Admit your sins

di OlicityAllTheWay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I need to find him ***
Capitolo 2: *** We need to get out of here ***
Capitolo 3: *** The team ***
Capitolo 4: *** I liked it ***
Capitolo 5: *** Jail ***
Capitolo 6: *** Alena ***
Capitolo 7: *** Sickbay ***
Capitolo 8: *** She's not who she says she is ***
Capitolo 9: *** Chloe Sanders ***
Capitolo 10: *** Getting out ***
Capitolo 11: *** Waiting for him ***
Capitolo 12: *** Canberra ***
Capitolo 13: *** Maybe we are in the wrong place ***
Capitolo 14: *** You need to rest ***
Capitolo 15: *** Who is she ***
Capitolo 16: *** She is ***
Capitolo 17: *** Airport ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I need to find him ***


I NEED TO FIND HIM

 

Devo assolutamente trovarlo, ho un bisogno assoluto di trovarlo e di sapere che sta bene. O almeno che non sia in condizioni gravi.

Questo è l’unico pensiero che mi affolla la mente da quando il team è rientrato al covo senza Oliver. E ora, nonostante sia mezzanotte e mezza sto camminando per le strade, diretta verso la base operativa dell’Helix.

Quando ho chiesto ad Alena di poter usare il loro dati per trovare Susan mi ha chiesto qualcosa in cambio. E’ così che funziona lì: tu fai qualcosa per loro, loro fanno qualcosa per te.

E’ un’organizzazione mondiale dove lavorano migliaia di persone, non una banca dati a cui posso accedere quando mi pare e piace.

E so che non appena le chiederò aiuto per trovare Oliver, mi chiederà di fare qualcosa in cambio per lei, per l’organizzazione. E non mi importa, sono pronta a tutto pur di salvarlo.

 

Quando entro rimango sorpresa, di nuovo, dell’afflusso di gente là sotto. Forse dovrei abituarmi visto che ne faccio parte e non ho intenzione di abbandonarla.

Cerco con lo sguardo la mora e non appena la individuo mi fiondo da lei.

<< Devo cercare una persona scomparsa >> dico senza preamboli.

Lei alza lo sguardo da un tablet che ha tra le mani e fa cenno agli altri due di allontanarsi.

<< Ciao anche a te Felicity >> dice dopo qualche secondo: << Un altro amico scomparso? >>.

Alza le sopracciglia con fare incredulo e non capisco se lo sia veramente o se mi stia prendendo in giro.

<< Sono pronta a fare qualunque cosa mi chieda >>

Lei sorride, rivelando delle fossette dolci che non si addicono alla sua personalità: << Se la metti così >> indica un computer libero alla sua destra: << sei libera di fare tutte le ricerche che vuoi >> conclude, inclinando la testa di lato.

 

Sono stata davanti al computer per tre ore. La prima mi è servita per fare quello che Alena mi aveva chiesto – ovvero hackerare il Sistema di Sicurezza Nazionale dell’Australia per “rubare” dei documenti incriminanti su politici americani – le restanti due mi sono servite per trovare la localizzazione di Oliver.

Grazie a Dio.

Metto le informazioni su una pennina che ho portato con me e me ne vado senza nemmeno salutare. Anche perché nessuno mi risponderebbe, sono tutti troppo impegnati qui.

Mentre percorro la strada per il covo chiamo il resto del team e li dico di incontrarci il prima possibile.

 

<< Bene, ragazzi, sono riuscita a localizzare Oliver >> Curtis mi lancia un’occhiataccia probabilmente avendo capito come ho fatto a procurarmi quest’informazione. Non ci bado più di tanto e vado avanti: << Ma dobbiamo fare le cose intelligentemente: dobbiamo essere sicuri che Adrian non sia nello stesso posto con Oliver >>.

Dig incrocia le sue possenti braccia: << Ti ascoltiamo >> dice solenne.

<< Lance, qui entra in gioco lei. Deve fare in modo che Adrian si trovi al municipio, fortunatamente è abbastanza lontano dal caseggiato in cui si trova Oliver, quindi anche se le cose non dovessero andare perfettamente avremo il tempo di pensare a qualcos’altro o comunque reagire >> dico guardando negli occhi il detective.

<< Perfetto, organizzerò una riunione o una conferenza al municipio. Una di codice abbastanza alto da richiedere la presenza del procuratore distrettuale >> e con queste parole si allontana dal gruppo, il telefono già vicino all’orecchio.

<< Per quanto riguarda noi >> dico per attirare l’attenzione, poi mi volto verso i miei computer e apro la planimetria della nostra destinazione: << Curtis e Rene, entrerete dal lato ovest, Dinah dal lato est e io e John entreremo dal lato nord. Il lato sud non è un problema, ho controllato dalle telecamere dei palazzi vicini e non c’è modo di trovarci in trappola >> concludo velocemente.

Nessuno ha obiettato e si sono diretti a cambiarsi, l’unico che mi guarda con faccia contrariata è John.

<< Che c’è? >>

<< Non voglio sapere come ti sei procurata queste informazioni in così poco tempo. O Adrian ci sta prendendo in giro e ti ha facilitato la ricerca perché ci vuole in quel caseggiato o te le sei procurate nello stesso modo in cui ti sei procurata i documenti sul suicidio della moglie del consigliere Kullens >>.

Apro la bocca per controbattere ma John mi ferma alzando una mano: << Non è importante ora. Quello che importa è che tu non verrai con noi >>

<< Certo che verrò con voi. Avete bisogno delle mie coordinate. Ho guardato quella planimetria talmente tante volte che la conosco come fosse casa mia >>

<< Oliver non lo permetterebbe se fosse qui >>

Mi guardo intorno: << Ma Oliver non c’è, per cui >> sorrido, ma vedo che non ho fatto breccia nel cuore del mio amico: << John, ti prego. Ho bisogno di vedere che sta bene, ho bisogno di vederlo con i miei occhi >>.

Queste parole, che contengono una supplica, sembrano farlo cedere.

<< Ok, ma niente cazzate >>

<< Giuro >> rispondo incrociando due dita e preparandomi per andare in missione.

 

Il caseggiato, si presenta come previsto, e non ha nessuno fuori a sorvegliarlo.

Adrian è troppo intelligente, ha un piano perfetto che segue alla lettera ed è convinto di non avere bisogno di nessun’altro nella sua crociata contro Oliver.

Siamo tutti in contatto attraverso l’auricolare e una volta accertato che siamo in posizione ci muoviamo per entrare.

Curtis e Rene sono i primi, poi si muove Tina. Una volta che ci danno l’ok ci muoviamo anche io e John.

Oliver si trova in un seminterrato, per cui dobbiamo scendere. Le scale sono tortuose e buie ma Dig mi fa luce.

A metà strada lo vedo in una stanza in fondo al corridoio. E’ illuminata per cui lo riconosco senza fatica. E’ a petto nudo e ha diverse ferite sulla schiena, ferite nuove. Non le vecchie cicatrici a cui sono abituata. Ha anche del sangue incrostato su entrambe le narici e sulla tempia destra.

Mi si stringe il cuore.

Corro verso di lui e al rumore dei miei passi lui alza lo sguardo.

Sul suo viso vedo passare mille emozioni: incredulità, sorpresa, spavento, gioia, paura.

<< Che ci fai qui? >> mi chiede. E dal tono della sua voce capisco che l’emozione che prevale è la paura.

<< Siamo venuti a salvarti >> rispondo esaminando i suoi polsi. Sanguinanti sotto delle catene troppo strette che lo tengono legato al pavimento.

John è rimasto sulle scale a controllare che nessuno interrompa la nostra missione.

Mentre traffico con le catene Oliver mi blocca: << No, Felicity te ne devi andare. Subito! >>

<< Non posso andarmene senza di te >> gli rispondo incredula di quello che mi sta chiedendo.

Fa per ribattere ma un rumore secco ci interrompe. Mi volto di scatto e vedo che un’enorme parete d’acciaio si è chiusa alle mie spalle, lasciando me e Oliver prigionieri e tutto il team all’esterno.

Merda!

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Capitolo 2
*** We need to get out of here ***


WE NEED TO GET OUT OF HERE

 

Dove abbiamo sbagliato? Lance ci ha dato l’ok dal municipio dicendoci che Adrian era lì.

Dove abbiamo sbagliato maledizione?!

Guardo Oliver in cerca di spiegazioni e provo a non farmi prendere dal panico ma la voce di una donna anticipa la mia domanda.

<< Bene bene. Tu devi essere Felicity >> dice una donna. Ha un accento strano, non completamente americano. Ha qualcosa tra le sue mani.

<< Vieni molto bene in foto >> dice poi rivelandomi la foto che teneva. Quando si avvicina a me vedo che sul retro c’è il mio nome e il mio indirizzo.

Improvvisamente cambia direzione e attacca la mia foto su una parete, una su cui ci sono le foto del team e di altre persone care a Oliver. Come per esempio William.

Deglutisco con forza. Oliver è in piedi, dietro di me. I muscoli tesi, gli occhi che seguono la figura della donna con fare assassino.

<< Talia tuo padre ha fatto cose indescrivibili. Ho fatto quello che ho dovuto fare per salvare la mia città >> dice.

Di che sta parlando?

<< Ra’s stava uccidendo persone innocenti solo per obbligarmi ad unirmi alla Lega >>.

Maledizione questa è la figlia di Ra’s Al Ghul?

Entrambi si girano di scatto verso di me e capisco di non averlo solo pensato.

Mi mordo le labbra.

<< Adrian sarà molto contento di averti quì con noi signorina. C’è posto anche per te vicino al tuo amato >>.

Si avvicina a me e mi trascina nell’angolo della stanza opposto a quello di Oliver. Dove – noto con grande dispiacere – ci sono altre catene legate al pavimento.

Cerco di dimenarmi ma è tutto inutile. Per quanto, questa donna, possa sembrare esile è fortissima. Mi mette le catene ai polsi: << Ora è tempo di occuparsi del resto del gruppo >> dice, con un mezzo sorriso.

Appena esce mi metto subito in contatto con gli altri attraverso l’auricolare e li urlo di andare via.

John è il primo a esprimere il suo disappunto ma alla fine fanno come li ho chiesto.

 

Sono ore che siamo bloccati qua sotto. Io non so assolutamente come muovermi: << Dobbiamo trovare il modo di uscire di qui >> lo ripeto come fosse un mantra. Non ho mai avuto risposta da Oliver che invece era troppo impegnato a guardarsi intorno e i polsi.

<< Dobbiamo trovare il modo di usc… >>

<< Perché sei venuta qui? >> mi interrompe lui.

Non sono pronta a dirgli che ho provato una paura matta all’idea di perderlo.

<< Avevano bisogno di me >> cerco di prendere tempo.

<< No, non è vero Felicity. Loro hanno bisogno delle tue coordinate, che puoi dare benissimo da dietro una tastiera, dentro il covo  >> sospira l’ultima parola.

Potrei offendermi del fatto che ha implicitamente fatto capire che servo solo se dietro a un computer, ma lo conosco e so che non è quello che intendeva. Intendeva semplicemente dire che al covo sono al sicuro. Lì lui sa che nessuno può raggiungermi, che nessuno può farmi del male. Me l’ha detto tante volte ed è per questo che non vuole che vada in missione o in campo con loro.

Metto fine alla mie riflessione alzando lo sguardo su di lui e vederlo così vulnerabile, sofferente e ferito mi da la forza di dirgli la verità: << Ho avuto paura di perderti, ho avuto paura che…non…tornassi da me >> ammetto.

Ora sono sicura che l’emozione che è passata sul suo viso è quella di sorpresa. Sorpresa chiara come il sole.

<< Avevo bisogno di vederti con i miei occhi e di portarti in salvo con le mie mani >>.

Lui sospira fortemente e chiude gli occhi.

<< Allora, dobbiamo trovare un modo di uscire da qui >> dice ripetendo il mio mantra.

Un rumore attira la nostra attenzione e vediamo che Adrian ci sta osservando. Il suo solito sorriso sbilenco lo accompagna.

<< Le mie “attenzioni” nei tuoi confronti non sono servite a farti ammettere i tuoi peccati >> esordisce rivolto a Oliver. Poi mi guarda, lentamente: << Ma forse ho quello che fa al caso mio >> allarga le mani con fare teatrale e fa finta di essere pensieroso: << Chiamiamolo pure un incentivo >> dice infine.

Oliver stringe impercettibilmente la mascella.

<< Hai sbagliato donna se è quello che stai insinuando. La donna che mi interessa davvero te la sei fatta scappare >> dice riferendosi, presumibilmente a Susan.

Il mio cuore perde un battito.

Adrian ride, portandosi le mani alla pancia. Dio, quanta scena quest’uomo!

<< Per favore, Ollie. Sappiamo entrambi chi è il tuo punto debole. Chi ti rende veramente vulnerabile >>.

Si avvicina a me con passo lento e preciso. Poi mi posa entrambe la mani sulle spalle, chiudo gli occhi per la potenza del deja-vù che sto vivendo. Quando il conte mi posò le mani sulle spalle sentii il brivido che sto sentendo in questo momento.

<< So tutto di te Ollie. So anche che volevi sposare questa giovane donna, perché è colei che…com’è che hai detto? Ah già, colei che illumina il tuo cammino >> aggiunge ridendo: << Quanto potrà essere oscuro il tuo cammino senza di lei nella tua vita? Abbastanza da ricordarti il mostro che sei >> conclude avvicino la sua bocca al mio orecchio inchinandosi in avanti.

Oliver non smette di guardarlo, non posa mai lo sguardo su di me.

<< Se è così che vuoi giocare >> dice Adrian. Poi il dolore arriva inaspettato.

Uno schiaffo a pieno a viso che per la forza e la sorpresa mi fa cadere a terra.

<< Figlio di puttana! >> Oliver perde il controllo. Il viso rosso, le vene del collo talmente gonfie che potrebbero scoppiare.

Si fionda in avanti, dimenticandosi per un attimo o non curandosi della catene che lo tengono fermo. Lo strattone che da è talmente forte che per un attimo credo si possano spezzare.

Mi porto la mano sulla guancia. Non un lacrima che scende dai miei occhi. Non gliela darò vinta.

Mi rimetto seduta, nella stessa identica posizione in cui mi trovavo prima di essere colpita.

<< Non otterrai niente >> dico al procuratore guardandolo con occhi di sfida.

Lui ride: << Mi piaci! Sei determinata >> poi si rivolge a Oliver: << Ecco perché ti piace tanto >>. Gli fa l’occhiolino, per provocarlo.

Si inchina e mi prende il mento, con una sola mano, stringendomi un po’ le guance e impedendomi di muovermi: << Ottengo sempre quello che voglio, piccola. Stà a vedere >>.

E mi colpisce ancora e ancora sotto lo sguardo di un Oliver impotente e le sue urla che non sentirà nessuno. 

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Capitolo 3
*** The team ***


THE TEAM

 

Sento la testa leggera. Un suono ripetuto centinaia di volte che cerca di riportarmi a galla. Come in loop.

Cerco di concentrarmi ma il dolore alla testa è troppo forte, preferisco dormire. Ma quel suono non mi lascia in pace. Non è un suono. E’ la voce di Oliver.

Aguzzo l’udito: è la voce di Oliver, con una nota di disperazione, che ripete il mio nome all’infinito.

Devo svegliarmi per fargli capire che sto bene. Adrian mi ha colpito talmente tante volte e talmente forte che mi sono lasciata andare all’oblio.

Apro gli occhi, lentamente e sbatto le palpebre più volte cercando di abituarmi alla luce. Sento freddo e quando mi guardo intorno capisco perché: il pavimento è bagnato e io sto proprio su una pozzanghera. Seguo la scia dell’acqua e trovo Oliver, anche lui bagnato e conciato molto peggio di ieri.

<< Ehi, sei sveglia. Grazie a Dio >> sospira pesantemente.

Mi metto a sedere anche se la testa mi gira un po’.

<< Cosa è successo? >> gli chiedo.

<< Niente di nuovo. Mi sta torturando, attraverso te, per ottenere qualcosa che non so cosa sia. Dice che vuole che ammetta i miei peccati. Gli ho detto che ho ucciso suo padre quando non avevo ancora un cammino definito. Ma lui continua a dire che non è quello che vuole sentirsi dire >>

<< Oliver, promettimi una cosa >> lui mi guarda aspettando che continui: << Non fare come fai sempre. Non permettergli di entrare nella tua testa. Sei cambiato, sei cresciuto, sei diventato un uomo migliore in questi quattro anni. Noi sappiamo quello che hai passato su quell’isola – o ovunque tu sia stato in quei cinque anni di cui non vuoi parlare, nemmeno con me nonostante ci stessimo per sposare >> lo vedo teso: << comunque, non è questo il punto…il fatto è che quegli anni ti hanno reso quello che eri, ma non quello che sei ora. Credimi >> faccio una breve pausa: << E mi dispiace >>

<< Per cosa? >>

<< Per tutto quello che stai passando, per Susan, per il fatto che nonostante tu sia cambiato il mondo intorno a te non lo vede e ti riserva quest’inferno >>

<< Ha ragione, sai? >> mi dice lui, non mi guarda negli occhi.

<< Non è vero Oliver, non sei un mostro e poi… >>

<< Per Susan e per te, intendo >>.

Il mio respiro accelera: << In che senso? >>

<< Ci tengo a Susan, ma non è lei il mio punto debole, non è lei che mi rende vulnerabile >> fa una pausa, poi incatena i suoi occhi ai miei: << Tu lo sei >>.

Stare con lui mi manca così tanto che fa male. Anche dopo tutto questo tempo. Ho bisogno di lui, molto di più di quanto mi piaccia ammettere. Non perché sia una donna che ha bisogno di un uomo per avere una posizione o una vita. Ho bisogno di lui perché è lui. Perché è la mia anima gemella, la persona che mi completa e che mi rende migliore.

 

Un bip quasi inudibile mi inonda l’orecchio. Salto sul posto e Oliver si allarma: << Che c’è? Ti fa male qualcosa? >> muove le mani in aria, verso di me, come se volesse accertarsene lui stesso. Ma ovviamente non ci arriva.

<< No no! Mi sono appena ricordata che ho ancora l’auricolare che ci mette in comunicazione con il resto del team. E’ praticamente invisibile quindi Adrian non se ne dev’essere accorto >>

<< Puoi metterti in contatto con il resto del team? >>

<< Credo di sì. Ho appena sentito un suono, forse ci stanno provando loro >>.

Clicco il pulsante minuscolo dell’auricolare e la voce di Curtis mi raggiunge. Sapevo che sarebbe riuscito a contattarmi: << Felicity, finalmente! State bene? >>

<< Beh, bene è un parolone. Ma per adesso siamo vivi >> guardo di sottecchi Oliver pentendomi della pessima scelta di parole.

<< Stiamo organizzando una missione di salvataggio >>

<< Non sarà facile, Curtis. Siamo chiusi in questa stanza, bloccata da un’enorme parete d’acciaio. Come pensate di fare? >>

<< Non preoccuparti per quello, ce la faremo >>.

Chiude la comunicazione.

<< Ce la faremo Oliver >>.

In quel momento entra Talia che ci guarda con fare sospetto. Non credo che abbia sentito la nostra conversazione ma non si sa mai. Si avvicina a me, ma guarda Oliver.

<< Non ti azzardare a toccarla >> dice lui fra i denti.

Talia ride: << Non ne ho l’intenzione >>.

Qualche momento più tardi entra anche Adrian che si avvicina a Oliver.

<< Dobbiamo andare. I tuoi amici ormai sanno dove sei e non voglio rischiare che ti portino via. Non ho ancora finito con te >>.

Quasi fossero sincronizzati Adrian e Talia si inchinano per liberarci dalle catene. Io non posso fare molto, ma credo che Adrian abbia fatto un errore madornale a liberare Oliver. Ha tanta rabbia repressa e credo che la sfogherà su di lui tra pochissimo.

Nel momento in cui Adrian fa quel movimento Oliver gli da una testata che fa volare all’indietro il procuratore. Il mio uomo si lancia in avanti e si mette alle spalle di Chase tenendo il collo di quest’ultimo con le catene: << Liberami o giuro che ti ammazzo >>

<< E tu lascialo o giuro che ammazzo lei >> dice Talia tenendo una freccia piuttosto affilata sul mio collo.

Oliver tentenna per un attimo ma non si fa intimorire.

Proprio quando le cose si stanno per complicare irrimediabilmente una sfera argentata con un led blu “vola” dentro la stanza, lasciata aperta dai duei.

Si ferma vicino a Talia e il normale beep aumenta di frequenza.

<< Che diavolo è quest’aggeggio? >>.

Ha giusto il tempo di chiederselo che scoppia facendola stramazzare a terra. Il che mi rende libera e sento Oliver che mi urla di scappare.

Lo faccio e nelle scale mi scontro con Rene: << Ehi biondina, tutto bene? >>

<< Sì, sì sto bene >> rispondo trafelata: << Ma Oliver ha bisogno del vostro aiuto >>.

Quando esco trovo Lance e corro nella sua direzione. Mi poggia le mani sulle spalle e si inchina leggermente in avanti per controllarmi mentre mi chiede se sto bene. Annuisco e aspetto con ansia che Oliver esca da quel bunker. Vivo, possibilmente.

I rumori dei combattimenti aumentano e sento anche alcuni spari e sono sicura che provengano dalla pistola di Rene.

Dopo qualche minuto vedo Rene, Curtis e Dinah uscire. Sembrano incolumi.

Di John e Oliver ancora nessuna traccia. Mi mangiucchio le unghie, nervosamente, quando finalmente lo vedo.

Riesce a camminare e stare in piedi tranquillamente, la gioia che mi invade è indescrivibile.

Corro verso di lui e gli salto praticamente addosso: allaccio le gambe intorno al bacino, le braccia intorno al suo collo. Sembra sorpreso e fa un passo indietro come avesse perso l’equilibrio per un attimo, ma si ricompone subito.

<< Ehi va tutto bene, è tutto finito >>.

Lo stringo più forte: << E’ tutto finito per merito tuo, quindi grazie. Mi hai salvato la vita, di nuovo >> dice accarezzandomi i capelli.

<< Ti amo >> gli dico. Ecco, l’ho fatto, gliel’ho detto. Dopo tanti mesi gli confesso che lo amo ancora.

Lui si irrigidisce e penso di aver detto la cosa sbagliata; serro gli occhi e faccio per scendere ma lui mi acchiappa e mi risistema.

<< Ti amo anche io >> lo dice guardandomi negli occhi, come se fosse la cosa più naturale del mondo e come se fosse passato un giorno dall’ultima volta in cui lo abbiamo detto.

E dopo mesi facciamo ricongiungere le nostre labbra che si incastrano come due pezzi di un puzzle. I nostri cuori si incastrano come due pezzi di un puzzle. E finalmente tutto sembra al posto giusto.

 

 

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Capitolo 4
*** I liked it ***


I LIKED IT

 

Dig ha dato un passaggio a me e Oliver al loft. Ora siamo nel bagno e io cerco di medicare al meglio le ferite che Adrian gli ha provocato, non credo di averlo mai visto in questo modo. Certo le innumerevoli cicatrici che ornano il suo busto sono la prova che ha già attraversato un inferno del genere, forse anche peggiore. Ma non lo avevo mai visto con i miei occhi, e mi fa male, come se quelle ferite fossero mie.

Ogni volta che ne tocco una con il cotone e il disinfettante chiude un attimo gli occhi ma non mostra segni di dolore. Non fisico per lo meno.

E’ da quando siamo saliti sulla macchina che non dice una parola, è assente e pensieroso.

<< Fatto >> lo avviso una volta che ho esaminato e curato ogni taglio.

Senza dire una parola si mette una maglia pulita e si alza dalla sedia.

Non lo seguo subito. So che in questo momento ha bisogno di spazio. Quando lo raggiungo in camera mi da le spalle ma vedo che ha il telefono in mano: ci sono innumerevoli chiamate da parte di Susan. Oliver fa un verso strano, non riesco a capire se abbia sbuffato o sospirato. Magari entrambe le cose.

Si passa la mano libera sul viso e si accorge di me. O forse se n’era già accorto ma ha deciso di mostrarlo solo ora.

Sono la persona che lo conosce e lo capisce meglio, perché ora mi trovo a fare supposizioni e mille domande? Non riesco a capire cosa stia pensando, lo vedo distante.

<< Posso restare qui per stanotte? >> mi chiede poi.

<< Tutte le notti che vuoi >> rispondo sincera.

Lui mi guarda con uno sguardo che non gli appartiene e si avvia verso il letto. Si corica sul suo lato come se l’ultima volta che l’avesse fatto fosse ieri. Lo seguo e mi rannicchio sotto le coperte.

<< Adrian ci ha lasciati andare >> mi dice. Sono contenta che abbia fatto lui il primo passo. Voglio sapere cosa è successo lì sotto, ma non volevo fargli domande.

<< Perché? >>

<< Mi ha tenuto lì sotto perché voleva che ammettessi i miei peccati >> gli manca la voce.

<< Che tipo di peccati? >> cerco di essere cauta. Ha fatto così tanta strada, non voglio che si perda di nuovo.

<< Ho provato e riprovato a dirgli tutto quello che avevo fatto, ma non era quello che voleva sentirsi dire >> fa una pausa: << Voleva sentirsi dire una cosa in particolare, la verità >>

<< E quale sarebbe questa verità? >> allungo una mano e sfioro la sua guancia, cercando di trasmettergli forza e fiducia.

<< Che non ho ucciso solo perché ho dovuto…ho ucciso perché ho voluto >> negli occhi di nuovo quello sguardo estraneo: << E mi è piaciuto quando l’ho fatto >> abbassa lo sguardo afflitto dal peso di queste parole.

La mia mano, che lo accarezzava, si ferma un attimo. Tante persone gli hanno detto cose simili, ma io non ci ho mai creduto. Sentirlo dire da lui è diverso. Ci credo.

L’uomo di cui sono innamorata è un assassino e uccide perché gli piace farlo.

Ma la ragione mi raggiunge in un attimo: non è più così.

Non posso fargli una colpa ora di quello che era anni fa. Non posso, non se lo merita. Prima che possa fare qualsiasi cosa mi dice: << Ci ha lasciati andare perché sapeva che questa verità mi avrebbe ferito più delle sue torture. E aveva ragione. Non ho mai voluto ammetterlo, nemmeno a me stesso. Ma ho dovuto farlo e ora ne pago le conseguenze >>

<< Oliver…per ogni persona che hai ucciso nel tuo cammino ne hai salvate cinque. Minimo. Tu sei un eroe. Sei un eroe quando indossi la maschera di Green Arrow e sei un eroe quando sei Oliver Queen >>

Riprendo ad accarezzagli la guancia ma lui mi blocca prendendomi il polso nella sua grande mano.

<< Non fare così. Non me lo merito >>

<< Hai passato la maggior parte del tuo tempo, da quando sei tornato dall’isola, a sostenere di non meritare le persone intorno a te o le attenzioni che ti riservavano. Sei stato d’ispirazione per tutti noi in questi anni: guarda me e Diggle. O il nuovo team. Lascia che ora siamo noi d’ispirazione per te. Lascia che ti riportiamo a galla e lascai decidere a noi se ci meriti o meno >>

Una minuscola lacrima sfugge al suo controllo. E’ terribile per me vederlo così vulnerabile.

Mi avvicino di più a lui e mi accoccolo contro il suo petto, stando attenta a non fargli male.

<< Non mi importa cosa hai fatto e perché l’hai fatto. Mi importa l’uomo che sei adesso >>

<< Eri la persona a cui avevo più paura di dirlo >> mi confessa.

<< Non avresti dovuto: dovresti saperlo che ti amo indipendentemente da tutto >> dico sollevando la testa per guardarlo negli occhi. Voglio che vi legga tutta la sincerità delle mie parole.

Lui mi stringe un po’ di più e ci addormentiamo.

 

Un suono fastidioso disturba il mio sonno. Apro e gli occhi e sono felice che la prima cosa che vedo sia Oliver accanto a me. Quando dorme è così innocente, così rilassato.

Il suono si ripete e questa volta capisco che è il campanello. Guardo la sveglia: sono solo le sette del mattino. Chi diavolo viene a casa mia alle sette del mattino?

Scivolo piano fuori dalle coperte attenta a non svegliare il mio uomo e scendo le scale di corsa urlando “Arrivo” alla persona che non smette di suonare.

Quando apro la porta vedo uomini davanti a me. Non li conosco.

Mostrano subito il distintivo e vedo che sono dell’FBI.

<< Signorina Smoak? >> chiede il più alto dei due.

<< Sì sono io. Qualcosa non va agente? >> cerco di sembrare calma ma le mani mi sudano un po’.

<< Abbiamo un mandato d’arresto per la violazione di un sistema informatico della NSA >>

Oliver appare sulle scale: << Che sta succedendo? >>.

Quello che non ha parlato si avvicina a me e mi volta mettendomi le mani dietro la schiena per poi ammanettarmi.

<< Ci deve essere un errore >> sento dire a Oliver.

<< Nessun errore signor Queen >> fa una breve pausa e poi si rivolge a me: << Signorina Smoak lei è in arresto per crimine informatico di codice rosso. Ha diritto ad un avvocato, se non se ne può permettere uno le verrà assegnato d’ufficio. Tutto quello che dirà potrà essere e verrà usato contro di lei in tribunale >>.

Merda. 

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Capitolo 5
*** Jail ***


Scusate l’enorme ritardo! Mi farò perdonare <3 Buona lettura :*

 

JAIL

 

Non appena arrivo mi fanno delle foto, poi compilano dei documenti e mi chiedono di depositare le mie impronte digitali. Dopo di che mi portano in uno stanzino e una donna si avvicina a me: in una mano una tuta – orribilmente arancione – ben piegata, nell’altra un sacchetto trasparente con un etichetta sopra che recita il mio nome.

<< Cambiati >> mamma mia che tono autoritario.

<< Visto che lo chiede così gentilmente >> rispondo.

Inizio a spogliarmi, dandogli le spalle. E’ una situazione estremamente imbarazzante e del tutto sbagliata. Provo la strada che ha provato Oliver al loft: << C’è qualcuno con cui posso parlare? Credo ci sia stato un enorme errore, un enorme malinteso. Non sono la persona che cercate >>

<< Dite tutti così quando siete qui dentro >>

<< No davvero…Se solo potessi parlare con… >>

La guardia mi interrompe: << Senti quattrocchi, ho del lavoro da fare e non posso perdere tutta la giornata con te. Non è con me che devi parlare di queste cose. Hai diritto ad una telefonata oggi. Usala bene >>

Annuisco mentre tiro su la lampo di questa orribile tuta.

 

Oliver mi risponde al secondo squillo: << Felicity! Grazie a Dio! Tutto bene? >>

La sua voce mi conforta: << Sì per adesso sì. Senti ho pochi minuti a disposizione. Ho bisogno che tu mi faccia uscire di qui >>

<< Certo. Io e Dig stiamo già cercando un avvocato specializzato in crimini informatici federali >>

Lo blocco prima che vada oltre: << No no, non ho bisogno di un avvocato. Ho bisogno che tu ti metta in contatto con Alena… >> penso un attimo al suo cognome e mi rendo conto di non saperlo.

<< Alena? >>

<< Non so il suo cognome. Ho il suo numero tra i contatti del cellulare. E’ al loft >>

<< Sicura di non preferire un avvocato? >>

<< Fidati di me Oliver. Ho bisogno di lei. Dille di venire a farmi visita perché ho bisogno di parlarle >>

<< Mi dirai tutto poi? >>

<< Sì >>

<< Ok, vado a cercare questa Alena >>

<< Grazie >>

<< Sta’ attenta >>

<< Sempre >> rispondo ma la chiamata era già terminata.

 

Siamo in fila nella mensa e più mi guardo intorno più mi rendo conto che non potrei essere più fuori posto di così. Mi sento così piccola in confronto a queste donne muscolose e piene di tatuaggi. E nonostante sappia di aver commesso diversi reati hackerando il Sistema Nazionale Australiano mi sento più innocente. Forse perché credo in quello che fa l’Helix e in quello che facevo io una volta che ero parte degli hactivisti.

Il mio cervello fa un attimo marcia indietro. Per l’Helix ho dovuto hackerare il Sistema Nazionale Australiano non la NSA come ha detto l’agente dell’FBI che mi ha portato via dal mio loft.

Non è possibile che abbiano fatto un errore del genere. Quindi non è possibile che siano stati loro a risalire al VPN del PC che ho usato. Inoltre l’Helix è un’organizzazione su scala mondiale, non sono dilettanti. Non credo che si siano fatti beccare in un modo così da principianti.

L’unica soluzione plausibile è che sia arrivata una soffiata anonima. Beh non tanto anonima, scommetterei su Adrian Chase. Lui è l’unico che può sapere che ho hackerato la NSA per scagionare John. L’unico oltre a Oliver. Maledetto!

<< Che fai ti muovi o dobbiamo portarti in braccio principessa? >> sento una voce roca vicino al mio orecchio.

<< Vado vado >> rispondo senza voltarmi. Non metterti nei casini Felicity, non metterti nei casini mi ripeto.

 

 

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Capitolo 6
*** Alena ***


ALENA

 

Sono seduta su questa scomoda sedia nella sala delle visite aspettando che Alena arrivi.

Quando la vedo il mio viso si illumina. Si siede di fronte a me e non appena lo fa parto in quarta: << Ho bisogno del vostro aiuto >>

Lei annuisce, ma non dice una parola.

<< Qualcuno ha mandato una soffiata anonima per incastrarmi sull’hackeraggio della NSA >>

<< Forse hai sbagliato qualcosa e non te ne sei accorta >> risponde lei.

Non voglio fare la presuntuosa ma non credo di aver commesso un errore del genere: << Non credo che sia possibile >>.

Alena in inclina leggermente la testa e mi fissa. Non è la prima volta che mi guarda in questo modo. Le poche altre volte che l’ha fatto è stato perché era sorpresa o contrariata di ciò che ho detto: << La perfetta Felicity Smoak non sbaglia vero? >>.

Che diavolo è questo tono?

<< Come hai detto, scusa? >>

<< Non ci sei ancora arrivata vero? >> mi dice indicando sé stessa.

Sgrano gli occhi, senza capire.

<< Dove vuoi arrivare? >> le chiedo.

<< MIT, anno 2009. Era il mio secondo anno lì >> fa una pausa e cerco di ricordarla, ma non riesco: << Frequentavamo corsi diversi >> aggiunge rispondendo alle mie domande mentali.

<< Tu e i tuoi amichetti avevate messo su quello stupido gruppo di hacker e avevate deciso di giocare con la vita degli altri, di giocare a fare gli eroi >>

<< Abbiamo attaccato sempre e solo persona che se lo meritavano >> rispondo stringendo gli occhi. Non vado fiera delle decisioni prese in passato ma non starò a giustificarmi con lei.

<< Quindi la mia famiglia se lo meritava, giusto? Hai mandato in rovina mio padre e ci hai lasciati senza un soldo. Ho dovuto abbandonare il college per diversi anni perché non me lo potevo più permettere. Dio non mi potevo permettere nemmeno dei vestiti nuovi >> ride amaramente ma vedo delle lacrime in fondo ai suoi occhi.

Non so cosa dirle. Sapevo che stavo giocando col fuoco e sapevo che prima o poi le mie azioni mi si sarebbero ritorte contro. Quel “prima o poi” è arrivato.

<< Mi sono unita ad un gruppo di hacker con un solo obiettivo: fare fuori Felicity Smoak. Mi sarebbe andato bene anche il tuo ragazzo ma a quanto pare se n’erano già occupati. E poi eccoti che finalmente riappari e la mia vendetta ha un senso, si avvicina a compimento >> si asciuga le lacrime che hanno lasciato i suoi occhi. Poi mi guarda, compiaciuta: << Ti ho dato le informazioni per scagionare il tuo amico in modo da poterti incastrare e collegare i tuoi codici a quelli di tanti anni fa. Quindi non c’è modo di chiudere questa storia Felicity. Ho vinto >>

<< E’ di questo che si tratta? Di vincere? Vincere che cosa Alena? >>

<< Il mio nome è Chloe >> sbotta.

<< Scusa, Chloe >> cerco di fare la ragionevole: << Scusa per quello che ho fatto tempo fa. Ero una persona diversa e mi pento di molte scelte che ho preso >>

<< Risparmiatelo Felicity! L’esserti unita all’Helix è la prova definitiva che non sei cambiata. Sei esattamente come prima >>.

Alena, o Chloe, come diavolo si chiama si alza e prende la borsetta. Si dirige verso l’uscita senza degnarmi di un ultimo sguardo.

 

Non so quanti anni potrei passare qui dentro per un attacco informatico di quella portata, senza contare poi tutti quelli fatti in passato. Il solo pensiero mi spaventa e qualche lacrime sfugge al mio controllo.

Una guardia si avvicina al mio tavolo: << Hai ancora qualche minuto di visita e c’è un uomo qui fuori che insiste per entrare. Che faccio? >>

<< Ha detto il suo nome? >> chiedo tirando su col naso.

<< No, ma ha detto che vi conoscete. Alto, occhi chiari, niente male >> dice ammiccando.

Faccio un senso d’assenso, mentre faccio roteare gli occhi.

E poi mi sistemo perché non voglio che Oliver mi veda in questo stato.

Il rumore della sedia che si muove di fronte a me attira la mia attenzione. Ma sulla sedia non trovo Oliver. No di fronte a me c’è quel bastardo di Adrian Chase con il suo solito sorriso sbilenco.

<< Mi sarei voluto divertire con te e dimostrare a Oliver che è un mostro e che è solamente uno stupido a pensare di poter avere una donna come te nella sua vita. Però ti sei scavata la fossa da sola >> alza le spalle

<< Bastardo! Ti farò pentire di quello che hai fatto a me e Oliver quando uscirò di qui >>

<< Se uscirai di qui >> dice lui sottolineando il se e alzando il mento verso di me: << Mi dovrò ricordare di ringraziare la ragazza con gli occhiali >>.

Si alza abbottonandosi la giacca dell’abito sotto il mio sguardo esterrefatto.

<< L’orario di visita è finito signori. Lasciate la stanza, grazie >> gracchia l’altoparlante posto all’angolo.

Adrian mi fa l’occhiolino e se ne va.

 

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Capitolo 7
*** Sickbay ***


SICKBAY

 

<< La prego! Ho bisogno di una visita extra >> chiedo scongiurando la guardia fuori dalla nostra cella.

<< Biondina, sei qui da solo un giorno. Non hai diritto alle visite extra >> mi risponde lei impassibile.

<< E’ importante >>.

Lei non mi degna di uno sguardo e si allontana sbuffando, spazientita.

Il mio cervello cerca una soluzione: devo assolutamente avvertire Oliver.

<< Ehi ciccione >> dico a una mia compagna di cella. Lo sto facendo davvero?

A quanto pare sì dato che lei si volta con uno sguardo omicida. Dalla cattiveria che vedo nei suoi occhi credo proprio che sia dentro per omicidio. Non mi faccio intimorire: << Sto dicendo proprio a te >> dico alzando la testa, cercando di sembrare molto più sicura di quanto non sia in realtà.

<< Come mi hai chiamato? >>

<< Ciccione! La prossima volta che ti fai la barba cerca di pulire il lavandino >>

<< Io ti ammazzo piccola stupida >>.

Si lancia verso di me e prima che le guardie possano arrivare a mettere ordine riesce a darmi un pugno in pieno viso. Stramazzo a terra, dopo aver colpito con la testa una delle sbarre alle mie spalle. Il dolore simile a quello che ho provato pochi giorni fa in quel bunker.

<< Ehi ehi! Che succede qui? >> chiede la guardia di poco fa.

<< Questa nana mi ha chiamato ciccione >>.

Io sono ancora a terra, il naso che perde sangue, l’occhio che piano piano si sta chiudendo.

<< Ho battuto la testa. Potete portarmi in infermeria? >> è l’unico modo per ricevere visite fuori dall’orario normale. E se riesco a farmici portare potrò vedere Oliver.

La guardia si china e mi tira in piedi prendendomi un gomito: << Sei più intelligente di quanto sembri. Credi che non lo sappia che l’hai fatto per la visita extra? >>

<< Beh sarò bionda ma non quel tipo di bionda >> rispondo portandomi il dorso della mano vicino al naso.

Mi rivolge uno sguardo truce.

<< Ha funzionato almeno? >> chiedo speranzosa.

<< Andiamo >>.

 

Sono nel lettino dell’infermeria e il dottore continua a puntarmi una fastidiosa luce nelle pupille.

Finalmente vedo Oliver con la coda dell’occhio e girandomi quasi mi cavo un occhio con quella minuscola pila.

<< Signorina deve stare ferma >> continua a dire il dottore.

Non lo sto a sentire e aspetto che Oliver arrivi al mio letto. Quando il dottore lo vede scuote la testa, si alza e ci lascia soli.

Alla mia vista Oliver spalanca gli occhi e si porta una mano alla bocca. Poi la allunga per sfiorarmi ma mi ritraggo subito. Mi fa troppo male. Lui avrà preso milioni di pugni del genere eppure non si è mai ridotto così. Ma io non sono lui.

<< Che diavolo è successo? >>

<< Sono rimasta coinvolta in una rissa >>

<< Una rissa? Con chi? Perché? >> è incredulo, e lo capisco.

<< Senti era solo un diversivo per ottenere la visita extra >>

<< Felicity >> si siede e nasconde il viso tra le mani.

<< Oliver era importante! >> prendo le sue mani e libero il suo viso: << Sono fregata >>.

Socchiude gli occhi: << In che senso? >>

Decido che gli devo dire tutto se voglio che capisca: << Mi sono unita ad un gruppo di hacker che aveva più o meno gli stessi obiettivi che avevo io al college, solo su scala mondiale. Si chiamano Helix. E’ Alena che mi ha invitato ad unirmi ed è anche Alena che mi ha dato i la cache per scagionare John >> faccio una pausa e studio il suo viso: << Ma mi ha dato la cache in modo da farmi hackerare la NSA e potermi incastrare con i codici informatici che ho usato e che lei può collegare a quelli che usavo al college >>.

Oliver aggrotta la fronte: << Che c’entra il college? >>

<< Alena non è il suo vero nome. Ha detto che si chiama Chloe e che frequentava l’MIT negli stessi miei anni. Nel 2009 io e Cooper abbiamo fatto diversi attacchi e a quanto pare abbiamo colpito anche la sua e lei su vuole vendicare >>.

Oliver si passa una mano sul viso: << Come facciamo a farti uscire di qui? >>

<< Avrò bisogno dell’aiuto di Curtis, ma non basterà >> lo guardo da sotto le ciglia. Non so come reagirà a questa richiesta ma è l’unica possibilità che ho: << Devi chiedere aiuto a Cooper >>

<< Al tuo ex ragazzo? >>

<< Non vorrai fare il geloso ora?! >> chiedo sorridendo.

<< Non sono geloso, è solo che…possiamo fidarci? >>

<< Mi aiuterà Oliver, ne sono sicura. Ma non è tutto >> azzardo.

<< Cos’altro c’è? >> è stanco, glielo leggo negli occhi. Non so se dirgli che Adrian è venuto qui. Peggiorerei solo la situazione.

<< Felicity. Dimmelo >> il tono che non ammette repliche.

<< Chase è stato qui >>.

Oliver sgrana gli occhi: << Quel figlio di puttana. Che cosa voleva, che ti ha detto? >>

<< Solo che mi sono scavata la fossa da sola e che dovrà ringraziare di persona Alena…Chloe, scusa >> scuoto la testa: << Oliver devi scoprire l’identità di Chloe in modo che Curtis sappia cosa cancellare dai database dell’FBI. La base operativa dell’Helix è 95 Grassy Gutter Rd. Usate il riconoscimento facciale con le telecamere dei dintorni. Ha lunghi capelli castani, e porta gli occhiali >> dico senza nessuna pausa.

Oliver annuisce, poi si china verso di me: << Quando uscirai di qui parleremo di questa storia >>

<< Se uscirò di qui >> rispondo.

<< Non dire sciocchezze. Uscirai di qui, a costo di essere fuggitiva per tutta la vita >>

<< Se fuggissi con te sarei d’accordo >>.

Lui mi fa l’occhiolino e mi da un bacio leggero sulle labbra.

<< Ti prego non iniziare altre risse >>.

Sorrido e lo guardo andare via.

 

 

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Capitolo 8
*** She's not who she says she is ***


Spero mi possiate perdonare per questo IMMENSO ritardo! :S

Il blocco dello scrittore L e gli esami dell’università L

Perdonatemi :* <3 <3

 

 

SHE’S NOT WHO SHE SAYS SHE IS.

 

Oliver

Felicity è in carcere da due giorni e fra una settimana ci sarà il processo e decideranno se scagionarla o confermare la sua colpevolezza. In quest’ultimo caso la trasferiranno in una prigione federale in chissà quale punto del mondo. Qualche anno fa scherzavamo sul fatto che non ci mandassero le bionde, ma ora ci siamo dentro fino al collo e c’è poco da scherzare.

<< A che punto siamo con la ricerca? >> chiedo a Curtis che si trova davanti a quel computer da innumerevoli ore. Mi chiedo come sia possibile che il cervello non gli sia ancora scoppiato davanti a tutte quelle finestre che si aprono ad una velocità inaudita.

<< Siamo in America Oliver, ci sono milioni di Chloe che hanno frequentato l’MIT >> gli riservo uno sguardo truce: << Sto facendo una ricerca incrociata tra nome, età e caratteristiche fisiche. Ma non è detto che lei avesse lo stesso aspetto tutti quegli anni fa, insomma guarda quanto è cambiata Felicity, e secondo non ci sono dati legati agli attacchi fatti d Felicity e il suo gruppo quindi non posso inserirli nella ricerca. Sto cercando di capire quali siano i suoi codici informatici così li posso frequentare con quelli che si sono presentati nel network dell’MIT nel 2009 >> Curtis parla a raffica: << Non ci dovrebbe volere ancora molto >> aggiunge un attimo dopo.

<< Devo fare una cosa, chiamami quando sai qualcosa >> dico incamminandomi verso l’uscita del covo.

 

Quando Felicity mi ha detto che mi ama, fuori dal bunker di Chase, è stato come se il mio cuore avesse ripreso a battere. Come se stessi aspettando quelle parole per ricominciare a vivere. Ma quando me l’ha detto ero ancora in una relazione con Susan, eppure le ho detto che la amo anche io, l’ho baciata, ho dormito stretto a lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E mi sono sentito così bene, così in pace. Il senso di oppressione che per una notte mi ha lasciato in pace.  

Ma so che Susan merita una spiegazione.

Il ticchettio dei tacchi a spillo di Susan attirano la mia attenzione.

<< Dio mio Oliver! Stai bene >> è visibilmente preoccupata. Si avvicina a me e mi porta le mani al viso.

La lascio fare per un attimo, ma quel tocco così intimo mi mette a disagio quasi subito. Le prendo entrambi i polsi e le allontano le mani.

Fa una smorfia mista tra la sorpresa e il disappunto.

<< Pensavo ti avrebbe ucciso quello psicopatico >>

<< Anche io >> ammetto

<< Che cosa ti ha fatto? >>

<< Niente che non avessi già sperimentato >> mento. Non mi sembra il caso di dirle quello che ho detto a Chase.

Annuisce e abbassa lo sguardo. Sembra triste.

<< Susan dobbiamo parlare >> faccio una brevissima pausa: << Di noi >>

<< Immaginavo mi avessi chiamato per questo >> sospira.

<< Senti, non sei tu il problema >>

Lei ride: << Classica frase non sei tu il problema sono io. Giusto? >> mi anticipa lei.

<< Non del tutto. Nessuno è un problema, il problema è che non posso darti quello che meriti >>

<< In che senso? >> stringe gli occhi.

<< Non posso darti quello che meriti perché il mio cuore appartiene ad un’altra donna >> ammetto.

<< E questa donna sarebbe…Felicity? >>

Studio la sua espressione: << Sì, è lei >>.

Si porta una mano alle labbra poi ci passa la lingua trattenendo un sorriso che però non ha niente di gentile o simpatico.

<< Quando ti ha liberato Chase? >> mi chiede.

<< Che c’entra questo ora? >>

<< Oliver, dimmi quando ti ha liberato >> insiste.

Capisco dove vuole andare a parare: << Tre giorni fa >>

<< Quindi questi tre giorni li hai passati con lei? Lasciandomi a chiedermi se fossi vivo o morto? >>

So che in parte ha ragione: << Sì, sono stato con lei >> dico comunque.

<< Complimenti Oliver. Sapevo fossi un traditore, me lo sarei dovuta aspettare >>.

Non controbatto perché ha ragione. Ho tradito tutte le donne con cui sono stato, tranne Felicity. Lei non la tradirei mai e poi mai.

Non controbatto anche perché non il fatto che la nostra storia si stia chiudendo non mi lascia l’amaro in bocca, o uno strano senso di oppressione.

Non mi lascia niente.

Non è quello che si aspettava, lo vedo dalla sua espressione. Vedo che avrebbe voluto che dicessi qualcosa ma non lo faccio. Così si alza e io la guardo andare via quando il mio telefono squilla. Lo tolgo dalla tasca interna del cappotto e vedo che è una chiamata da parte di Curtis.

<< Dimmi >>

<< Ho tutto >>

<< Arrivo >>.

 

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Capitolo 9
*** Chloe Sanders ***


CHLOE SANDERS

 

Oliver

Le porte dell’ascensore si aprono rivelandomi Curtis seduto nella stessa posizione in cui l’ho lasciato. Faccio i tre gradini che ci separano di corsa e mi piazzo alle spalle della sua sedia.

<< Dimmi >>.

In tutta risposta lui aziona lo schermo gigante che rivela il viso di una ragazza. Come aveva detto Felicity capelli lunghi e castani, occhi celesti e grandi occhiali.

<< Chloe Sanders. Ha frequentato l’MIT dal 2009, indirizzo biologia. La sua famiglia è stata al centro di un grosso scandalo. Suo padre, Theo, è stato indagato per frode e per furto di prototipi dall’azienda in cui lavorava, che poi ha venduto sul mercato nero mettendo da parte un bel gruzzoletto. Felicity e il resto del suo gruppo di hacker avevano trovato queste informazioni e avevano preso di mira Theo Sanders. Hanno smascherato tutto tramite un attacco informatico e lui e la sua famiglia, compresa Chloe, sono finiti al verde. Chloe ha dovuto lasciare il college per diversi anni. Qualche tempo dopo il padre si è suicidato >>.

Ascolto attentamente tutto quello che dice. Quello che Felicity faceva non è poi tanto diverso da quello che ho iniziato a fare io quando sono tornato a Starling City. Solo usavamo metodi diversi.

<< Ho bisogno che tu faccia un’altra cosa per me. Ho bisogno che tu mi dica dove tengono Cooper Seldon e l’indirizzo di Chloe >>.

Curtis annuisce e inizia a digitare sulla tastiera rivelandomi l’informazione pochi secondi dopo.

<< A che ti serve? >>

<< Gree Arrow ha bisogno di farci una chiacchierata >>.

<< Diggle mi aveva accennato qualcosa sulla tua abitudine di parlare in terza persona >> dice Curtis sovrappensiero.

Lo guardo malissimo e lui si schiarisce la gola.

 

E’ stato facile prendere Chloe e Cooper e portarli in questo seminterrato. Nessuno del team sa dove sono, non approverebbero quello che sto per fare.

Entrambi hanno un cappuccio nero sulla testa e sono seduti su una sedia, beh legati ad una sedia sarebbe una descrizione migliore. Uno affianco all’altro.

Mi avvicino all’ex ragazzo di Felicity e gli tolgo il cappuccio. Lui inizia a respirare affannosamente e guardarsi intorno.

<< Che diavolo vuoi? >>.

Aziono il dispositivo per camuffare la mia voce: << Cooper Seldon sei qui perché ho bisogno del tuo aiuto >>. Sto essendo anche troppo gentile.

<< Perché dovrei aiutarti? Sei uno psicopatico >>.

Nel frattempo Chloe non smette di piangere.

<< Felicity Smoak ha bisogno del tuo aiuto. E io non te lo sto chiedendo >>.

A quel punto Chloe fa un sussulto e smette di piangere.

<< Cosa le è successo? >> chiede Cooper, nella voce un tono di preoccupazione.

Mi avvicino alla ragazza e le tolgo bruscamente il cappuccio.

<< Lei l’ha incastrata per vendicarsi di voi. Di qualcosa che le avete fatto al college >>.

Chloe si volta a guardare l’altro responsabile della rovina della sua famiglia. Ma nessuna parola esce dalle sue labbra.

<< Che cosa vuoi da me? >> chiede infine.

<< Sei qui per capire cosa ti succederà se deciderai di metterti di nuovo contro Felicity Smoak >> l’oscurità che mi raggiunge.

Mi avvicino a Cooper e mi metto alle sue spalle, pronto a slegarlo per fargli fare il suo lavoro, ma prima mi inchino e posiziono le mie labbra vicino al suo orecchio in modo che possa sentirmi chiaramente: << Non pensare nemmeno a fare qualche stronzata perché ti ucciderò, lentamente, e semplicemente obbligherò la ragazza qui affianco a fare quello che voglio. Non sei insostituibile >>.

Lui deglutisce rumorosamente e fa sì con la testa.

 Lo strattono verso un computer non troppo lontano e gli spiego cosa ha incastrato Felicity.

<< Il modo migliore è falsificare le prove in modo che non reggano più e la scagionino >>

<< Cos’altro? >>

<< Devo cancellare o per lo meno nascondere tutti gli attacchi legati al suo codice informatico, in modo che non vi possano più risalire >>

<< Ok. Fallo >>

<< Avrò bisogno di tempo >> dice lui. Probabilmente nel mentre sta cercando un modo per scappare o qualcosa del genere. Avevo detto che non mi fidavo di lui.

<< Non abbiamo tempo. Muoviti >> dico sbattendo forte la mano sulla scrivani e facendolo sobbalzare. In mano ho un coltello da lancio, piccolo ma letale se dovessi decidere così.

 

Nel mentre che lui armeggia con il computer mi avvicino a Chloe e le giro intorno, piano. La osservo, cercando di intimidirla. Non vorrei fare del male a questa ragazza, ma potrei sempre farlo se cerca di fare una stupidaggine. Non risponde al mio sguardo, anzi lo tiene basso mentre numerose lacrime le solcano le guance. Mi posiziono davanti a lei e mi inchino mettendo le mani sulle ginocchia piegate.

<< Felicity Smoak è una mia cara amica. Non vorrei che tu facessi un’altra cavolata di questo tipo >>.

Rivado alle sue spalle e prendo il suo mignolo destro tra le mani.

<< Giusto per ricordartelo >> dico, prima di spezzarglielo.

 

Il suo urlo fa girare Cooper verso di noi: << Ho finito >> dice quasi urlando.

Mi avvicino al computer cercando di capire quello che c’è scritto. Ovviamente non ci riesco ma faccio finta di sì.

<< Mi lascerai andare ora? >> chiede in tono di supplica.

In tutta risposta lo prendo per la manica e lo riporto sulla sedia, mettendolo nella stessa posizione di prima.

<< Prima devo avere la certezza che quello che hai fatto abbia funzionato >>.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Getting out ***


CAPITOLO 10 – GETTING OUT

 

Felicity

Il mio occhio si è sgonfiato ma non ha perso quell’orribile colore violaceo. Dopo che mi hanno fatto uscire dall’infermeria mi hanno cambiato di cella per evitare di finire di nuovo nei guai con la donna-armadio.

Non riesco a scrollarmi di dosso le brutte sensazioni che accompagnano la mia situazione. Ero convinta che Alena – maledizione, devo iniziare a chiamarla con il suo vero nome – fosse l’unica a potermi aiutare, ma si è rivelato l’esatto contrario. E ora non riesco a smettere di pensare che marcirò qui dentro.

 

Guardo, senza nessuna emozione, il completo che Thea mi ha portato. Ha detto che devo essere il più elegante possibile per il processo, come se cambiasse qualcosa.

Ho lasciato i capelli sciolti e ho cercato di coprire al meglio i segni del pugno sul mio viso e ho indossato il tailleur.

Oliver mi ha trovato un avvocato, non lo conosco, ma lui dice che è uno dei migliori. Ha seguito suo padre quando ha messo su la Queen Consolidated e poi nel breve momento in cui l’ho visto mi ha detto “Fidati di me, è tutto sistemato”. Non ho idea di cosa intendesse ma credo che lo scoprirò presto.

 

<< La giuria della Contea di Star City è giunta ad un verdetto per il caso “Stato contro Felicity Smoak”. Per l’accusa di hackeraggio a livello federale, codice rosso, l’imputato è stato considerato non colpevole >>.

Mi guardo intorno incredula, come diavolo è possibile. Boccheggio un paio di volte indecisa su come mi sento. Certo sono felice, sono sollevata, sono libera. Ma come è possibile? Sto sognando? Oppure Oliver ha fatto qualcosa per far sì che accadesse?

Solamente i flash delle macchine fotografiche a due centimetri dal mio viso e il rumore della folla mi risvegliano dal mio momentaneo stato di trance.

Vedo Oliver avvicinarsi, un sorriso appena accennato sulle labbra.

Stringe la mano all’avvocato: << Grazie Dan, ti sono debitore >>

<< Oliver, non ho fatto praticamente niente. I documenti contro la signorina Smoak sono stati dichiarati falsi. Non ci sono prove che i codici informatici dell’attacco alla NSA siano stati utilizzati dalla signorina Smoak >> sorride cordiale e inizia a ritirare i suoi documenti. Ripone tutto nella sua ventiquattrore e si allontana.

A quel punto Oliver mi mette le mani intorno alla vita e mi alza un pochino. Rispondo all’abbraccio e mi scappa una risata quando ci fa fare una giravolta.

<< Te l’avevo detto che ti avremmo fatto uscire di qui >> mi rimette a terra.

<< Come hai fatto? >> chiedo scrutando i suoi occhi. Che diventano di una tonalità più scuri.

<< Ne parliamo dopo, ora dobbiamo festeggiare >>.

Mi prende per mano e mi trascina verso il resto del gruppo. Mi abbracciano tutti calorosamente e mi sento di nuovo a casa.

Con la coda dell’occhio vedo Susan William. Sta scrivendo qualcosa su un taccuino, stacca gli occhi dalla pagina solo per rivolgermi uno sguardo truce.

Poi si avvicina a noi con passo svelto. Do di gomito a Oliver che è troppo preso dalla conversazione con Dig per accorgersene: << Che c’è? >> mi chiede a voce bassa.

Alzo il mento per indicargli la giornalista e lui si irrigidisce.

<< Signorina Williams >> dico non appena ci è vicina.

<< Ma guarda che bel gruppetto >> dice lei: << Non avevo capito fossi tu l’esperta informatica del gruppo. Sai le bionde non sono proprio conosciute per essere intelligenti >> dice a voce a voce bassa, portandosi una mano a coppa vicino alle labbra, come se stesse dicendo un segreto. Poi mi fa l’occhiolino.

Faccio un passo in avanti pronta a dimostrarle in cos’altro sono esperta, come prenderla a pugni per esempio, ma Oliver mi prende per il bacino e mi riposiziona al suo fianco.

Susan ride: << Non vorrai iniziare una rissa dentro il tribunale. Sarebbe inappropriato >>

<< Che cosa vuoi? >> interviene a questo punto Oliver.

<< So che dietro le soffiate dei plagi delle mie storie c’è lei e in un modo o nell’altro lo dimostrerò Oliver >> poi guardo ogni membro del gruppo: << Così come dimostrerò la vera identità di ognuno di voi. A partire da te >> dice infine, puntando un dito sul petto di Oliver.

Sto per ribattere ma Oliver mi prende per mano e mi porta fuori, seguiti dal resto del gruppo.

 

All’interno del loft ci aspettano Thea e Quentin che hanno addobbato tutto con palloncini e uno striscione di Ben tornato. Mi vengono le lacrime agli occhi.

Thea mi raggiunge subito e mi abbraccia, poi mi sussurra all’orecchio: << Sapevo che il tailleur giusto avrebbe fatto la differenza >>.

Rido e rispondo all’abbraccio. Poi Oliver ci raggiunge con due flute di champagne.

<< A Felicity >> dice semplicemente alzando il bicchiere. Tutti lo imitano.

Dopo circa mezz’ora si avvicina e mi dice: << Devo sistemare una cosa al covo. Torno subito >>.

Mi bacia sulla tempia e va via.

Seguo con gli occhi la sua figura e la strana sensazione che ho sentito in tribunale si riaffaccia.

Poso il bicchiere, ancora mezzo pieno, sul bancone e mi rivolgo a Thea: << Fate come se foste a casa vostra >> scherzo.

<< Dove vai? >>

<< A comprare una torta gelato. Credo ce ne sia bisogno >> mento.

Lei sorride: << Buona idea >>.

 

Le porte dell’ascensore del covo si aprono e la luce fredda mi avvolge. Mi guardo intorno cercando Oliver ma di lui nessuna traccia. Ha detto che sarebbe venuto qui, ma non c’è. Mi ha mentito. Di nuovo….

Aspetto per almeno un quarto d’ora ed eccolo che appare. Indossa dei vestiti diversi da quelli con cui ha lasciato il loft. Dei pantaloni neri, una giacca nera e in mano una maschera in grado di coprirgli tutto il viso.

Non appena mi vede si ferma sul posto.

<< Dove sei stato? >>.

Non risponde. Mi alzo in piedi, cercando di fargli capire quanto sono arrabbiata.

<< Dove diavolo sei stato? >> questa volta la mia voce è di un’ottava più alta.

<< A sistemare la tua garanzia per uscire di prigione >>

<< Intendi Cooper? >>

<< Sì >>

<< Che gli hai fatto? >> la mia voce è piegata. Non amo più Cooper, da molto tempo ormai, ma non mi piace l’idea che Oliver gli abbai fatto del male.

<< Niente. Sei stata tu a dirmi di chiedere il suo aiuto >>

<< Lo so. Ma come l’hai ottenuto? >>

<< Questo non è importante >>

<< Certo che lo è >> dico incredula.

Lui sospira e si porta una mano sul viso: << A modo mio >>

<< Non posso crederci >> dico a mezza voce.

<< Ti ho detto che Chase mi ha rovinato là sotto >>.

Mi avvicino a lui: << Tu devi essere più forte di lui Oliver, devi dimostragli che ha torto. Devi dimostrargli che esiste sempre un’alternativa >> dico prendendogli una mano.

Lui non mi guarda e poco dopo ritrae la mano.

<< Non chiudermi fuori Oliver. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro >>

<< Ci vediamo a casa >> risponde semplicemente lui.

 

 

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Capitolo 11
*** Waiting for him ***


WAITING FOR HIM

 

Sono stata sveglia tutta la notte aspettando che Oliver tornasse a casa. Ieri, quando l’ho visto al covo, aveva di nuovo quello sguardo perso, assente. Che non gli appartiene. Lo stesso sguardo che aveva appena usciti dal bunker.

Mi giro e mi rigiro nel letto cercando di capire quale sia la cosa giusta da fare. Poi decido che il tempo che gli ho dato è stato abbastanza: è ora che torni a casa, che torni da me.

Mi sporgo verso il comodino e prendo il telefonino componendo il suo numero. Nessuna risposta.

Sbuffo e vado in bagno a prepararmi: se non vuole rispondere al telefono dovrà vedersela con me di persona.

 

Arrivo al covo in poco tempo: << Oliver? Sei qui? >> chiedo.

Mi guardo intorno, ma anche qui nessuna risposta.

E che diavolo!

Che sia andato in missione da solo per schiarirsi le idee? O magari a cercare Chase.

Mi avvicino alla mia postazione e sopra la tastiera del mio computer c’è un bigliettino, ben ripiegato.

Mi tremano le mani.

Lo apro: “Chase aveva ragione su tutto. Non cercarmi, per favore”.

Il mio primo istinto è quello di controllare il GPS tramite il computer e questo rivela che il telefono di Oliver è qui al covo.

Maledizione!

L’ultima volta che è sparito è stato via per cinque anni, non voglio che succeda anche questa volta.

Chiamo subito John e gli dico di raggiungermi.

 

<< Cosa significa se n’è andato? >>

<< Ieri notte non è tornato a casa e quando sono venuta qui per cercarlo ho trovato questo >> dico passando il bigliettino al mio amico.

<< Non l’ho mai visto così. In molti hanno cercato di entrare nella sua testa ma solo Chase ci è riuscito. Per lo meno così bene. Cosa gli avrà fatto? >>.

La sua domanda mi riporta alla memoria una cosa che Oliver mi ha detto appena usciti dal bunker: << Dice di essere un mostro perché dice che ha sempre ucciso perchè voleva, non doveva. E che quando l’ha fatto gli è piaciuto >> mi sento un po’ colpevole a dirlo a John ma credo che ora abbiamo bisogno più che mai di qualunque indizio che ci porti a trovarlo.

<< E lui ci crede? >>

<< Lui è convinto di questo John >>

<< Allora dobbiamo solo fargli capire che ha torto marcio. Forza troviamolo >>.

 

UN ANNO DOPO

E’ passato un anno da quando Oliver è sparito. Cavolo se è bravo a coprire le sue tracce. Le abbiamo provate tutte: GPS, riconoscimento facciale, telecamere di sicurezza e non. L’unica risorsa che abbiamo sono le T-Sphere di Curtis: le ha migliorate e ora non rilevano solo materiale registrato ma anche sequenze di DNA registrati. Fortunatamente il database del covo ne è pieno di quella di Oliver, quindi non resta che aspettare.

 

Durante quest’anno il team ha continuato a occuparsi della sicurezza di Star City con Dig che fa da capo. Io ho lasciato l’Helix, senza nessun preavviso, e Rory si è fatto sentire qualche volta ma non è ancora tornato a far parte del gruppo.

Abbiamo incastrato Chase da soli. Da quanto Oliver è se n’è aveva abbassato nettamente la guardia e siamo riuscita a fornire tutte le prove contro di lui, partendo dal fatto che il suo vero nome non fosse Adrian Chase ma Simon Morrison.

 

Siamo tutti al covo quando sia il mio telefono che il computer di Curtis emettono un fastidioso suono.

<< E’ l’allarme che ho impostato per quando le T-Sphere avessero avuto un riscontro sulla posizione di Oliver >> dice.

Renè e Dig sgranano gli occhi: << Non ci avevi detto di questa cosa >> dice il secondo.

<< Si…beh, chiamala scaramanzia >>

<< Dove si trova? >> chiede poi Renè.

<< La T-Sphere l’ha localizzato a Canberra >>

<< Ragazzi ve la dovrete cavare da soli. Dig e io andiamo a riprenderlo >> annuncio.

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Canberra ***


Buongiorno mondo :D Oggi per noi Oliciters è proprio una bella giornata *-*

Ho bisogno di commentare la puntata con qualche altro shipper :D

PS. su FB mi chiamo Olicity EFP :D

E ora buona lettura *-*

 

CANBERRA

 

Non appena l’aereo tocca il suolo australiano rimetto per la quarta volta dentro uno di quei stupidi sacchetti di carta che gli steward forniscono. Dig affianco a me mi tiene i capelli e mi passa una mano sulla schiena: << Non sono proprio fatta per volare >> dico sentendomi un po’ in colpa.

Mi passa un fazzoletto e mi pulisco la bocca, poi bevo un sorso d’acqua: << Sono stata male ogni viaggio che abbiamo fatto io e Oliver quando siamo partiti dopo la sconfitta di Ra’s al Ghul >>

<< Bene, allora al rientro te li terrà lui i capelli >> dice speranzoso il mio amico dalla pelle scura.

<< Sempre che torni con noi >>

<< Felicity non sono arrivato fino a qua per accettare un no come risposta. E se ti conosco bene so che è così anche per te >>.

Annuisco piano sapendo che ha ragione.

 

Entriamo nella camera doppia dell’hotel che ho prenotato e ci mettiamo subito al lavoro.

Poggio il mio portatile sulla scrivania e controllo il localizzatore: le T-Sphere sono ancora attive e danno un segnale forte. Trascrivo l’indirizzo sulle note del cellulare e ci dirigiamo fuori alla ricerca di Oliver.

 

Camminiamo da un’ora e mezza ormai: il taxi ci ha lasciato nel punto più vicino alla nostra destinazione. Peccato che la nostra destinazione siano delle colline che somigliano più a montagne per quanto sono ripide.

Dig non ha fatto altro che chiedermi se ce la facessi o se sentissi dolore alle gambe o alla schiena. Non ho mai camminato così tanto dopo l’intervento. Ho risposto che stavo bene ogni volta, ma una parte di me mentiva. Tuttavia non mi interessa: il mio unico scopo è trovare Oliver e convincerlo a tornare a casa.

In cima alla collina c’è una sola casetta di legno e secondo le T-Sphere è quella dove dovrebbe trovarsi Oliver.

Dig mi chiede muta conferma con uno sguardo e io, altrettanto silenziosamente, gliela do.

Ci avviciniamo alla porta, John alle mie spalle, prendo un profondo respiro e finalmente busso.

Dopo soli due colpi sento dei passi avvicinarsi e la maniglia girare. Ma davanti a me non trovo Oliver. Davanti a me trovo una donna.

<< Posso aiutarvi? >> chiede sorridente.

Bastardo!

 

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Capitolo 13
*** Maybe we are in the wrong place ***


Come promesso il secondo aggiornamento della giornata ;) Olicity, Olicity all the way guyyys :D <3

 

Maybe we are in the wrong place

 

Felicity

Mi gelo sul posto. E questa chi diavolo è?

<< Posso aiutarvi? >> la sua voce – che devo dire è piuttosto sensuale – mi scuote dalle mille domande che la mia mente sta formulando.

<< Forse siamo nel posto sbagliato, o forse no >> dice Dig lanciandomi un’occhiata furtiva: << Ma stiamo cercando Oliver Queen >>

<< Siete nel posto giusto. Oliver è sceso in paese a fare delle compere, ma credo stia tornando >> aggiunge l’ultima frase guardando l’orologio che porta al polso; poi si fa leggermente da parte e dice: << Prego, accomodatevi pure >>.

Questo è troppo: l’idea che lui sia andato via senza nemmeno dirmi addio e ora gioca a fare il maritino sulle colline australiane mi fa venire il voltastomaco.

 

Dig si schiarisce la gola, notando che non ho proferito parola da quando questa donna ha aperto la porta così mi sento in dovere di dare una spiegazione: << Credo che continuerò la mia passeggiata. Ci vediamo quando hai finito con Oliver >>.

Lo dico come se io fossi solo quella che ha accompagnato John e che sia lui quello interessato a vedere il suo amico.

Se c’è un motivo per cui io e Dig siamo andati d’accordo dall’inizio è che sapeva quando insistere e quando lasciar perdere: questo era uno dei momenti che richiedeva il secondo trattamento e lui lo fa senza batter ciglio. Per questo gliene sono grata.

Giro sui tacchi e mi inoltro nella foresta, per niente certa su dove andrò o su cosa farò.

 

Oliver

Non appena infilo la chiave nella serratura sento che c’è qualcosa di strano. E infatti varcando la soglia non trovo solo Camille ma anche Diggle.

Cavolo, credevo di aver coperto le mie tracce.

I due sono seduti in salotto e prendono un the come se fossero amici e come se fosse normale che Diggle sia qui.

John si mette in piedi: << E’ stato difficile trovarti amico >> poi si avvicina e mi stringe in un abbraccio fraterno, un abbraccio che non ho avuto da molto e che – devo ammettere – mi è mancato.

Rispondo subito.

Piano piano, senza farmi notare, mi guardo intorno in cerca di una familiare coda di cavallo bionda.

Non saprei come reagire se la vedessi, ma allo stesso tempo mi manca da impazzire.

Camille lo nota e stringe per un attimo gli occhi. E’ stata chiara quando ci siamo conosciuti: niente legami con il passato e credo che la delusione nel non aver visto Felicity insieme a John sia leggibile sul mio viso.

Cambio argomento: << Che ci fai qui? >> chiedo al mio amico come se la sua risposta non fosse ovvia.

<< Ho sempre voluto visitare l’Australia >> dice con una mezza risata e lanciando un’occhiata a Camille.

<< Ho capito >> dice lei alzando le mani in segno di resa: << Vi lascio soli. Mi ha fatto piacere conoscerti John Diggle >> dice poi stringendogli la mano: << Vado per un po’ in paese. Chiamami quando hai finito >>.

 

Siamo seduti nella stessa posizione in cui fino a un’ora fa c’erano Dig e Camille, solo che siamo passati a qualcosa di decisamente più forte del the.

Abbiamo parlato più che altro del team e di quello che sta facendo a Star City, dell’arresto di Chase: stiamo girando cautamente intorno al vero motivo per cui si trova qui. Non sarò io a togliere fuori l’argomento: non ho scuse per quello che ho fatto.

Stiamo riempiendo il terzo bicchiere di whisky quando il cellulare di Dig inizia a squillare.

Lo guarda furtivamente e si alza dandomi le spalle per avere un po’ di privacy.

<< Dimmi >> risponde.

<< Cosa? Cosa stai dicendo? Ok calma. Dove sei? Arrivo >>.

Mi alzo dal divano e raggiungo Diggle.

<< Chi era? >>

<< Felicity >> dice lui guardando lo schermo del cellulare che nel frattempo gli sta dando una localizzazione GPS.

Porca miserie: << E’ qui? >>

<< Sì >>

<< Perché le hai detto di stare calma? Che succede? >>

<< Abbiamo camminato per ore per raggiungerti e in più lei se n’è andata in giro per tutto questo altro tempo. Dice che non riesce a muoversi perché ha un forte dolore alla base della schiena e alle gambe >>

<< Merda >> è la mia unica risposta. Poi trascino Dig fuori per andare a trovarla.

 

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Capitolo 14
*** You need to rest ***


YOU NEED TO REST

 

Felicity

Ho trovato un punto all’ombra, sotto un albero e vicino a una roccia in modo da poter almeno poggiare la schiena.

Ho delle fitte che partono dalla schiena e arrivano fino alle gambe. Il dolore è lancinante, talmente forte che alcune lacrime sfuggono al mio controllo.

Ed è proprio quando sto cercando- inutilmente - di asciugarle che vedo Dig in lontananza. Ma non è solo: Oliver è con lui.

Certo avrei dovuto aspettarmelo, maledizione.

 

Corrono nella mia direzione, Oliver che supera Dig e io che cerco di essere più veloce nell’asciugare le lacrime ma lui fa comunque in tempo a vederle. Faccio per mettermi in piedi, anche se so che è una cavolata, ma voglio provarci lo stesso: non voglio farmi trovare in terra, dolorante e in lacrime dopo un anno che non lo vedo. E dopo che ho visto quella donna aprire la porta di casa sua come se fosse sua moglie.

Non appena sembra che sia riuscita a mettermi sulle mie gambe una fitta ancora più forte mi colpisce e cado a terra.

No no, non può essere. Non posso attraversare un’altra volta quell’incubo. Non voglio tornare a non poter usare le mie gambe. Inizio a piangere come poche volte prima.

Oliver si china alla mia altezza: << Andiamo via di qua. Ti porto a casa mia >>.

Cerco di dimenarmi: non voglio andare a casa con lui e la sua ragazza.

<< La porto io >> interviene Dig.

Oliver si allontana con una faccia affranta e quando Dig mi si avvicina gli dico quello che ho appena pensato.

<< Lo so, Felicity. Ma hai bisogno di riposare e non possiamo permetterci di tornare in albergo, c’è troppo da camminare. Avanti, sali >> conclude indicandomi la sua schiena.

So che ha ragione e odio che sia così.

 

 

 

Oliver

Dig e Felicity sono di qualche passo indietro. Ogni tanto sento che Felicity tira su con il naso: segno che non ha ancora smesso di piangere.

La cosa mi fa incazzare da morire. Io odio vederla soffrire, è la cosa peggiore per me.

Finalmente arriviamo a casa e quando faccio per aprire la porta Camille mi precede dall’interno.

<< Ti avrei chiamato una volta finito. L’hai detto tu stessa >> dico amaramente.

<< Beh dovevo tornare qui… a casa >> si corregge dopo qualche secondo: << Che succede? >> chiede poi indicando Felicity.

<< La mia…. amica…. ha bisogno di riposare. Staranno qui per stanotte >> .

Alla parola “amica” Felicity sbuffa una risata.

<< Vi sistemo la camera degli ospiti. C’è solo un letto a una piazza e mezzo ma potete sempre stringervi >> fa l’occhiolino a Diggle insinuando che lui e Felicity siano una coppia.

Deglutisco forte. Col cavolo che dormiranno insieme in quel letto. John sarà pure mio fratello ma non esiste che lo lasci dormire così vicino a lei.

Faccio per ribattere ma Felicity mi anticipa: << Sembra perfetto. Grazie >>.

 

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Capitolo 15
*** Who is she ***


WHO IS SHE

 

Felicity

Apro gli occhi lentamente, come se avessi ancora sonno. La prima cosa che vedo sono delle pareti giallo sole e delle tende azzurre che coprono la finestra. Solo in quel momento mi ricordo di essere in Australia, a casa di Oliver.

Cavolo l’antidolorifico che mi ha dato Dig era davvero forte… quante ore ho dormito? Devo proprio fare pipì.

Mi metto seduta sul letto, cercando di non affaticare troppo le gambe.

<< Dove stai andando? >> sussulto. Non mi ero accorta che Oliver fosse qui.

E’ seduto su una poltrona all’angolo della stanza e mi osserva con un viso preoccupato.

Non ho voglia di litigare, non subito almeno. Ma pretendo una spiegazione… magari dopo che avrò soddisfatto i miei bisogni.

<< Devo fare pipì >> mi lascio sfuggire come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come quando lui era “costretto” a portarmi da una parte all’altra del nostro loft quando la mia sedia non era vicina.

E proprio come allora si alza per prendermi in braccio.

Alzo una mano per bloccarlo e come se avessi dei poteri magici lui lo fa.

<< Posso fare da sola >>

<< Non ho intenzione di accompagnarti dentro il bagno, ma permettimi di aiutarti >> c’è un tremolio nella sua voce.

<< Ti senti in colpa? >> chiedo.

Lui alza un sopracciglio non capendo, così continuo: << Visto che ho camminato tutte quelle ore per scappare da te e da tua moglie. E prima di quello ho camminato altrettante ore per trovarti >> so che dargli un motivo per sentirsi in colpa è l’ultima cosa da fare con Oliver Queen, ma non sono riuscita a tenere a freno la lingua. E’ davvero il motivo per cui sono scappata.

<< Non è mia moglie >> risponde dopo qualche momento di pausa.

<< Vabbè quello che è >>

<< No, Felicity >> si avvicina al letto e  mi prende le mani tra le sue.

Faccio per toglierle ma lui è più forte e più veloce di me: << Lei non è niente. E’ solo una… collega >>.

Mi scappa una risata amara: << Non sapevo si andasse a vivere con le proprie colleghe >>

<< Lo so è strano >> ridacchia.

La mia espressione seria lo fa smettere all’istante. Lo guardo negli occhi: << Oliver ho bisogno di sapere. Ho bisogno di sapere chi è lei, ho bisogno di sapere perché te ne sei andato, ho bisogno di saperlo perché, dannazione, te ne sei andato senza avvisarmi, senza darmi un motivo e senza salutarmi, te ne sei andato proprio quando ci eravamo ritrovati >> riecco le lacrime.

Maledizione!

<< Ti dirò tutto, adesso andiamo >> allunga le braccia per prendermi in braccio e questa volta lo lascio fare. 

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Capitolo 16
*** She is ***


Vi avevo promesso risposte ed eccole in un doppio aggiornamento :D

Colgo l’occasione anche per rispondere alle recensioni del capitolo precedente visto che più o meno avevano tutte lo stesso tema: aver centrato il comportamento di Oliver.

Sono d’accordo ragazze, lui è sempre chiuso e ci vuole una vita per farlo aprire :/ sono contenta che abbiate letto, recensito e di essere riuscita a descrivere il suo carattere :)

Buona lettura :* <3

 

SHE IS…

 

Oliver

L’effetto degli antidolorifici ha reso Felicity un po’ più ragionevole e ora è pronta ad ascoltarmi.

Siamo di nuovo nella stanza degli ospiti, solo che adesso siamo entrambi seduti sul letto, uno di fronte all’altra.

<< Lei è Camille Ross, ma questo è solo il nome che usa per le operazioni sotto copertura. E’ un’agente dell’A.R.G.U.S. e, proprio come fece Amanda Waller tanti anni fa, mi ha trovato e mi ha assoldato per svolgere delle operazioni per conto l’A.R.G.U.S. qui in Australia. La maggior parte delle volte siamo sotto copertura come marito e moglie per questo lei viene spesso in questa casa. Abbiamo molta attrezzatura qui >> spiego.

<< L’A.R.G.U.S. non può operare in Australia >> risponde lei incredula.

<< Ecco perché le serviva qualcuno dall’esterno e poco rintracciabile >>

<< Beh che sei poco rintracciabile ci puoi scommettere >>.

Eccola la mia ragazza, quella che fa battute anche nei momenti meno opportuni.

<< Che tipo di operazioni svolgi? >> sapevo che me lo avrebbe chiesto.

Sono titubante, ma so che le devo una spiegazione, come ha detto lei stessa poco fa: << Operazioni per le quali a Camille fa molto comodo la mia oscurità interiore >>.

Felicity scuote piano la testa e la abbassa guardandosi le mani.

<< Per farti uscire di prigione ho obbligato Cooper a falsificare i documenti, e senza nessuna ragione plausibile ho preso Alena come ostaggio. Nel caso lui si fosse rifiutato lo avrei ammazzato Felicity e lo avrei fatto senza nessun rimorso >>

<< No! Non è vero! Lo dici solo per convincermi che non mi meriti, ma ti conosco e non l’avresti fatto >>

<< Penso ancora quello che ti ho detto un anno fa: che Chase mi ha rovinato perché mi ha fatto capire che mostro io sia realmente >>

<< Oliver basta! Non starò più qui seduta a sentirmi dire dall’uomo che amo che è un mostro. Sono più di cinque anni che sento questa cavolata e non è mai servito a niente! Io non ci credo! Non riuscirai a convincermi di questo Oliver. Ho provato tante volte a farti cambiare idea, a farti vedere quanto bene avessi fatto nel tuo percorso da Green Arrow e nel tuo percorso da Sindaco ma, a quanto pare, è stato tutto inutile. Ora tocca a te aprire gli occhi. Tu lo sai quanto vali e se mi ami davvero, se mi ami ancora sai che mi merito di essere felice e felice vuol dire con te >> dice tutto d’un fiato.

<< Certo che ti amo davvero e certo che ti amo ancora. Non smetterei mai di amarti >> le dico sincero.

<< Allora dimostramelo. Domani mattina io e Dig prenderemo l’aereo per Star City, abbiamo un biglietto anche per te. Prenditi questa notte per pensarci e decidere se raggiungermi o meno in aeroporto >> mi mette di fronte a un ultimatum.

<< Non deludermi >> aggiunge infine prima di rannicchiarsi sotto le coperte e darmi le spalle.

 

Oggi sono in vena di note dell’autrice e ve ne lascio anche una alla fine xD

Per quanto io ami Felicity e Oliver e il fatto che lei sia la sua ancora di salvezza, la sua luce, quella che gli fa capire quanto vale facendogli sempre dei magnifici e profondi discorsi, vorrei che Oliver si svegliasse e dicesse quella è la mia donna, quella è la donna con cui voglio stare. Fan***o tutto me la riprendo xD

Ed è quello che ho fatto esprimere a Felicity con il suo piccolo discorsetto: io ci sono sempre per te e te l’ho sempre dimostrato, ora prendi in mano la tua vita e le tue consapevolezze e prendimi. Sono qui!

 

Spero di esserci riuscita, a domani <3

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Capitolo 17
*** Airport ***


AIRPORT

 

Felicity

Io e Dig siamo in fila per i controlli. Quando siamo usciti di casa Oliver non c’era e “Camille” non ci ha detto nulla su dove fosse.

Non le ho rivolto nessuno sguardo truce ora che so chi è veramente ma questo non ha impedito a lei di farlo.

Ci ha accompagnato in albergo a prendere i nostri bagagli con una specie di jeep (che a parer mio assomigliava più a un carro armato) in grado di camminare su quelle colline tortuose. Gliene sono molto grata, dato quello che è successo ieri con il bio-stimolatore. Curtis ha detto che mi darà un’occhiata ma ha anche detto che gli sembra “normale” il mio corpo abbia reagito in quel modo dopo averlo spinto al massimo senza nemmeno un po’ di allenamento.

 

La fila si muove lenta e questo mi da il tempo di deprimermi sempre di più ogni volta che mi giro a cercare Oliver e non lo vedo.

<< Magari ha ancora bisogno di tempo Felicity >> mi dice John, ragionevole come sempre.

<< Ne ha avuto abbastanza >> rispondo io. Non voglio fare l’infantile ma è davvero così.

Finalmente tocca a noi e superiamo i controlli senza nessun intoppo, tranne il fatto che Oliver non si è fatto vivo.

 

L’aereo è veramente pieno e c’è una folla indescrivibile. Sarà che siamo in bassa stagione. Il posto accanto al mio è libero: è quello che avevamo riservato a Oliver.

Ho allacciato la cintura e ho preso un sacchetto di carta dalla borsa: non si sa mai.

<< Avrai bisogno di qualcuno che ti tenga i capelli >> scherza un uomo. Il mio uomo.

Non riesco a trattenere l’eccitazione e mi alzo di scatto o per lo meno ci provo visto che la cintura di sicurezza mi rimette al mio posto senza nessuno sforzo.

Oliver ride e si siede affianco a me.

Gli prendo le mani: << Non mi hai deluso >>

<< E non ti deluderò più. D’ora in poi anzi che ricordarti che il brutto di me lavorerò per farti vedere solo il buono e per meritarti e per renderti felice >>.

Mi salgono alcune lacrime agli occhi. Finalmente ha capito, o cercherà di capire, l’uomo magnifico che è: << Grazie >> dico.

<< Grazie a te per non esserti arresa >> mi da un bacio sulla fronte.

<< Ok, basta piccioncini. Non possiamo fare tutto il viaggio così >> si intromette Dig.

<< Grazie anche a te fratello >>

<< E di che >> il mio amico di colore gli fa l’occhiolino e siamo pronti per tornare a casa. Con qualche intoppo ad ogni turbolenza.

 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Beh eccoci giunti alla fine di questa storia che doveva avere 4 capitolo e ne ha avuto ben 18 xD

Spero che vi sia piaciuta e voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto, recensito e/o messo la storia in una delle categorie speciali.

Alla prossima :D :*

 

EPILOGO

 

Thea ha agganciato ogni singolo bottone del mio abito da sposa e non erano pochi.

<< Se mi dici che dimenticato qualcosa che avresti dovuto mettere sotto non sarai felice di vedere che me la cavo ancora bene come Speedy >> mi dice la mia ormai cognata.

Mi guardo allo specchio e mi passo le mani sul busto lisciando il vestito già perfetto, poi rido nervosamente.

Thea se ne accorge e mi posa le mani sulle spalle nude guardandomi negli occhi attraverso il riflesso nello specchio: << Andrà tutto bene. Andiamo siete voi due. E’ da pazzi essere nervosi >>

<< Lo so lo so. E’ solo che voglio che sia tutto perfetto. L’ultima volta che ci siamo “sposati” è stato per finta e non è finita troppo bene >> dico mimando le virgolette con le dita.

A quel movimento l’anello di fidanzamento che presto sarà affiancato dalla fede nuziale emette meravigliosi riflessi sui muri della stanza.

Qualcuno bussa alla porta, è Diggle: << Dobbiamo andare >> dice facendo capolino.

Faccio un ultimo profondo respiro: << OK! Sono pronta >>.

Mi volto a prendere il bouquet che Dinah stava custodendo, lei e Thea sono le mie damigelle d’onore e sono fantastiche con i vestiti color ciclamino che abbiamo scelto insieme.

Dig mi aspetta sulla porta con il sorriso di chi è fiero della missione che ha portato a termine: << Sei bellissima Felicity >>.

<< Grazie >> dico sincera.

Sottobraccio mi accompagna all’altare, mentre la marcia fa da sottofondo, mi accompagna da un Oliver che finalmente ha accettato il buono di sé e che finalmente è in grado di prendersi cura di me. Pronto a creare una famiglia,  pronto a non chiudersi più in sé stesso quando le cose si fossero fatte complicate. Pronto a includermi come mai prima.

Ed è proprio questo che mi dice durante le promesse.

 

<< Per il potere conferitomi dallo Stato vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa >>.

<< Finalmente >> sussurra Oliver sulle mie labbra prima di sfiorarle dolcemente.

L’applauso di tutti i presenti ci riporta alla realtà. Ci sorridiamo e ci stringiamo felici e ci dirigiamo fuori.

La prima cosa che vediamo sono i giornalisti e i paparazzi: Oliver Queen non passa mai di moda.

Tra i giornalisti c’è l’ultima persona che avrei voluto vedere il giorno del mio matrimonio: Susan Williams.

Che cavolo ci fa lei qui?

Capisco che anche Oliver l’ha vista quando si irrigidisce al mio fianco.

Fortunatamente non parliamo con lei direttamente ma sentiamo solo in sottofondo le domande degli altri giornalisti:

“ Finalmente lo scapolo più ambito di Star City ha messo la testa a posto. Come ci si sente ad essere sposato? ”

“ Sua moglie sarà attivamente coinvolta nelle attività da sindaco? “

“ Signore e signora Queen cosa vi ha riportato insieme dopo l’annuncio del primo matrimonio qualche anno fa?”

Io e Oliver cerchiamo di scappare alla stampa: non vogliamo rispondere a nessuna di queste domande. Non oggi per lo meno.

Susan Williams fa lo stesso: lancia un’ultima occhiata d’odio a Oliver e poi se ne va perdendosi in pochi secondi nella folla.

Menomale!

Qualche momento più tardi la mia attenzione è catturata da una persona che non vedevamo da tanto tempo: Rory.

Trascino Oliver per una manica e mi fiondo ad abbracciare il mio amico.

<< Perché non mi hai detto che saresti venuto? >> dico a voce alta dandogli un colpetto sulla spalla.

<< Volevo farti una sorpresa. Ma non me lo sarei perso per niente al mondo >> mi dice lui quando sono tra le sue braccia.

Lo stringo più forte: mi è mancato così tanto. Spero davvero che torni a fare parte del team.

Oliver si schiarisce la gola e io e Rory ci separiamo: << Congratulazioni capo >> dice l’ultimo porgendogli la mano per stringerla.

Oliver ride: << Non sono il tuo capo, ma grazie >>.

Il resto del team, o dovrei dire della famiglia, ci raggiunge.

Renè è il primo a parlare: << Sto morendo di fame! Andiamo bello? >> dice rivolgendosi a Oliver.

Lui scuote la testa: << Quentin ha ragione! Dobbiamo assolutamente farti smettere di chiamare tutti “bello” >>

<< Non credo ci riuscirete, bello >>.

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