Il dolore è vita, Charles

di iwo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La pace ***
Capitolo 2: *** Pallottola ***
Capitolo 3: *** Scacchiera ***



Capitolo 1
*** La pace ***


Quegli occhi blu mi fissavano così intensamente che avrei potuto leggergli dentro, se solo avessi i miei poteri ancora.
< Hai sacrificato i tuoi poteri per cosa? > il suo sguardo era ancora su di me. < Camminare? > il tono era duro, non capiva il mio comportamento ed era arrabbiato.
< Non puoi capire > virai lo sguardo da lui al finestrino. Non ci tenevo a sentire quello che diceva.
< Allora spiegamelo > rispose crudo, con i lineamenti resi ancora più duri per via della sua rabbia.
< Ho sacrificato i miei poteri > era la prima volta che dicevo a qualcuno una cosa del genere, a parte Hank. C’era Logan con noi ed anche se non lo conoscevo bene, potevo fidarmi di lui. Presi un altro sorso di liquore per farmi coraggio. < Ho sacrificato i miei poteri per poter dormire > il suo sguardo interdetto mi fece capire che non aveva compreso la mia motivazione.
< Hai sprecato i tuoi poteri > sussurrò e di rimando Logan tossì, per ricordargli chi altro c’era lì. Lo guardai e ringraziai con un cenno della testa.
< Volevo la pace > guardai la scacchiera che mi aveva messo davanti Erik, la fissavo con tanta intensità che mi sembrava di poterla muovere del tutto.
< Non c’è mai stata pace, Charles > continuò a rispondermi.
Il mio cuore si fermò nel momento esatto in cui lui pronunciò il mio nome. Era da tanto che non reagivo così, serrai i muscoli sulla sedia e abbassai il mio sguardo. Sentivo lo sguardo di Logan su di me. Mi stava fissando per capire se uccidere o meno Erik. Cercai di calmarmi il più possibile. Erik era lì davanti a me, erano passati dieci anni da quando lo avevo visto l’ultima volta e solo quando lo sentii ridire il mio nome, mi resi conto che non era passato neanche un giorno da quando quell'uomo aveva conquistato il mio cuore.
< Charles > la sua voce mi portò con i piedi a terra.
< Mh? > gli risposi d’istinto rilassando tutti i muscoli.
< Non c’è mai st- > ma io lo interruppi prima che potesse ripetere la frase.
< Nella mia testa, Erik > il mio cuore iniziò a battere così forte che credevo mi scoppiasse. < C’era pace. > distolsi gli occhi, portandoli su Logan che mi guardava confuso.
< Ora? > Erik di nuovo mi domandò un qualcosa che catturò la mia attenzione, fu la prima volta che lo guardai negli occhi. La prima volta dopo dieci anni di silenzio totale. Il cuore si bloccò ed io credetti di morire.
< Ora > cercai di darmi un contegno, sentivo che la voce però tremava < Sei libero di fare ciò che vuoi > lo stavo lasciando andare, o almeno cercavo di farlo. Dato che non potevo fare nient’altro che ristabilirmi e pensare a quello che poteva essere un futuro. Per me.
< Charles > e se mi chiamava così, non riuscivo a resistergli. Lo guardai, i nostri occhi si legarono e per la prima volta da quando non avevo i poteri, stavo ripesando al fatto di prendere o meno la mia dose.
< Erik > sussurrai lasciando che i miei sentimenti si liberassero nel mio corpo. Uno spasmo alle gambe mi fece tremare per qualche secondo prima di riportare la tranquillità dentro di me.
< Cosa succede? > domandò preoccupato Erik che si avvicinò a me lasciando il suo viso a pochi centimetri dalla mia faccia. Socchiusi gli occhi e cercai di girarmi di nuovo verso il finestrino.
< Va tutto bene, l’effetto della dose sta svanendo > cercai di distendermi sulla sedia mentre scariche più o meno forti si stava liberando nel mio corpo costringendomi a serrare i muscoli ed imprecare più volte.
< Charles! > esclamò così forte Erik che distrasse Hank dalla guida dell’aereo.
< Magneto cosa sta succedendo? > cercò di informarsi Hank prima che Wolverine mi si avvicinasse e scansasse Erik da vicino a me. Gli fui grato quanto lo odiai per aver fatto una cosa del genere.
< Ha degli spasmi > cercò di parlare anche se il tono di voce era troppo basso, dato che riuscivamo a sentirlo solo io e Logan.
< Sta soffrendo > urlò Logan avvicinandosi a Hank per cercare di parlargli e chiedergli informazioni.
Iniziai a sentire le voci dentro la mia testa, la colonna vertebrale iniziò a farmi più male man mano che il tempo passava. Socchiusi gli occhi e serrai le mani sula sedia cercando di sfogare così il mio dolore. Cercai di aprire gli occhi e vidi la cosa più bella mai esistita sulla faccia della terra. Erik. I suoi occhi blu mi fissavano preoccupati, lui si era avvicinato tanto basta per baciarlo. Ma il dolore mi trasportò così lontano –mentalmente- da lui che non riuscivo a pensare a quanto fosse veramente bello quel momento.
< La medicina è alla scuola, ci vorranno ancora cinque minuti > cercò di avvertire tutti Hank.
< Bestia porta la carretta al massimo allora! > gli ringhiò contro Logan cercando di tornare al proprio posto, accanto a me. Fu ostacolato da Erik che mi prese per mano e la strinse.
< Stringi > mormorò, io cercai di guardarlo. Non volevo. < Sfoga il tuo dolore Charles > mi incitò e se per un momento ho cercato di placare quello che sentivo dentro di me, l’altro ho stretto la mia mano nella sua così forte da sentire le sue ossa scricchiolare.
< Così bravo > mi continuava ad incitare sperando che tutto questo bastasse per farsi perdonare. < Mi dispiace così tanto Charles > mormorò nella sua testa, e fu proprio il quel momento che spalancai gli occhi e gli feci capire che avevo sentito tutto. Nei suoi occhi vidi il senso di colpa e sentii la rabbia che provava per se stesso.
< Ti odi così profondamente > gli comunicai telepaticamente.
< Per quello che ti ho fatto. Non mi perdonerò mai. > mi rispose abbassando gli occhi.
Sentivo il suo dolore come se fosse il mio. Cercavo di respingere tutto quello che provavo, ma tutto ciò mi provocava il doppio del dolore normale. Decisi di abbandonarmi ad esso, lasciai la mano di Erik che mi guardò confuso e cercai di rilassare i miei muscoli. Presi un respiro profondo ed urlai mentalmente con tutta la mia forza. Urlai così tanto che tutti quanti dovettero mettersi le mani sulle orecchie. Hank perse il controllo dell’aereo per causa mia, iniziammo a precipitare. Aprii gli occhi di scatto e mi resi conto che quello sfogo, se continuava, poteva mietere vittime innocenti. Placai la mia mente e socchiusi gli occhi. Hank riprese il controllo dell’aereo, lasciando i pensieri liberi. C’era di tutto. Da un ‘vaffanculo’ al suo controllo, dai ricordi con me alla tristezza che ha vissuto vedendomi in quello stato pietoso. Logan imprecò allontanandosi per prendere da bere.
< Perdonami Logan, dovevo farlo > gli sussurrai mentalmente, cercando di ristabilire la mia tranquillità. Sentii di nuovo la mano di Erik che strinse la mia. Non risposi stavolta. Prendendomi del tempo per cercare di plasmare il mio potere di nuovo sotto il mio controllo. Eppure era troppo tempo che mi ero messo k.o. e dovevo darmi tempo per riprendere le forze.
< Charles? > un sussurro, una voce spezzata che conoscevo fin troppo bene. Erik mi stava chiamando.
< Erik > gli risposi ancora una volta mentalmente, deciso a non aprire gli occhi.
< Cosa è successo Charles > pensò a sua volta. Ero certo che mi stesse fissando.
< I miei poteri > iniziai a rispondere < Si sono di nuovo liberati >
< Ti ho sentito urlare > la voce risultò del tutto spezzata, il dolore si espandeva dentro di sé.
< Già > risposi di nuovo mentalmente. Aprii piano piano gli occhi trovandomi due fari azzurri che i fissavano preoccupati a pochissimi centimetri di distanza. L’imbarazzo prese il possesso delle nostre menti, lasciando che il silenzio si propagasse nell'aereo.
< Stiamo per atterrare > la voce di Hank spezzò il silenzio ed Erik cercò di mettersi a sedere.
Spostai gli occhi più volte prima di andare a vedere che tutti gli oggetti di metallo erano stati ammassati lontano da me. Corrugai la fronte e mi accorsi che sul volto di Erik c’era un sorrisetto colpevole. Era stato lui. Non dissi niente.
Mi guardai le gambe, massaggiandole come se le sentissi di nuovo. Ma la realtà era un’altra. Ero di nuovo paralizzato e questo dispiacere si dipinse di nuovo sul mio volto, visibile a tutti.
Il dolore di Erik mi arrivò dritto al cuore, mi tolse il fiato.
< Va bene così > gli sussurrai nella mente prima di andare a guardare fuori dal finestrino e vedere la mia villa.
< La colpa è solo mia > rispose andando ad alzarsi e dirigersi verso la porta.
< Tutti abbiamo commesso un errore nella nostra vita. > socchiusi gli occhi lasciandolo scendere dall'aereo.
< Hank > richiamai il mio caro vecchio amico. < Puoi farmi un favore? >
Hank si avvicinò guardandomi, gli lessi nel pensiero. Trovai una speranza ed un sorriso. Aveva capito perfettamente cosa gli stavo chiedendo e non vedeva l’ora di assecondarmi. < Vado subito, Professore. > marcò soprattutto il mio soprannome, ed io non seppi come reagire. Annui e basta.
Logan si avvicinò, bevendo l’ultimo sorso di liquore e cercando di guardare fuori dall’aereo mentre sotto i suoi occhi Hank si dirigeva verso la villa. Istintivamente i miei poteri si estesero nella sua mente.
< Non lo odiare, Logan > mormorai, distogliendo lo sguardo e cercando di sistemarmi meglio sulla sedia.
< Perché? > il suo istinto lo comodava e per questo la dolcezza non era il suo forte. < Ti ha ridotto così >
< Tutti abbiamo sbagliato almeno una volta nella vita. Ma non per questo io condanno te >
Rimase silenzioso alle mie parole. Leggevo perfettamente i suoi pensieri ed ero del tutto d’accordo con lui. Anche se meritava una seconda chance, questo non voleva dire che dovevo fidarmi totalmente di lui.
< Non ucciderlo > continuai, trovandomi Logan che sorrideva. < Voglio capire se ha cambiato idea >
< E se è cambiato? > la domanda che mi fece mi bloccò, a questo non avevo pensato.
< Lo uccideremo. > il mio cuore si fermò per qualche secondo. Non potevo credere alle mie parole. Eppure ero sicuro di quello che pensavo. Se non c’era nient’altro che rabbia e tenebra dentro l’uomo che amavo, non c’era altra opzione che sopprimere la minaccia che gravava su tutti noi.


Il silenzio aveva preso il controllo dell’aereo, né io né Logan volevamo parlare anche se gli leggevo perfettamente dentro come se fosse un libro aperto. Capivo la sua rabbia verso di lui. Il suo volermi proteggere da qualcosa che neanche io ero in grado di respingere. Non mi capiva ed io neanche ero in grado di farlo, non capivo perché lo lasciassi vivere dopo questi dieci anni di inferno che mi ha fatto passare. Eppure…
I miei pensieri furono interrotti dalla mente di Hank che sprizzava felicità da tutti i pori. Lo sentivo e di rimando sorrisi contagiato da quella felicità. Logan mi guardò, ma non mi chiese nulla.
< Hank > misi un soggetto al mio sorriso. < È felice >
< Mh? > domandò silenziosamente.
< Gli ho chiesto la carrozzina e non la medicina > risposi prima di distogliere lo sguardo.
Sentii Hank salire sull’aereo e subito dopo, il rumore della carrozzina venir depositata a terra. Non chiesi anzi, mi presi il diritto di sapere. Era stato Erik ad aiutarlo. Anche se Hank non era per niente felice. Sospirai abbassando i braccioli del sedile su cui ero. Mi guardai le gambe e nel momento in cui Hank mise la carrozzina accanto a me serrai la mascella. Sapevo che la colonna vertebrale poteva farmi ancora male quindi mi stavo preparando al dolore. Mi mossi lentamente. Una gamba dopo l’altra e poi uno allungamento con il resto del corpo. Ed è proprio quel movimento che mi paralizzò perché il dolore che mi scavò nel corpo era molto più intenso di quanto avessi mai immaginato. Rimasi fermo a mezz’aria, ed è solo grazie a Logan che riuscii a non cadere a terra o farmi del male.
< Professore? > la voce di Logan mi chiamò un paio di volte.
< Charles? > Hank anche cercò la mia attenzione, probabilmente l’espressione del mio viso era terribile.
< Sto bene, non era niente > mentii perché mi sembrava giusto farlo. Cercai di mettermi comodo sulla sedia che per tanti anni ho odiato. Mi sentivo strano, non sapevo cosa fare.
< Vogliamo scendere? > mi chiese Logan prima di guardare Hank.
< C’è solo un problema, dovrà aiutarti Erik > corrugai la fronte e guardai Hank. Non capivo quello che voleva dire. < Devo riparare la scala dell’aereo > disse mortificato.
Abbassai gli occhi e fui tentato di obbligarlo a prendere la medicina pur di non chiedere ad Erik una cosa del genere. Guardai Logan e Hank e per un momento vidi nella loro mente la preoccupazione. Mi soffermai su Logan.
< Se lo vedi che agisce in maniera sconsiderata, uccidilo > sussurrai con tono freddo.
< Si Professore> annui un paio di volte, scendendo le scale e piazzandosi accanto ad Erik. Sentivo la sua rabbia e sapevo che poteva finire in un bagno di sangue.
< È necessario > mi disse Hank. Probabilmente si era accorto del mio essere molto in pensiero e silenzioso. Lui mi capiva perfettamente. Alzai lo sguardo e cercai di rincuorarlo. Ma il suo appoggio serviva più a me che a lui.
< Bene > mormorai prima di spingere la carrozzina verso l’uscita. < Proteggimi le spalle > arrivai alle scale, tolsi le mani dalle ruote e guardai Erik. I nostri sguardi si incrociarono. Sentivo la sua preoccupazione addosso e per quanto mi sforzassi di non guardarlo, il mio cuore mi portava sempre su di lui.
< Sono pronto > gli sussurrai nella mente.
Lo vidi annuire prima di alzare entrambe le mani, Logan si irrigidì mentre lui guardavo fisso Erik. Mi sentii sollevare, non guardai mai giù perché ero certo che qualunque cosa avessi visto da quell’altezza non mi sarebbe mai e poi mai piaciuta. Il senso di inadeguatezza si placò quando toccai il cemento. Scrollai le spalle e mi girai a guardare gli occhi che mi guardavano e lentamente mi raggiungevano. Passai una mano fra i capelli lunghi per metterli a posto. Erano sporchi e sapevo che prima o poi dovevo darmi un contegno e riprendere il controllo di me stesso.
Iniziai ad incamminarmi verso la mia villa, mentre sentivo Logan avanzare fino a quando non lo vidi accanto a me.
< È andata bene no? > gli sussurrai nella mente, lo vidi incenerirmi con lo sguardo, non gli era piaciuto vedermi così.
< Può sembrare che io sia fragile > presi a dirgli mentre spingevo la carrozzina.
< Devi solo prenderci la mano > sorrise prima di accelerare il passo, lo seguii con lo sguardo e mi accorsi che stava andando verso la villa per aprire la porta principale.
< Tutto bene? > la domanda di Hank mi colse alla sprovvista. Non lo guardai per cercarmi di impegnarmi il più possibile a manovrare quella carrozzina.
< È solo questione di abitudine > ripetei praticamente la frase di Logan. Non riuscii a fare praticamente nient’altro.
< Avanti Professore > mi incoraggiò Hank.
Non ricordai di essere entrato nella mente di Erik fino a quando non sentii i suoi pensieri preoccupati sul mio stato. Stava pensando di aiutarmi e spingere lui per me la carrozzina con l’uso dei suoi poteri. Serrai la mascella e mi fermai. Hank si fermò a sua volta e mi guardò. Stava per chiedermi qualcosa quando lo bloccai.
< Datemi cinque minuti > finsi di volermi prendere del tempo con me stesso. Hank prese a camminare verso la villa. Vidi Logan guardarmi da lontano. Stava controllando che Erik non facesse niente contro di me.
< Erik > lo richiamai e solo quando ebbi la sua attenzione lo guardai, ricercandone lo sguardo. < Non spetta a te aiutarmi > fui freddo e quasi mi dispiacque ma non potevo fare altrimenti. < Devo farlo da solo >
I suoi occhi rimasero ghiacciati contro di me. Nei suoi pensieri il dispiace iniziò a divampare e il senso di colpa si mescolò con la voglia di andarsene. Serrò al mascella e lo lasciai al suo silenzio. Gli diedi le spalle ed un momento prima di riprendere a muovermi, gli dissi:
< Se vuoi rimediare, rimani e dimostra a tutti di non essere lo stesso che mi ha paralizzato > avevo colpito nel segno dato che lui rimane del tutto a bocca asciutta. Mi odiai per quello che avevo detto ma era l’unica carta che potevo giocarmi per farlo rimanere e spingerlo a cambiare veramente. Ripresi a spingere la carrozzina con più fatica di quanto mi fossi immaginato. Sarei passato ad un modello più leggero stuzzicando la felicità di Hank, probabilmente.
Quando arrivai da Logan e Hank, trovai il loro sguardo confuso e le loro menti curiose.
< Gli ho detto che se vuole rimediare, deve dimostrarci che non è più lo stesso > ripresi a camminare entrando in quella villa che mi ha suscitato emozioni contrastanti. < Diverso da quello che mi ha paralizzato >
Vidi Logan portare una mano sulla barba ed Hank guardare Erik, mentre io entravo nella casa. Mi presi un momento per analizzare quello che avevo appena detto. Avevo giocato una carta molto dolorosa e pesante. Ma era necessario, fu questo che mi allentò il senso di colpa che provavo.
Andai verso la cucina e farmi una tazza di thè e solo dopo svariati minuti, mi resi conto di non essere solo. Non usai i miei poteri e mi resi conto ch era Erik solo quando la sua mano mi toccò la spalla. Mi bloccai e cercai di non pensare a niente.
< C’è dell’altro thè? > mi chiese ed io annuii d’istinto.
< Nella tazza verde > gli spiegai, indicando la tazza in questione. Lasciò la mia spalla e mi sentii vuoto per qualche secondo prima di continuare a bere il mio thè. Vidi Erik che prendeva la tazza fra le mani e ne guardava l’interno curioso.
< Thè nero. Rimane un po’ amaro > mormorai andando a cercare con lo sguardo la zuccheriera.
< Sulla tua sinistra c’è lo zucchero se ne vuoi un po’. > andai a rubarmi dalla tazza l’ultimo goccio che c’era dentro. Prima di posarla nel lavandino.
< Non immagino quanto sia stato difficile > la sua voce tremava andando a guardare il vuoto davanti a se.
Non risposi se non col silenzio prima di andarmene e lasciarlo solo in cucino. Era ancora troppo presto per parlare di una cosa del genere. Non avevo neanche iniziato a pensare a come smaltire tutto quello che avevo provato in questi dieci anni, da solo. Non potevo parlarne con lui.

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Capitolo 2
*** Pallottola ***


Passarono giorni e notti insonni, le chiacchierate con Hank sull’argomento ‘Erik’ e con Logan del modo in cui migliorare la struttura mi aiutarono ad andare avanti. Erik sembrava un bambino a disagio, gli leggevo la mente e trovavo nient’altro che ricordi con me con tantissime sfumature di tristezza. Era lo stesso Erik, all’esterno. Ma dentro qualcosa si era rotto.
Hank lo distraeva facendogli fare dei lavori di ristrutturazione e costruzione di altre stanze all’interno dei sotterranei. Logan invece cercava di aiutarmi con Cerebro senza speranza alcuna.
Fu una sera che feci quello che mi ero promesso di non fare mai più. Entrare nella stanza di Erik proprio come facevo dieci anni fa. Vederlo dormire mi era sempre piaciuto. Mi morsi il labbro inferiore, maledicendomi prima di entrare lentamente dentro quella stanza di tanti anni fa. Non era cambiato niente, io non avevo cambiato nulla.
C’erano stati giorni in cui volevo distruggere anche la stessa villa ma Hank me lo ha sempre vietato e mi ha impedito di fare cosa stupide. A me ed alla struttura.
Nell’entrare notai una luce all’angolo della stanza, accanto al suo letto. Dormiva sempre con una luce accesa, così da non svegliarsi nel buio della notte.
< Certe cose non cambiano facilmente > sussurrai mentre un sorriso mi nacque sul volto.
Mi decisi solo dopo un paio di minuti a muovermi. Guardai la stanza cercando di stampare nella mia mente tutti i dettagli della sua camera da letto. Sospirai e venni terrorizzato dal rumore delle lenzuola che venivano mosse. Serrai la mascella e pregai di non essere visto. Ma quando nessuna voce mi arrivò all’orecchio, alzai lo sguardo e fissai Erik. Stava ancora dormendo. È solo allora che mi avvicinai al lettone matrimoniale. Erik era a petto nudo, me ne resi conto solo quando gli arrivai tanto vicino a poterlo toccare. Cosa che non feci. Lottai con me stesso e contro la voglia di accarezzare quella pelle che sembrava così dannatamente morbida. Fu proprio quando allungai la mano verso di lui, che Erik si mosse portando alla mia vista il suo petto nudo adornato solo da una collana di metallo. C’era qualcosa che mi incuriosiva. Mi avvicinai ancora di più e lessi una parola sopra. ‘Charles’.
Guardai la medaglia che aveva al collo, fu la prima volta che la vidi e quasi mi si bloccò l’ossigeno nel corpo. Nella sua mente rividi quello che aveva fatto. Quella medaglietta era ciò che mi ha tolto l’uso delle gambe. Il metallo che più ho odiato nella mia vita e che mi ha sconvolto del tutto. Abbassai la testa e cercai di allontanarmi da Erik. Non sarei mai dovuto entrare in quella stanza. Non ero ancora pronto per quei sentimenti. Dovevo pensare prima a me e poi a lui.
< Charles > una voce nel sonno mi chiamò, cercai di non girarmi troppo ma fortunatamente mi resi conto che Erik stava ancora dormendo. Lessi la sua mente e quello che ci trovai mi lasciò senza parole. Quello che pensavo fosse un qualcosa a senso unico, non lo era. C’ero io nei suoi sogni e nella sua mente. Uscii di fretta e furia non facendo nessun rumore, muovendomi veloce –per quanto la carrozzina me lo permettesse-. Andai nell’unica stanza in cui sentivo di poter parlare tranquillamente. La camera di Hank. Lui mi aveva visto in tutto il mio dolore e la mia felicità. Era l’unico che sapeva tutto fin dall’inizio. L’ho sempre informato e sempre chiesto dei pareri. Aprii la porta e lentamente entrai trovando il mio vecchio amico alle prese con chissà quali ingranaggi. Non gli prestai molta attenzione perché aspettai solo che lui si rendesse conto di me.
< Sembra che tu abbia visto un fantasma > commentò ironico lasciando che gli occhiali mi coprissero la vista dei suoi occhi.
< Un ricordo > fu questo che lo destò dal suo lavoro, si mise a sedere e si tolse tutta l’attrezzatura di dosso incrociando le mani sul tavolo.
< Cosa è successo > il tono era serio, era preoccupato per me.
< Sono entrato in camera di Erik > ammisi tranquillamente a quel ragazzo che si mostrò del tutto neutrale a quella scoperta.
< Me lo sentivo che sarebbe successo > si grattò la nuca lasciando un bel respiro fuori di sé. < Era solo questione di tempo > mi guardò cercando di annullare i suoi pensieri anche se per me, era facile scovarli.
< Non ti è mai piaciuto > mormorai andando ad avvicinarmi, rimanendo però dall’altra parte del tavolo.
< E come potrebbe > sbottò mettendosi comodo sulla sedia. < Ti ha sempre usato e poi abbandonato >
Quella frase mi fece più male di quanto avessi immaginato. Mi grattai la testa giocando e dando fastidio ai capelli.
< Ha ancora la pallottola > sussurrai, non lo guardai in volto. Non ne avevo il coraggio.
< Cosa?! > ringhiò così forte che il tavolo tremò.
< La pallottola che mi ha paralizzato > iniziai a parlare ma lui mi bloccò.
< Lo uccido > si alzò dalla sedia ed a grandi falcate si diresse verso la porta.
Fu così che colto alla sprovvista proiettai il ricordo di Erik nella mente di Hank, mostrandogli quello che aveva fatto. Lasciando allo stesso Hank, amplio spazio per giudicare i suoi comportamenti.
< Ah > rimase di stucco prima di guardarmi e iniziare a camminare per la stanza.
Lo lasciai fare, d’altronde che cosa avrei potuto dirgli?
< Non me lo sarei mai aspettato da lui > intervenne dopo un paio di minuti rimettendosi a sedere.
< Ha pronunciato il mio nome nel sonno > presi coraggio e lo guardai appoggiando i gomiti sul tavolo. Solo dopo aver preso la confidenza necessaria mi allungai posando anche il volto. < Ho visto i suoi sogni >
< Cosa c’era? > domandò prima di portare gli occhiali sul suo volto e riprendere quello che stava facendo.
Mi mostravo così innocuo solo a lui, dato che c’era sempre stato. Presi coraggio ma guardai altrove.
< Lui. Io. > notai il suo sopracciglio alzato quindi continuai < Lui che rimediava ai suoi errori >
Lasciai la frase morire nel silenzio della stanza, rivivendo quei sogni che erano stati creati dalla mente di Erik.
< C’è altro? > domandò prendendo carta e penna per segnare chissà quali appunti.
< Mi ama > sussurrai talmente tanto piano che a stento mi sentii io.
< Cosa hai detto Charles? > mi chiese, probabilmente perché non aveva capito.
< Lui, mi ama. >
Non rispose, né io lo obbligai a farlo. Nel silenzio della villa i miei pensieri si affollavano ai sogni delle persone che erano presenti e che stavano dormendo. Entrai nella mente di Logan e cercai di tirarne il buono da lui, così che dormisse tranquillo. Dopo tutta la lotta che ha dovuto affrontare era il minimo che potessi fare per lui.
< Tutto questo > la voce di Hank mi distrasse del tutto da quello che stavo facendo. Alzai lo sguardo verso di lui.
< Dicevo. > ora che aveva attirato la mia attenzione ricominciò a parlare < Tutto questo ha un senso. >
< Quale? > i ruoli si erano invertiti, ora ero io l’alunno.
< Lui. Il suo volersi redimere. > il suo pensare fu chiaro, aveva un’idea. < Lui sta facendo questo per espiarsi e stare qui >
< Non mi dire che credi a questa storia > ironizzai sulle sue parole.
< Charles ascoltami > fu serio nel dire questo < Vorrei morisse sotto i miei artigli. Lo odio perché fa uscire la mia Bestia. Ti ha distrutto ed ora spera di espiare le sue colpe come se non fosse niente. > lo lasciai parlare, rimanendomene in silenzio. < Lui merita di patire del dolore >
Corrugai la fronte e mi opposi all’idea che lui soffrisse ancora una volta.
< Basta dolore > mormorai andando a passarmi una mano fra i capelli < Ha già sofferto troppo >
< Tu devi pensare a te stesso per quanto il tuo amore per lui non è cambiato > mi stava rimproverando il mio non prendermi cura di me. < Pensa a stare bene. A lui ci penso io >
Non capii il suo discorso ma solo quando guardai i suoi pensieri mi resi conto che aveva i progetto di allenarlo e fargli capire lo scopo di quello che era stato da sempre il mio sogno. Annuii come a confermargli la mia approvazione.
< Sei sempre stato irragionevole quando c’era lui di mezzo > commentò.
< Probabilmente > gli risposi mentalmente vedendolo ringhiare basso.
< Lo sei anche ora. Anche dopo tutto quello che ti ha fatto >
< Cosa dovrei fare? Sbatterlo fuori di casa e negargli tutto quello che gli ho promesso? > risposi di nuovo nella sua mente. Anche se sapevo che non gli faceva piacere quando lo facevo. Ma in quel momento ne avevo bisogno. Per farmi sentire solo da lui.
< Vedi? Lo fai di nuovo >
< Lo faccio perch- > non feci in tempo a finire.
< Perché per te vuol dire tanto. Lo so > scotte la testa e riprese a lavorare.
< Ti spiace se rimango qui? > domandai stavolta a voce. Non alzandomi dal tavolo ma usandolo come cuscino.
< Fai pure, mi fa piacere che stai qui. Lo sai > sorrise prima di andare a saldar due pezzi.
Socchiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dai pensieri di Hank. Erano tranquilli anche se c’era una preoccupazione nei miei confronti. Eppure non si perdeva mai d’animo. Eravamo come fratelli. Io e lui. C’eravamo stati l’uno per l’altro sin dall’inizio.

La mattina seguente mi svegliai nel mio letto, prima che riuscissi a chiedermi chi era che mi aveva portato lì la risposta fu chiara. Hank mi aveva fatto addormentare prima di portarmi a letto. Sbadigliai e cercai la carrozzina andando a constatare che Hank e Logan erano già svegli e stavano preparando chissà che cosa. La mente di Erik piano piano si mostrò più attiva simbolo che si stava svegliando. Sentii bussare alla mia porta.
< Avanti > mormorai prima di andare a mettermi seduto, per quanto possibile, sul letto.
< Professore > un saluto da parte di Hank e un sorriso mi fu rivolto. < Siamo pronti >
Non capii ma il sorriso che rimase sul suo volto mi incuriosì.
< Arrivo subito > annunciai, guardandolo sparire dietro alla porta. Mi cambiai cercando di fare nel mio meglio. Indossai una nuova maglietta grigia e un paio di pantaloni della tuta. Addosso riuscii anche a mettermi un giacchetto per stare comodo prima di impugnare la carrozzina e salirci sopra. Uscii dalla stanza e mi avviai nella stanza dove sentivo delle voci. Non appena aprii, gli occhi di tutti mi furono addosso.
< Giorno > mi salutò Logan prima di vedere Erik mentre mi fissarmi.
< Erik > cercai di spezzare il mio disagio mentre Hank mi guardava del tutto divertito quasi.
< Professore > chinò la testa per un saluto che mi lasciò senza parole.
< Ora che ci siamo tutti, ci sarà un regime a cui sottoporsi. > cominciò a parlare Hank lasciando che gli occhi siano fissi su una cartella da cui iniziò a tirare fuori dei fogli. < Logan in sala allenamento con Erik >
I due annuirono mentre io guardai Hank che sorrideva. Lo voleva mettere alla prova. Ed io ero preoccupato dato che sapevo quello che Logan provava nei confronti di Erik. Però, mi fidavo.
< Professore, io e lei andremo da Cerebro. > continuò Hank, io risposi con un movimento silenzioso della testa. Mangiai poco rispetto agli altri e mentre Logan e Erik si allontanavano per andare ad allenarsi io guardai fisso Hank.
< Cosa? > chiese quasi con aria innocente.
< Lo sai > serrai la mascella andando a guardare la porta.
< Cerebro ci attende > faceva finta di niente lo sapevo.
Gli lasciai spingere la carrozzina lungo tutto il percorso che portava da Cerebro. Mi presi del tempo per me.
< Vorrei che tu facessi una cosa > la voce di Hank mi incuriosì. < Rintracciare la mia mente >
Nello sguardo di Hank vidi la tranquillità mentre io ero terrorizzato da quello che vuole che facessi.
< Sei diventato matto? > gli chiesi per conferma.
< Solo così smetterai di avere paura di te, Charles > credeva in me, aveva totale fiducia. Lo vedevo nella sua mente. < Sono passate due settimane. Sei più forte di prima. Ora hai totale controllo solo che hai paura di ammetterlo. >
< C’è così tanto dolore > la voce mi tremò in gola e gli occhi si chiusero.
< Charles mi fido di te > Hank invece era del tutto convinto di quello che stava dicendo.
< Ma potrei… >
< Non puoi. Io sono qui. Mi fido di te e so che puoi farcela. > mi incoraggiò, chiudendo dietro di sé le porte di Cerebro lasciandoci così dentro di esso. Serrai la mascella e piano piano mi rilassai sulla sedia a rotelle.
< Lascia che ti aiuti > annuii alle sue parole prima di sentire il casco di Cerebro che mi veniva applicato sulla testa. Socchiusi gli occhi e mi lasciai guidare dalla voce di Erik che mi chiese di estrapolare i suoi ricordi più belli. Catalogarli e poi fare lo stesso procedimento per quelli brutti. Mi concentrai e gli chiesi scusa mentalmente, prima di iniziare. Stavo cercando di non fargli troppo male. Sentivo la sua felicità quanto la sua tristezza ed il dolore che provava mi squarciava l’anima. Eppure aprendo piano piano gli occhi, mi resi conto che lui era più sicuro di me. Lo era per entrambi. Presi il suo coraggio e continuai.
Quando i ricordi furono catalogati tutti, mostrai a Hank il mio viso. Un mix di dolore e felicità. Stavo piangendo e tutto quello che era nella sua testa me l’aveva mostrato. Era l’unico che era rimasto quando tutto andò in malora. Mi mostrò tutto quello di cui avevo bisogno per ricordarmi che potevo essere migliore di ora. Potevo essere quello che avevo sempre sognato. Fu allora che gli mostrai i miei ricordi incatenando la mia mente alla sua. Ci collegammo in un modo intimo. Gli mostrai quando dolore aveva provato la mia anima a contatto con i fattori che più mi avevano provato. Erik. La pallottola. La mia famiglia.
< Charles > sussurrò allungando la mano verso di me.
< Henry > lo chiamai col suo vero nome prima di sorridere e lasciare che le lacrime mi rigassero il viso.
< Ci sei riuscito > lui sorrideva contento come una pasqua mentre io piano piano riducevo i miei poteri e cercavo di tornare alla normalità. Quando mi tolsi il casco, nascosi la faccia fra le mie mani e piansi con tutte le forze che avevo in corpo. Avevo trovato quella forza che credevo persa. Avevo trovato il vero Charles Xavier. Tutto grazie ad Hank.
Cercò di venirmi incontro mentre io gli abbracciai il bacino data la sua altezza. Piansi addosso a lui lacrime di pura gioia.
< Ci sei riuscito Charles > mi accarezzò i capelli e rividi in lui i miei sogni.
< Grazie a te > risposi fra un singhiozzo ed un altro. Mostrandomi del tutto scoperto.
< Ho provato il tuo dolore e la tua gioia > prese a parlare mentre io annuivo. < Devi parlargli >
A quelle parole alzai il volto dai suoi vestiti. Gli occhi azzurri risaltavano sotto le sclere arrossate.
< Solo così andrai avanti > prese un momento per pensare < Solo così tornerai te >
Annuii silenziosamente lasciando al silenzio la mia risposta. Lui si allontanò lasciandomi con il casco collegato a cerebro nelle mie mani. Riflettei su tutto quello che avevo fatto con Hank. I miei cambiamenti e i miei poteri.
Non mi resi conto che non ero più solo, ero solo immerso in troppi pensieri per accorgermi che Erik era entrato dentro le porte di Cerebro.
< Charles > la voce ruppe i fili dei pensieri e mi portò di nuovo sulla carrozzina.
< Mh? > non risposi, sapevo che il tono di voce era ancora provato da quelle lacrime che scendevano ancora.
< Tutto bene? > domandò andando a fare un paio di passi verso di me.
< Sono solo stanco > risposi mentalmente lasciando che il mio potere gli leggesse nella mente. Vidi l’allunamento con Logan e le emozioni che entrambi avevano provato. Scossi la testa e posai il casco al suo posto.
< Io.. > fece per parlare ma non lo lasciai terminare.
< Andiamo in Giardino > intervenni nella sua mente mentre cercavo di muovermi con la carrozzina. Ci misi un paio di secondi di più a rigirarmi e prendere la strada che portava proprio in direzione di Erik. Lo superai senza dire niente. Trattenni il respiro fino a quando non diedi di nuovo le spalle ad Erik. Sentivo i suoi passi, quindi ero sicuro che mi stesse seguendo. Scrocchiai il collo prima di chiamare l’ascensore. Mi asciugai le ultime lacrime mentre sentivo i pensieri di Erik.
< Non è niente > risposi a voce prima di entrare. I miei occhi era arrossati all’invero simile ma lui cercò di fare finta di niente. O per lo meno non disse niente. Ma i pensieri pullulavano di preoccupazioni, anche se decisi di non dargli spazio.
Arrivati in giardino, iniziai a spingere la carrozzina con più tranquillità. Hank me l’aveva sostituita con una più leggera, il che mi facilitava moltissimo i movimenti.
Passai la lingua fra le labbra e aspettai una sua frase. Ero deciso a farlo parlare per primo. Il silenzio era rotto solo dal cinguettare degli uccellini e dal vento fresco che muoveva le fronde degli alberi.
< Cosa hai fatto con Bestia? > domandò curioso.
< Hank > lo corressi velocemente.
< Con Hank > si riprese da solo andando a guardare davanti a sé.
< Mi ha dimostrato che ho riacquistato tutta la mia forza >
< Ne son felice > rispose andando a imitare l’accenno di sorriso.
Non volli leggergli la mente, volevo per un momento iniziare a stabilire un rapporto normale. Dopo tanto tempo. Calò di nuovo il silenzio fra di noi mentre passeggiavamo tranquillamente. Proprio come tanto tempo fa.
< Sembra non esser passato tanto tempo > mormorò andando a spostare gli occhi su di me.
Mi bloccai andando a guardare la villa. Mi aveva preso in contropiede.
< Era proprio quello che stavo pensando > risposi e vidi un sorriso che spuntava sul suo viso.
< Ti ricordi la prima volta che sono entrato in questa casa? > mi chiese.
< Certo >
< Era la prima struttura che non mi ricordasse l’inferno > continuò a parlare senza guardarmi in faccia. < C’erano gli incubi è vero ma era tutto quello che avevo sognato. >
Gli donai un flebile sorriso prima di abbassare le mani e raccoglierle sulle gambe. Gli lasciai spazio.
< Tu sei stato mio amico > lo sentii parlare e il cuore ebbe un fremito. Amici.
< E tu il mio > gli dissi per confermare almeno l’amicizia.
< Mi hai raccolto e sanato > gli riservai un sorriso che svanì subito dal mio volto, mentre continuava a parlare. < Dio > si portò le mani fra i capelli mori e li strinsi. Non si era mai seduto anche se eravamo nei presi di una panchina. Iniziò a camminare avanti e indietro, nervoso.
< Charles > mi chiamò e lo guardai cercandone gli occhi. < Guardami dentro > una richiesta che non esaudii.
< Erik. Devi parlare > lo richiamai come se fosse effettivamente un bambino piccolo.
< Sei sempre stato tu quello bravo con le parole. > rispose a tono. Guardandomi negli occhi. Iniziavo a sentire caldo.
< E tu quello a uccidere > mi pentii subito delle mie parole. < La tua rabbia Erik, è sempre stata il tuo punto debole. >
< Sei tu > questo sussurro mi fece rimanere in silenzio. Erik si sedette sulla panchina prendendo la testa fra le mani.
< Qualcosa dentro di te, si è rotto. > mormorai per la prima volta, facendo riferimento a lui. Gli feci capire che sapevo.
< Si è rotto qualcosa da quando la pallottola ti ha colpito >
< Stai rimediando > cercai di incoraggiarlo.
< Non posso rimediare > la sua risposta mi fece serrare la mascella.
< Erik > lo richiamai, come tanto tempo fa.
< Charles è vero. Darei via i miei poteri se solo riuscissi a rimediare ai miei danni. > questa sua frase mi fece scattare verso di lui. Gli arrivai così vicino da prendergli il viso con entrambe le mani. Quegli occhi azzurri erano lo specchio di me stesso e in essi vedevo il dolore a cui anche lui era stato sottoposto. Sapevo tutto di lui.
< Basta > gli ringhiai contro. < Andatevene! > mi girai verso Hank e Logan che ritornarono in villa senza voltarsi.
Erik se ne rimane in silenzio. Stava per piangere, per crollare. Lo sapevo. Ecco perché volevo rimanere solo con lui.
< Ascoltami bene Erik. > rinforzai di nuovo la presa sul suo viso. < ok? >
Solo quando lui annuii io lo guardai e gli mostrai dei miei ricordi con lui. L’affetto che provavo.
< Tu sei molto di più di solo rabbia e sangue. L’ho visto. Io conosco tutto di te, Erik > continuai a parlare mentre i miei pensieri furono distratti da quelli di Erik. Davanti a me c’era un uomo che non credeva di esserlo più per tutte le azioni che aveva compiuto.
< Sei sempre lo stesso Erik, solo più consapevole e maturo > continuai a parlare mentre lui posò le sue mani sulle mie. < Impara a convivere con i tuoi poteri e con la tua coscienza. > il suo annuire mi fece venire voglia di allontanare le mani, che invece rimasero lì perché Erik me le bloccava.
< Charles > gli occhi erano completamente lucidi. < Sono così arrabbiato con te >
Corrugai la fronte dato che questo era un sentimento che non mi sarei aspettato. Stavo aspettando per entrare dentro la sua mente. E non lo feci neppure allora.
< Tu hai abbandonato tutti, nascondendoti e privandoti dei poteri > la sua frase fu più tagliente di quanto avessi mai immaginato.
< Sei tu che mi hai abbandonato Erik. > lo corressi lasciando che le sue lacrime iniziarono a scorrergli sul volto. < Tu mi abbandonato, te ne sei andato sparendo per anni. > chinai il viso cercando di unire le nostre fronti. Gli mostrai il mio dolore, che si unì al suo. Gli feci capire come ero stato senza di lui e subito dopo il suo abbandono. Non mi limitai solo a fargli vedere, glielo feci provare. Così come il dolore della pallottola che mi paralizzò. Gli mostrai tutto mentre lui piangeva fra le mie mani.
< Tu > non riuscii a parlare ancora. Il dolore dentro di me era troppo.
< Tu mi ami ancora > quelle sue parole mi immobilizzarono. Non ero bravo a mentire, non a lui.
< Io ti amo. Ancora. > mormorai. Aspettandomi una reazione orrenda. Eppure ebbi in cambio qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Le labbra di Erik si appoggiarono sulle mie e prima che mi resi conto di quello che stesse avvenendo, le nostre lingue si cercavano come calamite. Fu solo quando rimasi senza fiato, che Erik si allontanò continuando a mantenere le labbra sulle mie.
< Charles > la sua voce mi fece rabbrividire. Ero ancora innamorato dell’uomo che mi aveva distrutto.
< Erik > il mio richiamo lo attivò di nuovo. Ricominciammo a baciarci come se in tutti questi anni non avessimo fatto nient’altro che questo. Un unirsi così splendido e delizioso che avrei potuto continuare in eterno.
< Mi dispiace per tutto > sussurrò Erik sulle mie labbra.
< Lo so > accarezzai il suo viso lasciandogli un bacio casto sulle labbra prima di allontanarmi.
< Mi sei mancato Charles > mormorò Erik lasciandomi senza fiato. Mi morsi il labbro inferiore e feci un passo indietro con la carrozzina.
< Io - > feci per parlare ma non riuscii. Allora optai per i pensieri < Anche tu >
< So che hai paura. Ce l’ho anche io. > ammise prima di alzarsi e asciugarsi le lacrime. < Riflettici >
Mi lasciò così, perché prese a camminare verso la villa. Mi resi conto di piangere solo quando le lacrime mi bagnarono le mani che si erano appollaiate sulle gambe. Alzai il viso verso il cielo e le lasciai cadere. Mi rilassai sulla sedia e non feci nient’altro che sfogarmi da tutto quel dolore che avevo dentro.

 

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Capitolo 3
*** Scacchiera ***


Rientrai nella villa un paio di ore dopo. Lasciandomi alle spalle un altro me. Logan lo sentivo che si stava allenando. Cercai Hank con la mente e lo trovai nel suo studio. Senza chiedere il permesso entrai andando a guardare fuori dalla finestra.
< Che è successo, Professore? > mi domandò e gli scoccai un’occhiataccia. < Charles > si corresse.
< Abbiamo parlato > confessai tranquillamente.
< Hai pianto > constatò da solo per via dei miei occhi arrossati.
< Mi ci voleva > alzai le spalle e non feci nient’altro che starmene rilassato sulla sedia a rotelle.
< Dov’è? Se ne è andato? > le sue domande destarono un po’ di curiosità anche in me, dato che non mi ero accertato che fosse ancora dentro la villa. Lo ricercai con i pensieri facendogli capire che lo stavo cercando.
< No. È nella sala delle simulazioni > sia io che Hank rimanemmo stupiti da tutto ciò.
< Quindi non se ne è andato. > ripeté Hank. Non ci credeva anche lui. < Cosa vi siete detti? >
< Quello che dovevamo dirci da tutta una vita > sorrisi timidamente, quasi vergognandomi a quello che avevo ammesso. Era tutto nuovo per me.
< Oh > sbalordito si tolse di dosso il camice e venne ad abbracciarmi. < Avete risolto? >
Rimasi del tutto pietrificato ma piano piano mi sciolsi e ricambiai, stringendolo a me. Ringraziandolo mentalmente.
< Cos altro? > mi chiese Hank andando a sedersi avanti a me. < Perché hai pianto? >
< Perché ha capito quanto dolore mi ha provocato. > lo vidi irrigidirsi alle mie parole. < E ci siamo baciati. >
La sua risata su come una dose di medicina dentro di me. Mi fece stare così bene che mi fece spuntare sul viso un timido sorriso.
< Lo sapevo! > si alzò in piedi e strinse i pugni. Guardò fuori dalla finestra. < Lo sapevo. Ne ero totalmente certo >
< Tu ci stavi sperando > constatai quando lui si girò verso di me e sorrise.
< Si. Da così tanti anni che avevo quasi perso la speranza. > portò il pelo blu lontano dal viso e si rimise seduto. < Quindi ora cosa si fa? > chiese di nuovo. Aspettando una risposta seria dato che mi fissava.
< Allenarci? > tentai a rispondere.
< Professore > mi ammonii una volta.
< Hank, probabilmente ricostruiremo questo posto. >
< Non vedo l’ora, Professore. > rispose con un bel sorriso sul manto blu.
< Vado in sala comune, se serve sono lì > cercai di togliermi da quella situazione imbarazzante prima di allontanarmi da tutto. Iniziai a leggere e sfogliare tutti i libri, che a forza di cose sapevo a memoria. Eppure mi sembravo diverso quindi vedevo tutto da una posizione diversa.
Trascorsi la giornata fra i libri prima di ritirarmi in camera stanco morto. Sia mentalmente che fisicamente. Ma, quando entrai in camera vidi un qualcosa che mi lasciò di stucco. Erik era davanti a una scacchiera. Nella mia stanza. Proprio come un flashback meraviglioso.
< Pensavo > mandò giù un sorso di liquore. < che potevamo cominciare da una cosa così >
Gli sorrisi prima di chiudere la porta e avvicinarmi a lui. Guardai la scacchiera e poi lui. Mi sorrise e non riuscii a rimanere composto. Sentivo dentro di me un calore che mi avvolse e mi fece destare dal mio bozzolo.
< Certo > allungai la mano alla bottiglia di liquore e me ne versai due dita, lasciando così a lui la prima mossa che non tardò ad arrivare.
La partita andò a rilento per via degli sguardi che ci scambiammo e dei pensieri di Erik che mi distrassero in maniera molto provocante. Cercai di schiarirmi le idee di tanto in tanto fissandomi solo sugli scacchi ma c’era qualcosa che funzionava come una calamita per la mente di Erik. Ero sempre lì dentro.
Solo quando si manifestò una scena di puro sesso che aveva come protagonisti noi due, quasi mi strozzai.
< Erik > lo ammonii prima di darmi un’asciugata. Ma Erik senza scrupoli si avvicinò buttò a terra la scacchiera presentandosi in ginocchio di fronte a me.
< Charles > la sua voce fu strozzata e spezzata dalle nostre labbra che si unirono fra di loro.
Creammo assieme immagini e suoni mai sentiti. Le nostre menti si allacciarono in modo differente da quanto era successo con Hank. Perché nella nostra connessione c’era anche l’affetto e l’amore che entrambi riservavamo per l’altro. I baci diventarono più profondi e dei gemiti nacquero dalle nostre bocche. In men che non si dica, mi ritrovai a bramare un qualcosa di più di un semplice bacio.
< Letto > gli suggerii mentalmente, lasciando alla sua intuizione quello che avevo voglia di fare con lui.
Erik fortunatamente comprese. Si avvicinò di più e alzandosi in piesi mi prese in braccio gestendo le gambe per me. Ci spostammo sul letto e mentre mi appoggiava sul materasso, io ero già intento a togliergli la maglietta. Lui mi assecondò ritrovandosi a petto nudo con la catenina al collo che ritraeva il mio nome. Non gli lasciai tempo per spiegare.
< Lo so > mormorai prima di baciarlo ancora una volta trascinando le mie mani ovunque sul suo corpo. Esplorando ogni suo millimetro. Lui si mostrò sorpreso a quella frase ma non si lasciò interrompere da quello che aveva in mente. Anzi. Fu uno sprone per lui a continuare. Per realizzare la stessa idea che avevamo in mente. Ovvero fare di noi un’unica cosa. Diventare un tutt’uno con l’altro. Cosa che doveva succedere oramai tanti, forse troppi anni fa.
I baci continuarono e la mente vagò così tanto che mi ritrovai nudo senza neanche sapere come Erika avesse fatto. Ma non mi persi nel chiederglielo. Sorrisi e cercai di svestirlo come lui aveva fatto con me, solo che per via delle gambe non riuscii per niente. Lui mise le mani sulle mie e qualcosa scattò, mi aiutò lui stesso a denudarlo. Pezzo dopo pezzo le sue mani guidavano le mie e mi davano la forza necessaria per fare tutto quello che volevo fare.
Ci unimmo nel cuore della notte, senza luci accese come voleva Erik. Il buio ci immergeva in un mondo tutto nostro lasciando alle menti l’unione primaria. Senza contare i corpi che divennero, non capirò mai come, uno spettacolo mai visto.

Non riuscii a dormire. E come potevo? Avevo realizzato che per essere me stesso dovevo abbandonarmi a qualcun altro. Eppure lo accettai con più facilità di quanto mi fossi aspettato.
Sperando in un futuro migliore. Per me. Per noi. Per la scuola e l’idea di convivenza nel mondo.
 

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