Febelius

di SalmaDirectioner99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Chocolate dei The 1975 suonava nelle mie cufiette, accompagnandomi in quella che era la mia corsa mattutina. Le scarpe nere erano sporche, data l'attenzione che ponevo nel beccare giuste le pozzanghere. Faceva fresco, forse troppo. Naturale, erano le sei di mattina, ma non potevo farci niente: ogni scusa era buona per osservare Milano sotto le chiare luci del mattino. 
Mi raccolsi i capelli rossi in una coda e feci un bel respiro. Ancora  5 minuti e potevo tornare a rilassarmi a casa. Non dimenticai però la mia tappa caffè, fondamentale per un buon giorno.
"Il solito, eh Eva?"
Mi chiese Paolo, il proprietario del caffè in cui andavo quasi tutte le mattine. Gli sorrisi.
"Ma certo, che domande! Cos'è la vita senza un caffè speziato?"
"Onestamente, non  so come fai a berlo. Esclusa te, non ce lo chiede mai nessuno" fece una smorfia divertita.
Gli diedi un pugno sul braccio, pur sapendo che i miei gusti erano ampiamente discutibili.
Mi sbrigai a bere il mio caffè, poi camminai fino a casa. Mi precipitai sotto la doccia, felice di essere in orario, per una volta! Eh si, lo sarei stata se non mi fossi fermata mezz'ora davanti all'armadio. Mia madre bussò alla porta e entrò.
"Ti sbrighi?" chiese sistemandosi la giacca "Sai, ho un lavoro che mi aspetta"
"Cosa mi metto? Non ho niente di carino.." bofonchiai.
Rise, si sporse verso l'armadio e ne cacciò fuori un paio di jeans neri con lo strappo su un ginocchio e una normalissima T-Shirt bianca. 
Una volta in macchina accesi la radio, ma lei la spense subito dopo.
"Allora? Raccontami" disse.
La guardai perplessa. "Raccontarti cosa?"
"Raccontami come va, che programmi hai questa settimana.. insomma, sono tua madre ma non vuol dire che non possiamo essere anche amiche!"
Eccola, stava per iniziare: lei vuole essere una brava madre per me, vuole che le parli, lei mi capisce bla bla, insomma, lei tutto! 
Non mi lamento devo dire, è molto comprensiva e buona, ma per il bene di sua figlia poteva anche tenersi il marito invece di buttarlo via come uno scarto. Poteva pensarci due volte prima di tradire papà. So che non posso pretendere la perfezione, anzi, è una cosa che succede più spesso di quanto si pensi ma almeno poteva nasconderlo meglio.
"Non so cosa raccontarti mamma, non ho programmi apparte le verifiche e interrogazioni, ma sono sicura che non siano un argomento valido. Con Adam tutto bene, diciamo."
"Come diciamo?" chiese.
Ci avrei scommesso. 
"Ma niente ma', tutto bene."
Che fatica! Per fortuna eravamo arrivate davanti al liceo. Le diedi un bacio veloce e scesi dalla macchina.
Quel triste edificio grigio attendeva di essere animato da noi bestie adolescenti, tutti scorrazzavano qua e là senza sosta. Chi fuma e chi suona la chitarra. Appena entrai notai Emma e la raggiunsi.
"Ma buongiorno!" disse appena mi vide. Le feci l'occhiolino.
"Hai fatto matematica?" sbuffai. Scosse la testa.
"uff, quella ci ammazza!"
Matematica, spagnolo, arte.. e finalmente la pausa. Non si può dire che detestavo la scuola, no, ma nemmeno l'amavo. Era una fatica. 
Emma mi chiese di accompagnarla alle macchinette, più un ordine che una domanda. 
Non voleva prendersi niente ovviamente, ma se avesse potuto si sarebbe presa quel bellissimo ragazzo del quinto anno. Inutile dire che non se la filava proprio, ma neanche un po'.
Era succeso qualche mese fa che le si era incastrata la merenda nella macchinetta e lui, da bravo ragazzo, trovò il modo di tirargliela fuori. Buffo come lei lo guardava e come lui non disse una parola. E davvero, neanche una. Così lo soprannominai l'uomo merendina.
"Forse se gli parli si ricorda che esisti" le dissi.
"La fai facile solo perché tu il ragazzo ce l'hai" mi guardò un po' arrabbiata.
"Ce l'ho perchò ho avuto il coraggio di parlarci" le feci la linguaccia. 
Anche Adam era del quinto anno, ma non era in classe con l'uomo merendina. Adam faceva l'artistico. Non stavamo insieme da tanto, cinque mesi, forse. E' stata una fatica da parte mia, lui non aveva intenzioni nei miei confronti. Io già da subito, lui già da mai. E tutt'ora sembra così. 
Dopo le lezioni mi avviai verso il parco, sapevo di trovarlo lì, sullo skate. Difatti era lì seduto sulla scalinata, lo skate sotto i piedi che si muovevano di continuo, una canna in mano. Mi misi di fianco a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla. 
"Ehi" sussurai con le labbra schiacciate sul suo collo.
"Ehi" rispose.
Le sue dita lunghe giocavano con quella sigaretta senza alcun timore.
"Com'è andata oggi?"
"Bene, perché me lo chiedi?" chiese un po' scontroso.
Alzai la testa e lo guardai in faccia, era una di quelle giornate.
" Dovresti smetterla di fumare questa roba, ti rende più insopportabile di quanto già sei. Volevo solo sapere, mi interessa."
Fece una risatina, non bella però.
"E va bene, ne parliamo questa sera. Passa da me, se puoi, mamma non c'è"
Gli lascai un bacio sulla guancia e mi diressi verso la fermata del mio autobus cercando di trattenere le lacrime. Non era una novità la sua indifferenza, erano parecchie le giornate così, ma non potevo pretendere che cambiasse. Io volevo stare con lui e così avevo scelto di sopportare quel carattere chiuso e cocciuto. 
Tutte mi invidiavano, stavo con uno del quinto e non uno qualunque: Adam. Vorrei sapessero che non è come lo vedono loro. Che se potessi scegliere di non provare nulla per lui, lo farei senza dubbio.
Il pomeriggio lo dedicai ai compiti e alle serie tv. Non vedevo l'ora che bussasse alla mia finestra per potergli dare il bacio che quella mattina non gli avevo dato. Ed eccolo, incappucciato e con il naso rosso. I capelli ricci che gli scendevano da sotto il berretto, le labbra screpolate. Apriì la finestra e lui entrò senza esitazioni, era una routine a cui ci eravamo abituati. Una volta dentro si tolse le scarpe e si butto sul mio letto. Mi misi affianco a lui, con la testa sul suo petto. Il suo cuore aveva un battito strano, lo pensavo ogni volta. 
" A volte ho l'impressione che non vuoi stare con me, sai.." bisbigliai, consapevole della discussione alla quale avevo appena dato il via.
Volevo sentirmi dire che ci tieneva, che gli piaceva stare in mia compagnia, ma non fu così. Non è mai così. Si mise seduto, le gambe incrociate e il tatuaggio sulla caviglia bene in vista. A vederlo così mi venne in mente la prima volta che l'ho baciato. Era la festa di capodanno, eravamo brilli e seduti sul pavimento del soggiorno di Amelia, una bottiglia che girava aveva appena indicato che avrei dovuto baciarlo.
In quel momento però, non c'era aria dei sentimenti di quella notte. Era freddo, non fece altro che dirmi quante ragazze gli andavano dietro, mi ricordò che poteva sostituirmi da un momento all'altro. Il che era vero, ma non capivo cosa aspettasse a farlo.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo. ***


Era finalmente sabato.
Mi diressi a scuola, questa volta feci in tempo a prendere l'autobus. Non dimenticai di passare da Paolo per il mio caffè speziato, che era già pronto ad aspettarmi. Emma mi aspettava davanti al cancello principale del liceo.
"Puntuale, che bello. Nevica?" ironizzò.
Risposi con una smorfia ed un sorriso. In quell'istante Adam mi passò affianco, sorrisi. La felicità sul mio voltò sparì quando mi accorsi che ormai mi aveva superata senza neanche un saluto. Come fossi una qualunque, neanche la sua ragazza.
"Uau, ti sei trovata un bel tipo devo dire." commentò Emma facendo una faccia buffa, tra la preoccupazione e la rabbia.
Quando si arrabbiava il suo naso si arricciava sempre un po', rendendo le lentiggini ancora più evidenti. Portava un berretto grigio che le copriva i lunghi capelli biondi, aveva una sciarpa attorno al collo che quasi la faceva scomparire. I nostri respiri erano visibili nell'aria, ma quando lui mi passò accanto non si vide più il mio di respiro. Non sapevo cosa dire, ne cosa fare. Poi, accecata dalla rabbia lo raggiunsi dentro l'istituto. Stava poggiando lo zaino marrone sul banco quando mi piazzai proprio davanti a lui. Sobbalzò.
"Mi hai fatto prendere un colpo" sospirò.
"Non sa quanti te ne darei di colpi!"
Non disse nulla.
"Con che coraggio mi passi accanto senza dire una parola?" gli chiesi, temevo la risposta. 
"Smettila di fare la bambina, non è la fine del mondo" la sua voce era piatta.
Era sempre così, ogni dannata volta. Riusciva a trovare il modo di ferirmi e farmi sentire inappropriata. Stavo per rispondergli quando la porta della classe si aprì dietro le mie spalle. Un ragazzo castano con la testa bassa e le cuffiette entrò senza fare tanto caso a noi. Quando finalmente si accorse della mia presenza fece una faccia stupita, non ne capì il perché. 
"Cosa hai fatto Adam?" ridacchiò, pur avendo un tono serio, quasi preoccupato. 
Non lo conoscevo molto, ma sapevo abbastanza di lui. Faceva parte della compagnia di Adam, per questo non mi piaceva tanto. I suoi amici non erano gran chè raccomandabili. 
"Dalla faccia di Eva sembra che tu le abbia appena chiesto di abortire" continuò.
Pessimo umorismo, direi. Davvero pessimo. Non risi, giustamente, ma non potei fare a meno di notare che sapeva il mio nome e sentirglielo dire lì, per la prima volta, era strano. Afferrai lo zaino che avevo mollato a terra e senza esitazione lasciai la classe sbattendomi dietro la porta.
Buongiorno a me, insomma.



Sospirai mentre dallo zaino tiravo fuori astuccio, diario e quaderno di Spagnolo. Mi alzai e posai il testo per casa sulla cattedra. Non sia mai che a quella venga in mente di mettermi un meno per i compiti non fatti. Ammetto però che le sue lezioni non erano spiacevoli e, udite udite, ero propensa a studiare spagnolo all'università. Non lo avevo ancora detto a mamma, per lei sarebbe stata una novità. Io e lo spagnolo non andavamo tanto d'accordo l'anno prima. Quella fu l'unica lezione che passò senza ricordarmi quanto schifo faceva quella giornata. Matematica, chimica, tedesco. Una palla, seriamente. 
Finalmente l'intervallo, Emma mi trascino come al solito alle macchinette. Questa volta per sua fortuna la merenda le rimase incastrata dentro e ovviamente il suo uomo merendina era lì. Scosse la macchinetta con forza facendo cadere giù la merenda di Emma, ma anche questa volta se ne andò senza dire niente, non rispose neanche al 'grazie'. Probabilmente perchè la voce della mia amica era così bassa che non l'aveva sentita.
"Penso ancora che dovresti parlargli, hai sprecato un'altra occasione!" la rimproverai.
Lei sbuffò, sconsolata. Trascinò i piedi in direzione della classe e io la seguì ridacchiando. Era proprio sciocca, con lei non ci si annoiava mai. Guardavo fuori dalla finestra, alcune classi stavano uscendo. Tra di loro riconobbi quello che si diceva era il mio ragazzo. Immancabile la sigaretta in mano e un ghigno in volto. Parlava con il ragazzo di questa mattina, che però non sembrava divertirsi. Gesticolava con le mani, che brutta abitudine. L'espressione sul volto di Adam cambiò, era arrabbiato, forse infastidito. L'altro ragazzo iniziò a spintonarlo, all'inizio piano, poi un po' più forte. 
Emma si era fermata, ma io non ci feci caso, quindi andai a sbatterle contro.
"Che guardi?" chiese guardando fuori dalla finestra. 
Indicai Adam e la sua classe, dove sembrava essere scoppiata un piccola lite. Sembrava che quel ragazzo lo stesso rimproverando, ma lui non fece nulla, fino a quando cercò di tirargli un pugno. L'altro lo schivò velocemente e senza dire o fare altre, se ne andò.
Che diavolo era appena successo? Corsi giù per le scale principali, facendo lo slalom tra tutte quelle persone che stavano salendo. Quando arrivai alla porta il vicepreside mi fermò.
"Non puoi uscire" mi disse. 
"Solo un secondo.." implorai.
Mi conosceva bene, era 'amico' di mia madre. 
"Mi dispiace, Eva. Adesso suona, torna in classe"
Imprecai tra me e me. Che diamine! 
Aspettai ansiosamente che finissero le lezioni, il mio ginocchio faceva su e giù, su e giù. 
Preparai lo zaino e mi misi ad aspettare che suonasse, per poi fiondarmi fuori dalla mia classe e poi dalla scuola. Adam era lì, poggiato alla sua macchina. Aspettava me. Feci un respiro profondo e lo raggiunsi.
"Cos'è successo?" gli chiesi. 
Sgranò gli occhi.
"Dimmelo tu, non so di che parli"
"Quel ragazzo, stavate litigando!" cercai di tenere un tono basso, ma mi costava fatica.
Lui sorrise.
"Certo che non ti sfugge proprio niente" scherzò.
Mi guardo in volto e capì che ero seria, non era il momento di scherzare.
"Okay, okay.. mi stava facendo la ramanzina su come tratto la mia ragazza, non è assurdo?" iniziò.
Questa non me la aspettavo. Lui lo capì dalla mia espressione confusa.
"Eh? Cosa.." balbettai. 
"Assurdo vero?" mi afferrò i polsi e mi avvicinò a lui "io la mia ragazza la tratto bene" mi diede un bacio sul collo, soffermandosi un po' troppo. Cercai di allontanarmi, ma mi teneva stretta. Certi giorni non riuscivo proprio a tollerarlo. Era uno di quelli. 
"Ti accompagno a casa?" mi chiese poi. Colsi in lui la dolcezza che raramente c'era tra noi.
Il suo umore cambiava con la stessa frequenza con cui Coco Chanel cambiava scarpe.
"Non ti capisco proprio" sbottai. 
Mi diede un passaggio, una volta davanti casa mi lasciò un bacio sulle labbra. La prima cosa che feci appena entrata a casa è stata togliermi tutto di dosso. Faceva freddo, ma mi sentivo pesante e stanca. Mi buttai sul divano in attesa che mamma tornasse a casa con il pranzo. 
Controllai i social network, su Facebook mi era arrivato un invito dal uomo merendina per una festa di Halloween a casa sua. Il che era abbastanza strano, non ci avevo mai parlato. Non feci in tempo a pensarci che mi arrivò una telefonata da Emma, strillava contenta, non poteva contenersi. Ovviamente non si poteva discutere, ci dovevamo andare. Aveva già deciso.

****
Ciao a tutti, spero che la questa storia vi intrighi un pochino. Deve essere così, altrimenti non sareste arrivati a fine capitolo, no?
Se vi è piaciuto lasciate una stellina e se avete consigli o qualcosa da dirmi commentate.
Ci vediamo alla festa di Halloween!

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


Vestito nero o vestito blu?
Non c'era grande differenza, eppure ero indecisa. Emma era seduta sul mio letto, era arrivata un'ora prima su due tacchi vertiginosi. Si era fatta proprio bella per il suo uomo merendina. 
Io invece ero un disastro, la sentivo sbuffare di continuo ansiosa di andare a casa della sua cotta.
"Mi stai obbligando ad andare a quella festa, dammi almeno il tempo di vestirmi!" le dissi.
"Obbligando? C'è Adam, dove c'è lui ci sei tu, no?"
Non avevo gran voglia di vederlo, proprio nessuna.
Infilai il vestito nero e un paio di scarpe prese a caso.

La casa non era come me l'aspettavo, era molto più piccola. Subito entrate dovemmo spintonare la gente per riuscire a passare. Nessuna traccia di Adam, feci un respiro sollevata. 
La musica era alta, forse troppo. I capelli biondi di Emma si muovevano velocemente, si era già messa a ballare. Infondo alla sala c'era il ragazzo per cui eravamo veramente lì, era dietro la console. Era lui stesso ad animare la sua festa. 
"Emma!" urlai per sovrastare il suono.
Non fece caso a me quindi le tirai scherzosamente una ciocca di capelli.
"Ahh! Ma sei matta?" smise di ballare.
Feci un sorriso soddisfatto e indicai il dj. Quando lo vide il suo sguardo si illuminò, si girò a guardarmi in cerca di un consiglio, ma già lo sapeva cosa volevo dirle.
Fece un no con la testa, io feci si con la mia. Andammo avanti per un pò, sembravamo delle deficienti. Sapevo che non ci sarebbe mai riuscita, quindi la tirai per un braccio e andai verso di lui. Lei non fece resistenza, era proprio la scusa di cui aveva bisogno per lasciarsi andare. Spintonai la gente che sembrava non spostarsi, una volta arrivata di fianco a lui mi chiesi cosa fare. Quel coraggio non era da me.
"Che bella musica!" azzardai. 
Si, bella musica, così fantastica ed alta che non riusciva neanche a sentirmi. Mi avvicinai di più, Emma mi tirò un po' indietro. 
Lui si abbasso un lato della cuffie, mentre continuava a muovere le mani. Si era accorto di noi. Ci guardò torvo, ma poi fece un mezzo sorriso.
"Vi serve qualcosa?" urlò.
La sua voce era bella, non me la immaginavo così. Mi resi conto che Emma aveva quasi smesso di respirare, quindi le diedi una gomitata. 
"Ehm si.." mi interruppi "dove possiamo trovare da bere?" gli chiesi.
Geniale, non bevevo nemmeno.
"Da quella parte c'è la cucina, potete trovare da bere e anche da mangiare. Mi raccomando, non ubriacatevi. Non voglio vomito sul tappeto." fece l'occhiolino. 
Mollai la presa sulla mia amica, sapevo che dopo quello era k.o e non avrebbe più fiatato per il resto della serata. 
In cucina c'era poca gente, ma un sacco di bottiglie vuote. Si erano già scolati tutto, non che mi dispiacesse, ma la festa era iniziata da mezz'ora. 
Mi assicurai che Emma non fosse svenuta. Era dietro di me, appoggiata al ripiano della cucina, aveva il viso rosso.
"Cielo! Ti piace così tanto?" ridacchiai.
Non la avevo mai vista così presa da un ragazzo, da quattro anni che la conoscevo. 
"Ma hai visto? E' così bellooo.." mi afferrò il braccio come per supplicarmi "come si può ridursi così per un ragazzo.." c'era un tono triste nella sua voce. Le piaceva proprio tanto.
Sentimmo una risata e ci voltammo, era il ragazzo con cui Adam aveva litigato. Quando si accorse che ci eravamo zittite si scusò.
"Non volevo disturbarvi, è solo che siete tenere." disse.
Mi parse una cosa strana, me ne stavo per andare quando ricominciò a parlare.
"Non bevete niente?"
"Ti sembra che sia rimasto qualcosa?" ribatté Emma, un pò infastidita dal suo tono.
Io lo osservai, era un bel ragazzo. I capelli castano scuro e gli occhi verdognoli, aveva le spalle larghe e un viso delicato, ma al tempo stesso forte. Già, era proprio bello. La sua voce mi ricordò di distogliere lo sguardo.
"Alessio ha una scorta per gli amici, se volete potete usufruirne." disse, questa volta con tono più gentile. 
"Alessio chi, scusa?" domandai un pò confusa.
"Il ragazzo per cui la tua amica ha una cotta, quello così bello per il quale si è ridotta così.." indicò Emma che pareva volesse sotterrarsi.
"E' evidente che ti piace." si rivolse a lei, poi a me "allora bevete o no?"
"Si." mi precedette lei.
Non bevevo tanto di solito, ma quella sera non mi trattenni. Dopo qualche shottino il ragazzo di ballare e io, senza pensare alle conseguenze, accettai. 
Era diverso da come me lo aspettavo, era sfacciato, si. Eppure sembrava trattarmi con più rispetto in confronto ad Adam. Mi pentì subito di averlo pensato, sapevo che era sbagliato. Rimasi comunque sorpresa, non era qualcosa a cui ero abituata, specialmente dai ragazzi. 
In pista non pensai a nulla, solo a ballare. A differenza di tanti altri ragazzi, lui stava a debita distanza. Mi sorrideva, gli sorridevo. Poi tornavamo a dimenarci con mosse stupide, giusto per ridere un po'. Emma aveva ballato con noi fino al momento in cui una nostra compagna di classe la trascinò via. Eravamo soli ora, non soli soli, data la presenza di almeno un centinaio di persone, ma era come se lo fossimo. Mi rivolse un altro tenero sorriso ed io ricambiai. Si avvicinò di qualche centimetro, poi un'altro ancora. Smisi di ballare, non sapevo cosa mi stesse succedendo. Si avvicinò ancora, ed ancora. 
Forse mi bacia, pensai. Per qualche strano motivo non mi mossi, non riuscivo a pensare ad Adam. Si avvicinò ancora un po', poggiò la guancia sulla mia, sentivo caldo. 
Tutto ciò che fece fu sussurrarmi all'orecchio il suo nome: Luca. Nient'altro, feci un sospiro di delusione e sollievo allo stesso tempo. Mi sembrò inutile dirgli il mio nome, già lo sapeva. Si ritrasse e mi guardò negli occhi, che sensazione strana provavo in quel momento. So che però provai paura e confusione nel momento in cui un pugno gli colpì lo zigomo, mancando di poco l'occhio.

 

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Allora, vi piace o fa proprio schifo?
Spero più per la prima ipotesi, in tal caso lasciate un commentino e una stellina.
Al prossimo capitolo (:

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