Feel the light

di Lady Samhain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Londra, 26 settembre 1929 ***
Capitolo 2: *** Week end ***
Capitolo 3: *** Mano sinistra ***
Capitolo 4: *** Cicatrici ***
Capitolo 5: *** Gunpowder plot ***
Capitolo 6: *** Sidro e Firewiskey ***
Capitolo 7: *** Il frutto più dolce ***



Capitolo 1
*** Londra, 26 settembre 1929 ***


Di solito non metto note all'inizio delle storie, ma qui sono necessarie.

Nota numero uno: questa storia tratta di omosessualità maschile, argomento di cui io in prima persona non so un benemerito accidente di nulla.

Scrivo di questo tema per puro esercizio di stie e per egoistico autocompiacimento.

Probabilmente scriverò cavolate, perciò se ci fossero all'ascolto lettori omosessuali non fatevi scrupolo a farmi notare se qualcosa supera i limiti del buonsenso e della verosimiglianza (ma fatelo anche se non siete omosessuali, per carità).

Mi scuso in anticipo per qualsiasi castroneria dovessi seminare nel corso di questi sette capitoli; scusatemi se potete, altrimenti cercate di farvi una risata.

Nota numero due: credo che sia meglio fare un breve riassunto delle parti precedenti della serie. Chi le avesse già lette o non fosse interessato può passare direttamente al capitolo.

"Se vuoi": Credence, sotto forma di obscurus, è sopravvissuto all'attacco degli Auror nelle metropolitana di New York. Newt Scamander lo mette al sicuro nella sua valigia e lo porta in Gran Bretagna, dove grazie all'aiuto di Albus Silente il ragazzo può tornare in forma umana.

"Strangers like me": Tina e Newt adottano Credence e gli insegnano a controllare la magia che c'è dentro di lui. Formano una famiglia unita, un ambiente protetto dove Credence si sente al sicuro e amato. Newt e Tina si sposano (come tutti ci aspettiamo che succeda fin dalla prima scena di "Animali Fantastici" con loro due)

"Iniquity": Original!Graves is back! Anche se è stato salvato dalla prigionia di Grindelwald, la vita di Percival Graves è rovinata. Nessuno si fiderebbe più di lui all'interno del MACUSA e la Presidente Picquery deve destituirlo da ogni incarico. Tuttavia, dietro insistenza dell'ex Direttore, la Presidente accetta di affidargli un ultimo incarico ufficiale: riportare Credence Barebone negli Stati Uniti.

La missione però prende una piega inaspettata e Graves si trova a fare i conti con la propria coscienza.

Alla fine non richiede l'estradizione di Credence.

Si ritira dalla politica e comincia a dedicare tempo a sé stesso, mantenendosi in contatto con Credence per i due anni e mezzo che seguono, il che ci porta a...


Feel the light

Capitolo 1

Londra, 26 settembre 1929


Here I go here I go
Feel better now feel better now
Here I go here I go
It's better now feel better now

(Feel the light - Jennifer Lopez)



***


Credence stava facendo del suo meglio per non fare ciò che l'istinto gli suggeriva di fare, e cioè usare un Incendio sul manoscritto che stava correggendo.

Il suo lavoro da correttore di bozze per la casa editrice Fergus & Maxienne gli piaceva di solito, ma poi capitavano giornate come quella, quando un esordiente presuntuoso o paranoico aveva incantato il manoscritto in modo che non si potessero fare modifiche.

Non riusciva a venirne a capo.

Ogni volta che tentava di aggirare l'incantesimo le pagine si contorcevano per scappargli da sotto le mani, oppure il blocco si chiudeva di scatto e cominciavava a scappare in giro per il suo minuscolo ufficio buttando giù le pile di libri e carte varie che riempivano ogni angolo.

-E va bene. Non ti tocco, contento?-

Borbottò astioso.

Avrebbe informato più tardi Mr. Fergus dell'inconveniente.

Probabilmente avrebbero dovuto pubblicare un manoscritto pieno di errori di grammatica se l'autore non si fosse deciso a togliere quella protezione, ma quello non era il suo problema al momento.

Erano le cinque meno un quarto e lui aveva una consegna da fare.


***


Londra era diversa da come Graves la ricordava.

In effetti non era colpa della città se lui conservava un ricordo negativo della sua prima visita; era colpa delle circostanze ed, in parte, sua.

Forse per quello si era lasciato convincere all'ultimo momento da un traghetto che salpava dalla costa della Normandia.

L'atmosfera che lo accolse era fuliginosa, ancora legata al clima vittoriano, e lui, che era Americano, non poteva evitare di osservare certe cose con una certa condiscendenza da turista.

In due anni aveva visto altre città europee dal fascino antiquato.

Roma, Praga, Parigi, Budapest, Oslo e Copenaghen nel nord Europa; da quelle si era lasciato conquistare, ma tra uno Statunitense e Londra la questione era molto più personale.

Non negava che la città fosse bella, ma evitava di darle da subito troppa confidenza.

La locanda che gli avevano consigliato, il Paiolo Magico, era il punto di accesso più vicino alla parte magica della città.

Il proprietario, Thomas, aveva una pancia prominente, una risata troppo forte e la ferma intenzione di matenere Thomas come nome per la sua discendenza diretta.

Graves ringraziava il cielo che la sua famiglia non avesse mai avuto quella tradizione, perché se tra tanti guai che gli erano capitati avesse dovuto anche sopportare di chiamarsi Gundolphus, non era sicuro che ce l'avrebbe fatta.

Una volta che si fu sistemato in camera si concesse due ore di riposo, ma già alle cinque del pomeriggio era di nuovo in piedi.

Aveva un indirizzo preciso di Diagon Alley, e distava poco più di un chilometro da dove era lui in quel momento.

Avrebbe potuto mandare un messaggio, ma perché perdere tempo a scrivere una lettera e cercare un gufo quando poteva arrivarci in una passeggiata?

Si cambiò, copiò l'indirizzo su una pergamena da tenere in tasca, e fece tutti gli incantesimi da ex Auror che conosceva per mettere sotto protezione le sue cose.

Quando uscì in strada c'era un'aria umida che prometteva pioggia per la nottata.

Settembre era quasi alla fine e lui sapeva che non avrebbe dovuto pretendere troppo dal clima inglese.

Avrebbe potuto aspettare la bella stagione per tornare a Londra, ma nel suo lavoro aveva visto cose ben peggiori di un clima uggioso.

Se gli inglesi volevano spaventarlo avrebbero dovuto fare qualcosa di meglio.

***

-E cinquanta. Questa è l'ultima partita, signor Averny-

-Benissimo, Credence. Ti ringrazio per avermi aiutato a sistemare tutte le copie. "Incatesimi di protezione"... questi piccoli manuali sono molto utili. Ci trovi dentro come difenderti da tutto. Malocchio, fatture, anche gli incantsimi di protezione per la casa e durante i duelli. Certo che l'autore deve proprio sapere il fatto suo-

Credence fissò la pila ordinata di copie.

Sì, chi aveva scritto quei libri doveva avere una vasta esperienza.

Ed aveva un modo di scrivere che sembrava impartire ordini più che dare consigli.

Aveva qualcosa di militare, come una persona che lui aveva conosciuto tempo prima.

-Sono d'accordo, signor Averny. Adesso devo andare. Ho ancora qualche bozza da correggere-

-Certo, ragazzo, certo. Torna pure quando vuoi-

Credence uscì dalla libreria per tornare alla casa editrice. O semplicemente, a casa.

Infatti da quando lavorava per Fergus aveva deciso insieme alla sua famiglia che era meglio che durante la settimana abitasse a Londra, e fortunatamente l'editore era stato disposto ad affittargli un minuscolo locale nel palazzo accanto all'ufficio.

Credence prevedeva di passare un attimo a prendere alcune bozze e portarle a casa per lavorarci con più comodo, però i suoi programmi cambiarono immediatamente quando arrivò a pochi metri dall'ingresso.

Tra la folla, la prima cosa che riconobbe fu il taglio di capelli; era più striato di grigio rispetto a come lo ricordava, ma era identico a come lui lo aveva sempre visto.

Poi il cappotto. Nero, con la fodera interna di seta bianca che si intravedeva dalle maniche.

Infine l'espressione corrucciata, indagatrice, non lasciava dubbi che davanti al suo posto di lavoro ci fosse proprio Percival Graves.

Rivederlo gli faceva una strana impressione.

Si erano lasciati quando avevano ancora tante cose in sospeso, poi durante quei due anni e mezzo si erano tenuti in contatto attreverso le lettere almeno una volta ogni paio di mesi, ma Credence non avrebbe mai immaginato che Graves avrebbe speso parte del suo tempo per rivederlo di persona.

In effetti forse voleva qualcosa di specifico dala casa editrice e non era affatto tornato a Londra per lui.

-Sta cercando qualcuno, signor Graves?-

Nonostante lo avesse sorpreso alle spalle l'ex Auror non aveva avuto nessuna reazione esagerata.

Se lo avessero fatto a Credence avrebbe fatto un salto di tre metri.

Si girò verso di lui e Credence scoprì che aveva dimenticato com'era guardarlo negli occhi.

-Cercavo te. Lavori qui, non è vero?-

-Sì, esatto. Come posso aiutarla?-

-Nulla di particolare. Ho pensato di passare a controllare cosa facevi. Se vuoi, quando hai finito il tuo orario di lavoro, possiamo andare a bere qualcosa insieme. Credo che abbiamo molto di cui parlare-

Allora era davvero tornato per lui! L'idea lo fece sorridere.

Sentì una bolla calda di emozione gonfiarsi nel suo petto e come ogni volta che gli succedeva cercò un contatto umano.

Senza pensarci troppo si avvicinò a Graves e lo strinse in un abbraccio.

Sentì distintamente il piccolo sussulto di sorpresa dell'uomo e solo allora si rese conto che probabilmente aveva esagerato.

Si allontanò in fretta ed imbarazzato, ma Graves non sembrava poi così tanto dispiaciuto.

Continuava a tenergli una mano sulla spalla e Credence si chiese se lo avesse respinto perché erano sulla pubblica piazza oppure per rifiuto del contatto fisico in sé.

-Ah, Barebone... sempre eccessivamente emotivo-

Però non sembrava esattamente un rimprovero.

-E lei non ha ancora segiuto il mio consiglio di lasciarsi andare di più-

-Hai sviluppato una vena polemica che non mi aspettavo. Sì, sono più convinto che mai che sarà un bene fare una chiacchierata. Quando ci vediamo?-

-Anche subito. Tempo di prendere del materiale in ufficio e poi possiamo andare al Caudron-

Credence gli propose di accompagnarlo dentro ma Graves preferì aspettare in strada.

Non era sorprendente. In fondo Graves era un uomo estremamente riservato e non riusciva a concepire tutta quella confidenza.

Credence si trovò a sorridere.

Lui aveva capito dalle lettere che Graves era molto di più di ciò che mostrava.

Nello scritto era preciso, ordinato, impeccabile nella forma e nella calligrafia, ma negli anni le sue lettere erano diventate meno formali.

Solo una volta Graves aveva preso l'iniziativa di scrivergli, per il resto era sempre stato lui, ma a Credence andava bene così.

Era esattamente come l'altro Percival, il cucciolo di viverna.

Gli ci sarebbe voluto molto tempo per conquistare la sua fiducia, ma adesso che potevano vedersi di persona forse le cose sarebbero state più semplici.

***

Due ore dopo erano ancora seduti ai tavoli del pub e la chiacchierata era diventata più lunga di quanto Graves avesse previsto.

Credence non era più nemmeno il ricordo del ragazzino spaventato che compariva nelle memorie estratte da Porpentina Goldstein a proposito di New York.

Adesso era una persona aperta, che sembrava aspettare solo una scusa per sorridere.

Era un'intelligenza vivace e piena di interessi.

Interessi che erano molto diversi da quelli di Graves, ma di cui parlava con tanto entusiasmo che l'ex Auror si era appassionato.

Gli piaceva confrontare la storia magica con quella babbana, in particolare il periodo medievale in cui la magia aveva avuto il suo maggior sviluppo.

E poi aveva una passione per le teorie di un neurologo austriaco che riteneva che certe disposizioni della mente potessero dare origine a malattie fisiche.

Questa teoria sembrava a Graves ancora più improbabile di un mago che teneva un allevamento di animali in una valigia, eppure Credence ne parlava con tanto entusiasmo che non ebbe il coraggio di dirglielo.

Era giovane e poteva sognare tutto quello che voleva.

Credence raccontò di Newton Scamander e del suo progetto di aprire un posto in cui si curassero le creature magiche.

Una versione ordinata e legale della sua valigia insomma, magari in un negozio in cui i clienti avrebbero potuto entrare attraverso una porta normale e dove non avrebbero rischiato di essere concupiti da femmine di erumpent.

-Non mi permetterai mai di dimenticarlo, non è vero?-

-Mai- confermò Credence con l'ennesimo sorriso.

Contrariamente alla maggior parte del mondo magico, Credence non era riuscito ad interessarsi al quidditch.

Graves non capiva come fosse possibile. Lui era sempre stato un appassionato di gioco, soprattutto della parte tattica, e benché il quidditch negli Stati Uniti fosse leggermente diverso da quello britannico, Graves non capiva come Credence potesse trovarlo "privo di senso".

Graves gli raccontò episodi dei due anni in cui lui era stato nella squadra di quidditch di Ilvermorny, ma non ottenne nulla oltre a fare ridere Credence a proposito degli spogliatoi della squadra avversaria sabotati da nuvole di glitter rosa.

Parlando di scuola arrivarono a parlare del giorno del diploma.

Graves aveva nel portafogli la foto che Credence gli aveva mandato.

C'erano anche altre foto, ma quelle stavano insieme alle lettere, mentre la foto del diploma, con Credence che stringeva la sua pergamena, sorrideva ed aveva due scorpioni gemelli appuntati sul colletto bianco, era sempre con lui.

-Perché la conserva così?-

Graves dovette pensarci su. Non si era mai soffermato a cercare una spiegazione, semplicemente gli sembrava giusto così.

-Suppongo che sia per vanità. Questa foto mi rende orgoglioso- tentò di nascondersi.

Credence doveva averlo capito, lo capiva da come gli sorrideva, però non fece altri commenti.

Quel ragazzo riusciva inspiegabilmente a trovare cose che lo mettevano a disagio e a sistemarle subito dopo.

Era una persona singolare.

-E lei invece? Le va di raccontarmi cosa ha fatto nel frattempo?-

Erano ancora le sette. Graves avrebbe potuto trovare la scusa del ritardo o di qualunque altra cosa, e invece finì per invitarlo a restare a cenare insieme a lui.

Lui odiava dividere il momento dei pasti, e difatti quando lavorava al MACUSA svicolava ogni volta che poteva da cene ufficiali ed inviti simili, ma quella volta era diverso.

Non avrebbe potuto immaginare niente di più lontano da una minaccia di Credence Barebone, e per la prima volta nella sua vita aveva voglia di raccontare qualcosa di sé.

Ordinarono la cena nello stesso pub e passarono altre ore a parlare.

Graves non ricordava più quanto tempo era passato da quando aveva parlato in quel modo con qualcuno, e Credence lo incoraggiava a continuare con il suo interesse.

Se fino a poco prima il ragazzo era stato un fiume in piena quando raccontava di sé, adesso era ugualmente disposto a dargli tutta la sua attenzione.

Graves gli raccontò di viaggi, di cosa aveva studiato, di incantesimi di protezione che aveva riscoperto.

Messo a suo agio dal silenzio attento di Credence, ammise persino che forse gli Stati Uniti avrebbero dovuto guardare più spesso alle loro radici europee.

In fondo c'erano immigrati da tutto il mondo: Italia, Spagna, Irlanda, est Europa... perché non riscoprire l'identità di ogni singola etnia?

-Quindi i libri li ha scritti davvero lei?-

Graves fu colto di sorpresa. Va bene che Credence lavorava presso una casa editrice, ma come lo aveva capito?

-Quali libri?- chiese per prendere tempo.

Per darsi un'aria noncurante rigirò un paio di volte il fondo del bicchiere di liquore che aveva ordinato a fine pasto, ma in realtà era teso per la risposta che avrebbe potuto avere.

-I volumi di "Incantasimi di protezione". Li ho letti, ed in questo momento quasi tutti li hanno. Sono davvero utili. Lei non avrebbe mai scritto qualcosa se non fosse stato certo della sua utilità, giusto? Non avrebbe mai preso in giro delle persone che cercano protezione-

Graves si mosse a disagio sulla sedia.

-Non importa. Non deve rispondermi per forza-

Era sempre stato quello l'accordo tra di loro. Credence non aveva mai preteso nulla e gli aveva dato prova più di una volta di essere degno di fiducia.

E poi lui sapeva che il ragazzo non avrebbe mai evitato una sua domanda, e questo lo fece sentire in colpa.

-Mi fido della tua discrezione, Credence. Sì: li ho scritti io, ma ti prego di non dirlo in giro. Neanche ai tuoi genitori, se puoi evitarlo. Posso contare su di te?-

-Certo, signor Graves. Non capisco la sua decisione ma la rispetto-

Graves annuì brevemente, grato di sentire quella risposta.

-Come lo hai capito?-

-In realtà l'ho capito poco fa quando l'ho vista davanti alla casa editrice. Ho messo insieme i pezzi, come si dice. Insomma... gli incantesimi sono stati raccolti in tutta Europa, e lei in questi anni ha viaggiato in Europa. E poi soprattutto lo stile di scrittura. Si capisce subito che sono scritti da qualcuno che ha esperienza diretta. Ed il tono, se posso permettermi, è... bè... diciamo che se ne aprissi uno adesso, lo leggerei immaginando la sua voce-

Graves non sapeva se doveva iniziare a preoccuparsi o meno.

Possibile che altre persone avessero notato quelle cose?

Ancora una volta ringraziò di essersi allontanato dall'America, perché se anche qualcuno dei suoi ex colleghi l'avesse riconosciuto dietro lo pseudonimo, un oceano di mezzo lo avrebbe aiutato a mantenere la sua tranquillità.

-Capisco... tu sei sempre convinto di non voler entrare nella squadra investigativa degli Auror?-

-Assoltamente convinto, signor Graves-

-Riusciresti bene, te l'ho già detto una volta. O forse no-

-No, non me l'ha detto-

-Però l'ho pensato. Piuttosto, non hai fatto nessuna prova per verificare la mia identità. Sei stato imprudente-

Credence scosse la testa.

-Invece ho verificato-

-Come?-

-Il fatto stesso che lei sia arrivato a Londra e mi abbia cercato nel posto giusto. Vede, io lo so che Grindelwald è ancora in circolazione e che se sapesse che io sono vivo potrebbe provare a convincermi a passare dalla sua parte. Una lettera smarrita o intercettata dalla persona sbagliata può essere molto pericolosa. Forse lei non ha mai controllato, ma le mie lettere erano incantate in modo da non mostrare il mittente a nessuno se non a lei, e da non poter essere aperte da nessuno se non lei-

Credence tacque un po' a disagio.

Lo spettro di Grindelwald, con i sui occhi pallidi, non era un ricordo piacevole per nessuno dei due.

-Hai usato una sorta di Traccia. Come hai fatto?-

-Ho usato le spille a forma di scorpione. Le ha indossate anche Grindelwald ma lui non ha capito cosa erano. Non gli appartenevano come appartengono a lei-

Sapeva perfettamente cosa intendesse Credence. Non bastava rubare una cosa per ottenerne il possesso.

Sembrava una cosa scontata ma non lo era affatto, e Graves era colpito dal fatto che un ragazzo così giovane l'avesse capita e saputa sfruttare.

Graves gli posò una mano sul polso.

-Credence. Hai fatto un ottimo lavoro. Sono orgoglioso di te-

Sebbene Credence avesse gli occhi bassi, il suo sorriso avrebbe potuto illuminare tutto il locale.

Improvvisamente a Graves venne un'idea. Forse una delle migliori idee che avesse mai avuto.

-Credence. Tu sai duellare, non è vero?-

-Duellare? Bé, conosco gli incantesimi di difesa-

-Ma non hai mai fatto pratica. Non ti sei mai battuto con nessuno, nemmeno per esercizio?-

-No. Non ne ho mai avuto motivo-

-Quindi non hai nessuna esperienza. Ti insegnerò io-

In tempi come quelli Credence non poteva non sapersi battere, e se lui poteva evitare al ragazzo di correre qualsiasi tipo di rischio lo avrebbe fatto.

-Oh, no, signor Graves, non posso...-

-Credi di non averne bisogno?-

-No, ne avrei bisogno, ma...-

-Allora è deciso. Io mi fermo a Londra, tu trova almeno un'ora al giorno per fare pratica-

Credence esitò ancora un po' prima di rispondere -E va bene-

Graves immaginò che si fosse arreso perché sapeva quanto lui potesse essere testardo, e provò un vago senso di colpa per essere stato così brusco.

Probabilmente lui era l'unica persona al mondo che riusciva ad essere autoritaria anche quando faceva un favore.

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Nel Cerchio della Strega


Bentornati!

Se siete arrivati a leggere fino a qui immagino che siate anche voi più o meno fissati con la coppia Gradence (O Gravebone... o come altro volete chiamarla).

Come avete già letto nell'introduzione, questa storia è il seguito di "Iniquity", nonché la quarta parte della serie "La strada di casa".

La storia precedente mi è servita per ricostruire da zero il rapporto tra Credence e Graves (non dimentichiamo che di fatto nel film loro non si sono mai conosciuti), questa invece è una storia dove il loro rapporto si evolve come rapporto di coppia.

Sinceramente quando ho iniziato la serie non avevo minimamente immaginato di inserire una storia Gradence, ma ormai mi è riuscito così bene e quindi... sorpresa!

Un ultima nota e poi la smetto di rompere i boccini: notate la colonna sonora della serie, dalle canzoni Disney al power metal a Jennifer Lopez. C'est la vie.


Lady Shamain








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Capitolo 2
*** Week end ***


Capitolo 2

Week end


Do you remember when we fell under
Did you expect me to reason with thunder
I still remember when time was frozen
What seemed forever was just a moment

***

In quei due anni Graves aveva dimenticato come fosse avere a che fare di persona con Credence Barebone.

Se ne ricordò appieno solo la sera della loro prima lezione, cioè esattamente il giono dopo il loro primo incontro.

Per esercitarsi avevano scelto un posto isolato in mezzo alla campagna, dove non avrebbero dato fastidio a nessuno e dove non potevano essere visti accidentalmente dai babbani.

Nonostante il posto fosse parecchio fuori mano, Graves aveva impiegato tutte le barriere che conosceva.

Probabilmente Credence pensava che fosse paranoico, ma lui sapeva cosa faceva.

Quello che aveva in mente era una versione accelerata del corso di difesa che lui aveva frequentato all'Accademia e che poi aveva supervisionato come insegnante.

Credence imparava in fretta gli incantesimi, ma Graves sapeva che ciò che faceva davvero la differenza in un duello era il tempo di reazione.

Credence aveva borbottato qualcosa a proposito di "logica del Far West" e "chi estrae per primo vince" e Graves l'aveva spedito a gambe all'aria prima che avesse finito di formulare la frase.

Come se non fosse statunitense anche lui!

-Vedi che la logica del Far West serve?-

Come era prevedibile, Credence si era rialzato subito.

In una sera Graves aveva ritrovato tutte le qualità che lo avevano colpito in Credence la prima volta che lo aveva conosciuto: l'essere tenace, incassare senza lamentarsi ma imparando tutto quello che poteva da un errore, applicarsi senza sosta finché qualcosa non gli riusciva.

E poi lo sguardo del ragazzo ogni volta che si rialzava.

Nei suoi occhi castani leggeva ogni volta la determinazione a fare di meglio.

Graves voleva che Credence arrivasse a innalzare uno scudo immediatamente, per puro istinto e senza nemmeno pensare.

Prima ancora di disarmare l'avversario era importante proteggere sé stessi, per questo Graves continuò a schiantarlo per un'ora.

Non era difficile cogliere Credence di sorpresa.

Il ragazzo si lasciava distrarre, non era perfettamente concentrato e, errore ancora più grande, si fidava di lui.

Solo dopo essere rotolato a terra un bel paio di volte riuscì a capire come funzionavano le cose.

Finalmente dopo un'ora Credence aveva capito che doveva tenere d'occhio ogni suo movimento, e lui doveva essere sempre più sottile nello scegliere il momento in cui colpirlo.

Erano da poco passate le nove quando Graves decise che poteva bastare.

Se Credence fosse stato un allievo dell'Accademia non avrebbe esitato a continuare finché non l'avesse fatto crollare a terra esausto, ma Credence non era un aspirante Auror; era un correttore di bozze, ed il giorno dopo avrebbe dovuto presentarsi al lavoro senza essere pesto e dolorante.

Credence si era rialzato l'ennesima volta e a Graves venne voglia di provare quanto a lungo avrebbe resistito prima di chiedere una tregua.

Probabilmente finché non fosse svenuto per la stanchezza, pensò con uno strano misto di orgoglio, divertimento e rassegnazione.

-Va bene, Credence, basta così per adesso-

Il ragazzo tuttavia rimase teso come se si aspettasse un altro attacco.

Forse ricordava troppo bene tutte le volte in cui lui gli aveva fatto abbassare la guardia per poi colpirlo a tradimento, e questo pensiero mise Graves molto a disagio.

Certo, lui voleva che Credence imparasse a diffidare, ma che non avesse fiducia in lui era una cosa che lo feriva.

Ripose la bacchetta nella tasca interna e gli si avvicinò mantenendo le mani bene in vista.

-Ho detto che basta così. Adesso andiamo. Ti riporto a casa- gli disse tendendogli una mano per la Smaterializzazione congiunta.

Non voleva rischiare che il ragazzo si Spaccasse perché era troppo provato per controllare "Destinazione, Determinazione e Decisione".

Lui si rilassò con un sospiro ed accettò l'aiuto.

Quando gli prese la mano e lo guardò senza più sospetto, Graves provò un moto di sollievo.

***

Graves aveva scelto come posto per riapparire lo spazio antistante la casa editrice.

Credence abitava lì vicino, ma lui aveva preferito non piombare tanto vicino a casa sua perché gli sembrava un'intrusione troppo personale.

Ed in ogni caso voleva un paio di minuti per parlare con il ragazzo.

-Sei stato bravo- gli disse.

Lo vide sorridere ed abbassare gli occhi subito dopo.

-Credence, guardami- lo fece fermare in mezzo alla strada perché sapeva che era meglio chiarire subito -Io sono un insegnante molto severo. Credo di essere stato il terrore di qualche decina di allievi. So insegnare a duellare ma non so essere gentile. Forse a volte ti sembrerò disumano, forse peggio di quando ero impegnato a fare la tua valutazione, ma ricordati sempre che tutto quello che farò, sarà per il tuo bene-

Credence annuì, ma lui ancora non aveva finito.

C'era un'alra cosa che gli restava incastrata in gola come una spina.

-E ricordati soprattutto che io non ti farei mai del male. Questo vorrei che fosse chiaro. Durante gli allenamenti non mi farò nessuno scrupolo a colpirti, se servirà a farti imparare qualcosa, ma al di fuori puoi stare certo che non ti torcerei un capello-

Finalmente Credence gli regalò uno dei suoi sorrisi.

-Questo lo immaginavo, signor Graves. Ma la ringrazio per avermelo detto-

Graves annuì. Aveva fatto bene a parlare allora.

Non avrebbe mai voluto che Credence finisse come certi suoi ex allievi, che affrontavano maghi oscuri a testa alta ma ancora dopo anni evitavano lui nei corridoi.

-Bene, ragazzo. Buona notte-

Fece appena in tempo a sentire "Arrivederci, signor Graves" che si era già Smaterializzato.

***

Credence scoprì che era vero: Percival Graves poteva essere un insegnante davvero molto, molto severo.

Era capace di guardarlo con occhi come l'acciaio e schiantarlo senza pietà mentre lui si stava ancora rialzando stordito dal colpo precedente.

Ma tutto quello serviva.

Credence stava sviluppando dei riflessi che non immaginava neppure di possedere.

Scoprì che gli bastava pochissimo per mettersi in allarme.

Bastava che Graves muovesse leggermente il polso e lui subito faceva scattare l'Incanto Protego.

A volte era abbastanza veloce e gli incantesimi di Graves si infrangevano sulla superficie invisibile del suo scudo, altre volte invece non era abbastanza rapido o l'incantesimo non era abbastanza potente e allora lui finiva a rotolare nell'amena campagna inglese.

Se gli andava particolarmente male ed aveva appena piovuto, si trovava bagnato fradicio ed inzaccherato di fango ed erba.

Una volta ebbe il coraggio di chiedere a Graves se tutti gli insegnanti di difesa contro le arti oscure fossero come lui.

Graves gli rispose che no, assolutamente lui era il più cattivo e bisbetico che gli potesse capitare; quando lui rise lo schiantò ancora una volta, però pianissimo, ed ebbe l'accortezza di attutirgli la caduta.

Poteva permetterselo: dopotutto avevano finito l'ora di allenamento.

Graves era ancora un uomo severo ed enigmatico per molti versi.

Era sempre chiusissimo in sé stesso, ma le rare volte che Credence vedeva una vera emozione sul suo viso, gli sembrava di vedere un mondo diverso.

Alla fine di ogni allenamento lo aiutava a rialzarsi, gli medicava le contusioni peggiori, e se i suoi vestiti erano ridotti troppo male lo aiutava a rimediare ai danni più grossi.

Graves era un uomo duro, ma era anche in grado di prendersi cura di un'altra persona con grande generosità.

Si guardava benissimo da fargli qualunque complimento, tuttavia quando accadeva che lui riuscisse ad innalzare una barriera perfetta nell'arco di una frazione di secondo, attraverso i lampi che incrinavano l'aria vedeva Graves che annuiva soddisfatto; allora gli sembrava che il suo cuore stesse per scoppiare per qualcosa che non aveva niente a che fare con la fatica.

Dopo una settimana di allenamenti Credence aveva tanti lividi in più, ma erano meno di metà gli incantesimi di Graves che lo spedivano a terra.

E poi rivederlo e passare del tempo insieme a lui era proprio quello che Credence aveva desiderato.

Entrambi conoscevano segreti uno dell'altro, cose che nessun altro sapeva, e questo creava un rapporto speciale tra di loro.

Era fiducia e cameratismo.

Erano uniti anche dal fatto che Grindelwald aveva ferito entrambi molto a fondo, sebbene in modi diversi, ma nessuno dei due aveva ancora avuto il coraggio di sollevare l'argomento.

***

Credence ricordava che Percival Graves aveva un rispetto sacrosanto per il riposo del fine settimana.

Si domandava se ciò fosse cambiato negli anni, per questo aveva fatto silenziosamente una scommessa con sè stesso.

Lui propendeva per il "nessun cambiamento", e giovedì aveva deciso che, se fosse stato vero, si sarebbe concesso una porzione extra di pallotti cioccocremosi.

Quando si salutarono venerdì sera, puntuale come Credence si era aspettato, Graves gli disse -Immagino che tornerai a casa per il fine settimana. Ci vediamo lunedì-

Dovette impedire che il suo sorriso andasse da un orecchio all'altro e cercò di nascondersi abbassando la testa e confidando nel buio.

-Va bene. Arrivederci, signor Graves-

Il mago gli lanciò uno sguardo perplesso ma si smaterializzò senza ulteriori commenti; Credence invece rimase lì a sorridere nel vano del portone.

Lui adorava i cioccocremosi, ma la soddisfazione più grande era essere riuscito a capire qualcosa di quell'uomo.

***

Nonostante non avesse più un lavoro d'ufficio, Graves cercava di mantenere una routine settimanale.

Erano davvero poche le cose a cui aggrapparsi da quando Grindelwald aveva fatto deragliare la sua vita, ed il riposo nei week end era una di quelle.

Anche quando era in piena attività, Graves cercava sempre di staccare durante quelle quarantotto ore perché conosceva benissimo i rischi del sovraffaticamento fisico e mentale.

In caso di emergenzee straordinarie lui era il primo a correre al Woolworth Building a qualsiasi ora, ma se tutto era tranquillo i sabati e le domeniche erano delle bolle di tempo strettamente private in cui lui si prendeva cura di sé stesso.

In viaggio era ancora più facile.

Passò il suo primo week end a Londra alla scoperta della città, concedendole un pò di confidenza in più, ed anche se sotto il cielo plumbeo di inizio ottobre il paesaggio non dava il meglio di sé, Graves cominciava a pensare che Londra gli piacesse.

Visitò posti magici e non; la società nomag lo incuriosiva ed infatti aveva adottato alcune cose che gli sembravano funzionali.

Gli abiti per esempio, oppure la stilografica a cui teneva almeno quanto alla sua bacchetta.

Stimava anche la musica classica dei nomag, e non di rado faceva piccoli strappi alla regola e catturava le melodie che più gli piacevano in piccole bolle lucenti.

Il meccanismo era lo stesso delle bolle con le profezie all'interno e tecnicamente quell'incantesimo avrebbe dovuto essere usato da persone specializzate a quell'unico scopo, ma Graves sapeva quando poteva concedersi di essere indulgente.

Spinto da pura curiosità, prima di mezzogiorno entrò in una libreria babbana.

Non cercava nulla in particolare e declinò con gentilezza l'offerta di aiuto del proprietario, aggirandosi da solo tra gli scaffali.

Benché lui avesse più familiarità con il mondo nomag di tanti altri maghi, i titoli molte volte evocavano cose di cui non sapeva nulla.

Avrebbe potuto essere utile avere Credence che gli facesse da guida.

"Paradise lost"

Graves si trovò a fissare quel titolo al tempo stesso con una profonda consapevolezza e senza vederlo affatto.

Stava per pensare qualcosa di importante ma gli era sfuggito di mente in un guizzo.

Scosse la testa irritato.

Non sapeva nemmeno se fosse stato davvero il libro a distrarlo, comunque si trovò a prenderlo dallo scaffale.

La copertina era di pelle scura con il titolo stampato in lettere rosse leggermente scrostate nei bordi, come sulla costola, ma all'interno l'illustrazione in prima pagina catturò la sua attenzione.

Era un angelo ma con ali da pipistrello; i suoi vestiti erano stracciati e scoprivano un petto liscio ma muscoloso; dal fianco gli pendeva il fodero vuoto di una spada.

I capelli erano scompigliati come se fosse reduce da una lotta; il viso, teso verso l'alto e colpito con violenza da un raggio di luce, aveva un'espressione che era allo stesso tempo sfida ed accusa.

C'erano altri elementi su cui al momento non riusciva a focalizzare l'attenzione, ma ciò che aveva visto era bastato per comunicargli un senso di coraggio disperato e di rifiuto ad arrendersi; Graves non sapeva se fosse normale provare stima per una stampa, ma ormai aveva stretto un legame con il soggetto del disegno e per quello, solo per quello, si decise a comprare il libro.

Sul suo contenuto avrebbe indagato dopo, magari insieme a Credence.

***

L'atmosfera di casa lo accolse già dal vialetto d'ingresso come un abbraccio.

Credence aveva vissuto lì solo tre anni, ma era come se ci fosse stato una vita intera per quanto era stato felice, ed il pensiero di essere vicino a casa e di poterci tornare quando voleva lo faceva sentire sempre bene.

Si era materializzato nell'angolo che Newt aveva recintato apposta per poter apparire senza rischi.

Con una bambina di tre anni che scappava in giardino ogni volta che poteva e lasciava giocattoli un po' ovunque sull'erba, il rischio di tornare a casa, inciampare in qualcosa e dover andare immediatamente in ospedale era molto alto.

Appena uscito dal cancelletto fu accolto da uno strillo acuto e qualcosa di piccolo, biondo e incredibilmente vivace si fiondò contro le sue ginocchia.

-Credencecredencecredence!-

Avrebbe potuto essere un nuovo cucciolo e invece era la sua sorellina Elinor.

Credence la sollevò in aria e la fece roteare un paio di volte. Era inebriato della sua risata deliziata e resa leggermente stridula dal volo.

Quando fosse cresciuta forse sarebbe diventata un animagus, e allora sarebbe stato un uccello.

Se non avesse mai scelto di trasformarsi avrebbe comunque avuto un patronus, e allora sarebbe stato quello a volare.

Sarebbe stato un gabbiano o una rondine, e lei lo avrebbe creato magari pensando al suo fratellone.

Credence si fermò prima di far venire le vertigini ad entrambi e la tenne ancora in braccio.

Evitò di darle un bacio perché sapeva che Elinor si sarebbe messa strillare: era nella fase del rifiuto delle coccole, tranne quando era lei a decidere che le fossero dovute.

-Ciao, piccola peste!-

-Non sono una peste, oggi sono una banshee! Senti-

E si produsse in uno strillo che gli perforò un timpano.

-Non potresti essere una banshee silenziosa?-

-Certo che no! Le banshee sono creature che urlano, ed il loro urlo paralizza le persone- Ritenne opprtuno dare un'altra dimostrazione.

Credence decise di ricorrere alla tattica collaudata: uno scambio di favori.

-Facciamo così. Se tu riesci a fare la banshee silenziosa, io ti racconto una bella storia. E poi abbiamo il nostro segreto-

-Abbiamo un segreto?-

La parola "cioccocremosi" ebbe l'effetto miracoloso.

In tre secondi il suono delle urla fu sostituito da quello molto più pacifico del masticare, mentre una pallina spariva a morsi nella bocca della bimba.

Credence aveva il sospetto che i bambini piccoli fossero come i serpenti, cioè avessero una mascella priva di articolazione per spalancare la bocca il più possibile per ingurgitare qualcosa che andava loro a genio.

Mentre lei masticava soddisfatta, Credence potè finalmente dedicare un po' di attenzione a Newt.

Il magizoologo era rimasto in disparte ad osservarli ed era ancora seduto per terra.

Dalle macchie sulle ginocchia e sui palmi delle mani era evidente che fino a quel momento avesse giocato rigorosamente per terra con sua figlia.

Credence gli sorrise e allora lui si alzò per andargli incontro.

-Non so se mi manchi di più quando ti rivedo dopo una settimana o quando stai per andartene di nuovo-

Lo abbracciò svelto, mentre Elinor era ancora distratta dalla pallina di cioccolato con cui si stava impiastricciando la faccia.

Credence non voleva dirlo per non farlo preoccupare, ma anche a lui mancavano Newt e Tina.

Ritrovarsi nei fine settimana era una festa er tutti loro.

-Adesso vai a casa. Tina ti aspetta e ti avverto che ha il distintivo-

Credence rise.

Quello era un codice per avvertirsi tra loro quando Tina Goldstein aveva intenzione di scoprire qualcosa su uno dei due.

-Non preoccuparti, papà. So di cosa vuole parlarmi. Va tutto bene-

Lo lasciò con un ultimo sorriso rassicurante ed entrò in casa.

Dalla cucina proveniva un lieve acciottolio e Credence bussò piano prima di entrare.

In realtà non ne ebbe bisogno, perché non appena Tina lo vide sulla porta corse ad abbraciarlo come se fosse appena sfuggito ad un incendio.

-Mamma, sto bene- protestò piano Credence.

Non aveva niente contro gli abbracci, anzi lui era il primo a desiderare contatti affettivi, ma non voleva che Tina si preoccupasse inutilmente.

Lei lo lasciò andare e poi, esaurita la preoccupazione materna, passò al suo lavoro di Auror.

Gli prese il viso tra le mani e lo esaminò alla ricerca di ferite o qualsiasi altro segno anomalo.

-Sto bene, davvero- le ripetè cercando di sembrare convincente.

Lei lo guardò negli occhi e Credence sapeva che quello era l'esame più importante.

-Credence, perché continui a frequentare Graves?-

-Mamma, lui mi insegna...-

-Cosa?-

-A battermi-

-Perché mai dovresti batterti?-

-Grindelwald è ancora in circolazione. Può succedere di tutto ed io voglio essere pronto-

Tina distolse lo sguardo. Sapeva che il ragionamento era giusto, ma ancora non era convinta.

-Ma ti fa male. Credimi, io so come insegna Graves-

-Allora sai anche che insegna bene. È il migliore, e non vuole farmi del male. Lo fa davvero per il mio bene-

Lei si morse le labbra.

-Sì. Lo so che è il migliore. Ma ti prego, stai attento-

Stavolta fu lui ad abbracciarla. Tina era una donna straordinaria, e Credence le sarebbe stato grato fino all'ultimo respiro.

-Non preoccuparti, mamma. Andrà bene-

-Lo spero. Per lui, lo spero. Adesso per favore, vai a prendere un po' Elinor, così tuo padre potrà fare una doccia come si deve prima di pranzo-

-Agli ordini, capo-

Credence scappò via prima che Tina potesse coinciare ad emettere fumo dalle orecchie perché lui l'aveva presa in giro.

Elinor era già in cerca di lui e della storia che le aveva promesso, così Credence la prese dalle braccia di un Newt più arruffato e stravolto che mai e la portò con sé nell'angolo delle storie.

Era l'angolo del tappeto tra il camino, la poltrona e Credence.

Elinor pretendeva il suo cuscino su cui sedersi, pretendeva il camino acceso e pretendeva che nessuno interrompesse la storia.

Erano molte cose per una bambina di tre anni, ma Credence e Newt nella maggior parte dei casi non avevano il coraggio di dirle di no.

-Racconta- ordinò una volta che si fu accomodata sul cuscino di velluto.

Credence non aveva in mente una storia in particolare quando aveva fatto la sua promessa, ma nel momento in cui si sedette la sua mente cominciò a lavorare e la favola si formò praticamente da sola.

Elinor non interrompeva praticamente mai, si limitava a fissarlo con i suoi occhioni sgranati e completamente incantata dalle sue parole.

-C'era una volta un giovane mago che viaggiava per scoprire nuovi incantesimi. Un giorno dovette attraversare una catena montuosa, ma mentre era ancora a metà della strada, calò la notte e lui si mise alla ricerca di un rifugio dove aspettare l'alba. Mentre camminava si imbattè in una caverna, e sembrava che ci fosse anche un fuoco già acceso all'interno. Il giovane mago entrò, ma presto si pentì della sua scelta perché la caverna era la tana di un drago, ed il fuoco era il respiro della creatura. Il drago era stato incatenato lì da un mago oscuro per fare la guardia al suo tesoro. Il ragazzo voleva scappare ma l'enorme lucertola lo catturò con un unico colpo di coda. Lo aveva afferrato tra le zampe e stava per divorarlo, ma il ragazzò riuscì a prendere la sua bacchetta e a fare un incantesimo che bloccasse i movimenti del drago.

La bestia crollò a terra, ed il giovane voleva solo scappare via, ma scoprì che la caverna era sigillata da un incantesimo.

Allora il drago gli parlò.

"Non puoi più uscire. Queste sono le regole. Il mio sigillo mi impone di proteggere il tesoro e di uccidere chiunque entri qui dentro o di essere ucciso. Tu mi hai sconfitto, ma finché io sarò in vita non potrai uscire"

"Come posso fare? Aiutami, creatura antica, dimmi come posso andare via"

"La mia morte distruggerà anche il tesoro ed il mago non vedrà mai la sua ricchezza nelle mani di qualcun altro. Se io morirò tu sarai libero. Senza rancore, ragazzo, fai quello che devi"

Ma il giovane mago non voleva uccidere quella creatura. Il drago era stato costretto da un sortilegio e non aveva colpa. Non sapeva nemmeno come fosse fatto il tesoro che doveva difendere a costo della vita.

"Io non voglio ucciderti. Tu sei una creatura nobile condannata da un destino ingiusto. Non voglio che tu soffra anche a causa mia"

Allora il ragazzo pianse per il drago, e le sue lacrime caddero sulle squame.

Dove una lacrima cadeva, la pelle da rettile si spaccava e faceva vedere al di sotto la pelle di un uomo.

Il ragazzo tese le mani verso il drago e lo accarezzò, e man mano la pelle squamosa si staccava. Rimase come un guscio vuoto ma dentro c'era qualcosa.

Era un principe che era stato trasformato in drago dal mago oscuro.

"Tu hai spezzato la mia maledizione. Te ne sono grato"

"Ma io non ho fatto nulla"

"Sì invece. Hai pianto per me. Hai provato pietà per un mostro. Questo è un potere più grande di qualsiasi maledizione"

Si presero per mano e scapparono via da quel posto maledetto, lasciando per sempre alle spalle l'avidità del mago oscuro ed il dolore che aveva causato. Fine della favola-

Elinor però non aveva finito.

-Ed il tesoro? Hanno portato via anche quello?-

-No, lo hanno lasciato dov'era-

-Perché?-

-Perché non gli interessava. Avevano trovato qualcosa di molto più prezioso-

-Cosa hanno trovato?-

-L'amore-

-Si sono innamorati?-

-Sì-

Elinor ci pensò su.

-Quando sarò grande, anche io voglio incontrare un principe trasformato in drago e salvarlo dalla sua maledizione-

Sentenziò alla fine.

-Lo troverai sicuramente, principessa. Adesso la storia è finita, che ne dici, andiamo a vedere se è pronto il pranzo?-

Solo quando lui decretava ufficialmente che la storia era conclusa (e se lei non aveva altre domande) Elinor accettava di lasciare il loro angolo speciale.

Credence alzò gli occhi e vide che Tina era sulla porta.

Distolse lo sguardo ed arrossì, perché si vergognava delle storie che creava; gli sembrava che agli occhi di una persona adulta dovessero sembrare ridicole.

E Tina era lì da chissà quanto tempo... chissà quanto aveva sentito?

-Elinor, tesoro, vai con papà a lavarti le mani adesso-

Credence sapeva che Tina voleva che lui restasse. Aveva l'impressione che volesse dirgli qualcosa.

Lei gli si avvicinò con un sorriso.

-Era una storia molto bella-

-Era per una bambina- si schermì lui -Non credo che fosse particolarmente interessante-

-Lo era invece. Fidati. A me è piaciuta molto, e vorrei sentirne delle altre un giorno-

Credence si mosse in imbarazzo. Davvero non sapeva che rispondere.

Tina fece un cenno verso il divano e lui si sedette. Lo sapeva che sua madre non voleva parlare solo di storie.

-Sai, Credence, quando eravamo a New York io ho lavorato per un periodo all'ufficio per i permessi per le bacchette magiche. C'erano schedate tutte le bacchette in circolo negli Stati Uniti ed io non ho resistito alla tentazione di dare una sbirciata ai file dei miei colleghi-

-Hai cercato la bacchetta di Percival Graves?-

-Ottima deduzione. È stato il primo fascicolo che ho cercato per vendicarmi del fatto che mi aveva degradata. O almeno ero convinta che fosse stato lui-

-E...?-

-E, non so se tu lo sai, ma la sua bacchetta è legno di ebano e corda di cuore di drago-

Credence trasalì.

Certo. Corda di cuore di drago. Non ci aveva mai pensato, ma adesso che lo sentiva gli sembrava assolutamente ovvio. Come se in realtà lo avesse sempre saputo.

-Davvero è corda di cuore di drago? Non gliel'ho mai chiesto-

-Ma la cosa non ti sorprende-

Credence ci pensò. No, non era sorpreso.

Era contento per aver indovinato qualcos'altro di Percival Graves, stavolta una cosa personale.

-No, non mi stupisce. È adatta a lui-

-Ahi ahi... come pensavo...-

-Mamma?- non potè impedire ad una nota di panico di incrinargli la voce.

-No, no, tranquillo... voglio solo dirti che capire così bene una persona è segno di un legame molto forte-

Credence arrossì fino all'attaccatura dei capelli.

Lui e Graves? No, certo che no! Si era infatuato di Grindelwald ai tempi, ma erano altre circostanze.

Grindelwald era un'altra persona e... bè, anche lui lo era.

-Ecco, appunto, era questo che intendevo. Credence, dimmi, lui ti piace?-

-Non lo so. Cioè... per adesso lo conosco troppo poco-

-Capisco. Bene, questo semplifica le cose, in un certo senso-

-Perché?-

-Perché sarai in grado di giudicare se è la persona adatta a te oppure no-

-Ma mamma! Io non penso a Graves in quel senso!-

-Forse no. Ma se dovesse succedere, per favore, stai attento e chiedi a te stesso se ti piace veramente lui o se stai cercando di riparare al dolore che ti ha fatto provare Grindelwald quando ti ha abbandonato-

Credence scosse la testa.

No, almeno di una cosa era assolutamente certo.

-Lui non assomiglia affatto a Grindelwald-

-Davvero?-

-Nel modo più assoluto. In effetti somiglia molto di più ad uno knarl-

-Dovresti dirglielo. Sarebbe molto romantico-

Credence scoppiò a ridere.

Certo, sarebbe stato assolutamente romantico dire a Graves che lo riteneva simile ad un porcospino che si offendeva a morte se gli veniva offerto qualsiasi aiuto!

***

Graves aveva finito di pranzare da poco. Aveva scelto di tornare al Paiolo Magico e di mangiare in camera sua perché lui era sempre quello che detestava dividere il momento dei pasti.

L'unica eccezione era Credence ma al momento il ragazzo non c'era, per cui lui poteva tornare a fare l'asociale.

In camera, comodamente seduto in poltrona, aveva iniziato a sfogliare il libro, ma aveva scoperto presto che era di una noia mortale: era scritto in poesia.

Lui non aveva più niente a che fare con le poesie da quando aveva sentito per l'ultima volta la canzone del cappello parlante di Ilvermorny!

L'illustrazione di copertina lo incuriosiva, ma lui non aveva certo la pazienza necessaria a leggere chilometri di versi per sapere di cosa parlasse.

Se prima aveva pensato di chiedere a Credence, adesso non gli sembrava più una buona idea: dopotutto il ragazzo era cresciuto tra i nomag ma di sicuro con Mary Lou non aveva potuto avere un'educazione alla letteratura, e poi, quando era passato al mondo magico, non c'erano motivi per cui dovesse più interessarsi alla letteratura babbana.

Graves sbuffò forte.

Aveva dato per scontate delle cose. Era stato superficiale. Senza contare che già il titolo religioso avrebbe potuto risvegliare brutti ricordi.

Scosse la testa.

Era stato veramente uno stupido a farsi convincere da un'illustrazione di copertina, che per di più nemmeno si muoveva.

Prima di ricadere nella brutta abitudine di rimuginare sulle cose decise di uscire.

Non era tardi, aveva ancora un paio di ore di luce da sfruttare, ma appena fu al piano di sotto si accorse che c'era un'atmosfera strana.

Non capiva perché mai il bancone e la sala fossero addobbati con strisce di stoffa bianca e rossa intrecciate, e quando chiese a Thomas lui gli rispose che era per la partita di quidditch.

Certo! Sabato era il giorno delle partite!

-E mi dica, dove è possibile guardare la partita?-

-Qui al piano terra. Il posto migliore per vedere lo schermo è quell'angolo a sinistra del camino, ma io non le consiglio di occuparlo-

-Perché?-

-Perché è il mio posto-

Graves dovette incassare senza un fiato.

Non era più uno dei ministri del MACUSA, ed essere surclassato dal proprietario di una locanda era uno degli svantaggi; per quanto Graves avesse il sospetto che Thomas lo avrebbe fatto sloggiare di forza dal suo posto anche se lui fosse stato il Ministro della Magia in persona.

-A che ora inizia la partita?-

-Alle otto, ma se non vuole guardarla in piedi le consiglio di essere qui minimo alle sette-

Le sette. Bè, perché no? Aveva due ore per andare in giro e poi tornare in tempo.

Ringraziò il proprietario e uscì.

***

Credence era sgattaiolato di nascosto in cucina a caccia di una porzione extra di sfoglie alla crema, sebbene fosse quasi ora di cena e lui fosse ancora sazio dal pranzo.

I dolci di suo zio Jacob erano qualcosa di meraviglioso, e Credence si stupiva ogni volta che ricordava che per farli non usava la magia.

-Ne resterà almeno uno per me?- chiese Newt alle sue spalle.

-Forse, se sarai abbastanza veloce-

Il magizoologo prese le sue parole alla lettera e si impossessò della penultima sfoglia.

-Adesso forse possiamo parlare delle tue lezioni di duello con il signor Graves, ti va?-

-Non c'è molto da dire, comunque chiedi pure-

-Per prima cosa vorrei sapere se ti sta strapazzando troppo-

Credence riuscì a sorridere nonostante avesse la bocca piena.

-Ci puoi scommettere. Ma poi mi cura. È questo il punto, credo-

-Sì, lo credo anche io. Credence? Mi ricordo di cosa mi hai detto quando lui è venuto qui la prima volta. Tu vuoi ancora aiutarlo, non è vero?-

-Vorrei. È terribilmente chiuso, e questo dà l'esatta misura di quanto sta soffrendo. Vorrei che mi permettesse di aiutarlo-

Newt gli sorrise.

-Sei un bravo ragazzo, Credence. Spero che Graves capisca cosa fai per lui e che lo apprezzi-

Forse gli avrebbe detto qualcos'altro, ma furono interrotti da Tina.

Mani sui fianchi, cipiglio di disapprovazione...

-Spero per il vostro bene che me ne abbiate lasciata almeno una-

Entrambi si fecero da parte per lasciarle spazio, e anche l'ultima sfoglia alla crema della pasticceria Kowalsky sparì magicamente.

***

Se aveva deciso di non attirare l'attenzione su di sé, Percival Graves aveva miseramente fallito.

Non era stata sua intenzione urlare in quel modo, ma andiamo, era una cosa troppo evidente!

La partita era finita in parità perché entrambi i cercatori avevano toccato il boccino nello stesso momento, e allora si era andati ai rigori.

Nel momento in cui il cacciatore aveva tirato indietro il braccio lui aveva capito subito che quel tiro sarebbe stato una finta, e allora, trascinato dall'entusiasmo della partita, lo aveva urlato in mezzo alla sala che stava in silenzio con il fiato sospeso.

Qualcuno gli indirizzò uno "shh" irritato e allora lui si era sentito in imbarazzo come non mai.

Qualcun altro mormorava contro "questi americani presuntuosi" e allora lui aveva cominciato seriamente a pensare di scappare via e di evitare i contatti sociali per il resto del suo soggiorno.

Poi il Cacciatore aveva tirato, il portiere si era gettato (dalla parte sbagliata) ed erano stati dieci punti che avevano salvato la partita.

I tifosi della squadra vincitrice avevano esultato ed anche Graves, ma non per la vittoria; no, lui esultava perché sapeva di essere un fottuto americano presuntuoso che aveva fottutamente ragione.

Il giorno dopo quando scese a prendere il suo giornale vide che tre maghi si davano di gomito e lo indicavano.

Fece finta di niente ma in realtà si era irrigidito.

Che volevano? E se uno lo avesse riconosciuto? Cazzo, ma che gli era saltato in testa di fare quella scenata!

Falso allarme. I tre gli sorridevano e lo avevano invitato a fare colazione al loro tavolo.

Graves esitava. Ma sì... in fondo la colazione non era uno dei pasti principali e poteva fare un'eccezione.

***

Sabato sera era sempre un brutto momento. Ogni volta Credence doveva iniziare a salutare Elinor almeno un'ora prima per convincere la bambina che sì, lui doveva proprio andare.

Era sulla porta quando Tina lo raggiunse con un sacchetto di carta.

-Sono biscotti. Lo sai che voglio che tu faccia una buona colazione-

Erano queste le piccole cose che facevano scoppiare Credence di felicità.

Era un calore per cui avrebbe potuto scigliersi e decidere di non tornare a Londra.

Abbracciò stretta Tina anche a rischio di rompere qualche biscotto, poi scappò nell'angolo delle materializzazioni prima che Elinor si accorgesse della sua assenza e cominciasse a reclamare il suo fratellone.

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Nel Cerchio della Strega


Salve a tutti! Soprattutto complimenti a chi è sopravvissuto a questo carico pesante di fluff...

Alla fine ho deciso che il bambino di Newt e Tina (andate a rileggere "Iniquity" se volete sapere più in dettaglio di cosa sto parlando) sarebbe stata una bambina.

Una piccola peste bionda, per la precisione. So che Tina è bruna, ma sua sorella Queenie non lo è, e siccome anche Newt è chiaro mi è sembrato possibile.

Le favole di Credence ricordatele, perché sono importanti.

Oltre questo, ho scoperto che esiste la sezione "Animali fantastici e dove trovarli" nella categoria film.

Vorrei spostare tutta la serie nella sua legittima sezione, ma lì l'elenco dei personaggi non è ancora completo, per cui fate un'opera buona: andate ed aggiungete il vostro voto per Credence.

Grazie...


Lady Shamain








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Capitolo 3
*** Mano sinistra ***


Capitolo 3

Mano sinistra


Hurry up, hurry up
There's no more waiting
We're still worth saving

***

Non si erano dati un appuntamento preciso per il lunedì, ed una cosa che Credence non aveva previsto era che avrebbe ricevuto un biglietto di Percival Graves insieme alla posta della mattina.

Gli diceva che avrebbero potuto vedersi alle otto e mezza, dopo cena.

C'era scritto anche che c'era bisogno che si riconoscessero tra di loro, quindi di pensare ad una domanda di cui solo lui avrebbe potuto conoscere la risposta, e che lui avrebbe fatto altrettanto.

Credence scosse la testa. Quell'uomo era tanto preciso che a volte sembrava essere fatto di ingranaggi.

Accanto alla lettera di Graves c'erano due lettere di Mr Fergus, una con una copia della lettera dell'autore del libro che non si faceva correggere, ed un altra con una lista di compiti per la giornata.

Infine c'era un pacchetto da casa.

Credence aprì prima il biglietto che lo accompagnava e subito riconobbe la grafia di Newt.


"Caro Credence,

mi dispiace di non averti potuto salutare ieri sera quando sei andato via, ma come puoi immaginare ero impegnato a distrarre il cucciolo di banshee.

La giornata è passata troppo in fretta come ogni volta che torni a casa, ed io ho dimenticato di darti questo.

Ad Elinor è piaciuta molto la storia che hai inventato ieri per lei.

Veramente le piacciono tutte le tue storie.

Ti ho mandato questa cosa perché sarebbe davvero un peccato che favole così belle vengano dimenticate.

Sono sicuro che capirai non appena lo avrai aperto.

Un abbraccio

Newt

Ps: non farti maltrattare troppo da Tu-sai-Chi"


Credence arrossì anche se era solo in casa.

Adesso tutti sapevano che lui inventava storie per bambini... ed aveva quasi paura ad aprire il pacco!

Alla fine si decise, incoraggiandosi mentalmente con l'ultima frase della lettera.

-Oh, Newt!- gli scappò detto.

Tra le sue mani c'era un bel libro.

La rilegatura era marrone con intarsi blu pavone e all'interno le pagine erano color avorio.

Ed erano tutte vuote, in attesa che fosse lui a riempirle con le storie che creava.

L'imbarazzo cedette il posto a qualcosa di tiepido e confortante, come ogni volta che Credence assaporava la sensazione di avere una famiglia a sostenerlo.

***

-Buona sera, signor Graves. Ha passato un buon week end?-

Non si aspettava una domanda così personale, e soprattutto non si aspettava di esserne appena appena infastidito invece che mortalmente offeso.

Si strinse nel cappotto fingendo di ripararsi dal freddo della prima settimana di ottobre invece che da un tentativo di contatto personale.

-Sì, è andato tutto bene-

Non si sentiva ancora pronto a mettersi a raccontare cosa aveva fatto.

-E tu invece?- gli chiese per sviare il discorso.

-A casa, come sempre. Elinor ci tiene tanto a stare insieme a me, ed io voglio stare con Newt e Tina quando posso-

-Capisco. Bene, è ora di andare-

Gli tese la mano ed erano di nuovo al solito posto.

Stava per piovere, così Graves decise di usare uno scudo antipioggia oltre alle solite protezioni.

Iniziarono subito.

Un difetto di Credence era che tendeva a dimenticare.

Solo quarantotto ore senza esercitarsi ed i suoi riflessi erano la metà di quelli che aveva dimostrato venerdì.

Graves lo guardò malissimo.

-Le vacanze non ti fanno per niente bene, ragazzo-

E lo schiantò tanto forte da farlo scivolare molto più avanti, addirittura fuori dalla barriera.

Credence rientrò barcollando. Nonostante avesse fatto un volo di parecchi metri ed i suoi pantaloni fossero stati rovinati ancora una volta dal fango, adesso gli sembrava più pronto.

Stavolta lo schiantesimo si infranse su un sortilegio scudo perfetto.

Graves sorrise. Adesso che Credence aveva recuperato lo spirito giusto potevano ragionare!

Ed ogni volta che il ragazzo si rialzava un po' più determinato, lui si sentiva un po' più orgoglioso.

Allo scadere dell'ora erano entrambi stanchi, ed anche per Graves fu un sollievo mettere fine all'allenamento.

Ripose la bacchetta e come ogni volta tese la mano al ragazzo, peccato che nella Smaterializzazione non avesse tenuto conto di una cosa: come pioveva sulla campagna pioveva anche a Londra, e quando riappervero a Diagon Alley lo fecero nel mezzo di un acquazzone.

Credence urlò per la sorpresa (sgradita) della pioggia gelida che lo inzuppava, Graves invece imprecò con tutti i peggiori termini dello slang americano che gli venivano in mente.

Aveva creato un Incanto Impermeo che creava una cupola sopra di loro, ma ormai anche lui era bagnato fradicio.

-Cosa ha detto prima?- gli chiese Credence incuriosito.

-Niente che tu debba ripetere-

Credence rise e Graves si irrigidì. Non gli piaceva quando ridevano di lui, e ancora non aveva dato al ragazzo tutta quella confidenza.

-Vuole salire un attimo a casa mia? Almeno potrà asciugarsi-

Graves ci pensò su.

Non avrebbe avuto nessun bisogno di andare a casa di Credence per asciugarsi perché avrebbe potuto farlo benissimo nella sua stanza al Paiolo Magico, però c'era una cosa di cui voleva parlagli e preferiva approfittare di quel momento.

-Va bene. Andiamo-

Credence non era ancora sicuro di come fare una materializzazione congiunta, ed in ogni caso l'edificio era incantato in modo che non ci si potesse materializzare direttamente negli appartamenti, così dovettero fare di corsa a piedi i pochi metri che li separavano dal suo piccolo rifugio.

Qundo entrarono tremavano entrambi e la prima cosa che fece Credence fu accendere il fuoco nel camino.

Graves si sorprese di quanto potesse essere ordinato il piccolo ambiente, pur essendo abitato da un ragazzo che viveva da solo.

Forse Credence aveva il raro ma naturale senso dell'ordine che Graves apprezzava tanto, e lui si sorprese a pensare che se avesse dovuto vivere con lui gli avrebbe dato molto meno fastidio di altre persone con cui condivideva solo poche ore della giornata.

C'era un'unica stanza che faceva da salotto e cucina, e poi un corrido che probabilmente portava alla stanza da letto del ragazzo.

Sul tavolo vicino al camino erano impilati con ordine libri, pergamene, inchiostri e lettere.

Di fronte al camino invece c'era un divano con una coperta a fantasia scozzese piegata da un lato.

Graves si chiese se durante le serate di pioggia come quelle Credence fosse solito rifugiarsi sotto la coperta e davanti al fuoco acceso, magari con un libro da leggere.

Il pensiero gli andò al "paradise lost" che aveva comprato a Londra, ma non era di quello che voleva parlare.

Si asciugo con un solo cenno di bacchetta e senza nemmeno pronunciare "abstergeo".

Credence invece sembrava più in difficoltà; era riuscito ad asciugarsi i capelli e non sembrava più un pulcino bagnato, ma i vestiti erano un'altra cosa ed ancora al terzo tentativo erano umidi.

Graves lo asciugò in un colpo solo e non potè trattenere un sogghigno alla sua esclamazione di sorpresa.

-Come ha fatto?!-

-Il tuo stesso incantesimo, ma con venti anni di esperienza in più. Se non fossi più grande di te non sarei tanto presuntuoso da farti da insegnante-

Era stato brusco, forse troppo, e Credence lo guardava indeciso su come reagire.

Graves aveva dimenticato come il ragazzo potesse essere sensibile su certe cose, e vedere in lui lo stesso sguardo smarrito di quando si erano scontrati la prima volta lo metteva molto a disagio.

-Non prendertela. Volevo dire che migliorerai con la pratica-

Allora sul suo viso spuntò un accenno di sorriso e Graves ringraziò di essere riuscito ad evitare in corner un altro trauma motivo.

-Adesso però c'è una cosa che devo chiederti. Non è un argomento piacevole ma ho bisogno di chiarire questa cosa-

-Chiarire cosa, signor Graves?-

-Io ti ho praticamente imposto di insegnarti a duellare. Non ti ho nemmeno chiesto cosa ne pensavi-

-Se non fossi stato d'accordo glielo avrei detto-

-Questo lo so. Ma voglio sapere perché eri d'accordo. Credence, devo saperlo. Perché hai accettato? Perché in me rivedi ancora Grindelwald e vuoi vendicarti? O perché ce l'hai ancora con me per come ti ho trattato tre anni fa? Lo so che poi ci siamo chiariti, ma se mi portassi ancora del rancore potrei capirlo. Se fosse uno di questi due motivi, io credo che faremo meglio ad interrompere le lezioni-

Credence lo guardò attentamente. Come era prevedibile si era irrigidito a sentire parlare di Grindelwald e del "periodo di valutazione", ma ancora Graves non vedeva segni di ostilità.

Credence cominciò a parlare guardando ancora il pavimento.

-Quando eravamo a New York, Grindelwald mi ha detto che ero un magonò, che non servivo a niente e che non voleva più avere niente a che fare con me. Dopo che io gli avevo dato tutta la mia fiducia, lui mi ha lasciato in un angolo quando avevo più bisogno di aiuto. Mi ha trattato come se fossi un rifiuto-

Graves sapeva che era stata una brutta idea chiedere. Che avrebbe fatto se Credence si fosse messo a piangere? E da come tremavano i suoi pugni stretti non era affatto improbabile...

Invece quando Credence rialzò la testa e lo guardò negli occhi non trovò lacrime.

-Io non permetterò mai più a nessuno di trattarmi in quel modo. Ho scelto di imparare a duellare per dimostrare a me stesso che non sono lo scarto che vedeva lui-

Ancora una volta Graves era sorpreso. Aveva incontrato tante persone ferite nella sua vita, ma molto raramente qualcuno che fosse riuscito a trasformare il dolore in forza in un modo altrettanto efficace.

-Lei mi aiuterà, non è vero, signor Graves?-

Credence aveva ammesso più di una volta di essersi affidato completamente a Grindelwald.

Essere tradito da lui doveva essere stato un dolore inimmaginabile, e lui invece di lasciarsi consumare dalla disperazione aveva ritrovato la sua dignità.

Graves lo guardò a lungo e Credence non distolse lo sguardo nemmeno un momento.

-Molto bene, Credence. Ora sono convinto che insegnarti sia la cosa giusta da fare. Hai tutto il mio appoggio-

Il ragazzo annuì, e sul suo viso era tornata l'espressione che lo illuminava di solito.

-Grazie-

-Non devi ringraziarmi. È la cosa giusta da fare. Adesso devo andare, si è fatto tardi. Ci vediamo domani sera alla stessa ora-

Era già sulla porta per smaterializzarsi fuori sul pianerottolo, quando si voltò perché c'era un'altra cosa che valeva la pena di dirgli.

Gli posò una mano sulla spalla.

-Credence. Voglio che tu sappia che come duellante fai veramente pena. Ma anche così sei molto più di quanto quel bastardo potrà mai sperare di essere-

***

Con il passare dei giorni Credence cambiava letteramente sotto i suoi occhi.

Nei movimenti del ragazzo c'era una sicurezza diversa.

Stava imparando a dominare lo spazio che lo circondava, a valutare esattamente dove si trovava e a spostarsi solo quando e se lo voleva lui.

I suoi sortilegi scudo erano molto migliorati.

Graves se ne era accorto da tempo ovviamente, ma prima di concedergli una parola di apprezzamento aveva aspettato un mese e che Credence resistesse a tutti i suoi attacchi senza cedere nemmeno una volta per tre giorni di fila.

Solo allora gli aveva concesso una pacca sulla spalla ed un "ben fatto, ragazzo".

Il sorriso che Credence gli aveva regalato gli aveva fermato il cuore per un attimo perché non avrebbe mai creduto di poterlo rendere così felice, così come non avrebbe mai creduto di reagire con qualcosa di diverso dall'immediato disagio quando Credence lo abbracciava.

Il guaio era che non riusciva a prevederlo: quando notava il movimento era troppo tardi e trovava il ragazzo con il petto contro il suo, il mento sulla spalla ed i capelli che gli solleticavano il viso.

Lui insegnava a duellare a Credence, ed il ragazzo gli insegnava qualcosa a cui lui non sapeva dare un nome.

Fu quando passarono agli incantesimi di attacco che Graves notò qalcosa di stonato nella postura del suo allievo.

Credence aveva assunto naturalmente il portamento giusto per uno scontro: spalle dritte, ginocchia leggermente piegate per scattare subito in qualsiasi direzione, eppure le braccia rovinavano l'armonia dell'insieme.

Il destro era sempre troppo alto o troppo basso, il sinistro invece era troppo rigido lungo il fianco come se lui non sapesse cosa farci; la mano sinistra spesso si serrava involontariamente, ed una volta addirittura l'aveva messa in tasca; pessima idea: una mano in tasca pregiudica l'equilibrio dell'intero corpo.

Graves doveva scoprire come mai Credence si comportava come se volesse nascondere a tutti i costi la mano sinistra, e da quello che vedeva aveva già un'ipotesi.

-Credence, dimmi, tu eri mancino?-

Lui fu tanto spaventato dalla domanda che il suo perfetto scudo si schiantò all'improvviso e l'incantesimo di Graves lo colpì più forte di quanto fosse sua intenzione.

-Pausa, basta così!- urlò lui prima di rinfoderare la bacchetta e di correre al suo fianco.

Il ragazzo aveva battuto malamente e si reggeva il polso con l'altra mano.

Quando lui gli si inginocchiò accanto era ancora spaventato.

-Credence, va tutto bene? Ho chiesto una pausa, non temere, non ti colpirò. Ora fammi vedere se sei ferito-

Riluttante, lui gli porse il braccio e Graves vide che aveva un brutto graffio poco sotto il pollice.

Si sentì in colpa perché evidentemente era stata la sua domanda a fargli perdere la concentrazione, ma si guardò bene dal mostrarsi indulgente.

Disinfettò il taglio e lo richiuse in modo che non sanguinasse più, poi tese la mano al ragazzo per farlo rialzare.

-Te la senti di continuare?-

-Certo, signor Graves-

Ma il resto dell'allenamento fu un disastro: Credence aveva completamente perso la concentrazione e Graves riusciva a colpirlo esattamente come i primi giorni.

C'era qualcosa che non andava, ma Gaves decise di non interrompere.

Nel quarto d'ora che gli restava continuò a colpirlo e a infrangere le sue barriere per insegnargli che durante un duello non ci sono sconti e che il suo avversario non lo avrebbe risparmiato se lo avesse visto in difficoltà.

Solo quando ebbero finito, Graves lo raggiunse e gli ripetè la domanda "sei mancino?".

Le labbra di Credence tremavano mentre rispondeva.

-Sì, lo ero. Da piccolo usavo la sinistra. Mary Lou diceva che era la mano del diavolo, che ero condannato, che doveva correggere quell'abominio... e...-

-Basta così. Ho capito-

Credence annuì.

-Coraggio, dammi la mano... l'altra mano-

Quando ebbe la mano sinistra del ragazzo, invece di smaterializzarsi la racchiuse tra le sue e la tenne ferma dal tremito che la scuoteva.

-Credence. Voglio che da ora in poi tu usi la sinistra, hai capito? È una tua caratteristica come tante altre. Non hai motivo di nasconderla-

Il ragazzo lo guardò, le luci azzurrine che si riflettevano nei suoi occhi e li rendevano più profondi del solito.

Per un attimo Graves vide qualcosa che non sapeva spiegare ma che gli fece provare un senso di pace.

Lui non era mai stato bravo con i sentimenti, ma sentiva ad istinto che tra lui e Credence si era formato un legame più profondo in quel preciso momento.

-Vuoi andare a casa?-

-Sì, per favore-

Quella sera, quando lo ebbe riaccompagnato sotto il portone, per la prima volta si rese conto di un senso di vuoto che provava quando si separavano.

Si chiese se forse sarebbe stato diverso se lo avesse accompagnato fino dentro casa.

Si sentì in colpa per non saper dire semplicemente "Voglio restare con te, perché se avessi bisogno di aiuto io ci sarei".

Lavorò febbrilmente per costringere il suo cervello ad elaborare una scusa che gli permettesse di non lasciare solo il ragazzo ma niente. Tabula rasa.

Riuscì a trovare il coraggio di raggiungerlo all'ultimo momento per dirgli di chiamarlo se avesse avuto bisogno. Qualsiasi cosa, a qualsiasi ora.

Sperò che Credence riuscisse a sentire tutto quello che lui non sapeva dire.

***

Il giorno dopo Graves risentì il morso della corda di cuore di drago dopo tanto tempo.

Già si sentiva in colpa per non essere riuscito ad andare oltre e ad essere un po' più empatico, ma quando vide che occhiaie aveva Credence quella sera si sentì definitivamente degno di essere affatturato.

Il ragazzo gli rivolse un sorriso stanco.

-Scusi, ho fatto un po' tardi. Ora possiamo andare-

Graves non si mosse.

Prese la sua mano, ma lo riportò verso casa sua.

-Signor Graves, dove...?-

-Niente allenamenti stasera. Ti riporto a casa. E resto con te-

Ecco, nonostante le buone intenzioni non era riuscito ad essere gentile.

Per sua fortuna Credence non protestò.

Si lasciò accompagnare su per le scale, dentro casa e solo allora chiese "perché?"

-Perchè ieri sera ho sbagliato a lasciarti solo. Forse sarebbero bastati pochi minuti di compagnia e tu adesso non avresti l'aspetto di un Infero-

-Sono così terribile?-

-Sì-

Credence fece un pallido sorriso.

-Stasera non farò lo stesso errore- disse Graves -Io voglio aiutarti. Solo... solo non so come fare. Dimmi cosa posso fare per te-

Ammettere di non sapere fare qualcosa era stato difficile più o meno quanto inghiottire una mandragola viva, ma tra sacrificare l'orgoglio e sacrificare Credence, Graves non aveva dubbi su cosa scegliere.

-Di solito quando mi torna in mente qualcosa che mi ha fatto soffrire, e sto male... io... Newt o Tina restano con me-

-Vuoi che chiami loro?-

-Oh, no, non ce n'è bisogno. Di lei mi fido-

Fece un gesto vago verso il divano e allora Graves capì: Credence si fidava di lui tanto quanto delle persone che lo avevano salvato.

-Va bene. Resterò con te-

Si sedettero sul divano e Graves era ancora diviso tra il non sapere cosa fare, la volontà di aiutare quel ragazzo e l'essere impacciato perché non sapeva gestire bene i sentimenti.

Credence era seduto accanto a lui così vicino che le loro ginocchia si toccavano ma non lo guardava.

Si era raccolto le braccia attorno al corpo ed ogni tanto un sospiro gli faceva alzare le spalle.

C'era qualcosa che non andava. Qualcosa di profondamente stonato.

Credence di solito era molto comunicativo anche se non parlava, invece in quel momento...

Graves realizzò all'improvviso.

Credence stava chiedendo, ma lui era troppo estraneo al suo linguaggio per capire.

Il fatto che si stesse stringendo le braccia attorno al torace era un modo per chiedere di essere abbracciato; forse non lo faceva nemmeno coscientemente, ma Graves aveva passato troppo tempo nelle stanze degli interrogatori a decifrare il non detto per pensare di essersi sbagliato.

Si girò di lato urtando le gambe del giovane e gli passò un braccio sulle spalle.

Lo sentì teso ed avvertì distintamente il suo sussulto di sorpresa.

Credence sollevò la testa verso di lui e lo fissò con uno sguardo interrogativo; Graves avrebbe preferito che non lo avesse fatto per non fargli vedere la sua incertezza.

Dovette deglutire per ricacciare indietro la paura ma non avrebbe interrotto il contatto per niente al mondo.

Che Credence vedesse paura in lui, piuttosto che indifferenza.

Rimasero in quel dialogo di sguardi per molto tempo, e lentamente la sorpresa negli occhi di Credence venne sostituita da un insieme di cose impossibili da leggere.

Il ragazzo chiuse gli occhi e si appoggiò sulla sua spalla.

Santo cielo, era alto quanto lui e sotto il suo braccio le spalle di Credence erano larghe e solide, eppure in quel momento gli sembrava che fosse fragile.

Si chiese se in quel momento sentisse il battito del suo cuore come lui lo sentiva rimbombare nelle tempie.

Incoraggiato dalla fiducia che Credence gli stava dimostrando, decise di avvolgerlo anche con l'altro braccio.

Il suo corpo sotto la camicia era caldo e la fronte del ragazzo posava direttamente sulla pelle nuda del suo collo; il suo respiro si sentiva appena sopra la stoffa.

Non era spiacevole. Non lo era per niente.

-Mi racconti qualcosa di lei- chiese Credence a voce bassissima.

-Cosa?-

-Qualsiasi cosa-

Graves sospirò. In quel momento gli venivano in mente solo cose per niente adatte ad un ragazzo spaventato.

-Mi piace la musica- disse infine.

Credence annuì ed il movimento fece strofinare i capelli contro la sua mascella.

Era una carezza soffice che sciolse qualcosa dentro di lui.

-La musica classica, in particolare. Non amo le parole delle canzoni, preferisco solo la melodia. Potrei farti sentire qualcosa un giorno, se vorrai-

Credence si mosse ancora verso di lui e gli passò un braccio attorno al fianco.

Era una novità. Era uno spostamento piccolo ma cambiava tutto; Graves non ricordava di aver avuto un contatto emotivo così profondo da molto tempo.

Aveva deciso di restare per fare stare bene Credence, ed aveva scoperto che anche lui stava bene.

-Un giorno vorrei conoscere questa musica. Se piace a lei deve essere molto bella-

Graves non rispose perché non ce n'era bisogno. C'era il crepitio del fuoco nel camino, e c'era l'odore della carta nuova.

C'era una pace che non ricordava di avere mai provato.

Non si era accorto che sorrideva e che stava accarezzando la schiena di Credence.

***

Percival Graves si sarebbe ricordato per tutta la vita l'esatto momento in cui aveva pensato per la prima volta quella cosa assurda e meravigliosa.

Si stavano allenando in una sequenza che prevedeva che Credence evocasse uno scudo e poi contrattaccasse immediatamente.

Lo scudo era perfetto. Non si infrangeva nemmeno quando Graves provava con tutte le sue forze.

Poi Credence si era preparato al contrattacco e allora Graves si era trovato davanti qualcosa di straordinario.

La postura perfetta, lo sguardo fiero, un controllo totale sulla situazione.

Credence non era più un ragazzino acerbo, era diventato un uomo degno di tutto il suo rispetto.

Ed era bellissimo.

Quella fu anche la prima volta in cui Percival Graves non riuscì a sostenere uno scudo e dovette rotolare vergognosamente a terra per schivare uno schiantesimo.

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Nel Cerchio della Strega


Avviso importante!

Sto spostando le altre storie della serie nella sezione "Animali fantastici e dove trovarli" nella categoria "film".

Comunque credo che finirò di pubblicare qui questa storia.

Per quanto riguardaquesti capitoli sto cercando di muovermi non troppo sullo sdolcinato, perché non credo proprio che Graves sarebbe il tipo.

Grazie a chi ha messo la storia tra preferite e seguite.


Lady Shamain



















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Capitolo 4
*** Cicatrici ***


Capitolo 4

Cicatrici


Feel the light
Shining in the dark of night
Remember what we forgot
I know it's a long shot
But we're bringing it all back we're bringing it all back
Feel the light
Shining like the stars tonight
Remember what we forgot
I know it's a long shot
But we're bringing it all back we're bringing it all back


***

Credence sapeva che tra lui e Percival Graves era cambiato qualcosa.

Non sapeva esattamente cosa, ma non riusciva a togliersi la sensazione di dosso.

Dopo quella sera in cui Graves aveva lottato contro la sua scarsa familiarità con i problemi emotivi e gli era rimasto accanto, Credence era più convinto che mai che sotto la facciata di distacco ci fosse qualcosa di meraviglioso.

E lui voleva scoprire cosa fosse.

Gli era piaciuto stare in quel modo con lui, soprattutto dopo che anche l'ex Auror si era messo a suo agio.

E poi era stato Graves a fare la prima mossa.

Credence ricordava ogni dettaglio, dalla sensazione della stoffa della camicia di Graves sotto la sua guancia all'odore dell'uomo.

La sua pelle conservava ancora il profumo del dopobarba, qualcosa di simile al bergamotto, ma dopo una giornata si sentiva anche chiaramente l'odore proprio della sua pelle.

E gli era piaciuto.

Aveva conservato la camicia che indossava quella sera senza lavarla, perché voleva conservare un po' di quel profumo che ormai gli era familiare.

Dopo quella sera in cui Graves lo aveva stupito quando gli aveva detto che sarebbe rimasto con lui, il fatto che salisse a casa sua per un po' di tempo prima di salutarsi era diventato un'abitudine.

Davanti al fuoco del camino il suo burbero insegnante gli medicava graffi e lividi, e si curava anche di rammendare e ripulire i vestiti che regolarmente finivano rovinati.

Durante gli allenamenti era inflessibile ed arrivava a farlo piegare dal dolore senza battere ciglio, ma poi ci metteva tutta la premura possibile nel curarlo.

A dirla tutta a Credence non dispiaceva che Graves lo maltrattasse, perché anche se faceva male fisicamente voleva dire che l'ex Auror lo considerava capace di sopportare.

Era un implicito riconoscimento del suo valore.

Non era più un bambinetto fragile, era un uomo che imparava a battersi.

Credence non si sarebbe mai sognato di lamentarsi perché sapeva che più volte cadeva, più diventava forte; ed ogni volta che si rialzava, barcollante ma determinato, scorgeva una luce negli occhi di Graves che gli avrebbe dato la forza di rialzarsi altre cento volte.

Lui si fidava nella maniera più assoluta di quel burbero mago americano che non sorrideva mai, ed avrebbe voluto che Graves si fidasse di lui allo stesso modo.

***

Una sera Graves lo sorprese con una domanda che poteva essere molto scomoda.

Si era seduto sul divano ed era rimasto con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani strette una all'altra, una ruga sulla fronte che segnava chissà quale pensiero.

Credence non aveva voluto disturbarlo.

Si era seduto sul divano accanto a lui in silenzio, aspettando che fosse Graves a parlare se ne avesse avuto voglia.

Dovette aspettare molto prima di sentire un sospiro.

-Credence, devo chiederti una cosa-

-Sembra una cosa seria. Spero di essere all'altezza-

Graves esitò. Non era da lui. La domanda doveva essere molto difficile.

-Voglio sapere quanto rivedi in me di Grindelwald-

Ah! Certo che era difficile, e Credence adesso capiva perfettamente perché avesse atteso tanto.

Per fortuna la risposta non era quella che Graves temeva.

-Non ci vedo assolutamente niente. Siete troppo diversi-

-Per favore, sii sincero. Non dirmi quello che pensi che vorrei sentire-

-Ma è la verità, signor Graves. Lei non ha niente a che fare con Grindelwald, a parte per il fatto che aveva preso il suo aspetto. Ma nemmeno quello. Avete degli occhi molto diversi-

Graves lo guardò interrogativo ma già meno teso, e allora Credence decise di continuare.

-E poi avete un modo di fare completamente diverso. Lei è tanto sincero da essere brutale. Lei non avrebbe mai giocato con i sentimenti di una persona. Oh, sì, lo so che durante il periodo di valitazione ha provato a manipolarmi, ma dopo si è anche sentito in colpa. A Grindelwald non sarebbe importato-

-Allora sono simile a lui- disse Graves -Anche io avevo il mio "bene superiore" per cui avrei fatto di tutto-

-Tutti noi lo abbiamo. Avere qualcosa a cui teniamo, che sia un oggetto materiale, una persona o un ideale, è parte dell'essere umani. Quello che ci rende dei mostri è fare del male agli altri per raggiungerlo-

Graves non rispose.

Credence temeva che si stesse ancora accusando e allora richiamò di nuovo la sua attenzione posandogli la mano sulla spalla.

-Signor Graves, lei nasconde molte cose ma non finge. La differenza è sottile, credo, ma io la vedo. Non so se riesco a spiegarmi. Lei non riuscirebbe a fingere un interessamento che non prova realmente per una persona. Non cerca di accattivarsi la simpatia di nessuno, non è vero? Non da affetto e non ne chiede-

-Sì, questo è vero. È un difetto?-

Per la prima volta Credence sentì una nota di incertezza nella sua voce, per questo fu cauto con la risposta.

-Dipende. Se la porta a stare male allora sì-

-Anche tu sei tanto sincero da essere brutale, lo sai?-

-Ho imparato da lei-

-Anche troppo- borbottò lui.

-Non se la prenda. Lo consideri un complimento-

Finalmente Graves lo guardò con un accenno di sorriso, anche se solo negli occhi.

-Suppongo ci siamo altre cose. Ormai che siamo in argomento tanto vale che tu mi faccia l'elenco completo-

-Sono piccole cose, dettagli che completano un mosaico. Il modo di muoversi è diverso, il modo di parlare, persino il modo di respirare a volte, lo sa? E poi lei ha un odore diverso. Mi piace di più-

Fu solo quando Graves lo guardò ad occhi sgranati che Credence realizzò cosa aveva appena detto.

Avvampò all'istante, il viso bollente per una vampata di vergogna che non aveva mai provato in vita sua.

Distolse in fretta lo sguardo e ritirò la mano che gli aveva tenuto sulla spalla perché non voleva vedere la sorpresa trasformarsi in offesa.

-Mi scusi. Ho... esagerato- mormorò in un patetico tentativo di scuse.

Da come esitava, Graves sembrava ancora più confuso di lui.

-No... no, è che nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere-

Certo che no! Credence si sentì all'improvviso stupido ed inadeguato.

Probabilmente aveva appena bruciato l'amicizia a cui teneva di più.

-Credence-

Lui non sollevò lo sguardo, almeno finché Graves non gli afferrò il braccio.

Riluttante, alzò gli occhi.

Temeva di trovare una frase severa che lo informava della completa chiusura del loro rapporto, e invece Graves cercava in quel momento più che mai un modo di comunicare con lui.

-Ti ringrazio per quello che mi hai detto. Per me è stato molto importante sapere di essere... bè... di essere me-

Rimase qualche altro momento a lottare per trovare le parole, e alla fine gli strinse più forte il polso e gli disse -Chiamami Percival. E dammi del tu-

In quel momento il suo cuore perse un battito per poi accelerare bruscamente.

-Io... io... grazie! Grazie, Percival-

Rimase fermo e ben attento a non cedere alla tentazione di buttargli le braccia al collo.

Il suo nome per il momento era abbastanza.

***

C'erano tante cose che Credence non avrebbe mai ritenuto possibili.

Prima di tutte arrivare a chiamare Percival Graves con il primo nome, secondo di aver detto quelle cose estremamente personali alla persona più riservata che conoscesse e terzo di cominciare a pensare a Graves come aveva previsto sua madre.

Non avrebbe mai ritenuto possibile nemmeno che Graves lo punisse, e invece dopo sei settimane che si frequantavano, a metà novembre, successe anche quello.

Lui era stanco ma insisteva ad allenarsi.

Era arrivato a padroneggiare perfettamente gli scudi e a produrre schiantesimi che mettevano in difficoltà Percival, non si sarebbe fatto fermare da un po' di stanchezza!

Percival invece non aveva voluto sentire ragioni ed aveva cominciato a rimuovere le barriere senza nemmeno ascoltare le sue proteste.

Non era giusto!

Per la prima volta dopo tanto tempo Credence stava tremando di rabbia.

Non sopportava che Percival non lo considerasse! E allora fece la prima cosa che gli venne in mente: uno schiantesimo.

Era debole e male indirizzato, ma servì comunque allo scopo: Graves dovette girarsi ad affrontarlo.

E Credence non lo aveva mai visto così... pericoloso.

In un istante tutta la sicurezza che aveva costruito si sgretolò come creta; era di nuovo paralizzato dalla paura e non riuscì a muovere un muscolo nemmeno quando vide Graves puntargli contro la bacchetta.

Credeva di finire schiantato e invece l'incantesimo era diverso.

Come se mani invisibili lo stessero strattonando, fu tirato indietro e costretto con le braccia dietro la schiena; i suoi tentativi di liberarsi non servivano a niente, e non potendo parare la caduta finì a sbattere a terra sul fianco.

Non ebbe il tempo di chiedersi dove fosse Graves che già il mago era accanto a lui e lo aveva agguantato dal bavero per sollevarlo da terra.

-Adesso ascoltami bene, ragazzo-

Come se Credence in quel momento avesse osato anche solo respirare più del necessario.

-Primo. Se vuoi essere davvero migliore della persona con cui stai duellando, mai, mai attaccare alle spalle. Secondo. Tu non sei un Auror. Se puoi uscire da uno scontro perché il tuo avversario si è stancato di te o si è distratto, allora fallo. Mi hai capito?-

Credence non riusciva a parlare. Non aveva mai visto Graves tanto arrabbiato, e sapere che ce l'aveva con lui era terribile.

-Ti ho chiesto se hai capito-

-Sì... sì, signore- mormorò alla fine.

Graves sciolse l'incantesimo che gli legava le braccia e lui potè alzarsi, ma non osava guardarlo in faccia.

Sapeva di averlo fatto arrabbiare troppo, e non fu sorpreso quando, per la smaterializzazione, Graves lo afferrò rudemente dal gomito invece di prenderlo per mano come al solito.

***

Quando furono di nuovo a Londra, Graves lo lasciò davanti al portone e si girò subito per andarsene.

Credence sentì il cuore che si accartocciava come la pergamena di una bozza da gettare via.

No! No, non poteva lasciarlo senza nemmeno una parola!

-Percival, aspetta!-

Lui non si girò neanche a guardarlo, e allora le lacrime cominciarono a pizzicargli gli occhi.

Era più di quanto potesse sopportare.

Raccogliendo tutto il suo coraggio corse verso di lui e si aggrappò al suo braccio per fermarlo prima che si smaterializzasse, e dovette lottare per non lasciare la presa quando Graves si girò a guardarlo furente.

-Ti prego! Dimmi almeno cosa ho sbagliato- lo implorò.

Graves distolse lo sguardo.

Sembrava ancora arrabbiato, ma anche stanco.

-Andiamo a casa. Non è il caso di parlarne in mezzo alla strada-

Credence aveva un'irrazonale paura di perderlo, per questo non lo lasciò mentre andavano verso casa; Graves, sebbene fosse sempre teso, non fece niente per sottrarsi al contatto.

Solo quando furono dentro casa Credence lo lasciò andare.

-Non fare mai più una cosa del genere-

Gli disse per prima cosa Graves quando ebbe chiuso la porta.

-Non attaccherò mai più alle spalle. Ho capito-

-Non solo quello. Non devi duellare se non sei nelle condizioni per farlo-

-Ma io...-

-Eri stanco?-

-Sì, ma non ci siamo mai fermati perché...-

-Se io dico che basta, allora basta. Non eri più in grado di reggerti in piedi. In un vero duello la tua arroganza ti sarebbe costata la vita-

Credence si fece minuscolo sotto il tono perentorio di Graves.

Non lo vedeva così arrabbiato dai tempi del periodo di valutazione, ma adesso l'averlo deluso lo feriva molto di più.

Non riusciva nemmeno a dire "mi dispiace" per quanto si vergognava del suo comportamento.

-Spero che sia tutto chiaro, ragazzo, perché se farai ancora una cazzata simile giuro che non ti insegnerò più nulla e che provvederò personalmente a cancellare dalla tua memoria quel poco che ero riuscito a ficcarti in testa-

-No!- esclamò lui spaventato.

-Allora impara bene la lezione di oggi- gli rispose lui gelido.

Stava per andarsene di nuovo.

-Percival, per favore! Ho detto che ho capito, perché sei ancora arrabbiato?-

Il viso di Graves si contorse in una smorfia che era insieme ira e dolore; si avvicinò a lui mantenendo gli occhi piantati nei suoi, e Credence era letteralmente paralizzato dalla paura.

Graves lo afferrò tanto forte sulle spalle da fargli male anche attraverso i vestiti.

-Ancora non capisci?! Mi hai fatto incazzare perché io ho visto i miei uomini morire per la stessa cazzata che hai fatto tu. Credence! Ci sono momenti in cui rischiare la vita è un gesto nobile, e momenti in cui è pura idiozia. Se non riesci a distinguere le due cose, allora togliti dalla testa i duelli-

Credence non riuscì a trattenere un singhiozzo.

Non capiva chiaramente il discorso che gli aveva fatto Percival, ma comprendeva benissimo il peso schiacciante che gli aveva scaricato sul petto.

Tremava nella stretta di Graves e le lacrime cominciarono a rigargli le guance.

Non osava nemmeno alzare gli occhi per guardarlo.

-Oh, andiamo, adesso non è il caso di farne una tragedia-

Tentò Graves per calmarlo, ma lui ormai sighiozzava come un bambino.

Un sospiro pesante da parte di Graves gli fece capire che lo stava solo ulteriormente esasperando e questo lo fece vergognare ancora di più. Ormai avrebbe desiderato solo sparire sotto terra.

Non si aspettava di essere stretto in un abbraccio tanto forte da fargli mancare il fiato, né che Graves gli avrebbe parlato all'orecchio in quel modo.

-Ascoltami bene, Credence. Non lo faccio per cattiveria, lo faccio perché preferisco essere io a spezzarti le gambe piuttosto che mandarti in giro a farti ammazzare inutilmente perché non ho saputo insegnarti le cose giuste- ringhiò a pochi centimetri dal suo orecchio.

Forse era ancora arrabbiato, ma solo perché voleva proteggerlo.

Credence si aggrappò a lui e gli nascose il viso nella spalla, dove rimase a singhiozzare.

Aveva una paura maledetta che Graves lo allontanasse, paura suggerita da un fantasma del passato che non avrebbemai voluto rivedere, ma Graves non lo lasciò andare finché lui non ebbe esaurito le lacrime.

Fu lui a staccarsi per primo, perché non voleva fare la figura del ragazzino piagnucoloso.

-Stai bene adesso?-

-Io... sì-

-Non mentirmi-

Stava per scoppiare di nuovo a piangere.

-E va bene! Sto da schifo, contento?- sbottò nonostante il groppo in gola -Mi sono comportato come un cretino e tu hai ragione, ed io... io... non voglio mai più vederti tanto arrabbiato con me. Ci tengo troppo a te, maledizione!-

Graves, che fino a poco prima aveva ancora il viso duro e severo del Consigliere del MACUSA che era stato, si trovò confuso e forse in imbarazzo; Credence non avrebbe pouto giurarci perchè lui stesso era troppo alterato per giudicare.

Graves continuò a stringergli una spalla e già il fatto che non avesse interrotto il contatto era uno spiraglio positivo.

-Credence. Anche io ci tengo a te. È per questo che non sopporterei che tu usassi male qualcosa che ti insegno io. Sarebbe come regalarti una fiala di veleno, capisci? Forse sono stato troppo brusco, ma voglio essere sicuro che tu non ti farai mai male per colpa mia-

-Va bene. Ho imparato la lezione-

-Lo spero. Vedi, tanti anni fa un ragazzo ha fatto il tuo errore. Era da poco diventato Auror e credeva di avere chissà quali poteri. La prima volta che lo mandarono in missione, invece di aspettare il resto della squadra, si lanciò avanti da solo. Non puoi immaginare quanto sangue c'era per terra. Puoi credermi se ti dico che dalla ferita si vedevano le interiora, e ci sono voluti tre medimaghi per fermare l'emorragia del Sectumsempra che gli avevano scagliato. Non è morto per miracolo. Quel cretino presuntuoso ha compromesso l'intera operazione. È stato sospeso per un mese dopo appena venti giorni di servizio e c'è mancato poco che mandasse a puttane l'intera carriera. Se lo è meritato-

Credence era inorridito a sentire parlare di sangue e interiora.

-Ma è sopravvissuto, non è vero?- chiese ansioso - Insomma...? Adesso è...?-

Graves fece un sorriso strano.

-Oh, sì. Stai tranquillo, sta bene-

Graves si tolse il cappotto e lo posò sul divano, poi il gilet, ed infine tolse la camicia da dentro i pantaloni e scoprì l'addome.

Credence rimase ad occhi sgranati: poco sotto le costole c'erano una serie di cicatrici.

Sembravano fatte dagli artigli di una bestia; erano linee diagonali, alcune piu sottili, altre più spesse, ed in particolare c'era una linea bianca larga un dito che arrivava fin sotto la cintura.

Credence spostò un paio di volte lo sguardo dalle cicatrici a Graves, senza riuscire a trovare le parole adatte o anche solo a mettere un po' d'ordine nella confusione che aveva in testa.

Percival Graves era stato un ragazzo scapestrato.

Aveva rischiato di morire ancora prima che lui nascesse.

Aveva appena parlato di sé come di un cretino presuntuoso.

Percival Graves era mezzo spogliato in casa sua.

-Adesso capisci?- gli chiese mentre si risistemava i vestiti con un leggero movimento della bacchetta -Non vorrei mai che una cosa del genere accadesse a te, soprattutto non per colpa mia-

Credence riuscì solo ad annuire, ancora frastornato.

-Bene. Allora ci vediamo domani, Credence-

Graves si smaterializzò ma Credence riuscì a sentire la sua presenza nella stanza ancora per molto tempo.

Quella notte rimase a lungo sveglio a pensare.

Ripensava a ciò che Graves tentava di fargli capire con i suoi metodi troppo spicci e a come avesse fatto tutto per il suo bene, esattamente al contrario di come si era comportato Grindelwald.

E ripensò più e più volte al momento in cui la stoffa bianca della camicia veniva strattonata via da sotto la cintura.

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Nel Cerchio della Strega


Ci mancavano i capitoli con un po' di angst, giusto? Però qui si risolve tutto senza troppi traumi emotivi.

Grazie a tutti per essere arrivati in fondo a questo nuovo capitolo!


Lady Shamain



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Capitolo 5
*** Gunpowder plot ***


Capitolo 5

Gunpowder plot


Here I go here I go
Feel better now feel better now
Here I go here I go
It's better now feel better now

I still remember when things were broken
But put together the cracks will closin'

Hurry up hurry up
There's no more waiting
We're still worth saving

***

Quella domenica c'era aria di festa.

Era Halloween e tutta casa Scamander era addobbata con zucche e festoni arancioni e neri.

C'erano candele ovunque: sulle mensole, sui davanzali, persino a mezz'aria, oltre che ovviamente sui lampadari.

Credence ed Elinor giocavano sul tappeto del salotto, mentre Newt, Jacob e Tina ridevano attorno al tavolo dopo cena a causa della Gigglewater.

Queenie era seduta in poltrona a guardare i suoi nipoti; Credence creava figure luminose con la bacchetta per raccontare l'ennesima storia alla sorellina.

Stavolta era a proposito di un drago che aveva perso il suo cuore e soffriva terribilmente.

Poi un giorno si era imbattuto in un ragazzo, il quale si era offerto di aiutarlo a trovare il cuore, e allora si erano messi in viaggio insieme.

Durante i mesi erano diventati amici, e più il drago si affezionava al ragazzo più si accorgeva di qualcosa di strano dentro di lui.

C'era qualcosa che si contorceva e saltava ogni volta che il ragazzo faceva qualcosa di bello per lui.

La maggior parte del tempo si limitava a pulsare con un ritmo costante.

Il drago non capiva proprio cosa fosse, e allora un giorno chiese al ragazzo di aiutarlo a scoprire cos'era quella cosa che palpitava dentro di lui.

Lui posò le mani sul petto dell'enorme creatura e allora capì che il drago non aveva perso il suo cuore, semplicemente aveva dimenticato di averne uno perché era rimasto solo troppo a lungo.

Queenie sorrise.

Suo nipote aveva la straordinaria capacità di raccontare le cose rendendole più magiche di quanto già non fossero.

Alle undici Elinor stava crollando dal sonno e poco dopo si era addormentata sul suo cuscino con un braccino stretto attorno al suo snaso di peluche.

Credence evocò una coperta e gliela mise addosso rimboccandola per bene attorno al collo e sotto le gambe, poi rimase a fissare il fuoco, perso in pensieri che per Queenie era difficile ignorare.

Si alzò dalla poltrona e si sedette sul tappeto accanto a Credence.

-Allora... c'è qualcosa di cui vuoi parlare, caro?-

Credence sorrise.

-Zia? Non mi stai leggendo la mente, non è vero?-

-Devo ammettere che è molto difficile trattenermi. Pensi così forte a volte-

Non voleva metterlo in imbarazzo, però il ragazzo arrossì ugualmente.

-Ehi, ehi, tesoro, stai tranquillo... ho detto che mi sto trattenendo. Sono diventata molto più discreta, sai? Sono qui solo nel caso tu volessi parlare di qualcosa, non per spiarti o fare la spia ai tuoi genitori-

Lui la guardò con quegli occhi che le sembravano ancora tanto infantili ma avevano già qualcosa di diverso, di più adulto.

-Per esempio se io volessi parlare di un drago...?-

-Ma certo, caro. Hai problemi con un drago?-

-Oh, bè... più che altro... è complicato....-

-Cominciamo da qualcosa di semplice. Questo drago ha un nome?-

Credence arrossì di nuovo. Era appena percettibile alla luce del camino ma si vedeva.

-Si chiama Percival-

-Ed è un drago che ha smarrito il suo cuore? E che tu vorresti aiutare?-

-Esatto-

-Ed immagino che come tutti i draghi sia orgoglioso, scontroso e suscettibile-

-Oh, non puoi immaginare quanto! Ma ho anche un altro problema-

Credence si fermò a guardare le fiamme del camino.

-Io tengo tantissimo a lui. Potrei affezionarmi più di quanto dovrei. E dovrei dirglielo. Vorrei essere onesto come lui lo è con me. Ma ho paura di perderlo-

Queenie lo abbracciò, empatica come sempre, mormorando "Oh, tesoro caro...".

-Io so che devo dirglielo. L'altro giorno... bè... guarda-

Queenie, ricevuta l'autorizzazione, lasciò libera la legilimanzia e vide... -Oh! Davvero niente male. Begli addominali. E bravo il mio nipotino-

Credence arrossì di una tonalità scarlatta stavolta.

-Oh, ma guarda!- continuò Queenie -Questo drago ha davvero un brutto carattere. Ma ci tiene a te. Tanto. Hum... mi domando se sia tu a dover dire qualcosa a lui oppure il contrario-

-Zia! Insomma, io già non so come fare!-

-Ah, allora è per questo che ti serve un consiglio? Certo caro, si può risolvere... dunque... cerca di far cadere il discorso per caso. Deve essere una cosa naturale, capisci? Diglielo come qualunque cosa che si direbbe tra amici. I draghi, anche i più scontrosi, apprezzano la sincerità-

***

Graves aveva trovato un modo di impegnare i week end.

Dopo la colazione che aveva condiviso con i tre maghi appassionati di quidditch, si era ritrovato più spesso con loro.

Basil, Howard e Titus gli stavano facendo provare di nuovo la sensazione di come fosse fare parte di un gruppo di amici.

Certo, lui all'inizio aveva risposto in maniera molto evasiva alle loro domande, ma poi parlando con loro aveva scoperto che erano brava gente.

Basil e Titus avevano famiglia, invece Howard era uno scapolo impenitente; come lui, ma Graves era certo che non fosse per gli stessi motivi.

Insieme parlavano di tutto.

Graves scoprì che erano preoccupati per la guerra. Per Grindelwald.

Una volta incontrò Basil con la figlia di dieci anni, e mentre la bambina era distratta da una caramella il mago gli aveva confessato di voler essere in grado di proteggerla.

Aveva comprato dei libri per proteggere la sua casa e la sua famiglia. Quali libri fossero, era ovvio.

Quando era tornato a casa, Graves era insieme turbato ed orgoglioso.

Lui era arrivato ai vertici del potere, ed ad un certo punto era arrivato tanto in alto da perdere di vista i suoi obbiettivi originali.

Gli Auror esistevano prima di tutto per proteggere persone come Basil e sua figlia.

E così prese la sua decisione.

Raccontò loro un'altra parte della verità. Che lui era stato un Auror e che viaggiava per scoprire nuovi incantesimi di protezione.

Nessuno dei tre fu svelto come Credence a fare il collegamento tra lui ed i libri, ma non era quello il punto.

Graves glielo avrebbe detto prima o poi, che l'autore era lui.

Il punto era che aveva proposto loro di insegnargli come difendersi; come rafforzare protezioni e come battersi se fosse stato necessario.

Poteva essere quello il suo scopo nella vita.

In effetti gli era piaciuto fare l'insegnante anche quando lavorava per il MACUSA, ma con nessuno degli allievi si era creato il legame che c'era con quelle tre persone.

Meno che mai il legame che c'era con Credence.

Era uno scambio equo: lui insegnava loro come difendersi e loro riempivano le sue giornate.

Una domenica fu invitato a pranzo da Titus.

Non rifiutò.

Forse un'altra eccezione alla sua regola del "Non condividere il momento dei pasti" si poteva fare se chi lo invitava aveva passato la settimana a farsi riempire di lividi da lui.

***

Graves aveva scoperto un'altra cosa che gli piaceva dell'Europa: la musica, come aveva detto a Credence.

Sì, le orchestre esistevano anche negli States, ma trovare la musica alle sue origini era qualcosa di completamente diverso.

Quando era stato a Parigi l'anno precedente non aveva potuto resistere in nessun modo all'entrare all'Operà.

Aveva pagato regolarmente il suo biglietto in denaro nomag e per due meravigliose ore tutto il mondo si era chetato per lasciare spazio a Chopin.

Un sabato, mentre era in giro per Londra di sera tardi, fu incuriosito proprio dalle note di un waltzer che provenivano dalle finestre aperte di una villa.

Era una casa privata e sicuramente era una festa privata.

Entrare di soppiatto sarebbe stata un'azione di pessimo gusto, nonché un abuso dei poteri magici ed una potenziale violazione dello statuto di segretezza.

Ma quella musica era bella.

Graves raggiunse un compromesso: fece un incantesimo di disillusione e si fermò fuori dalla finestra del pianterreno ad ascoltare senza essere visto.

Dentro la sala c'erano uomini eleganti in completi neri, camice bianche e garofani bianchi o rossi all'occhiello; molti portavano guanti bianchi.

Le dame indossavano vestiti di tutti i colori, tessuti e modelli possibili, ed avevano acconciature elaborate ornate di perle e fermagli scintillanti.

Sembravano fate mentre danzavano, ma esattamente come le fate a Graves sembrava che la loro bellezza fosse abbagliante quanto vacua.

Non era quella la bellezza che lui desiderava.

Chiuse gli occhi per tentare di scacciare la sensazione che in lui ci fosse qualosa di profondamente sbagliato.

Alcuni maghi e streghe avevano relazioni con altri maghi o streghe, tuttavia l'omosessualità non era ben vista nel mondo magico; non per gli stessi motivi dei nomag, ma era comunque disapprovata.

In generale le relazioni tra persone dello stesso sesso erano scoraggiate perché non portavano figli.

Un calo della popolazione sarebbe stato un problema, specie in un paese come l'America in cui la comunità magica era già poco numerosa e dipendente dall'immigrazine non meno che quella non magica.

Alcuni maghi o streghe ignoravano il biasimo sociale e portavano avanti le loro vite di coppia, ma nessuno di loro portava un cognome pesante come quello dei Graves.

Nessuno di loro discendeva da uno dei dodici Auror fondatori.

Nessuno di loro avrebbe mai causato uno scandalo come quello che sarebbe venuto fuori se l'ultimo discendente della famiglia Graves avesse interrotto la stirpe per stringere una relazione sterile con un altro uomo.

Il waltzer continuava e Graves doveva lottare per trattenere lacrime di frustrazione.

Forse era stato un codardo.

Forse avrebbe dovuto affrontare la paura anni prima e dire a tutti cosa era davvero.

Forse, se lui avesse avuto un compagno, Grindelwald non si sarebbe impossessato tanto facilmente della sua vita.

O forse lo avrebbe fatto lo stesso, ma uccidendo lo scomodo testimone.

Ironia della sorte: forse Graves aveva salvato la vita ad un uomo che nemmeno aveva mai conosciuto.

Aveva dato tutto sé stesso al lavoro perché sapeva che non avrebbe mai potuto avere la vita privata che desiderava davvero.

Almeno era stato onesto ed aveva anche salvato una donna sconosciuta da un infelice matrimonio di facciata.

E non aveva mai amato davvero.

Il biasimo sociale sarebbe stato così pesante che lui non sarebbe mai potuto diventare Auror, l'altra cosa che desiderava con tutto sé stesso.

Cosa sarebbe rimasto della sua vita se non avesse nemmeno potuto fare il lavoro che desiderava?

E allora aveva potuto fare solo una cosa: sigillare il suo cuore. Per sempre.

Risoluto, si passò le mani sugli occhi per cancellare quel momento di debolezza.

Doveva andarsene.

Quelle coppie che danzavano avevano trascinato lui in una danse macabre con i suoi ricordi e rimorsi.

Guardò dentro un'ultima volta e allora lo vide: girato di spalle (e attraverso un velo di lacrime) per un attimo gli era sembrato proprio lui.

Credence Barebone.

Per un attimo Graves rimase sconvolto, ma poi il ragazzo si voltò e no, non era Credence.

Graves provò un'irrazionale fitta di sollievo a vedere che non era Credence che danzava con una ragazza bionda in abito azzurro chiaro.

Non era lui.

Ma chissà come sarebbe stato Credence con addosso un abito elegante, con quella posa sicura che aveva quando si batteva con lui?

Come sarebbe stato con i guanti bianchi, un garofano rosso come le sue labbra e con una mano tesa verso di lui per invitarlo?

Graves scosse la testa.

No, non poteva permettersi di pensare a Credence in quel modo.

Credence si fidava ciecamente, e se lui avesse approfittato dell'ascendente che aveva sul ragazzo per sedurlo sarebbe stato infinitamente peggiore di Grindelwald.

Avrebbe potuto corteggiarlo e Credence sarebbe caduto tra le sue braccia prima o poi, ma lui, Percival, dopo aver conquistato il frutto più dolce avrebbe sentito solo l'amaro della colpa ad ogni morso.

C'erano troppi anni di differenza e troppi difetti nel suo carattere per pensare di legarsi ad un ragazzo di ventiquattro anni.

Si allontanò dalla villa e dalla musica in modo che i nomag non sentissero lo schiocco della smaterializzazione e tutto sparì.

La festa, i vestiti, i gioielli, le luci...

Solo l'immagine di Credence rimase fissa nella sua mente.

***

"Stasera. Lo farò stasera"

Pensò Credence risoluto.

Erano trascorsi un paio di giorni da Halloween e lui si era incontrato con Graves un paio di volte.

Gli era sembrato preoccupato per qualcosa.

Credence non sapeva cosa fosse e non avrebbe voluto aggiungergli una preoccupazione, ma sentiva che erano arrivati a un punto in cui doveva per forza essere sincero.

La sera del cinque novembre, quando raggiunse Percival dopo cena, invece di prendergli la mano per permettergli di smaterializzarsi, tenne le mani in tasca e formulò un invito.

-Stasera ci sono i fuochi d'artificio per la Congiura delle Polveri. È una tradizione britannica-

Graves lo guardò evidentemente senza capire dove sarebbe andato a finire il discorso.

-Sono belli. Io li ho visti il secondo anno che ho passato qui in Inghilterra, e mi chiedevo se stasera... solo per stasera... se tu volessi fare qualosa di diverso e venire a vederli con me-

Rimase in attesa di una risposta, e con suo enorme sollievo vide l'espressione di Percival sfumare dalla confusione, all'incredulità, ad uno dei pochi sorrisi che concedeva.

-Dopo sei settimane direi che ci siamo meritati entrambi un giorno di pausa extra- gli tese la mano -Guidami tu stasera-

Credence lo afferrò in fretta, prima che qualcosa arrivasse a rovinare quel momento.

Lo condusse nella Londra babbana.

Sapeva che Percival ci andava e ci si sapeva muovere, ma il modo in cui gli aveva detto "guidami tu stasera" gli sembrava sottintendere qualcosa di speciale.

Credence si chiese se Percival Graves non gli stesse chiedendo aiuto.

Se lasciargli la possibilità di condurre la serata non fosse in realtà la richiesta di aiuto da parte di un uomo che forse era stanco di sentirsi il peso del mondo sulle spalle.

Lo condusse sul Westminster Bridge, proprio in mezzo al ponte, con il fiume che scorreva sotto di loro ed il fiume di persone che scorreva attorno a loro in attesa dei fuochi d'artificio che sarebbero scoppiati dallo spiazzo davanti al Parlamento.

C'era qualcosa di confortante nel nascondersi nel buoi e tra la folla, e Credence stava molto vicino a Graves per non perdersi.

O almeno quella era una scusa abbastanza plausibile.

Riuscirono a raggiungere una panchina, una delle poche miracolosamente libere, e una volta seduti Credence decise che era il momento.

Ovviamente dopo aver lanciato un Muffliato tutto intorno.

Stava raccogliendo il coraggio necessario quando un gruppetto di ragazzini corse davanti a loro con i loro pupazzi di carta da bruciare.

Credence fu riportato indietro nel tempo a quando un'altra bambina canticchiava di roghi.

Modesty.

Aveva avuto sue notizie dopo mesi: la ragazzina era stata obliviata ed affidata ad un orfanotrofio babbano, e se lo avesse incontrato non lo avrebbe nemmeno riconosciuto perché semplicemente non ricordava niente di lui, né di Mary Lou, né dei Secondi Salemiani.

Meglio così, in fondo.

Per distrarsi dai ricordi di New York, Credence guardò verso Percival.

Lui sorrideva mentre seguiva con lo sguardo i ragazzini che correvano e schiamazzavano.

Improvvisamente Credence sentì il bisogno di sapere qualcosa di lui.

-Percival? Posso chiederti perché non sei sposato?-

Lui lo guardò completamente spiazzato, e allora Credence aggiunse in fretta -Vale sempre l'accordo secondo cui non devi rispondere per forza-

Graves guardò lontano, alle luci della città e al loro riflesso nel fiume.

-Non potevo sposarmi. Credence, ti prego di non pensare male di me. Io ho fatto una scelta nella mia vita. Ho scelto il mio lavoro. Io... tu non sai come lavorano gli Auror. Non Tina Goldstein. Ci sono squadre speciali per i casi più difficili- si interruppe con un suono che non era uno sbuffo né una risata amara -Io mi sono sempre complicato la vita, devo ammetterlo. Ero nelle squadre di investigazione speciale e lì ti assicuro che non c'è posto per nient'altro-

Si voltò verso di lui per scrutarlo, ed a Credence sembrò che in Percival ci fosse meno sicurezza del solito.

Annuì per fargli capire che andava bene, che non lo stava giudicando, tantomeno in senso negativo; allora Percival continuò.

-A me quel lavoro piaceva, ma non avrei potuto conciliarlo con una vita familiare. Ci sono state volte in cui non ho dormito per trentasei ore consecutive, e momenti in cui non uscivamo dagli uffici per giorni interi. Per Morgana, se ci ripenso! Ne uscivamo che sembravamo cadaveri. E poi... noi indagavamo sull'uso della magia oscura. Ed ho visto cose davvero...- si interruppe con un brivido -... davvero orribili. Questo non te lo racconterei. Una volta ho urlato per due giorni tanto ero sconvolto dall'orrore. E poi il dolore. Ne ho provato ma ne ho anche inflitto-

Percival lo guardò ancora in cerca di una reazione negativa da parte sua, e lui lo incoraggiò guardandolo dritto negli occhi.

-Vedi, non potevo formare una famiglia in quelle condizioni. Non potevo tornare a casa un giorno ogni quattro e solo per buttarmi in un letto a dormire diciotto ore di fila. Che padre sarei stato? E dopo aver torturato una persona per avere informazioni, come avrei potuto tornare a casa e dare un bacio a mia moglie?-

Stavolta Percival distolse lo sguardo, forse per vergogna o forse per paura di avere rivelato troppo di sé stesso.

Credence gli posò una mano sul braccio e rimase a strofinarlo piano, fino ad arrivare alla pelle nuda del polso alla fine della manica del cappotto.

Sapeva che in quel momento Percival era fragile.

-Percival. Grazie per avermi detto queste cose. Se vuoi la mia opinione, tu sei un uomo onesto e coraggioso. E per me è un onore essere tuo amico-

Lo sentì rabbrividire sotto le sue dita e dovette fare uno sforzo per non ritrarre la mano.

Si sarebbe sottratto perché sapeva che il suo conforto potesse non essere del tutto disinteressato, ma non voleva che Percival pensasse che stare con lui fosse un problema.

Che, ironia della sorte, era proprio ciò che temeva lui a proposito di Percival, considerato cosa voleva dirgli.

Era davvero il momento, prima di creare qualche situazione molto imbarazzante.

-E adesso tocca a me. Percival, è giusto che tu sappia una cosa-

Stavolta sì che ritirò la mano. Non voleva toccarlo. Non voleva sentire eventuali brividi di disgusto che gli increspavano la pelle.

Graves tentò di alleggerire la tensione.

-Sembra che tu debba confessare chissà cosa. Credence, stai tranquillo, non ho più un rapporto da stilare-

Lui sorrise. Oh, magari fosse stato quello! Sarebbe stato molto più semplice!

Si sforzò di guardarlo negli occhi e diede uno strappo secco.

-A me piacciono gli uomini-

Ecco, lo aveva fatto. Si era appena bruciato il tutto per tutto.

Ovviamente aveva parlato della questione delle sue preferenze con i suoi genitori, e sapeva che nel mondo magico chi preferiva relazioni omosessuali rischiava di essere trattato come un egoista che non dava il giusto contributo all'incremento della popolazione.

Credence sperava con tutto il cuore che Graves non fosse una di quelle persone che disapprovavano, altrimenti quella sarebbe stata l'ultima volta che lo vedeva.

Lui lo guardò sbattendo le palpebre un paio di volte, come se in realtà non lo vedesse.

Come se non riuscisse a far collimare l'immagine che aveva di Credence con quella... cosa.

Forse aveva bisogno di tempo per metabolizzare, ma i minuti passavano e Graves non dava segni di volergli parlare o di regagire in qualche modo.

Alla fine Credence non ce la fece più.

Decise di andare via prima di scoppiare a piangere o fare qualcosa di ugualmente patetico, ma prima poteva almeno congedarsi con dignità.

-Mi dispiace. Avrei dovuto dirtelo prima. Addio-

Non appena ebbe detto "addio" Percival si riscosse.

-Aspetta! No, no andartene-

-Va bene così. Sapevo che avrebbe potuto darti fastidio-

-No! No, fammi spiegare!-

-Non c'è niente da spiegare!- si alzò in piedi di scatto -Per favore, risparmiami l'ipocrisia. Non ti si addice, Percival-

-No, non hai capito!-

Per la prima volta fu Percival a corrergli dietro e ad afferrarlo per un polso prima che si smaterializzasse o sparisse tra la folla.

-Credence, voglio che mi ascolti. Non mi dà fastidio. Tu sei troppo speciale per dare fastidio per qualunque cosa-

Allora Credence si fermò. Forse valeva la pena di ascoltare.

In fondo Percival era davvero tutto tranne che un ipocrita.

E forse avrebbe potuto essere vero che non gli importava.

-Ascoltami. Sono sorpreso, non infastidito. Questa è una cosa molto personale. E tu sei stato onesto. Me lo hai detto anche se sapevi che io avrei potuto reagire male. Credence, non capisci? Adesso per me sei ancora più prezioso-

Cosa? Che cosa aveva appena sentito?

-Credence. Guardami-

Anche se non avesse voluto, non gli sarebbe stato possibile evitarlo perché Percival gli aveva preso il viso tra le mani.

Non lo stava forzando, ma un contatto tanto stretto da parte di Percival Graves di sicuro meritava di essere approfondito.

E la sensazione delle sue mani sulla pelle in contrasto con l'aria fredda di novembre era incredibilmente piacevole.

Credence si sentì il viso in fiamme. Sicuramente era arrossito.

Fortuna che erano ancora nella zona degli incantesimi di protezione, perché qualcosa gli diceva che quello era un momento intimo e che non avrebbe voluto sbandierarlo in mezzo alla strada anche se erano al buio e nessuno faceva caso a loro.

-Credence- lo chiamò ancora lui -Tu sei cresciuto a New York. Sei stato un obscuriale. Sai lavorare con gli animali. Quando hai iniziato a duellare facevi veramente pena ma adesso sei migliorato tantissimo. Sei molto emotivo. E ti piacciono gli uomini. È un'altra cosa che so di te. Non è un problema. Sapere che potrei essere corteggiato da un erumpent mi preoccupa molto di più-

Percival aveva ragione: era molto emotivo.

Infatti sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi e non riusciva a smettere di sorridere, e ricordare l'avventura con Betsy gli fece scappare una risata che si spezzò in un singhiozzo.

Continuava a guardare Percival negli occhi alla ricerca di qualche indizio, ma tra tante emozioni che trovava nessuna somigliava nemmeno lontanamente al disgusto che lui aveva temuto.

Avrebbe voluto abbracciarlo ma temeva di approfittare troppo.

Fu Percival a sorprenderlo.

Gli tolse le mani dal viso per stringerlo in un abbraccio che... accidenti...se lui era troppo emotivo, Percival era troppo spiccio persino nelle manifestazioni d'affetto.

Lo fece praticamente sbattere contro di sè ma andava bene in quel modo.

-Lo sai, una volta un ragazzino petulante mi ha detto che certe creature hanno bisogno di contatto fisico- mormorò tanto vicino al suo orecchio da fargli sentire lo sbuffo del suo respiro.

E Credence allora non potè più trattenersi.

Si aggrappò a lui ed anche se sapeva che stava facendo la figura del bambino si concesse un paio di singhiozzi liberatori.

-Troppo emotivo, Barebone, sempre troppo emotivo- mormorò ancora Pecival, ma poi, in un tono molto pù basso ed intimo aggiunse -E sai cosa? Non cambiare-

***

Graves sorrideva.

Era su un ponte in una città straniera, circondato da una folla di sconosciuti e con un ragazzo che si sforzava di fare il duro e non piangere tra le sue braccia, e per la prima volta in mesi sorrideva veramente perché era troppo felice.

"A me piacciono gli uomini"

Gli girava la testa.

Improvvisamente l'immagine di Credence in abito elegante che lo invitava a danzare gli sembrava assolutamente reale.

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Nel Cerchio della Strega


Oook... chi avesse bisogno di un controllo dal dentista dopo tutta questa zuccherosità può metterlo sul mio conto spese.

Due parole prima di lasciarvi:

1 – a proposito della tolleranza verso l'omosessualità all'interno della comunità magica. Dunque, io sono convinta esattamente di quello che ho scritto: i maghi sono in minoranza rispetto ai babbani (tanto da vivere in clandestinità e voler evitare a tutti i costi una guerra) e per questo le relazioni omosessuali sarebbero molto osteggiate. Per una questione di sopravvivenza della specie, non per motivi religiosi.

2 – Il cinque novembre. È una delle feste britanniche più amate, e chi è fan di "V for Vendetta" ne sa qualcosa. Non sono riuscita a trovare notizie molto dettagliate, per questo non mi sono addentrata in particolari che non conoscevo, comunque la tradizione dei bambini che bruciano pupazzetti di carta e dei fuochi d'artificio è vera.


Bene, ho finito.

Grazie per aver letto questo capitolo.


Lady Shamain







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Capitolo 6
*** Sidro e Firewiskey ***


Capitolo 6

Sidro e Firewiskey


Feel the light
Shining in the dark of night
Remember what we forgot
I know it's a long shot
But we're bringing it all back

we're bringing it all back

***

I giorni che seguirono furono strani.

Credence ormai sapeva che sì, prima o poi avrebbe iniziato a pensare a Percival Graves proprio in quel senso, e la cosa lo confondeva.

Ne aveva parlato con i suoi genitori ed entrambi gli avevano fatto notare che Graves aveva quasi il doppio dei suoi anni.

Era ovvio.

A Credence non importava della differenza di età perché lui era passato attraverso cose che a volte gli facevano sentire addosso molto più che i suoi ventiquattro anni.

I consigli che gli avevano dato erano molto diversi.

Tina aveva cercato di disilluderlo da subito.

Lei aveva conosciuto bene Graves e lo riteneva "biologicamente incapace di innamorarsi".

In ufficio non si era mai sentito nessun pettegolezzo su di lui; nessuna segretaria particolare, nessuna allieva che ricevesse attenzioni o sguardi in più, nemmeno qualche collega più audace che ci aveva spudoratamente provato con lui aveva ottenuto risultati.

Graves restava sempre quello: carismatico, affascinante, un bell'uomo, ma assolutamente irragiungibile, fuori portata, inaccessibile per chiunque.

E no, non si erano mai sentiti nemmeno pettegolezzi di amicizie maschili troppo intime, per cui la conclusione era che a Graves mancasse qualcosa.

Probabilmente in novanta per cento della sensibilità media degli esseri umani, sempre secondo Tina, che sosteneva che nonostante Graves si fosse ritirato avesse ancora un distintivo da Auror al posto del cuore.

Newt era stato molto più cauto nel dare giudizi.

Gli aveva consigliato di osservarlo.

Il magizoologo comprendeva perfettamente cosa intendeva Credence quando diceva che Percival era un drago, ed in effetti gli stava consigliando di trattarlo come tale.

Osservarlo senza interferire.

Lasciarlo libero di agire per capirlo al meglio.

Contrariamente a Tina, Newt credeva che se Graves non era scappato dopo la sua "confessione" a proposito della preferenza per gli uomini, allora ci fosse la remota possibilità che potesse sviluppare un sentimento per Credence.

Aveva guadagnato uno scappellotto da Tina che non voleva incoraggiare Credence per non farlo soffrire inutilmente, ma Newt era rimasto irremovibile; lui era convinto che l'essere umano fosse troppo complesso nei rapporti sociali ed affettivi per non essere bisessuale.

Comunque la domanda restava: Credence voleva sapere cosa fare se... nel caso... nella possibilità... che la sua amicizia per Percival diventasse qualcos'altro.

Almeno su questo Newt e Tina erano stati d'accordo.

-Diglielo-

Certo, razionalmente Credence sapeva che era così.

C'erano molte possibilità che Graves non ricambiasse i suoi sentimenti, e sarebbe stata in un certo senso una mancanza di rispetto nascondergli una cosa del genere.

Senza contare che era molto difficile nascondere qualcosa all'ex Direttore della Sicurezza Magica.

Sì, sarebbe stato meglio dirglielo e soffrire una volta sola per un rifiuto, piuttosto che tormentarsi nell'incertezza; o ancora peggio che Graves lo venisse a sapere in qualche modo imbarazzante che Credence non voleva nemmeno immaginare.

***

Niente da fare: stava cambiando.

Lui, che era soddisfatto solo quando riusciva bene in un compito difficile, aveva cominciato ad apprezzare cose che prima nemmeno notava.

Una gelata a metà novembre aveva portato la prima neve, e Percival Graves era rimasto a guardare i fiocchi che cadevano con un senso di meraviglia che non provava più dall'infanzia.

Stava aspettando Credence, e quando il ragazzo si schiarì la voce per attirare la sua attenzione, si accorse che aveva tenuto tutto il tempo le mani tese ad afferrare i piccoli fiocchi bianchi, e che Credence lo guardava con un sorriso.

In imbarazzo, ficcò in fretta le mani in tasca e tentò di darsi un contegno, ma Credence non lo stava prendendo in giro.

Sembrava... sembrava contento, e Graves osò sperare che quel sorriso fosse per lui.

Credence continuò a sorridere anche quando, dopo essere apparsi nel loro posto isolato, trattenne le dita tra le sue più del necessario e gli chiese -Percival? Se io ti tirassi una palla di neve la prenderesti molto male, giusto?-

Meglio continuare a recitare la pare del drago irritabile, piuttosto che lasciar capire al ragazzo che non avrebbe più voluto lasciare la sua mano.

-Fidati, tu non vuoi davvero scoprire quanto potrei prenderla male-

E nello stesso momento seppe di essersi firmato una condanna.

Lui sapeva che Credence sapeva che lui sapeva che prima o poi la palla di neve sarebbe arrivata, e che lui non sarebbe stato capace di arrabbiarsi a dovere.

Il freddo li convinse a tornare a casa prima del previsto perché Graves non voleva certo che Credence si ammalasse per colpa sua.

Tornarono a casa che erano appena le nove meno un quarto, ed entrambi sapevano che avevano più tempo del solito per parlare.

Si tolsero i cappotti bagnati per la neve che vi si era sciolta sopra, poi Credence accese il fuoco nel camino e tutti e due si affretarono a rifugiarsi sul divano vicino alla fonte di calore.

Credence sorrideva ma tremava anche di freddo, e allora a Graves venne un'idea.

-Hai mai bevuto wiskey incendiario?-

-Hem... veramente... no, in casa non ne teniamo. L'ho assaggiato qualche volta quando l'ha portato mio zio Theseus ma è troppo forte per me-

-Capisco. E sidro di mele?-

-Oh, quello sì. Mi piace molto, soprattutto caldo e con le spezie-

Graves non faceva fatica ad immaginarlo.

Il sidro e le spezie si adattavano perfettamente a Credence: dolce ma con un carattere forte, e con quel tanto di alcol che bastava per scaldare e fare girare la testa.

Si trattenne a stento dal sospirare o dal deglutire a vuoto.

Improvvisamente anche lui aveva voglia di sidro.

Distolse lo sguardo da Credence e si concentrò nell'incantesimo che gli serviva: non era difficile evocare un boccale e dell'acqua, e per quanto riguardava le spezie era sicuro che Credence ne tenesse in casa.

Gli chiese se poteva prenderle ed ovviamente Credence gli rispose di sì.

La stecca di cannella ed una manciata di chiodi di garofano rimasero sospesi a mezz'aria poco sopra il boccale mentre lui si concentrava.

Chiuse gli occhi per fare l'incantesimo al meglio perché voleva che il sidro fosse perfetto.

Ne evocò il colore: ambrato, con pagliuzze dorate che vorticavano nel bicchiere; non torbido ma nemmeno trasparente.

Ed il gusto doveva essere leggermente aspro ma anche zuccherino, e con una consistenza vellutata sul palato.

E la temperatura. Appena al di sopra di quella del corpo umano, per essere tiepido, avvolgente, una carezza che leniva il freddo senza bruciare.

Quando fu soddisfatto del risultato riaprì gli occhi e lasciò che le spezie calassero lentamente nel sidro, da cui si levava un leggero vapore che appannava i bordi del boccale; erano volute pigre che portavano fino a lui un profumo che apprezzava con una nuova consapevolezza.

Percival annuì soddisfatto, perso nei suoi pensieri.

Aveva fatto del suo meglio per Credence. Ci aveva messo il cuore, letteralmente.

Ad un certo punto il suo sesto senso lo avvisò che qualcosa non andava.

C'era troppo silenzio.

Si riscosse e vide Credence che fissava il bicchiere affascinato, ed alzò la testa appena in tempo per incrociare il suo sguardo.

-Lo hai fatto per me. Grazie-

-Aspetta a ringraziarmi dopo averlo assaggiato. È da tanto tempo che non faccio un incantesimo del genere, e ti consiglio di assaggiarlo a piccoli sorsi. Non vorrei che avesse effetti collaterali e tu ti trasformassi in un rospo-

Credence rise ma nei suoi occhi brillava molto di più che il divertimento momentaneo per una battuta.

-Perdonami, ma per me ci vuole qualcosa di più forte. Se permetti...-

Ed evocò la bottiglia di firewiskey ed il suo bicchiere rocks con la base quadrata.

Non si versò subito da bere, ma aspettò che le spezie nel bicchiere di Credence si impregnassero di liquido e scendessero a fondo.

Credence prese il boccale e vi avvolse le dita ancora intirizzite dal freddo con un sospiro.

Fece un movimento come per prenderne un sorso ma all'ultimo momento si bloccò per guardare lui.

-Percival? Se dovessi diventare un rospo tu mi faresti tornare normale, non è vero?-

-Assolutamente no- gli rispose Graves con un ghigno pericoloso -Ho sempre desiderato un rospo da compagnia, ora che ci penso-

Credence borbottò "stupido" a mezza voce e poi bevve.

Graves non poteva fare a meno di spiarlo di sottecchi per scrutare la sua reazione.

Lui aveva fatto del suo meglio, ma uno dei suoi difetti era sempre stato imporre agli altri le sue scelte; l'idea che a Credence potesse non piacere ciò che piaceva a lui lo allarmava più di quanto sarebbe stato ragionevole.

Per questo quasi si strozzò con il suo whiskey quando il ragazzo spalancò gli occhi ed emise un mugolio al primo sorso.

-Cosa c'è? Ti sei bruciato?-

La cosa più logica da pensare era che avesse bevuto troppo presto e si fosse scottato la lingua, perché davvero... con tutto l'impegno che lui ci aveva messo in quel sidro, non poteva fare così schifo da farlo saltare sul divano e gemere in quel modo!

-Percival, è... è straordinario! Come hai fatto?-

-Davvero? Oh, bé, io... io... sono contento che ti piaccia-

Borbottò lui in imbarazzo.

Si rendeva conto solo in quel momento che lui aveva messo nel sidro molto più che le spezie: ci aveva messo anche tutta la sua ammirazione per il ragazzo, il desiderio appena nato che provava per lui, la volontà di fare qualcosa che lo facesse stare bene ed il bisogno di fare qualcosa che gli piacesse.

Non era solo una bevanda, erano duecento millilitri di dichiarazione d'amore, e dalla sfumatura rosa sugli zigomi e da come Credence cercava di trattenere i mugolii, sembrava che avesse fatto molto più effetto di quanto fosse nelle sue intenzioni.

Graves si nascose dietro un altro bicchiere di whiskey e nel guardare le fiamme del camino perché gli sembrava di spiare un momento privato.

Un momento delizioso, caldo e proibito che lui doveva tenere fuori dalla sua mente.

Quando Credence ebbe finito posò il boccale sul tavolo e rimase per un po' come stordito, appoggiato allo schienale con gli occhi socchiusi e le palpebre che tremolavano; le sue labbra erano rosse, in accordo con il velo di rosa che gli era comparso sulle guance e con gli occhi lucidi.

Per la seconda volta Graves fu colpito da quanto Credence fosse bello.

Non era rimasto niente del ragazzino con le spalle ingobbite che si aggirava come un fantasma per le strade di New York, adesso era davvero uno splendido, giovane uomo.

Forse anche un po' per merito suo.

Evitò di fissarlo con insistenza ma avrebbe voluto fargli una foto in quel momento, per conservare per sempre l'immagine di abbandono totale, il sorriso rilassato, il respiro lento e regolare.

Passarono lunghi minuti rotti solo dal crepito del fuoco nel camino, poi Credence si riscosse come se si fosse appena svegliato.

-Percival?-

-Hm?-

-Grazie per tutto quello che stai facendo per me-

Graves avrebbe voluto rispondere che fargli da insegnante non era un compito pesante o che il sidro era un incantesimo semplice, ma il buonsenso gli impose di starsene zitto.

Sapeva perfettamente che Credence non si riferiva solo alle lezioni, ed un ringraziamento offerto con tanta gratitudine andava accolto con umiltà e basta.

-Te lo meriti- gli rispose.

Alzò il bicchiare verso di lui, accennando un brindisi che fece tornare il rossore sulle guance del ragazzo.

-Percival? Devo chiederti una cosa, e voglio che tu mi risponda sinceramente-

Altro che rispondere sinceramente! Graves si trovò a maledirsi per come aveva spinto le cose troppo oltre.

Quella richiesta di una risposta sincera lo preoccupava, subito dopo che aveva spinto Credence in uno stato simile alla tensione erotica.

-Sono migliorato? Insomma, quante possibilità ho di uscire vivo da un vero duello?-

Oh. Oh. Per fortuna! Graves avrebbe potuto sciogliersi per il sollievo.

-Non so darti una risposta. Vedi, Credence, tu sei migliorato tantissimo, ed io sono fiero di te. Ma devi migliorare ancora. E comunque...- distolse lo sguardo. Non era sicuro di volerlo dire.

-Comunque cosa?-

Accidenti! Il ragazzo aveva passato troppo tempo con lui.

Chi altro, se non il Direttore della Sicurezza Magica in persona, avrebbe potuto insegnargli a stanare la debolezza nell'esitazione e ad insistere proprio su quella?

-Comunque, la verità è che non si è mai, mai, abbastanza bravi- concluse.

Finì il secondo bicchiere di firewhiskey per tentare di distrarsi.

Credence lo guardò in silenzio.

Gli stava chiedendo qualcosa, e quel qualcosa che già sentiva nell'aria lo preoccupava forse più che un flirt.

-Ti riferisci a Grindelwald, non è vero?-

Graves non potè trattenere una smorfia di dolore.

-Tu staresti benissimo nella squadra investigativa degli Auror. Sì, mi riferisco proprio a lui-

La conversazione stava prendendo una piega scomoda. Molto scomoda.

Graves aveva confinato le memorie ed i sentimenti a proposito di Grindelwald nell'angolo più remoto della sua mente, e sperava di tenerle lì fino al suo ultimo giorno di vita.

E invece era bastato un accenno perché tutto quello tornasse a farsi sentire più prepotente che mai.

-Percival? Hai mai pianto per quello che ti ha fatto?-

La domanda lo colse alla sprovvista.

Conosceva bene la risposta, ma il fatto che Credence avesse chiesto lo aveva spinto in bilico su un abisso.

-Io... Una volta. Quando... quando...-

Distolse lo sguardo. Voleva dirlo e allo stesso tempo non voleva.

Credence si spostò più vicino a lui e gli toccò piano il braccio.

-Va tutto bene, Percival. Sei al sicuro adesso-

Graves prese un lungo sospiro tremante. Gli ci voleva troppo coraggio per riaprire quella ferita.

Ma Credence aveva ragione: era al sicuro.

-E va bene. Io ho cambiato casa dopo che mi hanno dimesso dall'ospedale. Non sopportavo di vivere in una casa che non era più veramente mia. Ero tornato per prendere qualche vestito, qualcosa che potesse servirmi... e quando sono stato dentro non ho portato via nulla. Non sopportavo che quel bastardo avesse toccato tutte le mie cose. Come le spille a forma di scorpione. Non avevo più niente. Allora ho pianto-

Strinse il bicchiere tanto forte da farsi sbiancare le nocche.

Non si aspettava che facesse ancora così male dopo tre anni.

-Anche io ho pianto- disse Credence accanto a lui -Mi aveva tradito. Mi aveva usato e poi gettato via come uno straccio. Ed io, dopo che ho avuto di nuovo un corpo, ancora piangevo per lui-

Credence non lo guardava, invece teneva lo sguardo fisso sulle sue mani strette insieme.

-Credevo di meritarmelo. Credevo che il dolore per il tradimento fosse la giusta punizione per il mio peccato di sodomia. Poi Newt e Tina mi hanno fatto capire che non c'era nessun peccato e che Grindelwald era semplicemente, come dici tu, un gran bastardo-

"Peccato di sodomia?" Graves dovette scavare nella memoria per ricordare cosa significava quel termine per i nomag, e quando se ne ricordò si rese conto di essere impallidito.

-Tu ti eri... innamorato di lui?-

Credence fece spallucce, come a dire "Ormai è andata così".

-Era la prima persona che mostrava di tenere a me. E con il tuo aspetto era un gran bell'uomo. Io ero assolutamente conquistato, ma non era amore. Adesso lo so-

Qualcosa che si era annodato stretto dentro Grave si sciolse quando Credence ammise che non era realmente innamorato di Grindelwald.

Era stata un'infatuazione che aveva superato.

Graves si rese conto di essere stato geloso e che avrebbe odiato Grindelwald il doppio se, oltre alla sua vita, gli avesse rubato anche Credence.

-Sai che è davvero strano, Percival? Io ho superato quello che mi ha fatto, ma certamente non l'ho perdonato. Non lo perdonerò mai. Se potessi incontrarlo, la prima cosa che farei sarebbe restituirgli quel pugno con gli interessi. Però è strano avere un conto in sospeso con una persona e non sapere nemmeno che faccia abbia-

Graves tremò per un'improvvisa vampata d'ira.

Posò in fretta il bicchiere sul tavolo per evitare di spaccarlo tra le dita.

-Io spero di non incontrarlo mai più, perché se mai mi dovesse capitare a portata di bacchetta potrei dimenticarmi che ho fatto il giuramento di non infierire inutilmente sul nemico. Non voglio diventare un mostro a causa sua. Si è preso già abbastanza della mia vita-

Credence lo guardò un po' allarmato e Graves si rese conto che doveva essergli sembrato davvero qualcosa di simile ad un drago infuriato.

Sospirò pesantemente. Lui non era mai stato bravo ad indorare la pillola.

Se avesse incontrato Grindelwald probabilmente avrebbe fatto ricorso a tutti gli incantesimi oscuri che conosceva, e ancora non sarebbe stato abbastanza per punirlo per come gli aveva rovinato l'esistenza.

Si accorse che aveva i pugni serrati e che tremava di rabbia.

-Tu sei migliore di lui. Lo sei davvero, Percival. Non scendere i suoi livelli, perché non ne vale la pena-

Credence prese le mani tra le sue e tentò di scioglierli i muscoli.

Quella carezza a contatto con tutta la rabbia che aveva in corpo gli fece uno strano effetto, come crepe che si allargano sul ghiaccio quando viene investito da un'ondata di acqua calda; lo fece tremare e rabbrividire.

Credence se ne accorse, e allora si mise in ginocchio sul divano e gli passò un braccio attorno alle spalle.

Con una mano gli accarezzò la nuca e gli fece appoggiare la testa contro il suo petto.

Era strano. In quel modo sembrava che Credence fosse molto più alto di lui.

Vedersi improvvisamente più piccolo, aver rievocato un dolore che credeva sepolto, trovare un conforto che non avrebbe mai ammesso di desiderare... erano troppe emozioni tutte insieme.

Già avrebbe avuto difficoltà a gestirle singolarmente, ma tutte in una volta erano un pericolo.

Il suo autocontrollo rischiava di schiantarsi da un momento all'altro.

Il suo primo istinto era di sottrarsi, di tornare dietro la sua corazza, ma ormai era andato troppo oltre; era sull'orlo del baratro e se non ci fosse stato Credence a trattenerlo sarebbe precipitato nel vuoto.

-E quindi... tu hai pianto, Credence?-

Patetico. Era come se stesse chiedendo il permesso.

Come a dire "Tu lo hai fatto, posso farlo anche io?"

-Sì. Ho pianto. Non solo per Grindelwald, ma per... per tutto. Per Mary Lou, per gli anni ad Ilvermorny che avevo perso, per aver ucciso delle persone, per aver traumatizzato Modesty. Ho pianto ed avuto attacchi di panico. Per i primi tre mesi in cui ho vissuto con loro, Newt e Tina mi hanno fatto dormire nella loro stanza perché avevo terrori notturni quasi ogni notte. E loro mi svegliavano delicatamente e restavano con me per ore. Mi coccolavano come un bambino piccolo perché era in quel modo che mi sentivo. Piccolo e disperato-

"Piccolo e disperato"

Graves si ritrasse istintivamente.

Era esattamente come si era sentito lui per mesi e mesi.

Poi aveva ripreso il controllo di sé stesso, ma la ferita era rimasta.

E adesso si era riaperta.

Non poteva più sfuggire.

Rimase a tremare ancora appoggiato a Credence, lacerato tra il bisogno di sfogarsi e la paura dell'ignoto.

-Mi dispiace, Credence. Mi dispiace tanto-

Ed era vero: gli dispiaceva terribilmente per quello che era successo al ragazzo, e non gli sembrava giusto scaricargli addosso il suo dolore oltre a quello che aveva già sopportato.

Cercò di prendere respiri profondi per rimettere sotto controllo quella cosa che gli stava torcendo le viscere.

Credence intanto continuava ad accarezzarlo sul viso e sul collo, mentre con l'altro braccio gli cingeva le spalle e lo teneva stretto con il torace contro il suo.

-Shh... ormai è passato, non preoccuparti per me. Ora sto bene perché ho trovato persone che mi hanno compreso. Percival... lo so che tu sei un uomo forte, ma essere forti non vuol dire non avere mai bisogno di aiuto-

Stavolta il dolore lo fece piegare in due.

Era attorcigliato alla bocca dello stomaco, una bestia maligna che aveva scardinato la gabbia ed era pronta a distruggerlo.

Tentò di parlare ma appena aprì bocca ne uscì solo un gemito sofferente.

-Oh, Percival... non puoi tenerti dentro tutto questo. Lascialo andare una volta per tutte. Non permettergli di farti soffrire ancora-

La bestia scavava dentro di lui, fuori controllo, gli occhi iniettati di sangue.

Ed erano i suoi occhi.

E l'unica cosa che lo teneva al sicuro era il rifugio formato da Credence.

No, no, assolutamente no! Non avrebbe pianto tra le braccia di un ragazzo che poteva essere suo figlio! Sarebbe stato vergognoso.

-Va bene, signor Graves- sospirò lui -Facciamo un patto: qualunque cosa tu dovessi fare, ti giuro solennemente che non lo dirò a nessuno. Anzi, facciamo così: ti dò il permesso di obliviarmi, così il tuo segreto sarà al sicuro-

Graves avrebbe voluto ridere per l'assurdità del tentativo che Credence faceva per rassicurarlo, ma scoprì con orrore che dalla gola invece di una risata gli era uscito un suono aspro e raschiante.

Un singhiozzo. E un altro. E un altro ancora.

Esattamente come aveva temuto, una volta cominciato era impossibile fermarsi.

-Ne hai bisogno. Coraggio. Ci sono io con te-

Sembrava che la voce bassa e calma di Credence gli facesse allo stesso tempo male e bene.

Da un lato nutriva il suo bisogno di conforto, dall'altro... oh, come si sentiva penoso!

Piangere sulla spalla di un ragazzo di ventiquattro anni che aveva passato cose peggiori di lui!

Eppure non riusciva a fermarsi.

Lui aveva sempre trasformato il dolore in rabbia, ma sfogare la rabbia non era la stessa cosa.

Non curava le ferite.

Ed il dolore restava, per sopraffarlo quando lui meno se lo aspettava; a tenerlo sveglio la notte, bloccargli il respiro, a schiacciargli il petto con una massa giorno dopo giorno più densa e pesante, ad urlare ancora e ancora dentro di lui nella speranza e nel terrore che qualuno potesse sentirlo ed aiutarlo.

Non riusciva a fermare i lamenti che gli sfuggivano tra i denti ogni volta che un'ondata di sofferenza lo trapassava.

Credence lo teneva ancora stretto e Graves poteva sentire il suo cuore che batteva.

-Ci sono io- mormorò piano con le labbra contro la sua fronte -Non avere paura. Sono solo lacrime, Percival. Lasciale andare-

Lui cercava ancora di combattere quel sentimento, ma era come scivolare lungo una parete di vetro.

-Non... posso...-

-Sì che puoi. Ti aiuto io-

-No. Non è... giusto-

-Perché no? Ne hai bisogno ed io voglio aiutarti. Tu faresti lo stesso per me, anzi lo hai già fatto-

Cedette con un ultimo guaito di dolore.

Sì, ne aveva bisogno!

Come aveva potuto pensare di vivere con quel cancro che gli divorava l'anima?

I ricordi si accavallavano senza concedergli il tempo di respirare, ed ognuno era una coltellata rovente.

Grindelwald, le torture, la prigionia, la sua vita rubata, distrutta e buttata via come un giocattolo rotto nelle mani di un bambino crudele.

In poco tempo Percival Graves era ridotto ad una cosa disperata e scossa dai singhiozzi, spogliata di ogni difesa, più debole di quanto fosse mai stato in vita sua.

Era terrorizzato, ma quello era l'unico modo per guarire.

Per una sola volta nella vita, confessarsi debole, ferito, bisognoso del conforto che solo un affetto sincero sapeva dare; rimettersi inerme nelle mani di una persona abbastanza nobile da accettarlo anche in quelle condizioni.

E Credence lo era.

Quel ragazzo era una meraviglia e forse nemmeno se ne rendeva conto.

Gli permetteva di aggrapparsi a lui, di gridare e piangere; gli permetteva di essere sincero prima di tutto con sé stesso.

E lo teneva al sicuro.

Graves si trovava ad affondargli il viso nel petto e rischiava di sbilanciarlo all'indietro ma poteva contare su di lui.

Credence poteva sostenerlo. Si era offerto di farlo.

La gratitudine era così intensa e sconosciuta per lui che rischiava di fargli male quanto i ricordi di Grindelwald.

A volte il cuore gli si stringeva così tanto che credeva che sarebbe scoppiato, e allora si aggrappava a Credence con tutte le sue forze, soffocando un grido nel suo corpo.

Se doveva morire, pensava, sarebbe stato meno brutto se fosse successo tra le braccia di una persona che gli voleva bene.

Anche Credence lo stringeva forte.

Gli stava dicendo qualcosa che però Graves non capiva, stordito com'era dai suoi stessi singhiozzi.

Non capiva le parole, ma il tono basso e calmo che usava vibrava attraverso la sua gola e passava dentro di lui trasmettendogli un senso di sicurezza.

Allora pensava che no, non voleva morire, perché valeva la pena di vivere solo per farsi ripetere qualunque cosa meravigliosa Credence gli stesse dicendo.

Pian piano il peso sul petto si stava allentando.

Non aveva più l'impressione di piangere sangue o che non avrebbe mai più ripreso a respirare.

Lentamente, molto lentamente, lasciò andare la stretta spasmodica con cui si era allacciato a Credence, ma il ragazzo non lo lasciò.

Continuò a tenerlo lì e a confortarlo con quelle carezze che desiderava solo da lui.

Anche Graves osò accarezzarlo sulla schiena perché desiderava ricambiare un po' della tenerezza che Credence gli stava regalando.

Si sentiva completamente esausto, troppo stanco persino per aprire gli occhi.

Santo cielo, aveva pianto così forte che gli dolevano i fianchi!

-Grazie- riuscì ad articolare con la voce incrinata.

Credence non gli rispose, invece continuò ad accarezzarlo.

Quando finalmente Graves si staccò da lui ed ebbe il coraggio di riaprire gli occhi si accorse di due cose: la prima una larga macchia bagnata sul maglione blu del ragazzo, e la seconda che anche gli occhi di Credence erano arrossati.

-Hai pianto per me?-

-No, Percival. Ho pianto con te. Gli amici servono a questo-

Graves fu scosso da un brivido.

"Amici"

Lui non aveva mai permesso a nessuno di vederlo in quelle condizioni.

Non aveva amici così stretti da tanto tempo, e comunque non era sicuro di accontentarsi che Credence fosse suo "amico".

Ma di quello avrebbero parlato in un altro momento, magari.

-Hai sopportato una scenata patetica e probabilmente impressionante, ed ancora non ti sei stacato di me. Sei una persona straordinaria, Credence-

Lo sentì ridere piano.

Quel povero ragazzo era costretto in una posizione scomoda da chissà quanto tempo per colpa sua.

-Dai, siediti-

-Dovrei lasciarti. Peccato. Mi piace tenerti così-

Graves sperò che il rossore che si sentiva sulle guance potesse essere scambiato per la congestione del pianto, e per fortuna, nonostante quello che aveva detto, Credence sciolse l'abbraccio in cui lo aveva cullato per tutto quel tempo.

-Credo che sia ora che io tolga il disturbo. Si è fatto tardi- borbottò Graves.

-No, aspetta. Non andartene. Non voglio che tu resti da solo stanotte-

-Credence, tu hai già fatto più che abbastanza per me. Tranquillo. Starò bene-

-E se non fosse così? Voglio esserne sicuro. Resta a dormire qui. Scommetto che hai dormito in posti peggiori del mio divano, e che una coperta con un Incanto Tepeo ti basterà-

Graves avrebbe voluto obbiettare qualcosa ma scoprì che non ce la faceva.

Non solo era troppo stanco, era anche attirato dall'idea di non essere solo.

-Va bene. Resto-

Il sorriso di Credence era impossibile da sostenere.

Sembrava sprizzare una gioia incontenibile e contagiosa, qualcosa che Graves non avrebbe mai sperato di poter provare.

Istintivamente alzò una mano per accarezzare Credence e lui chiuse gli occhi sotto il suo tocco.

Per un attimo fu sicuro che entrambi avessero pensato la stessa cosa. Non dissero nulla.

Credence si allontanò con un ombra di malinconia nello sguardo.

-Ti prendo la coperta- gli disse solo, ma quando gliela consegnò Graves decise che era il momento di smettere di fare il codardo.

-Credence. Non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza né riuscirò mai a dirti quanto sei straordinario. Sono senza speranze con questo genere di cose, e tu sei molto di più di quanto io meriti-

Lui sorrise, stavolta di nuovo con un velo di rossore sulle guance.

Non sapeva se il suo poteva essere considerato un tentativo di seduzione, ma in ogni caso il ragazzo non si era ritratto.

Forse non capiva cosa stava succedendo. Era troppo giovane per capire.

Ma aveva detto la pura verità: Credence era la persona più importante per lui.

-La vita è veramente strana, Percival, perché è esattamente quello che penso io a proposito di te- gli rispose lui.

Se Credence avesse fatto anche solo un altro passo verso di lui, Graves lo avrebbe baciato.

Ne era certo.

"Ti prego, ancora un po'"

Invece Credence distolse lo sguardo.

-Adesso è veramente tardi. È meglio dormire o domani non ci reggeremo in piedi-

-Hai ragione. Scusa se ti ho tenuto sveglio. Buonanotte-

-Buonanotte, Percival-

Graves sperò fino all'ultimo che Credence gli avrebbe detto qualcos'altro o che lui avrebbe trovato il coraggio di parlare, ma non accadde.

Con un ultimo sorriso, più timido del solito, Credence sparì in corridoio e Graves sentì la porta della sua stanza che si chiudeva.

Rimase davanti al camino a pensare ancora un po', poi l'orologio battè dei piccoli rintocchi che lo avvisarono che erano passate le undici.

Allora scosse la testa.

Si tolse le scarpe, la cintura ed il gilet per dormire un po' più comodo e poi si rannicchiò sul divano sotto la coperta scozzese rossa e verde.

Per un attimo ebbe la tentazione di sbirciare qualcosa nella vita privata di Credence.

Magari un minuscolo incanto Perlucidum su un centimetro quadrato della porta della sua stanza da letto?

Ne era fortemente tentato, ma poi scosse la testa, sorpreso e scandalizzato da sé stesso.

No, non l'avrebbe fatto; tra lui e Credence era sempre stato un gioco leale, e lui ci teneva a compotarsi da gentiluomo.

In casa c'era silenzio. Chissà se Credence già dormiva? No, impossibile. Era passato troppo poco tempo.

Chissà se era sveglio e se stava pensando a lui?

Il pensiero gli fece provare un piacevole tepore.

Non lo aveva creduto possibile, ma stava davvero meglio dopo aver pianto: ora che tutta la tensione si era allentata, gli restava solo la bella sensazione di essere stato amato.

L'Incanto Tepeo che Credence aveva fatto sulla coperta lo stava scaldando più che fisicamente.

Era come essere ancora avvolto dal suo abbraccio.

Scivolò nel sonno cullato dal ricordo del corpo di Credence perfettamente allacciato al suo.

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Nel Cerchio della Strega


Mi scuso per la lunghezza del capitolo. Di solito sono molto meno masochista e cerco di non superae le sei/sette pagine per il bene dei miei e dei vostri occhi, ma stavolta non potevo proprio togliere nulla.

Questo per me è IL capitolo. Mi è piaciuto scrivere tutto, dalla parte simil lime a proposito del sidro alla parte hurt/comfort con Percival che apre i rubinetti.

Spero di non aver esagerato e di non dover pagare altre visite dentistiche oltre quelle del capitolo precedente.

Un enorme grazie tutti i lettori che sono arrivati in fondo a questo nuovo capitolo.


Lady Shamain

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Capitolo 7
*** Il frutto più dolce ***


Capitolo 7

Il frutto più dolce


You and I can have it all tonight
So let's bring it back it to light
Now we have another chance to fly
Another chance to make it right

***

La mattina dopo Credence ci mise un bel po' di tempo ad uscire dal torpore del sonno.

Si sentiva riposato ma allo stesso tempo aveva voglia di indugiare nel tepore delle coperte, e fortunatamente poteva permeterselo, dal momento che era sabato.

Guardò l'orologio sul comodino e vide che mancavano ancora venti minuti alle otto.

Credence sorrise.

Gli piaceva svegliarsi con un po' di anticipo e rimanere qualche tempo nello stato tra il sonno e la veglia, a godersi la calma della prima mattina.

Anche se, a dirla tutta, quella specifica mattina c'era calma ma anche un senso di attesa.

Credence sapeva che la sera prima lui e Graves si erano avvicinati ancora; avevano varcato la soglia dello "strettamente personale" quando lui aveva raccolto il dolore di Percival tra le sue braccia e lui glielo aveva permesso.

Credence sapeva bene quanto fosse orgoglioso Percival, ed il fatto che si fosse mostrato così debole era la più grande prova di fiducia che potesse dargli; però appunto perché sapeva quanto fosse orgoglioso, non si sarebbe sorpreso di trovarlo chiuso e scostante quella mattina, in un ennesimo tentativo di difendersi.

Ricordava benissimo come la sera prima avesse resistito con tutte le sue forze, preferendo torturarsi piuttosto che ammettere di aver bisogno di aiuto, e quindi non si sarebbe sorpreso se il loro rapporto avesse fatto passi indietro invece che in avanti.

Non se ne sarebbe sorpreso ma ci avrebbe sofferto.

Lui ci teneva tantissimo a quell'americano scontroso che si portava addosso chissà quante cicatrici, e poi sì: ormai pensava ufficialmente a Percival in quel senso.

Come compagno, come amante, come la persona con cui avrebbe voluto costruire una vita insieme.

Sospirò mentra si rigirava sotto le coperte, ormai completamente sveglio.

Gli sembrò quasi strano che l'altra metà del letto fosse vuota.

Che non ci fosse Percival.

Gli sarebbe piaciuto vederlo com'era quando dormiva.

Chissà se stava sempre vigile o se almeno nel sonno riusciva ad abbassare completamente le difese?

Un leggero acciottolio di stoviglie proveniente dalla cucina gli fece capire che anche il suo ospite doveva essere già sveglio, poi sentì un odore che all'inizio nemmeno riuscì ad identificare per quanto gli sembrava impossibile: era un inconfondibile profumo di uova e bacon.

Sulle labbra gli spuntò un sorriso.

L'ex Direttore della Sicurezza Magica che cucinava? Se era vero, valeva proprio la pena di vederlo!

Non per prenderlo in giro, ma per aggiungerla alla lista delle cose che scopriva dell'uomo Percival sotto la superficie granitica del Direttore Graves.

Si alzò dal letto e senza nemmeno guardarsi allo specchio uscì dalla stanza facendo meno rumore possibile.

Appena si affaciò sulla cucina vide qualcosa che mai si sarebbe aspettato: Percival Graves era davvero ai fornelli.

Gli dava le spalle ed era chino, bacchetta alla mano, su delle fette di pane che stavano rosolando sotto il suo sguardo attento.

Era senza gilet, con la camicia fuori dal pantalone e con i polsini sbottonati ed arrotolati sugli avambracci.

Il cappotto, il gilet e la cintura erano sulla spalliera del divano.

I suoi capelli sembravano umidi e Credence immaginò che li avesse sistemati alla meno peggio usando l'acqua del rubinetto invece della solita brillantina.

Anche in quelle condizioni però non perdeva il suo fascino. Forse era più bello perché era più umano, o forse perché lui ne era innamorato.

Credence cercò di scuotersi, ricordando il discorso che aveva fatto mentalmente con se stesso a proposito di Graves che forse si sarebbe allontanato.

Si schiarì la gola e lo salutò con il buongiorno più naturale che gli riusciva.

All'inizio Percival sussultò, ma poi gli bastò girarsi e guardarlo per rilassarsi.

-Buon giorno a te. Come hai dormito?-

-Bene. E tu?-

-Avevi ragione: ho dormito in posti molto peggiori. Sono stato bene-

Lo disse in un modo che fece supporre a Credence che non si riferisse solo alla sistemazione.

Bene. Forse non doveva temere che Percival si allontanasse dopotutto.

-Hai preparato la colazione-

-Sì. Mi sono svegliato presto ma non volevo andarmene senza salutarti. E lo sai che non mi piace l'inattività, per cui...- ed indicò il tavolo con un gesto ampio.

Credence sorrise. Era tipico di Percival: pensare, trovare la soluzione più logica ed applicarla; e che la soluzione più logica gli fosse sembrata preparare la colazione per entrambi, gli riempiva il petto di qualcosa di bellissimo.

-Non sapevo cosa ti piacesse per cui ho preparato sia dolce che salato-

-Grazie-

-Grazie a te-

Non c'era bisogno di specificare per cosa.

Poteva essere per averlo fatto piangere, per averlo consolato o per averlo fatto restare.

Non era realmente importante il cosa, se la voce di Graves era così morbida.

-Sembra tutto squisito. Ci sediamo?-

Graves annuì.

Sulla tovaglia c'era un bricco di caffè ed una teiera con un filo di fumo che usciva dal beccuccio; c'erano un barattolo di marmellata di fragole ed un piccolo tegame con uova strapazzate e pancetta, ed a lato il pane che Percival aveva appena finito di tostare.

Di solito la colazione di Credence era dolce, ma le uova avevano un profumo così invitante che decise di fare uno strappo all'abitudine e di prendere quelle.

Le accompagnò con thé poco zuccherato e con il pane.

Non voleva fissare Graves mentre mangiava, ma gli veniva spontaneo cercare di scoprire altri particolari di quell'uomo.

Anche lui si era servito una porzione di uova.

Rimasero a mangiare in silenzio, dopo che Percival gli ebbe chiesto di prestargli la sua copia della Gazzeta del Profeta per tenersi aggiornato sulle novità del mondo magico.

Credence aveva preso l'abitudine di Newt di cercare in una tazza di thé le risposte alle sue domande.

Mentre mangiava aveva la stessa sensazione della sera prima, quando aveva bevuto il sidro.

Non era solo questione che Percival fosse o meno bravo a cucinare, era qualcosa di più.

Credence sapeva che tutto gli sembrava tanto buono perché era fatto apposta per lui.

Si domandò persino se un'altra persona avrebbe colto la nota fondente nel sidro, o se avrebbe apprezzato allo stesso modo la morbidezza delle uova strapazzate o la croccantezza con cui il pane si rompeva quando gli dava un morso, per poi sciogliersi letteralmente nella sua bocca.

No. Probabilmente poteva sentirlo solo lui.

Era stato preparato tutto con una cura tale da fargli pensare che fosse stato fatto con amore.

Credence si lasciò coccolare dal pensiero e vi indugiò più di quanto sarebbe stato sano.

Gli sarebbe piaciuto che fosse sempre così.

Svegliarsi nella stessa casa, preparare la colazione uno per l'altro, poi vivere ognuno la sua giornata e ritrovarsi alla sera per raccontarsela.

Gli sembrava così bello, così reale, che dovette fare un grosso sforzo per ricordarsi che prima avrebbe dovuto chiedere il parere della potenziale altra metà della coppia.

Percival lo richiamò alla realtà quando gli chiese che programmi avesse per la giornata.

-Quello che faccio tutti i sabati: torno a casa. Tu invece? Oggi non sei invitato da nessuno?-

-No, oggi no. Domani sarò da Titus-

-Vorresti venire da noi?-

Graves lo guardò tanto sconvolto che Credence ebbe paura di averlo traumatizzato a vita.

Aprì la bocca un paio di volte ma senza dire nulla.

Che Graves rimanesse senza parole era un fatto più unico che raro, ma in fondo Credence si sentiva a sua volta a disagio quando lo vedeva in imbarazzo.

-Non credo che sarebbe opportuno- disse infine Percival, dopo essersi schiarito la gola un paio di volte.

-Perché no? Ti ho invitato io-

-Sì, ma non mi sento pronto ad affrontare i tuoi genitori. Non credo che abbiano esattamente un buon ricordo di me. Soprattutto Tina. Non potrei piombare all'improvviso in casa sua, tantomeno per una giornata intera. Mi dispiace, Credence-

Altra caratteristica di Percival: essere irremovibile quando prendeva una decisione.

Credence sapeva che insistere sarebbe stato solo peggio, ma lo stesso quel rifiuto gli aveva lasciato l'amaro in bocca, dietro il gusto delle uova e dei toast.

-Tuttavia credo che sia opportuno che prima o poi io le faccia visita- aggiunse Graves -Sono quasi due mesi che ti maltratto e posso solo immaginare cosa lei pensi di me. Nulla di buono, detto per inciso. Sì, sarebbe opportuno che chiarissimo qualcosa di persona-

Credence sorrise di nuovo.

Era un tentativo sincero e per lui era come se Percival gli stesse regalando una stella.

Senza pensarci troppo gli prese la mano sopra il tavolo.

-Andrà tutto bene, stai tranquillo-

Si rese conto di cosa aveva fatto solo quando Percival, per la seconda volta, lo guardò sotto shock.

Gli aveva preso la mano.

Gli stava sorridendo come un ragazzino innamorato.

Stava arrossendo per il pensiero di cui sopra.

E parlava di invitarlo a casa dei suoi genitori.

Tutto era troppo... intimo.

Pensò di ritirare la mano ma prima che potesse farlo Percival aveva rigirato la sua e l'aveva stretto più forte.

Il cuore di Credence prese a battere pesantemente contro le costole.

Sì, stava pensando a Percival proprio in quel senso ed in quel momento.

Sì, Percival lo sapeva.

Sì, Percival era ancora lì con lui.

-Stai cercando di rassicurarmi sul fatto che non verrò affatturato appena messo piede in casa?-

Credence si sforzò di sorridere anche se in realtà aveva il cuore in gola.

Percival gli stava accarezzando le nocche con il pollice.

Non lo avrebbe fatto se non fosse piaciuto anche a lui, giusto?

Ma forse non era vero che Graves aveva capito...

-Sì. Qualcosa del genere- Rispose in fretta.

Non osava muoversi per paura di rompere il contatto.

-Ti chiedo scusa, Credence. È colpa mia. Non ti dico abbastanza che persona straordinaria sei-

Percival si alzò ma senza lasciarlo, si avvicinò a lui e gli fece appoggiare la testa sul torace.

Non era un invito. Non era una prepotenza.

Era una semplice constatazione.

Era esattamente in quel modo che lui lo aveva abbracciato la sera prima.

Credence desiderò che il tempo si fermasse in quel momento perché avrebbe voluto restare per sempre in quella bolla calda e sicura, con il cuore in tumulto, la gola stretta dall'emozione e Percival che gli accarezzava i capelli.

Sotto la sua guancia, sotto la camicia di sartoria spiegazzata dalla notte sul divano, c'era un cuore che batteva forte; rosso come il granato e più prezioso di qualsiasi gemma; un cuore che in quel momento cercava il suo.

A quel punto non potevano esserci dubbi: Credence aveva la certezza che se avesse chiesto, se solo avesse osato chiedere, la risposta sarebbe stata "sì".

Gli afferrò il braccio perché non voleva restare inerte.

Percival lo aveva chiamato e lui desiderava rispondere.

-Percival...-

-Shh...-

-Percival, io...-

-Va tutto bene. Lo so-

Certo che lo sapeva.

Un ragazzo appena diplomato ed eccessivamente emotivo contro l'ex Direttore della Sicurezza Magica... non c'era nemmeno partita.

E non gli dispiaceva affatto.

-Da quanto lo sai?- gli chiese piano.

Percival non smise di accarezzarlo.

-Lo spero da quando ci siamo rivisti. Ho avuto il coraggio di ammetterlo solo adesso-

Credence sollevò il viso verso di lui, in cerca dei suoi occhi scuri.

-E allora... allora tu...?-

Percival si chinò sulle sue guance arrossate e le sfiorò con le labbra.

"Sì"

Gli lasciò sul viso baci leggerissimi, come se temesse di fargli del male.

Forse Percival aveva paura quanto lui, o forse temeva di spaventarlo, ma Credence non aveva nessuna paura; era troppo felice per avere paura.

Stavolta non poteva dare la colpa alla sua fantasia: Percival gli baciava il viso in un modo che era impossibile fraintendere ed era meravigliosamente reale.

Non resistette più: gli bastò un leggero movimento della testa per trovare la sua bocca e prendersi un bacio molto più profondo.

Percival gemette dentro la sua gola e Credence "Sì, continua, ti prego".

Lo pensò talmente forte che Graves avrebbe potuto sentirlo.

Era ancora seduto e Percival doveva stare chino per baciarlo, mentre Credence doveva piegare la testa all'indietro il più possibile; non era una posizione comoda, ma ugualmente gli sembrava perfetto.

Era il suo primo bacio.

Lui non sapeva baciare e Graves sembrava lottare contro l'urgenza di divorarlo.

Era bellissimo.

***

A volta capita che la parte razionale del cervello sia completamente scollegata dal resto del corpo.

A Percival era successo poche volte nella vita e mai era stata un'esperienza piacevole, ma a tutto c'è un'eccezione.

Il fatto era che baciare Credence gli sembrava una cosa perfettamente naturale. Era giusto.

Perché non avrebbe dovuto? Tutti i motivi che la ragione gli proponeva erano solo un ronzio confuso, e lui non riusciva a pensare ad altro che alla bocca di Credence che cedeva, morbida e calda, sotto la sua.

Il cuore gli batteva così forte da rimbombare contro lo sterno mentre tutto dentro di lui urlava selvaggiamente "Sì!".

Era come avere trovato il suo posto nel mondo, come se la vita che credeva rovinata avesse trovato di nuovo un senso.

Se Credence avesse dato un cenno di disagio lui lo avrebbe lasciato andare immediatamente, ma trovare il suo desiderio corrisposto era qualcosa a cui non poteva resistere.

Solo quando ebbe bisogno di ossigeno staccò le labbra da quelle di Credence e riprese il contatto con la realtà circostante.

E allora la voce della ragione tornò a rimproverarlo più aspra che mai.

Era un ragazzo con la metà dei suoi anni.

Era un suo allievo.

Aveva ammesso di essere stato attratto dall'uomo che aveva usurpato il suo aspetto.

Era la persona più emotiva che conoscesse, quindi era ovvio che si sarebbe concesso al minimo segnale di interesse da parte sua.

Graves sapeva di avere un forte ascendente su di lui e ne aveva approfittato...

Si sentì meschino, il più sporco, vigliacco bastardo sulla faccia della terra.

-Percival... cosa c'è?-

Il suo respiro era accelerato per il panico che gli saliva dentro.

Non sapeva cosa dirgli. Non c'erano scuse o spiegazioni per quello che gli aveva fatto.

Strinse il viso di Credence tra le mani in un gesto che era insieme una carezza ed un modo di allontanarlo.

Le sue labbra.

Dio, come erano belle le sue labbra!

Prima di ricaderci e di tornare ad avventarsi su di esse fece l'unica cosa sensata: richiamò in mano la bacchetta e le sue cose, si allontanò da Credence lasciandolo ancora stordito e corse verso la porta.

Il ragazzo era svelto, e appena lo vide scappare via si alzò di scatto per trattenerlo.

-Percival aspetta!-

Troppo tardi.

Graves raggiunse il pianerottolo in pochi secondi e subito si smaterializzò.

Chiuse gli occhi e fu un bene, perché se si fosse soffermato sull'espressione disperata di Credence e sulla sua mano che si chiudeva a vuoto a pochi centimetri da lui, non avrebbe avuto la forza di andarsene, e probabilmente si sarebbe Spaccato.

In realtà lo aveva fatto. Aveva appena lasciato il suo cuore sulle labbra di Credence.

***

Se n'era andato. Se n'era andato! E adesso?!

Credence rimase sulla porta a fissare il punto in cui Percival si era smaterializzato.

Era paralizzato dalle troppe emozioni contrastanti che aveva vissuto nell'arco di appena un quarto d'ora, e gli ci volle uno sforzo enorme per concentrarsi.

Maledizione! Ma perché Percival se ne era andato?!

Credence dovette lottare contro il retaggio che lo portava a pensare "Ecco, è stata tutta colpa mia! Sicuramente ho fatto qualcosa che lo ha disgustato"

No, non poteva essere. Percival aveva voluto baciarlo ma poi era scappato via spaventato.

E Credence non capiva perché.

Il problema era che non sapeva che fare.

Rimase sulla porta con la testa tra le mani.

Lui non sapeva che fare... e allora cosa avrebbe fatto qualcun altro?

Che avrebbe fatto suo padre?

Newt gli diceva che Perciva era un drago.

Se Newt avesse visto un drago scappare via con quell'aria spaventata di sicuro lo avrebbe seguito per impedire che facesse male a sé stesso o a qualcun altro, e poi avrebbe cercato di calmarlo.

E sua madre?

Tina trattava Graves come un sospettato, e si sa che gli Auror non lasciano che un sospettato scappi via da una situazione poco chiara senza dare tutte le risposte.

Ed infine Graves... che avrebbe fatto Percival se fosse stato lui a baciarlo e poi scappare via?

Anche lui era un Auror ed in più era orgoglioso, quindi sicuramente lo avrebbe seguito per pretendere una risposta.

E poi c'era lui.

Che avrebbe fatto Credence Barebone?

Lui una spiegazione la voleva.

Era un suo diritto sapere perché Perival era scappato dopo che era stato lui a cominciare e considerato che il bacio era piaciuto ad entrambi.

Allora sapeva cosa fare. Tutte le possibilità lo portavano in una sola direzione.

Si vestì in fretta, nel frattempo incantò una piuma perché scrivesse un breve messaggio a casa per avvisarli di un ritardo ma senza scendere nel dettaglio, e pochi minuti dopo era di nuovo sul pianerottolo per smaterializzarsi anche lui.

Sapeva che Graves alloggiava al Paiolo Magico, e poteva solo sperare che non se ne fosse già andato nei pochi minuti che lui aveva impiegato a prendere la sua decisione.


***

Fare i bagagli gli sembrava una cosa terribilmente complicata in quel momento in cui tutto dentro di lui urlava "No! Non voglio andare via!"

Non c'era verso che gli riuscisse di piegare i vestiti come voleva, e alla fine aveva deciso di accatastare tutto alla meno peggio dentro la valigia.

Non aveva tempo: doveva andarsene perché, dannazione! l'aveva fatto di nuovo!

Era la seconda volta che se la dava a gambe davanti a Credence Barebone.

E dire che lui aveva fatto un lungo dialogo interiore con sé stesso, pieno di buoni propositi, alla fine del quale aveva decretato tre punti fermi: primo, il fatto che Credence fosse interessato agli uomini non voleva dire che fosse necessariamente interessato a lui; secondo, di non prendere alcuna iniziativa che potesse fare capire al ragazzo che lui invece era molto interessato; terzo, che anche nella remota possibilità che ci fosse un'attrazione reciproca, la differenza di età tra loro era troppo grande, e che quindi lui, Percival Graves, avrebbe rinunciato a Credence.

Nel caso in cui Credence avesse comincato a mostrare segnali di interesse o si fosse dichiarato, aveva deciso che avrebbe finto di non ricambiare e che avrebbe lasciato il paese, tagliando per sempre i contatti con lui.

Tutti ottimi propositi, peccato che poi, alla prova dei fatti, lui avesse fatto esattamente il contrario.

Aveva giurato a sé stesso di sapersi controllare e invece aveva fallito quando Credence lo aveva colto alla sprovvista.

Credence lo amava.

Non era una sbandata passeggera, Credence era davvero innamorato e si era offerto a lui con piena consapevolezza.

E lui, oh, lui in quel momento aveva scoperto esattamente quanto desiderasse essere amato.

Tutta la comprensione priva di pietà che aveva trovato la sera prima avrebbe potuto averla tante altre volte.

Avrebbe anche potuto offrirla, senza doversi più nascondere dietro la facciata dell'insegnante severo.

Il loro avrebbe potuto essere un rapporto alla pari; non che già non lo fosse, ma in via ufficiale.

E Graves era caduto in quel sogno come una mosca incauta in una goccia di miele.

Che Credence lo desiderasse era un sospetto che aveva già da qualche tempo, ma ancora non riusciva a convincersene perché gli sembrava troppo bello per essere vero.

Una meraviglia di ventiquattro anni che cadeva tra le sue braccia? Si sentiva a stupido pensarlo e ridicolo a sperarci.

Eppure era successo.

E lui non era stato forte abbastanza da impedire quella follia.

Per quanto fosse dotato di un rigido autocontrollo, non poteva resistere a Credence che lo guardava come se lui fosse la cosa più preziosa sulla faccia della terra.

Lo aveva fatto sentire desiderato, voluto, accettato, compreso.

Come avrebbe potuto resistere? Si era visto offrire il frutto più dolce e non aveva potuto fare a meno di assaggiarne almeno un morso.

Forse avrebbe ancora potuto fermarsi se gli avesse baciato solo le guance, ma poi Credence aveva schiuso le labbra per offrirgli il calore dolce della sua gola e allora non c'era stato più buonsenso che tenesse.

Quando era tornato in sé era già troppo tardi e lui aveva solo potuto scappare via prima di fare ulteriori danni.

Adesso l'unica soluzione che gli restava era lasciare quell'angolo di Inghilterra che aveva imparato a chiamare casa, ritirarsi lontano e poi, quando fosse stato di nuovo padrone di sé stesso, scrivere a Credence per spiegargli le ragioni del suo gesto.

Sì, avrebbe potuto farlo. Forse passando del tempo lontano dal ragazzo avrebbe riacquistato la lucidità necessaria a convincersi che stava facendo la cosa giusta.

Sì, la lontananza sarebbe stata la cura migliore.

Per questo sbiancò in volto quando un colpo fece tremare la porta e da dietro il legno gli arrivò la voce di Credence che lo supplicava di parlare con lui.

***

Credence si era materializzato davanti all'ingresso del Paiolo Magico.

Era entrato di corsa e per fortuna aveva trovato Thomas dietro il bancone.

Gli aveva subito chiesto quele fosse la stanza di Mr. Graves, e Thomas, che li avevagià visti insieme, non esitò ad indicargli la camera numero quattordici.

Una volta saputo il numero Credence era corso su per le scale, inciampando quasi nell'elfo domestico che puliva il corrimano al secondo piano.

"Quattordici... numero quattordici... dove sei?!"

Doveva arrivarci! E sperava di arrivarci prima che Graves se ne andasse, altrimenti non avrebbe più saputo come rintraciarlo.

Figurarsi se Percival Graves si sarebbe fatto trovare da lui!

Quella era l'unica occasione che aveva e non l'avrebbe bruciata per niente al mondo.

Il numero quattordici era la quarta porta sulla destra.

Credence più che bussare si gettò contro la porta come se avesse voluto sfondarla.

Stranamente sentì il dolore del contraccolpo ma non sentì alcun suono.

Era l'Incanto Insonorizzante.

Bene, allora Graves era lì!

No, forse no... forse tutte le stanze erano incantate in quel modo.

Fece la prova bussando alla porta accanto ma quella fece un normale rumore di legno.

"Ah! Allora è lui che ha fatto l'incanto! Vuol dire che c'è!"

Non sapeva se scoppiare di felicità oppure se essere terrorizzato perché non sapeva come affrontarlo.

Accanto a lui la porta a cui aveva bussato si aprì e ne fece capolino una strega in vestaglia rosa e con un asciugamano arrotolato attorno alla testa.

-Desidera?- Gli chiese confusa.

-Ah... no, niente... mi scusi, ho sbagliato stanza-

Lei tornò dentro borbottando frasi astiose circa la scarsa educazione dei giovani maghi.

Solo quando la strega se ne fu andata Credence prese coraggio e cominciò a bussare.

O meglio a picchiare i palmi delle mani sulla porta.

-Percival! Avanti, fammi entrare!-

Nessuna risposta.

Credence ripensò a quella volta in cui Percival lo aveva fulminato un occhiataccia solo perché aveva dimenticato di dire "Per favore" e allora decise di smorzare i toni.

-Percival, per favore... non credi che dobbiamo parlare? Non puoi mollarmi così... -

Non avrebbe voluto mettersi a piangere ma già sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi.

Finalmente la voce di Percival gli arrivò ovattata dall'interno, ma non era quello che avrebbe voluto sentire.

-Torna a casa, Credence. Non abbiamo niente da dirci-

-Secondo te non abbiamo niente da dirci? Dopo che tu mi hai baciato e poi sei scappato via? Mi hai baciato, Cristo santo! Mi devi dire perché l'hai fatto!-

-Ho fatto un errore. Dimenticalo-

Perché? Che aveva fatto di sbagliato? Perché dopo che erano stati così vicini Percival gli chiudeva la porta in faccia?

-Ti prego...- gemette con la guancia appoggiata alla porta -Ti prego, non comportarti come lui-

***

-Percival, avanti, fammi entrare!-

Quel folle stava picchiando le mani contro la porta.

Percival era oltragiato da quel comportamento.

Oltragiato e terrorizzato, perché come lo avrebbe spiegato a Thomas che c'era qualcuno che gli stava demolendo la locanda per raggiungere lui?

Le chiacchiere si sarebbero sprecate.

-Torna a casa tua, Credence! Non abbiamo niente da dirci-

La sua voce gli arrivò ovattata dal legno e da tutti gli incantesimi che aveva fatto per proteggere la stanza.

-Secondo te non abbiamo niente da dirci? Dopo che tu mi hai baciato e poi sei scappato via? Mi hai baciato, Cristo santo! Mi devi dire perché l'hai fatto!-

Dannazione! Se quell'idiota non si fosse deciso ad andarsene e non avesse smesso di sbraitare a proposito di baci, presto tutti gli avventori del Paiolo Magico avrebbero avuto un bel pettegolezzo da far circolare in giro per Londra.

Il ragazzo infatuato del suo insegnante ed il professore tanto insensibile da lasciarlo fuori dalla porta per delle ore.

Bella storia sarebbe stata!

-Ho fatto un errore. Dimenticalo-

Credence si era appoggiato con tutto il suo peso alla porta, chissà perché.

Però in fondo aveva ragione. Era stato lui a cominciare ed era stato lui a scappare.

Una spiegazione sarebbe stata doverosa.

La voce del ragazzo gli arrivò di nuovo, ma stavolta era fievole, come ogni volta che stava per mettersi a piangere.

-Ti prego, Percival... non comportarti come lui-

Quella suppica lo colpì come un pugno allo stomaco.

Aveva capito perfettamente.

Credence gli stava chiedendo di non usarlo e poi abbandonaro come aveva fatto Grindelwald.

Era davvero quello che stava facendo?

Credence non era il tipo che avrebbe fatto leva sul senso di colpa per manipolare una persona, quindi se aveva tirato in ballo Grindelwald era perché davvero lo stava facendo soffrire come aveva fatto lui.

Non poteva sopportarlo.

Graves decise che, basta, ne aveva abbastanza. Doveva smettere di scappare e risolvere quella cosa.

Aprì la porta con un gesto della mano e Credence incespicò e cadde nella stanza.

-Alzati. E chiudi-

Doveva fare un ultimo sforzo.

Doveva tornare ad essere il solito freddo, distaccato, insopportabile Percival Graves almeno il tempo necessario a convincere Credence a lasciarlo.

Dopo essere stati ufficialmente insieme solo per la durata di un bacio, oltretutto.

Il pensiero lo pugnalò a tradimento ma lui era deciso a resistere.

Per darsi un'apparenza di indifferenza non lo guardava direttamente, invece aveva ricominciato a sistemare le sue cose con la magia e a riporle nella valigia aperta sullo sgabello sotto la finestra.

Sperava che il messaggio fosse abbastanza chiaro per il ragazzo.

"Questo è un addio"

-Stai facendo la valigia?-

-Sì-

-Vuoi andartene?-

-Sì-

Credence lo guardò con un espressione così ferita che Graves dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per continuare a piegare le sue camicie invece che correre da lui e stringerlo tra le braccia.

-Perché te ne vai?-

-Perché è la cosa più ragionevole da fare-

-Ragionevole? Mi spieghi come può essere ragionevole baciarmi e poi scappare via?-

Graves aprì la bocca per rispondere ma tutte le motivazioni a cui aveva pensato sembravano essere evaporate dalla sua mente.

Poco male.

-È meglio così- tagliò corto.

-Non è vero che è meglio! E non ti permetto di andartene!-

-Io non ti permetto di trattenermi-

-Non è una decisione che puoi prendere da solo, Percival! Non pensi a me? Mi hai almeno chiesto cosa voglio io invece di pensare solo a cosa vuoi tu?-

Il suo autocontrollo crollò a quelle parole.

Graves non poteva sopportare che Credence lo ritenesse un egoista.

Sapeva che sarebbe stato meglio fargli credere che non gli importava niente di lui, che lo avrebbe ferito senza curarsene come aveva fatto Grindelwald quattro anni prima, ma... santo cielo, non poteva!

-Perché, secondo te io voglio questo?! Secondo te voglio lasciarti?-

Ecco, lo aveva fatto. Stava scivolando lungo la china e non c'era nulla a cui aggrapparsi.

-Allora resta con me, Percival-

"Resta con me"

Una coltellata gli avrebbe fatto meno male della supplica di quel ragazzo.

Avrebbe voluto essere l'uomo forte che era di solito, ma scoprì che non ce la faceva.

Non più. Non davanti a Credence.

Si sentiva solo immensamente stanco.

-Non posso stare con te, Credence-

-Perché?-

La verità poteva essere una cosa bruttissima, ma come sempre era la migliore.

In fondo Credence aveva il diritto di sapere perché gli stava spezzando il cuore.

-Perché? Perché tu hai ventiquattro anni ed io ne ho quarantatré. Adesso sarebbe bello: tu avresti un uomo maturo che ti fa sentire al sicuro ed io avrei un ragazzo che mi adora e rafforza perennemente la mia autostima. Ma tra qualche anno sarà diverso. Sarà un incubo. Io diventerò sempre più vecchio e scontroso, e tu invece vorrai sbocciare, diventare un uomo a tua volta, vorrai avere una vita che io non ti potrò più dare, ma tu non mi lascerai perchè so che mi ami. E allora sarò io a maledirmi e ad odiarmi per entrambi, per averti permesso di legarti a me. Per averti fatto sprecare gli anni migliori della tua vita in una relazione sbagliata. Non posso farti questo, lo capisci, Credence? Non posso. E non lo farò, a costo di doverti fare male adesso-

Aveva gli occhi lucidi.

Un ragazzo con la metà dei suoi anni lo faceva piangere perché lo amava troppo.

Lo amava tanto da stracciarsi il cuore pur di sapere che Credence sarebbe stato felice.

Sospirò per ricacciare indietro le lacrime e trovare la forza di strapparsi un altro brandello di anima.

-Non te lo permetterò- ripetè, la voce ferma stavolta, come se lui fosse ancora l'uomo sicuro di sé che era sempre stato -La discussione è chiusa-

Fino a quel momento Credence lo aveva ascoltato in silenzio.

Graves avrebbe dovuto prevederlo. Dopotutto gli aveva insegnato lui a duellare.

Credence sfoderò la bacchetta e fece volare la sua fuori dalla sua portata, afferrandola al volo e tenendola ben stretta nel caso avesse voluto riprendersela usando la magia che poteva fare mani nude.

Le camicie che stava piegando caddero a terra a metà strada tra l'armadio e la valigia.

-Scusami. Devo essere sicuro che non ti smaterializzi per scappare un'altra volta-

Per un folle attimo Graves credette che il ragazzo lo avrebbe ucciso per l'antica logica del "Mio o di nessun altro", e invece Credence cominciò ad avvicinarsi a lui.

-Mi avevi quasi convinto, lo sai, Percival? Ma ti sfugge un particolare-

Era vicino, troppo vicino. Meravigliosamente vicino.

-Percival- il suo nome sulle labbra di Credence era una carezza di seta -Tu mi ami tanto da sacrificare forse per sempre la tua felicità. Credi che potrei mai desiderare un uomo migliore al mio fianco?-

-Credence, te ne pentirai- tentò di ammonirlo un'ultima volta.

Il ragazzo non cedette.

Passo dopo passo accorciava la distanza tra loro e Graves sapeva di avere già perso.

-Forse hai ragione. Tu sei più grande e di queste cose ne sai più di me, quindi sì, probabilmente me ne pentirò. Ma me ne pentirò di più se ti lascio andare adesso-

Graves non riusciva più a sostenere il suo sguardo.

Lui che era stato Consigliere del MACUSA non riusciva ad avere la meglio su un ragazzo che aveva appena finito la scuola!

-Percival-

Dovette fare uno sforzo enorme per resistere al suo richiamo.

-Percival, guardami-

Non era degno dell'ultimo discendente della famiglia Graves tirarsi indietro, e allora sollevò lo sguardo.

Non lo avesse mai fatto!

Credence, fermo a pochi passi da lui, gli sembrava tutto ciò che aveva sempre desiderato.

-Andiamo, smetti di farti del male- gli disse con un sorriso incoraggiante che tuttavia luccicava di lacrime -Sono io che te lo chiedo. Sono grande ormai e so prendermi le mie responsabilità. Se un giorno ci accorgeremo che le cose non andranno bene, magari litigheremo e ci lasceremo, ma per adesso perché dobbiamo negarci di essere felici?-

Era giusto. Dannazione, Credence aveva ragione.

Era meglio farsi male per aver provato piuttosto che torturarsi nell'ennesimo rimpianto.

Improvvisamente si rese conto di quanto il suo comportamento fosse stato insensato e se ne vergognò.

-Io... io...- non riusciva a spiccicare una parola. E non era nemmeno la prima volta che Credence gli faceva quell'effetto.

-Mi dispiace- sospirò infine.

In gola aveva un groppo pericoloso, che sperava di riuscire a trattenere.

-Resterai con me? Ho la tua parola?-

-Resto. Te lo giuro. Resto con te-

Allora Credence gli tese entrambe le mani.

Percival le afferrò perché era l'ultima possibilità di salvarsi che aveva.

-Mi dispiace tanto, Credence-

Chiuse gli occhi serrando forte le palpebre per impedirsi di piangere di nuovo, ma ormai la sua voce era incrinata per l'emozione; e soprattutto con Credence non doveva avere paura.

Il resto gli uscì tra singhiozzi e frasi spezzate.

Che era stato stupido e presuntuoso, ed egoista; ed un vigliacco. E che lo amava.

-Perdonami. Non dovrei innamorarmi di te. Tu dovresti trovare qualcuno della tua età-

Credence sciolse delicatamente una mano dalla sua stretta e la posò poco sotto le costole di Graves, dove entrambi sapevano esserci la cicatrice del Sectumsempra.

-No, Percival. Preferisco un cretino presuntuoso diciannove anni più grande di me-

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Nel Cerchio della Strega


Ebbene sì: IL capitolo parte 2.

La dichiarazione è stata un momento che ho temuto tantissimo perchè era come l'ultima carta del castello di carte: o è il tocco finale che completa il capolavoro oppure viene giù tutto ed è un disastro.

Ma sono soddisfatta di come è andata, e spero che sia piaciuto anche a voi.

Per chi sperava nell'happy ending, come vedete alla fine ha vinto l'ammmoreee... e ci mancava pure!

Nessuno me lo avrebbe mai perdonato se dopo tanta dolcezza non fosse finita così, giusto? Nemmeno Credence e Percival.

Per ora la storia si conclude qui con la vittoria dei sentimenti e del romanticismo, però per chi avesse ancora intenzione di leggere di questi due bei figlioli ho quasi pronti due capitoli a rating rosso da pubblicare prossimamente.

Sarà un esperimento, quindi potete iniziare a raccogliere ortaggi e uova per esprimere eventuali commenti negativi.

Alla fine della storia mi sembra giusto ringraziare tutti. Chi l'ha messa tra le preferite, seguite o ricordate e chi sta seguendo la serie dalla prima storia ed ancora non se ne è stancato.

Grazie ed un uovo di Pasqua a tutti.


Lady Shamain







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