Se penso a te mi batte forte il cuore e solo questo mi importa...

di Cristin_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “Oggi é il primo giorno del resto della mia vita” ***
Capitolo 2: *** La notte in cui tutto ebbe inizio ***
Capitolo 3: *** “Esiste, forse, un sentimento più illusorio dell’amore?” ***
Capitolo 4: *** “Ma la vita separa quelli che si amano” ***
Capitolo 5: *** Tra noi e il cielo c’è solo una vita, che è la cosa piú fragile del mondo.. ***
Capitolo 6: *** Il giorno in cui qualcuno ci ama è bellissimo... ***



Capitolo 1
*** “Oggi é il primo giorno del resto della mia vita” ***


24 ottobre 2012, h. 7.30

“Drinnn… Drinnn…”
“Oh no…” bisbigliò Felicity, rigirandosi nel letto. Cacciò un braccio da sotto il piumone e afferrò il cellulare. Aprendo un occhio solo, meccanicamente, staccò la sveglia e si concesse altri due minuti al caldo. Stava bene lì, sotto le coperte, al riparo dal mondo caotico di New York. Al silenzio della sua stanza si era sempre sentita bene, protetta. Una sensazione che a New York non aveva mai provato, né in ufficio, né durante le uscite con le amiche. L’unica con la quale amava trascorrere del tempo era Lyla, la sua coinquilina. Lavorava in una banca. Aveva un lavoro ben retribuito, una sfilza di ragazzi disposti a invitarla a cena e una vita degna di essere chiamata tale.
“Va beh.. alziamoci dai! Oggi devi andare a liberare il tuo ormai "ex" ufficio, Fel!” si disse, sgattaiolando dal letto. Così inforcò le occhiali e indossò un maglione di lana. Faceva freddo quel giorno. Addirittura nevicava. Era la prima volta che nevicava da quando lei era a New York. “Beh.. questa sì che é una bella sorpresa!” disse Felicity, fermandosi alla finestra per ammirare le strade innevate e gli alberi bianchi.
Scese poi in cucina e si mise a fare un bel caffé caldo. La radio intanto l’avvisò che quella che si era abbattuta su New York era una tormenta che aveva già messo k.o. Boston e Washington. “Forse i voli previsti per la giornata odierna subiranno dei ritardi. Ma non ci dovrebbero essere pericoli per i prossimi giorni.” Disse lo spiker. “Menomale!” gli rispose Lei, come se lui stesse attendendo una sua risposta. “Τra tre giorni devo partire! E non vedo l’ora!” mentì. Provava una grande tristezza all’idea di abbandonare New York. Ma non poteva fare altro. Il lavoro era mal pagato. Con quanto guadagnava riusciva a stento ad arrivare a fine mese. Tornare da sua madre sarebbe stata la scelta giusta. “E’ la scelta giusta!” si ripeté per poi andare a farsi una doccia. Si vestì senza dare molto peso a ciò che aveva scelto di indossare e uscì di casa. Si pentì di aver indossato un paio di stivali col tacco: le strade erano scivolose. Sarebbe arrivata tardi a a lavoro, probabilmente. “Poco male! E’ il mio ultimo giorno di lavoro!” si ricordò, cercando di non pensare al groppo che le si era formato in gola. 

 
h 8.00 circa

Quando Oliver entrò in ufficio, non erano ancora scoccate le otto. Era il primo a mettere piede al Merlin Global, come accadeva sempre nell’ultimo anno da quando aveva ripreso a lavorare. Quasi un anno e mezzo prima si era trovato ad accettare quell’impiego per aiutare Τommy. Il giovane Merlin non era mai stato bravo negli affari. La laurea in economia l’aveva presa solo per compiacere suo padre, Malcom Merlin. Ma, quando questo era morto, quasi diciotto mesi prima, non era stato in grado di rilevare l’azienda. Per questo aveva chiesto ad Oliver, il suo fedele migliore amico. E Oliver, dopo averci pensato a lungo aveva accettato. Lui e la sua adorata moglie, Sarah, si sarebbero trasferiti a New York. Lui avrebbe coperto l’incarico di amministratore delegato presso l’azienda dei Merlin e Sarah, di nuovo vicino alla sua famiglia, suo padre e sua sorella, Laurel Lance in Merlin, avrebbe continuato a gestire l’associazione filantropica “Moira e Robert Queen”, nata subito dopo il naufragio dello yacht durante una vacanza qualche anno prima. Tutto sembrava filare per il meglio, quando un pomeriggio, durante una riunione di affari, Gloria era entrata in ufficio e gli aveva bisbigliato che Sarah era in fin di vita. Un pazzo era entrato nella sede della associazione e aveva tentato di rubare tutto ciò che c’era. Lei si era opposta e quel pazzo le aveva sparato senza pietà. E lui non aveva neanche avuto il tempo di raggiungerla. Di dirle quanto l’amava. Era arrivato troppo tardi...
- “Signor Queen, buongiorno! Ecco il suo caffè!” disse Gloria, entrando nel suo ufficio e costringendolo a tornare alla realtà. “Sempre più mattiniero, vedo!”
- “Buongiorno anche a Lei, Gloria. E grazie per il caffè. Ne ho proprio bisogno. Questa notte non ho chiuso occhio.”
- “Beh.. si vede! Ha una faccia.. Senza offesa!” aggiunse poi Gloria.
Oliver la guardò e le sorrise. Conosceva bene Gloria. Lavorava da quasi quarant’anni per i Merlin come segretaria. Era efficiente e discreta. – “Si figuri Gloria, nessuna offesa! Cosa abbiamo oggi?”
- “Una marea di impegni, direi. Alle nove riunione con i rappresentanti del Merlin Global Group asiatico.. Si ricordi poi del pranzo con Isabel Rochev. Dovete discutere degli investimenti circa il settore delle microtecnologie e nel pomeriggio ci sono i colloqui con le nuove possibilii segretarie.”
Oliver sbuffò. Quella sì che era una grana. Per Gloria era arrivato il momento di andare in pensione e lui doveva cercare un’altra segretaria il prima possibile.
- “Bene! Allora mettiamoci sotto. Abbiamo parecchie cose da fare!” disse Oliver, sorseggiando il suo caffé.
 
 
24 ottobre 2012, h. 19.00

Quando Felicity chiuse la porta del suo appartamento alle sue spalle, era completamente distrutta. Aveva passato tutta la giornata a fare pacchi per portare via tutte le sue cose e, mentre liberava il suo ufficio, aveva dovuto ripetere milioni di volte il perché aveva deciso di tornare a Las Vegas tutte le volte che le sue colleghe, improvvisamente carine verso di lei, glielo chiedevano.
“Che inferno!” proclamò Lei, buttandosi sul divano, dopo aver poggiato l'ultimo pacco. “Voglio solo dormire adesso! Anzi no!” disse, alzandosi. “Felicity.. Τra meno di sessanta ore prenderai un aereo e tornerai alla vita dalla quale ti eri illusa di fuggire. Quindi.. almeno questa sera, vedi di divertirti!” Così si alzò, andò nella stanza di Lyla e prese il primo tailleur grigio Rlph Lauren con dei decolté dal tacco vertiginoso. Corse poi a farsi una doccia.
Erano le otto quando, truccata e vestita di tutto punto, uscì di casa. Τime Square l’aspettava.

 
Quando Oliver lasciò l’azienda era distrutto. Prese la sua macchina, una Lamborghini blu scura, e si buttò nel traffico di Manhattan, quell’angolo di New York dove ormai viveva come un automa. Accese la radio mentre percorreva le solite strada che ogni sera lo portavano a casa e, soffocando uno sbadiglio, ascoltava le previsioni meteo. Quella tempesta di neve lo avrebbe fatto compagnia ancora un altro paio di giorni. Incominciò a pensare a quella volta che Lui e la sua sorellina, Τhea, erano stati per la prima volta sulla neve. Si erano divertiti loro due e i loro genitori. Quello era certamente il Natale che ricordava con più piacere. Ricordava perfettamente i giochi con le palle di neve e le serate passate davanti il camino mentre ascoltava suo padre raccontare le favole a Τhea. Si accorse che stava sorridendo. Da quand’è che non lo faceva?
Assorto nei suoi pensieri, si accorse solo all’ultimo momento della giovane donna che stava attraversando la strada davanti a lui.
Si accorse che non aveva tempo di frenare! Sterzò tutto a destra e, pregando un Dio, in cui non era certo di credere, urlò: “Attenta!”


- “Attenta!”
Felicity si fermò di colpo. Poi vide la macchina e, istintivamente, si buttò di lato. L’auto la mancò di poco, salendo sul marciapiede e frenando con un gran stridio di gomme.
- “Pazzo assassinò!” urlò Lei all’automobilista. Però in cuor suo, sapeva che era anche colpa sua. Aveva iniziato a camminare senza meta e si era completamente estraniata rispetto a quello che le stava accadendo intorno.
Oliver scese subito dalla macchina, ancora scosso. - “Come si sente? Sta bene? Si e' fatta male? Lasci che la porti in ospedale.”
- “Sto bene. Non si preoccupi!” gli rispose Lei.
Oliver la aiutò ad alzarsi e per la prima volta Felicity alzò i suoi occhi.
I loro occhi si incrociarono e rimasero lì a guardarsi per un tempo indefinito.
Lui le sorrise. Un istante prima lei non c’era e ora non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Lei ricambiò il sorriso. Un istante prima lo detestava ed ora aveva un’infinita voglia di conoscere quell’uomo.
- “E’ sicura di stare bene?” domandò Lui, goffamente.
- “Sì. Non c’e' bisogno di andare in nessun ospedale.”
- “Beh.. almeno mi conceda d offrirle qualcosa da bere.. per farmi perdonare!” la guardò e aggiunse. “Mi dia solo il tempo di parcheggiare la macchina.”
- “D’accordo.” Gli rispose Lei.
Lui, così, le lasciò il braccio e si avviò alla macchina. Poi, però, decise di tornare indietro. “Oliver Queen.” Le disse, porgendole la mano.
- “Felicity Smoak.”
 

Oliver decise di portarla al Marriott Hotel. Era il bar-ristorante più cult di Τime Square. Felicity se ne accorse subito: la minima sciocchezza costava un occhio della testa! Lui scelse un martini dry; lei un bloody mary.
Il bar era molto tranquillo. L’atmosfera era accogleinte. Ma Felicity era molto nervosa e non riusciva a distendersi. Oliver dal canto suo si chiese: “Ma perché l’ho invitata?” Si sentiva travolto dalla situazione e particolarmente agitato.
Alla luce della candela che illuminava il tavolo, Felicity notò il suo viso stanco e gli occhi velati da un sottile ma evidente strato di tristezza. Però non poté non notare che quell’uomo che stava quasi per investirla era un bell’uomo. Le piaceva. E il cuore, per un qualche arcano motivo, le batteva più forte di quanto avrebbe voluto.
Anche Oliver non riusciva a smettere di guardarla. Cercò di indovinare la sua età. Era certamente più piccola di lui. Stranamente lo invase un senso di protezione nei confronti di quella biondina che aveva quasi investito. Voleva chiederle qualcosa, intavolare un discorso. “D’altra parte sei tu che l’hai invitata qui!” si disse. Eppure riusciva solo a contemplarla. Quella donna lo emozionava. Era una cosa che non accadeva da molto tempo.
- “Allora..” disse poi Lui ad un tratto. “Ho quasi rischiato di investirla, e me ne scuso. Ero distratto e un uomo alla guida non dovrebbe mai esserlo. Ma, dovrebbe ammettere, che anche Lei era un po’ distratta!”
- “E’ una domanda o una affermazione?” gli domandò Lei con un sorriso.
Lui non poté non notare che ogni volta che quella ragazza rideva, le si illuminava tutto il viso.
- “Decida lei.” Le rispose Lui.
- “Beh sì. Pensavo a quanto mi mancherà Manhattan dopo che sarò partita.”
- “Parte? E quando?” domandò Lui.
-“Il 27 ottobre.”
- “Ah.. così presto.” Disse Lui, non riconoscendo neanche lui stesso se la sua fosse stata una domanda o una esclamazione.
- “Beh sì. Oggi è stato il mio ultimo giorno di lavoro. Starò qui giusto un paio di giorni e poi tornerò alla mia vita. Non c’e' più nulla per me, qui.”
Lui pesò le sue parole. Poi domandò: - “Che lavoro fa?”
- “Lavoro al dipartimento informatico di una piccola azienda. Mi sono laureata al MIΤ.”
- “Wao! Non sapevo che avevo invitato a bere qualcosa a un’esperta informatica!”
- “Sono una donna piena di sorprese!” scherzò lei, bevendo un sorso del blood mary.
- “Non l’ho mai messo in dubbio!” le disse lui, guardandola intensamente.
 
Così, dopo qualche minuto…

Lui: “Ha fratelli o sorelle?
Lei: “Figlia unica. La mia famiglia è mia madre. Siamo solo io e lei. Ma ho sempre sperato di avere una sorella. Deve essere bello.”
Lui: “Lo è. Io ne ho una. E’ la parte migliore di me.”
Oliver sorride pensando a Τhea e lei sorride vedendo lui addolcire la sua espressione.

Lei: “Il suo film preferito?”
Lui: “< Il padrino >. E il suo?”
Lei: “< Le pagine della nostra vita >.”
 
Lui: “Il suo scrittore preferito?”
Lei: “William Shakespire. E il suo?”
Lui: “Dan Brown.”
 
Lui: “Piatto preferito?”
Lei: “Cibi surgelati va bene come risposta?”
Lui: “Andiamo! Un vero piatto preferito!”
Lei: “Le lasagne che mi preparava mia mamma. Non le mangio da anni, però.”
Lui: “Io conosco un ristorante dove cucinano delle ottime lasagne.”
Lei: “Mi dovrà dire il nome. In questi ultimi due giorni a New York potrei farci un salto.”
Lui: “Le do l’indirizzo. O meglio.. potrei accompagnarla.”
 
Lui: “Posto preferito di New York?”
Lei: “Τime Square. Il suo?”
Lui: “Qui, questa sera in sua compagnia, al chiarore delle luci dei grattaceli che brillano nella notte.”
Lei: “Dica la verità? Questa frase la ricicla ogni volta che invita una ragazza a bere qualcosa?”
Lui: “Beccato!”
Lei scoppia a ridere e Lui la guarda estasiato.
 
Rimasero tutta la serata a parlare. L’imbarazzo iniziale era sparito del tutto. Ormai c’erano solo loro due.. e nulla più. Neanche il tempo. La cameriera, con garbo, li avvisò che era ormai sopraggiunto l’orario di chiusura e loro due, imbarazzati, lasciarono il locale dopo aver porto le loro scuse.
Quando scesero in strada nevicava ancora. Felicity alzò lo sguardò e si incantò a vedere i fiocchi di neve scendere dal cielo. Eppure quell’alchimia, quella sintonia che si era creata tra loro, al tavolo illuminato dalla candela, sembrava essersi dissolta alle luci della città.
Entrambi erano impacciati ed imbarazzati.
- “Allora.. c’e' qualcuno che.. che l’aspetta a casa?” domandò Lui.
- “Non questa sera.” rispose Lei, pensando a Lyla.
Oliver la guardò e le domandò: - “Ha un ragazzo?”
- “Secondo lei?” domandò Felicity di rimando.
- “Secondo me una come lei non può che avere la fila di ragazzi interessati.”
- “Può darsi.” Rispose Lei. “E lei?”
- “No.. non ho ragazzi interessati a me!” le rispose Lui, con uno sguardo furbo.
- “Ha capito benissimo cosa intendevo.”
Lui la guardò e le si avvicinò. Sava per dirle di Sarah quando si sentì in colpa per aver passato le ultime ore con una donna che non fosse sua moglie. Si sentiva in colpa per essere attratto da lei. Per aver pensato che potesse essere lei quella giusta con cui iniziare una vita insieme. Per aver creduto di aver avuto un colpo di fulmine per una bellissima donna che gli aveva tagliato la strada una sera innevata a Manhattan. Così le si allontanò e le disse: -“Io.. io sono sposato.”
- “Ah..” riuscì a dire Lei. “Beh.. allora buon rientro a casa e grazie per il bloody mery.”
- “Aspetti!” la fermò Lui.
- “La riaccompagno? Io abito all’incrocio della Brodway con la settima Avenue. Se lei e' di strada…”
- “Non sono di strada, grazie comunque.”
- “Aspetti… Perché non mi lascia il suo numero di telefono, nel caso che..”
- “Nel caso cosa?” domandò Lei. “Non so lei che idea si sia fatto di me ma io non sono quel tipo di ragazza.”
- “Ha ragione. La prego di scusarmi.” Disse Lui, mentre la vedeva allontanarsi. “Grazie per il tempo che mi ha dedicato.” Aggiunse poi più rivolto a se stesso che a Lei.
Oliver si era già pentito per la bugia stessa. Lei non meritava di essere trattata così. E lui meritava una chance con quella bellissima ragazza che lo aveva ipnotizzato dalla prima volta che si erano incontrati. Così le corse dietro. “Senta.. mi dispiace molto per come e'  finita la serata.. Io la trovo fantastica ed era tanto tempo che non stavo bene con qualcuno così!”
- “Sarà felice sua moglie di saperlo!” lo canzonò Lui.
- “Converrà con me che l’unica cosa che abbiamo e' il presente! Non sappiamo cosa ci riserverà il domani… Quindi..”
- “Quindi cosa mi sta proponendo?” domandò Lei, con uno sguardo severo che agli occhi di Oliver la faceva apparire ancora più bella.
- “I giorni che le rimangono qui.. Passiamoli insieme.. tre notti e due giorni. A due condizioni: io non le chiedo niente della sua vita privata e lei fa lo stesso con me. Mia moglie e' fuori quindi..” le propose Oliver.
- “Quindi vada a quel paese!” tagliò corto lei, lasciandolo da solo.



Nota dell’autrice
Salve a tutti! Ecco la mia nuova ff sull’Olicity! Devo dirvi un paio di cose a riguardo: Il titolo del capitolo non è mio… è una frase scritta su una panchina di Central Park. E, per quanto riguarda le strade, le ho prese a caso da internet: non sono ancora mai stata a New York quindi non ci fate molto affidamento! Ho immaginato una tempesta di neve ad ottobre.. il 24! Impossibile.. direte voi! Ma Oliver incontra Felicity nel terzo episodio della prima serie.. andato in onda il 24 ottobre quindi.. immaginiamo pure che ad ottobre sia possibile una tempesta di neve! ;)
Per il resto beh... anche se il capitolo e' finito con Felicity che ha rifilato un due di picche a un Oliver piuttosto imbranato,  vi ho già detto nella descrizione che i nostri due protagonisti avranno il loro week end.. Quindi.. Alla prossima, spero!
 
 
 

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Capitolo 2
*** La notte in cui tutto ebbe inizio ***


- “Quindi cosa mi sta proponendo?” domandò Lei, con uno sguardo severo che agli occhi di Oliver la faceva apparire ancora più bella.
- “Un giorno e una notte insieme. Io non le chiedo niente della sua vita privata e lei fa lo stesso con me. Mia moglie è fuori quindi..” le propose Oliver.
- “Quindi vada a quel paese!” tagliò corto lei, lasciandolo da solo.
Oliver la guardò allontanarsi; poi si voltò e si diresse verso il parcheggio. Chiese al garzone di portargli la sua macchina e aspettò. Voltò lo sguardo al cielo di New York: sembrava un tetto di stelle. Non c’era uno spettacolo del genere a New York da tanto tempo. Poi si voltò a guardare il posto dove era stata Felicity fino a pochi secondi  prima: “E se stessi sbagliando tutto?” si domandò. Da quando era morta Sarah, lui si era tenuto lontano dalle donne. Non aveva mai intavolato una conversazione con una delle tante ragazze che spudoratamente cercavano di fare colpo su di lui se non perché costretto dal lavoro; non aveva provato interesse per nessuna di loro. Non era stato attratto da nessuna di loro.
Ma Felicity era un’altra storia.
Quella sera, con Lei, era venuto tutto in modo così naturale. Era stato semplicemente se stesso e si era finalmente sentito bene, dopo tanto tempo. Forse troppo. Fino a quando aveva deciso di distruggere tutto con una bugia. “No!” si disse. “Non posso distruggere anche questo!” Prese a volo l’auto che il garzone gli aveva portato e, dopo avergli lasciato una cospicua mancia, salì in macchina e prese la strada che Felicity aveva iniziato a percorrere.
Si guardò intorno, ma niente. Non c’era ombra di Felicity. Alzò ad un tratto gli occhi: c’era una stazione della metropolitana proprio lì davanti a lui. “Perfetto!” esclamò Lui, dando un pugno sul voltante. “Potrebbe essere dovunque…” ammise. Accostò al ciglio della strada e aprì il finestrino, togliendosi la cravatta. Aveva bisogno di aria. Perché nonostante le avesse chiesto solo una notte e un giorno di passione, sapeva benissimo che quello che aveva provato per Felicity non apparteneva solo alla sfera dell’attrazione fisica.
Ed era stato quello il problema. Aveva mentito perché era spaventato per come si era sentito con Lei…
E adesso l’aveva persa.
 

Felicity stava camminando con passo spedito verso la linea della metropolitana che l’avrebbe portata direttamente davanti casa sua. Continuava a ripetersi di aver fatto la scelta giusta. “Mai con un uomo sposato, Fel! Lo hai sempre detto e sarà così anche adesso! Non farai alcuna eccezione, neanche per Oliver Queen!” si disse. “Cerca di usare la testa e razionalizziamo! Il colpo di fulmine non esiste! Non ci si può innamorare di un uomo in.. in meno di due ore e mezza! Oppure sì?” si domandò, confusa, mettendosi una mano sul cuore: batteva forte. Τroppo.
Felicity era stata innamorata solo una volta in vita sua. E non c’era stato alcun colpo di fulmine quella volta. Si era innamorata del suo migliore amico: si conoscevano da quando erano bambini. E soltanto al ballo dell’ultimo anno del college avevano finalmente trovato  il coraggio di confessarsi il loro amore. Non era finita bene, però. Cooper era entrato in un gruppo di esperti informatici e si era impegnato a tempo pieno per creare un virus molto potente in grado di hakerare qualunque struttura informatica. Ma un attacco hacker non era finito come aveva previsto. Cooper era stato arrestato e da quel momento non aveva voluto avere più niente a che fare con Lei. E Lei con gli uomini. Era diventati la sua ultima preoccupazione. Era venuta prima la laurea; poi il lavoro a New York. E adesso che doveva lasciare quella grande città, ecco che aveva incontrato lui. “Un’altra illusione di New York!” pensò. Un’illusione durata giusto il tempo di un aperitivo. Pensò ad un tratto alle parole di Lyla: “Fel.. dovresti divertirti qualche volta! Hai ventiquattro anni! Vivi la tua vita.. adesso e a pieno!” Si fermò: “No! Lyla non si riferiva a questo! Basta! Dimentica Oliver Queen!”
Salì gli ultimi scalini della metropolitana con le chiavi di casa già in mano. Si sentiva strana. Neanche lei sapeva dire come. Ad un tratto echeggiarono nella sua testa le parole che sua madre le disse una volta: “Piccola mia.. incontrerai migliaia di persone, ma ricorda: ci si innamora solo di una di queste! E toccherà a te fare attenzione a riconoscerla!”.
“E’ una pazzia!” si disse. Chiuse la porta di casa sua alle sue spalle e corse in strada.
Fermò un taxi e salendo in macchina, in preda all’agitazione, annunciò: “Mi porti all’incrocio della Brodway con la settima Avenue, per favore.” Si mise di nuovo una mano sul cuore, quasi volesse cercare di rallentare il battito. “E meno male che mi ha detto dove abita!” si disse tra sé e sé.
 

Oliver era ormai tornato a casa. Aveva acceso il camino senza neanche togliersi il cappotto e si era seduto sul divano, con un bicchiere di scotch in mano. Si guardò intorno e non poté non pensare al fatto che tutto, in quella casa, era stato scelto da Sarah. I quadri appesi alle pareti; i mobili moderni; l’impianto stereo; il divano sul quale si era seduto. Si passò una mano tra i capelli e poi, preso il telecomando dello stereo che era appoggiato sul divano, lì dove Oliver lo aveva lasciato la sera precedente, accese lo stereo e cercò di rilassarsi mentre Joe Cocker cantava “You are so beautiful to me”. Neanche a dirlo, quando la canzone partì, gli comparve davanti agli occhi il volto di Felicity. Pensando a Lei, continuava a chiedersi se avesse fatto bene a stroncare tutto sul nascere o se invece avrebbe dovuto maledirsi per aver rovinato tutto così, con una bugia. Stava per darsi una risposta, quando andò via la corrente. Era un blackout. “Colpa della tempesta di neve!” pensò. Così, avvolto dal buio, si alzò e si diresse alla finestra. Il blackout aveva colpito l’intera città. Le uniche luci che si vedevano erano i fari delle macchine. Ce n’erano ancora in giro, nonostante l’orario. Rimase lì qualche minuto, poi, togliendosi il cappotto e rimanendo solo con uno dei tanti vestiti che indossava per andare a lavoro, fece per raggiungere il camino, quando vide una macchina fermarsi nella strada di fronte alla sua abitazione. Trattenne per un attimo il respiro quando vide una donna scendere dalla macchina. Era Lei. Posò poi il bicchiere sul tavolo e si diresse alla porta.

 
Felicity era disorientata. Non sapeva quale tra quelle case fosse quella di Oliver. Così, dopo aver pagato la corsa all’autista, si guardò intorno. Vide poi la Lamborghini scura, che l’aveva quasi investita qualche ora prima, parcheggiata di fronte a una villetta. La guardò. Le luci erano spente. “E se non ci fosse?” si domandò.
Felicity stava tremando. Più per l’agitazione che per il freddo. Il cuore le batteva sempre più forte.
Avanzando lungo il viottolo che portava al portoncino, ebbe un attimo di incertezza. “Ma cosa sto facendo?” si stava per domandare.
Ma ormai non c’era più tempo per tornare indietro.
A pochi metri da lei, una porta si aprì piano e Oliver lentamente le si fece incontro.
Si guardarono per qualche secondo. Forse per qualche minuto.
Poi però si abbandonarono al gusto dell’ignoto, all’ebrezza del presente.
Oliver e Felicity si avvicinarono.
I loro corpi si cercarono.
I loro occhi si persero gli uni negli altri.
Le loro labbra si incontrarono per perdersi nell’emozione del primo bacio.

 
E’ un bacio dolce che finisce per diventare quasi un morso. Un bacio che ha il sapore dell’attesa e della passione.
Oliver l’avvolge con le sue braccia e, senza smettere di baciarla, la porta dentro.
Felicity gli getta le braccia al collo e si lascia guidare. Gli toglie la giacca e, con le mani tremanti, incomincia a sbottonargli la camicia.
Oliver le sfila la giacca Ralph Lauren e le prende il viso tra le mani. Non riesce a non pensare che sia bellissima.
Lei gli toglie la camicia e si accorge di una serie di cicatrici sul petto e sulla schiena. Gliele tocca con delicatezza, quasi per timore di potergli fare del male.
Senza mai smettere di baciarla, la solleva e lei gli si avvinghia intorno con le gambe. L’appoggia sul tavolo e poi le sue mani, frenetiche, incominciano a toglierle prima la camicia. Poi la gonna. Poi le scarpe. Poi i collant.
Lei intanto gli sbottona i jeans e continua a baciare le sue cicatrici. La sua pelle sa di caramello.
Lui le sgancia il reggiseno e poi le accarezza il suo petto per poi scendere al ventre nudo e ancora più in basso.
Lei getta indietro la testa. Sente che ha le guance che scottano.
I loro occhi si incociano. Si sorridono e lui la stringe tra le braccia.
Poi le prende il volto tra le mani, le sfila le occhiali e l’attira a sé per baciarla. Ancora.E ancora.
Ormai non esistono né lui né lei.
Ci sono solo loro due.
Insieme.


 
Quando Felicity si svegliò rimase per qualche secondo con gli occhi chiusi. Provò però una strana sensazione: si sentiva osservata. Aprì un occhio e trovò Oliver che la guardava.
In preda a un vago imbarazzo, non seppe cosa dire.
La notte prima era stata trascinata dal desiderio di seguire l’istinto. Adesso, però, alla luce del giorno, aveva tante domande a cui trovava difficile dare una risposta.
Si ricordò del trucco che probabilmente era sfatto; mentre non ricordava di dove avesse lasciato le sue occhiali, che lui le aveva sfilato, mentre non smetteva di baciarla. Avrebbe voluto correre in bagno e darsi una sistemata. “Cosa dovrei fare?” si chiese. “Il patto era una notte e un giorno insieme… Ma se avesse cambiato idea?”
Si sistemò il lenzuolo di modo da coprire il petto e si voltò verso di Lui. E Oliver, quasi avesse potuto ascoltare il suono dei suoi pensieri, l’attirò a sé e la bacia con una immutata dolcezza e reverenza della notte appena trascorsa.
- “Buongiorno!” le disse.
- “Buongiorno!” rispose Lei, sorridendo. Lui rimase a guardarla per qualche secondo, così Lei, quasi in imbarazzo, gli domandò: “Che c’è? Perché mi guardi così?”
- “Niente… Sto solo cercando di capire una cosa…”
- “Cosa?” domandò Lei, curiosa.
- “Come fai ad essere così dannatamente perfetta!” rispose Lui, semplicemente, sistemandole una ciocca di capelli che le era caduta sugli occhi dietro l’orecchio.
- “Sì.. certo! Immagino come sono perfetta! Impresentabile, casomai!” ribatté Lei, scompigliandogli i capelli.
- “Felicity..” iniziò Lui, con un tono di voce serio.
- “Sì Oliver…” disse Lei, con un tono birichino.
- “Mi ha sempre dato fastidio quando la gente mi tocca i capelli e me li spettina!”
- “Ah.. quando fa così, intendi?” domandò Lei, ripetendo il gesto.
- “Esatto! Proprio questo!” confermò Lui, avvicinandosi a Lei.
- “Ok.. quindi?”
- “Quindi se lo dovessi rifare, te ne potresti pentire!” le disse Lui, bloccandole la vita per non farla muovere.
- “E’ una minaccia o cosa?” domandò Lei.
- “Un avvertimento!”
- “Beh.. Signor Queen.. lei non sa che non basta così poco per mettermi paura… Dunque…” disse Lei, scompigliandogli i capelli e un secondo dopo cercando di liberarsi dalla presa di Oliver.
Ma Lui glielo impedì. - “Dunque.. L' avevo avvertita, signorina Smoak!” le disse Lui. La guardò negli occhi e poi la baciò.
E fu magnifico.
 

Erano le otto quando Oliver chiamò Gloria. - “Signor Queen… Come Lei oggi non viene in ufficio?”
- “Gloria.. ha capito benissimo. Non sarò dei vostri né oggi né domani. Tutti i miei appuntamenti li fissi pure per il 27 ottobre, chiaro?”
- “Chiaro. Ma.. è successo qualcosa?” domandò Gloria, non abituata a un evento del genere, né tantomeno al tono di voce del suo capo: sembrava felice. Ed era una cosa che non capitava da tanto tempo.
- “Nulla Gloria. Va tutto benissimo. Ci vediamo il 27. Ah.. avvisi lei Τommy. Grazie e buon lavoro.” Disse poi staccando.
- “Ah.. quindi torni a lavoro il 27!” domandò Felicity, infilandosi la giacca.
- “Sì.. tu non parti sabato 27, scusa?”
- “Sì, sì…” rispose Lei, sorridendo.
- “Ehh.. Credo mi stia sfuggendo qualcosa.” Ammise Oliver, sedendosi sulla scrivania, mentre si aggiustava la sciarpa: avevano deciso di andare a fare colazione fuori.
Felicity tossì in modo teatrale. - “Sbaglio o avevi parlato di una notte e un giorno insieme? La notte l’abbiamo appena trascorsa e il giorno è oggi.. Quindi.. potresti andare a lavorare anche domani.” Lo punzecchiò Lei.
- “Ora credo di aver afferrato il concetto.” Le disse Lui, afferrandole il braccio e tirandola a sé.
- “Quindi cosa mi sta proponendo?” domandò Lei, con uno sguardo divertito che agli occhi di Oliver la faceva apparire ancora più bella.
- “Due giorni e tre notti insieme...” le propose Oliver. "Dato la notte appena trascorsa, esattamente due giorni e due notti!"
- “Ma vada a quel paese!”  scoppiò a ridere lei.
- “Ah pure adesso mi rispondi così?” le domandò Lui, divertito.
Lei gli si avvicinò. - “Mi sembra perfetto.” Gli sussurrò.
E poi lo baciò.



Angolo dell’autrice

Salve a tutti! Grazie mille per le recensione lasciate al primo capitolo e grazie per aver inserito la storia tra le vostre preferite o seguite. Ho deciso di aggiornare oggi perché non sapevo se nei prossimi giorni avrei avuto tempo.. E poi qui da me piove.. quindi Pasquetta a casa!  E.. approfitto per augurarvi buona Pasqua.. anche se in ritardo…e naturalmente... buona lettura! 
 

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Capitolo 3
*** “Esiste, forse, un sentimento più illusorio dell’amore?” ***


- “Nulla Gloria. Va tutto benissimo. Ci vediamo il 27. Ah.. avvisi lei Τommy. Grazie e buon lavoro.” Disse poi staccando.
- “Ah.. quindi torni a lavoro il 27!” domandò Felicity, infilandosi la giacca.
- “Sì.. tu non parti sabato 27, scusa?”
- “Sì, sì…” rispose Lei, sorridendo.
- “Ehh.. Credo mi stia sfuggendo qualcosa.” Ammise Oliver, sedendosi sulla scrivania, mentre si aggiustava la sciarpa: avevano deciso di andare a fare colazione fuori.
Felicity tossi in modo teatrale. - “Sbaglio o avevi parlato di una notte e un giorno insieme? La notte l’abbiamo appena avuta e il giorno è oggi.. Quindi.. potresti andare a lavorare anche domani.” Lo punzecchiò Lei.
- “Ora credo di aver afferrato il concetto.” Le disse Lui, afferrandole il braccio e tirandola a sé.
- “Quindi cosa mi sta proponendo?” domandò Lei, con uno sguardo divertito che agli occhi di Oliver la faceva apparire ancora più bella.
- “Due giorni e tre notti insieme...” le propose Oliver.
- “Beh.. vada a quel paese!”  scoppiò a ridere lei.
- “Ah pure adesso mi rispondi così?” le domandò Lui, divertito.
Lei gli si avvicinò. - “Mi sembra perfetto.” Gli sussurrò.
E poi lo baciò.


- “Tu aspetta qui.” Le disse Oliver, aggiustandosi il cappotto. “Vado a prendere la macchina e poi ti raggiungo. Così non rischi di scivolare con quelle scarpe!”
- “E’ un modo carino per dirmi che non so camminare su un tacco 12?” fece finta di offendersi Lei.
Lui scoppiò a ridere. “Era un modo carino per fare colpo su di te!” ammise Lui, tirandola a sé.
- “Ti dirò. Non ne hai bisogno.” Gli rispose Lei, avvicinandosi alle sue labbra per baciarlo.
 

- “Allora: ti fidi di me?” gli domandò Felicity, una volta immessi sulla settima Avenue.
- “Certo!” le rispose Lui, con lo sguardo fisso sulla strada. Il fondo era scivoloso e doveva prestare molta attenzione alla guida.
- “Bene! Allora segui le mie indicazioni. So io dove andare a fare colazione!” gli disse, mentre con la mano continuava ad accarezzargli il collo e a scompigliargli i capelli.
- “Certo Signorina. Ai suoi ordini!” fu la pronta risposta di Oliver, che si voltò verso di Lei e le fece l’occhiolino. 


Il locale scelto da Felicity era molto particolare. Sulla porta non c’erano insegne, né scritte. Si trovava su una strada secondaria. Sembrava quasi si volesse nascondere dalla vista della gente. Sarà per questo che piaceva tanto alla bionda IT! Felicity lo sentiva come il “suo” posto. Si sentiva finalmente a casa, lì, a New York. Ci andava sempre. Quando era felice. Ma anche quando era triste. Quel minuscolo locale al centro di quella grande metropoli aveva qualcosa che la faceva sentire a casa. Forse perché le ricordava il bar-ristorante dove lavorava sua madre quando lei era piccola. O forse non era quello il motivo. Fatto sta che quel posto le piaceva. Le tovaglie a quadrettini sui tavoli; i muri giallo crema; le piastrelle di terra cotta.
Era il suo posto.
E adesso era anche di Oliver.
- “Carino qui!” commentò il giovane manager. “Sai che non ci sono mai stato?”
- “Non mi sorprende!” gli rispose Lei, afferrandogli la mano e conducendolo al “suo” tavolo.
La prima volta che era entrata in quel bar si era seduta all’unico tavolo libero. Era nell’angolo della stanza, defilato. All’inizio non le era piaciuto. I camerieri non si voltavano mai verso di Lei. Poi, però, aveva capito la fortuna di sedere a quel tavolo. Nessun ragazzo che ti vuole vendere un gingillo ti viene a disturbare; nessuno fa mai caso a cosa fai. E così la seconda volta che era entrata in quel locale sapeva benissimo dove andare a sedersi. Come la terza, la quarta, la quinta. Come quella volta con Oliver.
- “Buongiorno Signori. Cosa vi porto?” domandò un cameriere ai due.
Oliver guardò Felicity. Era alquanto confuso!
- “Due caffellatte e… ma sì! Per oggi niente dieta! Un assaggio di tutti i dolci che avete!” ordinò Felicity.
- “Perfetto! Arrivano subito!” si congedò il cameriere.
- “Noto che qualcuno ha fame!” la prese in giro Lui.
- “Beh.. ieri notte non abbiamo cenato!” rispose Lei, diventando subito paonazza al ricordo di quello che era successo la sera precedente.
Oliver la guardò abbassare lo sguardo per poi guardare altrove. E non poté far altro che pensare che fosse bellissima. Rimase lì a guardarla per qualche secondo, domandandosi il perché, la sera prima, le avesse detto una bugia su Sarah. Lei era stata sincera con Lui e Lui l’aveva soltanto riempita di bugie. Valutò se dirle la verità e alla fine non lo fece. “Non sono l’uomo giusto per Lei. Due giorni. E poi la lascerò andare via.”
- “Ecco la vostra colazione!” il cameriere ruppe il flusso di pensieri di Oliver.
- “Oooo che delizie! Grazie!” fu la risposta di Felicity la quale, poi rivolgendosi a Oliver, disse: “La torta saker è mia, sappilo!”
- “E tu mi priveresti di un pezzetto di quella meraviglia?” le domandò Oliver, fingendo di essersi intristito.
- “Certo! Ti dirò: senza alcuno scrupolo, tra l’altro!”
- “Ah sì? Beh.. l’hai voluto tu!”
- “Cosa?” domandò Felicity.
Ma la ragazza lo capì subito. Oliver, con la sua forchetta, aveva tagliato un bel pezzo di torta saker e lo aveva direttamente infilato in bocca!
- “Mascalzone!” commentò Felicity.
Lui scoppiò a ridere. – “Non te lo aspettavi, eh? Mai sottovalutare Oliver Queen!”
- “Lo terrò a mente!” rispose Felicity che aveva già deciso come vendicarsi della efferata offesa di Oliver. “Tu, però, tieni a mente che io ho un gran cuore. Perdono tutti.. tutti tranne chi mi ruba la mia torta saker!” e così dicendo gli sporcò il volto con la panna dei bignè. “Non te lo aspettavi, eh?” domandò Lei, ridacchiando.
Oliver scoppiò a ridere. – “No. Direi di no! Su dai.. passami un fazzoletto! Sono sicura che questa pana sulle guance non mi dona!”
- “Ma no! Sei molto affascinante!” gli rispose, avvicinandosi e iniziando a pulirlo. Non prima di avergli dato un bacio.
 

- “Questa nevicata ha mandato in tilt New York.” Gli disse Felicity, mentre i due passeggiavano tra le viuzze tortuose e tranquille del Greenwich Village. C’era una luce strana a New York. Quasi metallica. Era la conseguenza della neve ghiacciata che era lì dalla sera precedente. “Non credo sia mai capitato non trovare ai distributori automatici il quotidiano!”
Oliver la guardò. – “Non ti faccio il tipo che legge i quotidiani.”
- “Ah no?” gli domandò Lei, di rimando. Lo guardò qualche secondo negli occhi e poi confessò: “Sai che hai ragione? I quotidiani sono noiosi. Stai lì a leggere cose che ormai sono già successe. Meglio le news in 60 secondi che mandano alla radio. L’effetto è lo stesso: sei aggiornata ma non perdi tempo!” concluse Felicity.
- “Beh.. dipende dai punti di vista.” Le disse Lui. ”Per me leggere il quotidiano è un rito. Lo faccio sin da quando ero poco più che un adolescente che giocava a voler imitare suo padre. La mattina quando scendevo per fare colazione era seduto a tavola con il giornale in una mano e il caffè nell’altra.” Le spiegò Oliver con un mezzo sorriso. “Tuo padre non era tipo da quotidiani, invece?”
- “Boo.. non lo so. Non so molto di lui. Se ne è andato quando ero piccola.” Gli rivelò Lei.
- “Felicity io…”
- “Tranquillo. Non lo potevi sapere. E comunque va tutto bene. E’ da un pezzo che ho deciso di non farmi rovinare la vita da un uomo che non ne ha voluto fare parte.”
Lui la guardò: era incredibilmente forte. – “Ma.. hai freddo?” le domandò, vedendola tremare.
- “Un po’.. l’aria è secca e pungente anche se il cielo è sereno!” gli spiegò Lei.
- “Dammi un minuto.. tu siediti qui!” le disse, accompagnandola verso una panchina.
- “Ma tu..”
- “Torno subito!” le disse, congedandosi con un bacio.
Felicity gli sorrise e lo vide allontanarsi. Si guardò intorno: erano arrivati in Washington Square. Ma quanto avevano camminato? Sorrise nel vedere alcuni ragazzi tirarsi le palle di neve. Quello rimaneva il suo gioco preferito!
- “Per evitare l’ipotermia!” la riportò Lui alla realtà. Era andato a comprare un caffè lungo all’angolo della strada. “Prima abbiamo esagerato con i dolci e non abbiamo preso il caffè latte. Così..”
- “Mi sembra perfetto!” gli sorrise Lei.
Tutti e due si sedettero sulla panchina e strinsero tra le mani il bicchiere fumante per scaldarsi. I loro visi erano così vicini che si sfioravano. Lui la guardava dritto negli occhi e Lei non riusciva quasi a ricambiare quello sguardo. Nessuno l’aveva mai guardata così, con tanta intensità. Così bevve un sorso di caffè e poi gli lasciò il cartone. Come un bambino, Oliver si era sporcato i baffi. Così Lei, ridendo, prese una salviettina inumidita e lo pulì. E Lui, per ringraziarla, la baciò.
Ancora.
E ancora.
 

- “Allora.. dove vuoi che ti porti?” le domandò Oliver, buttando il cartone del caffè nel bidone della spazzatura.
- “Non lo so. Decidi tu!” Gli rispose Lei.  “Basta che non mi porti a mangiare perché non ho fame!”
- “Lo credo bene! Abbiamo mangiato così tanti dolci!” disse Lui, passandosi una mano sullo stomaco.
Stavano camminando, stretti l’uno all’altra, mano nella mano, come due adolescenti quando una zingara catturò la loro attenzione.
- “Un dollaro, buon uomo. Un dollaro soltanto!” chiese la donna.
Oliver la guardò e, senza fiatare, prese una banconota e gliela diede. – “Se stai per chiedermi se l’ho fatto per far colpo su di te..” iniziò, guardando Felicity.
Ma Lei lo bloccò con un bacio. – “L’idea non mi ha sfiorato neanche minimamente.”
- “Buon uomo.. credo che Lei abbia sbagliato!” gli disse la donna, porgendo nuovamente la banconota ad Oliver.
- “No no.. assolutamente! Questi sono suoi!” le risponse Lui, stringendo a sé Felicity.
- “Allora grazie!” gli rispose la donna, sfregandosi le mani per riscaldarsi.  Vide i due allontanarsi e sorridere.
“Ehi… venite qui!”
Oliver e Felicity la raggiunsero, un po’ perplessi.
- “Lo vedete quel ponte laggiù? C’è una leggenda. Si dice che chi lo percorre, una volta arrivato dall’altra parte, può esprimere un desiderio. Sicuramente si avvererà! Basta solo crederci! Non so quale desiderio voi potete esprimere: avete già tutto! Siete giovani, belli ed innamorati!”
Oliver e Felicity si guardarono un po’ imbarazzati.
- “Insomma.. provate un po’!” concluse la donna.
I due si guardarono nuovamente.
- “Allora.. vuoi provare?” le chiese Oliver.
- “Sì.. perché tu no?” gli domandò Lei.
- “Non sono un tipo che crede a queste cose.” Le rispose Lui. “Il mio motto è: < Homo faber sui fortunae > “
- “Logica ferrea la tua. E le variabili? Le sorprese? Il destino?” domandò Lei.
- “Non credo nel destino.” Le rispose secco Lui.
- “E come pensi ci siamo incontrati io e te? Bastava che tu passassi di lì solo un secondo prima o io arrivassi in quel punto solo un secondo dopo e forse ci saremmo passati accanto senza neanche vederci!”
Lui la guardò negli occhi. Aveva perfettamente ragione! Però decise di non pensarci. Di non pensare a come sia strana la vita. - "Come penso che ci siamo incontrati? Facile! Non stavi guardando la strada e hai rischiato di farti investire da me!”
- “Scusa?? Veramente quello distratto alla guida eri tu! E mi pare anche che tu lo abbia ammesso, ieri sera!” rispose Felicity.
Oliver scoppiò a ridere. - “Va bene.. va bene! Non ti arrabbiare!”
- “Troppo tardi!” rispose Lei, fermandosi a braccia conserte.
- “Vorrà dire che mi farò perdonare!”
- “Ah sì? E come??” domandò la giovane, curiosa.
Lui fece finta di tossire. - “Signorina Smoak. Vuole accompagnarmi nel fare una passeggiata lungo codesto ponte per dare una chance alle parole della donna che abbiamo testè incontrato e vedere se effettivamente i desideri che siamo in procinto di esprimere un giorno, poi, si avvereranno?”
Felicity scoppiò a ridere. – “Ma come parli?”
- “Booo.. Cercavo di fare colpo su di te!” disse porgendole il suo braccio. “Allora.. andiamo?”
- “Non vedo l’ora!”
 

Il sole stava tramontando quando Oliver e Felicity rientrarono a casa di Lui.
I due decisero di iniziare la serata immergendosi nella vasca da bagno della meravigliosa casa di Oliver. Felicity aveva preparato la vasca scegliendo dall’armadietto un flacone di olio profumato.
Fu lì che aveva notato, su uno scaffale, i trucchi e del profumo da donna. Li aveva subito ricollegati alla moglie di Oliver. Per un attimo aveva trattenuto il respiro. Non aveva mai pensato di poter ricoprire il ruolo dell’amante. Mai. Eppure eccola lì. Nella casa di un'altra. Al posto di un’altra.
Ma le bastarono pochi secondi per scrollarsi di dosso quella strana sensazione. Lei non era l’amante di nessuno. Tra Lei e Oliver sarebbe finito tutto nel giro di due giorni. Lei il 27 ottobre sarebbe partita e lo avrebbe dimenticato. Lui avrebbe fatto altrettanto e continuato la sua vita con sua moglie.
Basta. Fine della storia.
O almeno era così si illudevano i due.
Perché si sa.
L’illusione, più che sperare, fa sognare.
L’illusione è la culla delle persone.
E Oliver e Felicity non facevano eccezione.
 


Nota dell’autrice
Salve a tutti! Prima di tutto. Scusate il ritardo. L’ultima volta che ci siamo sentiti era Pasquetta e adesso.. siamo in piena estate! Mi dispiace non aver potuto aggiornare prima. Cercherò di rimediare presto!
Allora: ecco come Olly e Fel hanno trascorso il loro primo giorno insieme. Manca poco alla loro separazione. Ma.. siamo sicuri che Felicity partirà? Può mai Oliver permettere a se stesso di perdere, per la seconda volta, la donna che ama? E se il destino esistesse davvero, nonostante i dubbi del signor Queen?
Alla prossima!
Ps il titolo del capitolo non è mio. “Esiste, forse, un sentimento più illusorio dell’amore?” è una splendida frase di Èmile du Chatelet.

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Capitolo 4
*** “Ma la vita separa quelli che si amano” ***


“Può darsi che certi eventi debbano accadere per forza.
Come se fossero già stati scritti in un libro del destino.
Un po’ come una freccia scoccata nella notte dei tempi, che sapesse da sempre dove e quando colpire.”

Guillame Musso



26 ottobre, h 21.00 circa

Oliver accostò al marciapiede e spense la sua Lamborghini.
Rimase qualche secondo in silenzio, mentre si guardava intorno. Poi ruppe il silenzio.
- “Quindi è qui che abiti?” domandò, constatando esso stesso la poca originalità della sua affermazione.
Felicity sorrise. – “Sì. Precisamente interno due, terzo piano.”
- “E’ una bella zona!” si complimentò Lui.
Calò di nuovo il silenzio tra i due. Avevano così tante cose da darsi che, alla fine, avevano taciuto tutto.
- “Va beh.. io salgo! Lyla mi starà aspettando!” disse Felicity, aprendo la portiera.
- “Sicura che non ti serva una mano? Con le valigie o gli scatoloni?” le domandò Lui, prendendole il braccio.
- “Sicurissima! C’è Lyla! E’ fenomenale nei trasloghi!” scoppiò a ridere Felicity.
- “Beh.. allora non insisto!” sospirò Lui, guardandola negli occhi. “Allora.. ci vediamo domani mattina!”
Felicity lo guardò e chiuse la portiera. – “Oliver.. non sono più convinta che sia una buona idea che tu mi accompagni all’aeroporto domattina! Credo sia meglio salutarci ora!”
Oliver pesò le parole che aveva appena sentito. – “Credevo che fossimo d’accordo!” obiettò Lui.
- “Sì.. ma lo sai anche tu, in fondo, che non è una buona idea! E poi avevamo detto tre giorni. Non c’è più tempo per noi, ormai.” disse Felicity, sperando che Lui la contraddicesse.
Oliver deglutì. – “Sì, hai ragione!” disse, nonostante l’unica cosa che volesse fare era contraddirla.
Felicity abbassò gli occhi. – “Bene! Allora.. buona vita, Oliver! E’ stato un piacere conoscerti.” fu il secco saluto della bionda IT, allungando la mano.
- “Buona fortuna per tutto, Felicity. E’ stato bello anche per me conoscerti.” Rispose Lui, afferrandole la mano.
Si guardarono per qualche secondo. Forse passò un minuto.
Poi con un sorriso forzato Lei scese dalla macchina.
Felicity ebbe l’istinto di girarsi e correre da Oliver.
Oliver ebbe l’istinto di scendere dalla macchina e correre da Felicity.
Invece Lei aprì il cancello di casa sua e corse nel suo appartamento.
Invece Lui la guardò scomparire e sospirò. Girò la chiave della macchina e guardò lo specchietto retrovisore.
Tra loro era tutto finito.
Tutto.



- “Ben tornata!” urlò Lyla, quando vide Felicity entrare.
- “Ehi ciao! Vedo che sei di buon umore! Tutto bene a lavoro?” domandò la bionda informatica, togliendosi le scarpe.
- “Benissimo!” rispose la ragazza. “Abbiamo concluso un contratto con un cliente importantissimo! Il direttore della banca non finiva più di farci i complimenti!”
- “Tu e chi?” domandò Felicity, accorgendosi del plurale utilizzato dalla sua coinquilina.
- “Io e John!” rispose Lyla, con un pizzico di imbarazzo.
- “Ah.. e da dove spunta questo John?” chiese Felicity, rannicchiandosi sul divano, abbracciando il suo cuscino.
- “John Diggle.. è un mio collega in banca. Non te ne ho mai parlato? Mi sembra di sì.”
- “No, mai!” rifletté Felicity. “E, osservando la tua reazione quando parli di questo tipo, capisco anche il perché.”
Felicity conosceva bene Lyla. La ragazza era un tipo molto affascinante, sicura di sé e desiderosa di fare carriera. Non era un’esagerazione dire che Lyla aveva una sfilza di ragazzi pronti a invitarla a cena, ma altrettanto vero era che la giovane non era solita rimanere affascinata dalle avance degli uomini.
Il leggero rossore sulle gote; il voler far cadere l′argomento “John Diggle”: era bastato ciò per far capire a Felicity che quell′uomo aveva fatto colpo sulla sua amica.
- “A te, invece? Questi tre giorni sei quasi scomparsa!” le domandò Lyla, bevendo un bicchiere d′acqua, cercando di cambiare argomento. Felicity aveva ragione: quel John Diggle aveva fatto colpo!
- “Tutto nella norma, o comunque più o meno direi!” rispose Lei, sospirando. “Ho conosciuto un uomo! Ma è sposato! Quindi direi che non c’è nulla da dire.”
Lyla quasi rischiò di affogarsi. – “Che cosa? Puoi ripetere, per favore? Credo di non aver capito bene!”
- “Lyla cosa c′è da capire? E′ sposato! E io lo sapevo fin dall′inizio e come una scema ho fatto finta che la moglie non esistesse! Ho sbagliato, lo so. Io non lo concepisco il tradimento, figuriamoci essere l′amante! Ma è andata così. E adesso non posso neanche recriminare qualcosa perché sapevamo benissimo, sia lui che io, che avevamo solo tre giorni per stare insieme! Poi io sarei tornata alla sua vecchia vita e lui sarebbe tornato a vestire i panni del bravo marito. Quando me lo ha proposto ho detto di sì. E questo è quanto. E poi... chi si prende una cotta per uno sconosciuto in tre giorni, eh? Nessuno!” Guardò Lyla, che le si era seduta accanto. “Nessuno, giusto?” le domandò.
Lyla la guardò con infinita dolcezza. - “Che ne dici di raccontarmi di questo sconosciuto dall′inizio?”
Felicity le sorrise. Sfogarsi le avrebbe fatto bene.



- “Eccoti, finalmente! Stavo per andare via!”
Oliver alzò gli occhi, chiudendo lo sportello della sua Lamborghini. – “Tommy.. avevamo un appuntamento?” domandò, avvicinandosi al suo migliore amico.
- “No, amico! D′altra parte.. da quand′è che io e te ci incontriamo solo dopo aver fissato un appuntamento?” gli domandò Tommy, scrutandolo con attenzione.
- “Ma non volevo dire questo, lo sai. È che, in questi giorni, sono stato poco presente!” rispose l’amministratore delegato, aprendo casa. “Su entra!”
Tommy lo seguì. Gloria lo aveva avvisato del fatto che il signor Queen si era preso tre giorni di ferie. Era un comportamento insolito per Oliver. Per questo Tommy, appena tornato dalla Russia, dove era stato insieme a sua moglie ospite di Isabel Rochev, aveva deciso di raggiungere l’amico. – “Allora.. Gloria mi ha detto delle tue vacanze. Non mi fraintendere: hai fatto benissimo. Erano anni che non ti prendevi una pausa. Però.. dimmi la verità: è successo qualcosa?”
Oliver si tolse il cappotto e si tuffò sul divano. – “Nulla! Domani torno a lavoro.” Affermò, con un sorriso forzato.
Tommy lo guardò: c’era decisamente qualcosa che non andava. – “Ah.. quasi dimenticavo. Ho una bottiglia di vino qui con me! Che ne dici di berne un bicchiere? Dai.. come ai vecchi tempi!”
Oliver valutò la proposta. - “Sai dove sono i bicchieri!” sorrise.
- “Naturalmente!” constatò Tommy, fiondandosi in cucina. Fu allora che la sua attenzione si posò altrove: mentre prendeva i bicchieri notò una sciarpa dimenticata sul tavolo. Tommy sospirò. Aveva capito tutto!
- “Un Petrus di Pomerol! Vedo che non hai badato a spese!” commentò Oliver, vedendo tornare l’amico. “C’è qualcosa che dobbiamo festeggiare?”
- “Perché? Ci deve essere per forza qualcosa per cui festeggiare per bere un buon bicchiere di vino con il mio migliore amico?” ribatté Tommy.
- “No, per carità. Però una bottiglia di Petrus di Pomerol, il cui prezzo medio è di poco superiore ai due mila dollari, non si apre così, senza un motivo!” gli rispose Oliver, guardandolo attentamente.
- “Beh sì.. in effetti c’è una cosa ma ho promesso a Laurel che te l’avremmo detto insieme! Quindi non fare domande!” rispose Tommy.
- “Da quando sai mantenere un segreto? Non sei mai stato capace!” commentò Oliver, incredulo.
- “Da quando mia moglie mi ha detto che mi ammazza se dico a qualcuno che aspettiamo un bambin.. No!” Tommy si coprì il volto con le mani. Non aveva mantenuto la promessa! 
- “Tommy: è una notizia fantastica!” Oliver si alzò per abbracciare l’amico.
- “Quale? Quella che morirò senza conoscere mio figlio per mano di mia moglie? Magnifica!”
Oliver scoppiò a ridere. – “Ma piantala!”
- “Tu non hai visto Laurel quando me lo ha detto: era seria!” gli fece presente Tommy.
- “Tommy.. farò finta di non sapere nulla, va bene? Lo sai che < io > so mantenere un segreto! Ora.. posso abbracciare il mio migliore amico che sta per diventare papà?”
Tommy posò i bicchieri. – “Certo!”
- “E’ magnifico, Tommy. Sono contentissimo per voi!”
- “Ma ti immagini: un piccolo Merlin?” commentò Tommy.
- “Beh.. speriamo assomigli alla mamma!” scoppiò a ridere Oliver.
- “Ah grazie.. Va beh, brindiamo!” disse il giovane Merlin, versando due bicchieri di vino.
- “Questa sì che è una buona notizia!” si fece sfuggire Oliver, sorseggiando il Petrus di Pomerol.
- “Dimmi un po’: devo farti bere tutta la bottiglia per farti dire cosa è successo in questi giorni?” ruppe il ghiaccio Tommy.
- “Potresti provare!” sorrise Oliver.
- “Va beh.. non vuoi parlarne!” si arrese Tommy. “Comunque.. ha un buon profumo!” disse, prima di sorseggiare un altro po’ di vino, appoggiando la sciarpa trovata in cucina sul tavolino del salotto.
Oliver si pietrificò. “Felicity!” sospirò, alzandosi per prendere la sciarpa. C’era il suo profumo. Ed era dannatamente buono!
- “Giorgio Armani!” commentò Tommy, riportando alla realtà l’amico.
- “Cosa? Chi?”
- “Il profumo.. è Giorgio Armani. O Chanel.. a pensarci bene, potrebbe anche essere Chanel!”
- “Beh.. poco importa! Domani parte!” si sfogò Oliver.
- “Ah.. è per questo che stai così! Beh.. questa è una brutta cosa!”
- “Grazie Tommy! Mi sei d’aiuto così!”
- “Scusa amico! Valutavo la situazione! Per caso c’è anche un altro? Perché sai.. la distanza non è un problema ma un altro sì!”
- “E’ single!” rispose Oliver.
- “Perfetto!” Questa è una buona notiz..”
- “Sono io che le ho detto di essere sposato!”
- “Beh Oliver. È ovvio che tu le dica del tuo matrimonio. È il tuo passato!”
- “Tommy le ho detto di essere sposato e di avere una moglie! Lei crede che io abbai tradito mia moglie con lei!”
Tommy era perplesso - “Credo di non aver capito molto!”
- “Credo di non starci capendo nulla neanche io!” ammise Lui.
- “Bene! Che ne dici di iniziare dall’inizio?” propose Tommy.
Oliver bevve un altro sorso di vino. Poi iniziò.


 
- “Quindi lui voleva accompagnarti all’aeroporto e tu hai detto di no?” domandò Lyla.
- “ Sì! Volevo evitare una straziante scena d’addio alla quale non sono emotivamente preparata.” Rispose Felicity.
Lyla la guardò. Felicity era profondamente scossa, sopraffatta da un sentimento con cui non aveva fatto i conti. Era impreparata a provare quei brividi. Quelle emozioni. Quel sentimento. L′amore.
- “Fel ascoltami! Mi hai chiesto se è possibile prendersi una cotta in soli tre giorni. Non ho la risposta giusta alla tua domanda. So solo che a me, con John, è bastato uno sguardo! Ho provato una sensazione strana. Come se lo conoscessi da sempre. Non ho la presunzione di dirti che è successa la stessa cosa a te. Solo tu sai se è così. Ma una cosa te la posso dire. L′amore che nasce all′improvviso, quello che non ti aspetti, quello che non hai messo in conto.. è il più lungo a guarire. Quindi.. pensa bene a quello che devi fare. Quello che c′è stato tra te e Oliver.. quello che c′è tra te e Oliver non può finire con una stretta di mano!” le disse, alzandosi e lasciandola da sola.
 


- “Beh amico. Devi dirle che le hai mentito. Devi dirle la verità. La merita!” sentenziò Tommy.
- “Così penserà che sono un uomo psicologicamente disturbato, non c′è alcun dubbio!”
- “Incomincio a pensare che forse tu lo sia davvero!” commentò il giovane Merlin.
Oliver lo fulminò con lo sguardo.
- “Oliver.. da quando Sarah è morta tu non hai nemmeno più guardato una donna. Ti sei chiuso nel tuo dolore e hai vissuto come un automa. Anzi no: non hai vissuto. Hai sopravvissuto. E ora ci sta che sei spaventato! Hai toccato il cielo con un dito negli ultimi tre giorni e non sai cosa fare. Ma una cosa te la voglio dire. Non stai tradendo Sarah. Non la tradisci perché ti stai innamorando di un′altra donna. Tradisci te stesso, però, e soprattutto i tuoi sentimenti, se lasci partire Felicity domattina senza muovere un dito.” Si alzò, infilò la giacca e lasciò Oliver in compagnia del suo bicchiere di vino e riflettere.
 


 
27 ottobre, ore 10, aeroporto JFK

“Signore e Signori, al gate 16 è iniziato l’imbarco del volo 460 per Los Angeles, aeroporto McCarran International Airport, Las Vegas, Nevada, Stati Uniti d′America. Siete pregati di preparare il passaporto e la carta d′imbarco, grazie.”


Con gli occhi fissi a terra e la mente altrove, Felicity si accorse di aver dimenticato le occhiali nella valigia. “Maledizione!” sussurrò, mentre cercava di orientarsi all′aeroporto. Fortunatamente non le ci volle molto per raggiungere il gate 16. Così, superati i riti della sicurezza, salì sull′aereo.
Non aveva chiuso occhio. Le rimbombavano nella mente le parole di Lyla. “Quello che c′è stato tra te e Oliver.. quello che c′è tra te e Oliver non può finire con una stretta di mano!” Lyla aveva ragione. Felicity lo sapeva benissimo. Ma alla fine aveva deciso di optare per la scelta più semplice. Lasciare le cose così com’erano. I tre giorni di passione e inebriante follia non bastavano a costruire un rapporto di coppia. La magia del colpo di fulmine non significava compatibilità a lungo termine. Erano solo tre giorni fatti di smaglianti ore di felicità che erano finiti. Le regole erano chiare sin dall′inizio. Lei era stata al gioco e ora, parte del gioco, era anche soffrire per un uomo che non avrebbe più rivisto.
Mentre gli ultimi passeggeri prendevano posto, si allacciò la cintura.
Nel pomeriggio avrebbe riabbracciato sua madre.
Tutto sarebbe andato bene.
O almeno così credeva.



Oliver lasciò l′auto in uno dei parcheggi sotterranei e imboccò la lunga passerella che conduceva al tabellone principale. “McCarran International Airport, Las Vegas, Nevada”. L′imbarco del volo di Felicity era già stato ultimato. Era arrivato tardi. “Adesso è davvero tutto finito!” sospirò. Rimase fermo qualche secondo, quasi per metabolizzare quello che era appena successo. Poi si voltò e si avviò alla macchina.
Eppure all′improvviso Oliver si fermò di colpo. Non sapeva neanche Lui quale fosse il motivo. Una forza misteriosa lo aveva bloccato. Continuava a ripetersi che la storia con Felicity non lo avrebbe condotto da nessuna parte.
Ma era lì, all′aeroporto. Ed era lì solo per Lei! E questo lo doveva ammettere a se stesso.
Così corse indietro di corsa.
Finalmente si sentiva pronto per amare di nuovo.
Arrivò trafelato nella sala centrale del terminal e si avvicinò alla vetrata.
Vide il tabellone evidenziare che l′aereo per Las Vegas stava decollando. Lo vedeva: al limite della pista, era pronto per spiccare il volo.
Era arrivato nuovamente troppo tardi.
Aveva avuto la sua chance e se l′era lasciata sfuggire.
Sarebbe bastata una parola: Resta.
Ma Oliver non l′aveva pronunciata.
L’aereo accelerò e decollò.
“E’ finita!” pensò, pietrificato. Voleva allontanarsi da quella vetrata ma non ci riusciva.
Si sentiva di nuovo vinto da quell'angoscia sorda che lo tormentava dalla morte di Sarah.
Si voltò con molta fatica e fece il primo passo per raggiungere la macchina.
- “O mio Dio!” sentì urlare, subito dopo un grande tonfo.
Restò impietrito. Con le gambe tremanti e il cuore colmo di orrore, rabbrividì fino alle ossa.
L’aereo che era appena decollato dall’aeroporto Kennedy di New York era appena esploso lungo una pista dell’impianto. Si era trasformato in una nube grigia che avvolgeva un grande incendio.
 Il volo 460 per Los Angeles diretto all’aeroporto McCarran International Airport, a Las Vegas, in Nevada, non c’era più.
Oliver cadde sulle sue ginocchia.
Felicity non c’era più.



Nota dell’autrice

Salve a tutti! Eccomi qui! Non ho molto da dirvi questa volta! Voglio ringraziare tutti quelli che hanno recensito e tutti quelli che seguono la mia storia! In questi giorni mi sto godendo le mie vacanze però prometto che aggiornerò presto la ff! Bisogna capire cosa è successo a Felicity, siete d’accordo con me?
Alla prossima!
 
p.s. il titolo “Ma la vita separa quelli che si amano” è una splendida frase di Jacques Prevert

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Capitolo 5
*** Tra noi e il cielo c’è solo una vita, che è la cosa piú fragile del mondo.. ***


27 ottobre, ore 13.00 circa

- “Dai amore… finiscila di tenermi il muso! Non l′ho fatto apposta!” si giustificò Tommy, reo di aver confessato a Gloria di stare per diventare padre.
- “Lo immagino! Tu non lo fai di proposito. Proprio non ti sai tenere un cecio in bocca !” gli rispose Laurel. Poi lo squadrò bene, fermandosi nell′atrio del ristorante. “Lo hai detto anche a Oliver, dì la verità!”
- “Io.. Oliver.. No!” balbettò Tommy. “E va bene!” si arrese. “Sì! Ma Oliver è il mio migliore amico. Lo ha capito subito che ero felice e che c′era una novità..”
- “E tu non ti sei fatto pregare tanto e gliela hai detta!” completò la frase Laurel.
- “Almeno gli ho risollevato un po′ il morale! Non se la sta passando bene!”
- “Cos′ha?” gli domandò la moglie.
- “Eeee la storia è lunga! Dai.. sediamoci e poi ti dico!” le propose Lui, afferrandole la mano.
Quel sabato avevano deciso di mangiare in un ristorante italiano. “La Masseria dei vini” era uno dei  ristoranti piú rinomati di New York. I coniugi Merlin lo amavano. Era un posto tranquillo, si mangiava bene e si ascoltava della buona musica. Era però sempre affollatissimo!
I due si avvicinarono al cameriere e gli chiesero un tavolo. Stavano per seguirlo quando, dal fondo della sala, sentirono un brusio diventare sempre piú insistente. Poi, però, quel brusio lasciò il posto a un silenzio di tomba. Tommy e Laurel si guardarono: era successo qualcosa di grave!
- “Cosa è successo?” domandò Tommy al cameriere.
- “Un terribile incidente all′aeroporto JFK. Il volo per Los Angeles, che sarebbe dovuto atterrare al McCarran International Airport, a Las Vegas in Nevada, appena decollato dall’aeroporto, è esploso lungo la pista dell’impianto. Non ci sono superstiti.”
Laurel trattenne il fiato.
Tommy rimase senza parole. Oliver gli aveva detto che Felicity sarebbe partita quella mattina da quell′aeroporto.. con un volo diretto a Las Vegas.
Sperò che il volo di Felicity non fosse “quel” volo.
Sperò che Oliver l′avesse fermata. Che lei non fosse salita su quell′aereo.
Ma non ci credeva.
Restò impietrito.
Doveva cercare Oliver.
Doveva trovarlo.


 
27 ottobre, sabato pomeriggio , ore 15.00 circa

Oliver era distrutto. Si sentiva svuotato. Perso.
Aveva passato tutta la mattinata in aeroporto a cercare di avere informazioni senza concludere nulla.
L′FJK si era subito gremito di poliziotti, curiosi, cameramen e giornalisti.
Anche il sindaco era giunto sul posto. “Non si può escludere alcuna pista riguardo le cause dell′incidente.” aveva detto, per poi congedarsi per raggiungere i dipendenti dell′aeroporto e coordinarsi sulle operazioni da compiere.
Fu così che, verso ora di pranzo, il direttore sanitario dell′aeroporto aveva distribuito ai suoi dipendenti la lista dei passeggeri e, nella sala d’imbarco del volo per Las Vegas, era così cominciata la processione dei parenti e degli amici di coloro che si erano imbarcati su quel maledetto aereo.
L’informazione da dare era la stessa.
“Subito dopo il disastro è stata creata una zona di sicurezza. Le operazioni di ricerca proseguono ma l’esplosione è stata così violenta che è escluso vi siano superstiti.”
Bisogna aspettare. Ecco altre due parole ricorrente in quelle ore.
Aspettare.
Oliver si era stancato di aspettare.
- “Oliver!” si sentì chiamare ad un tratto.
Si era seduto vicino una vetrata, quella dalla quale aveva visto il volo di Felicity decollare. Lì rannicchiato, perso nei suoi pensieri, aveva avuto difficoltà a riconoscere la voce di sua cognata. Alzò il volto: - “Laurel.. Tommy.. cosa ci fate voi qui?” domandò alzandosi.
- “Abbiamo sentito dell’incidente e siamo corsi qui..” spiegò Lei, abbracciandolo.
- “Speravamo di non trovarti qui!” bisbigliò Tommy. “Speravamo che Felicity non avesse preso quell’aereo..”
- “E invece l’ha preso. Ed è solo colpa mia!” disse Oliver, pieno di rabbia e collera.
Laurel e Tommy si guardarono. Avevano entrambi un nodo alla gola.
- “Hai già chiesto informazioni  su.. su Felicity?” gli domandò Laurel.
- “No.. continuano a ripetere che non ci sono dispersi e io non ho la forza.. non sono pronto a fare i conti con l′idea di non rivederla..” Oliver cadde sulla sedia.
Laurel lo guardò con infinita dolcezza. Non lo vedeva così da quando sua sorella era venuta a mancare. – “Vado io!” Guardò Tommy e con gli occhi gli disse di rimanere con Lui.
Oliver la guardò allontanarsi. - “E’ tutta colpa mia, Tommy! Sono arrivato troppo tardi.. è solo colpa mia!”
Il giovane Merlin non sapeva cosa dire. Gli si sedette accanto e gli mise una mano sulla spalla.


 
- “Sono la dottoressa Aria Reed.” Disse uno degli addetti all’accoglienza dei famigliari delle vittime andando incontro a Laurel, che stava entrando nella sala, guardando intorno a sé la disperazione delle persone che, mano a mano, parlavano con il personale dell’aeroporto.
- “Salve.. vorrei sapere..” iniziò Laurel, deglutendo,  “vorrei sapere qualcosa di una mia amica, Felicity Smoak. Doveva prendere questo volo.” Continuò, cercando di rimanere calma.
La dottoressa Reed controllò la lista. Felicity Smoak: quel nome era evidenziato in modo più marcato rispetto a quelli sulla sua lista.
- “Ehm.. un istante, signora.” Rispose impacciata, e si assentò un attimo.
Laurel rimase senza fiato. Istintivamente si toccò la pancia. La vita era crudele e questo lo sapeva! Ma in quel momento le sembrava più spietata del solito. Si sentiva quasi in colpa per la felicità che provava all’idea di poter stringere di lì a poco un bimbo tutto suo tra le braccia quando c′era tutta quella sofferenza che la circondava.
- “Signora.. Ci segua, per favore!” le disse la dottoressa Reed, scortata da due poliziotti in divisa di guardia.


 
Tommy e Oliver erano rimasti seduti in silenzio per lungo tempo. Tra loro aveva sempre funzionato così. C′erano sempre l′uno per l′altro, e le parole non erano indispensabili.
- “Questa notte sono tornato sotto casa sua. Sono stato lì fino all’alba.” Disse ad un tratto Oliver. “Se solo fossi sceso e le avessi chiesto di non partire.. Lei.. lei sarebbe ancora qui..”
- “Oliver..  non è colpa tua!” gli disse Tommy.
- “Sì Tommy, e tu lo sai!” gli rispose, per poi ripiombare nel suo silenzio.
Aveva in testa un turbinio di ricordi e di pensieri contraddittori che si intrecciavano e si sovrapponevano senza un ordine preciso. 
Il viso di Felicity distesa sul marciapiede dopo averla quasi investita.
Le luci del taxi fermo dinanzi casa sua.
L’espressione beata di quell’angelo biondo che gli dormiva accanto.
La stretta di mano con la quale si erano salutati la sera prima.
- “Se solo fossi arrivato in tempo!” ripeté nuovamente a sé stesso.
- “Oliver!” lo chiamò Laurel.
Oliver si alzò di scatto. Lo stesso fece Tommy.
- “Devi sapere una cosa…” iniziò lei.
 


Quattro ore prima, 27 ottobre, ore 11.00 circa
 
“Signore e Signori, al gate 16 è iniziato l’imbarco del volo 460 per Los Angeles, aeroporto McCarran International Airport, Las Vegas, Nevada, Stati Uniti d′America. Siete pregati di preparare il passaporto e la carta d′imbarco, grazie.”


Con gli occhi fissi a terra e la mente altrove, Felicity si accorse di aver dimenticato le occhiali nella valigia. “Maledizione!” sussurrò, mentre cercava di orientarsi nell′aeroporto. Fortunatamente non le ci volle molto per raggiungere il gate 16. Così, superati i riti della sicurezza, salì sull′aereo.
Non aveva chiuso occhio. Le rimbombavano nella mente le parole di Lyla. “Quello che c′è stato tra te e Oliver.. quello che c′è tra te e Oliver non può finire con una stretta di mano!” Lyla aveva ragione. Felicity lo sapeva benissimo. Ma alla fine aveva deciso di optare per la scelta più semplice. Lasciare le cose così com’erano. I tre giorni di passione e inebriante follia non bastavano a costruire un rapporto di coppia. La magia del colpo di fulmine non significava compatibilità a lungo termine. Erano solo tre giorni fatti di smaglianti ore di felicità che erano finiti. Le regole erano chiare sin dall′inizio. Lei era stata al gioco e ora, parte del gioco, era anche soffrire per un uomo che non avrebbe più rivisto.
Mentre gli ultimi passeggeri prendevano posto, si allacciò la cintura.
Nel pomeriggio avrebbe riabbracciato sua madre.
Tutto sarebbe andato bene.
- “Tutto andrà bene!” si ripeté, guardando fuori dal finestrino.
Ma non era vero! Tutto stava andando per il verso sbagliato. Lei non voleva essere lì. Lei non voleva partire.
“Io non voglio partire!” ripetè ad alta voce, sollevata per aver trovato la forza e il coraggio di prendere quella decisione.
E in un attimo si tolse la cintura.
Eppure c’era qualcosa che non andava
Guardò le sue mani: stavano tremando.
Il respiro era sempre più affannato.
Le stava girando la testa.
Si sentiva soffocare.
- “Signorina.. signorina.. Si sente bene?”
La voce dell’hostess le sembrava arrivare da lontano.
Le fischiavano le orecchie.
- “Presto.. presto! Chiamate il medico!”
Furono le ultime parole che Felicity distinse.
Poi le si chiusero gli occhi.
L’ultima cosa che pensò è che non sarebbe mai dovuta salire su quell’aereo.
L’ultima persona a cui pensò fu Oliver.
 
 

27 ottobre, sabato pomeriggio , ore 16.30 circa
 
- “Oliver!” lo chiamò Laurel.
Oliver si alzò di scatto. Lo stesso fece Tommy.
- “Devi sapere una cosa…” iniziò lei. “Oliver.. Felicity non era su quell’aereo!”
A Oliver fu necessario qualche secondo per capire veramente quello che Laurel gli aveva appena detto.
- “Felicity non ha preso quell’aereo?” domandò nuovamente, per paura di aver sentito solo quello che voleva sentirsi dire e non quella che era la realtà.
- “E’ scesa poco prima del decollo!” gli rispose Lei, tesa in viso.
Il cuore di Oliver batteva all’impazzata. Felicity era viva!!
Tommy guardò Oliver. – “Laurel.. sei sicura che non ci sia stato un errore.. uno scambio di persona?”
Laurel guardò entrambi. – “No, nessun equivoco. Felicity non era su quell’aereo al momento del decollo.” ripetè lei. “Però la situazione è un po’ complicata! Si è sentita male prima del decollo e il medico di bordo ha ordinato di trasferirla in ospedale perché aveva perso conoscenza.”
Oliver si sentì gelare fino alle ossa.
- “Come sta adesso?” le domandò Oliver, rintronato.
- “Oliver sta bene, o almeno così dicono. Fatto sta che è la principale indiziata per l’incidente di oggi!”
- “In che senso?” domandò Tommy.
- “Credono che abbia simulato il malore solo per poter scendere dall’aereo, dopo averlo sabotato.” Spiegò la Lance. “Ora è in stato di fermo. Piú di questo non so neanche io!”
Oliver non poteva credere a ciò che Laurel gli aveva appena detto.
- “Oliver.. Felicity è viva. Nelle mani della polizia, ma viva.” Gli ripeté Lei.
- “Io.. io devo vederla!” scattò Oliver. “Qualcuno mi ha dato una seconda possibilità e non voglio.. non voglio perdere nemmeno un secondo! Non me lo potrei mai perdonare...”
Tommy e Laurel si guardarono.
- “E’ al commissariato del 21° distretto!” gli disse Laurel.
- “Io vado da Lei.” Annunciò Oliver che, senza aspettare una risposta, si catapultò a prendere la macchina.
- “Non gliela lasceranno vedere, vero?” domandò Tommy, guardando l’amico allontanarsi.
- “No. Ma è così emozionato e felice che non si sarebbe di certo fermato se glielo avessimo fatto presente.” Gli rispose la moglie.
- “Felicity avrà bisogno di un avvocato.” Riflettè Tommy.
- “E’ per questo che ho detto agli ispettori della polizia di non interrogarla prima del mio arrivo in commissariato.” Gli sorrise Laurel.
Tommy ricambiò il sorriso. – “Bene.. allora andiamo! Servirà qualcuno che tenga calmo Oliver!”
- “Lasciamolo fare.. è un uomo innamorato!” gli sorrise Laurel, dandogli la mano.
 


Nota dell’autrice

Salve a tutti! Eccoci qui! Felicity non era su quell’aereo!  Ma i problemi non sono certo finiti!
Almeno Oliver sa che lei è viva ed è pronto a battersi come un leone per stare con la donna che ama!
E Laurel farà la sua parte.. Questa Laurel a me sta proprio simpatica così com’è. E a voi?
Comunque.. ci vediamo presto con un nuovo capitolo. Oliver ha qualcosa da confessare alla donna che ama! Quindi.. a presto!

Ps il titolo “Tra noi e il cielo c’è solo una vita, che è la cosa piú fragile del mondo” è una frase di Blaise Pascal

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Capitolo 6
*** Il giorno in cui qualcuno ci ama è bellissimo... ***


Salve a tutti!!!
Credo sia passata una vita dall′ultimo aggiornamento e mi scuso con tutti voi. Non mi piace lasciare le cose a metà. Purtroppo non ho avuto un periodo facile. Spero di poter ritornare a scrivere più spesso..
Come sempre il titolo non e' il mio… E’ parte di una frase di Jean Gabin: “Τutto ciò che ho imparato si riassume in poche parole: Il giorno in cui qualcuno ci ama è bellissimo; non so dirlo meglio, ma  bellissimo.”
Ci vediamo presto! ;)



Oliver era senza fiato quando arrivò in commissariato. Aveva parcheggiato molto lontano dall′ufficio del 21° distretto per poi correre a chiedere informazioni.
- “Salve. Ho bisogno di un′informazione. È molto importante.” Iniziò Oliver, rivolgendosi ad un’agente in divisa.
- “Sì, immagino. Come per tutte quelle persone lì sedute. Tutti avete bisogno di un’informazione.. ed è per tutti urgente!” rispose Lei, senza staccare gli occhi dal computer al quale stava lavorando.
- “Guardi che è veramente urgente. Sto cercando una persona. Felicity Smoak. Doveva essere sul volo per Las Vegas ma, in aeroporto, mi hanno detto che dovevo venire qui!” insisté Lui.
La donna alzò gli occhi. – “La faccio parlare subito con l′ispettore Specter.” Gli rispose Lei, con molto più garbo e gentilezza, alzandosi dalla sua postazione.
- “Mi dica solo una cosa.. Lei è qui?” domandò Lui, in preda all′emozione.
- “Sì. È in stato di fermo. Al momento, però, non posso darle altre informazioni. Le vado a chiamare l′ispettore Specter.”
Oliver continuava a non crederci: Felicity era viva!
Era così contento che non riusciva a stare fermo. Continuava a camminare nella sala d′aspetto. Entrava e usciva dal commissariato sperando di veder arrivare Laurel: a Felicity serviva un avvocato.
- “Salve. E′ Lei l′uomo che vuole notizie di Felicity Smoak, vero?” gli si rivolse un uomo.
Oliver scattò. – “Sì, sì. Sono io. Lei è l′ispettore Specter, giusto?”
- “Sì. Prego, mi segua. Parleremo nel mio ufficio. La questione è delicata.”
Oliver lo seguì. Quell′uomo gli sembrava una persona seria. – “Come sta?” gli domandò mentre si accomodava.
- “Tutto sommato bene. È stata una giornata intensa  per la signorina Smoak.”
- “Deve trattarsi di un malinteso. Io e Felicity abbiamo trascorso insieme gli ultimi tre giorni. La conosco: è la persona più limpida che abbia mai incontrato. Non è implicata nell′incidente aereo, mi creda!”
L′ispettore lo guardò. – “Lo credo anche io.” Ammise con un sorriso. “La ragazza si è sentita male poco prima del decollo. Era allo stand ospedaliero dell’aeroporto quando l′abbiamo arrestata. E il dottore che l’ha visitata ci ha assicurato che il malore non era simulato.”
- “Cosa ha avuto?” domandò Oliver, allarmandosi.
- “Uno svenimento. È stata sottoposta a un check-up completo dallo staff medico. Ma non si preoccupi: hanno parlato di stress.” Spiegò l’ispettore.
- “Quando posso vederla?” domandò Oliver.
- “Non subito. Dobbiamo prima interrogarla.” Spiegò l’uomo.
- “Ma.. ha appena detto che non crede che Felicity sia colpevole.”
- “E lo credo. Ma abbiamo un iter da seguire. Dobbiamo interrogarla. E visionare le telecamere dell’aeroporto. Se la signorina Smoak non si è avvicinata al veicolo, come credo, massimo in serata sarà a casa.”
- “Può assisterla un avvocato?”
- “Assolutamente!” convenne l’ispettore. “La signora Merlin ci ha fatto sapere che sta arrivando a breve. La stiamo aspettando per iniziare l’interrogatorio.”
Oliver sorrise. Non poteva non farlo. Felicity era viva.
 

- “Buongiorno, signorina Smoak.” Iniziò l’ispettore Specter, entrando nella stanza.
- “Salve.” rispose Lei con garbo. Lo guardò: il cartellino indicava il suo nome: Harvey Specter, ispettore. “Senta.. io lo so che voi pensate che io sia responsabile per l′incidente aereo, ma io.. io non ho fatto nulla! Davvero..” aggiunse, visibilmente allarmata.
- “Signorina Smoak si calmi! Mi hanno detto che ha già avuto un malore prima del decollo.. fortunatamente per Lei.” La guardò con molta dolcezza. Felicity era sconvolta. “Signorina.. non penso che Lei sia coinvolta nell’incidente ma è questo l’iter da seguire. Visionerò personalmente i nastri della videosorveglianza e le prometto che, se Lei sta dicendo la verità, questa storia finirà.”
Felicity lo guardò: quell′uomo era un brav′uomo! Gli sorrise e accettò il bicchiere d’acqua che l’ispettore le stava offrendo.
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
- “Sì?” si voltò l’ispettore.
- “Harvey!” disse entrando Laurel. “Mi hanno detto che eri stato già informato del mio arrivo.” Gli porse la mano l’avvocato, con garbo.
- “Laurel ti aspettavo! Anzi.. ti aspettavamo. Io e la tua cliente!”
Felicity spalancò gli occhi: quella donna così bella ed elegante era il suo avvocato! Era incredula: non se l′aspettava di certo così il suo avvocato d′ufficio!
- “Vi lascio!” si congedò l’ispettore.
- “Grazie!” disse Laurel, accomodandosi di fronte a Felicity.
- “Scusi.. Lei è il mio avvocato d′ufficio?” domandò la giovane, confusa.
- “Non proprio, però sono il tuo avvocato. Ne hai bisogno se la tua situazione si dovesse aggravare. Ma ho parlato con la polizia. Non sei sospettata di aver causato alcun incidente!” le rispose Laurel. La signora Merlin piú la guardava e piú riusciva a capire quanto fosse speciale quella ragazza. Lo aveva già immaginato: solo una ragazza come Lei, dolce, sensibile, con gli occhi grandi e sinceri, poteva aver sciolto il cuore di ghiaccio di Oliver.
- “Lei.. lei ne è sicura? Se non sospettano di me, perché sono qui?”
- “Beh.. sei scesa dall′aereo pochi istanti prima del verificarsi di una tragedia. Devono fare dei controlli e seguire ogni pista. Ma non hai nulla da temere. L′ispettore, Harvey Specter, è uno dei migliori. Entro questa sera sarà tutto finito.” La consolò, poggiandole la mano sulla sua.
Felicity le sorrise. – “Lei non è un avvocato d′ufficio, quindi?”
Laurel sospirò. - “No. Oliver Queen: è Lui che mi ha chiesto di aiutarti! Era all′aeroporto quando ha visto l′aereo decollare e poi abbattersi.”
- “Come? Oliver era all′aeroporto? Ma..” Felicity si bloccò. “Τu sai di noi, vero?” le domandò dandole del “tu”.
- “So piú cose di quante ne immagini!” sorrise Laurel dolcemente. “Per inizire: Oliver è qui fuori. E.. mi ha chiesto di darti questa. Τi prego: leggila!” Felicity non afferrò la lettera che le stava porgendo Laurel. Allora questa aggiunse. “Fidati di Lui. Fidati di Voi!” E così chiuse la porta dietro di Lei, posandola sul tavolo.

 
“Felicity.. non so se leggerai questa lettera. Per quel poco che ti conosco, so quanto tu sia caparbia! Lo so bene, credimi! La notte che ci siamo conosciuti me lo hai dimostrato ampiamente! Ma io al momento non posso vederti, non posso parlarti.. e l′unico modo che ho per dirti la verità è questo: scriverti una lettera e sperare che tu la legga…
Sono tante le spiegazioni che devo darti.. tante, forse troppe. Troppe quante le bugie che ti ho detto.. E non ho scuse per averlo fatto! Sono stato un codardo, ho avuto paura e d′istinto ho mentito. Ho mentito dall′inizio. Io non sono sposato. Lo ero. Mia moglie è morta... Fino a poco fa, tutto sembrava filare per il meglio. Io e Sarah eravamo felici.. Io l′amavo, nonostante le incomprensioni.. nonostante i problemi. Poi.. un pomeriggio, durante una riunione di affari, Gloria é entrata in ufficio e mi ha detto che Sarah era in fin di vita. Un pazzo era entrato nella sede della nostra associazione e aveva tentato di rubare tutto ciò che c’era. Lei si è opposta e quel pazzo le ha sparato senza pietà. E′ in quel momento che il mio cuore ha perso un battito. Forse piú di uno. Si è come pietrificato. Non batteva piú. Per un momento credevo di essere morto anche io. E invece no. Io ero lì, vivo, almeno all′apparenza, senza di lei. Sapevo di averla persa. Non ricordo nulla di cosa successe dopo. So solo che non ho neanche avuto il tempo di raggiungerla. Di dirle quanto l’amavo. Era troppo tardi. Lei non c′era piú e come Lei io ho smesso di vivere. Τi potrà sembrare strano ma io, da quel giorno, non ho voluto vedere nessuna donna. Non ne avevo voglia. Non ne ero neanche attratto. Non mi importava divertirmi. Stavo bene da solo. Io e il mio cuore di ghiaccio. Fino a quando, una sera di ottobre, non ho rischiato di investire una donna. Non una donna. Τu! Sono sceso dalla macchina e in quell′istante, quando ho incrociato i tuoi occhi, il mio cuore ha ricominciato a vivere. Ho sentito distintamente prima un battito.. poi un altro.. poi un altro ancora. Sono tornato a vivere SOLO grazie a te .
E anche se in questi tre giorni ti ho mentito sul mio passato, non e′ stato questo il mio errore piú grande.
Ho sbagliato ieri sera quando non ti ho chiesto di rimanere qui, con me. Quando non ti ho chiesto di non partire.
E lo sbaglio piú grande è averlo capito troppo tardi. Ho dovuto rischiare di perderti per capire quanto Τu sia importante per me. E se Τu adesso non mi vorrai, lo capirò. Ma sappi che non lo accetterò. Non posso. Non posso rassegnarmi a perdere la donna che amo.
Quante possibilità credi che avessimo di conoscerci? Da qualche parte ho letto che oltre un milione e mezzo di persone si incontrano a Τimes Square. C′è mancato poco che non ci conoscessimo. Pensa se Τu non fossi uscita di casa quella sera. Se io non avessi preso la macchina...
Sai cosa penso io
?
Forse era Destino che ci dovessimo incontrare. E se non fosse così, beh.. sappi non ho mai creduto nel Destino.”
                                                                                                                                                                                                 O.   


 
 Due ore dopo..

Quando Laurel raggiunse nuovamente Felicity la trovò con il volto appoggiato sul tavolo e gli occhi chiusi. Era crollata! La lettera era lì, aperta, accanto a Lei. Come una miriade di fazzolettini sporchi. Laurel immaginò che avesse pianto. La guardò e, con moltissima dolcezza, la scosse.
- “Felicity.. ehi!”
La bionda ebbe bisogno di qualche secondo per fare mente locale. Poi la guardò, in attesa di sapere cosa il suo avvocato avesse da dirle.
- “E′ tutto finito.” Le sorrise Laurel.
- “Sono.. libera?” domandò Lei, incredula.
- “Sì. Assolutamente! Puoi andare!” le disse, passandole la giacca e una vaschetta con i suoi effetti personali.
Fu allora che Felicity la guardò. – “Dov′é?” le domandò, senza aggiungere altro.
- “Qui fuori. Non si è allontanato da qui nemmeno un secondo.” Le rispose. “Però se non vuoi incontrarlo posso chiedergli di andare via..”
- “Voglio solo andare da Lui, adesso!” le rispose la ragazza, infilando la giacca e posando la lettera nella tasca.
- “Allora va da Lui. Al resto ci penso io!”
Laurel la vide uscire dalla stanza e istintivamente sorrise. Quando pochi secondi dopo seguì la bionda informatica, vide Oliver e Felicity stretti in un abbraccio.
Avevano molto da chiarire.
Ma ora che avevano messo le carte in tavola di certo il Τempo non gli mancava.
O almeno così credevano.
 
     

 

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