L'attesa del cuore..

di effy_14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Isola di Wind Rose ***
Capitolo 2: *** Simbolo ***
Capitolo 3: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 4: *** La rottura ***
Capitolo 5: *** Maribelle ***
Capitolo 6: *** Decisioni ***
Capitolo 7: *** Scoperte ***
Capitolo 8: *** Il ciondolo del mare ***
Capitolo 9: *** Aspettami ***



Capitolo 1
*** L'Isola di Wind Rose ***


Ciao a tutti!!Eccomi qui con un altra storia o come piace pensare a me: un altro pezzo del puzzle. Si perchè, anche se può essere tranquillamente essere letta a parte, il filo logico riconduce alla mia precedente fic "Io ci sono...".
In questa, in particolare, vi racconterò del ciondolo al quale Nami fa riferimento e del perchè è così importante. Al contempo però, darò altre informazione per le prossime storie =)
Spero che vi piaccia e vi ringrazio molto anche solo per essere arrivati a leggere fino a qui, visto che a momenti non capisco nemmeno io cosa dico XD
Buona lettura
Effy
 
Erano appena arrivati su una nuova isola e fortunatamente, da ciò che avevano sentito e letto sui vari libri che avevano in biblioteca, sarebbe dovuta essere un’isola tranquilla fatta da soli pescatori e senza basi della marina nei dintorni.
I gruppi si erano formati abbastanza facilmente: Sanji sarebbe andato a fare spesa per riempire la dispensa, Robin e Chopper avrebbero fatto un giro in biblioteca e poi in erboristeria, Usopp e Luffy neanche a dirlo erano partiti a razzo verso una qualsiasi locanda per potersi strafogare come matti. L’unico inconveniente era la collocazione dello spadaccino che, testardo, voleva andare da solo, sicuro delle sue doti orientative.
-Sentimi bene buzzurro non ho la minima voglia di venire a cercarti per tutta l’isola, quindi da bravo vai con Sanji e aiutalo con le provviste!-
-Io non prendo ordini da te mocciosa!!E poi non ci penso nemmeno a passare tutto il giorno insieme a quel sopracciglio a ricciolo. –
Un calcio stava per colpirlo alla testa, ma i suoi riflessi lo salvarono facendo iniziare una delle solite baruffe tra i due, sedata, come sempre, da due pugni ben assestati della navigatrice di bordo. Passò del tempo e, due risse e quattro pugni dopo, la situazione non era cambiata così la rossa, orami esasperata e rimasta sola con i due sulla nave aveva deciso di rinunciare e di incamminarsi furente verso il centro del paese urlando –Ah basta!! Tu vai a fare la spesa e tu fai come ti pare ma se non torni alla nave entro la partenza di stasera giuro che ti lascio qui.-
Stava per ghignare in faccia al cuoco quando si accorse che era rimasto solo sulla nave in quanto il biondo era subito corso dietro la navigatrice in un uragano di cuoricini.
Ringhiò infastidito e poi si diresse anche lui lunga la via principale.
Dopo una buona mezz’ora si ritrovò, per la terza volta, davanti alla stessa osteria. Sbuffo e si guardò nuovamente intorno, ma Nami non aveva detto che era piuttosto grande come isola??E quel famoso mercato locale?? Osservò nuovamente l’ingresso della “Taverna del marinaio”, anche il nome era troppo per bene per uno come lui. Provò a fare un altro giro ma da qualunque parte si girasse si ritrovava sempre li. Aveva troppa sete per pensare nuovamente al perché ci fosse solo un locale in tutta l’isola e decise di entrare.
Il locale, come sospettava, non era per pirati o poco di buono ma per persone comuni. Cercò di passare il più inosservato possibile e si mise al bancone. Frugò nella tasche  ne tiro fuori due banconote da 10.000Berry. Era stato bravo! Aveva tenuto ben nascosto dalle grinfie della strozzina di bordo quel piccolo tesoro che si era guadagnato con una serie di scommesse tra compagni di ciurma e ora voleva berseli tutti, letteralmente.
Ordinò una birra fresca al barista, stava per cominciare a bere quando l’uomo accanto a lui gli rivolse la parola – Tu non sei di qui vero ragazzo??- Scrutò il volto dell’uomo, basso e con due enormi baffi neri sotto il naso, non sembrava pericoloso. –Sono di passaggio.- L’uomo sorrise cordiale e continuò a parlare ignorando il suo tono secco  -Allora non conosci la nostra storia…-
 
Quell’individuo lo aveva tenuto incollato alla sedia quasi due ore a parlare, cioè lui parlava mentre lo spadaccino si limitava a rispondere a ringhi e sbuffi nel tentativo di farlo desistere senza dover creare scompiglio, ma quell’ometto non aveva mollato un attimo.
Si mise a passeggiare con l’intento di tornare alla nave per riprendere gli allenamenti approfittando dell’assenza dei suoi compagni, ma si ritrovò davanti alle bancarelle del famoso mercato tanto decantato dalla rossa. Leggermente stupito di come gli abitanti lo avessero allestito in sole due ore, visto che prima non c’era, decise che ci avrebbe fatto un giro. La fuga obbligata dalla locanda gli aveva lasciato ancora una banconota intatta in tasca, magari avrebbe trovato qualcosa per le sue spade.
Stava dando un occhio ad una bancarella di armi quando una voce conosciuta giunse alle sue orecchie –Cosa ne dice se abbassiamo ancora del 30% al già 50% di sconto il prezzo del vestito, mi dispiacerebbe davvero non poterlo indossare ad una serata di gala. –
Eccola li, Nami la gatta ladra, che, come era brava a fare stava spennando il poveretto di turno. Un senso di sollievo arrivò in lui, per una volta non era lui il “povero spennato”.
Si avvicinò, stando però a debita distanza per non farsi coinvolgere, l’ultima volta che l’aveva accompagnata per negozi lo aveva usato come arma di minaccia per i venditori.
Non ci sarebbe cascato ancora! Ma la fortuna quel giorno non girava dalla sua parte, questa infatti non appena lo vide lo agguantò subito al braccio trascinarselo quasi addosso.
-Caro ho trovato un vestito bellissimo, ma questo signore non vuole cedermelo ad un prezzo ragionevole. Sarebbe un vero peccato se io non riuscissi a metterlo al tuo famoso duello all’ultimo sangue in programma a breve vero?!?-
La vide assottigliare gli occhi verso il commesso a modi minaccia sull’ultima parte della frase che aveva appena recitato, sempre tenendoselo ben appiccicato addosso, e, come sempre, questo si impaurì vedendo le sue spade e il suo sguardo, che sicuramente in quel momento era tutto forchè amichevole, assecondando tremante la richiesta della rossa. Aveva vinto lei! Stava per ribattere qualcosa, ma la rossa gli lanciò lo stesso sguardo minaccioso usato poco prima che lo fece tremare internamente decidendo che forse era meglio assecondarla anche quella volta.
Concluso l’affare si allontanarono e continuarono a fare un giro tra i banchi avviandosi nella zona gioielli. Più avanzavano però più si accorgevano che tutte le bancarelle esponevano il medesimo ciondolo. Una Rosa dei venti con i punti cardinali segnati in lettere e un cuore di brillante al centro della stessa. Nami, generalmente attratta dalle cose brillanti, non sembrò particolarmente entusiasta di quel che vedeva, si erano di buona fattura, ma erano tutti uguali.
Stavano per uscire dalla via quando lo sguardo della ragazza venne catturato da un tavolo, cioè più che dal tavolo che conteneva gli stessi gioielli di tutti, da una scatola posta sul tavolo.
Fece segno a Zoro di seguirla e si avvicinò. Li, messo in una posizione come se la stesse guardando c’era un ciondolo, uguale agli altri all’apparenza ma con la differenza che questo era più piccolo e con al centro, a formare il cuore, un brillante verde e non rosso.
Rimase un minuto buono a fissarlo quasi ipnotizzata, finchè la voce di una donna non la riscosse. – Buon giorno signorina, posso aiutarla?-
Nami alzò gli occhi e si trovò davanti una donna di mezza età con un sorriso gentile che la stava guardando, sorrise a sua volta e rispose cortesemente – Buon giorno, vorrei conoscere il prezzo di quel ciondolo, quello con la pietra verde nel mezzo. –
La donna prese in mano il ciondolo guardandolo perplessa – Parla di questo? – ricevette un segno affermativo con la testa dalla ragazza, abbassò nuovamente lo sguardo e cominciò a parlare – Beh mi spiace signorina, ma questo non é in vendita. Vede questa scatola contiene i ciondoli che vanno riportati al produttore perché difettati. –
La rossa storse il naso non capendo bene di cosa stava parlando, a lei non sembrava difettato.
-Come si sarà accorta tutte le bancarelle hanno lo stesso identico articolo – iniziò a spiegare – questo è il simbolo della nostra isola e i fabbri presenti sul territorio lavorano le varie leghe seguendo sempre e solo questo stampo, pur essendo ognuno fatto artigianalmente. Molti forestieri vengono esclusivamente per questo prodotto. – Un sorriso orgoglioso si formò sul suo viso  - Solo che, essendo fatto uno per uno, a volte capita che non siano precisi e quindi dobbiamo riportarli indietro in quanto non rispettando lo standard degli altri e non sono vendibili. – ri-mostrò il ciondolo nella sua mano – Vede questo è più piccolo della media e il cuore al centro è verde anziché rosso come tutti gli altri, chissà cosa aveva in testa il vecchio Taki quando lo ha creato. –
Stava per rimetterlo nella scatola ma la mano della cartografa la bloccò – Non mi importa io voglio quello, quanto costa?? –
La donna la guardò sorpresa da quel gesto e con sorriso cordiale ritirò la mano da quella della rossa – In qualunque caso non potrei venderlo a lei vede la nostra storia.. –
Si fermò di colpo, girando la testa verso la fine della via. Delle casse erano state frantumante da qualcosa sparato a grande velocità, tipo proiettile causando un attimo di confusione in tutto il mercato. Zoro, che fino ad allora era rimasto in disparte ad ascoltare la conversazione tra compagna e la venditrice, si parò automaticamente davanti a Nami e mise subito mani alle spade.
Non appena il polverone creato dalla botta si abbassò quello che vide lo lasciò a bocca aperta: il cecchino e il capitano, con un cosciotto in bocca, erano a terra. Il primo visibilmente spaventato mentre l’altro con il solito sorriso spensierato.
- Ma si può sapere che cavolo combinate?? -
Si sentì spintonare e fece giusto in tempo a vedere un fulmine rosso dirigersi verso i due poveretti, tolse la posizione di guardia e aspettò li di gustarsi la scenata che la ragazza avrebbe sicuramente fatto.
 
- Nami!!Grazie al cielo, dobbiamo andare!!è tutta colpa sua!! - Un Usup, più tremolante del solito, rimossosi in piedi in un secondo, gesticolava tutto agitato, ma gli occhi furenti della cartografa erano diretti solo al capitano.
Questo, cipiglio tranquillo, cibo in bocca, si stava rialzando con calma spolverandosi i vestiti come se nulla fosse, come se non avessero appena rotto una dozzina di casse di legno. Stava per dare fiato a tutta la sua ira quando questo la precedette - Oh ci sei anche tu!Mi sa che ci siamo sbagliati..- che cosa voleva dire che avevano sbagliato, ma di che cavolo parlava quel baka. Nemmeno il tempo di formulare un frase di senso compiuto che si udirono del passi in lontananza e delle voci. -Fermatevi pirati, è la Marina che lo ordina!!- Nami sbiancò! Guardò nuovamente il capitano che, sorriso di vittoria, le disse un semplice - Visto te lo avevo detto che avevamo sbagliato!-
Trattenne a stento un pugno che premeva per abbattersi su quella testa vuota coperta solo da un cappello di paglia, non era il momento. Si voltò verso Zoro, rimasto alla bancarella dei gioielli, facendogli segno di raggiungerli per poter correre alla nave, sperando che li altri fossero già li.
Fortunatamente fu così, e non appena arrivati, salparono subito, riuscendo a sfuggire a quel gruppetto di soldati che, per grazie dei Kami, non avevano fatto in tempo a chiamare i soccorsi. Una volta che tutti ebbero tirato un sospiro di sollievo un orda di pugni invase la testa di tutti gli uomini della ciurma, Chopper escluso. Luffy e Usup per aver provocato quel disastro, Zoro per essersi perso almeno una decina di volte nonostante loro fossero proprio davanti a lui e il povero Sanji, l'unico a non lamentarsi per quelle "dolci carezze", per aver cercato di calmare la cartografa a suoi di nomignoli.
Nami guardò l’isola diventare sempre più piccola, si incupì, non era riuscita prendere il ciondolo del quale si era innamorata. Sospirò abbattuta e si avviò verso i suoi mandarini non accorgendosi degli occhi dello spadaccino che la osservavano mentre le mani in tasca stringevano un oggetto tanto prezioso quanto fragile.
 

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Capitolo 2
*** Simbolo ***


Ciao a tutti!!Mi scuso per l’attesa ma è stata una settimana piena!! Purtroppo anche la prossima sarà così e vi comunico già che salvo miracoli, non riuscirò a pubblicare nulla fino al prossimo venerdì!=(
La seconda parte della storia è ovviamente ancora nel passato ed è un momento molto importante per i nostri protagonisti. Ovviamente non sono arrivati a ciò così dal nulla, piano piano arriveranno tutti i pezzettini, come ho detto l’altra volta.
Buona lettura e grazie mille a tutti!!
P.s. Forse il finale sembra buttato a caso, ma ovviamente non lo è!! XD
 
 
Si trovava li da che erano partiti e di spostarsi non ne voleva spere. Aveva bisogno di tenere la testa occupata per non tornare ad arrabbiarsi per la bravata che i suoi compagni avevano combinato quel pomeriggio. Ormai era quasi ora di cena e aveva già fatto tutto quello che poteva: i mandarini maturi erano stati raccolti, le foglie più rovinate tolte, aveva bagnato il terreno e sistemato un paio di rami che, troppo cresciuti, iniziavano a pesare e rischiavano di spezzarsi. Tutto per non pensare a quel ciondolo, ma non aveva funzionato un granché. Non sapeva perché ci era rimasta tanto male, aveva comprato tantissime altre cose quel giorno tra vestiti e scarpe, eppure le sembrava di essere partita a mani vuote. Quando avevano intrapreso la via dei gioielli e aveva visto che i pendenti erano tutti uguali non ne era rimasta colpita, se non per la stranezza della cosa in se, ma poi aveva visto quella scatola, quel cuore verde.
Si era innamorata a prima vista di quella cosa che aveva scoperto sbagliata per tutti ma così meravigliosa e perfetta per lei. La rosa dei venti era un simbolo che le rappresentava da sempre e quel prezioso al centro non faceva che accentuare il tutto!!
Sospirò per la millesima volta quel giorno, ormai era perduto, probabilmente era già stato nuovamente fuso. Prese tra le mani una foglia dell'albero che le stava di fronte, grande, resistente, verde proprio come quel cuoricino.
Si era riscoperta attratta da quel colore, che prima non aveva mai considerato. Lei si distingueva per l'arancione: l'arancione dei suoi capelli, l'arancione dei suoi mandarini eppure con il tempo, e osservando meglio, poteva notare che nella sua vita anche il verde era presente; ricordava infatti che il momento che più preferiva dell'anno era la primavera, quando il suo agrumeto si riempiva di smeraldo grazie alle foglie dei suoi alberi.
Un sorriso dolce e un lieve rossore imporporarono le sue guance, con il tempo aveva scoperto di essere interessata ad un altro "verde", più burbero diciamo. Rise tra se e se a quel pensiero di catalogare la persona per il colore non accorgendosi di una presenza alle sue spalle.
Avvertì un rumore di rametto spezzato, si voltarò immediatamente e quello che vide la fece andare su tutte le furie. Li davanti a lei un ghignante spadaccino aveva appena staccato uno dei suoi mandarini dal ramo per poterselo mangiare. - Che cavolo hai fatto?? Ma dico siete tutti impazziti oggi su questa nave?? - Altro che sorriso dolce e guance rosse ora il suo unico desiderio era quello di prenderlo a pugni. Il ragazzo, come se nulla fosse si era girato per andarsene dicendo semplicemente - Aggiungi anche questo al finto debito che ho con te!!-
Finto debito?!? Ok questo era troppo!! Si caricò di tutto il nervoso che aveva in corpo e si diresse a passo spedito verso di lui, convinta più che mai a seguirlo e fargli pentire di aver messo piede nel suo agrumeto quando qualcosa alla sua sinistra, sull'albero dove Zoro aveva strappato il mandarino, attirò la sua attenzione. Dimenticandosi per un attimo dello spadaccino si avvicinò curiosa a quello strano luccichio che era entrato nel suo campo visivo e, non appena messo a fuoco l'oggetto appeso al ramo, il cuore le cadde nello stomaco.
Rimase immobile per un buon minuto, durante il quale si accorse di aver tenuto il fiato. Il ciondolo, il suo ciondolo era li ed era bellissimo. Guardò nella direzione dove Zoro era sparito più confusa che mai. Quando lo aveva preso, come e sopratutto perché? Cerco di calmarsi per rispondere alle sue domande e fare chiarezza. Probabilmente lo aveva comprato mentre lei era intenta a sgridare Rufy e Usop, e si era sicura che lo avesse acquistato e non rubato per due semplici motivi. Uno era che lui non rubava, passava le serate intere a darle della ladra e poi lo faceva anche lui?!? Nah. Due perché, anche se il ragazzo credeva il contrario, sapeva benissimo che aveva dei soldi nascosti da qualche parte ma credeva che, quando lo aveva visto al mercato, se li fosse già bevuti tutti, letteralmente!Riportò l'attenzione sulla collana e un sorriso le illuminò il viso, allungò quasi tremante una mano verso il ramo per poterlo prendere.
Il perché di quel gesto invece sarebbe rimasto un mistero, già lo sapeva. Conosceva il ragazzo da abbastanza tempo per capire e accettare che per lui l'affetto si dimostrava a fatti e non a parole, e quello era un fatto bello e buono.
Se lo strinse al petto saltellando come una bambina felice più che mai, lo mise davanti agli occhi e prese una decisione: quello sarebbe stato il loro simbolo!! Certo forse avrebbe dovuto avere il consenso anche del verde. Si incupì un attimo e si mise a ragionare, come già detto di parlare chiaramente non si poteva, lo avrebbe solo messo in difficoltà e magari fatto anche scappare da quel sentimento che se espresso ad alta voce sarebbe diventato a fin troppo vero.
Stava per arrendersi e decidere di pensarci dopo quando, mentre stava per mettere finalmente il pendaglio che tanto aveva desiderato, la soluzione le arrivò come un fulmine.
 
 
Fini di mangiare il frutto buttando le bucce in mare deciso più che mai a fare un altro allenamento prima di cena.
Questa volta si era esposto davvero troppo per i suoi standard, ma non aveva saputo resistere. Più andava avanti il loro viaggio più quella testolina rossa entrava nei suoi pensieri e, se prima pensava fosse solo una questione di attrazione fisica, ora era arrivato ad accettare il fatto che di lei gli piaceva tutto. Quel regalo era il modo per dirglielo e sperava vivamente che avrebbe capito il tutto ma sopratutto che lo avrebbe accettato.
Stava per prendere i pesi e cominciare la prima sessione quando un profumo famigliare gli arrivò alle narici facendolo fermare, si girò lentamente e la trovò li, sguardo basso e nelle mani il ciondolo. Per un attimo si sentì come trafitto da una spada, che lei non lo volesse? E non parlava dell'oggetto in se ma del fatto di averlo da parte sua?
Restò comunque serio, come era solito fare, e attese una sua mossa. La vide alzare il braccio e tendere il pendaglio verso di lui. Abbassò la testa anche lui, conscio della sconfitta appena subita quando la sua voce arrivò dritta al suo cuore.
- Mi aiuteresti a metterlo? - Nami aveva deciso che se quello era il simbolo del loro legame doveva essere lui a chiuderlo al suo collo.
Sorrise sghembo, se l'era vista brutta. Senza parlare prese la collana e le fece cenno di girarsi. La vide sorridere radiosa e dargli le spalle, alzando appena i corti capelli che cadevano sulla nuca non appena lui l'ebbe accerchiata con le braccia.
Agganciò il ciondolo e adagiò la catenina sul collo della ragazza, sfiorandolo con i polpastrelli e avvertendo un brivido sia nel suo corpo sia in quelli di lei. La vide voltarsi e guardarlo con un sorriso strepitoso. Stettero li parecchio prima che lei decidesse di andare.
Agli occhi del mondo sarebbero sembrati semplicemente due ragazzi che si stavano fissando ma in realtà, in quel silenzio rotto solo dal vento serale, loro si stavano dichiarando.
Nello sguardo leggermente addolcito di Zoro c'era la conferma che si, lei per lui era importante, e che avrebbe fatto tutto ciò che poteva per vederla sorridere sempre così.
In quello di lei c'era la felicità per qualcosa di bello e profondo che aveva trovato il modo di uscire e la promessa che avrebbe fatto di tutto pur di tenerlo vivo.
Non ci furono parole, abbracci o baci, non se li potevano permettere vista la loro vita da pirati. C'era solo quel ciondolo, che nella sua imperfezione includeva ciò che di perfetto c'era tra di loro.
 
Durante la cena il suo viso non smise un attimo di essere contornato dal suo sorriso. Appena entrata in cucina aveva parlato con tutti amabilmente come se nulla fosse successo, lasciandoli prima diffidenti, conoscendo le doti di ingannatrice della ragazza, poi perplessi per quel cambio repentino di umore e infine sollevati per non dover rischiare ancora di prenderle di santa ragione. Nessuno fece domande però, per evitare di rovinare quel momento. Solo il piccolo membro della ciurma, Chopper, sembrò avere un attimo di smarrimento quando nella cucina entrò anche lo spadaccino. Il suo nasino allenato aveva sentito qualcosa. – Tutto bene dottore? Mi sembri confuso?- la piccola renna finì di annusare l’aria e poi fece un gran sorriso all’archeologa – Tutto benissimo Robin!! –
Guardò prima Nami e poi Zoro e non poté che saltellare sul posto, il suo fiuto non sbagliava mai!

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Capitolo 3
*** Ritrovarsi ***


Qualcuno urli al miracolo…miracolo!!!
Eccomi qui con un nuovo capitolo =) Qui si entra nel vivo del tutto e vi prometto che farò prima che posso per il prossimo…e uno pensa..che carina si preoccupa per noi..in realtà sono io quella più impaziente!!=)
Buona lettura e grazie a tutti!!
 
Effy
 
 
Arcipelago Sabaody
 
Era arrivato il momento e lei non poteva essere più felice di così! I due anni passati a Weatheria erano stati interessanti e pieni di studio e allenamento, ma la mancanza dei suoi amici si era fatta sentire e non poco. Pensava a come si fosse sentito Luffy dopo la perdita del povero Ace e il fatto di non portegli stare vicino l’aveva resa immensamente triste, ma se lui aveva voluto così avrebbe accettato qualsiasi decisione. Se lei era finita su un’isola piena di persone docili ma sopratutto sana e salva voleva dire che anche gli altri stavano bene, o almeno così sperava.
In realtà la preoccupazione più alta era rivolta a Zoro. Ricordava perfettamente il momento i cui era sparito, la sua figura a terra sanguinante e i quegli occhi, che poco prima dell’arrivo di Orso, avevano trovato i suoi e nei quali non sapeva cosa leggere: dolore, rabbia o timore. Quello sguardo l’aveva sconvolta tanto da farla cadere a terra lacrimante e senza parole. Poi era successo di tutto: ed ora era li, o meglio, e ora stava finalmente tornando dalla sua famiglia.
La bolla sulla quale viaggiava per raggiungere il terreno dell’arcipelago si ruppe e la fece arrivare di fronte alle scale che conducevano al bar di Shakky. Il sorriso sul suo volto si allargò ulteriormente e senza alcuna esitazione inizio ad avviarsi verso l’entrata della locanda.
Arrivata alla porta però la trovò chiusa, bussò, guardò dalle finestre laterali, ma nulla: il posto sembrava deserto. Poi una voce, la sua voce. - Shakky è dovuta andare a fare delle commissioni!-
Il suo cuore si fermò, per poi riprendere la corsa ad un ritmo infernale, girò lentamente la testa alla sua destra, cercando la fonte di quel suono, e quando lo trovo sgranò gli occhi.
Era li, lui era li e stava bene. Non seppe nemmeno lei cosa le prese ma di colpo mollo tutto ciò che aveva in mano e in meno di un secondo si catapultò tra le sue braccia.
Le mani aggrappate alle sue ampie spalle e il viso premuto sulla sua spalla, si ritrovò con gli occhi lucidi. Stava per staccarsi quando lo senti ricambiare, e li crollò, lo strinse più forte e inizio un pianto silenzioso. – shhh…sono qui mocciosa..- un mano grande le si appoggio goffamente sulla testa per premerla ulteriormente contro di lui e sentì il suo naso tra i capelli annusare in suo profumo. Quando si ricompose disse l’unica cosa che l’aveva tormentata in quei due lunghissimi anni – Pensavo di non riverirti più! – Un risolino compiaciuto si formò sulle labbra de verde – Non è così facile liberarsi di me! –
Eccolo li lo Zoro spavaldo di sempre, ma andava bene, lui stava bene e andava bene tutto.
Si stacco da lui e si asciugò gli occhi con la mano, ora che poteva vederlo bene era cambiato, era cresciuto e il suo viso portava un cicatrice nuova e indelebile.
Alzò la mano per toccare l’occhio cieco ma il ragazzo la fermò , guardandola con fare serio. Sposto la mano con un flebile – Perdonami –
Calò un silenzio imbarazzante tra i due, non si guardavano più e Nami non sapeva se dire qualcosa per rompere il ghiaccio, ma nemmeno il tempo di pensare che una frecciatina dello spadaccino le fece immediatamente saltare i nervi. – Come mai arrivi solo ora, io sono stato il primo, cos’è ti eri persa??  - Eccola li, la vena sulla tempia e quel prudere alla mano che le mancava tanto!!
Con un braccio in alto a minacciare il pugno che di li a poco lo avrebbe colpito Nami stava per urlare con denti squalini al verde di stare zitto e che sicuramente era arrivato li solo per una strana coincidenza astrale, ma la voce di Shakky la fece fermare -Navigatrice, sei arrivata anche tu allora?-
La rossa fermo a metà gola l’urlo e a mezz’aria il suo pugno per salutare la barista dimenticandosi momentaneamente della rabbia per la pessima battuta di quell’ominide.
- Ciao Shakky, si sono arrivata ora , il tempo di menare questo buzzurro arrivo. –
Lo spadaccino, che già si  riteneva salvato, si ritrovo con la testa spiaccicata a terra da un sonoro pugno con solo la visuale dei sandali delle due donne che gli stavano davanti.
Un ghigno sul viso, si forse gli erano mancate anche quelle “attenzioni”  e non solo lei.
 
Una volta nel bar Nami si girò verso Zoro pronta a sfidarlo a bere qualcosa con lei ma tutto ciò che vide fu la sua schiena scendere le scale e avviarsi verso il paese. Stava per chiamarlo ma Shakky catturò la sua attenzione con domande tipo dove fosse stata e se si era trovata bene confermandole che si lo spadaccino era stato il primo a presentarsi sull’isola.
Dopo un po’ di chiacchere tra donne Nami chiese chi altro c’era dei suo compagni e si informò sulle condizioni della Sunny. Dopo aver raccontato di Orso e dei Riders un pensiero le arrivò nella testa e si accorse di averlo espresso ad alta voce quando la risposta della donna davanti a lei le arrivò alle orecchie – Lo ha portato qui una ragazza fluttuante e con il capelli rosa…la conosci??-
Nami allargò gli occhi, una ragazza fluttuante e con i capelli rosa?? No che non sapeva chi fosse…ma che?!? Un ragazza, con Zoro?? Uno strano groppo le si insinuo nella gola…non sapeva cosa dire e nemmeno cosa pensare. La donna vedendola così strana concluse il tutto con un semplice – Beh l’importante è che arriviate tutti no?! – Questo la risveglio dal suo stato di shok e la fece tornare in parte serena, avrebbe chiesto a Zoro chi era quella ragazza non appena lo avesse rivisto. Ma questo non successe. Nei sette giorni seguenti non lo rivide più, ne in giro per il paese ne al bar di Shakky. Sembrava sparito. Si preoccupo per lui i primi giorni ma poi il nervoso prese il sopravvento e non ci penso più, meglio che non ci fosse, se lo avesse visto stavolta altro che abbraccio un’altro pugno gli avrebbe tirato!! Si erano ritrovati dopo due anni e lui che faceva spariva!!
Lo rivide, appunto, sette giorni dopo: poco prima della partenza e fu li che capì, capì tutto quello che doveva capire. Una volta sceso dal grosso volatile sul quale Chopper li aveva fatti tornare alla nave si era diretto verso di lei e con sguardo serio aveva detto semplicemente – La marina ci sta per attaccare via mare – - Cosa?? E tu come fai a saperlo??- la risposta le aveva fatto salire il sangue al cervello – Me lo ha detto Perona che li ha visti dall’alto – Perona??La ragazzina di Thriller Bark con i capelli ros…- un fulmine a ciel sereno la colpì, era lei. Era lei la ragazza che l’aveva riaccompagnato li, ed era ancora li. Quindi lui era stato con lei in quei giorni.
Pensieri troppo veloci le riempirono la mente e la rabbia crebbe tanto che, quando fece per avvisare i compagni dell’imminente arrivo della marina, non si accorse di aver urlato arrabbiata guardando male tutti.
 
Erano partiti già da una ventina di minuti ormai. Il paesaggio che il fondale marino regalava era uno spettacolo per gli occhi di tutti, in particolar modo per quelli della navigatrice, che però non riusciva a godere a pieno di quella visione. Ogni tanto il sui sguardi ricadevano sulla figura seria dello spadaccino e la rabbia risaliva imperterrita il suo corpo. Non sapeva cosa la tratteneva dal fargli una scenata di pura gelosia, perché anche un cieco avrebbe capito che si trattava di gelosia, li davanti a tutti. Si avviò verso il sottocoperta decisa ad andare nella sua stanza a prendere un maglione per compensare il cambio di temperatura che da li a poco si sarebbe verificato, data la profondità che stavano raggiungendo. Entrò nella stanza e un senso di calma la accolse, finalmente era a casa. Si concesse un attimo per godersi la vista di quel posto che, nonostante fossero passati due anni, non era cambiato per niente. Il suo letto al centro della stanza, i suoi libri di navigazione sul comodino, la specchiera con la foto di Bellmer e Nojiko. La prese delicatamente tra le mani e sorrise radiosa, quella le era mancata davvero, anche se le protagoniste della foto erano sempre presenti il lei.
L’occhio cascò sulle sue borse, ancora da disfare, e in particolare su di un pacchettino di carta contenente qualcosa di molto prezioso. Lo afferrò decisa ad aprirlo subito, pensando contemporaneamente che doveva portarlo il prima possibile a Franky, ma poi si fermò. Se i suoi sospetti erano veri quello non avrebbe significato più nulla.
Sentì dei rumori arrivare dal ponte e decise di muoversi, prima che quei pazzi dei suoi compagni combinassero qualche casino. Prese il maglioncino rosa che era sulla sedia e fece per aprire la porta quando qualcosa la bloccò.
La figura dello spadaccino si ergeva davanti a lei in una posizione quasi statuaria, braccia incrociate e sguardo serio. Passata la sorpresa lo guardò di sbieco chiedendogli, non troppo gentilmente, di levarsi da li. Ciò che si sentì rispondere le fece bloccare il cuore.
- Dobbiamo parlare. -
 
 
 

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Capitolo 4
*** La rottura ***


Ciao a tutti!! Eccomi tornata con un nuovo capitolo, finalmente!! Ho avuto qualche dubbio su questo aggiornamento, in parte perché avevo mille idee in testa su come la situazione si poteva evolvere, in parte perché ho sempre paura non riuscire a far capire gli stati d’animo e le situazioni. Alla fine ho optato per scegliere parole che io stessa mi sono sentita dire, così da potermi immedesimare meglio. Beh spero piaccia anche a voi!!
Un abbraccio e un grazie a tutti!Buona lettura!
 
Effy
 
 
 
 
-Dobbiamo parlare. –
Il suo cuore si fermò in gola e gli occhi si abbassarono automaticamente, allora era come aveva pensato. Le salì nuovamente la rabbia: gli era bastato stare due anni con quella ragazzina per dimenticare il loro rapporto, se così si poteva chiamare. Iniziò a bollire dal nervoso e non riuscì più a trattenersi, non si sarebbe mostrata abbattuta! Il verde stava per aprire bocca ma lei lo precedette: - Ho già capito. – Lo vide fare una faccia interrogativa: come poteva aver già capito?!
- Non c’è bisogno che fai quella faccia. Shakky mi ha detto tutto! -
Era sempre più confuso, ma di che cavolo parlava!? Riprovò a parlare, ma lei lo fermò ancora – Certo, potevi scegliere qualcuno di più carino, ma i gusti sono gusti e noi non avevamo nessun accordo, quindi penso di non potermi arrabbiare – Si fermò un attimo e poi riprese. -Anzi, sì che mi arrabbio!! Come ti sei permesso di fare questo a me?! Io che sono sempre stata quella in disparte ad aspettare!! Poi arriva una fantasmina con i capelli rosa e tu, come tutti gli uomini, non resisti e le salti addosso dimenticandoti di tutto? SEI UNO STRONZO!!-
Lo schiaffo che sarebbe dovuto arrivare al suo viso era stato fermato a mezz’aria dallo stesso destinatario. Le strinse il polso facendo assumere al suo viso arrabbiato una smorfia di dolore. Se doveva prendere uno schiaffo da lei, ed era quasi certo che lo avrebbe preso, non doveva essere per un motivo così assurdo.
Aveva sentito i suoi sguardi furenti trapassarlo quasi da parte a parte ogni volta che entrava nel suo campo visivo, mentre erano sul ponte. Non ne era del tutto stupito visto che dopo il loro incontro non si era più fatto vivo, ma non pensava di poter suscitare tutta quella collera con una sola azione. Sarebbe stato più duro del previsto dirle ciò che doveva, ma non poteva tirarsi indietro.
Non appena l'aveva vista andare sottocoperta si era deciso che quella era l'occasione giusta, così l’aveva seguita e aspettata fuori dalla sua cabina deciso a fare ciò che andava fatto: lui avrebbe parlato, lei si sarebbe arrabbiata e avrebbe cercato spiegazioni. Poi, dopo avergli urlato contro ed averlo malmenato per bene, avrebbe cominciato ad odiarlo sempre di più. Non che la cosa gli facesse piacere, ma come aveva accettato l’odio di mezzo mondo, avrebbe accettato anche il suo.
Ma quella mocciosa aveva cominciato ad urlare cose senza senso ed ora si trovava li: a guardarla arrabbiata mentre le teneva bloccato il polso con la mano.
-Si può sapere cosa stai blaterando? – la senti cercare di liberarsi dalla sua presa, inutilmente, anche senza una grande forza poteva tenerla tranquillamente ferma - Shakky mi ha detto che una ragazza, presumo Perona, dalla sua descrizione, ti ha accompagnato fino a qui. – si fermò sospirando, quasi arrendendosi a quello che stava per dire – Ci siamo rivisti e tu sei sparito. Sei arrivato sulla nave e la prima cosa che mi hai fatto è stato parlarmi di lei.- tornò furente tutto d’un tratto –Non sono una stupida sai, so fare due più due. –
Aveva ascoltato tutto il suo discorso senza battere ciglio, nonostante trovasse ogni parola detta dalla rossa assurda. Lasciò il delicato polso della compagna dove notò essersi formato un piccolo alone, non dovuto alla sua forza, ma al suo continuare a dibattersi. Si senti momentaneamente tranquillizzato dal fatto che non avesse realmente compreso cosa dovesse dirle, per poi pentirsene quasi subito, se si era arrabbiata così per un malinteso figuriamoci dopo.
-Sei la solita mocciosa. Perona non è niente! Si, mi ha accompagnato qui; si, siamo stati nello stesso posto per due anni, ma non è niente e non sono stato con lei in questi giorni. Non c’è nessuna donna. Nessuna.-
Passò un buon minuto di silenzio dove la vide: prima aprire gli occhi stupita, per poi addolcirli insieme alle labbra, che stavano iniziando a salire lentamente verso l’alto. Non andava bene. Cercò di approfittare dell’attimo di silenzio per continuare il discorso ma lei fu molto più veloce.
– Credevo che ti fossi dimenticato subito di me. – alzò una mano per andare ad accarezzargli il viso – Credevo che non avremmo più potuto riprendere da dove avevamo lasciato. –
Il sorriso che si ritrovò davanti, insieme alla sensazione che la carezza gli stava lasciando gli fece più male di qualsiasi lama lo avesse mai ferito. Non poteva più aspettare, era arrivato il momento di chiudere tutto. Si rimise serio e, per l’ennesima volta in quella conversazione, si scansò da lei.
-Forse non mi sono spiegato: non c’è nessuna donna, come nulla da cui riprendere. – Non le lasciò tempo di prendere fiato – Non tornerà, anzi noi non torneremo com’eravamo prima. È stata solo una debolezza, debolezza che non voglio più avere. –
La mano ancora a mezz’aria per la carezza appena data e la bocca secca per la sorpresa. – Co.. – cerco di ingoiare un pochino di saliva, anche se questa sembrava sparita, e riprese – Che cosa stai dicendo? Che cosa vuol dire debolezza? –
Come aveva previsto il ragazzo: lei voleva delle spiegazioni. Spiegazioni che lui non avrebbe potuto darle. Nonostante in quel momento il suo corpo fosse immobile e il suo viso, apparentemente, senza espressione, nel suo petto era in atto una delle battaglie più dure che avesse mai dovuto combattere; ma ormai era deciso, ci aveva pensato per un anno e quella era l’unica soluzione. Alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi che, esigenti, aspettavano una risposta. Dopo qualche minuto di totale silenzio la rossa perse nuovamente la pazienza – Mi vuoi dire che cavolo sta succedendo? – lo vide girare la testa dall’altra parte. Mosse la mano che prima lo aveva accarezzato e con tutta la forza che aveva in quel momento gli ri-girò il viso – Se devi dirmi qualcosa almeno fai l’uomo e dimmelo in faccia! – Si sentì colpito nel vivo da quella affermazione, ma cerco nuovamente di resistere. Non c’era più nulla da dire che non avrebbe peggiorato ulteriormente la situazione. Ma Zoro è un uomo, e gli uomini trovano sempre qualcosa da dire per peggiorare la situazione. Prese un respiro per contenersi dall’urlare e parlò freddo – Faremo come se non sia successo niente e andremo avanti come compagni. Questo è quanto. -
Quello che Nami sentì fu un semplice “crak” in mezzo al petto, poi il vuoto. Fare come se non ci fosse stato niente, cancellare tutto, quasi fosse qualcosa di cui vergognarsi. Risentì il dolore al petto e ne fu certa, il suo cuore si era appena spezzato per la seconda volta in vita sua.
Abbassò gli occhi, la mano che teneva il viso del ragazzo cadde accanto al suo fianco, le spalle si incurvarono: le sembrò di cadere a terra stando in piedi. Non disse nulla. Si girò su se stessa e rientrò in camera sua.
Lo sbattere della porta lo lasciò di stucco, cosa?! Niente urla? Niente pugni? Senti un tonfo venire dall’interno della cabina e attivò subito l’Haki dell’osservazione, che si fosse sentita male? Non l’avesse mai fatto. La vide a terra in preda ai singhiozzi di un pianto silenzioso, si senti morire. Il corpo si mosse da solo verso la maniglia, per poi sentirsi bloccato dall’orgoglio. No. Ormai aveva rotto tutto. Sospirò sconfitto, perché così si sentiva, sconfitto da qualcosa che non aveva nemmeno avuto la possibilità di combattere. Si avviò verso il ponte: con il tempo sarebbe stata meglio, con il tempo avrebbe trovato altro. E se questo voleva dire saperla al sicuro, andava bene anche vederla felice con qualcuno che non fosse lui.
Rimase stesa a terra per un tempo che le parve infinito. Quando fu certa di non avere più lacrime da versare cercò di ricomporsi, aveva una nave da guidare e non poteva mostrare debolezza di fronte ai suoi compagni, loro si fidavano ciecamente di lei. Si appoggiò al mobile della specchiera per sistemare al meglio il viso e cercare di nascondere gli occhi rossi. Riabbassò la testa, che sentiva estremamente pesante in quel momento, facendo entrare un pacchettino bianco nel suo campo visivo. Lo aprì delicatamente ed estrasse il fragile contenuto. Il ciondolo. Il loro ciondolo. Rotto. Il cuore verde staccato dalla rosa dei venti e la catenina spezzata a metà. Lo rigirò tra le mani e poi mise tutto nell’ultimo cassetto del portagioie. Non sarebbe più servito portarlo a Franky per aggiustarlo, ormai era rotto, come loro, e così sarebbe stato per sempre.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Maribelle ***


Buon giorno a tutti!!! Finalmente eccomi =)
In questa parte inizieremo a scoprire come mai il nostro spadaccino ha preso determinate scelte. Purtroppo ho dovuto dividere il tutto in due capitoli altrimenti sarebbe venuto troppo lungo, ma vi prometto che non ci metterò così tanto per inserire il prossimo.
Buona lettura a tutti e grazie mille!
 
Effy
 
 
Una volta arrivato sul ponte tentò di stare con gli altri, ma i pensieri che gli invadevano quella testa verde erano troppi, così, con la scusa di controllare se le se cose fossero tutte in ordine, andò a rinchiudersi in palestra.
Si lasciò andare, quasi sfinito, sul legno della porta d’ingresso e si perse nei suoi ricordi…
 
Più di un anno prima sull’isola di Kuraigana…
 
Girava già da una buona mezz’ora in quella che ormai si era rassegnato a vedere come la sua momentanea abitazione, ma che fino in fondo non lo aveva mai convinto. Non appena aveva scoperto che il suo acerrimo nemico, ora maestro, viveva in quel castello in completa solitudine, con dei babbuini guerrieri come abitanti di tutta l’isola non sapeva se rimanerne ammirato oppure stupito. Anche lui era sempre stato un tipo solitario, ma non sapeva se sarebbe riuscito ad arrivare ad essere così solitario.
Si blocco di colpo notando l’ennesimo muro grigio di fronte a lui, ad indicare che, anche l’ennesimo corridoi preso lo aveva condotto in un vicolo cieco. Era li ormai da un anno, ma ancora aveva difficoltà a trovare la sua camera. Avrebbe potuto chiamare quella ragazzina fastidiosa e fluttuante, ma sarebbe significato incappare nelle sue lamentele su quanto poco senso dell’orientamento avesse e non ne aveva voglia.
Uno sbuffo misto ad un ringhio uscì dalla sua bocca. Stava per tornare indietro quando si accorse di un luccichio venire dalla porta semi aperta alla sua destra. Non era un tipo curioso in genere, ma tra quei mattoni così grigi e umidi non vi erano mai delle luci più sgargianti delle altre. I lampadari e l’argenteria sparsa per l’abitazione non era per niente luccicante, era anzi arrugginita e lasciata a se.
Dopo un attimo di esitazione decise di guardare e aprì del tutto lo scuro portone. Restò un momento stupito da ciò che vide: un camera da letto, ma non come quella che aveva lui o Perona, ma un camera padronale in piena regola. Un letto enorme era posto al centro di essa, un armadio e uno scrittoio erano accanto ad  un’enorme porta finestra che, da ciò che poteva intuire, dava direttamente su quello che un tempo era il giardino principale. Il tutto era coperto da uno spesso strato di polvere e ragnatele, ma allora da dove arrivava quella luce?! Fece un giro su se stesso e allora la notò: appoggiata ad un altro mobile, probabilmente una vecchia specchiera, una cornice d’argento. Inarcò un sopracciglio, era l’unica cosa perfettamente pulita nella stanza. Si avvicinò stranito e notò che al suo interno, anche se sbiadita, c’era la foto di una donna. Una bellissima donna, si ritrovò a pensare. Capello neri come la notte, ma un sorriso che bastava per illuminare tutto. Ghignò di rimando al pensiero di un altro sorriso che aveva lo stesso effetto di quello. Che fosse la vecchia padrona del castello? Se non aveva capito male quello era un regno molto rigoglioso prima dello scoppio della guerra. Ma se così fosse stato perché quel porta foto era l’unica cosa pulita in quella stanza? Il suo cervello si stava arrovellando per cercare una soluzione quando una voce lo fece alzare gli occhi al cielo. – Finalmente!! Ma è possibile che tu non riesca mai ad andare direttamente in camera da dove ti lascio?!? Non è difficile, sai?!?- Puntò gli occhi verso di lui notando solo ora ciò che teneva in mano. – Mm?! E questa?? –
 - Non lo so! L’ho trovata qui. –
Perona guardò la foto per poi fare un giro su se stessa scrutando tutta la stanza, ma come!?! Lei dormiva in uno stanzino per le scope, rispetto a quella camera. Si sentì indignata e non mancò di farlo presente. – Cioè: c’è una stanza bellissima e non utilizzata e io devo dormire in un buco?? Ah ma ora mi sente quel brutto brutto…-
-Si può sapere che cosa ci fate qui??- Una voce adirata li fece girare immediatamente entrambi. Un Mihawk più scuro in volto del solito li stava fissando con quegli occhi che avrebbero fatto gelare anche il deserto.
-Oh beh proprio tu!Da oggi in poi io dormirò qui! E sappi che sono molto arrabbiata dal fatto che sia dovuta stare il quella “trappola per topi” per tutto questo tempo anziché in una camera da regina come questa!Ca..pi..to?-
La voce le si abbassò quando vide che il padrone di casa non la stava nemmeno ascoltando, ma anzi, era concentrato, in modo spaventoso, sulle mani del verde e in particolare su ciò che reggevano. Zoro, capita l’antifona, rimise la foto al suo posto e, senza dire una parola si spostò da li. Il corvino si avvicinò parandosi davanti al mobile, quasi con fare protettivo, voltandosi poi a fissare i due giovani dinnanzi a lui. – Fuori di qui, subito!- Non aveva urlato, non era da lui, ma se lo avesse fatto, forse i brividi che avevano avvertito i due lungo la schiena non sarebbero stati tanto spaventosi. Non fecero ulteriori domande e si avviarono verso al porta, prima di uscire il verde buttò un occhio al suo maestro e ciò che vide nel suo sguardo lo stupì. Tristezza, malinconia e a tratti dolore. Lo aveva pensato non appena l’aveva vista, ma ora ne aveva la conferma, quella non era uno donna qualsiasi.
 
Si ritrovarono a tavola un ora dopo per la cena. Nessuno aveva aperto bocca, non che generalmente ci fossero grandi conversazioni, ma Perona non era mai stata così silenziosa. I grandi occhini neri saettavano di qua e di la prima su uno e poi sull’altro spadaccino, e la lingua le pizzicava da matti per la domanda che le premeva per uscire. Aspettò ancora qualche minuto e poi scoppiò -Si può sapere chi è quella donna?- Il rumore delle posate usate da Mihawk cesso per un momento che parve infinito, per poi continuare come nulla fosse, come se nessuno avesse parlato. Uno sbuffo arrabbiato usci dalla boccuccia rossa della ragazzina Horo Horo, ma non protestò. Il verde invece iniziò ad insospettirsi, più di quanto già non fosse, perché era vero: il suo maestro non era un gran dispensatore di chiacchere, ma non aveva mai mancato di rispondere a una delle domande che gli venivano poste.
Iniziò,senza rendersene realmente conto, a guardalo in modo insistente, quasi fosse lui ad aver fatto quella domanda e ne pretendesse la risposta. Lo vide fermarsi e poi sospirare. Tempo un minuto e la sua voce tetra si diffuse per la stanza –Si chiamava Maribelle. Era la principessa che viveva in questo castello prima che il paese venisse invaso dalla guerra. –
Ciò che avevano appena udito li lasciò di stucco per un buon paio di minuti, ma non per le parole dette in se, quanto per il tono con il quale erano state pronunciate. Non lo avevano mai sentito parlare così, era sempre serio ed impostato, ma più umano e se questo era normale per un qualsiasi essere umano, persino per Zoro che si riteneva il più apatico di tutti, per uno come Occhi di Falco era un stranezza bella e buona.
La domanda che pose Perona una volta che si fu ripresa fu il medesimo pensiero che si era fatto anche il verde. –La conoscevi perché questo castello è della tua famiglia?-
Ci mise, anche questa volta, del tempo per rispondere, come se dovesse pensare a cosa dire per non lasciarsi andare. Ormai avevano capito entrambi che quell’argomento lo destabilizzava, seppur minimante, che quella fosse la sorella?!?
- No, questo non è il mio castello. Lei non era una mia parente – il secondo sospiro irruppe su quella bocca fine sempre tagliente ma che ora non sembrava più la stessa poi arrivò una scioccante verità – Era la mia compagna. - 

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Capitolo 6
*** Decisioni ***


Ciao a tutti!!!! =)
Ecco, anche se sempre più in ritardo rispetto alla mia tabella di marcia, il nuovo capitolo!
Non mi dilungherò molto e lascerò a voi il giudizio, solo una precisazione, se si può, vorrei far presente e consigliare l’ascolto della canzone “IL DIARIO DEGLI ERRORI” di Michele Bravi, che, a mio parere, esprime perfettamente le sensazioni dello spadaccino.
Buona lettura e grazie mille a tutti!!
 
Effy
 
 
– Era la mia compagna. -
Zoro sgranò gli occhi e uno strano dolore al petto lo colpì, quasi ebbe avuto un tuffo al cuore. Una brutta sensazione di inquietudine si impadronì di lui, come quando in battaglia avvertiva che stava per avvenire qualcosa: che un risvolto inaspettato stesse per cambiare tutto. Non poté credere alle sue orecchie quando sentì la sua stessa voce chiedere impaziente cosa fosse successo alla donna. Lo sguardo sempre incollato sulla figura seduta perfettamente davanti a lui i cui occhi puntavano bassi il piatto. Un secondo dopo fu inchiodato da due pepite d’oro. Le parole che avrebbe detto di li a poco quell’uomo avrebbero messo sotto sopra ogni sua convinzione, ogni sua certezza.
-Cosa credevi ragazzo?! Essere il numero uno ha il suo prezzo. Possiamo incutere terrore, ammirazione e persino gioia, ma mai amore. Nessuno può amarci, ma soprattutto noi non possiamo amare nessuno. Quando un uomo ha l’unico obbiettivo di batterti, pur sapendo di non poterlo fare, prima di avventarsi su di te punterà su chi ami, per indebolirti; o almeno così crederà. E così un giorno torni da un combattimento qualsiasi, certo di trovare tutto come lo avevi lasciato, e invece scopri che l’unica persona che nella tua vita abbia significato qualcosa è stata uccisa brutalmente da uno schifoso mercenario per pochi soldi. – un’espressione disgustata si formò sul viso dell’uomo -  Puoi essere il più forte, ma non puoi avere tutto. – Si fermò interrotto dallo stesso allievo che, con un debole – ma – cercava di trovare una scappatoia a ciò che di li a pochi secondi avrebbe sentito
–Non c’è ma!! Se vuoi diventare il  numero uno è così che dovrai stare per tutta la vita, uno! Solo e senza seguito, senza distrazioni. Prima o poi ti accorgerai che non puoi proteggere tutti! Il tuo capitano, i tuoi compagni: loro se la potrebbero anche cavare. Una donna, una moglie, una famiglia: quello no! Sarebbero sempre in pericolo, senza via di fuga, perché il loro pericolo saresti tu! Non c’è posto per tali debolezze nella vita dello spadaccino più forte del mondo. Meglio che tu lo capisca così che come ho dovuto fare io. –
Si alzò con il fare nobile che lo caratterizzava e senza aggiungere altro uscì dalla sala da pranzo.
Perona si girò automaticamente verso il viso del giovane rimasto immobile, ma lo trovò impassibile, con la solita espressione. Non poteva certo immaginare l’angoscia che si era invece creata dentro di lui. Fece strisciare la sedia e, anche lui nel completo silenzio, spari dalla stanza. La ragazza guardò prima da una parte e poi dall’altra,sbuffò sonoramente accorgendosi di aver respirato nel modo più silenzioso possibile fino a quel momento. Era stata una cena davvero interessante, aveva appena scoperto che il suo nuovo padrone di casa, un uomo tanto misterioso e quasi perennemente imbronciato, aveva amato un tempo e anche profondamente. Mentre, per quanto riguardava  il suo momentaneo compagno di avventura, aveva avuto la conferma ai suoi sospetti: quegli occhi che spesso si perdevano sul cielo dell’isola in realtà cercavano qualcuno. Uno strano strato di tristezza le cadde addosso, non che lei non gradisse, ma per la prima volta in vita sua voleva essere ottimista e sperare che quelle parole non annientassero troppo il verde, facendogli credere di non poter, ma soprattutto di non dover più cercare tra le nuvole.
 
Si chiuse la porta della piccola stanza alle spalle in un tonfo sordo. Sospirando si avviò verso il letto. Una volta seduto la mano andò esperta a frugare sotto il materasso, ormai allenata su dove cercare l’unica cosa che era riuscita a farlo sorridere in quel lasso di tempo. Srotolò il foglio logoro che subito mostrò la figura di una ragazza dai capelli rossi e gli occhi di cioccolato. L’aveva trovata per caso una mattina sul giornale aperto in cucina e, senza che nessuno se ne accorgesse, l’aveva strappata e portata con se. Gli piaceva perdersi in quello sguardo nelle giornate in cui il suo maestro non lo voleva allenare, causa condizioni meteo o per mancanza di tempo. Lo rilassava e gli faceva pensare di poter fare tutto, di poter continuare a migliorarsi per lei. Ma ora non era più così sicuro dei suoi pensieri. Le parole di Mihawk gli rimbombavano in testa continuamente. Lui era il vero pericolo per lei? Non ci voleva credere. Un altro sospiro, l’ennesimo. Sdraiandosi sul letto, per poter pensare meglio, gli occhi caddero sulla cicatrice al petto che si intravedeva dalla maglia larga. La toccò con una mano, di cicatrici il suo corpo ne era pieno, e non si pentiva di nessuna di esse, ma su di lei: su di lei non potevano esserci cicatrici, soprattutto per colpa sua. Aveva passato tutta la vita prendendo solo decisioni per se. Decisioni avventate e sconsiderate che non poche volte gli avevano fatto quasi rischiare la vita facendogli credere erroneamente che questo avrebbe sempre e solo riguardato lui. Ora invece aveva una prospettiva diversa: le sue decisioni avrebbero potuto ferire più delle sue spade. Quante volte aveva rischiato la vita?!  Troppe, ma era la sua di anima e andava bene così. Anima sporca tra l’altro. Aveva ucciso senza pietà e si era fatto molti nemici con il tempo ed era certo che il paradiso, anche se lui non credeva ce ne fosse uno, non sarebbe stata la prima scelta per la sua anima insanguinata. Nami, invece, aveva già patito troppo nella sua vita, non meritava anche questo. In più, nelle loro tante avventure, rischiava già abbastanza senza che ci fosse lui di mezzo.
Ricordò ancora con rabbia quando quel leone l’aveva portata via dalla nave per farla diventare la “sua” cartografa. Un ghigno disgustato gli sporcò il viso, anche solo il pensare a lei toccata da qualcuno che non fosse lui lo faceva imbestialire. Aveva perso il senno quella volta, lasciando però che fosse il suo capitano a risolvere la situazione, come sempre.
Certo, per la sua protezione aveva Luffy e quel cuoco da strapazzo, quindi poteva dirsi tranquillo?
-Sarebbero sempre in pericolo, senza via di fuga, perché il loro pericolo saresti tu!-
Quelle parole rimbombarono ancora nella sua testa facendogli contrarre la mascella.
Si sentì combattuto come mai in vita sua, e impotente come quando non aveva potuto far altro che accompagnare la sua amica fino alla fredda terra che l’avrebbe accolta per sempre.
Il sorriso pieno di lacrime che Kiuna gli aveva fatto la notte prima della sua scomparsa gli tornò in mente. Quanto si era sentito in colpa a quei tempi, non per la sua morte, quella sapeva non essere colpa sua, ma per non aver mai fatto nulla per capirla, per cercare di comprendere come si sentisse a sapere già di non poter realizzare mai il suo sogno. Non era questo il principale motivo per cui doveva realizzarlo lui? Non sapeva se avesse potuto sopportare ancora, se sarebbe riuscito a restare lucido e non commettere sciocchezze se fosse successo qualcosa a Nami, a causa sua per di più.
Senza che se ne accorse i pensieri si protesero fino all’alba. Strinse forte gli occhi sentendo la testa scoppiargli per la troppa confusione. Li riaprì di scatto capendo che anche se fosse stato tutto il tempo che gli rimaneva prima di rivedere la sua famiglia a rimuginare sul da farsi, la scelta era solo una.
Andò verso la finestra posta davanti al letto e guardando la delicata luce del sole che sorgeva decise che lei non sarebbe entrata nel suo diario degli errori, che se per saperla salva e felice ci sarebbe andata di mezzo la sua di felicità andava bene. Si sarebbe buttato testa e corpo nel suo sogno, non avrebbe più avuto distrazioni. Le avrebbe spezzato il cuore?! Forse, ma mai quanto in quel momento, mentre le sue mani dividevano il viso della rossa a metà, si stava spezzando il suo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il mattino dopo su di un’isola fluttuante nel cielo una ragazza dai capelli rossi guardava persa le sue mani, sentendo uno strano capovolgimento allo stomaco: il ciondolo che portava ormai da un anno e che per lei valeva più di ogni altra cosa si era rotto. Una lacrima cadde sul cuore verde che teneva in mano senza che lei potesse fare nulla per fermala.
 

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Capitolo 7
*** Scoperte ***


Ciao a tutti!!!
Eccomi con il nuovo capitolo =) si lo so, passo dalla settimana si buio al, ops.. ho già fatto il nuovo capitolo!! Prendetemi così con la mia follia!! Ahahah
Qui siamo nuovamente al presente, anzi, più precisamente, al continuo dell’ultimo capitolo di “Io ci sono…” che come avevo già detto era collegata alla storia =)
Beh che altro dire, buona lettura e grazie mille a tutti!!
 
 
 
Finalmente si era potuta fare un bel bagno caldo. Non aveva tenuto conto dei numerosi sbalzi di temperatura che il suo corpo aveva subito nelle ultime ore. Il caldo del fuoco appena arrivati, il gelo della neve al laboratorio, il bagno nel lago per il recupero del samurai. Le tornò nuovamente la rabbia al pensiero di quel maniaco di Sanji nel suo corpo. E come lo aveva trattato poi?! Si girò per buttare un’altra occhiata al vistoso ematoma che si trovava appena sopra il suo sedere. Non ci aveva fatto caso subito, più concentrata all'indolenzimento ai piedi, che erano stati usati per contrastare le guardie, ma mentre si stava piegando per poter spalmare un po' si crema lenitiva sulle gambe si era ritrovata quasi bloccata. Poi la scoperta di quel segno orribile, avrebbe dovuto tenerlo coperto almeno per una buona settimana.
Cominciò a strofinare i capelli nella salvietta che li avvolgeva per asciugarli. Abbassò la mano per prendere la spazzola poggiata sulla specchierà e si trovò sotto il naso, per l'ennesima volta, i pezzi del ciondolo. Quella mattina si era svegliata convinta più che mai che forse avrebbe potuto portarlo realmente da Franky per aggiustalo, ma poi il buio l'aveva nuovamente accolta.Un strano moto di ira si manifestò sulle sue guance facendola sembrare una bambina capricciosa più che una donna arrabbiata.
Prima quel buzzurro senza cervello faceva tutto il carino stando fuori dalla sua stanza per "proteggerla" e poi si faceva trovare accollato a quella marine quattrocchi?! Sbuffò un attimo, non poteva prendersela con lei. Non c'entrava nulla, era anche stata gentile con lei e con i bimbi e quella sua tenacia le ricordava molto sua madre. Certo forse meno imbranata. Non riusciva però a far sparire quella sensazione di gelosia che si era impossessata di lei non appena li aveva visti. Solo quella l’aveva fatta andare in bestia, se ci aggiungiamo poi il modo in cui l’aveva trattata in quella che era la “stanza dei biscotti”. L’ira verso di lui raddoppiava. Ok, l’aveva salvata da quell’arpia che li stava per attaccare e, se non ci fosse stato lui, sarebbe stata un bel problema da risolvere, ma c’era bisogno di farla sentire così inferiore!? –Attaccare chi è disarmato…i punti deboli…”– borbottò a bassa voce cercando di imitare malamente il compagno. – Ma chi si crede di essere!!! –
-Secondo me sono abbastanza asciutti ora. – Sobbalzò presa alla sprovvista da quella voce. Si girò e trovò Robin con sguardo sornione che attendeva una spiegazione. Merda. Da quanto tempo era li?! –Di cosa parli?- disse la prima cose che le uscì dalla bocca, cercando di calmare i nervi. – Dei tuoi capelli, direi che li hai strofinati abbastanza forte, no?!- Si guardò le mani e realizzò solo in quel momento che, presa dalla rabbia dei suoi pensieri, aveva continuato a frizionare i capelli con la salvietta, in modo piuttosto vigoroso anche. Sbuffò rassegnata, un caso perso: ecco cosa era, anzi cosa erano. La compagna notando il suo cambio di umore repentino si avvicinò mettendole una mano sulla spalla e facendole alzare la testa –Va tutto bene navigatrice? – Il tono non era più quello di prima, ora era più dolce e comprensivo, come sempre quando cercava di aiutarla. Si sforzò di sorridere, anche se lievemente, e la tranquillizzò. –Vuoi stare qui a leggere un poco? – disse vedendola andare verso la libreria – No no sono venuta a prendere il cambio, vado a fare un bagno con Momo – Ah già Momo, meno male che c’era quel nobile e piccolo bimbo a chiamarla con i nomi più dolci e a farle sempre tanti complimenti. – Ma se vuoi aspetto un attimo, se vuoi parlare un po’- La guardò un attimo poi abbassò nuovamente lo sguardo, non c’era molto di cui parlare, ormai era tutto più che chiaro. – No, grazie. Vai e goditi un po’ di caldo. Magari vi raggiungo più tardi. – La vide annuire, prendere le cose uscire dalla stanza. Non appena la porta si chiuse sentì una strana stretta allo stomaco, prese tra le mani i pezzi della collana e uscì per andare verso il ponte: il mare avrebbe custodito per loro quell’amore, se di amore si poteva parlare, come ne era sempre stato testimone. Le lacrime ripresero ad uscire dai suoi grandi occhini nocciola senza che lei potesse scegliere. Ormai era deciso, avrebbe preso una delle tante bottiglie vuote dalla cucina , magari di sake, per restare in tema con loro, ci avrebbe messo il ciondolo e poi lo avrebbe affidato alle profondità dell’oceano.
Percorse il corridoio a tutta velocità, non voleva incontrare nessuno. Stava per entrare nella sala da pranzo quando delle voci la fecero fermare. Tese leggermente l’orecchio. Riconobbe la risata di Brook e quella di Chopper che, probabilmente seduti al tavolo, parlavano dell’avventura appena vissuta. Si fermò un secondo e decise che poteva entrare comunque per prendere ciò che serviva, ma doveva prima riuscire a calmarsi un attimo e ricomporsi. Sospirò e inizio a spazzare via le lacrime dal viso, non potendo fare a meno di ascoltare i discorsi all’interno della stanza.
-Allora Chopper come è stato essere un uomo per poche ore? – La voce dello scheletro si fece seria tutto d’un tratto. Sorrise intenerita, anche lei aveva pensato per un attimo a come il loro piccolo compagno, che si era sempre sentito un mostro, si potesse essere sentito nei panni di Sanji.
-Oh beh, non è stato male, ma non so come facciano gli altri senza pelliccia, avevo un freddo!!- la risata dello scheletro copri anche quella della rossa, tipica risposta da Chopper. –Comunque preferisco quando siamo ognuno nel proprio corpo!!- L’ossuto dissentì – Oh beh io preferirei  Sanji era nel corpo della bellissima Nami-swan, mi farebbe sempre vedere le sue mutandine YoYoYo. – Cosa?!? Ma che pervertito!! –Io invece non ho gradito affatto!!Le ha lasciato un sacco di lividi sulle gambe e uno sulla schiena, poveretta!! – Oh bravo Chopper, da medico di bordo quale era a lui prima di tutto pensava alla sua salute. Portò nuovamente la mano alla schiena, avrebbe dato un altro pugno a Sanji più tardi. Stava per entrare quando la voce di Brook la fece bloccare.
-YoYoYo ma quella non è colpa di Sanji ma di Zoro.-
Bloccò la mano a mezz’aria d’avanti alla porta di legno a quelle parole, cosa?! Zoro le aveva messo le mani addosso? Non ci poteva credere. La vocina del medico che chiedeva spiegazioni la fece ridestare e decidere che sarebbe stata nascosta ad ascoltare ancora per un po’.
-Vedi noi stavamo correndo nella neve per trovare il corpo di Kin’emon e mentre Sanji, nel corpo di Nami, correva ha perso l’equilibrio. Sarebbe caduta a terra se Zoro non si fosse subito buttato per prenderle la mano a reggerla. –
Un piccolo sussulto al cuore la colse. Si era voltato per prenderla e non farla cadere?
 – Ma non capisco, se il suo corpo non è caduto perché ha un livido?? – Ottima domanda, si avvicinò nuovamente allo spioncino. – Oh beh, dopo aver visto quella scena non sono riuscito a trattenere il mio giubilo e far notare quanto il tutto fosse romantico, ma a quelle parole lo spadaccino si deve essere reso conto che, non era Nami quella che reggeva, ma Sanji e così lo ha lasciato cadere a suon di “Non sei tu che volevo aiutare!” YoYoYoYo.-
Si sentì confusa. Aprì la mano sinistra e quel cuore verde, che fino ad un attimo fa le sembrava sbiadito, ora quasi brillava da solo. Ciò che aveva sentito forse non sarebbe significato nulla per gli altri, ma lei poteva dire di conoscere abbastanza bene quella testa di verza che era il loro spadaccino. Abbassò nuovamente gli occhi spegnendo subito quella luce di speranza che si era formata nel suo sguardo: era qualcosa, ma non abbastanza. Fece nuovamente per provare a varcare la soglia ma di nuovo la voce del piccolo compagno la fermò.
-Ma allora Zoro non ha smesso di voler bene a Nami???- Intravide dall’oblò il cappello arancione della renna che si alzava e si abbassava, segno che stava saltellando felice.
-Perché non dovrebbe più volerle bene??- il canterino interruppe i suoi saltelli. –Vedi io ho un mio metodo per capire certe cose – fece vago il minore – e mi sembrava di aver capito che tra loro non fosse più come prima. Pensavo che avessero litigato e avessero smesso di volersi bene - la vocina più bassa a segnare un gran dispiacere – ma poi tu mi dici così e allora magari mi sono sbagliato. –
Le si strinse il cuore a quelle parole, piccolo Chopper. Non sapeva come, ma si era accorto di loro e ora credeva che solo un gesto, fatto a metà, visto che alla fine il livido sulla schiena lo aveva comunque, bastasse per rimettere in sesto tutto. Un’altra lacrima sfuggi al suo controllo.
-YoYoYo ma certo che le vuole bene, altrimenti non si sarebbe comportato come un pazzo aggredendo quell’uomo pesce, in acqua per giunta, solo per vendicare la bella Nami YoYoYo.-
-Davvero?!-
-Ma certo!Tu non c’eri perché stavi curando Sanji, ma io ho visto tutto. Quel tipaccio è arrivato e ha cominciato a parlare degli uomini pesce, e di uno in particolare, che poi Usupp mi ha rivelato essere l’aguzzino di Nami. Zoro si è subito parato davanti a noi e appena ha potuto ha attaccato quel brutto per farlo tacere. Indubbiamente perché aveva notato il turbamento che aveva pervaso la nostra fanciulla. Un vero coraggioso, e pazzo. Forse più pazzo. –
Sentì la gola secca, al contrario degli occhi, pieni di lacrime che le rigavano le guance. Il cuore aveva perso il controllo e batteva di un ritmo solo suo, indubbiamente frenetico. Smise di sentire tutto ciò che la circondava: le voci dei suoi compagni, i rumori tipici della nave in movimento e giurò di aver anche smesso di ondeggiare lievemente, come se tutto fosse fermo e immobile per lei.
Iniziò a boccheggiare, sentendo sempre meno aria intorno a lei. Si precipitò sul ponte della nave. Quando il vento le sferzò il viso riuscì finalmente a respirare nuovamente. Cerco di calmarsi, ma non riusciva a fermare in nessun modo quel pianto silenzioso che le veniva direttamente dal petto. Strinse con forza i pugni sentendo le punte del ciondolo pungerle la mano. Alzò lo sguardo a còffa. Si mise dritta con più determinazione e sorrise. Ora sapeva esattamente cosa fare!

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Capitolo 8
*** Il ciondolo del mare ***


Buona sera e buona Pasqua a tutti!!
Emm…come cominciare se non con le mie più profonde scuse.
Io non so se questa storia interessa a qualcuno o no, ma mi sento comunque in dovere di scusarmi per l’attesa. Purtroppo ho avuto un imprevisto in famiglia e in tutta la settimana non ho avuto un attimo di tempo per concentrarmi.
Infatti mi scuso anche se questo capitolo si conclude così, ma piuttosto che nulla ho preferito pubblicare almeno questo.
Grazie mille a tutti!!
Buona serata e Buona Pasqua ancora =)
 
Effy
 
 
Bussò energicamente sulla enorme porta li legno che le si parava davanti, se era chiusa forse non voleva essere disturbato. Attese qualche minuto una risposta, che non arrivò: provo nuovamente. Circa cinque minuti dopo decise di aprire la porta lei stessa ed entrare con cautela nella stanza, sperando di non disturbare troppo il suo compagno. Forse stava facendo qualcosa che lo concentrava al punto di non sentire eventuali rumori esterni.
Come volevasi dimostrare, infatti, l'uomo portava le cuffie da lavoro ed era piegato su di un pezzo meccanico che ad occhio e croce sembrava molto delicato. Cerco di farsi vedere per non spaventare troppo il cyborg, voleva evitare spargimenti di laser, sopratutto se indirizzati a lei.
Dopo un paio di saltelli e aver agitato le braccia finalmente l'azzurro si accorse di lei - Ehi sorellina!!- disse mentre toglieva le cuffie alle orecchie - Sei da molto li?! Ero così concentrato che mi ero scordato di queste!. -
-No sono appena arrivata, tranquillo!- disse la rossa, stranamente più gentile del solito penso Franky. -Come posso aiutarti?Hai bisogno di un'arma superrrrr?- eccola li la solita posa!
Nami si ritrovò a pensare che avesse una specie di timer e che quindi ogni tot minuti si dovesse mettere in quella posizione assurda. Scacciò via i pensieri con un scrollata di capo e tornò a concentrarsi su cose più importanti -No no, la mia arma va benissimo così, per ora. Vorrei sapere se puoi riparami questo.-
Allungò la mano aprendola, mostrando i pezzi della sua collana. La reazione del carpentiere però la sorprese parecchio. Questo infatti fissava la sua mano con un viso confuso e assai stupito. Stava per chiedere spiegazioni quando, con l'aiuto delle sue nuove mini manine, il ciondolo venne tolto dal suo palmo.
-Come...ma dove lo hai preso?Cioè quello lo so..ma chi te lo ha regalato?-
La ragazza arrossi di colpo, come faceva a sapere che le era stato regalato. Si affrettò a rispondere notando solo ora il sorrisino enigmatico sul volto dell'uomo. -Ne-nessuno!Me lo sono comprata io.-
-Impossibile!- Lo senti affermare convinto -Non dirmi che lo hai rubato?- L'espressione cambiò ancora da serena e sicura a minacciosa, ma che cosa stava succedendo? Incominciò ad alterarsi. -Si può sapere che ti prende?!No che non l'ho rubato, me lo sono comprata come una persona qualsiasi. - Urlò quasi esasperata per poi incrociare le braccia al petto e girarsi di lato come una bimba capricciosa.
Il carpentiere riguardò nuovamente l'oggetto nelle sue mani e poi sorrise comprensivo.
- Vabbè, se non vuoi dirmi da chi viene questo regalo così prezioso ok, ma non puoi ingannare me!La mia isola natale si trova molto vicina a Wind Rose e la storia la conosco benissimo!- Mentre parlava iniziò ad avviarsi verso il tavolo di lavoro e cominciò a cercare gli attrezzi per riparare l'oggetto della discussione. Nami restò ferma nella stessa posizione, perdendo però piano piano il suo cipiglio arrabbiato. Si avvicinò anche lei al tavolone pieno di arnesi da carpenteria e si incantò a fissare i movimenti esperti del compagno.
Le capitava spesso di vederlo al lavoro su grossi cannoni o sui mezzi sostitutivi presenti sulla nave, ma mai lo aveva ammirato nel riparare qualcosa di così delicato. Eppure non sembrava a disagio o impacciato, ma anzi era quasi aggraziato. Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla voce bassa dell'azzurro. -Strano però. Io ne ho visti di ciondoli come questo, ma mai, beh, come questo. - Si girò verso di lei guardandola per capire se avesse compreso il suo giro di parole e la trovò sorridente, segno che aveva capito perfettamente.
-Si la donna alla bancarella dove l'ho trovato infatti non voleva venderlo inizialmente. Diceva che era sbagliato, ma io lo trovo così perfetto. - addolcì lo sguardo e sussurrò quasi l'ultima parte della frase.
-Beh comunque, perfetto o no, il significato di questo ciondolo è qualcosa di davvero profondo e forte. Si dice che si possa regalare solo una volta nella vita, come un anello di fidanzamento, se non di più. - Avvertì lo sguardo del compagno insistente su di lei e si sentì confusa, che sapesse dell'accordo tra lei e Zoro? Impossibile. Nessuno lo poteva sapere. Loro stessi non lo avevano nemmeno mai pronunciato ad alta voce. Sbatte li occhi confusa, un anello di fidanzamento?Perché Franky affermava con tranquillità tutte queste cose. -Mi sembri confusa ragazza!- La testa si mosse da sola in un segno affermativo.-Vuoi dire che non conosci la leggenda sul ciondolo del mare?- Le sventolo dinanzi la collana nuovamente intatta, ma come aveva fatto ad essere così veloce? Afferrò l'oggetto e la testa si mosse nuovamente, questa volta in senso di negazione.
-Oh. Beh mi sembra strano. È una storia famosissima e in più gli abitanti dell'isola non perdono occasione per raccontarla, visto il vanto che porta. - Tolse gli occhiali da lavoro e avvicinò uno sgabello per far accomodare la ragazza. La vide sedersi, non uscendo dal suo mutismo, e cominciò il suo racconto.
-La vicenda risale a circa 400 anni fa. Un tempo Wind Rose era un isola pacifica, fatta prevalentemente di bravi e famosi fabbri. Il lavoro veniva tramandato di generazione in generazione senza sosta, e la voce sulla bravura di questi uomini si sparse nel giro di poco. Inizialmente, alcuni giovani, si spostarono a Water 7 per poter lavorare ai cantieri navali altri invece rimanevano sull'isola madre per fabbricare armi e arnesi che venivano poi venduti ai sovrani dei regni vicini. - Fece una pausa per riprendere fiato - Un giorno però arrivò in paese la nave reale di un regno lontano. Il re Notarius, così dicevano si chiamasse, volle riunire tutti i fabbri nella piazza centrale. Una volta fatto iniziò a spiegare il motivo della sua venuta. Il castello nel quale viveva era andato distrutto in una rovinosa guerra ed ora ne era in progetto la ricostruzione. Spaventato però che questo potesse ancora essere attaccato voleva che tutta la struttura fosse fatta in ferro. Chiedeva quindi, attirato dalle voci sulla loro maestria, almeno 80 uomini di età compresa tra i 20 e i 25 anni per lavorare per lui.
Se gli anziani erano ben felici di questa possibilità per i loro ragazzi, questi non ne erano molto entusiasti, sopratutto chi sull'isola aveva già una donna ed una famiglia. I lavori sarebbero durati dagli otto ai dieci anni e per loro, che non erano mai stati abituati a viaggiare, questo tempo sembrava un eternità. Era però un offerta molto vantaggiosa per tutti, così la richiesta del Re venne accetta sulla quasi totale unità. Chiesero però almeno un mese, prima che il viaggio iniziasse. In quel lasso di tempo gli uomini che avevano già una famiglia ebbero al possibilità di salutare con calma quei visi che avrebbero rivisto solo dopo molto tempo, mentre per i più giovani, era l'occasione per sancire i vari fidanzamenti. Ci furono almeno 20 matrimoni in quel lasso di tempo e tutti sembravano essersi ormai tranquillizzati dall'imminente partenza.
Un viso però non riuscì mai a trovare il sorriso in quel tempo. Ekiro, il figlio del capo villaggio, non che miglior fabbro dell'isola, non aveva potuto sfruttare quel mese in nessun modo. La donna della sua vita, Yumi, della quale era follemente innamorato da sempre, aveva solo 17 anni. Non avrebbe potuto sposarla almeno per altri due anni quindi, al suo dito non ci sarebbe stato nessun anello a simboleggiare il loro amore. Passò notti su notti a pensare ad una soluzione quando un idea balenò nella sua testa.
Il trentesimo giorno, mentre tutta l'isola aspettava al porto l'arrivo della nave reale, il ragazzo salì insieme alla giovane sulla pila di casse più alte di tutte. Sicuro che tutta l'attenzione fosse su di loro e sotto lo sguardo sorpreso della fanciulla si inginocchiò. Il silenzio calò tra la folla e ciò che successe lasciò tutti senza fiato.
Dalla tasca tirò fuori un ciondolo: una stella dei venti con un cuore brillante al centro. Parlò a voce alta.
"Mia adorata. Ti amo più della mia vita e l'idea di lasciarti mi uccide. Non possiamo sposarci ma con questo ciondolo io ti faccio una promessa. Non importa quanti anni passeranno e in che direzione questo mare mi porterà, il mio cuore sarà sempre con te, il mio centro, il mio tutto. Porta questo simbolo ogni giorno di ogni anno e se, quando il mare mi riporterà da te, io lo vedrò ancora al tuo collo allora sarai mia e io sarò tuo, per sempre. Sii forte per noi, ti regalo il mio cuore e la mia fiducia in questo ciondolo." poi rivolgendosi alla folla disse "e voi uomini che restate, finche questa fanciulla porterà il ciondolo non vi avvicinate a lei, perché ella appartiene a me." –
Delle lacrime bagnarono il pavimento e un concerto di singhiozzi invase la stanza.
-N-non..sniff..non sto piangendo..sniff sniff..- Come al solito l’omone si era lasciato prendere troppo dai sentimenti. Questo imprevisto piagnucoloso svegliò Nami dal trans in cui era entrata man mano che la storia veniva raccontata. Guardò il suo ciondolo e tutto acquistò un valore diverso.
-Da quella dichiarazione la collana diventò un simbolo d’amore fondamentale per le persone dell’isola. I fabbri rimasti iniziarono a produrne copie fedeli da vendere a tutti gli uomini che avevano intenzione di giurare amore eterno alla propria compagna. In più la voce si sparse anche negli altri paesi, compreso il mio. – Si puntò il pollicione sul petto scoperto.
-Se una donna portava quel simbolo allora era inguardabile e intoccabile per qualsiasi altro uomo. Certo non tutte le donne accettavano per sempre queste scelte, ma in quel caso il ciondolo andava buttato e mai più regalato. –
Guardò la compagna negli occhi esibendo un sorriso malizioso –E si ho detto uomoni! Alle donne questo articolo non può assolutamente essere venduto!- Si sentì come una bimba beccata con la mano nel barattolo dei biscotti. Provò a ribattere, ma questo la precedette.
-Tranquilla, non mi interessa sapere chi o cosa. Ora però capisci perché sono rimasto stupito quando l’ho visto? Non so se la persona che te lo ha donato lo abbia fatto con questa intenzione, ma ricorda che ciò che tieni tra le mani è uno degli oggetti più preziosi di tutti. –
 
 

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Capitolo 9
*** Aspettami ***


Buon giorno a tutti!!Ecco l'ultimo capitolo della storia. Come per il precedente capitolo rinnovo le mie scuse, ma, nonostante per me queste storie siano importantissime, a volte il quotidiano mi sommerge.
Infatti informo che, storielle magari più corte a parte, per il prossimo "pezzo" aspetterò di avere abbastanza materiale pronto per cominciare, così non vi faccio aspettare in corso d'opera.
Grazie mille a tutti
Un abbraccione

Effy 


- Non so se la persona che te lo ha donato lo abbia fatto con questa intenzione, ma ricorda che ciò che tieni tra le mani è uno degli oggetti più preziosi di tutti. –
Guardò il compagno di fronte a lei e qualcosa nel suo petto cambiò. Tutto d’un tratto si sentì leggera e serena, come se tutte le preoccupazioni, i pensieri e gli avvenimenti fossero stati spazzati via. Era una sensazione che aveva già provato prima, ma che al momento non sapeva definire.
Saltò giù dallo sgabello sul quale era seduta e si mise subito al collo il ciondolo riparato. Alzò lo sguardo sul cyborg ancora davanti a lei e, con un sorriso sincero, lo ringraziò per quanto fatto.
Gli occhiali dell’uomo si abbassarono stupiti mentre guardava la figura saltellante della rossa lasciare il suo laboratorio. Non aveva ben capito cose fosse successo, ma lui un sorriso così sul viso di Nami non lo aveva mai visto.
Uscì da sotto-coperta e si avviò immediatamente lungo il parapetto del ponte, per poter ammirare il mare. La brezza salata le scompigliò i capelli e in quel momento capì. Liberà, si sentiva libera. Si sentiva forte, come non si era mai sentita. Avvertiva dentro di se la sensazione di poter fare tutto, di poter avere tutto. E non in modo presuntuoso, ma in modo genuino. La speranza di poter amare ed essere amata un giorno era più che viva in lei. Poteva sembrare assurdo il suo ragionamento agli occhi del mondo esterno, ma in quel momento Nami decise che lei avrebbe lottato, che lei sarebbe andata avanti, che lei avrebbe atteso per entrambi. Si, per entrambi. Perché non serviva che lui sapesse, non serviva che lui ci credesse, lei lo avrebbe fatto per lui.
Se era riuscita, ad appena otto anni, a credere che da sola avrebbe potuto liberare un intero villaggio, nonostante gli stessi abitanti ne erano dubbiosi, avrebbe potuto aspettare fino alla fine di quella stramba avventura, il giorno in cui il suo cuore si sarebbe finalmente riunito in tutte le sue parti.
Un giorno, quando il mare riporterà alle sue rive quell’uomo così burbero e taciturno, lei sarà li: con il ciondolo e tutto il suo amore ad aspettarlo. Lo aspetterà, perché aspettarlo è tutto ciò che ha sempre voluto.
Un mare in tempesta le si agitava nel petto: e se lui non fosse tornato? O almeno non da lei?
Abbassò lo sguardo sul ciondolo e i suoi occhi brillarono nuovamente. No! Niente paure o ripensamenti, non c’era spazio per quelli, aveva già perso troppo tempo a rimuginare e ragionare sui “ma” e sui “se”, ma se c’era una cosa che aveva imparato da quella strana ciurma è che per godersi qualcosa bisogna buttarsi a capofitto in essa. Potrebbe andare male, potrebbe andare bene, ma solo il tempo saprà dirlo. Allora perché non provare?
Avrebbe goduto di ogni singolo momento con lui, le sarebbe stata accanto, come a Triller Bark, ma lasciandolo libero di seguire i suoi sogni, come lei stessa avrebbe fatto. Lui non sapeva del significato del ciondolo? Non importava, lo sapeva lei e lo avrebbe tenuto con se per tutto il tempo necessario.
Non si stava illudendo: conosceva Zoro meglio di chiunque altro ed ora, grazie anche alle rivelazioni appena avute, era sicura che lui non l’avesse mai davvero abbandonata. C’era dell’altro sotto, qualcosa che forse lo aveva fatto desistere da “loro”, ma non avrebbe fatto desistere lei. Forse non sarebbe tornato tutto come prima, ma questo non voleva dire che non sarebbe tornato.
Alzò il viso verso la palestra per la seconda volta in quel giorno, che ormai stava lasciando posto alla sera, e le sue labbra si incurvarono in un sorriso che non solcava il suo viso da tempo.
Lei sarebbe stata la fanciulla pronta ad attenderlo, anche per anni se fosse stato necessario, donandogli tutta la sua fiducia incondizionata.
 
 
Appoggiò stancamente il bilanciere al muro. Si trovava li da tutto il giorno, allenandosi senza la minima tregua. Era la sua punizione. Si era esposto per l’ennesima volta, e per giunta senza motivo. - Quello stupido di un cuoco -  Un ringhio incontrollato uscì dalla bocca – E quello stupido chirurgo. – Un pugno al muro – Con tutte le persone che ci sono proprio lui doveva mettere nel corpo della mia mocciosa? –
Abbassò lo sguardo. Mia. Quella parola, uscita in automatico dalla sua bocca, gli fece abbassare di colpo tutta la spavalderia. Lei non era sua, o almeno non più.
Finì di sistemare le ultime cose, non smettendo però di rimuginare su ciò che aveva fatto. Era riuscito anche ad essere delicato questa volta, dannazione!
Un giramento di testa lo colse all’improvviso mentre si rialzava dal terra con un semplice peso in mano. Si appoggiò alla panca cercando di regolarizzare il respiro più accelerato di prima. Diede colpa al fatto che in tutto il giorno non aveva ne bevuto ne mangiato nulla. Probabilmente si trattava solo di un piccolo calo di pressione.
Si fece forza e si avviò verso la porta che dava sulla scaletta. Arrivato sul ponte si rese conto che forse c’era davvero qualcosa che non andava. Aveva impiegato il triplo del tempo a scendere ed aveva anche rischiato di cadere almeno tre volte.
Pensò di svegliare Chopper, ma poi si ricordò che ormai era notte e sicuramente il piccolo dottore era nel mondo dei sogni già da qualche tempo. Si guardò intorno cercando di capire che ore potessero essere, cercò anche di sforzarsi per ricordare chi fosse di guardia, ma fu solo un peggiorare le cose.
Lo sforzo, anche solo di ragionare, lo fece cadere a terra. Si sentì prima eccessivamente caldo e poi pieno di brividi tutto d’un colpo. Avrebbe voluto chiamare qualcuno, ma la voce venne meno. Stava per perdere i sensi, un ultimo pensiero.…..mandarino!
Ad un tratto i sensi si riattivarono di colpo. Un odore, troppo famigliare lo investì di colpo. Si sforzò di aprire gli occhi e riattivare l’udito. Davanti a lui una Nami preoccupata lo chiamava a gran voce. Voce che a lui sembrava così lontana. Lo prese dalle spalle per alzarlo, donandogli un po’ di sollievo.
-Ma che cose è successo? Sei caduto? – Guardò la schiena per vedere se ci fosse ferito, ma non trovò nulla. Nell’operazione di spostarlo, però, la fronte del verde le si era appoggiata alla spalla. Era bollente!
-Ma hai la febbre!Dobbiamo trovare il modo di rinfrescarti!- La vide muovere la testa a destra e sinistra. Aveva un viso spaventato e questo lo fece strare ancora peggio. La stava facendo preoccupare ancora. Si senti sollevare quasi di peso e appoggiare, in modo un po’ goffo, all’albero maestro con la schiena.
- Ok, ora ci penso io! Però tu rimani sveglio per una buona volta! – Un sorriso tirato le si formò sulla labbra, ma quanto era bella. Si stupì di quel pensiero fatto con tanta leggerezza, doveva per forza essere la febbre.
Dopo un paio di minuti in cui non capì a pieno cosa stava succedendo, iniziò a sentire delle gocce sul viso, Pioveva? No, era una nuvola che la ragazza aveva creato appositamente per lui, per fargli abbassare la temperatura corporea. E ci stava riuscendo. Passarono un decina di minuti e man mano i suoi sensi si riattivarono, seppur in modo lieve.
-Ti senti meglio?- Alzò l’occhio buono sulla figura bagnata della rossa. Solo ora si era accorto che, non stante la pioggia, lei non si era spostata di un millimetro. Era sempre li, a pochi centimetri da lui, a sorreggerlo sulla schiena con le sue esili braccia.
-Si, deve essere un calo di pressione- cercò di minimizzare. La vide fare una smorfia strana e poi guardalo male.
-Certo, come no! E io sono la fata turchina! Questa è febbre e ora vado a chiamare Chopper per farti visitare. –
Non seppe nemmeno lui dove trovò la forza, ma la fermò. –Re..sta..Ancora un attimo…-
Nami fece una faccia contrariata, ma poi lo sguardo si addolcì e un nuovo sorriso, più luminoso, le si formò sull’ovale del viso. Se non fosse stato già a corto di fiato per la febbre lo sarebbe stato sicuramente per quel viso. Aveva già pensato almeno venti volte che fosse bellissima, ma non riusciva a fermarsi dal farlo.
Cercò di abbassare lo sguardo per far cessare quel flusso di pensieri che lo avevano investito, ma ciò che il suo unico occhio incrociò fu l’ennesimo colpo al cuore.
Il ciondolo, il loro ciondolo, era nuovamente al collo della rossa, e sembrava ancora più luminoso di come lo ricordasse. Alzò la mano quasi automaticamente verso il suo collo e lo sfiorò quasi impercettibilmente.
Un insieme di pensieri contrastanti gli fece nuovamente girare la testa. Non capiva. Lui e aveva fatto del male, l’aveva trattata in un modo orribile e lei portava nuovamente quel regalo.
Rialzò gli occhi sulla ragazza con fare interrogativo trovandola già pronta a rispondere alle sue domande non fatte.
-Una mattina, quando ero a Weatheria, mi sono svegliata e la collanina era rotta. – iniziò il suo racconto capendo perfettamente i pensieri dello spadaccino in quel momento – Ci sono rimasta molto male inizialmente, ma poi ho pensato che una volta riuniti sarebbe bastato portarla a Franky per sistemarla e tutto sarebbe tornato uguale – un sorriso amaro si dipinse sul viso di entrambi – Ma sai cosa ti dico spadaccino dei miei stivali? Tu puoi decidere per te, ma non per me!- si sentì trapassare dallo sguardo determinato che la rossa aveva in quel momento – Ho deciso di farlo riparare e di portarlo al collo finché vorrò! Non mi importa di quello che mi hai detto e se devo dirla tutta nemmeno ti credo. Tu hai deciso di arrenderti, perfetto. Io no! Io ho deciso di lottare anche per te. – aprì maggiormente l’unico occhio rimastogli e cerco di restare il più lucido possibile per poter sentire tutto.
-Una volta qualcuno mi ha detto che chi rinuncia credendo di aver perso ha perso già in partenza. Beh forse io non sono l’esempio più adatto di coraggio, ma sicuramente non sono una che rinuncia. Soprattutto a qualcosa di così prezioso. – Un altro bellissimo sorriso gli fece girare la testa – Mentre tu combatterai contro i nemici più pericolosi io combatterò per noi. Aspetterò il tempo che serve per farti capire che ormai è troppo tardi per cancellare tutto. –
Ci furono minuti i interminabile silenzio, spezzati solo dal suono delle onde che sbattevano sul legno della nave. Nami si sentì una sciocca, si era aperta anche troppo e probabilmente aveva rovinato tutto. Ma come le era venuto in mente?! Un senso di fastidio si impossessò di lei. Stava per dire qualcosa, qualsiasi cosa, pur di spezzare quel silenzio, ma non fece in tempo ad aprire bocca che le labbra dello spadaccino arrivarono a lei.
Un bacio. Cercato. Aspettato. Voluto e finalmente arrivato.
La mano di lui ancora stretta sul collo di lei e gli occhi di entrambi chiusi a godere di ogni singolo attimo.
Non c’era lussuria in quelle labbra che si cercavano e bagnavano dei rispettivi respiri, ma c’era gioia, desiderio e tanto amore.
Si staccarono dopo pochi minuti per prendere fiato ed entrambi fecero un sospiro, uno di quelli che ti fanno credere di cominciare a respirare solo in quel momento, che ti fanno sentire il cuore innegabilmente più leggero. Il sorriso di Nami, neanche a dirlo, si era amplificato ancora di più, mentre sul viso dello spadaccino, ancora provato per la febbre in corso, sembravano sparite tutte le ombre che lo avevano accompagnato fino a quel momento.
La rossa si riscosse per ciò che le era passato per la testa: la febbre!
-Meglio che vada a chiamare Chopper.- Non stava scappando, ma quello che doveva essere detto era stato detto ed ora doveva solo pensare a farlo stare meglio, come lui aveva fatto con lei.
Visti dall’esterno poteva sembrare che in realtà non ci fossero stati chiarimenti. Alla fine la ragazza aveva parlato per parecchio mentre il ragazzo con la testa verde non aveva detto nulla. Non ci sarebbe stata interpretazione più sbagliata di quella e Nami lo sapeva. Sapeva quanto valesse quel bacio, quante parole vi erano racchiuse all’interno e  non poteva essere più felice di così.
Prima di sparire dalla sua vista si era girata ancora una volta a guardarlo per dire due semplici parole – Ti aspetterò. –
 
Si lasciò andare completamente all’albero maestro con un sospiro di dolore. Aveva usato tutte le due forze per essere il più presente possibile mentre lei era con lui, ed ora era esausto. Non sapeva se fosse la febbre o ciò che era appena successo, ma si sentiva anche incredibilmente leggero.
Non capiva ancora a pieno cosa lo aveva spinto verso quelle labbra, ma non se ne sarebbe mai pentito. Come non si era pentito nemmeno la prima volta che lo aveva fatto.
Un sorrisetto sghembo fece alzare gli angoli della bocca sottile, cavolo era bello esattamente come ricordava, se non ancora meglio. Certo la possibilità di ricevere un ceffone non era del tutto scartata, ma fortunatamente questa volta non era successo.
Le parole della rossa gli rimbombavano ancora nelle orecchie. Quella ragazzina era una forza della natura e più passava il tempo più capiva perché si fosse innamorato di lei.
Ma soprattutto, era sempre più convinto dell’acquisto fatto su quella strana isola anni prima. Un atro sorriso si affacciò sul suo viso e un ricordo più che limpido lo colse prima di lasciarsi andare alla stanchezza per la febbre…..
 
 
….L’uomo sorrise cordiale e continuò a parlare ignorando il suo tono secco  -Allora non conosci la nostra storia?Bhe sei fortunato ragazzo. Io mi chiamo Taki e sono un fabbro dell’isola, sei mai stato innamorato?…
 

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