragazza. Assomigliava molto a Kagome di aspetto, tant è che le scambiavano per sorelle. Nel corso di questi due anni erano diventate grandi amiche. Le due ragazze passavano le giornate cercando le erbe mediche per curare i vari malanni, ed educavano e istruivano i bambini ogni pomeriggio. Kagome da poco tempo si era sposata e aveva detto addio alla sua vita moderna, scegliendo Inuyasha. Era stata una scelta difficile, la lontananza dai suoi familiari l'aveva fatta stare male, ma allontanarsi da Inuyasha non era lontanamente concepibile.


Kagome  quel giorno doveva incontrare Rin vicino al fiume. Si alzò dal letto, era un letto moderno, era riuscita a trasportarlo, o meglio a farlo trasportare da Inuyasha, dal suo mondo, insieme a tanti altri mobili. Perché non permettersi delle comodità se poteva farlo? Inuyasha era già sveglio e le aveva preparato del riso e del succo di mele per colazione. Lei gli sorrise
《Buon giorno Inuyasha》disse. Le sembrava ancora strano svegliarsi e fare colazione insieme, proprio come una coppia. 
《Kagome pensavo volessi dormire per tutto il giorno! stavo per buttarti giù dal letto!》 Disse lui con i suoi soliti modi canzonatori. 
Kagome lo guardò risentita. Le diceva spesso che dormiva troppo, ma in realtà era lui che dormiva poco.. e poi che razza di modi, neanche un buon giorno?
《Inuyasha sei proprio uno scemo! Invece di svegliarmi con dolcezza, magari con un bacio tu..》 disse Kagome diventando rossa in viso per l'imbarazzo. Si, erano da poco marito e moglie, ma un po per impegni relativi a sistemare la casa,  un po per gli attacchi dei demoni, e soprattutto per la timidezza di entrambi, le effusioni erano state davvero poche. Non che Inuyasha non avesse dimostrato desiderio, l'abbracciava dolcemente e le accarezzava il viso, soprattutto mentre lei dormiva, o meglio faceva finta. Kagome adorava quei momenti, Inuyasha le sussurrava quanto la amava e la stringeva forte a se. Sentiva i muscoli delle sue braccia cingerla forte. E lei in quei momenti aveva tanta voglia di ricambiarlo, ma provava una gran vergogna. Non si sentiva pronta per quel tipo di relazione fisica. Lui la guardò  in modo furbo.
《Sei mia moglie, se vuoi un bacio puoi prenderlo》disse lui avvicinandosi al viso di lei. Le loro labbra erano distanti pochi centimetri. 
《Ecco io.. io..ma.. ma questo vale anche per te!》balbettò Kagome voltando il viso dall'altra parte. La vicinanza non la faceva ragionare. 
《Sei tu che hai chiesto un mio bacio!》 disse lui godendosi tutte le sfumature di rosso sul viso di Kagome, adorava prendela in giro. 
《Mah.. cos... così stanno le cose?! Tu non desideri un mio bacio? Benissimo non ne avrai neanche uno!》disse furiosa Kagome alzandosi velocemente e prendendo i suoi abiti dalla sedia. Uscì fuori dalla loro casa, ancora in pigiama e iniziò a incamminarsi verso casa di Sango e Miroku. Si sarebbe  vestita li. Non voleva stare nella stessa casa con Inuyasha. Quanto era stupido!come faceva a non capire che era un discorso  delicato?  Già lei si sentiva a disagio riguardo.. riguardo l'aspetto fisico dell'amore.  Poi lui faceva pure lo stupido.
Sentì dei passi alle sue spalle che la seguivano.
《Kagome!!!aspetta!》gridò Inuyasha. Lei si voltò  con sguardo furioso e lui percepì all'istante cosa stava per accadere. 
《A cuccia!!》gridò Kagome e lui fu sbattuto violentemente a terra dalla collana. Ben ti sta pensò Kagome. 
Dopo pochi minuti arrivò a casa di Sango e Miroku. Lui stava fuori a meditare.
《Ciao Miroku!Sango è dentro?》chiese Kagome, lui la guardò stupito per via del pigiama.
《Si è dentro》rispose lui cercando di trattenere le risate,  probabilmente presupponeva un litigio tra i due neosposini, se lei era li in quello stato. Kagome entrando in casa vide prima il pancione e poi Sango. Era incinta al settimo mese.
《Kagome! che bello vederti. Ma perché hai il pigiama?》chiese Sango ridacchiando. 
《Lasciamo stare. Posso cambiarmi qui?》chiese lei. Sango annuì e iniziò a preparare una tisana per entrambe. Una volta vestita Kagome si accomodò pronta a bere la tisana.
《Stai bene Sango? il bambino? perdonami questa improvvisata..》si scusò Kagome rendendosi conto solo il quel momento di poter essere un fastidio.
《Sto benissimo Kagome...se vuoi confidati pure.. ti ascolto..》disse Sango rimanendo in silenzio in attesa. 
《Inuyasha a volte è così.. infantile!》disse Kagome con rabbia. 
《Si.. ma a cosa ti riferisci?》chiese Sango gentilmente. Kagome raccontò in breve il suo risveglio e notò come Sango tratteneva a stento un sorriso. 
《Oh kagome non capisci? Fare battute stupide è il modo di Inuyasha.. come dirti.. di uscire dalle situazioni imbarazzanti.》disse la stermiantrice saggiamente. 
《Ma così ha messo me in imbarazzo》protestò kagome. 
《Kagome io penso che Inuyasha non voglia metterti pressioni da quel punto di vista. Penso che preferisca aspettare un tuo "primo passo". Non vuole mancarti di rispetto in nessu modo. Non vuole spaventarti. Ti sta lasciando i tuoi spazi. Vuole essere sicuro che tu sia convinta per l'aspetto fisico. Ti ama davvero tanto. Miroku non è stato mica così...》concluse Sango ridendo. Kagome fu colpita da quel punto di vista
 《Mi sono sentita non desiderata.. anche se so che non è così. Come se non desiderasse un mio bacio》disse lei iniziando a sentirsi in colpa. Ma perché doveva essere lei quella insensibile?Inuyasha si era mostrato infantile prendendola in giro! 
《 Oh credimi... Inuyasha ti desidera. Si comporta così per non farti pesare il fatto che lui stia pazientando per te.》disse Sango dolcemente. Kagome annuì.
 Si sentiva una stupida. Dovevano superare quello scoglio lei e Inuyasha. Ne avrebbe parlato con lui la sera. Sempre se non avesse sparato qualche altra stupidaggine, cosa probabile. Finita la tisana salutò Sango e Miroku e si incamminò  verso casa. Doveva prendere dei contenitori per le erbe mediche, prima di incontrare Rin al fiume. Ma nel sentiero che portava a casa sua e di Inuyasha, vide lui esattamente dove l'aveva messo a cuccia. La stava aspettando. Era fumante di rabbia. La guardava serio e freddo. Kagome si fece forza e si avvicinò. Osservandolo capì, solo in quel momento, che in realtà non era il fatto di non sentirsi pronta, a frenarla, ma la paura di non essere in grado. Lei non aveva avuto nessuna esperienza prima di Inuyasha. Il suo primo bacio l'aveva dato proprio a lui. Un bacio leggero e casto. E oltre a quello si erano baciati soltanto altre tre volte. Sempre in modo delicato e gentile.. Lui aveva baciato Kikio chissà quante volte invece. E di certo con passione. Sono stati insieme così tanto! Ma si fece forza. Non doveva pensare al passato. L'unica soluzione a questo era fare esperienza, almeno per adesso di baci appassionati, poi il resto sarebbe venuto a suo tempo. Prese coraggio.  
《Kagome devi smetterla di atterrarmi!》disse lui furente.
Ma kagome non ci badò. Rossa in viso e tremante prese l'abito rosso di lui e lo avvicinò con forza a se, e lo baciò. 
 

Inuyasha rimase per un secondo stupito, ma la rabbia svanì immediatamente. Ricambiò il bacio con gran passione stringendo a se il corpo morbido e caldo di Kagome, sua moglie. Da quanto desiderava questo. Ma la paura del rifiuto di lei l'aveva sempre fermato. Se ogni piccolo litigio finiva così, poco male, pensò lui prendendo in braccio sua moglie  non staccando le labbra da lei.

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Capitolo 2
*** Sentimenti confusi ***


Capitolo 2

Sentimenti confusi
 
Rin aspettava al fiume Kagome. Intorno a se vedeva tantissimi petali di ciliegio volare, gli alberi erano in fiore ed era uno spettacolo meraviglioso. Si stese a terra a guardare il cielo.
 «Chissà cosa sta facendo in questo momento Sesshomaru» mormorò. Lui la pensava ogni tanto? Le sue visite erano diventate sempre più rare e brevi, l’ultimo anno, e Rin ne soffriva molto. Era come se volesse allontanarsi da lei. Perché? L’aveva già costretta a rimanere al villaggio, non seguendolo nelle sue avventure, e ora spariva del tutto? Perché si comportava così? Aveva avuto un qualche comportamento sbagliato verso di lui quando era venuto a trovarla? Era una punizione? Certo, Sesshomaru non era molto loquace, ma se avesse avuto un problema con lei, l’avrebbe detto no? Cercò di ricordare i comportamenti che aveva avuto con lui, le ultime volte che era venuto a trovarla e non ricordò nulla di strano. Le sembrò solo che la guardasse un po’ di più.
Sorrise tra se e arrossì coprendosi il viso imbarazzata. Le sarebbe piaciuto avere un lieto fine come Kagome e Inuyasha, con Sesshomaru. Ma era impossibile. Lui non provava amore verso di lei…no? Se fosse stato innamorato di lei, sarebbe venuto a trovarla più spesso… Le avrebbe fatto una qualche dichiarazione giusto? Le sue erano solo fantasticherie. Sesshomaru l’avrebbe vista per sempre con una bambina. E soprattutto lei era umana. Lui disprezzava il fratello perché era un mezzo demone. Di certo non avrebbe mai voluto una famiglia con lei… avrebbe significato avere un figlio mezzo demone…

Si inginocchiò e si specchiò nel fiume. I capelli erano diventati molto lunghi, e aveva perso da tempo l’aspetto infantile. Si sciacquò il viso.
Sentì dei passì dietro di se. Kagome era arrivata, aveva un gran sorriso.
«Ciao Rin!» esclamò lei abbracciandola.
«Buon giorno Kagome! Ti aspettavo… ma sbaglio o ti vedo particolarmente felice?» disse Rin incuriosita da tanto buon umore.
«Beh… si lo sono» confermò lei sedendosi per terra.
«Hai portato i contenitori?» chiese Rin volenterosa di raccogliere tutte le erbe mediche. Molti bambini e anziani avevano una brutta tosse e soltanto le erbe mediche davano loro conforto. Kagome si batté una mano sulla testa.
«Oh no no no!!! Me ne sono dimenticata, tutta colpa del bacio di Inuyasha!!» esclamò, rendendosi conto troppo tardi di aver detto troppo.
Rin ridacchiò… «Il bacio di Inuyasha ti fa perdere la memoria? Che effetti collaterali!» esclamò prendendola in giro «eh dimmi, ti ha dato un bacio alla francese?» aggiunse maliziosa.
«Rin!!! Ma che dici… ma un momento, tu sei di quest’ epoca, come fai a sapere del bacio alla francese? Neanche sai che esiste la Francia!» disse Kagome imbarazzata e sospettosa.
«Ti ho sentita mentre dicevi a Sango, che quel tipo di bacio si chiama così…» confessò Rin abbassando la voce per l’imbarazzo. Lo sapeva che non doveva origliare, ma nessuno le spiegava mai queste cose.
«Pensavi di metterlo in pratica con Kohaku?» chiese pungente Kagome. Tutto il villaggio sapeva che Kohaku era innamorato di Rin, e da circa due anni la corteggiava in tutti i modi. «Penso che Kohaku al solo pensiero di sfiorarti già sverrebbe, ti consiglio di non utilizzare subito il bacio alla francese quindi» concluse Kagome ridacchiando.
«Ma no! No no Kagome, Kohaku che dici! È solo un caro amico, quante volte lo devo ripetere…» rispose subito Rin. Le faceva rabbia che ormai tutti nel villaggio la considerassero non la fidanzata di Kohaku, ma quasi. Tanto è che gli altri ragazzi neanche le facevano la corte. Kohaku faceva capire a tutti che non dovevano nemmeno provarci, ed era molto convincente andando in giro con una falce sulla schiena.

Rin non poteva negare che Kohaku fosse un bellissimo ragazzo, molto dolce e protettivo, ma non poteva far nulla se non l’amava… Ma forse con il tempo l’amore sarebbe nato? Una parte di se sapeva che doveva abbandonare i sentimenti per Sesshomaru, prima o poi… Lui non provava nulla per lei e doveva farsene una ragione. Ma sarebbe stato giusto usare Kohaku come un ripiego? No, assolutamente no.
«C’è un rapporto speciale tra voi due. Non puoi negarlo…» disse Kagome avvicinandosi a un cespuglio per raccogliere delle piante mediche e Rin fece la stessa cosa.
«Non è amore…» mormorò Rin.
«Lui ti fa ridere, e ti è sempre accanto. Ricordi quando stavi male, e di sua iniziativa senza dire nulla a nessuno, di notte andò a scalare una montagna abitata dai demoni per raccoglierti una pianta medica che cresceva solo lì? Dovesti amare ciò che ti fa star bene.» disse Kagome con enfasi.
Lei sapeva.
«Se ci fosse stato lui, non si sarebbe certo tirato indietro.» rispose risentita Rin.
«E’ questo il punto. Lui non c’è mai.» la verità detta ad alta voce la lacerò ancor di più. «La storia mia e di Inuyasha non è stata rose e fiori. Lui era innamorato di Kikyo e di me contemporaneamente, ma mi è stato sempre accanto. Sempre. Nonostante amasse entrambe non ci ha mai abbandonate.»
Delle lacrime rigarono il viso di Rin. Si alzò in piedi «Kagome porto le piante al villaggio. Ti aspetterò lì per fare i miscugli.» disse lei, voleva stare da sola.
«Rin perdonami, dovrei farmi i fatti miei… ma ti voglio bene come a una sorella per questo ho parlato…scusami» disse Kagome dispiaciuta. Forse aveva parlato troppo, non voleva farla star male.
«Hai detto la verità. Di cosa ti scusi» mormorò Rin andando via.

Era affranta. E si sentiva una stupida. Era ridicolo che Sesshomaru provasse un qualsiasi sentimento romantico per lei. Era un indegna umana, ai suoi occhi. Le voleva bene certo. Ma non fino a quel punto. Attraversò il bosco trovandosi a pochi metri dal villaggio, quando vide in lontananza una figura alta dai capelli lunghi e bianchi. Inuyasha non poteva essere così alto. Più si avvicinava più vedeva i particolari. Indossava un kimono bianco e una coda di pelo bianco scendeva dalla spalla. Le si congelò il cuore.
 
 

Sesshomaru si voltò a guardarla, aveva sentito il suo odore nei dintorni e l’aspettava da un po’ di tempo. Era diventata ancor più bella. Notò i suoi occhi rossi, doveva aver pianto, le avrebbe chiesto dopo cosa le aveva causato dolore. In mano teneva delle erbe mediche. Indossava l’abito che lui stesso le aveva regalato un anno fa. Era però logoro e strappato. Aveva fatto bene a comprarle degli altri abiti. Notò che Rin aveva un viso sconvolto e stupito. Non si aspettava di vederlo, ormai lei si era fatta una vita con gli umani. Lui avrebbe tolto subito il fastidio. Voleva sapere solo come stava.
«Signor Sesshomaru…» pronunciò lei, forse incapace di credere che fosse lì davanti a lei.
«Ti ho detto più volte di chiamarmi Sesshomaru» dichiarò lui. Sentirsi chiamare “signore” da lei, gli dava fastidio.
Rin fece cadere le erbe raccolte a terra e corse verso di lui e l’abbracciò. Sesshomaru rimase stupito da tale reazione. Rin non si comportava così dalla sua infanzia.

Diventata donna non aveva più avuto questi atteggiamenti espansivi con lui. Sentì il profumo dei suoi capelli. Ma non si concesse di ricambiare l’abbraccio. Sesshomaru dopo qualche secondo si allontanò da lei.
«Come stai Rin?» le chiese, osservandola. Voleva notare tutti i cambiamenti del tempo, sul suo viso. Ma notò soltanto che era divenuta ancora più bella. I suoi capelli scuri ancora più lunghi le incorniciavano il suo viso innocente e gentile.
«Bene…tu?» mormorò lei, teneva gli occhi bassi e sembrava stesse per rimettersi a piangere. Aveva sicuramente notato il suo comportamento distante.
«Io bene.» affermò lui… «Rin perché piangi?» aveva notato delle lacrime scendere sul suo viso, ma non le si avvicinò.
Rin alzò lo sguardo, e mentre le lacrime scendevano le sue labbra si aprirono in un sorriso.
«No… è solo emozione. Da tanto non ti vedo.» rispose Rin incerta.
Era una bugia, i suoi occhi esprimevano sofferenza e confusione, e se le mentiva, significava era lui stesso la causa di quelle lacrime.

Sesshomaru le si avvicinò e si concesse di sfiorarle con la mano il suo viso. Le sue dita ruvide sentirono la morbidezza della guancia di lei. Rin si immobilizzò e lo catturò nel suo sguardo profondo e dolce. Il vento scompigliò i capelli di entrambi. Lui lasciò cadere la mano e continuarono a fissarsi. In quegli ultimi tempi aveva evitato di incontrarla. Finché avesse provato solo lui certi sentimenti avrebbe continuato a incontrala, non gli importava di soffrire. Ma da quando aveva capito che lei provava qualcosa per lui aveva deciso di allontanarsi. Non doveva vederlo come lui vedeva lei. Perché per loro non c’era futuro. Lui non avrebbe mai accettato di avere una famiglia con un umana, avere un figlio come suo fratello, mezzo demone. L’avrebbe ucciso piuttosto.

«Rin, ho trovato una compagna, un demone cane. Per avere un erede. È tempo.» sentenziò in modo glaciale, improvvisamente. Non doveva trasparire alcuna emozione.

Rin fece due passi indietro spalancando gli occhi, il suo viso perse colore. Chiuse gli occhi. Non voleva guardarlo. Strinse i pugni sui fianchi.
«Lo so. Io non sono abbastanza per te!!! Io…io non posso darti quello che desideri... no?!» disse rabbiosa Rin, stava quasi urlando.
Sesshomaru rimase in silenzio e fu peggio di una conferma per lei. Lui provava qualcosa per lei. E il suo essere umana era un ostacolo. Saperlo era anche peggio per lei. Lui si voltò e si incamminò, stava andando via. Ma non poteva lasciarla così.
 
 

Sesshomaru stava per parlare, ma lei grido, non si tratteneva più.
«Sei un vigliacco! Ti fai sottomettere dei tuoi stessi beceri modi di ragionare! Certo è molto più ragionevole lasciarsi, e costruire la propria vita nelle proprie convinzioni. Tanto prima o poi ti dimenticherai di me no? io morirò e per te sarà più semplice! l’importante è la purezza di sangue demoniaco… pensavo valessi qualcosa di più!» neanche lei si rese conto di quello che diceva, fino a quando non lo disse. Ma lui preferiva una donna qualsiasi a lei. Si comportava come un animale, desiderava solo una compagna degna del suo rango, per avere un erede demone, e al diavolo i sentimenti.
«Rin, io e te non siamo mai stati insieme…» disse lui quasi sottovoce. Chiuse gli occhi e se ne andò veloce tra le nuvole.

Rin dopo diversi minuti riprese le erbe mediche che le erano cadute, e si diresse con passo veloce al villaggio. Aveva la mente annebbiata dal dolore. Decise di andare a casa di Kaede, ormai da due anni divenuta anche casa sua. Voleva solo stare sola.
Arrivata al villaggio consegnò le erbe alla vecchia Kaede, che notò le lacrime della ragazza, ma non le chiese nulla.

Entrando in casa, Rin vide degli abiti non suoi posati sul suo letto. Erano abiti nuovi, del suo colore preferito, arancione, con ricami floreali in oro. Capì che erano doni di Sesshomaru. Prese gli abiti e guidata dalla furia iniziò a strapparli e a pestarli. Dopo aver ridotto a brandelli gli abiti, la rabbia diminuì. Si guardò intorno e si rese conto di aver fatto una gran stupidaggine, sia perché degli abiti le servivano e sia perché erano un dono di una persona stupida e cocciuta, ma comunque importante. Pentita raccolse gli abiti (ormai pezze) da terra, stringendoli al petto.
Notò un piccolo ricamo che non era un disegno floreale... sembravano più delle parole, si trovavano su una manica dell’abito ormai in brandelli.
Rin guardò con attenzione: “Per sempre insieme” vi era ricamato. Rin si accasciò a terra.
«Sesshomaru… perché mi fai questo? Mi ami e mi abbandoni?» disse lei, sempre più confusa.

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Capitolo 3
*** Desideri innocenti ***


Capitolo 3
Desideri innocenti

 
 
Kohaku volò su Kirara in direzione di Sango. Da giorni non andava a trovarla, e se attardava si beccava pure la ramanzina. Aveva passato quegli ultimi giorni a controllare e a difendere il perimetro del villaggio, per eliminare i demoni che tentavano di far del male agli abitanti. Gli aveva dato il cambio il piccolo Shippo, si corresse, ora era solo Shippo perché tanto piccolo non lo era più. Era diventato un ragazzino forte e perspicace.
Kirara scese di quota, erano arrivati a casa di sua sorella.
«Kohaku!!! Sei qui!» sentì chiamarsi da sua sorella.
Kohaku si voltò e vide Sango corrergli incontro e abbracciarlo.
«Sango non dovresti correre nel tuo stato!» la rimproverò lui.
«Tra te e Miroku non so chi dei due non devo sopportare! Lasciatemi stare! So io come mi sento e se voglio correre, corro!» rispose lei scorbutica.
Kohaku capì di dover lasciar stare il discorso e decise di entrare dentro casa, aveva bisogno di cambiare la tuta che aveva con una pulita.
«Kohaku quanto rimarrai qui? Spero un po’ di più delle altre volte…ti vedo così poco. E pensare che ti fai vedere di più da Rin che da me!» esclamò risentita Sango.
Decisamente quel giorno sua sorella era nervosa, doveva stare attento a non farla arrabbiare. Si guardò intorno. La casa di Sango e Miroku assomiglia moltissimo alla casa della loro infanzia, lei l’aveva decorata così di proposito. Per ricordare la loro famiglia che non c’era più. Un giorno lui avrebbe voluto avere una famiglia come quella di Sango… la parola “un giorno” era tremendamente lontana, se avesse potuto l’avrebbe fatto subito. Il problema era la sua lei…
«Sorellona, verrò più spesso… promesso. Ora mi cambio e vado da Rin…» disse lui spostandosi in un'altra camera per cambiarsi.
 Il suo fisico era cambiato molto negli ultimi due anni. Era divenuto muscoloso quanto a Inuyasha e aveva del tutto perso le fattezze infantili. Si legò i capelli neri nel solito codino e uscì dalla camera. Sua sorella l’aspettava seduta, e con un gesto della mano lo invitò a sedersi.
«Dimmi Sango» disse lui infastidito. Sapeva già dove sua sorella voleva andare a parare. Non smetteva di stressalo per quella storia.
«Sai a me Rin non sembra così interessata a una storia con te…» chiarì subito lei. Era arrivata subito al succo della questione.
«Rin ancora non pensa a queste cose. Lei è ancora…» era ancora cosa? Rin era una ragazza bellissima e corteggiata da molti ragazzi che lui a mala pena riusciva a tenere a bada sotto la velata, non poco, minaccia della sua falce.
«Rin ha capito benissimo cosa provi per lei. E non ha mai dimostrato di ricambiarti. Sono una donna queste cose le capisco. Lei avrà qualcun altro nel suo cuore.» affermò sicura Sango.

Già solo l’idea di vedere Rin abbracciata a un altro gli faceva ribollire il sangue. Non poteva essere come diceva Sango. Gli unici uomini che frequentava Rin erano Miroku, Inuyasha, Sesshomau e Shippo. Poteva essere Shippo? Scartò l’ipotesi, Shippo non aveva mai mostrato interesse per Rin e la vedeva davvero raramente, e non perché non potesse, ma perché preferiva passare il tempo libero altrove con i suoi compagni volpe. Quindi chi? i due sposini erano da scartare naturalmente. Idem Sesshomaru che poteva essere suo padre per età, anche se esteriormente non lo sembrava. Allora chi? non era concepibile quello che diceva Sango. Sicuramente Rin non pensava all’amore ancora. E lui l’avrebbe attesa.
«E’ inutile palarne. È un discorso fatto e strafatto. So come la pensi e sai come la penso io. Darò tutto il tempo che serve a Rin per innamorarsi di me. Non ho fretta.» rispose lui, ma in realtà non era tanto sicuro sulla fretta, attendere per due anni era stato già duro… ma probabilmente per Rin ne avrebbe atteso altri dieci pure. Si alzò e lasciò la casa di sua sorella. Lei lo seguì.
«Ti lascio Kirara. È stanca falla riposare» aggiunse lui prima di andar via, si salutarono con un abbracciò e si incamminò verso il bosco, invece che seguire il sentiero, per tagliare la strada e risparmiare tempo. Voleva andare a casa di Rin.
 
 

 
 Sesshomaru vide il giovane umano inoltrarsi nel bosco. Non aspettava altro, nessuno doveva vederlo. Scese e toccò terra alle spalle del ragazzo, che non si accorse di lui. Male pensò. Avrebbe permesso al nemico un attacco facile.
Una falce spezzò l’aria, sfiorando la sua coda di pelo di proposito. Era giunto alle conclusioni troppo presto. Il ragazzo si voltò e lo guardò serio, ritirando la sua falce.
«Che vuoi da me Sesshomaru?» chiese infastidito. Essere presi alle spalle non era un buon auspicio e Kohaku lo sapeva bene.
«Sapere se sei degno di Rin, Kohaku» rispose risoluto Sesshomau.
Kohaku continuò a fissarlo nervoso e stupito. Forse non lo prendeva sul serio, penso Sesshomaru.
«Da tempo ho notato che passi molto tempo con Rin…» disse Sesshomaru infastidito, strinse più forte la sua spada, non doveva farti prendere dalla gelosia, non era lì per quello.
«E con questo?» chiese Kohaku. Aveva intenzione di proibirglielo? Non sarebbe servito a nulla, pensò il ragazzo.
«Non credo che tu abbia il diritto di farlo» affermò Sesshomaru. Cacciò gli artigli, doveva capire se lui era degno, e se era capace di assumersi un impegno così importante. Avrebbe dovuto prendersi cura della persona più importante della sua vita, e se avesse fallito l’avrebbe ucciso con i suoi artigli.
Kohaku affilò lo sguardo e prese la sua falce.
«Non mi impedirai di starle vicino» disse lui sicuro.
«Vedremo» mormorò Sesshomaru geloso e arrabbiato. Era un agonia, ma doveva cederla a lui. Era costretto per darle una vita felice. Era giusto così. Lei era umana e doveva sposare un umano. Lui era un demone e doveva accoppiarsi con un demone. Nel suo caso non ci sarebbe stato amore. Ma solo un bisogno di discendenza pura, che sentiva sempre più premere in se. Il suo amore sarebbe stato per sempre di Rin. Ma avrebbe appurato personalmente l’abilità di Koaku pur di proteggere la sua Rin.

Sesshomaru sferzò gli artigli che furono schivati dal ragazzo. Era veloce. Gli tirò un pugno e andò a segno facendolo volare qualche metro lontano. Kohaku lanciò la catena della sua falce e bloccò un polso di Sesshomaru e gli lanciò la falce che fu schivata da quest’ultimo. Rapidamente il demone riuscì a sferrare un potente pugno nello stomaco di Kohaku che si piegò in due dolorante, ma tremante si alzò. Riuscì a tiragli a sua volta un pugno in pieno volto. Sesshomaru si bloccò. Il pugno era stato abbastanza forte per un umano. Lo guadò con rabbia. Poteva bastare. Per adesso. Sarebbe tornato. L’avrebbe controllato sempre, penso il demone.

«Osa farle del male, osa sfiorala contro la sua volontà e ti ucciderò. Se non riuscirai a difenderla ti ucciderò. Se non la farai felice, ti ucciderò.» affermò lui freddo, mentre dentro ribolliva odio verso quel ragazzo che un giorno avrebbe avuto la sua Rin. Si voltò e andò via silenziosamente sotto lo sguardo attonito di Kohaku.
 
 

 
Ma quello era un pazzo! era il suo modo di dare il suo benestare con Rin… a suo modo? Si rimise in spalla la falce e si sedette per terra. Aveva bisogno di riposare due secondi, i colpi ricevuti erano stati forti. Si guardò intorno. Il bosco era in fiore, i fiori di ciliegio erano uno spettacolo bellissimo. Aveva deciso di alzarsi e di spezzare dei rami di ciliegio per portarli a Rin, quando la vide nel bosco correre verso di lui.
«Kohaku!!» gridò lei.
Lui si alzò e le sorrise. «Rin… dimmi» disse felice.
«Ho sentito dei rumori da combattimento... mi sono spaventata» disse In pensiero guardandosi intorno agitata.
«Tranquilla. Un piccolo demone insulso. Non mi ha fatto nulla.» mentì Kohaku, se le avesse detto la verità avrebbe iniziato a cercare Sesshomaru tra i boschi, e lui invece voleva passare del tempo con lei. Vide che Rin lo osservava per vedere se aveva graffi o lividi, e dopo aver constatato la salute di lui, si rilassò. Questo atteggiamento a Kohaku faceva molto piacere.

Kohaku le si avvicinò e le prese da un ramo dell’albero, un fiore di ciliegio e glielo posizionò tra i capelli. Lei lo guardò pietrificata e non si mosse. Lui fece un passo verso di lei. Quel bosco di suo era così romantico… e Rin era lì, che si preoccupava per la sua salute. Come poteva dire Sango che lei non provasse nulla per lui? che ne sapeva? Aveva anche il consenso di Sesshomaru…più o meno…

Rin continuò a fissarlo sbigottita, a lui più che rifiuto sembrava paura. Rin era una ragazzina innocente che non pensava ancora all'amore romantico. Ma presto glielo avrebbe fatto pensare lui. Kohaku si avvicinò ancor di più e le cinse la vita con un braccio. Da quanto agognava quel momento. L’aveva sognato e immaginato. Rin divenne sempre più rossa in viso.

«Rin… avrai capito… io da due anni impazzisco per te, sei nei miei sogni, nei miei pensieri, nel mio cuore. Ti amo» le sussurrò lui.
«Kohaku… io non… io non…» borbottò lei in difficoltà. Aveva posizionato le mani sul petto di lui e tentava di tenerlo a distanza gentilmente. Ma Kohaku per via della sua forza non se ne rese conto, e la strinse a se senza sentire i movimenti di lei.
Lui avvicinò ancor di più le sue labbra a lei e la baciò.

Ma il bacio fu più che breve, improvvisamente comparve un demone che li interruppe. Rin urlò per lo spavento.
«Rin stai dietro di me!» esclamò Kohaku coprendola con il suo corpo.
Era un demone inferiore, una specie di demone scimmia, ma molto veloce, riuscì a mancare due colpi della falce dello sterminatore, e ad afferrare un braccio di Rin che spaventata gridò a pieni polmoni.  Il demone la tirò a se e fece dondolare pericolosamente, e con un artiglio le prese il kimono e lo strappò lasciandola nuda.

Kohaku rimase esterrefatto, aveva soltanto immaginato nei suoi sogni Rin senza vesti, ma nulla era così bello come la realtà. Rin gridò il suo nome e Kohaku lanciò il terzo colpo che andò a segno e riuscì a eliminarlo, ma non si accorse che dal demone cadde una strana lastrina metallica che si incastrò tra due sassi.

Rin cadde a terra, e per un secondo non seppe cosa fare, arrossì e si coprì come poteva con le mani. Lui si voltò e le diede le spalle, spogliandosi. Rin sbarrò gli occhi stupita. Kohaku le lasciò la sua tuta per terra.
«Indossala, io rimarrò di spalle fino a quando non avrai fatto» disse lui allontanandosi un po’. Rin si avvicinò e prese da terra la tuta. Indossata richiamò Kohaku.
«Grazie mille… ma ora tu…» mormorò Rin vedendolo in pantaloncini e arrossendo.
«Tranquilla, è più sconveniente se torni tu al villaggio nuda che io…» disse lui sorridendo, la guardò nella sua tuta, era al tempo stesso sensuale e dolce, non riuscì a resistere, si avvicinò e l’abbracciò a se.

«Ci sarò sempre io a proteggerti.» mormorò dolce Kohaku.

Dal bosco si sentirono delle voci, erano Kagome e Inuyasha accorsi al grido di Rin.
 
 

 
Inuyasha aveva in spalla Kagome e correva veloce nel bosco, verso il grido di Rin.
«Cosa sarà successo?» sussurrò preoccupata Kagome nell'orecchio di suo marito.
«Non lo so, ma Rin non è sola, sento l’odore di Kohaku» disse lui. Le sue parole furono confermate dalla scena che si trovarono davanti un secondo dopo, una scena alquanto imbarazzante, Rin indossava la tuta di Kohaku e lui era mezzo nudo, e per di più erano abbracciati… certo che Kohaku era più piccolo di lui ma era riuscito a fare cose che lui ancora con Kagome non faceva… quel dannato.

«Non è come sembra» disse subito Kohaku, allontanandosi di colpo da Rin. Sembrava avesse letto nella mente di Inuyasha. Il mezzo demone sorrise in modo furbo…
«Ah si… e come sembra??» chiese Inuyasha, divertendosi a metterlo in difficoltà. Rin e Kohaku erano diventati rossi per l’imbarazzo, erano consapevoli che qualsiasi cosa avessero detto sarebbe stata vista come una scusa.
«Voglio proprio sapere perché indossa i tuoi abiti e tu sei nudo. Voglio proprio sentirla questa storia piccioncini» esclamò ancora con maggior malizia.
«Inuyasha smettila di metterli in imbarazzo… Rin cosa è successo? abbiamo sentito le tue grida» chiese Kagome gentilmente.
«Uao… così bravo sei Kohaku?» disse Inuyasha divertendosi alla grande.

Kohaku sbarrò gli occhi per il solo pensiero che aveva avuto il mezzo demone. E Rin arrossì ancor di più.
«Inuyasha! Te la sei cercata. A cuccia!» grido Kagome schiantandolo a terra. Rin si avvicinò a Kagome e ancora imbarazzata le raccontò cosa era successo.
«Capisco… ora andiamo a casa mia. Ti darò dei miei abiti. Come puoi capire, visto che tutti sanno di… ehm… dei sentimenti di…ecco hai capito, converrebbe non farti vedere in giro, con gli abiti di Kohaku. Non crederebbero a quello che è successo.» disse Kagome sottovoce a Rin, guardando ancora storto suo marito che si rialzava da terra borbottando.
Kohaku ancora imbarazzato, salutò e andò via, ma non prima di aver lanciato uno sguardo amorevole a Rin.
I tre si incamminarono a casa di Kagome e Inuyasha, in assoluto silenzio, ancora l’imbarazzo per la situazione era forte.
Arrivati, Inuyasha rimase fuori da casa per far cambiare Rin.
Finito lei andò via con indosso gli abiti di Kagome. Il mezzo demone e la sacerdotessa le raccomandarono di seguire il sentiero, più sicuro, e di non inoltrarsi nel bosco per arrivare a casa di Kaede.
 
«Sei stata una stupida a buttarmi a terra prima!» sbottò Inuyasha entrando a casa sua, sua moglie si era messa già a cucinare, provava una nuova ricetta, diceva che era cucina italiana. Aveva portato tutti quei prodotti dall'ultima visita dal mondo moderno, si era messa in testa di fagli assaggiare tutte le cucine del mondo.
«Inuyasha… CHE COSA SAREI IO?» chiese Kagome alzando un sopracciglio minacciosa… sbuffò «Comunque… non devi mettere in imbarazzo Rin e Kohaku. Chiaro?» lo riprese lei, versando la salsa di pomodoro in una padella, posizionando questa sulla brace.
«E perché no? Tra poco si fidanzeranno... è questione di tempo.» disse lui sedendosi a tavola. La loro casa era così strana per lui, così simile alla casa di Kagome, avevano tantissimi mobili. Sua moglie gli aveva fatto trasportare tutto dal pozzo mangia-ossa. Che faticaccia.
«Non so se si fidanzeranno. Io non vedo Rin presa da Kohaku.» disse lei dubbiosa sedendosi a tavola, mentre il sugo iniziava a bollire lentamente. «Rin non ha che occhi per Sesshomaru» confessò a suo marito. Inuyasha sbarrò gli occhi sorpreso.
«Sesshomaru? Mi dispiace per Rin, ma Sesshomaru disprezza profondamente gli umani. Anche se con lei sembra fare un eccezione. Ma non sarà mai disposto ad avere una famiglia con lei. Sono suo fratello mezzo demone e mi disprezza... potrebbe mai volere un figlio come me? Non penso proprio» dichiarò pensieroso lui. «Eppure con Rin sembra avere un rapporto più stretto che con qualsiasi altro essere vivente, non contando Jaken. È proprio una stupido Sesshomaru.» aggiunse alzando gli occhi al cielo.
Kagome lo guardò dolcemente «Spero solo che nessuno soffra. Magari Rin si innamorerà di Kohaku… sarebbe così bello, c’è tempo... i sentimenti possono cambiare» disse sognante Kagome.
Era così bella quando sorrideva. Inuyasha era sempre incantato da sorriso di sua moglie.
Lui la prese e la appoggiò sulle sue gambe, sentì il battito del cuore di sua moglie aumentare. Sorrise compiaciuto. Lei lo guardò emozionata.
«Spero che i tuoi per me non cambino mai» sussurrò Inuyasha all'orecchio di Kagome. «Perché io ti vorrò per sempre, sei e sarai per sempre mia»
«Tua in eterno…» mormorò lei.
Inuyasha la osservava, era così bella, e la sua voglia di lei era sempre più forte. Le prese il viso e la baciò con passione, fu un bacio diverso dagli altri, più lungo e più spinto. Si alzò dalla sedia per avere più mobilità. Con un braccio le cinse la vita con l’altro le prese la nuca. Ciò che lo mandava in estasi era la passione di lei. Non l’aveva mai sentita così attiva. Ma doveva controllarsi, anche se era assurdamente difficile sentendo il corpo di Kagome aderire al suo. Sentiva il suo seno morbido, al suo petto che lo faceva impazzire. Ma non si permetteva di toccare. Lottò con se stesso, non doveva permettere all'istinto di governarlo, altrimenti avrebbe fatto qualcosa che avrebbe fatto spaventare Kagome, qualcosa per cui non era pronta. Che tortura era resistere!
 
 

 
Kagome sentì in lei sempre più voglia di baci. Non si staccò da suo marito, voleva altri baci. Non capiva cosa le era preso, fino all'altro giorno solo il pensiero di sfioralo la pietrificava, e ora voleva sempre di più. Aderì ancor di più il suo corpo a quello di lui, e sentì come Inuyasha impazziva. Ne era felice, si sentiva potente. Allontanò da lui il suo viso e vide in lui una frenesia incredibile.
«Kagome…» mormorò lui baciandole il collo causandole brividi.
Kagome notò come le mani di suo marito fossero immobili, come in tensione e costrette a star ferme. 
Lei sentì sempre più voglia di lui. Non se lo spiegava neanche lei questa sua voglia, ma lo voleva.
Si sentì pronta, l’aveva capito. Lei amava Inuyasha profondamente e lo voleva amare completamente. Lo voleva il suo cuore, il suo corpo e la sua mente. Doveva faglielo capire. Prese le mani di lui e strinse tra le sue, trasportandolo in camera da letto.
Inuyasha euforico non si lasciò tirare più di tanto, ma prese sua moglie e lo adagiò sul letto, e si amarono felici.
 
 

 
Spero vi sia piaciuto il terzo capitolo! Presto arriverà il quarto! Se vi va lasciate una recensione! E grazie per aver letto il mio racconto! Un bacio :)

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Capitolo 4
*** Incontri e scontri ***


Capitolo 4

Incontri e Scontri

 
 
Shippo con un balzo, trasformandosi dal suo stadio di palla volante, atterrò vicino casa di Kagome e Inuyasha. Aveva conseguito da tempo il grado massimo all’accademia dei demoni volpe e passava il tempo a difendere il villaggio. In quei giorni non aveva ricevuto notizie positive, dai suoi compagni demoni volpe. Per questo si trovava lì, doveva parlare con Inuyasha e gli altri.

Vide Inuyasha uscire da casa, doveva averlo sentito arrivare… aveva nella sua mano, la mano di Kagome.
«Piccolo Shippo! Che bello vederti!» esclamò Kagome «Anche se tanto piccolo non lo sei più!»
«Nah… tranquilla Kagome, sarà cresciuto in altezza, ma il cervello è sempre quello!» disse Inuyasha in modo canzonatorio, dando un colpetto in testa a Shippo.
«Inuyasha, sono diventato molto forte, potrei farti male!» disse Shippo sorridendo. Per lui, Inuyasha e Kagome, rappresentavano le due figure genitoriali che gli erano venute a mancare nella sua infanzia.
«Quando vuoi nanerottolo!» rispose concitato il mezzo demone, continuandogli a dare colpetti sulla testa.

Videro arrivare in gruppo Miroku, Sango, Kohaku, Kaede e Rin. Kagome sorrise felice, adorava ritrovarsi e passare del tempo con gli amici. Kagome invitò tutti dentro casa sua e di Inuyasha, e una volta accomodati, con maggior premura per Sango che fosse comoda per il suo stato interessante, offrì dei dolcetti colorati, erano ricette della sua epoca. Inuyasha con una mano se ne prese già la metà. Kagome lo guardò male, ma lui fece finta di nulla. 

«Allora Shippo, perché ci hai riunito qua?» chiese Miroku.
«Ultimamente sono aumentati gli attacchi dei demoni scimmia. Gli altri demoni volpe mi hanno informato che ovunque gli attacchi sono diventati più violenti…» disse Shippo serio.
«Non valgono nulla quei demoni, con la mia Tessaiga ne uccido cento con un fendente!» sbottò sicuro Inuyasha.
«Io circa un mese fa ho ucciso nel bosco uno di quei demoni scimmia... il suo corpo è evaporato al mio colpo di falce» disse Kohaku ricordando con un misto di imbarazzo e eccitazione l'evento.
«Si sono deboli in effetti. Ma cosa ti ha portato a riunirci? Cosa ti preoccupa Shippo?» domandò Kaede.
«Kohaku quando hai ucciso il demone, hai notato cadere, mentre evaporava, dal suo corpo una lamina grigia?» chiese Shippo non rispondendo ancora alla domanda di Kaede.
Kohaku fece segno di diniego e aggiunse «sinceramente non mi sono neanche messo a osservare il corpo del demone mentre evaporava, era preoccupato per Rin.»
«E tu hai visto nulla?» le chiese Shippo fissando Rin. Lei arrossì all'improvviso già solo ricordando l’evento e come era accaduto…
«No…non ho visto nulla, ero agitata. Non ci ho fatto molto caso.» disse lei sicura sul fatto.
«Perché parli di una lamina grigia? Cosa sarebbe a che serve? E cosa centra con l’invasione dei demoni scimmia?» chiese Sango massaggiando il suo pancione. Era all’ottavo mese ed era davvero enorme.
«A quanto pare tutto. I miei compagni hanno notato che ogni volta che uccidono un demone scimmia, questo evaporando lasciando una lamina grigia. Ma nessuno di noi sa a cosa serve, ne perché la indossano. Nessun demone ha mai avuto una lamina simile nel corpo.» disse Shippo preoccupato prendendo da una tasca le lamine argentate ponendole sul tavolo. Tutti le presero in mano incuriositi, tranne Kagome, che le riconobbe subito rimanendo sbalordita.
«Stavano nel loro corpo?» chiese Kagome non credendoci «Nel corpo dei demoni scimmia? siete sicuri?» chiese Kagome nevosa. Shippo annuì. E Kagome rimase in silenzio. Tutti la guadavano, stava per parlare Inuyasha, ma Rin lo precedette.
«Sai cosa è? È roba della tua epoca?» domando curiosa lei.
«Si… ma non mi spiego…se c’è questa roba qui… significa che qualcuno sa…oddio…ma come… qualcuno mi segue nei miei viaggi? Ma non è possibile...» farfugliò la sacerdotessa, alzandosi agitata e iniziando a percorrere la stanza, sotto lo sguardo attonito di tutti.
Inuyasha si alzò e le prese una mano tirandola a se. L’altra mano la posò sul suo viso alzandolo e forzandola a guardarlo.
«Kagome… amore mio… dimmi i tuoi pensieri. Spiegami che roba è quella, prima che io impazzisca con questo tuo borbottare.» disse Inuyasha, e stava davvero trattenendo il suo nevoso. Lei annuì.
«Sono microchip. Sono dispositivi a radiofrequenza. Viene inserito nella pelle…e può essere collegato a un database esterno» esclamò lei, le lezioni di scienze al liceo erano servite anche nell’epoca Sengoku, non l’avrebbe mai pensato. Tutti la guardarono stralunati come se avesse parlato arabo.
«Ehm... cosa?» disse Miroku guadando Kagome stupito.
«Io ho capito solo che sto coso viene messo “sottopelle”» disse Inuyasha girandosi tra le mani le lamine.
Kagome doveva spiegare a persone che non avevano la minima base di scienza e tecnologia cosa era un microchip? Si sedette.
«Nella mia epoca abbiamo avuto un grande sviluppo tecnologico in questi ultimi cento anni, come vi avevo già accennato. Hanno sviluppano dei sistemi da inserire nella pelle sia per identificare, sia per spiare i movimenti… o per mandare informazioni riguardo l’ambiente esterno.» vide che tutti la guadavano confusa e aggiunse «Come farvi capire… è come se fosse una spia. Se c’è un microchip ci sarà qualcuno interessato ad acquisire informazioni… avrà informazioni sull’ambiente circostante a questa lamina. Potrebbero essere trasmesse informazioni riferite al luogo - spazio, o al clima esterno… o le conversazioni altrui…» 
Tutti rimasero in silenzio. Confusi e spaventati da questa notizia. Kagome guardò la lamina 
«Non mi sembrano queste più funzionanti, i colpi della battaglie hanno rotto il microchip» disse tranquillizzandosi per il momento.
«Quindi qualcuno vuole spiare in nostro mondo con i demoni scimmia? Ma…questi microchip possono aumentare la velocità?» domandò Kohaku rivolto a Kagome. La situazione non si metteva bene.
«Non so dirti Kohaku. Il fatto stesso che siano riusciti a inserire un microchip in dei demoni scimmia mi fa pensare che hanno un controllo fisso su di noi. E quindi potrebbero averli “migliorati” … ma perché solo i demoni scimmia? C’è una maggiore tollerabilità da parte di questi demoni?» domandò Kagome più a se stessa che agli altri. Rin interruppe.
«E come fanno ad avere un controllo continuo, per prendere e inserire nei demoni scimmia una lamina simile? E come fanno? Se sono fisicamente qui e possono vedere il nostro mondo perché allora servirsi di demoni scimmia? Non ci capisco nulla» dille rigirandosi tra le mani il microchip.
«Potrebbero essere riusciti a far tutto con un drone, un robot che vola e riprende e ha dei meccanismi di braccio per compiere piccole azioni.» rispose veloce…ma rimaneva un fatto. Se vi era il drone a spiare, perché inserire i microchip nei demoni scimmia? E in caso, come un ipotetico drone era arrivato lì? Tramite il pozzo? Possibile? Tutto ciò che lei portava in quella epoca o nell’altra, doveva passare con il corpo suo o di Inuyasha. Un oggetto buttato nel pozzo non si materializzava nell’altra epoca, lo sapeva per certo. Ci avevano provato Kagome e Inuyasha.

«Inuyasha intorno al pozzo hai mai sentito odori diversi oltre a quelli dei miei familiari?» chiese Kagome rivolta al mezzo demone. Lui ci pensò.
«No, mai Kagome, altrimenti mi sarei insospettito e te l’avrei detto.» rispose lui sicuro.
Rimasero tutti in silenzio cercando di capire la situazione, ma nessuno riusciva trovare una possibile spiegazione.
«Tratteremo la situazione con l’allerta media. Per ora non c’è un pericolo immediato di vita. Dobbiamo capire chi ci spia, perché e come fa soprattutto. Visto che riguarda l’epoca di Kagome, le consiglierei di tornare nel suo mondo, per capire se qualcuno ha frugato in casa sua o nei dintorni del pozzo mangia ossa, visto che è l’unico ponte esistete tra i due mondi. Noi nel frattempo cercheremo di eliminare più demoni scimmia possibile» disse saggiamente Kaede.
«Io naturalmente andrò con Kagome» affermò deciso Inuyasha. Non avrebbe mai più permesso al ponte di dividerli, entrambi o stavano in un epoca o in un'altra.
Kaede annuì e si alzò e Rin con lei. La ragazza salutò educatamente tutti, diede un abbraccio a Sango e Kagome e malgrado la situazione sorrise in risposta al sorriso di Kohaku per lei. Aveva notato come non aveva smesso di guadarla per tutto il tempo.
 
Andate via Rin e Kaede si congedarono anche Sango e Miroku e Kohaku. Rimase Shippo.
«Mi raccomando state attenti…non sappiamo cosa vuole da noi chi ci spia» disse preoccupato lui.
Notò che Inuyasha strinse a se Kagome.
«Nessuno oserà toccarla. Tessaiga non ha mai perso. Quindi non ti fare venire stupide idee… chiunque sia lo farò fuori!» esclamò il mezzo demone convinto.
«Ti ricordo che abbiamo a che fare con un nuovo tipo di nemico! Uno dell’epoca di Kagome! non credo proprio che con “una cosa di spada” la cosa si risolva! Potrebbe aver inserito altri microcosa, o come si chiamano, ovunque! Dobbiamo stare attenti. E tu Kagome cerca di capire chi nella tua epoca potrebbe aver scoperto qualcosa della nostra epoca.» disse Shippo in pensiero. Lei annuì consapevole dell’arduo compito che l’attendeva. Shippò abbracciò Kagome, salutò Inuyasha e andò via preoccupato, aveva molte cose da riferire ai compagni demoni volpe.
 

«Inuyasha è colpa mia? Qualcuno avrà scoperto il collegamento tra i due mondi per colpa mia? vi ho messo in pericolo…ti ho messo in pericolo, io alla fine non appartengo a questo mondo... e la mia presenza fa solo danno a voi, a te.... sempre problemi causo...» mormorò lei, sentendosi in colpa, non si era mai posta il dubbio che qualcuno potesse osservare i suoi movimenti e scoprire qualcosa…che stupida!
«Non dire stupidaggini. Non è colpa tua... Io ringrazio il cielo sempre perchè ho te ogni giorno, al mio fianco. E sarei disposto a rifare la guerra contro Naraku, se fosse necessario, per rimanere insieme. Risolveremo questa situazione…» disse guardandola con occhi pieni d'amore «Tu vali tutte le guerre della mia vita Kagome. Perché tu sei la mia pace.» concluse, stringendola forte a se.

Lei gli prese le labbra le lo baciò. Erano innamorati alla follia l’uno dell’altra e niente li avrebbe separati. Il momento non era dei migliori, erano pieni di pensieri e preoccupazioni per il nuovo problema che si era presentato e forse proprio per questo, la passione li devastò entrambi, avevano bisogno l’uno dell’altra.

Inuyasha iniziò ad accarezzala ovunque senza tregua, le prese i fianchi e li strinse a se per sentirla più vicina. Sentì il cuore di Kagome accelerare sempre più. Lei riuscì a spogliarlo con difficoltà, lui invece fu più veloce, la spogliò completamente in due secondi.
Voleva averla, i suoi occhi emanavano passione e desiderio irrefrenabile. Non resistendo più, prese sua moglie in bracciò e velocemente si spostò nella loro camera, la posò con delicatezza sul letto e chiuse la porta.
 
 
 
 
 
 
Ciao! Spero vi sia piaciuto questo capitolo! Cosa succederà? Chi è che controlla l’epoca Sengoku e perché? E come fa? Kagome capirà qualcosa andando nel suo mondo? di certo capirà qualcosa… anche se non inerente ai microchip…
Vi ingrazio per aver letto la mia storia. Se vi va lasciate una recensione, fanno sempre piacere e mi incentivano sempre più… e ditemi cosa ne pensate! Un bacio!

Lunemy

 
 

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Capitolo 5
*** Sorprese sconvolgenti ***


Capitolo 5

Sorprese sconvolgenti


 
 
Sesshomaru aveva appena eliminato l’ennesimo demone scimmia che l’aveva disturbato nel suo viaggio. Jaken si nascondeva sotto la sua coda ancora. Era uno stupido vigliacco.
«Jaken spostati. Erano dei demoni deboli, ed è una vergogna che tu ne abbia paura» disse tagliente. Jaken si spostò dalla coda del suo padrone lo guadò dispiaciuto.
«Vi chiedo scusa padron Sesshomau. Vi chiedo perdono per la mia paura…» disse con voce incerta il piccolo demone, chinandosi più volte in segno di scusa. Sesshomaru lo ignorò.
 
Da quando Rin non viaggiava più con loro, Sesshomaru era diventato ancora più intrattabile e nervoso. Ultimamente aveva raggiunto l’apice. Spesso non rivolgeva la parola per giorni a Jaken, viaggiando in silenzio totale, e per tanti altri lo lasciava da solo, abbandonato dove capitava, non portandolo con se.
«La prossima volta vedrete, vi aiuterò, non sarò un impiccio padron Sesshomaru!» promise Jaken, non tanto sicuro.
Sesshomaru lo zittì con lo sguardo. Aveva sentito uno strano rumore. Un rumore mai sentito in vita sua. Prestò più attenzione intorno a se. E in lontananza, vicino a una grotta, vide una specie di mostro volante. Ma non percepiva nessuna vita da quel “coso”. Si avvicinò. Non capiva come era possibile che un essenza senza vita si muovesse, nell’aria. Era di colore grigio e aveva una forma ovale, e al centro era inserito un cerchio fatto di vetro da cui traspariva una lucina rossa intermittente. Sesshomaru si avvicinò silenziosamente. Vide fuoriuscire da quella specie di mostro senza vita, delle specie di braccia piegabili, che prendevano e raccoglievano all’interno del corpo grigio delle bacche.
Erano Bacche della Morte, notò Sesshomaru. Mortali per i demoni e innocue per gli umani.
Jaken rimase pietrificato da quell’essere e non fiatò.
Sesshomau si voltò e si allontanò. Non gli riguardava la cosa.
«Signor Sesshomau, non volete fare nulla contro quella cosa volante?» chiese Jaken dubbioso che il non fare nulla, non fosse una buona idea.
«Non mi riguardano gli affari altrui. Se vuoi fallo fuori tu, ma veditela da solo. Io non ti salverò» disse il demone cane infastidito. In quel momento lui voleva solo allontanarsi dal villaggio di Rin.  Senza rendersene conto, ultimamente nei suoi viaggi, si trovava sempre nei paraggi. Come se qualcosa di non spiegabile, nel suo subconscio, gli imponesse di non allontanarsi.
In quel momento distava 500 chilometri dal villaggio di Rin e gli sembrava di sentire il battito del cuore di lei… e questo lo faceva impazzire. Non doveva pensarla. Doveva smetterla. Lui non poteva avere certi pensieri su di lei. Non sarebbe mai stata sua. Era un indegna umana, che suo malgrado amava con tutta la sua essenza e la sua, infelice, vita.
 
 

 
Kamome e Inuyasha si prepararono per andare, per qualche giorno - così avevano deciso- nel mondo di Kagome per scoprire qualcosa sui microchip. Salutati tutti i loro amici e ricevute le normali avvertenze di stare attenti e di tornare subito dopo aver ottenuto qualche informazione, uscirono dal villaggio. Kagome non si sentiva molto bene, aveva un gran voltastomaco quella mattina, ma non disse nulla a suo marito per non farlo preoccupare, fortunatamente aveva con se i medicinali per il mal di stomaco, se il malessere fosse peggiorato l’avrebbe preso.

Lungo il tragitto verso il pozzo videro un lupo solitario vagare, in cerca di cibo. Kagome lo fissò e improvvisamente si ricordò di una persona… lui poteva avere delle informazioni!
«Inuyasha! mi è venuto in mente solo ora… Koga!!! Passiamo da lui, potrebbe sapere qualcosa!» esclamò lei, sorpresa di averci pensato solo in quel momento. Lui la guardò sgranando gli occhi.
«Dici che quel lupastro puzzolente potrebbe sapere qualcosa?» disse lui con tono sarcastico. Potevano passare anni, ma lui e Koga non avrebbero mai smesso di insultarsi. Inuyasha non gli avrebbe mai perdonato la corte di Koga a Kagome anni prima. Era un geloso cronico.
«Non lo so, ma prima di andare nel mio mondo potremmo informaci, e nel caso non sapesse nulla, metterlo comunque in guardia!» affermò lei convinta. Dovevano andare da lui!
Ma improvvisamente Kagome sentì un dolore ancora più forte allo stomaco.
Il voltastomaco non le lasciò tregua, si lanciò dietro una siepe, per nascondersi da Inuyashasu, appena in tempo per rigettare la colazione della mattina. Lui la guardò stupefatto.
«Kagome!! stai bene?» chiese lui avvicinandosi a lei. Era preoccupato, le toccò la fronte per accertarsi che non avesse la febbre. La temperatura gli sembrava normale. La aiutò a rialzarsi.
«Forse conviene andare direttamente a casa di tua madre, così ti stendi… il villaggio del lupastro è lontano.» disse Inuyasha incerto.
«No… no sto bene. Sono sicura fosse un malessere passeggero, forse non avrò digerito la colazione per l’agitazione…» disse lei abbozzando un sorriso, per tranquillizzare il marito… che non le credette, era ancora pallida. Kagome prese la borraccia d’acqua dalla borsa gialla, che portavano sempre con loro, e si sciacquò la bocca. Ma fatto ciò Inuyasha non accennava a muoversi.
«Kagome non ti vedo…» iniziò a dire lui in pensiero.
«Inuyasha sto bene. Ora mi riprendo. Visto che è lontano mi porti tu in spalla così arriveremo subito...va bene?» disse lei. Effettivamente iniziò a sentirsi meglio. Il dolore era andato via velocemente.
Inuyasha si fece convincere dal colorito tornato in faccia alla moglie. Si tranquillizzò, doveva essere stata solo indigestione.
«Questo è normale… sai essere mia moglie significa avere dei vantaggi… come questo!» disse lui accennando un sorriso, mentre la prendeva in braccio.
 
Inuyasha corse velocemente e in non molto tempo arrivarono al villaggio di Koga. Quest’ultimo avvertito della loro presenza, dai suoi compagni, gli si presentò davanti accompagnato da sua moglie Ayame.
«Kagome che bello vederti! Sei venuta a trovarmi!» disse il demone lupo raggiante avvicinandosi a Kagome e stritolandola.
«Ehi togli le tue mani puzzolenti da lei! hai tua moglie, lascia la mia!!!» disse Inuyasha arrabbiato, mostrando il pugno minaccioso. Anche se Koga era sposato e felice lui non smetteva di essere geloso anche per un solo abbracciò.
«E’ una mia amica!» rispose lui stingendo ancor di più Kagome.
Kagome tra le braccia di Koga sentì un improvvisa puzza… e più lui la stringeva più soffocava.  Era un puzza tremenda, di pelo di animale non lavato da tempo. Da quanto non si faceva un bagno Koga? Iniziò a sentire la puzza provenire anche da Ayame che le stava lontana un metro circa. Ma come facevano a non rendersi conto che puzzavano tanto? Non riuscì a resistere oltre.
«Koga per favore… il tuo odore… è troppo forte» tentò di dire gentilmente spingendolo dietro, ma lui non la lasciò, pensando che stesse scherzando. Non ce la faceva più, sentì arrivare la nausea, ma per colpa dell’odore disgustoso questa volta. «Koga ti prego PUZZI!!» esclamò lei esasperata, allontanandosi rapidamente per respirare.
Respirata aria pulita, la nausea cessò velocemente.
 Improvvisamente i tre la guardarono stupiti. E si portò le mani sulla bocca. Che cosa aveva detto?
«Koga scusa, perdonami non volevo, io non so cosa mi sia preso… Ma non so spiegare perché addosso ti sento un odore insopportabile. Non è mai successo prima…scusa» disse lei vergognandosi profondamente, ma mantenendosi comunque lontana dai due demoni lupo. Koga era stato sempre molto buono e gentile con lei e non meritava quella sua maleducazione.
«So io cosa è successo... Finalmente ti sei resa conto che il lupastro puzza! Te l ho sempre detto io! Avrai migliorato i tuoi gusti olfattivi stando con me eh!!!» disse vittorioso Inuyasha, non trattenendo le risate.
«Cosa cagnaccio rognoso?» rispose Koga imbufalito dall’accusa di Inuyasha, più che da quella di Kagome.
Ayame si avvicinò solo di un metro a Kagome.
«Be Kagome, anche tu a furia di stare con Inuyasha puzzi di cane eh…» disse un pò risentita del comportamento riservato al marito. Kagome chinò la testa in segno di scusa, profondamente in imbarazzo e dispiaciuta.
«Dai non è nulla di grave però, ora non fare così» la incuorò subito Ayame, vedendola così dispiaciuta.
«Già è vero Kagome, non preoccuparti. Comunque Ayame ha ragione, anche tu puzzi di cane! Pensandoci però, in passato, non avevo mai sentito l’odore di Inuyasha su di te... probabilmente perché il cagnaccio rognoso non ti stava così appiccicato come ora. Ma nulla che con un bel bagno non si possa togliere! Cosa che non è valida per te!» disse Koga rivolgendosi a Inuyasha, che sbuffò infastidito, alzando gli occhi al cielo.
 «Kagome Stai bene? A cosa dobbiamo la vostra visita?» chiese Ayame, sorridendo a Kagome… perdonava velocemente i cattivi atteggiamenti, non a caso stava con Koga.
Inuyasha e Kagome raccontarono dei demoni scimmia e dei microchip.
Spiegare a loro dei microchip fu molto difficile, non concepivano come poteva una cosa minuscola senza vita propria, potesse fare una qualunque azione. Vallo a spiegare.
Ma alla fine, in grandi linee (molto grandi) capirono.
«La nostra tribù ha distrutto, circa quindici demoni scimmia, questo mese. Avevamo notato pure noi un comportamento strano in questi demoni. Non sono mai stati così violenti. Di solito vivono per fatti loro nei boschi senza attaccare i villaggi. Non ti saprei dire se vi erano o meno queste lamine, non abbiamo fatto attenzione mentre li uccidevamo» disse Ayame pensandoci.
«Capisco, sono davvero piccole ed è facile che non si vedano.» disse Inuyasha serio. «Noi ora andiamo, se avete novità o avete bisogno di aiuto contattate Miroku, Shippo o Koaku o qualsiasi altra persona, ma che non sia Sango.» aggiunse risoluto.
«Si capisco è incinta, ci mancherebbe» disse Koga sorridendo. «E comunque è più probabile che avranno loro bisogno di noi, non il contrario» disse lui facendo il finto superiore. Inuyasha lo ignorò e si incamminò. Voleva andar via. Avevano perso già molto tempo, avevano delle ricerche da fare.
Kagome salutò Koga e Ayame a distanza, la puzza era davvero nauseante, e raggiunse suo marito. Lui la prese in spalla e iniziò a correre veloce verso il pozzo mangia ossa.
Kagome lo strinse forte. Era ammirata da lui. Pensava all’ultima affermazione di Inuyasha su Sango, e solo in quel momento si rese conto che da quando l’amica era incinta, Inuyasha le alleggeriva il lavoro, sostituendola, senza neanche che lei glielo chiedesse, nei suoi turni di guardia e protezione del villaggio.
Inuyasha con tutti i difetti che poteva avere, era una persona profondamente dolce e altruista.
 
 
Arrivati al pozzo mangia ossa, Kagome e Inuyasha si calarono velocemente nel vortice magico che li trasportava nell’altra epoca.
Arrivati nell’era moderna, Kagome si arrampicò con difficoltà per uscire dal pozzo. Aveva sentito nuovamente un forte senso di nausea.
Inuyasha ormai era fuori e la guardava stupido. Sua moglie non aveva mai avuto problemi a uscire dal pozzo. La prese e la tirò su posandola a terra.
«Tutto bene amore?» le chiese, corrugando la fronte. Lei annuì.
«Ho solo avuto un altro voltastomaco. Mi sarò presa l’influenza? quando entreremo in casa prenderò subito un medicinale.» mormorò lei... Con la nausea era pericoloso pure parlare. Meglio smettere.
«Si, e ti metterai subito a letto. Non voglio sentire obbiezioni, i microchip possono aspettare. Prima la tua salute» affermò lui deciso e, senza attendere neanche la risposta di sua moglie, la prese in braccio e la trasportò fuori, verso casa di lei.
 
Kagome, ancora in preda alla nausea, sentì che suo marito apriva la porta di casa sua.
«Sota!! nonno di Kagome, signora Higurashi, ci siete?» quasi gridò il mezzo demone.
«Fratellone! Sorellona! Come mai qui?!» chiese un ragazzino dai capelli scuri, uscendo dalla cucina. «Kagome ha l’influenza?» chiese il fratello vedendo la sorella in braccio a Inuyasha.
«Penso proprio di si... dove sono gli altri?» chiese lui.
«Torneranno a breve… sono andati a far la spesa la mamma e il nonno…» disse Sota, avvicinandosi a Kagome. Era davvero pallida.
«Sota porto tua sorella a letto, appena torna tua madre dille che siamo qui» disse lui salendo velocemente le scale.
 
Entrò in camera di sua moglie, una stanza -per lui- piena di ricordi. Lì, se non fosse stato per il disastroso tempismo di Sota, anni fa, si sarebbero baciati la prima volta. Appoggiò delicatamente Kagome sul letto. Lei lo guardò sofferente per il voltastomaco.
«Amore dimmi cosa posso fare... non posso vederti così abbattuta» le disse dolcemente.
«Tra poco mi passa, ogni è proprio una giornata no, per il mio stomaco…» disse lei. Ma la nausea non stava passando. «Inuyasha, potresti prendermi il medicinale per lo stomaco? Si trova nella borsa gialla. È una piccola confezione bianca e blu»
Inuyasha iniziò a frugare nella sua borsa e non trovandolo, come suo solito iniziò a innervosirsi e a cacciare tutto fuori. Kagome lo guardò mentre estraeva tutti i suoi oggetti dalla borsa: pettine, creme, cerotti, un pacchetto non aperto di assorbenti...
Sbarrò gli occhi. Alzò la schiena di colpo e si mise seduta sul letto e iniziò a contare mentalmente. Non se ne era resa conto, ma non aveva il ciclo da più di un mese. Non era possibile… le sue mestruazioni erano sempre puntuali, massimo un giorno tardavano, ma… un mese e più… questo significava che era…che era… se i conti erano giusti doveva essere rimasta incinta durante la loro prima volta. La prima volta che avevano fatto l'amore!
Il voltastomaco cessò improvvisamente, come a confermare ulteriormente i suoi sospetti. Si sentì pietrificata.
«Ah ah!! Ti ho trovato maledetto!» esclamò Inuyasha vittorioso, estraendo la scatola del medicinale dalla borsa. Notò sua moglie seduta. «Kagome, ti devi stendere, prendi la medicina l ho trovata, starai meglio…» disse affettuosamente, ponendole il medicinale tra le mani, ma lei lo rifiutò.
«Inuyasha non ho bisogno di un medicinale… ma di un test di gravidanza» mormorò lei, quasi mangiandosi le parole, tremando. Non sapeva se sentirsi euforica o devasta. Era così giovane ancora, e un figlio era una responsabilità che forse non voleva… ma un figlio suo e di Inuyasha… sarebbe stato speciale. Lui corrugò la fronte, non aveva capito. Forse aveva parlato a voce tropo bassa, eppure lui aveva un udito finissimo…
«Cosa hai detto?» chiese. Si avvicinò al letto e si chinò sulle ginocchia, per stare alla stessa altezza di sua moglie.
«Io… penso di essere incinta.» disse lei con voce strozzata.
Ci fu un minuto, interminabile, di totale silenzio. Lei cercò i suoi occhi, ma lui teneva lo sguardo basso e Kagome si sentì morire.
E se non avesse voluto LUI un figlio? Non avevano mai parlato di bambini in effetti… ma prima doveva accertarsi al 100% che fosse incinta a poi pensare alla situazione… anche se a questo punto i dubbi erano pochi... Pensò ai sintomi della mattina, la continua nausea e… solo in quel momento le venne in mente...
«L’odore! ecco perché sentivo l’odore di Koga come una puzza! ed ecco perché Koga diceva che anche io puzzavo di cane… è perché ho...ho…» disse lei, non riuscendo a terminare la frase… un piccolo mezzo demone cane dentro di se.
Inuyasha alzò lo sguardo. Una lacrima solcava il viso di lui. Negli occhi dorati di suo marito notò tante emozioni scorrere.
Stupore, incredulità, eccitazione e felicità. Lui l’abbracciò entusiasta.
«Kagome amore mio, io… io… sono così felice! Non credevo potessi darmi più felicità, di quella che già mi dai!» disse lui profondamente commosso. Tenendola stretta a se.
Sciolto l’abbraccio, lei lo guardò felice e teorizzata al tempo stesso. Un bambino… lei non ne sapeva nulla di bambini! e poi il parto…oddio non ci voleva pensare al dolore… Inuyasha notò lo sguardo di lei sconvolto.
«Kagome, affronteremo tutto insieme... Non avere paura. Ci sono io. Ci sarò sempre… e inoltre sarai una mamma bellissima, la più bella!» disse lui sorridendole dolcemente. Le prese le mani e le baciò amorevolmente. «Beh, almeno il nostro cucciolo ti ha migliorato l’olfatto… Koga puzza davvero tanto di pelo non lavato! È disgustoso!» disse lui ridendo.
Lei guardò suo marito, estasiata da quanta bellezza potesse scatenare il suo sguardo pieno di gioia.
«Non ti posso dare torto!» esclamò ridendo lei a sua volta.
 
Inuyasha le baciò dolcemente la pancia, prima di avvolgere la fonte della sua gioia in un altro abbraccio delicato e dolce.



 
 
 
 
 
Cosa succederà? Kagome incinta, i microchip che spiano l’epoca Sengoku… come si affronterà tutto questo? E Sesshomaru si arrenderà mai ai suoi sentimenti che tanto disprezza? Il tutto nei prossimi capitoli! 
 
Vi ringrazio per aver letto la mia storia! Spero vi sia piaciuta! Se vi va lasciate una recensione, mi fa davvero piacere leggere i vostri pensieri, giudizi e consigli. Un Bacio.
Lunemy

 

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Capitolo 6
*** In tutte le epoche del mondo ***


Capitolo 6

In tutte le epoche del mondo

 
 
La signora Higurashi arrivata a casa con il nonno, fu accolta da suo figlio con una bella notizia: Kagome e Inuyasha erano in casa! Fu avvertita da suo figlio che Kagome probabilmente aveva la febbre, quindi prima di salire da sua figlia, preparò una camomilla per darle sollievo.
Salì le scale e si avvicinò alla camera di sua figlia, aprì la porta e vide che Inuyasha e Kagome erano seduti sul letto tenendosi strette le mani. Sua figlia aveva un sorriso radioso. Tanto malata non le sembrava.
«Chissà che faccia faranno i nostri amici quando lo sapranno! Sango sarà felicissima!» sentì dire dalla figlia a Inuyasha.
«Sicuramente Miroku farà qualche sua solita battutaccia sporca, pervertito come è…» rispose sorridendo lui. La signora Higurashi tossì educatamente per fasi notare.

«Mamma…» disse Kagome vedendo la madre vicino la porta.
«Kagome tutto bene? Sota mi aveva detto che stavi male.» disse sua madre avvicinandosi e osservando sua figlia. Le toccò la fronte per controllarle la temperatura. Inuyasha non smetteva di togliere gli occhi da sua figlia, la guardava in mondo così amorevole e protettivo.
«Non sto male mamma… aspettiamo un bambino!» disse lei con gli occhi che le brillavano. Non vedeva l'ora di dirlo, se li leggeva in faccia.
A sua madre scivolò di mano la tazza con la camomilla. Questa si infranse facendo un gran frastuono. Li guardò sbalordita. Vide Inuyasha che sorrideva come non mai…
«Kagome ne sei sicura?» chiese la madre avvicinandosi alla figlia. Kagome le raccontò tutta la situazione, dalle nausee all’odore che prima non sentiva addosso a Koga e Ayame, odori che sentiva sempre Inuyasha.
«Quindi sarà come Inuyasha? Un mezzo demone?» disse preoccupata per la figlia. Conosceva le normali gravidanze, ma questa non era normale…
«Penso di si, il fatto stesso che Kagome abbia sentito l’odore del lupastro e lo trovi disgustoso mi fa pensare che il cucciolo è come me… purtroppo mia madre è morta quando ero un bambino quindi non sono molto informato» disse lui.
«Kagome io vorrei farti visitare da un medico» disse la madre. Doveva assicurarsi che Kagome stesse bene.
«Mamma, non farò un’ecografia. Non posso rischiare che il medico noti qualcosa di strano… potrebbe iniziare a fare domande, a volere altre analisi a indagare. Non posso mettere in rischio il bambino, Inuyasha e tutta l’epoca Sengoku.» Kagome pronuncio queste parole in modo deciso. Non aveva mai sentito tanta autorità nella sua voce di sua figlia «Anche se forse è troppo tardi» aggiunse rattristandosi. La signora Higurashi non capì l’ultima affermazione, però prima che potesse fare domande, il marito di sua figlia gli spiegò gli ultimi avvenimenti accaduti in epoca Sengoku, e seppe quindi il motivo della loro visita.
«Oh Kagome… capisco che sei terrorizzata per via dei microchip nell’epoca Sengoku, ma io voglio solo assicurami che tu e il bambino state bene. Non dico di fare un’ecografia, ma un semplice esame del sangue. Capisco le tue paure, ma un esame del sangue non penso possa far notare nulla sulla razza del bambino…» disse lei. Kagome fece segno di diniego. Era testarda e cocciuta.
«No mamma. Il sangue demoniaco è diverso da quello umano. Ha caratteristiche autorigeneranti riparative. Inuyasha non prende quasi mai una malattia, è raro, e le sue ferite guariscono in maniera assurdamente veloce. Sicuramente un esame del sangue evidenzierebbe anomalie, per via del dna di Inuyasha dentro di me. So per certo che avrò un piccolo mezzo demone, per il fatto di non sopportare gli stessi odori di mio marito… e ne sono felice. A me basta sapere questo. Il mio bambino sta bene. Ne sono sicura. È forte come il suo papà.» terminò Kagome. I due si guardavano con amore e dolcezza, lui le accarezzò il viso e le strinse il viso di lei sul suo petto muscoloso.
Non gli importava che in quel momento ci fosse la madre di sua maglie in camera con loro, doveva dirlo «Quanto ti amo Kagome» le disse dolcemente.

La signora Higurashi capì che era una battaglia persa. Sua figlia avrebbe fatto come meglio credeva.
«Come vuoi, ma vado a comprarti comunque degli integratori per le donne incinte… ti faranno solo bene» le disse la madre, e prima di uscire dalla camera abbracciò la figlia, prese da terra i cocci della tazza che aveva fatto cadere e chiuse la porta. Si mise le mani sul cuore.
Stava per diventare nonna, non poteva crederci!
 
 
 
Kagome e Inuyasha decisero di dare la notizia al nonno e a Sota a cena. Seduti a tavola Kagome non riusciva a pendere il discorso. Guardò Inuyasha chiedendogli aiuto con lo sguardo.
«Beh ragazzi non mangiate? Inuyasha la tua bistecca al sangue si raffredda... La mamma l ha cucinata proprio per te sapendo che ti piaceva tanto…» disse il nonno agognando la bistecca del mezzo demone.
«Prima vorremo davi una notizia, anzi due. La più importante: presto avremo un cucciolo...» disse Inuyasha risoluto.

Calò il silenzio. Li guardarono attoniti, il nonno e Sota.
«Volete dire che state adottando un cane?» chiese non capendo, Sota. Inuyasha alzò gli occhi al cielo, mentre una risata spezzò il silenzio. Kagome rideva a più non posso. Inuyasha non capiva il motivo di tanta ilarità.
«si… come l hai detta sembra proprio così Inuyasha, beh con il cane ci siamo però…» disse ridendo ancora, quasi istericamente sua moglie.
«No, intendo dire che Kagome è incinta.» rispose.
Adesso nessuno poteva mal capire, Kagome smise di ridere di colpo. Inuyasha le prese la mano da sotto il tavolo e la strinse.
Sota e il nonno li guardarono stupiti.
«Ma è meraviglioso! Diventerò zio!» esclamò Sota abbracciando la sorella, felice.
«E io bisnonno!!! Congratulazione ragazzi!» disse il nonno allegro. «tu lo sapevi già eh?» chiese il nonno alla signora Higurashi. «Sei troppo tranquilla!» le aggiunse lui.
«Si lo sapevo già.» disse mostrando un sorriso. «Adesso però mangiamo!» esclamò la madre felice.


Inuyasha vide che sua moglie non mangiava nulla.
«Kagome tutto bene? Non hai fame? È il tuo piatto preferito, sushi!» le disse, non poteva iniziare a non mangiare adesso che doveva mangiare per due.
«Non è questo, non mi attira l’odore…» disse lei vergognandosi, sua madre aveva preparato il sushi solo per lei, rifiutarlo la faceva sentiva in colpa… ma non le andava proprio. Eppure Inuyasha lo mangiava, quindi non erano i gusti del bambino a dominarla in quel momento…

«Oh Kagome, è colpa del bambino!» disse lui.
«Ma come, a te piace il sushi, te lo faccio spesso a casa» disse lei confusa. Inuyasha fece una faccia strana.
«Ecco Kagome, non è che ne vado proprio matto. Adoro il mangiare ninja che si fa con l’acqua calda…ma il sushi non mi fa impazzire» disse lui in modo colpevole.
Kagome non ci poteva crede. Inuyasha per tutto quel tempo aveva mangiato il sushi solo per farla contenta... stupido adorabile mezzo demone.
«Inuyasha non dovevi, potevi dirmelo…» disse lei. Lui le sorrise.
«Non mi importa cosa mangio. Se l hai cucinato con amore, mangio di tutto per te.» le disse a bassa voce. Kagome ne fu commossa e l’abbraccio.
«Ehm, piccioncini vi ricordo che stiamo a tavola» disse Sota in imbarazzo per le effusioni di sua sorella con suo marito. Lei gli fece la linguaccia e guardò sulla tavola cercando di capire da quale pietanza era attratta. Vide la bistecca al sangue, di suo marito, anzi era più coretto dire che era una bistecca cruda. Lei aveva sempre adorato il cibo ben cotto eppure, ne era attratta, aveva un odore così buono, succulento.
Inuyasha notò lo sguardo di sua moglie sul suo piatto e sorrise divertito. Capì cosa voleva mangiare Kagome.
Il suo cucciolo aveva proprio degli ottimi gusti. Scambiò il suo prelibato piatto con quello di Kagome.

«Lo sai che il peggio deve arrivare no? Dovrai sopportare sbalzi d’umore che si alterneranno tra atteggiamenti estremamente dolci e arrabbiature improvvise per un non nulla» disse il nonno saggiamente.
Inuyasha sbuffo con fare risoluto.
«Per me questa è già la quotidianità con Kagome.» affermò lui. Kagome gli lanciò uno sguardo minaccioso.
«Cosa hai detto Inuyasha? A CUCCIA!» esclamò lei arrabbiata. La riteneva una lunatica??? Quello stupido!
«Come non detto…» disse ridendo il nonno.
«Fratellone, prima hai detto che dovevi darci due notizie, presi dalla notizia non ci stavamo pensando più… ma quale è la seconda novità?» chiese il fratello di Kagome.
«Purtroppo la seconda non è una bella notizia. È un problema grave che dobbiamo risolvere.» rispose Inuyasha.

I due raccontarono per l’ennesima volta dei demoni scimmia e dei microchip. Kagome chiese se il tempio del pozzo rimanesse ben chiuso in loro assenza.
«Ma certo! Nessuno è mai entrato! Né in casa né nel tempio del pozzo!» disse sicura la madre di sua moglie.
«Da domani io e Kagome inizieremo a fare delle ricerche, per capire chi e perché spia la mia epoca e come fa.» disse Inuyasha.
«Ah no, domani io e Kagome dobbiamo andare in giro a fare delle compere!» disse la signora Higurashi.
«Ma mamma, non posso perdere tempo in queste cose, l’epoca Sengoku è in pericolo!» disse Kagome. E aveva ragione, non potevano perdere tempo in stupidaggini.
«Kagome che gli metterai a tuo figlio quando nascerà? Non hai neanche i pannolini! ne una culla né un passeggino, neanche un tira latte né un cuccio. Dobbiamo fare tantissimi acquisti domani mattina. Non esistono ragioni!» esclamò imperiosa ed eccitata la madre di Kagome.

I due si guardarono in faccia capendo che non sarebbero riusciti a far cambiare idea alla signora Higurashi.
 E poi era giusto che la signora passasse del tempo con sua figlia. Alla fine era un momento speciale per lei anche, capì Inuyasha.

«Kagome domani mattina passa pure la mattina con tua madre. Io inizierò a far ricerche sui microc…» stava dicendo il mezzo demone, ma fu interrotto da nonno, da un finto colpo di tosse.
«Caro Inuyasha visto che sei qui, domani mattina potresti farmi dei lavoretti in casa? Io sono un povero vecchio debole e non ho molta forza… e i lavori da fare sono davvero pesanti, se no li avrebbe fatti Sota…» disse il nonno con modo molto gentile, proprio per non fasi dire no.

Inuyasha mise le braccia conserte, maledizione neanche poteva dire no! Veniva sempre ben accolto in quella casa e gli davano da mangiare e un letto. Non poteva rifiutarsi.

«Va bene. Ma domani pomeriggio faremo le ricerche Kagome. Non possiamo rimandare ancora, dobbiamo tornare al più presto nella mia epoca.» disse lui arrendendosi alla richiesta. Il nonno sorrise felice.
 
 
 
Kagome e Inuyasha passarono una notte tranquilla.
Lei dormì beata tra le braccia di Inuyasha, non accorgendosi che suo marito più volte si svegliava e la guardava, accarezzandole delicatamente il ventre. Era un gioia per lui avere una famiglia che non aveva avuto da bambino. Sua madre era morta troppo presto. Suo padre ancor prima.
«Non vi lascerò mai, amori miei» mormorò lui nella notte.
 
 
 

Dopo colazione Kagome salutò il marito, era ponta a uscire con la madre.
«Kagome stai attenta. Ti ricordo che qui c’è qualcuno che ci spia. Per qualsiasi cosa, usa quel tuo aggeggio che trasporta la voce all'aggeggio a casa e verrò subito.» disse lui nevoso, non le piaceva lasciarla sola, senza la sua protezione, anche per poco tempo.
«Si chiama cellulare amore… tranquillo» le disse sorridendogli. «Comperò tante cose carine per il nostro bambino.» aggiunse allegra. Sapeva che Kagome adorava fare acquisti. Gli diede un bacio veloce sulle labbra e andò via con sua madre.

«Inuyasha, pronto? Allora dovresti ricostruirmi tutto il tetto di casa, è pieno di buchi...» disse il nonno avvicinandosi a lui, facendo portare gli attrezzi e il materiale a Sota che lo trasportava con fatica. «So che non l hai mai fatto, per questo ti darò indicazioni precise e tu le eseguirai alla lettera.» concluse il nonno dandogli una pacca sulla schiena. Inuyasha si rimboccò le maniche e iniziò a darsi da fare, sotto le direttive del nonno.
 
 

 
 
Kagome stava passeggiando con la madre fermandosi in tutti i negozietti che vendevano articoli per bambini. La signora Higurashi si era attrezzata di un carrellino per la spesa. Si giustificò dicendo che dovevano acquistare molta roba che Kagome avrebbe potato nella sua epoca, e non le doveva mancare nulla.
«Visto che sapremo soltanto dopo la nascita, il sesso del bambino, ho pensato che potremmo prendere tutto ciò che gli serve di colori neutri. Come il giallo, il rosso o il verde» disse la madre emozionata. L’idea di diventare nonna la mandava in estasi, notò Kagome. Annuì alla madre felice.
Girarono per tutto il tempo, comprarono di tutto, tutine, magliettine e pantaloni, cappellini cappotti, pannolini, ciucci, biberon, latte in polvere, piattini bicchieri e forchettine in plastica per bambini, bavaglini, e omogenizzati (anche se Kagome aveva tentato di persuadere la madre a non acquistare questi ultimi, avendo il sospetto che il suo bambino, mezzo demone, poco avrebbe apprezzato quelle pappette), e ancora scarpine, calzine, lenzuoli, sapone per il bambini anti-lacrima, pettine a setole morbide, e mutandine. Kagome volle acquistare in particolare un costumino adorabile che vide in vetrina, era arancione e sulla parte posteriore, vi era stampata la scritta “Sono più bello/a di papà!”. Non vedeva l’ora di mostrarlo a Inuyasha!
 Kagome era davvero stanca, e affamata, e stavano ancora in un negozio per acquistare la culla e il passeggino (fortunatamente il negozio faceva consegnava a casa, per i grandi acquisti). Suo madre, esperta di due figli, li controllava con grande cura, per scegliere il migliore.

«Mamma, sono stremata. Vado a sedermi al bar qui di fronte… e mi prendo qualcosa da mangiare… scegli tu. Mi fido della tua esperienza» le disse. La madre la guadò comprensiva.
«Ma certo, ti ho stressata eh? Ma sono tutte cose che userai vedrai.» le disse la madre, dandole una banconota in mano. «Ti raggiungo subito, finisco di scegliere e arrivo.» concluse.
 
 

 
Inuyasha aveva terminato la riparazione del tetto, di cinque porte, e del mobile del bagno.  E per ultimo, sotto gentile richiesta del nonno spaccò la legna, ma non con l’ascia come gli aveva detto di fare, ma con Tessaiga. Sota che aveva cercato di aiutarlo come poteva era stanchissimo.
Inuyasha pensava in continuazione a Kagome e al cucciolo, stava bene? Che stava facendo? Non averla vicina lo faceva stare in profonda ansia. Soprattutto ora con questa storia dei microchip. Gli Venne in mente solo in quel momento un idea.

«Sota, andiamo da Kagome e da tua madre!» disse il mezzo demone convinto.
«E perché mai?!?!» domandò sconvolto Sota. Era senza forze per via di tutti quei lavori, e già il solo pensiero di alzarsi lo stancava di più.
«Forza pelandrone! Questi lavori non sono niente di che! Non puoi essere stanco!» disse Inuyasha tirandolo su.
«Uffa fratellone, va bene… ma perché?» disse arrendevole Sota.
«Perché si forza andiamo!» esclamò energico Inuyasha. Aveva una voglia matta di vedere Kagome e accertarsi che stesse bene.
Era incinta e poteva avere bisogno di lui in qualsiasi momento.
Sota gli prese da casa il cappellino, per coprire le orecchie da cane, e seguendo il naso di Inuyasha si incamminarono facendo il percorso fatto da Kagome e la signora Higurashi.
Dopo parecchi minuti Inuyasha e Sota si ritrovarono a un incrocio.

Inuyasha vide sua moglie dirigersi verso un tavolino e accomodarsi. Lei non l’aveva visto.
«Ecco dove sta Kagome, al bar! E mamma… lì!mamma la vedo attraverso la vetrina di quel negozio! di là!» disse il fratello di Kagome indicando i posti.
Inuyasha, felice di vedere che sua moglie stesse bene, sentì il forte desiderio di andare da lei, aveva una voglia matta di abbracciala. Possibile che un figlio potesse trasformarlo così?
Ma all'improvviso vide avvicinarsi a lei un ragazzo, dal viso familiare… alto con folti capelli castani corti, vestito con una giacca e pantaloni neri. La guardava in modo insistente, ma Kagome non se ne era resa conto. Sentì un improvvisa ira verso quell’uomo che stava guardando Kagome in modo non consono.
Era sposata con lui diavolo! Non poteva mangiarsela con gli occhi! Sota lo richiamò alla realtà con la sua affermazione, che gli chiarì l'identità dell'uomo sconosciuto.

«Ma quello è Hojo!» esclamò stupito il fratello di sua moglie.

Tutto si spiegava.
 
 

 
 
Kagome si era accomodata alla sedia e prese il menù dal tavolino. Era affamata e avrebbe preso delle polpette di pesce. Sentì improvvisamente chiamare il suo nome, da una voce familiare, ma che non sentiva da tempo.

«Higurashi!?!» esclamò un ragazzo vestito elegantemente di nero. Vide una spilla attaccata alla giacca di lui, era una spilla della più importante azienda nazionale aereospaziale. Le si avvicinò e lo riconobbe. Rimase a bocca aperta.

«Hojo!» esclamò lei, alzandosi per salutarlo.
«No rimani seduta, mi accomodo io! Non ti dispiace vero?» chiese lui sedendosi senza aspettare una reale risposta. Hojo era cambiato. Era sempre stato un bel ragazzo, ma adesso gli si aggiungeva anche il fascino dell’uomo in carriera.
«Sapevo che eri partita subito dopo le superiori! Come stai? dove sei stata?» gli chiese affettuosamente.
«In giro per il mondo… sto bene grazie. Tu? » le chiese lei, aveva imparato a rimanere sul vago ogni volta che le persone, che non dovevano sapere, le chiedevano informazioni.
«Io bene. Sono un ingegnere aerospaziale adesso, e sono riuscito a diventare socio in un importante azienda. Da poco sono tornato in Giappone, sono stato fuori per un corso di specializzazione in nanotecnologie» disse lui sorridendo. Kagome rimase allibita.
«Incredibile! Complimenti Hojo! Sono felice per te!» gli disse sinceramente felice per lui.
«Sai ti ricordi che alle scuole medie avevo una cotta per te? Devo dire che confermi tutt'ora i motivi per cui mi piacevi tanto.» disse lui chinandosi sul tavolo per avvicinarsi a lei. Kagome non aveva capito dove volesse arrivare con quella frase, ma si sentì profondamente in imbarazzo. Hojo non sapeva che fosse sposata… come dirlo? E come giustificare che nessun altro lo sapesse dei suoi amici di questo mondo? Fosse stato facile dire la verità… “sai mi sono sposata cinquecento anni fa, per questo non ti ho invitato al matrimonio, nulla di personale”. Kagome sorrise da sola delle sue stesse assurdità.
Lui la guardava con attenzione.

«Higurashi, mi concederai mai un appuntamento?» disse lui speranzoso arrivando al punto. «Penso che sia un segno del destino, rincontraci proprio qui, in questo bar. Qui siamo venuti insieme al nostro primo appuntamento. Ricordi? Tu andasti via, per un malore…» ricordò lui. Kagome se ne era completamente dimenticata di quell'unico e fallito appuntamento, ricordava solo che quel giorno fremeva per tornare nell’epoca Sengoku. Gli sorrise imbarazzata…
«Ecco Hojo…io…» disse lei, non sapendo come concludere. Lui la guardò speranzoso, ma vedendo che lei faticava a trovare una risposta il sorriso e la speranza svanirono.
«Ah perdonami, sono stato troppo irruente, ti chiedo scusa. Ci siamo appena incontrati e io ti faccio già queste domande. Devo sembrare uno stalker» disse lui dispiaciuto. «Non ti preoccupare Higurashi, ci vediamo in giro. Ma io non demordo!» disse lui sorridendo e alzandosi velocemente. La salutò e andò via non dando il tempo di dire nulla a Kagome, rimasta sconvolta da tanta testardaggine.

Lui provava ancora qualcosa per lei, dopo tutto questo tempo!
 
 

 
Inuyasha aveva ascoltato tutto, e a fatica resisteva alla voglia di impugnare Tessaiga e di uccidere quello stupido di Hojo. E Kagome poi! Perché non aveva detto la verità? Ma ora gliene diceva quatto a quella stupida di sua moglie.

«Ora vado e le ricordo che è sposata con me, e ha in grembo anche mio figlio, a quella stupida di tua sorella, e poi minaccio quel coso di tenersi alla larga da Kagome!» disse il mezzo demone in preda al fuoco della gelosia.
«Aspetta fratellone, ascoltami, io so perché Kagome non ha detto nulla… ascoltami» disse Sota trattenendolo con fatica, si stava già incamminando verso di lei «Kagome non è tua moglie in questa epoca!» disse Sota, richiamando tutta l’attenzione di Inuyasha.

«Come?» chiese sconvolto.

«Tu e Kagome non siete sposati in quest’epoca! Lei qui risulta nubile! Nessuno a parte noi sa che Kagome è sposata, ne le sue amiche ne Hojo. Non le hai regalato neanche una fede che possa far capire, a chi la incontra, che ha un marito.» disse il fratello di Inuyasha. «Se avesse detto che era sposata, senza indossare una fede, senza aver fatto sapere nulla agli amici di questa epoca, sarebbe apparso troppo strano e avrebbe richiamato altre domande.» concluse.

Inuyasha capì la situazione e si calmò un poco, ma aveva lo stesso voglia di spaccare la faccia a Hojo.

«Sota come devo fare per sposarmi qui? E dove prendo una fede?» chiese Inuyasha deciso.


Kagome doveva essere sua in tutte le epoche del mondo, e il mondo intero, di qualunque epoca, doveva sapere che era sua e per questo intoccabile.




 
 
Grazie pe aver letto il mio capitolo. Nel prossimo capitolo cosa succederà? Kagome e Inuyasha si sposeranno anche nel mondo moderno? E cosa scopriranno sui microchip? E Kagome come affronterà la gravidanza? Tutto nei prossimi capitoli.
 


Grazie per aver letto il mio racconto. Se vi va lasciate una recensione! Mi interessa sapere cosa ne pensate. Le vostre recensioni mi danno sempre più carica per scrivere! Un bacio!
Lunemy
 

 
 
 

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Capitolo 7
*** Un cuore pentito ***


Capitolo 7

Un cuore pentito


 
 
Sesshomaru si fermò -dopo un lungo viaggio che l’aveva allontanato di parecchi chilometri da “lei”- vicino a un ruscello per dare il tempo a Jaken di riposare e bere. Si chiese cosa stesse facendo Rin in quel momento. Era sicuro che stesse bene. Inuyasha, anche se era un indegno mezzo demone, aveva dimostrato più volte di saper proteggere sua moglie e i suoi amici. Quindi Rin era relativamente al sicuro.

«Signor Sesshomaru, secondo lei perché quel mostro senza vita volante, raccoglieva le Bacche della morte?» chiese Jaken tra un sorso d’acqua e l’altro.
«Ti ho già detto che non mi interessa.» rispose risoluto lui, guardandolo appena.
«Non crede che potrebbe essere pericolo? quelle Bacche provocano una lenta tortura ai demoni, e portano alla morte…» disse Jaken spaventato da quelle Bacche nere.
«E’ ciò che si merita chi si fa sconfiggere da quell’essere debole, qualunque cosa sia.» disse gelido il signor Sesshomaru.
Jaken annuì. Sapeva di non dover contraddire più di tanto il suo padrone. La pazienza del demone cane era davvero poca, se non inesistente in quel periodo.

Anche se il signor Sesshomau non l’avrebbe mai ammesso platealmente, il piccolo demone aveva capito che il suo padrone stava soffrendo come non mai.
La tortura di amare e non poter amare, era un agonia.

Ormai da tempo Jaken aveva capito che il padrone provava qualcosa per Rin. Avrebbe dato la sua stessa vita, e anche quella di Jaken, il suo servo più fedele per salvarla.

Avrebbe fatto di tutto per tenerla in vita, ma non avrebbe fatto nulla per averla al suo fianco, anche se lo desiderava.

Jaken aveva terminato di bere e si avvicinò al suo padrone per prendergli la coda, poiché Sesshomaru stava per prendere il volo, ma improvvisamente furono fermati dal grido di un’aquila.
Sesshomaru alzò lo sguardo e riconobbe l’animale. Era un aquila reale al servizio di sua madre come messaggero.

L’aquila si avvicinò e si posò su un albero lì vicino. Aveva un pelo folto e importante. Guardò per un Secondo il demone cane e si trasformò nella sua forma umana. Con un salto arrivò a terra e fece un piccolo inchino. Aveva capelli lunghi scuri fino alle ginocchia e uno sguardo imperioso.
«E’ un piacere incontrarvi Signor Sesshomaru, dopo tanti anni. L’ultima volta che andaste a trovare vostra madre, io ero occupato con gli ordini della mia padrona e non abbiamo avuto modo di incontrarci. Purtroppo le notizie che vi porto non sono piacevoli» disse lui.
Sesshomaru lo guardò e non disse nulla. Il demone aquila capì di avere tutta la sua attenzione.
«Sua madre sta morendo.» disse lui neutro.
«Ma come è possibile?» chiese Jaken, esprimendo la domanda mentale di Sesshomaru. I demoni cane avevano una lunghissima prospettiva di vita, sempre se non morivano in modo violento.
«Servo ignobile e debole non sono obbligato a rispondervi.» rispose il demone aquila in modo tagliente, guardando il piccolo demone con cattiveria.
Sesshomaru estrasse velocemente la spada e la posò al collo del messaggero.
«Adesso si.» disse lui. Solo lui poteva avere certi atteggiamenti con Jaken. Nessun altro.
«Sua madre da mesi non si nutre più. Si è indebolita e non ha più forze. Come se tutta la sua potenza passata, fosse sparita.» il messaggero pronunciò queste parole senza emozioni. «E ora è alla fine. Sta morendo e ha chiesto di voi. E vi chiedo di esaurire il suo ultimo desiderio. È pur sempre vostra madre. Io ho fatto il mio compito. Addio.» disse il demone aquila, si trasformò nella sua forma animale e prese il volo.

Jaken e Sesshomau rimasero a lungo in silenzio. Jaken prese coraggio e gli pose la domanda:
«Andremo?»
«No. Andrò io. Tu andrai da Rin. Assicurati che stia bene.» rispose lui.
«Ma per questo c è vostro fratello!» esclamò, troppo velocemente il piccolo demone, pentendosi subito. Aveva detto “fratello”. Il signor Sesshomaru lo fulminò con lo sguardo… e se l’avesse ucciso gli avrebbe dato ragione.
«Vi chiedo scusa…padrone…perdono…si ora io vado, e la proteggerò.» disse quasi balbettando. Si incamminò.
Ci sarebbero voluti giorni per arrivare al villaggio di Rin, senza contare i pericoli che poteva incontrare. Perché il signor Sesshomaru voleva tenerlo lontano da lui? non l’aveva servito sempre fedelmente?
 
 






 
Sesshomaru ormai in volo da tempo, vide il tempio di sua madre. La casa della sua infanzia. Atterrò silenziosamente e notò che il trono esterno al tempio, su cui sua madre adorava pavoneggiarsi, era vuoto. Stava davvero male allora.
Seguì l’odore di lei, portandolo all’interno del tempio ed entrò in una camera trovandola stesa a terra. Bianca, debole, magrissima non aveva quasi più peli sulla coda della spalla, aveva gli occhi infossati e viola. Tutta la sua bellezza era persa, sembrava un cadavere. Si stava lasciando morire di fame di proposito. Sesshomaru non si avvicinò più di tanto. Lei sentì la presenza del figlio e aprì gli occhi lo guadandolo con attenzione.
«Madre, è arrivato il vostro momento dunque.» disse lui senza sentimenti. Non provava nulla per quella donna. L’aveva cresciuto senza amore, senza mai una carezza, l’aveva dato sin dalla sua infanzia in pasto a demoni sempre più forti di lui, secondo la sua macabra ottica, per farlo crescere. Perché a lei non bastava avere un figlio dalla media potenza, voleva un demone cane, il demone cane più potente al mondo.
 
Quando era un cucciolo la odiava. La odiava per non essere una madre come tutte le altre, solo successivamente crescendo le divenne del tutto indifferente. E questo significava che aveva spezzato tutti i legami con lei.

Quella donna distesa a terra gli aveva spiegato e insegnato poche cose nella sua infanzia, ma questi insegnamenti erano rimasti impressi dentro di lui. Da lei aveva imparato che gli esseri umani erano esseri inferiori e la loro vita non aveva alcun valore. Che i demoni erano esseri superiori, vicini a divinità, di conseguenza il loro sangue puro, mai si sarebbe dovuto mischiare con il sangue sporco degli umani. Mai.
 
Quando suo padre scelse una donna umana, rifiutandola del tutto, sua madre impazzì. Era stata abbandonata per ciò che reputava inferiore. Fu una grande ferita nell’orgoglio. Per questo si chiuse nel tempio, non vedendo più suo padre. Ignorando ancor di più il figlio di quanto non facesse prima.
 
«Sesshomaru…» mormorò la voce debole di sua madre «Si, credo che sia giunto il momento. Come per tutti arriverà. Ti ho fatto chiamare perché volevo parlarti un ultima volta e raccontarti del…» si bloccò, cercando di riprendere fiato.
«Non fatemi perdere tempo. Sono qui soltanto per onorare il corpo che mi ha messo al mondo e ora sta morendo. Non mia madre. Tu non sei mai stata una madre» disse Sesshomaru, senza nascondere il suo sguardo crudele e freddo.
«Come posso darti torto? Io non ho mai avuto un istinto materno. Ero troppo presa a racimolarmi nel mio dolore...» disse lei a fatica, guardando con occhi umidi il figlio.

Lui alzò un sopracciglio incredulo.
Soffrire lei? E per cosa? Che si voleva inventare per suscitare pena? Voleva essere salvata con la sua Tenseiga? Ma se lei si stava lasciando morire... o forse, aveva cambiato idea e voleva vivere ancora?

L’avrebbe lasciata morire. Così meritava. Sesshomaru diede le spalle a sua madre e fece un passo per andar via. Non gli interessava quella donna.
«Ti chiedo solo di ascoltami. Non voglio altro. Non voglio essere salvata dalla tua spada. Io voglio morire…» lo pregò. «Ho commesso l’errore più grande della mia vita in passato. Prima di conoscere tuo padre, mi innamorai di un umano...» disse lei a fatica.
 Il demone cane le prestò tutta la sua attenzione. Era assurdo, lei e un umano?
«Ero giovane, mi innamorai di lui, alla follia. Ero così felice. Passavo intere giornate con lui, nel suo castello circondato dai fiori, era un nobile. Iniziammo a vederci in modo clandestino, nessun demone doveva sapere di noi, così come nessuno della sua famiglia doveva sapere del nostro amore. Riuscimmo a vivere la nostra storia d’amore, quelli furono i due anni più belli della mia vita… perdonami, ma neanche la tua nascita mi ha dato tale gioia. Ma la felicità è fragile…» si bloccò la madre per prendere fiato, parlava con estrema fatica «Il castello del mio amato fu attaccato da dei demoni nemici al mio clan, io corsi da lui e lo difesi, rischiando la mia vita. Seppi solo dopo che l’attacco fu sferrato per colpa mia. Perché intorno al castello vi era il mio odore sparso. E i nemici pensarono che il mio clan fosse nascosto in quel castello. Ma per colpa di questo attacco tutti vennero a sapere della nostra relazione, i demoni del mio clan mi guardavano quasi inorriditi. Mi diedero un ultimatum, non cacciandomi direttamente, come avrebbero voluto fare, perché ero la discendente pura della più forte delle famiglie di demoni cane esistenti, e questo significava cuccioli forti... Mi dissero chiaramente o nel clan o fuori da sola contro il mondo. Anche lui rischiava di perdere tutto. Perché anche per gli umani vederci insieme era una cosa riprovevole e contro natura. Sarebbe stato diseredato dalla sua famiglia. Lui mi chiese più volte di sposarlo e andar via, avrebbe rinunciato a tutte le sue ricchezze per me. Avrebbe accettato una vita di pregiudizi maldicenze e cattiverie per me. Ma io non ero disposta. Non ero disposta a lasciare il mio clan sicuro. Il mio mondo, per andare nell’ignoto. Mi convinsi che facevo la scelta migliore anche per lui. Per i suo bene. Scelsi la vita demoniaca...»
 
Sesshomaru era profondamente turbato, anche se non lo dava a vedere a sua madre. Era assurdo, lei che gli aveva insegnato ad odiare gli umani, a vederli come feccia… un uomo l'aveva amato.
 
La guardò con rancore e cattiveria, lei era la causa dei suoi tormenti, lei gli aveva insegnato i principi del razzismo e ora erano in contrasto con l’amore che provava per Rin. Non ci poteva credere, gli aveva mentito, si sentiva ingannato... provò un intensa rabbia.
 
«Feci la scelta vigliacca e comoda. Si l’avrei “protetto”, ma era la scelta più comoda. Da quel giorno non ci vedemmo più. O meglio lui non mi vide più. Dopo diversi anni si sposò con una donna del suo paese, dalla quale ebbe una figlia. Questa figlia gli diede dei nipoti. Invecchiò con questa donna godendosi gli attimi della vita che avevamo progettato di vivere insieme, tanto tempo prima. Lo spiavo, invidiosa e dolorante, incolpavo lui assurdamente, credevo che mi aveva dimenticata e non lo perdonavo.  Ma tutta la colpa era mia, io l’avevo rifiutato. Lui era un debole umano che avrebbe affrontato il mondo per me e io, potente demone cane, spaventata mi sono tirata indietro. Odiavo tutti in quegli anni. Odiavo la felicità perché io non l’avevo avuta. Per questo ti ho insegnato il dolore e l’odio… Sono stata una madre snaturata ed egoista. Ho versato su di te la mia frustrazione, facendo nascere in te sentimenti di odio verso gli umani, perché io il mio umano non l’avevo potuto avere...» fermò nuovamente il discorso per prendere fiato, la sua voce veniva sempre meno «Poi morì, circondato dalla sua famiglia. Lo vidi, nascosta dietro la finestra, mentre stringeva la mano a sua figlia per l’ultimo saluto, ma lei non si accorse che guardando verso la finestra lui mormorò il mio nome, con lo stesso sguardo innamorato di una volta» aggiunse la madre, versando una sola lacrima. Guardò il figlio con profondo rammarico «Io non sono stata una madre per te. E di conseguenza non merito la tua attenzione ne tanto meno affetto. Ma accetta un consiglio da una persona che ha fatto l’errore più grande della sua vita: non essere spettatore di una vita della quale puoi esserne il protagonista. Non rinunciare mai all’amore, neanche per quella tua umana, Rin. L’amore rende degna la vita di essere vissuta, da qualsiasi razza esso provenga.»
 
Sesshomau rimase allibito e senza parole. Tutte le sue convinzioni sulla supremazia demoniaca erano frutto di un amore fallito? Sua madre l’aveva trasformato in un cinico razzista solo per la rabbia provata nel non poter avere l’amore della sua vita? La guardò con occhi d’odio, sentendo il respiro di lei indebolirsi.
 
«Ti rivedrò finalmente, mio amato Sesshomaru» mormorò lei, guardando il cielo con un sorriso... esalando l’ultimo respiro.

Sesshomaru si voltò andando via con l’inferno nel cuore.
 
 
 

 
 
Inuyasha decise di aspettare Kagome in camera sua. Si sedette sul letto, gambe incrociate e braccia conserte. Era arrabbiato con lei, era cosciente che sua moglie non potesse dire la verità a Hojo, ma questo non lo tranquillizzava, la rabbia non andava via. Si augurò che la pancia di Kagome crescesse presto, così che fosse chiaro a tutti che lei aveva un uomo da cui aspettava un cucciolo. Aveva chiesto a Sota informazioni su come il matrimonio si svolgesse in quel mondo. Gli spiegò che di solito il matrimonio si organizzava in un anno, che alla cerimonia si invitavano tutti gli amici e parenti e si andava vestiti eleganti, la sposa indossava un abito bianco lungo e l’uomo solitamente un vestito elegante nero. Lo informò che durante la cerimonia ci si prometteva amore eterno e ci si scambiava gli anelli nuziali. Sota gli aveva anche detto che gli anelli nuziali costavano moltissimo, così come organizzare tutto il matrimonio, e di conseguenza avrebbe dovuto cercare un lavoro per far fronte alle spese.
Sbuffò, era stato molto più semplice nel suo mondo. Miroku in me che non si dica li aveva sposati, senza anelli ne fronzoli di abiti e ne attese lunghe.
Sentì aprire la porta, sua moglie era entrata in camera, in mano aveva una piccola bustina di cartone. Aveva un sorriso meraviglioso stampato in faccia… perché aveva visto Hojo? Ma che cosa andava a pensare!
 
 
 

 
 
 
Kagome chiuse la porta, aveva con se il costumino con la scritta “sono più bello/a di papà” non vedeva l’ora di mostralo a Inuyasha. Ma sentì uno sguardo fisso su di lei. Si voltò e video suo marito con un’espressione strana. Indecifrabile.

«Amore, sono stanchissima» disse lei avvicinandosi a lui baciandolo sulle labbra, ma lui non ricambiò. «Amore, è successo qualcosa? Ti ha fatto arrabbiare il nonno?» chiese Kagome non ricevendo risposta. Si guadarono con insistenza negli occhi e Kagome capì che non avrebbe spiaccicato una parola. «Vado a chiedere a Sota cosa è successo» disse Kagome allontanandosi da lui, ma lui le prese il polso.
«Lo chiediamo a Hojo?» disse lui con cattiveria. Sapeva che si stava comportando da stronzo, sua moglie non aveva fatto nulla per essere tratta così, ma lo stesso lui stava impazzendo per la gelosia.

Kagome spalancò gli occhi capendo.
«Tu ci hai visti? Mi spiavi?» chiese lei, Inuyasha percepì il nascere dell’ira di lei. E che cavolo lui doveva essere quello incavolato non lei!
«Ero in pensiero per te, io e Sota siamo venuti a cercarti. E ti ho vista al Bar con quello.» sputò lui, sentendosi però sempre più uno stupido. Lei non aveva colpa.
«Bene allora avrai visto che non hai motivo per trattarmi così. Che ho fatto?» chiese lei con voce roca, stava per piangere, dall’ira era passata alle lacrime, era così volubile. Lei era incinta e lui la trattava così? Inuyasha si sentì un verme.
«Tu… tu niente amore mio» disse subito lui non resistendo alle lacrime di lei. «Ma…quello stupido ti ha chiesto di uscire, e io stavo andando di matto, perché tu non gli hai sbattuto in faccia che hai un marito e un figlio in grembo!» disse lui con voce stizzita, voleva controllarsi.
«Ma io… non sapevo che dire, io e te non risultiamo sposati in questo mondo…avrei fatto nascere altre domande» Mormorò lei confermando le parole di Sota.
«Si lo so, me l ha spiegato Sota, per questo Hojo è ancora vivo.» disse lui in modo aggressivo. Guardò sua moglie che lo fissava preoccupata. Era uno stupido, non doveva darle preoccupazioni, non doveva farla star male, lei era innocente in tutta quella storia. «Perdonami, non volevo aggredirti, ma ti amo così tanto che mi sembra assurdo che in questo mondo nessuno sa che sei mia.» disse lui avvicinandosi al viso di sua moglie prendendole le mani «E per questo vi è solo una soluzione: sposami anche nel tuo mondo Kagome!» aggiunse lui deciso, guadandola intensamente.

A Kagome cadde di mano la bustina che conteneva il costumino e lo guardò sconvolta…
«Ma Inuyasha, sai quanto tempo ci vuole, fastidio vestiti...» disse lei preoccupata.
«Si mi ha detto Sota tutto. Ma voglio parlane con tua madre e vedere se si può fare in un mese almeno. Anche perché presto avrai il pancione…. E nessuno deve pensar male di te.» disse lui. 

Inuyasha sapeva che se una donna aveva un figlio al di fuori del matrimonio era vista come una donnaccia dai facili costumi. Non avrebbe mai permesso che la sua Kagome passasse per tale. Lei aveva un uomo che l’amava e che non l’avrebbe lasciata mai. E neanche nella sua epoca dovevano pensar male di lei.
«Oh Inuyasha… ormai è un po’ superato modo di pensare, ma sei terribilmente dolce amore» disse lei baciandolo, venendo ricambiata con passione.

Finirono per progettare il loro matrimonio, in quale punto del giardino farlo, se fare o meno un rinfresco, chi invitare.
«Peccato per i nostri amici che non ci vedranno» disse Inuyasha pensando a Sango, Miroku, Shippo, Koaku e Rin.
«Faremo tante foto, così ci vedranno» disse Kagome. 
Al loro ritorno avrebbero dovuto informare i loro amici già di due cose: del matrimonio e del bambino.  In quel momento le venne in mente il costumino acquistato. Prese da terra la bustina e lo estrasse mostrandolo a lui. A suo marito si illuminarono gli occhi e la strinse senza avere parole.

Non avrebbe permesso a nessuno di togliergli Kagome, si sarebbe ucciso piuttosto che vivere la vita senza di lei.
 
 
 
Passarono un’ora felice tra coccole e carezze sul letto di lei, ma il pensiero dei microchip tornò pressante nella mente di Inuyasha. Quel pomeriggio avrebbero cercato ovunque indizi su chi tentava di rovinare la sua bellissima vita, ci poteva giurare che l’avrebbe trovato e ucciso con le sue mani.




 
 
Dopo pranzo, Inuyasha e Kagome annunciarono il loro matrimonio. La signora Higurashi saltò quasi dalla sedia per la felicità.
«Oh mio Dio davvero vi sposerete?» chiese andando ad abbracciare un Inuyasha imbarazzato.
«Troppe belle notizie in questo periodo, avevo sempre desiderato vederti in abito bianco Kagome, e non ci speravo più visto che ti eri sposata nell’epoca Sengoku!» disse lei commossa.
Kagome capì, guardando l’eccitazione di sua madre, che l’aveva privata di un momento così bello, il matrimonio di una figlia, e si sentì in colpa…
«Naturalmente farò tutto io, bomboniere, cerimonia, fiori, vestiti e anelli non vi preoccupate!» disse sprizzando sempre più gioia da tutti i pori, sembrava una bambina a cui le era stato regalato il giocattolo più bello di sempre. Sota e il nonno se la ridevano osservandola.
«Ma mamma, non vogliamo nulla di grandioso e poi, non vogliamo approfittare, hai già comprato tanto per il bambino. Magari con qualche lavoretto Inuyasha può ripagarti almeno le fedi...» disse Kagome imbarazzata.
«Non se ne parla! Epoca mia regole mie! Non ho avuto la possibilità di vedere la prima cerimonia, ma adesso la organizzerò io. Sarà perfetta! La data?» disse velocemente, con fare pratico. «Tra un anno circa vero?» chiese lei guardando il calendario appeso al muro.
«Ehm… no… tra un mese» disse Inuyasha timido.
«TRA UN MESE? E me lo dite solo ora!!!» disse la madre sconvolta.
«Mamma vogliamo sposarci subito, non ha senso aspettare e poi non vogliamo un grande matrimonio, ma semplice con pochi invitati e un semplice rinfresco, stop» disse Kagome un po’ nevosa, non le piaceva rovinare i piani grandiosi di sua madre, ma a lei non piacevano le cose in grande. Sua madre corrugò la fronte un po’ delusa, ma si riprese subito andando velocemente a prendere qualcosa dal cestino del cucito, che si trovava vicino la tv.
«E va bene, allora vi prenderò le misure già oggi per i vestiti. Ma vi avviso, non saprete nulla. Non vedrete neanche i vestiti! Farò tutto io!» disse lei mostrando un metro da sarta in mano. Kagome e Inuyasha annuirono un po’ perplessi, ma contenti di essersi tolto quel pensiero. 
«Un ultima cosa, gli inviti devono partire subito, le tue amiche delle superiori del devo invitare?» chiese la madre, mentre prendeva le misure della spalla a Inuyasha.
«Si manda l’invito, ma non credo verranno, due sono all’estero per studiare e l’altra vive su una nave da crociera lavorando come hostess» disse Kagome un po’ rattristandosi.
«E Hojio?» aggiunse la signora Higurashi.
«Hojio deve essere il primo a esserne informato» rispose Sota ridendo in modo furbo, guardando suo cognato che ricambiò il sorriso furbo.
Così gli veniva sbattuto in faccia che Kagome non era disponibile!
 



 
Le ricerche del pomeriggio non portarono a nulla di buono. Inuyasha non sentiva alcun odore nei dintorni se non quello dei parenti di Kagome, decise allora di controllare sui tetti, al bordo delle finestre, i soliti luoghi in cui gli spioni si appostavano, ma nulla. Erano sempre più nervosi non capendo da dove venivano questi microchip e come facevano ad arrivare nell'epoca Sengoku.
Non poteva esistere un altro portale, nell'epoca Sengoku solo quello del pozzo esisteva e di conseguenza anche in quello di Kagome! quindi chiunque li stesse spiando con i microchip, doveva avvicinarsi al quel pozzo per forza, lasciando un qualsiasi odore!

Lui e Kagome si trovavano vicino al bordo del pozzo, quando Inuyasha notò una piccolissima macchiolina rossa su una tegola di legno del pozzo. La guardò attentamente, aveva una forma tonda. Come una goccia caduta perpendicolarmente. Percepì l'odore di quella macchia rossa.
Rimase sbalordito… era sangue! Il sangue di Kagome!
Sua moglie si avvicinò a lui notando pure lei in quel momento la macchiolina.
«Ma cosa sarà?» chiese lei.
«Sangue, il tuo sangue» rispose lui risoluto. Ma come era possibile? Quel sangue non sembrava molto vecchio dall’odore, doveva stare lì da una settimana… ma Kagome non andava nel suo mondo da più di un mese, e in questi due anni non era mai tornata ferita a casa. Quindi non si spiegava. Poi lui percepiva quando sua moglie aveva un qualsiasi taglio, anche il più piccolo, sentiva l’odore del sangue! E l’ultima volta che aveva sentito l’odore del suo sangue, risaliva a più di un mese fa, l’ultimo ciclo mestruale.
Kagome lo guardò spaventata.
«Perché c è il mio sangue qui!» chiese lei a suo marito, lui alzò le spalle.
«Non so, ma non è molto secco. Non è indurito come se fosse qui da chissà quanto. È di circa una settimana» rispose lui, analizzandolo con i suoi occhi demoniaci. Era certo di quello che diceva.
«Ma non è possibile, in questo periodo non sono mai venuta da mamma, sicuro che non è di Sota? di mamma o nonno? Magari uno di loro è venuto qui ad aspettarci ed era ferito… non so al dito?» ipotizzò lei, sapendo che la sua teoria faceva acqua da tutte le parti, suo marito riconosceva il suo sangue.
Lui fece segno di diniego con la testa.
«E’ il tuo, non ho dubbi» confermò lui.
«Ma come ci è finito qui? questa goccia del mio sangue potrebbe avere a che fare con la storia dei microchip?» domando ancora lei, agitandosi sempre di più. Era sempre più confusa.
Inuyasha annuì con preoccupazione. Non capiva come, ma percepiva un collegamento tra le due cose. Ma qualcosa gli sfuggiva.
«Chi e come ha preso il mio sangue? A cosa gli serve?» chiese terrorizzata Kagome. Non ricordava prelievi del sangue fatti in quegli ultimi anni, nessuno poteva avere il suo sangue, neanche l'ospedale. Inuyasha la strinse a se.

«Non lo so, ma stai tranquilla che nessuno oserà toccarti…lo farò fuori quel bastardo, chiunque sia!» disse lui con rabbia, baciandole la fronte e cullandola per calmarla.

Nessuno poteva toccare la sua Kagome già normalmente, figuriamoci se qualcuno poteva sfiorarla ora che era incinta.
 
 
 
 
Ciao!!! spero vi sia piaciuto questo capitolo, qui inizia la trasformazione del nostro Sesshomau! Cosa succederà? Come il sangue è legato ai microchip? E chi sta dietro a tutto questo?
 
Vi ringrazio pe aver letto anche questo capitolo e se vi va lasciate un commento. Vorrei tanto sapere cosa ne pensate! Un bacio!
Lunemy

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Capitolo 8
*** Verità dolorose ***


Capitolo 8

Verità dolorose


 
 
Jaken dopo diversi giorni giunse al villaggio di Rin. Il suo signor Sesshomaru non l’aveva cercato. Se avesse avuto bisogno di lui in poco tempo l’avrebbe trovato, con il fiuto che aveva, ma così non era. Il piccolo demone era ormai abituato ai suoi maltrattamenti, ma vedersi difendere contro quel demone aquila l’aveva riempito di gioia. Alla fine a lui ci teneva almeno un po’!
 
Iniziò a vedere le prime case del villaggio, e si avvicinò ancor di più. Il suo obbiettivo era di trovare un nascondiglio, per poter controllare Rin, a sua stessa insaputa. Non voleva farsi vedere o dare adito a maldicenze, come se lui non servisse al signor Sesshomaru!
«Ecco casa di Rin» disse tra se e se. Vicino all’abitazione di lei vi era un grande albero, si sarebbe nascosto tra quei rami e magari sarebbe riuscito anche a farsi un pisolino.
 
 
 

 
 
 
Rin era uscita molto presto quella mattina, in assenza di Kagome, che si trovava nel mondo moderno. Doveva fare tutto sola e quindi richiedeva tutto più tempo, la raccolta delle erbe medicinali, la loro preparazione, per non pensare che nel pomeriggio avrebbe dovuto insegnare a leggere ai bambini del villaggio.  Fare tutto questo lavoro da sola era tremendamente faticoso!
 
Si inoltrò nel bosco con in mano un cestino per mettere all’interno le erbe, quando sentì dei passi che la seguivano. Si voltò a guardare.
«Kohaku!» esclamò lei spaventata «Mi hai spaventata, non arrivare così di soppiatto!» esclamò lei.
«Ti chiedo scusa Rin… ti ho vista inoltrarti nel bosco da sola… e ti ho seguita, lo sai che non dovresti, è pericoloso già normalmente… ora ancor di più con la storia dei demoni scimmia e dei microchip» si scusò Kohaku, guardandola con attenzione.
«Si lo so, ma abbiamo bisogno delle erbe medicinali, lo sai» rispose lei chinandosi a prendere le prime piante da una siepe. Sapeva dei rischi…ma non poteva fare altrimenti.
Doveva ammettere che con Kohaku accanto, si sentiva molto più sicura. Ma non poteva pretendere la scorta per qualsiasi suo movimento.
«Non posso chiedere sempre che qualcuno mi protegga, sono tutti impegnati con i loro compiti, e tu hai da difendere il perimetro! A proposito perché non stai lì?» chiese lei girandosi a guardarlo. Kohaku si era seduto per terra a gambe incrociate e la fissava.
«Ho finito il mio turno, un altro sterminatore ha preso il mio posto» disse lui grattandosi la testa.
«Ma Kohaku… tu devi andare a riposare, sarai stanchissimo dopo la notte passata a combattere!» esclamò Rin preoccupata. I demoni scimmia aumentavano sempre di più e i combattenti non avevano tregua sul perimetro. Lui le sorrise sereno stendendosi sul prato.
«Mi riposo qui. Non riuscirei lo stesso a riposarmi a casa, sapendo che ti trovi qui da sola nel bosco.» disse lui guardandola con occhi pieni di affetto. Rin arrossì di colpo prestando maggior attenzione alle piante. Sentì Koaku avvicinarsi a lei e iniziare a strappare le sue stesse piante medicinali. La voleva aiutare.
«Oh Kohaku non c è bisogno che mi aiuti… davvero, riposati» disse lei timida stringendosi le spalle. Lui le sorrise e non rispose continuando a raccogliere le piante. Nonostante gli si leggesse in faccia tutta la stanchezza lui l’aiutava. Calò un silenzio pieno di elettricità, le loro mani si sfioravano e Rin sentì dentro di se un groviglio di emozioni. Kohaku non gli era indifferente, ormai doveva ammetterlo con se stessa. I suoi sorrisi la facevano arrossire, le sue parole gentili le facevano sempre così piacere! Lei in questi ultimi anni si era sentita sempre più abbandonata da Sesshomaru, e Kohaku era sempre stato lì al suo fianco, a confortarla e a regalarle un sorriso sincero, nonostante lei avesse fatto di tutto per fargli capire che non poteva ricambiarlo…
«RIN ATTENTA!!!» gridò lui vedendo la mano di lei avvicinarsi a una pianta, in cui si nascondeva un serpente. Era un serpente giallo, il più velenoso e non esisteva antidoto.
Si buttò su di lei facendole da scudo con il proprio corpo mentre il serpente affondava i denti velenosi nella carne di Kohaku.
Il serpente scappò, e Rin guardò Kohaku terrorizzata. Era rimasta scioccata. Ma vedendo Koaku che si teneva il braccio dolorante si riprese. Doveva aiutarlo! cosa avrebbe fatto? Non esisteva antidoto... il veleno non doveva entrare in circolo… e solo una cosa poteva salvarlo.
Rin strappò un lungo pezzo di stoffa dal suo abito e lo legò stretto sul braccio di Kohaku. Doveva impedire al veleno di espandersi. Strappò la manica di Kohaku e vide il punto in cui i denti del serpente avevano affondato la carne, quel punto stava diventando nero. Si stava già atrofizzando, non aveva tempo!
 
Kohaku la guardo soffrendo in silenzio, non voleva spaventare Rin – che tremava come una foglia- ma faceva così male, a stento si tratteneva dal gridare, bruciava in modo assurdo e iniziava a non sentire più in suo braccio. Doveva andare da Kaede subito, anche se sapeva che antidoti non esistevano…sarebbe morto?  Improvvisamente vide Rin prendere il suo braccio e posare le sue labbra sulla ferita, e iniziò a succhiare. Voleva togliere il veleno.
Rin succhiava il veleno mischiato al sangue di lui e lo sputava velocemente, doveva stare attenta a non inghiottirlo. Aveva un sapore rivoltante, ma avrebbe fatto questo e altro per Kohaku, lui l’aveva salvata da quel serpente... e quante altre volte l’aveva salvata in passato…
Dopo molti minuti Kohaku iniziò a sentire meno bruciore e a essere nuovamente padrone del braccio. Iniziò a non sentire più alcun dolore in corrispondenza dei buchi fatti dal serpente, non vi era nemmeno più l’alone nero. Rin l’aveva salvato.
«Rin non sento più dolore, sei riuscita a eliminare tutto il veleno!» disse lui guardandola con riverenza.
Notò solo in quel momento, quando lei alzò la testa fermandosi, le lacrime rigarle il viso.
«Oh Rin non piangere!» esclamò lui sentendo una stretta al cuore. La sua dolce Rin piangeva per lui?
«Ho avuto… cos.. così paura! Che tu.. che tu…» balbettò lei asciugando le lacrime con il dorso della mano.
Kohaku non riuscì a resistere e l’abbraccio dolcemente.
«Ti devo un vestito. L’hai rovinato per me» sussurrò lui, stringendola ancor di più. Rin accennò a un sorriso e Kohaku sentì un forte odore di sangue sulle labbra di Rin.
«Aspetta qui.» le disse lui alzandosi velocemente e correndo. Neanche in due minuti era già da lei con in mano una grande foglia che conteneva acqua.
«Sono andato a prenderti dell’acqua, non è piacevole il sapore del sangue in bocca.» le disse, dandole la foglia. Rin gli sorrise e si sciacquò. Tolto il sapore del sangue, lo guardò.
«Stai bene? Perdonami, ero sovrappensiero prima… non ho visto il serpente» disse lei colpevole, avrebbe dovuto stare più attenta, lei e i suoi pensieri su Sesshomau che la portavano a distrarsi! Kohaku ci stava rimettendo la vita… quasi! Sarebbe bastato agire qualche dopo e Kohaku ora non sarebbe lì con lei.
Rin si alzò di colpo avvicinandosi a lui. Non l’aveva mai fatto per non dargli false speranze, ma quello era un abbraccio amichevole per il pericolo appena scampato, aveva bisogno di conforto.
Kohaku sentendo le braccia di Rin cingergli il collo rimase sbalordito, mai Rin si e esposta così con lui… che magari finalmente provasse qualcosa per lui? o erano emozioni dovute alla paura appena scampata?
Lui ricambiò l’abbraccio stringendole forte la vita e sollevandola, lei aveva il viso nascosto nel suo collo e lui poté percepire il profumo dei suoi capelli. Decise di fare un pazzia. Voleva capire cosa provava per lui. La posò a terra senza slacciarsi da lei e aspettò che lo guardasse in faccia. Si avvicinò lentamente al viso di lei…  da quanto immaginava quel momento. Rin non dava alcun segno, ne positivo avvicinandosi, ne negativo allontanandosi.
Kohaku sapeva bene che quello sarebbe stato il primo bacio per lei, in passato aveva fatto di tutto per non permettere agli altri di avvicinarsi alla ragazza che adorava e in quella missione aveva avuto successo. Voleva che il primo bacio di Rin fosse suo. E sperava anche gli altri futuri.
Rin capì cosa voleva fare Kohaku, ma non capiva perché una parte di lei lo bramava. No! Lei amava Sesshomaru, con tutta se stessa… ma allora perché… perché desiderava lasciarsi andare con Kohaku? Forse la sofferenza nel sentirsi rifiutata da Sesshomaru l’aveva fatta rassegnare? Lei voleva bene a Kohaku, non meritava di essere illuso… ma in realtà non lo stava illudendo, si rese conto… perché un piccolo sentimento verso di lui era nato da tempo, anche se non era paragonabile a quello di Sesshomaru… e lei l’aveva sempre negato, cocciuta come era.
Kohaku si avvicinò ancor di più e le sfiorò le labbra. Rin non si era spostata... quindi un si! Felice la baciò, lentamente prima, poi sempre con più passione prendendole il viso per non permetterle di staccarlo da lui, da quanto sognava quel momento! Mille emozioni si scatenarono in Kohaku, felicità, gioia pura, eccitazione e desiderio, più la baciava più la voleva.
Rin non riusciva a crederci, stava dando il suo primo bacio, non a Sesshomau come aveva sempre sognato, ma a Kohaku! Si lasciò trasportare dai baci di lui accogliendo il suo sapore nella sua bocca. Non era possibile… era al tempo stesso intimidita, ma “vogliosa” di altri baci!
 
Quando le loro labbra si allontanarono, Rin sentì in lei un profondo imbarazzo. Sentì il suo viso in fiamme e abbassò lo sguardo... ora Kohaku… che avrebbe fatto? Cosa avrebbe pensato…? Che lo ricambiava? lei era così confusa… provava qualcosa per lui, ma nettamente inferiore a ciò che provava per Sesshomaru e lui aveva il diritto di saperlo, non doveva mancagli di rispetto così.
«Kohaku io, io devo essere sincera con te.» disse lei cercando di allontanarsi dall’abbraccio di lui senza riuscirci. Che sofferenza dirgli la verità! «Io non posso negare più a me stessa cosa provo per te… ma il problema è che io… io provo dei sentimenti molto più forti per un'altra persona… ma sarà un rapporto impossibile con questa pesona» mormorò lei. Vide gli occhi di lui allargarsi sconvolti.
«Rin, di chi sei innamorata?» le chiese lui a bruciapelo. Chi era che rischiava di potarle via il suo amore? Sentì in lui una rabbia crescere, maledizione! Ecco perché in per questi due anni aveva evitato di dargli speranze… a lei non le serviva tempo…semplicemente non era lui che amava, o meglio, amava di più. Sango aveva ragione, Rin pensava a un altro… ma lui non si sarebbe arreso così!
Rin fece segno di diniego. Non voleva diglielo.
«Hai detto che sarà un rapporto impossibile. Beh io sono il rapporto possibile, io sarò la seconda scelta… e le seconde scelte entrano in campo quando le prime falliscono» disse Kohaku tremando per il nevoso. Accettava di essere la seconda scelta per lei. Rin gli aveva detto come stavano le cose, e lui apprezzava la sua sincerità. E lui avrebbe accettato di essere anche la decima scelta se significava poter avere anche solo una sola possibilità. Gli sarebbe bastato del tempo, l’avrebbe fatta innamorare piano piano di lui e nessuno poi gliela avrebbe portata via più. Neanche la prima scelta.
Rin lo guardò corrugando la fronte.
«Rin, la tua sincerità è disarmante, ma… a me non importa quanto mi ami, mi basta solo un po’ del tuo amore per essere felice. Hai detto che quella relazione sarà un rapporto impossibile... Beh con me no… Io… Io ti amo Rin! Ti prego, diventa la mia donna! Sposami!» le disse con occhi pieni d’amore. Forse era affrettato, ma lui quanto la voleva! La corteggiava da anni ormai in ogni modo e l’immagine di Rin lo ossessionava anche nei sogni ormai, soprattutto da quando l’aveva vista nuda… era meglio non pensarci…
 
Rin rimase sbigottita. Gli diceva che era la seconda scelta… e lui... lui le chiedeva di sposarla? Indietreggiò sciogliendo l’abbraccio di Kohaku, guardandolo negli occhi. Si leggeva negli occhi quanto l’amasse… le aveva dimostrato sempre in ogni modo con la sua continua presenza e aiuto dalle cose più futili alle più importanti, i suoi sentimenti. Non si era mai tirato indietro per lei. Sarebbe stato un marito ideale… si… Perché quindi avrebbe dovuto rispondergli di no? L’aveva ammesso lei stessa che l’amava...almeno un po’. Era assurdo pensare che Sesshomaru un giorno l’avrebbe voluta come sua sposa. Non avrebbe mai voluto un umana. Lui voleva una potente compagna demone cane, per avere una prole pura e potente...
 
Mossa anche dalla rabbia e dalla gelosia, immaginando Sesshomaru insieme a una demone cane, Rin annuì.
 
Perché se lui la dimenticava, sparendo per mesi ignorandola e cercandosi un'altra compagna, non poteva farlo pure lei? Non l’avrebbe atteso più sperando in un suo cambiamento. Perché quel cambiamento non ci sarebbe mai stato.
 
 
 

 
 
 
Inuyasha e Kagome tornarono nell’epoca Sengoku. Avevano salutato i parenti di lei, emozionati al sol pensiero che la prossima volta che si sarebbero visti, avrebbero celebrato il loro matrimonio.
Il matrimonio si sarebbe celebrato, a un mese esatto, ossia il cinque maggio. Usciti dal pozzo, Inuyasha prese in spalla i quattro borsoni di sua moglie, contenevano gli acquisti fatti per il cucciolo. Era davvero tanta roba!
Da quando avevano scoperto la macchia di sangue sul bordo del pozzo mangia ossa, nell’epoca moderna, Kagome era diventata molto silenziosa e questo significava che era molto preoccupata.
 Inuyasha lo sapeva bene. Arrivati a casa sistemarono insieme tutti quei prodotti nei mobili.
 Inuyasha era in cucina e Kagome in camera da letto a sistemare le coperte del piccolo. Lui guardava preoccupato sua moglie dalla pota aperta, le sembrava stranamente pallida… improvvisamente la vide accasciarsi sul letto.
«Kagome!» disse subito fiondandosi su di lei.
Lei aprì gli occhi confusa e debole.
«Inuyasha, ho auto un fortissimo capogiro… meno male che ero vicino al letto... può succedere in gravidanza» disse lei accennando un sorriso tentando di rialzarsi dal letto, ma la forza di suo marito glielo impedì.
«No Kagome ora tu rimani a letto. Vado a chiamare Kaede, così ti fa una tisana rilassante» disse lui amorevolmente. Lei annuì.
«Inuyasha, chiama tutti così gli diamo la bella notizia... e la brutta» disse lei guardandolo con occhi tristi, possibile che qualcuno potesse rovinare i momenti più belli della loro vita? Lei non l’avrebbe permesso. Si sarebbe goduta la gravidanza, affrontando i problemi, ma non facendosi abbattere. Alzò la testa chinandola poi verso suo marito cercando un suo abbraccio.
«Ti amo, nulla potrà contro noi… tre» mormorò lei fiduciosa, toccandosi la pancia. Lui la baciò dolcemente e le posò la testa sul cuscino, accarezzandole il ventre… si allontanò a malincuore.
 
Doveva fare diversi giri per chiamare tutti i suoi amici e dovevano capire al più presto cosa li minacciava ed eliminare il nemico, non gli avrebbe più permesso di rovinare altre giornate alla sua Kagome, di rovinare altri giorni alla sua splendida e futura famiglia.
 
 
 
 
 
Shippo Sango Mioku Kaede Rin Koaku si ritrovarono tutti a casa di Kagome, quella stessa giornata, ma a tarda sera. Inuyasha aveva chiesto a tutti loro di incontrarsi da lui. Kaede, su richiesta del mezzo demone, aveva preparato un infuso calmante per darlo a Kagome, lui aveva giustificato la richiesta dicendogli che sua moglie aveva un malessere generale e per questo stava a letto.
«Glielo porto io» disse Sango a Kaede alzandosi dalla sedia, tutti attendevano che Kagome si alzasse dal letto per conoscere le novità.
Sango entrò in camera da letto dell’amica e vide Kagome con un sorriso.
«Ah Kagome quindi non stai così male!» disse Sango felice per l’amica, posando sul comodino l’infuso.
«Non male in quel senso…» rispose Kagome che non riusciva più a trattenere la notizia. «Sango, aspettiamo un bambino anche noi!» esclamò Kagome, con occhi di gioia pura.
Sagno rimane sbalordita
«Oddio davvero!?! Sono così felice!» esclamò lei abbracciando l’amica. «Congratulazioni!!!» le disse lei emozionata.
«Purtroppo non ci sono solo belle notizie… sono tutti in casa?» chiese Kagome tornando seria, Sango annuì preoccupata dal cambio di tono di voce dell’amica. Kagome bevve velocemente la tisana e si alzò.
Con passò deciso raggiunse nella sua cucina i suoi amici, Sango la seguì a ruota.
Entrambe arrivate si accomodarono. Kagome accennò un sorriso a tutti.
«Scusate la mia attesa, ma ho aspettato che mi passassero i capogiri prima di alzarmi…Inuyasha vi ha detto nulla?» chiese poi lei.
«No tesoro, volevo aspettare te, sia per la notizia bella che per quella brutta.» rispose la voce di suo marito seduto al suo lato opposto. Lei annuì.
«Notizie brutte? Non dirmi che le notizie brutte sono riferite ai microchip… cosa avete scoperto?» chiese Miroku preoccupato.
«Aspetta Miroku, prima la bella notizia!» esclamò Sango, voleva che tutti sapessero e gioissero come lei.
Inuyasha sorrise con dolcezza alla moglie.
«Siamo in dolce attesa… Kagome è incinta» dise lui con uno sguado languido e sognatore. Tutti sgranarono gli occhi e guardarono Kagome, che sorrise.
«Congratulazioni!!!»esclamò Shippo dando una pacca al mezzodemone.
«Che bella notizia! Un pargolo!» sorrise Kaede gentile a Kagome.
«Eh Bravo Inuyaha sei andato a segno eh!?» disse Miroku con fare malizioso, ricevendo un occhiataccia da Inuyasha.
«Kagome sono così felice per te!» esclmò Rn alzandosi e abbracciandola.
«Si… congratulazioni!!! E giacché ci siamo… visto che stiamo dando le belle notizie, ne abbiamo una io e Rin» disse Kohaku emozionato più per la sua notizia che di quella di Inuyasha. Tutti lo guardarono incuriositi.
«Io e Rin ci siamo fidanzati! Preso ci sposeremo!» esclamò orgoglioso e felice lui, mentre Rin sorrideva impacciata, facendosi piccola piccola.
Tutti rimasero in silenzio prima di congratularsi anche con loro. Kagome spiegò che anche lei e Inuyasha si sarebbero sposati nella sua epoca, tra un mese, per risultare sposata anche li.
«Ora sono rimaste solo le brutte notizie…» disse Shippo facendo salire istantaneamente la tensione in casa.
«Nel mondo di Kagome non ho sentito nessun odore che non ci doveva essere. Nulla che mi portasse a sospettare di qualcuno. Niente di niente. Ho guadato e odorato ovunque. Abbiamo trovato solo una cosa che non doveva esserci… il sangue di Kagome sul bordo del pozzo. Sangue risalente a una settimana fa!» raccontò Inuyasha
Tutti guardarono Kagome non afferrando bene il punto.
«Sei andata a casa tua ultimamente e ti sei fatta male Kagome?» chiese Kaede confusa.
«No. Quello è il punto. Io non vado a casa da più di un mese e mezzo. E Inuyasha afferma che quel sangue sta lì da una settimana massimo, non di più. Io non ho varcato il ponte temporale in questo periodo. Senza contare che non ho ne tagli o ferite recenti.» disse lei decisa.
Tutti si guadarono confusi.
«Aspetta, ma come può esserci del tuo sangue allora?» chiese Shippo titubante.
«E come può essere collegato il sangue di Kagome ai microchip e demoni scimmia?» domando Kohaku corrugando la fronte.
«Non lo sappiamo. Ci penso e ripenso ma non capisco, mi sfugge qualcosa…» rispose Inuyasha nervoso. Odiava non avere il controlo della situazione.
«Kagome, tu hai mai dato il tuo sangue…a qualcuno, magari tempo fa?» Chiese timida Rin. Tutti la guardarono alzando gli occhi al cielo.
«Rin perché avrebbe dovuto dare il sangue a qualcuno? Che ne avrebbe fatto? E poi in caso se ne ricorderebbe no? Ti ricordo che risale a una settimana fa la goccia, e lei non ci è stata nel suo mondo ultimamente.» rispose secca Sango, non le piaceva chi non capiva subito i fatti «Neanche a congelarlo!» aggiunse ridendo la sterminatrice.
Rin si sentì il fuoco in fiamme sentendosi umiliata, pensando di aver detto una gran stupidata. Non avrebbe più aperto bocca.
Kagome spalancò gli occhi. Ricordando solo in quel momento un evento del suo lontano passato… oddio  quella era l’unica spiegazione possibile.
«L’esperimento…l’esperimento… a biologia, alle medie!» fafugliò lei guardando Inuyasha che la fissava sbigottito non capendo. Sentì gli occhi di tutti addosso. «Rin, hai ragione, ho dato il mio sangue a qualcuno… sei anni fa circa, alla… alla scuola!» disse lei cercando di fare mente locale di un ricordo ormai sbiadito. «Era un esperimento, sulla conservazione del sangue, e ogni studente usò il proprio sangue! Sei anni fa congelai una boccetta del mio sangue nel laboratorio di scienze. Successivamente non ne seppi più nulla, dando per scontato che il professore avesse buttato il mio sangue insieme a quello di tutti gli altri studenti, una volta terminato il compito» aggiunse lei sentendo il suo cuore a mille. Come era possibile? Quella goccia di sangue era del suo sangue congelato sei anni fa?
«Mi vorresti dire che la gocciolina di sangue risalente a una settimana fa, altro non è il tuo sangue congelato per sei anni?» chiese Miroku sbalordito. «Certo che ne fate miracoli con la vostra magia fatta di metallo» aggiunse lui riferendosi alla tecnologia.
«Quindi il nostro nemico ha avuto accesso alla tua scuola, ha rubato il tuo sangue… e poi come avrebbe fatto a far arrivare qui i microchip?» chiese Kohaku confuso cercando di ricostruire i fatti.
«Immergendoli nel sangue di Kagome!» esclamò  Inuyasha. «Saranno arrivati qui, magari… no sicuramente insieme a qualche drone, come ci aveva spiegato Kagome, che utilizza per inserire nei demoni scimmia i microchip, anche se non capisco perché usa i demoni se ha i droni qui! .....e…. sono sicuro che usa un drone per fare le sue azioni a distanza anche dal mondo di Kagome! ecco perché non ho sentito nessun odore strano nell’epoca moderna!» esclamò furioso il mezzo demone, capendo solo il quel momento tutto.
 
 
Ma la rivelazione fu interrotta improvvisamente, dall’esterno arrivarono urla e grida disperate. Tutti si alzarono in fretta e uscirono fuori casa per vedere cosa stesse succedendo.
Quello che videro fu uno spettacolo spaventoso, un esercito - che sembrava non avesse fine- di demoni scimmia marciare, disintegrando tutto quello che gli si parava dinanzi. Erano demoni scimmia diversi da quelli che avevano incontrato fino a quel momento, erano molto più grossi e violenti. Non erano solo più veloci adesso.
«Abbiamo capitò a cosa gli servono i demoni scimmia ora.» disse Shippo, scambiandosi uno sguardo disperato con gli altri, vedendo il villaggio in fiamme.
«A distruggerci» mormorò Kagome disperata sentendo le urla delle persone ferirle il cuore.
 
 
 
 
Jaken si svegliò infastidito dai continui strilli. Possibile che non potesse farsi una lunga dormita in santa pace? Aprì gli occhi e rimase sconvolto da quello che stava accadendo intorno a lui. Fuoco e fiamme bruciavano e devastavano il villaggio. Scese dall’albero spaventato, cercando in casa Rin che non c’era.
Si trovava in un grosso guaio.
 
 
 
Grazie mille per aver letto il mio nuovo capitolo. Spero che la storia vi piaccia! Ditemi cosa ne pensate, mi fa davvero piacere, non abbiate timore di consigliarmi e criticarmi. Un bacio.

Lunemy

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Capitolo 9
*** Uragano ***


Capitolo 9

Uragano


 
 
 
«Kagome, Sango, Rin e Kaede rimanete in casa!» esclamò Inuyasha spingendo sua moglie dentro la loro abitazione. «Kohaku, Miroku e Shippo andiamo a sistemare quei mostri!» aggiunse ancora agitato, mentre i ragazzi annuivano decisi, prendendo le loro armi lasciate in casa.
 
«Inuyasha!» esclamò con forza Kagome «Io non ho intenzione di rimanere qui! sono una sacerdotessa e ho il compito di purificare quei mostri!» disse decisa inforcando in spalla l’arco.
 
«No! Tu sei mia moglie, e sei incinta! E non andrai in mezzo a quel delirio!» disse lui in modo aggressivo.
Kagome lo guardò torva pronta ribattere.
 
«Kagome, se andrai pure tu costringerai Inuyasha a farti da guardia del corpo e lo distrarrai con la tua presenza… potrebbe farsi male per proteggere te. Rimani qui. Saperti al sicuro non lo distrarrà.» disse saggiamente Kaede prendendo per una spalla Kagome che guardò in cerca d’aiuto Sango, ma che invece annuì alle parole della sacerdotessa anziana.
 
«E va bene. Rimarrò qui!» borbottò sconfitta lei. Sedendosi a braccia conserte, ma non togliendosi di spalla arco e frecce. Inuyasha la guardò duramente, per poi aprirsi in un dolce sorriso.
 
«Torno subito amore mio, anzi… amori miei» le disse dolcemente, facendole una carezza, ma lei si volto per non guadalo a mo’ di offesa… poteva sembrare infantile, ma al suo ritorno avrebbero discusso, lui non poteva trattarla come un invalida!
Miroku diede un rapido bacio a sua moglie e i ragazzi uscirono pronti a lottare contro i mostri.
 
Passò più di un’ora e le grida umane era ormai cessate, erano rimasti solo il versi dei mostri a dominare il villaggio. Sicuramente Inuyasha e gli altri avevano messo in salvo tutte le persone del villaggio, prima di iniziare a dar battaglia.
 
Ma improvvisamente Sango iniziò a respirare in modo sempre più rumoroso, tentando di trattenere delle smorfie di dolore. La sterminatrice sentì scendere tra le sue gambe un qualcosa di liquido… anche se terorizzata non disse nulla, non poteva accadere ora!
Ma sempre con più fatica tratteneva il dolore che la devastava.
 
«Sango cos’hai?» chiese Rin preoccupata, notando la sofferenza sul viso di le. Sango la guardò, non poteva negare, il bambino sarebbe nato anche se avesse mentito.
 
«Il bambino… fitte, sempre più forti!!» disse lei trattenendo un grido «Non ora non ora!! Ah… ahi che dolore!» aggiunse sudando sempre più tenendo una mano sulla pancia.
 
Velocemente Kaede si avvicinò alla sterminatrice con modo esperto, facendola stendere per terra prendendo dei cuscini posandoli a livella della nuca di lei.
 
«Rin c’è un vaso pieno d’acqua appena esci da casa sulla destra portamelo, Kagome portami dei panni puliti e un coltello!» ordinò Kaede tranquillamente. Sango sempre più presa dal terrore iniziò a gridare sempre più, non resisteva… il dolore era devastante, come potevano le donne sopravvivere a quella sofferenza?
Era tutta colpa di Miroku! Lui l’aveva messa incinta, pare che dovesse partoire lui…”lo odio!” pensò furiosa per via dell’agonia.
 
 «Non devi aver paura, andrà tutto bene Sango, ci siamo qui noi, non sei sola. Ora partorirai, e avrai un pargolo tra le tue braccia a breve… e quando Miroku tornerà dalla battaglia avrà una bella sorpresa!» le disse con un sorriso rassicurante la vecchia sacerdotessa.
Sango annuì. Tornate Rin e Kagome con acqua e panni le presero entrambe le mani stringendogliele per darle coraggio. Rin si posizionò con le gambe sotto la testa di Sango per farla stare ancora più comoda.
 
«Il bambino è in posizione, e sei dilatata» disse Kaede tastando la pancia «Al mio tre spingi con tutta la forza che hai!» Sango annuì mordendosi le labbra, per non urlare, facendole sanguinare… sperava che tutto quel dolore atroce finisse presto.
«Uno, due...tre! spingi Sango!» le disse convinta preparando il panno pulito per accogliere il bambino.
«Forza!!» la incitarono Rin e Kagome, che nonostante fossero spaventante e provate da tutti gli eventi si dedicavano solo alla loro amica. Dopo diverse spinte e urla atroci, un pianto irruppe in casa.
 
«E’ una bambina!» disse Kaede tagliando velocemente il cordone con il coltello e avvolgendo la bambina nel panno. Si avvicino a Sango che la prese tremante nelle sue braccia.
 
«La mia…bambina, bellissima sei!» disse piangendo per la felicità, la guardava estasiata. Era valsa la pena soffrire. Aveva un piccolo angelo tra le braccia ora. «La mia Minako!» esclamò dando il nome alla piccola. Dopo diversi minuti consegnò la bambina a Kaede addormentandosi sulle gambe di Rin, che nonostante si trovasse in una posizione scomoda non ebbe cuore di svegliarla. Kaede aiutata da Kagome iniziò a lavare la bambina. Aveva tantissimi capelli neri e guance piene e occhi castano scuro. Fissava Kagome con occhi rapiti.
«Fortunatamente sei bella come la mamma piccolina! Sarai una super sorpresa per il tuo papà! Chissà che faccia farà. Ci ha lasciate in quattro e ci ritrova in cinque!» Disse Kagome ridacchiando.
Sango era riuscita a partorire velocemente, si augurò che per lei fosse altrettanto veloce, magari solo meno doloroso, cosa che era impossibile, lo sapeva bene.
 
 
 

 
«Rin!!!» urlò nuovamente Jaken, dove cavolo era finita quella ragazzina? Doveva trovarla subito, se il padron Sesshomaru avesse saputo che durante un attacco devastante al villaggio lui non era stato vicino alla sua Rin, l’avrebbe ucciso!!! «Rin!!» ancora nessuna risposta. Lui non aveva un gran fiuto e di conseguenza vagava senza meta, o meglio evitando il luogo in cui infervorava una battaglia. Si trovò in un grande prato e al centro un pozzo, si avvicinò a questo. Sentì uno strano ronzio e incuriosito guardò dentro. Rimase sbalordito… un vortice da dentro il pozzo cresceva sempre più tendendo verso l’esterno, salendo verso di lui! si spostò appena in tempo, il vortice d’acqua e vento si innalzò in verticale.
Doveva scappare, aveva sempre fiuto per ciò che non poteva affrontare. Velocemente iniziò a correre vedendo con la coda dell’occhio che il vortice si ingrossava sempre di più.
 
«Rin dove sei!!!» rantolò a fatica correndo come un forsennato da diversi minuti oramai, spaventato ancora anche se si era allontanato dal pericolo. Vide in lontananza una casa isolata, si sarebbe rintanato li, volenti o nolenti i proprietari. Si buttò alla porta e entrando la chiuse sbattendo. Si guardò di fronte vedendo una scena al quanto strana, due donne tenevano in mano un bambino, un'altra era stesa e dormiva per terra tutta sudata e un'altra le faceva da cuscino con le gambe… ma era…
 
«Rin!» esclamò Jaken esausto e felice «Ti ho trovata finalmente!»
 
«Jaken... che ci fai qui? c’è anche Sesshomaru?» chiese lei immediatamente, alzando gli occhi da Sango.
Mai che nessuno si interessasse a lui realmente.
 
«Il signor Sesshomaru non c’è. Mi ha mandato a controllarti. Meno male che stai bene. Ero così preoccupato. Ho visto il fuoco nel villaggio, ti ho cercata… ma poi vagando sono finito vicino a un pozzo da cui un vortice tremendo si è innalzato crescendo sempre più!» disse lui confuso, tremante tutto d’un fiato.
 
«Cosa è successo al pozzo?» chiese spaventata Kagome, alzando gli occhi dalla bambina consegnandola a Kaede. «Spiegami Jaken!» ordinò in modo perentorio.
 
 «Ma come osi tu rivolgerti a me così, sai chi sono…» iniziò a blaterale il demone.
 
«Jaken sta zitto e rispondile! Cosa è successo!?» lo interruppe scorbutica Rin. Lui la guardò stupito.
Mai lei si era posta in quel modo brusco con lui, anzi con nessuno… era sempre stata la dolce Rin.
 
Controvoglia raccontò cosa aveva visto. Finito il racconto Kagome si alzò con in spalla ancora arco e frecce, che non aveva lasciato… fece per uscire da casa...
 
 «Kagome, Inuyasha ha detto di non uscire» disse Rin spaventata, bloccandola tenendole il polso «ancora ci sono i versi di quei mostri, non li hanno uccisi tutti!!»
 
«Devo assolutamente vedere cosa sta succedendo al pozzo! La mia famiglia del mio mondo potrebbe essere in pericolo!» esclamò in preda al panico Kagome, divincolandosi dalla presa e scappando come un fulmine fuori casa.
 
«Kagome!» la richiamò anche Kaede, ma lei non si fermò.
 
Con il terrore nel cuore e le lacrime agli occhi Kagome iniziò a correre disperata verso il pozzo. Cosa stava succedendo? I microchip, i demoni scimmia, il suo sangue e ora anche il pozzo! Il vortice era presente anche nel suo mondo? I suoi familiari stavano bene?
 
«La seguo!» esclamò Rin alzandosi lentamente per non svegliare Sango.
 
«Torno subito, la riporto indietro! È troppo pericoloso fuori…» disse la ragazza scoprendo di avere un gran coraggio.
 
«Rin no non puoi andare, il signor Sesshomau non vorrebbe!» biascicò Jaken terrorizzato. Cosa gli avrebbe fatto se a Rin fosse successo qualcosa sotto i suoi occhi? L’aveva finalmente trovata e stava bene!
 
 
«Non me ne frega nulla del Signor Sesshomaru. Lui non c’è. Come non c’è mai stato nella mia vita!» esclamò lei furiosa, uscendo da casa correndo in direzione del pozzo.
 
«Oh no no no… non posso seguirti!! Non voglio… è pericoloso!!!ma se non ti seguo il padrone mi scuoia vivo…. Che faccio che faccio…chi può fermarle» mormorò a se stesso il piccolo demone in preda al panico.
 
«Vai a chiamare Inuyasha. Lui può fermale» disse Kaede con occhi preoccupati. Il piccolo demone la guardò spaventato. In un modo o nell’altro al sicuro non ci sarebbe stato. Annuì controvoglia e si incamminò verso ciò che aveva evitato accuratamente. Il villaggio devastato dal fuoco.
 
Non ci mise molto a trovare il mezzo demone, era altamente rumoroso in battaglia! non di certo elegante e silenzioso come il suo padrone. Il difficile era avvicinarsi senza rischiare di finire tagliato dalle sue cicatrici del vento che lanciava a più non posso sui demoni scimmia. Miroku Shippo e Kohaku erano più distanti da lui e ognuno di loro affrontava come Inuyasha dieci demoni alla volta. Doveva ammettere che erano davvero forti.
 
Jaken riuscì ad avvicinarsi, qualche altro metro e sarebbe giunto a portata di orecchio del mezzo demone.
 
 
 

 
«Inuyasha!!» lo richiamò una voce gracchiante alle sue spalle. Possibile che quei mostri conoscessero il suo nome? E parlassero? Ma quella voce così pungente gli era familiare. Finì di uccidere il demone scimmia che gli si stava avventando contro e si voltò.
 
«Jaken e tu che ci fai qui? sei venuto a lottare? Datti una mossa!» esclamò Inuyasha furente. Non finivano mai questi demoni.
 
«Non sono qui per questo. Ma per vostra moglie e Rin. Sono andante al pozzo!» rispose il piccolo demone.
 Inuyasha lo guardò sorpreso, pensando a quello che gli aveva detto, ma non sembrando sconvolto.
 
«Avevo detto a Kagome che doveva rimanere in casa, ma comunque vicino al pozzo non ci sono pericoli, forse starà tornando a casa sua per stare più tranquilla» esclamò il mezzo demone tranquillamente preparandosi ad attaccare un altro gruppo di demoni scimmia.
 
«Siete davvero uno zuccone! Sono in pericolo!» disse Jaken accaldandosi.
 
«Che vuoi dire!?» sibilò minaccioso Inuyasha. I suoi occhi per un secondo divennero rossi «Parla!» ordinò malamente. Jaken raccontò brevemente per la seconda volta quello che aveva visto al pozzo, che l’aveva raccontato alle ragazze e Kagome e Rin erano andate proprio lì!  
 
«Fermale corri da loro!!» esclamò infine preoccupato per Rin, ma soprattutto perla sua incolumità.
 
«Quella pazza di mia moglie! maledizione» esclamò Inuyasha arrabbiato. «Mai a fare quello che le dico! Tu avvisa gli altri che mi sto spostando dal campo di battaglia. E renditi utile e usa quel tuo bastone che ti porti a presso e uccidi qualche demone. Vado e prendo Kagome anche di peso, conto la sua volontà, se sarà necessario!» aggiunse sempre più nevoso. Quella irresponsabile, possibile che non si curasse di se stessa? Neanche del loro cucciolo? Iniziò a correre come un pazzo verso il pozzo.
 

 
Kagome inizio ad avvicinarsi al pozzo e vide una specie di uragano partire dal pozzo, che si stava sempre più sfasciando a causa della potenza dello steso uragano.
 
«Oh mio Dio!» mormorò spaventata.
 
«Kagome!» sentì chiamarsi. Rin l’aveva raggiunta, senza fiato.
 
Kagome la ignorò e provò a scoccare una freccia sacra, forse avrebbe purificato e calmato quell’uragano di cui non si capiva l’origine. Ma quando la freccia arrivò centrando l’uragano questo si illuminò allargandosi ancor di più aumentando la sua potenza. Kagome prese la mano di Rin iniziando ad arretrare, ma l’uragano iniziava a tirarle verso di sé. Le due ragazze si guardarono spaventate. Improvvisamente la potenza dell’uragano aumento ancor di più come se volesse attirarle in tutti modi dento di se. Kagome e Rin fecero appena in tempo ad aggrapparsi ad un albero che i loro piedi non toccavano più a terra.
«Rin non lasciare!» urlò Kagome disperata, sentendosi in colpa, Rin era in pericolo per causa sua! L’aveva seguita per fermarla! E se Inuyasha avesse saputo, si sarebbe arrabbiato come non mai, stava mettendo in pericolo anche suo figlio. Era stata una stupida, non aveva pensato al benessere del loro bambino. Pregò con tutta se stessa che il vento che le tirava sempre più smettesse… ma questo continuava.
 
Vide che la presa di Rin sull’albero cedeva, Kagome fece appena in tempo a prenderle la mano, ma non avrebbe retto a lungo.
 
Aveva una mano sul tronco e con l’altra stringeva la mano di Rin, che tentava di tenersi a lei con tutte le sue forze, ma quella posizione la stava come spaccando. Urlò per il dolore mentre tentava con tutta se stessa di tenere Rin che scivolava sempre più, fino a non sentirle più la mano.
 
«RIN, RIN!!!!!» urlò con tutta se stessa vedendo la ragazza finire inghiottita nel vortice.
 
Si guardò intorno tremante, stringendosi al tronco, ma non trovando nessun altro appiglio. Voleva una corda, una fune, un qualcosa per entrare nel vortice e prendere Rin e portarla indietro, ma naturalmente non vi era nulla, soltanto il vento e l’acqua che iniziavano a ferirle la pelle per la potenza e la violenza dell’uragano.
 
Si sentì gelare il sangue, anche l’albero su cui si era aggrappata iniziava a cedere, sentì il rumore di radici stradiciate…
 
Kagome tra le lacrime, mentalmente chiese perdono a Inuyasha per tutto il dolore che gli avrebbe causato con la sua morte e del bambino. Ormai l’albero non teneva più e si sentì come in volo, ma tirata sempre più verso il vortice insieme ai sassi e tronchi. Improvvisamente sentì il suo nome urlato, ma prima che riuscisse a rispondere, un qualcosa le urtò violentemente la testa e non capì più nulla.
 
 

 
Inuyasha correva come mai aveva fatto in vita sua. Lo scenario che gli si parò davanti gli fece saltare un battito del cuore. Kagome che volava verso il vortice. L’aveva richiamata non ricevendo risposta. Come un fulmine corse verso di lei, e per miracolo riuscì a raggiungerla prendendole la mano a fatica, ma la potenza del vortice era tale da non riuscire a tirala indietro, venne attirato anche lui verso l’uragano. Abbracciò sua moglie svenuta, racchiudendola con il suo corpo, notando la ferita sulla fronte di lei e sulle sue braccia. Nulla l’avrebbe più toccata. “Morirò io, non Kagome e il nostro cucciolo!” pensò, prima di perdere i sensi.
 
 

 
Sesshomaru aveva preso una decisione. Da giorni pensava e ripensava all’ultimo incontro con sua madre.
Ai suoi rimpianti e ai suoi pentimenti. Decise che lui non sarebbe stato così. Al diavolo tutte le sue convinzioni sulla purezza di sangue. Non gli avrebbero portato la felicità. Solo i sorrisi che gli dedicava Rin gli facevano provare una gran emozione, anche se faceva in modo di non lasciarlo vedere. Solo l’affetto che lei gli dimostrava rendeva le sue giornate degne di essere vissute.
 
Lui si beava di quei sorrisi, sbiaditi nei suoi ricordi, per vivere. Ma non gli bastavano più.
 
Non avrebbe vissuto la stessa vita di sua madre. Mai avrebbe voluto vedere Rin con un altro, anche se giorni prima aveva dato il suo benestare a Kohaku. Che idiota era stato! Ma adesso sarebbe andato da lei e avrebbe dichiarato tutto il suo amore. Si, perché era un amore folle quello che provava per lei. E quell’amore gli avrebbe fatto accettare anche un futuro figlio mezzo demone. Non l’avrebbe mai visto come un inutile schifoso mezzo demone indegno, ma il frutto dell’amore suo e di Rin.
 
La sua dolce Rin. Così pura e innocente. Lei che non aveva ceduto a nessuna avance, neanche a quelle di Kohaku per così tanto tempo. Da quanto quel ragazzino dimostrava alla sua Rin amore? E lui invece solo durezza e assenza… Quanto le aveva fatto male… ma si sarebbe fatto perdonare, avrebbero avuto tutto il tempo. L’avrebbe sposata, e l’avrebbe portata in spalla per tutti i suoi viaggi, non l’avrebbe mai più lasciata sola. Mai più. Sarebbe stata sua per sempre. E se Kohaku non fosse stato d’accordo, poco male, da tempo non uccideva nessuno.
Solo in quel momento gli venne in mente come Kohaku poteva aver “insidiato” ancor di più Rin dopo il suo stupido e idiota permesso. Non volle pensarci… anche solo il pensiero che Rin baciasse un altro gli faceva ribollire il sangue demoniaco, figuriamoci altro… Iniziò a volare sempre più velocemente, con impazienza verso il villaggio di lei.
 
Arrivando vide un grande fumo nero avvolgere il villaggio. Velocemente con il suo fiuto tento di individuare Rin, ma non sentendo l’odore nei paraggi si tranquillizzò, era lontana dal pericolo, ma percepì l ‘odore di Jaken. Lo vide… si dimenava a uccidere con il suo bastone infuocato demoni scimmia. Vide anche altri compagni di Inuyasha lottare contro gli stessi demoni… ma quella specie di parente che si ritrovava non c’era. Strano.
Sesshomaru atterrò vicino a Jaken troppo indaffarato per accorgersene, e con un lampo verde, tagliente e veloce, uscito dal suo indice, uccise in un colpo tutti i nemici di Jaken. Il piccolo demone si volto sconvolto e sudato e il demone cane poté leggere sul suo viso il terrore, l’aveva combinata grossa.
 
«Parla Jaken, hai causato tu questo caos?» era stato davvero così stupido da incendiare il villaggio di Rin? Pensava fosse capace di controllare l’antico bastone.
 
«N-No signor…padrone Sesshomau no! Io sto aiutando!» gracchiò terrorizzato. Nascondendo le lacrime disperato… se era così disperato significata solo una cosa. Sesshomau si irrigidì.
 
«Dove è Rin?» chiese duro il demone cane. I suoi occhi stavano diventando rossi, notò Jaken.
 
Con voce bassa e timida Jaken raccontò tutto quello che era successo da quando era arrivato.
 
«Ti avevo detto di stare con Rin! Ora rispondi persino agli ordini di Inuyasha! Sei un pessimo servitore!» disse alzando la voce. Mai l’aveva fatto. Mai si era infuriato così tanto con Jaken. «Sai cosa ti succederà se Rin non sarà sana e salva» aggiunse minaccioso stringendo gli occhi infuriati e rossi, alzandosi in volo diretto al pozzo mangia ossa.
 
Velocemente arrivò, ma non trovò nessuno… solo un gran caos e devastazione, il pozzo sfasciato e tantissimi alberi alcuni spezzati altri sdradicati intorno al pozzo. Provò a catturare con il suo naso l’odore di Rin, che lo portò sempre più vicino al pozzo. Guardò all’interno e non vide nulla. Dove era finita? Notò come l’odore di Rin fosse sempre più forte dentro al pozzo. Si calò all’interno, ma il pozzo era vuoto, come aveva visto prima. Ma il profumo di Rin era li! Il suo olfatto gli diceva che in era lì e il suo naso non sbagliava mai. Guardò sempre più preoccupato le pareti scure del pozzo e notò solo dopo per terra un pezzo del vestito di Rin.
 
Si sentì il sangue ribollire. Lo prese e lo strinse a sé infuriato. Chi aveva preso la sua Rin? E dove l’avevano portata?
 
 
 
 
 


Grazie per ave letto la mia storia! spero vi sia piaciuta.. cosa farà Sesshomaru? si era deciso ad amare finalmente la sua Rin...e invece lei non solo si è fidanzata, ma è anche sparita... cosa succederà quando scoprirà anche del fidanzamento? al prossimo capitolo... mi raccomando commentate pure, sono davvero interessata a leggere i vostri pensieri, che mi danno la carica per continuare.
Un bacio!

Vostra Lunemy

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Capitolo 10
*** Paure ***


Capitolo 10

Paure



 
Kagome riaprì gli occhi, sentendo il corpo di suo marito sopra di lei.
 
«Inuyasha» momorò lei muovendosi, lui strinse gli occhi e la guardò.
 
«Amore mio… stai bene?» le chiese tamponandole la ferita sulla fronte. Kagome annuì. Si mise seduto a terra e solo in quel momento, Kagome e Inuyasha, si guardarono intorno.
 
«E’ il tempio di casa mia…» mormorò Kagome confusa tamponandosi la ferita sulla fronte.
 
«Si, siamo nella tua epoca, riconosco l’aria.» confermò il marito alzandosi e aiutando la moglie a farlo.
 
 
 
Osservarono il tempio e solo in quel momento videro Rin a terra, un po’ più lontana da loro. Le si avvicinarono subito.
 
«Rin!!» la chiamò Kagome, la ragazza riaprì gli occhi.
 
«K-Kagome… ho un gran mal di testa…» disse Rin confusa, aprendo gli occhi.
 
«Tranquilla, ora berrai una tisana di Kaede e starai bene» le mormorò Kagome, pronta a rientrare nel pozzo.
 
«Non so, se possiamo tornare…» disse Inuyasha nevoso, indicando il pozzo distrutto.
 
Kagome e Rin guardarono i detriti di legno del pozzo e confuse videro Inuyasha avvicinarsi al pozzo per controllare se ci fosse un varco. Ma nulla.
 
Il pozzo non esisteva più vi era solo terra.
 
«Siamo bloccati qui?» chiese Kagome sconvolta.
 
«Si ma la cosa strana è che fino ad adesso solo noi potevamo varcare il pozzo. Ora l ha fatto anche Rin.» disse Inuyasha, prendendo Rin e Kagome per le spalle aiutandole a camminare.
 
«I-io non l ho varcato. Sono stata trascinata...» mormorò Rin sconvolta.
 
«Come noi in questo caso» rispose Inuyasha aiutando le ragazze a varcare la porta e ritrovandosi nel familiare giardino di casa Higurashi.
 
 
 
«Inuyasha che faremo? Come torneremo?» chiese Kagome mentre entravano in casa. In casa non c’era nessuno dei parenti di Kagome.
 
«Adesso cureremo le tue ferite e quelle di Rin. Poi vedremo come fare. Sono sicuro che la vecchia Kaede e gli altri stanno cercando un modo per farci tornare…» disse, ma non tanto sicuro, il mezzo demone.
Kagome annuì pensierosa sperando in quelle parole… ma se neanche loro sapevano cosa era successo… come avrebbero fatto? Guardò Rin che spaesata guardava la casa… già per lei era tutto strano e nuovo, ricordò Kagome.
 
Rin sobbalzò sentendo uno strano rumore provenire da un oggetto nero da una forma strana, si avvicinò e improvvisamente quel suono smise emanando una specie di fischio… e poi delle parole umane uscirono da quell’oggetto… oddio era maledetto? Rin si allontanò spaventata…
 
«Rin tranquilla, è solo un telefono, e quella che senti è la voce registrata di mia madre, la segreteria telefonica...» tentò di spiegare la ragazza a una Rin spaventata.
 
I tre sentirono delle voci provenire da fuori e una porta aprire. Erano arrivati il nonno, Sota e la madre di Kagome.
 
 
 
 
I parenti di Kagome furono all’inizio felici di rivedere i ragazzi (soprattutto la madre di Kagome, in quanto poteva comprare altre cose al nipotino in arrivo), ma dopo aver ricevuto le informazioni di come quel loro viaggio fosse avvenuto, trasportando anche Rin, rimasero sconvolti.
 
«E’ tutto collegato.» sospirò Inuyasha stanco.
 
«Il mio sangue sul bordo del pozzo? I demoni scimmia? Ma perché? Cosa vogliono da noi? Volevano distruggere il villaggio! E allora perché portarci qui?» chiese Kagome quasi isterica. Non poteva mettere in pericolo il suo bambino…
 
«Sappiamo che hanno imbevuto i droni nel tuo sangue, congelato sei anni fa alla scuola, e questo ha permesso loro di passare il pozzo. Sappiamo che questi droni hanno inserito nei demoni scimmia un microchip, modificando anche le loro capacità. Sappiamo che, dopo l’attacco dei droni, in qualche modo hanno creato un uragano portandovi qui. Perché voi tre? È stata una scelta casuale? Volevano solo dividervi?» chiese Sota cercando di inquadrare la situazione. Notò quella ragazzina che si stringeva a sua sorella… come le assomigliava!
 
«Non so cosa pensare. Credevo che un qualcuno di questo mondo volesse distruggere il nostro mondo… ma adesso perché dividerci? Forse crede che separandoci siamo più deboli? Più battibili? Tze non ha capito nulla! Non ci toccherà, girò che lo ucciderò!» esclamò Inuyasha iniziando a innervosirsi…
 
La madre di Kagome aveva ascoltato tutta la situazione, era addolorata, sua figlia soffriva, ed era in pericolo, invece di godersi questo bel periodo. Vide la ragazza che si chiamava Rin guardare tutto intorno a se spaventata.
 
«Kagome, io direi adesso di andare a lavarvi. Adesso come adesso non potete fare nulla. Domani mattina affronteremo la questione. Mostra a Rin il bagno. Lei dormirà in camera di Sota, tuo fratello dormirà con il nonno…» disse la madre cercando di sorridere, non dovevano cadere nello sconforto.
 
«Io non voglio disturbare davvero… va bene pure fuori con una coperta…» sussurrò Rin imbarazzata.
 
«Non se ne parla proprio. Sei una gradita ospite Rin, anche se improvvisa, ma gradita. Quindi dormirai in camera di Sota. Kagome prestale i tuoi abiti, cedo che le staranno bene, e mostrale il bagno e come funziona… io preparo qualcosa da mangiare.» disse la madre mettendosi ai fornelli.
Sota guardò contrariato la madre, il nonno russava come non mai…
 
«Pronto ragazzo? Stasera giochiamo fino a tardi a dama!» disse ridendo il nonno.
 
Alzò gli occhi al cielo ridacchiando Sota, suo nonno rimaneva comunque una forza.
 
 
Kagome mostrò la casa a Rin che confusa non capiva come l’acqua faceva ad arrivare attraverso i tubi fino al secondo piano, fu ancora più sconvolta quando capì che questa arrivava semplicemente azionando una leva.
 
«Anche la luce?» chiese Rin confusa... ma era una specie di magia? Come il fuoco si accendeva a comando e spegneva? Senza legna ne niente? Come un solo tasto dava tanta luce?
Rin confusa si lavò e Kagome le prestò i suoi abiti. Rin si sentì profondamente in imbarazzo nell’indossare un abito che lasciava vedere tanto le gambe, fin sopra le ginocchia!!!
Cosa avrebbe pensato Sesshomaru se l’avesse vista! Pensò lei imbarazzata, poi ricordandosi che Sesshomaru non avrebbe vista. Forse mai più.
 
 
 
 
 
Scesero i tre a mangiare, anche se a tavola in clima non era dei più felici la madre di Kagome tentò più volte di rialzare l’umore.
 
«Ho pensato che questa è un’occasione unica per Rin, Kagome, perché non le fai vedere il futuro? Domani fate un giro per…» stava dicendo la signora Higurashi, ma fu interrotta in malo-modo dal mezzo demone.
 
«No. Loro non si allontaneranno da me. E se succedesse qualcosa mentre io non sono con loro?»
 
«Inuyasha, non credo che succederà qualcosa di eclatante nel nostro mondo. Sicuramente chiunque sia, sta tentando di non far notare la sua presenza.» rispose il nonno risoluto. Inuyasha guardò sua moglie e Rin che sembrava davvero sconvolta, sembrava pronta a una crisi di pianto… doveva distrarsi.
 
«Eh va bene. Ma Kagome portati il tuo trasporta voce.» esclamò lui. Kagome alzò gli occhi al cielo.
 
«Cellulare Inuyasha, si chiama cellulare!» esclamò lei ridacchiando suo malgrado.
 
«Dai così posso farti provare l’abito bianco!» esclamò eccitata la madre.
 
Kagome ricordò... sua madre le stava preparando il matrimonio… tra meno di un mese avrebbe dovuto sposarsi nel mondo moderno.. se ne era completamente dimenticata!
 
«Ma avevi detto che non ne avrei dovuto saperne nulla!» esclamò lei agitata, non aveva proprio testa per mettersi a organizzare il suo matrimonio... e forse non era neanche il momento… ma ormai sua madre aveva tutto organizzato…
 
«Tesoro non ne saprai nulla, lo dovrai solo provare, non lo devi neanche vedere!» esclamò sua madre ridendo, e Kagome la guardò sospettosa… cosa frullava in testa a sua madre?
 
Rin le guardò stupita, era così bello e divertente avere una madre allora? Lei non ricordava nessun membro della sua famiglia... era troppo piccola quando i suoi genitori erano morti… riuscì a sorridere, nonostante tutti i problemi che avevano. E poi… aveva la possibilità di vedere il futuro… quindi perché non approfittarne e non essere positiva? Sicuro Sesshomau avrebbe trovato un modo per salvarla no? Alzò lo sguardo, ma arrossì, perché notò che il fratello di Kagome la guardava interessato, e in quel momento si ricordò di Kohaku.
Già il suo fidanzato… ma non lo vedeva proprio come tale… iniziò a dubitare della sua scelta.
E se dubitava non era quella giusta.
Avrebbe dovuto chiedere perdono a Kohaku.
 
 
 
 

 
 
Kohaku come un pazzo tentava di scavare dove pima c’era il pozzo cercando di trovare un varco magico, un qualcosa che lo portasse da Rin…
 
Tornati dalla battaglia avevano ricevuto diverse notizie, la nascita di Minako, e l’uragano, che aveva inghiottito Kagome, Inuyasha e Rin.
Tutti si trovavano vicino ai resti del pozzo. Cercando un qualche indizio su dove i tre fossero andati a finire. C’era persino Sesshomaru.
 
«Con ogni probabilità si trovano nel mondo futuro, il mondo di Kagome» disse Miroku pensieroso.
 
«Si lo credo anche io, il mondo collega i due mondi, e solo li possono essere…» esclamò mesta l’anziana sacerdotessa.
 
«Io..io se prendo chi ha fatto tutto questo io… io» esclamò Kohaku pieno di rabbia. Proprio adesso che lui era riuscito a conquistarla… proprio ora che dovevano organizzare il loro matrimonio…
 
Sango mise una mano sulla spalla del fratello per consolarlo tenendo con l’altro braccio la sua piccola Minako.
 
«Dobbiamo unire le forze e capire chi c’è dietro a tutto questo e perché!» disse Shippo deciso avvicinandosi a Kohaku.
 
Sesshomaru li guadò dall’alto in basso.
 
«Io non ho bisogno di voi per salvare la mia Rin.» disse lui con sufficienza, con voce fredda voltandosi.
 
«Mi dispiace, ma credo proprio che la MIA fidanzata la riporterò a casa IO.» disse Kohaku con rabbia. Rin era SUA. Sesshomaru come poteva anche solo credere di avere un qualche diritto su di lei? Lui stesso gli aveva “permesso” di sposarla! Che soffriva di sbalzi di personalità?
 
 
Gli occhi di Sesshomaru si illuminarono di rosso. Quindi non aveva aspettato quel moccioso per provarci con Rin eh? Ma come poteva credere di avere speranze se c’era lui di mezzo? Sorrise della sua stupidaggine. Non c’era partita. Rin sarebbe stata presto la sua donna. I loro sentimenti erano troppo forti. Si augurò solo che non l’avesse toccata, perché al sol pensiero… il sangue ribolliva chiedendo la sua testa.
 
«Credo proprio di dover ritirare il mio “permesso”. Rin è mia. E presto sarà la mia sposa.» affermò Sesshomaru non degnandolo di uno sguardo, prendendo il volo. Jaken appena in tempo afferrò la sua coda.
 
Kohaku lo guardò rabbioso e frustrato. Qualcosa gli diceva che l’uomo che amava Rin, la sua prima scelta fosse proprio il demone cane.
Ma non si sarebbe arreso, avrebbe addirittura messo incinta Rin, pur di averla sua!
 
 
 

 
 
 
 
«P-padron Sesshomaru dove andiamo?» gracchiò Jaken, dopo un’ora di volo… il suo padrone non lo aveva ancora degnato di uno sguardo. Era davvero arrabbiato.
 
Non gli rispose, ma Jaken riconobbe quella specie di casa, o meglio grotta, verso cui si avvicinavano scendendo di quota.
 
La dimora di Totosai
 
 
 
 

 
 
«Kagome… amore mio risolverò questo problema, torneremo a casa nostra, e sarai al sicuro… vi proteggerò» esclamò Inuyasha stringendo la moglie, sfiorando il suo ventre con una mano… il suo cucciolo. Erano stesi sul letto ed era notte fonda, ma i due ancora non dormivano.
 
«Lo so, risolveremo insieme questo problema. Lo facciamo sempre no? Ma ti prego, sorridi… se mi togli il tuo sorriso… io… io» disse Kagome non sapendosi spiegare.
 
Il sorriso di suo marito era la sua ancora, grazie a quel sorriso non si era mai persa nei momenti più difficili.
 
Inuyasha capì i sentimenti della moglie e le sorrise… erano comunque sani e salvi. La baciò sulla fronte vicino al cerotto che le copriva la ferita.
 
«Fa male?» le chiese lui premuroso.
 
«Nulla fa male se ci sei tu» rispose Kagome baciandolo sulle labbra.
 
Il bacio da gentile e delicato divenne profondo e appassionato. Inuyasha affondò la mano nei capelli di Kagome prendendole la nuca e baciandola sempre più, i suoi baci scesero lungo il collo.
Kagome lo strinse a se più forte, e nonostante tutti i problemi che nella mente vorticavano, si dedicò al marito che la spogliava del pigiama…
 
«Inuyasha… potrebbero sentirci» mormorò Kagome al marito… stavano pur sempre in casa di sua madre…
 
«Con il mio udito non c’è nessun rischio amore» le sussurrò lui riprendendo a baciarle il collo, e Kagome soffocò un gemito di piacere nei capelli di lui, che la svestì anche dell’intimo.
 
Oddio quanto è bella… quanto la amo… nessuno me la porterà via” pensò il mezzo demone beandosi della vista di sua moglie, prima di diventare un tutt’uno con il corpo di lei.
 
 
 
 
 
 
 
Ciao!! spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Mi scuso dell’attesa ma gli impegni lavorativi e di studio mi richiedono sempre più tempo. Spero vi sia piaciuto! Lasciate un commento se vi va, fa sempre piacere! Un bacio
 
Vostra Lunemy

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Capitolo 11
*** Il ballo dei fiori di Sakura ***


Capitolo 11

Il ballo dei fiori di Sakura
 
 

 
 
Kagome si accarezzava il grembo stesa sul prato vicino all’albero, dove “tecnicamente” 500 anni fa aveva incontrato Inuyasha. Sospirò perdendosi in quei ricordi.
Ora un'altra battaglia gli si parava davanti. Era incinta da un mese e mezzo… eppure sul suo ventre si vedeva un rigonfiamento, come se fosse incinta da quattro mesi. Inuyasha le aveva spiegato che le gravidanze demoniache duravano si e no sei/sette mesi, e quindi poteva essere più veloce la sua gravidanza.
 
Era pomeriggio inoltrato, quella mattina Kagome, Rin- che guardava tutto e faceva tantissime domande, e la signora Higurashi erano andate in giro per la città, per far vedere il futuro a Rin. Inutile dire che non era successo nulla di strano nel mondo moderno, come aveva detto il nonno. Chiunque era il nemico non ci teneva a destare sospetti li.
 
Durante la loro passeggiata la madre di Kagome le aveva potate in un negozio da sposa e bendata la figlia- che si era lamentata- le aveva fatto indossare l’abito da sposa. Rin non smetteva di complimentarsi con la sarta. Era incantata dalla stoffa e dai ricami. “Peccato che non avrò mai un abito così io!” diceva Rin estasiata.
Kagome non capì molto dell’abito a parte che la fasciava sul seno per poi aprirsi a campana sui fianchi.
 
 
 
Inuyasha si avvicinò a sua moglie, aveva visto Rin giocare con il telecomando e la tv, sotto sorveglianza di Sota. Capiva il fascino che quell’apparecchio a scatola procurava a Rin. Anche lui si era fissato all’inizio. Un tasto e quell’oggetto faceva quello che volevi, da lontano!! Senza contare il fatto che vi erano rappresentare le persone in movimento, come un teatro in miniatura, assurda la tecnologia!
 
«Diventi sempre più bella» le disse il marito sedendosi vicino a lei e sfiorandole il ventre. Kagome gli sorrise.
 
«Vorrei tanto tornare nel nostro mondo… Inuyasha… torneremo?» chiese Kagome. Non potevano rimanere in quel mondo. Non era sicuro, soprattutto per suo marito… un essere leggendario nel suo mondo… se l’avessero scoperto, quanti esami e esperimenti gli avrebbero fatto! no non l’avrebbe permesso!
 
Lui non rispose stringendola a se. Era davvero preoccupato. Aveva passato tutta la mattinata al pozzo, studiandolo. Ma la situazione era la stessa.
 
«Ho pensato di andare nella tua vecchia scuola, e capire chi ha preso il tuo sangue» disse invece lui serio. Kagome annuì. In realtà ci aveva pensato pure lei…
 
«Verrò con te. Troveremo il mio professore e gli chiederemo che fine ha fatto la mia bocchetta di sangue.» disse lei alzandosi energica.
 
«Andiamo adesso!» propose Inuyasha alzandosi. Magari avrebbero scoperto chi c’era dietro a tutto questo e avrebbero trovato un modo per tornare a casa.
 
 
Kagome rientrò in casa per indossare le scarpe adatte e prendere il cappellino a Inuyasha e raccontò dove stavano andando lei e il marito. Sota e Rin si unirono a loro.
 
«Non capisco perchè ce li portiamo dietro» borbottò Inuyasha mentre camminavano verso la vecchia scuola di Kagome.
 
«Perché ha molto più senso se ci sono io, essendo ancora uno studente in quella scuola. Posso farvi entrare dicendo che ho dimenticato un qualcosa in classe. Vi ricordo che non è orario di visita dei professori, quindi non vi avrebbero fatto entrare.» disse Sota divertito.
 
«Sota... è bella la scuola qui?» chiese piano Rin «Io non sono mai andata a scuola, neanche nella mia epoca, ma ho studiato tutti i libri di tua sorella…»
 
«Aspetta… tu hai seguito tutto il programma di Kagome? cioè tecnicamente mi hai superato negli studi?» esclamò Sota sorpreso. Ma come Rin era più piccola di qualche anno!
La ragazza annuì timida. Sota sbuffò. Quella ragazzina era incredibile. Era gentile e dolce, ma aveva come un velo di tristezza negli occhi. Cosa la faceva soffrire?
 
Arrivati davanti alla struttura Rin spalancò gli occhi. Era grandissimo ai suoi occhi.
 
Rin vide tanti altri ragazzi appena entrarono nell’edificio, tutti vestiti come Sota, intimidita da tanti maschi tentò di abbassarsi la gonna. Si sentiva tremendamente in imbarazzo. Le gambe si vedevano troppo… che vergogna…e pensare che Kohaku l’aveva vista pure nuda dopo l’attacco di un demone… oddio meglio non pensaci!
 
Sota usò la scusa di aver dimenticato un oggetto, con il portinaio, e riuscirono a entrare tranquillamente nella struttura.
 
 
 
I quattro ragazzi si spostarono nelle aule di scienze, alla ricerca dell’ex professore di Kagome.
 
«Come si chiamava il professore?» chiese Sota alla sorella nel corridoio.
 
«Professore Nagasako» disse Kagome.
 
Sota dopo qualche metro si fermò dinanzi una porta e la indicò con la mano. Erano arrivati all’aula del professore.
 
Kagome deglutì e preoccupata bussò. Cosa le avrebbe detto?
Inuyasha le pese la mano e sentendo un “avanti” entrarono.
 
 
L’uomo sulla sessantina li guadò corrugando la fronte. Era disorientato. Chi erano? Il tipo con il cappellino sembrava minaccioso… indossava una parrucca bianca e lenti dorate? la ragazza dai capelli lunghi scuri aveva un viso familiare... e gli altri due ragazzi dietro di loro… il ragazzino era uno studente di un suo collega, lo vedeva spesso a scuola, ma l’altra ragazzina…chi era?
 
«Si?» chiese il professore guardandoli interrogativo.
 
«Salve professore. Sono Kagome Higurashi, non so se si ricorda di me. Ero una sua studentessa, due anni fa.» esclamò agitata.
 
Il professore la guardò titubante… ci penso… Higurashi… Higurashi… Ma certo!
 
«La mia miglior studentessa! Ha fatto carriera ed è venuta a raccontarmi delle sue vittorie?» chiese il professore allegro e orgoglioso alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a lei. Le vittorie dei suoi studenti alla fine erano anche sue.
 
Kagome divenne paonazza, negò con la testa. In quel momento il professore notò la pancia più pronunciata della sua ex allieva.
 
«Ah… capisco..» disse lui dispiaciuto. Era un vero spreco. Quella ragazza era un genio nelle materie scientifiche.
 
«Hai rinunciato a Harward?» chiese incredulo lui. Aveva rinunciato alla più importante scuola Americana in cui lei, l’unica in Giappone, aveva vinto la borsa di studio??? quello strano ragazzo dai capelli bianchi lo guardava storto. Forse era lui la causa della rinuncia agli studi?
 
Kagome osservava il professore imbarazzata senza riuscire a prendere il discorso… arrossì…
 
«Kagome se hai bisogno di aiuto…io posso indicarti degli ospedali che… eliminano il problema…» disse quasi imbarazzato il professore indicando con gli occhi la pancia di lei. Possibile che quella ragazza non avesse nessun altro a cui rivolgersi e cercasse lui? poi con internet poteva informarsi sui vari metodi per risolvere la questione.
 
Kagome spalancò la bocca e si strinse protettiva le mani sul grembo e quello strano ragazzo con il cappellino le si parò davanti come a proteggerla da qualche pericolo. Guardò il professore con odio e cattiveria. Faceva paura.
 
Ma Kagome mise una mano sulla spalla di Inuyasha e delicatamente lo spostò.
 
«No professore… c’è stato un malinteso. Si sono incinta. Ma io voglio il mio bambino. Non sono qui per questo. Ho rinunciato ad Harward, ma rinuncerei alte mille volte pur di avere la vita di adesso.» disse lei tranquilla.
Il professore annuì. Allora cosa voleva? Rimase in attesa.
 
«Sono qui per chiederle di un esperimento fatto anni fa. Sul sangue. Si ricorda che ogni studente prese una fiala del proprio sangue?» disse lei avvicinandosi al professore superando suo marito, che non smetteva di guardarlo male. Poco ci mancava che ringhiasse.
 
Il professore annuì. Certo che se ne ricordava. Lo faceva tutt’ora con le nuove classi. Ma perché quella domanda?
 
«Le vorrei chiedere cosa ne fece di quelle fiale di sangue» chiese Kagome guardandolo negli occhi.
 
Il professore la guardò stupito. Che razza di domanda era?
 
«Buttate. Come tutte le altre fiale di tutti questi anni» disse lui nevoso. Volevano fargli perdere tempo?
 
«Le hai buttate tu stesso?» chiese scorbutico quel ragazzo dai capelli bianchi, senza utilizzare nessuna accortezza nel chiederlo, rivolgendosi a lui con un suo pari.
 
«Non so chi ti credi di essere ragazzino ma io…» stava dicendo il professore, ma fu bloccato e terrorizzato dagli occhi rossi di quel ragazzo... che non sembrava più tanto un essere umano. Lo guardò spaventato e non fece altro che dire la verità «A turno due ragazzi della classe facevano le pulizie. Avranno buttato tutto i ragazzi che facevano pulizie quel giorno» gracchiò.
 
I quatto ragazzi si guardarono.
 
«La ringrazio professore» disse Kagome inchinandosi più volte e i ragazzi lasciarono l’aula.
 
«I registri classe!» esclamò Sota incamminandosi veloce verso la biblioteca, li raccoglievano tutti i registri classe. Tutti lo seguirono nevosi. Forse stavano per scoprire chi poteva essere il mandante di tutti quei problemi?
 
 
Entrati in biblioteca, la trovarono tappezzata di volantini per l’evento scolastico più importante: Il ballo dei Sakura, che dava il benvenuto alla fioritura dei ciliegi tra quattro giorni.
 
Sota si fiondò al reparto registri e insieme a Kagome e Rin iniziarono a cercare il registro dell’anno scolastico di Kagome. Inuyasha non lo fece perché non sapeva leggere molto velocemente. Nel tempo che decifrava una lettera, Kagome aveva spulciato già tre registri. Rimasero per parecchio tempo in biblioteca. Quando Rin richiamò la loro attenzione.
 
«Qui…ci sono dei segni strani. Come fogli strappati… infatti mancano degli anni scolastici... gli anni scolastici di Kagome!» esclamò sconvolta la ragazza, mostrando il registro.
 
«Allora in nostro nemico è qualcuno che quel giorno ha pulito la tua aula e che aveva accesso agli archivi scolastici. È qualcuno della tua scuola Kagome! qualcuno della tua classe!» disse quasi rabbioso Inuyasha.
 
Chi cavolo era?
 
 
 
 
Passarono tre giorni e la situazione non era cambiata. Inuyasha era sempre più nervoso, aveva iniziato a lanciare fendenti con la sua Tessaiga dove prima c’era il pozzo, nella speranza disperata che il varco si aprisse. Ma nulla. Era frustrato e nervoso. Non venivano a capo del problema. Kagome aveva elencato su un foglio tutti i nomi dei suoi compagni di classe:
 
Ban Techio
Kentaro Yabuki
Saki Hasemi
Rioko Mikado
Saki Tenjoin
Ren Elsie Jeweria
Lala Satalin
Mikan Yuki
Haruna Sairenji
Rei Shueisha
Minako Torenjiu
 
Naturalmente aveva poi incluso le sue tre migliori amiche, ma nessuno di quei nomi poteva collegarsi in alcun modo al problema. Chi viveva o studiava fuori, o chi aveva altri impegni e non si era più avvicinato al suo paese di origine. Nulla. Nessun cambiamento.
 
 
Rin aveva gironzolato per tutta la città con Kagome, adorava il gelato e Sota i pomeriggi glielo comprava in quantità.
 
 
Quel giorno Sota tornò da scuola nevoso.
 
«Che è successo?» chiese la sorella a tavola mentre tutti pranzavano.
 
«Nulla» rispose male lui. Tutti lo guardarono. Non era da lui rispondere in quel modo. Sospirò. «Odio i balli! Me ne ero completamente dimenticato. Il ballo scolastico dei fiori Sakura. E io sono l’unico scemo a non avere una accompagnatrice. E devo andarci per forza altrimenti la contano come assenza… È per un evento sociale di raccolta fondi e quindi tutti dobbiamo esserci.» sbuffò lui arrossendo. «Chissà come i miei amici rideranno vedendomi andare da solo»
 
Sua madre lo guardò in modo strano.
 
«Tesoro non ci andrai solo…» disse lei sicura.
 
«Eh no meglio solo che con la mamma!» esclamò lui arrossendo ancor di più abbassano la testa.
 
«Stupido, non volevo dire questo… non pensavo a me, ma a…»
 
«Neanche con mia sorella!» ribattè lui veloce. Non per nulla, ma portarsi un parente era proprio un segnale di “sfigato”.
 
«Mi fai finire di parlare? intendevo, sempre se lei lo vuole… Rin.» esclamò la madre sorridendo.
 
Sota alzò lo sguardo di colpo. Rin… certo Rin! Era pure così bella, anzi…era bellissima e avrebbe fatto una figura strepitosa in un abito moderno… e scollato soprattutto…  Rin li guardò confusa.
 
«Ehm... cosa?» chiese lei.
 
Kagome le spiegò brevemente cosa si faceva a quell’evento…
 
«Va bene Sota ti accompagno…» disse lei felice di partecipare a un evento così bello ed elegante…
 
Quante esperienze stava facendo. Quante cose avrebbe raccontato a Sesshomaru al suo ritorno. Si incupì un attimo. Se sarebbe tornata... Ma lei credeva in Sesshomaru, lui l’avrebbe fatta tonare nel suo mondo. Riusciva sempre nelle sue imprese…l’aveva sempre salvata e sempre l’avrebbe fatto. Era una promessa a cui lui non era mai mancato. Rin era così abbattuta. Amava e odiava quel demone. Lo odiava perchè la respingeva… lo amava perchè… non c’era un perchè era così e basta.
 
 
«Possiamo venire anche noi?» disse Kagome felice. Adorava le feste. Suo marito alzò gli occhi al cielo. I balli no!!! Ma per sua moglie incinta avrebbe sopportato. Meglio distrarla e farla divertire quando era possibile. E poi che male faceva una festa?
 
 Sota annuì felice.
 
«Dai Rin indosseremo degli abiti stupendi, te ne presto uno mio… e poi tu potrai imparare a ballare anche per il tuo matrimonio, anche se dovremmo insegnarlo anche a Kohaku!» aggiunse ridacchiando Kagome.
 
Sota fulminò con lo sguardo Rin… era fidanzata? Lei? Di già? Si doveva sposare? Ma cosa… perché nessuno l’aveva avvertito? Anche se… perché avrebbero dovuto farlo? e ancora più strano... perché provava un senso si rabbia verso Rin? Era passato dalla felicità alla devastazione per quella notizia?
 
No, lui non aveva alcun diritto su di lei. Lei lo stava aiutando a non fare una figuraccia, accompagnandolo e lui non si doveva mettere altri grilli in testa. Doveva solo ringraziala. Si sforzò e le sorrise grato, congratulandosi con lei per il matrimonio.
 
Anche se lei non sembrava molto felice, notò lui non potendo fare a meno di esultare nel suo cuore. Forse c’era ancora speranza.
 
Si ma speranza per cosa?
 
 
 
 
 
 
 
 
Sesshomaru lanciò un altro fendente all’albero sacro indicatogli da Totosai.
Oramai da cinque giorni si allenava. Secondo il vecchio quell’allenamento serviva a renderlo più forte. E solo dopo questo allenamento gli avrebbe insegnato l’unico modo esistente per varcare il tempo. Doveva spezzare un ramo di quell’albero. E non era facile, era un albero potente e intriso di potere sacro.
 
Convincerlo il vecchio a farlo non era stato facile. Quando si era presentato a casa sua, il vecchio fabbro aveva addirittura negato l’esistenza di una simile tecnica. Ma lui sapeva che esisteva. Ne aveva sentito parlare il suo defunto padre, riferendosi a Tenseiga, intimandogli all’epoca di non usare mai per nessun motivo, una simile tecnica. Perché una volta usata non si torna più indietro.
 
 
L’ultimo fendente spezzò finalmente un ramo dell’albero sacro. Sesshomaru lo raccolse e si spostò in volo verso la dimora di Totosai, in cui vi era anche Jaken.
 
Atterrato lanciò in malo modo, al vecchio fabbro, il ramo. Lo guadò stupito.
 
«Sei riuscito di già…» disse il vecchio sconvolto.
 
Sesshomaru non rispose. Ma lo guardò male. Doveva andare da Rin subito! Costi quel che costi.
 
«Sei proprio sicuro di volerlo fare? Sai cosa significherà vero?» disse ancora il vecchio questa volta nervoso.
 
Jaken guardò il suo padrone con grande dolore.
 
Sesshomaru non disse nulla. Lui era sicuro. Era pronto a tutto.
 
«Tenseiga si distruggerà quando la utilizzerai per aprire il varco. Solo quella spada può farlo, quindi significa che non potrai più tornare indietro una volta arrivato nel futuro. Sarai bloccato lì in eterno. E non so se quell’ambiente sarà adatto a te. È un ambiente privo di potere demoniaco, quindi non so quali effetti potrà avere su di te» disse serio Totosai.
 
Sesshomaru annuì. Sapeva a cosa andava incontro, ma lui doveva… se non poteva riportarla indietro… almeno stare con lei. Si sarebbe ucciso piuttosto che vivere una vita senza Rin. Meglio in un altro mondo con lei, che in un mondo senza di lei. E se fosse morto… sarebbe morto tra le braccia della sua amata. Anche se quella fine la reputava molto difficile.
 
Totosai mormorò il nome della tecnica, e gli disse che sarebbe stato più semplice aprire il varco dove già in passato c’era stato, ossia vicino al pozzo, pure per cercare di ritrovarsi nello stesso luogo di Rin.
 
Sesshomaru si voltò, e solo il singhiozzo di Jaken lo fermò. Non l’avrebbe più visto.
 
«Addio Jaken» disse freddo prendendo il volo, lasciando Jaken a piangere.
 
 
 
Fu sera quando arrivò al pozzo. Fortunatamente quegli umani, amici di suo fratello, non c’erano. Ma il loro odore era fresco, probabilmente avevano sorvegliato e studiato il pozzo fino a qualche ora fa.
 
Sesshomaru si posizionò dove prima c’era il pozzo, estraendo Tessaiga e salutandola con lo sguardo. La stava impugnando per l’ultima volta, poi non sarebbe stata più la sua compagna di viaggio.
Alzò la lama pronto a infierire sul terreno.
 
«Skylater!» disse con voce potente, sentendo la lama frantumarsi e trasformandosi in una polvere brillante, che aprì un varco di fronte a lui.
 
Sesshomaru non fermandosi oltre varcò il tempo, posando il piede nel ventunesimo secolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Rin, Kagome, Inuyasha e Sota varcarono il cancello della scuola. Erano arrivati alla festa dei Sakura. All’entrata vi era un signore che raccoglieva i soldi pe beneficienza. Sota e Kagome pagarono anche per i rispettivi partner e si avviarono in palestra, addobbata per la festa.
 
Rin indossava un bellissimo abito blu scuro lungo. Aderente sull’addome e morbido dalla vita in giù, ma con un ampio e lungo spacco, che Rin tentava in tutti i modi di tenere chiuso. La scollatura era a cuore, e Kagome aveva dovuto usare una buona dose di pazienza per convincerla a indossarlo. Rin aveva i capelli raccolti e decorati con dei fiori, stessa acconciatura di Kagome che indossava invece un abito nero lungo senza spacchi, ma che era fatto in pizzo nero che lasciava vedere tutta la schiena, fino a quasi al sedere. Inuyasha aveva fatto fatica a non saltarle addosso, per quanto era sexy.
 
I ragazzi indossavano uno smoking, il mezzo demone aveva non poco protestato per la scomodità, ma faceva una gran bella figura. Inuyasha aveva coperto poi le orecchie con un nastro nero a messo mo’ di fascia.
 
Entrati in sala Rin spalancò la bocca. Era piena di rami di ciliegio finti, che galleggiavano dal soffitto dando un effetto “parco in fiore”. Sul lato destro della sala vi erano poi tre grandi tavoli in cui vi erano posate bevande e cibo, mentre di fronte avevano una grande console audio.
 
La sala si riempiva sempre di più e Inuyasha notò come molti uomini mangiassero con gli occhi Kagome. Senza contare che con il suo udito (anche sotto il nastro nero) sentiva tutti i commenti hard che facevano sulla moglie. Quei maiali consideravano ancora più eccitante il fatto che fosse incinta. Quei pervertiti si chiedevano pure se avesse già il latte al seno… e cosa le avrebbero fatto se avessero avuto occasione di toccarle il seno.
 
Inuyasha voleva farli fuori... pensare così di sua moglie… ma si ricordò che in quella epoca non potevano considerarsi sposati. Sperò presto che le due settimane mancanti al matrimonio passassero presto, in modo che Kagome fosse sue anche agli occhi di quel mondo. Così avrebbe minacciato quei pervertiti, avvisandoli che quella era sua moglie.
 
Sota teneva sotto braccio Rin orgoglioso, mentre tutti i suoi amici lo guardavano sbalorditi.
 
Una musica riempì la sala, la musica dolce e romantica, un lento. Sota sotto lo sguardo invidioso dei suoi compagni di scuola, invitò Rin a ballare, e lei imbarazzata tenendosi con la mano lo spacco accettò. Sota le cinse i fianchi e Rin mise le mani sul suo petto, pregando che lo spacco non si aprisse, e iniziò a seguire Sota sulle note della musica. Rin si accorse di sorridere, era… felice, stava scoprendo che le piaceva ballare, le piaceva quella musica. Spinta dal momento appoggiò la testa sul petto di Sota e si lasciò cullare. Strano. Ma nonostante tutti i problemi si sentiva felice, tra le braccia di lui.
Rin sentì il cuore di Sota accelerare e alzò lo sguardo, i loro visi erano vicinissimi.
 
Sota sentiva quasi le labbra di lei sulle sue. Solo un centimetro li separava. Lei lo guardava e lui non sapeva cosa fare. Si ricordò che era fidanzata e con gentilezza allontanò il viso da lei, che tranquillizzata poggiò nuovamente la testa sul petto di lui.
 
Rin era felice. Si, Sota era un bravo ragazzo, non aveva altre intenzioni con lei, era un caro amico e lei ne era felice. Poteva lasciarsi andare con lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
Sesshomaru si guardò intorno uscito da un tempietto in cui si era trovato, vi era un giardino e una casa strana. L’odore di Rin lo attirò. Era fresco, era passata in quel punto, da neanche mezz’ora. Seguì l’odore che lo portò su un vialetto e poi su una scalinata all’esterno del giardino e poi in strada. Camminò velocemente pe diversi minuti e giunse dinanzi una struttura enorme, da cui proveniva uno strano rumore.
 
C’era un essere umano che chiedeva a tutti qualcosa per entrare, Sesshomaru ignorò la fila ed entrò, richiamando su di sè proteste di vario genere, ma lui con uno scatto sovraumano corse fino a dove l’odore di Rin lo richiamava. Spinse una porta e si trovò dinanzi un locale enorme da cui pendevano dal soffitto rami di Sakura.
 
Sesshomaru veniva guardato da tutti, ma a lui non importava, avanzò in cerca di Rin.
 
Vide Inuyasha e Kagome, e si stava già spostando verso di loro, quando quella risata che gli mancava da tempo lo colpi. Provocandogli un emozione indescrivibile.
 
E la vide. Bellissima e sensuale in un abito aderente in vita che non lasciava spazio alla fantasia, sulle sue forme. Che abito strano e pericoloso. Attirava troppo idee strane…
 
E poi un fuoco nello stomacò si impossessò di lui. Un uomo cingeva il corpo della sua Rin, tenendola stretta. Il suo lato demoniaco stava prendendo il sopravvento ringhiando, quando Rin casualmente alzò gli occhi e incontrò il suo sguardo e sconvolta si staccò di colpo dal corpo di quell’umano, guardandolo sconvolta.
 
Poté leggere il suo labiale a distanza:
 
“Sesshomaru… qui!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Grazie per aver letto la mia storia. Spero vi sia piaciuto questo capitolo. Mi auguro di si. Fatemi sapere cosa ne pensate. Purtroppo ho sempre meno tempo per scrivere anche se tento in tutti i modi di non farvi attendere.
Leggo tutti i commenti anche se ultimamente non sto riuscendo a rispondere. Grazie a chi spenderà qualche minuto per scrivermi. Un bacio.
 
La vostra Lunemy!

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Capitolo 12
*** Complicazioni ***



Capitolo 12

Complicazioni

 
 
 
 
 
Sesshomaru rimase bloccato dagli occhi di Rin. Quanto li aveva sognati? Vide Rin corrergli incontro e abbracciarlo forte. Le braccia di lei gli cinsero il collo e sentì il suo bellissimo profumo avvolgerlo.
 
Lui l’abbraccio forte. Niente l’avrebbe strappata a lui.
Mai più.
 
Inuyasha notando l’odore di suo fratello si girò verso di lui stupito. Cosa ci faceva qua? Come poteva essere possibile? Come aveva fatto? Quindi aveva trovato un modo? Potevano tornare a casa? vedendolo si diresse verso il demone cane, trascinandosi Kagome. Meglio non lasciarla sola neanche un secondo, in mezzo a tutti quei ragazzi in piena festa ormonale. 
 
Kagome guardò di fronte a se, non capendo l’improvvisa agitazione di suo marito, rimase sconvolta.
 
«S-Sesshomaru è qui?» chiese lei confusa e stupita, notandolo.
 
Rin e Sesshomaru si fissavano abbracciati senza dirsi nulla, quando tutti si avvicinarono a loro. Anche Sota, che fu guardato con odio da Sesshomaru, si avvicinò.
 
Rin notando la situazione fece le presentazioni.
 
«Lui è Sota. Il fratello di Kagome…» disse lei imbarazzata, rendendosi conto solo in quel momento dell’abbraccio che aveva visto Sesshomaru… ecco perché guadava male Sota. Quando avrebbe avuto occasione avrebbe dovuto spiegargli tutto…
 
«Sesshomaru come hai fatto a venire qui? si è riaperto il pozzo proprio ora?» chiese Inuyasha confuso e nervoso. L’aveva controllato prima di andare alla festa e la situazione era la stessa. Non c’era nessun pozzo.
 
Sesshomaru lo guardò infastidito. Odiava dar spiegazioni. Ma suo fratello poteva essere molto pesante e insistente.
 
«No. Ho usato Tenseiga. E non c’è una via di ritorno per la nostra epoca.» disse asciutto, prima che gli facessero la domanda. Kagome lo guardò infelice, Inuyasha la strine a se.
 
«Andiamo a casa… e ci racconterai meglio.» disse Inuyasha guidando tutti verso l’uscita della palestra.
 
 
Il tragitto, verso casa di Kagome, fu molto silenzioso.
Rin e Sesshomaru si tenevano per mano, lui gliela aveva presa all’uscita della palestra e non l’aveva più lasciata.
Sota lo guardava male.
 
Il gruppetto una volta arrivato nel giardino di Kagome si fermò sotto il vecchio albero sacro.
 
«Allora... Come sei arrivato qui?» chiese secco il mezzo demone.
 
Sesshomaru spiegò senza giri di parole di Tenseiga e della tecnica di Totosai.
 E che la spada ormai era distrutta e non vi era modo di ritorno.
 
«E con Tessaiga? non si può fare?» chiese Kagome speranzosa, ma Sesshomaru negò secco con la testa. Le sue speranze sfumarono di colpo.
 
Dopo alcuni minuti di infelice silenzio Sota si rivolse a Rin:
 
«Io vado in casa a vedere la tv, vieni con me? Ti faccio cambiare i canali tutte le volte che vuoi!» disse lui sorridendole. Voleva rompere quel clima pesante…
 
Rin sentì irrigidirsi Sesshomaru.
 
«No… grazie Sota. Ma preferirei parlare con Sesshomaru adesso…» disse lei con un sorriso forzato. Sota annuì ed entrò in casa un po’ dispiaciuto.
 
«Dobbiamo vedere come fare ora. Sesshomaru dove dormirà?» chiese Kagome guardando suo marito che era assorto tra i suoi pensieri.
 
«Può dormire con me no?» disse Rin rendendosi conto solo dopo che poteva sembrare una cosa non adatta…
 
«Rin non penso che mia madre accetterà una situazione simile. Io e Inuyasha siamo sposati… ma per voi è diverso.» disse la sacerdotessa cercando di essere delicata.
 
«Io dormirò dove mi pare. Non è un problema tuo.» disse secco Sesshomaru, rivolgendosi male a Kagome. Se avesse voluto dormire con Rin avrebbe dormito comunque con lei. Certamente la moglie di suo fratello non glielo avrebbe impedito.
 
Kagome lo guardò offesa. Inuyasha gli lanciò un occhiataccia e prese sua moglie per mano. Non gli andava di litigare con lui. Voleva andare a casa e concentrarsi sul problema, voleva capire se era possibile sviluppare una qualche altra tecnica demoniaca, apri portali temporali, con la sua Tessaiga… anche se Sesshomaru non lo riteneva possibile. In effetti solo Tenseiga era già di per sè un arma che apriva il portale con l’aldilà. Sesshomaru aveva cambiato solo destinazione.
 
«Andiamo Kagome.» le disse il marito. Ma Kagome lo bloccò.
 
«Aspetta. Sesshomaru prima di venire qui, hai visto i nostri amici? Avevano qualche idea su come farci ritornare?» le chiese lei ancora risentita dal trattamento di lui.
 
Sesshomaru alzò il sopracciglio. Lei sapeva benissimo che non aveva rapporti con quelli li.
 
«No. Non so nulla. E non avevano alcuna idea. Dicevano solo di unire le forze.» rispose scettico lui. Erano solo degli incapaci.
 
Kagome annuì serena. Questo le riempì il cuore di speranza. I suoi amici sicuramente non si sarebbero arresi.
 
Kagome fece un cenno di saluto a Rin che ricambiò con uno sguardo felice e con suo marito si allontanò in direzione di casa sua. Avrebbe dovuto spiegare a sua madre dell’ospite in più… se non per dormire, sicuro presente ai pasti.
 
 
 
Rin guardò Sesshomaru. Non aveva smesso di tenerle la mano neanche per un secondo. Lei lo abbracciò.
 
«Mi sei mancato tanto…» disse lei con voce emozionata. Non poteva crederci. Sesshomaru era li. E lei lo stringeva tra le sue braccia.
 
Lui con una mano le prese il volto e lo alzò.
 
«Rin… io ti devo le mie scuse» disse lui con tono duro, ma gli occhi erano estremamente dolci.
Rin lo guardò seria.
 
«Io mi sono lasciato trascinare da stupide ideologie. Da stupide convinzioni sul sangue puro. Sulla potenza del sangue demoniaco. Ti chiedo perdono. Perché per questo motivo non ti ho amata come avrei dovuto dall’inizio. Ma ti ho fatto del male, tenendoti lontana da me. Ti chiedo scusa per averti rifiutata l’ultima volta che ti ho vista. Ma sappi che ti amavo già allora. Ma non volevo accettare la situazione. Per colpa dei miei pregiudizi. Ti chiedo scusa.» disse serio guadandola negli occhi. Si avvicinò al viso di lei. Voleva baciarla. Finalmente sarebbe stata sua. Ma Rin lo bloccò posando due dita sulle sue labbra.
 
«E quella demone cane che cercavi per accoppiarti? Che ne hai fatto?» chiese lei triste. Non voleva Sesshomaru a metà. Ricordava le sue parole.
Lui la guardò dolcemente e sorrise quasi divertito.
 
«Mai nessuna donna, mai nessuna demone mi ha preso il cuore tranne te. Non c’è mai stata nessuna. Da quando sei entrata nella mia vita mi hai preso cuore ed anima. E ti amo. Perdonami per quell’insulsa bugia. Erano parole disperate. Volevo solo allontanarti da me…» rispose addolorato. Rin lo osservò sconvolta… solo una bugia? Solo una bugia?
 
«Mi hai fatto molto male. Mi hai distrutta con quella tua bugia» disse Rin con una lacrima agli occhi. Ricordare quelle parole ancora le faceva male.
Sesshomaru si sentì il cuore a pezzi. Era stato così crudele. Lo sapeva.
 
«Perdonami…» le disse, baciandole la lacrima che scendeva sulla guancia di lei.  Rin lo guardò addolorata. Il grande Sesshomaru le chiedeva perdono. Sorrise. Non poteva crederci. Doveva amarla molto…se le chiedeva più volte perdono…
 
Lei annuì e Sesshomaru le si avvicinò pronta a baciarla, ma per la seconda volta lei lo bloccò.
 
«Aspetta!» esclamò lei. Lui si fermò infastidito. Ma perché? Aveva annuito. L’aveva perdonato… un infelice idea gli venne in mente… per caso non lo amava più? C’era un altro? Quel Sota? Già solo quella idea lo mandava in bestia.
 
«Che c’è?» chiese lui nervoso.
 
«Io- io ti amo… ma non posso stare con te...» disse lei infelice. Non poteva, almeno non fino a quando non avrebbe sciolto la promessa di fidanzamento con Kohaku. «Io e Kohaku… ecco lui… io credevo che tu non mi amassi e quindi presa dallo sconforto… gli ho detto di si… quando mi ha chiesto di... s-sposarlo» balbettò timida lei arrossendo.
 
«Tranquilla. Tu non lo sposerai.» disse lui deciso, avvicinandola a se. «Perché tu sposerai me.» concluse prendendole il viso e baciandola con passione, prima che lei potesse fermarlo per la terza volta.
 
Rin si lasciò trasportare dal bacio. Quante volte l’aveva sognato? Lui la strinse tenendole la nuca e con l’altra mano il fianco, e sotto la stoffa leggera sentiva le forme di lei. La desiderava sempre più. La strinse a se di più e Rin gli mise le mani tra i capelli. Non voleva smettere neanche lei di baciarlo, capì lui. Ma improvvisamente Rin tremò.
 
Si rese conto che la temperatura si era abbassata ancor di più, alla fine era sera e Rin aveva la pelle d’oca per il freddo… le cinse il corpo con la sua coda e tornò a baciarla, mettendole le spalle sull’albero, alzandola di peso mentre lei gli cingeva i fianchi con le gambe.
Neanche lei sapeva da dove tutta quella passione veniva, ma lo desiderava, l’aveva sognato da sempre e ora tutto era esploso. Lo voleva. Sentì attraverso la stoffa a livello della sua intimità l’emozione di lui. Sorrise soddisfatta… allora lo eccitava?  Si staccò un attimo da lui e lo guardò. Sesshomaru le sfiorò i fianchi con le mani...
 
«Sesshomaru… aspetta…» disse lei di malavoglia.
 
«E perchè?» disse lui preoccupato. Forse non voleva tutta quella intimità? Eppure sembrava lo volesse.
 
Lei scese dalla presa di lui e lo guardò maliziosa, sguardo che fece impazzire Sesshomaru. Stava pe tirarla di nuovo verso di se per un altro bacio, quando lei parlò:
 
«Non ho detto che dobbiamo fermarci» disse. «Seconda finestra a sinistra» gli mormorò avvicinandosi al suo orecchio a punta. Lui a primo impatto non capì, poi spalancò gli occhi consapevole. La sua Rin…
 
Rin si allontanò da lui ed entrò in casa. Salutò tutti gli abitanti dicendo velocemente a Kagome che Sesshomaru avrebbe dormito su qualche albero nei dintorni e con una scusa andò dritta in camera da letto. Spalancò la finestra e attese. Sesshomaru non entrò però. Anzi non lo vide proprio in giardino. Confusa si chiese se aveva capito cosa gli avesse detto.
 
Stava per aprire la ceniera dell’abito che le aveva prestato Kagome, per indossare un pigiama, ma sentì improvvisamente delle mani calde aprirle la lampo di colpo e si voltò spaventata. Sesshomaru la guardava ipnotizzato. Il vestito scivolò a terra regalando a Sesshomaru la visione di lei in intimo.
 
Sesshomaru notò che portava degli indumenti strani sotto quell’abito (che poco lasciava all’immaginazione), erano indumenti ricamanti e trasparenti… era tremendamente sensuale… la strinse a se. Quanto la voleva… ma aveva deciso, in quella frazione in cui lei si era allontanata da lui per entrare in casa, che l’avrebbe sposata prima. Non avrebbe preso la sua verginità così. Vi erano delle regole anche tra i demoni.
 
«Cosa indossi per dormire?» le chiese.
 
 Rin indico degli abiti sul letto e lui li prese. Iniziò a vestirla e Rin lo guardò divertita. Una volta fatto, la stese sul letto e lui si sdraiò accanto a lei, accarezzandole dolcemente i capelli.
 
«Rin. Raccontami tutto quello che è successo da quando ci siamo separati…» le chiese. Voleva sapere tutto.
 
Rin gli raccontò di Kohaku, dell’attacco del demone scimmia che l’aveva denudata, e in questa parte del racconto arrossì. E Sesshomaru strinse la mascella nevoso. Ammise che lei e Kohaku si erano baciati… altro grugnito infastidito del demone, della proposta di matrimonio… e continuò con le scoperte riguardanti il sangue di Kagome… fino a raccontare del vortice. Gli disse dell’amicizia di Sota della sua gentilezza e che non c’era altro tra loro (Sesshomaru la guadò in modo scettico, Sota la stringeva in modo troppo possessivo, mentre ballava, per essere solo un tizio con un semplice interesse amicale), disse della visita al professore di Kagome che aveva congelato il suo sangue anni fa e della mancanza delle pagine del registro classe.
Gli disse che il loro nemico sapeva nascondersi bene.
 
Lo avvertì anche del fatto che quello era un mondo senza magia e che non doveva mostrare i suoi poteri per non attirare l’attenzione, altrimenti sarebbero stati scoperti, interrogati e imprigionati dal governo, non avrebbero più potuto trovare il modo per tornare a casa e capire chi c’era dietro tutto questo e perchè. Questi avvertimenti le vennero naturali, Kagome le aveva spiegato che nessuno doveva capire o scoprire nulla di loro. Altrimenti ci sarebbero stati grossi guai con lo Stato.
 
«Ah e tra due settimane Kagome e Inuyasha si sposano anche qui…» concluse lei felice a quella informazione. «Chissà come sarà quando noi due ci sposeremo…» continuò con occhi timidi e sognanti.
 
 
Seshomaru ascoltò con attenzione... E strinse a se Rin.
 
«Meraviglioso, amore mio. Sarà meraviglioso.» mormorò lui, cullandola, in pensiero.
 
 
 
 
Sesshomaru aveva nascosto a tutti che da quando era arrivato una sensazione di malessere lo aveva colpito.
Il vecchio Totosai aveva ragione.
Un luogo senza potere demoniaco l’avrebbe indebolito lentamente e ucciso. Suo fratello era mezzo demone, quindi non veniva colpito.
Per la prima volta in vita sua, pensò che essere mezzo demone aveva i suoi vantaggi.
Rise tra se della sua idea assurda. Stava davvero cambiando.
 
Guardò la sua dolce Rin oramai addormentata. Non gli importava di morire. Stava già in paradiso con lei.
Rin non lo sapeva ancora, ma l’indomani lui l’avrebbe sposata.
 
Sarebbe stata finalmente sua.
E l’avrebbe reso il demone più felice del mondo.
 
Anche se per poco tempo, pensò a malincuore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve…
eccomi qua!! Perdonate l’attesa!!!
ma gli esami all’università e il lavoro mi lasciano poco tempo! spero vi sia piaciuto il nuovo capitolo. Cosa ne pensate? Ringrazio tutti i miei lettori, anche quelli silenziosi! Mi piacerebbe tanto sapere il vostro giudizio. Non preoccupatevi le critiche sono ben accette…. vi ringrazio e vi mando un bacio.
 
La vostra Lunemy

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Capitolo 13
*** Promesse d'amore ***


PROMESSE D’AMORE
CAPITOLO 13
 


Rin si svegliò. Notò subito l’assenza di Sesshomaru, era andato via per non farsi scoprire da Kagome? Trovò sul letto una coroncina fatta di piccoli fiori bianchi. Che ci faceva la? Chi l’aveva portata? Rin la prese tra le mani e la indossò specchiandosi. Sembrava una sposin—oddio non era per caso la coroncina di fiori di Kagome per il suo matrimonio? E lei la stava indossando? Sicuramente l’aveva portata per mostrargliela! Pensò. Se la tolse e l’appoggiò sul letto e in quel momento entrò Sesshomaru con un balzo elegante dalla finestra, nella sua stanza.
 
«Perché la togli?» chiese quasi brusco con uno sguardo affilato e arrabbiato.
 
Rin non capì il motivo di quel tono.
 
«Ecco non è mia, è di Kagome.» disse lei indicandola.
 
«E’ tua.» disse sicuro Sesshomaru guardandola fisso.
 
Rin non capiva. Come poteva essere sua? Era una coroncina da sposa e Kagome era l’unica che si doveva sposare. Lei di certo non aveva avuto dichiarazioni in quell’ambito…
 
Sesshomaru si rese conto solo in quel momento che Rin aveva una cultura diversa, era umana. Un modo diverso di intendere anche in quell’ambito. Ecco perché non capiva.
 
«Nel mondo dei demoni, così come nel vostro, i fiori d’arancio sono i fiori del matrimonio. Nel mondo demoniaco, si chiede alla propria compagna di sposarsi donandole una corona di fiori d’arancio…al suo risveglio la donna trovandola sul letto dovrebbe indossarla e non toglierla finché non si celebra il matrimonio…» disse risoluto e deciso.
 
Vide gli occhi di Rin ingrandirsi per lo stupore e assimilare la notizia. Arrossì violentemente capendo cosa volesse dire…e guardò felice la coroncina.
 
«T-tu… tu m-mi hai regalato la coroncina?» balbettò incredula, lui annuì serio. Rin la riprese e la indossò con vigore.
 
«Non la toglierò finché non ci sposeremo dovessero passare mesi!» disse lei felice abbracciandolo.
 
«No. La toglierai, o meglio io la toglierò a te, questa notte… il marito deve toglierla alla sua sposa, alla loro prima notte di nozze.» disse lui non nascondendo un sorriso malizioso.
 
«Mah… cos… quando?» chiese Rin incredula allontanandosi da lui.
 
«Oggi. Ora. » disse lui osservando la sua futura moglie piangere e saltellare felice ancora una volta tra le sue braccia per baciarlo.
 
Quegli occhi felici, quel sorriso erano il motivo per cui aveva sacrificato Tenseiga. E l’avrebbe rifatto mille altre volte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Aspetta, mi stai dicendo che Rin e Seshomaru a breve si sposeranno nel giardino di casa mia?» chiese una Kagome stupida a Inuyasha.
Lui annuì.
 
«Perché tutta questa fretta?» chiese Kagome
 
«Non lo so tesoro, io sono stato appena informato da mio fratello. E mi ha chiesto di chiederti se potevi aiutare Rin. È in camera e non sa cosa indossare. Vogliono un matrimonio stile Sengoku. » disse Inyasha alzandosi dal tavolo. Avevano appena finito di far colazione.
 
Kagome annuì.
 
«Sai è così strano. Tuo fratello che non aspetta a sposarsi nel suo mondo, ma si sposa qui. Non capisco tutta questa urgenza.»
 
«Sorellona non è che ti rode che Rin si sposi prima di te?» chiese Sota ridacchiando scendendo in cucina.
 
Sapere che Rin si sposava da sua madre (Informata da Inuyasha) era stato strano. Si era arrabbiato un po’, ma più con se stesso. Sapeva che Rin aveva il cuore impegnato. E non gli aveva mai dato speranza per altro. Quindi aveva deciso di rendere bella quella giornata alla sua amica dell’epoca antica e si sarebbe tenuto il broncio per un altro giorno.
 
«Sota!!! Ma cosa dici! No! Rin è una mia amica non mi importa chi delle due si sposa prima, non è una gara!» disse Kagome arrossendo. Ok un po’, solo un po’ le rodeva, si sentiva scavalcata, ma non avrebbe permesso a quei pensieri negativi di assalirla. Voleva bene Rin.
 
Fece la linguaccia a suo fratello e salì le scale per andare in camera di Rin, passando prima nella sua camera per prendere uno splendido kimono bianco ricamato con dei fiori. Sarebbe stato perfetto per lei. E per lo stile del matrimonio.
 
 
 
 
 
 
Le ragazze si fecero attendere molto. La preparazione di Rin fu lunga e dolorosa. Si era sottoposta a cerette e pinzette e forcine nei capelli, su richiesta stessa della sposa. Voleva essere bellissima! Il lavoro per Kagome era stato arduo, ma alla fine Rin sembrava un essere dalla bellezza sovraumana. Il leggero trucco risaltò il suo viso delicato.
 
 
Sesshomau aspettava Rin in giardino, sotto un porticato di legno, dove Kagome aveva fatto mettere a un Inuyasha scocciato una marea di fiori per farlo sembrare elegante. L’unico modo per convincerlo era stato: “o lo fai tu o lo faccio io!” e Inuyasha per il bene di sua moglie e del suo piccolo cucciolo che cresceva nel ventre della donna che amava si era arreso. Nel giro di due ore quel porticato era contornato di fiori d’arancio e ciliegio. Era bellissimo. Kagome si avvicinò a Inuyasha per vedere l’entrata di Rin. Era riuscita a spuntarla con Rin e Sesshomaru solo per una cosa in stile moderno. La marcia nuziale. Avevano potato fuori il pianoforte di Sota, che pronto aspettava la sposa per iniziare.
 
La mamma di Kagome e il nonno aspettavano tranquilli l’inizio di quella strana e antica cerimonia. Un fatto unico e raro. Kagome notò che Sesshomaru non aveva nulla di diverso nell’aspetto..
 
In quel momento una tremante Rin uscì di casa. Tutti la guardarono sorpresi, era bellissima. Anche Sota rimase imbambolato per quelche secondo, prima di iniziare a suonare la marcia nuziale.
 
Kagome si godette lo sguardo incredulo di Sesshomaru. Era sicura che non l’avrebbe visto mai più quello sguardo. Era sconvolto. Non smise di guardarla, neanche quando lei era ormai arrivata da lui e la musica cessò. Ci fu un totale silenzio.
 
 
 
 Sesshomaru le prese le mani. Possibile che potesse essere ancora più bella? Era meravigliosa, se non avesse saputo che era un essere umano l’avrebbe scambiata per qualche demone della bellezza eterna.
 
Notò che Rin lo guardava preoccupata. Cosa pensava quella sua testolina? Pensava che avesse cambiato idea?
 
«Rin, ci ritroviamo in un mondo non nostro, separati dal tempo e dallo spazio dalla nostra terra. Siamo due razze diverse. Ho dovuto lottare contro i miei principi per amarti, io che ripugnavo un fratello solo perché mezzo umano. Non che adesso mi sia simpatico, ma lo riconosco come mio parente. Mi hai cambiato. Mi hai reso un demone migliore. Sin da quando eri bambina ti ho protetta, all’inizio pensando che per me fossi solo un passatempo, un cambiamento alla mia routine, ma poi vedendoti crescere mi sono reso conto di amarti, di essere geloso, di volerti in un modo che non reputavo accettabile. Ti ho scacciata e allontanata, anche se mai dal mio cuore, questo posso giurartelo sulla stirpe dei demoni cane! Mai nessuna ha sfiorato il mio cuore. Mai per nessuna avrei sacrificato Tenseiga, se non per te. Mai avrei abbandonato tutto se non per te. Perché tu sei ciò che rende la mia vita degna di essere vissuta. Sei l’essere destinato a me. Ti giuro su gli Dei che ti proteggerò a costo della mia vita mia sposa, che mai ti abbandonerò nella difficoltà, che gioirò con te sempre nei nostri momenti felici. E nel momento in cui io ti sarò d’intralcio e non più mi amerai, ti lascerò andare, con il cuore sanguinante, ma mai ti costringerò a me.» disse in modo solenne, sentito e profondo Sesshomaru.
 
Kagome si emozionò. Riconobbe le ultime parole, dal “Ti giuro” in poi, erano le stesse che Inuyasha le aveva detto al matrimonio nell’epoca Sengoku. Era la stessa formula dei demoni cane, capì Kagome. L’ultima frase era la più bella, significava: ti amerò anche se tu non lo farai e sarai libera da me.
 
Emozionata prese la mano del marito e lui la strinse. Anche lui stava ricordando il loro matrimonio.
 
Rin guardò Sesshomaru con le lacrime agli occhi.
«Sin da bambina, ti ho visto come un essere perfetto, il mio protettore, la mia guida. Era innamorata di te già dalla mia infanzia. Un amore che è cresciuto in tutti questi anni. Ho lottato anche io contro me stessa, mi imponevo di non amarti, perché mi ritenevo troppo insulsa per te. E sconfortata tentavo di nascondere i miei sentimenti. Ma non ero così brava. Tu mi hai allontanata, e questo mi ha spezzato il cuore…un cuore che spezzato batteva all’impazzata quando ti sapeva vicino al mio villaggio. Ho accettato un altro uomo solo perché tu hai voluto così. Mi hai rifiutata, ma mai una sola volta ti ho amato meno. Ero disposta a sposare chi non amavo per tua volontà, più dimostrazione d’amore di questa? Sesshomaru, sarò pure una debole umana, ma ti starò sempre vicina, nella sofferenza e nella difficoltà e ti sosterrò in qualsiasi tua impresa. Sarò la tua consigliera, custode di segreti e amante. Sarò tutto ciò di cui avrai bisogno. E mai smetterò di amarti. So che il futuro non si prevede. Ma io solo una cosa ho fatto nella vita: Amarti. E lo farò fino al mio ultimo respiro.» disse Rin con voce sicura ma al tempo stesso emozionata.
 
«Non premetterò mai più a nessun altro uomo di baciarti. Perdonami… » disse Sesshomaru prendendo il viso di Rin e baciandola.
 
Kagome batté le mani e tutti la imitarono. I due sposi si voltarono verso il loro piccolo pubblico.
 
«Oggi voi mi siete testimoni: questa è la mia sposa.» disse fiero e sicuro Sesshomaru.
 
«Questo è il mio sposo!» terminò un orgogliosa Rin.
 
Ufficializzando nel loro modo antico e romantico il matrimonio.
 
 
 
 
 
 
Rin e Sesshomaru ricevettero un dono da parte di Kagome, Inuyasha e famiglia Higurashi: tre notti nel più lussuoso Hotel di Tokyo. Dopo avere chiesto a Sesshomaru di lasciare la sua spada Bakusaiga a casa Higurashi (una richiesta che non andò a buon fine, ma promise contrariato a Rin che avrebbe nascosto la lama a chiunque), gli chiesero di comportarsi nel modo più nomale possibile per non farsi notare. Sotto preghiera di Rin annuì alla richiesta di una seconda promessa di “buona condotta” e di vestirsi come le persone di quel mondo e i due novelli sposini andarono a godersi i tre giorni di hotel con incluso spa, piscine, ristorante e tanti altri confort. Naturalmente non prima di aver ricevuto istruzioni da Kagome su come funzionavano le cose in quelle strutture.
 
 
***
 
 
Passò il tempo. Rin e Sesshomaru tornati dalla vacanza sembrava più innamorati che mai. Sesshomaru non la lasciava quasi mai sola. Ma Inuyasha notava sempre più un indebolimento dell’aurea demoniaca del fratello. Non disse nulla a Kagome per non farla preoccupare… ma aveva deciso di discutere della questione con l’interessato.
 
Quel pomeriggio lo trovò nel giardino di Kagome che si allenava con la spada.
 
«Inuyasha, sei venuto a darmi fastidio?» chiese Sesshomaru vedendolo arrivare.  Ultimamente si era reso conto che si stava indebolendo, ma tentava di non darlo a vedere allenandosi come al solito, anche se avrebbe voluto riposare.
 
«Sei simpatico come Jaken. Comunque sia no. Sono venuto a chiederti se devo avvisare tua moglie del tuo indebolimento.» disse Inuyasha a mo’ di sfida.
 
«Non ci provare!!!» ruggì il demone cane scagliandosi su suo fratello e fermandosi a un centimetro dal suo viso.
Inuyasha si allontanò. Ecco confermata la tua teoria.
 
«Benissimo. Dimmi allora cosa ti sta succedendo.» disse il mezzo demone.
 
Ma Sesshomaru rimase in silenzio.
 
«Bene. Ti dico quello che penso. Questo mondo privo di potenza demoniaca ti sta consumando. Non ha effetto su di me, essendo mezzo demone. Ma tu non hai scampo.» disse Inuyasha la sua ipotesi.
Sesshomaru non disse nulla e Inuyasha capì che aveva ragione.
 
«Torneremo presto a casa Sesshomaru! In un modo o nell’altro!» disse sicuro il mezzo demone.
 
Il demone scoppiò a ridere in modo sarcastico.
 
«Sei preoccupato per me?» disse lui incredulo.
«No. Non voglio che mia cognata rimanga vedova appena sposata. Lo faccio per Rin.» terminò Inuyasha non trattenendo un sorriso. Era una piccola bugia. Dopo tutto voleva bene a suo fratello. Si voltò e si incamminò per andare da sua moglie, non prima di sentire un sussurro di suo fratello:
 
«Non dirlo a nessuno».
 
***
 
 
Era il giorno prima del matrimonio di Kagome. In quei giorni tutti si erano prefissati di non pensare a come tornare nell’epoca Sengoku. Erano giorni di festa. La signora Higurashi aveva preparato tutto al meglio. Si sarebbero sposati nello stesso giardino in cui si erano sposati Rin e Sesshomaru, ma era irriconoscibile. Posizionate in modo ordinato erano state messe delle sedie bianche decorate da fiori e tulle bianco, un tappeto candido al centro, che avrebbe percorso la sposa e fiori su un altarino che avevano creato di proposito per la funzione religiosa.
 
Kagome era su di giri, quei giorni erano frenetici: prova abito (bendata - perché doveva essere una sorpresa anche per lei), prova trucco, prova acconciatura... era tutto un susseguirsi di appuntamenti.
 
Uscì dal negozio di scarpe da sposa, accompagnata da Rin. Avevano fatto le ultime compere quando improvvisamente provò un dolore atroce al ventre. Si guardò la pancia, che ancora non era molto grande. Non aveva mai provato quel dolore. E una debolezza improvvisa la colpì facendola svenire, sentendo le urla di Rin.
 
 
Si risvegliò in una stanza bianca con una porta grigia di metallo. Era in un… ospedale?!
 
«Rin!!» chiamò Kagome, prima di guardarsi in torno, ricordando gli ultimi momenti prima di svenire. Ma un'altra mano le toccò il viso.
 
«Kagome…» disse una voce maschile. Kagome si allontanò da quel tocco, non riconoscendo la voce. E lo guardò incredula.
 
«Hojo? C-che ci fai qui? d-dove sono?» mormorò Kagome provando improvvisamente paura. Il suo sesto senso le diceva che era in pericolo. «Dove è Rin?» aggiunse preoccupata.
 
«Sta bene. È nell’altra stanza. Ora ti cureremo Kagome.» disse Hojo indicando la pancia di lei, che strinse le mani protettiva sul suo ventre.
 
«Che vuoi dire? In mio bambino non sta bene? Dammi delle risposte!» disse la ragazze alzando in tono di voce istericamente. Non ci capiva nulla, mica lui ea un medico poi!
 
«Sei in un ospedale militare. Io lavoro qui. Sono un ingegnere che collabora con gli scienziati sulle varie scoperte. E comunque… il feto risulta in buona salute» disse contrariato dall’ultima sua ammissione, avvicinandosi al viso di lei, che nuovamente si scostò.
 
«E perché sono qui? e non in un ospedale normale?» chiese Kagome preoccupata.  Non voleva andare in nessun ospedale per paura che il suo piccolo risultasse con qualche valore insolito, essendo un mezzo demone, quindi figurarsi se voleva stare dove c’erano scienziat- oddio. No, no, no.
 
«Mi avete fatto degli esami?» chiese lei sospettosa.
 
Hojo non rispose e prese una siringa.
 
«Ti cureremo. Vedrai. Toglieremo quel mostro dal tuo ventre.» disse lui guardandola con occhi strani.
 
«Hojo che stai dicendo» disse Kagome spaventata scendendo dal letto. Doveva scappare, si avvicinò alla porta.
 
«Non andrai da nessuna parte. Nessuno sa dove siete. La tua amica Rin è rinchiusa e sta facendo la pazza per uscire. Soprattutto quando ha saputo che l’esercito sta andando a catturare i vostri due demoni. Sono un pericolo. E devono essere catturati!» disse lui ridacchiando in modo strano «Kagome mia, capisco che quell’essere immonde ti abbia incantata, ma ora guarirai, e sarai mia, come è giusto che sia. Mi darai ragione un domani...» disse lui avvicinandosi con la siringa. Doveva essere sonnifero pensò Kagome che in trappola si porto le mani sulla pancia e non riuscì a fermare le lacrime. Hojo voleva uccidere in suo bambino.
 
«Ti prego Hojo. Tu sei un ragazzo buono... ti prego, non uccidere il mio bambino!» lo implorò lei.
Hojo le era sempre più vicino.
 
«Lo so di essere buono, per questo per anni ti ho osservata, seguita, studiata. Ho analizzato e studiato il tuo sangue. Progettavo di salvarti da tempo. Ma è stato non poco difficile! Dovevo capire dove il pozzo ti portava. Senza far capire al naso di quel mezzo mostro cane che ero stato li. Devo ringraziare te se mi hai fatto scoprire la mia strada verso l’ingegneria. Ho studiato per poterti proteggere Kagome. Sai… non capivo come raggiungere il luogo in cui finivi tu. Allora ho provato con il tuo sangue e un drone. ed  ecco risolto il problema. Il tuo sangue era la chiave. Ma tutti i miei studi richiedevano denaro, che avevo dilapidato. Così ho presentato le mie ricerche al governo, che mi ha dato assegni a non finire. Ho fatto carriera. Ho scoperto di poter governare i demoni scimmia. Ma vi osservavo e vedevo come iniziavate a sospettare per via dei cip che avevo trovato. E quindi ho deciso che era il momento. Credi che la goccia di sangue fosse una mia svista? No…no e no!!! Era tutto calcolato. Così come sviarvi strappando i fogli del registro classe. Il vortice e la chiusura del passaggio l ho voluto io! PER SALVARTI! E ora finalmente sta finendo tutto e sarai mia.!» disse con occhi che diventavano rossi, il viso deformato e folle.
Era impazzito. Era tutta opera sua! Erano stati i suoi burattini! «Inizialmente avevo puntato Inuyasha, poi però si è presentato anche l’altro demone cane sacrificando la sua spada… che fortuna! Due mostri da analizzare! Il capo del governo e il generale era entusiasti!» continuò il suo folle discorso.
 
«Hojo ti prego, ti prego, se vuoi me…sarò tua, ma ti prego aspetta che nasca il mio bambino, ti prego sarò tua. Ma non far del male al mio bambino.» disse Kagome disperata tra le lacrime.
 
Hojo rise in modo folle. Non smetteva.
 
«Sei proprio sotto un incanto eh? ma tranquilla. Se hai desiderio di maternità una volta disfatto di quell’essere ti darò io un bambino. Anzi, non vedo l’ora.» disse lui leccandosi le labbra. Fece un ultimo passo e la raggiuse.
 
Kagome ormai piegata a terra disperata senza vie d’uscita, piangeva. Se solo fosse stata forte come Inuyasha per proteggere il suo bambino. “Perdonami amore della mamma! Perdonami! non sono capace di proteggerti” disse al suo bambino dentro di se stringendo le sue mani al ventre come per abbracciarlo.
 
Ma improvvisamente Kagome sentì la sua coscienza vacillare e una forza demoniaca prendere possesso di se, mantenne a stento il controllo. Vide le unghie trasformarsi in artigli dolorosamente e una forza devastante impossessarsi di lei. Alzò lo sguardo su Hojo che la guardava orripilato. Vedeva tutto in modo nitido e perfetto. Non aveva mai visto in quel modo. Si era traformata.
 
Hojo si riprese dallo stupore e fece per infilzarla con la siringa. Kagome notò come il movimento fosse così lento. Possibile? No. Lei si era trasformata in un demone. Capì che suo figlio voleva salvarla. L’istinto di sopravvivenza preso il sopravvento. Bloccò facilmente il braccio del suo aguzzino e lo spezzò semplicemente stringendolo.
In quel momento capì quanta delicatezza e attenzione usasse Inuyasha con lei. Le era parso solo si spezzare un grissino. Sentì l’urlo dell’uomo e lo spinse con violenza fino all’altro capo della stanza facendolo sbattere al comodino e svenne. Kagome percepì che si stava indebolendo. Suo figlio le “diceva” in questo modo di scappare il prima possibile. Buttò giù la porta e scattarono diversi allarmi. Non aveva tempo!
 
Sentì l’odore di Rin e corse verso una stanza lontana dalla sua e buttò giù la porta. Rin era sola legata come una cavia e urlava. Si guardarono e Rin riconobbe a stento Kagome che senza cerimonie la slegò, la prese in braccio e la portò via. Percepì l’aria fresca, e quindi un uscita! seguì quel filo d’aria e finalmente trovò la porta che collegava all’esterno, correva sperando che la forza demoniaca non venisse meno in quel momento e spalancò la porta e si ritrovò una scena agghiacciante. In strada vi erano Sesshomaru e Inuyasha, legati con pesanti catene. Scortati da sei carrarmati e soldati intorno, tutti si bloccarono nel vedere le due ragazze. Inuyasha mormorò un qualcosa, prima di guardarsi con il fratello e annuire. Sembravano dire “ora possiamo” con un fluido gesto spezzarono le catene, Inuyasha velocemente si fiondò verso i primi due carrarmati disintegrandoli con un pugno, per poi spostarsi verso le ragazze per proteggerle dalle pallottole che intanto venivano sparate dai soldati Sesshomaru intanto distrusse quattro carrarmati. I soldati, visti i carrarmati distrutti, capendo che non avevano speranze scapparono nella struttura per chiamare aiuti. Sesshomaru prese velocemente Rin in spalla e preso il volo, mentre Kagome ormai incapace di rimanere in piedi essendo che la trasformazione era terminata (le unghie erano tornate normali e non aveva più forza) fu presa in braccia da Inuyasha.
 
«Amore mio…» mormorò lui rincuorato, stringendo sua moglie a se.
 
 
 
I quattro volando e correndo trovarono nascondiglio tra le montagne, in una grotta.
 
«Cosa è successo?» chiesero all’unisono tutti e quattro una volta ripreso fiato.
 
Rin spiegò del malessere di Kagome, e di come alcune persone si erano prestate a soccorrerla insistendo per portarla in ospedale, nonostante la stessa Rin diceva che di li a poco si sarebbe ripresa, per evitare che Kagome andasse in ospedale. Ma l’avevano comunque presa e messa in auto per portarla in ospedale e lei l’aveva seguita. E nel momento in cui aveva cercato il telefono di Kagome per avvisare a casa… non aveva più la borsa Kagome... probabilmente nel caos… quelli l’avevano presa di proposito. E così si era ritrovata prigioniera. Le hanno separate, dicendole che una volta finito tutto sarebbero state libere.
 
Kagome intervenne dicendo quelle che le aveva detto Hojo. Tralasciando il fatto che volesse farla abortire.
 
«E’ lui la causa di tutto. Siamo state sue pedine inconsapevoli. Ci controllava sempre. Non possiamo tornare a casa. Non so come, ma ci controllava… sempre.»
 
«Invece nel nostro caso si sono presentati casa tua, con soldati e carrarmati. Intimandoci di andar con loro o vi avrebbero fatto del male. Naturalmente eravamo capaci di liberarcene, ma non sapevano dove eravate. E quindi era meglio seguirli per evitare che vi facessero del male…» disse Inuyasha.
 
«Kagome…come è possibile che ti sei trasformata in un demone? Ho visto…» stava chiedendo Rin ma fu bloccata da Kagome. Sapeva che doveva affrontare la questione, anche se non voleva.
 
«E’ stato il mio bambino… il nostro bambino» disse lei guardando commossa Inuyasha «Mi ha difesa. Ci ha difesi. Permettendomi di usare la sua forza demoniaca. Se non fosse stato per lui…» disse lei incapace di continuare.
 
Basta non ne poteva più. Hojo aveva rovinato tutto.
 
«Ma quindi il matrimonio…» mormorò Rin preoccupata.
 
«Rin non mi sposerò più qui. Non abbiamo tempo. Dobbiamo tonare nel nostro mondo. Anche per Sesshomaru.» Rin la guardò stupita e Sesshomaru e Inuyasha sospettosi. «Credi che non mi sia accorta, mentre ero trasformata, che perdevi aurea demoniaca?» disse lei guardando male suo cognato e anche suo marito, che gliel’aveva tenuto nascosto.
 
«Ma cosa? Sesshomaru…tu…stai morendo?» chiese sconvolta Rin. E il silenzio calò. Spezzato poco dopo da Kagome.
 
«Dobbiamo tornare a casa.» disse decisa.
 
«Si? E come sacerdotessa?» chiese Sesshomaru scettico.
 
«So dove possiamo trovare la risposa.» rispose. «Andiamo a casa di Hojo.»
 
 
 
 
 
 
 
 



 
Vi chiedo SCUSA!!! Ho tardato. Tanto, tanto, tanto per questo capitolo. Ma ho avuto tantissimi impegni e non avevo un attimo di tregua. Ed ora eccomi qui. Spero vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate……….. Il cattivo alla fine è Hojo. ;)
Cosa avrà in mente la nostra Kagome?
 
 
UN BACIO
VOSTRA Lunemy

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Capitolo 14
*** La fidanzata di Hojo ***


Capitolo 14

La fidanzata di Hojo
 
 




Kagome digitava frenetica sulla tastiera. Dietro di lei Rin, Sesshomaru e Inuyasha la guardavano tesi.
Si erano recati in un internet point, in quanto Kagome diceva che tramite quella scatola magica, chiamato computer, potevano sapere dove Hojo abitasse… era tempo che frequentava quel mondo Inuyasha, ma ancora molto lo stupiva.
 
«Trovato!!» esclamò Kagome dopo pochi minuti «Abita nella zona ritenuta ricca… un condominio di lusso… non molto distante da qui!» esclamò vittoriosa spegnendo quell’aggeggio. Era davvero magico, era un contenitore infinito di informazioni, dedusse il mezzodemone incredulo.
 
«Bene. Ora lo facciamo fuori?» chiese freddo Sesshomaru pensando a come aveva trattato sua moglie, rapita e legata. L’avrebbe pagata quel bastardo.
 
Kagome negò con la testa.
 
«No. Non gli torceremo un capello. Non siamo assassini.» a queste parole il demone cane la guardò scettico come a voler dire “parla pe te”, ma Kagome continuò decisa:
«Lui nella sua follia mi ha spiegato che lui stesso ha chiuso il passaggio. È stato lui la causa del vortice che ci ha portati qui e dei demoni scimmia impazziti. Dobbiamo andare a casa sua e trovare la soluzione. Lui ha bloccato il passaggio con qualche tecnologia, sicuramente ci sarà il modo per sboccarlo.» spiegò. Aveva intenzione di usare ciò che li aveva intrappolati.
 
«Dobbiamo introdurci in casa sua?» chiese preoccupata Rin, sempre più pallida. Il pensiero di Sesshomaru sofferente la stava consumando, voleva andare via il prima possibile, salvarlo, ma tutto sembrava impossibile in quel mondo.
 
«Oppure prendiamolo mentre dorme minacciamo di ucciderlo e il gioco è fatto. Vedi come canta!» disse aggressivo Inuyasha. L’avrebbe ucciso volentieri quel folle. Nessuno tocca sua moglie e ne esce illeso.
 
«No. Sicuramente è controllata la casa con l’allarme. Non possiamo introdurci tutti. Andrò io. Voi non conoscete la tecnologia e non sapreste cosa fare. Rimanete di guardia fuori casa…» disse lei e Inuyasha sbuffò.
 
«E se lui sta all’interno? E ti rapisce di nuovo e riesce nel suo intento?» chiese arrabbiato. Non avrebbe lasciato sua moglie e il suo cucciolo da soli.
 
«No. Sono sicura che non è in casa… durante la mia trasformazione, gli ho fatto male… e non può essere stato dimesso in due ore. Non per le ferite che gli ho inferto. Ha sbattuto violentemente la testa sul muro e giurerei di aver sentito odore di sangue, ma ero presa a scappare e a cercare Rin e non mi sono accertata del danno… ma sicuro gli ho fatto male.» ammise Kagome non molto fiera di se, non amava la violenza fisica… ma l’avrebbe fatto altre mille volte per salvare il suo bambino!
 
Inuyasha annuì rassicurato.
«Va bene. Ti introdurrai tu in casa sua.» disse riluttante Inuyasha «Ma al minimo problema vengo!» aggiunse deciso. Kagome, nonostante la situazione, sorrise al suo premuroso mezzodemone.
 
«Kagome… hai detto che probabilmente ci sarà l’allarme... come farai a passare senza farlo scattare?» chiese Rin che era più informata dei due demoni riguardo i sistemi di sicurezza, grazie le serate passate a guardare film polizieschi con Sota.
 
«Ci stavo pensando… mi fingerò la sua fidanzata… dirò al guardino che voglio fagli una sorpresa e quindi di disinserire l’allarme…» rispose lei non molto sicura del suo piano. Ma era meglio di niente.
 
Tutti annuirono. Era l’unico piano fattibile. Più passava il tempo meno era attuabile, quindi uscirono velocemente dall’internet point -pagato grazie alle poche monetine che Kagome aveva in tasca, in quanto le avevano rubato la borsa nel rapimento- e seguirono Kagome che faceva strada verso casa di Hojo.
 
 
Dopo diversi minuti intravidero un lussuoso condominio. Si nascosero in una stradina laterale e Kagome iniziò a sistemarsi i capelli con le mani.
 
«Che fai?» le chiese sconcertato Inuyasha. Di certo non era il momento di farsi bella! Kagome lo guardò spazientita e alzò gli occhi al cielo.
 
«Devo essere credibile, non una sconosciuta che con i capelli a pazza cerca di entrare in casa di una persona facendosi aprire dal guardiano, ma devo sembrare la fidanzata di Hojo, un ingegnere di alti livelli. Tutto dipende da questa farsa.» disse lei secca, sistemandosi la gonna e la giacca nascondendo quel piccolo tondo ventre. Inuyasha la guardò male, mentre lei cercava di nascondere il suo cucciolo.
 
«Tu sei mia moglie, se non te ne sei dimenticata!» disse lui preso da una rabbia improvvisa. Sapeva che stava sparando una cavolata…sapeva che lei doveva essere credibile, ma già solo immaginala anche solo per una farsa “fidanzata di quell’essere” gli ribolliva il sangue demoniaco… ma Kagome invece di guardarlo male, come faceva solitamente a una sua cavolata, lo abbracciò forte.
 
«Sono tua!» disse al suo orecchio canino, tranquillizzandolo. Rin e Sesshomaru spostarono lo sguardo in imbarazzo e dopo un po’ di tempo Rin tossì per richiamarli alla realtà.
 
«Passa il tempo.» disse Sesshomaru spazientito, mentre la debolezza si faceva sempre più spazio nel suo corpo.
 
I due si allontanarono e Kagome prese un profondo respiro.
Guardò tutti prima di imboccare la strada principale che portava al condominio di Hojo. La porta era automatica e si aprì in sua presenza. Un tappeto lussuoso si estendeva per tutto l’atrio. Sembrava più un hotel che un condominio. Un uomo con indosso un abito elegante le si avvicinò uscendo da una porticina sulla destra. Doveva esserci qualche sensore che avvisava dell’entrata delle persone.
 
«Salve signorina, come posso aiutarla?» chiese l’uomo cordialmente. Poteva avere una sessantina d’anni e sembrava buono e gentile.
 
«S-salve sono Kagome Higurashi e sono la f-fidanzata di H-Hojo» mormorò balbettando Kagome, abbassando lo sguardo. Non sapeva proprio dirle le bugie. Stava già per continuare con la sua bugia inventata sula momento ossia “è il suo compleanno e vorrei fargli una sorpresa cucinandogli una cenetta a casa sua” ma fu bloccata dal signore che la guardò raggiante.
 
«Ma certo sei Kagome! finalmente la conosco signorina! Mi chiedevo quando sarebbe venuta a trovare il suo fidanzato! Ci parla spesso di voi! So che tra qualche mese vi sposerete! Hojo è davvero un ragazzo d’oro, siete fortunata! L’ha aspettata tutto questo tempo attendendo che lei finisse i suoi studi all’estero! Un ragazzo innamorato e fedele!» disse l’uomo con voce allegra. Kagome rimase di sasso.  Quante bugie aveva raccontato Hojo in giro?! lei la sua fidanzata? Si dovevano sposare? Che lei stava all’estero e lui l’aveva attesa? Assurdo… era un folle!
 
«Guardi il signor Hojo non c’è ora, mi dispiace…» aggiunse il signore mortificato. Come se fosse scontato che lei lo volesse ardentemente vedere. Eh bè, come dargli torto da quello che gli aveva raccontato Hojo, ai suoi occhi erano un coppietta innamorata e felice.
 
«Ecco… io volevo fagli una sorpresa» pigolò Kagome più fiduciosa della sua farsa.
 
Vide l’uomo preso alla sprovvista e la osservò. Era in dubbio se farla passare. Probabilmente si accedeva solo su permesso esplicito dei proprietari di casa. Si fermò al suo ventre notando il leggero rigonfiamento.
 
La giacca di Kagome si era spostata.
Cavolo non aveva coperto bene la pancia! Tutto sarebbe andato all’aria!
 
«Ma adesso si spiega tutto!» esclamò l’uomo con sospettoso, osservandola stringendo gli occhi… Kagome si sentì ghiacciare. L’aveva scoperto. Sicuramente nei racconti di Hojo non era incinta e questo aspetto stava facendo sospettare il guardiano…cavolo, cavolo, cavolo!
 
«Ecco perché il signor Hojo in questo periodo è sempre felice, non solo per il matrimonio! Aspettate un bambino! Ma che bella notizia! Ma allora se vuole entrare in casa, che ritengo a breve sarà anche sua, faccia pure! Le disattivo l’allarme!» disse l’uomo gentile dicendole quale era l’appartamento.
 
Kagome prese un profondo respiro, quando il guardiano le diede le spalle per disattivare, dal quadro elettrico dietro la porticina, l’allarme dell’appartamento di Hojo. Pericolo scampato.
Si diresse all’appartamento indicatogli. Si sentì in colpa per aver ingannato l’uomo, anche se in realtà era tutta colpa di Hojo stesso. Le aveva inconsapevolmente facilitato le cose.
 
Aprì la porta dell’appartamento e si trovò in una casa sfarzosa e arredata con le ultime tecnologie, tv grande e ultramoderno, aspirapolvere robotica che -in azione in quel momento- puliva da sola, frigo ultima generazione. Sembrava una casa del futuro. Kagome notò delle foto appese in tutta la casa. Tante foto. Si avvicinò per osservarle in quanto le sembravano scene familiari… e una profonda angoscia e paura la travolsero guadandole. Erano delle sue foto, in vari momenti della sua vita. Ovunque c’era lei. Era stata spiata seguita, per anni senza che se ne accorgesse. Oddio… In alcune foto Hojo aveva sicuramente apportato delle modifiche perché invece che stare abbracciata a delle amiche, come ricordava Kagome di aver passato certi momenti, era invece abbracciata a lui, cosa impossibile in quanto mai avvenuta… e questa foto Hojo l’aveva stampata a dimensione 60X80 e appesa nel salotto. Oddio.
 
Kagome si riscosse. Non aveva tempo. Trovò il pc di Hojo sulla scrivania e l’accese. Maledizione la password! Kagome provò due volte, con il nome di Hojo combinato con la sua data di nascita, ma non era quella corretta. Provò con il suo stesso nome, combinato con quello di lui “HojoKagome” se era un folle… e infatti la password era corretta. Kagome fece una smorfia disgustata.
 
Le venne l’idea di prendere il pc e potarlo via con se, per analizzarlo al sicuro, ma se l’avesse fatto Hojo avrebbe capito cosa aveva intenzione di fare e avrebbe trovato il modo di bloccarla. Cliccò sulla cronologia e osservò tutte le azioni che aveva compiuto. Una miriate di ricerche sui portali. Iniziò a leggere velocemente, come mai aveva fatto in vita sua.
 
E finalmente trovò la risposta dopo venti minuti di ricerca. Memorizzò ciò che serviva.
Prima di spegnere il computer notò una cartella sul desktop nominata “Demoni scimmia microchip”. L’apri è notò una cartella di collegamento a un server. Tra le diverse attività: “controllo vista” “comando impulsi elettrici” “disattiva” vi erano anche “autodistruzione chip comando a distanza e spia –totale o selettiva-”.
 
Kagome non ci pensò due volte. Cliccò su autodistruzione totale. Si aprì una cartella di avanzamento. Erano previsti dieci minuti per la cessazione dell’azione. Kagome attese ogni secondo augurandosi che tutto andasse a buon fine. Non si sentiva sicura. Aveva ipotizzato di aver fatto abbastanza male a Hojo durante lo scontro e che lui dovesse rimanere di conseguenza ricoverato in ospedale… ma Hojo poteva comunque mandare qualcuno per controllare la situazione a casa. Finalmente l’avanzamento terminò e Kagome eliminò tutte le sue tracce dal computer.  Stava per uscire quando la porta si spalancò e lei fece appena in tempo a nascondersi dietro la tenda di una finestra li vicino. Hojo insieme al guardiano entrarono nell’appartamento.
 
«Ha detto che la ragazza che si è presentata come mia fidanzata è entrata, ma non è uscita giusto?» disse Hojo aggressivo, il signore annuì mortificato.
 
«Non avevo capito che fosse una ladra di identità, mi perdoni… credevo fosse la sua fidanzata, così ben vestita e curata. Mi perdoni per non aver controllato meglio l’identità.» disse chinandosi in segno di scusa.
 
«Le avrei detto se la mia fidanzata fosse stata incinta non crede? Anzi, sarebbe stata già mia moglie!» disse lui aggressivo girando le stanze cercandola.
 
Kagome sentiva il suo cuore battere spaventato. E ora? L’avrebbe scoperta. Era in trappola!
 
«Dove sei delinquente! Ho chiamato già i soldati!» esclamò urlando Hojo come un folle in tutta la casa, mentre il portinaio lo seguiva a testa bassa.
 
Kagome improvvisamente sentì qualcuno prenderla di peso da dietro la finestra, coprendole la bocca per non farla urlare. E si ritrovò con un balzo fuori dalla finestra atterrando per strada. Inuyasha l’aveva salvata. La prese in braccio e silenziosamente scapparono verso la stradina secondaria in cui erano nascosti Rin e Sesshomau.
 
Kagome respirò a fatica. Aveva avuto molta paura. Abbraccio suo marito.
 
«Grazie...» disse lei felice, staccandosi. «So come tornare a casa. Ho eliminato sia i microchip dei demoni scimmia -adesso non sono più comandati- e sia i microchip spia , adesso non saremo più spiati... Ma dobbiamo sbrigarci. Lo strumento che ci permetterà il passaggio nel nostro mondo l’ho attivato, ma si disattiverà per sempre tra quindici minuti, ho messo un timer per evitare future intrusioni… Dopo che imploderà… non sarà più possibile passare tra le due epoche!» disse Kagome con tono allarmato e triste. Sapeva cosa significava.
 
«Andiamo allora che aspettiamo!» disse Sesshomaru che si sentiva sempre più mancare le forze.
 
Arrivarono correndo a casa di Kagome. Tutti si piazzarono nel tempio, dove prima vi era il pozzo mangia ossa.
 
Kagome prese una pietra appuntita da terra e la poggiò sulla vena di un braccio.
 
«Io ho attivato l’apertura del pozzo, ma vi è un sistema di accesso vocale e fisico per dare il via a tutto, dopo di che il pozzo si autodistruggerà dopo quindici minuti, neanche Hojo potrà più riaprirlo.» disse Kagome seria e preoccupata.
 
«Kagome quindi non vedrai mai più i tuoi parenti…» mormorò dispiaciuta Rin esternando i pensieri che Kagome tentava di ignorare. La sacerdotessa annuì triste, e una lacrima le solcò il viso. Inuyasha le strinse la mano per confortarla.
 
«Come si apre il portale?» le chiese dolcemente. «Serve del sangue? Prendi il mio!» disse notando come lei stava per ferirsi.
La sacerdotessa fece segno di diniego.
 
«No, serve il mio. Hojo stesso ha usato il mio perché sono l’unione dei due mondi. La reincarnazione del passato nel futuro. Il mio sangue è per così dire “magico”» disse lei tagliandosi e facendo scorrere diverse gocce sul terreno. Il punto esatto in cui una volta vi era il pozzo. «Vi aprirò il portale. Passate, non aspettatemi. Io voglio…voglio s-salutare mia m-madre. È l’ultima volta che la vedrò.» disse mentre alcune lacrime le solcavano il viso contro la sua volontà. Aveva amato il fatto di poter vivere in entrambi i mondi. Di non dover dire addio alla sua mamma, di poter vedere i suoi parenti saltando nel pozzo quando voleva. Ma non era più possibile. Doveva salutare la sua mamma. Doveva dirle addio.
 
Inuyasha le si avvicinò «Ti aspetto.» le disse dolcemente.
Kagome annuì. Era inutile insistere. L’avrebbe aspettata lo stesso. Se fosse stata la situazione inversa lei l’avrebbe aspettato, indipendentemente dalle sue insistenze.
 
Kagome prese fiato, aveva ripetuto il codice di sblocco per tutto il tragitto in braccio a Inuyasha per paura che lo dimenticasse. Iniziò nominando ogni singolo numero con tono alto e deciso:
« 0 9 6 4 6 2 3 1 5 7 7 5 3 9 8 6 4 1 1 5 2 1 7 0 0 0 »
 
Sembrava non stesse accadendo nulla, ma dieci secondi dopo un terremoto, circoscritto al sangue per terra di Kagome, si estese creando un buco e questo che si allargò fino a raggiungere le dimensioni del vecchio pozzo. Il terremoto terminò. Tutti e quattro guadarono all’interno del pozzo e il cielo azzurro dell’epoca Sengoku apparve. Gridolini di felicità sfuggirono a Rin.
 
«Sesshomaru andiamo!» disse lei felice, guardano Inuyasha e Kagome grata. Sesshomaru li guardò a sua volta, ma a fatica sempre più indebolito e fece cenno con la testa… come per ringraziarli. Prese per mano Rin e fecero un salto nel cielo antico.
 
Kagome guardò suo marito.
 
«Vado e torno!» disse lei.
Si fiondò a casa sua. Sua madre stava lavando i piatti e aveva l’angoscia dipinta in viso.
«Mamma!» la richiamò lei. Sua madre si bloccò di colpo, lasciò i piatti e abbracciò la figlia.
 
«Kagome! bambina mia, ma cosa è successo?! I militari avevano preso Inuyasha e Sesshomaru, tu non rispondevi al telefono, non sapevo come fare! Sota e il nonno sono usciti a cercarti» disse lei con voce spaventata.
 
«Mamma, io… io devo andare. Per sempre.» disse Kagome piangendo «Sta per chiudersi il pozzo mamma, per sempre e Sesshomaru e Inuysha sono stati scoperti, non possono stare qui… e io non posso vivere senza Inuyasha.» disse Kagome singhiozzando. Non aveva tempo per raccontare della cattiveria di Hojo. I minuti passavano.
 
«Capisco tesoro mio. Avevo sempre sospettato che un giorno avresti dovuto fare una scelta definitiva. Era troppo bello poterti avere anche qui! Bambina mia non piangere. Io ti amo profondamente e ti amerò anche se non ci vedremo più. Ho solo una cosa da darti.» disse sua madre che ormai piangeva insieme alla figlia. Prese da un cassetto una grossa scatola in cui di solito sua madre metteva i medicinali. «C’è un po’ di tutto, di al mio futuro nipotino quanto lo amo… e tieni anche una foto di famiglia, così saprà che faccia abbiamo» aggiunse la signora Higurashi, sorridendo tra le lacrime, prendendo la cornice d’argento, che si trovava sul tavolo, con una foto di famiglia e dandola alla figlia. Diede il tutto alla figlia.
 
Kagome abbracciò ancora la madre «Salutami Sota e il nonno. Digli che voglio loro tanto bene e che li penserò sempre. Mamma…. Ti amerò per sempre! Grazie per la meravigliosa vita che mi hai dato… sei una mamma stupenda, spero solo di assomigliarti quando toccherà a me far da mamma…» disse Kagome staccandosi da lei controvoglia, ma doveva andare.  
 
La guardò un ultima volta e si sorrisero, come a imprimere quell’ultima immagine e uscì di casa correndo verso il pozzo dove suo marito l’aspettava.
 
Inuyasha la vide tornare… tra le braccia aveva diversi oggetti.
 
«Pronta?» le disse angosciato. Kagome lo guardò stupita. Tutto si stava risolvendo perché era angosciato? Un passo e tutto sarebbe finito.
 
«Kagome, sei sicura? Sicura che vuoi vivere nella mia epoca? Sei mia moglie, ma non sei costretta lo sai. Se vuoi vivere qui…puoi farlo. E io me ne andrò per non darti problemi.» disse lui addolorato con occhi tristi. La amava da morire per dire questo.
 
«Inuyasha ho un cucciolo, come dici tu, nel mio grembo che probabilmente avrà le tue stesse fattezze e non vorrei mai farlo vivere in un mondo come il mio, dovrebbe vivere nascosto come un reietto. Preferisco dargli una vita antica di 500 anni, ma in cui possa correre felice e libero tra i prati. E anche se non fosse per nostro figlio, sceglierei sempre di vivere con te nell’epoca Sengoku. Come hai detto tu una volta durante una battaglia, io sono nata per incontrarti.» disse lei stringendogli la mano.
 
«E io per incontrare te» concluse lui rassicurato.
 
Un rumore assordante li travolse. Carrarmati.
 
«DEMONE ESCI FUORI!!! O BOMBADIAMO IL POZZO! NON AVETE MODO DI TORNARE INDIETRO! ORA SEI DI PROPRIETÀ DEL GOVERNO GIAPPONESE MOSTRO! HAI RAPITO KAGOME! SEI UN PERICOLO!» sentì la voce di Hojo, non tanto riconoscibile per via del megafono utilizzato.
 
Kagome e Inuyasha si sorrisero.
 
«Uno» disse Kagome.
 
«Due» aggiunse Inuyasha.
 
«Tre» dissero insieme saltando nel cielo Sengoku.
 
 
 
***
 
 
«Non ci posso credere i demoni scimmia sono morti tutti insieme improvvisamente, senza che nessuno li toccasse» esclamò Miroku di fronte a corpi di demone scimmia. Sango gli si avvicinò dubbiosa.
 
«Non so cosa sia successo, ma meglio così.» disse lei esausta. Non ce la faceva più. Kohaku e Shippo accanto a lei si accasciarono stanchi. Avevano lottato per tre ore consecutive per proteggere il villaggio, ma sarebbe bastato un altro quarto d’ora e avrebbero perso. Non riuscivano più ad alzarsi. Anche Kirara si era ritrasformata in un gattino. Non riusciva più a lottare.
 
Videro arrivare la signora Kaede dal villaggio doveva aver corso o tentato, visto che aveva il fiatone.
 
«S-sono……… sono…qui!» disse con il fiatone piegandosi sulle ginocchia per la fatica.
 
«Chi?» chiese Sango non capendo a ci si riferisse.
 
«S-Sesshomaru e Rin, e anche K-Kagome e Inuyasha.» esclamò la signora anziana a fatica.
 
 
Miroku, Sango, Shippo e Kohaku si guardarono stupiti e increduli e con forze ritrovate improvvisamente, corsero verso il pozzo verso i loro amici di sempre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ebbene si, il prossimo capitolo è l’ultimo. Ditemi… cosa ne pensate di questo? Vi sembra realistico come si è risolto? Sempre parlando di ciò che è realistico in relazione al periodo Sengoku e company…
Vi mando un bacio e saluto di cuore tutte le ragazze che mi hanno scritto e recensito. Grazie, ogni vostro commento mi spingeva a scrivere e a credere nella mia storia. È la mia prima fanfiction, e terminarla mi provoca un sentimento strano, come se perdessi qualcuno. Sensazione che ho ogni volta che finisco un libro che amo particolarmente. J  Spero vi abbia fatto piacere leggere le mie righe.
 
Ringrazio anche le lettrici silenziose, che sono tante. Ora mi commuovo… ma no dai c’è un altro capitolo che vi aspetta… e ci sarà anche un altro colpo di scena…forse! Alla prossima,
vostra
Lunemy

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Capitolo 15
*** Senza Ombra ***


Vi chiedo perdono per questo mio mostruoso ritardo! ecco l'ultimo capitolo... fatemi sapere cosa ne pensate! vi lascio alla storia! un bacio!  
 
Lunemy  
 
Capitolo 15
Senza Ombre
 
 
Sango trovò Kagome, Inuyasha, Rin e Sesshomaru vicini al pozzo.
Tutti loro si guardavano increduli.
Sango notò che la sua migliore amica stringeva tra le braccia qualcosa, come una scatolina, ma non ci badò, corse verso di lei e la travolse stringendola a sè felice.
 
«Oh Kagome! sei qui, sei qui! mi sei mancata così tanto! Stai bene?» chiese Sango apprensiva, guardandola. Kagome annuì subito, notando che la sua cara amica aveva il viso sconvolto.
 
Miroku, Shippo e Kohaku si avvicinarono a loro, li abbracciarono e chiesero cosa era successo. Kagome guadò Rin.
 
«Sai abbiamo tanto tempo. Perché non andiamo nella capanna di Kaede e beviamo uno dei suoi infusi benefici? Ne abbiamo proprio bisogno!» disse Rin felice di stringersi a un forte e colorito Sesshomaru: il cambio epocale aveva sortito il suo effetto. Stava alla grande. Sesshomaru accarezzò il viso di Rin, azione che non sfuggi all’occhio geloso di Kohaku, che non disse nulla per non rovinare quell’aria di festa, ma pensò già irritato che dovevano essere messe in chiaro diverse cose… Rin era la sua fidanzata e non accettava certi atteggiamenti.
 
 I quattro tornati dal futuro raccontarono a Kohaku, Sango, Miroku, Shippo e all’anziana Kaede chi era l’artefice di tutti quei problemi con i demoni scimmia e dello sbalzo temporale. Rimasero tutti sbigottiti sentendo dove la follia aveva portato Hojo. Aveva usato il sangue congelato di Kagome per aprire il portale ed era riuscito a impiantare spie microchip per comandare i demoni scimmia. Era un ragazzo spaventosamente geniale. Raccontarono anche della spada di Sesshomaru, spiegando dunque la presenza di lui e del rapimento di Rin e Kagome nel mondo moderno (e il quel punto Kohaku trasalì, guardando preoccupato Rin). Kaede rimase sbigottita per la trasformazione di Kagome, causata dal bambino che aveva in grembo (e che aveva permesso loro di salvarsi).
 
«Deve essere un entità molto potente, se riesce a prendere il sopravvento sul corpo di una sacerdotessa forte come te. Anzi, forse proprio l’unione dei vostri poteri ha creato qualcuno di più potente. Più forte di voi due» disse l’anziana pensando all’insolito evento raccontatogli. Kagome e Inuyasha si guardarono orgogliosi. Il loro piccolo era già un grande!
Presero la tisana rilassante, ma Sesshomaru, già allo stremo della sopportazione, si alzò scocciato senza dir nulla -rifiutando la bevanda- e uscì fuori dalla dimora di Kaede. Odiava quella gente, anche se Rin glieli aveva resi più sopportabili.
Rin sorrise imbarazzata a mò di scusa per il gesto poco educato del marito e lo seguì fuori. Non si rese conto di essere seguita da un sospettoso Kohaku, fino a quando lui, dietro di lei, tossì vistosamente.
 
Rin si fermò di colpo imbarazzata: davanti a sé aveva le spalle di suo marito, dietro Kohaku e a quest’ultimo doveva una spiegazione.
 
«Kohaku…» mormorò Rin vergognandosi, voltandosi verso di lui. «Ti devo una spiegazione… ecco…» si bloccò, non riuscì a terminare.
 
Kohaku la guardava interrogativo e sempre più preoccupato. Cosa era successo? Ma forse, pensò amaramente, quell’atteggiamento affettuoso di Sesshomaru, tra l’altro raro, non era immotivato… ma… no non era possibile… non era lontanamente accettabile! Lui si era innamorato di lei? No! Era impossibile.
 
«Non dirmelo. Non. Dirmelo. Stai zitta.» le disse zittendola, e si rivolse a Sesshomaru. «Tu, bestia che non sei altro, ti avevo detto che l’avrei sposata una volta che tornata qui. E lo farò. Non mi importa se cambi idea come cambi la tua pelliccia, ma lei è mia»
 
Una risata fredda riempì l’aria. Sesshomaru si voltò per degnarlo di uno sguardo sprezzante.
 
«Forse sei tu che non hai capito che la tua fidanzata è ora mia moglie. La mia donna, la mia compagna, la futura madre dei miei figli. È mia. E nessuno potrà mai portarmela mia.» disse lui con occhi gelidi che facevano paura. Continuò: «Essendo Rin la moglie del più grande demone cane, ciò la pone ad un livello sociale superiore a tuo. Dunque nessuno zittisce la mia donna. Ti lascio in vita solo per l’affetto che, mio malgrado, mia moglie ha per te, e per averle salvato la vita tempo fa. Ma non ti perdonerò un'altra villania nei suoi confronti e tanto meno dei miei.» terminò Sesshomaru. Dopo di che spostò lo sguardo su sua moglie, era uno sguardo travolgente e intenso. A cui Rin rispose con un dolce sorriso.
 
Kohaku era sbigottito, arrabbiato, geloso… se l’era sposata? Ma mah… sentiva la rabbia salire quando…
 
«Kohaku» lo richiamò Rin, con voce colpevole. Lui la guardò male, lei continuò: «Probabilmente quello che sto per dire lo trovi stupido e inutile, ma io… davvero ti voglio bene e te ne ho voluto. E ti ringrazio, per tutto quello che hai fatto per me, per essermi stato vicino, e per avermi voluto bene. Ti ringrazio… e capisco se mi mandi a quel paese ora. Capisco la tua rabbia e frustrazione. Ti senti preso in giro, infondo ero la tua fidanzata, e mi ritrovi sposata con un altro… dopo tutto lo sconforto e paura che avrai provato per la mia sorte ignota. Ti chiedo perdono, ma non c’era modo di avvisarti. Ho scelto la gioia della mia vita, spero che un giorno potrai capire e perdonarmi… Ti auguro una vita felice.» disse Rin con voce rotta. Le faceva male dirgli addio. Ma doveva tagliare i ponti con Kohaku, per rispetto a Sesshomaru e per lo sterminatore stesso. Si sarebbe rifatto una vita, ora che aveva tutto chiaro.
 
Kohaku non le rispose. Le diede le spalle per non farle vedere le sue lacrime. L’amava…la voleva… ma non era più sua.
 
«Non posso perdonare il mio assassino. Non adesso.» riuscì a dire cupo lui, scappando veloce verso la foresta lì vicino. Rin spalancò gli occhi spaventata…
 
«Sesshomaru, oddio non farà una stupidata? Non si farà del male?» chiese sgomenta.
 
«No. Ha troppo rispetto per la seconda vita che gli è stata donata.» rispose con sicurezza il demone cane. Rin si tranquillizzò, ma il senso di colpa imperava in lei. L’aveva fatto soffrire. Ma non poteva fare altro…
 
«Anche se non vorrei, so che soffri per lui. Ma stai tranquilla, si riprenderà. Stai parlando di colui che è tornato da una quasi morte, potremmo dire. Se è riuscito a superare quel problema psicologico figurati se non supera un rifiuto in amore.» disse Sesshomaru, consolandola sul suo ex pretendente, suo malgrado. L’amava proprio. Si avvicinò a sua moglie posandole una mano sulla spalla. Rin lo guardò grata, rincuorata in parte, ma…
 
«Problema “psicologico?” Una parola futuristica è fuoriuscita dalla tua bocca?» disse lei ridacchiando leggermente. Il demone cane più potente al mondo che parlava di problemi “psicologi” lì, era proprio strano.
 
Lui alzò gli occhi al cielo.
 
«Vorrei avere un'altra cosa in bocca.» le disse lui improvvisamente serio stringendola a se. «Le tue labbra» sussurrò baciandola con vigore.
 
 
***
 
 
Finito di raccontare la storia ai loro amici, Kagome e Inuyasha andarono nella loro dimora. Kagome era particolarmente stanca, fuggire con un pancione era particolarmente faticoso, e aveva bisogno di riposare, ma prima di farlo -mentre Inuyasha era fuori a procurare la legna per scaldare la casa- posizionò la cornicetta d’argento con l’immagine dei suoi parenti su una mensolina. Prese la scatolina che le aveva consegnato la madre e l’aprì. Vi erano tantissimi medicinali oltre a siringhe, cerotti, garze e disinfettante. Kagome spostò questi e ritrovò un foglio piegato. Lo aprì:
 
Bambina mia,
se leggi queste righe significa che è arrivato il momento di dirci addio in fretta e furia. Sappi che mi mancherai tantissimo, ma vivrò tranquilla sapendoti felice. Ciò che purtroppo non vedrò sarà il visetto del mio nipotino, e questo lo rimpiango. Vorrei tanto aver avuto la possibilità di conoscerlo. Ma il mio periodo temporale non lo permette. Lo amerò lo stesso a distanza di anni e spazio, così come continuerò ad amare te e quell’irruento adorabile di mio genero. Piccola mia, nonno e Sota ti mandano tutto il loro amore e sappi che sostengono la tua scelta. Pregherò sempre per voi.
Vivi felice e senza ripianti.
Ti ameremo per sempre.
Mamma” 
 
Leggendo queste righe Kagome scoppiò a piangere. Versò tantissime lacrime tanto che tornato Inuyasha un’ora dopo -carico di legna in spalla- entrando in casa ne sentì l’odore, nonostante lei avesse fatto di tutto, lavandosi il viso e fingendo allegria, pur di non farglielo notare.
 
«Kagome ti amo, e non ripagherò mai abbastanza il tuo sacrificio» disse lui, facendo cadere a terra la legna e abbracciandola.
 
«Ti amo, ti amo più di tutto e tutti.» rispose lei, felice e angosciata nello stesso tempo.
 
***
 
QUARANT’ANNI DOPO - MONDO MODERNO
 
L’anziana signora Higurashi sistemava le piantine che aveva posizionato nel tempio, che un tempo aveva ospitato il pozzo magico.
Dopo che sua figlia era fuggita alla sua follia, Hojo, non si era dato pace: aveva scavato nel tempio senza sosta per giorni, pur di trovare il passaggio ormai chiuso, fino a quando la signora Higurashi non era riuscita a cacciarlo dalla sua proprietà con l’aiuto di un avvocato, che sotto minaccia di una causa, l’aveva allontanato. La signora Higurashi seppe successivamente che Hojo non si era dato mai pace per aver perso Kagome, creando diversi disagi a lavoro, e che per questo era stato degradato e rinchiuso in una casa di cura psichiatrica.
 
La signora Higurashi guardò all’interno del tempio: ora al suo posto vi era solo terra. La signora Higurashi passava ore in quel posto, soprattutto da quando il nonno era morto e Sota si era sposato. Si sentiva più vicina alla sua amata figlia così. Si chiedeva spesso come stesse, e come era il suo nipotino.
Quella mattina aveva posato gli strumenti da giardinaggio a terra, vicino al luogo in cui sorgeva il pozzo, e nell’andare a riprendere gli strumenti notò una scatola familiare come riemergere dalla terra... ma la riconobbe! era la scatolina dei medicinali che aveva dato a sua figlia quarant’anni fa! Come era possibile? Ma... non è che per caso le era caduta prima di tornare nell’epoca Sengoku, quarant’anni fa? Angosciata la prese lentamente, come le permettevano i suoi ottant’anni. L’aprì sconsolata, sicura di ritrovare ciò che lei stessa aveva messo, quando invece la ritrovò piena di antiche pergamene piegate. Stupita prese queste pergamene e le aprì. Erano… dei disegni ben fatti, raffiguranti prati e… Kagome! la sua bambina in abiti antichi! Aprì le altre pergamene intrepida, ed ecco altre immagini disegnate sempre meglio, Inuyasha in casa decisamente meno giovane da come lo ricordava, vicino al fuoco… riconobbe sullo sfondo del disegno un seggiolino rovinato e sgualcito, ma appartenente al mondo moderno… era quello che aveva comprato lei! Aprì altre pergamene, ed ecco rappresentato un ragazzo bellissimo con gli occhi dorati e capelli bianchi neve, era simile a Inuyasha… ma non lo era… era quindi il suo nipotino? Aprì un'altra pergamena e in questa vi erano cinque persone rappresentate: Inuyasha, Kagome, il suo nipotino… e altri due bambini, simili al primo. Aprì poi l’ultima pergamena che non era un disegno, ma una lettera.
 
Ciao Nonna,
Sono Sota Inoua Taisho, il tuo nipotino.
Se ti è arrivata questa lettera significa che la mia idea era giusta: il pozzo in qualche modo (in modalità minore), funziona ancora, dopo un blocco di qualche anno! Anche se non so perché! I disegni che hai visto, sono tutti ritratti di famiglia realizzati da me. Ho ritrovato per caso la lettera che tu quarant’anni fa scrivesti a mamma, prima che lei si trasferisse qui definitivamente (mi hanno raccontato tutto quello che successe). Mamma e papà stanno bene, papà non fa mancare nulla a mamma e si amano anche troppo! (povere le mie orecchie canine certe notti!) Grazie a lei io e i miei fratelli -si hai avuto due altri nipotini: Inoy e Yashy- sappiamo leggere e scrivere e spesso mamma ci racconta della sua infanzia futuristica. Incredibile!
 
Ho letto nella tua lettera che avresti tanto voluto conoscermi! Ed eccomi nonna, ho quarant’anni, ancora sono molto giovane per il mio stato di mezzodemone, sono come nel periodo dell’adolescenza nella vita umana. Papà ha donato tempo fa, a costo della sua preziosa spada, una vita prolungata a mamma con un particolare e antico incantesimo, in modo che lei avesse una prospettiva di vita demoniaca e non umana, anche se questo ha portato mamma a perdere i suoi poteri. Con l’andare del tempo si è detta contenta di ciò, poiché il potere spirituale richiedeva una grande responsabilità al villaggio. Inoy e Yashy hanno rispettivamente trent’anni e vent’anni. Viviamo vicino al villaggio di zia Sango e zio Miroku. Purtroppo Zio Miroku è morto poco tempo fa di vecchiaia e mamma ne ha sofferto molto, papà anche, ma non l ha fatto notare. La signora Kaede è morta quando io aveva un anno, ne ho solo sentito parlare, ma non ho ricordi di lei naturalmente. Mamma adesso trascorre le giornate creando, con l’aiuto di papà, infusi di erbe mediche e ha creato dei ricettari di questi che consegna a tutti (insegnando a queste persone anche a leggere) perché tutti si devono saper curare, dice! Zio Kohaku non si è mai sposato invece, non ho mai capito perchè, e non è mica brutto! Zio Ghiacciolo Sesshomaru era molto gentile con me e i miei fratelli tempo fa, fino a quando non siamo cresciuti fisicamente. Dice che ora assomigliamo troppo a papà e non gli siamo più simpatici.  Sua moglie, Zia Rin, ora aspetta un quinto bambino! Avremo un altro cuginetto. Zio Sesshomaru per donare la vita demoniaca a Zia Rin ha sacrificato un suo braccio. Anche se non ho capito bene perché proprio il braccio. Zio Shippo lo vedo ogni tanto, vive nella tribù dei demoni volpe ed è tanto simpatico!
Nonna io non ho detto nulla a mamma di questo mio tentativo di mandati una lettera, per paura che non andasse a buon fine e la illudessi.
Sappi che ti pensa spesso, e abbraccia la vostra foto. Lo so che porto il nome di mio Zio umano Sota, salutamelo e spero che sia bello come me! Nonostante non ti conosco nonna, sappi che ti voglio bene e te ne vogliono anche i miei fratelli, questo grazie ai racconti di mamma e papà che non hanno mai smesso di amarti e raccontarti.
Il tuo nipotino
 
Sota”
 
 
La signora Higurashi commossa, strinse a sé incredula quella preziosa lettera. La sua bambina era felice, avrebbe vissuto a lungo e i suoi nipoti la amavano, pur non conoscendola. Sorrise, uscendo dal tempio, felice di avere quei ritratti. Li avrebbe incorniciarti e appesi vicino alle foto dei suoi altri due nipotini, i figli di Sota. 

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