I Quattro Cavalieri

di Manto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una tranquilla giornata al Seireitei... forse. ***
Capitolo 2: *** L'Avvento delle Ombre ***
Capitolo 3: *** Guai in vista ***



Capitolo 1
*** Una tranquilla giornata al Seireitei... forse. ***


Fatta eccezione per le OC Tsuki e Hoshi, i personaggi qui trattati non ci appartengono. Questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.


Era una tranquilla giornata alla Soul Society.

Tsuki si spostò un ricciolo ribelle dalla fronte, e si perse con lo sguardo nel cielo: la serenità del primo mattino, l’azzurro puro della volta appena intaccato dall’ombra della luna erano così intensi da proteggerla dalla confusione che già dilagava tra le strade del Seiretei.

Questo era così ribollente di voci, ordini e persone da renderlo un inferno che lei poteva ammirare dal suo angolo di paradiso, lì su quella dolce collina.

- Me ne starei qui per tutta l’eternità -, sussurrò la Shinigami, - ma il dovere chiama. - A quel punto, con un sospiro, si voltò per guardare il meraviglioso ciliegio che dominava quel luogo e chi dormiva beatamente sotto di esso.

Gattonando fino a questi, gli scoccò un leggero bacio sulla guancia, per poi strofinarvi contro il naso: - Buon riposo, mio Capitano -, gli sussurrò, per poi rimanere a guardarlo ancora un istante. Dormiva veramente, o faceva finta?

La voglia di sdraiarsi al suo fianco stava per prendere possesso di lei, quando delle urla che conosceva fin troppo bene le fecero cambiare completamente idea. - Sì, decisamente il dovere mi chiama… e anche a voce alta! -, mormorò con un sospiro sconsolato. Si scrocchiò le dita, ben consapevole di ciò che l’aspettava di lì a poco, e si diresse a passo spedito sul sentiero che la portò ai piedi dell’altura; ma lì si bloccò e fece un ghigno diabolico: - So però chi potrebbe darmi una mano a svolgerlo! -, esclamò, iniziando a correre per raggiungere più velocemente il suo obbiettivo.


 


 

La figura sotto il ciliegio aprì gli occhi.

Senza che la giovane se ne accorgesse o potesse solo sospettarlo, lui la seguì con il suo sguardo glaciale, un ghigno sempre più ampio sul suo volto, finché lei non scomparve.


 

*****


 

Era una tranquilla giornata alla Soul Society… ma anche no.

Una giovane Shinigami dalla fulva chioma stava in bilico sulle punte dei piedi, ben attenta a non toccare neppure per sbaglio la pila di documenti che ingombravano la scrivania e i suoi dintorni, rendendole difficoltosi i movimenti. Era quasi certa che quel maledetto si fosse costruito apposta quella muraglia difensiva!

Intinto un pennello nell’inchiostro viola che aveva appena comprato, lo poggiò il più delicatamente possibile sopra i tatuaggi che adornavano il volto dell’amico. Si rammaricò appena di poterli ricalcare solo sul lato destro, ma a quel testardo piaceva renderle le vita complicata, e proprio quella mattina si era addormentato sul tavolo con metà del volto sepolto tra le braccia, invece che sul divanetto situato dall’altra parte della stanza come faceva di solito.

Poco male’, si disse lei, trattenendo il respiro per un grugnito che era scappato dalla bocca dell’ignara vittima della sua arte, pregando il suo sonno pesante di resistere ancora per un po’, ‘vorrà dire che sembrerà ancora più squinternato con i tatuaggi bicolore: peggio per lui!’

Una cosa era certa: lui non ne sarebbe stato per nulla contento e avrebbe cercato di staccarle la testa a morsi, ma la sua era una giusta vendetta, e non aveva intenzione di demordere proprio ora.

Ancora uno svolazzo, e la sua opera poté dirsi conclusa.

- Evvai! -

Si maledisse mentalmente, mordendosi la lingua. Era talmente esaltata da quello scherzo così ben riuscito che si era lasciata un po’ troppo andare, e ora il suo strillo aveva certamente ridestato l’attenzione delle guardie che aveva evitato accuratamente meno di mezz’ora prima.

Si trovava pur sempre senza permesso nell’ufficio di un Vice-Capitano di una brigata che non era la sua, e nonostante non fosse ufficialmente proibito ai vari seggi si spostarsi tra i rispettivi uffici, era quantomeno considerato un atto decisamente scortese non farsi annunciare. Non era mai stato importante prima, quando il suo migliore amico faceva parte dell’Undicesima Brigata erano i suoi stessi membri ad aiutarla a mettere in atto scherzi ai danni di Renji, ma dubitava che nella Sesta avrebbe trovato spiriti altrettanto goliardici. Specie considerando che il loro Capitano era un nobile dalla punta dei capelli a quella del suo Sembonzakura… che sinceramente non aveva voglia di conoscere da troppo vicino.

Ergo, devo filare via alla velocità massima che il mio shunpo permette!’

Alla faccia del suo ruolo di terzo seggio però, la fretta le fece inciampare rovinosamente. Non che fosse una novità, il vederla cadere o inciampare sul nulla: nonostante in battaglia non le fosse mai accaduto, nella vita quotidiana quella scena era molto frequente.

- Ma che diavolo… Hoshi! Che ci fai qui? E che è tutto questo casino? -

Lo sguardo di fuoco di Renji non prometteva nulla di buono, e sentì un po’ di dispiacere all’idea di avergli scombinato un’intera pila di fogli dall’aria terribilmente importante… ma vedere la faccia del suo migliore amico appena destato, con gli occhi cerchiati dalle occhiaie e i tatuaggi per metà neri e ora per metà viola… unisci i capelli rosso sangue sfuggiti alla coda mentre dormiva…

- Sembri un pagliaccio! -, disse Hoshi, e detto questo scoppiò a ridere talmente di gusto che il suo tentativo di rialzarsi in piedi fallì clamorosamente, facendola accasciare nuovamente a terra.

- Ma cosa cazz… - Poi Renji sembrò di colpo collegare i neuroni: la sua amica era entrata nel suo ufficio all’alba, chiaramente non l’aveva svegliato di proposito perciò doveva essere intenta a combinarne una delle sue, e guardandola bene in mano teneva…

- Ti consiglio di guardarti la faccia amico! -

Il ghigno della giovane non prometteva nulla di buono, perciò si sbrigò ad estrarre la sua zampakuto per vedere il suo riflesso, per quanto sommario, sulla lama.

L’urlo che lanciò in quel momento, Hoshi se lo godette appieno insieme alla sua faccia indignata e furiosa, per poi decidere che sarebbe stata una mossa saggia svignarsela finché ancora ne aveva la facoltà, visto che le intenzioni dell’altro erano cristalline: l’avrebbe fatta a fette.

- ULULA, ZABIMARU!! -

Come se la prende per un po’ di colore sui tatuaggi…’

Ciò che avvenne nei cinque minuti successivi fu una replica fedele di ciò che ogni Shinigami del Seiretei era costretto a sopportare almeno una volta a settimana da quando quei due si erano diplomati: le figure di quei due ragazzi sfrecciavano velocemente tra i vicoli, una ridendo a crepapelle e l’altro ringhiando insulti e minacce di morte che nemmeno scalfivano la soddisfazione sul volto della prima.


 

*****


 

- Oggi hanno iniziato insolitamente presto il loro rituale di affetto. -

- Amico mio, come sempre ogni tua frase gronda malizia. -

- Un dono di natura, Ukitake! -

- Tuttavia… dubito fortemente che tu abbia ragione su di loro. -

- Oh, ma sono perfettamente consapevole che sarebbero un completo disastro come coppia. Sono troppo simili! -

- Da quando questo sarebbe un limite, Kyoraku? -

- Si tratta di carattere, amico mio. Alcuni stanno bene con i loro simili, altri hanno bisogno di complementarietà. Si deve capire di cosa si ha veramente bisogno. -

- Come mai così filosofico questa mattina? -

- Deve essere il sakè… -

- Nanao-san non ne sarà felice quando lo scoprirà. Non dovresti bere così tanto. -

- A quest’ora lei starà ancora dormendo, e poi esagera sempre… -

- Cosa esagero, esattamente, Capitano? -

Il Taichou dell’Ottava Brigata sospirò, triste per la fine che avrebbe inevitabilmente fatto la bottiglia appena iniziata accanto a lui. E dire che era di un’annata così buona…

Puntuale come un orologio, la sua affidabile Vice gliela requisì, ammonendo persino il Capitano Ukitake per essere troppo condiscendente verso il suo vecchio amico, visto che era uno dei pochi che sapeva farsi ascoltare veramente da lui.

- Su, su Nanao-chan… non essere così dura, ci stavamo solo godendo la solita baraonda… e tra poco arriveranno loro a farla smettere. Sento la nostra cara Tsuki avvicinarsi in fretta. -

Lei parve per un attimo sorpresa, prima di esclamare sollevata: - Dunque quei due irresponsabili finiranno di urlare come selvaggi non appena la vedranno arrivare, e forse staranno tranquilli per qualche giorno, se lei sfodera le maniere pesanti. Nessun altro riesce a placare quei due terremoti! -

- Sono giovani, devono essere così! - Kyoraku rise allegramente, ricordando la sua stessa adolescenza e narrando un paio di aneddoti di essa all’impassibile Nanao.

- Se è così che i giovani devono comportarsi, allora è una vera fortuna che Tsuki-chan abbia la testa sulle spalle! Per quanto stia prendendo il vostro brutto vizio di oziare stesa sull’erba… -

- Lei conosce il valore del riposo e della pace, sono così felice che almeno una delle mie più care subordinate condivida con me i momenti di contemplazione della natura! -

- Sei davvero entusiasta di lei, non è vero Shunsui? - Ukitake guardava sorridendo il suo amico, felice per lui e per Tsuki, promossa da qualche anno a Terzo Seggio dell’Ottava.

- Sono fiero di Nanao-chan e di Tsuki-chan come se fossero figlie mie -, ammise con uno sguardo più serio e dolce l’altro, approfittando del fatto che una delle due non fosse presente e l’altra fosse andata a nascondergli la bottiglia sequestrata. - Ora che ci penso, non hai mai assistito ad un suo diretto intervento nei battibecchi di Hoshi e Abarai-kun, vero? -

- Effettivamente no, ma ora che me ne parli ho sentito che quando i loro scherzi finiscono in combattimento c’è lei a fermarli, spesso insieme a qualcun altro… credo. -

- Lo trovo un interessante intrattenimento prima di colazione, verresti con me ad assistere? -

- Ormai mi hai incuriosito. Andiamo. -


 

*****


 

- MI HAI TINTO I TATUAGGI DI VIOLA! -

- MA DAI, NON ME NE ERO ACCORTA! PENSAVO CHE LA TUA FACCIA FOSSE UN BRUTTO STRACCIO E L’HO VOLUTO RENDERE PIÙ ALLEGRO! -

- IO TI FACCIO A FETTE! -

- PRIMA DEVI PRENDERMI, LUMACA! -

- RITIRA QUELLO CHE HAI DETTO, BASTARDA! -

- NON CI PENSO NEMMENO, TE LA SEI MERITATA! -

- VORRÀ DIRE CHE TI FARÒ RIMANGIARE PERSONALMENTE OGNI PAROLA! VAI, ZABIMARU! -

- HADOU 33: SOUKATSUI! -

I due continuarono a inseguirsi e lanciarsi colpi fino ai limiti più esterni della città delle anime, al confine con il bosco oltre il quale stavano i distretti del Rokungai Est.

Renji cercava di colpire Hoshi con la sua zampakuto, ma questa o schivava o rispondeva a colpi di kido. Nessuno dei due si fece nemmeno un graffio in quella mezz’ora di riscaldamento, come lo definivano loro, in compenso distrussero nuovamente molti muri innocenti, investendo nel mentre parecchia gente. Era una fortuna che nessuno si fosse fatto male, avevano solo rovesciato della merce o fatto cadere qualche collega.

Stavano per sferrarsi un nuovo colpo, quando intervenne qualcuno a bloccarli: - Ora BASTA! -

Si calmarono subito. Conoscevano quella voce, e sapevano che con essa sarebbe arrivata una predica con i controfiocchi… specie perché ne sentirono subito un’altra che l’accompagnava.

- Avete dato nuovamente spettacolo. È mai possibile che non riusciate a rimanere tranquilli più di tre giorni prima di cercare di ammazzarvi a vicenda? Se proprio avete dei conti da regolare, vedete di farlo senza distruggere la città! -

- Shuhei! Qual buon vento! -

Il Luogotenente della Nona sbuffò, stufo di dover ripetere sempre le stesse cose con quella testa calda di Hoshi: - Ti ho detto mille volte di chiamarmi Hisagi, e che con queste battute sul nome della mia zampakuto non otterrai un duello con me. -

Lei mise il broncio, facendogli il verso un po’ scocciata: - Se non posso combattere con te, potreste lasciarmi finire il mio riscaldamento mattutino con Renji? Stavo per suonargliele e contemporaneamente fargliela pagare! -

A questo punto si intromise Tsuki: - Hoshi, che ha combinato stavolta il povero Abarai-kun? E a giudicare da quei segni viola, ti sei già vendicata abbastanza, no? -

A questo punto entrò in azione ciò che quello strano quartetto chiamava ‘doppia personalità’, una caratteristica particolare di Hoshi: non che avesse davvero due personalità, ma le capitava spesso di provare emozioni talmente contrastanti nello stesso momento e di uguale intensità da non riuscire a decidere quale atteggiamento adottare. - Buongiorno Tsuki! -

Si liberò del kido con cui l’amica aveva fermato il loro scontro per poi saltarle addosso e darle il suo buongiorno speciale. Lei lo meritava, era la sua migliore amica! Le scoccò un sonoro bacio sulla guancia, per poi stringerla in un caloroso abbraccio, mentre le diceva a raffica che le voleva bene e le era mancata… nelle ultime dieci ore in cui non si erano viste.

Poi prese il sopravvento il secondo temperamento, quello arrabbiato: saltò addosso a Renji e gli mise le mani al collo, mentre quello cercava di scrollarsela di dosso, senza successo. Si era abbarbicata alla sua schiena come un koala, solo che suddetto koala stava cercando di strozzarlo.

- Mollami subito, psicolabile folle! -

- Non finché non mi riterrò soddisfatta! Hai idea di quanto sia difficile togliere la tinta che hai usato per ridipingere tutte le mie lenzuola? -

- Oh andiamo, te la sei presa per così poco? Scendi che ti devo ancora una passata a fil di spada per lo scherzo che mi hai tirato stamattina! -

- Prima dovrai esalare l’ultimo respiro, perché le ho dovute bruciare tutte quelle lenzuola! Erano diventata degli abomini… rosa! -

A quel punto Tsuki pensò di aver sentito abbastanza per aver chiara la situazione.


 

*****


 

Hisagi aveva le sue paure, come tutti; alcune erano piccole, altre grandi, ma nessuna di queste superava quella di assistere allo spettacolo che la sua più cara nakama, Tsuki dal luminoso sorriso, dava di sé quando era furiosa.

Avendo strettamente condiviso con lei decenni di esistenza, il Tenente sapeva bene che finché rideva o era allegra non c’era niente da temere; il problema sorgeva quando un’improvvisa serietà le scendeva sul volto, accompagnata da uno strano baluginio dei grandi occhi scuri e da un lieve tremito delle mani. Le cause di ciò erano due: o era la tristezza a turbarla... oppure era veramente tanto, tanto arrabbiata. E allora... beh, ‘si salvi chi può’ era, più di un modo di dire, un consiglio da ascoltare con attenzione.

Così, avvicinandosi con molta cautela alla compagna, lo Shinigami le cinse le spalle con un braccio e le accarezzò dolcemente i riccioli. - Andiamocene. Questi due sono un caso perso... ormai irrecuperabile. -

L’occhiata che Tsuki gli lanciò in risposta quasi gli strappò un gemito, ma la sua fermezza gli impose di non staccarsi dal suo fianco; già quelle due teste di rapa avevano distrutto un quinto del Seiretei, non poteva permettere che lei ne radesse al suolo altri due terzi! Quindi la strinse con forza a sé, con l’intento di trascinarla via per fare una luuunga passeggiata, l’unico metodo efficace per far sbollire in fretta i suoi umori; e c’era quasi riuscito... quasi.

- Ahi! Questo ha fatto male, imbecille! -

- Gnégnégné, urla, urla forte, Signorina Lenzuolin… -

Il grido ferino che terrorizzò i meno coraggiosi tra gli Shinigami della Soul Society e fece tremare buona parte dei veterani – ma che succede? Un’orda di Hollow? – esplose nelle orecchie dei due contendenti senza dar loro alcuna possibilità di capire cosa stesse succedendo, quindi entrambi si ritrovarono a penzolare in aria, sollevati per le orecchie da una Tsuki divenuta il loro peggior incubo.

- CHE COSA VI HO DETTO? BASTA! B-A-S-T-A!

Non ho alcuna intenzione di sentire le vostre bambinate per un altro istante, quindi ora o la finite o vi darò più di un buon motivo per urlare!

Oh, no, non ci provare nemmeno a replicare, sai, Abarai-kun? Purtroppo per te sono stata dotata di molta fantasia, quindi sono praticamente infinite le cose che potrei farti con la mia Togetsu! E ora, andate immediatamente a chiedere scusa a tutti quelli che avete disturbato con la vostra stupidità! Che non ne manchi uno! -

A distanza di sicurezza dal luogo del massacro, Kyoraku si abbassò l’inseparabile cappello sul volto e sospirò soddisfatto. - Ahhhh, Tsuki-chan è adorabile anche quando sta per scatenare l’Apocalisse... non è un bello spettacolo, Ukitake? -

Il Capitano della Tredicesima deglutì, per poi ridacchiare come per allontanare la tensione. - Direi... direi che è stata una rivelazione. -

- Avete proprio ragione, Kyoraku-san; la piccola è adorabile anche quando urla... anzi, direi soprattutto quando urla. -

I due capitani si voltarono all’unisono, scontrandosi con il sorriso sornione del Taichou della Terza Brigata.

- Ichimaru-kun -, lo salutò senza entusiasmo Shunsui, lanciandogli solamente uno sguardo prima di voltarsi di nuovo e decidere d’intervenire: quando le sfuriate di Tsuki superavano i cinque minuti anche un animo tranquillo come il suo iniziava a impensierirsi, quindi era decisamente il caso di andare a calmare il suo piccolo uragano.

Ukitake, invece, rimase a osservare la scena accanto a Ichimaru, scuotendo appena il capo e continuando a sorridere, fino a quando la voce dell’altro non lo raggiunse: - Dunque, Capitano Ukitake, se non sbaglio oggi è il giorno della partenza della vostra subordinata. -

- Non sbagli affatto: Rukia è già pronta. -

Il sorriso di Gin si tramutò lentamente in una sorta di ghigno: - State attento a non perdere anche lei, dopo Shiba-kun; il mondo umano è così insidioso… specie per una Shinigami inesperta come lei.-

Nonostante la palese provocazione, Ukitake sorrise spontaneamente: - Una volta fatta questa esperienza si renderà conto della sua forza, ne sono sicuro, e quando tornerà il vuoto lasciato da Kaien verrà riempito. -

Il Capitano Ichimaru fece una smorfia sarcastica, ma non commentò oltre: - La prego di riferire a Tsuki-chan che ero venuto per lei: ora è fin troppo impegnata, e non è da me distogliere la gente dal proprio lavoro -, terminò, andandosene senza attendere risposta. Di lui non rimase che un baluginio bianco, forse dovuto al mantello da Capitano, il quale si gonfiò per un istante nello scatto fulmineo in cui il suo proprietario sparì, portato chissà dove dal suo shunpo.

Il Capitano della Tredicesima sospirò, per poi raggiungere Kyoraku, che insieme a Hisagi era riuscito a compiere un’ottima opera di diplomazia e a salvare ben due vite; salutò il suo amico, annunciando che si sarebbe diretto al portale per il mondo degli umani, dove Rukia già attendeva, e disse al gruppo che chi voleva poteva accompagnarlo a salutarla.

A questo punto, sia Hoshi che Tsuki scattarono al suo fianco, un sorriso a trentadue denti sul volto e il litigio ormai alle spalle.


 

*****


 

Senkaimon.


 


 

- Kuchiki-san, mi raccomando fai attenzione! -

- Lo volevo dire io, Kiyone! -

- Sei stato troppo lento, Sentaro! -

- Ah sì, allora ti faccio vedere io! -

- Ah sì, provaci se ci riesci! -

- Ragazzi… ragazzi, calma… per favore, non litigate… -

- Rukia ha ragione ragazzi, non dovreste litigare. -

Il trio si girò, ed i due terzi Seggi si illuminarono: - Ukitake-Taichou! -, urlarono in coro, precipitandosi incontro al loro Capitano.

Dopo la furiosa reprimenda di Tsuki, Hoshi era rimasta buona e tranquilla, ma non appena scorse la chioma corvina di Rukia non poté non mettersi a correre verso di lei ridendo come una bambina, finendo con il rovinarle addosso.

- Hoshi, ti pare il modo di salutarmi? Mi hai fatto cadere, baka! -, rise Rukia, mentre Hoshi affondò il volto nel suo ventre strusciandovisi contro, e poi facendole gli occhioni dolci rispose: - Scusami tanto Rukia, ma ho appena subito un brutto trauma e ho bisogno di conforto! -

Sentendo ciò, Tsuki scosse la testa e sospirò: - La solita melodrammatica… -, mormorò, ma a quel punto il disastro si abbatté su di lei, poiché Sentaro e Kiyone si erano accorti della sua presenza: - C’è anche Tsuki! -, urlarono, intrappolando la poverina in un morsa di coccole e abbracci.

Ukitake rise di gusto a quella scena, e in cuor suo avrebbe voluto che continuasse ancora a lungo; ma Rukia non poteva indugiare oltre. - Hoshi-chan, a meno che tu non voglia partire con Rukia-chan dovresti lasciarla andare. È tempo che lei parta: tra un mese tornerà, e potrà raccontarvi di ciò che ha visto nel mondo degli umani -, disse in tono gentile ma fermo.

- Capitano Ukitake, la ringrazio della fiducia! Non la deluderò! -, chinò il capo la mora, in segno di gratitudine e rispetto.

Quello sorrise: - Fai buon viaggio -, mormorò accarezzandole i capelli dolcemente, con l’affetto di un padre, a quel punto anche i suoi terzi seggi smisero di tormentare Tsuki e si rialzarono, riprendendo il loro contegno.

- Kuchiki-san, stia attenta! -

- Tra un mese la vogliamo con noi! -

E allora Rukia non poté fare a meno di sorridere, commossa dall’affetto che quei due cicloni le dimostravano: - Naturalmente, non mancherò! -, sussurrò appena prima che le braccia di Tsuki la circondassero in un abbraccio. - Mi mancherai, Rukia-chan. Ti penserò sempre. -

- Anche tu mi mancherai, Tsuki-chan. Prenditi cura di Hoshi in mia assenza, lo sai che le piace fin troppo cacciarsi nei guai. -

- Non temere, me la caverò in qualche modo! Ma tu sbrigati a tornare, che c’è bisogno anche di te per tenere a bada quella testa calda! -

Si staccarono con un pizzico di dispiacere, ma con il cuore la certezza della reciproca vicinanza.

- Rukia…- Hoshi aveva gli occhi lucidi, gonfi di tristezza.

- Fai la brava, e cerca di non piangere: sai come la penso. -

- “Le lacrime sono la prova che le emozioni hanno ferito il nostro corpo dall’interno”, lo so. Io non piangerò, ma tu vedi di tornare presto per assicurartene! -

- Non fare la baka, certo che tornerò! -

- Ah, lo spero bene per te! Se così non fosse, potrei anche decidere di metterti Renji alle costole. Lo sai, è diventato un cane selvatico senza la sua padroncina a tenerlo a bada! - Scoppiò a ridere, mentre un’arrossita Rukia, più irritata ma certo meno tesa, varcava finalmente la soglia.


 

*****


 

- Tsuki-chan… permetti due parole? -

La Shinigami bruna si voltò sorpresa verso il Capitano Ukitake, e congedandosi da Hoshi con uno sguardo, gli si avvicinò.

- Il Capitano Ichimaru mi ha chiesto di riferirti che era venuto a cercarti. -

Lei sgranò gli occhi, quindi arrossì. - Quando lo avete incontrato? -

L’altro sorrise. - Mentre tu eri troppo intenta a riprendere i tuoi amici -, rispose semplicemente, guardando poi la ragazza agitarsi e mettersi le mani nei capelli. Quel comportamento lo sorprese, ma non del tutto: era l’ultimo tassello di un mosaico che da tempo stava ricostruendo e di cui purtroppo ora doveva riconoscerne la realtà.

La giovane gli lanciò un sorriso di gratitudine e, congedandosi con un frettoloso inchino e un: - La ringrazio infinitamente! -, corse via sulle ali del suo shunpo; quanto a lui, rimase a fissare il punto in cui era svanita, il suo sguardo che diveniva via via più triste.

Un’innocente nelle spire di un serpente.

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Capitolo 2
*** L'Avvento delle Ombre ***


- LEVATEVI TUTTI! -

Alcuni Shinigami si voltarono con stupore all’udire quell’urlo soave, ma non fecero in tempo a spostarsi prima che “l’Uragano Tsuki”, come tutto il Seireitei l’aveva ribattezzata, piombasse su di loro.

- Scusate-scusate-scusate-sono-di-fretta-perdonatemi! -, riecheggiò l’eco della sua voce per le strade, la figura ormai svanita in un lampo di polvere. Maledizione, ma perché doveva venire a cercarmi proprio quando ero con loro? E adesso ci vorrà del bello e del buono per giustificarmi: già non sopporta i ritardi, se poi la causa di ciò sono Hoshi e Abarai-kun… e dire che quando l’ho lasciato sembrava dormire così profondamente…

Tsuki non l’avrebbe mai rivelato ad altri – perfino a sé stessa risultava duro ammetterlo – ma con il Capitano Ichimaru non riusciva mai a essere completamente tranquilla: per quanto smorzata dalla frequentazione e dai sentimenti che li univano, una spossante tensione le scendeva sulla pelle quando si trovava al cospetto del Taichou della Terza Brigata, un impulso istintivo del suo corpo, un invito alla cautela. Quando poi qualcosa lo irritava o non era di suo gradimento, il malessere che lei provava si acuiva, nonostante in fin dei conti fosse solo una sensazione: non era mai accaduto niente di spiacevole né lui l’aveva mai ferita… eppure il suo cuore tremava leggermente ogni volta che il suo sguardo si imbatteva nel perenne sorriso di Gin, o quando la sua voce quieta l’avvolgeva.

Poi, non appena uno dei due annullava ogni distanza fisica che li separava, le percezioni cambiavano; i loro corpi si stringevano come per paura di perdersi, e quando la Shinigami sentiva i rispettivi battiti premere contro il petto dell’altro fino a confondersi tutto taceva, come se mai fosse esistito.

Proprio in quell’istante, Tsuki vide comparire davanti a sé i quartieri della Terza Brigata; accelerò ancora di più il passo, per arrivare il prima possibile, e… lo vide troppo tardi.

- Fermaaaaa!! -, riuscì appena a gridare, prima di scontrarsi con violenza con la figura che le aveva tagliato la strada. Non poté evitare di finire a rotolare nella polvere insieme a quest’ultima, la testa che girava come un pallone e le maledizioni che voleva lanciare che le si confondevano nella mente; ma alla fine riuscì a fermarsi, e seppur barcollando si rimise in piedi. Ma tu guarda che razza di giornata!

- Ahi… questo ha fatto davvero male -, sentì lamentarsi al suo fianco, e voltandosi incontrò il viso sconvolto di Kira, ancora a terra.

- Kira-kun! -

Lo Shinigami sorrise, per poi alzarsi a sua volta. - Ah, Tsuki-chan, fattelo dire… tu sì che sai come stendere un uomo! -

Lei avvampò per l’insolita battuta, quindi si riprese e si gettò sul caro amico, per stritolarlo in un grosso abbraccio. - Certo che tu sei davvero sfortunato a incappare in me proprio ora! E comunque… per quella battuta…- Abbassò la voce con espressione contrita, facendo l’offesa, per poi esplodere in una risata. - Stendere te non è un problema, tu sei già cotto di me! -

Fu il turno del Fukataichou di diventare viola, e a quel punto il riso di Tsuki divenne più dolce. - Su, non fare quella faccia… tranquillo. Anche se… anche se dubito che Hinamori sia brava come me a stenderti. -

- Tsuki-chan! -, fu l’unica risposta strozzata, perché il riso irrefrenabile di lei coprì ogni altro suono, fino a quando Kira non riprese in mano la situazione. - Comunque… stavi cercando qualcosa qui da noi? -, chiese, cercando di vertere il discorso su altri lidi.

Ciò non sfuggì a Tsuki, che tuttavia decise di non infierire oltre sul poverino. - È così: il Capitano Ichimaru mi ha fatto chiamare… tipo un’ora fa. -

Il Tenente della Terza sorrise. - Se è questo il problema, non devi preoccuparti: il Taichou è impegnato, e credo ci vorrà del tempo prima che si liberi… quelli della Seconda sembrano in vena di polemica oggi. -

Tsuki aggrottò la fronte. - La Seconda Brigata? -

- Esatto. Alcuni dei nostri sono stati scelti per una missione congiunta con loro nel distretto Sessantotto del Rokungai Est, ed è da quasi mezz’ora che un messaggero del Capitano Soi Fon è giunto in tutta fretta e si è chiuso nei nostri uffici… -

- Hmm… ultimamente stanno avvenendo strani eventi laggiù. Mi sembra che la vostra non sia la prima squadra che viene inviata a controllare la situazione. - L’improvviso ricordo di una conversazione avuta il giorno prima con Hoshi le fece sorgere un orribile dubbio. - Kira-kun… potresti dirmi chi avete inviato per questa missione? -

Lo Shinigami le lanciò uno sguardo interrogativo, ma prima che potesse risponderle il Capitano che entrambi amavano comparve davanti a loro.

- Taichou -, proruppero quasi in perfetta sincronia mentre Ichimaru si fermava a pochi passi di distanza, il volto stranamente privo del caratteristico sorriso.

Qualcosa non va, pensò Tsuki, indietreggiando un poco per permettere a Kira e Gin di parlare senza che fossero ascoltati; ma quest’ultimo le fece cenno di restare. - Rimani, Umiko-chan. Interessa anche a te. -

Lei obbedì, confusa, e ascoltò, sempre più tesa a ogni parola, che cosa fosse accaduto quella mattina.

- L’intera squadra… annientata da un solo Hollow? Ma... ma era una delle più forti e… -, esclamò Kira, impallidendo, - … ed è l’ennesima volta che qualcuno dei nostri torna ferito, o non torna affatto. Ma che sta succedendo? -

Tsuki spalancò gli occhi; quindi davvero quella non era la prima missione che vedeva come obbiettivo il distretto Sessantotto. E Kira aveva ragione: come era potuto accadere che un gruppo di così tanti ed esperti Shinigami fosse stato sbaragliato da un unico Hollow?

Prima che potesse anche solo pensare a un ipotesi, lo sguardo di Gin si posò su di lei. - Tsuki-chan -, le disse, - sarebbe giusto che fossi tu a riferire a Yazora-san ciò che è successo. -

Per un solo attimo lei lo guardò senza comprendere; poi, nel tempo di un respiro, quelle parole la investirono con la forza di una tempesta. - Sì… è giusto che lo faccia io. Andrò subito -, riuscì solo a sussurrare, prima di sentire un freddo viscido penetrarle fin nelle ossa e gli occhi pizzicare. A malapena sentì la mano di Kira posarsi sulla sua testa e accarezzarla piano; perché i suoi pensieri erano tutti rivolti a come avrebbe potuto sostenere lo sguardo di Hoshi, quando le avrebbe detto che il suo amato fratellone non sarebbe mai più tornato da lei.


 


 


 

*******


 


 

- Altro sakè! -

L’espressione ‘navigare tra i flutti dell’alcool’ s’addiceva particolarmente a quella particolare locanda: situata nel distretto Quattordici di Rokungai Ovest, contava il maggior numero di salette private a disposizione dei clienti troppo ubriachi per andarsene sulle proprie gambe, o per chi volesse divertirsi in compagnia. Era sufficiente entrare per venire avvolti dall’odore di sakè, che rimaneva impigliato per diverse ore sui vestiti e sulla pelle, ma i gestori erano brave persone che vendevano a prezzo onesto dei liquori di qualità, per cui era sempre un posto molto frequentato, sia da Shinigami che da anime senza poteri spirituali.

L’ebbrezza che prendeva i sempre allegri avventori la si poteva assumere anche solo respirando l’aria di quel luogo di pazza gioia. Tuttavia, non sempre le persone si ritrovano a bere per divertirsi. Talvolta, l’alcool serve loro per dimenticare…

- Altro sakè, Yumi-chan, Ikka-kun! -

- Hoshiiiiii, già non ti…hic… sopporto quando sei… hic… una sola, ma ora siete in due… hic… se beviamo ancora…hic… diventate davvero troooooooppe per me! -

- Ikkaku, è antiestetico parlare in questo modo ad una signora! -

- Chi hai chiamato signora, dannato Yumi-chan? Ma, toglimi una curiosità… non trovi più “antiestetico” versarsi da bere sul proprio kimono invece che nella tazzina, piuttosto che il parlare scemo di Ikka-kun?? - Hoshi ghignò malignamente, vedendo il suo caro amico Pavoncello lanciare un urletto indignato mentre correva fuori per sciacquare immediatamente via le tracce alcoliche dai delicati tessuti con cui si vestiva ogni volta che non era in servizio. Conoscendolo non l’avrebbe rivisto prima dell’indomani, poiché non avrebbe sopportato di restare con i vestiti macchiati e se ne sarebbe tornato nella sua stanza all’Undicesima Brigata per cambiarsi, ma difficilmente avrebbe fatto nuovamente tutta quella strada solo per raggiungerli.

Hoshi buttò uno sguardo all’altro suo amico di bevute e divertimenti pazzi, constatando che era praticamente collassato sul tatami. In altre circostanze avrebbe riso come una matta e poi l’avrebbe svegliato in modi più o meno bruschi, a seconda dell’umore, ma ogni sua energia era stata già spesa nell’arco della giornata per fingere di sorridere davanti a tutti, per cui si limitò a pagargli una stanza, uscendo da quel posto per fare una passeggiata. Quel pomeriggio aveva raccattato i suoi due nakama dell’Undicesima e li aveva trascinati a forza in una gara di bevute, senza che loro protestassero minimamente o facessero domande sulla sua aria lugubre. Ecco perché li adorava incondizionatamente: erano spalle silenziose a cui aggrapparsi, mani amiche che sostenevano senza guardarti con pietà o dolore, cuori affettuosi che l’avvolgevano senza chiedere il perché ne avesse bisogno. A modo loro, erano davvero premurosi. Certo, erano completamente pazzi, ma lei di certo normale non lo era, quindi…

Non sapeva dove stava andando, si limitava a camminare seguendo l’istinto, inoltrandosi in vie sempre più buie e solitarie, abbandonando il vociare allegro delle strade principali in cui i locali accoglievano i clienti fino all’alba. Cercava solo un angolo in cui potersi lasciar andare a leccarsi le ferite, ma nemmeno questo suo desiderio fu esaudito…

- Hoshi, cosa ci fai qui? -

L’alcool le rendeva la vista annebbiata e i movimenti lenti e stanchi, ma il cervello le funzionava ancora fin troppo perfettamente. Non poteva non riconoscere quella pallida figura in avvicinamento, accompagnata da quel particolare tono di voce con cui pronunciava il suo nome, arrotondando la seconda sillaba.

- Toshiro… -

- Sono Hitsugaya-Taichou, quante volte dovrai farmelo ripetere? -

- Ma Toshiro è un nome così bello! Perché non dovrei usarlo? -

A quel punto lui si fermò a guardarla, studiandola: aveva forse qualcosa di strano in faccia? Poi lui sospirò sconsolato, e pure un po’ deluso. - Sei ubriaca. -

- Sono perfettamente lucida. -

- Da sobria mi avresti sentito avvicinarmi ancor prima che io mettessi piede nel distretto, probabilmente. E non avresti fatto un commento simile sul mio nome. -

- Ti chiamo sempre Toshiro. -

- Ma non è da te farmi complimenti simili. -

- Avrò pure bevuto un po’, ma non sono ubriaca. Faccio solo fatica a camminare… e non riesco a trattenere alcun pensiero dentro la mia testa. -

- Non ti trattieni mai, in realtà, per cui mi viene da domandarmi se tu non sia in stato alterato ventiquattr’ore al giorno… -

- Capitano! Non è un commento carino da fare al proprio Terzo Ufficiale… -

- Ma è la verità, e tu l’hai sempre preferita ad una bella menzogna, no? Affronti meglio le situazioni che ti sono chiare, tu stessa me lo hai detto. -

Hoshi si zittì, colpita in pieno. Ricordava perfettamente ogni dettaglio del momento di cui parlava il suo Capitano: non era abbastanza ubriaca da non capire che, in realtà, Toshiro Hitsugaya era venuto fin lì per lei, per ricordarle che doveva affrontare la verità come aveva sempre fatto. Perché era vero, le bugie erano tra le cose che più odiava al mondo. E il suo Taichou lo sapeva bene…

- Dai, ti porto a letto… si vede che fai fatica a camminare. -

- Se è lei, Taichou, credo che la nostra Hoshi si farebbe portare ovunque… -

- MATSUMOTO! - - RANGIKU-SAN! - I due lo dissero contemporaneamente, causando un aumento esponenziale della malizia insita delle risatine della Luogotenente della Decima.

- Yazora Hoshi! -

Ancor prima che la povera vittima… ma anche no, che la Shinigami potesse voltarsi a quel pericoloso richiamo, le braccia della sua migliore amica la strinsero al collo, per strozzarla e allo stesso tempo tenerla stretta.

- BAKA! Cosa ti salta in mente di scappare da me in un momento simile per UBRIACARTI? Ma sei pazza? -

- … te ne accorgi solo ora, Tsuki? -

- NON.LO.FARE.MAI.PIÙ! Mai più! -

- AHI! Sono ubriaca e mi prendono pure a pugni… -

- E NON FIATARE! -

L’altra non lo fece, ma fissò dritto negli occhi la sua nakama. Ormai non avevano bisogno di molte parole per comprendersi: i discorsi più intensi li facevano solo con uno sguardo, e anche quella volta non ci fu bisogno di altri commenti.

L’abbraccio intenso di Tsuki li avrebbe comunque spazzati via tutti, e Hoshi non poté fare altro che premere il capo contro il cuore della compagna e farsi cullare dal suo battito.

- Andiamo. Hai bisogno di dormire… ci pensiamo io e Rangiku-san a te -, le sussurrò l’amica, circondandole le spalle con un braccio.

Matsumoto si congedò dal suo Capitano, sussurrando: - Stia tranquillo, Hoshi è in buone mani con noi -, per poi raggiungerle.

Sotto lo sguardo di Hitsugaya, il trio si allontanò in direzione del dormitorio della Decima Brigata, per poi restare insieme alla Shinigami ubriaca fino a quando questa non si addormentò… e allora giunsero altre mani a cullarla.


 


 


 

*******


 


 


 

- Hoshi, sono io. -

La voce di Renji… Hoshi aprì gli occhi, cercando nel buio la figura dell’amico, un po’ confusa per l’assenza di Tsuki e Rangiku.

- Adesso accendo la luce per un momento, va bene? Altrimenti non capisco dove sei… -

No, non voleva vedere niente. Voleva solo restare immersa in quell’abbraccio di ombre.

Si alzò in fretta per intercettare il braccio dell’amico, affidandosi ai suoi sensi sviluppati per muoversi nel buio che permeava la sua stanza. Quella coperta oscura però non le bastava più per nascondere il dolore...

- Ma cosa… -

Le sue esili braccia lo strinsero a sé, aggrappandosi alla sua schiena forte, sperando che non sparisse anche quell’ancora che la tratteneva dall’affondare.

L’impeto del suo assalto li fece cadere entrambi tra le coperte ammucchiate un po’ ovunque, tra il disordine cronico che da sempre la caratterizzava.

Lui non pronunciò nemmeno mezza lamentela, limitandosi a stringere il più forte possibile quello scricciolo della sua migliore amica, fingendo di non notare le lacrime che gli stavano scorrendo sul collo.

Il giorno dopo lui sarebbe tornato a farla arrabbiare in tutti i modi che poteva, e lei gli avrebbe rispedito indietro colpo su colpo con tanto di interessi, fingendo di non essersi mai lasciata andare, di non aver ceduto alle lacrime.

Era questo il suo compito: darle uno spiraglio di normalità, di risate e lotte quotidiane che le avrebbero dato una parvenza di equilibrio. Se avesse avuto di nuovo necessità di sfogarsi sarebbe sicuramente corsa da Tsuki, era lei che avrebbe illuminato i cupi pensieri delle giornate a venire, mentre il suo compito era di donarle nuovamente un sorriso sincero, di mantenerla a contatto con la realtà.

Era fin troppo facile per Hoshi perdersi tra i più neri pensieri.

E infatti…

- Non te ne andare… non te ne andare anche tu… non posso perdervi entrambi… -

Era appropriato sorridere mentre la sua amica era così disperata? Sicuramente no, ma forse non era neppure sbagliato se a muovere le sue labbra era la tenerezza per quella ragazza incredibile.

- Scricciolo, non intendo andare da nessuna parte, non ti preoccupare. Ora cerca di riposare, domani andrà meglio. -

- Va bene, ma tu resta qui. -

- Non mi sarei mosso da qui neppure costretto. Ora però dormi, sorellina. -

Aveva davanti a sé una notte di veglia, ma Renji non si sarebbe mosso di un millimetro: avrebbe continuato a stringere quel corpicino che quasi spariva nel suo abbraccio, carezzandole i ricci di quel colore così simile ai suoi da far pensare che potessero davvero essere fratelli. Avrebbe vegliato sul sonno agitato che già incombeva su di lei, allontanando i demoni che di giorno celava dietro un sorriso sfacciato, perché è questo che fanno i fratelli maggiori: proteggono con tutte le loro forze chi nasce dopo di loro.

E ora che Takeshi se n’era andato, era compito interamente suo vegliare sulla sorellina pestifera, ma tanto fragile che il Destino gli aveva affidato.

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Capitolo 3
*** Guai in vista ***




Come ho fatto a finire in questa situazione?

Era incredibile la quantità di volte in cui quella domanda gli era balenata nella mente nel giro di pochi minuti.

Hisagi sapeva che accettando di fare quel favore alla sua cara amica Tsuki si sarebbe ritrovato in una posizione piuttosto scomoda, ma non era mai riuscito a negare nulla a quegli occhioni dolci e di certo non avrebbe iniziato proprio in una situazione tanto delicata.

-Shuhei, hai intenzione di farmi da scorta per tutto il giorno? Ma voi della Nona non avete proprio nulla da fare?-

L'ennesimo sospiro gli uscì dalle labbra, ma per una volta evitò di correggerle l'uso del suo nome. Tsuki quella mattina si era dovuta obbligatoriamente assentare per partecipare ad un'importante assemblea della sua Brigata, ma non sarebbe riuscita a stare tranquilla sapendo Hoshi tutta sola.

Durante il suo giorno di permesso, chissà in quali guai si sarebbe potuta cacciare. E lui non se la sentiva affatto di darle torto, ecco per quale motivo alla fine aveva accettato di farle compagnia per qualche ora. Persino lui era proccupato per quella che era, a tutti gli effetti, una persona a cui era affezionato. Non che glielo avrebbe mai detto chiaramente, ovvio.

Non che lei non lo sapesse, in fondo.

-Muoviti Shuhei, o ti lascio indietro!-

-Si può sapere dove stai andando così di fretta, Hoshi? E poi, solo perchè tu hai la fissa di essere chiamata per nome da chiunque e senza alcun suffisso rispettoso, non significa che tutti siano come te.-

-Per fortuna!-

-Questo senza dubbio.-

-Ora sei cattivo...-

-Ma l'hai detto tu stessa!-

-Ma io posso dirlo di me, tu no!-

Grugnì, infastidito. Per qualche motivo le sue discussioni con quella testa calda finivano sempre più o meno così. Se non fosse stato certo del contrario, avrebbe giurato che in realtà lei possedesse l'anima di una bambina piccola. Di certo era dispettosa come tale.

Lui, che di solito evitava il più possibile le discussioni per amore della pace, con lei non riusciva a trattenersi dal rispondere a tono. C'era qualcosa in lei che lo irritava a pelle, eppure alle volte si scopriva persino divertito dopo uno dei loro diverbi.

Quello però non era il caso.

-Dunque, me lo dici dove andiamo ora?-

Lei si guardò alle spalle per un attimo, congelando il proprio sorriso sul volto per evitare di mostrarsi nuovamente in lacrime. Aveva fatto visita alla madre nel Rokungai per darle personalmente la notizia della morte di Takeshi, e si era trattenuta più di un'ora per poterla tranquillizzare abbastanza da riuscire a lasciarla di nuovo. Non sarebbe mai riuscita ad affrontare anche il suo fratellino più piccolo, aveva lasciato la casa prima che lui tornasse certa che la madre avrebbe affrontato al meglio la quesione con il piccolo di casa, Arata dal carattere mite e affettuoso, per nulla esagitato come quello della sorella o determinato come Takeshi. Come era Takeshi.

L'espressione tranquilla che lei aveva sfoggiato per tutta la mattina si era pesantemente incrinata davanti a sua madre, ma il sorriso palesemente falso che sfoggiava in quel momento era ancora più preoccupante. Conosceva bene la shinigami dai capelli rossi, e quando sfoggiava una tale espressione di solito era perchè celava qualcosa.

E quel qualcosa, solitamente, erano guai.

-Cos'hai intenzione di fare?- chiese leggermente preoccupato, iniziando seriamente a temere che stesse per accadere di tutto, dalla ragazza che si lanciava all'attacco dell'Hollow che aveva ucciso suo fratello a lei che scatenava la fine del mondo.

La prima era la più probabile, ma il ghigno che gli rivolse per poi iniziare a correre in direzione del Seiretei parlava di altro.

-Vado a fare un po' di allenamento all'Undicesima. Quei ragazzi sono i migliori quando si tratta di combattere!-

Arrivati a quel punto, il Tenente della Nona Brigata avrebbe preferito affrontare la fine del mondo.





Hoshi sapeva che Tsuki aveva mandato il loro amico a controllare che non facesse pazzie, ma non ce ne sarebbe stato motivo. Era certamente impulsiva, ma non sciocca: non si sarebbe mai avventurata da sola al distretto Sessantotto per affrontare l'Hollow che aveva ucciso suo fratello e l'intera squadra della Terza.

Sapeva di essere forte, ma ancora non abbastanza. Ecco perchè, dopo aver consolato sua madre e averle nascosto le sue lacrime per non farla ulteriormente preoccupare, aveva deciso di aver bisogno di menare le mani.

Le avrebbe schiarito le idee e sarebbe diventata più forte, solo poi avrebbe dato la caccia al bastardo che aveva osato uccidere un membro della sua famiglia.

Non aveva tempo per il lutto.

Non appena varcò la soglia, molti la salutarono con grandi pacche sulle esili ma forti spalle, lanciando grida di battaglia al suo passaggio. Aveva molti amici da quelle parti, per un periodo era stata una loro compagna, ma poi aveva deciso che la Decima Compagnia avrebbe fatto più al caso suo.

Questo non significava che si fosse dimeticata dei suoi vecchi nakama o viceversa.

-Guardate un po' chi è tornato all'ovile! Che c'è Hoshi, ti sei stufata di fare la brava e sei tornata per scatenarti?-

-Ikka-kun, cercavo proprio te!- 

-Oh, ma dai? Pensa le coincidenze, anch'io!-

-Come mai?-

-Mi devi un combattimento, ieri sera mi hai lasciato alla locanda a pagare per tutti!-

-Ehi, ma a Yumi-chan non dici nulla?-

-Con lui farò i conti più tardi...-

Le lanciò un'occhiata velata ma eloquente, facendole capire chiaramente come aveva intenzione di vendicarsi su di lui. Ghignò parimenti a lui, felice che i suoi amici si stessero godendo l'inizio della loro relazione e che fossero ancora nella fase della "luna di miele".

-Direi che allora sono capitata proprio al momento giusto. Iniziamo!-

-Non tiri fuori la zampakuto?-

-Non per il momento. Che c'è, hai paura di farti battere da una ragazzina disarmata?-

-Piccola stronza...- lui sorrise, estremamente divertito. Come lei, adorava le loro schermaglie.

Non si scambiarono altre parole per la successiva mezz'ora.

Attorno a loro si era accalcata una gran folla piena di grida di incitamento, mentre i due combattevano ferocemente. Ikkaku aveva rilasciato il suo shikai, ma sapeva che non avrebbe mai tirato fuori il bankai davanti a tutte quelle persone. Le stava bene così.

D'altro canto, lei non aveva neppure estratto la sua zampakuto, combatteva a colpi di kido e arti marziali, discipline in cui eccelleva. La sua tecnica di spada era persino migliore, ma se poteva cercava sempre di evitare di usarla davanti a persone che non fossero i suoi amici più cari. Sempre che non ce ne fosse un'estrema necessità, naturalmente.

E poi era incredibilmente soddisfacente usare il suo stesso corpo per combattere, la aiutava sempre molto quando aveva bisogno di sfogarsi. Il dolore fisico la esaltava, la faceva sentire viva come non mai e le dava una chiara percezione della forza sua e del suo avversario. Era per il suo amore per la battaglia che, inizialmente, aveva scelto quella Brigata.

Se ne era andata perchè rispettava troppo Ikkaku per soffiargli il posto da Terzo Seggio. Poco male, si era detta, non era una persona ambiziosa, le bastava la consapevolezza di essere forte per stare bene con se stessa. Le era stato proposto un trasferimento, ma non avrebbe mai accettato se tra le sue possibilità non ci fosse stato un ruolo nella Brigata di Toshiro Hitsugaya. Non poteva mentire a sè stessa, era principalmente per stargli vicino che se ne era andata.

Un colpo allo stomaco le disse che si era distratta decisamente troppo, ma ci mise poco a recuperare: contrasse i muscoli della schiena per poi passare a quelli del braccio, sferrando un pugno pieno della sua reiatsu dritto sul fianco scoperto del suo amico. Gli fece sputare un po' di sangue e quello era il loro segnale per concludere l'allenamento: era una lotta al primo sangue, e nonostante lei avesse voluto contrastare a mani nude una zampakuto ne era uscita senza un graffio.

Non era un mistero per nessuno, lì dentro: lei era forte, ma soprattutto era molto veloce e aveva una percezione finissima del reiatsu. Questo la rendeva un'ottima sentinella e guardia del corpo, compiti che aveva svolto più volte per dei nobili sotto gli ordini del suo attuale Capitano.

-Si può sapere cosa cazzo sta succedendo qui? C'è una festa e non sono stato invitato?-

La pressione spirituale che avvertì Hoshi la avvisò che la situazione si era fatta più complicata del previsto.

-Kenpachi-Taichou!- fu un coro pieno di rispetto e aspettativa quello che lo accolse, degno del più potente della Brigata più forte in combattimento.

-Eh? Allora? Chi ha tanta voglia di menar le mani, venga qui da me! Hahaha!-

Hoshi tremò leggermente, ma quando le sarebbe ricapitata l'occasione di fronteggiare un capitano della sua risma?

Si fece avanti, ignorando il suo amico Hisagi che correva via all'improvviso dopo essere rimasto silenziosamente ad assistere alla sua precedente lotta.

Sguainò subito la zampakuto, ben sapendo che contro la potenza soverchiante del suo avversario non poteva esitare.





-Tsuki-chan! Siamo nei guai!-

-Hisagi? Cosa ci fai qui? Sono in riunione con Kyoraku-Taichou...-

-Hoshi sta per combattere contro il Capitano Kenpachi.-

Tsuki mandò al diavolo, con ordine: la sua amica, la riunione che mollò senza pensarci su troppo, la sua amica, l'hollow che aveva ucciso Takeshi-nii, la sua amica, Ikkaku e Yumichika che avrebbero dovuto impedire a Hoshi di scontrarsi con il loro capitano conoscendo alla perfezione la sua natura animalesca, la sua amica...

Hisagi, in decenni di conoscenza, aveva visto Tsuki Umiko arrabbiata un sacco di volte, triste alcune, felice la maggior parte.

In quel momento, ella mostrava in viso un'espressione risoluta, con gli occhi castano scuro persi oltre ciò che vedevano, la determinazione del diamante a muoverla. Non era sicuro di cosa stesse provando, ma sicuramente la sua energia spirituale non era da sottovalutare: era talmente irrequieta da assumere quasi consistenza.

Gli ci volle qualche momento, dopo che lei sparì correndo dalla sua amica - non sapeva se per salvarla o ucciderla lei stessa per le preoccupazine che le causava- per capire di non essere più solo.

-Ah, cosa non faremmo per i nostri amici...-

-Le mie più sentite scusa, Kyoraku-Taichou! Non accadrà mai più!-

Lui si accese la pipa, tirando fuori dal nulla un bicchierino di sakè: -Non hai nulla da temere, avevamo comunque finito di discutere le questioni importanti. Del resto può occuparsi Nanao-chan, non è vero mia cara? E comunque, avevo intenzione di lasciarla libera a breve: sembrava una leonessa in gabbia, tanto era preoccupata per Hoshi-chan. A giusta ragione, aggiungerei.-

-Non sono riuscito a impedirle di cacciarsi nei guai come le avevo promesso purtroppo.-

-Non avresti potuto nemmeno se avessi posseduto dieci volte il potere del Comandante Supremo. In questo momento ha bisogno di sfogarsi, una perdita va affrontata come ognuno sente sia meglio per sè.-

A queso, Hisagi scelse saggiamente di non ribattere.





Quella stupida... la lasciava sola per poche ora e lei cosa faceva? Andava a cercarsi rogne con lo shinigami più terrificante di tutta la Soul Society! 

Se il Capitano Zaraki non la fa fuori poi le faccio una lavata di capo che non se la scorda finchè campa.

Quandò arrivò in prossimità dell'Undicesima Brigata, le urla di incitazione iniziarono a perforarle i timpani insieme al rumore di due spade che si scontravano con violenza. 

Si fece largo nella folla a suon di gomitate, non aveva tempo di fermarsi a usare i suoi soliti modi gentili.

Ciò che vide le diede ragione.

Zaraki Kenpachi ghignava come il sadico fissato per le battaglie che era, mente continuava a scontrarsi con la sua ex subordinata, piena di ferite più o meno profonde, tra le quali una sopra la tempia destra che le infastidiva non poco la vista. 

Lei aveva estratto la spada, ma non l'aveva ancora rilasciata. 

Maledetta lei e la sua riluttanza al mostrare il suo shikai! Nemmeno stanca e ferita si decideva a lasciar andare il pudore con cui nascondeva la sua anima a chiunque, se ne aveva la possibilità. Per lei che era così espansiva sembrava una contraddizione, ma non lo era affatto: ciò che lei proteggeva era la parte più intima di sè, per lei mostrare la vera forma della sua zampakuto sarebbe stato come rivelare la parte più profonda di se stessa.

Era un discorso così irrazionale da essere perfettamente coerente per una personalità complessa come quella di Hoshi.

Quando però vide la sua amica faticare a rialzarsi dopo un attacco più pesante dei precedenti, decise che era il caso di intervenire.

-Ora BASTA.-

Si fece largo sul capo di addestramento, mettendosi letteralmente in mezzo ai due contendenti. Tutti la guardarono come se fosse impazzita, e non poteva dar loro torto. Chi mai sarebbe stato così folle da intromettersi in un allenamento di Zaraki Kenpachi?

Ma quando vide che persino Hoshi la guardava in quel modo, perse davvero la ragione. La prese per il colletto della veste nera, ignorando temporaneamente la preoccupazione per le sue ferite in favore della collera che la stava muovendo.

-Si può sapere cosa ti è venuto in mente? BAKA! Vuoi forse farti ammazzare? Bene, ma sappi che se sei così decisa a morire sarò io stessa ad ucciderti! Non ti è consentito perire per mano di altri!-

Hoshi annuì immediatamente, intimorita per quel tono infuriato, ma subito dopo fece un piccolo sorriso di scuse. Aveva compreso la preoccupazione dietro la sua ira, come sempre.

Tsuki si voltò verso il suo sfidante, che le fissava alquanto divertito.

-Mi scuso per aver interrotto l'allenamento, ma Hoshi ora deve andare via urgentemente.-

-Solitamente farei a fette chiunque osi interrompere il mio divertimento, soprattutto perchè stavo giusto per iniziare a scaldarmi... ma visto che le tue azioni mi hanno comunque divertito, lascerò correre per questa volta.-

Detto questo si mise a cercare tra i componenti della sua Compagnia  qualcuno che gli facesse da avversario, mentre loro vennero raggiunte da Renji, apparso chissà da dove, che prese in braccio la comune amica per allontanarsi più in fretta.

Si ritrovarono tutti e tre nella camera di Hoshi, perchè lei aveva protestato per tutto il tempo sul fatto di non voler andare alla Quarta brigata per farsi curare. Era stata così insistente che alla fine avevano ceduto.

Decisamente, sapeva come far fare agli altri ciò che voleva: esasperandoli.

-Io sono venuto solo perchè Hisagi è riuscito a mandarmi un messaggio, ma devo tornare ai miei doveri di Tenente. In questi giorni Kuchiki-Taichou è persino più irritabile del solito.- sbuffò, diede una carezza un po' rude tra i capelli ricci della sua "sorellina" e dopo che lei gli rispose con un debole pugnetto se ne andò alla velocità della luce.

Tsuki incrociò le braccia, in attesa.

Quando gli occhi verde pallido di Hoshi incrociarono i suoi, la sua amica sospirò, in attesa di una ramanzina. Partì quindi in anticipo, sperando palesemente di rabbonirla.

-Senti, non ero partita con l'intenzione di sfidare proprio il Capitano Kenpachi! Non sono così pazza. Volevo solo sfogarmi un po', combattere mi aiuta a rilassarmi lo sai... ma Ikkaku dopo mezz'ora ha perso e io avevo ancora un sacco di adrenalina in circolo, allora è arrivato il Capitano e io ho pensato...-

-Yazora Hoshi... sei, indubbiamente, la ragazza più esasperante, incoerente, folle e imprudente che io abbia mai conosciuto e di certo quella con la maggiore capacità di attirare casini.-

Lei aveva annuito ad ogni aggettivo che le veniva affibbiato, attendendo una ramanzina che, per quella volta, non sarebbe arrivata.

Tsuki sospirò, per poi avvolgere le braccia intorno alla sua amica, tenendola stretta. Era quello di cui avevano bisogno entrambe.

-Quello che ho detto prima lo intendo sul serio. Non puoi morire e lasciarmi da sola, hai capito? Io lo so che stai soffrendo e che questo è il tuo modo di affrontarlo, ma elaborare il lutto non significa cercare tu stessa la morte. E sfidare a quel modo lo shinigami più forte, tanto da aver ereditato il titolo di "Kenpachi", senza nemmeno evocare la vera forma della tua zampakuto... è come chiedere di essere uccisa.-

-Non volevo farti preoccupare, amica mia. Ti giuro che non intendevo certo morire, non ho istinti suicidi! Volevo solo combattere, sentire il dolore, diventare più forte. Era un'ottima occasione, solo quello.-

-Beh, non farlo mai più. Anzi, so che in qualche modo riuscirai a finire di nuovo nei guai, ma almeno non trattenere la tua forza davanti a nemici palesemente più potenti, chiaro? Ho avuto timore per la tua vita. Cosa potrei fare io, se tu non ci fossi più?-

Restarono strette così, con i cuori a contatto, finchè le loro anime non furono nuovamente calme. La presenza l'una dell'altra aveva sempre quell'effetto.





Era ormai sera quando Tsuki riuscì a trovare un momento per sè.

Aveva chiacchierato con Hoshi per tutto il pomeriggio, si era fatta raccontare come era andata la chiacchierata con sua madre e come stava, ma poi si erano semplicemente coricate insieme sul futon della sua amica, restando in silenzio, scambiandosi ogni tanto solo commenti e risatine leggere senza alcuno scopo se non quello di alleggerire l'animo.

Ora che se ne era andata però, aveva un po' di tempo per riflettere sull'accaduto: forse lei aveva un po' esagerato a temere addirittura per la vita della sua compagna di avventure, di certo non aveva ispirazioni suicide, ma di certo era quantomeno in cerca di guai. Perchè combattere praticamente disarmata contro un avversario senza scrupoli, il cui unico piacere risiedeva nel combattimento fine a sè stesso...

Beh, Tsuki sentiva in cuor suo di aver fatto bene a redarguirla. Oltre ad essere incredibilmente felice per il fatto che lei si fosse unita alla Decima Brigata, nonostante amasse combattere Hoshi aveva bisogno di uno scopo, di qualcuno da proteggere per mostrare il suo pieno potere.

Ora però lei stessa sentiva il bisogno di essere consolata, aveva provato troppe cose per un giorno solo, tra il timore e la rabbia, e il sollievo e l'affetto per quella testa matta.

Si diresse sulla collina dove solo la mattina precedente aveva passato momenti meravigliosi insieme al suo Capitano, speranzosa di trovarlo sotto il loro albero, il luogo preferito in cui si trovavano per passare momenti di intimità.

Fu fortunata, lui era già lì, in attesa di lei.

Si precipitò tra le sue braccia, conscia che a lui questi slanci improvvisi non piacevano troppo, ma troppo bisognosa per badarci in quel momento.

-Tsuki-chan, immaginavo saresti venuta.-

-Ti ringrazio per essere qui. Sono stati due giorni davvero pesanti.-

-Lo immagino.-

-Hoshi è sconvolta, non c'è nulla che le faccia più male del dolore che proviene dai suoi cari. Ha ricevuto in dono un'empatia pericolosa.-

-Anche tu sembri provare la sua stessa sofferenza.-

-Perchè fa male vederla così. Siamo diventate amiche molti decenni fa, siamo legate come e più di due sorelle. La tragedia che è capitata ieri è grave, ma quello che ha fatto oggi è da incoscienti persino per lei.-

-Ti sei scelta un'amica alquanto focosa e impulsiva, Tsuki-chan. Si potrebbe dire che c'era da aspettarcelo.-

-Non intendo aspettarmi certi problemi, ma prevenirli!-

-Sembra quasi che tu stia parlando di mettere sotto una campana di vetro una donna adulta come se fosse una bambina.-

-Non è di certo una bambina, ma ha davvero bisogno del mio sostegno. E io ho bisogno del tuo.-

Il bacio che seguì le fece rilassare i muscoli tesi, ma i pensieri erano ancora tutti lì, nella sua testa, a impedirle di godere appieno di ciò che aveva tra le braccia.

Si staccò dallo shinigami che amava, dispiaciuta più di quanto potesse esprimere, carezzandogli il viso percancellare il disappunto che era apparso sul suo volto.

-Perdonami, Gin... potremmo stare semplicemente qui per un po'?-

-Tutto quello che vuoi, piccola.-





Il Capitano della Terza Brigata osservò il volto addormentato della piccola Tsuki, consapevole che non fossero più soli.

-Capitano Aizen... a cosa devo il piacere?-

-Ichimaru-Taichou, mi dispiace aver interrotto il tuo incontro romantico.-

-Dopo tutti questi decenni, ancora rimango sorpreso dalla facilità con cui menti.-

-Un dono di natura, direi. In ogni caso, tieni bene a mente l'obiettivo.-

-Non temete, Capitano. Quando sarà il momento, questa piccola saprà tornarci molto utile. Che lo voglia o meno, il tempo in cui il suo potere si risveglierà coincide con quello della sua disfatta... e quindi del nostro trionfo.-







Note:
Chiediamo immensamente perdono per la lunghissima assenza. Non lasceremo più la storia in stallo per così tanto tempo, intendiamo portarla a termine, perchè una storia lasciata a metà non è proprio nelle nostre corde.
Speriamo davvero che nonostante i mesi di assenza ci sia ancora qualcuno ad apprezzare I Quattro Cavalieri, storia che è nata insieme a noi e che di noi racconta molto.
Sperando che l'attesa sia valsa la pena, e che qualcuno di nuovo possa perdersi nel nostro tributo a questo fandom che adoriamo, ci vediamo al prossimo capitolo! (che assicuriamo non arriverà dopo troppo tempo)
Manto & Flos Ignis

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