Under the Same Sky ~ Reveil

di whitemushroom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Morso ***
Capitolo 2: *** Davvero ***
Capitolo 3: *** Giovane ***
Capitolo 4: *** Esistere ***
Capitolo 5: *** Computer ***



Capitolo 1
*** Morso ***




Morso

“Quello non è un ragazzo, è un animale!”
Elliot non ha mai visto Ernest così infuriato; Claude si è limitato a brontolare qualcosa ed a chiamare una carrozza, ma probabilmente le urla di Ernest avranno già raggiunto casa. Le mani gentili della signora Finn gli appoggiano l’impacco sull’avambraccio, poi gli stringono la fasciatura per farlo aderire. “Come si sente, signorino Elliot? Cielo, sono così mortificata …”
“E di cosa?” risponde, fingendosi molto meno dolorante di quanto lo sia davvero pur di far smettere quella fastidiosa situazione. “È solo un graffio …”
“Non è un graffio, Elli! È un morso!” tuona Ernest che adesso è addirittura paonazzo.
In realtà non è solo un morso. Ci sono anche due pugni, tre calci ed un livido a livello dello sterno che prega che i suoi fratelli non scoprano tanto presto. Il tutto dato e ricevuto, ovviamente: è abbastanza certo che la ginocchiata che ha affibbiato nello stomaco di quell’orfanello petulante abbia lasciato il segno. Deve ammettere che per essere la sua prima zuffa se l’è cavata davvero bene.
Potrebbe quasi dire di essersi divertito.
“Ma non temere, fratellino, oggi capirai davvero quanto sia importante essere un Nightray. Dai l’ordine alla signora Finn e quel bastardino sarà espulso dall’orfanotrofio prima ancora che arrivi la carrozza”.
Ernest gli arruffa con gentilezza i capelli. “Fagli capire qual è il suo posto”.
Ecco, si giunge sempre a quel momento.
Sono tutti uguali, proprio come i battiti scanditi da una vecchia pendola. Momenti arrugginiti, istanti avvenuti in luoghi diversi ma che tornano tutti con lo stesso suono; il suono della vittoria, quello secco che chiude ogni partita. Elliot lo odia.
È il suo cognome a porre fine a tutto. Solo il cognome, niente altro. Nessuna abilità, nessuna forza, nessuna dimostrazione di essere davvero il migliore: lui è Elliot Nightray, e può solo vincere.
Lui è Elliot Nightray, e qualunque partita è decisa prima ancora di iniziare.
Sono tutti intorno a lui. Non solo i suoi fratelli –Ernest e Claude non gli permetterebbero nemmeno di sbucciarsi un ginocchio- ma anche la signora Finn, le donne di servizio e quasi tutti i bambini dell’orfanotrofio; nessuno si è preoccupato di vedere come sta l’altro, quel ragazzino insolente dai capelli neri che sta per essere buttato fuori dalla casa dell’Angelo Bianco solo perché ha alzato le mani (e i denti) contro un nobile che, a dirla tutta, lo aveva anche importunato durante la lettura. È un potere lo disgusta, perché nessuno potrà mai guardarlo come un pari. Quel ragazzo è stato l’unico farlo, e per questo rischia di perdere l’unica casa che possiede e finire a mendicare in chissà quale vicolo sudicio di Sabrié.
Ma se questa è la giustizia … può solo dire che gli fa schifo.
Lui è Elliot Nightray, e stavolta vuole averla vinta con le sue sole forze. “Lascia stare, Ernest. Me la cavo da solo”.


Guest stars

Ernest e Claude Nightray: i due fratelli maggiori di Elliot. Sono assai protettivi nei confronti del fratellino e della famiglia in generale, ma trattano con disprezzo chiunque appartenga ad un ceto sociale inferiore.

Mrs. Finn: la direttrice della Casa dell'Angelo Bianco (o Casa di Fianna), l'orfanotrofio di Sabrié dove vive Leo.

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Capitolo 2
*** Davvero ***




Davvero

Ci sono poche cose più divertenti del far infuriare Elliot.
Ad esempio far infuriare Elliot quando il suo orgoglio traboccante gli impedisce categoricamente di ammettere la verità ad alta voce. “Come sarebbe a dire che non ne sono capace?”
“Esattamente ciò che ho detto. Non ne saresti in grado. Punto” gli risponde Leo con un sogghigno. Continua a parlare senza staccare gli occhi dal proprio libro ben cosciente di quale reazione scatenerà nel suo padrone. “Agiti qua e là il tuo spadino nemmeno fossi Xerxes Break, ma la verità è che non avresti mai il coraggio di uccidere qualcuno per davvero”.
“Questo … questo è quello che pensi tu!” esplode.
A Leo non occorre sollevare lo sguardo per vedere l’espressione paonazza sul viso del suo migliore amico mentre cerca una giustificazione qualsiasi a cui appigliarsi pur di portare avanti la propria causa. “Fammi solo mettere le mani sul Cacciatore di Teste e …”
“E, nell’assai remoto caso che riuscissi a disarmarlo ed a catturarlo, lo consegneresti a Pandora per fargli avere un giusto processo invece di vendicarti”.
Una lunga sequenza di improperi segue quella frase, ma in effetti a Leo non interessa più di tanto ascoltarli o continuare la discussione; si accontenta di dire la sua, cosa che nessun altro nobile permetterebbe ad un servo come lui. La realtà è che Elliot non sarà mai in grado di uccidere nessuno.
Non il Cacciatore di Teste, colui che ha assassinato i suoi fratelli, né nessun altro.
Le rimostranze del suo padrone durano per quasi un capitolo, poi si placano. Da sotto i capelli Leo lo osserva appoggiare con stizza la spada nera alla parete e prendere un libro da uno scaffale. Quando gli si siede accanto si sforza di fare quanto più rumore possibile, ancora rosso in viso. “E comunque non accetto critiche da uno che non sa nemmeno impugnare la pistola affidatagli!”
Leo sorride, concedendogli almeno il diritto all’ultima parola: per quel che lo riguarda sa solo che, se Elliot fosse in pericolo, userebbe quell’arma e non potrebbe mai mancare il bersaglio.
E, riflette sfogliando le pagine, per lui non avrebbe alcun rimorso ad uccidere davvero.

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Capitolo 3
*** Giovane ***




Giovane

"Non ci crederanno MAI, Leo. Sono troppo giovane".
"Allora fai una faccia corrucciata, così ti vengono le rughe" risponde Leo mettendogli in mano un pacco di stoffa mentre si china per sistemargli l'orlo del pantalone chiaramente troppo lungo. "Quella almeno ti riesce bene".
"Stai volutamente accoltellando la mia dignità".
"Avresti dovuto pensarci prima di accettare" gli sorride dal basso con quel suo sorrisetto del cavolo che sembra fatto apposta per sfilargli i pugni dalle nocche "... o preferisci rimangiarti la parola?"
"Stai zitto e muoviti. Questa barba finta mi sta uccidendo per il prurito".
Sì, effettivamente avrebbe dovuto pensarci. E la cosa divertente -se davvero c'era qualcosa di divertente in quella pantomima- era che l'idea di partenza era stata sua. Regalare a Leo un libro per il compleanno gli era sembrata una cosa banale, men che mai un vestito nuovo o un blocco di spartiti: si era invece offerto di fare per un giorno intero tutto ciò che il suo amico gli avesse chiesto anche solo per conoscerlo meglio, per capire cosa passasse in quel cervello sempre nascosto sotto quel nido di ratti al posto dei capelli. Ed il piccolo serpente aveva accettato con gioia ... per poi incassare il suo regalo proprio oggi, a ben oltre un mese di distanza dal proprio compleanno, quando Elliot era quasi convinto che se ne fosse dimenticato.
Svuotare i giocattolai di Reveil era stata la parte più semplice.
Rimanere immobile mentre Leo gli sistema il costume nel bel mezzo del cortile dell'orfanotrofio della Casa di Fianna quando il cielo promette di nevicare da un momento all'altro ... molto meno.
"Quando tornerò Vanessa vorrà la mia testa".
"Puoi sempre correre a casa con la coda tra le gambe. Sono certo che lì ci sarà una bella festa piena di camini accesi, dolci a non finire e tutta la crema della crema di Reveil pronta ad interessarsi del tuo andamento scolastico".
Leo avrebbe potuto chiedergli di tutto. Ma dei tanti, orribili scenari che Elliot si era dipinto nella testa -compreso il dovergli portare i pasti in camera davanti allo sguardo disgustato di tutti i suoi parenti- questo era il più improbabile. O forse, sospirò, era stato lui a non aver mai compreso fino in fondo quel suo inopportuno servitore e ciò che avrebbe potuto stargli davvero a cuore.
Dopo oltre dieci minuti Leo smette di armeggiare con ago e filo, gli mette il cappello sulla testa e lo osserva soddisfatto. Elliot non è mai stato così sollevato di non avere uno specchio a portata di mano.
Il sacco carico fino all'inverosimile gli viene lanciato tra le mani e adesso tra lui ed il crollo vertiginoso della dignità c'è solo lo spesso portone dell'orfanotrofio che Leo si accinge ad aprire con la faccia di chi non vede l'ora di godersi la scena dalle retrovie.
La campanella da agitare è la tomba di qualsiasi ultima protesta. Inghiotte la saliva e fa un passo in avanti. "Oh oh oh! Buon Natale, bambini!"

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Capitolo 4
*** Esistere ***




Esistere

Leo esiste. Leo è.
Leo è, e non può non essere.
Vorrebbe avere qualcuno da incolpare, da odiare. Potrebbe maledire Humpty Dumpty, ma il Chain stava solo cercando di proteggerlo.
 

Leo esiste. Leo è.
Leo è, e non può non essere.
O forse potrebbe non essere, in fondo, se non che adesso il suo corpo non vuole saperne di morire. È il dono dei Glen, dicono.



Ha iniziato ad apprezzare la compagnia di Vincent. C’è qualcosa nei suoi occhi che ancora gli mette i brividi, ma non fa domande. Non quelle che fanno male, almeno. Dice di conoscere il suo dolore.
Leo non crede che sia possibile, ma lascia che sia Vincent ad estrargli lo stiletto esattamente dove lo ha piantato, dritto nel proprio cuore; quando la lama esce si sfrega lungo le costole e il dolore lo scuote, anche se solo per qualche secondo. Ma anche quel dolore va via, proprio come il sangue, e l’unica traccia del suo ennesimo tentativo di concludere quella storia che gli grida nella testa col ruggito di un Jabberwock è solo la camicia lacerata dall’arma.
“Ho riflettuto su ciò che mi hai detto, Vincent …”
Non ha mai chiesto di essere un nobile. O un re. O peggio, un dio.
O un mostro immortale, non vi è poi molta differenza.
I Baskerville lo chiamano il Salvatore e accorrono nella sua stanza solo per baciargli le mani, il loro re rinato dopo secoli di silenzio. Hanno attraversato il tempo per lui, per lui che è Glen e loro sovrano, ma Leo non sa cosa dire a quelle creature che sembrano uscite dalle favole che leggeva nei libri, i Baskerville vestiti di rosso che trascinano i bambini disobbedienti in Abyss. Si aspettano da lui qualcuno che non è. Qualcuno che non vuole essere.
I sorrisi ipocriti di Vincent sembrano l’unica via di fuga. “… abbraccerò i poteri di Glen. Scenderò in Abyss e farò tornare indietro il tempo. Creerò un mondo migliore, dove tutte le persone che amiamo siano felici”.
“Sono lieto di sentirvelo dire. Immagino sappiate che è una strada senza ritorno”.
“La intraprendo apposta perché è senza ritorno, Vincent. Il Cappellaio direbbe che potremmo creare un mondo diverso da quello che desideriamo …”
Una possibilità tra miliardi, di quello ne è consapevole. Un suo solo gesto nel passato renderà polvere questo mondo, lo sguardo felice di Oz, ciò che resta del suo orfanotrofio, i suoi compagni della Lutdwige, ogni Baskerville ed essere umano; il mondo dei suoi desideri esiste da qualche parte in quella manciata di possibilità, l’unica certezza è solo perdere tutto ciò che adesso esiste.
Una perdita accettabile.
Perché qualunque nuovo mondo il destino riuscirà a creare sarà sempre un migliore di quello, dove ogni attimo di veglia e di sonno ha il colore dei vestiti bianchi di Elliot riverso nel suo stesso sangue, dove ogni secondo è muto come il cuore del suo unico amico e come le eleganti decorazioni in marmo che proteggono la sua tomba dalla pioggia. Se cambiare il passato vuol dire sacrificare il presente e cancellare tutto ciò che ha strappato la vita di Elliot per lui va bene, anche solo provare ad afferrare quella tenue possibilità racchiusa tra i petali del tempo di creare un posto dove il suo amico possa tornare ad esistere. Essere diventato più simile ad un dio, dopotutto, deve pur avere qualche vantaggio “… ma qualunque cosa accada sarà un mondo migliore di questo”.


Guest star:

Vincent Nightray: l'inquietante fratellastro di Elliot. E' in realtà un Baskerville, uno degli emissari di Abyss, e quando Leo si risveglia come signore dei Baskerville si mette al suo servizio. Insieme vogliono cambiare il passato per cancellare la loro stessa esistenza e garantire una nuova e felice vita a coloro a cui tengono.

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Capitolo 5
*** Computer ***




Computer

“Ma ti sembra normale? No, dimmelo, questo arnese ti sembra normale?”
Sarebbe normale, Elliot, se ti degnassi di leggere TUTTO il foglio delle istruzioni”.
L’arnese in questione, un modem ADSL nero simile ad un UFO, viene appoggiato con stizza sulla scrivania e Leo lo intercetta prima che un secondo e più violento scatto d’umore di Elliot lo coinvolga un’altra volta e lo scagli contro la finestra. “Mi hai preso per un idiota? Certo che l’ho letto! Tre volte, se proprio vuoi saperlo, signor io-vivo-da-cento-anni-e-quindi-so-tutto-io! Perché questa lucetta continua ad essere intermittente? Me lo spieghi?”
Abyss, come vorrebbe prendergli la testa e schiantarla contro lo spigolo del tavolo! E lo farebbe ben volentieri se non fosse più che certo che sarebbe la scrivania a spaccarsi contro quella testa di marmo.
È Elliot, dopotutto. Ci dovrebbe essere abituato.
Ad essere sinceri Leo sta ancora cercando di abituarsi a questo “nuovo” Elliot: legge un libro soltanto con un fucile puntato nella schiena, ha un odio malsano verso qualsiasi strumento ed ascolta la musica soltanto con le cuffie o ad un volume così alto che riesce a superare persino la confusione che gli generano le chiacchiere di Revis nella testa. Ci sono dei momenti in cui vorrebbe stringergli la mano intorno al collo o dargli un pugno nello stomaco.
Ed è proprio così che deve essere. “In effetti potrei anche usare la mia saggezza centenaria, ora che mi ci fai pensare …”
Vi era stato un tempo in cui avrebbe incenerito il mondo per cambiare il passato e restituire ad Elliot la vita che gli era stata portata via. Vi aveva creduto, ma ha scelto la via più lunga. Non saprebbe dire nemmeno lui perché, forse perché semplicemente era la cosa più giusta e dolorosa possibile: invece di girare le lancette dell’orologio indietro, ha preferito correre in avanti. Sempre più avanti, un passo, un lustro, un decennio alla volta. Ha guardato per migliaia di volte la clessidra salire e scendere, ha rubato ad Abyss ogni istante di tempo possibile per essere lì al termine del Ciclo dei Cento Anni ed attendere la rinascita di quell’imbecille che per una pura questione di principio ha deciso di non chiamare il tecnico per installare quel benedetto ADSL –internet è arrivato da qualche settimana e sono tutti in fermento- e che adesso fissa lo schermo del computer quasi a sfidare i quattro quadratini colorati di Windows 2000 che ignorano qualsiasi sua protesta “… ma a vedere bene sulle istruzioni c’è scritto che, per far sì che la connessione sia attiva, occorre aspettare cinque minuti. Al che mi sorge spontaneo chiedermi se tu non sappia leggere o se non sappia contare”.
“Ti ho mai detto che sei insopportabile?”
Ha deciso di ricominciare davvero, questa volta senza bugie. Elliot lo ha ascoltato e gli ha creduto, o forse non gli ha creduto affatto e lo considera un povero pazzo, ma per Leo non serve più altro. Sono di nuovo insieme, forse un po’ diversi entrambi, ma sono lì. Sono insieme e possono ancora recuperare il tempo perduto. Elliot è vivo e ride e, finché Abyss gliene darà le forze, Leo non permetterà a niente e nessuno di chiudere i suoi occhi che sono ancora più azzurri, ancora più belli di cento anni prima. “Sì, non immagini nemmeno quante volte …”

 



 

Elliot Nightray e Leo Baskerville
IL TASTO CHE NON SUONA

 

THE END





Ed anche questa avventura è terminata. Un grande ringraziamento a tutti coloro che hanno seguito anche questo duo di personaggi e che mi hanno supportata con la loro approvazione. Stavolta ne approfitto per un mio piccolo angolo di Pubblicità Progresso: se vi sono piaciute le mie storie su Elliot e Leo mi permetto di consigliarvi la lettura di questa one-shot che si collega direttamente all'ultima drabble di questa raccolta. Ve la consiglio perché la considero la migliore tra le mie storie scritte in singolo e ci tengo tantissimo. Spero davvero di potervi far piacere e ci vediamo nel prossimo angolino!

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